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Full text of "Atti della Società ligure di storia patria"

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ATTI 


DELLA 


SOCIETÀ    LIGURE 


DI 


STORIA   PATRIA 


ATTI 


DELLA 


SOCIETÀ  LIGURE 

DI 

STORIA  PATRIA 


VOLUME    XXXVII 


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ì  V*^ 


GENOVA 

R.  STABILIMENTO    TIPOGRAFICO    L.  SAMBOLINO  e   FIGLIO 
Piazza  S.  Bernardo,  N.  1. 

MCMV  ^ 


Proprietà  Letteraria. 


614181_  ^^^ 


EMILIO  PANDIANI 


UN    ANNO 


DI 


STORIA  GENOVESE 


(Giugno   1506  —  1507) 


CON  DIARIO  E  DOCUMENTI  INEDITI 


AI  MIEI  CARI  (;HN1T0RI 


CHE  MI  OFFRONO 


MIRABILE  ESEMPIO  DI  OPEROSITÀ 


g  o_n  jrL-Ci  O-O  0,0  n  cijn-Ci  n.n  nn.  n_n..n_n.  cxx'ì.  O-O.  nxx.n_n  n-no-n.  n  n  n_o  rt,n.-Ci-n-  n-0-n_nn-CX^ 

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^l  Lettore 


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Studiando  gli  Annali  di  Bartolomeo  Se?iarega  (')  />(?r 
prepararne  una  nuova  edizione  {^\  avvertii  che  queir  ottimo, 
cronista,  sempre  chiaro, preciso  ed  eqtianime  nelV esposizione 
deiJatti,gitinto  al  1^06,  alla  descrizione  cioè  dei  torbidi  popo- 
lari che  per  un  anno  inte^^o  tennero  Geiiova  agitata,  sia 
che  rargomento  fosse  troppo  denso  di  fatti,  o  che  egli, 
come  accenna  7iel  suo  sciatto,  per  carità  di  patria  ne 
parlasse  a  malincuore  ('),  non  si  trattiene  a  lungo  su  que- 
gli avvenimenti  pur  tanto  importanti  e  li  descrive  con  fret- 
ta studiata.  Gli  è  perciò,  che  pei'  avere  piti  ampie  notizie, 
mi  rivolsi  alle  carte  dell'  Archivio  di  Stato,  e^  conosciuta 
l'esistenza  d'un  DiaìHo  manoscritto  che  riguardava  per 
r appunto  codesto  turbinoso  periodo  ('^),   lo  esaminai  e  mi 


(1)  Commentarium  de  rebus  genuensibus^  ab  a.  i48S    ad.  a.  i5i4,   in 
L.  A.  Muratori,  Rerum  Italicarum  Scriptores,  Tomo  XXIV. 

(2)  Nuova  edizione  dei  RR.  II.  SS.  a  cura  di  Vittorio  Fiorini. 

(3)  B.  Senarega,  op.  cit.,  col.  58 1,  dice:  «  Sed  quam  vellem  sine  culpa 
«  gesta  islorum  temporum  liceret  sine  annotatione  praHerire  !  ». 

(4)  Questo  diario  è  citato  da    A.  Manno    in    Bibliografìa   storica    degli 
Stati  della  monarchia  di  Savoia,  Voi.  VI,  pag.  95,  n.  22622. 


XII 


accorsi  della  stia  grande  importanza;  poiclic  quelle  pagi  ne, 
pur  essendo  scritte  in  rozzo  italiano  ,  7'ispecchiano  fedel- 
mente e  chiaramente  il  confuso  agitarsi    di  quei  tempi. 

Della  veridicità  dei  fatti  7iarrati  nel  Diario,  mi  sono 
accertato  ricorrendo  alla  ptira  ponte  dei  documenti 
ed  ho  tratto  da  questi  tale  copia  dì  notizie  da  poter  ?'iem- 
pire  le  lacune  lasciate  dalVanonitno  diarista  e  raccoglie7-e 
altri  particolari  sulle  fortunose  vicende  di  questo  periodo. 
Mi  parve  quindi  non  imitile  fatica  illustrare  quell'anno 
di  storia  genovese^  pur  avendo  Tome  guida  il  Diario,  che 
presento  insieme  col  mio  lavoro,  facendolo  pi'ecedere  da 
U7t  celino  critico  e  seguire  dai  documenti  che  mi  parcero 
più  importanti. 

Nel  porre  termine  a  questa  bi'eve  introdnzione  credo 
mio  dovere  di  rivolgere  i  pili  vivi  ringraziamenti  al  nostro 
Presidente  Marchese  Cesare  Imperiale  di  S.  Angelo,  ed 
al  Consiglio  Direttivo  che  aderirono  con  squisita  gen- 
tilezza a  che  venisse  pubblicato  negli  Atti  della  Società 
questo  mio  lavoro  e  di  attestare  la  jnia  riconoscenza  al 
prof.  Achille  Neri  pei  saggi  consigli  datimi  nel  corso 
de  ir  opera. 

Genova,    io  aprile  igo^. 

Emilio  Pandiani 


CAPITOLO  PRIMO 


La  sollevazione  popolare 


SOMMAEIO 


Discordie  tra  nobili  e  popolari  —  Violenze  dei  nobili  —  Primi 
torbidi  —  Sommossa  popolare  e  concessione  della  legfge  dei 
«  due  ferzi  »  —  Fuga  di  G.  L.  Fieschi  —  Elezione  dei 
nuovi  Anziani  e  dei  «  pacificatori  »  —  11  Fieschi  ed  i  no- 
bili iiu  )vamente  cacciati  dalla  città.  —  Ambascerie  a  Luigi 
XII,  a  Filippo  di  Cleves  e  a  Carlo  di  Chaumont  —  Secon- 
da ambasceria  al  Cleves  in  Asti  —  Il  Cleves  arriva  a  Genova 

—  Il  Fieschi  rientra  in  città  —  Sollevazione  della  plebe  e 
terza  cacciata    del    Fieschi    —    Si  eleggono    i  nuovi  Anziani 

—  Politica  del  Cleves  —  Consiglio  in  S.  Maria  di  Ca- 
stello -  Popolo  grasso  e  popolo  minuto  —  La  Riviera  di 
Levante  tolta  al  Fieschi  —  Altonso  del  Carretto  riacquista 
il  Finale  —  Ferdinando  il  Cattolico  a  Genova  e  a  Portofino 

—  La  plebe  potente  e  prepotente  —  Riforme  nelle  eie? ioni 
e  adunanza  del  l6  ottobre  —  Il  Re  di  Francia  esige  la 
restituzione  della  Riveradi  Levante  —  Elezione  di  otto  tri- 
buni —  Il  Cleves  abbandona  Genova  —  Editto  contro  i 
nobili  —  Ambascerie  a  Luigi  XII  e  a  papa  Giulio  II.  — 
Nuove  elezioni. 


Anno  l5o6 


Passa    r  istoria  ,   operatrice  eterna  , 
tela  tessendo  di  sventure  e  glorie  : 

Carducci  :  Bicocca  di  S.  Giacomo. 


RA  appena  cessata  la  peste  che  da  due  anni 
infieriva  su  Genova  (1504- 1505)  e  la  città  pa- 
reva ritornare  alle  pacifiche  e  lucrose  occupazioni  del 
commercio,  quando  un  morbo  assai  peggiore  scoppiò 
entro  le  sue  mura.  Le  antiche  discordie  fra  nobili  e  popo- 
lari, che  hanno  sempre  formato  la  storia  della  vita  interna 
di  ogni  grande  città,  si  acuirono  a  tal  punto  in  Genova 
da  spingere  la  plebe  a  tumulti,  a  incendi,  a  saccheggi, 
e  costringere  infine  il  partito  dei  nobili  a  prendere  la  via 
dell'esilio. 


Discordie  tra  nobili  e  I'Opolari. 

Queste  dissensioni  fra  le  due  parti  erano  sorte 
da  quando,'  per  le  migliorate  condizioni  economiche 
del  popolo,  alcune  famiglie,  essendosi  acquistate  per 
ricchezze  accumulate,  favore  e  potenza  nella  cerchia  dei 
loro  concittadini,  incominciarono  a  gareggiare  colle  an- 
tiche famiglie  nobili  che  allora  tenevano  il  governo 
della  città.  Così  tra  i  nobili  ed  i  popolari  ricchi  erano 
nate  acri  invidie  e  forti  inimicizie,  che  presto  si  muta- 
rono in  rivalità  minacciose,  in  odi  profondi.  I  nobili 
volevano    mantenere  il  loro  predominio  sulle  cose  dello 


La  sollevazione  popolare 


Stato,  i  popolari  afvere  invece  in  esso  una  partecipazione 
più  larga  di  quella  che  sino  allora  era  stata  ad  essi 
consentita.  In  queste  contese  e  in  queste  aspirazioni 
sono  riposte  le  cause  precipue  delle  civili  discordie  che 
tennero  divisa  per  tanto  tempo  la  città  e  la  trassero 
quasi  a  rovina.  Altre,  cagioni,  sebbene  di  minore  impor- 
tanza, concorsero  a  rinfocolare  le  ire  fra  i  due  partiti.  E, 
prima  tra  queste,  credo  debba  essere  stata  la  dominazione 
francese,  a  cui  Genova  soggiaceva  dal  1499.  I  francesi 
infatti,  pei  quali  l'unico  scopo  della  signoria  era  di 
smungere  i  loro  sudditi,  sia  che  ricavassero  maggiori 
proventi,  sia  perchè,  essendo  retti  nella  loro  patria  da 
un  regime  aristocratico,  si  sentissero  meglio  disposti  a 
favorire  i  nobili,  certo  è  che  permettevano  a  costoro  di 
spadroneggiare.  Gli  offici  civili  divisi  per  metà  tra  popolari 
e  nobili,  erano  in  realtà  retti  da  questi  soltanto,  perchè 
essendo  più  ricchi  e  più  uniti ,  riuscivano  facilmente  a 
sopraffare  gli  altri  e  commettere  soprusi  e  ingiustizie.  I 
popolari,  per  contro,  non  potevano  né  volevano  tollerare 
d'essere  inviliti  e  soperchiati,  e  instavano  presso  il  go- 
verno francese  che  gli  offici  fossero  divisi  in  tre  parti: 
vale  a  dire  che  un  terzo  degli  officiali  pubblici  fosse 
rappresentato  dai  nobili,  un  terzo  dai  mercanti  e  un 
terzo  dagli  artefici,  e  la  loro  insistenza  appoggiavano  su 
valide  ragioni:  i .  perchè  essi  erano  in  più  gran  numero 
dei  nobili  e  pagavano  tasse  maggiori,  2.  per  la  ragione 
storica,  che  la  città  era  stata  governata  lunghissimo 
tempo  dai  popolari,  3.  perchè  volevano  che  meglio  si 
amministrasse  la  giustizia. 


4  Anno    .'So'D 

Violenze  dei  nobili. 

Non  parlo  di  screzi  per  futili  motivi,  come  quelli  che 
avvennero  per  la  processione  del  legno  della  Croce 
della  famiglia  Zaccaria,  abbandonata  per  molti  anni  dai 
nobili  e  ripristinata  dai  popolari  nel  1496,  non  senza 
contese  tra  gli  imi  e  gli  altri,  ne  delle  controversie 
per  questioni  più  gravi,  come  quella  se  si  dovesse  o 
no  accettare  la  signoria  di  Pisa,  sostenuta  con  gran 
calore  dai  popolari  e  combattuta  aspramente  dai  nobili, 
i  quali   poi  erano  riusciti    a  spuntarla  (');    dirò    invece 


(1)  Queste  cagioni  di  ostilità  tra  le  due  parti  sono  ampiamente  esposte  da: 
Bartolomeo  Sknarkga  ,  Commentarium  de  rebus  genuensibus  ab  a.  i488 
ad  a.  i5i4,  in  L.  A.  Muratori,  Rerum  Italicarum  Scriptores  ^  Tomo 
XXIV,  col.  58 1  e  segg. ;  Agostino  Giustiniani,  Annali  della  Repubblica  di 
Genova^  illustrati  con  note  da  G.  B.  Spotorno,  3"  Ediz. ,  Voi.  II  pag.  609 
e  segg.;  in  Jean  1)"'Auton,  Chroniques ,  avec  des  notes  par  Paul  Jacob  biblio- 
phile.  Paris,  Silvestre,  i8J5,  Voi.  Ili,  pag.  197  e  segg.  Il  Senarega  e  il  Giusti- 
niani aggiungono  che  i  disordini  furono  fomentati  da  certi  ricchi  popolari 
i  quali,  dovendo  sborsare  grosse  somme,  speravano  che,  provocando  qualche 
torbido,  avrebbero  potuto  pagare  di  meno;  dicono  pure  che  papa  Giulio  II 
Della  Rovere ,  savonese ,  dette  esca  alla  sollevazione  e  lo  vogliono  provare 
col  fatto  che  qualche  njese  innanzi  che  scoppiassero  i  torbidi  genovesi,  quei 
di  Savona,  essendosi  recati  a  lagnarsi  da  lui,  furono  confortati  a  non  crucciarsi, 
perchè  tra  poco  Genova  si  sarebbe  trovata  in  tali  impicci  da  aver  altri  pensieri 
che  di  turbare  il  commercio  dei  savonesi.  Ora,  vero  è  che  il  Papa  fu  favore- 
vole alla  ribellione  dei  popolari  contro  i  nobili;  ma  che  fosse  anche  promotore 
dei  disordini,  non  ci  consta.  Solo  il  cronista  Alessandro  Salvago,  che  fu  an- 
ch^  esso  contemporaneo  agli  avvenimenti  e  scrisse  in  francese  una  Cronaca  di 
Genova  che  va  dal  1 100  al  1 507  edita  da  Cornelio  Desimoni  in  Atti  della  So- 
cietà Ligure  di  Storia  Patria^  Voi.  XIII,  pag.  340  e  segg.,  discorda  dagli 
altri  ed  accusa  i  popolari  di  avere  colla  loro  tracotanza  offeso  i  nobili  ai  quali 
si  rifiutarono  persino  di  pagare  i  debiti,  e  si  scaglia  contro  coloro  che,  scri- 
vendo la  storia  di  quel  periodo,  sostennero  essere  la  sommossa  stata  causata 
dai  nobili.  Ma  è  troppo  evidente  la  sua  partigianeria  per  la  fazione  nobilesca, 


La   sollevazione    popolare 


che  esasperava  soprammodo  gli  animi  dei  popolari  la 
petulanza  di  alcuni  giovani  nobili  che  avevano  formato 
una  società  detta  «  la  compagnia  de  l'aguo  »  perchè 
teneva  nascosto  sotto  la  veste  un  sottile  pugnale,  fatto 
venire  appositamente  da  Milano  e  sul  cui  manico  era 
inciso  il  motto:  «  castiga  villani  ».  Costoro  si  diverti- 
vano a  insolentire  i  popolari,  a  chiamarli  villani  e 
montanari,  a  maltrattarli  e  talvolta  anche  a  ferirli  ('); 
che  più  ?  il  20  giugno  osarono,  siilla  piazza  stessa  di 
Banchi,  il  luogo  più  affollato  e  più  centrale  di  Genova, 
alzar  le  mani  e  percuotere  due  popolari  che  avevano 
loro  chiesto  la  restituzione  di  certe  somme.  I  cittadini 
presenti,  indignati,  se  ne  risentirono;  si  chiusero  le 
botteghe  e  si  fu  sul  punto  di  dare  di  piglio  alle  armi; 
ma  r  intervento  del  podestà  Obertino  Solaro  e  di  altri,, 
uomini  probi  ed  onesti,   riuscì  a  calmare  gli  animi    (^). 


da  prestar  fede  alle  sue  asserzioni.  È  pur  vero  che  i  cronisti  popolari  potreb- 
bero lasciar  adito  al  dubbio  sulla  veridicità  dei  loro  asserti  ;  ma  quando  ab- 
biamo la  testimonianza  di  Jean  d''Auton,  cronista  di  Luigi  XII  e  quindi  per 
nulla  affatto  propenso  a  favorire  i  popolari,  la  quale  conferma  che  la  spinta 
al  moto  rivoluzionario  venne  data  dai  nobili,  gli  si  può  credere  senza  esitanza. 

(1)  Vedi  Senarkga,  op.  cit.,  col.  582;  Giustiniani,  op.  cit.,  pag.  610;  Jean 
d'' AuTON,  op.  cit.,  pag.  201;  Michel  Giuseppe  Canale,  Nuova  istoria  della 
Repubblica  di  Genova.,  Firenze,  Le  Monnier,  Voi.  IV,  pag.  3o()  e  Diario  pub- 
blicato in  Appendice. 

(2)  Il  fatto,  secondo  il  Senarega,  loc.  cit.,  (e  dopo  lui  il  Giustiniani  ed  il 
Canale  loc.  cit.)  sarebbe  accaduto  il  1 8  giugno;  ma  il  Diario  afferma  che  esso  av- 
venne il  20  giugno  e  ciò  é  confermato  dalle  istruzioni  agli  ambasciatori  inviati 
più  tardi  al  re,  al  governatore  di  Genova  ed  a  quello  di  Milano,  vedi  in  Appendice, 
Doc.  VÌI.  Il  Senarega  inoltre  e  con  lui  altri  cronisti  parlano  di  una  sola  que- 
stione sorta  in  quel  giorno  fra  un  notaio  (Manuele  (banale)  ed  un  nobile  di  cui 
non  si  dice  il  nome,  mentre  il  Diario  accenna  a  due  litigi:  il  primo  tra  il  notaio 

2 


6  Anno     l5o6 

Un  altro  giorno  il  figlio  di  Domenico  Negrone  tentò  di 
possedere  la  sposa  del  notaio  Bernardo  Raggio,  poi, 
temendo  la  giusta  pena,  fuggì  di  città,  ma  vi  ritornò 
indi  a  poco,  e,  venuto  a  parole  con  Peregro  Leonardi 
popolare,  lo  stese  morto.  L'azione  per  se  stessa  già 
grave,  divenne  gravissima  coli'  insulto  fatto  alla  Corte, 
la  quale,  recatasi  all'abitazione  di  lui  «  per  fare  qual- 
che demonstratione  de  tanto  excesso  »,  la  trovò  cu- 
stodita da  altri  nobili  che  le  impedirono  di  entrare, 
gridando  che  non  era  permesso  l'accedere  in  casa  di 
nobili  e  che  sarebbe  incolto  male  a  chi  avesse  osato 
varcarne  la  soglia    (').  Altre  violenze  si  aggiunsero  alle 


Xiiùsepjìe  Dernice  e  Martino  Spinola  di  Luccoli,  il  secondo  tra  Manuele  (banale 
ed  il  figlio  di  Stefano  Cigala.  Il  d''Auton,  o/j.  cjV.,  Voi.  HI,  pag.  201,  confuse  i 
due  avvenimenti,  facendo  questionare  Manuele  Canale  con  Martino  Spinola. 
E  d'  uopo  ricordare  che  nello  stesso  giorno,  20  giugno,  il  governatore  di 
Genova,  Filippo  di  Cleves,  che  si  trovava  allora  alla  corte  di  Francia,  scriveva 
che  «  vedando  che  da  alchuni  iorni  in  qua  sia  eresiato  in  la  cita  una  grande 
«  licentia  et  presumptione  de  baterse  Tuno  cum  Tatro  de  pugni,  mascate  et 
«  f)ercusione  de  diversa  natura  e  portarsi  arme  de  che  ne  segue  grandi  in- 
«  convenienti  »  etc.  etc,  dava  ampia  libertà  al  Magnifico  Messere  Obertino 
de  Solario,  podestà  di  Genova,  di  far  imprigionare  e  giustiziare  i  delinquenti. 
(Archivio  di  Stato  in  Genova  Li7/erar«m  Reg.  47.,  lettera  n.  93).  Quale  dif- 
ferenza dair  ordine  dato  cinque  giorni  avanti  (i5  giugno)  a  tutti  i  capitani, 
vicari,  podestà,  rettori,  officiali  ed  università  della  Liguria  di  fare  per  tre  di 
consecutivi  «  fallodi  e  fochi  in  publico,  sonar  campane,  fare  processione  de 
«  religiosi  accompagniate  de  voi  cum  tuti  li  homini  de  vostri  lochi  etc.  etc. 
«  pel  mariagio  novamenti  concluso  tra  la  Ser""  Madonna  Claudia  figlia  di 
«  Luigi  XII  e  r  111""  Mons.  de  Angouleme  delfino  de  Pranza  »  !  (Archivio  di 
Stato  in  Genova,  Litterarum  Reg.  46,  lettera  n.   191). 

(i)  Il  fatto,  narrato  dal  x?  Auton,  op.  aV.,  Voi.  Ili,  pag.  202, è  confermato 
e  meglio  lumeggiato  nelle  istruzioni  alPambasciatore  diretto  al  re  di  Francia. 
Vedi   in  Appendice,  Doc.  VII. 


La  sollevazione  popolare 


già  accennate.  Essendo  stato  cacciato  da  Genova  per 
le  continue  spavalderie  un  certo  numero  di  nobili, 
Obertino  Solaro  voleva  proporre,  (come  si  faceva 
sempre)  che  si  dessero  premi  a  chi  svelasse  i  nomi  di 
quelli  che  non  avessero  obbedito  all'  ingiunzione  del 
bando,  correndo  voce  che  alcuni  fossero  stati  visti  di 
notte  per  le  vie  della  città.  Ora  il  senato  non  soltanto 
non  approvò  tale  proposta,  ma  respinse  pure  la  do- 
manda dei  popolari  che  venisse  informato  il  re  di  ciò 
che  accadeva  in  Genova,  coonestando  la  decisione  presa, 
col  pretesto  che  si  dovesse  attendere  che  cessasse  ogni 
clamore  prima  di  accusare  qualcuno  dinanzi  al  re  ('). 
Allora  il  popolo  scelse  dodici  capitani  che  soste- 
nessero le  sue  ragioni  dinanzi  al  luogotenente  ed  agli 
Anziani,  ma  i  nobili  opposero  ad  essi  quattro  deputati 
che  provvedessero  allo  stato  presente  di  cose,  ed  altri 
che  preparassero  armi  è  raccogliessero  fanti  {^).  In  tal 
modo  il  fermento  cresceva  di  giorno  in  giorno  e  un  fatto, 
che  in  se  non  aveva  eccessiva  gravità,  diede  origine  ad 
un  secondo  e  più  grave  tumulto. 


(i)  Bart.  Senareg^,  op.  cit.,  col.  583;  Giustiniani,  op.  cit.,  pag.  6ii. 

(2)  Diario^  27  giugno.  In  un  «  Memoriale  de  le  cose  accadute  in  lasu- 
blevacione  de  li  populi  de  Genes  »  indirizzato  dai  nobili  a  Luigi  XII  (pubbli- 
cato da  Leon  G.  Pélissier,  Dociiments  poiir  Vhistoire  de  Vétablissement  de 
la  doviination  frangaise  a  Génes.  Atti  Soc.  Ligure  di  St.  Pat.,  Voi.  XXIV, 
pag.  534  e  segg.)  e  di  cui  ci  occuperemo  più  a  lungo  a  suo  tempo,  si  afferma 
che  il  luogotenente  Roccabertino  consigliò  i  popolari  di  ridurre  a  quattro  i 
dodici  officiali  della  plebe. 


8  Anno    l5o6 

Primi  torbidi. 

Il  6  luglio  un  nobile,  Bartolomeo  Fieschi,  contrat- 
tando in  piazza  S.  Lorenzo  un  canestro  di  funghi  con 
un  contadino  (')  di  Val  di  Polcevera  e  non  accordandosi 
con  lui  sul  prezzo,  si  mise  a  dirgli  le  più  crudeli  villanie 
ed  osò  dargli  «  della  mano  sul  viso  ».  Alle  grida  del 
percosso,  accorse  un  suo  parente,  il  macellaio  Giacomo 
Ghiglione,  e  vivacemente  rampognò  1'  atto  inurbano  del 
Fieschi.  Nel  fervore  della  disputa,  ecco  sopraggiungere 
Gian  Giorgio  Fieschi  ed  assalire  con  un  pugnale  il 
Ghiglione,  il  quale,  alla  vista  del  ferro,  si  scansò  e  si 
mise  a  correre  per  il  vico  del  Filo  gridando  :  «  arme, 
arme  »  ;  giunto  in  capo  ad  esso,  essendo  riuscito  ad 
afferrare  un  coltellaccio,  lo  brandì  e  si  rivolse  contro  il 
patrizio  che  lo  inseguiva  da  presso,  costringendolo  a 
ritornare  indietro  e  a  cercare  rifugio  in  S.  Lorenzo.  Al 
fatto  la  città  levossi  a  rumore;  molti  artigiani  impugna- 
rono le  armi  e  i  Fieschi  avrebbero  corso  un  serio  pe- 
ricolo, se  la  presenza,  l'autorità  e  la  parola  del  luogo- 
tenente Filippo  Roccabertino  non  avessero  persuasa  la 
folla  a  non   trascendere  ad  atti  criminosi   (^).   Il   Luogo- 


(i)  In  verità  il  Diario  (6  luglio)  dice  che  era  una  contadina,  ma  è  il  solo; 
gli  altri  cronisti  parlano  d''  un  uomo,  e  ciò  è  confermato  da  un  documento 
d'' archivio  (vedi  istruzioni  accennate)  che  dice:  «  uno  chi  vendeva  fructi  ». 

(2)  Nei  giorni  che  precedettero  questi  avvenimenti  egli  nontrovavasi  in  città; 
erasi  recato  ad  Acqui  per  curarsi  ed  è  perciò  che  vedemmo  il  podestà  agire 
in  vece  di  lui  nella  prima  sommossa.  L'episodio,  che  abbiamo  testé  descritto, 
viene  accennato  da  tutti  i  cronisti  e  narrato  per  esteso  dal  Diario  (G  luglio). 
Il  d''Auton  (op.  cit.^  Tomo  III,  pag.  204-205)  espone  il  fatto  con  una  confu- 
sione grande  di  nomi  e  di  date  :  egli  fa  risalire  V  avvenimento  al  i  5  giugno; 
dice  che  il  compratore  era  Visconte  d'  Oria  (quegli  che  venne  ucciso  piia  tardi 


La  sollevazione  popolare 


tenente  Roccabertino,  spagnuolo  d'origine,  era  stato  paggio 
alla  corte  di  Luigi  XI  ed  aveva  seguito  Carlo  Vili  nelle  sue 
imprese  in  Italia.  Mandato  poi  a  reggere  Piacenza  era  indi 
passato  a  Genova  come  luogotenente  del  governatore 
Filippo  di  Cleves  di  Ravenstein,  succedendo  a  Giacomo 
di  Fonchexoles  mortovi  di  peste  nel  1505  (').  Il  Roc- 
cabertino, che  per  le  sue  doti  di  mente  e  di  cuore 
si  era  accaparrato  in  brevissimo  tempo  le  simpatie  dei 
genovesi ,  vista  la  gravità  dei  fatti,  capì  che  non  si  do- 
veva attendere  un  solo  istante  ad  agire  risolutamente  : 
pose  subito  in  bando  il  Fieschi  ed  il  Ghiglione  e  convocò 
un  consiglio  di  sessanta  tra  i  più  influenti  cittadini,  scelti 
da  ogni  ceto,   per  vedere  di  comporre  il  dissidio   (^). 


nella  sollevazione  del  nj  luglio),  che  il  fatto  è  accaduto  nella  piazza  d^Oria 
anziché  a  S.  Lorenzo  e  che  il  Ghiglione,  avendo  contrattato  prima  del  d^Oria 
r  acquisto  dei  funghi,  voleva  portarseli  a  casa,  mentre  il  d''  Oria  li  voleva  per 
sé  e  che ,  insorta  lite  fra  i  due ,  si  passò  repentinamente  ai  fatti  ed  il 
Ghiglione  stesso  eccitò  e  diresse  il  popolo  alla  sommossa.  Ma  cronisti  e 
documenti  d""  archivio  (istruz.  citata)  concordano  nella  versione  accennata  e 
nella  affermazione  che  la  sommossa  scoppiò,  non  in  quel  giorno,  ma  il  i8 
luglio. 

(1)  Bart.  Senarega,  op.  c/r,  col.  58i. 

(2)  È  da  avvertire  che,  mentre  avvenivano  queste  cose,  giungeva  in 
Genova  una  lettera  data  da  Tours  il  (j  luglio,  in  cui  il  re  Lui.i  XII  di- 
chiarava di  avere  avute  notizie  dei  rumori  e  novità  accaduti  in  città  e  che 
ciò  gli  era  stato  molesto  «  non  desiderando  al  mondo  cossa  alchuna  più  che 
«  la  quiete  e  tranquillità  de  quelli  chi  li  erano  sottoposti  »  ;  ma  avendo  poi 
saputo  che  la  città  aveva  ripreso  il  suo  solito  aspetto,  li  esortava  soltanto  a 
vivere  tranquilli.  I  Genovesi  risposero  (16  luglio)  con  grandi  proteste  di  devo- 
zione e  di  obbedienza  (Archivio  di  Stato  ni  Genova,  Litterartiin  Reg.  47, 
lettera  n.  111).  A  questo  stato  di  cose  accenna  il  Senarega  qua.ido  scrive: 
«  Perunt  Regem  ad  primum  nuntium  novitatis  exorta;  graviter  f..isse  commc- 
0  tum  sed  Rochabertini,  Pacitìcatorumquc  litteris  lenitur  »  op.cit.,  col.  585. 


10  Anno   l5oó 

Sommossa  popolare  -  concessione  della  legge  dei  «  due 

TERZI    ». 

Il  mezzo  più  efficace  sarebbe  stato  di  annuire  alle  do- 
mande dei  popolari  riguardo  agli  offici,  ma  il  Senarega 
dice  che  il  consiglio  si  tenne  sulle  generali  e  nessuno 
osò  parlare  suU'  argomento.  I  nobili  naturalmente  non 
fiatarono,  i  popolari,  non  si  sa  perchè,  attendevano  che 
altri,  fuori  del  loro  partito ,  presentasse  la  proposta  ; 
così  tutto  si  risolse  in  vane  ciance.  Ma  qui  è  d' uopo 
avvertire  che  v'  erano  già  molti  del  popolo  pei  quali 
anche  l'approvazione  di  questa  nuova  legge  era  passata 
in  seconda  linea,  poiché  avevano  fermamente  deciso  di 
insorgere  ad  ogni  costo,  per  mutare  lo  stato  delle  cose. 
È  perciò  facile  ad  immaginarsi  che,  appena  si  riseppe 
(i8  luglio)  non  essersi  concluso  nulla  di  positivo  nel 
consiglio,  la  plebe,  incitata  dai  suoi  capi,  Manuele  Ca- 
nale e  Paolo  Battista  Giustiniani,  andò  gridando  per 
le  vie  della  città  :  «  Francia,  viva  il  popolo  />  e  quella 
che  in  principio  non  aveva  che  l' apparenza  di  una 
semplice  dimostrazione,  si  mutò  ben  tosto  in  sommossa. 
I  popolari  armati  corsero  in  lungo  e  in  largo  la  città 
e,  nella  piazza  dei  d'Oria,  a  S.  Matteo,  vedendosi  bef- 
feggiati da  alcuni  che  dicevano  loro  di  sembrare  una 
compagnia  di  «  battuti  >,  stesero  morto  Visconte  d'Oria 
e  ferirono  Agostino  d'  Oria  entrambi  pacifici  ed  onesti 
cittadini  (').   In    questo  mezzo  scendeva  dal  suo  palazzo 


(i)  Senarega,  op.  cit.^  col.  584;  Giustin:ant,  0/7.  aV.,  pag.  6i5;  il  d^Auton, 
op.  aV.^  pag.  2o5.  aggiunge  ai  nomi  dei  due  agitatori  della  plebe  anche  quello 
di  Bricio  Giustiniano.  Il  Diario  narra  un  po''  diversamente  il  fatto,  afferma  che 
mentre  i  dodici  capi  erano  «  in  palacio  per  poner  qualche   termine  amicabil- 


La  sollevazione  popolare  11 


di  via  Lata  Gian  Luigi  Fieschi  per  domare  colla  forza 
la  sollevazione,  ma  si  trovò  impotente  dinanzi  alla 
folla  minacciosa.  Il  regio  luogotenente  Roccabertitiò, 
poiché  vide  che  il  rumore  era  grande  e  non  accennava 
a  sedarsi,  uscì  per  le  vie  solo,  inerme,  con  un  baston- 
cello in  mano  ed  affrontò  la  moltitudine  agitata  cercando 
di  persuaderla  a  deporre  le  armi. 

I  popolari  gli  risposero  che  avrebbero  obbedito 
quando  fossero  loro  concessi  i  due  terzi  dei  seggi  in 
tutti  o^li  uffici  del  comune.  Eorli,  vedendo  che  cadeva 
la  notte  e  temendo  maggiori  scandali  e  pericoli,  impen- 
sierito dalle  loro  clamorose  istanze,  disse  di  riconoscere 
equa  la  domanda  e  promise  che  avrebbe  accordato  ciò 
che  desideravano.  1  due  cancellieri  del  comune,  Barto- 
lomeo Senarega  e  Raffaele  Ponzone,  compilarono  in 
tutta  fretta  sulla  piazza  del  Palazzo  il  proclama,  in  cui 
si  dava  solenne  promessa  di  acconsentire  ai  desideri  dei 
popolari  ;  essi  stessi  andarono  a  leggerlo  per  la  città, 
indicendo  pel  mattino  seguente  una  pubblica  adunanza 
per  discutere  la  proposta  (').  I  più  assennati  si  ten- 
nero contenti  della  notizia  e  si  ritirarono  nelle  loro  case; 
ma  il  popolo  minuto  e  1'  infima  plebe,  col  favore  delle 
tenebre,   si  diedero  al  più  barbaro  e  completo  saccheggio 


«  mente  dal  populo  alli  Gentil  Homini,  Mons.  Giov.  Aloise  da  Fiesco  vene  in 
«  palacio  con  homini  ducente  con  le  arme  indosso  »  ed  allora  era  corsa  per 
la  terra  la  voce  che  «  Io  populo  era  venduto  a  palacio  »  e  da  ciò  la  solleva- 
zione. Ma  questa  affermazione  appare  partigiana  qusnda  si  consideri  che  gli 
ahri  cronisti  dello  stesso  partito  popolare ,  dicono  chiaramente  che  hi  solle- 
vazione fu  voluta  dalla  plebe. 

(i)  Vedi  Appendice,  Documento  I. 


12  Anno    l5o6 

di  niolte  case  patrizie  ('),  sicché  parecchi  nobiH  furono 
costretti  a  lasciare  in  gran  fretta  la  città  e  ritirarsi  nelle 
ville  e  nei  castelli  che  avevano  nei  dintorni  di  Genova; 
altri  invece  si  rifumarono  nella  ricca  e  ben  munita  di- 
mora  dei   Fieschi  in  via   Lata  {^). 

Fuga  di  G.   L.   F^ieschi  -  Elezione    dei    nuovi  Anziani 

E    DEI     «    l'ACIFICATORI    ». 

Coir  alba  del  19  luglio  la  plebe  cessò  di  manomet- 
tere e  di  rubare  e,  coi  popolari,  convenne  a  Palazzo;  ma 
essendo  corsa  voce  che  Gian  Luigi  Fieschi  «  commulava 
gente  »  nella  sua  abitazione,  gli  vollero  imporre  di 
reca^rsi  tosto  a  Palazzo,  e  con  poca  scorta,  altrimenti 
uscisse  senza  indugio  dalla  città.  Il  P^ieschi  fece  rispon- 
dere che  vi  sarebbe  venuto,  accompagnato  da  quat- 
trocento uomini  come  guardia  della  sua  persona. 
Allora  la  folla  impaziente  ed  irosa  si  diresse  al  borgo 
di  S.  Stefano  ed  a  via  Lata  per  far  pagar  cara  al 
Pleschi  la  sua  tracotanza;  ma  egli  nel  frattempo  abban- 
donava coi  suoi  partigiani  la  città,  lasciando  ben  munita 
la  porta  dell'Arco,  per  proteggere  la  sua  fuga.  I 
popolari  sopraggiunti  si  azzuffarono  colle  guardie  del 
Fieschi  e  riuscirono  ad  occupare  la  porta  ;  vi  furono 
feriti  da  ambe  le  parti  e  un  morto,  certo  Cambialanza 
che  era  tra  le  guardie   (');    indi  tutta  quella  moltitudine 


(i)  Il  Diario  dà  una  lista  delle  case  saccheggiate  (18  luglio),  ma  sono  poche 
in  confronto  alle  cinquanta  e  più  che  i  nobili  affermarono  essere  state  saccheg- 
giate in  quella  occasione,  (cfr.  Memoriale  etc.  pubbl.  da  L.  G.  Pklissier. 

(2)  Intorno  al  palazzo  dei  Fieschi  in  via  Lata,  cfr.  Belgrano,  Vitaprivata  dei 
genovesi^  pag.  23  e  J.  d'Auton,  op.  cit.,  Tom.  II,  pag.  221, 

(3)  Cfr.  Diario^  19  luglio. 


La    sollevazione  popolare  là 


armata  ritornò  a  Palazzo  per  elegg^ere  i  nuovi  Anziani, 
secondo  la  legge  promessa  dal  luogotenente  Rocca- 
bertino.  Questi  aperse  la  seduta  raccomandando  ai  citta- 
dini di  conservarsi  fedeli  al  re  e  dicendo  che  era  sicuro 
della  loro  devozione,  dacché  il  giorno  innanzi,  percor- 
rendo da  solo  le  vie  della  città,  aveva  udito  gridare  da 
tutti  «  viva  il  re  »;  per  rispetto  agli  uffici,  trovava 
giusto  che  si  dessero  due  terzi  dei  seggi  ai  popolari  ed 
un  terzo  ai  nobili;  vedessero  poi  essi  se  non  fosse 
meglio  aggiungere  agli  Anziani,  che  erano  già  in  carica, 
tanti  popolari  quanti  occorressero,  o  mutarli  del  tutto. 
Apertasi  la  discussione  e  interrogato  Vincenzo  Sauli  del 
suo  parere,  questi  prima  rivolse  parole  di  lode  al  re  e 
di  encomio  al  luogotenente  per  la  condotta  da  lui 
tenuta  durante  il  tumulto,  indi  espose  in  succinto  le 
ragioni  che  credeva  favorevoli  a  concedere  ai  popolari 
due  terzi  degli  offici  ;  si  dichiarò  per  la  pronta  elezione 
di  nuovi  Anziani  e  propose  si  eleggessero  anche  nove 
o  dodici  popolari  chiamati  pacificatori  per  l' incarico 
che  avevano  di  pacificare  gli  animi.  Esortò  infine  che 
si  facessero  tridui,  si  celebrassero  messe  nei  monasteri, 
si  invocasse  dagli  uomini  pii  la  clemenza  di  Dio  e  si 
distribuissero  cinquecento  ducati  di  elemosina  ai  poveri 
per  propiziarsi  il  cielo. 

Approvate  con  acclamazioni  e  voci  di  giubilo  le  fatte 
proposte,  Roccabertino  si  alzò  di  nuovo  per  dichiarare  che 
egli  rimetteva  ogni  pena  e  perdonava  a  tutti  coloro  che 
in  quegli  ultimi  giorni  si  fossero  levati  in  armi  e  fosse- 


14  Anno   l5oó 

ro  trascorsi  ad  atti  di  violenza  (').  Indi  con  gli  Anziani 
che  stavano  per  scadere  (^),  procedette  alla  elezione 
dei  nuovi  che  furono  :  Gio.  Batta  de  Franchi  Cocarello 
priore,  Paolo  Battista  Giustiniani,  Battista  di  Rapallo, 
Pietro  Sauli,  Bernardo  Casella,  Agostino  de  Ferrari, 
Donato  di  Marco,  Bartolomeo  Soffia,  Francesco  Cattaneo, 
Luchino  de  Marini,  Angelo  Centurione,  Agostino  l.o- 
mellino  di  Battista  (').  I  nuovi  Anziani  montati  a  cavallo, 
andarono  in  compagnia  del  luogotenente  per  le  vie 
della  città  seguiti  dal  popolo  armato  e,  tra  esso,  si 
notavano  circa  seicento  uomini  di  Sestri  e  di  Val  di  Pol- 
cevcra,  accorsi  in  Genova  al  primo  cenno  della  solle- 
vazione per  dare  man  forte  al  partito  popolare.  Giunti 
alla  porta  di  S.  Tommaso,  gli  Anziani  congedarono  i 
Sestresi  ed  i  Polceveraschi,  tranne  duecento  che  stabi- 
lirono di  tenere  a  stipendio;  poscia,  tornati  a  Palazzo, 
mandarono  una  grida  che  ognuno  deponesse  le  armi  e 
«   in   manco   di   un'hora  »     dice    l'anonimo    del    diario. 


(i)  Diversorum  Reg.  170,  19  luglio  i  Sof).  Tatti  i  documenti  da  me  raccolti 
e  presentati  in  questo  lavoro  vennero  tratti  dalle  carte  delPARCHivio  di  Stato 
IN  Gknova.  Credo  quindi  inutile,  dopo  questa  dichiarazione,  di  segnare  ancora 
acconto  ad  ogni  documento  il  luogo  dove  esso  si  trovi. 

(2)  Non  tutti  gli  Anziani  «  di  vecchio  »  (come  si  diceva  allora),  parteci- 
parono a  codeste  elezioni,  che  parte  dei  nobili  non  osò  presentarsi;  i  votanti 
furono  :  Manfredo  de  Fornari,  Gregorio  de  Marineto,  Peregro  di  Goano,  Stefono 
Paravagna,  Oberto  di  Nazario,  Stefano  Testerà,  Gerolamo  d'  Oria,  Benedetto 
Pinelli.  Cfr.  Diversorum  Reg.   170.  -  19  luglio  i5o6. 

(3)  Come  gli  Anziani,  così  tutti  gli  altri  offici  vennero  di  mano  in  mano 
mutati,  giusta  la  decisione  presa.  Il  3  i  luglio,  ad  esempio,  troviamo  eletti  a 
officiali  della  Mercanzia,  due  mercanti,  due  artefici,  due  nobili;  cosi  pure,  se- 
condo il  nuovo  provvedimento  viene  creato  (i  5  agosto)  il  nuovo  officio  di  Pisa. 
Cfr.  Diversorum  Reg.   171. 


La  sollevazione  popolare  l5 

«  hanno  desmisse  tutte  l'arme  »  e  provvidero  alla  ele- 
zione dei  dodici  pacificatori,  che  furono  :  Cipriano  de 
Mari,  Domenico  de  Marini,  Teramo  di  Ballano,  Ge- 
rolamo di  Facio,  Francesco  Salvago,  Antonio  SauH, 
Gaspare  di  Goano,  Agostino  Pelavicino,  Stefano  Giu- 
stiniani (di  Moneglia)  Gio.  Batta  di  Davagna,  Giorgio  di 
Zoagli,  Agostino  Foglietta  (').  La  giornata  ebbe  lieto 
termine,  essendo  ritornati  in  città  i  nobili  fuorusciti  con 
Gian  Luigi  Fieschi,  il  quale  però  dovette  venirvi  con 
pochissima  scorta,  mentre  i  popolari  continuavano  a 
occupare  la  porta  dell'  Arco. 

Il  Fieschi  ed  i  nobili  nuovamente  cacciati  dalla  città. 
La  mattina  del  lunedì  20  luglio  1506  Genova  pareva 
tornata  alla  quiete  ;  si  aprivano  le  botteghe  e  si  espo- 
nevano le  mercanzie;  le  vie,  le  piazze  e  il  mercato  fre- 
quentatissimi e  molti  nobili  erano  a  Banchi  a  trattare  i 
loro  affari,  quando  incomincia  a  serpeggiare  per  la  città 
un  confuso  sussurro,  un  incrociarsi  di  notizie  inquie  - 
tanti:  chi  dice  essere  giunte  da  Chiavari  certe  barche 
cariche  d'  armi  che  vennero  scaricate  in  Sarzano  e  portate 
alla  dimora  dei  Fieschi  in  via  Lata,  chi  giura  d'  aver 
visto  in  Castelletto  Ambrogio  Fieschi  discorrere  guar- 
dingo col  castellano  ;  altri  sostiene  che  in   Bisagno    era 


(i)  Cfr.  Diversorum  Reg.  170^  e  Diario,  19  luglio.  È  d'uopo  notare  che 
il  Diario  mette  al  posto  di  Domenico  de  Marini,  il  nome  di  Acelino  (Cattaneo. 
Il  giorno  dopo,  20  luglio,  il  governatore  con  alcuni  dei  senatori  e  dei  dodici 
pacificatori,  adunatisi  nella  cappella  superiore  del  palazzo  del  comune,  elessero 
Giorgio  di  Zoagli  e  Gerolamo  di  Fazio,  massari  del  detto  ufficio,  (^fr.  Diver- 
sorum Reg.   171. 


l6  Anno   l5o6 

giunto  Michele  Animanegra  insieme  con  un  »  cappellaccio  » 
Adorno  (')     e     che  in   via   Lata  si   radunavano  soldati. 
Di   mano  in   mano  cresceva  l' ansia    negli     animi,   la 
fantasia  ingigantiva   i   fatti  ed   ecco  darsi  da  ogni   parte 
r  allarme;   ecco   il     popolo     armato     gridare   per  le   vie  : 
vv   Francia,    popolo   e   fuori  i  cappellacci  ».   Anche   questa 
volta   il  luogotenente     Roccabertino     cercò     di  arrestare 
r  impeto   tumultuoso   della  folla,   ma  vedendo  inutile  ogni 
tentativo,   ne  seguì   il   cammino  o  anche  fu   trascinato  da 
quel   torrente    precipitoso   verso  via     Lata   ed   assistette 
alla  fuga  del   Fieschi  e  dei    suoi    partigiani,     mentre    il 
popolo  s' impossessava  delle  loro    case  e  le   fortificava. 
Il  diario  aggiunge  che  il  popolo   volle  in    quel    giorno 
che  molti   uomini  di  Sestri,   di   Polcevera  e  di   Bisagno, 
tenuti   in   prigione  per  debiti   verso  lo   Stato,    venissero 
liberati  per  avere  i  loro  conterranei  porto    valido  aiuto 
ai   popolari.   La  plebe,  oniai  fatta  padrona  di  Genova,  vi 
commise  saccheggi  e   prepotenze    tali     che     gli  Anziani 
presero  consiglio  di  frenarne  gli  impeti,   ingiungendo  a 
tutti   i   cittadini  di  deporre  le  armi  e  invitandoli  a  maggior 
rispetto  della  roba  altrui;   e  a     ciò  essi  si    adoperarono 
con  tutte  le  forze,   anche  per  mostrarsi  non   indegni  del 
governo  che  era  nelle  loro   mani  C'). 


(i)  «  Cappellaccio  »  era  chiamato  in  Genova  chi  apparteneva  alle  quattro 
famiglie  popolari:  Adorno,  Fregoso,  Guano,  Montaldo,  unite  in  consorteria 
politica  poco  dopo  la  metà  del  sec.  XIV  per  opporsi,  col  favore  popolare 
alPaltra  consorteria  delle  quattro  famiglie  nobili:  Spinola,  Do  ria ,  Grimaldi 
e  Fieschi.  Vedi:  G.  Rezasco,  Dii^ionario  del  linguaggio  Italiano  storico  ed 
amministrativo^  pag,  154.  Ricordo  però  che  anche  tra  le  famiglie  popolari 
esistevano  due  partiti,  uno  dei  quali  sosteneva  gli  Adorno,  Paltro  i  Fregoso. 

(2)  Cfr.   Diario,  29  luglio.  La  data  del  Diario  è  però  errata,    mentre  la 


La  sollevazione   popolare  17 


Ambascerie  a  Luigi  XII,  a  Filippo  di  Cleves  di 
Ravenstein  e  a  Carlo  di  Chaumont  d  '  Amboise. 
Ma  ora  bisognava  dar  notizia  al  re  ed  alle  autorità 
di  Francia  di  quanto  era  accaduto,  cercando  di  propi- 
ziarsele con  opportune  dichiarazioni  di  fedeltà  ;  è  per 
questo  che  il  21  luglio  inviarono  lettere  a  Luigi  XII, 
informandolo  delle  insurrezioni  avvenute  e  sedate,  dan- 
dogli notizie  della  ripartizione  degli  offici  e  delle  ragioni 
che  r  avevano  consigliata,  lodando  l' opera  prudente  ed 
assennata  del  luogotenente  Roccabertino,  facendo  pro- 
teste di  devozione,  di  fedeltà  al  re  stesso  annunzian- 
dogli che  presto  avrebbero  mandato     un     ambasciatore 


vera  è  il  20  luglio;  il  diarista  infatti  afferma  che  in  questa  sommossa  il  popolo 
ottenne  che  fossero  liberati  dalle  prigioni  molti  popolari  di  Sestri  e  di  Polce- 
vera  che  vi  si  trovavano  per  debiti  verso  lo  stato  e  ciò  per  ricompensa  ai  loro 
compaesani  che  in  quella  occasione  avevano  dato  aiuto  ai  popolari  ;  ebbene 
noi  abbiamo  trovato  sotto  la  data  del  20  luglio  la  grida  del  governatore  il  quale 
«  havendo  visto  bona  et  grande  demonstration  di  fede,  reverentia  et  devotion 
«  verso  la  Sacra  Maestà  del  Christianissimo  Re  de  li  homini  cossi  de  Sestri 
«  da  l'onente  corno  de  la  valle  de  Pulcevera  »  rimette  e  perdona  «  ogni 
«  condennatione  pecuniaria  »  e  cioè  tutti  i  debiti  e  le  avarie  che  avevano 
verso  il  comune  di  Genova,  sino  alP  anno  i5o4  incluso.  La  stessa  grida  si 
rinnova  il  21  luglio  per  gli  uomini  di  vai  di  Bisagno  ( Diversorum  Filza, 
63).  Dunque  se  que^  "prigionieri  erano  stati  posti  in  libertà  il  20  o  il  2  i ,  non 
occorreva  liberarli  il  29  luglio,  nel  qual  giorno,  come  nei  seguenti,  non  tro- 
viamo alcun  atto  che  accenni  a  qualche  sollevazione. 

Inoltre  il  Diario  dice  che  in  quel  giorno  furono  messe  a  sacco  la  casa 
di  Anfreone  Usodimare  a  Banchi  e  quella  di  F'rancesco  Lomellino  a  Fassolo, 
ora  anche  nel  Memoriale  dei  nobili  al  re  (Pki.issikr,  op.  cit.)  si  ricorda 
il  sacco  della  casa  di  un  nobile  presso  Banchi  sotto  la  data  del  20  luglio. 
Se  si  avverte  infine  che  il  giorno  della  settimana  segnato  nel  Diarto 
coincide  colla  nostra  supposizione,  poiché  il  20  luglio  di  quelFanno  cadeva 
in  lunedi,  si  può  concludere  che  neiroriginale  fosse  scr  tto  20  e  che  poi 
sia  stato  male  interpretato. 


l8  Anno   l5o6 

per  congratularsi  delle  nozze  della  principessa  Claudia 
e  per  esporgli  quali  fossero  le  condizioni  interne  della 
città.  Altre  lettere  erano  inviate  al  governatore  di  Genova 
Filippo  di  Cleves  di  Ravenstein,  allora  assente,  raggua- 
gliandolo minutamente  dei  fatti  occorsi  e  delle  cause 
che  li  avevano  prodotti,  assicurandolo  che  ormai  la  città 
era  entrata  nella  solita  calma  e  le  condizioni  di  essa 
non  si  potevano  desiderare  migliori;  altre  erano  spedite 
a  Giorgio  d'Amboise,  cardinale  Rotomagense  (di  Roano) 
legato  apostolico  in  Francia,  nelle  quali,  esposte  in  breve 
le  ragioni  della  sollevazione  popolare,  lo  si  pregava  di 
interporre  i  suoi  buoni  offici  presso  il  re;  altre  ancora  a 
Milano  al  Gran  Maestro  Carlo  di  Chaumont  di  Am- 
boise^  luogotenente  generale  del  re  di  Francia  «  citra 
montes  »  (al  di  qua  delle  Alpi)  ,  nelle  quali,  dategli 
succintamente  le  stesse  notizie ,  lo  si  pregava  di  man- 
dare 400  fanti  per  provvedere  all'  ordine  interno  ('). 
11  23  luglio  infine  gli  Anziani  e  i  dodici  pacificatori, 
a  meglio  chiarire  le  loro  ragioni  ed  anche  per  conoscere 
quali  fossero  le  intenzioni  e  i  sentimenti  dei  francesi 
verso  le  due   parti,  popolare  e  nobile,  deliberavano,  d'ac- 


(i)  Litterariiin    Reg.  47,  lettere  n.   114,   ii5,   116,  117. 

La  lettera  al  luogotenente  generale  pare  giungesse  a  Milano  in  ritardo 
perchè  a)  d''  Amboise,  che  aveva  chiesto  notizie  sullo  stato  della  città,  si 
dovette  riscrivere  il  2  3  luglio,  a  un  dipresso  ciò  che  era  stato  scritto  nella 
prima  {ibid.  lettera  n.  118).  Altre  lettere  vennero  dirette  (24  luglio)  agli 
Anziani  ed  al  Gonfaloniere  di  giustizia  di  Pisa,  ricordando  che  il  mutarsi 
degli  ordinamenti  interni,  non  avrebbe  allentati  i  legami  di  buona  amicizia 
tra  Genova  e  la  loro  città  (Litterarum  Reg.  46,  lettera  n.  23o)  ed  altre  (3o 
luglio)  a  Griulio  II  descrivendogli  con  una  certa  ricercatezza  di  stile,  le  origini 
della  rivolta  contro  i  nobili.  (Litterarum  Reg.  47,  lettera  n.  124).  Vedi  in 
Appendice,  Dee.   II.  III.  e  IV. 


La  sollevazione  popolare  IQ 

cordo  col  luogotenente  Roccabertino,  di  inviare  Nicolò 
Oderico,  dottore  «  in  utroque  >,  ambasciatore  al  re  di 
Frància  (').  In  verità  egli  non  partì  subito  e,  sebbene  si 
trovino  al  31  luglio  lettere  al  re  con  l'annunzio  dell'invio 
dell'ambascieria  e  nel  giorno  stesso  si  ordini  dagli  An- 
ziani la  sospensione  delle  cause  in  cui  abbia  qualche 
parte  Nicolò  Oderico  C),  pure  si  attese  fino  al  6 
agosto  a  dargli  le  credenziali  e  le  istruzioni  pel  suo 
officio  (').  In  questo  stesso  giorno  si  consegnavano 
lettere  di  credenza  a  Bartolomeo  di  Ceva,  oratore  in- 
viato al  governatore  Filippo  di  Cleves  di  Ravenstein 
(^),    e    al  dottore  in  legge  Antonio  di  Lerici,   mandato 


(1)  Diversorinn  Keg.   173. 

(2)  La  lettera  si  trova  in  Litterarum  Reg.  43,  lettera  n.  363;  la  «  suspensio 
causarum  »  in  Diversorum  Reg.   1/3  ed  in  Divcrsoruvi  Filza  Gì. 

(3)  Le  credenziali  sono  in  Litterarum  Reg.  43,  lettera  n.  304  *-'  1*^  istru- 
zioni in  Instructiones  et  ReLitiones^  i5oo-i  558,  u.  2707  e.  Il  ritardo  fu  dovuto 
probabilmente  al  volere  in  quel  frattempo  riparare  ad  una  accusa  che  i  po- 
polari attendevano  sarebbe  loro  fatta  e  cioè  di  non  avere  impediti  i  saccheggi 
alle  case  dei  nobili;  perciò  il  3  agosto  venne  emanato  Tordine  di  restituire 
entro  tre  giorni  la  roba  rubata  «  in  li  tumulti  segui  nuovamente  in  la  terra  », 
che  entro  quel  termine  verrebbe  rimessa  ogni  colpa;  oltrepassato,  si  sarebbe 
proceduto  colle  debite  punizioni  {Diversorinn,  Filza  63).  Nicolò  Oderico 
partì  certamente  prima  deir  8  agosto,  trovandosi  sotto  questa  data  una  deli- 
berazione degli  Anziani,  la  quale  stabilisce  che,  essendo  partito  cpme  legato 
al  re  V  illustre  dottore  Nicolò  Oderico,  uno  dei  tre  sapienti  del  comune,  sia 
surrogato  fino  al  suo  ritorno  dal  non  meno  illustre  dottore  Giacomo  Se- 
naroga.  Diversorum  Reg.   173. 

(4)  Il  Giustiniani  op.  cit.^  pag.  617,  afferma  che  Bartolomeo  di  Ceva  era 
famigliare  del  Cleves. 

Egli  fu  scelto  come  legato  al  governatore  di  Genova  nella  stessa  seduta 
in  cui  era  stato  nominato  TOderico.  Entrambi,  se  avessero  rifiutato  PonoriHco 
incarico,  avrebbero  dovuto  pagare  cinquecento  ducati.  Diversorum  Reg. 
173,  2  3  luglio.  Le  lettere  patenti  sono  in  Litterarum  Reg.  43  lettera 
n.  ÌS-j-^  le  istruzioni  in  lustructiones  et  Relationes,  1  5oo  in  i558,  n.  2707  e. 


20  Anno   i5oó 

a  Milano  al  signor  di  Chaumont  d'  Amboise  (').  Le 
tre  istruzioni  contenevano  gli  stessi  ordini  :  gli  amba- 
sciatori dovevano  esporre  le  cause  dei  moti  popolari, 
dovute  alle  molte  prepotenze  dei  nobili,  poi  dare  ragione 
del  mutato  ordinamento  negli  offici  e  vedere  anche  di 
scusare  i  saccheggi  della  plebe  nelle  case  dei  nobili, 
addossandone  la  colpa  a  certi  banditi  entrati  in  Genova 
alle  prime  novità  e  confusi  con  la  folla,  aggiungendo 
che  gli  «  homini  da  bene  »  erano  riusciti  a  salvare 
molta  roba  ;  per  ultimo  f^ir  capire  che  la  città  era  in 
«  bona  quiete  »,  così  che  vi  si  teneva  mercato  C)  . 
Ma  intanto  i  nobili  fuorusciti  ed  il  loro  capo  Gian  Luigi 
Fieschi,  che  si  era  prima  ritirato  a  Quarto  e  indi  nel 
suo  castello  di  Montoggio,  non  istavano  inoperosi.  Essi 
provvidero  alle  sorti  della  propria  fazione,  stringendosi 
in  lega  e,  raccoltisi  in  Gavi,  decisero  di  mandare  il  nobile 
Andrea  d'Oria  al  re,  come  loro  rappresentante  e  difen- 
sore (').  Il  d'Oria,  seguendo  le  istruzioni  avute,  accusò  al 


(i)  Allo  Chaumont  avevano  già  mandato  una  lettera  il  4  at^osto  nella 
quale,  contrariamente  alle  prime  dei  21  e  2Ì  luglio,  dove  lo  si  pregava  di 
inviare  400  uomini  di  rinforzo  alle  truppe  di  Genova,  ora  che  egli  aveva 
espresso  il  pensiero  di  venire  in  persona  a  rimettere  V  ordine  nella  città, 
con  molta  premura  e  con  mal  dissimulata  ansietà,  lo  si  avvertiva  che  la  sua 
presenza  oramai  non  sarebbe  stata  più  necessaria,  essendo  tutto  ritornato 
alla  calma  e  che  da  un  apposito  ambasciatore,  che  sarebbe  partito  fra  due 
giorni,  avrebbe  ricevuto  più  ampi  particolari.  Vedi  in  Appendice,  Doc.  VI. 

(2)  Le  tre  istruzioni  sono  simili  nel  contenuto,  tranne  qualche  leggiera 
variante.  Le  due  per  Nicolò  Oderico  e  per  Antonio  da  Lerici  sono  scritte  in 
latino,  quella  per  Bartolomeo  di  Ceva  in  volgare.  Presento  in  Appendice 
(Doc.  VII)  quella  per  V  Oderico,  che  è  la  più  importante. 

(J)  Ugo  Assereto  nella  recensione  de  Gli  ultimi  giorni  della  Repubblica 
di  Genova  e  la  co;««>H7tÌ!  J/ A^ov/ per  Ant.  F"ran.  Trucco  in  Giornale  storico 
e  letterario  della  Liguria,  Anno   1902,  pag.  26  j  e  segg.  pubblica  un  atto  del 


La  sollevazione   popolare  21 

cospetto  dal  re  il  Roccabertino  per  la  sua  debolezza 
nel  sostenere  i  diritti  della  nobiltà  e  ancora  più  per  la 
predilezione  che  dimostrava  verso  il  partito  contrario  ; 
ma  il  Ravenstein,  che  era  egli  pure  a  corte,  «  non  volse 
si  parlasse  de  li  cativi  comportamenti  de  dicto  Mon- 
signor Rochabertin,  suo  locotenente,  dicendo  c-he  lui 
havia  ad  venire  ad  Genua  e  provederia  al  tuto  »  ('). 
Nello  stesso  tempo  il  re,  ricevute  dagli  Anziani  e  dal 
luogotenente  lettere  di  ragguaglio  sui  fatti  di  Genova, 
aveva  subito  invitato  le  autorità  genovesi  a  far  deporre 
le  armi  ed  attendere  a  rappacificare  gli  animi,  annun- 
ziando anche  di  aver  dato  ordine  al  suo  luogotenente 
generale,  Chaumont  d' Amboise  ,  di  muovere  verso 
Genova  colla  sua  gente  d'  arme  e  con  «  alcuni  sapienti 
consiglieri  del  parlamento   di   Milano»    (^).  Gli    Anziani 


notaio  Vesconte  de  Piatone,  cancelliere  di  Gian  Luigi  Fieschi,  pel  quale 
ci  \iene  data  notizia  che  il  3  agosto  1 5o6  si  adunarono  nel  castello  di 
MontOL'gio  i  nobili  Giov.  d''Oria  «  miles  auratus  »,  Cipriano  de  Mari,  Ni- 
cola Spinola,  Domenico  Lercari  q.  S.,  Ansaldo  Grimaldi,  Gio.  Batta  e  Ago- 
stino Lomellino  deputati  da  tutta  la  nobiltà  per  trovare  il  modo  di  rientrare 
in  Genova;  essi  stabilirono  a  ciò  una  tassa  da  riscuotersi  da  ogni  famiglia 
nobile.  Veramente  J.  n'' A uton,  op.  cit.^  Tomo  III,  pag.  206-204  dice  che  venne 
inviato  il  dottore  messer  Stefano,  nel  quale  riconosciamo  facilmente  Stefano 
Vivaldi  che  fu  qualche  mese  più  tardi  capo  d\ma  importante  ambasceria 
di  nobili,  inviata  alla  Corte  di  Francia.  Ma  il  d^  Auton  si  dovette  certo 
confondere  tra  le  varie  ambascerie  mandate  a  Luigi  XII,  poiché  la  notizia 
deirinvio  di  Andrea  d'Oria  è  certissima,  essendo  data  dagli  stessi  nobili  nel 
già  citato  memoriale  al  re.  (Pki.issikr,  Docuvients  pag.  536). 

(i)  PÉussrER,  Documents  etc.  pag.  537. 

(2)  Questa  lettera  é  pubblicata  da  Charles  Gasati  in  Lettres  Royaiix 
et  lettres  missives  relatives  aux  affciires  de  France  et  d^ Italie.  Paris  -  Didier 
1 877.  La  lettera  è  a  pag.  16  ed  ha  questo  indirizzo:  «  A  nos  chers  et  bien 

3 


22  Anno   l5oó 

ed  i  Pacificatori,  a  tale  notizia,  s'  erano  affrettati  (2 
agosto)  a  rispondergli  che  la  città  ornai  era  tranquilla 
e  che  non  faceva  d'  uopo  V  intervento  del  luogotenente 
generale  (').  Le  stesse  notizie  inviarono  al  d' Amboise, 
che,  si  comprende  chiaramente,  non  avevano  molto 
desiderio  di  vedere  ('). 

Seconda  ambasceria  al  Cleves  in  Asti. 

Mentre  erano  intenti  a  questo  carteggio,  che  in 
realtà  occupava  tempo  parecchio  per  la  distanza  del- 
la corte  di  Francia  da  Genova,  il  governatore  Fi- 
lippo di  Cleves,  si  poneva  in  cammino  verso  la  città  a 
lui  affidata.  Lo  accompagnavano  mille  uomini  di  scorta 
ed  alcuni  consiglieri  :  Stefano  Oliviero  di  Vienna,  signore 
nel  parlamento  di  Grenoble,  Falco  d'Aurillac  e  Stefano 
di  Cernérieu,  consigliere  di  giustizia  (').  S'incontrò  egli 
con  altri  due  ambasciatori  inviati  dai  nobili  alla  cor- 
te di  Francia  e  li  persuase  a  tornare  addietro  con 
lui   «    imperò  havia  commissione  et  ordine  ad  prò  vedere 


amez  les  anciens  et  ofliciers  de  la  baillye  de  notre  bonne  ville  et  cite  de 
Gennes.  »  data  Turonibus  (Montils  les  Tours),  die  dom.  1 5oG  —  XXVI 
juillet. 

(i)  Littcrcirum  Reg.  46,  lettera  n.  234.  Il  carteggio  tra  il  re  e  gli 
Anziani  si  può  ricostruire  così  :  questi  gli  scrissero  il  2 1  luglio  per  infor- 
marlo degli  ultimi  moti,  e  siccome  le  lettere  da  Genova  alla  corte  di  Francia 
impiegavano  da  cinque  a  sette  giorni,  cosi  il  re  dovette  riceverle  verso  il 
26  ;  infatti  in  quel  giorno  egli  rispose  mandando  gli  ordini  suddetti.  La  sua 
lettera  dovè  giungere  a  Genova  tra  il  3i  luglio  ed  il  i.  agosto,  e  ad  essa 
fu  risposto  il  2  agosto.  Quest ''ultima  lettera  trovasi  in  Appendice,  Doc.  V. 

(2)  Litterarum  Reg.  46,  lettera  n.  2  3.  Vedi  nota  27  e  Doc.  VI. 

(3)  J.  d''Auton,  op.  cit.,  Tomo  III,  pag.  207  e  208. 


La  sollevazione  popolare  23 

al  tuto  >  (').  Giunto  egli  ad  Asti,  sia  che  una  leg- 
giera indisposizione  lo  costringesse  a  fermarsi,  o,  ed  è 
più  probabile,  che  desiderasse,  prima  di  entrare  in  Ge- 
nova, di  udire  le  due  parti,  vi  si  fermò  a  lungo  e  qui 
convenne  la  maggior  parte  dei  nobili  colla  speranza  di 
ottenere  per  mezzo  di  lui  il  ritorno  alla  città  ed  al 
potere;  mentre  i  popolari  inviavano  prontamente  altri  tre 
cittadini:  Demetrio  Giustiniani,  Vincenzo  Sauli  e  Leonardo 
di  Facio,  i  quali,  sotto  sembianza  di  essergli  stati  man- 
dati incontro  per  rendergli  omaggio  a  nome  della  città 
e  di  accompagnarvelo,  dovevano  impedire  e  combattere 
le  mene  del  partito  avversario  ed  esporre  al  governatore 
le  prove,  di  recente  raccolte,  di  trame  da  esso  ordite 
per  turbare  la  quiete    dello    stato. 

Veramente  quelli  dei  nobili  non  erano  che  tentativi 
di  rientrare  nei  loro  possessi,  ma  si  comprende  che  i 
popolari  avessero  tutto  il  loro  interesse  a  raffigurarli 
come  sovversivi  e  pericolosi  alle  vigenti  istituzioni  C); 
perciò,  oltre  a  danneggiare  il  partito  nobilesco,  essi  do- 
vevano altresì  difendere  le  azioni  del  proprio  ;  avevano 
pure  incarico,  se  mai  si  fossero  incontrati  col  luogote- 
nente generale  Chaumont  d'Amboise,  di  sostenere  1'  o- 
perato  dei  popolari,   difenderli  dall'accusa    di     sperpero 


(l)    PÉMSSKR,    Op.    Cit. 

(2j  Di  dati  precisi  sui  «  delittuosi  maneggi  »  dei  nobili  contro  Genova, 
o,  per  dir  meglio,  contro  i  popolari,  se  ne  riscontra  qualcuno  nelle  istruzioni 
ai  Tre  ambasciatori  e  cioè:  Tessere  discesi  in  Chiavari  loo  fanti  inviativi 
certamente  dal  Fieschi  e  Pavere  il  Fieschi  stesso  ordinato  in  tutti  i  luoghi 
della  Riviera  di  Levante  di  stare  pronti  a  prender  le  armi  «  et  che  niuno  ciò 
fare  presuma  ad  instantia  de  la  cita  ». 


24  Anno  l5o6 

di  denaro  e,  se  il  discorso  fosse  caduto  sulla  causa  del- 
l' arresto  del  nobile  Corso  da  Mare,  eseguito  per  ordine 
dell'  officio  di  S.  Giorgio,  spiegargli  che  ciò  era  stato 
fatto,  perchè  quegli  ordiva  un  tradimento  a  danno  del- 
l'officio stesso,  che  era  padrone  dell'isola  di  Corsica, 
quindi  aveva  il  diritto  di  trattenerlo  in  carcere;  «  la 
qualcosa  non  debe  a  loro  signorie  parere  strania,  siando 
epso  officio  de  la  importantia  che  è,  et  in  vero  se  pò 
dire  la  anima  di  questa  cita   »   ('). 

Inoltre  si  tracciava  ai  tre  legati  il  modo  di  rispon- 
dere convenientemente  ai  quesiti  che  si  sarebbero  loro 
potuti  presentare  ;  e  qui  l' istruzione  delinea  con  tratti 
così  precisi  la  condizione  dei  partiti  in  Genova,  che  io 
credo  utile  tr  iscriverla  alla  lettera:  «  Insuper  n'è  parso 
«  ancora  a  proposito  dirve  che  quando  parlerete  con  lo 
«  Ill.mo  Mons.  Governatore  o  sia  etiam  Monsignor  de 
«  Ihamon  de  la  cosa"  de  li  officii  li  demonstrate  cheli 
«  popolari   non  hanno  cercata  la  reformation  de  quelli  per 


(i)  Questo  arresto  si  deve  certamente  riferire  ad  una  congiura  ordita 
dai  nobili  per  far  sollevare  la  Corsica  a  danno  dei  popolari;  il  Senarega  ed 
il  Giustiniani  accennano  al  fatto  un  po''  vagamente.  Il  primo  scrive  «  praeterea 
«  aliae  literae  Joannis  Pauli  Lechani  corsici  interceptae,  quibus,  ut  ajunt, 
«  facile  fuit  videre  nobiles,  indignatione  contra  plebem,  non  recusaturos  etiam 

«  incommoda  patriae;    quae  statim     dissimulatae  compressaeque  fuerunt 

«  Praeterea  dominus  Capitis  -  corsi  quia  et  ipse  nobilis  erat  et  de  familia 
«  De  Mari,  factus  reus  suspicionis,  in  Castellum  Illicis  recluditur  »  [Op.  cit. 
col.  585).  Il  Giustiniani  dice:  «  Si  intese  ancora  che  per  opera  de''  nobili,  Gioan 
«  Paolo  di  Leca  era  per  eccitar  tumulto  in  Corsica....  E  perchè  Giacobode 
«  Mari,  signor  di  Capo  corso  venne  in  suspizione  ai  popolari,  fu  rinchiuso 
«  nel  Castel  di  Lerice  {op.  cit.  voi.  II,  pag.  617).!  due  cronisti  non  collegano 
chiaramente  i  due  fatti  per  concomitanza  di  cause,  ma  questi  sono  così  vicini 
nello  svolgimento  della  narrazione  da  lasciar  credere  che    siano    strettamente 


La  sollevazione  popolare  25 

«  emulare  li  nobili,  con  ciò  siacosa  che  non  li  sia  causa 
«  de  emulatione  perchè  in  questa  cita  quelli  chi  se  ihamano 
«  Gentilhomini  non  sono  più  nobili  che  multi  de  quelli  se 


connessi  tra  loro,  e  la  notizia  che  troviamo  nella  istruzione  pare  comprovi 
il  mio  asserto.  Ecco  ora  come  A.  P.  Filippini  nella  sua  Storia  della  Corsica^ 
Pisa,  MDGCGXXII,  2.a  ed.,  Nicolò  Gapurro,  Voi.  Ili,  libro  V,  p.  i39esegg.) 
narra  il  fatto  :  Rinuccio  della  Rocca,  imparentatosi  con  Giacomo  da  Mare  figlio 
del  fu  Simone  e  signore  di  Gapo  corso  (era  di  origine  genovese)  incominciò 
nel  i5o2  a  combattere  i  genovesi  in  Gorsica.  Gian  Paolo  da  Leca,  il  cui 
figlio  Orlando  era  stato  imprigionato  a  Lerici,  d''  onde  poi  era  riuscito  a  fuggire 
nel  i5o3,per  essere  nelP  anno  susseguente  ucciso  da  certi  suoi  parenti,  è  un 
altro  dei  caporali  corsi  emulo  di  Rinuccio  e  suo  nemico,  che  a  tratti  veniva 
in  Gorsica  a  combattere  i  genovesi,  a  tratti  si  rifugiava  in  Sardegna.  Nel 
1 5o4  Rinuccio  mosse  di  nuovo  guerra  ai  genovesi  comandati  da  Nicolò  d''Oria;  ma 
fu  sconfitto  e  fuggi  in  Sardegna.  Giacomo  da  Mare  ave /a  per  possesso  oltre 
al  Gapocorso  anche  V  isola  di  Gapraia;  ma  siccome  questa  era  poverissima 
e  non  poteva  pagare  i  balzelli  da  lui  impostile,  finì  col  ribellarsi.  Allora  egli 
si  recò  per  domare  la  ribellione  e  vi  fece  gravissimi  danni.  In  quel  tempo 
un  piovano  della  Capraia  andò  a  Genova  ed  offerse  alP ufficio  di  S.  Giorgio 
r  isola  a  nome  dei  suoi  conterranei.  Pel  momento  V  ufficio  di  San  Giorgio 
stimò  di  non  accettare,  per  un  riguardo  a  G-iacobo  che  allora  tro/avasi  a 
Genova,  ma  gli  dette  ordine  di  levare  il  campo  dalla  Capraia  e  diede  incarico 
al  governatore  della  Bastia  di  esaminare  da  qual  parte  fosse  il  torto.  Mentre 
pendeva  il  giudizio  che  tenevasi  a  Bastia  e  pare  non  fosse  molto  imparziale 
e  propendesse  per  Giacobo,  questi  fece  aggredire  e  ferire  il  piovano,  e,  non 
contento,  lo  rinchiuse  nel  castello  di  S.  Golombano  in  Gorsica.  Il  governa- 
tore, sdegnato  da  cotes'to  modo  di  procedere,  ordinò  si  rendesse  il  piovano 
ed  informò  l'officio  di  S.  Giorgio,  il  quale  mandò  alla  Gapraia  un  suo  podestà 
che  ne  prese  possesso.  Giacobo  recossi  tosto  a  Genova  sperando,  mercè  Taiuto 
dello  zio  carnale  Gian  Luigi  Fieschi,  di  riavere  risola;  ma  Genova,  che  allora 
era  in  mano  dei  popolari,  avendo  anche  sentore  che  Giacobo  favoriva  i  gen- 
tiluomini, lo  prese  e  lo  mandò  prigione  al  castello  di  Lerici  «  dove  stette 
«  con  gran  suo  dispiacere  molti  anni»:  poscia,  liberato  per  intercessione  del 
Fieschi,  riebbe  il  Gapocorso.  Sul  rigore  che  esercitavasi  nelle  carceri  di  Le 
rici  e  sulla  tortura  fatta  in  esse  a  due  compagni  di  Gian  Paolo  da  Leca, 
vedi  L.  T.  Belgrano  nella  sua  me-  moria  —  Un  assassÌ7iio  politico  nel 
i49o  — (Ranuccio  da  Leca)  Atti  Soc.  Lio.  di  St.  Pat.  Voi.  19,  pag.  454 
e  455  n,  I. 


2Ó  Anno   l5o6 

«  ihamano  populari  :  ne  per  antiquità  né  per  sangue  né 
«  etiam  per  honori  o  altre  dignità  conseqnite  :  né  epsi 
«  populari,  mancho  nobili  cha  epsi  ihamati  Gentilhomini: 
«  li  quali,  revera,  se  possano  più  tosto  appellare  tutti  mer- 
«  cadanti  :  ma  questa  essere  più  presto  una  division  de 
«  colori  antiquamenti  pervenuta  da  factione  corno  é  de 
«  Ghibellini  e  Guelfi,  et  variatosi  spesso  le  forme  de  li 
«  gradi  loro,  secundo  che  sono  occursi  li  regimenti  de  la 
«  terra;  non  diciamo  però  questo  perchè  a  la  vera  nobiltà 
«  non  se  habia  sempre  quello  debito  respecto  che  si  con- 
«  viene  »  (').  Infine  dettero  incarico  adessi  di  avvicinare  il 
Fieschi  nel  viaggio  verso  Asti  e  di  scrutarne  i  pensieri 
e  le  intenzioni. 

Gli  Anziani  intanto  scrivevangli  di  avere  intercettate 
certe  lettere  dalle  quali  erano  informati  dei  maneggi  di  lui 
e  dei  suoi  partigiani  e  si  lamentavano  che  egli  minac- 
ciasse di  continuo  la  pace  della  città  e  che,  si  fosse 
allontanato  da  essa,  dove  ai  nobili,  almeno  a  quei  pochi 
che  erano  rimasti,  si  usava  tutto  il  rispetto  loro  dovuto 
e  lo  invitavano  ad  affrettarvi  con  gli  altri  il  ritorno 
C').  Gli  ambasciatori  poterono  raggiungere  il  Fieschi 
diretto  egli  pure  ad  Asti,  ed  avere  un  primo  abbocca- 
mento con  lui  poco  lungi  dalla  città  e  un  altro  in  essa  ed  in- 
formarono gli  Anziani  di  averlo  trovato  proclive  al  nuovo 


(i)    Queste  stesse  osservazioni  sono  ripetute  in  una  «  Istrutio  nova  missa 
D.  Nicolao  Oderico  »  8-11   Agosto.  Istruzioni  e  Rela^ioni^  2707  e. 
(2)     Litterarum  Reg.  46,  lettera  n.  239,  7-8    agosto   i5o6. 


La  sollevazione    popolare  27 

governo  (').  Ma  questi  risposero  che  nutrivano  poca 
fiducia  nelle  parole  del  Fieschi  e  rinnovavano  le  racco- 
mandazioni di  non  perderlo  di  vista,  di  investigare  se 
egli  int^endesse  seguire  il  governatore  a  Genova  e  di 
mandare  al  più  presto  ed  il  più  segretamente  possibile 
notizie  in  proposito  C'). 

Nondimeno  ciò  che  più  allora  li  angustiava  era  il 
timore  che  il  signor  di  Chaumont  non  venisse  egli 
stesso  ad  insediare  i  nobili  in  Genova  ;  gli  è  per 
questo  motivo,  come  vedemmo,  che  gli  avevano  inviata 
(4  agosto)  una  lettera,  avvisandolo  che  la  città  era 
nella  massima  quiete  e  che  quindi  non  occorreva  che 
egli  si  movesse.  Il  latore  di  quella  lettera,  Paolo  Beraldo, 
aveva  anche  il  compito  di  spiare  gli  intendimenti  del 
luogotenente  generale,  di  avvisarne  gli  Anziani  e  di 
attendere  a  Milano  1'  arrivo  dell'  ambasciatore  Antonio 
da  Lerici  ('),  il  quale  sembra  abbia  adempiuto  il  suo 
officio  con  tanto  senno  e  prudenza,  da  soddisfare  pie- 
namente gli  Anziani;  poiché  questi  V  1 1  agosto  si 
congratulavano  vivamente  con  lui  per  l' opera  prestata 
presso  lo  Chaumont  e  lo  consigliavano,  siccome  il  gran 
maestro  accennava  di  andare  in  Asti,  di  accompagnar- 
velo  per  unirsi  ai  cittadini  genovesi  che  là  si  trovavano; 
ma,  poco  dopo  aver  scritta  quella  lettera,  giungeva  l'av- 
viso del   Lerici  che  lo  Chaumont,  non  si  sarebbe  mosso 


(i)  Ciò  é  accennato  nella  lettera  di  risposta  degli  Anziani  di  cui  si  parla 
subito  dopo. 

(2)    Litterarum  Reg.  46,  lettera  n.  244-13    agosto  i5o6. 

(i)  Franzoni  —  Istruzioni  ad  ambasciatori:  ms.  delPARcmvio  nt  SrATO 
IN  Genova  n.  652  -  4   agosto  i  5o6. 


28  Anno   l5o6 

da  Tortona  dove  già  era  giunto  e  così  da  questo  lato 
svanirono  i  loro  timori  (').  Non  scemavano,  dall'altro 
le  inquietudini  per  le  minacce  dei  nobili,  i  loro  pre- 
parativi guerreschi  (^)  e  lo  studio  di  ingraziarsi  il 
governatore. 

Il  ricco  carteggio  tra  Genova  ed  i  suoi  ambasciatori 
ad  Asti  ne  è  prova  manifesta.  Caratteristica  è  una 
lettera  (13  agosto)  degli  Anziani  e  dei  pacificatori  a 
Filippo  di  Cleves,  nella  quale  mentre  gli  dimostrano 
il  grande  piacere  che  provano  per  il  suo  prossimo 
arrivo,  io  avvertono  in  pari  tempo  come  essi  vedano 
di  mal  occhio  gli  armamenti  dei  nobili  genovesi  presso 
di  lui  ed  in  una  lettera  dello  stesso  giorno  esortano  gli 
ambasciatóri  ad  ottenere  dal  principe  di  Ravenstein 
che  impedisca  cotesti  preparativi  e  ad  accertarsi  se  il 
temuto  Gian  Luigi  e  gli  altri  nobili  verranno  o  no  col 
governatore  a  Genova  ('). 

Il  20  agosto  gli  Anziani  ed  i  dodici  pacificatori 
hanno  notizie  da  Filippo  di  Cleves  che  li  riassicura  a 
non  aver  timore  degli  apparecchi  guerreschi  in  Milano 
e  in  Lombardia;  ma  essi  non  se  ne  mostrano  guari 
persuasi  ;  tuttavia,  sapendo  che  il  governatore  è  poco 
bene  in  salute,  gli  augurano  pronta  guarigione  (*)  e 
il   2 1    agosto  gli   scrivono  di  compiacersi  dell'  invio  della 


(i)  Litterarum  Reg.  43,  lettere  n.  375  e  377,  11  agosto  1 5o6.  Sembra 
però  che  il  d'  Amboise  raggiungesse  più  tardi  il  Cleves  ad  Asti,  perchè  ciò 
é  affermato  a  chiare  note  nel  Memoriale  più  volte  citato:  pag.  537. 

(2)  Litterarum  Reg.  43,  lettera  n.  382,  18  agosto   i  5o6. 

(3)  Litterarum  Reg.  46,  lettere  25o-25i,   19  agosto   i5o6. 

(4)  Litterarum  Reg.  46,  lettera  n.    253. 


La  sollevazione    popolare 


sua  gente  d'arme  e  di  esser  lieti  di  saperlo  convale- 
scente e  in  procinto  di  partire  alla  volta  di  Genova 
(').  Il  23  gli  mandano  un'altra  lettera  complimentosa 
poiché  sanno  esser  egli  «  per  montare  a  cavallo  de 
hora  in  hora  >  e  informano  gli  ambasciatori  che  ven- 
gono 5ipedite  le  copie  di  due  lettere  assai  importanti, 
intercettate  a  certi  nobili,  affinchè  le  facciano  leggere 
al  principe  di  Ravenstein  (').  Finalmente  egli  si  mise 
in  viaggio  per  Genova  (')  e,  procedendo  con  molta 
lentezza,  giunse  il  28  agosto  presso  la  città,  fermandosi 
a  pernottare  (^)  a  Campi  in  casa  di  Stefano  d'  Oria. 
Genova  si  preparava  a  ricevere  degnamente  il  suo 
governatore . 

Il  Cleves  arriva  a  Genova. 

Il  cancelliere  Bartolomeo  Senarega  scriveva  un  pro- 
clama in  cui  ordinava  a  tutti  i  cittadini,  «  sotto  pena 
di  dieci  fiorini  di  multa  »,  di  trovarsi  il  domani  a  sera, 
sabato  (29  agosto),  al  primo  suono  dalla  campana 
grossa,  sulla  piazza  del  Palazzo  con  le  loro  cavalcature 
e  le  vesti  più  belle,  per  andare  insieme  col  luogotenente, 
gli  Anziani  ed  i'  dodici  pacificatori,  a  ricevere  ed  accom- 


^1)  Litterarum  Reg,  46,  lettera  n.  256. 

(2)  Litterarum  Reg.  46,  lettere  n.  259,  260. 

(.3)  Dovette  partire  probabilmente  il  26  agosto  giacché  abbiamo  una 
lettera  scritta  il  27  dagli  Anziani  e  dai  12  pacificatori  agli  oratori,  nella  quale 
si  accusa  ricevuta  di  loro  lettere  scritte  durante  il  cammino  verso  (ìenova . 
Litterarum    Reg.  46  lettera  n.  262. 

(4)  Anche  nelle  lettere  del  tempo  è  ricordato  che  egli  venne  a  Genova 
a  suo  agio.  Cfr.  Litterarum  Reg.  46,  lettera  n.  265  più  innanzi   ricordata. 


3o  Anno   l5o5 

pagnare  1'  illustrissimo  signor  governatore  (').  L'  ac- 
coglienza che  Genova  fece  al  Ravenstein  fu  certo  molto 
cordiale;  ma  non  sappiamo  di  sicuro  come  vi  corrispon- 
desse il  governatore.  Gli  Anziani,  scrivendone  a  Nicolò 
Oderico,  affermavano  bensì  ch'egli  aveva  fatto  buon 
viso  alle  dimostrazioni  del  popolo  (');  ma  quella  let- 
tera può  dar  luogo  a  sospetti  sulla  veridicità  dei  fatti, 
tanto  più  che  il  Senarega,  cronista  imparziale,  riferisce 
invece  aver  il  governatore  ordinato  agli  Anziani  ed 
ai  pacificatori,  che  si  erano  mossi  ad  incontrarlo,  di  pre- 
cederlo e  questo  averli  avviliti  assai  perchè  era  segno  che 
non  li  teneva  nel  debito  onore.  Egli  poi  procedette,  separato 
da  tutti  gli  altri  ed  entrò  in  città  con  aspetto  burbero  e 
minaccioso  alla  testa  dei   suoi   mille  uomini  armati. 


(i)  Ecco  la  parte  più  importante  del  proclama:  «  Se  comanda  a  tuti 
«  quelli  citadini  li  qualli  hano  vel  poteno  haveire  cavalcature,  che  domane 
«  che  sera  sahato,  al  primo  sono  de  la  campana  grossa  se  debiano  statim 
H  trovare  in  la  piaza  de  palazio  cum  dite  loro  cavalcature  et  vestimente  or- 
«  nate  per  andare  insieme  cum  lo  Ill.mo  Locumtenente  et  Magnifici  Signori 
«  Antiani  ac  dicti  dodexe  pacificatori  a  recevere  et  acompagnare  lo  prefato 
«  Signore  Governatore.  »  (Diversorum  Filza  6J,  28  agosto  1 5oG.) 

(2)  Si  scrive  infatti  che  si  ritardò  a  inviargli  lettere  (f  essendo  ciascuno  in 
«  expectacione  de  la  venuta  de  Mons.  de  Ravasteno  ,  el  quale  è  tardato  in 
n  haste  qualche  giorni  per  la  straqua  del  camino  per  ripusarse  alquanto  e  de 
«  hasta  qui  venuto  è  poi  a  bel  axio;  hieri  stete  a  Campi  in  casa  del  quon- 
«  dam  messer  Lazaro.  E  ogii  a  bore  XVIIII  è  intrato  in  la  terra  e  li  é  stato 
«  facto  tanti  e  si  grandi  honori  che  se  pò  dir  in  vero  non  troppo  manco  de 
«  quelli  che  furono  facii  a  la  Maestà  del  Re  in  la  intrata  sua.  E  se  può 
«  ancora  dire  esser  stato  retenuto  da  ogniuno  come  el  messia.  E  sua  excel- 
te  lentia  à  facto  tanto  bona  ciera  e  dimostrato  tanta  alegreza  quanta  mai  in 
«  altro  tempo  habia  facto,  vedendo  tanto  e  si  grande  ardore  d  ogniuno  verso 
«  la  Maestà  del  re  e  de  la  excellentia  sua.  »  Litterarum  Reg.  46,  lettera  n. 
265,  29  agosto  I  5o6.  Si  ripete  anche  qui  che  la  città  è  molto  tranquilla  ed 
è  sempre  devota  al  re. 


La  sollevazione  popolare  Ai 

Il  diario  non  accenna  a  cotesta  fredda  acco^ii'lienza 
di  fronte  alle  cortesie  usate  dai  genovesi  ;  ma  l'accordo 
dei  due  cronisti  nell'informarci  che,  appena  giunto  a 
Palazzo,  fece  erigere  nella  piazza  altissime  forche  ed  il 
palco  della  mannaia,  ci  convince  che  il  Cleves,  venuto 
col  proposito  di  ristabilire  l'ordine,  non  avesse  voluto 
dare  appiglio  ai  popolari  di  credere  che  egli  fosse  più 
propenso  a  favorire  loro  che  i   nobili   ('). 

Il  Fieschi  rientra  in  città. 

Il  governatore  non  aveva  condotto  seco  il  Fieschi, 
come  si  temeva;  egli  era  venuto  solo,  senza  che  alcun 
nobile  lo  accompagnasse  e  così  aveva  compiuto  un  atto  di 
savia  politica,  evitando  disordini  al  suo  ingresso  in  città. 
Ma  non  appena  vi  fu  allogato  ed  ì  suoi  mille  uomini 
furono  acquartierati  e  le  forche  e  la  mannaia  apparvero 
a  salutare  av\  iso  dei  facinorosi,  eccolo  invitare  il  Fieschi 
che  aveva  percorso  la  valle  del  Bisagno  a  rientrare  in 
Genova  e  questi  infatti,  seguito  da  sessanta  nobili,  due- 
cento fanti  ed  ottanta  cavalli,  il  30  agosto,  vale  a  dire  il 
giorno  dopo,   era  nel  suo  palazzo  di  via  Lata,  (^)  dove  sua 


(1)  Diario^  data  corrispondente.  Il  Senarkga  (op.  cit.^  col.  585),  erra  il 
giorno  deiringresso  del  Ravenstein  a  Genova,  ponendolo  al  1  5  agosto,  mentre 
i  documenti  ed  il  Diario  accertano  essere  avvenuto  il  29  ;  inoltre  è  incorso 
pure  in  errore  nel  computo  delle  forze  che  il  Ravenstein  aveva  seco.  Non 
erano  infatti  soltanto  i5o  cavalli,  ma  2  5o,  come  afferma  il  Diario^  i  quali, 
sommati  ai  750  fanti,  danno  la  cifra  precisa  di  mille  uomin-,  dichiarata  dal 
r)''AuTON,  op.  cit..,  Tom.  Ili,  pag.  207-208. 

(2)  Anche  qui  il  Senarega  (op.  nV.,  col.  585-586)  e  i  cronisti  posteriori 
errano  nella  data  del  ritorno  di  Gian  Luigi  Fieschi,  che  non  avvenne  il  .3 1 
agosto,  ma  il  3o,  come  dice  il  Diario  ;  e  lo  conferma  una  lettera  inviata  il 


32  Anno   l5o6 

principal  cura  fu  di  portare  tosto  a  settecento  il  numero 
dei  fanti,  di  provvedersi  d'  armi,  di  artiglierie  e  racco- 
gliere gentiluomini  intorno  a  sé.  «  Per  la  terra  era  una 
grande  mormoratone  ;  lo  governatore  dava  bone  pa- 
role ».  La  folla  era  convinta  che  il  Cleves  stesse 
pei  nobili  e  che  1'  ingresso  del  loro  capo  ed  i  suoi  pre- 
parativi guerreschi  fossero  una  sfida  minacciosa  al  nuovo 


2  settembre  dalT  officio  di  Balia  «  super  negotiis  pisanis  »  alF  ambasciatore 
Antonio  da  Lerici  ed  altre  spedite  il  9  settembre  dagli  Anziani  a  Nicolò 
Oderico  ed  al  re.  Riguardo  al  numero  delle  truppe  accompagnanti  il 
Fieschi,  è  d'uopo  avvertire  che,  nella  lettera  al  re,  gli  Anziani  fanno  osser- 
vare che  «  minor  compagnia  era  stato  affermato  per  Mons.el  nostro  Governatore 
«  seria  per  lui  conducta  »  e  invero  nella  lettera  alTOderico  si  diceva  che  il 
governatore  aveva  promesso  che  il  Fieschi  «  non  haria  seco  ultra  fanti  CL 
«  in  duecento  e  cavali  2  5,  o  3o.  » 

Il  Senarega  (op.  c/f.,  ibid.J  narra  semplicemente  Tentrata  del  Fieschi 
senza  far  parola  di  questo  ordine  del  governatore;  il  Salvago  invece  (op. 
cit..,  pag.  464-465)  dice  che  appena  il  Ravensteiii  fu  entrato  in  Genova  «  de 
€  la  mesme  heure  ordonna  que  lehan  Loys  de  Flesque  fit  retour  en  la  ville 
«  et  aìnsi  acompaigné  d''aulcuns  nobles  honnestement  fut  recuylly  et  receu  ». 

Ciò  è  confermato  dalle  lettere  del  9  settembre  1 5o6  air  ambasciatore 
Oderico:  «e  iuncto  in  palacio,  assai  presto  ne  fece  intendere  che  voleva  el 
«  dì  sequente  intrasse  Mons.  meser  Jo.  Luyse  per  ricuperare  in  qualche  parte 
«  Phonore  suo  »,  e  da  quella  dello  stesso  giorno  diretta  al  re  :  «  el  di  se- 
te quente  (3o  agosto)  parse  a  sua  excellentia  fare  intrare  Monsignore  meser 
«  Jo.  Luyse  »  (Cfr.  Doc.  X  e  XI). 

Ciò  è  pure  accennato  in  un''  altra  lettera  del  giorno  2  settembre  al 
legato  Antonio  da  Lerici,  nella  quale,  dopo  avergli  notificato  il  ritorno  del 
Ravenstein ,  dice  «  el  signor  m.  Jo.  Luise  vene  inviolata  el  di  sequente  la 
«  domenica  cum  qualche  poca  gente  de  bona  voluntd  del  prefato  lllustr.mo 
«  Gubernatore  ».  {Liti.  Reg.  46,  lettera  n.  267).  Jean  d''Auton  [op  cit., 
Tomo  III,  pag.  208)  non  si  pronuncia  sulla  responsabilità  del  Cleves;  dice 
soltanto  che  Gian  Luigi ,  sapendo  che  il  Ravenstein  era  entrato  in  Genova 
e  stimando  orr.ai  non  pericoloso  il  recarvisi,  vi  entrò  con  cinquecento- 
uomini,  per  pura  sicurezza  personale. 


La  sollevazione   popolare  33 

governo  (');  ma  è  da  credere  che  il  Cleves,  non  avesse 
scopo  alcuno  di  favorire  o  l'uno  o  l'altro  partito  e  che 
avesse  ordinato  il  ritorno  dei  nobili  in  città  per  com- 
piere un  atto  di  giustizia  verso  i  fuorusciti  e  col  pro- 
posito di  rappacificare  le  due  fazioni. 

Il  primo  di  settembre  dovevano  tenersi  le  elezioni 
dei  nuovi  Anziani  e,  secondo  le  norme  approvate  dallo 
stesso  luogotenente  Roccabertino,  si  sarebbero  dovuti 
eleggere  due  terzi  di  popolari  ed  un  terzo  di  nobili;  ma 
il  Ravenstein,  vista  la  terra  in  gran  fermento,  i  popolari 
agitatissimi  e  minacciosi  non  meno  dei  nobili,  stimò 
prudente  consiglio  di  ritardare  i  comizi  nella  speranza 
che  gli  animi  si  sarebbero  andati  calmando;  sicché  il 
31  agosto  emanò  un  ordine  di  proroga  dei  poteri  agli 
Anziani  ed  ai  dodici  Pacificatori  (^);  ma  con  questo 
mezzo  non   riuscì   nel  suo  intento. 


(i)  Il  Salvago  {op.  cit ,  pag.  465)  afferma  che  il  Ravenstein  aveva  deli- 
berato di  sorprendere  airimprovviso  gli  autori  dei  moti  e  di  punirli  ;  ma  da 
alcuni  suoi  famigliari  ne  fu  impedito  ;  così  lo  si  credette  corrotto  dai  doni 
dei  popolari,  ciò  che  non  fu;  solo  il  caso  volle  che  egli  ne  seguisse  la  corrente. 
Queste  accuse  di  corruzione  sono  presentate  con  dati  molto  precisi  nel 
Memoriale  àei  nobili  al  r«  (Pélissier,  op.  cit..,  pag.  538);  ma  noi  non 
crediamo  che  al  suo  primo  entrare  in  Genova  egli  fosse  già  compro  dai 
popolari;  vedremo  invece,  sulla  scorta  di  documenti  d^  archivio,  che  codesto 
dubbio  può  aver  ragione  più  tardi,  nelKottobre,  quando  però  i  nobili  erano 
già  stati  espulsi  a  furia  di  popolo  dalla  città.  Ad  ogni  modo,  nel  momento 
presente,  il  latto  di  essere  accusato  da  ambedue  i  partiti  di  favorire  quello 
avversario,  é  la  prova  più  bella  che  il  governatore  non  appoggiava  realmente 
né  r  uno  nò  V  altro. 

(2)  Trovasi  in  Diversormn  Filza  ()3  e  se  ne  fa  pure  cenno  nella  lettera 
già  citata  del  2  settembre,  alPambasciatore  Antonio  da  Lerici:  «li  novi  Antiani 
«  non  furono  creati  per  bono  respecto.  Continuano  in  magistratu  quelli  che 


34  Anno    l5o6 

Sollevazione  della  plebe  e  terza  cacciata  del  Fieschi. 
L'agguerrirsi  dei  nobili  ed  il  loro  numeroso  concorso 
in  via  Lata,  non  lasciavano  dormire  sonni  tranquilli  ai 
popolari,  i  quali  fremevano  per  timore  di  qualche  brutta 
sorpresa;  alla  fine  non  volendo  più  rimanere  in  tale 
stato  d'  apprensione  e  per  prevenire  le  mosse  dei  loro 
nemici,  il  4  settembre  1506  si  levarono  in  arme  da 
un  capo  all'altro  della  città  gridando:  «  Pranza,  viva 
populo,  fuora  lo  gatto  »  che  era  l' insegna  dei  Fieschi. 
Elessero  quattro  cittadini  :  Lazzaro  de  Franchi,  Bernardo 
Castiglione,  Stefano  Morando  e  Francesco  d' Arquata, 
che  si  recassero  a  dire  al  governatore,  il  popolo  non 
potere  più  a  lungo  tollerare  che  il  Fieschi  stesse  in  via 
Lata  con   tutta  (juella  gente  e  che    provvedesse  a  cac- 


«  li  erano  ultimamenti  e  cossi  continua  Pofficio  de'  pacilicatori.  »  Litlera- 
rum  Reg.  4*),  lettera  n.  267).  Il  S„*nare;4a  ricorda  che  alcuni  sussurravano 
essere  il  governatore  irresoluto  nelPindire  le  elezioni  per  avidità  di  denaro, , 
perchè  cosi  sperava  di  averne  dagli  uni  e  dagli  altri;  ma  di  codeste  voci  sparse 
sulla  poca  onestà  del  Cleves  si  dirà  in  seguito.  Colla  data  del  i\  agosto  ri- 
corderò un  importante  «  instrumentum  sindicatus  facti  in  persona  di  Nicolai 
«  de  Oderico  oratoris  »,  il  quale  era  incaricato  di  prestare  a  nome  e  vece  del 
governatore,  degli  Anziani  e  del  comune  di  Genova,  giuramento  di  fedeltà 
a  Claudia  figlia  del  re  Luigi  XII,  sposala  al  duca  Francesco  di  Valois,  principe 
di  Angoulème.  Sono  testimoni  a  questo  istrumento  Nicola  di  Brignole  e  Bar- 
tolomeo Senarega.  {Istt'iiponi  e  Relazioni  n.  2707  e).  Non  è  improbabile  che 
un  effetto  benefico  di  queste  nozze,  sia  la  grazia  di  quaranta  giorni  accor- 
data dal  governatore  a  quelli  che  erano  in  carcere  per  debiti  privati  (Politicoruvi^ 
Mazzo  3,  n.  1649,  3i  agosto  i  5o6).  Del  resto  già  il  3  luglio,  i  carcerati  alla 
Malapaga  (il  nome  stesso  della  prigione  indica  chi  vi  fosse  rinchiuso)  avevano 
ottenuto  il  condono  della  pena  di  un  mese  per  il  regio  matrimonio,  condono 
che  fu  prorogato  il  3  agosto  per  un  altro  mese,  e,  alla  fine  di  questo,  come 
vedemmo,  rinnovato  (I  decreti  del  3  luglio  e  J  agosto  sono  nei  Diversorum 
Reg.,  171). 


La  sollevazione   popolare  35 

ciarnelo,  altrimenti  ci  avrebbe  pensato  esso  stesso  ('). 
Il  Ravenstein  a  cosiffatta  domanda  volle  rispondere  con 
alterigia  e  con  minacce;  ma  i  quattro  non  si  lasciarono 
intimorire  ed  insistettero  con  tale  tenacia,  che  il  go- 
vernatore fu  costretto  ad  assicurarli  che  prima  di  notte 
avrebbe  provveduto  ad  allontanarlo.  Licenziatili,  montò 
a  cavallo  e,  con  cento  dei  suoi,  cavalcò  sino  alla  porta 
di  S.  Tommaso  fingendo  di  andare  a  diporto,  ma,  in 
realtà,  per  vedere  in  persona  quali  intenzioni  avesse  il 
popolo  minuto.  Recatosi  dalla  porta  di  S.  Tommaso 
alla  piazza  di  S.  Giorgio,  da  S.  Donato  a  S.  Stefano, 
dovunque  s' incontrò  con  gente  armata  e  disposta  a 
venire  alle  mani,  indi  rientrò  a  Palazzo.  Intanto  gli 
Anziani  con  gli  otto  pacificatori  (^)  e  molti  cittadini  si 
erano  raccolti  in  piazza  di  Marino  e,  corsa  voce  che 
r«  argenterò  »  del  governatore  Q)  erasi  recato  a  dire 
al  Fieschi  di  munirsi  e  di  rafforzarsi,  mandarono  tosto 
a  chiamare  al  molo   un  figlio    di    Dorino    Cxioardo ,    va- 


(i)  Bellissima  in  ogni  sua  parte  e  assai  minuziosa  nei  particolari,  è  la  de- 
scrizione di  questa  memoranda  giornata  nel  Diario. 

(2)  Propriamente  si  erano  eletti  12  pacificatori;  ma  i  quattro  nobili,  che 
di/e/ano  formare  il  terzo  di  quegli  oiTìciali ,  non  si  erano  mai  presentati; 
cosi  che  in  realtà  olTìciavano  soltanto  gli  8  popolari. 

(i)  Il  Afc'tnoriale  più  volte  citato  (Pélissier,  op.  cit.^  pag.  537)  ci  dà  notizia 
che  questo  «  argenterò  »  era  fiammingo  e  si  chiamava  Gualtero  e  lo  accusa  di 
avere ,  insieme  col  Roccabertino,  persuaso  il  Cleves  a  favorire  i  popolari  su 
promessa  di  una  somma  di  denaro;  «  et  esso  Conterò  hebe  a  dire  ad  uno 
«  de  nostri  nobili  :  Voi  altri  gentilhomini,  non  volete  dar  niente,  et  per  questo 
0   non  haverete  gli  offici  ». 


35  Anno   l5o6 

lente  maestro  di  artiglieria,  ordinandogli  di  collocare 
certi  cannoni  sul  colle  presso  i  macelli  di  S.  Andrea  e 
di  bombardare  via  Lata,  mentre  si  raccoglievano  forze 
per  l'assalto.  Il  governatore,  impensierito  di  codesti 
preparativi,  mandò  il  suo  cancelliere  Francesco  da  Po- 
gliasca  a  invitare  gli  Anziani  e  gli  otto  di  venire  da 
lui  e  cercò  d'  indurli  a  deporre  le  armi,  promettendo 
che,  se  al  dimani  il  Fieschi  non  fosse  partito,  ve  lo 
avrebbe  costretto  egli  stesso.  Gli  Anziani  si  sarebbero 
forse  rimessi  ai  voleri  del  governatore  se  non  avessero 
condivisa  col  popolo  l'opinione  che  egli  volesse  procra- 
stinare per  dar  tempo  al  Fieschi  di  ricevere  aiuti;  perciò 
gli  risposero  senza  ambagi  che  avrebbero  deposte  le 
armi  solo  quando  il  loro  nemico  giurato  fosse  uscito  di 
città.  Allora  il  Ravenstein,  visti  inutili  i  suoi  tentativi, 
acconsentì  al  loro  desiderio  e  disse  che  sarebbe  andato 
in  persona  ad  espellerlo,  purché  tutti  giurassero  di  non 
far  danno  al  Fieschi,  alle  sue  robe  e  alla  sua  gente  ed 
i  popolari  si   ritirassero  dal  borgo. 

I  rappresentanti  del  popolo  fecero  le  promesse  e 
riferirono  la  decisione  ai  cittadini  in  piazza  di  Marino. 
Ma  ecco  sopraggiungere  il  Pbgliasca  a  chiedere  da  parte 
del  governatore  che  si  permettesse  almeno  che  Filippino 
Fieschi  rimanesse  a  palazzo  con  centocinquanta  fanti;  gli 
fu  risposto  che  rincresceva  loro  assai,  ma  non  volevano 
che  restasse  in  Genova   neppure   uno  della  famiglia. 

Mentre  avvenivano  queste  dispute,  i  Polceveraschi, 
a  cui  era  stato  dato  al  mattino  1'  ordine  di  passare  in 
vai  di  Bisagno,  erano  giunti  sulla  cima  dei  monti  che 
separano  1'  una  valle  dall'  altra;  ma  quei  del  Castellaccio, 


La  sollevazione  popolare  37 

che  erano  d'intesa  coi  nobili,  appena  li  ebbero  scorti, 
ne  diedero  avviso  con  due  colpi  di  bombarda  e  coll'in- 
nalzare  un  segnale;  allora  soltanto  i  gentiluomini  che 
si  trovavano  in  via  Lata  si  mossero.  Il  governatore , 
montato  a  cavallo,  recossi  alla  casa  del  Fieschi  ed  ac- 
compagnò Gian  Luigi  fuori  di  città  sino  al  Bisagno, 
dove  il  Fieschi  si  congedò  da  lui  e,  con  tutti  i  suoi,  si 
diresse  verso  Quarto  ('). 

L' onda  impetuosa  della  folla  si  riversò  alle  porte 
per  inseguire  il  fuggitivo,  ma  queste,  chiuse  e  ben  cu- 
stodite da  soldati,  resistettero  all'  impeto  di  quella 
fiumana  che  arrestossi  urlando  e  tumultuando  presso 
le  mura.  Intanto  la  po:-ta  dell'Arco  si  aprì  a  stento  per 
lasciare  adito  al  governatore  che,  a  gran  fatica,  potè 
passare  in  mezzo  a  tutta  quella  moltitudine  di  gente 
armata  e  minacciosa  e  giungere  a  Palazzo  (^). 


(i)  Il  Salvago  (loc.  cit.)  narra  il  fatto  un  pò  diversamente;  dice  che  i5ooo 
popolari  andarono  ad  assalire  Gian  Luigi  Fieschi  nella  sua  casa  e  che  egli 
oppose  una  resistenza  così  valida,  coi  pochi  uomini  che  disponeva,  da  ren- 
dere vani  i  conati  dei  popolari ,  i  quali  certamente  sarebbero  stati  battuti , 
se  il  Raveastein  si  fosse  unito  al  Fieschi;  invece  il  governatore,  mal  consi- 
gliato da''suoi  tamigliari,  ordinò  al  Fieschi  di  partire  e  questi  dovette  recarsi 
a  Montoggio.  —  Gfr.  anche  il  Memoriale  (loc.  cit.). 

(2)  Il  d''Auton  (op.  czV.,  Tomo  HI,  pag.  211)  dopo  aver  parlato  della  cac- 
ciata del  Fieschi,  aggiunge  subito  che  nella  notte  una  folla .  di  10.000  popolari 
cercò  di  raggiungerlo  ad  un  luogo  detto  «  Carle  »  (assai  probabilmente  Quarto) 
suo  possedimento  a  sei  miglia  da  Genova;  ma  invano,  che  egli  era  già  a  Mon- 
to;;gio.  In  verità  la  folla  non  lo  incalzò  la  notte  stessa  che  fu  espulso  ,  ma 
più  tardi  e  precisamente  nella  notte  tra  il  6  e  il  7  settèmbre  e  nel  giorno 
successivo. 

4 


38  Anno  l5o6     ^ 


Si  eleggono  i  nuovi  Anziani. 

All'alba  del  giorno  successivo  (5  settembre)  si  sparse 
la  voce  tra  gli  abitanti  del  borgo  di  S.  Stefano  che 
le  guardie  delle  porte  di  S.  Stefano  e  di  S.  Andrea, 
aventi  una  sbarra  bianca,  erano  partigiani  del  Fieschi  e 
che  lo  stesso  segnale  portavano  quelle  del  governa- 
tore. Allora  essi  in  gran  fretta  si  armarono  ed  assa- 
lirono la  torre  di  Sant'  Andrea ,  le  porle  dell'  Arco 
e  di  S.  Stefano,  occupandole  senza  fatica  e  ponendovi  a 
custodia  i  loro  uomini  (').  Il  governatore,  vedendo  che 
le  cose  prendevano  una  cattiva  piega,  per  placare  gli  ani- 
mi esagitati  anche  dalle  notizie  che  il  Fieschi  s'era  fermato 
a  Quarto  e  che  gli  giungevano  rinforzi  dalla  Lombardia, 
permise  che  nello  stesso  giorno  si  effettuassero  le  elezioni 
dei  nuovi  Anziani,  purché  ognuno  deponesse  le  armi  e 
riaprissero  le  botteghe.  Tutti  invece  rimasero  colle  armi 
celate  indosso  ed  un'  altra  volta  s'imposero  a  lui  che 
voleva  mandare  le  cose  troppo  per  le  lunghe. 

Procedutosi  alle  elezioni,  risultarono  eletti  anziani  : 
Lorenzo  Grillo  ,  Simone  Salvago,  Fixi  di  Camogli, 
Gio.  Batta  Adorno,  Ambrogio  Lomellino,  Giorgio  di 
Moneglia,  Bartolomeo  di  Rivarolo,  Raffaele  da  Passano, 
Pietro  Batta  di  Levanto,  Stefano  Morando,  Leonardo 
Calissano. 

Essi  adunaronsi  il  mattino  seguente  (6  settembre), 
ma  erano  assenti   tutti   i  gentiluomini   e    mancava     pure 


(i)  Per  queste  ed  altre  benemerenze  fu  concesso  ai  due  borghi  di  S.  Stefano 
e  di  S.  Andrea  il  privilegio  di  avere  in  perpetuo  in  ogni  elezione  di  senatori 
un  loro  rappresentante.  Cfr.  in  Appendice  Doc.  VII. 


La  sollevazione  popolare  Sq 

Giorgio  di  Moneglia,  il  quale  fu  surrogato  da  Luigi  di 
Odone  e  poi  da  Vincenzo  d'Oliva:  quel  giorno  stesso 
fu  formato  l'ufficio  di  Balia,  che  scelse  sei  capitani  col- 
l'incarico  di  raccogliere  fanti  per  guardia  della  terra  e 
questi  furono:  Brizio  Giustiniano,  Paolo  da  Novi,  Fran 
Cesco  d'Arquata,  Pantaleo  Navone,  Vincenzo  Vinelli,  e 
Pietro  Calizzano  (i).  Benché  il  popolo  fosse  stato  sod- 
disfatto nei  suoi  desideri,  non  si  acquetò  ;  ora  voleva 
che  il  Fieschi.  il  grande  nemico  dei  popolari,  lasciasse 
Quarto;  perciò  la  domenica  a  sera  fu  mandato  avviso 
ai  Polceveraschi,  a  quei  di  Sestri,  di  Voltri,  di  Arenzano, 
di  porsi  in  armi  e  scendere,  durante  la  notte,  in  vai  di 
Bisagno  per  marciare  contro  di  lui.  Gli  ordini  furono 
eseguiti,  ma  i  nobili,  che  avevano  poste  le  loro  spie, 
uditi  i  due  colpi  di  bombarda  dal  Castellacelo,  lasciarono 
la  notte  stessa  il  paese,  e,  col  Fieschi  malato  di  podagra 
e  colle  famiglie  dei  gentiluomini,  ancorché  lentamente, 
si  diressero  alia  volta  di  Recco.  Quella  turba  di  gente 
armata  che,  secondo  l'anonimo  del  diario  ,  ascendeva  a 
circa  seimila  uomini,  li  incalzò  fino  a  Recco;  ma  quando 
il  Fieschi  ebbe  passata  Ruta  e  fu  nel  territorio  di  RapaUo, 
facendosi  notte,  ritornò  sulle  proprie  orme  e  si  fermò  a 
dormire  fra  Quarto  e  il   Bisagno. 


(i)  Sotto  questa  data  Filippo  di  Cleves  e  gli  Anziani  inviavano  una  let- 
tera patente  a  tutti  i  religiosi  di  Genova,  raccomandando  loro  di  pregare  per 
la  salvezza  dello  Stato.  Sul  foglio  veggonsi  le  iirnie  dei  priori  e  delle  madri 
Slip  .'riore  dei  monasteri  di  Genova  colle  curiose  dichiarazioni  di  aver  «  presa 
visione  »  della  lettera  e  di  pregare  per  la  pace  cittadina.  Cfr.  in  Appendice 
Doc.  IX. 


40  Anno  l506 

Politica  del  Cleves. 

A  Genova  nel  frattempo  erano  avvenute  altre  novità; 
quella  stessa  mattina  si  era  intercettata  una  lettera  del 
nobile  Angelo  Ceba,  riparato  con  altri  in  S.  Francesco 
d'  Albaro,  diretta  a  Savona ,  nella  quale,  fatto  cenno 
della  partenza  forzata  da  Genova  del  Fieschi,  si  lamen- 
tava della  mala  fede  del  governatore,  che  in  Asti  aveva 
assicurato  i  nobili  di  rimetterli  al  potere  e  dopo  era 
venuto  meno  alla  promessa,  esprimeva  il  dubbio  che 
in  questo  mutamento  avesse  avuto  molta  parte  il  Roc- 
cabertino,  amico  dei  popolari,  il  cjUcde  avrebbe  con  de- 
nari fatto  mutar  pensiero  al  Ravenstein  «  perciochè  lo 
governatore  per  dinari  farla  ogni  cosa  »  (').  Con  tali 
irrefragabili  prove  della  poca  onestà  del  Ravenstein  i 
popolari  non  frapposero  indugi  e  si  recarono  subito  dal 
governatore  ;  egli,  veduto  inutile  il  negare,  dimise  ogni 
orgoglio  e  si  dichiarò  pronto  a  fare  tuttociò  che  al  po- 
polo  piacesse,  aggiungendo  proteste  di  amicizia  e  offren- 


(i)  Qualche  documento  d''  archivio  lascierebbe  adito  a  dubitare  non  in- 
giusta Taccusa  di  quel  nobile.  Ve  n''è  uno  del  3i  agosto  i  5o6  nel  quale  gli 
Anziani  «  videntes  dominum  Gubernatorem  cupere  ut  perliciatur  opus  so- 
«  lacij  (?)  iam  diu  inceptum,  cupientes  in  honestis  quantum  fieri  possit  gra- 
te tiiicari  excellentie  sue  »  deliberano  «  ducatos  centumquinquaginta  dicto 
«  operi  »  ed  ordinano  a  Gaspare  di  Goano  e  Francesco  di  Arquata  di  regolar 
bene  le  spese.  —  Il  2  settembre  troviamo  il  mandato  di  pagamento  della 
suddetta  somma  ai  due  incaricati  «  super  fabrica  solacii  quod  construi  facit 
«  111.  d.  GuberuAtor  »  (Dìuersorum  Reg  170.J.  Il  25  settembre  i  5o6  il  gover- 
natore domanda  «  prò  quadam  sua  necesiitate  »  una  anticipazione  di  460 
scudi  sul  suo  stipendio  del  gennaio  venturo,  che  gli  viene  accordata  [Diver- 
soruin  Reg.  170).  L"'  8  ottobre  lo  stesso  Cleves  domanda  che  gli  si  anticipi 
la  paga  del  futuro  anno  o  almeno  Libre  1600.  ( Diversoruni  Reg.  170J. 
Ora  questi  ultimi  due  atti  danno  motivo  a  dubitare  che  Panticipazione  non 
fosse  chiesta  per  bisogno,  ma  con  la  mira  di  estorcere  somme  dai  popolari. 


La  sollevazione  popolare  4I 

dosi  persino  di  presenziare  egli  stesso  un  grande  consiglio 
che  dovevasi  tenere  nel  pomeriggio  in  S.  Maria  di  Castello 
perchè  i  popolari  non  volevano  farlo  a  Palazzo;  ma  da 
ciò  venne  dissuaso,  dicendogli  che  bastava  la  presenza 
del  suo  luogotenente  ('). 

Consiglio  in  S.  Maria  di  Castello. 

Così  fu  fatto:  il  Roccabertino  aperse  l'adunanza 
pronunziando  alcune  parole  d'occasione,  poi  si  lesse  l'or- 
dine del  giorno  che  si  può  ridurre  a  questi  termini  : 
poiché  le  elezioni  non  si  erano  potute  fare  per  certi 
«  travagi  »  il  31  agosto,  il  governo  aveva  prorogato 
di  qualche  giorno  il  potere  degli  Anziani  di  vecchio  e 
dei  dodici  pacificatori,  ma  il  sabato  5  settembre,  s'erano 
improvvisamente  eletti  i  nuovi  Anziani;  ora  si  chiedeva 
al  popolo  di  sanzianare  tutta  l'opera  dei  vecchi  Anziani 
e  dei  dodici  pacificatori  e  di  confermare  la  creazione  dei 
faxori  (facitori?  elettori?)  e  la  elezione  degli  Anziani 
e  degli  officiali  di  Balia;  si  chiedeva  inoltre  che  ai  detti 
officiali  si  concedesse  larga  e  grande  balia  «  tanta  quanta 
mai  ufficio  alchuno  hagie  havuo  »,  e  poiché  dei  dodici 
Anziani  quattro  (1  nobili)  non  officiavano ,  si  chiedeva 
che,  degli  altri  otto,  sei  bastassero  a  rendere  valide  le 
deliberazioni.  Apertasi  la  discussione,  Raffaele  de'  Fornari, 
prendendo  la  parola,  loda  la  liberalità  del  luogotenente, 
propone  che  il  consiglio  ratifichi  e  confermi  ciò  che  si 
era  fatto  dal  19  luglio  in  poi,  dichiara  che  gli  Anziani 
e  gli  altri  officiali  debbano  essere  sempre  eletti  secondo 


(1)     Per  maggiori    particolari     s-jgli     ultimi    avvenimenti    qui    descritti, 
vedasi  Diario  5,  G,  7  settembre. 


42  Anno   l5oó 

la  riforma  ormai  approvata  dallo  stesso  g^overnatore, 
approva  gli  ampi  poteri  dati  all'officio  di  Balia  e  la  sua 
durata  fino  alle  calende  di  febbraio,  non  accetta  però 
che  sei  Anziani  soltanto  abbiano  il  potere  di  discutere 
e  deliberare,  ma  solo  di  surrogare.  Messe  ai  voti  le  pro- 
poste, sono  approvate  e  rese  leggi  (').  Il  Roccabertino, 
prima  di  licenziare  l'adunanza,  fece  noto  che  il  gover- 
natore perdonava  a  tutti  coloro  che  in  quello  scorcio  di 
tempo  avevano  impugnate  le  armi  e  a  quelli  che  ave- 
vano commessi  malefici;  ma  desiderava  che  il  popolo 
giurasse  di  nuovo  fedeltà  al  re.  E  qui  molti,  senza  che 
si  fossero  intesi  prima  sul  loro  parere,  si  alzarono  dai 
loro  scanni  ammettendo  eh'  era  giusto  rinnovare  il  giu- 
ramento; ma  i  più  accorti  ingiunsero  loro  di  sedersi, 
dicendo  che  non   vi  era  punto  bisogno  di  giurare  fedeltà, 


(i)  Divcrsorum  Fieg.  170.  Pel  nome  <<  Faxori  »,  benché  abbia  cercato 
tale  parola  in  tutti  i  dizionari  storici  e  nei  glossari  medievali  liguri  non  ho 
trovato  alcun  cenno  su  di  essa;  mi  sembra  dal  contesto  del  discorso  e  dallo 
studio  della  parola  che  essa  debba  indicare  degli  elettori,  persone  scelte 
fra  il  popolo  e  aventi  diritto  a  dare  il  voto;  una  specie  insomma  di  suffragio 
limitato.  Credo  anche  di  riconoscerli  nei  trecento  cittadini  invitati  alPadunanza. 

(Cfr.  Diversorum  Reg.  1 70-An.  i  5o6,  7  settembre)  «Cum  ad  conspectum  IH. mi 
0  domini  Philippi  de  Rcffchabertina  Locumtenentis,  111. mi  domini  Gubernatoris 
«  et  Magnifici  Consilii  dominorum  Antianorum  communis  Janue,  Vocata  fuis- 
«  sent  Magnifica  et  spectabilia  Officia  Balie,  monete  et  Sancti  Georgi  que 
o  in  legitimo  n.imero  convenerunt  ordinatinique  fuisset  trecentum  cives  ser- 
«  vatis  coloribus  iuxta  formam  nove  reformationis  citari  debere  in  claustro 
«  S.te  Marie  de  Castello  et  aliqui  ex  ipsis  diligenter  perquisiti  per  targietas 
«  inventi  non  fuerunt  et  preter  eos  magnus  in  dicto  claustro  aliorum  numerus 
«  convennisset  post  aliqua  verba  habita  per  prefatum  d.  Locumtenentem  ».  etc. 
Anche  in  un  atto  del  io  settembre  (Diversorum  Reg.  171)  si  legge  che  gli 
Anziani  ed  il  governatore  convocano,  oltre  agli  officiali  della  Balia,  della 
Moneta  e  di  S.  Giorgio,  trecento  c'ttadini. 


La  sollevazione  popolare  43 

poiché  alla  fede  una  volta  giurata  i  popolari  non  erano 
mai  venuti  meno  e  che,  se  quello  fosse  proprio  un  de- 
siderio del  governatore,  attendesse  che  i  gentiluomini 
rientrassero  in  città  e  così  si  giurasse  tutti  insieme, 
perchè  essi,  essi  soli  erano  i  veri  ribelli  alle  leggi  e  al 
re;  essendo  cosa  oramai  nota  che,  a  vendicarsi  del- 
l'onta patita,  i  nobili  avevano  promesso  ai  soldati  il  sacco 
della  città,  eccettuati  quattro  monasteri  e  S.  M.  di  Ca- 
stello, per  tre  giorni,  ciò  che  sarebbe  certamente  accaduto 
se  i  popolari,  specialmente  il  popolo  minuto,  non  aves- 
sero con  pronta  e  provvida  decisione,  espulso  il  Fieschi 
da  Genova.  Così  ebbe  termine  in  mezzo  alla  sovreccita- 
zione degli   animi  la  tempestosa  adunanza  ('). 

L'agire  del  governatore  lasciò  adito  al  sospetto  che, 
col  scendere  della  notte,  egli  volesse  rifugiarsi  in  Castel- 
letto; perciò,  oltre  a  disporre  guardie  in  ogni  luogo,  e 
sbarrare  le  vie  di  S.  Domenico  e  di  Piccapietra  condu- 
centi dal  Palazzo  al  Castelletto,  furono  suonate  a  stormo 
per  ben  tre  volte  durante  la  notte,  le  campane  per  tener 
deste  le  scòlte;  sicché  «  lo  governatore  con  tutta  la  sua 
gente  stava  con   grandissima  paura   >. 


(i)  Cosi  dice  il  Diario  ma,  per  riguardo  al  giuramento,  pare  che  i  po- 
polari annuissero  ai  voleri  del  governatore;  nella  lettera  infatti  del  9  settem- 
bre a  Luigi  XII  è  detto  che,  sebbene  non  fosse  necessario  nuovamente  giu- 
rare una  fedeltà  che  era  sempre  stata  conservata,  pure,  perchè  fossero  me- 
glio chiariti  i  loro  sentimenti,  avevano  ordinato  che  per  la  domenica  1 3  set- 
tembre, si  prestasse  un  nuovo  giuramento,  col  patto  che  fosse  lecito  al  po- 
polo di  prendere  le  armi  ogni  qualvolta  occorresse  e  per  la  difesa  della  terra 
e  per  P offesa  contro  i  nobili  ed  altri  che  volessero  turbare  la  città.  (Gir. 
Do;  X).  Non  ci  è  dato  appurar.?  se  q  -.esto  giuramento  fu  veramente  pre- 
stato dal  popolo. 


44  Anno     l5oó 

Popolo  grasso  e  tofolo  minuto. 

A  questo  punto  nasce  spontanea  la  domanda  :  a 
codeste  gravi  sollevazioni,  a  codesti  violenti  moti  po- 
polari aveva  partecipato  tutto  il  popolo  senza  distinzione? 
Negli  ultimi  torbidi  appare  evidente  che  vi  ebbe  parte 
quasi  soltanto  l'infima  plebe;  il  «  popolo  grasso  »  era 
ornai  sazio  di  grida  di  guerra  ;  contento  di  aver  fatti 
valere  e  vendicati  i  suoi  diritti,  si  sentiva  turbato  da 
tanto  frastuono  d'armi  ;  ora  desiderava  di  vivere  in  pace, 
voleva  attendere  ai  suoi  traffichi  e  conservare  le  ricchezze 
accumulate  con  tanti  stenti  ;  inoltre  doveva  a  poco  a  poco 
infiltrarsi  in  esso  il  timore  che,  ad  una  più  vigorosa  ri- 
scossa dei  nobili,  esacerbati  dalle  umiliazioni  subite  e 
dalle  delusioni  provate,  la  città  non  venisse  di  nuovo 
turbata  e  sconvolta  e  ad  essi  dovesse  toccare  la  peggio. 
Per  converso  la  demagogia  imperava;  l'infima  plebe,  che 
aveva  prestata  mano  forte  ad  altri  per  difendere  i  comuni 
interessi,  fatta  ardita  e  procace  nei  torbidi  e  nel  maneggio 
delle  armi,  ora  aspirava  ad  imprese  guerresche;  era  fiera 
di  aver  rintuzzata  la  superbia  del  Fieschi  facendolo  fug- 
gire davanti  a  sé;  era  conscia  della  sua  grande  forza  dacché 
aveva  visto  il  burbanzoso  e  superbo  governatore  pie- 
garsi e  cedere  ai  voleri  di  lei.  Era  adunque  lei,  era  la 
marmaglia,  quell'accozzaglia  di  gente  detta  per  dispregio 
«  le  cappette  »  per  le  sue  cappe  rappezzate,  stinte  e 
sdruscite,  composta  di  artigiani  male  in  arnese,  di  cit- 
tadini scioperati,  non  padroni  d'altro  che  di  quei  miseri 
cenci  serrati  alla  vita  da  una  povera  cinta,  quella  che 
imperava,   ed  è   appunto    da    questo  tempo  che  appare 


La   sollevazione    popolare  4") 

decisala  divisione  del  popolo  minuto  dal  popolo  grasso  ('). 
Non  si  deve  però  credere  che  nei  suoi  clamorosi  suc- 
cessi questa  folla  petulante,  riottosa,  violenta,  agisse  da 
sola  e  di  sua  spontanea  volontà,  no,  essa  ebbe  i  suoi  capi 
valorosi  ed  audaci  che  la  spinsero  dapprima  alla  rivolta 
poi   ad   imprese   perigliose   e   dirò   anche  gloriose. 

La  Riviera  di  Levan'ie  tolta  al  Fieschi. 

Cacciato  il  Fieschi  da  Genova,  sorse,  quasi  come 
naturale  conseguenza,  il  desiderio  di  togliergli  anche  il 
comando  della  Riviera  Orientale,  che  egli  teneva  per  con- 
senso del  re.  A  questo  punto  è.  bene  avvertire  che  le 
due  Riviere  non  dipendevano  direttamente  da  Genova. 
Nelle  città  della  Riviera  di  Ponente  eravi  un  capitano, 
delegato  dal  Governo  francese,  il  quale  non  aveva  alcuna 
cura  del  territorio  che  era  sotto  la  sua  giurisdizione,  anzi 
molto  spesso  non  vi  si  faceva  vedere  che  al  momento 
di  riscuotere   il     denaro    dovutogli    pel    suo    officio     (^). 


(i)  11  Sknarega  (op.  cit.^  col.  586^  descrivendo  la  cacciata  di  Gian  Luigi 
afferma  che:  «  Qui  arma  sumpserunt  soli  artifices  fuerunt.  Nam  mercatorum 
«  maxima  pars  iam  fessa  domi  se  continuit,  insolentiasque  stolidae  et  vanae 
«  plebis  ferre  amplius  non  poterant.  Quorum  mercatorum  vitae  quotidie  mi- 
«  nitabantur  ».  E  nel  documento  X  si  ammette  che  furono  «  specialmente 
li  minuti  »  a  non  volere  in  modo  assoluto  che  il  Fieschi  rimanesse  a  Genova. 
Infine  lo  stesso  Salvago  op.  cit. .  pag.  467  afferma  «  Vray  est  que  jà  la  insol- 
«  lence  du  menu  peuple  estoit  despite  aux  riches  principaulx  populaires, 
«  et  aucun  deulx  envys  voyoyt  ceste  nouvelle  esmocion  à  V  encontre  du  dit 
«  de  Flesque  ».  «  Cappetta  »  dice  giustamente  G.  Rezasco  nel  suo:  Dizionario 
del  linguaggio  italiano  storico  ed  amministrativo,  era  quello  che  in  Lucca 
lo  straccione,  il  ciompo  in  Firenze,  Tuomo  senza  brache  in  Bologna,  il  cu- 
cito in  Piacenza. 

(2)  Un  importante  documento  sui  capitani  della  Riviera  di  Ponente 
e  sulla  incuria  di  essi,  fu  da  me  trovato  nei  Diversorum  Filza  G'i  (vedi 
Appendice,  doc.  XXIV).  Di  esso  parlerò  più  ampiamente  nel  capitolo  secondo. 


46  Anno    i5o6 

Quella  di  Levante  invece  era  nelle  mani  dei  Fieschi. 
Perciò  i  capi-popolo  fecero  conoscere  alla  plehe  quanto 
importasse  che  Genova  ottenesse  il  comando  delle  due 
Riviere,  poiché  al  vantago^io  materiale  si  sarebbe  agi^iunto 
quello  di  togliere  ai  nobili  l'occasione  ed  i  mezzi  di  ves- 
sare il  governo  del  popolo,  e  così  fu  deciso,  consenten- 
dolo il  governatore,  di  inviare  quattro  commissari  nella 
Riviera  di  Levante  con  mandato  di  levarne  il  comando 
ai   Fieschi. 

La  mattina  dell'  8  settembre  due  brigantini  veleggia- 
vano alla  volta  della  Spezia  e  di  Chiavari;  su  quello  che 
dirigevasi  alla  Spezia  erano  commissari:  Agostino  de 
Ferrari  ed  Antonio  di  Albaro;  su  quello  diretto  a  Chia- 
vari :  Manuele  Canale  e  Gio.  Batta  Luxardo.  I  commis- 
sari per  la  S|)ezia,  giunti  a  S  Vito,  sbarcarono  per  rendersi 
conto  delle  condizioni  interne  della  città  e  per  intendersi 
coi  sindaci  di  essa  clie  avevano  fatti  chiamare;  ma  le 
trattative  con  loro  e  col  consiglio  minacciavano  di  an- 
dare per  le  lunghe  quando,  presentatosi  Giovanni  di 
Biassa  e  proffertosi  di  prender  la  città  senza  colpo  ferire, 
non  trovarono  difficoltà  a  permettergli  la  prova  ;  ed  egli, 
avviatosi  con  dieci  o  dodici  uomini,  entrò  senza  alcuna 
opposizione  nella  terra,  mentre  quelli  del  partito  opposto 
prendevano  la  fuga.  Così  la  Spezia  passò  in  potere  dei 
commissari  (9  settembre  1506),  i  quali  provvidero  subito 
a  farsi  mandare  da  Sarzana  trenta  balestrieri  e  cinquanta 
fanti   per  la    guardia    delle     fortezze  (').     Gli    altri    due 


(i)  Nella  lettera  del  9  settembre,  inviata  a  Nicolò  Oderico  (cfr.  Doc.  XI 
lo  si  informa  c'ì?,  non  potendosi  più  rattenere  «  lo  impeto  de'  populi  »  si 
era  dovuto  manàire  il  giorno  prima  (8  settembre),  con  piena  conoscenza  e 


La    solicvazione   popolare  47 

commissari  non  ebbero  egual  fortuna;  trovarono  in  Chia- 
vari una  ^guarnigione  di  300  uomini  inviati  da  Gian  Luigi 
F'ieschi,  che  allora  era  a  F'ontanabona,  sotto  il  comando 
di  Anton  Maria  Fieschi,.  il  quale  non  fu  per  nulla  inti- 
morito né  dall  'arrivo  del  brigantino,  ne  dalle  lettere  che 
i   commissari    gli    inviarono,    anzi   minacciò    di    impiccare 


consentimento  del  -governatore,  quattro  commissari  nella  Riviera  di  Levante 
per  toglierla  al  Fieschi  e  ridurla  sotto  il  diretto  dominio  di  Genova.  Tutto 
ciò  era  scritto  bensì  nella  lettera  airambasciatore,  ma  non  in  q  ella  diretta 
al  re,  nella  quale  si  accennava  soltanto  il  vivo  desiderio  di  Genova  che^  per 
la  quiete  della  città,  «  la  riviera  di  levante  e  altri  lochi  del  comune  »  venis 
sero  «  reduti  sotto  la  signoria  de  Monsignore  il  Governatore  ».  AlPOderico 
si  diceva  che,  nel  caso  il  re  venisse  edotto  da  altri  dell'impresa  della  Spezia 
gli  spiegasse  che  nella  lettera  direttagli  non  se  n''  era  fatto  parola,  perchè  la 
strettezza  del  tempo  impediva  di  ricevere  notizie  dai  commissari  inviati  nella 
Riviera  di  Levante.  In  verità  non  si  comprende  la  ragione  di  questo  sotterfugio 
quando  gli  Anziani  sapevano  che  il  governatore  stesso  mandava  egli  pure 
al  re  il  luogotenente  della  sua  milizia  «  nominato  Monsignore  de  la  Cletta 
«  per  referire  a  boca  a  la  Regia  Maestà  tuti  li  progressi  seghuiti  ».  Forse  si 
spiega  col  fatto  che  gli  inviati  impiegavano  più  tempo  delle  lettere  a  giungere  a 
destinazione.  L''Oderico  infatti,  partito  il  6  agosto  da  Genova,  non  arrivò  cer- 
tamente a  Blois  che  agli  ultimi  del  mese,  poiché  la  prima  sua  lettera,  inviata 
dalla  corte  di  Francia,  porta  la  data  del  i.  settembre. 

Anche  la  scusa  del  tempo,  che  impediva  di  mandare  notizie  sulla  spe- 
dizione nella  Riviera,  è  mal  trovata,  poiché  a  Genova  nella  notte  del  9 
dovevano  attendere  di  minuto  in  minuto  le  «prime  notizie;  e  queste  dovettero 
giungere  nel  mattino  del  i  o,  essendo  state  spedite  il  giorno  innanzi  dai  com- 
missari, unaairora  XVI.a;  Taltra  alla  XlX.a.  Nella  prima  (che  è  tuttora  con- 
servata, sebbene  in  istato  miserando,  nei  Dìversoriim  Filza  61)  i  commii^sari 
avvisano  di  essersi  trattenuti  a  S.  Vito,  presso  la  Spezia,  avendo  inteso  «  in 
«  castello  e  bastita  esser  da  homini  quaranta  tuti  subditi  del  Signore  Jean 
«  Luise  ;  nella  terra  esser  da  homini  cento.  »  Il  resto  della  lettera  è  quasi 
incomprensibile;  manca  totalmente  il  centro  del  foglio  e  sopravvanzano 
soltanto  i  due  lati.  NelFaltra,  scritta  dalla  Spezia  tre  ore  dopo,  sonvi  le  no- 
tizie che  ho  esposto,  ed  è  riportata   in   Appendice,  Doc.  XII. 


4^  Anno   l5oó 

il  messo  se  tosto  non  si  fosse  tolto  dal  suo  cospetto.  Ora 
è  bene  a  sapersi  che  il  io  settembre  si  teneva  in  Genova 
un  grande  consiglio  per  deliberare  suH'  aboliz'one  della 
gabella  del  grano  e  sulla  diminuzione  di  quella  del  vino; 
l'incarico  di  studiare  la  questione  venne  affidato  a  Vincenzo 
Sauli,  Demetrio  Giustiniani,  Angelo  di  Corvara  e  Ma- 
nuele di  Canale,  i  quali  dovevano  anche  rivedere  i  debiti 
di  S.   Giorgio  (  '  ).   Durante  questo   consiglio    il    gover- 


(i)  Gfr.  Diario,  data  corrispondente;  Senarkg.v  op.cit.^  co\.  585  ;  la  rela- 
zione completa  di  questa  seduta  si  trova  in  Diversorum  Reg.  171.  In 
questa  relazione  è  detto  che  il  governatore  e  gli  Anz'ani  convocarono  TulBcio 
della  Balia,  della  Moneta  e  di  S.  Giorgio,  più  trecento  cittadini  e  iitti  i  con- 
soli delle  arti  d^lla  città  per  deliberare  i  pieni  poteri  agli  olììciali  eletti  a 
diminuire  le  gabelle  sulle  vetto vaglie.  I  nobili, invitati  dal  priore  del  Senato, 
si  erano  astenuti  dal  presentarsi  e  perciò  parlò  sulPargomento  Gerolamo 
Palmario  che  approvò  la  proposta  di  dare  piena  balia  ai  detti  officiali  e  così 
questa  passò  come  decreto.  Il  i3  se:tembre  tre  degli  officiali  eletti  e  cioè 
Djmetrio  Giustiniani,  Vincenzo  Sauli  e  Man  lele  Ganale  si  presentarono 
agli  Anziani  per  fare  correggere  alcune  frasi  del  decreto  predetto,  poiché, 
senza  queste  modificazioni,  non  avrebbero  potuto  tener  concilio  in  S.  (ìiorgio. 
E  perchè  tali  correzioni  fossero  ritenute  valide,  occorsero  le  firme  di  tre 
cancellieri:  Nicola  di  Brignole,  Bartolomeo  Senarega  e  Benedetto  di  Porto. 
Ma,  ritornando  alla  questione  delle  vettovaglie,  ricorderò  che  nel  Diversorum 
Reg.  170,  26  agosto,  trovasi  Tatto  che  instituisce  questo  officio.  I  nomi  degli 
officiali  eletti  sono  rimasti  in  bianco,  ma  V  atto  è  interessantissimo  per  la 
esposizione  delle  cause  che  gli  dettero  origine. 

Vi  si  dice  infatti  che  il  governatore  e  gli  Anziani  hanno  avute  richieste  per 
la  diminuzione  di  alcune  gabelle  che  gravano  sulle  vettovaglie  e  da  queste 
sulle  persone  povere  «  que  id  quod  in  dies  acquirunt  expendunt  in  victu  et 
substentatione  vite.  »  È  stato  loro  rammentato  «  duram  esse  et  crudelem 
cabellam  marmariorum  que  non  solum  exigitur  a  pauperibus  personis  sed 
ab  illis  qui  per  mille  labores  et  mille  mortis  pericula  victum  prò  se  et  familiis 
querunt;  esse  aliam  cabellam  pancogolorum  que  non  solum  pauperes  sed 
miserabiles  personas  respicit  que  ad  minutum  panem,  emunt  ad  fenestras» 
Nello  stesso  re^J^tro  e  sotto  la  stessa  data  vi  è  un  atto  pel  quale 
Filippo  di  Cleves  e  gli  Anziani^  visto  che  le  caratate  durano  da  un  decennio, 


La  sollevazione  popolare  49 

natore  si  dimostrò  assai  propenso  a  favorire  i  popolari 
e  giunse  anche  a  proporre  di  inviare  persona  di  sua  fiducia, 
accompagnata  da  uno  del  popolo,  a  Gian  Luigi  Fieschi 
per  intimargli  di  desistere  da  ogni  impresa  a  danno  di 
Genova  e  di  licenziare  le  sue  soldatesche.  Ai  popolari  non 
dispiacque  la  proposta  e  scelsero  a  loro  rappresentante 
Taddeo  Pogliasca  che  partì  coli' inviato  del  governatore 
e  trovarono  il  Fieschi  a  Fontanabona  giacente  infermo 
nella  casa  di  Rosso  Leverone.  L'inviato  del  governatore 
parlò  a  lungo  e  in  segreto  col  capo  della  parte  nobile, 
ne  ci  consta  di  che  cosa  discorresse;  certo  è  che  il  Fieschi, 
dopo  un  pò  di  tempjo,  rispose  ad  alta  voce  ad  entrambi 
che  avrebbe  rispettati  i  voleri  del  governatore. 

Quali  voleri?,  deporre  le  armi  ?  cessare  da  ogni  osti- 
lità? Gli  eventi  proveranno  il  contrario.  Il  venerdì,  11 
settembre  1506,  Filippino  Fieschi  partiva  da  Chiavari  con 
venticinque  cavalli,  trecento  fanti  e  cento  uomini  di  Fon- 
tanabona dirigendosi  contro  la  Spezia.  Gli  Anziani  tenta- 
rono di  scongiurare  il  pericolo,  mandando  il  1  3  settembre 
una  lettera  ai  due  commissari  della  Spezia  per  avvisarli 
delle  mosse  dell'avversario  e  raccomandar  loro  di  resi- 
stere ad  oltranza  e  di  ricorrere  per  aiuti  al  capitano  Pietro 
Gambacorta  pisano,  che  da  Genova  doveva  andare  giusto 
allora  a    Sarzana    per    assoldar  gente    (').    Ma  era  già 


volendone  fare  delle  nuove  per  dare  a  ciascuno  il  giusto  onere,  eleggono  un 
ofllcio  coirincarico  di  studiare  le  caratate  e  finire  al  più  presto.  I  nomi  degli 
officiali  sono:  Luca  Gentile,  Sisto  Lomellino,  Benedetto  Sai  vago  q.  Giovanni, 
Ambrogio  di  Promontorio,  Vincenzo  di  Oliva,  Luca  (}iustiniani  q.  L.,  (ìio- 
Ba'ta  da  Lerici,  (ìiov.  Bochino,  Leonardo  (]alizzano. 

(1)  Cfr.  DiversoruìH^  Filza  6),  \i  settembre  i5o6.  A  questa  lettera  ne 
era  uni'a  un^iltra  pei  sindaci  e  pel  consiglio  della  Spezia  colla  esortazione 
di  resistere  al  prossimo  attacco  di  Filipp  no  Fieschi. 


v5o  Anno   l5o6 

troppo  tardi,  che  il  i  7  giungeva  la  notizia  avere  il  Fieschi 
occupata  la  Spezia  e  saccheggiate  molte  case,  e  i  com- 
missari essere  stati  costretti  a  ritirarsi  a  Portovenere  ('). 
Al  doloroso  annunzio  gli  animi  dei  genovesi  furono  molto 
commossi.  V'era  chi  sosteneva  che.  se  i  commissari  della 
.Spezia  avessero  avuti  rinforzi,  avrebbero  potuto  resistere, 
e  chi  riversava  la  colpa  di  non  avervi  provveduto  a  tempo 
su  alcuni  del  popolo  grasso  e  su  certi  artigiani  che  non 
volevano  si  eccedesse  nelle  spese;  sembra  però  che  la  vera 
causa  dipendesse  dal  fatto  che  le  fortezze  della  Spezia, 
erano  ancora  occupate  dalle  soldatesche  di  Gian  Luigi  ('); 
comunque  in  ciò  furono  tutti  d'  accordo,  che  fosse  d'uopo 
riparare  all'onta  patita  e  fu  deciso  di  contrarre  un  grande 
prestito  col  banco  di  S.  Giorgio  per  arrolare  tremila  fanti 


fi)  Gli  Anziani  scrivendo  nel  giorno  stesso  (17  settembre)  alPOderico 
gli  davano  i  seguenti  particolari  della  occupazione  della  Spezia  da  parte  dei 
Fieschi  :  «  s"'  è  avuto  lettere  da  li  nostri  commissari)  de  la  Specia,  ieri  scritte 
«  in  Portovenere,  per  le  quale  advisano  corno  aproximato  Ms.  Philippo  al 
«  diete  loco  de  la  Specia  cimi  assai  grande  numero  de  gente,  isciteno  fora 
«  de  la  Specia  circa  5oo  e  li  rebutorno  al  primo;  poi  crescendo  la  gente  del  detto 
«  Ms.  Philippino  cum  1'  avantagio  del  loco,  furono  li  nostri  rebutati  talmenti 
«  che  se  mesino  in  fuga  e  non  fa  reparo  potere  retenere  il  loco.  E  li  nostri 
«  si  ritraseno  a  maio  salva  t  iti  »  [L.'tterc  Minisiri  Francia^  Mazzo  i,  n. 
gen.  2177). 

(2)  E''  bene  avvertire  che  gli  Anziani  nelle  lettere  alPOderico,  aggiun- 
gevano che  si  sarebbe  certamente  impedita  Poccupazione  della  Spezia  se  non 
avessero  promesso  al  Ravenstein  di  non  ricorrere  alla  forza  per  respingere 
il  Fieschi,  prima  d^ina  risposta  dal  re.  Ed  è  doveroso  P  aggiungere  che  ciò 
era  stato  scritto  alP  Oderico  anche  il  giorno  prima,  cioè  quando  non  era  per 
anco  giunta  la  notizia  delPinsuccesso.  Genova,  scrivevano  allora  gli  Anziani, 
non  si  è  mossa,  giusta  la  promessa,  contro  il  Fieschi  «  ben  che  se  seria 
«  potuto,  usando  la  forza,  farlo  retrahere,  ma  se  pur  {il  Fieschi)  vorrà  pro- 
«  cedere  avanti,  se  provederi  al  bisogno  sotto  quello  meglior  modo  parirà 
«  necessario  »  {Lettere  Ministri  Francia,  Mazzo  i,  n.,  gen.  2177).  Troppo 
tardi  s''era  pensato  ai  soccorsi  ! 


La  sollevazione    popolare  ol 

forestieri  (')  e  corrispondere  ai  desideri  espressi  dai  due 
commissari  a  Portovenere,  i  quali  avevano  scritto  che  per 
riprendere  la  Spezia  occorrevano  buone  artig-lierie  e 
buoni  artiglieri.  Da  Sarzana,  dove  poi  eransi  recati,  ri- 
scrissero informando  il  comune  dei  preparativi  che  colà 
si  facevano  per  armare  fanti  (').  A  Genova  intanto  re- 
quisivansi  le  artiglierie  dalle  navi  ancorate  in  porto,  per 
unirle  a  quelle  che  si  avevano  e,  una  settimana  dopo  che 
la  Spezia  era  caduta  in  potere  del  Fieschi,  tutto  era  pronto 
per  la  rivincita.  Infatti  la  sera  del  24  settembre  parti- 
vano a  quella  volta  due  galee,  una  barca  da  nave  carica 
di  artiglieria  e  qualche  brigantino  (').  Sulle  galee  erano 
imbarcati  i  commissari,  Bartolomeo  de  Franchi  Luxardo 
e  Simone  Giovo  a  cui  era  stato  data  una  istruzione  che 
dovex  a  servire  anche  per  gli   altri   sei   inviati  nei  giorni 


(i)  Vedi  Diario^   17  settembre. 

(2)  Cfr.  Diversnruni  ,  lilza  65,  20  settembre    i5o(j.  Di    lanti    ne    furono 
armati   i  5oo  in  quei  giorni.  Diario,  2  5  settembre. 

(])  In  questo  stesso  giorm  (24  settembre)  usciva  una  lunL;a  grida  com- 
minante molte  pene  pei  nob-'Ii  e  pei  fautori  di  nobili.  II  Diario  ne  dà  un 
sunto  largo  ed  accurato  ;  ma  cita  soltan'^o  alcuni  nomi  dei  banditi.  Io  ho 
rinvenuto  nei  Diversoriim,  Filza  6i^  Toriginale  del  proclama  e  da  esso  tolgo 
i  venti  nomi  dei  nobili  e  favoreggiatori  di  nobili  banditi  da  Genova.  «  Pro- 
clama di  bando  di  nobili  o  fautori  di  nobili.  Li  nomi  de  li  quali  Banditi  sono: 
I.  Andrea  Garaventa  —  2.  Berthomé  Amandoresi  -  J.  Philippo  Aman- 
doresi  —  4.  Simon  Scarpa,  li  altri  —  5.  Pelegriii  Scarpa,  li  altri  6.  Babilan 
Serexino  —  7.  Joannetin  da  Montobio  —  8.  Menegolo  maraggian  —  9.  (>ro 
ziglia  —  10.  Beneitin  Cangialanza  —  11.  Ilieronimo  Tasorello  —  12.  Matheus 
Mochonexi  —  i.J.  Abraam  de  Rochataglia  -  14.  Stevanino  de  Fontanabona 
dicto  rosa  —  i5.  Hieronimo  de  Fontanabona  —  16.  Menegolo  de  amiglielo 
17.  Ihecheto  de  avancino  -  18.  Negrin  de  Montobio  —  uj.  lo  figlio  C^onte 
de  Fontanabona   —   20.  Perrin  de  Arato. 


52  Anno    l5o6 

precedenti  (').  L'  istruzione  si  rivolge  subito  a  questi 
dicendo  che  siccome  essi  medesimi  aveano  giudicata  non 
molto  difficile  l'impresa  della  Spezia  se  si  fossero  provve- 
dute le  cose  necessarie  ;  così  il  comune  inviava  le  due 
galee  ed  il  brigantino  di  Marco  Jambone  con  artiglierie, 
polveri  ed  altri  «  inzegni  a  quelle  necessari  »  insieme 
col  maestro  Ambro"io  Gioardo  valente  artio^liere. 

Nelle  dette  galee  v'erano  pure  tre  comandanti  pisani 
di  cavalleria  leggiera,  molto  esperti  nelle  armi  e  ciascuno 
di  essi  aveva  sotto  di  sé  venti  soldati.  L'istruzione  con- 
tiene ancora  qua  e  là  ripetute  esortazioni  di  usare  molta 
prudenza  e  di  badare  a  custodire  le  artiglierie  {tj)'.  ma 


(i)  Istruzioni  e  relaponi^  2707  e.  Alla  fine  deiristruzione  si  ricorda  che 
sulle  galee  vennero  caricati  100  lancioni ,  iT)  casse  di  passadori,  800  rolli 
di  filo  da  balestre  e  70  corazze  e  che  tutto  sarà  distribuito  ai  soldati  che  lo 
pagheranno  sul  loro  soldo,  —  Segue  un  inventario  di  tutte  le  munizioni  rac- 
colte nelle  navi,  che  credo  non  inopportuno  presentare  al  lettore,  come 
esempio  d\m  armamento  del  tempo.  {Instructiones  et  Relationes  2707  e.  24 
settembre). 

die    XXIIII  dicti 

Inventario  de  diverse  munitione  mandate  a  la  Spezia  cossi  cum  le  galee 
corno  cum  altri  vascelli.  E  primo:  Tragioni  doi  de  corda  per  tirare  rartagiaria 
carrigati  in  la  barca  de  nave  in  peizo  cant.  IIII  n.  XXXXIII  peci  II. 

Polvere  Barrili  X  carrigate  in  la     galea  Davania   nec  deducto    le   tare 
cant.  X,  lib.  LXXVII  bar.  X. 

petre  LXV  per  li  canoni  desgrossiate  in  la  dieta  galea  Davania  pet.  LXV. 

petre  de  petra  a  n.  CXV  per  canoni  carrichati  in  la    barcha    de  la  nave, 

petre  CXV. 

Corte  a  n.  XXXXVIII  carrigate  in  la  barcha  predicta,    coti".  XXXXVIII. 

Lanterne  a  n.  XXIIII  carrigate  in  la  dieta  barca,  pec.  XXIIII. 

Petre  di  ferro  collate  (sic)  grosse  XXIII  carrigate  in  dieta  barca,  pet.  XXIII. 

Badimi  XXIIII  manichatl  carrigati  in  dieta  barca,  badili  XXIIII. 

Sape  manichate  XI  carrigate  in  dieta  barca,  sape  XI 

Picocie  manicate  carregate  in  dieta  barca,  pec.  VI 


La   sollevazione    popolare  53 

di  prudenza  e  di  bellici  strumenti  non  ve  ne  fu  bisogno, 
perchè  la  flotta  di  Genova  giunse  alla  Spezia  (25  set- 
tembre) quando  già  il  Fieschi,  avuto  sentore  dei  grandi 
preparativi  fatti  a  Sarzana  ed  a  Genova,  s'era  ritirato  a 
Beverino,  lasciando  guarniti  il  castello  e  la  bastia.  Il  26 
settembre  presi  anche  questi,  fu  subito  deciso  di  muo- 
vere contro  Chiavari,  l' ultima  piazza  forte  del  partito 
fieschino  che  rimanesse  ancora  nella  Riviera  Orientale  ('). 
La  spedizione  fu  accòrtamente  combinata  e  Genova  vi  im- 
piegò il  maggior  contingente  di  forze  che  le  fosse  pos- 
sibile Infatti,  mentre  le  milizie  raccolte  a  Sarzana  move- 
vano dalla  Spezia  per  via  di  terra  alla  volta  di  Chiavari 
e  le  galee  le  seguivano  costeggiando,  Genova  inviava  per 
mare  Battista  Cipollina  e  Battista  Tasistro  ad  occupare 
Sestri   Levante  con   duecento  fanti     (^);     alcuni  commis- 


Piconi  manichati  in  dieta  barca,  pec.  X. 

Pichete  per  pichare  petre  in  dieta  barca  pec.  VI 

Balotole  de  piombo  cum  li  soi  dadi  de  ferro  in  dieta  barca  pec.  GCGXVI 
Dadi  de  ferro  in  dieta  barca  pec    LXXVIII 

Brandoni  XII  de  cera  carrigati  in  li  leudi  de  portofìno  pec.  XIII 

Candelle  de  sepo  (sego)  mazzi  XXXXIIII  in  uno   barrile    in    dicto  leudo 

bar.  I . 

Pali  de  ferro  VI  carrigati  in  dicto  leudo  pec.  VI 

Le  artegliarie   sono  canoni  IV  e  eolobrine  sexe  cum  le  carrete-e  t'-iti  li 

loro  aparati 

(1)  II  26  settembre  1 5o6  i  commissari  mandavano  dalla  Spezia  avviso 
che  sarebbero  andati  subito  contro  Chiavari;  nello  stesso  giorno  ne  spedi- 
vano un  secondo  «  ora  quarta  noetis  »  in  cui  correggendo  il  primo  asserto, 
annunziavano  la  partenza  per  Chiavari  la  mattina  seguente  e  che  alla  Spe- 
zia sarebbero  rimasti  i  commissari  Bartolomeo  de  Franchi  e  Simone  del 
Giogo  con  200  soldati  e  chiedevano  rinforzi  per  questi  ultimi.  (Diversoruui 
Fil:ca  6J,  26  settembre). 

(2)  Vedi  in  Appendice,  Doc.  XIII. 

5 


54  Anno   l5o6 

sari  poi,  che  si  erano  recati  già  da  qualche  giorno  in 
vai  di  Sturla  e  in  vai  di  Castiglione  per  raccogliere  fanti, 
si  tenevano  pronti  ad  accorrere  al  bisogno.  Era  un  ac- 
cerchiamento completo.  Prima  di  venire  alle  mani  la 
Repubblica  inviava  due  commissari  :  Luigi  Pentema  e 
Pantaleone  de  Franchi  a  Chiavari  per  chiedere  1'  obbe- 
dienza al  comune  in  modo  pacifico  (');  ma  anche  qui 
i  due  commissari  non  trovarono  più  il  nemico  (""),  che 
nella  notte  precedente  Anton  Maria  Fieschi,  con  tutte 
le  sue  soldatesche  ,  comprendendo  inutile  la  resistenza, 
aveva  lasciata  la  città.  Così  il  28  settembre  Luigi  Pentema 
e  Pantaleone  de  Franchi  potevano  scrivere  dalla  stessa 
cittadella  di  Chiavari  al  governatore  ed  agli  Anziani  che 
la  città  si  era  sottomessa  e  che  vi  avevano  posto  a  pre- 
sidio cento  fanti  dei  duecento  inviati  a  Sestri  (').  In 
tal  modo  alla  fine  di  settembre  il  popolo  minuto  aveva 
sottratta  completamente  la  Riviera  di  Levante  a!  Fieschi. 


(1)  Vedi  le  istruzioni  date  ai  due  commissari  pubblicale  da  Arturo Fkk- 
RETTO  nella  «  Illustratone  Storica  della  strofa: 

Rapallin  sottaera  ^atti 

Sotto  e  porte  di  sor  datti  n  ecc.  ecc.  pag.  12-14. 
(Genova  Tipografìa  Gasamara,   1902). 

(2)  Essi  portavano  seco  le  lettere  patenti  che  incominciavano  cosi:  «  Kssendo 
«  riducté  tutte  le  Rivere  a  la  obedientia  de  la  Ghristianissima  Maestà  del  Re 
«  e  de  lo  excelso  comune  de  Genoa:  et  essendo  solo  Ghiavari  contumace , 
«  habiamo  electo  et  per  la  virtù  de  la  presente  elegiamo  li  prestanti  homini 
«  Lodisio  de  pentema  e  Pantaleone  de  Francis  commissarii  nostri  exhibitori 
«  de  le  presente  per  transferirsi  al  dicto  loco  de  Chiavari  et  da  voi  predicti 
«  presidenti,  conseglio  e  popolo-  rechiedere  la  obedientia  in  nome  nostro  e 
«  lo  dominio  et  signoria  del  dicto  loco  et  recevere  la  detra  obedientia));  se- 
guono minacce  di  guerra  se  non  si  ubbidirà  alla  ingiunzione.  Poliiicoriim 
Mazzo  3  I  1649,  27  settembre  i5oG. 

(3J     Diversorum  Filza  63.^  28  settembre  i5o6. 


La  sollevazione  popolare  55 

E  vero  che  a  Rapallo  e  a  Chiavari  restò  sempre  un 
nucleo  di  partigiani  di  quella  famiglia  e  che  si  ebbe  di 
quando  in  quando  qualche  avvisaglia  tra  questi  e  i  popo- 
lari, ma  furono  fatti  di  non  molta  importanza  per  la 
storia  generale  della  Liguria    ('). 

Alfonso  del  Carretto    riacquista  il  Finale. 

A  questo  fervore  di  conquista  successe  una  breve 
sosta  per  approntare  i  festeggiamenti  al  Re  d'Aragona 
Ferdinando  il  Cattolico  che,  nel  suo  viaggio  verso  Napoli, 
doveva  passare  anche  per  Genova.  Si  erano  eletti  dodici 
deputati  per  accoglierlo  degnamente  (^);  ma  non  erano 
riusciti  ad  avere  dalle  casse  dello  stato  i  denari  occor- 
renti per  le  spese,  perciò  il  28  settembre,  nella  immi- 
nenza dell'arrivo,  si  dovette  ricorrere  ad  un  imprestito  dai 
banchieri  e  la  obbligazione  di  questo  venne  assunta  dagli 
stessi  dodici  deputati,  come  era  solito  fare  l'ufficio  della 
moneta  ed  altri  in  simili  frangenti  ;  veniva  inoltre  ipote- 
cato   anche  il    «  diritto    della    Spagna  »     (').     L'avvici- 


(i)  Cfr.  Arturo  Ferretto,  op.  cit. 

(2)  I  nomi  di  questi  dodici  deputafi  sono:  Bricio  Giustiniano,  Lazzaro 
Piccinotto,  Battista  Scalia,  Gerolamo  Logia,  Quilico  Cavallo,  Lorenzo  Cattaneo, 
Gerolamo  Saali,  Teramo  Centurione,  Francesco  Salvago,  Gerolamo  Giudice, 
Raffaele  Raggio,  Ansaldo  Lomellino.    Diversorum    Reg.   170,  29    settembre. 

(})  Cfr.  Diversorum  Reg.  170.  La  deliberazione  del  prestito  fu  fatta 
il  28  settembre,  ma  Pobbligo  che  i  deputati  ai  festeggiamenti  dovevano  ac- 
collarsi per  debiti  fatti  pel  comune  pare  non  fosse  molto  accetto  a  due  di  essi, 
Ansaldo  Lom;?riin  e  Lorenzo  Cattaneo,  che  tentarono  esimersene,  senonchè 
gli  Anziani,  nella  seduta  del  29  settembre,  decisero  che  essi  pure  dovessero 
portare  Io  stesso  tributo  degli  altri  e  quindi  fossero  tenuti  come  obbligati  ai 
banchieri.  Q.  lesti  banchieri,  come  vedesi  in  un  altro  atto  registrato  nello  stesso 
registro  Diversorum  170,  29  settembre,  erano  Anfreone  Usodimare,  An- 
tonio SauH,  Gio.  Batta  Adorno,  Pietro  Sauli,  Andrea  Ciceri,  Acelino  Salvago, 
Marco  Grimaldi,  (Cristoforo  Spinola  ed  i  figli  del  fu  Lazzaro  d''Oria. 


/ 


56  Anno  l5oó 

narsi  della  flotta  aragonese  a  Genova  diede  occasione 
ad  Alfonso  del  Carretto  di  rioccupare  in  un  modo  vera- 
mente curioso  il  suo  marchesato  di  Finale,  del  quale  lo 
aveva  spodestato  il  fratello  Carlo  Domenico,  vescovo 
d'Angers ,  innalzato  alla  porpora  cardinalizia  da  papa 
Giulio  II. 

Il  cardinale,  dimorando  a  Roma,  aveva  lasciato  a 
Finale  il  Fratello  d.  Luigi ,  il  quale  appunto  in  quel 
tempo,  attendendo  di  ora  in  ora  il  passaggio  della  flotta 
aragonese  dinanzi  al  borgo,  vegliava  anche  la  notte  in 
lieta  compagnia,  composta  specialmente  di  nobili  fuggiti 
da  Genova,  per  accogliere  onorevolmente  e  prestare  il 
dovuto  ossequio  ai  reali  di  Aragona,  se  questi  fossero 
scesi  a  terra .  Pareva  quasi  certo  che  essi  dovessero 
giungere  a  Finale  la  domenica  27,  invece  si  ebbe  notizia 
a  Genova  che  vi  sarebbero  giunti  il  lunedì  28.  Allora 
Alfonso  del  Carretto  che  era  in  città,  ove  doveva  essere 
tenuto  in  grande  estimazione,  poiché  nel  1501  gli  era 
stato  affidato  V  incariccj  di  domare  i  Corsi  ribelli  al 
dominio  della  Repubblica,  pensò  di  approfittare  di  questo 
ritardo,  e  della  poca  vigilanza  che  vi  doveva  essere 
allora  al  castello  di  Finale,  e,  chiesti  aiuti  a  Genova 
dietro  promesse  di  rimanere  fedele  al  governo  di  essa, 
con  400  uomini,  imbarcati  su  diversi  lendi  e  brigan- 
tini, si  diresse  alla  volta  di  Finale.  Arrivatovi  nel  cuor 
della  notte,  egli  divise  la  sua  gente  in  due  squadre,  delle 
quali  una  marciò  verso  il  borgo,  V  altra,  da  lui  capita- 
nata, salì  al  castello  preceduta  da  un  uomo  recante  in 
mano  una  torcia  accesa.  Giunti  dinanzi  al  castello  gri- 
darono di  aprire  che  vi  era  il  signore.   Quelli  di  dentro, 


La  sollevazione  popolare  57 

di  nulla  sospettando,  spalancarono  le  porte,  e  così  venne 
preso  il  castello  ed  il  borgo  da  cui  fuggì  a  gran  fatica, 
d.   Luigi    «  che  vegiava  in  gaudeamus  »    ('). 

Ferdinando  il  Cattolico  a  Genova  e  a  Portofino. 

Il  30  settembre  tutta  Genova  era  in  festa  pel  pros- 
simo arrivo  della  flotta  aragonese.  Giungeva  da  Napoli 
a  rendere  onore  al  suo  re,  il  gran  capitano  Ferdinando 
Gonzales  che  aveva  conquistato  il  reame  di  Napoli  alla 
corona  di  Spagna.  Tre  dei  dodici  cittadini  deputati  pei 
festeggiamenti  movevano  incontro  alla  flotta  per  presen- 
tare al  re  le  felicitazioni  della  città  e  la  preghiera  di 
voler  discendere  a  riposarsi  e  a  ricevere  l'omaggio  e  le 
dimostrazioni  di  gioia  dei   cittadini     (^).     Il  i.  ottobre  la 


(1)  Gfr.  Diario:  27  S^LtenibreiIl  Guicciardint  nella  sua  Sforza  cf Italia 
curata  da  Gio.  Resini,  Gapolago,  Tip.  Elvetica,  i836,  Tom.  Ili,  pag.  209 
dà  queste  notizie:  Il  cardinale  di  Finale  si  chiamava  Carlo  Domenico  del 
Carretto  ed  era  fratello  di  Fabrizio,  gran  maestro  di  Rodi,  di  Alfonso  I,  favorito 
di  Massimiliano  imperatore,  di  Luigi  vescovo  e  conte  di  Cahors.  Negli  «  Elogi 
dei  Liguri  illustri  »  Genova,  Tip.  Ponthenier  1846,  si  trova  anche  un  Elogio 
di  Fabrizio  del  Carretto  (Tomo  i .  pag.  3  1 8)scritto  da  Antonio  Brignole  SALE,che 
magnifica  le  virtù  ed  i  fatti  gloriosi  di  questo  nobile  signore,  eletto  nel  1 5 1 J 
gran  maestro  della  religione  di  Rodi.  Nelle  note  vi  sono  copiose  notizie 
s-.illa  amiglia  dsl  Carretto  e  da  esse  ci  risulta  che  Alfonso  fu  primogenito  dei  figli 
di  G-ileotto  a  cui  succedette  n^l  Marchesato  di  Finale. Massimiliano!,  lo  creò 
Vicario  delP  Impero.  Ebbe  per  moglie  in  prime  nozze  una  milanese  di  casa 
Simonetta;  nelle  seconde  una  Cibo,  nipote  di  papa  Innocenzo  Vili,  la  quale 
sposò,  dopo  la  morte  di  lui,  Andrea  d''Oria.  Carlo  Domenico  del  Carretto, 
più  conosciuto  sotto  il  titolo  di  Cardinale  del  Finale,  servì  il  re  di  Francia 
Luigi  Xll;  Giulio  II  gli  diede   la    porpora  nel   i5o5;  mori  nel   i5i  !. 

(2)  I  tre  deputati  furono:  Lorenzo  Cattaneo,  Gerolamo  Giudice  e  Lazzaro 
l^iccinotto.  Le  lettere  credenziali  da  consegnare  al  re,  si  trovano  in  Litterarum 
Reg.  47[i82Ì;  le  istruzioni,  nelP  opera  già  citata  del  Franzoni  (Archivio  di 
Stato  di  Genova,  Ms.  n.  652,  pav.   i  170. 


58  Anno  l50ò 

flotta  era  in    vista  di    Genova  ;  la  città  aveva  fatti  gran 
dissimi  apparati  per    accogliere    degnamente  i   reali  ;   si 
erano  allestiti  sontuosi  appartamenti  per  ospitarli  e  si  era 
fatto  incetta   di  molte  vettovaglie  pel  seguito,   nel  tempo 
della  loro  dimora  (').     Tutto  il  clero  e  le  autorità,  av- 
viatisi in  grande  pompa  al  porto  per  fare  un  ricevimento 
solenne,  attendevano  allo  sbarco  il  re  e  la    regina    pe* 
quali  era  stato  approntato  un   magnifico  baldacchino. 

La  folla  accorsa  era  tanta  che  «  dalla  piazza  dello 
Molo  fino  in  cima  ad  esso  non  saria  potuto  gittare  in 
terra  una  grana  di  grano  »;  ma  l'attesa  fu  vana,  che  i 
reali  non  scesero  a  terra  {^).  Lo  smacco  per  i  popò- 
Lari  non  poteva  essere  più  grave;  essi  ebbero  motivo  a 
supporre  che  i  gentiluomini  ed  il  governatore  ,  i  quali 
erano  andati  fin  sopra  Sestri  Ponente  incontro  al  re, 
lo  avessero  dissuaso  a  scendere  a  terra. 

Da  parte  sua  il  re  doveva  avere  delle  forti  ragioni 
per  non  mettere  piede  in  Genova;  la  città  checché  ne 
dicessero  i   popolari,   non  era  ne  calma  né  tranquilla. 

E  vero  che  quasi  cotidianamente  gli  Anziani  man- 
davano lettere  e  messi  al  re  di  Francia   con  proteste  di 


(i)  In  Diversorum  Filza  n.  63,  3o  settembre,  trovasi  P ordine  a  tutti 
i  rettori,  podestà  ecc.  delle  Riviere  di  inviare  a  Genova  tutto  il  pesce  che 
potranno  raccogliere. 

(2)  Vedi  maggiori  particolari  in  Diario^  3o  settembre  1 5o6.  Cfr.  pure 
la  cronaca  del  Salvago,  op.  cit. ,  pag.  466.  Il  Senarega,  op.  cit.,  col.  587,  dà 
la  stessa  notizia,  ma  erra  la  data  delPavvenimento.  Secondo  lui  la  flotta 
aragonese  entrò  nel  porto  di  Genova  «  primo  die  Kalendas  Decembris  ». 
Naturalmente  il  Giustiniani  (op.  cit.,  pag.  621)  ripete  Terrore,  ma  i  documenti 
da  me  portati  provano  a  esuberanza  che  la  data  giusta  è  quella  del  Diario. 


La  sollevazione  popolare 


fedeltà  e  di  obbedienza  e  con  assicurazioni  della  più 
grande  quiete  interna,  ma  i  fatti  non  corrispondevano 
alle  parole,  poiché  1'  infima  plebe  ed  il  popolo  minuto 
erano  sempre  agitati.  In  tali  condizioni  Ferdinando  il 
Cattolico,  che,  in  quel  periodo  di  tempo,  era  in  tregua 
con  Luigi  XII,  doveva  pensare  che  sarebbe  tornato  gra- 
dito al  re  di  Francia  non  accogliere  gli  omaggi  di  una 
città  poco  obbediente  al  suo  governo  e  che  altrimenti, 
avrebbe  forse  potuto  far  nascere  il  sospetto  di  volere 
approfittare  della  occasione  per  allettare  ed  attrarre  a  se 
gli  irrequieti  spiriti  genovesi   ('). 

Il  domani  (2  ottobre)  lo  flotta  aragonese  volgeva  le 
prore  verso  Portofino  dove,  in  causa  dei  venti  contrari, 
fu  costretta  a  gettare  le  ancore  e  fu  là  che  i  genovesi 
portarono  al  re  tutte  le  vettovaglie  che  avevano  prepa- 
rate pel  suo  arrivo  e  che  egli  accettò  con  grato  animo  ('). 
I^a  sua  dimora  a  Portofino  si  protrasse  più  di  quello 
che  egli  avesse  previsto,  anzi  fu  là  che  gli  pervenne  il 
5  ottobre  la  notizia  della  morte  di  suo  genero  Filippo, 
re  di  Castiglia,  a  cui  aveva  lasciato  la  cura  del  reame 
d'Aragona,  e  l'anonimo  diarista  ricorda  essersi  colà  re- 


(1)  Sembra  che  i  genovesi  approfittassero  realmente  della  sua  venuta 
in  Genova  per  offrirgliene  la  signoria.  Non  abbiamo  documenti  per  provarlo, 
ma  è  certo  che  alcuni  mesi  dopo  il  re  di  Napoli  affermò  agli  ambasciatori 
di  Francia  e  di  Genova  che  una  tale  proposta  gli  era  stata  fatta.  Gfr.  Diario 
2  e  5  febbraio   1 507. 

(2)  Non  gli  fu  portato  però  il  ricco  baldacchino  o  pallio  che  era  stato 
ordinato  pel  suo  arrivo.  Esso  fu  invece  consegnato  ai  Priori  della  devozione 
di  S.  (;io.  Battista  affmchè  lo  custodissero  in  nome  pubblico  per  ornare  la 
cappella  del  Precursore  ed  onorare  altre  reliquie  nelle  proctssion'.  Div-'r- 
soriim  Reg.   166,   9  novembre   1 5oG. 


6o  Anno    l5o6 

cati  da  Genova  «  diversi  calzolari  con  drapi  neri  »  e  di 
averne  venduti  assai  (').  Continuando  a  soffiare  i  venti 
contrari,  gli  Anziani  inviarono  (io  ottobre)  al  re  Ferdi- 
nando i  tre  cittadini  :  Gerolamo  Palmaro,  Francesco  Spi- 
nola e  Gerolamo  Botto  per  fargli  omaggio,  offrirgli  i 
propri  servigi,  condolersi  della  morte  del  genero,  e  te- 
nergli compagnia  fino  a  tanto  che  Sua  Maestà  non  avesse 
dato  ordine  di  levare  le  ancore  (''). 

La  plebe  potente  e  prepotente. 
In  Genova  le  cose  andavano  ognora    più    abbuian- 
dosi.  Il  popolo  sempre    sospettoso  e    pronto  a    vedere 


(i)  Cfr.  Diario,  5  ottobre;  Cronaca  del  Salvago,  pag.  466;  Annali  del 
Sknvrkga  col.  587.  L'arciduca  Filippo  aveva  sposata  Giovanna  figlia  di  Fer- 
dinando e  di  Isabella  la  Ca  tolica  nel  1496,  air  età  di  17  anni.  Ambedue 
salirrno  al  trono  di  Castiglia,  ceduto  loro  da  Ferdinando,  nel  i  504,  ma  il 
giovane  re  di  Castiglia  morì  in  Burgos  il  2  5  settembre  i5o6.  La  morte  di 
Filippo  fu  da  alcuni  attribuita  a  lento  veleno,  da  altri  ad  altre  cagioni.  Gio- 
vanna, che  era  già  stata  attaccata  da  malattia  mentale,  perse  completamente 
la  ragione  in  seguito  alla  morte  prematura  dello  sposo  e  non  la  riacquistò 
più  mai.  Morì  nel  1  555.  (Cfr.  Mariana,  Historia  de  Espana,  Lib.  27,  cap.  23). 

(2)  Istruzioni  e  Relazioni,  n.  2707  e.  LMstruzione  pei  tre  ambasciatori 
incominciava  :  «  Vedendo  perseverar  li  tempi  contrari  alla  partenza  del  Re, 
de  Porto  Uno  più  de  quel  che  prima  estimavamo  ecc.  ecc.  ».  I  tre  amba- 
sciatori dovevano  fra  le  altre  cose  fargli  anche  osservare  che  se  si  fosse 
fermato  a  Genova  sarebbe  stato  assai  meglio  che  a  Portofino.  Questa  istru- 
zione si  trova  pure  ricopiata  nel  Ms.  del  Franzoni  n.  652,  ma  vi  è  errore 
nella  data,  cioè  io  settembre  invece  di  io  ottobre  e  nel  nome  Dotto  anziché 
Botto.  Nei  Diversorum  Reg.  170,  adì  29  ottobre  i5o6  trovasi  un  mandato 
di  pagamento  di  Lire  12  pei  dodici  deputati  «  ad  excipiendum  Serenissimum 
Regem  aragonum  »  per  le  spese  fatte  da  Gerolamo  Botto  e  Gerolamo  Pal- 
mario inviati  a  Portofino  «  ad  visitandum  prefatum  Serenissinum  Regem  » 
Non  si  sa  di  preciso  quando  il  Re  Ferdinando  abbia  lasciato  Portofino,  ma 
è  noto  che  egli  giunse  a  Napoli  il  29  ottobre  1 5o6  (Iacopo  Nardi  -  Storia 
della  città  di  Firenze,   pag.  422). 


La  sollevazione  popolare  6l 


in   oijiii     fatto     tradimenti   e   macchinazioni   di   nobili,    si 
faceva  più   violento   e  più  bestiale  nelle  sue  collere. 

L'  autorità  stessa  del  governatore  era  profondamente 
scossa,  dacché  s'era  scoperto  (ii  settembre)  aver  egli 
tenuti  sino  allora  nascosti  in  S.  Domenico  quattrocento 
e  più  venturieri  mentre  si  era  sempre  creduto  che 
avesse  licenziate  tutte  le  truppe  mercenarie,  ritenendo 
solo  trecento  uomini  per  guardia  della  sua  persona.  Il 
popolo  minuto  fu  sul  punto  di  tagliare  a  pezzi  le  sol- 
datesche e  lo  stesso  governatore,  se  egli  non  lo  avesse 
tosto  calmato  col  far  partire  i  venturieri.  Ma  correvano 
anche  voci  di  trame  di  certi  «  cappellacci  »  Adorno  ed 
appunto  il  4  ottobre  si  era  arrestato  un  tale  Paolo 
della  Costa,  il  quale  ,  prmia  che  arrivassero  a  carpir- 
gliela, aveva  ingoiato  una  lettera  che  teneva  nascosta 
sotto  il  basto  di  un  mulo.  Condotto  in  piazza  dei  Cigala, 
dove  i  dodici  officiavano  nella  loggia  dei  setaiuoli, 
benché  sottoposto  alla  tortura,  non  riuscirono  a  cavargli 
una  parola  di  bocca;  allora  fu  deciso  di  trarlo  in  via 
Lata  dove  avevano  preso  alloggio  il  marchese  di  Ma- 
rassi e  Giovanni  di  Biassa  con  seicento  fanti  forestieri, 
ma  giunse  in  buon  punto  un  ordine  del  governatore 
di  condurlo  a  Palazzo,  che  spettava  a  lui  il  giudicarlo, 
e  così  fu  salvo;  non  si  salvò  però  dalle  furie  di  una 
turba  di  artigiani  il  dottor  Corrado  Soffia  che,  nella 
stessa  piazza  dei  Cigala,  fu  preso  e  colpito  a  morte 
perchè  veniva  da  Serravalle  Scrivia,  luogo  degli  Adorno. 
Da  questi  segni  non  dubbi  della  sfrenata  potenza  della 
plebe  si  può  arguire  in  quali  miserevoli  condizioni  sì 
trovasse  l' intera  città. 


Ó2  Anno     l5oó 

Il  governatore,  o  volesse  salvare  ancora  un  simulacro 
di  potere,  o  fosse  stato  comprato  coll'oro,  assecondava 
le  inconsulte  e  temerarie  aspirazioni  di  essa  tentando  solo 
di  frenarne  le  violenze;  e,  siccome  ebbe  sentore  che  mi- 
rasse a  togliere  al  Fieschi  anche  Montoggio,  egli  inter- 
venne e  chiese  al  comune  se  avesse  diritti  da  vantare  su 
quel  castello,  che  egli  era  pronto  a  sostenerli  e  a  riven- 
dicare tutte  le  terre  usurpate  da  altri  al  comune  ed  a 
mandare  una  grida  per  costringere  i  gentiluomini  fuo- 
rusciti a  rientrare  in  città  e,  per  contro,  bandire  tutti 
quelli  che  fossero  designati  dall' ufficio  di  Balìa.  Filippo 
di  Cleves  non  faceva  certo  di  suo  arbitrio  queste  pro- 
messe, ma  spintovi  dal  minaccioso  contegno  della  mol- 
titudine e  perciò  possiamo  spiegarci  come  il  6  ottobre 
siasi  tenuto  consiglio  per  eleggere  sei  cittadini  che, 
insieme  col  governatore,  stabilissero  le  misure  da  pren- 
dersi contro  il  Fieschi  che  continuava  ad  agitarsi  ed  a 
tenere  agitata  la  città,  mentre  nel  consiglio  stesso  si 
leggeva  una  lettera  del  luogotenente  generale  signor 
di  Chaumont  in  cui  si  minacciavano  guai  ai  genovesi 
se  avessero  tentato  di  prendere  Montoggio  o  altri  ca- 
stelli del  Fieschi  (').  Nello  stesso  giorno  venivano 
eletti  quattro  capitani  cioè  :  Bricio  Giustiniani,  Bernardo 
di  Castiglione,  Pietro  Calissano,  Gregorio  da  Terrile,  a 
ciascuno  dei  quali  erano  dati  cento  fanti  forestieri  [)er 
guardia  della  città,  coli' ordine  di  procedere  contro  i 
delinquenti  ed  i   sediziosi,   multarli,    metterli    in   bando, 


(  I  )  Gfr.  Diario  ai  giorni  suaccennati.  I  sei  eletti  erano  :  Benedetto 
Ronzone,  Raffat  le  di  Recco,  Paolo  de  Franchi  di  Burgar©,  Bartolomeo  di 
Roiiieo,  Gerolamo  Sauli,  Battista  Scalia.  Z)/ver507-«;7j  Reg.  43,6  ottobre  i5o6. 


La  sollevazione  popolare  63 

confiscarne  i  beni  e  mandarli  al  supplizio  ('),  E  nella 
speranza  di  un  migliore  assetto  di  cose,  si  emanava  (7 
ottobre)  una  grida  di  remissione  generale  delle  colpe 
passate,  coli' ammonizione  però  di  badare  a  non  fallire 
più  per  r  avvenire.  L'  8  ottobre  i  quattro  capitani 
comparivano  colla  loro  gente  ed  il  9  entravano  già  in 
funzione  ,  andando  a  sciogliere  un  assembramento 
di  plebei  in  S.  Maria  di  Castello  ;  ma  anche  questo 
debole  tentativo  di  restaurazione  dell'  ordine  ebbe  breve 
durata. 

Riforme  nelle  elezioni  —  Adunanza  del  16  ottobre. 
In  mezzo  a  questi  dolorosi  avvenimenti  venivasi  matu- 
rando l'idea  di  un  mutamento  nella  forma  delle  ele- 
zioni per  gli  offici  civili  e  nelle  norme  per  adirvi. 
Il  progetto  delle  riforme  ,  elaborato  dal  6  al  15 
ottobre,  fu  il  15  stesso  presentato  dai  capi-popolo  al 
governatore  per  la  sua  approvazione.  In  verità  egli  non 
si  mostrò  molto  disposto  ad  approvarle  e  ad  accordare 
la  convocazione  di  un  gran  consiglio;  ma  la  tenacia  con 
cui  essi  sostennero  le  loro  ragioni,  le  proteste  e  le  mi- 
nacele perchè  egli  mostravasi  ancora  titubante,  lo  co- 
strinsero ad  approvarle  e  ad  acconsentire.  Il  grande 
consiglio  si  tenne  adunque  il  16  ottobre  e  vi  accorse 
moltissimo  popolo.  La  commissione,  incaricata  di  riferire 
in  ordine  alla  nuova  forma  di  governo  popolare,  propose 
che  tutti  gli  offici  civili  fossero  retti  da  trentasei  cittadini 
che  avessero  raggiunta  1'  età  di  quarantacinque  anni  e 
che  tra  questi  si  scegliessero  i  dodici  Anziani,  gli  officiali 


(i)  Diario,  6  ottobre;  Litterarum  Reg.  4J,  6  ottobre  i5o6. 


04  Anno   l5o5 

della  moneta  e  gli  altri  magistrati  ;  che  ogni  anno  ne 
venissero  estratti  a  sorte  sei  e  surrogati  da  sei  altri 
nuovi  eletti;  che  la  carica  durasse  sei  anni  e  gli  uscenti 
non  potessero  essere  rieletti  per  altrettanti  anni  ;  infine 
che  tutti  gli  officiali  fossero  stipendiati  e  dovessero 
(sembra)  restare  in  permanenza  giorno  e  notte  a  Pa- 
lazzo. Apertasi  la  discussione,  alcuni  sostennero  che  si 
dovevano  ridurre  gli  anni  di  età  richiesti  per  adi^e  alle 
cariche,  altri-  volevano  più  breve  la  durata  dell'officio, 
altri  ancora  discutevano  sulle  modalità  delle  elezioni, 
sicché  la  confusione  era  grandissima  e  si  perdeva  il 
tempo   in   vane  ciance. 

La  moltitudine  impaziente  rumoreggiava  sorda- 
mente sulla  piazza  ;  ai  lazzi  di  qualche  spirito  irre- 
quieto rispondeva  con  risa  smodate  e  con  alte  grida. 
Il  consiglio  stesso  era  agitato,  convulso.  Ottenutosi 
con  molto  stento  un  [)o'  di  silenzio,  il  notaio  Giovanni 
Battista  Ferrari  propose  che  si  eleggessero  subito  dal 
Senato  diciotto  cittadini  ai  quali  fossero  dati  ampi  poteri 
fino  al  prossimo  gennaio  per  decidere  sui  punti  più 
controversi  :  la  durata  cioè  delle  cariche  e  l' età  per 
adire  ad  esse  ;  per  rispetto  poi  alla  elezione  dei  futuri 
officiali,  che  si  scegliesswo  cento  cittadini  di  partito  no- 
bile, i  nomi  dei  quali  venissero  posti  in  un  sacchetto; 
altri  cento  nomi  di  popolari  mercanti  si  ponessero  in  un 
secondo  sacchetto  ed  in  un  terzo  duecento  nomi  di  arte- 
fici da  ridursi  poi  a  cento  colla  sorte.  La  scelta  dei  nomi 
doveva  essere  fatta  dai  diciotto  ;  la  sorte  a\rebbe  deciso 
quali  cittadini  avrebbero  coperto  le  cariche  principali 
dello  stato.    Le  proposte  di  Gio.    Batta    Ferrari    vennero 


I.a  sollevazione   popolare  65 

accettate  a  voti  unanimi  e  fu  dato  ordine  al  cancelliere 
Senarega  di  formarne   un  decreto  ('). 

Che  cosa  pensava  di  tutto  ciò  il  governatore?  L'a- 
nonimo diarista  non  ne  fa  alcun  cenno,  ma  in  un  registro 
di  archivio,  dove  è  riportata  per  estenso  la  relazione  del 
consiglio  si  legge,  dopo  le  decisioni  suddette,  che  «  eodem 
instanti  »  il  magnifico  sig.  Nicolò  di  Guidobono,  dottore 
in  leggi  e  vicario  dell'ili, mo  sig.  governatore,  volle  far 
osservare  che  le  deliberazioni  prese  non  avrebbero  avuto 
valore  di  legge  se  non  dopo  l'autorizzazione  regia  e  col 
beneplacito  di  sua  maestà.  I  senatori  invece  risposero 
che  tale  osservazione  non  era  da  tenersi  in  conto,  poiché 
quanto  si  era  stabilito  nel  grande  consiglio  era  di  per 
sé  valido,  essendo  fatto  su  deliberazione  del  governatore 
e  dei  senatori  (^j.  Questo  ci  dimostra  come  il  gover- 
natore non  fosse  punto  soddisfatto  della  piega  che  pren- 
devano le  cose,  ma  che  ormai  non  poteva  più  opporsi 
alla  volontà  sfrenata  della  folla  prepotente. 

Ed  ecco  il  17  ottobre  il  consiglio  procedere  senz'altro 
alla  nomina  dei  diciotto  cittadini  per  la  riforma  degli 
offici.  I  nomi  degli  eletti  furono  :  Pietro  Gentile  q.  Pietro, 
Battista  de'  Vivaldi,  Gerolamo  Centurione,  Giovanni  Ita- 
liano  q.  P.,  Marco  de'  Grimaldi,  Francesco  Salvago  q.  A., 
Gerolamo  Palmario,  Bernardo  de'  Franchi  Jula,  Giacomo 


(i)  Cfr.  Diario.  La  relazione  della  adunanza  è  in  Diversoriun  Reg.  n.  166. 

[z)  Cfr.  Diversoriun  Reg.  166,  16  ottobre.  Il  Consiglio  dovette  essere 
imponente.  In  "atti  perchè  tutti  potè,  sarò  sedere,  si  ricorse  alle  panche  della 
chiesa  di  S.  Domenico  ;  ciò  viene  ricordato  dal  «  sub-cancellario  Dominichino 
Riccio  »  per  le  spese  fatte  «  prò  solutis  camallis  qui  portaverunt  bancas  ab 
«  ecclesia  Sancti  Dominici  in  palatium  prò  Consilio  celebrando  et  deinde 
«  reportarunt  ».  Diversoriun.  Reg.   166,   19  ottobre   iSofJ, 


6'5  Anno   l5o6 

de  Sovrani  di  Andora,  Demetrio  Giustiniani,  Stefano  di 
Moneglia,  Vincenzo  Salili,  Raffaele  di  Recco,  Ambrogio 
de  Zerbi,  Gio.  Batta  de  Ferrari,  Bernardo  Gatto,  Simone 
Navone,  Raffaele  di  Oneto  (').  Non  si  fermarono  qui; 
nella  notte  stessa  partivano  da  Genova  due  galee  con 
duecento  fanti  comandati  dai  commissari  :  Giacomo  Giu- 
stiniani e  Francesco  d'Arquata,  con  l'ordine  di  scendere 
ad  Albenga  e  muovere  contro  Pieve  di  Teco,  usurpata 
al  comune  dal  nobile  Luca  Spinola  C).  Questi  duecento 
uomini  che  salpano  silenziosi  dal  porto  di  Genova  per 
togliere  ad  un  nobile  il  dominio  di  un  paese  alle  pen- 
dici delle  Alpi  liguri  non  sono  che  il  primo  accenno  a 
maggiori  imprese,  l'avanguardia  di  un  poderoso  spie- 
gamento di  forze  che  avrà  per  iscopo  di  sottomettere  alla 
repubblica,  dopo  la  Orientale,  anche  la  Riviera  Occidenta- 
le. E  perciò  era  duopo  di  fare  le  cose  possibilmente  alla 
chetichella  e  all'insaputa  del  re   Luigi  XIL 


(i)  Diversoniiii  Rei;.  i(")<"),  1 7  ottobre.  (ìerolamo  Palmaro  era  stato  eletto 
in  luogo  di  Pelegro  di  Goano,  infermo. 

(i)  Cfr.  Diario  17  ottobre.  —  Albenga  é  una  importante  città  sulla 
Riviera  di  Pcmentc  e  dista  poco  più  di  80  kilometri  da  Genova.  Non  lungi 
da  Albenga  tra  le  Alpi  liguri  apresi  un^impia  vallata  nella  quale  sorge  Pieve 
di  Teco.  Il  Giustiniani^  contemporaneo  agli  avvenimenti  che  noi  narriamo 
cosi  parla,  nei  suoi  Annali  (Voi.  I,  pagg.  36  e  39),  di  questi  due  paesi  : 
«  Albenga,  luogo  di  nobili,  è  convenzionata  con  la  repubblica  ed  ha  molti 
«  privilegi  e  lor  medesimi  si  eleggono  il  podestà,  cittadino  Genovese  ».  «  Pieve 
«  di  Teco  è  cosa  d^importanza,  murata  e  silicata  (selciata)  con  una  fortezza 
«  e  contiene  più  di  trecento  case  con  belli  portici.  »  Prosegue  dicendo 
che  era  go/ernata  dalPUfficio  di  S.  Giorgio  per  autorità  di  un  capitano  che 
«  vi  manda  ogni  anno,  quale  amministra  giustizia  al  paese  circostante  »  ma 
ciò  accadde  dopo  il  i5r2,  anno  in  cui,  dagli  Spinola,  passò  al  suddetto 
ufficio.  —  Giustiniani,  ibidem  pag.  65o. 


La  sollevaz'one   popolare 


Il  re  di  Francia  esige  la  restituzione  della  Riviera 

DI  Levante. 

Questi,  per  il  bene  che  nutriva  a  Genova,  aveva 
dapprima  accolto  assai  graziosamente  l'ambasciatore  popo- 
lare Nicolò  Oderico  (')  ed  aveva  ascoltate  benigna- 
mente le  spiegazioni  sugli  ultimi  avvenimenti  (^), 
sanzionando  più  tardi  con  lettere  patenti  la  legge  per 
la  quale  ai  popolari  venivano  concessi  due  terzi  dei  seggi 
negli  offici   (')    ed    assicurando    il    popolo    che   avrebbe 


(i)  In  una  lettera  di  Nicolò  Oderico  inviata  da  Blois  il  4  settembre  e 
pervenuta  a  Genova  solo  il  16  ottobre,  si  legge  che,  il  giorno  innanzi,  il  re 
gii  aveva  da'^o  udienza,  ascoltandolo  con  volto  sereno  e  non  permettendogli 
che  parlasse  genuflesso.  (Lettere  Ministri  Francia,  Mazzo   i,  n.  gen.  2177). 

(2)  Tra  essi  non  abbiamo  ancora  accennato  ad  un  interessante  episodio: 
Ottaviano,  Giano  ed  Alessandro  Fregoso  che  si  trovavano  a  Roma  al  tempo 
della  prima  cacciata  dei  nobili  (20  luglio),  tentarono,  pare  per  istigazione 
di  questi  ultimi,  di  prendere  il  mare  e  recarsi  a  Genova  ove  la  loro  presenza 
avrebbe  certo  provocati  seri  disordini,  ma  il  Papa,  amico  dichiarato  dei  popolari, 
aveva  mandate  le  sue  navi  ad  inseguirli  e  farli  ritornare  indietro.  (Senarkga 
op.  cit.^  col.  585),  I  nobili  poi  dettero  a  credere  al  re  essere  stati  i  popolari 
a  invitare  Ottaviano  di  Campofregoso  a  Genova  e  perciò  Luigi  XII  se  ne 
lagnò  forte  con  TOderico,  il  quale  tuttavia  riuscì  a  persuaderlo  che  erano  stati 
i  nobili  a  chiamare  il  Campofregoso  «  et  che  a  instantia  de  popolari  era 
stato  revocato  et  prezo  de  mandato  summi  pontificis  »  come  egli  stesso 
sapeva  da  lettere  giuntegli  da  Roma;  e,  per  meglio  provare  che  tutti  i  di- 
sordini provenivano  dai  nobili,  V  ambasciatore  gli  aveva  presentato  la  lettera 
del  F.regosino  ;  sicché  il  re  parve  quietarsi.  (Lettere  Ministri  Francia.  Mazzo 
I,  n.  gen.  2177.  Lettera  inviata  da  Blois  il  17  settembre,  giunta  a  Genova 
il  iG  ottobre. 

(i)  Lettere  Ministri  Francia.  Mav:zo  4,  n.  gen.  2177.  Lettera  inviata 
da  Blois  il  2  !  e  giunta  a  Genova  il  29  settembre.  Nella  lettera  testé  accen- 
nata rOderico  assicurava  gli  Anziani  che  avrebbe  sollecitato  Pinvio  delle 
lettere  patenti  della  regia  conferma  per  gli  uffici  e  gli  anziani;  ma  il  3o 
settembre  era  costretto  a  riscrivere  che  malgrado  tutte  le  sue  sollecitazioni 
non  era  riuscito  a  farle  spedire  prima  d''allora.  Monsignor  Robertet,  segretario 


68  Anno   l5o6 

fatto  deporre  le  armi  ai  nobili  ed  impedito  qualunque 
tentativo  di  perturbamenti  ;  ma  riguardo  al  desiderio  dei 
genovesi  di  unire  le  Riviere  a  Genova,  sotto  il  comando 
di  un  solo  governatore  (desiderio  che  gli  era  stato  già 
espresso  chiaramente  dagli  Anziani  nella  lettera  del  nove 
settembre  e  che  Nicolò  Oderico  era  stato  incaricato  più 
volte  di  ricordargli  e  di  ottenere),  dichiarò  che  voleva 
meglio  ponderare  la  cosa  «  per  non  far  preiudicio  ad 
alcuno  »  e  che  gli  Anziani  «  specificassero  da  qui  (chi) 
volevano  levar  tali  lochi  e  che   lochi  >     (').    Ma    noi  sap- 


di  Luigi  XII,  gli  aveva  detto  che  al  domani  le  avrebbe  mandate  alla  corte, 
che  dal  2}  settembre  era  partita  per  Bourges.  L"* Ambasciatore  si  affrettava 
però  di  mandar  subito  una  copia  di  quelle  lettere,  ricavata  da  una  minuta 
del  segretario.  (Lettere  Ministri  Francia  ibid.) 

(1)  Neir  ultima  parte  della  lettera,  P  Oderico  scrive  aver  cercato  di  per- 
suadere il  re  della  grande  utilità  della  avocazione  al  governo  di  Genova 
delle  due  Riviere,  ma  non  gli  parve  cosa  facile  convincerlo.  Il  giorno  suc- 
cessivo airinvio  di  questa  lettera,  TOderico  ne  ricevette  tre  altre,  una  datata 
dal  16  e  le  altre  dal  \j\  nella  prima  gli  Anziani  ritornavano  sulPargomento 
che  stava  loro  tanto  a  cuore,  dicendo  :  «  siamo  certi  mai  deba  pacificare 
«  la  terra  se  tuta  la  rivera  non  sia  reduta  al  Comune  sotto  la  Signoria  e 
«  Governo  de  Monsignore  Ill.mo  nostro  Governatore».  Gli  raccomandavano 
di  tentare  ogni  via  per  ind'  rre  il  re  a  condiscendere  a  questo  loro  desiderio 
e  qualora  gli  sembrasse  tempo  propizio  facesse  capire  essere  desiderio  generale 
di  occupare  tutti  gli  altri  luoghi  della  Riviera  di  Ponente.  Ciò  veniva  ripetuto 
nella  lettera  del  1 7  settembre.  A  codeste  richieste  T  Oderico  rispondeva  di 
non  aver  potuto  parlarne  al  re,  perchè  questi  era  partito  il  mattino  dopo 
ricevuta  la  lettera.  Questa  lettera  veniva  mandata  per  Gio.  Batta  Bonfante, 
r  inviato  degli  Anziani,  ma  TOderico,  avendo  nello  stesso  giorno  Foccasione 
di  scrivere  colla  posta  del  re,  non  volle  mancare  di  inviare  anche  con  questa 
un  messaggio,  pur  essendo  breve  e  riferendosi  al  già  scritto.  Ripeteva  qui 
che  il  re  aveva  ordinato  che  le  lettere  patenti  si  mandassero  con  la  sua 
posta  al  governatore  di  Genova  e  finiva  coir  assicurare  che  Luigi  XII  era 
ottimamente  disposto  verso  il  Comune.  —  Vedremo  come  questa  fu  Pultima 
volta  in  cai  potè  scrivere  notizie  così  confortanti.  Le  due  lettere  scritte  il 
giorao  3o  settembre  giunsero  a  Genova  PS  ottobre.  (Lettere  Ministri  Francia 
Mazzo   I .  n.  gen.  2  1 77  . 


La  sollevazione    popolare  69 

piamo  già  come  i  popolari  avessero  senz'  altro  incomincia- 
to ad  impossessarsi  della  Spezia  e  di  Chiavari.  Sicché  allor- 
quando il  re  venne  a  sapere  della  conquista  delle  dette 
città,  rimase  indignato  e  la  sua  indignazione  giunse  al 
colmo,  quando  gli  venne  riferito  che  il  comune  rifiuta- 
vasi  di  consegnare  quei  luoghi  al  governatore. 

Gli  Anziani  e  l'ufficio  di  Balia  in  seguito  alle  lettere 
di  Oderico,  giunte  il  i6  ottobre  e  partecipanti  l'ira  e 
lo  sdegno  regi,  il  giorno  seguente  scrivevano  al  re  mo- 
strandosi addolorati  di  aver  recato  dispiacere  a  chi  vo- 
levano sempre  onorare  e  rispettare,  gli  facevano  larghe 
proteste  di  fedeltà,  lanciavano  contumelie  contro  coloro 
che  mettevano  male  nelle  relazioni  tra  il  re  stesso  e 
Genova  e  finivano  coli 'annunziargli  che  avrebbero  presto 
mandato  un  altro  ambasciatore  ad  informarlo  delle  vere 
condizioni  della  città  ;  non  facendo  alcun  cenno  neppur 
lontano  della  restituzione  delle  terre  conquistate  ('). 
Lettere    di   egual  tenore  spedirono     all'  Oderico  (^),     il 


(  I  )  Infatti  il  1 8  ottobre  vennero  scelti  come  oratori  al  Re,  ì  due  cittadini 
Nicola  Giustiniani  e  Agostino  Foglietta  e  nello  stesso  tempo  si  elesse  Andrea 
de  Ferrari  ambasciatore  al  gran  maestro  Chaumont  d''Amboise.  Il  26  ot- 
tobre troviamo  il  consueto  atto  «  contra  pericula  »  nel  quale  si  promette 
agli  ambasciatori  di  risarcirli  delle  spese  e  dei  danni  che  potranno  incontrare 
durante  il  viaggio,  (Divcrr^ornm  Reg.  173).  Il  27  ottobre  se  ne  annunzia 
al  re,  a  Filippo  di  Gleves  ed  a  Nicolò  Oderico  la  partenza  entro  quattro 
giorni  (L'attere  Ministri  Francia,  Mazzo  I)  j  invece  il  3 1  ottobre  non  più 
essi,  ma  altri  ambasciatori  partivano  verso  la  corte  di  Francia.  Il  Foglietta 
però  fu  inviato  con  un  altro  cittadino  ambasciatore  al  Papa. 

(2)  In  q  leite  lettere  v''era  pure  un  rimprovero  per  V  Oderico,  perchè  si 
fos;e  allontanato  qualche  giorno  dalla  corte  per  andare  a  Parigi.  Gli 
Anziani  eram  venati  a  conoscenza  di  ciò  da  due  lettere  del  re  al  gover- 
natore, nelle  quali  Luigi  XII  aveva  manifestato  il  suo  malcontento  per  Tassenza 

6 

1 


70  Anno  l5o6 

quale,  mentre  quelle  erano  in  via,  ne  scrisse  una  seconda 
ripetendo  che  il  re  era  indignatissinio  per  la  detta  oc- 
cupazione e  che  faceva  «  terribile  menatie  »  e  voleva 
assolutamente  che  i  luoghi  tolti  al  Fif^schi  si  rendessero 
al  governatore,  e  si  deponessero  le  armi  «  et  questo 
«  facendo  le  signorie  vostre ,  resterà  Sua  Maestà 
«  tacito  et  persevererà  in  la  sua  solita  clementia  et  afec- 
«  tione  »  ;  dopo  altre  notizie  ('),  l'Oderico  finiva  rac- 
comandando agli  Anziani  di  accontentare  il  re  e  di 
inviargli  schiarimenti  sulle  condizioni  interne  di  Genova. 
Questa  lettera    giunta     in    città     il     20  ottobre    dovette 


deirOderico  «  non  parendoli  tempo  che  essendo  la  città  in  el  grado  che  la 
si  trova  vi  dovesti  alontanare  ».  A  codeste  lagnanze  POderico  rispose  difen- 
dendosi in  una  lettera  del  29  ottobre  i  5of>-^  ma  essa  ha  la  carta  cosi  tarlata 
e  consunta  da  non  potervi  raccapezzare  quasi  nulla.  Tuttavia  il  contenuto  di 
essa,  si  pi:ò  arguire  da  rn"' altra  del  i  novembre  i  SoH;  ma  la  difesa  è  cosi 
debole  e  di  così  poco  interesse  che  crediamo  non  meriti  la  pena  di  essere 
riportata.  Tutto  cotesto  cartegg'o  tra  Tambasciatore  di  Francia  e  gli  Anziani, 
si  conserva  in  Lettere  Ministri  Francia,  Mazzo  I.,  n.  gen.  2 1  ■j'j. 

(i)  UOdericD  infatti  annuncia,  tra  Paltro,  che  per  chiarir  meglio  le  cose 
«  S.  M.  manda  a  le  S.  V.  Ambasciatore  Mons.  Domino  Michaelo  Ritio  nea- 
«  politano  agregato  al  gran  consiglio  di  S.  M.  el  quale  è  molto  prudente 
«  et  docto  et  de  grande  autorità  apreso  S.  M.  et  vene  già  in  questa  tera  a 
«  principio  de  questo  felicisimo  stato,  per  consultore  del  prefato  Ill.mo  Gu- 
«  bernatore  »  e  manifesta  la  speranza  che  la  venuta  del  Riccio  sarà  un  bene 
per  la  patria;  raccomanda  di  fargli  onorevole  accoglienza  per  cattivarsene 
r animo.  Noi  p^rò  non  abbiamo  trovato  alcun  documento,  o  cenno  qualsiasi 
che  ci  provi  che  questa  ambasceria  sia  realmente  avvenuta.  Ci  verrà  tuttavia 
dato  d"'incontrare  di  nuovo  il  Riccio,  quando  Luigi  XII,  riacquistata  Genova, 
si  farà  prestare  solenne  giuramento  di  fedeltà  dal  popolo  geno vese.  La  lettera 
delPOderico,  spedita  da  Bcurges  il  i3  ottobre,  giunse  a  Genova  il  20  dello 
stesso  mese,  e,  come  tutte  le  precedenti,  è  indirizzata:  «  Ill.mo  et  ex. so  Regio 
«  lanuensi  Gubernatori,  Mag.cis  Antianis  ac  officio  (Baylie)  ex. si  communis 
«  lanue  (Lettere  Ministri  Francia,  Mazzo  i.) 


La  sollevazione  popolare  71 


certo,  insieme  colla  precedente,  fare  grande  impressione 
sulla  cittadinanza,  poiché  era  la  prima  volta  che  il  re 
si  mostrava  così  adirato  contro  i  suoi  sudditi,  e  possiamo 
credere,  senza  tema  d'ingannarci,  che  il  popolo  grasso  sia 
ricorso  a  tutti  i  mezzi  per  indurre  il  popolo  minuto  a 
farne  consegna,  ma  indarno.  A  scuotere  maggiormente 
gli  ottimati  del  popolo,  venne  in  proposito  una  lettera 
del  re  stesso  diretta  al  governatore  con  nuove  mi- 
nacce di  punizioni  gravissime  se  presto  non  si  fosse 
ottemperato  ai  suoi  ordini.  Che  fare?  Si  tentò  un  colpo 
di  mano  sulla  plebe.  La  sera  del  22  il  governatore,  gli 
Anziani,  la  Balia,  l'Ufficio  della  moneta  di  nuovo  e  di 
vecchio  e  i  tre  ambasciatori  ch'erano  stati  inviati  al  Cleves, 
quando  esso  si  trovava  in  Asti  ('),  si  radunarono  in 
consiglio  a  Palazzo  e,  data  lettura  della  missiva  regia  (^), 
presero  in  esauje  la  condizione  delle  cose  presenti,  che, 
da  un  lato  li  minacciava  il  pericolo  d'ima  rivolta  popo- 
lare, dall'altro  li  urgeva  l'ira  del  re  :  due  forze  ugual- 
mente temibili  :   sentiti   i   pareri     di    tutti,   si  decise    alla 


(0  Secondo  la  relazione  delPadunanza  (Diversorum  Reg.  170), essi  era- 
no Bartolomeo  di  Ceva,  Demetrio  Giustiniani  e  Vincenzo  Sauli.  11  Diario  in- 
vece dice  che  erano  presenti  i  quattro  ambasciatori  che  andarono  incontro  al 
governatore  in  Asti  ed  avrebbe  ragione  perché,  come  vedemmo  fu  man- 
dato prima  il  Ceva  e  subito  dopo  partirono  altri  tre  :  Demetrio  Giustiniani, 
V'ncenzo  Sauli  e  Leonardo  di  Facio  per  ossequiare  il  Cleves  ad  Asti;  sicché 
gli  ambasciatori  erano  quattro.  Noi  però  propendiamo  a  dar  maggior  fede 
al  documen'o  d''Archivio  e  credere  che  il  Fazio  non  fosse  tra  i  presenti. 

(2)  Dalla  relazione  surriferita  veniamo  a  sapere  che  essa  fu  inviata  da 
Boirges  il  17  ottobre  e  da  una  lettera  degli  Anziani,  diretta  al  re  (27  ottobre) 
apprendiamo  che  arrivò  a  Genova  il  21,  caso  notabile  di  rapidità  di  corri- 
spondenza, dovuto  alla  ben  organizzata  posta  regia,  poiché  di  solito  le  lettere 
deirOderico  agli  Anziani  impiegavano  non  meno  di  una  settimana. 


72  Anno  l5o6 

fine  .di  consegnare  i  luoghi  tolti  al  Fieschi  nelle  mani 
del  governatore  e  di  dare  incarico  al  cancelliere  Bar- 
tolomeo Senarega  di  scrivere  ai  commissari  e  ai  castel- 
lani perchè  se  ne  facesse  la  consegna  (').  In  quella 
stessa  notte  si  inviava  d'  urgenza  una  lettera  al  re 
Luigi  XII  per  notificargli  la  decisione  presa  nel  con- 
siglio ed  assicurarlo  nello  stesso  tempo  della  grande 
fedeltà  dei  suoi  sudditi  e  della  somma  quiete  della  cit- 
tà (^).  Le  stesse  notizie  comunicarono  all'  Oderico , 
avvisandolo  che  la  consegna  si  era  dovuta  differire  sino 
allora  in  causa  degli  umori  della  plebe  semj:)re  fissa  nel- 
l'idea che,  allora  quando  quelle  terre  fossero  restituite  al 
Governatore,  questi  le  avrebbe  subito  consegnate  al 
Fieschi.  Gli  si  faceva  inoltre  un  breve  cenno  dell'invio 
a  l^eve  di  Teco  dei  coiumissari  e  di  «  qualche  poca 
gente  »  collo  stesso  fine  delle  precedenti  spedizioni,  ma 
col  proposito,  appena  ottenuta  la  fortezza  ed  il  paese, 
di  consegnarli  del   pari     al  governatore  (').     Questi     e 


(i)  L"'  atto  dice  queste  testuali  parole:  «  examinata  re,  cim  huic 
«  revera  Maiestatis  regie,  huic  periculum  tumultus  populi  eos  valde  ageret 
«  et  utraque  res  multi  momenti  esse  crederetur,  deliberaverunt  ea  loca 
«  resignari  debere  dicto  Illustri  Gubernatori  nomine  regis  ».  Div.'rsoruin 
Reg.  170,  22  ottobre  1 5o6).  Si  noti  però  che  nello  stesso  atto  si  fa  com- 
prendere che  la  consegna  delle  due  città  e  dei  due  castelli  verrebbe  fatta 
dapprima  ai  tre  cittadini,  ex  ambasciatori  al  Cleves,  i  quali  li  avrebbero  poi 
offerti  al   governatore. 

(2)  Lettere  Ministri  Francia^  Mazzo  i.  Curioso  il  modo  di  accertare 
che  v"'  era  quiete  nella  città  :  «  se  tene  giuditio  e  se  punisse  li  delinquenti  e 
«  quasi  ogni  giorno  se  fa  qualche  executione  ». 

(3)  a  S""  è  poi  mandato  li  commissari  a  la  pieve  cum  qualche  poca 
«  gente  cum  quella  medesima  intentione  che  di  sopra  è  dieta  et  qjella  ob- 
«  tenendo,  statini  e  la  fortezza  e  el  loco  se  metterà  in  posse  del  prefato 
«  Gubernatore  al  nome  de  la  maestà  del  re,  come  el  conviene  ».  Lettera 
Ministri  Francia^  Mazzo  i. 


La  sollevazione   popolare  73 

g^li  officiali  della  repubblica  e  il  popolo  grasso  avevano 
piena  fiducia  che  la  plebe  dinanzi  al  decreto  ed  al  fatto 
compiuto  non  avrebbe  da  commuoversi  e  protestare  ;  ma 
troppo  presto  si  convinsero  che  il  popolo  minuto  non 
si  adattava  facilmente  ad  accettare  una  deliberazione 
di  così  grande  importanza,  presa  senza  il  suo  consenso. 
Infatti  non  appena  ne  venne  propalata  la  notizia  per 
la  città,  il  popolo  si  levò  minacciando  di  fare  a  pezzi  i 
membri  del  consiglio,  se  tosto  non  venisse  revocato 
quel  decreto  :  e  poiché  vide  che  i  consiglieri  erano  mal 
disposti  e  dubbiosi,  la  sera  del  23  ottobre  irato  e  fur- 
ribondo  corse  a  Palazzo  e  colle  armi  alla  mano  costrinse 
il  consiglio    ad  annullare     la   deliberazione    (').    Questo 


(i)  Cfr.  Diario,  23  ottobre.  Nei  Diversorum  Reg.  170  si  trova  Tatto 
che  annulla  il  decreto  del  giorno  prima.  Esso  dice  che  il  governalore,  gli 
Anziani  e  la  Balìa,  vedendo  quanto  sia  stata  molesta  alla  plebe  la  delibera- 
zione dei  22  ottobre  di  consegnare  nelle  mani  del  governatore  i  castelli  d 
Spezia  e  di  Chiavari,  deliberazione  che  venne  presa  per  non  contravvenire 
alla  volontà  del  Re  «  tam?n  volentes  consulere  saluti  patrie  et  sec  ndum 
«  temporum  qiialitatem  mutare  Consilia,  omni  iure  ecc.  ecc.  deliberai ionem 
«  suprascriptam  revocaverunt  et  revocant  et  annullant  et  prò  non  facta  de- 
«  claraat  et  de  dieta  revocatione  mitti  debere  per  urbem  proclama  ut  melius 
«  possit  ad  aures  notitiam  omni  im  pervenire  ».  li  una  lettera  inviata  pochi 
giorni  dopo  (27  ott.)  dagli  Anziani  al  r-3,  essi  gli  esposero  le  cause  che  aveano 
spinto  la  folla  a  imporre  la  revoca  del  decreto.  Il  popolo  era  fisso  nell'idea 
che  appena  si  fossero  consegnate  le  terre  della  Riviera  di  Levante  al  gover- 
natore, questi,  per  la  sua  grande  am'cizia  con  Gian  Luigi  Fieschi,  gliele 
avrebbe  restituite  e  perciò,  divulgata  la  notizia  della  deliberazone  del  con- 
siglio, mosse  grandi  proteste  contro  i  magistrati,  chiamandoli  vend  .ti  e 
traditori.  Nel  frattempo  giunsero  dalle  Riviere  parenti  ed  amici  dei  genovesi 
a  pregare  e  scongiurare  di  non  permettere  che  essi  .'ossero  di  nuovo  soggetti 
alla  discrezione  di  Gian  Luigi  e  dei  suoi  adepti  che  li  maltrattavano  cri  dei- 
mente.  11  malcontento  crebbe  udendo  che  in  qi:el  mentre  il  Fieschi  era  in 
cammino  verso  Arquata,  dove  congregavasi  gran  parte  di  nobili  per  tenere 


74  Anno    l5o5 

l'ultimo  e  più  grave  insuccesso  del  governatore,  il  quale 
dovette  comprendere  che  la  sua  presenza  in  Genova  era 
ormai  inutile,  anzi  dannosa  alla  causa  del  re  e  perciò 
decise  la  sua  partenza.  Nelle  poche  ore  che  egli  passò 
ancora  nella  Superba,  vide  la  marea  della  plebe  salire 
più  minacciosa  e  terribile;  poiché  dopo  la  revoca  del 
decreto,  essa  eleggeva  a  capo  dell'esercito  genovese  Tar- 
latino  Tarlatini,  famoso  capitano  di  Pisa,  e  nominava  am- 
ministratore dell'esercito  un  altro  pisano,  Pietro  Gamba- 
corta, che  erano  già  entrambi  al  servizio  di  Genova,  da 
quando  essa  aveva  iniziato  la  conquista  della  Riviera  di 
Levante  ('). 

Elezione  di  otto  tribuni. 

E  quasi  questo  non  bastasse  il  24  ottobre  circa  duemila 
artigiani  si  adunavano  in  S.  Maria  di  Castello  per  con- 
certare come  opporsi  alle  illegalità  del  governo  e  deci- 


mi consiglio  contro  la  pace  di  Genova,  «  sicché  a  la  F.xcellentia  del  prefato 
«  Gubernatore  e  a  tuta  la  bonagente  parse  manco  male  soprasedere  la  dieta 
«  consignatione  a  tempo  più  accomodato  ».  (Lettere  Ministri  Francia, 
Mazzo  1.,  n.   gen.   2177). 

(i)  Gfr.  in  Appendice.  Doc.  XIII  e  XIV.  Sul  Tarlatino,  il  Canale,  A^wova 
istoria  della  Repubblica  di  Genova,  voi.  IV.,  pag.  3 11,  3 12  sa  dirci  che  era 
di  Città  di  Castello  e  che  da  ignobile  gregario  era  salito  ai  sommi  gradi 
della  milizia,  servendo  cosi  bene  i  pisani  nelle  loro  continue  guerre  coi 
fiorentini,  da  essere  eletto  capitano  generale  della  loro  repubblica.  Della  sua 
potenza  in  Pisa  troviamo  cenno  in  una  lettera  del  2  settembre  1 5o6  inviata 
dagli  Anziani  e  dalPufficio  di  Balia  «  super  negotiis  pisanis  »  ad  Antonio 
da  Lerici  ambasciatore  a  Pisa,  dove,  tra  le  altre  cose,  si  parla  di  certo  «  ru- 
balizio  »  comm;)sso  da  due  brigantini  pisani  sulla  nave  di  Bartolomeo  de 
Rippa  di  Sestri  Levante,  e  si  fa  notare  alPambasciatore  che,  benché  si  sappia 
dove  si  trovi  la  merce  rubata,  p  .'.re  non  la  si  possa  ritirare  per  certe  mene 
occulte,  p  E  questo  accade  per  quel  che  si  dice  perché  li  dicti  patroni  de 
«  li  brigantini,  de  la  roba  d'' altri  hano   facti  presenti  a   chi  può  comandare 


La   sollevazione  popolare  75 

devano  di  scegliere  tra  loro  otto  rappresentanti,  due  del 
Borgo  di  S.  Stefano,  due  di  quello  di  S.  Tomaso  e 
quattro  della  città,  i  quali  dovessero  risiedere  cotidiana- 
mente  a  Palazzo  per  sindacare  l'opera  del  governo  ed 
informare  il  popolo  di  ciò  che  avrebbe  potuto  interes- 
sarlo.  Questi  otto    rappresentanti    che     vedremo  presto 


«  in  quella  terra.  E  dicano  in  particulare  che  al  capitaneo  tarlatine  tra  le 
«  a'tre  cosse  li  è  stato  donato  un  finimento  de  mula  de  valuta  de  ducari 
«  L.ta  ».  Litterarum  Reg.  4611822,  lett.  n.  267,  Dalla  lettera  di  nomina 
del  Tarlatino  si  desume  che  egli  da  quasi  dieci  anni  era  ai  servigi  di  Pisa 
e  pur  sfrondando  in  parte  i  grandi  elogi  che  vi  si  fanno,  dobbiamo  però 
credere  che  avesse  dato  buona  prova  di  sé.  I  genovesi  dunque,  desiderosi  di 
averlo  come  loro  duce  nella  agognata  riconquista  delle  Riviere,  lo  avevano 
richiesto  a  Pisa  «  ubi  principatum  obtinebat  :  egre  concedentibus  pisanis  qui 
«  nudari  se  magna  parte  suarum  viriun  cernebant  ».  Già  nel  riacquisto  della 
Riviera  di  Levante  vedemmo  P opera  del  Tarlatino;  lo  vedremo  tra  poco 
neir impresa  contro  Monaco.  Il  Canale  afferma  inoltre  che  il  Tarlatino  «  fu 
«  fatto  venire  in  Genova,  non  senza  particolari  intelligenze  tenute  prima 
«  col  Pontefice  Giulio  II,  come  da  qualche  iitorico  e  da  documenti  si  rileva  »; 
aggiunge  che  :  «  sebbene  famigliare  e  corrispondente  del  Fiesco,  si  scoprì 
«  improvvisamente  a  favore  della  plebe  »  e  lo  fece  «  considerando  che 
«  avrebbe  meglio  con  ciò  vantaggiata  la  libertà  pisana,  tradita  dalle  cupe  e 
«  venderecce  macchinazioni  dei  francesi  ».  Assicurata  al  governo  popolare 
di  Genova  tutta  la  Liguria,  «  potevasi  di  leggeri  soccorrere  popolarmente 
«  Pisa  e  in  tal  guisa  sottrarla  con  buona  e  felice  guerra  al  giogo  dei  fiorentini 
«  e  alle  insidie  straniere  ».  «  Queste  cose  si  rilevano  dalle  carte  pisane  che 
«  esistono  negli  Archivi  fiorentini  e  dai  documenti  delPArchivio  di  S.  Giorgio 
«  in  Genova  »,  così  si  esprime  il  Canale;  ma  io  non  ho  potuto  rinvenire 
tali  notizie  negli  atti  genovesi.  Del  resto  anche  Iacopo  Nardi,  Storia  della 
Città  di  Firen^^e  per  cura  di  Lelio  Arbib,  ristampa  di  Torino,  Società 
Editrice  del  Monitore,  i852,  voi.  I,  p.  420;,  dice  Che  Pisa  aveva  aiutato  Ge- 
nova inviandovi  tutti  coloro  che  facevano  il  mestiere  delle  armi  perché 
«  erano  stati  nutriti  di  buona  speranza  che  quietato  e  assettato  che  avcs- 
«  sero  i  Genovesi  le  cose  loro,  avessero  a  pigliare  interamente  la  pro'c- 
«  zione  di  Pisa  e  continuare  di  difenderla  alla  scoperta  con  denari  e  con 
«  che  altro  favore  fosse  stato  di  bisogno  ». 

Io  per  altro  posso  aggiungere  che  com3  i  pisani  aiutarono  in  questa  oc- 


«76  Anno   l5oó 

salire  a  nove  col  nome  di  «  tribuni  della  plebe  »  ('): 
entrarono  subito  in  carica  e  fecero  sentire  la  loro  autorità 
mandando  a  chiamare  i  maggiorenti  delle  famiglie  nobili 
dei  Giustiniani  e  dei  Sauli  per  informarli  dei  voleri  della 


casione  i  geno  esi,  così  questi  già  prima  li  avevano  soccorsi  e  di  uomini  e  di 
denari.  Infatti  il  5  marzo  1 5o6  troviamo  (Z)j'yer5or»77j  Reg.  1 73)  un  Decreti  m 
«  de  ducatis  CGGG  ad  Pisas  tuendas  »  ;  un  mese  dopo ,  T  1 1  aprile ,  il  con- 
siglio di  Balia  sugli  affari  di  Pisa,  coir  intervento  dei  plenipotenziari  di 
Lucca  e  Siena  e  della  Signoria  di  Pisa  delibera  un  prestito  di  3 6.000  du- 
cati da  raccogliersi  dai  comuni  di  Genova,  Lucca  e  Siena  in  favore  della 
Signoria  di  Pisa  e  da  impiegarsi  nella  difesa  di  questa  città.  {Materie  Poli- 
tiche^ Mazzo  I  5  (2734). 

Nel  maggio  i  5o6  evvi  un  interessante  carteggio  per  una  spedizione  dei 
genovesi  in  aiuto  dei  Pisani  (L/«<?raru>H  Reg.  46,  lettere  n.  15 7,  1 59,  160  161, 
162,  i6i,  167.  182,  186,  189,  190)  Vi  ha  molta  parte  Thedisio  di  Gamilla 
commissario  di  Genova  in  Pisa. 

(i)  Tutti  gli  storici  genovesi  riferiscono  la  elezione  a  tempo  anteriore.  Il 
Senarkoa,  op.  cit.^  col.  586,  il  Giustiniani,  o/7.n7.,  pag.  619-620  ed  il  Ganai.e, 
op.  cit.  pag.  3  I  o  la  collocano  fra  la  cacciata  di  Gian  Luigi  da  Genova  ed  il 
suo  inseguimento  fino  a  Recco,  cioè  tra  il  4  ed  il  7  settembre.  Il  Bastide  : 
Storia  d'Ala  Repubblica  di  Genova  Franchelli,  1795  Tomo  II,  pag.  177,  par- 
la della  elezione  degli  otto  tribuni  poco  dopo  la  venuta  del  Governatore;  il 
Casoni:  Annali  della  Repubblica  di  Genova  del  Secolo  XVI.  —  Tomo  I, 
pag.  87  ed  il  Serra:  Storia  della  Repubblica  di  Genova:  Gravier  i836  — 
Tomo  IV,  pag.  212  concordano  nel  dire  che  avvenne  prima  della  conquista 
della  Riviera  di  Levante.  Noi  però  non  possiamo  tener  buone  queste  asser- 
zioni, in  primo  luogo  perchè  il  Diario,  che  si  è  sempre  mostrato  d"'accordo 
coi  docmenti  d"'archivio,  dice  chiaramente  che  la  elezione  dei  tribuni  av- 
venne il  24  ottobre;  in  secondo  luogo  perchè  nelle  carte  delPArchivio  non 
trovammo  alcuna  prova  deir  esistenza  di  questi  nuovi  officiali  prima  del 
giorno  24;  mentre  subito  dopo,  il  26  ottobre,  è  accennata  la  recente  elezione 
di  S.  Maria  di  Castello  in  una  dichiarazione  degli  Anziani  e  del  Governatore, 
i  quali  avvisano  i  cittadini  che  un  certo  proclama  contro  i  nobili,  su  cui 
risultavano  i  loro  nomi,  fu  fatto  «  petentibus  novem  electis  in  Sancta  Maria 
«  de  Castello,  videllcet  Marco  de  Terrili,  Pelegro  de  Bergamo  et  sociis  »; 
da  quest"'  atto  si  deducono  due  fatti  e  cioè  ;  che,  agli  otto  eletti  il  giorno 
24,  se  ne  era  aggiunto  poco  di   poi   un   nono  e   che   il   titolo    di    Tribuno 


La   sollevazione    popolare  77 

plebe.  Si  presentarono  Gerolamo  e  Vincenzo  Sauli  e  Deme- 
trio Ginstiniani.  I  due  ultimi  che  avevano  preso  parte  al 
consiglio  del  giorno  22,  cercarono  di  scolparsi,  affermando 
che  avevano  creduto  di  far  bene  e,  quasi  a  frenare  gH 
impeti  della  folla,  pensarono  di  avvisarla  che  il  governatore 
era  sulle  mosse  di  partire  ;  ma  nessuno  dei  convenuti  ne 
mostrò  dispiacere  .  anzi  l'anonimo  dice  che  ,  «  ogniuno 
rispose  se  ne  andasse  in  sua  mal'  hora  ». 

Il  Cleves  abfandona  Genova. 

Il   25  ottobre    1506  il  governatore   Filippo  di  Cleves, 
abbandonava  la  città  ,   accompagnato    da  pochi  cittadini 


della  plebe  non  era  stato  riconosciuto  dalie  autorità  superiori.  Infatti  in  un 
atto  del  27  ottobre  vengono  scelti  per  T  esecuzione  del  proclama  contro  i 
nobili  «  aliquos  prestantes  cives  »  che  sono  poi  Marco  da  l'errile,  Paolo  da 
Novi  e  colleghi.  (Il  giorno  prima  erano  soltanto  «  electi  »  ora  sono  già 
«  prestantes  cives  »).  Il  Diario  (J  i  ottobre)  fa  credere  che  già  il  venerdì  3o 
ottobre  se  ne  eleggessero  dei  nuovi  «  tutti  artexani  »  in  S.  Maria  di  Ca- 
stello, e  di  questi  abbiamo  potuto  rintracciare  i  nomi  in  un  atto  dei  Litterarum 
Reg.  49,27  novembre  i5o6.  Essi  erano:  Paolo  da  Novi,  Marco  di  Terrile, 
Nicola  Picaluga,  Pantaleo  Cipollina,  Giovanni  Scorcino,  Battista  Rebuffo, 
Pietro  Marengo,  Peregro  di  Bergamo  e  Giuseppe  di  Dernixe.  Dai  frequenti 
errori  di  data  che  già  avvertimmo  qua  e  là  nel  Senarkga,  si  può  dedurre 
che  egli  scrisse  la  cronaca  degli  avvenimenti  del  i  Sof)  ad  una  certa  distanza 
da  essi,  in  modo  da  non  ricordare  più  bene  le  singole  date.  In  questo 
caso,  avendo  in  mente  che  tra  il  5  e  il  7  settembre  s''  era  addivenuto  a 
varie  elezioni,  egli  vi  collocò  pure  quella  dei  Tribuni  e  molto  probabilmente 
lo  trasse  in  errore  il  fatto,  che  il  sette  settembre  vennero  eletti  sei  capitani, 
che  dovevano  assoldare  fanti  per  guardia  della  terra  e  fra  questi  cajùtani  si 
trovano  nomi,  come  quello  di  Paolo  da  Novi,  compresi  più  tardi  fra  i 
tribuni. 


78  Anno   l5o6 

e  con  duecento  fanti  di  g-uardia  (').  Quell'uomo  che, 
due  mesi  innanzi  era  entrato  in  Genova  con  tanta  burbanza, 
accolto  con  onori  regali  e  fra  le  acclamazioni  della  folla, 
ora  ne  usciva  scornato  e  confuso  per  non  aver  saputo 
imbrigliare  la  plebe,  l'indomita  cavalla,  a  terrore  della 
quale  aveva  fatto  erigere  le  forche  ed  il  palco  della  mannaia 
appena  si  era  insediato  a  Palazzo  (^).  Filippo  Rocca- 
bertino  e  il  dottor  Stefano  di  Cernerieu  rimasero  a  Genova 
come  rappresentanti  del  governo  regio,  ma  si  può  facilmente 
immaginare  quanto  fosse  menomata  la  loro  autorità.    (') 


(i)  Cfr,  Diario,  25  ottobre;  Senarkga,  op.  cit.,  col.  588;  Giustiniani,  op. 
cit.^  pag.  G-zi.  Strana  coincidenza!  Nello  stesso  giorno  Francesco  Pandollini, 
ambasciatore  fiorentino  presso  la  corte  di  Francia  scriveva  da  Blois  al  go- 
verno dei  Dieci  riferendo  un  suo  coloquio  con  Luigi  XII  e  notando  fra 
r  altro  che  il  re,  parlando  di  Genova,  aveva  detto  che  tutto  vi  procedeva  bene 
e  che  i  Genovesi  gli  erano  sempre  fedeli;  sarebbe  occorso  è  vero  punirne 
qualcuno,  ma  egli  ne  avrebbe  tratto  «ad  ogni  modo  qualche  danaio».  Poi 
esclamò:  «  Io  amo  più  presto  e  danari  che  il  sangue;  Topposito  di  quello 
«  che  si  fa  in  Italia  ».  Infine  aggiunse  che  richiamava  il  Ravenstein  per 
mandarlo  in  Fiandra  e  valersene  laggiù.  (^Dksiardins  Abkl,  Negociations  di- 
plomatiques  de  la  Franco  avec  la  Toscane  —  Paris  —  Impr.  Imperiale  — 
i8f)i.  Tomo  II.  pag.  189). 

(2)  Il  Sh.NAREGA  (op.  cit..,  col.  588)  ricorda  che  si  ebbe  qualche  sospetto 
che  la  poco  indovinata  riuscita  della  politica  (diciamo  cosi)  del  Ravenstein 
dipendesse  in  parte  dalle  male  arti  del  Roccabertino,  il  quale,  sapendo  che  il 
Cleves  era  odiatissim-ì  dal  luogotenente  generale  Ghaumont  d""  Amboise, 
governatore  della  Lombardia,  e  conoscendo  altresì  la  grande  autorità  che 
questi  godeva  presso  la  corte  di  Francia,  per  essere  nipote  del  Cardinale 
Rotomagense  e  gran  favorito  del  re,  cercò  di  fare  cosa  grata  allo  Ghaumont 
avversando,  o  per  lo  meno  non  appoggiando  il  Ravenstein.  Il  Casoni,  (op. 
cit..,  Tomo  1,  pag.  90),  accetta  senz''  altro  questa  spiegazione  della  ritirata 
del  Cleves. 

(3}  Cfr.  J.  d''A  rroN,  op.  cit.,  Tomo  III,  pag.  212. 


La  sollevazione  popolare 


Editto  contro  i  nobili. 

I  nobili,  benché  sparsi  nei  castelli  e  nei  borghi  vicini  alla 
città  ed  alle  Riviere,  si  tenevano  sempre  uniti  informandosi 
a  vicenda,  mediante  messaggi ,  dei  casi  occorsi  in  essa 
e  preparando  di  comune  accordo  i  mezzi  per  rientrarvi. 
A  tale  scopo  s'erano  anche  radunati  in  un  grande  consiglio 
tenuto  ad  Arquata  per  raccogliere  denari  e  decidere  di 
inviare  ambasciatori  al  re,  al  papa  ed  al  luogotenente 
generale  (').  I  popolari,  non  ignari  di  ciò  e  ,  sapendo 
che  il  Fieschi  s'era  abboccato  col  Cleves  a  Busalla  appena 
questi  aveva  valicato  i  Giovi,  e  che  molti  nobili  inten- 
devano seguirlo  nel  suo  viaggio  in  Francia  per  impetrare 
direttamente  soccorsi  dal  re ,  pensarono  di  costringere 
i  nobili  a  rientrare  in  Genova  per  impedire  che  congiu- 
rassero liberamente  ai  loro  danni  ;  fu  perciò  che  con  un 
proclama  del  26  ottobre,  li  invitavano  a  ritornare  in 
città  con  tutto  il  loro  seguito  entro  un  limite  di  tempo 
prefisso  (^).  Questo  proclama,  voluto  unicamente  dai 
tribuni  della  plebe,  era  stato  emanato  come  un  ordine 
del  governatore  e  degli  Anziani  ;  ma  costoro  con  una 
grida  dello  stesso  giorno  ,  fecero  sapere  che  avevano 
dovuto  dare  ad  esso  il  loro  consenso  «  ita  suadente  tem- 
porum  condictione  »,   ma  ne  riversavano  tutta  la  respon- 


(i)  Questa  notizia  si  trova  in  una  lettera  (27  ottobre  i  Sof))  degli  Anziani 
e  degli  officiali  di  Balìa  al  re  (Lettere  Ministri  Francia,  Mazzo  i),  e  nelle 
Istruzioni  ai  due  ambasciatori  al  re,  12  novembre  i5o6.  (Istruzioni  e  Rela- 
^ioni^  n.  2707  e). 

(2)  U originale  della  grida  contro  i  nobili  si  trova  in  Diversorum  Filza  63, 


8o  Anno    l5o6 

sabilità  sui  nove  eletti  in  S.  M.  di  Castello  (')  ;  ai 
quali  il  giorno  successivo  venne  data  la  cura  dell'esecuzione 
dell'ordine  ,  con  la  facoltà  di  punire  quei  nobili  che  vi 
contravvenissero  e  di  perdonare  quelli  che  si  potessero 
scusare  (^).     Il  limite    di    giorni    concesso,    riconosciuto 


(i)  Cfr.  Diversoruin  Reg.   170. 

(2J  Diversortim  Reg.  171.  Probabilmente  un  primo  atto  di  questi  inca- 
ricati è  il  «  preceptum  contra  Hieronimum  Lomelinum  quondam  'i'hobie  » 
(Divcrsorum  Reg.  171,  27  ottobre  1506),  nel  qviale,  per  ordine  del  Gover- 
natore e  degli  Anziani,  si  ingiunge  a  quel  nobile,  che  era  anche  uno  degli 
officiali  della  Moneta,  di  andare  ogni  giorno  nelle  ore  stabilite  al  suo  olficio, 
sotto  pena  di  cento  ducati. 

In  questo  stesso    giorno  (27  ottobre)  venivano  spedite  dagli  Anziani  e  dagli 
olTiciali  di  Balia  lettere  al  re,  a  Filippo  di  Cleves  ed  airoderico. 

Nella  prima  esponevano  al  Re  le  ragioni  della  mancata  consegna  della 
Riviera  di  Levante  (ved.  pag.  74,  n.  1)  e  lo  avvisavano  della  partenza 
del  Governatore.  »  El  quale  Monsignore  Gubernatore  hieri  (errato  per 
r  altro  ieri)  li  è  parso  partire  de  q  li  per  bisogni  de  la  Maestà  vostra 
«  come  ne  ha  facto  intendere  e  se  li  é  facto  tuti  li  honori  convenienti  a 
«  Soa  Eccellentia  ».  Infine  gli  annunciavano  il  prossimo  invio  di  due  movi 
ambasciatori  verso  la  sua  corte  per  riferirgli  notizie  precise  sui  comporta- 
menti di  Gian  Luigi  e  degli  altri  nobili.  Al  Cleves  scrivevano:  «  Ill.mo  et 
«  preclar.mo  princeps,  sV  avuto  hieri  la  piccola  vostra  lettera  scripta  al 
«  borgo  per  la  quale  s''  è  inteso  la  bona  voluntà  vostra  verso  de  questa 
«  cita  e  tuti  noi  »  di  volere  cioè  porre  i  suoi  buoni  offici  presso  il  re  per 
favorire  (ìenova.  Di  ciò  lo  ringraziavano  e  lo  avvisavano  della  lettera  spedita 
al  re  e  del  prossimo  invio  di  altri  ambasciatori.  Nella  lettera  a  Nicolò  Oderico, 
gli  Anziani  ricordavano  di  avergli  spedite  lettere  il  17  e  il  22  ottobre  delle 
quali  non  si  era  ancora  ricevuto  risposta  alcuna.  Ora  lo  informavano  di  ciò 
che  era  accaduto  a  Genova  dopo  il  22  e  dei  nuovi  oratori,  pronti  a  partire; 
lo  assicuravano  infine  che  la  città  era  quieta  e  la  giustizia  procedeva  rego- 
larmente: «  beri  publicamenti  s''è  impicato  uno  in  piacia  per  delieti  ».  Sic- 
come la  lettera  scritta  al  re  era  pressantissima,  inviarono  Gio.  Batta  Bonfante 
«  per  posta  volanter  »  e  raccomandarono  air  Oderico  di  rimandarlo  al  più 
presto.  Il  Bonfante,  pur  non  raggiungendo  la  sveltezza  dei  corrieri  regi,  fu 
un  degno  loro  emulo,  poiché  cinque  giorni    dopo   la   sua    partenza,  noi  ab- 


La  sollevazione  popolare  8l 

poi-  troppo  breve  ,    per  grandi   pioggie  sopravvenute  in 
quel  tempo ,  venne  dal  3   novembre  prorogato  fino  alli 

II.  (■) 

Dal  silenzio  serbato  dall'anonimo,  è  facile  argomentare 
che  il  proclama  non  ebbe  alcun  effetto,  fu  come  lettera 
morta     I   nobili   non  se  ne  dettero    per  intesi,   rmiasero 


biamo  una  lettera  datata  da  Bourges  il  i.  novembre,  nella  quale  rOderico 
avvisa  gli  Anziani  e  la  Balia  di  aver  ricevuto  le  lettere  e  di  averle  portate 
al  re,  che  si  è  molto  adirato  ed  ha  risposto  che  aspetterà  il  governatore 
per  decidere  sul  da  farsi.  Il  Bonfante  ripartì  immediatamente  per  Genova, 
sicché  il  7  novembre  gli  Anziani  potevano  venire  a  conoscenza  deir  ira, 
dello  sdegno  del  re;  ma  il  y  novembre  essi  rispondevano  alP  Oderico  che 
s''  era  dovuto  cedere  alla  plebe  per  conservare  la  pace  nello  Stato.  Tutte 
queste  lettere  si  trovano  in  Lettere  Ministri  Francia^  Mazzo   i. 

(i)  La  decisione  si  trova  in  Diversoriwi  Reg.  171,  3  novembre  1 5o6. 
«  Pro  adventus  nobilium  ».  Il  governatore  e  gli  Anziani  «  cum  hodie  in 
«  Senatu  comparuissent  spectati  officiales  balie  et  spectati  Raphael  de  Recho 
«  et  college  habitusque  fuisset  sermo:  quod  terminus  datus  nobilibus  qui 
«  in  circumstantiis  sunt  veniendi  ad  civitatem  cum  familiis  supellectilibus 
«  rebus  et  bonis  hodie  expirat,  et  quod  res  inhumana  videretur  nisi  ei  pro- 
«  rogaretur  tempus  propter  ingentem  pluviam  que,  non  solum  villantii  cives 
«  in  propriis  laribus  continere  facit,  sed  cives  qui  in  civitate  sunt  a  negociis 
«  suis  prohibet  »  convennero  che  fosse  prorogata  fino  a  tutto  il  giorno  di 
S.  Martino  (11  novembre).  Intanto  i  nobili  avevano  approfittato  delP  editto 
emanato  contro  di  loro  il  26  ottobre,  per  presentarlo  al  re  sotto  le  tinte 
più  fosche.  Luigi  XII  scrisse  subito  agli  Anziani  biasimandoli,  perchè,  secondo 
quanto  gli  era  stato  riferito,  si  ingiungesse  ai  nobili  il  ritorno  in  Genova 
entro  un  dato  termine,  passato  il  quale  i  disobbedienti  potevano  essere  uccisi 
senza  punizione  deir  uccisore  e  confiscati  i  loro  beni.  Gli  Anziani  risponde- 
vano a  lui  ed  air  Oderico  (y  novembre):  che  ciò  non  era  punto  vero  e  che 
si  trattava  di  calunnie;  T editto  era  stato  fatto  pel  desiderio  che  i  nobili 
rientrarsero  in  città  e  che  vi  rimanessero  senza  timore  come  del  resto  ri- 
manevano già  molti  di  essi,  a  cui  erasi  fiuta  buonissima  accoglienza,  e  che 
pel  tempo  piovoso  s'era,  persino  prorogato  il  termine  sino  alPi  i  novembre. 
Con  queste  lettere  si  spediva  anche  una  copia  delP  editto  per  convincere 
maggiormente  il  re.  (Lettere  Ministri  Francia,  Mazzo   1.). 


82  Anno   l5o6 

tranquilli  nei  loro  castèlli,  aspettando  il  momento  propizio 
di  rientrare  in  Genova  come  padroni  e  non  per  impo- 
sizione dei  loro  avversari. 

Ambascerie  a  Luigi  XII  e  a  papa     Giulio   II    -  Nuove 

ELEZIONI. 

In  mezzo  a  queste  brighe  cittadine  e  lotte  incre- 
sciose, i  popolari  provvidero  all'invio  dell'ambasceria 
al  re  da  tanto  tempo  annunziata  e  composta  di  Paolo 
de  Franchi  di  Burgaro  e  Simone  Giovo  (')  e  mandarono 
anche  due  legati  al  Papa  nelle  persone  di  Gerolamo 
Palmario  ed  Agostino  Foglietta;  era  stato  anche  eletto 
un  oratore  Andrea  de  Ferrari,  per  andare  allo  Chaumont, 
ma  siccome  non  ne  troviamo  più  altra  notizia  si  può 
dubitare  che  non  venisse  mandato,  forse  perchè  era  noto 
il  malanimo  del  gran  maestro  contro  i  genovesi  dal 
giorno  che  suo  padre,  il  nonno  e  lo  zio  erano  stati  uccisi 
sotto  le  mura  di  Genova  allorché  i  francesi  vi  avevano 
subita  una  grave  rotta  (^).     I   primi     partirono    per     la 


(i)  Ricordo  che  il  i8  ottobre  erano  già  stati  eletti  due  oratori 
per  andare  alla  corte  di  Francia  e  dovevano  partire  il  J  i  ;  ma  poi  ven- 
nero sostituiti  dai  sunnominati. 

(2^  Diversoriim  Reg.  17J  —  18  ottobre  i5o6.  Le  notizie  sulle  cause 
delPodio  del  gran  maestro  contro  Geno  va  sono  tratte  dal  Z)wr/o  (12  novembre). 
Gli  ambasciatori  per  la  corte  regia  e  la  papale  non  furono  veramente  eletti 
nello  stesso  giorno;  quelli  per  la  corte  di  Francia  furono  nominati  il  3i 
ottobre  (Diversorum  Reg.  173);  gli  altri  per  la  corte  pontifìcia,  il  3  no- 
vembre (Diversoritm  Reg.  170);  ma  per  gli  uni  e  per  gli  altri  fu  deciso  lo 
lo  stesso  trattamento  riguardo  al  numero  di  servi,  di  cavalli  e  di  denari  per 
le  spese.  Ciò  venne  fissato  in  un  atto  del  10  novembre  (Diversorum  Reg. 
173)  da  me  pubblicato  in  «  Giornale  storico  e  letterario  della  Liguria, 
Anno  V,  Fase.  7.  8,  pag.  2  52. 


La  sollevazione  popolare  83 


corte  di  Francia  il  13  novembre  (');  i  secondi,  avute 
le  credenziali  e  le  istruzioni  fra  il  19  e  il  20,  lasciarono 
la  città  il  21  novembre  e  mossero  alla  volta  di  Bologna, 
di  recente  venuta  in  potere  di  Giulio  II  (^).  Così  i 
genovesi  ebbero  motivo  di  inviargli  le  loro  congratulazioni 
e  comunicargli  che  in  suo  onore  il  consiglio  aveva  sop- 
presso r  editto  che  impediva  il  commercio  tra  Genova  e 
Savona  sua  patria,  pregandolo  segretamente  di  interessarsi 
delle    sorti   di   Genova  (').    Nell'intervallo  tra  la  partenza 


(  I  )  Non  il  1 2  novembre,  come  afferma  il  Diario,  poiché  a  questa  data 
troviamo  scritte  le  loro  credenziali  al  re,  al  cardinale  Giorgio  d"'  Amboise, 
legato  apostolico  in  Gallia,  al  cancelliere  Guidone  di  Rupeforti,  al  principe 
Filippo  di  Cleves  di  Ravenstein,  al  tesoriere  regio  e  primo  segretario  Fiori- 
mondo  Robertet.  Tutte  queste  lettere  vennero  date  agli  oratori  «  ad  ipsum 
Regem  destinatis  et  die  crastina  discessuris  »  (Istruponi  e  Relazioni  n. 
2707  e).  Il  cosideito  decreto  «  contra  pericola  »  era  già  stato  loro  concesso 
V  1 1   novembre.  Diversoriwi  Reg.   1 66. 

(2)  Ebbero  il  decreto  «  contra  pericula  »  il  17  novembre  (Diverso- 
rum  Reg.  i7J)5  le  credenziali  del  pontefice,  il  uj  novembre  {LitterariDii  Reg. 
46);  ed  il  20  le  istruzioni  (Istruponi  e  Relazioni  n.  2707  e).  Sulla  occupa- 
zione di  Bologna  cfr.  Diario,  3  novembre,  Pastor,  Storia  dei  Papi.,  voi. 
Ili,  pag.  522-527  e  De' lARriN;-,  op.  cit..,  Tomo  II,  lettera  27  novembre. 

(3)  Ueditto  di  cui  abbiamo  parlato  era  stato  emanato  qualche  mese  prima  e 
pare  fosse  utile  ai  commercianti  poiché  questi  si  mostrarono  molto  contrari  alla  sua 
sospensione  e  protestarono  pel  danao  che  ne  sarebbe  ad  essi  derivato.  Tuttavia, 
posposto  ogni  interesse,  si  decretò  che  V  editto  fosse  sospeso,  ma,  non  es- 
sendosi d"*  accordo  sul  tempo  che  doveva  durare  questa  sospensione,  se  ne 
rimise  V  incarico  airufficio  di  Savona  e  poiché  i  commercianti  continuavano 
a  lamentarsi,  venne  incaricato  I'  ufficio  di  Savona  e  di  S.  Giorgio  «  firma 
manente  sospensione  de  qua  supra  fit  mentio  »  di  udirli  e  vedere  se  si  po- 
tesse far  qualcosa  per  loro.  Non  sappiamo  cosa  si  concludesse  ;  certo  é  che 
«  ea  die  »  gli  Anziani  credettero  bene  «  ad  abundantem  cautellam  »  di  far 
aggiungere  alla  deliberazione  della  sospensione,  Pavviso  che,  passato  il  tempo 
prefisso,  r  editto  avrebbe  ripreso  il  suo  valere.  Il  7  novembre  (Diversorum 


84  Anno   l5o6 

• 

di  entrambi  le  ambascerie,  si  tennero  le  elezioni  secondo 
le  norme  decise  qualche  settimana  innanzi.  I  diciotto 
cittadini  (')  avevano  fatto  una  scelta  di  cento  nobili 
ed  avevano  posti  i  loro  nomi  in  un  sacchetto;  lo  stesso 
avevano  fatto  j3er  cento  cittadini  del  popolo  grasso, 
badando  sempre  di  sceglierne  metà  della  parte  Adorna 
e  metà  della  Fregosa;  infine  avevano  posto  duecento 
nomi  di  artigiani  in  un  terzo  sacchetto.  Il  12  novembre, 
due  frati  di  Castello  e  due  del  Monte  vennero  incaricati 
di  estrarre  a  sorte  le  schede  di  cento  nomi  deofli  artipfiani 
e  queste  vennero  tosto  bruciate;  così  fu  parificato  il 
numero  degli  eleggibili  e  si  procedette  (13  novembre) 
alla  estrazione  di  1 20  nomi  dai  quali,  in  mezzo  a  forti 
lagni,  malumori  e  litigi  tra  Adorni  e  Fregosi,  vennero 
scelti  i  trentasei  che  dovevano  occupare  gli  offici  e  cioè: 
gli  Anziani,  gli  officiali  della  moneta,  i  sindicatori,  gli 
addetti  ai  maestrali,  i  consoli  della  ragione  ecc.  ecc. 
Così  il  25  novembre  giorno  di  S.  Caterina,  i  12  Anziani 
vennero  accettati  ed  incominciarono  ad  esercitare  la  loro 
carica  C). 


Reg.  I  jo)  V  ufficio  di  Savona  dichiarò  che  la  sospensione  deireditto  doveva 
durare  tre  mesi  (il  meno  che  si  fosse  proposto  nel  consiglio)  ed  il  17  no- 
vembre (Diversoriim  Filza  63)  il  governatore,  gli  Anziani  e  V  ufficio  di 
Moneta  sanzionavano  la  proposta  deir  ufficio  di  Savona,  permettendo  cosi 
per  tre  mesi  i  traffichi  colla  detta  città. 

(i)  Vincenzo  Sauli,  uno  dei  18  riformatori  dei  magistrati  civili,    essendo 
partito  per  Roma,  fu  eletto  in  sua  vece  il  fratello  Gio.  Batta   Sauli,  Diver 
sorum  Reg.   166,  9  novembre  i  5o6. 

(2)  Vedi  notizie  più  diffuse  in  Diario  12,  i  3,  14,  20,  21,  2  5  novembre  1 5o6. 


CAPITOLO    SECONDO 


L'assedio    di    Monaco 


SOMMARIO 


Condizioni  della  Riviera  di  Ponente  e  disegni  dei  popolari  —  Mo- 
naco e  i  Grimaldi  —  Perche  si   volle  andare  contro  Monaco 

—  La  spedizione  di  Pieve  di  Teco  —  Preparativi  di  guerra 
contro  Monaco  —  I  Grrimaldi  e  il  duca  di  Savoia  —  Primo 
imbarco  di  truppe  —  B.  Veneroso  alla  corte  di  Torino  — 
Lettere  di  N.  Oderico    ambasciatore   alla    corte    di    Francia 

—  Partenza  dell'esercito  —  Sdegno  di  Carlo  di  Savoia  — 
Ambascerie  di  nobili  e  di  popolari  a  Luigi  XII  —  Amba- 
sciatori popolari  al  Pontefice  —  Mentone   e    Roccabruna  — 

—  Le  forze  genovesi  a  Monaco  —  Le  forze  dei  monegaschi 

—  Prime  avvisaglie  —  Lettere  dal  campo  —  Le  milizie  mer- 
cenarie —  Agostino  da  Castiglione  e  Ferro  della  Pria  —  I 
capitani  Tarlatino  e  Gambacorta  —  Le  milizie  in  gravi  con- 
dizioni —  Minacce  dei  nobili   fuorusciti  —  Genova  e  Savona 

—  Il  principio  del  nuovo  anno  l507  —  L'assalto  del  2  gen- 
naio —  Il  maestro  «  inzegnero  »  Merello  e  l'arresto  del 
Gioardo  —  Genova  e  il  duca  di  Savoia  —  L'  impresa  di 
Monaco  assorbe  tutte  le  forze  dello  stato  —  Nuove  minacce 
dei  nobili;  Ottaviano  Fregoso  —  Due  gride  contro  i  nobili: 
gli    Adorno    —    Ritornata    la  calma,     Genova    rivolge    tutte 

7 


86  Anno   l5oó 

le  sue  cure  all'  impresa  di  Monaco  —  Altre  due  gride  contro 
i  nobili  —  Primi  acce  ini  di  una  spedizione  del  re  di  Francia 
contro  Grenova  —  I   genovesi  dichiarati  ribelli  a  Luigi    Xll 

—  Il  Salazar  in  Castelletto  —  Tentativo  fallito  di  restituire 
le  Riviere  al  re  -  Il  colpo  di  mano  del  Salazar  —  Genova 
incetta  artiglierij  per  Monaco  —  Nuove  trattative  col 
duca  di  Savoia    —    Tristi  condizioni    dell'esercito   Genovese 

—  Paolo  da  Novi  com-nissario  al  campo  —  Ultimo  assalto 
contro  Monaco     -  Le  forze  Genovesi  riparano  a  Ventimiglia 

—  Fine  deh'  impresa. 


Condizioni  della  Riviicra    di    Ponente    e    disegni    dei 
popolari. 


EDEMMO  già  i  popolari,  cacciati  i  Fieschi  da  Ge- 
nova, decidersi  in  seguito  ad  espellerli  anche 
dai  loro  castelli  e  domini  della  Riviera  Orientale  per  non 
essere  costretti  a  vegliare  sempre  in  armi  contro  un  nemico 
alle  porte  della  città  ;  vedemmo  pure  come  riuscissero 
con  prospera  fortuna  e  con  prestezza,  nel  loro  intento; 
da  ciò  si  comprende  il  loro  vivo  desiderio  di  fare  altret- 
tanto con  la  Riviera  Occidentale,  di  gran  lunga  più 
estesa,  più  popolata,  più  ricca  della  sua  consorella,  e 
che  un  tempo  era  stata  sotto  il  diretto  dominio  di  Gè- 


L'assedio  di  Monaco  87 


nova,   mentre  allora  vi  signoregg"iavano  famiglie  nobili, 
tra  le  più  antiche  della  città  ('). 

Ai  tempi   di  cui   discorriamo  il  comune  esercitava  il  ' 
suo  potere  soltanto  sul   territorio  più   vicino  a  Genova;/ 
che  dividevasi  in    tre     podesterie  :    del     Bisagnò,    della 
Polcevera  e  di  Voltri    e  ancora  per  un    tratto   che  giun-^ 
geva  sino  a  Savona.   Savona  stessa    che    avrebbe    do- 
vuto essere   soggetta  a  Genova ,  in    realtà   non   lo  era  , 
specialmente  in   quel   tempo  che  a  capo    di  essa    eravi 
il  governatore     francese  Yves    d'Allègre,   il     quale    coi 
nobili  fuo-p-iaschi  ivi    raccolti     tramavano  a    danno    del 
governo  popolare.   Più  oltre  Savona    eravi  il     Finalese 
dipendente  dai  del   Carretto  (^)  ;   Loano  dai  Fieschi   ('); 


(1)  Il  pensiero  di  sottrarre  ai  nobili  anche  la  Riviera  di  Ponente  era 
nato  nei  Genovesi  dal  momento  che  avevano  decisa  T  impresa  contro  la 
Riviera  di  Levante.  Questo  pensiero  lo  si  vede  espresso  un  po''  timidamente 
nelle  lettere  al  Re  di  Francia  e  più  palesemente  in  quelle  alP  ambasciatore 
Oderico.  In  una  missiva  del  9  settembre  gli  si  raccomanda  di  impetrare 
«  omni  ingenio  et  industria  »  da  Sua  Maestà  il  consenso  «  che  le  rivere 
se  uniscano  a  la  terra  sotto  lo  imperio  del  suo  solo  Gubernatore  ».  In 
un''  altra  al  re,  colla  stessa  data,  gli  si  accenna  che  «  pare  ad  ogniuno  grande 
«  utilità  che  la  revera  de  levante  e  altri  lochi  de  commune  siano  reduti 
«  tutti  al  detto  commune  sotto  la  signoria  de  Monsignore  vostro  Guberna- 
«  tore  »  poiché  «  essendo  tutto  el  paese  sotto  lo  imperio  del  Gubernatore 
a  de  la  Maestà  Vostra  ne  seghuiria  una  grande  concordia  e  pace  ».  Cfr. 
Dee.  X  e  XI.  II  16  settembre  i5o6,  riscrivendosi  alP  Oderico,  gli  si  racco- 
manda di  ricercare  di  persuadere  il  re  ad  accondiscendere  che  la  Riviera 
di  Levante  sia  «  renduta  al  commune  sotto  la  signoria  del  Gubernatore  »  e 
gli  ordinano,  se  gli  sembri  tempo  propizio,  di  far  capire  che  sarebbe  desi- 
derio generale  di  occupare  tutti  gli  altri  luoghi  della  Riviera  di  Ponente. 
{Lettere  Ministri  Francia,  Mazzo  I.,  N.  gen.  2  i  jj). 

(2)  Cr.  Gap.  I.,  pag.  55. 

(3)  Giustiniani,  op.  cit.^  Voi.  L,  pag.  40, 


88  Anno   l5o5 

Pieve  di  Teco  dagli  Spinola  (')  ;  la  signoria  di  Oneglia 
da  donna  Pereta,  vedova  di  Gian  Domenico  d'Oria  (""); 
infine  Mentone  e  Roccabriina  soggetti  al  duca  di  Sa- 
voia e  dati  in  feudo  ai  Grimaldi  signori  di  Monaco  ('). 
I  luoghi  che  dipendevano  direttamente  da  Genova 
erano  :   Diano,   Porto    Maurizio,    Taggia,    S.   Remo  (^) 


(i)  Gfr.  Gap.  I.,  pag.  66. 

(2)  Gian  Domenico  d"'Oria  venne  ucciso  da  ignoti  nel  i  5o5  ;  la  moglie^ 
durante  la  minorità  dei  figli  Stefano  e  Gerolamo,  tenne  il  governo  di  quella 
città;  essa  fece  ricostruire  il  castello  smantellato  dai  milanesi;  morì  nel  i5i2. 
G.  Andreoli,  Oneglia  avanti  il  dominio  di  Casa  ^avo/apag.  7  j.  Oneglia  — 
Ghilini,  1881. 

(3)  Gfr.  Gustave  Saige:  Documents  historiques  relati/s  a  la  principaiité 
de  Monaco^  Tomo  II.  Introduzione. 

(4)  Desumo  la  notizia  dal  fatto  che  i  sindaci  di  queste  quattro  città  e  quelli 
di  Ventimiglia  inviarono  nel  dicembre  \5o6  [eh.  Diversorum  Filza  6J-3o8J) 
una  petizione  al  governo  di  Genova  per  ottenere  che  fosse  tolto  loro  il 
grave  onere  deir  officio  del  Gapitaneato  pel  quale  doveano  pagare  un  forte 
stipendio  senza  che  fosse  di  alcun  utile  alla  Riviera  ,  e  tanto  più  poi  es- 
sendo esercitato  da  un  «  dominus  de  Sentallo...  adhuc  valde  adolescens... 
«  extraneus  (forestiero)  et  a  moribus  Januensium  omnino  alienus  »  ,  il 
quale  compariva  nella  Riviera  soltanto  quando  doveva  riscuotere  il  suo 
stipendio.  La  petizione  continuando  fa  una  rapida  ma  interessantissima  storia 
della  creazione  e  delle  vicende  di  questo  officio  nella  Riviera  e  perciò  ho 
creduto  bene  pubblicarlo  in  Appendice.  (Doc.  XXIII).  In  calce  alla  petizione 
v''é  una  breve  risposta  del  governatore  e  degli  Anziani  (9  dicembre  i5oG), 
i  quali  dichiarano  di  comprendere  V  inutilità  e  P  onere  di  quelP  officio  e 
delegano  Raffaele  di  Recco  e  Marco  Portonario  sindaci  del  comune  ad  udire 
i  sunnominati  sindaci  e  studiare  assieme  al  luogotenente  come  sopprimere 
cotesto  officio  e  riferirne  al  governatore  ed  al  consiglio.  Non  v'è  dubbio 
che  detto  officio  fosse  soppresso  durante  il  governo  popolare,  ma,  non  ap- 
pena i  Francesi  ridivennero  padroni  di  Genova,  fu  rimesso,  e  ciò  possiamo 
dedurlo  dalPaver  trovato  una  seconda  petizione  (Gfr.  Z)/Vi'/-5orww  Filza  G4, 
3084)  non  molto  dissimile  dalla  prima,  ma  diretta  al  nuovo  governatore 
Rodolfo  di  Lannoy  e  redatta  con  espressioni  meno  vivaci  e  più  umili. 


L'assedio  di  Monaco  89 


e  Ventimiolia,  la  quale  ultima,  dopo  essere  soggiaciuta 
per  vari  anni  (dal  1500)  alla  signoria  dei  Grimaldi  di 
Monaco,  era  da  poco  (febbraio  1506)  tornata  sotto  il 
naturale  suo  dominio  (').  Ma  prima  di  ricorrere  alle  armi, 
Genova  cercò  con  saggia  ed  accorta  politica  di  pro- 
piziarsi Savona,  sospendendo,  come  vedemmo,  per  tre 
mesi  l'editto  che  vietava  il  commercio  tra  le  due  città  e 
di  accaparrarsi  il  signore  di  Finale, aiutandolo  a  spode- 
stare il  fratello;  infine,  conquistata  la  Riviera  di  Le- 
vante, decise  di  portare  le  armi  in  quella  di  Ponente 
e  mosse  contro  Pieve  di  Teco,  la  rocca  degli  Spinola, 
situata  nel  centro  d'una  valle  alpina  presso  Albenga. 

Monaco  e  i  Grimaldi. 

Ma  l'azione  contro  Pieve  di  Teco  nascondeva  un 
più  grande  disegno  e  un  più  largo  movimento  ;  Genova 
si  preparava  copertamente  ad  un  assalto  contro  Mo- 
naco, la  piazza  forte  dei   Grimaldi,   situata  sur  un   pro- 


(i)  Luigi  XII  con  atto  del  20  dicembre  i5oo  aveva  nominato  governa- 
tore di  Ventimiglia  Giovanni  II  Grimildi,  signore  di  Monaco;  ma  la  città, 
disgustata  dai  suoi  eccessi  e  dalle  sue  continue  ingiustizie,  inviò  grandi  pro- 
teste al  governo  di  Genova.  (1 504-1 5o5).  La  questione  fra  il  governatore  ed 
i  suoi  amministrati  andò  per  le  lunghe,  finché,  sopraggiunta  T  uccisione  di 
Giovanni  II  (notte  10-11  ottobre  i5o6)  per  opera  del  fratello  Luciano,  il 
quale  occupò  il  governo  di  Monaco  usurpandolo  alla  erede  legittima  Maria, 
figlia  di  Giovanni,  il  re  ne  approfittò  per  togliere,  con  atto  del  i.  feb- 
braio i5o6,  il  governo  di  Ventimiglia  al  Grimaldi  e  ridarlo  ai  governatore 
di  Genova.  Vedi  Gerolamo  Rossi,  Storia  della  città  di  Ventimiglia,  II.  Ediz. 
1888,  pag.  160-61.  Gustave  Saige,  Tomo  II.  Introduzione  pag.  XXIX,  XXX, 
XXXVI,  XXXVII,  XXXVIII  e  XLVII. 


Q(j  Anno   l506 

nìontorio  roccioso,  dirupato,  che  tuffa  nel  mare  le  sue 
alte  pareti  di  granito  e  congiunta  al  continente  da  un 
breve  istmo,  valicato  il  quale  ci  si  trova  dinanzi  alle 
ripide,  squallide  e  minacciose  Alpi  marittime.  Monaco 
è  come  una  barriera  naturale  che  segna  il  confine  della 
meravigliosa  Riviera  ligure  ;  il  dominio  infatti  di  Ge- 
nova, anticamente,  si  estendeva  da  un  lato  fino  a  Monaco, 
dall'  altro  fino  al  capo  Corvo,  poco  oltre  la  Spezia; 
ciò  è'  confermato  dalle  antiche  tarte  e  da  tutti  i  cro- 
nisti. Monaco  è  «  la  chiave  de  lo  nostro  paese  »  dice- 
vano allora  gli  Anziani  ('),  ed  era  anche  la  chiave  del 
commercio  tra  Genova  e  la  Provenza.  La  famiglia  dei 
Grimaldi,  una  tra  le  più  illustri  casate  genovesi,  già 
da  molti  anni  se  lo  era  infeudato  e,  nei  tempi  di  cui 
imprendiamo  a  scrivere  la  storia,  vi  signoreggiava  Lu- 
ciano Grimaldi  pervenuto  al  potere  togliendo  di  mezzo 
il  fratello  Giovanni  (').  Egli  continuava  le  tradizioni 
de'  suoi  antenati  arricchendosi  col  taglieggiare  le  navi 
veleggiantl  nelle  sue  acque  ed   i   paesi   lungo  il  litorale. 

Perchè  si  volle  andare  contro  ivk^naco. 

Ma  qui  nasce  spontanea  la  domanda  :  perchè  i 
genovesi  mossero  contro  Monaco?  Vediamo  che  cosa 
ne  dicano  gli   storici. 

Il  Senarega  afferma  che  l'impresa  fu  proposta  dai 
tribuni  per  sete  di    maggior   dominio   sui   popolari    ('); 


[ì)  Littcrarum    Reg.    47     lettera  N.   145,  (io    novembre  1 5o6),  diretta 
a  tutti  gli  officiali  della  Riviera  di  Levante. 

(2)  Cfr.  Gustave  Saige,  op.  cit.,  Tomo  II,  Introduzione,  cap.  I  e  II. 

(3)  Commentarium  de  rebus  Geniiensibits  ccc.^  col.  587. 


L'assedio  di   Monaco  91 


il  Giustiniani  dice  che,  con  ciò,  essi  speravano  la  loro 
signoria  poter  durare  più  a  lungo  (')  ;  il  Salvago,  che 
fu  una  diversione  per  stornare  i  popolari  dal  marciare 
contro  il  Fieschi  C")  ,  mentre  il  d'Auton  crede  che  si 
volesse  prendere  Monaco  perchè  era  una  posizione  for- 
niidabile  atta  ad  arrestare  le  milizie  francesi  inviate 
a  rimettere  i  nobili  in  Genova  (')  ;  il  Guicciardini,  lon- 
tano dai  luoghi  dove  si  svolgevano  i  fatti,  ma  libero 
da  passioni  di  parte,  scrive  che  si  devono  cercare  le 
cause  che  spinsero  il  popolo  genovese  a  quella  spedi- 
zione, neir  odio  comune  contro  tutti  i  gentiluomini,  nel 
desiderio  dei  genovesi  di  possedere  un  luogo  di  grande 
importanza  marittima,  nella  speciale  inimicizia  contro  il 
signore  del  luogo,  sempre  pronto  a  predare  e  a  cor- 
seggiare, nei  diritti  del  comune  di  Genova  sul  possesso 
di  quel  luogo  (^)  .  Queste  appunto  le  ragioni  principali 
che  trovai  addotte  nei  documenti  da  me  compulsati  su 
codesta  spedizione  (^)  ;   ma  ve  n'è  anche  qualche  altra 


(i)  Annali  di  Genova^  Voi.  IL,  pag.  621. 

(2)  Cronaca  di  Genova,  pubbl.  da  Cornelio  Desimoni,  loc.  cit.,  pag.  472. 

(.5)  Chroniqiies  etc,  Tomo  III,  pag.  21 5. 

(4)  Francesco  Guicciardini,  Della  istoria  d'' Italia.  Milano  —  Silvestri, 
18J8,  Voi.  IL,  pag.  425. 

(5)  Specialmente  nelle  lettere  alPambasciatore  Oderico  {Lettere  Ministri 
Francia.^  Mazzo  L,  9  novembre  i5o6)  e  nelle  istruzioni  ai  due  oratori  che 
dove/ano  raggiungerlo,  {Istruf.  e  Rela^.  n.  2707  e,  12  novembre  1 5o6) 
sono  esposte  dettagliatamente  le  ragioni  che  spingevano  i  genovesi  a  muo- 
vere guerra  a  Monaco:  in  primo  luogo  le  rapine  del  Grimaldi  sui  sudditi 
del  re  di  Spagna,  del  Portogallo  e  della  repubblica  di  Venezia  ;  poi  lo 
aver  imprigionati  molti  prelati  «  in  contumelia  de  la  chiesia  Romana  »  e 
alcuni  «  provinciali  »  (provenzali)  sudditi  del  re  di  Francia   perchè  con  ciò 


92  Anno  l5o6 

non  priva  d' importanza.  I  popolari,  movendo  contro 
Monaco,  avevano  fiducia  di  non  essere  biasimati  dal 
re  di  Francia  ;  sapevano  che,  per  certe  recenti  ruberie, 
commesse  da  Luciano  Grimaldi  su  alcuni  spagnuoli. 
Luigi  XII  aveva  mandato  ordine  al  governatore  di 
Genova  di  citare  il  Grimaldi  e,  qualora  non  fosse  com- 
parso, di  procedere  contro  di  lui  «  cum  brasso  forte  » 
e  di  valersi  «  de  la  gente  d'arme  de  sua  Maestà  e  de 
«  li  homini  de  le  nostre  rivere  e  de  tutte  le  forse  nostre  ('  )» . 


aveva  procurato  a  Genova  «  grandiss'mi  carrichi  e  impedimenti  »;  anzi  per 
i  danni  infarti  dal  Grimaldi  a  certi  spngnuoli,  v'' erano  già  stafe  in  Spagna 
delle  rappresaglie  contro  i  genovesi.  Oltre  a  ciò  aveva  fatto  «  infiniti  dani  » 
ai  liguri  delle  Riviere  e  riscuoteva  «  in  facie  nostra  »  (cioè  in  faccia  ai 
genovesi)  la  tassa  del  due  per  cento  che  diveniva  poi  del  quattro  per  le 
sue  continue  prepotenze;  Monaco  infine  apparteneva  ab  antico  ai  genovesi 
ed  era  stata  occupata  ingiustamente  dalla  famiglia  Grimaldi.  Trovansi  pure 
accenni  in  lettere  del  i  novembre  agli  officiali  delle  Riviere  (Littcrarum 
Reg.  47,  lettere  n.  145-146)  e  nella  istruzione  (12  novembre  1 5o6)  ai 
commissari  genovesi  mandati  nella  Riviera  Orientale  per  la  spedizione  di 
Monaco  {Diversoriim  Filza  n.  63,  pubblicata  da  Giuseppe  Calligaris:  Carlo 
di  Savoia  e  i  torbidi  genovesi  del  iSoO-oj)^  in  Atti  Soc.  Lig.  St.  Patria 
Voi.  XXIII  pag.  63 1. 

(i)  Si  riferisce  certo  a  questo  fatto  un  proclama  (18  febbraio  i  5o6)  contro 
Luciano  e  gli  uomini  di  Monaco,  inibente  ai  genovesi  di  comperare  cosa 
alcuna  di  una  preda  fatta  dal  signore  di  Monaco  su  certi  sudditi  del  re  di 
Spagna.  (Calligaris,  op.  cit.,  pag.  63 1,  n.  3)  ed  una  lettera  (20  febbraio 
'i5o6)  di  Luciano  Grimaldi  al  Ravenstein.  (Vedi  Lettere  Principi  alla  Re- 
pubblica di  Genova^  Mazzo  11,  n.  2787),  nella  quale  non  si  parla  degli  Spa- 
gnuoli, ma  di  una'altra  impresa  del  Grimaldi  stesso.  In  questa  lettera  egli 
dichiara  al  Ravenstein  di  aver  rilasciato  libero  un  galeone  da  lui  catturato; 
ma  siccome  i  genovesi  affermavano  che  il  carico  di  allume  che  vi  si  tro- 
vava apparteneva  a  loro,  mentre  il  proprietario  del  galeone  aveva  dichiarato 
appartenere  ai  Fiorentini,  così  egli  invia  Matteo  Grimaldi  a  Genova  per  ve- 
dere   se    i    genovesi   dicano   il    vero  e  dar   loro    soddisfazione;  ma    «  ultra 


L'assedio  di  Monaco  93 


Veramente  il  governatore  non  aveva  avuto  il  tempo 
di  far  ciò,  così  i  popolari  potevano  dare  all'  impresa 
il  carattere  di  una  esecuzione  dei  regi  voleri  giungendo 
persino  a  sperare  che  egli,  il  re,  1'  avrebbe  aiutata 
e  favorita  (').  Essi  inoltre  dovevan  pensare  che,  caduta 
Monaco  e  domata  con  tanto  vigore  una  delle  famiglie 
nobili  più  potenti,  tutte  le  altre  che  spadroneggiavano 
sulla  riviera,  avrebbero  senz'  altro  ceduto.  Il  desiderio 
adunque  di  abbattere  la  prepotenza  dei  Grimaldi,  oc- 
cuparne la  rocca  ed  il  fortissimo  baluardo,  incutere  ri- 
spetto e  terrore  agli  altri  nobili,  acquistare  onore  e 
stima  presso  la  corte  di  Francia,  riaffermare  la  po- 
tenza del  governo  popolare  e  avvantaggiare  la  repub- 
blica  nei  suoi  commerci,   erano  i  motivi   che  spingevano 


questo  »,  scriveva  :  «  intendo  sonno  facte  querele  assai  che  la  galera  nostra 
«  fa  danni  ad  gente  assay  ,  dico  Genoesi ,  de  il  che  resto  in  verità  cum 
«  admiratione  ;  non  nego  già  che  qualche  volta  non  habiàno  preyso  qualche 
«  vino  et  altre  cose  molto  legiere  tochando  victualie  sed  quanto  hano  preyso, 
«  per  pocha  roba  sia  stata,  el  scrivano  de  la  gallea  ne  ha  semper  facto 
«  podicia  a  li  patroni  de  li  vaxeli,  quali  quando  sonno  stati  chi  a  Monaco 
«  ho  semper  acceptato  omni  podicia  et  sotisfactala  ben  apieno  et  a  bona 
«  giera  et  questo  è  vero  corno  lo  evangelio,  ne  altramenti  ritroverano  quando 
«  volerano  intendere  el  proprio.  Et  quando  a  casu  li  siano  persone  sia  pa- 
ci troni  a  li  quali  havesseno  facti  danni  de  li  quali  non  habia  noticia,  ve- 
«  gnando  da  me,  me  ofifero  satisfarli  per  fin  ad  uno  denaro  »  e  finiva  col 
dire  che  in  avvenire  avrebbe  ordinato  al  capitano,  patroni  ed  altri  officiali 
di  non  prendere  neppure  «  uno  veyro  d''aqua  su  qual  vaxello  de  la  nactione 
«  li  habia  capitare  a  le  mane  ».  Pur  tenendo  debito  conto  delle  difese  del 
Grimaldi,  noi  troviamo  in  questa  lettera  una  prova  esplicita  delle  angherie 
commesse  sulle  navi  che  frequentavano  i  dintorni  di  Monaco. 

(i)  Questa  vana  speranza  è  accennata  nelle  istruzioni  ai  due  nuovi  am- 
basciatori diretti  alla  corte  di  P'rancia,  1 2  novembre  1 5o(>.  Vedi  in  Appen- 
dice, Doc.  XIX. 


94  Anno     l5oó 

alla  grande  impresa.  Impresa  veramente  ardita,  che 
riassume  lo  sforzo  supremo  della  plebe  contro  il  partito 
dei  nobili,  quasi  una  sfida  audace  lanciata  da  essa  ai 
superbi  gentiluomini  che  la  sprezzavano;  una  prova  di 
che  cosa  fossero  capaci,  a  quali  impeti  bellicosi  potes- 
sero giungere  quelle  «  cappettc  »  che  i  nobili  credevano 
ignave.  La  costanza  nel  sacrifizio  di  vite  e  di  denaro, 
nella  fede  di  raggiungere  la  méta  tanto  agognata,  di- 
mostrò ancora  una  volta  la  forte  tempra  e  la  tenacia 
dei  liguri.  L'assedio  di  Monaco  segna  il  periodo  più 
glorioso  del  governo  del  popolo;  dopo,  le  forze  esauste 
piegano  dinanzi  alle  rinascenti  energie  dei   nobili. 

La  spedizione  di  Pieve   di  Teco. 

Venendo  alla  narrazione  degli  avvenimenti  dirò 
subito  essere  mio  avviso  che,  prima  ancora  di  muo- 
vere contro  Pieve  di  Teco,  Genova  pensasse  già  a 
Monaco  e  giungo  anzi  ad  affermare,  come  ho  accen- 
nato testò,  che  quella  piccola  spedizione  fu  fatta  ad 
arte,  a  fine  di  mascherare  i  grandi  preparativi  per 
r  altra.  Vedemmo,  nella  notte  del  i  7  ottobre,  imbarcarsi 
per  Albenga  duecento  fanti,  comandati  da  Giacomo 
Giustiniani  e  Francesco  d'Arquatn,  diretti  contro  Pieve 
di  Teco,  usurpata  al  comune  dal  nobile  Luca  Spinola, 
e  dove  gli  abitanti  si  erano  già  sollevati  (');  il  26  par- 
tivano pure  a  quelli  volta  altri  400  uomini  coman- 
dati   dal    capitano    Pietro    Gambacorta    per    dar   mano 


(i)  Vedi  pag.  66. 


L'dssedio  di  Monaco  95 


air  impresa  «  perchè  abenchè  li  popoli  fusseno  in 
«  nostro  favor  ,  lo  castello  se  teniva  forte  »  e  il 
q-iorno  dopo  (27  ottobre),  tornate  a  Genova  le  galee, 
si  caricavano  su  di  esse  «  sette  pezi  de  canoni  g-rossi 
«  de  nietalo  et  altri  minuti,  per  mandar  in  detto  loco 
«  della  Pieve,  abenchè  in  detto  loco  non  fosse  di  bi- 
«  sogno  tanta  artegliaria  (')  ».  Questa  osservazione 
dell'  anonimo  diarista,  congiunta  colla  notizia  arrivata 
pii^i  tardi  che  1'  artiglieria  non  venne  affatto  usata  per 
la  espugnazione  del  castello  e  che  alla  Pieve  vennero 
soltanto  trasportati  due  cannoni  grossi  e  qualche  pezzo 
di  artiglieria  di  minor  calibro  (^),  avvalora  la  nostra 
opinione  che,  contemporaneamente  alla  spedizione  di 
Pieve  di   Teco.  si  pensasse  all'  altra  contro  Monaco   ('). 


(1)  Cfr.  Diario^  26-27  ottobre  i  5o6.  Abbiamo  nnche  una  lettera  spedita  il 
giorno  stesso  (27  ottobre)  dalla  Balia  ai  commissari  della  Pieve,  annunziante 
la  partenza  delle  artiglierie  e  degli  uomini  addetti  ad  esse,  con  munizioni  e 
denaro,  ed  esortante  a  dar  presto  fine  a  quella  impresa.  Cfr.  Doc. 
XVIII. 

(2)  Codeste  notizie  si  trovano  in  una  lettera  (7  novembre  1  Sof))  ad  Am- 
brogio Gioardo  del  qiale  si  farà  cenno  più  innanzi;  la  lettera  è  pubblicata 
da  G.  Saigk  op.  cit.^  Tomo  II,  pag.  48. 

(3)  Documento  indiscutibile  che  i  genovesi  pensassero  a  Monaco  prima 
ancora  di  muovere  contro  Pieve  di  Teco,  sarebbe  una  istruzione  data  a  due 
commissari  il  giorno  io  ottobre  i  5o6  di  recarsi  a  raccogliere  truppe  e  de- 
nari nella  Riviera  di  Ponente  per  V  impresa  contro  Monaco  ;  ma  questa 
istruzione  che  trovasi  fra  quelle  raccolte  dal  Franzoni  (Arch.  St.  in  Gknova 
ms.  652)  ebbe  certo  errata  la  data  che  si  deve  correggere  col  io  novembre; 
altri  errori  di  data  si  riscontrano  in  questa  raccolta,  ad  es.,  Fistruzione  ai  tre  in- 
viati al  re  di  Aragona,  che  era  a  Portofino,  che  neiroriginale  è  del  io  ottobre 
viene  assegnata  dal  Franzoni  al  io  settembre;  aggiungasi  pel  caso  presente  che 
mentre  alla  data  i  o  ottobre  non  troviamo  alcun  documento  che  ii  riferisca 


0  Anno    l5o6 

Così,  senza  che  i  Grimaldi  se  ne  accorgessero,  si  era 
raccolto  ad  Albenga ,  vale  a  dire  a  mezza  via  dalla 
rocca  dei  Grimaldi,  un  nerbo  di  truppe  ed  un  deposito 
di  artiglierie  destinate  a  formare  il  primo  corpo  di 
attacco.  Il  castello  della  Pieve,  pochi  giorni  dopo,  ce- 
dette agli  assalti  delle  truppe  genovesi  (')  e  i  valligiani 
che  le  avevano  accolte  con  entusiasmo  (''),  e  che  poco 
prima  avevano  osato  rispondere  fieramente  ed  un  po' 
ironicamente  ad  una  lettera  del  Trivulzio,  minacciante 
gravi  punizioni  se  la  valle  avesse  rifiutata  obbedienza 
«  al  magnifico  Ms.  Lucha  Spinola  infeudato  da  quel 
«  ducato  e  dominio  regio  »  prestarono  con  giubilo 
il  giuramento  di  fedeltà  a  la  «  excelsa  comunità  »  di 
Genova  come  ai  loro   «  veri  signori  (')  ». 


a  qiiesto  invio,  vi  è  invece  una  lettera  del  io  novembre  (Litterarinn  Reg. 
n.  47)  in  cui  si  parla  di  mandare  in  quel  giorno  due  commissari  (e  sono 
gli  stessi  della  istruzione)  per  la  Riviera  di  Ponente  e  altri  due  per  quella 
di  Levante;  inoltre  P  originale  della  istruzione  che  viene  data  il  12  novembre 
a  questi  ultimi  (pubbl.  dal  Cam.igaris,  op.  cit.,  pag.  6J  i)  è  identica  a  quella 
del  Franzoni.  Sicché  non  v''  ha  dubbio  che  la  data  sia  errata. 

(1)  La  notizia  giunse  in  Genova  il  4  novembre.  Cfr.  Diario^  data  corri- 
spondente. 

(2)  In  una  lettera  del  27  ottobre  la  Balia,  notificando  alPOderico  la  presa 
della  Pieve,  aggiunge  che  furono  «  recevuti  li  commissari  per  noi  mandati 
«  cum  tanta  espectatione  festa  e  iubillo  che  V  è  una  cosa  incredibile,  per 
«  esser  stato  come  dicano  quelli  popoli  molto  male  tractati  da  chi  li  gover- 
«  nava  »;  ma  confessa  che  «  le  fortesse  non  se  erano  ancora  date  e  per  quelle 
«  avere  se  li  è  facto  leoportune  provisione  ».  (Cfr.  Lettere  Ministri  Francia^ 
Mazzo  I.  N.  2177). 

(3)  La  lettera  del  Trivulzio  e  quella  del  comune  di  Pieve  di  Teco 
sono  da  me  pubblicate  in  Appendice.  Doc.  XVI  e  XVII.  -  Quella  del  Tri- 
vulzio è  piena  di  burbanza;  ricorda  agli  uomini  della  Pieve  i  loro  doveri  verso 
lo  Spinola  e  ingiunge  loro  di  starsene  cheti  che,  quando  avvenisse  il  contrario, 
cosa  che    egli    non    crede    possibile ,    provvederebbe    a    dar    loro    una  tale 


L'assedio  di  Monaco  97 


Preparativi  di  guerra  contro   Monaco. 

Occupata  la  Pieve,   Genova  volse  tosto  le  sue  mire 
più  lontano.  Il  7  novembre  scriveva  al  maestro  Ambrogio 


lezione  da  accorgersi  di  essere  caduti  in  grave  errore.  Quei  di  Teco  gli  ri- 
sposero fieramente  di  essere  innanzi  tutto  sudditi  «  de  lo  excelso  comune 
di  Genoa  »  il  quale  aveva  voluto  che  la  valle  delPArroscia  ed  il  paese  della 
Pieve  tornassero  sotto  il  suo  diretto  dominio  ed  essi  avevano  «  deliberata- 
mente, cum  Consilio,  facto  quelo  al  che  il  debito  loro  stringeva  ».  In  seguito 
si  leggono  queste  parole  :  «  humilmente  se  ricomandemo  a  le  Signorie 
«  vostre  »,  ma  poi,  come  troppo  rispettose,  furono  cancellate.  Quelle  parole 
cassate  sono  la  nota  caratteristica  di  questa  lettera;  direi  quasi  che  esse  volessero 
significare  che  si  tirava  un  frego  alla  autorità  fino  allora  forzatamente  rispettata. 
Si  avverta  che  la  lettera  di  cui  parlo  non  è  una  copia;  essa  fu  evidentemente  pre- 
parata per  essere  spedita,  essendo  su  carta  piegata  a  modo  di  missiva  colPindi- 
rizzo  a  sno  luogo  e  coi  segni  del  sigillo;  la  cancellatura  di  quella  frase 
obbligò  certo  a  ricopiarla  perché  fosse  spedita  al  Trivulzio.  E  qui  credo 
opportuno  ricordare  che  i  nobili,  nel  loro  più  volte  citato  Memoriale  (pag.  5  )8) 
al  re,  sostennero  essere  stato  il  Ra/en>tein  la  causa  della  perdita  di  Pieve 
di  Teco,  perchè  avendo  Luca  Spinola  chiesto  aiuti  a  Milano  «  fu  scrito  per 
«  dicto  Monsignor  de  Ravasteno  che  non  durassero  fatica  ad  mandare, 
«  impero  per  nullo  modo  (?'  Genovesi)  non  li  manderevano  aldi  no  ad 
«  prenderla,  e  sotto  talle  fraude  s'' è  perduta  ».  Non  ci  è  però  dato  di  ap- 
purare la  verità  di  cotesta  accusa,  S  i  la  Pieve  ricorderò  per  ultimo  che  nei 
Diversoruin  F'ilza  6  >,  v''è  un  doc  imento  che  ci  fa  noto  come  tra  il  1 6  e  1 7  dicem- 
bre I  5ofi  vennero  stabiliti,  in  16  articoli,  i  patti  pei  quali  la  Pieve  e  la  valle  del- 
TArroscia  ritornavano  sotto  il  comune  di  Genova  dopo  una  captività  di  quasi 
settantasette  anni  durante  i  q.ialia/evano  patite  gravezze  intollerabili,  iatture 
ed  estorsioni  terribili.  Intine,  si  decideva  tra  1  Sindaci  di  Pieve  di  Teco  e  di 
Cas^ellania:  <  Primum  ad  extinguendum  et  abolendum  execrandum  nomen 
«  factionis  guelfe  et  gibeline  nemo  deinceps  utatur  eo  nomine  :  videlicet 
«  tues  tallis  et  tallis  factionis.  Insuper  quod  electio  consulum  et  consiliari- 
«  orum  de  cetero  non  fiat  per  factiones  guelfe  nec  gibeline,  sed  ad  quarteria 
«  et  capiantur  illi  homines  et  eligantur  qui  credebuntur  esse  sufììcientiores.  Item 
«  eligantur  duodecim  iuxta  modum  suprascriptum  qui  rixas  que  orirentur 
«  inter  homines  totius  vallis  occaxione  factionis  suprascripte  guelfe  et  gi- 
«  beline    studeant  componore  et  pacificare  ». 


98  Anno   l5o6 

Gioardo,  che  già  era  ad  Albenga  dove  aveva     accom- 
pagnate le  artiglierie  ('),    incaricandolo  di   studiare    un 
piano  per  la  espugnazione  di   Monaco,  fare  il  calcolo  in- 
sieme col  capitano   Gambacorta,   di   quanta    artiglieria  e 
fanteria  fosse  di  bisogno   ed    inviare   il   progetto  a  Ge- 
nova che  avrebbe  provveduto  ;   avesse   però  presenti   le 
artiglierie  e  le  munizioni  già   inviate  ad  Albenga  ed  alla 
Pieve   e   non   adoperate,    e   curasse  che   non   avessero   a 
patire  danni  ;     trattenesse  la  fanteria  alla   Pieve    fino  a 
nuovo  ordine  e  mantenesse  su  ciò  un  rigoroso  segreto  ('). 
II  9   novembre  si  avvisava  l'ambasciatore  Oderico    che 
era  stata  decisa  la  guerra  contro  Monaco  e  gli  si  espo- 
nevano tutte  le  ragioni  che  avevano  spinto  a  questo  passo; 
ma  non   se  ne  faceva  alcun  cenno  in    una    lettera    di- 
retta lo  stesso  giorno  al  re  (').  Il  io  mandavansi    lettere 
patenti   a  tutti  gli  officiali  delle  due  riviere  annunziando 
che   (,(   l'è   piaxuto   al   nostro  Signor   Dio   dal  qualle  pro- 
«   cede  ogni  bona  inspiratione  de  disponergli  animi  nostri 
«    poi   molti   anni,  de  recuperare  il  nostro  loco  de  Monaco 
«  lo  qualle    iniustamenti   ne  he  stato  occupato  da  questi 
«   de   Grimaldo   e   iniustamenti  posseduto  e  de  levarsi  tal 
«    ignominia  da  dosso  e  danno  e  recuperare  le  chiave  de 
«   lo  nostro  paese  (^)  »,  «    Per  dare  forma  alle  cose  >)  il    12 
novembre  si   inviavano   nella   Riviera  di    Livante   i   due 


(1)  (]i  è  dato  saperlo  da  una  lettera  scritta,  il  27  ottobre    i  5o6,  ai  com- 
missari alla  Pieve.  Cfr.  Appendice  :  Doc.  XVIII. 

(2)  Questa  lettera  è  pubblicata  da  G.  S^cge,  op.  cit.,  Tomo  II,  pag.  48. 
(J)  L''una  e  Paltra  sono  in  Lettere  Ministri  Francia^  Mazzo  I.,  n.  gen.  2  177. 
(4)  Cfr.  Litterarum  Reg.  47;  le  lettere  portano  i  nn.  145,  146. 


L'assedio  di  Monaco  99 


commissari  Battista  di  Pino  e  Gio.  Batta  di  Portofino 
ed  in  quella  di  Ponente  Bartolomeo  Prezenda  e  Raffaele 
della  Torre  colla  missione  di  esporre  ai  popoli  le  cause 
della  guerra  e  di  farli  persuasi  che  essa  fosse  di  grande 
e  diretta  utilità  per  tutti  poiché,  distruggendo  quel  covo 
di  pirati,  si  sarebbe  riattivato  il  piccolo  commercio  tra 
i  vari  paesi  ed  il  traffico  colla  vicina  Provenza.  In  tal 
modo  si  dovevano  allettare  i  rivieraschi  a  favorire  con 
tutti  i  loro  mezzi  l'impresa  ('),  e  colla  stessa  data  del 
I  2  novembre  si  scrivono  lettere  ai  singoli  luoghi  della 
Riviera  di  Ponente,  chiedendo  il  loro  appoggio;  cosi 
agli  Anziani  di  Savona  ed  al  signore  di  Finale  si 
domandano  aiuti  e  s'invitano  i  podestà  di  Varazze  e  di 
Stella  a  mandare  qualche  loro  concittadino  a  Genova 
per  conferire  sulla  grande  spedizione  (^).  11  giorno  dopo 
(13  novembre)  erano  inviati  i  due  nuovi  ambasciatori 
al  re  di  Francia  con  istruzioni  assai  precise  sul  modo 
di  contenersi  circa  la  questione  di  Monaco  (').  Nello 
stesso    tempo    si    requisivano  tutte    le   artiglierie    delle 


(1)  L'' istruzione  ai  commissari  mandati  nella  Riviera  di  Levante 
è  pubblicata  da  G.  (]ai,ligar[s,  op.  cit.,  pagina  6J1.  In  quella 
per  la  Riviera  di  Ponente,  di  cui  già  parlammo  a  pagina  (j.S,  N.  3,  gli 
Anziani  li  avvisavano  di  incominciare  il  loro  officio  da  Savona,  che 
pel  territorio  tra  Savona  e  Genova  s''  era  già  dato  ordine  ai  sindaci  di 
venire  in  città.  Essi  dovevano  dunque  entrare  innanzi  tutto  in  Savona  a  chie- 
dere aiuti,  benché  la  sapessero  poco  benevola  verso  Genova,  poi  proseg:  ire 
per  la  Riviera  di  Ponente;  dal  Marchese  di  Finale,  che  probabilmente  non 
avrebbe  potuto  dar  denari  per  la  povertà  degli  abitanti  e  per  essere  da 
poco  rientrato  in  possesso  del  suo  dominio,  accettassero  soldati,  specialmente 
balestrieri. 

(2)  Litterarum  Reg.  47,  le  lettere  portano  i  nn.   147,  148,  i5o. 

(3)  Cfr.  pag.  yi,  n.  4. 


100  Anno   l5o6 

navi  promettendo  di  renderle  o  di  pagarle,  se  avariate, 
dopo  l'impresa  ('),  e  si  spedivano  (15  novembre)  let- 
tere a  Bartolomeo  de  Franchi-Luxardo  commissario  della 
Spezia,  a  Bertono  di  Ortesieto  e  Battista  di  Solario, 
commissari  di  Levanto,  a  Luigi  di  Pentema  e  Panta- 
lone de  Franchi  a  Chiavari,  ordinando  che  da  cia- 
scuna di  quelle  città  venissero  staccati  cinquanta  fanti 
«  de  li  più  apti  alla  guerra  e  più  galiardi  »  ed  inviati 
a  Genova  ove  si  darebbe  loro  la  paga  e  ((  se  man- 
derano  in  loco  dove  ultra  la  paga  poterano  far  qualche 
goadagno  »  (^).  I  commissari  di  Pieve  di  Teco  per 
contro  scrivevano  (12   novembre]  che  gli  uomini  assol- 


(1)  La  Balìa  di  Genova,  con  atto  del  14  novembre  i  5of),  dà  a  Peregro 
di  l^ortofino  pieni  poteri  sulle  città  di  {Rapallo,  Santa  Margherita  e  Portofino, 
ed  egli,  munito  di  tale  autorità  si  reca  a  ritirare  dalla  nave  di  RafTiiele 
I.omellino,  ancorata  a  Rapallo,  una  colubrina  grossa  con  le  relative  munizioni; 
ma  in  un  atto  del  19  novembre  Peregro  riferisce  che  non  gli  si  volle  con- 
segnare la  colubrina  (Cfr.  Diversorum^  Reg.  n.  ìj3).  In  altro  atto  del  2.3 
novembre  1 5o6  troviamo  V  ordine  di  restituire  a  Tomaso  Lercari  una 
colubrina  del  peso  di  io  cantari  ed  un  cannone  di  metallo  di  3  i;  deiquali  la 
prima  fu  consegnata  ai  patroni  delle  galee ,  il  secondo  mandato  a  Monaco 
(Diversorum  Filza,  C)3]. 

(2)  Le  lettere  si  trovano  tutte  in  uno  stesso  foglio  in  Diversorum  Filza 
63,  e  sono  alP incirca  dello  stesso  tenore.  Sembra  però  che  col  togliere  cin- 
quanta fanti  a  Levanto,  si  togliesse  tutta  la  guarnigione,  poiché  nella  lettera 
è  scritto  che  si  ha  bisogno  «  de  quelli  cinquanta  fanti  che  haveti  lì  cum 
voi  ».  Credo  debba  attribuirsi  alla  partenza  di  questi  fanti  un  mandato 
di  pagamonto  di  L.  i5o,  a  Francesco  di  Sarzana,  connestabile,  «  infra  solu- 
«  tionem  stipendii  peditum  octuaginta  per  eum  Januam  conducendorum 
«  tam  ex  Levanto  quam  aliunde  ».  (Diversorum,  Filza  63,  26  novembre). 
Ricordo  dì  passaggio  che  qualche  giorno  prima  (12  novembre  1  5o6)  si  era 
inviato  alla  Spezia  il  nuovo  castellano  della  bastita  della  Spezia,  Pantaleone 
di  Taxistro ,  che  veniva  a  sostituire  Gregorio  di  Fexino.  [Diversorum 
Filza,  63). 


L'assedio  di  Monaco  lol 


dati  si  lagnavano  per  le  paghe  e  non  si  potevano  più 
trattenere  e  volevano  andarsene  alla  scadenza  del  loro 
impegno  che  finiva  il  22  novembre  (').  Probabilmente 
ad  essi  non  era  per  anco  nota  la  nuova  spedizione 
decisa  dal  comune,  ma  già  il  14  novembre  il  loro 
capitano  Pietro  Gambacorta,  che  aveva  nel  frattempo 
ricevute  lettere  dal  capitano  Tarlatino,  scriveva  agli 
Anziani  che  attendendo  ordini  dalle  loro  signorie  non  si 
muoveva  dalla  Pieve  ;  mandava  però  il  suo  segretario 
a  Genova  perchè  gli  fosse  saldata  la  paga  C')  .  Infatti 
il  18  novembre  Genova  inviava  ai  commissari  della 
Pieve  i  seguenti  ordini  tassativi  :  dessero  la  paga  ai 
soldati,  e,  subito  dopo,  il  Gambacorta  alla  testa  dei 
suoi  fanti  partisse  per  Albenga  ;  non  lasciassero  alcuna 
guarnigione  a  Pieve  di  Teco,  provvedessero  alla  custodia 
del  castello  come  a  loro  sarebbe  parso  meglio  (  anche 
questo  è  indiscutibile  argomento  che  la  mossa  contro 
la  Pieve  era  stata  soltanto  una  finzione)  e  da  Albenga 
il  Gambacorta,  coi  fanti  e  coli' artiglieria,  movesse  verso 
Ventimiglia  e  vi  attendesse  il  resto  delle  truppe  col 
capitano  Tarlatino,  comandante  generale  dell'esercito 
genovese  ;  i  commissari  prendessero  col  Gambacorta  le 
opportune  cautele  perchè  nessuno  dei  fanti  o  dei  loro 
capi  potesse    fuggire    e,    al   caso,    dessero    una   buona 


(i)  In  questa  lettera  Giacomo  Giustiniani  e  Francesco  d'' Arquata 
annunziano  anche  di  mandare  V  inventario  del  castello  di  La  Rocha.  {Divcr- 
sorum  Filza  63). 

(2)  La  lettera  é  alquanto  sgrammaticata;  si  vede  che  V  autore  sapeva  usar 
meglio  la  spada  della  penna.  Benché  non  sia  di  molto  valore,   la   pubblico 

8 


102  Anno   l5o6 

punizione  per  infrenare  gli  altri  ;  Gian  Maria  di  Pegli 
prendesse  nota  del  numero  dei  fanti  e  la  spedisse  a 
Luigi  di  Bervey,  scrivano  del  comune,  nominato  prov- 
veditore della  spedizione  (')  .  E  qui  è  degno  di  men- 
zione un  fatto  abbastanza  singolare  perchè,  mentre  questi 
ordini  erano  in  via,  i  commissari  stessi  dalla  Pieve  scri- 
vevano (19  novembre  1506)  una  lunga  lettera  agli 
Anziani  dissuadendoli  dalla  rischiosa  impresa  a  cui  si 
erano  accinti,  poiché  il  Gambacorta  ed  altre  persone 
pratiche  di  Monaco  avevano  unanimamente  dichiarato 
doversi  respingere  l'idea  di  codesta  spedizione,  la  ([uale 
sarebbe  costata  assai  e  non  avrebbe  mai  avuto  un  lieto 
fine,  specialmente  in  quella  stagione  poco  propizia  ;  che, 
se  il  comune  era  proprio  d'avviso  di  lanciarsi  a  tale 
avventura,  attendesse  almeno  la  primavera,  che  nel  frat- 
tempo si  sarebbero  potute  fare  altre  conquiste  di  mi- 
nore importanza,   con   minore  dispendio   di  forze  e  mag- 


qui  integralmente,  perchè  è  V  unico  documento  che  ci  rimane  di  questo 
importante  personaggio:  «  Magnifici  domini  observandissimi.  Avendo  per 
«  lettere  dal  Capitano  Tarlatino  [a)  istimare  che  al  prexente  io  non  mi  debba 
«  trasferire  di  costà  per  bisogni  di  V.  S.  e  cossi  dalli  commessarij,  per  tal 
«  cagione  m''è  necessario  mandare  questo  aportatore,  Giovanni  mio  cance- 
«  liere,  da  V.  S.  per  alcune  ocorrentie,  maxime  per  saldare  la  mia  provi- 
«  xione;  pregho  quelle  gli  dieno  fede  come  a  me  proprio.  E  ci  quanto  V.  S. 
«  faranno  col  dicto  Giovanni  ne  sarò  contentissimo,  alle  quali  di  continuo  me 
«  offero  e  recomando.  A  di  14  di  novembre  i5o6,  da  la  Pieve.  Servitor 
«  Petrus  de  Gambactrtis,  excelsi  Comunis  Janue  gubernator  Armorum  ». 
(Diversorum,  Filza  65,  14  novembre). 

(i)  Nei  Diversorum  Filze  6J-64  si  trovano  appunto  i  ruolini  di  questi 
fanti.  La  lettera  di  cui  abbiamo  ora  parlato,  è  nella  Filza  6i  5  veramente 
essa  non  ha  V  indirizzo,  ma  dal  contesto  si  capisce  agevolmente  che  è  diretta 


L'assedio  di  Monaco  103 


giore  certezza  di  riuscita  (').  Non  sappiamo  se  e  come 
rispondessero  gli  officiali  della  Balia;  certo  è  che  della 
lettera  non  se  ne  fece   mai  alcun  cenno. 

I  Grimaldi  e  il  duca  di  Savoia. 

A  Monaco  intanto  non  erano  rimasti  inoperosi. 
Già  dall'  1 1  novembre  il  Grimaldi  aveva  scritto  una 
lettera  urgente  al  Governatore  di  Nizza  ,  pregan- 
dolo di  volere  accogliere  nel  porto  di  Villafranca,  più 
sicuro  di  quello  di  Monaco,  le  galee  monegasche,  av- 
visandolo pure  che  spediva  un  corriere  a  spron  battuto 
al  duca  di  Savoia  per  chiedergli  soccorsi  (''),  e  ciò  po- 
teva e  doveva  fare  perchè  egli  era  vassallo  del  duca 
per  undici  parti  di  Mentone  e  Roccabruna  (')  ,  era 
quindi  naturale  che  si  rivolgesse  a  lui  prima  che  ad  altri. 
Nelle  lettere  al  duca  datate  dal    1 2  novembre,  lo  stesso 


ai  commissari  di  Pieve  di  Teco.  Tra  le  istruzioni  v"'è  anche  quella  di  cercare 
di  raccogliere  nella  valle  della  Pieve  buon  numero  di  balestrieri  per  Timpresa 
«  et  maxime  a  loro  speize  comò  farano  tuti  li  altri  loci  de  la  riparia;  ordi- 
te nando  che  stagheno  parati  et  in  ordine  ad  ogni  nostra  petitione  ; . 

(i)  Ed  i  commissari  ne  suggerivano  una:  la  Signoria  di  Oneglia,  tenuta 
da  donna  Pereta  d''  Oria  ,  era  minacciata  dalle  mene  del  conte  di  Tenda 
e  di  Renato  «  gran  bastardo  >>  di  Savoia,  signore  di  Pietralata,  i  quali  cerca- 
vano di  impadronirsene.  Genova  doveva  evitare  che  vicini  tanto  pericolosi 
si  insediassero  nella  Riviera,  perciò  il  comune  poteva  aiutare  donna  Pereta 
a  cacciarli  mentre  più  tardi  avrebbe  potuto  impossessarsi  della  signoria  dei 
d''Oria.  Cfr.  Appendice,  Doc.  XX. 

(2)  Cfr.  E.  Cais  de  Pieri.as  :  Documents  inédits  sur  Ics  Grimaldi  et 
Monaco  et  leiirs  relations  avec  les  ducs  de  Savoie.  Turin,  Bocca,  i885, 
pag.  94;  ripubbl.  dal  Saige  :  op.  cit.^  T.    IL,  Doc.  GCCXXXI,  pag.  49. 

(3)  Cfr.  Calijgaris,  op.  cit.,  pag.  53  j  e  Gustavo  Saige,  op.  cit.,  Introduction. 


104  Anno   l5o6 

giorno  cioè  in  cui  i  genovesi  dichiaravano  apertamente 
la  guerra,  si  scorge  che  il  Grimaldi  cercava  di  convin- 
cerlo che  se  gli  avesse  inviato  qualche  aiuto,  sarebbe  tor- 
nato di  reciproca  utilità;  Mentone  e  Roccabruna  infatti, 
assai  vicine  a  Monaco,  correvano  serio  pericolo  di  es- 
sere occupate  dai  genovesi  con  grave  danno  del  duca 
il  quale,  se  aveva  fino  allora  fornito  Mentone  del  sale 
della  sua  gabella  di  Nizza,  non  lo  avrebbe  potuto  per 
l'avvenire  colla  occupazione  della  terra  da  parte  dei 
genovesi  ;  invece  se  Monaco  fosse  stata  opportuna- 
mente soccorsa,  non  ne  avrebbe  risentito  alcun  danno  ('). 
E  per  essere  più  sicuro  dell'effetto  della  sua  lettera,  il 
Grimaldi  mandò  alla  corte  di  Savoia  il  proprio  fratello, 
vescovo  di  Grasse,  a  sollecitare  gli  aiuti  ("").  Il  duca 
s'interessò  subito  della  cosa,  mandò  a  Genova  (20  no- 
vembre) il  suo  scudiero  Bartolomeo  Usillione  ad  am- 
monire gli  Anziani  che  non  tentassero  alcuna  novità 
circa  a  Mentone  e  Roccabruna  «  li  quali  doi  loci 
tiene  al  presente  il  signor  Luciano  de  Grimaldis  a 
ragione  di  homagio  et  feudo  »;  gli  Anziani  gli  fecero 
rispondere  che  essi  non  avevano  mai  avuto  alcun  pen- 
siero di  venir  meno  di   rispetto  al    duca,   o   di  recargli 


(1)  Questa  lettera  al  duca  di  Savoia,  unita  a  quella,  che,  per  avere  mag- 
giore appoggio,  il  Grimaldi  spedi  nello  stesso  giorno  al  grande  scudiero  di 
Carlo  II,  Giano  di  Duyn,  signore  della  Val  dlsère,  sono  pubblicate  da  E. 
Gais  de  Pierlas,  op.  cit.,  pag.  94-97,  e  studiate  in  ogni  parte  da  G.  Calli- 
GARis,  op.  cit.,  pag.  537-541. 

(2)  Cais  de  Pierlas,  op.  cit.,  doc.  pag.  95-98. 


L'assedio  di  Monaco  lo^ 


danno;  che  i  loro  sforzi  erano  diretti  contro  Monaco, 
che  i  loro  antenati  avevano  fabbricato  e  a  lungo  pos- 
seduto e  su  cui  vantavano  diritti  ratificati  da  impera- 
tori, mentre  allora  era  governato  da  un  uomo  da  tutti 
odiato,  per  avere  a  tutti  nociuto  e  recato  gravissimi 
danni.  Per  ciò  essi  speravano  di  non  averlo  contràrio 
in  quell'impresa.  Volendo  venire  anche  a  trattative,  chie- 
sero airUsillione  se  avesse  avuto  il  permesso  di  entrare 
in  negoziati,  ma  avendo  questi  risposto  di  no  e  di  non 
volerlo  neppure  richiedere,  gli  dichiararono  che  presto 
avrebbero  mandato  un  loro  ambasciatore  al  duca;  così 
lo  scudiero  «  re  infecta  »  ritornò  alla  corte  (26  no- 
vembre) ('). 

Primo  imbarco  di  truppe. 

Gli  Anziani,  come  non  erano  rimasti  turbati  dalla 
lettera  dei  commissari  della  Pieve,  così  non  lo  furono 
da  un'  altra  del  26  novembre,  ricevuta  da  Albenga, 
con  la  notizia  che  il  Ganìbacorta  coi  suoi  non  era  ancora 
partito  per  Ventimiglia  in  causa  della  mancanza  di  de- 
nari (');  essi  erano  ancora  tutti  intenti  ai  preparativi 
della  grande  spedizione  (*),  avevano  già  eletti  tome 
loro  commissari,  cioè  rappresentanti  del  governo  del 
comune  fra  le  milizie,  i  cittadini  Paolo  Battista  Giustiniani, 


(i)  Tutto  ciò  è  esposto  nella  istruzione  al  Veneroso  (29  novembre  i5o6) 
pubb.  da  G.  Galugaris,  op.  cit.,  pag*  Gii. 

(2)  Diversoriim,  Filza  63. 

(J)  Il  25  novembre  i5o6  gli  Anziani  avvisavano  il  comune  di  Veltri  della 
prossima  venuta  del  commissario  Battista  di  Monteverde,  incaricato  di 
provvedere  alla  spedizione  di  Monaco.  {Litterjruw.,Rcg.  47,  lettera  n.  i  53). 


106  Anno  l5o6 

Manuele  Canale,  Agostino  Castiglione  e  Antonio  Si- 
vori  (')  ed  il  27  novembre  incominciavano  ad  inviare 
un  primo  nucleo  di  fanti,  comandati  dal  Castiglione  e 
dal  Canale,  alla  volta  di  Ventimiglia  (^).  I  óua  com- 
missari avevano  una  succinta  istruzione  sulle  cose  da 
farsi  in  quei  giorni  :  innanzi  tutto  si  ricordava  loro  che 
la  celerità  di  azione  è  il  primo  requisito  della  guerra, 
e  tanto  più  lo  era  in  quel  caso  che  la  breve  durata  di 
essa  avrebbe  portato  un  risparmio  nelle  paghe  dei  sol- 
dati, poi  si  veniva  ai  particolari:  durante  il  viaggio  per 
Ventimiglia,  uno  dei  commissari  doveva  prendere  terra 
ad  Albenga  portando  seco  500  ducati  ;  abboccarsi  con 
Francesco  d'Arquata  e  sentire  a  quanto  salisse  il  pre- 
stito da  lui  contratto  per  le  paghe  ai  fanti  assoldati, 
stendere  colla  più  grande  diligenza  i  ruolini  delle  truppe 
affinchè  non  vi  fossero  inganni  sul  numero  e  distribuire 
il  resto  della  paga;  Francesco  d'Arquata  tornasse  dopo 
alla  Pieve,  e  il  commissario  proseguisse  con  le  truppe 
per  Ventimiglia,  dove  si  sarebbe  raccolta  giorno  per 
giorno  nuova  fanteria  sotto  gli  ordini  del  Gambacorta 
e,  quando  fosse  giunto  il  comandante  generale  Tarla- 
tino,  si  cominciasse  la  guerra.  Si  dovevano  dapprima 
e  presto  occupare,  o  con  patti,  o  con  la  forza  i  due 
castelli  di  Mentone  e  di  Roccabruna,   perchè  il    duca    di 


(1)  Le  patenti  dì  nomina  (27  novembre)  sono  pubblicate  da  G.  Saigr^  op. 
cit.,  pag.  57-58.  Si  deve  però  correggere  la  indicazione  del  Registro  Littera- 
rum  in  cui  si  trovano  ;  invece  di  n.  48  è  n.  46,  e  la  lettera  è  a  n.  278. 

(2)  Cfr.  Diario^  data  corrispondente. 


L'asseiio  di  Monaco  107 


Savoia  aveva  mandato  a  dire  per  mezzo  dell' Usillione 
che  i  due  paesi  spettavano  a  lui  «  iure  jetidi  >  e, 
benché  gli  si  fosse  data  adeguata  risposta  pel  suo  in- 
viato, e  al  domani  si  facesse  conto  di  mandare  Bernardo 
Veneroso  a  giustificare  il  loro  operato,  pure  era  meglio 
accelerare,  affinchè  il  duca  non  frapponesse  ostacoli; 
raccomandavano  in  ultimo  di  impedire  alle  soldatesche 
di  recare  danni  nel  territorio  della  repubblica  e  nem- 
meno a  Mentone  e  Roccabruna,  se  questi  si  fossero 
resi    ('). 

B.  Veneroso  a  [.la  corte  di  Torino. 

Il  29  novembre  Bernardo  Veneroso  partiva  per 
Torino  con  le  istruzioni  in  proposito  :  in  esse,  riassunta 
la  questione  sulle  terre  di  Mentone  e  Roccabruna,  si 
incaricava  l'ambasciatore  di  ottenere  la  concessione  di 
occupare  temporaneamente  quei  die  luoghi,  poiché, 
essendo  vicinissimi  a  Monaco  e  sulla  via  che  vi  conduce, 
non  si  poteva  prendere  questo  senza  esser  padroni  di 
quelli  ;  il  Veneroso  doveva  dare  al  duca  tutte  le  assi- 
curazioni che  i  castelli  gli  sarebbero  restituiti  nelle 
stesse  condizioni  in  cui  verrebbero  occupati  e  guar- 
darsi bene  dal  far  cenno  dei  diritti  che  Genova  poteva 
vantare  su  di  essi  affine  di  togliere  anche  la  parvenza  di 
dubbi  sulle  oneste  intenzioni  dei  genovesi  ;  se  poi  non 
avesse  potuto  raggiungere  il  suo  scopo  colle  buone, 
presentasse  una  dignitosa  protesta,  ricordando  il  diritto 


fi)  Gfr.  FuANzoNi,  Ms.  cit.,  istruzione  27  novembre  i5o6. 


108  Anno   l5o6 

dei  genovesi  di  entrare  in  quei  luoghi  che  erano  nel  di- 
stretto e  nella  giurisdizione  loro  «  come  loci  che  sono 
intra  Corvum  et  Monachum  »  (').  Ora  dalle  istruzioni 
date  ai  commissari  contro  Monaco  il  27  novembre,  cioè 
due  giorni  prima  di  c[uesta  ambasceria,  possiamo  agevol- 
mente arguire  che  il  Veneroso  era  mandato  senza  che 
si  avesse  fondata  speranza  sulla  riuscita  dei  suoi  ne- 
goziati, ma  più  che  altro  per  trattenere  il  duca  mentre 
le  truppe  avrebbero  al  più  presto  e  in  qualunque  modo 
occupati  i  castelli  di  Mentone  e  Roccabruna. 

A  Genova  continuavano  con  alacrità  gli  armamenti; 
tutti  gli  atti  degli  ultimi  giorni  di  novembre  e  dei 
primi  di  dicembre  parlano  della  fiera  lotta  contro 
Monaco.  Il  comune  non  si  curava  è  vero  di  pagare  i 
soldati  di  guarnigione  a  Chiavari  C),  ma  deliberava  che 
si  destinassero  25000  lire  per  le  spese  della  grande  spe- 
dizione (');    faceva  molte  agevolezze  alle  navi  che  aves- 


(i)  Istruzioni  pubbl.  da  G.  Calligaris,  op.  cit.^  pag.  633.  Forse  quei  due 
castelli  non  erano  assolutamente  necessari  per  prendere  Monaco,  ma  è  chiaro 
che  i  Genovesi  non  potevano  stare  tranquilli  col  continuo  timore  di  essere 
assaliti  alle  spalle  da  coloro  che  vi  si  sarebbero  potuti  raccogliere,  se  essi 
stessi  non  se  ne  fossero  impadroniti. 

(_2)  Ecco  un  biglietto  dei  commissari  di  Chiavari  al  comune  di  Genova: 
«  Magnifici  et  prestantissimi  domini,  li  fanti  cridano  et  diceno  che  non  po- 
«  deno  così  stare  non  obstante  le  libre  trcxento  pagate  chome  per  le  nostre 
«  precedenti  vi  habiamo  scripto  ;  pregamo  ergo  V.  S.  si  dignano  provedere 
«  a  li  dicti  fanti  de  lo  resto  de  la  paga  perchè  altramenti  seria  dubioso 
«  non  restasemo  sensa  quelli;  non  alia  nisi  che  ad  solitum  si  ricomandiamo 
«  a  le  S.  V.  Clavaro,  3o  novembre  1 5o6.  (firmato)  Lodixius  Pentema  — 
«  Pantaleo  de  Francis  ».  {Diversorum  Filza  63). 

(3)  Cfr.  Diversorum  Reg.  173,  3o  novembre  1 5o6,  «  De  inveniendis 
«  L.  25.000  et  eas  expendendis  (per  la  spedi^^ione  di  Monaco). 


L'assedio  di  Monaco  109 


sero  trasportato  grano,  farina  e  legumi  al  porto  di  Genova 
(');  imponeva  a  tutte  le  città  rivierasche  una  tassa  per  le 
spese  dell'assedio  (')  e  all'antivigilia  della  partenza  (2 
dicembre)  assegnava  al  capitano  generale  Tarlatino  ed 
ai  quattro  commissari  le  loro  mansioni,  i  loro  diritti,  i 
limiti  di  comando  Q);  eleggeva  (3  dicembre)  Ambrogio 
Gioardo  ingegnere  della  impresa  (^)  e  Luigi  di 
Bervey    «   provveditore    del     comune  al     campo  »     (^). 

Lettere  di  N.  Oderico   ambasciatore    alla    corte    di 

Francia. 

In   mezzo  a  questa  ansia,  a  questa  febbre  di  prepa- 
rativi di  guerra  C^),   giungeva  agli  Anziani    una   lettera 


(i)  Cfr.  Litterarum  Reg.  47,  lettera  n.   165,  3o  novembre  1506. 

(2)  Pubbl.  da  G.  Saigr,  op.  cit.,  II,  pag.  59,   1-6  dicembre  1  Sofj. 

(3)  Cfr.  G.  Saige,  op.  cit.^  pag.  63. 

(4)  L^atto  della  elezione  di  Ambrogio  Gioardo  fu  pubblicato  da  G-.  Saige, 
op.  cit.,  pag.  58-59.  È  da  avvertire  però  che  nella  indicazione  del  Rag.  v'' é 
un  errore  di  stampa  ;  invece  di  Litterarum  48,  si  legga  Litterarum  46.  Il 
testo  poi  è  incompleto  poiché  il  Saige  non  avverti  che  esso  non  era  stato 
finito  di  trascrivere  dalP  amanuense  e  che  nel  registro  rimaneva  il  foglietto 
della  minuta  col  resto  deiratto,  e  siccome  la  parte  non  pubblicata  contiene 
qualche  particolare  curioso  e  la  data  precisa  delPatto,  credo  non  inopportuno 
ripubblicarlo.  Cfr.  Appendice,  i)oc.  XXII. 

(5)  Il  Bervey  era  stato  sino  allora  pubblico  scriba  «  et  executore  de  li 
«  negocii  do'l  Magnifico  O.Ticio  de  balia  »;  nella  sua  nuova  carica  doveva 
aver  cura  delle  munizioni,  del  \  ettovagliamento  e  delle  paghe  alle  truppe. 
«  Per  sua  mercede,  aggiunge  il  documento,  può  ritenere  li  capi  soldi  cossi 
«  de  la  gente  sino  a  qui  a  nostro  stipendio  conducta,  corno  de  ogni  altra 
«  che  de  qui  avanti  se  conducesse  ».(/)iver5or«»j  Filza  6  5,3  dicembre  i5o6). 

(6]  Pubblico  qui  una  breve  missiva  scritta  in  questo  tempo  (2  dicembre) 
dal  Tarlatino  ad  un    magnifico    Ms.    Aluyse,    nel    quale    credo    riconoscere 


110  Anno  l5o6 

deirOderico  (scritta  tra  il  20  ed  il  22  novembre  1506), 
nella  quale  descriveva  a  lungo  la  cattiva  impressione  avu- 
tasi alla  corte,  di  Francia  dalle  ultime  notizie.  Il  re  era 
ognora  più  adirato  per  la  mancata  restituzione  delle  città 
della  Spezia  e  di  Chiavari,  già  tante  volte  invano  richieste 
(');  anche  Giorgio  d'Amboise,  legato  pontificio  presso 
detta  corte,  era  indignatissimo  del  procedere  dei  geno- 
vesi e  a  lui,  Oderico,  che,  appena  ricevuta  la  lettera 
inviata  da  Genova  il  9  novembre,  erasi  recato  a  fargli 
osservare  quanto  fossero  calunniose  le  notizie  sparse 
dai  nobili  sulla  grida  del  26  ottobre  per  il  loro  ritorno 
in  città  C"),     aveva     parlato    «   con     tanta     indignatone 


Li.r^i  (Alnlse)  di  Bervey;  è  Tunica  lettera  che  abbia  trovato  scritta  dal  Tar- 
lalÌQO,  essa  getta  uno  sprazzo  di  luce  sugli  affrettati  preparativi  della  spe- 
dizione contro  Monaco.  «  M.co  Ms.  Aluyse,  Vi  mando  per  el  Rosso  presente 
«  latore  el  ricordo  che  mi  restò  hiersera  et  anco  vi  fo  intender  che  quelli 
«  fanti  forestieri  sono  stati  qua  questa  matina  per  intender  quello  che  hanno 
«  a  far;  sì  che  a  me  pareria  non  si  dovessino  lassare  partire:  pure,  di  tucto 
«  me  rimeto  in  v.  m.  perchè  non  li  posso  dar  più  parole.  Ceterum  vi  prego 
«  mi  mandiate  per  ricordo  quello  eh"'  o  a  fare  questa  mattina,  o  venir  giù 
«  o  far  altro.  Ex  violata,  die  i  decembris,  MDVI,  (firmato)  Vester  Tarlati- 
«  nus  Capitaneus  ».  Diversorum  Filza  Gì. 

(i)  Al  Pandolhni  che  gli  era  venuto  a  riferire  certe  mene  dei  genovesi 
con  Pisa,  egli  aveva  risposto  di  lasciarli  fare,  che  darebbe  loro  «  una  ba- 
stonata »  e  li  concerebbe  cosi  bene  che  avrebbe  avuto  a  meravigliarsene. 
(Desjardins  :   Negociations   etc.  Tomo  li,  lettera  24  novembre  i5o6). 

(2)  I  nobili  infatti  asserivano  che  quella  grida  imponeva  loro  di  ritornare 
in  città  sotto  pena  che,  passato  il  termine  concesso,  «  possiano  esser  morti 
«  senza  punitione  e  confiscato  loro  beni  »  e  perciò  avevano  mandato  a 
corte  Andrea  Spinola  per  impetrare  la  revocazione  della  grida  (lettera  di  N. 
Oderico,  22  novembre;  Cfr.  Lett.  Min.  Francia^  Mazzo  1);  ma  gli  Anziani 
avevano  subito  rettificata  la  notizia,  mandando  al  re  (9  novembre)  una  copia 
deir  editto  e  prò  estando  contro  le  voci  calunniose  {Lettere  Ministri  Francia, 
Mazzo  I). 


L'assedio  di  Monaco  1 1 1 


«  quanta  si  posa  dire,  parlando  ad  alta  voce  et  audien- 
«  tibus  id  alquanti  del  consiglio  et  altri  generali  et  se- 
«  cretarii  principali  de  la  corte,  dicendo  Inter  alia  quod 
«  deridebamus  S.  M.tem.  et  che  eremo  rebelli  et  quod 
«  nichil  boni  aserebamus  nisi  verba  et  che  Mons.  lo 
«  Ill.nio  Locumtenente  era  sforzato  a  far  quello  che  le 
«  S,  V,  volevano  et  che  de  questo  era  ben  avizato  da 
«  persone  che  avia  mandato  costì  ad  intendere  et  che 
«  la  Maestà  del  re  li  veneria  in  persona  ad  intendere 
«  la  verità  et  che  farla  cognoscere  che  non  patirla 
«  essere  desorrato  ».  A  questa  sfuriatacela  l'oratore  ge- 
novese affermava  di  avere  risposto  con  molta  fermezza 
e  dignità,  difendendo  i  popolari  ed  affermando  che  essi 
avevano  sempre  dimostrato  grande  riverenza  al  governo 
del  re;  ma  pare  che  anche  Luigi  XII  prestasse  poca 
fede  alla  devozione  genovese,  poiché  nell'udienza  del 
20  novembre,  oltre  alle  reiterate  minacce  se  non  gli 
consegnassero  le  città  della  Riviera  di  Levante,  aveva 
aggiunto  che  l'esercito  mandato  dai  popolari  contro 
Monaco  si  sarebbe  trovato  di  fronte  anche  ai  suoi  sol- 
dati, avendo  già  dato  ordini  in  proposito  al  gran  maestro 
CJ.  L'Oderico  capì  che  aduggiavansi  nubi  minacciose 
sopra  la  sua  città  e,  venuto  a  sapere  dell'imminente 
arrivo  del  governatore  di   Genova  a  Blois,  (21  novembre) 


(i)  In  realtà,  Bernardo  Venerosn,  durante  il  viaggio  di  ritorno  da  una 
sua  ambasceria  a  Torino  (1 1  dicembre),  incontrò  ad  Annone  astese  ottanta 
fanti  «  chi  se  dicevano  esser  per  Monache  »  e  Toste  del  castellano  gli  disse 
pure  che  lo  Chaumont   vi   avrebbe   inviati   alcuni  arcieri.    Cfr.    lettera  ai 


112  Anno    l5o6 

gli  mosse  incontro  per  due  leghe  e,  lungo  la  via,  si 
studiò  di  persuaderlo  ad  aiutare  1  suoi  concittadini  ('), 
Il  Cleves,  avuto  il  giorno  stesso  un  lungo  colloquio 
col  re,  cenò  la  sera  col  legato  pontificio,  ed  il  mattino 
seguente  (22  no\embre)  potè  riferire  all'Oderico  di  aver 
trovato  egli  pure  il  re  molto  risentito  contro  i  geno- 
vesi tanto  che  aveva  già  scritto  al  gran  maestro  «  che 
«  dovese  componere  maior  exercito  per  venire  a  ca- 
«  stigare  questo    populo    »   C');   ma  che  egli  era  riuscito 


commissari  12  dicembre,  in  Saige,  op.  cit.^  Tomo  II,  pag.  GG.  La  mossa 
dei  Genovesi  contro  Monaco  aveva  provocato  una  reazione  nella  corte  di 
Francia  rispetto  ai  rapporti  con  Luciano  Grimaldi.  Infatti,  mentre  dopo  Tuc- 
cisione  del  fratello  gli  era  stato  tolto  il  feudo  di  Ventimiglia,  ora,  che  veniva 
assalito  dai  popolari,  egli  rientrava  in  grazia  e  riceveva  (28  novembre)  il 
grado  di  ciambellano  del  re.  (Cfr.  G.  Saigk,  op.  c/f.,Infrod.  pag.  XLVII,  XLIX). 

(i)  Il  Ravenstein  che  aveva  lasciata  Genova  il  25  ottobre  avrebbe  dovuto 
già  da  tempo  trovarsi  alla  corte  di  Francia  ;  ma  per  una  «  indispositione  » 
«  sopravenutagli  anti  la  gionta  a  Lione  »  era  stato  costretto  a  procrasti- 
nare il  suo  arrivo.  (Cfr.  lettera  dell  Oderico  citata  a  pag.   iio,  n.  2). 

(2)  Tale  ordine  era  già  risaputo  dai  nobili  fuorusciti  i  quali  ne  gioivano, 
sperando  di  potere  in  breve  rientrare  in  città.  Fra  le  carte  d"' Archivio  trovai 
una  lettera  spedita  in  quei  giorni  al  marchese  Gerolamo  Malaspina  dal  co- 
gnato marchese  di  Mulazzo,  la  quale  accenna  appunto  a  codeste  speranze: 
«  Al  magnifico  messer  Hieronimo  Marchexe  Malaspina  da  Mulazio  cognato 
«  honorandissimo.  Magnifico  cognato:  Ve  advisso  comò  chi  se  tene  per  certo 
«  che  la  Maestà  de  re  volle  meter  in  casse  li  Gentilhomini  de  genua  et 
«  comò  li  signori  franzessi  cum  grande  exercito  veneno  a  la  vota  de  genua 
«  per  fare  questo  efì'ecto,  et  questo  so  de  bono  loco,  et  questo  procede  per 
«  la  defensione  qualle  è  stato  tra  li  signori  Francessi  et  lo  papa  per  Bologna. 
«  Sì  che  non  serebe  fora  de  propoxito  de  stare  atento  et  dare  havisso  unde 
«  è  necessario  et  bisogna.  Dateme  havisso  del  successo  de  le  cosse  per  lo 
«  presente  messo.  Ad  V.  S.  me  offro  et  ricomando  ».  Die  24  de  novembris 
«  i3o6.  El  cordialle  cognato  »  (Diversoriun,  Filza  Gì). 


L'dss'>;dio  di  Monaco  li3 


a  calmarlo  ed  a  convincerlo  di  mandargli    un  contr'or- 
dine.  (') 

Partenza    dell'esercito. 

Tuttavia  non  le  regie  '  minacce,  né  le  proteste  del 
duca  di  Savoia  rimossero  i  genovesi  dai  loro  propositi; 
il  diario  infatti  dice  :  «  s'è  deliberato  che  se  il  re  e 
«  tutto  il  mondo  insieme  ne  volesse  contradire  alla 
«  impreza,  che  per  niente  non  se  desiste  »  ed  il  4 
dicembre  veniva  senz'altro  imbarcata  tutta  la  fanteria 
alla  volta  di  Monaco  (^).  L'accompagnavano  due  com- 
missari del  comune  con  istruzioni  più  particolareggiate 
di  quelle  che  già  avevano  avute  i  due  colleghi  partiti 
qualche  giorno  prima  per  Ventimiglia.  In  queste  era 
riconfermata  ai  commissari  ampia  podestà  su  tutte  le 
milizie  e  su  tuttala  Riviera  di  Ponente,  ma  erano  consi 
gliati  di  lasciare  al  capitano  Tarlatino  assoluta  libertà; 
ad  essi  pure  si  raccomandava  grande  celerità  nell'azione; 
non  disgiunta  da  una  certa  cautela  e  prudenza:  «  la 
«  celerità  al  presente  la  indichiamo  necessaria  principal- 
«  menti  per  la  admonitione  quasi  in  forma  di  protesto  a 
«  noi  facta  per  lo  Ill.mo  duca  di  Savoia,  a  voi  nota  ».  E 
«  per  questa  stessa  ragione  era  necessario  «  tenere  modo 
«  di  occupare  Mentone  e  Roccabruna  o  per  via  de 
«e   compositione  e  quieta,   o  per    forza,    come    in    altra 


(i)  Notizie  desunte  da  una  lunga  lettera  delPOderico  agli  Anziani,  scritta 
parte  il  20  e  parte  il  22  novembre  ed  inviata  da  Blois.  (^fr.  Lett.  Ministri 
Francia^  Mazzo  I,  n.  gen.  2  1  -j-j. 

(2)  Gfr.  Diario  :  3-4  dicembre. 


114  Anno    l5o6 

«  instructione  si  contiene  »;  badassero  a  tener  difesa 
l'artiglieria  «  cum  grande  sicurtà  e  cautella  e  quella 
non  exponere  a  periculo  alcuno  »,  e -prendessero  con- 
siglio col  maestro  Ambrogio  Gioardo  e  col  capitano 
Tarlatino  «  dove  la  si  bavera  a  descarrichare  e  pian- 
tare »;  replicando  che  «  per  l'amore  de  Dio  se  li  abbia 
extrema  advertentia  »;  mandassero  infine  esploratori  per 
notizie  e,  appena  giunti  a  Ventimiglia.  facessero  «  le 
mostre  »  di  tutte  le  compagnie.  Si  ricordava  ancora 
che  «  in  questa  cavalcata  >^  era  parso  meglio  che  le 
Riviere  pagassero  il  loro  tributo  in  contanti  piuttosto 
che  in  soldati,  tranne  Ventimiglia  che  erasi  offerta  ed 
obbligata  di  dare  300  uomini  a  sue  spese  sino  al  ter- 
mine della  guerra.  L'  istruzione  finiva  con  le  seguenti 
parole,  che  rispecchiano  le  rosee  speranze  dei  geno- 
vesi: «  in  la  oppugnatione  de  Monache,  quando  occur- 
«  resse  o  occurrerà  de  dare  la  bataglia  vogliamo  ha  - 
«  biate  arbitrio  balia  et  promettere  e  pagare,  de  poi 
«  la  opera,  sino  a  la  summa  de  ducati  cinquecento  a 
«.  quelli  de  li  primi  che  intrerano  dentro  per  forza, 
«  cioè  al  primo  uno  tanto,  al  secondo  e  al  terzo  sue- 
«  cessi  ve  sicondo  che  parirà  al  capitaneo  e  sicondo  le 
«  forme  che  se  sono  solite  tenere  in  bataglia  in  tali  pe- 
«   riculosi  assalti  »    ('). 


(1)  Gfr.  Politicoriim.  Mazxo  III,  n.  46.  Q  teste  istruzioni  vennero  consegnate 
il  2  dicembre.  Colla  partenza  dell'armata  contro  Monaco  si  collega  un  atto 
abbastanza  interessante  del  governo,  il  quale,  avendo  udito  esservi  chi  offriva 
di  consegnare  ai  genovesi  entro  ventidue  giorni  la  rocca  dei  Grimaldi, 
purché  gli  fossero  consegnati,  ad  opera  compiuta,  mille  ducati  e  che, 
non  riuscendovi,  ne  avrebbe     egli     stesso    sborsati  duecento,     pare    avesse 


L'assedio  di  Monaco  Ìl5 

Nel  dì  stesso  che  partiva  la  flotta,  giungeva  a 
Genova  la  notizia  che  a  Recco  era  sorta  una  grave 
contesa  fra  Adorni  e  Fregosi  con  un  morto  e  alcuni 
feriti,  e  pare  che  le  cose  volgessero  in  peggio  perchè 
fu   necessaria  una  grida  del  governatore    per   vietare  a 


accettata  la  proposta.  L''atto  è  così  concepito:  «  Illustris  et  excelsus 
«  dominus  Regius  Januensis  Gubernator  etc.  et  Magnilìcum  Consi- 
«  lium  dominorum  Antianorum  Communis  Janue  in  legitimo  numero 
«  cong  egatum.  Auditis  prestantibus  viris  Manfredo  de  Furnariis  et  Georgio 
«  J.idice,  duobus  ex  quattuor  deputatis  supra  expeditionem  adversus  Mona- 
<'  chum,  exponentibus  esse  quemdam,  quem  nominare  non  liceat,  qui  otlerat 
«  intra  dies  viginti  duos  dedere  arcem  et  seu  oppidum  Monaci  in  potestatem 
«  excelsi  communis  Janue;  si  re  peracta,  solvantur  ei  ducati  mille,  ea  etiam 
«  condictione,  ut  si  ipse  promissum  non  servaret,  teneatur  solvere  ducato; 
«  ducentos,  re  examinata,  considerantes  quam  parvo  precio  res  tam  ardua 
«  et  tam  dilTicilis  expediri  possit,  et  cupientes,  quantum  in  se  esset,  ut  ad 
«  effectum  perducatur,  onmi  iure  ac  via,  quibus  melius  et  validius  potucrunt, 
«  statuerunt  ac  decreverunt  in  sententiam  suprascriptam,  remittentes  totani 
«  curam  eius  rei  suprascriptis  quattuor  deputatis,  qui  promittere  possunt 
«  dictos  ducatos  mille  ac  solvere  nomine  comunis,  opere  perfocto,  et  reliqia 
a  omnia  tacere  in  predictis  que  fieri  possunt  per  ipsum  Magnilìcum  Se- 
«  natum  de  sua  plenitudine  potestatis».  {Divcrsorum  Reg.  17,'?,  4  dicembre 
1  306;.  Credo  di  avere  modo  di  riconoscere  in  cotesto  innominato  un  Antonio 
Lanteri  di  Ventimiglia,  prima  molto  devoto  ai  Grimaldi  poi  avverso.  F-gli, 
dura'i'e  la  loro  d').'nina':ione  in  Veitimiglia,  aveva  difeso  gli  interessi 
della  sua  città,  come  rappresentante  di  essa,  nelle  liti  coi  Grimaldi,  liti  che 
discLitevansi  in  Genova.  (Cfr.  G.  Saige,  op.  cit.^  Tom.  II,  Introd.  pagg.  XXI 
e  XXXVI;  G.  Rossi,  Storia  della  città  di  Ventimiglia  ed.  1888  pag.  160). 
Ora  in  una  lettera  inviata  il  12  dicembre  dalla  Balia  ai  commissari  al 
campo  (Saigk  op.  cit.,  T.  IL  pagg.  66-67)  si  trova  :  «  S'  è  inteso  ancora 
«  le  pratiche  movute  per  el  Lanterio,  le  quale  quando  haveeno  fondamento 
«  non  se  hano  a  desprexiare  e  quando  ve  fusse  porto  tale  pratica  quale 
«  vi  dovesse  dare  lo  effecto  e  che  non  patisse  dimora,  al  nome  de  Dio  la 
<c  poterete  exequire.  Ma  quando  la  fusse  d''altra  sorte  vo'anter  nedaretiaviso 
'<  per  le  poste,   quale   debano  esser  messe  e  subito  ne  barati  la  risposta  ». 


Il6  Anno   l5oó 

quei  del  Bisagno  e  dintorni  di  accorrere  a  Recco  ('). 
Provveduto  a  ciò,  gli  Anziani,  senza  dare  alcuna  im- 
portanza ad  altre  lettere  minaci  del  re,  adunarono  un 
consiglio  che  studiasse  il  modo  di  raccogliere  denari 
per  la  spedizione,  e  fu  deliberato  di  procurarne  con 
qualunque  mezzo,  dandone  incarico  ad  una  speciale 
commissione.   C") 

Intanto  1'  1 1  giungevano  da  Pisa  tre  brigantini  ed 
una  saettia  nella  quale  v'  erano  due  magnifici  pezzi  di 
artiglieria,  mandati  dai  pisani  per  l'assedio  di  Monaco 
e  che  ripartirono  il  giorno  successivo  con  Luigi  di  Ber- 
vey,  nominato,  come  è  noto,  provveditore  delle  milizie 
e  che  recavasi  a  raggiungere  il  suo  posto,  dopo  aver 
anch'  egli  ricevute  le  debite  istruzioni   in  cui     è  rinno- 


U  Saige  deduce  da  queste  parole  che  «  Antoine  Lanteri  servait  égalment 
«  avec  activité  la  cause  de  Monaco  par  ses  démarches  dans  toute  la  Rivière  » 
(op  cit.,  Introduci,  pag.  LUI).  Io,  per  contro,  crederei  di  riconoscere  nelle 
oscure  frasi  della  lettera  la  prova  del  mio  asserto.  Ricorderò  che,  sebbene 
il  I.anteri  fosse  e  prima  e  dopo  V  assedio  scelto  dai  Grimaldi  per  missioni 
fiduciali,  pure  quando  Luciano  Grimaldi  fu  assassinato  (22  agosto  i  523)  egli 
tenne  una  condotta  molto  equivoca,  avendo  aiutato  a  fuggire  da  Monaco 
gli  assassini  :  Bartolomeo  d'Oria,  signore  di  Dolceaqua,  Gio.  Batta  Barraban 
di  San  Remo  ed  altri  partigiani  dei  d"'Oria  (cfr.  G.  Saige,  pag.  CXV  e  83  1). 

(i)  Diversorum  Filza  63,  4  dicembre.  La  grida  incomincia:  «  siando 
«  stato  qualche  controversie  de  arme  a  Recho  et  circumstantie  tra  li  abitanti 
«  di  dicto  locho  et  circumstantie  per  raxone  de  parte,  et  intendando  che 
a  in  Besagno  et  in  li  burgi  de  la  cita  et  altri  loci  se  mete  in  ordine  gente 
«  in  arme  per  andar  in  dicto  loco...  »  si  proibisce  a  costoro  di  partire  e 
a  chi  fosse  già  in  cammino,  si  ordina  di  tornare  indietro. 

(2)  Cfr.  Diario,  407  dicembre  e  vedi  pure  la  deliberazione  del  Banco 
di  S.  Giorgio  per  T  impresa  di  Monaco,  12  e  j  3  dicembre  1 5o6,  pubblicata 
da  G.  Saige,  op.  cit.^  pagg.  67-72. 


L'assedio  di  Monaco  117 


vata  la  raccomandazione  di  fare  grandi  economie  ('). 
Nel  dì  stesso  (12  dicembre)  partiva  una  lettera  ai  quat- 
tro commissari,  dalla  quale  ci  è  dato  arguire  che  già 
si  fossero  occupati  Mentone  e  Roccabruna,  poiché  in 
essa  il  comune,  lodandoli  del  fatto  compiuto,  li  rimpro- 
verava tuttavia  dello  sperpero  delle  munizioni  dei  due 
castelli,  delle  quali  si  sarebbe  in  seguito  forse  dovuto 
rendere  conto  al  duca,  nel  caso  di  un  probabile  accor- 
do, e  annunziava  loro  il  ritorno  di  Bernardo  Veneroso 
da  Torino.  (""). 

Sdegno  di  Carlo  di  Savoia. 

L'ambasciatore  genovese  era  giunto  infatti  con  un 
inviato  del  duca  ('),  il  signor  di  Chatillon,  e  pare 
avesse  assicurati  gli  Anziani  che  Carlo  II  acconsentiva  alla 
richiesta  dei  genovesi  per  la  temporanea  cessione  dei  due 
castelli,  purché  glifossero  resi  nelle  condizioni  primitive, 
dopo  la  presa  di  Monaco.  Ma  è  assai  strano  il  fatto  che  lo 
Chatillon  smentì  completamente  le  asserzioni  del  Veneroso, 
dicendo  che  il  suo  signore  non  solo  non  dava  alcun 
consenso  alle  richieste  dei  genovesi,   ma  voleva  ad  ogni 


(i)  Cfr.  Diarto,  11-12  dicembre.  L"' istruzione  (9  dicembre)  è  pubblicata 
da  G.  Gallio  ARIS,  op.  cit.^  T.  II,  pag.  6J6. 

(2)  Questa  lettera  è  pubblicata  dal  Saige,  op.  cit.,  T.  II,  pag.  65. 

(3)  Sono  in  dubbio  sulla  data  precisa,  perchè  G.  Galligaris,  {op.  cit.., 
pag.  549,  nota  i .)  con  un  calcolo  accurato  verrebbe  a  stabilire  T  arrivo  a 
Genova  fra  il  i  o  e  T  1 1  dicembre,  mentre  nel  Diario  da  me  pubblicato  la 
notizia  è  data  in  modo  da  esser  incerti  per  Ti  i  o  pel  12  dicembre.  Io  pro- 
penderei per  r  1 1  dicembre  ;  ciò  concorderebbe  coi  calcoli  del  Galligaris. 

9 

/ 


Il8  Anno     l5o6 

costo  che  essi  desistessero  dall'  impresa  (').  Ora  io  sono 
di  parere,  come  già  il  Calligaris,  ("")  che  dapprima  il 
duca  fosse  propenso  a  patteggiare  e  ne  avesse  fatto 
cenno  al  Veneroso,  ma  poi,  dopo  la  partenza  dei  due 
legati,  essendo  giunta  a  Torino  la  notizia  che  i  geno- 
vesi avevano  già  occupati  i  suoi  due  castelli  senza 
attenderne  il  chiesto  assenso,  avesse  inviato  un  corriere 
a  raggiungere  lo  Chatillon,  con  ordini  contrari  ai  pre- 
cedenti. Certo  si  è  che  Carlo  di  Savoia  ruppe  le  re- 
lazioni diplomatiche  con  Genova,  si  vendicò  dell'  auda- 
ce conquista  di  Mentone  e  Roccabruna  arrestando  tut- 
ti i  genovesi  che  passavano  pel  Piemonte  e  impadronendosi 
delle  loro  robe,  e  raccolse  milizie  per  mandarle  in  aiuto  di 
Monaco  (').  Il  comune  cercò  di  placarne  l'  ira  e,  fin- 
gendo di  ignorare  le  rappresaglie  e  i  bellicosi  propositi 
di  lui  e  di  credere  che  le  cose  stessero  jome  le  aveva  annun- 
ziate il  Veneroso,  gli  spedì  una  lettera  (15  dicembre)  noti- 


(i)  Questo  curioso  incidente  è  narrato  nella  istruzione  del  17  dicembre 
a  Bernardo  Veneroso  (cfr.  G.  Caix'gafìis,  op.  cit.,  pagg.  640-642)  ed  è  pure 
accennato  nel  Diario^  1 1   dicembre. 

(2)  Op.  cit.^  pag.  552  e  nota. 

(3)  Il  12  dicembre  i5o6  Bartolomeo  Usillione  partiva  da  Torino  per 
Avigliana  e  Susa  a  «  detenir  et  prendre  les  Genevoys  et  leurs  marchandisses . 
«  passant  par  les  pays  de  mondict  seigneur,  pour  ce  que  les  dicts  Genevoys 
«  faysoient  guerre  au  seigneur  de  Monigue  »  ed  avevano  occupato  «  Menthon 
«  et  Roquebrune,  terres  et  iurisdictions  de  mondict  seigneur  ».  (Cr.  Gr.  Cal- 
LiGARis,  op.  cit.,  pag.  565,  nota  i.).  Queste  notizie  venivano  comunicate  ai 
commissari  a  Monaco  nella  lettera  del  14  dicembre  pubbl.  dal  Saige,  op.  cit., 
pag.  72.  La  stessa  notizia  è  riferita  dal  Diario  (16  dicembre),  il  quale  ag- 
giunge che  il  duca  raccoglieva  due  mila  fanti  per  mandare  a  soccorrere 
Monaco. 


L'assedio  di  Monaco  II9 


ficandogli  il  rinvio  dell' ambasciatore  per  meglio  sentile 
quale  fosse  la  sua  volontà  (').  È  davvero  curiosa,  come 
osserva  lo  stesso  Calligaris,  la  clausola  aggiunta  all'i- 
struzione ,  che  se  mai  il  Veneroso  mentre  era  in  cam- 
mino, avesse  inteso  che  Monaco  fosse  caduta,  ritornasse 
indietro  ("").  L.a  salda  convinzione  dei  Genovesi  nella 
facile  oppugnazione  della  rocca  non  ci  deve  però  destare 
grande  meraviglia,  poiché  le  rapide  conquiste  dei  mesi 
precedenti  dovevano  aver  fatto  nascere  nei  popolari 
una  così  straordinaria  fiducia  nelle  loro  forze,  da  spe- 
rare che  l'impresa  contro  Monaco  fosse  affare  di  poco 
momento  e  si  dovesse  ridurre  ad  un  vigoroso  assalto 
della  fortezza  ;  tanto  è  vero  che,  come  vedemmo,  essi 
avevano  già  parlato  di  ricompense  da  distribuirsi  ai 
primi  che  mettessero  piede  sulle  mura  e,  pochi  giorni 
dopo,  scrivendo  ai  commissari,  raccomandavano  loro  di 
fare  presto  e  di  dire  ?1  Tarlatino  che  lo  avrebbero  ade- 
guatamente compensato  se  avesse  condotto  a  termine 
con  celerità  l'impresa  (').  Pur  troppo  vedremo  che,  di- 
nanzi alla  fiera,  ostinata  resistenza  del  Grimaldi,  essi 
dovettero  ricredersi  della  loro  prima  opinione  e  subirne 
i  danni. 


(i)  La  lettera  al  duca,  le  credenziali   e   T  istruzione    al    Veneroso,   sono 
pubbl,  dal  Calligaris,  op.  cit.,  pagg.  639-642. 

(2)  «  E  se  per  camino  intendeste  che  Moniche  fosse  preso  da    li   nostri, 
«  ve  ne  tornerete  indereto  ».  Trovasi  nelPistruzione  al  Veneroso,  ora  citata. 

(3)  lettera   14   dicembre    ai   commissari   presso  Monaco.  Cfr.  G,  Saige, 
op.  cit.,  pag   72. 


120  Anno   l5oó 

Ambascerie  di  nobili  e  di  popolari  a  Luigi  XII. 

Accennammo  come  gli  Anziani,  tutti  assorti  in  questa 
lotta,  accogliessero  con  una  certa  indifferenza  e  noncu- 
ranza le  lettere  minacciose  del  re  (4  dicembre)  ;  ma 
quelle  dell'Oderico,  giunte  il  12  ed  il  17  dicembre,  por- 
tavano nuove  tanto  sinistre  e  gravi  che  non  poterono 
a  meno  di  esserne  impensieriti.  Dalla  prima  (spedita  il 
2  dicembre)  erano  informati  che  il  giorno  innanzi  erano 
arrivati  alla  corte  di  Francia  «  li  quatro  mandati  da 
li  nobili,  con  cavali  XXV  e  V  muli  da  careagii,  asay 
bene  con  ordine,  tra  li  eguali  è  Euzobio  secretarlo 
de  lo  M.co  d.  Io.  Lodisio  »  ('),  e  che  perciò  1'  O- 
derico  si  era  affrettato  a  chiedere  udienza  al  re  e  sup- 
plicarlo a  non  voler  prestare  fede  alle  parole  dei  no- 
bili senza  che  avesse  udito  anche  gli  oratori  popolari 
che  dovevano  arrivare  tra  pochi  giorni,  e  che  il  re  gli 
aveva  risposto  che  non  avrebbe  ammessi  alla  sua  pre- 
senza gli  ambasciatori  dell'attuale  governo,  se  prima 
non  si  fossero  resi  Chiavari  e  la  Spezia  (^);  nell'altra 
annunziava  che  il  4  dicembre  i  legati  dei  nobili  erano 
stati  ricevuti  con  grandi  onori,  «  siandose  levata  S. 
Maestà  et  stando  in  pede  »  e  che  Stefano  Vivaldi 
aveva  pronunciata  una  orazione  contro  la  «  sediziosa 
plebe  >  accusandola  di  avere  inferto  danni  gravissimi 
alla    nobiltà  e,     tessendo    la    storia    degli  avvenimenti, 


(1)  I  quattro  ambasciatori  dei  nobili  erano  :  Antonio  Spinola,  Lorenzo 
Lomellino,  il  giureconsulto  Stefano  Vivaldi  e  Gian  Giacomo  d''  Oria.  Cfr. 
Senarega,  op.  cit.^  col  588. 

(2)  Cfr.  Lettere  Ministri  Francia^  Mazzo   i.,  n.  gen.  i.\'j']- 


L'assedio  di  Monaco  121 


aveva  ricordato  come  due  ambasciatori  inviati  preceden- 
temente dai  nobili  alla  corte,  fossero  stati  persuasi  a 
ritornare  in  patria  col  governatore  che  avrebbe  ri- 
messo r  ordine  nella  città;  invece  le  cose  erano  an- 
date molto  diversamente  e  perciò  ora  presentavansi 
altri  quattro  per  supplicare  la  Maestà  Sua  a  voler  pu- 
nire i  colpevoli  (');  l'Oderico  aggiungeva  che  il  cancel- 
liere regio,  lodatili  della  loro  inalterata  (góg  verso  il  re, 
li  aveva  assicurati  che  sarebbero  uditi  un'altra  volta 
con  maggiore  considerazione  e  non  sarebbe  mancata  la 
soddisfazione  ad  essi  dovuta.  Egli  allora,  perchè  non 
rimanesse  nei  presenti  l'impressione  dolorosa  delle  pa- 
role del  Vivaldi,  supplicò  il  re  che,  essendosi  pubblica- 
mente offeso  l'eccelso  senato  ed  il  popolo  genovese, 
gli  fosse  concesso  di  pubblicamente  giustificarlo;  ciò 
che  ottenne.  Qui  ci  dispiace  di  non  poter  riferire  per 
intero  la  prima  parte  dell'orazione  pronunziata  dall'Ode- 
rico,  poiché  il  documento  che  la  contiene  è  più  degli 
altri  di  questa  interessante  raccolta  di  lettere,  ridotto 
in  brandelli  e  riesce  impossibile  decifrarlo.  In  seguito 
si  scorge  che  egli  difese  con  molto  calore  ed  accortezza  i 
popolari,  dimostrando  che  fra  essi  vi  erano  stati  e 
v'erano  tuttora  grandi  uomini  e  spettabili  famiglie  che 
per  gloria,  antichità  ed  anche  per  nobiltà  eguagliavano 


(i)  Fu  certamente  questa  ambasceria  che  presentò  ni  re  P  interessante 
Memoriale  da  noi  più  volte  citato.  (L.  G.  Pkussikr,  Dociiments  etc,  pag. 
534).  Lo  deduciamo  dal  fatto  che  vi  si  parla  già  della  presa  di  Pieve  di 
Teco,  mentre  si  accenna  appena  alF  inizio  del  blocco  di  Monaco.  Da  altri 
cenni  si  viene  alla  persuasione  che  il  Memoriale  fu  scritto  alla  corte  di 
Luigi  XII  e  presentato  da  questa  ambasceria. 


122  Anno   l5oó 

non   solo   ma  superavano   quelle     del    cosidetto     partito 
dei   nobili   i   quali,   in     vero,    non   erano    che   una  fazione 
separatasi  per   dissensioni   dalle    altre     famig^lie    nobili  ; 
discusse  poi  le  lagnanze  da  essi  mosse  per  le    ingiurie 
e  i  danni  sofferti   e  dimostrò  che  erano  stati    piuttosto 
i  nobili  ad  offendere  continuamente  i  popolari,   essi  che 
coi  loro  frequenti  ed  atroci   insulti    avevano     provocata 
la   sollevazione  nella  quale     alla     fin     fine   non     vi    era 
stato  che  un   morto  e,   se  erano     avvenute     ruberie,  di 
tutto  si  era  fatto  ammenda  restituendo  ogni  cosa.  Que- 
sta lettera,   scritta  il   5   dicembre,    ha  un     post-scriptum 
del  9   in  cui  l'Oderico  dà  notizia  che  la  sera  precedente 
erano  giunti  gli  ambasciatori  popolari,  e  che  al  mattino 
del  9  egli   aveva   domandato  udienza  per  essi,   ma  non 
eragli  stato    possibile    ottenerla    (').     Questa    relazione 
giunse  a  Genova  quando  già  i^li  Anziani  avevano  pre- 
parata una  lettera  per  l'Oderico  e  pei    due    nuovi    le- 
gati alla  corte,   avvisando  questi  ultimi  di   non  aver  ri- 
cevuto da  essi  che    una     sola     missiva     da    Lione,   ma 
che    però,   da  lettere  pervenute  al    luogotenente,   erano 
informati    del  loro  arrivo    alla    corte  di     Francia,    del- 
l'accoglienza fatta  dal  re  ai  nobili  e   della  difficoltà  che 
essi  incontravano  ad  ottenerne  udienza;  colla  stessa  osti- 
nazione ripetevano  di   persuadere  il  re  a  non    aversela 
a  male  se  le  castella  non  fossero  peranco  state  conse- 
gnate,  che   ciò  non  era  stato  possibile  per  le  condizioni 
interne  della  città,  che  per  converso  Genova  era  sempre 
affezionata  a  lui  e  che  tutto  il  potere,   tutta  l'autorità,    era 


(1)  Lettere  Ministri  Francia,  Mazzo   1,  n.  gen.  2177. 


L'assedio  di  Monaco  123 


ridotta  nelle  mani   del   luogotenente  «  e  più  giorni  pas- 
«  sati  s'è  annullato   li  capitani  e   non   resta  in     la    cita 
«   se  non   quelli   de  la    piacia,   chi    sono     sotto    sua    si- 
«  gnoria  ».   In   un    post-scriptum   poi  del  2  i  dicembre  da- 
vano a  conoscere  di   aver  ricevuto  la  lettera    dell'Ode- 
rico  recante  le   notizie  sulla  critica  condizione  dei  nuovi 
ambasciatori    popolari    e    avvertivano     che     il    comune 
avrebbe  cercato  di  smuovere    il   re    dal     suo  proposito; 
lodavano  infine  la  risposta    «   molto  accomodata  »    del- 
rOderico  all'orazione  di   Stefano  Vivaldi,  consigliandolo 
anche,   ove  mai  i  nobili  avessero   avuto  a    lagnarsi    di 
non   poter  tornare   alle  loro  case,   di   protestare  che  ciò 
era  falso,   poiché  il  comune  non    solo     aveva    concesso 
loro  ogni   agevolezza,   ma  con   pubbliche  gride  li  aveva 
esortati  a  rientrare  in   città,   ed   invitavano  inoltre  l'Ode- 
rico  a  voler  pregare    il  re  di  fare    in    modo    che     essi 
ritornassero  alle    loro    dimore,   poiché    restavano    fuori 
soltanto  per   macchinare  continuamente  contro  la  quiete 
dei  cittadini   ('). 

Ambasciatori  popolari  al  Pontefice. 

Mentre  il  governo  popolare  di  Genova  riceveva 
aspri  rabbuffi  e  minacce  dalle  due  corti  di  Savoia  e 
di  Francia,  i  suoi  ambasciatori  avevano  assai  benevola 
accoglienza  presso  il  papa;  il  io  dicembre  infatti  essi 
scrivevano  di  essere  stati    benignamente    accolti    e  che 


(i)  Ibid.  Nel  giorno  stesso  (21  dicembre)  scrivevnno  al  re,  al  governa- 
tore di  Cìenova  ed  al  legato  apostolico  raccomandando  loro  vivamente  che 
i  nuovi  ambasciatori  venissero  ascoltati  e  promettendo  che  in  avvenire 
avrebbero  fatta  la  regolare  consegna  delle  fortezze. 


124  Anno   l5o6 

il  pontefice  offriva  loro  aiuti  e  dava  consigli  per  il  bene 
della  repubblica  ;  anzi  il  17  il  papa  stesso  scriveva  ai 
genovesi  confortandoli  a  star  bene  uniti,  a  non  avere 
timore  di  nessuno,  che,  se  fosse  sorta  qualche  contesa 
fra  essi  ed  il  re,  avrebbe  egli  accomodata  ogni  cosa  ('). 
I  fatti  che  seguirono  diranno  che  molti  furono  gli  in- 
coraggiamenti, ma  pochi  in  verità  gli  appoggi  dati 
dal  papa  ai  genovesi,  i  quali,  troppo  fiduciosi  nell'  aiu- 
to di  lui,  non  usarono  spesso  di  quella  prudente  politica 
che  era  loro  tanto  necessaria  ('').  Un  altro  fedele  amico 
ed  alleato  i  genovesi  l'avevano  in  Alfonso  del  Carretto, 
che,  come  è  noto,  mercè  il  loro  concorso  aveva  riacqui- 
stato il  suo  feudo;  egli  approvava  l'impresa  contro  Mo- 
naco,     aveva     dato     qualche    buon   consiglio  in   propo- 


(1)  Cfr.  Diario,  17  dicembre  e  lettera  del  21  dicembre  ai  tre  ambascia- 
tori presso  la  corte  di  P" rancia ,  in  cui  oltre  la  detta  notizia,  si  aggiunt^e  che 
per  gratitudine  verso  Sua  Santità  si  è  prorogata  la  sospensione  delP  editto 
contro  i  Savonesi  per  tutto  Tanno  i5oy  (Lett.  Ministri  Francia^  Mazzo  1, 
n.  gen.  2177). 

(i)  Anche  il  Senarega  (op.  cit.,  col.  589)  osser'va  che  il  pontefice  fece 
molte  promesse  che  poi  non  seppe  mantenere.  Il  Salvago  (op.  cit..,  pag.  47 1  ) 
va  più  oltre;  dice  che  Giulio  li  sostenne  i  popolari  per  odio  verso  1  nobili, 
poiché  egli  era  di  oscuri  natali,  e  pel  piacere  di  vedere  (ìenova  in  mézzo 
a  sedizioni  e  ruine ,  venendo  egli  da  quella  Savona  che  era  sempre 
stata  invidiosa  della  prosperità  di  Genova.  Queste  però  sono  accuse  dettate 
da  odio  di  parte.  È  bensì  vero  che  il  papa  fece  poco,  ma  non  potè  far  di 
più  di  fronte  alle  minacce  di  Luigi  XII.  A  mezzo  febbraio  1 507  il  re  di 
Francia  diceva  alPambasciatore  fiorentino  Frane.  Pandolfini  :  «  Ho  fatto 
«  sapere  al  papa,  che  ov''  egli  prenda  le  parti  dei  Genovesi ,  immantinente 
«  ricondurrei  a  Bologna  Giovanni  Bentivoglio.  Mi  basta  una  mia  sola  let- 
te tera  ed  il  Bentivoglio  mi  doverà  per  giunta  100.000  ducati.  In  verità  il 
«  papa  Rovere  vien  da  una  razza  di  contadini;  bisogna  pressarlo  alle  spalle 
«  col  bastone  ».  (desjardins,  op.  cit.,  II.  pag.  220). 


L'assedio  di  Monaco  i  25 


sito,  era  stato  solerte  nell'avvisarli  dei  preparativi  guer- 
reschi del  duca  di  Savoia,  ma  era  troppo  debole  aiuto 
contro  le  forze  coalizzate  di   Francia   e   di   Savoia  ('). 

Mentone  e  Rocc abruna. 

Tornando  alla  spedizione  che  sciolse  le  vele  per  Mo- 
naco il  4  dicembre,  dirò  subito  che  non  abbiamo  notizie 
molto  precise  del  suo  arrivo  a  Ventimiglia;  tuttavia, 
considerata  la  gravezza  del  carico  che  aveva  seco  e  il 
tempo  impiegato  dalle  spedizioni  successive,  si  può  a 
un  dipresso  stabilirlo  fra  il  giorno  7  e  l'S.  Pervenuta 
che  essa  fu  a  Ventimiglia,  ebbe  per  suo  primo  obbietto 
la  conquista  dei  castelli  di  Mentone  e  di  Roccabruna, 
il  primo  dei  quali  doveva  avere  maggiore  importanza 
dell'altro,  avendone  il  predecessore  di  Luciano,  Gio- 
vanni II,  nel  1504,  restaurate  le  fortificazioni  e  reso, 
a  testimonianza  d'un  contemporaneo:  «  bellissimo,  ben 
parato  di  tapissarie  et  mobili  che  in  ^?/^//<? parte  non  era 
il  simile  »  C'),  testimonianza  comprovata  dallo  stesso 
Luigi  di  Bervey,  il  quale  deve  senza  dubbio  accennare 
a  Mentone  allorché  parlando  della  resa,  dice  essergli 
stato  riferito  che      «  non   era    castello    meglio    né    più 


(i)  Cfr.  in  Appendice  Doc.  XXV. 

(2)  G.  Saige,  op.  cit.  pubblica  un  contratto  (6  marzo  i5o3)  fra  Giovanni 
Grimaldi  ed  un  muratore,  pel  prolungamento  d^un  bastione  di  quel  castello, 
(l'omo  II,  pag.  Jo).  I  lavori  furono  terminati  nel  i5o4  come  annunziava 
una  bella  iscrizione  in  versi  latini  posta  al  disopra  della  gran  porta  delP  e- 
dificio  e  pubblicata  da  Gerolamo  Rossi  nella  sua  Storia  della  città  di  Ven- 
timiglia 2. a  Ediz.  pagi  46 j,  Le  parole  citate  nel  testo  si  trovano  nel  «  Libro 
de  la  progenie  et  vita  de  li  illustrissimi  segnori  de  Monaco  »  pubbl.  da 
G.  Saige,  op.  cit.,  Tomo  II,  pag.  824. 


126  Anno     l5o6 

ornatamente  munito  »  (').  Ora  né  l'uno  né  l'altro  ave- 
vano forze  sufficienti  da  resistere  all'esercito  invasore; 
cosi,  quando  esso,  senza  alcun  rispetto  alle  bandiere  sa- 
baude sventolanti  sulle  torri  {^),  chiese  che  si  rendessero, 
gli  abitanti  non  indugiarono  un  istante  a  consegnarne  le 
chiavi.  Allora  le  truppe  genovesi,  non  frenate  da  alcuna 
restrizione  dei  loro  duci,  la  cui  debolezza  fu  assai  bia- 
simata dagli  ottimati,  si  abbandonarono  al  saccheggio, 
al  bottino  di  arredi,  di  armi  e  di  artiglierie  e  a  fare 
tale  scempio  delle  vettovaglie  che  la  piccola  guarni- 
gione, più  tardi  collocatavi,  ebbe  a  soffrire  penuria  di 
viveri  e  delle  cose  più   necessarie  (^). 

Avvenuta  l'occupazione,   si   mandò  Gasparo  Giudice 


(i)  Cfr.  in  Appendice  Doc.  XXVIII. 

(2)  Cfr.  Istruzioni  a  Bernardo  Veneroso  pubhl.  da  ().  CAi.i.iOAKrs,  ojp.  c/V, 
pag.  653. 

(5)  Manuele  di  Canale,  uno  dei  commissari,  in  una  sua  lettera  del  i5 
dicembre  ai  quattro  officiali  deputati  in  Genova  air  assedio  di  Monaco,  li 
avvisava  che,  venendo  verso  San  Remo,  aveva  trovato  a  Roccabruna 
la  guarnigione  di  12  uomini  comandata  da  Luchetto  Canale  priva  di  ogni 
cosa  «  comò  sereiva  vitualie  e  artagiane  e  cossi  de  uno  bombarderò  e  doi 
«  o  trei  balestrieri  »  e  Taveva  provvista  di  qualche  poco  di  vettovaglie,  che 
lo  stesso  aveva  fatto  pei  dieci  uomini  comandati  da  Ambrogio  di  San  Sal- 
vatore che  guardavano  il  caste^o  di  Mentone  «  in  lo  quale  non  era  se  non 
«  le  mure  cum  qualche  poche  bombarde  »;  li  esortava  quindi  a  mandare 
rinforzi  di  uomini  e  di  vettovaglie,  poiché  le  guardie  vi  stavano  mal  vo- 
lentieri, forse  per  timore  di  essere  maltrattate  dagli  abitanti  «  perochè  quelli 
«  de  Mentone  e  Rochabruna  sono  molto  afectionati  a  dicto  signore  di 
Monicho  ».  Cfr.  in  Appendice  Doc.  XXtV.  Altre  notizie  sui  due  castelli, 
insieme  con  molti  lagni  sulla  imprevidenza  dei  comandanti  genovesi  tro- 
vansi  in  Appendice.  Doc.  XX\l  e  XXV"I  e  in  G.  Saigk,  op.  cit.,  Tomo  II, 
pag.  65-66.  Nella  stessi  opera  (pag.  Ln)  il  Saige,  seguendo  una  relazione 
inedita  delPas^.cd'o,  afferma  che  i  genovesi  incendiarono  Roccabruna,  ma  ciò 
non  è  provato  da  alcun  documento  genovese. 


L'assedio  di  Monaco  ij' 


al  orovernatore  di  Nizza  per  avvisamelo  ed  assicurarlo 
che,  L^iusta  i  patti  che  si  sarebbero  conclusi  fra  il  du- 
ca di  Savoia  e  Genova,  i  due  castelli  verrebbero  re- 
stituiti non  appena  Monaco  fosse  espugnata.  Le 
notizie  dell'inviato  irritarono  il  governatore,  il  quale  uscì 
in  parole  gravi  e  in  propositi  minacciosi,  ma  alle  prote- 
ste del  Giudice  che  Genova  intendeva  rimanere  in  pace 
col  duca  e  che  non  l'avrebbe  mai  rotta,  se  non  co- 
strettavi dalla  forza,  parve  acquetarsi;  disse  però  che  entro 
due  giorni  si  sarebbe  recato  alla  Turbia  ed  avrebbe 
fatto  conoscere  i  suoi  intendimenti  ('). 

Le  forze  genovesi  a  Monaco. 

11  IO  dicembre  l'esercito  genovese  era  sotto  le  mura 
di  Monaco  [^).  Vediamo  ora  di  quale  contingente  di 
forze  disponessero  entrambi  gli  eserciti.  Jean  d'Auton 
ci  dice  che  quello  genovese  doveva  avere  da  12  a 
14  mila  uomini  cosi  distribuiti:  tre  o  quattro  mila  sol- 
dati di  ventura,  la  maggior  parte  di  Pisa  e  Lucca  , 
pochi  di  Alessandria,  Piacenza  e  dintorni  ;  circa  tre  mila 
genovesi,  ed  ottomila  paesani  delle  riviere  ;  ma  egli 
sbaglia  di  grosso.  Noi  sappiamo  da  documenti  attendi- 
bilissimi che  Genova  aveva  approntato  un  esercito  di 
soli  quattro  mila  uomini  e  cioè  :  mille  fanti  forestieri, 
mille  cinquecento  della  città  e  altrettanti    della   Riviera 


(i)  Cfr.  in  Appendice  Doc.  XXIV. 

(2)  Qicsto  giorno  viene  riferito  nella  relazione  inedita  di  cui  si  servì  il 
Saige  per  la  sua  introduzione  (pag.  IJI)  e  nel  *  Libro  de  la  progenie  et 
vita  de  li  illustrissimi  signori  di  Monaco  »  pubbl.  nello  stesso  volume  del 
Saige,  pag.  825. 


128   •  Anno   l5o6 

di  Ponente  (').  L'artiglieria  constava  di  due  cannoni 
pisani,  di  cui  già  tenemmo  parola  e  che  eran  designati 
coi  nomi  di  Bufalo  e  Drago  (');  di  22  pezzi  di  grosso 
calibro  che  lanciavano  palle  di  ferro  a  forza  di  smeri- 
glioni  e  di  molt'  altra  artiglieria  minuta  (').  Capitano 
generale  della  spedizione  era  il  Tarlatino  che  aveva  per 
luogotenente  il  Gambacorta;  di  pari  grado  erano  i 
quattro  commissari  del  comune.  Il  d'Anton  riporta 
pure  alcuni  nomi  di  capitani  delle  varie  schiere  come 
un  Jean  de  Las,  basco,  un  Manuele  del  Castellacelo, 
lombardo,  un  marchese  di  casa  Sforza,  parente  del 
signore  Ludovico  ed  un  Renato  Guyton  di  Tours.  In- 
vero io  ho  trovato  un  lanoto  Basso,  Ispano,  che  potrebbe 
identificarsi  col  primo  nominato  dal  d'Anton  ed  un 
conte  Bergamino  che,  nelle  storie  fiorentine  del  Ma- 
chiavelli,  e  detto  condottiere  del  duca  di  Milano,   e  cosi 


(i)  Gfr.  in  Appendice  Doc.  XX.  Vedremo  che  'più  tardi  essi  giiinsero  ad 
un  massimo  di  6000,  che  dirò  assai  poco, 

(2)  Veramente  Jean  d'Auton  (op.  cit.,  Tomo  III  pag.  217)  che  elamico 
a  darne  notizia,  li  chiama  francesemente:  Budle  e  Lizard.  BuHle  é  presto 
tradotto  in  Bufalo ,  Lizard  invece  non  si  incontra  nel  dizionario  francese  ; 
credo  però  di  riconoscerlo  nel  moderno  Lézard ,  lucertola ,  ramarro.  Ma  il 
nome  d''un  si  modesto  animale  non  si  confa  ad  un  grosso  cannone  che  aveva 
un  compagno  dal  nome  così  fiero  ;  perciò  ho  tradotto  con  Drago,  che,  come 
tutti  sanno,  era  creduto  dagli  antichi  una  enorme  lucertola  eruttante  fuoco 
ed  il  nome  venne  dato  assai  spesso  alle  prime  artiglierie. 

(3)  Gfr.  Jean  d'Auton,  op.  cit.,  Tomo  III  pag.  2  1 9.  Di  questa  artiglieria  era  co- 
mandante Ambrogio  Gioardo  ed  aveva  sotto  di  sé  :  2  5  bombardieri,  io 
maestri  d''ascia,  io  scarpellini  per  far  palle  di  pietra,  5o  addetti  al  traino 
delle  artiglierie,  sotto  il  comando  di  due  prefetti;  10  uomini  a  guardia  del 
Gioardo  e  delle  munizioni  ed  un  maestro  Terrario  o  fabbro.  Per  chi  fosse 
curioso  di  conoscere  le  loro  paghe,  veda  in    Appendice  Doc.  XXI. 


L'assedio  di  Monaco  l  20 


pure  ho  trovato  una  compagnia  del  Castellacelo,  ma 
oltre  ad  essi  devo  ricordare  che  v'erano  come  capitani 
di  truppe,  un  Grego  e  un  Greghetto  Giustiniani,  un  Laz- 
zaro Bacigalupo  genovese  e  Gasparo  Giudice  ventimi- 
gliese  (').  A  cotesto  apparato  di  forze  di  terra  doveva 
necessariamente  non  andare  disgiunta  una  flotta  pel 
rapido  trasporto  di  uomini  e  muniziojii  da  Genova  al 
campo.  Il  d'Auton  afferma  a  quest'uopo  che  si  arma- 
rono una  caracca,  due  galee,  due  grosse  barche  e  cinque 
brigantini  con  molte  altre  piccole  imbarcazioni,  ma 
anche  qui  egli  pecca  per  eccesso,  perchè  nell'istruzione 
data  ai  commissari  prima  di  partire  per  Monaco  è  ricor- 
dato che  essi  avranno  ai  loro  ordini  due  galee  e  tre  bri- 
gantini (^). 

Le  forze   dei  monegaschi. 

Il  Grimaldi  per  contro  aveva  con  molta  cura  e  di- 
ligenza vettovagliato  e  fortificato  la  sisa  rocca,  nella 
quale,   se   non   aveva   da  contrapporre  ai   nemici    ugual 


(i)  J.  d''Auton  (ibidem)  erra  quando  dice  che  il  Tarlatine  ed  il  Gamba- 
corta comandavano  i  pisani,  mentre  i  quattro  commissari  guidavano  i  geno- 
vesi. Noi  vedemmo  chiaramente  come  il  Tarlatine  tosse  stato  eletto  duce 
supremo,  mentre  i  commissari  ne  erano  i  consiglieri,  ma  con  pari  autorità. 
Così  pure  erra  di  grosso  quando  afferma  che  in  questo  periodo  di  tempo 
sia  avvenuta  reiezione  a  Doge  di  Paolo  da  Novi.  I  nomi  dei  capitani  delle 
truppe  genovesi  si  trovano  nei  documenti  XXVI-XXVII-XXVIII  e  XXXVIII. 
Il  Bergamino  è  ricordato  dal  Mach  avelli  ,  Istorie  fiorentine  ,  libro  Vili, 
cap.  XXXV. 

(2)  Gfr.  Istruzione  del  2  dicembre  1 5o6^  in  Politicoruni,  Mazzo  3,  n.  46. 
Ve  però  da  aggiungere  un  quarto  brigantino  di  Pisa  che  il  comune  aveva 
preso  a  servizio  per  compiacere  il  capitano  Tarlatine,  (^r.  lettera  12  dicem- 
bre pubbl.  da  G.  Saige,  op.  cit.,  Tomo  II,  pag.  65. 


l3o  Anno   l5o6 

numero  di  fanti,  disponeva  però  di  maggior  numero  di 
potenti  artiglierie.  V'erano  infatti,  secondo  il  d'Anton,  cir- 
ca 600  uomini,  dei  quali  200  erano  suoi  e  250  erano  sol- 
dati originari  di  Francia,  Spagna,  Piemonte,  Lombardia 
e  Toscana;  Carlo  d'  Amboise,  luogotenente  generale 
del  re  di  Francia  «  citra  montes  »  a  cui  il  Grimaldi 
s'era  rivolto  per  aiuto,  aveva  ordinato  al  governatore 
di  Savona  Yves  d'Allègre  di  inviare  dieci  uomini  d'arme 
e  venti  arcieri  sotto  il  comando  del  luogotenente  Jean 
de  Sainte-Colombe  e  dell'alfiere  Arigoys,  basco  ;  Gian 
Giacomo  Trivulzio  ne  aveva  egli  pure  mandati  dieci; 
v'erano  poi  molti  gentiluomini,  parenti  ed  amici  del 
signore  di  Monaco,  accorsi  a  difenderlo.  Ma  ciò  che 
formava  la  più  salda  difesa  del  paese  era  la  roccia 
su  cui  esso  ergevasi  e  la  potentissima  artiglieria,  22 
grossi  pezzi  «  toutes  à  roues  »  e  altri  318  di  medio 
e  piccolo  calibro  ai  quali  erano  addetti  trentadue  can- 
nonieri e  sessanta  archibugieri.  «  Ainsi  étoit  »  conclude 
il  d'Auton,  «  la  place  de  Monigue  gamie,  et  si  trés- 
«  forte,  que  pour  y  entrer  n'y  avoit  qu'une  passée 
«(  d'étroite  avenue,  Dont  des  quatre  parts  d'icelle,  éto- 
«  ient  les  trois  environnées  de  mer,  et  l'autre  ceinte  de 
«  haute  rocher  encis  d'amont  jusques  en  bas;  la  quelle 
v(  attendoit  en  cette  manière  la  venne  du  siege  désdits 
«  géncvois  »  (').  Il  comandante  supremo  della  piazza 
era  Bartolomeo  Grimaldi  fratello  di  Luciano. 


(i)  J.  d''Auton,  op.  cit.,  l'omo  III,  pag.  220-221. 


L'Assedio  di  Monaco  l3l 


Prime  avvisaglie. 

All'apparire  delle  truppe  genovesi,  egli  volle  tentare 
di  prenderle  in  un  agguato:  mandò  fuori  delle  mura  un 
centinaio  d'uomini  quasi  volessero  attaccare  battaglia,  ed 
intanto  fece  preparare  molti  pezzi  di  artiglieria  per  col- 
pire i  nemici  se  si  fossero  avanzati.  I  genovesi  attac- 
carono con  impeto  le  soldatesche  monegasche,  le  quali 
indietreggiarono  per  attirarli  sotto  il  tiro  delle  arti- 
glierie ;  ma  quelli,  accortisi  in  tempo  delle  miccie  acce- 
se, si  arrestarono  evitando  la  strage.  Prima  di  porre 
in  opera  l'assedio,  essi  intimarono  al  Grimaldi  di  arren- 
dersi e  questi  rispose  arditamente  che  avrebbe  saputo 
difendere  la  sua  piazza  in  modo  «  que  jà  vilain  par 
force  n'y  mettroit  le  pied  dedans  »  ;  dopo  ciò  i  geno- 
vesi mandarono  un  araldo  il  quale,  a  suon  di  tromba 
davanti  alla  fortezza,  promise  un  premio  di  3000  scudi 
a  chi  avesse  ucciso  il  signore  di  Monaco,  ed  un  se- 
condo di  cinquecento  a  chi  avesse  messo  fuoco  alla 
polveriera  della  fortezza  (').  Cosi  incominciò  l'assedio 
di   Monaco  (*).  L'esercito  genovese,   posto  il  suo  accani- 


li) idem^  ibid.  pag.  ■ìiì-i2j^. 

(2)  Per  la  descrizione  di  questo  assedio  mi  sono  valso  quasi  unicamente 
di  documenti  di  Archivio  ed  in  ispecie  delle  lettere  inviate  dai  commissari 
al  comune.  Il  Diario  mi  servi  per  annodare  i  vari  fatti.  Consultai  anche  la 
cronaca  del  d''Auton  che,  pur  esponendo  una  narrazione  veritiera  dei  fatti, 
non  va  esente  da  alcune  inesattezze.  Trovai  un  valido  aiuto  nel  lavoro  più 
volte  citato  del  Saige  per  la  copiosa  raccolta  di  documenti  genovesi  rife- 
rentisi  ai  tempi  di  cui  discorre  e  per  una  rapida  ,  ma  precisa  descrizione 
dell'assedio,  che  Fautore  fa  f'Inircd.  al  Temo  li  pag.  XLIX-I.V)  e  che  dice 
d'avere  desunta  da  una  Relazione  su  di  esso  che  si  trova  negli  Archivi  di 
quel  Principato  {\.  23.  n.  8)  e  che  egli  non  potè  puhblicare  cogli  altri  do- 
cumenti perche  fu  ritrovata  troppo  tardi.  Il  Saige  però  avverte  in  una  nota 


l32  Anno   l5oó 

pamento  di  fronte  alla  rocca,  sul  lato  orientale  del 
porto,  precisamente  sul  poggio  che  ora  è  allietato  dai 
superbi  villini  di  Monte  Carlo  ('),  ben  presto  si  accorse 
che  non  doveva  soltanto  fronteggiare  le  forze  degli 
oppidani  ma  difendersi  alle  spalle  da  quattrocento  uomini 
occupanti  il  poggio  della  Turbia  (^),  appartenente  alla 
contea  di  Nizza,  i  quali,  pur  non  avendo  ancora  dimo- 
strato un  atteggiamento  ostile,  davano  a  divedere  di 
parteggiare  apertamente  coi  monegaschi,  poiché,  notte- 
tempo, dalle  alture  impendenti  su  Monaco,  li  avvisa- 
vano, con  alte  voci,  dell'arrivo  di  truppe  sabaude  e 
francesi    in    loro    aiuto.    Non    era    neppure     ignoto    al 


(pag.  L,  ilota  2)  che  questo  relazione  è  una  trascrizione  in  lingua  più  mo- 
derna (come  dice  lo  stesso  trascrittore)  di  una  relazione  più  antica  e  forse 
di  poco  posteriore  alTassedio.  Essa  ha  molti  punti  di  contatto  colla  descri- 
zione del  d''Auton,  ma  in  qualche  particolare  è  più  completa,  in  qualche 
altro  meno;  il  Saige  conclude  che  non  sembra  che  T  una  sia  stata  copiata 
sulP  altra,  ma  che  procedano  entrambe  da  una  medesima  fonte.  Desiderando 
di  farmi  anch'"  io  un""  idea  di  questa  relazione  scrissi  al  signor  Saige,  che  è 
conservatore  degli  archivi  del  palazzo  di  Monaco,  pregandolo  di  volermi 
dare  qualche  ragguaglio  su  quella  relazione  e  dirmi  se  era  bene  forne  trarre 
una  copia.  Il  signor  Saige  gentilmente  mi  rispose  (2  5  novembre  1904) 
che  questa  relazione  non  è  che  un  discorso  ditirambico  pieno  di  retorica, 
scritto  probabilmente  al  principio  del  secolo  XVII  e  che  non  ha  per  sé 
stesso  alcun  carattere  d^  autenticità,  ma  fu  redatto  su  documenti  che  dove- 
vano esistere  allora.  Il  signor  Saige  aggiunge  :  «  J"'  en  ai  tire  tout  ce  qui 
«  me  paraissait  avoir  une  valeur  précise  »;  il  resto  é  «  entierement  vide  de 
«  faits  précis  ».  Perciò  egli  mi  consigliava  di  non  darmi  ad  ulteriori  inutili 
ricerche  ed     io  mi  sono  attenuto  al  suo  consiglio. 

(i)  Cfr.  G.  Saige,  op.  cit.^  Tomo  II,  Introd.,  pag.  LII. 

(2)  La  Turbia  é  ricordata  dalPAlighieri   nel    Purgatorio,    Canto  IH. 

Tra  Lerici  e  Turbia,  la  più  deserta, 

La  più  rotta  mina  é  una  scala, 

Verso  di  quella,  agevole  ed  aperta. 


L'assedio  di  Monaco  l33 


campo  che  i  parenti  dei  Grimaldi  raccoglievano  milizie 
a  Tenda  e  che  al  soccorso  di  Monaco  erano  diretti  anche 
cinquecento  guasconi  che,  per  deludere  il  nemico,  face- 
vano correr  voce  di  muovere  contro  Penna.  Così  l'im- 
presa dal  suo  inizio  appariva  più  aspra  e  difficile  di 
quello  che  se  lo  fossero  immaginato  i  genovesi;  i  quali 
troppo  fidenti  nella  loro  fortuna  o  piuttosto,  ignari  della 
saldezza  della  rocca,  non  avevano  pensato  di  provve- 
dere il  loro  esercito  di  tutto  il  necessario;  perciò,  dopo 
qualche  giorno,  si  dovette  inviare  Manuele  di  Canale 
a  fare  incetta  di  viveri  e  raccogliere  reclute  fra  i  rivie- 
raschi, anche  sapendo  che  erano  «  homini  che  uno 
soldato  ne  valerla  dexc  ».  Questo  era  ancora  poco  in 
confronto  al  grave  problema  delle  paghe,  che  alcune 
compagnie,  le  quali  al  quindici  dovevano  riscuotere  i 
loro  stipendi  non  erano  state  soddisfatte,  e  il  Bervey 
era  tuttora  in  viaggio;  non  doveva  però  essere  lontano 
da  Monaco  se  il  Canale,  il  15  dicembre,  scriveva  da 
S.  Remo  di  aver  scorto  alcuni  brigantini  che  veleggia- 
vano verso  ponente  sui  quali  pensava  vi  fosse  il  prov- 
veditore delle  milizie  e  mostravasi  pieno  di  buona 
speranza  che,  pagate  le  soldatesche,  cesserebbero  i  malu- 
mori e  si  sarebbe  tosto  dato  l'assalto  alla  rocca (').  Ma 
furono  vane  speranze,  che  lunga,  triste  e  difficile  fu  la 
preparazione  a  codesto  assalto  e  un'eco  dolorosa  delle 
molte  e  gravi  difficoltà  incontrate  ci  è  giunta  dalle 
lettere  spedite  dai  commissari.   Queste  lettere  che  quat- 


(i)  Cfr.  in  Appendice.  Doc,  XXIV. 

IO 


l34  Anno   l5o6 

trocent'anni  or  sono  partivano  dal  campo  genovese  tra  il 
confuso  agitarsi  d-^lle  truppe  e  il  rombo  delle  artiglierie 
e  recavano  a  Genova,  ansiosa  della  vittoria,  entusiasmi 
e  sconforti  speranze  e  delusioni,  notizie  di  scontri 
favorevoli  e  di  malumori  tra  le  file,  di  minacce  e 
diserzioni,  ci  offrono  ora  il  mezzo  di  lumeggiare  d'una 
luce  tutta  nuova  questa  spedizione  che  costò  alla  città 
tanti  sacrifici. 

Lettere  dal  campo. 

Luigi  di  Bervey  arrivò  dunque  al  campo,  come 
accennò  il  Canale,  la  sera  del  i6  dicembre,  dopo  una 
traversata  lunga  e  penosa  pel  tempo  incostante  e  per 
la  difficoltà  di  rimorchiare  la  barca  che  trasportava  l'ar- 
tiglieria; giuntovi  di  notte  non  potè  presentarsi  subito 
ai  commissari  ed  al  capitano,  ma  gli  riuscì  di  vedere  il 
maestro  bombardiere,  il  quale  gli  parlò  non  senza  gravi 
lamentele,  del  numero  insufficiente  di  bombardieri  e  del- 
l'indisciplina dei  suoi  dipsndenti,  e  ciò  tanto  dispiacque  al 
Bervey  che  gliene  mosse  rimprovero.  Codeste  notizie  egli 
comunicava  il  giorno  dopo  agli  officiali  della  Balia  in- 
siemealla  relazione  di  ciò  che  aveva  fatto  nel  giorno  17. 
Al  mattino  egli  si  era  recato  agli  alloggiamenti  del 
capitano  e  dei  commissari,  dove  aveva  trovato  solo  Paolo 
Battista  Giustiniani  ;  Agostino  da  Castiglione  era  par- 
tito per  Genova  e  Manuele  Canale,  come  vedemmo,  era 
nella  riviera;  D,  Ambrogio  (di  S.  Salvat'^re),  che  era  di 
guardia  a  Mentone  e  Roccabruna  giunse  ben  tosto; 
visitato  il  campo,  egli  non  era  stato  punto  soddisfatto 
del  posto  occupato  dalla  artiglieria,  che  gli  pareva  troppo 


L'assedio  di  Monaco  l35 


discosta  dalle  mura;  adunatis»,  poi  tutti  nel  padiglione 
aveva  fatto  palese  la  proposta  della  Repubblica  di  pro- 
rogare sino  al  primo  di  gennaio  la  distribuzione  degli  sti- 
pendi alle  truppe,  mai  capitani  ed  i  soldati  non  ne  vollero 
assolutamente  sapere;  quindi  egli  invitava  la  Balia  ad 
affrettare  l'invio  di  denari  poiché  colla  somma  affidata- 
gli poteva  soltanto  soddisfare  coloro  ai  quali  il  termine 
della  paga  era  già  scaduto  al  15,  mentre  con  altri 
mille  scudi  avrebbe  accontentato  le  compagnie  che 
dovevano  riscuotere  il  24  dicembre;  per  le  altre  poi  si 
sarebbe  potuto  aspettare  fino  a  gennaio.  Ma  siccome 
si  voleva  dar  presto  battaglia,  era  savio  consiglio 
che  il  24  si  desse  la  paga  anche  a  queste,  che  «  mal 
se  potereivamo  valeire  de  dicti  soldati  in  tal  effecto  » 
essendo  essi  «  molto  fredi  et  resteivi  ad  non  metersi  a 
nissuno  periculo  dubitando  non  ghe  correse  la  paga.  » 
E  questa  loro  freddezza  impensieriva  il  Bervey  per  tema 
che  disertassero,  come  lo  impensieriva  la  notizia  che 
quello  stesso  giorno  erano  giunti  alla  Turbia  cinque- 
cento francesi,  detti  «  guasconi  »,  miserabili  venturieri, 
non  meno  degli  altri  pericolosi  alle  forze  genovesi  mi- 
nacciate pure  dal  governatore  di  Nizza  (').  E'  ben  vero 


(1)  Il  Saige  (op.  cit.^  Tomo  II,  pag.  LII)  seguendo  la  citata  Relazione, 
afferma  che  i  genovesi  s'' erano  impadroniti  della  Turbia,  ma  ne  furono 
sloggiati  colla  venuta  fi  8  dicembre)  delle  truppe  del  d"'Allègre.  Ciò  però  è 
contrario  alle  notizie  date  dai  nostri  documenti.  In  quanto  alle  forze  fran- 
cesi il  Saige  parla  di  700  fanti,  il  d"'Aaton  {op.  cit.,  T.  Ili,  pag.  22  5)  di  600, 
ed  il  Diario  afferma  (18  dicembre)  che  a  Genova  era  giunta  la  notizia  che 
se  ne  raccogliessero  milleduecento.  Ma  questa  cifra  è  certo  effetto  delle  voci 
popolari:  le  prime  due  sono  piìi  sicure  e  si  accordano  colla  cifra  data  qui 
dal  Bervey  e  quella  di  600  fanti  che  si  trova  nel  Doc.  XXX. 


l36  Anno   l5o6 

che  si  era  saputo  da  alcuni  nizzardi  che  essi  vole^^ano 
rimanere  neutraH,  ma  ciò  non  bastava  a  renderli  tran- 
quilli, che  c'era  anche  il  duca  di  Savoia  che  faceva 
preparativi  guerreschi,  perciò  si  chiedevano  munizioni  e 
uomini,  e  questi  ultimi  piuttosto  forestieri  che  del  paese, 
poiché  i  soldati  genovesi  eran.o  indisciplinati,  petulanti, 
inetti  ad  ogni  bisogna  e,  quando  non  se  ne  trovassero 
di  forestieri,  scegliessero  almeno  quelli  delle  tre  pode- 
sterie. Il  Bervey  avvisava  inoltre  che  al  campo  eransi 
arruolate  una  compagnia  di  pisani  ed  un'  altra  coman- 
data da  certo  lanoto  Basso  (Basco?)  spagnuolo,  perchè 
«  se  non  fosseno  alcune  lancie  spesate  de  simile  na- 
<  tura,  le  quale  sono  quelli  se  metono  ad  ogni  bersagio 
«  et  fano  animo  a  li  altri,  le  cose  anderiano  male  ». 
Riguardo  alle  munizioni  poi,  egli  aveva  riscontrato 
con  grande  sua  meraviglia  che,  pure  non  essendovi 
stato  alcun  combattimento,  si  era  fatto  un  gran  sciupio 
di  verrettoni  e  di  filo  da  balestre  tanto  che  di  36 
casse  ne  erano  rimaste  sette  soltanto  e  «  de  lo  car- 
ratello  de  lo  filo  da  balestre  non  glie  ne  resta  più 
niente  »  cosicché  si  era  costretti  a  negarne  a  coloro 
che  ne  facevano  domanda.  Il  maestro  bombardiere  chie- 
deva un  gran  rifornimento  di  polvere  che  sarebbe  stata 
assai  necessaria  quando  si  fosse  dovuta  usare  tutta 
l'artiglieria,  ma  anche  1'  artiglieria  dava  gran  pensiero 
per  collocarla  convenevolmente;  si  era  scelto  un  giar- 
dino presso  il  castello  dove  eransi  costrutti  i  ripari  op- 
portuni ('),  ma  bisognava  portarla  su  barche  nottetempo, 


(i)  Questo  giardino  si  doveva  estendere  assai  probabilmente  nella  conca 
esistente  tra  il  castello  di  Monaco  ed  il   poggio  di    Montecarlo    e    verrebbe 


L'assedio  di  Monaco  iSy 

forse  per  evitare  le  offese  dell'inimico,  e  la  notte  del  i6 
non  era  stato  possibile  il  farlo  per  l'improvviso  arrivo 
dei  guasconi,  e  neppure  nella  successiva,  poiché,  come 
scriveva  il  Bervey  (i 8  dicembre),  la  barca,  per  il  peso, 
non  si  era  potuta  accostare  alla  spiaggia  ed  era  con- 
venuto spingerla  indietro,  trascinare  le  artiglierie  nelle 
ore  del  mattino  al  campo,  per  tentare  di  tirarle  poi  sul- 
l'imbrunire '<  quamvis  cum  maior  difficultà  »  al  luogo 
donde  avrebbero  potuto  appoggiare  l'assalto  della  rocca; 
ed  anche  quando  si  fossero  collocate  a  posto,  il  Bervey 
temeva  di  non  poter  dare  subito  1'  assalto  perchè  la 
fanteria  non  si  sarebbe  voluta  esporre  a  pericoli  senza 
la  riscossione  degli  stipendi;  bisognava  quindi  distri- 
buire a  tutti  la  paga  «  perciò  che  ne  starla  cum  mi- 
gliore animo  et  mancheria  lo  suspecto  de  la  diffidentia 
de  non  averla  ».  Il  povero  Bervey  che  da  tre  giorni 
si  affannava  a  provvedere  a  tutto,  e  scriveva  che  dal 
momento  che  era  giunto  al  campo  non  aveva  avuto 
tempo  di  spogliarsi,  come  poteva  accontentare  tutti  se 
gli  mancavano  undicimila  cinquecento  ducati  per  le 
paghe,  non  computando  gli  stipendi  dovuti  al  Tarla- 
tino,  al  Gambacorta,  al  Gioardo  e  ai  loro  uomini  ? 
Questo  stato  di  cose  pernicioso  al  buon  ordine,  alla  di- 
sciplina delle  truppe  avide  di  denaro,  lo  angustiava  assai; 
ma  ciò  che  più   lo  corrucciava  era  il  contegno  poco  cor- 


così  a  trovarsi  nella  località  segnata  dal  Saioe,  il  quale ,  seguendo  la  rela- 
zione inedita,  dice  che  i  genovesi  «  construisirent  une  route  pour  dc- 
«  scendre  leur  artilleric  dans  la  plaine  de  la  Condamine,  au  <bnd  du  port, 
•(  d"'où  ils  ouvrirent  un  feu  violent  sur  la    place  ».  (op.  cit.,  Inlrod.  pag.  LI!) 


l38  Anno  l5oó 

retto  dei  suoi  concittadini;  «  li  nostrali  et  presertim  li 
marcheixi  et  altri  de  quelle  parte  »  gli  davano  le  mag- 
giori noie  ;  essi  già  due  volte  s'erano  levati  a  rumore 
protestando  fieramente  che,  se  entro  il  lunedì  (21  di- 
cembre) non  avessero  riscossa  la  paga  intera,  avrebbero 
lasciati  i  loro  posti  di  guardia  alla  artiglieria;  per  col- 
mo di  sventura,  l'artiglieria  non  era  per  anco  stata 
messa  a  suo  posto  per  l'inabilità  e  l'imprevidenza  del 
«  magnifico  ingegnerò  >  Ambrogio  Gioardo,  a  cui 
mancavano  e  gli  uomini  dell'arte  e  gli  arnesi  ad  essa 
necessari;  fortunatamente  tra  i  pisani  venuti  all'assedio 
v'era  il  provetto  «  maestro  lusto  bombarderò  »  il  quale, 
insieme  con  altri  suoi  concittadini  avevano  prestato 
l'opera  loro  e  si  sperava  nella  notte  successiva  dì  col- 
locarla a  debita  distanza  dalle  mura.  Ma  anche  qui  c'era 
un  guaio:  era  occorso  dare  a  lui  ed  ai  suoi  un  lauto 
stipendio  e  si  era  pure  dovuto  pagare  quel  lanotto  ed 
i  suoi  uomini  d'arme  e  tener  presente  che,  se  egli 
avesse  condotte  a  fine  certe  pratiche,  di  cui  si  farà 
cenno  in  appresso,  sarebbe  stato  necessario  dargli  un 
giusto  compenso. 

Le  milizie  mercenarie. 

Tutto  questo  sciupio  di  denaro  dava  la  febbre  al 
buon  Bervey  il  quale  esclamava:  «  Mi  crepa  lo  core 
«  de  convegnere  fare  tante  speize,  sed  seando  conducti 
«  seria  male  non  regere  questa  impreiza  e  supportare 
«  ogni  cosa,  et  Dio  voglia  mi  possia  regere  cum  tanti 
«  affanni  supporto,  perciochè  né  dì  né  nocte  mai  posso  » 
{jposo).   Pure  in  mezzo  a  tanti      pensieri,   a  tante    ansie 


L'assedio  di  Monaco  iSg 


per  le  spese  eccessive,  anch'egli  era  d'accordo  coi  suoi 
colleghi  che  era  d'uopo  far  sacrifici  e  sobbarcarsi  a 
spese  più  ingenti  per  guadagnare  alla  propria  causa 
un  forte  nucleo  di  mercenari  che  dicevano  di  essere 
stati  mandati  per  soccorrere  Monaco.  Costoro  erano 
quei  quattrocento  che  il  popolo,  come  è  noto,  aveva 
fatti  espellere  da  Genova  quando  si  accorse  che  il 
governatore  li  teneva  nascosti  in  S.  Domenico,  ed  i 
nobili  li  avevano  assoldati  per  mandarli  in  soccorso  di 
Monaco,  dando  a  ciascuno  un  ducato  col  patto  che, 
poco  lungi  da  Monaco,  avrebbero  avuta  la  paga;  invece 
quando  essi  giunsero  presso  il  campo  genovese  offersero 
ai  popolari,  col  pretesto  di  non  essere  per  anco  stati  pagati 
dai  nobili,  di  entrare  nel  loro  esercito.  Il  capitano  lanoto 
Basso  aveva  aperte  le  trattative  che  erano  poi  state 
continuate  del  commissario  Paolo  Battista  Giustiniani 
il  quale,  avuto  un  abboccamento  col  Famiglio,  capo  ciei 
detti  avventurieri,  aveva  pattuito  l'ingaggio  con  uno 
stipendio  di  150  ducati  per  lui  e  da  otto  a  dieci 
per  ognuno  dei  suoi  uomini;  e  pel  desiderio  e  bisogno 
di  concludere  presto  l'arruolamento,  i  genovesi  si  erano 
persino  indotti  a  dare  un  acconto  di  300  scudi  al 
«  sub-capitaneo  »  di  detta  compagnia,  come  pegno  della 
somma  che  si  sarebbe  sborsata  in  seguito.  Il  Bervey, 
che  aveva  dovuto  consegnare  la  somma,  non  se  ne 
lagnava  e  neppure  era  malcontento  degli  obblighi  con- 
tratti sperando  di  vedere  indebolite  le  forze  dei  nemici 
e  conturbati  i  piani  del  Grimaldi,  ma  troppo  presto  si 
accorse  di  aver  commesso  un  «  risico  »  nel  dare 
denari  a  gente  poco  sicura  e  a.  traditori,  poiché  il  capitano 


140  Anno   l5o6 

Famiglio  ed  i  suoi  non  si  attennero  ai  patti  e  passa- 
rono ai  servigi  del  figlio  del  governatore  di  Savona, 
signore  d'Allègre,  giunto  allora  allora  alla  7\irbia  ('). 
Mentre  il  Bervey  spediva  queste  notizie,  Paolo  Battista 
Giustiniani  la  sera  stessa  (20  dicembre)  a  tre  ore  di  notte 
comunicava  con  dolorosa  sorpresa  agli  officiali  deputati 
per  l'impresa  di  Monaco  (^)  che  poco  prima  eransi 
presentati  al  capitano  ed  ai  commissari  tutti  i  capi 
della  fanteria  protestando  di  non  volere  che  si  trainasse 
l'artiglieria  nel  giardino,  altrimenti  se  ne  «  anderano 
con  Dio  »;  se  era  singolare  la  pretesa  lo  era  di  più  la 
ragione  che  li  moveva  e  cioè  la  paura  dei  nemici.  Co- 
desti mercenari,  pei  quali  la  guerra  era  un  mezzo  di 
vivere,  esponendo  al  minor  rischio  possibile  la  propria 
vita ,  incominciavano  ora  ad  essere  in  ansia,  poi- 
ché le  soldatesche  della  Turbia  facevano  correre  voce 
di  aspettare  altre  fanterie  inviate  dal  signor  de 
Sérenon  dalla  Provenza  (')  ed  alcuni  «  piemonteixi  » 
del  duca    di    Savoia  (');    i   loro  capi   e    specialmente  il 

(\)  Tutte  queste  notizie  sono  tratte  dalle  lettere  del  Bervey  pubblicate 
in  Appendice.  Doc.  XXVI-XXVII-X XVIII  e  dal  Diario  alla  data  2  i   dicembre. 

(2)  Era  stato  formato  un  apposito  officio  per  Timpresa  di  Monaco,  i  cui 
deputati  erano  :  Battista  di  Cavo,  Giorgio  Giudice,  Manfredo  Pomari  e  Si- 
mone Amandola   (Cfr.  Saige,  op.  cit..  Tomo  II,  Doc.  CCCXXXVI  pag.  59). 

(3^  Signore  di  Sérenon  era  Luigi  di  Villeneuve,  marchese  di  Trans. 

(4)  I  rinforzi  infatti  vennero:  il  d'Auton  fop.  cit.^  T.  III,  pag.  2  2  5) 
ricorda  che  presso  la  Turbia,  un  pò"*  al  di  sopra,  v^era  una  salda  torre  del 
duca  di  Savoia,  dove  si  trovava  una  forte  guarnigione  di  piemontesi,  i  quali 
dettero  anclV  essi  molto  filo  da  torcere  ai  genovesi.  Anche  il  Gioffredo  : 
Storia  delle  Alpi  Marittime  (Moti.  Hist.  Pai.  SS.  col.  1207)  rammenta 
che  il  duca  di  Savoia  aveva  inviato  «  buon  numero  di  soldatesche  »  alla 
Turbia  ove  «  aiutava  delle  necessarie  provvisioni  gli  assediati  ed  incomodava 
«  in  molti  modi  gli  assalitori  ». 


L'assedio  di  Monaco  141 


fiolio  del  signore  d'Allègre  propalavano  di  aver  lettere 
del  re  Luigi  XII  e  del  duca  di  vSavoia  in  cui  proibi- 
vano a  tutti  i  loro  sudditi  di  dare  aiuto  o  di  favorire 
in  modo  alcuno  i  genovesi.  In  verità  egli  stesso,  il  Giusti- 
niani, non  annetteva  molta  importanza  a  codeste  voci, 
perchè  sino  a  quel  momento  le  spie  genovesi  sparse 
nei  dintorni  non  avevano  riferita  alcuna  notizia  allar- 
mante, ma  se  ne  fidava  poco  e  pregava  le  signorie  di 
Genova  a  volersi  informare  dalle  persone  di  fiducia 
che  avevano  presso  le  corti  di  Savoia  e  di  Milano, 
come  stessero  le  cose  e  che  facesse  Gian  Giacomo 
Trivulzi.  In  ultimo  riferiva  agli  Anziani  una  notizia 
giunta  poco  prima  e  che  confermava  le  minacce  del 
d'Allègre;  infatti  le  galee  genovesi  recavano  in  quell'istante 
da  Villafranca  la  nuova  che  il  governatore  di  Nizza 
aveva  dichiarato  di  voler  essere  in  guerra  col  comune 
di   Genova. 

Agostino  da  Castiglione  e  Ferro  della  Pria. 

Occorrevano  dunque  pronte  misure  da  parte  di 
Genova  per  opporsi  a  tanto  pericolo  ed  i  commissari 
supplicavano  il  comune  d'inviare  al  più  presto  denaro, 
truppe  da  opporre  a  quelle  già  venute  ed  alle  venienti 
e  vettovaglie  in  gran  copia  perchè  i  francesi  della 
Turbia  avevano  ormai  chiuso  il  passo  a  quelle  dell'in- 
terno (').  Tutte  queste  notizie  non  giunsero  certamente 
inaspettate  a  Genova,  dove  già  il  18  dicembre  era 
venuta  la  nuova  che  il  signore  d'Allègre  apparecchiava 


(1)  Cfr.  in  Appendice,  Doc.  XXIX. 


142  Anno  l5o6 

una  spedizione  in  soccorso  di  Monaco  e,  per  contrap- 
posto, s'erano  subito  fatti  imbarcare  loo  fanti  e  delibe- 
rato di  assoldare  500  balestrieri  da  inviare  al  campo  ; 
ma  l'arrivo  del  commissario  Agostino  da  Castiglione, 
che  recava  strane  notizie,  aveva  messo  a  rumore  e  com- 
mossa la  città  e  pel  momento  distratta  l'attenzione  da 
Monaco.  Egli  conduceva  seco  un  tale,  chiamato  «  Ferro 
della  Pria  »  (Nicola  Ferrarlo  di  Pietra  Ligure),  il  quale 
era  venuto  al  campo,  mandatovi  dal  signore  di  Finale, 
con  una  lettera  di  credenza  e  varie  altre  indirizzate  a 
due  dei  commissari:  Paolo  Battista  Giustiniani  e  Manuele 
da  Canale,  al  patrono  d'una  galea  Gasparo  di  Goano, 
ad  un  tal  Greghetto  Giustiniani  che  aveva  400  fanti  ed 
un'ultima  diretta  a  San  Remo.  Ora  tutte  queste  lettere  con- 
tenevano cose  sospette  ed  erano  inviate  a  persone  di 
parte  Adorno  (').  Pare  che  il  Castiglione  esagerasse 
l'importanza  di  cotesti  scritti  perchè  Matmele  Canale, 
uno  dei  commissari,  avuto  sentore  che  egli  recavasi  a 
Genova  per  accusarlo,  si  affrettò  a  scrivere  agli  Anziani 
che  egli  non  aveva  neppure  viste  le  lettere  incriminate 
e  che  supponeva  fossero  in  risposta  ad  una  sua,  scritta 
quattro  o  cinque  giorni  prima  al  signore  di  Finale, 
nella  quale,  avendo  saputo  che  il  suo  territorio  era  mi- 
nacciato da  un  esercito  di  nobili  —  quello  stesso  che 
si  preparava  per  Monaco  —  lo  confortava  a  stare  di 
buon  animo  che,  appena  la  milizie  genovesi  fossero 
riuscite  ad  espugnare  Monaco,  sarebbero  accorse  ad 
aiutarlo.  Annunziava  agli  Anziani  di  averla  scritta  perchè 


'1)  Diario,    18  dicembre. 


L'assedio  di  Monaco  148 


era  venuto  a  sapere  dal  messo,  che  a  Genova  erasi 
deliberato,  nel  caso  che  davvero  i  nobili  marciassero 
contro  Finale,  di  «  serrare  le  buttege  e  andarge  per 
dexe  o  doxe  iorni  a  dare  soccorso  »  e  finiva,  non 
senza  una  certa  punta  d'ironia,  dicendo  che  il  Casti- 
glione aveva  preso  il  pretesto  di  quelle  lettere  per 
lasciare  il  campo,  pieno  di  disagi  e  di  pericoli,  e  tornar- 
sene in  città;  pur  tuttavia  appariva  dal  complesso  che 
il  Canale  aveva  timore  dell'  accusa  di  voler  aiutare  i 
«cappellacci >\  molti  dei  quali  eransi  allora  rifugiati  a 
Finale  (').  La  lettera  del  signor  di  Finale  non  doveva  in 
realtà  contener  nulla  di  grave;  il  Bervey  infatti, scrivendo  di 
aver  incontrato  sopra  S.  Remo  il  Castiglione,  affermava 
che  questi  gliela  aveva  fatta  leggere  ed  a  lui  era  parso 
che  «  per  quella  non  si  avessi  a  partire  »  C').  Ciò 
non  pertanto  nella  città  sorsero  contese  e  grida  par- 
tigiane; il  Ferro  fu  sottoposto  a  torture  per  indurlo  a 
palesare  i  segreti  che  doveva  conoscere,  ma  egli 
disse  soltanto  che  erasi  colà  recato  per  comprare  due 
colubrine  ed  altri  arnesi  di  guerra  nel  caso  che  la  cit- 
tadella di  Monaco  fosse  caduta.  A  salvarlo  da  più 
gravi  tormenti  giunse  in  buon  punto  una  provvidenziale 
lettera  del  suo  signore,  nella  quale  eranvi  tali  prove 
della  affezione  di  lui  alle  vigenti  istituzioni  che  il  senato 
decretò,  sull'innocenza  del  padrone,  di  usare  qualche 
riguardo   al   suo  servo  e  di   giudicarlo    in    bono  modo  (') 


(i)  Cfr.  in  Appendice,  Doc.  XXIV. 

(2)  Cfr.  in  AppendiccT  Doc.  XXVI. 

(3)  La  lettera  del  signor  di  Finale  è  pubblicata  in  Appendice,  Doc.  XXV 
il  nome  del  servo  che  in  dialetto  era  Ferro  de  la  Pria  (Pietra  Ligure)  viene 


144  Anno   l5o6 

Malgrado  tutte  codeste  prove  ,  fu  deliberato  nello 
stesso  giorno  di  sostituire  i  commissari  sospetti  con 
due  nuovi  cittadini,  Giorgio  di  Zoagli  e  Benedetto  Cere- 
sa;  ma  neppure  essi  soddisfecero  alla  maggioranza  perchè, 
sebbene  scelti,  come  di  legge,  uno  dai  Fregoso  e 
l'altro  dagli  Adorno,  non  si  equivalevano  nella  attività 
politica  :  il  Zoagli,  Fregoso,  era  troppo  tepido,  mentre 
il  Ceresa  era  un  partigiano  troppo  arrabbiato  degli  Ador- 
no; perciò  il  giorno  dopo  (19  dicembre)  furono  eletti 
in  loro  vece  Teramo  di  Baliano  e  Bernardo  Castiglione 
('),  scelti  tra  gli  officiali  della  Balia.  Costoro  andavano 
a  Monaco  non  come  colleghi  di  quelli  che  già  vi  si 
trovavano,  ma  come  supremi  comandanti,  con  autorità 
di  dimettere  subito  dal  loro  officio  gli  altri  commissari 
o  di  adibirli  per  quel  mese  in  ciò  che  loro  paresse 
meglio;  dovevano  lasciare  al  capitano  Tarlatino  amiiio 
potere  sui  soldati  e  sulle  cose  pertinenti  al  suo  officio, 
anzi  erano  pregati  di  fargli  sempre  buon  viso  e  di 
trattarlo  con  tutti  i  riguardi  ed  assicurarlo  che,  se  le  cose 
sarebbero  andate  bene ,  la  repubblica  avrebbe  saputo 
dimostrargli  la  sua  riconoscenza  ;  lo  sollecitassero  a  pro- 
cedere «  con  più  celerità  e  cautella  sia  possibile  »  per 
non  andare  incontro  a  nuove  spese,  poiché  le  presenti 
erano  già  gravissime;  si  dava  ai  commissari  ampia  fa- 
coltà di  far  pratiche  per  ottenere  col  denaro  la  consegna 
di   Monaco,   pur  badando  a   non   interrompere   nel    frat- 


mutato  nella  lingua  dotta  curiale  in  Nicolaus  Ferrarius  come  si  legge  nella 
nota  del  senato  posta  in  calce  alla  lettera  del  signor  di  Finale. 
(i)  Cfr.  Diario,  iS,   19  dicembre. 


L'asse Jio  di  Monaco  140 


tempo  l'opera  di  espugnazione  del  castello  a  fine  di 
non  rimanere  poi  colle  mani  vuote;  si  avvertivano  che 
Giorgio  di  Zoagli  avrebbe  loro  consegnati,  prima  della 
partenza,  i  denari  per  la  nuova  paga  d'un  mese  alle 
truppe;  si  raccomandava  in  ultimo  di  tenere  a  segno 
quelle  genovesi  e  le  rivierasche  che  sarebbero  venute 
tra  poco  ad  aumentarne  il  numero.  Queste  le  istruzioni 
date  a  loro  il  20  dicembre,  da  cui  emerge  chiaramente 
quanto  stesse  a  cuore  ai  genovesi  la  buona  riuscita 
della  impresa  nella  quale  erano  impegnati  la  loro 
reputazione  e  il  loro  onore  (').  Essi  avevano  infatti 
deliberato  di  «  fare  tanta  gente  quanta  si  poteva  »  e 
avevano  mandata  una  grida  che  «  ogniuno  chi  volesse 
toccar  dinari,  ne  venisse  a  prender  »  (in  altre  parole, 
assoldavano  milizie);  avevano  pure  ordinato  a  tutti 
i  banchieri  di  tenere  aperti  i  loro  banchi  «  con  li  loro 
cassieri  e  scrivere  e  pagare  fino  alla  terza  festa  di 
Natale,  festa  o  non  festa,  sotto  pena  di  ducati  cento 
applicati  all'  officio  di  Monaco  »  (^)  ;  inviavano  nella 
Riviera  di  Ponente  i  commissari  Gaspare  de  Franchi  e 
Raffaele  della  Torre,  i  quali,  cominciando  da  Pietra  Li- 
gure, andassero  di  paese  in  paese  e  convincessero  quelle 
popolazioni  a  dare  aiuti  di  tutte  le  specie;  avevano 
pieni  poteri  di  cambiare,  là  dove  credessero  bene,  il  tri- 
buto pecunario  in  tanti  uomini  atti  alle  armi  purché  si 
obbligassero  di  stare  al  campo  sino  a  guerra  finita  e 
di  sostenere  tutte  le  spese;   se  invece  ai    due    commis- 


(i)  Queste  istruzioni  vennero  pubblicate  da  G.  Cam-ioaris,  op.  c/7.,  pag.  G^i. 
{2)  Cfr.  Diario,   kj  dicembre. 


146  Anno  l5o6 

sari  paresse  meglio  di  esigere  le  tasse  dalle  diverse 
comunità  ed  assoldare  coi  denari  ricavati  un  certo  nu- 
mero di  uomini  (la  paga  per  ognuno  di  questi  non  do- 
veva però  sorpassare  le  Lib.  8),  (')  facessero  a  loro  talento; 
In  questo  mentre  i  genovesi  mandavano  senza  indu- 
gi munizioni  e  vettovaglie  al  campo.  Era  una  gara, 
dice  il  diarista,  tra  i  cittadini,  nell'offrire  denari  e  milizie; 
popolo  minuto  e  popolo  grasso,  tutti  s'interessavano  alla 
buona  riuscita  della  guerra  ed  ogni  giorno  partivano 
navi  cariche  di  grano,  di  farina  e  persino  di  pane  già  cotto, 
alla  volta  dell'estrema  Riviera  (^).  Ma  la  concordia  era 
solo  apparente;  v'era  sempre  1'  animosità  di  parte  che 
lacerava  internamente  la  città  e  ne  divideva  le  forze. 
Quante  volte  si  era  tentato  di  porre  fine  alle  contese  fra 
gli  Adorno  e  i  Fregoso,  altrettante  esse  erano  risorte;  nel 
giorno  stesso  in  cui  il  diarista  rileva  con  piacere  il 
comune  interesse  dei  cittadini  per  l'assedio  di  Monaco, 
deve  far  notare  che  nella  città  il  partito  Fregoso  ha 
voluto  mutare  i  cancellieri  di  Palazzo  e  quelli  di  San 
Giorgio  perchè  erano  tutti  di  parte  Adorno,  così  furono 
scelti  quattro  cittadini  dell'uno  e  quattro  dell'  altro 
partito  per  «  regolare  li  offici  »  ('),  segno  non  dubbio 
che  i  Fregoso  in  quel  momento  erano  prevalenti.  Il  2  i 
dicembre  Teramo  di    Ballano    e     Bernardo     Castiglione 


(i)  Cfr.- Diversoriim  Filza  63.  Le  lettere  patenti  vennero  loro  date  il  19 
dicembre;  Pistruzione  il  20.  Oltre  al  provvedere  denari  e  fanti  per  Timpresa, 
ì  due  commissari  dovevano  anche  aver  cura  di  rassicurare  le  popolazioni 
della  Riyiera  che,  preso  Monaco,  non  si  sarebbero  imposte  altre  tasse. 

(2)  Cfr.  Diario^  20-21   dicembre. 

(  j)  Ved.  in  Diario,  2  i    dicembre,  i  nomi  degli  otto  eletti. 


L'assedio  di  Monaco  147 

partivano  per  Monaco  preceduti  da  una  lettera  della 
Balia  al  Tarlatino  ed  agli  altri  commissari,  annunzian- 
te  il  loro  arrivo  e  l'ordine  che  tutti  avrebbero  dovuto 
obbedire  ad  essi  (')  ;  il  22  ne  arrivava  una  scritta 
da  Paolo  Battista  Giustiniani,  in  cui  dopo  molte  circon- 
locuzioni e  lunghe  considerazioni  riusciva  a  dire  che  ad 
espugnare  la  rocca  di  Monaco,  sarebbe  occorsa  una 
forza  di  molto  superiore  a  quella  che  disponevano; 
che  i  capitani  Tarlatino  e  Pietro  Gambacorta,  radunati 
a  consiglio,  con  tutti  i  commissari,  con  Gaspare  di 
Goano  e  Luigi  di  Bervey,  e  interrogati  se  fossero  in 
grado,  con  gli  aiuti  che  stavano  per  giungere,  di  con- 
durre a  termine  l'impresa,  avevano  risposto  facendo 
osservare  in  quali  condizioni  si  trovavano,  che,  oltre  ad 
assediare  la  città,  dovevano  ormai  tener  fronte  agli 
avventurieri  accampati  alla  Turbia,  quindi  erano  neces- 
sari altrettanti  soldati  da  contrapporre  ;  se  poi  si  vole- 
va stringere  da  vicino  la  fortezza,  bisognava  collocare 
l'artiglieria  «  al  luoco  deputato  »  (probabilmente  in  quel 
giardino  di  cui  già  si  è  fatto  menzione)  e  allora  faceva 
d'uopo  difenderla  con  certo  numero  di  fanti  dalla  parte 
di  Ponente,  vale  a  dire  dalla  parte  di  Nizza  e  sulle 
montagne  vicine  per  impedire  qualche  irruzione  improv- 
visa; ma,  dividendosi  le  forze,  scemava  la  potenzialità  del 
campo  che  aveva  invece  bisogno  di  un  forte  contin- 
gente di  truppe  per  la  difesa  dell'artiglieria  minuta  ed 
in  special  modo  per  dar  battaglia  a  tempo  opportuno; 
perciò,   tutto  considerato,   credevano  abbisognassero  tre 


(1)  Lettera  del  20  dicembre   pubbl.  da  G.  Saigk,  op.  cit.^  T.  II.  pag.  yi. 


148  Anno     l5oó 

mila  fanti,  coi  quali  si  poteva  sperare  «  con  lo  aiuto 
de  Dio  »  di  fare  bene  e  presto,  altrimenti  c'era  da  te- 
mere che  le  cose  andassero  in  lungo  e  volgessero  in 
peggio.  La  lettera  raccomandava  agli  officiali  della  Balia 
di  essere  solleciti,  che,  come  avevano  detto  gli  stessi 
Anziani,  «  il  tempo  potria  parturir  molte  cosse  le  cjuali 
sariano  contrarie  »  (');  nella  scelta  dei  fanti  ricorda- 
vano di  preferire  i  forestieri  e,  se  non  fosse  stato  pos- 
sibile trovarne  al  momento,  ricorressero  anche  a  (|uelli 
delle  podesterie  purché  fossero  buoni  e  disciplinati,  e 
non  bravacci  e  partigiani  arrabbiati  come  alcuni  che 
già  si  trovavano  al  campo;  in  fine  scegliessero  il  meno 
male  possibile  e  celermente;  fatta  poi  domanda  di  un 
nuovo  approvigionamento  di  polvere,  perchè  molta  se 
ne  era  consumata  nei  tiri  dei  giorni  precedenti,  e  così 
pure  di  una  nuova  provvista  di  passatori  per  i  bale- 
strieri che  erano  cresciuti  di  numero,  di  tavole  e  tavo- 
loni da  porsi  sotto  alle  artiglierie  e  di  altro  legno  per 
aggiustarne  le  ruote,  poiché  alcune,  essendo  state  co- 
struite per  artiglierie  da  nave,  erano  molto  fragili  e 
si  erano  spezzate;  il  Giustiniani  nella  sua  lettera  accen- 
na pure  ad  un  fatto  d'armi  di  una  certa  importanza 
e  dice  che  il  giorno  innanzi,  nelle  ore  del  pomeriggio, 
i  fanti  della  Turbia  avevano  assalito  i  genovesi  e  che 
l'attacco  era  stato  fatto  unicam(Mite  per     distrarli     dal- 


(i)  Tali  parole  erano  infatti  state  scritte  in  una  lettera  del  14  dicembre 
ai  commissari.  Gli  Anziani  raccomandavano  in  essa  «  de  uzare  ogni  diligentia 
«  per  mettere  fine  a  P  impreza  perochè  il  tempo  po''  partorire  de  molte 
«  cosse  non  buone  ».  G.  Saige,  op.  cit.,  Tomo  II,  pag.  72. 


L'Assedio  di  Monaco  149 


l'arrivo  contemporaneo  di  certi  aiuti  e  cioè  di  «  fanti 
L  perfino  in  LX  homini  tutti  yhopetieri  et  balestrieri  » 
che,  venendo  da  Nizza,  entravano  indisturbati  in  Mo- 
naco. Erano  milizie  che,  per  quanto  s'  era  inteso, 
inviava  Gian  Giacomo  Trivulzio  per  ordine  degli  ami- 
ci di  Ansaldo  Grimaldi  (')  e  con  esse  erano  entrati 
in  Monaco  anche  il  signore  della  Motta  e  Manuele  di 
Gattières  C);  aggiungeva  che  l'anima  di  tutto  questo 
movimento  in  favore  dei  monegaschi  era  il  fratello  di 
Luciano  Grimaldi,  Agostino,  vescovo  di  Grasse,  il  quale 
era  sempre  a  Nizza  o  alla  Turbia  (')  ed  aveva  dato 
ai  sessanta  teste  accennati  il  resto  della  paga  e  pare 
avesse  pure  pagato  gli  avventurieri  della  Turbia  con  due 
scudi  ciascuno  (probabilmente  per  l'aiuto  prestato  al- 
l'entrata delle  soldatesche  in  Monaco  ),  ma  molti  di 
essi  non  li  avevano  neanche  voluti  e  gridavano  e  mi- 
nacciavano, forse  perchè  a  loro  sembrava  troppo  esigua 
la  ricompensa  ;  dopo  questi  avvenimenti,    continuava  il 


(1)  Ansaldo  apparteneva  alla  famiglia  dei  Grimaldi  di  Genova  ed  aveva 
sposato  la  figlia  di  Luca  Grimaldi  d"'Antibes.  Per  maggiori  notizie,  cfr.  G. 
Saige,  op.  c/V.,  Indice  dei  nomi. 

(2)  Il  della  Motta  era  stato  a  Genova  col  governatore  (Cfr.  Diario,  24 
dicembre).  Manuele  di  Gattières  era  certamente  un  Grimaldi  poiché  un  ramo 
di  questa  famiglia  era  signore  di  quel  luogo.  Nel  Doc.  XXIV  è  nominato 
un  «  Jacheto  de  Grimaldo  dicto  de  Gatera  »  che  è  poi  il  Francesco  Gri- 
maldi di  Gattières  al  quale  è  diretta  una  lettera  pubbl.  dal  Saigb  op.  cit. 
T.  II,  pag.  41.  Vedi  anche  errata-corrige  in  fondo  al  detto  Tomo. 

(3)  Anche  il  Saige,  (op  cit.,  Introd.  pag.  LUI)  attingendo  alla  Relapone 
citata,  ricorda  che  Agostino,  vescovo  di  Grasse,  si  mise  da  Nizza  in  rela- 
zione cogli  ofiìciali  reali  della  Provenza,  mentre  sua  sorella  Francesca  aveva 
fatto  di  Dolceacqua  il  centro  delle  informazioni  che  venivano  dal  milanese. 

II 


150  Anno   l5o6 

Giustiniani,  i  commissari  genovesi  avevano  presa  una 
decisione  che  poteva  parere  inconsulta;  avevano  cioè 
fatta  ricaricare  tutta  l'artiglieria  di  grosso  calibro  e 
molta  parte  di  quella  piccola  sulle  barche,  lasciandone 
al  loro  posto  soltanto  sei  pezzi,  e  le  ragioni  di  ciò 
erano  due  :  prima,  che  l'artiglieria  non  era  al  suo 
posto  poiché  si  sarebbe  dovuto  collocarla  nel  giardino 
presso  la  mura;  secondariamente  perchè,  essendovi  con- 
tinuo pericolo  di  scaramucce  coi  fanti  della  Turbia, 
era  meglio  levarla  per  valersi  della  truppa  che  doveva 
restare  a  ditenderla  ('),  In  verità,  sebbene  non  siano 
soverchiamente  importanti  le  ragioni  addotte,  chiunque 
le  accetterebbe  per  buone,  ma  il  diario  ci  informa  che 
tutt'altra  era  stata  la  causa  di  quell'  imbarco:  proprio  il 
dì  stesso  che  il  Giustiniani  scrixeva  la  sua  lettera  (22 
dicembre)  erasi  sparsa  pel  campo  la  voce  che  in  Genova 
i  partiti  si  erano  levati  in  armi  e  venuti  alle  mani,  e  così 
il  capitano  per  maggiore  sicurezza  aveva  fatto  caricare 
l'artiglieria  sulle  barche;  ma  alla  sera,  essendo  giunte 
munizioni  da  guerra  e  con  esse  probabilmente  notizie 
rassicuranti,   la  si   era  di    nuovo  scaricata  (^). 

Le  milizie  in  gravi  condizioni.   • 

Questo  fatto  basterebbe  da  solo  a     darci    un     idea 
delle  continue  apprensioni  in   cui  doveva   essere   l'eser- 


(i)  Cfr.  in  Appendice,  Doc.  XXX. 

(2)  La  voce  delle  lotte  intestine  di  Genova  doveva  però  essere  stata 
molto  insistente  se  qualche  giorno  dopo  era  giunta  a  Genova  la  notizia 
che  il  capitano  aveva  fatto  impiccare  uno  spagnuolo  che  voleva  entrare  in 
Monaco  per  avvisare  gli  assediati  delle  condizioni  interne  di  Genova.  Cfr. 
Diario,  26  dicembre. 


L'assedio  di  Monaco  l5l 


cito  genovese;  venuto  per  assediare  Monaco,  si  era 
trovato  invece  chiuso  fra  le  mura  della  valida  fortezza 
ed  il  campo  della  Turbia  e  minacciato  dal  governa- 
tore di  Nizza;  le  comunicazioni  con  Genova  poco  sicure 
per  terra,  poiché  si  passava  per  territori  infeudati  a 
nobili,  avversi  ai  popolari  ed  alla  impresa  da  essi  ten- 
tata ,  non  dovevano  neppure  essere  molto  sicure  per 
mare,  essendovi  sempre  da  temere  qualche  mossa  im- 
provvisa delle  galee  del  Grimaldi,  che  eransi  ritirate 
a  Nizza  (');  l'insieme  stesso  delle  milizie  non  denotava 
alcuna  compattezza;  le  mercenarie  pensavano  a  far  de- 
naro e  tener  cara  la  loro  vita,  le  altre,  composte  di  uo- 
mini raccolti  in  città  e  nelle  Riviere,  che  formavano  il 
contingente  maggiore  e  che  avrebbero  dovuto  essere 
più  disciplinate  ed  interessate  al  buon  esito  di  co- 
desta lotta,  erano  invece  agitate  e  turbolente.  I  com- 
missari hanno  spesso  da  lagnarsi  che  i  loro  concitta- 
dini portino  l'odio  di  parte,  causa 'di  disordini  e  di  liti 
fin  sotto  le  mura  di  Monaco.  I  rivieraschi  poi,  molto 
probabilmente  tutti  poveri  contadini  poco  atti  alle  ar- 
mi, appena  giunti  al  campo,  col  favore  della  notte, 
prendevano  la  via  dei  monti  e  non  si  facevano  più 
vivi,  o  se  restavano  tra  le  file  s'  impaurivano  talmente 
appena  udivano  un    colpo  di    bombarda,    che  non    era 


(i)  In  una  lettera  ai  commissari  (12  dicembre)  Tufficio  di  Balia  li  avvisa 
che  «  se  intende  una  delle  galee  de  messer  Luciano  esser  stata  tirata  in 
«  Villafranca.  Il  perchè  vi  se  dice  che  cum  ogni  industria  vediate  se  possi- 
«  bile  fusse  prenderle  tutte  doa  o  bruxarle  perchè  seria  grandementi 
«  al  proposito  ».  (Cfr  Saige,  op.  cit.,  pag.  Ci6).  Il  desiderio  di  Genova  non 
fu  però  soddisfatto. 


l52  Anno    iSo^ 

possibile  adibirli  ad  alcun  servizio,  così  soltanto  pochi 
di  loro  erano  stati  mt^ssi  come  scolte  sui  monti  vicini  ('). 
Almeno  i  capi  fossero  stati  lodevoli  !,  ma  neppure  essi 
mostravansi  degni  delFalto  officio  che  coprivano.  Il  solo 
fatto  d'essersi  posti  in  una  impresa  così  ardua  senza  misu- 
rarne le  difficoltà  e  colla  persuasione  di  potere  in  breve 
ora  aver  ragione  di  una  fortezza  munita  dalla  natura 
del  luogo  e  validamente  difesa,  ci  dà  indizio  di  una 
completa  assenza  di  pratica  militare;  se  poi  si  ag- 
giunge che  molti  commissari  erano  stati  tolti  dai 
loro  traffici  lucrosi  per  andare  a  tenere  in  obbedienza 
una  soldatesca  turbolenta,  infida,  traditrice,  alla  quale 
occorrevano  invece  uomini  esperti  dalla  mano  di  ferro, 
era  più  che  previdibile  una  disastrosa  fine.  Gli  stessi 
officiali  che  ora  diremmo  di  contabilità  e  di  sussistenza 
non  conoscevano  bene  le  loro  mansioni;  Luioi  di  Bervev 
cancelliere  dell'officio  di  S.  Giorgio,  divenuto  d'un  tratto 
provveditore  degli  stipendi  alle  truppe  e  di  tutte  le 
altre  spese  adempiva,  è  vero,  le  sue  nuove  attribuzioni 
con  tanto  zelo  da  meritarsi  le  lodi  dei  commissari,  ma 
era  già  vecchio  e  quindi  incapace  di  sostenere  le  fatiche 
del  campo  ('');  un  certo  Battista  di  Chiavari,  che  non 
si  era  mai  occupato  di  farine  e  di  forni,  lo  dice  egli 
stesso  in  una  sua  lettera,  era  mandato  a  Ventimiglia 
per  cuocere  il  pane  alle  truppe,  poiché  la  signoria  erasi 
finalmente  accorta  essere  faticoso  e  mal  sicuro  inviarlo 


(i)  Cfr.  in  Appendice,  Doc.  XXX. 

(2)  In  una  lettera  (4  genn.  i  boj)  dei  due  supremi  commissari  leggesi  che 
«  Lodisio  (de  Bervey)  fa  bene  e  dilligentementi  lo  officio  suo  cum  grande 
«  fatiche  et  travagi,  maxime  attesa  la  età  soa  ».  Cfr.  Appendice  Doc.  XXXIV. 


L'assedio  di  Monaco  i53 


ogni  giorno  da  Genova  (');  e  non  basta,  anche  l'illustre 
ingegnere  Ambrogio  Gioardo,  a  cui  era  stata  affidata 
la  direzione  di  tutta  l'artiglieria,  dava  segni  non  dubbi 
di  essere  impari  alla  sua  missione,  e,  per  coronare  l'opera, 
c'era  l'eterno  antagonismo  tra  gli  Adorno  e  i  Fregoso 
pel  continuo  timore  che  un  partito  prendesse  sull'altro 
troppa  autorità. 
Minacce  dei  nobili  fuorusciti;   Genova   k  Savona. 

Tutto  questo  al  campo;  in  Genova  grande  ansia 
per  le  notizie  poco  liete,  fuori  di  Genova  i  nobili  che 
ordivano  congiure  a  danno  del  nuovo  governo  ed  aiu- 
tavano i  nemici  pur  di  potere  tornare  padroni  della  re- 
pubblica. I  popolari  infatti  sapevano  che  i  gentiluomini 
raccolti  in  gran  numero  a  Savona  avevano  assoldati  a 
difesa  di  essa,  700  fanti  e  i  50  cavalli  (^)  e  cercavano  di  soc- 
correre in  tutti  modi  i  Grimaldi  di  Monaco;  ed  è  senza 
dubbio  a  questo  armeggio  che  si  riferisce  una  lettera, 
mirabile  per  finezza  non  disgiunta  da  una  certa  ironia, 
che  il  comune  di  Genova  (27  dicembre)  scrisse  al  go- 
vernatore signore  d'Allègre.  In  essa  si  rilevava  il  fatto 
che  in  Savona  molti  nobili  cercavano  di  porre  ostacoli 
all'impresa  di  Monaco  «  tanto  insta  et  honesta  et  tan- 
to desiderata  se  potria  dire  da  tutto  el  mondo  >^  e  inco- 
minciata   «  con  saputa  del    Christianissimo    Re    nostro 


(i)  La  lettera  è  del  i.  gennaio  i5o7  (Diversorum  Filza  64)  e  tra  Taltre 
dà  questa  notizia  :  «  et  perchè  siate  advizati  ad  compimento,  se  fa  ogni 
«  iorno  da  mine  cinquanta  in  sessanta  de  pane  ».  Si  raccomanda  di  man- 
dare presto  «  da  ducento  in  trecento  mine  de  grano  a  ciò  che  non  man- 
«  chasse  v'ctoalia  a  lo  campo  ». 

(2)  Cfr.  Diario.  2 1   dicembre. 


l54  Anno   l5o6 

Signore  e  del   suo  qui   Locumtenente  »    (si   noti  la    de- 
strezza della  frase,   era  vero  che  il  re  ne  era  informato, 
ma  non  si  dice  che  egli  la  disapprovasse).   Ma  oltre  a 
.ciò  era  noto  agli  Anziani  che   il  signor  d'Allègre    ave- 
va manifestato  al   Roccabertino  il  timore  che    dopo    la 
presa  di  Monaco  i  genovesi  intendessero  di  volgere    le 
armi  contro  Savona,   e  di  questa  vana  paura  essi  face- 
vano le    più    alte    meraviglie,    esclamando    parere  loio 
assai   strano    che  si  potesse  credere  che  essi  volessero 
assalire  luoghi  soggetti  a  Genova  ed  alla  maestà   del  re 
«  de  lo  quale  noi   siamo  subiecti  e  vogliamo    essere  > 
e  con  fine  ironia  lo  consigliavano  che,   se  avesse  dato 
principio  a  qualche  spesa  per  la  difesa   di  Savona  con- 
tro i    genovesi,   tralasciasse  pure  di  continuarla.   Poi  la 
lettera  muta  tenore    e    ammonisce  il   d'Allègre   a  voler 
impedire  le  macchinazioni  dei   nobili  contro     la     quiete 
di   Genova,   poiché,   se    non    si    asterranno,   vi   si  saprà 
porre  rimedio,   ma  nel   post-scriptum  ritorna  l'ironia:  gli 
Anziani,  avendo  saputo  che     un      uomo    del    d'Allègre 
aveva  trovato  difficoltà    ad    acquistare  in  Genova    due 
dozzine  di   lancioni,   avevano  tosto  ordinato  che  ne  fos- 
sero caricate  tre  dozzine  sulla  prima  barca  libera  e  di 
quelle  facevano   «   uno  piccolo  presente   »     al    governa- 
tore aggiungendo  che  se   sua     Signoria     avesse     avuto 
bisogno  d'altro,  li  avrebbe  sempre   trovati   pronti  a  ser- 
virlo (').   Questa  lettera  ci  offre  il  mezzo    di  argomen- 


(i)  Cfr.  Appendice,  Doc.  XXXI.  A  questa  lettera  ne  andava  unita  un^altra 
per  gli  Anziani  di  Savona  in  cui  essi  ripetevano  rammonizione  di  impedire 
le  macchinazioni  dei  nobili,  ricordavano  i  favori  resi  a  Savona  in  onore  di 
papa  Giulio  II  e  li  esortavano  a  deporre  le  «  fantaxie  »  di  un  assalto  ge- 
novese. 


L'assedio  di   Moniaco  l55 


tare  come  Savona  fosse  realmente  intimorita  dai  rapi- 
di progressi  dei  popolari  e  come  essi  sapessero  bravare 
i  superbi  gentiluomini  riparati  non  soltanto  a  Savona 
ma  alle  corti  dal  duca  di  Savoia  (')  e  a  quella  dd  re  di 
Francia  C),  per  impetrare  da  quei  signori,  aiuti  per  ri- 
tornare in  Genova  ;  due  Grimaldi,  óua  d'Oria  e  un 
Pleschi  operavano  più  apertamente  a  danno  della  loro 
patria,  portando  alla  Turbia  denari  per  le  truppe  che  eransi 
colà  raccolte  in  soccorso  dei  monegaschi  (^).  In  questo  scor- 
cio di  dicembre  anche  il  duca  di  Savoia  mostravasi  avver- 
so ai  genovesi:  il  27  egli  inviava  al  suo  governatore  di  Niz- 
za l'ordine  di  preparare  milzie  in  quel  contado  e  te- 
nerle pronte  per  la  chiamata  alle  armi  (^).  Bernardo 
Veneroso,  arrivato  il  26  da  Torino,  confermava  che  il 
duca  erasi  risolutamente  schierato  con  i  nemici  di  Ge- 
nova e  cercava  danari  per  assoldar  gente  in    aiuto    di 


(1)  Vedi  patenti  di  salvaguardia  a  favore  del  nobile  Battista  de  Marini 
genovese,  esule  dalla  patria  per  aver  seguito  le  parti  del  re  di  Francia,  in 
Galligaris,  op.  cit.,  pag.  661. 

(2)  Da  una  lettera  (24  dicembre)  di  Paolo  de  Franchi  e  Simone  del 
Giogo,  ambasciatori  popolari  alla  corte  di  Luigi  XII,  veniamo  a  sapere  che 
mentre  essi  non  avevano  potuto  mai  ottenere  udienza  dal  re,  Gian  Luigi 
Fieschi,  giunto  a  Blois  il  18  (il  Pandolfini  in  una  lettera  del  14  dicembre 
ai  Dieci  li  avvisava  che  il  Fieschi,  imbarcatosi  a  Roma,  sarebbe  giunto  a 
Blois  «  per  la  fiumana  »  entro  due  giorni.  Gfr.  Desjardins,  op.  cit.,  T.  III.) 
aveva  ottenuto  una  udienza  particolare  dal  re  il  19  ed  una  seconda  il  20 
con  Stefano  Vivaldi  e  gli  altri  ambasciatori  nobili.  Cfr.  Diversorum  Filza  63. 

(3)  Gfr.  Diario^  26  dicembre.  Nei  primi  giorni  di  gennaio  un  brigantino 
pisano  catturò  presso  Monaco  due  nobili:  Francesco  Fieschi,  fratello  del 
cardinale  e  Giofredo  Lomellino,  i  quali  dichiararono  di  esser  diretti  verso 
la  Provenza  5  molti  però  opinavano  che  andassero  a  Monaco  colla  paga  da 
dare  ai  soldati.  CAv.  Diario,  8  gennaio. 

(4)  Gfr.  Galugaris,  op.  cit.^  Doc.  X,  pag.  645. 


l56  Anno   l507 

Monaco  (').  Tuttavia  gli  Anziani,  sperando  di  mitigar- 
ne lo  sdegno,  rinviarono  il  loro  fido  ambasciatore  a 
Torino  (28'dicembre)  dandogli  ampi  poter'  di  venire  ad 
un  accordo  e  concedendogli  di  spendere  in  ricchi  doni 
e  presenti  per  propiziarsi  l'animo»  dei  consiglieri  del 
duca  {'). 

Il  principio  del  nuovo    anno     1507;  l'assalto    del     2 

GENNAIO. 

Così  ebbe  fine  in  Geno\a  il  1506;  il  principio  del 
nuovo  anno  portava  con  se  molte  ansie,  molte  appren- 
sioni. Le  fiere  inimicizie  coi  nobili  fuorusciti,  le  conte- 
se colla  corte  sabauda  e  con  quella  di  Francia  davano 
molto  da  pensare  ai  reggitori  dello  stato.  L'impresa  di 
Monaco  assorbiva  forze  preziose  e  denari  moltissimi 
senza  un  accenno  a  sortire  un  lieto  fine  e  sì  che  nel 
gennaio  si  era  ancora  in  un  periodo  di  grandi  illusioni 
sulla  facile  oppugnazione  della  rocca!  Basti  ricordare  che  i 
due  supremi  commissari  erano  partiti  con  l'ordine  di 
bandire,  appena  giunti  al  campo,  che  conquistato  Mo- 
naco, se  ne  permetterebbe  ai  soldati  il  sacco  (eccettua- 
tane l'artiglieria)  e  si  sarebbe  dato  ad  ognuno  il  doppio 
della  paga;  invece  nelle  loro  prime  lettere  agli  officiali 
della  Balia,  essi  dovevano  riconoscere  la  mirabile  difesa 


(i)  Diario^  26  dicembre. 

(2)  Diario,  28  dicembre.  A  questa  data  è  pure  riferita  la  notizia  à.\m  abboc- 
camento avvenuto  pochi  giorni  prima  tra  i  commissari  genovesi  al  campo  ed  il 
governatore  di  Nizza,  Claudio  de  Pallud,  conte  di  Petite  Pierre,  barone  di 
Varambon  per  tentare  un  accordo  col  duca  di  Savoia,  riguardo  alla  presa 
di  Monaco.  I  patti  proposti  dal  Pallud  si  possono  leggere  nel  Diario]  ma  é 
certo  che  essi  non  furono  accettati. 


L'assedio  di  Monaco  157 


del  castello,  esprimere  dubbi  sulla  brevità  dell'assedio 
e  descriverne  una  giornata  disastrosa.  Infatti  il  due 
gennaio  l'artiglieria,  collocata  finalmente  presso  le  mura 
e  difesa  da  appositi  ripari,  aveva  incominciato  sui  pri- 
mi albori  e  tuonare  contro  le  mura  e  gli  spaldi,  apren- 
dovi, dopo  una  trentina  di  colpi,  una  larga  breccia;  ma 
le  artiglierie  della  fortezza,  messesi  a  tirare  con  vee- 
menza e  rapidità  al  traverso  dei  pezzi  genovesi  ne  ro- 
vinarono gli  affusti  e,  oltrepassando  i  ripari,  colpirono  a 
morte  alcuni  bombardieri  e  recarono  tale  scompiglio 
fra  essi  e  gli  uomini  addetti  ai  cannoni,  da  costringerli- 
a  sospendere  il  fuoco  e  a  ritrarsi.  I  commissari  ricono- 
scevano che  i  ripari  erano  stati  mal  costrutti,  ma  non  si 
era  potuto  fare  di  meglio  per  la  scarsità  dei  cosidetti«  gua- 
statori »  e  per  la  poca  valentia  e  mala  disposizione  dei 
soldati  delle  compagnie,  i  quali  rifiutavansi  di  fare  quei 
lavori,  dicendo  di  essere  soldati  e  non  zappatori:  questi, 
scrivevano  tristemente  i  commissari,  erano  gli  aiuti  dei 
rivieraschi  che  colla  loro  venuta  avevano  fatto  cre- 
dere sufficiente  il  numero  degli  armati,  mentre  non 
erano  che  d'  impiccio  e  senza  di  loro  si  sarebbe  potu- 
to provvedere  altrimenti.  Notificavano  che  nella  pros- 
sima notte  avrebbero  rafforzati  i  ripari  e  aggiustate  le 
artiglierie,  avendo  fatto  grande  ricerca  di  guasta- 
tori, ma.  confessavano  altresì  apertamente  che  l'im- 
presa sarebbe  stata  piìi  lunga  e  più  ardua  di  quello 
che  si  fosse  prima  immaginato,  non  potendo  mantenere 
intorno  a  Monaco  un  blocco  così  serrato  da  impe- 
dire l'ingresso  al  castello  di  milizie  ausiliarie  e  ciò  spe- 
cialmente dalla  parte  del  mare,  perchè  le  galee  ed  i  brigan- 


1.58  Anno   l507 

tini  genovesi  che  avrebbero  dovuto  meglio  vigilare,  si 
rifugiavano  troppo  spesso  nel  porto  di  Villafranca  non 
appena  spuntava,  durante  la  crociera,  il  pericolo  di 
qualche  burrasca.  La  lettera  passa  indi  alla  grave  que- 
stione delle  paghe.  Erano  trascorsi  pochi  giorni  dac- 
ché si  era  portato  una  forte  somma  per  le  mercedi 
che  scadevano  alla  fine  del  mese  e  già  si  doveva  pen- 
sare a  chiedere  altri  fondi  per  le  compagnie  il  cui  con- 
tratto scadeva  ai  quindici  poiché,  come  sempre,  avreb- 
bero chiesto  qualche  tempo  prima  se  si  rinnoverebbe 
la  ferma,  e  siccome  si  sarebbe  dovuto  riconfermarle, 
era  d'uopo  accontentarle;  ma,  dando  le  paghe  a  loro,  an- 
che gli  altri  soldati  le  avrebbero  volute;  ccisì  i  padri 
del  comune  dovevano  provvedere  in  tempo  «  perchè 
li   soldati   non   voleno   parole    ». 

Tristi  e  dolorose  condizioni  de'  tempi  !  ;  si  doveva 
dipendere  da  una  miserabile  genia  di  banditi  che  di- 
voravano colle  loro  pretese  le  risorse  d'uno  stato  e,  al 
momento  di  mostrare  il  proprio  coraggio,  ricusavano 
di  battersi  o  passavano  al  campo  avversario  o  si  ar- 
rendevano al  primo  urto:  questa  stessa  lettera  ci  offre 
pure  notizie  interessantissime  sui  vari  personaggi  che 
erano  al  campo:  il  capitano  Tarlatino  e  Pietro  Gamba- 
corta erano  degni  dì  gran  lode,  mentre  il  maestro 
Ambrogio  Gioardo,  il  famoso  bombardiere  a  cui  Ge- 
nova aveva  concesse  tante  prerogative  nominandolo 
«  inzegnero  >  delle  artiglierie,  era  impari  al  suo  grado; 
anzi  i  due  commissari  sarebbero  stati  per  prendere 
qualche  provvedimento  energico  se  la  sua  grande  im- 
perizia avesse  recato  danno  alla     impresa,   ma  siccome 


L'assedio  di  Monaco  iSg 


v'erano  al  campo  altri  artiglieri  pratici  e  ben  di- 
sposti, che  facevano  anche  la  parte  di  lui,  così  aveva- 
no pensato  di  passarvi  sopra.  Intanto  era  d'uopo  prov- 
vedere a  supplire  gli  artiglieri  morti  e  feriti,  ed  i  com- 
missari suggerivano  di  mandare  quello  di  Castelletto  ed 
un  maestro  Andrea  Merello  da  Sestri;  infine  chiedeva- 
no con  grande  istanza  che  inviassero  altre  persone 
per  aiutarli  nel  disbrigo  delle  varie  e  molteplici  facen- 
del  campo  (').  Nel  tempo  stesso  Luigi  di  Bervey  informa 
l'officio  addetto  all'impresa  di  Monaco  degli  avvenimenti 
della  giornata,  ripetendo  su  per  giù  le  cose  dette  dai 
commissari:  anch'egli  esprime  la  sua  meraviglia  e  lo 
stupore  di  aver  trovato  il  nemico  assai  più  forte  di 
quanto  si  era  dapprima  creduto,  dà  ordini  pel  riforni- 
mento delle  munizioni,  si  raccomanda  d'  inviare  buo- 
ni artiglieri  per  riparare  alla  nu'lità  di  Ambrogio  Gio- 
ardo  e  de'  suoi  compagni,  loda  invece  1'  opera  dei 
commissari,  del  capitano  Tarlatino,  di  Pietro  Gam- 
bacorta e  di  Domenico  Greco,  e  propone  agli  of- 
ficiali della  Balia  di  inviare  a  tutti  costoro  una  parola 
di  encomio  (').  I  danni  arrecati  dalle  artiglierie  mone- 
gasche non  si  poterono  riparare  con  tanta  prestezza 
come  i  commissari  avevano  creduto  e  la  causa  del 
ritardo  fu  la  grande  penuria  di  guastatori  che  furono 
ricercati  dappertutto;  mentre  Manuele  Canale  era  in- 
viato a  tal   uopo  per  la  Riviera,  i  commissari  scrivevano 


(i)  Cfr.  in  Appendice,  Doc.  XXXII. 
(2)  Cfr.  in  Appendice,  Doc.  XXXIII. 


l6o  Anno   l507 

a  Gaspare  de  Franchi  e  a  Raffaele  della  Torre,  che,  co- 
me vedemmo,  raccoglievano  danari  e  milizie  nella  Ri- 
viera di  Ponente  (20  dicembre),  raccomandando  ad  essi 
ed  a  Gerolamo  Alsate,  commissario  ad  Albenga,  di  re- 
clutarne senza  badare  a  spese;  ne  fecero  richiesta  per- 
sino a  Genova  perchè  se  ne  radunassero  da  duecento 
a  trecento  e  li  inviassero  «  cum  loro  sape  et  badili  » 
al  campo  e  pregavano  che  si  facesse  presto  perchè  le 
artiglierie  genovesi  tacevano  e  dal  momento  che  i  ri- 
pari erano  «  quasi  discoperti  »  avevano  dovuto  retro- 
spingerle  per  evitare  che  venissero  smontate  e  rovinate 
dal  tiro  dei  nemici,  ciò  che  pare  fosse  avvenuto  di  qualche 
cannone,  perchè  i  due  commissari  av\  isavano  di  essere 
«  quasi  certo  »  che  «  lo  peso  de  Piza  e  la  nostra  colum- 
«  brina  non  barano  malie  et  poterano  andare  apreso 
«  a  far  loro  debito  semper  che  serano  misi  al  suo  loco  ». 
Nel  frattempo  erasi  cercato  di  impedire,  o  almeno  di 
rendere  più  difficili  e  pericolose  le  comunicazioni  colla 
città  assediata,  facendo  occupare  da  alcune  truppe  i 
monti  dominanti  le  posizioni  di  Monaco;  ma  anche  per 
questi  soldati  occorrevano  armi  e  munizioni;  si  chiede- 
vano perciò  60  archibugi  con  un  grosso  munizionamento 
di  pallottole  (').    Malgrado   tali     precauzioni     il     campo 


(i)  Cfr.  in  Appendice,  Doc.  XXXIV.  Questa  notizia  viene  riferita  anche 
dal  Saigf,  che  dice  :  Il  fallait  reconnaitre  le  necessitò  d''  un  investissement 
«  plus  rigoureux.  Tarlatine  établit  des  retranchements  sur  les  hauteurs 
«  des  Moneghetti  et  celles  a  P  ouest  de  ce  plateau  avec  de  fortes  batteries 
«  destinées  à  hattre  ce  coté  de  la  place  dit  de  Serravalle  que  les  assiégés 
«  croyaient  avoir  suffisamment  défendu  par  Pescarpement  et  une  contremine 


L'assedio  di  Monaco  l6l 


era  di  frequente  messo  a  rumore  dall' irrompere  dei 
fanti  della  Turbia  che  attaccavano  scaramucce,  nelle 
quali  pur  troppo  c'era  sempre  da  lamentare  qualche 
perdita  (').  Il  5  gennaio  poi  vi  era  stata  una  vera 
azione  combinata  fra  quei  della  Turbia  e  gli  assediati. 
Verso  il  meriggio  i  primi  piombarono  improvvisamente 
sul  campo  mentre  i  monegaschi  irrompevano  con  una 
furiosa  sortita  contro  le  artiglierierie  genovesi,  riusciva- 
no ad  inchiodare  quattro  bombarde  e  avrebbero  fatto 
di  peggio  se  non  fossero  accorsi  i  genovesi  e  non  li 
avessero  costretti  a  ritirarsi  C).  Il  Saige,  accennando  a 
questo  fatto  d'armi,  aggiunge  che  se  i  soldati  di  Gia- 
como d'Allègre  non  fossero  stati  colti  da  panico,  quella 
sortita  sarebbe  forse  bastata  a  far  desistere  i  genove- 
si dall'assedio;  ora  se  è  vero  che  i  nemici  abbiano 
ottenuto  un  vantaggio,  poiché  i  cannoni  inchiodati  rima- 
sero inservibili  per  un  mese  ('),  è  fuor  di  dubbio  altre- 
sì che  Genova  preparava  con  ardore  e  in  gran  fretta 
soccorsi  al  suo  esercito  e  non  avrebbe  così  facilmente 
deposte  le  armi. 


«  placós  en  avant  de  la  muraille  ».  G.  Sa  gè.  Op.  c;7.,Tomo  li.  Introduzione 
pag.  LUI. 

(i^  Ad  esempio,  in  una  scaramuccia  del  J  gennaio  veniva  ucciso  un 
certo  Pietro  Francesco  <f  speciario  »  che  apparteneva  alla  «  compagnia  de 
«  li  speciari  ».  Cfr.  in  Appendice,  Doc.  XXXIV 

(2)  Cfr.  Diario,  8  gennaio. 

({)  Cfr.  G.  Saige,  op.  cit.^  T.  II,  Introd.  pag.  LUI.  Il  d'Auton  pure  (op. 
cit.^  Tomo  III,  pag.  226)  parla  di  questo  avvenimento  ma  erra  nel  segnarlo 
al  due  gennaio.  Probabilmente  chi  gli  espose  gli  avvenimenti  di  Monaco 
confuse  il  giorno  in  cui  le  artiglierie  genovesi  furono  smontate  dal  fuoco 
dei  nemici,  con  quello  nel  quale  vennero  inchiodate   le   quattro  bombarde. 


102  Anno   l507 

Il    maestro   «  inzegnero  »    Merello  e  l'arresto    del 

GlOARDO. 

Infatti  Battista  Tasistro  e  Battista  Cipollina,  inviati 
ad  arruolare  soldati  in  Lunigiana  ed  altrove,  erano  tor- 
nati ai  primi  di  gennaio  con  400  uomini,  alcuni  dei 
quali  partirono  il  4,  altri  il  6;  con  questi  fu  pure  spe- 
dita grande  copia  di  sacchi  di  lana  che  servissero  a 
proteggere  le  artiglierie;  partiva  pure  il  maestro  «  inze- 
gnero »  Andrea  Merello  (')  che,  giunto  a  Monaco 
1*8  gennaio,  consegnò  ai  due  commissari  le  lettere  del 
comune  nelle  quali  doveva  esservi  senza  dubbio  l'ordi- 
ne d'arresto  del  Gio?irdo  perchè,  appena  le  ebbero  let- 
te, lo  fecero  salire  sulla  galea  del  Goano^  mentre  si 
mandava  per  un  brigantino  che  era  presso  Ventimiglia, 
affinchè  lo  trasportasse  a  Genova  (^).  Il  Merello  intan- 
to procedeva  ad  una  specie  di  inventario  del  mate- 
riale e  prendeva  nota  di  ciò  che  gli  occorreva;  da 
questa  operazione  risultò  che  egli  chiedeva  cose  già 
date  al  suo  predecessore,  il  cpiale  più  volte  aveva  di- 
chiarato di  avere  tutto  in   ordine  mentre  in   realtà    ap- 


(0  Cfr.  Diario,  5  gennaio,  e  nota  relativa  in  cui  dimostro  che  la  par- 
tenza avvenne  il  6. 

(2)  In  Litterarum  Reg.  5o,  sotto  la  data  —  6  gennaio  1 507  —  trovasi 
un  ordine  del  comune  a  tutti  i  patroni  di  galee,  brigantini,  ecc.  ecc.  di  ub- 
bidire ai  due  supremi  commissari  per  P  impresa  di  Monaco;  molto  proba- 
bilmente fu  recato  al  campo  dallo  stesso  Merello  e  servì  per  dare  autorità 
ai  commissari  di  emanare  gli  ordini  opportuni  alla  flotta,  come  quello  di 
portare  a  Genova  il  Gioardo  e  di  esercitare  maggiore  sorveglianza  nella 
crociera.  Leggiamo  infatti  in  una  lettera  deir  8  gennaio  che  i  commissari 
fanno  «  ogni  instantia  a  li  capitani  de  le  galee  e  brigantini  a  fare  lor  de- 
«  bito  e  talmente  che  non  entrano  alchuni  in  Monacho  ».  Cfr.  in  Appendice, 
Doc.  XXXVI. 


L'assedio  di  Monaco  l63 


pariva  dall'inventario  che  ne  mancavano  molte.  Man- 
dando a  Genova  la  richies^^a  delle  munizioni  necessa- 
rie, i  commissari  accennavano  pure  ad  altre  ruberie 
del  Gioardo,  il  quale  aveva  fatti  pagare  per  conto  suo, 
in  procinto  di  partire  per  Monaco,  molti  uomini  che 
poi  non  si  erano  trovati  al  servizio  (')  e  finivano  col 
dire  che  per  insipienza,  o  per  paura,  o  per  deliberato 
proposito  il  Gioardo  aveva  sempre  voluto  procrastinare 
ad  eseguire  gli  ordini  che  gli  venivano  dati,  e,  benché 
si  fosse  ricorso  a  promesse  e  a  minacce,  non  si  era 
ottenuto  mai  nulla  da  lui.  Questo  riferivano  i  due 
supremi  commissari  e  noi,  a  maggiore  conoscenza  delle 
vicende  di  questo  illustre  bombardiere  .  aggiunge- 
remo subito  che  egli  fu  mandato  a  Genova  sul  bri- 
gantino di  un  certo  Benedetto  e  insieme  con  lui , 
dice  il  diario  ,  furono  inviati  due  gentiluomini,  nei 
quali  crediamo  di  riconoscere  un  Pasquale  Lomellino 
ed  un  Luigi  d'Oria,  arrestati  per  sospetti  a  S,  Remo 
dai  commissari  della  Riviera  di  Ponente  ;  essi  giun- 
sero il  13  gennaio  a  Genoxa,  donde  furono  poi  tra- 
dotti nelle  carceri  del  castello  di  Lerici  (^).  Il  Gioardo 
in  verità  non  scompare  dalla  scena  dei  nostri  avveni- 
menti; lo  vedremo  più  tardi,  negli  ultimi  giorni  del  go- 
verno popolare,  uscire  dalle  carceri  di  Lerici,  chiamato 
dal  doge   Paolo  da  Novi    a  prestare  la  sua  opera    per 


(i)  Cfr.  in  Appendice,  Doc.  XXI,  la  lista  degli  uomini  addetti  ^lle  arti- 
glierie, che  il  Gioardo  presentava  il  29  novembre,  cioè  prima  di  partire  per 
Monaco. 

(2)  Cfr.  Diario^  i3  gennaio  e  in  Appendice  Doc.  XXXVI. 


104  Anno    l507 

la  difesa  della  città  (').  Ritornando  all'assedio  di  Mo- 
naco, diremo  che  l'S  gennaio  non  si  era  per  anco  po- 
tuto raccogliere  un  numero  sufficiente  di  guastatori  per 
ricostrurre  i  ripari  delle  artiglierie,  ma  si  sperava  di  aver- 
ne il  giorno  seguente  da  150  a  200  raccolti  con  gran- 
dissima fatica  e  pagati  a  prezzi  assai  alti  e  a  questi 
si  sarebbero  aggiunti  i  soldati  delle  compagnie  arrivate 
poco  prima,  i  capi  delle  quali  avevano  accettato  di  ve- 
nire «  cum  loro  gente  cum  la  sapa  in  mano  a  fare 
comò  i  guastadori  »  a  condizione  s'intende  d'un  equo 
compenso;  con  tali  aiuti  si  sperava  di  rial/are  una 
buona  volta   i   ripari   nella  notte  del   9   (^), 

Genova  e  il  duca  di  Savoia. 

I  fanti  della  Turbia  continuavano  le  loro  incursioni 
e  scaramucce  coi  genovesi ,  talora  infliggendo  perdite, 
tal'altra  avendone  la  peggio,  come  nello  scontro  del- 
l'S  gennaio  nel  quale,  se  dobbiamo  prestar  fede  alle 
parole  dei   commissari,   30  rimasero  feriti  mentre  dei  ge- 


(i)  Per  nonzie  sulla  famiglia  dei  Gioardo  e  specialmente  su  Ambrogio, 
Cfr.  Fei).  Alize^t,  Notizie  dd  Professori  del  disegno  in  Liguria^  voi.  VI, 
Scultura^  pag.  404-420  dove  si  troverà  pure  qualche  notizia  interessante  su 
Pantaleo  Merello,  altro  fonditore  di  bombarde    (pag.  409). 

(2)  Arrivando  questi  rinforzi,  era  cresciuto  il  contingente  delle  truppe 
gemvesi.  Infatti  il  Diario  (8  gennaio)  dice  :  «  Si  estima  siano  della  nostra 
«  gente  a  soldo  appresso  a  cinque  miJlia  ».  Dunque  i  quattro  mila  fanti 
deirinizio  della  spedizione  erano  aumentati  di  in  migliaio;  ma  era  sempre  un 
numero  troppo  esiguo  in  confronto  ai  tremila  che  chiedeva  il  Tarlatino  per 
la  buona  riuscita  delP  impresa  ! 


L'assed'o  di  Monaco  i65 


novesi  non  se  ne  ebbe  che  uno  solo  (');  a  proposito  della 
Turbia  si  era  risaputo  che  il  6  gennaio  il  governatore 
di  Nizza  aveva  emanata  una  pubblica  grida  che  tutti 
gli  uomini  di  età  fra  i  1 7  ed  i  70  anni  dovessero  pren- 
dere le  armi  e  recarsi  a  difenderla  ;  ma  i  Nizzardi 
non  avevano  voluto  ottemperare  all'ordine,  dicendo  di 
non  voler  marciare  contro  i  genovesi,  se  non  per  co- 
mando del  loro  duca  C).  In  verità  gli  Anziani,  per 
non  farsi  troppi  nemici  e  per  non  dare  al  duca  di 
Savoia  alcun  pretesto  di  indire  la  guerra  sino  allora 
soltanto  minacciata,  si  mostravano  molto  circospetti. 
Così  quando  nel  porto  di  Villafranca,  seguendo   forse  gli 


(i)  A  questo  Fatto  probabilmente  si  riferisce  il  d"' Auton,  quando  narra 
che,  essendosi  Giacomo  d''Allègre  recato  per  certi  suoi  att'ari  a  Nizza, 
lasciando  alla  Turbia  una  guardia  agli  accampamenti,  i  genovesi,  venuti  a 
conoscenza  di  ciò,  avevano  assalita  la  Turbia  «  et  combien  que  bien  fùt 
a  par  les  gens  dudit  seigneur  de  Millau  défendue,  si  fut-elle  emportée,  et 
«  les  gardes  prises  et  mises  à  sac  »  fop.  cit.^  Tomo  III,  pag.  227).  Il  Saige, 
seguendo  sempre  la  sua  Relapont\  accenna  allo  stesso  avvenimento  e  dice 
che  €  pendant  une  absence  de  Jacques  d''Allègre  les  Génois  avaient  enlevé 
«  la  Turbie  et  passe  au  fil  de  Tépée  les  cente  trente  hommes  qui  y  étaient 
«  restés  ».  (op.  cit.^  Tomo  II,  Introd.  pag.  LIV).  In  verità  i  genovesi  non 
parlano  di  una  vittoria  così  importante  e  questo  fatto  unito  air  altro  che 
il  d''AuTON  e  il  Saige,  pur  non  esprimendosi  con  precisione,  sembra  vogliano 
farla  succedere  verso  la  fine  di  febbraio  o  i  primi  di  marzo,  fa  nascere  il 
dubbio  che  non  vi  sia  una  sicura  corrispondenza  fra  V  avvenimento  nar- 
rato da  essi  e  quello  accennato  dalla  lettera  deirS  gennaio.  Perciò  faccio  le 
mie  riserve,  parendomi  strano  che  un  fatto  di  tanta  importanza,  come  quello 
della  presa  della  Turbia,  non  sia  neppure  lontanamente  accennato  nel  Diario. 

(2)  Questa  grida  era  stata  ordinata  dal  duca  di  Savoia,  il  quale,  visti 
inutili  gli  ordini  precedentemente  dati  al  governatore  Claudio  de  Pallud  di 
mobilitare  T  esercito  generale  in  tutta  la  contea  di  Nizza,  perchè  anche  al- 
lora i  cittadini  avevano  ricusato  di  assoggettarsi  ad  un  dovere  tanto  gravoso, 

12 


/ 


l66  Anno    l507 

ordini  ducali  emanati  in  quei  giorni  (')  di  non  som- 
ministrare vettovaglie,  ne  prestare  aiiito  in  qualsiasi 
modo  ai  genovesi,  anzi  di  arrestare  quelli  che  fossero 
trovati  sul  territorio  ducale  «  una  cum  bonis  suis  >, 
furono  sequestrate  sopra  una  nave  che  proveniva  dalla 
Spagna  e  scaricate  le  merci  del  genovese  Filippo  di 
Facio,  essi,  scrivendone  al  duca  di  Savoia,  trattarono 
dell'affare  nei  termini  più  cordiali,  affettando  di  crede- 
re che  il  re  fosse  sempre  loro  amico  ed  augurando 
di  veder  presto  restituita  la  roba  al  genovese  ;  non 
fecero  alcun  cenno  di  rappresaglie,  come  si  usava  sempre 
allora,  anzi  gli  mostrarono  che  il  comune  di  Genova 
si  studiava  di  evitare  che  fossero  danneggiati  i  sud- 
diti di  lui  e  perciò  avevano  ordinato  a  certi  genovesi 
che  avevano  trattenute  le  pecore  di  alcuni"  uomini  «de 
Monte  regali  »  (Mondovì)  come  vendetta  delle  merci 
sequestrate  a  Villafranca,   di  consegnarle  tosto     ai   loro 


riscrisse  al  governatore  di  raccogliere  Tesercito,  rilasciandogli  lettere  patenti 
di  tale  incarico  e  dandogli  pieni  poteri.  (Cfr.  lettera  inviata  da  Torino  il 
27  dicembre  i  5o6,  pubbl.  da  G.  Calligaris,  op.  cit.^  Doc.  X,  pag.  645}.  Non 
essendo  però  indicato  in  quella  lettera  che  Tesercito  dovesse  marciare  contro 
i  genovesi,  i  nizzardi  potevano  a  buon  diritto  protestare  di  non  volere 
far  guerra  ai  genovesi  se  non  per  ordine  del  duca;  ecco  perchè  il  duca  riscrisse 
altre  lettere  al  suo  governatore  di  Nizza ,  ordinandogli  di  volersi  opporre 
ai  genovesi  per  le  violenze  commesse  da  essi  «  inimico  impetu  et  obscenis 
«  manuum  conatibus  in  certa  loca,  nonnullos  quoque  subditos  nostros  pre- 
«  mencionate  patrie  nostre  Nycie  »,  ma  nel  tempo  stesso  diminuendo  le  sue 
pretese  sulle  forze  da  approntarsi  dai  nizzardi  e  accontentandosi  che  si  ar- 
massero ottocento  uomini  «  qui  quidem  numerus...  videtur  convenire  ad 
«  necessariam  diete  patrie  nostre  defensionem  ».  (Galligaris,  op.  cit.^  Doc. 
XI,  pag.  646). 

(i)  Cfr.  G.  Calugaris,  op.  cit.,  Doc.  XII,  pag.  648. 


L'assedio  di  Monaco  167 


padroni  (');  un'altra  volta  furono  i  commissari  a  dimo- 
strare la  loro  prudente  ed  accorta  politica:  il  7  gennaio, 
essendosi  recato  al  campo  un    certo     Ceva     di    Bozolo 
che  aveva  l'appalto  pel  trasporto  del  sale  da  Mentone, 
al  ducato  di  Savoia  e  avendo  chiesto  ad  essi    un     sal- 
vocondotto  per  poter  scaricare  a    Mentone  due  vascelli 
provenienti  da  Nizza  e  un    altro     per   i     mulattieri  che 
dalla  Savoia  venivano    a  caricare    il    sale    a  Mentone, 
gli  risposero  che  non  essendo  in  guerra  col  duca  non 
faceva  d'uopo  di  salvocondotto,  che    tuttavia,    affinchè 
egli  fosse  più  sicuro,   davano     la  loro    parola     d'onore 
che  sarebbe  libero  nel  suo  traffico  e  perciò  non  crede- 
vano  necessario    rilasciargli   uno  scritto  (*).    I  genovesi 
infatti  potevano  senza  scrupolo    dire    che     non     erano 
in   guerra  col  duca,    perchè,   sebbene  egli  avesse  inviate 
milizie  alla  Turbia  per  danneggiarli  nella  loro    impresa 
contro  Monaco  e  avesse    ingiunto    al    governatore    di 
Nizza  di  radunare  truppe,   pure  le  relazioni  non  erano 
rotte  (');    anzi  essi  speravano  ancora  che  le    trattative 
del  Veneroso  sarebbero  riuscite  a  buon   fine  e    verreb- 
bero ritirate  le  milizie  dalla  Turbia.   I   commissari  stessi 
chiedevano  continuamente  come     procedessero  i    nego- 
ziati,   per    essere    liberi     una    buona    volta  dalle   mo- 
lestie delle  truppe  ducali,    ma,   come  vedremo,   essi  du- 


(1)  Cfr.  in  Appendice,  i:)oc.  XXXV. 

(2)  Cfr.  in  Appendice,  Doc.  XXXVI. 

(3)  In  questo  la  corte  di  Savoia  inìitava  la  politica  che  Genova  aveva 
consigliata  dianzi  ai  suoi  commissari  al  campo,  cioè  di  tentare  degli  accordi, 
ma  non  intralasciare  T  opera  delle  armi. 


l68  Anno   l507 

rarono  a  lungo  e  per  tutto   il  tempo  dell'assedio  senza 
alcun  buon  risultato   pei  genovesi. 

Il  5  gennaio  Bernardo  Veneroso,  tornando  dalla 
sua  missione,  comunicava  agli  Anziani  i  seguenti  patti: 
i.°  il  duca  di  Savoia  voleva  una  cauzione  di  cento  mila 
ducati  perchè  gli  fossero  ritornati  «  in  pristino  »  i 
castelli  di  Mentone  e  Roccabruna;  2°  prendere  il  sale 
come  lo  aveva  prima  dal  signore  di  Monaco;  3."  un 
presente  di  diecimila  ducati.  Codeste  notizie  ce  le  for- 
nisce il  Diario,  ma  da  una  lettera  scritta  poco  dopo  al 
gran  cancelliere  ducale  si  viene  anche  sapere  che  Car- 
lo II  aveva  negata  udienza  all'  ambasciatore  genovese 
e  che  i  consiglieri  della  corte  lo  avevano  trattato  cosi 
poco  onorevolmente  da  indurre  il  governo  della  Re- 
pubblica a  ritirare  il  suo  rappresentante  e  inviare 
invece  un  messo  con  una  lettera  al  gran  cancelliere 
chiedendogli  se  persistesse  ancora  nell'  opinione  mani- 
festata al  Veneroso.  Non  abbiamo  modo  di  conoscere 
quale  fosse  questa  opinione,  ma  se  badiamo  ai  patti 
esposti  dal  Veneroso  non  v'ha  dubbio  a  crederli  dettati 
dallo  stesso  gran  cancelliere.  Ora  da  tutto  ciò  appa- 
risce evidente  che  quantunque  il  duca  avesse  troncate 
le  relazioni  coi  genovesi,  spintovi  dal  re  di  Francia 
('),  non  ricusava  tuttavia  dal  patteggiare  con  essi  per 
avere  una  buona  somma  di  denaro;  i  genovesi  che 
capivano  dove  tendessero  le   mire  del  duca.  <^  prò  bono 


(i)  Marin  Sanudo,  nei  Diari,  trae  da  lettere  giunte  il  29  dicembre  a 
Venezia  da  Blois,  la  notizia  che  re  Luigi  XII  non  ha  ancora  udito  i  quattro 
oratori  genovesi  del  partito  dei  nobili;  «  immo  a  scrito  in  Savoia,  volendo 
«  Zenovesi  molestar  il  Signor  di  Monaco,  lo  aiutino  »  (Voi.  VI,  col.   517). 


L'assedio  di  Monaco  log 


pacis  »  si  mostravano  inchinevoli  a  codesti  patti,  pur 
sapendo  che  se  avessero  dovuto  versare  le  forti  som- 
me richieste,   si  sarebbero  trovati   in   oravi   impicci. 

L'Impresa  di  Monaco  assorbe  tutte    le    forze    dello 

STATO. 

L'impresa  di  Monaco  assorbiva  tutte  le  forze  dello 
stato;  vedemmo  come  si  fosse  ricorso  ad  una  tassa 
imposta  ad  ogni  paese  delle  Riviere,  ma  anche  quel 
denaro,  che  del  resto  era  difficile  a  riscuotersi  date  le 
condizioni  dei  luoghi  e  dei  tempi,  non  bastava,  ne 
bastavano  le  ingenti  somme  che  nel  volgere  di  poche 
settimane  aveva  sborsate  il  g^rande  istituto  di  ere- 
dito,  il  Banco  di  San  Giorgio.  I  commissari  scrivevano 
che,  distribuite  tutte  le  paghe,  erano  rimasti  senza 
denari  e  costretti  a  far  debiti  (').  Il  conìune  prometteva 
che  presto  avrebbe  inviato  Antonio  di  Bervey  con 
1 200  scudi  e  intanto  indicava  alcuni  agenti  dai  quali 
avrebbero  potuto  avere  berte  somme,  ma  i  commissari 
rispondevano  che  su  costoro  vi  era  poco  da  sperare. 
Gio.  Batta  da  Chiavari  non  poteva  mandar  nulla  da 
Ventimiglia  e  Gerolamo  di  Alzate  aveva  sborsata  parte 
dei  350  ducati  di  Albenga  a  Gaspare  de  Franchi  per 
pagare  i  guastatori  {^^)  ;   per    colmo  di  sventura  Genova 


(i)  Cfr.  in  Appendice,  Doc.  XXXII-XXXIII-XXXIV.  Molti  mesi  dopo  la 
fine  deir  assedio  di  Monaco  vennero  a  galla  i  debiti  allora  contratti.  Nel 
luglio  1 507  Luigi  di  Bervey  chiedeva  con  instanza  che  fosse  estinto  con 
pubblico  denaro  un  prestito  di  100  scudi  da  lui  contratto  quando  era  com- 
missario al  campo  per  soddisfare  alle  paghe.  (Cfr.  Calligaris,  op.  cit.,  Doc. 
V,  pag.  6J8). 

(2)  Cfr.  in  Appendice  Doc.  XXXVI. 


170  Anno     iSo" 

stessa  attraversava  una  crisi  che  poteva  essere  esiziale 
al  suo  governo  se  non  l'avesse  scampata  la  concordia 
dei  cittadini. 

Nuove  minacce  dei  nobili  ;   Ottaviano    Fregoso. 

I  nobili  rifugiati  a  Savona  che  avevano  visti  riuscire 
vani  tutti  i  loro  tentativi  di  rientrare  in  città  colla  forza 
ed  erano  esasperati  dai  facili  trionfi  dei  popolari  sulle 
Riviere  e  dal  prolungato  assedio  di  Monaco  ,  avevano 
deciso,  per  consiglio  di  Andrea  d'Oria,  di  provocare 
dei  gravi  disordini  nell'interno  della  città  e,  sapendo 
che  nulla  avrebbe  destato  in  essa  maggiore  com- 
mozione che  l'arrivo  di  uno  dei  capi  delle  due  parti, 
avevano  inviato  Andrea  d'Oria  a  Bologna  per  indurre 
Ottaviano  Fregoso  a  porsi  a  capo  del  moto  sovversi- 
vo (').  Egli  non  esitò  ad  accettare  e  preparò  buon 
numero     di    fanti  e  di  cavalli     per    l'audace    tentativo. 


(i)  Lorenzo  Capelloni,  (Vita  del  Prencipe  Andrea  d^Oria^  Venezia 
Gabriele  Giolito  de  Ferrari,  i565,  pag.  i8),  racconta  che  i  nobili,  desiderando 
di  soccorrere  Monaco,  chiesero  ad  Andrea  d''Oria  di  aiutarli  coi  suoi  consigli 
e  con  la  sua  esperienza.  Andrea  che  era  stato  a  Nizza  ed  aveva  constatato 
che  Monaco  era  attaccata  da  forze  importanti,  propose  tre  mezzi  per  togliere 
il  blocco  alla  città  :  i .  chiedere  aiuti  ai  Francesi,  ma  V  aiuto  dei  Francesi  era 
«  lento  e  freddo  »;  2.  raccogliere  milizie  e  inviarle  contro  gli  assedianti  che 
avrebbero  certamente  sgombrato  senza  combattere;  3.  cercare  di  introdurre 
a  Genova  un  capo  partito,  Ottaviano  Fregoso  ;  la  sua  fazione  si  solleve- 
rebbe e  scoppierebbero  contese  fra  Adorni  e  Fregosi.  I  nobili  accettarono 
quest"' ultimo  mezzo.  Il  Salvago  pure  (op.  cit.,  pag.  472)  dice  che  durante 
Passedio  di  Monaco  «  les  nobles  exillez,  pour  mectre  de  plus  en  plus  trouble 
«  entra  les  dits  populaires  menerent  praticques  avec  Octavien  Fregoze  de 
«  faire  esmocion  en  la  ville;  et  sur  ce  le  faict  fut  concìvz».  Il  Senarega 
(op.  cit.,  col.  589)  dice  solo  che  Ottaviano  e  Giano  Fregoso  vennero  a 
Genova  «  paucorum  nobilium  suasu  ». 


L'assedio  di  Monaco  171 


Genova  non  tardò  a  scoprire  le  mene  dei  nobili  intercet- 
tando alcune  lettere  di  Tommaso  Borgaro  a  Giovanni 
d'Oria  e  perchè  il  governo  popolare,  conquistato  con 
tante  lotte,  con  tanti  sacrifizi,  non  avesse  per  dissen- 
zioni  intestine  a  cadere,  tutti,  incominciando  dagli  officiali 
dello  stato  fino  agli  umili  gregari  delle  arti,  si  riconci- 
liarono solennemente  e  decisero  di  restare  uniti  nel 
comune  pericolo  (').  Il  Fregoso  intanto,  lasciata  Bologna 
contro  il  volere  del  pontefice  che  ne  aveva  avvisati  i 
genovesi  raccomandando  loro  la  concordia  (*),  si  diresse 
alla  volta  della  Spezia.  L'8  gennaio  infatti  il  commis- 
sario Bartolomeo  de  Franchi  Luxardo  scriveva  agli 
Anziani  che  Ottaviano  e  Gian  Maria  Fregoso  erano 
giunti  a  Borghetto  di  Vara  con  fanti  e  cavalli.  Allora  gli 
Anziani  deliberarono  d'inviare  tosto  Bernardo  Veneroso 
e  Stefano  Morando  quali  commissari  con  pieni  poteri 
nella  Riviera  di  Levante  ,  di  avvisare  nel  tempo 
stesso  quelli  della  Spezia  e  tutti  gli  officiali  della  detta 
Riviera  del  pericolo  imminente,  ed  infine  intimare  ai  due 
capi-partito  ed  a  Giovanni  di  Biassadi  uscire  senza  indugio 
dal  territorio  (')  e  convocarono  un  consiglio  (9  gennaio) 
per  vedere  come  trovare  denaro  e  per  la  impresa  di  Monaco 
e  per  «  lo  mantegnimento  di  questo  felicissimo  stato  y> . 


(i)  Diario,  3-4  gennaio  iSoj. 

(2)  Diario,  9  gennaio.  Il  papa  era  riuscito  una  prima  volta  ad  impedire 
ai  Fregoso  di  venire  a  Genova  e  di  ciò  si  parlò  a  pag.  67,  n.  2;  ma  questa  volta 
pare  che  gli  sia  stato  impossibile  trattenerli.  Accenni  a  precedenti  tentativi 
dei  nobili  per  mettere  a  Genova  un  «  capelazo  »  si  trovano  in  Diano,  31 
ottobre. 

(3)  Cfr.  Litterarum  Reg.  47,  lettere    n.    179,    180,    181,    182.    Esse  sono 
tutte  datate  dalPS  gennaio,  perciò  il  diarista  erra  nel  collocarle  al  9. 


172  Anno   l507 

Datone  incarico  all'officio  di  Balia,  furono  eletti  Raf- 
faele Fornari,  Stefano  di  Moneglia,  Angelo  Corvara  e 
Raffaele  Raggio  che,  insieme  col  luogotenente,  si  assu- 
messero per  tre  mesi  l'obbligo  di  spendere  e  provvedere 
acche  nessun  detrimento  venisse  alla  repubblica  ('). 
Nella  notte  giungeva  la  risposta  dei  due  Fregoso.  Essi 
annunziavano  di  venire  per  far  del  bene  alla  loro  pa- 
tria, per  mantenere  la  sacra  Maestà  del  Re  e  che  tra  poco 
avrebbero  date  in   persona   più   ampie  spiegazioni. 

Due  gride  contro  i  nobili;  gli  Adorno. 

Non  ci  è  dato  sapere  con  precisione  se  fu  in  se- 
guito al  consiglio  tenutosi  o  all'arrivo  di  questa  lettera 
che  vennero  emanate  1'  8  gennaio  1507  due  gride 
che  lumeggiano  a  meraviglia  lo  stato  degli  animi; 
certo  si  è  che  una  di  esse  notificando  che  chiunque 
«  mova  contro  el  presente  regime  e  contro  la  impreisa 
«  che  fa  questa  inclita  repubblica  contra  Mons.  Lu- 
«  ciano  de  Grimaldo  occupatore  de  Monaco  caze  in 
«  pena  de  rebelione  e  confiscatione  de  tuti  li  soi  beni  » 
mirava  a  colpire  il  Fregoso  ed  i  suoi  seguaci,  che 
venivano  appunto  a  turbare  il  regime  popolare  e  di- 
storlo dalla  impresa  (^);  seguiva  una  deliberazione  del 
giorno  stesso  che  affidava  ai  tribuni  di  ricercare  e  seque- 
strare i  beni  di  Luciano  Grimaldi  posseduti  in  Genova 
('),   quasi  ad  affermare  in   modo  lampante  che  i  popolari 


(1)  Cfr.  Diario,  9  gennaio  e  B.  Senarega,  op.  cit.^  col.  589. 

(2)  Diversorum    Filza  64,  9  gennaio  1507.  In  calce   alla  grida  si  legge: 
«  in  actis  Raphaelis  Ponzoni  cancellarii  ». 

(3)  Questa  deliberazione  trovasi  in  Diversorum  Reg.  175,9  gennaio  i  507 
ed  é  cosi  concepita:  «  Balia  data  sp.  Marco  de  Terrili  et  sociis  contra  bona 


L'assedio  di  Monaco  173 

perseveravano  nei  loro  propositi  di  abbattere  gli 
usurpatori  di  Monaco.  L'altra  grida  vietava  ai  geno- 
vesi di  recarsi  a  Savona  «  sensa  lo  bolentino  (sic)  de 
«  li  sp.li  Marco  da  Terrile  et  compagni,  sotto  pena  de 
«  ducati  L.ta  e  chi  non  podesse  pagare  dieta  pena  da 
«  esser  tormentato  sino  in  trei  tracti  de  corda  »  (') 
e  tendeva  a  colpire  la  città  che  era  rifugio  dei  nobili 
fuorusciti  e  donde  era  partita  l'idea  di  mandare  i  Pre- 
goso.  Il  governatore  di  Savona  rispose  tosto  con  uua 
forte  rappresaglia.  Il  io  gennaio  infatti  giungeva  no- 
tizia che  diverse  barche  partite  il  giorno     innanzi     per 


d.  Luciani  de  Grimaldis  occupatoris  Monaci.  —  IH.  et  ex.sus  d.  Philippus 
de  Cleves  et  Regius  Admiratus  et  Genuensis  Gubernator  et  Magnific  m 
Consilium  d.  Antianorum  communis  Genue  in  legitimo  numero  con- 
gregatum,  cum  certiores  facti  fuissent  d.  Lucianum  de  Grimaldis 
occupatorem  loci  nostri  Monaci  habere  pecunias  res  et  bona  ac 
debitores  in  presenti  civitate ,  videntesqve  eum  noie  relaxare  buie 
reipublice  dictum  locum  Monaci  eidem  reipublice  nostre  spectantem  et  rem- 
publicam  istam  prò  recuperando  dicto  loco  multas  pecuniarum  summas 
impendisse  et  impendere,  itaque  commiserunt  spectatis  viris  Marco  de  Ter- 
rili,  Paulo  de  Novis  et  sociis  deputatis  etc.  ut  diligenter  studeant  inquirere 
omnia  bona  quomodocumque  spcctan'ia  et  pertinentia  dicto  d.  Luciano 
eaque  restringant  ac  debitores  exigant  et  dieta  loca  et  pecunias  deponant 
penes  e.  Baptistam  RebufTum  et  Stephanum  Cazellam  duos  ex  ipsis  deputatis. 
Deinde  ipse  Magnificus  senatus  decernet  quod  ex  ipsis  bonis  disponere 
volet  ». 

(i)  Diversorum  Filza  63,  9  gennaio  iSoj.  Il  Diario  cita  queste  due 
gride  al  io  gennaio  e  le  pone  in  modo  da  far  quasi  parere  che  esse  siano 
come  una  conseguenza  delle  notizie  giunte  nello  stesso  giorno:  ma  noi 
abbiamo  visto  segnata  sugli  originali  delle  gride  la  data  del  9  ed  a  questa 
dobbiamo  attenerci  benché  le  gride  parrebbero  più  spiegabili  là  dove  le 
pose  il  diarista.  Si  potrebbe  anche  mettere  d' accordo  le  due  date  suppo- 
nendo che  le  gride  siano  state  scritte  la  sera  del  nove  e  bandite  il  giorno 
dopo.  Notiamo  il  lieve  errore  delPAnonimo  che  aumenta  di  uno  i  tratti  di 
corda  pei  contraffattori  alla  seconda  grida. 


174  Anno    l5oó 

Monaco  con  600  fanti  e  munizioni,  avendo  dovuto 
riparare  in  causa  del  mal  tempo  a  Noli  a  Vado  ed 
a  Savona,  il  signore  d'Allègre  aveva  tosto  alleggerita 
delle  munizioni  la  barca  ancoratasi  a  Savona  (')  (che 
però  restituì  il  dì  seguente  «  perchè  tutti  Saonesi  erano 
malcontenti  »)  e,  disarmati  i  fanti,  aveva  pubblicato  un 
bando  che  nessuno  trattasse  con  essi  e  uscissero  subito 
dal  territorio  (') 

Un'altra  notizia  assai  più  grave  giungeva  la  stessa 
mattina;  i  due  commissari  Bernardo  Veneroso  e  Stefano 
Morando  scrivevano  da  Chiavari  che  i  Fregoso  erano 
giunti  il  giorno  innanzi  (9  gennaio)  a  Sestri  Le- 
vante con  400  fanti  in  circa  e  che  a  quattro  ore  di 
notte  Ottaviano,  imbarcatosi,  era  partito  per  ignota  desti- 
nazione. Gli  annalisti  affermano  concordemente  che  egli 
entrò  celatamente  in  Genova  e  vi  si  tenne  nascosto;  il 
Diario  invece  asserisce  che  passò  la  domenica  (  i  o  gennaio) 
a  Sampierdarena,  dove  raccolti  i  suoi  partigiani,  tentò 
di  persuaderli   a  prendere  le  armi,   e  porre  ostacoli  alla 


(i)  Le  munizioni  prese  dal  Governatore  di  Savona  consistevano  (dice  il 
Diario^  IO  gennaio)  in  grandi  ruote  per  artiglierie,  in  provviste  di  polvere, 
archibugi,  zappe  e  badili  ;  proprio  tutto  quello  che  avevano  chiesto  i  com- 
missari ;  è  appunto  per  questa  perdita  che  si  dette  nel  giorno  stesso  inca- 
rico ai  tribuni  di  vedere  se  certe  ruote  di  bombarde  che  si  trovavano  nel 
palazzo  di  Vialata,  potessero  servire  al  bisogno  ;  «  quod  si  cognoverint  eas 
«  facere  ad  propositum  nostrum  eas  capere  possint  et  Monacum  mittere 
('  prò  dieta  expugnatione  ».  (Diversorum  Reg.  175  -  io  gennaio  1 507).  Dalla 
frequenza  di  questi  incarichi  ai  tribuni  si  può  facilmente  arguire  che  essi 
fossero  i  principali  e  più  costanti  sostenitori  della  impresa  di  Monaco. 

(2)  Diario,   i  o  -  1 1   gennaio. 


L'assedio  di  Monaco    175 


impresa  di  Monaco,  ma  si  dovette  accorgere  che  i  più  erano 
favorevoli  ad  essa  e  non  volevano  turbare  la  città  in 
tali  frangenti,  sicché,  imbarcatosi  di  bel  nuovo  nella  not- 
te fra  il  IO  e  l' 1 1 ,  si  diresse  verso  Sestri  Levante  ('), 
ma  all'altezza  del  promontorio  di  Portofino  il  vento  e 
il  mare  agitato  gli  impedirono  di  doppiare  quel  capo 
pericoloso  ;  fu  costretto  a  riparare  a  Camogli,  dove, 
sconosciuto,  abbandonò  il  suo  leudo  ed  alcune  armi,  e 
stimò  gran  fortuna  aver  salva  la  vita.  Nella  notte 
stessa  (il  gennaio)  i  suoi  fanti,  lasciata  Sestri  Levante, 
movevano  alla  volta  di  Borghetto  di  Vara  (*)  e  gli 
Anziani  ordinavano  a  tutti  i  pubblici  officiali  della  Rivie- 


(i)  Alessandro  Salvago  (op.  cit.,  pag.  472)  racconta  la  cosa  un  po''  diversfl- 
mente:  «  Et  secretement  entra  icelluy  Octovien  dedans  la  dite  ville  avecques 
«  certain  petit  nombre  de  gens,  où  puis  qifil  fut,  craignant  de  sa  vie,  nV^sa 
<<  mectre  a  execucion  ce  qui  avoit  esté  concluz  et  deliberò  et  ainsi  se  partit 
«  sans  aucune  chose  faire  ».  Il  Senarkga  [op.  a7.,  col.  589)  espone  in  brevi 
parole  tutto  V  episodio  e  dice  che  «  Octavianum  et  Janum  Fregosos,  pau- 
«  corum  nobilium  suasu,  in  Orientalem  oram  pervenisse  et  collectis  aliquot 
u  suae  factionis  hominibus,  apud  Burgettum  consedisse,  indeque  occulte  ur- 
«  bem  intrasse,  sed  cognita  plebis  constantia,  quinto  die  abiisse  ».  Questi 
cinque  giorni  comprendono  tutto  il  periodo  di  tempo  in  cui  i  Fregoso  erano 
rimasti  nel  territorio  genovese,  ed  il  Senarega  stesso,  poco  dopo,  fa  capire  che  i 
due  capi-partito  erano  stati  un  sol  giorno  a  Genova.  Il  Capelloni,  (op.  cit..^ 
pag,  19)  dice  che  Ottaviano  cercò  di  vedere  i  suoi  pajtigiani,  di  far  loro 
capire  che,  coir  aiuto  dei  nobili,  otterrebbe  vittoria,  ma  i  suoi  amici  «turati 
«  gli  orecchi,  non  fecero  dimostrazione  alcuna,  ma  non  vollero  pur  vederlo»- 
Ottaviano  dimorò  tre  giorni  a  Genova,  poi,  vedendo  inutile  la  sua  presenza, 
ripartì  per  Bologna.  Ricordiamo  che  in  realtà  il  Fregoso  si  fermò  un  sol 
giorno,  e  neppure  a  Genova,  a  quanto  sembra,  ma  a  S.  Pier  d''Arena. 

(2)  In  una  lettera  (14  gennaio  i.Soy)  del  comune  ai  due  commissari 
Luigi  di  Pentema  e  Phntaleone  de  Franchi  si  annunzia  loro  che  «  a  li  XI 
«  li  Fregosi  pasavano  Sarzana  male  in  ordine  et  cum  pocha  gente  ».  (Lit- 
terarum  Reg.  47,  lettera  n.  190). 


176  Anno  l507 

ra  Orientale  di  mandare  una  grida  promettendo  500 
ducati  a  chi  avesse  fatto  prigione  Ottaviano  Fregoso, 
altrettanti  a  chi  avesse  arrestato  Gian  Maria  e  200  per 
Giovanni  di  Biassa  «echi  prenderà  alcuno  di  quelli  hano 
«  levato  arme  in  soa  compagnia  li  sera  facto  bono 
«  beveraggio  e  tractamento  »  e  sembra  mandassero  anche 
un'altra  grida  proclamando  ribelli  del  re  coloro  che 
avessero  preso  le  armi  coi  detti  Ottaviano  e  Gian  Maria 
Fregoso  (').  A  Sestri  Levante  poi,  dove  si  sup- 
poneva vi  fossero  dei  loro  partigiani,  scrivevano  (14 
gennaio)  che  «  vogliando  dar  forma  a  lo  pacifico  de 
quello  loco  »  erano  inviati  due  commissari  «  Cosma 
della  Murta  e  Vincenzo  di  Ripairolo,  borghesi  di 
Clavari  »,  ai  quali  gli  abitanti  dovevano  prestare  in 
tutto  e  per  tutto  obbedienza  (').  Il  tentativo  dei 
Fregoso,  benché  fosse  fallito,  aveva  lasciato  degli  stra- 
scichi (');  i  capi-parte  degli  Adorno,  Girolamo  della 
Torre,  Cristoforo  Bertolotto  e  Ambrogio  del  Connio, 
non  appena  ebbero  sentore  della  loro  venuta,  erano  accorsi 
da  Finale  con  buon  nerbo  di  seguaci  per  non  lasciarsi 
sopraffare  dagli  avversari;  i  Fregoso  per  contro,  che 
avevano  visto  fallire  il  tentativo     dei     loro     capi,     non 


(1)  Litterarum  Reg.  47,  lettera  n.   186. 

(2)  Litterarum  Reg.  47,  lettera  n.  191. 

(3)  E  molto  probabile  che  a  questo  tentativo  dei  Fregoso  sia  dovuta  la 
lettera  mandata  (12  gennaio  i  507)  ai  monaci  di  S.  Benigno,  nella  quale  si 
notifica  di  aver  udito  che  nel  convento  si  tengono  adunanze  di  secolari  che 
sono  contrari  al  comune  ed  al  re,  e  perciò  vengono  proibite.  La  stessa 
lettera  venne  mandata  ai  frati  di  S.  Teodoro,  della  Consolazione,  della 
Certosa,  ecc.  ecc.  Cfr.  Litterarum  Reg.  49,  lettera  n.  6. 


L'assedio  di  Monaco  177 


/  / 


vollero  neppure  che  gli  Adorno  tenessero  tanta  gente 
armata  presso  Genova  e  recassero  armi  in  casa  di 
Domenico  Adorno;  per  questo  erano  venuti  a  parole  e 
sarebbero  passati  anche  ai  fatti  se  non  fosse  intervenuto  il 
luogotenente,  il  quale  ingiunse  ai  capi  della  parte  Ador 
no  di  lasciare  tosto  la  città.  Essi ,  poiché  il  mare  era 
in  burrasca  e  non  osavano  tornare  a  Finale  per  via 
di  terra,  si  ritirarono  a  Sampierdarena.  La  città  non 
riniase  per  ciò  quieta.  In  questo  me/.zo  il  vecchio 
Baldassarre  Lomellino  della  parte  fregosa,  arrestato  e 
messo  alla  tortura,  avendo  svelati  gli  intrighi  e  i  nomi 
di  vari  amici  di  Ottaviano  a  Sampierdarena  e  a  Genova 
rimise  in  agitazione  la  città;  vi  furono  altri  arrestati 
che  poi,  per  le  insistenti  pressioni  dei  Fregoso,  furono 
rimessi  in  libertà  ('). 

Ritornata  le  calma,     Genova    rivolge  tutte    le    sue 

CURE    all'impresa    DI    MoNACO. 

Ritornata  la  calma,  gli  Anziani  rivolsero  tutte  le 
loro  cure  all'impresa  di  Monaco.  Essi  avevano  ottenuto 
(li  gennaio)  che  il  banco  di  S.  Giorgio  «  fa-cesse  fede 
in  li  banchi  »  di  L.  80000  per  la  spedizione  e  cosi 
avevano  assicurata  la  paga  ai  soldati  (');  il  14  scrive- 
vano ai  due  supremi  commissari  che,  giusta  il  desiderio 


(r)  Cfr,  Diario,  dal  io  al  14  gennaio.  Il  Sknarega"  (op.cit.,  col  589)  parla 
anch' egli  deir  arresto  del  nobile  Baldassarre  Lomellino  e  dice  che  questi 
non  negò  di  essersi  trovato  con  Ottaviano  Fregoso  «  die,  qua  urbem  in- 
«  gressus  est  »  e  confessò  altre  cose  che  furono  dal  Roccabertino  denun- 
ziate al  re. 

(2)  Diario.  Data  corrispondente. 


178  Anno   l507 

da  essi  manifestato,  avevano  eletti  altri  sei  commissari 
due  dei  quali  Simone  di  Promontorio  e  Gerolamo  di 
Salvo,  sarebbero  senza  indugio  partiti  portando  con  sé 
L.  9000  (');  il  15  gennaio  infatti  essi  salpavano  alla 
volta  di  Monaco,  dove  trovarono  le  artiglierie  pronte  e 
in  buon  ordine  ma  con  gran  penuria  di  polvere;  a  ciò 
fu  provveduto  il  20  gennaio  (^)  e  col  carico  partì  pure 
una  lettera  dell'officio  di  Monaco  e  dei  Tribuni,  tra  i 
quali  era  nominato  per  primo  Paolo  da  Novi  (')  in 
cui  si  movevano  fiere  rampogne  ai  capi  delle  società 
di  artefici  genovesi  che  erano  all'  assedio,  perchè  si 
lamentavano  insistentemente  di  non  essere  pagati,  dando 
così  un  brutto  esempio  ai  soldati  mercenari  (^);  il  21 
scrivevano  che  si  approntava  altro  denaro  e  che  altri 
due  commissari,  Raffaele  di  Recco  e  Demetrio  Sauli, 
avrebbero  portate  altre  loooo  lire  (');  essi  infatti  par- 
tirono il  23  con  un  brigantino  e  due  leudi  di  Camogli 
(^).   Intanto  ritornava   in   Genova   (22  gennaio)  Gerolamo 


(1)  Cfr.  G.  Saige,  op.  cit.^  Tomo  H,  pag.  j'S.  Nello  stesso  giorno  (i4gen- 
naio  1 507)  i  tribuni  inviavano  essi  pure  una  lettera  ai  commissari  lodan- 
done r  opera  e  avvisandoli  deir  invio  dei  due  nuovi  commissari,  di  muni- 
zioni e  di  denari  e  in  un  postscriptum  raccomandavano  il  collega  Battista 
Cipollina  {Litterarum  Reg    49). 

(•2)  Cfr.  Diario,   1 5,  18,  20  gennaio. 

(3)  Noto  il  particolare,  perché  è  la  prima  volta  che  troviamo  Paolo  da 
Novi  nominato  primo*  fra  i  tribuni,  posto  sempre  occupato  da  Marco 
Terrile  ;  e  questo  può  ritenersi  come  un  indizio  che  Paolo  da  Novi  era 
tenuto  in  maggiore  stima  tra  gli  altri  colleghi. 

(4)  Cfr.  G.  Saige,  op.  cit.,  Tomo  II,  pag.  74-75, 

(5)  Cfr.  Litterarum  Reg.  5o,  lettera  n.  5. 

(6)  Cfr.  Diario,  data  corrispondente. 


L'assedio  di  Monaco  l/Q 

di  Salvo,  uno  dei  commissari  partiti  il  15,  né  ci  è  dato 
sapere  la  ragione  del  ritorno;  il  diarista,  come  accade 
sempre  quando  le  cose  non  vanno  come  si  vorrebbe, 
esprime  il  dubbio  che  vi  sia  sotto  qualche  tranello  ; 
tutto  è  in  ordine  laggiù,  l'artiglieria  pronta,  i  ripari  soli- 
dissimi, i  cinque  o  seimila  fanti  pagati  ;  che  si  sta 
dunque  ad  aspettare?  (')  Anche  a  noi  riesce  alquanto 
difficile  chiarire  questo  fatto,  poiché  tra  le  carte  d'archivio 
non  trovammo  nulla  in  proposito;  tuttavia  potremo  un 
po'  più  innanzi  esporre  la  nostra  opinione;  ora  volgiamo 
il  nostro  sguardo  alle  condizioni  esterne  della  repub- 
blica. Dalla  corte  di  Francia  giungevano  (18  gennaio) 
notizie  sconfortanti  :  gli  ambasciatori  genovesi  an- 
nunziavano che,  mentre  ad  essi  non  era  stata  accorda- 
ta udienza  dal  re,  gli  oratori  dei  gentiluomini  l'avevano 
ottenuta  ed  avevano  offerto  a  Luigi  xii  centomila  du- 
cati perchè  mandasse  un  esercito  contro  la  città  e  che 
il  re  aveva  dichiarato  di  esserne  disposto;  intanto  in 
Lombardia  si  proibiva  di  portar  grano  a  Genova  ed 
anzi  a  Serravalle  si  erano  fatti  scaricare  i  muli  avviati 
in   Liguria  (^). 

Altre  due  gride  contro  i  nobili. 

Il  governo  popolare,  inasprito  da  codeste  notizie, 
lanciò  contro  i  nobili  altre  due  gride:  la  prima  (22 
(gennaio)  citava  Ottaviano  e  Giano  Campofregoso,  Do- 


(i)  Cfr.  Diario,  data  corrispondente. 

(2)  (>fr.    Diario,    18-22    gennaio.  La   notizia   della   proibizione    di    portar 
grano  a  Genova    è  data  anche  da  B.  Senarega,  op.  cit.,  col  58y. 


l8o  Anno  l5o6 

menico  Lomellino  (')  e  Giofrino  Cattaneo  a  comparire 
personalmente,  entro  sei  giorni,  dinanzi  al  Vicario  du- 
cale ed  al  giudice  dei  malefici,  sotto  pena  di  ribellione 
e  confisca  dei  loro  beni  (^);  la  seconda  del  23  ingiun- 
geva a  tutti  i  nobili  di  rientrare  in  città  colle  loro 
<  masnate  »  entro  quattro  giorni,  protraeva  il  termi- 
ne fino  a  dieci  giorni  per  coloro  che  distavano  dalla 
città  almeno  cinquanta  miglia  ;  ordinava  inoltre  ai 
nobili  residenti  in  Genova  di  non  allontanarsi  né  man- 
dare via  cosa  alcuna  senza  licenza  di  Marco  Terrile  e 
compagni,  vale  a  dire  senza  il  permesso  dei  tribuni 
del  popolo  («  li  quali  sono  otto  tutti  artigiani  »  com- 
menta l'anonimo)  e  finiva  col  proibire  qualsiasi  parola 
di  sprezzo  contro  il  partito  dei  nobili,  per  evitare  ogni 
dimostrazione  ostile  verso  quelli  che  sarebbero  rien- 
trati ('),  Ma  a  dir  vero  non  vi  fu  bisogno  di  tali  precau- 
zioni perchè  le  ingiunzioni  non  ebbero  alcun  efi^etto, 
anzi  direi  contrario;  infatti  certi  gentiluomini,  special- 
mente della  casa  Spinola,  che  erano  a  Quarto,  pare 
lasciassero  quella  terra  proprio  in  quel  tempo  (25  gen- 
naio). Il  governatore  di  Savona  ne  contrappose  natu- 
ralmente un'altra  minacciando  pene  gravissime  a  tutti  i 
nobili   rifugiati  in  Savona  se  avessero  lasciata  la  città  (^). 


(i)  Subito  dopo  la  partenza  da  Genova  di  Ottaviano  Fregoso  (notte  io 
gennaio),  Domenico  Lomellino  si  era  affrettato  a  raggiungerlo  per  pregarlo 
a  rimanere  nelle  vicinanze  perchè  stavano  per  arrivare  i  capi  del  partito 
Adorno  (Cfr.  deposizione  di   Baldassarre  Lomellino   in   Diario^   1   gennaio). 

(2)  Cfr.  Diario,  data  corrispondente. 

(3)  Cfr.  Diversoriun  Filza  64;  Diario  23  gennaio.  Il  Diario  ha  qualche 
lieve  inesattezza  nel  numero  dei  giorni  concessi  pel  ritorno  dei  nobili. 

(4)  Cfr.  Diario,  2  5  gennaio. 


L'assedio  di  Monaco  i8l 


Primi  accenni  di  una  spedizione  del  re  di  frangia 
CONTRO  Genova. 
Mentre  accadevano  questi  fatti  in  Genova,  in  Fran- 
cia si  stava  apprestando  una  spedizione  contro  i  sud- 
diti ribelli.  Luigi  xii,  punto  soddisfatto  del  modo  di 
comportarsi  del  Ravenstein,  aveva  deciso  di  muovere 
egli  stesso,  in  marzo,  a  punire  i  genovesi,  o,  come  tratto 
tratto  ripeteva,  a  dar  loro  «  una  gran  mazzata  ».  Con 
un  esercito  di  loooo  fanti,  con  tutti  i  suoi  gentiluo- 
mini e  con  l'aiuto  che  gli  avrebbe  prestato  la  fortezza  di 
Castelletto,  occupata  dalle  truppe  francesi,  egli  sperava  di 
raggiungere  il  suo  scopo  e  riuscire  vittorioso,  sicché  al- 
l'ambasciatore fiorentino  Pandolfini  che  gli  chiedeva 
se  avrebbe  fatto  pagare  ai  genovesi  le  spese  per  le 
truppe  assoldate,  egli,  sorridendo,  rispondeva  :  «  loro  ne 
pagheranno  maggiore  parte  che  voi  non  credete,  che 
sono  ricchi  ed  io,  fatto  che  avrò  le  mie  preparazioni 
e  la  spesa,  non  sono  per  perdonare  ioro  perchè  cosi  è 
conveniente  ».  Più  tardi  (ii  gennaio)  parendogli  che 
affrettare  il  giorno  della  partenza  sarebbe  stata  savia 
risoluzione,  assicurò  lo  stesso  Pandolfini  che  sarebbe 
disceso  in  Italia  il  giorno  dopo  la  Candelaia  (e  cioè 
il  3  febbraio).  Intanto  aveva  ordinato  che  quattro  galee 
si  recassero  a  Villafranca,  ove  si  sarebbero  unite  colle 
due  del  Grimaldi  (').   Ora  se  il  popolo  minuto  di    Ge- 


(i)  Tutte  queste  notizie  sono  tratte  daHe  lettere  che  il  Pandolfini,  am- 
basciatore fiorentino  presso  la  corte  di  Francia,  inviava  ai  Dieci.  Cfr.  Dksjar- 
rjiNS,  Nc^.  dipi,  de  la  France  avec  la  Toscane,  Tomo  II,  lettere  del  14, 
21,  3o  dicembre  i5o6;  2,  11  gennaio  1507. 

i3 


/ 


l82  Anno   l507 

nova  non  ebbe  che  molto  tardi  notizia  di  cotesti  pre- 
parativi, le  autorità  certo  non  ne  dovevano  essere  igna- 
re: la  grida  che  ordinava  (19  gennaio)  a  tutti  i  cala- 
fati e  maestri  d'ascia  di  non  lasciare  la  città  senza  li- 
cenza dei  Tribuni,  l'ingiunzione  a  quelli  che  erano  fuo- 
ri di  ritornarvi  entro  quindici  giorni,  1'  ordine  del  23 
gennaio  ai  podestà,  rettori,  ecc.  della  Riviera  di  Ponen- 
te di  non  permettere  che  si  asportasse  dai  singoli  luo- 
ghi qualsiasi  sorta  di  legname  ('),  sono  prove  convin- 
centi che  esse  volevano  parare  il  colpo  alla  chetichella, 
per  evitare  paure  intempestive  e  tumulti  in  città.  In- 
fatti quando  il  25  gennaio  si  venne  a  sapere  da  cor- 
rispondenze dal  campo  che  a  Villafranca  si  armavano 
«  due  barrichie  »  per  recare  soccorso  a  Monaco  «  per 
la  terra  ci  fu  grande  mormoratone  »  e  si  volevano  per  con- 
trapposto far  salpare  subito  due  navi  ;  ma  alcuni  del  po- 
polo grasso  non  trovavano  la  cosa  tanto  urgente  ;  si 
tenne  però  un  gran  consiglio  a  Palazzo  per  concerta- 
re come  trovare  il  denaro  occorrente  alle  spese  per 
difendere  la  città  e  per  armare  alcune  galee.  Paolo  da 
Novi,  interrogato  allora  del  suo  parere,  dichiarò  ch'era 
necessario  opporsi  con  tutte  le  forze  agli  inimici  della 
repubblica  ed  esortò  l'officio  di  Balìa  a  trovare  da 
100  a    150   mila  ducati  per  allestire   25     galee  {^).     In 


(i)  Ambedue  i  documenti  si  trovano  in  Diversorimi  Filza  64. 

(2j  Cfr.  Diario,  2  5  gennaio;  la  relazione  del  consiglio  si  trova  anche  in  Di- 
versorum  Reg.  175;  in  essa  è  detto  che  Paolo  da  Novi  propose  pure  di 
dare  incarico  al  senato  di  ringraziare  il  pontefice  pel  suo  interessamento 
alle  sorti  di  Genova.  Il  papa  invero  aveva  mandato ,  per  mezzo  degli 
ambasciatori  genovesi,  una  sua  lettera  al  comune  esortando  tutti  a  stare 


L'assedio  di  Monaco  l83 


ogni  parte  ferve  il  lavoro  pei  soccorsi  a  Monaco;  il  dì 
stesso  parte  un  brigantino  con  due  commissari  che 
portano  denari  al  campo  ed  è  armata  la  grossa  nave  di 
Nicolò  d'Oria  che  salpa  la  notte  successiva  (26  gen- 
naio), avendo  a  bordo  i  commissari  Nicolò  Cico- 
gna e  Giovanni  Monteborgo  (').  Le  notizie  da  Mona- 
co giunsero  il  30,  ma  non  soddisfecero  punto;  benché 
le  bombarde  grosse  avessero  tirato  600  colpi  e  rotto 
buon  tratto  delle  mura, i commissari  si  mostravano  an- 
cora indecisi  a  dare  l'assalto  alla  fortezza  ;  si  può  quindi 
facilmente  immaginare  l'impressione  dolorosa  prodotta  da 
questo  ritardo,  dopo  tanto  affannarsi,  dopo  tanta  fatica, 


uniti  ed  a  «  prendere  quello  che  era  loro  »  [Diario,  22  maggio);  e  poco 
dopo  giungeva  un  altro  suo  breve  nel  quale  ripeteva  ai  genovesi  di 
star  tranquilli  e  uniti  e  di  non  temere  di  nulla,  che  egli  aveva  scritto  al 
suo  legato  in  Francia.  (Diario,  24  gennaio).  Lo  stesso  Paolo  da  Novi  scrisse 
poco  dopo  (27  gennaio)  a  nome  dei  suoi  colleghi,  al  capitano  Tarlatino^ 
esortandolo  vivamente  a  dar  battaglia  poiché  la  città  desiderava  con  ardore 
il  fine  della  guerra.  (Cfr.  G.  Saige,  op.  cit.,  Tomo  II,  pag.  75-76).  Dai  fatti 
precedentemente  accennati  si  viene  a  concludere  che  ormai  il  potere  era  nelle 
mani  dei  tribuni,  tra  i  quali  prim.eggiava  Paolo  da  Novi.  Essi  però  non  seppero 
tenere  in  ireno  alcuni  capi-popolo,  come  Paolo  Battista  Giustiniani ,  Ma- 
nuele Canale  e  Giacomo  Ghiglione,  che  commisero  soprusi,  prepotenze  e 
saccheggi,  senza  che  fossero  molestati.  (Cfr.  Diario,  27-28  gennaio). 

(1)  Diario  26  gennaio.  Al  patrono  della  stessa  nave  si  era  mandato  Ti  i 
gennaio  Perdine  di  spiegare  immediatamente  le  vele  (non  sappiamo  da 
quale  luogo)  per  Genova  e  condurre  seco  i  due  vascelli  che  erano  colla 
stessa  nave.  {Litterariim  Reg.  49;  lettera  n.  5).  Quest'' ordine,  dato  Tii  gen- 
naio, viene  a  confermare  il  mio  asserto  che  a  Genova  già  da  tempo  si  sa- 
pesse che  cosa  si  preparava  a  Villafranca  e  si  cercasse  di  ripararvi. 
L'  elezione  dei  due  commissari  sulla  nave  di  Nicolò  d"*  Oria  trovasi  in  Lit- 
terarum  Reg.  49,  lettera  n.  i5,  ^S  gennaio  1507,  IJinvio  di  questa  nave  è 
accennato  anche  in  un  post-scriptum  della  lettera  di  Paolo  da  Novi  al  Tar- 
latino  già  ricordata. 


184  Anno  l507 

mentre  si  sperava  di  cogliere  ormai  il  frutto  tanto  so- 
spirato ! 

L'anonimo  dice  che  «la  caosa  del  ritardo  non  si  può 
intendere»;  mala  dovevano  certo  sapere  gli  Anziani,  i 
quali  il  giorno  seguente  scrivevano  a  Gaspare  de  Fran- 
chi e  a  Raffaele  della  Torre,  commissari  nella  Riviera  di 
Ponente,  lamentandosi  fortemente  delle  diserzioni  dal 
campo  di  intere  compagnie,  la  maggior  parte  di  geno- 
vesi, e  ordinavano  loro  le  più  vituperose  e  severe  puni- 
zioni per  quei  disertori  che  avessero  potuto  prendere, 
in  special  modo  se  fossero  stati  di  Genova  ;  gli  stessi 
ordini  impartivano  a  tutti  i  pubblici  officiali  dei  singoli 
luoghi  della  riviera  ('). 

Era  dunque  la  defezione  dei  soldati  che  faceva  dif- 
ferire l'assalto  (*).  Quasi  ciò  non  bastasse  a  turbare 
le  menti  e  gli  animi,  gli  ambasciatori  alla  corte  di 
Francia  scrivevano  da  Lione  che  erano  stati  licenziati 
senza  avere  ottenuta  udienza  e  mettevano  in  t^uardia 
i  loro  concittadini  che  al  signor  di  Chaumont  era  stata 
affidata  la  cura  delle  cose  in  Genova,  e  che  vi  sarebbe 
venuto  a  capo  di   un   grande  esercito  ('). 

I  GENOVESI    DICHIARATI    RIBELLI    A    LuiGI    XII   ;    IL    SaLAZAR 

IN  Castelletto. 

Di  giorno  in  giorno,   le  notizie  divenivano  più  gravi. 

II  2   febbraio   una  lettera  del    pontefice  li    informava   di 


(i)  Cfr.  Doc.  XXXVII.  La  lettera  degli  Anziani  ai  rettori  dei  paesi  della 
Riviera  di  Ponente  trovasi  in  Litterarum  Reg.  47,  lettera  n.  206. 

(2)  Anche  nel  Diario  si  accenna  a  questo  fatto,    ma    un    po'    più   tardi 
(2  febbraio). 

(3)  La  lettera  giunse  a  Genova  il  3o  gennaio  (Cfr.  Diario). 


L'dssedio  di  Monaco  i85 


aver  saputo  dal  legato  alla  corte  di  Francia  che  il  re 
era  stato  edotto  dal  suo  ambasciatore  a  Napoli  che  il 
popolo  genovese,  aveva  offerto  a  Ferdinando  il  Cattolico, 
passando  per  Genova,  il  rlominio  della  città  e  questi 
l'aveva  rifiutato  ;  aggiungeva  che  il  re,  alla  notizia,  «  era 
((  intrato  in  tanta  amaritudine  che  non  era  nisuno  li 
«  potesse  parlare  di  questa  terra  »;  il  5  un'altra  let- 
tera di  Franco  de  Ingiberti  (che  gli  oratori  genovesi, 
partendo  dalla  corte  papale,  avevano  lasciato  quale 
«  solicitator  »)  confermava  la  stessa  notizia  con  l'ag- 
giunta che  il  re  aveva  mandato  un  suo  fido  al  campo 
coir  ordine  di  levare  l'assedio  e  che  i  genovesi  non 
solo  non  avevano  obbedito,  ma  avevano  persino  minac- 
ciato di  ammazzare  il  regio  inviato  (').  Per  queste 
ragioni  e  per  quella  precipua  che  essi  non  avevano 
mai  voluto  restituirgli  le  riviere,  il  re  era  fermamente 
deciso  a  dichiarare  i  genovesi  ribelli.  Tale  decisione 
era  pure  confermata  da  lettere  venute  da  Milano,  e, 
come  minaccioso  annunzio  di  questo  nuovo  stato  di 
cose,  ecco  Gerolamo  Fieschi,  tìglio  di  Gian  Luigi,  se- 
guito e  difeso  da  buon  nerbo  di  fanti  e  cavalli,  rientrare 
nei  suoi  possessi  di  Montoggio  dove,  appena  giunto, 
chiama  certi  mulattieri,  che  si  erano  recati  a  Casella 
ed  a  Croce  e  dintorni  a  fare  incetta  di  grani,  e 
li  ammonisce  di    non  arrischiarsi    più  a  venire  in   quei 


(i)  Cfr.  Diario,  date  corrispondenti.  Il  diarista  riferisce  queste  notizie 
senza  confutarle,  perciò  noi  potremmo  ritenerle  per  vere.  Si  noti  però  che 
in  una  lettera  (8  marzo)  ad  Andrea  Ciceri  i  genovesi  tentarono  difendersi 
da  tali  accuse.  Cfr.   Dee.  XXXVI. 


l8ó  Anno   l507 

luoghi,   poiché  sarebbero  fatti   prigionieri  e     verrebbero 
sequestrate  le  robe  loro   ('). 

Ma  un'altra    minaccia     più  grave    assai  sovrastava 
alla  repubblica  entro    le    stesse  sue    mura  ;    la    fortezza 
di   Castelletto,    mirabile    opera  eli    arte    militare    che  si 
elevava  proprio    nel    centro  della  città  e   la    dominava 
colle    sue    salde    ed    alte    mufaglie    C)  era  rimasta  in 
potere  di  una  guarnigione  francese  sotto  il  comando  di 
Pietro  di  Salazar,   e   mentre  fino  ai   tempi  di  cui  discor- 
riamo non  aveva  mai  dato    occasione    di    occuparsi    di 
essa,   ora  incominciava  ad   impensierire  i  genovesi.    Da 
qualche  giorno  si   notava  che  si  riforniva  di   munizioni, 
di    vettovaglie    e    di    legnami    per     ripari    (')  ,     poi    si 
venne  a  sapere    che     vi    entrava   anche    molta    gente  ; 
il   30  gennaio  ,   arrestati  due  villani    uscenti    dalla    for- 
tezza e  interrogatili,   risposero  \enire  da  Montoggio  ed 
avere  accompagnati    undici  uomini    che,    a  quanto  ave- 
vano inteso,   erano  lombardi  e  ingegneri.   La  cosa  destò 
rumore    e    questo    crebbe    pochi    giorni    dopo    (4  feb- 
braio) perchè  una  compagnia  di  40  uomini  era  entrata 
nel      Castellacelo  ,    altra     solida    fortezza     posta    sulla 
stessa  falda  su  cui  sorgeva    il  Castelletto,  ma  alquanto 
più  in  alto,   e  per  l'arresto  avvenuto  in  Bisagno  di  dieci 
francesi  intenti  a  raggiungere  il  forte.  Qualcuno,  serven- 
dosi della  sovraeccitazione  degli  animi,  cercò  di  spingere 


(i)  Ch.  Diario,  2  febbraio. 

(2)  In  J.  n''AuTON,  op.  cit.,  Tomo  III,  pag.  2  53,  evvi  una  bella  descrizione 
del  forte  di  Castelletto. 

(i)  Cfr.  Diario,  22  gennaio. 


L'assedio  di  Monaco  187 


il  popolo  alle  armi,  ma  non  vi  riuscì.  I  Tribuni  non 
stettero  inerti  ;  mandarono  subito  in  Val  di  Polcevera 
ed  in  Val  di  Bisao;no  ad  avvisare  (>11  abitanti  che  se 
mai  venisse  presa  altra  gente  consimile,  la  spogliassero 
e  danneggiassero.  Ed  ecco,  subito  il  giorno  dopo  (5  feb- 
braio), i  Polceveraschi  intercettare  quattro  some  di  fa- 
rine e  tre  di  pane  dirette  al  Castellaccio,  mentre  i 
Bisagnini  arrestavano  presso  San  Gottardo,  Quilico 
di  Negro,  Luchino  de  Marino  Castagna  e  Antonio 
Fieschi  diretti  a  Montoggio.  I  Tribuni,  forse  per  sal- 
varli dal  furore  della  plebe,  li  condussero  in  casa  di 
Anfreone  Usodimare  a  Banchi,  e  poiché  Luchino  era 
uno  degli  officiali  di  S.  Giorgio  ed  ivi  si  doveva  de- 
liberare per  certa  somma  di  denaro,  vollero  che  vi  si 
recasse  anch'egli,  ma,  rimandato  il  consiglio  al  domani, 
i  tre  gentiluomini,   data  sicurtà,   furono  rilasciati   (i). 

Tentativo  fallito  di  restituire  le  Riviere  al  re. 

Tutto  questo  agitarsi  minaccioso  alle  porte  di  Ge- 
nova, tutte  queste  notizie  incalzanti  d'ora  in  ora,  se  da 
un  lato  eccitavano  la  plebe  bellicosa  a  rimanere  sempre 
più  ferma  nei  suoi  propositi  di  lotta,  dall'  altro  dove- 
vano suonare  come  ammonimento  severo  alle  orecchie 
dei  cittadini  di  più  elevata  condizione  e  di  più  larghe 
vedute  ,  sulla  gravità  del  momento.  L  perciò  che 
approfittando  di  una  lettera  in  cui  il  papa  stesso  con- 
sigliava la  restituzione    delle    Riviere    assicurando  che, 


(i)  Cfr.  Diario,  3o  gennaio,  4-5  febbraio. 


l88  Anno   l507 


egli  avrebbe  fatto  in  modo  di  ottenere  dal  re  che  il 
Ravenstein  ed  il  Freschi  non  venissero  a  Genova,  la 
sera  del  5  febbraio,  in  una  grande  adunanza  a  Palazzo, 
alla  quale  erano  convenuti  tutti  gli  offici  ed  una  nume 
rosa  «  compagnia  »,  formatasi  il  13  gennaio  in  S.  Siro 
e  composta  di  artigiani  di  tutte  le  arti,  senza  distin- 
zione di  colori,  «  tutti  homini  da  bene  »  aggiunge  1'  a- 
nonimo,  e  detta  la  «  Compagnia  di  Jesus  »  ('),  si 
presentò  la  proposta  di  restituire  le  Riviere  al  re  per 
tentare  di  placarlo.  Chiestone  il  parere  a  quelli  della 
compagnia,  dissero  che,  essendo  artigiani  di  varie  arti, 
dovevano  prima  conferire  coi  loro  consoli  e  soltanto  dopo 
che  ogni  arte  avesse  votata  la  proposta,  avrebbero  potuto 
rispondere.  Ma  il  dimani,  appena  fu  noto  ciò  che  era 
stato  proposto,  tutto  il  popolo  si  levò  a  rumore  ed 
esasperato  pure  dall'annunzio  che  un  manipolo  di  circa 
200  uomini,  la  maggior  parte  liguri,  tornando  da  Mo- 
naco, era  stato  assalito  presso  Savona  dai  soldati  del 
d'Allègre  i  quali  ne  avevano  uccisi  e  depredati  parecchi, 
fu  lì  lì  per  dar  di  piglio  alle  armi,  ma  tornò  alla  calma 
probabilmente  quando  apprese  che  la  sera  si  sarebbe 
domandato  al  Banco  di  S.  Giorgio  un  prestito  di  cin- 
quanta mila  ducati  per  l'impresa  di  Monaco  (*).  Il  giorno 


(  I  )  In  quei  tempi  s''  erano  formate  parecchie  compagnie  :  Il  Diario  ri- 
corda oltre  a  questa,  la  compagnia  della  Trinità;  Bartolomeo  Senarega  ne 
cita  altre:  quella  di  S.  Giovanni  Battista,  quella  della  Vergine  Maria,  della 
Pace,  della  Concordia,  etc.  (op.  n>.,  col  587). 

(2)  Cfr.  Diario,  6  febbraio.  La  deliberazione  di  quella  sera  del  Banco  di  S. 
Giorgio  é  pubblicata  da  G.  Saige,  op.  cit..,  Tomo  II,  pag.  77-79. 


L'assedio  di  Monaco  1S9 


seguente,  che  era  la  domenica  7  febbraio,  una  gran  folla 
di  artigiani  si  raccolse  in  S.  Maria  di  Castello  per  de- 
cidere sulle  Riviere  e  sulla  elezione  dei  Tribuni.  Il  risul- 
tato era  da  prevedersi  :  furono  riconfermati  gli  stessi  e; 
fu  stabilito  che  le  Riviere  non  si  riconsegnassero  finche 
Monaco  non  fosse  caduta ,  perciò  si  proseguisse  1'  as- 
sedio con  la  più  grande  alacrità  ;  inoltre,  fu  deliberato 
consenziente  in  tutto  la  Compagnia  di  Gesù  adunatasi 
nella  «  casaccia  »  di  S.  Maria  di  Castello,  di  rimettere 
nelle  mani  del  Pontefice  ogni  questione  interessante  la 
città,   affinchè  egli  decidesse  a  suo  talento. 

Ir.  COLPO  DI  MANO  DEL  SaLAZAR. 

Suir  imbrunire  dello  stesso  giorno  accadde  un  caso 
veramente  inaudito  :  mentre  una  folla  di  devoti  era 
raccolta  nella  chiesa  di  S.  Francesco  di  Castelletto  per 
udire  i  vespri,  il  castellano  aveva  fatto  circondare  la 
chiesa  dai  suoi  soldati,  dichiarando  prigionieri  tutti 
quelli  in  essa  convenuti  ;  incii,  lasciate  libere  le  donne, 
aveva  condotti  gli  uomini  in  fortezza.  Al  dimani  rimise 
in  libertà  i  nobili  eccetto  dodici,  che  trattenne  insieme 
con  quarantasei  popolari,  obbligandoli  a  girare  #na  ma- 
cina da  mulino  a  forza  di  braccia  e  nutrendoli  di  pane 
ed  acqua  (').   I   popolari,  indignati  di  questa  mala  azione 


(1)  Cfr.  Diario,  7-8  febbraio;  Bart.  Srnarega,  op.  citi,  col.  589;  J.  d'Au- 
toNt  op.  cit..,  Tomo  IH,  pag.  238-240.  Quet^ultimo  erra  il  giorno  dclP avve- 
nimento poiché  lo  fa  accadere  PS  invece  che  il  7  febbraio.  Marin  Sanudo 
{Diari,  Voi.  VI,  col.  55o),  traendo  la  notizia  di  questo  fatto  da  una  lettera 
da  Milano  (20  febbraio)  dice  che  Roccabertino,  avendo  inteso  i  genovesi 
aver  tolti  certi  carriaggi  ad  alcuni  francesi,  «ha  ritenuto  alcuni  in  Castelletto». 


igo  Anno    .'507 

del  castellano  e  più  ancora  della  ingente  somma  che 
egli  chiedeva  per  il  riscatto,  si  recarono  tumultuando 
dal  governatore  e  lo  indussero  a  interporre  i  suoi  buoni 
offici  presso  il  Salazar.  Egli  infatti  mandò  subito  a  Ca- 
stelletto due  Anziani,  con  due  della  Balìa  ed  il  suo  scu- 
diero Giannotto  per  chiedere  spiegazioni  al  Salazar,  ma 
questi  rispose  averlo  fatto  per  rappresaglia  perchè 
alcuni  villani  avevano  derubato  sei  uomini  diretti  al 
castello  per  la  via  dei  monti  ;  allora  gli  inviati  osser- 
varongli  che  se  gli  uomini  e  le  munizioni  avessero 
percorso  la  via  solita  e  non  quella  di  Montoggio  , 
e  non  fossero  stati  condotti  da  gente  fìeschina,  ciò 
non  sarebbe  accaduto  ;  nondimeno  si  offersero  a  ri- 
sarcirne i  danni  purché  rimettesse  in  libertà  i  pri- 
gionieri; ma  il  Salazar  non  volle  intendere  ne  patti  né 
ragioni,  sicché  furono  costretti  a  mandare  al  Chaumont 
il  loro  concittadino  Lorenzo  Gioardo  «  speciaro  »  per 
chiedergli  giustizia  (').  K  molto  facile  arguire  che  non 
fosse  soltanto  quella  la  causa  perchè  il  castellano  aveva 
fatti  prigionieri  quei  popolari  ;  il  d'Auton  infatti  ci  in- 
forma avere  il  Salazar  risposto  al  Roccabertino  che 
egli  a^va  diritto  di  presa  sui  genovesi,  essendo  stati 
essi  i  primi  a  far  la  guerra  ed  occupare  i  possedimenti 
^  del  re,  perciò  non  li  avrebbe  resi  che  per  ordine  espresso 
del  suo  re  (^).   Ma  queste  ragioni    non    era    bene    che 


(i)  Cfr.  Istruponi  e  Relazioni  Politiche^  n.  2707  C^  8  febbraio   1507. 

(2)  Op.  cit.^  Tomo  III,  pag.  240.  Si  potrebbe  anche  dare  che  il  Salazar 
avesse  atteso  T  ultimo  responso  del  popolo  alla  domanda  di  restituire  le  Ri- 
viere ed  appena  conosciutone  P  esito  negativo,  si  fosse  affrettato  a  punire  i 
genovesi  della  loro  disobbedienza  al  re. 


L'assedio  di  Monaco  igi 

fossero  dette  dai  genovesi,  mentre  con  quella  data  si 
poteva  spiegare  il  loro  modo  di  agire  come  un  legit- 
timo sdegno  contro  il  Salazar,  che  faceva  condurre  mu- 
nizioni e  uomini  di  nascosto  dal  paese  dei  Fieschi.  Con 
tutto  ciò  anche  1'  ambasceria  al  Chaumont  riuscì  a  nulla 
e  il  castellano  ritenne  presso  di  se  quei  miseri  fino  a 
che  la  città   non   ricadde  sotto  la  dominazione  francese. 

Genova  incetta  artiglierie  per  Monaco. 

Tutta  questa  lotta  e  tante  paurose  minacce  tene- 
vano desti  gli  animi  ed  erano  quasi  uno  sprone  al 
popolo  minuto  per  raggiungere  1'  agognata  mèta  del 
possesso  di  Monaco.  Vedemmo  il  sei  febbraio  nell'adu- 
nanza in  S.  Giorgio  essersi  deliberati  cinquanta  mila 
ducati  per  la  fatale  impresa  ;  ebbene,  due  giorni  dopo 
(8  febbraio)  si  mandava  Alerame  di  Bozolo  sur  un 
leudo  di  Camogli  con  denari,  polvere  ed  altre  provviste  ('); 
m  scriveva  a  Pisa  chiedendo  che  fossero  vendute  a  Ge- 
nova le  munizioni  da  guerra  che  la  città  aveva  in  serbo 
e  venisse  dato  in  prestito  «  uno  cannone  ferrerò  »  (*), 
si  dava  pure  incombenza  al  tribuno  Battista  di  Solano 
di  recarsi  sulla  nave  Negrona  per  vedere  ^  illos  cano- 
«  nes,  petras  ferreas  et  pulverem  aliasque  munitiones  » 
che  avrebbero  potuto  servire  alla  spedizione  di  Monaco 
(').  Era  un  affaccendarsi  meraviglioso  per  provvedere  ai 
bisogni  del  campo,  dal  quale  l'otto  febbraio  era  arri- 
vata    la     notizia     che     «  uno    camerero    dello     duca  di 


(i)  Gfr.  Diario,  data  corrispondente. 

(2)  Gfr.  Litterarum  Reg.  5o,  lettera  n.  9. 

(})  Gfr.  Litterarum  Reg.  48. 


192  Anno   l507 

Savoia  »  aveva  licenziati  tutti  gli  avventurieri  che  si 
trovavano  alla  Turbia  e  a  Villafranca,  ordinando  loro 
di  non  mai  più  tornare  ;  invece  il  io  correva  voce 
in  Genova  che  gli  stessi  venturieri  ,  calati  alla  volta 
di  Monegheto  per  impossessarsi  dell'  artiglieria  ge- 
novese, erano  stati  vigorosamente  respinti  con  gravi 
perdite.  Questa  notizia  era  la  vera  ;  V  anonimo  che 
afferma  essersi  fatti  in  quella  mischia  circa  duecento 
prigionieri,  riferisce  una  cifra  poco  esatta,  probabilmente 
esagerata  nel  passare  di  bocca  in  bocca  ;  in  verità  i 
prigionieri  presi  nella  fortunata  fazione,  erano  solo  63, 
che  i  commissari  deliberarono  di  mandare  a  Genova 
come  glorioso  segno  di  vittoria.  Al  momento  però  dello 
imbarco,  accadde  una  scena  abbastanza  curiosa:  molti 
capi  di  compagnie  e  soldati  si  posero  sulla  traversia  della 
nave  gridando  e  protestando  che  non  volevano  che 
i  prigionieri  partissero,  forse  perchè  speravano,  tenen- 
doli presso  di  sé,  di  ricavarne  qualche  somma  pel  riscatto; 
allora  i  commissari,  ad  evitare  questioni,  ne  trattennero 
dieci  che  sembravano  di  miglior  casato  ed  avvisarono 
gli  officiali  di  Balìa  che  inviavano  gli  altri  53  sotto 
la  responsabilità  di  Battista  Magnano  (');  al  quale 
però  venne  più  tardi  dato  l'ordine  di-  calarli  a  Savona, 
avendo  la  plebe  di  Genova  manifestato  il  tristo  propo- 
sito di  volerne  fare  scempio  e  di  tagliarli  a  pezzi  (^). 
Questo  piccolo   fatto  d'  armi  alimentò  la  speranza    nel- 


(i)  Cfr.  G.  CALLfGARis,  op.  cìt.^  Doc.  XVf,  pag.  652. 
(2;  Cfr.  Diari),    14  febbraio. 


L'assedio  di  Monaco  iqS 


l'animo  dei  genovesi,  i  quali,  affascinati  dal  lontano 
miraggio  d'  una  vittoria  decisiva,  continuarono  a  far 
incetta  di  armi  e  di  armati  (').  In  questo  mezzo  dob- 
biamo ricordare  un  ultimo  conato  del  governatore  di 
piegare  i  genovesi  a  restituire  le  Riviere  al  re  ma  fu 
tale  la  furia  della  plebe  urlante  sotto  le  finestre  del 
palazzo  che  non  si  dovevano  rendere  se  non  per  ordine 
del  papa,  a  cui  era  stata  deferita  ogni  quistione  ritiet- 
tentc  il  bene  della  repubblica,  che  né  quel  giorno  fi6 
febbraio),  né  il  successivo,  si  potò  tenere  consiglio.  Il 
17  però  assistiamo  ad  un  fatto  nuovo:  trecento  arti- 
giani, visti  gli  eccessi  a  cui  correvano  alcuni  dei  loro 
compagni,  si  radunarono  nella  cappella  degli  Scrivani 
in  S.  Lorenzo  e  dec.sero  di  scegliere  tra  loro  alcuni 
volenterosi  che  si  prendessero  la  cura  di  pacificare  gli 
animi  e  subito  ne  elessero  dodici  ;  altrettanti  ne  scel- 
sero i  mercanti  dopo  essersi  raccolti  (18  febbraio)  nella 
medesima  cappella,  insieme  coi  dodici  artigiani  già 
eletti  {'). 

Nuove  trattative  col  duca  di  Savoia. 

E  qui  torna  opportuno    riprendere    la  parola    sulle 
relazioni    di    Genova    col    duca  di   Savoia.   Ricordiamo 


(1)  Gfr.  Diario,  iS  febbraio.  Dello  stesso  giorno  è  un  ordine  a  StefonoNe- 
grone  di  consegnare  ai  commissari  Ludovico  di  Pentema  e  Pantaleone  Tonso 
tutte  le  artiglierie  e  le  munizioni  della  sua  nave.  Ai  commissari  si  dà  Por- 
dine  di  prendere  la  detta  artiglieria  sulla  nave  che  si  trova  a  Portofino  e 
di  farla  caricare  si  una  o  due  barche  per  Genova.  Litteraruni  Reg.  49, 
lettj^re  n.  3  i-32. 

(i)  Cfr.  Diario,   16,   17.   18  febbraio. 


194  Anno   l507 

che    in   una    lettera    scritta  dai  genovesi    l'ii     gennaio 
1507   al  vescovo  di  Mondovì,   gran    cancelliere    ducale, 
pur  lamentando  il   modo  poco    cortese    usato     verso    il 
loro  ambasciatore,  e  dichiarando  che  appunto  per  ciò  non 
credevano    decoroso    inviarlo    di    nuovo,    essi  facevano 
capire  che  non  sarebbe  riuscito  loro  discaro  di  rianno- 
dare le  trattative  bruscamente    interrotte.     Sembra  che 
anche    Carlo    II    di    Savoia    avesse    desiderio     di    non 
romperla  coi  genovesi,   poiché,   prima  ancora    che    per- 
venisse   la    lettera  accennata,   inviava    il    io    gennaio  il 
suo  scudiero   Bartolomeo   Usillione   ad  essi    a    prendere 
«  qualche  composicione  »    ('),   ma   non   si  sa   di  preciso 
quali  accordi  siansi  presi  ;   certo  è  che  le  cose    si  appia- 
narono,  poiché  il    19  gli  Anziani    mandavano  una    let- 
tera assai  cortese  e  deferente  al    duca,   annunziandogli 
che  tra  poco  sarebbe  partito   per    Torino     il  Veneroso, 
non  appena  si  fosse  rimesso  dalla  malattia  che  l'aveva 
colto  di  ritorno  da  una  missione  in   Riviera  ("").   Questa 
lettera  fu   probabilmente  portata  dallo  stesso    Usillione, 
che  lasciò    Genova    il     20  ;   ma  il    Veneroso    non    potè 
partire  così  presto     come    gli     Anziani    speravano  ;      la 
sua     malattia     durò     parecchio     tempo,     sicché     il    con- 
siglio credette  opportuno  avvertire  il   duca  della  cagione 


(i)  Cfr.  G.  Calligaris,  op.  cit.,  pag.  566  e  Diario,  14  gennaio,  in  cui  si 
anninzia  che  due  giorni  prima  (12  gennaio)  era  giunto  un  ambasciatore 
del  duca. 

(2)  La  lettera  è  pubblicata  dal  Calligahfs,  op.  cit.,  Doc.  XIV,  pag.  65o. 
Il  Veneroso,  come  vedemmo,  era  stato  inviato  nella  Riviera  di  Levante j)er 
opporsi  alle  mene  di  Ottaviano  e  Giano  Fregoso, 


L'assedio  di  Monaco  igS 


di  così  lungo  ritardo,  dicendogli  che  non  se  ne  man- 
dava un  altro,  perchè  il  Veneroso  conosceva  bene  quei 
negoziati,  mentre  ad  un  nuovo  legato  sarebbe  occorsa 
una  lunga  istruzione  (').  Finalmente  il  1 7  febbraio  egli 
era  in  viaggio  per  Torino  (^),  con  mandato  di  appia- 
nare le  diverse  cagioni  di  contesa  e  in  primo  luogo  di 
sapere  quale  somma  Genova  dovesse  sborsare  perchè 
il  duca  s'impegnasse  a  proibire  che  dai  suoi  possessi, 
e  specialmente  dalla  Turbia  e  da  Nizza,  non  si  man- 
dasse alcun  aiuto  a  Monaco,  assegnando  come  limite 
massimo  sei  mila  scudi,  dei  quali  duemila  sarebbero 
pagati  a  vista,  gli  altri  dopo  la  presa  della  fortezza. 
Riguardo  a  Mentone  e  Roccabruiia,  l'ambasciatore  do- 
veva assicurarlo  che  i  genovesi  non  volevano  vantare 
alcuna  ragione  su  di  essi  e  che  avrebbero  volentieri 
riparata  l'offesa  recata  alle  bandiere  ducali,  facendovele 
rimettere  ;  e  siccome  il  duca  dava  molta  importanza  ai 
due  castelli  per  gli  utili  che  ne  ritraeva  per  la  gabella 


(i)  Cfr.  lettera  al  duca  di  Savoia,  ''1.  febbraio  i  507),  pubbl.  dal  (^\i.m- 
GARis,  Dee.  XV,  pag.  65 1. 

(2)  L'' anonimo  diarista  afferma  che  il  Veneroso  parti  il  19  febbraio,  ma 
noi  crediamo  che  egli  sia  partito  il  17:  sono  infatti  del  17  le  commenda- 
tizie (pubbl.  dal  Caijjgaris,  op.  cit.,  pag.  656)  ed  il  decreto  «  contra  peri- 
cula  »  (in  Diversorum  FUza  64).  Inoltre  abbiamo  una  lettera  del  1 7  febbraio 
scritta  dagli  Anziani  ai  due  ambasciatori  Nicolò  Oderico  e  Simone  di  Giovo 
in  cui  si  dice  «  l)isc«ssit  hodie  a  nobis  e.  Bernardus  Venerosus  quem  de- 
«  stinavimus  prò  causis  publicis  ad  prefatum  Illustrissimum  dominum  ducem 
«  inique  commisimus  ut  procuret  dictum  salvum  conductum  impetrare  ». 
I  d'ie  ambasciatori  che  tornavano  dalla  corte  di  Francia  avevano  infatti 
scritto  da  Saluzzo  (i3  febbraio)  di  esserci  ivi  trattenuti  per  non  avere  an- 
cora ricevuto  il  salvocondotto  dal  duca  di  Savoia.  {Littcrarum  Reg.  49, 
lettera  n.  ìj). 


igó  Anno   l507 

del  sale,  così  il  Veneroso  doveva  in  segreto  cercare  di 
convincerlo  che  se  la  riscossione  di  detta  gabella  fosse 
affidata  all'ufficio  di  S.  Giorgio,  egli  ne  avrebbe  goduti 
maggiori  vantaggi  (').  Come  procedessero  e  si  svolges- 
sero queste  trattative  ,  non  ci  è  dato  conoscere,  ma 
è  certo  che  neppure  esse  raggiunsero  il  loro  scopo.  In 
questo  tempo  giungevano  (23  febbraioj  a  Genova  le 
risposte  del  pontefice  ai  quesiti  propostigli  :  egli,  esor- 
tati innanzi  tutto  i  popolari  ad  essere  concordi,  li  con- 
sigliava ad  armare  galee  e  raccogliere  fanti  per  l'impresa 
di  Monaco  e  li  confortava  a  non  temere  di  nulla  e  per  ri- 
guardo alle  Riviere  non  pigliassero  alcuna  risoluzione 
finche  egli   non   avesse  ricevuto    risposta  dal   re  (^). 

Tristi  condizioni  dell'esercito  genovese. 

Era  proprio  quello  che  più  si  conformava  ai  desi- 
deri dei  popolari.  E'  vero  che  il  campo  era  rimasto 
per  qualche  giorno  sprovvisto  di  polvere,  tanto  da  non 
potersi  usare  le  grosse  bombarde,  e  ognora  più  dimi- 
nuiva il  numero  dei  soldati,  sia  per  le  frequenti  diser- 
zioni ,     sia    perchè    qualche    compagnia    ligure  ,    termi- 


(i)  G.  Calijgaris,  op.  cit.,  pag.  569,  n.  4,  osserva  che  in  questa  isti-u- 
zione  é  accennato  essere  la  quarta  che  viene  data  al  Veneroso,  mentre, 
pei  documenti  a  lui  noti,  sarebbe  risultata  la  terza.  Infatti  egli  non  cono- 
sceva delle  precedenti  ambascerie  che  quella  del  29  novembre  e  quella 
del  19  dicembre.  Noi  possiamo  aggiungere,  sulla  scorta  del  Diario,  che  il 
Veneroso,  tornato  il  26  dicembre  dalla  seconda  ambasceria,  ripartì  una 
terza  volta  per  Torino  il  28  dicembre  e  ritornò  a  Genova  il  5  gennaio. 
U  ambasceria  del   17  febbraio  è  dunque  precisamente  la  quarta. 

(2)  Cfr.  Diario,  2  3   febbraio. 


L'assedio  di  Monaco  197 


nato  il  suo  periodo  di  servizio,  ritornava  in  città,  ma  i 
genovesi  eransi  dati  con  nuova  alacrità  a  raccogliere 
gente,  e  preparare  munizioni,  ed  appena  il  mare,  da 
parecchio  tempo  agitato,  volse  a  bonaccia,  spedirono 
(24  febbraio)  polvere,  artiglieria  e  circa  mille  fanti.  Essi 
però  non  avevano  un'idea  chiara  e  precisa  dei  bisogni 
e  delle  miserrime  condizioni  del  campo  ;  ma  a  renderli 
persuasi  giungeva  una  lettera  dei  commissari  (25  feb- 
braio) nella  quale  si  lamentavano  che  proprio  i  genovesi 
fossero  quelli  che  offrivano  al  campo  il  tristo  esempio 
della  defezione  e  citavano  tra  questi  un  Lazzaro  Baci- 
galupo  che  ,  avendo  a  torto  ferito  il  conte  Berga- 
mino, se  ne  era  andato  con  tutti  i  suoi  e  con  trecento 
soldati  di  altre  compagnie  ;  la  compagnia  del  Castel- 
laccio  poi,  malgrado  avesse  promesso  di  rimanere  sino 
al  26,  se  ne  era  ita  nella  notte  del  21,  traendo  seco 
quasi  tutti  i  militi  di  Lombardia  e  Monferrato  ;  la  com- 
pagnia del  Greco  era  più  che  decimata  ,  i  suoi  fanti 
da  trecento  erano  ridotti  a  c^uaranta  ;  erano  inoltre 
partite  coi  loro  capi  le  compagnie  dei  Lombardi  e  così 
il  campo  era  giunto  ad  un  numero  tanto  esiguo  di  uomini 
che  i  commissari  non  ardivano  neppure  di  notificarlo  ai 
loro  concittadini  ;  rimaneva  una  sola  speranza  nel  pronto 
arrivo  delle  «  sequelle  »  (')  ,  non  essendo  sino  allora 
venuta  al  campo  che  una  compagnia  di  Ventimiglia, 
forte  di    185     uomini,   condotti    da    Gaspare    Giudice  e 


(i)  Erari)  i  rinforzi  che  dovevano  mandare  i  pa.'si  rivieraschi  in  aiuto 
dell'  esercito  gen')vese  e  che  in  questo  momento  dovevano  sostituire 
quelli    già  partiti. 

14 


IqS  Anno    l507 

pag'ati  a  sue  spese  per  dieci  giorni  di  assedio  (');  perciò  i 
commissari  attendevano  con  grande  impazienza  i  soccorsi, 
che,  se  fossero  tardati  d'un  sol  giorno,  stimavano  impos- 
sibile il  potersi  più  a  lungo  sostenere,  «  e  quando  hodie  », 
così  scrivevano  «  non  foseno  hic  conducti  per  mare  aut 
«  per  terra  corno  habiamo  ordinato,  se  indicamo  quasi 
«  desperati  totaliter  da  ogni  remedio  ».  La  lettera  con- 
tinua con  queste  commoventi  parole  :  «  a  noi  bisogna 
«  cum  le  lacrime  a  li  oyhij  tuto  notificare  a  le  magni- 
«  ficencie  vostre  e  per  parte  nostra,  id  est  de  noi  Ra- 
«  faelo  de  Recco,  Alarame  di  Bozolo  in  compagnia  di 
«  Lodisio  e  cum  noi  dicto  D.  Gasparo  se  farà  tuto 
«  quello  sera  in  facultà  nostra  poter  fare  in  regersi, 
€  cum  metere  etiam  le  vite  nostre  ad  ogni  periculo  »  ; 
lodavano  il  coraggio  e  l'abnegazione  del  Tarlatino  e  di 
Pietro  Gambacorta,  i  (piali  non  solo  combattevano  da 
valorosi  colle  loro  truppe  ed  esponevano  a  gravi  peri- 
coli la  loro  vita,  ma  avevano  persino  sborsati  per  l'im- 
presa i  denari  che  eran  loro  rimasti,  e  i  commissari  ave- 
vano ragione  di  dire:  «  in  loro  resta  quella  poca  spe- 
ranza la  quale  anchora  ne  tene  vivi  ».  Annunziavano 
pure  di  aver  scritto  ai  capitani  delle  galee  di  venire  a 
Monaco  per  potere  consigliarsi  anche  con  essi  sulla 
gravissima  situazione  e  di  aver  deciso,   su   proposta  del 


(j)  Il  i8  febbraio  i  307,  il  governatore  e  gli  Anziani,  uditi  dal  conimis- 
sario  Teramo  di  Ballano  ritornato  dal  campo  sotto  Monaco,  gli  atti  di  va- 
lore e  di  devozione  compiuti  dal  ventimigliese  Gasparo  Giudice,  gli  decre- 
tavano la  cittadinanza  genovese,  estensibile  ai  suoi  discendenti  {Lilterarum 
Reg.  5o,  lettera  n.    i  i). 


L'assedio  di  Monaco  19Q 


capitano  e  di  messer  Pietro,  di  mandare  a  Genova 
Alarame  di  Bozolo  perchè  chiarisse  meglio  a  voce  il 
vero  stato  delle  cose  e  sollecitasse  ciò  che  occorreva. 
Ebbene,  questa  lettera  che  rivela  colla  depressione 
d'animo  dei  commissari,  direi  quasi  lo  sfacelo,  la  rovina 
dell'impresa,  ha  in  calce  un  post-scriptum  che,  come 
un  raggio  di  luce  fra  le  tenebre,  fa  dimenticare  tutto 
il  male  accennato  dianzi  ;  il  nemico  ha  tentato  una  im- 
provvisa sortita  ed  è  corso  all'assalto  delle  artiglierie 
genovesi,  ma  ha  trovato  una  resistenza  sì  forte  da  esser 
costretto  a  ritirarsi,  lasciando  cinque  prigionieri  (').  Nel 
laconico  annunzio  scritto  di  tutta  fretta,  appena  avve- 
nuto lo  scontro,  si  sente  palpitare  la  gioia  di  quei 
prodi  genovesi  (^)  ;  ma  queste  erano  fortune  effimere, 
non  cangiavano  punto  la  condizione  delle  cose  e  forse 
la  lasciavano  più  triste  e  desolata  pel  timore  e  quasi 
la  certezza  d'una  prossima  grave  sconfitta  ;  infatti  pochi 
dì  poi  gli  stessi  commissari  facevano  sapere  che  al 
campo  non  si  trovavano  più  di  700  fanti  ;  «  vero  è  », 
aggiunge  il  diarista  ,  «  che  la  provixione  ultimamente 
«    mandatoli   non  era  ancora  gionta   »    (')  ,   ma  è  altresì 


(i)  Il  Diario.  2  5  febbraio,  dice  che  in  quella  sortita  «  fumo  lò  da  morti 
«  e  prexi  queli  di  Monaco  ».  Probabilmente  il  d'Auton  accenna  a  questa 
sortita  nel  Voi.  IH,  pag.  228  della  sua  cronaca  e  la  fa  succedere  ai  primi 
di  marzo,  ma  quando  si  badi  alla  grande  somiglianza  tra  le  due  descrizioni 
ed  al  numero  eguale  di  prigionieri,  si  può  anche  sorvolare  al  lieve  divario 
tra   gli  ultimi  di  febbraio  ed  i  primi  di  marzo. 

(2)  \jA  lettera  è  pubblicata  in  Appendice,  Dee.  XXXVIII. 

(.5)  Cfr.  Diario,  27  febbraio.  La  lettera  giunta  in  quel  giorno  a  Genova 
doveva  essere  stata  inviata  da  Monaco  il  2  5  febbraio,  poiché,  come  sappiamo 


200  Anno    l507 

vero  che  mille  uomini   non  erano  sufficienti  ad     avvan- 
taggiare di   molto  le  condizioni  dell'esercito. 

Paolo  da  Novi  commissario  al  campo. 

Oramai  si  era  alla  fine  del  dramma.  E  qui  i  docu- 
menti d'Archivio,  che  certo  dovevano  essere  molti  e  im- 
portantissimi, sono  in  grande  parte  scomparsi.  Forse  una 
mano  gelosa  o  pietosa  li  sottrasse  alla  nostra  curiosità 
perchè  non  rivelassero  gli  ultimi  aneliti  d'una  spedizione 
che  era  costata  tanto  cara  ai  genovesi  e  che  aveva  for- 
mato l'orgoglio  del  governo  popolare.  Possiamo  però 
affermare  che  realmente  Paolo  da  Novi  e  Silvestro  Giu- 
stiniani vennero  inviati  in  quell'ultimo  periodo  commis- 
sari al  campo  e  che  vi  rimasero  sino  a  che  fu  levato 
l'assedio  dalla  fortezza  inespugnata.  Iiìfatti  il  4  marzo 
troviamo  una  decisione  del  comune  che  sospende  le 
cause  nelle  quali  ha  qualche  parte  Paolo  da  Novi,  che 
si  trova  già  sotto  a  Monaco  insieme  con  Silvestro 
Giustiniani    (')    ed     il     15    dello    stesso   mese  è   inviata 


ci  volevano  due  giorni  per  compiere  il  tragitto  fra  i  due  luoghi  e  perciò 
non  potevano  essere  giunti  i  rinforzi  genovesi  i  quali,  essendo  partiti  il  24 
da  Genova,  dovevano  arrivare  a  Monaco  il  26. 

(i)  Benché  il  documento  sia  per  sé  stesso  di  poca  importanza,  lo  pub- 
blico per  intero,  in  riguardo  al  personaggio.  {Diversoritiìi  Reg.  174,  4 
marzo  1  So-):  «  Pro  Paulo  de  Novis  IH.  et  excelsus  dominus  Philippus  de 
«  Cleves  Ravasteni  dominus  Regius  admiratus  et  Januensis  Gubernator  et 
«  Magnitìcum  Consilium  dominorum  Antianorum  communis  Janue  in  legi- 
«  timo  numero  congregatum,  scientes  elegisse  Paulum  de  Novis  et  Silves- 
«  trum  Justinianum  commissarios  profectos  in  castra  contra  Monacum  et 
«  censentes  equum  esse  ut  cause  dicti  Pauli  suspendantur  id  circo  eas  sus- 
«  penderunt,  tam  de  q  ibus  actor  est,  quam  reus  usque  ad  cius  reditum  et 
«  deinde  per  dies  tres.  Ita  tamen  quod  incipiant  ea  die  qua  Janua  recessit  ». 


L'assedio  di  Monaco 201 


una  lettera  a  lui  ed  ai  suoi  colleglli  coll'ordine  di  ri- 
mandare a  Genova  certe  artiglierie  di  Benedetto  dell'Isola, 
padrone  di  un  brigantino  (').  E'  assai  probabile  che 
queste  artiglierie  non  fossero  spedite  subito,  poiché  si 
era  nei  momenti  più  perigliosi  dell'oppugnazione  e  si 
doveva  certamente  avere  avuto  sentore  ólì  preparativi 
di  un  esercito  che  sarebbe  marciato  a  levare  l'assedio 
a  Monaco.  Infatti  il  12  marzo  l'officio  di  Ralìa  scriveva 
al  Tarlatino,  il  quale  aveva  cercato  in  lettere  precedenti 
(6  marzo)  di  giustificare  le  lungaggini  dell'assedio,  assi- 
curandolo che  egli  godeva  tutta  la  stima  del  comune  ; 
cercasse  soltanto  di  sollecitare  in  ogni  modo  la  fine 
dell'impresa  per  calmare  l'impazienza  dt-lla  plebe  a  stento 


(1)  Pubblico    anche    la    seguente    lettera    per    la    ragione   già    detta    e 
perchè  nella  lettera  si  parla  delle  artiglierie  collocate    a    Moneghetto. 

«  Antiani  Communis  Genue,  Spectatis  viris  Paulo  de  Novis  et  sociis 
<  commissariis  nostris-Spectati  viri  per  che  senio  speso  instò  da  Bene- 
«  dicto  de  Lisora  {dell'  Isola)  ^  patrono  de  lo  brigantino,  che  gè  facemo 
«  consignà  la  so  altagliaria  la  quale  lui  dice  essere  stata  missa  sopra 
«  monegeto,  per  tanto  ve  cometemo  che  visto  la  presente  lettera  mandati 
<(  cum  lo  primo  passagio  la  dieta  altagliaria  la  quale  lui  dice  che  ne  bizo- 
«  gna  grandemente  per  li  facti  de  lo  suo  brigantino,  et  perchè  noinonsemo 
«  se  lui  gè  ha  altagliaria  alcuna,  parlati  cum  Io.  Bapt.a  de  Davania  a  lo 
c«  quale  epso  Benedicto  dice  haver  consignata  dieta  altagliaria  e  se  pur  co- 
«  gnosceti  la  dieta  altagliaria  de  epso  benedicto  esser  necessaria  in  li  facti 
«  nostri  scrivetine  quanti  peci  sono  et  quanto  a  vostro  estimo  pono  valere 
«  e  avizatine  e  se  non  ne  bisognasi  cum  grande  necessità  omnino  reman- 
«  dati  dieta  altagliaria  perchè  non  è  onesto  che  uno  povero  ioveno  chi  ha 
«  servito  Io  comune  nostro,  a  Io  quale  in  questo  se  gè  a  debito,  gè  sia  re- 
fe tenuto  le  sue  cosse  sensa  le  quale  lui  non  pò  fare  li  facti  soi.  Data  Genue 
0  die  XIII  Martii  MDVII  ».  Litterarum  Reg.  48. 


202  Anno   l507 

fino  allora  repressa  e  per  evitare  anche  il  pericolo  di 
qualche  complicazione  col  sopra^g-iungere  di  aiuti  agli 
assediati ,  e  in  tutto  il  resto  della  lettera  gli  ripetevano 
di  «  volere  una  volta  fare  l'ultimo  conato  »  che  a  Genova 
v'era  bisogno  di  lui  e  de'  suoi  soldati  (').  Il  15  marzo 
poi  si  raccomandava  ai  commissari  della  Riviera  di  Po- 
nente che,  essendosi  dato  ordine  al  campo  per  l'assalto 
definitivo  della  fortezza,  si  inviasse  a  quella  volta  quanta 
più  gente  fosse  possibile,  ma  nel  medesimo  tempo  stessero 
apparecchiati  a  prendere  le  armi  contro  chiunque  ve- 
nisse a  turbare  «  li  facti  nostri  »  (^).  K  l'annunzio  della 
bufera  vicina.  Ma  donde  veniva  e  chi  guidava  codesti 
nemici?  L'esercito  era  stato  formato  ad  Asti,  con  4000 
fanti  e  100  cavalieri,  comandati  da  Yves  d'Allègre,  il 
governatore  di  Savona  che,  proprio  il  giorno  15,  an- 
dava ad  assumerne  il  comando  e  il  giorno  17.  era  già 
in  marcia  su  Monaco.  Da  Genova  intanto  si  man- 
dava in  gran  fretta  l'ordine  di  dare  l'estremo  assalto 
alla  fortezza  e,  quando  questo  non  fosse  riuscito,  di  im- 
barcare tosto    le  artiglierie  (^). 

Ultimo  assaito  contro   Monaco. 

In  verità  in  questi  ultimi  momenti  gli  assedianti  mo- 
strarono un  coraggio  degno  del  più  grande  encomio  ;  le 
loro  artiglierie,  concentrati  i  fuochi  contro  un  sol  punto, 
lanciarono  per  tre  giorni  e  tre    notti  tale    grandine    di 


(i)  Cfr.  Saige,  op.  cit.^  Tomo  II,  pag.  79-80. 

(2)  Id.  ibìd.  pag.  81-82. 

(j)  Cfr.  Diario,  1G-17  marzo. 


L'assedio  di  Monaco  2o3 

proiettili  da  atterrare  più  di  cento  tese  della  muraglia 
ed  aprirvi  una  lariii'a  breccia.  Preparata  così  la  via,  le 
truppe,  ri'^illa  notte  fra  il  19  ed  il  20  marzo,  si  lancia- 
rono furiosamente  all'assalto  ;  ma  i  moneg^aschi  sosten- 
nero l'impeto  eroico  difendendosi  mirabilmente  e  dispe- 
ratamente, e  sebbene  i  genovesi  giungessero  a  piantare 
tre  bandiere  sulle  mura  ,  dopo  cinque  ore  di  lotta 
corpo  a  corpo,  dovettero  ripiegare.  Miglior  sorte  non 
ebbe  l'assalto  tentato  dalla  parte  del  mare,  affine  di  di- 
strarre le  forze  monegasche  dall'attacco  principale,  poiché 
la  piccola  armata,  composta  di  barche  coperte,  brigan- 
tini ed  altri  battelli  (il  d' Anton  dice  che  erano  20), 
sbarcò  i  suoi  uomini  all'entrata  del  porto,  presso  una 
torre  detta  «  lo  Sperone  »,  ed  essi  si  accinsero  subito 
alla  scalata,  ma  gli  assediati  li  ributtarono  e,  con  colpi 
di  artiglieria  ben  diretti,  colarono  a  fondo  le  loro  im- 
barcazioni. Così,  trovatisi  tra  il  mare  e  le  mura,  senza 
alcuna  via  di  scampo,  si  ritrassero  al  riparo  dietro  una 
grossa  torre,  dove,  dopo  la  sconfitta  delle  forze  di  terra, 
furono  orribilmente  massacrati.  Questo  episodio  narrato 
dal  d'Anton,  è  meglio  chiarito  dal  Diarista,  il  quale 
afferma  che  mentre  le  galee  rimorchiavano  una  nave 
(certamente  carica  di  soldati)  per  accostarla  al  castello, 
il  commissario  Giovanni  da  Monteborgo,  forse  per  sal- 
vare quelle  dai  colpi  delle  artiglierie  nemiche,  aveva 
tagliato  con  una  piccozza  la  gomena  di  rimorchio,  sicché 
la  nave  era  rimasta  in  balìa  delle  onde  e  dei  nemici: 
questo  improvviso  ritirarsi  delle  galee  dal  combattimento, 
aveva,  secondo  i    genovesi,  impedito  che  arridesse  loro 


204  Anno   l507 

la  vittoria  (').  Ciò  spiega  lo  .  scoppio  d'  indignazione 
della  plebe,  appena  ebbe  notizia  che  il  Monteborgo  ed 
il  suo  collega  Nicolò  Cicogna  erano  giunti  da  Monaco 
e  sbarcati  nella  Darsena  (23  marzo);  essa  accorse  fu- 
ribonda per  vendicare  su  di  loro  l'onta  della  sconfitta  e, 
trovate  chiuse  le  porte  incominciò  a  «  scarenare  »  le 
mura,  ma  giunse  in  buon  punto  un  forte  drappello  di 
armati  che  li  salvò  dal  furore  popolare  e  li  condusse  a 
Palazzo  in   mezzo  alle  grida  minacciose  del   popolaccio. 

Le  forze  genovesi  riparano  a  Ventimiglia. 

Da  Monaco  intanto  scrivevano  che  alla  Turbia  era 
giunta  così  gran  moltitudine  di  gente  che  non  si  po- 
teva rimanere  più  a  lungo  sotto  le  mura  della  città 
(') ,  che  l'artiglieria  era  già  in  salvo  sulle  imbarca- 
zioni e  nella  notte  della  domenica,  2  i  marzo,  l'esercito  si 
sarebbe  ritirato  a  Ventimiglia;  il  comune  perciò  avvisasse 
cosa  si  dovesse  fare  in  seguito.  Genova  rispondeva  ai 
commissari  ed  al  capitano  di  non  partirsi  assolutamente 
da  Ventimiglia  e  di  scegliere  quel  partito  a  loro  paresse 
migliore  ,  di  fortificare  i  castelli  di  Mentone  e  di 
Roccabruna,  o  di   abbatterli.    Per  riguardo  a  Monaco  poi 


(i)  Per  maggiori  particolari  siiir  assalto  di  Monaco,  si  può  leggere  la 
splendida  descrizione  che  ne  fa  il  ly  Auton,  op.  cit.,  Voi.  Ili,  pag.  2.32-2'57; 
anche  G.  Saige,  op.  cit..  Tomo  II,  Introd.  pag.  LIV  ci  dà  qualche  partico- 
lare traendolo  dalla  Relat^ione  più  volte  accennata.  In  quanto  alla  data  del 
combattimento,  il  Saige  lo  assegna  alla  notte  tra  il  19  ed  il  20  marzo  e 
noi  siamo  d''  accordo  con  lui,  poiché  il  Diario  alla  data  22  marzo  annunzia 
che  sabato  (20  marzo)  fu  data  battaglia  a  Monaco. 

(2)  Erano  gli  aiuti  che  il  duca  di  Savoia  mandava  alP  esercito  di  Yves 
d^  Allègre.  Cfr.  G.  Calligaris,  op.  cit.,  pag.  577-578. 


L'assedio  di  Monaco  205 


tentassero  di  «  tenere  tutto  queirassedio  che  a  loro  sem- 
brasse^ ».  Queste  ultime  parole  sarebbero  di  colore  oscuro 
se  non  ci  fosse  noto  che  nello  stesso  consiglio,  in  cui  si 
concertava  la  risposta  da  darsi  ai  commissari,  si  delibe- 
rava anche  di  mandare  a  chiedere  allo  Chaumontun  salvo- 
condotto  per  potergli  inviare  due  ambasciatori  da  Genova 
a  presentargli  quattro  proposte  e  cioè:  di  continuare 
l'assedio  di  Monaco,  di  impedire  a  Gian  Luigi  F"ieschi 
di  abitare  nel  genovesato,  di  mantenere  gli  offici  come 
allora  erano  composti  ed  infine  di  concedere  ai  cittadini 
genovesi  gli  offici  delle  Riviere.  Il  Diarista  non  lo  dice, 
ma  io  credo  che  sotto  queste  domande,  le  quali  hanno 
molta  apparenza  di  proposte,  si  offrisse  la  consegna  delle 
Riviere  al  re  di  Francia.  Certo  è  che  appena  il  popolo 
ebbe  sentore  (24  marzo)  che  si  voleva  inviare  amba- 
sciatori allo  Chaumont,  o  perchè  vi  vedesse  un  tenta- 
tivo subdolo  di  cedere  agli  ordini  del  re,  o  ricordasse 
l'affronto  che  il  d'  Amboise  aveva  fatto  ad  un'altra 
ambasceria,  rimandandola  senza  riceverla,  o  desiderasse 
di  romperla  una  buona  volta  col  prepotente  governa- 
tore, non  volle  assolutamente  saperne  e  costrinse  il 
consiglio  a  revocare  la  presa  deliberazione.  Anzi,  il  giorno 
seguente  (25  marzo)  fu  pubblicata  una  grida  proibendo 
a  qualunque  arte  di  mandare  ambasciatori  allo  Chaumont 
perchè  s'era  deliberato  «  di  fare  bona  guerra  alli  ini- 
mici »  ('),  Ma  che  cosa  si  pensava  di  fare  per  Mo- 
naco e  per  l'esercito  accampato  a  Ventimiglia?  L'idea, 


(1)  Cfr.  Diario,  2J,  24,  2  5  marzo. 


206  Anno   l507 

il  proposito  di  continuare  l'assedio  erano  ormai  stati 
messi  da  parte  e  di  fronte  all'esercito  del  d'Allègre  non 
c'era  che  da  prendere  una  risoluzione:  salvare  la  Rivie- 
ra; perciò  la  Balìa  il  25  marzo  scriveva  a  Paolo  da  Novi  e 
a  Silvestro  Giustiniani,  che  si  trovavano  ancora  coi  soldati 
genovesi  a  Ventimiglia,  dando  loro  facoltà  di  fortificare  o 
minare  Mentone,  raccomandando  però  di  munire  bene 
Ventimiglia  e  poi  di  tornare  al  più  presto  a  Genova,  dove 
erano  attesi  con  vivo  desiderio  ;  si  recassero  nel  viaggio 
ad  Albenga  per  punire  i  riottosi  partigiani  dei  nobili 
e  vi  lasciassero,  se  a  loro  sembrasse,  una  guarnigione, 
ma  non  molto  numerosa,  perchè  Genova  aveva  gran  biso- 
gno di  truppe;  d'altronde  Albenga  era  vicina  alla  Pieve, 
che  aveva  un  forte  presidio  (')  ;  in  ultimo  vedessero 
se  convenisse  aiutare  i  Toiranesi  che  volevano  assaltare 
certi  castelli  dei   nobili  C). 

Fine  dell'impresa. 

E  poiché  qui  ha  fine  la  impresa  contro  Monaco, 
aggiungeremo  che  le  forze  del  d'Allègre,  liberata  Mo- 
naco, ritornarono  sulle  orme  dell'esercito  genovese  ; 
Mentone,   dove  era  rimasto    come    castellano    Gregorio 


(i)  Forse  v"' erano  ancora  5oo  uomini  mandativi  il  i8  marzo^  quando  si 
dubitava  che  Yves  d''Allègre  andasse  contro  Pieve  invece  che  contro  Monaco. 
Gfr.  Diario,  data  corrispondente. 

(2)  Cfr.  Litterarum  Reg.  49,  lettera  n.  100.  Per  la  storia  di  Toirano  ri- 
cordiamo che  il  3 1  marzo  i  Soj  si  scriveva  da  Genova  ai  comuni  di  Pietra 
e  di  Giustenice  raccomandando  di  prestare  man  forte  a  quei  di  Toirano, 
verso  i  quali  la  Repubblica  nutriva  molta  affezione,  perchè  fedelissimi.  [Lit- 
terarum Reg.  4f)). 


L'Assedio  di  Monaco  207 


Serveto  con  34  uomini  provvisti  di  artiglieria  e  muni- 
zioni, si  arrese  senza  colpo  ferire  a  patto  d'aver  salve 
le  robe  e  le  persone  ;  ma  pare  che  la  condizione  non 
fosse  poi  mantenuta  e  che  tutta  la  guarnigione  fosse 
spogliata  ;  a  Ventimiglia  invece  i  resti  delle  milizie  geno- 
vesi (circa  800  uomini)  comandati  dal  capitano  e  dai 
commissari  resistettero  valorosamente  ,  malgrado  la 
grande  disparità  di  numero,  all'attacco  dell'esercito  fran- 
cese e  così  la  città  rimase  ai  geno\'esi.  (')  L'  esercito 
del  governatore  di  Savona  passò  oltre,  e  vedremo 
come  conquistasse  passo  passo  tutta  la  Riviera  e 
si  arrestasse  poi  a  Savona,  Il  29  marzo  entravano  nel 
porto  di  Genova  le  navi  cariche  delle  artiglierie  man- 
date contro  Monaco,  e  il  3 1  giungevano  due  galee  da 
Ventimiglia  sulle  quali  molto  probabilmente  ritornavano 
Paolo  da  Novi  e  Silvestro  Giustiniani  (^),  Così  ha  fine 
l'impresa  di  Monaco  che  segna  il  periodo  più  laborioso 
della  rivoluzione  di  Genova  e  che  tenne  per  quasi  cinque 
mesi  a  se  rivolti  gli  animi  dei  cittadini.  L'impresa  fallì 
col  fallire  dei  moti  popolari  ;  la  ritirata  delle  truppe 
genovesi  dal  campo  precede  di  un  mese  il  ritorno  della 
città  sotto  il  dominio  dei  francesi  e  dei   nobili. 


(1)  Queste  notizie,  riferite  dal  Diario  al  29  marzo,  giunsero  probabil- 
mente colle  navi  che  riportavano  Tartiglieria  dal  campo  ;  sicché,  sempre 
secondo  il  calcolo  già  altre  volte  usato  sulla  durata  del  percorso,  la  difesa 
di  Ventimiglia    avvenne  senza  dubbio  prima  del  27  marzo. 

(2)  Diario,  date  corrispondenti. 


CAPITOLO  TERZO 


Fine  del  governo  popolare 

(Paolo   da    Nov^i   e   Luigi   Xli) 

SOMMARIO 

Nuove  forme  di  sgoverno;  il  Roccabertino  lascia  Genova  —  Un'am- 
basceria allo  Chaumont  d'Amboise  —  La  città  dopo  la  partenza 
del  Roccabertino  —  Il  Salazar  incrudelisce  contro  i  prigioni 
nel  Castelletto.  —  Persecuzioni  contro  i  nobili  —  Prime  avvi- 
saglie contro  il  Castelletto  —  Dichiarazione  di  ^^ucrra  alla 
Francia  —  Vigoroso  assalto  al  Castelletto  —  Condizioni  della 
Riviera  di  Ponente  —  Paolo  da  Novi  eletto  doge  —  Carat- 
tere di  Paolo  da  Novi  —  Dimostrazione  navale  del   Pregent 

—  Il  d'Allègre  e  la  Riviera  di  Ponente  —  L'esercito  francese 
ai  confini  della  repubblica  —  Grenova  si  prepara    alla  difesa 

—  La  Riviera  di  Levante  e  i  Fieschi  —  L'esercito  francese  in 
vai  di  Polcevera  —  Jacques  la  Palice  inizia  la  battaglia  — 
Sconfìtta  dei  genovesi  —  Ambasciatori  genovesi  al  campo 
nemico  —  Gerolamo  Corso  e  i  genovesi  alla  riscossa  —  Notte 
di  terrore  e  di  fuga  —  Solenne  ingresso    del    re    di  Francia 

-  Licenziamento  delle  truppe  —  Predominio  dei  nobili; 
arresti  e  supplizi  di  popolari  —  Il  giuramento  solenne  — 
Demetrio  Giustiniani  condannato  a  morte  —  Luigi  XII  lascia 
Genova  —  Nuove  prepotenze  del  Salazar  —  Ambasciatori 
al  re  di  Francia  —  Atrocità  dei  nobili  —  Arresto  di  Paolo 
da  Novi  —  Morte  di  Paolo  da  Novi. 


210 


Anno    l507 


Nuove  forme  ])i  governo;  il  Roccabertino  lascia  Genova. 


\(;ij  avvenimenti  esterni,  dalle  imprese  gloriose 
ma  poco  fortunate,  nelle  quali  erasi  gettato  con 
tutta  la  veemenza  del  suo  animo  gagliardo  il  popolo  ge- 
novese, passiamo  a  studiare  le  condizioni  interne  della 
città,  il  succedersi  di  nuove  forme  di  governo,  gli  ultimi 
eroici  conati  d'una  rivoluzione  che  doveva  cedere  alla  forza 
delle  armi,  ma  che  gittava  il  seme  di  future  rivendicazioni. 
Vedemmo  che  il  9  gennaio  si  era  creato  un  altro  uf- 
ficio, in  sostituzione  a  quello  di  Balìa,  composto  di  c[uattro 
cittadini  che  dovevano  esercitare  la  carica  per  quattro  mesi 
e  provvedere  insieme  col  luogotenente  alle  spese  della 
città  (')  ;  ebbene  il  i."  febbraio,  neppure  a  un  mese 
di  distanza,  codesto  ufficio  era  abolito  e  veniva  nuova- 
mente incombenzato  il  vecchio  ufficio  di  Balìa  a  cercare 
denari  e  provvedere  a  tutto  ciò  che  era  necessario  (^)  ; 
pochi  dì  poi,  il  28  febbraio,  si  sentì  il  desiderio  di  ri- 
mutare   e   si   procedette    alla  elezione  di  i  2   popolari   de- 


(i)  Cfr.  Diario,   data  corrispondente  e  Sknarega,  op.  cit.^  col.  589. 
(2)  Cfr.  Diario,  data  corrispondente. 


Fine  del  governo  popolare  211 

nominati  «  seniori  »  (');  ma  un  mutamento  più  grave 
doveva  accadere  in  quei  giorni  nel  governo.  Il  luogo- 
tenente Roccabertino  che  aveva  saputo  con  tanta  sag- 
gezza reggersi  e  governare  in  mezzo  a  quel  continuo 
succedersi  di  tumulti  e  lotte  partigiane  tra  popolari 
e  nobili,  egli  che  aveva  tentata  ogni  via  per  tenerli  con- 
cordi e  uniti  alla  casa  di  Francia  alla  quale  aveva  sempre 
fatto  vedere,  che,  almeno  apparentemente,  la  città  era  li- 
gia al  governo  da  lui  rappresentato  (^),  omai  stanco  di  tutti 
quei  dissidi ,  di  tutte  quelle  lotte,  aveva  deciso  di  riti- 
rarsi da  Genova,  Secondo  il  d'Auton  la  cosa  sarebbe 
proceduta  nel  modo  seguente:  Luigi  XII,  per  cooperare 
alla  difesa  del  Castelletto ,  aveva  mandato  a  Genova  un 
«  usciere  di  camera  »,  Allabre  de  Saule,  il  quale,  giusta 


(i)  Cfr.  in  Diario,  28  febbraio,  i  nomi  dei  seniori. 

(2)  Fu  certo  ispirata  da  lui  la  grida  che  ordina  di  non  ^ridare  che  «  Fran- 
cia. PYancia  »  e  se  si  vuol  gridare  «  Viva  il  popolo  »  bisogna  che  si  faccia  pre- 
cedere la  parola  «  P'rancia  »  (Diversorum  Filza    ()4). 

«  MDVII  die  XV  febbrarij  —  Precona  preco  comunis  efc.  Parte  Illu.  et 
«  ex.si  d.  Philippi  de  Cleves  etc,  Regii  Admirati  et  genuensium  guberna- 
«  toris  et  Magnifici  Consilii  d.  Antianorum  communis  Genue.  Se  comanda 
«  che  non  sea  persona  alcuna  de  che  stato  grado  et  condition  se  sia  che 
«  de  qui  inanti  non  ose  ni  presume  de  cridare  cossi  de  di  comò  di  nocte 
«  salvo:  fransa,  fransa,  et  chi  vole  dire:  Viva  populo  debia  prima  dire:  fransa 
«  e  viva  populo,  sotto  pena  de  pagare  dexe  ducati  de  oro  applicati  a  le 
«  speise  de  Monaco  et  chi  non  porà  pagare  denari  debia  aveire  doi  tracti 
«  de  corda  per  ciascaduno  et  ciascaduna  volta  che  sarà  contrafacto,  et  se 
«  sarà  garsono  de  haveire  XXV  paté  et  a  la  pena  pecuniaria  sia  obligato 
«  lo  padre  per  lo  figlio  et  lo  maistro  per  lo  fante  ».  In  Actis  Raphaelis 
«  Polloni  Cancellarii.  dieea  Antonius  de  panexio  retulit  se  hodie  proclamasse 
«  et  publicasse  suprascriptum  preconium  cum  tubicinibus  in  locis  consuetis 
«  civitatis  ». 


2  1  2 


lo  Stesso  d'  Auton,  avrebbe  usate  tutte  le  precauzioni  per 
non  essere  scoperto  ma  il  diarista,  non  appena  l'Allabre 
arriva  (27  febbraio),  è  pronto  a  darci  notizia  che  un 
inviato  del  re  è  giunto  per  «  revedere  le  fortezze  come 
stavano  fornite  ».  Egli  adunque,  presentatosi  al  Rocca- 
bertino  ,  gli  fece  vedere  l'ordine  regio  di  consegnargli 
le  guardie  del  Palazzo  (  circa  300  )  e  di  partire  im- 
mediatamente per  Milano.  Il  luogotenente  gli  fece  osser- 
vare che  non  gli  era  possibile  eseguire  sull'  istante 
cotesti  ordini  che,  se  mai  le  guardie  avessero  lasciato  il 
Palazzo ,  i  genovesi  avrebbero  potuto  credere  che  il  re 
diffidasse  e  volesse  troncare  ogni  rapporto  con  essi  ed 
allora  egli,  Roccabertino,  e  quanti  francesi  erano  in  città 
avrebbero  corso  serio  pericolo  della  vita.  L'Allabre  non 
volle  sentir  ragioni  ;  disse  che  non  v'era  tempo  da  per- 
dere, che  era  mestieri  condurre  le  guardie  al  Castelletto 
prima  che  fosse  dichiarata  apertamente  la  guerra  tra  fran- 
cesi e  genovesi,  ed  aggiunse  che  il  re  riteneva  che  il  Roc- 
cabertino colla  sua  gente  si  fosse  di  già  quivi  rifugiato 
come  gli  era  stato  ingiunto.  Questi  allora  pregò  l'Allabre 
di  concedergli  almeno  due  o  tre  giorni  per  trovare  modo 
di  uscire  dalla  città  e  salvarsi  dal  furore  popolare  ;  ma 
egli  fu  irremovibile.  Recatosi  indi  in  Castelletto,  mostrò 
al  Salazar  il  regio  decreto  che  lo  nominava  capitano  di 
S.  Francesco,  cioè  del  convento  de'  Francescani  che  er- 
gevasi  proprio  ai  piedi  della  cittadella,  donde  potevasi  pre- 
star man  forte  al  castello;  i  due  capitani,  dopo  breve  consi- 
glio decisero  di  chiamare  presso  di  loro  il  Roccabertino 
per  trattare  con  lui  dei  comuni  interessi;  ma  egli  non  ot- 
t<?mperò  all'  invito.   Allora,  per  timore  di  provocare  le  ire 


P'ine  del  governo  popolare  2l3 

della  plebe,  gli  ordinarono  di  mandare  senza  indugio  le 
guardie  al  castello,  ed  egli  rispose  che  non  lo  avrebbe 
fatto  se  non  quattro  giorni  dopo. 

Un'ambasceria  allo  Chaumont  u'Amboise. 

In  questo  mentre  fece  la  proposta  ai  popolari  d'in- 
viare ambasciatori  a  Chaumont  d'Amboise,  promettendo 
che  egli  stesso  ve  li  avrebbe  accompagnati;  essi  accet- 
tarono e,  dopo  quattro  giorni  (2  marzo),  il  Roccabertino 
e  gli  ambasciatori  lasciavano  Genova  diretti  a  Milano.  Ma, 
continua  il  d'Auton,  il  Roccabertino  prima  di  muoversi 
aveva  spedito  una  lettera  al  luogotenente  generale  an- 
nunziandogli che  partiva  conducendo  seco  gli  ambasciatori 
genovesi  ;  e  quegli  a  volta  di  corriere  rispondeva  di 
non  avere  alcun  ordine  né  facoltà  di  trattare,  ne  tampoco 
di  udire  gli  ambasciatori;  perciò,  udita  la  risposta,  essi 
ritornarono  sui  loro  passi,  e  il  Roccabertino  proseguì  indi- 
sturbato la  sua  via  (').  Questa  l'opinione  del  d'Auton, 
ma  dallo  spoglio  di  alcuni  documenti  possiamo  dare  una 
versione  alquanto  diversa  su  codesta  ambasceria  ed  illu- 
strare alcuni  fatti  che  la  precedettero.  L'ambasceria  par- 
tita col  Roccabertino  il  2  marzo  era  stata  decisa  fin  dal 
30  gennaio,  non  appena  cioè  era  giunta  la  notizia  che 
lo  Chaumont  d'Amboise  avrebbe  mosso  contro  Genova  a 
capo  di  un  forte  esercito,  e,  a  prendervi  parte,  erano  stati 
eletti:  Gio.  Batta  Lazania,  Giuseppe  Dernixe,  Gio.  Batta 
Cocarello  e  Lazzaro   Pichenotto,  gli  stessi  (tranne  il  Co- 


(i)  Cfr.  J.  d'Auton,  op.  cit.,  Tomo  III,  cap.  XII,  pag.  2J8  e  segg. 

i5 


214  Anno   l507 

carello,  rimasto  a  Genova)   che  partirono  poi  col  Rocca- 
bertino  ('). 

Ma  perchè  si  era  atteso  tanto  tempo^  La  ragione  la  tro- 
viamo in  una  lettera  del  comune  al  cittadino  Andrea  Ci- 
cero, che  aveva  accompagnato  il  Roccabertino  a  Mi- 
lano C").  Noi  sappiamo  che  in  seguito  al  doloroso  fatto 
del  7  febbraio  commesso  dal  Salazar,  era  stato  mandato 
al  d'Amboise  Lorenzo  Gioardo  ,  e  che  contemporanea- 
mente il  luogotenente  inviava  il  suo  scudiero  Giannotto; 
ora  questi  ritornò  colla  risposta  del  governatore  che  ordi- 
nava al  Roccabertino  di  tenersi  pronto  a  partire  non  appe- 
na gliene  fosse  giunto  l'avviso,  e  con  lui  sarebbero  andati 
gli  ambasciatori  genovesi.  I  popolari  però  non  si  erano 
acquetati  alla  lettera  del  governatore,  e  desiderosi  di  co- 
noscere bene  i  suoi  intendimenti  e  giustificarsi  del  loro 
operato,  avevano  mandato  una  staffetta  a  Milano  perchè  il 
d'Amboise  meglio  spiegasse  il  suo  pensiero  (').  La  ri- 
sposta si  fece  attendere  un  po',  e  quando  giunse  era 
così   ((  strecta  e  sì  consulta  »  che  chiunque  avrebbe    (  più 


(il  Cfr.  Diario,  data  corrispondente. 

(2)  Cfr.  in  Appendice  Doc.  XXXIX  e  si  noti  che  la  lettera  equivaleva 
ad  una  istruzione  per  q  lesto  cittadino  che  aveva  V  incarico  di  parlare  allo 
Chaumont  ;  ma  essa  lettera  acquista  maggior  valore  anche  pel  fatto,  che, 
pur  essendo  diretta  al  Cicero,  era  stata  indirizzata  allo  stesso  Chaumont 
colla  preghiera  di  conse^^nargliela.  S  illa  famiglia  Cicero  vedansi  le  interes- 
santi notizie  raccolte  da  Francesco  Podestà''  nel  suo  lavoro:  «  La  pesca  del 
corallo  in  Africa  »  eie.  Genova,  Sordo-Muti.    1 897. 

(5)  Fu  prob.ibilmente  quando  si  mandò  questa  staffetta  che  si  scrissero 
le  lettere  commendatizie  pei  quattro  oratori.  Esse  sono  del  17  febbraio  ed 
è  dello  stesso  giorno  il  «  decretum  contra  pericula  »  per  gli  stessi.  Cfr.  Lit- 
terarum  Reg.  48,  lettera  n.   17  e  Diversorum  Filza  64. 


Fine  del  governo  popolare  2l5 

presto  differito  de  mandare  che  altramenti  ))  ;  molto 
probabilmente  essa  conteneva  l'ordine  al  Roccabertino 
di  partire  e  agli  ambasciatori  genovesi  di  accompagnarlo 
(');  gli  è  per  ciò,  dicono  gli  Anziani,  che  «havutala  com- 
modità de  la  compagnia  del...  Locumtenente  »  mandaro- 
no gli  ambasciatori.  Ma.  arrivati  questi  a  Serravalle,  essi 
non  osarono  proseguire  più  oltre  ed  entrare  nel  territorio 
lombardo,  ancorché  fossero  col  Roccabertino;  non  v'è 
dubbio  che  nel  viaggio  fosse  giunta  loro  notizia  che  il 
d'Amboise  aveva  arrestati  tutti  i  popolari  genovesi  resi- 
denti a  Milano,  che  s'era  fatto  dare  sicurtà  di  4000  ducati 
e  di  ((  parere  mandatis  »  ('').  Era  quindi  poco  prudente, 
anche  per  gli  ambasciatori,  avventurarsi  in  territorio  così 
mal  sicuro  ai  loro  concittadini  ;  fermatisi  pertanto  a  Ser- 
ravalle, mandarongli  a  chiedere,  per  mezzo  del  Roccaber- 


(i)  Il  Salvago  {op.  cit.,  pag.  472)  afferma  che  il  Roccabertino  per  non 
aver  noie  nel  lasciare  Genova  si  fece  mandare  una  lettera  dallo  Chaumont 
con  r  ordine  di  recarsi  a  Vienna  e  di  condurre  seco  una  ambascieria  Ge- 
novese per  trattare  degli  interessi  della  città.  I  Genovesi  accettarono  e  par- 
tirono col  Roccabertino  ma  quando  fu  giunto  in  paese  sicuro,  scoperse  loro  il 
gioco  e  cosi  gli  ambasciatori  ritornarono  sui  loro  passi. 

(2)  Questa  notizia  riportata  in  Diario  il  5  marzo,  è  comprovata  dal 
S)»NUDO  ^Dt'ari,  libro  VII,  col.  2  5)  il  quale  al  4  marzo  riferisce  la  notizia  ri- 
cevuta da  Milano  dal  segretario  Nicolò  Stella  che  «  è  sta  a  Milan  publicà 
«  un  bando  che  niun  non  ardisca  soto  gran  pene  portar  oro  ni  arzento  a 
«  Genoa  et  è  sta  trovato  uno  cavalaro  con  ducati  4000  qualli  erano  di  ze- 
«  noesi  e  li  portavano  a  Zenoa;  li  sou  stati  tolti  et  batuto  il  cavalaro  »  e 
non  finirono  qui  le  misure  prese  in  Milano  contro  i  popolari  Genovesi  ;  lo 
stesso  Sanudo  riporta  in  data  8  marzo  (ibid.^  col.  27)  che  «  A  Milano 
«  si  é  fatta  una  grida  :  chi  aveva  roba  o  denari  di  Genovesi  popolari  si 
«  venisse  a  presentare  e  dare  in  nota  »  ed  erano  venuti  a  porsi  in  nota 
«  per  circa  ducati  5o.ooo. 


2l6  Anno   l507 

tino,  se  potevano  procedere  oltre  senza  affanni  (');  ma 
non  ebbero  il  tempo  di  attendere  la  risposta,  perchè,  mo- 
lestati quivi  da  alcuni  giovani  nobili  genovesi,  dovettero 
andarsene  alla  volta  di  Novi,  dove  furono  così  male  ac- 
colti dalla  ^  compagnia  »  del  signor  d'Allègre,  che  furono 
costretti  a  far  ritorno  (7  marzo),  per  la  via  di  Gavi,  in 
città  (')  L'8  marzo  veniva  spedita  ad  Andrea  Cicero  la 
lettera  dalla  quale  traemmo  le  notizie  sulla  poco  fortunata 
ambasceria  genovese;  in  essa  lo  si  pregava  di  voler  chie- 
dere scusa  al  d'Amboise  se  gli  ambasciatori  erano  stati 
obbligati  a  ritornare  a  Genova  prima  che  giungesse  la 
sua  risposta  e  di  vedere  se  si  pc^tesse  venire  ad  un  ac- 
comodamento, giacché,  malgrado  le  continue  vessazioni 
da  parte  dei  ministri  francesi  che  divenivano  ogni  dì  più 
provocanti,  la  città  si  manteneva  sempre  fedele  e  devota 
al  suo  re.  Eppure,  con  tanta  fedeltà,  il  comune  doveva  con 
stupore  e  con  dolore  far  notare  che  lo  stesso  d'Am.boise 
permetteva  tante  molestie  e  non  porgeva  ascolto  che  ai 
nemici  di  Genova,  tanto  che  a  corte  non  solo  si  era  creduto 
per  qualche  tempo  che  il  tentativo  dei  Fregoso  fosse  opera 
dei  popolari,  ma  avevan  prestato  fede  alle  voci  corse  di 
proposte  fatte  a  Ferdinando  il  Cattolico  di  cedergli  il 
dominio  della  città,  mentre  più  tardi  si  era  visto  che 
tutto  ciò  non   era  conforme  al  vero.   In   ultimo  la  lettera 


(i)  Gfr.  Diario  5  marzo.  Anche  il  Sanudo  (ibid.,  col.  3i-32)  riferisce 
da  lettere  spedite  da  Milano  il  9  marzo  la  notizia  che  gli  oratori  genovesi 
avevano  cercato  di  ottenere  un  salvacondotto  dal  Gran  Maestro  ma,  avutolo, 
non  si  erano  presentati  ;  e  la  lettera  aggiungeva  che  probabilmente  avevano 
mutato   di    proposito,  ma    vedremo    invece  che  furono  costretti  a  mutarlo. 

(2)  Gfr.  Diario.,  6-j  marzo. 


Fine  del  {governo  popolare  217 

accenna  a  minacciosi  preparativi  che  si  facevano  da  ogni 
banda  contro  Genova,  preparativi  che  essa  attribuiva 
soltanto  ai  nobili,  e  ciò  per  potere  ammonire  indiretta- 
mente il  luogotenente  regio  che  Genova  si  preparava  a 
ricacciare  gli  invasori,  sempre  s'intende,  «  per  poterse 
mantegnire  sotto  il   felice   stato  regio  »  ('). 

La  città  dopo  la  partenza  del  Roccaiìektino. 

La  lettera,  non  si  può  negare,  era  ben  pensata  e 
studiata,  ma  non  fece  alcuna  breccia  sull'animo  dello 
Chaumont,  tutt'altro  che  disposto  ad  essere  benigno. 

Partito  il  Roccabertino,  le  guardie  del  Palazzo  ebbero 
l'ordine  di  ritirarsi  in  Castelletto.  Nella  notte  infatti  del 
2  al  3  marzo,  centoventisette  di  esse  ubbidirono;  le  altre, 
(circa  duecento),  preferirono  restare  col  capitano  Averluch 
(un  tedesco  che  portava  le  insegne  del  Ravenstein) ,  al 
soldo  ed  al  servizio  dei  genovesi.  Quelle  che  erano  salite 
al  castello  passarono  sotto  il  comando  dell' Allabre,  il 
quale  prese  possesso  del  convento  di  S.  Francesco,  espel- 
lendone tutti  i  frati,  tranne  sei  pei  servizi  divini,  e  vi  si 
fortificò  (').  Grande  fu  la  sorpresa  dei  cittadini  quando, 
alla  dimane  (3  marzo),  appresero  la  notizia  che  a  Palazzo 
non  vi  erano  più  guardie  e  che  si  erano  ritirate  a  ca- 
stello, e  pare  che  molti,  impensieriti  assai  da  codeste 
novità,  si  preparassero  ad   abbandonare  la  città,   perchè 


(i)  Cfr.  in  Afff)endice,  Doc.  XXXIX.  L'ultima  parte  della  lettera  tratta  an- 
che delle  male  azioni  del  castellano  di  Castelletto,  ma  di  queste  parleremo 
più  innanzi. 

(2)  Cfr.  Diario,  3  marzo  ;  Sknarkga,  (op.  cit.,  col.  Sqo)  e  J.  rj''AuTON, 
{pp.  cit.,  Tomo  III,  pag.  247-249). 


2l8  Anno  l507 

la  mattina  stessa  esciva  una  grida  che  vietava  a  chiunque 
di  lasciare  Genova,  o  di  portar  via  cosa  di  qualunque 
genere  senza  il  permesso  degli  Anziani  ,  ed  esortava 
tutti  i  cittadini  a  non  temere  di  nulla  per  quello  che 
era  avvenuto  «  de  qualche  pochi  soldati  franciosi,  li  quali 
«  per  vano  timore  hanno  lasciato  el  palatio  »,  avendo 
la  città  tuttora  il  suo  luogotenente  regio  con  tutte 
le  sue  prerogative,  stessero  quindi  di  buon  animo  e  perse- 
verassero nella  «  devotion  regia  et  prompteza  al  manteni- 
«  mento  et  conservation  del  stato  suo  felicissimo  »  (')  La 
grida  non  era  bugiarda  circa  al  luogotenente  ;  il  Roc- 
cabertino  infatti  aveva  ceduto  il  comando  al  dottore  Ste- 
fano Cernerieu,   il  quale  però   non  tenne  molto  a  lungo 


(i)  Ecco  il  testo  della  grida:  «  MDVII  die  III  Marti).  Preconate  vos 
a  preco  communis  etc.  Per  parte  de  li  M.ci  S.  Locotenente  regio  et  segnoi 
«  Antiani  de  lo  comune  de  Zenoa.  Se  comanda  che  non  sea  persona  alcuna 
«  habitante  in  la  Gitae  borgi  et  sotteborgi  de  Zenoa,  de  che  grado  stado  et 
«  condiction  se  sia,  chi  olse  ne  presume  da  la  dieta  citae  et  borgi  partirse 
«  ne  etiam  trar  fora  di  quella  robbe  de  che  generation  si  voglia  senza  expressa 
«  licentia  de  li  prefati  M.ci  segnoi  Antiani  sotto  pena  de  perdere  tutti  li 
«  beni  loro  confiscati  et  applicati  ex  nunc  al  M.co  officio  de  la  balia  de  lo 
«  dicto  Comun  de  Zenoa.  Et  perchè  questa  matina  è  seguita  la  novità 
«  che  ogniun  intende  de  qualche  pochi  soldati  franciosi^  li  quali  per  vano 
«  timore  hanno  lasciato  el  palatio:  se  dice  et  notifica  a  ciascun  che  per 
«  questo  non  se  ha  da  prendere  alcuno  invaghimento,  ne  manco  partirse  da 
«  la  solita  devotion  del  Christianissimo  Re  Signor  nostro  :  perchè  in  palatio 
«  non  se  manca  di  Locotente  regio  con  bona  forma  de  poter  fare  iusticia 
«  et  adoperare  la  auctorità  sua,  seandosi  etiam  data  opportuna  provision  a 
«  tutte  le  cosse  necessarie.  Siche  ogniun  staga  de  bono  animo  et  persevere 
«  con  tutta  diligentia  ne  la  d'età  devotion  regia  et  prompYeza  al  manteni- 
«  mento  et  conservation  del  stato  suo  felicissimo.  Per  Benedictum  de  portu 
a  Cancellarium  -  MDVII  die  III  Martii  Antonius  de  panexio  cintracus  comunis 
«  retulit  proclamasse  per  loca  publica  et  consueta  civitatis  cum  tubicinibus  ». 
[Diversorum,  Filza  64). 


Fine  del  governo  popolare  219 


l'onorifico  incarico,  poiché,  intimorito  nel  vedersi  così 
solo,  risolse  di  andarsene  e  la  notte  seguente  partì 
anch'egli   per   Milano  ('). 

Entriamo  così  in  un  periodo  di  incertezza  nel  quale 
i  genovesi  non  si  dichiarano  ancora  apertamente  contro 
la  dominazione  francese,  ma  si  sente  che  il  popolo  è 
stanco  persino  di  quella  parvenza  di  rispetto  e  di  osse- 
quio  pel  governo  regio,  e  si  scorge  che   ogni  ora,   ogni 


(i)  Cfr.  J.  d' AuTON,  op.  cit.,  Tomo  III,  pag.  248.  —  Il  Srnarega  (ojp.  a7., 
col.  590)  osserva  che  i  Genovesi  man'enevano  sempre  una  certa  reverenza 
verso  il  re  poiché,  quando  tutti  gli  ufficiali  regi  lasciarono  Genova,  essi 
«  ludicem  ad  maleficia  deputatum  (nam  solus  ipse  remanserat)  praetorem 
«  L'rbis  constituerunt  »  e  in  questo  giudice  ci  vien  fatto  di  riconoscere  il 
Cernerieu  che  era  sta'o  consigliere  di  giustizia  a  Scine  e  di  là  condotto  a 
Genova  dal  Cleves,  probabilmente  colle  stesse  mansioni.  —  Ma  nelle  nostre 
ricerche  d^Archivio  abbiamo  trovato  anche  un  altro  regio  luogotenente  suc- 
cessore del  Roccabertino.  Infatti  in  un  atto  del  18  marzo  i  507  (Litterarum 
Reg.  48,  lettera  n.  3 1  )  possiamo  leggere  la  seguente  intestazione  :  «  Hiero- 
«  nimus  de  Anguisolis  de  Placentia,  legum  doctor,  Regius  Locumtenens  et 
«  consilium  Antianorum  comunis  Genue  »;  la  stessa  si  può  leggere  in  un 
altro  atto  dello  stesso  giorno  (loc.  cit.,  lettera  n.  Ì2);  ma  poco  dopo,  il  20 
marzo,  troviamo  una  lettera  {loc.  cit.^  lettera  n.  34)  in  cui  gli  Anziani,  «  cum 
«  spectabilis  dominus  Ilieronimus  de  Anguisolis  legum  doctor,  vicarius 
a  tribunalis  sale  superioris,  ad  patriam  suam  iturus  et  inde  ad  nos,  ut  a^■- 
seruit,  reversurus  sit  »  pregano  i  Genoati  e  gli  amici  di  essi  a  concedergli 
libero  passaggio  «  et  alia  comoda  ».  Da  questi  documenti  si  potrebbe  infe* 
rire  che  dopo  il  Cernerieu  si  volle  eleggere  un  nuovo  regio  luogotenente 
nella  persona  di  questo  vicario  di  tribunale,  il  quale  dovette  presto  accor- 
gersi della  poca  sicurezza  della  sua  posizione  se  chiese  di  andarsene  dando 
affidamento  però  che  sarebbe  tosto  ritornato;  ma  non  temiamo  di  errare, 
credendo  che,  liberatosi  da  quella  pericolosa  situazione,  si  sia  guardato  bene 
di  recarsi  nuovamente  a  Genova.  Ritornando  al  Senarcga,  benché  vi  possa 
essere,  come  si  vede,  qualche  incertezza  fra  le  due  persone,  noi  crediamo 
che  egli  si  riferisca  al  Cernerieu,  poiché  nel  periodo  citato  accenna  mani- 
festamente ad  ufficiali  regi  ed  il  Cernerieu,  più  che  il  dottore  di  Piacenza, 
meritava  tale  titolo. 


220  Anno   l507 

giorno,  ogni  nuovo  avvenimento  portano  inevitabilmente 
alla  guerra  contro  la  Francia.  Il  partito  popolare  aveva 
fino  all'ultimo  cercato  di  persuadere  il  re  ed  i  suoi  mi- 
nistri che  esso  non  sentiva  alcuna  animosità  contro  di 
loro,  ma  solo  contro  i  nobili;  invece  e  re  e  ministri  ave- 
vano sempre  prestato  poca  fede  alle  loro  iterate  proteste 
di  devozione,  e  in  verità  non  avevano  tutti  i  torti  ;  come 
potevano  credere  alla  devozione  di  chi  per  mesi  e  mesi 
rifiutavasi  di  restituire  le  riviere  al  suo  re  ?  h  vero  che 
il  popolo  non  voleva  consegnargliele  pel  timore  che  egli 
le  cedesse  di  nuovo  ai  nobili,  ma  il  re,  da  parte  sua,  non 
poteva  accontentare  i  popolari  e  inimicarsi  i  nobili  che 
pur  rappresentavano  la  parte  più  ricca  e  più  potente  di 
Genova  !  Se  egli  li  avesse  abbandonati,  sarebbe  andato 
incontro  a  pericoli  più  seri  per  riprendere  la  città  perchè 
i  nobili  gli  avrebbero  saputo  opporre  troppi  ostacoli  e, 
mentre  ora  offri vangli  una  forte  somma  di  denaro  per 
rientrare  nei  loro  diritti,  avrebbero  potuto,  se  egli  si  fosse 
rifiutato  ad  aiutarli,  ricorrere  a  Ferdinando  il  Cattolico. 
1  popolari  invece  avevano  prese  le  cose  un  po'  troppo 
alla  leggiera;  essi  si  erano  sempre  illusi  di  poter  guada- 
gnare l'animo  di  Luigi  XII,  ma  gli  ultimi  avvenimenti 
avevano  dato  il  tracollo  alle  loro  speranze.  Genova  in- 
tanto era  in  mano  della  plebaglia  sfrenata,  prepotente, 
rissosa,  ladra,  sanguinaria  ;  di  giorno  in  giorno  crescevano 
i  tumulti,  i  saccheggi,  gli  eccidi;  i  pochi  nobili  rimasti  nei 
dintorni  erano  perseguitati,  malmenati,  le  loro  case  messe 
a  ruba;  ieri  un  Pantalino  di  Bruges,  bravo  degli  Adorno, 
assaliva  e  tentava  di  uccidere  Teramo  Centurione,  oggi 
cinque  miserabili,  accusati  di  favorire  i  Fieschi,  venivano 


Fine  del  governo  popolare  221 


impiccati  a  Palazzo  (');  col  favore  della  notte  si  perpe- 
travano delitti  e  furti  audacissimi  ;  i  cittadini  ne  erano 
atterriti. 

II.  SaLAZAR  incrudelisce  contro  I  PRIGIONI  NEL  CASTELLETTO 

A  tanti  mali  si  aq-giung"eva  V  opera  nefanda  del 
Salazar.  Il  24  febbraio  egli  aveva  incominciato  a  bom- 
bardare la  città  lanciando  su  essa  cinque  o  sei  colpi 
di  artiglieria,  e  lo  stesso  aveva  fatto  nella  notte  del  5 
e  nel  mattino  del  6  marzo.  Provocava  così  l' indigna- 
zione di  tutta  la  cittadinanza,  indignazione  che  aumentò 
rs  marzo  quando,  avendo  mandato  un  salvocondotto  a 
Raffaele  di  Montaldo  e  ad  un  altro  cittadino,  perchè  si 
recassero  a  visitare  i  loro  parenti,  li  fece  loro  vedere 
«  tutti  reposti  in  fondo  de  una  turre,  carcere  acerbis- 
«  simo  »  nel  quale  v'erano  «  homini  de  hanni  octanta 
«  et  septanta  et  uno  con  doi  figlioli  »  e  disse  loro  che, 
se  entro  il  domani  gli  facevano  fede  di  6000  scudi,  li 
avrebbe  tolti  dal  fondo  della  torre  e  rimessi  in  luocro  mi- 
gliore,  altrimenti  li  avrebbe  impiccati.  La  città  era  oltre- 
modo indignata  contro  quest'uomo  crudele,  inumano  che 
si  compiaceva  di  chiamarsi  «  el  principe  de  li  diavoli  », 
mentre,  per  converso,  nutriva  una  certa  simpatia  per 
Allabre  de  Saule,  che  mostrava  di  disapprovare  le  pre- 
potenze del  Salazar,  e  di  volerlo  rimuovere  dalle  sue 
azioni    crudeli  e  disumane,   ma  era  inutile  C').  Dopo  tre 


(i)  Cfr.  Diario^  27-28  gennaio,  6-7  marzo.  —  B.  Senarkga  (op.  cit.^  col. 
590)  afferma  che  essi  furono  gettati  dalie  linestre  del  Palazzo. 
(2)  Cfr.  Diario  24  febbraio;  5,  6  marzo  e  Doc.  XXXIX. 


222  Anno   l507 

giorni  il  castellano  osò  ripetere  le  stesse  richieste  e  al- 
lora gli  fu  risposto  adeguatamente  che  impiccasse  pure 
i  suoi  prigionieri,  che  i  genovesi  non  gli  avrebbero 
dato  denaro  alcuno  finché  non  li  avesse  rilasciati  liberi. 
Quegli  ricominciò  a  tirar  colpi  e  non  furono  pochi  come 
per  lo  passato,  anzi  durarono  tutto  il  giorno  fino  a  notte, 
e  danneggiarono  nel  porto  diversi  galeoni  e  ne  man- 
darono a  fondo  due,  mentre  gli  altri  furono  salvi  traen- 
doli  a  ridosso  del  ponte  Spinola  (').  Il  danno  e  la  pioggia 
dei  colpi  spinsero  il  comune  a  scrivere  in  fretta  al  bom- 
bardiere Gregorio  Gioardo  per  invitarlo  ad  accelerare  la 
costruzione  delle  artiglierie  che  gli  erano  state  ordinate 
e  a  inviargli  un  messer  lacobo  Pegorella  di  Brescia  a 
prendere   la    forma   dei    proiettili    per  fabbricarne  (");    la 


(i)  Cfr.  Diario,  ii  marzo  1 507.  Anche  B.  Senarega  (op.  cit.^  col. 
589-5S0)  ricorda  le  pretese  del  Salazar  pel  riscarto  dei  prigionieri  e  le  sue 
crudeltà  ed  aggiunge  che  «  nullum  otFensionis  genus  intentatum  reliquit, 
«  nec  aliud  magis  querere  visus  est,  quam  ut  in  ultimam  desperationem 
«  induceret;  constansque  opinio  honorum  omnium  fuit,  ipsum  in  causa  fuisse, 
«  ne  cum  Rege  compositae  res  fuerint,  fessis  maxime  omnihus  ». 

(2)  Siccome  la  lettera  ha  qualche  interesse  storico,  credo  opportuno  pub- 
blicarla  per  intero.  Essa  trovasi  in  Litterarum  ,  Reg.  49,  lettera  n.  71  : 
—  «  Egregio  viro  Gregorio  Joardo  concivi  nostro  amantissimo.  Egregie 
«  concivis  nohis  amantissime,  Noi  hamo  deliberato  scrivirvi  la  presente  let- 
«  tera  et  farvi  grandissima  instantia  che  quanto  più  presto  podeti  accelerate 
«  de  finire  la  artalaria  quale  haveti  a  fare  poiché  noi  se  trovemo  solicitati 
«  da  lo  castellano  de  castelleto  lo  qoale  hodie  ha  incomensato  a  trahere  et 
«  è  necessario  che  vui  vi  dimostrati  bon  genuese  e  fati  officio  bono  e 
«  presto  da  vero  genuese  et  vi  instemo  ne  advisati  in  che  tempo  essa  ar- 
ce tileria  sarà  in  ordine  :  propterea  vi  mandamo  messer  Jacobo  Pegorella 
<(  de  brexano  lo  quale  vene  a  prehendere  la  forma  de  le  ballotole  per  fa- 
te bricarle  et  vi  faciamo  instantia  etiam  ne  advisati  dove  se  possiamo  va- 
«  lere  de  ferro  jsao  peroche  nen   ometteremo  cosa   alcuna    et   supra  tuto 


Fine  del  governo  popolare  2  23 

plebe  poi,  esacerbata  dalle  rovine  prodotte  dalle  bom- 
barde, il  I  2  marzo  levossi  a  rumore  e  si  diresse  al  Castel- 
laccio,  lo  assaltò  e  lo  prese  senza  molta  fatica,  fece  scempio 
dei  venti  soldati  che  eranvi  a  difesa  e  di  tre  donne  in  esso 
ricoverate  (').  Il  Castellaccio  venne  così  occupato  dai  geno- 
vesi che  vi  posero  due  commissari  :  Pantaleone  Semino 
e  Gerolamo  Bosio ,  sostituiti  subito  dopo  da  Galeotto 
de  Ferrari  e  Sebastiano  Cicheri  con  50  soldati,  con  l'or- 
dine di  non  allontanarsi  mai  dalla  fortezza,  eccetto  dieci 


«  iterum  ve  instemf)  et  exhortemo  tanto  quanto  possiamo  che  in  nomine 
«  domini  finite  più  presto  sia  possibile  epsa  arteliaria  ;  si  datine  adviso  se 
«  in  genua  è  maistri  da  fabricare  epse  ballotole  anco  in  altre  parte  che  se 
«  ne  possiamo  valere.  Dote  Janna  die  XI  Martii  i5o7  )>.  Lo  stesso  giorno 
usciva  una  curiosa  grida  che  proibiva  di  portare  calze  del  colore  di  qual- 
che partito.  «  MDVII  die  XI  Marti).  De  mandato  111.  d.ni  regii  Januen. 
M  guh.ris  et  M.ci  consilj  D.  Antianorum  communis  Janue.  Se  commanda  ex- 
«  pressamenti  ad  ogni  persona  de  che  grado,  stado,  o  conditione  se  sia  che 
«  non  olse  ni  presume  portare  calse  in  piede  de  che  capellatio  se  voglia  o 
«  de  chi  iecesse  o  far  volesse  olFicio  de  capellatio,  sotto  pena  de  trei  tratti 
«  de  corda  usque  ad  ultimum  supplicium  inclusive.  Item  sub  simili  pene 
«  se  comanda  a  tuti  li  casolari  de  la  cita  de  Genoa  et  ad  ogni  persona 
a  chi  havesse  facultà  de  poter  fabricar  calse  che  non  olse  ni  presume  fare 
. «  de  diete  calse  comò  de  sopra  s''è  dicto.  In  cancellaria  Paul!  de  Gabella  ». 
Diversorum  Filza  64. 

(2)  Il  n''AuTON,  degno  di  fede  poiché  dice  di  aver  raccolte  le  notizie  del 
fatto  dair  unico  superstite  del  massacro  «  Nicola  deNoyers,  Laonnois  »,  narra 
r  avvenimento  con  qualche  particolare  di  più  e  con  qualche  lieve  dille- 
renza.  Secondo  questi,  i  genovesi  stettero  tutto  il  giorno  a  trarre  colle  ar- 
tiglierie sul  Castellaccio.  I  pochi  difensori  sotto  gli  ordni  del  capitano  Re- 
gnault  de  Nouaille  non  poterono  resistere  a  lungo,  perchè  mal  vettovagliati 
e  mal  muniti,  per  ciò  si  arresero  a  patto  di  avere  salva  la  vita  e  gli  averi.  I 
genovesi  acconsentirono,  ma  quando  li  ebbero  nelle  mani  li  tagliarono  a 
pezzi.  Sono  orribili  i  particolari  di  questo  massacro  descritti  dal  d''  Auton 
(op.  cit..  Tomo  III,  pag.  25 1-252). 


224  Anno  l507 

uomini  per  i  bisogni  della  guarnigione,  e  che  tutti  doves- 
sero rientrare  la  notte  (').  Indi  a  poco,  non  so  se  per  spa- 
valderia o  per  minaccia,  si  mandò  un  fante  allo  Chaumont 
per  «  farli  intendere  lo  trare  del  Castello  e  la  preza  del 
«  Castelazo  »,  ma  quegli,  appena  ebbe  scorsa  la  lettera, 
la  buttò  in  mezzo  alla  sala  «  corno  indiavolato  »  e  licenziò 
il  corriere  senza  dargli  risposta  alcuna  ("").  Nello  stesso 
giorno  che  si  dava  l'assalto  al  Castellacelo,  Giovanni  e 
Lazzarino  Bacigalupo  erano  inviati  a  prendere  il  castello 
di  Portofino,  e,  due  giorni  dopo  (14  marzo)  se  ne  man- 
davano altri  due,  probabilmente  Anfreone  de  Francis  e 
Oberto  Canale,  per  la  stessa  impresa,  la  quale,  per  verità, 
non  fu  né  lunga  ne  difficile,  perchè  il  16  giungeva  la 
nuova  che  il  castello  si  era  reso  a  discrezione  (');  esso 
era  di  poi  consegnato  a  Luca  di  Pietra  ('•),  e  quasi  nello 
stesso  tempo  si  arrendeva  a  patti  il  castello  di  Venti- 
miglia  ('). 

Persecuzioni  contro  i  nobili. 

La  plebe  ora  cercava  armi,  artiglierie,  uomini,  denari 
per  difendere  la  sua  terra  natia,  la  sua  città  minacciata 
da  tutti  e,  più  specialmente,  da'  suoi  stessi  concittadini, 
dai  nobili,  dei  quali  pochi  erano  rimasti  entro  le  sue 
mura,  e  su  quei  pochi  essa  riversò  tutto  il  suo  livore 
e  tutta  la  sua  animosità. 


(i)  Litterarum  Reg.  49,  lettere  n.  72,  yì^  i3  marzo  iSoj. 

(2)  Diario,  14  marzo. 

(3)  Diario,  date  corrispondenti. 

(4)  Litterarum  Reg.  48,  lettera  n.  35,  2  3  marzo   1 507. 

(5)  Diario^  jq  marzo. 


Fine  del  governo  popolare  225 

Il  IO  marzo,  una  grida  affidava  ai  due  tribuni,  Bat- 
tista de  Solaris  e  Giuseppe  Dernixe,  il  compito  di  ricer- 
care e  requisire  tutte  le  armi  che  si  trovassero  nelle  case 
ed  ordinava  ai  nobili  di  darle  in  nota  ad  essi  (');  il  diario 
ci  apprende  che  moltissime  ne  vennero  trovate  nelle  di- 
more dei  gentiluomini  e  presso  Giovanni  Ceba;  il  i  2  un'al- 
tra grida  intimava  a  tutti  quelli  che  sapevano  dove  fossero 
armi  di  nobili,  di  notificarlo  entro  due  giorni  e  di  darne 
l'inventario  a  quattro  deputati  (^);  sei  altri  dovevano  fare 
una  lista  dei  nobili  dimoranti  in  città  e  nelle  vicinanze, 
e  imporre  a  ciascuno  di  essi  una  cauzione  in  denaro, 
che  avrebbero  perduta  se  si  fossero  allontanati  ;  inoltre 
dovevano  chiudere  e  custodire  in  luogo  sicuro  coloro  che 
non  potessero  pagare ,  dichiarare  ribelli  e  confiscare  i 
beni  di  coloro  che  fossero  fuggiti  e  promettere  cento  ducati 
a  chi  fosse  riuscito  a  prenderli  (').  A  pochi  giorni  di  di- 
stanza, (19  marzo)  ecco  un  altro  editto  che  costringeva 
molti  nobili  sparsi  nei  dintorni  a  rientrare  in  città,  e  dava 
ordine  ai  pubblici  officiali  delle  due  Riviere  che  entro 
tre  giorni,  bandissero  tutti  i  nobili  genovesi  che  si  tro- 
vassero nei  singoli  paesi.  Questa  volta,  cosa  degna  di 
nota,  le  pene  inflitte  per  disobbedienza  non  venivano  mi- 
nacciate ai  nobili,  bensì  ai  pubblici  officiali  (^),  perchè  non 
è  inverisimile  che  il  comune  temesse  che  i  capitani,  po- 


(i)  Diversorum  Filza  64. 

(2)  Diario,   12  marzo.  Cfr.  ivi  i  nomi  dei  quattro  deputati. 

(3)  L''atto  si  trova  in  Diversorum  Reg.  174,  12  marzo.  I  sei  eletti  erano: 
Battista  di  Solario,  Giuseppe  Dernixe,  Leonardo  Calizzano,  Cristoforo  Ca- 
sana,  Vincenzo  Nigrino,  Lorenzo  Gioardo. 

(4)  Cfr.  in  Appendice  Doc.  XL. 


226  Anno   l507 

desta,  vicari,  rettori,  ecc.,  rivieraschi  tenessero  mano  di 
nascosto  ai  nobili,  ed  è  perciò,  io  credo,  che  in  questi 
giorni  assistiamo  al  frequente  invio  di  uomini  fidati  nella 
Riviera  di  Levante  che,  come  è  noto,  non  era  mai  stata 
molto  favorevole  al  governo  popolare.  L' 1 1  marzo,  Leo- 
nardo Merello  e  Gio.  Batta  di  Portofino  sono  eletti  com- 
missari alla  podesteria  di  Rapallo  e  Fontanabona;  Opizzino 
di  Vernazza  è  mandato  a  Castiglione;  il  15,  Galeotto 
de  Ferrari  e  Marco  da  Passano  a  Recco;  Gio.  Agostino 
Carrega  e  Francesco  Daniele  a  Moneglia  ;  Paolo  Ber- 
nardo e  Gregorio  d'  Arena  a  Sestri  (').  Intanto  arri- 
vavano a  Genova  soldati  e  munizioni;  erano  giunti 
«  uno  caporale  dignissimo  in  arme  »  chiamato  Gio.  Andrea 
Corso,  con  più  di  300  fanti,  e  poi  altri  500  dalla  Corsica; 
da  Roma  forti  provviste  di  salnitro,  di  polveri,  di  mu- 
nizioni e  di  armi  ;  in  città  si  requisiva  tutta  l'artiglieria 
che  si  poteva  trovare  (^).  Il  13  marzo  si  pubblicava  una 
grida  che  nessuno  «  senza  expressa  licentia  del  Magnifico 
«  Senato,  sotto  pena  della  forca  »,  osasse  parlamentare 
col  castellano,  il  quale  aveva  chiesto,  il  giorno  prima, 
un  colloquio  con  qualcuno  che  sapesse  parlare  in  francese; 
non  si  mandassero  lettere,  ne  si  pagassero  denari,  né 
dessero  sovvenzioni  di  alcuna  sorta  a  quelli  di  Castel- 
letto (').  I  genovesi  non  volevano  più  assolutaiuente  trat- 


(1)  Litterarum  Reg.  48;  lettere  n.  24,  25;  28,  3o,  33. 

(2)  Diario,   i3,   18,  22  marzo. 

(j)  Il  Diario  riferisce  questa  grida  al  1  ]  marzo  ed  infatti  essa  venne 
pubblicata  in  quel  giorno;  ma  daiP  originale  rileviamo  che  venne  redatta  il 
giorno  prima,  e  cioè  nel  giorno  stesso  in  cui  era   stato  assaltato  e  preso  il 


Fine  del  governo  popolare  227 

tare  col  Salazar,  che  si  era  mostrato  così  perfido  e  così 
crudele  ;  per  contro  avendo  Allabre  de  Saule  chiesta, 
poco  dopo,  la  stessa  cosa,  gli  risposero  con  una  lettera 
assai  garbata,  che  si  era  cercato  chi  volesse  salire  al  ca- 
stello, ma  «  attento  li  portamenti  del  castellano  »  non 
si  era  trovato  chi  si  fidasse  di  recarvisi,  perciò  propo- 
nevano che  scendesse  egli,  o  mandasse  un  uomo  di  sua 
fiducia,  assicurandone  la  più  assoluta  incolumità  perso- 
nale (').  Pare  che  non  si  riuscisse  a  nulla  e  che  le  relazioni 


Castellacelo.  «  MDVII  die  XII  Martii.  Preconate  vos  preco  comunis.  De  man- 
«  dato  Magnilicorum  dominorum  Antianorum  et  prestantissimi  olficii  balie 
«  excelsi  comunis  Janue ,  se  fa  publica  crida  et  commandamento  ad  ogni 
«  persona  de  che  grado,  stado  et  condition  se  sia  che  non  olse  ni  presume 
«  haver  parlamento  cum  quelli  de  castelleto  ni  mandare  ambasiade  sive 
«  lettere  ni  etiam  pagar  denari  aut  subvenirli  de  quavis  sia  cossa  sensa  ex- 
«  pressa  licentia  del  M.co  Senato  sotto  pena  de  la  forcha.  —  Die  XIII  dicti 
«  martii,  Franciscus  de  Solario  preco  publicus  communis  retulit  se  hodie  pro- 
«  clamasse  per  loca  publica  civitatis  in  omnibus  contratis  sonitu  tubarum 
«  alta  et  intelligibili  voce  ».  Diversoriim  Filza  64. 

(1)  «  Al  Magnifico  Monsignor  Alabre  de  Saules.  Magnifico  Monsegnor, 
«  noi  non  havemo  facta  più  presto  resposta  a  la  vostra  lettera  perchè  spe- 
«  ravamo  poterve  mandare  qualche  persona  a  parlarvi  comò  ne  rechedevi  : 
«  ma,  attento  li  portamenti  del  castellano,  non  s""  è  trovata  persona  chi  se 
«  fide  de  venirli  et  per  questo  ve  dicemo  che  se  voi  o  altro  per  voi  vole 
«  descendere  fora  del  castello  et  venire  in  loco  dove  li  nostri  possino  com- 
«  parere  senza  suspecto  né  timore,  che  siamo  presti  a  mandare  a  parlare 
«  con  vostra  Magnificentia  o  con  qualcuno  altro  mandereti,  offrendovi  de 
«  assicurarve  cossa  per  scriptura  et  lettere  de  bono  et  ampio  salvocondutto, 
«  corno  etiam  de  compagnia  de  gente,  benché  la  Magnificentia  vostra  et 
«  ogni  altra  persona  chi  representasse  signo  del  Christianissimo  Re  signore 
«  nostro  sia  sempre  in  questa  cita  et  per  tutto  lo  Genoese  securissima.  Et 
«  cossi  per  virtù  de  la  presente  assecuremo  la  persona  vostra  o  sia  de  quello 
«  o  quelli  mandereti,  dando  a  voi  o  a  chi  vegnirà  pieno  e  ampio  salvocon- 
«  ducto  di  poter  venire  et  retornare  al  Castelleto  salvo  et  securo  senza  im- 
«  pedimento  ne  molestia  alcuna.  Datis  .lanue  die  XV  Martii  MDVII.  Antiani 
«  excelsi  communis  Janue  ».  Litterarmn  Reg.  5o,  lettera  n.   17. 


228  Anno     l507 

col  Salazar  si  andassero  peggiorando,  poiché  si  giunse 
persino  a  proibire  a  tutti  di  passare  per  le  contrade  attigue 
a  Castelletto  dopo  1'  «  Ave  Maria  »,  avendo  le  guardie 
l'ordine  ,  dopo  quell'  ora ,  di  uccidere  chi  vi  ponesse 
piede  ('). 

Prime  avvisaglie  contro  il  Castelletto. 

Il  19  marzo  incominciamo  a  sentire  il  prin.o  rumor 
d'armi  intorno  alle  mura  del  Castelletto  :  le  guardie  dei 
popolari  si  azzuffano  con  quelle  poste  a  difesa  di  S.  Fran- 
cesco, le  incalzano  ed  arrivano  a  dar  fuoco  a  «  lo  re- 
stello  >^  cioè  alla  palizzata  difensiva  posta  innanzi  alla 
porta  della  fortezza (*).  Il  lieve  scontro  era  costato  soltanto 
un  morto  ad  ambe  le  parti,  ma  spronava  i  cittadini  a 
prepararsi  ad  altri  e  più  gravi  cimenti.  Si  ordinava  infatti 
ai  conestabili  di  passare  in  rivista  i  loro  uomini  e  di 
riferirne  il  numero  ai  loro  gonfalonieri  e  che  tutti  stessero 
pronti  in  armi  (');  il  giorno  stesso  fu  emanata  una  grida, 
ripetuta  il  23  marzo,  ordinando  pel  26,  e  poi  per  la  fine 
del  mese,  a  tutti  gli  abitanti  delle  tre  podesterie  ,  del 
Bisagno,  della  Polcevera  e  di  Voltri,  di  venire  a  Genova 
con  le  loro  famiglie  e  con  ciò  che  avevano:  «  arnexi, 
robe,  strame,  farine,  biave,   vino   et  ogni  altra  vituaria  », 


(i)  Diversorum  Filza  64,  i5  marzo  1 507. 

(2)  Cr.  A.  Guglielmotti:  Vocabolario  Marino  e  Militare^  alla  voce 
«  Restello  »  o    Rastello. 

(J)  Diario^  19  marzo.  I  conestabili  erano  capi  di  una  «contrada  »  la  quale 
era  una  sezione  della  «  Compagna  ».  Per  maggiori  schiarimenti  cfr.  G.  Rezasco  : 
Diponario  storico  ed  amministrativo. 


Fine  del  governo  popolare  229 

sotto  pena  di  cadere  in  disgrazia  degli  Anziani  (');  nei 
giorni  seguenti  si  ingiungeva  a  tutti  gli  officiali  delle 
terre  della  Riviera  di  Levante  di  mandare  in  città 
tutte  le  navi  cariche  di  grano  che  approdassero  ai  loro 
porti  e  lo  stesso  ripetevano  ai  patroni  e  nocchieri 
di  dette  navi  C).  Mentre  il  comune  volgeva  il  pensiero 
alle  vettovaglie,  non  dimenticava  le  munizioni  da 
guerra.  Sollecitava  Matteo  de  Porta  ad  apparecchiare 
le  «e  pietre  ferree  »  che  gli  erano  state  commesse  per 
le  artiglierie  e  gli  ordinava  di  mandarne  25  ogni  volta 
che  fossero  pronte  ('),  si  raccomandava  anche  per  la  fab- 
brica di  certi  cannoni,  e  inviava  a  Voltri  il  maestro  Jacobo 
di  Brescia  «  fabricator  de  ferramenti  »,  per  avere  da 
quelle  ferriere  ferro,   rame  e  carbone  (^). 

Dichiarazione  di  guerra  alla  Francia. 

Si  era  in  quel  periodo  di  tempo  di  cui  parlammo  già 
sul  finire  del  capitolo  precedente,  durante  il  quale  i  po- 
polari «  arrabbiati  »,  oppostisi  all'invio  di  ambasciatori  allo 
Chaumont,  avevano  fatto  uscire,  il  25  marzo,  quella  grida 


(1)  Gli  originali  delle  due  gride  si  trovano  in  Diversorum^  Filza  64.  La 
prima  notifica  che  Leonardo  di  Fazio  e  Matteo  di  Burgaro  provvederanno 
le  stanze;  è  pure  interessante  per  la  relazione  del  banditore  il  quale  enu- 
mera i  paesi  dove  lesse  la  grida.  Il  venerdì  19  marzo  la  proclamò  «  in  loco 
«  Vegerij,  Pontedesimo,  Morigalo,  Bulsaneto,  Riparolio  superiori  et  inferiori, 
"  Corniliano,  Sancto  petro  arene  »;  il  sabato,  20  marzo,  «  in  Bisanne  et 
«  eius  burgis ....  Vernatia,  ad  Robur,  Plano  Quinti,  Nervi)  et  in  loco  Sexti 
«  videlicet  in  duobus  burgis  ipsius  ». 

(2)  Litterarum  Reg.  48,  lettere  n.  39,  40;  24  marzo. 
(J)  Litterarum  Reg.  49,  lettera  n.  9?;  21    marzo  1507. 
(4)  Ibidem,  lettere  n.  98,  99;  2  5  marzo. 

16 


230  Anno    l507 

ordinante  che  non  se  ne  dovesse  più  parlare,  poiché  il 
Magnifico  Senato,  l'ufficio  di  Balìa  ed  i  Tribuni  avevano 
deliberato  di  bandire  la  guerra  ai  loro  nemici.  Ma  la  fiera 
decisione  non  fu  presa  che  tre  giorni  dopo,  quando  i 
genovesi  erano  ormai  esasperati  dal  lungo  e  terribile 
bombardamento  del  Salazar  e  dalle  notizie  che  il  re  muo- 
veva contro  Genova  a  capo  del  suo  esercito  ed  il  d'Al- 
lègre ricuperava  la  Riviera  di  Ponente.  Il  28  marzo 
adunque  si  tenne  un  gran  consiglio  a  Castello  (si  badi  : 
non  a  Palazzo,  ma  a  S.  Maria  di  Castello,  luogo  dove 
predominava  l'elemento  popolare  e  dove  si  erano  sempre 
prese  le  deliberazioni  più  gravi)  e  veniva  stabilito  di  fare 
buona  guerra  al  re  e  di  prendere  in.  ogni  modo  il  Ca- 
stelletto. A  ciò  furono  eletti  sei  capitani  :  Matteo  Borgaro, 
Vincenzo  Pellissone,  Antonio  di  Corniglia,  Paolo  Giudice, 
Andrea  Giustiniani  e  Simone  Navone,  deputati  a  dirigere 
i  lavori  di  approccio  e  di  offesa  al  castello;  fu  data  loro 
ampia  libertà  di  comandare  quanti  uomini  volessero,  di 
requisire  cavalli  e  legname,  di  imporre  anche  gravami, 
quando  loro  sembrasse  utile  (').  L'anonimo  non  accenna 
come  sia  stata  accolta  dal  popolo  grasso  e  dalla  parte 
meno  coraggiosa  dei  popolari  la  fiera  risoluzione ,  ma  lo 
si  arguisce  facilmente  da  quello  che  segue  nel  Diario  : 
«  al  doppo  disnare  fu  una  grandissima  moltitudine  di 
<(  gente  a  palacio  ,  con  deliberatione   di   tagliare  a    pezi 


(i)  Cfr.  Diario,  data  corrispondente  e  Politicorum  Mazzo  III.  Nel  Diario 
invece  di  Andrea  Giustiniani  e  Simone  Navone  troviamo  Simone  Giusti- 
niani e  Pantaleo  Navone  :  naturalmente  io  ho  preferito  quelli  desunti  dalla 
pura  fonte  delF  originale. 


Fine  del  governo  popolare  23 1 

K  una  frotta  di  populo  i^rasso  con  alcuni  artegiani  ade- 
«  renti  a  loro  ».  Era  dunque  la  prepotenza  e  la  forza 
bruta  della  plebe  che  inìperava,  che  si  imponeva  alla 
assennatezza  di  pochi.  Così  quella  sera  venne  sancito  a 
Palazzo  ciò  che  si  era  deliberato  a  Castello,  ed  uscì  la 
grida  che  dichiarava  solennemente  la  guerra  al  re  di 
Francia,  l'assedio  del  Castelletto  e  la  distruzione  di  tutte 
le  insegne  della  sovranità  regia  a  Genova.  Le  cause 
principali  perchè  si  indiceva  la  guerra  erano  :  i.  non  aver 
voluto  il  re  dare  udienza  agli  ambasciatori  del  popolo; 
2.  aver  fatto  bandire  i  genovesi  come  ribelli  e  confiscati 
i  loro  beni  ;  3.  aver  dato  soccorso  a  Monaco  (').  È  in- 
descrivibile con  quanto  ardore  la  città  provvedesse  ora 
alla  propria  salvezza  !  Per  aver  denari  ordinò  a  tutti  i 
cittadini  di  portare  i  loro  argenti  alla  zecca,  dove  Pelegro 
di  Goano  ed  ?ltri  deputati  li  avrebbero  ricevuti  (^);  per 
raccogliere  milizie  mandò  una  grida  che  tutti  dovessero 
star  pronti  in  armi  ed  obbedire  ad  ogni  richiesta  dei  loro 
conestabili  e  dei  loro  gonfalonieri  ;   alle  artiglierie  prov- 


(1)  Diario,  28  marzo;  nello  stesso  giorno  si  spediva  ai  commissari  della 
Spezia  ed  a  quelli  di  Chiavari  T  ordine  di  abbattere  al  più  presto  tutti  i 
castelli  di  q  ielle  città  e  dintorni  per  evitare  il  pericolo  che  cadessero  in 
mano  dei  nemici.  Era  inviato  alP  uopo  in  ambidue  i  luoghi  Giov.  Antonio 
di  Chiavari.  Il  5  aprile  si  ripeteva  a  Giov.  Pìcaluga  e  Leonardo  de  Franchi, 
commissari  di  Chiavari,  V  ordine  di  abbattere  il  castello  «  atteso  che  basta 
«  a  noi  li  chori  de  tuti  »  (Litteraruni  Reg.  49,  lettere  n.   io5,   106,   i  18). 

(2)  Di  consimili  ordini  se  n'erano  dati  prima  e  ne  vennero  dati  dopo.  Il 
17  febbraio  se  ne  trova  uno  di  portare  tutti  gli  ori  ed  argenti  lavorati  in 
zecca,  dove  verranno  pagati  soddisfacentemente,  e  viene  ripetuto  il  2  aprile. 
L"'  uno  e  T altro  si  trovano  in  Diversorum  Filza  64  ed  è  nel  secondo  dove 
si  parla  di  Pelegro  di  Goano. 


232  Anno   i507 

vide  scaricando  senza  indugi  quelle  che  erano  giunte  da 
Monaco  (').  Contro  le  truppe  del  d'Allègre,  che  minac- 
ciavano tutta  la  Riviera  Occidentale,  inviò  (30  marzo)  un 
castellano  a  Ventimiglia  ed  un  commissario,  Antonio 
Trucco,  a  S.  Remo  ;  il  primo  aprile  mandò  due  galee 
con  300  uomini  ad  Albenga  avvisando  Gerolamo  di 
Alsate  che  presto  ne  sarebbero  partiti  altri  200  C").  Co- 
municò la  decisione  di  questa  spedizione  a  tutti  i  com- 
missari sparsi  per  la  Riviera,  perchè  stessero  di  buon 
animo,  ed  allo  stesso  fine  li  avvisò  che,  per  lettere  giunte 
da  Roma  e  notizie  pervenute  da  altre  parti,  v'era  a  cre- 
dere che  non  vi  fosse  alcun  pericolo  di  complicazioni, 
■<  perocché  la  Maestà  Regia  non  gè  vole  spendere  uno 
«  dinaro  e  tutto  quello  che  s'è  facto  fino  chi.  sono  dinari 
«  di  nobili  et  per  conclusione,  debellato  quello  campo 
«  chi  è  in  Rivera,  non  est  dubitandum  et  questo  per 
«  adviso   et   conforto    vostro  (')  ».    Ma  occorrevano  ben 


(i)  Diario,  29  e  3o  marzo. 

(2)  La  lettera  alPAlsate  si  trova  in  Litterariim  Rag.  49 ,  2  aprile.  Nello 
stesso  Registro  e  alla  stessa  data  si  trovano  le  patenti  di  elezione  di 
Gaspare  de  Franchi  e  Raffaele  della  Torrea  capi  di  quei  fanti  e  si  esorlano 
ad  inanimare  i  ri  velerà  schi  perchè  perseverino  nella  devozione  a  Genova. 
Proprio  due  giorni  prima  (3i  marzo)  era  stato  condotto  a  Genova  un  tale  di 
Villanova  di  Albenga,  colto  mentre  da  Dolceacqua  portava  lettere  di  Luca 
Spinola,  Gio.  d'Oria  e  di  altri  gentiluomini  cittadini  di  Albenga;  queste  let- 
tere contenevano  cose  segrete  ;  forse  davano  notizie  delF  avvicinarsi  delT  e- 
sercito  francese  e  incitavano  alla  rivolta  contro  i  popolari  ;  il  misero  mes- 
saggiero  fu  impiccato  nella  notte  al  balcone  del  podestà.  Gfr.  Diario,  data 
corrispondente. 

(3)  Una  di  codeste  lettere  fu  inviata  a  Luigi  di  Bervey,  commissario  a 
Ventimiglia  ;  in  essa,  oltre  alla  notizia  suaccennata,  lo  si  avvisava  che  eransi 
caricate  provvigioni  e  munizioni  per  Ventimiglia  ed  erano  stati    eletti    due 


F'ne  de!  gfovcrno   popolare  233 

altre  milizie  che  quei   miseri   500  fanti  e  questa  lettera 
di  conforto   contro   un   esercito   invasore  ! 

Vigoroso  assalto  al  Castelletto. 

Mentre  il  comune  pensava  di  tener  fronte  a  tante  mi- 
nacce ,  fervevano  i  preparativi  per  dare  l'assalto  al  Ca- 
stelletto, assalto  che  era  della  più  grande  importanza  per 
la  sicurezza  della  città.  Benché  la  fortezza  da  qualche 
armo  sia  stata  rasa  al  suolo,  basta  osservare  il  luogo 
dove  si  ergeva  per  convincersi  della  sua  straordinaria 
potenza  ;  esso  torreggia  proprio  sul  cuore  della  città  che 
si  stende  ai  suoi  piedi,  ed  è  facile  capire  quale  pericolo 
sovrastasse  allora  su  Genova.  La  cittadella  era  difesa  al- 
l' intorno  da  bastiglie  e  bastioni,  muniti  di  buona  arti- 
glieria; l'uscita  principale  era  dirimpetto  alla  porta  della 
chiesa  di  S.  Francesco,  separata  da  essa  soltanto  per  una 
breve  china,  molto  in  pendenza  e  disagevole;  anche  la 
chiesa  e  l'attiguo  convento  erano  in  ottima  posizione, 
ben  fabbricati  e  sorretti  da  grosse,  forti  e  salde  mura. 
I  francesi,  come  accennammo,  avevano  saputo  approfit- 
tarne, fortificandoli  e  rifornendoli  di  artiglierie  e  soldati. 
I  genovesi  per  contro  avevano  chiuse  e  sbarrate  tutte 
le  vie  e  i  vicoli  conducenti  al  castello;  avevano  fortificato 
alcune  case  intorno  al  convento  ed  aperte  comunicazioni 


nuovi  commissari  ;  un"*  altra  consimile  fu  spedita  a  Giacomo  Giustiniani  e 
a  Pantaleone  di  Arquata  con  l'aggiunta  che  avrebbero  potuto,  al  caso,  ser- 
virsi anch'" essi  delle  forze  mandate  ad  Albenga;  una  terza  a  Giov.  Picaluga 
e  Leonardo  de  Franchi  commissari  di  Chiavari  (  Litterarum  Reg.  49, 
2  aprile  iSoj). 


234  Anno    l507 

tra  esse  per  poter  giungere  al  coperto  sotto  le  mura 
di  quello,  e  avevano  poste  in  vari  jninti  della  ciltà  le 
loro  artiglierie  per  convergere  i  fuochi  sul  castello.  Dalla 
parte  del  Bisagno  infatti,  in  una  località  detta  «  Pavia  » 
erasi  costruito  un  riparo,  dietro  il  quale  fu  collocato  il 
famoso  Drago  ;  Bufalo,  1'  altro  grosso  canncnie  pisano 
che  aveva  già  servito  all'assedio  di  Monac(\  fu  trainato 
verso  S.  Rocco,  in  un  luogo  dove  anticamente  esisteva 
un  castello  (')  e  quando  tutto  fu  a  posto,  riusciti  vani  alcuni 
tentativi  di  dar  fuoco  al  Castelletto  o  di  farlo  saltare  con 
mine  sotterranee,  s'incominciò  la  giostra ,  dei  cannoni, 
dapprima  debolmente,  poi  a  mano  a  mano  crescendo,  fin- 
che il  4  aprile  1507,  giorno  di  Pasqua,  ebbe  principio  il 
vero  duello  fra  le  artiglierie.  I  grossi  cannoni  dei  popolari 
non  lasciarono  un  istante  di  pace  alle  milizie  del  Salazar, 
anzi  un  proiettile,  entrato  in  una  torre  ove  si  trovava  il 
capitano  Allabre,  lo  ferì  insieme  con  tre  de'  suoi.  Il  can- 
noneggiamento durò  intensissimo  per  tutto  il  lunedì  di 
Pasqua  e  produsse  effetti  disastrosi  :  le  torri,  il  con- 
vento e  la  chiesa  di  S.  Francesco,  donde  i  francesi  tira- 
vano attraverso  a  fori  praticati  nelle  muraglie,  furono  in 
gran  parte  smantellati  e  abbattuti,  e  la  «  casaccia  »  di 
S.  Francesco  fu  messa  in  fiamme  ed  abbandonata  dai 
soldati,  forse  perchè  non  la  potevano  più  difendere  C"). 
Mentre  ferveva  questa  lotta  accanita,  entravano  in  Ge- 
nova i  soldati  delle  tre  podesterie  a  dare  mano  forte  ai 
cittadini  :  erano  uno  stuolo  numeroso,  da  cui  furono  scelti 


(i)  Cfr.  J.  D^  AuTON,  op.  cit.,  Tomo  III,  cap.  XIV,  pag.  2  53. 
(2)  Id.  ibid.  cap.  XVII  pag.  275. 


Fine  del  governo  popolare  235 

600  tra  balestrieri  e  schioppettieri  con  qualche  «  imbra- 
satore  »;  orli  altri  ebbero  licenza  di  tornare  alle  loro  case. 
La  mattina  del  7,  al  clang^ore  delle  trombe  ed  al  rullo 
dei  tamburi  sonanti  all'assalto,  una  gran  turba  di  gente 
si  lanciò  contro  le  mura  del  convento  di  S.  Francesco 
e  per  le  molte  breccie  penetrò  nel  primo  giardino  e  vi 
rizzò  centinaia  di  scale  per  fare  impeto  nel  ridotto.  Ma 
se  l'assalto  fu  vigoroso,  la  resistenza  fu  forte  e  risoluta, 
sicché,  dopo  una  mischia  sanguinosa  durata  fino  a  notte, 
i  genovesi  furono  costretti  a  ritirarsi  subendo  gravissime 
perdite,  specialmente  per  le  fogate  costrutte  dai  francesi, 
i  quali,  a  quanto  afferma  il  diarista,  si  erano  valsi  delle 
tombe  per  empirle  di  polvere  e  far  saltare  in  aria  quelli 
che  vi   passavano  sopra  ('). 

Il  giorno  successivo  ricominciò  più  gagliardo  il  bom- 
bardamento della  fortezza  e  presto  se  ne  videro  gli  ef- 
fetti, che  il  9  aprile  i  francesi  dovevano  ritirarsi  anche 
dal   convento,   dandolo   alle  fiamme   ("). 


(1)  Id.  ibid.  cap.  XVIII.  pag.  280.  Cfr.  Diario,  5,  6,  7  aprile.  A  questo 
assalto  sono  collegate  due  gride:  la  prima  del  7  aprile  che  ingiunge  a  tutti 
i  cittadini  aventi  le  loro  case  «  senza  le  loro  masnó  le  debiano  dentro  da 
«  vespero  fare  dispaihare  et  dentro  da  dieta  ora  de  vespro  debiano  presenta 
«  le  ihave  de  diete  caze  in  cancelleria  de  Raphael  Pongono  cancellerò  .... 
«  altramente  se  gè  intrerà  perchè  bisogna  che  se  alogie  li  homini  de  tre 
«  poistarie,  et  se  haverano  damno  sarà  colpa  loro  per  soa  desobedientia  ». 
La  seconda,  dell' 8  aprile,  dice  «  cuni  ciò  sia  cossa  che  a  le  orecchie  de  li 
«  prefati  Magnifici  Signori  (Anziani)  sia  pervenuto  corno  heri  sera  a  la  fine 
«  de  la  bataglia  siano  stati  svalixati  alchuni  forestieri  et  cossi  Genoesi  da 
«  alcuni  tristi,  la  qual  cossa  è  stata  a  tuti  molesta  »,  volendo  severamente 
punirli  si  comanda  a  chi  sappia  chi  essi  siano  di  denunciarli  entro  24  ore. 
(Entrambe  le  gride  sono  in  Diversorum  Filza  64). 

(2)  Diario^  data  corrispondente. 


236  Anno  l507 

Condizione  della  Riviera  di  Ponente. 

Mentre  Genova  lottava  strenuamente  dentro  le  sue 
mura,  altri  nemici  più  temibili  la  minacciavano  di  fuori  ; 
tutta  la  Riviera  di  Ponente  nei  primi  di  aprile  era  ca- 
duta a  poco  a  poco  in  mano  del  g"overnatore  di  Sa- 
vona. Il  4  aprile  giungeva  la  notizia  che  S.  Remo  e 
Taggia  avevano  aperto  le  porte  all'  esercito  invasore  ; 
il  7  che  Porto  Maurizio  si  era  resa  e  le  era  stata  im- 
posta una  taglia  di  8ooo  scudi  ed  i  francesi  avevano 
impiccato  Gasparo  de  Paranchi,  uno  dei  commissari  ('). 
Allora  fu  d'uopo  opporsi  in  Albenga  all'avanzarsi  delle 
forze  nemiche,  e  Genova  incaricò  (8  aprile)  i  due  com- 
missari :  Raffaele  della  Torre  e  Gerolamo  di  Albaro  di 
dirigere  la  difesa  e  incorare  i  cittadini  ad  aver  fiducia, 
che  sarebbero  dal  comune  risarciti  dei  danni  sofferti  (*); 
ma  fu  inutile  ogni  tentativo,  che  il  9  aprile  i  nemici  erano 
già  in  Albenga.  A  questo  pericolo  di  per  sé  grave  ag- 
giungevasi  l'arrivo  della  flotta  francese,  comandata  dal 
Pregent,  la  quale,  dopo  essere  apparsa  dinanzi  a  Mo- 
naco, quando  già  il  campo  genovese  aveva  levate  le 
tende,  veleggiava  verso  Genova  per  unirsi  alle  quattro 
galee  e  alle  due  fuste,  inviate  in  aiuto  dal  re  di  Napoli, 
e  che  già  avevano  dato  segno  di  essere  in  via  e  non 
lontane,  avendo  catturato  presso  monte  Argentaro  una 
fusta  genovese  Q).  E  non  basta;  in  Lombardia  un  grande 


(1)  Diario^  data  corrispondente. 

(2)  Litterarum  Rag.  48,  lettera  n.  41. 

(3)  Diario^  'i  -^i  9  aprile.  Il  io  giungeva  la  notizia  che  le  due   flotte    si 
erano  riunite. 


Fine  d(>l  sgoverno  popolare  287 

esercito  era  pronto  ormai  a  marciare  contro  Genova  ;  il 
re  stesso  era  sulle  mosse  per  scenderti  in  Italia  a  pu- 
nire i  ribelli  ('),  e,  per  colmo  di  sventura,  il  3  aprile 
Gian  Luio^i  F"ieschi  era  partito  con  4000  uomini  da  Mi- 
lano, per  riacquistare  i  suoi  possessi  nella  Riviera  di  Le- 
vante  C). 

Genova  si  trovava  in  mezzo  ad  un  cerchio  di  ferro; 
non  restava  che  una  via  di  scampo  aperta  ai  suoi  pru- 
denti ed  assennati  cittadini  :  venire  cioè  amiti  consigli, 
ad  una  pronta  sottomissione  ai  voleri  del  re  di  Francia. 
Il  Senarega  afferma  che,  appunto  in  questo  frangente, 
giunse  in  città  un  nunzio,  mandato  dal  cardinale  del  Car- 
retto, per  consigliare  i  genovesi  a  sottomettersi  al  re,  il 
quale  li  avrebbe  perdonati,  ma  la  plebe  ed  i  tribuni  fu- 
rono irremovibili  (').  Ora  mentre  la  questione  tra  le  due 
parti  si  discuteva  e  s'  incaloriva  e  minacciava  di  farsi 
tanto  seria  che  dalle  parole  vibrate  e  pungenti  si  era  lì 
lì  per  venire  alle  mani  e  snudare  i  pugnali  (io  aprile), 
«  cum  maxima  omnium  admiratione  »  ecco  alcuni  cit- 
tadini sollevare  in  mezzo  alla  calca  un  vecchio  popolano 
e  gridare  :  «  Viva  il  Doge  !  Viva  Paolo  da  Novi  !  ».  (^)  La 


(1)  Il  3o  marzo,  (Gfr.  Diario)  Carlo  de  Fornari,  genovese,  residente  a 
Milano,  portava  a  Genova  la  notizia  che  in  Lombardia  si  preparavano  20  mila 
uomini  per  muovere  alla  volta  di  Genova.  I  /ambasciatore  fiorentino  Pandollini 
scriveva  (2  aprile)  da  Grenoble,  dove  Luigi  XII  era  arrivato  nel  suo  viaggio 
verso  r  Italia,  che  il  re  pensava  sopra  ogni  altra  cosa  air  impresa  di  Ge- 
nova. (A.  Dksjardns  —  Negociations  diploin.  etc.  Tomo  II,  pag.  2  32. 

(2)  Diario,  G  aprile. 

(3)  B.  Senarkga,  op.  cit.,  col.  590-591. 

(4)  Id.  ibid.  e  Diario,   io  aprile. 


238  Anno   l507 

folla  attonita,  dapprima  guarda  e  tace,  poi,  ricordando 
le  gloriose  gesta  dei  primi  dogi  popolari  e  sperando  che 
potessero  rinnovarsi  insieme  colla  insigne  magistratura, 
acclama  unanime. 

Paolo  da  Novi  dogje. 

Paolo  da  Novi  non  è  a  noi  sconosciuto  :  lo  vedemmo 
già  nella  sommossa  popolare  del  7  settembre,  quando 
con  altri  cinque  capitani  fu  scelto  ad  arrolare  fanti  per 
la  difesa  della  repubblica;  lo  vedemmo  il  24  ottobre  nel 
novero  dei  tribuni  a  poco  a  poco  segnalarsi  mostrandosi 
ardito  sostenitore  del  popolo,  succedendo  a  Marco  Ter- 
rile  nella  autorità  di  capo  lista  dei  Tribuni  stessi  ;  lo  ve- 
demmo commissario  al  campo  di  Monaco  nel  momento 
più  critico  dell'assedio:  indiscutibile  prova  della  graiìde 
fiducia  che  egli  godeva  presso  i  suoi  concittadini;  ed 
infatti,  nell'ultimo  assalto  di  Monaco,  si  comportò  così 
magnanimamente  da  meritare  gli  encomi  del  cronista 
d'Auton,  avverso  ai  popolari  (');  ma  più  che  l'aureola 
di  gloria,  fu  1'  indubbia  sua  violenza  di  partigiano  che 
spinse  la  plebe  a  designarlo  all'alta  carica  ;  così  il  vecchio 
popolano,  tintore  di  seta,  il  10  aprile  1507  venne  accla- 
mato Doge  della  repubblica  di  Genova.  Gli  storici  del 
tempo,  forse  per  dar  maggiore  risalto  a.iravvenimento, 
aggiungono  parole  curiose  :  il  Senarega  dice  :  «  qui  modo 
«  unguibus  immundis  inter  vilissimos  versabatur,  pur- 
«  pura  et  serico  circumdatus,  potius  quam  ornatus,  iura 
«  populo  dabat  »;   ed  il  Sai  vago:  «  qui  jà  soulloit    servir 


(0  Op.  cit.,  pag.  274. 


Fine  del  tj^overno  popolare  23r) 

«  l^our  meccanique  à  chascun  maindre  Gennevoys  de  la 
«  citc  de  Gennes  (fut)  creé  seigneur  due  et  maistrc  (')  ». 
Gli  studiosi  moderni  hanno  invece  modificata  in  gran 
parte  l'opinione  che  Paolo  da  Novi  fosse  un  povero  tin- 
tore di  seta  :  alcuni  documenti  attestano  che  egli  fosse 
di  condizione  agiata  e  possedesse  varie  case  e  «  luoghi  » 
nelle  compere  di  S.  Giorgio,  che  però  fosse  così  illette- 
rato da  non  essere  capace  di  fare  la  sua  firma  ('').Egli  era 
oriundo  dalla  famiglia  dei  Cattanei  di  Novi  ed  era  figlio 
di  Giacomo  tintore  d' indaco  e  di  Giorgetta  Novi,  sua 
seconda  moglie.  Pare  che  questi  avesse  più  figliuoli 
tra  i  quali:  Paolo  e  Giovanni,  essi  pure  tintori  in 
seta.  Paolo  nel  1464  si  uni  con  Bianchina  Terrile  del 
fu  Marino  ed  ebbe  da  essa  tre  figli  :  due  maschi,  An- 
tonio e  Domenico,  ed  una  femmina,  Francesca,  che  andò 
sposa  con  Battista  Carmagnola,  negoziante  in  seterie. 
Non  è  ben  noto  l'anno  di  nascita  di  Paolo  da  Novi  :  il 
Salvago  afferma  che  egli  toccasse  i  sessanta  quando  venne 
acclamato  doge  ('),  perciò  potrebbe  essere   nato  verso  il 


(1)  Op.  cit.,  pag.  476. 

(2)  Cfr.  su  Paolo  da  Novi  e  sulla  sua  parentela  lo  studio  di  Pasquale  Ant. 
Sbkrtoij  :  «  Cenni  sul  Doge  Paolo  da  Novi  in  rettifica'^ ione  degli  errori 
«  degli  istorici  genovesi  »,  pubblicato  in  «  Giornale  degli  studiosi»  anno 
1871,  7  gennaio;  ed  il  lavoro  più  recente  di  Marckllo  Staglieno:  «  Intorno 
«  al  Doge  Paolo  da  Novi  e  alla  sua  famiglia  y,  in  Atti  della  Soc.  Lig.  di 
St.  Pat.^  Voi.  XIII,  pag  489.  Francesco  Podestà  nel  suo  volume  sul  Colle 
di  S.  Andrea^  (Atti  cit.,  Voi.  XXXIII,  pag.  99)  cita  un  atto  dal  quale  appare 
che  Paolo  da  Novi  aveva  in  affitto  una  bottega  «  sub  palatio  archiepiscopale  ).. 

(3j  Op.  cit.,  pag.  476.  Il  n''AuT0N  lo  chiama  in  più  luoghi,  vecchio,  anziano, 
«  vegliardo  »  ma  non  gli  dà  mai  una  età  precisa.  Lo  Sbertoij,  op.  cit., 
afferma  eh''  egli  avesse  ottanta  anni  ;  ma  non  ci  dice  da  qual  fonte  abbia 
attinto  la  notizia,  che  a  noi  sembra  poco  attendibile. 


240  Anno  150/ 

1447;  ma  allora  l'anno  delle  sue  nozze,  che  fu- 
rono celebrate  nel  1464,  coinciderebbe  col  diciassette- 
simo di  sua  età,  ciò  che  mi  sembra  alquanto  improbabile; 
se  invece  supponiamo  che  egli  si  sia  sposato  verso  i 
venti  anni,  avremo  nel  1444  l'anno  della  nascita;  perciò 
venendo  ad  una  media,  potremo  stabilire  che  sia  nato 
fra  il  1440  ed  il  1445  ,  ed  io  sarei  più  propenso  a 
scegliere  quest'ultima  cifra,  che  ci  darebbe  Paolo  da  Novi 
doge  ad  una  età  meno  grave  e  quindi  più  confacente 
a  sopportare  il  peso  d'una  carica  così  elevata. 

Carattere  di  Paolo  da  Novi. 

Le  qualità  morali  dell'uomo  risultano  dall'atto  della 
sua  elezione;  egli  viene  lodato  come  «  virum  gravem, 
«  integrum  et  timentem  Deum  »  ;  e  più  innanzi  si  os- 
serva che  per  la  sua  «  virtute,  prudentia,  ac  probitate, 
«  facit  ut  ab  omnibus  ametur  et  observetur  »  ;  a  queste 
sue  doti  noi  potremmo  aggiungere  che,  malgrado  gli 
anni,  doveva  essere  ancora  forte,  attivo,  intraprendente. 
È  bensì  vero  che  non  bisogna  mai  fidarsi  troppo  delle 
eccellenti  virtù  che  si  riscontrano  in  un  uomo  quando 
esso  sale  ad  alti  onori,  ma  è  pure  innegabile  che  egli 
non  le  smentì  durante  il  suo  breve  dogato.  Convocatosi 
adunque  un  gran  consiglio  «  in  salam  magnam  Palatii  » 
dove  intervennero  4000  popolari,  a  ore  16,  «  ante  pran- 
«  dium  »,  venne  acclamato  doge  Paolo  da  Novi;  poi,  se- 
guito dal  popolo  minuto,  fece  a  cavallo  il  giro  della  città 
e  per  le  vie  e  le  piazze  di  Genova ,  il  popolo  «  magna 
«  ovatione  et  pieno  ore  »  confermava  la  scelta  fatta  a 
Palazzo.   Intanto  eransi  convocati  il   Senato,  l'officio   di 


Fine  del  governo  popolare  241 

Balìa,  i  Tribuni  ed  altri  cittadini  «  quorum  sententiae, 
«  cum  discussae  fuissent,  una  voce  omnes  dixerunt  a  Dee 
«  omnipotenti  et  misericordi  concessum  nobis  fuiss^hunc 
*  Pastorem  et  ideo  ad  dignitatem  Ducatus  eum  promo- 
«  vendum  esse  ».  Indi  Giacomo  da  Castiglione,  priore 
del  Senato,  disse  la  consueta  orazione  inaugurale  al  nuovo 
doge,  raccomandandogli  di  render  giustizia  a  tutti  i  citta- 
dini colla  massima  rettitudine,  di  osservare  i  capitoli  e  le 
consuetudini  degli  Artefici  di  Genova  e  di  cercare  di 
aumentarli  e  migliorarli,  infine  di  far  distruggere,  non 
appena  il  popolo  l'avesse  presa,  la  fortezza  del  Castel- 
letto. Paolo  da  Novi  giurò  di  far  tutto  questo,  ed  allora 
insieme  con  la  spada  gli  furono  consegnati  tutti  gli  offici: 
i  cittadini  presenti  gli  promisero  fedeltà  (').  Ora  vedia- 
molo all'opera. 

Nello  stesso  giorno  egli  pubblicò  una  grida  che  ad 
ogni  angolo  di  «  carrogio  »  fosse  messa  una  catena  assai 
robusta  e  munita  di  tre  chiavi.  Le  catene  dovevano  bar- 
rare le  vie,  forse  per  porre  ostacolo  all'irrompere  di 
truppe  nemiche  ed  impedire  le  cariche  della  cavalleria  (^); 
rinviò  a  Chiavari  Leonardo  de  Franchi,  commissario,  il 
quale  era  forse  venuto  a  Genova  a  riferire  sulle  poco  felici 


(i)  U istrumento  della  elezione  del  nuovo  doge,  da  cui  traemmo  parte 
delle  notizie  accennate  trovasi  in  Diversorum  Reg.  174,  10  aprile  e  fu 
già  pubblicato  da  Michki.-Giusepf'k  Canale  nella  sua  «  Nuova  istoria  della 
Repubblica  di  Genova  >\  Voi.  IV,  pag.  3 19. 

(2)  Il  Diarista  ascrive  questa  grida  air  1  i  marzo;  in  realtà,  secondo  ri- 
sulta dall'originale  (Diversorum  Filza  64),  essa  fu  redatta  il  10  aprile; 
forse  fu  proclamata  il  giorno  dopo. 


242  Anno    ?507 

condizioni  della  città  che  reggeva  ('),  e  probabilmente  gli 
affidò  una  lettera  pei  due  commissari  di  Sestri  Levante: 
Paolo*  Bernardo  e  Gregorio  di  Arena,  con  l'ordine  che 
gli  dessero  aiuto  con  la  loro  fanteria  (^);  scrisse  agli  abi- 
tanti di  Portovenere,  i  (juali  sempre,  attraverso  i  secoli, 
si  erano  mantenuti  fedeli  a  Genova,  qualunque  governo 
vi  fosse  in  essa  ('),  offrendosi  di  mandare  a  loro  ciò  che 
avrebbero  chiesto  a  difesa  del  paese  e  incaricandoli  di 
assicurare  quelli  della  Spezia  che  Genova  avrebbe  pagati 
tutti  i  danni  che  avrebbero  potuto  soffrire  dai  nemici  della 
patria  f^).  Una  lettera  infatti  spedita  il  dì  stesso  e  diretta 
a  tutti  i  popoli  rivieraschi  prometteva  che  «  se  a  le  case 
«  et  possessione  loro,  prò  defensione  del  popolo  genueise, 
«  fosse  facto  alcuno  danno  da  nostri  inimici  »  sarebbero 
risarciti  in  tutto  e  per  tutto,  e  affinchè  potessero  «  star 
«  de  bono  animo  faciando  quella  guerra  chi  se  convene 
«  contra  nostri  nemici  »  li  invitava  a  condurre  a  Genova 
le   loro   mogli,   i   figli   e   i   loro  beni    «  et  cossi   ne    fareti 


(i)  Ciò  si  deduce  dalla  lettera  inviata  dal  doge  al  comune  di  Camogli: 
«  Egregi  viri  nostri  dilectissimi.  Lo  spettabile  Leonardo  de  Francis,  commis- 
"  sario  nostro  de  Clavaro,  a'  nostro  nome  vi  requirera  che  per  securtà  sua 
«  lo  accompagnate  fino  a  Sancta  Margarita.  Noi  vi  commettemo  comò  a 
«  fìgioli  obedienti  faciate  quello  ve  requirera  e  lo  accomodate  de  una  caval- 
«  catura  peroche  se  transferre  a  dicto  loco  de  Clavaro  per  cosa  importante. 
«  Data  Janue  die  X  Aprilis   007  ».  (Litterarum  Reg.  49,  lettera  n.   126). 

(2)  IbiJ.^  lettera  n.   127. 

(3)  Cfr.  il  mio  lavoro  :  «  Gli  statuti  di  Portovenere  »  Tip.  Sordo-Muti, 
Genova   1901. 

(4)  Litterariiiii  Reg.  49,  lettera  n.  12S.  Nel  poscritto,  dato  Fii  aprile,  i 
Portoveneresi  erano  avvisati  che  si  mandava  loro  un  barile  di  polvere  e 
tre  casse  di  verrettoni  per  loro  difesa  e  si  incitavano  di  nuovo  a  perseverare 
nella  loro  devozione. 


Fine  del  governo  popolare  248 

«.  piacere  ad  acceptare  quello  vi  offerimo  de  bono  core  »('). 
Provveduto  che  ebbe  alle  cose  esterne,  Paolo  da  Novi 
rivolse  il  suo  pensiero  più  specialmente  alla  città.  Innanzi 
tutto  ordinò  che  tutti  i  nobili  che  erano  in  essa  senza  le 
loro  ((  masnade  »,  abbandonassero  le  case  e  le  lasciassero 
libere  per  potervi  alloggiare  le  famiglie  che  dalle  tre 
podesterie  sarebbero  venute  a  rifugiarsi  a  Genova  ,  essi 
poi  riparassero  in  due  case  per  ogni  piazza  C');  compiè 
quindi  un  atto  di  molta  avvedutezza,  rilasciando  in  libertà 
tutti  i  prigionieri  politici  ('),  tra  i  quali  troviamo  il  can- 
noniere Ambrogio  Gioardo,  che,  appena  liberato,  rice- 
vette l'ordine  di  recarsi  incontanente  da  Lerici  a  Genova, 
perchè,  col  fratello  Gregorio,  provvedesse  alla  difesa  della 
città  (^)  ;  infine  chiese  per  sé  una  guardia  di  500  fanti 
per  metà  cittadini  e  per  l'altra  di   forestieri  ;   ma    il    Con- 


(\)  Litterarum  Reg.  49,   io  aprile. 

(2)  Diario^  i  i  aprile  ;  V  originale  della  grida  è  in  Diversorum  Filza  C)^ 
e  porta  la  data  del  12  aprile. 

(3)  Diario  ;  1 1   aprile. 

(4)  «  Paulus  de  Novis,  dei  gratia  dux  Januensium  populique  defensor, 
«  consilium  Antianorum  et  Officium  balie  comunis  Janue  spectato  viro  Bap- 
«  tiste  de  Clavaro  castellano  Illicis  nobis  amantissimo.  Spectate  vir  nobis 
«  amantissime.  Siando  piasuto  a  dio  de  elevarmi  a  questo  ducato,  de  che 
«  dio  per  sua  misericordia  console  tuti  li  genueisi,  pertanto  ,  siando 
((  usanza  che  in  tal  felicità  se  concede  gratie  a  gente  prexonere,  per  tanto 
«  noi  Pa'ilo,  Antiani  et  Officio  de  balia  liberemo  Messer  Ambroxio  Joardo 
«  da  le  carcere  vostre,  ita  che  lui  sia  in  sua  liberta,  imponendoli  da  parte 
«  nostra  et  cossi  a  maistro  gregorio  suo  fratelo  che  incontinente  visis  pre- 
«  sentibus  se  transferrano  da  noi  per  cosse  importantissime  perochè  a  nostri 
«  bisogni  se  adopereremo  de  la  sua  opera.  Datis  Janue  die  XII  Aprilis  1507». 
Litti'rarum  Reg.  49;  lettera  n.  i3i;  la  lettera  che  segue  (n.  i32)  ordina  a 
tutti  i  capi  dei  paesi  rivieraschi  di  concedere  libero  passaggio  ad  Ambrogio 
e  Gregorio  Gioardo. 


244  Anno   l507 

sigilo  credette  più  opportuno  che  fossero  tutti  forestieri, 
forse  per  impedire  al  grande  agitatore  del  popolo  mi- 
nuto, Emanuele  Canale,  nominato  dal  doge  capitano  della 
piazza,  di  fare,  come  egli  avrebbe  voluto,  la  scelta  dei 
fanti  genovesi.  Ma  il  Canale  pensò  di  vendicarsi  di  questo 
affronto  e,  dopo  il  Consiglio,  appena  annottò,  lasciato  il 
Palazzo  e  seguito  da  un  manipolo  di  ribaldi,  andò  per 
la  città  gridando  :  «  Canale  e  ventura  »  colla  speranza 
di  esser  nominato  capo  dei  venturieri;  ma  non  ci  consta 
se   riuscisse   nel   suo   intento  ('). 

Dimostrazione  navale  del  Pre(;ent. 

La  mattina  del  13  aprile  l'ufficio  di  Balìa  e  c[uello 
di  S.  Giorgio,  convocati  per  deliberare  la  spesa  di  5000 
ducati  per  la  guerra,  ricevettero  la  nuova  che  la  squadra 
franco-spagnuola,  composta  di  8  galee,  2  fuste  e  3  bri- 
gantini, era  giunta  a  Cornigliano  ed  aveva  sbarcati  alcuni 
uomini  i  quali  avevano  bruciata  una  barca  e  ne  avevano 
tirata  in  mare  un'altra  carica  d'olio.  Poco  dopo  infatti 
l'armata  comparve  dinanzi  al  porto  di  Genova  e  vi  entrò 
a  insegne  spiegate  ;  anzi  il  Pregent,  colle  sue  galee,  osò 
spingersi  fino  alla  darsena,  dirimpetto  alla  chiesa  di  S. 
Giovanni.  Si  può  immaginare  quale  subbuglio  destò  tanto 
ardimento  !  Subito  parte  delle  artiglierie  puntate  verso 
il  Castelletto,  furono  rimosse  per  dirigerle  invece  contro 
l'audace,  e,  se  dobbiamo  prestar  fede  all'anonimo,  pare 
che  le  galee  nemiche  «  furono  bene  visitate  d'artiglieria  », 
ma   io  credo   che  i  cannoni  genovesi  siano  appena  giunti 


(i)    Diario,   i  i   aprile. 


Fine  del  governo  popolare  246 

in  tempo  a  tirare  qualche  colpo,  perchè  il  Pregent,  fatta 
la  sua  dimostrazione  navale,  e  battute  colle  sue  artiglierie 
le  case  dinanzi  al  porto,  e  fatti  forse  anche,  come  ac- 
cenna il  Sai  vago,  colle  sue  galee  tre  giri  lungo  il  porto, 
si  diresse  verso  levante  (').  I  genovesi  nìandarono  allora 
avviso  del  pericolo  imminente  ai  commissari  di  Rapallo  e 
di  Portofino,  ed  ebbero  il  conforto  di  sapere  che  già  il 
giorno  prima  (i  2  aprile)  essi  avevano  impedito  uno  sbarco 
dei  nemici  sul  territorio  di  Rapallo  ;  perciò  il  comune 
mandava  loro  una  lettera  di  lode  C).  Il  Pregent  colla  sua 
flotta  entrò  invece  nel  golfo  della  Spezia  e  il  16  aprile 
compì  uno  sbarco  presso  Marola  ;  ma  non  vi  stette  gran 
tempo,  perchè,  accorso  tosto  il  Biassa,  marchese  di  Goano, 
lo  respinse  e  fece  prigioni  il  marchese  di  Bollano  , 
Gerolamo  de  Riso  e  undici  uomini  (^).  K  probabile  che 
con  questi  sbarchi  il  Pregent  volesse  risvegliare  il 
partito  dei  nobili  e  più  specialmente  quello  dei  Fieschi; 
ma  il  Biassa  aveva  saputo  rendere  vano  ogni  tentativo. 


(1)  /)Ù7r/o,  data  corrispondente  ;  B.  SENAUtx.ATO/'.  cit.,  col  591;  A.  Salvago, 
op.  cit.,  pag.  475. 

(2)  Litterarum  Reg.  49,  lettere  n.   136,   139,   140;   i3  e   14  aprile. 

(i)  Diario,  17  aprile.  Nello  stesso  giorno  veniva  inviata  ai  commissari 
della  Spezia  Bartolomeo  de  Franchi  Luxardo  e  Andrea  de  Ferrari  una  lettera 
in  risposta  alla  loro  del  giorno  innanzi  annunziante  ciò  che  riferimmo  nel 
testo  e  chiedente  se  i  prigionieri  si  dovessero  impiccare.  Il  comune  rispon- 
deva che  decidessero  come  a  loro  sembrasse  più  opportuno  ;  ma  in  un''altra, 
scritta  lo  stesso  giorno,  ordinava  loro,  su  preghiera  delF  Officio  di  San 
Gi;)^^io,  di  salvare  la  vita  al  marchese  e  mandarlo  prigioniero  al  castello 
di  l^'rici.  e  gli  altri  fossero  impiccati  tutti  o  in  parte,  come  a  loro  paresse. 
(Litterarum  Reg.  49,  lettere  n.   142-143). 

•7 

/ 


246  Anno   l507 

Il  d'Allègre  e  la  Riviera  di  Ponente. 

Cessato  il  pericolo  dalla  parte  del   mare,  ne  sorgeva 
tosto  un  altro  dalla  parte  di  terra  ;   nella  Riviera  di  Po- 
nente,  il  d'Allègre  proseguiva  la  sua  marcia    vittoriosa 
e  v'era  a  temere  che,  conquistate  le  città  rivierasche,  ri- 
volgesse le  sue  mire  contro  Genova.  Perciò  il  doge,  gli 
Anziani  e  la   Balìa  scrivevano  l'ii  aprile  agli  abitanti  di 
Stella  esortandoli  ad  opporre  ai  nemici  la  più  gagliarda 
resistenza,  promettendo  ad  essi  e  a  quelli    di    Varazze,  se 
avessero  sostenuto  vittoriosamente  il  loro  impeto,  <<  casu 
«  quo    volesseno    intrarli  »,    l'esenzione    in    perpetuo  da 
ogni   tassa  pubblica  (').    Pare  che   in   realtà  il  d'Allègre 
facesse  un   tentativo  di  forzare  quel  passo  verso  Genova 
e  lo  trovasse  validamente  difeso,   perchè    il    doge   e  gli 
Anziani,   il  13   aprile,   scrivevano  all'università  di  Stella, 
Albissola,  Quiliano  e  Vado,  lodandone  la  fedeltà  e  l'animo 
«  generoso  et  magnanimo  »  che   «  ni  menasse,  ni  impeto 
«  de  li  adversari  »    li   aveva   potuti  far   «  prevaricare  »  ; 
di   ciò  li  ringraziavano  e  permettevano  a  loro  di   «  podere 
«  asaltare   li   adversari   nostri   cossi   nobili  corno  franzoxi 
«  et  loro  exercito   et  ogni  gente  chi  è  cum   loro  et  pren- 
«  derli  per  prexoni  et  in  preda  cossi  le  loro  persone  comò 
«  le  arme  robe  loro    ».  Il    16   aprile   poi,   giusta  la   pro- 
messa fatta,   concedevano  agli   uomini   di   Stella  l'immu- 
nità dalle  «  avarie  »  (tasse)  verso  il  comune  di  Genova  (''). 
Da   questi   documenti   si   può   desumere  che   il   d'Allèt'Te 
non  desistette    dall'  impresa    appena    giunto  a  Savona, 


(i)  Littcrarum  Reg.  49,  lettera  n,   i3o. 

{2)  Litterarum  Eeg.  48,  lettere  nn.  46  e  5o. 


Fine   del  governo  {cpolare  247 

come  accenna  il  d'Anton  che  dice  rimandò  «  ses  gents, 
<  chacun  à  sa  garnison  >  (');  anzi  tentò,  senza  riuscirvi, 
di  proseguire  la  sua  conquista  su  Genova,  dove  le 
condizioni   interne  erano  sempre  poco  felici. 

La  dimostrazipne  navale  del  Pregent  aveva  scossi  gli 
animi  già  eccitati  del  popolino,  che  vedeva  da  ogni  parte 
nemici  e  traditori;  la  borghesia,  atterrita  da  questa  folla 
violenta  e  sfrenata,  non  osava  più  uscire  di  casa  e  tanto 
meno  di  andare  agli  offici  pubblici.  La  sera  del  13  aprile, 
data  dolorosa  dell'affronto  fatto  alla  città  dalla  flotta 
franco-spagnuola,  la  plebe  volle  in  qualche  modo  ven- 
dicarsi dello  smacco  avuto  e,  poiché  gli  uomini  del  Pre- 
gent avevano  bruciata,  come  testé  vedemmo,  una  barca 
a  Cornigliano,  essa  volle  per  rappresaglia  bruciarvi  la 
casa  del  nobile  Francesco  Spinola  e  danneggiare  tutte 
le  dimore  e  possedimenti  dei   nobili   in   quei    dintorni. 


L'esercito  francese  ai  confini  della  repubblica. 

In  (quella  stessa  sera  tutta  la  artiglieria  che  trova- 
vasi  a  S.  Rocco  e  parte  di  quella  che  era  situata  a 
Luccoli  e  nel  vico  della  Maddalena,  venne  portata  a 
Palazzo  e  messa  indi  a  poco  a  guernire  le  fortificazioni 
che  si  stavano  preparando  in  gran  fretta  sui  monti 
verso  la  |)arte  donde  si  attendeva  il  nemico,  giacché 
l'esercito  raccolto  dallo  Chaumont  a  Milano  si  avvici- 
nava a  gran  passi  ai  confini  della  Repubblica.  I  pol- 
ceveraschi    la    mattina  del    14  erano    già    partiti    verso 

(1)  Op.  cit..  Tomo  IH,  pag.  lìy.  >* 


/ 


248  Anno   l507 

l'alto  della  vallata  ed  avevano  devastato  il  territorio  di 
Savignone  e  quello  di  Busalla  incendiando  e  rovinando 
ogni  cosa,  affinchè  il  nemico,  avanzandosi,  non  avesse 
a  trovare  ripari  e  vettovaglie,  È  strano  però  il  fatto 
che  fino  alla  sera  del  15,  in  Genova  ^i  ignorasse  l'ar- 
rivo del  re  Luigi  XII  in  Piemonte;  la  grave  notizia 
fu  portata  da  certo  Pantalino  da  Meran,  il  quale  riferì 
che  martedì,  (13  aprile),  il  re  era  giunto  a  Torino 
con  «  tutta  la  baronia  di  Pranza  »  e  «  che  tutti  h  si- 
«  gnori  d'Italia  cavalcavano  in  Aste  e  che  già  la  fcUi- 
«  teria  era  aviagiata  alla  volta  di  Fraschetta  »,  Il  doge 
rimase  così  sorpreso  da  questo  inaspettato  annunzio 
che,  a  prima  giunta,  non  volle  prestar  fede  alle  parole 
di  Pantalino,  anzi  ordinò  che  il  disgraziato  messaggiero 
fosse  rinchiuso  nella  Grimaldina,  volendo  appurare  se 
le  notizie  fossero  vere  o  inventate  per  intimidire  i  ge- 
novesi (')  ;  ma  indi  a  poco  gli  tolse  ogni  dubbio,  un 
corriere  venuto  da  Asti  ,  con  una  lettera  dell'amba- 
sciatore del  re  di  Spagna,  il  quale,  insieme  col  legato 
pontificio,  esortava  i  genovesi  a  recedere  dai  loro  belli- 
cosi propositi  e  a  mandare  rappresentanti  in  Asti,  che 
il  re  li  avrebbe  accolti  volentieri  e  si  sarebbe  mostrato 
misericordioso  ;  l'ambasciatore  stesso  si  offriva  a  inter- 
porre i    suoi   buoni    offici   perche   si   addivenisse   ad   una 


(1)  Diario^  i3,  14,  i5  aprile.  Il  Senarega  (op.  cit.,  col.  591),  dopo  aver 
accennato  alla  scorreria  dei  polceveraschi  su  Savignone  e  Busalla  dice  :  «  lam 
«  Rex  Astam  pervenerat,  nec  qiiisquam  publice  id  affirmare  audebat,  tantus 
erat  metus  a  capettis  ».  Cosi  verrebbe  spiegato  perchè  soltanto  il  i  5  aprile  il 
Z)i(a!r/o  accenni  alFarrivo  del  re  in  Piemonte  e  meglio  sarebbe  dimostrato  il 
motivo  della  collefà  di  Paolo  da  Novi 


Fine  del  p^ovcrno  popolare  ^4(5 

conciliazione  (').  La  proposta  invece  indignò  il  doge, 
il  quale,  presentatosi  al  Senato,  dichiarò  che  se  mai 
alcuno  avesse  osato  fare  un  cenno  solo  di  prendere 
accordi  col  re  di  Francia,  lo  avrebbe  fatto  ammazzare. 
Il  Senato  alla  minaccia  allibì;  rna  quando  il  doge  aggiunse 
che  non  voleva  neppure  si  rispondesse  alla  lettera,  riuscì 
a  persuaderlo  che  era  doveroso  il  farlo  e  che  si  sareb- 
bero soltanto  giustificati  gli  atti  del  governo  genovese, 
costretto  dagli  eccessi  del  re  e  dei  ministri  di  Francia, 
a  prendere  le  armi  {^).  Il  giorno  stesso  Paolo  da  Novi, 
che  ricordammo  nell'atto  della  sua  elezione  a  doge  essere 
stato  lodato  come  uomo  «  timentem  Deum  »  e  che  in 
molte  sue  lettere  aveva  dato  prova  di  questo  suo  sen- 
timento religioso,  ordinava  che,  ad  impetrare  da  Dio  la 
vittoria  delle  armi  genovesi,  si  facessero  tre  processioni 
in  tre  giorni  consecutivi  cioè:  la  domenica,  i8  aprile, 
quella  del  Battista;  il  lunedì,  della  S.  Croce,  alla  quale 
dovevano  partecipare  solo  le  vergini  da  dieci  anni  in  su; 
il  martedì  infine  quella  di  Nostra  Signora  «  la  quale 
«  sia  ancora  accompagnata  da  diete  garsone  vergine  »  , 
oltre  a  ciò  si  facesse  il  digiuno  di  tre  venerdì  quaresi- 
mali. Queste  disposizioni  erano  approvate  dal  vicario 
arcivescovile  che  dava  altresì  quaranta  giorni  d'  indul- 
genza a  quelli  che  avrebbero  mandato  a  processione  le 
loro  figlie  e  a  quelli  che  avrebbero  digiunato  (']. 


(i(  Diarto,  i5  aprile;  anche  il  Salvago  (op.  cit.,  pag.  477)  parla  di 
questa  lettera  e  afferma  che  fu  lo  stesso  re  di  Francia  che  la  fece  scrivere. 

(2)  Diario,  i5  aprile;  la  lettera  di  risposta  alP  ambasciatore  di  Spagna 
fu  inviata,  come  afferma  il  Diario^  il   iT)  aprile. 

(J)  Diversorum  Filza  64,  i5  aprile. 


25o  Anno   l507 

Genova  si  prepara  alla  difesa. 

Ma  non  si  pensava  solamente  all'  anima  ;  quel  dì 
stesso  (15  aprile)  erano  confermati  in  S.  Giorgio  i  50.000 
ducati  richiesti  per  la  guerra  e  partiva  alla  volta  di  Civita- 
vecchia la  nave  di  Rorgaro  ed  un  galeone  di  Bardella 
per  imbarcarvi  fanti  e  munizioni  (')  e  di  ciò  si  faceva 
cenno  in  una  lettera  ai  commissari  di  Chiavari  :  •<  ex 
«  Roma  habiamo  prompto  grande  presidio  de  fanti  dua 
<(  milia  con  multe  altre  cosse  che  se  elezeno  tacere  >- . 
Mentre  però  si  taceva  di  queste,  si  parlava  di  altre 
speranze,  di  altri  aiuti  prossimi  a  venire:  «  ex  Vinti- 
«  milio  expectamo  fanti  mille  cum  Tarlatino,  messer 
«  Petro,  et  capi  gente  electissime  perchè  per  li  venuti 
«  de  Vintimilia  n*  è  facto  intendere  bastare  in  quello 
«  loco  fanti  ducentocinquanta  perochè  non  resteno  de 
«  inimici  in  quelle  parte  e  la  plebe  (Pieve  di  Teco) 
«  resta  bene  goarnita.  In  brevi  haveremo  galee  in  fa- 
«  vore  nostro  le  quale  inseme  cum  le  nostre  assecu- 
«  rerano  lo  paise  nostro   (')»    , 

Povero  governo  popolare  !  Quante  rosee  speranze 
in  quei  soccorsi  che  dovevano  giungere  di  ora  in  ora 
da  ogni  parte,  mentre  o  non  vennero  mai.  o  giunsero 
in  quantità  quasi  irrisoria.  Gli  aiuti  del  papa  si  ridus- 
sero a  poche  centinaia  di  fanti  guidati  da  un  <<  caporale 
Romano   inimico   di   francesi   »    che  fu   probabilmente  un 


(i)  Diario,  data  corrispondente. 

(2)  Litterarum  49,  lèttera  n.  141,  i5  aprile   1507. 


Fine  del  governo  popolare  25 1 

Giulio  Guaini,  di  cui  parla  il  Sanudo  nei  suoi  Diarì  ('), 
e  il  Tarlatino,  che  era  colle  sue  truppe  a  Ventimiglia, 
non  potè  g-iun^ere  in  tempo  poiché  Silvestro  Giusti- 
niani, il  quale  era  stato  incaricato  (  i  i  aprile)  di  salpare 
colla  sua  nave  verso  Ventimig-lia  con  5000  ducati  per 
le  pag'he  e  di  ricondurre  le  milizie  a  Genova  ,  non  si 
mosse  dalla  città,  nò  ci  consta  se  realmente  il  tempo 
sfavorevole  glielo  abbia  impedito,  come  accenna  il  Sai- 
vago,  o  se  sia  rimasto  a  casa  preferendo,  di  tenere  per 
se  il  denaro  (^).  Certo  si  è  che,  in  quei  supremi  momenti, 


(i)  Il  Salvago  in  due  punti  della  sua  cronaca  (op.  cit.^  pag.  476,  477) 
accenna  che  il  papa  aveva  promesso  grandi  aiuti,  ma  non  giunsero  che 
cento  fanti.  11  Sanudo  {Diarii^  Voi.  VII,  col.  47,  48,  alla  data  16  aprile)  da 
lettere  inviate  da  Roma  riferisce  che  «  Giulio  Guaim  havia  dato  principio 
«  a  far  fanti  per  andar  contro  Pranza  in  aiuto  di  Zenoa  ;  el  papa  ha  fato 
«  uno  edito,  niun  non  asoldi  zente  lì  a  Roma  contro  Pranza  ».  E  più  oltre 
(col.  54,  24  aprile)  aggiunge  che  il  papa  ha  fatto  replicare  V  editto  che 
ninno  assoldi  lì  gente  per  andare  in  favor  di  Genova  contro  il  re.  Giulio  II, 
con  tali  editti  voleva  mostrarsi  neutrale  nella  lotta  tra  Prancia  e  Genova, 
ma  essendoci  noti  i  dissapori  esistenti  fra  il  re  ed  il  pontefice  ed  il  grande 
affetto  del  papa  per  Genova,  è  facile  capire  che  egli  aiutava  sottomano 
r  invio  di  aiuti  ai  genovesi,  ma  in  tal  guisa  poco  poteva  loro  giovare.  Il  re 
di  Prancia  aveva  preveduto  tutto  ciò,  quando,  al  Pandolfini  che  presenta- 
tavagli  copia  di  lettere  del  papa  ai  genovesi,  intercettate  dai  Piorentini,  ri- 
spondeva: «  lo  sono  certo  che  il  papa  non  darà  ai  genovesi  alcuno  favore 
«  alla  scoperta,  perché  sarebhe  con  troppo  suo  danno,  ed  ogni  occulto  fa- 
«!  vore  che  possa  fare  a  loro,  sarà  di  poco  momento.  (A.  Desjardins»,  A^6'- 
gociations^  etc.  Tomo  II,  pag.  227). 

(2)  Diario^  1 1  e  26  aprile.  Sai.vago,  op.  cit.  pag.  475  h  da  ricordare  che 
Genova  mandò  a  ingaggiare  fanti  anche  in  Corsica.  Cinquecento  ne  giunsero, 
come  vedemmo,  nel  marzo,  ma  da  una  lettera  speditali  1 4  aprile  dal  gover- 
natore Pranc.  Giustiniani  air  officio  di  S.  Giorgio,  si  viene  a  conoscere  che 
r  cilicio  aveva  raccomandato  al  governatore  di  aiutare  Damiano  Canatio  a 
raccogliere  almeno  un  migliaio  di  uomini.  Il  Giustiniani  scriveva  che  assai  più 


252  Anno  l507 

il  comune  non  potè  disporre  dei  suoi  mioliori  capitani; 
li  attese  invano  fino  all'ultimo  ,  e  poi  fu  costretto  ad 
affidare  ad  altri  la  difesa  della  città.  I^iolo  da  Novi 
in  tali  frangenti  doveva  certamente  trovarsi  molto  a 
disagio  ,  e  benché  si  fosse  pensato  di  porgli  accanto 
dodici  cittadini  che  gli  servissero  da  consiglieri,  lo  sol- 
levassero nelle  sue  molteplici  mansioni,  e  forse  anche 
ne  frenassero  la  soverchia  vivacità  nelle  relazioni  diplo- 
matiche ('),  pure  questo  non  mutava  lo  stalo  delle  cose 
che  si  faceva  ogni   dì  più  grave  e  più  difficile. 

La  Riviera  di   Levantiì  e  i   Fiesciii. 

La  Riviera  Occidentale  era  ormai  perduta  ;  l'Orien- 
tale minacciata  dalle  milizie  dei  Fieschi,  comandate  da 
Girolamo,  figlio  di  Gian  Luigi,  che  aveva  occupato 
Rapallo  ;  il  re  già  dal  1 5  aprile  era  ad  Asti  deciso  di 
marciare    su    Genova    C).     La  sua    avanguardia  si   era 


di  mille  fanti  si  sarebbero  potuti  avere  in  Corsica  se  i  nobili  ed  i  prelati 
deir  isola  non  avessero  usato  ogni  arte  per  impedire  tale  effetto,  spargendo 
voce  che  gli  arruolati  sarebbero  impiccati  o  messi  alle  galere  ;  il  Giustiniani 
diceva  che  avrebbe  potuto  far  di  più  se  il  posto  che  egli  occupava  non  gli 
avesse  impedito  di  palesare  che  favoriva  T  impresa.  Questa  lettera  é  pubbl. 
da  Ugo  Assereto    Cfr.  rccens.  cit.  in  Giornale  cit:  pag.  275. 

(i)  Cfr.  i  nomi  di  questi  dodici  «  capitanei  »  in  Diario^  17  aprile. 

(2)  Diavio^  17  aprile.  Anche  il  Pandolfini  dà  Pannunzio  delP  arrivo  di 
Luigi  XII  ad  Asti,  il  i5  aprile.  (Desjardins,  op.  cit.^  Tomo  II,  pag.  2JJ); 
G.  Cai.mgaris,  (op.  cit.,  pagg.  586-587)  appoggiandosi  alle  notizie  dei  Diari 
del  Sanudo  e  ad  un  suo  calcolo  fondato  sur  una  asserzione  del  d^  Auton, 
crede  che  si  debba  fissare  quella  entrata  al  1 6  aprile  ;  ora,  per  ciò  che 
spetta  al  Sanudo  non  posso  dir  nulla  ;  ma  riguardo  alla  asserzione  del 
d''Auton  posso  ricordare  che  molto  spesso  il  cronista  francese  erra  nelle 
date.  Ne  vedemmo  già  vari  esempi  nel  corso  delP  opera  e  ne  vedremo 
altri  tra  poco.  Il  Pandolfini  invece  risultò  sempre  in  tutte  le  nostre  ricerche 
esattissimo. 


Fine  del  ^'overno   popolare  253 


spinta  fino  a  Voltaggio,  e  contro  di  essa  era  partito  da 
Genova  un  nucleo  di  armati,  i  quali,  dopo  avere  avuto 
un  leggiero  combattimento  con  le  prime  truppe,  che 
agevolmente  respinsero,  non  osarono  incalzarle  e  ritorna- 
rono alle  loro  case  (');  molto  più  valorosamente  invece  si 
comportarono  le  forze  mandate  contro  il  F'ieschi,  che  si 
era  già  spinto  fino  a  Ruta;  esse,  favorite  da  una  violenta 
bufera  e  dalle  tenebre,  le  assalirono,  le  sconfissero  eie 
dispersero.  Il  Senarega  aggiunge  che  Rolandino,  nipote 
dì  Gian  Luigi,  con  una  mossa  avvolgente  girando  per 
Uscio,  si  era  spinto  coi  suoi  fino  a  Recco,  dove,  avuto 
sentore  della  recente  sconfitta,  dopo  breve  urto,  si  era 
dato  a  fuga  precipitosa;  ma  le  truppe  genovesi  unitesi  a 
quelle  di  Chiavari,  che  avevano  per  capitano  «  strenuum 
virum  Angelum  Corbinellum  florentinum  »  lo  inseguirono 
e  fecero  moltissimi  prigioni;  così  il  fatto  d'armi  ebbe  un 
esito  felice  e  finì  col  saccheggio  delle  case  dei  rapai- 
lesi,   favorevoli  al   Fieschi   (^).   Codesta  fortunata   scara- 


(i)  Diario,   17,   18  aprile. 

(2)  Cfr.  Diario,  19  aprile;  B.  Senarkga,  (op.  cit.,  col.  591)  dopo  aver 
parlato  del  vano  tentativo  dei  Fieschi  esclama  che  sarebbe  stato  assai  me- 
glio che  essi  fossero  riusciti  nel  loro  intento,  pensando  forse  che  ciò  avrebbe 
provocato  il  crollo  del  governo  popolare  ed  impedito  così  le  infelici  e  san- 
g  linose  giornate  del  2  5  e  26  aprile.  Il  Corvinelli  era  stato  eletto  capitano 
degli  800  fanti  forestieri  di  presidio  a  ChiavariT  pochi  giorni  prima,  il  16 
aprile  (Litterarum  Reg.  48,  lettera  n.  49)  Genova  reclamò  tutto  il  bottino, 
preso  in  questo  fatto  d''  armi,  colla  seguente  ordinanza  :  «  Paulus  etc,  et 
«  olTìcium  balie  etc.  (]onsiliariis  et  universitatibus  et  omnibus  et  singulis 
«  hominibus  Rechi,  Rapali,  Gamulij  et  locorum  circumstantium  salutem.  Ve 
«  cometemo  che  visto  le  presenti  lettere  abiati  conducere  et  consignare 
«  chi  a  Genua  davanti  a  noi,  tuti  li  prexoni.  cavali  e  artagiarie  le  quali 
«  haveti  priso  in  la  ruptura  de  lo  exercito  de  li  adversari  nostri,  sotto  pena 


254  Anno   l507 

miiccia  toglieva  il  pericolo  di  una  invasione  nella  Ri- 
viera e  sollevava  un  pochino  gli  animi  dei  genovesi 
sempre  intenti  a  raccogliere  armi  e  denari  per  la  guerra 
inmiinente  ('),  che  l'esercito  regio  minacciava  di  entrare 
in  vai  di  Polcevera  e  già  in  una  scorreria  aveva  in- 
cendiate due  case  sui  Giovi  e  la  villa  di  Paveran.  Ge- 
nova allora  scrisse  ai  valligiani  esortandoli  a  difendersi 
strenuamente,  mandò  loro  aiuti  insienìe  ai  commissari 
Battista  di  Solario  e  Giuseppe  Dernice  C),  e  nello  stesso 
tempo  guernì  di  artiglierie  e  di  fanti  le  bastie  di  Pino 
e  di  Premontoro,  sulle  montagne  che  fiancheggiano  ad 
oriente  la  valle  di  Polcevera  e  la  dividono  dalla  città 
posta  alle  loro  spalle  ,  e  sembra  abbia  anche  costrutti 
agguati  e  trincee  lungo  la  vallata  per  porre  ostacoli 
all'   avanzarsi  del   nemico,   accampato  a   Husalla. 

L'esercito  francese  in  valle  di   Polcevera. 

Il  2 1  aprile,  dopo  aver  incendiati  i  Giovi  ,  Me- 
garena e  Noxiano ,  due  compagnie  di  fanteria  e 
cavalleria     si    azzuffavano     coi     genovesi  ,     e     poi     su- 


«  de  rebelione  et  indignatione  nostra  et  de  qualuncha  altra  a  nostro  arbitrio 
«  e  sapiati  che  de  epse  cosse  sareti  pienamente  satisfacti  attento  che  noi  de 
«  epse  ne  bizognamo  per  le  occurentie  et  ahramenti  facendo  se  farà  dili- 
«  gente  inquisitione  de  quelli  serano  stati  disobedienti  et  serano  sensa  re- 
fi missione  puniti.  In  quorum  etc.  Data  Genue  die  X Villi  Aprilis  MDVII  ». 
(Litterariim  Reg.  48,  lettera  n.  61). 

(i)  Il  19  aprile,  siccome  v'' era  grande  scarsezza  di  denari  ed  i  cittadini 
non  portavano  che  pochissimo  argento  alla  zecca,  venne  deciso  di  ordinare 
loro  di  portarvi  tutti  gli  ori  e  imporre  ad  ognuno  una  tassa  secondo  le  sue 
sostanze.  (Cfr.  Diario).  Il  20  aprile  uscì  una  grida  che  ingiungeva  di  conse- 
gnare qualunque  specie  di  armi  al  comune.  (Diversorum  Filza  64). 

(2)  Diario,   mj  aprile  e  Litterarum  Reg.  49,  lettera  n.   145,  19  aprile. 


Fine  del  governo  poi)olare  255 

bito  si  ritiravano  (')  ;  il  22  l'esercito  francese  levava 
il  campo  da  Busalla,  scendeva  in  vai  di  Polcevera 
senza  colpo  ferire,  che  i  500  soldati  posti  a  difesa  del 
passo  si  erano  ritirati  di  fronte  a  forze  di  ^^^ran  luncra 
superiori,  e  si  spingeva  sino  a  S.  Francesco  della  Chiap- 
petta  devastando  tutto  e  incendiando  Magnerri,  Serra,  San 
Cipriano,  Morigallo  e  la  vallata  della  Polcevera  Secca.  A 
Genova  intanto  s'  invocava  l'aiuto  di  Dio  e  si  facevano 
le  imponenti  processioni,  che  stabilite  pel  18,  19  e  20 
erano  poi  state  trasportate  al   21,  22   e   23  di  aprile  C"). 


(i)  In  questo  stesso  giorno  il  Doge,  gli  Anziani  e  la  Balia  inviavano  a 
tutti  i  podestà,  rettori,  consigli  e  comuni  della  Riviera  di  Ponente  «  et 
«  presertim  commissariis  nostris  :  lacobo  lustiniano  et  Pantaleone  de  Ar- 
'(  quata,  Consilio,  hominibus  et  universitati  Plebis  »  una  lettera  sui  più  re- 
centi avvenimenti  di  Genova.  Dopo  un  ampolloso  preambolo  in  cui  si 
paragonano  i  tentativi  dei  nemici  di  Genova  per  trarre  dalla  loro  i  sud- 
diti del  comune  alle  tentazioni  del  diavolo  e  dopo  aver  ripetuto  più  volte 
«  che  è  impossibile  vivano  le  membra  senza  il  suo  capo  e  più  tosto  morire 
«  cum  quello  che  rebelarsi  cum  vituperio  e  danno  »  la  lettera  annunzia 
che  »  è  piasuto  a  la  divina  bontà  che  seando  venuto  li  inimici  nostri  cum 
«  multitudine  de  cavalli  et  genti  fino  a  Rapalo,  tuti  li  loci  de  Rivera  li 
«  hano  circondati  in  li  monti,  et  mandatoge  de  qui  favore,  sono  stati  epsi 
tt  inimici  rupti  prehisi  expoliati  et  fracassati ,  prehisi  et  cavalli  et  homini 
"  per  la  persona,  li  quali  sono  dedicati  a  la  servitù  de  le  galee  nostre. 
«  Preterea  le  galee  de  inimici  sono  state  meze  fracassate  da  li  homini  de 
«  la  Speza  et  Port uvenere,  ita  che  de  loro  è  morto  grande  numero.  Ab 
«  alia  noi  ve  advisemo  anchora  chomo  li  homini  de  valle  Scrivia,  Burberia 
<<  (  Barbera,  torrente  che  si  versa  nella  Scrivia)  et  loci  circonstanti  li  quali 
«  non  sono  nostri  subditi  se  sono  messi  in  arme  contro  Io  exercito  de  fran- 
«  zexi  per  le  loro  cative  continentie,  habiando  temptato  maxime  de  violargi 
«  garzone,  la  qual  cosa  non  se  poMire  tanto  detestabile  quanto  re  vera  ». 
Finisce  raccomandando  di  conservarsi  fedeli  e  annunziando  che  «  presto 
presto  »  arriveranno  aiuti.  (Litterarum  Reg.  49,  lettera  n.   149). 

(2)  Diario,  date  corrispondenti. 


256  Anno   l507 

Mentre  le  vergini  biancovestite  salmodiavano  nella  città, 
il  popolo  lavorava  con  indicibile  solerzia  a  terminare  le 
fortificazioni  sulle  montagne.  Il  comune  (23  aprile)  aveva 
ingiunto  a  tutti  di  obbedire  agli  ordini  di  Gerolamo 
Fontana  «  per  provveder  a  le  munitione  de  le  bastite 
«  barri  ed  altre  cose  necessarie  »  e  nello  stesso  tempo 
inviava  Giovanni  Luxardo  a  requisire  dai  conventi  del 
Boschetto  e  della  Certosa,  in  vai  di  Polcevera,  tutti 
«  quelli  vini  et  victualie  »  che  vi  si  trovassero,  che  do- 
vevano servire  all'esercito  genovese  e  perchè  il  nemico 
non  potesse  usufruirne('),  infine  eleggeva  Francesco  Capedo 
e  Pantaleone  di  Bruges  coll'incarico  di  fortificare  le  località 
di  S.   Benigno,  e  comandava  agli  abitanti  di  quei  dintorni 


(i)  Pubblico  qui  i  due  brevi  documenti  che  sono  fra  gli  ultimi  del  do- 
gato di  Paolo  da  Novi  :  «  Paulus  de  Novis  Dux  et  consilium  Antianorum 
«  ac  olBcium  balie  comunis  Genue  et  Stephanus  de  Capriata  et  socii  Hit. or 
«  deputati  etc,  omnibus  et  singulis  mercatorihus  et  artificibus  ad  quos  he 
«  nostre  exhibite  fuerint  salutem.  Habiamo  electo  lo  ex.  Jeronimo  Fontana 
<c  per  proveder  a  le  munitione  de  le  bastite,  barri  et  altre  cosse  necessarie 
«  a  lo  nostro  campo  5  per  tanto  ogni  munitione  de  che  qualità  se  sia  che 
«  dicto  .leronimo  vi  requerira,  fatigelo,  facendovelo  scrivere  e  noi  ve  pro- 
ti metemo  per  vigor  de  la  presente  che  lo  satisferemo  e  se  alcuno  fosse 
(I  chi  recusasse  vogliamo  che  dito  Jeronimo  ve  lo  posse  prendere  de  facto 
((  et  ciascaduna  persona  a  chi  requerirà  aiuto  dicto  Jeronimo  gè  lo  debia 
«  dare  a  pena  de  fiorini  quatro.  In  quorum  etc.  Data  Genue  die  XXIII 
«  Aprilis  MDVII  ».  Litterarum    Reg.  48,  lettera  n.  Gì). 

«  Paulus  etc, Consilium  etc,  Venerabilibus  monachis  Boscheti  et  Chartusie 
«  venerabilem  salutem.  Mandemo  Johane  Luxardo  a  lo  quale  dati  quelli 
«  vini  et  victualie  haveti,  chi  sono  vostri  et  noi  ve  li  pageremo  et  se  non 
«  fossino  vestri  etiam  datigeli  perchè  bisogna  che  se  ne  servino  per  lo 
»  campo  de  lo  exercito  nostro  et  perchè  li  inimici  non  lo  pigeno.  In  quo- 
«  rum  etc.  Data  Genue  die  XXIII  aprilis  MDVII.o  ».  Litterarum  Eeg.  48, 
lettera  n.  64. 


Fine  del  governo  popolare  267 

di  porger  loro  aiuto  (').  Il  23  tutto  il  popolo  e  le  mi- 
lizie venute  dalla  Liguria  e  da  Roma  erano  alle  bastite 
sulle  alture  prospicienti  vai  di  Polcevera  ad  attendere 
il  nemico,  che  però  non  si  fece  vedere.  La  sera,  essen- 
dosi fatti  certi  segnali  da  Castelletto,  a  cui  pare  rispon- 
dessero dal  campo  avversario,  il  vigilare  si  fece  più 
intenso  ;  tuttavia  la  notte  passò  tranquilla  e  il  giorno 
appresso  non  vi  fu  che  un  piccolo  scontro  ;  tra  geno- 
vesi ed  una  squadra  di  cavalleria,  spintasi  in  ricogni- 
zione (^).   Che  faceva  dunque  l'esercito  francese  ? 

Carlo  di  Chaumont  d'Amboise,  luogotenente  del- 
l'esercito regio,  prima  di  muovere  contro  Genova,  do- 
veva attendere  a  due  cose  :  rendersi  conto  esatto  delle 
forze  e  dei  mezzi  di  difesa  di  cui  disponeva  la  città,  e, 
a  tal  uopo,  aveva  inviato  parecchie  pattuglie  in  esplo- 
razione ;  poi  voleva  attendere  1'  arrivo  del  re  ,  che 
era  desideroso  di  partecipare  in  persona  alla  guerra 
contro  i  ribelli  al  suo  governo.  Egli  infatti  aveva  lasciato 
Asti  il  2 1  aprile  e  si  era  fermato  a  pernottare  a  Feliz- 
zano;  il  22  era  entrato  con  gran  pompa  e  festosa  ac- 
coglienza in  Alessandria  e  il  23  si  era  diretto  verso  la 
chiostra  degli  Appennini,  la  sola  barriera  che  lo  sepa- 
rasse dalla  turbolenta  Genova.  Erano  con  lui  molti 
principi  e  signori  recatisi  a  presentargli  omaggio  ed 
offrirgli  le  loro  spade  e  i  loro  aiuti  pel  riacquisto  di 
Genova  ;  vi  erano  :  Carlo,  duca  di  Borbone,  Antonio 
di    Lorena,    duca    di    Calabria  ;    Francesco    d'  Orleans, 


(1)  Litterarum  Reg.  49,  lettera  n    i52,  24  aprile  1507, 

(2)  Diario,  date  corrispondenti. 


258  Anno     l507 

duca  di  Longueville;  Alfonso  d' Este,  duca  di  Ferrara; 
Carlo  di  Cleves,  conte  di  Nevers  ;  Francesco,  monsi- 
gnore di  Lussembourg  ;  Francesco  Gonzaga,  marchese 
di  Mantova;  Gian  Guglielmo,  marchese  di  Monferrato; 
Gian  Giordano  degli  Orsini,  in  fine  un  Alessandro  Benti- 
voglio  e  molti  altri.  Dopo  aver  pernottato  con  tutto  il 
suo  seguito  a  Bosco  (Marengo),  il  24  proseguì  il  cam- 
mino e  giunse  a   Busalla  ('). 

Jac(^ues  la  Palice  inizia  la  battaglia. 

Il  dì  stesso  lo  Chaumont  raccoglieva  a  consiglio  i 
capi  dell'esercito  a  Pontedecimo  e  decideva  che  al 
domani  un  forte  nerbo  di  trupjje  andasse  a  riconoscere 
le  posizioni  del  nemico,  tentasse  di  guadagnare  le  al- 
ture e  di  occuparne  le  fortificazioni,  affine  di  permet- 
tere al  grosso  dell'esercito  di  avanzare,  senza  timore 
che  la  retroguardia  e  le  retrovie  venissero  danneggiate 
dai   nemici  C").    L'  incarico  di   questa   prima  mossa  venne 


fi)  Cfr.  J.  r)''AuTON,  op.  cit.,  Tomo  III,  pagg.  285-294  e  3o3-J04;  Sanudo^ 
Diaria  Voi.  VII,  12-16-20-24-29  aprile;  Pandolkini,  lettera  da  Rivarolo  del 
27  aprile  in  op.  cit.,  Tomo  II,  pag.  2J8-240. 

(2)  Delle  forze  delP  esercito  regio  forniscono  qualche  notizia  il  Panhol- 
FiNi  ed  il  d''Auton.  Il  primo  (op.  cit..  Tomo  II,  pag.  216)  in  data  8  febbraio 
scriveva  alla  Signoria  di  P'irenze  che  il  re  aveva  ordinato  si  raccogl lessero 
3.000  svizzeri  e  3. 000  fanti  del  Deltìnato;  in  Lombardia  intanto  si  raduna- 
vano da  2  a  3.000  venturieri  francesi  e  qualche  fante  lombardo  e  da  5  a 
6.000  fanti  pagati  dai  gentiluomini  genovesi.  Il  ij''Auton  (op.  cit.,  Tomo  HI, 
pag.  291)  ci  parla  invece  di  9.500  Alemanni  ed  accenna  alle  loro  continue 
tergiversazioni.  Esso  dedica  un  intero  capitolo  della  sua  cronaca  (Tomo  IV, 
cap.  XXIV)  alla  descrizione  accurata  delPartiglieria,  delle  sue  munizioni,  e 
degli  uomini  addettivi.  Altre  notizie  sulle  truppe  regie  si  trovano  qua  e  là, 
dal  cap.  XIX  al  cap.  XXV.  Degli  Svizzeri  ingaggiati  nelP  esercito  regio 
parla  anche  Ch.  Kohlkr:  Les  Suisses  dans  Ics  guerres  d'' Italie  de  iSoOa 
/5/ 2,  Genève,  JuUien  1897. 


Fine  del  governo  popolare  269 

affidato  a  Jacques  de  Chabannes  signore  di  La  Palice  ; 
egli  lasciò  Pontedecimo  la  mattina  del  25  ('),  con  ordine 
di  esaminare  per  dove  fosse  più  agevole  la  salita  alle 
alture  e  dare  l'assalto  alle  case  fortificate  che  fossero  alle 
falde  della  montagna  e  che  opponessero  resistenza  al 
passaggio  delle  truppe,  infine  di  non  arrischiarsi  troppo. 
Il  La  Palice  co'  suoi  soldati  potè  giungere  indi- 
sturbato fino  a  Rivarolo,  borgo  poco  distante  da  Sam- 
pierdarena  e  di  qui  osservare  bene  le  posizioni  dei  ge- 
novesi, le  difese  e  le  artiglierie  e  farsi  un'  idea  delle 
forze  occupanti  le  alture  verso  Genova.  Un  forte  riparo 
o  bastigliene  elevavasi  sulla  cima  della  montagna,  a  ca- 
valiere di  due  strade  che  dal  fondo  della  valle  salivano 
di  conserva  a  poca  distanza  1'  una  dall'  altra  e  condu- 
cevano alla  sommità  ;  codeste  strade  erano  però  sbar- 
rate e  munite  da  case  fortificate  e,  per  compiere  la  di- 
fesa, buon   nerbo  di  truppe  occupava  le  alture    di  rim- 


(i)  Il  d"' AuTON  (op.  cit.^  Tomo  III,  pag.  304  afferma  che  egli  partì  per  la 
spedizione  «  un  dimanche  vingt  et  quatrième  jour  du  mois  d''avril  ».  ()ui 
v''è  certamente  un  errore,  perchè  la  Domenica  ricorreva  al  25  e  non  al  24 
aprile.  Sicché  o  é  errato  il  giorno  della  settimana,  oppure  quello  del  mese; 
ma  noi  abbiamo  prove  in  difesa  della  data  2  5.  Il  d''Auton  stesso  dice  che 
il  consiglio  del  d''Amboise,  che  precedette  d''un  giorno  rinvio  del  La  Palice, 
fu  tenuto  in  sabato  e  ciò  è  affermato  due  volte  e  in  due  maniere  diverse. 
Il  d''AuTON  a  pa^.  299  la  prima  volta  dice  che  T  esercito,  partito  da  Busalla 
il  venerdì  2  3  aprile  e  giunto  a  Pontedecimo,  vi  si  fermò  anche  il  domani 
(24)  perchè  il  d''Amboise  volle  tenere  consiglio;  la  seconda,  a  pag.  3o4,  af- 
ferma che  il  re  arrivò  a  Busalla  in  sabato^  giorno  in  cui  il  luogotenente 
generale  aveva  tenuto  il  consiglio.  Sicché  concludiamo  pel  2  5  domenica 
tanto  più  che  il  Pandolkini  stesso  nella  lettera  già  citata  nella  nota  prece- 
dente afferma  che  «  Domenica  che  fummo  a  dì  XXV  »  Fesercito  francese 
prese  un  forte  bastione  che  era  sulla  vetta  dei  monti  fra  Rivarolo  e  Sam- 
pierdarena. 


26o  Anno   l507 

petto.   Mentre  il   La  Palice  pensava  da  qual  parte  fosse 
meglio  tentare  la  salita,   avuto  notizia  che  il  grosso  del- 
l'esercito  comandato  dallo  Chaumont  gli  era  quasi  alle 
spalle,   mosse  all'assalto   della   prima  casa  fortificata,  che 
resistette   mirabilmente  anche   ai   colpi   di   quattro  falconi 
fatti  salire   dal   D'Amboise   sulla  china,   per    batterla    di 
traverso  ;   ma  sopraggiunti   tre   mila  tedeschi    con    altre 
truppe  francesi   e  ai  falconi  essendosi    uniti  i  colpi  della 
grossa   artiglieria,   la  difesa    non   fu  più    possibile  ;   i   ge- 
novesi dovettero  ritirarsi  difesi  da  un  ben  nutrito  fuoco   di 
artiglieria     «   qu'  il   tomboit    menu    comme    gouttes    de 
pluie   »    dai  soldati   che  erano  sulla  cresta  del   monte.  I 
francesi,   sotto  quella    tempesta  di  colpi  che  decimava  le 
loro  file,  impresero  coraggiosamente  a  guadagnare  l'erta 
della  montagna,    e    benché  il   loro    capitano    La  Palice, 
colpito  da  una  freccia   alla  gola,  fosse  costretto  a  cedere 
il  comando  e  ritirarsi,  tuttavia  i  suoi  proseguirono  intrepidi 
a  salire  sotto   la   guida  del    duca  di   Albania.   Pervenuti 
ad   un   ripiano,   ebbero   un    primo     scontro     con   cinque- 
cento genovesi,   che  strenuamente  e  a   lungo    combatte- 
rono, ma  poi  dinanzi   a   nuove  forze  sopraggiungenti     si 
ritirarono  e  vedendo  che  i  nemici,  occupate  ormai  tutte  le 
barriere  e   le   case   fortificate   che   li   avevano   sino  allora 
trattenuti,    correvano   da   ogni   parte  all'assalto  ed  erano 
vicini   al   bastiglione,   dato   fuoco  alle  polveri,  l'abbando- 
narono. Giacomo  d'Allègre   fu   il    primo   ad   entrare  nella 
trincea  ancora  invasa  dalle  fiamme  e  dal  fumo  e  a  pian- 
tarvi  lo   stendardo  francese.   I    tedeschi   inseguirono   per 
breve  tratto  i  fuggenti,  mentre  altre  truppe  erano  lanciate 
alla  conquista   delle    posizioni    occupate    a    destra  della 


Fine  del  governo  popolare  2ól 

valle  dai   Polceveraschi,  e,  dopo  una  breve  lotta,  riusci- 
vano ad  avere  il  sopravvento. 

Sconfitta  dei  genovesi. 

Il  giorno  finiva  con  la  ritirata  completa  delle  truppe 
i^enovesi.  Il  d'Amboise  non  si  arrischiò  ad  incalzarle  e 
lasciato  un  forte  manipolo  di  soldati  sulle  montagne  e 
collocata  la  sua  avanguardia  a  Sampierdarena,  pernottò 
col  grosso  dell'esercito  a  Rivarolo  in  attesa  del  domani 
e  dell'arrivo  del  re  ('). 

Vediamo  ora  che  cosa  fosse  accaduto  e  che  acca- 
desse dentro  le  mura  di  Genova.  Mentre  i  genovesi 
combattevano  fieramente  dalle  montagne  contro  le  mi- 
lizie regie,  quei  del  Castelletto  bombardavano  la  città 
e  ne  accrescevano  lo  scompiglio  ;  quando  poi  videro 
apparire  sulle  alture  lo  stendardo  francese,  la  gioia  più 
frenetica  li  invase  e  avrebbero  fatto  impeto  fuori  delle 
mura,  come  già  avevano  tentato  la  sera  innanzi  recando 
grave  danno  ai  cittadini  della  Maddalena,  se  il  Salazar, 
che  aveva  osservato  l'esercito  francese  fermarsi  sulle 
montagne,  non  avesse  trattenuto  i  bellicosi  spiriti  di  quel 
manipolo  di  prodi.  Calata  la  notte,  Giacomo  Corso,  uno 
dei  capitani  di  milizie  che  si  trovavano  allora  in  Ge- 
nova, venuto  sulla  piazza  della  Maddalena  per  disporre 
le  guardie  attorno  al  Castelletto,  si  fermò  a  ragionare 
coi  suoi  dei  casi  avvenuti  durante  la  giornata  ;  si  lagnò 
forte  del  poco  coraggio  dimostrato  dal  tessitore  di  seta 
Leonardo  Costaguta,   messo  a  guardia  del  bastione    di 


(i)  .1.  d'Auton,  op.  cit.,  Tomo  III,  cap.  XXII,  pag.  304;  Diario,  2  5  aprile. 

18 


202  Anno   l507 

Promontorio,  luogo  fortissimo  e  miinitissimo.  Costui 
aveva  abbandonato  il  suo  posto  prima  che  sopraggiun- 
gessero i  nemici;  così  quella  posizione  importantissima, 
impendente  sul  porto  e  sulla  città,  era  stata  occupata 
dai  nemici  senza  opposizione  alcuna.  Il  Corso  stesso 
aveva  poi  da  lamentare  1'  indisciplina  di  Giacomo  Ghi- 
glione,  che  era  sotto  i  suoi  ordini  a  difesa  del  Garbo 
e  della  Turbella,  Il  Ghiglione  aveva  pii^i  volte  cercato 
di  persuaderlo  ad  attaccar  battaglia,  mentre  egli  non 
credeva  che  fosse  giunto  il  momento  propizio  e  perciò 
avevagli  ordinato  di  non  muoversi  ;  poi,  a  sua  insa- 
puta, era  venuto  alle  mani  coi  nemici  e  gli  eri  toccata 
la  peggio,   provocando  così  la  fuga  di  tutti  gli  altri. 

In  questi  parlari,  arrivarono  dalla  bastìa  di  Pino  un 
prete  e  un  contadino  a  chiedere  che  cosa  dovessero 
fare  ;  il  Corso  disse  loro  che  tenessero  salda  la  posi- 
zione durante  la  notte,  che  al  mattino  si  sarebbe  prov- 
veduto in  qualche  modo;  ma  essi,  che  forse  avevano 
dianzi  udito  far  cenno  del  Ghiglione,  credettero  bene, 
prima  di  partire,  d'informare  il  Corso  che  lo  stesso  Ghi- 
glione sul  tardi  ei'a  stato  alla  bastìa,  l'aveva  osservata 
con  molta  cura,  poi,  sceso  in  paese,  si  era  fatto  prestare 
una  «  gavardina  »,  ed  era  scomparso  nella  boscaglia;  ag- 
giunsero che  questo  strano  modo  di  agire  aveva  messi 
in  maggior  sospetto  quelli  della  bastìa,  poiché  correva 
voce  che  il  Ghiglione  ed  un  suo  compagno  avessero 
diverse  volte  parlamentato  coi  nemici  e  si  dubitava  che 
egli  avesse  concluso  segrete  trattative  con  essi.  Queste 
notizie  propalatesi,  misero  in  grande  ansia  i  cittadini  già 
costernati  dall'insuccesso  delle  armi  nel   giorno    prece- 


Fine  del  sgoverno  popolare  263 

dente  e  atterriti  all'idea  di  altri  guai   più  seri   e   di  un 
non  lontano  saccheggio. 

Ambasciatori  genovesi  al  campo  nemico. 

Stando  così  le  cose,  venne  dal  comune  deliberato 
di  mandare  tosto  Agostino  Senestraro  con  un  trom- 
bétta a  chiedere  al  signore  di  Chaumont  se  volesse 
ricevere  due  ambasciatori,  e  nella  notte  stessa  furono 
scelti  due  cospicui  popolari:  Battista  di  Rapallo  e  Ste- 
fano Giustiniani,  con  pieni  poteri  di  trattare  gli  accordi 
e  di  comporr-:!  la  pac^i  (').  Il  Senestraro,  che  era  partito 
a  quattro  ore  di  notte,  ritornò  all'alba  del  26  aprile, 
riferendo  che  il  luogotenente  avrebbe  visto  volentieri 
gli  ambasciatori  :  questi  allora  montarono  tosto  sulle 
loro  cavalcature,  e,  preceduti  dal  trombetta,  in  breve 
furono  dallo  Chaumont.  Egli,  uditi  i  loro  mandati,  di- 
chiarò che  pel  momento  non  poteva  discorrere  di  ac- 
cordi con  essi,  che  era  d'uopo  attendere  il  re  in  pro- 
cinto di  giungere  a  Rivarolo.  Luigi  XII  arrivò  infatti 
al  campo  francese  verso  le  nove  del  mattino  e  prese 
stanza  in  un  convento  di  S.  Benedetto  chiamato  la  badia 
del  Boschetto,  posto  ai  piedi  delle  colline  che  fiancheg- 
giano a  ponente  la  valle  della  Polcevera  ;  ivi  accolse  il 
luogotenente  che  gli  annunziava  1'  arrivo  degli  amba- 
sciatori genovesi.  Il  Re  non  volle  né  vederli,  né  udire 
i  loro  messaggi  e  li  mandò  dal  cardinale  d'Amboise  che 


(ì)  Diario^  2  5  aprile.  L^atto  della  eiezione  dei  due  ambasciatori  che  è 
r  ;;ltim()  di  Paolo  da  Novi  e  del  governo  popolare  è  pubblicato  in  Appen- 
dice. Doc.  XLI. 


204  Anno    i507 

li  ricevette  e  con  lui  incominciarono  a  discutere  i  patti 
della  resa. 

Ma  ecco  d'un  tratto  sollevarsi  un  grido  d'allarme  e 
ricominciare  la  zuffa.  Il  d'Anton  afferma  essere  stati  i  ge- 
novesi i  primi  ad  attaccare  i  francesi  che  erano  dalla  parte 
della  Lanterna  ;  il  diarista  per  contro  scrive  che  «  al- 
l' hora  del  disnare  in  circa  »  era  corsa  voce  per  la 
città  che  i  francesi  si  dirigevano  verso  il  Castellaccio 
e  che  la  loro  cavalleria  si  era  spinta  fino  alla  porta 
di  S.  Tommaso  ;  così  si  era  venuto  alle  mani.  Chi  il 
vero  responsabile  ?  Forse  la  colpa  non  fu  ne  degli 
uni  ne  degli  altri.  Le  milizie  belligeranti  erano  a  tale 
contatto  presso  la  Lanterna,  dove  trovavasi  la  cavalle- 
ria francese  e  sulle  alture  dove  i  francesi  erano  poco 
lungi  dal  Castellaccio  e  dalla  bastìa  di  Fino  occuj)ata 
da'  genovesi,  che  non  è  strano  supporre  che  un  |)ic- 
colo  urto  abbia  riacceso  il  conflitto. 

Giacomo  Corso  v:  i  genovesi  alla  riscossa. 

I  genovesi  che  fino  allora  non  avevano  provveduto  ad 
eleggere  un  vero  e  proprio  comandante  in  ca|)0,  lo 
scelsero  nella  persona  di  Giacomo  Corso,  il  quale,  git- 
tate un  gran  ponte  alla  Chiappella,  con  grande  impeto  e 
furia  riprese  le  posizioni  di  Capo  di  Faro  e  di  S.  Benigno; 
altre  milizie  salendo  sull'erta,  riguadagnarono  i  gioghi  e 
ancora  una  volta  le  insegne  della  repubblica  apparvero 
minacciose  sulle  creste  delle  montagne  dinanzi  al  nemico. 
Soltanto  il  gran  bastione  era  rimasto  in  potere  dei  fran- 
cesi, mentre  da  un  lato  e  dall'altro  tutta  la  dorsale  della 
catena  era  di  nuovo  occupata  dalle  forze  genovesi,  distese 


Fine  del  governo  popolare  265 

in  tre  linee.  Sebbene  fosse  già  trascorsa  buona  parte  del 
giorno,  il  re  decise  di  attaccare  subito  ;  i  suoi  soldati 
presero  a  guadagnare  1'  erta  dal  lato  che  si  stendeva 
sotto  il  bastione.  I  genovesi,  a  loro  volta,  intenti  a 
impedire  che  le  forze  si  unissero,  avanzarono  contro 
quelli  che  salivano  e  si  azzuffarono;  vista  la  cavalleria 
Albanese  lanciata  sul  fianco  loro,  la  assalirono  ;  ma  que- 
sta dopo  una  leggiera  carica  finse  di  cedere,  di  ritirarsi 
e  attrasse  i  genovesi  in  una  imboscata,  che  fu  ad  essi 
veramente  disastrosa.  I  pochi  superstiti  lasciarono  libero 
il  passo  alle  truppe  vittoriose  che  incalzavano  da  ogni 
parte.  11  nemico  grosso  e  disciplinato  prevaleva  sul 
valore  e  sull'impeto  disordinato  del  popolo  ('). 
«  Stando  in  questa  Scaramuzza  »  dice  1'  anonimo  dia- 
rista,    rientravano    in     Genova,     accompagnati     da     un 


(i)  Diario^  26  aprile,  J.  d^Auton,  op.  cit.^  Tomo  III,  cap.  XXIII,  pag.  J29 
e  segg.  Anche  qui  il  cI'Auton,  affermando  che  il  re  giunse  a  Rivarolo  il 
mattino  del  2  5  aprile,  è  in  errore  e  ciò  in  consegienza  di  aver  fissato  il 
giorno  della  partenza  delPesercito  da  Pontedecimo  il  24  (Cfr.  nota  p.  259}. 
11  Senarega  invece  erra  di  un  giorno  in  più,  facendo  cadere  la  seconda  gior- 
nata di  combattimento  il  27  anziché  il  26  aprile.  Noi,  pigliando  le  mosse 
dalle  notizie  del  Diario  e  dalla  testimonianza  d''  un  documento  d"'  archivio 
che  conferma  rinvio  degli  ambasciatori  al  campo  francese  nella  notte  del 
25,  stiamo  per  la  data  del  26  aprile;  in  ciò  siamo  appoggiati  dalla  lettera 
che  più  volte  citammo  del  Pandolfini,  inviata  il  27  aprile,  in  cui  si  legge: 
«  Ieri  che  fummo  a  di  XXVI,  dopo  lo  arrivare  del  Re  e  di  poi  mio,  in  sul 
«  mezzogiorno  si  scoperseno  per  e  poggi  e  per  il  colle  che  andava  al  ba- 
«  stione  otto  o  diecimila  fanti  genovesi  e  con  la  loro  bandiera  si  condus- 
«  sero  un  quarto  di  miglio  lontano  dal  bastione  e,  scaramucciando  con  li 
«  Francesi  per  più  di  tre  ore,  tennero  ciascuno  ben  forniti  i  suoi  poggetti. 
«  E  genovesi,  spinti  da  Francesi  si  ritrassero  air  ultimo  senza  alcuna  loro 
«  vergogna  e  si  ridussero  al  Castellacelo  con  perdita  d"'  alcuni  uomini  da 
a  ciascuna  delle  bande  ».  (Dksjardins,  op.  cit..,  Tomo  II,  pag.  240J. 


266  Anno    l507 

araldo  del  re,  gli  ambasciatori  popolari,  i  quali  annun- 
ziarono che  Luigi  XII  metteva  a  condizione  della  resa 
che  si  mandasse  fuori  di  città  tutta  la  fanteria  mercenaria, 
si  restituisse  il  Castellaccio  e  si  andasse  a  chiedergli  mi- 
sericordia. Le  dure  condizioni  vennero  accettate  «  quan- 
te tunque  fossero   molti   tristi   che   non   volevano  > . 

Notte  di  terrore  e  di  fuga. 

La  notte  scendeva  sulla  città,  la  quale,  per  tema 
che  da  un  momento  all'altro  le  truppe  francesi  entras- 
sero al  saccheggio  e  alla  distruzione,  era  piena  di 
paura  e  di  terrore.  7\itti  i  cronisti  ci  descrivono  con 
parole  compassionevoli  questa  notte  di  ansia  e  di  spa- 
vento. Le  donne  fuggivano  nei  monasteri,  gli  uomini 
nei  conventi  portando  seco  le  loro  robe  ;  lamenti  e 
strida  risuonavano  dovunque  ;  per  le  vie  passavano 
frotte  di  fuggiaschi,  i  quali,  stimandosi  poco  sicuri 
entro  la  città,  si  ritiravano  nelle  borgate  vicine  a  Ge- 
nova o  si  dirigevano  verso  luoghi  più  lontani.  Le 
milizie  mercenarie,  abbandonate  le  insegne,  partivano 
in  fretta  e  in  furia  ;  tutti  i  capi  del  partito  popolare, 
anziché  provvedere  alla  quiete  de'  cittadini  e  al  minor 
danno  della  Repubblica,  si  dileguavano  dinanzi  al  ne- 
mico ;  «  non  se  potria  estimare  »,  dice  il  diarista, 
«  tutta  quella  notte  e  la  matina,  la  moltitudine  delle 
«  gente  andorno  via,  che  circa  la  terra  è  restata  sola, 
«  intro  r  andare  fora  e  ascondersi  nelli  monasteri  ». 
Nel  disastro  fu  gran  fortuna  per  la  città  se  non  venne 
data  al  saccheggio  delle  soldatesche,  poiché  il  re  con 
atto    di    somma    clemenza,     visti   domati   i  ribelli,    fatta 


Fine  del  froverno  popolare  267 

cessare  la  piicrna  e  fatte  occupare  le  alture  dalle  sue 
truppe,  aveva  proibito  agli  svizzeri  ed  ai  venturieri  di 
scendere  in  città  (').  Il  martedì  mattina,  27  aprile,  Ge- 
nova inviò  al  re  di  Francia  che  era  rimasto  al  Bo- 
schetto, quattro  ambasciatori  :  Battista  di  Rapallo, 
Stefano  Giustiniani,  Antonio  Sauli  e  Raffaele  Fornari  ; 
neanche  questa  volta  volle  udirli  e  li  rimandò  al  cardi- 
nale Giorgio  d'Amboise  ed  al  signor  di  Chaumont 
i  quali  erano  a  Campi,  in  casa  di  Lazzaro  d'Oria,  dove 
accoltili,  non  vi  fu  d'uopo  di  discutere  a  lungo  i  patti, 
che  furono  costretti  a  rendere  la  città  a  discrezione  (*). 
La  resa  di  una  città  come  Genova,  giudicata  assai  valida 
e  forte,  destò  la  più  grande  meraviglia  ne'  contemporanei 
e  tutti  vollero  dire  la  loro  :  1'  ambasciatore  fiorentino 
Pandolfini  esclamò  in  una  sua  lettera:  «  e  così  è  lutera- 
ne mente  terminata  1'  impresa  di  Genova  con  grandis- 
«  sima  viltà  dei  genovesi  ed  onore  estremo  del  Cristia- 
«  nissimo  ;  »  il  d'Auton  ci  dà  notizia  del  grande  stupore 
del  papa  e  del  re  di  Aragona;  il  Sanudo,  dei  veneziani  ('). 


(i)  Diario^  26  aprile  ;  Bart.  Senarega,  op.  cit.,  col  592;  J.  d''Auton, 
op.  cit.,  Tomo  III,  pag.  343  e  Tomo  IV,  pag.  8. 

(2)  Su  questa  data  del  27  aprile  si  accordano  il  d''AuTON  che  pone  l'ar- 
rivo della  seconda  ambasceria  al  «  mardì  au  matin  »  e  cioè  al  27  aprile, 
ed  il  Pandolfini  che  afferma  che  in  quel  giorno  ritornarono  gli  ambasciatori 
genovesi  «  rimettendosi  liberamente  nella  discrezione  di  questa  maestà  ». 
Il  diarista,  alla  notizia  deir  invio  degli  ambasciatori,  pone  la  data  del  iG 
aprile,  ma  questo  non  è  che  un  lapsus  calami  dovuto  al  fatto  che,  nella 
foga  del  narrare,  pone  T  una  data  dietro  P  altra  senza  badarvi.  Il  Senarega, 
{loc.  cit.)  perseverando  nelPerrore  pone  il  giorno  della  resa  di  Genova  al 
28  aprile. 

(3)  Pandolfini  ,  lettera  citata;  J.  d''AuTON  {np.  cit..,  Tomo  III,  pag.  345) 
Sanudo  :  Diarii.^  Voi.  VII,  3o  aprile. 


268  Anno   l507 

In  Francia,  all'improvvisa  e  inattesa  vittoria  si  ebbero 
esplosioni  di  irrefrenabile  gioia  e  i  poeti  andarono  a  gara 
a  celebrarla  e  a  renderla  più  illustre  presso  la  poste- 
rità (').  Il  dì  stesso  della  dedizione  della  città  vi 
entravano  alcuni  inviati  del  re,  i  quali,  vedendo  quei  di 
Castelletto  manomettere  le  case  vicine  alla  fortezza,  vol- 
lero impedire  che  facessero  danni  maggiori  ;  ma  pare, 
secondo  l'anonimo,  che  quelli  non  se  ne  curassero,  come 
non  tralasciarono  dal  fare  rimostranze  a  colpi  di  arti- 
glieria fino  a  che  non  fu  tolto  lo  stendardo  del  comune 
che  sventolava  accanto  al  regio  sopra  la  torre  del  Pa- 
lazzo ('').  Essi  dettero  ordine  di  rifare  tutte  le  inse- 
gne regie  cancellate  e  distrutte  allorché  venne  bandita 
la  guerra  ;  fecero  murare  tutte  le  porte  e  i  portelli 
della  città  tranne  quelli  di  S.  Andrea  e  di  S.  Tom- 
maso, perchè  i  venturieri  e  i  ladri  non  saccheggiassero 
le  case  dei  cittadini  e  incominciarono  ad  assegnar  gli 
alloggi  alle  truppe  in  procinto  di  entrare.  Il  28  aprile 
una  prima  grida  comandò  che  ognuno  portasse  senza 
timore  le  sue  robe  a  ca^a,  si  aprissero  le  botteghe  e  che 


(i)  Ricordiamo  che  il  d''Auton  stesso  scrisse  una  poesia  suiravvenimento 
{op  cit.,  Tomo  IV,  pagg.  54-58);  molte  altre  pubblicazioni  consimili  vennero 
fatte  in  quei  tempi;  ad  alcune  di  esse  accenna  Cornelio  dk  Simonf  nella 
prefazione  alla  sua  edizione  della  cronaca  di  Alessandro  Sai.vxgo {pap,.3y3-3yGy^ 
altre  sono  ricordate  nel  Brunet  agli  articoli  Conqueste  et  lettres^  Tomo  II, 
pag.  226,  III,  io3o.  Molte  di  queste  manifestazioni  poetiche  della  presa  di 
Genova  vennero  da  me  ricercate  e  compulsate  e  tra  poco  pubblicherò  il  ri- 
sultato de^  miei  studi. 

(2)  Diario,  27  aprile.  Il  fatto  dello  stendardo  genovese  é  narrato  anche 
dal  d''  AutOn,  ma  in  modo  un  po'"  diverso  ed  ò  posto  al  tempo  delP  assalto 
al  bastiglione  genovese.  (Cfr.  d''Auton,  op.  cit.^  Tomo  HI,  pag.  322). 


Fine  del  governo  popolare  26q 

i  soldati  non  osassero  far  danni  ;  poi  una  seconda  che 
si  tenesse  mercato  e  che  tutti  pagassero  quanto  fosse 
il  costo  della  merce  (')  ;  si  notificò  in  pari  tempo  a 
tutti  gli  officiali  ed  ai  popoli  della  Riviera  di  Levante 
che  la  città  «  si  era  riconciliata  »  col  re  di  PVancia, 
il  quale  l'aveva  ricevuta  «  a  la  sua  bona  gracia  ».  e 
siccome  era  prossimo  l'ingresso  del  re  e  di  tutto  il  suo 
seguito  in  Genova,  si  comandava  di  portarvi  al  più 
presto  ogni  genere  di  vettovaglie,  che  tutto  sarebbe 
stato  pagato    «  cortesementi  al   suo  prexio   »   (^). 

Solenne  ingresso  del  re  di  Francia. 

Quando  parve  che  a  tutto  si  fosse  provvisto, 
disposta  in  luoghi  opportuni  1'  artiglieria  ,  accantonata 
la  cavalleria  sulla  strada  da  porta  S.  Andrea  a  Pa- 
lazzo, Luigi  XII,  sicuro  del  dominio  della  città,  il  29 
aprile    fece  il  solenne    suo    ingresso    (').   Il    magistrato 


fi)  Nel  Diario  queste  gride,  per  la  stessa  svista  accennata,  sono  poste 
sotto  la  data  27  aprile.  Gli  originali  delle  due  fride  che  trovansi  in  Poli- 
ticorum  Mazzo  III ,  portano  la  data  del  28  aprile;  inoltre  nel  documento 
di  cui  parliamo  nella  nota  che  segue  e  che  è  anch'' esso  del  28  aprile,  si 
accenna  alle  dette  gride  come  mandate  nella  mattina  stessa. 

(2)  Cfr.  in  Appendice,  Doc.  XLII.  Questo  ordine  non  hastò  a  soddisfare 
alle  richieste  della  corte  e  deiresercito  francese,  che  il  3o  aprile  Carlo  dWm- 
boise  dovette  inviarne  un  secondo  raccomandando  di  portare  mercanzie, 
vettovaglie  e  specialmente  vino  a  Genova.  Diversorum  Filza  64. 

(3)  In  questa  data  concordano  il  Diario  (data  corrispondente),  il  Skna- 
REGA  (op.  cit.^  col.  5y2)  ed  il  Pandoi.fini  (Dksjardins,  op.  cit..  Tomo  li, 
pag.  341).  II  d''AuTON  {op.  cit.,  Tomo  IV,  pag.  4)  scrive  che  il  solenne  in- 
gresso avvenne  il  giovedì  28  aprile;  ma  il  giovedì  in  queir  anno  corrispon- 
deva al  29.  Quindi,  pur  sbagliando  il  giorno  del  mese,  egli  concorda  cogli 
altri.  Il  Saj.vago  {op.  cit.,  pag.  479)  pone  T avvenimento  al  27  aprile;  ma  lo 
stesso  Desimoni  riconosce  in  nota  che  si  tratta  certamente  d''  un  errore. 


270  Anno   l507 

degli  Anziani  e  40  dei  più  ragguardevoli  cittadini  gli  mos- 
sero incontro  fino  alla  chiesa  di  S.  Teodoro;  erano  tutti 
vestiti  di  nero,  col  capo  scoperto  ed  i  capelli  rasi  ;  ap- 
pena furono  al  cospetto  del  re,  s'inginocchiarono  e  gri- 
darono :  misericordia  !  poi  lo  precedettero  fino  alla  porta. 
Il  corteo  era  così  formato:  precedevano  100  svizzeri,  ve- 
niva appresso  il  numeroso  stuolo  dei  signori  francesi  ed 
italiani  ;  dopo,  i  deputati  genovesi,  il  gran  scudiere,  i 
tamburi  e  le  trombe  ,  che  suonavano  allegramente , 
indi  il  re  armato  di  tutto  punto  e  dietro  a  lui  cinque 
cardinali  (i),  poi  Carlo  d'Amboise,  il  capitano  vincitore, 
con  in  pugno  la  spada,  seguito  da  200  gentiluomini  della 
casa  del  re  ed  infine  una  grande  caterva  di  fanti  armati. 
Quando  il  lungo  corteo  ebbe  passata  la  Lanterna  e  si 
trovò  dinanzi  a  Genova,  le  artiglierie  del  Castelletto  e 
quelle  della  flotta  franjo-spagnola,  ancorata  nelle  acque 
del  porto,  spararono  colpi  di  salve,  e  qui  l'anonimo  af- 
ferma, ed  il  Canale  ripete  ,  che  Luigi  XII  giunto  alla 
porta  di  S.  Tommaso  «  arrancò  lo  stoco  e  l'à  datto  in 
«  la  porta  e  dice  :  superba  Genova,  te  ho  guadagnato 
^<  con  l'arme  in  mano  ».  Una  cavalcata  di  cento  gentiluo- 
mini con  a  capo  Luigi  e  Filippino  Fieschi,  gli  fece  onorata 
accoglienza  in  piazza  Banchi  donde  poi  si  diresse  alla 
chiesa  di  S.  Lorenzo  ove  un  numeroso  stuolo  di  vergini 
biancovestite,  piangendo  gli   chiesero  ad  alta    voce  mi- 


(i)  Il  D^'AuTON  {op.  cit.^  Tomo  IV,  pag.  7)  ne  dà  soltanto  quattro;  il 
Diario  (loc.  cit.)  cinque;  il  Sai.vago  {op.  cit.^  pag.  480)  sette;  ma  il  Diario 
é  nel  giusto  poiché  nelPatto  del  giuramento  di  fedeltà  dei  genovesi  (11 
maggio)  che  leggesi  in  Appendice  (Doc.  XLV)  si  parla  appunto  di  cinque 
cardinali. 


Fine  del  go\erno  popolare  27 1 

sericordia,  sicché  il  re  parve  profondamente  commosso  ; 
uscito  di  chiesa,  andò  a  Palazzo.  Nel  meriggio,  deposta 
l'armatura,  recossi  cavalcando  a  diporto  sul  molo  e  forse 
allora  ebbe  agio  di  osservar  meglio  il  luogo  dove  da 
tempo  aveva  deciso  di  far  costrurre  una  fortezza  che  te- 
nesse a  freno  gli  spiriti  turbolenti  de'  genovesi  (').  In- 
tanto in  vari  luoghi  della  città  rizzavansi  le  forche  ed 
usciva  una  grida  che  intimava  a  tutti  i  cittadini  di  con- 
segnare, entro  otto  giorni,  le  loro  armi,  delle  quali  fu  così 
pronta  e  copiosa  la  consegna  che,  dopo  un  grande  bottino 
fattone  dai  francesi  e  dai  tedeschi,  fu  opportuno,  con 
un'  altra  grida  .  invitarli  a  presentare  soltanto  una 
lista  delle  armi  che  ciascuno  tenesse  presso  di  se,  e  a 
far  portare  in  Castelletto  le  artiglierie  grosse  e  piccole. 
Nel  giorno  stesso  si  chiedevano  al  comune  30.000  ducati 
per  licenziare  gli  svizzeri,  ma  la  città  era  tanto  disse- 
stata e  dissanguata  che  per  racimolarli  fu  necessario 
imporre  a    molti    cittadini    una    tassa    di   50     ducati     e 


())  La  descrizione  di  questo  solenne  ingresso  é  in  parecchi  autori;  Cfr. 
J.  d''Auton,  op.  cit.,  Tomo  IV,  cap.  XXV,  pag.  4;  B.  Sknarkga,  op.  cit.^ 
col.  592;  A.  Sai.vago,  op.  cit.^i  pag.  479-480;  Pandolkini,  Desjardins  etc. 
Tomo  II  pag.  241  esegg.  Già  dalle  lettere  del  PANnoLFiNi,  scritte  nel  febbraio, 
emerge  V  intenzione  del  re  di  erigere  un  nuovo  castello  in  Genova  e 
si  scorge  anche  Torigine  del  nome  che  gli  venne  dato  in  seguito.  Infatti,  in  data 
8  febbraio,  il  Pandolfini  scrive  alla  Signoria  che  i  francesi  «  entreranno  in  Ge- 
«  nova  (di  che  non  fanno  alcun  dubbio)  e  imbriglieranno  i  ribelli  »  in  modo  da 
impedire  altre  rivolte;  il  Robertet  ha  parlato  di  «  non  so  che  nuova  fortezza 
«  senza  specificare  dove  ».  In  altra  lettera  del  16  febbraio,  Io  stesso  amba- 
sciatore scriveva  che  il  re  aveva  intenzione  di  sopprimere  il  banco  di  San 
Giorgio  e  di  «  fare  un  buon  castello  ove  al  presente  è  il  Fanale  ».  A.  Dksiar- 
DtNS,  Neg.  dipi..,  etc.  Tomo  II,  pag.  216-221.  Il  nuovo  castello  fu  infatti 
eretto  presso  il  "aro  e  prese  il  nome  di  Briglia,  perché  (Io  asserisce  anche 
il  Senarega)  doveva  imbrigliare  la  plebe  turbolenta. 


272  Anno   l507 

più  (').  Messi  così  in  libertà  gli  svizzeri,  venne  la 
volta  delle  truppe  tedesche,  le  quali,  sebbene  per  la 
loro  indole  rapace  fossero  state  trattenute  fuori  delle 
mura  urbane ,  tuttavia  misero  sossopra  e  rubarono 
a  man  salva  nelle  tre  podesterie  e  partirono  condu- 
cendo seco  muletti  stracarichi  di  roba;  ma  al  passo  dei 
Giovi  le  attendevano  diversi  montanari,  i  quali  le  assa- 
lirono e  depredarono  di  quanto  avevano  seco;  i  su- 
perstiti però,  giacché  qualcuno  di  essi  era  caduto,  si  ven- 
dicarono poi  incendiando  quei  pochi  villaggi  che  ancora 
non  erano  stati  bruciati  all'  inizio  della  guerra  (^). 
Anche  i  francesi,  malgrado  il  regio  divieto,  dilapida- 
vano i  cittadini  e  quei  di  Castelletto  facevano  di  peggio, 
li  arrestavano  per  chiedere  forti  somme  per  il  riscatto; 
cosicché  il  governo,  il  io  maggio,  fu  obbligato  a  man- 
dare una  grida  invitando  i  soldati  a  pagare  ciò  che 
compravano  e  a  non  danneggiare  la  roba  altrui,  minac- 
ciando la  pena  di  morte  a  quelli  che  osassero  uscire  dagli 
alloggiamenti  dopo  il  tramonto  del  sole  ;  per  contro 
ordinava  ai  cittadini  di  non  uscire  di  casa  appena  annot- 
tasse, che,  se  alcuno  fosse  stato  derubato  o  malmenato 
non  gli   sarebbe  stata  resa  giustizia  ('). 

Predominio  dei  nobili;   arresti  e  supplizi  di  roroi.ARi. 

I  nobili  rientravano  nei  loro  antichi  privilegi,  ria- 
vevano la  maggioranza  nei  pubblici  offici  e  ricomin- 
ciavano a  comandare.   A   prova  di  ciò    basti    leggere  i 


(i)  Diario,   i   e  5  maggio;  J.  d'Auton,  op.  cit.,  Tomo  IV,  pag.   14-15. 
(2)  Diario,  :>,   4.  maggio  e  n''AuroN,  loc.  cit.,  pag.   i5-i6. 
(J)  Diario,  5,  G,  io  maggio. 


Fine  del  governo  popolare  273 

nomi  dei  componenti  la  Balìa  e  gli  Anziani,  essi  sono 
gli  Spinola,  i  Fieschi,  i  Lomellini,  i  d'Oria,  i  Grimaldi, 
i  Negrone,  i  Marini,  i  Cattaneo,  ecc.,  che  stanno  accanto 
ai  nomi  popolari  dei  Battista  di  Rapallo,  Battista  Botto, 
Raffaele  de  Fornari,  Lazzaro  Pichenotto  e  qualche  altro. 
Lo  stesso  è  degli  altri  offici  a  cui  ,  è  bene  avvertire, 
se  n'  era  aggiunto  uno  nuovo:  «  l'officio  delle  Ruberie  » 
avente  1'  incarico  di  far  restituire  quanto  era  stato 
rubato  durante  la  sollevazione  popolare  (').  Questi  i 
prodromi  di  rappresaglie  non  lontane  :  correvano  già 
voci  di  arresti,  di  liste  di  proscrizione  compilate,  sembra, 
dai  gentiluomini  :  Batino  d'  Oria,  Battista  Spinola, 
Giacomo  Centurione  e  Giacomo  Lomellino  ;  erano  già 
stati  presi  ed  imprigionati:  Gerolamo  Buzalino,  Andrea 
e  Giacomo  Carbone  e  Luigi  di  Bervey,  il  noto  provve- 
ditore delle  truppe  ;  le  forche  e  le  mannaie  giustiziavano 
i  malvagi  e  quelli  che  avevano  infierito  contro  i  soldati 
francesi  alla  presa  del  Castellacelo  ;  si  faceva  scemi)io 
dei  loro  corpi,  che  spaccati  a  mezzo  e  lacerati  erano 
ajjpesi  ed  esposti  nei  luoghi  più  centrali  e  più  fre- 
quentati, sulle  piazze,  sui  canti  delle  vie  e  presso  le 
porte  della  città,    ad  ammonimento  ed  a  ludibrio   (''). 

Il,    (ilURAMENTO    SOLENNE. 

Il  IO  maggio  usciva  un'  altra  grida  :  ordinava  a 
tutti  i  genovesi,  dai  1 7  ai  70  anni,  di  trovarsi  il  do- 
mani   a    Palazzo    per    giurare    fedeltà  al    re  ,  e  faceva 


(I)  Diario,  4,  6,  7  magf^io. 

(2J  Diario.  S  inat;t^i().  .1.  nMinoN,  op.  cit.,  Tonio  IV,  pag.  24. 


274  Anno   l507 

nello  stesso  tempo  note  le  imposizioni  regie  per  punirli 
della  ribellione  al  suo  governo;  dovevano  cioè:  i°  sbor- 
sare 200.000  scudi  per  le  spese  di  guerra  e  40.000  per 
la  costruzione  di  un  nuovo  castello  presso  la  Lanterna  ; 
2°  pagare  tutte  le  spese  per  la  residenza  di  una 
guarnigione  di  200  fanti,  oltre  ai  200  che  già  grava- 
vano sul  bilancio  dello  stato  ;  3"  impegnarsi  infine  di 
tenere  armate  tre  galee  a  spese  di  Genova  e  delle 
Riviere  ('),  L'ii  maggio  adunque  fu  fatto  il  solenne 
giuramento  ;  sulla  piazza  del  Palazzo  era  stato  costrutto 
un  gran  tavolato  sul  quale  ergevasi  un  palco  col  trono 
coperto  da  un  ricco  baldacchino.  I  cronisti  magnificano 
la  sontuosità  dei  drappi  e  dei  panneggiamenti  su  cui 
campeggiavano  in  ogni  parte  i  gigli  d'oro,  l'insegna  della 
casa  di  Francia.  Il  re  sedette  sul  trono  e  tutto  intorno 
gli  facevano    corolla  i  signori  e  i  cardinali  ;   sulla  gran 


(i)  Diario,  io  maggio..  L'' atto  che  contiene  la  promessa  dei  genovesi  di 
pagare  200.000  scudi  al  re  di  Francia  fu  pubblicato  da  Michkl-Giuseppk  Canale 
nella  Nuova  istoria  della  repubblica  di  Genova,  Vo\.  IV,  pag.  i òo.W  Diario 
(loc.  cit  )  afferma  che  oltre  a  questi  varano  le  Riviere  che  ne  dovevano  versare 
60.000.  Abbiamo  trovato  nei  Diversorum  Filza  64,  un  atto  del  \i  maggio 
pel  quale  un  certo  numero  di  cittadini,  di  cui  vengono  fatti  i  nomi,  si  ob- 
bliga di  versare  una  somma  ivi  indicata,  diversa,  a  seconda  dei  mezzi  di  cui 
ognuno  di  essi  dispone,  per  sopperire  alla  tassa  di  guerra  imposta  da 
Luigi  XII.  L''  atto  nel  quale  vengono  promessi  i  denari  pel  nuovo  castello, 
per  la  guarnigione  e  per  le  galee  è  da  me  pubblicato  in  Appendice. 
Doc.  XLIV.  Per  le  spese  di  fabbrica  del  nuovo  castello  a  capo  di  Faro  essi 
obbligavansi  di  pagare  quarantamila  scudi.  Promettevano  anche  di  dare  ad 
ogni  uomo  della  guarnigione  la  paga  di  franchi  cinque  (id  est  librarum  octo 
Januinorum)  al  mese.  Perciò,  siccome  la  guarnigione  era  di  400  uomini,  il 
comune  doveva  pagare  ogni  mese  franchi  2000  e  cioè  lib.  3.200.  La  spesa 
per  ogni  galea  era  di  scudi  Joo  mensili,  da  ripartirsi  tra  Genova  e  le  Ri- 
viere. Il  capitano  delle  tre  navi  era  tenuto  ad  esigere  dalle  Riviere  la  parte 
di  denaro  che  esse  dovevano  sborsare. 


Fine  del  governo  popolare  275 

piazza  era  affollata  la  gente  tenuta  a  segno  dai  soldati 
regi.  Un  re  d'armi,  «de  par  le  roi  »,  impose  silenzio 
ed  allora  si  avanzò  al  cospetto  di  Luigi  XII  l'ora- 
tore del  popolo  Giovanni  da  Lerici  che,  gettatosi  in  gi- 
nocchio e  ringraziato  ad  alta  voce  il  re  a  nome  della 
cittadinanza  di  aver  liberata  Genova  dalle  gravi  perturba- 
zioni del  dominio  della  plebe,  gli  chiese  quattro  grazie: 
di  perdonare  al  popolo  genovese  i  suoi  trascorsi  ;  di 
rimettere  la  multa  di  loo.ooo  ducati  inflitta  alla  città 
per  gli  errori  commessi,  di  confermarle  i  privilegi, 
grazie ,  esenzioni  ,  già  prima  goduti  ;  di  liberare  i 
cittadini  rimasti  prigioni  in  Castelletto  e  di  dare  un 
sa<!"^io  <*"overnatore  alla  città  ,  affinchè  avessero  di 
nuovo  sviluppo  e  incremento  i  commerci  e  le  industrie 
e  pacificamente  si  trattassero  gli  interessi  del  comune. 
L'  oratore  finì  la  sua  orazione  citando  il  detto  del 
salmista  :  «  Cor  contritum  et  humiliatum,  rex,  ne 
«  despicias  ;  amen  ».  A  nome  del  re  parlò  il  najjolc- 
tano  messer  Michele  Riccio,  scagliandosi  da  prima 
con  grande  veemenza  contro  i  genovesi  ribelli,  ram- 
mentando loro  che  il  re  li  aveva  sempre  beneficati  ed 
essi  avevano  invece  corrisposto  colla  ingratitudine  e 
colla  ribellione  ;  indi,  magnificando  la  bontà  e  la  po- 
tenza regie,  rispose  alle  domande  dell'oratore  :  il  re 
perdonava  a  tutti  i  genovesi  i  delitti  di  lesa  maestà 
e  gli  altri  commessi  sino  a  quel  giorno;  erano  compresi 
nella  grazia  anche  coloro  che  si  erano  allontanati  da 
Genova,  purché  vi  ritornassero  entro  un  mese  e  com- 
parissero dinanzi  al  governatore  per  giurare  nelle  sue 
mani    fedeltà  ;     ne    tirano    invece    esclusi    quelli  che  in 


27^  Anno  l507 

seguito  sarebbero  nominati  ;  era  condonata  a  Genova 
la  multa  di  loo.ooo  scudi  ;  rispetto  ai  privilegi  sua 
maestà  voleva  fossero  laceri  e  bruciati;  però  dopo  aver 
prestato  giuramento  si  sarebbero  letti  quelli  che  il  re 
avrebbe  di  nuovo  concessi  :  riguardo  ai  prigionieri  di 
Castelletto,  il  Riccio  rispondeva  che  sua  maestà  avrebbe 
dato  incarico  ad  alcune  persone  dì  vedere  se  fossero  o  no 
prigioni  di  buona  guerra  e  assicurava  in  ogni  caso  che 
sarebbero  trattati  bene.  Finito  il  discorso,  si  lessero  i 
nomi  di  coloro  —  erano  settantasei  —  che,  non  com- 
presi nel  perdono  generale,  venivano  dichiarati  rei  di 
lesa  maestà,  ribelli,  disubbidienti  al  re  e  si  ordinava  che 
fossero  confiscati  i  loro  beni  (').  Indi  cancellati,  lacerati 
e  bruciati  i  libri  dei  vecchi  privilegi  ne  furono  concessi 
altri  che  in  qualche  parte  sono  simili  ai  precedenti,  ma 
in  molti  punti  hanno  subito  delle  gravi  modificazioni  ed 
aggiunte  (^)  ;  per  ultimo  messer  Riccio  annunziò  che  il  re 
aveva    scelto   per    governatore  di  Genova     Rodolfo  de 


(i)  I  nomi  di  questi  settantasei  t)anditi  possono  leggersi  in  Canalk,  <>p.  cit. 
Voi.  IV,  pag.  3J2;  nel  Diario,  14  maggio;  e  nel  Doc.  XLIII  pubblicato 
in  Appendice. 

(2)  I  privilegi  che  vennero  bruciati  in  quel  giorno  erano  stati  concessi 
dal  re  nHF  ottobre  del  1499  quando  Genova  accettò  il  governo  di  Luigi  XII 
e  sono  pubblicati  in  Appendice  al  lavoro  del  Belgrano  : /)c'//a  dedizione  dei 
Genovesi  a  Luigi  XII  re  di  Francia.  [Miscellanea  di  Storia  Italiana,  Vol.I.) 
nonché  nella  raccolta  dei  Doctitnents  pour  Vhistoire  deVétablisseinent  de  la  do- 
mination  frangaise à  Génes( 1 498 ■  1 5 00)^  pubblicata  da  Leon  G.  PÉLisstEu  negli 
Atti  della  Soc.  Lig.  di  St.  Pat..,  Voi.  XXIV,  pag.  483,  Io  pubblico  in  Appen- 
dice (Doc.  XLV)  questi  nuovi  privilegi  che,  pur  conservando  qualche  ti- 
tolo di  capitolo  simile  agli  antichi,  sono  per  gran  parte  rimaneggiati  o  com- 
pletamente mutati  nel  testo.  Alcuni  capiioli  poi  vennero  tolti,  altri  ag- 
giunti di  sana  pianta. 


Fine  del  governo  popolare  277 

Lannoy,  baili vo  d'Amiens.  Egli  subito  dopo,  messe 
le  mani  sugli  evangeli,  giurò  di  essere  fedele  al  re  e 
di  essere  imparziale  nel  rendere  giustizia  ;  dopo  lui, 
saliti  sul  palco  i  40  officiali  del  comune  (12  Anziani, 
12  della  Balìa,  8  della  Moneta,  8  di  S.  Giorgio)  giu- 
rarono anche  essi,  e  tutto  il  popolo  di  Genova  alzò  le 
mani  gridando  :    Francia,   Francia!  ('). 

Demetrio  Giustiniani  condannato  a  morte. 

Nello  stesso  giorno  giungevano  due  brigantini  col 
Grimaldi ,  signore  di  Monaco  (^)  ,  e  dalla  Lombardia 
gran   numero  di  guastatori   per  la  costruzione  del  nuovo 


(i)  Questa  cerimonia  del  giuramento  viene  descritta  con  maggiore  o 
minore  ampiezza  da  tutti  cronisti  da  noi  conosciuti.  Primo  fra  tutti,  il 
d^AuTON  ci  riporta  persino  il  testo  dei  discorsi  di  Giovanni  di  Lerici  e  di 
Michele  Riccio  {op.  cit.,  Tomo  IV,  cap.  XX VII,  pag.  2  5)  poi  il  Diario^  11 
maggio;  B.  Sknarega,  op.  cit..,  col.  5(^3;  A.  Salvago,  op.  cit.,  pag.  480; 
G.  PÉLissiER,  nella  sua  raccolta  di  documenti  già  citata,  pubblica  a  pag.  541 
un  atto  deir  1 1  maggio,  che  intitola  erroneamente  «  Ade  de  fidélité  de  la 
Banque  de  Saint  Georges  ».  Esso  è  invece  la  ratificazione  scritta  della  pro- 
messa di  fedeltà  fatta  al  re  da  tutti  gli  olTici  di  Genova  e  cioè  dagli  Anziani, 
dalla  Balia,  dalla  Moneta  e  da  S.  Giorgio,  a  nome  del  popolo  genovese.  Il 
PÉLISSIER  trasse  questo  documento  dalla  Biblioteca  Brera  di  Milano,  ma  di 
esso  trovansi  anche  copie  in  un  ms.  della  Biblioteca  Berio  di  Genova 
(n.  169)  e  neir  Archivio  di  Stato  di  Genova  (n.  118).  L^itto  del  perdono 
concesso  nello  stesso  giorno  dal  re  di  Francia  ai  Genovesi  è  pubblicato  dal 
Canale  op.  cit..,  Voi.  IV,  pag.  331,  e  trovasi  in  Politicoriim  Mazzo  3, 
n.  5 1  ;  ma  esso  venne  estratto  «  ex  volumine  concessionum  et  privilegiorum 
«  per  Christianissimam  maiestatem  Regiam  comuni  Janue  concessorum  » 
«  e  siccome  è  appunto  il  primo  capitolo  dei  nuovi  privilegi,  cosi  viene 
da  me  ripubblicato  insieme  ad  essi. 

(2)  Riguardo  alle  traversie  che  attendevano  Luciano  Grimaldi  da  quel 
momento  presso  la  corte  del  re  di  F-'rancia,  vedasi  G.  Saige,  op.  cit..,  T.  II, 
Introduci..,  pag.  LVI  e  segg. 

»9 


278  Anno  l507 

castello  presso  la  Lanterna  e  incominciavano  le  rappre- 
saglie. Si  dava  alle  fiamme  e  si  abbatteva  in  Portoria 
la  casa  di  Paolo  da  Novi,  trovandovi  in  un  ripostiglio 
gioie  e  denari  del  valsente  di  oltre  duemila  ducati  ('j; 
veniva  arrestato  Demetrio  Giustiniani,  uno  dei  settan- 
tasei banditi  e,  dopo  breve  giudizio,  condannato  alla 
pena  del  capo.  Il  giorno  dopo  tutto  era  pronto  per  la 
sua  decapitazione  e  gran  folla  di  popolo  si  trovava 
raccolta  sulla  piazza  del  Molo  per  assistere  al  doloroso 
spettacolo,  quando  giunse  la  nuova  che  1'  esecuzione 
era  rimandata;  allora  corse  voce  che  il  Giustiniani,  uomo 
assai  facoltoso,  fosse  riuscito  a  riscattare  la  sua  vita, 
ed  invero  egli  tentò  di  offrire  a  Luigi  XII  la  somma 
di  40.000  ducati,  ma  il  re  fu  irremovibile  ;  il  i  3  maggio, 
giorno  dell'  Ascensione,  il  Giustiniani  veniva  condotto 
al  palco  ferale  ;  il  misero  capo,  mozzo  dalla  mannaia, 
fu  infisso  sulla  punta  di  una  lancia  che  venne  piantata 
sulla  torre  del  Molo  (^).  Luigi  XII  intanto  riceveva 
le  più  festose  accoglienze  dai  nobili,  ai  quali  dimostrò 
il  suo  affetto,  la  sua  amicizia,  sedendo  persino  a  mensa 
in  casa  di  alcuni  di    essi    (^);   visitava  le    fortezze  della 


(i)  Diario,  data  corrisp. ;  B.  Senarega,  op.  cit.,  col  59?. 

(2)  Diario^  12,  i  3  maggio;  B.  Senarega,  op.  cit.,  col. 59  J;  J.  n' AuTON,Ojf.a7., 
Tomo  IV,  p.  55-56.  Noto  come  curiosità  che  per  Pesecuzione  del  Giustiniani  non 
fu  usata  la  scure,  ma  una  vera  e  propria  ghigliottina  che  viene  descritta 
assai  minutamente  dal  d^AuTON.  Ugo  Assereto  (recens.  cit.  in  Giornale  cit., 
pag.  275)  afferma  che  molti  popolari  condannati  a  morte  si  riscattarono  con 
denari.   Fra  questi  ultimi  fu  un  Parentuccelli  di  Sarzana  della  famiglia  papale. 

(3)  Il  12  maggio  era  andato  a  banchetto  dai  Fieschi  e  qualche  giorno  prima 
(8  maggio)  a  cena  da  Battina,  vedova  di  Giovanni  Geba  Grimaldi  dove  era 
stato  servito  da  giovani  gentiluomini  vestiti  colla  divisa  del  re.  (Gfr.  Diario^ 
date  corrispondenti). 


Fine  del  governo  popolare  279 

città,  vedeva  sorgere  dalle  fondamenta  quel  castello 
che  da  lui  stesso  era  stato  ideato  (M  ;  poi,  dopo  aver 
rinnovato  V  ordine  ai  cittadini  di  consegnare  a  Palazzo 
tutte  le  armi  che  avessero,  veduta  la  città  queta  e  tran- 
quilla, pensò  bene  di  lasciarla,  ingiungendo  che  lo  se- 
guissero a  Milano  quattordici  cittadini  del  popolo  grasso 
e  artigiano  che  avevano  avuto  qualche  parte  nella 
sollevazione  popolare;  tra  essi  furono:  Luigi  di  Bervey, 
Teramo  Baliano,  Bernardo  di  Castiglione,  Pelegro  di 
Goano,  Gio.  Batta  de  Ferrari,   persone  a  noi  note  C). 

Luigi  XII  lascia  Genova. 

Air  alba  del  14  maggio  il  re  col  suo  seguito  mo- 
veva da  Genova  alla  volta  di  Milano  ;  1'  accompagnò 
fino  a  Busalla  una  pioggia  così  torrenziale  che  in 
breve  la  Polcevera  e  la  Scrivia  ingrossarono  minaccio- 
samente e  strariparono  inondando  le  valli  e  travol- 
gendo nelle  loro  acque  vorticose  alcuni  uomini  della 
scorta   reale  e  molte   cavalcature  (').   Due  giorni  dopo, 


(i)  Per  innalzare  questa  nuova  fortezza  si  minacciò  persino  di  abbattere 
la  Lanterna  e  pare  che  si  incominciasse  a  scalzarla  ,  ma  poi  venne  sospeso 
r  insano  proposito    {Diario^  i3  maggio). 

{2)  I  nomi  dei  quattordici  cittadini  si  possono  leggere  nei  Canale,  op.  cit.^ 
Voi.  IV,  pag.  33  j,  nel  Diario  i3  maggio  e  nel  Doc.  XLIII  che  contiene 
r  ordine  mandato  il  1 3  maggio  ad  essi  di  accompagnare  al  domani  il  re  a 
Milano,  ma  subito  dopo  viene  la  concessione  di  prorogare  la  loro  partenza 
da  Geno /a  fino  al  17  maggio.  Infatti  il  Diario  segna  la  loro  partenza  da 
Genova  alla  mattina  del  18  maggio  e  ricorda  anche  che  Giacomo  d^ A ndora 
(uno  dei  quattordici)  potè  rimanere  a  Genova,  avendo  i  suoi  creditori  otte- 
nuto che  egli  non  partisse. 

(J)  Diario^  data  corrispondente.  Qui  il  diarista  fa  osservare  (e  lo  aveva 
già  notato  il  2Ì  marzo)  che  invece  si  era  passato  un  inverno  dolcissimo  con 
tutti  gli  alberi  fioriti  ed  una  quasi  totale  siccità:»  è  mep  di  io  che    non  è 


28o  Anno     l507 

i6  maggio,  anche  il  luogotenente  generale  Chaiimont 
d'Amboise  con  la  maggior  parte  delle  sue  milizie  la- 
sciava la  città  e  per  evitare  che  vi  si  fermassero  ven- 
turieri e  soldati  di  rapina,  mandava  una  grida  inti- 
mando ad  essi  di  uscire  dalle  mura  entro  tre  ore, 
pena  la  forca  (').  Genova  così  rientrò  nel  suo  stato 
normale.  I  nobili  imperavano  e  ,  sotto  V  egida  del 
governatore  francese,  incominciarono  un'  accurata  ri- 
cerca dei  popolari  sbanditi;  si  mandarono  gride  con  l'or- 
dine di  svelarne,  sotto  pena  di  ribellione,  i  nascondigli,  e 
si  fecero  indagini  sulle  loro  sostanze  per  confiscarle; 
furono  sequestrati  i  pennoni  e  le  bandiere  fatte  «  al 
tempo  de  viva  populo  »  ,  e  non  si  permise  alcun  as- 
sembramento superiore  a  quattro  persone  (^).  A  po- 
destà venne  rieletto  Obertino  Solario  astese;  a  vica- 
rio, Bernardino  Guacio  di  Valenza,  e  tutti  gli  altri  offici 
della  città  e  delle  riviere  furono  distribuiti  a  gentiluomini 
e  a  chi  li  serviva  (').  Il  cardinale  di  Finale  riprendeva 
al  fratello  il  dominio  del  finalese  (^),    il   figlio  di   Luca 


vuto  vinti  volte  » .  J.  d"'  Auton  descrivendo  la  partenza  del  re  da  (ìenova 
{op.  cit.,  Voi.  IV,  pag,  59  e  60)  parla  anch''  egli  della  pioggia  torrenziale 
caduta  quella  mattina  e  dei  danni  recati  non  solo  alle  salmerie,  ma  anche 
agli  uomini  che  accompagnavano  il  re.  L"'  autore  stesso  confessa  di  non 
aver  mai  avuto  maggiore  paura  «  car  j''  en  vis  plusieurs,  par  où  me  falloit 
«  passer,  étant  à  la  merci  des  vagues  et  entre  autres^  un  nommé  maitre 
«e  Pierre  Charron,  des  secretaires  da  roi,  le  quel  fut  noyé  entre  Busale  et 
«  Boarg  ». 

(  I  )  Diario,  data  corrispondente. 

(2)  Diario,  14,  22,  2«j  maggio. 

(3)  Diario^  17,  18,  ly  maggio.  In  Diversorum  Reg.   175,  17  maggio  v"'è 
il  giuramento  del  podestà  e  del  vice-governatore. 

(4)  Diario^  19  maggio. 


Fine  del  g[Overno  popolare  281 

Spinola  rioccupava,  presentando  regie  lettere,  la  Pieve, 
senza  che  il  capitano  Tarlatino  che  ancora  vi  si  trovava, 
tentasse  di  opporglisi  colle  poche  sue  milizie  (')  ;  due 
signori,  Antonio  Pallavicino  e  il  figlio  di  Gian  Luigi 
Fiesclìi,  si  contendevano  il  territorio  della  Spezia;  il 
il  primo  r  aveva  occupato  dopo  il  riacquisto  di  Genova 
da  parte  del  re  (3  maggio)  ;  il  secondo  glielo  aveva  tolto 
(19  maggio)  con  l'appoggio  dei  Bertolotti,  mettendolo 
a  sacco;  ma  indi  a  poco  doveva  anch'egli  cedere  dinanzi 
alle  forze  di  Galeazzo  Pallavicino  sostenute  dal  Biassa 
e  ritirarsi  a  Portovenere.  Entrambi  i  pretendenti,  affer- 
mando di  aver  ricevuto  l' investitura,  per  così  dire, 
della  città  dal  re  di  Francia,  accendevano  odi,  fomen- 
tavano liti  che,  per  fortuna  di  quei  luoghi,  il  22  maggio 
si  assopirono  mercè  l'intervento  di  due  commissari  fran- 
cesi, i  quali,  recatisi  alla  Spezia,  riuscirono  ad  accomodare 
le  cose  in  modo  che  nessuno  dei  due  avesse  a  lamen- 
tarsi, e  «  questo  hanno  fatto  per  potere  più  a  compi- 
mento scodere  la  taglia  »  aggiunge  non  senza  malizia 
il  diarista  C). 

Nuove  prepotenze  del  Salazar  ;   ambasciatori  al  re  di 

Francia. 

Il  castellano  di  Castelletto,  co'  suoi  sgherani,  pro- 
seguiva le  scellerate  sue  gesta  :  alle  ruberie,  alle  arsioni 
delle  case  attorno  alla  fortezza,  alle  angherie  usate  ai 
prigionieri    tenuti     per     tanto     tempo    chiusi     in    orride 


(i)  Diario,  ìG  maggio. 

(2)  Diario,  date  corrispondenti. 


282  Anno  l507     . 

carceri  eg^li  ora  aggiungeva  l' empietà.  Recatosi  col 
governatore  Rodolfo  di  Lannoy,  ad  accompagnare  l'am- 
basciatore del  pontefice,  Gio.  Giordano  Orsini,  in  S. 
Lorenzo  per  vedere  la  famosa  «  scodella  »  o  piatto  in 
cui  vuoisi  sia  stata  posta  la  testa  del  Battista,  essendo 
entrati  nello  stanzino  delle  reliquie  ,  il  custode  si  per- 
mise di  osservare  che  ciò  non  era  lecito.  Allora  1'  am- 
basciatore e  il  governatore  «  gratiosamente  »  si  ritras- 
sero subito;  non  così  il  Salazar,  che  uscì  «  dicendo  de 
«  grandissime    minaccie  e  parole  ingiuriose  e  dice  che 

<  farla  ancora  portare  via  detta  scodella  »  e  se  ne 
andò  irato  e  furibondo  (').  Ma  oltre  all'  empietà, 
furono  le  .sue  prepotenze  che  misero  al  colmo  1'  indi- 
gnazione dei  cittadini  co.sì  da  costringerli  a  inviare  Gio. 
Batta  de  Francis,  Gio,  Pio  de  Marini  dottore  in  utro- 
que  ambasciatori  al  re.  Essi  dovevano  parlargli  in- 
nanzi tutto  del  «  minare  de  le  case  che  sono  circum- 
«  stante  el  castello  »  poiché  il  castellano,  non  contento 
di  abbattere  «  quelle  case  de  la  prima  ruga  incomin- 
«  ciando  dal  principio,  da  la  chiesia  de  Santo  Francisco 
«  de  longo  fino  al  loco  commune,  quale  ruina  faceva 
«  tanta  e  si  ampia  piazza  che  a  iudicio  de  ogniuno  la 
«  fortezza  del  Castelletto  ne  restava  securissima  »,  ne 
abbatteva  altre    «  e  andando  apresso  comò  l'ha  comin- 

<  ciato  ne  anderia  per  terra  una  bona  parte  de  la 
«  città  »,  e  dirgli  che,  lagnatisi  col  Salazar  di  tanta  di- 
struzione, avevano  avuto  per  risposta  che  egli  ciò  faceva 
per  ordine  del  re  ;   quindi  lo  pregassero  di  segnare  un 


(i)  Diario,  21   giugno. 


Fine  del  j^overno  popolare  283 

limite  a  questi   abbattimenti  e  di  risarcire  con  un  estimo 
onesto  quelli  che  ne  erano  stati  danneggiati.  Avvertivano 
poi  che  alcuni  cittadini  s'erano  presentati  al  comune  asse- 
rendo che  i  ministri    del   Salazar   avevano  consìMiati    i 
proprietari  delle  case  minacciate  ad   unirsi  in  società  e  a 
costruirne   una    a   loro    spese    da    donarsi   al  castellano 
«   che  mediante    quella  »    avrebbe  cessato  le   ruine;   ma 
i    padri    del  comune  fingevano    di     non    volere  prestar 
fede  a  coteste    insinuazioni.   Gli    oratori   poi     dovevano 
presentare    al   re  .le   lagnanze  degli  abitanti    il    villaggio 
delle  Chiappe,  molestati  dagli  uomini  di  Castelletto,  e  di 
quelli  di  Capo  di  Faro,  per  le  prepotenze  che  usavano  gli 
addetti  alla  costruzione  della    nuova    fortezza,   la  quale 
sembra  procedesse  con  grande  alacrità,  essendo  salito  a 
più  di   mille  il   numero  di  guastatori  ed  arrivando    ogni 
giorno  dalla    Provenza    barche   cariche    di     materiali    e 
di  vettovaglie    (')  ;    fargli    inoltre    rimostranze    circa   il 
modo  di  comportarsi  del  fiero  castellano,  il  quale  aveva 
sempre    tergiversato  alle  frequenti  e  instanti    domande 
dei   proprietari  di  navi    di    restituire  le  artiglierie    che, 
per  ottemperare    alle  gride,   avevano    portate  a  Castel- 
letto e  di  cui   ora  avevano  assoluto  bisogno   per  riatti- 
vare i  commerci,     non    potendo  le   navi,   senza     l'  aiuto  • 
di  forti  artiglierie,  attentare  di  percorrere  i  mari  infestati 
da  navi  corsare  ;  lo  informassero  altresì  che  dopo  tanto 
tempo,   dopo  tante  trattative  e  suppliche,   soltanto  il  29 
maggio  si  era  ottenuta  la  scarcerazione  di   quei    miseri 
e  innocenti   cittadini,   arrestati  1'  8   febbraio  in   S.  Fran- 


(i)  Diario,   18,  19,  29  maggio  e  5  giugno. 


284  Anno   l507 

Cesco  ;  ma  che  per  ottenerne  la  libertà,  avevano  dovuto 
sborsare  6000  ducati  con  la  promessa  di  pagarne  altri 
4000  entro  un  mese  ('),  chiedessero  perciò  che  fosse 
almeno  condonata  la  somma  che  rimaneva  da  pagarsi; 
impetrassero  la  rimozione  di  Giovanni  d'  Oria  dal  go- 
verno di  Albenga,  avendolo  egli  ottenuto  contro  i 
privilegi  della  città  stessa,  e  infine  ottenessero  la  con- 
cessione di  aprire  trattative  col  duca  di  Savoia  per  il 
commercio  fra  i  due  stati  (').  L'  anonimo  diarista 
accenna  alla  partenza  dell'ambasceria,  avvenuta  il  4 
giugno,  ma  non  ci  dà  altra  notizia  in  proposito,  ed  è 
gran  fortuna  per  noi  che  qui  ci  venga  in  soccorso  un 
documento  d'Archivio,  dal  quale  possiamo  argomentare 
il  risultato  di  essa.  Su  questo  foglio  le  domande  degli 
ambasciatori,  scritte  calligraficamente,  sono  disposte 
una  sotto  1'  altra  in  modo  che  tra  esse  vi  sia  un  certo 
intervallo,  ed  è  appunto  in  questi  spazi  vuoti  che  furono 
scritte  da  altra  mano  «  currenti  calamo  »  le  risposte 
del  re.  Noi  non  vorremmo  presumere  troppo,  ma  cre- 
diamo di  riconoscere  in  questo  documento,  il  foglio  stesso 
che  fu  portato  al  cospetto  del  re  e  sul  quale  vennero  stese 
affrettatamente  le  risposte  brevi  e  concise  da  lui  date. 
■Per  ciò  che  riguarda  adunque  alla  prima  domanda  :  di 
segnare  un  limite  all'abbattimento  delle  case,  o  lasciarlo 
determinare  dal  governatore  si  risponde  :  «  Fiat  »  ; 
pel  compenso  da  darsi  a  quelli  che  ne  erano  stati 
danneggiati  :    «  Fiat  existimacio,  qua  facta,  gubernator 


(i)  Diario^  data  corrispondente. 

(2)  Questo  documento  si  trova  in  Istruzioni  e  Relazioni,   n.  2707,   C,  e 
porta  la  data  del  2  giugno  1507. 


Fine  del  governo   popolare  285 

«  faci  ai  fieri  satisfacionem  diciis  pcrsofiis  »  ;  per  la 
punizione  dei  malfattori  di  Castelletto  e  di  Capo  Faro: 
€  Scribatur  do^nino  Gubernafori  el  domino  d'Espy  »  ('); 
per  la  restituzione  delle  artiglierie  ai  sinq^oli  proprietari: 
«  Scribatur  Gubernatori  gtiod  providea t  iitxta  concordata 
<  in  articnlis  factis  Genite  »  ;  per  il  permesso  di  com- 
mercio coirli  stati  del  duca  di  Savoia  :  <-  Concordent 
Clini  Domino  Dtice  Sabandie  qnc  de  ipsis  conqueritur  »(^); 
per  la  remissione  dei  4000  ducati  da  pagarsi  pel  com- 
pleto riscatto  dei  prigionieri  di  Castelletto:  «  Nihil  »; 
infine  per  la  rimozione  del  d'  Oria  :  «  Nihil  »  ('). 
11  re  adunque  non  concedeva  il  condono  della  rima- 
nente somma  da  pagarsi  e  negava  la  rimozione  di 
Giovanni  d'  Oria  da  Albenga  ;  accettava  invece  tutte 
le  altre  preghiere  ;  sgraziatamente ,  come  si  vide  in 
seguito,  le  rimostranze  fatte  furono  inutili,  e  vane  le 
promesse  del  re.  Infatti  il  28  giugno  gli  Anziani  scri- 
vevano agli  stessi  ambasciatori  tuttora  presso  il  re 
d'  informarlo  che  «  non  obstante  la  ordinatione  Regia  » 
il  Salazar,  forse  approfittando  dell'  assenza  del  gover- 
natore, recatosi  a  Savona  per  fare  omaggio  al  re  che 
eravi  giunto  da  poco  pel  famoso  convegno  col  re  di 
Spagna  (^)  ,    continuava    nelle    sue    prodezze    e    aveva 


(i)  Il  Signore  di  Rspy  era  Paul  de  Beusserailhe,  maestro  artigliere  fran- 
cese che  era  stato  preposto  alla  costruzione  e  fortificazione  del  nuovo 
castello.  (J.  n''AuTON,  op.  cit ,  Tomo  IV,  pag.  5.5). 

(2)  Per  le  trattative  fra  Genova  ed  il  Piemonte,  ved.  CAi.LtGARis,  op.  cit., 
pag.  r.07  e  segg. 

(3)  I  ■'atto  si  trova  in  Istruzioni  e  Relazioni  n.  2707  C,  ed  ha  la  data 
del  22  giugno   i5o7. 

(4)  Cfr.  Abate,  Cronache  Savonesi,  Savona,  Rertolotto  iS(j7,  p.  22  e  segg. 


286  Anno   lóoy 

ordinato  di  porre  mano  a  rovinare  cinque  o  sei  case 
nella  contrada  della  Maddalena  (');  e  pare  non  avesse 
per  anco  sfogato  tutto  il  suo  odio  contro  i  genovesi  , 
se  il  20  luglio  i  proprietari  di  navi  movevano  forti 
lamentele  perchè  non  venivano  loro  restituite  le  artiglierie. 
Invano  l'  ufficio  di  Balìa  ordinò  a  Marco  Portunario,  a 
Carlo  Spinola  e  ai  quattro  deputati  ad  esigere  i  debiti 
del  comune  di  udire  i  lagni  dei  cittadini,  di  investigare 
e  dare  il  loro  parere  C');  invano  si  sparsero  lacrime, 
si  fecero  rimostranze  e  querele  ;  la  prepotenza  francese 
non  aveva  orecchie  per  sentire,   né  occhi  per  vedere. 

Atrocità  dei  nobili.  Arresto  di   Paolo  da   Novi. 

I  nobili  gareggiavano  in  ferocia.  Oggi  appiccano 
un  giovinetto  non  ancora  ventenne,  per  aver  sottratto 
da  un  naviglio  di  Gian  Ambrogio  Fieschi  tanta  roba 
pel  valore  di  20  soldi  ;  un  altro  giorno  viene  giustiziato  il 
giovine  Giovanni  Maria  di  Turrio  che  teneva  in  Genova 
il  gioco  della  palla,  denunziato  dalla  vedova  di  Domenico 
d'  Oria,  signora  di  Oneglia,  poiché,  come  bandito, 
erasi  rifugiato  colà  nella  speranza  che  gli  amici  dei 
d'  Oria    lo   avrebbero  protetto  (')  ;    altre  ,   altre  vittime 


(i)  Litterariim  Reg.  5o,  lettera  n.  27.  Lettere  dello  stesso  tenore  ven- 
nero inviate  anche  al  governatore  Rodolfo  di  Launay  «  apiid  Saonam  ». 
{ibid.;  lettera  n.  28). 

(2)  Diversoritm  Filza  64. 

(ì)  Diario^  12  giugno.  Tra  P  altro  ci  si  racconta  pure  una  curiosa  libe- 
razione: un  cavaliere  aveva  arrestato  «  in  lo  carrogio  de  Pera  »  un 
certo  Giov.  Maria  di  Pentema  e,  probabilmente  per  non  scendere  da  ca- 
vallo, lo  aveva  afferrato  pei  capelli  e  lo  voleva  condurre  alla  volta  di  Vialata; 
ma  giunto  dietro  la  chiesa  dei  Servi,  vicino  ad  un  pozzo,  alcune  donne  che 


Fine  del  governo  popolare  2S7 

cadevano  sotto  la  mannaia  del  carnefice  per  l'odio  dei 
nobili  contro  i  popolari!  Tuttavia  pareva  non  potessero 
essere  soddisfatti  che  colla  morte  di  Paolo  da  Novi. 
Il  dog-e  popolare  fu  ricercato  per  mare  e  per  terra  ;  il 
1°  giugno  finalmente,  eccolo  prigioniero  a  Genova.  Non 
ci  consta  di  preciso  ne  come,  né  dove,  né  quando  sia 
stato  arrestato  ;  di  certo  vi  è  soltanto  questo,  che  egli 
fu  tradito  da  un  certo  Corsetto  ;  ma  intorno  al  modo 
i  cronisti  discordano  tra  loro.  Vi  e  chi  dice  che  il 
Corsetto,  abitante  in  Pisa,  presosi  l' incarico  di  tra- 
sportare sur  un  suo  brigantino  il  doge  a  Roma,  l'abbia 
per  800  ducati  venduto  ai  francesi,  che  lo  tradussero 
a  Genova  (');  altri  afferma  che  Paolo  da  Novi,  fug- 
gendo a  Roma  sopra  un  piccolo  naviglio,  sia  stato 
preso  da  un  pirata  corso,  detto  Corsetto  e  consegnato 
al  capitano  dell'armata  francese  Pregent  per  la  somma 
già  detta  ('')  ;  altri  invece  narrano  che  il  doge  po- 
polare si  sia  rifugiato  in  Corsica  e  che  per  il  tradi- 
mento di  un  corso,  che  percepì  dal  Pregent  200  scudi, 
sia  stato  a  lui  consegnato  (');  altri  infine  racconta 
che  il  doge,  direttosi  dapprima  verso  Bologna,  abbia 
poi  per   vani  timori    raggiunto   Pisa,   e  di  lì   navigando 


si  trovavano  li  presso  s'erano  lanciate  per  liberare  V  arrostato  ed  ma,  più 
pronta  delle  altre,  aveva  tagliato  colle  forbici  i  capelli  di  Giov.  Maria,  il 
quale  si  era  subito  dato  alla  fuga,  mentre  «  li  cappelli  (sic)  restorno  in 
mano  del  cavalero  ».  La  burla  però  non  ebbe  lieto  fine  perché  il  Pentema 
venne  bandito,  e  tre  di  quelle  donne  vennero  messe  in  prigione.  Questo 
fatto  accadde  il  14  giugno.  ^ 

(1)  Diario,   1.  giugno. 

(2)  B.  Senarega,  op.  cit.,  col.  593. 

M)  J.  D^AuTON,  op.  cit,,  Tomo  IV,  pag.  y(ì. 


288  Anno  l507 

verso  Roma  sia  stato  catturato  da  un  corso  chiamato 
Corsetto  già  suo  soldato,  e  sia  stato  venduto  da  costui 
ai  francesi  (').  Questa  mi  sembra  la  interpretazione 
che  più  si  avvicini  alla  verità.  La  sua  fuga  in  Cor- 
sica accennata  dal  d'Auton  è  poco  verosimile;  un 
uomo  accorto,  prudente  e  previdente  come  Paolo  da 
Novi,  non  doveva  rifugiarsi  in  una  piccola  isola,  sog- 
getta al  governo  di  Genova,  in  continui  rapporti  con 
essa,  facile  ad  essere  sorvegliata  dalle  galee  francesi, 
e  minuziosamente  visitata  dalle  loro  pattuglie  ;  non 
è  però  difficile  spiegare  1'  errore  del  d'Auton;  egli  deve 
aver  appresa  la  notìzia  un  po'  alterata  per  la  lonta- 
nanza del  luogo  dove  avvenne  1'  arresto  e,  pensando 
che  il  traditore  era  un  corso,  o  almeno  si  chiamava 
Corsetti^,  abbia  creduto  che  1'  arresto  fosse  avvenuto  in 
Corsica  ("*).  L'ultima  versione  è  invece  più  verosimile 
poiché  era  giusto  che  il  grande  popolare  cercasse  rifugio 
a  Bologna,  città  soggetta  al  papa,  il  quale  si  era  sem- 
pre dimostrato  amico  del  partito  del  popolo  ;  quando  poi 
cambiò  proposito  per  ragioni  che  non  possiamo  indo- 
vinare, r  unica  via  che  gli  rimanesse  sicura  era  quella 
di  Pisa,  la  fedele  alleata  dei  genovesi  ;  ma  qui  lo  atten- 
deva il  tradimento  di  un  Corsetto  da   Pisa,  (')  un  famoso 


(i)  Giustiniani^  Annali  etc^  Voi.  11^  pag.  635. 

(2)  Potrebbe  anche  darsi  che  avendo  avuto  notizia  d''  una  spedizione  del 
Pregent  in  Corsica  che  sappiamo  esservi  stato  inviato  per  trattare  con  Ra- 
nuccio da  Leca,  ribelle  al  comune  di  Genova,  (cfr.  Diario  3  maggio  e  nota) 
abbia  fuso  i  due  avvenimenti,  supponendo  che  fossero  tra  loro  connessi 
come  causa  ad  effetto. 

(3)  Ugo  Assereto  (recens.  cit.  in  Giorn.  cit.  pag.  273)  ci  dà  molte  inte- 
ressanti notizie  su  questo  Corsetto  patrono  di  un  brigantino  e  tristamente 
famoso  per  le  SLie  gesta. 


Fine  del  governo  popolare  28q 

pirata    spadronet^giante   nel   mare    tra    la    Corsica   e  la 
Toscana,   il  quale  lo  consegnò  ai  francesi. 

Morte  di  Paolo  da   Novi. 

Il  i6  giugno  fu  il  giorno  fatale  della  decapitazione  di 
Paolo  da  Novi  (').  Il  palco  fu  innalzato  dinanzi  al  Palazzo 
e  fu  preparato  il  ceppo  e  la  mannaia.  Paolo  da  Novi 
circondato  da  una  fitta  siepe  di  armati  ,  coperto  da 
una  misera  veste  vecchia  e  sdruscita,  con  le  mani  legate 
dietro  le  terga,  fu  condotto  dalle  carceri  del  Castello 
al  Palazzo,  dove  gli  venne  letto  il  «  processo  ».  Egli 
era  dichiarato  ribelle  della  sacra  maestà  del  re  e  reo 
del  delitto  di  lesa  maestà:  i.°  per  aver  condotto  le 
truppe  contro  Monaco  e  causata  la  morte  di  molti  ; 
2.°  per  aver  eccitato  il  popolo  a  non  rappacificarsi  col  re; 
3.°  per  aver  combattuto  contro  le  truppe  regie  e  aver 
procurato  così  la  morte  ad  altre  molte  persone.  Egli 
era  perciò  condannato  al  taglio  della  testa  ;  il  suo 
corpo  squartato  doveva  essere  appeso  sulla  porta  del- 
l'Arco, sulla  torre  del  molo,  sulla  porta  di  S.  Tommaseo 
e  su   quella  dell' Acquasola  ;   la   t€.'sta,   confitta   su  di  una 


(i)  I.a  descrizione  della  morto  di  Paolo  da  Novi  può  leggersi  in  B.  Se- 
NAHKGA,  op.  cit.^  col.  5y3,  594  e  in  d^Auton,  op,  cit.^  Tomo  IV,  pag.  76-80. 
Pare  che  quest"'ultimo  assegni  la  esecuzione  di  Paolo  da  Novi  al  5  giugno, 
ma  rAssKKETO,  {op.  cit.^  pag.  i-jG)  propone  un  mutamento  di  punteggiatura 
pel  quale  il  periodo  verrebbe  a  significare  che  il  Doge  fu  decapitato  il 
quinto  giorno  dopo  la  promulgazione  della  sentenza  (Aprés  la  sentence  par 
la  justice  donnée,  le  cinquième  jour,  du  mois  de  juin).  Chi  narra  mirabil- 
mente quella  triste  scena  é  il  nostro  diarista.  —  Michel-Giuseppe  Canale  che 
non  aveva  mai  in  precedenza  dato  segno  di  conoscere  il  Diario,  copia  in 
questo  punto  alla  lettera  la  suddetta  narrazione. 


290  Anno   l507 

lancia,  sulla  torre  del  Palazzo.  Udita  la  terribile  con- 
danna, il  vecchio  doge  fu  fatto  salire  sul  palco,  e  qui 
l'anonimo  diarista  ci  descrive  come  si  presentasse  la 
piazza  agli  occhi  del  condannato.  Tutto  lo  spazio  libero 
era  stipato  di  nobili ,  di  popolo ,  di  artigiani  e  di 
gente  armata.  A  quel  mare  di  teste  e  a  quella  immensa 
folla,  tra  cui  si  trovavano  coloro  che  lo  avevano 
creato  doge  e  portato  in  trionfo,  e  quelli  che  lo  ave- 
vano bandito  e  ora  lo  traevano  a  morte  ,  il  grande 
e  securo  spirito  popolare  rivolse  la  sua  parola,  i  suoi 
ultimi  consigli.  Chiese  dapprima  perdono  se  avesse 
recato  ad  alcuno  qualche  dolore  e  invitò  tutti  a  pregare 
per  r  anima  sua  ;  poi  raccomandò  alla  plebe  di  restare 
sèmpre  unita,  di  ubbidire  al  re  e  di  non  fidarsi  troppo 
ne  dei  nobili,  nò  del  popolo  grasso,  pel  quale  egli  si 
trovava  a  quegli  estremi;  indi  rivoltosi  al  carnefice  gli 
disse  che  facesse  presto  il  suo  ufficio  ;  s'  inginocchiò, 
mise  il  capo  sul  ceppo  ed  in  un  istante  passò  all'eternità. 
Delle  sue  membra  si  fece  orribile  scempio,  come  im- 
poneva la  condanna.  Il  capo,  lasciato  per  due  giorni  sul 
palco,  fu  poi  infisso  su  un'asta  sulla  torre  del  Palazzo  ('). 
Così  finiva  Paolo  da  Novi,  il  più  attivo,  il  più  fervido, 
il  più  intelligente  dei  popolari  durante  la  lotta  contro  i 
nobili.  Il  popolo,  nominandolo  doge,  volle  premiare  la 
tenacia  di  lui  nel  dirigerlo  e  nel  difenderlo  ;  caduto  il 
dominio  popolare,  doveva  piegarsi  e  cadere  altresì  la  sua 


(i)  Marcello  Staglieno  nel  suo  studio  intorno  al  Doge  Paolo  da  Novi 
op.  cit.,  pag.  492  ha  esumato  dal  registro  d"'  un  cancelliere  la  nota  della 
spesa  per  la  esecuzione  di  Paolo  da  Novi,  che  fu  di  lire  sette  e  soldi   dieci. 


Fine  del  governo  popolare  2gi 

bandiera.  Ora,  mentre  le  misere  carni  del  doi^e,  idolatrato 
dal  popolo,  imputridivano  in  quattro  parti  della  città  e  la 
fiera  testa  dominava  dalla  cima  della  torre  Genova  tutta, 
Genova  sua,  il  popolo  indifferente  tornava  agli  usati  lavori 
e  si  allietava  delle  accoglienze  che  si  sarebbero  fatte  tra 
pochi  giorni  al  re  di  Spagna,  che  moveva  verso  Savona 
per  abboccarsi  col  re  di  Francia  (').  Il  sangue  sparso 
dai  martiri  della  libertà,  del  pensiero  e  dell'  azione  fu 
sempre  fecondo;  forse  quello  di  Paolo  da  Novi,  gridando 
vendetta,  spinse  di  nuovo  alla  riscossa  il  ]3opolo 
genovese,  allorché  cinque  anni  dopo  sorgeva  minaccioso 
e  si   scoteva  di  dosso  la  dominazione  straniera. 


fi)  Diario,  26-28  giugno   1 507. 


APPENDICE 


Cenni  critici 


sul  Diario   degli  anni  1506-07. 


qualche  dotto  studioso  di  cose  genovesi  non 
fu  ignota  l'esistenza  del  presente  Diario;  Cor- 
nelio de  Simoni  infatti,  nella  sua  edizione  della  «  Cronaca 
di  Genova  »  di  Alessandro  Salvago,  lo  cita  sovente  per 
correggere  gli  errori  di  data  in  cui  il  Salvago  stesso  è  incor- 
so; Giuseppe  Calligaris,  riferendosi  al  de  Simoni.  ne  fa  cen- 
no in  una  nota  al  suo  lavoro  su  «  Carlo  di  Savoia  e  i  torbidi 
genovesi  del  1506-07  »;  Arturo  Ferretto  nella  «  Illu- 
strazione storica  "della  strofa:  Rapallin  sottaera  gqtti 
etc.  »  ne  dà  anch'  egli  qualche  notizia,  ma  tutti  e  tre 
questi  autori  attinsero  dalla  medesima  copia  del  Diario,  da 
quella  cioè  esistente  nella  biblioteca  Beriana,  mentre  in 
(ienova  ve  ne  sono  altre  due  migliori,  una  all'Archivio 
di  Stato  e  l'altra  a  quello  Civico  municipale.  Antonio 
Manno  nella  sua   «   Bibliografia  degli  stati   della  Monar- 


29'3  Cenni  critici 


chia  di  Savoia  »  (')  accenna  pure  ad  una  copia  esi- 
stente neir  Archivio  di  Stato  di  Torino;  ma  benché  si 
sieno  fatte  le  più  diligenti  ricerche,  non  si  potè  ritro- 
varla C).  Venendo  ora  a  discorrere  di  ciascuno  dei 
tre  manoscritti,  dirò  che  quello  dell'  Archivio  di  Stato 
appartiene  al  fondo  Federici  ed  è  contrassegnato  dal 
n.  II 8;  ha  una  rilegatura  moderna  in  cartone  e  misura 
mm.  295x431-  Il  manoscritto  cartaceo  è  difeso  da  una 
carta  di  guardia  ed  è  di  pag.  22  numerate  danna  sola 
parte,  tutte  benissimo  conservate,  tranne  le  prime  un 
po'  sciupate  ai  margini  dall'  umidità  e  dai  tarli.  La 
scrittura  sembra  della  fine  del  500,  è  un  corsivo  poco 
curato  e  talvolta  non  facile  a  interpretarsi.  Le  pagine 
hanno  un  largo  margine  superiore  ed  inferiore  e  anche  sul 
lato  sinistro  dove,  accanto  al  testo,  leggonsi  i  sommari 
molto  accurati  dell'argomento  che  vi  si  tratta,  sommari 
che  però  non  continuano  oltre  la  carta  4  verso.  La  nar- 
razione prosegue  senza  alcun  «  a  capo  »  sino  alla  fine 
della  carta  19  verso,  nella  quale  il  Diario  ha  termine. 
Nella  carta  seguente  (20  recto)  è  trascritto  il  giura- 
mento di  fedeltà  prestato  dai  genovesi  al  doge  Pietro 
Campofregoso  (eletto  nel  1450).  con  le  promesse  da 
lui  fatte  al  popolo  ('),   indi   un    «  Registrum  Cronicarum 


(i)  Voi.  VI,  pag.  95,  n.  22622. 

(2)  Recatomi  a  Torino  per  collazionare  il  testo  del  Diario  colla  copia  ivi 
esistente  non  fu  possibile  rinvenirla.  La  indicazione  del  catalogo  che  si  ri- 
feriva al  Diario  è  stata  cancellata  con  un  tratto  di  penna  e  furono  infrut- 
tuose le  ricerche  fatte  dalPegregio  signor  cav.  Sforza,  capo  archivista,  il  quale 
anche  poco  tempo  fa,  gentilmente  mi  scriveva  non  essergli  stato  possibile 
ritrovare  il  manoscritto. 

(3)  Gfr.  in  Appendice,    Doc.    XLVIII. 


sul  Diario  degli  anni  l5oó-07  29/ 

di  Genova  »  (sic)  in  cui  sono  narrati  in  ordine  cronologico 
un  po'  sconnesso  i  fatti  della  storia  genovese  dal  i  loo 
al  1449  che  parvero  all'autore  più  degni  di  memoria 
(').  Questo  «  Registrum  »  finisce  a  carta  22  recto.  Tra 
il  verso  di  questa  e  il  recto  della  carta  di  guardia,  ven- 
nero inserite  14  pagine  (^)  di  minor  formato  e  nume- 
rate da  una  sola  parte,  che,  sino  alla  carta  io  r.  con- 
tengono i  privilegi  concessi  dal  re  Luigi  XII  a  Geno- 
va nel  maggio  del  1507  (').  Sul  verso  della  carta  io 
sta  scritto:  «  Capitoli  fatti  col  Re  Christianissimo  l'an- 
«  no  1507  quando  prese  la  cita  per  forza,  cavati  da 
«  una  copia  antica  appresso  il  M.co  Giuseppe  Marti- 
«  gnone  »  e  sotto:  «  notande  »  La  e.  11.  è  tutta  occu- 
pata da  due  lunghe  colonne  di  nomi  dei  «  Mercadanti 
o  sia  populo  grasso  »  e  degli  «  Artefici  e  populo  mi- 
«  nuto  che  furono  di  fattione  li  anni  de  1506  e  1507 
«  che  fu  il  viva  populo  di  Genova  »  (').  La  e.  12.  con- 
tiene la  trascrizione  di  un  lungo  passo  del  diario  (13- 
14  maggio)  che  riporta  i  nomi  dei  banditi  da  Genova; 
la  e.  13.  un  altro  passo  (18-19  maggio)  e,  subito  dopo, 
la  notizia  dell'arresto  (i  giugno)  di  Paolo  da  Novi  e 
del  suo  supplizio  (15  giugno);  dopo  (]uesta,  una  lista 
delle  famiglie  nobili   elette  durante  il  governo  popolare 


(ì)  Cfr.  in  Appendice  Doc.  XLIX. 

(2)  Sono  14  e  non  18  come  afferma  il  Federici  nel  catalogo  delle  opero 
consegnate  in  eredità  al  comune  di  Genova  e  come  ripete  nelPangolo  supe- 
riore a  sinistra  della   prim.a  facciata. 

(3)  Cfr.  in  Appendice  Doc.  XLV. 

(4)  Cfr.  in  Appendice  Doc.  XI.Vf. 


2Q8  Cenni  critici 

per  un   terzo   degli  offici   ai   quali,     come    è    noto,     non 
parteciparono  essendo  fuori  di   città.  (') 

Il   manoscritto,   dell'Archivio   Civico   di    Genova   ap- 
partiene al    fondo   Pallavicini   e   porta   il   n.    881-1152;   è 
legato  in   pergamena  n   misura  mm.    353x243-  Sul    dor- 
so è  scritta  la   vecchia    segnatura    A- io  e   poi   il  titolo 
«    Narratione  delli     anni    1506   e    1507.   Seguita...   »,    il 
resto  è  coperto  dalla  scheda  che  reca  la  nuova  indica- 
zione del  catalogo;  sul  lato  superiore     della    copertina, 
in   alto,  altre  antiche  indicazioni:    «Se   7. a,   e.  3,  n.  17  ». 
Aprendo  il  ms.    troviamo  una    carta    di    guardia,     indi 
un'  altra  sul  cui   recto  si  leggono    le    seguenti     parole: 
«   In   nomine   Domini  ac   I).   M.   V.   e   P.   C.   Gio,   Patt. 
«    1597   a   25   di   agosto,   in   Genova  a  Fasciolo.   Histo- 
«   ria  del  successo  de  anni   de    j  506,  e  i  507  a  Genovesi 
«  trascritto  fedelmente  da  una  copia  che    mi    fu    datta 
«  da   un   Gentilhorao  Genovese  per  mezzo  del  Sig.  Giu- 
«  lio   Pasqua  quon.  Alessandro,  nella  quale  si  vede  molti 
«   e  vari  accidenti   occorsi  a  quei  tempi  alla  nostra  Re- 
«   pubblica,  amaestramento  a  posteri  di  schiffare  tutti  quei 
«    mali   e  altri  che  si   possono    credere  che  debbono  av- 
«   venire  quando  la  Plebe  prende    ardire     di    dominare 
«   con   tanta  ignoranza  le  città,   perchè   non   ne  può  riu- 
«  scire  se  non  rovine  morti    e     sachegiamenti   che  tra- 
«  boccano  in  maggiore  servitù  e  giogho    più   tirannico 
«   come  è  sempre  seguito.   Di   Giulio  Pallavicino  q.  A- 
«  gostino  q.   Francesco  q.   Tobia  scrisse   ». 


(i)  Cfr.  in  Appendice  Doc.  XLVII. 


sul  Diario  depfli  anni   ]5oó-07  2QQ 

Sul   recto  della    pagina    seguente    è    scritta    questa 
lettera  :    «  AH'  illustre  signor    il    sign.    Giulio    Pasqua  , 

<(  mio  signore  osservandissimo.   Con  l'opra  e  mezzo  di 

«  V.   S.   ebbi  da  quel  Gentilhomo,   la  quale  desiderava 

«  assai,   la  relazione  del   successo    occorso  1'  anno    del 

«  1506  e    1507   alla  nostra    Repubblica,  la  quale  sebbe- 

«  ne  in   parte  havea  visto  e  per  historia  e   stampati  e 

«.  a  mano,   con   tutto  questo  ninna  di  esse  mi  ha    così 

«  compitamente  soddisfatto  come  questo,  havendo  egli 

*.  nello  scriverla  tenuto  minutissimo  conto  di  quanto  se- 

«  guiva  di  giorno  in  giorno  e  de  hora    in   bora,    cosa 

«  che  porgie  a  chi  la  leggiera  grandissimo  piacere,  come 

«  ho  sentito  io  nel    copiarla    e    leggerla,  havendo    ciò 

<  fatto  più  di  una  volta;  ringrazio  donque  V.  S,  e  le 
«  ne  terrò  quel  perpetuo  obligo  che  per  me  si  potrà 
«  maggiore.  Tra  tanto  gli  la  mando.  V.  S.  la  legga  e 
«  insieme  mi  tenga  per  suo  come  sono;  le  bacio  le 
«  mani,  che  N.  S.  la  conservi  nella  sua  santa  gratia. 
«  Di  Fasciole  alli  20  di  Agosto  1597.  Di  V.  S.  111. ma 
«  aff.mo  et  obb.mo  Giulio  Pallavicino  q.   Agostino   ». 

Dopo  altre  due  carte  incomincia  il   Diario  col  titolo 

<  L'anno  1506  »;  esso  occupa  35  carte  non  numerate 
alla  fine  delle  quali  sono  scritte  queste  parole:  «  Laus 
«  Deo  ac  D.  Marie  Virginis  et  P.  S.to  Io.  Baptiste, 
*  ^597^  ^  5  <iì  Agosto  1597  in  Genova.  Io,  Giulio  Pal- 
«  lavicino,  ho  trascritto  »  e  più  sotto:  «  detto  Giulio 
«  Pallavicino    q.  Agostino  q.   Francesco  q.   Tobia.   » 

Il  volume  finisce  con   5   fogli   in  bianco;   la  scrittura 
accurata  ed  uniforme  è  tutta    di    una  mano. 

La  copia    della    biblioteca     Beriana    è  in   un  volu- 


300  Cenni  critici 

me  di  «  Miscellanea  di  cose  riguardanti  la  storia  di 
«  Genova  »  (D  bis  3.  8.  14);  il  volume,  oltre  al 
diario,  contiene  altri  documenti  interessanti  il  periodo 
di  storia  da  noi  studiato  e  dei  quali  non  ci  sembra 
inutile   dare   notizia. 

Il  1°  documento  che  si  incontra  nella  miscellanea 
è  l'istruzione  data  (30  settembre  1506)  a  Lorenzo  Cat- 
taneo, Gerolamo  Giudice  e  Lazzaro  Piccinotto  inca- 
ricati di  recarsi  incontro  al  serenissimo  re  d'  Ara- 
gona. Il  2."  documento  non  tratta  di  cose  inerenti  al 
nostro  argomento;  il  3.°  è  l'atto  col  quale  Genova  (io 
maggio)  promette  di  pagare  duecentomila  scudi  al  re  di 
Francia,  per  ottenere  il  perdono  da  lui  concesso  1'  1 1 
maggio.  Alla  fine,  la  mano  stessa  che  copiò  il  docu- 
mento scrive:  «  )^  Benedictus  Dominus  Deus  patruum 
«  nostrorum  qui  eripuit  nos  de  manu  Gallorum  et  ab 
«  insidiis  eorum  Ligures  liberare  dignetur  per  infinita 
«  secula  seculorum.  Amen,  Amen  ».  Il  4."  documento 
contiene  la  prima  metà  del  diario,  e  più  precisamente 
la  narrazione  degli  avvenimenti  del  1506  e  dei  primi 
giorni  del  1507,  che  è  interrotta  al  sabato  (9  gennaio) 
alle  parole:  «  lo  tenore  della  resposta  era  che  haveva- 
«  no  visto  la  sua  lettera,  alia  quale  non  davano  re- 
«  sposta  altrimenti  loro  erano  ivi  in  favor  del  stato.  » 
Dopo  due  fogli  bianchi  numerati,  troviamo  il  docu- 
mento 5.°  che  ci  dà  il  resto  del  diario;  la  calligrafia 
però  è  di  altra  mano  assai  più  recente  ,  inoltre  la 
narrazione  non  prosegue  dal  9,  ma  si  ripiglia  dal  i.° 
gennaio,  ed  ha  per  titolo  «  Anno  1507  ».  Questa  se- 
conda parte  è  di   60  pagine  numerate  soltanto  sul  recto, 


sul  Diario  degli  anni   l5oó  07  3oi 

aventi  largo  margine  verso  l'esterno,  con  scrittura  a 
lettere  orrandi  ed  in  riofhe  distanti  l'iina  dall'altra.  Il 
6,"  ha  sulla  carta  di  guardia  la  data:  «  1507,  31  mag- 
gio »  e  contiene  un  bell'esemplare  dei  privilegi  con- 
cessi dal  re  Luigi  XII  dopo  la  riconquista  di  Genova; 
consta  di  48  pagine  non  numerate;  le  intestazioni  dei 
capitoli  ed  il  loro  numero  d' ordine  sono  scritti  in  in- 
chiostro rosso,  il  testo  in  nero  ed  in  fine  v'è  l'indice  o 
«  Tabula  Privilegiorum  per  Regiani  Maiestatem  Civitati 
«  Janue  concessorum   ». 

Il  documento  7.°  ci  offre  un'altra  copia  dei  privile- 
gi, è  di  22  carte  non  numerate,  la  scrittura  è  chiara 
e  corretta,  i  capitoli  si  succedono  senza  titolo  e  nu- 
merazione. 

Passando  ora  allo  studio  critico  dei  tre  manoscritti, 
dirò  subito  che  quello  della  I3eriana  è  senza  dubbio 
una  copia  del  ms.  dell'Archivio  di  Stato.  Ce  lo  prova 
il  fatto  che  in  tutti  i  punti  dove  le  pagine  di  questo 
sono  mutile  per  lacerazione,  il  ms.  della  Beriana  pre- 
senta pure  una  lacuna.  A  conferma  di  ciò  potrei  ci- 
tare moltissimi  esempi,  ma  mi  contenterò  di  pochi  sol- 
tanto. 

Nel  ms.  della  Beriana  è  scritto  (6  luglio)  «  con  un 
«  pugnale  lo  p...  »  e  questa  lacuna  corrisponde  ad  una 
piccola  mutilazione  nella  prima  pagina  del  ms.  dell'Ar- 
chivio di  Stato;  così  la  lacuna  della  Beriana  (18  luglio) 
«  Ira  li  altri  fu...  Vesconte  d'  Oria  »,  quella  del  30 
agosto  «  diece  milia  cantara...  presa  »,  del  4  settembre 
«  non  li  ossavano...  e  che  lo  governatore  »  ed  altre 
coincidono  perfettamente  con  lacerazioni  del  ms.  dell'Ar- 


302  Cenni  critici 

chivio  di  Stato.  La  prima  metà  del  diario  contenuto 
nella  Miscellanea  è  dunque  una  copia  esattissima  di 
detto  manoscritto;  chi  invece  ricopiò  l'altra  metà,  pur 
se(T^uendo  costantemente  l'argomento  del  diario,  ne  mo- 
dificò il  testo,  usando  parole,  frasi  e  costrutti  moderni 
e  forse  ebbe  dinanzi  a  sé  una  copia  del  Diario  diversa 
dalla  precedente  perchè,  dopo  aver  seguito  il  diario  fino 
all'  ultimo,  si  ferma  a  narrare  sommariamente  le  vicende 
dell  '  incontro  del  re  di  Francia  con  quello  di  Spagna 
in  Savona;  fa  commenti  sulla  breve  durata  dell'amicizia 
fra  i  due  re,  muove  accuse  a  quei  di  Savona  per  aver 
cercato  di  mettere  in  cattiva  luce  i  genovesi  al  cospet- 
to di  re  Luigi  XII,  per  ottenere  da  lui  nuovi  privilegi, 
accenna  brevemente  all'  abbattimento  delle  case  fatto 
dal  Salazar  attorno  a  Castelletto  ed  all'  audace  furto 
del  Sudario  e  termina  rivolgendo  grandi  lodi  al  gover- 
natore Lannoy,  di  cui  rimpiange  la  partenza  ed  accen- 
na al  suo  successore,   il  signor  della  Rochechuart. 

Queste  notizie,  che  non  si  riscontrano  nelle  altre 
due  copie,  devono  essere  state  aggiunte  da  chi  era 
contemporaneo  ai  fatti,  poiché  l'ultimo  copista,  essendo 
vissuto  in  tempi  molto  posteriori  all'  epoca  del  Diario, 
non  aveva  ragione  alcuna  di  scrivere  le  lodi  del  Lannoy. 
In  verità  io  non  stimai  doveroso  di  ricopiare  quelle 
poche  notizie  aggiunte,  avendo  constatato  che  sono  già 
riportate  colla  stessa  abbondanza  di  particolari,  dagli 
annalisti  del  tempo,  Senarega  e  Giustiniani.  Le  altre 
due  copie  del  Diario  ,  benché  presentino  qua  e  là 
qualche  differenza  ,  sono  tra  loro  tanto  somiglianti, 
da  poter  dire  che  entrambi  hanno  attinto  dalla     stessa 


sul  Diario  degli  anni   i5o6-07  3o3 

fonte.  Però  il  ms.  dell'  Archivio  di  Stato  sembra  scritto 
da  un  amanuense  scorretto  e  indotto  mentre  quello 
dell'  Archivio  Civico  è  assai  più  accurato  ;  il  fatto 
poi  che  molte  lacune  del  ms.  dell'Archivio  di  Stato  sono 
chiarite  dal  ms.  del  Civico  e  viceversa,  è  prova  evidente  che 
uno  non  è  copia  dell'altro.  Si  avverta  inoltre  che,  quan- 
tunque il  ms.  del  Civico  abbia  omesso  parecchie  parole, 
ciò  non  lede  in  nessun  modo  il  senso  del  periodo,  anzi 
lo  rende  più  agile  e  più  intelligibile;  si  devono  però  rim- 
proverare ripetute  omissioni  di  due  o  tre  righe,  che 
sono  certo  dovute  alla  distrazione  del  copista  perchè  han- 
no sempre  per  causa  il  ritorno  a  breve  distanza 
di  parole  o  frasi  identiche  come:  «  A  dì  detto...,  banco 
«  di  S.  Giorgio,  etc.  ».  Del  resto,  prove  indiscutibili 
che  i  due  ms.  derivino  da  una  stessa  fonte  sono  gli  er- 
rori e  le  lacune  comuni.  Entrambi  i  copisti  sbagliano  nel- 
lo scrivere  29  luglio,  invece  di  20,  come  doveva  essere 
nell'originale;  scrivono  che  il  governatore  era  venuto  con 
«  Vra  e  trionfo  »  (25  Ottobre  1506)  ricopiando  e  imitando 
graficamente  una  parola  che  essi  stessi,  senza  dubbio,  non 
capivano  ;  1'  uno  e  l'  altro  lasciano  lacunoso  il  periodo 
(6  aprile):  «  S'è  ordinato  che  quelli  de  Bezagno  fornizeno 
«  la  bastia  de...  »;  e  l'altro  (23  aprile):  «  etiam  è  venuto 
«  un  caporale  romano,  inimico  di  francesi  quale  ha 
«   nome  ....  ». 

Volendo  ora  discorrere  delle  qualità  intrinseche  del 
Diario,  dirò  a  chi  voglia  sentire  il  profumo  delle  cose  anti- 
che: imprenda  a  leggere  quelle  pagine. Esse  sono  un  ritratto 
fedele  dei  tempi,  degli  avvenimenti  e  degli  uomini  che  vi 
presero  parte.  Le  lotte  cittadine,  gli  odi  dei  partiti,  le  incon- 


304  Cenni  critici 

sulte  deliberazioni  della  plebe  sediziosa,  audace  e  prepoten- 
te, ma  inesperta  così  dell'arte  di  governare  come  di  guer- 
reggiare ,  i  sacrifizi  di  vile  e  di  denaro  fatti  dalla 
grande  e  superba  città  per  raggiungere  i  suoi  fini,  sono 
descritti  con  mirabile  vivezza  da  un  uomo  del  popolo. 
I  suoi  scatti,  r  indignazione  che  sente  per  le  male  azioni 
dei  capi-parte  (27  gennaio),  i  suoi  dubbi  atroci  «  dubito 
«non  li  sia  de'  grandi  traitori  »  (22  gennaio  1507) 
perchè  ritardavasi  l'assalto  a  Monaco;  lo  scetticismo  per 
la  pacificazione  dei  Fregoso  e  degli  Adorno  che  pre- 
vede effimera;  l'esclamazione  (31  ottobre  1506):  «  e 
«  meschina  questa  terra  !  »  alla  notizia  che  i  nobili 
mandino  un  «  capelazo  >^  a  Genova  ;  «  Dio  voglia  che 
«  avvenga  bene,  di  che  ne  dubito  assai  »  (4  novembre 
1506);  «  Dio  voglia  si  li  possa  perseverare,  quod  non 
«  credo  »  (20  novembre  1506),  provano  a  esuberanza 
che  r  anonimo  diarista  è  un  fervente  partigiano  del 
popolo.  Se  poi  vogliamo  indagare  quando  1'  anonimo 
si  sia  accinto  a  scrivere  il  suo  Din.rio  ,  dobbiamo  pre- 
supporre che  egli  abbia  dovuto  innanzi  tutto  conoscere, 
lo  svolgersi  dei  primi  fatti  e  l'importanza  della  solle- 
vazione per  decidersi  poi  a  prenderne  nota,  e  perciò  egli 
non  dovette  scrivere  subito  appena  scoppiò  la  sommossa, 
ma  sibbene  qualche  mese  più  tardi  e  ne  abbiamo  una 
prova  nel  fatto  che,  mentre  descrive  con  molta  accura- 
tezza le  prime  giornate  della  sollevazione  come  quelle 
che  erano  rimaste  più  impresse  nella  sua  mente,  non 
ha  che  poche  linee  pei  fatti  successivi  dell'  agosto  e 
pare  si  affretti  per  giungere  ai  primi  di  settembre.  Sembra 
appunto  che  ai  primi  di  settembre  egli  abbia  incomin- 


sul  Diario  degli  anni   l5o6-07  3o5 

ciato  a  stendere  regolarmente  il  suo  diario  ,  perchè  di 
qui  la  narrazione  procede  più  sicura  ed  esente  da  la- 
cune di  tempo.  V'è  solo  da  notare  qua  e  là  qualche 
ritardo  nel  segnare  gli  avvenimenti,  ma  a  volte  è  neces 
sario  per  vedere  come  riuscissero  gli  eventi.  Dal  12 
al  16  dicembre  evvi  un  cenno  di  rilassatezza;  così 
pure  ai  primi  di  gennaio  d^l  1507  sembra  che  l'ano- 
nimo abbia  ripreso  il  filo  della  sua  narrazione  il  sette 
o  r  otto  gennaio,  che  parla  troppo  spesso  di  fatti 
avvenuti  1'  «  indomani  »  ;  ma  eccettuate  queste  brevi 
soste  ,  si  scorge  chiaramente  che  egli  segue  giorno 
per  giorno  a  notare  come  si  svolgano  gli  avvenimenti  : 
i  suoi  timori,  le  sue  ansie,  le  apprensioni  per  fatti  che 
non  avvennero  o  non  ebbero  alcuna  grave  conseguenza, 
ne  sono  indizio  manifesto.  Talvolta,  nel  precipitare  degli 
eventi,  come  nel  periodo  dell'ultimo  assalto  a  Monaco, 
neir  elezione  di  Paolo  da  Novi,  e  nella  presa  della  città, 
gli  ordini,  le  gride,  gli  avvenimenti  si  susseguono  a  sì 
breve  intervallo  da  costringerlo  a  darci  notizie  alla  rin- 
fusa, e  allora  se  non  ci  venissero  in  soccorso  i  do- 
cumenti, alcune  potrebbero  farci  cadere  in  qualche 
sbaglio  ,  specialmente  per  rispetto  ai  giorni  a  cui 
i  fatti  si  riferiscono.  E'  naturale  poi  che  il  diarista 
si  fermi  più  a  lungo  sulle  vicende  cittadine  e  de- 
scriva con  accuratezza  i  molti  concili  tenutisi  in  quel 
volgere  di  tempo,  ai  quali  certo  deve  avere  anche 
egli  partecipato  ,  perchè  non  ha  mai  errato  né  frain- 
teso e  le  sue  relazioni  sono  in  perfetto  accordo  con  quelle 
tramandateci  dai  notari;  qualche  volta  s'indugia  su  cu- 
riosi particolari,  come  l'accenno  alla  gran  copia  di  gam- 


3o6  Cenni  critici 

beri  bianchi  raccolti  presso  il  ponte  degli  Spinola,  o 
all'inverno  assai  mite  del  1507,  mentre  per  contro 
si  mostra  troppo  parco  o  quasi  digiuno  di  notizie 
nei  rapporti  tra  Genova  e  le  corti  di  Francia  e  di  Sa- 
voia, così  da  aver  bisogno  delle  fonti  di  Archivio,  per  es- 
serne meglio  informati;  ma,  ripetiamo,  egli  è  esauriente 
nella  relazione  degli  avvenimenti  interni.  E'  per  merito 
dell'  anonimo  se  questa  sollevazione  popolare,  quasi  sco- 
nosciuta o  soltanto  accennata  per  la  grande  e  bella 
figura  di  Paolo  da  Novi,  il  doge  popolare  che  sostenne 
con  superba  audacia  la  causa  del  popolo,  e  difese  la 
repubblica  nella  sua  legittima  e  intera  libertà,  assu- 
me un'importanza  indiscutibile  per  conoscere  a  fondo 
la  storia  ligure.  Poiché,  fatta  eccezione  dello  splen- 
dido episodio  del  dogato  popolare,  pochi  avevano 
notizia  di  cotesti  moti  civili,  che  preludono  e  pre- 
parano a  breve  distanza  1'  eroica  sollevazione  che  ri- 
caccerà per  sempre  i  francesi  da  Genova  ;  pochissimi 
conoscevano  l'infausto  ma  non  inglorioso  assedio  di  Mo- 
naco. Chi  infatti  se  ne  è  occupato  sul  serio  ?  Solo  il 
d'Anton  contemporaneo  agli  avvenimenti  e  il  Saige  dei 
tempi  nostri,  lo  hanno  studiato  con  intelletto  d'amore.  Essi 
trattarono  bensì  con  ampiezza  di  particolari  questo  in- 
teressante periodo  storico,  ma  conobbero  soltanto  le 
gesta  degli  assediati  e  queste  posero  in  evidenza;  degli 
assedianti  e  delle  loro  vicende  poco  dissero  perchè  poco  era 
loro  dato  di  sapere.  Del  resto  anche  i  cronisti  genovesi 
ne  parlarono  per  sommi  capi,  e  forse  non  ne  fecero 
parola  per  proposito,  perchè  l'impresa  non  aveva  avuto 
un   esito  felice   per    i    loro    concittadini  :    ma    ai    giorni 


sul  Diario  degli  anni   l5o6-07  307 

nostri  la  storia  non  ammette  nej^ligenze  o  trascuranze 
per  patrio  sentimento:  la  storia  è  la  scienza  delle  azioni, 
è  la  maestra  della  vita;  ogni  sventura  toccata  ai  nostri 
padri  è  ammaestramento  e  scuola  per  noi  :  la  ricerca 
del  vero  sta  sopra  ad  ogni  preconcetto,  ad  ogni  pie- 
toso silenzio  ;  la  storia  non  è  tanto  utile  per  contenere 
il   passato  quanto  perchè  vi  si  legge  1'  avvenire. 

Lo  stile  del  Diario  non  è  buono,  né  pretende  di 
esserlo;  è  prettamente  popolare,  è  rozzo,  gli  manca  af- 
fatto il  lenocinio  della  frase;  qualche  volta  la  narrazio- 
ne difetta  di  precisione  e  di  chiarezza  perchè  l'anonimo, 
contemporaneo  agli  avvenimenti,  crede  di  essersi  suffi- 
cientemente spiegato,  tace  o  sorvola  su  particolari  che 
gli  paiono  inutili,  mentre  a  noi  sarebbero  necessarissimi. 
La  grammatica  pure  è  poco  rispettata  e  i  periodi  in- 
formi; basti  leggere  questo:  «  Costoro  li  parlorno  molto 
largo  e  stimono  poco  le  sue  minace,  dove  che  in  ul- 
timo li  respose  »  e  l'altro  del  7  settembre  1506;  ma 
bisogna  tener  presente  che  chi  scrive  è  un  uomo  del 
popolo;  così  qua  e  colà  incontrasi  qualche  vocabolo 
difficile  a  spiegarsi,  ma  questo  è  dovuto  alla  lonta- 
nanza dei  tempi;  neppure  si  deve  ascrivere  a  colpa 
all'autore  se  ignaro  delle  cose  di  corte  fa  sì  che  il  re 
di  Spagna  (2  ottobre  1506)  risponda  come  un  semplice 
borghesuccio  ai  legati  genovesi  recatisi  a  Portofino  per 
complimentarlo;  se  alla  notizia  che  il  Cleves  lascia  Ge- 
nova, fa  dire  ai  popolani  che  «  se  ne  andasse  pure 
in  sua  malora  »;  lo  stile  è  l'uomo.  L'anonimo  non  è  solo 
un  popolare  (7-8  settembre  1506),  ma  uno  del  popolo 
minuto,  che  vede  poco  volentieri  il  governo  e  il  governatore 


3o8  Cenni  critici 

francese  (3  dicembre  1506,  27  marzo,  11  maggio  1507); 
è  imo  che  odia  i  nobili  «  li  quali  vorriano  che  li  populi  mi- 
«  nuti  stesseno  male  insieme  e  se  tagliassero  a  pezi 
«  l'uno  con  l'altro  »  (17  marzo  1507)  e  vorrebbe  ta- 
gliare a  pezzi  il  popolo  grasso  (i  7  settembre  1506);  anzi 
è  un  «  arrabbiato  »  perchè  sopprimerebbe  anche  qualcu- 
no del   popolo  minuto   (11    settembre    1506). 

Dicemmo  testé  che  egli  è  minuzioso  nelle  notizie 
che  si  riferiscono  all'  ambiente  in  cui  vive  e  che  è  scarso 
in  quelle  di  fatti  che  succedono  fuori  di  Genova,  e  ciò  è 
spiegabilissimo;  egli  espone  soltanto  ciò  che  sa  per  aver 
udito  a  dire;  nessuna  notìzia  di  carattere  segreto;  an- 
che quando  parla  delle  artiglierie  mandate  a  Pieve  di 
Te-co,  non  fa  cenno  alcuno  alla  possibilità  che  dovesse- 
ro servire  ad  altro  fine;  una  volta  sola  egli  scrive  (il  5  di- 
cembre 1507)  «è  venuto  nova  e  io  habio  havuto  le  let- 
«  tere  comò  in  Aste  li  populi  levati  in  armi,  ecc.  »  ma 
non  fu  cosa  d'  importanza  ed  è  pure  incerto  se  fosse 
vera.  Benché  sia  un  popolare  ed  un  «  arrabbiato  »  pure 
è  amantissimo  della  patria  e  della  religione  (3 1  otto- 
bre, 4  e  20  novembre  1506);  deplora  i  saccheggi,  le 
violenze  di  qualche  plebeo  (27  getmaio,  6  e  io  marzo, 
I  I  e  1 3  aprile),  e  quando  si  avvede  che  ogni  speranza 
di  resistere  alle  truppe  francesi  è  vana,  chiama  tristi 
coloro  che  vogliono  un  inutile  spargimento  di  sangue 
(26  aprile  1  507);  ma  non  è  sempre  imparziale.  Da  uno  stu- 
dio accurato  sul  diario  apparisce  che,  per  quanto  egli 
procuri  di  non  manifestarlo,  più  d'  una  volta  si  rivela 
partigiano  dei  Fregoso.  Egli  cerca  sempre  di  metterli 
in  bella  luce,   fa   notare  che  sono   i    più     forti     e    nello 


sul  Diario  degli  anni   l5oó-07  309 

stesso  tempo  i  più  devoti  alle  leggi  ed  all'ordine  (20 
nov.  e  4  die.  1506).  Dell'  audace  e  inonesto  tentativo 
dei  Fregoso  (i  i  gennaio  1507)  parla  poco  e  senza  alcun 
malevolo  commento,  dice  anzi  che  Ottaviano  Fregoso 
<  con  ingegno  e  pericolo  »  scampò  dai  camogliesi;  dice 
che  /\ntonio  Sivori  è  del  «  colore  Fregoso  >  ed  è  «  homo 
che  è  bene  voluto  da'homini  »  (22  marzo  1507);  il  notaro 
F'rancesco  de  Camogli  è  «  la  magior  testa  di  popolo 
avesseno  li  Fregosi  »  calunniato  sempre  da  quelli 
dell'altro  «  colore  »  ed  «  è  venuto  a  scolparsi  a  Palazzo 
«  con  una  bellissima  compagnia  d'amici  de'  Fregosi  ». 
(i  I  genn.  1507).  Non  basta;  egli  narra  che  per  indagare 
sul  tentativo  dei  Fregoso  ormai  fallito,  fu  imprigionato 
Baldassarre  Lomellino  (i  2  gennaio)  «  e  lo  misseno  perfino 
alla  corda,  quantunque  fosse  omo  antiquo  »  e  questi 
(13  gennaio)  «  per  uscir  de  tormenti  »  palesò  gl'intendi- 
menti di  Ottaviano  Fregoso  ma,  ^<  mentiva  per  la  golia.  » 
Per  contro  non  può  celare  la  sua  animosità  ogni  qual- 
volta parla  degli  Adorno  (2  i  die.  1 506);  dice  che  a  questo 
partito  sono  affigliati  in  maggior  numero  quelli  che  ap- 
partengono al  popolo  grasso;  quando  Agostino  Casti- 
glione viene  da  Monaco  a  Genova  per  denunziare  le 
presunte  trame  degli  Adorno  e  del  signore  di  Finale, 
tace  della  lettera  del  Carretto  che  prova  la  sua  inno- 
cenza; se  parla  dei  capi  parte  degli  Adorno,  non  si  rat- 
tiene  dal  dire  che  essi  sono  «  con  una  compagnia  di 
tristi  »  tutti  banditi  ed  armati  sino  ai  denti,  perciò  i 
Fregoso  ricorrono  al  governatore  per  farli  «  sloggiare  ». 
Mi  pare  (juin  li  che  non  sia  imprudente  l'asseverare  che 
l'anonimo  fosse   del   partito  Fregoso.   E  il  nome  del  dia- 


3lO  Conni  critici 

rista?  Noi  non  possiamo  precisarlo,  crediamo  però 
che  siano  da  escludersi  i  due  cronisti  di  quei  tempi:  Bar- 
tolomeo Senarega  e  Antonio  Gallo  perchè  erano  troppo 
illustri  latinisti  per  non  saper  usare  in  modo  più  garbato 
la  lingua  italiana  ;  inoltre  non  sarebbero  stati  così  ar- 
denti partigiani  del  popolo  minuto.  La  questione  insoluta 
del  nome  non  esclude  l'importanza  intrinseca  del  Diario, 
r  esposizione  chiara  e  veritiera  dei  moti  civili  del  1506 
e  1507;  e  come  io  feci  tesoro  del  Diario  per  studiare 
le  vicende  della  sollevazione  popolare,  così  altri  po- 
tranno trovare  in  esso  ampia  materia  di  studi  filologici 
e  toponomastici,  notizie  intorno  alla  storia  del  costume 
e  del  giure.  Nella  pubblicazione  del  Diario  ho  seguito  la  via 
segnatami  dai  più  dotti  di  me,  e  ho  scelto  fra  le  due  co- 
pie dell'  Archivio  di  Stato  e  dell'Archivio  Civico  la  le- 
zione che  mi  parve  migliore,  prendendo  dall'una  e  dal- 
l'altra la  notizia  storica  più  corretta  e  più  sicura,  non 
dimenticando  di  esporre  in  nota  le  varianti  di  qual- 
che importanza  che  mutavano  un  fatto  o  un  nome.  Ho 
curato  pure  che  il  testo  conservasse  intatto  il  sapore  dell'an- 
tichità, ritoccando  soltanto  la  punteggiatura  e  l'ortografia 
per  renderne  più  facile  e  più  spedita  la  lezione,  e  l'ho 
corredato  di  alcune  annotazioni  dove  mi  parve  oppor- 
tuno spiegare  qualche  costrutto  un  po'  difficile  e  cor- 
reggere qualche  errore  di  data.  I  documenti  che  se- 
guono il  diario  sono  scelti  tra  quelli  che  mi  parvero 
più  utili  a  chiarire  qualche  importante  avvenimento,  o 
a  recare  contributo  di  notizie  interessanti  sui  punti  più 
salienti  della  storia  di  quell'anno,  come  ad  es.  l'assedio 
di  Monaco.   In  ultimo    vengono  i  privilegi    concessi    ai 


sul  Diario  degli  anni   l5o6-07  3ll 

genovesi  da  Luigi  XII  nel  maggio  1507,  i  quali,  seb- 
bene neir  intestazione  dei  vari  capitoli  sembrino  iden- 
tici a  quelli  da  lui  elargiti  nel  «499  e  pubblicati  già 
da  L.  T.  Belgrano  e  dal  Pélissier,  pure  nella  sostanza 
si  allontanano  e  non  di   poco  dai    precedenti. 

Nel  porre  fine  al  mio  lavoro,  prego  il  lettore  di  usar- 
mi un  poco  di  indulgenza  per  gli  errori  che  mi  fossero 
sfuggiti  nella  faticosa  trascrizione  dei  documenti,  pen- 
sando al  grave  compito  che  mi  sono  assunto  nella 
ricerca  di  tali  notizie,  sì  che  potrei  appropriarmi  senza 
ostentazione  la  divisa:  sudavi  et  ahi. 


rLj%n-n.n_n  n.-n.n-ó.  n-n.n-n.njn.  nn,  o-t  j-ruLn^o.  gxi.  o^o  o  o  0^:1  n  n.n.n-  n-n.njrj  n_rl  n-fi  no.» 

¥  *  '4  '^  '^  '^  '4  '4  4  4  '4  4  4^^  4  4  4  4  4  4  4  4 


Diario  degli  anni  1506-1507.  (') 


In  lo  nome  de  Cristo,  in  l'anno  de  1506  in  lo 
tempo  dil  Christianissimp  re  di  Paranza,  del  detto  anno 
lo  populo  della  nostra  città,  obprobiato  dalli  nostri  gen- 
tilhomini  per  tale  modo  che  non  era  nisuno  del  populo 
chi  presumesse  contrastar  con  loro  e  già  anni  fa  non 
era  nisuno  del  populo  chi  havesse  litigio  avanti  d'al- 
cuno magistrato  con  gentilhomini  che  potesse  haver  ra- 
gione, in  questo  anno  fu  fatto  una  compagnia  de  gio- 
vani gentilhomini  la  quale  compagnia  haveano  preso 
nome  «  la  Compagnia  de  l'Aguo  »  tutti  portavano  un 
pugnale  longo  de  doi  palmi  in  circa  fatto  a  modo  d'uno 
ago  ;  se  li  havevano  fatto  condure  da  Milano  ;  in  lo 
manico  haveano  uno  motto  che  dicea  :  castiga  villani. 
Non  era  homo  di  populo  chi  avesse  da  contratare 
niente  con  alcuno  gentilhomo,  lo  minor  dispregio  che  li 
diceva  era  :   villano,  e  li  havevano  la  mano  sopra  il  viso. 

A  di  20  de  Zugno  del  presente  anno  in  Banchi 
Gioseppe  da  Dernixe  notaro  demandando  certi  denari 
a  Martino  Spinola  de  Lucuri,  lo  detto  Martino  li  disse 
diversi  dispregi  e  li   menò  uno  calzo;    un    altro    genti- 


(1)  Tutte  le  parole  che  in  questo  Diario  si  troveranno  chiuse  tra  paren- 
tesi quadre  furono  da  me  aggiunte  per  precisare  date  o  spiegare  parole  di 
non  facile  interpretazione. 


3l4  Anno  l5oó 

Ihomo  diede  uno  buffetto  a  Giovanni  Vorrella  (')  de 
doi  giorni  avanti.  Quello  giorno  medesmo  ch'era  alli 
20  in  sabbato ,  Manuele  de  Canale  in  Ban(ìhi  ,  doman- 
dando certi  denari  al  figlio  del  q.  Stefano  Cigala  , 
lo  quale  li  disse  diverse  villanie  e  disprt^i^i  e  li  menò 
un  buffetto,  per  le  quali  cose  il  populo  s'  è  risentito 
e  fecino  serrar  botteghe,  e  ne  andò  una  grande  molti- 
tudine a  palacio  dove  uno  locotenente  de  Mons.  F'i- 
lippo  de  Revasten,  chi  era  governatore,  che  si  chiamava 
Rochabertino ,  che  era  Novarese  (^) ,  homo  scortissimo, 
ha  fatto  prendere  detto  Cigala  e  ponere  in  prigione 
dove  le  cose  se  scoteranno  e  ha  bandito  detto  Cigala, 
doi  giovani  Cattanei  e  un  altro  Giuria  ,  che  tutti 
haveano  dati  schiaffi  e  le  cose  se  acquetorno. 

Altro  sabbato  vegnando  ,  che  fu  alli  27  [Giugno]  fu 
datto  da  altri  gentilhomini  delli  schiaffi  a  certi  altri 
del  populo,  per  tale  modo  che  lo  populo  s  è  resentito 
grandissimamente,  e  grandi  e  piccoli,  e  perchè  era  gran- 
dissima divisione  et  odio  in  lo  populo  da  Adorni  e 
Fregosi  s'  è  quietato  1'  odio  e  la  parcialità  e  se  con- 
gregò grande  moltitudine  de  homini  in  la  piazza  delli 
Giustiniani  e  ivi  fecino  conseglio  e  feceno  XII  capitani 
de  populo  che  fosseno  con  lo  locotenente  e  Antiani  e 
vedesono  di  prendere  qualche  termine  che  lo  populo 
non  fosse  così  sofocato  e  dispregiato  dalli  gentilhomini: 
Il  nome  de'  capitani  sono  questi  :  Antonio  Sauli,  Stef- 
fano  Giustiniano,  Francesco  de  Camugli ,  Domenico 
Adorno,  Theramo  Baliano,  Bartolomeo  da  Ceva,  Si- 
mon da  Mandora,  Giacomo  Dernise,  Stefano  de  Ca- 
priata,  Rafaele  de  Fornari,   Antonio  d'Albaria.   Li  gen- 


(0  II  ms.  deirArch.  Civico  ha:  Bonella. 

(2)  Errato  per:  Navarese.  Cfr.  in  proposito  pag.  9. 


Diario  3i5 

tilhomini,  inteso  qiiesto,  hano  fatto  quatro  capitani  che 
possino  spendere  e  fare  quello  che  parrà  a  loro  ;  il 
nome  loro  sono  questi  :  Luca  Spinola  de  S.to  Luca, 
Gio.  d'  Oria,  Gio.  Ambrog^io  da  Piesco,  Angelo  Ceba; 
poi  hanno  fatto  certi  altri  deputati  de  fare  provigione 
de  somma  d'  arme  e  retenire  loro  amici. 

L'  altro  sabbato  vegnando  a  di  6  di  Luglio,  essendo 
una  donna  di  Poncevera  in  S.to  Lorenzo  che  vendeva 
uno  cavagno  de  fonzi,  uno  Bartolomeo  da  Fiesco  li 
volse  comprare  ;  non  possandose  acordare,  li  disse  molti 
dispregi,  poi  li  ha  dato  della  mano  nel  viso.  Uno  che 
se  chiamava  Giacomo  Gigione  maxelaro,  uxito  di  Pon- 
cevera, li  disse  non  la  dovesse  battere,  che  li  era  sua 
parente  ;  alhora  è  uscito  fuora  Giovan  Georgio  da 
Fiesco  e  asaltò  detto  Giacomo  con  un  pugnale  ;  lo 
quale  Giacomo  è  fugito  per  fino  in  lo  capo  della  strada 
del  fiUo,  cridando  :  arme  arme  ;  poi  ha  arrancato  uno 
pugnale  e  s'  è  volto  verso  detto  Gio.  Georgio  lo  quale 
è  fugito  in  la  chiesa  di  Santo  Lorenzo  e  subito  molti 
artexani  hanno  prexo  l'arme  in  mano:  con  gran  fatica 
le  cose  se  aquetorno. 

A  di  18  [Luglio]  in  sabato,  essendo  li  dodeci  capi  in 
palacio  per  poner  qualche  termine  amicabilmente  dal 
populo  alli  gentilhomini.  Monsignor  Gio.  Aloise  da 
Fiesco  vene  in  palacio  con  homini  ducento  con  le  arme 
indosso  ;  la  nova  è  andata  per  la  terra  che  lo  populo 
era  venduto  a  palacio.  Subito  lo  populo  s'  è  levato  in 
arme ,  tanta  moltitudine  e  sì  presto  che  pareva  una 
meraviglia,  cridando:  P>anza,  viva  populo;  dove  quella 
cera  [j^r^]  fu  ferito  diversi  gentilhomini;  tra  li  altri  fu 
morto  Vesconte  d'  Oria  da  diversi  tristi,  e  ferito  Ago- 
stino d'Oria,  li  quali  erano  homini  più  presto  pacifichi 
che   altro.   Li  gentilhomini,  chi  è  andato    fuora,  chi    se 


316  Anno  l5oó 

ascose  ;  la  notte,  stando  la  terra  in  arme,  fu  posta  a 
sacho  tutta  la  casa  di  Ansaldo  de  Grimaldo  ,  tutta  la 
casa  de  Cataneo  Gentile,  figliolo  del  quondam  Petro 
Falamonica,  tutta  la  casa  del  q.  Nicolò  Lomelino  de 
Banchi,  tutta  la  casa  di  Michaele  Imperiale,  tutta  la 
casa  di  Giofro  Cataneo,  tutta  la  casa  di  Agostino  Cn- 
taneo,  a  Genova  e  in  villa  ,  e  diverse  altre  ne  furono 
arrobate  qualche  parte  ;  lo  giorno  è  venuto  adosso  e 
se  quietò  lo   rubare. 

La  domenica  mattina  [19  Luglio]  sono  andati  in  Pa- 
lazo  e  hanno  ordinato  di  dare  provigione  alli  officij  e 
regulare  la  terra  acioche  se  deponesse  1'  arme.  E  ve- 
nuto nova  che  Mons.  Giovan  Loise  da  Fiesco  commulava 
gente  in  violato  ;  lo  locotenente  de  lo  governatore  e  li 
capitani  li  mandorno  a  dire  che  volesse  venire  a  pa- 
lacio  con  sei  o  otto,  o  vero  andasse  fuori  della  terra  ; 
non  facendo  questo,  anderiamo  con  le  armi  in  mano  a 
scasarlo  fu  ora  ;  ha  mandato  a  responde  re  venirebbe  a 
palacio,  ma  voleva  400  homini  per  guardia  della  sua 
persona.  Questa  cosa  si  è  divulgata  per  la  terra  ;  su- 
bito lo  populo,  la  maggior  parte,  se  aviaggiò  alla  volta 
del  borgo  di  Santo  Stefano  e  de  Violato.  Detto  Mons. 
Giovan  Loise  con  certi  gentilhomini,  che  la  note  sono 
retirati  in  Violato ,  sono  andati  fuora  e  hanno  lasciato 
la  porta  del  Ercho  ben  fornita,  dove  lo  populo  gè  ar- 
rivato e  per  forza  d'  arme  lo  presero.  Li  furono  diversi 
feriti  ;  è  morto  uno  Cambialanza  che  era  in  detta  porta, 
poi  hanno  fornito  detta  porta  con  tutte  l'altre  e  violato. 
In  Palazo  se  comulò  grandissima  moltitudine  de  citta- 
dini de  populo  con  le  robe  in  dosso  e  fu  fatto  Consilio 
dove  hanno  deliberato  de  far  eletione  nova  de  Antiani, 
li  quali  fosseno  quatro  gentilhomini,  quatro  mercadanti 
e  quattro  artexani  e  cosi  hanno  fatto  tutti  l'altri   offitii 


Diario  31/ 

de  novo,  che  andasseno  per  terzo,  e  così  hanno  passato 
per  quella  domenica  mattina  hanno  li  Antiani,  li  nomi 
de  quali  sono:  Sorleono  Lomellino,  Francesco  Cattaneo, 
Angelo  Centuriono,  Luchino  Castanea  de  Marino,  Donato 
de  Marco,  Gio.  Batta  Cocarello,  Petro  Sauli,  Paulo  Banca 
Giustiniano,  Batta  de  Rappallo,  Bernardo  Cazella,  Au- 
gustino  de  P'errarì,  Bartolomeo  Soffia  (').  Da  poi  che 
hanno  fatto  questi  antiani  in  far  de  quali  è  intervenuto 
Geronimo  d'Oria  e  Benedetto  e  Gio.  Pinello  (*),  li  quali 
erano  Antiani  de  vegio,  li  detti  Antiani  de  novo  sono 
montati  a  cavalo  con  lo  locotenente  in  compagnia  e 
andorno  con  tutto  il  populo  armato,  con  una  grande 
parte  delli  homini  de  Sestri  e  della  valle  di  Poncevera, 
li  quali  senza  indugione  alcuna  come  hanno  inteso  la 
terra  essere  in  arme,  sono  venuti  da  sescento  con  le 
armi  in  dosso  in  favor  del  populo  ofìerendose  da  dis- 
sette sino  in  settanta  [anni~\  prendere  1'  armi  e  scorsero 
la  terra  perfino  alla  porta  di  Santo  Tommaso  e  ivi 
hanno  dato  licenza  a  quelli  di  Sestri  e  di  Poncevera. 
Ordinorno  alli  loro  campioni  che  ne  ritengano  ducento 
per  la  terra,  alli  quali  hanno  datto  stipendio;  poi  man- 
domo  una  crida  che  ogniuno  dovesse  deponer  le  arme 
salvo  li  deputati  e  in  manco  di  un'hora  hanno  desmisso 
tutte  r  arme  ;  poiché  sono  retornati  a  Palazo  hanno 
fatto  dodeci  conservatori;  li  nomi  loro  sono:  Angustino 
Pallavicino  q.  Petri,  Cipriano  de  Mari,  Francesco  Sai- 
vago,  Acelino  Cattaneo,   Stefano   de    Monella,    Antonio 


(i)  NelPatto  originale  di  questa  elezione  (cfr.  Diversorum  Reg.  170)  in 
luogo  di  Sorleono  è  scritto  il  nome  di  Agostino  Lomellino  e  invece  di 
Paulo  Banca  Giustiniano,  quello  di  Paolg  Battista  Giustiniani.  La  lista 
esatta  di  questi  Anziani  si  trova  a  pag.   14. 

(2)  Altri  Anziani  «  di  vecchio  »  presero  parte  a  queste  elezioni  ed  i  loro 
nomi  sono  citati  a  pag.  14,  n.  2.  Manca  però  quello   di  Giov.  Pinelli. 


3l8  Anno    l5o6 

Sauli,  Gasparo  de  Goano,  Georgio  de  Zoalio,  Giero- 
nimo  de  Facio,  Angustino  Fogliata,  Theramo  de  Ba- 
liano  e  Gio.  Batta  Davagna  (').  Dopo  se  mandò  a 
dire  a  Ms.  Gio.  Aloise  se  voleva  entrare  dentro  con 
poca  gente,  o  quello  voleva  fare  ;  s'è  contentato  venire 
con  poca  gente,  perfino  quella  sera  è  tornato  dentro 
e  li  rezeno   la  porta  de  l'Erco. 

L'  altro  giorno  che  fu  lune  a  di  29  [20  Luglio]  (') 
se  posse  banchi  e  molti  gentilhomini  sono  retornati  e 
venuti  a  Banchi;  dopo  in  l'hora  de  banchi  s'  è  mormo- 
rato per  la  terra  corno  alla  mattina,  per  tempo,  erano 
venuti  de  verso  Chiavari  e  quelle  parti  certe  barche 
carrighe  d' arme,  le  quale  hanno  discarrigato  a  Sar- 
zano  e  condute  in  Violato  ;  ancora  era  stato  visto  andar 
quella  mattina  Ms.  Giovan  Ambrosio  Fiesco  in  Castel- 
letto con  certi  gentilhomini  a  parlar  al  castelano  ;  in 
Besagno  era  gionto  Michaele  Animanegra  (')  con  un 
capelacio  Adorno;  in  Violato  se  cummulava  gente.  In 
un  punto  s'è  butato  una  voce:  viva  populo,  arme 
arme.  In  manco  d'una  bora  fu  tutta  la  terra  in  arme 
e  molto  magiormente  che  non  fu  la  prima;  non  era 
homo  de  populo  che  non  fosse  armato  o  poco  o  assai, 
vecchij  e  giovani  cridando  :  Franza,  populo  e  fora  ca- 
pelazi.  Non  se  potria  estimare  la  gente  che  s'  è  armata 
quello  giorno ,   e  andorno    una  gran  parte    con    lo    lo- 


(i)  11  documento  originale  delFelezione  non  li  chiama  conservatori  ma 
pacificatori  e  nella  lista  differisce  per  un  nome  da  questa  del  Diario.  Cfr. 
pag.   i5,  n.   1. 

(2)  La  data  29  luglio  è  errata.  Cfr.  pagg.  16-17  ^  ^• 
(5)  Si  chiamava  propriamente  Michele  Cichero,  ed  era  macellaio.  Fran- 
cesco Podestà  nel  suo  studio  :  //  colle  di  S.  Andrea  in  Genova  lo  no- 
mina a  pag.  209-210  perchè  fu  il  primo  che  chiese  nel  1498  alla  Signoria 
il  permesso  di  costruire  una  bottega  sotto  la  porta  di  S.  Andrea.  Nei  docu- 
menti è  onorato  del  titolo  di  «  strenuo  »  per  aver  militato  in  servizio  del 
Comune.  —  Pel  significato  della  parola  «  capelacio  »  cfr.  pag.   16,  n.   i  . 


Diario  3lQ 

cotenente  alla  volta  di  Violato  e  casorno  fora  Ms.  Gio. 
Aloise;  fornirono  Violato  e  la  porta  de  l'arco,  la  casa 
di  Giovani  Ambrosio  da  Fiesco,  quella  di  Domenico 
de  Marino  e  certe  altre  case  de  Carignano.  Quel  giorno 
ha  liberato  diversi  eh'  erano  in  prigione  ,  per  la  vita 
etiamdio,  perchè  li  homini  di  Sestri  e  di  Poncevera, 
li  quali  haveano  grandissime  condemnacioni  e  ancor 
doveano  dar  dinari  assai  per  le  loro  avarie  de  vechio, 
per  le  quali  erano  ogni  giorno  stradati,  perchè  s' e- 
rano  passati  bene  per  lo  populo  furono  assoluti  e 
liberati  da  1'  avarie  di  vechio  e  condemnacioni.  Quel 
giorno  sono  intrati  assai  di  queli  di  Bisagno  in  favor 
del  populo.  Quella  mattina  fu  misso  a  sacho  a  Banchi 
la  casa  di  Ms.  Anfreono  Uzo  di  mare,  la  casa  di  Ms. 
Francesco  Lomelino  de  Fassolo.  Al  dopodisnare  man- 
dorrto  la  crida  che  ogniuno  dovesse  deponere  1'  arme, 
salvo  li  deputati.  In  uno  punto  ogniuno  le  desmisse, 
per  modo  non  pareva  che  non  se  fosse  mai  manezato 
arme  ;  Ms.  Gio.  Aloise  se  n'  è  andato  a  Quarto,  nel 
qual  loco  erano  diversi  gentilhomini,  specialmente  della 
casa  Spinola;  da  poi  fra  quatro  o  cinque  giorni  se  n'è 
andato  a  Montobio  con  diversi  gentilhomini  e  ivi 
sono  stati  diece  giorni  e  di  poi  se  aviorno  parte  alla 
volta  de  Milano  dove  era  Mons.r  de  Giamon  ,  quale 
è  locotenente  de  qua  da  monti  della  sacra  maestà  del 
re  di  Pranza  ;  Ms.  Giovan  Aloise  è  andato  a  Cartona. 
In  la  terra  il  populo  ha  deliberato  diversi  ambasciatori: 
in  prima  il  spettabile  Ms.  Nicolò  de  Oderigo  che  è 
andato  alla  sacra  maestà  del  re  ;  il  sp.  Ms.  Antonio 
de  Lerexo  è  andato  a  Milano  davanti  a  Monsignor  de 
Giamon.  Fu  deliberato  Vincenzo  Sauli,  Dimitrio  Giu- 
stiniano; Bartolomeo  di  Ceva,  Leonardo  de  Facio  che 
andorno  da  Mons.r  de    Ravasten,    lo    quale    è    intrato 


320  Anno   l5o6 

alli  29  di  Agosto,  il  giorno  di  S.  Giovani  degolacio 
\_decollato  f]  in  sabato  dentro  da  Genova  con  250  ho- 
mini  d'arme  da  cavalo  e  da  750  fanti.  Tutta  la  terra 
li  sono  andati  incontro  con  le  robe  in  dosso  e  perchè 
ha  dormito  la  sera  avanti  a  Campi,  in  casa  de  Stefano 
d'Oria,  li  Antiani  li  andorno  incontro  fino  a  l'acqua  di 
Poncevera.  Li  era  una  gran  compagnia  d'hominì  a  ca- 
valo, molto  abiggè  [abbigliati],  tutti  vestiti  a  una  livrea, 
uno  farso  di  tafetale  stretto  alla  francese:  gentilhomo  ni- 
suno  non  li  è  andato  incontro.  In  quel  giorno  s'è  pian- 
tato in  Palacio  uno  grande  par  de  forche,  con  uno  zeppo  e 
una  manera  \ntanuaia\:QMQ:sto  giorno  è  venuto  nova  d'uno 
corsaro  Turcho,  chiamato  Jamali,  con  due  galere  e  tre 
fuste  ha  investito  una  nave  venetiana  ch'era  partita 
dal  nostro  porto  perchè  uno  Gio.  Francesco  Palavicino 
r  haveva  presa  in  Levante  con  una  sua  barcha,  la  quale 
era  de  porto  \J)07'iata~\  de  diece  millia  cantara;  l'ha  presa  in 
canale  di  Piombino  e  li  ha  tagliati  tutti  a  pezzi  salvo 
doi  che  sono  scampati  a  nodo;   da  poi  l'abruzò. 

La  domenica  alli  30  [Agosto  ]  è  intrato  Ms.  Gio.  Aloise 
con  60  cavali  e  fanti  150;  da  poi  che  fu  in  Violato 
incominciò  a  farsi  forte  moltiplicar  de  gente,  condure 
in  detto  loco  assai  artigliarie,  grandissima  provigione 
d'  arme,  multiplicar  de  gentilhomini,  con  tutavia  dar 
denari  a  gente.  Per  la  terra  era  una  grande  mormora- 
cione  ;   lo  governatore  dava   bone  parole. 

E  lo  lunedì  l'ultimo  del  mese  [31  Agosto]  che  se  dovea 
far  li  Antiani,  lo  governatore  non  volse  che  se  faces- 
seno  e  refermò  la  Bailia  al  beneplacito  a  queli  ch'erano 
fatti.  Per  la  terra  era  una  grandissima  mormoratione, 
sia  per  lo  far  delli  Antiani,  sia  per  lo  fortificar  del 
Violato,  sia  per  li  gentilhomini  ch'erano  fuori  e  le  loro 
donne  butavano  parole   molto  sanguinenti. 


Diario  321 

Lo  venere  mattina  4  di  Settembre,  a  bore  i6,  miraculo- 
samente  in  un  punto,  senza  che  li  fosse  ordine  alcuno, 
la  terra  s'  è  levata  in  arme;  in  un  punto  tutto  aseme, 
da  un  capo  al  altro,  tutto  lo  populo  fu  con  le  arme 
indosso,  tutti  gridavano  :  Pranza  e  viva  populo,  fuora 
lo  gatto.  (')  E  perchè  se  haveva  qualche  sospetto  in  li 
otto  del  populo  che  regevano,  li  quatro  gentilhomini 
non  volseno  mai  officiare  né  venire  alla  terra.  Elegerno 
quatro  che  andasseno  a  parlar  al  governatore  e  farli 
intendere  che  lo  populo  non  voleva  che  in  alcuno  modo 
stesse  in  Violato  con  quella  gente  e  se  non  lo  cacciava 
via,  che  lo  cacierebono  loro  con  le  arme  in  dosso,  li 
quali  quatro  furono  questi  :  Ms.  Lazaro  de  Franchi, 
Ms.  Bernardo  de  Castiliono,  Ms.  Stefano  Morando, 
Ms.  Francesco  d'Arquata.  Li  quali  andorno  a  proferire 
tale  parole  al  governatore  ;  a  li  quali  respose  parole 
brusche,  che  li  dicesse,  dicevano  che  ogni  cosa  anderà 
bene  nonostante  che  parlasse  bruscamente,  come  fa- 
ceva alli  8  non  li  ossavano  respondere  e  che  lo 
governatore  voleva  far  quello  voleva  il  populo  (e 
tutto  era  il  contrario)  che  li  menasasse  e  non  se 
incalavano  dir  niente.  Costoro  li  parlorno  molto  largo 
e  stimano  poco  le  sue  minacie,  dove  che  in  ultimo  li 
respose  che,  prima  che  fosse  notte,  darla  termine  a 
ogni  cosa,  che  lo  farla  partire;  e  lui,  montato  a  cavalo 
con  qualche  cento  delli  suoi  è  andato  perfino  alla  porta 
di  Santo  Tomaso,  mostrando  di  andare  amicabilmente 
per  la  terra  e  a  quello  s'  è  potuto  poi  comprehendere 
era  andato  per  vedere  come  era  in   ordine    il     populo, 


(i)  Il  grido  (<  fuora  lo  gatto  »  voleva  dire:  Fuori  i  Fieschi,  perchè  essi 
portavano  quelPemblema  sul  cimiero  deirelmo.  (]fr.  O.  Foglietta  ,  DelP  I- 
storie  di  Genova,  trad.  da  Frane.  Serdonati,  Genova   1617,  pag.  597. 


322  Anno   l5o6 

dove  trovò  da  palacio  sino  alla  porta  di  Santo  Tomaso 
le  strade  ben  piene  de  giovani  ben  in  ordine  d'  arme 
e  ben  disposti  ;  di  ritorno  ritrovò  la  medesima  gente 
lo  doppio  moltiplicata  ;  ha  trovato  in  la  piaza  de  Santo 
Georgio  la  compagnia  del  molo,  che  erano  da  600  in 
circa,  tutti  bene  in  ordine,  con  le  loro  bandiere  ;  li  ha 
fatti  destendere  e  passar  di  longo  ;  è  andato  poi  in 
Santo  Donato  dove  ha  trovato  ì)enissimo  fornito  con 
bellissima  gente  ;  è  andato  poi  al  borgo  di  Santo  Ste- 
fano, dove  trovò  da  s»^i  milia  homini  bène  in  ordine, 
con  uno  b<^llisimo  penone  destesso  a  mezo  borgo  che 
havevano  fatto  di  novo  in  mezo  Santo  Stefano  ,  da 
una  banda  1'  arme  del  re  e  da  1'  altro  1'  arme  di  Ra- 
vasten  ,  se  n'  è  ritornato  a  Palacio;  e  da  poi  è  venuto 
in  la  piaza  de  Marino  dove  erano  reduti  li  Antiani  con 
li  otto  e  molti  cittadini  uno  che  dice  haver  visto  l' ar- 
genterò del  governatore  haver  mandato  a  dir  a  Ms. 
Gio.  Aloise  che  se  facesse  forte;  subito  s' è  mandato  a 
chiamar  al  molo  uno  figliuolo  di  maestro  d'armi  Gioardo, 
lo  quale  è  dignissimo  maestro  d'artegliaria  e  li  fu  datto 
ordine  di  poner  certi  canoni  in  ordine  e  tirare  1'  arti- 
gliaria  alla  cola  \_/a  Colla\  (')  sopra  li  maxelli  di  S.to 
Andrea  e  de  quivi  bombardare  il  Violato  e  poner  in 
ordine  la  gente  e  darli  la  batalia.  Lo  governatore  ha 
mandato  subito  Francesco  da  Pigliasca,  suo  cancellere, 
in  piazza  de  Marino,  che  andasseno  perfino  a  palazzo  li 
Antiani  e  ii  otto,  che  lui  voleva  ad  ogni  modo  mandar 
via  Ms.  Gio.  Aloise.  Li  sono  andati  li  Antiani  e  li  richiese 
che  ogniuno  desmettesse  1'  arme,   che  li  prometteva  che 


(i)  FRANCESCO  PoDKsrA'  liei  suo  libro  11  colle  di  S.  Andrea,  parìa  anche 
di  quasto  luogo. 


Diario  323 

l'undomani  matina,  se  non  fosse  andato  via,  che  lui  in 
persona  anderebbe  a  caciarlo  e  questo  dava  longe  \Jem- 
pareggiava^  solamente  perchè  fosse  arrivato  tutta  la  loro 
gente,  per  poter  far  lo  loro  fatto  ordinato.  Li  fu  risposo 
che  lo  populo  per  niente  non  voleva  deponere  Tarme, 
perfino  che  questo  non  fusse  fuora;  in  ultimo  de  diverse 
parole,  disse  che  era  contento  di  montar  a  cavalo  e  an- 
dar lui  a  mandarlo  fuora  ;  ma  voleva  che  tutti  loro  le 
dessero  la  i&à&  che  non  si  sarebe  fato  danno  a  lui,  ne 
a  sue  cose  e  gente  e  che  facessero  retirare  la  gente 
di  borgo.  Li  promi ssono  che  se  lo  mandava  via  quel 
giorno,  che  non  li  fariano  male  alcuno  e  ritornorno  in 
la  piaza  de  Marino  e  referseno  dette  parole.  Assai 
presto  gionse  Pigliasca,  suo  cancelliere  ,  e  richiese  per 
parte  del  governatore  che  Ms.  Filipino  da  Fiesco  re- 
stasse in  palazo  con  1 50  fanti  ;  li  fu  resposo  che  li 
rincrescevano  assai,  di  quelli  ch'erano,  non  volevano 
che  restasse  dentro  della  terra  alcuno  di  loro.  In  quel 
medesmo  vene  la  nova  che  li  ponceveraschi^  alli  quali 
fu  mandato  a  dire  perfino  della  mattina  dovesseno  passar 
alla  volta  di  Bisagno,  erano  gionti  in  li  monti  ;  quelli 
di  Violato  havevano  ordine  con  queli  del  Castelazo  che, 
se  vedevano  li  ponceveraschi,  che  li  facesseno  segnale. 
Lo  Castelazo  ha  tirato  doi  colpi  de  bombarda,  ha  posto 
una  vela  ;  subito  li  gentilhomini,  che  erano  in  Violato, 
se  ne  andorno  via.  Lo  governatore  è  montato  a  ca- 
valo, è  andato  alla  volta  di  Violato  e  ha  accompagnato 
Ms.  Gio.  Aloise  sino  in  Besagno,  lo  quale  se  aviagiò 
con  tutta  la  sua  gente  e  alogiò  a  Quarto;  esso  havea 
da  50  cavali,  da  600  a  700  fanti  boni.  La  furia  della 
gente  è  andata  grandissima  alla  volta  delle  porte  per 
andarli  appresso  ;  ma  le  porte  erano  bene  fornite,  ser- 
rate con  assai  chi  li   restalavano  non  uscisseno  fora  ;  lo 


324  Anno  l5o6 

governatore  tornò  dentro  e  con  fatica  poteva  passare 
dalla  porta  de  l'Arco  per  fino  a  Palazo,  per  la  molti- 
tudine della  gente  bene  armata,  eh'  era  comulata  ;  so- 
pravenne la  notte  dove    se  fece  le  bone    guardie. 

Al  sabato  mattina  [5  Settembre]  fu  detto  a  quelli  del 
borgo  che  coloro  che  erano  in  la  porta  di  Santo  An- 
drea, in  la  porta  de  l'Arco,  Santo  Stefano,  che  erano 
appresso  300,  erano  a  peticione  del  gatto,  perchè  tutti 
quelli  del  gatto  haveano  una  sbarra  bianca  e  tutti 
quelli  del  governatore  il  simile.  Tutti  quelli  del  borgo, 
senza  far  altrimenti  intendere  alla  terra,  se  posero 
in  arme  e  assalirono  la  torre  di  .  Santo  Andrea  , 
la  porta  de  l'Arco  e  Santo  Stefano  ;  subito  le  han- 
no prese  e  le  fornirono.  La  nova  è  venuta  per  la 
terra  ;  subito  ogniuno  s'  è  posto  in  arme;  lo  governa- 
tore mandò  a  dire  che  voleva  dire  questo  ;  diceno  che 
la  terra  stava  interdetta  non  essendo  Antiani ,  né  of- 
ficii  e  che  costui  era  a  Quarto  e  che  intendevano  che 
tutavia  de  verso  Lombardia  li  venivano  gente  e  che 
non  volevano  star  in  questo;  al  hora  dice  eh'  egli  era 
contento  de  fare  li  Antiani  ;  che  se  andasseno  a  pa- 
lazzo che  se  fariano  e  che  ogniuno  deponesse  l'arme  e 
se  aprissero  le  botteghe.  Fu  deliberato  aprire  le  bot- 
teghe e  ogniuno  stava  con  le  sue  arme  sotto  robe  e 
parevono  de  lo  niente.  L'  Antiani  andorno  a  palazzo 
per  far  lifaxori  (');  lo  governatore  dava  tutte  quelle  longe 
fosse  possibile  poter  dare,  digando  che  per  fare  le  cose 
giuridiche    voleva  li  fusse     200  cittadini  delli  megliori, 


(1)  Sulla  voce  «  fascori  »  ved,  pag.  41  e  42  n.  i.  Rileggendo  ora  at- 
tentamente le  linee  che  seguono  nel  Diario  vedo  di  non  aver  errato  nella 
mia  supposizione  poiché  anche  qui  si  parla  di  scegliere  un  certo  numero  di 
probi  cittadini  e  più  sotto  si  legge  che  furono  essi  che  ^elessero  gli  An- 
ziani. 


Diario  325 

così  gentilhoinini  corno  d'altri,  ch'era  del  parlar  impossi- 
bile, con  altre  longe.  La  nova  s'è  spantegata  per  la  terra; 
subito  datto  fu  l'arme  in  mano  a  ogniuno.  Inteso  lo 
governatore  questo,  ha  lasciato  far  li  faxori  ;  fatto  li 
faxori,  subito  prima  che  partiseno  de  quivi  feceno.  li 
Antiani,  li  nomi  de  quali  sono  :  Laurenzo  Grillo,  Tixi 
de  Camogli,  Ambrogio  Lomelino,  Simon  Salvago,  Gio. 
Batta  Adorno,  Gieronimo  de  Moneglia,  ma  poiché  in- 
teseno  che  era  partito  dalla  terra  con  la  sua  famiglia, 
hanno  ordinato  se  sorroge  uno  in  suo  loco  :  ms.  Lo- 
dixio  de  Odono.  Bartolomeo  di  Riparolio,  Pietro  Batta 
de  Levanto,  Leonardo  Cari::ano ,  Rafaele  da  Passano, 
Stefano  Morando;  perfino  de  quella  sera  hanno  lasciato 
tornare  a  fornire  le  porte  e  le  poste  al  governatore;  niente 
di  manco  l'ordine  è  grande  per  tutta  la  terra,  con  bone 
guardie. 

La  domenica  matina  [6  Settembre]  sonato  la  campana 
grossa,  e  li  Antiani  andorno  a  sedere  ;  li  mancava  li 
gentilhomini  e  Gieronimo  de  Moneglia  e  sorrogorno  in 
suo  loco  Vincenzo  d'Oliva  ;  avanti  che  se  partisseno  de 
radazzo,  hanno  fatto  1'  officio  della  Balia ,  ma  li  genti- 
lhomini non  sono  com|)arsi  ,  li  quali  dies  dexie  l' un- 
dimano  che  fu  lo  limesdì  [7  Settembre]  hanno  fatto  sei 
capitanei ,  che  dovessero  far  alcuni  fanti  per  guardia 
della  terra,  li  nomi  delli  quali  sono  :  ms.  Brizio  Giu- 
stiniano, ms.  Paulo  da  Nove,  ms.  Francesco  d'Arqua, 
ms.  Pantaleo  Navon  ,  ms.  Vincenzo  Vinelli  e  Petro 
Calisano  ,  et  hanno  fatto  provigione  per  le  guardie. 
Alla  domenica  sera  se  mandò  alla  valle  de  Ponce- 
vera  che  se  |)onessero  quella  notte  in  arme  e  passas- 
sero alla  volta  del  Bizagno  ;  il  simile  hanno  mandato 
n  .Sestri  e  Voltri.  Li  ponce veraschi  per  fino  di  quella 
notte  passorno  più  de  doa  millia  alla  volta  de  Besagno. 


326  Anno    i5o6 

ms.  Gio.  Aloise  che  haveva  le  sue  spie  al  Castellacio, 
che  se  li  ponceveraschi  passavano  li  dovessino  far  cignale 
(segjiale),  lo  Castellazo  ha  tirato  doi  colpi  de  bombarda; 
ms.  Gio.  Loise  s'  è  levato  a  quatro  hore  di  notte  con 
tutto  lo  suo  campo  e  se  aviagiò  alla  volta  di  Recco  e 
perchè  lui  era  molto  travagliato  quel  giorno  dalla  ma- 
grania  e  dalla  podagra  etiamdio  li  erano  in  compagnia 
certi  gentilhomini  con  le  loro  donne,  non  facevano  troppo 
camino. 

Alla  mattina  che  fu   lo  lunedi  [7  Settembre]  vigilia  di 
nostra   Donna  di  Settembre,  per  tempo,  li  ponceveraschi 
si   trovorno   in    Bisagno   in   lo   quale  loco    s'  è    comulato 
grandissima  moltitudine  de  gente  e  se  aviorno  appresso  a 
ms.  Gio.  Aloise  ;  tuto  quelo  giorno   capitato  una  grandis- 
sima moltitudine   da  Arensen   in   qua,   e   tutti    s'  aviorno 
appresso,   per  forma   che   se   trovavano   ijiù   de  sei  millia 
homini.   Dalla   terra  li    fu    mandato    grandissima    })rovi- 
gione   di   vituarie   appresso   a  detta  gente,   li     (|ua]i     se- 
guitorno   ms,    (iio.    Loise   fino   a   Recho.    Lui   con  la  sua 
gente  ha   passato   Rua   e,   perchè  li  sopraveniva  la  notte 
adosso,   retornò  la  nostra  gente  e  vennero  alogiare  fra 
Quarto  e   Bisagno.   Quella  medesma   notte,    perchè  in  la 
terra  se  dubitava  che  lo  governatore   non   se  tirasse   in 
Castelletto,  s'ordinò  de  grandissime  guardie  e  fecceno  de 
molti   sbarri,    maxime   per  le   strade   de  dove   se   andava 
da  palazo  verso   lo   Castelletto,     e  •  specialmente    ])er  la 
strada  de  Picapria  e  de  Santo   Domenico.   Quella  notte 
per  tre  volte  hanno  sonato  la  stromia  per  tutta  la  terra 
e  se  poseno  in  arme  solamente  per  far  star    la    gente 
in   ordine  e   svegliata.   Lo    governatore  con  tutta  la  sua 
gente  stava    con     grandissima    paura  ;    la    mattina    per 
tempo   s'è   preso   una  lettera   del     nobile   Angelo    Ceba 
eh'  era  in   Santo   Francesco  ,    in   lo  quale    loco    s'  erano 


Diario  327 

retirati  diversi  gentilhomini  ,  lo  quale  Angelo  scriveva 
a  suo  figlio  eh'  era  a  Savona  e  1*  avisava  come  al  ve- 
nerdì, a  hore  i6,  il  populo  s'  è  levato  con  grande  tu- 
multo e  de  giorno  e  hore  de  quelo  era  seguito  lo 
avisava  distintamente  e  specialmenti  eh'  erano  statti 
molto  inganati  e  abatuti  dalla  partenza  di  ms.  Gio. 
Aloise  de  Viorato  e  eh'  erano  restati  inganati  as- 
sai, che,  (|uando  lo  governatore  fu  venuto,  non  li  ha- 
vesse  tornati  in  pristino  delli  offici,  come  erano  restati 
d'  acordo  in  Aste  e  non  havesseno  fatto  l'executioni 
che  li  havevano  promisso  ;  dubitavano  che  non  fusse 
contaminato  da  denari,  atento  che  Rochabertin,  chi  era 
suo  locotenente,  era  savio  e  cativo  e  che  manteneva  lo 
populo  ;  é  quelo  era  statto  qui  [c/ie]  li  aveva  fatto  pren- 
dere altra  opinione  per  dinari  ,  perciochè  lo  governa- 
tore per  dinari  faria  ogni  cosa  e,  se  li  avesse  voluto 
attendere  le  promisse,  lo  haveria  potuto  fare  con  quela 
gente  che  esso  haveva  e  quele  di  ms.  Gio.  Aloise,  per- 
chè si  era  ditto  largamente  in  lo  viso  al  governatore. 
Non  se  dubitano  d'  altro,  salvo  che  lui  ne  tradisse, 
conio  era  la  verità,  e  per  diverse  lettere  presse  de  gen- 
tilhomini  e  per  dare  a  tuttavia  li  gentilhomini  dinari 
iti  Lombardia  e  in  Aste,  se  conosceva  veramente  ne 
tradiva.  Se  li  fu  portato  detta  littera  e  se  li  fu  detto 
che,  se  dubitava  fosse  cosa  fiticia,  che  si  aveva  colui 
che  r  havea  scritta  in  Santo  Francesco  ;  mandasse  per 
lui  e  se  chiarirà  a  compimento.  Alhora  ,  vedendo  che 
era  scoperto,  con  parole  alla  paleze,  non  so  alla  secreta, 
prese  la  volta,  che  lo  vedeva  la  bona  disposicione  che 
haveva  il  populo  verso  dil  re ,  e  che  se  deliberava  di 
fare  tutto  quello  voleva  il  populo  e  che  voleva  mandar 
via  tutta  la  gente  d'  arme  e  fantaria,  non  tenire  salvo 
(|uelo  voleva  il  populo,  e  de  perseguitare  ms,  Gio.  Aloise, 


328  Anno    ]5o6 

secondo  pareva  al  populo,  e  perchè  dopo  disnare  era 
ordinato  di  fare  consiglio  generale  in  Santa  Maria  di 
castello  ,  perchè  non  se  contentavano  di  farlo  in  pa- 
lazzo, veniria  lui  in  persona  a  castello  con  quatro  o 
sei  servitori  famigli,  come  vorranno  loro.  Li  risposeno 
che  già  era  dito  a  ogniuno  che  se  trovassino  in  detto 
loco  e  che  bastava  a  sua  signoria  che  mandasse  il 
suo  locotenente.  Lo  dopodisnare  s'è  fatto  detto  consi- 
glio, dove  era  grandissima  moltitudine  de  capi  de  casa; 
quivi  è  venuto  Rochabertino,  dove  espose  de  belle  ra- 
gioni e  grande  offerte  per  parte  del  governatore:  che 
sua  signoria  se  contentava  et  affermava  tutto  quello 
era  fatto  per  lo  populo  e  refermava  li  Anciani  [tassati 
e  li  dodece.  tutto  quello  havevano  fatto  ;  refermava  li 
faxori  e  li  Anciani  novi  e  1'  officio  della  Bailia  e  a  loro 
dava  e  rafermava  la  bailia  secondo  il  costume  della 
terra  e  se  offeriva  far  tutto  quell'lionor  e  favor  del  po- 
pulo, perdonando  a  ogniuno  chi  havesse  preso  arme 
in  questa  felice  impresa,  e  a  ogni  maleficio  fatto  da- 
poichè  che  si  era  levato  1'  arme,  e  ha  richiesto  li  fosse 
giurato  di  novo  la  fedeltà.  Alchun  senza  pensamento. 
Pietro  Batta  Giustiniano  e  certi  altri,  senza  essere  chia- 
mati ,  sono  levati  in  piede  e  disseno  che  era  ben  fatto 
e  volleno  andar  per  giurare.  Li  fu  risposto  che  stessero 
a  sedere  e  lasciassero  respondere  a  chi  voleva  parlare; 
fu  resposo  per  alcuni  che  non  era  bisogno  giurare  fe- 
deltà, atteso  che  li  era  statta  giurata  una  volta  e  che 
non  "erano  mai  stati  rebelli  del  re,  ma  che  pareva  cosa 
honesta  che  la  dovessemo  giurare  tutti  ;  aspettar  che 
li  gentilhomini  fossero  tornati  alla  terra,  li  quali  erano 
stati  ribelli  del  re  e  tutti  insieme  giurassero  detta  fe- 
deltà, avisando  ogni  persona  che  ii  gentilhomini.  per 
vendicarse,   s'  erano  contentati  di  dar  lo  sacco  per    tre 


Diario  32C; 

giorni  alli  soldati  e  gente  d' arme,  non  excliidevano 
salvo  qiiatro  monasteri  de  monache  e  Santa  Maria  di 
castello.  Una  parte  del  populo  lo  grasso  havea  noticia 
di  (jiiesto  caso,  era  atterriti  e,  parte  haveano  preso  par- 
tito, parte  stavano  in  c[ualche  pratiche  e  chi  ne  ha 
liberato  è  statto  la  volontà  di  Dio,  che  ha  inspirato  lo 
populo  menuto  che,  contra  la  volontà  del  populo  grasso, 
hanno  preso  1'  arme  e  con  tanto  amore  e  velocità  che 
non  è  persona  al  mondo  che  lo  potesse  credere.  Per- 
fino di  quella  sera,  vigilia  di  nostra  Donna,  s'è  butato 
una  gallerà  in  mare;  quello  giorno  s'è  murato  tutti  li 
portelli,  così  delle  ville,  come  de  altri  lochi  in  Carignano. 
Lo  martedì  mattina  ,  alli  8  di  Settembre,  s' è  man- 
dato uno  bregantino  con  ms.  Agostino  de  Ferrari  e 
Antonio  d'Albaro  commissari]  in  la  Riviera  di  Levante 
per  parte  del  governatore  e  Anciani  a  levar  1'  obe- 
dienza  a  ms.  Gio.  Aloise ,  li  quali  andorno  alla  Speza 
e  subito  la  levorno.  Lo  figliolo  di  ms.  Baldassaro 
da  Biassa  li  è  entrato  dentro  con  moltitudine  di  gente. 
Un  altro  bregantino  con  Manuele  da  Canale  e  Gio. 
Batta  Luxardo  mandorno  a  Rappallo  e  Chiavari  e 
perchè  ms.  Gio.  Aloise,  corno  fu  a  Rapallo,  s'  è  reti- 
rato in  Fontanabona  e  ivi  ha  fatto  testa  e  ha  man- 
dato a  Chiavari  Antonio  Maria  da  Fiesco  con  300 
fanti,  quelli  commissarii  hanno  mandato  uno  a  Chiavari 
con  la  lettera  del  governatore  e  Anciani  ;  presseno 
quelo  con  grande  minasse  de  volerlo  apicar  e  lo  man- 
dorno via.  Tornato  che  fu  li  bregantini,  s'  è  butato 
r  altra  galera  in  mare  e  hanno  ordinato  uno  conseglio 
in  Palazo  per  lo  Zobìa  alli  IO  [Settembre]  a  hore  22,  dove 
s'è  regiuto  di  dare  queste  due  galere  e,  perchè  erano  molti 
che  pare  meritarle  de  haver  queste  due  galere,  fu  qual- 
che contencione  e  non   se  detteno.   S'  è  regiuto  di  levar 


33o  Anno   l5o6 

la  cabella  di  grano  e  diminuire  la  gabella  del  vino,  la 
quale  non  s'  era  venduta  per  la  interdicione  de  la  terra 
e  fu  datto  cura  a  ms,  Vincenzo  Sauli,  ms.  Dimitri 
Giustiniano,  ms.  Angelo  de  Crovara  drapero,  ms.  Ma- 
nuele Canale  notaro  a  riveder  li  desbiti  di  S.  Georgio 
e  levare  delle  gabelle  più  o  manco  comò  parrà  a  loro  ; 
in  quelo  consiglio  è  intervenuto  il  governatore  ,  lo 
quale  disse  de  bellissime  parole  con  la  bocca,  ma  a 
mio  giudicio,  credo  che  in  lo  cuore  fusse  tutto  il  con- 
trario. Esso  dice  che  lui  in  persona  voleva  essere  in  tutto 
quello  fosse  honore  e  utilità  del  populo,  con  molte  altre 
parole  a  tale  proposito  e  dice  che  voleva  mandare  uno 
delli  suoi  a  ms.  Gio.  Loise  e  commeterli  volesse  desi- 
stere dalla  impresa  e  dare  licenza  a  soldati  e  gente 
d'  arme,  e  voleva  che  andasse  uno  della  terra  con  lo 
suo.  Se  li  è  mandato  Thadeo  de  Pigliasca,  li  quali  tro- 
vorno  ms.  Gio.  Loise  in  Fontanabona  malato  in  letto, 
in  casa  ciel  Rosso  de  Leverone.  Quel  del  governatore 
li  ha  parlato  assai  in  segreto  e  quelo  che  se  può  in- 
tendere fu  che  dice  forte  che  farla  tutto  quello  vorrà 
lo  governatore. 

Il  venerdì  [Il  Settembre]  passato  mezo  giorno,  è  capi- 
tato qui,  sopra  lo  porto,  tre  galere  e  due  fuste  bene 
in  ordine,  che  venivano  da  verso  Cicilia,  da  quale  non 
se  hebbe  troppo  parlamento,  che  ebono  a  dire  che  an- 
davano a  cercare  re  di  Spagna,  che  passava  a  Napoli 
e  perchè,  se  così  fosse,  non  bisognava  che  venisseno 
qui,  furono  prese  assai  a  sospetto  e  più  che  se  intrato 
uno  poco  di  marino  e  subito  se  levorno  e  se  posseno 
a  proezare  e  se  ne  andorno  a  Portofino.  Alla  notte  se 
n'  è  fugito  un  sottocomito  che  era  de  Nervi  e  dette 
aviso  che  quelle  galere  haveano  più  de  80  homini  per 
galera  de  superfluo  e  che    erano  asoldati  di  dinari     de 


Diario  33 1 

oentilhomini.  Ne  fu  grandissima  mormoracione  ;  ben- 
ché ogni  notte  se  facessero  le  guardie  bonissime  ,  tut- 
ta volta  se  radopiorno  ;  I'  altre  restorno  in  Portofino. 
Quel  giorno  s'  è  discoperto  che  in  Santo  Dornenico 
che  lo  governatore,  quando  è  venuto,  lo  ha  fornito,  e 
si  pensavano  per  !a  terra  havesse  mandato  via  tutti, 
salvo  300  per  la  guardia,  ne  era  ancora  in  detto  loco 
400  e  più  che  erano  de  ventureri,  che  erano  venuti 
per  lo  sacho.  Lo  populo  minuto  fu  per  andare  a  ta- 
gliarli a  pezzi  ;  ma  furono  aquietati  da  diversi,  digando 
non  era  bene  scandalizzarse  con  lo  governatore,  lo 
quale,  per  ogni  modo,  l'  altro  giorno  li  vuoleva  man- 
dar via  ;  niente  di  manco  ogniuno  de  populo  minuto 
desiderava  tornassero  sull'  arme,  per  tagliare  a  pezzi 
detto  governatore;  quello  sabato  \Ì2  Settembre]  se  sono 
datte  dette  due  galere,  l'una  a  Gasparo  da  Goano, 
r  altra  a  Gio.   Batta  Davagna. 

La  domenica  mattina  per  tempo  [13  Settembre]  sono 
andati  una  gran  parte  di  detta  gente.  A  dì  lune  14  [Set- 
tembre] se  fece  consiglio  in  Santo  Georgio  e  hanno  de- 
liberato levar  la  cabella  delli  marinari  ;  lo  grano  che 
pagava  cinque  soldi  e  tre  dinari  per  mina,  redurlo  a 
doi  soldi  ;  lo  vino  forestero  e  de  Rivera  che  pagava 
lira  una  e  soldi  tre  per  mezarola,  redurlo  a  soldi  quin- 
deci  ";  quello  delle  ville  e  lombardo  ,  che  pagava  sol. 
14,    redurlo   a   sol.    io. 

A  dì  17  [Settembre]  è  venuto  nova,  comò  F"ilippifìo 
da  Fiesco  haveva  asaltato  la  Speza,  gera  intrato  dentro 
e  haveva  sachegiato  diverse  case.  Li  commissari]  che 
r  erano  andati  fora  alla  Speza  a  Porto  Venere  ,  e 
con  effetto  se  avessero  havuto  modo  di  far  500 
fanti  haveriano  preso  lo  castello  e  F"ilippino  de  Fie- 
sco   non    li    saria    intrato.    Gionto  che  fu  la    nova    di 


.y 


332  Anno    i5o6 

detta  perdita,  fu  una  grande  mornìorata  per  la  terra  e 
fu  per  ponersi  in  arme,  o  tagliar  a  pezi  alcuni  di  po- 
pulo  grasso,  che,  a  mio  giudicio,  saria  stato  di  neces- 
sità con  sei  o  otto  artexani,  che  oviavano  ogni  giorno 
il  spendere  in  quello  faceva  di  grande  necessità.  Visto 
la  necessità  del  spendere,  andorno  in  S.to  Giorgio,  lo 
quale  ha  fornito  1'  officio  della  Bailia  de  lochi  1500  e 
l'officio  de  44  ne  ha  comprato  mille  a  L.  55  per  loco 
e  s'  è  deliberato   di   fare   tre   millia  fanti   forastieri. 

A  dì  domenica  [20  Settembre]  s'  è  mandato  a  pren- 
dere sopra  la  nave  de  Lercaro,  sopra  la  nave  di  Sai- 
vago,  sopra  la  nave  di  Lomellino,  sopra  la  nave  de 
Franceschi,  che  erano  nel  porto,  artiglieria  di  metalo, 
pezi  a  numero  16,  tra  canoni  e  farconi;  etiamdio  have- 
vano  dell'  altra  assai. 

A  dì  giove  [24  Settembre]  mandorno  una  crida  e 
hanno  bandito  per  nome  Gierolamo  Tassorello,  Scarpa 
Amandoresi,  Menegolo  Maragiano,  Gorsigia  Feresino, 
in  somma  erano  vinti  uno,  per  nome,  e  ogniuno  chi 
prendesse  uno  di  costoro  vivo  guadagneva  ducati  25, 
e  morto  10  :  etiam  ogniuno  che  havesse  tocco  dinari 
da  ms.  Gio.  Aloise  da  Fiesco,  chi  avesse  preso  arme 
contra  la  sacra  maestà  del  re  di  Franza  et  lo  populo 
di  Genova,  intra  doi  giorni  dovesse  haver  spedito  il 
paese  di  Genova  sotto  la  medesma  pena;  etiamdio  che 
non  fosse  alcuno  chi  portasse  arme,  né  divise  de  cape- 
làzzi  ;  etiamdio  nominare,  né  praticare  con  capelazzi, 
sotto  la  pena  de  quatro  tratti  di  corda  e  ogni  altra 
pena  corporale  e  pecuniale  in  arbitrio  delli  dodece,  li 
quali  se  potevano  dire  otto  perché  li  quatro  gentilho- 
mini  non  officiano  ;  e  chi  manifestereva  tali,  guadagnava 
ducati  diece  e  sariano  tenuti  secreti.  Quella  sera  a  hore 
doe  di   notte  sono  partite  le  due  galere  con  una  barca 


Diano  33  ^ 

da  nave,  in  la  quale  era  de  molta  arteglieria  e  cincjue 
bergantini  e  andorno  alla  volta  della  Speza,  in  lo  quale 
luoco  arrivorno  1'  undomani   a  mattina. 

A  dì  25  [Settembre]  è  venuta  la  nova  come  in  Sar- 
zana  s'  erano  fatti  1 500  fanti,  pagati  per  lo  populo. 
Ms.  Filippo  da  Fiesco  quale  era  in  la  Speza  con  fanti  500 
pagati,  inteso  questo,  ha  fornito  bene  lo  castello  e  la 
bastita  e  abandonato  la  terra  ,  e  s'  è  retirato  a  Beve- 
rino. 

A  dì  domenica  27  [Settembre]  è  venuto  la  nova  comò 

haveano  preso  lo  castello  e  la  bastita  della  Speza  ; 
quel  giorno,  a  bore  4  di  notte,  ms.  Antonio  Maria  da 
Fiesco,  che  era  a  Chiavari  con  homini  400,  ha  aban- 
donato detto  loco  et  è  andato  in  montagna.  Re  di 
Spagna  che  haveva  maritato  la  figliola  in  1'  arciduca  . 
figliolo  dell'  imperatore,  che  lasciò  lo  reame  di  Spagna, 
passava  in  lo  reame  di  Napoli  con  velie  46  fra  nave 
e  galere  in  le  quali  aveva  tre  navi  grosse  di  Genova,  cioè 
la  nave  de  Negro  d'  Oria,  Imperiale  e  de  Fumarii. 
Quel  giorno  domenica  [<?]  venuto  nova  comò  dette  galere 
doveano  arrivare  a  Finaro  con  lo  re  et  la  regina,  d. 
Alfonso  del  Caretto  ,  signore  de  Finaro,  lo  quale  mons. 
d.  Carlo  Domenico  suo  fratello,  arcivescovo  d'Angers 
(poi  papa  Giulio  1'  ha  fatto  cardinale  quando  re  di 
Franza  hebbe  lo  stato  di  Lombardia  Genoa  e  lo  reame 
de  Napoli)  detto  d.  Carlo  Domenico  ha  levato  di  stato 
detto  d.  Alfonso  e  si  è  fatto  lui  signore.  D.  Carlo 
Domenico  era  a  Roma  e  haveva  lasciato  d.  Aloisio 
suo  fratello  a  F'inaro.  Alfonso  era  qui  a  Genova,  Ha- 
biamo  nova  che  detto  re  e  regina  che  al  lunedì  ?lle 
24  doveano  arrivare  a  Finale  e  che  suo  fratello  d. 
Aloisio  ogni  sera'vegiava  in  borgo  con  gentilhomini  e 
gentildonne  erano    partiti    di    questa    terra.     Detto     d. 


334  Anno   l5oó 

Alfonso  ha  pensata  di  fare  uno  tratto  ;  è  andato  a  tro- 
vare li  dodece  e  li  dice  se  li  volevano  dare  agiuto  a 
intrare  in  stato,  che  li  voleva  giurar  fedeltà  con  molte 
altre  offerte.  Li  dodeci  hanno  accettato  la  sua  ofierta 
e  li  doneranno  homini  400.  S'  è  partito  con  diversi 
leudi  e  bregantini  a  4  hore  di  notte  ,  e,  arrivato  alla 
plagia  di  F'inale,  smontorno  in  terra  e  ha  fatto  doe 
squadre  ;  1'  una  ha  mandato  alla  volta  della  terra,  l'al- 
tra ha  menato  seco  alla  volta  del  castello  con  una 
faxella  avanti  e  se  ne  andato  al  castello  e  diceno  : 
apri  che  è  qui  lo  signore.  Senz'  altro  pensamento 
aprirno  la  porta  e  saltorno  dentro.  D.  Aloise  eh'  era 
in  borgo  che  vegiava  in  gaudeamus,  con  fatica  se  n'è 
fu  gito". 

Alli  30  [Settembre]  è  arrivato  de  verso  Napoli  Gon  ■ 
zales  Ferrando,  lo  quale  havea  aquistato  lo  reame  di 
Napoli  a  nome  de  re  de  Spagna  con  galere  4  e  fuste 
3,  in  le  quali  galere  li  erano  doe  de  Battista  e  Ga- 
leazzo Giustiniani  e  venivano  incontro  a  detto  re  e 
regina.  A  dì  primo  d'Ottobre,  a  hore  23  in  circa,  e  arri- 
vato detto  re  e  regina  con  galere  27  e  fuste  cinque  ; 
in  Genova  hanno  fatto  grandissimi  apparegi  per  rece- 
verli  e  hanno  ordinato  dovesse  alogiare  in  Violato  in 
le  case  de  Sauli  e  altre  stanze.  Dalla  piazza  dello 
molo  fino  in  cima  ,  non  saria  potuto  gittare  in  terra 
una  grana  di  grano  ;  li  era  tutta  la  chierexia  con  cit- 
tadini de  populo  assai  e  li  dodeci  tutti  in  ordine  per 
riceverli  con  un  bellissimo  pario  \_pallio\  fatto  di  novo, 
dove  entrare  sotto.  Non  volse  descendere  ;  fu  stimato 
fosse  stato  subornato  da  gentilhomini  e  lo  governatore 
che  li  è  andato  incontra  con  una  barca  di  nave  armata, 
perfino  sopra  Sestri. 


Diario  333 

L'uno  domattina  (')  se  n'è  partito  alll  due  | Ottobre | 
è  andato  alla  volta  di  Portofino  e.  perchè  avevano  or- 
dinato pernixe,  caponi,  quatro  cantara  di  cera  bianca 
e  altre  cose  ,  s'  è  deliberato  mandargele  appresso  ; 
V  hanno  carrigate  sopra  le  due  galere  armate  per  lo 
poinilo  e  le  trovorno  ancora  a  Portofino  e  lo  apresen- 
torno,  che  lo  re  le  dice  tali  parole  che  lui  non  haveva 
fatto  cosa  alcuna  alla  nostra  comunità  che  lo  dovessero 
apresentare  ;  tuttavolta  le  accadesse  capitare  a  Napoli 
e  bisognare  de  lui  ne  fareva  conoscere  che  ne  amava  e 
ne  vole  bene,   con   molte  altre  belle  parole. 

A  dì  4  [Ottobre]  Domenica  se  scoperse  alquanti,  quali 
tratavano  con  capelazi  Adorni  ;  fu  preso  Paulo  della 
Costa,  lo  quale  per  tempo  de  Adorni  era  loro  coletrale, 
al  quale  fu  trovato  una  lettera  che  li  mandava  e  l'ha- 
veva  ascosa  in  lo  basto  d'  uno  mulo.  Come  ha  visto 
eh*  era  scoperto,  ha  datto  di  mano  a  detta  lettera  e  la 
pose  in  bocca  e  la  giasciò  ;  fu  menato  in  la  piazza  de 
Cigala  dove  li  dodeci  officiavano  in  la  logia  delli  sea- 
teri  e  li  furono  datti  certi  tormenti.  Non  ha  confessato 
niente  ;  lo  volevano  menare  in  Violato  dove  era  alo- 
giato  lo  marchese  de  Marazo  e  Giovani  de  Biassa  con 
600  fanti  forastieri  ;  parte  erano  fatti  in  Lunizana  ('') 
e  lo  resto  ,  Soo  ,  erano  restati  con  Gambacorta  ca- 
pitano in  guardia  a  Chiavari,  Quando  menavano  detto 
Paulo  in  Violato  lo  governatore  ha  mandato  a  dire 
se  li  dovesse  menare  in  Palacio  ,  attesoché  erano 
trame  contra  lo  stato,  che  lo  voleva  fare  tormentare. 
Gè  lo  menomo  ;   a  mio  giudicio  credo   non    voleva     se 


(1)  11  ms.  deirArch.  Civico  ha    lunedi,  ma   e   errato   perchè    facendo  i 
calcoli  dovuti  ci  consta  che  era  invece  venerdì. 

(2)  Il  ms.  delPArch.  di  Stato  ha  :  in  lo  Brexiana. 


336  Anno   i5o6 

intendesse  dette  trame  e  scamparlo.  Etiamdio  quel 
giorno  li  fu  menato  lo  sp.  dottore  Conrado  Soffia  , 
lo  quale  s'  è  inteso  la  sera  avanti  essere  venuto 
da  Serravale  Servano,  loco  de  Adorni.  Quando  è  arri- 
vato in  detta  piassa  de  Cigala,  la  quale  era  piena  de 
artegiani,  fu  assalito  da  detti  artegiani  e  datoli  diverse 
ferite,  in  le  quali  n'haveva  doe  mortale  in  la  testa;  se 
riscose  in  una  volta  di  seta;  dopo,  i  fra  lo  scuro,  lo 
Palazo  r  ha  mandato  a  levare  e  lo  feceno  portare  in 
casa  sua.  In  questo  s'  è  alargato  il  sp.  ms.  Rafaele 
Morando,  lo  sp.  ms.  Gio.  de  Negro,  lo  Morina  e  suo 
fratello,  figli  del  q.  Giuliano  de  Magnerri,  lo  quale 
Morina  liaveva  i6  ducati  il  mese  e  fanti  60  dal  po- 
pulo  e  sono  alargati  diversi  altri. 

AUi  5  [Ottobre]  è  venuto  nova  come  l'arciduca,  ge- 
nero del  re  di  Spagna,  al  quale  haveva  lasciato  il 
reame  era  morto  e  perchè  detto  re  era  ancora  a  Por- 
tofino, per  lo  tempo,  li  andorno  de  qui  diversi  caso- 
lari con  drapi  negri  e  venderno  assai  de  drappi  negri. 
Perchè  era  ordinato  di  prendere  Montobbio  e  altre  ca 
stelle  de  d.  Gio.  Loise,  tutavolta  se  Montobio  perteneva 
al  comune  o  a  domino  Gio.  Loise,  lo  governatore  ha 
fatto  questa  offerta  all'  officio  della  Bailia  e  alli  dodece, 
che  non  se  volessero  dare  fatica  alle  castella  di  d.  Gio. 
Aloise  ;  tutavolta,  se  Montobio  perteneva  al  comune, 
se  mostrasse  per  qual  ragione;  esso  si  offeriva  di  far 
dare  sigortà  bona  all'  officio  della  Balia  de  tutto  quello 
vorranno  ;  che  esso  non  anderebbe  contra  lo  populo 
e  che  lui  andarebbe  a  Milano,  in  Pranza,  o  dove  ordi- 
neranno,  oltra  le    cautioni    obligarle  (')  7,     o   800  lochi 


(1)  Il  ms.  dclPArch.  di  Stato  ha:  obligarette. 


Diario  337 

quelo  ha  in  Santo  Geòrgie  per  caiitione  all'  officio 
della  Bailia  ;  facendo  questo,  detto  g-overnatore  si  of- 
feriva di  dare  ogni  agiuto  e  favore  a  prendere  tutte 
le  terre  del  comune  occupato  per  altri  etiamdio  di 
mandar  una  grida  che  infra  tanti  giorni  tutti  li  genti- 
Ihomini  fusseno  alla  terra  con  le  loro  robe  e  famiglie, 
sotto  pena  di  rebellione  e  altre  pene,  e  bandirebbe  tutti 
coloro  che  per  V  officio  della  Balia  fosse  ordinato  ;  se 
deliberò  de  fare  1' undomani  |6  Ottobre]  consiglio  in 
la  logia  delli  seateri  e  ivi  se  exposeno  dette  offerte 
del  governatore  e  se  legette  una  lettera  de  lamon, 
lo  quale  menazava,  se  andavano  a  Montobio,  o  al- 
tro castello  di  detto  d.  Gio.  Aloise,  che  a  lui  era 
di  necessità  mandare  gente  d'  arme  e  donarli  ogni 
favore.  S'  è  restretto  in  consiglio  di  vedere  che  cau- 
tione  voleva  dare  et  sotto  che  forma.  Etiamdio  fu 
ordinato  quatro  capitani  che  dovessero  essere  alla 
guardia  della  terra  con  homini  cento  forastieri  per 
uno.  lo  nome  de  quali  sono  :  Brizio  Giustiniano  ,  Ber- 
nardo de  Castiglione  ,  Petro  Calixano  ,  Grigorio  de 
Terrili. 

A  dì  7  I  Ottobre  I  s'è  mandato  una  crida  per  parte 
del  governatore  e  officio  della  Balia  che  se  perdonava 
a  ogniuno  che  avesse  levato  1'  arme  et  ad  ogni  aroba- 
mento  et  homicidii  fosseno  statti  fatti  et  de  cetero  che 
ogniuno  se  dovesse  guardare  a  non  fallire. 

A  tlì  8  I Ottobre]  detti  capitani  hanno  fatto  la  mostra 
per  la   terra  con   la  loro   gente. 

A  dì  9  I  Ottobre!  love,  perchè  a  Castello  era  cumulato 
diversi  di  popolo  minuto  e  ivi  volevano  regere  per  in- 
tendere quello  faceva  l'officio  della  Balia  con  li  XII 
tutti  di  populo  ordinati  alla  cosa  del  governo,  andorno 
detti   (juatro    caj^itani   con   la  loro  gente   in    detto    loco 


338  '  Anno    l^O'S 

di  Castello  e  desconsorno  detto  scortino,  (')  dove  ne  fu 
una  grande  mormoracione   per  la   terra. 

A  dì  IO  [Ottobre  I  Venere,  li  dodece  fecceno  citare  per 
quel  giorno  al  doppo  disnare,  de  ogni  arte  da  sei  per- 
fino a  otto,  e  diversi  altri  primati  mercadanti  de  po- 
pulo,  in  lo  loco  di  Santa  Maria  di  castello  a  conseglio. 
S'è  congregato  grandissima  moltitudine  de  gente  e  ivi 
exsposseno  come  haveano  pensato  di  dar  uno  bond 
governo  alla  nostra  terra,  poiché  Idio  ne  haveva  acceso 
li  animi,  e  ivi  haveano  pensato  di  far  dodeci  cittadini 
un  governo,  li  quali  fossero  salariati  e  dovesseno  stare 
\_dt]  giorno  e  di  notte  in  Palazzo,  li  quali  stesseno  tanto  in 
Palazo  quanto  se  ordinavano;  solo  volevano  intendere 
li  animi  delle  persone  se  si  contentavano  de  taje  go- 
verno, con  bellissime  parole  a  tale  i)r()j)osito,  e  se  se 
contentavano  che  lui  voleva  intendere  o  vero  accordare 
in  che  modo  se  doveano  far  e  reger  e  per  ([uanto 
tempo,  andasseiìo  alla  logia  de  seateri  che  odivano  vo- 
lentieri ogniuno  argumentar.  Ogniuno  ha  refermato 
dette   parole   e  che  era   ben   fatto   ordinare  tale  governo. 

A  dì  II  I  Ottobre  I,  s'è  mandato  una  crida  che  tutti  li 
sbanditi,  infra  bore  24,  dovessero  bavere  spachiato  la 
terra  e   chi   aveva   salvoconduto  lo   dovesse   mostrare. 

Alli  15  [Ottobre!  furono  li  Antiani  e  li  XII  con  diversi 
altri  cittadini,  tutti  de  populo,  per  ordinare  lo  conse- 
glio grande  e  prendere  la  deliberacione  dal  governa- 
tore, lo  quale  tornava  a  contradire  a  tale  governo,  e 
stetteno  molto  tardi  sopra  tale  contendere,  talmente  che 
per  la  terra  era  grande  mormoracione,  e  furono  a  pren- 
dere r  arme  ;   ultimamenti   per  alcun    fu     parlato    molto 


(1)  La  frase  vuol  dire  che:  disconciaronn  quello  scrutinio,  cioè    fecero 
togliere  radunanza. 


Diario  33o 

largo  al  g^overnatore,  dicendoli  che  lui  aveva  arecordato 
tale  governo  e  che  loro  1'  havevano  esposo  al  popiilo 
e  che  se  ne  contentavano  e  che  adesso  pareva  che 
per  lui  non  se  potesse  far  più  una  cosa,  salvo  con 
r  arme  in  dosso,  e  che  la  fariano  intendere  al  popolo 
minuto,  che  non  mancava,  salvo  per  lo  governatore,  e 
che  lasseriano  poi  fare  a  loro.  Lo  governatore,  inteso 
questo,   dice   che   era   contento. 

A  dì  18  [Ottobre]  è  andato  una  crida,  che  a  hore  20 
dovesseno  andare  in  'palacio  tutti  li  cavi  de  casa  a  de- 
liberare tale  conseglio.  Non  se  potria  estimare  la  mol- 
titudine de  gente  s'  è  cumulata  a  tale  conseglio,  in  lo 
quale  fu  fatto  de  grande  contencione,  cioè  detti  X  doves- 
sero esser  eletti  a  balotoi  o  a  voce  e  da  cui  dovessero 
esser  elett»  e  per  qual  tempo  ;  dove  fu  grandissima 
confuxione,  j^er  tal  forma  che  era  già  circa  notte  e  ikmi 
s'  era  concluso  niente.  La  moltitudine  s'  è  incomcnsato 
a  levare  con  mala  intencione  ;  è  tornato  a  montar  so- 
pra Joannes  P)aptista  de  Ferra rijs,  notaro  (p  Roh'ntli  e  ha 
recordato  che  a  hii  pareva  far  400  insachetati,  li  (piali 
fosseno  fatti  per  li  XIL  sei  agionti  per  li  Anciani  ;  cioè 
100  mercadanti,  100  gentilhomini,  200  artexi,  perchè 
sono  j)ÌLi  numero,  li  eguali  se  del)ano  polisare  (')  e  ponerii 
in  sachetti  ;  poi  siano  tirati  sopra  per  uno  garzone  pi- 
colo,  e  a  cui  Dio  tiara  la  sorte  colui  resterà;  lo  tempo 
non  possa  passare  sei  armi  e  manco  se  parrà  a  (questi 
XVIII  li  quali  lo  debano  assotigliare  ;  infra  questo  mezo 
faranno  l' insachetati  secondo  le  loro  coscienze.  Lo  po- 
pulo  tuto  unanimiter,  ninno  contradicente,  dice  che  era 
ben  fatto,   che  e'   stava  bene  e  che  se  facesse  uno  de- 


(1)  Credo  che  significhi:  poli'^jarc  e  cioè  scrivere  in  polizze. 


340  Anno   l5o6 

creto  e  così  fu  fatto  per   man   di  Bartolomeo  Senarega: 
lo  popolo  se  partì  bene  contento. 

A  dì  17  I Ottobre]  a  bore  2  di  notte  se  partirno  le 
galere  che  portano  fanti  200  con  doi  commissarii 
domino  Giacomo  Giustiniano  e  F^rancesco  d'  Arquata 
che  doveano  descenderli  in  Albenga  per  andare  alla 
Pieve  perchè  lo  nob.  Luca  Spinola  la  teneva  uzurpata 
al  comune  e  già  li   popoli   erano  solevati, 

A  dì  19  [Ottobre]  fu  fatto  conseglio  in  Santo  Georgio 
ad  instanza  dell'  officio  della  Balia  per  trovar  lochi 
1600  per  li  loro  bizogni  in  defensione  della  terra,  e 
fu   deliberato  di  darli. 

A  dì  22  d'Ottobre,  a  hore  4  di  notte  in  circa,  li  Anciani, 
lo  officio  della  Moneta  di  novo  e  di  vecchio, con  li  4  amba- 
sciatori, che  andorno  incontro  al  governatore  in  Aste,  (') 
erano  insieme  in  conseglio  a  Palacio  che  hanno  fatto 
uno  decreto  senza  farne  noticia  al  populo  e  deliberorno 
di  dare  le   Riparie  in   posanza  del  governatore. 

A  dì  23  I Ottobre!  venere,  questa  cosa  fu  intesa  per 
la  terra,  dove  fu  menazato  alcuni  di  detti  officiali  d'es 
ser  tagliati  a  pezi,  dove  al  dopodisnare  tornorno  a  Pa- 
lacio dove  s'  è  congregato  in  sala  grandissima  moltitu- 
dine di  artegiani,  li  quali,  vedendo  che  a  hore  23  so- 
nate non  se  prendeva  restretto  nisuno,  a  furia  in  sino 
da  Palacio,  cridando  :  viva  populo,  e  ogniuno  ha  preso 
r  armi  in  mano.  Coloro  chi  erano  in  conseglio,  inteso 
questo,  revocorno  detto  decreto  e  ne  hanno  fatto  un 
altro  che  tutte  le  Rivere  restassero  in  mano  del  populo 
e  subito  ne  mandorno  una  crida  per  tutta  la  terra.  A 
quello  modo  aquietorno  lo  populo,  lo  quale  già  una 
parte  haveva   l'arme   indosso.   Quella  sera  di     notte    s'è 


(i)  Sul  numero  degli  ambasciatori  presenti  ved.  pag.  71,  n,   1. 


Diario  341 

congregato  in  la  logia  del  borgo  di  Santo  Stefano  più 
de  200  borghesi ,  li  quali  tutti  giurorno  sopra  lo  croce- 
fisso e  nostra  Donna  di  non  parlare  di  parte  alcuna  e 
tutti  esser  per  centra  a  cui  parlasse  de  capelazi  e  s'  è 
ordinato  per  l'undomani  di  fare  uno  consiglio  a  Santa 
Maria  di   Castello,   tutto  d'artexani, 

A  dì  24  [Ottobre],  sabbatO  la  mattina  s'è  congregato 
più  de  doamilia  artexani  in  chiostra  a  Castello  e  tutti 
erano  malissimo  contenti  della  ordinacione  fatta  lo  giobia 
sera.  In  fine  de  molti  argomenti  s'è  deliberato  otto,  ar- 
texani tutti  :  doi  del  borgo  di  Santo  Stefano,  doi  di 
Santo  Tomaxo,  quatro  della  città,  li  quali  ogni  giorno 
dovessero  essere  a  Palacio  con  costoro  che  haveano  lo 
governo  e  dovesseno  intendere  tutto  quello  seguiva  alla 
giornata,  e,  se  li  era  alcuna  cosa  che  importasse  che  la 
dovessero  fare  intendere  universalmente  alla  brigata,  a 
([uali  ponessino  nome  tribuni  plebei.  Deliberato  questo, 
s'è  mandato  a  chiamare  alcuno  de'  Sauli  e  Giustiniani, 
delli  quali  è  venuto  Vincenzo  Sauli  che  fu  uno  delli 
imbasciatori  al  governatore,  e  Gierolamo  Sauli,  Dimitri 
Giustiniano  savio  cativo  che  fu  un  altro  ambasciator 
con  sei  o  otto  e  se  li  referseno  quello  se  li  era  deliberato 
e  tutti  ne  restorno  contenti.  Dimitri  ha  fatto  de  gran- 
dissime scuze  quello  bave  vano  fatto  a  bon  fine  e  la  co- 
loriva con  belle  parole  e  ragione,  e  a  mio  giudicio  non 
ne  accettavano  alcuna  e  dice  detto  Dimitrio  che  lo  go- 
vernatore haveva  detto  volesse  partir  ;  quelo  ne  paria 
a  tutti  loro  ;  ogniuno  rispose  se  ne  andasse  in  sua  ma- 
l'hora.  A  mio  giudicio  tanto  quanto  le  cose  fusseno  statte 
in  combugio  (')  haveria  voluto  fosse  statto  qui  perchè  li 
era   quemadomdum   in   prigione. 


(  I  )  forse  =^  in  combutta;  in  confusione. 

23 


v^42  Anno   i5o6 

A  dì  25  [Ottobre]  domenica  per  tempo,  detto  gover- 
natore s'è  partito  con  qualche  vinti  cavalcature  de  cit- 
tadini e  qualche  200  fanti  che  lo  compagnorno;  et  era 
venuto  con  ura  [uj^rà]  (')  e  trionfo  e  s'è  partito  tanto 
più  da  tristo  corno  e'  et  meritava.  Quando  fu  arrivato 
sopra  Zovi,   d,  Aloisio  arrivò  a   Buzala. 

A  dì  26  [Oltobre]  lune  se  mandò  una  crida  per  parte 
del  governatore  e  tribuni  plebei  che  tutti  li  gentilho- 
mini,  ch'erano  dentro  delle  tre  podestarie,  dovessino  esser 
venuti  alla  terra  con  le  loro  masnate  fra  sei  giorni,  e 
queli  erano  larghi  infra  50  miglia  dovesseno  esser  infra 
giorni  diece  con  le  loro  masnate  alla  terra,  sotto  pena 
de  ducati  200.  Item  se  comandava  che  non  fosse  nissuno 
sotto  pena  de  ducati  200  che  ossasse  contratar  ;  né  cui 
li  dovesse  dar  pagar,  ne  scrivano  de  banco  scrivere  al- 
cuna partita  de  gentilhomini  che  non  hanno  le  loro  ma- 
snate alla  terra.  A  dì  detto,  a  hore  2  di  notte,  s'è  partito 
lo  capitano  Gambacurta  pizano  lo  quale  era  capitaneo 
de  tutta  la  fantaria;  è  andato  con  400  fanti  alla  volta 
della  Pieve  ;  montorno  sopra  tre  barche  e  andorno  a 
descendere  a  Albenga  perchè  abenchè  li  populi  fusseno 
in   nostro  favor  lo  castelo  se  teniva  forte, 

A  dì  27  [Ottobre]  venuto  le  nostre  galere  e  in  le  quali 
de  subito  s'è  carrigato  sette  pezi  de  canoni  grossi  de 
metalo  ed  altri  minuti  per  mandar  in  detto  loco  della 
Pieve,  a  benché  in  detto  loco  non  fosse  di  bisogno  tanta 
artegliaria. 

A  dì  31  [Ottobre]  sabato,  a  hore  16  in  circa,  è  andato 
una  crida  per   parte  del  governatore  e  Anciani  e  li  nov^ 


(i)  Tatti  i  tre  ms.  hanno  qui  una  parola  alquanto  indecisa:  Ura  o  Vra^ 
Io  credo  di  poter  interpretare  questa  parola  col  noto  motto  urrà,  grido 
di  trionfo  comune  anche  allora  alle  soldatesche  di  ventura. 


Diario  348 

fatti  quel  venerdì  a  dì  30  del  presente  in  Santa  Maria 
de  Castello,  tutti  artexani,  alli  quali  haveano  posto  nome 
tribuni  della  plebe,  che  non  fosse  alcuno  del  color  no- 
bile che  osasse  trare  sua  niercancla  né  robe  di  qual  ra- 
g'ione  si  voglia,  sotto  expressa  licenza  delli  tribuni,  sotto 
pena  di  perder  detta  roba  e  ogni  altra  pena  in  arbitrio 
loro;  etiamdio  comandano  che  non  fosse  alcuno  de  color 
de  populo,  mercadante,  artigiano,  marinaro,  né  di  qual 
grado  si  voglia,  che,  sotto  suo  colore,  cavava  alcuna 
cosa  del  color  nobile,  sotto  pena  de  scutì  25  e  ogni  altra 
in  arbitrio  loro  e,  perché  lo  termine  delli  nobili  ch'erano 
dentro  delle  tre  podestarie  passava,  lo  prorogorno  per- 
fino a  martedì  per  tutto  lo  giorno  a  dì  3  novembre  e 
li  altri  fino  alli  X,  incomensando  dal  dì  che  é  andato 
detta  crida  e,'  passato  lo  detto  termine,  fariano  diligente 
cerca  e  procederiano  all'esecutione  di  quello  haveranno 
noticia.  Li  gentilhomini  havevano  fatto  grande  conse- 
glio  a  Arquata  e  havevano  datto  ricapito  a  dinari  e 
havevano  ordinato  di  mandare  ambasciatori  al  re  e  a 
mons.  de  Jamon,  lo  quale  era  con  tutta  la  gente  d'arme 
e  fantarie  in  Piaxentina,  lo  quale  [andava^  alla  volta  di 
Bologna,  in  favore  del  papa  che  li  era  a  campo.  Etiam- 
dio mandorno  ambasciatori  al  papa  e  tutto  facevano  per 
ponere  qui  uno  capelazo  e,  a  giudicio  mio,  credo  che 
non  mancherà,   e  meschina  questa  terra. 

A  dì  3  di  Novembre,  venuto  l'ordinario  di  Milano  , 
e  per  le  lettere  di  Milano  avizano  come  lo  papa  haveva 
liavuto  Bologna,  in  questa  forma  cioè:  che  li  venetiani, 
li  quali  havevano  tutta  la  loro  gente  d'arme  alle  frontere, 
havevano  consentito  alla  detta  impresa,  con  questo  che 
lo  papa  non  doveva  procedere  più  avanti  de  Bologna, 
d.  Ioannes  Bentivoglio,  con  tutti  li  suoi,  usciva  fuori, 
salvato  li  beni  e  persone  ;  etiamdio  avizano  che  lo  papa 


344  Anno   l5o6 

haveva  confermato  la  legataria  di  Pranza  a  mons.  di 
Roano  per  anni  cinque  e  faceva  doi  cardinali  francesi 
e  un  altro  a  instanza  de  mons.   de  lamon.   (') 

A  dì  4  [Noveinbre]  questa  mattina  è  venuto  nova 
comò  la  nostra  gente  erano  alla  Pieve,  haveano  havuto 
lo  castello  e  perfino  a  qui  in  la  terra  non  li  è  ancora 
ordine  alcuno  di  governo,  grandissima  confusione  in  far 
li  XII  e  li  offici] .  Dio  voglia  che  avenga  bene,  di  che 
ne  dubito  assai. 

Alli  12  [Novembre]  sono  partiti  doi  ambasciatori  per 
Pranza,  d.  Paulo  Borgaro  e  Simone  de  Ingo.  Li  gen- 
tilhomini  havevano  mandato  un  ambascieria  al  re,  li 
quali  ambasciatori  se  partirono  da  Savona;  un'altra  al 
papa,  costoro  sono  partiti  da  Arquata,  e  Gierolamo 
d'Oria  e  Battista  Spinola  a  mons.  de  Jamon,  lo  quale 
è  nostro  inimico  perfido,  attento  che  alias,  a  la  rota  de 
Pranza,  lo  padre  e  avo  con  uno  suo  barba  di  detto 
mons.  de  Jamon,  li  furono  morti  e  sepolti  a  S.  Benigno. 
Questo  giorno  è  venuto  nova  comò  d.  Gio.  Aloize  era 
cittato  in  Pranza.  Mons.  de  Ravasten  governatore,  ch'era 
partito,  era  andato  de  longa  alla  volta  de  Paranza.  A 
dì  detto,  li  XII  della  logia,  disnati  con  li  sei  agionti, 
andorno  in  senato  con  li  Anciani  di  compagnia,  presono 
r  insachetati  cioè  cento  gentilhomini  e  la  metà  della 
volta  fregosa  e  la  metà  della  volta  adorna  ;  cento  de 
populo  grasso  similmente  acoloriti  e  ducento  artegiani, 
perchè  sono  più  numero  e  intervenendo  doi  frati  di  Ca- 
stello e  doi  del  Monte,  li  quali  hanno  tirato  sopra  cento 
polise  delli  insachetati  artegiani  e,  senza  vedere  quali 
fossero,  li  bruxorno;  dipoi  alogorno  detti  sachetti  in  una 
cassetta  e  li  frati   portoni o  le  chiave. 


(i)  Cfr.  a  tale  proposito  Pastor,  Storia  dei  papi,  Voi.  Ili,  pag.  524. 


Diario  345 

A  dì  13  [Novembre]  retornorno  insieme  e  li  detti 
frati  hanno  tirato  sopra  i  20  coloriti,  li  quali  hanno  fatto 
72  li  citati  e  subito  mandorno  a  citare  detto  numero  ; 
comò  hebeno  60  coloriti  li  detti  60  restorno  soli  a  far 
gli  officii.  Li  altri  1 2  restorno  alla  rescoza  perchè,  per- 
fino al  numero  de  120,  s'erano  tirati  per  polise  a  sorte; 
lo  resto  hanno  fatto  a  balotorl  e  li  1 2  restorno  alla 
rescosa,  perchè,  se  se  abalotorava  alcuno  che  fosse  apar- 
tenuto  ad  alcuno  che  fosse  delli  60  fino  in  3"  grado, 
poter  sorogare  ;  e  quella  sera,  mostrando  l'animi  più  par- 
ciali  che  mai  se  fosse  visto^  hanno  fatto  dodeci  Anciani, 
li  nomi  dei  quali  sono  :  Joannes  Jacomo  Spinola,  Lau- 
rentio  Cataneo,  Gierolamo  de  Negro  Lerexei,  Domenico 
Calvo,  Luca  Giustiniano  de  Moneglia,  Bartolomeo  de 
Varixìo,  Gerolamo  Sauli,  Petro  de  Prementorio,  Giacomo 
de  Castiliono  drapero,  Pelegro  de  Bergamo  ,  Joannes 
de  Vultabio,   Bernardo   Ragio  notaro. 

A  dì  14  [Novembre]  hanno  fatto  l'officio  della  Moneta 
che  havesse  cura  dell'officio  di  Mare  e  delle  Virtute,  cioè 
Agostino  Lomelino  q.  D.,  Lazaro  d'Albaro  e  Lazaro  de 
Camogli  ;  li  padri  del  comune  ch'avessero  cura  delli  Me- 
strali,  cioè  Antonio  de  Serra,  Simon  Vigna  e  Gio.  Batta 
de  Leonardi:  li  sindacatori  Barnaba  Cigala,  Antonio 
d'Oliva  e  Pantaleo  Tontinis. 

A  dì  20  [ Novembre!  perchè  le  parte  se  accendevano 
per  li  contegni  [c/ie\  usavano  queli  del  color  adorno  e 
de  populo  grasso,  per  che  la  magior  parte  sono  di  questo 
color,  li  animi  se  accendevano  in  le  parte  e  quelli  del 
color  fregoso  se  incomenzavano  a  resentire,  lo  color 
adorno  ebe  afano  e  quello  giorno  fu  fatto  un  conseglio 
a  Castello  e  ivi  ha  giurato  ogniuno  de  lassar  le  parte 
de  Adorni    e   Fregozi  e   Guelfi   e  Ghibellini    e   ogniuno 


346  Anno   l5oó 

tirar  a  un   voler,  che  Dio   voglia  se  li  possa  perseverare, 
quod   non   credo. 

A  dì  21  [Novembre]  sono  partiti  li  ambasiatori  per 
andar  al  papa.  A  dì  detto  s'è  compito  de  dar  l'ofFicii 
li  consoli  della  Ragione,  l'officio  de  Banchi  che  supliva 
l'officio  delle  Monete,  e  l'officio  delli  Rotti,  l'officio  della 
Mercancia,  che  supliva  alla  Gazaria. 

A  dì  25  [Novembre]  giorno  di  Santa  Catarina,  li  XII 
sono  acettati  e  incomenzano  a  officiar;  li  mancava  per 
gentilhomo   Domenico   Calvo, 

A  dì  27  |Nove.Tìbre]  s'  è  incomenzato  a  inviare  la 
fantaria  alla  volta  di  Monaco  per  prenderlo;  s'è  man- 
dato doi  bergantini  a  Piza  per  prendere  certi  canoni  de 
artegliaria. 

A  dì  3  di  Dicembre  s'è  fatto  uno  scortino  a  palazo 
de  diversi  cittadini  e  s'è  letto  una  lettera  de  d.  Nicolò 
de  Oderigo,  che  avìzava  corno  re  non  voleva  se  pren- 
desse Monaco  e,  se  se  li  mandava,  converria  li  fosse 
datto  soccorso.  Etiamdio  il  duca  de  Savoia  havea  man- 
dato uno  ambasciatore,  digando  che  Mentono  e  Rocha- 
bruna,  che  teniva  il  s.'  de  Monaco  erano  soi  e  non  vo- 
leva se  prendesseno.  S'è  deliberato  che  se  il  re  e  tutto 
il  mondo  insieme  ne  volesse  contradire  alla  impreza, 
che  per  niente  non  se  desiste  e  se  deliberò  Bernardo 
Venerozo  che  l'indomani  se  partisse  con  lettere  al  duca 
di  Savoia;  etiamdio  che  l'undomani  se  desseno  dinari  e 
se  compisseno  perfino  in  somma  de  tre  millia  fanti  fo- 
rastieri.  A  dì  detto  è  venuto  nova  comò  d.  Aloisio  era 
partito  accompagnato  da  gentilhomini  assai,  eh'  erano 
andati  in   Pranza. 

A  dì  4  di  Dicembre  venere  sono  partite  le  galere  con 
tutta  la  fantaria  e  sono  andati  alla  volta  di  Monaco.  A 
dì  detto  era  ordinato  di  far  consiglio  a  Palacio,  per  le- 


biario  ^47 

g-ere  certe  lettere  del  re  che  scriveva  se  dovesse  dare 
le  Rivere  e  le  fortezze  in  mano  del  governatore  ;  non 
li  fu  numero  e  se  ordinato  per  lo  lunedì.  A  dì  detto 
una  questione  che  s'era  apiziata  in  diversi  parenti  se  li  era 
mandato  doi  conimissarij:  d.  Simon  Bigna  e  Francesco 
da  Recho,  li  quali  sono  andati  quivi  a  Reco  ;  haveano 
de  già  acordato  quelli  della  parte  fregosa  e  fatoli  di- 
smettere (')  l'arme  e  quando  furno  per  praticar  l'acordio 
con  quelli  d'Axereto,  per  parte  Adorno,  uscirono  fuora 
tutti  bene  a  ordine  con  baléstre  e  spingarde  e  altre  arta- 
gliarie  e  amazorno  Batta  de  Marentia  e  ferirno  diversi 
altri. 

A  di  5  [Dicembre  I  sabato  è  venuto  nova,  e  io  ne  habio 
havute  le  lettere,  comò  in  Aste  li  populi  levati  in  arme 
contro  de  francesi  e  li  erano  stati  feriti  molti  francesi. 

A  dì  7  I  Dicembre]  lunedì  s'è  fatto  consìglio  e  la  posta 
fu  che,  per  esser  l'impresa  di  Monaco  di  importanza 
comò  è,  e  dubitando  che  la  paga  (latta  non  suplisse, 
pareva  bene  de  dare  ordine  a  dinari,  acciochè  per  simile 
impresa  per  dinari  non  vene  a  manco.  S'è  deliberato  a 
ogni  modo  di  dar  ricapito  a  dinari  e  che  li  Antiani  la 
commettessono  a  cui  pareva  a  loro  per  quelli  modi  che 
fosse  possibile  se  dovesse  dar  recapito  a  dinari.  A  dì 
detto  è  venuto  nova  che  lo  campo  andava  a  Finaro, 
cioè  li  frattelli  del  signore  che  erano  fora.  Li  amici  de 
Adorni  misseno  una  gran  fuga  per  la  terra  in  voler 
andar  a  dar  soccorso,  dagandoli  tremoglia,  che  quella 
gente  era  fatta  di  dinari  de  gentilhomini  e  che,  prezo 
Finale,  anderiano  a  desconzare  [scontia7'-c ,  rovtna7-e'\ 
l'impresa  de  Monaco.  Li  fu  resposto,  se  lo  signore  de 
Finale   haveva  paura    di   perdere  la  signoria  consignasse 

(i)  Il  ms.  dcll'Arch.  di  Stato  ha  :  desmontare. 


348  Anno   lóoó 

le  fortezze  a  San  Georgio  che  li  farla  bono  partito  e  se 
prendereva  l'impresa.  Inteso  questo  hanno  cambiato  pa- 
role e  tramavano  infra  loro  darli  socorso  e  questo  face- 
vano perchè  quello  loco  era  stato  sempre  lo  refugio  loro, 
perchè  quelli  che  sono  fora  sono  con  la  santità  di  nostro 
signore,   li    pare  siano  sopra  l'altra   volta   ('). 

A  dì  I  I  |DÌcenibre|  sono  venuti  tre  bergantini  da 
Piza  con  una  barca  o  seatia,  in  la  quale  erano  pecij  doi 
d'artigliarla  bellissima  che  tiravano  petre  da  ferro  l'uno 
parmi    i8,   l'altro   parmi    19. 

L'undómani  mattina  [12  Dicembre]  li  mandorno  alla 
volta  di  Monaco.  A  dì  detto  Bernardo  Veneroso,  ch'era 
andato  al  duca  di  Savoia,  è  venuto  quel  giorno  con  un 
personagio  del  detto  duca  ,  Io  quale  duca  li  ha  datto 
bellissime  parole  (^)  de  non  impachiarse  delle  cose  di 
Monaco,  attesoché  detto  signor  di  Monaco  haveva  morto 
suo  fratello  signore  e  haveva  l'altro  fratello  minor  (') 
l'havea  murato  in  muro  e  non  haveva  salvo  tanta  luce 
quanto  potesse  prendere  lo  mangiar;  etiamdio  arobava 
ogniuno  che  potesse  arobare  ;  lo  suo  che  ha  mandato 
in  senato  expose  lo  contrario:  che  lo  signor  voleva  in- 
tender questa  differentla  e  farebbe  restituire  quello  avesse 
arobato  e  per  niente  non  voleva  consentire  che  si  pren- 
desse ('*). 

A  dì  16  [Dicembre]  è  venuto  lettere  de  Pranza,  comò 
re  non  voleva  se  prendesse  Monaco,  etiamdio  voleva 
che  le  Ri  vere  tornassero  in  mano  del  governatore  ;   per 


(i)  Il  ms.  deirArch.  di  Stato  ha:  vita. 

(2)  È  sottinteso  :  dicendo  esso  duca  di  non  volersi...  etc. 

(3)  Il  ms.  delPArch.  di  Stato  ha  :  Taltro  fratello  magior  minor....  etc. 

(4)  L"'anonimo  non  è  molto  chiaro  in  questo  lungo  periodo  ]  per  la  spie- 
gazione di  esso  rimando  il  lettore  a  pag.  11 7-1 18. 


Diario  340 

la  terra  li  era  grandissima  mormoracione  ;  etiamdio  è 
venuto  nova  corno  lo  duca  di  Savoia  haveva  astalato  (') 
tutti  li  niercadanti  nostri  e  loro  robe  e  mercancie  e  fa- 
ceva dua  millia  fanti   per  mandare  a  soccorrere  Monaco. 

A  dì  17  [Dicembre  I  lo  suo  homo  che  haveva  mandato 
s'è  partito  e  è  tornato  in  sua  compagnia  Bernardo  Vene- 
roso  ;  etiamdio  quello  giorno  sono  venute  lettere  del  papa 
che  ne  confortava  che  stessimo  ben  insieme  e  che  non 
havessimo  affano  de  nisuno  ;  stando  bene  insieme  e 
se  fosse  alcuna  differentia  fra  noi  e  il  re,  che  lui  acco- 
moderebbe oofni  cosa.  A  dì  detto  Rochebertin  ha  fatto 
de  grandi  protesti,  se  non  le  daveno  le  Rivere.  A  dì 
detto  s'è  fatto  conseglio  in  Santo  Georgio  e  hanno 
deliberato  lochi    i  700. 

A  dì  19  |I8  Dicembre]  (')  s'è  fatto  l'officio  de  Santo 
Georgio,  cioè  Batta  Cigala,  Lichino  de  Marino,  Castanea, 
Simon  Salvago,  Benedetto  Giambono,  Antonio  Giocia, 
Johanne  de  l^assano,  Simon  de  Amandora,  J',>hanne  Batta 
de  Illice,  Francesco  de  Rocha.  A  dì  detto  fu  una  grande 
mormoratione  per  la  terra  delle  cose  delle  Rivere,  e  tutti 
li  minuti  deliberorno  più  presto  tornar  sopra  le  arme  che 
dare  le  Rivere  in  mano  di  Ravasten.  Etiamdio  quel  giorno 
venuto  nova  erano  in  ordine  i  200  fanti  e  se  ne  facevano 
delli  altri  a  instanza  de  mons.  d'Alegro  per  andar  a  soc- 
correre Monaco  ;  subito  hanno  fatto  imbarcare  fanti  100 
che  erano  pagati,   che  li  mandorno  ;   e  s'è  deliberato  per 


(1)  II  ms.  deirArch.  Civico  ha:  «assaltato»^  io  però  preferisco  il  verbo 
«  astalare  »,  perchè  più  usato  nel  Diario  e,  in  questo  caso,  piia proprio.  Esso 
non  si  trova  nei  lessici  di  lingue  medio-evali  ;  in  genovese  significa  «  domare  »; 
nel  Diario  poi  ha  sempre  il  significato  di  arrestare,  catturare,   sequestrare. 

(2)  Ambo  i  manoscritti  incorrono  nelferrore  della  data  19  invece  di 
18,  errore  più  strano  del  precedente  {2<j  luglio)  poiché  qui  la  vera  data  19 
segue  immediatamente  nel  Diario. 


35o  Anno   i5oó 

l'undomani  dare  dinari  perfino  in  500  balestreri  e  man- 
dargeli  (').  A  dì  detto,  Agostino  de  Castigliono,  ch'era 
uno  delli  commissari]  ch'era  a  Monaco,  è  venuto  a  Genova 
e  ha  menato  con  lui  uno  che  haveva  nome  lo  Ferro 
della  Pria,  homo  ricco,  savio  e  cativo,  lo  quale  era  man- 
dato dal  signor  di  Finale  in  campo  a  Monaco  e  haveva 
una  lettera  di  credenza  con  cinque  altre  lettere,  una  a 
Petro  Battista  Giustiniano,  un'altra  a  Manuele  de  Canale, 
ch'erano  doi  delli  commissarij  ;  un'altra  a  Gaspero  de 
Goano,  patrone  d'una  galera,  un'altra  a  uno  che  dicono 
lo  Gregetto  Giustiniano,  che  haveva  fanti  400,  e  un'altra 
che  andava  a  Santo  Romulo,  le  quali  lettere  contenivano 
cose  sospettosissime,  attesoché  a  tutti  quelli  haveano 
scritto  erano  sopra  la  volta  adorna  e  alli  altri  commis- 
sarij non  haveva  scritto  niente  ;  etiamdio  per  la  lettera 
di  credenza  non  si  poteva  pensar  altro,  salvo  li  fusse 
de  grande  trame.  Per  la  terra  ne  fu  grande  mormora- 
cione  e  contese  e  li  detteno  della  corda  ;  ma  fu  bene 
instrutOi  perciò  non  ha  confessato  altro,  salvo  che  era 
andato  per  comprare  doe  colombrine,  balestre,  sanitrio, 
rodelle  e  altre  artegliarie  se  se  prendeva  Monaco.  Inter- 
rogato che  denari  haveva  per  comprare  dette  cose,  ha- 
veva scuti  37  che  non  bastavano  alle  spese.  Pu  deliberato 
quel  giorno  di  cambiare  detti  commissarij  de  Monaco 
e  deliberarno  Giorgio  de  Zoagli  e  Benedetto  Cerexa  ; 
ne  fu  grande  mormora  per  la  terra,  perchè  Benedetto 
Cerexa  era  partexano  arabiato  de  Adorni  e  Giorgio  de 
Zoaglio  era  huomo  pacifico,  quantunque  fosse  sulla  volta 
Fregosa. 

A  dì  19   [Dicembre]  sabbatO   fn    circa  per   mettersi  la 


(i)  Il  ms.  d?1"'Arch.  Civico  ha  omesso  tutta  la  parte  del  Diario  compresa 
fra  il  primo  «  A  di  detto  »  ed  il  secondo. 


Diario  35 1 

terra  su  l'arme;  tutavolta  Idio  ne  ha  agiutato;  s'è  de- 
liberato cambiar  detti  commissari]  eletti  e  s'è  deliberato 
Theramo  Ha  Baliano  e  Bernardo  da  Castigliono  ,  com- 
missarij  a  Monaco;  lo  spettabile  d,  Gaspare  de  Franchi 
e  Rafaele  della  Torre  commissarij  per  tutta  la  Ri  vera 
di  Ponente.  S'è  mandato  una  crida  che  ogniuno  chi  vo- 
lesse tocar  dinari,  ne  venisse  a  prendere;  s'è  deliberato 
fare  tanta  gente  quanto  se  j)oteva  ;  etiamdio  s'è  mandato 
una  crida  per  parte  delli  Anciani  e  officio  di  Monaco, 
che  tutti  li  bancheri  dovessero  tenire  li  loro  banchi  con 
li  loro  casseri  e  scrivere  e  pagare  fino  alla  3*  festa  di 
Natale,  festa  e  non  festa,  sotto  pena  de  ducati  cento, 
aplicato  air  officio  di  Monaco.  Questo  giorno  è  venuto 
lettere  delli  nostri  ambasciatori  ch'erano  in  Pranza,  comò 
re  non  haveva  voluto  dare  udienza  alli  nostri  amba- 
sciatori, perchè  non  havevano  consignato  le  Rivere  al 
governatore  e  che  haveva  dato  audienza  alli  gentilho- 
mini  ch'erano  andati  nell' audienza  ;  a  caso  se  li  trovò 
lo  sp.  d.  Nicolò  Oderigo  nostro  primo  ambasciador,  lo 
quale  ha  fatto  lo  debito  suo  honorevolmente  e  reprobò 
tutte  le  loro  parole,  taliter  che  restorno  tutti  confusi  e 
la  sua  contradicione  fu   accetata  da  tutta  la  corte. 

A  dì  20  [Dicembre]  domenica  s'è  mandato  artagliarie 
assai,  cioè  prie  di  ferro  e  seitami,  mine  400  di  grani 
e  fantarie  alla  volta   di   Monaco. 

A  dì  21  [Dicembre],  lune,  lo  giorno  di  Santo  Tomaso 
non  se  potria  estimare  l'unione,  amor  se  mostravano  con 
effetti  in  tutto  lo  populo  e  specialmente  in  li  minuti  ;  tutte 
arte  se  offerseno  chi  de  dinari,  chi  de  fantaria,  alla  im- 
presa de  Monaco  e  tutti  davano  dinari;  il  simile  quelli 
di  populo  grasso  davano  dinari.  S'è  carigato  quelo  giorno 
grandissima  somma  de  farina  e  pane  fatto,  e  mandorno 
tuto  alla  volta  di  Monaco  ;  quelo  giorno  se  sono  partiti 


352  Anno   l5o6 

li  doi  commissarij,  fatti  di   novo,    per  Monaco,  con  gran- 
sima  somma  de  dinari  per  renovar  la  paga  alli  soldati 
e  comissione  de  mandar  uno  bando  in   campo  corno  da- 
vano lo  sacco  di  Monaco  alli  soldati,  excliiso  l'artigliaria, 
e  una  paga  servita,  comò  l'haveano  presso.  A  dì  detto, 
perchè    li  canceleri    di   Palazo    erano    tutti    su   la  parte 
Adorna,   il  simile  canceleri  e  scrivani  in    Santo  Georgio  ; 
etiamdio  a  molti  altri   offitij   non  era  salvo    adorneschi, 
per  lo  favor  haveano  havuto  li  anni  passati,  s'è  delibe- 
rato far  8,   cioè  quattro  per  parte,   che  havesseno  a  re- 
golare li  offici  ;   s'è  congregato  in    Santa  Maria  de  Ca- 
stello grandissima    moltitudine    su   la    volta    Adorna    e 
deliberorno  Bricio  Giustiniano,  Ambrosio  de  Promontorio, 
Stefano  Morando  de  Capriata  e  Leonardo   Merello.   In 
Santo  Domenico,  s'è  congregato  grandissima  moltitudine 
su  la  volta  Fregosa  e  deliberorno  per  la  loro  parte  Gio. 
Batta  de  Franchi  Cocarello,   Benedetto   Giambono,   Gri- 
gorio  de  'Ferrile  e  Agostino  de  Ferrari  notaio.  Etiamdio 
è  venuto  nova  che  li  gentilhomini,   chi   sono  la    magior 
parte  a  Savona,   hanno  fatto   700   fanti     e     150     cavali 
per  la  goardia  di   Savona.   Quelli   ventureri    ch'erano   in 
Santo  Domenico,  400  de  loro  haveano  tocato  uno  ducato 
per  uno,   per  andar  a  dare  soccorso  a  Monaco  con  con- 
dicione,  che,  quando  fossino   nelle  confine  di  Monaco,  di 
donarli    la    paga.    Quando  fumo  alle  confine  finzeno,    a 
modo  de  traditori,   come  sono,   de  acordarse  con    lo   no- 
stro capitaneo,   atteso  che  non  li  era  dato  la  paga  pro- 
missa  ;  lo  capitaneo  con  li   commissarij    li  accordorno   e 
li  dettono   uno  scuto  per  homo  perfino  che  la  paga  fosse 
giustrata  da  Genova.  Lo  nostro  capitaneo  li  volse  com- 
partire  in  diverse  compagnie,  perchè  non  se  ne  fidava  ; 
alla  notte  se  ne  fugiteno  e  andorno  alla  Turbia,  che  è 
dello  duca  di  Savoia. 


Diario  353 

A  dì  24  [Dicembre]  venuto  nova  dalli  n(jstri  di  Mo- 
naco, conio  sono  stati  alle  mani  con  quelli  ch'erano  alla 
Turbia  e  non  hanno  potuto  deviare  che  non  fosse  in- 
trato  in  Monaco  uno  mons.  della  Motta  francese, 
che  stava  qui  in  la  piaza,  con  lo  oovernatore;  è 
intrato  con  qualche  homini,  sessanta  in  circa  e  questo 
fu  Martedì  alli  22  [Oìcembre]  ;  etiamdio  fu  butato  una 
voce  in  lo  nostro  campo,  comò  in  Genova  erano  in  arme 
da  parte  a  parte.  Lo  nostro  capitaneo,  per  più  sicurtà, 
ha  fatto  carrigar  l 'artaorliaria  in  barca.  Alla  sera  le  arrivò 
uno  mandato  con  saitami  e  pietre  di  bombarde  e,  se  li 
avanzava  della  provixione,  se  li  mandava  ;  tornorno  a 
descaregar  l'artagliaria.  In  campo  erano  1200  homini  e 
haveano  pagato,  s'è  datto  li  denari  per  2300  infra  Lo- 
disio  de  Brevei  che  li  era  cancelere  e  altri  comò  li  hanno 
arobato  li  denari,  A  dì  detto  uno  Pantalino  da  Semino 
ha  dalto,  da  nostra  Donna  delli  Locoli,  uno  pugno  a 
Gazale  da  Gamilla  e  per  la  terra  ne  fu  grandissima  mor- 
moracione  ;  taliter,  se  non  fusse  statto  le  nove  erano  ve- 
nute da  Monaco,  sarebbe  statto  qualche  garbuglio  \Hir 
la  terra, 

A  dì  26  [Dicombre]  alla  mattina  è  venuto  uno  bre- 
gantino  de  verso  Monaco  delli  24  a  hore  23  delli  nostri 
commissarij  e  rafermano  lo  detto  di  sopra  con  gionta 
che  lo  nostro  capitaneo  haveva  apicato  uno  spagnolo, 
che  voleva  fugire  a  Monaco  a  avizarli  corno  a  Genova 
erano  da  parte  a  parte;  etiam  avizavano  come  alla  Turbia 
erano  cinque  gentilhomini  di  Genova,  cioè  doi  della  casa 
Grimalda,  doi  della  casa  d'Oria  et  uno  da  Fiesco,  che 
davano  dinari  per  socorrere  Monaco.  Lo  nostro  capitaneo 
haveva  fatto  uno  borgo  de  legnami  e  ivi  non  mancavano 
d'ogni  refrescamento  e  vituarie.  A  dì  .detto  è  venuto 
Bernardo  Veneroso,  mandato  al   duca  di  Savoia,  lo  quale 


354  Anno   i5có 

per  ogni  modo  se  mostrava  nostro  inimico  e  haveva  ri- 
chiesto certa  somma  de  fiorini  ali;  suoi  populi  per  fare 
gente  per  socorrere   Monaco. 

A  dì  28  [Dicembre]  sono  venute  lettere  delli  nostri 
commissari]  ,  corno  lo  governatore  de  Niza  haveva  ri- 
chiesto parlamento  con  li  nostri  commissarii  e  là  era 
andato  una  galera  Bernardo  de  Castegliono  e  Petro  Bat- 
tista Giustiniano,  lo  quale  go\ernatore  li  ha  richiesto 
che  Monaco  se  debba  spianare  e  non  mai  [nù  riedifi- 
carlo, ne  che  se  debbia  mai  piij  scodere  dritto  alcuno 
e  che  Mentono  e  Roccabruna  restono  dello  governa- 
tore sotto  le  forme  che  haveva  il  signore  di  Monaco; 
etiamdio  lo  duca  di  Savoia  possa  prendere  lo  sale  sotto 
la  forma  prendeva  e  per  sua  fatica  li  fosse  fatto  presente 
d'una  gioia;  esso  se  offeriva  de  fare  che  lo  duca  non 
impedirebbe  l'impresa  di  Monaco  ;  non  se  li  dete  resposta 
altrimente  ;  etiamdio  avizavano  comò  la  nostra  gente 
erano  statte  alle  mani  con  quelli  venturieri,  che  haveano 
morto  una  frotta.  Quello  giorno  s'è  tornato  a  mandare 
Bernardo  Veneroso  al  duca  di  Savoia,  con  ampia  bailia 
della  comunità,  per  acordarse  con  cjuelli  patti  che  a  lui 
parrà  e  donare  alcuni  presenti  a  certi  suoi  princi})ali, 
secondo  a  lui  parrà.  Per  la  nostra  terra  la  parte  è  gran- 
demente accesa  alla  paleza  e  alla  secreta  e  ogni  giorno 
si  fanno  dei  grandi  scortini. 

A  dì  3  di  Gennaro  1507,  questi  giorni  passati  era  stato 
mandato  Batesto  Tasistro  in  Lunixiniano  (')  per  fare  200 
fanti  e  Batesto  Sepolino  per  fare  altri  200  fanti.  Quel 
giorno  a  di  3  detto  Battista  Sepolina  è  venuto  con  fanti 
600  e  si  dice  venivano  l'undomani  perfino  in  1200.  Tutti 
erano  homini  delle  castelle  delli    Spinola  e  dello   Bosco 


(i)  Il  ms    delPArch.  di  Stato  ha:  Luxiniano, 


Diario  355 

e  quele  langhe,  dove  per  la  terra  ne  fu  grande  mormo- 
rarione  e  geloxia  delle  parte,  per  forma  che  volse  esser 
g-rande  rovina  in  la  terra;  ma  Dio  ne  ha  agiutato.  S'è 
mandato  via  parte  di  quella  gente  ;  lo  resto  se  imbar- 
corno  l'undomani  e  se  mandorno  a  Monaco.  Quella  sera 
se  prese  una  lettera  che  scriveva  Tomaxo  Borgaro  a 
d.  Joanne  d'Oria  e  incolpava  diversi  che  non  sapevano 
niente  e  li  avisava  dovessino  venire  ad  ogni  modo  con 
uno  capelazo  Fregozo  ;  per  quel  respetto  l'undomani  mat- 
tina die  lune  4  [Gennaio]  se  fece  congregaccione  in  Se- 
nato de  diversi  cittadini  privati  con  tutti  li  altri  oTfici 
e  se  tornò  a  reconciliare  li  animi  e  disposeno  di  star 
tutti  bene  insieme  ;  il  simile  fecceno  tutte  le  arti.  In  quelo 
giorno  sono  venute  lettere  di  Monaco  comò  lo  castelo 
haveva  desparato  de  grande  artegliaria  e  guastato  tutti 
li  nostri  ripari  e  danneggiato  diverse  persone.  L'undo- 
mani [5  Gennaio]  H  mandorno  di  molti  sacchi  di  lane  con 
altra  fantaria  e  un  altro  maestro  inzegnero  (').  Ouelo 
giorno  sono  venute  lettere  dalli  nostri  ambasciatori  che 
sono  dalla  santità  di  nostro  signore,  che  avisavano  come 
sua  santità  ne  confortava  stessemo  uniti  insieme  e  che 
prendessimo  lo  nostro  e  che  non  avessemo  affano  de 
niente;  che  lui  acordereva  ogni  cosa  con  re.  Delle  cose 
da  noi  a  savonesi  ne  confortava  le  accordassimo  infra 
noi   e  loro. 

A  dì  5  [Gennaio]  è  venuto  Bernardo  Veneroso  dal 
duca  de  Savoia,  lo  quale  requere  cautione  bone  de  cento 
millia  ducati,  di  tornare  in  pristino  Mentone  e  Rocca- 
bruna  comò   li   era  ,   etiandio  di    prendere  lo  sale    comò 


(i)  Le  truppe  coll'ingegnere  non  partirono  il  5  gennaio,  ma  il  6.  Infatti 
in  una  lettera  dei  commissari  delP  8  gennaio  (CCr.  l)oc.  XXXVI)  si  accusa 
ricevuta  della  lettera  portata  dal  nuovo  maestro  ingegnere  Merello  e  scritta 
dal  comune  il  6  gennaio. 


356  Anno     l507 

lo  haveva  con  lo  signore  di  Monaco  e  uno  presente  dì 
diecemillia  ducati. 

Die  6  [Gennaio]  è  venuto  Battista  Tasistro  solum 
con  fanti  200  come  era  la  sua  compagnia  ;  se  ne  havesse 
voluto  in   Lurixiana  (')  migliara,  li  harebbe  avuti. 

A  dì  venere  8  [Gennaio]  sono  venute  lettere  delli  no- 
stri comiiiissarij  di  Monaco,  come  quelli  di  Monaco,  mar- 
tedì, di  mezo  giorno,  erano  usciti  fora  e  scorzeno  per- 
fino alle  nostre  bombarde  e  ne  inchiodorno  quattro  e  in 
quello  ponto  quelli  della  Turbia  se  calorno  e  furono  alle 
mani  con  la  nostra  gente.  Si  estima  siano  della  nostra 
gente  a  soldo  appresso  a  cinque  millia  ;  etiamdio  haveano 
presocon  lo  bregantino  de  Piza  sopra  Monaco  ["")  Francesco 
de  Fiesco,  fratello  del  cardinale  da  Frigus  (')  e  Giofredo 
Lomellino,  che  fa  fare  una  nave  a  Santo  Petro  d'Arena 
s'erano  partiti  giorni  quatro  da  S.  Pier  d'  Arena, 
con  uno  leudeto  per  andare  in  Provenza  ;  niente  di  manco 
alcuni  dicono  che  andavano  a  Monaco  con  la  paga  da 
dare  alli  soldati.  Etiamdio  questo  giorno  è  venuto  nova 
comò  d.  Ottaviano  de  Campofregoso  era  venuto  al  Bor- 
geto  \Dorohetto  di  Fara]  con  moltitudine  di  gente  e 
cavali;  alcuni  dicono  che  vene  per  l'impresa  di  Genova  ; 
altri  dicono  che  va  a  prendere  Suvori  [S2wero\  con 
certe  altre   castelle   che   li   apartengono. 

A  dì  9  [Gennaio]  sabato  s'  è  fatto  conseglio  in  Pa- 
lacio   perchè   zobia  die   7  se  fece  conseglio  in   Palazo  per 


(1)  Il  ms.  delPArch    Civico  ha  :  Luxuriana. 

(2)  II  ms.  delFArch.  di  Stato  ha  :  «  sopramano  »  in  luogo  di  «sopra  Monaco  ». 
(5)  Il  ms.  delPArch.  di  Stato  ha:  cardinale  d\Agliges  o  Aglignj.  In  questa 

parola  sembra  essere  la  radice  delPaltro  vescovato  che  reggeva  Nicolò  Fieschi. 
Sappiamo  infatti  da  Angelo  Remondini  :  Cardinali  Liguri,  pag.  14,  che 
Nicolò  Fieschi  fu  vescovo  di  Agde  e  di  Frejus  in  Francia.  Alessandro  VI  lo 
innalzò  alPonor  della  porpora  presbiterale  nel   i5oJ.  Morì  nel   1524. 


Diario  357 

dar  ricapito  a  dinari  per  l'impresa  di  Monaco  e  s'è  deli- 
berato che  in  lo  consiglio  parimente  se  legesse  uno  breve 
della  santità  di  nostro  signore  come  havevo  inteso  dalli 
nostri  ambasciatori:  d.  Ottaviano  da  Campofregoso  d'es- 
serse  partito  con  gente  per  venire  a  Genova  e  che 
l'haveva  fatto  contro  sua  volontà  e  ne  confortava  stes- 
semo  bene  insieme.  Il  simile  n'  avizavano  li  nostri  am- 
basciatori ;  poi  la  posta  del  conseglio  fu  che  l' altro 
giorno  lo  conseglio  che  se  fecce  per  trovare  dinari  per 
l'impresa  di  Monaco,  adesso  per  le  cose  che  occorreno 
era  di  neccesità  trovare  dinari  e  potriano  occorrere  alla 
terra.  S'è  deliberato  che  l'officio  della  Balia  havesse  la 
cura  di  trovare  denari  per  1'  impresa  di  Monaco  e  per 
la  provigione  della  terra  e  che  li  Antiani  con  lo  loco- 
tenente  e  li  offici,  prima  che  se  partisseno  de  sieme, 
deponesseno  quelli  cittadini  che  fosseno  officio  per  tre 
mesi  li  quali  havesseno  cura  in  compagnia  del  locotenente 
de  spendere  e  dare  provigione  in  tutte  quelle  cose  che 
pareva  a  loro  di  neccesità.  Perfino  di  quella  sera  si  de- 
liberorno  Rafaelo  de  Fornarij,  Stefano  de  Moneglia,  An- 
gelo Crovara,  Rafaelo  Ragio  ;  li  doi  in  la  volta  Adorna 
li  sono  ben  disposi  ;  li  altri  doi  sono  homini  piani  che 
non  se  conoscono  bene  che  colore  se  tengano.  Quel 
giorno  s'è  mandato  doi  commissari]  in  la  Rivera  di  Le- 
vante per  la  venuta  che  haveva  fatto  d.  Ottaviano  e 
Janus  de  Campofregozo.  Etiamdio  li  Antiani  e  lo  loco- 
tenente  mandorno  una  tragietta  a  detti  capelazi  e  li 
scrisseno  che,  vista  la  presente,  dovesseno  espedire  il 
paese  genovese  (').  A  5  hore  di  notte  lo  locotenente 
hebbe  nova   resposta  di  detta  lettera  ;    lo    tenore    della 


(1)  Queste  lettere  si  trovano  in  Litterarum^  Rcf?.  n.  47,  1823,  e  portano 
la  data  delPH  gennaio:  qui  dunque  il  diarista  ha  errato  di  un  giorno. 

24 


358  Anno  l507 

resposta  era  :  che  havevano  visto  la  sua  lettera,  alla 
quale  non  davano  resposta,  altrimenti  loro  erano  ivi  in 
favore  del  stato  e  mantenere  la  sacra  maestà  del  re  ed 
in  breve  veneranno  qui  de  presentia  e  conferiranno  ogni 
cosa  a  bocca  più   a  compimento. 

A  dì  IO  [Gennaio]  domenica  sono  venute  nova  come 
certe  barche  che  partirne  hieri  con  fanti  600,  su  una 
barca  erano  certe  rode  grande  dacavate  (')  per  artegliaria 
grossa,  sei  tartei  polvere,  baili,  sape,  archibugi  e  altre 
municioni,  dette  barche,  per  lo  tempo,  erano  andate  in 
Voe  [Vado],  alcuna  a  Nori  [A^<9//];  quella  della  municione 
con  da  20  fanti  in  circa,  era  andata  a  Savona,  e  che  mons. 
d'Alegro,  che  è  governatore  di  Savona,  haveva  presso  detta 
municione  ;  etiamdio  alli  fanti  haveva  spoliato  le  arme 
e  mandato  lo  bando  che  nisun  non  dovesse  dar  recapito 
alcuno  a'  fanti  che  avessero  toccati  denari  dalla  comu- 
nità di  Genova,  e  che  subito  dovessero  jexpedire  il  paese. 
Etiamdio  questa  mattina  erano  venute  lettere  delli  nostri 
commissari,  chi  erano  a  Chiavari,  corno  detti  capelazi 
erano  venuti  a  Sestri  di  Levante  con  fanti  da  400  in 
circa  e  a  4  ore  di  notte,  d.  Ottaviano  era  imbarcato  e 
non  sapevano  per  dove.  Alcuni  dicono  essere  secreto  in 
questa  terra.  Questo  giorno  è  andato  una  crida  che  non 
sia  nisuno  che  ossasse  dar  alcun  favore  a  Luciano  de 
Grimaldo,  lo  quale  tene  occupato  Monaco  al  comune  ; 
etiamdio  non  sia  nisuno  chi  volesse  andare  contra  alla 
sacra  maestà  del  re  e  del  populo,  sotto  pena  di  rebelion  ; 
etiamdio  non  fosse  nisuno  chi  osasse  andar  a  Savona, 
senza  lo  boletino  delli  tribuni,  sotto  pena  de  ducati  50 
e   quatro  trati  de  corda  (^). 


(i)  Il  ms.  deir  Arch.  Civico  ha:  rodelle  grande  decaxate. 
(2)  Neir  originale  delle  due  gride    la    data  è  segnata  al  9,  non  al     10;  a 
questo  proposito  vedi  pag.   173,  n.   i. 


Diario  359 

A  dì  II  [Gennaio]  lune  è  venuto  nova  corno  mons.  d'Ale- 
gro  aveya  relaxato  (')  le  municione,  che  aveva  preso,  per- 
chè tutti  Saonesi  erano  malcontenti  ;  etiandio  è  venuto 
nova  coma  detti  capelazi  e  gente,  che  erano  venuti  a 
Sestri  de  Levante  quella  mattina  se  partirono  e  retornorno 
alla  volta  del  Borgetto  ;  d.  Ottaviano  quale  era  venuto 
in  la  terra  secreto,  visto  l'animo  delli  suoi  amici,  che  la 
maggior  parte  erano  disposti  in  prender  Monaco  e  star 
bene  insieme,  questa  notte  s'imbarcò.  Quando  fu  sopra 
lo  Codemonte  \_Portofino~\,  lo  vento  e  lo  mare  li  ha 
datto  contrario  per  modo  li  fu  necessità  di  andar  a  Ca- 
mogli.  In  lo  quale  loco  li  fu  levato  il  leudo  con  certe 
rodelle,  doe  balestre  de  martinetto  e  certe  partexane  che 
aveva.  Lui,  con  ingegno  e  pericolo,  scapò,  non  essendo 
conosciuto.  Etiandio  questa  notte  fu  preso  uno  vilano, 
lo  quale  diceva  che  andava  per  parte  di  Gerolamo  figlio 
(h  d.  Giovanni  Aloise  a  parlare  a  Francesco  de  Camogli, 
notaro,  lo  quale  era  la  magior  testa  di  populo  avessero 
li  Fregosi,  era  molto  odiato  da  l'altro  colore,  erano  giorni 
fa  ogni  giorno  lo  calumniavano  di  qualche  cosa. 

Questa  niatina  detto  Francesco  è  venuto  a  palazo 
con  una. bellissima  compagnia  d'amici  de'  Fregosi,  e  lui 
volle  apurare  la  verità.  Cercorno  d'avoltarla  e  la  vol- 
torno  di  andare  a  casa  di   Paulo  de  Fiesco. 

Questa  sera  s'è  fatto  consiglio  in  Santo  Georgio; 
l'officio  della  Balìa  ha  requesto  che  l'ofiìcio  di  Santo 
Georgio  li  facesse  fede  in  li  banchi  de  L.  80  mila  per 
l'impresa  di   Monaco  e  se  li   deliberorno. 

A  dì  12  [Gennaio]  fu  preso  Baldasar  Lomelino  e  lo 
misseno  j3erfino  alla  corda,  quantunque  fosse  omo  an- 
tiquo.  Ha  confessato  d.   Ottaviano  essere  statto  dome- 


(1)  Il  ms.  delPArch.  di  Stato  ha:  relocato. 


360  Anno    1597 

menica  a  S.  Petro  d'Arena  e  aver  fatto  parlamento 
con  diversi  partegiani  ;  li  aveano  detto  che  per  niente 
non  voleano  prender  l'armi  e  che  se  n'  era  tornato  ; 
etiam  che  Domenico  Lomelino  s'  era  partito  e  anda- 
toli appresso  con  bona  somma  de  dinari  per  far  non 
se  partisse  dal  paese,  perchè  ieri  è  arrivato  de  verso 
Finale,  Gierolamo  della  Torre,  uno  Christoffino  Berto- 
rotto,  uno  Ambrosino  del  Connio  ,  tutti  cavi  de  parte 
Adorna,  con  una  compagnia  de  tristi,  li  quali  tutto  in- 
sieme portavano  le  arme.  Fu  preso  per  l'altra  parte 
grande  sospetto  e  amiracione  atteso  che  erano  tutti  ban- 
diti e  venuti  con  sì  grande  compagnia  in  la  terra,  tutti 
con  l'arme,  e  poiché  in  casa  de  Domenico  Adorno,  que- 
sto giorno  se  li  portorno  sei  casse  di  veretoni  fatti,  de 
partexane  e  altr'arme,  l'altra  parte  s'è  resentita  e  furono 
in  prendere  le  arme  ;  tuttavolta  deliberorno  de  farlo  in- 
tendere prima  al  governatore,  cioè  al  locotenente,  lo 
quale  li  ha  mandati  a  chiamare  e  li  commise  dovessino 
partire.  Li  c[uali  disseno  che,  per  terra,  non  se  incala- 
vano andare  ;  ma,  corno  fosse  bon  tempo  in  mare,  che 
se  partiriano  e  andorno  alogiar  a  S.  Petro  d'Arena  ; 
niente  di  manco  li  sospetti  erano  grandi. 

A  dì  mercordl  13  [Gennaio]  tornorno  a  dar  della  corda 
a  detto  Baldasar,  lo  quale  era  già  vechio,  e  li  diceno 
che  volevano  che  confessasse  se  detto  d.  Ottaviano  haveva 
havuto  pratica  con  alcuno  de  populo  e  in  casa  de  cui 
era  statto  esso.  Per  uscir  de  tormento  dice  che  aveva 
avuto  pratica  con  grandissima  quantità  d'amici  e  delli 
migliori  e  che  era  desceso  in  una  casa  al  molo  e  se 
mentiva  per  la  golia.  A  ore  4  di  notte  ha  mandato  a 
domandar  Petro  Marengo  e  lo  ha  fatto  detenire  in  Pa- 
lazzo. L'undomani  matina  ha  mandato  a  domandare  An- 
tonio  Ferro  ed  un   altro,   tutti  amici  de  Fregosi,   e  che 


Diario  36 1 

stavano  in   lo   molo  e  li  ha  fatti  cletenire   in   Palacio. 

Quel  giorno  s'è  congregato  grandissima  moltitudine 
d'artegiani,  la  compagnia  de  Jesus  in  Santo  Siro  e  hanno 
fatto  tutti  insieme,  così  d'uno  color  come  dell'altro,  e  se 
chiamava  la  compagnia  de  Jesus.  Quel  giorno  è  venuto 
uno  bregantino  dal  nostro  campo  di  Monaco  e  ha  portato 
quello  maestro  Ambrosio  bombarderò  con  doi  gentili 
nomini,  li  quali  mandorno  tutto  insieme  in  lo  castello 
di   Lerixe. 

A  dì  14  [Gennaio]  tutti  l'amici  de  Fregoxi  erano  in- 
diavolati per  lo  restalar  (')  de  quelli  a  palacio,  dove  alla 
sera  li  ha  relasato  e  li  ha  fatto  dar  sicurtà  de  «  parere 
mandatis  ».  Era  venuto  doi  giorni  fa  uno  ambasciator 
dal  ducca  di  Savoia  che  voleva  prendere  qualche  com- 
posicione. 

A  dì  15  [Gennaio]  s'è  partito  uno  bregantino  con  doi 
altri  commissari,  cioè  :  Gerolamo  de  Salvo  e  Simone  de 
Premontorio,  che  sono  andati  al  nostro  campo  con  somma 
di  denari  per  dar  la  paga.  A  dì  detto  fu  citato  Stefano 
Spinola  di  S.  Luca  per  parte  delli  tribuni,  lo  quale  era 
a  Corniofliano;  è  homo  savio  e  cativo.  Como  fu  a  Palaso 
lo  hanno  restalato  e  li  hanno  fatto  dar  sicurtà  de  L.  2000 
de  «  parere  mandatis  »  ;  etiamdio  hanno  fatto  dare  si- 
gurtà  a  Vincenzo  Bolasca  de  scudi  200  de  «  parere 
mandatis  »,  lo  quale  pareva  che  la  voleva  prendere  per 
lo  detto  Stefano. 


(i)  La  voce  :  restalare  o  rastalare  ha  nel  Diario  il  signilicato  di  :  arre- 
stare, imprigionare.  Credo  venga  dilla  frase  :  chiudere  in  restelli  o  rastelli 
(cancelli).  W  GaoMKLMOTTt,  nel  suo  Vocabolario  Marino  e  A/iV/'/arcclassilica  un 
verbo  Rastrellare,  che  dice  significare  in  senso  ligurao  :  Pigliar  checchessia 
alPingrosso,  saccheggiare  ;  questo  verbo  ha  la  s'essa  origine  del  nostro,  ma 
noi  crediamo  che  «  restalare  »  sia  da  interpretarsi  come  abbiamo  già  detto. 


3Ó2  Anno  l507 

Alli  18  [Gennaio]  sono  venute  lettere  dalli  nostri  am- 
basciatori di  Pranza,  come  non  haveano  potuto  haver 
audìenza  e  che  li  orentilliomini  havevano  havuto  bona 
audienza  e  che  haveano  offerto  cento  millia  ducati  al  re, 
che  mandassi  qui  uno  exercito  e  lo  re  era  contento 
mandargelo  ;  etiamdio  sono  venute  lettere  da  Monaco 
come  tutta  l'artegliaria  era  in  ordine  d'oo^ni  cosa  ,  ma 
che  li  mancava  la  polvere  ;  non  havevano  salvo  X  barili 
di  polvere.  Ma  poiché  hanno  cercato  meglio  ne  hanno 
trovato  ancora   20  ;   non   manca  mai  ladri  e  traditori. 

Adì  19  [Gennaio]  s'è  mandato  una  crida,  che  tutti  li 
calafatti,  e  maxime  d'assia,  non  se  dovessero  partire  de 
casa  loro  per  andar  fuora  del  paese,  sotto  pena  de 
scudi  100,  e  ogni  altra  pena  in  arbitrio  dello  offitio  (') 
deputato;  etiamdio  tutti  quelli  erano  fuora,  infra  15  giorni, 
poi  che  hanno  havuto  noticia  della  detta  crida,  fosseno 
retornati  a  casa  loro. 

Adì  20  [Gennaio]  s'è  mandato  una  saetia  carrega  de 
polvere  e  altre  municioni  al  nostro  campo.  A  dì  detto 
s'è  partito  uno  ambasciatore  del  duca  di  Savoia  che 
havea  mandato  qui. 

A  dì  venere  22  [Gennaio]  s'è  mandata  una  crida  a  sono 
di  tromba  per  parte  del  vicario  ducale  e  giudice  di 
male  officio,  deputati  dal  locotenente,  li  quali  citano 
d.  Ottaviano  e  d.  lanus  de  Campofregoso,  Domenico 
Lomelino  e  Jofrino  Cattaneo  che,  intra  giorni  sei,  com- 
pareno  inanzi  d'elo  personalmente  e  non  per  procuratore, 
sotto  pena  di  rebellione  e  confiscatione  de'  loro  beni. 
Etiamdio  li  citano  per  l'indomani,  in  tertiis,  passati  li 
sei  giorni,   a  dar  la  loro  sentenza.  A  dì  detto  è  venuto 


(i)  Il  ms.  delPArch.  di  Stato  ha  :  del  fìsco. 


Diario  363 

Gerolamo  de  Salvo,  che  è  uno  delli  commissarij  ;  non 
si  è  ancora  potuto  intendere  quello  sia  venuto  a  fare  ; 
dubito  che  non  li  sia  de  grandi  traitori,  attento  che 
l'artegliaria  è  tutta  in  ordine  e  li  ripari  fortissimi,  da  5 
in  6  millia  fanti  pagati  e  non  se  sa  che  lavoro  se  faci. 
A  dì  detto  sono  venuti  li  nostri  ambasciatori  dalla  san- 
tità di  nostro  signore,  con  sue  lettere,  lo  quale  ne  con- 
forta che  stiamo  bene  uniti  insieme  e  che  prendemo 
quello  che  è  nostro  e  che  non  habbiamo  affano  de  cosa 
alcuna,  che  sua  santità  non  ne  abandonereva.  De  Lom- 
bardia è  venuto  nova,  cc)me  ne  hanno  serrato  le  trate 
del  grano  e  a  Sarra  vale  (')  hanno  fatto  descarigare  li 
muli  che  venivano.  In  Castelletto  se  fa  de  grande  mo- 
nicioni  de  farina,  risei,  vini,  carne  salate  e  altre  muni- 
cioni  e  legnami   per  far  ripari. 

A  dì  23  [Gennaio]  è  andato  una  crida,  che  infra  sei 
giorni  che  tutti  li  gentilhomoni,  quali  sono  dentro  delle 
tre  podistarie  debano  venire  a  Genova  con  le  loro  ma- 
snate  e  quelli  chi  son  fora,  infra  15  giorni,  sotto  pena 
de  ducati  200  aplicati  all'opera  di  Monaco  ;  etiam  che 
che  non  sia  nisuno  del  colore  nobile  che  vadi  fora  di 
Genova,  ne  cavare  cosa  nisuna  senza  licentia  delli  tri- 
buni, li  quali  sono  otto,  tutti  artigiani,  sotto  la  mede- 
sima pena  e  di  perder  dette  robe  ;  etiamdio  che  non 
sia  nisuno  che  presuma  de  dire  parola  alcuna  in  di- 
spregio ad  alcuno  del  colore  nobile,  sotto  pena  de  scuti 
diece  e  quatro  irati  de  corda;  lo  padre  sia  obligato  per 
lo  figliolo,    lo  maestro  per  lo  fante  ('').   A  dì  detto  s' è 


h)  Il  ms.  delFArch.  di  Stato  ha:  Sarrana  le  etc. 

(2)  NelPoriginale  della  a,r'nid  {Diversorum  Filza  n.  64)  si  parla  di  4  f^iorni 
invece  che  di  6  pei  nobili  vicini  a  fìenova,  e  di  io  invece  che  di  i5  per  quelli 
distanti  da  Genova  5o  miglia. 


3Ó4  Anno   1007 

partito  uno  bergantino  con  doi  leudi  di  Camogli,  chi 
hanno  portato  doi  altri  commissarij  al  nostro  campo, 
cioè  :  Dimitrio  Sauli  e  Rafaelo  da  Recho  con  lo  resto 
della  paga  da  dar  alli  soldati.  Non  se  potria  estimare 
l'abondanza  delle  vitiialie  a  bono  mercato  sono  in  lo 
detto  campo;  lo  vino  moscatello  a  io  dinari  la  pinta; 
altri   vini  dignissimi,  a  cinque  denari,  di  Provenza  ottimi, 

A  dì  24-  [Gennaio]  è  venuto  uno  breve  dalla  santità 
di  nostro  signore  che  ne  confortava  che  dovessimo  star 
boni  e  insieme  e  non  avessimo  affanno  di  cosa  alcuna 
e  che  sua  santità  aveva  scritto  al  suo  legato,  che  è  in 
Pranza,  il  bisogno  e  che  ne  fosse  con  la  sacra  maestà 
di   re. 

A  dì  25  [Sennaio]  se  dice  certi  gentilhomini,  e  spe- 
cialmente della  casa  Spinola,  che  erano  a  Quarto,  s'erano 
partiti  e  andati  via  ;  e  a  dì  detto  è  venuto  lettere  da 
Monaco  e  avizano  come  a  Villafranca  se  armano  doe 
barrichie  per  andare  a  socorrere  Monaco.  Per  la  terra  ci 
fu  grande  mormoracione  e  volevano  spedire  una  o  due 
barrichie.  Alcuni  de  populo  grasso  lo  reprovavano.  A  dì 
detto  se  fece  consiglio  a  Palazo  :  la  posta  fu  sia  per  l'im- 
presa di  Monaco,  che  importava  quanto  ogniuno  vedeva, 
o  sia  per  provigione  della  terra,  era  di  neccesità  di  dar 
ricatto  a  dinari,  etiamdio  per  congratular  la  santità  del 
nostro  signore,  delle  differenze  di  Savona  mettere  qual- 
che termine  e,  audito  li  pareri  de  diverse  persone,  fu 
concluso  sopra  il  parere  di  d.  Paulo  da  Nove,  uno  delli 
tribuni  della  plebe,  lo  quale  dice  che  li  pareva  di  dar 
recapito  a  150  mila  ducati  per  fare  25  gallere,  e,  per 
ogni  modo,  l'officio  della  balìa  trovasse  detti  denari  ; 
etiamdio  per  fino  a  quella  notte  s'è  expedito  una  nave 
per  mandar  a  Monaco.  A  dì  detto  s'è  partito  un  altro 
bergantino  con   doi    altri,    che    hanno  portato  dinari  al 


Diario  _  365 

campo.  A  dì  detto  s'è  inteso  che  a,  Savona,  dove  è  la 
ma^ior  parte  delli  gentilhomini,  era  andato  una  crida, 
che  tutti  h  gentilhomini  che  erano  a  Savona,  non  si 
dovessero  partire  sotto  gravissime  pene.  Etiamdio  in 
detto  loco,  era  arrivato  lo  governatore  d'Aste;  la  causa 
non   se  intendeva. 

A  dì  26  [Gennaio]  è  partito  a  ore  3  di  note  una  nave 
d'Oria  de  porto  de  20  mila  cantara,  e  andata  alla  volta 
di   Monaco  per  goardia. 

A  dì  27  [Gennaio],  meroore,-  Paolo  Battista  Giustiniano 
e  Manuele  de  Canale  ,  non  contenti  de  quello  hano 
fatto  dal  principio  di  questa  impresa  perfino  al  presente 
giorno,  vedendo  che  non  hano  più  credito  in  ii  homini 
da  bene  hanno  cumulato  una  notabile  compagnia 
de  tristi,  così  d'uno  colore  come  de  l'altro,  e  questo 
giorno  andorno  da  40  in  circa  e  disnorno  in  Bezagno, 
in  una  taverna  che  è  in  lo  pie  del  ponte  di  S.  Agata, 
dove  è  uno  olmo  grande.  Dapoi  che  sono  disnati  an- 
dorno a  armarse  e  ivi  intrano  in  casa  de  diversi  genti- 
Ihomini  ,  rompeno  porte,  balconi  e  prezero  galine  e  ca- 
poni, etiam  hanno  fatto  de  grandissime  desolacioni,  per 
la  qual  cosa  ne  fu  una  grandissima  mormoratione;  etiam- 
dio la  note  vegnando  Giacomo  Ghigione  con  certi  suoi 
compagni  preseno  Francesco  Spinola,  detto  lo  moro,  a 
Cornegiano  in  casa  soa  e  lo  stralatavano  a    Rivarolo. 

A  dì  28  [Gennaio]  essendo  il  vicario  della  sala  d'alto 
per  dare  una  sentenza,  è  venuto  detto  Paulo  Batta  che 
li  disse  diverse  parole  ingiuriose  e  menade  per  farlo 
removere  de  far  giusticia  ;  tutta  volta  se  li  trovorno  de 
homini  da  bene  che  li  feceno  animo  e  non  ha  mancato 
de  dar  la  sua  sentenza. 

A  dì  sabbatO  30  [Gennaio]  è  venuto  nova  da  Monaco 
comò  le  bombarde  grosse   haveano    tirato   600  corpi    e 


3Ó6  Anno  l507 

hanno  roto  uno  pezzo  di  muraglia;  tutta  volta  non  se 
elegevano  di  dar  la  bataglia,  la  caosa  non  se  può  in- 
tendere. A  dì  detto  è  venuto  lettere  de  Lione,  corno 
li  nostri  ambasciatori  erano  statti  licentiati  senza  bavere 
havuto  audienza  e  mons.  de  Jamon  venirla  per  gover- 
natore con  grande  exercito  ;  etiam  è  venuta  nova  comò 
mons.  d'Alegro,  governatore  de  Savona,  haveva  fatto 
dare  sicurtà  a  certi  de  «  parere  mandatis  >>.  A  dì  30 
de  matina  per  tempo,  certi  chi  stavano  in  le  Chiape 
hanno  visto  uscire  tre  vilani  della  porta  del  Castelletto; 
li  aspettorno  e  ne  presero  doi,  li  quali  menomo  in  Pa- 
lazo,  lo  terzo  è  fugito  ;  quelli  doi  confessorno  bavere 
acompagmato  XI  homini  da  Montobio  in  Castelleto,  li 
quali,aquelo  haveano  inteso,  erano  forestieri,  tutti  lombardi 
e  ingegneri,  e  quelli  doi  erano  vilani  de  Montobio  lo 
terzo  era  uno  chiamato  Menigheto  de  Senarega  che  sta 
a  Stagien;  quello  è  fugito;  per  la  terra  lì  era  grandissima  mor- 
moratione  ;  lo  castello  de  pochi  giorni  in  qua  l'hanno  be- 
nissimo fornito  de  municione  ;  etiam  hanno  deliberato 
Gierolamo  Parmaro  e  Agostino  Foglieta  remandarli  alla 
santità  di  nostro  signore  ;  etiam  hanno  deliberato  quatro 
ambasciatori  a  mons.  de  Jamon  cioè:  sp.  m.  Gio.  Batta 
Lazania,  Josefe  Dernixe,  Jo.  Batta  Cocarello,  Lazaro 
Pichenoto;  tutto  s'è  scritto  alla  santità  de  nostro  si- 
gnore e  non  se  manderà  ambascieria  alcuna  che  non  se 
habi  resposta  da  soa  santità. 

A  dì  lune,  primo  dì  Febraìo,  s'è  fato  conseglio  a  Pa- 
lazo  e  hanno  deliberato  di  desmettere  l'officio  delli  quatro: 
Rafaelo  de  Fornari  e  compagni,  e  hanno  datto  possanza 
all'officio  della  Balìa  de  vecliio  dovessino  trovar  dinari, 
per  quella  via  parrà  a  loro  ;  etiam  dovessero  dare  prin- 
cipio provigione  a  tutto  quello   era  di   necessità. 

A   dì  2  [Febbraio]  è  venuto  nova  comò  beri  è  arrivato 


Diario  3ó7 

detto  Gieronimo  figlio  di  d.  Gio.  Aloize  a  Montobio  , 
lo  quale  era  venuto  de  Pranza  con  diverse  gente  e  ca- 
vali ;  etianì  che  li  mulateri  che  di  lune,  primo  di  febraro, 
erano  andati  alla  Cazella  e  Croxe  e  altre  langhe  per 
grani,  li  era  stato  dato  comissione  che  non  andassero 
più.  che  sariano  prezi  e  arrobati  ;  etiam  quel  giorno  è 
venuto  un  breve  dalla  santità  di  nostro  signore  che 
ne  scriveva,  corno  era  avizato  dal  suo  legato  de  Pranza, 
che  l'ambasciatore  del  re,  qual  era  a  Napoli,  haveva 
,  parlato  con  re  e  li  aveva  detto  come,  quando  era  qui, 
lo  populo  li  aveva  voluto  donare  questa  terra,  ma  che 
lui  non  l'haveva  voluta  acetare  ;  dove  re  era  entrato 
in  tanta  amaritudine  che  non  era  nisuno  li  potesse  par- 
lare di  questa  terra  ;  etiam  sono  venute  altre  lettere  de 
diverse  persone  di  Milano,  che  rafermano  che  a  Milano 
si  diceva  che  ne  doveano  cridare  rebelli  del  re,  ne  con- 
fortava che  clovessimo  stare  uniti  insieme;  per  la  terra 
ne  fu  una  grandissima  mormorata  e  s'è  fatto  uno  scortino 
in  la  piasa  de  Marino  e  s'è  ordinato  poner  uno  per  cen- 
tenaro  sopra  tutta  la  mercancia  ,  acciocché  se  potesse 
trovare  dinari  presti  ;  etiam  questo  giorno  è  venuto  nova 
di  Monaco,  comò  tutti  li  genovesi  se  ne  venivano  lì  , 
restavano  soli  li  forastieri  e  che  le  cose  andavano  come 
Dio  voleva,   erano   in   posanza  de  ladri  e  traditori. 

A  dì  4  [Febbraio],  alla  matina,  la  terra  se  volse  pò- 
nere  in  arme  et  erano  alcuni  particolari  di  quelli  ch'erano 
cagione  di  questa  tribulatione  che  infogavano  la  brigata 
e  questo  per  da  40  ch'erano  intrati  in  lo  Castelazo  ; 
etiam  quelli  di  Bizagno,  passato  mezzogiorno,  hanno 
preso  X  altri  francesi  che  volevano  intrare  in  detto  Ca- 
stelazo e  li  menomo  a  Genova,  dove  Roccabertin  li  ha 
mandati  via  ;  poi  li  tribuni  mandorno  in  Pulcifera  e 
ili   Bezagno    a    farli    intendere    se    vegnivano    gente  di 


3óS  Anno    l507 

sopra  che  li  davano  licentia,  li  arrobassero  e  dannegias- 
seno. 

A  di  5  [Febbraio]  venere  quelli  di  Poncevera  hanno 
preso  7  some,  cioè  :  quattro  di  farina,  tre  di  pane,  che 
andavano  al  Castelazo  ;  quelli  di  Bizagno  hanno  prezò 
alla  matina  per  tempo  da  Santo  Gotardo  ,  d.  Quilico 
de  Negro  ,  Luchino  de  Marino  Castanea  e  Antonio 
da  Fiesco ,  li  quali  andavano  alla  volta  di  Montobio 
e  li  hanno  menati  a  Genova,  dove  li  tribuni  li  hanno 
conduti  a  Banchi,  in  casa  de  Anfrono  Usodimare  e 
perchè  Luchino  era  dell'  ufficio  di  Santo  Georgio  et 
erano  per  trovare  dinari,  lo  condurno  in  S.  Georgio, 
e  ivi  s'è  deliberato  di  fare  conseglio  per  l'endomani  ; 
poi  hanno  relaxato  detti  tre  gentilhomini  con  sigortà. 
Quel  giorno  è  venuto  un  messo,  che  haveano  mandato 
alla  santità  di  nostro  signore  e  ha  portato  una  lettera  de 
Franco  de  Ingiberti,  lo  quale,  quando  li  nostri  ambascia- 
tori sono  partiti,  l'hanno  lasciato  «  solicitator  »,  lo  quale 
avisava,  come  era  stato  con  la  santità  di  nostro  signore, 
lo  quale  li  avea  ditto  come  lo  suo  legato  li  avizava 
corno  re  per  ogni  modo  ne  voleva  per  ribelli  suoi,  per 
non  bavere  voluto  darli  le  Ri  vere  ,  etiam  per  quello  era 
avizato  dal  suo  ambasciatore  che  è  a  Napoli,  che  li  avi- 
zava conio  re  de  Napoli  li  aveva  dito,  quando  egli  era 
qui  lo  populo  li  voleva  dare  questa  terra  ;  etiam  che 
aveva  mandato  uno  suo  a  Monaco  a  commettere  che 
levassero  lo  campo  perchè  voleva  Monaco  per  lui,  che 
non  l'haveano  voluto  fare  più  presto  ;  haveano  mena- 
zato  di  amazare  lo  suo  homo  e  ne  haveva  fede  di  scri- 
vano e  testimoni]  e  per  questi  respetti  ne  voleva  per 
ribelli  ;  etiam  avizava  che  pareva  lo  meglio  alla  santità 
de  nostro  signore  che  se  li  dovessino  dare  dete  Rivere, 
che  lui   vedjria  di   fare  con    re    che    Ravasten    né    tlon 


Diario  36r) 

Jo.  Loize  non  veneriano  a  Genova  ;  per  dove  alla  sera 
s'è  fatto  uno  scortino  in  Palacio  de  tutti  l'officij,  conci- 
tadini  privati  e  feccino  citare  una  compagnia  che  s'era 
fatta  d'uno  grande  numero  d'artegiani  e  diverse  arte, 
tutti  lìomini  da  bene,  che  se  chiamava  la  compagnia  de 
Jesus  e  ivi  esposero  se  pareva  lo  meglio  dare  dette  Ri- 
vere al  re  per  mitigarlo.  Quando  domandorno -a  quelli 
della  compagnia  ,  resposero  che  loro  erano  artexani  di 
diverse  arte,  che  loro  la  scortoneriano  con  li  loro  consoli 
delle  loro   arte  e  per  quelli  li  saria  dato   resposta. 

E  alli  6  [Febbraio],  perchè  alla  sera  fu  esposo  quella 
posta  de  dar  le  Rivere,  alla  matina  se  spantegò  la  nova, 
dove  tutto  quello  giorno  non  so  chi  fosse,  salvo  opera 
divina,  che  retegnisse  non  se  prendesse  l'arme  in  mano, 
e  j)iù  che  vegnandosene  da  Monaco  una  certa  compagnia 
da  circa  200,  essendo  a  Savona,  appresso  lo  castello 
dello  Sperone,  furono  assaliti  da  homini  de  mons.  d'Alegro 
e  fumo  morti  alquanti  e  desvaligiati.  La  magior  parte 
erano  homini  nostrati  et  per  tutti  questi  respetti  fu  la 
terra  per  prendere  l'arme,  A  dì  detto,  alla  sera,  si  fecce 
<:onsiglio  in  Santo  Georgio,  e  s'è  deliberato  50  miliia 
ducati  per  l'impreza  di  Monaco,  la  quale  Dio  sa  conio 
l'è  stata   manegiata  per  mano  di  ladri   e   traditori. 

Adì  7  [Febbraio],  domenica,  se  fecce  uno  scortino  a 
Castello,  dove  era  grandissima  moltitudine  de  artegiani 
e  ivi  se  refersono  tutti  a  confermare  li  tribuni  e  de  non 
dare  le  Rivere  perfino  che  non  fosse  preso  Monaco  e 
per  niente  non  desmetere  quella  impreza  ;.etiam  remettere 
le  nostre  cose  in  la  santità  de  nostro  signore  che  li  pone 
qualche  termine.  Il  simile,  quella  compagnia  di  Jesus, 
che  sono  grandissimo  numero  d'artegiani,  che  ivi  feceno 
scortino  in  la  cazaza  di'Sanlfa  Maria  de  Castello,  e  sono 
concorsi   in   simile  opinione  de  remettere  le   nostre  cose 


370  Anno    150/ 

in  la  santità  di  nostro  signore.  A  dì  detto,  lo  castellano 
di  Castelletto  ha  fatto  serrare  li  sbarri  di  S.  Francesco 
e  retenuto  tutti  coloro  che  erano  in  S.  Francesco  ;  di 
poi,  mandato  abasso  tutte  le  donne,  li  homini  li  ha  fatti 
andare  in   Castelletto. 

A  dì  8  [Febbraio],  lo  castellano  ha  lasciato  andare  la 
magior  parte  delli  gentilhomini  ch'erano  62,  e  retenuto 
12;  quell  del  populo,  che  erano  da  46  in  circa,  li  ha 
retenuti  tutti.  Quello  giorno  se  è  spedito  Laurentio  Gio- 
vardo  speciaro  e  se  è  mandato  con  lettere  avvizare  di 
questo  caso  a  mons.  de  Jamon  ;  a  Savona  sono  stati  in 
arme  et  è  uscito  fuora  da  Saona  circa  300,  così  d'uno 
colore  come  de  l'altro,  perchè  lo  governatore  di  Savona 
si  voleva  far  dare  sigortà  de  «  parere  mandatis  ».  A  dì 
detto  sono  venute  lettere  delli  nostri  commissari]  che 
sono  a  Monaco,  comò  era  capitato  uno  camerero  dello 
duca  di  Savoia,  che  aveva  fatto  partire  li  ventureri 
ch'erano  alla  Turbia  et  a  Villafranca,  con  bando  la  forca 
non  dovesseno  tornare  ;  etiam  quella  barca  che  haveva 
carregato  refrescamente  per  andare  a  Monaco,  la  face- 
vano descarrigare  e  che  lo  governatore  de  Niza  haveva 
requesto  parlare  con  li  commissarij.  Quella  sera  se  li 
mandorno  uno  leudo  de  Camogli  con  Alarame  di  Bozolo, 
che  li  ha  portato  denari,   polvere  et  altra    provigione. 

A  dì  IO  [Febbraio],  è  venuto  nova,  e  fu  vera,  che  li 
ventureri  se  calavano  alla  volta  di  Monegeto  per  pren- 
dere quella  artagliaria  che  gli  era  ;  dove  la  nostra 
gente  si  sono  posti  all'opposito  e  li  ronipirno  e  ama- 
zorno  parechi  e  prezeno  appresso  200.  A  dì  detto  la 
terra  fu  in  grandissimo  travaglio,  perchè  era  venuto 
Paolo  Borgaro  ch'era  uno  dell'ambasciatori  ch'erano  an- 
dati a  re,  lo  quale  dice  che  mons.  de  Jamon  e  d.  Gio. 
Aloizo  erano  gionti   in  corte  e  haveano    trovati    genti- 


Diario  871 

Ihomini  assai  che  andavano  alla  volta  d'Aste,  con  altre 
cose  pai'ticiilari.  Per  lo  qiial  tutta  la  terra  stava  con 
grande  malinconia  e  se  cercava  per  dare  provigione  a 
fantaria  e  mandare  delle  altre  provigione  a  Monaco.  Lo 
castelano  di  Castelletto  teniva  ancora  tutti  quelli  di  po- 
pulo  havea  prezo  domenica. 

Alli  II  [Febbraio]  s'è  comulato  a  Rivarolo  più  de  200 
canioni  (')  di  Poncevera,  de  Sestri  e  Voltri  e  de  Hezagno 
e  ivi  disnorno  insieme  e  deliberorno  tutti  de  venire  a 
morire  con  lo  populo  e  ordinorno  una  bandiera,  e 
ogni])otestaria  hebbe  la  sua,  in  la  quale  hanno  dipinto 
la  Trinità;  etiam  ordinorno  C)  di  deputar  12  per 
potestaria,  che  ogni  giorno  debano  venire  6,  cioè  doi 
per  potestaria,   a  Palacio  a  intendere  quello  si  faceva. 

A  dì  13  [Febbraio]  è  venuto  nova  corno  mons.  de 
Jamon  era  a  Gazale  di  Monferrato  e  d.  Gio.  Aloize  e 
ivi    se  congregavano  tutti  li   gentilhomini. 

A  dì  14  [Febbraio]  è  venuto  uno  bergantino  da  Mo- 
naco e  dicevano  che  erano  io  giorni  che  le  nostre  bom- 
barde grosse  non  haveano  tirato  per  necessità  di  polvere, 
etiam  che  mandavano  qui  li  ventureri,  che  haveano  prezo 
e.  perchè  intezero  che  li  popoli  minuti  erano  disposti, 
se  venivano  qui,  de  tagliarli  a  pezi,  mandorno  a  com- 
metere  fossero  calati  a  Savona. 

A  dì  15  [Febbraio]  è  venuto  nova  che  Francesco  de 
Pigliasca,  canzelero  de  Ravansten,  era  andato  de  qui  a 
Saona  per  uno  servicio  di  detto  governatore  e  che  mon- 


(1)  Così  scrivono  P  uno  e  Taltro  m<, ,  la  parola  potrebbe  spiegarsi  come 
«  cagnoni  »  che  ancor  ora  si  nsa  per  «  bravacci  »  gente  risoluta;  io  però 
propenderei  per  crederla  una  errata  interpretazione  del  nome  «  campioni  » 
che  abbiamo  già  trovato  il  i<j  luglio  e  che  ci  sembra  debba  indicare: 
caporioni  popolari. 

(2)  Il  ms.  delFArch.  di  Stato  ha:  deputorno,  ordinorno  di  deputar. 


3/2  Anno  l507 

signor  d'Alegro  l'haveva  fatto  ponerc  in  castello  ;  etiam 
quello  giorno  s'è  mandato  Simon  Caniacio  e  Nicolò 
Picaluga  a  Bologna  a  fare  fanti  per  mandare  a  Monaco, 
e  qui  etiam  si  è  scritto  a  Luca  e  a  Piza.  A  dì  detto  è 
arrivato  uno  bregantino  da  Piza  con  200  petre  de  ferro 
de  bombarda,  con  provigione  de  polvere;  etiam  qui  se 
ne  lavorò  alle   feste  e  di  lavoro. 

A  dì  I  6  [Febbraio]  lo  governatore  ha  fatto  citare  diversi 
cittadini  per  fare  uno  scortino  ;  etiam  haveva  fatto  citare 
una  quantità  di  bravi  ;  e  s'è  spantegato  una  voce  per 
la  terra  che  voleva  le  Rivere  ,  etiam  voleva  confinare 
detti  bravi.  Quella  matina  andorno  grandissima  moltitu- 
dine di  gente  a  palazo,  con  grandissime  parole  mena- 
zorie,  digando  non  volevano  se  desseno  le  Ri  vere,  salvo 
con  ordine  della  santità  di  nostro  signore  ;  né  etiamdio 
non  volevano  al  presente  fusse  confinato  nisuno,  e  lo 
conseglio  s'  è  retardato  per  detta  comulatione  ;  etiamdio 
si  è  deliberato  fare  otto  galere,  e  perfino  quello  giorno 
hanno  datto  dinari. 

Adì  17  [Febbraio],  mercordi.  s'è  tornato  davanti  al 
locotenente  quelli  eh'  erano  citati  per  le  cose  delle  Ri- 
vere ;  si  è  tornato  a  comulare  in  Palacio  grandissima 
moltitudine  de  populo  minuto  e  grandissime  minacie  de 
tagliare  a  pezi  chi  parlava  di  dare  le  Ri  vere  al  gover- 
natore ;  per  onde  detto  consiglio  non  s'  è  fatto.  A  dì 
detto,  alla  matina,  s'è  comulato  in  Domo,  in  la  capella 
de  li  scrivani ,  appresso  da  300,  tutti  artegiani  e  cavi 
di  casa,  così  de  l'uno  colore  come  de  l'altro,  e  ivi  or- 
dinorono  12,  cioè  6  per  colore,  che  avessero  cura  de 
pacificare  la  terra,  li  nomi  de'  quali  sono  Gieronimo  de 
Honeto,  Gieronimo  Delfino,  Giacomo  de  Rapallo,  Gio. 
Batta  de  Illice,  Agostino  de  Ferrari,  Petro  Marengo, 
Andrea  Buzalino,   Pantaleo    Navone,   Stefano   Morando, 


Diario  S'jS 

Leonardo  de  Facio,  Manuel  de  Canale  e  Laurentio  de 
Garibaldo. 

A  dì  18  [Febbraio]  s'è  comulato  in  la  capella  delli  scri- 
vani certa  somma  de  mercadanti  con  li  1 2  artegfiani  e 
ivi  esposeno  che  li  pareva  bene  ellegere  altri  tanti  mer- 
cadanti in  compagnia  loro,  aciochè  non  paresse  volere 
partir  l'ongia  dalla  carne  e  la  carne  da  l'ongia  ;  sono 
contentati  et  elegerono  Tomaso  Giudice,  Stefano  de  Mo- 
neglia,  Bernardo  de  Franchi,  Bartolomeo  de  Zoalio, 
Oberto  de  Lazario,  Giovani  de  Passano,  Stefano  Giu- 
stiniano, Pelegro  de  Goano,  Ambrosio  de  Promontorio, 
Rafael  de  Furnarij,  Antonio  Sauli  e  Gabrielo  Adorno; 
etiam  s  è  deputato  4  alla  seca  (')  a  recevere  argenti  per 
fare  batere  moneta  e  ogniuno  cheli  consegnava  argenti,  li 
ne  facevano  lochi  (azioni -di  banca)  e  li  ragionavano  L.  46 
l'uno.  Se  n'è  portato  ogni  giorno  assai  ;  li  nomi  delli  depu- 
tati a  ricevere  argenti  sono  Dimitrio  Giustiniano,  Oberto 
de  Lazario,   Lodisio  de  Bagnasco,  Bartolomeo  del  Cavo. 

A  dì  19  [Febbraio]  s'è  tornato  a  mandar  Bernardo 
Veneroso  al  duca  di  Savoia,  con  dinari.  A  dì  detto  s'è 
mandato   300  fanti  a  Chiavari  (^). 

A  dì  23  [Febbraio]  sono  venute  lettere  dalla  santità 
di  nostro  signore  che  ne  conforta  che  stiamo  bene  uniti 
insieme  e  che  andiamo  appresso  a  quello  che  habbiamo 
inconmenzato,  cioè  de  fare  le  galere  e  de  fare  fantaria 
e  prendere  Monaco  e  non  habbiamo  affano  di  cosa 
alcuna  ;  della  cosa  delle  Rivere  non  ne  facciamo  altro 
perfino  che  la  santità  habia  resposta  da  re.  t.  in 
ordine     bona     provegione  de     polvere,     de     pietre     de 


(i)  Il  ms.  delFArch.  di  Stato,  errando,  ha  interpretato  invece  di  «4  alla 
seca  »,  «  e  alla  sera  ». 

2)  Il  Veneroso  non  parti  il  nj  ma  il  17  febbraio  come  dimostrammo  a 
pai^.   i()5  n.  i. 

25 


374  Anno   l507 

ferro  e  de  dinari  e  fantaria  per  mandare  a  reforsare 
lo  campo  di  Monaco,  né  se  aspeta  salvo  bontempo  in 
mare.  È  venuto  nova  comò  uno  castello  in  Lombardia, 
chi  è  alle  confine  de'  Tedeschi  e  de'  Venetiani,  s'è  ribel- 
lato contra  de'  Francesi  e  si  erano  renduti  bona  somma 
de  gentilhomini  milanesi,  chi  erano  fuora  usciti  e  che 
se  ordina  di  fare  certi  pezzi  di  artagliaria  grossa;  è  ve- 
nuto da  verso  Niza  la  nave  de  Giustiniano  e  di  Bor- 
garo,  carreghe  di  sale,  ma  per  dubio  del  castello,  le 
hanno  mandate  in  Golfo. 

A  dì  24  [Febbraio]  giorno  di  Santo  Mathia,  lo  tempo 
s'è  fatto  bono,  e  s'è  carrigato  in  una  barca  la  polvere 
e  artegliaria  con  fanti  icoo,  in  circa,  e  la  mandorno  alla 
volta  di  Monaco.  A  dì  detto  sono  partiti  doi  ambascia- 
tori e  andati  alla  santità  di  nostro  signc>re  :  cioè  Do- 
menico Adorno  e  Agostino  Foglietta.  A  dì  detto,  l'or- 
dinario che  veniva  da  Venetia  e  da  Milano  è  statto 
restalato  a  Cartona  con  le  lettere  e  dinari  che  portava. 
Lo  castelanp  ha  tirato  5,  o  6  colpi  d'altagliaria  con  le 
petre  e  ha  dato  una  in  Morsento,  in  casa  d'uno  tesitore, 
e  in  Violato  e  in  altri  lochi  ;  se  non  fosse  la  cosa  di 
Monaco,  il  populo  harebhe  fatto  stranie  novità,  ma  tutto 
se  comporta  per  l'impresa  di  Monaco  ;  monsignor  de 
Jamon  ne  ha  fatto  bandire  in  tutta  la  Lombardia  per 
ribelli- 

A  dì  25  [Febbraio]  è  venuto  nova  da  Monaco,  comò 
quelli  di  Monaco  erano  usciti  fuora  per  inchiodare  le 
bombarde  ;  li  nostri  si  sono  aveduti  e  furonno  alle  mani 
e  fumo  1 6  da  morti  e  prexi  queli  di  Monaco.  A  dì 
detto  s'è  stracato  da  S.  Marco  perfino  al  ponte  delli 
Catanei  grandissima  quantità  de  gambari  bianchi  morti. 

A  dì  27  [Febbraio]  è  venuto  qui  uno  de  re,  ch'era 
andato  oer  la  Lombardia  a  revedere  le  fortezze    come 


Diario  375 

stavano  fornite;  etiam  era  venuto  a  revedere  qui;  etiam 
la  matina  la  compagnia  de  Jesus ,  con  tutti  li  consoli 
dell'arte  ,  havevano  fatto  scortino  a  castello  e  ordinato 
a  uno  conseglio,  che  se  dovea  fare  al  doppo  disnare 
a  Palacio,  fusse  cambiato  l'officio  della  Balìa;  al  doppo 
disnare  non  fu  numero  a  Palacio  e  non  s'è  fatto  lo  con- 
seglio,  peronde  ne  fu  una  grandissima' mormoracione  nej 
populo  minuto.  A  dì  detto  è  venuto  nova  da  Monaco, 
come  non  se  trovavano  più  de  fanti  700  ;  vero  è  che 
la  provixione  ultimamente  mandatoli  non  era  ancora 
gionta. 

A  dì  28  [Febbraio],  domenica  s'  è  fatto  conseglio  a 
Palazo  e  s'è  cambiato  l'officio  della  Bailìa  e  s'è  fatò  dodeci 
ceniori  [sejiiori]  del  populo,  li  nomi  de'quali  sono:  d.  Lau- 
rentio  Grillo,  Federico  Imperiale,  Anselmo  (')  Cattaneo, 
Lodixio  Cibo,  Gio.  Batta  Cocarello,  Dimitri  Giustiniano, 
Oberto  da  Lazaro,  Gio.  Batta  Sauli,  Francesco  d'Arquata, 
Lodixio  da  Bagfnasco,  Vincenzo  Currero,  Bernardo  Gallo. 
A  dì  detto  Roccabertino  ha  mandato  una  crida  che  tutti 
quelli  che  dovessero  bavere  da  lui,  se  andassero  a  pa- 
gare,  che  voleva  andare  a  Milano. 

A  dì  2  di  Marzo  Roccabertino  s'è  partito  ;  è  andato 
in  soa  compagnia  tre  ambasciatori  a  mons.  de  Jamon, 
cioè  lo  sp.  m.  Gio.  Batta  Lazania ,  Lazaro  Pichenotto 
e  Giosepe  Dernixe,  uno  delli  tribuni.  A  dì  detto  è  ve- 
nuto nova,  comò  la  santità  di  nostro  signore  era  partito 
da  Bologna  e  andato  alla  volta  di  Roma.  Quella  notte 
a  bore  X  in  circa  ,  poiché  fu  partito  Roccabertino  , 
tutta  la  gente  chi  era  in  palacio  sono  partiti  e  andati 
in  Castelleto.  L'endomani  a  mattina  s'è  mandato  per  la 
Rivera  di   Levante,   per  tutti  li  cavi  de  parte,  che  ven- 


(1)  Il  ms.  deIl''Arch.  C^ivico  ha:  Acoelino. 


376  Anno   l507 

gano  alla  terra;  è  venuto  nova  corno  la  santità  di  nostro 
signore  haveva  lasciato  governatore  a  Bologna  mon- 
signor d.   Laurentio  da   Fiesco. 

A  dì  5  I  Marzo]  è  venuto  nova,  come  mons.  de  Jamon 
ha  fatto  astalare  tutti  quelli  di  populo  che  erano  a  Mi- 
lano, e  li  haveano  prezo  li  loro  liberi  e  li  haveano  fatto 
dare  sicurtà  de  4  millia  ducati  de  «  parere  mandatis  »  ; 
etiam  è  venuto  nova,  comò  li  nostri  ambasciatori  erano 
ancora  a  Saravale;  haveano  mandato  a  mons.  de  Jamon, 
se  poteano  andare  securi.  Quella  notte,  a  hore  6,  Ca- 
stelletto ha  tirato  doi  mortaretti;  l'uno  ha  datto  appresso 
Banchi,  in  casa  di  Serra,  l'altro  in  la  piassa  de  Squar- 
ciafici,  ■  in  lo  canto  de  Paris  de  Fiesco;  etiam  ha  tirato  6 
colpi  d'artaglierie  ;  hanno  datto  in  S.  Catarina  e  a  S.  Siro. 

L'endomani  mattina,  alli  6  [Marzo],  hanno  deruato  (') 
in  porta  nova  dallo  bagno  certe  caze  ;  lo  populo  li 
voleva  fare  opposito  ,  ma  per  le  cose  di  Monaco , 
comportava  ogni  cosa.  A  dì  detto  s'è  fatto  franco 
la  podestaria  de  Voltri  e  quella  di  l^oncevera  e  de 
Bezagno  ;  è  venuto  nova  come  li  ambasciatori  erano 
partiti  da  Serravale  e  andati  a  Nove.  A  dì  detto  fu 
preso  uno  prette  di  S.  Laurentio,  che  mandava  una 
lettera  a  Savignone  a  Gio.  Gieronimo  da  Fiesco,  e 
l'haveva  posta  in  corpo  a  uno  pezo,  la  quale  lettera  con- 
teneva de  quanti  avizi  seguivano  alla  terra  e  li  confor 
fortava  dovessino  venire  presto,  attentochè  alla  terra  non 
li  era  polvere,  né  fantarie  e,  se  stavano  troppo,  che  sa- 
rebono  provisti  dalla  santità  di  nostro  signore,  di  pol- 
vere e  fantaria  ;  etiam  l'avizava  de  molte  altre  cose.  S'è 
mandato  la  copia  della  lettera  alla  santità  di  nostro 
signore  ;   etiam  s'è   mandato    Gregorio  da   Bozolo   in   la 


I 


i)  II  ms.  delPArch.  di  Stato  ha:  derrivato.  Il  verbo  significa:  abbattere. 


Diario  877 

Rivera  da  Ponente,  a  cordare  diversi  galloni.  Uno  Pan- 
tali  n  Bruges,  chi  era  bravo,  amico  de  Adorni,  ha  asaltato 
Theramo  Centuriono  e  li  ha  menato  d'uno  ronchono; 
esso  cadette  e  non   l'ha  afferrato  salvo  del   asta. 

A  dì  7  [Vlarzo]  domenica,  quelli  di  Bezagno  hanno 
prezo  uno  Menighetto  de  Senarega  che  stava  a  Stagien 
et  era  una  gran  spia  di  d.  Gio.  Aloize  ;  etiam  hanno 
prezo  uno  detto  Gorzigia,  un  altro  Monconexi  ('),  un  altro 
Davancino  e  un  altro  da  Caorsi,  tutti  della  famiglia  di 
d.  Gio.  Aloize  ;  corno  furono  a  palazo,  subito  tutti 
cinque,  senza  confessare,  li  hanno  apichati.  A  dì  detto 
li  ambasciatori,  che  andavano  a  Janion,  se  ne  sono  retor- 
nati  in  pressa,  perchè  dubitavano  di  non  essere  restalati. 

A  dì  8  [Marzo]  fu  fatto  uno  officio:  cioè  d.  Bricio 
Giustiniano,  Gio.  Batta  de  Leonardi,  Agostino  de  Fer- 
rari, notaro,  e  Stefano  de  Capriata  ;  questo  a  cura  di 
acordare  le  quistioni  delli  homini  delle  Rivere,  potestarie 
e  della  terra,  e  spendere  dinari,  e  dare  a  cui  pareva  loro. 

A  dì  IO  [Marzo]  hanno  fatto  fare  treguadaGio.de 
Biassa  alli  Bertorotti  per  doi  mezi,  acordano  de  molte 
differenza.  Questa  notte  fu  arrobato  doe  botteghe  sotto 
la  Riva  ;  de  quelo  per  la  terra  ne  fu  grande  mormora- 
tione,  attentochè  perfino  a  qui,  a  benché  (^)  siamo  con 
l'arme  in  mano,  niente  di  manco,  quanto  per  arrobare  e 
amazare,  è  parsuto  essere  in  una  religione.  A  dì  detto, 
hanno  prezo  arme  assaissime  in  casa  di  diversi 
gentilhomini,  e  specialmente  in  casa  de  sig.  Gio.  Ceba, 
li  prezeno  grandissima  somma  ;  etiam  s'è  fatto  conseglio 
in   S.   Georgio  e  deliberorno   50   mila  ducati. 


(1)  Il  ms.  delFArch.  Civico  ha:  Moconexi. 

(2)  Il  ms.  delPArch,  di  Stato,  invece  di  «  a  benché  »  scrive  <<  a  banchi  » 
ma  questa  interpretazione  è  da  respingersi  senz''altro. 


378  Anno   1507 

A  dì  II  [Marzo],  love,  lo  castellano  ha  fatto  fare  re- 
scatto a  quelli  di  populo  che  haveva  in  castello  e  a 
ciascuno  ha  fato  la  sua  tag'lia;  erano  insomma  doa  millia 
scuti  ;  ma  non  li  voleva  relaxare,  salvo  che  li  prometteva 
farli  bona  compac^nia  ;  se  li  è  fatto  risposta  che  li  api- 
chasse  e  facesse  quello  li  piacesse,  che  se  non  li  relasava 
non  li  volevano  dare  uno  dinaro,  e  lo  doppo  disnare 
incominciò  a  tirare  artagliaria  in  quantitate  e  mortaretti 
e  bombarde  perfino  a  notte  ;  detteno  in  diverse  parte 
della  terra,  hanno  tirato  molti  colpi  in  lo  porto  dove 
erano  diversi  gralioni  e  ne  hanno  butato  in  fondo  doi  ; 
l'altri  hebbeno  bono  socorso,  sono  retirati  a  redosso 
a  ponte  delli  Spinola  ;  etiam  s'è  fatto  franco  la  Rivera 
di  Ponente  per  anni  io.  Tutta  quella  notte  lo  castello 
ha  tirato  molti  colpi  di  mortaretto  e  bombarde,  per  la 
quale  cosa  tutta  la   terra  ha  prezo  de  ^^rande  desdeg'no. 

A  dì  12  [Marzol  è  andato  grandissima  moltitudine  di 
gente  al  Castelacio,  così  della  terra  comò  di  quelli  di 
fora,  e  per  forza  hanno  prezo  detto  Castellazo,  in  lo  quale 
loco  erano  23  homini  bonni  e  donne  quattro,  e  li  hanno 
tagliati  tutti  a  pezi.  A  dì  detto,  s'è  mandato  a  prendere 
lo  castello  di  Portofino  ;  Castelletto  quel  giorno  non  ha 
tirato  mortaretti,  ha  tirato  certi  pochi  colpi  d'artagliaria. 
A  dì  detto,  è  andato  una  crida  per  parte  delli  Anciani, 
che  tutti  quelli  che  sapevano  dove  fosseno  arme  del 
colore  nobile,  sotto  pena  di  scuti  25,  infra  doi  giorni, 
le  dovessero  bavere  manifestato  e  datte  per  inventario 
a  Thomaso  Giustiniano,  Lanzarotto  Berraxi,  Petro  Gui- 
zano,  Batta  Merello  e  Nicolò  Schiavina  per  suo  notaro, 
deputato  a  ricevere  dette  arme. 

A  dì  13  [Marzo]  lo  castelano  ha  requesto  di  bavere 
parlamento  con  qualcheduno  che  sapia  parlare  franceze  ; 
li  fu   resposto  che  lui  non  haveva  fede  e  non  se  trovava 


Diario  379 

nisiino  che  se  volesse  fidare  de  lui  ;  se  mandato  una 
crida,  non  fosse  nisuno  chi  presumisse  di  parlare  con  al- 
cuno di  Castello.  A  dì  detto  è  arrivato  uno  caporale, 
dii^nissimo  in  arme,  chiamato  Gio.  Andrea  Corso,  con 
più  de   300  boni  fanti. 

A  dì  14  [Marzo]  s'è  partito  doi  conimissarij  e  andati 
a  Portofino,  in  ^  quale  loco,  perfino  a  venerdì  sera,  se 
li  era  mandato  Giovani  e  Lazarino  Bacigalupo  con 
certa  fantaria  per  rendere  lo  castello.  A  dì  detto  è 
venuto  uno  fante,  lo  quale  s'  è  mandato  venerdì  sera 
a  mons.  de  Jamon  a  farli  intendere  lo  trare  del  ca- 
stello e  la  preza  del  Castelazo  ,  lo  quale  mons.  ,  le- 
giiito  che  hebbe  la  lettera,  l'à  butata  a  meza  sala,  corno 
indiavolato  ;  ha  mandato  via  detto  correrò  senza  re- 
sposta. In  lo  palacio  de  Milano  non  se  partivano  giorno 
e  note  li   8   gentilhomini   nostri  deputati   alla  guerra. 

A  dì  15  [MarzoJ  s'è  mandato  una  crida,  che  ogniuno 
che  haveva  artagliaria,  o  sapesse  dove  ne  fosse,  la  do- 
vesse manifestare,  sotto  pena  di  perdere  dette  arta- 
glierie,   e  in   ogni   altra  pena,   in   arbitrio  delli  deputati. 

A  di  i6  [Marzo]  s'è  trovato  artagliaria  de  metalo  in 
quantità,  ascoza  ;  a  dì  detto  è  venuto  nova,  comò  lo 
castello  de  Portofino  s'era  reso  a  patti;  etiam  è  venuto 
nova,  comò  nìons.  de  Alegro  (era  governatore  a  Savona) 
s'è  partito  hieri  e  andato  in  Aste,  per  andare  capitano 
della  gente  che  mandano  per  disconsciare  l' impreza  di 
Monaco.  De  qui  s'  è  rpandato  a  batando  a  Monaco  e 
datoli  comissione  che  per  ogni  modo  questa  settimana 
facessino  quella  forza  possino  fare  e,  se  non  lo  potranno 
prendere,  sercano  per  ogni  modo  di  carrigare  l' arta- 
gliaria in  barca.  A  dì  detto,  s'  è  cambiato  li  tribuni  e 
ne  hanno  fatto  delli  altri  de   novo. 

A  dì  17  [Marzo]  è  venuto  nova  de  verso  Roma,  corno 


380  Anno    150/ 

veniva  uno  capitano,  etiam  che  veniva  fantaria,  polvere 
e  sanitrij  ;  etiam  è  venuto  nova  che  s'era  partito  da  Aste 
quatro  millia  fanti  e  cento  homini  d'arme,  per  andare  a 
dare  soccorso  a  Monaco. 

A  dì  18  [Marzo]  s'è  mandato  500  fanti  alla  Pieve, 
perchè  se  dubitava  che  quella  gente,  che  se  dice  che 
vanno  a  Monaco,  non  andasseno  alla  Pieve  ;  etiam  quello 
giorno  sono  venuti  doi  bergantini  e  una  barca  da  Roma 
con  cantara   350  de  sanitrij. 

A  dì  19  [Marzo]  è  venuto  nova,  corno  la  nostra  gente 
haveva  prezo  lo  castello  di  Ventimiglia  a  patti.  A  dì 
detto  fu  apichato  uno  giovane  de  Camogli  e,  perchè  era 
di  bona  gente,  l'apicorno  in  prigione  ;  c'erario  una  com- 
pagnia de  giovani  più  de  20,  de  boni  parentadi,  che 
arrobavano,  e  questo  li  ha  manifestati  ;  s'è  trovato  scale 
grandissime,  paferri  \^pali  ferrei\,  leve,  scopelli,  grimal- 
delli e  altri  ingegni  assai.  Quello  giorno,  quelli  chi  erano 
alle  guardie,  si  sono  apizati  con  quelli  di  S.  Francesco  e 
li  saltorno  perfino  alle  mura  e  li  bruxorno  lo  restello  (') 
e  morto  d'una  parte  e  l'altra  ;  etiam  s'è  ordinato  che  tutti 
li  connestagij  dovessino  rivedere  tutti  li  homini  delle 
loro  connestagiarie  e  riferirli  alli  loro  confalonieri  depu- 
tati; etiam  che  ogniuno  dovesse  star  prompto  a  ubedire 
con  le  sue  arme  alli  loro  confalonieri;  etiam  s'è  mandato 
per  le  Rivere  chi  dovessino  bandire  tutti  li  gentilhomini 
chi   erano  in  dette   Rivere. 

A  dì  22  [Marzo],  sabbato  è  venuto  nova  (^)  come  hanno 
dato  bataglia  a   Monaco   e  che  montorno   tre    bandiere 


I 


(i)  Per  la  voce  «  restello  »  cfr.  pag.  228. 

(2)  La  parola   «  sabbato  »  non  va  riferita  al  22  aprile,  perchè  questo  giorno 
del  mese  corrispondeva  quelPanno  ad  un  lunedi:  deve  invece  intendersi  unita 
alla  notizia  che  viene  subito  dopo  e  costruirsi   così  :  È   venuto    nova    come 
sabbato  etc. 


Diario  38 1 

su  le  mura  ;  ma  perchè  l'armata  di  mare  non  s'è  aco- 
stata, fu  di  necessità  tornare  in  dietro.  A  dì  detto  è  ve- 
nuto uno  gal  ione  di  Corsica  con  fanti  500  ;  etiamdio  è 
venuto  de  verso  Roma  doi  bergantini,  uno  carrigo  de 
polvere,  l'altro  con  diverse  balle  di  ferro  e  arme  bianche. 
A  dì  detto  uno  predicator,  de  l'ordine  delli  servi,  induto 
da  alcuni,  per  quello  se  può  comprehendere,  li  quali 
vorriano  che  li  populi  minuti  stesseno  male  insieme  e  se 
tagliasseno  a  pezi  l'uno  con  l'altro,  hanno  fatto  che  detto 
preilicatore  dice  in  lo  bergamo  \perga7no\  quella  mattina, 
che  s'era  fatto  una  compagnia  de  più  de  500,  la  quale 
era  una  compagnia  del  diavolo;  li  quali  haveano  tocato 
soma  de  dinari  da  (jentilhomini  e  che  doveano  taeliare 
a  pezzi  diversi  de  populo.  Così  comò  alcuna  somma  de 
artegiani  havean  fatto  una  compagnia  che  si  chiamava 
la  compagnia  de  Jesus,  certi  altri  haveano  principiato 
ufi'altra  della  Trinità,  e  questo  è  una  chi  era  quella  del 
diavolo  ;  e  questo  faccevano,  perchè  volevano  ponere  in 
gelosia  l'uno  con  l'altro;  dapoi  di  detta  predica  li  An- 
ciani  e  officio  di  Balìa  hanno  fatto  serrare  le  porte  della 
terra  e  fato  prendere  da  8  chi  erano  di  detta  compa- 
gnia, e  li  hanno  fatto  ponere  in  restretto  ;  etiam  man- 
dorno  a  citare  Antonio  da  Sivori,  lo  quale  è  del  colore 
Fregoso  et  è  homo  che  è  bene  voluto  da  homini  assai 
del  detto  colore  e  volseno  intendere  se  era  di  detta  com- 
pagnia ;  poi  l'hanno  licenziato;  il  simile  hanno  fatto  a 
diversi  altri  amici  de  Fregozi, 

A  dì  23  [Marzo]  è  venute  lettere  da  Monaco,  come 
era  arrivato  gente  assai  alla  Turbia,  per  modo  che  lo 
nostro  campo  ne  se  ellegeva  di  stare  più  a  Monaco  e  che 
haveano  tirato  l'altagliaria  in  salvamento  e  che  domenica 
notte  (^')  vaniranno  a  Vintimillia  e  li   avizaseno    cpiello 

(1)  Il  ms.  delFArch.  Civico  ha:  mattina. 


3S2  Anno    l507 

volevano  che  facessero  ;  etiam  mandato  li  doi  commissari 
delle  navi  :  1'  uno  havea  nome  Gio.  de  Monteborgo  , 
l'altro  Nicolò  Cicogna;  quelo  Gio.  de  Monteborgo,  dicono 
qiielo  giorno  hanno  datto  la  bataglia  a  Monaco,  le  ga- 
lere remorcavano  la  nave  per  acostarla  al  Castello  , 
lui  con  uno  picocino  ha  tagliato  lo  remorco  e,  per  quello, 
hanno  perduto  Monaco.  Come  furono  gionti  ,  si  sbar- 
corno  nel  darzenale  e  ivi  li  hanno  tenuti  perfino  pas- 
satto  mezo  giorno;  se  incomenzato  intendere  per  la  terra, 
s'è  comulato  grandissima  gente  e  incomenzavano  a  scha- 
rinare  le  mura  del  darzenale  per  tagliarli  a  pezi  ;  lo  Pa- 
lacio  r  ha  inteso,  e  mandorno  una  gran  compagnia  de 
armati  e  li  hanno  fatti  condure  in  Palacio.  Non  è  homo, 
per  vechio  chi  sia,  che  se  ricordi  bavere  mai  visto  uno 
inverno  sì  bello,  ne  più  dolce,  quanto  è  statto  questo; 
non  s'è  conosciuto  fredo,  ne  manco  tristo  tempo;  tutto 
questo  inverno  sono  statti  arbori  fioriti.  Etiam  questo 
giorno  s'è  fatto  conseglio  a  Palacio  e  s'è  deliberato  di 
scrivere  alli  commissarii  e  capitaneo,  che  per  niente  non 
se  parteno  da  Vintimiglia,  e  se  a  loro  pare  di  fornire 
Mentono  e  Rochabruna,  o  de  minarla,  la  remettono  a 
loro,  e  che  per  Monaco  tengano  tutta  quella  obsidione 
parrà  a  loro  ;  etiam  s'è  deliberato  di  mandare  a  pren- 
dere uno  salvo  condutto  per  mandare  li  ambasciatori  a 
Jamon ,  li  quali  ambasciatori  havessero  questa  instru- 
cione,  che  noi  vogliamo  che  li  offici]  restasseno  come 
sono,  etiam  che  potessero  preseverare  in  la  obsidione 
di  Monaco,  etiam  che  d.  Gio.  Aloize  non  dovesse  ha- 
bitare  in  lo  genovese  e  che  li  officii  non  se  dovessino 
vendere,  che  li  officii  delle  Rivere  li  dovessino  dare  a 
cittadini. 

A  dì  24  [Marzo]  in  la  terra  fu  grandissima  mormora- 
cione  e  fu   j)er  metterse  in   le  arme,  per  la  deliberatione 


Diario  383 

di  mandare  li  ambasciatori  a  Janion  ;  visto  questo,  re- 
vocorno  la  detta  deliberatione  di  mandare  li  ambasciatori 
a  Jamon  ;  alla  sera  a  liore  doe  di  notte  lo  castello  ha 
incomenzato  a  tirare  mortaretti  molto  grossi  e  perfino 
a  4  bore  di  notte  in  circa,  pareva  òhe  havessero  lo  tempo 
scarso  a  tirare  sempre  de  longo. 

A  dì  25  [Marzo]  s'è  mandato  una  crida,  corno  non  se 
mandava  più  ambasciatori  e  che  ogniuno  stesse  in  ordine 
e  che  s'era  deliberato  di   fare  bona  guerra  alli    inimici. 

A  dì  26  [Marzo]  a  bore  tre  di  notte  in  circa,  lo  ca- 
stello ha  tornato  a  tirare  mortaretti,  comò  la  sera  avanti 
e  con  l'agiuto  de  Dio,  quantunque  babbi  fatto  gran 
darmagio,   non  s'è  fatto   male  a  persona  alcuna. 

A  dì  27  [Marzo]  al  giorno  tirorno  diversi  colpi  d'ar- 
tagliaria  ;  lo  populo  tutto  ,  maxime  lo  minuto,  era  in 
grandissima  ira  e  solicitavano  di  ponere  l'artagliarie 
contra  il  castello  ;  li  traditori  che  hanno  principiato 
questi  travagli,  sono  in  lavoro  a  marcire  (')  \corrompe7'e\ 
questo  e  quello  altro  per  prendere  qualche  compo- 
sicione  e  lasciare  lo  castello  inteofro. 

A  dì  28  [Marzo],  sabbatO.  alla  matina  s'è  fatto  uno 
conseglio  a  Castello,  e  ivi  s'è  deliberato  de  fare  bona 
guerra  con  re,  e  di  prendere  ad  ogni  modo  lo  castello  (') 
e  s'è  fatto  6  capitanei,  deputati  a  prendere  lo  castello; 
far  fare  ripari  e  dare  ordine  a  Tartagliane  e   fare  tutta 


(ij  II  ms.  deirArch.  Civico  ha  questo  ver-bo,  mentre  quello  delPArch.  di 
Stato  ha  una  parola  quasi  incomprensibile  che  si  potrebbe  con  molto  stento 
spiegare  col  verbo  :  convertire.  Io  preferisco  la  prima  versione  perchè  più 
sicura  e  avvalorata  anche  dal  fatto  che  ancora  oggi  si  dice  in  genovese 
«  oeggia  marsa  »   per  dire  persona  corrotta. 

(i)  A  scanso  di  confusione  tra  i  due  significati  che  il  nome  «  castello  » 
ha  in  questo  Diario  ho  deciso  di  scriverlo  colla  iniziale  minuscola  qi:ando 
indica  Castelletto,  colla  maiuscola  quando  indica  la  località  su  cui  sorge  S. 
Maria  di  Castello. 


384  Anno   l507 

quella  provegione  e  solicitudine  a  far  detta  deliberatione  ; 
li  nomi  de  quali  sono  :  Simon  Giustiniano,  Mathia  Bor- 
garo,  Paulo  Giudex,  Pantaleo  Navone,  Vincentio  Peli- 
sono  e  Antonio  de  Corniglia  (');  al  doppo  disnare  fu 
una  grandissima  moltitudine  di  gente  a  Palacio  con  de- 
liberatione di  tagliare  a  pezi  una  frotta  di  populo  grasso 
con  alcuni  artegiani  aderenti  a  loro  ;  ma  subito  fu  man- 
dato fora  una  crida  di  questo  tenore  :  a  nome  di  Dio 
e  di  sua  Madre  e  del  glorioso  Batesto  e  del  cavalero 
Santo  Georgio  e  tutti  l'altri  benedetti  Santi,  per  parte 
delli  Anciani  e  officio  della  Balìa  del  comune,  se  fa  ma- 
nifesto a  ogni  persona,  comò  per  non  bavere  voluto  re 
dare  audienza  alli  nostri  ambasciatori,  etiam  per  haverne 
fatto  Gridare  in  li  soi  paesi  per  rebelli  e  prendere  li  nostri 
beni,  etiam  per  haver  dato  socorso  a  Monaco  e  per 
molte  altre  giustificationi,  che  se  potrebeno  dire,  s'è  de- 
liberato bavere  guerra  bandita  contra  di  sua  maestà  e 
di  debelare  lo  castello  e  scazare  tutte  le  sue  arme  dove 
saranno  ;  etiam  s'è  mandato  doi  delli  tribuni  a  fare  ve- 
nire la   nave  con  tutta  l'artagliaria  ch'era  a  Monaco. 

A  dì  29  [Marzo]  è  venuto  nova,  come  quella  gente 
ch'erano  andati  a  dare  socorso  a  Monaco,  erano  venuti 
a  Mentono,  in  lo  quale  loco  era  restato  castelano  uno 
Gregorio  Serveto,  con  homini  34,  con  debita  provigione 
de  artagliaria  e  munitione  ;  subito  come  quella  gente  fu- 
rono ivi,  hanno  havuto  parlamento  e,  senza  colpo,  se 
sono  renduti,  salvo  le  robe  e  le  persone  ;  si  dice  di  poi 
li  hanno  arrobati  tutti  ;  etiam  detto  campo  è  andato  alla 
volta  di  Ventimillia,  in  lo  quale  loco  era  lo  nostro  ca- 
pitaneo  [e\  li  commissari]  che  erano  a  Monaco  con  fanti 
800  in  circa  ;   quantunque  detto  campo  fosseno    quatro 


(1)  Sui  non'ii  dei  sei  capitani  \edi  pag.  23o,  n.  i, 


Diario  385 

mìllia  e  cavali  assai,  detti  nostri  uscirono  fori  alle  mani 
con  loro,  e  ne  amazorno  io  e  prezeno  6  con  uno  capi- 
taneo  franceze,  al  quale  haveano  tagliato  una  gamba,  e 
li  trovorno  adosso  scuti  800,  e  fatto  ancora  recato  d'al- 
tretanti  ;  a  dì  detto  sono  venute  le  navi  de  Monaco, 
hanno  conduto  l'artagliaria,  subito  comò  furono  sorte, 
incomenzorono  a  descarigarla;  etiam  è  andato  una  crida 
per  parte  delli  Anciani  e  officio  di  Balìa,  che  tutti  quelli 
che  portavano  argenti  in  secha  di  marco,  li  sariano  pa- 
gati a  ragione  di  s.  43  l'oncia  e  li  dariano  lochi  scritti 
a  L.  45  ;  lo  logo  con  la  paga  di  magio,  cui  voleva  page 
li  darebbeno  di  questo  anno  a  soldi  1 5  la  libra,  cui  vo- 
leva scrita  di  banco  li  prenderiano  li  argenti  a  soldi  47 
l'oncia 

A  dì  30  [WarzoJ  è  andato  una  crida,  che  tutti  li  con- 
faloneri  e  connestagi  dovesseno  andare  al  doppo  disnare 
a  Palacio,  e  li  fu  datto  comissione  che  tutti  dovesseno 
obedire  al  capitaneo  ;  etiam  s'è  mandato  uno  castelano 
a  Vintimiglia  con  farine  e  provigioni  (')  e  victuarie  ;  etiam 
s'è  mandato  uno  commissario  a  San  Remo,  Antonio  lo 
Trucho.  A  dì  detto,  alla  sera  tardi,  è  venuto  Carlo  delli 
Fornè,  che  tene  casa  a  Milano  per  Andrea  Cesaro,  Raf- 
faello de  Fornarij  e  Stefano  Giustiniano,  lo  quale  è  ve- 
nuto con  lo  salvocondotto  di  Jamon  e  dice  che  li  nostri 
ambasciatori  andasseno  che  sariano  visti  volontieri  ;  etiam 
se  diceva  che  a  Milano  si  faceva  provigione  de  più  de 
20  millia  homini  per  venire  qui  e  confortava  non  se  do- 
vesse andar  così  rigidamente  con  tra  re  ;  che  se  prendesse 
qualche  partito. 

A  dì  31  [Marzo]  fu  menato  a  Genova  uno  chi  era 
de   V^ellanove  d'Albenga,   lo  quale  veniva  da  Dolceaciua 


(i)  Il  ms.  delPArch.  di  Stato  ha:  con  far  altre  provigioni. 


386  Anno   l507 

e  haveva  diverse  lettere  di  Luca  Spinola  e  Gio.  d'Oria 
e  altri  gentilhomini,  adrizati  a  diversi  cittadini  di  Albenga 
e  1  avizano  de  molte  cose  che  importavano  detti  homini 
di  Albenga  in  secretto  ;  sono  sempre  statti  in  secretto 
alla  devocione  de  gentilhomini.  Detto  homo  preso,  Tapi- 
corno  alla  notte  al   balcone  dei  podestà. 

A  dì  primo  d'Aprile  è  andato  una  crida  che  non  fosse 
nisuno  così  terrero  come  altro,  che  presumisse  uscire  fora 
di  Genova,  ne  mandare  robe  senza  licentia,  sotto  pena 
di  rebelione  e  di  perdere  dette  robe,  e  chi  li  trovasse 
di  fora,  li  posia  amazare  o  robare  e  non  incorrere  in 
pena  alcuna.  La  cagione  è  statta  perchè  Theramo  de 
Ballano  e  alcuni  altri  del  popolo  richi,  sercavano  d'an- 
darsene via  alla  secreta.  A  dì  detto,  s'  è  datto  galere 
otto  :  una  a  Batta  Giustiniano,  un'altra  a  Matteo  Borgaro, 
Petro  Ambrosio  Boccio  ('),  Marco  Giambon,  Francesco 
d'Arquata,  Paulo  Gaio,  Bartolomeo  del  Cavo  e  Gieronimo 
Ricio  ;  li  capitanei  di  dette  galere  sono  :  Gieronimo  Sauli 
e  Rafaelo  Ragio;  in  l'officio  della  balia  sono  compartite 
tutte  queste  galere.  A  dì  detto  sono  venute  le  nostre 
doe  galere  da  Ventimiglia  e  fino  di  quella  sera  se  ri- 
mandorno  in  Rivera  con  galloni  tre  e  li  misseno  sopra 
fanti  400  boni  e  li  mandorno  in  la  Rivera  di  Ponente. 
Etiam  è  venuto  nova  che  le  galere  armate  a  Marseglia 
erano  arrivate  a  Monaco. 

A  dì  3  [Aprile]  è  venuto  nova,  una  fusta  grossa 
che  era  armata  a  Napoli  haveva  prezo  in  monte  Argen- 
taro  una  nostra  fusta  che  andava  a  Roma  patron izata 
per  uno  della  Bocua  che  sta  in  borgo  San  Stefano. 
A  dì  detto  è  venuto  nova  comò  era  giustrato  a 
Portovenere  lo  gallone  di  Bardella,  chi  veniva  da  Roma 


i)  Il  ms.  delPArch.  Civico  ha:  Petro  Antonio  Boccio. 


Diario  3Sj 

e  ha  ve  va  350  prie  di  ferro,  polvere,  sanitrj  e  altri  arma- 
menti. A  dì  detto  s'è  mandato  una  crida,  che  ogniuno 
dovesse  esser  in  ordine  con  le  sue  armi  alla  requista 
delli  loro  connestagij  e  che  dovessero  seguire  li  loro  con- 
faloneri,   a   pena  de   scuti    25. 

A  dì  domenica,  giorno  di  Pasqua,  all'hora  di  vespro, 
che  fu  alli  4  ri' aprile,  l'artigliaria  ha  incomenzato  a  tirare 
intorno  a  Santo  Francesco  e  cittadella.  A  dì  detto  è 
venuto  nova,  comò  San  Remo  e  Tabia  havevano  dato 
audienza  a  mons.  de  Jamon,  e  li  gentilhomini  che  sono 
con   quella  gente,   che   ha   datto   socorso   a   Monaco, 

A  dì  5  [Aprile]  li  Francesi  caciorno  foco  in  la  casaza 
di  vSanto  Francesco  e  la  bruxorno  tutta  ;  la  nostra  arta- 
gliaria  quello  giorno  ha  tratto  molto  forte  e  derruato 
tutto  uno  torrione  che  era  in  l'horto  di  Santo  F"rancesco, 
tutto  uno  torracone  ch'era  arrembato  alla  casaza  di 
Santo  Francesco  butato  sopra  uno  tetto  d'una  cappella 
e  diverse  guardie  e  camere  e  bombardato  una  parte 
della  chiesa  ;  è  venuto  bellissima  compagnia  delle  tre 
podesterie,  e  assai. 

A  dì  6  [Aprile]  s'è  cernuto  in  balestreri  e  schiupcteri 
con  qualche  imbrasatore  600  delle  podesterie  e  alli  altri 
hanno  datto  licentia  ;  e  perchè  è  venuto  nova  che  d.  Jo. 
Loize  era  partito  sabbato  da  Milano  con  homini  4000, 
s'è  ordinato  che  quelli  de  Bizagno  fornizeno  la  bastia 
de  .  .  ,  \Pznof\e  che  quelli  della  Ponc^vera  stesseno  attenti 
se  sentivano  carrigo  in  loco  alcuno,  che  subito  li  doves- 
seno   andare. 

A  dì  7  I  Aprile  I  a  hore  23  in  circa,  s'è  datto  la  bat- 
taglia in  Santo  Francesco,  dove  saltorno  nell'horto  pri- 
mier(3  di  Santo  Francesco  ;  quando  furono  per  intrare 
dentro,  quelli  haveano  aperto  tutti  li  monumenti  e  li 
haveano  coperti   tutti  de  brischie  tutte  piene  di  polvere; 


388  Anno   l507 

quando  la  notte  li  prezeno,  se  ritirarno  ;  etiam  è  venuto 
nova  corno  quello  campo  de  Ravasten  è  andato  al  Porto, 
(Maui^izio)  lo  quale  loco  se  rendette  a  patti  (').  Poiché 
furono  dentro,  hanno  fatto  de  molti  danni  e  li  hanno 
fatti  recatare  8  millia  ducati  e  apicorno  lo  sp.  d. 
Gasparo  de  Franchi  chi  era  commissario  in  tutta  la 
Rivera;   quella   notte  s'  è   varato   una  galera. 

A  dì  8  [Aprile]  sono  arrivati  doi  canoni  grossi  di 
quelli  che  sono  fatti  a  Lerice  e  fattoli  descarigare  al 
ponte  delli   Calvi. 

A  dì  9  [Aprile]  è  venuto  nova  come  li  nostri  inimici 
haveano  havuto  Albenga  e  le  galere  di  prette  Jan 
{Fregeni)  haveano  presi  certi  galloni.  A  hore  1 2  quelli 
di  castello  mizero  foco  in  lo  convento  di  Santo  Francesco 
e  brusò  tutto,   dallo  teto  della  chiesa  in  fora. 

A  dì  IO  [Aprile]  sabbatO  è  venuto  nova  come  era 
arrivato  galere  4  e  fuste  due  de  re  de  Napoli  in  favore 
delli  gentilhomini  ;  etiamdio  è  venuto  nova  comò  lo  car- 
dinale di  Voa  era  arrivato  in  Aste.  Ancora  al  detto 
sabbato,  s'è  andato  a  Palacio,  in  consiglio,  grande  mol- 
titudine di  cittadini  per  vedere  di  prendere  qualche 
adrizo  in  le  nostre  cose,  attento  che  se  haveva  li  inimici 
appresso  e  non  havevamo  socorso  da  banda  alcuna. 
Oualcheduno  ha  argumentato  di  fare  venire  li  capelazi 
dentro  ;  fu  levato  gran  romore  per  la  terra.  Finalmente 
a  hore  16  incirca,  per  alcuni  particulari,  fu  solevato 
d.  Paulo  da  Nove,  che  era  tintore  di  seta  ;  l'hanno 
fatto  duce  e,  con  grande  seguito  di  populo  minuto,  ha 
cavalcato  per  tutta  la  terra;  poi,  retornato  a  Palacio,  è 
andato  in  senato  con  tutti  li  offitii,  e  li  detteno  sacra- 
mento,  che.   prezo  che   fusse  Castelletto,  lo  dovesse  der- 


(i)  Queir  esercito  non  era  comandato  dal  Ravenstein  ma  dal  d'' Allègre. 


Diario  389 

ruvare  ;   poi   ha  incomenzato   a    mandare    le    sue    cride 
come  illustre  duce. 

A  dì  11  [Aprile]  dette  galere  passorono  alla  volta  di 
Savona  ;  etiam  è  venuto  nova  ,  comò  quelli  di  Casti- 
glione haveano  fatto  tre  bastie  nK^lto  forte  a  Pria  Coxera 
Senaco,  l'Arpe  (')  etiam  haveano  fatto  liga  insieme  :  Ca- 
stigione,  Lagorara,  Sestrij,  Goano  e  diversi  altri  lochi.  Lo 
nostro  duce  ha  deliberato  tutti  li  prigioni  ch'erano  a  Ge- 
nova e  quelli  che  erano  a  Lerice,  traditori  della  impreza 
di  Monaco  ;  etiam  s'  è  fatto  conseglio  e  s'  è  deliberato 
50  millia  ducati  per  la  impreza  della  guerra  ;  lo  duce 
ha  requesto  500  fanti  per  la  sua  guardia,  la  meità  della 
terra,  l'altra  meità  forastieri  ;  s'è  deliberato  fosseno  tutti 
forastieri  ;  etiam  s'è  mandato  la  nave  de'  Giustiniani  a 
Vintimiglia  a  levare  Tarlatino,  chi  era  capitano  all'  im- 
preza di  Monaco,  con  quella  fantaria  era  in  quello  loco, 
solum  bastava  lasciarlo  ben  fornito.  Etiam  è  andato  una 
crida,  che  tutti  li  nobili  chi  haveano  le  loro  masnate 
fora,  se  dovessero  restringere  in  doe  caze  per  piaza  e 
tutti  quelli  chi  haveano  prezo  casa,  dovezeno  lasciare  le 
porte  aperte  perchè  haveva  da  venire  grandissima  mol- 
titudine di  gente  ;  etiam  s'è  deliberato  di  far  che  ogni 
canto  di  carrogio  havesse  una  catena  che  per  ogni  panno 
pezasse  libre  tre,  e  restorno  d'acordio  con  li  maestri  a 
dinari  io  per  lira  e  mandorno  una  crida  che  tutti  li 
connestagij  dovessero  fare  le  loro  tasse  e  chi  stava  a 
pigione  la  ponesse  su  la  pigione  della  casa.  Alla  sera, 
vedendo  Manuele  de  Canale,  lo  quale  il  duce  l' havea 
fatto  capitaneo  della  piassa,  che  non  havea  potuto  otte- 
nere di   fare  la   meità  delli  fanti  genovesi,  s'è  partito  da 


(1)  Il  ms.  deirArch.  di  Stato  in   luogo  di  PArpe  ha  una  parola  che  mi 
pari'  si  possa  decifrare  così  :  la  opa  o  saopa. 

26 


Sgo  Anno   i507 

Palacio  acompagnato  da  alcuni  tristi,  andando  Gridando: 
Canale  e  ventura  ;  se  voleva  fare  capo  de  ventureri. 
Quella  sera  l'officio  della  Balìa  è  andato  all'officio  di 
Santo  Georgio  per  contratare  li  50  millia  ducati  deliberati 
in  conseglio  e  non  s'è  potuto  passare.  S'è  ordinato  un 
altro  conseglio  per  l'endomani   a  matina. 

A  dì  13  [Aprile],  facendose  lo  conseglio,  è  venuto 
nova  corno  8  galere  de  inimici,  fuste  doe,  bergantini  tre, 
haveano  posto  scala  a  Cornigliano  e  varato  una  barca 
carriga  de  oleo  e  ne  bruzorno  un'  altra.  Assai  presto 
dette  galere  comparseno  nel  porto  ;  è  venuto  una  aj)- 
presso  a  San  Giovanni,  e  tutta  la  terra  fu  in  moto  e 
non  s'è  potuto  fare  lo  conseglio.  Furono  l)ene  visitate 
d'artagliarie,  se  partirono  e  sono  andate  a  Levanto  ;  lo 
conseglio  s'  è  fatto  al  doppo  disnare  e  s'  è  deliberato 
detti  ducati  50  millia.  Fu  grande  contencione  che  li  of- 
fici! non  se  incalavano  officiare,  né  cittadino  andare  più 
per  la  terra  per  menaze  li  erano  fatte  da  tristi,  di- 
cendo che  ogniuno  era  traditore  e  dicevano  al  duce,  se 
non  li  dava  remedio  e  punisse  alcuni  di  questi  tristi, 
saria  di  necessità  provederli  per  altra  via.  Alla  sera  se 
retirò  l'artagliaria  chi  era  a  Santo  Rocho,  parte  de  quella 
de  Lucuri.  parte  di  quella  ch'era  in  lo  carrogio  della 
Magdalena  s'è  retirato  a  Palazo.  Perchè  dette  galere  ha- 
veano bruxato  appresso  quelle  barche  a  Cornigiano  , 
tutti  coloro  se  misseno  in  arme  e  bruxorno  una  casseta 
di  Francesco  Spinola,  etiam  introrno  in  tutte  quelle  altre 
caze  de  gentilhomini,  facendo  danno  in  le  caze  e  pos 
sessioni. 

A  dì  14  [Aprile]  inanzi  giorno  sono  partiti  tutti  li 
ponceveraschi  con  le  arme  e  andorno  a  Savignone,  dove 
hanno  fatto  diversi  danni  ,  poi  andorno  a  Buzala,  dove 
trovorno  da  mille  mine  in   circa  de  biave  e  grani,  delli 


Diario  Sgi 

quali  hanno  prezo  quanto  hanno  potuto;  lo  resto  li  ca- 
ciorno  fuoco,  e  feceno  dell'altri  danni  assai;  brusciorno 
tutti  li  strami  che  trovorno  ;   alla  sera  tornorno  in  casa. 

Alla  sera  a  dì  15  [Aprile]  è  venuto  un  Pantalino  da 
Meran  de  Genova,  chi  ha  moglie  in  Aste  e  dice  che  re 
era  arrivato  martedì  a  Turino  e  haveva  seco  tutta  la 
baronia  di  Pranza  e  che  tutti  li  signori  d'Italia  cavalca- 
vano in  Aste,  e  che  già  la  fantaria  era  aviagiata  alla  volta 
di  PVaschetto  \presso  Busalla\^  onde  lo  duce  lo  ha  fatto 
ponere  in  la  Grimaldina  e  voleva  intendere  s'era  la  verità 
quello  che  diceva,  e  chi  l'ha  induto  a  venire  qui.  A  dì 
detto,  è  venuto  uno  correrò  d'Aste  con  una  lettera  dell'am- 
basciatore del  re  di  Spagna,  ch'era  con  lo  legato,  che  con- 
fortava dovessimo  mandare  qualche  persone  in  Aste  che 
sariamo  auditi  volontiera,  e  che  re  era  misericordioso  e 
che  ne  prenderla  a  mersè  e  che  lui  se  intermeteria  a 
pacificarne  e  prendere  qualche  termine.  Lo  duce  l' ha 
inteso  ;  è  venuto  in  senato  e  dice  se  gli  era  alcuno  che 
presumisse  parlare  di  prendere  compositione  con  Pranza, 
lo  farebbe  astocare  e  non  voleva  dare  risposta  a  essa 
lettera  ;  tuttavolta  fu  deliberato  di  dare  risposta  ;  soia- 
menti  di  farli  intendere  le  nostre  giustificationi,  che,  tam- 
quam  coacti,  habiamo  prezo  le  armi  contro  della  Pranza. 
Questa  sera  s'è  fatto  conseglio  in  Santo  Georgio  e  s'è 
refermato  la  delibeiatione  delli  50  millia  ducati  ;  etìam 
s'è  mandato  la  nave  di  Borgaro,  uno  gallione  di  Bar- 
della con  una  barcha  a  Civitavecliia  a  levare  certa  fan- 
taria e  altre  municioni. 

Alli  16  [Aprile]  messer  lo  duce  e  li  Anciani  hanno 
fatto  franco  d' avaria  de  vechio  e  per  l' avenire  li 
homini  di  Sestri.  A  dì  detto  s'è  datto  resposta  alla  let- 
tera dell'ambasciatore  di  re  di  Spagna  e  li  feceno  inten- 
dere li  calivi   contegni,  di  haverne  mancato  la  fede,  della 


392  Anno     l507 

poca  ragione  e  delli  periculi  grandi  dove  siamo  statti 
posti  per  la  sacra  maestà  del  re  di  Pranza  ;  per  la  qual 
cosa  ne  è  statto  forza  grandissima  prendere  lo  tosico  per 
medicina. 

E  a  dì  17  [Aprile],  sabbato,  fu  fatto  dodici  capitanei 
li  quali  dovessero  essere  ogni  giorno  con  lo  duce  a  con- 
sigliarlo bene  della  terra,  lo  nome  de'  quali  sono:  Lazaro 
de  Franchi,  Stefano  Giustiniano,  Antonio  Sauli,  Batta 
Scaglia,  Ambrosio  de  Promontorio,  Benedetto  de  Casti- 
gliono,  Theramo  de  Ballano,  Batta  de  Rappallo,  Pantaleo 
Navone,  Napolion  Richeme.  A  dì  detto  è  venuto  nova 
come  le  galere  di  Paranza  e  quelle  di  Napoli  erano  an- 
date a  Marora  in  lo  golfo  della  Speza,  in  lo  quale  loco 
era  calato  lo  marcheze  di  Goano  Biascia;  è,  uscito  fuora, 
e  preze  detto  marcheze  e  l'ha  darmegiato  assai.  È  ve- 
nuto Domenico  di  Santo  Petro  d'Arena  chi  s'è  partito 
hieri  d'Aste  e  dice  che  zobia,  a  bore  i6,  e  re  intrato 
dentro  d'Aste  e  haveva  ardito  dire  ch'era  venuto  in  Italia 
per  .debelare  li  suoi  inimici,  maxime  lo  populo  di  Ge- 
nova. Questa  notte  passata  sono  partiti  assai  di  Genova, 
di  Poncevera,  di  Sestri  e  eli  Bizagno ,  andati  alla  volta 
di  Vultabio,  dove  era  arrivato  gente  e  artagliaria  ;  è  ve- 
nuto nova  questa  matina  per  tempo  arrivano  in  Trasto, 
dove  erano  già  delli  francesi,  li  quali  fugirono  alla  volta 
di  Votaggio  e  l'artagliaria,  che  haveano  cavato  fora,  la 
torno  a  tirare  dentro;  li  nostri  erano  a  Flacone  \presso 
Voltaggio\  ;  etiam  è  venuto  nova  che  lo  figliolo  di  d. 
Gio.  Aloize  era  intrato  con  gente  dentro  da   Rappallo. 

A  dì  18  [Aprile]  la  nostra  gente,  chi  era  andata  alla 
volta  di  Votagio,   è  tornata  indietro. 

A  dì  19  [Aprile]  s'è  fatto  uno  decretto,  che  tutti  quelli 
così  gentilhomini  come  de  populo,  etiam  tutte  le  robe 
che  fosseno  dentro  delli  monasterii,  la  dovesseno  cavare 


Diario  3q3 

fora,  sotto  pena  dì  rebelione  ;  etiam  che  a  tutti  li  pon- 
ceveraschi,  a  chi  fusse  brusciato  la  casa,  li  sariano  pa- 
gata. A  dì  detto  s'è  fatto  uno  scortino  de  cittadini  in 
chiostro  di  S.  Laurenzo;  la  posta  si  fu  che  habiando  lo 
campo  appresso,  corno  è,  l'ofticio  della  Balìa  se  trovò 
poca  provicrione  di  denari  e  che  in  secha  si  portano  po- 
chissimi argenti  ;  coloro  chi  ne  hanno,  se  sprezurano  ; 
fu  deliberato  de  fare  portare  de  l'oro  e  ponere  bono  precio, 
etiam  far  ponere  sopra  ogniuno  tassa,  secondo  lo  loro 
grado,  e  donare  li  loci,  o  page,  o  scritta  di  banco,  se- 
condo se  contenteranno  ;  etiam  s'è  partito  da  40  fanti 
forastieri,  con  assai  terreri  e  tutti  li  bravi  con  de  quelli 
della  podesteria  di  Bizagno,  e  andorno  alla  volta  di  Ra- 
pallo, in  lo  quale  loco  era  lo  conte  d.  Gieronimo,  figlio 
di  d.  Gio.  Aloize,  con  homini  più  de  4000.  Quando  ari- 
vorno  a  Sori,  hanno  prezo  uno  chi  se  chiamava  lo  Ne- 
grino  di  Montobio,  e  l'apicorno  a  Recho  ;  fu  uno  di  Rap- 
pallo  chi  volse  dire:  scampa  l'homo,  subito  fu  astocato  da 
uno  bravo  nominato  lo  Mazon.  A  dì  detto,  alla  matina 
per  tempo,  inanzi  giorno,  è  venuto  lo  nostro  campo,  lo 
quale  era  statto  a  Recho  alle  mane  con  l'inimici  venuti 
tutti  a  botto  volere  (su)  ;  lo  campo  dell'inimici  se  misse  in 
rotta  e  alla  casa  di  Rua.dove  si  dice  Bavano  ('),  lasciorno 
li  cavali  e  arme  in  quantitate  ;  quelli  di  Camogli  e  qualche 
de  200  fanti  in  circa  forastieri  delli  nostri,  chi  erano  re- 
tirati, alla  mattina  per  tempo  montorno  sopra  la  colla 
de  Ruta  e  videno  coloro  in  rotta;  se  li  misseno  appresso 
e  prezeno  cavalli,  arme,  pregioni  in  quantità  ;  etiam  quelli 
di  Chiavari,   in  lo  quale  loco  erano  fanti  forastieri  800, 


(i)  Il  ms.  delPArch.  Civica  ha:    «cava»    invece  di    «casa»,    «Hacano» 
invece  di    «  Bavano  ». 


394        .  Anno   iSoy 

con  Vadesturla,  Casti liono,  Lagorara  e  tutte  quelle 
lange,  se  li  misseno  appresso  e  non  ne  scampò  homo 
che  non  fosse  prezo  :  poi  se  calorno  a  Rappallo  e  mi- 
zero  a  saco  tutti  coloro  che  li  erano  statti  favoriti.  Lo 
campo  chi  è  a  Votagio,  ne  è  venuto  una  frotta  perfmo 
sopra  li  Zovi  de  Poncevera,  e  hanno  bruxato  doe  caze; 
etiam  bruxorno  una  villa  che  se  chiama  Paveran  ;  s'  è 
mandato  artagliaria  e  fanti  forastieri  alla  bastia  de  Pin 
e  quella  di   Premonterò. 

A  dì  21  [Aprile]  s'è  fatto  una  processione  del  Batisto 
con  tutte  vergine  da  io  anni  in  giù,  tutte  vestite  di  bianco  ; 
non  fu  mai  visto  tanta  devocione.  A  dì  detto  lo  campo 
chi  era  a  Buzalla,  se  calorno  doe  squadre  di  fantarie 
e  cavali  e  hanno  bruxato  tutto  Zovvo,  Megarena  e  Noxian 
(Nociano).  Furorno  alle  manecon  li  nostri  e  amazorno 
doi  di  Porcevera,  uno  de  Caneva,  l'altro  Barioxo  e  ferirno 
uno  di  Santo  Petro  d'Arena;  li  nostri  li  amazorno  8  e  uno 
cavalo  bianco  e  ferirorno  assai  ;  se  havessero  havuto 
una  testa,  li  haveriano  fatto  del  danno  assai  ;  non  era 
ordine,   ne  cavo  alcuno,  con  poca  provigione  d'ogni  cosa. 

A  dì  22  [Aprile],  love,  su  le  montagne  non  se  trovava 
500  della  nostra  gente  ;  il  campo  di  Buzalla  s'è  posto 
in  arme  e  s'è  calato  alla  volta  de  Porcevera  ;  non  tro- 
vorno  scontro  ;  scorzeno  perfino  a  Santo  Francesco  della 
Chiapetta  e  fatto  dello  danno  assai  e  misseno  fogo  in 
tutto  Magnerri  e  Serra  Morigallo  e  San  Cipriano,  bruxo- 
rono  tutta  la  Porcevera  Secha.  A  dì  detto  s'è  fatto  la 
processione  della  Croce  verace,  tutta  acompagnata  da 
vergine,  da  io  anni  sopra,  con  la  testa  coperta,  tutte 
vestite  di  bianco,  con  qualche  altre  vergini  più  grandi  ; 
non  fu  mai  vista  tanta  devocione  e  tenereza  ;  quando  se 
partivano  da  Santo  Laurenzo,  in  chiesa  tutte  cridavano  : 
misericordia. 


Diario  BqS 

A  dì  23  [Aprile]  s  e  fatto  una  simile  processione  della 
nostra  Donna  ;  s'è  estimato  fosseno  ogni  giorno,  de  ver- 
gine, più  de  ottomilia  ;  ne  fu  numerato  più  de  sei  millia. 
Alla  matina  per  tempo  s'è  detto  che  lo  campo  delli  ini 
mici  se  calava  alla  bastia  de  Pino  ;  non  se  potria  esti- 
mare la  moltitudine  de  gente  chi  andorno  su  per  Bi- 
zagno  alla  volta  delle  montagne  e  ogniuno  bene  disposto. 
Alla  matina,  per  tempo,  sono  intrati  fanti  600  forastieri, 
400  de  quelli  chi  erano  a  Chiavari,  240  de  quelli  erano 
venuti   de  verso  Roma  ;    etiam  è  venuto    uno    caporale 

Romano,   inimico  di   Francesi,  quale  ha  nome 

K  venuto  da  Chiavari,  Rappallo,  Vadesturla,  Castiglione, 
numero  in  quantità  di  gente.  Perchè  lo  castello  di  San 
Francesco  ha  fatto  alla  sera  grandissimi  fuochi,  e  lo  campo 
dell'  inimici  tutto  sopra  la  Porcevera,  s'  è  dubitato  che 
questa  nottQ  [azjr^eòòero]  socorso  al  castello  ;  tutta  la  gente 
della  terra  sono  andati  in  li  monti  ;  solamente  sono  re- 
state le  porte  fornite. 

A  dì  24  [Aprile]  tutto  questo  giorno  e  la  notte  pas- 
sata è  statto  tutto  lo  populo  in  li  monti  e,  al  giorno, 
lo  campo  de'  nemici  ha  fatto  scorrarie  ;  li  nostri  se  ado- 
mesticorno  con  li  cavali  che  li  aspetavano  alla  pianura 
senza  paura  alcuna,  per  modo  che  hanno  fatto  retirare  li 
cavali,  ne  ferirno  e  amazorno  uno.  Quelli  di  castello  sono 
calati  alla  Magdalena  ;  quelli  chi  erano  in  le  caze  stavano 
a  giocare  li  asaltorno,  ne  prezono  doi  e  ne  amazorno  tre. 

A  dì  25  [Aprile]  fu  menato  doi  cavali,  13  francesi, 
li  quali  furono  prezi  da  certi  di  Porcevera  de  Serranixi 
\Ceranesi\  e  andati  alla  traversa  alla  montagna  per 
trovare  li  bestiami,  li  deruvorno  la  casa  ;  e  in  un  loco 
che  se  chiamava  Orcexi  [0/cese\  preseno  quelli  doi 
cavali  e  francesi.  A  dì  detto  lo  nostro  campo  è  andato 
in  le  montagne   numero  grandissimo  de  gente.   Giacobo 


30  Anno  l507 

Giglione,  quale  era  alla  goardia  del  Garbo  e  Turbella 
con  bellissima  compagnia,  s' è  incomenzato  apizare 
con  li  inimici,  contro  la  volontà  del  capitaneo  ;  subito  s'è 
lassato  rompere.  Uno  Leonardo  de  Monteaguto,  tesitor 
di  seta,  era  castellano  della  bastia  di  Promontoro,  loco 
fortissimo  e  bene  fornito  di  artigliarla  ;  prima  che  li 
inimici  li  arrivasseno,  l'ha  abandonato.  La  nostra  gente 
s'è  missa  in  fuga  e  sono  venuti  tutti  ;  niente  di 
manco  all'  inimici  non  li  è  bastato  l'animo  spontare 
più  avanti  ;  forniron  la  bastia  di  Promontoro  [  e  sono  j 
tornati  allogiare  a  Riparolo.  Li  nostri  abandonorono 
S,  Benigno  e  Codefa  \Capodifaro\  in  li  quali  lochi  era  assai 
municione  e  artagliarie  ;  quella  sera  è  andato  Giacomo 
Corso  in  la  piassa  della  Magdalena,  in  lo  quale  loco  era 
venuto  per  dare  ordine  alle  guardie  del  castello  ;  dice  che 
Giacomo  Giglione  l'havea  tentato  quel  giorno  più  di 
quatro  volte,  che  lui  voleva  apizare  la  Scaramuzza  ;  le 
respose  sempre  non  voleva,  stesse  poi  alla  sua  posta 
e  che  lasciasse  fare  a  lui;  dapoi,  senza  sua  saputa,  l'ha 
apizata  e  subito  s'è  lasciato  rompere,  poi  li  altri  se  mis- 
seno  in  fuga.  Stando  in  queste  parole  (era  hore  doe  di 
notte  in  circa)  è  venuto  uno  prette  con  uno  villano  de 
Pino  e  diceno  allo  capitaneo,  queli  erano  in  la  bastia  de 
Pino  dicevano  li  mandasse  a  dire  quello  haveano  de 
fare.  Li  respose  stesseno  forte  per  quella  note,  che  alla 
matina  li  darla  recapito  ;  all'hora  li  diceno  che  quelli 
della  bastia  haveano  preso  grande  admiratione  che  Gia- 
como Giglione  era  statto  in  lo  tardi  alla  bastia  e  l'haveva 
bene  revisitata  ;  poi  se  era  calato  per  quelle  caze  erano 
abasso  della  bastia  e  se  haveva  fatto  prestare  una  ga- 
vardina  \veste  da  casa\  e  poi  preze  la  boscaglia;  etiam  fu 
detto  che  lui  e  uno  suo  compagno  havevano  diverse  volte 
parlamento  con  l'inimici  e  per  ogni  coniecture  se  giudicava 


Diario  397 

havesse  fatto  tratato  ;  la  terra  ha  prezo  qualche  invagi- 
mento;  se  misseno  diversi  citadini  insieme  edeliberorno  di 
mandare  Agostino  Senestraro  con  uno  trombetta  a  parlare 
a  mons,  de  Jamon,  lo  quale  era  a  Riparolo,  e  farli  inten- 
dere se  si  contentava  li  mandasseno  doi  ambasciatori  a 
parlarli,  li  quali  ellegerno  perfino  quella  notte:  Stefano 
Giustiniano  e  Batta  de  Rapallo.  S'è  partito  detto  Agostino 
e  trombetta  a  hore  quatro  di  notte  in  circa.  Alla  matina 
[26  Aprile]  (')  tornorno  con  uno  trombetta  e  sposeno  che 
monsignor  vederla  volontieri  li  nostri  ambasciatori  ;  subito 
montorno  a  cavalo  e  uscirno  fora  con  detto  trombetta. 
Essendo  fora  li  ambasciatori,  all'hora  del  disnare  in  circa, 
s'è  butato  una  voce  che  lo  campo  dell'  inimici  andava 
alla  volta  del  Castelacio  e  li  cavali  erano  venuti  perfino 
alla  porta  di  S.  Tomaxo  ;  subito  la  terra  s' è  posta  in 
arme  con  quelli  forastieri  che  li  erano,  che  potevano 
essere  da  mille  in  circa.  Li  Anciani  e  officio  della  Balìa, 
vedendo  che  in  la  terra  non  era  regimento,  né  obeclienza, 
per  non  esserli  il  capitano  Tarlatino  ch'era  a  Vintimiglia 
con  fanti  mille  boni  (non  è  venuto  mai  ;  se  li  era  man- 
dato Silvestro  Giustiniano  con  la  sua  nave  e  portatoli 
cinquemillia  ducati  per  darli  la  paga  e  non  li  è  andato 
mai,  né  portato  detti  denari),  hanno  deliberato  Giacomo 
Corso  per  capitano  e  feceno  decreto  e  fatto  andare  le 
sue  cride  ;  lo  quale  è  uscito  fora  et  ordinato  le  sue 
squadre,  hanno  fatto  uno  grande  ponte  alla  Chiappella; 
prezeno  certi  cavali  e  amazorno  diversi  homini  ;  andorno 
alla  torre  de  Codefa  e  la  prezeno  ;  prezeno  Santo  Be- 
nigno ;  delli  altri  assai  andorno  alla  volta   delli    monti, 


(i)  Il  diarista  si  dimenticò  di  segnare  questa  data  e  non    se   ne  acA)rse 
neppure  più  tardi,  sicché  nella  foga  della  narrazione  diede  la  data  del  26  al 
giorno  27. 


3gS  Anno    l507 

dove  fu  una  grande  zuffa;  li  è  restato  assai  dall'  una 
parte  e  dall'altra  ;  fu  conduto  alla  terra  più  de  40  ca- 
vali. Stando  in  questa  Scaramuzza,  vennero  l'ambascia- 
tori con  uno  arrado  de  re  e  diceva  che  re  era  arrivato 
allo  Boschetto,  con  grandissimo  exercito  e  infiniti  signori; 
re  voleva  se  mandasse  fora  tutta  la  fantaria,  se  li  resti- 
tuisse lo  Castellacio  e  se  li  andasse  a  domandare  mise- 
ricordia, che  manderebbe  via  lo  campo.  S'  è  deliberato 
de  farlo,  quantunque  fosseno  molto  tristi  che  non  vole- 
vano; tutti  li  forastieri  se  misseno  in  fuga  con  grandis- 
sima moltitudine  della  terra.  Non  se  potria  estimare, 
tutta  quella  notte  e  la  matina,  la  moltitudine  delle  gente 
andorno  via,  che  circa  la  terra  è  restata  sola  intro  l'an- 
dare fora  e  ascondersi   nelli  monasteri. 

A  dì  26  [27  Aprile]  (')  è  andato  Antonio  Sauli,  Rafaelo 
de  Fornarii  con  li  doi  ambasciatori  e  qualche  altri  a 
visitar  la  sacra  maestà  del  re,  lo  quale  era  a  Boschetto  ; 
non  li  hanno  potuto  parlare,  parlorno  con  lo  legato  e 
mons.  de  Jamon,  li  quali  erano  alogiati  a  Campi  in  casa 
de  q.  Lazaro  d'Oria.  Venuto  quello  giorno  d.  Antonio 
Maria  Palavicino  e  mons.  de  Penis  in  Palazo,  e  perchè 
quelli  di  castello  arobavano  e  facevano  de  danni  assai 
alle  contrade  della  Magdalena,  hanno  fatto  comandamento 
al  castellano,  per  parte  de  re,  che  non  lasciasse  fare 
danno  alcuno  ;  niente  di  manco  non  lasciarono  di  fare 
danni.  Alla  matina  se  tirorno  in  la  torre  di  Palacio  li 
stendardi  ;  primo  tirorno  quel  del  re,  poi  tirorno  quello 
della  comunità,  la  croce  rossa;  subito  lo  castelano  li  fecce 
tirare  diversi   colpi  d'artagliaria  per  modo  fu   di  necesità 


(1)  Non  26,  ma' 27    aprile    doveva   segnare    il    diarista    che,    come    già 
dicemmo,  incorse  in  tale  errore  per  non  aver  segnato  a  suo  luogo  la  data  26. 


Diario  399 

non  alzare  quello  della  comunità.  Quelli  doi  signori  se 
ne  tornorno  in  campo,  la  terra  restò  disguarnita,  non 
se  trovava  chi  aguardasse  le  porte;  se  mandò  al  castel- 
lano che  mande  alquanti  delli  suoi,  li  quali  se  comparteno 
per  ogni  porta  con  qualche  pochi  genovezi  della  terra; 
apena  si  trovò  chi  li  volesse  andare  ;  se  tornò  a  fare 
l'arme  scazate  [/e  insegne  francesi  canceUate\  ;  alla  sera 
vegniro  8  galere  e  fusta  una,  cioè  4  de  Francesi  e 
quatro  de  Napoli  ch'erano  a  loro  petitione. 

A  dì  27  [28  Aprile]  (')  sono  intrati  diversi  personagii  e 
feccino  murare  tutte  le  porte  e  portelli  della  terra,  escluso 
l'Ercho  e  Santo  Tomaxo,  e  questo  dicevano  che  facevano 
per  li  ventureri  e  tristi,  che  non  intrassero  dentro  ;  in- 
comenzorono  assignare  li  allogiamenti  per  la  gente  che 
haveva  da  intrare  ;  fatto  andare  una  crida  per  parte  della 
sacra  maestà  del  re,  che  ogniimo  dovesse  portare  la  roba 
a  casa  sua  e  aprire  le  sue  boteghe  e  vendere  a  ogniuno 
chi  voleva  accatare.al  solito  vendere,  e  che  non  sia  ni- 
suno  chi  presuma  fare  danno  ad  alcuno,  pena  la  vita  ; 
etiam  mandorno  una  crida  che  ogniuno  chi  havesse  volte 
le  dovesse  despachiare,  altrimente  li  saria  butate  Te  cose 
in   piaza  ;   questo  era  per  alogiare  li  cavali. 

Al  dì  [28  Aprile]  hanno  fatto  despachiare  tutte  le 
volte  e  buteghe  erano  dalla  porta  di  S.to  Andrea  a 
Palacio,  per  metere  cavali,  e  ogni  casa  di  S.to  Andrea 
a  palazo  facevano  aparechiare  un  letto  e  più,  secondo 
la  sua  facoltà. 

A  dì  love  29  d'Aprile  a  bore  13  è  intrata  la  sacra 
maestà  del  re.  Quando  fu  alla  porta  di  S.to  Tomaso 
arrancò  lo  stoco  e  l'ha  datto  in  la  porta  e   dice  :   super- 


(i)  [.■'errore  di  segnare   27  invece   che   28    aprile    dipende    dalle    sviste 
precedenti. 


400  Anno   150/ 

ba  Genova,  te  ho  guadagnato  con  1'  arme  in  mano. 
Era  armato  con  1'  ermetto  in  testa,  haveva  alzato  la 
bavera  e  haveva  grandissima  moltitudine  di  gentilho- 
mini  francesi  e  italiani,  stradioti  e  gente  d'arme  Suissi 
[Svùzeri]  argieri  e  labardieri;  non  fu  mai  visto  tanta  bella 
gente  :  li  era  lo  duca  di  Ferrara,  marchezé  di  Mantua, 
duca  d'  Urbino  e  tanti  altri  notabili  signori  ;  restorno 
pochi  baroni  e  signori  in  Pranza;  li  erano  5  cardinali; 
desceze  in  Palazo.  Quando  intrò,  era  d.  Gio.  Loize  e 
Filipino  da  Fiesco,  con  più  di  cento  gentilhomini  a  ca- 
valo in  Banchi  ;  prima  che  andasse  a  Palazo,  è  intrato 
a  S.to  Lorenzo  e,  perchè  haveva  intezo  la  processione 
delle  vergine,  le  volse  tutte  vedere.  Le  haveano  fatte 
andare  tutte  a  S.to  Lorenzo,  tutte  vestite  di  bianco  ; 
come  re  è  intrato  in  chieza,  se  misero  tutte  a  cri- 
dare  :  misericordia,  circa  che  re  s'è  atenerito.  Al 
doppo  disnare  ha  fatto  piantare  in  diversi  lochi  della 
terra,  forche  ;  etiam  ha  fatto  mandare  una  crida ,  che 
ogniuno  chi  avesse  arme  ,  de  qual  natura  se  fosse  , 
picole  o  grande  ,  o  se  sapesse  dove  ne  fosse,  a  pena 
la  forcha  e  confiscatione  de  tutti  li  suoi  beni  ,  infra 
giorni,  le  debba  apresentare  in  la  piassa  di  Palazo  alli 
deputati  ;  etiam  che  non  sia  nisuno  forastiero  che  ossa 
dire,  ne  fare  cosa  alcuna  in  dispiacere  delle  persone 
della  terra,  e  chi  lo  farà  sarà  ben  punito;  a  bore  22  in 
circa,   re  cavalcò  desarmato-  su  lo  molo. 

A  dì  primo  di  Magio  fu  requesto  per  parte  del  re 
alla  comunità  ducati  trenta  millia  per  mandare  via  li 
Suisseri  ;  fu  apicato  uno  sagurato  forastero  al  molo, 
perchè  haveva  arobato.  Alla  sera  tardi  re  andò  a  Co- 
defa  per  devizare  dove  voleva  fare  uno  castello  ;  etiam 
quello  giorno  ordinò  mons.r  de  Mons  per  governatore, 
homo  de  60  anni  in   più,   e   perchè  1'  arme     che     erano 


Diario  401 

portate  a  Palacio  erano  strepate  dalli  soldati,  andò 
una  crida  che  nisiino  non  portasse  più  arme  a  Palazo, 
ma  ogniuno  portasse  per  scritto  tutto  quello  havea  ;  fu 
per  li  gentilhomini  ordinato  XII  ,  che  avesseno  a  par- 
lare per  tutti  li  altri  ;  lo  populo  ordinò  sei  che  doves- 
seno  parlare  per  tutti  li  altri,  li  quali  fumo  :  Stefano 
Giustiniano,  Rafaelo  de  Fornarii,  Antonio  Sauli,  The- 
ramo  Ballano,  Simon  dall'  Amandola,  Gio.  Batta  de 
Ferarii  notarlo,  li  quali  etiam  haveano  cura  di  trovare 
detti  scutti  trenta  millia,  li  quali  hanno  fatto  una  tassa 
ad  alcuni  particulari  da  cinquanta  ducati  in  su  per 
homo,  e  gli  davano  una  scritta  de  meixi  sei,  sopra  del 
banco  de  Leixano  e  de  Sauli. 

A  dì  3  [Maggio]  alla  matina,  per  tempo,  s'è  partito 
lo  duca  di  F"errara  e  molti  altri  signori;  etiam  s'  è  in- 
comenzato  a  inviare  li  Tedeschi  ;  è  venuto  nova  che 
d.  Antonio  Palavicino  milaneze  ha  fornito  la  Speza  de 
commissarii  de  re;  le  donne  delli  prigioni  che  sono  in 
Castelleto  dettero  hieri  una  suplica  al  re.  Questo  giorno 
è  andato  in  Castelleto,  da  poi  è  andato  perfino  al  Ca- 
stelazo  ;  è  venuto  nova  come  Ranugio  è  saltato  in 
Corsica.  Questa  matina  tutti  li  officii  se  redusseno  in 
S.to  Giorgio  e  deliberorno  mandare  li  fanti  con  qualche 
stradioti.  Pre  Jan  \Pregent\  capitaneo  delle  galere  di 
Franza,  lasciò  due  sue  galere  vechie  e  ha  prezo  quella 
de   Davania  e  de  Goano  ('). 

A  dì  4  [Maggio]  alla  matina  per  tempo  s'è  jjartito 
lo  marchese  di  Mantua  ;  etiam  s' è  partito  grandissima 
quantità  de  Thedeschi  ;   non   se  potria  estimare     li    be- 


(i)  Ranugio  o  Rinuccio  fu  uno  dei  corsi  più  arditi  che  eccitarono  più  volte 
i  loro  concittadini  a  liberarsi  dal  giogo  genovese.  Sulle  s'e  vicende  e  su 
quelle  di  questa  incruenta  spedizione  vedi  Ant.  Piktro  Filippini,  Storia  della 
Corsica.  2  .a  Ed.  pag.   190  e  seg. 


402  Anno  l507 

stiami,  muli  carrighi  di  roba,  che  tutto  haveano  arro- 
bato  de  verso  Porcevera  e  Sestri  e  dentro  Bizagno  e 
l'hanno  menato  con  loro;  la  supplicacione  che  haveano 
datto  le  donne  delli  prigioni  che  sono  in  castello,  re 
r  ha  remisa  a  mons.r  de  Jamon,  che  vede  se  sono  statti 
presi  giuridicamente  ;  al  doppo  disnare  se  fecce  consi- 
glio a  Palacio  e  li  Antìani,  chi  erano  quando  la  terra 
era  in  arme,  fumo  cjuelH  chi  fecero  citare.  F'u  doman- 
dato per  lo  primo  d.  Io.  d'  Auria,  lo  quale  disse  li 
parria  di  lasciare  andare  quello  era  fatto  e  fare  libro 
de  novo  ;  li  paria  bene  de  anulare  tutti  li  officii  erano 
statti  fatti  da  meixi  diece  in  qua,  e  fare  uno  officio  de 
Balìa  delli  più  prestanti  della  terra,  che  avessino  balia 
grandissima  de  trovare  denari,  per  tutte  quelle  vie  li 
parrà  a  loro,  e  dare  provvigione  a  tutte  quele  cose  che 
saranno  di  neccesità  e  che  havessero  a  officiare,  perfin  a 
caren  [ca/eu(ile\  di  genaro;  etiam  che  se  facesse  di  novo 
tutti  li  altri  officii.  Lo  suo  parere  passò,'nemine  discrepante; 
subito  fecceno  1'  ufficio  della  balia  ;  li  nomi  loro  sono  : 
Gio.  Batta  de  Grimaldo,  Lucas  Spinola  ,  Joannes  de 
Auria,  Gio.  Ambrosio  da  Fiesco,  Francesco  Lomelino, 
Melchio  de  Negron,  Stefano  Giustiniano,  Antonio  Sauli, 
Rafael  de  Fumarii,  Francisco  de  Camogi  ('),  Batta  de 
Rappallo,  Batta  Botto  ;  da  poi  subito  si  fecceno  li  fa- 
xori,  li  quali,  senza  indugio,  fecino  li  Anciani.  Li  nomi 
delli  Anciani  :  Nicolò  Spinola  q.  Francisci  ,  Francesco 
da  Fiesco,  Domenico  de  Marini,  Pantaleo  Interiano, 
Petro  P>ancisco  Cattaneo,  Ambrosio  Lomelino,  Georgio 
de  Zoaglio,  Luca  'Giustiniano,  Stefano  de  Moneglia, 
Angustino  delli  Ferrari,  notaro,  PVancesco  d' Arqua  e 
Lazaro   Pichenotto. 


(i)  11  ms.  delPArch.  di  Staio  ha  (damilo  invece  di  Camngi. 


Diario  403 

A  dì  5  [Maggio]  re  fecce  disfare  le  forche  di  Co- 
defà  e  butare  a  basso,  per  principiare  lo  castello;  etiam 
fecce  portare  1'  artagliaria  di  Piza,  quella  che  fu  fatta  a 
Lerici  e  tutta  quella  ch<^  era  a  Genova  grossa  e  picola 
in  castello  ;  quelli  di  castello-  ogni  giorno  pigliono 
gente  e  le  reducono  in  castello,    poi  li   fanno  rescatare. 

A  dì  6  [MaggioJ  si  fecce  r  officio  (Iella  Moneta,  l'of- 
ficio delli  Mestre,  li  Padri  del  comune,  1'  officio  della 
Misericordia  ;  etiam  se  fecce  uno  officio  che  non  fu 
mai  fatto,  che  se  chiamava  l' officio  della  Arrobaria,  a 
dare  recapito  sopra  quello  fu  arrobato  quando  la  terra 
se  levò  in  arme.  A  dì  detto  andò  una  crida  per  parte 
de  Luixe  re  di  Pranza,  duca  di  Milano  e  signor  di 
Genova,  come  haveva  mandato  una  crida  che  non  fusse 
nisuno  che  ossasse  prendere  né  fare  alcuno  danno  a 
persona  alcuna  di  Genova,  ville  e  Rivera  ;  per  tanto, 
se  a  ninno  fosse  statto  fatto  danno,  prezo  prigione,  in 
bestiami  e  in  qualonque  altra  cosa,  se  vada  a  lamen- 
tare alli  tleputati  e  li  sarà  fatto  restituire.  A  dì  detto 
se  fecce  conseglio  in  S.to  Georgio  ;  la  posta  si  (u  di 
dare  balia  a  l' officio  che  era  quando  s'  è  levato  le 
arme,  che  fosse  licito  e  facino  officio  di  S.  Georgio  di 
novo,  al  cjuale  officio  danno  balia  ;  poscia  dare  fede 
allo  officio  della  Balìa  per  li  ducati  200  millia  ha  bavere 
re,  e  sotigliare  le  cose,  come  meglio  parrà  a  loro,  e 
che  le  L.  150  millia  che  sono  ancora  in  essere  delli  de- 
nari trovati  questi  giorni  per  le  guerre,  servano  a  que- 
sta partita  ;  etiam  che  debbano  regulare  li  officij  alla 
usanza. 

A  dì  7  [Maggio]  s'è  fatto  l'officio  di  S.to  Georgio; 
Gio.  Batta  Sjjinola  de  Lucolo,  Georgio  de  Grimaldo, 
Petro  Gentile,  Bartolomeo  de  Negro,  Francesco  de  Ro- 
cha.   Giovani  de  Passano,   Simone    de    1'  Amandola,     e 


404  Anno   l507 

Giacomo  de  Rappallo.  Questo  giorno  s'  è  partito  le 
quatro  galere  de  lo  re  di  Napoli  e  due  del  re  di 
Pranza,  che  hanno  portato  uno  cardinale  ambasciatore 
del  re  al  papa.  Questa  matina  s'è  mostrato  la  schoela 
al  duca  di   Borbone  e   a  diversi  altri   signori. 

A  dì  8  [Maggio]  è  venuto  nova,  corno  la  santità 
di  nostro  signore  haveva  datto  1'  arcivescovado  di  Sa- 
lerno a  d.  Federico,  figliolo  di  d.  Angustino  di  Cam- 
pofregoso.  A  dì  detto  fu  prezo  per  lo  Palacio  Giero- 
lamo  Buzalino,  Andrea  e  Giacomo  Carbone,  con  diversi 
altri  ;  alla  notte  prezeno  in  S.ta  Brigida  Loize  de  Bre- 
vei,  quello  chi  è  statto  sempre  canzelero  a  Monaco  ; 
s'  è  detto  che  Batin  Doria,  Battista  Spinola,  Giacomo 
Centurione  e  Giacomo  Lomelino  haveano  la  cura  di 
far  prendere  e  confinare,  e  le  liste  le  fanno  in  Viorà, 
in   Banchi. 

Questo  giorno  fu  qualche  contencione  inter  alcuni 
di  populo  grasso  :  Anfrono  Sauli,  Mathia  Borgaro 
con  lo  figliolo  de  Agostino  Cataneo  e  certi  altri 
,gentilhomini  e  glie  intervene  qualche  arteze,  se  disseno 
de  molte  parole  maleditte  per  homini  da  bene,  fu- 
rono acetate  ;  è  venuto  nova  che  Tarlatino,  chi  era  a 
Vintimisflia,  si  era  retirato  alla  Pieve  con  fanti  6oo 
boni  ;  etiam  che  a  Piza  haveano  fatto  la  mostra  fanti 
otto  millia  boni,  in  li  quali  gli  ne  erano  2500  geno- 
vesi ;  etiam  che  Antonio  Giuria  hebbe  parole  grossis- 
sime  con  lo  figfliolo  di  Angelo  Ceba  ;  a  fiore  22  in 
circa  fu  apicato  in  Banchi  un  giovane  Firipino  Armano 
e  alla  porta  di  S.to  Andrea  uno  chiamato  Andriano 
lorvano  de  anni  22,  in  circa,  con  1'  arma  in  mano 
non  trovavano  paro  (').   Quella  sera,  a  hore  23,   re  andò 


(i)  Il  ms.  delPArch.  di  Stato  ha:  Armeno  in  luogo  di  Armano  e  lornarno 
in  luogo  di  lorvano. 


Diario  405 

a  uno  banchetto  che  fecce  Batina,  che  fu  mogHe  del 
s'ig.  Gio.  Ceba  ;  lì  era  diversi  giovani  gentilhomini  a 
servire  detto  banchetto,  tutti  vestiti  di  seta  alla  diviza 
di  re  ;  da  poi  gli  requerì  li  volesse  fare  della  sua  fa- 
meglia;  li  fecce  potessino  portare  arme  e  non  possono 
essere  astretti  in   ragione. 

Alli  IO  [Maggio]  è  andato  una  crida  che,  a  penala 
forca,  non  sia  nisuno  soldato  di  re,  sia  a  piedi,  sia  a 
cavalo,  che,  come  il  sole  è  sotto,  oza  uscire  fora  del 
suo  alogiamento,  né  che  ozino  fare  danno  ad  alcuno, 
e  che  tutto  quello  che  accatano,  debano  pagare  ;  etiam 
che  non  sia  nesuno  altro,  corno  è  note,  debba  uscire 
di  casa  sua,  e  se  alcuno  ne  uscirà  e  che  sia  arobato 
e  fatoli  alcuno  danno,  non  se  ne  farà  giusticia  ;  etiam 
è  andato  un'altra  crida  a  pena  fiorini  dece,  ogniuno  de 
17  sino  in  70  [anm\,  domani,  al  sono  della  campana 
grossa,  debba  andare  a  palacio  e  giurare  la  fideltà. 
Questo  giorno  ha  refermato  le  nostre  convencione  e 
capitoli  ad  beneplacito  ;  etiam  s'  è  restato  d'  acordio 
donarli  240  millia  ducati  in  quatro  fere  ;  li  40  milia 
vano  per  lo  castello  \c/ie]  vole  fare  a  Codefà  e  questo 
se  li  danno  oltra  li  30  milia  se  sono  dati  alli  ventu- 
reri,  senza  lo  grande  sacco  hanno  fatto  de  fora  su  le 
podestarie  e  dentro  della  terra,  che  non  se  potria  esti- 
mare e  lo  logiare  delli  soldati  e  voleno  se  li  facci  le 
speze  ;  etiam  hanno  condenato  le  Rivere  e  potestarie 
ducati  60  millia  ;  etiam  vole  se  li  tengano  due  galere 
alle  nostre  speze  armate. 

A  dì  I  I  [Maggio]  a  bore  18  in  circa,  se  andò  a  giu- 
rare la  fideltà  e  il  re  li  era  in  persona  con  tutta  la 
baronia,  erano  sopra  uno  tavolare  molto  grande  che 
s'  ora  fatto  in  la  piaza  de  Palazo  appresso  li  7  scalini 
vegnando  verso  lo  castello,   alto  da  terra  palmi    cinque 


406  Anno   i507 

in  circa,  tutto  ornato  alle  spalle  e  di  sopra  di  bellis- 
sime tapassiarie  e  alcune  di  velluto,  tutte  piene  de  zigi 
d'  oro.  La  piaza  era  tutta  piena  di  populo  e  de  sol- 
dati. Se  apresentò  inanzi  alla  sacra  maestà  del  re,  a 
nome  de  tutto  il  populo  ,  lo  sp.  d.  m.  Joannes  de 
Illice,  lo  quale  fece  uno  bellissimo  sermone,  fecce  qua- 
tro  richiezi  alla  sacra  maestà  del  re  :  la  prima  che  ne 
volesse  liberare  dalla  pena  de  ducati  cento  millia  erano 
incorsi  per  li  capitoli  haveamo  insieme  ;  item  volesse 
refermare  li  nostri  privilegii  e  capitoli;  item  volesse  per- 
donare ad  ogniuno  che  avesse  fallito  e  prezo  arme  in 
questa  disgradata  impreza;  item  volesse  liberare  li  prigioni 
di  castello.  Fu  resposto  per  uno  d.  Michael  Ricio  napolitano 
in  nome  del  re  ;  la  pena  de  ducati  cento  millia  erano 
incorsi  per  li  capitoli  haveamo  insieme  ,  sua  maestà  li 
rimetteva  e  perdonava  ;  alla  parte  delli  capitoli  volesse 
refermare,  respose  per  essere  statti  noi  rebelli  ,  infideli 
e  inimici  di  sua  maestà  e  disse  di  molti  altri  opprobrii 
e  parole  stupende,  non  meritamo  ne  fosseno  refermati 
e^  per  essere  intrato  la  sacra  maestà  con  le  arme  in- 
dosso, meritamo  d'  esser  missi  a  fogo  e  a  sangue  e 
saco  e  in  bordello  e  per  questo  voleva  che  li  nostri 
capitoli  ,  che  haveamo  con  sua  maestà,  fosseno  stra- 
dati e  bruxiati  ;  prezeno  detti  capitoli  e  li  tagliorno 
per  mezo,  poi  prezeno  fogo  e  stoppa  e  li  bruxorono. 
Da  poi  dice,  per  essere  la  maestà  del  re  benigna  e 
misericordiosa  e  clemente,  ne  refermava  tutti  li  nostri 
capitoli  e  decreti  che  haveamo  con  sua  maestà  ;  con 
alcune  conditione  agionte  refermava  li  privilegii  di  S.to 
Georgio  e  ghe  donava  Sarzana  e  Sarzanello  e  la  Cor- 
sega,  la  quale  pretendeva  essere  sua,  per  essere  intra- 
to coT  arme  in  dosso  e  prezone  a  discretione.  Alla 
parte  volesse  perdonare  a  ogniuno  chi  havesse  falito  e 


Diario  407 

prezo  arme  ,  respose  che  sua  maestà  perdonava  a 
ogniimo,  exluso  quc^lli  nominarla  per  nome,  reser- 
vando le  rao"ioni  del  terso,  cioè  robarie  e  homicidij, 
che  se  potesse  procedere  alla  ragione  civile  e  crimi- 
nale e  tutti  quelli  che  se  erano  alargati,  escluso 
quelli  per  nome,  infra  uno  meze,  potevano  venire  alla 
terra  e  li  sea  perdonato  come  li  altri  e  passato  il  meze 
restino  in  bando,  come  quelli  per  nome.  Alla  parte  vo- 
lesse liberare  li  pregioni  de  castello,  non  dette  respo- 
sta alcuna  :  la  sacra  maestà  del  Re  fecce  giurare  al 
governatore,  che  non  venderebbe  officio  alcuno  ,  né 
che  prenderebbe  mangiarie,  né  presenti  per  offitii,  né 
sententie,  né  altre  cose.  Vole  che  se  cambie  le 
stampe  alle  monete  e  se  leve  il  nome  Coradus  Rex 
Romanorum,  etiam  che  siamo  amici  de  1'  amico  e  ini- 
mici dell'  inimico. 

A  dì  II  [  Maggio  ]  è  venuto  doe  fuste  da  Napoli , 
quella  che  pigliò  la  fusta  di  Bona  ;  etiam  é  venuto  doi 
bergantini  chi  hanno  portato  lo  signore  di  Monaco  ;  é 
venuto  de  Lombardia  una  gran  somma  de  guastatori  ; 
hanno  brugiato  e  poi  incomenzato  a  derruvare  a  Por- 
toria  la  casa  de  d.  Paulo  da  Nove,  in  la  quale  hanno 
trovato,  in  una  scondalia,  Inter  gioie  e  oro  e  argento 
e  denari  per  più  de  doa  millia  ducati.  Questo  giorno 
hanno  prezo   Dimitrio  Giustiniano. 

A  dì  12  [Maggio]  fu  fatto  uno  grandissimo  appare- 
chio  d'  uno  sepo  e  manara  e  1'  hanno  misso  in  uno  ta- 
volaro  molto  alto,  che  hanno  fatto  su  la  piassa  del 
molo,  e  se  diceva  che  volevano  tagliare  la  testa  a  Di- 
mitrio  Giustiniano,  e  de  già  era  acomulato  grandissima 
moltitudine  di  gente  e  specialmenti  soldati  in  quantità; 
l>')i  se  dice  che  haveano  prolongato  tale  giusticia. 
Re  é  andato  a  uno  banchetto  in  Viorà  ;  etiam  é  andato 


408  Anno     l507 

una  crida  che  per  tutto  domani  ogniuno  debba  portare 
le  sue  arme  a  Palacio.  Onesta  sera  s'è  fatto  conseLi'lio 
in  S.to  Georgio  e  s'è  datto  balia  all'officio  novo  di  S.to 
Georgio  ;  etiam  che  possi  dare  recapito,  comò  a  loro 
parrà  il  meglio  ,  alli  ducati  40  millia  per  fare  lo 
castello  de  Codefà  ;  hoggi  hanno  apicato  uno  in  lo  Fos- 
sello,  chiamato  Fritolo  e  al'hora  è  andato  una  crida, 
che,  per  tutto  domani,  ogniuno  debba  portare  le  sue 
arme  a  Palacio. 

A  dì  13  [Maggio]  a  hore  14  in  circa,  hanno  tagliato 
la  testa  a  Dimitrio  Giustiniano  al  molo  e  ghe  hanno 
sonato  questa  matina  la  campana  della  giusticia  ;  la 
testa  r  hanno  missa  in  cima  della  torre  del  molo;  etiam 
hanno  fatto  spianare  la  bastia  di  Premontò  ;  la  torre  de 
Codefà  la  vogliono  spianare  e  già  s'  era  incomenzato  a 
desfare  la  Lanterna  ;  1'  hanno  fatta  desmettere  de  de- 
sfare. Quello  vorranno  se  face,  non  se  sa.  Questo 
giorno,  il  re  ha  fatto  citare  14  de  populo  grasso  e 
artexani  e  vole  che  vadino  con  sua  maestà.  Li  nomi 
sono  :  Manfredo  delli  Pomari,  Petro  Sauli,  Silvestro 
Giustiniano,  Pelegro  di  Goano,  Batta  Scaglia,  Gabriel 
Adurno.  Gregorio  de  Bozolo,  Jacob  de  Sopranis,  Ber- 
nardo de  Castigliono,  Theramo  Ballano,  Acorso  Borla- 
sca,   Lodixio  da   Brevei  e  Gio.     Batta  delli   Ferrari. 

A  dì  14  [Maggio]  venere,  re  s'è  partito  de  hore 
doe  inanti  giorno  e  pioveva  molto  forte  ;  è  mezi  io 
che  non  è  piovuto  vinti  volte,  non  fu  mai  visto  tale 
inverno  senza  freddo,  né  acque.  Questo  giorno  vanno 
alle  caze  di  coloro  che  hanno  bandito,  a  sercando  li 
loro  beni  ;  li  nomi  delli  banditi  [so7io]  :  Paolo  Batta  Giu- 
stiniano-Silvestro Giustiniano  -  Gio.  Giustiniano  e  Eliano 
Giustiniano  -  Dimitri  Giustiniano  -  Pantaleo  Giustiniano 
q.   Batta  -  Dominicus  Adorno  -  Paulo  da   Nove  con  doi 


Diario  409 

fii^lioli  -  Lodixius  de  Pentema  -  Leonardo  de  Facio  - 
Hieroniniiis  de  Facio  -  Francisco  Petrariigia  -  Manuel 
de  Canale  -  Ratta  de  Canale  -  Benedetto  Ponzono  - 
Paulo  di  Cabella,  canzelero  -  Rafael  Ponzonus,  canze- 
lero  -  Paulo,  detto  Mazon,  et  Thomas  eius  frater  -  Pan- 
taleo di  Bruges,  et  eius  frater  -  Loixe  de  Bagnasco  - 
Agostino  Foglietta  -  Giosepe  de  Dernixe  -  Pantaleo 
Sepolina  -  Gieronimo  Buzalino  -  Gieronimo  di  Collonne 
-  Simon  Martello  -  Perin  Stagnaro  -  Francesco  Pipo  - 
Giacomo  Giglion  -  Gieronimo  Fantagiuzo  (' j  -  Bernardino 
de  Senarega  -  Bartolomeo  da  Ceva  -  Marco  de  Ter- 
rile  et  filius  -  lo  Rosso  Carrega  -  I^ernardo  Bolasco, 
detto  lo  Stradioto(')  -  Antonio  Maria  della  giostra  (') - 
Paulo  Giudex  -  Pantaleo  delli  P>rrarij  -  Bartolomeo.de 
Rome  -  Rafaele  de  Torre  -  Stefano  Morando  -  Antonio  de 
Albaro  -  Benedetto  Giambono  -  Nicolao  de  Nove  - 
Bernardus  de  Goano  -  Thomas  de  Goano,  con  duobus 
fratribus  -  Anton ìus  de  Vegetti  -  Lazarino  de  Pino  - 
Joannes  Scorcinus  -  Simon  de  Bavari  -  Antonio  Ca- 
nello  -  Pantaleo  de  Semin  -  Vincentio  de  Cazà  -  Do- 
menico Veneroso  -  Batta  de  Solario  -  Agostino  Rico- 
bono  -  Batelo  barbe  (^)  -  Brasso  crudele  -  lo  Rosso  de 
Gravi  -  Stefano  de  P\irnarijs  -  lo  Buschetto  rato  (')  -  Batta 
Picaluga  -  Batta  Trinche  -  Benedetto  de  Insula,  detto 
lo  Cativo  -  Alexandro  da  Votagio  -  Pantaleo  Maxenna 


(1)  Il  ms.  deir  Arch.  Civico  ha  Giorgio  Fantaegrasso. 

(2)  Il  Doc.  XLIII  ha:  lo  stradioto  impinctorc. 

(3)  Kra  Anton  Maria  de  Turio  che  teneva  «  Ij  chiostra  »  per  giocar^' 
alla  palla.  La  triste  fine  di  lui  è  narrata  al   12  giugno. 

(4)  Il  Doc.  cit.  ha   Bertolus  barherius;  i'.  ms.    delPArch.    Civico,    Ratesto. 

(5)  II  Hoc.  cit.  ha:  lo  biscayno  rato.  La  lista  del  Doc.  XLIII  presenta 
altre  leggiere  modificazioni  di  questi  nomi  e  mentre  non  contiene  alcuni 
di  quelli  qui  citati,  ne  pone  altri  che  qui  non  si  trovano. 


410  Anno  l507 

-  Marco  lambono,  sono  in  tutto  a  n.  76  (')  ;  è  andato 
una  crida,  chi  ha  o  sa  che  habbia  delH  beni  di  coloro 
che  sono  banditi,  infra  tre  idiomi,  li  debbano  manife- 
stare, altrimente  cascheranno  nella  medesima  pena,  che 
son  contra  li  banditi  ;  etiam  che  non  sia  ni  su  no  chi 
ardischi  t^uastare  le  forche  sono  per  Genova,  eccetto 
quele  de   Banchi   a   pena   della  forcha. 

A  dì  16  [Maggio]  e  venuto  nova  corno  Tarlatino  era 
ancora  dentro  dalla  Pieve  con  mille  fanti  boni  e  che 
haveva  lasciato  intrare  lo  fig"liolo  di  Luca  Spinola  den- 
tro, perchè  li  haveva  presentato  una  lettera  del  re. 
Questa  matina  s'  è  partito  mons.r  de  Jamon  con  gran- 
dissima gente  e  fatto  andare  una  crida,  a  pena  la  forca, 
che  tutti  li  ventureri,  dentro  da  tre  hore,  debano  spa- 
chiare  la  terra  ;  s'  è  intezo  che  sono  statti  nove  che 
manezavano  la  destrucione  della  nostra  terra,  che  ha- 
veano  prezo  uno  salvoconduto  da  re  per  salvare  le 
loro  robe  e  persone  e  li  hanno  datto  nove  millia  du- 
cati e  li  hanno  niissi  su  le  speze  della  terra  ;  hanno 
scritto  item  prò  diversis  9  millia  ducati,  s'è  inteso  que- 
sto e  haveranno  pagato  del  suo. 

J\  dì  17  [Maggia]  s'  è  congregato  al  doppo  disnare, 
in  la  camera  del  governatore  d.  Gio.  Aloise,  4  del'of- 
ficio  della  balia  e  4  delli  Anciani  e  incomenzorno  a 
dare  li  offìtii  ;  refermono  uno  podestà  astexano  che  era 
qui  quando  la  terra  si  levò  in  arme  ;  feceno  vicario 
uno  di  Valenza  di  Lombardia,  feceno  uno  canzelero  di 
d.  Gio.  Aloise  canzelero  del  governatore ,  nominato 
Izobio  ;  feceno  uno  de  d.  Gio.  Aloize,  nominato  Balon, 
cavalero  dello  podestà;  deno  le  balote,  poi  desmissono 
e  ordinorno  per  1'  endomani  di  dare  li  altri  offìcii. 


(i)  In  verità  sono  soltanto  75;  probabilmente  venne  dimenticato  qualche 
fratello  o  figlio  che  doveva  seguire  la  sorte  del  parente  bandito. 


Diario  41 1 

A  dì  18  [Maggio]  li  14  che  re  Ila  comandato  che 
vadiiio  a  Milano,  questa  matina  se  ne  sono  partiti  1 3 
per  Milano  ;  Giacomo  de  Andora  non  è  partito  perchè 
li  suoi  creditori  hanno  havuto  modo  di  farlo  restare. 
Li  orentilhomini  sono  quelli  che  fanno  tutto,  li  altri 
sono  tratati  pegio  che  giudei  ;  lo  castclano  fa  minare 
una  gran  frotta  de  caze  alla  Maddalena,  a  Codefà,  è 
più  de  mille  guastatori  che  fanno  lo  fondamento  del 
castello. 

A  dì  19  [j^aggìo]  s'  è  datto  tutti  r  officii.  così  della 
terra  come  delle  Rivere,  e  non  ne  ha  havuto  salvo  gen- 
tilomini  e  chi  era  loro  schiavo;  se  ha  gran  delito  \tÌ7noref\ 
della  peste;  è  venuto  quattro  barche  carrighe  de  biscoti 
farine  e  vini  e  grande  somma  de  prie  di  ferro,  di  bom- 
barde ;  etian  è  venuto  nova  che  lo  figliolo  di  d.  Gio. 
Aloixe  è  intrato  in  la  Speza  con  li  Bertoroti  e  l'ha  missa 
quasi  tutta  a  sacco  ;  etiam  lo  cardinale  di  Finaro  ha 
tornato  a  fornire  Finaro. 

A  dì  20  [Maggio]  è  venuto  nova  come  Galeazo  Pa- 
lavicino  milaneze  era  intrato  per  forza  dentro  della 
Speza  con  lo  bracio  de  Biasia  ,  e  che  Antonio  Maria 
da  Fiesco  era  fugito  a  Portovenere  ;  d.  Galeacio  dice 
che  re  gè  1'  avea  data.  ìl  simile  dice  che  d.  Gio. 
Aloize  ;   me  pare  che  vada  da  chi   può  far,   facia. 

A  dì  22  [Maggio]  è  andato  una  crida  che  ogniuno 
chi  ha  penoni  o  bandiere  ,  fatte  al  tempo  de  viva  po- 
pulo,  o  chi  sa  chi  ne  habbia,  infra  hore  24  le  debba 
manifestare  e  apresentare,  sotto  pena  de  rebelione  e 
confiscatione  de'  loro  beni  ;  etiam  n'  è  andato  un'altra: 
chi  sapesse  dove  fosse  alcuno  bandito  e  de  suoi  beni 
mobili  e  immobili  e  debitori,  che,  infra  hore  24,  se 
debbano  manifestare,  altramenti  incorreranno  in  la  me- 
desma  pena  ,   nò  sia  nisuno  che  ardischi     praticare     né 


412  Anno   l507 

dare  alcuno  subsidio  a  detti  banditi,  sotto  pena  di  re- 
belione  ;  etiam  s'  è  inconienzato  a  spendere  testoni  da 
soldi  i6  l'uno,  che  se  incomenzava  a  fare  nella  nostra 
secha;  la  stampa  è  tre  zigli  con  lettere:  Ludovicus  Rex 
Francorum  et  Genue  Dominus  ;  da  1'  altra  banda  uno 
^riffo  e  a  canto  una  croxie  le  lettere:  Comunitas  lanue. 
È  venuto  nova  come  sono  andati  doi  comissarii  alla 
Speza,  francesi,  e  hanno  fatto  che  ogniuno  possia  stare 
dentro  della  Speza  e  questo  hanno  fatto  per  potere  più 
a  compimento  scodere  la  taglia. 

A  dì  28  [Maggio]  ÌOVis,  a  hore  20,  è  arrivato  il  car- 
dinale Antoniotto  Pravexino  \PallavicÌ7io\  con  due  galere 
della  santità  di  nostro  signore  benissimo  in  ordine;  erano 
patronizate  per  uno  che  ha  nome:  lo  Mutin  di  Moneglia; 
detto  cardinale  è  legato  di  sua  santità  ,  mandato  alla 
maestà  del  re;  se  gli  è  fatto  grandissimo  honore  ('). 

E  a  dì  29  [Maggio]  è  andato  una  crida  che  non  sia 
nisuno  chi  ossa  giocare  alli  pugni  e  che  non  sia  nisu- 
no  chi  ossa  di  parlare  più  de  4  insieme;  a  hore  doe 
di  note  in  circa,  sono  usciti  fuora  de  castello  li  prigio- 
ni che  furono  presi  e  hanno  pagato  ducati  sei  milia  de 
numerato  e  ducati  quatro  milia  dentro  da  uno  mese, 
con  sigortà  de  banco  \^y,   etiam  è  venuto  una  barca  de 


(i)  Sigismondo  nE''CoNTi  uà  Foligno  ne  le  storie  dc^suoi  tempi  dal  i4y5^ 
al  i5io  (IL  pag.  375)  dice  che  il  cardinale  Antonio  Pallavicino  fu  inviato 
in  legazione  a  Luigi  XII  collo  scopo  di  persuadere  il  re  ad  usare  la  possi- 
bile mitezza  verso  i  Genovesi;  il  Pastor^  Storia  dei  Papi  (Voi.  Ili,  Appen- 
dice ,  pag.  790)  dà  un  regesto  di  un  breve  di  Giulio  II  a  Luigi  XII  scritto 
da  Roma  il  20  Maggio  1 507  nel  quale  il  Papa  ricorda  di  avere  da  poco 
tempo  ringraziato  con  sue  lettere  Luigi  XII  «  prò  clementia  qua  in  civita- 
tem  lanuensem  usa  est.  Patrie  enim  caritas  facit  ut  eam  incolumem  esse  cu- 
pimus  ».  Termina  raccomandandogli  la  famiglia  de  Saulis  devota  alla  corona 
di  Francia.  (Conc.  Lib.  brev.  2  5.  fol.  242  Archivio  segreto  pontificio).  Se 
confrontiamo  la  data  della  lettera  con  quella  delfarrivo  a  Genova  del  Palla- 
vicino possiamo  concludere  che  la  lettera  venne  affidata  a  lui. 

(2)  Nel  Doc.  L  si  possono  leggere  i  nomi  di  alcuni  di  questi  prigionieri 
di  Castelletto. 


■ 


Diario  41 3 

verso  Provenza  carriga  de  calcina,  che  ha  descarigato 
a  Codefà;  etiam  hanno  preso  tre  francesi  ventureri  e 
uno  fante  d'uno  tavernaro,  che  sta  fora  della  porta  di 
S.to  Tomaso ,  lo  quale  è  genovese  e  lo  haveva  mo- 
strato la  porta  d'  una  poveretta,  che  haveva  una  sua 
figliola  fora  della  porta  di  S.to  Tomaso  e  ghe  introrno 
per  forza,  la  tegnino  tutta  la  notte,  alla  matina  se  n'è 
fu  gita. 

A  dì  31  [Maggio]  hanno  preso  doi  Francezi  di  queli 
ventureri  e  li  hanno  apicati  l'uno  alle  forche  della  porta 
delli  Vacca,  l'altro  alla  porta  di  S.to  Tomaxo;  lo  terzo 
(')  suo  compagno,  perchè  era  di  bono  parentado,  lo 
miseno  in  galera  ;  lo  fante  del  tavernaro  perchè  era 
genovese,   preze  per   moglie  quella  garzona. 

A  dì  primo  di  Giugno  è  stato    conduto  d.   Paulo  da 
Nove  per  prigione  a  Genova,   lo  quale  hanno  misso  in 
castello  ;     uno  corseto    habitato    in     Piza,   con   uno   suo 
bergantino  lo  dovea  portare  a   Roma  ,   da    poi  ha   toc- 
cato 800  ducati  per  condurlo   qui. 

A  dì  3  [Giugno]  s'è  partito  il  cardinale  Paravexino 
legato  della  santità  di  nostro  signore  et  è  andato  a 
Milano. 

A  dì  4  [Giugno]   s'è  partito  doi  ambasciatori:  lo  sp. 
d.  Gio.  de  Marini  e  Gio.   Batta    Cocarello,   e  sono    an- 
dati dalla  sacra  maestà  del  re. 

A  dì  5  [Giugno]  è  venuto  de  verso  Provenza  barche 
doe,  carighe  de  vituarie,  paferri,  sappe,  baili,  piconi 
e  martelli,  con  grandissima  provixione  de  municione,  e 
dicono  che  Provenza  era  aparecchiato,  intra  vituarie  e 
municione,  da  carrigare  ancora  barchie  sei,  che  aspeta- 
vano  per  mandare  qui. 


(1)  Il  ms.  delPArch.  di  Stato  ha:    «  lo  dito  »    in  luogo    di  «  lo  terzo  ». 


_^i_^  Anno   l507 

A  dì  12  [Giugno]  se  sono  partiti  qiiatro  cittadini: 
Melchio  de  Nig^ron,  Gio.  Ambrosio  da  Fiesco,  Nicolò 
Giustiniano  e  Cosmo  delli  Zerbi  e  sono  andati  a  Por- 
to venere  in  contro  al  re  di  Spao^na,  lo  quale  se  aspetta 
bora  per  bora,  lo  quale  vene  de  verso  Napoli  (');  s'  è 
fatto  de  g-randi  aparechii  per  riceverlo;  ea  die  (^)  è  statto 
menato  a  Genova  uno  giovane  nominato  Antonio  Ma- 
ria de  Turio,  lo  quale  teneva  la  cbiostra  da  giocare 
alla  balla;  era  delli  banditi  e,  percbè  era  bon  amico 
de  casa  d'Oria,  s'era  fidato  andare  a  Oneg'ia,  onde  ma- 
dama de  Onegia,  chi  fu  moglie  del  qm.  Domenico  d'O- 
ria, ne  \/ia]  avisato  qui  li  d'Oria  a  Genova,  li  quali  li 
scrisseno  lo  dovesse  restalare  e  così  fece;  di  poi  il  Pa- 
lacio  li  mandò  de  qui  uno  leudo  di  Camoglì,  con  certi 
francesi,  che  l'hanno  condotto  qui'^air  hora'^di  vespero. 
Hieri  apicorno  alla  porta  delli  Vacca  un  giovane  delli 
Saulo  ('),  lo  quale  l'ha  fatto  apicare  Joanne  Ambrosio  da 
Fiesco.  perchè  haveva  arobato  in  uno  suo  navilio,  che 
era  in  fondo  in  la  darsena,  tante  cose  che  valevano 
da  soldi  15  in  circa;  era  giovaneto  che  non  haveva 
ancora  anni   20. 

A  dì  13  [Giugno]  è  venuto  nova  comò  la  sacra 
maestà  del  re  haveva  fatto  mettere  in  lo  castello  di 
Milano,   il  signor  di  Monaco. 

A  dì  14  [Giugno]  andò  uno  cavaliero  in  lo  carrogio 
de  Pera  e  prese  uno    Gio.   Maria  de  Pentema,    lo    ha- 


(i)  Il  giorno  precedente  (5  Giugno  i5oj)  Rodolfo  de  Lannoy  aveva  in- 
viato lettere  patenti  agli  officiali  delle  due  Riviere  avvertendoli  che  a  giorni 
sarebbe  passata  la  flotta  che  portava  il  re  di  Aragona  da  Napoli  in  Ispagna 
e  ordinando  che  dovunque  essa  facesse  scalo,  fosse  ricevuta  con  liete  acco- 
glienze {Diverrorum  Filza  64}, 

(2)  Il  ms.  deTArch.  di  Stato  ha:  «  e  odie  ». 

(3)  Il  ms.  deirArch.  Civico  ha:  Suchè. 


Diario  4l5 

ve  va  per  li  cappelli  e  lo  menò  perfino  in  lo  carrogio 
che  va  alla  volta  de  Viorà,  da  presso  a  uno  pozzo,  che 
è  alle  spalle  della  chiesa  delli  Servi,  e  se  li  lanzorno 
certe  donne  per  agiutarlo,  onde  una  che  haveva  uno 
paro  di  forfexe  e  tag'liò  li  cappelli  al  detto  Gio.  Maria, 
lo  quale  subito  è  fuo^ito  via  e  li  cappelli  restorno  in 
mano  del  cavaliere,  lo  quale  poi  è  andato  a  Palazo  e 
s' è  lamentato;  fu  bandito  il  detto  Gio.  Maria  e  mis- 
seno  tre  di  quelle  donne   in   prigione. 

A  di  15  [Giugno]  martedì,  a  hore  i6  in  circa,  me- 
nomo d.  Paolo  da  Nove,  de  castello  in  Palacio,  in  lo 
quale  loco  quella  mattina  haveano  fatto  piantare  la  be- 
trescha,  sepo  e  manara,  che  era  al  molo;  lo  compagnor 
no  con  grandissima  gente  armata;  haveva  una  {veste) 
vechia  in  dosso,  con  le  mane  ligate  dietro  ;  quando 
fu  in  Palacio,  li  legerno  il  processo  :  per  essere  rebello 
della  sacra  maestà  del  re  è  caduto  in  crimine  lese 
maiestatis;  etiam  per  essere  andato  a  Monaco  e  statto 
cagione  di  fare  morire  gente  assai;  etiam  haveva  so- 
bronato  li  populi  che  non  se  volesseno  asestare  (')  con  la 
maestà  del  re  ;  etiam  era  andato  su  li  monti  e  per 
lui  era  morto  tanta  moltitudine  di  gente  e  per  molte 
altre  ocisioni  era  condenato  a  esserli  tagliato  la  testa  ; 
de  poi  fatto  quatro  quarti:  1'  uno  misso  alla  porta  del- 
l' Arco,  un  altro  su  la  torre  del  molo,  un  altro  su  la 
porta  di  S,  Tomaso,  un  altro  su  la  porta  dell' Acqua - 
sola,  la  testa,  in  cima  di  una  lancia,  in  cima  dalla  tor- 
re di  Palacio;  da  poi  lo  feceno  montare  su  la  betresca; 
era  tutta  la  piassa  e  li  corridori  pieni  de  nobili,  de  po- 
pulo,  artegiani  e  gente  armate.  Al  hora  dice  che  pre- 
gava ogniuno  a  chi  avesse    fatto    despiacere  li  volesse 


(i)  il  ms.  deirArch.  di  Stato  ha-,  accostare. 


4l6  Anno   l507 

perdonare  e  pregare  per  l'anima  sua;  edam  pregav^a  li 
minuti  volessino  stare  tutti  insieme  e  stare  bene  con 
la  maestà  del  re  ,  e  non  fidarsi  de'  nobili  ,  né  di  po- 
pulo  grasso,  ne  de  altri  ;  che  per  fidarse,  era  conduto 
a  quel  termine;  poi  se  voltò  al  boia  e  li  dice  che 
quello  voleva  fare,  lo  facesse  presto;  poi  s'  è  ingeno- 
chiato  e  misso  la  testa  su  lo  ceppo  e  in  un  colpo 
gliela  tagliò,  da  poi  ne  feceno  quatro  quarti  e  li  miseno 
dove  haveva  giudicato   lo  processo. 

A  dì  19  [Giugnol  alla  matina  s'  è  partito  d.  Gio. 
Aloize  e  suo  figliolo,  li  quali  sono  andati  a  Montobio 
e  de  lì,  se  dice  che  vanno  in  Aste,  dove  se  trova  la 
sacra  maestà  di  re,  la  quale,  alcuni  dicono  che  va 
in  Pranza,  altri  dicono  che  viene  a  Savona  per  retro- 
varse  con  re  di  Spagna.  Questo  giorno  è  venuto  nova 
per  lettere  di  F'irenza,  comò  detto  re  era  gionto  a 
Piombino. 

A  dì  21  [Giugno]  hanno  apicato  al  molo  quelo  gio- 
vane chiamato  Antonio  Maria  de  Turio,  che  teneva  la 
chiostra  per  giocare  alla  balla.  Ea  die  s'  è  mostrato  la 
schella  a  Gio.  Giordano  Ursino,  lo  quale  ha  per  mo- 
glie la  figliola  della  santità  di  nostro  signore  ('),  lo  quale 
l'havea  mandato  dalla  sacra  maestà  di  re  per  alcune  cose 
secrete;  etiam  lì  richiesse  per  parte  di  sua  santità 
volesse  perdonare  a  Domenico  Adorno  e  Agostino  Fo- 
glietta, eh'  erano  statti  mandati  ambasciatori  a  sua  san- 
tità; etiam  clonarli  salvo  conduto  che  possiano  venire 
a  casa  loro;  soa  maestà  non  ne  volse  fare  niente.  Mo- 
strandose  la  schella  a  detto  Gio.   Giordano,   li  era  pre- 


Ci)  Papa  Giulio  II  aveva  avuto  in  gioventù  una  figlia  di  nome  Felice. 
Dando  questa  in  matrimonio  a  Gio.  Giordano  Orsini  e  maritando  sua  nipote 
Lucrezia  in  casa  Colonna ,  potè  pacificare  le  due  grandi  famiglie  rivali. 
Cfr.  MoRONi,  Di^^'.onario  di  eruditone. 


Diario  417 

sente  lo  governatore,  lo  castelano  del  Castelletto  e  uno 
presidente  chi  ha  mandato  qui  il  re  (')  ;  erano  tutti  tre 
in  lo  gagiolo  (^);  fu  requesto  al  i^overnatore  che  fosse  da 
loro  piacer*,'  fuora  dello  gagiolo  perchè  era  de  co- 
stume, quando  se  mostrava  detta  schella,  non  siano 
nisuno  in  lo  gagiolo;  lo  governatore  e  presidente  uscir- 
no  fuo.ra  gratiosamente;  lo  castelano  uscì  fora  dicendo 
de  grandissime  minacele  e  parole  ingiuriose  e  dice  che 
farla  ancora  portare  via  detta  scodella  e  se  ne  uscì 
(ora  de  secrestia;  etiam  è  venuto  nova  come  il  re  di 
Spagna  era  arrivato  a  Portovenere. 

A  dì  22  [Giugno]  li  gentilhomini  hanno  presentato 
lo  castellano  del  Castelletto  e  li  hanno  donato  uno 
bacile,  stagnerà,  refrescatorio,  tasse,  doi  bozelli  d'  ar- 
gento (');  una  roba  de  cremexi  alla  moglie  e  altri  pre- 
senti allo  figliolo,  e  una  peza  de  zentunile  al  capitaneo 
de  citadella;  se  dice  che  li  hanno  apresentato    per  500 


(1)  Era  il  presidente  della  giustizia  e  si  chiamava  Pietro  di  S.  Andrei, 
egli  si  trovava  da  poco  in  Genova  poiché  le  sue  patenti  di  nomina  sono 
del  9  giugno   iSoy.  Politicorum  Mazzo  3. 

(2)  Cornelio  Desimoni  nella  sua  edizione  dello  Statuto  dei  padri  del 
Comune  della  Repubblica  Genovese,  i'agano,  Genova  1886  pone  nel  Glos- 
sario a  pag.  XI.IX  la  voce  gaggiolo  e  spiega  che  doveva  essere  un  muro, 
argine,  parapetto,  etc.  per  impedire  Pentrata  di  terra,  etc.  Qui  si  capisce 
che  doveva  essere  una  specie  di  ringhiera  o  balaustra  per  trattenere  i  vi- 
sitatori. 

(  ))  A"'  di  nostri  «  bozelli  »  sono  carrucole  infisse  in  una  specie  di  casa 
di  legno,  usate  per  lo  più  sulle  navi  e  pare  siano  cosi  chiamate  perchè 
f-itte  di  legno  di  bosso;  nel  caso  nostro  credo  che  siano  «  borsette  »  e  dico 
ciò  non  per  alfmità  di  suono  tra  bozelli  e  borselli,  ma  perchè  leggo  nel  (ìlos- 
sario  del  Desimoni  apposto  al  termine  della  sua  pubblicazione  dei  «  (Amti 
deW ambasciata  al  Chan  di  Persia  »  Atti  Soc.  Lig.  di  St.  Pat.  Voi.  XllI 
pag.  682  la  voce  Bau  gè  de  coreo  spiegata  come  Bolgetta  di  cuoio  per  ri- 
porvi  argenti.  Non  potrebbe  essere  bozelli  un  dimmutivo  di  bougo? 

11  ms.  della  Ribl.  Beriana  in  luogo  della  parola  bozelli  pone  «  bacili  » 
ma  questa  interpretazione  non  ci  pare  giusta  poiché  poco  prima  si  parlò 
di  «  uno  bacile  »  e  questi  due  avrebbero  allora  dovuto  far  numero  con  esso. 


4l8  Anno  iSoy 

scuti.  Se  dice  che  la  maestà  del  nostro  re  è  gionta  a 
Savona  ;  la  magior  parte  delli  nostri  nobili  li  sono  an- 
dati ;  il  re  di  Spagna  è  ancora  a  Portofino  per  lo  ca- 
tivo  tempo. 

A  dì  23  [Giugno]  è  andato  una  crida  che  tutti  co- 
loro chi  non  hanno  portato  le  arn:e  a  Palacio,  le  deb- 
bano portare  e  chi  1'  havesse  mandate  in  Rivera,  infra 
otto  giorni  se  debbano  apresentare  ;  etiam  quelli  delle 
tre  podesterie,  infra  8  giorni,  tutti  le  debbano  apresen- 
tare, sotto  pena  de  rebelione  ;  se  dice  che  l' imperatore 
prepara  grandissimo  exercito  e  per  ogni  modo  vole 
passare   in   Italia. 

A  dì  26  fGiujno]  a  hore  14  è  arrivato  nel  nostro 
porto  la  maestà  del  re  di  Spagna  e  la  regina  che  vene 
de  verso  Napoli  con  galere  16  e  quatro  de  pre  Johanni 
\rrege7it\  francese,  cheli  era  andato  incontra  e  li  haveva 
portato  mons.r  de  Fois  chi  è  fratello  della  regina  e 
figliolo  d'  una  sorel'a  del  nostro  re  (');  detto  re  di  Spa- 
gna haveva  con  sua  maestà  Gonsalvo  Ferrando,  lo 
quale  li  aquistò  lo  reame  de  Napoli,  con  akri  assaissi- 
mi  baroni  e  sig.ri  molto  sontuosi  de  catene  d'oro  gros- 
sissime  e  de  gioie  ;  dapoi  è  calato  in  terra  mons.r  de 
Fois  ;  lo  nostro  governatore  e  T  ambasciadore  del  re 
di  Spagna,  chi  era  qui  accompagnorno  detto  Fois  aio- 
giare  in  Banchi,  in  casa  di  d.  Anfrono  Usodimare , 
dove  era  alogiato   un'  altra   volta. 

Quando  furono   in   Banchi,   li  famigli  erano  alla  por- 


(i)  Ms.  di  Fois  si  mise  certamente  in  viaggio  verso  il  i5  giugno  1 507 
poiché  in  quel  giorno  Rodolfo  di  Lannoy  avvisava  gli  olìiciali  ed  i  popoli 
della  Riviera  di  Levante  che  sarebbe  passato  per  essa  «  Pill.mo  Mons.r  de 
Foes,  nepote  del  re  cristianissimo  »  andando  incontro  al  «  catolico  re  de 
Aragone  ».  Ordinava  perciò  di  riceverlo  con  tutti  gli  onori.  (  Diversorum 
Filza  64). 


Diario  419 

ta  con  li  fereri  e  picorno  uno  gran  pezo  ;  alla  fine  non 
li  volseno  aprire  né  recevere  ;  potette  pensare  quanto 
sdes^no  lo  haveno  ;  se  trovò  in  Banchi  d.  F-'asquale  de 
Fornarii,  lo  quale  le  offerse  la  sua  casa,  1'  acetorno  e 
li  andorno  e  se  trovorno  meglio  alogiati  e  con  più 
piacere  che  in  casa  di  detto  d.  Anfrono. 

Al  doppo  disnare  li  Anciani  andorno  in  galea  a 
visitare  la  maestà  del  re,  la  quale  fu  apresentata  dalla 
nostra  comunità  molto  honorevolmente  e  abondantissi- 
mamente  d'  ogni  cosa  per  refrescamenti,  come  meritava 
sua  maestà  ;  li  presenti  passano  più  de  600  ducati. 
Alla  sera,  a  hora  una  di  note,  sua  maestà  e  la  regi- 
na calorno  in  terra  ;  lo  governatore  e  Anciani  con 
molti  cittadini  li  feceno  compagnia  ;  passorno  per  la 
piassa  delli  Giustiniani  e  andorno  al  Batesto  e  viderno 
la  schella,  poi  se  ne  tornorno  per  lo  carrogio  del  Filo, 
e  andorno  alla  volta  del  molo  ;  si  dice  che  la  santità 
di  nostro  signore  fece  fare  a  Hostia  de  orandissimi 
aparechii  e  provixione  e  aspettava  più  de  14  giorni  la 
maestà  di  detto  re  di  Spagna,  lo  quale  è  passato  di 
longo  e  non  li  volse  parlare. 

A  dì  28  di  Giugno  1507,  d'  una  hora  avanti  giorno, 
la  maestà  del  re  di  Spagna  s'  è  partito  dal  nostro 
porto  ;  hieri  matina  è  calato  in  terra  e  ha  odito  mesa 
in  S.  Marco;  da  poi  è  montato  su  lo  schiffo  della  ga- 
lera ;  haveva  in  compagnia  Gonzaluvo  Ferrando  e  un 
altro  barone  ;  è  andato  a  revedendo  tutto  il  porto  ;  è 
andato  in  la  darzena  e  darzenale,  da  poi  tornato  in 
galera. 


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DOCUMENTI 


f  7»///  i docuìiicnti  qui  trascritti  appartengono  aW Archivio  di  Stato  in  Genova) 


L 


Il  lìio^olenciite  Filippo  di  Roccahcrlino  concede  i  dm  txr^i  degli  ojfici 
pubblici  ai  popolari. 

Genova,   18  luglio  1 5o6. 

MDV'I  die  XVIII^  lulii,  Sabbati,  bora  vigesima  tcrtia,  in  platea 
Palatii. 

Illu.  et  ex.sus  d,  Philippus  de  Cleves  Ravasteni  dominus,  regius 
Admiratus  et  lanuensis  Gubernator  et  seu  Magniiicus  et  prestan- 
tissimus  d.  Ph  lippus  de  Rochaberthino  in  lanua  locuntenens  regius 
prò  pretalo  Illu.  d.  Philippe  de  Cleves,  ex  omni  potestate,  omnimoda 
et  etiani  absoluta  balia,  et  tamquam  regius  officialis  in  lanua, 
dat  et  libere  concedit  populo  lanue  seu  hominibus  de  populo 
lanue  et  vult  quod  de  cetero  habeant  duas  tertias  partes  in  omni- 
bus officiis  et  ex  nunc  dat  illis  et  concedit  liberam  et  effectua- 
lem  ac  realem  possessionem  dictarum  duarum  tertiarum  partium 
dictorum  officiorum.  Et  qui  prefatus  Magnificus  d.  Philippus  de 
Rochaberlino  locumtenens  mandavit  in  Bartholomeo  de  Senarega 
et   Kaphaeli  Ponsono  cancellariis  ut  presentem  deliberacionem  et 

coiicesiionem   scriberemus  et  notificaremus  per  Civitatem. 

28 


422  Anno   l5o6 

ea  die  et  hora  paulo  post 
Nos  Bartholomeus  de  Senarega  et  Raphael  Ponsonus,  cancellarii 
comunis  lanue,   notificavimus   suprascriptam    deliberationem    alta 
voce  et  intelligibili  per  civitatem. 
Diversorum  Cancelleriae  Reg.   172. 

II. 

Lettera  a  Luigi  XII,  che  Io  ragguaglia  dei  fatti  avvenuti  in  Genova 

e  lo  assicura  della  fedeltà  dei  cittadini  al  suo  governo. 

Genova,  2 1  luglio  1 5o6. 

Serenissimo  et  Christianissimo  Domino  Ludovico  Franchorum 
etc.  Regi,  Duci  Mediolani  ac  Janue  Domino  nostro  nobis  colen- 
dissimo. 

Sire,  tantb  humilmenti  che  fare  possiamo,  se  ricom mandiamo 
a  la  Maestà  vostra  Crhistianissima.  Pochi  di  fa  havemo  scripto  a 
Vostra  Maestà  a  risposta  de  soe  lettere,  e  facto  intendere,  che 
per  la  motion  seguita  in  la  cita  a  H  XX  del  mese  passato  tuto 
restava  in  quiete.  Da  poi  ultimamenti  fu  da  uno  nobile  batuto 
uno  de  li  habitanti  propinqui  a  la  cita  sensa  alchuna  caxone  et 
sopra  quello  seguite  nove  indignatione.  sono  facti  novi  rumori 
a  di  XVIIII  de  questo,  per  sedatione  de  li  quaUi  comò  per  lo 
Illustre  nostro  Locumtenente  fu  sentito,  non  li  parse  più  presto, 
nò  più  utile  remedio,  quanto  a  satisfare  ogniuno  circa  la  divi 
sione  de  li  officii  civih,  essendo  la  cita  sotto  Irei  ordeni,  soè  no- 
bili mercadanti  e  artexani,  lì  quaUi  mercadanti  e  artexani  comu- 
niter  si  domandano  populo,  et  dove  per  lo  passato  dicti  officii 
se  dividevano  per  meità,  una  meza  parte  a  li  nobili,  l'altra  meza 
a  mercadanti  e  artexani  ,  de  cetero  se  divideno  prò  lercio  a 
nobili,  mercadanti  e  artexani.  La  qual  tal  divisione  è  stata  ordi- 
nata cum  justificatione  de  più  raxone  et  maxim.e  che  secondo 
lo  numero,  li  mercadanti  e  artexani  sono  molto  più  de  li  doi 
tercii,  h  qualli  per  utiUtà  e  honore  de  la  cita  etiam    non    man- 


Documenti  423 

ebano  secondo  la  loro  ratta,  fare  il  debito.  Et  sapia  Vostra  Mae- 
stà che,  facta  talle  ordinatione,  tuta  la  cita  è  restata  in  grande 
tranquilità.  Sapia  anchora  quella,  che  in  niguno  movimento  né 
quallecunque  acto,  mai  fo  facta  cossa  alchuna  se  non  cum  ogni 
hon  re  reverentia  e  fede  de  la  Maestà  Vostra  e  de  lo  lUu.  Lo- 
cumtenente  nostro,  lo  qualle  cavalchò  più  fiate  per  la  cita  sensa 
arme,  et  a  lui  se  he  semper  facta  et  si  fa  ogni  obedientia  e  re- 
verentia  debita.  Et  perchè  per  caxone  de  qualche  tristi,  licet  de 
o  populo,  persone  qualle  per  la  più  parte  erano  state  bannite,  e 
intrate  in  la  dieta  motione,  sono  stati  facti  alchuni  pochi  danni 
di  roba,  per  questo  preghiamo  non  prenda  la  Maestà  Vostra  al- 
chuna malia  contenterà,  ne  dubite  che  per  lo  Locumtenente,  a  li 
tempi  debiti,  se  ne  farà  inquisitione  e  punitione.  Noi,  Sire,  ha- 
biamo  infiniti  et  inmortaH  debiti  a  Vostra  Maestà  per  molti  be- 
neficii  et  honori  per  lo  passato  recevuti,  ma  molto  più  per 
quanto  in  la  predicta  caxone  habiamo  experimentato  e  experi- 
mentcmo  lo  cordiale  e  paterno  amore  uzato  e  qualle  uza  con 
tinue  verso  noi  lo  dicto  nostro  Locumtenente,  che  in  vero  tanto 
non  farla  nò  mai  crediamo  habia  facto  per  questa  cita  alchuno 
nostro  citadino,  del  che  primo  re^ratiando  Dio  maximo,  deinde 
la  Maestà  vostra  e  lo  Ill.mo  Governatore  nostro,  e  la  bontà  de 
lo  dicto  nostro  Locumtenente,  non  semo  mai  per  dementicarsi 
tanti  bcncfkii,  li  qualli  ne  obligano,  non  solum  a  perseverare  in 
lo  debito  nostro  de  mantenere  la  fede  data,  ma  ad  exponerc 
insino  al  sangue  e  li  fìgioh  proprii  ad  ogni  commodo  di  vostra 
Maestà.  E  vogia  questo  Dio  onnipotente  che  cum  utilità  e  ho- 
nore  de  quella  proceda  caxone  per  la  qualle.  lo  animo  e  debito 
nostro  po^siano  essere  experimentati.  Noi,  Sire,  ad  ogni  modo 
volevamo  mandare  Ambasiatoie  a  Vostra  Maestà  per  congratu- 
larsi del  mariagio  di  la  excellentissima  madona  Claudia.  La 
qualle  cossa  tanto  più  vederemo  de  accelerare,  perchè  dicto  no- 
stro Ambassatore  possa  viva  voce  satisfare  a  Vostra  Maestà  de 
le  cosse  occorse  di  sopra.  La  quaìle    humilimenti  preghiamo  de 


424  Anno  l5o6 

diete  cosse  non  si  prendia  alchuna  malia  contentesa,  perchè, 
corno  habiamo  dicto,  per  la  gratia  de  Dio  e  per  la  bona  opera 
de  dicto  nostro  Locunritenente,  ogni  cossa  resta  pacifica,  ad  ho- 
nore  e  gloria  de  la  Maestà  Vostra,  cossi  non  dubitamo  doveire 
procedere,  corno  anchora  crediamo  intendereti  da  dicto  nostro 
Locumtenente.  Pregando  Dio  done  longa  e  felice  vita  a  Vostra 
Maestà.  Datum  lanue  die  XXP  iulii  l5o6.  Maiestatis  Vestre 
fidelissimi  servitores  Philippus  et  consilium. 

Litterarum  Reg.  47,  lettera  n.  114. 

III. 

Lettera  a  Filippo  di  Cleves  di  Ravenstein ,    governatore  di  Genova  , 
sui  primi  moti  popolari  e  sidla  legge  dei  «  due  ter^i  ». 
Genova,  21  luglio  i5o6. 

Illustrissimo  et  excellentissimo  domino  Philipp©  de  Cleves 
Ravasteni  domino,  regio  Admirato,  Gubernatori  nostro  Colen- 
dissimo. 

IH. me  princeps  et  excellentissime  domine  colendissime.  Siando 
conveniente  cossa  che  tuto  quello  che  occorre  di  qualche  impor- 
tantia,  ne  faciamo  notitia  a  vostra  excellentia  comò  a  nostra 
testa  et  nostro  padre,  però  facemo  intendere  a  quella  che  siando 
a  li  di  passati  cresciuto  una  grande  licentia  de  alchuni  de  quelli 
chi  se  yhamano  gentilhomini,  de  ferir  e  dar  mascate  e  pugni 
per  la  cita,  e  qualche  volta  in  loci  più  degni  de  la  terra,  e 
siando  admoniti  abstenerse  de  simile  cosse,  e  non  desistendo,  se 
vegne  a  li  di  passati  che  fo  a  li  XX  de  zugno,  a  qualche  ru- 
more, ma  per  conforto  e  interpositione  de  molti  homini  da 
bene  non  fo  altro;  poi  assai  tosto  se  ritornò  in  li  inconvenienti, 
siando  di  novo  stato  batuto  da  uno  nobile  uno  homo  habitante 
vicino  ala  cita,  sensa  caxone  alchuna.  Unde  a  li  XVIIII  del  pre- 
sente s  è  rinovato    lo  tumulto,    renovandose    la    indignatione;  et 


Documenti  425 

considerato  queste  presumptione  uzate  procede  da  quelli  li  qualli 
in  li  officii  civili  hano  più  parte  che  non  li  vene  et  che  non  hano 
li  altri  per  haveire  molto  sotlomisso  la  brigata,  accadendo  a 
molti  bizognare  ogni  iorno  de  dicti  Officii  civili,  ritrovandosi  lo 
sig.r  Locumtcìiente  nostro  in  tal  tumulto,  né  più  presto  nò  più 
utile  remedio  sapiando  quanto  satisfare  ad  ogniuno  circa  la  di- 
visione de  dicti  officii,  congregato  uno  grande  consegio  in  Pa- 
latio,  se  he  decretato  sumdicti  officii,  e  per  fare  che  non  se 
habia  a  vegnire  più  in  simile  inconvenienti  e  sapiando  corno 
sono  divisi  li  or  leni  de  li  citadini  de  la  cita,  soè  nobili,  mer- 
canti ed  artoxani  de  la  cita  corno  dò  bene  intendere  vostra  ex- 
ccllentia  per  haverne  qui  tanto  tempo  governato,  s'  è  decretato 
per  tal  mezo,  che  dicti  officii  civili  se  daghano  per  tercio,  soè 
lo  lercio  a  li  nobili,  lo  tercio  a  li  mercanti  e  lo  tercio  a  li  artexani, 
chi  è  a  dire  doi  tercii  ai  populo,  el  tercio  a  la  nobilita,  a  fi  quaUi 
populari  tanta  parte  li  convene  per  la  rata  soa,  faciando  non 
mancho  utilità  per  le  parte  che  li  vene  che  li  altri,  et  attento, 
monsignore,  la  qualità  e  numero  de  epsi  populari,  et  cossi  facta 
questa  deliberatione  statim  pacificò  la  terra  et  cossi  resta  quieta 
e  pacifica,  et  speremo  sera  a  perpetua  gloria  de  la  Maestà  de 
Re  et  extinctione  de  ogni  malia  opera  che  potesse  seguire.  E 
benché  poi  siano  intervenuti  qualche  pochi  dezordeni  e  qualche 
poche  robarie,  non  v  é  da  maravegiare  in  simile  caxo,  perochè 
in  una  terra  grande  comò  è  questa,  non  mancha  mai  qualche 
tristo.  Pò  stare  de  bona  mente  vostra  excellentia  che  tuto  sta 
bene  et  per  lo  Illustrissimo  Locumtenente  nostro  se  farà  grande 
dilligentia  e  bona  iustitia  in  trovare  e  punire  li  calivi.  Noi,  mon- 
signore, non  dureremo  tropo  faticha  in  farve  intendere  la  fede 
nostra  a  la  Maestà  de  Re,  perchè  l'avete  vista  e  provata  e  la 
vogliamo  mantenere  finché  la  vita  ne  durerà,  et  crescere  più  de 
iorno  in  iorno  et  de  bene  in  meglio,  comò  credemo  farà  inten- 
dere a  la  vostra  eccllentia  lo  nostro  Locumtenente  lo  qualle  in 
questa  civil  novità  s'è  deportato  tanto   bene  et    tanto    amorosa- 


42Ó  Anno   l5oó 

menti,  che  più  non  porria  dire,  habiando  uzalo  tuti  li  termini 
chi  se  conveneno  ad  uno  degno  Locumtenente  et  più,  et  etiam 
non  se  podia  far  più  se  ben  fosse  stato  de  nostro  sangue,  unde 
ogniuno  gè  resta  obligatissimo  ;  rcstamo  etiam  obHgatissimi 
a  la  Maestà  de  Re,  restarne  etiam  obligati  alla  Illustris- 
sima Signoria  vostra  de  tallo  rectore  che  ne  haveic  dato.  A 
presso,  habendo  in  animo  de  mandare  Ambassada.  za  dì  fa,  a  la 
Maestà  de  Re  per  cum  quella  congratularsi  del  mariagio  de  la 
excellenlissima  madona  Claudia,  siando  occorso  quello  che  è, 
presto  la  faremo  ajcelerare  ;  dexiramo  che  la  Maestà  de  Re  sia 
de  tuto  ben  aj/izata.  Questo  e  quello,  monsignore,  chi  he  acca- 
duto in  questa  cosa,  pregandovi  a  non  prendervi  alchuna  altera- 
tione,  perchè.  Dio  giatia,  intercedente  l'opera  del  prefato  Illustre 
Locumtenente  et  bone  persone,  tuto  è  quieto  e  pacifico  comò 
da  epso  sereti  avizato  più  a  longo,  pregando  etiam  vostra 
signoria  adoperarse  cum  la  Maestà  de  Re,  che  non  se  prenda 
alchuna  malia  vogia  de  li  facti  nostri,  nò  alteratione  alchuna 
siando  la  cossa,  conio  dicto  havemo,  quieta  semper  a  laude  e 
gloria  de  Soa  Maestà.  Datum  lanue  die  XXI  lulii  MDVI. 

Consilium  Antianorum. 

Litterarum  Reg.  47,  lettera  n.  117. 

IV. 

Lettera  a  papa  Giulio  li.  sui  moli    popolari,  sulle  loro  cause    e   sui 
provvedimenti  presi. 

3o  luglio  i5o6. 

Sanctissimo  et  beatissimo  patri  Domino  lulio  pape  secundo, 
domino  nostro   Colendissimo. 

Credimus  iam  pervenisse  ad  aurcs  vestras,  Sanctissime  et 
Beatissime  pater  et  Domine  noster  Colendissime,  motus  illos  qui 
paulo  ante  hic  exsuscitati  sunt.  Credimus  etiam  eodem  fere  tem- 
pore nunciatam  extinctionem,  nam  nec  tam  graves  fuerunt,  nec 


Documenti  427 

eo  odio  incensi  ut  non  brevi  tempore  componi  potuerint.  Novit 
Summa  Sapientia  vestra  que  multa  vidit ,  multa  audivit  ,  la- 
nuenscs  in  civilibus  dissensionibus  ,  sanguine  nec  rapinis  unquam 
oblectatos,  sed  si  quando  ad  discordias  deventum  est,  quoniam 
nulle  cause  nutriendi  odij  superfuisscnt,  statim,  rebus  compositis, 
omnia  ad  naturam  rediisse,  el  ut  intelligat  eorum  originem  Bea- 
titudo  vestra,  exitumque,  breviter  ut  facta  sunt  narrabimus,  sed 
sciat  prius  quieta  esse  hic  omnia.  —  Creverat.  pater  sancte,  ab 
aliquo  tempore  citra,  inter  aliquos  nobiles,  quedam  licentia  ce- 
dendi  ferro  et  pugnis,  ut  non  amplius  lingua  in  publicis  et  pii- 
vatis  eorum  actionibus,  sed  manu  agendum  honorificum  pu- 
tarent.  Dehonestabat  etiam  magis  facinus  hoc,  quod  in  foro 
mercatorio,  quod  nos  Bancos  appailamus,  ut  celebrior  esset  in- 
iuria,  quandoque  ista  fìebant;  moniti  continere,  obaudiverunt.  Res 
ad  indignationem  versa  eo  processit  ut  iam  scandalum  immi- 
neret,  et  esset  in  dolore  quod  timeremus.  Renovata  eadem  li- 
centia et  cum  forte  unius  cesi  pugno  partes  ex  plebe  homines 
qui  tunc  aderant  sumpsissent,  ceperunt  recandescere  vulnera  que, 
multorum  monitione,  fuerant  paulo  ante  compressa  et  sic  res 
tandem  erupit  et  in  primo,  furentis  populi  ardore,  unicus  tantum 
nobilis  infeliciter  oesus  est.  Conversi  statim  ad  sedandos  populi 
clamores,  tantum  unusquisque  fecit  quantum  vires  et  auctoritas 
suppctebant  et  in  primis  noster  locumtenens,  vir  prudens  et 
nostre  quietis  studiosus,  nuUum  remedium  utilius  nec  magis  pre- 
sentandum  invenit  quam  si,  ut  sunt  ordines  civium  in  tres  partes 
divisi:  nobiles,  mercatores  et  artifices,  ita  tripartito  civilia  officia 
dividerentur,  que  prius  inter  nobiles  et  eos  quos  de  popullo  ap- 
pellamus  per  dimidia  conferebantur.  Quod  remedium  aliis  tem- 
poribus, turbatis  rebus,  factum  fuisse  cognitum  est,  id  ipsumque 
salutare.  Quo  facto  mox  arma  deposita  sunt,  inducta  quies,  factc 
sunt  in  ipso  populi  saevientis  concursu  rapine,  nec  multe  quidem, 
ab  aliquibus  exulibus  et  sceleralis  hominibus,  qui  ad  notitiam 
commotc  civitatis  vcncrant.  Dabitur  forma    nunc,  quietis   rebus, 


428  Anno  l5oó 

restitutioni  et  dalur  in  dics  ,  et  si  forte  aliquis  Beatitudini  vestrc 
retulerit  partem  nobilium  urbe  secessisse,  potuit  hoc  facile  licri, 
non  minus  fortasse  indignatone  quam  metu.  Sed  nihil  est  ti- 
mendum;  tutuni  est  omnibus  nunc  venire,  stare  prò  arbitrio  et 
tam  secure  ut  nihil  securius  indignationem  mitescet  dies.  Habet 
Bcatitudo  vestra  initium  huius  motus  quousque  processcrit,  in- 
tellexit  remedium  ,  dicant  alij  quicquid  dicere  vohierint.  Que 
ideo  voluimus  iUi  nota  facere,  prò  illa  veneratione  qua  eam  col- 
Umus,  ut  omni  tempore  nostras  actiones  intelligat,  et  referle 
aliunde  quam  a  nobis  certior  facta,  aliqua  amaritudine  affici 
posset,  ut  faciunt  parentes  de  fìHorum  actionibus.  Quod  reHquum 
est  commendamus  nos  et  civitatem  hanc,  nunc  et  omni  tempore, 
Beatitudini  vestre  nosque  ut  fihorum  loco  habere  dignelur  pre- 
camur,  qui  semper  ut  nostrum  parentem  et  coluimus  et  obscrva- 
vimus.  Data  lanue  die  XXX  lulij    MDVI.to 

Svmctitatis  vestre  devotissimi  cultores  Philippus  et 
consilium  et  Duodecim  pacifìcatorcs. 

Litterarum  Reg.  47,  lettera  n.  124. 


V. 


Lettera  a  re  Luigi  XII   per  accertarlo    della    tranquillità  di  Genova 
e  ringraziarlo  della  sua  buona  disposi::Jonc  verso  i  popolari. 
2    agosto    1 5o6. 

Regi  christianissimo,  Domino  nostro. 

Sire,  tanto  humelmenti  quanto  possiamo,  se  arricomandiamo 
a  la  vostra  bona  gratia.  Sire,  hieri  scritto  habiamo  a  la  Maestà 
vostra  come  apresso  le  prime  nostre  littere,  semper  in  quosta 
vostra  cita  s'è  perseverato  in  bono  riposso  e  tranquilità,  né  mai 
poi  è  seghuito  rumore  né  disordine  alcuno,  sia  per  la  grande 
providentia  de  lo  lUu.  Monsignore  nostro  locuntenente,  el  quale 
in  tuto  merita  ogni  laude   e   comendatione,     sia    per    universale 


Documenti  42Q 


deliberatione  e  bono  proposito  de  li  citadini  vostri  boni  subiecli, 
(pali  mai  hano  pensato  nò  pendano  si  non  fare  tute  quelle  coss  e 
che  tendano  a  gloria  de  la  Maestà  vostra  e  a  conservationc  del 
stato  suo  e  a  bene  e  utilità  de  questa  vostra  Fidelisima  cita. 

Siro,  s'è  poi  havuto  questa  matina  le  lettere  de  la  Maestà 
vostra  scritto  a  dì  XXVI. -^  del  passato,  per  la  quale  neomforta 
a  far  deponerc  le  arme  e  attendere  de  pacificare  la  cita.  K  ben- 
ché li  conforti  de  la  Maestà  vostra,  come  conviene  a  boni  e  liali 
subiecli,  a  noi  siano  comandamenti,  nondimanco  questi  conforti 
non  erano  necessari],  perchè,  come  è  detto  di  sopra,  tufo  de  su- 
bito s'è  reducto  a  grande  tranquilità,  in  gloria  de  la  Maestà  vo- 
stra. E  perchè  scrive  vostra  Maestà  haver  ordinato  a 
Mons.r  ci  grammaeslru  chi  se  aproxime  a  le  nostre  parte  cum 
la  gente  d'arme,  acompagniato  de  alcuni  sapienti  conseglieri  del 
vostro  parlamento  di  Milano,  sapia  la  Maestà  vostra  queste  pro- 
visione non  esser  più  necessarie.  E,  per  quanto  loca  a  la  gente 
d'arme,  faciamo  intendere  a  la  Maestà  vostra  corno  in  tuta  Lom- 
bardia e  ancora  in  tuta  Francia  la  Maestà  vostra  non  à  ne  me- 
glior  gente  d'arme  nò  più  fedele  nò  più  viscerata  come  sono  li 
vostri  boni  subiecti  de  questa  vostra  cita,  e  bene  in  tuto  lo  hano 
dimostrato,  E  non  solamenti  qui,  a  mantenimento  e  conserva- 
tione  del  felice  stato  de  la  Maestà  vostra,  sono  presti  a  expo  - 
nere  la  vita  el  sangue  e  le  facultà,  ma  etiam  in  ogni  loco 
unde  ne  debba  resultar  gloria  a  la  Maestà  vostra,  come  più  am- 
plamenti  intenderà  dal  nostro  Ambasiatore,  el  quale,  a  Dio  pia- 
cendo, infra  dui  o  tre  giorni  metteremo  a  camino,  sperando  che 
poi  che  lo  haverà  oldito,  resterà  de  noi  e  de  tuta  questa  cita  la 
Maestà  vostra  ben  satisfacta. 

Sire,  per  el  nostro  lUu,  locuntenente  n'c  stato  Icgiuto  le  ultime 
lettere  per  vostra  Maestà  a  lui  scripte  a  di  XXVIII,  per  le  quale 
s  è  veduto  cum  quanta  clementia  la  Maestà  vostra  inteso  de  tuto 
la  verità  de  noi  e  de  tuta  la  cita  è  restata  bem  contenta  e  sa- 
tisfacta. Del  che  singularmenti    dieta    vostra    clementia    ringra- 


430  Anno  l5o6 

tiamo.  E  veramenti  queste  lettere  de  la  Maestà  Vostra  hano 
tanto  inanimato  e  facto  bom  chore  ad  ogniuno  che  non  se  po- 
terla per  lettere  explicare,  corno  più  largamenti  crediamo  s?rà 
avisala  la  Maestà  vostra  dal  predetto  lUu.  nostro  locuntencnte, 
el  quale  in  ogni  cossa  à  tanta  cara  de  lo  honore  e  gloria  de 
la  Maestà  vostra  a  bene  e  utilità  de  questa  vostra  fedelissima 
cita  ,  quanta  sino  a  qui  in  tuli  li  effecti  s  è  dimostrato  e  più  am- 
plamenti  speriamo  ancora  se  dimostrerà  in  lo  advenire.  Pre- 
gando nostro  Signore  Dio  conserve  la  Maestà  vostra  in  bona 
prosperità  cossi  comò  luti  desideriamo  e  preghiamo.  Data  lanue 
Die  Il.a  Augusii  MdVI.to. 

Maestatis  vestre  humiles  servitores  et  obsequentissimi 
Antiani  et  officium   duodecim   pacificatorum   comunis 

lanue. 
Litterarum  Reg.  4(\  lettera  n.  2J4. 

VI. 

Lcltera  al  principe  Carlo  d' Anihoisc  per  assicurarlo  della  tranquillità 
di  Genova  e  persuaderlo  a  non  muovere  verso  di  essa. 

4  agosto  1 5  06. 

lU.mo  et  preclarissimo  principi  Domino  Carlo  de  Ambosia 
Regio  locuntenenti  generali  citra  montes,  Magno  Magistrato  et 
Marexallo  Francie    dignissimo. 

Ili, me  et  preclarissime  princeps  nobis  plurimum  hono- 
randum.  Siamo  avisati  corno  la  excellentia  vostra  cum  la  gente 
d'arme  se  va  aproximando  a  le  porte  nostre,  e  benché  cre- 
diamo se  sia  movuta  e  se  mova  sopra  la  prima  opinione 
de  pacitìcare  le  turbatione  e  movimenti  qui  occorsi,  e  cossi 
habiamo  inteso  per  le  letere  a  noi  scripte  per  la  Maestà 
Cristianissima  del  nostro  Re,  nondimanco  n'  è  parso  a  vostra 
Excellentia  fa  e  questi  pochi  versi  per   certificarla  che  se  el  suo 


Documenti  481 

aproximare  al  nostro  paese  è  per  pacifica rse  come  è  detto,  al 
presente,  e  cossi  molto  avanti,  mancha  simile  respecto  e  non  è 
più  necessario  nò  à  più  loco  alcuno,  perchè,  per  Dio  gratia,  tuto 
è  riduto  in  bona  quiete  e  riposso.  E  possiamo  certificare  e  ase- 
curare  vostra  excellentia  questa  quiete  e  riposso  a  modo  alcuno 
più  non  poterse  alterare,  salvo  se  di  fori  da  noi  se  designasse 
qualche  movimento  contrario  a  la  quiete  de  qui.  El  che  non 
poteriamo  credere.  E  per  malore  nostra  satisfactione  mandiamo 
a  vostra  Excellentia  el  portatore  de  queste,  al  quale  piacerà  darli 
la  risposta,  e  in  questo  mezo  manderemo  a  quella  el  nostro  Am- 
basiatore  el  quale  partirà  infra  dui  giorni  e  a  boca  satisferà  e 
a  questo  e  ad  ogni  altro  bisognio.  Offerendo  noi  e  tuto  quel 
che  possiamo  in  gloria  de  vostra  excellentia.  Data  lanue  die 
IlII.ta  Augusti  MdVI.to. 

Litterarum  Reg.  46,  lettera  n.  2  35. 


VII. 


Istruzione  a  Nicolò  Oderico  invialo  ambasciatore    a  Litici  XII.    — 

{Congratulaponi pel  tnatrimonio  della  principessa  Claudia  —  Relapone 
sui  moti  genovesi  e  difesa  dei  popolari  —  Invito  a  far  rientrare  i  nobili 
in  città  —  Incarichi  diversi). 

6  agosto  1 5o6. 

Philippus  de  Cleves  etc.  regius  in  Janna  Gubernator  ;  Consilium 
Antianorum  et  duodecim  Pacificatores  comunis  Janue. 

Hec  sunt  que  in  mandatis  damus  vobis  claro  iuris  utriusque 
doctori  domino  Nicolao  de  Oderico  oratori  ad  Christiani.ssimum 
Dominum  nostrum,  nostro  nomine  profecturo. 

Si  apud  hominem  ignote  virtutis  verba  facturi  essernus,  longiori 
fortasse  nobis  oratione  utendum  foret  in  his  que  prudentie  vestre 
mandaturi  sumus,  sed  quoniam  sepe  alias  experti  fuimus  inge- 
nium,  doctrinam,  fidem  ceterasgue    virtutes  vestras,  erimus  bre- 


432  Anno    l5o6 

viores  ,  et  ea  tantum  altini^emus  que  ex  necessitate  oniitti  non 
possunt. 

Causa  potissima  vestre  legationis  est,  ut  Christianissimum 
Dominum  nostrum,  de  orio^ine,  progressu  et  cxitu  eorum  mo- 
tuum  qui  nuper  in  civitate  nostra  excitati  fuerunt,  reddamus 
cumulatissime  verissimcque  certiorem,  sed  ante  omnia,  hoc  est 
prius  quod  ad  novitatum  explanationem  descendatis,  volumus 
ut  cum  ad  reofium  conspectum  deveneritis,  redditis  primum  illius 
Maiestati  litteris  nostris  ere  lentialibus,  factoque  parte  nostra  et 
totius  civitatis  debite  ac  humillime  commendalionis  officio,  ape- 
riatis  ci  leticiam  ingentem  qua  omnes  atfecti  fuimus  de  conubio 
III, me  D.  Ciaudie  unice  filie  sue  in  excellentissimum  principem 
Dominum  de  Anguilleme  ;  propter  quod  actas  fuisse  dicetis  a 
nobis  in  triduum  publicas  supplicaciones  omnipotenti  Deo,  facta- 
que  et  alia  multa  ieticic  signa,  tam  per  sonitus  campanarum 
quam  luminum  fallodiorumque  incendia,  non  modo  in  urbe  tota 
sed  etiam  in  universa  ditione  Januensi,  orantes  precantesque 
Deum  optimum  maximumque  ut  connubium  ipsum  felix  fau- 
stumque  faciat  ad  votum  regie  Maiestatis,  honorem  et  gloriam 
sacratissimc  corone  Francie,  pacem  et  tranquillitatem  regni, 
commodumque  et  beneficium  omnium  populorum  illi  subditorum. 
Kt  quia  Christianissimus  Dominus  noster  cupere  videtur  ut  omnes 
subditi  sui  iuramentum  quoddam  subeant  prò  ipso  connubio 
conservando  ,  si  forte  id  ipsum  a  vobis  nostro  nomine,  require- 
retur,  sumus  contenti  promissioneni  faciatis  cum  iuramento  de 
manutenendo  toto  posse  nostro  dictum  matrimoniun  seu  sponsalia 
et  propter  hoc  exponere  bona  et  corpora. 

Cum  autem  in  hac  parte  gratulationis  et  promissionis  predicte 
satisfeceritis,  volumus  descendatis  ad  causam  propter  quam  pre- 
cipue missus  estis,  et  in  primis  exponetis  regie  Maiestati  ori- 
ginem  tumultus  et  novitatis  secute  in  hac  civitate  fuisse  :  quod 
cum  mens:!  us  superioribus  non  solum  juvenes  t[uidam  ex  po- 
pulo  a  diversi s  nobiUbus  vario  tempore  varijs   percussionibus  et 


Documenti  433 

contùmelijs  affecti  fuissent,  sed  etiam  tentate  in  egregias  mu- 
lieres  ex  populo  violationes  essent  per  duos  nobiles,  quorum 
unus,  paulo  post  tentatum  huiusmoii  violationis  facinus,  civem 
etiam  quendam  populaiem,  urbe  media,  clara  luce,  quatuor 
acerbissimis  vulneribus  percussit,  et  misso  a  pretore  militi  ut 
executionem  in  ipsius  delinquentis  domum  faceret,  minatum  ab 
alijs  nobilibus  fuisset  ac  responsum  non  debere  militem  domus 
nobilium  ingredi,  quod  si  faceret  male  sibi  consultum  foret,  et 
in  dies  magis  ac  magis  insolentie  crescerent,  suspictio  maioris 
mali  simul  et  indignatio  subire  popularium  animos  incepit,  nec 
illorum  modo  quibus  illata  esset  iniuria,  sed  aliorum  etiam  qui 
has  nobilium  insolentias  ad  totius  populi  contumeliam  referebant  ; 
ex  eo  secutum  est  quod  XX"  e  die  Junij  predicti  factis  in  platea 
Bancorum  nonnuUis  verbis  contentiosis  inter  quendam  popularem 
et  quendam  nobilem,  accedentibusque  multis  ut  sit  ad  partium 
favorem  ,  adeo  bine  inde  furor  exarsit,  ut  evaginatis  gladiis  qui- 
busdam,  paulum  abfuerit  quin  magnum  aliquod  scandalum  suces- 
serit;  sed  viri  boni  et  graves  hec  moleste  ferentes,  ad  Palatium 
profecti,  multa  coram  officialibus  regijs  atque  senatu  de  inso- 
lentijs  juvenum  conquesti  fuerunt,  et  statuta  exilj  pena,  tam  eis 
qui  iniuriam  fecerant,  quam  ceteris  qui  postmodum  deliquissent, 
credi tum  fuit  omnes  esse  quieturos,  sed  non  multos  post  dies, 
cum  alius  quidam  nobilis  hominem  ex  propinquo  rure  in  foro 
vendentem,  pugno  percussisset,  et  quidam  ratione  propinquitatis 
in  auxilium  percussi  venisset,  rixa  quedam  facta  est,  tamen 
sine  uUo  sanguine  aut  damno  cuiuscumque,  et  cum  de  punitione 
commissi  criminis  ageretur,  iamque  plebis  animi  tumescerent  odio 
et  indignatione  ,  tandem  XVIIIJ'^  Julija  die  resipsa  prorupit.  Nani 
minimi  quidam  ex  ipsa  plebe,  abiecta  patientia,  et  furoris  calore 
incensi,  sumptis  armis,  per  civitatem  discurrere  ceperunt;  qui  ut 
in  magno  populo  accidere  solet,  adeo  brevis  spacio  crevere  ({uod 
in  multis  partibus  civitatis  arma  senciebantur.  In  eo  autem 
inipetu  atque  furore  nobilis  unus  Vescontes  Auria  infeliciter  occisus 


434  Anno     l5o6 

est,  et  pauci  quidam  vulnerati.  Qua  perturbatione  visa,  cives 
omnes  boni  merito  contristati  luerunt  et  sedare  tumultum  quoad 
potuere  conati  sunt ,  stalimque  ad  palatium  profecti  et  consuita- 
tione  habita  simui  cum  Illustr  ssimo  domino  Locumtenente,  qui 
strenue  ac  prudenter  in  co  sicut  in  rebus  ceteris  se  gcssit,  dimissis 
in  platea  palati]  militibus  suis,  uni^ersam  urbem  sine  armis  circum 
iverunt  hortando  simul  et  iubendo  quod  arma  deponerentur.  In 
quo  quidem,  sicut  ipse  Illu.  dominus  Locumtenens  testis  est,  ma- 
gna obedientia  maximaquedcvolio  fides  et  revcrentia  erga  Christia- 
nissimum  Dominum  n  istrum  et  eius  fel!cissimum  statum  cognita 
et  inventa  fuit.  Semper  enim  Francie  nomen  ab  omnibus  et 
ubique  acclamatum  est,  nec  ulla  alia  vox  buie  nomini  contraria 
unquam  audita  fuit.  Verum,  ita  furente  iam  prope  universa  plebe 
contra  nobilitate m  et  petente  reformari  particionem  offìciorum 
civilium  in  quibus  se  male  tractari  dicebat,  co  quod  nobiles  me- 
dietatem  illorum  habentes,  universum  populum  sibi  subiectum 
faciebant,  I!lu.  dominus  Locumtenens  respondit  se  libentcr  esse 
facturum  quod  iusticie  conveniret  ;  qua  responsione  plebs  ipsa 
minime  contenta,  acrius  instabat  ut  requisitioni  sue  annuere  vellet  : 
q^ii  tandem,  ad  exstinguendum  tumultum  ,  poUicitus  fuit  se  die 
sequenti  eam  offìciorum  reformationem  per  generale  consilium 
esse  facturum.  At  cum  nox  superveniret  reparari  tantum  non 
potuit  quin  alique  prede  in  domibus  nobilium  ea  nocte  facte  sint, 
que  tamen  non  multe  fuerunt.  Posterà  die,  convocato  per  Jllu. 
dominum  Locumtenentem  generali  Consilio  omnium  colorum,  et 
proposito  themate  sub  ea  conclusione  quod  officia  civilia  de  estero 
conferri  deberent  prò  tercio  nobilibus,  mercatoribus,  et  artifkibus, 
sicut  civitas  hec  per  ipsos  tres  ordines  distinguitur  ,  auditisque 
pluribus  civibus  iussis  suam  sentenliam  et  opinionem  dicere , 
demum  sancitum  et  deliberatum  fuit  ut  ipsa  officia,  tripartito  modo 
preJicto,  de  cetero  conferanur.  Quibus  omnibus  per  vos  Maiestati 
regie  sic  expositis,  poteritis  tanquam  ex  vobis  dicere  quod  licet 
ea  deliberatio  videatur  originaliter  processisse  a  flucluatione  minute 
et     infime     plebis  ;  tamen    si     recte     diligenterque  considcrctur, 


Documenti  435 

apparebit  honestatem  et  utilitatem  in  se  haberc  ex  tribus 
precipue  rationibus  ,  prima  quia  numerps  popularium  quibus 
duo  tertij  dantur ,  multo  maior  est  quam  sunt  duo  tertij 
omnium  reliquorum  civium  ipsius  civitatis,  et  prò  ea  rata  non 
solum  confert  beneficia  et  alias  utilitates  ipsi  civitati  et  onera 
substinet  sed  etiam  prò  maiori;  alia  ratio  est  quia  iusticia  magis 
eque  administrabitur,  que  res  non  est  parvi  momenti,  nam  cum 
ipsi  nobiles  pauci  numero  sint,  erat  eis  facile  habere  inter  se 
unionem  et  intelligentiam,  proul  semper  et  cum  effectu  habuerunt, 
adeo  quod  nemo  licet  iusticiam  haberet  illam  consequi  poterat,  nisi 
prò  ipsorum  arbitrio,  quia  habentes  ipsi  medietatem  vocum  in 
officijs,  aut  obtinebant  quicquid  volebant,  aut  obviabant.  adeo 
quod,  non  solum  in  huiusmodi  causis  civilem  iusticiam  concernen- 
tibus,  sed  etiam  In  ceteris  omnibus,  reliquos  subiectos  tenebant  ; 
presertim  quod  sicut  sors  permittit  prò  rata  numeri  eorum  opu- 
lentiores  ac  ditiores  ceteris  sunt,  que  divitie  addunt  etiam  ipsis 
favorem  et  superiorem  gradum,  ita  quod  licet  modo  habere 
debeant  in  dictis  officijs  solum  tertiam  partem,  exlimari  tamen 
potest  quod  semper  erunt  in  ipsis  officijs  prò  rata  diete  partis 
ceteris  omnibus  eminentiores  et  favorabiliores;  tertia  vero  ratio 
est  quod  per  longissimum  tempus  civitas  Janue  a  populaiibus 
tantum  gubernata  fuit  et  nunquam  ab  ipsis  nobilibus.  Possent  for- 
sitan  alie  rationes  adduci  in  hoc  propositum,  sed  tres  suprascripte 
non  minoris  importantie  quam  honestatis  et  equitatis  esse  viden- 
tur  :  que  ut  diximus  studebitis  quod  appareant  a  vobis  exisse,  et 
non  aliquo  iussu  prolate  :  dicere  tamen  poterilis  rationes  ipsas  in 
civitate  tota  satis  esse  notorias  ac  vulgatas,  et  ob  eas  consilium 
supradictum  ita  fuisse  conclusum  et  obtentum,  non  minus  quam 
prò  satisfactione  plebis  commote ,  quoniam  de  ipsa  commotione 
plebis  cives  omnes  boni,  tam  mercatores  quam  artifices,  plun'mum 
afque  plurimum  doluerunt,  qui  iusticiam  suam  in  dictis  officijs 
per  talem  viam  nullo  modo  experiri  voluissent ,  quin  polius 
si  aliciuam  de  sublevatione  armorum  noticiam  habuissent,  illis 
maluisset     subcumbere    et  in  subiectione    qua    erant  permanere, 


436  Anno  l5o6 

quam  simili  via  armorum  aut  quavis  alia  preter  quam  civili  pro- 
cedere. Fuit,  ut  credi  potest,  volunlas  Dei,  quod  sic  res  ipsa  tran- 
sierit  :  licei  si  de  novo  transire  deberet,  nun(iuam  profecto  ex  Con- 
silio nostro  fieri  permitteretur.  Verum  tamen  in  his  malis  ununn 
bonum  contigit  civibus  ipsis  quibus  res  predicte  molestissime  fue- 
runt ,  quod  etsi  satis  bene  cognoscerentur  animi  omnium  in  af- 
fectum  et  devotionem  regie  Maicstatis,  tamen  que  in  ipsis  animis 
abscondita  et  obstrusa  erant,  nunc  omnibus  apertissime  patefacta 
sunt.  Ideo  quantum  diximus  affirmabitis  quod  nullo  casu,  nullo  tem^- 
pore,  et  in  nulla  persona  cuiusvis  conditionis,  magne,  mediocris.  aut 
minime,  ac  in  tanto  motu  tantaque  liberiate  loquendi,  aliud  quic- 
quam  visam,  dictum,  ostensum,  vel  auditum  est,  nisi  omnes  gene- 
raliler  uno  ore,  corde,  et  opere  inclinatissimos  esse  ad  servandam 
Christianissimo  Regi  Domino  nostro  fidem  quam  prestitimus  et  eius 
Maicstati  in  quibuscunque  rebus  promptis  animis  obsequendum. 
Que  res,  sicut  nus  in  tanta  mesticia  recreat ,  et  Maiestatis  eius 
turbationem,  quam  de  motibus  huius  sue  civitatis  suscepisse  cre- 
dimus,  eripere  aut  mitigare  debebit.  Cui  Maiestati  regie  etiam  su- 
biungetis  quemadmodum,  diebus  aliquot  post  exactas  commo- 
tiones,  opifices  omnes  civitatis  se  se  iureiurando  astrinserunt  et 
magnis  promissionibus  obligaverunt  quod  si  Capellacij  cuiusvis  ge- 
neris, ipsorum  quemquam  tentarent  aut  ad  aliud  requirerent,  con- 
stantissimi  semper  erunt  et  fidelissimi  erga  regiam  maiestatcm  et 
eius  felicissimum  statum  ac  prò  eo  bona  qaecumiuc  et  tllios  ac 
vitam  ipsam  exponere  parati  erunt.  Referetis  deinde  quod  pe^ 
ractis  omnibus  supradictis,  civitas  universa  pacata  erat  et  omnia 
ad  quietem  reducta  ;  verum,  die  sequenti,  dum  reformandis  rebus 
intenderetur,  rumor  quidam  repente  subortus  est,  qui  tamen  ve- 
rus  non  fuit,  accumular!  scilicet  magnum  hominum  numerum  in 
edibus  Magn.ci  domini  Ioannis  Ludovici  Flisci  apud  Jnviohitam, 
et  vulgari  iactarique  suspictionem  de  Capellacijs  ;  plebs  ipsa,  na- 
tura mobilis  et  credula,  arreptis  statini  armis,  non  considerala  su- 
spictionis  falsitate,  sed  ruentibus  omnibus  clamantibusque  una  voce 
vivat  Rex  et  moriantur  Capellacij,  tendere  ad  Inviolatam  et  rursus 


Documenti  487 

per  urbem  discurrere  ccpil:  coque  furore,  cum  banniti  quidam  et 
facinorosi  iiomines  ad  nuncium  prime  novitat  s  urbem  ingressi 
fuissenl  ,  mixti  inter  armatam  plebem  ac  prede  cupidi,  impetum 
fecorunt  in  domum  cuiusdam  nobilis,  ex  qua  diversa  abstulerunt, 
licet  eliam  per  viros  bonos  qui  ad  obstandum  se  opposueranl 
plurima  servata  fuerint,  multaque  deinde,  civium  opera,  recuperata 
atque  restituta,  adeo  quod  in  parva  summa  damnum  illius  domus 
remanebit.  Dicetis  insuper  quod,  studio  ac  diligentia  Illu.  domini. 
Locumtenentis  ac  civium  opera  et  virtute,  antequam  nox  super- 
venisset,  aima  deposila  sunt ,  et  udliibitis  per  civitatem  custodijs 
nox  reliqua  sine  ullo  scandalo  transacta  est.  Magnificus  dominus 
Joanncs  Ludovicus,  nuUis  omnino  tentatis  viribus,  sed,  ut  est  vi 
prudfns,  cons'ìium  prò  tempore  capiens,  urbe  secessit,  primo  ad 
quartum  lapidem,  deinde  ad  castrum  Montobij  se  contulit.  Ab  eo 
tempore  cilra,  quictam  seni  per  civitatem  fuisse  et  nunc  quoque 
Dei  gratia  esse;  factas  etiam  provisiones  opportunas  et  assidue 
fieri  tam  per  Illu.  dominum  Locuntenentem  ([uam  per  nos  ipsos, 
ut  omncs  quiete  ac  pacifice  vivere  possint;  Bancos  apertos  esse; 
iura  a  Magistratibus  reddi;  et  omnia  ad  naturam  suam  redivisse: 
datam  insuper  esse  formam  inveniendarum  rerum,  que  in  armo- 
rum  tumultu  depredate  fuerunt,  quarum  iam  pars  magna  reperta 
est:  nuUam  denique  omitti  diligentiam  quin  res  civitatis  ex  omni 
parte  com[)onantur.  Verum  superest,  ad  firmandam  quietem  civi- 
tatis, ut  Christianissimo  Domino  nostro  supplicetis  mandare  velit 
oflìrialibus  suis  in  bis  partibus,  quod  si  quis  aliquid  tentarci  aut 
molirctur  contra  pacem  et  quietem  ipsius  civitatis,  velint  eis  aucto- 
ritate  regia  obviare  persuadereque  ut  quisque  in  patriam  redeat 
et  pacifice  vivat,  nec  occasionem  aliquam  scandali  prebeat;  quia, 
sic  faciendo,  nulli  dubium  esse  potest  quod  civitas  deinceps  quie- 
tura  sit  et  omnes  sua  peragere  negocia  pacifice  poterunt.  Cum 
autem  hec  omnia  Christianiss'mo  domino  nostro  exposaeritis , 
dicetis  nos  arbitrari  Maiestatem  suam  prò  bis  non  mediocrem  mo- 
Icstiani  suscepisse,  quoniam  scimus  ab  ea  nos  et  hanc  suam  civi- 
tatem pccu'iaritcr  amari,  et  tamen  quin  nihil  omnino  in  hac  tur- 

29 


438  Anno   l5oó 

batlone  rerum  honori  regio  derogatum  sit,  ut  superius  dictum 
est,  quin  potius  multo  magis  perspccta  et  cognita  fuit  omnium 
fides  ac  devotio  erga  statum  Maieslatis  sue  Christianissime;  sup- 
plicabitis  nostro  nomine  ut  be.iignitas  eius,  omni  deposita  amari- 
tudine, quam  de  motibus  ipsis  suscepisset,  dignetur  beo  que  gesta 
sunt  eque  regioque  animo  accipefe,  sibique  certo  persuadere  per 
ea  statum  huius  sue  civitatis  nulla  ex  parte  imbeciliorem  aut  in- 
firmiorem  reddi,  sed  stabiliorem  potius  firmioremque  futurum,  et 
nos  ita  pronos  ac  promptos  esse  ac  semper  fore  in  omne  decus 
obsequium  et  gloriam  Maiestatis  sue,  ut  omnes  facultates  ac  vires 
nostras,  filios  quoque  et  vitam,  prò  conservanda  fide  quam  illi  pre- 
stitimus  conservandoque  statu  suo  felicissimo,  effundere  parati 
simus.  Si  vero  Christianissimus  Dominus  noster  vobis  diceret,  velie 
se  ut  hec  melius  et  maturius  cognoscantur  aut  in  regia  curia  aut 
in  hac  sua  civitate,  et  quod  super  iuribus  partium  iudicium  fìat, 
poteritis  respondere  equum  esse  ac  debitum  ut  ab  omnibus  volun- 
tati  sue  acquiescatur ,  nosque  paratos  esse  iussis  Maiestatis  eius 
obtemperare.  Deinde  statim  nos  certiores  facietis  per  litteras  ve- 
stras  de  omnibus,  utsecunduin  exigentiam  rerum  consulere  valea- 
mus,  quod  a  nobis  faciendum  sit  ;  et  presertim  si  Maiestas  sua 
diceret  velie  ut  hec  in  curia  cognoscerentur,  et  sub  quibus  modis 
et  formis,  ut  rebus  nostris  consilium  et  remedium  adhibere  pos- 
simus,  et  si  vcUet  ea  in  partibus  ipsis  cognosci,  nobis  etiam  deno- 
tabitis  sub  quibus  modis  et  formis  hoc  facere  decreverit, 

Scitis  elegisse  nos  alium  oratorem,  egregium  Bartholomeum  de 
Ceva  ad  lilustrissimum  Dominum  Ravasteni  Gubernatorem  no- 
strum, qui  absens  erat  a  regia  Curia.  Verum,  quia  fieri  posset  ut 
ante  vestrum  illuc  appulsum  in  curiam  redivisset,  volumus  vobis- 
que  iubemus  ut  si  excellentiam  suam  in  curia  reperietis,  quod 
illam  ante  omnes  adeatis,  et  redditis  ei  Utteris  quas  vobis  ad  eam 
dedimus,  omnia  comunicetis  ac  ductu  et  Consilio  Domine  sue  JUu- 
strissime  peragatis,  instando  rogandoque  plurimum  ut  res  nostras, 
ea  protectione  suscipiat  ac  tueatur  quemadmodum  ingens  devotio 


Documenti  489 

et  obscrvantia  erga  se  nostra  meretur  ,  et  eam  prò  sua  in  nos 
benivolentia  facturam  speramus. 

Volumus  insuper  quod  adeatis  Reverendissimum  Dominum 
Icgatum,  et  illi  quoque,  redditis  litteris  nostris,  aperiatis  que  vobis 
iniunximus  Christianissimo  Domino  nostro  referenda,  rogetisque 
ut  vos  suo  prudentissimo  Consilio  dirigat,  rebus  nostris  faveat  et 
assista! ,  expeditionemque  vestram  prò  sua  benignitate  et  prò  ut 
nos  optamus  accoleret  ,  offerendo  nos  et  nostra  quecunque  in 
omnem  amplitudinem  et  dignitatem  sue  D.  Reverendissime  semper 
esse  paratissima. 

Quia,  sicut  omnibus  notum  est,  ita  semper  se  habuit  Illu.  do- 
minus  Locumtcnens  noster,  in  administratione  hic  sua.  quod  ab 
omnibus  iure  merito  laudari  potest,  idque  maxime  ostendit  in  hac 
civifatis  novitate,  in  qua  dici  non  potest  quanta  prudentia  magna- 
nimitate  industria  et  equitale  ac  modestia  cum  omnibus  usus  sit. 
nihil  enim  videtur  aliud  agere  aut  cogitare,  quam  quomodo  glorie 
Cbristianissimi  Regis  inservire  possit  et  patrie  nostre  benefacere 
prò  (juo  volumus  ut  regie  Maiestati  ac  etiam  lUu.mo  Domino 
Ravasteni.  nostro  nomine  gratias  agatis  quod  hunc  rectorem  nobis 
dederint,  cuius  virtutes  ac  laudes  ita  perspicue  sunt,  ut  ubique  et 
ab  omnibus  predicari  mereantur. 

Nola  vobis  est  interceptio  navis  venete  non  longe  a  Cipro  ; 
notissimus  eius  prede  auctor  Joannes  Bapta  Pallavicinus  et  vobis 
ac  ceteris  civibus  satis  constat  quam.  fuerit  preda  ipsa  omnibus 
molesta  ,  ad  quam  recuperandam,  ad  primum  cius  rei  nuncium, 
adversus  ipsum  Jo.  Baptam  naves  sponte  nostra  instructe  sunt, 
et  cum  primo,  adversantibus  ventis,  illum  assequi  non  potuerint, 
iterum  novam  classem  contra  ilium  immissimus,  per  quam,  dimissa 
nave  cum  maiore  parte  prede,  ipse  cum  navi  sua  arripuit  fugam, 
et  veneta  navis  in  portum  revccta  est.  Intcrea,  post  rem  per  nos 
gestam  ,  scripsit  Rex  prò  sua  cum  Venetis  amicicia  ac  vinculo 
etiam  federis,  omni  conatu  curaremus  preda  recuperare  ac  Venetis 
rcstituere,  et  tamcn  quamquam  per  nos  acta  omnia  sint  que  dixi- 
mus  et  prò  amicis  venetis  ea  egerimus  que  prò  nobis  ipsis  maiore 


440  x\nno   l5o6 

conatu  atque  impensa  facere  non  potuissemus,  tamen  Veneti  ipsi 
bona  nostrorum  antea  inlerdicta  in  terris  suis  hactenus  non  libera- 
veruni  nec  desistimus  intcrea  in  recuperationem  reliquarum  mer-. 
cium,  que  ex  nave  ipsa  veneta  exonuste  fuerant,  laborare  prò  vi- 
ribus.  Ex  quo  Maiestatem  suam  orare  poteritis,  curet  cum  legato 
veneto  ita  scribat  IIlu."'°  Duci  suo,  ne  liberationem  ultra  bonorum 
nostrorum  differat  et  meritum  nostrum  manifesta  gratitudine  re- 
compenset.  Dabitisque  insuper  operam  ut  ipse  quoque  Rex  quam 
efficaciter  poterit  in  eam  sententiam  Venetis  scribat. 

Reliquum  est  ut  nos  de  omnibus  rebus  faciatis  assidue  dili- 
genterque  certiores,  nec  ex  ea  curia  discedetis,  donec  aliud  vobis 
per  nos  fuerit  iniunctum,  super  omnia  accelerate  iter  vestrum  ad 
Regem  quantum  per  vos  fieri  possit,  quem  comitetur  Dominus. 
Datum  Janue  die  VL^  Augusti  M.   D.   sexto. 

Istruzioni  e  relazioni  politiche  n.  gen.  2707  C,  anni   i  5oo  in  i5  58. 

Vili. 

Privilegio  ai  borghi  di  S.   Stefano  e  di  S.  Tomaso  di  avere  in  per- 
petuo due  rappresentanti  in  ogni  ele:^ione  di  senatori. 
Genova^  6    settembre  1 5 06. 

Privilegium  prò  burgo  S,  Stephani  et  S.  Thome. 

Philippus  de  Cleves  Ravasteni  Dominus  etc  et  Consilium  An- 
tianorum  etc,  Considerantes  burgum  Sancti  Stephani  et  eius  circum- 
stantias,  nec  non  burgum  sancti  Thome  et  eius  quoque  circumstan- 
tias  esse  duas  potissimas  partes  populi  civitatis  et  in  turbinibus  ac 
armorum  motibus  ita  civitatem  preteritis  seculis  et  nuper  prote- 
xisse  ,  ut  apud  omnes  ingentem  laudem  et  gloriam  acquisiverint 
et  merito  digni  censeantur  ,  ut  qui  onera  reipublice  toUerarunt, 
eiusque  fideles  naute  in  ipsis  fluctibus  et  proceUis  inventi  sunt , 
speciale  privilegium  habeant,  ut  duo  ex  dictis  burgis  in  qua- 
cumque  creatione  senatorie  dignilatis  aggregentur,  idcirco,  re 
mature  examinata,  et  omni  iure,  via,  modo,  et  forma  quibus  melius 


Documenti  44 1 

potueruut  et  possunt ,  hoc  solemni  decreto  perpetuis  temporibus 
valiluro  in  testimonium  et  fidem  tanti  accepti  beneficii,  sanxe- 
runt  et  dccreverunt,  sanciunt  et  dccernunt  quod  de  cetero  in 
creatione  quacumque  senatus  futura  éligantur  duo ,  unus  scilicct 
ex  burjTQ  sancti  Stephani  sivc  ex  circumstantiis  suis  et  alter  ex 
buro^.j  sa.icti  Thome  si  ve  ex  suis  circumstantiis. 

Diversorum  Cancelleriae,  Reg.  171. 

IX. 

Invito  ai  relicioai  di  Genova  di  pregare  per  la  pace  della  città. 
Genova,  6  settembre  1 5 06 

Philippus  de  Cleves,  Ravasteni  dominus,  Regius  admiratus  et 
genuensis  gubernator  et  consilium  Antianorum  comunis  Genue, 
quibusque  religiosis  utriusque  sexus,  ad  quos  he  nostre  exhibite 
fuerint.  silutem.  In  quantis  verscmur  turbinibus  vobis  notum  esse 
crcdimus,  quantum  misericordia  domini  nostri  lesu  Christi  hacte- 
nus  super  nos  fuerit  et  non  nostra  peccata  sed  suam  respiciens 
infinitam  pictatem  piis  oculis  patriam  nostram  aspexerit,  et  vos 
scitis  et  civitas  sensit.  Qua  in  re,  preccs  vcstras  nos  maxime  iu- 
visse  credimus  ;  de  quo  eius  Maiestati  gratias  agimus.  Itaque,  ut 
tempestas  cito  cesset  et  tranquillitas  cito  redeat,  orate  benignita- 
tem  eiusdem  domini  nostri  lesu  Christi,  ut  nobis,  civitatique  et 
genuensibus  omnibus  propicius  esse  velit,  et  nos  ad  facienJum 
que  eius  voluntati  placita  sunt,  dirigere  dignetur.  Cui  sit  honor 
laus  et  gloria  per  omnia  et  infinita  secula. 

Data  Genue,  die  VI  septembris  MD  sexto.  Raphael. 

Ego  frater  Thcophylus  Justinianus  prior  Castelli,  parte  omnium 
fratrum,  promitto  nos  effecturos  ut  supra  per  Dominationes  vcstras 
suplicatur,  licet  continue  preces  assiJuas  et  sine  intermissione  ad 
Deum  et  sanctos    èffundamus  et  precipue  ad  Beatàm  Virginem. 

Ego  Magister  Augustinus  de  Gentilibùs,  vicarius  conventus 
S.  Dominici,  parte  et  nomine  omnium  fratrum    dicti    conventus, 


442  Anno    l5o6 

offero  et  promitto  omnia  et  singula  suprascripla  obsorvare 
quamvis  circa  eadem  semper  fuerimus  de  preterito  juxta 
humanam  possibilitatem  inlenti  et  soliciti,  etc. 

Ego  frater  Antonius,  prior  ordinis  carceratorum  conventus 
Genue,  una  cum  toto  conventu,  offero  me  ad  prcdictam  oratoriam. 

Ego  Magister  Paulus  Gavotus,  prior  Sancii  Augustini,  una 
cum  toto  conventu  offero  ut  supra. 

Ego  frater  Guilielmus  de  Alesandria,  fratrum  scrvorum  vicarius 
indignus,  conventus  nostri  lanuensis. 

Ego  frater  Laurencius    de    Spirito,  ordinis    minorum    obs^r- 
vantie  ac  loci  Anunciate  Guardianus  ,  prò  inclita  civitate    preccs 
fundimus    omnipotenti    Deo,     prò    pace    et    immunitate  prefacte 
civitatis  et  sic  promitto  me  et  fratres  meos  perseverare  et  non  de- 
fìcere  donec  a  domino  sit  reddita  tranquillitas. 

Similiter  ego  frater  Bernardinus  eiusdem  ordinis  et  Guar- 
dianus Sante  Marie  de  Monle  et  omnes  fratres  mei  rogavimus  et 
non  deficiemus. 

Ego  frater  Bernardinus,  ordinis  minorum  Sancte  Marie  Pacis 
guardianus  indignus,  offero  et  promitto  omnia  suprascripla. 

Ego  frater  Seraphinus  Justinianus,  vicarius  generalis  Sancte 
Marie  de  Consolatione,  licei  semper  insitamus  (sic)  aput  salva- 
toris  clemenliam  apulque  eius  misericordiam.  llcrum  promitto 
eliam  nomine  omnium  fratrum  non  defìcere  sed  semper  in  oracio- 
nibus  perseverare.   ^ 

Sor  Magdalena  priora  indegna  de  lo  monaslerio  de  Madona 
de  gralia,  cum  recomendacione. 

Silvestra nostras  orationes  fundere  prò  causis 

suprascriptis. 

Sor  Katerina,  abbalessa  de  lo  monaslerio  de  Santa  Brigida, 
cum   le  nostre  sore,  faremo  oratione  secundo  che  he  sopra  scrito. 

Sor  Catarina  ministra  de  Franchi  de  S.  Marta  promito  ut  supra. 

Ego  frater  Albertus  guardianus  Sancii  Francisci  de  A] bario 
ordinis  minorum  offero  me  in  omnibus  mandatis  v^^stris  semper 
paratissimus  obedire.    . 


Documenti  448 

Sor  Silvestra  de  Marcho,  priora  de  le  povere  done  de    sanato 
Silvestro. 

Sor  Geronima,  priora  indegna  dolo  monasterio  de  Io  corpus 
domini  de  Sanato  Silvestro  offero  et  promito  omnia  suprascripta. 

Sor  Colunbina  Italiana,  priora  indegna  del  Monasteri©  di  San- 
ato Sebastiano. 

Sor  Angeleta,  priora  indegna  de  lo  Monasterio  de  Sanato  Jacobo 
et  Philipo  offero  et  proaiito  omnia  suprascripta. 

Sor  Maria    Magdalena  Spi  nula,    abbadissa    de    Sanato    Paulo 
de  Janua  me  offero  et  afìrmo  omnia  suprascripta. 
Diversorum  Gommunis  lanue  Filza  63. 


X. 


Lettera  a  Nicolò  Oderico,  ambasciatore  alla  corte  di  Francia,  con  ac- 
cenni agli  uìtimi  avvenimenti  di  Genova  ed  istni:(ioni  in  proposito. 

Genova,  9  settembre    i5o6. 

Philippus  età.  Consilium  et  officium  Balie  excelsi  Communis 
lanue,  Illustri  viro  Domino  Nicolao  de  Oderico  insigni  oratori 
nostro  apud  RegemChristianissimum. 

Spectate  et  insignis  orator  noster  carissime,  poi  la  partenza 
vostra  da  noi,  prima  habiamo  havuto  lettere  da  Lione,  e  in  apresso, 
avanti  hieri,  un  altri  da  Bles  scripta  a  dì  primo  de  questo,  e  poi 
hieri  un  altra  pur  scripta  al  di  primo,  bem  che  habiamo  com- 
preso sia  stata  scripta  a  dì  dui.  Per  la  prima  s'  è  inteso  ci  fungere 
vostro  in  corte,  e  le  visitacione  facte  a  quelli  Signori  chi  hano 
cura  de  le  expedictione.  Pv-T  la  seconda  siamo  facti  certi  de  la 
audientia  grata  a  voi  data  per  la  Maestà  del  Re  in  longo  spacio 
e  cum  bona  ciera  e  ricolta,  e  tuto  sta  bene.  Da  noi  non  vi  è  stato 
scripto  ancora  si  non  una  fiata,  expectando  prima  lettere  da  voi 
e  ancora  per  poterne  più  ampiamente  e  più  al  certo  darve  aviso 
de  le  cosse  soghuite  e  ordinarvi  quel  che  sopra  quelle  a  noi  oc- 


444  Anno  l5o6 

curresse.  El  che  se  farà  al  presente  e  in  vulgare,  a  ciò  che  ancora 
voi,  per  più  commodità  de  ogniuno,  ne  respondiate  in   \u!gare. 

E  per  esser  più  brievi,  ve  mandiamo  inclusa  la  copia  de  la 
lettera  scripta  per  noi  a  la  Maestà  del  Re,  per  la  quale  non  so- 
lamenti  intendereti  tuto  el  seghuito.  ma  etiam  quel  che  da  sua 
Maestà  desideriamo  ne  sia  consentito,  quale,  mediante  lo  ingenio 
e  industria  v:)stra,  non  dubitamo  poter  impetrare. 

E  prima  a  voi  è  noto  el  desiderio  grande  de  tuta  la  cita  havuto 
de  la  venuta  de  Monsignore  Illustrissimo  nostro  Gubernatore,  spe- 
rando che  in  la  iuncta  sua,  sia  per  la  auctorità,  sia  per  la  bona 
disposicione,  ne  dovesse  seghuire  pacifico  generale.  E  a  questo  ef- 
fecto  a  voi  è  noto  qranto  se  siamo  studiati  honorare  sua  excellentia 
in  camino,  mandatoli  a  l'incontro  sino  di  là  da  la  Montagna  li  nostri 
oratori,  quali  semper  li  hano  facto  honorata  compagnia,  e,  non  con- 
tenti de  questo,  a  la  intiata  sua,  chi  fu  sabato  a  li  XXVIIII  del  passa- 
lo, li  fu  facto  quelli  honori  come  quasi  a  la  persona  propria  del  Re. 
E  iuncto  in  palacio,  assai  presto  ne  fece  intendere  che  voleva  el  dì 
seguente  intrassc  Monsignore  meser  Jo.  Luise  per  ricuperare  in 
qualche  parte  l'honore  suo,  e  che  non  haria  seco  ultra  fanti  CL  in 
duecento,  e  cavalli  25  o  3o.  E  benché  questo  ad  ogniuno  fusse  gran- 
dementi  molesto,  dubitando  de  quel  che  poi  è  seghuito,  nondimanco 
per  quiete  de  la  terra  non  parse  contravenire  a  la  voluntà  stia. 
Quel  che  poi  ne  sia  seghuito  lo  vedereti  per  la  copia  inclusa,  e 
bem  che  se  vedesse  manifesti  segni  ,  etiam  alcuno  de  li  nobili 
cum  le  arme  in  mano  in  violata,  e  sentendo  da  ogni  canto  la 
mala  voluntà,  quando  la  forza  fusse  riuscita,  che  tuto  non  se  ele- 
giamo  de  scrivere,  nondimanco  fu  grande  difficultà  a  removerlo 
de  violata,  non  volendo  H  populf,  e  specialmenti  li  minuti,  a  modo 
alcuno  sufFerire  restare  expositi  a  sì  manifesto  et  extremo  periculo. 
E  raduto  al  tandem  a  Quarto,  e  quivi  accampato,  se  vide  che  per 
questo  non  se  mancava  de  crescere  de  gente  e  de  andare  apresso 
al  cominciato  proposito.  E  se  fece  de  novo  instantia  a  Monsignore 
che  lo  facesse  retirare  a  Montobio,  o  al  paese  suo.  El  che  con- 
sentito, e  vedendose  venire  grande  furia  de  gente  a  le  spale,  se 


Documenti  445 

rcdussi  avanti  hieri  a  Rapallo,  perseghuito  de  innumerabile  gente 
cum  le  arme  sino  a  Recho.  K  per  li  ad  visi  de  beri  ad  bore  XXII, 
se  era  reduto  a  Fontanabona,  largo  miglia  cinque  da  Rapallo.  In 
questo  mczo,  sabato  a  di  V  de  questo,  de  bona  voluntà  e  con- 
sentimento de  Monsignor  el  Gubernatore,  s'è  facto  li  novi  Antiani 
juxta  la  ultima  reformacione.  E  ultra  de  questo,  per  quelle 
prorogatione  de  la  iurisdictione  de  li  precedenti  Antiani  e  pacifica- 
tori e  per  altri  necessari]  rcspecd,  per  generale  conseglio  avanti 
bieri  facto  in  claustro  Castelli,  e  stato  ratificato  tute  le  proroga- 
cione  et  electione  facte  et  omnia  gesta  per  li  sopradicti  magistrati, 
presente  Monsignore  el  locumtenente  e  consentiente.  E  percbc, 
corno  in  la  copia  inclusa  se  dice,  in  questo  ultimo  levare  de  le  ar- 
me, chi  è  stato  facto  per  li  populi  e  per  quelli  de  fori,  sia  per  cogno- 
scere  el  manifesto  periculo,  sia  per  conservacione  del  Regio  stato, 
mai  fu  veduto  una  tanta  unione  e  fermo  proposito  de  mantenere 
el  detto  stato,  come  s'è  veduto,  pier  modo  cbe  Monsignore  ci  Gu- 
bernatore, senza  arme,  cum  li  soi  famiglij  è  andato  p'^r  tuto  la 
terra,  e  a  lui  è  stato  facto  quelli  honori  che  rechiedeva  la  per- 
sona sua,  bemchè  fusse  stato  preso  de  lui  qualche  suspictione  per 
li  andamenti  de  meser  Jo.  Luise  e  nobili  cum  lui,  per  le  cause  a 
la  Regia  Maestà  declarate.  Le  cosse  sono  redutc  qui,  e  lo  nostro 
desiderio  è  che  per  la  Maestà  del  Re  sia  ratificato  per  sue  lettere 
patente,  in  forma  valida  e  auctcntica  sicondo  lo  modo  de  Francia, 
de  lo  quale  bcm  ve  informaretì,  questa  reformacione  cossi  de  li 
Antiani  come  de  li  altri  magistrati  e  la  remissione  e  perdono  facti 
per  Monsignore  ci  Gubernatore;  itcm  che  per  magior  fermeza  del 
stato  suo  e  quiete  e  tranquillità  de  la  terra  et  perchè  manche  ogni 
suspictione,  consenta  sua  Maestà  che  le  rivcre  se  uniscano  a  la 
terra  sotto  lo  imperio  del  suo  solo  Gubernatore,  del  che,  ultra  le 
grandissime  utilità,  ne  resulterà  gloria  e  honore. a  la  Regia  Maestà. 
Il  perchè  curabitia  omni  ingenio  et  industria  questo  da  sua  Maestà 
impetrare  sotto  quel  modo  che  iudicareti  esser  megliore,  quella 
supplicando  voglia  comandare  che  né  per  meser  Jo.  Luise  né  per 
li  nobili  se  facia  più  alcuna  preparativa,  né  de  gente  né  de  arme, 


44^  Anno  l5o6 

perchè,  quando  lo  facesj>ino,  siamo  certi  che  non  saria  sufferto,  e 
che  forsi  ne  poteria  seghuire  molto  più  mali  de  quel  che  sino  a 
qui  sono  seghuiti.  Se  renoverà  domenica,  a  di  XIII  de  questo,  el 
juramento  de  la  fidelità,  bem  che  non  sia  necessario  e  bem  che 
chiaramenti  Monsignor  el  Gubernatore  habia  declarato  per  questi 
movimenti  non  essersi  contravenuto  al  primo  juramento.  Nondi- 
manco,  sotto  la  condictione  scripta  a  la  Maestà  del  Re  è  parso 
bene  compiacere  a  la  excellentia  sua.  a  ciò  che  manifestamenti 
sia  cognosciuto  el  fermo  proposito  nostro  al  mantenimento  del 
Regio  stato.  E,  per  adviso  vostro,  non  s'è  potuto  retenirc  lo  im- 
peto de  popuH;  è  bisogniato,  de  bona  scientia  e  consentimento  de 
monsignore  el  gubernatore,  mandare  in  rivera  di  levante  IIIJ  com- 
missarij,  hieri  partiti  per  fare  la  executione  di  sopra  dieta.  E  perchè 
poteria  esser  che  la  Maestà  del  Re  già  ne  seria  advisata,  essendo  cosi, 
quando  sua  Maestà  ve  lo  dicesse,  li  fareti  intendere  questo  per  noi 
non  esser  stato  scripto  a  sua  Maestà  per  non  patire  el  tempo  a  po- 
tere bavere  risposta  da  li  dicti  commissarij  di  quel  che  sia  seghuito. 
Justifìcareti  questo  nostro  desiderio  de  unire  le  rivere  cum  la  cita  e 
per  le  raxone  predicte  per  )e  concessione  a  noi  facte  per  sua 
Maestà  in  li  nostri  capituli,  la  copia  de  lì  quali  vi  mandiamo  inclusa. 

Per  la  copia  alligata  de  una  lettera  a  noi  scripta  per  la  Si- 
gnoria de  Luca,  vedereti  la  loro  richiesta,  quale  vogliamo  che  cum 
quella  affecticne  che  potereti,  vi  ferete  da  la  Regia  Maestà  impe- 
trare, sotto  quello  meglior  modo  che  a  la  causa  vi  parirà  acco- 
modato. E  perchè  crediamo  detti  Signori  Luchesi  haver  chosti  el 
suo"  mantenimento,  potereti  cum  lui  questo  conferire,  per  più  ac- 
commodarvi  al  suo  desiderio. 

Monsignore  nostro  Illustrissimo  Gubernatore  manda  el  suo 
locuntenente  de  la  sua  gente  d'arme,  nominato  Monsignore  de  la 
eletta,  per  refferire  a  boca  a  la  Regia  Maestà  tuti  li  progressi 
seghuiti.  si  che  cum  lui  vi  trovareti  e  insieme  communicareti 
quel  che  vi  parirà  al  proposito,  a  ciò  che  ve  possiate  conformare 
de  quel  che  a  la  prefata  Maestà  havereti  a  riferire.  Data^Janue 
die  VllIP  scptembris  MdVI,  bora  V^  noctis. 

Politicorum  Mazzo  3,  fascicolo  43. 


Documenti  447 

XI. 

Lettera  a  Lul^i  XII  per  informarlo  dell' ingresso  del  governatore    in 
Genova  e  degli  avvenimenti    che    seguirono    e   pregarlo  di  volere 
confermare  le  riforme  concesse   dal  Ravenstein. 
Genova,  9  settembre  i5o6. 

Regi  Christianissimo  Domino  nostro. 

Sire,  quanto  più  humilementi  possiamo  a  la  bona  gratia  de  la 
Maestà  vostra  se  ricomandiamo.  Sire,  poi  queste  ultime  novità 
seghuite  in  questa  vostra  devotissima  cita,  non  habiamo  scritto 
a  la  Maestà  vostra,  per  potere  scrivere  cossa  ferma  e  certa  come 
è  semper  de  nostra  costuma,  el  che  al  presente  ne  pare  meglio 
potere  fare.  Sire,  crediamo  la  Maestà  vostra  essere  stata  advisata 
da  la  Excellentia  del  nostro  Gubernatore  de  la  expectatione  grande 
e  desiderio  che  haveva  tuta  questa  vostra  cita  de  la  venuta  sua. 
Et  in  executione  de  questo  e  per  farne  quella  dimostracione  che 
meritava  la  Excellentia  sua  ,  se  li  è  mandato  in  contra  oratori  per 
farli  reverentia  e  per  accompagniarlo  cum  quella  più  honorancia 
che  s'  è  potuto.  E  in  apresso  a  la  intrata  sua,  in  declaratione  del 
desiderio  commune  de  tuta  la  cita,  se  h  è  facto  tuti  quelli  honori 
che  a  noi  sono  stati  possibili,  non  già  tanto  quanto  meritava  sua 
Excellentia,  tenendo  el  loco  de  la  Maestà  vostra  e  per  essere  el 
personagio  quale  lui  è,  ma  quanto  la  condicione  del  tempo  à 
portato  è  intrato  in  la  cita.  El  di  seguente  parse  a  sua  Excellentia 
fare  intrare  Monsignore  meser  Jo.  Luise  bcm  che  la  venuta  sua 
al  populo  e  maxime  a  la  plebe  minuta  fusse  molto  molesta  ,  du- 
bitando che  causasse  e  suspictione  e  scandali  assai.  E  cossi  de  verso 
Bisagnio  vene  in  Violata,  acompagniato  da  nobiH  LX  in  circa  e 
fanti  ce  e  cavalli  LXXX,  bem  che  minor  compagnia  era  stato 
affìrmato  per  Monsignor  el  nostro  Gubernatore  seria  per  lui  con- 
ducta.  Juncto  che  fu  in  Violata,  e  ontinuamcnti  è  andato  crescendo 
de  nova  gente  sino  al  numero  de  fanti  DCC  ,  del  che  facto  la- 
menta a  Monsignore  el  Gubernatore  per  la  grande  murmuratione 


44'^  Anno  l5oó 

de  li  populi  e  maxime  minuti,  fu  resposo  che  non  se  dubitasse, 
clic  tute  se  faceva  de  sua  scientia.  E  nondimanco  apresso,  vedendo 
farsi  forte  de  artcgliaria  e  dare  denari  in  Violata  per  el  deto  incser 
Jo.  Luise  e  gentilhomini,  per  fare  nova  gente,  e  sentendo  le  me- 
nac'c  grande  che  facevano  li  detti  nobili  e  vedendo  a  la  scoperta 
farsi  preparative  de  fare  forza  e  violentia  contra  de  la  cita,  fu 
rechiesto  cum  instantia  a  Monsignore  che,  per  quiete  de  la  cita, 
volesse  licenz  are  ci  detto  meser  Jo.  Luise,  perchè  li  populi,  e 
maxime  minuti,  non  volevano  patire  li  venisse  forza  a  le  spalc, 
o  vero  che  a  li  dicti  populi  fnsse  dato  licentia  de  mandarlo  fori 
de  Violata  [)er  forza,  per  potere  senza  suspccto  meglio  conservare 
lo  pacifico  de  la  cita  e  el  stato  quieto  de  la  Maestà  vostra.  E  de 
poi  molte  pratiche,  al  tandem  per  sua  Excellentìa  fu  licentiato. 
K  raduto  che  fo  fori,  se  e  acampato  a  Quarto,  largo  da  la  cita 
una  legua.  E  vedendo  poi  in  lo  dicto  loco  de  Quarto  che  de  novo 
cercava  de  crescere  de  gente  per  quietare  li  grandi  movimenti  de 
li  populi,  a  li  quali  pareva  che,  essendo  cum  gente  apresso  la  cita 
e  cum  molti  de  li  nobili  adversarij  loro,  che  ad  ogni  hora  e  ad 
ogni  tempo  potesse  turbare  la  cita  ,  fu  di  novo  rechiesto  a  Mon- 
signore el  Gubernatore  eh'  el  volesse  farlo  retirare  a  le  sue  castelle. 
E  cossi,  a  presso  alcune  pratiche,  è  seghuito  avanti  hieri;  vedendose 
venire  a  le  spale  grande  numero  de  gente  cum  arme,  s'  è  ritirato 
verso  Rapallo  perseghuito  da  dicti  populi  e  caciato  e  subito  è 
reduto  la  cita  in  bona  quiete  e  tranquillità.  E  bem  che  in  tuti 
questi  tractamenti  se  sia  per  li  populi  tenuto  le  arme  in  mano, 
nondimanco  ne  in  parole,  nò  in  facti,  nò  in  alcuno  segno  mai  s'è 
demostrato  si  non  vera  forma  e  constante  devocione  verso  de  la 
Maestà  vostra  e  bona  reverentia  verso  de  la  Excellentia  del  nostro 
Gubernatore,  el  quale,  quanto  sia  stato  più  arme  in  mano  de  populi, 
è  andato  solo  per  tuta  la  terra  cum  li  soi  famigli]  e  per  tuto  li 
è  stato  facto  quella  revercncia  che  meritava  la  persona  sua,  cossi 
come  siamo  certi  deba  bavere  scripto  a  la  Maestà  vostra.  Si  che, 
cognosciuto  nnnifestamenti  la  fede  e  devocione  de  ogniuno  verso 
de  la  Maestà    /ostra,  e  intendendo  che  tuto  quel  chi  s'è  facto,  è 


Documenti  44Q 

stato  facto  per  conservacione  del  stato  de  la  Maestà  vostra  e  quiete 
de  la  cita,  è  stato  contento  che  se  facia  le  ellectione  de  novi  An- 
tiani  secondo  la  ultima  deliberatione,  e  cossi  la  confermatione  de 
tuli  li  altri  magistrati  de  la  cita  reformati,  e  in  apresso  à  facto 
generale  perdono  per  el  levare  de  le  arme  e  altre  cosse  seghuite, 
e  havendo  rechiesto  che  sia  renovato  la  fidelità  verso  de  la  Maestà 
vostra,  bem  che  ogniuno  intenda  non  esser  necessario  per  essersi 
semper  conservata,  nondimanco,  perchè  meglio  e  in  Italia  e  fori 
de  Italia  se  intenda  el  bono  animo  de  tuta  la  cita,  s'è  ordinato 
se  facia  dieta  fidelità  domenica  a  di  XIII  de  questo  mese,  cum 
questa  condicione,  che  per  diffensione  de  la  terra,  quando  supra- 
venisse  alcuna  forza,  sia  licito  prendere  le  arme  per  defcnsione 
e  offensione,  cossi  centra  nobih  conio  contra  altri  chi  volesse  tur- 
bare, e  non  se  intenda  contra  venire  al  jui  amento. 

E  perchè  in  tuto  se  possia  stare  cum  l'animo  quieto,  e  che 
de  qui  avanti  non  se  possia  dubitare  che  per  alcuno  se  possia 
turbare  la  cita,  pare  ad  ogniuno  grande  utilità  che  la  rivera  de 
levante  e  altri  lochi  de  commune  siano  reduti  tuti  al  detto  com- 
mune  sotto  la  signoria  de  Monsignore  vostro  Tiubernatore,  perchè 
governandosse  comò  è  stata  gubernata  sino  a  qui,  seria  causa  de 
vivere  semper  in  suspecto,  e  ne  seghuiria  mille  mali.  E  a  questo 
modo,  essendo  tuto  el  paese  sotto  lo  imperio  del  Gubernatore  de 
la  Maestà  vostra,  ne  seghuiria  una  grande  concordia  e  pace  e 
una  grande  gloria  a  la  Maestà  vostra,  etiam  questo  ne  à  consentito 
per  li  capituli  nostri. 

La  quale  humilementi  supplicamo,  per  sue  lettere  patente  se 
degne  confermare  questa  reformacione  de  li  offici],  e  questa  unione 
de  tuti  li  lochi  predicti  a  la  cita  e  el  perdono  facto  per  Monsignore 
Gubernatore,  a  ciò  che,  coniuncto  tuti  fi  membri  cum  el  corpo,  se 
facia  ci  corpo  più  forte  a  mantenimento  del  stato  de  la  Maestà 
vostra  ,  e  in  gloria  et  exaltacione  de  quella  e  pacifico  de  questa 
sua  cita  comò  più  amplamenti  el  nostro  Ambasciatore  referirà  a 
la  M'iestà  vostra,  quale  ringratiamo  somamenti  de  la  grata  au- 
dientia  a  lui  data,  supplicando  vostra  clementia  voglia  comandare 


45o  Anno   l5o6 

al  detto  meser  lohanne  Luise  e  a  li  nobili  a  non  fare  de  qui  avanti 
alcune  preparative  de  gente  né  de  arme,  a  ciò  che  questa  vostra 
fidelissima  e  devotissima  cita  possia  perseverare  in  bona  tranquillità, 
a  honore  de  Dio  omnipotente,  gloria  de  la  Maestà  vostra,  e  be- 
neficio de  la  dieta  vostra  cita.  Pregando  la  trinità  voglia  conser- 
vare la  vostra  Maestà  in  longa  vita  e  prosperità.  Data  lanue  die 
Villi  septembris  l5o6. 

Maiestitis  vestre,  servitores  devotissimi 
Antiani  et   officium  Balie  Comunis  Januc. 

Politicorum  Mazzo  3,  fascicolo  n.  4.Ì. 


XII. 


/  due  commissari  inviati  a  prendere  la  Spe:{ia  annnn^iauo    il    felice 
esito  dell'impresa. 

Spezia,   9  settembre  1 5 06. 

Magnificis  ac  Prestantissimis  Dominis  Officialibus  Baylie  excelsi 
communis    Janue  etc.  (Indiri:(^{0  a  tergo). 

Magnifici  ac  Prestantissimi  domini  honorandi  :  Per  un  altra 
nostra  di  hogi,  a  le  XVI  bore,  le  S.  V.  haveranno  inteso  la 
compositione  in  che  restassimo  coi  sindici.  Per  questa  avisiamo 
come  dicti  sindici  el  consiglio  et  el  vicario,  vennero  asai  presto 
e  sono  stati  molto  restiti  in  darci  1'  obedientia  ,  allegando  qual- 
che loro  periculi  cum  loro  raxoni,  benché  per  miglior  nostro 
confutate,  nondimeno  cerchavano  tempo  e  dillatione  che  erano 
contro  la  mente  nostra  per  el  periculo  che  se  persuadiamo 
de  reforzo  de  gente^  che  da  parte  s'intendeva  da  convicini  do- 
mandavano ;  dove,  per  asicurarsine,  venuto  Johane  de  Biassa 
a  proferirsi  de  prendere  la  terra  in  pacifico ,  1'  habiamo  per- 
messo e  lassatosi  da  noi  cum  diece  o  dodeci'  ha  facto  cjuesto 
effecto.  Intrato  in  la  terra  a  le  bore  XVllI  in  circa  e  tuti  quelli 
fi  erano,  senza  colpo   fugiti ,    lassate    da  alchuni    le  arme  per  la 


Documenti  45 1 

frcta,  senza  far  male  a  persona.  Poi  li  sindici  col  Consii^lio  ne 
sono  venuti  a  l'incontro  et  accettati  asai  di  bona  voglia,  tuti  in- 
sieme cridando  franza  e  viva  populo.  Visto  poi  che  importa  per 
la  guardia  de  le  forteze,  habiamo  mandato  al  capitaneo  de  Sar- 
zana  ne  mandi  trenta  balestrieri  vi  sono  pisani  e  cinquanta  fanti. 
C'è  parso  darne  aviso  a  le  S.  V.  aciochè  siano  del  tuto  avisate 
e  cosi  faremo  del  succedente,  pregando  quelle  vogliano  el  simille 
fare  a  noi  de  le  occurrentie  di  là.  Questa  gente  solderemo  per 
mancho  tempo  si  poterà  fin  a  laviso  di  V.  S.  quale  è  al  propo- 
sito anchora  de  le  cose  di  là.  Facto  l'effecto  perchè  siamo  stati 
mandati,  non  si  partiremo  perciò  fin  a  nova  deliberatione  di  V.S.; 
tuta  volta  se  contemteriamo  bene  li  provedessero  di  persone  più 
experte  su  le  cose  d'arme,  havendo  ancho  a  far  per  nostri  par- 
tioulari  bisogni,  pregando  quelle  voglino  far  dare  a  li  portatori, 
per  lor  mercede  di  questo  servitio  e  altri  a  noi  facti  qui.  ducati 
tre  perchè  li  meritano  e  cum  loro  si  contenterano  avisarci  di 
novo.  A  le  quali  di  continuo  se  recomandiamo.  Spedie  VIIIJ 
Septembris  l5o6,  hora  XVIIIJ. 

E.  D.  V.  Antonius  de  Alburo  et 

Augustus  de  Ferraris  Comissarii. 
Diversorum  Communis  lanue,  tilza  63. 

XIII 

Istruzioni  a  due  commissari  inviati  a  Sestri    Levante    per    cooperare 
alla  presa  di  Chiavari. 

Genova,  27  settembre   1 5o6. 

Officium   Balie  excelsi  communis  Janue  , 

Questo  è  quello  che  comettiamo  et  diamo  in  mandatis  a  voi 
pgregij  et  dilccti  citadini  nostri  Baptista  de  Tasistro  et  Baptista 
Sepolina  commissari  per  noi  electi  e  capi  e  conductori  de  fanti 
ducenti.  Quali  fanti,  imbarcati  che  li  hareti  ,  navigereti  a  la  via 
de  Sestri  et  con  quella  compagnia  occupereti  l'izola  del  dicto  loco 


452  Anno   l5o6 

de  Sestri  et  in  quella  vi  fortifìchereli  tahnenli  che  non.  possiate 
dubitare  che  siati  offesi  o  de  la  dieta  izola  levati.  Et  perchè,  corno 
sapeti,  el  capitaneo  et  nostri  commissarij  con  lo  exercilo  hogij 
dovevano  partire  da  la  Specia  per  venire  a  la  volta  de  Chiavari 
et  crediamo  debano  domane  trovarsi  a  Sestri  o  in  la  circumstantie, 
per  questo,  subito  che  de  loro  hareti  novella,  li  mandereti  a  no  • 
tificare  con  quanta  gente  vi  trovate  in  la  dieta  izola,*et  da  loro 
inlendereti  quello  che  hareti  a  fare,  exequendo  in  tutto  quello  che 
per  li  dicti  capitaneo  e  commissarij  vi  sarà  ordinato  e  comandato. 
Vi  se  notifica  ancora  come  iì  cjuesto  puncto  mandiamo  doi  no- 
stri coinmissarii  cioè  Lidisio  Pentema  et  Pantaleone  de  Franchi 
Toso  a  domandare  la  obedientia  de  Chiavari  et  el  Dominio  el 
quale  obtenendo,  vi  ne  furano  noticia;  ma  per  questo  non  vi  mo- 
verete si  non  tamen  quanto  vi  sarà  ordinato  e  commandato  per 
li  predicti  capitaneo  et  commissarij  venienti  da  la  Spezia.  Et  de 
quelo  che  fareti  hora  per  hora  ne  dareti  adviso. 

Politicorum  Mazzo  3. 

XIV. 

Lettere  di  nomina  del  capitano  generale  dell'e'iercito  genovese. 
Genova,  23  ottobre  i5o6. 

Litlcre  magnifice  {sic)  Capitaneatus  Tarlatini. 

Officium  Balie  excelsi  communis  lanue  :  Cum  ad  bellum  ex 
finibus  nostris  et  excelsi  Communis  lanue  propulsandum  compri- 
mendosque  contumaces  et  ad  tuendam  quoque  urbem  nostram 
necessarius  nobis  esset  egregius  aliquis  dux  et  capitaneus  bellice 
rei  perilus,  et  per  Italiam  circumspexerimus  quem  potissimura 
ex ''.mini  nostri  sententia  conducere  et  bello  gerendo  preficere 
possemus,  qui  rei  militaris  gloria  et  rebus  preclare  gestis  ma- 
xime excelleret,  inclinavimus  tandem  ad  clarum  et  Magnitìcum 
dominum  Tarlatinum  de  Tarlatinis,  cuius  eximia  virtus  non  fama 
tantum,  que  plerunque  fallax  est,  sed  rebus  strenue   et  preclare 


Documenti  453 

gestis  ac  vera  s jlidaque  militari  disciplina  in  tuenda  presertim  et 
conserVanda  civitate  pisana  prope  per  decennium  vel  maxime 
cnituit,  ut  non  tantum  in  propulsando  sed  inferendo  etiam  bello 
cum  paucitate  suorum  adversus  validos  excrcitus  quandoque 
terrori  maximo  hostibus  fuerit.  hunc  igitur  tam  egregium  vi- 
rum  ex  Pisis  evocatum,  ubi  principatum  obtinebat,  egre  con- 
cedentibus  pisanis  qui  nudari  se  magna  parte  suarum  virium 
cernebant,  stipendio  nostro  conduximus,  illumque  Capitaneum 
nostrum  ac  excelsi  Communis  lanue  elegimus,  et  harum  litte- 
rarum  nostrarum  auctoritate  sollemniter  eligimus  et  constituimus, 
cum  stipendio  honorifico,  de  quo  cum  eo  conventum  est,  et 
cum  dignitatibus,  honoribus,  prerogativis  capitaneatus  huiusmodi 
officio  debitis  et  consuctis,  proficientcs  illum  quibuscumque  equi- 
tibus  et  peditibus  stipendio  nostro  conductis  et  de  cetero  con 
ducendis.  In  quos  quidem  equites  et  pedites  eorumque  prefectos 
et  commestabiles,  virtute  presentium  volumus  habeat  ius  am- 
plissimamque  et  generalissimam  auctoritatem  et  potestatem,  qua- 
lem  reliqui  capitane!  habere  solent,  et  speciatim  iubendi,  mul- 
tandi,  conJemnandi  pecuniarie  et  corporaliter,  cum  mero  et 
mixto  imperio  et  gladij  potestatem  usque  ad  ultimum  supplicium 
inclusive,  enixe  mandantes  prcfectis  et  comestabilibus  predictis, 
equilibusquj  ac  peditibus  suprascriptis,  quibuscumque,  ut  preno- 
minato Magnifico  capitaneo  prompte  pareant  et  obediant  sine 
detrectatione  aut  contradictione  aliqua,  duraturis  presentibus 
inostris  ad  beneplacitum.  In  quorum  fidem  illas  fieri  et  registrari 
ussimus,  nostrique  sigilli  impressione  muniri.  Data  Janue  die 
XXIII  Octobris  MDVI.to 

Litterarum  Reg.  46,  lettera  n.  271. 


3o 


454  Anno  l5o6 


XV. 

Lettere  di  nomina  del  governatore  dell'esercito. 
Genova  ,  23  ottobre  1 5o6. 

Littere  gubernatorie  (sic)  exercitus. 

Officium  Balie  excelsi  communis  Janue:  Cum  paulo  ante  ele- 
gerimus  Capitaneum  nostrum  et  ipsius  excelsi  communis  ciarum 
ac  Magnlficum  virum  et  egregium  belli  ductorem  d.  Tarlatinum 
de  Tarlatinis,  illumque  prefccerimus  universis  equitibus  ac  pedi- 
tibus  stipendio  nostro  conductis,  eorumque  prefectis  ,  et  neces- 
sarium  insuper  esse  iudicemus  alium  quoque  belli  adrainistrato- 
rem  ac  Gubernatorem  habere,  quem  mittere  ad  quemcunque 
locum  possimus  :  ubi  vi  atque  armis  uti  necessarium  fuerit , 
exploratam  habentes  eximiam  in  bello  virtutem  Magnifici  et  Ge- 
nerosi equitis  d.  Petri  Gambacurte  pisani  eiusque  animi  et  cor- 
poris  robur  ac  discipline  militaris  non  modicam  peritiam,  abipsa 
infantia  multis  inde  experimentis  perspectam,  ideo  omni  iure  ac 
via,  quibus  melius  et  validius  possumus,  et  harum  nostrarum  lit- 
terarum  auctoritate  eimdem  magnificum.  d,  Petrum  elegimus  et 
constiluimus  administratorcm  belli  et  exercitus  nostri  Guberna- 
torem peditumque  atque  equitum  quoruncumque  stipendio  nostro 
conductorum  et  conducendorum,  cum  honoribus,  dignitatibus, 
prerogativis  et  commodis  quibuscumque,  que  iure  belli  et  con- 
suetudinibus  huiusmodi  administratoribus  et  Gubernatoribus  ut- 
cumque  debentur  et  cum  stipendio  cum  eo  convento.  Mandantes 
ecc.,  ecc.  (IsLel  resto  è  simile  a  quella  del  Tar latino). 

Litterarum  Reg.  46,  lettera  n.  272. 


Documenti  455 

XVI. 

Gitili  Ghtconw   TrivHl^io  esorta  gli  uomini  di  Pieve  di  Teco  a  serbare 
fedi  Ita  alla  signoria  di  Luca  Spinola. 

Milano,   19  ottobre  i5o6. 

llominibus  Dilectis  nostiis  Conn.  et  hominibus  Piebis  et  vilia- 
luiii  Tcicij.  {Indirii:(o  a  tergo). 

Diletti  nostri  :  havemo  inteso  che  questi  de  Genoa  voleno 
mandare  da  voi  per  tirarvi  a  la  obedientia  loro,  et  perchè  voi 
havitc  prestato  la  obediencia  al  Magnifico  Ms.  Lucha  Spinola 
infeudato  da  questo  ducato  dominio  regio,  n'  è  parso  volervi 
exortare  et  comandare  che  per  alcuno  modo  non  debiate  inno- 
vare cosa  alcuna  contro  el  prefato  Ms.  Lucha  senza  partici- 
pacione  di  questo  stato  regio  ,  perchè  quando  lo  facesteni,  che 
non  credemo ,  se  renderesemo  molto  malcontenti  di  voi,  et  ne 
scria  necessario  farli  tale  provisione  che  cognosceresteni  haver 
errato  et  ne  haveresteni  da  portare  dampno  et  pena.  Mediolani 
die  19  oclobris    l5o6. 

Johannes  Jacobus  Triulcius 

Diversorum  (>>mmunis  lanue,  Filza  6J. 

XVII. 

Risposta  degli  uomini  di  'Pieve  di  Teco  alla   lettera  del   Triviil{io. 
Pieve  di  Teco,  26  ottobre  1 5o6. 

Illustri  et  excelso  domino  Johanni  Jacobo  Trivulsio,  Corniti 
regio  armorum  etc.  ac  Viglevani  domino  nobis  colendissimo. 
( Indir ii:(^o  a  tergo). 

lUustris  et  excelse  domine  :  havemo  riceputo  letere  da  V.  S. 
date  IVlediolani  die  19  octobris  a  le  quale  sotto  brevità  faremo 
humile  risposta.  Noi,  Illustris  domine,  siamo  subdicti  de  Io  excelso 


456  Anno  l5o6 

comune  di  Genoa,  li  quali  ad  noi,  proximis  dicbus,  hano  mandato 
doi  comissarij  cum  gente  per  bavere  la  fidelità  di  questa  valle 
corno  membro  suo,  a  li  quali  ad  ogni  modo  daxeimo  obedientia 
de  superiorità  comò  il  debito  importava,  non  paghando  nexuna 
avaria  sensa  le  lettere  del  Mag.co  officio  de  la  moneta  di  quela 
excelsa  comunità,  la  quale  habiando  voluto  adesso  quelo  che 
iustamenti  è  suo,  havemo  deliberatamente,  cum  Consilio,  facto 
quelo  al  che  il  debito  ne  stringeva,  ciohè  datoghe  la  possessione 
de  la  terra  et  de  la  valle  cum  la  fidelità  et  chi  altro  vole  da 
noi  domande  da  queii  chi  sono  nostri  veri  Signori.  La  lettera 
de  la  S.  V  mandiamo  a  Genoa  a  li  Signori  nostri,  li  quali  più 
pienamenti  a  V.  S.  darano  risposta,  ad  la  quale  al  continuo  se 
ricomandiamo.  Kxplete  die  XXVI  Octobris  l5o6. 

E.  M.  D.  V.         Consules  homines  et  universitas  Plebis  Teyci 
et  tocius  vallis  Arocie  cum  recomandacione 
Diversorum  Communis  lanue,  Filza  63. 

XVIII. 

Lettera  del  Comune  ai  commissari  alla  Pieve. 

Genova,  27  ottobre  i5o6. 

Officium  balie  excelsi  comunis  Janue,  Commissari 's  in  Plebe. 
Spectati  viri  nobis  dilectissimi,  beri  vi  mandamo  lo  M.co  d.  Petro 
Gambacurta  cum  li  fanti  CCC  per  voi  riquesti  ;  nunc  se  partirà 
Maestro  Ambrogio  bombarderò  cum  li  canoni  et  altra  artagiaria 
per  voi  etiam  riquesta  et  cum  tuti  li  homini,  apparati,  et  provisione 
a  loro  operare  de  quella  necessarie.  Preterea  vi  mandamo  cum  le 
galee,  per  provisione  de  quello  exercito,  capse  otto  de  veretoni  ac 
barrile  uno  de  polvere  per  serbatana,  le  quale  operereti  farve  con- 
signare  et  adoperale  in  li  bizogni;  preterea  vi  mandiamo  etiam 
scuti  (JL  auri  solis,  li  quali  vi  serano  mandati  per  lo  spettabile 
Gaspare  da  Guano,  capitano  de  una  de  le  doe  galee,  de  li  quali 
etiam  vi  servireti  in  le  speize  necessarie  et  se  bisognerà  vi  faremo 


Documenti  457 

provisione  più  larga  de  ogni  cosa.  Resta  che  in  dei  nomine,  viri- 
liter,  solicite,  attendiate  cum  ogni  prestesa  a  la  expugnatione  de 
quella  fortesa,  non  ommetendo  in  tal  effecto  cosa  alcuna,  et  sopra 
tuto  tegnetini  semper  ben  advisati  de  quello  fareti  et  sperate  de 
fare,  advertiando  che  de  canto  alcuno  non  vi  possia  essere  facto 
insulto  facese  damno  a  quella  impreiza.  Ex  Janua,  die  XXVII"  oc- 
tobiis,  bora  prima  noctis  l5o6. 

Diversorum  Communis  lanue,  Filza  63. 


XIX. 


Islru^ione  ni  due  nuovi  ambasciatori  inviati  alla  corte  di  Francia. 
{Gli  oratori  dovranno  dare  notizie  delV ingresso  del  Ravenstein  e  del 
Fieschi  in  Genova,  della  cacciata  del  Fieschi  e  della  sua  prepotente 
condotta  —  chiedce  che  per  la  quiete  della  città  egli  sia  espulso  anche 
dai  suoi  castelli  —  spiegare  le  cause  del  ritardo  a  consegnare  le  for- 
te^^e  conquistate  dal  popolo  —  seguire  una  determinata  linea  di  con- 
dotta nei  rapporti  cogli  oratori  dei  nobili  —  opporsi  alla  nomina  di 
un  «  cappellaccio  »  per  governatore  —  difendere  l'editto  per  il  ritorno 
dei  nobili  —  esporre  le  ragioni  della  guerra  contro  Monaco  —  scru- 
tare i  sentimenti  del  re  verso  Pisa  e  Firenze  —  trattare  alcune  que- 
stioni dei  castelli  e  spiegare  le  ri/orme  di  governo  proposte  in  Genova. 
Ssguono  altri  minori  incarichi). 

Genova,   1 2  novembre  1 5o6. 

MDVI  die  XII  novembris.  Instructio  data  prestantibus  viris 
Paulo  de  Francis  Burgaro  et  Simoni  de  Jugo  oratoribus  ad 
Christianissimum  Regem  Dominum  nostrum  destinatis.  {a  tergo). 

Antiani  et  officium  Balie  excelsi  Communis  lanue. 

Hec  sunt  que  commiltimus  et  in  mandatis  damus  vobis  spec- 
tatis  et  prestantibus  viris  Paulo  de  Francis  Burgaro  et  Simoni 
de  Jugo  oratoribus  nostris  ad  Christianissimum  Regem  dominum 
nostrum  destinatis. 

Cognosciuto  da  ogniuno  la  necessità  e  importantia  grande  de 
mandare  di  novo  a  la  prefata   Regia    maestà    oratori  quali   vo- 


458  Anno   l5o6 

gliano  e  possiano  a  tutte  le  cosse  occurse  bem  satisfare,  e  havuto 
bona  consideratione  chi  a  questo  bisognio  potesse  esser  accom- 
modato,  è  stato  cognosciuto  essere  in  voi  tute  quelle  condicione 
che  a  questa  opera  possiano  pienamenti  satisfare.  E  per  (questo, 
cum  bona  contenteza  de  ogniuno,  per  noi  e  altri  magistrati  seti 
stati  electi.  cum  ferma  speranza  che  de  la  opera  vostra  ne  pos 
siamo  expectare  el  desiderato  fructo. 

Siche  aduncha,  sforciandove  de  qui  spaciare  al  più  presto  pos- 
sibile sia,  al  nome  de  Dio,  vi  metereti  in  camino  e  cum  quella 
maior  celerità  che  potereti,  cossi  rechiedendo  la  grande  necessità, 
vi  Iransferircti  in  la  Regia  corte,  in  la  quale  trovareti  el  spec- 
tato  oratore  meser  Nicolao  Oderico.  E  da  lui  preso  le  instruc- 
tione  necessarie,  cossi  de  tuto  ci  passato  come  etiam  del  modo 
chi  parirà  per  voi  se  debba  tenire  de  presenti,  sotto  quella 
forma  che  a  lui  occurrerà,  fareti  noticia  de  voi,  e  rechiedereti 
da  la  Regia  Maestà  audientia,  qua  impetrata,  sera  presente  cum 
voi  el  detto  meser  Nicolò  come  tercio  nostro  oratore,  ma  per 
voi  se  farà  la  expositione  in  la  sententia,  quale  in  tute  le  parte 
diremo  di  sotto.  El  quale  meser  Nicolò  harà  arrestare  cum  voi 
in  la  medesima  dignità  de  legatione  eh'  el  si  trova,  per  spacio  de 
giorni  XV  proximi  a  la  gionta  vostra  ,  a  ciò  che  in  questo 
tempo  per  sua  instructione  e  ricordi  possiate  bavere  de  tuto 
bona  experientia. 

E  conducti  che  seretì  davanti  la  prefata  Regia  Maestà,  facte 
le  solite  comendatione  cossi  de  la  cita  come  de  li  magistrati  e 
tuto  el  populo,  cum  quella  reverentia  a  si  grande  presentia  ac- 
commodata,  descendereti  a  fare  intendere  a  sua  maestà  quanto 
sia  stata  la  fede,  devocione,  e  ardore  verso  de  quella  de  tuto 
questo  populo,  quale  de  giorno  in  giorno  continuamenti  è  ma- 
gior  ,  e  bem  che  sia  intervenuti  H  primi  movimenti  e  tumulti , 
sono  perciò  proceduti  da  iuste  e  legitime  cause  ,  cossi  come  sua 
Maestà  è  stata  informata  da  meser  Nicolò  nostro  oratore.  Ma 
in  tuti  li  movimenti  scghuiti,  mai  s'è  facto  dimostratione  alcuna 
nò  in  facti,  nò  in  parole,  nò  pur  in  segno    alcuno  in  contrario. 


Docunienti  469 

Del  che,  ultra  molte  altre  prove,  cominciando  da  la  venuta  de 
lo  lU.mo  nostro  Gubernatore,  se  ne  fece  grande  experimento;  el 
quale,  dire  non  se  poteria  cum  quanta  expectatione  fu  recevuto 
e  cum  quante  honorancie  fu  da  ogni  ordine  celebrato  e  hono- 
rato,  e  non  molto  manco  come  la  presentia  de  sua  maestà,  quale 
sua  excellcntia  represcntava;  e  non  se  hebbe  rispecto  alcuno  che 
lo  intrasse  cum  gente  d'arme  e  fantaria  e  tanta  quanta  a  lui  piaque, 
e  fo  permesso  che  quella  allogiasse  in  diversi  lochi  de  la  terra  e  li 
più  forti,  prende ndosse  tuto  in  bona  parte  senza  alcuno  suspecto, 
accommodandosse  ogniuno  a  la  sua  voluntà,  comò  pareva  debito. 
E  se  andato  se  fusse  apresso  a  tale  tenore  e  ateso  al  pacifico  de 
la  cita  ,  veramenti  non  seria  poi  seguito  alcuna  novità.  Ma  parse 
a  sua  excellencia  el  megho,  contra  la  commune  opinione,  de 
fare  intrare  meser  Io.  Luise,  e  in  arme,  e  prima  cum  dire  eh'  el 
intrarìa  cum  fanti  CL."  o  circa  e  qualche  pochi  cavali  per  sua 
honorantia,  e  che  non  se  passarla  più  ultra.  E  nondimanco,  bem 
che  in  la  gionta  sua  inviolata,  per  conforto  de  sua  excellcntia 
fusse  visitato,  andò  perciò  ogni  hora  crescendo  de  gente  in  com- 
pagnia de  molti  nobili  ,  da  li  quali  fu  seghuito  in  dicto  loco  de 
inviolata,  per  modo  che  in  brieve  da  fanti  CL.t»  accumula  in 
dicto  loco  più  de  D0.*°,  facendosse  forte  cum  artegliaria  cum 
rombere  le  mure  de  la  terra  per  potere  fare  intrare  tanta  gente 
quanta  a  lui  piaceva ,  dando  denari  publicamenti  de  nobili,  chi 
ancora  loro  erano  in  arme,  e  se  intese  che  volevano  correre  la 
terra  per  forza,  in  modo  che  alcuni  de  nobili  mandono  a  dire 
dentro  ad  alcuni  loro  amici  che  si  levassino  de  la  terra  per  non 
incorrere  in  periculo  de  loro  vite  e  loro  done,  e  de  essere  robati. 
E  che  non  manco  importava,  tuta  la  loro  gente  se  messene  la 
croce  bianca,  e  cossi  in  piacia.  Del  che  tuto  essendone  facto  la- 
menta a  sua  excellencia,  respose  che  tuto  era  de  sua  scientia,  e 
che  de  meser  Io.  Luise  non  se  poteva  dubitare,  e  eh'  el  voleva 
esser  forte.  E  cognosciuto  el  periculo  grande,  non  fo  in  pos- 
sanza de  astalare  li  tumulti,  e  apresso  se  prese  le  arme.  E  per 
rispecto  de  sua  Maestà,  portando  semper  reverentia  a  sua  excel- 


460  Anno   i5o6 

lentia,  domandano  licentia  de  levare  el  detto  meser  Io.  Luise  e 
nobili  de  inviolata.  E  a  questo  modo  foreno  per  sua  cxcellentia 
liccntiati  e  mandati  fori,  e  se  redusseno  a  Quarto,  bein  che  fosse 
im  possansa  de  li  populi  de  prenderlo  per  la  persona  e  lui  e 
li  soi,  ma  non  se  fece  perciò  offcnsione  ad  alcuno  ,  nò  poi  ces- 
sando perciò  de  machinare  insieme  cum  dicti  nobili  contra  la 
quiete  e  pacifico  de  la  cita,  fu  necessario  ancora  rimoverlo  più 
ultra,  e  se  redusse  a  Chiavari.  In  el  quale  loco,  vedendo  che  pur 
se  andava  apresso  a  le  opere  solite,  e  retencre  le  fantarie  e  li 
cavali,  e  che  la  cita  bisognava  stare  in  continua  suspictione  e  timore, 
e  che  tute  le  rivcre  erano  in  tumultu,  fu  bisogno  per  universale 
pacifico  cercare  de  unire  tute  le  diete  rivere  a  la  cita,  perchè  al- 
tramenti  mai  se  seria  potuto  quietare  E  cossi  fu  levato  de  pos- 
sessione de  le  ri  vere,  e  fu  necessitato  rcdursi  a  Montobio.  Da 
io  quale  non  à  perciò  cessato  de  inquietare  le  diete  rivere  e 
anche  la  cita,  venendo  li  soi  banditi  qualche  fiate  furtin  fino  a 
le  porte  a  fare  molti  maleficij,  e  cossi  Antonio  Maria  suo  ne- 
pote,  a  Rapallo  e  in  altri  lochi,  cum  arme,  cridando  gatto  netto 
etc,  per  modo  che  semper  se  vive  in  continua  suspictione  e  tale 
che  né  quelli  de  le  rivere,  né  etiam  dio  la  cita  po'  a  modo  al- 
cuno riposare.  In  modo  che  se  cognosce  manifestamenti  esser 
de  extrema  necessità  levarlo  da  le  nostre  confine,  maxime  ricor- 
dandose  ogniuno  come  per  avanti  el  s'è  governato,  che  in  vero 
lui  solo  é  stato  causa  e  origine  de  ogni  inconveniente  per  il 
passato  seghuito,  tenendo  modo  per  sua  industria  e  per  sua 
ambitione  de  tenire  semper  la  cita  divissa  in  dua  parte,  per  au- 
gumentare  per  simile  via  el  grado  suo.  E  ultra  à  facto  tanto 
eh'  el  se  haveva  reducto  tuto  l' imperio  de  la  rivera  de  levante 
sotto  de  si,  dando  lui  futi  li  offi:cij  e  governando  tuto  a  suo  modo, 
senza  ricognoscere  alcuno  superiore,  in  maniera  che  dire  se 
poteva  che  la  Regia  maestà  non  fusse  né  cognosciuta  né  nomi- 
nata in  la  metà  de  la  jurisdictione  Genuese,-  dando  salviconducti 
a  suo  piacere  e  governandola  come  da  segnore.  E  pur  almanco 
havesselo  tractato  queli  de  rivera  comò    conveniva  ,  ma  poi  che 


Documenti  461 

de  quella  è  stato  levato,  e  mancato  la  servitù  de  li  dicti  de  ri- 
vare,  e  che  hano  potuto  liberamente  parlare,  s'è  inteso  bene  ba- 
ve vano  justa  causa  de  lamentarsi  per  li  mali  comportamenti  e 
dani  a  loro  facti  per  lui  e  soi  officiali.  E  ultra  de  questo,  se 
qualche  fiata  è  accaduto  alcuno  delinquente  in  la  cita,  passando 
in  la  sua  jurisdictione  de  là  da  l'aqua  de  Bisagno  l'havevano  come 
per  franchisia.  De  tute  queste  cosse  è  seghuito  verso  de  lui  tanta 
indignatione,  che  li  populi  volevano  andare  ad  ogni  modo  ad 
expugnare  le  castelle,  e  in  vero  se  serieno  expugnate,  ma  in- 
teso che  sua  Maestà  non  ne  era  contenta ,  per  reverentia  de 
quella,  cum  grande  faticha,  si  sono  ritrati^da  tale  impresa.  E  cia- 
scuno è  riduto  a  questa  conclusione  che  sia  de  extrema  neces- 
sità, corno  e  detto,  che  la  Regia  Maestà  lo  rimova  da  le  diete 
castelle,  che  altramenti  mai  poterla  questa  sua  cita  e  populo 
quietare;  e  ultra  le  raxone  di  sopra  diete  lì  fareti  intendere,  dette 
castelle,  per  esser  tanto  propinque  a  la  cita  e  sopra  el  capo  a  le 
rivere,  che  sono  riceptacolo  de  capcllacij,  donde  procede  ut 
plurimum  la  mutacione  de  li  stati  a  Genua,  e  infiniti  altri  mali, 
dovendo  stare  semper  in  continua  suspictione  e  timore  per  la 
vicinità.  Si  che  suplicareti  a  sua  ciementia  che  la  considere  quale 
sia  el  meglio,  o  che  la  golde  questa  sua  fidelissima  cita  in  bona 
tranquilità,  o  che  volendo  pur  substenire  meser  Io.  Luise,  ne 
seghirà  tanta  mala  contenteza  universale  de  ogniuno  ,  adgiun- 
gendo  a  sua  Maestà  che  noi  in  le  diete  castelle  habiamo  tale 
rasone,  che  intendiamo  quelle  a  noi  spectare,  pregando  humil- 
menti  e  strictamenti  quella  che  la  vogha  tcnire  modo,  cum  la 
sua  auctorità  e  brizo  che  pervengano  in  noi,  perchè  a  questo 
modo,  ultra  el  debito  de  la  justicia,  resterà  questa  sua  cita  per- 
petuo quieta,  e  se  excluderà  ogni  occasione  de  novità  e  pertur- 
bacione  che  possia  esser  facta.  E  quando  per  sua  Maestà  a 
questo  modo  non  paresse  de  inclinare,  almanco  prendi  in  le  sue 
mano  le  diete  castelle,  a  ciò  che  a  questo  modo  e  sua  Maestà  e 
noi  possiamo  esser  beni  sicuri  de  perpetua  tranquilità  e  pace.  E 
poi,  havuta  per  sua  Maestà  la  possessione  de  quelle,  ordinerà  che 
se  facia  justicia  a  le  parte. 


462  Anno    l5o6 

Exposo  per  voi  circa  questo  articulo  quel  che  necessario  ju* 
dicareti,  se  sua  Maestà  o  altri  chi  per  quella  vi  rispondesse,  fusse 
disccsso  a  l'altro  articulo  de  le  fortesse  de  le  riverc  non  consi- 
gnate,  del  che  pare  per  queste  ultime  lettere  de  mcser  Nicolò 
del  primo  del  presente,  che  sua  maestà  ne  habia  preso  mala 
contenteza,  e  che  per  le  parole  del  detto  mcser  Nicolò  non  ne 
sia  stata  satisfacta,  li  potercti  reiterare  che  la  nostra  opinione 
e  deliberatione  veramenti  è  semper  stata,  rcduti  li  lochi  de  le 
rivere  al  commune,  de  darli  insieme  cum  le  forteze  al  suo  Gu- 
bernatore  o  al  locumtenente,  cossi  come  a  sua  Maestà  fu  scritto, 
e  cossi  come  ultimamenti  fu  deliberato.  E  bemchè  se  judicasse  non 
esser  ancora  bem  ci  tempo  accommodato  a  fare  dieta  consigna- 
tione,  non  dimanco,  desiderosi  de  optemperarc  a  la  voluntà  de 
sua  Maestà,  fu  facto  la  suprascripta  deliberatione,  quale  poi  non 
è  seghuita,  per  H  respecti  a  voi  notissimi,  chi  a  tuto  seti  stati 
presenti,  e  specialmenti  per  la  opinione  universale  de  tufi  li 
populi,  cossi  de  la  cita  comò  de  tute  le  rivere  ,  che  consignato 
che  fusse  li  dicti  loci  a  Monsignore  Grubernatore.  subito  di  novo 
dovessino  pervenire  in  meser  Io.  Luise,  o  palesementi  o  occul- 
tamenti, e  questo  per  ci  grande  amore  per  sua  excellentia  sem- 
per dimostrato  al  detto  meser  Io.  Luise  e  la  inclinatione  a  soi 
favori.  E  quelli  de  le  rivere,  chi  se  erano  descoperti  contra  el 
detto  meser  lo.  Luise,  dubitando  tornare  sotto  el  dominio  suo, 
havendo  infiniti  parenti  in  la  cita,  se  sono  venuti  cum  despera- 
cione  e  lachrime  a  lamentarse,  volendo  più  presto  morire  cha 
tornare  sotto  simile  subiectione,  essendo  certi  che  seria  minato 
non  solo  loro,  ma  tuti  lì  loro  beni ,  del  che  ne  seghuitò  le 
grande  turbacione  che  sapeti,  per  modo  che,  per  non  incorrere 
in  alcuno  periculo,  e  per  tenere  in  pacifico  cossi  la  cita  come 
tute  le  rivere,  è  stato  necessario  differire  la  dieta  consignatione, 
stando  perciò  fermi  in  el  proposito  che  a  tempo  accomodato  se 
debba  exequire  el  Regio  comandamento.  E  poi  che  sua  maestà 
s'è  contentata  li  ani  passati,  li  dicti  lochi  esser  in  mano  de  meser 
Io.  Luise  e  d'altri,  considerata  la  fede  e  divotione    nostra,    noi;.. 


Documenti  463 

deve  fare  questa  differentia  che  per  qualche  giorni  stiano  in  el 
modo  che  sono,  per  qualche  satisfactione  de  quelli  chi  se  mo- 
vano cum  le  rasone  predicte,  E  iu  questo  cum  ogni  industria 
vostra  vi  studiarete  che  sua  Maestà  si  degne  aquietarsc. 

A  voi  è  noto  cosi  come  è  a  noi,  in  la  partenza  del  nostro 
Gubernatore,  le  grande  offerte  facte  per  sua  excellentia  a  utile  e 
a  beneficio  de  questa  cita,  e  quanto  sua  excellencia  para  dispo- 
sila favorire  le  cosse  nostre  apresso  la  maestà  de  Re.  El  che 
ancora  à  confermato  per  tute  le  sue  letere  scritte  de  camino,  il 
perchè  speriamo,  specialmenti  circa  lo  articulo  supra  scritto  de 
la  consignatione  de  le  rivere,  debba  iustificare  la  cita,  si  che  hareti 
precippua  cura  de  intendere  se  sua  excellentia  harà  servato  la 
promessa.  E  cognoscendo  quella  bavere  facto  bono  officio,  cossi 
comò  siamo  certi,  la  ringraciarcti  e  confortareti  a  perseverare  in 
tale  proposito,  che  cossi  facendo  obligherà  infinitamente  tuta  la 
cita.  E  cossi  in  apresso  usareti  del  suo  patrocinio  e  adrizo  in  tute 
quelle  cosse  dove  judicareti  esser  necessario. 

Sapeti  ancora  el  consegfio  ultimamenti  facto  in  Arquata  per 
nobili,  del  quale  n'c  reuscito,  p^r  quel  che  se  intende,  la  electione 
de  quattro  di  loro  oratori  a  la  Regia  Maestà  cioè  meser  Stephano 
de  Vivaldo,  Antonio  Spinola,  Laurencio  Lomellino  e  lohanne 
lacobo  de  Auria,  quali  siamo  certi  trovareti  in  corte.  E  perchè 
ancora  non  se  intende  le  commissione  a  loro  date,  nò  quel  che 
se  habiano  a  procurare,  vi  bisognierà  cum  la  prudentia  vostra 
adaptare  le  riposte  sicondo  le  proposte  loro.  Quale  non  cre- 
diamo perciò  se  debano  fare  da  facia  a  facia,  ma  più  presto 
per  qualche  personagio  da  la  Maestà  del  re  interposito.  Pur  se 
si  parlasse  de, la  prima  reformacione  de  li  officij  de  terzo  a  dua 
tercij,  la  riposta  è  prompta  e  facile,  né  più  bisognia  de  disputa 
alcuna,  essendo  stato  approbato  la  dieta  reformalione  per  lettere 
patente  del  Re,  né  si  pò  dubitare  che  sua  maestà  debba  volere, 
per  alcuna  persuasione,  a  diete  lettere  contravenire.  E  non  pare 
a  noi  se  habia  questa  causo  più  a  mettere  in  nova  disputa.  E 
nondin;ariCo,  a   voi    è    noto  che  per  le  rcgule  de    la  cita,  per  il 


464  Anno  l5o6 

mezo  de  li  nostri  grandi  consegiij  circa  le  cosse  pertinente  al 
governo  de  la  terra,  possiamo  fare  ogni  rcformatione  e  deli- 
beiatione  che  tenda  ad  utile  de  la  cita.  Nò  questo  a  noi  è  in- 
tenJicto  ne  denegato  per  alcuno  de  li  capituli  che  habiamo  cum 
la  Maestà  del  re.  La  copia  de  quelli  chi  fano  a  questo  proposito 
liareti  alligata,  e  cossi  la  deliberatione  del  grande  conscglio  sopra 
questa  materia  facto.  E  ultra  de  questo  ne  trovarite  meser  Ni- 
colò de  tuto  questo  tractato  benissimo  instructo,  concludendovi 
che  per  voi  se  à  ad  evitare  ogni  disputa,  e  non  metere  più  que- 
sto articulo  in  alcuna  dubitacione.  E  per  questo,  altro  non  ve  ne 
diremo  per  non  fare  sì  longa  scriptura.  E  perchè  è  stato  detto 
per  questi  oratori  de  nobili,  doversi  requtrire  al  re  ch'el  voglia 
mettere  qui  uno  capellacio  per  Gubernatore  suo  per  ani  quattro, 
cum  sicurtà  de  ducati  CC,  se  intendesti  questo  si  mettesse  a 
campo,  ve  li  contraponareti  cum  ogni  forzo  e  industria,  affer- 
mando franchamenti,  questo  populo  a  modo  alcuno  non  volere 
capellacio  che  sia,  e  tuto  à  iurato  sopra  el  crucifìxo  de  non  con- 
sentire a  stato  de  capellacij,  e  per  quel  chi  s'  e  veduto  per  li 
experimenti  passati,  a  tale  pensamento  se  gli  è  tagliato  le  radice, 
e  s'è  veduto  manifestamenti  che  quando  è  stato  suspecto  che 
alcuno  privato  habia  havuto  pensamento  de  tale  sorte,  se  li  è 
andato  a  la  vita  a  tagliarlo  a  pecij.  E  perchè  circa  questo  arti- 
culo  haveti  largo  campo  per  la  universale  dispositione  de  ogniuno, 
altro  non  ve  ne  diremo.  Bem  supplicareti  la  Regia  Maestà  a 
confortare  dicti  nobili  oramai  a  lasciare  simili  et  altri  pensamenti 
e  machinatione  contra  el  pacifico,  e  ritornare  tuti  a  casa  loro, 
dove  possiano  stare  sicuri  e  senza  alcuno  timore,  cossi  corno 
tuti  li  altri  già  venati  de  ogni  albergo,  a  li  quali  s'è  facto  bona 
ciera  e  sono  stati  ricolti  e  tractati  sicondo  el  grado  loro.  E  in 
questo  fareti  ogni  opera  possibile,  a  ciò  che  la  cita  del  tuto 
possia  bem  quietare.  E  fareti  intendere  a  Sua  Maestà  come,  per 
quel  che  siamo  avisati,  hano  ancora  mandato  ambasiatori  al  pon- 
tefice, e  in  q' leste  nostre  circonstantie  hano  tentato  capellacij  de 
parte  e  de  1'  altra,  in  compagnia  de  meser  Io.  Luise,  e  non  ad 


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altro  fine  si  non  per  debilitare  el  slato  qui  de  sua  Maestà  e  fare 
uno  stato  qui  secondo  li  appetiti  loro,  el  che  non  debe  volere 
patire  sua  maestà,  sia  per  l'honore  e  utilità  sua,  sia  per  la  no- 
stra s'ncera  fede  conservata  scmpcr  e  mantenuta  verso  de  sua 
Maestà.  E  perchè  ultimamenti  sua  Maestà  à  scripto  esser  mal 
contenta  de  lo  edicto  facto  che  si  debiano  ridurre  a  la  cita, 
bemchè  el  riporto  li  sia  stato  facto  contrario  a  la  verità,  comò  a 
longo  habianjo  scritto  a  meser  Nicolò,  al  quale  ancora  s'è  man- 
dato la  copia  de  lo  edicto,  e  bemchè  se  siamo  movuti  princi- 
palmenti  per  lo  inquerno  {sic)  e  pacifico  de  la  terra ,  ancora 
ne  à  movuto  e  move  che  tanto  quanto  e  starano  fori.  ìnseme 
cum  meser  Io.  Luise,  mai  cesscrano  de  fare  novità  centra  el 
dicto  pacifico,  e  tute  contrarie  a  là  conservatione  del  stato  de 
sua  Maestà.  Il  perchè  ancora  in  questo  fareti  per  modo  che  sua 
Maestà  reste  satisfacta. 

Come  sapeti,  poi  la  recuperata  de  la  Pieve  e  de  le  fortcsse, 
trovandosse  in  quelle  bande  bona  compagnia  de  fanti  e  artegliaria 
e  altre  cosse  a  expugnatione  necessarie,  e  cognosciando  ogniuno 
la  mala  condicione  de  meser  Luciano  Grimaldo,  occupatore  de 
Monacho  ,  el  quale,  ultra  le  manifeste  robarie  facte  a  subditi  del 
catolicho  Re  de  Spagna  e  subditi  de  Signori  Venetiani  e  a  li 
subditi  del  Ser."'°  re  de  Portogallo  ,  presi  e  tenuti  ancora  molti 
prelati  in  contumelia  de  la  chiesia  Romana  et  etiam  Provinciali 
proprij  subditi  de  la  Maestà  del  Re  ,  de  le  quali  pessime  opere 
la  cita  ne  à  havuto  grandissimi  carrichi  e  impedimenti  comò 
sapeti ,  e  per  dani  facti  a  Spagnoli  già  è  stato  facto  represaglie 
cuntra  de  nostri  in  Spagna,  e  ultra  havendo  facto  infiniti  dani 
a  nostri  subditi  de  le  rivere,  per  li  quali  è  in  odio  a  Dio  e  al 
mondo,  e  cogliendone  contra  ogni  debito  in  facie  nostra  el  diicto 
de  dua  cento,  quali  sono  più  de  quatro,  fi  le  forze  che  fa  con- 
tinuamenti  ad  ogniuno,  s'è  deliberato,  havendo  al  presente  que- 
sta occasione,  de  non  perderla,  e  cercare  debellarlo,  e  tanto  più 
quanto  el  loco  è  nostro  e  del  commune,  come  consta  per  antique 
scripture,  ma  tenuto  a  noi  forzato  per  le  condictione  de  li  tempi. 


466  Anno   l5o6 

De  questa  deliberacione  n'è  parso  darne  aviso  al  nostro  meser 
Nicolò,  e  lasciato  al  iudicio  suo  de  parlarne  a  la  Maestà  del 
Re,  o  vero  tacere,  sicondo  che  più  utile  judicherà,  e  se  pur  ne 
fusse  introducto  mentione,  che  l'habia  prompto  che  respondere, 
si  che  in  la  gionta  vostra  inlendereti  da  lui  quel  che  sera  sc- 
ghuito  circa  questo  articuio,  e  lo  governareti  in  compagnia  sua, 
secondo  che  meglio  a  tuti  voi  parirà.  E  se  intendesti  Monsignore 
el  nostro  Gubernatore  forsi  fusse  a  questa  impresa  contrario,  vi 
sfortiate  sotto  quel  megli  or  modo  a  voi  parirà,  pregarlo  e  strin- 
gerlo che  non  voglia  distorbare  tale  impresa  tanto  utile  e  neces- 
saria a  questa  cita  chi  è  a  sua  excellentia  tanto  inclinila.  E 
perchè  siate  de  ogni  cosa  avisato.  quando  ultimamenti  fo  dal 
predetto  meser  Luciano  robato  li  Spagnoli,  la  Maestà  del  Re 
mandaa  una  lettera  patente  a  la  excellentia  del  Governatore,  per 
la  quale  li  commisse  eh'  el  citasse  el  detto  meser  Luciano,  e  non 
comparendo,  procedesse  contra  de  lui  cuin  brasso  forte,  e  in 
questo  se  valesse  oc  la  gente  d'arme  de  sua  Maestà  e  de  li  ho- 
mini  de  le  nostre  rivere,  e  de  tute  le  forse  nostre.  E  restano 
queste  patente  qui  in  monsignore  suo  locumtenente.  E  se  per- 
suadiamo che  la  prefata  Regia  Maestà  debia  inclinare  e  consen- 
tire a  questa  nostra  deliberatione,  sia  per  la  mala  qualità  di  tale 
homo,  sia  per  honore  de  sua  Maestà,  chi  in  h  lochi  donda  la  co- 
manda non  se  faccia  de  qui  avanti  simiM  malefici  ,  sia  etiamdio 
per  compiacere  al  nostro  honesto  desiderio,  e  che  ultra  de  que- 
sto ne  debba  forsi  offerire  lo  suo  adiuto  e  favore.  E  cossi  cum 
ogni  industria  procurareti. 

E  perchè  poteria  accadere  in  lì  tractamenti  de  le  cosse  con- 
tente in  questa  instructione  a  voi  occurresse  o  ve  fusse  confor- 
tato fare  qualche  largitione  per  meglio  poter  redurre  le  cosse  a 
perfectione,  per  questo,  occurrendo  tale  necessità  prima  da  voi 
bem  considerata,  subito  subito  ne  dareti  aviso,  e-  cum  celerità 
grande  da  noi  hareti  la  risposta. 

A  voi  è  noto  quanto  toca  le  cosse  de  Pisa,  quale  sino  a  qui 
cuqii  grande  spesa  e  affanni  s'è   mantenuta,  E  comò  sapeti  el  de- 


Documenti  467 


siderio  comune  è  de  passare  più  avanti,  e  perchè  meglio  in  tuto 
se  procede  quando  se  è  bem  avisato,  per  questo  vogliamo  che 
più  occultamenti  e  dexteramenti  che  potereti,  cercati  de  intendere 
in  che  modo  e  sotto  che  pacti  restano  ligati  fiorentini  col  Re, 
e  più  ultra  se  de  le  cosse  de  Pisa  in  corte  più  se  parla,  e  in 
che  modo,  e  come  el  re  sia  sopra  tale  materia  disposito,  e  tuto 
bene  explorato,  ma  cautamenti  e  occultamenti,  al  più  presto  che 
potereti  ne    dareti  aviso,  a  ciò    che    sapiamo    come    governarsi. 

E  l'è  comparso  davanti  da  noi  alcuni  nostri  citadini,  e  fatone 
intendere  come  meser  Piero  Maria  de  Axereto,  nostro  citadino 
pare  habia  obtenuto  sententia  o  sententie  dal  conscglio  de  la 
regia  maestà  contra  de  mcser  Johanne  Spinula  sopra  el  loco  de 
Serravalle,  e  requirendo  executione  de  le  diete  '•ententie  da  pre- 
fata Maestà,  pare  a  quella  sia  stato  dato  ad  intendere  che  fa- 
cendo tale  executione  seria  contra  el  desiderio  e  voluntà  de  la 
cita,  el  che  se  cognoscie  non  esser  vero,  e  per  questo,  compito 
che  havereti  le  opere  publice,  siamo  contenti  che  faciati  intendere 
a  la  prefata  Maestà  che  noi  siamo  non  solo  contenti,  ma  dexide- 
riamo  che  la  iusticia  se  facia  a  ciascuno  corno  conviene,  perchè 
abiumo  equale  ogni  nostro  citadino,  dando  favore  a  questo  ar- 
ticulo  de  fare  la  ius*icia,  sotto  quel  megHor  modo  che  a  voi  pa- 
rirà,  salvo  in  tuto  la  equalità  e  lo  nostro  honore. 

La  conclusione  de  tuta  questa  nostra  instructione,  poi  che  la 
Maestà  del  Re  à  scritto  ultimamenti  che  se  H  facia  intendere 
tuti  li  nostri  bisogni,  e  de  le  parte  de  quella  più  importante  si 
è  fare  intendere  a  sua  Maestà  in  che  reputatione  in  la  cita 
si  trova  al  presente  meser  Jo.  Luise,  e  quale  sono  state  fino  a 
qui  le  opere  sue  e  quanto  impossibile  sia,  stando  a  le  castelle  e 
in  le  nostre  confinie,  che  le  rivere  e  la  cita  mai  posslano  quietare, 
e  per  questo  tenereti  tute  le  forme  possibile  che  non  solum  sia 
removuto  da  le  parte  nostre,  ma  che  etiamdio  li  sia  levato  le  diete 
castelle,  come  di  sopra  in  la  dieta  instructione  se  contene. 

El  secondo  si  è  che  ve  industriate  talmenti  persuadere  la 
Maestà  del  re,  ch'el  voglia    cum  bona  sua  mente  esser  contenta 


468  Anno   l5o6 

che  li  lochi  de  le  riverc  se  possiano  retenire  in  el  grado  che 
sono,  a  nome  de  sua  Maestà,  sino  a  tanto  che  sia  del  predicto 
meser  Jo.  Luise  e  le  castelle,  seghuito  quel  che  di  sopra  è  dicto, 
per  le  rasone  declarate  in  lo  articulo  a  questa  materia  pertinente, 
perchè  altramenti  ne  poteria  seghuire  che  sua  Maestà  e  noi  re- 
stariamo male  contenti. 

El  tercio  è  che  sotto  e!  mcglior  modo  che  a  voi  parirà 
etiam  persuadiate  a  sua  Maestà  che  cum  la  sua  auctorità  si 
tenga  modo  che  li  nobili  tornano  a  casa  loro,  perchè  se  a  sua 
maestà  è  molesto  e  li  tumulti  e  le  arme,  pò  esser  certa  che 
tanto  quanto  starano  fori,  maxime  in  compagnia  de  meser  Jo 
Luise,  mai  cesserano  de  perturbare  e  machinare,  e  da  le  loro 
machinatione  nasce  poi  li  tumulti  e  le  arme,  né  perseverare  si 
pò  in  el  desiderato  pacifico,  cossi  come  più  a  longo  di  sopra  se 
dice  in  lo  articulo  de  questa  materia. 

Circa  lo  articulo  de  transferire  in  noi  le  castelle  suprascripte,  s'è 
detto  quel  che  di  sopra  veduto  haveti,  e  lo  desiderio  nostro  per  li 
respecti  dicti  è  che  vengano  in  noi  o  ad  extremum  in  sua  Maestà, 
el  che  se  afferma.  Ma  se  pur  vedesti  perduto  la  speranza  che  in  noi 
dovessino  pervenire,  vi  notifichiamo  corno  questi  fratelli,  meser  Ga- 
leacio  e  meser  Antonio  Maria  Pillavicini,  pretendeno  le  diete  castelle 
spedare  a  loro,  hereditario  nomine  del  quond.  meser  Carolo  dal 
Fiesco,  e  per  questo,  per  quel  chi  se  intende,  partirà  presto  per 
corte  pi  detto  meser  Gaieacio,  si  che  in  el  caxo  predicto  se  ve- 
desti la  cossa  desperata  per  noi,  vogliamo  che  sotto  quell  modi 
che  a  le  prudentie  vostre  parirano  più  accommodati,  diate  a  loro 
ogni  favore  possibile  cum  grande  destreza,  come  è  detto,  tuto 
facendo  perciò  senza  preiudicio  de  le  nostre  rasone,  e  quando 
vi  paresse  bisognio  in  tale  caxo  ancora  ne  fareti  qualche  pro- 
testacione.  E  questo  vi  se  dice  che  non  pervenendo  in  noi,  né 
in  la  Maestà  del  re,  pare  a  noi  sia  manco  male  se  metteno  in 
loro  mano,  per  che  manchariamo  de  ogni  suspictione  e  pertur- 
batione  e  novità.  E  poi  el  tempo  à  gran  forza.  E  forsi  che  la 
maestà  del  re,  essendo  loro  soi  subditi  e  tanto  inclinati    al  stato 


Documenti  469 

suo,  comò  sapeti,  non  se  renderà  tanto  dificile  a  levarle  da  meser 
Jo.  Luise. 

In  tuti  li  tractamenti  e  ragionamenti  che  hareti  a  fare  cum 
la  sua  Maestà,  accomodareti  questa  parte  che  di  sotto  diremo,  a 
quel  loco  e  tempo  che  meglio  vi  parirà,  e  direti  a  sua  Maestà 
che  bem  che  questa  sua  cita  h  sia  semper  stata  divotissima,  ta- 
mcn  che  la  si  pò  presupponere  che  sotto  questo  regimento  se 
debba  molto  più  de  quella  contentarse  e  accoinmodarsene  a  tuti 
li  soi  bisogni.  E  per  che  meglio  la  possia  cognoscere  questo 
nostro  bono  proposito  e  voluiità,  vi  fareti  quadrare  (sic)  che  corno 
sa  sua  Maestà  le  force  de  questa  sua  cita  sono  per  la  maxima 
parte  in  mart.  e  per  questo,  quando  accadesse  0  accaderà  a  sua 
Maestà  fare  armata  per  mare  o  contra  de  infedeli  o  contra  de  altri, 
che,  secondo  la  grande/a  e  quahtà  de  l'armata,  li  offeriamo  tanti 
corpi  de  navi  e  galee  a  no-;tre  spese,  quanto  fia  la  nostra  possi- 
bilità, el  chj  adornereti  cum  quelle  parole,  che  debano  più  exci- 
tare  la  gracia  e  lo    amore  de  sua  Maestà  verso  de  noi. 

1-e  la  reformacione  de  li  officij  civili  sopra  le  pratiche  trac- 
tate  per  lo  passato,  se  ne  era  scritto  a  longhe  parole  al  spedato 
nìeser  Nicolò,  e  a  lui  se  era  mandato  tute  le  scripture  a  que- 
sta materia  necessarie.  Poi  examinato  paregli  giorni  tuti  li  trac- 
tamenti è  passati  e  chi  de  presente  sono  occursi,  per  conclusione, 
vedendo  inclinato  la  excellentia  del  nostro  Gubernatore  a  la 
brevità  del  tempo,  e  che  la  jurisdictione  cossi  de  Antiani  come 
de  tuti  li  altri  magistrati  non  passasse  ci  termino  de  uno  ano,  a 
nome  de  Dio,  s'  è  facto  ferma  conclusione  de  questo  tempo,  cum 
bona  voluntà  e  consentimento  de  lo  Illu.  monsignor  el  locum- 
tenente  e  de  tuti  li  ordini  de  la  terra,  et  etiam  senza  salario  o 
saltem  cum  povo  premio,  come  a  presso  se  determinerà ,  e  se 
sta  fermo  in  fare  numero  de  XXXVI,  li  quali  se  debiano  repar- 
tiie  in  li  .-Vntiani  e  li  altri  oflicij  de  la  cita  ,  e  che  la  metà  se 
cambie  de  sei  in  sei  mesi  ,  e  la  eleclione  se  facia  pei  el  modo 
e  forma  già  scritti  al  detto  meser  Nicolò  ,  si  che  vedeti  el  tem- 
peramento quale  s'è  preso.  Del  quale  accommodandove  al  loco  e 

3i 


470  Anno  l5o6 

al  tempo,  ne  fareti  noticia  a  la  Maestà  del  re  sotto  quelle  pa- 
role che  più  vi  parirano  a  sua  Maestà  potere  satisfare.  Et  cossi 
etiam  referireti  a  la  Excellentia  del  nostro  gubernatore  e  ne  da- 
reti  aviso  come  questa  nostra  deliberatione  sera  stata  gustata. 
Vi  daremo  ancora  la  copia  de  le  scripture  faciente  al  proposito, 
de  le  quale  scripture  un  altra  copia  a  meser  Nicolò  questi  giorni 
passati  è  stata  mandata. 

Da  li  nostri  mercadanti  da  Venexia  haretti  qui  alligato  uno 
memoriale  per  loro  formato,  il  perchè  per  remedio  de  la  libe- 
ratione  de  li  loro  beni  arrestati  vi  adoperareti  secondo  li  loro 
ricordi  senza  nova  repplicatione. 

Haretti  etiam  qui  alligate  lettere  de  credenza  in  el  re  e  in 
el  nostro  gubernatore  e  Monsignore  el  legato  e  cancellerò,  e 
ultra  in  Monsignor  el  thesaurero  Roberteto  ,  de  le  quale  vi  ac- 
commodareti  in  le  visitacione  che  fareti.  Data  Janue  die  Xll'no- 
vembris   MDVI.to. 

Istruzioni  e  relazioni  politiche,  n.  gen.  2707  C,  anni  i5oo  in  i558. 

XX. 

Lettera  dei  commissari  alla  Pieve  in  cui  si  dissuade  riijjicio  di  Balìa 
dal  muovere  guerra  a  Monaco  e  si  consigliano  altre  meno  difficili 
imprese. 

Pieve  di  Teco,  19  novembre  i5o6. 

Magnificis  ac  prestantissimis  viris  dominis  officii  Balie  cxcelsi 
comunis  Janue.   {Indiri:(^io  a  tergo). 

Magnifici  domini  ;  habiamo  scripto  heri  a  le  M.  V.  a  suiicientia 
per  uno  nontio  mandato,  et  più  per  la  importunità  ne  fano  questi 
soldati  CCCV  conducti  per  d.  Petro  Gambacurta,  che  per  altra 
raxone.  Poi  he  venuto  in  questo  locho  Baldasare  Conte  quale  dice 
essere  partito  de  costi  venardi  pasato  che  fo  a  li  XIII  p.  m.,  da 
lo  quale  a  bocha  habiamo  inteizo  V.  M.  bavere  pensamento  et 
quaxi  comò  deliberato  de  atendere  a  la  impreiza  de  Monicho  et 


Documenti  471 

per  tale  caxone  dice  le  M.  V.  preparare  fancti  fioresteri  {sic)  a 
numero  M  et  terreri  a  numero  Md  in  più,  con  ordine  che  in  questa 
rivera  se  debiano  levare  altri  homini  Md,  et  per  dieta  impreza,  de 
la  quale  impreza  sono  jà  jorni  Vm,  per  homini  vegnivano  de  costi 
se  diceva  dovere  per  V.  M.  fare  tale  efecto  che  certo  non  cre- 
devamo. Tamen,  et  prò  bono  respecto,  havemo  qualche  volta  raxo- 
p.ato  de  tale  cossa  con  il  dicto  d.  Petro  capitaneo  et  con  qualche 
altre  persone  de  questo  locho,  pratiche  de  quelo  paize,  et  da  tute, 
nemine  descrepante,  n'è  stato  referto  non  essere  cossa  da  pensare 
maxime  in  questi  tempi  de  inverno,  et  pertanto  a  noi  he  parsuto 
debito  nostro,  in  observatione  maxime  de  la  instrutione  per  le  M.  V. 
a  noi  facta,  darve  avizo  de  quelo  se  dice  de  sopra,  non  essere  bono 
Consilio,  imo  totaliter  reprobandus,  intrare  in  simile  impreza  con 
opinione  et  quasi  fermessa  de  non  podere  bavere  vitoria  et  con 
tanta  speiza  quanto  bizognaria  in  quela  ;  et  per  tanto  vogliamo 
pensare  le  M.  V.  non  habiano  pensamento  a  lo  presente  in  simile 
cosòe. 

Vero  he,  recorderemo  a  le  M.  V.  quelo  ne  occorre  quanto  a 
lo  presente,  che  sarano  cosse  secure  et  facile  con  poca  speza  et 
forzi,  non  mancho  utile  de  dieta  impreza  de  Monicho  la  quale 
impreza  de  Monicho  a  noi  pare  sarà  più  a  propoxito  questa  pa- 
Sfjua  et  con  bona  et  quaxi  ferma  opinione  de  obtenire. 

Quelo  vogliamo  arecordare  a  lo  presente  a  le  M.  V.  si  è  che 
in  lo  locho  de  lo  Marro  si  retrova  messer  lo  bastardo  de  Savoya 
inscme  con  lo  conte  de  Tenda,  quali,  per  quelo  intendiamo  qui, 
hano  bono  animo  et  grande  voluntà,  con  alcune  pratiche,  de  vidire 
se  potesscno  metere  lo  stacho  in  lo  castelo  de  Onelia,  habiando 
parte  de  U  homini  de  la  vale  con  loro,  et  di  novo  serchano  de 
comperare  alcune  parte  non  spectante  a  D.  Pereta  de  Auria  et  con 
tal  via  fase  signor  de  dieta  vale  et  castelo,  quale  cossa  se  seguisse, 
che  Idio  non  la  voglia,  considerano  le  M.  V.  come  staria  questa 
rivera,  però  che  non  saria  possibile  piùadiutarsi  de  niguno  et  questa 
vale  de  la  Pieve  saria  in  grande  periculo  et  que  admodum  se  porla 
reinitare  per  perducta,    siche  vogliamo  suplicare  a  le  M.  V.  vo- 


472  Anno     l5oó 

gliano  bavere  bona  consideratione  in  tale  cauza,  notificando  le 
M.  V.  cbe  iudichemo  per  quelo  sentimo  li  homini  de  vale  dieta 
cossi  de  alto  come  da  basso,  haveriano  dexiderio  havessero  tale  pen- 
samento le  M.  V.  et  mandeseno  quelo  ad  executione,  siche  pono 
diete  M.  V.  intendere  che  facile  mente  se  veria  ad  executione  de 
tale  impreheza.  Et  perchè  forza  diete  M.  V.  ne  poriano  respondere 
non  essere  cossa  spectante,  al  somme  che  non  sapiamo  niente  de 
Monico  et  per  non  incorrere  in  tanto  pcriculo  come  saria  capitare 
in  le  mano  de  sopra  dicti,  saperiamo  arecordare  a  le  M.  V.  che 
saria  a  bono  propoxilo  fare  a  dieta  D.  Pereta  qualche  subventione, 
quale  in  tuto  ho  in  parte  volentera  pageriano  li  homini  de  dieta 
vale  et  ultra  non  dubitemo  saria  a  propoxito  de  dieta  D.  Pereta 
quale,  per  quela  intendemo,  non  habiando  altro  adiuto,  non  porà 
substenirse,  ecc.,  ecc.  {continuano  col  propugnare  la  tesi  che  si 
debba  prima  occupare  saldamente  la  valle  di  Oneglia  per  potere  pili 
tardi,  nel  buontempo,  andare  all'assedio  di  Monaco). 

Data  in  castro  Plebis.  Die  XVI III  novembris  MDVI. 

Vestri  Jacobus  Justinianus  et 
Franciscus  de  Arquata,  comissari. 
Diversorum  communis  Janue,  Filza  54. 

XXI. 

Nota  delle  mercedi  dovute  agli  addetti  alle  artiglierie. 
«*  MDVI  die  XXVIIII"  novembris. 

De  mandato  Sp.  D.  Baptiste  de  Cavo  et  sociorum  preposi- 
torum  rebus  Monaci  comunis  Janue,  vos  e.  Lodisi  «le  Bervey 
solvite  magistro  Ambrosio  Joardo  bombarderio,  prò  bombarderiis 
viginti  quinque  ad  ducatos  sex  prò  singulo  in  mense,  videlicet  prò 
mense  uno  cum  dimidio,  ducatos  ducentos  vigintiquinque  ad  ratio- 
nem  librarum  trium  singulo  sive      .         .         Libre       DCLXXV 

Item  prò  decem  magistris  de  asia,  ad  rationem  ducatorum 
quinque  prò  singulo  in  mense,  videhcet  prò  mense  uno  ducatos 
quinquaginta  sive     .....         Ducati  L 


Documenti  473 

Itcm  prò  scarpelinis  sive  picapetris  deccm  ad  ducatos  quin- 
que  prò  sinjrulo  in  mense,  prò  mense  uno  ducatos  quinquaginta 
sive         .......         Ducati  L 

Itcm  prò  hominibus  quinquaginta  deputatis  ad  conducendam 
retro  et  antea  artclariam  ad  ducatos  tres  prò  singulo  in  mense,  prò 
mense  uno  ducatos  centum  quinquaginta  sive    Libre  CCCCL 

Item  prò  duobus  prefectis  si^e  capitibus  dictorum  hommum 
ad  ducatos  sex  prò  singulo  in  mense,  prò  mense  uno  ducatoe  duo- 
dccim  sive Libre  XXXVI 

Item  prò  custodia  dicti  magistri  Ambrosii  et  munitionis  homi- 
num  deceni  a'I  ducatos  quatuor  prò  singulo  in  mense,  prò  mense 
uno  ducato^  quadraginta  sive  .         .         .         Libre  CXX 

Item  prò  magistro  ferrario  ad  ducatos  sex  singulo  mense,  vi- 
delicct  prò  mense  uno   sive     .         .         .         Libre  XVIII 

Paulus  de  Gabella,  cancellarius. 

Diversorum  Communis  Janue,  Filza  63. 

XXII. 

Lettere  di  nomina  dell'  ingegnere  del  Comune. 
Genova,  3  dicembre  i5o6. 

Aniiani  excelsi  Communis  lanue. 
Essendone  notissimo  e!  grande  amore  che  ha  verso  de  la  patria 
sua  lo  Egregio  Maestro  Ambrosio  Ioardo  Inzegniero  e  la  grande 
industria  in  tute  le  cosse  pertinente  al  detto  mesterò  ,  e  ultra  de 
qùe:5to  lo  animo  generoso  in  ogni  experimento  per  lui  dimostrato 
in  el  mesterò  ancora  de  la  guerra,  e  desiderando  farli  bono 
animo  che  de  qui  avanti  in  tute  le  virtù  predicte  non  solum  possia 
perseverare  ma  quelle  augumentare,  per  questo  lo  elegiamo  per 
virtù  de  queste  nostre  lettere  patente  nostro  inzegniero  cum  sa- 
lario de  Ducati  vinticinque  ogni  mcise  dal  di  che  l'ha  cominciato 
a  servire,  e  cum  tute  le  honorantie,  prerogative,  iurisditione, 
utilità  et  emolumenti  debiti  al  dicto  officio  de  inzegniero  e  con- 


474  Anno   l")OÓ 

sueti  e  specialmenti  a  lui  assignando,  per  debito  de  lo  honorato 
officio  suo,  la  artegliaria  rotta  che  si  troverà  in  le  fortece  che  si 
prenderano  e  più  la  quarta  parte  de  le  victualie  si  trovcrano  in 
le  diete  fortece  per  munitione  de  quelle  e  più  la  campana  per  el 
sono  de  la  quale  se  chiama  a  le  arme,  comandando  a  tuti  li  nostri 
Capilanei  e  commissarij  e  altri  officialij  che  debano  obscrvarc  in 
tute  queste  nostre  lettere  e  da  fare  ogniuno,  per  quel  chi  tochcrà 
a  loro,  farle  inviolabilcmenti  observare.  In  quorum  fidem  fieri  illas 
iussimus,  nostrique  sigilli  impressione  muniri.  Data  lanuc  die  tercia 
decembris  l5o6. 

Litterarum  Reg.  46  —  minuta  staccata. 

XXIII. 

Supplica  di  vari  sindici  della  Riviera  Occidentale  perchè    sia    abolito 
l'officio  del  capitaneato. 

Genova,    9  dicembre  1 5o6. 

Supplicacio  sindicorum  divcrsorum  locorum  Ripparie  occiden- 
talis  in  causa  tollendi  Capitinei. 

MDVI  die  Villi  decembris. 

Illustrissimo  et  preclarissimo  principi  Domino  Philippo  de  Cleves, 
Regio  Janucnsi  Gubernatori,  et  Magnifico  consiho  Dominorum  An- 
tianorum  excelsi  Communis  Janue,  humihter  exponitur  parte  sin- 
dicorum Ripparie  -"'estre  oceidentalis  subditorum  dcvotissimorum 
vestrorum,  videlicet  Gasparis  ludicis  et  Pantaleonis  Galiani  sindi- 
corum Vintimilij,  Tobie,  Ballarani;  Gasparis  Lercarij  et  Christoferi 
Garibi  sindicorum  Portus  Mauricij;  Francisci  Pasque  sindici  Thabie, 
Perroti  Sapie  et  Antonij  Margoti  ac  Antonij  Merli  sindicorum  Sancti 
Romuli;  Nicolai  Qualie  sindici  Diani.  quomodo  superioribus  annis 
ab  initio  huius  felicissimi  regii  status  gravati  semper  fuerunt  novo 
et  insolito  officio  capitancatus,  prò  quo  coacti  semper  sunt  solvere 
intollerabile  salarium  sine  uUo  beneficio  vel  fructu  dicti  capitane!, 


Documenti  475 

adnullum  ripparic  LiSLim  dictum  officium  cxercentis  et  contra  for- 
mam  conycntionum  omnium  locorum  diete  ripparie  vestre,  et  quod 
etiam  magis  alienum  est  ab  utilitate  ipsius  ripparie  habuit  semper 
dictum  officium  Dominus  de  Sentallo,  qui,  ut  e<tnotum,  extraneus  est 
et  amoribuslanuensium  omnino  alienus,  contra  tenorem  privilegio- 
rum  per  rcgiam  maiestatem  buie  inclite  civitati  concessorum.  Per 
que  privilegia  disponitur  quod  omnia  quecunque  officia  civibus 
lanuc  conferri  debeant,  tamquam  moribus  et  institutis  lanuensium 
accommodatis,  et  qui  vinculo  nativitatis  et  sanguinis  vero  amore 
et  caritdtc,  humaniter  et  recte  officia  eis  collata  gerere  et  admi- 
nistrarc  solcnt,  cum  ex  adverso  alienigene  ad  pecunias  tantum 
et  ad  qualecunque  lucrum  oculos  atque  animum  semper  intendanl, 
obliti  plerunque  Dei  omnipotentis  et  lusticie,  quodque  ut  verius 
cognosci  possit  satis  apud  omnesconstat  quod  prenominatus  d.  de 
Sentallo  qui  adhuc  valde  adolescens  est,  nunquam  in  ripparia 
comparet  ncque  officium  capitaneatus  exercct  nisi  co  tempore 
ferme  quo  salarium  petere  aut  exigere  debet.  Et  iste  est  fructus 
capitaneatus  et  tam  gravis  impense,  que  humeris  pauperum  subdi- 
torum  vestrorum  imponitur.  Verum  est  quod  emit  aliquando  vi- 
cariatum  Portus  Mauricij  et  tunc  cogitur  ex  necessitate  in  eodem 
loco  morari,  atque  ita  officium  capitaneatus  ostendit  et  non  exercet. 
Quo  quideni  officium  Fregosi  primum  instituerunt  atque  id  vio- 
lenter  et  cum  non  possent  ex  eorum  gente  et  familia  tot  quot  erant 
alere.  Misserunt  primo  d.  Thomaxinum  et  subinde  alios  usque  ad 
statum  Reverendissimi  Domini  Cardinalis  Frigosi,  qui  ab  onere 
dicti  capitaneatus  eos  liberavit. 

Pobtea  vero  Adurni  denuo  idem  exemplum  induxerunt,  licet 
iniuste  et  violenter,  ut  dictum  est.  Tempore  vero  status  lUustrissi- 
morum  Ducum  Mediolani  nunquam  capitaneos  habuerunt  nec 
antea  saltem  cum  salario,  sed  aliquando  ducales  commissarios 
tantum,  quibus  nullum  salarium  solvebant. 

Que  cum  ita  sint  et  satis  constet  capitaneos  in  ripparia  vestra 
nullo  usui  esse,  imo  ad  onus  gravissimum  et  intolerabilc,  et  quod 
deterius  est,    si  Dominationes  Vestre  bene    omnia  explorare  vo- 


476  Anno  i5o6 

luerint,  coi^nosccnt  capitaneuin  ipsum  ultra  antiquas  factioncs,  novas 
insuper  discordias  serere,  ex  quibus  mille  mala  et  scandala  na- 
scantur.  Ideo,  parte  supra  nominatorum  sindicorum  humiliter  et 
devotissime  supplicalur  ut  buie  tanto  et  tam  gravi  malo  dignentur 
dominati  ìnes  vestre  remedium  salubre  adhibcre,  et  sua  singulari 
sapieniia  formam  invenire  per  quam  hoc  iugum  intolerabile  ex 
e-)rum  cervicibus  detrahatur,  atque  ita  decernere  ut  a  tanta  ser- 
vitute  tandem  liberentur,  prcsertim  in  hoc  felici  principio  tanti 
senatus  ad  communem  omnium  utilitatem  nunc  consliiuti.  Cui  quan- 
tum maxime  humiliter  possunt  se  se  et  suos  omncs  commendant  (l). 

Diversorum  Communis  lamie,  Filza  G.ì. 

XXIV. 

Letlera    del    couimissario    Manuele  di  Canale    agli    officiali   deputali 
per  l'impresa  di  DiConaco. 

{Notijie  dei  primi   avvenimenti  —  condiìfioni  di  Montone  e  Roccabruna 
•—  La   Turbia  e  Piece  di  Teco— difesa    contro    le   accuse  di  Agostino 
Castiglione). 

S.  Remo,   i  5  dicembre  i  SoG. 

Magnilìcis  Dominis  Baptistc  de  Cavo,  Manfredo  de  Furnarijs, 
Georgio  (Giudice)  et  Simoni  de  Amigdola  deputatis  super  prexia 
loci  Monaci.  {Indiri:{io  a  tergo). 

Magnifici  et  prestantissimi  domini.  Vegliando  io  Manuele  per 
la  rivera  solicitando  vagono  homini  e  victualie  in  campo,  habio 
contralo  in  lo  locho  de  Sancto  Romulo  doi  cum  lettere  delle  M.  V. 
unius  tenoris  e,  lexuto  che  le  ho  havote,  cum  uno  de  dicti  homini 


(i)  Segue  nello  stesso  foglio  e  sotto  la  data  «  (^  MdVI,  die  Mercuri)  Villi 
decembris  »  la  nota  che  il  governatore  e  gli  Anziani,  letta  la  soprascritta  sup- 
plica e  comprendendo  che  Pufficio  del  capitaneato  non  solo  è  inutile,  ma  one- 
rosissimo a  tutti  i  cittadini  della  Riviera  di  Ponente,  delegano  Raffaele  di 
Recco  e  Marco  Portonario,  sindici  del  comune,  perché  odano  i  prenominati 
sindici  e  vedano,  insieme  col  luogotenente,  come  si  possa  togliere  queirofficio 
e  ne  riferiscano  al  governatore  ed  al  consiglio. 


Documenli  477 

mandalolc  subito  in  campo  a  li  compagni,  a  le  quale  se  farà  per 
questa  risposta,  habiando  qui  Pendio,  uno  de  dicti  doi,  quale  vole 
tornare  indrieto.  Habio  visto  quello  ne  scriveti  di  Monsignore  di 
Alcgro,quale  s'era  movuto  cum  certa  fantavia  per  dare  sooorsoa  Mo- 
ntco  e  comoM,  Io.  lacob  1  [Trìviiì-w)  gè  havevia  mandato  certi  inze- 
gncri,  al  che  se  risponde  noi  non  haverne  noticia  et  che  est  cre- 
dendum  de  dicti  inzegneri  perochò  pocho  se  tra  per  quelli  de  la 
terra. 

Noi  qui  non  sentimo  altro  se  non  che  a  Tenda  se  trovano 
lacheto  de  Grimaldo  dicto  de  Gatera  cum  lacobo  Borrigione  e 
Augustino  de  Grimaldo  vicario  in  lo  locho  de  Suspe,  cum  homeni 
da  D  a  DC  di  quelli  de  lo  campo  di  Bologna  (1);  dixeno  voleire  an- 
dare a  la  Pena;judichcmo  benissimo  non  sieno  facti  se  non  per  so- 
correre  dicto  locho  di  Monacho  e  di  questo  se  n'à  piena  advi- 
zacione  in  campo  per  il  che  dì  e  nocte  se  fa  bonissime  goardie  e 
bixognando  goardare  trei  lochi  in  ogniuno  de  li  quali  bixogna 
haveire  tanti  homini  chi  sieno  sufficienti  per  dicti  homi  D  a  DC, 
quelli  che  sieno,  mi  sono  misso  a  vegnire  per  la  rivera  per  apren- 
dere da  essi  lochi  de  la  riviera  tanti  homini  ne  poere  debere  ba- 
stare a  podeire  goardare  li  monti  quali  habiamo  atorno  e,  anchora 
che  dicti  homini  de  la  rivera  sieno  dificurtoxisimi,  non  mancherà 
che  cum  bone  parole  e  comandamenti  asperi  se  ne  bavera  a  sufi- 
ciencia.  Hogi  ne  habio  mandato  D  e  domane  ne  manderò  altre- 
tanti  e  tanto  vegnirò  avanti  che  ne  troverò  sino  in  lo  numero 
de  MD  quali  basterano.  licet  sieno  homini  che  uno  soldato  ne 
Valeria  dexe.  E  havoto  che  haremo  questo  socorso  in  campo,  dentro 
dal  qual  tempo  eramo  serti  dovesse  vegnire  d.  Lòdixio  cum  denari 
per  dare  nova  paga,  perochò  sensa  quela  li  soldati  non  voleno  asal- 
tare la  terra,  habiamo  deliberato  fare  de  lo  nostro  resto  e  tanto 
magis  che  cum  haveire  piantato  grande  parte  de  l'artegiaria  nostra 


(1)  Krano  evidentemente  le  truppe  francesi  che    avevano    dato    aiuto   a 
Giulio  II  nella  presa  di  Bologna. 


478  Anno   l5o6 

la  quale  non  mancherà  da  qualche  banda  fracherà  le  mure  corno 
ha  già  incomensalo  di  fare.  Lo  quale  Lodixio,  gratia  Dio,  credo 
sie  so[)ra  li  brcgantini  quali  a  mezojorno  andavano  in  zuzo  cum 
bono  tempo,  lo  quale  domane  porrà  fare  contento  li  soldati  e  poi 
domane  cheharemo  tuto  Io  compimento  di  nostro  bixogno,  piaxando 
a  Dio,  sono  serto  deberemo  dare  batagia  a  la  terra.  Il  che  seguirà 
cum  megiore  animo  per  haverne  scripto  de  li  inzegneri,  de  li  quali 
se  pò  cognoscere  dicto  signore  havcrnc  manchamento  perochè  pocho 
l'averà  cum  l'artegiaria  corno  cum  fare  ripari.  Per  parte  nostra  non 
se  mancha  lavorare  cum  le  spide  ;  vero  è  ne  habiamo  mancha- 
mento perochè  non  gè  homini  tropo  de  qui  se  possemo  fidare, 
perochè  quelli  de  Mentone  e  Rochabruna  sono  molto  afectionati 
a  dicto  signore  di  Monicho,  ultra  che  fino  a  qui  le  nostre  cride 
non  hano  adoperato  sieno  vegnuti  a  la  terra  ;  li  altri  de  nostre 
rivere  non  gè  anderiano  per  niente,  perochè  dubitano  in  ogni  locho 
non  gè  fosse  dato  de  mano  e  per  tanto  staghiamo  più  vigilanti. 
Como  per  altre  nostre  habiamo  scripto,  pteizo  che  ebemo  Mentone 
e  Rochabruna,  mandiamo  signor  Gasparo  Judice  a  lo  governatore 
de  Nicia  a  farge  intendere  de  dieta  preiza  e  corno  per  parte  nostra, 
semper  che  haremo  preizo  lo  locho  di  Monacho,  dei  dicti  doi  lochi 
se  farà  quello  è  stato  dicto  per  parte  de  le  S.  V.  a  lo  ambascia- 
tore de  lo  signor  ducha  e  poi  confermatogc  per  lo  ambasciatore 
.nostro  a  lo  dicto  signore  mandato;  e  questo  si  fé  a  ciò  che  non 
gè  paresse  prendessemo  superbia  de  la  preiza  de  essi  lochi.  Al 
che,  prima  facie,  per  dicto  governatore  fo  rispozo  cum  grande 
minacie  ;  fo  rispozo  che  farciva  e  bregereiva  e,  visto  che  dicto 
Oa.sparo,  quale  haveiva  menato  con  seigo  uno  scrivano,  gè  voleiva 
protestare  che  noi  intendeymo  haveire  bona  paxe  cum  lo  prefacto 
signor  ducha  e  che  per  noi  non  mancheria  quella  mantegnire, 
salvo  se  per  lei  manchasse,  statim  si  mittigò  e  disse  corno  per 
parte  de  lo  signor  ducha  e  soa  non  se  voleiva  fare  altramenti, 
unde  non  se  danifichasse  lo  loro  paeyze,  e  che  lo  secondo  di  se- 
guente vegnireiva  a  la  Torbia  e  che  se  chalereiva  tanto  basso  che 
uno  di  noi  porreiva  andarge  a  parlare  e  che  ne  farciva  cogno- 


Documenti  479 

score  quello  s'è  dicto  di  sopra.  Il  che  fino  a  qui  non  eseguito, 
però  che  quello  di  piove  da  la  matina  fino  a  la  sera;  lo  di  se- 
guente me  parli  :  porrian  essere  gè  sereiva  andato,  che  yo  non 
lo  so  ;  di  quello  sera  seguito  sono  serto  per  li  compagni  ve  ne 
sera  dato  avizo  cum  lo  messo  quale  ogi  è  andato  a  lo  campo 
cum  diete  vostre  lettere.  Fino  qui  per  parie  de  lo  signor  ducha  non 
s'  è  facto  cossa  chi  ne  facie  cognoscere  altramenti  di  quello  s'  è 
dicto;  vero  è  che  a  la  Torbia  sono  homini  CCCC  in  pm(venuti)  giorni 
fa,  li  quali  dixeno  stare  11  per  goardia  de  lo  locho.  Li  riguardemo 
per  inimisi,  da  ofenderli  in  fora,  parendone  non  bixogne  tegneno 
li  tanti  homini  e  tanto  magis  che  le  nostre  goardie  ne  hano  dicto 
comò  quatro  nocte  fa,  uno  de  dicti  homini,  de  sopra  lo  monte,  ha 
parlato  cum  uno  de  la  terra  e  dictoge  stageno  de  bono  animo  che 
sera  socorsi,  il  quale  parlare  non  se  gè  pò  deviare,  però  che  dicto 
monte  de  che  sono  segnori  è  tanto  propinquo  a  la  terra  che  parlando 
forte  se  oldono  ;  gamo  raxone  lamentarsene  cum  dicto  governatore 
per  vedere  quello  responderà,  lo  quale  è  tuto  in  anima  e  in  corpo 
de  dicto  de  Monicho,  e  semo  serti  dexidere  grandementi  quello 
non  s'è  concesso    fino  a  qui    per    lo    signor  ducha  poder  fare. 

Di  vegnuta,  sono  stato  a  Rochabruna  in  lo  quale  e  istelo  se 
est  misso  per  tuti  noi  quattro,  per  castelano  cum  XII  homini  Lu- 
chelo  de  Canali  ;  bixogna  de  ogni  cossa  comò  sereiva  vitualie  e 
artagiarie  e  cossi  de  uno  bombarderò  e  doi  o  trei  balestreri  ;  gè 
habio  misso  sexe  mine  de  farina  cum  doe  mezanne  de  carne  sa- 
lata, e  doe  mine  de  lenti  et  sessi  in  quello  de  Mentone  in  lo  quale 
non  era  se  non  le  mure  cum  qualche  poche  bombarde,  quale  è 
goardato  per  Ambroxio  de  Sancto  Salvatore  cum  dexe  compagni  ; 
m'c  parsuto  a  propoxito  darvene  avizo  a  ciò  che  le  M.  V.  sacno 
quello  se  dageno  provixione  dever  Genoa,  cossi  de  homini  comò 
de  vitualie,  però  che  qui  non  è  homini  chi  se  vogieno  stare,  dico 
quelli  de  chi  se  porreymo  fidare,  ni  se  gè  trova  vitualie,  de  le 
quale  fino  a  qui  semo  stati  habundanti  ;  non  so  comò  se  faremo  in 
l'avegnire  ;  habio  havoto  mine  pento  di  grani  da  questo  locho  di 
Sancto  Romulo,  quali  statim  se  sono  mandati  a  Vintimigia  in  lo 


480  Anno   l5o6 

quale  locho  non  ne  era  se  non  L  mine,  facto  la  cerchia  ;  vero  è 
che  Johan  da  la  Gabella  mi  ha  dato  speransa  farmene  havcirc 
mine  CL  da  li  homini  del  Porto,  in  lo  quale  locho  lui  se  t'-ova 
capilanco,  se  non  ne  trovasse  a  Tagia  in  lo  quale  locho  anderò 
damatina  ;  stareymo  male  se  ne  bexognasse  stare  jyocri  acampati 
a  dicto  locho  de  Monicho  però  che  ogni  jorno  vogicmo  da  40 
in  L  mine  de  grani  però  che  manchiamo  di  ogjji  altro  rcfrescha- 
mento,  si  che  sera  bene  V.  M.  ne  mandeno  qualche  barchata. 

Lo  locho  de  la  Pieve  est  desguarnito  de  fantaria  comò  m'è 
stato  facto  intendere  da  Gasparo  Sartore  de  dicto  locho,  amigo 
nostro,  quale  habio  trovato  chi.  Sono  serto    ve  sera    scripto  per 

d.  lacobo  lustiniano  e  Francesco  de  Arquata  è  a  proposito  tegnire 
goarnito  per  tuto,  fino  a  tanto  habiamo  preizo  dicto  locho  de  Mo- 
nicho, perochc  ogni  locho  chi  ne  fosse  preizo  a  le  spale  ne  n  e- 
tereiva  creto;  gc  manderò  stamatina  de  ver  Tagia  cu  ni  dicto  Ga- 
spare, homini  XXV  quali  dicti  d.  lacobo  e  Francesco  porrano  tegnire 
quah.he  jorni  se  parrà  a  loro  bixognarnc,  corno  sono  certo;  li 
quaU  serano  homini  de  dicto  locho  de  Tagia  e  non  soldati  ;  per 
avizo  se  stava  bene  quello  capitaneo  Rayneri  quale  se  era  cum 
XII  compagni,  al  mancho  perche  è  varentomo  e  homo  da  bene 
per  avizo. 

Stamatina  est  vegnuto  Angustino  di  Castiglione,  compagno  no- 
stro a  Vintemigia,  e  par<^ndomi  malcontento  gè  habio  spiato  quello 
haveiva;  me  rispoxe  che  haveiva  havoto  lettere  comò  soa  raogiera 
era  malata  e  che  per  questo  se  ne  voleiva  vegnire  fino  a  Genoa 

e,  pregandolo  non  se  volesse  partire,  Francesco  da  Quarto  mi 
dice  che  la  caxone  non  era  se  non  per  haveire  visto  una  lettera 
scripta  per  lo  signor  di  Finale  a  Paulo  Baptista  e  yo,  qualle  gè 
haveiva  dato  suspecto;  lo  tenore  de  la  quale  yo  non  la  so  perchè 
non  habio  veduta  ;  penso  debie  essere  risposta  de  una  lettera  gè 
scripsi  yo  quattro  o  cinque  jorni  fa  de  ver  Ventimigia,  in  lo  quale 
locho  foi  per  goastadori  e  victualie,  quale  contegniva  corno  ha- 
vcimo  preizo  Mentone  e  Rochabruna  e  che  fra  pochi  jorni  speramo 
prendere  Mon  .ho  perochè  già  gè  eramo  acampati   e  che,  preizo 


m 


Documenti  481 

che  liaremo  dicto  loco,  gè  andereymo  cuni  luto  Io  campo  a  dare 
socorso  se  bixognasse,  però  che  per  chamino  havi  una  lettera  da 
li  M.  Anciani  e  officio  de  balia,  per  la  quale,  iiiter  le  altre  cosse,  ne 
scriveiva  comò  andava  campo  adosso  a  dicto  signor  de  Finale  cum 
intromissione  de  gent  ilhomini  e  che  cerchasseno  de  fare  presto;  e  più 
che  dioto  tragieta  me  disse  a  bocha  comò  a  Genoa  se  era  deliberato, 
semper  che  dicto  campo  gè  vegnisse  adosso,  serrare  le  buttege  e 
andarge  per  dexe  o  doxe  jorni  a  dare  socorso.  E  per  questo  mi 
parse  a  propoxito  scriverge  quanto  s' è  dicto  di  sopra,  sia  per  suo 
conforto,  sia  che  de  dieta  lettera  se  servisse  inver  li  soi  subditi,  li 
quali  stesseno  fermi  a  mantegnirlo  in  stado,  saltem  tanto  quanto  noi 
steysemo  acampati  a  Monicho,  parendomi  ne  importe  tanto  a  dieta 
nostra  impreiza,  quanto  importava  lo  prendere  di  Monicho  e  Ro- 
chabruna.  Si  che,  judicando  che  dicto  Augustino  quale  junio  se 
pò  dire  steise  qui,  sia  per  li  dexaxi  del  vivere  e  del  dormire,  sia 
per  lo  reizego  de  la  artegiaria  se  corre,  se  debie  scuzare  che  dieta 
lettera  sia  stata  quella  chi  l' abie  facto  vegnire,  m'  è  parsuto  a  pro- 
poxito scrivervene  qualche  cossa  a  ciò  che  non  se  pigiasse  um- 
braxe  de  quello  non  bixogna,  licet  sie  certo  posse  pareire  ad  ogni 
uno  sie  una  de  quelle  persone  in  lo  mondo,  chi  mancho  habie  pas- 
sione a  capelassi  e  chi  più  junio  visse  per  mutacione  de  lo  pre- 
sente felicissimo  stato  a  lo  quale  Augustino,  inteizo  che  ebi  questa 
essere  la  caxone,  disti  che,  avanti  la  soa  andata,  sereiva  a  propoxito 
cerchasse  di  vedere  dieta  lettera,  quale  manderei  va  a  prendere  cum 
uno  de  soi  homini  a  dicto  signor  de  Finale  e  che,  vista  che  l'harebe, 
savereiva  megio  quello  doverebe  fare  per  suo  honore  e  debito,  al 
che  non  fo  rimedio  volesse  restare,  per  prexère  se  habio  facto  ; 
parendome  la  soa  vergogna,  comò  mia,  essendo  stati  mandati  in- 
sieme a  la  presente  impreiza,  in  la  quale  non  mancheremo  fare 
lo  debito  nostro,  corno  ogniuno  se  pò  persuadere,  perochc  pigeria 
più  presto  per  parte  mia  pacto  di  morire  cha  non  haverge  honore. 
Non  altr,)  mi  achade  de  dire  per  risposta  de  le  vostre  Magnifì- 
centic  per    parte    mia,  salvo  a  ricomandarme   a  V.  M.  e  cossi  a 


482  Anno     l5o6 

quella  de  li  Magnifici  d.  Anciani  et  officio  de  balia  a  li  quali  questa 
sie  lettera. 

Data  in  S:mcto  Romulo  die  XV  decembris  l5o6,  bora  IIII  noctis. 
E.  D.  V. 

Manuel  de  Canali  comissarius  vester  cum  recomendacione. 

Diversorum   Communis  lanue,  Filza  63. 

XXV. 

Lettera  di  tAlfonso  del  Carrello  al  governo  di  Genova  circa  la  spedi- 
:(ione  del  duca  di  Savoia  in  soccorso  di  Monaco  —  Decreto  del  Senato 
che  raccomanda  di  usare  clemenza  ad  un  servo  del  siimore  di  Fi- 
nale arrestato  per  sospetti. 

Finale,  1 7  dicembre  1 5o6. 

Quoddam  testimonium  innocentie  D.  Alpbonsi  de  Carreto.  etc. 

Magnifìcis  ac  Generosis  Dominis  meis  tamquam  patribus  colen- 
dissimis.  dominis  Antianis  inclite  civitatis  Janue.  [Indirino  a  tergo). 

Magnifici  Domini  mei  tamquam  patres  collendissimi.  Do  ad- 
viso  a  S.  V.  chomo  400  ventureri  sono  destinati  al  secorso  de 
Monicbo  cum  uno  commisario  de  Savoya,  quali  ad  tardius  sab- 
bdto  veniente  (/^  dicembre)  doviano  passare  per  Tenda  et  calarsi 
a  le  circunstantie  de  Vintimilia  a  ciò  S.  V.  li  diano  provisione 
et  presta.  Lo  adviso  lo  hebi  beri  sero  ad  bore  23.  Le  lettere 
berano  de  l5  a  bore  23  da  persona  digna  de  ogni  fede  et  de 
questo  vi  dò  adviso.  Sono  certificalo  per  le  scortbe  babio  bine 
indj  per  le  cosse  mie;  quale  credo  prò  nunc  non  sarano  trava- 
gliate di  sorte  mi  possano  molto  dannificare.  Se  per  parte  mia 
per  S.  V.  li  ha  da  far  cossa  alcuna  in  vostro  benefficio,  cbomo 
per  altre  mie  si  be  dicto,  comandando  sareti  obedite.  Vi  persua- 
do a  fare  ogni  sforzo,  poi  bavcti  cominciato,  a  mantenere  la 
impreisa,  sia  per  lo  utile,  sia  per  la  reputatione,  sia  per  non  ba- 
vere spenduto  in  vano,  et  tuto  quello  volete  fare  farlo  presto 
et  tuto  insieme,  percbè  darà  più  terrore  a  lo  inimico  e  le  forze 


Documenti  483 

sono  più  robuste.  La  posta  non  he  ancora  comparuta,  che  asai 
mi  maraveglio,  abenchè  heri  sia  advisato  per  lettere  de  l5  da 
verso  Diano  in  "fcneraU  le  cosse  de  Monicho  anderano  bene,  che 
questo  non  basta  ad  i  ntendere.  Ben  mi  persuado,  o  non  vi  sia 
cossu  ancora  di  momento  né  prò  né  contra,  o  vero  in  camino 
le  poste  siam  restalate,  che  in  altro  loco  non  potria  essere  salvo 
o  a  Honeglia  o  di  sopra,  che  mal  posso  persuadermi.  A  la  gra- 
tia  de  S.  V.  mi  ricomando.  Ex  Finario,  die  17  decembris  a 
hoire   l3. 

Alfonso  de  Carreto. 
Genova,  19  novembre  i5oG. 
l5o6  die  X Villi  decembris. 

Magnificus  Senatus,  lectis  hodie  suprascriptis  htteris,  receptis  a 
dicto  D.  Alphonso,  cognoscens  sanam  mentern  ipsius  erga  patriam, 
quia  captus  fuit  Nicolaus  Ferrarius  eius  servitor  propter  suspicio- 
nem  quarundam  litterarum  scriptarum  per  ipsum  dominum  com- 
missariis  et  considerans  nuUam  inesse  fraudem  sive  suspicionem 
in  dicto  homine,  laudavit  quod  illi  non  dentur  tormenta  corporis 
sed  bono  modo  examinetur  et  it  i  iussu  ipsius  senatus  estendi  su- 
prascriptas  litteras  Sp.  officialibus  Monaci  ecc ,  ecc. 

Politicoruni  Mazzo  j,  Fascicolo  n.  47. 

XXVI.     • 

Lettera  di  Luigi  di  Bervey  alla  Balta  di  Genova. 
[Condizioni  del  campo  genovese  —  Grave  questione  delle  paghe  —  Ar- 
rivo di  5oo  venturieri  francesi  alla   Turbia  —    Richiesta  di  munizioni 
e  di  uomini  —  Nuovi  reclutamenti  di  truppe  —  Notipe  varie). 

Dal  campo  presso  Monaco,  17  dicembre  i5o6. 

Magnifìcis  et  prestantissirfiis  dominis  officialibus  Balie  excelsi 
comunis  lanue  dominis  meis  observandissimis.  (Indiri:(:io  a  teri^oj. 

Magnifici  et  prestantissimi  domini  observandissimi  ;  cum  con- 
traiietà    de   tempo  et  difficultà    de  conducere    la  barcha    de    la 


484  Anno   l5o6 

artagliaria,  la  quale  non  mi  habio  volsuto  lassiare  drieto,  tandem 
iunsi  beri  in  sero,  bora  li-''  noctis,  in  questo  loco  et  per  quella 
seira  non  podeli  essere  cum  le  magnificentie  de  lo  capitaneo  et 
commissari  et  solum  parlai  a  lo  maestro  bombarderò  da  lo  qualle 
non  restai  niente  salisfacto  de  lo  affare  suo,  in  specie  clie  mi 
disse  non  baveiva  lo  numero  de  bombarderi  ordinato  et  die  non 
haveiva  bona  obedientia  da  li  altri  soi  ministri,  circa  il  che  glie 
dissi  quello  mi  parse  in  repreiienderlo  et  questa  matina  in  aurora 
,mi  sono  transferlo  a  lo  alogiamento  de  lo  capitaneo  et  de  com- 
missarij  de  li  quali  gbe  trovai  solum  domino  Paulo  Baptista, 
perciocbè  domino  Augustino  se  era  partito  per  Genua  ,  domino 
Manuele  era  andato  per  dare  ordine  a  la  provisione  de  le 
victuabe  et  sequelle  ac  guastadori,  d.  Ambrosio  era  a  la  guardia 
de  Mentone  et  Rocbabruna,  lo  quale  asai  tosto  iunse  in  eodem 
loco  ;  et  depoi  cbe  bebi  visto  io  ordine  de  lo  campo  dove 
baveivano  posti  alcuni  pecij  de  artagliaria  picbola ,  li  quali 
erano  molto  distanti  da  lo  loco  de  Monacbo,  et  che  bebi  visto 
et  considerato  lo  sito  de  lo  loco,  restai  asai  invaghito  et  mai 
contento  perciocbè  mi  credeiva  trovare  le  cose  in  altro  essere  ; 
et  hoc  facto  se  reducemo  tuti  inseme  ih  lo  paviglione  et  m 
parole  ghe  dissi  pur  essere  restato  invaghito  de  baver  trovato  le 
cose  in  altro  essere  non  espectava  ;  fumo  adiunte  undique  molte 
excusatione,  le  quali  seria  longo  a  scriverle  ;  postea  gbe  dissi 
quello  haveiva  in  mandatis  da  le  S.  V.  et  in  specie  de  lo  reve- 
deire  de  li  soldati  et  de  aiu^tare  li  tempi  cbe  la  pagha  corrcse 
usque  a  lo  primo  de  Jennario  ;  a  il  che  mi  fue  respozo  che  seria 
difficultà  a  fare  che  tuti  li  soldati  rest^seno  contenti  de  tal 
effecto,  perciocbè  tuti  aspectavano  de  baver  la  sua  paga  integra. 
Et  per  intendere  presto  la  loro  dispositione  li  feci  statim  con- 
gregare, idest  loro  capi,  im  presentia  de  lo  capitaneo  ac  domino 
Petro  ;  gbe  dissi  quello  se  era  ordinato  et  cìie  usque  tunc 
era  presto  ad  cxbursare  lo  supplemento  de  dieta  paga  cum 
persuadeghe  et  permeterghe  cbe  statim  et  ante  terminum  de  doi 


Documenti  485 

iorni  se  ghe  da  ria  la  paga  integra,  a  la  quale  se  haveiva  bona 
et  certa  provisione;  s'è  preizo  inter  loro  rispecto  de  conferire 
cum  le  compagnie  ;  tandem  assai  presto  tuti  inseme  ritornano  et 
absolute  rispozeno  che  non  volevano  scapesoni  de  paglia  et  che 
aspecteriano  lo  termine  de  li  loro  tempi,  a  li  quali  se  non  li  sera 
data,  provederano  al  facto  loro  ;  non  valse  parole  né  persua- 
sione de  capitanei.  né  de  commissari],  né  mie,  il  quale  ghe  dissi 
assai,  che  non  se  voleseno  rimovere  da  la  loro  opinione  ;  quo 
visto,  parse  il  meglio  de  acceptare  lo  loro  voleire  per  il  meglio, 
sopra  il  quale  ghe  dissi  et  affermai  che  se  dària  principio  a 
contentare  li  primi  e  che  de  poi  se  anderia  appresso  secundo 
che  correi  vano  li  tempi  ;  et  per  questo  est  necessario  che  le 
Signorie  Vostre  daghe  tal  provisione  che  presto  se  habia  lo  com- 
pimento de  la  paga  integra  et  che  se  habie  ad  tardius  hic  a  li 
XXIII  del  presente,  perciochè  aUter  dubito  se  meteria  in  ruina 
tuto  questo  campo.  Io  provederò  a  la  paga  de  alcuni,  lo  tempo 
de  li  quali  è  finito  usque  a  li  XV  del  presente,  perciochè  glie 
habio  da  supplire  ;  ulterius,  se  le  Signorie  Vostre  manderano  an- 
chora  mille  scuti,  bavero  da  dare  la  paga  a  le  altre  compagnie, 
lo  tempo  de  le  quale  finisse  a  lì  XXIIII  del  presente.  Tuto  il  resto 
vano  a  lo  primo  de  Jennario,  tra  lo  quale  tempo  Vostre  Signorie 
poterano  cum  più  loro  commodità  dare  provisione  a  lo  compi- 
mento de  ipsa  paga  et  io  più  distentamenti  le  advizerò  de  quanto 
sera  il  bizogno  de  dicto  componimento.  Sed  havendosi  a  dare  ba- 
taglia  a  la  terra  et  castello  seria  a  proposito  che,  saltem  a  li  XXIIII, 
se  deise  la  sua  paga  a  li  altri,  perciochè  ahtcr  mal  se  potereivamo 
valeire  de  dicti  soldati  in  tal  effecto  et  usque  nunc  tuti  dicti  sol- 
dati molto  stano  fredi  et  resteivi  ad  non  metersi  a  nissuno  periculo, 
dubitando  non  ghe  correse  la  paga  ;  tute  queste  cose  mi  dano  mo- 
lestia et  invaghimento;  scando  maxime  hodie  sopravenuti  li  cin- 
quecento guaschoni,  li  quali  iam  se  erano  calati  de  verso  la  Turbia 
et  se  non  se  li  fosse  facto  resistentia  era  dubio  non  intrasseno 
dentro,  ettalcaxone  etiam  (/;a)  astallato  che  la  artagliaria  non  se  sia 
questa  nocte  mandata  comò  se  era  ordinato  ;  sono  stato  cum  lo 

32 


486  Anno  l5o6 

custode  deputato  per  le  Magnificentie  de  li  quattro  deputati,  per 
intendere  in  che  essere  erano  le  munitione  mandate  per  ipsi  quatro, 
de  le  quale  habio  portato  lo  inventario  et  summarie  me  ha  dialo 
che  de  le  capse  XXXVI  de  veretoni  mandato  non  ghe  ne  resta 
più  che  capse  septem,  item  che  de  lo  carratello  de  lo  filo  da  ba- 
lestre non  ghe  ne  resta  più  niente  et  che  non  ha  possuto  prove- 
deire  ad  alcuni  pe  requiriano;  a  queste  doe  cose,  id  est  veretoni 
et  filo  de  balestre,  est  necessario  Vostre  Magnificentie  presto  fa- 
ciano  provisione  saitem  de  uno  carratelleto  de  filo  et  de  capse 
viginti  de  veretoni,  anchora  che  me  sia  parsuto  molto  absurdo 
che  non  seandosi  anchora  facto  fato  de  arme  siano  consumpti 
tanti  veretoni  et  filo.  Lo  custode  se  scuza  che  le  ha  consignate 
cum  polise  de  li  commissarij  et  credo  che  sia  stato  havuto  pocho 
ordine,  lo  quale  mi  sforserò,  quanto  poterò,  adrisare  et  corre- 
ghere.  Lo  bombarderò  dice  etiam  che  bizogna  le  S.  V.  faciano 
anchora  provisione  de  cantara  quinquaginta  de  polvere,  perciochè 
dice  se  ne  bavera  de  bizogno,  maxime  adoperando  tuta  la  arta- 
liaria  ;  la  quale  se  rimandò  la,  non  obstante  la  vegnuta  de  li  gua- 
schoni,  se  est  deliberato  de  piantare  in  lo  ihardino  presso  lo  ca- 
stello ;  in  questo  punto  expedisco  la  barcha  cum  trei  canoni  de  li 
nostri  e  li  soi  feramenti  e  domani  se  manderano  quelli  de  Piza 
cum  el  resto,  maxime  che  non  pare  se  possia  estimare  la  vegnuta 
de  ipsi  guaschoni,  li  quali,  se  dice,  sono  gente  de  vii  condictione 
e  aho  non  apparente;  speremo  de  conducere  le  cose  a  bono  ter- 
mino, e  anchora  che  lo  governatore  de  Nicla  habia  beri  uzato 
molte  parole  minatorie,  corno  più  diffusamente  de  tuto  le  Signorie 
Vostre  serano  advizate,  pare  che  hodie  alcuni  altri  de  Nicla  ha- 
biano  dicto  che  starano  neutrali  e  che  per  loro  non  sarà  dato 
impedimento  a  le  cosse  nostre  K  se  manchasseno  le  prò  visioni 
se  dice  se  preparano  per  lo  duca  de  Savoia,  se  può  sperare  non 
debia  manchare  se  debia  presto  vegnire  a  lo  intento  nostro.  Kt 
in  omnem  eventum,  estimando,  secundo  dice  lo  capitanio,  che 
debiano  manchare  de  li  fanti  mandati,  lauderia  Vostre  Magnifi- 
centie^ possando  presto  haverne    qualche    numero    de    boni,  che 


■ 


Documenti  487 

presto  li  expediseno,  li  quali  laudo  più  presto  siano  forestieri 
quam  terreri,  perciò  che  de  terreri  non  se  può  haveire  né  obe- 
dientia  né  timore  e  questo  se  experimenta  in  li  fanti  facti  per  li 
Magnifici  commissarij,  de  li  quali,  per  quello  sento,  mal  si  può 
provedeire  ad  alcuno  bisogno  ;  non  esprimo  lo  numero,  perciochè 
a  una  simile  impreiza  non  può  essere  tropo  grande,  anchora  che 
mi  grave  la  speza.  Mi  est  dispiaciuto  la  vegnuta  di  d.  Auguslino 
de  CastiUione,  cum  lo  quale  sopra  Santo  Romulo  parlai  e  molto 
se  doleiva  de  qualche  termine  uzate  per  alcuni  de  soi  compagni 
et  in  specie  de  la  lettera  scripta  per  lo  signore  de  Finaro,  la  quale 
mi  monstrò  et  per  quella  non  mi  pareiva  se  havesse  a  partire. 
Ben  mi  est  despiaciuto  lo  termine  tegnuto  in  la  preiza  de  Mentone 
e  Rochabruna  maxime  in  lo  . .  .  {sperpero?)  delle  cosse  ghe  erano 
dentro  de  la  quale  ne  est  seguito  quello  vostre  Magnificentie  hano 
sentito  e  vere  havendo  havuto  la  possessione  de  ipsa  fortesa  pacifice, 
est  pur  stato  cativo  ordine  che  tante  cose  siano  andate  a  male. 
Le  Signorie  Vostre  sono  prudente  e  a  tuto  darano  quello  remedio 
ghe  parerà.  Io  spero  che  domatina  commincierò  a  revedere  le 
compagnie  e  presto  intenderò  lo  numero  de  fanti  Testa  et  quelli 
manchano,  et  de  tuto  semper  darò  adviso  a  le  Signorie  Vostre. 
Et  perciochè  in  la  partensa  de  lo  capitanio  se  imbarchò  uno 
capo  nominato  Janoto  Basso  hispano  cumpreisi  XXIII  tuti  homini 
de  avantilio,  a  lo  qualle  solo  se  exborsò  per  d.  Vincentio  de  Ma- 
rino due.  quinquaginta  e  se  gh'ò  promesso  de  dare  la  sua  paga 
iuncto  fusse  qui,  sotto  la  declarazione  de  lo  stipendio  paresse  a 
la  Magnificentia  de  lo  Capitanio,  seando  tuti  homini  da  ogni  afare, 
ne  dago  adviso  a  le  Signorie  Vostre  aciochè  intendeno  tuto.  II 
simile  dirò  de  decem  aut  duodecim  pizani,  tuti  homini  da  fare 
onni  facto,  et  presertim  uno  inzegneio  lo  quale  asai  habio  volen- 
teri  veduto,  perciochè,  per  mio  iudicio,  non  vale  mancho  de  Mae- 
stro Ambrogio  e  forse  che  est  de  qualche  evantalio  ;  e  quando 
se  imbarchano,  domino  Baptista  del  Cavo  era  presente  e  cosi  do- 
mino Lazzaro  ac  dicti  Vincentio  de  Marino,  li  quali  tuti    diseno 


488  Anno  l5oó 

che  ad  ogni  modo  se  conduceseno,  a  li  quali  similiter  convegnerà 
provedeire  de  la  loro  paga,  secundo  lo  iudicio  de  ipso  capitaneo, 
non  obstante  fare  uno  debito  in  diminuire  loro  stipendio  quanto 
e  poterò;  et  vere,  se  non  fosseno  alcune  lancie  spesate  de  simile 
natura,  le  quale  sono  quelli  se  metono  ad  ogni  bersagio  et  fano 
animo  a  li  altri,  le  cose  anderiano  male.  Voglio  che  le  Magnifi- 
centie  Vostre  siano  de  tute  advisate,  a  le  quali  semper  mi  arri- 
comando.  Ex  castris  Monaci,  die  XVII  decembris,  hora  II*  noctis, 
Md.  VI. 

E.  D.  V.  Servitor  fidelis  Lodisius 

de  Bervey  cum  rccomandatione. 

Per  non  haveire  anchora  in- 
teizo  le  speize  facte  et  fano  li 
Magnifici  Commissari,  non  pos- 
so de  quelle  dire  niente  ;  mi  sfor- 
serò  de  intendere  tuto  et  dare 
adviso  le  cose  non  vadano  a 
male. 

Diversorum  Gommunis  Janue,  Filza  63. 

XXVII. 

Lettera  di  Luigi  di    'Beruey  alla  Bilia  di  Genova 
(Tentativo  fallito    di   avvicinare    l'artiglieria  alle  mura    —    Istau'^e   per 
l'invio  di  denaro  —  Cenni  di  trattative  coi  venturieri  francesi    —    Ri- 
chiesta di  muniponi  e  di  uomini.) 

Dal   campo  di  Monaco,  i8  dicembre  i5o6. 

Magnificis  et  prestantissimis  dominis  offìcialibus  Balie  excclsi 
communis  lanue  dominis  meis  observandissimis  -  resevuto  die  sa- 
bati a  hore  XXIIIJ  —  resete  die  sabati  ora  sesta  noctis,  XIIIJ 
decembris  in  Portu  Mauritio  —  recete  die  Dominicha  20  pre- 
senti, ora  l6  in  circa  in  Andora;  in  Albenga  20  decembris,  hora 
21  de  dominicha  {lndirì;(_{0  e  segni  di  controllo  a  tergo). 


Documenti  489 

Magnifici  et  prestantissimi  domini  observandissimi.  L' altro 
iorrio  scripsi  a  le  S.  V.  et  distincte  le  advisai  de  quello  era  se- 
guito de  poi  la  vegnuta  mia;  postea  non  habio  scripto,  deside- 
rando de  dare  adviso  de  qualche  cosa  più  avanti  de  quello  era 
usque  tunc  seguito,  maxime  in  lo  piantare  de  la  artagliaria  in 
lo  ihardino  presso  lo  castello  et  loco  de  Monaco;  il  che  anchora 
non  ha  possuto  sortire  effecto,  perciochè,  habiando  facto  li  rip- 
pari  opportuni  et  mandato  beri  in  nocte  lo  doi  pecij  de  Piza 
cum  la  barcha  in  la  qualle  erano  carrigati  tuti  li  soi  apparati  et 
dato  cosi  a  la  custodia  comò  a  lo  resto  le  provisione  opportune, 
la  sorte  ha  pe.misso  che,  per  essere  carica  la  barcha,  non  se 
podete  acostare  tanto  che  se  podese  dieta  artagliaria  discarri- 
gare  et  fue  necessario  ritornarla  indrieto,  Questa  matina  se  est 
discarrigata  et  conducta  in  lo  campo  presso  la  altra  minuta, 
tira  verso  lo  loco  et  castello  e  questa  seira  speremo,  deo  adiu- 
tore, tirarla  a  lo  dicto  loco,  quamvis  cum  maior  difficultà;  et 
cosi  seguendo  se  può  sperare  che  presto  farà  tal  operatione  che 
si  poterà  dare  la  bataglia;  sed  me  preme  lo  animo  una  dificultà  et 
pagora,  che  convegniando^  facta  la  operatione  cum  la  artagliaria, 
statim  dare  la  bataglia,  che  la  fantaria  non  si  voglia  exponere  a 
tal  effecto  se  prius  non  tochano  la  paga,  la  quale  non  est  pos- 
sibile poter  dare,  non  havendo  lo  compimento  de  li  denari; 
perciochè  bizogneria  fosse  universale.  Et  in  questa  difficultà  sera 
necessario  cum  distribuire  li  denari  sono  in  me  et  tuti  quelli  se  po- 
terano  ricogliere  et  cum  quelli  prometerghe  se  darà  effectualiter 
dieta  paga,  tirarli  a  voleire,  cum  bono  animo,  a  fare  tale  ef- 
fecto. Et  iam  habiamo  dato  principio  a  dare  la  page  a  quelli  è 
finito  lo  tempo  a  li  di  XV  del  presente  et  cosi  anderemo  ap- 
presso de  tempo  in  tempo,  secundo  che  finirà  et  che  in  me  se- 
rano denari;  ben  prego  e  conforto  V.  S.  che,  cum  quella  celle- 
rità  poterano,  mandeno  lu  compimento  de  dieta  paga,  perciochè 
ad  ogni  modo  est  necessario  haverla  tuta  ,  e  dio  volese  la  po- 
tescmo  dare  avanti  lo  dare  de   la  bataglia,  perciochè    ne    staria 


490  Anno  l5o6 

cum  megliore  animo  et  mancheria  lo  suspecto    de  la  diffidentia 
de  non  haverla,  lo  quale  mi  dà    affano  asai    e,    debiando    dare 
dieta  paga  compita,  bizogna  haveire  anchora  due.    XI    mila  cinque- 
cento in  parte,  non  computata  la  paga  del  capitanio    et  de    do- 
mino Petro  ac  de  la  compagnia  solita  del    capitanio,  cum  bale- 
streri  a  cavalo  e  altri  soliti  evantali  ac  la  paga  de  XI  compagni, 
la  quale  tuta  inseme  ascenderà  a  la  summa  de  due.  M.  in  più  et 
etiam  non  computata  la  paga  de  lo  bombarderò  e  sua  comitiva, 
de  la  quale,  come  habio  scripto,  manchano    asai    corno    meglio 
dicerneno,  facto  quello  est  nunc  in  procinto  de  fare.   Et  per  es- 
sere tuti  li  fanti  et  altri  asai  impediti  in  la  preparatione  de  dieta 
artagliaria,  non  est  anchora  stato  possibile  poteire    revedeire    le 
compagnie,  il  che  non  mancherò  de  fare    in  lo  dare  dieta  paga, 
se  avanti  non  lo  potesse  fare,  advisando  V.  S.    che    sono    iorni 
trei  che  non  mi  sono  spogliato  per  solicitare  e  attendere  a  li  bi- 
zogni  occorreno,  per    li  quali  certo  ne  sono  qualche  cosa    indi- 
sposto. Non  mi  voglio  extendere  in  notificare  a  quelle  le  prati- 
che se  tracteno  cum  li  guasconi  per  mezo  de    lanoto  spagnolo, 
e  altre  se  tracteno  per  lo  magnifico  capitaneo,   pcrciochè  per  li 
magnifici  commissarij  Vostre  Magnifìcentie  ne  sera    piene    advi- 
zate,  et  quando  la  pratica  de  dicto  lanoto  potese  sortire  effecto, 
reputeria  le  cose  nostre  fora  de  periculo;    questa  sera    aut    do- 
matina  se  aspecta  la  risposta,  de  la  quale  V.  S.  serano  advisate. 
Utcunque  sit,  laudo  ad  ogni  modo  la  vinuta  de  qualche  fanti  fo- 
resteri  se  si  può,  sin  minus  de  la  valle  Pulcifera  et  Bizagno,  aut 
Sestri.  Aricordo  pariter  lo  mandare  de  polvere,  veretoni,  candelle, 
asai  et  qualche  brandoni,  {grossi  ceri)  pcrciochè  ne  li  servitij  nocturni 
asai  se  ne  consumano;  de  quello  seguirà  semper  ne  tegnirò  advizate 
vostre  Magnifìcentie,  a  le  quali  semper  mi  arricomando.  Ex  ca- 
stris  Monaci  die  XVIII  decembris  bora  XXIIP,  M  d  VI. 

E.  M.  V.  servitor  fidelis 

Lodisius  de  Bcrvey. 
Diversorum  Communis  lànue  Filza  63. 


Documenti  491 

XXVIII. 

Lettera  di  Luigi  di  Bervey   alla  Balìa  di  Genova. 
(Esito     delle     trattative  coi  venturieri  francesi    —    Sperante    su    di    esse 
riposte  —  Notizie  sulle  artiglierie  e  gli  artiglieri    —  Spese  fj  ite  e  da 
farsi  —  Mentane  e  Roccabruna.) 

Dal  campo  di  Monaco,    20  dicembre  1 5oó. 

Magnifìcis  et  prestantissimis,  dominis  officialibus  Balie  excelsi 
communis  lanue,  dominis  meis  observandissimis.  {Indirino  a  tergo) 

Magnifici  et  prestantissimi  domini  observandissimi.  Heri  scripsi 
a  le  Signorie  vostre  e  li  feci  instantie  de  lo  mandare  del  com- 
pimento de  la  paga  et  li  scripsi  la  summa  era  necessaria  per 
compimento  de  ipsa,  e  perciochè  scripsi  de  la  praticha  se  tracta- 
va  per  lanoto  guaschone  cum  lo  capitanio  Familia,  capitani© 
de  li  D.*"  ventureri  venuti  hic  per  intrare  dentro  da  Mona- 
che, de  la  qual  praticha  mi  rifersi  a  quello  scrivevano  li  Ma- 
gnifici commissarii,  advizo  vostre  Signorie  comò  in  questa  bora 
est  ritornato  don  Paulo  Baptista,  lo  quale  questa  matina,  sub 
lo  ordine  tractato  per  dicto  lanoto,  era  andato  per  trovarsi  cum 
dicto  capitane©  et  demum,  secundo  ipso  Paulo  Baptista  ha  ri- 
ferto,  ipso  capitane©  est  restato  de  acordio  sub  Io  stipendio  in- 
frascript©,  videlicet  de  dare  due.  CL.  per  la  sua  persona,  e  1© 
rest©  de  li  fanti  conducerà,  li  quali  estima  da  quatrocento, 
pagarli  al  l©r©  s©hto  stipendi©,  l©  quale  iudic©  essere  Due. 
Vili  ©  X  prò  singulo,  perci©chè  c©si  se  li  pagava  a  lenua,  et 
isto  mod©  V.  S.  pu©n©  calc©lare  quello  ne  porta  la  sua  paga, 
cum  lo  evantaiio  de  1©  su©  subcapitane©,  lo  quale  à  mandato 
cum  dict©  d.  Paul©  Baptista  per  prendere  scuti  CCC  in  s©lutio- 
nem  diete  paghe,  li  quali,  de  commissione  de  ipsi  commissarij, 
ghe  habio  numerat©  et  cum  quelli  se  est  partit©  cum  ©rdine  de 
essere  d©matina  in  queste  parte  a  prendere  1©  resto  de  ipsa  paga, 
e  cosi  venendo  se  ghe  pagherà.  Est  convegnuto  'prendere  simile 
rixic©,  per  1©  quale  ips©  lanoto  est  restato  seco  per  conducerlo 
domatina.  I©  habi©  etiam  approvato  dieta  praticha  et  convcgnu- 


492  Anno  lóoó 

to  in  prendere  dicto  rexico,  perciochè,  habiando  effecto,  corno 
mi  pare  essere  certo,  io  reputo  le  cose  de  questa  impreiza  in 
bono  termino,  perciocché  oltra  lo  invaghimento  ne  prenderà  lo 
signore  de  Monaco  e  che  se  disconcia  tuti  li  disegni  ne  davano 
grande  affano,  io  lo  reputo  quasi  desperato  de  ogni  subsidio.  Sed 
quod  peius  erat,  tuti  li  capi  de  questo  campo  e  presertim  li  no- 
strati  et  presertim  li  marcheixi  et  altri  de  quelle  parte,  se  erano 
iam  bis  missi  in  motu  et  dicto  che,  se  dentro  da  lune  {21  di- 
cembre) non  haveivano  la  paga  integra,  protestavano  levarsi  da 
la  guardia  de  la  artagliaria,  la  quale,  sotto  molte  diffìcultade  et 
quasi  impossibilitate,  se  doveiva  questa  nocte  metere  in  loco,  et 
tanta  longhesa  est  causata  per  il  cativo  ordine  e  cativa  provi- 
sione date  per  lo  maestro  Inzegnero  nostro,  a  lo  quale  mancha- 
vano  tuti  li  provedimenti,  cosi  de  homini  et  bombarderi  de- 
ve! va  conducere,  corno  de  legnami  e  altri  apparati  per  quella 
necessarii.  Et  se  non  fosse  stata  la  vegnuta  de  uno  pipano  inze- 
gnero, lo  quale  est  de  li  principali  se  possia  troverare  {sic)  in 
questo  mesterò,  cioè  de  Maestro  lusto  bombarderò,  etiam  de 
diversi  pizani  vegnuti  cum  noi  cum  li  brigantini,  homini  tuti  de 
evantilio  e  da  regere  ogni  impreiza,  io  iudicava  non  potersi  va- 
leire  de  ipsa  artagliaria  et  maxime  in  li  loci  neccssarij  e  spero 
che  questa  nocte,  sub  lo  ordine  dato,  si  dcbia  metere  a  loco, 
il  che  dio  voglia.  A  lo  dicto  pizano  inzegniero  e  convegnuto 
pagare  una  paga  a  raxone  de  due.  XX  lo  meize,  cinque  de  li 
altri  a  raxone  de  due.  X  per  ciascuno,  e  lo  resto,  usque  in  lo 
numero  de  viginti  doi,  a  raxone  de  ducati,  alcuni  sei,  alcuni 
cinque  et  altri  quatro;  et  questo  se  est  facto  de  ordine  de  li 
commissarij;  preterea  se  est  pagato  Io  compimento  de  la  sua 
paga  a  quello  lanoto  per  compagni  XXXI,  ipso  comprehenso, 
in  la  quale  ghc  sono  octo  a  li  quali  se  sono  pagati  due.  XVI 
prò  singulo,  lo  resto  a  raxone  de  due.  Vili  prò  sinu'ulo  e,  per 
la  qualità  de  li  homini,  mi  pare  se  sia  asai  posto  a  segno.  Sed 
per  essere  conductore  de  la  praticha  antedicta,  bizognerà  larghe 


Documenti  493 

beneficio  perciochè  certo  mi  pare  lo  merite.  Habio  preterea  pa- 
gati tuti  quelli  haveivano  finita  la  loro  paga  a  XV  del  presente, 
ita  che  iam  habio  exbursato,  comprehixi  li  scuti  CCC  mandati  ad 
ipso  capitaneo  de  guaschoni,  da  due.  MDCCC  et  pagato  lo  re- 
sto de  ipsa  paga  al  dicto  capitaneo;  convegnirà  distribuire  lo  re- 
sto in  subventione  de  li  altri  capi  e  dio  voglia  se  possano  con- 
tentare, maxime  se  se  dovese  dare  bataglia.  Mi  crepa  lo  core  de 
convegnire  fare  tante  speize,  sed  seando  conducti  seria  male 
non  regere  questa  impreiza  et  supportare  ogni  cosa,  et  dio  vo- 
glia mi  possia  regere  cum  tanti  affani  supporto,  perciochè  nò  di 
ne  nocte  mai  posso  (poso)  e  per  provedeire  a  le  cose  necessarie, 
per  lo  mctere  in  ordine  la  artagliaria  ac  altre  provisione,  non 
est  stato  possibile  fare  la  resegna  a  li  fanti,  la  quale  ad  ogni 
modo  farò  avanti  daghe  denari  et  la  dieta  paga,  la  quale  est  ne- 
cessario V.  S.  omnino  presto  la  mandeno;  et  se  mandasene 
in  loco  de  d.  Augustino,  se  non  dovesse  ritornare,  qualche  homo 
de  autorità,  assai  lo  lauderia,  perciochè  servirla  a  molti  propo- 
xiti.  Aricordo  lo  mandare  de  polvere,  veietoni,  candelle  e  bran- 
doni  scripta,  et  laudo  V.  S.  mandeno  qualche  persona  a  la  guar- 
dia de  Mentone,  perciochè  mi  pare  a  bono  propoxito,  perciochè 
j)er  Io  cativo  ordine  dato  in  la  preiza  de  ipso  loco,  sono  state 
arrobate  tutte  le  robe  et  munitione  erano  in  ipso  loco  et  lo  loco 
de  Rochabruna,  ita  che  l'uno  castello  e  l'altro  non  est  restato 
né  robe,  le  quale  ereno  non  pauci  valoris,  né  arme,  né  arta- 
gliaria, nò  alcuna  munitione  de  viveri,  ita  che  sia  stato  neces- 
sario mandarghe  qualche  mine  de  farina  e  altre  victualic, 
sed  quod  peius  est  se  sono  consumpte,  secundo  habio  intcizo, 
una  grande  quantità  de  bote  de  vino,  de  lo  quale  lo  campo  por- 
terà oltre  lo  beneficio  se  ne  sera  cavato,  grande  dexaxio.  Que- 
sto est  produto  per  poco  provedimento  de  chi  li  doveiva  dare 
ordine  et  maxime  habiando  havuto  le  ihave  de  1'  urio  castello 
et  l'altro  pacifice,  et  secundo  mi  est  stato  referto  non  era  castello 
meglio  nò  più  ornatamenti  munito.  Le  V.  S.  sono  prudente  et  a 


494  Anno    l5o6 

tempo  t'arano  il  debito  loro,  a  le  quale  semper  mi  arricomando. 
Ex  castris  Monaci  die  XX  decembris  bora  IIP,  noctis  l5oó. 
E.   M.  V.  Servitor  fìdelis 

Lodisius  de  Bervey. 
Perciochè  non  habio  la  copia 
de  la  monstra  t'acta  per  li  commis- 
missarii  de  la  Plebe,  prego  V.  S. 
la  faciano  assignare  ad  Antonio 
mio  fìlio,  se  l'ano  mandato,  et  pre- 
sto me  la  mandeno. 

J)iversorum  Communis  lanue,  Filza  63. 

XXIX. 

Lellera  da  commissari  al  campo  ai  deputati  per  l'impresa  di  Monaco. 
(  Tradimento  del  capitano  Fannglia  —  Minacce  gravi  dalla  Turbia  — 
Indisciplina  nelle  truppe  genovesi   -    Richiesta  di  viveri). 

Dal  campo  presso  Monaco,  20  dicembre  1 5o6. 

Magnificis  et  generosis  d.  Baptiste  de  Cavo  et  sociis  deputa- 
tis  etc.  (Indiriiio  a  tergo). 

Magnifici  et  generosi  domini,  ogi  ad  bore  XXI  in  circha  con  le 
poste  se  è  scripto  il  bisogno  a  le  M.  V.  le  quale  havemo  avi- 
sato  de  quello  ne  ha  fato  il  Capitanio  Famiglio  con  la  sua  gente, 
le  quale  non  solamente  ne  sono  vinuti  a  servire  corno  ne  ha- 
vivano  promisso,  ma  sono  vinuti  chi  a  la  Turbia  con  il  filiolo  di 
monsignor  d'  Alegre.  Facta  qualche  dimostratione  per  voleire  in- 
Irare  in  Monacho,  il  che  non  è  sequito,  la  causa  non  la  sapemo 
se  sii  non  se  siano  alegiuti  per  padura  di  nostri,  li  quali 
pure  se  sono  dimostrati  de  obviarlo,  o  che  non  habiano  ordine 
de  intrare  et  che  stagando  chi  a  la  Turbia  ne  debiano  tenire 
sotto  maior  timore,  la  qual  cossa  poria  pur  esser  et  precipue 
s'el  fusse  vero  quello  che  dicano  che  aspetano  altre  fantarie,  le 
quale  dicano  lij  habi   a    mandar    monsignor    di    Scranno    verso 


Documenti  4Q5 

Provenza,  ultra  alchuni  piemonteixi  lij  à  da  mandare  la  excellentia 
del  ducha,  le  quale  cosse  se  fussano  vere  sarebano  da  estimare; 
pur  sino  a  quhi.  per  quelle  spie  havemo  atorno,  non  intendemo 
cessa  alchuna  di  fermo;  et  per  questo,  corno  havemo  scripto, 
haveriamo  accaro  V,  M.  volessano  haver  modo  intendere  e  ne 
le  corte  cossi  de  Sabaudia,de  Milano  et  anche  in  quella  del  signor 
lohanni  lacobo  da  Triulsi  quello  si  fa,  et  dami  avviso  solicita- 
mente  de  tutto  quello  sij  sente,  o  vero  ordinare  a  quelH  glij 
sono  per  voi,  ne  diano  aviso  et  noi  per  parte  nostra  se  darremo 
luoco  di  continuar  più  le  spie  quanto  poteremo;  tamen  troviamo 
male  persone  se  non  per  queste  circonstantie.  Per  la  qual  cossa 
non  dubitate  che  la  brigata  nostra  è  ristata  molto  invagita  e 
questa  seira  tutti  questi  capi  de  le  fanterie  sono  vinuti  a  trovar 
il  signor  Capitanio  et  noi,  a  protestami  che  non  volano  tirasimo 
la  ritaliaria  nel  zardino,  dove  havivamo  deliberato  di  metterla,  e 
mettandogela  se  anderano  con  dio.  Guardate  donde  siamo,  et  per 
certo,  se  questa  benedeta  paga  non  se  gli  dà  comò  per  gli  al- 
tri se  è  data,  non  faciano  qualche  inconveniente;  per  tanto  sup- 
plichamo a  quello  vogliano  far  questa  provisione  più  presto  si 
potè  et  ancora  mandarne  li  fanti  ordinati  et  più  numero  o  manclio 
secondo  intenderete  sarano  queli  ne  hano  ad  venire  in  contro, 
li  quali  fanti  sono  chi  a  la  Turbia,  cioè  li  capi  loro  et  precipue 
il  tìliolo  de  monsignor  de  Alegro  fano  gran  minasate  digando 
hanno  lettere  da  la  Xristianissima  Maiestà  del  re  nostro  che  ni- 
guno  subdito  suo,  sotto  pena  de  soi  beni,  non  presuma  dami 
adiuto  ni  favore  alchuno  et  cossi  altre  lettere  del  Duca  di  Sa- 
baudia  per  li  soi  subditi.  Le  quale  parole  fano  butar  voluntieri 
per  far  padura  a  h  soldati  nostri.  Le  M.  V.  comò  avisate  et 
prudente  providano  quello  gli  pare  et  noi  per  parte  nostra  fa- 
remo quello  poteremo  e  sarete  avisati.  -  Et  perche  essendo 
de  inverno  et  li  tempi  cossi  per  mare  comò  per  terra  se  po- 
triano  facilmente  goastar  e  venirni  a  manchare  le  victualie  et 
precipue  pane,  voriamo  aricordar  ne  facistini  provisione  di  can- 
tara  ducento  di  bischetto  chi  sia  bone    e    qualche   carne    salata 


496  Anno  l5o6 

de  queste  fresche,  perchè  de  detta  carne  habiamo  grande  ne- 
cessitade,  essendosi  quasi  serrato  il  cammino  di  queste  monta- 
gne, donde  pur  ne  capitava  qualche  poche;  ancora  barrili  XX 
aut  XXX  da  vino  chi  siano  bone  perchè  havemo  dificultà  far 
conduccre  diete  vino  dal  luoco  dove  stano  le  barche  per  fino 
al  campo  dove  sono  circha  miliara  doa  et  ultra  vorriamo  sachi 
cinquanta  grande  per  mettere  lo  pane  et  conducerlo  da  le  barche  al 
campo,  etiam  qualche  dozenne  di  coffe  perchè  non  gè  n'è  più, 
mandando  tutte  le  predicte  cosse  per  una  barcha  con  la  quale 
vi  piaquirà  mandami  una  persona  fidata  chi  ne  habii  cura  spe- 
ciale, non  altro.  Le  galere  le  quali  sono  ogi  venute  verso  le 
circostantie  di  Villa  Francha  li  patroni  ne  hano  dicto  come  il 
gobernator  di  Nicia  gli  ha  facto  dire  liberalmente  che  intende 
haveir  guerra  con  noi  si  che  da  ogni  banda  sona  gran  suspi- 
tione.  Siamo  a  li  comandi  de  le  S,  V.  prestantissime.  Data  ex 
castro  nostro  contra  Monachum  die  XX  decembris  l5oó,  bora  III 
noctis  in  circha. 

Mandiamo  a  posta  per  queste  lettere  con  la  presente  barcha 
di  Camoglij,  con  la  quale  piaquirà  a  dami  risposta  expediendolo 
pili  presto  sera  possibile. 

D         M         V  fideles 

Paulus  Baptista  lustinianus  et  socii 
commissarii  excelsi  communis  lanue. 

XXX. 

Leltera  dei  commissari  al  campo  agli  ufficiali  della  'Balia. 
(Consiglio    generale    al    campo  —  Domande   di    munizioni,    vettovaglie, 
materiale  ed  uomini  —  /  Monegaschi  e    le    truppe   della    Turbia    con 
un'a^jfione  combinata  permettono  l'ingresso  di    rin/orji    in    Monaco   — 
Inettitudiue  delle  tnilijie  rivierasche). 

Dal  campo  contro  Monaco,  22  dicembre  i5o6. 

Magnificis  et  prestantissimis  dominis  officialibus  baylie  excelsi 
comunis  G-enuo.  —  Via  terrestri.  {Indirino  a  tergo). 


Documenti  497 


Magnifici  et  excelsi  domini  nobis  collendissimi  ;  hieri  seira  ad 
bore  ini  di  note  se  è  habiuto  per  via  de  le  poste  una  de  le  M. 
V.,  cioè  de  d.  Baptista  et  compagni,  factaa  di  XVIIIJ  di  questo, 
bora  prima  noctis  et  una  altra  in  questo  ponto  havuta  da  le 
S.  V.  per  mare,  facta  a  di  XX,  a  le  quale  brevemente  di  sotto 
se  farà  risposta  al  bisogno  et  se  manderano  duplicate,  ciò  è  una 
per  le  poste,  l'altra  per  la  via  di  mare  a  ciò  non  mancbe  le  S. 
V.  lij  babiano  presto.  Siamo  con  gran  admirazione  a  quello 
tempo  non  siano  capitate  le  lettere  nostre  con  sit  cbe  per  noi 
ogni  jorno,  al  mancbo  una  volta,  se  scrive  e  da  zorni  IIII  in  qua 
havemo  mandato  doi  leudi  a  posta,  parendoni  il  tempo  del 
mare  ad  aptato,  ultra  quello  se  vi  è  scripto  pe  le  poste,  a  le 
quale  non  sij  è  mai  mancbato  comò  se  dice  di  sopra.  Noi  dal 
canto  nostro  circba  questa  parte  non  possiamo  far  più  de  quello 
faciamo  se  non  scriver  per  ordinario  una  volta  il  zorno  et 
quando  fusse  il  bisogno  più,  et  mandarli  per  le  vie  ordinate  per 
le  S.  V. 

E'  vero  cbe  questi  zorni  scrissemo  a  quelle  ne  providessano 
ancora  de  fanti  cinquecento  a  li  quali  bavemo  visto  la  prò  visione 
data  ,  poi  ogi  siamo  stati  con  il  signor  Capitanio,  il  Magnifico  d.  Pie- 
tro Gambacurta  et  con  noi  era  d.  Gasparo  de  Ogoano  (sic)  et 
Lodixio  de  Belvey  e'  fatolij  notticia  di  questa  nova  provisione  de 
questi  fanti  cinquecento  et  d'ogni  altra  cossa  cbe  sii  stala  per 
noi  richesta  subiungendoli  cbe,  se  bisogna  far  altra  cossa  per  noi 
per  parte  de  le  S.  V.,  se  dica  ybaro  et  presto,  ad  ciò  cbe  in  la 
vinuta  de  questi  fanti  se  possa  virilmente  exequirne  questa  im- 
preisa  per  la  qual  siamo  venuti.  Et  tracorso  ogni  cosa  tra  noi, 
considerando  essere  cbi  (qui)  a  la  Turbia  da  fanti  seicento  avan- 
tureri  ultro  questo  luoco  de  Monaco,  volendolo  stringere  ad  ciò 
la  aretaliaria  (sic)  nostra  sij  possi  meter  al  luoco  deputato  è  ne- 
cessario metter  qualche  fantaria  da  la  banda  di  là  da  ponente, 
etiam  qualcbe  altre  tenirfi  sopra  questi  monti,  a  ciò  che  de  li 
non  si  possano  calare  et  dami  impedimento.  Ultra  bisogna  pur 
che  chi  al  Campo  ne  sia  maior  numero,    sij  per  goardia    de    la 


498  Anno  l5o6 

aretaliaria,  sij  etiam  per  dar  la  batalia  quando  sarà  il  bisogno.  Per 
la  qual  cosa,  omnibus  consideratis,  a  loro  ò  parsuto  et  anche  a 
tutti  noi,  donde  chi  a  lo  in  contro  non  capita  altra  gente  de 
questi  seicento  aut  settecento  capitati,  volendo  haveire  honore 
di  prendere  tjuesto  luoco,  ne  bisogna  haveir  fanti  tre  milia  pa- 
gati, con  li  quali  questi  signori  sperano,  con  lo  aiuto  de  dio,  do- 
vere fare  bono  et  presto  fruto  ;  che,  facendo  altra  mencte,  dubitano 
non  sij  cossa  longa  et  speixa  perduta,  et  poi  le  cosse  se  anno  a 
far,  è  inelio  far  presto  in  uno  trato  quello  s'à  ad  affare,  et 
non  aspita»"e  nò  induxiar  più  perchè  corno  le  S.  V.  dicano  il 
tempo  potria  parturir  molte  cosse  le  quali  sariano  contrarie  ;  et 
per  questo  rispecto  havemo  voluto  avisare  le  S.  V.  de  quello 
occorso  tra  noi,  le  quale  corno  prudente  providerano  a  quello  li 
parirà  di  bisogno,  ricordandovi  sopra  tutto,  crediamo  non  sij 
necessario  che  quello  sij  a  affar  sia  presto  facendo  tutto  a  tro- 
vare qualchi  fanti  frosteri  se  è  possibile,  ma  non  trovandone 
et  per  non  dar  induxia  a  la  cagione,  siano  de  nostrali,  ciò  e  de 
le  podestarie,  pregando  le  S.  V,  vogliano  advcrtir  de  prendere 
homini  chi  siano  boni  et  che  stiano  ad  obedientia  et  sopra  tutto 
fugir  questi  bravi  et  tanto  passionato  di  parte,  cossi  di  1'  una 
conio  di  l'altra  et  per  conclusione  si  facia  al  manclio  male  si 
pò,  non  essendolij  molesto  dinotami  quello  haverano  deliberato 
di  fare. 

Le  cosse  ne  haveti  mandate  con  il  presente  laudo  se  farano 
recevier  a  quelli  ne  haverano  cura  et  di  quello  a  li  iornata,  se 
bisognerà  ve  ne  daremo  aviso,  ricjrdanlo  non  manche  la  summa 
di  polvere  ricordala  non  obstante  quella  havemo  havuto  perchè 
se  ne  è  consumato  asai  al  tirar  di  queste  bonbarde,  et  di  pa- 
satori  non  manche  la  soma  ricordata  et  anche  più  et  maxime 
crescendo  il  numero  di  balistreri  cresciuto  et  per  crescere. 

Di  nuovo  si  afferma  le  S.  V.  ne  faciano  provisione  de  le 
victualie  ordinate  et  non  manche  più  tosto  più  soma  che  man- 
cho  et  più  presto  che  si  pò,  con  le  quale  voriamo  da  tavole 
cento  da  ponte  et  pessi  cinquanta  di  tavoloni  per  mettere    sotto 


Documenti  409 

a  Ui  artalaria,  de  quale  ne  havemo  facto  cerchar  a  Ventimiglia 
et  a  questi  loci  circonstanti  et  non  ne  havemo  trovato;  p-^r  tan- 
to é  necessario  le  S.  V.  ne  faciano  provedeire  et  anche  se  fusse 
possibile  de  qualche  boni  pessi  di  legno  per  fare  cosse  a  le  rot- 
te de  la  arctaliaria  perchè  se  n'  è  pur  rotto  qualchcduna,  che 
queste  sono  fatte  per  la  aretalaria  di  nave  sono  molto  fragile. 

H^'eri  ,  passato  mexo  iorno  ,  questi  fanti  chi  sono  chi 
a  la  Turbia  feceno  dimostratione  di  voleirsi  calare  et  vc- 
ncrono  sino  chi  presso,  et  per  li  nostri  glij  fu  facto  resistentia, 
facta  uno  poco  di  scharamussa  tum  non  se  asbasarono  molto  et 
infra  questo  mezo,  verso  la  via  da  ponente  chi  vene  da  Nicia  in- 
trareno  nel  dicto  luoco  di  Monacho  da  fanti  L.'»  per  fino  in  LX 
homini  tuli  yhopetieri  et  balistreri  mandati,  per  quello  havemo 
inteixo,  per  il  signor  lohanni  lacobo  da  Triulsi,  pagati  in  Milano 
et  circostantie  per  salineri  comò  factoeri  di  domino  Ansaldo  de 
Grimaldo,  con  li  quali  etiam  è  intrato  monsignor  da  la  Motta 
et  Manuel  di  Gatera,  li  quali  hanno  havuto  poi  chi  il  resto  de 
la  loro  paga  dal  veschovo  di  Grassa  il  qual  non  si  parte  da  Nicia 
et  da  la  Torbia.  Il  qual  veschovo  anchora  à  dato  a  questi  fanti  av- 
vatureri  schuti  II  per  homo. 

FJ  vero,  per  quello  intendiamo,  molto  di  loro  non  lij  anno 
voluti,  ansi  intendiamo  cridano  et  minasino  et  di  quello  sequite- 
rà  le  S.  V.  serano  sempre  avisato  ;  per  la  qual  cossa  al  signor 
Capitanio  et  a  tutti  questi  Caporali  et  contestabili  del  campo  è  par- 
so, et  ancora  noi,  de  levar  una  parte  di  questa  arctaliaria  et  pre- 
cipue la  grossa  et  ricarrigarla  nel  barche,  lassato  al  luoco  solito 
pessi  VI  de  la  più  picola.  La  qual  cossa  se  é  facta  a  doi  dise- 
gni: il  primo  perchè  quello  non  era  il  luoco  dove  dovesse  sta- 
re; ansi  bisogna  materia  ne!  zardino  a  presso  a  la  terra  ;  il  se- 
condo che  avendo  affare  scharamussa  con  questi  fanti  ogni  zor- 
no,  corno  crediamo,  non  havendo  tanto  a  goardar,  se  potremo 
meglio  valeire  de  la  brigata  quando  fusse  il  bisogno, 

Havemo  havulo  piaceire  la  deliberatione  de  la  venuta  di  d. 
Theramo  di  Baiano  et  Bernardo  Castilione  li  quali  aspitemo  con 


5oo  Anno    l5o6 

gran  desiderio  precipue  per  questa  benedecta  paga  senza  la  quale, 
corno  per  le  altre  se  é  dicto,  non  è  possibile  fare  alcuna  cossa 
bona  et  poco  vaieno  promissione  per  noi  si  facesscno  che  ad 
uno  modo  o  1'  altro  dieta  paga  se  lij  darà  quando  bene  si  pren- 
desse il  luoco  et  per  conclusione  bisogna   si  faccia  tal  effecto. 

La  vinuta  di  d.  Gasparo  de  Franchis  et  E-aphaello  de  Turri 
è  stata  necessaria  precipue  per  le  victualie  et  etiam  per  le  gente 
de  le  rivere,  de  le  quale  siamo  molto  male  serviti  et  ancora  ne 
habiamo  mandato  qualche  soma  da  loro;  se  serviamo  poco,  per- 
chè, corno  sono  giunti  chi,  sopravenendo  la  nocte,  se  fugiano 
per  via  di  questi  monti,  et  quelli  che  lij  restano,  corno  sentano 
tirare  uno  corpo  di  bonbarda,  restano  talmente  pauritti  che  non 
è  possibile  metere  a  fare  alchuno  servitio.  E'  vero  che  de  qual- 
che pochi  con  le  arme  se  siamo  serviti,  a  li  quali  habiamo  missi 
a  le  goardie  a  questi  monti  et  per  ciò  che  di  sopra  habiamo 
aricordato  el  mandare  di  là  alchune  provisione  per  la  aretaliaria 
a  ciò  che  meglio  sapiano  quello  anno  a  mandare.  —  Mandiamo 
inclusa  la  copia  de  la  lista  a  noi  data  per  U  ingenieri,  pregando 
a  le  S.  V.  che  a  le  cosse  richerano  se  lij  facia  presta  provisio- 
ne. Insuper  cossi  cossi  {si:}  corno  havemo  ordinato  li  dinari  per 
la  paga,  la  quale  sij  universale  etiam  compreixa  quella  del  M.co 
Capitanio  et  de  Petro  ;  laudiamo  etiam  et  confortiamo  che 
faciano  bona  prov'sione  de  dinari  per  provisione  del  campo,  per 
ciò  che  continue  occorreno  de  le  speixc  asai,  per  le  quale  siamo 
in  debito  comò  il  sopradicto  d.  Lodixio  claramente  intende,  et 
non  altro.  A  le  S.  V.  se  aricomandiamo  et  etiam  il  signor  Capi- 
tanio. XXII  decembris  l5o6,  hora  XXIII  in  circha,  ex  Castris 
nostris  contra  Monachum. 

E.         D.         V. 

humiles  servitores 
Paulus  Baptista  lustinianus  et  socij  commissarij. 

Diversorum  Communis  lanue,  Filza  63. 


Documenti  501 


XXXI. 

Lptlera  degli  An:(iaiti  dì  Genova  al  governatore  di  Savona. 

(Gravi  lagnante  per  r agitarsi  dei  nobili  contro  r impresa  di  Monaco. 
I  Genovesi  non  hanno  alcuna  intensione  di  muovere  contro  Savona  — 
Dono  di  tre  do^pne  di  lancioni) 

Genova,  27  dicembre  i5o6. 

A  Monsignore  Illustrissimo  de  Alegre, 
Monsignor  Illustrissimo,  Vidiamo  esser  congregati  a  Saona  grande 
numero  de  nobili  e  per  quel  che  intendiamo  a  la  giornata,  per  loro 
se  va  facendo  de  le  opere  contrarie  a  lo  pacifico  del  stato  de 
la  Maestà  del  Re  e  la  quiete  de  questa  cita  e  sono  de  sorta  che 
tengano  suspeso  li  animi  a  la  cita,  quale  la  prefata  Maestà  desi- 
dera si  reduta  in  bono  riposo  e  quiete,  e,  quando  dicti  nobili  an- 
cora loro  volesino  questa  quiete,  veniriano  a  casa  loro,  cossi  corno 
sono  stati  confortati  e  inducti.  E  tra  le  altre  cosse  siamo  certi- 
ficati che  cercano  de  dare  ogni  adiuto  e  favore  a  lo  occupatore 
del  loco  nostro  de  Monaco  e  impedire  quanto  possano  questa  nostra 
impresa  centra  il  dicto  loco,  tanto  iusta  et  honesta  et  tanto  desiderata 
se  poterla  dire  da  tutto  el  mondo,  per  noi  facta  con  saputa  del 
Christianissimo  Re  nostro  Signore  e  del  suo  qui  Locumtenente.  E 
ultra  di  questo  pare  che  la  Signoria  vostra  habia  scripto  al  dicto 
nostro  Locumtenente  la  nostra  intentione  essere,recuperato  che  sia 
lo  dicto  Monaco,de  voltare  el  campo  contra  de  Saona,  el  che  è  tanto 
alieno  da  la  verità  quanto  el  celo  da  la  terra  e  se  maravegliamo 
che  sia  in'ellecto  alcuno  chi  possia  bavere  simile  opinione  chi  è 
contra  ogni  rasone,  che  noi  debiamo  oppugnare  loci  subiecti  no- 
stri e  a  la  Maestà  del  Re,  de  la  quale  noi  siamo  subiecti  e  voglia- 
mo essere  e  ultra,  comò  intende  vostra  signoria,  s'è  facto  tale  de- 
moslratione  novamente  verso  saonesi  a  contemplatione  del  no- 
stro Santo  Padre  che  tale  pensamento  saria  a  quella  tropo  con- 
trario e  tanto  più  avendo  apresso  sua  santità  li  nostri  ora- 
tori e  se  per  tale  opinione,  chi  è  vana  comò  vedeti,  la  S.ria  V. 
havesse  facto  qualche  spesa,  confortiamo  quella    a    non    andarli 

3ì 


502  Anno   l5o6 

apresso  supra  la  fede  nostra.  Ancora  confortiamo  a  tener  modo 
con  la  prudentia  vostra  che  dicti  nobili  se  vogliano  abstenire  da 
queste  loro  machinatione  tutte  contrarie  al  pacifico  de  questa 
cita  devotissima  del  Re  suo  signore,  et  che  facendo,  farà  cossa 
chi  piacerà  multo  a  sua  Maestà  e  a  noi  sarà  multo  grata.  E  quando 
pur  non  si  volessino  abstenire  da  simili  opere,  saremo  strccti  a 
dare  remedio  contra  de  loro  e  loro  cosse  quel  che  indicheremo 
essere  più  accomodato.  Data  lanue  die  XXVII  Decembris  l5o6. 
E  poi  n'è  stato  referito  che  a  uno  homo  vostro  ostata  facta 
difficultà  al  levare  de  qui  due  dozene  de  lansoni.  el  che  inteso, 
subito  abiamo  ordinato  ne  sia  carricato  in  la  prima  barca  tre 
dozene,  de  le  quale  vi  se  ne  fa  uno  picolo  presente,  e  se  vo- 
stra signoria  altro  bisognia,  o  per  munitione  de  le  castelle,  o  per 
suo  commodo  particulare  ne  troverà  semper  a  ogni  sua  compla- 
centia  aparechiati. 

E  a  quella  piacerà  far  dare  la  nostra  lettera  a  li  antiani  di 
Saona,  dando  aviso. 

Diversorum  Communis  lanue,  Filza  63. 

XXXII. 

Lettera  dei  due  supremi  commissari  agli  «olimi   officiali  della  'Balìa. 

(Primo   bombardamento    di    Monaco  e  furiosa    difesa  degli  assediati  —  / 

genovesi  impensieriti  chiedono  muniporii,  guastatori  e  bombardieri). 

Dal  campo  di  Monaco,    2  gennaio   i  507. 

Magnificis  et  prestantissimis  dominis  Lazaro  de  Franchis  et  so- 
ciis  olim  officialibus  Balie  nobis  observandissimsi.  (/w^/r/^^o  a  tergo). 

Magnifici  et  prestantissimi  Domini.  Per  le  ultime  nostre,  quale 
credemo  al  presente  le  Signorie  Vostre  barano  havute,  havemo 
scripto  a  quelle  ad  plenum  ogni  cossa  si  era  facto  et  quel  che 
speravamo  di  fare,  comò  credemo  hareti  veduto.  Heri  a  mezo  iorno 
hebemo  lettere  vostre  de  XXX  preteriti  et  visto  quanto  ne  haveti 
scripto  ne  he  piasuto  molto  intendere  maxime  la  caldesa  de  tuta 
la  terra  a  questa  impreza  et  altre  cosse  in  epse  lettere  se  conte- 


Documenti  5o3 

neno.  Havendovi  scripto  quel  che  alora  vi  scripsemo,  adeso  vi  di- 
remo che  havendo  noi  facto  fare  li  ripari  al  piano  et  havendo 
piantato  la  artagliaria  apreso  le  mure,  questa  matina  de  hore  tre 
o  quatro  anti  iorno  ha  cominciato  a  fare  bene  suo  debito,  taliter 
che  facendo  grande  processo  dava  grande  alegresa  a  tuti,  et  tirato 
che  ha  avuto  da  XXV  perfino  in  XXX  corpi  de  lì  quali  niente 
ne  andava  a  malie,  queUi  de  la  terra  chi  sono  bene  forniti  anchora 
loro  de  artagharia  hano  tirato  quella  al  traverso  de  la  nostra  et 
comminciato  a  fare  ogni  loro  possibile,  per  il  che,  passando  li  ri- 
pari nostri  et  per  la  prestesa  et  copiosità  de  loro  tracti,  hano  pur 
morto  et  ferito  qualche  bombarderi  et  altre  persone  quale  erano 
deputate  sopra  la  nostra  artagliaria,  taliter  che  nò  bombarderi  né 
altri  hano  più  havuto  ardire  di  stare  ne  U  dicti  repari,  et  ulterius 
hano  rupto  doe  rote  de  le  carrete  nostre.  Li  repari  sono  stati 
mancho  forti  che  ne  pensamo  ;  questo  ha  cauzato  lo  manchamento 
de  li  goastadori,  de  li  qualli  niente  se  semo  potuti  servire  et  quasi 
de  dicti  repari  et  tirare  de  la  nostra  artagliaria  he  stato  facto  per 
li  soldati  et  aUri  de  le  compagnie  vegnute  da  Genoa  a  li  quali, 
per  mancho  malie  et  havendo  noi  grande  necessità,  è  stato  bizogno 
fare  qualche  subventione  et  con  grande  faticha  perchè  diceno  essere 
soldati  e  non  sapadori,  siche  vedeti  la  commodità  ne  ha  facto  la 
riviera  nostra  quale  più  presto  ne  ha  cauzati  ogni  malie,  attento 
che  venendo  loro  non  duravamo  faticha  a  fare  altra  provisione, 
parendone  loro  sufficienti.  Trovandosi  adeso  dove  si  trovemo,  dexi- 
remo  si  facia  nocte  per  podar  fortificare  dicti  repari  et  aptare 
diete  rote,  et  cognoscendo  noi  ne  lo  periculo  si  trovemo,  havemo 
dato  ordine  a  tuti  quelli  goastadori  he  stato  possibile  per  li  nostri 
denari,  et  ultra  havemo  dicto  al  magnifico  capitanio  che,  trovando 
qualcuno  de  li  soldati  qual  voglia  questa  nocte  servire  per  goa- 
stadore  circa  dicti  repari,  noi  li  pageremo  bene,  et  se  li  he  offerto 
uno  testone  (l)  per  ogniuno;  ne  ha  dato  opinione  di  trovarne,  tamen 


(i)  Il  testone    era  una  moneta  d''argento    che    in    quei    tempi    aveva  il 
valore  di  odierne  L.it.  2,65. 


504  Anno  l507 

ne  costerano  bene  ;  in  questo  non  bisogna  agoardare  a  dinari,  es- 
sendogi  la  necessità  Per  undc,  magnifici  domini,  dubitamo  gran- 
demente che  la  cossa  non  sia  più  longa  che  non  pensavamo;  an- 
deremo  a  preso  et  in  niente  per  parte  nostra  si  mancherà.  Lo 
loco  he  forte  e  bene  (in)  ordine,  molto  più  che  non  extimavamo 
et  non  si  po'  asediare  che  non  si  entrano  e  escano  gente  maxime 
de  verso  lo  porto,  stagando  le  nostre  galee  e  brigantini  per  maiori 
parte  a  Villafrancha,  attento  che  de  qui  se  levano  per  ogni  pocha 
suspicione  de  tempo.  Li  brigantini  ne  fano  tanto  quanto  se  non 
li  fosseno. 

Noi,  comò  già  vi  havemo  dicto,  havendo  dato  la  paga  a  li 
soldati  non  havemo  più  denari  ;  provediate  attento  che  ne  he  ne- 
cessario fare  di  continuo  diverse  speze  et  cognoscendo  noi,  per  le 
cosse  diete  di  sopra,  questa  imprcza  essere  più  longa  che  non  pen- 
savamo comò  voi  ancora  podeti  judicare,  consideremo  che  sono 
qualche  compagnie  de  questi  soldati,  la  paga  de  li  quaU  finise  a 
\i  XV  del  presente,  quali  forsa  anci  trei  o  quatro  iorni  de  la  fine 
de  la  loro  paga  vorrano  l'altra,  il  che  non  se  li  poterà  manchare 
et  dandola  a  loro  scmo  certi  li  altri  ancora  loro  la  vorranno  et 
per  il  bisogno  si  trovemo  forsa  ;  sera  necessario  etiam  dargela  a 
loro  :  ve  ne  avertimo  aciochè  bizognando  la  possiate  haveire  in 
ordine  perchè  li  soldati  non  voleno  parole  et  al  presente  non  man- 
che ne  mandiate  per  le  speze  diete  di  sopra  havemo  facto  e  fa- 
cemo  di  continuo.  Item  facti  fare  presto  quatro  o  sei  rote 
bone  e  ben  chiavate.  Item  non  si  può  fahre  a  far  fare  perfino  in 
cento  balotole  de  ferro,  perchè,  non  adoperandosi,  se  poterà  sem- 
pre rendere  a  quelli  de  Pisa;  item  mandiate  barile  XV  perfino 
in  XX  de  polvere;  item  capsie  trenta  o  quaranta  de  veretoni, 
attento  che  havemo  assai  balestreri  quali  sono  malie  in  ordine 
de  corde  et  saitame,  a  li  quali  bizogna  provedeire.  et  etiam  man- 
date del  filo  da  balestra  et  questo  quanto  presto  sia  possibile  a 
ciò  che  lo  manchamento  de  diete  cosse  non  fosse  causa  di  farne 
differire  in  cossa  alchuna,  de  le  quale  cosse  d.  Lodisio  de  Beveri 
vi  scriverà  opportune.  Noi  uzemo  et  uzeremo  ogni  dilligentia  et 


Documenti  5o5 

celerità  possibile  cum  conseglio  del  magnifico  capitaneo  et  mons. 
Petro  Gambacurta,  qualli,  corno  già  scripto  vi  havemo,  in  le 
nostre  cosse  se  deportano  tanto  bene  quanto  dir  si  potesse. 
Maistro  Ambrosio  Gioardo,  come  etiam  vi  havemo  scripto,  se  passa 
molto  fredo  ;  non  sapiamo  s'  el  facia  aut  per  non  sapeire  ,  aut 
per  vilità  de  animo  ;  ghe  havemo  dicto  et  dicemo  quel  ne  he 
parso  al  proposto  ;  haverevamo  facto  altro,  ma  vedendo  che  ha- 
vemo de  li  altri  in  questo  campo  chi  sono  sufficienti  et  experti 
in  quelo  epso  maeistro  Ambrogio  doveria  fare,  et  per  altri  re- 
specti  quali  ne  moveno,  et  vedando  che  non  si  mancha  di  far 
lavore,  la  pasemo  cossi.  Bisogna  aduncha  ne  provediate  de  qual- 
che boni  bombarderi  et  non  manche,  perchè  ne  bizogncno.  at- 
tento che  tra  morti  e  feriti  sono  sei,  de  li  quali  niente  se  pos- 
semo  valéire  ;  se  se  potese  haveire  quelo  de  castelleto  et  etiam 
maestro  Andrea  Merelo  de  Sestri,  saria  a  nostro  grande  propo- 
sito attento  che,  secondo  intendemo,  sono  sufficienti,  et  per  avizo 
de  le  Signorie  vostre  vi  faremo  intendere  che  ultra  li  CCCL  scuti 
havemo  prezo  in  presto,  ne  semo  in  debito  de  più  de  quatro 
cento,  per  unde,  comò  dicto  vi  havemo  di  sopra,  bizogna  ne 
provediate  de  più  summa  sia  possibile  et  teneti  in  ordine  la  paga 
aciochè  bizognando  reiterare  dieta  paga  la  sia  qui  de  quatro  o 
sei  iorni  avante  et  per  questo  non  si  habia  a  diferire.  Et  perchè 
cognoscemo  l'impreza  essere  grande  et  li  bizogna  fare  et  ordi- 
nare cosse  assai,  ne  avertimo  le  Signorie  vostre  aciochè  paren- 
doni  al  proposto  ne  possiate  provedeirc  de  qualche  altre  persone, 
che  siano  in  nostra  compagnia,  cossi  cerca  lo  auxiho,  comò  lo 
consegio,  et  de  questo  vi  ne  faremo  grande  instantia.  Havendovi 
scripto  per  diete  nostre  che  speravamo  di  haver  celere  Victoria 
semper  che  la  artagliaria  lavorasse,  lo  havemo  facto  per  la  bona 
opinione  ni  dava  lo  magnifico  capitaneo  ,  maestro  Ambrogio  et 
altri  maistri  de  artagliaria. 

Pur  lo  successo  per  fino  a  qui  he  stato  et  è,  corno  dicto  vi 
havemo,  tamen  havemo  speransa  ;  questa  nocte  fortificheremo  li 
repari  et  la  nostra  artagliaria  sera    sicura  e  poterà  fare    opera- 


5o6  Anno   1607 

tione.  De  li  denari  de  Vintimiglia,  cioè  del  processo  de  li  grani 
et  farine  sono  apreso  de  Io.  Bapta  de  Ihavari ,  non  bizogna  se 
ne  faciamo  concepto  alchuno  al  presente,  attento  che  avanti  che 
siano  retracti  ghe  vole  tempo  assai.  De  quelo  semensa  ne  haveti 
avertito  cercheremo  de  intendere  il  vero  et  li  daremo  la  provi- 
sione opportuna.  Per  li  continui  bizogni  de  li  feriti  vi  preghemo 
ne  mandiate  le  cosse  se  conteneno  in  la  lista  qui  inclusa.  lero- 
nimo  de  Ola  varo  se  est  partito  de  qui,  non  però  cum  nostra  li- 
centia  et  non  ha  saldato  le  partite  cum  domino  Lodisio  de  Bervei, 
lo  qualle  trova  errore  de  più  de  libre  CCCC,  perciò  facte  ogni 
modo  eh'  el  mande  le  partite  scripte  di  mano  d'epso  d.  Lodisio. 
S'el  non  si  scrivesse  cosi  ordinatamenti,  habiate  respecto  a  le 
grande  pene  et  travagi  nostri.  A  le  Signorie  vostre  si  ricomman- 
diamo.  Ex  castris  centra  Monacum,    die  IJ  lanuarij    l507,  bora 

IJ  noctis. 

Theramus  de  Baliano  et 

Bernardus    de  Castillione 
Diversorum  Communis  lanue,  Filza  64. 

XXXIII 

Lettera  di  Luigi  di  Bervey  agli  officiali  deputali  alVimpresa  di  Monaco 

{Cenni  sulla  infausta  giornata  del  due  gennaio  —  Gravi  cure  per  le  paghe 
—  Richieste  di  denari,  muniifioni  ed  uomini). 

Dal  campo  di  Monaco,  2  gennaio  i  507. 

Magnificis  et  prestantissimis  dominis  officialibus  Balie  consti- 
tute  super  rebus  Monaci  dominis  meis  obscrvandissimis.  (Iudirì:;^io 
a  tergo). 

Magnifici  et  prestantissimi  domini  observandissimi:  Anchora  che 
creda  le  Magnifìcentie  vostre  debiano  essere  da  li  Magnifici  commis- 
sari advisatc  de  tuto  quello  est  usque  in  hanc  horam  seguilo,  et 
etiam  io  per  le  ultime  lettere  mie  ghe  abia  dato  advizo  de  quello 
se  era  seguito,  per  essere  de  poi  subseguito  qualche  novitade  inc- 
spcctate,  darò  de  quelle  et  de  quello  est  seguito,  qualche  advizo, 


Docunienti  507 

semper  rcportandomi  a  quello  scriverano  dicti  Magnifici  commissarii. 
Heri  in  noctc,  Magnifici  domini,  se  tirò  a  loco  tuta  la  artaliaria 
cum  tuti  li  apparati  necessari]  et  etiam  furono  facti  li  rcpari  pare- 
vano opportuni  et  questa  matina  cominciorono  a  tirare  e  faceva 
grande  processo,  ita  che,  se  non  seguiva  lo  impedimento  dato  a  li 
ripari,  sperava  in  breve  tempo  se  poteva  intrare  in  pensamento  de 
ordinare  la  bataglia.  Sed  hahiando  preparato  quelli  de  la  terra  la 
loro  artaliaria  a  lo  opposito  de  la  nostra  e  de  ripari .  contra  li 
quali  hano  tirato  e  continuamente^  tirano  per  haveire  trovato  li 
ripari  debili,  ghe  hano  facto  grande  disconcio  e  amasato  quatro 
bombarderi  e  altri  ministri,  ita  che  est  stato  necessario  desmetere 
de  tirare  e  aspectare  la  nocte  per  poteire  rifare  e  fortifichare 
dicti  repari.  Tal  incommodo  est  seguito  perciochè  estimando  de 
potersi  valeire  de  grande  numero  de  guastatori,  se  siamo  trovati 
cum  pochi  e  fere  nissuno,  ita  che  fue  necessario  conducere  de 
li  soldati  de  lo  campo,  cum  dare  ad  ogniuno  doi  cavalloti,  et  per 
essere  pocho  numero  non  potemo  fare  quello  scria  stato  neces- 
sario. Il  simile  convene  fare  questa  nocte  ,  perciochè  ,  non  pos- 
sando  haveire  guastatori,  est  necessario  questi  Magnifici  commis- 
sarij  habiano  promisso  uno  quar'o  de  ducato  (l)  a  tuti  quelli  se 
vorrano  exponere  a  tal  bisogno. 

Et  spero  pur  se  debia  questa  nocte  provedeire  a  la  refectione 
de  dicti  rippari.  talmenti  che  la  nostra  artaliaria  lavorerà  et  non 
seguitando  novo  impedimento,  debia  presto  fare  bona  opera  sed, 
Magnifici  domini,  per  li  incommodi  seguiti  et  quelli  potcriano  se- 
guire, et  per  essere  questa  impresa  più  difficile  e  dura  non  esti- 
mava, dubito  non  sia  più  ionga,  et  per  conseguenza  che  bisogna 
anticipare  lo  tempo  et  preparare  le  provisione  necessarie  ,  de  le 
quale  facio  particulare   menlione,  quamvis  se  habia  a  questi  Ma- 


(i)  Il  ducato  era  una  moneta  d''oro  del  valore  di  odierne  L.it.  12,  147; 
il  quarto  di  ducato  doveva  dunque  valere  alFincirca  L.it.  3.  Perciò  v'è  poca 
differenza  fra  il  testone  che  i  commissari  avevano  offerto  ed  il  quarto  di 
ducato  che  il  Bervey  dice  essersi  stato  promesso. 


5o8  Anno   l507 

gnifici  commissarij  mennorate.  Et  in  primis,  Magnifici  domini,  indico 
essere  necessario  le  S.  V.  habiano  parato  li  denari  per  dare  una 
paga  a  questi  soldati,  perciochè  considero  che  a  li  XV  del  pre- 
sente finirà  la  paga  ad  alcuni  de  loro,  a  li  XXV  a  la  maior  parte, 
e  io  resto  a  la  fine;  sed.  Magnifici  domini ,  se  sono  factc  molte 
speise  et  continue  se  ne  tanno  assai ,  in  le    quali  se  consumano 
denari  assai,  perciochè  a  tute  conviene  provedeire  cum  la  puncta 
del  denaro    et  bisogna,  in  simile  tempi,  stare  subiecti    in    molte 
cose  etiam  indebite  a  lo  voleire  de  soldati  ,  li  quali  tuti  se  esti- 
mano e  voleno  additione  ita  che  est  una  morte;  e  non  prendeno 
a  male  simile  arricordo,  perciochè,  vogliando  V,  S.  metere  a  fine 
questa  impreiza,  la  quale  est  de  la  importantia  V.  S.  intendeno, 
bisogna  antivedeire  et  preparare  quelle  provisione  pareno  neces- 
sarie, tra  le  quale  lo  denaro  est  la  potissima;  preterea .  comò  habio 
scripto  a  V.  S.  et  a  li  Magnifici  quatro  deputati,  a  li  quali  que- 
sta supplirà,  de  la  quantità  de    le    polvere    conducte  et  mandate 
per  questa  impreiza,  se  ne  est  consumpta  una  grande  parte  e  se 
lo  tirare  de  la  artaharia  dovesse  essere  longo,  de  che  pur  dubito 
per  essere  lo  loco  in  grande    fortesa ,  per  questo    indico    essere 
necessario  fare  maiore  provisione  de  polvere,  de  le  quale,  quando 
V.  S.  ne  provedeseno  de  cantara  quadraginta,  non  la  iudicharia 
excessiva.  Il  simile  dico  de  veretoni  de  li  quali  li  Magnifici  quatro 
ne  hano  mandato  capse  viginti ,  sed  considero  che  est  a  propo- 
sito haverne  semper  qualche  capsie  per  respecto  ;  se  est  facta  la 
revisione  de  le  balle  de  ferro  restano  e  trovemo  ghe  ne  poteno 
restare  da  tirare  usque  in  lo  numero  de  CCXXX  grosse  e  de  XXV 
usque  in  XXX  de  picholc  et    continuando  lo  tirare  se  ne  con- 
sumerano  asai  e  per  questo  laudo  vostre  Magnificentie  quam  ci- 
tius  ne  faciano  preparare  cento ,  le  quale  ad  ogni  modo    suppu- 
rano a  la  reslitucione  de  quelle  de    Piza.  De  quelle  de  pelra  se 
ne  ha  provisione  et  li  scopelini    cuntinue    ne    fabrichano  ;  etiam 
est  bene  mandeno  anchora  una  barrile  de  filo  ,  perciochè  li  ba- 
lestreri  sono  grande  numero  et  seando  vignuti   cum  le  corde  ca- 
tive,  bizogna  quasi  a  tuti  rifarle,  quam  vis  se   uze  in  la  distribu- 


Documenti  ÓOQ 

tione  ogni  streiteza  et  parsimonia;  sed  superomnia  V.  S.  faciano 
provisione  de  qualche  bombarderi,  perciochò,  seando  finito  qua- 
tro  de  li  megliori  et  feriti,  bizogna  farne  bona  provisione  ,  ma- 
xime che  de  quelli  conducti  per  Maestro  Ambrogio  non  se  pos- 
semo  valeire,  aut  de  pochi  e  quando  ne  potesemo  avere  qual- 
chuno  de  evantiiio,  laudo  le  Magnificentie  Vostre  lo  conduchano. 
Questi  magnifici  commissari  non  omcteno  cosa  alcuna  a  Ja  exe- 
culione  de  questa  impreiza  e  di  e  nocte  se  exponeno  in  le  cose 
necessarie,  non  perdonando  a  pericoli  né  a  fatiche.  Il  simile  fano 
il  magnifico  capitanio  et  domino  Petro ,  a  li  quale  laudo  V.  S. 
scriveno  qualche  bona  lettera  et  cosi  a  Dominico  Greco  lo  quale 
vere  fa  suo  debito  et  se  expone  a  grandi  periculi.  Per  bavere 
la  artaliaria  de  Monacho  rote  doe  rote  sera  necessario  V.  S. 
ne  mandeno  doe  aut  tre  paria  de  le  più  forte  poterano  trovare: 
A  le  quale  semper  mi  arricomando.  Ex  castris  Monachi,  die  li 
Januarij   l507,  bora  II  noctis. 

E.  M.  V.  Servitor  fidelis 

Lodisius  de  Bervey 
Diversorum  Communis  lanue,  Filza  64. 

XXXIV. 

Lettera  dei  due  supremi  commissari  agli  «  olini  »  officiali  della  Balia. 
(Le  artiglierie  sono  rimosse  dalle  loro  posizioni   —    Incetta   di  guastatori 

per  ricostrurre  i  ripari   —    Truppe    genovesi  occupano  i  monti   sopra 

Monaco  —  Scaramucce  coi  soldati  della   Turbia). 

Dal  campo  di  Monaco,  4  gennaio  i  507. 

Magnificis  et  prestantissimis  Dominis  Lazaro  de  Franchis  et 
sociis  olim  officialibus  Balie  nobis  observandissimis  —  prima 
posta  —  Janue  —  expedita  bora  IIIJ*  noctis.  {Indiri^^o  e  indi- 
ca:(i(yni  a  tergo). 

A    die    VI    Januarij    l507    ex    castris   a    commissarijs    IIIJ 
[nota  a  tergo  del  giorno  in  cui  la  lettera  arrivò  a  Genova). 


5lO  Anno  l507 

Magnifici  et  prestantissimi  domini  nobis  observandissimi.  Que- 
sta matina  havemo  havuto  la  posta  cum  lettere  de  le  Signorie 
Vostre  del  primo  prescntis,  qual  ne  hano  dato  grandissima  con- 
solatione  maxime  intezo  la  cita  essere  in  bona  quiete  e  tran- 
quilla e  cum  bona  unione  et  etiam  tuta  la  auctorità  esser  reducta 
in  monsignor  nostro  locuntemente  et  etiam  attento  che  speremo 
che,  rnediante  tal  ordine,  la  nostra  terra  se  reducerà  al  ben  vi- 
vere, et  etiam  intezo  de  le  compagnie  ne  mandiate  e  altre  cosse 
per  epse  ne  haveti  scripto.  Noi  havemo  scripto  l'altra  seira  ordi- 
natamenti  per  la  posta  del  successo  de  Timpreza  nostra,  maxime 
de  lo  darmaglio  havia  facto  la  nostra  artagliaria  in  le  mure  de 
Monaco  e  de  lo  damno  poi  facto  per  li  inimici  a  li  nostri  re- 
pari,  artagliaria  e  bombardcri,  e  altre  cosse  distincte,  corno  per 
diete  nostre  hareti  intezo.  Poi,  per  cautione  de  la  nostra  arta- 
gliaria, a  ciò  non  fosse  goasta  per  dicti  inimici  cum  loro  arta- 
gliaria, essendo  nostri  repari  quasi  discoperti,  quella  havemo 
facto  tirare  e  reduccre  in  uno  loco  li  preso,  nel  quale  loco  sta 
secura  e  havemo  quasi  certo  lo  peso  de  Pisa  e  la  nostra  colum- 
brina  non  barano  malie  e  poterano  andare  apreso  a  far  loro  de- 
bito, semper  che  serano  misi  al  suo  loco,  e  per  far  questo  ne  he 
bizognato  condur  persone  del  campo  a  uno  quarto  de  ducato 
per  homo,  per  quella  noctè,  attento  che  de  niuno  chi  sia  venuto 
de  questa  rivera,  se  semo  potuti  aiutare,  nò  per  goastadori,  ne 
per  gente  armata,  attento  che  erano  cum  uno  lansoto  tanto  et 
poi  passati  trei  o  quattro  iorni  da  la  soa  venuta,  se  sono  par- 
titi. Questo  he  lo  auxilio  e  favore  ne  hano  dato  ;  noi  non  pos- 
semo  fare  cossa  alchuna  sensa  goastatori,  attento  che  per  epsi 
bizogna  si  faciano  e  fortificano  dicti  rcpari  talmenti  che  la  no- 
stra artagliaria  posa  batere  le  mure. 

Havemo  mandato  a  Vintimiglia  et  ville  per  asoldarne  sotto  bono 
stipendio  et  etiam  a  iornata  cum  farli  boni  partiti  ;  non  he  pos- 
sibile ne  possiamo  haveire  e  credemo  eh'  el  proceda  per  esserne 
stato  morto  e  feriti  alchuni,  quando  si  faceva  li  primi  repari. 
Havemo  etiam  mandato  per  la  rivera  messer  Manuele  de  Canale 


Documenti  5ll 


e  scripto  a  messer  Gasparo  de  Franchls  et   compagno    comrais- 
sarij,  per  farne  provisione  de  talli  goastadori  perfino  a  lo  nuaiero 
de  CCCCXX  et    ditoli  che  non  agoardeno  a  denari  né  faticha  et 
bizognando  che  vengano  perfino  a  Saona  e  più  ultra  ;  no  sapemo 
quello  farano  ;  preghemo  le  Signorie  vostre  vogliano  vedeire  se 
li,  in  quelli  loci  circonstanti,    se    ne    potesse    trovare    perfino  in 
ce  o  eco  cum  loro  sape  et  badili  tanto,  e  non  goardare  al  spen- 
dere, e  subito  mandarli,  perchè  non  ne  possemo  a  mancho,    né 
fare  cossa  alchuna,  cossi  circa  li  repari  comò  altri  diversi    lavo- 
rerij  bizognano    in    uno    campo  ;  se    messer  Manuelo  e  domino 
Gasparo  et  compagno  commissarij  ne  farano  qualche  provisione, 
se  adopererano    e    s'el    no    se    poterà    far    tanto    lavore  ,  se  ne 
farà  mancho  et  in  tuto  quello  poteremo  e  saperemo  non  perde- 
remo una  bora  de  tempo.  Il  simile  havemo  scriplo  a  Jeronimo 
de  Alsate,    commissario    in    Albenga,    et    ditoh    cossi    a  messer 
Manuelo  comò  domino  Gasparo  et  compagno  et    etiam    domino 
Jeronimo  che,  possendone  haveire  la  dieta  somma,  dagano  avizo 
a  vostre  Magnificentie  ;  tamen  quelle  non  ponno  falire  in  darghi 
qualche  provisione,  perchè  non  se  ne  pò  haveire  tropo.  Havemo 
facto  fornire  li  monti  che  restano  sopra  il  loco  de  Monaco,  quali 
segnorezano  toto  lo  loco  e  de  qui  avanti  speremo  non  li  enlre- 
rano  tropo  gente,  né  usirano,  e  se  pur  intraseno  aut  usiseno,  noi 
farano  sensa    grande    dificultà    e  periculo,    il    che    non    seguiva 
avanti.  Per  lo  fornimento  de  quali  monti  bizogna  le  Magnificencie 
Vostre  mandeno  quanto  più  presto    podeti  LX  archibuxi  forniti 
et  etiam  mandati  tute  quelle  munitione  de  le  qualle  vi    havemo 
scripto,  il  che  etiam  se  est  scripto  per  domino  Lodisio  de  Bervei 
a  messer  Baptista  de  Cavo  e  compagni,  qual  Lodisio   fa  bene  e 
diUigentementi    lo    officio    suo,    cum    grande    fatiche    e  travagi, 
maxime  attesa  la  età  soa.  Per  tute  le   nostre    vi    havemo    dicto 
che  ne  faciate  bona  provisione  de  danari,    attese  le  continue    et 
grande  speze  sono    di    bizogno    fare  ;  per  le  doe  vostre    ultime 
non  ne  facte  mentione  alchuna,  del  che  molto  se  semo  marave- 
gliati;  per  unde    vi    diremo    che    già  semo  in  debito  de    ducati 


512  Anno    1507 

Mille  e  più,  quali  havemo  prezo  hinc  et  inde  in  presto  et  di 
continuo  bizogna  spendere.  Siche  bizogna  ne  faciale  provisione 
buona  et  celere,  altramenti  iudichemo  non  poter  sostenire  questa 
impreza.  Havemo  tentato  et  temptemo  de  haveire  anchora  qualche 
bombarderi  de  verso  Nicia  e  Villa  francha  et  speremo  di  ha- 
verli,  indicando  quelli  essere  necessarissimi  a  questa  impreza  at- 
teso che,  comò  vi  havemo  scripto,  del  numero  havevamo  tra 
morti  e  feriti  sono  sei,  de  li  qualli  niente  se  posscmo  aiutare. 
Dicti  archibuxi  in  loro  fornimento,  habiano  balotole  assai  ;  aspe- 
ctemo  cum  dexiderio  intendere  il  Venerozo  haver  conclusa)  cum 
lo  111,"'"  Duca  de  Savoya  quelo  perchè  he  stato  mandato,  a  ciò 
che  de  verso  la  Turbia  possiamo  quietare,  avizando  vostre  si- 
gnorie che  alchune  volte  se  calano  a  la  scalamusa  cum  li  nostri, 
il  che  heri  seguite  et  de  la  compagnia  de  li  speciari  fo  morto 
uno  nominato  Petro  Francesco  speciario  et  altri  feriti  cosài  de 
loro,  corno  de  li  nostri,  nò  per  questo  intendemo  poter  prendere 
alchuna  fede  de  loro  e  bizogna  stare  cum  li  oyhi  aperti. 

Noi,  comò  vi  havemo  scripto,  judichemo  l'impreza  essere  più 
longa  che  non  speravamo,  tamen  lo  fine  essere  bono.  Non  si 
manche  le  provisione  requeste  cossi  de  li  denari  comò  de  tegnire 
la  paga  aparegiata.  Non  diremo  altro  per  non  essere  prolixi  ;  a 
la  iornata  de  quello  occorrerà  se  vi  darà  avizo,  cosi  preghemo 
quelle  vogliano  fare  cossi  de  la  quieta  de  la  terra  comò  de  quello 
barano  da  li  nostri  oratori,  cossi  de  Pranza  comò  de  Roma;  a  le 
Magnificencie  vostre  si  ricomandiamo  Ex  castris  contra  Monacum, 
die  IIIJ"  Januarij   i507. 

Teramus  de  Balliano  et 

Bernardus  de  Castiglione  commissarii 

Diversorum  Communis  lanue,  Filza  64. 


Documenti  5l3 


XXXV. 


Il 'co mime  chiede  al  duca  di  Savoia  la  reslilu{ione    delle    merci  folte 
in   Villaf ranca  ad  un  genovese  e  gli  dà  prova  che  Genova  desi- 
dera di  rimanere  in  buon  accordo  con  lui. 
Genova,  5  gennaio  1 507. 

lUu.  principi  d.  Carolo  Duci  Sabaudie  nobis  honorandissimo. 

IH.  princeps  nobis  honorandissimo  (sic).  Per  quosdam  cives 
nostros  nobis  expositum  fuit,  cum  superioribus  diebus  quedam 
navis  ex  Hispania  veniens  in  portum  vestrum  Vilefranche  diver- 
tissct,  eam  dctcntam  fuisse  et  ex  ea  capta  et  in  terram  exoncrata 
fuisse  quedam  bona  et  merces  Philippo  de  Facio  civi  nostro  spec- 
tantes,  et  cun  interroguremus  ipsos  cives  nostros  qua  de  causa 
Nicienses  subditi  excellentie  vestre  cum  t^ua  bonam  amicitiam  et 
pacem  habemus,  res  civium  nostrorum  detiuerint,  responderunt 
nullam  esse  causam  et  ob  id  remedium  a  nobis  petierunt,  Nos 
autem,  bis  auditis,  facile  existimavimus  hec  preter  excellentie  ve- 
stre mentem  perpetrata  fuisse,  que  prò  iusticia  et  bonitate  sua 
vult  ut  in  dicione  sua  mercatores  et  maxime  genuenses  libere 
venire  et  negociari  possint.  Quo  circa  rogamus  lU.mam  D.  V. 
ut  prò  mutua  amicicia  et  pace  qua  coniuncti  sumus  iubere  ve- 
lit  ut  bona  ipsa  ipsius  Philippi  ei  ocius  relaxentur  et  restituan- 
tur;  qua  in  re  longo  sermone  cum  111. ma  D.  V.  non  agemus 
quia  scimus  eam  mutue  pacis  et  amicicia  observantissimam  esse 
et  noie  ut  genuensibus  in  dicione  sua  iniuria  inferatur  et  nos  quo- 
que studemus  ne  cuipiam  subditorum  vestrorum  hic  iniuria  infe- 
ratur et  hodie  cum  intellexissemus  quedam  pecora  quorundam 
subditorum  excellentie  vestre  de  Monte  Regali  detenta  fuisse,  ad 
instantiam  quorundam  subditorum  nostrorum  conquerentium  quas- 
dam  merces  suas  Vilefrance  impeditas  fuisse,  iussimus  ut  relaxen- 
tur et  liberentur  et  ab  omni  impedimento  hodie  liberata  fuere. 
Date  die  V.ta  lanuarii.  Philippus  etc. 

Consilium  etc. 
Litterarum  Reg.  48,  lettera  n.  2. 


5l4  Anno   l507 

XXXVI. 

Lettera  dei  due  supremi  commissari  agli  officiali  delia  Balìa. 
{Arresto  del  maestro  bombardiere  Ambrogio  Gioardo  a  cui  viene  sostituito 
Andrea  Merello  —  Colpe  del  Gioardo  —  Arresto    di   due   nobili  a  S. 
Remo  —  La  questione  del  sale  da  scaricarsi  a  Mentone  —  /  guastatori. 

Dal  campo  di  Monaco  ^  8  gennaio  1907. 

Magnificis  et  prestantissimis  Dominis  Lazaro  de  Francis  et 
sociis  officialibus  Balie  ,  nobis  obscrvandissimis  -  Janue.  (Indì- 
rino  a  tergo). 

Magnifici  et  prestantissimi  Domini  nobis  observandi.  Questa 
matina  se  s  )no  recevute  le  vostre  per  Maestro  Andrea  Merello 
de  VI  presentis,  qualle  ne  sono  state  di  grande  consolatione  e 
volentera  havemo  veduto  epso  Maestro  Andria,  e  subito,  havute 
diete  vostre,  bono  modo,  havemo  posto  Maestro  Ambrogio  Gio- 
ardo su  la  gale»  de  Goano  e  subito  mandato  a  ihamare  lo  bri- 
gantino de  Beneitino  lo  cativo,  quale  è  andato  a  Vintimiglia, 
sopra  lo  quale  havemo  poi  miso  epso  maestro  Ambrosio  e  con 
quello  vel  mandemo ,  attento  che  ne  he  parso  più  seguro  che 
mandarlo  sopra  lo  leudo  e  havemo  miso  al  loco  dicto  maestro 
Andrea  Havemo  visto  quanto  ne  haveti  scripto  circa  la  provi- 
sione de  le  balle  cento  de  ferro  ,  quale  attenderemo  e  speremo 
serano  in  tempo  e  etiam  attenderemo  dicto  Maestro  Gregorio  e 
interim  non  se  perderà  tempo  alchuno  e  vi  haveremo  a  caro  la 
venuta  de  li  comissarij    ne  diceti  de  mandare. 

Circa  la  provisione  de  li  denari  havemo  visto  quello  ne  ha- 
veti scripto  primum,  aspecteremo  cum  grande  desiderio  Antonio 
de  Bervei  cum  li  scuti  MCC  quali  serano  a  tempo.  Da  Io.  Bapta 
de  Ihavari  non  ce  he  potuto  haveire  niente  perchè  non  ha  an- 
cora retracto  denari  alchuni.  Havemo  lettere  da  leronimo  de  Al- 
sate  per  le  quale  ne  dice  che  brevi  harà  h  ducati  CC<^L  da  la 
comunità  de  Albenga  e  ne  li  manderà,  et  già  ne  scrive  haverne 
pagato  parte  a  domino  Gasparo  de  Franchis,  uno  de  li  commis- 
sarij  vostri  de  la  rivera,  per  dare  a  li  guastadori.   Circa  la  paga, 


Documenti  5l5 

corno  già  vi  havemo  per  altre  nostre  scripto,  lenitila  aparegiata. 
attento  che  dubitemo  bisognerà  darla,  e  liceret  si  potcse  fare 
qualche  cosa  avanti;  tamen  non  voriamo  dare  la  bataglia  sensa 
paga;  questo  dicemo  per  iudicio  nostro,  attente  le  parole  audimo. 

Circa  li  fanti  havuti  e  queli  vegnirano,  da  d.  Lodisio  de  Bervei 
le  Magnificentie  vostre  serano  distinctamenti  avizate,  al  quale  se 
referimo.  Noi  faccmo  ogni  instantia  a  li  capitanei  de  le  galee  e 
brigantini  a  fare  lor  debito  e  talnaentc  che  non  entrano  alchuni 
in  Monache;  pur  vegnando  li  Beneitino  lo  cativo  li  potereti  uzare 
le  parole  vi  parerano  al  proposto. 

Havemo  intezo  quel  ne  haveti  scripto  del  Venerozo  e  ch'el 
se  resta  perciò  su  le  pratiche;  havercmo  a  caro  de  quello  se- 
guirà ne  diate  avizo;  havemo  etiam  havuto  a  piaceire  de  la  bona 
mente  del  ponlefice  verso  la  cita  nostra  e  de  quelo  procura  di 
fare  per  noi  cum  la  sacra  Maestà  del  Re  nostro  ,  la  quale  il 
summo  dio  mande  ad  boni  effecti.  De  quello  seguirà,  simiiiter  vi 
preghamo  a  dare  avizo.  -    Questo  per  risposta  de  diete  vostre. 

Quelli  de  la  Turbia  ogni  iorno  sono  a  le  mane  cum  li  nostri 
e  hogi  se  sono  feriti  da  XXX  in  circa,  (de  li  nostri  gè  ne  he 
stato  uno  tanto),  quali,  per  quelo  havemo  potuto  intendere,  hanno 
havuto  la  paga  da  nobili.  Simiiiter  havemo  intezo  che  avanti 
beri  lo  Gubernatore  de  Nicia  ha  facto  fare  una  pubblica  crida  che 
ciaschuno  da  XVII  per  fino  in  LXX  {anni)  dovesse  prendere  le  arme 
in  mano  e  vegnire  a  la  Turbia  per  defensione  de  quel  loco  ; 
tamen  li  voleva  per  offensione  nostra  ;  li  quali  non  lo  hano 
voluto  obedire  dicendo  che  non  voleno  guerra  con  noi,  salvo 
con  comandamento  del  Duca  loro. 

Vi  mandemo  qui  inclusa  una  memoria  di  tuto  quello  l)izogna 
maestro  Andrea. 

Vi  preghemo  che  cum  quella  celerità  possibile,  ne  dati  forma 
de  bavere  presto  quel  che  in  epsa  se  contene,  attento  che  se  ne 
bizogna  grandemente  et  sensa  quelle,  male  se  poteria  adoperare 
la  artagliaria.  Maestro  Ambrogio,  molte  volte  da  noi  recerchato 
e  quasi  dal  primo  iorno    per    fino    al    presente,    semper  dice\'a 


5l6  Anno   l507 

haver  ogfni  cossa  in  ordine  de  le  cosse  se  requere  in  la  memoria, 
Credemo  epso  Maestro  Ambrogio  haverne  havuto  bona  provi- 
sione al  suo  partire  :  le  Magnificencie  vostre  potcrano  intendere 
quel  ne  ha  facto  e  de  quelle  farne  dare  bono  conto  e  similiter 
de  tuto  quello  ha  havuto  in  governo,  maxime  che  forono  pa- 
gati' li  nel  suo  partire  molli  homini  quali  poi  a  li  servici]  non 
se  sono  trovati,  corno  de  ogni  cosa  sera  distinctamenti  avizato 
lo  Sp.  officio  di  Monaco  cioè  M.  Baptista  de  Cavo  e  compagni 
da  dicto  d.  Lodisio.  Li  comportamenti  de  lo  quale  maestro  Am- 
brosio mai  ne  sono  piaxuti.  e  pareva  che  li  facti  e  parole  soe, 
quasi  tuto  tendesc  a  diferire,  et  considerando  noi  quanto  bizo- 
gnavanio  de  prestesa  e  l'opera  soa,  se  inzcgnavamo  cum  preghi 
e  promisione  che,  facendo  il  debito  suo.  sereva  ben  remunerato 
e  vedendo  alchuna  volta  niente  giovare,  gè  uzavamo  de  le  parole 
minatorie  e  tamen  nihil  ;  qual  sia  stata  la  cagione  noi  posemo 
sapeire,  aut  procedese  per  non  sapeire,  aut  per  timore,  aut  per 
non  voleire. 

Mogi  havemo  havuto  goastadori  alchuni  et  speremo  domane 
ne  haremo  per  lo  compimento  de  CL  perfino  in  CC,  quali  ha- 
vemo con  grandissime  fatiche  e  quodam  modo  excessivi  paga- 
menti. Havemo  facto  ihaniare  qualche  capi  de  le  compagnie  ul- 
timamene vegnute,  a  li  quali  havemo  facto  intendere  il  bisogno  de 
l'opera  nostra,  maxime  circa  li  repari.  Se  sono  ofTerti  loro  cum 
loro  gente  vegnire  cum  la  sapa  in  mano  a  fare  comò  li  goastadori, 
mediante  qualche  subventione  a  loro  promisa,  de  forma  che 
domane  a  la  nocte  speremo,  cum  auxilio  de  Dio,  de  dare  prin- 
cipio a  li  repari  e  fare  cum  tal  celerità  che  presto  haveremo 
dicti  repari,  quali  vogliamo  far  talmente  forti  che  ne  faciano 
honore. 

Vi  ricordamo  a  mandare  li  archibuxi  forniti  con  le  balote  et 
altre  cosse  per  noi   et  d,  Lodisio  commisse. 

Havemo  havuto  doe  lettere  da  li  vostri  commissari]  de  rivera 
quali  diceno  essere  capitati  a  Sancto  Romulo  Pasquale  Lomel- 
lino  et  Lodisio  de  Auria,  quali,  per  le  suspictione  havute,  hano 


Documenti  5iy 

facti  astalare.  Noi  li  havemo  scripto  che  li  tengano  II  perfino 
che  le  M'ignifi'^entie  vostre  ordinerano  quel  se  doverà  fare.  Vi 
mandemo  diete  lettere  aciò  intendiate  ogni  cossa  et  poi  quelle 
poterano  ordinare  quelo  vorrano  se  ne  facia  e  interim  starano 
li  cossi  detenuti. 

Le  cosse  per  lo  barderò  (sic)  vi  requerimo  l'altro  iorno  per 
la  lista  mandata,  vi  preghemo  mandiate  perchè  ne  havemo  con- 
tinui bizogni  per  li  feriti  et  cossi  un  fìascho  de  siropo  violato 
per  dicti  feriti  e  amalati,  e  sera  cura  de  li  Sp.  ms.  Baptista  de 
Cavo  e  compagni. 

Heri  he  venuto  qui  Ceva  de  Bozolo  qual  ha  lo  governo  del 
sale  de  Mentone  e  qual  se  conduce  su  lo  ducato  de  Savoya  ,  e 
ne  ha  requesto  vogliamo  dare  salvoconducto  a  li  mulateri  chi 
vegnirano  a  Mentone  a  carregare  dicto  sale  e  similiter  a  doi 
vaseli,  quali  sono  a  Nicia  carregati  de  sale  per  poter  descirre- 
gare  a  Mentone.  Noi  )i  havemo  respozo  che,  non  havendo  guerra 
cum  lo  duca  de  Savoya,  non  bizogna  s^lvo  conducto,  tamen  che 
sopra  la  fede  nostra  facia  vegnire  li  mulateri  a  carregare  e  fare 
lo  trafego  solito,  e  similiter  li  dicti  doi  vaseli  a  descarregare 
dicto  sale,  e  che  non  li  sera  facto  danno  nò  nocumento  alchuno, 
e  de  ciò  non  li  havemo  voluto  fare  scriptura  alchuna.  Le  Ma- 
gnificencie  vostre  ordineno  e  faciano  quello  circa  tal  requesta  li 
pare  al  proposito  e  ne  dageno  avizo  de  quello  voleno  se  facia  ; 
nec  alia.  A  le  Magnificencie  vostre  si  ricommandiamo.  Date  in 
Castris,  die  Vili  Januarij  iSoy. 

Magnificenciarum  vestrarum 

Theramus  de  Ballano  et  Bernard us 
de  Castiliono  commissari] 

Divcrsorum  Communis  lanue,  Filza  64. 


34 


5l8  Anno  l507 

XXXVII. 

Lettera   ai   commissari  della  Riviera  di  Tonente  con  crdiìie  di  severis- 
sime pene  pei  disertori  dal  campo  di  Monaco. 
Genova,  3 1  gennaio  i  So/. 

Philippus  et  Consilium,  Spectatis  viris  d.  Gaspare  de  Francis 
Vi{tro)  <\{ne)  d(oc1ori)  et  Raphaeli  de  Turri  Commissariis  nostris 
Amantissiniis. 

Spectati  viri  nobis  charissimi.  Nói  havemo  inteiso  cum  de- 
spiaceire  grande  de  quelle  compagnie  che  si  sono  partite  di  campo 
centra  ogni  iusticia  et  consuetudine  de  guerra,  et  tanto  più  ne 
despiace  quanto  questo  desordene  et  presumptione  sia  la  più 
parte  facta  per  nostri  genoexi,  li  quali  per  ogni  ragione  dovriano 
stare  più  a  la  riga;  unde  ne  restiamo  cuni  tanta  amaritudine  che 
dire  facilmente  non  lo  porriamo  cum  animo  de  dargli  quelli  re- 
medii  che  merita  la  cossa,  sia  per  punire  chi  ha  contrafacto,  sia 
etiam  per  dare  exempio  a  li  altri.  Per  questo  havemo  scripto  una 
lettera  patente  a  tuti  li  officiali  de  la  rivera  che,  capitando  gente 
che  ritornano  da  campo  sensa  licencia  in  soriptis  ,  svalixano  et 
mitteno  in  camisa  et  li  possiano  procedere  a  dosso  usque  ad  ul- 
timum  supplicium;  et  però  che,  quanto  sia  necessario  la  disciplina 
millitare  et  maxime  la  obediencia  et  timore  in  uno  campo  corno 
è  lo  nostro,  a  voi  debe  esser  assai  notto,  et  stringemo  et  incar- 
regamo  quanto  sia  possibile  che  avertiate  se  podeti  dare  di  mano 
a  qualchaduno  de  quelli  che  siano  partiti,  o  partirano  sensa  li- 
cencia ,  della  sorte  che  di  sopra  havemo  dicto  et  tunc  vogiamo 
et  vi  imponamo:  primum  li  spoliati  ei  lassiate  nudi  prendendogli 
quanto  habiano,  et  quum  voi  ne  apichate  qualchuno  per  la  gola, 
farete  a  noi  cosa  chara  et  cosi  ve  imponemo  faciatc  per  quanto 
desiderati  grattifìcarne;  però  che  non  vedemo  remedio  altro  me- 
gliore  a  tanta  licentia  e  presumptione,  né  vogiamo  che  gordate  {sic), 
che  sia  genoeze  aut  forestero,  et  più  caro  ne  sarà  uno  nostro  ge- 
novese che  altramenti,  per  bavere  più  falUto  che  li  altri.  Noi  vi 


Documenti  5l9 

confortamo  a  fare  da  homini  corno  vi  reputemo,  e  per  uno  prin- 
cipale remedio    ad  inquernare  (sic)  quello   campo  non  se  n'  è  il 
megliore,  advisandone  de  quello  che  farete. 
Data  lanue  die  XXXI  lanuarij   l507, 

Litterarum  Reg.  47,  lettera  n.  207. 

XXXVIII. 

/  commissari  al  campo  danno  noti:^ia  delle  trì<;tissime   condi:(ioni  del- 
Vesercito  e  di  una  scaramuccia  con  quei  della   Turbia. 
Dal  campo  di  Monaco^  22  febbraio  1507. 

Magnificis  et  prestantissimis  Dominis  Lazaro  de  Franchis  et 
socijs  olim  officialibus  Balìe  observandissimis.    (Indiri:!^:(o  a  tergo). 

Magnifici  et  prestantissimi  Domini  observandissimi.  Vedando 
de  hora  in  hora  succedere  de  le  cose  impensate  e  tale  che  quasi 
habiamo  perduto  el  consiUo.  vedando  subseguire  tante  traditione 
conlra  ogni  raxone  movute,  et  presertim  da  li  nostri  genoesi, 
perciò  che  habiando  quello  Lazaro  Bacigalupo  facto  el  primo 
errore  de  ferire  el  conte  Bergamino  cum  tanto  suo  torto  e  car- 
richo,  se  est  posto  in  fuga  cum  tuta  la  soa  compagnia  et  redu- 
ctosi  in  Monacheto,  de  lo  qual  loco  non  he  bastato  solum  an- 
darsene lui  con  dieta  soa  compagnia,  ma  se  ha  etiam  tirato  a 
preso  da  homini  CCC  de  quelle  compagnie,  ita  che  cossi  corno 
credevamo  che  quella  compagnia  del  Castellalo  dovese  fermarse 
fin  a  lì  XXVI,  comò  havia  promiso,  etiam  loro  questa  nocte, 
spreta  promisione,  «e  sono  partiti  cum  tuta  loro  compagnia  senza 
farne  moto,  e  apreso  se  hano  tirato  quasi  tuti  li  lombardi  e  de 
Monteferrato  erano  ia  questo  compagnia  del  Greco,  la  quale 
erano  circa  30o,  più  non  gè  ne  resta  XXXX  ;  tute  le  altre  com- 
pagnie de  lombardi  se  sono  partite  cum  lor  capi;  et  demum  in- 
tendiamo restare  si  pocho  numero  de  homini  in  questo  campo, 
che  non  lo  ardimo  di  scrivere  e  solum  ne  resta  qualche  pocha 
speranza  in  lo  vegnire  de  le  sequelle  cum  tanta  instantia  requeste, 


520  Anno   l507 

de  le  qualle  huc  usquc  non  sono  venuti  in  campo,  salvo  homini 
CLXXXV  de  Vinti  miglia  conducti  per  d.  Gasparo  Indice  per 
iorni  X  et  de  li  soi  denari  pagati  ;  noi  aspectiamo  che  hodie  vegna 
lo  numero  de  epse  sequelle  per  noi  requesto  e  per  noi  se  est 
facto  la  instantia  con  più  lettere  a  noi  possibile  et  tamen  non 
habiamo  però  altra  provisione  salvo  che  li  commissari]  compagni 
nostri  e  cossi  d.  Gasparo  e  compagno,  scriveno  in  hoc  bavere 
uzato  ogni  diUigcntia  e  se  lamentano  che  quelli  de  Tabia  sono 
totaliter  renitenti  a  tal  requesta,  e  quando  la  vegnuta  da  epse 
sequelle  più  tardase  e  non  foseno  qui  hodie,  cognosciamo  per 
certo  convegnire  prendere  altro  partito,  perciò  che  iudichemo 
nullo  pacto  potersi  regere  e  convegnire  luto  abandonare.  Est 
etiam  subseguito  che  anchora  non  habiamo  havuto  li  denari 
mandati  con  li  quali  se  scriamo  pur  sforzati  intertegnire  qualche 
parte  de  quelli  sono  partiti,  e  quando  hodie  non  foseno  hic  con- 
ducti per  mare  aut  per  terra,  comò  habiamo  ordinato,  se  indi- 
camo quasi  deòperati  totaliter  da  ogni  remedio.  A  noi  bizogna 
cum  le  lacrime  a  li  oyhij  tuto  notificare  a  la  Magnilìcencie  vo- 
stre e  per  parte  nostra,  id  est  de  noi  Rafaclo  d^  Techo  e  Alarame 
de  Bozolo,  in  compagnia  di  Lodisio  e  cum  noi  dicto  D.  Gasparo, 
se  farà  tuto  quello  sera  in  facultà  nostra  poter  fare  in  regersi, 
cum  mettere  etiam  le  vite  nostre  ad  ogni  periculo.  Similiter 
la  Magnificencia  del  capitaneo  e  domino  Petro  cum  le  lor  com- 
pagnie animosamente,  quanto  he  in  loro  ,  provedeno  a  tuto 
quello  est  a  lor  possibile,  exponendo  non  solum  le  lor  vite,  ma 
etiam  hano  exborsato  tuti  quelli  denari  in  loro  restavano ,  e  in 
loro  resta  quella  pocha  speranza  la  quale  anchora  ne  tene  vivi. 
Habiamo  scripto  a  li  capitanei  de  le  galee  vengan  >  qui  per  poter 
megho  con  loro  queste  cose  consegiare  e  adrizare  ;  resta  che  le 
Magniticencie  vostre,  cum  quella  celerità  sera  possibile,  provedeno 
a  le  necessitate  nostre  e  volanter  ne  dagano  avizo  de  quello  H 
pare  per  noi  se  habie  a  fare,  a  le  quale  semper  se  ricomandiamo.  — 
Poi  in  questo  instanti,  per  consegUo  del  Magnifico  capitaneo, 
messer  Petro  e  domino  Gasparo,  habiamo  deHbcrato  de  mandare 


Documenti  521 

messer  Alarame  de  Bozolo,  nostro  compagno,  qual  a  bocha  etiam 
supplirà  tuto  quello  è  acaduto  e  bizogna,  e  Dio    voglia  luto  sia 
in   tempo.  Ex  castris  die  XXII  Febrari,  hora  XVI,   i5o7. 
D.  Vestrarum  Commissarii  in  exercitu 
contra  Monacum 

Post  scriptum.  In  questo  puncto 
sono  usiti  fora  molti  de  Monaco  e 
sono  venuti  asaltare  la  nostra  artaglia- 
ria,  contra  de  li  quali  per  li  nostri  se 
he  facto  grande  resistentia  e  subito  li 
hano  facti  reti  rare  dentro  e  de  epsi  ne 
sono  restati  prexoni  V  et  morti  al- 
quanti, corno  più  largamenti  da  dicto 
messer  Alarame  intendereti. 

{La  lettera  è  scritta  di  pugno  del  Bervry) 
.    Diversorum  Communis  lanue,  Filza  64. 

XXXIX 

Lettera  indiri:{^ata  al  signor  di  Chaumont  da  consegnarsi  ad  Andrea 
Cicero  affinchè  questi  faccia  conoscere  alle  autorità  Francesi  le  cause 
della  mancata  ambasceria  genovese,  presenti  le  proteste  delia  città 
per  gli  eccessi  del  castellano  di  Castelletto,  procuri  di  persuadere 
il  Gran  Maestro  della  fedeltà  del  popolo  di  Genova  alla  casa  di 
Francia. 

Genova,  8  marzo   i  Soy. 

Antiani  et  olTicium  Balie  comunis  lanue,  Spectato  viro  An- 
drea Cicero  ci  vi  nostro  nobis  carissimo. 

Spetate  vir  noster  carissime:  havemo  inteso  voi  esser  andato 
a  Mons.  de  Chiamone  Ill.mo  inseme  cum  lo  Illu.  nostro  Locum- 
tenente  e  ne  havemo  havuto  piacere,  perchè,  per  la  vostra  pru- 
dentia  e  amore  verso  la  patria,  potereti  cum  verità  apresso  de 
epso    Mons.  IH.^o    defendere  molte  obiectione,  le  quale  crediamo 


522  Anno  l507 

ne  siano  facte  contra  el  dovere.  In  primis  voi  sapeti  che,  statim 
inteso  lo  arbitrio  de  le  cosse  nostre  esser  in  mano  de  sua  excel- 
lentia,  se  allegrassimo  assai,  cognosccndo  la  virtù  et  prudentia 
sua  e  subito  fecemo  electione  de  quatro  citadini  per  mandare  a 
sua  excellentia  in  Aste.  Seguito  il  caxo  del  castello  (l),  si  mandò 
Laurentio  loardo,  et  Mons.  el  nostro  Locumtenente  mandò  la- 
noto  con  el  quale  fu  scripto  che  esso  Locumtenente  andasse  a 
Milana  quando  per  epso  Mons.  Ill.mo  fusse  ordinato  e  con  seco 
venisseno  li  Ambasciatori,  e  noi,  desiderosi  de  visitare  sua  excel- 
lentia  e  gravandone  ogni  induxia  de  iustificare  le  cosse  nostre, 
poiché  non  eramo  stati  olditi  in  Francia,  mandiamo  a  sua  excel- 
lentia  uno  stafeta  per  meglio  intendere  la  volontà  sua.  Voi  sa- 
peti che  fu  differta  la  risposta  e  poi  venuta  sì  strecta  e  si  con- 
sulta (studiata)  che  ogni  altri  che  noi  haria  piìi  presto  differito 
de  mandare  cha  altramenti.  Pur  perseverando  el  nostro  deside- 
rio de  essere  intese  le  nostre  iustificatione,  havuta  la  comniodità 
de  la  compagnia  del  nostro  Locumtenente,  mandassimo  dicti 
Ambassatori,  li  quali,  essendo  a  Serravalle,  feceno,  comò  sapeti, 
intendere  essere  li,  dove  expectavano  nova  risposta  da  esso 
Mons.  Ill.mo  da  poi  el  vostro  giongere.  Ma  le  parole  et  li  acti 
de  alcuni  nostri  giovenastri  del  colore  nobili  che  hanno  usato  e 
facto  usare,  H  ha  movuti  a  non  tardare  più  in  Serravalle;  imo 
per  più  sicuranza  se  retirano  a  Nove  dove  etiam  ghe  fu  posto 
affano  per  la  compagnia  di  Mons.  de  Alegra  che  sta  a  Pozolo, 
e  per  questo,  per  via  de  Gavi,  sono  tornati  qui.  Del  che  n'  e 
parso  darvi  aviso  per  questa,  a  ciò  che  possiate,  come  avisato, 
excusare  la  ritornata  de  epsi  nostri  Ambasiatori  senza  expectare 
la  risposta  de  chosti,  e  se  se  ha  da  fare  una  cossa  più  come 
un  altra  in  mandare  chosti  per  qualche  bono  fructo,    ne    faciali 


(i)  Il  testo  dice  «  cavallo  »  in  luogo  di  «  castello  »  ma  siccome  è  una 
copia  di  cancelleria  può  credersi  un  errore  di  trascrizione  tanto  più  che  la 
versione  «  cavallo  »  è  insostenibile  mentre  qui  si  capisce  chiaramente  che 
si  tratta  del  caso  del  castello  (y  febbraio). 


Documenti  523 

avisato  perchè  non  costante  che  da  poi  el  partire  vostro  sia 
stato  facto  molte  cosse  ad  obbiecto  de  mettere  questo  populo 
in  desperatione,  primum  de  essersi  tirati  tutti  li  franciosi  in  ca- 
stello de  nocte,  simulato  metu,  et  haverne  lasciato  ei  palatio 
et  la  terra  senza  adrizo  (adviio)  alcuno,  item  havere  tirato  que- 
sto castellano,  senza  alcuna  causa,  molti  colpi  de  bombarde  et 
mortareti  a  meza  nocte,  cossa  certo  etiam  contro  li  propri  ini- 
mici prohibita,  item  seguito  el  destrasio  de  li  nostri  mcrcadanti 
a  Milano  et  molti  altri  comportamenti  usati  per  ministri  regii 
verso  de  noi,  cossi  del  grande  excesso  de  li  nostri  presi  in  San- 
to Francesco,  come  de  molli  altri  qui  et  fora  de  qui,  de  che 
voi  haveti  bona  noticia,  tamen  semper  siamo  stati  et  siamo  et 
seremo,  fino  che  la  vita  e'I  spirito  ne  durerà  ,  in  la  fede  et  de- 
votione  del  re  nostro  Christianissimo  et  hayemo  date  le  debite 
provisione  a  mantenimento  del  felice  stato  regio.  Ben  ne  pare 
molto  stranio  che  la  Excellentia  de  Mons.  111.'""  habia  permesso 
et  permetta  che  siano  usati  tali  modi  verso  questo  populo  cossi 
fidele  e  che  ancor  non  habia  voluto  intendere  cossa  alcuna  de 
le  occurrentie  nostre,  salvo  da  quelli  li  quali  li  hanno  referto  le 
cosse  aliene  da  la  verità,  comò  fu  facto  de  le  cosse  del  E-e 
Ferrando  le  quale  se  sono  bene  apurate  comò  voi  sapeti;  et 
cossi  de  la  calunnia  ne  era  data  de  la  venuta  de  li  Fregosi;  il 
che  s'  è  da  poi  bene  inteso  e  iharito  esser  tutto  el  contrario. 
Per  questi  respecti  et  molti  altri,  comò  s'  è  dicto,  havemo  pia- 
cere vi  troviate  de  là,  confortandovi  et  stringendovi  che,  de  tutte 
queste  verità  chi  ve  sono  note  et  de  la  bona  dispositione  de 
questo  popolo,  vogliate  ben  advertire  et  imprimere  la  excpUentia 
de  Monsignore  el  gran  maestro  perchè  dubitiamo  assai  che  li 
nostri  citadini,  li  quali  ogni  iorno  li  sono  a  le  orechie,  non  li 
habiano  posto  in  testa  qualche  sinistra  opinione,  la  quale  siamo 
certi  Gambiera,  se  bene  intenderà  le  nostre  iustificatione. 

Noi  si  troviamo  in  anxietà  vedendo  che  li  nostri  superiori 
per  la  Regia  Maestà  ne  hanno  abandonato,  e  che  da  ogni  banda 
siamo  menaciati  farsi  grande  preparatione  contra  de  noi,  procu- 


524  Anno  l507 

randola  quelli  li  quali  doverian  procurar  la  salute  et  concordia 
de  la  patria  sua,  a  la  quale,  bem  vedemo,  mostrano  poco  amo- 
re. Et  per  questo,  dubitando  de  qualche  sinistro,  havemo  ordi- 
nato in  più  parte  haver  provisione  da  poder  propulsare  le  iniu- 
rie,  se  epsi  nostri  persevereranno  in  la  loro  opinione  e  per  po- 
terse  mantegnire  sotto  il  felice  stato  regio,  con  farne  intendere 
tutta  la  cita  esser  molto  unita  et  concorde  in  questo,  se  mai  per 
alcun  tempo  li  fu. 

Non  poresti  credere  li  mali  modi  et  le  inhumane  parole  che 
usa  questo  castellano  contro  de  la  cita    et  in  ogni    suo    parlar  e 
ne  apella  rebelli  et  tradictori. 

Hogi  ha  mandato  uno  salvo  conducto  a  Messer  Raphaele 
de  Montaldo  et  a  un  altro  de  quelli  chi  hanno  li  parenti  soi  in 
castello  et  gli  ha  facti  vederli  tutti  reposti  in  fondo  de  una  tur- 
re,  carcere  acerbissimo,  et  comò  sapeti  gè  sono  homini  de  hanni 
octanta  et  septanta  et  uno  con  doi  figlioli  et  gè  ha  facto  intendere 
che  se  gè  farano  fede  per  tutto  domani  de  scuti  VI  mila,  che 
leverà  dicti  nostri  citadini  de  fondo  de  la  turre  et  li  remetterà  en 
la  camera  dove  erano,  aliter  che  domane  li  impicherà.  Et  an- 
cora che  crediamo  non  debia  far  comettere  tale  excesso,  pur  le 
parole  sono  triste  et  procedono  da  iniquo  animo,  comò  tutte  le 
parole  sue,  perochè  lui  medesimo  ha  dicto  esser  el  principe  de 
li  diavoh  et  altre  parole  molte  impertinente,  le  quale  ne  grava 
assai  oldire  et  nemanco  scriverle.  El  magnifico  regio  usciere 
(^llabre  de  Sanie)  ne  dimostra  grande  despiacere  et  sapiamo 
che  ha  cercato  rimoverlo  de  questi  soi  acti  et  parole,  et  siamo 
etiam  certi  che  a  mons.  el  gran  maestro  debiano  gravare  assai. 
A  la  excellentia  del  quale  fareti  noticia  de  tutte  queste  cose 
requirendoge  che  dia  a  questi  comportamenti  quel  remedio  chi 
parrà  opportuno  a  sua  excellentia,  a  la  quale  in  tutto  semper 
ne  offerireti  et  recomandereti.  Dats  lanue  die  Vili  Martii  MDVII. 
111.'""  principi  Domino  de  Ihamon  ctc. 

Ul.mo  Monsignore.  Per  non  dare  fastidio  a  la  excellentia  vo- 
stra  de  legere,  scrivemo  a   lo    egregio    nostro    citadino    Andrea 


Documenli  525 

Cexero  alcune  cose  che  bavera  da  conferire  con  quella  per  no- 
stra parte,  et  a  finché  le  lettere  habieno  bono  recapito,  le  diri- 
zamo  a  vostra  III.™  Signoria  pregando  quella  se  degni  targele 
dare;  a  la  bona  ^ratia  de  la  quale  sempre  se  recomandiamo, 
Datis  lanue  die  Vili  Martii  iSoy. 

Litterarum  Reg.  5o,  lettere  n.  i3  e  14. 

XL. 

Ordine  ai  pubblici  officiali  della  Riviera  orientale  di  espellere    tutti  i 
nobili  in  essa  residenti. 

Genova,  1 9  marzo  1 507. 

Littere  Patentes  contra  nobiles. 

Regius  in  lanua  locumtenens  et  consihum  Antianorum  et  offi- 
cium  balie  comunis  lanue,  universis  et  singulis  capitaneis  pote- 
slatibus  vicarijs  rectoribus  consilijs  et  consiliarijs,  universitatibus 
populis  et  locis  in  nostra  orientali  riparia  constitutis,  dilectis  no- 
stris  salutem.  Adciochò  intendeti  è  necessario  in  questo  tempo 
molto  aprir  l'occhio  e  levare  da  li  pedi  ogni  spina  chi  podesse 
pongere,  noi  advertimo  essere  a  proposito  che  niùno  nobile 
della  cita  de  Genua  stiano  in  le  rivere  nostre  ;  ne  sensa  causa 
parlemo,  perochò,  stando  li,  fano  officio  de  susurroni  e,  se  vo- 
lesseno  consegiar  lo  bene,  vegniriano  in  la  propria  patria.  Id 
circo,  per  tenor  de  le  presente  lettere,  vi  commandiamo  et  im- 
ponemo  expressamenti  che  ad  epsi  nobili  residenti  in  li  vostri 
loci,  dati  licentia  se  partine  dentro  da  jorni  trei  ab  exhibitione 
presentium  proxime  numerandos  ;  et  adciochò  intendiate  la  vo-. 
luntà  nostra  essere  cossi,  noi  ve  commandiamo  questo  sotto  pena 
de  cinquecento  ducati  per  loco,  in  la  qual  pena  sera  obbligato 
ogniuno  per  la  sua  communità,  se  tale  executione  non  facessi. 
Prcterea  in  lo  partire  de  epsi  nobili  cum  sui  beni,  noi  gè  diamo 
ampio  et  libero  salvoconducto  cossi  a  soi  beni  comò  a  loro  et 
la  lede  nostra   volemo  gi   sia  observata  ed  cossi  volemo    faciatc 


526  Anno   l507 

sotto  le  prediate  pene.  In  quorum  testimonium  presente^  litteras 

fieri  et  registrar!  iussimus    sigillique  nostri    impressione    rnuniri. 

Date  lanue  die  XVIIII  Martij   l507. 

Paulus. 
Politicorum    Mazzo  3,  Fase.  n.  48. 

XLI. 

Ulìimo  documento  dei  dogato  di  Paolo  da  1>Lovi.  Decisione  di  inviare 
ambasciatori  al  campo  francese  per  trattare  un  accordo. 

Genova,  2  5  aprile  iSoy. 
Illa,  et  ex.sus  dominus  Paulus  de  Novis  dei  gratia  dux  Genuen- 
sium  et  populi  defensor,  Magnificum  consilium  dominorum  Antia- 
norum,  officium  Balie,  tribuni  et  multi  alii  cives  in  palatio  comunis 
congregati,  videlicet  in  camera  ubi  Senatus  convenire  solet,  con- 
siderantes  condicionem  temporis  et  volentes  saluti  reipublice  con- 
sulere,  utile  l'ore  duxerunt  ad  coUoquium  de  venire  per  medium 
aliquorum  proborum  civium  cum  Ill.mis  ductoribus  sive  capitaneis 
regii  exercitus,  vel  si  expedierit  cum  Christianissima  regia  Maiestate. 
Ideo,  confisi  prudentia,  probitate  et  amore  singulari  erga  patriam 
prestantium  virorum  Baptiste  de  Rapalo  et  Stephani  lustiniani, 
omni  iure  via  modo  et  forma  quibus  melius  et  validius  potuerunt 
et  possunt,  elegerunt  eos  oratores  suos  et  excelsi  comunis  Geoue 
ad  eundum  et  se  presentandum  coram  prefatis  Illustrissimis  dominis 
Capitaneis  regiis  et  sive  coram  presentia  et  conspectu  regie 
Maieslatis,  cum  auctoritate  et  balia  tractandi  et  praticandi  com- 
positionem  et  concordiam  cum  prefatis  dominis  capitaneis  et  suo 
Christianissimo  domino  Rege ,  nomine  et  vice  prefati  comunis 
•  Janue,  sub  illis  modis  viis  et  formis  que  ipsis  oratoribus  magis 
utiles  et  convenientiores  videbuntur.  Preterea  ut  oratores  ipsi, 
bono  animo ,  curam  sibi  demandatam  exequi  et  adimplere 
possint,  promiserunt  prefati  lUustris  Dux ,  consilium  et  Officium 
Balie  eos  conservare  indemnes  ab  omni  molestia  damno  et 
impedimento  reali  et  personali  quod  eis  vel  alteri  eorum,  eundo, 
stando,  vel  re  leundo,  durante  presenti  legatione,  accideret,  quod 


Documenti  527 

absit,  suscipientes  in  se,  nomine  prefati  comunis,  onus  satisfaciendi 
ipsis  oratoribus  quicquid  piopterea  passi  fuissent. 

Litterarum  Reg.  48,  lettera  n.  65. 

XLII. 

Si  notifica  agli  officiali  ed  ai  popoli  delia  Riviera  orientale  il  ritorno 
di  Genova  sotto  la  signoria  del  re  di  Francia  e  si  comanda  di 
portare  in  città  molte  vettovaglie. 

Genova,  28  aprile  iSoj. 

Antiani  et  Officium  Balie  communis  Janue,  Univcrsis  et  sin- 
gulis  Officialibus  universitatibus  et  populis  universis  ripparie  orien- 
talis,  Dilectis  nostris  salutem  ,  se  notifica  ad  os^niuno  comò,  per 
clementia  e  benignità  del  R«  Chrystianissimo  nostro  segnore,  siamo 
reconciliati  cum  sua  sacratissima  Maiestà,  quale  clementissima- 
menti  ne  ha  recevuti  a  la  sua  bona  gracia,  e  perchè  intrerà  in 
la  cita  cum  tuta  la  sua  corte  e  serano  grande  numero  de  segnori 
gentilhomini  e  cortexani,  li  quali  desyderiamo  siano  bem  honorati 
e  tractati,  per  questo  se  comanda  expressamenti  ad  ogniuno  che, 
visto  le  nostre  lettere  pres'^nte,  cum  ogni  possibile  prestessa  por- 
tano a  la  cita  carne,  caponi,  galline,  polli,  ove,  frumenti,  farine, 
vino,  feno,  paglia,  biave  et  ogni  natura  victualie,  e  li  serano  pa- 
gate cortesementi  el  suo  prexio.  E  perchè  ciascuno  cum  meglior 
animo  possia  venire  e  condurre  diete  victuahe,  se  manda,  cum 
questo  nostro  tarchieta  (tnesso),  la  copia  de  la  crida  mandata  questa 
matina  de  comandamento  de  sua  X.""^  Maiestà  e  de  Mons.  Ili,"'"  el 
Grammaestro,  per  la  quale  ogniuno  poterà  veder  quanto  sicura- 
mente possiano  venire  e  vendere  le  loro  cosse.  In  quorum  fidem 
presenles  fieri  et  registrari  iussimus,  nostrique  sigilli  impressione 
muniri.  Data  Janue  Die  XXVIIl  Aprilis  MdVII'"".  E  poi  s'è  mandato 
una  nova  crida  per  la  Maiestà  del  Re.  ancora  più  importante  cha 
la  prima  corno  vedereti.  Nicolaus. 

Diversorum  Communis  lanue,  Filza  64. 


528  Anno   i507 

XLIII. 

Elenco  delle  persone  che  dovettero    seguire  il  re  a  Milano  e  di  quelle 
escluse  dal  perdono  generale. 

Genova,  i3  maggio  1507. 

Nomina  iilorum  qui  secuntur  Regem,  Mcdiolanum  : 

Petrus  Sauli,  —  Silvester  luslinianus.  —  Manfredus  de  Fur- 
nariis,  in  eius  loco  Benedictinus  filius,  —  Baptista  Scalia.  — 
Theramus  de  Baliano.  —  Bernardus  de  Castiliono.  —  lacobus  de 
Sopranis,  in  eius  loco  Paulus  de  Francis,  —  Gabriel  Adurnus. 
—  Peregrus  de  Goano.  —  lohannes  Baptista  de  Ferraris.  — 
Acursius  de  Borlasca.  —  Gregorius  de  Bozo)o.  —  Lodisius  de 
Bervei  et  Simon  lustinianus. 

MDVIl  die  XIII  maij. 

Spectati  domini,  de  ordine  et  mandato  Illu.  d.  Regij  Gubcr- 
natoris,  denuntiatur  vobis  quod  X."""  Rex  dominus  noster 
mandavit  ut  vos  et  omnes  suprascripti  illum  sequamini  usque 
Mediolanum  in  comitati!  suo  et  expresse  declaravit  quod  nulla 
ratione  timendum  vobis  est  ncque  in  persona  ncque  in  bonis  : 
ratificando  ed  affirmando  generalem  absolutioncm  factam  pe^ 
ipsum  X.""""  regem  in  prcsentia  magnificorum  d.  Antianorum 
offitii  balie  et  monete.  Ex  quo  convenite  hodie  simul  et  consti- 
tuite  unum  de  vobis  qui  habeat  curam  providendi  alogiamentis 
vestris  ed  eritis  tractati  tam  apud  regem  X.""""'  quam  apud 
R/""  D.  Legatura  tamquam  ex  eorum  familiis.  Ideo  properate 
equitaturas  vestras  et  reliqua  vobis  necessaria  ut  die  crastina  de 
mane  presti  esse  possitis  ,  atque  iter  ingredi  cura  prefato  X.*"" 
Rege  et  predicta  observate  ad  penam  rebellionis. 

Die  ea. 

III.  D.  Regius  lanuensis  Gubernator  etc.  De  asscnsu  atque 
ordine  R."''  D.  Legati  prorogavit  terminum  constitutum  prenomi- 
natis  quattuoidecim  ad  discedendum  usque  ad  diem  lune  pro- 
xime  venturi, m.  (77  maggio). 


Documenti 


52Q 


Nomina  exceptoram  a  suprascripta  generali  gratia  hec  sunt. 
Seu  SLiivent  ceulx  que  le  Roy  a  reserve  et  qui  ne  sont  comprins 
a  la  gratia    generale. 


Paulus  Baptista  lustinianus 
Elianus  lustinianus 
Manuel  de  Canali 
lacobus    Ghuiglionus 
Franciscus  Pipus 
Lazarus  de  Linario 
Pantaleo  de  Bruges 
Tomas  de  Bruges 
Alexander  de  Vultabio 


Pantaleo  de  Semino 

Thomas  et  fratres  duos  de  Bona 

(Goano) 
Pantaleo  Cepulina 
Ratfael  de  Turri 
Joseph  de  Dernixe 
Rubeus    Carrega 
Pantaleo  de  Ferrarijs 
Simon  Martellus 


Tomas  lo  Manzo  e  lo  fratello  suo  Scorcinus  de  Votagio 


Lo  stradioto  impinctore 

Pantaleo  Maxenna 

Gobin  Huglio 

Paulus  de  No  vis  et  filiis 

Nicolaus  de  Novis  Guiliermi 

Bernardinus  de  bona  Pandulfi 

Simonetus  de  Baveri 

Lodisius  de  Pentema 

Benedictus  et 

Marcus  Jamboni 

Baptista  Picaluca 

lo  biscayno  rato 

Bertolus  barberi us 

Johannes  lustinianus  q.  Pauli 

lo  Chiersi  de  Pulcifera 

Franciscus  de  Petra  rubea 

Antonius  Maria  de  la  giostra 


Vincentus  de  Casali 
Benedictus  de  Insula  lo  cativo 
Baptista    Trincherius 
Dominicus  Venerosus 
Antonius  Canellus 
Petrus  stagnarius 
Marinus  de  Terrili 
Bartholomeus  de  Ceva 
Benedictus  Ponzonus 
Raffael  Ponzonus  cancellarius 
Paulus  de  Cabella  cancellarius 
Rubeus  de  crani 
Lo  bracio  crudele  de  Fontana  bona 
Baptista  de  Canali 
Antonius  de  Albario 
q.  Demetrius  lustinianus 
Marcus  de  Terrili 
Bartholomeus  de  Romeo 


Antonius  de  li  Vegieti 

Hi  eronymus  Buzalinus  quale  è  in  Paulus  Judex 

carcere  Lodisius  de  Bagnasco 


53o  Anno   l507 

Hieronimus  de  le  colime  Dominicus  Adurnus 

Hieronimus  et  Leonardus  de  Facio  Augustinus  Folieta 
Stephanus  Morandus  Pantaleo  lustinianus 

Slephanus  (de  F/<)rnarijs  Augustinus  de  Richobono 

Le    roy    n'  entend    que   Ics    dessus    nommez   ne  s' entendent 

estre  exceplcz  de  la  generale  abolicion,  qu'ilz  soient 

pource  condempnes  ac  banniz.  Mays  pouzzent,  si  ben  leur  semble, 
comparistre  par  davant  le  govcrneur  et  eulx  iustiffice  au  quel  go- 
verneur  le  Roy  a  ordonnc  !cur  faire  lustice. 

Politicorum  Mazzo  3,  Fascicolo  n.  5i. 

XLIV. 

Allo  col  quale  i  genovesi  prometton  '  di  sborsare  una  somma  prestabi- 
lità per  la  costru:(ione  del  nuovo  castello  a  Capo  di  Faro,  per  la  guar- 
nigione e  per  le  galee  imposte  dal  re  di  Francia. 

Genova,   1 3  magqio  i  507. 

Promissio  de  fortilicio,  peditibus  et  galeis. 

In  nomine  domini,  Amen.  lUu.  et  ex.'"'  d.  Roduiphus  de  Lannoy 
bailivus  Ambianensis,  regius  in  Janua  Gubernator.  Magnificum 
consilium  dominorum  Antianorum.  Magnifica  et  Spcctabilia  officia 
Balie  et  monete  commun's  Janue.  Quorum  dominorum  Antiano- 
rum nomina  sunt  hec  : 

Nicolaus  Spinula  prior  —  Lucas  Justinianus  q.  L.  —  Stephanus 
de  Monella  —  Pantaleo  Italianus  —  Georgius  de  Zoalio  —  Petrus 
Franciscus  Cattaneus  —  Franciscus  de  Arquata  —  Dominicus  de 
Marinis  —  Franciscus  de  Flisco  -  Augustinus  de  Ferrariis  — 
Abstentibus  [sic):  Lazaro  Pichenoto  —  Baptista  Lomelino. 

Balie  sunt  hec  : 

D  Lucas  Spinula  —  D.  Joannes  de  Auria  -  Joannes  Bnptista 
de  Grimaldis  —  Franciscus  Lomelinus  —  Baptista  de  Rappallo 
Franciscus  de  Camulio  —  Melchion  de  Nigrono  —  Joannes  Am- 


Documenti  53 1 

brosius  de  Flisco  —  Raphael   de  Furnariis  —  Stephanus  Justi- 
nianus  —  Antonius  Sauli  —  Baptista  Bottus. 

Monete  sunt  hec  : 
Simon  Bigna  —  Joannes  Baptista  de  Facio  —  Bernardus  de 
Franchis  lula  —  Antonius    de    Sena    —  Dominicus  Calvus   — 
Ioannes  lacobus  de  Auria  —  Absentibus;  Ioannes  Baptista  Sauli  (l), 

Cum  sit  quod  propter  adventum  in  hanc  civitatem  christianis- 
simi  et  invictissimi.  D.  domini  Ludovici  Franchorum  regis,  domini 
nostri  supremi,  Inter  cetera  ordinaverit  Maiestas  sua,  prò  malori 
quiete  civitatis  et  districtus  :  primum  quod  fieri  debeat  castellum 
unum  si  ve  fortilicium  in  capite  fari  sumptibus  et  expensis  comunis 
lanue,  ideo  volentes  obtemperare  ordinationi  maiestatis  sue,  omni 
iure  via  modo  et  forma  quibus  melius  potuerunt  et  possunt,  pro- 
misserunt  et  promittunt  mihi  notarlo  et  cancellarlo  infrascripto, 
tamquam  persone  publice  officio  publico  sfipulanti  et  recipienfi 
nomine  prefate  regie  Maiestatis,  solvere,  prefate  Maiestati  sue  et 
seu  illi  vel  illis  cui  vel  quibus  sua  maiestas  ordinaverit,  expensam 
prò  dlcto  castello  sive  fortilicio  faciendo.  exbursando  pecuniam 
ad  iornatam  secundum  quod  fieri  continget  :  que  tamen  expensa 
excedere  non  possit  summam  scutorum  quadraginta  millium,  Item 
cum  prefata  regia  maiestas  ordinaverit  augeri  debere  numerum 
pcditum  platee  palatij,  videlicet  quod  numero  ordinario  et  con- 
sueto addantur  pedites  ducenti  ,  etiam  sumptibus  et  expensis  dicti 
communis  lanue,  propter  ea  volentes  obsequi  mandatis  sue  maie- 
statis promisserunt  et  promittunt  mihi  notano  et  cancellarlo  infra- 
scripto stipulanti  et  recipienti  ut  supra,  solvere  impensam  dictorum 
duccntorum  peditum,  ultra  alios  ducentos  ordinarios  ad  rationem 
franchorum  quinque  :  idest  librarum  octo  lanuinorum  prò  singulo 
homine  in  singulum  mensem. 


(i)  Oltre  al  Sauli  mancava  anche  Bartolomeo  di  Negro  la  cui  assenza 
non  fu  qui  segnata,  mentre  è  segnalata  nelP  altro  atto  del  i3  maggio 
che  contiene  la  promessa  di  pagare  200.000  scudi  al  re  di  Francia ,  e  che 
fu  p  e  bblicato  dal  Canale,  Nuova  istoria  etc,  Voi.  IV,  pag.  33o. 


532  Anno   l507 

Ite:Ti  quia  prefata  Maiestas  sua  ordinavit  ut  teneantur  armate 
galee  tres  etiam  sumptibus  dicti  communis  Janue,  dividendo  im- 
pensam  inter  civitatem  et  ripparias,  idcirco  volentes  obsequi  iussis 
sue  maiestatis,  omne  iure  via  modo  et  forma  quibus  melius  po- 
tuerunt  et  possunt,  promisserunt  et  promittunt  mihi  notario  et 
(^ancellario  stipulanti  ut  supra,  solvere  partem  impense  dictarum 
triremium  que  spectabit  civitati  ad  rationem  DCCC  prò  singula 
galea  in  singulum  mensem.  Et  ille  qui  capitaneus  erit  dictarum 
trium  galearum,  teneatur  exigere  ab  ripparijs  eam  partem  que 
illis  spectabit  de  dictis  DCCC.  Que  impensa  peditum  et  sic  ga- 
learum fieri  debeat  prò  eo  tempore  quod  sue  maiestati  videbitur. 
Promittcntes  omnia  et  singula  supradicta  attendere  et  compiere  et 
obscrvare  et  contra  ea  non  Tacere  vel  venire  sub  pena  dupli  etc. 
sub  obligaticine  omnium  bonorum  communis  Janue,  presentium 
et  futurorum  qui  iuraverunt  predicta  omnia  et  singula  observare. 

Actum  Janue  in  salla  minori  palatij,  in  qua,  estatis  tempore, 
haberi  senatus  consuevit,  anno  dominice  Nativitatis  Millesimo  Quin- 
gentesimo  septimo  indicione  nona,  secundum  cursum  Janue,  die 
iovis  tercia  decima  maij,  bora  circiter  XIIIl,  presentibus  testibus: 
Benedicto  de  Portu  notario  et  cancellario  comunis  Janue  et  Petro 
Baptista  Mainerio,  civibus  Janue  vocati  et  rogati. 
Diversorum  Communis  lanue,  Filza  64. 


■ 


Documenti  533 


XLV 


Solenne  giuramento  di  fedeltà  al  Re  —  amnistia    generale  e  nuovi 
privilegi  concessi  da  Luigi  XII  ai  genovesi. 

Genova,  1 1  maggio  1 507. 

Milesimo  quingentesimo  septimo  —  die  undecima  Maij.  (l) 
Dum  post  seditiones  in  civitate  ortas  et  perturbationes  in- 
gentes  inde  secutas,  tandem  Christianissimus  Rex  Dominus  no- 
ster,  devictis  et  pulsis  seditionum  auctoribus  et  facinorosis  atque 
iniquissimis  hominibus,  Civitatem  ipsam  et  populum  lannensem, 
auctoritate  sua  ac  viribus,  inius  ac  ditionem  sue  maiestatis  rede- 
gcrit  ac  subinle,  prò  sua  incredibili  benignitate  et  clementia, 
regio  elatoque  animo,  devictis  pepercerit,  pauculis  exceptis,  man- 
daveritque  in  gloriam  suam  et.  ut  Populus  ipse  lanuensis,  novo 
quoqe  vinculo  obstringatur  ut  iuramentum  fìdelitatis  renovetur, 
id  circo  Nos  Antiani,  Oftìjium  Balie,  Offìcium  Monete  et  Offi- 
cium  S.  Georgii  Communis  lanue  constituti  in  presentia  Christla- 
nissime  et  invictissime  Majestatis  sue,  sedentis  in  regali  trono 
ac  sede  constructa  in  platea  Palatij,  circumstantibus  atque  assi- 
stentibus  circa  Maiestatem  suam  reverendissimo  domino  Cardi- 
nale Rothomagensi  et  quattuor  aliis  reverendissimis  cardinalibus, 
plurimisque  principibus  et  magno  dominorum  procerum  numero, 
maximo  populi  concursu  repleto  ferme  Palatio  tote,  elevatis  ma- 
nibus,  juramentum  infrascriptum  affirmantes  tam  in  nostro  nomine 
privato  et  particulari  quam  nomine  totius  populi  predicti  lanuen- 
sis et  quorum  ex  magistratibus  superius  nominatis,  qui  interfuimus 
et  juravimus  nomina  sunt  hec: 


(  I  )  La  copia  di  questo  documento  che  si  trova  nel  ms.  118  ha  «  die 
ultima  Maij  »  e  la  stessa  data  si  legge  in  una  delle  due  copie  esistenti  alla 
Beriana,  mentre  Faltra  ha  «  dieundecimo  Mai)  ».  Io  credo  sia  più  giusta  quest ''ul- 
tima data,  poiché  fu  in  quel  giorno  che  venne  prestato  il  giuramento  e  fu- 
rono elargiti  i  nuovi  privilegi. 


35 


534  Anno     l507 

Et  primo  Nos,  Prior  Antianorum  Nicolaus  Spinala  q.  Francisci, 
Lucas  lustinianus,  Stephanus  de  Moncglia,  Franciscus  de  Arquata, 
Dominicus  de  Marinis,  Franciscus  de  Flisco,  Pantaleus  Italianus, 
Georgius  de  Zoalio,  Petrus  Franciscus  Cattaneus,  Lazarus  Pichi- 
notus  Augustinus  de  P'errariis  notarius  et  Baptista  Lomellinus, 

Offitiales  Bailie  eiusdem  civitatis  et  communis:  d.  Lucas  Spi- 
nula  miles,  d,  Ioannes  de  Auria  iniles,  lohanncs  Baptista  de  Gri 
maldo,  Franciscus  Lomellinus,  Baptista  de  Rapallo,  Franciscus 
de  Camulio,  Melchior  de  Nigrono,  Johannes  Ambrosius  de  Fli- 
sco, Raphael  de  Furnariis,  Stephanus  lustinianus,  Antonius  Sauli 
et  Baptista  Bottus. 

Officiales  Monete:  Simon  Bigna,  Bernardus  de  Francis,  Johan- 
nes Baptista  de  Facio,  Antonius  de  Serra,  Dominicus  Calvus, 
Bartholomeus  de  Nigro,  Johannes  lacobus  de  Auria  et  Johannes 
Baptista  Sauli. 

Officiales  Sancti  Greorgii:  Johannes  Baptista  Spinula  q,  S., 
Franciscus  de  Rocha,  Georgius  de  G-rimaldis  q.  Fr.,  Petrus  Gen  • 
tilis  Ritius,  Simon  de  Amigdula,  lacobus  de  Rapallo,  Johannes 
de  Passano  et  Bartholomeus  de  Nigro  q.  Franciscus  Et  nos 
omnes  hic  presentes  de  populo  Januensi  ut  superius  recogno- 
scentes  Vos  Serenissimum  Principem  et  Christianissimum  Regem 
Francie  verum  naturalem  et  indubitatum  dominum  lanue  et  to- 
tius  districtus  Januensis,  iurantes  ad  Sancta  Dei  Evangelia  in  ma- 
nibus  vestris  prò  Vobis,  filiis  masculis  et  feminis  et  successoribus 
vestris  in  perpetuum,  quod  Nos,  fìhi  et  successores  nostri,  etiam 
in  perpetuum  erimus  boni  fideies  et  sinceri  homine-,  et  subditi 
Maiestatis  vestre  et  filiorum  utriusque  sexus  atque  succcssorum 
vestrorum  et  nullum  alium  viventem  seu  naturalera  vivere  pe- 
tentem,  vel  moriturum  cuiuscumque  status,  dignitatis  preeminentie 
et  gradus,  existat  etiam,  si  de  eo  necesse  fuerit,  specia'.em  tacere 
mentionem  et  alias  intelligeretur  et  christianissimum  ex:lusus.  I^eco- 
gnoscemus  in  Dominum  nisi  vos  Serenissum  et  Cristianissimum  Re- 
gem nostrum  et  filios  utri usque  sexus  et  successores  ve>tros  predictos. 

Jtem  quod  numquam  erimus  in  aliquo  tractatu,  alloquio,  ma- 


Documenti  535 

chinatione,  opere  seu  facto  in  quo  aliquid  tractetur    contra    vos 
prefatum  Christianissimum  Regem  nostrum,  filios  et  successores 
vestros  in  persona,  honore,  statu  vel  bonis,  neque  in  quo    trac- 
tetur sive  fiat  quod  perdatis  personam,  vel  membrum,  vel  aliquod 
aliud  de  bonis,  que  tenetis  vel  tenebitis  vel  lesionem  aliquam  in 
re,  vel  persona  patiamini.  Et  signanter    quod  perdatis    civitatem 
vel  dominium  lanue,  in  toto  vel  in  parte,  videlicet    quod  aliqua 
inobedientia,  vel  rebellio  fiat  contra    maiestatem    vestram,    filios 
masculos  et  feminas    et  successores    vestros,    vel    Gubernatores, 
seu  Locumtenentes,  aut  alios  vestros  officiales.  Quin  imo  si  ali - 
quid  presenserimus,  prò  posse  obviabimus  et  notificabimus  vobis 
vel  Locumlenentibus  vestris,  aut  Gubernatoribus  lanue.  Item    si 
contingat  vos  Serenissimum    Regem    Dominum    nostrum    lanue, 
filius  utriusque  sexus  et  successores  vestros  aliquid    perdere    de 
bis  que  tenetis  vel  tenebitis  in  futurum,  illud,  toto  posse,  recu- 
perar! luvabimus;  vel  si  contingat  aliquam  oppressionem,  iniuriam 
et  damnum  vobis  fieri  vel  inferri,  vos  prò  toto  posse,  iuvabimus 
contra  quoscunique  qui  possunt  vivere  et  mori  sine  aliqua  excep- 
tione.  Ite:n  iuranius  quod  si  a  nobis  aliquod  consilium  peteretur, 
per  vos  vel  locumtenentes  vestros  illud  fideliter  dabimus  et  con- 
suiemus,  quod  secundum  Deum  et  conscientiam    videbitur  nobis 
melius  expedire.  Item  iuramus  quod  secreta    per  vos,  Serenissi- 
mum Regem  Dominum  nostrum,    filios    et    successores    vestros, 
seu  Locumtenentes  ei  Gubernatores  nobis,  vel  aliquibus    ex    no- 
stris  communicabuntur  vel  committentur,  illa  nemini    pandemus 
nec  faciemus    aliquid    propter    quod    pandentur   vel    revelentur, 
sine  vestra  vel  Locotenentium  vestrorum  expressa  licentia.  Item 
iuramus  quod  reliqua  omnia  et  singula  faciemus  que  quilibet  fi- 
deles  subditi  facere  tenentur  et  debent  in  omnibus  et  per  omnia 
in  forma  Capitulorum  uiriusque  veteris  et    nove  fidelitatis,  bona 
fide,  sine  fraude  sed  cum  omni  diligenti  studio  ac    pura  et  sin- 
cera mente. 

Ludovicus  Dei  gratia   Francorum  Rex ,  Dux  Mediolani ,  la- 
nucque  dominus. 


536  Anno  1607 

Cum  Populus  Tanuensis,  contra  propriam  fidem  et  juramentum 
quibus  ad  fidelitatem  et  obedientiam  quamdam  prestandamque 
nobis,  noslrisque  successoribus  in  Reg-no  Francie  tam  veris  et  na- 
turalibus  Dominis,  se  abstrinxerat  et  prestiterat  immcmor  quoque 
quod  diu  sub  Dominio  Regum  Francorum  feliciter  vixerat,  quoque 
Nos  pluribus  Populum  ipsum  gratiis  donaveramus  et  prosecuti 
fueremus,  sugeslione  at  impressione  nonnullorum  filiorum  iniqui- 
tatis  a  fide  nobis  prestita  deviaverit ,  multaque  crimina  ex- 
cessus  contra  nos,  statum  et  decus  nostrum  comiserit  Nobiles  ab 
ipsa  urbe  eiciendo,  pluribus  afficiendo  damnis  et  iniuriis ,  et  a 
Dominio  nostro  se  subtrahere  ac  in  temerariam  liberlatem  procla- 
mare ausus  fuerit,  arma  hostiliter  contra  nos,  nomenque  nostrum 
et  nostros  milites  ac  prefectos  nostros  Arcium  et  Urbium  assump- 
serit,  obque  merito  penas,  prò  crimine  lese  maiestatis,  indictas  incur- 
rerit,  fueritque,  ipso  facto  ipsoque  iure,  privatus  omnibus  ipsis  gratiis 
prerogativis,  privilegiis,  concessionibus  et  deinde  armis  ac  potentia 
favente  Deo  a  nobis  victus  et  ad  debitam  obedientiam  fuerit  com- 
pulsus,  volentes  Regiam  Maiestatem  legum  auctoritate  tueri ,  ipsa 
privilegia,  concessiones  et  gratias  scindi,  lacerari,  cancellari  et  de- 
mum  igne  comburi  iussimus.  Et  nihilominus  nostra  natura  ad 
pietatem  et  clementiam  inclinati ,  compatientes  urbi  et  subditis 
nostris  atque  volentes  statum  ipsius  urbis  et  totius  Dominij  la  - 
nuensis,  servare  et  in  dies,  auctore  Deo,  reddere  meliorem,  con- 
fisi quod,  in  memoriam  tante  clementie  et  pietatis  atque  benelì- 
ciorum,  studebit  Populus  ipse  nobis,  filiis  nostris,  utriusque  sexus, 
et  successoribus  Dominij  lanue  se  fidelem  exhibere  atque  obse- 
quenter  eidem  Civitati  lanuensi,  Civibus  ei  Incolis  ac  omnibus 
aliis  Urbibus,  Oppidis  ac  Villis  de  Dominio  lanuensi  et  per- 
tinentiis  ex  plenitudine  gratie  et  pietatis  atque  clementie ,  ad 
bene  beateque  vivendum  bonamque  fidem  servandam  nobis.  filiis 
et  successoribus  nostris  prefatis  ex  certa  scientia  consult  >  atque 
deliberato  Regia  et  domina  potestate  indulgemus,  concedimus  et 
elargimur  gratias,  concessiones  et  privilegia  et  statuimus  que  infra 
sequuntur. 


Documenti  537 

De  generali  remissione  Christianissimi  Domini  Regis, 
Capitulum  Primum. 

In  primis  indulgemus  ,  parcimus  et  remittimus  ac  generaliter 
abolemus  civibus  ,  incolis  et  habitatoribus  civitatis  lamie  et  Di- 
strictus  omnia  et  quecumque  crimina,  excessus  et  dclicta  ,  etiam 
criminis  lese  Maiestatis  in  primo  vel  in  secando  capite  et  cuius- 
cumque  alterius ,  quocumque  nomine  censeri  possit,  etiamsi  de 
eo  opporteret  specialem  mentionem  facere  quandocumque  et  qua- 
litercumque  et  ex  quacumque  causa  hactenus,  et  usquc  in  pre- 
sentem  diem  date  presentium  commissa,  gesta  et  perpetrata  por 
ipsos  cives,  seu  incolas  et  distrectuales  super  iilisque  perpetuum 
silentium  officialibus  nostris  imponimns,  inhibentes  quod  uUo  tem- 
pore molestari  vel  inquietari  possent  salvo  tamen  jure  tertij.  scu 
partium,  quod  prossequi  possint  civiliter  et  criminaliter  .prout  vo- 
luerint  et  aliquibus  particulariter  presenti  die,  coram  nobis  nomi- 
natis,  quos  in  presenti  gratia  et  geneiali  remissione  ex  causa  no- 
lumus  includi  et  sinc  preiuditio  iuris  alicui  quieti  durante  bello, 
ipsosque  cives  et  incolas  et  districtuales ,  reservatis  exceptis  ,  ad 
Patriam  ,  honores  et  bona,  ex  plenitudine  potestatis  ,  prò  bono 
pacis,  restituimus  et  reintegramus  volumusque  quod  absentes  a 
propriis  domiciliis,  reservatis  exceptis,  fruantur  ed  gaudeant  pre- 
senti nostra  gratia  ,  dummodo  infra  mensem,  a  die  date  presen- 
tium, compareant  coram  G-ubernatore  lanue  Locumtenente  nostro, 
sacramentum  fìdelitatis  prestaturi  prò  nobis,  filiis  nostris  utriusque 
sexus  et  successoribus;  non  comparentes  autem  et  non  prestantes 
dictum  sacramentum  fìdelitatis  ab  huiusmodi  gratia  et  generali 
indulgentia  exclusos  decernimus  et  declaramus  et  prò  rebellibus 
nostris  haberi  volumus  ac  bona  ipso»>'m  nobis  et  fisco  nostro  con- 
fiscata. 

De  Gubernatore  et  eius  officio 

ac  iuramento   per  eum  prestando, 

Capitulum  Secundum. 

Item  quia  super  omnia  expedit  ad  bonum  regimen  Urbium 
et  Provinciarum  perficere  et  deputare  in  illis  viros  probos  et  iu- 


538  Anno    l507 

stitie  zelatores  ,  ideo  intendimus  eisdem  lanuensibus  deputare  in 
Gubernatorem  ,  virum  prudentem  et  virtutibus  clarum  ,  qui  sit 
ultramontanus  et  quantum  fieri  possit,  conformis  moribus  eorum 
et  cum  Consilio  Antianorum  iuxta  solitum  in  civitate  lanue  eli- 
gendorum  reget  et  gubernet  Civitatem  lanue ,  cum  territorio  , 
ditione  et  pertinentiis  omnibus  ad  dominium  lanue  spectanti- 
sbus,  ad  laudem  et  gloriam  Dei  nostri,  filiorum  nostrorum  utrius- 
que  sexus  et  successorum  nostrorum  et  utilitatem  ipsius  Civita- 
tis  secundum  statuta,  regulas,  decreta  et  ordinamenta  ipsius,  sine 
cuius  Gubernatoris  presentia ,  vel  sui  Vicarii  ,  ipsi  Antiani  n.hil 
statuere  vel  deliberare  possint  vel  dcbeant.  Qui  Gubernator  in 
ingressu  officii  iurabit  ad  Sancta  Dei  Evangelia  servare  infra- 
scriptas  ordinationes ,  nostras,  gratias,  concessiones  et  privilegia 
ac  statuta.. 

De  Potestate  et  aliis  Officialibus. 
Capitulum  Tertium. 

Item  statuimus  et  intendimus  Potcstates  futuri  et  sui  Officia- 
les  non  erunt  lanuenses,  vel  Districtuales  origine  aut  habitatio- 
ne  et  omnibus  indistincte,  absque  alia  particulari  affectione  ius 
reddere  possint  et  habebunt  a  Commune  lanuesalarium  ordinatum 
et  consuf.tum  et  administrabunt  ius  et  iustitiam  lam  Potcstates  quam 
quicumque  alii  ludices  Officiales  et  Magistratus  lanue,  secundum 
formam  Capitulorum  Decretorum  et  Ordinamentorum  ipsius  Ci- 
vitatis  conditorum  et  condendorum  per  Gubernatorem  et  An- 
tianos  et  illis  deficientibus  secundum  iura  communia  et  prout  esse 
solitum  fieri  in  Civitate  lanue  et  dicti  Potcstates  et  Officiales  sin- 
dicabuntur  annuatim  secundum  formam  dictorunj  Statutorum  et 
ordinamentorum  Civitatis  lanue. 

De  iuramento  fidelitatis  per  Cives, 
Capitulum  Quartum. 

Item  statuimus  quod  universi  cives  lanue  seu  sindici,  habcn- 
tcs  potestatem  ab  Universitate,  prestent  et  prostare  debcant  prout 
tenentur  debitum  iuramentum  fidelitatis  nobis  et  filiis  nostris 
utriusque    sexus ,  et  succcssoribus    in    Regno    Francie  tamquam 


Documenti  539 

veris  naturalibus  et  indubitatis  dominis  lanue  et  iurabunt  omnia 
quae  in  forma  fidelitatis  antiqua  et  nova  veniunt  et  sunt  com- 
prehensa,  quod  iuramentum  renovabunt  semper  et  quandocum- 
que  fuerint  per  nos,  fìlios  et  successores  nostros  in  Regno 
Franciae  requisiti. 

De  iuramento  fidelitatis  per  Vassallos. 
Capitulum  Quintum. 
Item  quod    Vassali,   Feudalarij    et    conventionati    Communis 
lanue  prestabunt  sacramentum    fidelitatis    et    facient    homggium 
Gubernatori  et  Antianis  ,  qui  prò   tempore    fuerint    rccipientibus 
nomine  nostro  ac  ipsius    communis    lanue ,    vel    deputandis    ab 
ipsis  Gubernatore  et  Antianis  in  forma  solita  ampia  et  anlea  con- 
sueta, reservata  in  omnibus  superioritate  nostra. 

De  reverentia  et  obedientia  prestanda 
d.    Gubernatori    et    Locumtenenti  Regio. 
Capitulam  Sextum. 
Item  quod  Cives  et  Districtuales  lanue  et  alii  subditi  de  do- 
minio lanuensi  teneantur  et  debeant    prestare    Regio    Locumte- 
nenti et  Gubernatori  ipsius  Civitatis  omnimodam    reverentiam  et 
obedientiam  et  habebit    in    ipsis    iurisdictionem    et    cohertionem 
omnimodam  prout  alii  Priores  Locumtenentes  lanue  habere  con- 
sueverunt,  salva    semper    auctoritate    et    superioritate    nostra    ut 
supra. 

De  defendenda  Civitate,  Districtu  et  aliis. 
Capitulum  Septimum. 
Item  volumus  et  intendimus  prò  nobis ,  filiis  utriusque  sexus 
et  successoribus  nostris  in  Regno  Francie,  Civitatem  et  di^tric- 
tum  atque  dominium  nostrurti  lanue  et  quoscumque  lanuenscs 
et  districtuales,  tam  mari  quam  terra  tueri  et  deffendere  a  qui- 
buscumque  iniuriis,  violentiis,  rapinis  et  oppressionibus  et  bona 
fide  et  prò  po.sse  servare  et  manutenere  universos  luanuenses  et 
Districtuales,  subditos  et  fideles  nostros,  ptout  bonum  Principem 
decet,  et  qua  maxima  cura  nobis  est  servare  arces  et  fortelicia 
nostri  dominii  lanuensis,  volumus  et    ordinainus    quod    castellani 


540  Anno   l507 

deputandi  per  Officium  Santi  Georgii  iurent  in  manibus  noslris 
vel  Gubernatoris  lanue,  nomine  nostro,  fidelitatem  in  forma  hic 
inserenda. 

luramentum  Castellanorum  et  Officii  S.  Georgii. 
Nous  tei  etc,  Capitaine  de  Serezano  et  Serezanelle  jure  et 
promette  a  Dieu  nostre  Createur  sur  le  dampnement  de  nostre 
ame,  les  mayns  touchees  sur  les  Evangiles,  que  durant  le  temps 
nous  serons  Capitaines  de  dit  Serzane  et  Serzancile  et  que  nous 
aurons  la  charge  et  grade,  nous  serons  bons  et  loials  serviteurs 
du  Roy  Seigneur  de  Gènes  et  en  deffaut  de  lui  de  ses  successe urs 
maules  et  femelles  sans  faire  ne  souffrir  faire  des  dictes  places  de 
Serzane  et  Serezanelle  aucune  delivrance  et  aucuns  eiinemis,  re- 
belles  du  dit  Seigneur  et  de  ses  dicts  successeurs  maules  et  fe- 
melles comme  dit  est,  mais  en  ferons  bonne  scure  et  loyale 
garde  et  ij  metrons  fort  et  foibles  toutes  et  quantes  fois  que 
besoing  sera  pour  le  bien  du  Roy,  seurretc  de  son  Etat  et  conser- 
vation  de  l'Office  de  Saint  George,  le  Gouvernateur  de  Gènes 
son  Lieutenent  ou  autres  qu'  il  y  envoyera  pour  y  étre  amis  et 
pour  lei  temps  qu'il  sera  necessaire  et  par  le  dit  Seigneur  ou  ses 
dicts  successeurs  maules  et  femelles  nous  sera  ordonnè  et  com- 
mandò  et  s' il  advenit  qu'  il  venit  a  nostre  cognoissance  que  au- 
chune  chose  se  machinast  praticquast  ou  feise  au  preiudice  du 
dit  Seigneur,  de  son  Estat  de  Genes,  ou  autres  ses  terres  et  Sei- 
gnories  en  Italie,  ou  de  sesdits  successeurs  maules  et  femelles 
comme  dit  est,  nous  ben  advertirons  ou  ferons  advertir  son  dit 
Gouverneur  de  Gènes  pour  le  luy  faire  entendre,  et  en  toutes 
choses  nous  conduyrons  et  porterons  comme  ung  bon  subgect 
serviteur  et  Chastellan  doit  faire  ,  non  obstant  quelques  autres 
sermens  et  promisses  que  avons  faits  et  pourrions  faire  cy  appres, 
au  contraire  les  quels  nous  ne  voulons  ne  entendons  avoir  lieu 
quant  a  ce.  En  tesmong  de  ce  nous  avons  signè  ce  present 
escript  de  nostre  main  et  fet  sceller  du  scel  de  nos  armes.  Fait 
a  Genes  le  douzieme  jour  du  may  1' an  mil  cinqcent  sept. 


Documenti  541 

De  non  alienanda  Civitate  et  aliis. 
Capitulum  Octavum. 
lam  prò  nobis,  filiis  nostris  ulriusque  sexus  et  successoribus  no- 
stris  in  Regno  declaramus  quod  non  intendimus  alienare  nec  in 
alium  (ransfcrre  quovis  modo  sive  titulo  dictam  Civitatem  lanne 
et  Districtum,/  Territorium  et  pertinentias  ciusdem  nec  aliquam 
partem.  Dominium  vel  possesioncm  sou  quasi  civitatem  Castrorum, 
Villarum  et  locorum  dividere  vel  separare  ab  eodem  Dominio 
nostro. 

De  non  imponendis  oneribus. 
Capitulum  Nonum. 
Item  declaramus  prò  nobis ,  filiis  nostris  masculis  et  feminis 
et  successoribus  nostris  in  Regno  noUe  imponere  vel  imponi  facere 
per  nos  vel  alios  aliquam  avariam,  mutuum,  vel  collectam  ,  nec 
aliquam  exationem  realem,  personalem,  vel  mixtam,  angarias,  per- 
angarias  ,  nec  aliquam  cabellam  ;  vel  aliquod  onus  quocumque 
nomine  censeatur  communi  lanue,  vel  civibus  diete  civitatis  nec 
in  dieta  civitate  et  districtu  nisi  in  causa  necessitatis  et  prò  cu- 
stodia Civitatis ,  Castrorum  factorum  et  faciendorum  et  eorum 
rcparatione  locorum  et  terrarum  Dominij  lanuensis,  prò  conscr- 
vatione  Status  nostri  in  nostro  Dominio  lanuensi  de  Consilio  An- 
tianorum  qui  prò  tempore  fuerint. 

De  mulctis  et  condemnationibus  et  resser vatione 
trium  casuum. 
Capitulum  Decimum. 
Item  volumus  et  ordinamus  quod    mulete,  condemnationes  et 
emolumenta  jurisdictionum  Civitatis  lanue  et  aliorum  locorum  de 
Dominio,  applicentur  illis  ad    quos  spectant   et  pcrtinent ,  vigore 
ordinamentorum  ipsius  civitatis  lanue  et  non  alteri  cuiuscumquc 
status  vel  dignitatis  existat ,  reservatis  nobis  casibus  heresis  ,  lese 
maiestatis,    seditionis,  false  monete  et  homicidii  et  non  intendimus 
imo  expresse  inhibemus  ad  cohercenda  deiicta,  quod  in  aliis  ca- 
sibus fiat  commutati©  pene  corporalis  in  pecuniariam  sine  m.igna 
causa. 


542  Anno     l507 

De  uniendis  locis  si  que  recuperarentur  ab  infidelibus. 
Capitulum  Decimumprimum. 
Item  si  contingat,    auctore    Deo,    a    manibus  infedelium    per 
nos  vel  filios  nostros  masculos  et  feminas  et  successores  nostros 
in  Regno    Francie    aliqua  loca  vel   bona  recuperari  que  fuerunt 
de  dominio  lanuensi,  intendimus  illa  unire  eidem  dominio  nostro 
lanuensi,  provi  so  quod  lanuenses,  prò  posse  et  facultatibus  suis, 
ad  ipsa  7oca  et  bona   recuperanda    conveniens    ferrent  auxilium. 
De  conferendis  Officiis  per  Gubernatorcm  gratis. 
Capitulum  Decimum  secundum. 
Item  intendimus  providere  Officiis  in  Civitate  et  Districtu  Ja- 
nuensi,  prout  nobis,  filiis  utriusque  sexus  et  successoribus  in  Regno 
nostrisque  Locumtenentibus  et    Gubernatoribus    videbitur    expe- 
dire  prò  bono  pubblico  nostri  Domini]  lanuensis  et  habebimus  ra- 
ti; )nem  civium  lanucnsium  benemeritorum  subditorum   nostrorum 
et  non  intendimus  quod  castellani  vel  Gubernatores  civitatum  et  lo- 
corum  districtus  lanuensis  possint  vel  debeant  deputare    Potestates 
in  locis  et  terris  in  quibus  sunt  Castellani,  vel  Gubernatores,  sed 
debeant  deputari  viri  idonei  per  Gubernatorcm  nostrum  gencralem 
Janue  adeo  ut  insti  tia  reddatur  unicuique  absque  aliqua  affectione. 
Volumusque  et  ordinamus  quod  officia  supradicta  nullo  modo  ven- 
dantur,  sed  gratis  conferantur. 

De  moneta  fabricanda. 
Capitulum   Decimum  tertium. 
Item  intendimus,  quod  de  cetero  fiat,  moneta  in  Civitate  lanue 
sub  nova  impressione  cum  insignibus  ncstris  et   communitatis  et 
quod  inscribatur  nomen  Regii  domini  lanue  tantum  et  propterea 
volumus  quod  tìanl  novi  cunei  et  antiqui  rumpantur. 
Quod  lanuenses  non  trahantur  in  jus  extra 
Civitatem  et  Districtum. 
Capitulum  Decimum  quartum. 
Item  volumus  decrevimus,  quod    in  concernentibus    iustitiam 
non  trahantur  lanuenses  et  districtuales  extra  Civitatem  et  Distrie- 
tum  et  quod  serventur  statuta  Civitatis  tam  in  causis  principalibus 


Documenti  548 


quam  in  causis  appellationum.  In  causis  vero  que  ad  Statum  pcr- 
tinent,  cum  casus  occurrerit,  opportune  providebimus. 

Quod  lanuenses  possinl  cum  omnibus  negoliari. 
Capitulum  Decimum  quintum. 
Item  permittimus  lanuensibus  et  districtualibus  liberum  com- 
mercium  cum  omnibus  nationibus  etiam  infidelibus.  atque  possint 
et  liceat  eis  frui  et  gaudere  eisdem  privilegiis,  libertatibus,  fran- 
chisijs  et  immun^tatibus  in  dictis  locis  subditis  nostris  ad  presens 
et  in  futurum,  quibus  uluntur,  fruuntur  gaudent  alii  subditi  nostri. 
Intendimus  tamen  quod  ipsi  lanuenses  faciant  bellum  vel  pacem 
cum  omnibus,  cum  quibus  nos,  fìlli  nostri  utriusque  sexus  et  suc- 
cessores  ordinabimus  et  totiens  quotiens  fuerit  ordinatum  et  non 
facient  bellum  vel  pacem  nisi  de  expressa  ordinatione  nostra  et 
successorum  nostrorum  ,  quo  casu  super  eorum  commerciis 
opportune  providebimus  prò  temporis  qualitate,  prout  bonus  prin- 
ceps,  prò  suis  subditis,  facere  debet  ad  evitandum  incommoda  et 
damna  prefatorum  lanuensium  subditorum  nostrorum. 

De  Vexillis. 
Capitulum  Decimum  sextum. 
Item  intendimus  quod  lanuenses  in  eorum  navibus  et    galeis 
ceterisque  navigiis  deferant  vexillum  plenum  armis  nostris  et  suc- 
cessorum nostrorum  in  loco  honorabiliori  et  aliud  vexillum  cum 
armis  communis  lanue  in  secundo  loco. 

De  Sigillo. 
Capitulum  Decimum  septimum. 
Item  permittimus  et  concedimus  lanuensibus  et  Antianis  quod 
possint  uti  sigillo  Communis    in   eorum  agendis    ut    solitum    est. 
De  non  concedendo  in  preiudicium    Communis 
et  comperarum  S.  Georgii. 
Capitulum  Decimum  Octavum. 
Item  non  intendimus    aliquid    concedere    cuicumque   persone 
communitati  vel  Collegio  in  preiuditium  vel  derrogationem  jurium 
Communis  lanue    vel    comperarum    Sancti  Georgii,  aut    aliarum 
comperarum. 


544  Anno   l507 

Quod  Gubernator  non  concedal  salvos  conductus. 
Capitulum  Declmum  nonum. 
Item  non  intcndimus  quod  Locumtenens    noster     et    Guber- 
nator in  civitate  lanue  concedat  aliquòs  salvos  conductus  prò  de- 
bitis  publicis  vel  prìvatis,  sine  Consilio  et  consensu  Antianorum  et 
decernimus  irritum  et  inane  si  secus  factum  fuerit. 

Quod  lanuenses  comprehendantur  in  pace  esse. 
Capitulum  Vigesimum 
Item  volumus    et  declaramus    quod    in    omnibus    tractatibus 
pacis  et  tregue  per  nos  et  successores  nostros    fiendis,    compre- 
hendantur lanuenses  tamquam  subditi  nostri. 

De  scribendis  litteris  et  miltendis  oratoribus. 
Capitulum  Vigesimum  primum. 
Item  permittimus  quod  Antiani  possint  scribere  et  destinare 
Oratorcs  atque  Nuntios  ad  nos,  filios  nostros  utriusque  sexus  et 
successores  nostros  super  querellis  si  qua  habebunt,  contra  Guber- 
natorem,  inscio  domino  gubernatore  ,  Caveant  tamen  ne  iniuste, 
et  contra  veritatem  gubernatorem  accusent.  Super  aliis  vero 
nihil  tractare,  concludere  vel  determinare  audeant,  aut  oratores 
destinare,  vel  nuntios,  seu  litteras  scribere,  absque  auCtoritate 
et  consensu  Gubernatoris,  ad  obviandum  seditionibus  que  sub  ob- 
tentu  tractandi  negotia  Communis  fieri  possent. 

Quod  expense  ordinane  non  excedant  summam  consuetam. 

Capitulum  Vigeximum  secundum. 
Item  concedimus  quod  expense  ordinane  fiende  per  dictam  com- 
munilatem  non  excedant  summam  consuetam  nisi  prout  in  pre- 
cedentibus  articulis  continetur  et  salva  auctoritate  nostra  si  aliud 
ex  urgenti  causa  prò  statu  nostro  lanuensi  et  utilitate  ipsorum 
lanuensium  subditorum  nostrorum  fierentur,  decrevimus  de  Consi- 
lio tamen  Antianorum  ut  supra. 

Quod  Regia  Maiestas  non  concedet  salvos  conductus 
nec  impediet  [exactiones). 
Capitulum  Vigeximum  tertium. 
Item  non  intendimus  concedere  aliquos  salvos  conductus  alicui 


Documenti  545 

Givi,  Districtuali  vel  Forensi  prò  debitis  privatis  vel  publicis,  Ca- 
bellarum  et  comperarum  S.  Greorgii,  nec  inhobedientibus  S.  Georgii, 
nec  impedire  quo  minus  debitores  Communis  lanue  tam  de  pre- 
senti quam  de  preterito  et  futuro  et  tam  in  lanua  quam  in  Ripariis 
et  Potestatiis  exigaatur,  sed  volumus  id  fieri  quod  iustitia  suadebit 
secundum  ordinamenta  Communitatis  lanue. 
De  benefitiis  ecclesiasticis. 
Capitulum  Vigeximum  quartum. 

Item  ad  hoc  ut  provideatur  in  beneficiis  Ecclesiasticis  in  Ci- 
vitate  et  Dominio  lanuensi  fidelibus,  volumus  quod  provisio- 
nes  Archiepiscopatus  lanuensis  Episcopatuum  et  Monasteriorum 
tam  in  Civitate  quam  in  Districtu  et  Dominio  lanuensi  exi- 
stentium  fiant  ad  intercessionem  et  supplicationem  nostram,  cum 
suplicare  intendimus  prò  benemeritis  atque  dignis  et  fidelibus  el  in 
reliquis  benefitiis  valoris  Centum  Ducatorum  et  ultra  ad  evictan- 
dum  pcrturbationem  Status  nullus  possit  uti  litteris  Apostolicis  nisi 
illas  prius  presentet  Gubernatori,  qui  prò  tempore  fuerit  et  ab  eo 
litt£ras  placitatorias  obtineat. 

De  rebus  Saonensibus. 
Capitulum  Vigeximum  quintum. 

Item  super  differentiis  inter  lanuenses  e  Saonenses  intendimus 
opportune  providere  ut  utilitati  utriusque  et  iuri  ipsarum  parlium 
noverimus  expedire  ad  evictandum  dissentiones  et  contentiones  et 
quod  unanimes  et  concordes  ad  fidelitatem  nostram,  filiorum  nos- 
trorum  utriusque  sexus  et  successorum  nostrorum  studere  possint 
omnibus  particularibus  contentionibus  postpositis,  prò  communi 
bono  et  utilitate  eorum  nec  non  concessimus,  vel  concedere  in- 
tendimus aliquid  alteri  parti  ex  ipsis  lanuensibus  vel  Saonensibus 
in  preiudicium  alterius. 

De  hospitiis  domorum  preparandis. 
Capitulum  Vegesimum  sextum. 

Item  super  hospitiis  preparandis  in  adventu  nostro  ad  Urbem 
lanuensem  vel  successorum  nostrorum  aut  aliorum  principum 
amicorum,  vel  confederatorum  nostrorum  vel  aliorum  et  deputando 


546  Anno  i507 

rum  a  nobis  permittimus  quod  hospitia  deputentur  et  ordinentur 
per  Gubernatorem  et  Antianos  deputandos  ab  eh. 

De  evictandis  acclamationibus  factionum. 
Capitulum  Vigeximum  septimum, 
Item  volumus  et  intendimus  ad  evictandum  tumultus  et  sedi- 
tiones  ex  quibus  civitas  ipsa  lanuensis  vix  a  totali  eversione  per 
nos  nuper  erepta  fuit,  quod  nulli  liceat  cuiuscunque  status  con- 
ditionis  vel  gradus  existat  prò  quacumque  causa  invocare  et  ac- 
clamare Adorno  o  Fregoso  o  Populo  ncque  aliam  quamcumquo 
invocationem  preterquam  nomen  nostrum  Regium  et  Francie  et 
ita  inhibemus  omnibus  et  quibuscumque.  sub  pena  mortis  naturalis 
et  confiscationis  omnium  bonorum,  (|uam  volumus  et  mandamus 
ab  omnibus  irremissibiliter  exigi. 

De  non  eligendis  consulibus  Artium  nec  facienda 
congregatione    sine  licentia. 
Capitulum  Vigeximum  octavam. 
Item  prò  bono  pacis  et  tranquillitate  civium  lanuensium  sub- 
ditorum  nostrorum  ad  obviandum  >candalis  et  seditionibus.volurrtus 
statuimus  decernimus  et  ordinamus  quod  de  cetero  non  eligantur 
Consules  et  Rectorcs  artium  sine  expressa   licentia  Gubernatoris 
vel  L'ius  vicarii,  et  postquam  fuerint  electi,  non   audeant  aliquam 
congregationem  facere  ex  quacumque  causa  et  sub  quovis  quesito 
colore,  in  locis  publicis  vel  privatis,  in,  urbe  vel  (  xtra  urbem,  sine 
expressa  licentia  et  consensu  dicti  Gubernatoris,  vel  sui  Vicarii  in 
eius  absentia;  contrdfacientes  autem,  penam  morlis  naturalis  et  con- 
fiscationis omnium  bonorum  volumus  ipso  facto  incurrere  ab  bis 
irremissibiliter  exigendam. 

Confirmatio  Privilegiorum  Officii  S.  Georgii. 
Capitulum  Vigeximum  nonum. 
Item  per  la  conservationeet  augumento  dell'Officio  de  S.  Georgio 
Compere,  dritti,  giurisdictione,  dominii  e  proprietè  sue,  le  quale 
intendiamo  per  lo  bene  de  la  Cita  et  augumento  de  quelle  et  del 
nostro  dominio  genovese  conservare  et  amplificare,  aprobamo  et 
ratificamo  tutte  le  declaratione,  concessione,  privilegi!,  indulti,  de- 


Documenti  547 

creti,  giurisditione,  raxone,  ccnvencione  et  gracie  cosi  delli  Dorninii 
dell'Insula  di  Corsica  et  de  ogni  altii  lochi  ubique  posili,  come  de 
le  gabelle  e  del  sale,  ac  decreti,  sententie,  liberiate,  consue- 
tudine et.ogn'altre  raxone  date  e  concesse,  cosi  per  via  di  lettere, 
come  per  altre  scritture  et  quomodocumque  et  qualitercumque  a  lo 
Officio  de  S.  Georgio  et  compere  et  a  li  Protectori  seu  agenti  de 
quelle.  Cossi  de  li  agenti  d'essa  Communità  comò  da  ogni  Signoria, 
la  quale  abbie  avuto  governo  e  dominio  ac  protetione,  sive  pos- 
sessione quandolibet  della  detta  Communità  per  lo  tempo  passato 
usque  al  presente  giorno,  le  quale  tutte  cose  ad  cautelam  faciamo 
e  concediamo  de  novo  per  più  ampia  magior  fermezza  in  la  forma 
e  maniera  che  hanno  usato  per  il  tempo  passato,  e  usano  de 
presenti. 

Pro  Officio  S.  (leorgii. 
Capitulum    Trigesimum. 

Ittm  confirmiamo  et  aprobamo  tutte  le  ordinacione  e  con- 
cessione e  declaratione  quandocumque  et  quomodocumque  facte 
per  favore  delle  dette  compere  per  qual  cagione  si  voglia,  cosi  per 
via  de  lettere  et  instrumenti  et  altre  scritture,  come  per  ogni  altro 
modo  usque  al  presente  giorno  e  cosi  per  li  prcdicti  agenti  d'essa 
communità  come  per  ogni  altro  signore  ,  li  quali  habiauo  avuto 
dominio  e  governo  ac  protettione  ,  seu  possessione  quandolibet 
d'essa  città,  considerando  etiam  ad  cautelam  ogni  dominio,  pos- 
sessione seu  tenuta,  aut  giurisdicione  acquistate,  seu  acquistate 
quomodolibet  per  li  detti  agenti  di  dette  compere  ubilibet  et  a 
quibusvis  personis  usque  in  presentem  diem  et  precipue  l'insula 
di  Corsica,  Sarzana  et  Sarzanello,  la  Melia,  lUice  et  altri  lochi  con 
le  sue  pertinentie  et  le  quali  tutte  ad  cautelam  concedemo  et  fa- 
ciamo de  novo  per  più  ampia  e  magior  fermezza  ut  supra. 
Pro  Officio  S.  Georgii. 
Capitulum  Trigeximum  primum. 

Item  declaramo  che  se  in  alcuna  parte  delle  predette  cose  con- 
cesse ui  supra  aliquo  modo  directe,  vel  per  indirectum,  tacite  vel 
expresse  fusse  stato  per  tempo  alcuno  derrogate    vel  non  obser- 


548  Anno    l507 

vate,  quello  se  contene  in  essi  privilegi  ac  concessione  et  decla- 
vatione,  in  tutto  vel  in  parte,  come  di  sopra  se  dice  per  lo  tempo 
passato,  s'intenda  esser  nullo  et  nullius  valoris  tutto  quello  che 
fosse  slato  derrogato  et  non  ut  supra  obscrvato.  Imo  che  le  pre- 
dette cose  ut  sopra  declarate  se  intendano  restare  in  suo  robore 
et  in  viridi  observanzia  e  siano  in  quello  grado  comò  se  fussino 
stati  sempre  observati,  non  obstante  alcuna  consuetudine  seu  ob- 
servantia  in  contrario,  le  quale  tutte  cose  ad  cautelam  concedemo 
ut  supra. 

Pro  ofiìcio  S.  Georgii. 
Capitulum  Trigeximum  sccundum. 

Item  commetemo    et    ordinemo    che    le    presenti    cose  siano 

inviolabilmente  observate  da  nostri  Officiali    che  sono  e  saranno 

per  tempo  deputati  per  noi  al  governo    e  regimento    della  città 

de  Genua  e  suo  distretto  ed  ogni  altro    loco    et    siano    obligati 

detti  Rettori  e  ciascuno  de  loro  observare  e  fare  observare  ogni 

cosa  predetta  per  virtù    de'  detti  capitoli,    sempre    che  saranno 

requesti  dalli  Agenti  di  dette  compere    et    ad    quelli    dare  ogni 

auxilio  et  favore  et  prestare  loro  brasso  contra  ogniuno  contra- 

dicente  sub  pena  de  nostra  indi<»'natione  et  qualibot  alia  graviore, 

quale  tutte  cose  commettiamo  siano  observate  ut  supra. 

Quod  supradicte  concessioncs  valeant,  permanentibus 

Januensibus   in  fide. 

Capitulum   Trigesimum    tertium. 

Item  volemo  et  intendemo  che  li  privileggi  {Dcr  noi  concessi 
e  gracie,  tanto  alla  comunità  quanto  all'officio  de  S.  Giorgio  se 
intendano  durare  in  loro  efficacia,  observando  loro  la  fedeltà  et 
quello  ne  hanno  promesso,  et  mancando  se  intendano  nulli  et 
de  nullo  effetto,  valore  et  efficacia. 

Quas  quidem  ordinationes,  indulta,  gratias  et  concessioncs  et 
omnia  et  singula  in  eis  contenta  ex  nostra  certa  scientia,  et 
Regie  polestatis  plenitudine,  tenore  presentium  observari  volumus 
et  iubemus,  mandantes  propterea  Locumtenenti  nostro  in  dieta 
Civitate  lanue  et  eius  districtu  et  ceteris  offìcialibus  nostris  pre- 


Documenti  549 

sentibus  et  futuris  ad  quos  spectat  seu  spectare  poterit  quomodo- 
libet  in  futurum,  quod  omnia  supradicta  et  earum  singula  obser- 
vent  et  faciant  per  quos  decet  observari  sine  contradicticne 
aliqua  ;  quoniam  sic  fieri  volumus  et  ut  predieta  firma  et  stabilia 
perpetuo  perseverentur,  sigillum  nostrum  his  presentibus  iussimus 
apponendum. 

Datum  in  palatio  civitatis  nostre  lanue  in  mense  maij,  anno 
Domini  millesimo  quingentesimo  seplimo  et  Regni  nostri  decimo. 

Visa 

Per  Regem  Dominum  lanue  Dominis  Cardinalibus  de  Ambosia 
legato  Regni  Francie,  de  Sancto  Severino,  de  Finario,  de  Prie  et 
Albien,  Ducibus  Borbonensi,  Calabrie  et  de  Longavilla  et  Archie- 
piscopis  Senovense  et  Arelatense,  Episcopis  Ludonense  Parisiense 
Vabrense  Tornacense  et  Testaricense,  Magistro  Michaele  Riccio 
magistro  requestarum  hospilii  et  aliis  presentibus. 

Robertet 

Tabula  Privilegiorum  per  Regiam  Maiestatem 
Civitati  lanue  concessorum. 

1.  —  Et  primo  de  generali  remissione  Cristianissimi  Regis. 

2.  —  De  Gubernatore  et   eius   officio   et   iuramento   per    eum 

prestando. 

3.  -  De  Potestate  et  aliis  Officialibus. 

4.  —  De  iuramento  fidelitatis  per  cives. 

5.  —  De  iuramento  fidelitatis  per  Vassallos. 

6.  -   De  reverentia  et  obedientia   prestanda  Domino  Guberna- 

tori  et  locumtenenti  Regio. 

7.  —  De  defendeuda  Civitate,  Districtu  et  aliis. 

Juramentum  Castellanorum  Officii  S.  Georgii. 

8.  —  De  non  alienanda  Civitate  et  aliis. 

9.  —  De  non  imponendis  oneribus. 

10.  —  De  mulctis  et   condemnationibus    et  reservatio  trium  ca- 

suum. 

11.  -     De  uniendis  locis,  si  que  recuperabuntur  ab  infidelibus. 

:ì6 


55o  Anno  l507 

12.  -  De  conferendis  Officiis  per  Gubernatorem  gratis 

13.  —  De  moneta  fabricanda. 

14.  —  Quod  lanuenses  non  trahantur  in  ius  extra  Civitatem    et 

districtum. 

15.  —  Quod  lanuenses  possint  j^um  omnibus  negotiari. 

16.  —  De  Vexillis. 

17.  —  De  Sigillo. 

18.  —  De  non  concedendo  in    preiudicium    communis  et  com- 

perarum  S.  Georgii. 

19.  —  Quod  Gubernator  non  concedat  salvos  conduetus. 

20.  —  Quod  lanuenses  comprehendantur  in  pace  ecc. 

21.  —  De  scribendis  litteris  et  mittendis  Oratoribus. 

22.  —  Quod  expensc  ordinarie  non  excedant  ad  summam  con- 

suetam. 

23.  —  Quod  Regia  Maiestas  non  concedet  salvos   conduetus,    nec 

impediet  (exactiones). 

24.  —  De  beneficiis  Ecclesiasticis, 

25.  —  De  rebus  Saonensibus. 

26.  —  De  Hospitiis  domorum  preparandis. 

27.  —  De  evictandis  acclamationibus  factionum. 

28.  —  De  non  elligendis  consulibus    artium  ecc. 

29.  —  Confirmatio  Privilegiorum  Officii  S.  Georgii. 
So.  —  Pro  Officio  S.  Georgii. 

31.  —  Pro  Officio  S.  Georgii. 

32.  —  Pro  Officio  S.  Georgii. 

33.  —  Quod    supradicte    concessiones      valeant      permanentibus' 

lanuensibus  in  fide. 

Manoscritto  1 1 8,  carte  aggiunte. 


Documenti 


551 


XLVI. 


Nomi  di  quelli  cittadini  che  furono  de  fati  ione  li  anni  de  ijo6  e  1^07 
che  fu  il  viva  populo  di  Genova. 

Mercadanti,  o  sia  populo  grasso         Artefici,  o  populo  minuto 


Antonio  Sauli 

Steffano  Giustiniano 

Donnenico  Adorno 

Antonio  de  Albaro 

RalTaello  de  Fornari 

Donato  de  Marco 

Gio.  Batta  de  Franchi 

Pietro  Sauli 

Paulo  B/  Giustiniani 

Steffano  Moneglia 

Gasparo  de  Guano 

Georgio  di  Zoaglio 

Vincentio  Sauli 

Demetrio  Giustiniani 

Lizaro  de  Franchi 

Bernardo  de  Castiglione 

Gio.  Batta  Adorno 

Gerolamo  Moneglia 

Ludovico  d'Odone 

Bartholomeo  Rivarola 

Vincentio  d'Oliva 

Britio  Giustiniano 

Gio.  Batta  de  Franchi  Luxardo 

Raffaelo  Montaldo 

Giuliano  Magnerri 

Giacomo  Giustignano 

Paulo  de  Franchi  Borgaro 


Theramo  Ballano 
Bartholomeo  Ceva 
Simon  dall'Amandola 
Giacomo  Pernice 
Steffano  de  Capriata 
Batta  de  Rapallo 
Bernardo  Cazella 
Agostino  de  Ferraro 
Bartholomeo  Soffia 
Gerolamo  de  Facio 
Agostino  Foglietta 
Gio.  Batta  Davagna 
Nicolò  Oderico 
Antonio  da  Lerice 
Leonardo  de  Facio 
Francesco  d'Arquata 
Pietro  Batta  Levanto 
Leonardo  Calizano 
Raffaello  da  Passano 
Paulo  Vincenzo,  tribuno    della 

plebe  e  poi  duce 
Pantaleo  Navone 
Vincenzo  de  Vinelli 
Pietro  Calizano 
Manuello  da  Canale 
Angelo  dalla  Crovara 
Currado  Soffia 


552 


Anno  l507 


Luca  Giustiniano  de  Moneglia 

Bartolomeo  de  Varisio 

Gerolamo  Sauli 

Pietro  de  Prementorio 

Lazaro  de  Albaro 

Simon  Pigna 

Antonio  de  Oliva 

Antonio  Chioccia 

Gio.  de  Delfino  da  Passano 

Agostino  da  Castiglione 

Il  Greghetto  Giustiniano 

M.*""  Gasparo  de  Franchi 

Ambrogio  de  Prementorio 

Benedetto  Giambono 

Thomaso  de  Franchi  Bolgaro 

Simon  de  Prementorio 

Demetrio  Sauli 

Gerolamo  Palmaro 

Lazaro  Pichenotto 

Thomaso  Giudice 

Bernardo  de  Franchi 

Bartholomeo  de  Zoaglio 

Oberto  de  Lazaro 

Pelegro  de  Guano 

Gabrielo  Adorno 

Gio    Batta  SauU 

Gio.  Batta  de  Leonardi 

Simon  Giustiniano 

Mattheo  de  Franchi  Bolgaro 

Paulo  Giudice 

Carlo  de  Fornari 

Andrea  Cicero 

Batta  Giustiniano 

Pietro  Ambrogio  Boccio 


Gregorio  Terrile 

Gio.  Batta  de  Ferrari 

Bartholomeo  Senarega 

Simon  Dazerio 

Giacobo  Castiglione  drapiero 

Pelegro  de  Guano  de  Bergamo 

Gio.  de  Vultagio 

Bernardo  Raggio 

Lazaro  da  Canale 

Panthaleo  de  Tossinis 

Bernardo  Veneroso 

Francesco  de  Recco 

Sp.  Gio.  de  Lcrice 

Benedetto  Cerexia 

Rafaelo  de  la  Torre 

Leonardo  Merelio 

Luiggi  de  Brevey 

Battista  Tassi stro 

Battista  Cepolina 

Raffaello  Raggio 

Francesco  de  Camoglio 

Gerolamo  de  Salvo 

Raffaello  Recco 

Gio.  Batta  Lazagna 

Giuseppe  Dernixio,  trib.  plebeo 

Alarame  da  Bozolo 

Francesco  de  Pigliasca 

Gerolamo  de  Honeto 

Gerolamo  Delfino 

Giacomo  da  Rapallo 

Gio.  Batta  Lerice 

Pietro  Marengo 

Andrea  Buzalino 

Lorenzo  Garibaldo 


Documenti 


553 


Marco  Giambono 
Battista  Scaglia 
Benedetto  de  Castiglione 
Luca  Giustiniano 
Francesco  della  Rocca 
Antonio  de  Franchi  Juria 
Manfredo  de  Fornari 
Silvestro  Giustiniano 
Giacom     de  Sopranis 
Nicolò  Giustiniano 


Ludovico  Bagnasco 
Bartholomeo  dal  Cavo 
Vincenzio  Gurlero 
Bernardo  Gallo 
Gregorio  da  Bozolo 
Vincentio  Pelissonc 
Antonio  C'ornigia 
Antonio  Tovelio 
Paulo  Gallo 
Gerolamo  Bricio 
Battista  Gropallo 
Napolion  Richeme 
Agostino  Senestraro 
Battista  Botto 
Accorso  Borlasca 
Cosmo  de  Zerbi 


Manoscritto  1 1 8,  carte  aggiunte. 


XLVIL 

Famiglie  nobili  che  governavano  alla  città  il  medesmo  tempo 
per  1/3  che  li  altri  2/3  governava  la  fattion  populare,  destinta  in 
mercadanti  et  artefici  per  li  ordini  de  sopra  ;  perhò  li  nobili  non 
gli  intervènero  perchè  erano  fuori  della  città,  e  le  famiglie  sono 
queste  : 

Piccamcgli  —  Cattanei  —  Carmandini  —  Spinoli  — Mari  — 
Usudemari  —  Marocclli  —  Negro  —  D'(^ria  —  Guisolfi  —  Venti 

—  Cigala     -    Marini  —  Serra  —  Grimaldi  —  Lercari  —  Negroni 

—  Panzani  —  Lcccavella  —  Pallavicini    —     Grilli   —  Calvi  — 
Cibo  —  Vivaldi  —  Squarciafichi  —  Fieschi  —  Salvaighi  —  Gentili 

—  Lomellini  —  Pinelli  —  Centurioni  —  Interiani  —  Imperiali 
Gualteri  —  Camila. 


Manoscritto  1 1 8,  carte  aggiunte. 


554  Anno  l507 

XLVIII. 

Convcntioni  del  popuìo  di  Genova  con  il  signor  T*etro  di  Campofregoso  (  l  ). 

Noi  infrascritti,  cittadini  arteixi  della  città  di  Genova,  a  nome 
nostro  e  de  tutti  l'altri  cittadini  arteixi  della  detta  città,  per  li 
quali  promettiamo  de  rato  sotto  obligo  nostro  e  fede  nostra  e 
dalli  beni  nostri,  considerando  li  periculi  e  affari  della  città  no- 
stra e  specialiter  quelli  che  al  presente  occorreno,  cosi  del  le- 
vante corno  della  guerra  del  Re  d'  Aragono,  in  appresso  cono- 
scendo noi  varii  disordini  e  divisioni,  li  quali  sono  nella  città  nostra, 
per  le  quale  molte  volte  se  lascia  de  fare  quelle  cose  che  con- 
tengono l'honore  e  utiUtà  di  tutta  la  Republica  nostra,  volendo 
con  ogni  studio  e  cura  e  conseglio  nostro  oviare  ogni  male  e  dare 
agiuto  e  favore  al  bene  di  questa  citià,  havendo  fra  noi  più  volte 
havuto  maturo  pensamento  e  ferma  deliberacione  e  assai  discorso 
tutto  quello  che  se  intendesse  potere  essere  utile  e  bene  della  città 
nostra,  e  per  oviare  che  questa  città  non  capite  sotto  signoria 
forastiera,  e  per  bavere  uno  duce  e  protetore,  al  quale  basti  l'animo 
a  diffendere  noi  e  questa  città  da  ogni  oppressione,  e  per  vigore 
della  presente  scrittura  e  per  ogni  etc  ,  spontaneamente  e  non  per 
altro  errore,  inganno  e  forza  etc  ,  alli  nomi  predetti  promettiamo 
all'Illustre  Signor  M.  Pietro  de  Campofregoso,  per  la  Dio  gratia 
duce  delli  Genovesi  e  nostro,  da  qui  avanti,  con  ogni  cura  e  agiu- 
torio  nostro  e  conseglio  e  con  la  spada  e  arme  in  mano,  sempre 
che  bisognerà,  o  vero  che  da  lui  saremo  chiamati  per  lo  sono 
della  campana  grossa,  o  in  qualonque  forma  a  lui  paresse  de  di 


(i)  Pietro  Campofregoso  fu  eletto  doge  TS  dicembre  1450.  Questo  e 
Taltro  documento  che  segue  si  trovano  nelle  ultime  pagine  del  ms.  1 1 8 
dove  è  contenuto,  come  dicemmo,  il  nostro  diario,  e,  benché  non  facciano 
parte  del  periodo  storico  da  noi  studiato,  credemmo  opportuno  di  pubbli- 
carli per  integrare  la  pubblicazione  del  nostro  manoscritto  e  per  recare  un 
piccolo  contributo  alla  storia  genovese. 


Documenti  555 

edd  uotte,  a^iutirlo,  favorirlo  e  mantenerlo,  conservarlo  e  defen- 
derlo in  questo  statto  perpetuamenti  contra  ogni  persona,  Signoria, 
o  Signorie,  sian  chi  si  voglian  e  contra  ogni  genovese,  o  corpo- 
racione  d'alcuno  genoveze,  dal  quale,  o  li  quali  fosse  lo  statto 
suo  in  qualonque  modo  offeso,  ir^^uietato,  o  perturbato  palese- 
menti,  o  secretamenti  dirretto,  o  per  indirretto  e  circa  ciò  fare  et 
obeJire  ogni  sua  volontà  e  comandamento,  remota  ogni  excetione, 
cavilatione,  a  bona  e  sincera  fede  e  puro  intelleto,  in  tutte  quelle 
cose,  le  quale  a  Sua  Signoria  piacerano  e  che  la  Sua  Signoria 
l'anderà  e  conforterà,  che  faciamo  per  lo  bene,  mantenimento  e 
acrescimento  e  favore  del  suo  statto  e  de  questa  republica,  e  tutte 
queste  cose  giuriamo  de  fare  et  osservare  interamente,  sopra  lo 
benedetto  crocefìxo  de  Nostro  Signore  Jesu  Christo,  lo  quale  vo- 
gliamo sia  in  dannacione  e  perdicione  dell'anime  nostre  e  delU 
nostri  corpi  e  nostri  figlioli,  in  caso  che  noi  mancassimo  e  con- 
trave.nissemo  alla  promessa,  la  quale  esprcsamente  intendiamo  es- 
sere lo  bene  e  utile  de  tutta  questa  città,  e  specialmente  perchè 
la  non  venga  in  mano  de  signori  forastieri,  la  qual  cosa  total- 
mente et  per  expressum  recusiamo  e  repudiammo  e  protestiamo  non 
volere  in  alcun  modo,  anzi  contra  questo  specialmente  vogliamo 
e  dichiariamo  essere  obligati  a  ponere  le  persone  e  la  vita  e  li 
beni  e  non  promettere  né  recusare  di  fare  alcuna  cosa,  la  quale 
ne  sia  comandata  e  commissa  da  esso  Illustre  M.  lo  duxe ,  così 
per  questo,  come  per  lo  mantenimento  del  suo  statto  sotto  lo  giu- 
ramento e  forma  predetta.  E  converso  noi,  Pctro  da  Campofre- 
goso,  etc,  duce  suprascritto,  intesa  la  promessa  a  noi  fatta  come 
sopra,  considerato  il  bonanimo  loro  e  la  honesta  ragione,  la  quale 
a  questo  li  ha  spontaneamente  condotti  e  movati,  volendo  verso 
loro  uzare  reciproco  amore,  fede  e  liberalità,  promettiamo  e  se 
obligamo  alh  sopradetti  cittadini  chi  sono  àrteixi,  alli  nomi  pre- 
detti, sotto  fede  di  leal  cavalero  e  sotto  il  reciproco  sacramento, 
protesto  agiutarc,  favorizare  e  defendere  li  detti  arteixi  da  ogni 
danno,  forza  e  molestia,  la  quale  generalmenti  o  specialmente  li 
fosse  fatta  da  alcuno  Signore,  o  Signo.ria,  comunità,    o    persone 


55Ó  Anno    l507 

private,  siano  crii  si  vogliano  e  specialiter  da  alcuno  altro  geno- 
vese, cosi  in  genere  come  in  specie,  e  queli  conservarli  e  man- 
tenerli in  ogni  loro  honorata  preminenza  e  grado,  quale  habiamo 
mai  havuto  per  alcun  tempo  in  questa  città,  e  specialmente  have- 
ranno  la  quarta  parte  de  tutti  li  offìcii  della  comunità  di  Genova, 
li  quali  in  qualonque  modo  o  per  qualonque  offìcii  che  se  da- 
gheno,  cosi  di  S.  Georgio,  come  de  altri,  e  quelli  nò  alcuno  de 
loro  non  lasseremo  ingiuriare,  ne  sforzare  in  alcuna  cosa  iuxta 
la  possanza  nostra,  ctiam  fino  venire  alle  armi  insieme  con  loro, 
quando  fosse  di  bisogno  e  fosscno  requesti  dalli  loro  Capitanci, 
contra  ogni  Signore  e  persona  forastiera  o  genoveze,  la  quale 
fosse  contra  questo  ordine  nostro  e  promessa  nostra.  Item  pro- 
mettiamo e  siamo  contenti  che  tutti  li  arteixi  di  Genova,  siano 
de  che  colore  se  vogliano,  li  quali  se  trovano  confinati  al  pre- 
sente, per  cose  pertinenti  al  statto,  che  possiano  tornare  a  casa 
e  stare  e  fare  li  fatti  suoi,  senza  alcuno  risguardo,  promettendo 
con  loro  giuramento  di  fare  come  s'  è  detto  di  sopra,  s'  è  pro- 
misso  per  li  altri  in  l'avenire  non  confinare  alcuno  de  loro,  se 
prima  non  haveremo  conferto  e  havuto  consentimento  con  li  ca- 
pitanei  delli  detti  arteixi,  li  quali  se  troveranno.  Item  conside- 
rando noi  quanto  sia  pernicioso  ogni  imposicione  de  dritti  e  ca- 
belle  e  speciale  alle  vituaglie,  la  qual  cosa  non  è  salvo  a  excidio 
delli  poveri,  non  consentiremo;  promettiamo  che  deceterodirrectum 
per  indirectum  non  lasseremo  imponere,  nò  consentiremo  che  se  im  • 
ponga  alcuna  cabella,  o  dritto,  o  carrigo  sopra  le  vituarie;anzi  cure- 
remo, per  quanto  ne  sarà  possibile,  che  quelle  che  ci  sono  se  diminui- 
scono, le  quali  tutte  cose  faciamo  d'acordio  e  tutti  insieme  per  lo 
bene,  quieto,  pace,  concordia  e  mantenimento  della  republica  di 
Genova  e  promettiamo  l'uno  a  l'altro  bavere  ogni  pensamento 
nostro  e  conseglio  e  ancora  bona  fede  in  tutte  le  predette  cose, 
bona  e  sincera  fede  l'uno  a  l'altro,  sotto  fi  sacramenti  predetti. 
Non  se  intenda  però  per  la  presente  scrittura  derrogato  da  alcuni 
capitoH  fatti,  overo  concessioni,  le  quali  siano  fra  esso  Illustre 
messer  lo  duxe  e  lo  M.^"  Gio.  Filipo  da  Fiesco,  ne  li  detti  oblighi, 


Documenti  557 

se  intendano  fatti  per  alcuna  delle  dette  parti,  centra  M."  messer 
Gio.  Filippo. 

Manoscritto  ii8,  carta  20  r.  e  v. 

XLIX. 

In  ChrisH  nomine  Registrum  Cronicarum  di  Genova,   (l) 

1087  —  fu  portato  e  condutto  lo  corpo  di  S.  Gio.  Batta. 

1100  —  fu  edificata  la  chiesa   di  S.  Laurenzo  e  lo  suo  portale. 

noi   —  fu  portato  e  condutto  la  S.ta  Scudella  in  S.to  Lorenzo. 

1213  {errato  per  111 })  fu  edificato  Portovenere, 

1257  —  fu  fatto  primo  capitaneo  domino  Gulielmo  Boccanegra; 
regnavit  annos  sex. 

1260  ~  fu  impozo  le  casace  de  disciplinanti,  il  principio  fu  a 
Peroza  e  Dartona. 

1 263  —  li  Gentil  homini  de  Grimaldo  sono  statti  fatti  Signori 
de  Genova  e  hanno  regnato  anni  sette. 

1270  -  Oberto  Spinola  e  Oberto  Doria  sono  statti  ellctti  capi- 
tanei  e  regnarono  perfine  l'anno  de  l3l4  ,  cioè  per 
anni  44. 

1279   —   fu  fabricata  la  campana  grossa  di  palacio. 

1295  —  fu  fabricato  lo  conduto  de  l'acqua  chi  vene  a  Genova. 

l300  —  a  di  7  di  dicembre,  la  città  di  Genova  preze  l'arme  e 
furono  eletti  quatro  aiteixi  per  consoli,  quali  governa- 
vano la  terra  con  bailia,  comò  se  fossero  duci;  li  nomi 
loro  son  questi:  Rafael  di  San  Pier  di  Arena  untore  , 
Federico  Parrisola  tavernaro ,  Felice  Cavalorto  for- 
magiaro ,  Antonio  Paravagna  naxellà  ;  regnorno  per 
mese  uno. 


(i)  Per  maggior  comodità  del  lettore  credetti  opportuno  di  porre  in  or- 
dine cronologico  queste  notizie  che  prima  non  lo  erano,  come  avvertii  nei 
cenni  critici  sul  Diario,  (pag.  297). 


558  Anno   l507 

l3l4  —  li  Guerfi  cittadini  teniroao  lo  dominio  di  Genova  in  fino 
a  l'  anno  de    l334. 

1334  —  Galeotto  Spinola  e  Rafaelo  Doria  sono  statti  eletti  ca- 
pitanci  e  regnorno  anni  cinque. 

1339  —  D.  Simon  Bocanegra  fu  elletto  duce  di  Genova  e  regnò 
per  anni  sei,  mesi  3  e  giorni  doi,  e  fu  lo  primo  duce. 

1345  —  die  25  decembris ,  Gio.  della  Morta,  quale  di  Gentil- 
homo  guelfo  se  fece  de  populo  gibelino,  fu  elletto  duce 
e  regnò  anni  cinque. 

1378  —  die  24  junij,  D,  Nicolò  de  Guarco  fu  elletto  duce  quale 
hebbe  molte  guerre  con  Bernardo  Vesconte  duca  di  Mi- 
lano, con  Venetiani  ,  fiorentini,  con  catalani,  e  Carra- 
tini ,  e  per  il  suo  tempo  vene  uno  grande  exercito 
contra  Bczagno  e  fu  rotto  da  detto  Nicolò  de  Guarco 
e  questo  Nicolò  fu  quello  che  redusse  li  gentil  homini 
alli  officii  a  metà  con  lo  populo. 

1383  —  Leonardo  de  Montaldo  scrivano,  quale  poi  se  fecce  dot- 

tore di  legge,  fu  fatto  Duce;  stette  anni  uno,  mczi  doi 
e  giorno  uno. 

1384  —  die  16   junii,  d.  Antonioto  Adorno,  morto  che  fu  detto 

Leonardo,  fu  fatto  duce;  regnò  anni  sei  e  mezi  doi. 
1390  —  die  3.*  augusti ,  Domino   Jacobo    de    Gampofregozo  fu 
elletto   duce ,    havendo    Antonioto    Adorno    lasciato   la 
città;  regnò  per  mexi  otto  e  giorni  doi. 

1396  —  D.  Antonioto  Adorno  a  di   18  di  novembre,  mutò  titolo 

e  se  fece  chiamare  governatore  per  la  Maestà  del  Re 
di  Pranza  {Carlo  VI),  al  quale  dette  lo  dominio  e  stette 
per  mexi  quatro. 

1397  —  die   18  martij  D.  Giacomo  Oonte  Sanpolo  {Valer andò  di 

Lussemburgo  ,  conte  di  Ligny  e  di  S.  Paolo)  intrò  in  lo 
governo  per  la  Maestà  del  Re  di  Franza  e  ne  levò  d. 
Antonioto  Adorno  e  governò   meisi  tre  e  giorni  nove, 

1398  —  a  di  X  di  magio,  lo  populo    di   Genova  preze  l'arme 

dicen  lo:  viva  populo,  e  fecero  XII  Antiani  tutti  di  po- 


^ 


Documenti  559 

pulo  al  governo  del'a  terra  e  governorno  mesi  sette  e 
giorni  sei. 

1398  —  die  29  junij  D.  Antonioto  de  Montaldo,  etiam  Antonio 
de  Guarco ,  con  certi  altri ,  introrno  in  Genova  con 
molta  gente,  volendo  fare  statto  di  populo  e  vedendo 
questo  li  gentili  homini  gebelini  misseno  la  città  da 
parte  a  parte  ,  da  guerfì  e  gibelini  regnò  meisi  2  e 
giorni  4. 

1398  —  die  23  septembris,  D.  Carlo  de  Calavila  (Co/ZrtrJo  ^/ C^/- 
levilla)  intrò  G-overnatore  per  la  Maestà  di  Re  di  Pranza, 
regnò  mezi  7  e  giorni  27. 

1400  —  die  16  januari,  Rafael  Carpinetto  de  populo,  intrò  con 
una  gran  gente  armata  in  Genova  ,  e  fu  elletto  capi- 
taneo  Batta  Bocanegra  cavalero  speron  d'  oro  .  regnò 
mezi  doi  e  giorni  quatro. 

1400  —  die  22  martii  (l)  D.  Batta  Luxardo,  detto  delli  Franchi, 
fu  elletto  capitaneo  e  stette  in  officio  fino  aUi  l3  d'a- 
prile, poi  fu  acompagnato  a  casa  sua  e  la  città  stette 
senza  regimento  perfino  al  primo  giorno  di  magio. 

1400  —  die  prima  maij  d.  Rinaldus  de  Alentengaìus  {2\  venendo 
de  Lombardia,  fu  constituito  Locotenenle  per  lo  Cri- 
stianissimo Re  di  Pranza  e  governò  per  mesi  cinque  e 
giorni  tredeci. 

1400  —  die  l3  ottobre  ,  la  città   tornò   su  le  arme  per  certi  di 

Porcevera  e  di  Bizagno  ,  che  introrno  in  la  città  ;  fu 
elletto  d.  Batta  de  Franchi  Luxardo  ,  capitaneo  al  go- 
verno della  terra,  governò  XI  mezi. 

1401  —  a  di  23  di  septembre,   li  capelazi    populari  se  conijre- 

gorno  nella  chiexa  delle  Vigne  con  le  arme  in  dosso  e 
elegerno  otto  cittadini  allo  governo  della  città  con  am- 
plissima bailia. 


(i)  Il  Giustiniani,  Annali  ecc.  Voi  II,   2i3  dà  questa  notizia  al  26  marzo, 
(2)  Il  Gn;sTiNiANi,  op.  cit.  Voi.  II,  214  ha  Rinaldo  d'Olivar. 


56o  Anno  l507 

1^01  —  die  23  settembre,  li  sopradetti  8  officiarii  levorno  D.  Batta 
Luxardo  de  capitaneato  e  elezerno  D.  Antonio  Giusti- 
stìniano  e  D.  Georgio  Adorno,  quali  erano  delli  8  elletti. 

1401  —  die  21  ottobre,  D.  Giovani  Lemenge  detto  busciardo, 
manescarcho  de  Pranza  (Giovanni  le  Meingre  detto  T^ou- 
cicault)  intrò  governatore  per  la  Maestà  di  Re  di  Pranza 
e  die  2  di  novembre,  lo  detto  busciardo  fecce  tagliare  la 
testa  a  D.  Batta  Boccanegra  e  volendo  fare  il  simile  a 
D.  Batta  Luxardo,  se  ne  fugl  e,  in  suo  cambio,  fecce 
tagliare  la  testa  al  suo  cavalero  della  guardia. 

1409  —  die  3o  junij  lo  sopradetto  boisiardo  se  partì  molto  po- 
tente e  andò  in  Lombardia  e  lasciò  governatore  in  suo 
loco  uno  che  se  chiamava  Chiarlatone  (C7^()  di  Alvernia 
di  Choktton),  francese,  lo  quale  fu  tagliato  a  pezzi  a  9 
di  (sellembre)  (l). 

1409  —  die  3l  augusti,  lo  marcheze  Theodoro  (Pt7/go/nf^o)  di  Mon- 
ferrà  con  Facino  Cane  e  con  certi  cittadini  eh'  erano 
usciti  fora,  intrano  in  Genova  con  lo  detto  marcheze  e 
regnò  per  anni  quatro. 

1413  —  die  20  martii,  la  città  vene  in  le  arme,  essendo  Loco- 
tenente  per  lo  segnor  marchese  D.  Corrado  dello  Car- 
retto, e  in  quelo  tempo  era  in  Saona  capitano  D.  Giorgio 
Adorno  e  lo  sopradetto  marcheze,  essendo  la  città  in 
arme,  vene  a  Saona,  e  mandò  lo  detto  D.  Giorgio  a 
Genova. 

1413  —  die  17  maij,  D.  Giorgio  Adorno  fu  elletto  duce  e  regnò 

un  anno  e  meixi  sette. 

1414  —  die  5  decembris,  D.  Batta  de  Montaldo  preze  l'arme  con 

tutti  li  suoi  seguaci  contro  di  D.  Georgio  e  la  terra  stette 
divisa  dalli  5  di  dicembre  perfino  alli  23  di  marso,  la 
quale  guerra  fu  pessima,  dorò  meixi  doi  e  giorni  18  e 


(1)  II  Giustiniani,  op.  cit.,  II,  2  5o,  afferma  il  giorno  delP uccisione  essere 
stato  il  3  settembre. 


Documenti  5ói 

se  chiama  la  guerra  di  mezo  e  usque  in  secula  se  può 
chiamare. 

1415  —  die  23  martii,  D.  Thoma  de  Campofregozo  e  D.  Giacomo 
Giustiniano  forno  elletti  capitani  al  governo  per  lo  po- 
pulo  e  governò  mexi  2. 

1415  —  a  dì  25  di  marzo,  D.  Barnaba  da  Goano,  dottore  di 
lege  fu  elletto  duce  di  Genova,  regnò  mexi  trei  e  giorni 
nove. 

1415  —  die  8  julij  (1)  D.  Thomas  de  Campofregozo,  con  forza  d'ar- 
me cassa  fora  detto  D.  Barnaba  de  Goano,  e  detto  D.  To- 
maso fu  elletto  duce  e  regnò  anni  sei  e  meixi  quatro. 

1421  —  die  2.="  novembris,(2)  lo  Duca  de  Milano  FilipoMaria,ha- 

vendo  asediato  Genova  con  molti  cittadini  forausciti, 
lo  detto  D.  Thomaxo  dette  terra  al  detto  ducca  sotto 
quelli  patti  e  modi  eh'  ella  fu  datta  alla  Maestà  del  Re 
di  Pranza  e  lo  detto  duca  non  H  osservò  li  patti.  E 
lo  sopradetto  anno  e  giorno  D.  Franceschetto  Vesconte 
de  Castronovo  detto  Conte  Cramagnola  ,  [Carmagnola) 
Capitaneo  Generale  del  detto  ducca,  fu  fatto  Gover- 
natore e  fu  ottimo  Governatore  per  uno  anno,  mexi 
doi  e  giorni  l5. 

1422  —  die  3l   martij,  17   Januarii,  D.  Urbano  di  Santo  Arexio 

(Alessio)  sucedette  al  sopradetto  conte  e  governò  mexi 
doi  e  giorni  l5. 
1422  —  a  dì  3 1  di  marzo,  d.  Petro  Vesconte  de  Novara  {Pefro 
de  Zor^i,  vescovo  di  Novara)  e  lo  capitaneo  Gitorello 
(Guidone  Torello)  e  Prancesco  de  Castronovo  (Castiglione) 
e  D.  Sperone  de  Petrasanta,  tutti  questi  quatro  succe- 
detero  al  governo  per  lo  sopradetto  Urbano  di  S.to  Arexio 
per  meixi  sei. 


(li  II  GIUSTINIANI  op.  cit,  II,  2/5,  ha  la  data  3  luglio. 

{■2.)  Secondo  il  Giustiniani,  op.  cit.  II,  297  il  fatto  accadde  il  2  dicembre 


562  Anno    150/ 

l422  —  a  di  5  d'ottobre,  D.  Vesconte  Francesco  del  Cramagnola 
tornò  governatore  e  fu  ottimo  governatore  per  anni  doi. 

1424  —  adi  5  d'ottobre,  D.  Francesco  Vesconte  se  partì  da  Genoa 

e  andò  a  Mila  ìo  e  lasciò  in  suo  loco  detto  Urbano  di 
S.to  Alexio,  lo  quale  governò  per  uno  meze  e  giorni  10. 

1425  —    a  di  1 5  di  novembre,  D.  Giacomo    de   Solani  {Isolani) 

de  Bologna  Cardinale  intrò    per   governatore,    governò 
4  anni,  3  meixi  e   l5  giorni. 

1428  —  a  di  28  difebraio,  D.  Bartolomeo  della  Capra  de  Milano 
succedette  al  sopradetto  cardinale,  governa  per  anni 
tre  e  mezi  sei 

1431  -  a  di  28  di  agosto  (l)  D.  Francesco  Spinola,  armiraglio 
de  molte  galere,  fu  prezo  da  Venetiani  e  havea  in  Co 
de  Monte  e  haveva  XIIII  galere  e  certe  foste.  In  lo 
sopradetto  anno  Oldra  de  Lampugnano  succedette  lo 
sopradetto  arcivescovo,  governò  anni  cinque,  meixi 
quatro  ;  dapoi  Marco  Francesco  Barbavara  succedette 
Oldra  de  Lampugnano,  Oldra  poi  tornò  a  succedere  il 
detto  Francesco  Loize  Grotto,  chiamato  presidente, 
succedette  poi  in  Governo  il  detto  lo  sopradetto  Oldra. 

143Ó  —  fu  fatto  uno  Governo  de  otto  cittadini  alli  27  decembre 
che  se  chiamavano  liberte,  {difensori  della  libertà)  li 
nomi  delli  quali  sono  questi  :  Francesco  Spinola,  An- 
driolo  Doria,  Matheo  Lomehno,  Andrea  de  Mari,  Ni- 
colò Giustiniano,  Gio.  Navono,  Petro  Bondinaro,  Marco 
de  Cassina  (2)  e  governorno  per  meixi  trei. 

1437  a  di  27  dicembre,  D.  Francesco  da  Trevixi  intrò  gover- 
natore per  lo  sopradetto  Duca  e  intrando  in  Genova, 
essendo  Loize  Grotto  e  Opizino  de  Aza  andati  incontra 
al  detto,  erano  d.  Francesco  Spinola  con  molti  citta- 
dini, ordinatamenti  misseno  la  terra  in  le  arme  e  ama- 


(1)  Il  Giustiniani,  op.  cit.  II,  317  ha  la  data  2  3  settembre. 

(2)  Il  Giustiniani,  op.  cit.  II,  352  ha  Pietro  de  Cassina. 


Documenti  563 

zorno  lo  detto  Opizino  de  Aza,  e  lo  detto  Araxino 
fugi  in  Casteleto,  in  lo  quale  loco  fu  prezo  per  pri- 
gione e  levorno  di  stado  il  Duca  di  Milano. 

1437  -  a  di  28  di  marso,  D.  Isnardo  de  Guarco  fu  elletto  duce 
in  la  chiesa  di  Santo  Siro,  presenti  tutti  li  capelazi 
senza  arme;  regnò  giorni  sette. 

1437  —  item  in  detto  anno  de  1437  a  di  5  d'aprile,  D.  Tho- 
maxo  de  Campofregozo  fu  elletto  duce  in  casa  de  Is- 
nardo de  Guarco  con  le  arme;  stette  un  anno  in  si- 
gnoria et  essendo  il  giorno  de  ramorina  alla  messa  in 
S.  Laurenzo,  (l)  D  Batta  suo  fratello  misse  la  terra  in 
arme  e  levò  de  duxegho  D.  Thomaxo  suo  fratello; 
visto  questo,  D.  Thomaso  fecce  levare  fora  della  torre  de 
Codefa  D.  Rafaelo  Adorno,  quale  era  in  detta  torre  pre- 
gione,  e  detto  D.  Thomaso  e  Rafaelo  caciorno  fora 
detto  D.  Batta,  quale  se  no  fugi  per  la  porta  de  1'  Er- 
cho  e  se  ne  andò  a  Gavi,  quale  Batta  stette  duce  doi 
giorni  e  poi  il  detto  D.  Thomaso  stette  duce  anni  sei 
e  meixi  otto, 

1442  —  a  di  18  dicembre,  D.  Gio.  Antonio  da  Fiesco  cavalero 
speron  d'oro  vene  con  certi  leudi  di  notte  e  misso  la 
terra  in  arme  e  fu  eletto  duce  D.  Rafael  Adorno  e 
prezeno  pregione  D.  Thomaso  de  Campofregozo  e  lo 
mizeno  nella  torre  de  Codefà.  Item  in  detto  anno  de 
1442  fu  elletto  8  cittadini  allo  governo  della  città, 
quale  se  chiamano  capitane!  della  libertà,  con  amplis- 
sima balia  per  lo  comune.  Il  nome  de  quali  :  Gio.  An- 
tonio da  Fiesco,  Rafaelo  Adorno ,  Batta  Spinola  D. 
Gregorij,  Meliadus  Salvago,  Andalono  Marrufo,  Lamba 
Doria,  Domenico  {Riccio)  di  Bargaglio,  Paolo  d'Albaro 
e  stetteno  un  anno  e  uno  meze  in  stato. 


(i)  II  Giustiniani,  op.  cit.  II,  359  segna  il  giorno  24  marzo    e  la   chiesa 
di  S.  Domenico. 


504  Anno  l507 

1443  —  a  di  18  di  gennaro,  (1)  D.  Rafael  Adorno  fu  eletto  duce 
e  regnò  anni  tre  e  mexi    trei. 

1449  —  a  dì  X  di  magio,  il  populo  di  Genova  preze  l'arme 
cridando  :  viva  populo;  fu  elletto  l5  cittadini  tutti  di 
populo  al  governo  e  stetterno  meixi  sette  e  giorni  sette. 

Manoscritto  118  —  cane  20,  21,  22. 

L. 

Nofiii  di  alcimi  dei  prigionieri  tralleiitili  dai   Saìaiar  in  Casleìletto. 

24  luglio  (//o/).  Promessa  di  restituiie  all'ufficio  di  Balia 
lire  seimila  per  quelli  che  erano  carcerati  in  Castelletto,   fra  li  quali: 

Sentino  da  Castiglione  copertero  —  Piacentino  da  Castiglione 
pelisaro  Antonio  Valdctaro  copertero  —  Giacomo  Mongiardino 
—  Francesco  Parisoia  —  Albano  da  Novara  —  Agostino  Bor- 
lasca  —  Luigi  Presenda  —  Paolo  Re  —  Domenico  Re  —  Do- 
menico Moneglia  —  P'rancesco  da  Lavaggi  —  Tomaso  Monsa 
seatero  —  Tomaso  Alciprando  —  Gio.  Romero  —  Nicolò  da 
Casana  -  Vincenzo  Borlasca  —  Gio.  Francesco  de  Salvo  in 
nome  di  Alessandro  suo  fratello  —  Raffaele  de  Fasaggi  —  Battista 
da  Casale  per  Vincenzo  suo  fratello  -  Pietro  Cassano  —  Ago- 
stino Fantinanti  —  Tomaso  Rosso  (2). 


(i)  Il  Giustiniani,  op.  cit.  II,  ij'i  ha  28  gennaio. 

(2)  Quest'' ultimo  documento  fu  da  me  raccolto  in  un  volume  manoscritto 
(loJ  C.  5)  della  biblioteca  Brignole-Sale^  intitolato  erroneamente:  «  Conven- 
zioni coi  paesi  della  Riviera  di  Ponente  > ,  che  contiene  una  serie  di  spogli, 
molto  aridi  ma  sempre  utili  ,  di  documenti  del  principio  del  secolo  XVI. 
Tra  i  regesti  dei  documenti  del  i5o6  e  i  507  che  già  conosceva  per  averne 
letti  gli  originali  tra  le  carte  deir Archivio  di  Stato ,  mi  parve  nuova  e 
degna  di  essere  pubblicata  la  presente  lista.  Ricordo  al  lettore  che  veramente 
furono  cinquantotto  i  cittadini  trattenuti  dal  Salazar  in  Castelletto  (Cfr. 
Diario^  8  febbraio   i  So/),  mentre  qui  non  sono  riportati  che  ventitre  nomi. 


INDICI 


37 


AVVERTENZE 


PER    L    INDICE    ALFABETICO    DEI   NOMI    E    DELLE    MATERIE 


Data  una  notizia,  i  numeri  che  seguono  indicano  che  la  notizia  stessa  è  ripetuta 
in  due  o  piij  luoghi  5  di  regola  il  primo  numero  segna  la  pagina  del  testo, 
il  secondo  e  i  successivi  le  pagine  del  documento  o  dei  documenti  dai 
quali  la  notizia  fu  tratta. 

L"'abbreviazione  rie.  che  precede  uno  o  più  numeri,  avverte  che  nelle  pagine  é 
ricordato  il  nome  che  si  cerca. 

La  consonante  n.  accenna  che  la  notizia  è  in  nota.  Il  numero  dopo  la  n.  è 
quello  della  nota  ;  se  manca,  vuol  dire  che  la  notizia  è  in  una  nota  inco- 
minciata nella  pagina  precedente  e  che  finisce  in  quella  indicata. 

La  mancanza  del  segno  dMnterpunzione  fra  il  numero  della  pagina  e  quello 
della  nota  significa  che  il  nome  o  la  notizia  sono  soltanto  nella  nota  ;  se  vi 
è  la  virgola  allora  il  nome  è  citato  cosi  nel  testo  come  nelle  note. 

I  nomi  dei  iSanti  sono  registrati  sotto  Tindicazione  :  Santo. 

Accanto  a  ciascun  nome  ridotto  alla  forma  italiana  più  comune  nelPuso  moderno, 
vi  sono  tra  parentesi  in  corsivo  le  altre  forme  diverse  dalla  prescelta,  che 
si  riscontrano  nei  documenti.  Di  queste  diverse  forme  figurano  al  loro  posto 
allabetico,  con  richiamo  alla  forma  italiana  preferita,  solo  quelle  che 
nelle  prime  quattro  lettere  hanno  qualche  variante   dalla  forma  prescelta. 

II  disordine  nella  indicazione  delle  pagine  è  conseguenza  della  cura  di  mantenere 

nella  esposizione  delle  notizie  Pordine  cronologico. 


INDICE  ALFABETICO 


Abate,  Cronache  savonesi^  Savona, 
Bertolotto  iSijj,  285,  n.  4. 

Abramo  di  Roccatai;liata  fAbraam  de 
Rochatitgliaj,  bandito  da  Genova 
perchè  fautore  dei  nobili^  5i   n.  3. 

Acquasola  (porta  deir),  v.  Genova 
(Porte). 

Acqui ,  vi  si  reca  Filippo  Roccabertino  , 
regio  luogotenente  in  Genova,  per 
curarsi,  8  n.  2. 

Adorno  Antoniotto,  eletto  doge  (anno 
1384),  558,  cede  il  governo  di  Ge- 
nova al  redi  Francia  (anno  1396), 
558. 

Adorno,  (capi  partito),  (cappellacci^ 
capela^i),  rie.  16,  n.  i,  3  18  ;  si  sco- 
prono alcuni  che  trattano  con  essi, 
61,  335;  accorrono  da  Finale  a 
Genova  alla  notizia  delFarrivo  dei 
F'regoso,  176,  36o;  siccome  mi- 
nacciano la  pace  di  Genova,  é  loro 
ordinato  di  lasciar  tosto  la  città, 
177,  3 60  ;  rie.   i'8o  n.   i. 

Adorno  Domenico,  eletto  capitano  del 
popolo,  3 1 4  ;  si  raccolgono  armi 
nella  sua  casa  ,  177,  36o  ;  è  inviato 
ambasciatore  al  pontefice,  374;  é 
bandito   da  Genova,    reo   di   lesa 


maestà,  408,  53o  ;  il  papa  impetra 
invano  da  Luigi  XII  il  perdono 
per  esso,  416  ;  è  annoverato  nella 
lista  dei  cittadini  che  partecipa- 
rono alla  fazione  popolare,    55 1. 

Adorno  (famiglia),  appartiene  al  par- 
tito dei  popolari,  16  n.   i. 

Adorno  Gabriele,  scelto  dai  mercanti 
per  pacificare  gli  animi  dei  citta- 
dini, 3~3  ;  deve  seguire  il  re  a 
Milano,  408,  528  ;  è  annoverato 
nella  lista  dei  cittadini  che  parte- 
ciparono alla  fazione  popolare  , 
552. 

Adorno  Gio.  Batta,  eletto  anziano, 
38,  325;  è  banchiere,  55  n.  3  ;  è 
annoverato  nella  lista  dei  cittadini 
che  parteciparono  alla  fazione  po- 
polare, 55 1. 

Adorno  Giorgio,  eletto  capitano  di  Ge- 
nova (anno  1401),  56o;  capitano  di 
Savona  pel  marchese  di  Monferrato 
é  inviato  da  lui  a  Genova  ove  è  elet- 
to doge,  (an.  141 3),  5 60;  guerreg- 
gia con  Battista  di  Montaldo  (an. 
1414),  56o,    56 1. 

Adorno  (partito),  partito  popolare  in 
opposizione  a  quello  dei  Fregoso, 
si  unisce  momentaneamente  con 
questo  per  opporsi  ai  nobili,  314; 


568 


Indice  Alfabetico 


sono  scelti  da  esso  metà  degli  offi- 
ciali civili,  84,  344;  liti  col  partito 
Fregoso,  84,  1 1 5;  tenta  invano  di 
far  inviare  aiuti  a  Finale  minaccia- 
to da  un  esercito  di  nobili,  347, 
348;  é  sospetto  per  P  impresa  di 
Monaco,  142,  35o;  i  cancellieri  di 
Palazzo  e  di  S.  Giorgio  vengono 
mutati  perchè  di  partito  A.,  146, 
352;  rie.  i53;  170  n.  15  si  por- 
tano armi  in  casa  di  Domenico 
Adorno,  177;  ristabilisce  Tufficiodei 
capitani  delle  riviere,  475;  il  grido: 
«  Adorno  »  è  proibito  nei  nuovi 
privilegi  concessi  dal  re  di  Francia, 
546;  animosità  del  diarista  contro 
di  esso,  309,  3 1  o;  rie.  3o4,  345,  347. 

Adorno  Raffaele,  aiuta  Tommaso  Gam- 
pofregoso  a  cacciare  da  Genova  il 
fratello  Battista  (an.  1437),  563; 
eletto  «  capitano  della  libertà  » 
(an.  1442),  563;  indi  doge  (an.  1443), 
564.    i 

Agde  (vescovo  di),  v.  Fieschi  Nicolò . 

Albanese  (cavalleria) ,  usata  dai  fran- 
cesi contro  i  genovesi,  265. 

Albania  (duca  di),  prende  il  posto  del 
capitano  La  Palice  ferito  nelPassal- 
to  contro  i  genovesi  e  conduce  le 
truppe  francesi  alla  vittoria,  260. 

Albano  da  Novara,  prigioniero  in  Ga- 
stelletto,  564. 

Albaro  (d'' )  San  Francesco,  v.  San 
Francesco  d''Albaro. 

Albaro  (di),  v.  Antonio  d''A.,  Gerolamo 
d^A.,  Lazzaro  d''A.,  Paolo  d''A. 

Albenga,  vi  sbarcano  i  fanti  inviati 
contro  Pieve  di  Teco,  66,  340, 
342  ;  notizie  su  Albenga,  66  n.  2  ; 
rie.  89  ;  base  di  operazione  per  la 


impresa  contro  Pieve  di  Teco,  94  ; 
e  per  quella  contro  Monaco,  96  ; 
vi  si  raccolgono  artiglierie  e  mu- 
nizioni, 98;  rie.  101  ;  vi  si  trat- 
tengono le  forze  dirette  a  Venti- 
miglia,  io5  ;  vi  deve  sbarcare  uno 
dei  commissari  per  le  milizie  contro 
Monaco,  106  ;  deve  pagare  35o  du- 
cati per  rimpresa  di  Monaco,  169, 
5 1 4  ;  si  ordina  ai  commissari  di 
ritorno  dall'assedio  di  Monaco,  di 
punirvi  i  partigiani  dei  nobili,  206  ; 
vi  sono  inviate  due  galee  con  3oo 
uomini  per  opporsi  air  esercito 
francese  del  d^ Allègre,  232  ;  sono 
intercettate  lettere  dirette  da  alcuni 
nobili  di  Dolceacqua  a  diversi  cit- 
tadini d''Albenga,  2^2  n.  2,  386; 
rie.  233  n.  ;  si  arrende  alPesercito 
francese,  236,  388  ;  vi  è  posto  a 
governatore  Giovanni  d'Oria,  284, 
285  ;  rie.  488  ;  5 1 1 . 

Albenga  (commissario  di),  v.  Alsate 
Gerolamo. 

Alberto,  frate  dell'  ordine  dei  Minori 
e  guardiano  di  S.  Francesco  di 
Albaro,  promette  di  pregare  per 
la  salvezza  di  Genova,  442. 

Albissola,  il  doge  di  Genova  scrive 
air  «università»  di  A.,  lodandone 
la  fedeltà  ed  il  coraggio  contro  i 
nemici  di  Genova  e  permettendo 
di  assaltarli  e  derubarli,  246. 

A Iciprando  ^Tomaso,  prigioniero  in 
Castelletto,  564. 

Alemanni,  v.  Tedeschi. 

Aleritengalus  Rinaldus,  v.  Olivar  Ri- 
naldo. 

Alessandro  VI  papa,  rie.  356  n.  3. 

Alessandro  di  Voltaggio,  bandito  da 


Indice  Alfabetico 


5Ó9 


Genova  reo  di  lesa  maestà,  409, 
529. 

Alessandro  Salvo,  v.  Salvo  Gian 
Francesco. 

Alessandria,  rie.  127;  vie  accolto  festo- 
samente Luigi  XII  nel  viaggio  per 
Genova,  257. 

Alessandria  (di),  v.  Guglielmo  di   A. 

Alighieri  Dantk,  Divina  Comedia^ 
rie.   1J2  n.  2. 

Alizer!  Federico.  Notizie  dei  pro- 
fessori di  disegno  in  Liguria  , 
rie.  164  n.   I. 

Allabre  de  Saule,  v.  Saule  (de)  Alla- 
bre. 

Alby  (cardinale  di),  è  testimone  alla 
concessione  dei  nuovi  privilegi 
dati  dal  re  di  Francia  ai  genovesi, 

549- 
Alegra  (de),  v.  Allègre  (d^)  Yves. 

Alerame  di  Bozolo,  inviato  con  de- 
nari e  munizioni  a  Monaco,  191  , 
370;  invoca  pronti  soccorsi  pel 
campo  di  Monaco,  198,  520;  è  in- 
viato a  Genova  per  sollecitarvi 
aiuti,  199,  52  i;  deve  seguire  il  re 
a  Milano,  408,  528;  annoverato 
nella  lista  dei  cittadini  che  parte- 
ciparono alla  fazione  popolare , 
552. 

Allègre  (d^)  Giacomo,  signore  di  Mil- 
lau  comanda  le  truppe  inviate  dal 
padre  Yves  governatore  di  Savona, 
alla  Turbia,  140,  141,  494,  495; 
pare  che  i  suoi  soldati  siano  colti 
da  panico  durante  un  assalto  con- 
tro i  genovesi,  161  ;  si  reca  a 
Nizza,  i65  n.  1  ;  nelPassalto  dato 
a  Genova  dalFesercito  francese  è 
il  primo    ad  entrare    nelle  fortifi- 


cazioni genovesi  e  a  piantarvi  lo 
stendardo  francese,  260. 

Allègre  (d^)  Yves  (d^Alegre,  d^Alegro, 
de  Alegra),  governatore  di  Savona, 
87  ;  invia  truppe  al  signore  di  Mo- 
naco, i3o,  349,  477;  rie.  i35  n.  i; 
che  sono  comandate  da  suo  tiglio 
Giacomo,  140;  rie.  141;  gli  Anzia- 
ni di  Genova  gli  inviano  le  loro 
lagnanze  per  Tagitarsi  dei  nobili 
in  Savona,  i53,  5oi;  sue  rappre- 
saglie contro  la  grida  che  proibisce 
ai  genovesi  di  recarsi  a  Savona, 
173,  174,  n.  I,  358,  359;  alla  gri- 
da per  il  ritorno  dei  nobili  in  Ge- 
nova ne  contrappone  un"'altra,  pro- 
ibendo a  quelli  in  Savona  di  muo- 
versi, 180,  365  ;  rie.  366;  i  suoi 
soldati  assaltano  e  derubano  una 
compagnia  di  fanti  in  gran  parte 
liguri  ritornanti  da  Monaco,  188, 
369  ;  arresta  Francesco  di  Piglia- 
sca  cancelliere  del  Ravenstein  in- 
viato a  Savona,  371,  372  ;  assume 
il  comando  delfesercito  francese 
mandato  a  salvare  Monaco,  20i, 
379  ;  rie.  204  n.  2  ;  206  ;  la  «  com- 
pagnia »  del  d''A.  accoglie  mala- 
mente in  Novi  gli  ambasciatori 
popolari  diretti  a  Carlo  d''Amboise, 
216,  3jG^  522  ;  toglie  tutta  la  Ri- 
viera di  Ponente  ai  genovesi,  207, 
23o,  236,  384;  tenta  di  avanzare 
verso  Genova,  ma  non  vi  riesce, 
246. 

Aloise  Gio.,  v.  Fieschi  Gian  Luigi. 

Aloize  Gio.,  V.  Fieschi  Cìian  Luigi. 

Alpe(r),  ('/'Ar/>e;,  quelli  di  Castiglione 
vi  costruiscono  una  bastia,  389. 

Alpi,  18;    alpi  liguri,  GG^  n.  2;    alpi 


570 


Indice    Alfabetico 


marittime  di  fronte  a  Monaco,  90. 

Alsate  leronimo,  v.  Alzate  Gerolamo. 

Alzate  (AjaJ  Opizzino,  ucciso  dai  ge- 
novesi  (an.   1436),  562,  56 J. 

Alzate  Gerolamo,  (leronimo  de  Alsate) 
commissario  ad  Albenga,  è  pre- 
gato dai  commissari  al  campo  di 
Monaco  di  raccogliere  guastatori, 
1 60,  5 1 1  ;  e  inviare  denari,  1 69, 
5145  viene  avvisato  delP  invio  ad 
Albenga  di  3 00  uomini  da  oppor- 
si alfesercito  francese  del  d'' Allé- 
gre, 232,  n.  I. 

Alvernia  (di),  v.  Ugo  di  A. 

Amandola  Simone,  {Simon  da  Mande- 
rà, Simon  de  Amigdula)  eletto  ca- 
pitano del  popolo,  3  1 4  ;  eletto  offi- 
ciale di  S.  Giorgio,  349-;  deputato 
alFofficio  per  Timpresa  di  Monaco, 
1 40  n.  2,  476  ;  scelto  dai  popolari 
come  loro  difensore,  401  ;  è  nuo- 
vamente eletto  officiale  di  S.  Gior- 
gio, 403,  534;  è  annoverato  nella 
lista  dei  cittadini  che  partecipa- 
rono   alla    fazione  popolare,  5  5 1 . 

Amandolesi  Bartolomeo  (Amandoresi), 
bandito  da  Genova  perchè  fautore 
dei  nobili,  5i   n.  3,  332. 

Amandolesi  Filippo,  bandito  da  Ge- 
nova, perchè  fautore  dei  nobili, 
5i   n.  3,  332. 

Ambasciatori ,  v.  Firenze  (Amba- 
sciatori), Francia  (Ambasciatore), 
Genova  (Ambasciatori) ,  Spagna 
(Ambasciatore). 

Amboise  (d'')  Carlo,  signore  di  Chau- 
mont ,  luogotenente  generale  del 
re  di  Francia  in  Italia  {Carlus  de 
Ambosia,  Regius  locumtenens  ge- 


neralis  citra  montes,  Magnus  Ma- 
gistratus  et  Marexallus  Francie 
—  Chiamane ,  Giawon  ,  Gram- 
maestro^  lamon,  lhamon\  i  popo- 
lari gP  inviano  lettere  con  notizie 
sui  fatti  di  Genova  e  preghiera  di 
mandarvi  400  fanti .  1 8  ,  n.  i  ;  il 
re  gli  ordina  di  muovere  verso  Ge- 
nova con  la  sua  gente,  21  ,  429  5 
ma  gli  anziani  di  Genova  lo  avvi- 
sano che  è  ritornata  la  calma  e 
non  v"'è  più  bisogno  di  lui,  20  n. 
1 ,  430,  43 1  ;  gli  inviano  come  am- 
basciatore Antonio  da  Lerici,  19, 
20,  3 19;  istruzioni  date  agli  am- 
basciatori inviati  al  governatore  di 
Genova  e  riguardanti  a  lui,  23,24; 
Antonio  da  Lerici  avvisa  che  VA.. 
non  si  muoverà  da  Tortona ,  27 , 
28  ;  ma  pare  che  egli  abbia  rag- 
giunto il  Gleves  ad  Asti,  28  n.  1  ; 
minaccia  guai  ai  genovesi  se  an- 
dranno contro  i  castelli  dei  Fie- 
schi,  62,  Hj-^  nemico  al  Gleves, 
78  n.  2;  i  nobili  decidono  d''  inviar- 
gli ambasciatori,  79;  egli  si  trova, 
nel  piacentino  per  favorire  P  im- 
presa del  papa  contro  Bologna, 
343;  suo  malanimo  contro  i  geno- 
vesi, 82,  344  ;  invia  arcieri  in  soc- 
corso di  Monaco,  in  n.  1,  i3o; 
riceve  ordine  dal  re  di  Francia  di 
raccogliere  un  esercito  contro  i  ge- 
novesi ,  1 1 2  ,  n.  2  ;  r  ordine  pare 
sia  stato  poi  annullato,  11 3;  gli  è 
affidata  la  cura  delle  cose  in  Ge- 
nova ed  è  annunziato  il  suo  ar- 
rivo a  capo  di  un  grande  esercito, 
184,  366:,  i  popolari  di  Genova  de- 
cidono  d''  inviargli  quattro  amba- 


Indice  Alfabetico 


571 


sciatori,  366^  522  \  gli  mandano 
Lorenzo  Gioardo  per  chiedergli  di 
intervenire  per  T  arresto  di  popo- 
lari fatto  dal  castellano  di  Castel- 
letto nella  chiesa  di  S.  Francesco, 
190,  J70,  522;  rie.  191;  arriva  a 
Gasale  Monferrato,  3/1  ;  fa  ban- 
dire per  tutta  la  Lombardia  i  ge- 
novesi come  ribelli,  ^74;  i  geno- 
vesi gli  inviano  tre  ambasciatori , 
3j'^^  522;  i  quali,  per  le  notizie  de- 
gli arresti  da  lui  ordinati  di  geno- 
vesi dimoranti  a  Milano,  non  osano 
entrare  in  Lombardia,  3j6^  ^77 -^ 
522;  gli  viene  inviata  una  lettera 
per  spiegare  la  loro  ritirata  ,214 
n.  2,  52  1,  524;  il  consiglio  di  Ge- 
nova vorrebbe  inviargli  una'amba- 
sceria per  chiedere  alcuni  favori 
in  cambio  della  resa  delle  riviere 
ma  la  plebe  vi  si  oppone,  2o5 
382  ,  383  ;  cenni  di  una  tentata 
ambasceria  genovese  alTA.,  2i3 
214,  n.  2;  2i5  n.  i;  216;  T  A.  fa 
arrestare  i  popolari  genoresi  resi- 
denti a  Milano,  li  rilascia  su  cau- 
zione, 2  I  5  ;  rie.  2 1 6  n.  i  ;  2  1 7  ;  é 
avvisato  dai  genovesi  del  bombar- 
damento di  Genova  da  parte  del 
Salazar  e  della  presa  dei  Castel- 
laccio,  224,  379;  rie.  229;  247; 
essendo  luogotenente  regio  nel- 
l'esercito francese  contro  Genova 
attende  il  re  prima  di  dar  Tassalto, 
257;  tenutosi  consiglio  a  Pontede- 
cimo,  invia  una  avanguardia  a  sco- 
prire le  forze  dei  genovesi,  2  58; 
259;  rie.  259  n.  I  ;  la  segue  indi 
a  poco  col  grosso  deiresercito;  scon- 
tro coi  genovesi  e  loro  ritirata,  260; 


non  osa  inseguirli  e  pernotta  coi 
suoi  a  Rivarolo ,  261,  397;  il  co- 
mune gPinvia  un  messo  per  chie- 
dergli se  voglia  ricevere  un'amba- 
sceria genovese,  egli  annuisce ,  ma 
non  può  ricevere  i  due  ambascia- 
tori perchè  deve  recarsi  incontro 
al  re,  263,  397;  riceve  col  fratello 
Cìiorgio  r  ambasceria  genovese  di- 
retta al  re  per  stabilire  i  patti  della 
resa  ed  esige  che  la  città  si  renda 
a  discrezione,  267,  398;  ordina  di 
portare  vettovaglie  e  specialmente 
vino  a  Genova,  269  n.  2  ;  prende 
parte  al  corteo  pel  solenne  ingresso 
del  re  di  Francia  in  Genova,  270: 
rie.  402;  lascia  Genova  con  la  mag- 
gior parte  delle  sue  milizie ,  280, 
410  ;  rie.  527. 
Amboise  (d')  Giorgio  cardinale  Roto- 
magense  (di  Roano),  legato  aposto- 
lico in  Francia,  gli  sono  inviati  dai 
popolari  lettere  di  ragguaglio  sui 
fatti  occorsi  in  Genova,  18;  rie.  4J9; 
78  n.  2;  il  papa  gli  riconterma 
la  legataria  di  Francia,  344;  let- 
tere credenziali  degli  ambasciatori 
popolari,  83  n.  i  ,  470  ;  sua  indi- 
gnazione per  la  condotta  dei 
genovesi,  110,  111;  rie.  112;  gli 
Anziani  di  G.  gli  raccomandano  i 
nuovi  ambasciatori  popolari,  i23 
n.  I  ;  lettere  inviategli  da  Giulio 
II,  i83  n.,  364;  informa  il  papa  sulle 
disposizioni  della  corte  di  Francia 
verso  i  genovesi,  i85;  esorta  i  ge- 
novesi a  cedere  al  re  di  Plancia , 
248,  391;  riceve  per  ordine  del  re 
gli  ambasciatori  popolari  genovesi 
per  stabilire  i  patti  della  resa,  ma 


572 


Indice  Alfabetico 


la  conferenza  è  interrotta  da  un 
nuovo  scontro  fra  le  milizie  fran- 
cesi e  genovesi,  263,  264;  riceve 
una  nuova  ambasceria  genovese  di- 
retta al  re  ed  esige  che  la  città  si 
renda  a  discrezione,  267,  3985  rie. 
528;  assiste  al  solenne  giuramento 
dei  genovesi  al  Re,  533  ;  ed  é 
testimone  alla  concessione  dei 
privilegi,  549. 

Ambosia(de)  Carlus,  v,  Amboise  (d'') 
Carlo. 

Ameglia  {Amelia^  Melia)  paese  pr.  la 
Macra,  dipende  dairofficio  di  San 
Giorgio,  547. 

Amichetto  Menegollo  (Atnigheto)^ 
bandito  da  Genova  perché  fautore 
dei  nobili,  5i   n.  3. 

Amiens  (bailivo  dì),  v.  Lannoy  Ro- 
dolfo. 

Amigdula,  v.  Amandola. 

Amigheto,  v.  Amichetto. 

Andora,  paese  della  Riviera  di  Po- 
nente, rie.  488. 

Andora  (di),  v.  Sopranis  Giacomo  d''A. 

Andreoi.i  G.,  Oneglia  avanti  il  domi- 
nio di  casa  Savoia,  Oneglia,  Ghi- 
lini,  1881,  88  n.  2. 

Angeletta ,  priora  del  monastero  di 
S.  Giacomo  e  Filippo  promette  di 
pregare  per  la  salvezza  di  Genova, 
443. 

Angers  (vescovo  di),  v.  Carretto  (del) 
Carlo  Domenico. 

Angoulème  (signore  di),  v.  Francesco 
d'' Orleans  conte  d"' Angoulème. 

Anguilleme  (de)  dominus,  v.  Angou- 
lème (signore  di). 

Anguisolis  Gerolamo ,  da  Piacenza , 
dottore  in  legg^ ,  vicario  del  tri- 


bunale eletto  luogotenente  regio, 
lascia  poco  dopo  tale  carica, 
219  n.   I. 

Animanegra  Michele,  v.  Cichero  Mi- 
chele. 

Annone,  paese  pr.  Asti ,  rie.   i  1 1  n.  i . 

Annunziata,  v.  Genova  (Chiese) 

Anton  Maria  di  Turio  {Antonio  Ma- 
ria della  giostra\  tiene  in  Ge- 
nova il  giuoco  della  palla;  è  com- 
preso nei  settantasei  dichiarati  rei 
di  lesa  maestà,  409,  529;  arrestato 
per  denuncia  della  signora  di 
Oneglia,  viene  appiccato,  286,  414, 
416. 

Antonio  d''  Albaro  (<i'  Albana)^  eletto 
capitano  del  popolo,  3  1 4;  commis- 
sario alla  Spezia  ,  46 ,  329  ,  45  1  ; 
bandito  da  Genova  reo  di  lesa 
maestà,  409,  5295  è  annoverato 
nella  lista  dei  cittadini  che  parte- 
ciparono alla  fazione  popolare,  55 1 . 

Antonio  di  Corniglia,  deputato  alla 
presa  del  Castelletto,  23o,  3845 
annoverato  nella  lista  dei  cittadini 
che  parteciparono  alla  fazione 
popolare,   553. 

Antonio  di  Lorena,  duca  di  Calabria, 
è  al  seguito  di  I>uigi  XII  nelP im- 
presa contro  Genova,  257;  è  testi- 
mone alla  concessione  dei  privile- 
gi dati  da  Luigi  XII  ai  genovesi, 
549. 

Antonio  Maria  della  giostra,  v.  Anton 
Maria  di  Turio. 

Antonio,  priore  delPordine  dei  Carce- 
rati, promette  di  pregare  per  la 
salvezza  di  Genova,  442. 

Anziani,  v.  Genova  (Anziani),  Pisa  (An- 
ziani), Savona  (Anziani). 


Indice  Alfabetico 


573 


Aragona  (re  d''),  rie.  554,  v.  anche 
Ferdinando  il  Cattolico. 

Aragona  (reali  di),  si  trattengono  un 
giorno  nel  porto  di  Genova,  58, 
334,  418,  419. 

Aragona  (regno  di),  lasciato  in  cura 
al  re  di  Castiglia,  5(). 

Aragonese  (flotta),  56,  5/,  3i};  giunge 
a  Genova,  58,  n.  2;  si  reca  a  Por- 
toflno^  5(j;  ritorna  a  Genova,  418.. 

Arato  Pietrino  {Perrin  de  Arato\ 
bandito  da  Genova  perchè  fautore 
dei  nobili,  5i  n.  3. 

Araxino  (  forse  Erasmo  ?  Erasmo 
Trivul^i  governatore  di  Genova) 
fugge  in  Castelletto  (an.  1436,  non 
1437  come  dice  il  testo),  563. 

Archivi,  V.  Firenze  (Archivi),  Genova 
(Archivi),  Torino  (Archivi). 

Arcivescovado  di  Genova,  v.  Genova 
(Arcivescovado). 

Arco  (porta  dell'"),  v.  Genova  (Porte). 

Arelatensis  archiepiscopus,  v.  Ferrier 
Giovanni. 

Arena  (d"")  Gregorio,  inviato  commis- 
sario a  Sestri  Levante,  226;  il  do- 
ge Paolo  da  Novi  gli  ordina  di 
portar  soccorso  a  Leonardo  de 
Franchi  commissario  a  Chiavari, 
242. 

Arenzano  [Arensen),  gli  uomini  di 
A.  vengono  in  aiuto  dei  popolari 
di  Genova  per  inseguire  i  Fieschi, 

39,   32Ó. 

Argentaro  (monte),  presso  di  esso  una 
fusta  napoletana  ne  cattura  una 
genovese,  2  36,  386. 

Arigoys,  basco,  alfiere  delle  truppe 
inviate  dal  governatore  di  Savona 
in  aiuto  del  Signore  di  Monaco,  1 3o. 


Arles     (arcivescovo    di),    v.     Ferrier 

Giovanni. 
Armano  Filippino    (Armeno)^    viene 

impiccato  a  Banchi,  404. 
Arpe  (F),  v.  Alpe. 

Arquata,  vi  si  aduna  un  consiglio  di 
nobili,  j3  n.   i,  463;  79,  343;  par- 
tono da  essa  gli    ambasciatori  dei 
nobili  genovesi  al  papa,  344. 
Arquata  (d"'),  v.  Francesco  d''A.,  Pan- 
taleo ne  d''A. 
Arroscia  (valle  delP),    rie.  456;  patti 
coi  quali  ritorna   sotto  il  comune 
di  Genova,  97  n. 
Arsenale  di   (ìenova,  v.  Genova  (Ar- 
senale), 
Artefici  di  Genova,  v.  Genova  (Artefici) 
Artigiani  di  Genova,  v.  (ìenova  (Arte- 
fici). 
Ascensione,   nel    giorno  Meli"' A,    (i3 
maggio  1 507)  viene  decapitato  De- 
metrio Giustiniani,  278,  408. 
Assereto,  famiglia  di  Recco  di  partito 
Adorno,  sue  lotte  coi  F"regoso,  347. 
Assereto  Pier  Maria,  pare  che  in  certe 
questioni  con  Giovanni  hpinola  ri- 
spetto al  luogo  di  Serravalle  abbia 
ottenuto   sentenza    favorevole  dal 
consiglio  regio,  467 . 
AssERKTO  Ugo,  in    recensione  al    vo- 
lume di  A.  F.  Trucco  su  Novi  in 
Giornale  Storico  e  letterario  della 
Liguria,  presenta  documenti  ine- 
diti sui    moti  genovesi  del    1 5o6- 
i5o7;  20  n.  3;  252  n.;  278  n  2;  dà 
notizie  su   Corsetto  da  Pisa,  288 
n.  3;  difende  un  passo  delle  Cro- 
nache di  .lean  d"" Anton,  289  n.  i. 
Asti  (Hastc) ,  vi  si  trattiene  a  lungo 
Filippo  di   Gleves   di    Ravenstein 


574 


Indice  Alfabetico 


nel  suo  viaggio  verso  Genova  e 
gli  sono  inviati  ivi  da  Genova  tre 
nuovi  ambasciatori,  23;  rie.  26; 
27;  28;  pare  che  Carlo  d"'Amboise 
vi  raggiunga  il  Cleves  ,28  n.  15 
rie.  3o  n.  2;  40,  327  ;  71  .  n.  i  ; 
giungono  notizie  in  Genova  di  una 
sollevazione  in  A.  contro  i  Fran- 
cesi, 347  ;  vi  si  recano  molti  no- 
bili, 371;  è  raccolto  in  A.  un  eser- 
cito per  muovere  contro  i  geno- 
vesi sotto  Monaco,  202,  379;  V  e- 
sercito  lascia  A.  3 80;  accorrono  i 
signori  dTtalia  per  incontrarvi  il 
re  di  Francia,  248 ,  391;  V  amba- 
sciatore di  Spagna  invia  da  Asti  un 
corriere  a  Genova  per  esortare  i 
genovesi  a  cedere  al  re  di  Francia, 
248,  n.  I.  391  ;  vi  giunge  il  re  di 
Francia,  2  52,  392;  ne  parte,  257; 
vi  ritorna  per  recarsi  a  Savona, 
416;  rie.  522. 

Asti  (di),  V.  Obertino  Solario  di  A. 

Asti  (Governatore  di) ,  si  reca  a  Sa- 
vona, 365. 

Angustino,  v.  Castiglione  Agostino. 

A  uria  (de),  v.  Oria  (d^). 

Aurillac  (d"')  Falco ,  accompagna 
Filippo  di  Cleves  di  Ravenstein  a 
Genova,  22. 

AuTON  (d'')  Jean,  Chroniques  avec  des 
notes  par  Paul  Jacob ,  Paris,  Sil- 
vestre, ì835,  notizie  deir  A.  sulle 
cause  delle  ostilità  fra  nobili  e  po- 
polari in  Genova,  4.  n.  1  ;  5.  n., 
n.  i;  6  n.,  n.  i;  errori  di  nomi  e  di 
date,  8  n.  2;  rie.  lon.  i;  12  n.  2; 
•  2 1  n.  ;  22  n.  3;  notizie  sulP  in- 
gresso di  Gi,M  Luigi  Fieschi  in 
Genova,  32  n.    sulP  inseguimento 


di  G.  L  riescili  dopo  la  sua  cac- 
ciata da  Genova,  37  n.  2;  78  n.  3; 
giudizio  delPA  sulle  cause  deirim- 
presa  dei  genovesi  contro  Monaco, 
9 1  ;  enumerazione  delle  /orze  ge- 
novesi e  monegasche,  127,  128, 
n.  2,  n.  3;  129,  n.  i  ;  i3o,  n.  i  ; 
i3i  n.  2;  rie.  i32  n.;  i35  n.  1; 
guarnigione  di  piemontesi  alla  Tur- 
bia,  1 40  n.  4  ;  errore  nella  data 
della  sortita  dei  monegaschi,  161 
n.  3;  rie.  i65  ,  n.  i  ;  e  del  colpo 
di  mano  del  Salazar ,  189  n.  1; 
rie.  .190  ;  accenna  alla  sortita  dei 
monegaschi  (25  febbraio)  ma  la  fa 
succedere  ai  primi  di  marzo,  199 
n.  I  ;  notizie  sulPultimo  assalto  di 
Monaco,  2o3,  204  n.  i;  sulF  invio 
di  un  '(  usciere  di  camera  »  dalla 
corte  di  Francia  a  Genova  per  co- 
operare alla  difesa  di  Castelletto 
e  far  partire  il  Roccabertino  da 
Genova,  211,  212,  rie.  219  n.  i  ; 
sulla  presa  del  Castellacelo  operata 
dai  genovesi,  22  3  n.  2  ;  rie.  238  ; 
su  Paolo  da  Novi,  239  n.  3;  rie. 
247  ;  sulParrivo  di  Luigi  XII  ad  Asti, 
2  52  n.  2;  rie.  2  58  n  1,  n.  2;  erra 
nel  determinare  il  giorno  della  bat- 
taglia dei  francesi  coi  genovesi ,  259 
n.  I  ;  notizie  sul  secondo  scontro  delle 
truppe  francesi  e  genovesi  ,  264  ; 
erra  la  data  delP  arrivo  del  re  a 
Rivarolo;265  n.  i;  notizie  sullo 
stupore  del  papa  e  del  re  d''  Ara- 
gona per  la  presa  di  Genova,  267; 
rie.  267  n.  I  ,  n.  2  ,  n.  3  ;  scrive 
una  poesia  suir  avvenimento,  268 
n.  i;  rie.  268  n.  2;  erra  nella  data 
deiringresso  del  re  in  Genova,  269 


Indice  Alfabetico 


575 


n.  3-,  rie.  270  n.  i;  271  n.  i  5273 
n.  2;  notizie  sul  solenne  giuramento 
dei  genovesi  a  Luigi  XII,  277  n.  i; 
rie.  278  n.  2  ;  sulla  partenza  del 
re  da  Genova  ,280  n.  ;  sua  ver- 
sione sulla  fuga  e  sulF  arresto  di 
Paolo  da  Novi  che  appare  poeo 
verosimile,  287,  n.  3,  288;  errore 
nella  data  della  decapitazione  di 
Paolo  da  Novi  e  difesa  fattane  da 
Ugo  Assereto,  289  n.  i  ;  rie.  3o6. 

Avaneino  Cecchetto  {Davancino),  ban- 
dito da  Genova  perchè  fautore  dei 
nobili,  5i  n.  3;  viene  arrestato  da 
quei  di  Bisagno  e  impiccato  a 
Palazzo,  ì'/'j. 

Averluch,  capitano  delle  guardie  del 
Palazzo  passa  con  200  di  esse  al 
soldo  dei  genovesi,  2 1 7. 

Avigliana ,  vi  è  inviato  Bartolomeo 
Usillione  per  arrestare  i  genovesi 
passanti  pel  ducato  di  Savoia,  1 18, 
n.  3. 

Aza,  V.  Alzate  Opizzino. 


B 


Bacigalupo  Giovanni,  inviato  a  pren- 
dere il  castello  di  Portofino,  224, 

379- 

Bacigalupo  Lazzaro  (Laj'jarino)  capi- 
tano di  truppe  air  assedio  di  Mo- 
naco, 1 295  avendo  a  torto  ferito  il 
conte  Bergamino,  lascia  con  la  sua 
compagnia  il  campo  di  Monaco , 
197,  519;  inviato  a  prendere  il 
castello  di  Portofino,  224,  379. 

Bagnasco  (de)  Luigi  [Lodisio ,  Ludo- 
vico) ,  deputato  a  ricevere  argenti 
per   farne  battere   moneta  ,  373  ; 


eletto  seniore  del  popolo  ,  375  ,• 
bandito  da  Genova  reo  di  lesa 
maestà,  409,  529;  annoverato  nella 
lista  dei  cittadini  che  parteciparono 
alla  fazione  popolare,  553. 

Balia  (olFicio  di),  v.  Genova  (olFici). 

Baliano  Teramo ,  eletto  capitano  del 
popolo,  3 14;  eletto  pacificatore, 
i5,  3  18;  eletto  con  Bernardo  Ca- 
stiglione supremo  commissario  al 
campo  di  Monaco,  1 44,  3  5 1 ,  499; 
parte  per  Monaco,  146,  147,351, 
352,  5o6,  5 12,  517  ;  tenta  allon- 
tanarsi da  Genova ,  386  ;  eletto 
consigliere  del  doge,  392  ;  scelto 
dai  popolari  per  loro  difensore  , 
401;  deve  seguire  il  re  a  Milano, 
279  ,  408  ,  528  ;  annoverato  nella 
lista  dei  cittadini  che  parteciparono 
alla  fazione  popolare,  55 1. 

Ballarano ,  paese  nella  Riviera  di 
Ponente,  474 

Balon  ,  partigiano  di  Gian  Luigi  Fie- 
schi,  eletto  cavaliere  del  podestà  , 
410. 

Banchi  (officio  dei),  v.  Genova  (Offici). 

Banchi  (piazza  dei),  v.  Genova  (Piazze). 

Banco  di  S.  Giorgio,  v.  Genova  (banco 
di  S.  Giorgio). 

Barbavara  Marco  Francesco  ,  gover- 
natore di  Genova,  (an.  1431),  562. 

Bardella  (galeone  di),  giunge  da  Roma 
a  Portovenere  con  un  carico  di 
munizioni  da  guerra,  386  ,  387  ,• 
inviato  a  Civitavecchia,  2  5o,  391. 

Bargagli  (di),  v.  Riccio  Domenico  di  B. 

Barioxo,  un  uomo  di  B.  viene  ucciso 
in  uno  scontro  con  le  truppe  fran- 
cesi, 394. 

Barraban  Gio.  Batta  di  S.  Remo,  uc- 


576 


Indice  Alfabetico 


cisore  di  Luciano  Grimaldi   (anno 
I  523),  1 16  n. 
Bartolomeo   di  Ceva,  eletto   capitano 
del  popolo,    314;  ambasciatore    al 
governatore  Filippo  di  Ravenstein, 
19,  n.  4,  319,  438,-    istruzioni  im- 
partitegli,   20.  n.  2;    partecipa    al 
consiglio  del  22  ottobre  1 5o6,  71 
n.   i;    bandito  da    (ìenova  reo    di 
lesa  maestà,  409,  529;  annoverato 
nella  lista  dei  cittadini  che  parte- 
ciparono alla  fazione  popolare,  55 1 
Barlolomeo  di  Rivarolo  [B^artolomeo 
de   Riparolio)  eletto  anziano,    38, 
32  5  ;    annoverato    nella   lista    dei 
cittadini  che  parteciparono  alia  fa- 
zione popolare,  55 1. 
Bartolomeo    di  Varisio    {Bartolomeo 
de   Varixió)  eletto  anziano,    345; 
annoverato  nella  lista  dei  cittadini 
che  parteciparono  alla  fazione  po- 
polare, 552. 
Bartolomeo    di    Zoagli    [de  Zoalio)^ 
scelto  dai  mercanti  per  pacificare 
gli  animi  dei  cittadini,  3^3-^  anno- 
verato nella  lista  dei  cittadini  che 
parteciparono  alla   fazione  popola- 
re, 552. 
Basso    lanoto,  spagnolo,    capitano   di 
schiere  nelPesercito  contro  Monaco 
128;  la  sua  compagnia  è  assoldata 
per  Passedio  di  Monaco,   136,487; 
rie.  i38;  apre  trattative  coi  ventu- 
rieri mandati  in  soccorso  di  Monaco 
atllnchè  passino  al  campo  genovese, 
139,  490,  491,  492. 
Bastia,  il  governatore   di  B.  é  incari- 
cato  di   giudicare    una    quistione 
fra  Giacomo  de  Marie  gli  abitanti 
della  Caprai;;,  2  5  n. 


Bastide,  Storia  della  Repubblica  di 
Genova,  Franchelli,  1795,  76  n.  i. 

Batelo  barbe,  v.  Battista  Barbiere. 

Batesto  barbe,  v.  Battista  Barbiere. 

Batina,  vedova  di  Giovanni  Ceba,  offre 
un  banchetto  al  re  di  Francia,  278 
n.  3.,  404,  4o5. 

Battista  barbiere  {Batelo  barbe,  Ba- 
testo barbè^  Bertolus  barberius) 
bandito  da  Genova  reo  di  lesa 
maestà,  409,  529. 

Battista  da  Casale  s''mipegna  di  pa- 
gare certa  somma  per  il  fratello 
Vincenzo  prigione  in  Castelletto, 
5(34. 

Battista  di  Chiavari,  incaricato  di  prov- 
vedere il  pane  alP  esercito  contro 
Monaco^  i52;  richiesto  di  fornire 
denari  alPesercito,  169,  506,  514; 
in  qualità  di  castellano  del  Ca- 
stello di  Lerici  riceve  ordine  dal 
doge  di  porre  in  libertà  Ambrogio 
Gioardo,  243  n.  4. 

Battista  di  Pino  commissario  nella 
Riviera  di  Levante,  99. 

Battista  di  Rapallo  eletto  anziano,  14, 
3 1 7;  eletto  consigliere  del  doge, 
392;  inviato  ambasciatore  a  Carlo 
d''  Amboise  per  trattare  accordi 
intorno  alla  resa  di  Genova,  263, 
397,  526;  inviato  per  la  stessa 
causa  al  re  di  Francia,  267^  398; 
eletto  officiale  della  Balia,  273, 
402,  53o,  534;  annoverato  nella 
lista  dei  cittadini  che  parteciparono 
alla  fazione  popolare,  5  5  i . 
Battista  Giovanni  (San),  v.  San  Gio- 
vanni Battista. 
Bavano  (località  presso  Ruta),  le  trup- 
pe dei  Fieschi  messe  in  rotta  dai 


Indice    Alfabetico 


577 


popolari  vi  lasciano  grande  bottino, 

Bavari  (di),  v.  Simone  di  B. 

Bei.grano  Luigi  Tommaso,  Della  de- 
dizione dei  genovesi  a  Luigi  XII 
re  di  Francia  in  Miscellanea  di 
Storia  Ital.  Voi.  1 ,  rie.  276  n.2,  3  11 . 

—  Della  vita  privata  dei  genovesi^ 
Genova,  Sordo-Muti,  1875,  12  n.2. 

—  Un   assassinio   politico   nel  i49o 
{Ranuccio   da    Leca),  Atti  Società 
Ligure  di   St.  Patria   Voi.    XIX, 
rie.  2  5  n. 

Benedettino  il  cattivo  {Bencitino  lo 
cativo)^  padrone  di  un  brigantino 
su  cui  viene  imbarcato  Ambro- 
gio Gioardo  e  due  gentiluomini 
arrestati  per  essere  condotti  a 
Genova,  i63,  5 14,  5i5. 

Benedetto  di  Porto  (Benedictus  de 
portu  [Maurilio  y)  cancelliere,  con- 
valida colla  sua  firma  alcune  mo- 
dificazioni ad  un  decreto,  48  n.  i  ; 
rie.  218  ;  è  testimone  in  un  atto, 
532. 

Beneitino  lo  cativo,  v.  Benedettino  il 
cattivo. 

Bentivoglio  Alessandro,  è  al  seguito 
di  Luigi  XII  neir  impresa  contro 
Genova,  2  58. 

Bentivoglio  Giovanni,  signore  di  Bo- 
logna, spodestato  dal  papa,  343; 
Luigi  XII  minaccia  il  papa  di  ri- 
metterlo al  potere,  124  n.  2. 

Beraldo  Paolo,  reca  una  lettera  degli 
Anziani  di  Genova  a  Carlo  di  Chau- 
mont  d'  An.boise  ed  ha  pure  il 
compito  di  spiare  gli  intendimenti 
di  esso  e  di  avvisare  gli  anziani,  27. 

Bergamino  (conte),  capitano  di  schiere 


neir  esercito  genovese  contro  Mo- 
naco, 128,  i2y  n.  i;  ferito  da 
Lazzaro  Bacigalupo,  197,  519. 

Bergamo  (di),  v.  Goano  Pelegro 
di  B. 

Beriana  (Biblioteca),  v.  Cìenova  (Bi- 
blioteche). 

Bernardino,  frate  dell'"  ordine  dei  Mi- 
nori di  osservanza  e  guardiano  di 
S.  Maria  del  Monte  promette  di 
pregare  per  la  salvezza  di  Geno- 
va, 442. 

Bernardino,  frate  delPordine  dei  Mi- 
nori e  g. ardiano  di  S.  Maria  della 
Pace  promette  di  pregare  per  la 
salvezza  di  Genova,  442. 

Bernardo  Paolo,  inviato  commissario 
a  Sestri  Levante,  226  ;  il  doge 
Paolo  da  Novi  gli  ordina  di  por- 
tar soccorso  a  Leonardo  de  F" ran- 
chi commissario  di  (>hiavari,  242. 

BerrasiLanzarotto  (Berraxi\  deputato 
a  raccogliere  armi  di  nobili,   378. 

Bertolotti,  (famiglia  della  Spezia)  strin- 
gono una  tregua  di  due  mesi  con 
Giovanni  di  Biassa,  'ò-j  ;  aiutano 
Anton  Maria  Fieschi  neir  acquisto 
della  Spezia,  281,  41 1. 

Bertolotto  Cristoforo,  capo  partito 
Adorno,  176,  36o. 

Bertolus  barberius,  v.  Battista  barbiere. 

Bertone  di  Ortesieto,   commissario  a 

Levanto,  100. 
Bervey  (di)  Antonio  figlio  di  Luigi , 
inviato  a  Monaco,  169,  494,  514. 
Bervey  (di) Luigi,  scrivano  del  comune, 
nominato  provveditore  della  spe- 
dizione contro  Monaco,  102,  109, 
n.  5;  lettera  scrittagli  dal  cap.  Tar- 
latine, 109  n.  6,  iion.;  parte  con 


578 


Indice    Alfabetico 


artiglierie  per  il  campo,  1 1 6;  istru- 
zioni impartitegli,  i  1 7 ,  n.  i  ;  rie. 
125  ;  è  atteso  al  campo  per  dare 
le  paghe ,  477  ;  il  passaggio  dei 
suoi  brigantini  è  segnalato  a  San 
Remo,  i33,  478;  arriva  al  campo 
genovese,  1 34;  scrive  alla  Balia  in- 
formandola delle  condizioni  di  esso 
e  delle  gravi  quistioni  delle  paghe, 
134,  i35,  n.  I,  i36,  137,  i38,  i  J9, 
140,  n.  1548  3 -488-491;  suo  parere 
sulle  accuse  di  Ag.  Castiglione,  1 4  J, 
487;  rie.  353;  488;  partecipa  ad 
un  consiglio  di  guerra  al  campo 
di  Monaco,  147,  ^97;  rie.  1 52,  n.  2; 
informa  Tofficio  delPimpresa  di  M. 
degli  avvenimenti  del  2  gennaio , 
1 59,  5o6;  fa  debiti  per  soddisfare 
alle  paghe,  169  n.  i;  è  lodato 
dai  supremi  commissari,  5 1 1  ;  in 
voca  insieme  ai  commissari  pronti 
soccorsi  pel  campo  di  Monaco,  198, 
520;  commissario  a  Ventimiglia  ri- 
ceve lettere  dagli  anziani  che  lo 
avvisano  di  munizioni  caricate  per 
Ventimiglia,  232  n.  3;  viene  arre- 
stato in  Santa  Brigida,  273,  404; 
deve  seguire  il  re  di  Francia  a  Mi- 
lano, 279,  408,  528;  annoverato 
nella  lista  dei  cittadini  che  parte- 
ciparono alla  fazione  popolare,  552; 
rie.  472;  5oo;  504;  5o6;  5 11;  514; 
5i6. 

Beusserailhe  (de),  v.  Paolo  de  B. 

Beverino,    vi   si    ritira    dalla    Spezia 
Filippino  Fiaschi,  53,  333. 

Biasia,  v.  Biassa  Giovanni. 

Biassa  Baldassarre,  v.  il  figlio  di  esso 
Giovanni. 

Biassa  Giovanni  {Biasia  G.\  marchese 


di  Goano,  aiuta  ipopolari  di  Genova 
a  togliere  la  Spezia  ai  F"ieschi,  46, 
329,  45o;  alloggiato  in  via  Lata, 
61,  335;  rie.  171;  è  posta  una 
taglia  per  il  suo  arresto,  176; 
Genova  a  stringere  una  tregua  di 
due  mesi  fra  esso  e  i  Bertolotti, 
3~y]  respinge  uno  sbarco  della 
flotta  franco-spagnola  a  Marola, 
245,  392;  sostiene  le  forze  di 
Galeazzo  Pallavicino  per  ritogliere 
la  Spezia  ai  Fieschi,  281,  411. 

Biblioteche,  v.  Genova  (Biblioteche), 
Milano  (Biblioteca). 

Bigna  Simone,  è  inviato  quale  com- 
missario a  Recco  per  sedare  alcu- 
ni disordini  fra  partiti,  347;  eletto 
olficiale  della  moneta,  53 1;  534; 
annoverato  nella  lista  dei  citta- 
dini che  parteciparono  alla  fazione 
popolare,  552. 

Bisagno  (fiume  pr.  Genova),  si  parla 
del  ponte  di  S.  Agata  sul  B.,  365; 
i  delinquenti  che  da  Genova  pas- 
savano al  di  là  del  B.,  erano  liberi 
poiché  di  li  cominciava  la  giuri- 
sdizione dei  Fieschi  sulla  Riviera 
di  Levante,  461. 

Bisagno  (podesteria  di),  v.  Genova 
(Podesterie). 

Bisagno  (uomini  di),  accorrono  in  fa- 
vore dei  popolari  di  Genova,  319; 
quelli  prigioni  per  debiti  verso  lo 
stato  vengono  liberati  dai  popo- 
lari,! 6  ,  1 7  n.  ;  arrestano  i  o  francesi 
che  tentavano  di  raggiungere  il 
Castellacelo,  186,  36 j -^  i  tribuni 
concedono  loro  di  derubare  quelli 
che  venissero  dal  di  fuori,  1 87 , 
367,  368;  arrestano  tre  nobili  di- 


Indice    Alfabetico 


579 


retti  a  Montoggio,  368;  i  «canioni» 
della  valle  si  raccolgono  in  Rivarolo 
con  quelli  di  Sestn ,  Voltri  e  Pol- 
cevera  per  deliberare  di  aiutare  i 
popolari  di  Genova  e  ordinanp  una 
bandiera  per  ogni  podesteria  sulla 
quale  sia  dipinta  la  Triniti,  371; 
arrestano  molti  partigiani  dei  Fie- 
schi,  377;  vien  loro  ordinato  di 
fornire  una  bastia,  387  ,•  muovono 
con  altri  dei  dintorni  contro  Vol- 
taggio ove  é  giunta  P  avanguardia 
francese  ,  3q2;  muovono  insieme  a 
truppe  genovesi  contro  G:'rolamo 
Fieschi,  39^;  entrano  in  Genova  e 
vi  provocano  tumulti  (an.  1400), 
559. 
Bisagno  {Bejagno  Bisamne)  (valle  del), 
rie.  1 5  ,  3 1 8  ;  Gian  Luigi  Fieschi 
rientra  per  essa  in  Genova  ,31, 
447;  i  genovesi  ordinano  ai  polce- 
veraschi  di  valicare  i  monti  e  scen- 
dere in  detta  valle  contro  i  Fieschi, 
36,  32  3;  il  governatore  di  Genova 
vi  accompagna  G.  L.  Fieschi  cac- 
ciato dai  popolari,  37,  32  3;  vi  si 
raduna  una  gran  moltitudine  di 
popolari  di  Genova,  vai  Polcevera, 
Sestri,  Voltri,  Arenzano  per  mar- 
ciare contro  i  Fieschi  ritiratisi  a 
Quarto,  39,  325,  326;  dopo  averli 
inseguiti  fino  a  Recco  ritornano  a 
pernottare  fra  Quarto  e  il  B.,  39, 
326;  rie.  116,  n.  I  ;  il  banditore 
del  comune  annunzia  di  aver  pro- 
clamata una  grida  «  in  Bisanne  et 
eius  burgis  »,  229  n.  1;  gran  folla 
di  genovesi  risale  la  valle  per  op- 
porsi dalle  alture  alle  truppe  fran- 
cesi di  vai  Polcevera,  395;  le  truppe 


tedesche  lasciate  fuori  di  Genova 
da  Luigi  XII  mettono  a  ruba  detta 
valle,  402;  rie.  490. 

Biscayno  (lo)  Rato ,  v.  Rato  il  bisca- 
glino. 

Blois,  residenza  temporanea  della  corte 
di  Francia,  vi  giunge  Tambasciatore 
dei  popolari  di  Gf'nova,  N.  Oderico, 
47  n.,  443;  che  invia  da  B.  lettere 
a  Geno/a,  C)j  n.  i,  n.  2,  n.  3;  1 13, 
n.  i;  vi  giunge  il  governatore  di 
Genova,  Filippo  di  Cleves  di  Ra- 
venstein,  1 1  i  ;  vi  giungono  gli  am- 
basciatori dei  nobili  genovesi,  1 20; 
e  qielli  dei  popolari,  122;  vi  ar- 
riva Gian  Luigi  Fieschi,  i55  n.  2; 
lettere  inviate  da  B.  a  Venezia  con 
notizie  sui  genovesi,  168  n.   1. 

Boccanegra  Battista,  cavaliere  speron 
d''oro,  viene  eletto  capitano  di  Ge- 
nova (an.  1400),  559;  è  fatto  de- 
capitare dal  governatore  Boucicault 
(an.   1401),  56o. 

Boccanegra  Guglielmo,  primo  capitano 
p3polare  (an.  1257),  557. 

Boccanegra  Simone  ,  eletto  doge  di 
Genova  (an.  i3J9),  358. 

Boccio  Pietro  Ambrogio  {Petra  Am- 
brosio Boccio)^  riceve  il  comando 
di  una  galera,  386,  n.  1  ;  annove- 
rato nella  lista  dei  cittadini  che  par- 
teciparono alla  fazione  popolare  , 
552. 

(A  p.  552  fu  stampato  erroneamente  Pietro  Am- 
brogio Boccio). 

Boceio,  errato  per  Boccio  Pietro  Am- 
brogio. 

Bochino  Giovanni,  eletto  per  la  revi- 
sione delle  «  caratate  »,  49  n. 

Bocua  errato  per  Bona. 


580 


Indice    Alfabetico 


Bolasco  Bernardo,  detto  «  lo  stradioto 
impinctore  »  ,  bandito  da  Genova 
reo  di  lesa  maestà,  409,  52(j. 

Bolasco  Vincenzo,  rie.  36 1. 

Bollano  (marchese  di),  è  fatto  prigio- 
niero in  uno  sbarco  della  fiotta 
franco-spagnola  a  Marola;  gli  vien 
salvata  la  vita  per  intercessione  del- 
rOfficio  di  S.  Giorgio,  245,  n.  J; 
si  accenna  ad  esso  a  p.  392. 

Bologna,  rie.  45  n.  15  passa  in  potere  di 
Giulio  II,  8}  ,  n.  2,  343  ;  rie.  i  12 
n.  2;  vi  si  reca  Andrea  d''Oria  per 
indurre  Ottaviano  Fregoso  a  re- 
carsi a  Genova,  170;  ne  parte  Ot- 
taviano Fregoso ,  171;  vi  ritorna, 
175  n.  i;  vi  sono  mandati  da  Ge- 
nova due  incaricati  a  far  fanti  per 
rimpresa  di  Monaco,  372  ;  Giulio 
II,  lascia  B.  e  si  reca  a  Roma,  375; 
vi  rimane  come  governatore  Lo- 
renzo Fieschi,  3j6]  sembra  che 
Paolo  da  Novi  fuggendo  da  Ge- 
nova si  sia  diretto  verso  di  essa , 
ma  poi ,  pentitosene ,  abbia  rag- 
giunto Pisa,  287,  288;  rie.  477; 
562. 
Bolzaneto  {Bulsancto\  rie.  229  n.  1. 
Bombarderò  (lo),  v.  Gioardo  Ambrogio. 
Bona,  uno  della  B.  è  patrono  di  una 
fusta,  386,  rie.  407;  529. 

(Nel  testj  fu  stampato  erratamente   liociia) 

Bondinaro  Pietro ,  eletto  «  difensore 
della  libertà.)  (an.    1436),  562. 

Bonella  Giovanni,  v.  Vorrella. 

Bonfante  Gio.  Batta,  inviato  dagli  an- 
ziani airambasciatore  N.  Oderico, 
68  n.  I  ;  80  n.  2  5  ritorna  a 
Genova,  81   n. 

Borbera  {Burberia)  (valle  della),  gli 


uomini  di  essa  si  mettono  in  arme 

contro  Tesercito  francese,  2  55  n.  i. 

Borbone  (duca  di),  v.  Carlo  duca  di  B. 

Borgaro  (famiglia),  v.  Franchi  (de)  Bor- 

garo. 
Borgaro  (nave  di)  ,  giunge  a  Genova 
da  Nizza  con  un  carico  di  sale , 
374;  inviata  a  Civitavecchia  a  pren- 
dere fanti  e  armi,  25o,  391. 
Borghetto  di  Vara  {Borgeto ,  Bur- 
gettus) ,  vi  giungono  con  fanti  e 
eavalli  Ottaviano  e  Gian  Maria  Fre- 
goso,  171,  356;  rie.    175,  359. 

Borghi  di  Genova,  v.  Genova  (Borghi). 

Borlasca  Acorso  {Acitrsius  de  Bor- 
lasca),  deve  seguire  il  re  a  Milano, 
408,  528  ]  annoverato  nella  lista 
dei  eiltadini  che  parteciparono  alla 
fazione  popolare,  553. 

Borlasca  Agostino ,  prigioniero  in 
Castelletto,  564. 

Borlasca  Vincenzo  ,  prigioniero  in 
Castelletto,  564. 

Borrigione  Giacomo ,  è  a  Tenda  per 
raccogliere  aiuti  pel  signore  di 
Monaco,  477. 

Boschetto,  (convento  di  S.  Benedetto 
in  vai  di  Poleevera),  vi  è  mandato 
Giovanni  Luxardo  a  requisire  tutti 
i  vini  e  le  vettovaglie  che  vi  si 
trovano,  2  56 ,  n.  i  ;  vi  prende 
stanza  Luigi  XII,  263,  398. 

Bosco,  (località  della  Lunigiana?),  354. 

Bosco  (Marengo^,  vi  pernotta  Luigi 
XII  in  viaggio  verso  Genova,  2  58. 

Bosio  Gerolamo  ,  commissario  al 
Castellaceio,    223. 

Botto  Battista ,  eletto  officiale  della 
Balia,  273,  402,  53 1  ,  534  ;  anno- 
verato nella  lista  dei  cittadini  che 


Indice    Alfabetico 


581 


parteciparono  alla  fazione  popo- 
lare, 553. 

Botto  Gerolamo,  ambasciatore  al  re 
d''Aragona,  60,  n.  2. 

Boucicault,  V.  Meingre  (le)  Giovanni. 

Bourges,  vi  si  reca  la  corte  di  Francia 
(settembre  1 5o6),  68  n  ;  T  amba- 
sciatore genovese  Oderico  invia  da 
B.  lettere  a  Genova,  70  n  i  ;  81  n; 
altre  ne  invia  il  re,  71  n.  2. 

Bozolo  (di),  V.  Alerame  di  B.,  Ceva 
di  B.,  Gregorio  di  B. 

Braccio  {Briisso}  crudele  di  Fontana- 
bona,  bandito  da  Genova  reo  di 
lesa  maestà,  409,  52y. 

Brasso  crudele,  v.  Braccio  crudele. 

Brera  (biblioteca  di),  v,  Milano  (Biblio- 
teca). 

Brescia  (di),  v.  Pegorella  Giacomo. 

Bricio  Gerolamo,  annoverato  nella  li- 
sta dei  cittadini  che  parteciparono 
alla  fazione  popolare,  55J. 

Briglia,  V.  Genova  (Fortezze). 

Brignole  (di)  Nicola,  testimone  in  un 
istrumento  inviato  a  Nicolò  Ode- 
rico, 34  n.;  rende  valide  colla  sua 
firma  alcune  m.odificazioni  ad  un 
decreto,  48  n.   i;  rie.  527. 

Brignolfc-Sale  Antonio  ,  Elogio  di 
Fabrizio  del  Carretto,  57  n.   i. 

Brignole-Sale  (Biblioteca),  v.  Genova 
(Biblioteche). 

Bruges  (di),  v.  Pantaleone  di  B.,  Pan- 
talino  di  B,  Tomaso  di  B. 

Brunet  J.  Ch.  ,  Manuel  dii  libraire 
et  de  V  amateur  des  livres ,  rie. 
2C8  n.   I. 

Bufalo,  grosso  cannone  pisano  usato 
alFassedio  di  Monaco,  128,  n.  2; 


riportato  a  Genova  e  puntato  con- 
tro il  (castelletto,  234. 

Bulsaneto,  v.  Bolzancto. 

Burberia,  v.  Borbera. 

Burgaro,  v.  Franchi  (de)  Borgaro. 

Burgettus,  v.  Borghetto  di  Vara. 

Burgos,  vi  muore  F'ilippo  di  Gastiglia, 
60  n.   I. 

Busalla  (fi«ja/a),  Gian  Luigi  Fieschi 
vi  ha  un  abboccamento  con  Fi- 
lippo di  Cleves,  79,  342;  i  polce- 
veraschi  devastano  il  territorio  di 
B.  per  porre  ostacolo  alPavanzata 
deir  esercito  francese ,  248 ,  n.  i  , 
390,391;  vi  si  accampa  V  esercito 
francese,  255,  394;  vi  giunge  Luigi 
XII,  258;  rie.  259  n.  1;  nel  viag- 
gio di  ritorno  da  Genova  lo  ac- 
compagna sino  a  B.  una  pioggia 
torrenziale  ,  279  ;  presso  ad  essa 
muore  affogato  uno  dei  segretari 
del  re,  280  n. 

Busallino  Andrea  {Bu^alino  A.\  scelto 
dagli  artigiani  per  pacificare  gli 
animi  dei  cittadini,  372;  annove- 
rato nella  lista  dei.  cittadini  che 
parteciparono  alla  tazione  popo- 
lare, 552. 

Busallino  Gerolamo,  (Bmjalino  C), 
viene  arrestato  e  tradotto  a  Palazzo, 
273,  404;  dichiarato  reo  di  lesa 
maestà,  409,  529. 

Buschetto  (lo)  Rato,  v.  Rato  il  Bisca- 
glino. 

Bussone  Francesco  detto  il  Carma- 
gnola, {Franceschetto  Vesconie  de 
Castronovo ,  detto  Conte  Crama- 
gnola),  governatore  di  Genova  pel 
duca  di  Milano  (an.  1421  -  1424), 
56i,  562. 


38 


582 


Indice    Alfabetico 


Buzala,  v.  Busalla. 
Buzalino,  v.  Busallino. 

c 

Gabella  Giovanni,  [lohan  da  la  Ca- 
tella)^ capitano  di  Portomaurizio, 
480. 

Gabella  Paolo,  cancelliere  {Paulus  de 
Catella  cancellarius,  Paiilus).  rie. 
223  n,;  473;  526;  bandito  da  Ge- 
nova reo  di  lesa  maestà,  409,  529. 

Gagnaccio  Damiano,  [Canatio  Z).), 
inviato  in  Gorsica  a  raccogliere 
fanti  in  aiuto  di  Genova,  25 1   n.  2, 

Gagnaccio  Simone,  [Caniacio  S.j,  in- 
viato a  Bologna  a  raccoglier  fanti 
per  r  esercito  contro  Monaco,  372. 

Gahors  (conte  di),  v.  Garretto  (del) 
Luigi, 

(Calabria  (duca  di),  v.  Antonio  di 
Lorena. 

Galavila  (Garlo  de) ,  v.  Goliardo  di 
Gallevilla. 

Galizzano  Leonardo,  {Calijano^  Cari- 
xano  L.),  anziano,  3  8,32  5;  eletto  per 
la  revisione  delle  caratate^  49  n.; 
incaricato  di  provvedere  che  i  no- 
bili dimoranti  in  Genova  o  nelle 
vicinanze  non  se  ne  allontanino, 
22  5,  n.  3  ;  annoverato  nella  lista 
dei  cittadini  che  parteciparono 
alla  fazione  popolare,  55 1. 
Ca\\zzanoPìeX.To{Calisano^Calixano  P  .\ 
eletto  capitano  per  raccogliere  fanti 
a  guardia  di  Genova,  39,325;  62, 
337;  annoverato  nella  lista  dei  cit- 
tadini che  parteciparono  alla  fa- 
zione popolare,  55 1;  ed  in  quella 
dei  prigionieri  in  Gastelletto,  564; 


GALLtGARis  Giuseppe  ,  Carlo  di  Sa- 
voia e  i  torbidi  Genovesi  del  i5o6^ 
iSo-j;  rie.  92  n.,  n.  i;  96  n.;  99 
n.  1;  io3  n.  3;  104  n.  i;  io5  n.  i; 
108  n.  i;  1 17  n.  3;  1  18  n.  i,  n.  3; 
1 19,  n.  1;  126  n.  2;  145  n.  1;  i  55 
n.  I,  n.  4;  i66n.,  n.  i;  169  n.  1; 
192  n.  2;  194  n.  i,n.  2;  195  n.  i, 
n.  2;  sua  osservazione  sul  numero 
delle  ambascerie  inviate  al  duca 
di  Savoia,  196  n.  i.,  204  n,  2;  suo 
parere  sul  giorno  delP  arrivo  in 
Asti  di  Luigi  XII,  252  n.  2;  285 
n.  2;  rie.  295. 

Gal  vi  Domenico  {Calvo  D.),  nobile 
eletto  anziano,  345  ;  non  si  presenta 
ad  officiare,  346;  eletto  officiale 
della  moneta,  53 1,  5J4. 

Gal  vi  (famiglia)  chiamata  a  parteci- 
pare al  governo  della  città  durante 
la  fazione  popolare,   553. 

Galvi  (ponte  dei),  v.  Genova  (Ponti 
del  porto). 

Galvo,  V.  Galvi  Domenico. 

Gambialanza  Benedetto  {Cangialan^a 
Beneitin\  bandito  da  Genova  per- 
chè fautore  dei  nobili,  5i   n.  3. 

Gambialanza  ,  guardia  del  Fieschi 
uccisa  alla  porta  di  S.  Andrea  in 
uno  scontro  coi  popolari,  12,  3 16. 

Gamilla  Gasale ,  viene  percosso  da 
Pantalino  Semino,  353. 

Gamilla  (famiglia),  chiamata  a  parte- 
cipare al  governo  della  città  du- 
rante la  fazione  popolare,  553. 

Gamilla  Thedisio  ,  commissario  di 
Genova  in  Pisa,  jG  n. 

Camogli,  vi  deve  riparare  in  causa  del 
maltempo  Ottaviano  Fregoso,  175, 


Indice    Alfabetico 


583 


3595  leudi  di  C,  178,  364;  leudo 
di  C,  lyi,  370,414;  barca  di  C, 
4<)6;  è  impiccato  a  (ìenova  un 
giovane  di  C,  38o  ;  il  doge  invia 
lettere  al  comune  di  C.  pregan- 
dolo di  aiutare  Leonardo  de  Fran- 
chi diretto  a  Chiavari,  242  n.  1  ;  gli 
uomini  di  G.  inseguono  le  truppe 
dei  Fieschi  rotte  dai  popolari,  3g3; 
ordine  al  comune  di  C.  di  conse- 
gnare a  Genova  il  bottino  fatto 
nella  battaglia  di  Ruta,  2  53  n.  2. 

(^amogli  (di).  V.  Francesco  di  G., 
Lazzaro  di  G.,  Tixi  di  G. 

Campi,  (località  in  vai  Polcevera),  vi 
pernotta  Filippo  di  Ravenstein  in 
viaggio  per  Genova,  29  ,  3o  n.  2, 
320;  vi  sorge  la  casa  di  Lazzaro 
d'Oria,  267,  398. 

Campofregoso,  v.  Fregoso. 

Canale  Battista,  bandito  da  Genova 
reo  di  lesa  maestà,  409,  529. 

Canale  Lazzaro,  annoverato  nella  lista 
dei  cittadini  che  parteciparono  alla 
fazione  popolare,  552. 

Canale   Luchetto ,    comandante   della 
guarnigione    genovese    di    Rocca- 
bruna,   126  n.  3,  479. 

Canale  Manuele,  notaio  ,  viene  insul- 
tato da  un  nobile  a  Banchi,  5  n.  2, 
6  n.,  314;  dirige  la  sollevazione 
dei  popolari  contro  i  nobili  (18  lu- 
glio 1 5o6),  I  o;  eletto  commissario 
a  Chiavari,  46,  329;  incaricato  di 
studiare  la  diminuzione  di  alcune 
gabelle  e  rivedere  i  debiti  di  San 
Giorgio,  48,  n.  i ,  33o;  commissario 
per  le  milizie  contro  Monaco,  106; 
scrive  agli  olTìciali  deputati  in  Ge- 
nova airimpresa  di  Monaco,  e  li  in- 


forma dei  primi  avvenimenti,  126 
n.  3,  4765  è  inviato  nella  Riviera 
di  l'onente  a  fare  incetta  di  viveri 
e  raccogliere  uomini,  133,477; 
segnala  a  CJìenova  di  avere  visti  i 
brigantini  del  Bervey  ,134,  478- 
lettere  inviategli  dal  signore  di  Fi- 
nale, 142,  35o,  480;  sua  difesa  con- 
tro le  accuse  mossegli  da  Agostino 
Castiglione,  142,  143,  481;  rie.  484; 
rimandato  nella  Riviera  di  l'onente 
per  assoldare  guastatori,  159,  5 io, 
5  1 1  ;commette  soprusi  eprepotenze 
in  Genova,  i83  n.,  365  ;  è  scelto 
dagli  artigiani  per  pacificare  gli 
animi  dei  cittadini,  3y3  ]  è  nomi- 
nato dal  doge,  capitano  di  Genova, 
ma  non  ottenendo  di  formare  con 
fanti  genovesi  metà  della  guardia 
del  doge,  tenta  di  essere  eletto 
capo  dei  venturieri,  244,  389,  390; 
bandito  da  Genova  reo  di  lesa  mae- 
stà ,  409  ,  529;  annoverato  nella 
lista  dei  cittadini  che  parteciparono 
alla  fazione  popolare,  55 1. 

CANALE  MrCHEL  G.'USEPI'E,  Nuovu   isto- 

ria  della  repubblica  di  Genova^  rie. 
5  n.  I,  n.  2;  75  n.;  jQ  n.  i;  241 
n.  i;  270;  274  n.  1;  276  n.  i;  277 
n.   1  ;  279  n.  2;  289  n.  i  ;  53  i  n.   i , 

Canale  Oberto,  inviato  a  prendere  il 
castello  di  Portofino,  224. 

Canatio,  v.  Cagnaccio  Damiano. 

Candelaia  (festa  della),  (3  febbraio),  il 
re  di  Francia  annunzia  che  partirà 
il  giorno  dopo  quella  festa  per  la 
Italia,  181. 

Cane  P'acino,  v.  Facino  C. 

Canello  A  ntonio,  bandito  da  Genova 
reo  di  lesa  maestà,  409,529. 


584 


Indice    Alfabetico 


Ganepa  (paese),  un  uomo  di  esso  è 
ucciso  in  uno  scontro  con  le  truppe 
francesi,  394. 

Cangialanza,  v.  Cambialanza. 

Caniacio,  v.  Cagnaccio  Simone. 

Caorsi  (da),  un  uomo  da  C.  viene  arre- 
stato da  quei  di  Bisagno  perchè 
partigiano  dei  Fieschi;  è  impiccato 
a  Palazzo,  'ij']. 

Capedo  Francesco,  incaricato  di  forti- 
ficare la  località  di  San  Benigno, 
256. 

Capelloni  Lorenzo,  Vita  del  Prencipe 
Andrea  d' Oria,  Venezia,  G.  Giolito, 
i565,  170  n.  1  ;   175  n.   i. 

Capitani  della  plebe,  delle  arti  ecc., 
V.  Genova  (Capitani). 

Capitano  (lo),  v.  Tarlatini  Tarlatino. 

Capo-Corso  (signore  di),  v.  Mari  (de) 
Giacomo. 

Cappellacci,  v.  Genova  (Cappellacci). 
Cappotte,  V.  Genova  (Cappette). 
Capra  (della)  Bartolomeo,  di  Milano, 

governatore  di  Genova  (an.   1428), 

562. 
Capraia,  dominio  di  (Giacomo  de  Mari, 

passa  poi  nelle  mani  dell'  officio  di 

San  Giorgio,  2  5  n.. 
Capriata  (di),  v.  Morando  Stefano  di  C. 
Capriata    (di)    Stefano,    v.    Morando 

Stefano  di  C. 
Carbone  Andrea  e  Giacomo,  vengono 

arrestati   dal    gov.   francese,  27J, 

404. 
Carcerati  (ordinereligiosodei),  rie.  442. 
Cardinale   Rotomagense,  v.  Amboise 

(d*')  Giorgio. 
Carignano,  v.  Genova  (Carignano). 
Carixano,  v.  Calizzano  Leonardo. 


Carlo  II,  duca  di  Savoia;  Luciano  Gri- 
maldi gli  scrive  chiedendogli  soc- 
corsi contro  i  genovesi,  loj;  invia 
a  Genova  uno  scudiero  con  Pordine 
ai  genovesi  di  non  tentare  nulla 
contro  Mentone  e  Roccabruna,  1 04^ 
107,  J46;  i  genovesi  gli  mandano 
ambasciatore,  Bernardo  Veneroso, 
1 07,  346;  rie.  1 1 3  ;  che  ritorna  a 
Genova  con  un  secondo  messo  du- 
cale, 117;  contraddizione  dei  die 
ambasciatori  nel  riferire  i  suoi 
intendimenti,  1 1 7,  348;  pareri  su 
di  essi,  1 1 8;  per  la  presa  di  Men- 
tone e  Roccabri  na  ordina  rappre- 
saglie sui  genovesi  passanti  pel  Pie- 
monte, 118, -n.  3,  349;  raccoglie 
milizie  in  aiuto  di  Monaco,  118, 
n.  3,  125,  i36,  140,  482,  486;  le 
invia  a  fortificare  una  torre  presso 
la  Turbia,  140  n.  4,  352,  495;  proi- 
bisce ai  suoi  sudditi  di  dare  aiuto 
ai  genovesi,  141;  invia  al  governa- 
tore di  Nizza  Tordine  di  preparare 
milizie,  i55;  rie.  i56  n.  2;  354; 
gli  è  inviato  di  nuovo  B.  Veneroso, 
I  56,  354;  politica  pacifica  dei  geno- 
vesi verso  di  lui,  i65,  n.  2,  166,  n. 
5i3;  167,  517;  propone  patti  per 
un  accordo  coi  genovesi,  168, 
355,  356;  nega  udienza  a  B.  Ve- 
neroso, 1 68;  corre  voce  in  Genova 
che  un  «  camerero  »  del  duca  ab- 
bia licenziati  gli  avventurieri  della 
Turbia  e  di  Villafranca,  ma  é  falsa, 
192,  370;  apre  nuove  trattative  con 
Genova,  193,  194,  36 1,  362;  che 
gli  invia  ancora  il  Veneroso,  195, 
JjJ-^  manda  rinforzi  alP esercito  del 
d'' Allègre  accorso  a  salvare  Monaco, 


I 


Indice    Alfabetico 


585 


204  n.  2;  i  genovesi  chiedono  ed 
ottengono  dal  re  di  Francia  di 
aprire  trattative  col  duca  di  Savoia 
per  il  commercio  fra  i  due  stati, 
284,  285;  rie.  5 12.  5i5. 

Carlo  VI,  re  di  Francia,diviene  signore 
di  Genova  (an.   1  Ì96),  558. 

Carlo  Vili,  re  di  Francia,  rie.  9. 

Carlo  di  Cleves  conte  di  Nevers,  é  al 
seguito  di  l  ui;4Ì  XII  neìV  impresa 
contro  Genova,  2  58. 

Carlo  di  Hautbois,  vescovo  di  Tour- 
nay  (episcopiis  Tornacensis)  ,  è 
testimone  alla  concessione  dei 
privilegi  dati  dal  re  di  Francia  ai 
genovesi,  549. 

Carlo  di  Lussemburgo,  vescovo  di 
Laon  (episcopus  Liidonensis)  ,  è 
testimone  alla  concessione  dei  pri- 
vilegi dati  dal  re  di  Francia  ai 
genovesi,  549. 

Carlo  duca  di  Borbone,  è  al  seguito 
di  Luigi  XII  neir  impresa  contro 
Genova,  2  5/;  rie.  404;  è  testimone 
alla  concessione  dei  privilegi  dati 
da  Luigi  XII  ai  genovesi,  549. 

Carmagnola  Battista,  negoziante  in 
seterie,  sposo  di  Francesca  figlia 
di  Paolo  da  Novi,  239. 

Carmagnola  (Cramagnola)  (conte  di), 
V.  Bussone  Francesco. 

Carmandino  (famiglia),  è  chiamata  a 
partecipare  al  governo  della  città 
durante  la  fazione  popolare,  553. 

Carpinetto  Raffaele,  di  parte  popolare, 
entra  con  armati  in  Genova,  (anno 
1400),  559. 

Carratini  (Carrettini?  del  Carretto?), 
in  guerra  con  Genova  (an.  1378), 
558. 


Carrega  Gio.  Agostino,   inviato  ccm- 

missario  a  Moneglia,   226. 
Carrega  Rosso  (Rubens),   bandito  da 
Genova  reo   di  lesa    maestà,  409, 
529. 
(Carretto   (del)   Alfonso,    riacquista  il 
Finale  toltogli  dal    fratello   Carlo 
Domenico,    56,  333,   334;    notizie 
biografiche,  bj  n.   i;  rie.  89,  347; 
lettere   direttegli    dal   comune  di 
Genova  per   la    spedizione  contro 
Monaco,  9Q;  istruzioni  riguardo  ad 
esso  date  ai  commissari  della  Ri- 
viera di   Ponente,   99  n.   i;  ricor- 
dato come  amico  dei  genovesi,  1 24, 
12  5;  sospetto  di   tradimento    142, 
35o,  480,  481;  che  una  sua  lettera 
riesce  a  sventare,    143,  n.  3,  482, 
483;  rie.  487;  il  fratello  Carlo  Do- 
menico gli  ritoglie  il  F'inale,  280, 
411. 
Carretto  (del)  Carlo  Domenico,  vesco- 
vo d''Angers,  e  poi  cardinale,  toglie 
al  fratello    Alfonso  il    marchesato 
del  Finale,  ma  quest\iltimo  glielo 
riprende,  56,    57  n.   i,  334;  invia 
un  nunzio  ai  genovesi   per  consi- 
gliarli a  sottomettersi   al  re,  237; 
riprende  al  fratello  il  dominio  del 
Finale,  280,411;  è  testimone  alla 
concessione  dei  nuovi  privilegi  dati 
da  Luigi  XII  ai  genovesi,  549. 
Carretto  (del)  Corrado,  luogotenente 
in  Genova  del  marchese   di  Mon- 
ferrato (an.   1413),  5 60. 

Carretto  (del)  Fabrizio,  gran  maestro 
della  religione  di  Rodi,  57  n.   i. 

Carretto  (famiglia),    signora  del  mar- 
chesato di  Finale,  57  n.   1;  87. 


586 


Indice    Alfabetico 


Carretto  (del)  Galeotto,    marchese  di 

Finale,  5  7  n.   i. 
Carretto  (del)  Luigi,  vescovo  e  conte 
di  Cahors,  posto  dal  fratello  (]arlo 
Domenico  a  custodia   del   Finale 
contro  Taltro  fratello  Alfonso,  deve 
cederlo    a    quest""  ultimo,    56,   57, 
n.   I,  333,  334.. 
Casale  (da),  v.  Battista  da  C. ,  Vincen- 
zo da  C. 
Casale  Monferrato,    {Cabale  di  Mon- 
ferrato)^ vi  si  raccolgono  Carlo  di 
Chaumont  d''Amboise,  Gian  Luigi 
Fieschi  ed  i  nobili  genovesi,  371. 
Casana  Cristoforo,  incaricato  di  curare 
che  i  nobili  dimoranti  in  Genova 
o  nelle  vicinanze  non  se  ne  allon- 
tanino, 22  5,  n.  3. 
Casana  Nicolò,  prigioniero  in  Castel- 
letto, 564. 
Casati  Charles,  Lettres  Royaux  et 
lettres  missives  relatives  aux  af- 
faires  de  France  et  i'  Italie.  Paris, 
Didier,  1877,  21   n.  2. 
Casella  Bernardo,  eletto  anziano,   14, 
317;   annoverato    nella    lista    dei 
cittadini    che   parteciparono    alla 
fazione  popolare,  55 1. 
Casella     {Catella)      (paese) ,      sono 
cacciati  da  esso   alcuni  mulattieri 
genovesi  che  facevano  incetta    di 
grani,  i85,  36'j. 
Casella  Stefano,  tribuno,  incaricato  di 
custodire    con    Battista    Rebuffo  i 
denari   ottenuti  dal   sequestro  dei 
beni     di     Luciano     Grimaldi      in 
Genova,   173  n. 
Casoni,   Annali    della    repubblica    di 
Genova  del  secolo  XVI, -/G   n.   i; 
78  n.  2. 


(]assina  Marco  (Pietro,  secondo  il  Giu- 
stiniani), eletto  «  difensore  della 
libertà  »  (an.  1436),  562. 

Castellacelo,  v.  Genova  (Fortezze). 

Castellacelo  (del)  Manuele,  lombardo, 
capitano  di  schiere  assoldate  dai 
genovesi  per  Pimpresa  di  Monaco, 
128. 

Castellania  (sindaci  di),  rie.  97  n. 

Castellano  di  Castelletto ,  v.  Sahizar 
Galeazzo. 

Castelletto,  v.  (ìenova  (Fortezze). 

Castello  (S.  Maria  di),  v.  Genova 
(Chiese). 

Castiglia  (re  di),  v.  Filippo  re  di  C. 

Castiglione    Agostino   {Angustino  de 
Castillioue),  commissario  per  le  mi- 
lizie contro  Monaco,  106;  ritorna 
0  (ìenova,  1 34, 480;  e  conduce  seco 
un  tale    «  P\^rro  della  Pria  »    so- 
spetto di  mene  col  partito  Adorno; 
accusa    alcuni    maggiorenti    dello 
stesso  partito,  142,  35o;  contro  ac- 
cuse   mossegli  da  Manuele  di  Ca- 
nale,  143,  481;  rie.  484,  487.49^; 
annoverato  nella  lista  dei  cittadini 
che     parteciparono    alla     fazione 
popolare,  552. 
Castiglione   Benedetto ,    eletto    consi- 
gliere del  doge ,  392  ,  annoverato 
nella  lista  dei  cittadini  che  parte- 
ciparono alla  fazione  popolare,  553. 
Castiglione     Bernardo ,      scelto      dal 
popolo  per  chiedere  al  governatore 
di  cacciare  Gian  L-jigi  Fieschi  da 
Genova,  34,  32 1;  eletto  capitano  a 
guardia  della  città,  62,  3375  eletto 
con  Teramo  di  Ballano    supremo 
commissario  al  campo  di  Monaco, 
144,  35 1,  499;  parte  per  Monaco 


Indice    Alfabetico 


587 


146,  147,  J5i,  j52;  rie.  J 54;  5o6; 
5 1 2;  517;  deve  seguire  il  re  a  Mi- 
lano ,  :^9,  408,  528  ;  annoverato 
nella  lista  dei  cittadini  che  parte- 
ciparono alla  fazione  popolare,  55  i. 

Castiglione  (borgo),  vi  è  inviato  com- 
missario Opizzino  di  Vernazza,226, 
V.  Castiglione  (uomini  di). 

Castiglione  Francese  )  (Francesco  de 
Castronovo) ,  governatore  di  Ge- 
nova pel  duca  di  Milano  (an.  1 422). 
56i. 

Castiglione  (Jiacomo,  drappiere,  (Gia- 
como de  Castil{otio,drapero),  eletto 
anziano,  345;  come  priore  del  se- 
nato rivolge  a  Paolo  da  Novi  eletto 
doge  r  orazione  inaugurale,  241; 
annoverato  nella  lista  dei  cittadini 
che  parteciparono  alla  fazione 
popolare,  552. 

Castiglione  Piacentino  ,  pellicciaio , 
prigioniero    in  Castelletto  ,  564. 

Castiglione  Semino  ,  «  copertero  »  , 
prigioniero  in  Castelletto,  564. 

Castiglione  (uomini  dij,  quelli  di  C. 
costruiscono  tre  bastie  a  Pietra 
Cossera  ,  Senaco  ,  PAlpe  e  fanno 
lega  con  diversi  paesi  vicini,  389; 
inseguono  le  truppe  dei  Fieschi 
rotte  dai  popolari,  394;  buon  nu- 
mero di  essi  accorre  in  aiuto  di 
Genova  contro  Tesercito  francese, 
395. 

Castiglione  (vai  di) ,  vi  si  raccolgono 
fanti  per  i  popolari  di  Genova,  54. 

Castronovo  (di)  Francesco  ,  v.  Casti- 
glione Francesco. 

Castronovo  (visconte  di),  v.  Bussone 
Francesco. 


Catalani,  in  guerra  con  Genova  (anno 
1378),  558. 

Caterina  (CatarÌ7ia),  ministra  de  1- ran- 
chi di  S.  Marta,  promette  di  pre- 
gare per  la   salvezza   di  Genova  , 

.    442. 
Caterina  (Katerina) ,    abbadessa    del 

monastero  di  S.  Brigida,  promette 

di    pregare    per    la    salvezza    di 

Genova,  442. 

Cattane!  di  Novi;  Paolo  da  Novi  era 
oriundo  di  detta  famiglia,  239. 

Cattanei  (ponte  dei),  v.  Genova  (Ponti 
del  porto). 

Cattaneo  Acelino,  eletto  pacificatore  (?), 
1 5  n.  1,317;  eletto  seniore  del  po- 
polo, 3/5. 

Cattaneo  Agostino,  la  sua  casa  di 
Genova  e  la  sua  villa  vengono 
saccheggiate  dalla  plebe,  3 16; 
vienea  contesa  con  alcuni  del  popolo 
grasso  404. 

Cattaneo  Anselmo,  (è  forse  da  identi- 
ficarsi in  Cattaneo  Acelino)  eletto 
seniore  del  popolo,  375. 

Cattaneo  (famiglia) ,  due  giovani  di 
detta  famiglia  sono  banditi  da  Ge- 
nova per  le  loro  prepotenze,  3 1 4; 
rie.  273;  è  chiamata  a  partecipare 
al  governo  della  città  durante  la 
fazione  popolare,  553. 

Cattaneo  Francesco,  eletto  anziano,  1 4, 
.Uy. 

Cattaneo  Gentile,  tìglio  di  Pietro  Fa- 
lamoniea  ,  la  sua  casa  è  saccheg- 
giata dalla  plebe,  3 1 6. 

Cattaneo  Giofro  (Gio/r{ttoj,la  sua  casa 
è  saccheggiata  dalla  plebe  ,  3 1 6  ; 
citato  a  comparire  in  giudizio,  1 80, 
362. 


588 


Indice    Alfabetico 


Cattaneo  Lorenzo,  deputato  ai  festeg- 
giamenti pel  re  d^ Aragona,  55  n.  2, 
n.  3  ;  muove  incontro  al  re,  5j 
n.  2;  rie.  3oo;  eletto  anziano, 
345. 

Cattaneo  Pietro  Francesco,  eletto  an- 
ziano, 402,  53o,  5J4. 

Cavallo  Quilico,  deputato  ai  festeggia- 
menti pel  re  d^Aragona,  55  n.  2. 

Cavalorto  Felice,  formaggiaio,  eletto 
console  di  Genova  (an.  i3oo),  557. 

Cavo  Bartolomeo,  deputato  a  ricevere 
argenti  per  farne  battere  moneta, 
3j3]  gli  è  affidato  il  comando  di 
una  galera,  386;  annoverato  nella 
lista  dei  cittadini  che  parteciparono 
alla  fazione  popolare,  553. 

Cavo  Battista,  deputato  alPofficio  per 
rimpresa  di  Monaco,  140  n.  2,  472, 
476;  rie.  487;  494Ì497;  5ii;  5 16; 
517. 

Cazìi,  V.  Casale  Cda). 

Cazella,  v.  Casella. 

Ceba  Angelo,  eletto  capitano  dei  no- 
bili, 3  !  5;  ripara  in  S.  Francesco 
d''Albaro;  viene  intercettata  una  sua 
lettera  diretta  al  figlio  a  Savona 
con  lagnanze  sulla  politica  del 
Ravenstein,  40,  326,  327  ;  suo 
figlio  viene  a  contesa  con  Antonio 
Giuria,  404. 

Ceba  Giovanni,  nobile ,  nella  casa  di 
esso  vengono  requisite  moltissime 
armi,  22  5,  3jy  ^  v.  Batina  vedova 
di  G.  C. 

Centurione  Angelo,  eletto  anziano,  14, 

■■^•7; 
Centurione  (famiglia),    è    chiamata  a 

partecipare  al  governo  della  città 

durante  la  fazione  popolare,  553. 


Centurione  Gerolamo  ,  eletto  per  la 
riforma  degli  offici,  65. 

Centurione  Giacomo,  corre  voce  che 
insieme  ad  altri  nobili  stenda  liste  di 
proscrizione  pei  popolari,  27  },  404. 

Centurione  Teramo  ,  deputato  ai  fe- 
steggiamenti pel  re  d'Aragona,  55 
n.  2;  un  bravo  degli  Adorno  tenta 
di  ucciderlo,  220,  3yy. 

Cepolina ,  v.  Cipollina. 

Cepulina ,  v.  Cipollina. 

Ceranesi  {Serranixi)  (paese  in  vai  di 
Polcevera),  gli  uomini  di  esso  cat- 
turano alcuni  francesi ,  3q5. 

Ceresa  Benedetto,  (Cerexia  i5.), scelto 
dal  partito  Adorno  quale  commis- 
sario al  campo  di  Monaco,  ma  non 
inviatovi,  144,  35o  ;  annoverato 
nella  lista  dei  cittadini  che  parteci- 
parono alla  fazione  popolare,  552. 

Ceresino  Babilan  {Serexino  R.\  ban- 
dito da  Genova  perchè  fautore  dei 
nobili,  5i   n.  3,  332. 

(In  qiiest'ultÌMia  pagina  fu  staiipato  erroneaii^ente: 
l'erexiiio). 

Cernerieu  Stefano,  consigliere  di  giu- 
stizia, accompagna  Filippo  di  Cle- 
ves  di  Ravenstein  a  Genova,  22; 
partito  il  governatore,  rappresenta 
col  Roccabertino  il  governo  regio 
in  Genova,  78;  è  lasciato  dal  Rocca- 
bertino a  reggere  Genova,  218;  ma 
intimorito  nel  vedersi  solo,  parte 
poco  dopo  per  Milano,  219,  n.  i . 

Certosa  (  convento  in  vai  di  Polceve- 
ra ),  vi  si  proibiscono  adunanze  di 
secolari ,  1 76  n.  3  ;  vi  è  man- 
dato Giovanni  Luxardo  a  requi- 
sire tutti  i  vini  e  le  vettovaglie 
che  vi  si  trovano,  2  56,  n.   i. 


Indice    Alfabetico 


589 


Cesaro  Andrea,  v.  Cicero  A. 

Geva  di  Bozolo,  ha  Tappalto  pel 
trasporto  del  sale  da  Mentone  al 
ducato  di  Savoia,  1G7,  517. 

Ceva  (di),  v.  Bartolomeo  di  C. 

Gexero  Andrea,  v.  Cicero  A. 

Ghabannes  (signore  di),  v.  Jacques  de  C. 

Charron  Pietro ,  segretario  del  re  di 
Francia ,  muore  affogato  nei  vor- 
tici della  Scrivia,  280  n. 

Chatillon  (signore  di),  ambasciatore 
del  duca  di  Savoia  a  Genova,  1 17, 
riferisce  notizie  contradditorie  a 
quelle  date  da  B.  Veneroso,  1 1 7, 
1 18;  sua  partenza  da  Genova,  349. 

Ghaumont  (signore  di) ,  v.  Amboise 
(d')  Carlo. 

Ghiamone,  v.  Amboise  (  d''  )  Carlo  , 
signore  di  Ghaumont. 

Chiappe,  v.  Genova  (Chiappe). 

Chiappella,  v.  Genova  (Ghiappella). 

Chiarlatone,  v.  Ugo  di  Alvernia. 

Chiavari  (Clavaro)^  corre  voce  in  Ge- 
nova che  sieno  giunte  da  esso  armi 
in  favore  dei  nobili,  i5,  3  18;  vi  si 
ritira  Gian  Luigi  Fieschi  cacciato 
da  Genova,  460  ;  vi  sono  inviati 
100  fanti  dai  Fieschi,  23  n.  2  ;  il 
governo  popolare  di  Genova  in- 
via due  commissari  per  toglierlo 
al  dominio  dei  Fieschi,  46  ,  329  ; 
ma  una  guarnigione  di  3oo  uo- 
mini inviativi  da  Gian  Luigi,  im- 
pedisce tale  tentativo  ,  47  ,  329  ; 
Filippino  Fieschi  parte  da  C.  con 
un  esercito  dirigendosi  contro  la 
Spezia,  49;  i  popolari  muovono 
contro  C,  53,  n.  i  ,  333  ,  452  ;  e 
lo  prendono  senza  alcuna  resi- 
stenza, 54,  33  3-^  rie.  54  n.  2;  vi 


rimane  un  nucleo  di  partigiani  dei 
Fieschi,  55]  Genova  vi  pone  800 
fanti  di  guarnigione,  335;  rie.  69 
j3  n.  I  ;  guarnigione  di  C,  100 
rie.  108,  n.  2;  no;  120;  174;  358 
borghesi  di  C,  1 76  ;  vi  è  rinviato 
da  Genova  Leonardo  de  Franchi, 
241,  242  n.  i;  le  truppe  di  C.  in- 
seguono le  milizie  dei  Fieschi,  2  53, 
393  ;  quattrocento  uomini  della 
guarnigione  di  C.  e  diversi  cittadini 
vengono  in  Genova  a  prestare  aiuto 
contro  l'esercito  francese,  395. 

Chiavari  (commissari  di),  v.  Genova 
(Commissari). 

Chiavari  (di),  v.  Battista  di  C. ,  Gian 
Antonio  di  C,  Gerolamo  di  C. 

Chiersi  (lo)  di  Polcevera,  bandito  da 
Genova  reo  di  lesa  maestà,  529. 

Chioccia  Antonio  (Ciocia  A.),  eletto 
officiale  di  S.  Giorgio,  3495  annove- 
rato nella  lista  dei  cittadini  che 
parteciparono  alla  fazione  popo- 
lare,  552. 

Choletton  (signore  di^,  v.  Ugo  di 
Alvernia. 

Cibo  (famiglia),  è  chiamata  a  parteci- 
pare al  governo  della  città  durante 
la  fazione  popolare,  553  ;  una  don- 
na dei  C.  va  sposa  ad  Alfonso  del 
Garretto,  57  n.  i. 

Cibo  Luigi  (  Lodixio  ) ,  eletto  seniore 
del  popolo,  375 

Ciceri  Andrea,  v.  Cicero  A. 

Cicero  Andrea  (Cexero  A.)^  banchiere, 
55  n.  3;  rie.  i85  n.  i;  accompagna 
il  Roecabertino  a  Milano  ;  il  go- 
verno di  Genova  gli  invia  lettere 
con  istruzioni  perchè  voglia  difen- 
dere i  genovesi  presso  Carlo  d"'Am- 


Sgo 


Indice    Alfabetico 


bolse,  214,  n.  2,  2 1  5  ,  216,  52 1  , 
525;  rie.  J<S5;  annoverato  nella  li- 
sta dei  cittadini  che  parteciparono 
alla  fazione  popolare,  552. 

Cicheri  Sebastiano ,  commissario  al 
Castellacelo,  22  3. 

Cichero  Michele,  detto  Animanegra,  è 
visto  in  Bisagno  con  un  cappellac- 
cio Adorno,   iT),  3 18,  n.  3. 

Cicogna  Nicolò,  commissario  al  campo 
di  Monaco,  18 3;  compagno  di  Gio- 
vanni Monteborgo  nel  comando 
delle  navi  alPassalto  di  Monaco  è 
coinvolto  con  esso  nelP  indigna- 
zione della  plebe  genovese  per 
rinettitudine  dimostrata,  204,  382. 

Cigala  Barnaba  ,  eletto  sindacatore  , 
345. 

Cigala  Battista  ,  eletto  officiale  di  S. 
Giorgio,  349. 

Cigala  (famiglia) ,  chiamata  a  parteci- 
pare al  governo  della  città  durante 
la  fazione  popolare,  553. 

Cigala  (piazza  deij  ,  v.  Genova  (Piazze). 

Cigala  Stefano,  suo  figlio  insu'lta  Ema- 
nuele Canale  ,  6  n. ,  3 1 4  ;  viene 
posto  in  prigione  e  poi  bandito , 
3 14. 

Cipollina  Battista,  (Cepolina^  Sepolina 
B.)  inviato  a  Sestri  Levante  per 
aiutare  Pimpresa  contro  Chiavari, 
53,  45 1  ;  mandato  ad  arruolare 
soldati  in  Lunigiana  ne  ritorna 
con  400  uomini,  1 62,  354;  tribuno 
al  campo  di  Monaco,  178  n.  1  ; 
annoverato  nella  lista  dei  citta- 
dini che  parteciparono  alla  fazione 
popolare,  552. 

Cipollina  Pantaleo ,  {Cepulina^  Sepo- 
lina P.)  tribuno   della    plebe,  jj 


n.;  bandito  da  Genova  reo  di  lesa 
maestà,  409,  529. 

Cipro,  presso  C.  viene  catturata  da 
Gian  Battista  Pallavicino  una  nave 
veneta,  4  5(). 

Città  di  Castello,  patria  di  Tarlatini 
Tarlatino,  74  n.   i. 

Civitavecchia ,  vi  sono  inviate  alcune 
navi  da  (ienova  per  imbarcarvi 
fanti  e  munizioni,  2  5o,  391. 

Claudia,  figlia  di  Luigi  XII,  feste  or- 
dinate in  tutta  la  Liguria  pel  suo 
matrimonio  con  Francesco  d''  Or- 
léans, conte  d"' Angoulème  ,  6  n.  ; 
invio  di  un  ambasciatore  genovese 
alla  corte  di  Francia  per  congra- 
tularsi delle  sue  nozze ,  17,  18, 
423,426,432;  Tambasciatore  Nicolò 
Oderico  viene  incaricato  di  pre- 
starle a  nome  di  Genova  giura- 
mento di  fedeltà,  34  n. 

eletta  (signore  de  la),  luogotenente 
delle  truppe  del  Cleves,  inviato  alla 
corte  di  Francia,  47  n,  446. 

Cleves  (di)  Filippo,  conte  di  Ravenstein, 
{Philippus  de  Cleves,  Ravasteni 
dominus  —  Filippo  de  Revasten^ 
Ravasteno)  governatore  di  Genova, 
si  trova  alla  Corte  di  Francia  allo 
scoppiare  dei  primi  moti  in  Geno- 
va; ordina  al  podestà  Obertino  di 
Solario  di  imprigionare  e  giusti- 
ziare i  delinquenti,  6  n.;  rie.  314; 
i  popolari  lo  ragguagliano  sui  fatti 
occorsi  in  Genova  e  lo  assicurano 
tutto  essere  tornato  in  calma,  18 
424;  gli  inviano  ambasciatore  Bar- 
tolomeo di  Ceva,  19,  n.  4,  319, 
438;  il  Clev^es  difende  il  suo  luo- 
gotente  Roceabertino  dalle  accuse 


Indice  Alfabetico 


5g\ 


mossegli  dai  nobili,  2 1  ;  si  pone  in 
cammino  verso  Genova  e  incon- 
tratosi con  due  ambasciatori  dei 
nobili  diretti  alla  corte  di  Francia 
li  invita  a  ritornare  con  lui,  22;  si 
trattiene  a  lungo  in  Asti  egli  so- 
no inviati  ivi  da  Genova  tre  nuovi 
ambasciatori,  2  >,  444, 447;  rie.  24; 
suo  carteggio  con  gli  anziani  ed  i 
pacificatori  di  Genova,  28,  29  ;  suo 
viaggio  per  Genova,  29,  n.  3  ;  suo 
ingresso  in  essa  3o,  n.  2,3i,  n.  1, 
320,  444,  447,  459;  fa  piantare  le 
forche  ed  il  palco  della  mannaia, 
3 1 ,  320  ;  invita  Gian  Luigi  Fieschi  a 
rientrare  in  Genova,  3 1 ,  444,  447, 
459;  malumori  dei  popolari  contro 
il  Cleves  per  tale  invito,  32, 444,447; 
rimanda  i  comizi  per  reiezione  dei 
nuovi  anziani  e  proroga  i  poteri 
agli  anziani  ed  ai  dodici  pacifica- 
tori uscenti,  33,  320  ;  i  nobili  cre- 
dono che  sia  stato  corrotto  dai 
popolari,  33  n.  i,  34  n.;  riceve  una 
deputazione  di  popolari  che  gli 
chiedono  di  cacciare  G.  L.  Fie- 
schi da  Genova  e  li  assicura  che 
saranno  accontentati;  sua  ispezione 
per  le  vie  della  città,  35,  32 1,  322, 
445, 448;  impensierito  per  i  prepara- 
tivi dei  popolari,  cerca  indurli  a  de- 
porre le  armi,  ma  è  costretto,  dopo 
altri  inutili  tentativi  di  conciliazione 
a  cacciare  nel  giorno  stesso  il  Fieschi 
da  Geuova,  36^  37  n.  i,  322,323, 
448,  460;  per  placare  i  popolari 
permette  reiezione  di  nuovi  an- 
ziani, 38,  324,  445,  449  ;  rie.  446; 
e  per  bocca  del  luogotenente  con- 
cede un    generale    perdono   chie- 


dendo però  che  si  rinnovi  il  giu- 
ramento al  re  di  Francia,  42,446, 
449  ;  invita  i  religiosi  di  Genova 
a  pregare  per  la  pace  cittadina, 
39  n.  1,  441  ;  i  nobili  lo  accusano 
di  averli  traditi  per  denaro,  40, 
327  ;  documenti  che  potrebbero 
dar  ragione  a  q vesta  accusa,  40 
n.  I,  si  dichiara  amico  dei  popo- 
lari, 40,  41,  327;  42  n.  1;  43; 
rie.  44  ;  col  permesso  di  lui  i  po- 
polari tentano  di  togliere  la  Ri- 
viera di  Levante  al  comando  dei 
Fieschi,  46,  446  ;  invia  il  luogo- 
tenente della  sua  milizia  alla  cor- 
te di  Francia,  47  n.,446;  convoca 
gli  uffici  di  Genova  per  delibe- 
rare sulla  diminuzione  di  alcune 
gabelle,  48  n.  1,  33o;  propone 
d''inviare  due  legati  a  G.  L.  Fie- 
schi per  intimargli  di  desistere  da 
ogni  impresa  a  danno  di  Genova, 
49,  33o  ;  ottiene  dai  popolari  di 
non  muovere  contro  i  Fieschi  pri- 
ma di  una  risposta  del  re,  5o 
n.  2  ;  rie.  54;  la  sua  autorità  è 
scossa,  61,  3  3 1  ;  strappa  alle  ire 
popolari  Paolo  della  Costa,  61, 
335;  cede  alle  istanze  dei  popolari, 

62,  336,  337;  e  alle  loro  minacce, 

63,  65,  338,  339  ;  riceve  lettere  dal 
re  di  Francia,  68  n.  i  ;  71,  n.  2; 
raccoglie  un  consiglio  segreto  per 
decidere  la  restituzione  delle  ri- 
viere, 71  ;  rie.  71  n.  i  ;  cenni 
della  poca  fiducia  della  plebe  ver- 
so il  governatore,  72,  n.  1  ;  rie.  72 
n.  3  ;  è  sospetto  al  popolo  per 
Tamicizia  con  G.  L.  Fieschi,  73 
n.   I,  462;  decide  di  lasciar  Geno- 


592 


Indice  Alfabetico 


va,  74,  463  ;  rie.  74    n   ;  la  plebe 
è  indifferente  alla  sua  partenza,  j']^ 
341,  342  ;  il  re  dichiara  di  averlo 
richiamato  per  mandarlo  in  Fian- 
dra, 78    n.   I  ;  giudizi  del  Senare- 
ga  circa  la  sua  politica,  78  n.  2  ; 
si  abb  xca    con    G.    L.    Fieschi  a 
Busalla,  79,  342;  muove  verso  la 
Francia,  344;  rie.  349;  gli  sono  in- 
viate lettere  dagli    anziani  e  dalla 
Balia    per    ringraziarlo   delle    sue 
buone  intenzioni  verso  i  popolari. 
80  n.  2;  rie.  81  n.    i;  463;  sembra 
contrario  alFimpresa    contro   Mo- 
naco, 466;  riceve   lettere   creden- 
ziali degli    ambasciatori    popolari, 
83  n.   I,  470;  rie.  84  n.;  92;  lettera 
dal  Grimaldi,  92  n.  i  ;  accusato  dai 
nobili  d''  aver  cagionato  la  perdita 
di  Pieve  di  Teco,  97  n;  giunge  a 
Blois,   112,  n.   i;  rie    11 5;  gli    an- 
ziani  di    G.    gli    raccomandano    i 
nuovi  ambasciatori    popolari,   i23 
n.  i;  rie.  154;  173;  181;  188;  369; 
200  n.  I  ;   2 1  I   n.  2;  2  1 7;  2 1 8  n.  I  ; 
219  n.    i;  223   n.;  388;   421;    423; 
43 1;    440;    441;    469    ;   470;  474; 
476  n.   I. 
Gocarello  Gio.    Batta,  v.  Franchi  (de) 

Goearello  G.  B. 
Codefà,   V.    Genova  (Capo   di  Faro), 

(Lanterna). 
Codemonte,  v.  Portofino   (promonto- 
rio). 
Colime  (Gerolamo  de  le),  v.  Colonne  G. 
Collardo  di  Callevilla  (Carlo  de  Ca- 
lavìla)^  governatore  in  Genova  per 
il  re   di  Francia  (an.   1398),  559. 
Colombina  Itali  ria,  priora  del  mona- 
stero di  S.    Sebastiano,    promette 


di     pregare  per     la     salvezza     di 

Genova.  443. 

Colonna    (famiglia),  è  sposata  in  essa 

una  nipote  di  Giulio  II,  416  n.   i. 

Colonne    Gerolamo,    (Gieronimo    di 

Collonne^  Hieronimits  de  le  colime) 

bandito    da    Genova     reo  di    lesa 

maestà,  409,  53o. 

Commissari    di   Genova,    v.    Genova 

(Commissari). 
Compagna    di    Genova  .     v.    Genova 

(Compagna). 
Compagnie     di     Genova,   \.   Genova 

(Compagnie). 
Condamine,    località    che    si    estende 
tra  Monaco  e   Montecarlo,  i37  n. 
Condotto    delPacqua    di    Genova,    v. 

Genova  (Condotto  delPacqua). 
Conestabili    di    Genova,    v.    Genova 

(Conestabili). 
Connestagii,   v.  Genova  (Conestabili). 
Connio  (del)  Ambrogio,  capo    partito 

Adorno,  176,  3 60. 
Consiglio  del  comune    di  Genova,  v. 

Genova  (Consiglio  del  comune). 
Consolazione    (convento    della),      v. 

Genova  (Conventi). 
Consoli    della     ragione,    v.     Genova 

(Consoli  della  ragione). 
Consoli  delle  arti   di  Genova,  v.    Ge- 
nova (Consoli  delle  arti). 
Conte  Baldassarre,  rie.  470. 
Conventi  di  Genova,  v.  Genova  (Con- 
venti). 
Corbinellus,  v.  Corvinelli  Angelo. 
Cornigia,   v.   Corniglia. 
Corniglia  (di),  v.  Antonio  di  Corniglia. 
Cornigliano,  rie.  2-29  n.   i;  36i;  365; 
la  flotta  franco-spagnola  vi  brucia 
una  barca  e  ne  tira  in  mare  un''al- 


Indice    Alfabetico 


593 


tra,  244,  J90;  la  plebe  vi  incendia 
la  casa  di  Francesco  Spinola,  247, 
J90. 

Corsetto,  abitnnte  in  Pisa,  padrone  di 
un  brigantino ,  tradisce  Paolo  da 
Novi  consegnandolo  ai  francesi, 
287,  41 3,  288,  n.  3;  sembra  che 
si  possa  identilicare  con  un  pirata 
dello  stosso  nome,  spadroneggiarne 
nel  mare  tra  la  Corsica  e  la  To- 
scana, 288,  n.  3;  289. 

Corsi,  essendosi  ribellati  al  dominio 
di  Genova,  è  inviato  contro  di  essi 
Alfonso  del  (Carretto,  56. 

Corsica,  posseduta  dalP  officio  di  S. 
Giorgio,  24;  i  nobili  tentano  una 
congiura  per  farla  sollevare  a 
danno  del  governo  popolare,  24 
n.  i;  notizie  sulle  condizioni  della 
C. ,  2  5  n.;  partono  da  essa  5oo  fan- 
ti in  aiuto  di  Genova,  226,  38 1; 
25 1  n.  2;  il  governatore  della  C. 
notifica  che  se  ne  sarebbero  potuti 
avere  di  più  se  i  nobili  e  i  preti 
deir  isola  non  vi  avessero  posto 
ostacoli,  25 1  n,  2,  252  n;  ritorna 
in  C.  Ranuccio  da  Leca  ribelle  al 
comune  di  Genova,  401;  il  d^Au- 
ton  riferisce  che  vi  si  rifugiò  Paolo 
da  Novi,  287;  ma  ciò  è  poco  vero- 
simile, 288,  n.  2;  rie.  289;  406; 
547. 

Corsiglia  {Cropglia^  Gorsigia),  ban- 
dito da  Genova  perché  partigiano 
dei  Fieschi,  5i  n.  3,  3J2;  arrestato 
da  quei  di  Bisagno  viene  impiccato 
a  Palazzo,  377. 

Corso  Giacomo,  capitano  di  milizie 
in  Genova,  261,  39r);  si  lagna  del- 
rindisciplina  di  Giacomo  Ghiglio- 


ne,  262,  396;  ordina  a  quei  di  Pi- 
no di  tener  salda  la  posizione,  262, 
396;  eletto  comandante  in  capo* 
delle  truppe  genovesi,  264,  397. 
("orso  Gian  Andrea,  capitano  di  3oo 
fanti,  viene  in  soccorso  di  Genova, 
226,  379. 

Corvara  Angelo  {Angelo  dalla  Cro- 
vara)^  drappiere,  incaricato  di  stu- 
diare la  diminuzione  di  alcune 
gabelle  e  rivedere  i  debiti  di 
S.  Giorgio,  48,  33o;  eletto  per  tre 
mesi  alla  amministrazione  del  co- 
mune, 172,  357;  deve  abbandonare 
con  Raffaele  Fornari  e  gli  altri 
detto  officio,  366;  annoverato  nella 
lista  dei  cittadini  che  parteciparono 
alla  fazione  popolare,  55 1. 

Gorvinelli  Angelo  (Angelus  Corhi- 
nelhis\  fiorentino,  capinino  delle 
truppe  di  Chiavari,  25  {,  n.  2. 

Corvo  (capo),  confine  orien^^ale  della 
Liguria,  90;  rie.   108. 

Costa  (della)  Paolo,  arrestato  perchè 
partigiano  degJ.i  Adorno,  61,  335. 

Costaguta  Leonardo,  errato  per  Mon- 
teaguto  L. 

Cramagnola,  v.   Carmagnola. 

Crani,  v.  Gravi. 

Croce  (Croxe)^  ne  sono  cacciati  alcuni 
mulattieri  che  facevano  incetta  di 
grano  per  Genova,   i85,  36y. 

Ootto  Francesco  Luigi,  presidente  di 
Genova  (an.   i43i),  562. 

Oovara,  v.  Corvara  Angelo. 

Croziglia,  v.  Corsiglia. 

Currero  Vincenzo,  eletto  seniore  del 
popolo,  375. 


594 


Indice    Alfabetico 


D 


Daniele  Francesco,  inviato  commissa- 
rio a  Moneglia,  226. 

Darsena  di  Genova,  v.  Genova  (Dar- 
sena). 

Dartona,  v.  Tortona 

Darzenale,  v.  Genova  (Arsenale). 

Davagna  Gio,  Batta  (Davama\  eìello 
pacificatore,  i5,  3 18;  glie  affidato 
il  comando  di  una  galea,  3Ji;  com- 
missario al  campo  di  Monaco,  201 
n.  i;  il  capitano  della  flotta  fran- 
cese Pregent  gli  toglie  il  comando 
della  galea,  401;  annoverato  nella 
lista  dei  cittadini  che  parteciparono 
alla  fazione  popolare,  55 1. 

Davancino,  v.  Avancino  Cecchetto. 

Davania,  v.  Davagna  Gio.  Batta. 

Dazerio  Simone,  annoverato  nella  li- 
sta dei  cittadini  che  parteciparono 
alla  fazione  popolare,  552. 

Delfinato,  fanti  di  esso  ingaggiati  nel- 
Tesercito  Francese,  2  58  n.  2. 

Delfino  Gerolamo  ,  scelto  dagli  arti- 
giani per  pacificare  gli  animi  dei 
cittadini,  372;  annoverato  nella  li- 
sta dei  cittadini  che  parteciparono 
alla  fazione  popolare,  552. 

Dernice  Giacomo  (Gzacomo  Dernise)^ 
eletto  capitano  del  popolo  ,  3 1 4  ; 
annoverato  nella  lista  dei  cittadini 
che  parteciparono  alla  fazione  po- 
polare, 55 1 .  (In  questa  lista  è  scritto 
Pernice,  ma  è  certo  errore  delP  a- 
manuense.) 

Dernice  Giuseppe  {Joseph  de  Dernixe, 
Dernixio),  notaio,  viene  percosso 
da  un  nobile,  6  n.,  3 1 3;  eletto  tri- 
buno della  plebe,  jy  n.;  eletto  am- 


basciatore Carlo  d'' Amboise,  2 1 3, 
366;  parte  per  detta  ambasceria 
21 5,  3j5;  incaricato  di  requisire 
tutte  le  armi  che  si  trovano  nelle 
case  dei  nobili ,  225  ;  e  di  curare 
che  i  nobili  dimoranti  in  Genova 
o  nelle  vicinanze  non  se  ne  allon- 
tanino, 225,  n.  3;  inviato  con  aiuti 
in  vai  di  Polcevera  per  sostenere 
i  polceveraschi  contro  V  esercito 
francese,  254;  bandito  da  Genova 
reo  di  lesa  maesà,  409,  529;  an- 
noverato nella  lista  dei  cittadini 
che  parteciparono  alla  fazione  po- 
polare, 552. 
Desimoni  Cornelio,  Cronaca  di  Genova, 
in  Atti  Soc.  Lig.  St.  Pat.  4  n.  i  ; 
91  n.  2  ;  268   n.  i  ;  269  n.  3. 

—  Statuto  dei  padri  del  connine  del- 
la repubblica  genovese  ,  Pagano  , 
Genova,  417  n.  2. 

—  Conti  deW ambasciata  al  Chan  di 
Persia,  417  n.  3. 

Desjardins  Abel,  Negociations  diplo- 
matiques  de  la    France   avec   la 
7o5caM(^,Paris,imp.  Imperiale,  1 86 1 , 
78  n.   I  ;  rie.  83  n.  2  ;   non.   i  ; 
124  n.  2;   i55  n.  2;   181  n.  ì',23y 
n.   i;  25i   n.   i;252  n.  2;  265  n.  i; 
269  n.  3;  271   n.   i. 
Diano,  dipende  da  Genova,  88;  il  sin- 
daco di  essa  e  quelli  di  altre  città 
della    Riviera    chiedono    P  aboli- 
zione delPofficio  del    capitaneato, 
88  n.  4,  474,  rie.  483. 
Diario  genovese  degli  anni  i5o6-oy^ 
rie.  XI ,  XII  ,  e  passim  ;  copie  di 
esso,  295  ;  copia  deir  Archivio  di 
Stato  di  Torino,   296,  n.  2;  copia 
deir  Archivio  di  Stato  di  Genova, 


■ 


Indice  Alfabetico 


595 


•296,  297  ;  copia  delP  Archivio  Ci- 
vico di  Genova ,  298 ,  299  ;  copia 
della  Biblioteca  Beriana,  299,  3oo, 
3oi;  studio  critico  di  esse,  Joi  , 
3o2,  JoJ;  qualità  intrinseche  del 
D,  JoJ,  3o4 ,  S-iir  autore  di  esso, 
V.  Diarista. 
Diarista  anonimo,  autore  del  Diario 
Genovese  degli  anni  i5o6-oj^  rie. 
XII;  17  n.;  J9;  anonimo  ma  certa- 
mente partigiano  del  popolo,  304; 
quando  principiò  il  suo  Diario,  304; 
modo  con  cui  lo  condusse,  3o5  , 
3o6;  stile  del  D.  307;  qualità 
del  D.  ;  il  Diarista  appartiene  al 
popolo  minuto,  odia  i  nobili ,  è  a- 
mantissimo  della  patria  e  della  re- 
ligione, appartiene  al  partito  Fre- 
goso,  io8,  309;  rie.  14;  17  n.  ;  Ì9, 
59;  65;  81  ;  erra  nella  data  della 
partenza  degli  ambasciatori  popo- 
lari per  la  corte  di  Francia,  Sì  n.  i ; 
rie.  146;  erra  nella  data:  8  gen- 
naio, in  lettere  inviate  invece  il  9, 
171  n.  3  ;  altro  errore  consimile, 
17]  n.  i;  rie.  179;  184;  i85,n.  ; 
erra  nel  numero  de"'  mercenari 
fatti  prigioni  dai  genovesi,  192, 
370  ;  erra  nel  giorno  della  par- 
tenza di  B.  Veneroso  da  Genova, 
195  n.  2,  373;  chiarisce  F  episodio 
di  un  assalto  dei  genovesi  alle  mura 
di  Monaco  dalla  parte  del  mare,  de- 
scritto dal  d"' Anton,  2o3,  381,  382; 
rie.  2o5;  2305241;  sue  notizie  sul 
secondo  scontro  tra  francesi  e  ge- 
novesi, 264;  rie.  205;  sulla  mitezza 
delPin verno,  279  n.  3;  sulla  deca- 
pitazione di  Paolo  da  Novi,  290  , 
415,  416. 


Dolceacqua,  dominio  di  Bartolomeo 
d''Oria ,  116  n.;  Francesca  Grimaldi 
soccorre  da  D.  il  fratello  Luciano, 
149  n.  3;  rie.  232  n.  2;  385. 

Domenico  (chiesa  di  S.),  v.  Genova 
(Chiese). 

Domenico  di  Moneglia,  prigioniero  in 
Castelletto,   564. 

Domenico  di  Sampierdarena,  reca  da 
Asti  la  notizia  delParrivo  del  re 
di  Francia,  392. 

Drago,  grosso  cannone  pisano  usato 
air  assedio  di  Monaco,  128,  n.  2; 
riportato  a  Genova  e  puntato 
contro  il  Castelletto,  234. 

Duyn  (di)  Giano,  signore  della  vai 
d'Isére,  grande  scudiero  del  duca 
di  Savoia,  104. 


Elogi  dei  liguri  illustri,  Genova  , 
Ponthenier,   184Ó,  5/  n.   i. 

Espy  (signore  di),  v.  Paolo  de  Beus- 
serailhe. 

Este  (d'')  Afonso,  duca  di  Ferrara ,  é 
al  seguito  di  Luigi  XII  nelPimpresa 
contro  Genova,  258;  prende  parte 
al  solenne  ingresso  del  re  di  Fran- 
cia in  Genova,  400;  lascia  Genova, 
401. 

Eusebio  (Eu:^obio,  Ijobio),  segretario 
di  Gian  Luigi  Fieschi,  120;  è  fatto 
cancelliere  del  governatore  di 
Genova,  410. 

Euzobio,  V.  Eusebio. 


596 


Indice  Alfabetico 


Facino  Cane,  entra  in  Genova  col 
marchese  di  Monferrato,  (an.  1 409), 
56o. 

Facio  Filippo,  alcune  merci  di  esso  sono 
sequestrate  nel  porto  di  Villafrancci, 
166,  5i3. 

Facio  Gerolamo (Faf/o  G.),  eletto  paci- 
ficatore, I  5  ,  3  1 8  ;  e  massaro  dei 
pacificatori ,  1 5  n.  1  ;  bandito  da 
Genova  reo  di  lesa  maestà ,  40() , 
53o;  annoverato  nella  lista  dei 
cittadini  che  parteciparono  alla 
fazione  popolare,  55 1. 

Facio  Gio.  Batta,  officiale  della  mo- 
neta, 53 1,  534. 

Facio  Leonardo,  ambasciatore  al  Cle- 
ves,  rie.  23,  319;  71  ;  scelto  dagli 
artigiani  per  pacificare  gli  animi 
dei  cittadini ,  SjS  ;  incaricato  di 
provvedere  le  stanze  per  i  rivie- 
raschi chiamati  dal  comune  in 
Genova,  229  n.  1;  bandito  da  Ge- 
nova reo  di  lesa  maestà,  409,  5  3o; 
annoverato  nella  lista  dei  cittadini 
che  parteciparono  alla  fazione  po- 
polare, 55 1. 

Falamonica  Pietro,  v.  Cattaneo  Gen- 
tile. 

Famiglia  (Famiglio),  capo  dei  ventu- 
rieri guasconi  mandati  dai  nobili 
al  soccorso  di  Monaco,  139  ;  per 
estorcere  danari  dai  popolari  finge 
di  passare  al  campo  genovese,  139, 
140,  491,  493,  494. 

Fanteagrasso  Gerolamo,  v.  Fantagiuzo 
Gerolamo. 


Fantagiuzo  Gerolamo,  [Fantae gras- 
so G.),  bandito  da  Genova  reo  di 
lesa  maestà,  409. 

Fantinanti  Agostino ,  prigioniero  in 
Castelletto,  564. 

Fassolo  (Fasciolo) ,  vi  è  saccheggiata 
dalla  plebe  la  casa  di  Francesco 
Lomellini ,  ijn.,  3 19  ;  rie,  298; 
299- 

F'axori,  v.  Genova  (F"axori). 

Fazio,  v.  Facio. 

FEDERicr,  opere  possedute  da  esso  e 
lasciate  in  eredità  al  comune  di 
Genova,  296,  297  n.   2. 

Fegino  (di),  v.  Gregorio  di  Fegino. 

Felizzano,  (paese  presso  Alessandria), 
vi  pernotta  L  igi  XII  in  viaggio 
per  Genova,  257. 

Ferdinando  iK]attolico  {Ferrando\vc 
d^ Aragona,  33o  ;  nel  suo  viaggio 
verso  Napoli  tocca  Genova,  55  , 
57,  Mi,  334;  è  dissuaso  dal  fer- 
marsi a  Genova,  58  ,  59  ,  3  J4  ;  si 
trattiene  a  Portofino  ove  riceve  la 
notizia  della  morte  di  Filippo  re  di 
Castiglia,  59,  336  ;  aff'erma  esser- 
gli stata  offerta  la  signoria  di  Ge- 
nova, 59  n.  I  ;  riceve  a  Portofino 
un'ambasceria  genovese,  60  ;  in- 
certezza sulla  data  della  partenza, 
arrivo  a  Napoli,  60  n.  2;  suoi  pre- 
tesi rapporti  con  Genova,  1 85  ; 
difesa  dei  popolari,  216,  523  :  rie. 
220;  invia  una  flotta  di  quattro 
galee  e  due  fuste  in  aiuto  della 
flotta  francese,  2  36,  388;  riceve  let- 
tere dal  comune  di  Genova  colle 
ragioni  della  guerra  contro  il  re 
di  Francia,  391,392;  suo  stupore 


« 


Indice  Alfabetico 


597 


per  la  presa  di  Genova  ,  ^(^'J  ; 
muove  al  convegno  col  re  di 
Francia  in  Savona,  291  ,  414, 
416,  418,  419  ;  rie.  3o2;  giunge 
a  Portovenere,  417;  a  Portofino, 
418;  a  Genova,  418;  breve  perma- 
nenza, partenza    da  Genova,  419. 

Feresino,  v.  Geresino. 

Ferrando,  v.  Ferdinando  il  Cattolico. 

Ferrara  (duca  di),  v.  Este  (d'')  Alfonso. 

Ferrari  Agostino  notaio,  eletto  anziano, 
14,  317;  commissario  alla  Spezia, 
46,  J29,  45 1  ;  deputato  dal  partito 
Fregoso  a  regolare  gli  offici,  352; 
scelto  dagli  artigiani  per  pacificare 
gli  animi  dei  cittadini,  372;  gli  si 
affidano  le  questioni  colle  riviere, 
'i'/j '-,  viene  eletto  anziano,  402  , 
5  3o,  534;  annoverato  nella  lista 
dei  cittadini  che  parteciparono  alla 
fazione  popolare,  55 1. 

Ferrari  Andrea,  eletto  ambasciatore 
a  Carlo  d'Amboise,  69  n.  i  ;  82  ; 
commissario  alla  Spezia,  annun- 
zia lo  sbarco  tentato  dalla  flotta 
franco-spagnola  nel  golfo  della  Spe- 
zia, ma  non  riescito,  245  n.  3. 

Ferrari  Galeotto,  commissario  al  Ca- 
stellaccio,22  3:  inviato  commissario 
a  Recco,  226. 

F'errari  Gio.  Batta,  notaio,  propone  mo- 
dificazioni alle  riforme  per  la  ele- 
zione degli  offici,  64,  339;  eletto 
per  la  riforma  degli  offici,  66  ; 
scelto  dai  popolari  come  loro  di- 
fensore, 401;  deve  seguire  il  re  a 
Milano,  279,  408,  528;  annove- 
rato nella  lista  dei  cittadini  che 
parteciparono  alla  fazione  popo- 
lare, 552. 


Ferrari  Pantaleo,  bandito  da  Genova 
reo  di  lesa  maestà,  409,  529. 

t'errarlo  Nicola  (Ferrarius  Nicolaus^ 
Ferro  della  Pria),  di  Pietra 
Ligure,  mandato  dal  signore  di 
Finale  al  campo  di  Monaco  ed 
arrestato  da  Agostino  di  Castiglione 
come  sospetto  di  tradimento,  142, 
35o;  condotto  a  Genova  e  posto 
alla  tortura  è  salvato  da  una  let- 
tera del  suo  signore,  143  ,  n.  3, 
144  n.,  33o,  483. 

Ferrktto  Arturo  ,  Illnstrajioite  sto- 
rica della  strofa:  Rapallin  sot- 
taera gatti  ecc.^  54  n.  i,  55  n.  1; 
rie.  295. 

Ferrier  Giovanni,  arcivescovo  di  Arles, 
{archiepiscopus  Arelatensis)^  è  te- 
stimone alla  concessione  di  nuovi 
privilegi  da  parte  di  Luigi  XII  a 
Genova,  549. 

Ferro  Antonio,  arrestato  per  accusa 
di  complicità  nel  tentativo  dei 
Fregoso,  3  60. 

Ferro  della  Pria,  v.  Ferrarlo  Nicola 
di  Pietra. 

Fexino,  v.  Fegino. 

Flacone  (paese) ,  le  milizie  genovesi 
inviate  contro  V  avanguardia  del- 
l'" esercito  francese  giungono  sino 
ad  esso,  392. 

Fieschi  Antonio,  arrestato  dai  bisa- 
gnini  è  tradotto  in  Genova,  indi 
rilasciato  in  libertà,  187,  368. 

Fieschi  Anton  Maria,  nipote  di  Gian 
Luigi,  occupa  Chiavari  con  3oo 
uomini  impedendo  ai  popolari  di 
Genova  di  occuparlo^  47,  329;  si 
ritira  da  Chiavari,  54,  333-^  conti- 
nua a  molestare  i  popolari  a  Rapallo 


39 


598 


Indice    Alfabetico 


ed  in  altri  luoghi  della  riviera,  460; 
toglie  la  Spezia  ad  Anton  Maria 
Pallavicino  ma  Galeazzo  Pallavici- 
no gliela  riprende,  due  commissari 
francesi  riescono  a  porre  pace  fra 
i  contendenti,  281,  411,  412. 

Fieschi  Bartolomeo,  percuote  un  po- 
polare e  da  ciò  ne  nasce  una 
sommossa,  8,  3 1  5  ;  viene  bandito 
da  Genova,  9. 

Fieschi  Carlo,  rie.  468. 

Fieechi  (famiglia),  ire  dei  popolari 
contro  di  essa,  8;  appartiene  al 
partito  dei  nobili,  16  n.;  ha  per 
emblema  un  gatto,  34,  32 1;  46; 
86;  signora  di  Loano,  87;  un  Fie- 
schi porta  alla  Turbia  denari  per 
le  truppe,  i55,  353;  due  nobili  di 
essa  sono  elevati  alla  carica  di 
anziano  e  di  ufficiale  della  Balia 
dopo  r  ingresso  del  re  di  Francia 
in  Genova,  273,  402;  il  re  va  a 
banchetto  con  essi  in  via  Lata, 
278,  407;  è  chiamata  a  partecipare 
al  governo  della  città  durante  la 
fazione  popolare,  553. 

Fieschi  Filippino,  tenta  invano  di  ot- 
tenere dai  popolari  di  rimanere 
in  Genova  con  i  5o  fanti,  36^  323; 
da  Chiavari  muove  contro  la  Spezia 
e  la  toglie  ai  popolari,  49,5o,33i, 
rie.  5o  n.  i,  n.  2;  avuto  sentore 
dei  grandi  preparativi  di  essi,  ab- 
bandona la  Spezia  e  si  ritira  a 
Beverino,  53,  333]  è  presente  con 
più  di  1 00  gentiluomini  al  solenne 
ingresso  di  Luigi  XII  in  Genova, 
270,  400. 

Fieschi  Francesco,  fratello  del  cardi- 


nale Nicolò  viene  arrestato  dai 
popolari  presso  Monaco,  i55  n.  3; 
356-^  viene  eletto  anziano,  402 , 
53o,  534. 

Fieschi  Gerolamo,  figlio  di  Gian  Luigi, 
359;  rientra  con  truppe  in  Montog- 
gio,  i85,  36y\  riprende  Rapallo, 
252,  392,  393;  si  spinge  sino  a 
Ruta  ma  vi  è  sconfitto,  2  53;  lascia 
Genova  e  ritorna  col  padre  a  Mon- 
toggio,  416. 

Fieschi  Gian  Ambrogio,  eletto  capitano 
dei  nobili,  3  i  5;  corre  voce  sia  an- 
dato in  Castelletto  a  parlare  col 
castellano,  i5,  3 18;  la  sua  casa  in 
Carignano  viene  occupata  e  for- 
tificata dai  popolari,  16,  3 19;  viene 
eletto  officiale  della  Balia,  402,  53o, 
53  I,  534;  è  inviato  a  Portovenere 
incontro  al  Re  di  Spagna,  414;  fa 
appiccare  un  giovanetto  per  un 
lieve  furto  commesso  in  un  suo 
naviglio,  286,  414. 

Fieschi  Gian  Antonio,  toglie  il  dogato 
a  Tommaso  Fregoso,  viene  eletto 
«capitano  della  libertà»  (an.  1442), 
563. 

Fieschi  Gian  Filippo,  rie.  556,  557. 

Fieschi  Gian  Gerolamo,  si  trova  a 
Savignone,  3^6. 

Fieschi  Gian  Giorgio,  prende  le  difese 
di  Bartolomeo  Fieschi  contro  il 
macellaio  Giacomo  Ghiglione,  8, 
3i5. 

Fieschi  Gian  Luigi,  {Gio.  Aloise  da 
Ficsco^  Gio.  Loise,  Jo.  Loi^e.,  Jo. 
Luise),  tenta  invano  di  domare 
con  la  forza  la  sollevazione  popo- 
lare scoppiata  in  Genova  (  1 8  Lu- 
glio  i5o6),  ii,3i5;    rie.     11     n.  ; 


Indice    Alfabetico 


599 


è  costretto  ad  abbandonare  Geno- 
va, 12,  ■>!();  i  popolari  gli  permet- 
tono nella  stessa  sera  di  ritornarvi, 
i5,  3 18;  è  cacciato  nuovamente 
da  (ìenova  (20  Luglio  i5o()),  16, 
Jiy,  4J7;  si  ritira  a  Quarto,  indi 
a  Montoggio  e  di  lì  muove  a 
Tortona.  20,  3 19,  437;  invia  100 
fanti  a  Chiavari  ed  ordina  a  tutti 
i  luoghi  della  Riviera  di  Levante 
di  star  pronti  in  armi  e  di  non 
obbedire  agli  ordini  di  Genova,  23 
n.  2;  rie.  2  5  n.  ;  gli  anziani  lo 
invitano  a  ritornare  in  città;  si 
abbocca  con  gli  ambasciatori  po- 
polari inviati  al  Gleves,  26,  27;  i 
popolari  temono  che  egli  rientri 
in  Genova  col  governatore,  28;  il 
Gleves  infatti  subito  dopo  il  suo 
ingresso  lo  richiama  in  città  ed 
egli  vi  ritorna  per  la  valle  del 
Bisagno,  3i,  32o,  444,  447,  459; 
3i,  n.  2,  32  n;  e  si  fortifica  nella 
sua  casa  in  via  Lata,  32,  448,  459; 
corre  voce  che  il  governatore  gli 
abbia  mandato  a  dire  di  munirsi 
e  rafforzarsi  contro  i  popolari, 
33^  322;  tentativi  del  governatore 
di  persuadere  i  popolari  a  non 
muovere    contro    di     esso,    36^ 

322,  323;  sua  terza  cacciata  da 
Genova,  ripara  a  Quarto,  3y^  n.  i 

323,  444;  rie.  445,  448,  460;  corre 
voce  che  gli  giungano  soccorsi  dalla 
Lombardia,  38,  324;  siccome  i 
popolari  gli  muovono  contro,  la- 
scia Quarto  e,  per  Recco,  giunge 
a  Rapallo,  39,-326,  445;  rie.  40, 
327;  43;  44;  è  accertato  che  fu  in 
particolar  modo  il  popolo  minuto 


a  non  volere  che  egli  rimanesse  in 
Genova,  45,  n.  i,  444,  447,  448; 
rie.  450;  si  ritira  a  Fontanabona, 
47,  n.,  329,  445;  gli  sono  inviati  da 
Genova  due  ambasciatori  per  in- 
timargli di  desistere  da  ogni  im- 
presa a  danno  di  Genova,  49, 33o; 
rie.  5o;  5i,  332;  53;  54;  accuse 
contro  il  suo  mal  governo  nella 
Riv.  di  Levante,  460,  461;  i  po- 
polari vorrebbero  togliergli  Mon- 
toggio ed  altri  castelli,  ma  ne  sono 
trattenuti  dal  governatore  e  dal  re, 
62,  ,336,  461;  loro  continua  preoc- 
cupazione è  di  abbattere  la  potenza 
del  F. ,  467,  468;  luoghi  tolti  al 
F. ,  72;  il  F.  amico  al  governatore, 
73  n.  I,  462;  rie.  464;  si  avvia 
verso  Arquata,  y3.  n.  1;  pare  fosse 
in  relazione  col  cap.  Tarlatino, 
75  n;  rie.  76  n.  i;  si  abbocca  col 
Gleves  a  Busalla,  79;  è  chiamato 
alla  corte  di  Francia,  344;  parte  per 
essa  accompagnato  da  molti  gen- 
tiluomini, 346;  rie.  120;  giunge  a 
Blois  ove  ottiene  dal  re  di  Francia 
benigna  accoglienza,  i55  n.  2;  rie. 
1 88;  369;  notizia  del  suo  arrivo  alla 
corte  di  Francia,  370;  raccoglie 
tutti  i  nobili  in  Gasale  Monferrato, 
371;  rie.  3j~;  il  consiglio  di  Ge- 
nova propone  che  si  offra  allo 
Ghaumont  la  consegna  delle  ri- 
viere a  patto  che  si  proibisca  al 
F"ieschi  di  abitare  nel  genovesato, 
2o5 ,  382 ,  383;  il  F.  parte  da 
Milano  con  4000  uomini  per  ria- 
cquistare la  Riviera  di  Levante,  237, 
387;  è  presente  con  più  di  100 
gentiluomini   al  solenne   ingresso 


6oo 


Indice    Alfabetico 


di  Luigi  XII  in  Genova,  270,400; 
molti  dei  suoi  partigiani  ottengono 
gli  offici  del  comune,  410;  da 
Genova  ritorna  a  Montoggio,  416. 

Fieschi  Lorenzo,  governatore  di  Bolo- 
gna pel  pontefice  Giulio  II,  3^6. 

Fieschi  Nicolò,  cardinale  del  Frejus 
e  vescovo  di  Agde,  rie.  356,  n.  3. 

Fieschi  (palazzo),  rie.  12,  n.  2;  1 5; 
v.  anche  Genova,  (via  Lata). 

Fieschi  Paolo,  rie.  SSg. 

Fieschi  Paride,  la  sua  casa  in  piazza 
Squarciafichi  è  colpita  dai  tiri  del- 
l'" artiglieria  di  Castelletto,  jyG. 

Fieschi  (partigiani  dei),  tengono  for- 
tificate le  porte  di  S.  Stefano  e 
di  S.  Andrea,  ma  vengono  assaliti 
dai  popolari  che  le  tolgono  a  loro, 
38,  324;  alcuni  di  essi  sono  impic- 
cati a  Palazzo,  220,221 ,  n  1,  ìyy^ 
partito  dei  F.  rie.  245. 

Fieschi  Rolandino,  nipote  di  Gian 
Luigi,  cerca  di  aggirare  le  milizie 
popolari  presso  Recco  ma  essendo 
sconfitto  il  grosso  delle  truppe 
tìeschine  deve  anch'"  esso  ritirarsi, 
253. 

Fiesco  (da),  v.  Fieschi. 

Fieseo  Gio.  Aloise,  v.    Fieschi    Gian 

Luigi. 
Filippini  a.  p.,  Storia  della    Corsica, 
rie.  2  5  n. 

Filippo,  re  di  Castiglia ,  notizia  della 
morte  di  lui,  59  ,  3i6\  cenni  bio- 
grafici, 60  n.  I . 

Filo   (vico  del),  v.  Genova  (Vie). 

Finale  (borgo),  vi  dimora  Luigi  del 
Carretto,  56^  ìiì-^  ma  ne  deve  fug- 
gire per  r  arrivo  del  fratello  Al- 
fonso, 5j  ^  334;  deliberazione   di 


Genova  di  soccorrere  F.  in  caso  di 
assalto  da  parte  dei  nobili ,  1 42  , 
1 43,  48 1  ;  accorrono  da  F.  a  Genova 
i  capi  partito  Adorno  ,  alla  notizia 
della  venuta  dei  Fregoso,  176, 
177,  483. 

Finale  (cardinale  di),  v.  Carretto  (del) 
Carlo  Domenico. 

Finale  (  castello  di),  vi  entra  con  uno 
stratagemma  Alfonso  del  Carretto 
togliendolo  ai  fratelli  usurpatori , 
56,  57,  334. 

Finale  (marchesato  di),  riacquistato  dal 
legittimo  signore  Alfonso  del  Car- 
retto ai  fratelli  Carlo  Domenico  e 
Luigi  che  lo  avevano  spodestato , 
56,  334;  rie.  87;  pare  che  i  fra- 
telli muovano  con  un  esercito  con- 
tro di  esso,  347;  Carlo  Domenico 
riprende  al  fratello  il  dominio  del 
F.,  280  ,  41 1. 

Finale  (signore  di) ,  v.  Carretto  (del) 
Alfonso. 

Finalese,  v.  Finale  (marchesato!. 

Fiorentini,  rie.  74  n.  i  ;  nemici  ai  pi- 
sani, 75  n.;  rie.  92  n.  1;  in  guerra 
con  Genova  (an.  1378),  558. 

Fiorini  Vittorio,  rie.  XI  n.  2. 

Firenze,  rie.  45  n.  i;  2  58  n.  2;  giun- 
gono da  essa  a  Genova  notizie 
delParrivo  di  Ferdinando  il  Catto- 
lico a  Piombino,  416. 

Firenze  (ambasciatori  di),  alla  corte 
di  Francia,  467. 

Firenze  (archivi  di),  carte  pisane  ivi 
esistenti,  75  n. 

Fixi  di  Camogli,  v.  Tixi  di  C. 

Flisco  (de),  V.  Fieschi. 

Foglietta  Agostino,  eletto  pacificatore, 
i5,  3 18;  scelto  come  ambasciatore 


Indice    Alfabetico 


ÓOl 


al  re  di  Francia  ,  viene  invece  in- 
viato al  pipi,  <)_>  n.  I  ;  82;  ritor- 
nato a  Genova,  si  delibera  di  rin- 
viarlo alla  corte  pontificia  ,  ^ìGG  ; 
parte  per  essa  ,  ij4  ;  bandito  da 
Genova  reo  di  lesa  maestà  ,  409  . 
5Jo;  il  papa  impetra  invano  da 
Luigi  XHil  perdono  per  esso,  416: 
annoverato  nella  lista  dei  cittadini 
che  parteciparono  alla  fazione  po- 
polare.  5  5  1 . 

Fois  (signore  di),  muove  incontro  a 
Ferdinand)  il  Cattolico  per  accom- 
pagnarlo al  convegno  di  Savona 
e  nel  viaggio  si  trattiene  con  esso 
a  Genova,  418,  n.  i  ;  pernotta  in 
casa  di  Pasquale  de  Fornari,  419. 

Fonchexoles  (di)  Giacomo  ,  governa- 
tore di  Genova  mortovi  di  peste 
nel   I  5o5,  9. 

Fontana  Gerolamo,  incaricato  di  mu- 
nire le  bastie  ed  altre  opere  di 
fortificazione  contro  Tese  re  ito  tVan- 
cese^  2  56,  n.   i. 

Fontanabona,  vi  si  ritira  Gian  Luigi 
Fieschi,  47,  329,  445;  gli  vengono 
ivi  inviati  due  ambasciatori  da  Ge- 
nova, 49,  3Jo;  cento  uomini  di  F. 
partono  con  Filippino  Fieschi  con- 
tro la  Spezia  ,  49  ;  alla  podesteria 
di  Rapallo  e  F.  sono  preposti  Leo- 
nardo Merello  e  Gio.  Batta  di  Por- 
tofino, 226. 

Fontanabona  (conte  di) ,  suo  figlio  é 
bandito  da  Genova  perché  fautore 
dei  nobili,  5i   n.  3. 

Fontanabona  (di),  v.  Braccio  crudele 
di  F.,  Gerolamo  di  F.,  Stefanino 
detto  Rosa  di  F. 

Fornari  Benedettino ,  figlio    di   Man- 


fredo ,  riceve  V  avviso  che  dovrà 
far  le  veci  del  padre  se  questi  non 
potrà  seguire,  come  gli  fu  ingiunto, 
il  re  di  Francia  a  Milano ,  528. 

Fornari  Carlo ,  {Carlo  delli  Fonte  ), 
genovese  residente  a  Milano,  porta 
a  Genova  la  notizia  dei  preparativi 
francesi  in  Lombardia  contro  di 
essa,  237  n.  1  ,  385;  annoverato 
nella  lista  dei  cittadini  che  parte- 
ciparono alla  fazione  popolare  , 
552. 

Fornari  (famiglia),  la  nave  di  essa  ac- 
compagna la  fiotta  spagnuola,  333. 

Fornari  Manfredo,  eletto  anziano,  14 
n,  2  ;  deputato  alP  ufficio  per  la 
spedizione  contro  Monaco,  1 15  n.; 
rie.  140  n.  2,  476;  gli  è  ordinato 
di  seguire  il  re  a  Milano  e  in  suo 
luogo  potrà  andare  il  figlio  Bene- 
dettino, 408,  528;  annoverato  nella 
lista  dei  cittadini  che  partecipa- 
rono alla  fazione  popolare,  553. 

Fornari  Pasquale ,  nella  casa  di  esso 
pernotta  il  signore  di  Fois,  419. 

Fornari  Raffaele  {Raphael  de  Furna- 
riisj,  eletto  capitano  del  popolo  , 
3  1 4;  sue  proposte  in  un  consiglio 
in.  S.  Maria  di  Castello,  41  ;  inca- 
ricato per  tre  mesi  della  ammini- 
strazione del  comune,  172  ,  357  ; 
deve  abbandonare  detto  officio , 
366;  scelto  dai  mercanti  per  paci- 
ficare gli  animi  dei  cittadini,  3j3:, 
rie  .  385  ;  inviato  ambasciatore  al 
re  di  Francia  per  la  resa  di  Ge- 
nova, 267,  398;  scelto  dai  popolari 
come  loro  difensore ,  40 1  ;  eletto 
officiale  della  Balia,  273,  402,  53 1, 
534;  annoverato  nella  lista  dei  cit- 


602 


Indice    Alfabetico 


ladini  che  parteciparono  alla  fa- 
zione popolare,  55 1. 

Fornari  Stefano ,  bandito  da  Genova 
reo  di  lesa  maestà,  409,  5Jo. 

Forné,  v.  Fornari. 

Fossatello  (piazza  del) ,  v.  Genova 
(Piazze). 

Franceschi  (famiglia) ,  sulla  nave  di 
essa  sono  requisite  le  artiglierie 
per  rimpresa  della  Spezia,  332. 

Francesco  di  Arquata,  scelto  dai  popo- 
lari per  chiedere  al  governatore 
di  cacciare  Gian  Luigi  Fieschi  da 
Genova,  34,  32 1  ;  eletto  capitano 
per  raccogliere  fanti  a  guardia  di 
Genova,  39,  32  5;  rie.  40  n.  i;  com- 
missario per  la  spedizione  contro 
Pieve  di  Teco,  66^  94,  340;  com- 
missario a  P.  di  T.  loi  n.  i;  106; 
472;  480;  eletto  seniore  del  popolo, 
3y5  -^  gli  vien  dato  il  comando  di 
una  galera,  385  ;  viene  eletto  an- 
ziano, 402;  53o;  534  ;  annoverato 
nella  lista  dei  cittadini  che  parte- 
ciparono alla  fazione  popolare,  55 1 . 

Francesco  di  Camogli,  {Franciscus  de 
Camiilio),  notaro  eletto  capitano 
del  popolo,  3 1 4;  appartiene  al  par- 
tito Fregoso  e  sembra  amico  dei 
Fieschi,  359;  viene  eletto  officiale 
della  Balia,  402,  53o,  534;  anno- 
verato nella  lista  dei  cittadini  che 
parteciparono  alla  fazione  popo- 
lare,  552. 

Francesco  di  Lavaggi,  prigioniero  in 
Castelletto,  564. 

Francesco  di  Orléans,  conte  d''Angou- 
lème,  delfino  di  Francia;  feste  or- 
dinate in  Liguria    pel    suo  matri- 


monio con  la  figlia  di  Luigi  XII, 
6  n.;  rie.  34  n.,  432. 

Francesco  di  Orléans,  duca  di  Longue- 
ville,  è  al  seguito  di  Luigi  XII  nel- 
Pimpresa  contro  Genova,  257,  2  58; 
é  testimone  allo  concessione  dei 
privilegi  dati  da  Luigi  XII  ai  ge- 
novesi, 549. 

Francesco  di  Quarto,  rie.  480. 

Francesco  di  Recco,  è  inviato  come 
commissario  a  Recco  per  sedare 
alcuni  disordini  fra  partiti .  347  ; 
annoverato  nella  lista  dei  cittadini 
che  parteciparono  alla  fazione  po- 
polare, 552. 

Francesco  di  Sarzana,  connestabile  , 
100  n.  2. 

Francesco  di  Trevixi,  governatore  i.i 
Genova  pel  duca  di  Milano,  (anno 
1436),  562. 

Francesco,  signore  di  Lussemburgo,  è 
al  seguito  di  Luigi  XII  nelPimpresa 
contro  Genova,  2  58. 

Francese  (esercito),  inviato  contro  (ìe- 
nova;  accampato  a  Voltaggio,  mi- 
naccia di  entrare  in  vai  Polcevera 
e  brucia  alcune  case  sui  Giovi,  254, 
394;  dal  campo  di  Busalla  scende 
in  vai  di  Polcevera  e  v''incendia  e 
saccheggia  molti  paesi,  2  55,  394; 
rie.  2  55  n.  i  ;  attacca  le  milizie  ge- 
novesi che  si  devono  ritirare,  260; 
pernotta  a  Rivarolo ,  261  ;  ma  si 
mantiene  a  contatto  con  le  forze 
genovesi,  264;  riaccesa  la  pugna, 
sconfigge  i  genovesi,  2G5,  n.  i;  le 
truppe  francesi  fanno  bottino  delle 
armi  consegnate  dai  vinti,,  271  ; 
commettono  ruberie,  272  ,  403  , 
4o5;  due  soldati  francesi  sono  im- 


Indice    Alfabetico 


6o3 


piccati  per  avere  oltraggiato    una 
genovese,  413. 
Francese  (flotta),  appare  dinanzi  a  Mo- 
naco, 236,  386;  veleggia  verso  Ge- 
nova per  unirsi  a  quattro  galee  e 
due  fuste  inviate  in   soccorso    dal 
re  di  Napoli,  2  36  ,  386;  si  unisce 
ad  esse,  2 36  n.  3;    388;   compare 
a  Savona,  389;  indi  a  Cornigliano 
e  poco  dopo   entra  nel    porto    di 
Genova,  244,  390  ;  bombarda  per 
breve  tempo  la  città  e  poi    si    di- 
rige al  golfo  della  Spezia;  vi  tenta 
uno  sbarco  che  viene  respinto  dal 
marchese  di  Goano,  245;  392;  en- 
tra nel  porto  di   Genova  dopo  la 
resa  della  città  al    re  di  Francia, 
399;  spara  a  salve  pel  solenne  in- 
gresso del  re  in  Genova  ,  270, 
Francese  (governo)    in  Genova,  favo- 
risce i  nobili  a   scapito   dei  popo- 
lari, 3 ,  rie.  4.5. 
Francese  (guarnigione)  in  Castelletto, 
si  difende    strenuamente  dagli  as- 
salti dei  genovesi,  234,  235  ,  387, 
338. 
Francesi,  rie.  75  n.  ;  88  n.  4;  un  ca- 
stello in  Lombardia  si  ribella    ad 
essi,  374;  rie.  189  n.    i. 
Francesi  (aiuti)  per  il  castello  di  Mo- 
naco assediato  dai   genovesi,    170 
n.  I, 
Francesi  (signori),  rie.  112,  n.  2. 
Franchi  (de)  Anfreone,  {Anfreone  de 
Francis)  ,  é  mandato  a   prendere 
il  castello  di  Portofino,  224. 
Franchi  (de)  Bartolomeo,  commissario 

alla  Spezia,  53  n.   i. 
Franchi  (de)  Borgaro  Matteo,  [Mathia 
BorgaroJ,  incaricato  di  provvedere 


le  stanze  pei    rivieraschi    chiamati 
dal  comune  in  Genova,  229  n.   i; 
deputato  alla  presa  del  Castelletto, 
2  3o,  384;  riceve  il  comando  di  una 
galera ,  386  ;  viene  a  contesa  con 
alcuni  nobili,  404;  annoverato  nella 
lista  dei    cittadini    che   partecipa- 
rono alla  fazione  popolare,  552. 
Franchi  (de)    Borgaro    Paolo ,  eletto 
per  procedere  contro  i  Fieschi,  62 
n.   I  ;  ambasciatore    alla    corte    di 
Francia,  82,  344;  istruzioni  impar- 
titegli, 457;  sue  notizie  sulla  corte 
e  sui  preparativi  dei  nobili,    370 , 
371;     annoverato    nella    lista    dei 
cittadini     che    parteciparono    alla 
fazione  popolare,  5  5 1 . 
Franchi  (de)  Borgaro    Tommaso  ,  in- 
via lettere  a  Giovanni  d''Oria,  171, 
355;     annoverato     nella  lista    dei 
cittadini    che    parteciparono     alla 
fazione  popolare,  552. 
Franchi  (de)  CocarelloGio.  Batta,  priore 
degli  anziani,  14, 3 17;  deputato  dal 
partito  Fregoso  a  regolare  gli  of- 
fici, 352;  scelto  come  ambasciatore 
aCarlo  d"'Amboise,  21 3, 366;  eletto 
seniore   del  popolo,    375  ;  inviato 
ambasciatore  al  re  di  Francia  per 
chiedere  un  limite  airabbattimento 
di  certe  case  ordinato  dal  Salazar, 
la  punizione    di   molti  malfattori, 
la  restituzione  delle  artiglierie  ecc. 
ecc.,  282,  283,  284,  41 3;  si  trova 
nella  lista  dei  cittadini  che  parte- 
ciparono alla  fazione  popolale,  55  i . 
Franchi   (de)    Gaspare ,    commissario 
nella  Riviera  di  Ponente,  145,  35 1, 
5oo;  i  commissari  al  campo  di  Mo- 
naco gli  inviano  lettere,  1 60,  5 1 1  ; 


604 


Indice    Alfabetico 


raccoglie  guastatori  per  V  esercito, 
169,  514  ;  rie.  184,  5i8  ;  eletto 
capo  di  3 00  fanti,  mandati  contro 
r  esercito  francese  del  d''  Allégre  , 
2  32  n.  2;  impiccato  dai  francesi  a 
Porto  Maurizio,  236,  388  ;  anno- 
verato nella  lista  dei  cittadini  che 
parteciparono  alla  fazione  popo- 
lare, 552. 

Franchi  (de)  Giuria  Antonio,  {Antonio 
de  Franchi  Juria)^  viene  a  contesa 
col  figlio  di  Angelo  Geba  ,  404  ; 
annoverato  nella  lista  dei  cittadini 
che  parteciparono  alla  fazione  po- 
polare, 553. 

Franchi  (de)  Jula  Bernardo,  eletto 
per  la  riforma  degli  offici ,  65^ 
scelto  dai  mercanti  per  pacificare 
gli  animi  dei  cittadini,  3/3;  eletto 
officiale  della  moneta  ,  53  i  ,  534; 
annoverato  nella  lista  dei  cittadini 
che  parteciparono  alla  fazione  po- 
polare, 552. 

Franchi  (de)  Lazzaro ,  scelto  dal  po- 
polo per  chiedere  al  governatore 
di  cacciare  Gian  Luigi  Fieschi  da 
Genova,  34,  32 1  ;  officiale  della 
Balia,  5o2,  514,  519  ;  eletto  consi- 
gliere del  doge,  392  ;  annoverato 
nella  lista  dei  cittadini  che  parte- 
ciparono alla  fazione  popolare,  5  5 1 . 

Franchi  (de)  Leonardo  ,  commissario 
di  Chiavari,  riceve  Pordine  di  ab- 
battere il  castello  di  C.,  23 1  n.  i; 
lettere  inviategli  dal  comune  di 
Genova,  233  n.;  da  Genova  è  rin- 
viato a  Chiavari,  241,  242,  n.    i. 

Franchi  (de)  Luxardo  Bartolomeo  , 
inviato  commissario  alla  Spezia,  5 1  ; 
lettere   inviategli    dal  comune    di 


Genova,  100;  avvisa  gli  anziani 
delPavvicinarsi  di  Ottaviano  e  Gian 
Maria  Fregoso,  171;  annrnzia  Fin- 
felice  esito  dello  sbarco  della  flotta 
franco-spagnola  nel  golfo  della  Spe- 
zia, e  chiede  se  i  prigionieri  si 
debbano  impiccare,  245  n.  3. 

Fianchi  (de)  Luxardo  Battista,  eletto 
capitano  di  Genova,  559;  indispo- 
destato, 559;  sfugge  al  pericolo  di 
essere  decapitato  (an.   1401),  56o. 

Franchi  (de)  Luxardo  Gio.  Batta,  eletto 
commissario  a  Chiavari,  46,  329; 
annoverato  nella  lista  dei  cittadini 
che  parteciparono  alla  fazione  po- 
polare, 55 1. 

Franchi  (de)  Luxardo  Giovanni ,  in- 
viato a  requisire  i  vini  e  le  vetto- 
vaglie che  si  trovano  nei  conventi 
del  Boschetto  e  della  Certosa , 
2  56,  n.   I. 

Franchi  (de)  Paolo,  ambasciatore  po- 
polare alla  corte  di  Francia,  i55, 
n.  2  ;  riceve  P  avviso  che  dovrà 
far  le  veci  di  Giacomo  de  Sopra- 
nis  se  questi  non  potrà  seguire, 
come  gli  fu  ingiunto  ,  il  re  a  Mi- 
lano, 528. 

Franchi  (de)  Toso  Pantaleone,  com- 
missario a  Chiavari,  54,  n.  2,  452; 
rie.   100;   108  n.  2;    175  n.  2, 

Francia  {Fran:^a\  grido  dei  popolari 
nelle  sommosse  contro  i  nobili, 
IO,  315;  16,  3i8,  434;  34,  32i  ; 
gridato  dai  sindici  della  Spezia 
passando  sotto  il  governo  popo- 
lare, 45 1  ;  viene  emanato  un  bando 
che  ordina  di  gridare  soltanto  : 
Francia,  Francia,  e  se  si  vuol  gri- 
dare :  evviva  il  popolo,  bisogna  che 


Indice  Alfabetico 


6o5 


sia  preceduto  dalla  parola  «  Fran- 
cia »  21 1  n.  2;  è  il  solo  grido  per- 
messo dai  nuovi  privilegi  del  re 
di  Francia,  546;  vi  si  prepara  una 
spedizione  contro  Genova,  181  ;  i 
genovesi  sono  trascinati  alla  guerra 
colla  F.  2•^o  5  rie.  25 1  n.  1  ;  leti- 
zia in  F.  per  la  vittoria  delle  armi 
francesi  s.i  Genova,  268  ;  ne  ri- 
torna Gerolamo  Fieschi,  36y^  rie. 
336^  41 G,  429. 

Francia  (ambasciatore  di),  a  Napoli , 
59  n.  I  ;  sue  notizie  sui  rapporti 
di  Genova  con  Ferdinando  il  Cat- 
tolico,  i85,  36j. 

Francia  (corte  di),  rie.  6  n.  ;  2  i  n.  ; 
carteggio  tra  essa  e  Genova ,  22  , 
n.  I  ;  due  ambasciatori  nobili  di- 
retti ad  essa  sono  trattenuti  dal 
governatore  di  Genova  ,  22  ;  vi 
giunge  Pambasciatore  dei  popolari 
genovesi  N.  Oderico  ,47  n.  ;  rie. 
93;  rapporti  della  corte  con  Lu- 
ciano Grimaldi,  112  n.  ;  vi  giun- 
gono gli  ambasciatori  nobili  geno- 
vesi, 120;  e  quelli  popolari,  122  ; 
rie.  121  n.  I  ;  122  ;  i23  ;  vi  ripa- 
rano nobili  genovesi,  i55  ,  n.  2  ; 
rie.  i56;  giungono  da  essa  noti- 
zie sconfortanti  dagli  ambasciatori 
genovesi ,  1 79  ;  la  «  baronia  »  di 
F.  entra  col  re  in  Torino ,  248  , 
391;  rie.  3o6;  si  ordina  a  Gian 
Luigi  Heschi  di  venire  ad  essa , 
344;  il  Fieschi  vi  si  dirige  accom- 
pagnato da  molti  gentiluomini, 
346;  rie.  522.  V.  anche  Bourges  ; 
Blois;  Genova  (Ambasciatori  nobili), 
(Ambasciatori  popolari). 


Francia  (delfino  di),  v.  Francesco  d'Or- 
léans, conte  d"'Angoulème. 

Francia  (forze  di),  rie.   12 5. 

Francia  (soldati  di),  rie.   i3o. 

Franzoni,  Istruzioni  ad  Ambasciatori^ 
27  n.  3;  57  n.  2;  60  n.  2;  errori 
di  date,  95  n.  3;  96  n.;  107  n.   i. 

Fraschette ,  la  fanteria  francese  si 
avvia  alla   volta  di  F.,  248,  391. 

Fregosino,  rie.  Gj  n.  2. 

Fregoso  Agostino,  padre  di  Federico, 
v.  Fregoso  F. 

Fregoso  Alessandro,  alla  notizia  della 
sollevazione  popolare  in  Genova 
tenta  di  lasciare  Roma  per  rag- 
giungere la  patria,  ma  il  papa  glielo 
impedisce,  G-j  n.  2. 

Fregoso  Battista,  tenta  invano  di  to- 
gliere il  dogato  al  fratello,  (an. 
1437),  563. 
•  Fregoso  (capi  -  partito,  cappellacci  ), 
Giano  e  Ottaviano  tentano  entrare 
in  Genova,  170,  35~\  giungono  a 
Borghetto  di  Vara,  il  comune  in- 
tima loro  di  uscire  dal  territorio 
genovese,  171,  357;  rispondono 
essere  venuti  per  il  bene  della 
patria,  172,  358;  arrivano  a  Sestri 
Levante,  174,  358;  entrano  in  Ge- 
nova,i74;  175  n.  i  ;  rie.  17G  n.  3; 
il  loro  tentativo  contro  Genova  è 
creduto  per  qualche  tempo  alla 
corte  di  Francia  come  opera  dei 
popolari,  216,  523;  si  parla  di  un 
cappellaccio  Fregoso,  355. 

Fregoso  (cardinale) ,  abolisce  V  officio 
dei  capitani  delle  riviere,  475. 

Fregoso  {Campofregoso)  (famiglia), 
appartiene  al  partito  dei  popolari, 
16  n.  I. 


6o6 


Indice    Alfabetico 


Fregoso  Federico,  figlio  di  Agostino, 
ènominatoda  Giulio  H  arcivescovo 
di  Salerno,  404. 

Fregoso  Giacomo,  (Jacobo  de  Cam- 
pofrego^o)^  eletto  doge  (an.  1390), 
558. 

Fregoso  Giano  (Maria),  alla  notizia 
della  sollevazione  popolare  in 
Genova,  tenta  di  lasciare  Roma 
per  raggiungere  la  patria,  ma  il 
papa  glielo  impedisce,  6'j  n.  2  ; 
rie.  170  n.  I  ;  muove  col  fratello 
Ottaviano  da  Bologna  verso  Ge- 
nova, 171,  357  ;  pare  sia  entrato 
con  esso  in  Genova,  175  n.  ;  è 
posta  una  taglia  per  il  suo  arresto, 
!  76  ;  citato  a  comparire  in  giu- 
dizio, 179,  180,  372  ;  rie.  194 
n.  2. 

Fregoso  Ottaviano,  alla  notizia  della 
sollevazione  popolare  in  Genova 
tenta  di  lasciare  Roma  per  rag- 
giungere la  patria,  ma  il  papa 
glielo  impedisce,  67  n.  2  ;  è  indotto 
da  Andrea  d''Oria  a  recarvisi,  1 70, 
n.  I  ;  lasciata  Bologna,  si  dirige 
alla  Spezia,  è  segnalato  a  Borghetto 
di  Vara,  171,356,357;  sMmbarca 
a  Sestri  Levante  per  ignota  desti- 
nazione ;  pare  sia  sbarcato  a  Sam- 
pierdarena  o  a  Genova,  174,358; 
viste  inutili  le  esortazioni  ai  suoi 
partigiani  di  levarsi  in  armi ,  si 
ritira  ;  a  Camogli  abbandona  il 
leudo  e  le  armi  per  aver  salva  la 
vita,  175,  359  ;  175  n.  i  ;  è  posta 
una  taglia  per  il  suo  arresto,  i  jG  ; 
rie.  177,  n.  1,  359,360;  citato  a 
comparire  in  -.iudizio,  179,  180, 
n.   I,    362  ;  ri:.   194  n.  2. 


Fregoso  ("partito),  in  opposizione  a 
quello  degli  Adorno,  si  unisce  per 
poco  con  questo  per  opporsi  ai 
nobili,  314;  metà  degli  officiali 
civili  sono  scelti  da  esso,  84,  344; 
liti  col  partito  Adorno,  84.  1 1 5  ; 
impone  il  mutamento  dei  cancel- 
lieri di  Palazzo  e  di  S.  Giorgio 
perchè  di  parte  Adorno,  146; 
rie.  1  53  ;  170  n.  i  ;  si  risente  della 
venuta  in  Genova  dei  capi  partito 
Adorno,  177  ;  appartiene  ad  esso 
P  autore  del  Diario  degli  anni 
i5o6-oj;  3o8,  309  ;  rie.  304  ;  345; 
347;  359;  36 1  ;  38 1  ;  è  ricordato 
come  quello  che  istituì  per  primo 
Tofficio  dei  capitani  delle  riviere, 
475  ;  il  grido  :  Fregoso,  è  proibito 
nei  nuovi  privilegi  concessi  dal  re 
di  Francia,  546. 

Fregoso  Pietro  ,  doge  di  Genova 
(an.  1450),  296  ;  sue  convenzioni 
col  popolo  di  Genova,  554,  ^  '• 

Fregoso  Tommaso  f^T'/iomajro  Campo- 
fregolo)  ,  capitano  popolare  in 
Genova,spodesta  Barnaba  da  Goano 
e  viene  eletto  doge  (an.  141 5);  cede 
Genova  a  Filippo  Maria  Visconti, 
(an.  1421),  56 1  ;  è  rieletto  doge, 
(an.  1437),  563;  viene  spodestato 
e  imprigionato  da  Gian  Antonio 
Fieschi  (an.  1442),  563. 

Fregoso  Tommasino ,  copre  per  il 
primo  la  carica  di  capitano  delle 
riviere,  475. 

Frejus  (cardinale  di),  v.  Fieschi 
Nicolò. 

Fritolo,  è  impiccato  in  Fossatello,  408. 

Furnari,  v.  Fornari. 


Indice  Alfabetico 


607 


Galiano  Pantaleone,  sindaco  di  Venti- 
miglia,  474. 

Gallo  Antonio  ,  cronista  genovese  , 
rie.  3  I  o. 

Gallo  Bernardo ,  eletto  seniore  del 
popolo,  375;  annoverato  nella  lista 
dei  cittadini  che  parteciparono  alla 
fazione  popolare,  553. 

Gallo  Paolo,  {Paulo  Galó)^  gli  vien 
dato  il  comando  di  una  galera , 
386  ;  annoverato  nella  lista  dei 
cittadini  che  parteciparono  alla 
fazione  popolare,  553. 

Gambacorta  Pietro,  (Pefro  Gamba- 
curta) ,  capitano  pisano  ai  servizi 
di  Genova ,  è  inviato  a  Sarzana 
per  assoldare  fanti  per  Genova,  49; 
è  a  capo  della  guarnigione  di  Chia- 
vari, 335  ;  eletto  governatore  del- 
Tesercito  genovese,  74,  454;  parte 
per  la  spedizione  di  Pieve  di  Teco, 
94,  342,  456;  incaricato  di  studiare 
un  piano  per  la  espugnazione  di 
Monaco ,  98  ;  scrive  agli  anziani , 
loi,  n.  2;  riceve  ordine  dipartire 
per  Ventimiglia,  101;  non  approva 
la  spedizione  contro  Monaco,  102, 
470,  471  ;  rie.  102  n.  ;  trattenuto 
con  le  truppe  ad  Albenga  ,  i  o5  ; 
parte  poi  per  Ventimiglia  ,  i  of) , 
128,  rie.  129  n.  i;  137;  stima 
opportuni  grandi  rinforzi  per  po- 
ter prendere  Monaco,  147,  497;  è 
lodato  dai  commissari,  1 58  ,  5o5  ; 
198,  520;  e  da  Luigi  di  Bervey  , 
1 59,  509;  propone  che  s''  invii  a 
Genova  Alarame  di  Bozolo  per 
annunziare  lo  stato  miserando  del 


campo  e  chiedere  soccorsi,  199, 
520  ;  dopo  lo  sfortunato  assalto 
alla  rocca  di  Monaco  si  ritira  con 
r  esercito  a  Ventimiglia,  donde  i 
genovesi  attendono  invano  che  esso 
accorra  a  Genova,  2  5o;  rie.  484; 
490;   5oo;    5o5. 

Garaventa  Andrea,  bandito  da  Genova 
perchè  fautore  dei  nobili,  5  i   n.  3. 

Garbo,  località  in]  valle  di  Polcevera, 
difesa  dai  genovesi  contro  i  francesi, 
262,  396. 

Garibaldi  Ijovenzo^  [Laurentio  de  Ga- 
ribaldo\  scelto  dagli  artigiani  per 
pacificare  gli  animi  dei  cittadini , 
373  ;  annoverato  nella  lista  dei 
cittadini  che  parteciparono  alla 
fazione  popolare,  552. 

Garibo  Cristoforo,  sindico  di  Porto 
Maurizio,  474. 

Gattières  (di),  v.  Grimaldi  Francesco 
di  G.,  Grimaldi  Manuele  di  G. 

Gattières ,  dominio  di  un  ramo  della 
famiglia  Grimaldi,  149  n.  2. 

Gatto  Bernardo,  eletto  per  la  riforma 
degli  offici,  66. 

Gatto,  insegna  dei  Fieschi,  34,  460. 

Gavi,  vi  si  raccolgono  i  nobili  fuggiti 
da  Genova  e  decidono  di  mandare 
Andrea  d"'  Oria  al  re  come  loro 
difensore,  20;  gli  ambasciatori  po- 
polari a  Carlo  d''Amboise  ritornano 
per  la  via  di  Gavi  a  Genova , 
216  ,  522;  rie.  563. 

Gavoto  Paolo ,  [Pauliis  Gavotus)^ 
priore  di  S.  Agostino,  promette 
di  pregare  per  la  salvezza  di 
Genova  ,  442. 

Gazarla  (officio  della),  v.  Genova  (Of- 
fici). 


6o8 


Indice  Alfabetico 


Genova  (Ambasciatori)  di  G.  a 
Napoli,  59  n.  I,  incontro  a  Ferdi- 
nando il  Cattolico  a  Portovenere, 
414. 

—  (Ambasciatori  nobili)  a 
Giulio  II  papa,  79,  344,  464;  a 
Luigi, XII,  re  di  Francia,  20;  22; 
giungono  alla  corte  e  ricevono 
onorevole  accoglienza  dal  re,  120, 
12 1  ;  presentano  un  memoriale, 
121  n.  I  ;  il  re  concede  loro  una 
nuova  udienza,  i55  n.  2;  rie.  168 
n.  \  ;  offrono  al  re  centomila  ducati 
perchè  mandi  un  esercito  contro 
Genova,  179,  362. 

—  (Ambasciatori  popolari) 
a  Carlo  di  Chaumont  d''Amboise, 
5  n.  2;  20;  27;  nuovi  amba- 
sciatori al  medesimo,  366^  522; 
accompagnano  il  Roccabertino 
nella  sua  partenza  da  Genova, 
21 3,  375,  522;  notizie  retrospettive 
su  detta  ambasceria,  21 3,  214, 
n.  3;  giunti  a  Serra  valle  non  osano 
proseguire,  21 5,  n.  i,  376,  522; 
molestati  dai  nobili  vanno  sino  a 
Novi  e  di  qui  pure  debbono  partir- 
sene per  le  insolenze  dei  francesi 
e  ritornare  a  Genova,  216,  3j6^ 
3']j\  si  eleggono  due  ambasciatori 
al  d''  A.  accampato  sotto  Genova, 
per  trattare  accordi  con  esso,  2  63, 
397.  —  a  Ferdinando  il  Cattolico, 
()0,  n.  2;  rie.  95  n.  3.  —  a  Filippo 
di  Cleves  di  Ravensteih,  5  n.  2; 
19,  319;  istruzioni  loro  impartite, 
23,  24;    si    abboccano    con  Gian 

Luigi  Fieschi  ^  scrivono  di  averlo 
trovato  proclive  al  nuovo  governo; 


26,  27,  28,  29;  fan  parte  del  con- 
siglio del  22  ottobre  i  5o6,  71,  n. 
I,  340;  ricevono  le  città  tolte  al 
Fieschi  per  consegnarle  al  gover 
natore,  72  n.  1.  —  a  Giulio  II, 
loro  elezione,  82,  n.  2;  e  loro  par- 
tenza, 83,  n.  2,  346;  sono  accolti 
benignamente  dal  pontefice,  i23, 
124,  355;  loro  ritorno  a  Genova, 
182  n.  2,  i83  n.,  3(S3\  si  decide  di 
rinviarli  alla  corte  pontificia,  36(5; 
partono   per    essa,  374;  rie.    5oi. 

—  a  Luigi  XII  re  di  Francia,  5 
n.  2;  rie.  6  n.  i;  19;  79,- prossimo 
loro  invio,  80  n.  2;  giorno  della  loro 
elezione,  82  n.-  2;  e  loro  partenza 
83,  n.  i;  istruzioni  loro  impartite, 
91  n.  5,  93  n.  1,99,  4^7;  "c.  120; 
loro  arrivo  alla  corte,  dove  non 
ottengono  udienza,  122;  gli  anzia- 
ni danno  loro  notizie  e  istruzioni, 

122,  123,  124  n.  i;  scrivono  al 
comune  di  non  avere  ottenuta 
udienza  dal  re,  i55  n.  2,  179,  362; 
scrivono  da  Lione  di  essere  stati 
licenziati  dal  re  e  annunziano  lo 
invio  di  Carlo  di  Chaumont  con- 
tro Genova,  184,  366;  nuovi  am- 
basciatori al  re  accampato  col  suo 
esercito  sotto  Genova  per  stabilire 
i  patti  della  resa;  non  sono  rice- 
vuti e  vengono  mandati  al  cardi- 
nale d"'  Amboise,  267,  398;  discus- 
sione sul  giorno  del  loro  invio, 
267  n.  2;  nuovi  ambasciatori  al 
re  per  far  segnare  un  limite  air  ab- 
battimento delle  case  ordinato  dal 
Salazar  ,  per  la  punizione  dei 
malfattori  di  Castelletto  e  di 
capo    Faro    qzz.^    282,    283^    284, 


Indice  Alfabetico 


609 


41 3;  risposta  dei  detti  ambascia- 
tori, 284,  285,  rie.  5 12. 
Genova  (Anziani),  i  popolari  per 
sostenere  le  proprie  ragioni  dinanzi 
agli  A.  eleggono  dodici  capitani;  i 
nobili  per  la  stessa  causa  ne  eleggono 
quattro,  7,  3 14;  avendo  ottenuta 
la  legge  dei  due  terzi  degli  uffici, 
i  popolari  procedono  alla  elezione 
di  nuovi  A.  i3,  14,  n.  2,  3  16,  317; 
i  nuovi  Anziani  cavalcano  per  la 
città,  licenziano  i  sestresi  e  i  pol- 
ceveraschi  accorsi  in  Genova  in 
aiuto  dei  popolari  ;  mandano  una 
grida  che  tutti  depongano  le  armi, 
14,  317;  ripetono  detta  grida,  1 6, 
319;  deliberano  d'' inviare  Nicolò 
Oderico  al  re  di  Francia,  Antonio 
di  Lerici  a  Carlo  d'Amboise,  Bar- 
tolomeo di  Ceva  a  Filippo  di  Cle- 
ves,  18,  19,  3 19  ;  ordinano  la  so- 
spensione delle  cause  in  cui  abbia 
parte  Nicolò  Oderico,  19,  n.  2;  ri- 
cevono dal  re  ordine  di  far  deporre 
le  armi  e  avviso  delP  invio  a  Ge- 
nova di  Carlo  d''Amboise,-  si  affret- 
tano a  rispondergli  che  la  città  è 
tranquilla  e  non  fa  d^iopo  delPin- 
tervento  del  luogotenente  generale, 
■21,  22,  428,  430;  22  n.  ;  rie  43  1  ; 
ricostruzione  del  carteggio  fra  gli 
Anziani  e  il  re,  22  n.  1;  lettere  a 
Gian  Luigi  F'ieschi  in  cui  lo  invi- 
tano a  ritornare  in  città,  26  ;  racco- 
mandazioni agli  ambasciatori  presso 
il  Cleves  di  non  perderlo  di  vista, 
i']\  letf ere  allo  Chaumont  avvisan- 
dolo che  la  città  è  quieta  e  non 
occorre  quindi  che  egli  venga  a 
Genova,  27,  430,  431  ;  lettere  al- 


l'' ambasciatore  Antonio  da  Lerici 
lodando  il  suo  operato  presso  lo 
Chaumont,  27,  n.  i;  carteggio  con 
gli  ambasciatori  e  col  Ravens<:ein 
ad  Asti,  28  ,  29 ,  n.  3  ;  vanno  in- 
contro al  governatore  di  Genova, 
29,  3o,  320;  in  lettere  scritte  a  Ni- 
colò Oderico  gli  danno  nuove  del- 
Farrivo  del  governatore  e  di  Gian 
Luigi  Fieschi  a  Genova,  3o,  n.  1, 
n.  2;  lettere  al  re  sullo  stesso  ar- 
gomento ,  32  n.  ;  i  comizi  per  le 
elezioni  di  nuovi  A.  vengono  ri- 
mandati per  ordine  del  governa- 
tore che  proroga  i  poteri  agli  A. 
uscenti,  ii-,  320;  rie.  33  n.  2  ,  34  n.; 
loro  adunanza  in  piazza  de  Ma- 
rino per  prendere  provvedimenti 
contro  i  Fieschi,  35,  322;  vani  ten- 
tativi di  accordo  tra  essi  e  il  go- 
vernatore circa  Gian  Luigi  Fieschi, 
iO)^  322,  32  i;  elezione  di  nuovi  A. 
(5  settembre  1 5o6),  38,  324,  n.  i, 
32  5,  445;  invitano  i  religiosi  di 
Genova  a  pregare  per  la  pace  cit- 
tadina, 39  n.  1,  441;  rie.  40  n.  1; 
viene  sanzionata  dal  popolo  in  un 
grande  consiglio  a  S.  Maria  di  Ca- 
stello Topera  dei  vecchi  A.  e  Te- 
lezione  dei  nuovi,  41  ,  328  ,  445  ; 
rie.  42,  n.  i;  lettere  a  N.  Oderico 
sugli  ultimi  avvenimenti  di  Genova 
ed  istruzioni  in  proposito ,  47  n., 
443;  lettere  al  re  per  informarlo 
degli  ultimi  avvenimenti,  447;  con- 
vocano gli  uffici  di  Genova  per 
deliberare  sulla  diminuzione  di  al- 
cune gabelle,  48  n.  i  ;  avvisano  i 
commissari  della  Spezia  delle  mosse 
dei  Fieschi,  49;  esortano  i  sindaci 


6io 


Indice    Alfabetico 


ed  il  consiglio  della  Spezia  a  re- 
sistere a  Filippino  Fieschi ,  49  n.  i  ; 
annunziano  alP  Oderico  P  occupa- 
zione della  Spezia  da  parte  dei 
Fieschi,  5o  n.  1,  n.  2;  ricevono  no- 
tizia della  presa  di  Chiavari  da 
parte  delle  truppe  genove5Ì ,  54  ; 
aiutano  Alfonso  del  Carretto  a  ri- 
togliere il  marchesato  del  Finale 
ai  fratelli  usurpatori,  56^  3J4;  in- 
viano ambasciatori  al  re  di  Ara- 
gona a  Portofino,  60;  proposte  di 
riforme  nella  loro  elezione  ,  G  i  , 
3  38,  469;  incaricano  Fambasciatore 
N.  Oderico  di  ottenere  che  le 
riviere  sieno  unite  sotto  il  gover- 
natore di  Genova,  68;  tentano 
di  calmare  con  lettere  ossequien- 
tissime lo  sdegno  del  re  di  Fran- 
cia per  la  conquista  della  Spezia 
e  di  Chiavari,  69;  spediscono  let- 
tere airOderico  per  rimproverarlo 
di  essersi  allontanato  qualche  giorno 
dalla  corte,  69  n.  2;  ricevono  let- 
tere deirOderico  da  Bourges ,  70 
n.  1  ;  raccolti  in  consiglio  col  go- 
vernatore ,  la  Balia  etc.  decidono 
la  consegna  delle  riviere  al  re,  71, 
340;  72;  inviano  lettere  al  re,  71 
n.  2;  73  n.  i;  79  n.  1;  dichiarano 
di  aver  ceduto  al  volere  dei  tri- 
buni circa  Teditto  contro  i  nobili, 
79;  lettere  al  re,  a  Filippo  di  Cle- 
ves  e  a  N,  Oderico,  80  n.  25  Ode- 
rico li  avvisa  di  aver  consegnato 
la  lettera  al  re  ,  8 1  n.  ;  venuti  a 
conoscenza  dello  sdegno  del  re 
per  la  non  avvenuta  consegna,  ri- 
spondono di  aver  dovuto  cedere 
alla  prepotenza  della  plebe,  81   n.; 


prorogano  il  tempo  per  il  ritorno 
dei  nobili,  81  n.  1,342,  343;  sono 
biasimati  dal  re  per  Teditto  contro 
i  nobili,  rispondono  difendendo  il 
loro  operato,  81  n.  i  ,  465  ;  rie. 
110,  n.  2;  emanano  un  avviso 
circa  la  sospensione  di  un  editto 
contro  Savona  ,83  n.  3  ,  84  n.  ; 
loro  elezione  secondo  la  nuova 
riforma,  84,  344,  345,  346;  rie.  99 
n.  1;  istruzioni  ai  due  nuovi  am- 
basciatori inviati  a  Luigi  XII,  457; 
ammoniti  dal  duca  di  Savoia  di 
non  muovere  contro  Mentone  e 
Roccabruna,  104,  346;  gli  rispon- 
dono che  le  loro  mire  son  rivolte 
soltanto  contro  Monaco  ,  i  o5  ;  rie. 
347;  i  commissari  della  Pieve  li 
dissuadono  dalPimpresa  contro  Mo- 
naco, 102,  io5;  e  li  avvisano  della 
mancata  partenza  delle  truppe  da 
Albenga  per  Ventimiglia ,  io5  , 
n.  3;  ricevono  lettere  da  N.  Ode- 
rico sullo  sdegno  del  re  di  Plan- 
cia, 109,  110,  ii3  n.  i;  stringono 
patti  con  un  ignoto  che  assicura 
di  prendere  Monaco  in  22  giorni, 
114  n.  1 ,  1 1 5  n;  adunano  un  con- 
siglio per  raccogliere  danari  per 
la  spedizione  di  Monaco,  116;  ri- 
cevono dai  due  ambasciatori  ve- 
nuti da  Torino  notizie  contradit- 
torie  circa  gP intendimenti  del  duca 
di  Savoia  su  Monaco,  1 1 7;  N.  Ode- 
rico li  informa  delP  arrivo  degli 
ambasciatori  nobili  alla  corte  di 
Francia,  delPudienza  loro  concessa, 
della  condotta  da  lui  tenuta,  del- 
P  arrivo  dei  nuovi  ambasciatori 
popolari,  120,  121,  122;  scrivono 


Indice    Alfabetico 


61 1 


a  N.  Oderico  che  non  possono 
consegnare  al  re  i  castelli  da  lui 
richiesti,  122;  lodano  N.  Oderico 
per  la  risposta  alle  accuse  dei  no- 
bili e  gli  danno  nuove  istruzioni, 
12  3;  inviano  lettere  al  re,  al  go- 
vernatore di  Genova  ed  al  legato 
apostolico  raccomandando  gli  am- 
basciatori che  sono  alla  corte,  iz'i 
n.  i;  ricevono  lettere  da  Alfonso 
del  Carretto ,  482  ;  grida  ai  ban- 
chieri ,  145,351;  lettera  ai  com- 
missari al  campo  di  Monaco,  148, 
n.  i;  al  signore  d''Allégre  lagnan- 
dosi dei  nobili  di  Savona,  i53,  5oi; 
e  meravigliandosi  che  egli  tema 
un  assalto  dei  gen.  contro  di  essa, 
1  54  ;  rinviano  B.  Veneroso  a  To- 
rino per  tentare  un  accordo  col 
duca  di  Savoia,  i56;  loro  politica 
pacifica  verso  il  duca,  i65  ,  166  , 
167;  rie.  357  ;  per  il  minacciato 
arrivo  dei  capi  partito  Fregoso 
inviano  due  commissari  nella 
Riviera  di  Levante,  171,  J57  ; 
rie.  17J  n.;  avvisano  i  supremi 
commissari  di  avere  eletto  altri  sei 
colleghi,  178;  mandano  ordini  ai 
commissari  ed  agli  officiali  della 
Riviera  di  Ponente  di  punire  seve- 
ramente i  disertori  del  campo  di 
Monaco,  184  n.  1;  due  anziani 
recansi  invano  a  Castelletto  a 
pregare  il  Salazar  di  restituire  i 
prigionieri  fatti  nella  chiesa  di  S. 
Francesco,  1 90;  annunziano  al  duca 
di  Savoia  che  B.  Veneroso  partirà 
per  Torino  non  appena  rimesso 
in  salute,  194;  scrivono  a  Nicolò 
Oderico  e  Simone   di  Giovo   che 


ritornano  dalla  Corte  di  Francia 
e  sono  trattenuti  a  Saluzzo  per 
non  aver  ricevuto  il  salvo-condotto 
dal  duca  di  Savoia ,  che  il  Vene- 
roso  procurerà  di  ottenerlo  da 
Carlo  n,  195  n.  2  ;  decretano  a 
Gaspare  Giudice  di  Ventimiglia  la 
cittadinanza  genovese  per  atti  di 
valore  e  di  devozione  compiuti 
sotto  Monaco,  198  n.  1;  ordinano 
di  sospendere  le  cause  in  cui  è 
implicato  Paolo  da  Novi,  essendo 
questi  andato  come  commissario 
al  campo  di  Monaco,  200  n.  1  ; 
ordinano  a  Paolo  da  Novi  e  agli 
altri  commissari  di  Monaco  di  ri- 
mandare le  artiglierie  tolte  a  Be- 
nedetto deir  Isola,  201  ,  n.  i  ; 
ingiungono  di  non  gridare  che 
«  Francia  »  e  se  si  vuol  gridare 
«  viva  il  popolo  »  si  faccia  precedere 
dalla  parola  Francia,  2  1  i  n.  2;  invia- 
no lettere  ad  Andrea  Cicero  affinché 
li  difenda  presso  Carlo  d'Amboise, 
214  n,  2,  21 5,  52 1;  senza  il  loro 
permesso  nessuno  può  lasciare  Ge- 
nova, 218,  n.  i;  proibiscono  di 
portare  calze  del  colore  di  qualche 
partito,  22  3  n.  ;  ordinano  di  con- 
segnare le  armi  appartenenti  ai 
nobili,  378  ;  ordinano  che  non  si 
parlamenti  con  quelli  di  Castelletto, 
né  si  diano  loro  sovvenzioni,  227 
n.;  concedono  ad  Allabre  de  Saule 
unsalvocondotto  per  venire  ad  un 
parlamento  ,  227  n.  i  ,  rie.  38 1  ; 
ordine  agli  abitanti  delle  tre  pode- 
sterie di  venire  con  le  loro  fami- 
glie e  con  le  loro  robe  a  Genova, 
228,  229  n.  i;  decisa  la  guerra  a 


6l2 


Indice    Alfabetico 


re  di  Francia,  ordinano    a    tutti  i 
cittadini  di  portare  i   loro  argenti 
alla  zecca,  23 1  :  emanano  gride  per 
far  preparare  alloggi    alle    truppe 
venienti  dalle  tre  podesterie  e  con- 
tro certi    malfattori    che  avevano 
derubato  alcuni  forestieri  e  geno- 
vesi, 235  n.   i;  rie.  243  n.  4;  scri- 
vono col  doge  agli   officiali    della 
Riviera    di  Ponente    informandoli 
degli  avvenimenti  di  Genova,  2  55 
n.   i;  256  n.  i;  decidono  di  inviare 
ambasciatori   al    campo    francese , 
526  ;  muovono  incontro  al  re    di 
Francia,  270;  elezioni  di  nuovi  A., 
273,  402;  prestano  giuramento  di 
fedeltà  al  re,  277  ,  n.   i  ,  533,  5J4; 
rie.  410;  scrivono  agli  ambasciatori 
presso  il  re  che    il    Salazar ,  mal- 
grado gli  ordini    regi,  continua  a 
'ar  abbattere  case  alla  Maddalena, 
285,  286  ;  vanno  a  presentare  gli 
omaggi  della  città  ai  reali  di  Spa- 
gna giunti  per  mare   a    Genova  , 
419;  rie    440;  441;  473:  474;  476 
n.   i^  481  ;  525  ;•  527  ;  528  ;  53o  ; 
538;  541  ;   54^  :  diritti   degli  A., 
544,  546;  A.  popolari  (an.  1398), 
558,  559. 
Gknova    (Archivi) ,  Civico  ,   possiede 
una  copia  del  Diario  genovese  degli 
anni  iSoG-O'j  appartenente  al  fondo 
Pallavicini,   295,    298;  rie.     3o3  ; 
3 10;   -    di  S.  Giorgio,  rie.  75   n. ; 
-   di  Stato,  rie.  XI  ;  6  n.;  9  n.  2  ; 
14  n,   I  ;  76  n.   I  ;    i3i    n.  2  ;  277 
n     1  ;    284  ;    possiede    una    copia 
del   Diario   genovese   degli    anni 
iSoó-oy    appartenente    al    'ondo 
Federici,  295,  296;  rie,  3oi  ;  3o3; 


3  io;  tutti  i    documenti    qui    pub- 
blicati appartengono  ad  esso,  42 1  ; 
rie.  564,  n.  2. 
Genova  (A  rcivescovato) ,  rie.  545. 

—  (Arsenale),  (dar^enale),  è  vi- 
sitato dal  re  di  Spagna  Ferdinando 
il  Cattolico,  419. 

—  (  A  r  t  e  fi  e  i  ) ,  (artigiani  0  popolo 
minuto)^  ottengono  coi  mercanti 
(kie  terzi  degli  offici  civili,  422, 
42  5  ;  rappresentano  la  parte  più 
accesa  del  popolo  di  Genova  e 
dominano  nelle  deliberazioni  del 
governo  popolare,  44,.  329;  45, 
n.  I  ;  qualche  artigiano  vorrebbe 
opporsi  alle  spese  eccessive,  5o, 
332  ;  adunanze  della  plebe  in  Santa 
Maria  di  Castello,  ìij^  338  ;  ele- 
zione dei  tribuni  della  plebe,  341, 
343  ;  le  compagnie  delle  arti  of- 
frono denari  e  fanterie  per  T  im- 
presa di  Monaco,  35 1  ;  rie.  404; 
si  raccomanda  al  doge  Paolo  da 
Novi  di  osservare  i  capitoli  e  le 
consuetudini  degli  Artefici  e  cer- 
care di  migliorarli,  241  ;  lista  degli 
Artefici  che  furono  di  fazione  po- 
polare, 55i  ;  rie.  554;    555;    556. 

—  (Banco  di  San  Giorgio), 
vengono  e'etti  quattro  deputati  a 
rivederne  i  debiti,  48,  n.  i  ;  il 
Comune  contrae  un  prestito  con 
esso  per  arruolare  3ooo  fanti,  5o, 
332;  rie.  337;  deliberazione  per 
r  impresa  di  Monaco,  116  n.  2, 
3 59  ;  somme  sborsate,  1 69  ;  1 77  ; 
339  ;  nuovo  prestito  per  V  impresa 
di  Monaco,  188,  369;  rie.  188  n.  2  ; 
191  ;  377  ;  nelle  compere  di  S.  G. 
Paolo    da    Novi     possedeva     vari 


n 


Indice  Alfabetico 


6l3 


luoghi^  23()  ;  il  re  di  Francia  ha 
intenzione  di  sopprimere  detto 
banco,  271  n.  i  ^  ma  riconferma 
poi  i  privilegi  di  esso,  40(5. 
Genova  (Biblioteche),  Beriana, 
rie.  277  n.  I  ;  ha  una  copia  del  Dia- 
rio genovese  degli  anni  iSoO-O'j, 
295,  2<jy,  3oo  ;  che  fu  tratta  da 
quella  delFArch.  di  Stato  in  Ge- 
nova, 3oi  ;  rie.  417  n.  3;  533 
n.  1  ;  —  Brignole-Sale,  rie.  564  n.  2. 

—  (  B  o  r  g  h  i  ) ,  di  S.  Stefano,  i  popo- 
lari muovono  verso  di  esso  per 
assalire  le  case  dei  Fieschi,  12, 
3 1 6  ;  il  governatore  lo  attraversa 
in  un  giro  d''  ispezione  della  città, 
35,  322  ;  gli  uomini  del  borgo 
assaltano  e  tolgono  al  Fieschi  la 
porta  delPArco,  di  S.  Stefano  e 
la  torre  di  S.  Andrea,  38,  324; 
privilegio  loro  concesso,  3§  n.  \, 
440,  4^  I  ;  hanno  due  rappresen- 
tanti fra  i  tribuni  della  plebe,  ^5^ 
341  ;  rie.  3S6  ;  —  di  S.  Tommaso, 
privilegio  concesso  a  detto  borgo 
440,  441  ;  ha  due  rappresentanti 
fra  i  tribuni  della  plebe,  75,341  ; 

—  sottoborghi,  rie.  218,  n.   1. 

—  (Capitani),  sono  tutti  annullati 
tranne  quelli  «  de  la  piacia  »,  i23  ; 

—  cap.  a  guardia  di  G. ,  eletti 
il  6  Ottobre  i5o6,  62,  337  ;  sciol- 
gono un  assembramento  di  plebei 
in  S.  Maria  di  Castello,  63,  33y^ 
338  ;  —  cap.  d.  arti,  v.  consoli  delle 
arti  ;  —  cap.  d.  popolo,  eletti  dai 
popolari  per  sostenere  le  loro  ra- 
gioni contro  i  nobili  presso  il 
luogotenente  e  gli  anziani,  rie.  7, 
n.  2,  314;    IO  n.  i,3i5,  3i6;  — 


cap.  d.  riviera,  se  ne  chiede  V  abo- 
lizione ,  cenni  sulla  loro  creazione 
e  sulle  vicende  di  questo  ufficio, 
88,  n.  4,  474;  —  cap.  per  racco- 
gliere fanti,  3(). 
Gknova  (Capo  di  Faro),  (Code/à), 
estremità  occidentale  del  porto  di 
(jenova,  è  abbandonata  dai  geno- 
vesi di  fronte  air  esercito  francese, 
3y6  ,  viene  ritolta  ai  francesi  dalle 
milizie  genovesi,  264,  397  ;  vi  si 
reca  il  re  di  Francia  per  stabilire 
il  luogo  ove  costrurre  un  nuovo 
castello,  400  ;  vi  sono  abbattute 
le  forche  per  principiare  la  costru- 
zione del  castello,  403  ;  rie.  405  ; 
i  genovesi  devono  pagare  40.000 
dixati  per  la  costruzione  del  ca- 
stello a  C,  408,  53  I  ;  gli  abitanti 
di  quella  località  si  lagnano  delle 
prepotenze  degli  addotti  alla  co- 
struzione della  nuova  fortezza, 
283,  41 1  ;  rie.  285  ;  vi  è  sbarcato 
molto  materiale  proveniente  dalla 
Provenza  pel  nuovo  castello,  413  ; 
nella  torre  di  C.  è  rinchiuso 
Raffaele  Adorno  e  Tommaso  Cam- 
pofregoso  (an.  1437),  563;  v.  anche 
Genova  (Fortezze). 
(Cappellacci),  (Cappellata)^ 
capi  dei  partiti  Adorno  e  Fregoso  ; 
i  popolari  si  obbligano  con  grandi 
promesse  di  non  obbedire  più  ad 
essi,  436,  464  ;  per  sospetti  contro 
di  essi  il  popolo  li  caccia  dalla  città, 
16,  n.  I,  3  18,  4^6  ;  ordine  di  non 
portare  armi,  nò  divise  di  e,  né  pra- 
ticare con  essi,  332  ;  molti  cittadini 
giurano  di  non  voler  più  i  e,  341  ; 
rie.    143;  223    n.;    388;  461  ;  v. 


40 


6l4 


Indice,  Alfabetico 


anche  Adorno  (capi-partito),  Fre- 
goso  (capi-partito). 
Genova  (Cappellacci  popolari), 
eleggono  otto  cittadini  al  governo 
della  città  (an.  1401),  55g  ;  sono 
presenti  alF  elezione  a  doge  di 
Isnardo  de  Guarco  (an.  1437),  56 j. 

—  (Cappette),  nome  dato  alle 
persone  delFintima  plebe  genovese. 
44,  45    n.   I  ;  rie.  94  ;    248     n.    1 . 

—  (Carignano),  i  popolari  s''im- 
possessano  delle  case  dei  nobili 
ivi  esistenti,  3 19  ;  vi  murano  tutti 
i  portelli,  J29. 

—  (Chiappe),  località  tra  il  Ca- 
stelletto e  il  Castellacelo,  gli  abi- 
tanti di  essa  arrestano  due  uomini 
sospetti  usciti  dal  Castelletto,  366  ; 
si  lagnano  della  prepotenza  degli 
uomini  di  Castelletto,  28 j. 

—  (Chi  appella),  località  presso 
il  laro  di  Genova  ;  i  genovesi 
gettano  un  gran  ponte  in  quella 
località  per  battere  le  milizie 
francesi,  264,  397. 

—  (Chiese),  Annunziata,  442  ;  — 
Maddalena,  gli  abitanti  dei  dintorni 
sono  danneggiati  da  una  sortita 
dei  francesi  di  Castelletto,  261, 
395  ;  nuove  manomissioni  delle 
truppe  di  Castelletto  in  quei  din- 
torni, 268,  398  ;  V.  anche  Genova 
(Piazze)  ;  —  S.  Agata,  in  vai  di 
Bisagno  ;  presso  ad  essa  vi  era  un 
ponte  sul  B.,  365  ;  —  S.  Agostino, 
442  ;  —  S.  Brigida ,  vi  viene 
arrestato  Luigi  di  Bervey,  2/3, 
404  ;  rie.  442  ;  —  S.  Caterina,  vi 
cadono  alcune  bombe  tirate  da 
Castelletto,  ^76  ;  —  S.  Domenico, 


4i  ;  vi    si    trovano    rinchiusi    400 
venturieri,   61  ;  33 1  ;    sono    usate 
le  panche  di  essa  per  un    grande 
consiglio,  65    n.  2  ;    rie.     139;    vi 
si  raccolgono    molti    cittadini   del 
partito  Piegoso  per  eleggere  quat- 
tro deputati  a  regolare   gli    offici, 
352  ;     —    S.    Donato,     il    Cleves 
in   un  giro  d''  ispezione  per  la  città 
vi  trova  buon    numero    d""  armati, 
35,  322  ;  —  S.  Francesco  di  Castel- 
letto, i  fedeli  raccoltivi    per  udire 
i  vespri    vengono    tutti    fatti    pri- 
gionieri dal   castellano    di    Castel- 
letto,  189,    370,    523  ;     V.    anche 
Genova  (Conventi)  ;  —  S.  Giovanni 
di  Pre,  la  flotta    franco-spagnuola 
si  spinge  sin  presso  ad  essa,  244, 
390  j  —  S.  Lorenzo,  vi  si  rifugia  G. 
Giorgio  Fieschi   per    scampare  al- 
l'* inseguimento    di    Giacomo  Ghi- 
glione,  8,  3 1 5  ;  nella  cappella  degli 
scrivani  si  adunano    3  00  artigiani 
e  scelgono  dodici  cittadini  per  porre 
pace  in  G.,    193,    J72  ;    il    giorno 
dopo  nello  stesso   luogo  fanno  al- 
trettanto i  mercanti,  193,  3yS  ;  ar- 
resto di  un  prete  di  S.  L.  sorpreso 
ad  inviare  lettere  ai  Fieschi,  3^6  ; 
nel  chiostro  di  S.  L.  si    raccoglie 
un    consiglio    per    provvedere     al 
denaro  necessario  alla  guerra  e  si 
delibera   di    ordinare    ai    cittadini 
di  portare  i  loro   ori  alla  zecca  e 
d'' imporre    tasse,  393;    rie.    394; 
vi  è  raccolto  un  numeroso  stuolo 
di    vergini    che    chiedono    miseri- 
cordia al  re  entrato  da  trionfatore 
in  Genova,  270,  400  ;  si  recano  a 
vedervi   la  famosa    «  scod  tlki  >■,  il 


I 


Indice  Alfabetico 


6l5 


governatore  di  Genova,  V  amba- 
sciatore del  pontefice  e  il  castel- 
lano di  Castelletto,  ìS-ì,  416,  417  ; 
sua  costruzione  (an.  1100),  557; 
rie.  56)-^  —  S.  Marco,  ^74;  il 
re  di  Spagna,  Ferdinando  il  Cat- 
tolico, vi  ode  la  messa,  419  ;  -  S. 
Maria  d.  Castello,  vi  si  tiene  un 
grande  consiglio  per  sanzionare 
r  opera  dei  vecchi  anziani  e  dei 
12  pacificatori  e  confermare  la 
creazione  dei  w  faxori  )),dei  nuovi 
anziani  e  degli  ufTìciali  di  Balia, 
41,  328,  445;  rie.  42  n.  1; 
43,  329  ;  assembramento  di  plebei 
sciolto  da  quattro  capitani,  63^ 
33y,  338  ;  nuovo  consiglio  adu- 
natosi in  essa,  338  ;  vi  si  adunano 
2000  artigiani  ed  eleggono  otto 
tribuni  della  plebe,  74,  341,  343  ; 
75;  j6,  n.  1  ;  nuove  elezioni  di 
tribuni,  77  n.  ;  due  frati  di  quel 
convento  estraggono  gli  eleggibili 
agli  offici  civili,  84,  344,  345  ;  i 
popolari  ivi  adunati  giurano  di 
lasciare  i  partiti,  345  ;  vi  si  rac- 
colgono molti  cittadini  del  partito 
Adorno  per  eleggere  quattro  de- 
putati a  regolare  gli  offici,  352  ; 
vi  si  aduna  la  compagnia  di  Gesù 
e  tutti  i  consoli  delle  arti  per 
deliberare  che  si  cambi  V  officio 
di  Balia,  375  ;  nella  medesima 
chiesa  e  nella  «  casaccia  »  vicina 
si  adunano  molti  artigiani  con  la 
compagnia  di  Gesù  e  decidono  di 
non  consegnare  le  riviere  al  re  e 
di  mantenere  i  tribuni  uscenti, 
189,  36(j  ;  vi  si  tiene  un  gran 
consiglio   ove    si    stabilisce    di  far 


guerra  al  re  di  F"rancia  e  di  pren- 
dere il  Castelletto,  23o,  383  ;  rie. 
23 1  ;  —  S.  Maria  d.  Consolazione, 
442  ;  —  S.  Maria  d.  Grazie  {Mad.  de 
gratta),  442  ;  —  S.  Maria  d.  Lue- 
coli,  353  -^  —  S.  Maria  d.  Monte, 
due  frati  di  essa  estraggono  a  sorte 
gli  eleggibili  agli  offici  civili,  84, 
344,  345  ;  rie.  442  ;  —  S.  Maria  d. 
Pace,  442  ;  —  S.  Maria  d.  Servi,  286 
n.  3,  415  ;  —  S.  Maria  d.  Vigne,  vi 
si  adunano  i  capi-partito  popolari 
per  eleggere  otto  cittadini  al  go- 
verno di  Genova,  559  ;  —  S.  Marta, 
442  ;  —  S.  Matteo,  io;  —  S.  Paolo 
di  Genova,  44J  ;  —  S.  Rocco,  lì 
presso  viene  trainato  il  grosso 
cannone  Bufalo  e  puntato  contro  il 
Castelletto,  234;  ne  viene  tolta 
Partiglieria  e  portata  a  Palazzo,  247, 
390  ;  —  S.  Sebastiano,  443  ;  —  SS. 
Giacomo  e  Filippo,  443; —  S.  Sil- 
vestro, 443  ;  —  S.  Siro,  vi  è  fondata 
la  compagnia  di  Gesù,  36 1  ;  vi 
cadono  alcuni  colpi  delle  artiglierie 
di  Castelletto,  3j6]  vi  è  eletto 
doge  Isnardo  de  G  uarco  (an.  1 4  3  7), 
563  ;  —  S.  Teodoro,  gli  anziani  e 
quaranta  ragguardevoli  cittadini 
muovono  sino  ad  essa  incontro 
al  re  di  Francia  nel  suo  solenne 
ingresso  a  Genova,  270. 
Genova  (Città  e  Comune),  condi- 
zioni interne,  2,  3i3;  soggetta  al 
dominio  francese,  3,  3i3;  i  nobili 
vi  commettono  violenze  contro  i 
popolari,  5,  6,  7,  3i3,  3 14;  ha 
per  governatore  Filippo  di  Cleves 
■  di  Ravenstein  e  per  luogotenente 
P^ilippo  Roccabertino,  9  ;  ne  viene 


6i6 


Indice    Alfabetico 


cacciato  Gian  Luigi  Fieschi,  12, 
J 1 6  ;  vi  accorrono  in  aiuto  dei 
popolari  600  uomini  di  Sestri  e 
di  vai  di  Polcevera,  14,  3 1 7  ;  i 
popolari  cacciano  di  nuovo  i 
F'ieschi  ed  i  nobili ,  16,  J 1 9  ; 
carteggio  tra  G.  e  la  corte  di 
Francia,  22,  n.  1  ;  tra  G.  e  i  suoi 
ambasciatori  ad  Asti,  28  ;  giunge 
a  G.  il  governatore  francese  Fi- 
lippo di  Cleves,  29,  n.  3,  n.  4, 
J20  ;  accoglienza  fattagli,  jo  ;  vi 
rientra  G.  L.  Fieschi,  3ì,  320  ;  i 
popolari  non  vogliono  che  neppure 
uno  dei  Fieschi  rimanga  in  G., 
36,  323  ;  terza  cacciata  dei  Fieschi, 
Sj^  323  ;  vi  si  tiene  in  gran  con- 
siglio sulla  abolizione  della  gabella 
del  grano  e  sulla  diminuzione  di 
quella  del  vino,  48  ;  vi  si  requi- 
siscono artiglierie  per  riprendere 
la  Spezia,  5i,  332;  grida  contro 
i  nobili  ed  i  fautori  di  essi,  5i 
n.  3,  332  ;  conquista  la  Spezia 
e  Chiavari,  53,  54;  prepara 
festeggiamenti  pel  passaggio  del 
re  d'' Aragona,  55,  57;  ma  il  re, 
entrato  con  la  sua  fiotta  nel  porto, 
non  scende  a  terra,  58,  334  ;  rie. 
333  -^  gravi  condizioni  della  città, 
60,  6 1 ,  66  n.  2  ;  vi  giungono  let- 
tere di  N.  Oderico,  67  n.  i,  n.  2, 
n.  3  ;  68  n.  I  ;  70  n.  1  ;  e  lettere 
dal  re,  71  n.  2  ;  rie.  74  ;  76  n.  i  ; 
vede  con  inditferenza  la  partenza 
del  governatore,  yy^  341  ;  notizie 
sulle  sue  condizioni,  80  n.  2  ;  vi 
ritorna  G,  B.  Bonfante  con  lettere 
di  N.  Oderico,  81  n.,  82  ;  rie.  83  ; 
86  ;  territorio    posseduto    dal    co- 


mune, 87,  88,  n.  4,  89  ;  antichi 
confini  del  suo  dominio,  90  ;  vi 
tornano  le  galere  della  spedizione 
contro  Pieve  di  Teco,  95  ;  rie.  97  ; 
dà  r  incarico  ad  Ambrogio  Gioardo 
e  al  capitano  Gambacorta  ài  stu- 
diare un  piano  per  P  espugnazione 
di  Monaco,  98  ;  ordina  al  capitano 
Gambacorta  di  marciare  contro 
Ventimiglia,  101  ;  rie.  io!)  n.  i  ; 
vi  giunge  Bartolomeo  Usilione , 
inviato  dal  duca  di  Savoia,  104; 
vi  proseguono  gli  armamenti  per 
la  presa  di  Monaco,  1 08  ;  rie.  1 08 
n.  2  ;  I  I  o  ;  112  n.  2  ;  vi  giunge 
notizia  di  gravi  contese  fra  Adorno 
e  Fregoso  a  Recco,  1  i  5  ;  rie.  1 1 5  n., 
347  ;  riceve  da  Pisa  aiuti  di  arti- 
glierie che  invia  contro  Monaco, 
116,  348;  arrivano  da  Torino,  B. 
Veneroso  ed  un  inviato  del  duca 
di  Savoia,  1 1 7,  348  5  cenno  sul 
giorno  del  loro  arrivo,  117  n.  3  ; 
il  duca  di  Savoia,  in  seguito  alla 
presa  di  Mentone  e  Roccabruna, 
rompe  le  relazioni  diplomatiche 
con  G.,  1 18,  349  ;  che  gli  rimanda 
il  proprio  ambasciatore,  118,  119; 
si  dichiara  sempre  affezionata  al 
re  di  Francia,  122,  i23;  notizie 
sul  suo  esercito  contro  Monaco, 
127,  i35;  rie.  i35  n.  i  ;  é  in- 
formata di  una  spedizione  del 
signore  d'' Allégre  in  soccorso  di 
Monaco,  141,  142  ;  vi  giunge  Ago- 
stino Castiglione  dal  campo  di 
Monaco  con  accuse  contro  il  si- 
gnore di  F'inale  e  contro  la  parte 
Adorno,  142,  35o;  notizie  dal 
campo,  i5o   n.  2,    i5i  ;  rie.    i5i, 


Indice    Alfabetico 


Ó17 


n.  I  ;  i5  5  ;  i  commissari  al  campo 
chiedono  T  invio  di  guastatori,  1 60  : 
rie.  161  ;  162  ;  giungono  dal  campo 
Ambrogio  Gioardo  e  di-.e  gentiluo- 
mini arrestati  per  sospetti,  16); 
studia  di  evitare  conflitti  col  duca 
di  Savoia,  166,  167  n.  3  ;  è  mi- 
nacciata della  venuta  dei  capi- 
partito  Fregoso,  171,  356;  pare 
che  Ottaviano  Fregoso  vi  sia  ri- 
masto nascosto  per  un  giorno,  1 74, 
175  n.  I  ;  e  benché  sia  tosto  ri- 
partito, la  città  rimane  agitata, 
1  ']'j  ;  ritorna  Gerolamo  Salvo,  com- 
missario al  campo  di  Monaco,  e 
non  se  ne  conosce  la  causa,  178, 
"ifìì  ',  in  Lombardia  si  proibisce  di 
portarvi  grano,  179,  'ì>(^ì  \  il  papa 
s''  interessa  delle  sue  sorti,  182 
n.  2,  '}>()'')  \  i83  n.  ;  rie.  i83,  n.  i  ; 
184,  n.  3  ;  vi  sono  tradotti  io 
francesi  che  volevano  entrare  in 
Castellaccio,  'Kij  ;  vi  corrono  voci 
contraddittorie  sul  campo  di  Mo- 
naco e  infine  la  notizia  di  una 
vittoria  dei  genovesi,  192,  370; 
scrive  a  Lucca  e  a  Pisa  per  avere 
aiuti  contro  Monaco,  372  ;  rie.  193 
n.  I  ;  è  disposta  a  sborsare  una 
somma  purché  il  duca  di  Savoia 
cessi  dair  aiutare  Monaco,  igS; 
é  consigliata  da  Giulio  TI  a  conti- 
nuare r  assedio  e  a  non  rendere 
le  Riviere  finché  egli  non  abbia 
ricevuta  risposta  dal  re,  196,  iji  ; 
rie.  196  n.  I  ;  199  n.  3  ;  200  n.; 
201,  n.  I  ;  air  annunzio  che  un 
esercito  guidato  dal  d"" Allégre  muo- 
ve in  soccorso  di  Monaco,  ordina 
di  dare  V  estremo  assalto  alla  for- 


tezza, e,  quando  non  riuscisse,  di 
imbarcare  tosto  le  artiglierie,  202, 
379  ;  riuscito  vano  T  assalto  a  Mo- 
naco, ordina  che  T  esercito  geno- 
vese si  fermi  a  Ventimiglia,  204  ; 
382  ;  invita  i  commissari  a  forti- 
ficarla ed  a  ritornare  poscia  a  G., 
206  ;  rie.  207  ;  Luigi  XII  manda 
a  G.  un  suo  usciere  di  camera 
per  cooperare  alla  difesa  del  Ca- 
stelletto, 211,  212,  374,  375;  rie. 
21 5  n.  I,  n.  2;  il  Roecabertino 
lascia  la  città,  tutti  i  francesi  S'i 
ritirano  in  Castelletto,  molti  cit- 
tadini si  preparano  a  fuggire  da 
essa,  ma  ne  sono  impediti  da  una 
grida,  217,  2 1 8,  n.  i  ;  G.  é  in 
mano    della    plebe    più    sfrenata, 

220,  365  ;  il  Salazar  la  bombarda, 

221,  374,  'ij^'i  nuovo  bombarda- 
mento, 222,  378  ;  vi  é  emanata 
una  grida  che  proibisce  di  portare 
calze  del  colore  di  partito,  223,  n.  5 
gride  contro  i  nobili,  225  ;  vi  giun- 
gono soldati  e  munizioni  dalla 
Corsica  e  da  Roma,  226;  si  vieta 
di  parlamentare  col  castellano  di 
Castelletto,  226  n.  3,  227  n.,  379  ; 
ordine  agli  abitanti  delle  tre  pode- 
sterie :  Bisagno,  Polcevera  e  Voltri 
di  venire  a  G.  con  le  loro  famiglie, 
228  ;  é  di  nuovo  bombardata  dal 
Salazar,  38 J  ;  decisa  la  guerra  al 
re  di  Francia,  vi  sono  distrutte 
tutte  le  insegne  regie,  23 1,  384; 
un  grande  esercito  formatosi  in 
Lombardia  é  pronto  a  marciare 
contro  di  essa,  237,  n.  1,  385  ;  vi 
é  eletto  doge  Paolo  da  Novi,  2  38, 
3885  rie.    240,    243    n.    4;    248, 


6i8 


Indice  Alfabetico 


25 1  n.  I  ;  un  nucleo  di  armati 
parte  da  G.  contro  V  avanguardia 
francese,  253,  392  ;  e  contro  i 
Fieschi,  253,  393;  rie.  254  n.  ;  vi 
si  fanno  tre  imponenti  processioni, 
255,  394,  395  ;  rie.  256,  n.  i  ; 
notte  di  terrore  e  di  fuga  nella 
città  dopo  la  sconfìtta  delP  eser- 
cito genovese,  266,  398  ;  invio  di 
ambasciatori  al  re  per  la  resa 
della  città,  2G7,  398  ;  tutte  le  porte 
e  i  portelli  di  essa  vengono  mu- 
rati tranne  quelli  di  S.  Andrea  e 
S.  Tommaso,  268,  399  ;  parole 
pronunciate  da  Luigi  XII  neir  en- 
trare in  essa,  270,  399,  400  ;  im- 
posizioni del  re  di  Francia,  274, 
n.  I  ,  405,  53  I,  532  ;  solenne  giu- 
ramento prestato  da  G.  al  re  di 
Francia,  273-277,  405,  406,  533  ; 
i  privilegi  concessi  da  Luigi  XII 
alla  città  vengono  lacerati,  ma 
subito  dopo  ne  vengono  concessi 
dei  nuovi,  276,  n.  2  ,  406,  53y  ; 
il  re  Luigi  XII  lascia  G.,  279 , 
408  ;  quattordici  cittadini  popolari 
devono  lasciarla  per  raggiungere 
il  re  a  Milano,  279  n.  2,  408, 
411,  528;  parte  da  essa  il  luogo- 
tenente generale  Chaumont  d''Am- 
boise,  280,  410;  vi  è  posta  in 
circolazione  la  nuova  moneta  di 
I  uigi  XII,  412  ;  vi  è  condotto 
prigioniero  Paolo  da  Novi,  287, 
41 3  ;  vi  giunge  Ferdinando  il  Cat- 
tolico, 4185  ne  parte  dopo  breve 
permanenza,  419;  rie.  421;  v. 
anche  Genova  (Anziani) ,  (Com- 
missari) e  Genovesi  (Nobili),  (Po- 
polari). 


Genova  (  C  1  e  r  o  ),  va  incontro  ai  reali 
di  Aragona,  58. 

—  (Commissari),  a  Chiavari,  man- 
dati dai  popolari  per  toglierla  al 
dominio  dei  Fieschi,  46,  329  ;  ne 
sono  impediti  dalle  forze  dei  Fie- 
schi, 47,  329  ;  nuovi  commissari 
la  occupano  facilmente,  54,  452  5 
100;  108;  hanno  dal  comune  no- 
tizie sulla  ritirata  dei  Fregoso,  175 
n.  2  ;  ricevono  F  ordine  di  abbat- 
tere tutti  i  castelli  della  città  e 
dintorni,  23 1  n.  i  ;  altre  lettere 
dal  comune,  233  n.  ;  nuove  let- 
tere con  notizie  sugli  aiuti  attesi 
da  Roma  e  da  Ventimiglia,  2  5o; 
—  a  Levanto;  100;  —  a  Pieve 
di  Teco,  la  tolgono  al  nobile  Luca 
Spinola,  66,  340;  rie.  94,  95;  let- 
tere degli  officiali  della  Balia  ai  e, 
95  n.  1,  456;  rie.  96,  n.  2;  98 
n.  I  :  lettere  dei  e.  al  comune, 
ìoo;  lettera  del  comune  ai  e, 
I  o  1 ,  1 02  n.  I ,  I  o3  n.  ;  lettera  dei 
e.  agli  anziani  in  cui  li  dissua- 
dono dair  impresa  contro  Monaco, 
102,  io5,  470,  471  ;  lettera  del 
doge  e  degli  anziani  ai  e.  con 
notizie  sugli  ultimi  scontri  coi 
Fieschi  e  coi  francesi,  255  n.  i  ; 
rie.  494;  —  a  Portofino,  sono 
avvisati  della  prossima  venuta  della 
flotta  franco-spagnuola,  inviano  let- 
tere in  risposta,  245;  —  a  Ra- 
pallo, sono  avvisati  della  prossima 
venuta  della  flotta  franco-spa- 
gnuola, inviano  lettere  in  risposta, 
245;  —  a  Sestri  Levante,  inviati 
per  rimettervi  la  quiete,  176;  il 
doge  Paolo  da    Novi    ordina  loro 


Indice  Alfabetico 


619 


di  aiutare  Leonardo  de  Franchi, 
commissario  di  (Chiavari,  242;  — 
a  Voltri,  io5  n.  j;  —  al  campo 
di  Monaco,  io5  ;  istruzioni  ai  primi 
partenti,  106,  107;  rie.  108;  man- 
sioni dei  quattro  commissari,  109  ; 
nuove  istruzioni,  i  i  i,  i  14,  n.  i; 
il  comune  li  loda  per  la  presa  di 
Mentone  e  Roccabruna,  117;  li 
informa  delle  rappresaglie  del  duca 
di  Savoia,  118  n.  .>  ;  raccomanda 
loro  di  terminare  presto  T  im- 
presa con'ro  Monaco,  1  19,  n.  3  ; 
lettere  dei  e.  ai  deputati  per  T  im- 
presa ed  air  ulRcio  di  Balia  sulle 
condizioni  del  campo  genovese, 
'40,  '47)  494,  49<j;  dopo  una 
scaramuccia  coi'  fanti  della  Turbia, 
decidono  di  caricare  V  artiglieria 
sulle  navi,  ma  poi  la  scaricano, 
1  5o,  499  ;  rie.  i  5 1  ;  P  ufficio  di 
Balia  scrive  di  prendere  e  bruciare 
le  galee  del  Grimaldi  in  Villa- 
franca,  I  5 1 ,  n.  I  ;  abboccamento 
dei  e.  col  governatore  di  Nizza 
per  tentare  un  accordo  col  duca 
di  Savoia,  i56  n.  2,  354;  ^1^' 
zione  di  supremi  com.,  144,  35 1  ; 
istruzioni  loro  impartite,  145  ;  in 
viaggio  per  Monaco,  146,  147, 
352  ;  inviano  agli  ufficiali  della 
Balia  lettere  dubbiose  sulla  bre- 
vità deir  assedio,  notificando  che 
le  artiglierie  genovesi  vennero 
smontate  dai  tiri  dei  monegaschi, 
1 56,  1 57,  5o3  ;  sono  lodati  da 
L.  Bervey,  1 59,  509  ;  chiedono 
agli  officiali  della  Balia  V  invio  di 
guastatori,  1  59, .  i6o,  509,  5 10, 
5 1 1  ;   ricevono   dal   comune  V  or- 


dine di  arrestare  V  ingegnere  Am- 
brogio Gioardo,  162,  514;  rie.  ifÌ2 
n.  2  ;  rispondono  informando  del- 
l'* arresto  di  esso  e  di  due  gentiluo- 
mini, i6j,  514;  loro  condotta  con 
r  appaltatore  per  il  trasporto  del 
sale  nel  ducato  di  Savoia,  167, 
5  1 7  ;  rie.  I  jy  ;  sono  lodati  dai 
tribuni,  178  n.  i  ;  si  lamentano 
delle  continue  defezioni  di  milizie 
genovesi,  197,  519;  chiedono  sol- 
leciti rinforzi,  198.  5205  inviano 
a  G.,  Alarame  di  Bozolo  per  chia- 
rire meglio  lo  stato  delle  cose, 
199,  52  1  ;  annunziano  uno  scontro 
con  i  monegaschi,  riuscito  favore- 
vole ai  genovesi,  199,  52 1  ;  an- 
nunziano che  al  campo  non  si 
trovano  più  che  700  fanti,  199, 
375  •  Paolo  da  Novi  e  gli  altri 
e.  ricevono  V  ordine  di  riman- 
dare le  artiglierie  tolte  a  Bene- 
detto deir  Isola,  201,  n.  1;  di 
dare  V  estremo  assalto  alla  for- 
tezza, 202  ;  riuscito  vano  P  assalto, 
di  trattenersi  a  Ventimiglia,  2045 
di  fortificarla  e  tornare  poscia  a 
Genova,  206  ;  rie.  484  ;  488  ;  490  ; 
492;  —  alla  Spezia,  mandati  dai 
popolari  per  toglierla  al  dominio 
dei  Fieschi,  vi  riescono  con  poca 
difficoltà,  46,  329  ;  loro  lettere  al 
comune  di  Genova,  47,  n.,  450  ; 
sono  avvisati  dagli  anziani  delle 
mosse  dei  Fieschi  contro  la  Spezia, 
49;  devono  cedere  a  Filippino 
Fieschi  e  ritirarsi  a  Portovenere, 
5o,  n.  1,  33 1  ;  loro  lettere  a  G. 
con  notizie  sulla  presa  della'  Spe- 
zia, 5o  n.   1  ;  e  con    raccomanda- 


Indice     Alfabetico 


620 


zioni  di  raccogliere  buone  arti- 
glierie ;  da  Portovenere  vanno  a 
Sarzana  per  armare  fanti,  5 1  ;  due 
nuovi  e.  sono  inviati  al  riacquisto 
di  essa,  5i  ;  istruzioni  ai  nuovi  e 
ai  vecchi  commissari,  52,  n.  i  ; 
occupano  la  Spezia  senza  alcuna 
resistenza,  53  ;  rie.  100;  175;  hanno 
r  ordine  di  abbattere  tutti  i  ca- 
stelli della  città  e  dintorni,  23 1 
n.  1  ;  danno  notizie  dello  sbarco 
della  Hotta  franco-spagnuola  nel 
golfo  della  Spezia,  e  chiedono  se 
i  prigionieri  si  debbano  impiccare  ; 
G.  li  lascia  arbitri  sul  da  farsi, 
ma  ordina  di  salvare  la  vita  al 
marchese  di  Bollano,  245  n.  3  ; 
dopo  il  ritorno  del  governo  fran- 
cese in  Genova  vi  sono  inviati 
due  commissari  francesi  per  com- 
porre le  contese  fra  i  Pallavicini 
e  i  Fieschi,  281  ,  412;  —  nella 
Riviera  di  Levante,  inviativi  per 
toglierla  al  Fieschi  e  ridurla  sotto 
il  dominio  di  Genova,  47  n.  ;  per 
la  spedizione  contro  Monaco,  92  n., 
96  n.,  98,  99,  n.  1  ;  per  impedire 
r  avanzata  dei  capi-partito  Fre- 
goso,  171,  357;  lettere  dei  e. 
danno  notizie  dei  Fregoso,  174, 
358;  —  nella  Riviera  di  Ponente 
per  r  impresa  contro  Monaco,  95 
n.  3,  96  n.  ;  vi  sono  inviati  Bar- 
tolomeo Prezenda  e  Raffaele  della 
Torre,  99  ;  istruzioni  loro  impar- 
tite, 99  n.  I  ;  al  Prezenda  è  sosti- 
tuito (Gaspare  de  Franchi  ;  nuove 
istruzioni,  145,  146,  n.  i  ;  i  e.  al 
campo  di  Monaco  li  pregano  di 
reclutare    guastatori,    iCo;    arre- 


stano a  S.  Remo  due  gentiluo- 
mini, i63,  5 16,  517;  ricevono 
r  ordine  di  punire  severamente  i 
disertori  dal  campo  di  Monaco, 
1 84,  5  1 8  ;  si  raccomanda  ad  essi 
d^  inviare  al  campo  di  Monaco 
quanta  più  gente  è  possibile  per 
r  assalto  alla  fortezza,  202. 

Gknova  (Compagna),  rie.  228  n.  3. 

—  (Compagni  e),  d.  Castellacelo, 
partecipa  alPassedio  di  Monaco,  1 29; 
lascia  il  campo  prima  del  tempo  sta- 
bilito traendo  seco  quasi  tutti  i  mi- 
liti di  Lombardia  e  Monferrato,  1 97, 
5  I  ()  ;  —  d.  Gesù  (de  Jesus),  for- 
matasi il  i3  Gennaio  i  5o7  in  San 
Siro,  3C)ì  ;  composta  di  artigiani 
di  tutte  le  arti  ;  chiamata  a  par- 
tecipare ad  un  consiglio  per  re- 
stituire le  riviere  al  re,  rifiuta  di 
decidere  in  proposito,  188,  3%; 
in  una  successiva  adunanza  decide 
di  non  riconsegnare  le  riviere  finché 
Monaco  non  sia  caduta  e  di  ri- 
mettere ogni  questione  al  ponte- 
fice, 1 89,  369,370;  impone,  insieme 
coi  popolari,  il  mutamento  delP  of- 
ficio di  Balia,  375;  rie.  38 1; 
—  d.  Concordia,  rie.  i88n.  1  ;  — 
d.  Molo,  passata  in  rivista  dal  go- 
vernatore di  Genova,  322;  —  d. 
Pace,  rie.  188  n.  i;  —  d.  S.  Gio- 
vanni I^attista,  rie.  188  n.  i  ;  — 
d.  Speziali  (de  li  speciari),nc.  161 
n.  1 ,  5 12  ;  -  d.'  Trinità,  formata 
di  artigiani,  accusata  da  un  frate 
deir  ordine  dei  Servi,  188,  38 1; 
d.  Vergine,  rie.   1 88  n.   i . 

—  (Condotto     delP  acqua), 
sua  costruzione   (an.    1295),    ^Sj. 


Indice    Alfabetico 


621 


Gknova  (Conestabili),  {Conne- 
stagii)^  capi  di  una  contrada,  rice- 
vono r  ordine  di  passare  in  rivista 
i  loro  uomini,  228,  n.  3,  38o;  rie. 
23  I  ;  385;  387. 

—  (Consiglio  del  Comune), 
tiene  una  grande  adunanza  per 
deliberare  le  riforme  nelle  elezioni 
degli  offici  civili,  6Ì,  64,  339  ; 
decide  di  consegnare  al  re  i  luoghi 
tolti  al  Fiaschi,  71,  340;  scrive 
in  proposito  al  re  e  a  N.  Oderico, 
72  ;  è  costretto  ad  annullare  la 
deliberazione  presa,  73,  n.  1  ;  sta- 
bilisce somme  di  dahari  per  la 
spedizione  di  Monaco,  1 1 6,  347  ; 
e  per  la  difesa  della  città,  171, 
357;  182,  364;  si  aduna  per  con- 
certare circa  la  restituzione  delle 
riviere  al  re,  188,  369;  per  chiedere 
allo  Chaumont  un  salvo  condotto 
per  un''  ambasceria,  2o5,  382  ;  deve 
revocare  la  presa  deliberazione, 
2o5,  383  :  decide  che  la  guardia 
del  doge  sia  formata  unicamente 
di  fanti   forestieri,  243,  244,  389. 

—  (Consoli),  d.  Arti,  chiamati  a 
deliberare  sulla  diminuzione  di  al- 
cune gabelle,  48  n.  i  ;  unitisi  a 
consiglio  in  S.  Maria  di  Castello 
con  la  compagnia  di  Gesù  deci- 
dono che  sia  cambiato  Y  ufficio 
della  Balia,  375;  rie.  188,  369; 
nei  nuovi  privilegi  concessi  dal  re 
di  Francia  si  proibisce  che  siano 
eletti  senza  licenza  del  governa- 
tore e  si  vieta  pure  che  indicano 
adunanze  senza  il  detto  permesso, 
546  ;  capitani  d.  arti,  rie.  556  ;  — 


d.  ragione,  eletti  secondo  la  nuova 
riforma,  84,  346. 

Genova  (Conventi),  d.  ("arce- 
rati  ,  442  ;  —  d.  Minori  di 
osservanza  delT  Annunziata,  442  ; 
id.  id.  di  Santa  Maria  del  Monte, 
442  ;  id.  id.  di  Santa  Maria  della 
Pace,  442  ;  —  d.  Sant''  Agosti- 
no, 442  ;  —  d.  S.  Benigno,  vi 
si  proibiscono  adunanze  di  seco- 
lari, 17G  n.  3  ;  vi  furono  sepolti  il 
padre,  il  nonno  e  lo  zio  di  Carlo  di 
Chaumont,  344  ;  —  d.  San  Dome- 
nico, 441  ;  —  di  S.  Francesco  di 
Castelletto,  Luigi  XII  nomina  Al- 
labre  de  Saule  capitano  di  detto 
convento  per  proteggere  il  Castel- 
letto, 212;  r  Allabre  vi  si  for- 
tifica, 217;  primi  assalti  dei  geno- 
vesi contro  di  esso,  228,  38o  ; 
posizione  di  esso,  233  ;  per  V  at- 
tivo bombardamento  dei  genovesi 
la  casaccia  di  esso  è  data  alle 
fiamme,  234,  387  ;  vigoroso  as- 
salto alle  sue  mura,  respinto  dopo 
una  mischia  sanguinosa,  235,  387  ; 
i  francesi  sgombrano  da  esso  dan- 
dolo alle  fiamme,  235,  388;  rie. 
395  ;  si  comincia  da  esso  V  abbat- 
timento delle  case  intorno  a  Ca- 
stelletto, 282  ;  rie.  283,  284,  v. 
anche  Genova  (Chiese)  ;  —  d. 
S.  Maria  di  Castello,  v.  Genova 
(Chiese);  —  d.  S.  Maria  d.  Con- 
solazione, vi  si  proibisono  adunanze 
di  secolari,  176  n.  3  ;  442  ;  —  d. 
S.  Teodoro,  vi  si  proibiscono  adu- 
nanze di  secolari,  176  n.  3.  - 
d.  Servi,  442. . 

—  (Darsena),  {dar^ena\  vi  sbar- 


Ó22 


Indice    Alfabetico 


cano  (jiovanni  Monteborgo  e  Ni- 
colò Cicogna,  commissari  al  campo 
di  Monaco  ;  la  plebe  tenta  entrarvi 
per  trarre  vendetta  su  essi  degli 
errori  commessi  alP  assalto  di  Mo- 
naco, 204,  382;  rie.  244;  è  visi- 
tata da  Ferdinando  il  Cattolico,  4 1 9. 
Gknova  (  Esercito  contro  Monaco  ) , 
parte  da  Genova,  1 13,  346  ;  muove 
contro  Mentone  e  Roccabruna,  i2  5; 
che  si  arrendono  e  sono  saccheg- 
giati, 126;  giunge  sotto  le  mura 
di  Monaco,  127;  suo  contingente 
di  forze,  127,  128,  129;  si  ac- 
campa sul  poggio  di  Montecarlo 
e  trova  la  Turbia  occupata  dai 
nemici,  i32;  rifiuta  le  proposte 
del  comune  di  prorogare  a  gen- 
naio la  distribuzione  delle  paghe, 
i35,  485;  indisciplina  e  malumori 
nel  campo,  135,  i36,  137,  i38, 
485,  489,  492,  495;  sono  inviati 
al  campo  due  supremi  commis- 
sari, 144,  35 1;  consiglio  di  guerra 
suir  espugnazione  di  Monaco,  1 47, 
497;  gravi  condizioni  delP  es.  per 
r  avidità  delle  truppe  mercenarie, 
r  indisciplina  e  V  inettitudine  di 
quelle  liguri,  V  inesperienza  dei 
capi,  i5i,  i52,  492,  495;  vano 
tentativo  di  bombardare  Monaco; 
i  ripari  per  le  artiglierie  sono 
deboli  ;  mancanza  di  zappatori  per 
ripararle,  157,  355,  5o3,  5o4,  5o5, 
507;  i  brigantini  non  sorvegliano 
sufficientemente  il  blocco  di  Mo- 
naco, i58,  504;  alcune  truppe  oc- 
cupano i  monti  che  ne  dominano 
le  posizion",  160^  5ii;  sortita  dei 
monegaschi  eh  2  inchiodano  quattro 


bombarde,     161,    35G;    ritardo    e 
spese    nel    raccogliere    guastatori, 
1 64;  giungono  rinforzi,   1 64  n.  2  ; 
navi  inviate  al  campo  riparano  per 
il  maltempo    a    Noli,  Vado  e  Sa- 
vona,  174,  358;   penuria    di    pol- 
vere  per    le    artiglierie,  178,  362; 
si  calcolano    circa  6000  fanti  nel- 
r  esercito,  36 i;  abbondanza  di  vet- 
tovaglie al  campo,  J64;  rampogne 
agli  artefici  che  si  lagnano  di  non 
essere  pagati,     178;    le    artiglierie 
abbattono  buon  tratto  delle  mura 
di  Monaco,   18J;  disastrose   diser- 
zioni di   milizie    dal    campo,   184, 
5 1 8  ;    una    compagnia    di   soldati 
tornando    da    Monaco    è   assalita 
presso   Savona    dagli    uomini    del 
d^  Allègre,    188,    3%;    è    respinto 
con  gravi   perdite    un    assalto  dei 
venturieri  della  Turbia    contro  le 
artiglierie    gen.,    192,  370;  le  mi- 
lizie   \  orrebbero    opporsi    alP  im- 
barco dei  prigionieri  per  Genova, 
192;  penuria  di  polvere  per  le  ar- 
tiglierie,  196,  371  ;  Genova   invia 
munizioni  e  fanti,  197,  374;  scontro 
favorevole    coi    monegaschi,   199, 
n.   I,  374;  52  1  ;  air  annunzio  che 
il  d''  Allègre  con  un  esercito  muove 
in  aiuto  di  M.,  il  comune    ordina 
di  dare  V  estremo  assalto  alla  for- 
tezza, 202,  379  ;  con  un  energico 
bombardamento  durato  tre  giorni, 
aperta  una    breccia,  le   milizie    si 
slanciano     alP  assalto,     ma,    dopo 
grandi  prove  di  valore,  devono  ri- 
tirarsi, 2o3,  38o,   38 1  ;  imbarcate 
le  artiglierie,  V  esercito  si  ritira  a 
Ventimiglia,  204,  38 1;  difende  va- 


Indice  Alfabetico 


623 


lorosamente  la  città  dagli  attacchi 
delPesercito  francese,  207,384,385. 

Gknova  (F  a  X  o  r  i) ,  probiviri  scelti  per 
reiezione  degli  anziani,  41,  42 
n.   I,  324,  325  ;  402. 

—  (Fortezze),  Briglia,  nuova  for- 
tezza fatta  costruire  da  Luigi  XII 
presso  il  faro  di  Genova,  271  n.  1; 
i  gen.  sono  obbligati  a  pagarne 
le  spese,  274,  n.  i,  4o5,  53 1  ; 
giungono  dalla  Lombardia  molti 
guastatori  per  la  costruzione  di 
essa,  277,  278,  407;  per  innalzarla 
si  minaccia  di  abbattere  la  Lan- 
terna, 279,  n.  1,  408;  i  lavori  in- 
torno ad  essa  procedono  con  grande 
alacrità,  283  ;  v.  anche  Genova 
(Capo  di  faro);  —  Castellaccio 
[Castelacio  -  Castela:fo  -  Castel- 
lammo) vengono  fatti  da  esso 
segnali  ai  nobili  per  avvisarli 
della  calata  dei  polceveraschi 
in  Bisagno ,  36^  3y  ^  323;  si 
ripete  lo  stesso  avviso  per  la 
stessa  causa  il  7  settembre  i5o6, 
39,  326  ;  vi  entra  una  guarnigione 
di  40  uomini ,  i  popolari  arrestano 
dieci  francesi  che  vi  volevano  en- 
trare, 186,  36j  ]  intercettano  vi- 
veri direttivi,  187,  368;  lo  assai- 
tono  e  Io  prendono,  223,  378  ; 
vi  pongono  una  guarnigione  di 
5o  uomini,  223,  224  ;  ne  inviano 
la  notizia  allo  Chaumont,  224, 
379  ;  rie.  227  ;  V  esercito  francese 
si  dirige  verso  di  esso,  264,  397  ; 
i  genovesi  si  riducono  in  esso, 
265  n.  I  ;  nei  patti  della  resa  di 
Genova  è  compresa  la  restituzione 
del  C.,  266,  398  ;  il  re    si    reca  a 


visitarlo,  401  ;  vengono  giustiziati 
coloro  che  avevano  fatto  scempio 
dei  soldati  francesi  di  guarnigione 
al  C.,  27  )',  404  ;  —  Castelletto, 
occupato  da  truppe  francesi,  1 5, 
3 1 8  ;  i  popolari  temono  che  per 
i  disordini  della  città  il  governa- 
tore vi  si  voglia  ritirare,  43,  326; 
i  commissari  al  campo  di  Monaco 
chiedono  V  invio  del  bombardiere 
di  C,  159,  5o5  ;  rie.  181  ;  il  ca- 
stellano Galeazzo  di  Salazar  (nel 
testo  è  scritto  erroneamente  Pietro 
di  S.)  lo  rifornisce  di  munizioni 
e  di  legnami  per  ripari,  186,  363; 
vi  entrano  truppe,  186,  187,  366, 
367,  368  ;  G.  Salazar  vi  traduce 
molti  popolari  fatti  prigionieri  men- 
tre assistevano  al  vespro  in  San 
Francesco,  189,  370;  rie.  189 
n.  I  ;  il  re  di  Francia  invia  un 
suo  usciere  di  camera  per  coope- 
rare alla  difesa  del  C,  2 1 1  ;  e 
lo  nomina  capitano  di  S.  Fran- 
cesco di  C,  212;  le  guardie  del 
Palazzo  passano  nel  C,  217,  375, 

523  ;  bombarda  Genova,  374,  3j6-^ 
i  prigionieri  genovesi  sono  incar- 
cerati in  fondo  ad  una  torre,  221, 

524  ;  viene  mandata  una  grida 
che  proibisce  di  dare  sovvenzioni 
a  quelli  del  C,  226,  n.  3,  227  n., 
379  ;  rie.  227  n.  i  ;  è  proibito  il 
passaggio  per  le  vie  attigue  al  C 
dopo  PAve  Maria,  228  ;  bombarda 
nuovamente  Genova,  383;  si  eleg- 
gono sei  capitani  deputati  a  diri- 
gere la  presa  del  C,  2  3o,  383  ; 
23i,  384;  sua  posizione,  233; 
primi     tentativi    contro    di    esso , 


624 


Indice    Alfabetico 


234;  si  comincia  a    bombardarlo, 
234,  387;  il  doge  Paolo  da   Novi 
giura  che  appena   preso  il    C.  lo 
farà  distruggere,  241,  388;   parte 
deir  artiglieria  puntata  verso  il  G. 
è    rimossa   e   ritirata   in   Palazzo, 
244,  390;  dal  C.  si  fanno    segnali 
all'esercito   francese,  257,  51)5;  e 
si  bombarda    Genova    durante  la 
battaglia  coi    francesi,  261  ,  i  sol- 
dati del    C.  manomettono  le  case 
della  Maddalena  e  ciò    vien    loro 
proibito  dagli  inviati  del  re,  268, 
398;  salve  delle    artiglierie  del  C. 
per  il  solenne  ingresso    del    re  di 
Francia    in    Genova,    270  ;    viene 
visitato  dal  re  di  Francia;  le  donne 
dei  prigionieri  nel  C.  gli  presentano 
una  supplica,  401  ;  che    viene    ri- 
messa a  Carlo  di  Ghaumont,  402; 
si  ordina  di  portarvi  tutte  le  arti- 
glierie tolte  ai  genovesi,  271,  403 ; 
i  soldati  di  esso  fanno  ogni  giorno 
prigionieri  per    esigere    poi   il    ri- 
scatto, 272,  4o3  ;  si  chiede   al    re 
la  liberazione  dei  cittadini  rimasti 
prigionieri  nel    G.,  275,    406  ;    ri- 
sposta confortante  di  Michele  Riccio 
a  nome  del  re,  276,  406  ;  si  abbat- 
tono molte  case  attorno  al  G.  per 
renderlo  più  sicuro,  282  ;  rie.  3o2  ; 
le  artiglierie  private  portate  al  G. 
non  sono  restituite,  283  ;  i  prigio- 
nieri genovesi  vengono  lasciati  in 
libertà    in    cambio    di    una    forte 
somma,  283,  284,  412,  n.    i  ;  rie. 
285  ;  vi  è  tenuto  prigione  Paolo  da 
Novi,  289,  41  5;  rie.  5G3-^  nomi  di 
alcuni  dei  p-':^ionieri  nel  G.,  564, 


Genova,  (Giudice  dei  malefici), 
sono  citati  dinanzi  ad  esso  alcuni 
nobili,   180. 

—  (Gonfalonieri),  {confalonieri), 
i  cittadini  ricevono  T  ordine  di  ubbi- 
dire ad  essi,  228,  38o;  rie.  23  i,  385. 

—  (Governatore  regio),  nor- 
me per  la  sua  elezione,  suoi  di- 
ritti e  suoi  doveri,  537,  538,  539, 
540,  542,  544,  545,  546;  V.  anche 
(]leves  (di)  Filippo. 

—  (Lanterna),  {torre  di  Codefà\ 
(faro  del  porto  di  Genova),  presso 
di  essa  si  attacca  il  combattimento 
tra  francesi  e  genovesi,  264,  397; 
rie.  270  ;  il  re  di  Francia  decide 
di  farvi  costruire  una  fortezza  che 
avrà  il  nome  di  Briglia,  271  n.  i  ; 
ed  obbliga  i  genovesi  a  pagarne 
le  spese,  274,  405  ;  rie.  278  ;  per 
innalzare  il  nuovo  castello  si  mi- 
naccia di  abbattere  la  L.,  ma  poi 
si  recede  da  tale  proposito,  279, 
n.   I,  408. 

-  (L  oggi  e),  d.  borgo  di  S.  Ste- 
fano, vi  si  radunano  molti  citta- 
dini e  vi  giurano  di  abbandonare 
ogni  partito  e  di  non  volere  i 
cappellacci,  341  ;  —  d.  Setaioli 
{Seateri)^  in  piazza  dei  Gigala ,  vi 
officiano  i  12  anziani,  61,  335; 
vi  si  tengono  vari  consigli,  ìij^ìZ?). 

—  (Luogotenente  regio), 
norme  delP  obbedienza  da  pre- 
stare ad  esso,  539,  ^4^5  "C-  H^l 
suoi  doveri,  544,  548;  v.  anche 
Roceabertino  Filippo. 

—  (Macelli)  di  S.  Andrea,  i  popo- 
lari ordinano  al  maestro  d''  armi 
Gioardo  di  collocarvi  certi  cannoni 


Indice    Alfabetico 


625 


per   bombardare    via    Lata ,    36  , 

322. 

Genova  (Mercanti),  (  popiilo 
grasso  )  ,  ottengono  cogli  artefici 
due  terzi  degli  offici  civili,  422, 
425  ;  loro  diversità  di  propo- 
siti dal  popolo  minuto,  44,  329; 
45,  n.  I  ;  5o ,  332;  sperano 
che  la  plebe  accetti  la  proposta  di 
consegnare  le  riviere  al  re  ,  yì  :, 
chiamati  a  consiglio  in  S.  Maria  di 
Castello,  338;  offrono  denari  per 
rimpresa  di  Monaco,  35  i;  rie.  364; 
devono  cedere  alla  prepotenza  del 
popolo  minuto,  23o,  23 1  ,  384; 
alcuni  ricchi  popolari  tentano  al- 
lontanarsi da  Genova,  386;  rie.  404; 
lista  dei  mercanti  che  parteciparono 
alla  fazione  popolare,  55 1. 

—  (Mei  o),  si  manda  a  chiamare  ad 
esso  un  tiglio  del  maestro  d''armi 
Gioardo  per  puntare  certi  cannoni 
contro  via  Lata  ,  35  ,  322  ;  vi  ac- 
corre gran  folla  per  assistere  al- 
l'* arrivo  dei  reali  di  Spagna ,  58  , 
334  ;  si  parla  di  una  casa  al  M. , 
36o  ;  il  re  Luigi  XII  vi  si  reca  a 
diporto,  270,  400,;  V.  anche  Ge- 
nova (Compagnie). 

—  (Monasteri"),  rie.  545  ;  —  d. 
Corpus  Domini  di  S.  Silvestro,  44^^; 

—  d.  Madonna  delle  Grazie,  442; 

—  d.  povere  donne  di  S.  Silvesti'o, 
443;  —  d.  S.  Brigida,  442;  —  d. 
S.  Paolo  di  Genova ,  443  ;  —  d. 
S.  Sebastiano,  443;  -  d.  SS.  Gia- 
como e  Filippo,  443. 

—  (M  o  r  e  e  n  t  o),  {Morsento\  (località 

in  G.) ,  una  casa  in  M.  è  colpita 
dalle  artiglierie  di  Castelletto,  374. 


Genova  (Offici),  civili,  sono  divisi 
P-T  metà  tra  nobili  e  popolari,  3; 
i  popolari  ottengono  di  averne 
i  due  terzi,  11,  317,  422,  425,427; 
4  )4;  proposte  di  riforme  nelle  ele- 
zioni, 64,  ìnj^  469;  nuove  elezioni 
84,  344,  345;  restaurato  il  governo 
francese  tutti  gli  offici  vengono 
dati  ai  nobili  e  ai  loro  partigiani,  411; 
—  d.  Balia,  rie.  22  n.;  elezione  di 
nuovi  officiali,  39,  325;  che  viene 
sanzionata  dal  popolo  in  un  grande 
consiglio  a   S.  Maria  di  Castello , 

41  ,  328  ;  ampi  poteri  concessigli, 

42  ;  rio.  42  n.  i  ;  invia  lettere  al 
re,  447;  ne  riceve  dai  commissari 
inviati  alla  Spezia,  45o  ;  è  convo- 
cato per  deliberare  sulla  diminu- 
zione di  alcune  gabelle,  48  n.  i  ; 
il  governatore  offre  il  suo  aiuto 
a  detto  officio,  62,  336,  iì^'^ 
chiede  alPofficio  di  S.  Giorgio  un 
prestito  per  la  difesa  di  Genova  , 
340  ;  scrive  al  re  di  Francia  ten- 
tando di  placarne  lo  sde^mo  per 
la  conquista  della  Spezia  e  di  Chia- 
vari, 69;  riceve  lettere  da  N.  Ode- 
rico,  70  n.  I  ;  si  raccoglie  in  con- 
siglio col  governatore,  gli  anziani, 
etc.  e  decide  la  consegna  delle  Ri- 
viere al  re,  71,  72;  elegge  Tarla- 
tine Tarlatini  capitano  generale  e 
Pietro  Gambacorta  governatore  del- 
Tesercito  genovese,  74,  452,  454; 
rie.  74  n.  I  ;  informa  il  re  del  con- 
siglio tenutosi  dai  nobili  ad  Arquata, 
79,  n.  I  ;  gli  spiega  la  ragione  della 
mancata  consegna  della  Riviera  di 
Levante  e  gli  partecipa  la  partenza 
del  governatore;  scrive  a  Filippo  di 


626 


Indice    Alfabetico 


Cleves  ringraziandolo  dei  buoni  of- 
fici verso  Genova  e  lo  informa  del- 
rinvio  di  altri  ambasciatori;  scrive 
airOderico  dei  fatti  accaduti  in  Ge- 
nova ,  80  n.  2  ;    Oderico  informa 
r  officio  d''  aver  consegnate  le  let- 
tere al  re,  8 1  n.;  proroga  il  tempo 
per  il  ritorno  dei   nobili  in  città  , 
81   n.   1  ;  annunzia   ai  commissari 
della  Pieve  la  partenza  di  artiglie- 
rie, 95  n.  1 ,  456;  notifica  alPOderico 
la  presa  della   Pie/e,  96  n.  2;  dà 
istruzioni  ai  due  nuovi  ambasciatori 
a  Luigi  XII,  457;   dà  pieni  poteri  a 
Peregro  di  Portofino  su  Rapallo,  S. 
Margherita  e  Portofino,  1 00  n.  1  ;  rie. 
loi;  scrive  ai  commissari  al  campo 
riguardo  alle    «    pratiche   movute 
per  il  Lanterio  »,   1 1  5    n.  ;   riceve 
lettere  dal  Bervey  sulle  condizioni 
del  campo  e  sulle  gravi  quistioni 
delle  paghe,   1J4,  48];  488;  491; 
è  invitato  ad  affrettare  rinvio  dei 
denari,  i35,  485,  489,  491:  notifica 
al  Tarlatino   e    ai    commissari    lo 
invio    di    due    supremi     commis- 
sari;  147;   lettere  da  Paolo  Batta 
Giustiniani    sulle    condizioni     del 
campo  di  Monaco,  147,  496;  scrive 
ai  commissari  al  campo   di    pren- 
dere e  bruciare  le  galee  del    Gri- 
maldi a  Villafranca,  1 5 1  n.  i  ;  lettere 
dai  supremi  commissari  al  campo 
di  Monaco  notificano  che  le    arti- 
glierie genovesi  vennero  smontate, 
i56,   157,    5o2,    5oj  ;  e   chiedono 
si  inviino  rinforzi,  i  59,  509;  ordina 
che  si  arresti  A.  Gioardo,  162,  514; 
lettere  dai  commissari  al  campo , 
514,  519;  è    incaricato    di    racco- 


gliere danaro  per  Timpresa  di  Mo- 
naco e  per  la  salvezza  di  G.,  1 72, 
357;  chiede  ed  ottiene  dalPotf.  di 
S.  Giorgio  di  fargli  fede  presso  i 
banchi  di  L.  80.000  per  Pimpresa 
di  Monaco,  359;  rie.  182,  364; 
due  officiali  d.  B.  recansi  invano 
a  Castelletto  a  pregare  il  Salazar 
di  restituire  i  prigionieri  fatti  nella 
chiesa  di  S.  Francesco,  190;  è  av- 
visato che  s' inviano  a  G.  63  pri- 
gionieri delle  truppe  della  Turbia, 
192;  scrive  al  Tarlatino  sollecitan- 
dolo a  por  fine  all'  impresa  di 
Monaco,  201,  202;  il  9  gennaio  è 
abolito  e  sostituito  da  un  officio 
di  quattro  cittadini  delegati  ad 
amministrare  per  tre  mesi  la  cosa 
pubblica,  210,  357;  il  primo  feb- 
braio viene  reintegrato,  210,  366; 
il  28  febbraio  gli  si  sostituiscono 
1 2  seniori  del  popolo,  210,  211; 
375  ;  rie.  218  n,  i  ;  2;^o;  38i;  385; 
386;  è  convocato  a  Palazzo  per 
sancire  reiezione  a  doge  di  Paolo 
da  Novi,  241  ;  243  n.  4;  chiede 
all'officio  di  S.  Giorgio  5o.ooo 
ducati  per  le  spese  di  guerra  contro 
il  re  di  Francia,  244,  390;  scrive 
insieme  col  doge  agli  officiali 
della  Riviera  di  Ponente  riferendo 
notizie  sugli  avvenimenti  di  Ge- 
nova, 2  55  n.  I,  2  56  n.  1;  è  sprov- 
visto di  denari  per  la  guerra,  393; 
elezione  di  nuovi  officiali,  273,  402; 
richiede  denaro  alP  officio  di  S. 
Giorgio,  4o3;  gli  officiali  prestano 
giuramento  di  fedeltà  al  re,  277, 
n.  1,  533,  534;  rie.  286;  410; 
443  ;      481  ;      52  1  ,•     525  ;     526  ; 


% 


Indice    Alfabetico 


627 


527;     5-28;     5jo  ;      534;     —     d. 
Banchi  ,     346  ;     —     d.    Gazarla , 
346  ;  —  d.  Maestrali  (Mestre),  for- 
mato secondo    la    nuova  riforma, 
84,  345  ;  mutato  secondo  T  antica 
legge  della  metà  delle  cariche    ai 
nobili,  403  ;  —  d.  Mare,  345  ;    - 
d.  Mercanzia,  formato  secondo  la 
nuova  legge,   14  n.  3;  rie.  346;  — 
d.  Misericordia,  4o3  ;    —    d.    Mo- 
naco (li   quattro  deputati  per    la 
spedizione  contro  Monaco)  1 1 5  n., 
126  n.  3  5  grida  per    i    banchieri, 
145,  35 1  ;    riceve    lettere    da  Ma- 
nuele Canale,  476  ;  da  Paolo  Bat- 
tista   Giustiniani,     140,    494  ;    da 
L.  Bervey  sugli  avvenimenti    del- 
l'' assedio    di   Monaco,    1 59,    5o6  ; 
rampogna  gli  artefici  al  campo  di 
Monaco  per  le  loro  lagnanze  sulle 
paghe,   178;  rie.  472  ;  48 3;  486  ; 
5o8  ;  5i  I  ,  ^iT)  ;  317.  —    (i.    Mo- 
neta, chiamato    a    consiglio    in  S. 
Maria  di  Castello,  42  n.   1  ;    chia- 
mato   a    deliberare   sulla  diminu- 
zione di  alcune  gabelle,  48  n.   1  ; 
proposte  di  riforme  nella  elezione 
degli  officiali,  64;  partecipa  al  con- 
siglio per  la  consegna  delle  riviere 
al  re,  71,  340;  rie,  80  n.  2;    ele- 
zione degli  officiali  secondo  la  nuova 
riforma,  84,  345  ;  nuove   elezioni 
secondo  T  antica   legge,  403  ;    gli 
officiali  prestano  giuramento  di  fe- 
deltà al  re,  277,    n.   1,  533,    534; 
rie.  456;  528;  53o;    53 1;  534;   — 
d.  Monete,  346  ;    —   d.  Padri  del 
comune,  4o3;  —  d.  Pisa  (cioè:  per 
gli  affari  con  i\),  elezione  di  nuovi 
officiali  secondo  la  legge  dei  due 


terzi,  14  n.  3  ,•  rie.  32;  n.  ;  scrive 
air  ambasciatore  genovese  a  Pisa, 
74  n.  I  ;  delibera  di  raccogliere 
somme  in  difesa  di  P.,  -jè  n.;  — 
d.  Rotti,  346  ;  —  d.  Ruberie  {della 
Arrotarla)^  nuovo  officio  mcaricato 
di  far  restituire  quanto  era  stato 
rubato  nella  sollevazione  popolare, 
273,  4o3  ;  —  d.  San  Giorgio,  24; 
è  rie.  quale  possessore  delF  isola 
di  Capraia,  2  5  n.  ;  è  chiamato  a 
consiglio  in  S.  Maria  di  Castello, 
42  n.  I  ;  partecipa  ad  un  consi- 
glio tenuto  per  dare  i  pieni  poteri 
agli  o'.Ficiali  eletti  per  diminuire 
le  gabelle  sulle  vettovaglie,  48  n.  i  ; 
si  decide  presso  detto  officio  di 
togliere  la  gabella  dei  marinai  e 
ridurre  quella  del  grano  e  del  vino, 
3  Ji  ;  delibera  di  dare  alPoff.  della 
Balia  1600  luoghi  per  la  difesa  di 
G.,  340;  rie.  quale  signore  di  Pieve 
di  Teco  (an.  i5i2),  66  n.  2;  in- 
caricato di  trattare  coi  commer- 
c'anti  per  la  sospensione  di  un 
editto  contro  Savona,  8J  n.  3  ;  rie 

348  ;    elezione    di    nuovi   officiali, 

349  ,•  i  cancellieri  delPoff.  vengono 
mutati  perchè  di  partito  Adorno, 
146,  352  ;  si  rende  garante  per 
To'",  della  Balia  di  L.  80.000  per 
P  impresa  di  Monaco,  359;  Luchi- 
no de  Marini  Castagna  è  ricordato 
come  officiale  di  S.  G. ,  1 87, 
368;  rie.  196;  è  richiesto  dalP  off.  di 
Balia  di  un  prestito  di  5 0.000 
ducati  (non  5.ooo  come  è  stampato 
erroneamente  nel  testo)  244,  390; 
intercede  perchè  si  salvi  la  vita  al 
marchese  di  Bollano  fatto   prigio- 


628 


Indice     Alfabetico 


niero  in  uno  sbarco  della  flotta 
franco-spagnola,  245  n.  3;  approva 
r  emissione  di  5 0.000  ducati  psr 
la  guerra,  2  50,  391  ;  raccomanda 
al  governatore  della  Corsica  di 
aiutare  il  reclutameato  di  fanti  in 
aiuto  di  G.,  25 1  n.  2;  delibera 
d''  inviare  fanti  e  cavalli  in  Corsica 
per  domare  Ranuccio  da  Leca,  40 1  ; 
nuova  elezione  degli  officiali  e 
nuovo  prestito  air  off.  di  Balia, 
4o3  ;  i  nuovi  eletti  entrano  in  fun- 
zione, 408  ;  prestano  giuramento 
di  fedeltà  al  re,  277,  n.  i  ,  5  5  5, 
534;  i  castellani  delP  officio  di 
S.  G.  hanno  T  obbligo  di  prestare 
giuramento  di  fedeltà  al  re  o  al 
governatore,  540  5  compere  e  ga- 
belle di  S.  G.,  rie  543,  545;  il  re 
di  Francia  conferma  nei  nuovi 
privilegi  le  concessioni  date  in  pre- 
cedenza air  off.,  546,  547,  548  ; 
rie  556-^  v.  anche  Genova  (Protet- 
*  tori  deir  off.  di  S.  G.),  —  d.  Savona, 
è  incaricato  di  trattare  coi  com- 
mercianti genovesi  per  la  sospen- 
sione di  un  editto  contro  Savona, 
83  n.  3;  determina  la  durata  di 
detta  sospensione,  84  n.,-  —  d. 
Virtù,  345  ;  —  per  la  revisione 
delle  gabelle  (caratate),   48  n.   i, 

49  n; 
Genova  (Officiali  delle  Riviere) 
hanno  V  ordine  d''  inviare  in  Genova 
tutto  il  pesce  che  potranno  racco- 
gliere, 58  n.  I  ;  rie.  92  n;  il  comune 
di  Genova  annunzia  loro  la  deci- 
sione di  muovere  guerra  a  Monaco 
98;  —  d.  Riviera  di  Levante,  avvi- 
sati  deir  avanzarsi    dei    capi   par- 


tito Fregoso,  171;  ricevono  ordine 
di  mandare  una  grida  contro  i  detti 
.  capi  partito,  175,  176;  e  di  ban- 
dire i  nobili  dimoranti  nella  Rivie- 
ra, 225,  525  ;  si  ordina  loro  di 
mandare  a  Genova  tutte  le  navi 
cariche  di  grano  che  approdino 
ai  loro  porti,  229;  si  notifica  loro 
il  ritorno  di  Genova  sotto  la  si- 
gnoria del  re  di  Francia,  527  ;  — 
d.  Riviera  di  Ponente,  devono  proi- 
bire che  si  asporti  dai  singoli  luo- 
ghi della  R.  qualsiasi  sorte  di  le- 
gname, 182;  ricevono  T  ordine  di 
punire  severamente  i  disertori  dal 
campo  di  Monaco,  184,  n.  ,5 18; 
vengono  loro  inviate  notizie  degli 
ultimi  scontri  coi  F"ieschi  e  coi  fran- 
cesi, 255  n.  1  ;  v.  anche  Genova 
(Commissari). 
Genova  (Paci  ficat  ori  ),  rie.  9  n.  2  ; 
eletti  per  pacificare  le  contese  fra 
nobili  e  popolari,  i3,  i5,  n.  1, 
317,  3  18  ;  deliberano  cogli  anziani 
ed  il  Roccabertino  d''  inviare  am- 
basciatori al  re  di  Francia,  a  Carlo 
di  (]haumont  e  a  F'ilippo  di  Ra- 
venstein,  18,  19,  319;  loro  car- 
teggio con  Giulio  II  e  Luigi  XII, 
22,  428,  430,  4)1  ;  con  gli  amba- 
sciatori e  col  Ravenstein  ad  Asti, 
28,  29,  n.  3  ;  vanno  incontro  al 
governatore  di  Genova,  29,  3o 
n.  1  ;  la  loro  carica  è  prorogata  dal 
governatore,  33  ;  rie.  34  n  ;  loro 
adunanza  in  piazza  de  Marini  per 
prendere  provvedimenti  contro  i 
Fieschi,  35,  n.  2;  322;  vani  tenta- 
tivi di  accordo  tra  essi  e  il  gover- 
natore circa  il    Fieschi,    36^    32  2, 


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323  ;  la  loro  carica  scade  col  7 
settembre  1 5o6,  41,  3i8. 
Gknova  (Palazzo)  (pjla:jio),  residenza 
del  governo  ;  vi  si  recano  i  citta- 
dini per  protestare  contro  le  vio- 
lenze dei  nobili,  433;  rie  4^4;  vi 
con\iene  gran  numero  di  popolari 
perchè  si  mandi  in  vigore  la 
legge  dei  due  terzi  e  si  ordina 
che  vi  venga  anche  Gian  Luigi 
Fieschi,  \2,  3 16,  425;  pretendendo 
questi  di  venirvi  con  400  uomini 
di  guardia,  viene  cacciato  dalla 
città;  i  popolari  tornati  a  P.  vi 
eleggono  nuovi  anziani  secondo 
la  legge  dei  due  terzi  e  12  pacifi- 
catori per  rimettere  la  calma  in 
città,  i3,  14,  1  5,  3  16,  317;  i  nuovi 
anziani  mandano  da  esso  la  grida 
di  deporre  le  armi,  14,  317;  vi 
entra  il  governatore  di  Genova , 
3i;  rie.  35,  322  ;  3^^  ^24;  vi  si 
eleggono  gli  anziani  e  la  Balia, 
32  5;  i  popolari  temono  che  il  go- 
vernatore voglia  fuggire  da  esso 
per  riparare  al  Castelletto ,  43, 
326  ;  esigono  che  un  grande  con- 
siglio sia  tenuto  a  S.  Maria  di  Ca- 
stello invece  che  a  P.,  41,  328;  vi 
si  conduce  Paolo  della  Costa,  6 1 , 
335,  336;  secondo  una  nuova  ri- 
forma ventilata,  gli  officiali  vi  do- 
vrebbero restare  in  permanenza, 
64,  338  ;  vi  si  adunano  in  consi- 
glio segreto  gli  anziani,  la  Balia , 
r  officio  della  moneta  ecc.^  71, 
340  ;  il  popolo  irrompe  a  P.  e  ob- 
bliga il  consiglio  ad  annullare  la 
deliberazione  presa^  73^  340  ;  vi 
pone  come  rappresentanti  otto  tri- 


buni della  plebe,  y5  .  341  ;  vi  si 
dovrebbe  tenere  un  consiglio  per 
rendere  le  riviere  al  governatore 
ma  va  deserto,  347;  rie.  78;  i  can- 
cellieri vengono  mutati,  perchè 
tutti  di  parte  Adorno,  146,  3  52; 
vi  si  aduna  un  grande  consiglio 
per  trovare  denaro  per  V  impresa 
di  Monaco  e  la  difesa  della  città, 
171,  356,  357;  nuovo  consiglio 
allo  stesso  fine,  182,  364;  rie  3  60; 
36 1;  366]  grande  consiglio  per  la 
restituzione  delle  Riviere  al  re,  188, 
369  ;  vi  si  dovrebbe  tenere  un 
nuovo  consiglio  per  lo  stesso  sco- 
po, ma  va  deserto  per  due  volte 
consecutive  tanta  è  la  furia  della 
plebe,  193,  372  ;  vi  si  elegge  un 
nuovo  officio  della  Balia,  3y5]  sono 
inviate  da  esso  milizie  in  soccorso 
dei  commissari  assediati  dalla  ple- 
be nella  Darsena,  204,  382  ;  vi  si 
tiene  un  consiglio  per  inviare  una 
ambasceria  allo  Chaumont,  2o5, 
382  ;  il  re  di  Francia  ordina  che 
le  guardie  del  P.  passino  al  Ca- 
stelletto, 212,  2i3;  poche  di  esse 
obbediscono,  molte  restano  al  soldo 
dei  genovesi,  217,  3j5^  523,  vi  sono 
impiccati  5  fautori  del  Fieschi, 
220,  221  n.  I,  3y'/]  vi  è  decisa  la 
guerra  contro  il  re  di  Francia, 
23 1,  384;  rie.  385;  vi  è  procla- 
mata relezione  a  doge  di  Paolo 
da  Novi,  240,  388;  parte  da  esso 
una  dimostrazione  organizzata  da 
E'manuele  Canale,  per  farsi  eleg- 
gere duce  dei  venturieri  di  guar- 
dia al  doge,  244,  389,  390;  viene 
ritirata  in  esso    tutta    V  artiglieria 


41 


630 


Indice    Alfabetico 


di  S.   Rocco,    parte    di    quella    di 
Luccoli  e   della   Maddalena,   247, 
3<jo  ;    nella    sala    ove    si  aduna  il 
Senato  si  decide  di  inviare  amba- 
sciatori al  campo    francese,    526  ; 
dopo  la  resa  dei   genovesi   al    re 
di  Francia  vi  sono  inviati  A  ntonio 
Maria  Pallavicino  e  Mons.  de  Pe- 
nis,  398;  sulla  via  da    S.    Andrea 
a  P.  è   accantonata    la    cavalleria 
francese,  269,  ^99;  il    re    entrato 
in    Genova    va    a    dimorare  a  P., 
271,  400;  rie.  401;  vi  si  decide  in 
un  t^rande  consiglio   di   annullare 
tutti  gli  uffici  fatti  durante   il  go- 
verno popolare,  402;  nella  sala  mi- 
nore di  esso  è  steso  Tatto  con  cui 
i    genovesi    promettono    di  obbe- 
dire alle  imposizioni  del  re,  532  ; 
ordine  di  portare  tutte  le  armi   a 
P.,  40S;  rie.    414;  418;  533;  549: 
è    rie.   la    campana    grossa    di    P. 
(an.   1279),  557;  —   V.   anche  Ge- 
nova (Piazze),  (Torri). 
Genova  (Piazze),  d.  Banchi,  vi  sono 
percossi  dai  nobili    due    popolari. 
5,  3i3,  314,  427,  433;    rie.    3i6; 
vi  si  riprendono,  ma  per  poco,  gli 
affari,  t5,  3 18;  vi  è    saccheggiata 
dalla  plebe  la    casa    di    Anfreone 
IJsodimare,   17  n.,  319;  rie.  418,- 
vi  è  colpita  dalle  artiglierie  di  Ca- 
stelletto   la  casa  dei    Serra,    3-6  ; 
vi  si  trovano  raccolti  molti  genti- 
luomini genovesi  pel   solenne   in- 
gresso  di    Luigi    XII    in    (Jenova, 
270,  400;    vi    è    impiccato    Filip- 
pino Armano,  404  ;  vi  sono  tolte 
le     forche,     410;     —    d.    Gigala, 
nella    loggia  dei    Setaioli  ivi    esi- 


stente officiano  gli  anziani  ;    vi    é 
tratto  per  sospetti  di  trame  Paolo 
della  Costa;  vi  è    ucciso    Corrado 
Soffia,    61,    335,  336-    —    d.  d'O- 
ria, 9  n  ;  vi  sono  feriti  dai   popo- 
lari in    tumulto    due    nobili  della 
famiglia  cC  Oria,  io.  —  d.    Fossa- 
tello,  vi  è  impiccato  un  tal  Fritolo, 
408  ;  —  d.  Giustiniani,    si    racco- 
glie   in    essa     gran     moltitudine 
di    popolari    che    eleggono  dodici 
capitani  del  popolo,  314;  passano 
per  essa  i  reali  di  Spagna,  419;  — 
d.  de  Marini  (Marino),  vi  si  aduna- 
no gli  anziani,  i  pacificatori  e  molti 
cittadini    per    prendere    provvedi- 
menti contro  i  Fieschi,  35,    32  2  ; 
vi  giunge  da  parte   del    governa- 
tore un  cancelliere  che  invita    gH 
anziani  ed  i  pacificatori  a  salire  a 
Palazzo,  36,  322,  323;  vi  si  tiene 
una  adunanza  e  si  decide  di  porre 
la  tassa  delP  1   ojo  su    ogni    mer- 
canzia per  le  spese  occorrenti  alla 
città,  367;  —  d.  Maddalena,  vi  si 
radunano  alcuni  cittadini  dopo  lo 
scontro  coi  francesi,  261,  396;   — 
d.  Molo,  vi  accorre  gran  folla  per 
assistere    alP  arrivo     dei    reali    di 
Spagna,  58,  334;    vi  si  prepara  il 
palco  per  giustiziare  Demetrio  Giu- 
stiniani, 407;  il  giorno  dopo  vi   è 
giustiziato,    278,  408  ;    —  d.    Pa- 
lazzo, vi  è  in  tutta   fretta    compi- 
lato e  letto  da  due  cancellieri  del 
comune  il  proclama  che  concede 
ai     popolari     i     due     terzi     degli 
offici  civili,   1  1 ,  42  I  ;    si  ordina  a 
tutti  i  cittadini  di  Genova  di  con- 
venirvi per  andare  incontro  al  go- 


Indice    Alfabetico 


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vernatore,  29,  3o  n.  i  ;  il  gover- 
natore di  Genova  vi  fa  piantare 
le  forche  e  il  palco  della  mannaia, 
3i,  320  ;  il  re  di  Francia  ordina 
ai  genovesi  di  portarvi  tutte  le 
loro  armi,  400  ;  i  genovesi  vi  pre- 
stano solenne  giuramento  al  re  di 
Francia,  273,  274,  275,  405,  406, 
5  3 '5  ;  vi  è  innalzato  il  palco  per  la 
decapitazione  di  Paolo  da  Novi, 
289,  4i5;  sua  morte,  290,416, — 
d.  S.  Giorgio,  vi  si  reca  il  gover- 
natore di  Genova  e  vi  passa  in 
rivista  la  compagnia  del  molo,  35, 
322  ;  —  d.  S.  Lorenzo,  vi  sorge 
una  fiera  contesa  fra  un  nobile  e 
un  contadino,  8,  3 1 5  ;  rie.  9  n.  ; 
—  d.  Sarzano,  corre  voce  che  vi 
siano  state  sbarcale  armi  per  i  no- 
bili, \5,  3  1 8;  —  d.  Squarciafichi, 
vi  è  lanciato  un  proiettile  dalla 
artiglieria  di  Castelletto  che  cade 
air  angolo  della  casa  di  Paride 
Fieschi,  SjG. 

Genova  (Podestà),  al  balcone  della 
sua  casa  è  impiccato  un  tale  di 
Villanova  d''  Albenga  sorpreso  a 
portar  lettere  di  nobili  a  diversi 
cittadini  d''Albenga,  232  n.  2,  386; 
norme  per  la  sua  elezione,  sue 
mansioni  e  suoi  diritti,  538,  542; 
v.  anche  Solario  Obertino. 

—  (Podesterie),  di  Bisagno,  di 
Polcevera,  di  Voltri,  sMngiunge  ai 
nobili  abitanti  nelle  tre  pod.  di 
ritornare  a  Genova  entro  un  limite 
di  tempo  prefisso,  79,  342  ;  il  li- 
mite viene  prorogato,  80,  81,  3435 
rie.  87,  j6ì-^  i  «  canioni  »  di  esse 
deliberano  di  mandare  ogni  giorno 


sei  deputati  al  Palazzo  di  Genova 
per  informazioni,  371;  le  tre  p.  sono 
dichiarate  franche  (libere  da  tasse), 
iyb;  ordine  agli  abitanti  delle  tre 
p.  di  venire  a  Genova  con  le  loro 
famiglie  e  le  loro  robe,  2285  i  sol- 
dati delle  tre  p.  vengono  a  soccor- 
rere i  genovesi  per  P  assalto  al 
Castelletto,  234,  235,  387  ;  il  ter- 
ritorio delle  tre  p.  è  messo  a  sacco 
dai  tedeschi  costretti  a  rimanere 
fuori  di  Genova,  272,  402;  si 
ordina  alle  tre  p.  di  consegnare 
tutte  le  armi  a    Palazzo,  418. 

Genova  (Ponti  del  Porto),  ponte 
d.  Calvi,  vi  sono  scaricati  due  grossi 
cannoni,  388;  —  d.  Cattanei,  si 
raccolgono  presso  di  esso  molti 
gamberi  bianchi  morti,  374;  —  d. 
Spinola,  alcuni  galeoni  vengono 
tratti  a  ridosso  di  esso  e  salvati 
così  dal  bombardamento  di  Castel- 
letto, 222  ,  378  ;  si  raccolgono 
presso  di  esso  molti  gamberi  bian- 
chi, 3o6,  374. 

—  (Porte),  d.  Acquasola,  su  essa 
è  confitta  una  parte  del  corpo 
squartato  di  Paolo  da  Novi,  289, 
41 5;  —  d.  S.  Andrea  o  delFArco 
(ErcoJ,  è  munita  fortemente  dai 
nobili  per  proteggere  la  loro  fuga; 
viene  presa  dai  popolari,  12,  3 16; 
ma  resa  nella  sera  stessa  al  Fie- 
schi, i5,  3 18;  rie.  3 18  n.  3;  viene 
rioccupata  dai  popolari,  3  19;  rien- 
tra per  essa  il  governatore  dopo 
aver  accompagnato  G.  L.  Fieschi 
fuori  di  città,  3y^  ^24;  viene  as- 
salita dai  borghigiani  di  S.  Stefano 
e  di  S.  Andrea  e  tolta  ai  Fieschi, 


632 


Indice  Alfabetico 


J8,  324;  i  francesi  fanno  murare 
tutte  le  porte  e  i  portelli  di  Ge- 
nova tranne  quelli  di  S.  A.  e  di 
San  Tommaso,  268,  399;  sulla  via 
da  essa  a  Palazzo  viene  accanto- 
nata la  cavalleria  francese,  269, 
.)99;  vi  è  impiccato  un  certo 
Andriano  lorvano ,  404;  vi  é 
confitta  una  parte  del  corpo  squar- 
tato di  Paolo  da  Novi,  289,  41 5; 
rie.  563,  V.  Genova  (Torri);  d. 
S.  Stefano,  viene  assalita  dai  bor- 
ghigiani di  S.  Stefano  e  di  S.  An- 
drea e  tolta  ai  Fieschi,  38,  324  ; 
v.  Genova  (Borghi)  ;  — •  d.  S.  Tom- 
maso, i  nuovi  anziani  nella  caval- 
cata attraverso  la  città  giungono 
sino  ad  essa  ed  ivi  congedano  i 
sestresi  e  i  polceveraschi  accorsi 
in  aiuto  dei  popolari,  14,  3175 
giunge  sino  ad  essa  il  governatore 
di  Genova  in  un  giro  d' ispezione 
per  la  città,  35,  32 1;  la  cavalleria 
deir  esercito  francese  contro  Ge- 
nova si  spinge  tino  ad  essa,  264, 
3()/;  i  francesi  fanno  murare  tutte 
le  porte  e  i  portelli  di  Genova 
tranne  quelli  di  S.  T.  e  di  S.  An- 
drea, 368,  399;  atto  di  Luigi  XII 
contro  di  essa  e  parole  pronun- 
ciate nel  passarvi,  270;  399;  vi  è 
impiccato  un  francese  per  aver 
oltraggiato  una  genovese,  41 3/ su 
essa  è  confìtta  una  parte  del 
corpo ,  squartato  di  Paolo  da  Novi, 
289,  41 5;  —  d.  Vacca,  vi  è  impic- 
cato un  francese  che  aveva  oltrag- 
giato una  genovese,  41 3;  vi  è 
impiccato  un  giovane  dei  Saulo, 
414;  —  Nuova,  alcune  case  presso 


il  bagno  e  vicine  alla  porta  sono 
colpite  dalle  artiglierie  di  Castel- 
letto, 376. 

Genova  (P  o  r  t  o),  si  fermano  presso  di 
esso  tre  galere  e  due  fuste  che 
dicono  di  andare  verso  il  re  di 
Spagna;  poco  dopo  partono  e  si 
viene  a  sapere  che  erano  cariche 
di  soldati  per  i  gentiluomini,  33o, 
33 1;  sulle  navi  ancorate  in  esso 
vengono  requisite  tutte  le  artiglie- 
rie per  r  impresa  della  Spezia, 
332;  vi  entra  la  flotta  aragonese, 
58  n.  2;  334;  salpa  da  esso  la  spe- 
dizione contro  Pieve  di  Teco,  66^ 
340;  si  '.anno  agevolezze  alle  navi 
che  vi  porteranno  grano  farina 
ecc.,  109;  vi  entrano  le  navi  ca- 
riche delle  artiglierie  usate  contro 
Monaco  e  due  galee  da  Ventimi- 
glia,  207,  385,  386;  diverse  galee 
ancorate  in  esso  sono  danneggiate 
o  affondate  dal  bombardamento 
del  Castelletto,  222;  378;  la  fiotta 
franco-spagnola  vi  entra  a  insegne 
spiegate  e  dopo  breve  cannoneg- 
giamento ne  esce  dirigendosi  verso 
levante,  244,  245,  390;  vi  entrano 
due  fuste  di  Napoli,  407;  vi  arriva 
la  flotta  spagnuola  che  porta  i 
reali  di  Spagna,  418:  il  redi  Spa- 
gna lo  visita  minutamente,  419. 

—  (Promontorio)  (Premontoro)^ 
collina  che  chiude  a  ponente  il 
porto  di  Genova  ;  una  bastia  su 
essa  viene  fornita  di  artiglieria  e 
di  fanti  contro  Pesercito  francese, 
254,  394  ;  viene  abbandonata  dai 
genovesi  prima  che  sopraggiun- 
gano i  nemici,  262,  3()6;    i    quali 


Indice  Alfabetico 


633 


se  ne  impadron'scono,  3g6;  la  ba- 
stia è  fatta  spianare,  408  ;    v.  an- 
che Genova  (San  Benigno). 
Genova  (  Protettori     delT  officio 
di    S.    Giorgio),  rie.  547. 

—  (Riformatori),  dei  magi- 
strati  civili,  65,  66,  84. 

—  (Riva)  (sotto  }a),  località  corri- 
spondente air  odierna  «  sotto  Ri- 
pa »,  3jj. 

—  (San  Benigno),  località  pres- 
so il  faro  di  Genova,  viene  forti- 
ficata contro  le  truppe  francesi, 
2  56;  è  abbandonata  dai  genovesi 
dinnanzi  alPesercito  francese,  396; 
viene  poi  ripresa  dai  genovesi,  264, 
397;  v.  anche  Genova  (Conventi), 
(Promontorio). 

—  (Sapienti  del  comune), 
officio  composto  di  tre  membri  ; 
essendo  uno  di  essi  Nicolò  Oderico 
inviato  al  re  di  Francia,  viene  sur- 
rogato da  Giacomo  Senarega,  iq 
n.  3. 

—  {S  e  n  a  t  o),  riceve  le  proteste  dei 
popolari  contro  le  prepotenze  dei 
nobili,  43  j;  respinge  le  proposte 
del  pod.  Obertino  Solaro  e  dei  po- 
polari circa  le  misure  contro  i  no- 
bili, 7;  il  priore  di  esso  invita  in- 
vano i  nobili  a  presentarsi  ad  un 
consiglio,  48  n.  i  ;  rie.  64;  81  n.  i  ; 
si  procede  in  S.  alle  nuove  elezioni 
degli  offici  civili,  344;  rie.  1 1 5  n; 
121;  riconosciuta  P  innocenza  di 
Alfonso  del  Carretto  ordina  che 
un  servitore  di  esso,  arrestato  per 
sospetti,  non  sia  torturato,  14'^, 
483;  si  adunano  in  S.  molti  citta- 
dini  e    decidono   una  generale  ri- 


conciliazione, 3555  rie.  173  n.;  è 
incaricato  di  ringraziare  il  papa 
per  il  suo  interessamento  alle 
sorti  di  Genova,  182  n.  2;  proibisce 
di  parlamentare  col  castellano  di 
Castelletto,  226,  n.  3;  227  n.;  rie. 
2  3o;  è  convocato  a  palazzo  per  san- 
cire r  elezione  a  doge  di  Paolo  da 
Novi,  240,  241,  388;  il  priore  del 
senato  rivolge  al  doge  la  orazione 
inaugurale,  241  ;  alla  notizia  di  pro- 
poste di  conciliazione  con  il  re  di 
Francia  il  doge  dichiara  in  S.  che 
farà  ammazzare  chi  osi  trattarle, 
249,  391;  nella  sala  del  Palazzo 
ove  si  aduna  il  S.  si  decide  di  in- 
viare ambasciatori  al  campo  fran- 
cese, 526;  nella  sala  minore  del 
Palazzo  ove,  d""  estate,  si  raduna 
il  S.  è  steso  Patto  per  cui  i  geno- 
vesi promettono  di  obbedire  alle 
imposizioni  del  re,  532. 
Genova  (Senatori),  rie.  i  5  n.  i  :  due 
di  essi  devono,  per  privilegio,  appar- 
tenere ai  borghi  di  S.  Stefano  e  di 
S.  Tomaso,  38  n.  1,  441;  rispon- 
dono alle  osservazioni  del  vicario 
del  governatore,  65. 

—  (Sestieri),  Portoria,  vi  è  abbat- 
tuta la  casa  di  Paolo  da  Novi,  278, 
407. 

—  (S  indicatori),  eletti  secondo 
la  nuova  riforma,  84,  345. 

—  (S  i  n  d  i  e  i  del  comune),  rie. 
88,  n.  4;  debbono  giurare  fedeltà 
al  re  di  Francia  in  nome  di  tutti 
i  cittadini,  538,  539. 

—  (Torri),  d.  Codefà,  v.  Genova 
(Lanterna);  —  d.  Molo,  è  infisso 
su  essa  il  capo  di    Demetrio  Giù- 


634 


Indice    Alfabetico 


stiniani,  278,  408;  vi  è  pure  con- 
fìtta una  parte  del  corpo  squartato 
di  Paolo  da  Novi,  289  ,  4i5  ;  — 
d.  Palazzo,  dopo  la  resa  dei  ge- 
novesi vi  è  innalzato  Io  stendardo 
del  re,  268,  398;  vi  è  confitta  su 
di  una  lancia  la  testa  di  Paolo  da 
Novi,  289,  290,  41  5;  —  d.  S.An- 
drea, è  assalita  dai  popolari  e  tolta 
ai  Fieschi,  38,  3  24. 
Genova  (Tribuni  d  e  1 1  a  p  1  e  b  e),  e- 
letti  il  24  ottobre  1 5o6,  75,  341  ;  ^6] 
errori  degli  storici  precedenti  nella 
data  del  giorno  della  elezione,  ^6 
n.  i;  il  numero  dei  T.  viene  por- 
tato da  otto  a  nove,  76  n,  i,  343; 
da  prima  non  ebbero  tale  nome, 
jj  n.;  impongono  un  editto  con- 
tro i  nobili,  79,  342;  gli  anziani 
ne  riversano  la  responsabilità  su 
essi,  80;  e  li  incaricano  della  esecu- 
zione, 80,  343;  deputati  a  proce- 
dere contro  i  beni  posseduti  da 
Luciano  Grimaldi  in  (ìenova,  172, 
173  n.;  358;  a  requisire  certe  ruo- 
te di  bombarde  del  palazzo  di  via 
Lata,  174  n.  i;  rie.  36 1;  muovono 
fiere  rampogne  agli  artefici  del 
campo  di  Monaco  perchè  si  la- 
gnano del  ritardo  delle  paghe, 
178;  inviano  lettere  ai  commissari 
lodandone  Popera,  178  n.  i;  sono 
esecutori  di  una  grida  per  il  ri- 
torno dei  nobili  in  città,  180,  3  G3; 
di  un^  altra  sui  calafati  e  maestri 
d''ascia,  182;  Paolo  da  Novi  esorta  a 
nome  loro  il  cap.  Tarlatino  di  porre 
termine  alP  assedio  di  Monaco , 
i83  n.;  concedono  agli  uomini  di 
Polcevera  e  di  Bisagno  di  spogliare 


e  derubare  coloro  che  venissero 
di  fuori,  187,  36'j^  368;  in  una 
nuova  elezione  essi  vengono  tutti 
riconfermati,  189,  369;  il  16  marzo 
vengono  cambiati  e  sostituiti  da 
altri,  379;  ric2Jo;  238;  sono  con- 
vocati a  l^alazzo  per  sancire  rele- 
zione a  doge  di  Paolo  da  Novi, 
241,  rie  526. 
Genova  (Vescovati),  rie.   545. 

—  (Vicario  ducale),  sono  citati 
dinanzi  ad  esso  alcuni  nobili,  1 80. 

—  (  V  i  e  ),  d.  Filo,  inseguimento  avve- 
nuto in  esso  tra  Giacomo  Ghiglione 
e  Gian  Giorgio  F"ieschi,  8,  3  1 5;  pas- 
sano per  esso  i  reali  di  Spagna, 
419;  — d.  Luccoli  (Liicwr/),  è  tolta 
da  essa  una  parte  delP  artiglieria 
che  ivi  si  trovava  ed  è  portata 
a  Palazzo  ,  247 ,  390  ;  — d.  Madda- 
lena (carro^/o  della    Magdalena), 

è  tolta  da  essa  una  parte 
delPartiglieria  ivi  posta  contro  il 
Castelletto  ed  è  portata  a  Palazzo, 
247,  390;  vi  fanno  incursione  le 
truppe  di  Castelletto,  395;  il  Salazar 
vi  fa  abbattere  un  gran  numero 
di  case,  282,  411;  285,  287;  —  d. 
Pera,  rie.  286  n.  3,  414;  —  d. 
l^iccapietra  {Picapria\  viene  sbar- 
rata dai  popolari  pel  sospetto  che 
il  governatore  voglia  fuggire  da 
Palazzo  e  riparare  per  essa  a  Ca- 
stelletto, 43,  326;  —  d.  San  Do- 
menico, id.  id.  -  Lata  (molto  spesso 
indica  la  casa  di  Gian  Luigi  Fieschi 
che  si  trovava  in  essa),  scende  da 
essa  G.  L.  Fieschi  per  domare  la 
sollevazione  dei  popolari,  ii,3i5; 
vi  si  rifugiano  molti  nobili,  il  Fie- 


Indice  Alfabetico 


635 


sebi  vi  raccoglie  milizie,  ma  i  po- 
polari muovono  verso  di  essa  ob- 
bligandolo a  lasciare  la  città,  12, 
3 1 6;  corre  voce  che  vi  sieno  state 
raccolte  armi  per  i  nobili,  i5, 
J18;  e  vi  si  radunino  soldati,  16, 
j  1 8  ;  i  popolari  muovono  verso 
di  essa  e  s''impadroniscono  delle 
case  dei  nobili,  lO,  J19,  436;  Gian 
Luigi  Fieschi  rientrato  in  Genova 
provvede  tosto  il  suo  palazzo  in 
detta  via  di  armi,  di  artiglierie  e  di 
uomini,  Ji,  J2,  J20,  444,  447, 
448,  459;  rie.  J4;  i  popolari  fanno 
puntare  contro  di  essa  alcuni  can- 
noni, 36,  J22;  viene  abbandonata 
dai  nobili  che  lasciano  Genova, 
J7,  J2J,  444,  448,  460;  rie.  327; 
nelle  case  dei  Sauli  ivi  esistenti  si 
preparano  gli  alloggi  per  il  re  di 
Aragona,  334,  rie.  404;  vi  hanno 
alloggio  il  marchese  di  Marassi  e 
Giovanni  di  Biassa,  61,  335:  e 
fors\anche  il  cap.  Tarlatine,  iion; 
una  casa  in  essa  viene  colpita 
dalle  artiglierie  di  Castelletto,  374; 
rie;  286,  41 5;  nelle  case  dei  no- 
bili ivi  esistenti  è  dato  un  ban- 
chetto a  Luigi  XII,  407;  rie.  41 5. 
Genovesi  {Genoati,  Zenovesi) ,  ri- 
spondono con  grandi  proteste  di 
obbedienza  al  re  di  Francia  che 
li  esortava  ad  essere  tranquilli, 
9  n.  2  ;  inviano  doni  ed  amba- 
sciatori al  re  d''  Aragona  a  Porto- 
tino,  59,  335;  offrono  la  signoria 
al  re  d''  Aragona  (0,  ^9  n.  i ;  chie- 
dono a  Pisa  il  capitano  Tarlatino, 
75  n;  ricevono  aiuti  dai  pisani, 
75  n;  notizie  su  un  carteggio  per 


una  spedizione  dei  genovesi  in 
aiuto  dei  pisani,  76  n;  giudizio 
del  re  Luigi  XII  su  essi,  78  n.  r; 
invisi  a  Carlo  tf  Amboise ,  82; 
comunicano  al  papa  di  aver 
soppresso  in  suo  onore  un  editto 
contro  Savona,  83  n.  3;  rie.  92 
n  i;  108  n  i;  112  n;  inviano  un 
esercito  contro  Monaco,  11 3;  con 
speranza  di  una  sollecita  conquista, 
1 1 4,  n.  1  ;  occupano  Mentone  e 
Roccabruna,  1 1 7;  rie.  1 1 8;  rappre- 
saglie del  duca  di  Savoia  per  detta 
occupazione,  118  n.  3;  sono  con- 
vinti della  facilità  della  conquista^ 
119;  rie.  !2i;  il  papa  promette 
loro  aiuti,  124:  prime  avvisaglie 
contro  Monaco,  1 3  i  ;  prime  diffi- 
coltà, i32,  137;  sforzi  per  la  buona 
riuscita  delP  impresa,  145,  146; 
i  nizzardi  si  rifiutano  di  muovere 
contro  i  gen.  1 65;  politica  pacifica 
dei  gen.  verso  il  duca  di  Savoia,  i  G6^ 
n.;  rie.  168  n.  i;  il  re  di  Francia 
decide  di  punirli  della  loro  disob- 
bedienza, 181;  il  papa  li  informa 
della  disposizione  d""  animo  del  re 
di  Francia  verso  loro,  i85;  dichia- 
rati ribelli  dal  re  di  Francia,  i85, 
374;  continuano  Tassedio  di  Mo- 
naco con  varia  fortuna,  191;  192; 
193;  artigiani  e  mercanti  scelgono 
alcuni  cittadini  per  porre  pace  in 
città,  193,  372,  3^3]  tentano  un 
accordo  col  duca  di  Savoia,  193, 
194,  195;  rie.  2o3;  alcuni  cittadini 
vorrebbero  abbandonare  G.,  ma 
ne  sono  impediti,  217,  218;  rie. 
2i(),  n  i;  indignati  per  le  cru- 
deltà  del   Salazar,  221,  222,  378; 


636 


Indice    Alfabetico 


assaltano  e  prendono  il  Castel- 
laccio,  22J  n.  2;  decidono  di  muo- 
vere guerra  al  re,  23o,  383;  rie.  233 
'234;  raccolgono  armi  e  denari  per 
la  guerra  contro  il  re  di  Francia, 
254,  n.  i;  393;  prestano  solenne 
giuramento  di  fedeltà  al  re,  533, 
534;  molti  gen.  si  trovano  nelPe- 
sercito  di  Pisa,  404;  il  papa  impe- 
tra da  Luigi  XII  clemenza  per  essi, 
412  n.  I. 
Genovesi  (Nobili),  spalleggiati  dal  go v . 
francese  s"*  impongono  ai  popolari, 
3;  hanno  gli  offici  civili  divisi  a 
metà  coi  popolari,  ma  in  realtà 
sono  essi  che  comandano,  3,  3i3, 
435;  loro  violenze  contro  i  popo- 
lari, 4,  422;  sono  difesi  dal  cronista 
Alessandro  Salvago, 4 n  i;  la«  com- 
pagnia de  Taguo  »,  5,  3i3;  com- 
mettono nuove  violenze  contro  i 
popolari,  5,  6,  3i3,  3 14,  424, 
427,  433;  non  obbediscono  agli 
ordini  del  pod.;  eleggono  quattro 
deputati  per  provvedere  alla  loro 
difesa,  7,  3i5;  non  volendo  scen- 
dere a  transazioni  coi  popolari 
provocano  una  sollevazione  (18 
luglio  i5o6),  IO,  3i5;  alcuni  fug- 
gono da  Genova,  altri  si  rifugiano 
nella  casa  di  Gian  Luigi  Fieschi, 
12,  3i5,  3 16;  una  nuova  solleva- 
zione popolare  (20  luglio  1 5oG)  li 
caccia  da  Genova,  16,  3 18,  319, 
428;  le  loro  case  sono  prese  e 
saccheggiate,  16,  319,  437;  rac- 
coltisi in  Gavi  decidono  d''  inviare 
Andrea  d''  Oria  al  re  per  difendere 
la  loro  causa,  20;  i  loro  rappre- 
sentanti raccoltisi  nel  castello    di 


Montoggio  stabiliscono  di  imporre 
una  tassa  ad  ogni  famiglia  nobile 
per  trovare  i  mezzi  onde  rientrare 
in  Genova,  21  n.;  rie.  2 3,  n.  2; 
notizie  sul  loro  partito,  2  5,  26; 
timore  dei  popolari  per  i  loro 
armamenti,  28;  rientrano  con  G.  L. 
Fieschi  in  Genova  dopo  Pingresso 
del  governatore  in  essa  (3o  Agosto 
I  5o6),  3i,  32,  320,  459;  accusano 
il  Ravenstein  di  essere  stato  cor- 
rotto dai  popolari  33,  n.  i;  sono  cac- 
ciati di  nuovo  dai  popolari,  (4  Set- 
tembre i5o6),  Zj^  323,  444,  448, 
460;  si  lagnano  della  mala  fede 
del  governatore  di  Genova,  40, 
327;  sono  accusati  dai  popolari  di 
aver  promesso  ai  loro  soldati  il 
saccheggio  della  città  ,  43  ,  328  , 
329;  si  astengono  dal  parteci- 
pare ai  consigli  tenuti  in  essa, 
48  n.  i;  loro  armamenti,  33o,  33  i; 
alcuni  di  essi  si  rifugiano  nel  mar- 
chesato di  Finale,  56,  '}>yi\  dissua- 
dono il  re  d'' Aragona  dallo  scen- 
dere a  Genova,  58;  si  adunano 
ad  Arquata,  73  n.  i,  463;  deci- 
dono d''  inviare  ambasciatori  al  re 
diFrancia,  al  papa  ed  a  Carlod''Am- 
boise,79, 343;  alcuni  seguono  il  Cle- 
ves  in  Francia  per  chiedere  diretta- 
mente soccorsi  al  re,  79;  editto 
dei  popolari  contro  di  essi,  79, 
n.  2,  342;  rie.  80;  fanno  rimo- 
stranze al  re  per  F  editto  ,  8 1 
n.  i;  rie.  iio,  n.  2;  non  ottem- 
perano air  editto,  81,  82;  si  rifu- 
giano in  Savona,  87;  rie.  94;  ac- 
cusano Filippo  di  Ravenstein  di 
aver  cagionata  la  perdita  di  Pieve 


Indice    Alfabetico 


637 


di  Teco,  97  n;  sperano  in  un 
pronto  soccorso  delle  armi  tran- 
cesi,  112  n.  2  ^  inviano  ambascia- 
tori a  Luigi  XII  che  li  accoglie 
benignamente,  120;  121;  rie.  122; 
mandano  quattrocento  venturieri 
in  soccorso  di  Monaco,  i3g;  i  N. 
raccolti  in  Savona  assoldano  truppe 
in  difesa  della  città,  i5J,  352;  gli 
anziani  di  G.  si  lagnano  col  go- 
vernatore di  Savona  delle  loro 
mene,  5oi  ,  5o2  ;  gride  dei  popo- 
lari contro  di  essi,  172,  358;  of- 
frono cento  mila  ducati  al  re  di 
Francia  perchè  mandi  un  esercito 
contro  Genova,  179,  362;  altre 
due  gride  contro  di  essi,  179, 
180,362,  363;  il  governatore  di 
Savona  li  obbliga  a  restare  in 
essa,  365;  alcune  case  di  essi 
in  Genova  vengono  saccheggiate 
da  una  compagnia  di  tristi,  365; 
alcuni  N.  arrestati  dal  castellano 
di  Castelletto  coi  popolari  raccolti 
nella  chiesa  di  S.  Francesco,  sono 
rimessi  in  libertà,  189,370;  molti 
si  dirigono  ad  Asti,  371  ;  si  uni- 
scono a  G.  L.  Fieschi  e  Carlo  d^Am- 
boise  a  Casale  Monferrato,  3^  i  ;  mo- 
lestano gli  ambasciatori  popolari  a 
Serravalle,  216,  522;  ragioni  per 
cui  [Vennero  appoggiati  dal  re  di 
Francia,  220;  alcuni  di  essi,  abitando 
presso  Genova,  sono  perseguitati 
dai  popolari,  220;  224;  sono  requi- 
site tutte  le  armi  che  si.  trovano 
nelle  loro  case,  225,  3jy,  3jS  ;  è 
loro  vietato  di  allontanarsi  da  Ge- 
nova e  s"'impone  a  quelli  dimoranti 
nelle  Riviere  di  rientrare  in  città , 


225,  525;  il  doge  ingiunge  a  quelli 
dimoranti  in  (ì.  senza  le  loro  ma- 
snade di  restringersi  in  due  case 
per  piazza  per  dare  alloggio  alle 
famiglie  accorrenti  in  Genova,  243, 
389;  i  N.  pagano  seimila  fanti  che 
si  uniscono  alP  esercito  francese 
contro  Genova,  2  58;  gran  numero 
di  N.  è  presente  al  solenne  ingresso 
di  Luigi  XII  in  Genova,  270,  400; 
riprendono  il  loro  antico  predomi- 
nio, 273,  402,  403  ;  corre  voce  pre- 
parino liste  di  proscrizione ,  273  , 
404  ;  festose  accoglienze  al  re  di 
Francia,  278,  n.  3,  405,  407;  per- 
secuzioni contro  i  popolari,  280, 
410,  411,  412;  sono  presenti  alla 
decapitazione  di  Paolo  da  Novi, 
290,  41 5  ;  offrono  ricchi  doni  al 
castellano  di  Castelletto  e  alla  sua 
famiglia,  417;  molti  di  essi  si  re- 
cano a  Savona  pel  famoso  incontro 
di  Ferdinando  il  Cattolico  con  Luigi 
XII,  418. 
Genovesi  (Popolari),  le  condizioni 
economiche  migliorate  permettono 
loro  di  gareggiare  coi  nobili,  2;  e  di 
pretendere  una  più  larga  partecipa- 
zione al  governo,  3;  hanno  gli  of- 
fici civili  divisi  a  metà  coi  nobili 
ma  chiedono  che  siano  dati  per  due 
terzi  a  loro;  ragioni  di  tale  pretesa, 
3;  angariati  dai  nobili,  4,  n.  i;  5, 
6,  7,  3  1 3,  314;  scelgono  dodici  ca- 
pitani che  sostengano  le  loro  ra- 
gioni dinanzi  al  luogotenente  e  agli 
anziani,  7,  314;  levatisi  in  armi 
per  le  prepotenze  dei  Fieschi,  ven- 
gono con  gran  fatica  acquetati,  8, 
3i5:  riuscite  vane  le  trattative  di 


638 


Indice    Alfabetico 


pacificazione  coi  nobili,  si  solle^'ano, 
(iS  luglio  \  5oC)) ,  io,3i5t4JJ; 
ottengono  cosi  la  concessione  di 
due  terzi  degli  offici  civili,  i  i ,  42  i , 
422,  425,  427,  434;  la  plebaglia 
saccheggia  nella  notte  molte  case 
di  nobili,  II,  12,  3 16,  423,  425, 
427,  4J4;  adunatisi  a  Palazzo  vo- 
gliono che  Gian  I-uigi  Fieschi  vi 
venga  con  poca  scorta  e  poiché 
risponde  arrogantemente  gli  muo- 
vono incontro  costringendolo  ad 
abbandonare  la  città  (19  luglio 
I  5o6),  1 2,  3  I  (1;  ritornati  a  Palazzo 
eleggono  nuovi  anziani  secondo  la 
legge  dei  due  terzi,  e  12  pacifica- 
tori per  rimettere  la  calma  in  città, 
i3,  14,  I  5,  3 16,  317;  si  sollevano 
di  nuovo  in  armi  (20  luglio  i5o6), 
e  cacciano  i  nobili  da  Genova,  16, 
3  18,  436;  liberano  molti  uomini 
di  Sesfri,  Polcevera  e  Bisagno  Te- 
nuti prigioni  per  debiti  verso  lo 
stato;  commettono  saccheggi  e  pre- 
potenze, 1 6,  3  19,  437;  inviano  am- 
basciatori al  re  di  Francia,  al  luo- 
gotenente generale  del  re  in  Italia  ed 
al  governatore  di  Genova,  19,  n.  3; 
23,  319;  loro  timori  per  gli  arma- 
menti dei  nobili,  28;  malumori  per 
il  ritorno  di  G.  L.  Fieschi  in  Ge- 
nova, 32,  444,  447;  nuova  solleva- 
zione contro  i  nobili  (4  settembre 
i5o6),  34,  32 1;  invio  di  una  depu- 
tazione al  governatore  perchè  cacci 
G.  L.  Fieschi  da  Genova,  34,  32 1; 
cacciata  dei  nobili  da  Genova,  3y^ 
32  3,444;  ottengono  la  elezione  di 
nuovi  anzian-,  )8,  325,  445;  inse- 
guono    inolili,    39,325,    326, 


445,  448;  scoprono  la  politica  am- 
bigua del  governatore,  40,  327; 
tengono  vin  grande  consiglio  a  S. 
Maria  di  Castello  per  sanzionare 
Topera  dei  vecchi  anziani  e  rele- 
zione dei  nuovi;  rifiutano  di  giu- 
rare di  movo  fedeltà  al  re,  41,  42, 
43,  32S  ;  sembra  che  più  tardi  vi 
annuiscano,  43  n.  i  ;  divisione  di 
idee  e  di  propositi  fra  popolo  grasso 
e  popolo  minuto,  44,  329;  delusi 
nella  speranza  di  accogliere  i  reali 
d'Aragona,  58;  inviano  doni  e  am- 
basciatori a  Ferdinando  il  Catto- 
lico a  Portofino,  59,  60,  335;  si 
impongono  al  governatore,  61,  62; 
3M\  Siy-  presentano  un  progetto 
di  riforme  per  adire  ai  pubblici  of- 
fici, 6).  64,  338,  339  ,  469  ;  eleg- 
gono 1 8  cittadini  per  attuare  dette 
riforme,  65,  66;  inviano  truppe  alla 
conquista  di  Pieve  di  Teco,  66^  340, 
456;  aspirano  air  unione  delle  ri- 
viere sotto  il  comando  del  gover- 
natore di  Genova  ,  G8  ;  decidono 
yT  inviare  ambasciatori  al  re  per 
placarne  lo  sdegno  per  P  occupa- 
pazione  della  Spezia  e  di  Chiavari, 
(mj;  si  oppongono  alla  deliberazione 
presa  di  consegnare  le  riviere  al  re. 
71,  72,  y3^  340,  462;  vedono  con 
indifferenza  la  partenza  del  gover- 
natore, 341;  editto  contro  i  nobili, 
79 ,  342  ;  si  proroga  il  limite  del 
loro  ritorno  in  città,  80,  81,  343; 
inviano  un'  ambasceria  al  re,  una 
al  papa  e  forse  una  a  Carlo  d'Am- 
boise,  82,  344;  sopprimono  in  onore 
del  papa  un  editto  contro  Savona, 
83,  n.  3;  fanno  nuove  elezioni  di 


Indice  Alfabetico 


630 


tutti  gli  olllci  pubblici  secondo  le 
ultime  riforme,  84,  ;)45;  raccoltisi 
in  S.  Maria  di  ("astello  giurano  di 
dimenticare  i  partiti,  j45;  ragioni 
che  li  spingono  a  muovere  guerra  a 
Monaco,  91,  n.  5,  4(^5;  loro  spe- 
ranza nella  condiscendenza  del  re  a 
detta  impresa,  92,  gì,  466;  quali 
conseguenze  attendono  dalla  ca- 
duta di  Monaco,  93;  la  spedizione 
contro  Pieve  di  Teco  nasconde  i 
preparativi  contro  Monaco,  94,  ()5, 
n.  3-  primo  imbarco  di  truppe  per 
Ventimiglia,  io5,  loG,  346;  man- 
dano Bernardo  Veneroso  alla  corte 
di  Torino,  107,  346;  notizie  sullo 
sdegno  del  re  di  Francia  e  del  le- 
gato pontificio  per  la  mancata  ces- 
sione della  Riviera  di  Levante  e 
per  rimpresa  di  Monaco,  no,  in, 
n  2  ,  346  ;  partenza  deir  esercito 
contro  Monaco,  1 13,  346;  sono  di- 
fesi alla  corte  di  Francia  da  N. 
Oderico  contro  le  accuse  dei  nobili, 
121,  122;  i  loro  ambasciatori  sono 
accolti  benignamente  dal  pontefice 
che  promette  aiuti,  1 24;  le  truppe 
occupano  Mentone  e  Roccabruna , 
12 fi;  prime  avvisaglie  contro  Mo- 
naco, i3i;  difficoltà  delP  impresa, 
I  32  -  I  jj;  eleggono  nuovi  commis- 
sari, 144;  si  adoprano  atutt''uomo 
per  là  buona  riuscita  delPimpresa, 
145  ,  146  ;  difficoltà  che  vi  si  op- 
pongono, i5o,  i5i,  i52;  si  sfor- 
zano di  tenere  una  politica  paci- 
fica col  duca  di  Savoia,  1 65,  1 66^ 
5 1 3  ;  1 67,  5 1 7;  1 68;  mirabile  unione 
dei  partiti  contro  le  minacele  dei 
capi  partito  Fregoso,  1 7 1 , 3  55  ;  pub- 


blicano gride  contro  i  nobili,  172, 
173,  358;  179,  180,  362,  363;  sono 
dichiarati  ribelli  dal  re  di  F" rancia, 
i85,  374;  non  vogliono  restituire 
le  Riviere  al  re,  189,  369  ;  alcuni 
di  e;si  raccolti  nella  chiesa  di  S. 
Francesco  di  Castelletto  per  udire 
i  vespri  sono  fatti  prigioni  dal  Sa- 
lazar  e  tradotti  in  (Castelletto,  189, 
370;  vani  tentativi  di  liberarli,  190; 
il  Roccabertino  tenta  d"  indurli  a 
restituire  le  Riviere  al  re,  ma  essi 
si  oppongono,  dicendo  che  non  si 
debbano  rendere  se  non  per  or- 
dine del  papa,  193,  372;  artigiani 
e  mercanti  eleggono  12  cittadini 
per  porre  pace  in  G.  ,  193  ,  ^72, 
3j3  ;  risposta  del  pontefice  in  fa- 
vore dei  popolari,  196;  triste  con- 
dizione deir  esercito  dei  popolari 
sotto  Monaco,  196;  inviano  Paolo 
da  Novi  commissario  al  campo , 
200;  sono  stanchi  d'ogni  parvenza 
di  rispetto  verso  il  governo  regio, 
219;  considerazioni  sulla  loro  po- 
litica col  re  di  Francia ,  220  ;  as- 
saltano e  prendono  il  Castellaccio, 
22  3,  n.  2;  perseguitano  i  nobili, 
22  5;  dichiarano  guerra  al  re,  2  3o, 
383  ;  bombardano  il  Castelletto  , 
234,  387;  assaltano  le  mura  del 
convento  di  S.  Francesco,  235, 
387;  eleggono  Paolo  da  Novi  doge, 
238,388;  neir  imminenza  della 
guerra  con  il  re  di  Francia  atten- 
dono aiuti  da  ogni  parte,  ma  que- 
sti giungono  in  quantità  irrisoria, 
2  5o  ;  sconfiggono  le  truppe  del 
Fieschi  spintesi  sino  a  Ruta,  2  53, 
393;  devono  ritirarsi  dinanzi  alFe- 


640 


Indice    Alfabetico 


sercito  francese,  260,  396;  inviano 
due  ambasciatori  al  campo  fran- 
cese per  trattare  accordi  sulla  resa, 
263  ,  397  ;  ma  poco  dopo  si  riac- 
cende la  battaglia  che  finisce  con 
una  nuova  sconfitta  dei  popolari , 
264,  265,  397  ,  398  ;  viene  decisa 
la  resa;  notte  di  terrore  e  di  fuga, 
266,  398;  eleggono  sei  loro  difen- 
sori, 401;  arresti  e  supplizi  dei  P, , 
272 ,  273  ;  settantasei  di  essi  ven- 
gono dichiarati  ribelli  al  re  e  rei 
di  lesa  maestà,  276,  407;  persecu- 
zioni contro  di  essi  da  parte  dei 
nobili,  280,  410,  411,  412;  lista 
dei  popolari  che  parteciparono  ai 
moti  ed  al  governo  popolare  del 
1 506-07,  55 1  ;  V.  anche  Genova 
(Artefici),  (Mercanti). 

Gentile  Agostino,  (Augiistmus  de  Gen 
tilibus),  vicario  del  convento  di 
S.  Domenico,  promette  di  pre- 
gare per  la  salvezza  di  Genova, 
441,  442. 

Gentile  (famiglia),  chiamata  a  parte- 
cipare al  governo  della  città  du- 
rante la  fazione  popolare,  553. 

Gentile  Luca,  eletto  per  la  revisione 
delle  «  caratate  »,  49  n. 

Gentile  Pietro,  v.  Riccio  Pier  Gentile. 

Gerolamo  d''Albaro,  incaricato  di  di- 
rigere la   difesa   di  Albenga,  2  36. 

Gerolamo  di  Chiavari,  abbandona  il 
campo  genovese  presso  Monaco 
lasciando  un  debito  a  Luigi  di 
Bervey,  5o6. 

Gerolamo  di  Fontanabona,  bandito 
da  Genova,  perché  fautore  dei  no- 
bili, 5i   n.  3. 


Gerolamo  di  Moneglia,  viene  eletto 
anziano,  ma  essendo  fuori  di  Ge- 
nova è  surrogato  da  Vincenzo  di 
Oliva,  38,  39,  325;  annoverato 
nella  lista  dei  cittadini  che  parte- 
ciparono alla  fazione  popolare,  55 1 . 

(nel  testo  a  p.  38,  39  è  chiamato  per  errore 
Giorgio  ei  0  pur.'  errato  che  venisse  surro- 
gato anche  da  Luii^i  Xì  Olone,  v.  Aggiunte 
e  correzioni) 

Geronima,  priora  del  monastero  del 
Corpus  Domini  di  S.  Silvestro,  pro- 
mette di  pregare  per  la  salvezza 
di  Genova,  443 

Ghibellini,  rie.   26. 

Ghibellini  nobili,  {gentili  homini  ge- 
belini)  destano  scissure  in  Genova, 
(an.   1398),  559. 

Ghiglione  Giacomo,  {Giacomo  Ghi- 
gione^  Gigione,  Giglione^  Giiilione 
lacobus  Ghuiglionus) ,  macellaio, 
oriundo  di  Polcevera,  prende  le  di- 
fese di  un  suo  parente  contadino 
contro  un  Fieschi,  8,  3  1  5  ;  viene 
bandito  da  Genova,  9,  n.;  com- 
mette soprusi  e  prepotenze  in  vai 
di  Polcevera,  i83  n,,  365;  non 
obbedisce  agli  ordini  del  cap.  Gia- 
como Corso,  attacca  battaglia  e 
viene  sconfitto  ;  sue  mene  miste- 
riose, 262,  396  ;  bandito  da  Ge- 
nova reo  di  lesa  maestà,  409,  529. 

Ghisolfi  (Gidsolfì)  (famiglia),  chiamata 
a  partecipare  al  governo  della  città 
durante  la  fazione   popolare,  553. 

Giacomo  di  Rapallo,  scelto  dagli  ar- 
tigiani per  pacificare  gli  animi  dei 
cittadini,  372  ;  viene  eletto  offi- 
ciale di  S.  Giorgio,  404,  534;  an- 
noverato   nella   lista   dei  cittadini 


Indice    Alfabetico 


641 


che  parteciparono  alla  "azione  po- 
polare, 552. 

Giambono  Benedetto  {Benedictus 
Iamboni\  eletto  officiale  di  San 
Giorgio,  349;  deputato  dal  partito 
Fregoso  a  regolare  gli  offici,  352; 
bandito  da  Genova  reo  di  lesa 
maestèi,  409,  529;  annoverato  nella 
lista  dei  cittadini  che  parteciparono 
alla  fazione  popolare,  552. 

Giambono  Marco  {Marcus  lamboni)^ 
un  suo  brigantin-)  viene  inviato 
con  artiglierie  e  munizioni  al  ri- 
acquisto della  Spezia  52,  n.  i;  gli 
é  affidato  il  comando  di  una  ga- 
lera, 386;  bandito  da  Genova  reo 
di  lesa  maestà,  410,  529:  annove- 
rato nella  lista  dei  cittadini  che 
parteciparono  .  alla  fazione  popo- 
lare, m. 

Giamon,  V.  Amboise(d\)  Carlo,  signore 
di  Chaumont. 

Gian  Antonio  di  Chiavari,  inviato  a 
Spezia  ed  a  Chiavari  per  farne  ab- 
battere i  castelli,  2JI    n.    1. 

Gian  Guglielmo  (VUI)  marchese  di 
Monferrato,  è  al  seguito  di  Luigi 
XII  air  impresa  contro  Genova, 
258. 

Gian  Maria  di  Pegli,  rie.    102. 

Gian  Maria  di  Pentema,  arrestato  e 
tradotto  in  via  Lata,  viene  libe- 
rato da  alcune  donne,  286  n.  3, 
287  n.,  414,  415. 

Gian  Paolo  da  Leca  (Lechanus)^  capo 
partito  corso,  s''intercettano  sue 
lettere  per  le  quali  si  scopre  che 
i  nobili  lo  eccitano  a  sollevare  la 
Corsica  contro  il  governo  popo- 
lare, 24  n.   i;  rie.  2  5  n. 


Giannotto,  scudiero  del  Roccabertino 
è  mandato  al  Salazar  per  chieder- 
gli spiegazioni  sulParresto  dei  po- 
polari nella  chiesa  di  S.  Francesco, 
190;  inviato  per  la  stessa  ragione 
a  Carlo  d''Amboise,  214,  522. 

Gigione,  v.  Ghiglione. 

Giglione,  v.  Ghiglione. 

Gioardo  Ambrogio,  artigliere  {inge- 
gnerò^ maestro  bombarderò),  è  in- 
viato con  artiglieria  a  riprendere 
la  Spezia,  52;  rie.  95  n.  2;  inviato 
con  artiglierie  ad  Albenga,  456; 
ed  incaricato  di  studiare  un  piano 
per  Tespugnazione  di  Monaco,  98; 
mandato  di  pagamento  per  le  sue 
mansioni,  472  ;  eletto  ingegnere 
deirimpresa,  109,  n.  4,  473;  rie. 
1  14;  comandante  delle  artiglierie, 
128  n.  3;  si  lagna  dei  suoi  dipen- 
denti, i34,  484;  chiede  riforni- 
menti di  polvere,  i  )6  486  ;  rie. 
1 37,  487;  è  inetto  al  comando 
delle  artiglierie,  i  j8  ;  rie.  i53;  é 
biasimato  in  lettere  dei  commis- 
sari, I  58,  5o5;  e  di  Luigi  di  Bervey, 
159,  492,  509;  viene  arrestato, 
162,  n.  2,  514;  sue  colpe,  i63, 
5i5,  5 16;  inviato  a  Genova  e  indi 
al  castello  di  Lerici,  1 6j,  36 1;  rie. 
i63  n.  I  ;  164  n.  i  ^  rimesso  in 
libertà  con  F  ordine  di  recarsi  to- 
sto a  Genova  per  provvedere  col 
fratello  Gregorio  alla  difesa  di  essa, 
243,  n,  4;  rie.   490. 

Gioardo  (famiglia),  rie.   164  n.   1. 

Gioardo  Gregorio  ,  bombardiere  ,  in- 
vitato dal  comune  ad  accelerare 
la  costruzione  delle  artiglierie,  222, 
n.  2;  incaricato  di  provvedere  col 


Ó42 


Indice    Alfabetico 


fratello  Ambrogio  alla  difesa  di 
Genova,  24 j,  n.  4. 

Gioardo  Lorenzo,  speziale,  inviato  a 
Carlo  d''Amboise  per  chiedergli  giu- 
stizia per  r  arresto  dei  popolari 
operato  dal  Salazar  nella  chiesa  di 
S.  Francesco  di  Castelletto,  1  i^^o, 
370,  522;  rie.  214;  incaricato  di 
provvedere  che  i  nobili  dimoranti 
in  Genova  o  nelle  vicinanze  non 
se  ne  allontanino,  225,  n.  3. 

Gioardo,  maestro  d''armi,  un  tìglio  di 
esso  e  incaricato  di  piazzare  certi 
cannoni  contro  via  Lata  per  bom- 
bardarla, 35,  36,  32  2. 

Gio.  Batta  di  Portofino,  commissario 
nella  Riviera  di  Levante,  99;  com- 
missario alla  podesteria  di  Rapallo 
e  Fontanabona,  226. 

G'ocia,  v.  Chioccia  Antonio. 

GiOFFREDO,  Storia  delle  Alpi  marit- 
time ;  Mon.  Hist.  Pat.  SS.,  140 
n.  4. 

(jiorgio  di  Moneglia  (errato  nel  testo 
p.  38  per  Gerolamo),  v.  Gerolamo 
di  M. 

Giorgio  di  Zoagli  (de  Zoalio\  eletto 
pacificatore,  i5,  3 18;  e  massaro 
dei  pacitìcatori,  i  5  n.  i  ;  scelto  dal 
partito  Fregoso  come  commissario 
al  campo  di  Monaco,  ma  non  in- 
viatovi, 144,  35o;  incaricato  di 
consegnare  ai  supremi  commissari 
i  denari  per  le  paghe  alle  truppe, 
145  ;  viene  eletto  anziano,  402, 
5Jo,  5J4;  annoverato  nella  lista 
dei  cittadini  che  parteciparono  alla 
fazione  popolare,  55 1. 

Giovanna  d''Aragona  e  di  Castiglia, 
cenni  biogratìci,  60. 


Giovannettino  di  Montoggio,  bandito 
da  Genova  perchè  fautore  dei 
nobili,  5i   n.  3. 

Giovanni,  cancelliere  del  capitano 
Gambacorta,  rie.   102  n. 

Giovi,  sono  valicati  dal  governatore 
di  Genova  nel  lasciare  questa  città, 
79,  342;  Pesercito  francese  incen- 
dia due  case  su  di  esso,  254,  394; 
e  lo  incendia  tutto  una  seconda 
volta,  254,  394;  i  montanari  dei 
G.  assalgono  le  milizie  tedesche 
partenti  con  un  ricco  bottino , 
ma  i  tedeschi  incendiano  i  villaggi 
vicini,  272. 

Giovo  Simone  (Simone  de  Ingo),  in- 
viato commissario  alla  Spezia,  5  1  ; 
53  n.  I  ;  ambasciatore  al  re  di 
P'rancia,  82,  344;  istruzioni  impar- 
titegli, 457;  rie.  i55  n.  2  ;  di  ri- 
torno dalla  corte  di  Francia  deve 
attendere  a  Sai  uzzo  il  salvo  con- 
dotto dal  duca  di  Savoia,  195 
n.  2. 

Gitorello,  v.  Torello  Guidone. 

Giudice  dei  maletìci,  v.  Genova  (Giu- 
dice dei  malefici). 

Giudice  Gasparo  (Gasparo  Indice , 
Gaspariis  Index),  sindico  di  Ven- 
timiglia,  474;  inviato  al  governa- 
tore di  Nizza  per  avvisarlo  della 
presa  di  Mentone  e  di  Roccabruna, 
126,  127,  478;  capitano  di  truppe 
airassedio  di  Monaco,  1 29  ;  porta 
al  campo  di  Monaco  una  com- 
pagnia di  Venti  miglia  di  cento 
ottantacinque  uomini  pagati  a  sue 
spese  per  dieci  giorni  d"'  assedio, 
197,  198,  520;  invoca  insieme  ai 
commissari  pronti  soccorsi  pel  «am- 


Indice    Alfabetico 


643 


pò,  198,  320;  gli  viene  decretata 
la  cittadinanza  genovese  estensi- 
bile ai  suoi  discendenti,  i  y8  n.  1 . 

Giudice  Gerolamo,  deputato  ai  festeg- 
giamenti pel  re  d^ Aragona,  55  n.  2; 
muove  incontro  ad  esso,  5/  n.  2; 
rie.  3oo. 

Giudice  Giorgio,  deputato  ali"  officio 
per  la  spedizione  contro  Monaco, 
1 1  5  n;  rie.   140  n.  2;  476. 

Giudice  Paolo,  deputato  alla  presa 
del  Castelletto,  2  3o,  384;  bandito 
da  Genova  reo  di  lesa  maestà, 
409,  529  ;  annoverato  nella  lista 
dei  cittadini  che  parteciparono  alla 
fazione  popolare,  552. 

Giudice  Tomaso,  scelto  dai  mercanti 
per  pacificare  gli  animi  dei  citta- 
dini, 3j3  ;  annoverato  nella  lista 
dei  cittadini  che  parteciparono  alla 
fazione  popolare,  552. 

Giuliano  di  Magnerri,  i  tigli  di  esso, 
uno  dei  quali  si  chiama  Morina  e 
Paltro  è  innominato,  abbandonano 
Genova,  3  36;  annoverato  nella  li- 
sta dei  cittadini  che  parteciparono 
alla  fazione  popolare,  55 1. 

Giulio  n  (della  Rovere),  papa,  favo- 
revole ai  popolari,  4  n.  1;  lettere 
da  Genova  Io  ragguagliano  intorno 
alla  sollevazione  contro  i  nobili, 
18  u.  i,  426;  rie.  56,  5j  n.  i  ; 
trattiene  i  capi  partito  Fregoso  in 
Roma,  67  n.  2;  pare  abbia  consi- 
gliato rinvio  del  cap.  Tarlatino  a 
(jenova,  j>  n  ;  prende  Bologna, 
343;  conferma  la  legataria  di  Fran- 
cia a  Giorgio  d^Amboise,  344  ;  i 
nobili  decidono  d''  inviargli  amba- 
sciatori, 79  ;  che  partono    da   Ar- 


quata,  344;  sono  rie.  464;  i  popo- 
lari gli  inviano  due  legati  per 
congratularsi  della  presa  di  Bolo- 
gna, comunicargli  la  soppressione 
in  suo  onore  di  un  editto  contro 
Savona  e  raccomandargli  le  sorti 
di  Genova,  82,  83  n.  3  ;  rie.  i  rr 
n.  2  ;  conforta  i  genovesi  a  stare 
uniti  e  a  sperare  nel  suo  aiuto, 
124,  349,  355;  in  suo  onore  i  ge- 
novesi prorogano  la  sospensione 
delPeditto  contro  quei  di  Savona, 
124  n.  i;  ragioni  per  le  quali  so- 
stenne i  popo'ari,  124  n.  2;  i  Fre- 
goso lasciano  Bologna  e  muovono 
verso  Genova  .contro  il  volere  di 
lui,  171,  n,  2,  357;  si  interessa 
delle  sorti  di  Genova,  che  gli  è 
riconoscente,  182  n.  2;  18)  n,  363, 
364;  e  gli  invia  una  nuova  amba- 
sceria, 366  ;  consiglia  i  genovesi 
di  restituire  le  riviere  al  re  e  as- 
sicura che  indurrà  il  re  di  Fran- 
cia a  non  far  rientrare  il  Raven- 
stein  e  G.  Luig'  Fieschi  in  Genova, 
187,  188,  368,  369;  i  popolari  di 
(Jenova  decidono  di  rimettere  nelle 
sue  mani  ogni  quistione  inerente 
alla  città,  189,  369,  370;  rie.  19!; 
372;  ai  quesiti  propostigli  risponde 
di  armare  galere  e  raccogliere  fanti 
per  Tarmata  di  Monaco  e  di  non 
prendere  alcuna  risoluzione  per  le 
Riviere  tinche  non  abbia  ricevute 
risposte  dal  re  di  Francia,  196, 
373;  ritorna  da  Bologna  a  Roma, 
375;  rie.  3'/6;  scarsi  aiuti  inviati 
da  esso  ai  genovesi,  25o,  25 1  ; 
cause  di  detta  scarsezza,  25  i  n.  1: 
il  re  di  P'rancia  gli  invia    un  car- 


644 


Indice  Alfabetico 


dinaie  come  ambasciatore,  404;  suo 
stupore  per  la  presa  di  Genova, 
267;  invia  il  cardinale  Antoniotto 
Pallavicino  a  Luigi  XII  per  indurlo 
ad  essere  mite  verso  i  genovesi, 
specialmente  verso  la  famiglia  Sauli, 
412  n.  i;  invia  un  secondo  amba- 
sciatore Gian  Giordano  Orsini  a 
Luigi  XII  per  chiedergli  di  perdo- 
nare Domenico  Adorno  e  Ago- 
stino Foglietta  inviatigli  da  Genova 
durante  il  governo  popolare,  416; 
rie.  416  n.  i;  si  parla  della  vana 
attesa  che  egli  fece  ad  Ostia  per 
il  passaggio  del  re  di  Spagna,  4195 
rie.  477  n.    i;  5oi;  5 15. 

Giuria  Antonio,  v.  Franchi  (de)  Giu- 
ria A. 

Giuria  (famiglia),  un  giovane  di  detta 
famiglia  è  bandito  da  Genova  per 
le  sue  prepotenze,  3 1 4. 

Giustenice,  quei  di  G.  sono  pregati  dal 
governo  di  Genova  di  aiutare  i 
Toiranesi,  206  n.  2. 

Giustiniani  Agostino,  Annali  della  re- 
pubblica di  Genova  con  note  di 
G.  B.  Spotorno,  rie.  4  n.  i  ;  5  n.  i , 
n.  2;  7  n,  i^  IO  n.  i;  19  n.  4;  24 
n.  I  ;  58  n.  2  ;  66  n.  2;  76  n.  i; 
78  n.  I  ;  87  n.  3  ;  giudizio  sulle 
cause  delFimpresa  contro  Monaco 
91,  n.  i;  notizie  sulla  fuga  e  sul- 
r  arresto  di  Paolo  da  Novi,  288 
n.   I. 

Giustiniani  Andrea ,  deputato  alla 
presa  del  Castelletto,  23o,  n.  i ,  384. 

Giustiniani  Antonio,  eletto  capitano 
di  Genova  (an.   1401),  5  60. 

Giustiniani  Battista,  la  sua  galera  è  ai 
servizi    di    Ferdinando    Gonzales , 


334;  Genova  gli  affida  il  comando 
di  una  galera,  386  ;  annoverato 
nella  lista  dei  cittadini  che  parte- 
ciparono alla  fazione  popolare,  552. 

Giustiniani  Bricio  (Bripo)^  dirige  la 
sollevazione  dei  popolari  contro  i 
nobili  (18  luglio  i5o6),  io  n.  i  ; 
eletto  capitano  per  raccogliere 
fanti  a  guardia  di  Genova,  39, 
32 55  deputato  pei  festeggiamenti 
al  re  d'' Aragona,  55  n.  2;  capitano 
a  guardia  della  città  di  Genova, 
62,  33y]  scelto  dal  partito  Adorno 
per  regolare  gli  offici,  352.;  inca- 
ricato di  trattare  le  quistioni  con 
le  Riviere,  377;  annoverato  nella 
lista  dei  cittadini  che  partecipa- 
rono alla  fazione  popolare,  5  5 1 . 

Giustiniani  Demetrio,  ambasciatore  a 
Filippo  di  Gleves,  2  3,  319;  inca- 
ricato di  studiare  la  diminuzione 
di  alcune  gabelle  e  rivedere  i  de- 
biti di  S.  Giorgio,  48,  n.  i,  33o; 
eletto  per  la  riforma  degli  offici, 
66  ;  partecipa  al  consiglio  del  22 
ottobre  i5o6,  71,  n.  1.  340;  di- 
fende dinanzi  ai  tribuni  il  suo  ope- 
rato, yj,  341;  deputato  a  ricevere 
argenti  per  farne  battere  moneta, 
373;  eletto  seniore  del  popolo,  375; 
arrestato  come  reo  di  lesa  mae- 
stà e  condannato  a  morte  cerca 
invano  di  riscattare  la  sua  vita  ; 
viene  giustiziato,  278,  n.  2,  407, 
408;  rie.  529  ;  annoverato  nella 
lista  dei  cittadini  che  partecipa- 
rono alla  fazione  popolare,  55 1. 

Giustiniani  Eliano,  bandito  da  Genova 
reo  di  lesa  maestà,  408,  529. 

Giustiniani  Francesco,  governatore  di 


Indice    Alfabetico 


645 


Corsica,  dà  notizie  alPofficio  di  S. 
Giorgio  sul  reclutamento  di  fanti  in 
aiuto  di  Genova,  25 1   n.  2;  252  n. 

Giustiniani  Galeazzo,  la  sua  galera  è 
ai  servizi  di  Ferdinando  Gonza- 
les,  334. 

Giustiniani  Giacomo,  capitano  popo- 
lare in  Genova  (an.   141 5),  56 1. 

Giustiniani  Giacomo,  commissario  per 
la  spedizione  contro  Pieve  di  Teco, 
66,  340;  (j4;  indi  commissario  alla 
Pieve,  101,  n.  i,  472,  480;  riceve 
lettere  dagli  anziani,  233  n.;  e  dal 
doge  con  notizie  sugli  ultimi  scon- 
tri coi  Fieschi  e  coi  francesi^  2  55 
n.  1  ;  annoverato  nella  lista  dei 
cittadini  che  parteciparono  alla  fa- 
zione popolare,  5  5 1 . 

Giustiniani  Giovanni,  q.  Paolo,  ban- 
dito da  Genova  reo  di  lesa  mae- 
stà, 408,  529. 

Giustiniani  Greghetto ,  capitano  di 
truppe  genovesi  alPassedio  di  Mo- 
naco, 1 29  ;  lettere  inviategli  dal 
signore  di  Finale,  142,  35o;  anno- 
verato nella  lista  dei  cittadini  che 
parteciparono  alla  fazione  popo- 
lare, 552. 

Giustiniani  Luca  di  Moneglia,  eletto 
anziano,  345  ;  eletto  nuovamente 
anziano,  402;  annoverato  nella  li- 
sta dei  cittadini  che  parteciparono 
alla  fazione  popolare,  552. 

Giustiniani  Luca  q.  L.,  eletto  per  la 
revisione  delle  «  caratate  »,  49  n; 
eletto  anziano,  53o,  534  ;  anno- 
verato nella  lista  dei  cittadini  che 
parteciparono  alla  fazione  popo- 
lare, 553. 

Giustiniani  (maggiorenti),    sono  chia- 


mati al  cospetto  dei  tribuni  della 
plebe,  j6. 

Giustiniani  (nave  dei),  giunge  a  Ge- 
nova da  Nizza  con  un  carico  di 
sale,  374, 

Giustiniani  Nicola,  è  scelto  come  am- 
basciatore al  re  di  Francia  ma 
non  vi  è  mandato ,  69  n.  i  ; 
inviato  a  Portovenere  incontro  al 
re  di  Spagna,  414  ;  annoverato 
nella  lista  dei  cittadini  che  par- 
teciparono alla  fazione  popolare, 
553. 

Giustiniani  Nicolò,  eletto  <■<■  difensore 
della  libertà  «,  (an.   1436),  562. 

Giustiniani  Pantaleo,  q.  Battista,  ban- 
dito da  Genova  reo  di  lesa  maestà, 
408,  53o. 

Giustiniani  Paolo  Battista  {Banca  ."), 
dirige  la  sollevazione  popolare 
contro  i  nobili  (18  luglio  1 5o6), 
io;  viene  eletto  anziano,  14,  317, 
n.  I  ;  commissario  nelP  esercito 
mandato  contro  Monaco,  io5;  rie. 
134,  484;  tratta  coi  venturieri 
mandati  dai  nobili  in  soccorso  di 
Monaco  atfmchè  passino  al  campo 
genovese,  139,  352;  491;  riferisce 
agli  officiali  delP  impresa  di  Mo- 
naco il  tradimento  di  detti  ventu- 
rieri e  le  pretese  dei  fanti  geno- 
vesi e  chiede  informazioni  sulle 
corti  di  Savoia  e  di  Milano  e  su 
Gian  Giacomo  Trivulzi,  140,  141, 
494;  gli.  sono  indirizzate  lettere 
dal  signore  di  Finale,  142,  35o, 
480;  scrive  agli  officiali  della  Balia 
sulle  condizioni  del  campo  e  sulla 
necessità  di  grandi  rinforzi,  147, 
496,  497,  498  ;   dà   notizie  di  un 


42 


646 


Ia<'':ce    Alfabetico 


fatto  d^armi  coi  fanti  della  Turbia, 
1 48,  499  ;  deir  entrata  di  milizie 
ausiliarie  in  Monaco,  149,  1 5o , 
499;  commette  soprusi  e  prepo- 
tenze in  Genova,  18  5  n. .  365: 
bandito  da  Genova  reo  di  lesa 
maestà,  408,  529;  annoverato  nella 
lista  dei  cittadini  che  partecipa- 
rono alla  fazione  popolare,  55:. 
Giustiniani  (piazza),  v.  Genova  (Piazze). 
Giustiniani    Pier    Battista,    rie.    J28, 

J5o,  J54. 
Giustiniani  Seratino,  vicario  di  S.  Ma- 
ria  della    Consolazione,  promette 
di     pregare     per     la    salvezza     di 
Genova,  442. 
Giustiniani  Silvestro,  commissario 
neir  esercito  genovese  presso  Mo- 
naco ,    200 ,    n.   1  ;    si    ritira    col- 
Pesercito    a    Ventimiglia  ;    riceve 
istruzioni  per  il  viaggio  di  ritorno 
a  Genova,    206  ;    rie.  207  ;  incari- 
cato   di    andare    ad    imbarcare  le 
milizie  del  Tarlatino  a  Ventimiglia 
per  ricondurle  a  Genova,  non  ob- 
bedisce e  si  trattiene  in  città,  2  5 1 , 
389,  397  ;    deve    seguire    il    re    a 
Milano,  408,  528;  bandito  da  Ge- 
nova, 408  ;  annoverato  nella  lista 
dei    cittadini     che     parteciparono 
alla    azione  popolare,  553. 
Giustiniani    Simone,    rie.    23o    n.    1  ; 
deve  seguire  il  re  a  Milano,  528; 
annoverato  nella  lista  dei  cittadini 
che    parteciparono      alla     fazione 
popolare,  532. 
Giustiniani  Stefano  di  Moneglia,  eletto 
capitano  del  popolo,   3 14;    pacifi- 
catore,  i5,  317;    scelto    dai    mer- 
canti per  pacificare    gli  animi  dei 


cittadini,  373;  rie.  385,  eletto  con- 
sigliere del  doge,  392  ;    inviato    a 
Carlo  d''Amboise  per  trattare    ac- 
cordi   sulla   resa   di  Genova,  2  63, 
'3qj,    5265    inviato    per    la    stessa 
causa  al  re  di  Francia,  267,398  ; 
scelto  dai  popolari  come   loro  di- 
fensore, 401;  viene  eletto  officiale 
della  Balia,  402,  53 1,  534;  anno- 
verato nella  lista  dei  cittadini  che 
parteciparono    alla    fazione    popo- 
lare, 55 1. 
Giustiniani  Teofilo,  priore  di  S.   Ma- 
ria di  Castello,   promette    di    pre- 
gare per  la  salvezza  di  Genova,  441 . 
Giustiniani    Tomaso,   deputato  a  rac- 
cogliere armi  di  nobili,  378. 
Giustiniano,  v.  Giustiniani. 
Goano    Barnaba,    eletto    doge,  viene 
spodestato    da    Tomaso     Campo- 
fregoso    (an.   141  5),  56 1. 
Goano  Bernardo,  bandito  da  Genova 

reo  di  lesa  maestà,  409,  529. 
Goano  {Guano),  famiglia  appartenente 

al  partito  dei  popolari,  16  n.  i. 
Goano  Gaspare,  eletto  pacificatore, 
i5,  3 18;  rie.  40  n.  i  ;  gli  è  affi- 
dato il  comando  di  una  galea,  '^31, 
456;  lettere  inviategli  dal  signore 
di  Finale,  142,  35o;  prende  parte 
ad  un  consiglio  di  guerra  al  campo 
di  Monaco,  147,  497;  sulla  sua 
galea  è  imbarcato  Ambrogio  Gio- 
ardo,  162,  514;  il  capitano  della 
flotta  francese  Pregent  gli  toglie 
il  comando  della  galea,  401  ;  an- 
noverato nella  lis^a  dei  cittadini 
che  parteciparono  alla  fazione 
popolare,  5  5 1 . 


Indice  Alfabetico 


647 


Goano  (paese),  si  stringe  in  lega  con 
diversi  paesi  vicini,  389. 

Goano  l'elegro  {Percgro  de  Goano)^ 
anziano,  14  n.  2;  eletto  per  le  ri- 
forme degli  offici  non  vi  partecipa 
perchè  infermo,  66  n.  i;  è  scelto 
dai  mercanti  per  pacificare  gli 
animi  dei  cittadini,  3y3  ;  viene  de- 
putato a  ricevere  gli  argenti  alla 
zecca,  2)1,  n.  2;  deve  seguire  il  re 
a  Milano,  279,  408,  528;  è  annove- 
verato  nella  lista  dei  cittadini  che 
parteciparono  alla  fazione  popo- 
lare, 552. 

Goano  Pelegro  di  Bergamo  (spesso 
soltanto:  Peregro  di  Bergamo)^ 
tribuno  della  plebe,  yG  n.  i ,  j'j  n; 
eletto  anziano,  345  ;  annoverato 
nella  lista  dei  cittadini  che  parteci- 
parono alla  fazione  popolare,  552. 

Goano  Tomaso,  bandito  da  Genova 
reo  di  lesa  maestà,  409,  529. 

Gonfalonieri  di  Genova,  v.  Genova 
(Gonfalonieri). 

Gontero,  v.  Gualtero. 

Gonzaga  F'rancesco,  marchese  di  Man- 
tova, è  al  seguito  di  Luigi  XII 
nell'impresa  contro  Genova,  2  58; 
prende  parte  al  solenne  ingresso 
del  re  di  Francia  in  Genova,  400; 
parte  da  Genova,  401. 

Gonzales  Ferdinando  (Gonsalvo  Fer- 
rando), viene  a  Genova  incontro 
al  re  d'Aragona,  57,  3J4;  accom- 
pagna i  reali  d'Aragona  nel  loro 
viaggio  a  Savona,  418,  419. 

Gorsigia,  v.  Corsiglia. 

Governatore  regio  in  Genova,  v.  Cle- 
ves  (di)  Filippo,  e  Genova  (Gover- 
natore). 


Grammaestro,  v.  Amboise  (d')  Carlo. 

Grego  Domenico  (Greco/).),  capitano 
di  truppe  all'assedio  di  Monaco,  129; 
lodato  da  Luigi  Bervey,  159,  509; 
la  sua  compagnia  è  più  che  de- 
cimata dalla  defezione  dei  soldati, 

Gregorio  di  Bozolo,  è  inviato  nella 
Riviera  di  Ponente  per  raccogliere 
galeoni,  3j6^  3yy]  annoverato  nella 
lista  dei  cittadini  che  partecipa- 
rono alla  fazione  popolare,  553. 

Gregorio  di  Fegino  (Fexino)^  castel- 
lano della  bastita  della  Spezia,  loo 
11.  2. 

Gregorio  maestro  (d'armi),    rie.  514. 

Grenoble,  nel  parlamento  di  G.  è 
signore  Stefano  Oliviero  di  Vienna, 
22;  vi  giunge  Luigi  XII  nel  suo 
viaggio  verso  l'Italia,  237  n.   i. 

Grillo  (famiglia),  è  chiamata  a  parte- 
cipare al  governo  .  della  città 
durante  la  fazione  popolare,  553. 

Grillo  Lorenzo,  eletto  anziano,  38, 
32  5;  eletto  seniore  del  popolo,  3'j5. 

Grimaldi  Agostino,  vescovo  di  Grasse, 
inviato  dal  fratello  Luciano  alla 
corte  di  Savoia,  1 04;  è  l'anima  di 
tutto  il  movimento  in  favore  dei 
monegaschi  a  Nizza  e  alla  Turbia, 
149,  n.  3,  499;  rie.  477. 

Grimaldi  Ansaldo,  la  sua  casa  viene 
saccheggiata  dalla  plebe,  3 16;  è 
^  incaricato  dai  nobili  di  studiare  il 
modo  per  rientrare  in  Genova, 
2  I  n.;  aiuta  con  milizie  il  signore 
di  Monaco,   149  n.   i,  499. 

Grimaldi  Bartolomeo,  fratello  di  Lu- 
ciano, è  comandante  supremo  della 


648 


Indice    Alfabetico 


rocca  di  Monaco,  i3o;  tende  un 
agguato  ai  genovesi,  1 3  i . 

Grimaldi  (famiglia),  diviene  signora  di 
Genova  (an.  126J),  55/,  appar- 
tiene al  partito  dei  nobili,  16  n.  i; 
due  Gr.  portano  alla  Turbia  de- 
nari per  le  truppe,  i55,  353;  rie. 
149  n.  1;  273;  è  chiamata  a  par- 
tecipare al  governo  della  citta 
durante  la  fazione  popolare,  553. 

Grimaldi  Francesca ,  sorella  di  Lu- 
ciano, lo  aiuta  da  Dolceacqua,  140 
n.  3. 

Grimaldi  Francesco  di  Gattières  (la- 
cheto  de  Grimaldo dicto  de  Galera)^ 
rie.  149  n.  2  ;  si  trova  a  Tenda 
per  raccogliere  soccorsi  in  aiuto 
di  Monaco,  477. 

Grimaldi  (galere  dei),  una  di  esse  ta- 
glieggia le  navi  genovesi,  9 3;  due 
galere  sono  inviate  nel  porto  di 
Villafranca ,  1  o3  ;  si  ritirano  a 
Nizza,  1  5 1 ,  n.  1  ;  le  due  galere  si 
uniscono  a  quelle  del  re  di  Fran- 
cia, 181. 

Grimaldi  Gio.  Batta,  viene  eletto  offi- 
ciale della  Balia,  402,  53o,  534, 

Grimaldi  Giorgio  q.  Fr.,  viene  eletto 
officiale  di  S.  Giorgio,  403,  534. 

Grimaldi  Giovanni  II,  signore  di  Mo- 
naco, ucciso  dal  fratello  Luciano, 
(an.  i5o6),  89  n.  i;  rie.  per  i  re- 
stauri al  castello  diMentone,  125, 
n.  2.  ^ 

Grimaldi  Luca  di  Antibes  ;  sua  figlia 
è  sposa  a  Grimaldi  Ansaldo,  149 
n.   I. 

Grimaldi  Luciano  signore  di  Monaco, 
suo   avvento    al   potere,  89  n,  1, 


90;  accuse  dei  genovesi  per  le  ra- 
pine da  esso  commesse,  91  n.  5, 
465  ;  ordine  di  Luigi  XII  di  pro- 
cedere contro  di  lui,  92,  466; 
rie.  92  n.,  n.  i  ;  lettera  al  Raven- 
stein  relativa  ad  un  galeone  cat- 
turato, 92  n.  1  ;  lettera  al  gover- 
natore di  Nizza  perchè  accolga 
nel  porto  di.  Villafranca  le  galere 
monegasche,  io3  ;  al  duca  di  Sa- 
voia per  chiedergli  aiuti  contro  i 
genovesi,  io3,  104,  n.  i  ;  invia 
alla  corte  di  Savoia  il  fratello  ve- 
scovo di  Grasse,  1 04  ;  lettere  a 
Giano  di  Duyn  grande  scudiero  di 
Carlo  II  di  Savoia,  104  n.  1;  rap- 
porti migliorati  con  la  corte  di 
Francia,  112  n;  si  ricordano  le  sue 
crudeltà,  348;  rie.  116  n.  ;  118 
n.  3  ;  1 19  ;  i25  ;  suoi  preparativi 
contro  i  genovesi,  1 29  ;  soccorsi 
ricevuti,  i3o;  risponde  arditamente 
air  intimazione  dei  genovesi  di 
arrendersi,  i3i  ;  i  genovesi  met- 
tono una  taglia  sulla  sua  testa, 
i3i  ;  rie.  168,  n.  1  ;  ordinano  il 
sequestro  dei  beni  posseduti  da 
esso  in  Genova,  172,  n.  3,  173  n, 
358;  giunge  a  Genova  da  Monaco, 
277,  n.  2,  407;  è  tatto  rinchiudere 
nel  castello  di  Milano  da  Luigi  XII, 
414;  rie.  492,  5oi. 

Grimaldi  Manuele  di  Gattières,  en- 
tra in  Monaco  con  milizie  ausi- 
liarie,  149,  n.  2,  499. 

Grimaldi  Marco,  banchiere,  55  n.  3; 
eletto  per  la  riforma  degli  offi- 
ci, 65, 

Grimaldi  Maria,  figlia  di  Giovanni  II, 
erede  della  signoria  di  Monaco  ne 


Indice  Alfabetico 


Ó49 


viene  spogliata  dallo  zio  Luciano, 
89  n.  I, 

Grimaldi  Matteo,  inviato  a  Genova 
da  laudano  G.,  g2  n.   i. 

Grimaldi  (parenti  dei),  raccolgono  a 
Tenda  milizie  al  soccorso  di  Mo- 
naco, i33,  477. 

Grimaldi  (rocca  dei),  v.  Monaco. 

Grimaldi,  signori  di  Monaco,  hanno 
in  feudo  dal  duca  di  Savoia  Men- 
tone  e  Roccabruna,  88;  sono  per 
qualche  anno  signori  di  Ventimi- 
glia,  89  ;  i  genovesi  si  preparano 
ad  assalire  il  loro  dominio  di  Mo- 
naco, 89  ;  notizie  sui  signori  di 
M.,  89  n.  I  ;  90;  speranze  dei  ge- 
novesi di  abbatterne  la  potenza, 
93;  rie.  96;  n5  n.  ;  116  n.  ;  139; 
vengono  soccorsi  dai  nobili  ge- 
novesi, i53;  V.  anche  Grimaldi 
Luciano. 

Grimaldina  (torre?),  viene  rinchiuso 
in  essa  Pantalino  da  Meran,  248, 
391. 

Gropallo  Battista,  annoverato  nella 
lista  dei  cittadini  che  partecipa- 
rono alla  fazione  popolare,  553. 

Grullero  Vincenzo  (Gurlero  V.),  anno- 
verato nella  lista  dei  cittadini  che 
parteciparono  alla  fazione  popo- 
lare, 553. 

Guacio  Bernardino  di  Valenza,  eletto 
vicario  di  Genova,  280,  n.  3,410. 

Guaim  Giulio,  è  forse  in  lui  che  si 
può  identificare  il  «  caporale  ro- 
mano »  inviato  da  Giulio  II  in 
aiuto  dei  genovesi,  2  5 1,  n.  i. 


Gualteri  (famiglia),  è  chiamata  a  par- 
tecipare al  governo  della  città 
durante  la  fazione   popolare,  553. 

Gualtero  {Conterò)^  ^  argenterò  »  del 
Cleves,  35,  n.  3. 

Guano,  v.  Goano. 

Guarco  Antonio,  tenta  invano  di  far 
sollevare  il  popolo  (an.  1398),  55(). 

Guarco  Isnardo,  eletto  doge  di  Ge- 
nova, (an.   1437),  563. 

Guarco  Nicolò,  eletto  doge  (an.  1378), 
558;  obbliga  i  gentiluomini  a  ce- 
dere metà  degli  offici  al  popolo, 
558. 

Guasconi,  venturieri  francesi  che  oc- 
cupavano la  Turbia,  i  35;  rie.  137. 

Guelfi  {Giwrfì),  rie.  26;  loro  dominio 
in  Genova  (an.   i3i4),  558. 

Guglielmo  di  Alessandria  (Gtiilichmis 
de  Alcsandriaj ,  vicario  dei  frati 
dei  Servi,  promette  di  pregare  per 
la  salvezza  di  Genova,  442. 

Guglielmotti  A. ,  Vocabolario  ma- 
ì'ino  e  militare,  rie.  228  n.  2  : 
36i   n.   1. 

Guicciardini  Francesco,  della  Istoria 
d'' Italia.,  notizie  sulla  famiglia  del 
Carretto,  57  n,  1  ;  giudizio  sulle 
cause  delPimpresa  contro  Monaco, 
91,  n.  4. 

Guidobono  Nicolò,  dottore  in  legge 
e  vicario  del  governatore,  presenta 
alcune  osservazioni  sulle  riforme 
nella  elezione  degli  officiali,  Gb. 

Guilione,  v.  Ghiglione. 

Guisolfi,  V.  Ghisolfi  (famiglia). 

Guizano  Pietro ,  deputato  a  racco- 
gliere armi  di  nobili,  378. 

Gurlero,  v.  Grullero  Vincenzo. 


650 


Indice  Alfabetico 


H 


Haste,  V.  Asti. 
Hautbois  (di),  v.  Carlo  di  H. 
Honeglia,  v.  Oneglia. 
Honeto,  v.  Oneto. 

Huglio  Gobin,  bandito  da  Genova 
reo  di  lesa  maestà,  529. 

I    J 

Jacob  Paul,  bibliophile,  rie.  4  n.  i. 

lacobodi  Brescia,  v.  Pegorella  Giacomo 
di  B. 

Jacques  de  Chabannes,  signore  della 
Palice,  muove  con  Tavanguardia 
delPesercito  francese  contro  le  mi- 
lizie genovesi,  259,  n.  i;  ferito  alla 
gola  cede  il  comando  al  duca  di 
Albania,  260. 

Jamali,  corsaro  turco,  sMmpadronisce 
di  una  nave  veneziana  catturata 
da  un  genovese  e  la  brucia,  j'20. 

Jambone,  v.  Giambono. 

lamon,  v.  Amboise  (d^)  Carlo,  signore 
di  Chaumont. 

lanoto  Basso,  v.  Basso  lanoto. 

Ihamon,  v.  Amboise (d"')  Carlo,  signore 
di  Chaumont. 

Iliice,  v.  Iberici. 

Imperiale  Cesare  di  S.  Angelo, 
rie.  XII. 

Imperiale  (famiglia),  una  nave  di  essa 
accompagna  la  flotta  spagnuola, 
333;  è  chiamata  a  partecipare  al 
governo  della  città  durante  la 
fazione  popolare,  553. 

Imperiale  Federico,  eletto  seniore  del 
popolo,  3y5. 


Imperiale  Michele,  la  sua  casa  viene 
saccheggiata  dalla  plebe,  J16. 

Ingiberti  (de)  Franco,  lasciato  dagli 
oratori  genovesi  quale  «  solicitator  » 
alla  corte  papale,   i85. 

Interiano  (famiglia),  è  chiamata  a  par- 
tecipare al  governo  della  città  du- 
rante la  fazione  popolare,  55 J. 

Interiano  Pantaleo,  viene  eletto  an- 
ziano, 402. 

Ioardo,  v.  Gioardo. 

lorvano  Adriano  [lorvarno  /!.),  viene 
impiccato  alla  porta  di  S.  Andrea, 
404. 

Isère  (signore  della  vai  d''),  v.  Duyn 
(di)  Giano. 

Isola  (deir)  Benedetto,  detto  «  lo  ca- 
tiv'o  »,  padrone  di  un  brigantino 
a  cui  vennero  tolte  alcune  arti- 
glierie per  mandarle  a  Monaco, 
201;  bandito  da  Genova  reo  di 
lesa  maestà,  409,  529. 

Isolani  Giacomo  (Solani  C),  di  Bo- 
logna, governatore  di  Genova  (an. 
1425),  562. 

Italia,  rie.  9;  giudizio  del  re  Luigi  XII 
suiritalia,  78  n.  i  ;  il  re  di  Francia 
decide  di  partire  per  essa,  181;  è 
sulle  mosse  per  scendere  in  l.,  237, 
n.  I  ;  i  signori  d''l.  muovono  in- 
contro al  re  di  Francia,  248,391; 
Luigi  XII  dice  di  esservi  venuto 
per  debellare  i  suoi  nemici  e  spe- 
cialmente il  popolo  di  Genova, 
392;  corre  voce  che  V  imperatore 
voglia  venirvi  con  un  grande  eser- 
cito, 418;,  rie.  449;  452. 

Italiana  Colombina,  v.  Colombina  I. 

Italiano  Giovanni,  q.  Pietro,  eletto 
per  la  riforma  degli  offici,  65. 


Indice    Alfabetico 


65 1 


Italiano  Pantaleo,  eletto  anziano,  5  io, 

534- 
Index,  V.  Giudice. 
Ingo,  V.  Giovo. 

lilla,  V.  Franchi  (de)  lula  Bernardo, 
luria,  V.  Franchi  (de)  Giuria  Antonio, 
lustinianus,  v.  Giustiniani. 
Insto,    maestro    bombardiere    pisano, 

viene    assoldato     nelle    artiglierie 

alPassedio    di   Monaco,    i38;   487; 

492. 
Izobio,  V.  Eusebio. 


K 


Katerina,  v.  Caterina. 

KoHLER  Cu.,  Les  Siiisses  dmis  Ics 
guerres  d'' Italie  de  i5o6  a  /5/2, 
Genève,  Jullien,  1897;  258  n.  2. 


Lagorara  (paese),  si  stringe  in  lega 
con  diversi  paesi  vicini,  3 89;  gli 
uomini  di  L.  inseguono  le  truppe 
dei  Fieschi  rotte  dai  popolari,  394. 

Lampugnano  (di),  v.  Oldrado  di  L. 

Lannoy  Rodolfo,  bailivo  d"'Amiens, 
rie,  88,  n.  4;  eletto  governatore 
di  Genova,  276,  277,  407  ;  presta 
giuramento  di  fedeltà  al  re,  277, 
407;  si  reca  coirambasciatore  del 
pontefice  a  visitare  la  famosa 
«  scodella  »  o  sacro  catino  di  S. 
Lorenzo,  282,  417;  rie.  284,  285; 
ordina  ai  popoli  della  Riviera  di 
Levante  di  ricevere  con  tutti  gli 
.  onori  il  signore  di  Fois,  418  ;  gli  si 
fa  onorevole  accoglienza  in  Genova, 
418;  cosi  pure  ai  reali  di  Spagna, 


419;  si  reca  a  Savona  per  rendere 
omaggio  al  re  di  Francia  giuntovi 
per  il  famoso  convegno  col  re  di 
Spagna,  285;  rie.  286  n.  1  ;  lodi 
del  suo  governo,  3o2,  rie.  53o. 
Lanteri  Antonio  {Lanterio)  di  Venti- 
miglia,  è  forse  Tignoto  che  assicurò 
di  prendere  Monaco  in  22  giorni, 
I  I  5  n.;   r  1 6  n. 

Lanterna  di  Genova,  v.  Genova  (Lan- 
terna). 

Laon  (vescovo  di),  v.  Carlo  di  Lus- 
semburgo. 

Las  (de)  Jean,  capitano  di  schiere  as- 
soldate dai  genovesi  per  Fimpresa 
di  Monaco,  128. 
Lasagna  Gio.  Batta  (La^anùi),  eletto  am- 
basciatore a  (Jarlo  d''Amboise,  21 3, 
3fi6;  parte  per  detta  ambasceria, 
ma  torna  indietro  poco  dopo  coi 
suoi  compagni  «re  infeeta»,  3j5, 
3';'6^  Sjy,  annoverato  nella  lista 
dei  cittadini  che  parteciparono  alla 
fazione  popolare,  552. 

Lata  (via),  v.  Genova  (Vie). 

Lavaggi  (da),  v.  Francesco  da  L. 

Lazania,  v.  Lasagna. 

Lazaro  (di),  v.  Oberto  di  Lazzaro. 

Lazaro,  v.  Lazzaro. 

Lazzarino  di  Pino,  bandito  da  Genova 
reo  di  lesa  maestà,  409. 

Lazzaro  di  Albaro,  ollìciale  della 
moneta,  345;  è  annoverato  nella 
lista  dei  cittadini  che  parteciparono 
alla  fazione  popolare,  552. 

Lazzaro  di  Camogli,  officiale  della 
moneta,  345. 

Lazzaro  di  Linario,  bandito  da  Ge- 
nova reo  di  lesa  maestà,  529. 

Lazzaro  (domino),  rie.  487. 


652 


Indice  Alfabetico 


Leca  (da) ,  v,  Gian  Paolo  da  L. , 
Orlando  da  L.,  Ranuccio  da  L. 

Leccavela  (  famiglia  )  ,  chiamata  a 
partecipare  al  governo  della  città 
durante  la  fazione  popolare,  553. 

Leixano  (banco  di),  rie.  401. 

Lemenge  Giovanni,  v.  Meingre  (le) 
Giovanni. 

Leonardi  Gio.  Batta,  eletto  padre  del 
comune,  345;  deputato  a  trattare 
le  quistioni  con  le  Riviere,  377  ; 
annoverato  nella  lista  dei  cittadini 
che  parteciparono  alla  fazione 
popolare,  552. 

Leonardi  Perego,  popolare,  ucciso  da 
Domenico  Negrone,  6. 

Lercari  Domenico  q.  S.,  incaricato 
dai  nobili  di  studiare  il  modo  per 
rientrare  in  città,  2  i   n. 

Lercari  (famiglia),  sulla  nave  di  essa 
sono  requisite  le  artiglierie  per  la 
impresa  contro  la  Spezia,  332,  chia- 
mata a  partecipare  al  governo 
della  città  durante  la  fazione  popo- 
lare, 553. 

Lercari  Gasparo,  sindico  di  Porto 
Maurizio,  474. 

Lercari  Tommaso,  rie.   1 00  n.   i . 

Lerici  (Illice^  Lerexe\  i32  n.  2;  rie. 
243,  n.  4;  giungono  a  Genova  due 
grossi  cannoni  fabbricati  a  L.,  388; 
vengono  fatti  portare  in  Castel- 
letto, 4o3;  dipende  dalPofif.  di  S. 
(jiorgio,  547. 

Lerici  (Castello  di)  [Castellum  Illicis), 
rie.  2  5  n,-  vi  è  rinchiuso  Giacomo 
de  Mari  di  Capo-Corso,  24  n.  i; 
vi  fu  prigione  Orlando  tiglio  di  Gian 
Paolo  da  Leca,  ma  riuscì  a  fuggire, 
2  5  n.,  rigore  esercitato  in  quelle  car- 


ceri, 2  5  n.;  vi  sono  rinchiusi  Am- 
brogio Gioardo  e  due  gentiluomini 
arrestati  per  sospetti,  16J,  jGi;  il 
castellano  riceve  Perdine  di  porre 
in  libertà  Ambrogio  Gioardo,  243 
n.  4;  il  comune  ordina  che  vi  sia  in- 
carcerato il  marchese  di  Rollano, 
245  n.  3. 

Lerici  (di)  Antonio,  ambasciatore  a 
Carlo  d''Amboise,  19,  20,  319; 
istruzioni  impartitegli,  20,  n.  2  ; 
risultato  della  sua  ambasceria,  27; 
lettere  inviategli  dalPolIìeio  di  Pisa, 
32  n.  ;  33  n.  2;  annoverato  nella 
lista  dei  cittadini  che  partecipa- 
rono alla  fazione  popolare,  55 1. 

Lerici  (di)  Gio.  Batta,  (Gio.  Batta  de 
Illice),  eletto  per  la  revisione  delle 
«  caratate  »,  49  n.  ;  eletto  officiale 
di  S.  Giorgio,  349  ;  scelto  dagli  ar- 
tigiani per  paciticare  gli  animi  dei 
cittadini,  372;  annoverato  nella 
lista  dei  cittadini  che  parteciparono 
alla  fazione  popolare,  552. 

Lerici  (di)  Giovanni  {Joannes  de  11- 
Iice\  pronunzia  dinanzi  al  re  di 
Francia  un''  orazione  per  chiedergli 
perdono  a  nome  del  popolo  ge- 
novese e  domandargli  altre  grazie, 
275,  406;  il  suo  discorso  è  ripor- 
tato per  intiero  dal  iMuton,  277 
n.  I  ;  è  annoverato  nella  lista  dei 
cittadini  che  parteciparono  alla 
fazione  popolare,  552, 

Levante  (Riviera  di),  v.  Riviera  di 
Levante. 

Levanto,  sono  tolti  da  esso  i  5o  fanti 
di  guarnigione,  100,  n.  2;  vi  giunge 
la  flotta  franco  spagnuola,  390. 


Indice  Alfabetico 


653 


Levante  (commissari  di),  v.  Genova 
(Commissari). 

Levanto  (di),  v.  Pietro  Batta  di  L. 

Leverone  Rosso,  nella  casa  di  esso  a 
Fontanabona  giace  infermo  G.  L. 
Fieschi,  49,  33o. 

Ligny  (conte  di),  v.  Valerando  di 
Lussemburgo. 

Liguria,  il  governo  francese  ordina 
di  farvi  grandi  feste  per  il  matri- 
monio della  figlia  di  Luigi  XII,  6 
n.;  rie.  55;  179;  milizie  venute 
in  Genova  dalla  L.,  257,  395. 

Linario  (di),  v.  Lazzaro  di  L. 

Lione,  rie.  112;  122;  Pambasciatore  N. 
Oderico  inviato  alla  corte  di  Francia 
spedisce  da  L.  lettere  a  Genova, 
443  ;  anche  i  nuovi  ambasciatori 
alla  corte  di  F"rancia  inviano  da 
L.  lettere  a  Genova,   184,  366 

Loano,  dipende  dai  Fieschi,  87. 

Lodisius  de  Pentema,  v.  Luigi  di  P. 

Loggie  di  Genova,  v.  Genova  (Loggie). 

Logia  Gerolamo,  deputato  ai  festeg- 
giamenti pel  re  d"'Aragona ,  55 
n.  2. 

Loise  Gio.,  V.  Fieschi  Gian  Luigi. 

Loize  Jo,  V.  Fieschi  Gian  Luigi. 

Lombardi,  alcuni  ingegneri  1.  vengono 
a  rafforzare  la  guarnigione  del  Ca- 
stelletto in  Genova,  186,  366;  com- 
pagnie di  1.  abbandonano  coi  loro 
capi  il  campo  di  Monaco,  197, 
5.9. 

Lombardia,  corre  voce  che  i  nobili 
genovesi  vi  preparino  milizie  con- 
tro Genova,  28;  che  G.  L.  Fie- 
schi le  faccia  venire  a  Quarto,  38, 
324;  rie.  327;  333]  è  governata 
da  Carlo  d''Amboise,  78  n.  2  ;  sol- 


dati di  L.,  130;  si  ordina  in  L.  di 
non  portar  grano  a  Genova,  179, 
363  ;  un  castello  in  L.  si  ribella  ai 
francesi,  374;  Carlo  di  Chaumont 
fa  bandire  per  tutta  la  L.  i  geno- 
vesi come  ribelli  al  governo  del  re 
di  Francia,  374;  vi  è  pronto  un 
grande  esercito  per  marciare  con- 
tro Genova;  rie.  236;  2J7,  n.  i; 
385;  2  58  n.  2;  giungono  a  Ge- 
nova dalla  L.  molti  guastatori  per 
la  costruzione  del  nuovo  castello, 
'^77-^  278,  407;  rie.  409. 

Lomellini  Agostino  di  Battista,  {Lo- 
mellino)^  eletto  anziano,  14,  317 
n.  i;  incaricato  dai  nobili  di  stu- 
diare il  modo  per  rientrare  in 
città,  2  I   n. 

Lomellini  Agostino  q.  D.,  officiale 
della  moneta,  345. 

Lomellini  Ambrogio,  eletto  anziano, 
38,  325;  eletto  nuovamente  an- 
ziano, 402. 

Lomellini  Ansaldo,  deputato  ai  festeg- 
giamenti pel  re  d"'Aragona,  55  n.  2, 
n.  3. 

Lomellini  Baldassarre,  di  parte  fre- 
gosa,  viene  arrestato  e  svela  i  nomi 
di  vari  amici  di  Ottaviano  Fregoso, 
177,  n.   I,   180  n.   I,  359,  36o. 

Lomellini  Domenico,  avendo  seguito 
la  parte  di  Ottaviano  Fregoso,  è 
citato  a  comparire  in  giudizio,  180, 
n.   I,  36o,  362. 

Lomellini  (famiglia),  sulla  nave  di 
essa  sono  requisite  le  artiglierie 
per  rimpresa  contro  la  Spezia,  332; 
due  nobili  di  essa  sono  elevati  alla 
carica  di  anziano  e  di  officiale  della 
Balia    dopo    V  ingresso    del    re    di 


654 


Indice    Alfabetico 


Francia  in  Genova  273,  402;  è 
chiamata  a  partecipare  al  governo 
della  città  durante  la  fazione 
popolare,  553. 

Lomellini  Francesco,  la  sua  casa  a 
Fassolo  viene  saccheggiata  dalla 
plebe,  17  n.,  3  1 9  ;  viene  eletto  of- 
ficiale della  Balia,  402,  53o,  5)4. 

Lomellini  Gerolamo  (Hieronimu?.  Lo- 
melinus)  q.  Tobia,  riceve  Pingiun- 
zione  di  attendere  alPufificio  .della 
moneta,  80. 

Lomellini  Giacomo,  corre  voce  che 
insieme  con  altri  nobili  stenda  liste 
di  proscrizione  pei  popolari,  273, 
404. 

Lomellini  Gio.  Ba^a,  è  incaricato  dai 
nobili  di  studiare  il  modo  di  rien- 
trare in  G.,  21  n.;  eletto  anziano, 
53o,  534. 

Lomellini  Gioffredo  ,  arrestato  dai 
popolari  presso  Monaco,  i55  n.  3, 
356. 

Lomellini  Lorenzo,  ambasciatore  dei 
nobili  genovesi  al  re  di  Francia, 
120  n.  1,  463. 

Lomellini  Matteo,  {Lomelino  Matheo\ 
eletto  «difensore  della  libertà», 
(an.   1436),  562. 

Lomellini  Nicolò  di  Banchi,  la  sua 
casa  viene  saccheggiata  dalla  plebe, 
3 16. 

Lomellini  Pasquale ,  arrestato  per 
sospetti  a  S.  Remo  e  tradotto  al 
castello  di  Lerici,  i63,  5 16. 

Lomellini  Raffaele,  si  parla  della  sua 
nave,   100  n.   i. 

Lomellini  Sisto,  eletto  per  la  re\'i- 
sione  delle  «  caratate  »,  49  n. 


Lomellini  Sorleono,  eletto  anziano, 
317  n.   I. 

Lomellino,  v.  Lomellini. 

Longaville,  v.  Longueville. 

Longueville  (duca  di),  v.  Francesco 
d''Orleans. 

Lorenzo  di  Spirito,  {Laurenciiis  de 
Spirito),  frate  delPordine  dei  Mi- 
nori di  osservanza  e  guardiano 
della  chiesa  del  P Annunziata,  pro- 
mette di  pregare  per  la  salvezza 
di  Genova,  442. 

Luca  di  Pietra,  (Ligure?  Cossera?), 
eletto  castellano  del  castello  di 
Portofino,  224. 

Lucca,  rie.  45  n.  i  ;  concorre  con 
Genova  e  Siena  a  raccogliere  som- 
me in  favore  di  Pisa,  j6  n.  ;  rie. 
127;  Genova  chiede  a  L.  milizie 
per  r  impresa  di  Monaco ,  372  ; 
Signoria  di  1,.,  446. 

Luccoli  {Liicuri),  (via  di),  v.  Genova 
(Vie). 

Ludonensis  episcopus ,  v.  Carlo  di 
Lussemburgo. 

Luigi  XI,  re  di  Francia,  rie.  9. 

Luigi  XII  (corte  di) ,  v.  Francia 
(corte  di). 

Luigi  XIF,  re  di  Francia,  e  signore 
di  Genova,  3i3;  rie.  5  n  ;  6  n.;  i 
popolari  vorrebbero  ragguagliarlo 
delle  angherie  dei  nobili,  ma  il 
Senato  respinge  la  proposta,  75 
avendo  avuto  notizia  dei  moti  di 
Genova  esorta  i  genovesi  alla  tran- 
quillità, 9  n.  2  5  i  popolari  gP  in- 
viano lettere  informandolo  delle 
novità  accadute  e  protestandosi 
fedeli  al  suo  governo,  17,  422;  rie. 
17    n.  ;    425,    426;  viene  avvisato 


Indice    Alfabetico 


655 


dai  genovesi  delPinvio  di   un   am- 
basciatore,  19,  319,  423,  426;  che 
parte   poco    dopo,    19;    colla    rac- 
comandazione  di  persuadere  il  re 
che  Genova  gli  è  'edelissima  e  che  é 
tranquillissima,   434,   436,    438;  i 
nobili  gli  inviano    Andrea    d"' Oria 
come  loro  rappresentante  e  difen- 
sore, 20;  il  re  invita  i  genovesi  a 
deporre  le   armi  e  annunzia   rin- 
vio del  suo  luogotenente  generale 
Carlo  d''Amboise,  21;  rie.  429;  ri- 
costruzione del  carteggio  tra  il  re 
e  gli  anziani,  22  n.  i  5  rie.  3o  n.  2  ; 
43    n.    I  ;    il    governatore    di    Ge- 
nova gr  invia  il  luogotenente  della 
sua  milizia,   signore   della    Cletta, 
per  riferirgli  notizie  su  G.,  47  n.; 
446;  rie.  332;  54  n,   2;  333;  rie. 
57  n.  I  ;  riceve  lettere   dagli  an- 
ziani di   Genova   con  grandi   assi- 
curazioni di  fedeltà  ed  obbedienza 
58,    59,   447,    448  ;    suoi  rapporti 
con  Ferdinando  il  C.,  59,  66  ;  ac- 
coglie   graziosamente    1'  ambascia- 
tore popolare  Nicolò  Oderico,  Gj^ 
443;  le  spiegazioni    date   da   esso 
sugli  ultimi  avvenimenti  in  Genova, 
67   n.    2  ;    sanziona    la    legge    dei 
«due  terzi»,  6^-^  ma  non  approva 
le  richieste  dei   popolari   di   unire 
le    riviere    sotto    il    comando    del 
governatore  di    Genova,    68  ;    rie. 
445,  449;  sua  indignazione  per  la 
presa  della  Spezia  e  di  Chiavari,  69; 
gli  viene  annunziato  rinvio  di  due 
ambasciatori,  69  n.   i  ;  in   una  let- 
tera agli    anziani  si   lagna   per   la 
assenza    delP  Oderico,    69    n.    2  ; 
scrive  al   governatore   di   Genova 


minacciando  i  popolari  se  non  gli 
obbediranno,  71,  n.  2;  gli  anziani 
scrivono  a  L.  di  aver  decretato  la 
restituzione  delle  Riviere,  72,  n.  i, 
n.  3  ;  rie.  73  n.   i  ;  ma  poco  dopo 
lo  avvisano  di  aver  dovuto  revocare 
il  decreto,  7]  n.    1  ;  rie.  74;    so 
giudizio  sui  genovesi,  78    n.   1  ;    i 
nobili  decidono    d''inviargli   amba- 
sciatori, 79  ;  gli  anziani  gli  annun- 
ziano la  partenza  del  governatore, 
il  prossimo  invio  di  due  nuovi  am- 
basciatori   e     gli    danno    ragione 
della  mancata   consegna  della   Ri- 
viera di  Levante,  80  n.  2  ;    riceve 
lettere  da  Oderico,  8 1  n.  ;  biasima 
gli   anziani    per    T  editto    contro  i 
nobili,  gli  anziani    si   difendono    e 
gli  inviano   una    copia    delFeditto, 
81   n.   i^   465  ;    lettere    credenziali 
dei    nuovi    ambasciatori    popolari 
diretti  al  re,  83  n.    i,  470;    istru- 
zioni   loro    impartite,    457  ;    loro 
mira  principale  è  di   abbattere    la 
potenza  di  G.  L.  Fieschi,  467,  468; 
lettere  del  comune   in    cui    si    ac- 
cenna al  desiderio  dei  popolari  di 
conquistare  la  Riviera  di  Ponente, 
87  n.   i;   suoi    rapporti    con    Gio- 
vanni   Grimaldi    e    con     Luciano 
signore  di  Monaco,    89    n.   1,    92; 
rie.  91   n.   5;    i    genovesi   sperano 
•  che  egli  accondiscenda  alPimpresa  di 
Monaco,  93,  466  ;  non  gliene  fanno 
però  cenno  nelle  lettere  a  lui  dirette, 
98;  rie.  99  ;  suo  sdegno  per  la  man- 
cata restituzione  della  Riviera  di  Le- 
vante,  1 1 1  ;  sue  minaceie  per  Pim- 
presa  di  Monaco,  iii,   346,   348; 
ordina  a  Carlo  d''Amboise  di  rac- 


656 


Indice    Alfabetico 


cogliere  un  esercito  contro  i  ge- 
novesi, 112,  n.  2;  Tordine  viene 
revocato,  1 1 3  ;  accoglie  onorevol- 
mente gli  ambasciatori  nobili  ge- 
novesi, che  lo  supplicano  di  punire 
i  popolari,  120,  121;  N.  Oderico 
ottiene  da  lui  di  difendere  i  po- 
polari dalle  accuse  dei  nobili,  121; 
rie.  122;  riceve  lettere  dagli  an- 
ziani che  gli  raccomandano  i  nuovi 
ambasciatori,  12  5  n.  i;  470;  s.ia 
opinione  sulla  politica  del  papa,  1 24 
n.  2;  proibisce  a  tutti  i  suoi  sud- 
diri  di  dare  aiuto  ai  genovesi,  141; 
rie.  154;  i55  n.  i  ;  mentre 
non  dà  udienza  agli  ambasciatori 
popolari  la  concede  a  G.  L.  Fie- 
schi  e  agli  ambasciatori  nobili,  1 5  5 
n.  2  ;  induce  il  duca  di  Savoia  ad 
aiutare  il  signore  di  Monaco,  168 
n.  I  ;  rie.  1 77  n.  i  ;  i  nobili  geno- 
vesi gli  offrono  centomila  ducati 
perchè  mandi  un  esercito  contro 
i  popolari  ed  egli  accetta,  1 79  ; 
prepara  una  spedizione  contro  Ge- 
nova, 181  ;  sue  male  disposizioni 
d^ìnimo  verso  i  genovesi,  i85; 
dà  ordine  ai  genovesi  sotto  Mo- 
naco di  togliere  Tassedio  e  ne  ri- 
ceve un  rifiuto  e  minaccie,  i85, 
368;  decide  di  dichiarare  ribelli  i 
genovesi,  i85,  36j-  il  Roccaber- 
tino  cerca  d''indurre  i  genovesi'  a 
restituirgli  le  Riviere  ma  non  vi 
riesce  193,  372;  rie.  2o5;  manda 
un  suo  «  usciere  di  camera  »  a  Ge- 
nova per  far  partire  il  Roccaber- 
tino  e  cooperare  alla  difesa  del  Ca- 
stelletto, 211,  212;  rie.  218  n.  i; 
considerazioni  sulla  sua  politica  coi 


popolari,  220;  rie.  222  n.  i;  227 
n.  i;  alla  notizia  che  egli  muove 
contro  Genova,  i  genovesi  stabi- 
liscono di  fargli  guerra,  2  3o,  2  3 1; 
383,  384;  da  Roma  invece  scri- 
vono che  il  re  non  marcierà  con- 
tro. Genova,  2  32,  è  sulle  mosse  di 
scendere  in  Italia,  237,  n.  i;  giunge 
in  Piemonte,  si  dirige  verso  Asti, 
248,  391,  vi  giunge,  248  n.  1,252 
392;  Pambasciatore  di  Spagna  pro- 
pone ai  genovesi  di  accordarsi  col 
re,  249,  391,  392;  rapporti  di  L. 
col  pontefice,  sua  opinione  sugli 
aiuti  del  papa  verso i  genovesi,  25 1 
n.  I  ;  lascia  Asti  e  per  Alessandria  e 
Bosco  Marengo  giunge  a  Busalla, 
257,  258;  rie.  258  n.  2;  259  n.  i; 
raggiunge  Tesercito  francese  a  Riva- 
rolo,  prende  stanza  nella  badia  del 
Boschetto,  263,  398;  rifiuta  di  ve- 
dere gli  ambasciatori  dei  popolari 
e  li  manda  al  cardinale  d''Amboise, 
2()3;  essendosi  riaccesa  la  pugna 
decide  di  attaccare  subito  i  geno- 
vesi, 265,  n.  i;  condizioni  impo- 
ste per  la  resa,  266,  398;  cura 
che  le  milizie  mercenarie  non  en- 
trino a  saccheggiare  la  città,  266, 
267;  rifiuta  di  ricevere  una  nuova 
ambasceria  genovese  inviata  per 
stabilire  i  patti  della  resa  e  la 
manda  al  cardinale  d''Amboise,  267, 
398;  suo  solenne  ingresso  in  Ge- 
nova, 269,  399;  sue  parole  alPen- 
trare  in  Genova,  270,  399;  prime 
gride  emanatevi,  271,  400;  dise- 
gna di  erigere  un  nuovo  castello 
in  Genova,  che  verrà  poi  detto  la 
Briglia,  271   n.   1,  400,  4o3;   invia 


Indice     Alfabetico 


657 


un  cardinale  come  ambasciatore 
al  papa,  404;  sua  imposizione  ai 
genovesi,  274,  405,  33i,  5 J2  ;  ri- 
ceve da  essi  il  solenne  giuramento 
di  fedeltà,  275,  276,  277,  405, 
406,  5J3,  5J4;  concede  un  gene- 
rale perdono  tranne  a  jG  popolari 
che  sono  dichiarati  rei  di  lesa 
maestà,  conferma  i  privilegi  con- 
cessi altra  volta  alla  città,  ordina 
che  si  muti  il  conio  delle  monete, 
275,  276,  n.  2,  406,  407,  5J5, 
5J6,  5J7  e  segg.  ;  rie.  277  n.  1  ; 
Demetrio  Giustiniani  condannato 
a  morte  tenta  di  riscattare  da  lui 
la,  vita,  ma  non  ottiene  grazia,  278; 
il  re  si  reca  a  festini  nelle  case  dei 
nobili,  278,  n.  3,  4o5,  407;  ordina 
ai  genovesi  di  consegnare  tutte  le 
loro  armi  e  ingiunge  a  quattordici 
cittadini  popolari  di  seguirlo  a  Mi- 
lano; sua  partenza  da  Genova,  279, 
n.  2,  408,  41  I,  528;  rie.  410,  412; 
riceve  lettere  ed  ambasciatori  dal 
papa  esortanti  ad  essere  mite  verso 
i  genovesi,  412  n.  i;  gli  è  inv  ata 
un^  ambasceria  genovese  per  chie- 
dergli di  segnare  un  limite  alPab- 
battimento  delle  case  ordinato  dal 
Salazar,  di  far  punire  certi  malfat- 
tori, etc.  etc,  282,  283,  284,413, 
risposte  date  da  esso,  285  ;  fa  rin- 
chiudere nel  castello  di  Milano  il 
signore  di  Monaco,  414;  rifiuta  a 
Giulio  II  il  perdono  chiesto  da 
esso  per  Domenico  Adorno  e  Ago- 
stino   F'oglietta,    ambasciatori  dei 


popolari  di  Genova,  416;  rie.  417; 
si  reca  a  Savona  per  il  famoso 
convegno  col  re  di  Spagna,  285, 
29 1  ;  copie  dei  privilegi  concessi 
ai  genovesi,  297,  3oi,  3 io,  3 11; 
giunge  a  Savona,  418;  rie.  3oo; 
3 02;  495;  5oi ;  5o2 ;  5i5;  523; 
526;    527;    53o. 

Luigi  di  Narbona,  vescovo  di  Vabres, 
(  Vabrensis  episcopus),  è  testimone 
alla  concessione  dei  privilegi  dati 
dal  re  di  Francia  ai  genovesi,  549. 

Luigi  di  Pentema  [Lodisius  de  Pen- 
tenia)^  commissario  a  Chiavari.  54, 
n.  2,  452;  100;  108  n.  2;  175  n.  2; 
incaricato  di  requisire  le  artiglierie 
e  le  munizioni  della  nave  di  Ste- 
fano Negrone  a  Portofino,  1 93  n.  i  ; 
bandito  da  Genova,  reo  di  lesa 
maestà,  409,  52(). 

Luigi  di  Villeneu  e,  marchese  di  Trans, 
signore  di  Sérenon,  raccoglie  in 
Provenza  fanti  in  ai  to  di  Monaco, 
140,  n.  3,  494. 

Luise  Jo.,  V.  Fieschi  Gian  Luigi. 

Lunigiana  {Lunixiniano,  Liirixiana) 
una  parte  dei  fanti  assoldati  da 
Genova  provienedallaL.,  i62,335, 
354,  356. 

Lunixiniano  (?),  v.  Lunigiana. 

Luogotenente  del  governatore  in 
(jenova,  v.  Roccabertino  Filippo. 

Lurixiana,  v.  Lunigiana. 

Lussemburgo  (  di  )  ,  v.  Francesco 
signore  di  L.,  Carlo  veseovo'di  L., 
Valerando  di  L. 

Luxardo,  v.  Franchi  (de)  Luxardo. 


658 


Indice  Alfabetico 


M 


Macelli  di  Genova,  v.  Genova  (Ma- 
celli). 

Machiavelli  Nicolò,  Istorie  fioreti- 
tine^  rie.   128,  129  n.   1. 

Maddalena  (Magdalena\  priora  del 
monastero  della  Madonna  delle 
Cìrazie,  promette  di  pregare  per 
la  salvezza  di  Genova,  442. 

Maddalena  (via  della],  v.  Genova  (Vie). 

Maestrali  (officio  dei),  v.  Genova 
(Ofiici). 

Magnano  Battista,  incaricato  di  con- 
durre a  Genova  alcuni  prigionieri 
delle  truppe  Turbiasche,  192. 

Magnerri  (di),  v.  Giuliano  di  M. 

Magnerri,  paese  in  vai  di  Polcevera 
incendiato  e  saccheggiato  dalle 
truppe  francesi,  255,  394. 

Maineri  Pier  Battista,  rie.  come  testi- 
monio in  u.i  atto,  532. 

Malapaga,  prigione  per  i  debitori,  i 
prigionieri  di  essa  ottengono  molte 
riduzioni  di  pene,  J4  n. 

Malaspina  Gerolamo,  marchese  di  Mu- 
lazzo,  riceve  lettere  dal  cognato, 
112  n.  2, 

Maluccelli  (Marocelli)  (famiglia),  chia- 
mata a  partecipare  al  governo 
della  città  durante  la  fazione 
popolare,  55j.  • 

Mandora  (da),  v.  Amandola  Simone. 

Manno  Antonio,  Bibliografia  degli 
stati  d.'lla  Monarchia  di  Savoia^ 
rie.  XI  n.  4;  295;  296. 

Mantova  (marchese  di),  v.  Gonzaga 
Francesco. 

Manzo,  v.  Paolo  detto  lo  M,,  Tomaso 
detto  lo  M. 


Maragliano  Menegollo,  {Maraggian 
A/.),  bandito  da  Genova  perchè 
fautore  dei  nobili,  5i   n    3,  332. 

Marassi  (marchese  di),  alloggiato  in 
via  Lata,  61,  3  Ì5. 

Marco  (di)  Donato,  eletto  anziano,  1 4, 
3iy  ;  annoverato  nella  lista  dei 
cittadini  che  parteciparono  alla 
fazione  popolare,  55  i. 

Marco  (di)  Silvestra,  priora  delle  po- 
vere donne  di  S.  Silvestro,  pro- 
mette di  pregare  per  la  salvezza 
di  Genova,  44). 

Mare  (da)  Corso ,  v.  Mari  (  de  ) 
Giacomo. 

Mare  (da)  Giacomo,  v.  Mari  (de) 
Giacomo. 

Mare  (officio  del),  v.  Genova  (Offici). 

Marengo  Pietro,  tribuno  della  plebe, 
j~  n.;  arrestato  per  accusa  di  com- 
plicità nel  tentativo  dei  Fregoso, 
36o;  scelto  dagli  artigiani  per  pa- 
c'tìcare  gli  animi  dei  cittadini,  J72; 
annoverato  nella  lista  dei  cittadini 
che  parteciparono  alla  finzione 
popolare,  552. 

Marenzia  (de)  Battista,  {Marentia\ 
viene  ucciso  in  Receo  per  lotte 
fra  partiti,  347. 

Margoto  Antonio,  sindieo  di  S.  Remo, 

474- 

Mari  (de)  Andrea,  eletto  «  difensore 
della  libertà»  (an.   1436),  562. 

Mari  (de)  Cipriano,  eletto  pacificatore, 
i5,  317;  incaricato  dai  nobili  di 
trovare  il  modo  di  rientrare  in 
Genova,  2 1   n. 

Mari  (de)  Giacomo,  figlio  di  Simone, 
signore  di  Capo-Corso,  è  fatto  ar- 
restare dairofflcio  di  San   Giorgio 


Indice  Alfabetico 


659 


per  sospetti  di  tradimento  riguardo 
airisola  di  (Corsica,  24,  n.  1  ;  no- 
tìzie della  sua  condotta  prima 
delParresto,  2  5  n. 

Mari  (famiglia),  è  chiamata  a  parteci- 
pare al  governo  della  città  durante 
la  fazione  popolare,  555. 

Maria  Vergine  {Nostra  Signora),  il 
doge  ordina  una  solenne  proces- 
sione di  vergini  in  onore  di  essa, 
249. 

Mariana  ,  Historia  de  Espana.,  rie. 
60  n.    I. 

Marinetto  Gregorio  (G.de  Marineto\ 
anziano,   14  n.  2. 

Marini  (de)  Battista,  nobile,  esule  da 
Genova,   1 55,  n.   1. 

Marini  (de)  Castagna  Luchino,  eletto 
anziano,  14,  3 1 7  ;  eletto  officiale 
di  S.  Giorgio,  ^49;  arrestato  dai 
bisagnini  mentre  si  dirigeva  a  Mon- 
toggio  e  tradotto  in  Genova,  187, 
368. 

Marini  (de)  Domenico,  eletto  t  pacifi- 
catore, i5,  n.  1;  la  sua  casa  in 
Carignano  viene  occupata  e  forti- 
ficata dai  popolari,  ^19;  viene 
eletto  anziano,  402,  5Jo,  5J4. 

Marini  (de)  Giovanni  Pio,  dottore  in 
utroque,  inviato  ambasciatore  al 
re  di  Francia  per  chiedergli  di 
far  cessare  le  persecuzioni  del 
Salazar,  282,  28 J,  284,  41 J. 

Marini  (de;  piazza,  v.  Genova  (Piazze). 

Marini  (de)  Vincenzo,  assolda  un 
capitano  spagnolo  e  alcuni  pisani 
per  rimpresa  di  Monaco,  487. 

Marini  (famiglia),  rie.  27J  ;  è  chia- 
mata   a    partecipare   al     governo 


della  città  durante  la  fazione  po- 
polare, 55  J. 

Marocelli,  v.  Maluccelli. 

Marcia  {Marora\  paese  presso  la 
Spezia,  ove  la  flotta  franco-spa- 
gnola tenta  uno  sbarco  che  non 
ha  buon  esito,  245,  J92. 

Marro ,  località  in  cui  si  trovano 
Renato  di  Savoia  ed  il  conte  di 
Tenda,  471. 

Marrufo  Andalone,  eletto  «  capitano 
della  libertà  »  (an.   1442),  56J. 

Marsiglia,  vi  sono  armate  le  galee 
del  re  di  PYancia,  386. 

Martello  Simone,  bandito  da  Genova 
reo  di  lesa  maestà,  409;  529. 

Martignone  Giuseppe,  possiede  una 
copia  dei  privilegi  concessi  da 
Luigi  XII  ai  genovesi  nel  maggio 
i5o7,   297. 

Massimiliano  I ,  imperatore  ,  rie.  57 
n.  I  ;  corre  voce  che  prepari  un 
grande  esercito  e  voglia  venire  in 
Italia,  418. 

Maxenna  Pantaleo,  bandito  da  Ge- 
nova reo  di  lesa  maestà,  409,  529. 

Mazon,  v.  Paolo  detto  M.,  Tomaso 
detto  M. 

Megarena,  paese  in  \al  di  Polcevera 
incendiato  dalle  truppe  francesi, 
^54,  394. 

Meingre  (Le)  Giovanni  detto  Bouci- 
cault  {Giovanni  Lemenge  detto 
busciardo  —  boisiardo),  governa- 
tore in  Genova  per  il  re  di  Fran- 
cia (an.   1401),  56o. 

Melia,  V.  Ameglia. 

Mentono,  dominio  del  duca  di  Savoia 
dato  in  feudo  ai  Grimaldi  di  Mo- 
naco, 88,  io3,  104,  346;  Genova 


660 


Indice  Alfabetico 


ordina  ai  suoi  commissari  di  oc- 
cuparlo, 106;  istruzioni  in  propo- 
sito, 1 07  ;  B.  Veneroso  ambascia- 
tore al  duca  di  Savoia  deve  per- 
suaderlo che  gli  sarà  restituito, 
o  altrimenti  fare  valere  i  diritti  di 
Genova,  107;  rie.  108,  n.  1  ; 
II 3;  é  conquistato  dai  genovesi, 
117,  1 1 7  n.  3  ;  restauri  fatti  pre- 
cedentemente al  casello,  12  5- 
particolari  sulla  presa  di  M.,  126, 
n.  3,  478,  479,  480,  487,  4y3;  gli 
abitanti  di  M.  nutrono  affetto  al 
signore  di  Monaco,  126  n.  3, 
478  ;  rie.  1 34  ;  da  M.  si  tra- 
sportava il  sale  al  ducato  di  Savoia, 
166,  354,  517;  il  duca  di  Savoia 
chiede  che  gli  sia  ritornato  «  in 
pristino»,  168,  355;  nuove  istru- 
zioni intorno  ad  esso  date  a  B. 
Veneroso.  195,  196,-  si  dà  facoltà 
ai  commissari  delP  esercito  geno- 
vese ritiratosi  da  Monaco  a  Ven- 
timiglia,  di  fortificare  M.  o  di 
abbatterlo,  204,  382:  206;  vi  vien 
posto  a  difesa  un  castellano  con 
34  uomini  che  si  arrendono  allo 
esercito  del  d^ Allègre,  206,  207^ 
384;  rie.  484. 

Meran  (da),  v.  Pantalino  di  M. 

Mercanti  di  Genova,  v.  Genova,  (Mer- 
canti). 

Mercanzia  (officio  della),  v.  Genova 
(Offici)- 

Merello  Andrea  da  Sestri,  maestro  di 
artiglierie  ,  i  supremi  commissari 
chiedono  che  sia  inviato  al  campo 
di  Monaco,  159,  505;  vi  giunge  e 
vi  sostituisce  Ambrogio  Gioardo, 
ib2,  n.  2,  514,  5i5, 


Merello  Battista,  deputato  a  racco- 
gliere armi  di  nobili,  378. 

Merello  Leonardo,  deputato  al  par- 
tito Adorno  a  regolare  gli  offici, 
352;  eletto  commissario  alla  po- 
desteria di  Rapallo  e  Fontanabona, 
226;  annoverato  nella  lista  dei 
cittadini  che  parteciparono  alla 
fazione  popolare,  552. 

Merello  Pantaleo,  fonditore  di  bom- 
barde,  1 64  n.   1 . 

Merlo  Antonio,  sindico  di  San  Remo, 
474. 

Milanesi,  nobili  fuorusciti,  rie.  374. 

Milano,  i  nobili  di  Genova  fanno 
venire  da  M.  sottili  pjgnali,  5,  3  1  J; 
rie.  18,  n.  I  ;  vi  è  inviato  da  Ge- 
nova un  ambasciatore  a  Carlo  di 
Chaumont  d'Amboise,  20,  319; 
alcuni  consiglieri  del  parlamento 
di  M.  hanno  l'ordine  di  seguire  il 
d''Amboise  a  Genova,  21,  429;  vi 
si  recano  da  Genova  Paolo  Be- 
raldo  latore  di  una  lettera  degli 
anziani  e  Antonio  da  Lerici  am- 
basciatore allo  Chaumont  ,  27  ; 
voci  di  apparecchi  guerreschi  in 
M.  contro  Genova,  28;  rie.  455; 
partono  da  M.  milizie  in  soccorso 
di  Monaco,  499;  lettere  da  M. 
confermano  che  il  re  vuole  di- 
chiarare ribelli  i  genovesi,  i85, 
36y  ;  lettere  inviate  da  M.  a  Ve- 
nezia con  notizie  sul  colpo  di 
mano  del  Salazar,  189  n.  i  ;  or- 
dine al  Roccabertino  di  recarvisi 
immediatamente,  212,  522;  vi  sono 
arrestati  tutti  i  popolari  genovesi 
e  rilasciati  poi  dietro  cauzione, 
21 5,  3y6,  523;  altre  rigorose  mi- 


Indice    Alfabetico 


661 


sure  contro  i  genovesi  residenti 
in  M. ,  2 1 5  n.  i\  vi  si  reca  il 
Roccabertino,  2ij',  3/5;  lo  rag- 
giunge ivi  Stefano  di  Gernerieii, 
2i();  nel  Palazzo  di  M.  si  trovano 
in  permanenza  otto  gentiluomini 
genovesi  deputati  alla  guerra,  Jjy, 
52-^  ;  vi  sono  raccolti  20.000  uo- 
mini per  marciare  contro  Genova, 
237  n.  I,  385;  Gian  Luigi  Fieschi 
parte  da  esso  con  un  forte  eser- 
cito per  riconquistare  la  Riviera 
di  Levan'e,  237,  387;  rie.  247; 
3)6;  si  parla  del  messaggero  or- 
dinario che  veniva  da  M.  a  Ge- 
nova, 374;  vi  tien  casa  Garlo  de'' 
Fornari,  385;  Luigi  XII  parte  da 
Genova  per  M.,  279,  n.  2,  408  ; 
lo  ragg' ungono  ivi  quattordici  cit- 
tadini genovesi  che  ebbero  ordine 
da  lui  di  seguirlo,  279,  n.  2,411, 
528;  vi  si  reca  il  cardinale  Anto- 
niotto  Pallavicino  inviato  da  Giu- 
lio II  a  Luigi  XII,  41 3  ;  vi  torna 
da  Genova  Francesco  Bussone  di 
Carmagnola  (an.  1424^  562. 
Milano  (Biblioteca),  Brera,  rie.  277  n.  i . 

—  (Castello),  vi  è  rinchiuso  per 
ordine  di  Luigi  XII  Luciano 
Grimaldi  signore  di  Monaco,  414. 

—  (Corte),  rie.   141,  495. 

—  (Duchi),  rie.  128;  475;  perdono  il 
governo  di  (ìenova  (an,  1437J, 
563. 

Millau    (signore    di),    v.    Allègre    (d^j 

Giacomo. 
Minori  di  osserv^anza,  ordine  religioso, 

rie.  ^42, 
Misericordia  (officio  della),  v.  Genova 

(Offici). 


Moconexi  Matteo  (Mochonexi  Ma- 
theits^  Monconexi  M.),  bandito  da 
Genova  perchè  partigiano  dei  no- 
bili, 5 1  n.  3  ;  viene  arrestato  da 
quei  di  Bisagno  e  impiccato  a 
Palazzo,  'òjj. 

Molo  di  Genova,  v.   Genova    (Molo). 

Molo  (piazza  del),  v.  Genova  (Piazze). 

Molo  (torre  del),  v.  Genova    (Torri). 

Monaeheto,  v.  Moneghetti. 

Monaco  {Maniglie)  ,  rie.  75  ;  do- 
minio dei  Grimaldi,  88;  i  genovesi 
si  preparano  ad  assediarlo,  89  ; 
cenni  su  Giovanni  II  Grimaldi  e 
su  Luciano,  signori  di  M.,  89 
n.  i;  ubicazione  di  Monaco,  chiave 
del  commercio  tra  Genova  e  la 
Provenza ,  90  ;  giudizi  di  vari 
autori  sulle  eause  che  spinsero  i 
genovesi  ad  assalire  M. ,  90 ,  9  1  ; 
ragioni  esposte  dal  governo  di 
Genova  riguardo  P  impresa,  91, 
n.  5,  92^  n.  466;  proclama  contro 
gli  uomini  di  M.,  92  n.  i  ;  navi 
taglieggiate  dalle  galere  dei  signori 
di  M.,  9]  n.  ;  importanza  delPim- 
presa  contro  M.,  94;  i  preparativi 
sono  mascherati  dalla  spedizione 
contro  Pieve  di  Teco,  94,  95, 
n.  3,  96,  98;  la  spedizione  contro 
M.  viene  annunziata  agli  olRciali 
delle  Riviere,  98;  rie.  99;  loon.  i; 
r impresa  viene  giudicata  rischiosa 
da  alcuni  cittadini,  102,  470;  pre- 
parativi di  M.,  io3  ;  rie.  104;  di- 
ritti dei  genovesi  su  M.,  io5  ;  è 
ricordato  come  confine  del  terri- 
torio genovese,  io8;  rie.  iio  n.; 
il  re  di  Francia  annunzia  che 
manderà  suoi   soldati    in   aiuto  di 


43 


662 


Indice     Alfabetico 


M.,    I  1 1  ,    n.     I  ;    primo    invio  di 
truppe  genovesi  alla  volta  di  Mo- 
naco, 346;  parte  da  Genova  Peser- 
cito  diretto    contro  M.   11 3,  346; 
speranze    dei    genovesi    di    presto 
conquistarlo,  114,  n.   i;  un  ignoto 
assicura  di  prenderlo  entro  venti- 
due giorni,    1 1  5    n.  ;  rie.   1 1 6,  n  ; 
il  duca  di  Savoia  raccoglie  milizie 
in  aiuto  di  M.,  118,  3495  lo  stesso 
fa  il  governatore  di  Savona,  349; 
i  genovesi  sono   sempre    convinti 
della  facile    espugnazione    di    M.  , 
119^  ragioni  di  tale    convinzione, 
I  19,  n.    2  ;    rie.    121     n.    i,   i25  ; 
Tesercito    genovese    giunge    sotto 
le  mura  di  M.,  127;  rie.  129;  forte 
posizione  di  M.,   i3o;    fonti   sulla 
storia delFassedio,  i3i  n.  2;  i32  n.; 
i33      primi    dubbi    sulla    riuscita 
deirimpresa,  480;  difficoltà  di  col- 
locare Tartiglieria  presso  le  mura, 
i35,  i36,  484,  48.61   489)    495  ;  i 
nobili  inviano  milizie  in    aiuto  di 
M.,   1^9;  rie.    142,  35();    rie.    143  ; 
i    supremi     commissari    genovesi 
hanno  facoltà  di  tentarne  la    resa 
col  denaro,   1 44  ;  rie.    1 46,    n.   i  ; 
35 1;    consiglio    tenuto    al    campo 
per  Fespugnazione  di  M.,  147,  497; 
entrano  in  M.,  rinforzi  di  milizie, 
149,  353,  499;  rie,  i5o  n.  2;  i5i; 
i53;  154;  i55  n.  3;    i56,  n.  2;  353; 
354;  356;    i  genovesi    tentano    di 
bombardarlo  ma  le  loro  artiglierie 
sono  smontate  dai  tiri  dei    mone- 
gaschi, i57,  355,  5o3,  507;  truppe 
genovesi   occupano    posizioni    do- 
minanti Monaco,  1 60,  5  i  1  ;  rie.  1 6 1 
n.  3  ;    1 62  n.  2  ;  i  67  ;    1 69,  n.     1  ; 


170,  n.  1;  spese  per  Pimpresa,  171, 
357;  rie.  172  ;  173  n.,  358;  174, 
n.  1  ;  1 75  ;  si  contraggono  nuovi 
prestiti  per  P  impresa  di  M.,  i  j'j^ 
359;  a  Villafranea  si  armano  due 
barche  in  soccorso  di  M.,  182,364, 
365:  le  bombarde  genovesi  rom- 
pono buon  tratto  delle  mura,  i83, 
'i^5^  :)^^\  rie.  188,  369;  si  decide 
di  proseguire  P  assedio  a  qualun- 
que costo,  189,  369;  191;  370;  rie. 
200  n.,  ò-jx^  374,  375  ;  sentori 
di  preparativi  di  un  esercito 
in  aiuto  di  M.,  201;  bombarda- 
mento e  fiero  assalto  dei  genovesi 
valorosamente  respinto,  2o3,  3 80, 
38 1;  ritirata  dei  genovesi  da  M.  a 
Ventimiglia,  204,  38 1;  si  vorrebbe 
mandare  a  chiedere  a  Carlo  d"'Am- 
boise  il  permesso  di  continuar 
Passedio,  ma  la  plebe  proibisce 
Pambasceria,  2o5,  382,  383;  M.  è 
liberata  dalP  esercito  francese  del 
d''Allègre,  206;  rie.  207;  211  n.  2; 
una  delle  cause  per  cui  i  genovesi 
dichiarano  di  muover  guerra  al  re  di 
Francia,  è  quella  che  egli  aveva 
dato  soccorso  a  M.,  23  i,  384;  le 
artiglierie  usate  contro  M.  sono 
sbarcate  in  (ienova,  232  ,  385; 
rie.  2  )4;  vi  giunge  la  flotta  francese; 
236,  386;  2)8;  uno  dei  capi  d^ac- 
cusa  contro  Paolo  da  Novi  da  parte 
del  governo  francese  è  di  aver 
condotte  le  truppe  contro  M.,  289, 
41  5;  rie.  304;  3o5;  3o6;  477;  5  10; 
5i5;  V.  anche  Monegaschi. 

—  (Archivi  del  palazzo),  rie.  i32  n. 

—  (Officio  per   la    spedizione  contro 
M.),  V.  Genova  (Offici). 


Indice     Alfabetico 


663 


Monaco  (Porto),  rie.   io3. 

Monasteri  di  Genova,  rie.  4)  ;  v.  an- 
che Genova  (Monasteri). 

Mondovì  (Mons  regalis),  alcuni  ge- 
novesi sequestrano  le  pecore  di 
certi  uomini  di  M.,   166,  5i3. 

—  (Vescovo  di),  gran  cancelliere  del 
duca  di  Savoia,  i  genovesi  si  lagnano 
con  lui  per  le  scortesie  usate  verso 
B.  Veneroso  alla  corte  del  duca  e 
accennano  a  voler  riannodare  trat- 
tative, 194. 

Monegasche  (galee),  v.  Grimaldi  (ga- 
lee). 

Monegaschi,  avvisati  dagli  uomini  della 
Turbia  delP  arrivo  di  soccorsi 
sabaudi  e  francesi,  i32;  in  una 
furiosa  sortita  inchiodano  quattro 
bombarde  genovesi,  161  ,  356; 
tentano  con  una  seconda  sortita 
d^  inchiodare  le  artiglierie  genovesi 
ma  sono  respinti,  199,  n.  i,  52 1; 
V.  anche  Monaco. 

Moneghetti  {Monacheto^  Monegeto)^ 
alture  presso  Monaco  fortificate 
dai  genovesi,  1 60  n.  1  ;  i  ventu- 
rieri della  Turbia  calano  sulle 
artiglierie  ivi  collocate ,  ma  sono 
respinti  con  gravi  perdite,  192, 
370;  rie.  201  n.  1;  519. 
Moneglia,  vi  sono  inviati  commissari 
Agostino  Carrega  e  Francesco 
Daniele;  226. 
Moneglia  (di),  v.  Domenico  di  M.,  Ge- 
rolamo dì  M.,  Giorgio  di  M.^  Giu- 
stiniani Luca  di  M.,  Giustiniani 
Stefano  di  M.,  Mutino  di  M.,  Ste- 
fano di  M. 
Moneta  (officio  della),  v.  Genova  (Of- 
fici). 


Monete  (officio  delle),  v.  Genova  (Of- 
fici). 

Monferrato,  soldati  di  M.  partecipano 
alPassedio  di  Monaco,  197,  519. 

Monferrato  (marchese  di),  v.  Gian 
Guglielmo  e;  Paleologo  Teodoro. 

Mongiardino  Giacomo,  prigioniero  in 
Castelletto,  564. 

Mons,  il  signore  di  M.  é  per  qualche 
giorno  governatore  di  Genova,  400. 

Mons  Regalis,  v.  Mondovì. 

Monsa  Tomaso ,  setaiolo  (seatero) , 
prigioniero  in  Castelletto,  564. 

Montaldo  Antoniotto,  tenta  invano 
una  sollevazione  popolare  (anno 
1398),  559. 

Montaldo  Battista,  guerreggia  a  lungo 
coi  seguaci  di  Giorgio  Adorno 
(an.  1414),  56o. 

Montaldo  (famiglia) ,  appartiene  al 
partito  dei  popolari,   16  n.   i. 

Montaldo  Leonardo  ,  eletto  doge 
(an.   i383),  558. 

Montaldo  Raffaele,  invitato  dal  Sala- 
zar  a  vedere  un  suo  parente  rin- 
chiuso nel  fondo  di  una  torre  del 
Castelletto,  221,  524;  annoverato 
nella  lista  dei  cittadini  che  parte- 
ciparono alla  fazione  popolare,  55 1 . 

Monteaguto  Leonardo ,  tessitore  di 
seta,  preposto  al  bastione  di  Pro- 
montorio lo  abbandona  prima  che 
sopraggiungano  i  nemici,  261,  396. 

(nel  testo  a    p.     261   fu    stampato  per     errore 
Costaguta  per  Monteaguto). 

Monteborgo  Giovanni,  commissario  al 
campo  di  Monaco,  i83  ;  pare  che 
Passalto  a  Monaco  sia  fallito  per 
una  sua  falsa  manovra,  2o3,  382; 
suo    ritorno    a  Genova  e  indigna- 


664 


Indice    Alfabetico 


zione  della  plebe  verso  di  lui, 
204,  JÌ82. 

Montecarlo,  vi  accampa  Pesercito  ge- 
novese,   i32;  rie.   i36  n.   i. 

Monteverde  (di)  Battista,  commissario 
a  Voltri,  io5  n.   3. 

Montoggio  (  Montobbio  )  ,  paese  dei 
P'ieschi,  vi  si  ritirare  i  Fieschi 
cacciati  da  Genova,  20,  3ig,  437; 
rie.  444;  460;  vi  si  adunano  i  rap- 
presentanti dei  nobili  fuggiti  da 
Genova  per  trovare  il  modo  di 
rientrare  in  essa,  21  n.  ;  rie.  ì-j 
n.  1 ,  n.  2  ;  i  popolari  vorrebbero 
toglierlo  ai  Fieschi  ma  il  gover- 
natore li  trattiene  chiedendo  quali 
diritti  abbiano  su  di  esso,  62^i'i6\ 
e  il  luogotenente  generale  minac- 
cia loro  guai  se  tenteranno  di 
prenderlo,  62,  ìì'j  ;  aggiuntesi  le 
minaccie  del  re  i  popolari  si 
ritraggono  dair  impresa ,  461  ;  vi 
rientra  Gerolamo  Fieschi,  i85  ; 
3C)~\  ne  partono  molti  uomini  per 
rinforzare  la  guarnigione  del  Ca- 
stelletto in  Genova,  186;  36r);  sono 
arrestati  in  vai  di  Bisagno  tre  no- 
bili diretti  a  M.,  187,  368;  rie.  lyo: 
1 9 1  ;  vi  ritornano  da  Genova  Gian 
Luigi  Fieschi  e  suo  figlio,  416. 

Montoggio  (di),  V.  Giovannettino  di 
M.,  Negrino  di  M. 

Morando  Raffaele ,  abbandona  (Ge- 
nova, 336. 

Morando  Stefano  di  Capriata  (a  volte 
solo  Stefano  di  Capriata),  eletto 
capitano  del  popolo,  314;  scelto 
dal  popolo  per  chiedere  al  gover- 
natore di  cacciare  Gian  Luigi  Fie- 
schi da  Genova,   34,   32 1  ;   eletto 


anziano,  38,  32  5  ;  deputato  dal 
partito  Adorno  a  regolare  gli  of- 
tici,  352;  inviato  commissario  con 
pieni  poteri  nella  Riviera  di  Le- 
vante, 171;  rie.  174;  scelto  dagli 
artigiani  per  pacificare  gli  animi 
dei  cittadini,  372  ;  incaricato  di 
trattare  le  questioni  colle  Riviere, 
'i'/j -^  rie.  256  n.  i;  bandito  da 
Genova  reo  di  lesa  maestà,  409, 
53o  ;  annoverato  nella  lista  dei 
cittadini  che  parteciparono  alla 
fazione  popolare,  55 1. 

Morcento,  v.  Genova  (Morcento). 

Morigallo  {Morigalo\  rie.  229  n.  1  ; 
incendiato  e  saccheggiato  dalle 
truppe  francesi,  255,  394. 

Morina  (lo),  figlio  di  Giuliano  di 
Magnerri,  abbandona  Genova,  336, 

MoRONi ,  Dizionario  di  erudizione , 
rie.  416  n.   1. 

Morta  (della)  Giovanni,  eletto  doge 
(an.  i345),  558. 

Motta,  il  signore  della  M.  entra  con 
milizie  ausiliarie  in  Monaco,  149, 
n.  2,  353,  499. 

Mulazzo  (Alulajio)  (marchese  di),  v. 
Malaspina  Gerolamo, 

Muratori  L.  A.,  Rerum  Italicarum 
Scriptores^  rie.  XI  n,   i,  4  n.   i. 

Murta  (della)  Cosma,  commissario  a 
Sestri  Levante,  176. 

Mutino  di  Moneglia,  é  patrono  di  due 
galee  di  Giulio  II,  412. 


N 


Napoli,  rie.  33o;  Ferdinando  il  Catto- 
lico nel  suo  viaggio  verso  N.  tocca 
anche  Genova,  55^  333;  giunge  da 


Indice  Alfabetico 


665 


N.  a  Genova  il  gran  capitano 
Ferdinando  Gonzales  per  rendere 
omaggio  al  suo  re,  5-,  334;  amba- 
sciatori di  Genova  e  di  Francia 
in  N.,  59  n.  i;  rie.  335;  una  fasta 
armata  a  N.  ne  cattura  una  ge- 
novese, 386;  giungono  a  Genova 
due  faste  da  N.,  407;  il  re  di  Spa- 
gna parte  da  N.  per  muovere 
verso    Savona,  414;  rie.  418. 

Napoli  (re  di),  v.  Ferdinando  il  Cat- 
tolico. 

Narbona  (di),  v.  L.iigi  di  N. 

Nardi  Iacopo,  Storia  della  città  di 
Firenze,  per  cura  di  Lelio  Arbib, 
Torino,  i852,   rie.  60  n.  2  ;  y5  n. 

Navone  Giovanni  (Navono  G.),  eletto 
«  difensore  della  libertà  »  (anno 
1436),  562. 

Navone  Pantaleo,  eletto  capitano  per 
raccogliere  fanti  a  guardia  di  Ge- 
nova, 39,  32  5  ;  scelto  dagli  arti- 
giani per  pacificare  gli  animi  dei 
cittadini,  372;  rie.  2  3o  n.  i;  eletto 
consigliere  del  doge,  392;  annove- 
rato nella  lista  dei  cittadini  che 
parteciparono  alla  fazione  popo- 
lare, 55 1. 

Navone  Simone,  eletto  per  la  riforma 
degli  offici,  6G-^  deputato  alla  presa 
del  Castelletto,  2  3o,  n.  i,  384. 

Nazario  (di),  v.  Oberto  di  N. 

Negrino  di  Montoggio,  bandito  da 
Genova  perchè  fautore  dei  nobili, 
5 1  n.  3  ;  viene  arrestato  a  Sori 
dalle  milizie  genovesi  inviate  con- 
tro i  Fieschi  e  impiccato  a  Recco, 
393. 

Negrino  Vincenzo,  incaricato  di  prov- 
vedere che  i  nobili    dimoranti  in 


Genova  o  nelle  vicinanze  non  se 
ne  allontanino,  22  5,   n.  3. 

Negro  Bartolomeo  q.  Francesco,  viene 
eletto  officiale  di  S.  Giorgio,  40  J, 
534. 

Negro  Bartolomeo ,  eletto  officiale 
della  moneta,  53 1   n.   i,  534. 

Negro  (famiglia),  chiamata  a  parte- 
cipare al  governo  della  città  du- 
rante la  fezione  popolare,  553. 

Negro  Giovanni,  abbandona  (ìenova. 

Me. 

Negro  Lerexei  Gerolamo,  eletto 
anziano,  345. 

Negro  (^uilico,  arrestato  dai  bisagnini 
è  tradotto  in  Genova,  indi  rila- 
sciato in  libertà,  187,368. 

Negrona  (nave),  se  ne  requisiscono 
le  artiglierie  e  le  munizion',   191, 

Negrone  Domenico,  il  figlio  di  esso 
commette  prepotenze  contro  i  po- 
polari, 6. 

Negrone  (famiglia),  rie.  273;  chiamata 
a  partecipare  al  governo  della  città 
d'-irante  la  fazione  popolare,   55Ì. 

Negrone  Melchiorre  {Melchior  de  Ni- 
grono\  viene  eletto  officiale  della 
Balia,  402,  53o,  534;  inviato  a 
Portovenere  incontro  al  re  di  Spa- 
gna, 414. 

Negrone  Stefano,  ha  Pordine  di  con- 
segnare ai  commissari  del  comune 
le  artiglierie  e  le  munizioni  della 
sua  nave,   193  n.   i. 

Neri  Achili.r,  rie.  XII. 

Nervi  (  di  ) ,  un  sottocomito  di  N. 
dà  avviso  di  alcuni  preparativi 
guerreschi  dei  nobili,  33o. 

Nervi  (piano  di),  rie.  229  n.   i. 

Nevers  (conte  di),  v.  Carlo  di  Cleves. 


666 


Indice    Alfabetico 


Nicolaus,  V.  Brignole  Nicola. 

Nigrino,  v.  Negrino. 

Nigrono,  v.  Negrone. 

Nizza  (Nicia.\  partono  da  essa  rin- 
forzi per  Monaco,  149,  499;  vi  si 
reca  Giacomo  d''Allègre,  i65  n.  i; 
rie.  166  n.  ;  parte  da  essa  il  sale 
per  il  ducato  di  Savoia,  167,  5 17; 
vi  si  reca  Andrea  d"' Oria,  170 
n,  i;  giungono  da  essa  a  Genova 
due  navi  cariche  di  sale,  374;  si 
cerca  di  ottenere  dal  duca  di  Sa- 
voia la  proibizione  di  mandare 
aiuti  da  Nizza  a  Monaco,  igS;  rie. 
5i2; 

—  (Contea),  il  suo  dominio  si  estende- 
va al  poggio  della  Turbia,  1 32;  rie. 
147;  il  duca  di  Savoia  ordina  di 
reclutare  un  esercito  in  detta  con- 
tea,  i65  n.  2,   166   n. 

—  (Gabella  del  sale),  rie.   104. 

—  (Governatore),  il  Grimaldi  lo  prega 
di  accogliere  nel  porto  di  Villa- 
franca  le  galere  di  Monaco,  io3;  i 
genovesi  gli  inviano  un  legato  per 
avvisarlo  della  presa  di  Mentone 
e  Roecabruna;  sua  indignazione  e 
minacele,  127,  478,  479;  1 3 5, 486 
dichiara  guerra  a  Genova,  141 ,  496 
rie.  i5i;  il  duca  di  Savoia  gli 
ordina  di  preparare  le  milizie,  1 5  5 
si  abbocca  eoi  commissari  geno 
vesi  per  un  accordo  col  duca  di 
Savoia,  i56  n.  2,  354;  ordina  a 
tutti  gli  uomini  della  contea  di 
recarsi  a  difendere  la  Turbia,  ma 
i  nizzardi  si  rifiutano,  i65,  5i5; 
rie.  i65  n.  2  ;  166  n.  ;  167  ; 
chiede  di  parlare  coi  commissari, 
370. 


Nizzardi  (Nicienses) ,  dichiarano  di 
volere  rimanere  neutrali  nella  lotta 
fra  Genova  e  Monaco,  i36,  486; 
rifiutano  di  recarsi  a  difendere  la 
Turbia  per  non  combattere  contro 
i  genovesi,  i65,  166  n.,  5i5:  rie. 
5i3. 

Nobili  di  Genova,  v.  Genovesi  (Nobili). 

Nociano  (Noxìano)^  paese  in  Val  di 
Polcevera  incendiato  dalle  truppe 
francesi,  254,  394. 

Noli  (Nori),  vi  riparano  per  il  mal 
tempo  alcune  navi  dirette  a  Mo- 
naco,  174,  358. 

Nouaille  Regnault ,  capitano  della 
guarnigione  del  Castellaecio  massa- 
crata dai  genovesi,  223  n.  2. 

Novara  (da),  v.  Albano  da  N. 

Novara  (vescovo  di),  v.  Zorzi    Petro. 

Novi,  gli  ambasciatori  dei  popolari 
di  Genova  diretti  a  Milano  devono 
abbandonare  N.  per  le  insolenze 
dei  francesi,  216,  3j6,   522. 

Novi  (da)  Antonio,  figlio  di  Paolo  da 
Novi,  rie.  239. 

Novi  (da)  Cattanei,  v.  Cattanei  di 
Novi. 

Novi  (da)  Domenico,  figlio  di  Paolo 
da  Novi,  rie.  239. 

Novi  (da)  Francesca,  figlia  di  Paolo 
da  Novi,  sposa  a  Battista  Carma- 
gnola, rie.  239. 

Novi  (da)  Giacomo,  tintore  dMndaco, 
padre  di  Paolo,  rie.  239. 

Novi  (da)  Giorgetta,  seconda  moglie 
di  Giacomo  e  madre  di  Paolo  , 
rie.  239. 

Novi  (da)  Giovanni,  figlio  di  Giacomo 
e  Giorgetta  da  Novi  e  fratello  di 
Paolo,  rie.  239. 


Indice    Alfabetico 


6Ó7 


Novi  (da)    Paolo,    {Paulo    Vincenzo), 
eletto     capitano     per     raccogliere 
fanti    a    guardia    di    Cienova,    39^ 
3-25  ;  tribuno  della   plebe,    77    n.; 
rie.   120  n.    1;    1(1)':    \j.]    n.;     178: 
il  suo  nome  è  il  primo  fra  i  tribuni, 
178  n.  3;    propone    nel   consiglio 
del   comune    di    raccogliere    forti 
somme  per  allestire   una   flotta    e 
di  ringraziare  il    pontefice    per   il 
suo    interessamento    alle    sorti    di 
Genova,  182,  n.  2,  364;  esorta    a 
nome  dei  tribuni  il  cap.  Tarlatino 
di     porre    termine    alPassedio    di 
Monaco,   18)  n.,    n.     i;   è    inviato 
commissario  al  campo  di  Monaco, 
200,  n.   i;    rie.    201    n.   i;    valore 
dimostrato  alPassalto  di  M.,    238  5 
ritiratosi  colPesercito  a  Ventimiglia, 
riceve  istruzioni    da    Genova  per 
il    ritorno,    206;    rie.    207;    eletto 
doge,  237,  2  38,  388;  cenni  sul  suo 
passato,    23S  ;    osservazioni    degli 
storici  sulla  sua  elezione,  2  38,  239  ; 
notizie  biograliche,  239,  n.  2,n.  3; 
carattere  di  lui,  240;  la    sua   ele- 
^  zione    è   confermata     a     Palazzo , 
240;  presta  giuramento;  prime  gride 
uscite  per  suo  ordine,  241;  scrive 
ai  rivieraschi  promettendo  loro  di 
risarcirli  dei  danni   che    potranno 
subire  dai  nemici  e   invitandoli   a 
ritirarsi  in  Genova  con  le  famiglie 
e  coi  beni,  242,  n.  i  ;  ingiunge   ai 
nobili  che  sono  in  città  senza  «  ma- 
snade »  di   lasciar   libere    le   loro 
case  e  restringersi  in  due  case  per 
piazza  a  "fine  di  dare  alloggio  alle 
famiglie  accorrenti  in  Genova,  243, 
389  ;  rilascia  in  libertà  tutti  i  pri- 


gionieri politici,  243,    n.    4,  38q; 
chiede  per  sé  una  guardia  di  5oo 
flìnti,  24),  244,  389;   fa    imprigio- 
nare Pantalino  da  Meran  non  pre- 
stando   fede    alle   notizie  da  esso 
recate  delParrivo  del  re  di  Francia  in 
Piemonte,  248,   n.  i,  391;  dichiara 
che  fora  ammazzare  chiunque  osi 
far  proposte   di    conciliazione  con 
il  re  di  Francia,  249,  391:  ordina 
che  si  facciano  tre  solenni  proces- 
sioni   per    impetrare    da    Dio    la 
vittoria  delle  armi  genovesi,  249  ; 
gli  viene    posto    accanto    un  con- 
siglio di  dodici  cittadini,  252,  392; 
ordina  che    il    bottino    preso    nel 
fatto    d''  armi  di  Ruta    sia    conse- 
gnato al  comune   di  (ìenova,  2  53 
n.    2;    invia    lettere    agli    officiali 
della  Riviera  di  Ponente  riferendo 
la   sconfitta    dei    Fieschi    a    Ruta, 
r  insuccesso  della    flotta   francese 
alla    Spezia    ed    i    primi     scontri 
con  r  esercito  francese,  2  55   n.   i; 
rie.  2  56  n.  i  ;    decide    di    inviare 
ambasciatori    al    campo     francese 
526;  dopo  la  sua   fuga    viene    ab- 
battuta la  casa  di  lui  in  Portoria, 
278, 407;  bandito  da  Genova  con  due 
tìgli  come  reo  di  lesa  maestà,  408, 
529;  suo  arresto,  versioni  sul  modo 
del  suo  arresto,    è    accertato    che 
venne  tradito  da  un  (borsetto  di  Pisa, 
287,  288,  41 3;  cause    per   cui   gli 
venne  decretata  la  pena  di  morte, 
289,  n.   1,  41 5;    esecuzione    della 
condanna,  290,  n,  i,  416;  rie.  297; 
3o5,  3o6;  annoverato  sotto  il  nome 
di  Paolo  Vincenzo  tra    i   cittadini 
partecipanti  alla  fazione  pop.,  55 1, 


668 


Indice  Alfabetico 


Novi  Nicolò  di  Guglielmo,  bandito  da 
Geno, 'a  reo  di  lesa  maestà,  409, 
529. 

Noxiano,  v.  Nociano, 

Noyers  Nicola,  Laonnese,  unico  su- 
perstite della  guarnigione  del  (>a- 
stellaccio,  22  3  n.  2. 

Nycia,  V.  Nizza. 

Nuova  (porta),  v.  Genova  (Porte). 


o 


Oberto  di  Lazzaro  (Oberto  de  La- 
baro, La:;arw\  scelto  dai  mercanti 
per  pacificare  gli  animi  dei  citta- 
dini, 3/3;  deputato  a  ricevere  ar- 
genti per  farne  battere  moneta, 
3/3;  eletto  seniore  del  popolo,  3/5; 
annoverato  nella  lista  dei  cittadini 
che  parteciparono  alla  fazione  po- 
polare, 552. 

Oberto  di  Nazario,  anziano,  14  n,  2. 

Oderico  Nicolò,  eletto  ambasciatore 
al  re  di  Francia,  19,  319;  ritarda 
la  sua  partenza;  cause  del  ritardo, 
19,  n.  3,  n.  4;  istruzioni  imparti- 
tegli, 20,  n.  2,  4h,  440;  rie.  26 
n.  i;  riceve  notizie  dagli  anziani 
delPingresso  del  go/ernarore  e  di 
Gian  Luigi  Fieschi  in  Genova,  3o, 
n.  2,  32  n.;  è  incaricato  di  pre- 
stare a  nome  di  Genova  giuramento 
di  fedeltà  a  Claudia  figlia  di  Luigi 
XII  unita  in  nozze  a  Francesco 
d''Angoulème,  34  n.,  4^2  ;  lettere 
inviategli  (9  settembre  1  5o6)  con 
notizie  sugli  ultimi  avvenimenti 
di  Genova,  46  n.  i,  47  n.,  443; 
suo  arrivo  alla  corte  di  Francia, 
47  n.  ;  5o  n.   i,    n.    2;  è    accolto 


gentilmente  dal  re,  Gj^  n.  i  ;  di- 
fende i  popolari  dalle  accuse  dei 
nobili,  Gj  n.  2  ;  sollecita  V  invio 
della  regia  conferma  per  le  riforme 
dei  popolari,  Gj  n.  3;  è  incaricato 
di  ottenere  dal  re  la  unione  delle 
Riviere  sotto  i!  governo  di  fìe- 
nova,  6S  ;  scrive  non  parergli  fa- 
cile convincerne  il  re,  68  n.  i  ; 
riceve  nuove  raccomandazioni  da- 
gli anziani,  68  n.  i;  invia  notizie 
sullo  sdegno  del  re  di  Plancia  per 
la  conquista  della  Spezia  e  di 
Chiavari,  69  ;  riceve  avviso  dello 
invio  di  due  nuovi  ambasciatori 
alla  corte  di  Francia,  69  n.  1;  e 
rimproveri  per  essersi  allontanato 
qualche  giorno  dalla  corte ,  69 
n.  2  ;  si  difende  da  tali  accuse, 
70  n.  ;  riferisce  le  minacele  del  re 
e  raccomanda  di  accontentarlo,  70; 
annunzia  V  invio  di  Michele  Riccio 
a  Genova,  70  n.  i,  rie.  71  n.  2; 
riceve  lettere  circa  la  consegna 
delle  Riviere,  72  ;  gli  anziani  e  la 
Balia  lo  informano  degli  avveni- 
menti di  Genova  e  delT  invio  ,^i 
nuovi  ambasciatori.  So  n.  2;  istru- 
zioni riguardo  ad  esso  date  ai  due 
nuovi  ambasciatori,  458,  464;  Ode- 
rico risponde  di  aver  consegnate 
lettere  al  re;  8i  n.  ;  gli  anziani 
gli  scrivono  difendendo  V  editto 
contro  i  nobili,  81  n.  i,  465  ;  gli 
raccomandano  di  impetrare  il  con- 
senso per  r unione  delle  Riviere  a 
Genova,  87  n.  1  ;  gli  espongono 
le  ragioni  delPimpresa  contro  Mo- 
naco, 91  n.  5,  466,  98;  egli  scrive 
agli  anziani  confermando   lo    sde- 


Indice  Alfabetico 


669 


gno  del  re  e  del  legato  pontificio  per 
la  mancata  restituzione    della   Ri- 
viera di  Levante,  109,   no,  n.  2, 
III,  346;  e  i  tentativi  fatti  presso 
Filippo  di  Gleves,    iii,  iii,   11 3, 
n.   i;  annunzia  agli    anziani    Par- 
rivo  degli  ambasciatori  nobili  alla 
corte  di   Francia,    T  udienza    loro 
concessa,    la   condotta    da    lui  te- 
nuta,  120,  121,  122,  35 1;  Parrivo 
dei  nuovi    ambasciatori    popolari, 
122,    33 1;  gli   anziani    gli    dichia- 
rano di    non  poter   consegnare   i 
castelli  richiesti    dal    re,    122  ;  lo 
lodano  della  risposta    alle    accuse 
dei    nobili     e    gli     danno    nuove 
istruzioni,    i23  ;    di   ritorno  dalla 
corte  di  Francia  deve  attendere  a 
Saluzzo  il  salvo  condotto  dal  duca 
di  Savoia,  195  n.  2;  rie.  469,  470; 
annoverato  nella  lista  dei  cittadini 
che  parteciparono  alla  fazione  po- 
polare, 55 1. 
Odone  Luigi    (Lodovico)^    eletto    an- 
ziano, 39,  32  5  ;   annoverato  nella 
lista  dei    cittadini   che    partecipa- 
rono alla  fazione   popolare  ,    5  5 1  ; 

(nel  testo  si  errò  afferman.lo  eh'  egli  surrogò 
(Jerola-.no  di  Mone-jiia,  v.  Aigiiinte  e  corre- 
zioni). 

Offici  di  Genova,  v.  Genova  (Offici). 

Olcese  (Orcexi\  paese  in  vai  di  Pol- 
cevera  ove  sono  catturati  alcuni 
francesi,  395. 

Oldrado  di  Lampugnano,  governa- 
tore di  Genova  (an.  i43i),  562. 

Oliva  Antonio,  eletto  sindacatore,  345; 
annoverato  nella  lista  dei  cittadini 
che  parteciparono  alla  fazione  po- 
polare, 552. 


Oliva  Vincenzo,  eletto  anziano  in  sur- 
rogazione di  Gerolamo  di  Mone- 
glia,  39,  32  5;  eletto  per  la  revi- 
sione delle  «  caratate  »,  49  n  ; 
annoverato  nella  lista  dei  cittadini 
che  parteciparono  alla  fazione 
popolare,  5  5 1 , 

Olivar  Rinaldo,  (Rinaldiis  de  Aleri- 
tengalus)^  luogotenente  in  Genova 
del  re  di  Francia  (an.   1400),  559. 

Oliviero  Stefano  di  Vienna,  signore 
nel  parlamento  di  Grenoble,  ac- 
compagna Filippo  di  Gle^es  di 
Ravenstein  a  Genova,  22. 

Oneglia  (Honeglia),  dominio  dei 
d""  Oria,  88;  minacciata  dalle  mene 
di  Renato  di  Savoia  e  del  conte 
di  Tenda,  io3  n.  i,  471;  vi  si 
rifugia  Giovanni  Maria  di  Turio 
bandito  dal  governo  francese,  nella 
speranza  di  essere  protetto  dai 
d''  Oria,  ma  viene  denunziato  ar- 
restato e  tradotto  a  Genova,  286, 
414;  rie.  483. 

Oneto  Gerolamo  {Gieronimo  de  Ho- 
neto),  scelto  dagli  artigiani  per 
pacificare  gli  animi  dei  cittadini, 
372  ;  annoverato  nella  lista  dei 
cittadini  che  parteciparono  alla 
fazione  popolare,  552. 

Oneto  Raffaele,  eletto  per  la  riforma 
degli  offici,  66. 

Opizzino  di  Alzate,  v.  Alzate  {A'^a) 
Opizzino. 

Opizzino  di  Vernazza,  è  inviato  com- 
missario a  Castiglione,  226. 

Oria  (d'')  Agostino,  viene  ferito  dai 
popolari  in  tumulto,  io,  3i5. 

Oria  (d')  Andrea,  è  inviato  dai  nobili 
al  re  di  Francia  per  difendere    la 


Ó70 


Indice  Alfabetico 


loro  causa,  20;  rie.  2 1  n.;  sposa  una 
donna  di  casa  Cibo  vedova  di 
Alfonso  del  Garretto,  S-j  n.  i  ; 
consiglia  ai  nobili  di  bavona  i 
mezzi  per  soccorrere  Monaco,  1 70, 
n.   I. 

Oria  (  d'  )  Andieolo,  eletto  «  difen- 
sore della  libertà  »  (anno  14^6)1 
562. 

Oria  (d^)  Bartolomeo  ,  signore  di 
Dolceacqua,  uccisore  di  Luciano 
Grimaldi  (an.   i523),   116  n. 

Oria  (d'')  Batino,  corre  voce  che  con 
altri  nobili  stenda  liste  di  pro- 
scrizione pei  popolari,  27^,  404. 

Oria  (d^)  famiglia,  appartiene  al  par- 
tito dei  nobili,  1 6  n.  i  ;  due  d''Oria 
portano  denaro  per  le  truppe  alla 
Turbia,  i55;  353;  rie.  273,  414; 
partecipa  al  governo  della  città 
durante  la  fazione   popolare,  553. 

Oria  (d'')  Gerolamo,  anziano,  14  n.  2, 
3  1 7;  ambasciatore  dei  nobili  ge- 
novesi a  Carlo  di  Ghaumont,  344. 

Oria  (d"')  Gerolamo,  figlio  di  donna 
Pereta  d"'Oria,  rie.  88  n.  2. 

Oria  (d'')  Gian  Domenico,  signore  di 
Oneglia,  ucciso  nel  i5o5,88,  n.  2; 
rie.  286,  414. 
Oria  (d'')  Gian  Giacomo,  ambasciatore 
dei  nobili  genovesi  al  re  di  Fran- 
cia, I20  n.  I,  463;  v.  Genova 
(Ambasciatori  nobili);  eletto  offi- 
ciale della  moneta,  5  3i,  534. 
Oria  (d'')  Giovanni,  «  miles  auratus», 
eletto  capitano  dei  nobili,  3 1  5  ;  è 
inóarieato  da  essi  di  trovare  il  mo- 
do di  rientrare  in  Genova,  2  i  n.  ; 
vengono  in*fr:ettate  lettere  indi- 
rizzate a  lui,  171,  355;  invia  lettere 


ai  cittadini  di  Albenga,  232  n.  2, 
386;  nel  consiglio  tenuto  a  Genova 
dopo  r  ingresso  del  re  di  Francia 
propone  di  annullare  tutti  gli  of- 
fici del  governo  popolare  e  dare 
pieni  poteri  al  nuovo  off.  di  Balia 
per  trovar  denari;  le  sue  proposte 
vengono  accettate,  402;  viene  eletto 
governatore  d^Albenga;  i  genovesi 
ne  chiedono  invano  la  rimozione, 
284,  285:  viene  eletto  officiale  della 
Balia.  402,  53o,  534. 
Oria    (d')    Lamha ,    eletto    »  capitano 

della  libertà  »  (an.   1442),  563. 
Oria  (d'')  Lazzaro,    i   figli    del    fu    L. 
prestano  denari  ai  dodici  deputati 
per  i  festeggiamenti  al  re   d^  Ara- 
gona, 55  n.    3  ;    nella   sua  casa  a 
Campi  (in  vai  di  Polcevera),  passata 
in  eredità  a  Stefano  d''Oria,  dimo- 
rano molti  notabili  personaggi  fran- 
cesi prima  di  entrare  in  Genova  ; 
V.  Oria  (d')  Stefano. 
Oria  (d')  Luigi  (Lodisio)^  arrestato  per 
sospetti  e  tradotto  nel  castello  di 
Lerici,   i63,  5 16. 
Oria  (d^)  nave,  v.  Oria  (d^)  Nicolò. 
Oria  (d'')  Negro,  la  nave  di    esso  ac- 
compagna la  flotta  spagnola,  333. 
Oria  (d'')  Nicolò,    sconfigge   Rinuccio 
della  Rocca  che  aveva  tentato   di 
sollevare  la  Corsica  contro  il  do- 
minio genovese,  2  5  n.;  viene  armata 
una  sua  nave  in  soccorso  del  campo 
di  Monaco,   i83,  n.   i,  365. 
Oria  (d"*)  Oberto,    eletto    capitano    di 

Genova  ^an.   1270),  557. 
Oria  (d^)  (partigiani  dei),   rie.   1 1 6  n. 
Oria  (d'')  Pereta,  signora   di  Oneglia, 
88  n.   2  ;    è    minacciata    nel    suo 


Indice    Alfabetico 


671 


dominio  dalle  mene  del  gran  ba- 
stardo di  Savoia  e  del  conte  di 
Tenda,  io?  n.  i,  471,  472;  de- 
nunzia al  governo  francese  Gio- 
vanni Maria  di  Turio  rifugiatosi  in 
Oneglia,  286,  414. 
Oria  (d')  (piazza),  v.  Genova  (Piazze). 
Oria  (d')  Raffaele,  eletto  capitano    di 

Genova,  558. 
Oria     (d'')    Stefano,    figlio    di   donna 

Pereta  d'Oria,  88  n.  2. 
Oria  (d"")  Stefano  del  q.  Lazzaro,  nella 
sua  casa  a  Campi  appartenuta  già 
a  Lazzaro   d'O.  pernotta    Filippo 
di    Ravenstein  in  viaggio  per  Ge- 
nova, 29,  3o  n.  2,  320;  nella  stessa 
casa  prendono    alloggio   più  tardi 
Carlo  e  Giorgio    d'Amboise,  267, 
398. 
Oria  (d')  Visconte,  rie.  8  n.  2;  9  n. ; 
viene    ucciso    dai    popolari   in  un 
tumulto,   IO,  il  5,  427.  433. 
Orlando  da  Leca,  figlio  di  Gian  Paolo; 

cenni  biografici,  2  5  n. 
Orsini  Gian  Giordano  {Ursino),  è    al 
seguito  di  L  ligi  XII  nelP  impresa 
contro  Genova,  2  58  ;  è  ambascia- 
tore  del    pontefice   al   re  e  visita 
col  governatore   di  Genova   la  fa- 
mosa «  scodella  »  o    sacro   catino 
in  S.  Lorenzo,  282,  416,  n.  1,417. 
Ortesieto  (di),  v.  Bertone  di  O. 
Ostia  {Hostia\  Giulio   II   vi   attende 
invano  Tarrivo  del  re  di   Spagna, 
419. 


Pacificatori,  v.  Genova   (Pacificatori). 
Padri  del  comune,  v.  Genova  (Offici). 


Palazzo  del  comime,  v.  Genova  (Pa- 
lazzo). 

Palazzo(piazza  del),  v.  Genova  (Piazze). 

Palazzo  (torre  del),  v.  Genova  (Torri). 

Paleologo  Teodoro  marchese  di  Mon- 
ferrato, entra  in  Genova,  5 60. 

Palice  (signore  di  La),  v.  Jacques  de 
Chabannes,  signore  di  L.  P. 

Pallavicino  Agostino  (Pelavicino  A), 
q.  Pietro,  eletto  pacificatore,  i5, 
317. 

Pallavicino  Antoniotto(Prave.rmOi4.), 
cardinale,  inviato  da  Giulio  II  a 
Luigi  XII  passa  per  Genova,  412, 
n.  I  •  parte  da  essa  per  recarsi  a 
Milano,  41 3. 

Pallavicino  Anton  Maria  (Palavicino 
A.  M.\  è  inviato  da  Luigi  XII  a 
Palazzo  in  Genova,  398  ]  occupa 
il  territorio  della  Spezia  che  gli 
viene  però  conteso  dal  figlio  di 
Gian  Luigi  Fiaschi,  281,401,411; 
accampa  pretese  sui  castelli  pos- 
seduti da  Gian  Luigi  Fieschi,  468. 

Pallavicino  (fiimiglia),  partecipa  al 
governo  della  città  durante  la  fa- 
zione popolare,  553. 
Pallavicino  Galeazzo  (Pillavicini  G.^, 
toglie  la  Spezia  ad  Anton  Maria 
Fieschi;  la  questione  sortane  viene 
risolta  da  due  commissari  francesi, 
281,  411,  412,-  accampa  pretese 
sui  castelli  posseduti  da  Gian  Ljigi 
Fieschi,  468. 
Pallavicino  Gian  Battista,  cattura  una 
nave  veneta  presso  Cipro,  ma  la 
preda  gli  vien  tolta  dal  governo 
di  Genova,  439. 
Pallavicino  Gian  Francesco,  una  nave 
veneziana  presa  da  esso  in  Levante 


67: 


Indice    Alfabetico 


viene  catturata  e  bruciata  dal  cor- 
saro turco  Jamali,  J20. 
Pallavicino    Giulio    q.    Agostino,  tra- 
scrive   il    Diario    genovese   degli 
anni  i5o6-oj^  298,  299. 
Pallud  Claudio,  conte  di  Petite  Pierre, 
barone  di  Varambon,  governatore 
di  Nizza;  v.  Nizza  (Governatore), 
i^almaro    Gerolamo    {Palmario    G.) , 
prende  la    parola  in  un  consiglio 
tenuto    per  diminuire    alcune    ga- 
belle, 48  n.   »  ;  eletto  ambasciatore 
al  re  d''Aragona,  60,  n.  2;  scelto  per 
la  riforma  degli  offici,  65^  66  n.  i  ; 
eletto   ambasciatore   al    papa,  82, 
366;  in  sua  vece  parte  Domenico 
Adorno,  374;  è  annoverato    nella 
lista  dei  cittadini  che  parteciparono 
alla  fazione  popolare,  552. 
Pandiani  Emilio,  Gli  statuti  di  Porto- 
venere,  Genova,  Sordo-Muti,  1 90 1 , 
242  n.  3. 
Pandolfi  Bernardino  di  Bona,  bandito 
da   Genova    reo    di    lesa    maestà, 
529. 
PandolHni    Francesco ,    ambasciatore 
fiorentino  presso  la  corte  di  Fran- 
cia, riferisce  al  governo  dei  Dieci 
un  discorso  di  Luigi  XII  sui  geno- 
vesi, 78  n.  1  ;  I  IO  n.  I  ;  sulla  politica 
del    papa,    124    n.    2;    dà    notizie 
sulParrivo    di    Gian   Luigi  Fieschi 
a  Blois,  i55  n.  2  ;  sui    preparativi 
del  re   contro  Genova,  181,  n.   i  ; 
237  n.   i;  sui  giudizi  di  Luigi  XII, 
intorno  alla    politica  di  Giulio  II, 
25 1   n.    i;  suir  arrivo    del    re   in 
Asti,  252  n.  2;  rie.  258  n.  i,  n.  2; 
sul  giorno  do' la  battaglia  dei  fran- 
cesi  coi   genovesi,  259    n.   i  ;  sul 


giorno  delParrivo  del  re  al  campo 
francese  e  del  secondo  scontro  coi 
genovesi,  265  n.  i  ;  sua  opinione 
sulla  presa  di  Genova,  267  ;  dà 
notizia  della  seconda  ambasceria 
genovese  al  re  di  Francia,  267 
n.  2,  n.  3;  rie.  269  n.  3;  271  n.  i. 
Panexio  Antonio,  cintraco  del  comune, 

211   n.  2;  2  1  8  n.   I . 
Pantaleone  d''Arquata,  commissario  a 
Pieve    di  Teco,    gli    sono   inviate 
lettere    dagli  anziani,  233    n.;  let- 
tere  dal    doge   con    notizie    degli 
ultimi   scontri    coi    Fieschi  e   coi 
francesi,  2  55  n.   i. 
Pantaleone    di    Bruges,    incaricato  di 
fortificare  la  località  di  S.  Benigno, 
256;    bandito    da    Genova  reo  di 
lesa  maestà,  409,  529. 
Pantalino    di    Br.  ges ,     bravo    degli 
Adorno,  tenta  di  uccidere  Teramo 
Centurione,  220,  Syj. 
Pantalino  di  Meran,  reca    in  Genova 
la    notizia    dell'"  arrivo    del    re    di 
Francia  a  Torino  e  per  tale  notizia 
è  fatto    imprigionare,  248,  391, 
Panzani  (famiglia),  chiamata  a  parte- 
cipare al  governo    della  città    du- 
rante la  fazione  popolare,  553. 
Paolo  d"'Albaro,  eletto  «  capitano  della 

libertà  »  (an.   1442),  563. 
Paolo  da  Novi,  v.  Novi  (da)  Paolo. 
Paolo  de  Beusserailhe,  signore  di  Espy, 
maestro    artigliere     francese    pre- 
posto alla    costruzione   del  nuovo 
castello  a  Capo  di  Faro,  285,  n.  i. 
Paolo  detto    lo  Mazon  o    lo    Manzo, 
uccide  un  uomo  di  Rapallo,   393; 
è  bandito  da  Genova    reo  di  lesa 
maestà,  409,  529. 


I 


Indice  Alfabetico 


673 


Paravagna  Antonio,  macellaio,  eletto 
console  di  Genova  (an.   i3oo),  557. 

Paravagna  Stefano ,  eletto  anziano, 
14  n.  2. 

Parentuccelli  (famiglia  di  Sarzana), 
un  P.  condannato  a  morte  dal 
governo  francese  in  Genova  riscatta 
la  vita  con  danaro,  278  n.  2. 

Parigi  (vescovo  di),  v.  Stefano  di 
Poncher. 

Parisiensis  episcopus  (vescovo  di  Pa- 
rigi), V.  Stefano  di  Poncher. 

Parisola  Francesco ,  prigioniero  in 
Castelletto,  564.. 

Parrisola  Federico,  tavernaro,  eletto 
console  di  Genova  (an.  1  Joo),  557. 

Pasaggi  Raffaele,  prigioniero  in  Castel- 
letto, 564. 

Pasqua  Francesco,  sindico  di  Taggia, 
474- 

Pasqua  (giorno  di)  i5o7,  i  genovesi 
incominciano  in  quel  giorno  a  bom- 
bardare il  Castelletto,  2J4,  387. 

Pasqua  Giulio  q.  Alessandro,  procura 
una  copia  del  Diario  genovese 
degli  anni  i5oO'-oj^  a  Giulio  Palla- 
vicino,  298,   2[)(J. 

Passano  (da)  Giovanni,  di  Delfino, 
scelto  dai  mercanti  per  pacilicare 
gli  animi  dei  cittadini,  J7J;  eletto 
officiale  di  S.  Giorgio,  ^49;  é  nuo- 
vamente eletto  officiale  di  S.  Gior- 
gio, 403,  534;  annoverato  nella 
lista  dei  cittadini  che  partecipa- 
rono alla  fazione  popolare,  552. 

Passano  (da)  Marco,  inviato  commis- 
sario a  Recco,  226. 

Passano  (da)  Raffaele,  eletto  anziano, 
J8,  32  5;  annoverato  nella  lista  dei 


cittadini    che     parteciparono    alla 
fazione  popolare,  55  i. 

P^sTOR,  Storia  dei  papi  ^  rie.  344 
n.   i;  412  n.   i. 

Paulo  Vincenzo,  v.  Novi  (da)  Paolo. 

Paulus,  v.  Gabella  Paolo. 

Paverano  (Paveran)^  villa  presso  i 
Giovi  incendiata  dalPesercito  fran- 
cese, 254,  394. 

Pavia,  località  presso  vai  di  Bisagno 
ove  il  grosso  cannone  Drago  fu 
puntato  contro  il  (Castelletto,  234. 

Pegli  (di),  v.  Gian  Maria  di  Pegli. 

Pegorella  Giacomo  di  Brescia,  [Jacopo 
Pegorella  de  Brexano),  inviato  a 
Gregorio  (ìioardo  per  prendere  la 
forma  di  proiettili  e  fabbricare 
artiglierie,  222,  n.  2  ;  inviato  a 
Voltri  per  avere  da  quelle  ferriere, 
ferro,  rame  e  carbone,  229. 

Pelavicino,  v.  Pallavicino. 

Pelegro  (Peregro)  di  Bergamo,  v. 
Goano  Pelegro  di  Bergamo. 

PÉLissiKR  LEON  G.,  Docunients  pour 
r  histoire  de  P établissement  de  la 
dominaiion  fran(;aise  à  Génes , 
rie.  7  n.  2;  12  n.  1;  17  n.;  21  n., 
n.  I  ;  23  n.  I  ;  33  n.  I  ;  35  n.  3  ; 
121   n.   I  ;  276  n.  2;  277  n.  i;  3  1 1. 

Pellissone    Vincenzo    (Pelissone    V.), 
deputato  alla  presa  del  Castelletto, 
23o,  384;  annoverato    nella    listai» 
dei  cittadini  che  parteciparono  alla 
fazione  popolare,  553. 

Penello,  messo  del  governo  popolare 
agli  officiali  addetti  alFimpresa  di 
Monaco,  477. 

Penis  (Mons.  de),  inviato  da  Luigi  XII 
a  Palazzo  in  Genova,  398. 

Penna ,   milizie    mercenarie    raccolte 


6/4 


Indice    Alfabetico 


pel  soccorso  di  Monaco,  spargono 
voce,  per  ingannare  i  genovesi,  di 
muovere  contro  P.,  i33,  477. 
Pentema  (di),  v.    Gian    Maria    di   P., 
Luigi  di  P. 

Pera  (\ia  di),  v.  Genova  (Vie). 

Peregro  di  Portofino,    rie.    100  n.   i. 

Perin  Stagnaro,  v.  Pietro  Stagnaro. 

Pernice  Giacomo ,  errato  per  Der- 
nice  G. 

Peroza,  v.  Perugia. 

Perugia  (Peroja),  vi  sono  istituite 
le  casaccie  dei  disciplinanti  (an. 
1260),  557. 

Petite  Pierre  (conte  di),  v.  Pallud 
Claudio. 

Petra  Rubea  (de) ,  v.  Pietra  Rugia  (di) 
Francesco. 

Petro  (domino),  v.  Gambacorta  Pietro. 

Petrjp  Vesconte  de  Novara,  errato  per 
Zorzi  Petro  vescovo  di  Novara. 

Piacenza,  retta  da  Filippo  Roccaber- 
tino,  9;  rie.  45  n.  i;  127. 

Piacenza  (contado)  {Piaxentina),  vi 
si  trova  Carlo  d'Amboise  per  fa- 
vorire rimpresa  del  papa  Giulio  II 
contro  Bologna,  J43. 

Piacenza  (di),  v.  Anguisolis  Gerolamo. 

Piaxentina,  v.  l^iaeenza  (contado). 

Piazze  di  Genova,  v.  Genova  (Piazze). 
^Piccaluga  Battista,  bandito  da  Genova 

reo  di  lesa  maestà,  409,  529. 
Piccai uga  Giovanni  {Pìcaluga  G.), 
commissario  di  Chiavari,  ha  Por- 
dine  di  far  abbattere  il  castello, 
iU  n.  I  ;  lettere  inviategli  dagli 
anziani,  2 33  n 

Piccai  uga  Nicola  {Pìcaluga  N.),  tri- 
buno della  plebe,  jj  n.;  inviato  a 


Bologna   a    raccogliere    fanti    per 
rimpresa  di  Monaco,  372. 

Piccamegli  (famiglia),  chiamata  a  par- 
tecipare al  governo  della  città 
durante  la  fazione  popolare,  553. 

Piccapietra  (via  di),  v.  Genova  (Vie). 

Piccinotto  Lazzaro  {Pichenotto  L.\ 
deputato  ai  festeggiamenti  pel  re 
d'' Aragona,  55  n.  2;  muove  incon- 
tro al  re,  57  n.  2;  rie.  3oo;  eletto 
ambasciatore  a  Carlo  d^Amboise, 
2 1 3,  3 66; parte  per  detta  ambasceria 
ma  ritorna  poco  dopo  coi  suoi 
compagni  «  re  infeeta  »,  375,  3j6^ 
'i'/j-^  eletto  anziano,  27 j,  402,  53o, 
534;  annoverato  nella  lista  dei 
cittadini  che  parteciparono  alla 
fazione  popolare,  552. 

Pichenotto  Lazzaro,   v.  Piccinotto  L. 

Piemonte,  vi  sono  arrestati  i  genovesi 
passanti  per  esso,  118;  soldati  di 
P.,  i3o;  vi  giunge  Luigi  XII,  248, 
n.  I  ;  trattative  di  Genova  col  P., 
285  n.  2. 

Piemontesi  {Piemonteixi).  inviati  dal 
duca  di  Savoia    alla  Turbia,  495. 

PiERLAS  (Cais  de),  Documents  inédits 
sur  les  Grimaldi  et  Monaco  et 
leurs  relations  avec  les  ducs  de 
Savoie,  Turin,  Bocca  i885;  rie. 
io3  n.  2;   104  n.   I,  n.  2. 

Pietra  Cossera  (Pria  Coxera\  quelli 
di  Castiglione  vi  costruiscono  una 
bastia,  389. 

Pietra  Lata ,  dominio  di  Renato  di 
Savoia,   io3  n.   i. 

Pietra  Ligure,  i  commissari  per  la 
Riviera  di  Ponente  debbono  inco- 
minciare il  loro  compito  da  P.  L., 
145;  Genova   raccomanda   a    quei 


Indice    Alfabetico 


Ó75 


di  Pietra  di  aiutare  i  Toiranesi, 
206  n.  2. 

Pietra  Ligure  (di),  v.  Ferrarlo  Nicola 
di  P.,  Luca  di  P. 

Pietra  Rugia  (di)  Francesco  {Franci- 
sciis  de  Petra  rubea\  bandito  da 
Genova  reo  di  lesa  maestà,  409,  529. 

Pietrasanta  (di),  v.  Sperone  di  P. 

Pietro  Batta  di  Levanto,  eletto  anziano, 
38,  325;  annoverato  nella  lista  dei 
cittadini  che  parteciparono  alla 
fazione  popolare,  55 1. 

Pietro  Francesco,  speziale  (speciarió), 
Lxciso  in  una  scaramuccia  coi 
fanti  della  Turbia,  161   n.   i,  5 12. 

Pietro  Stagnaro  {Perìn  Stagnaro , 
Petrus  Stagnarius),  bandito  da 
Genova  reo  di  lesa  maestà,  409, 
529. 

Pieve  di  Teco,  sua  ubicazione,  66 
n.  2  :  dipende  dal  nobile  Luca 
Spinola  ]  i  popolari  inviano  com- 
missari e  fanti  per  toglierlo  ad 
esso,  66^  -j-i,  n.  3,  ^o»  -'4-  '■>  "c 
88  ;  89  ;  la  spedizione  a  P.  di  T. 
cela  i  preparativi  per  Pimpresa  di 
Monaco,  94;  Genova  invia  arti- 
glierie a  Pieve  ,  95  ,  342  ,  436  ; 
rie.  97:  ardita  risposta  del  comune 
di  Pieve  alle  minaccie  di  G.  Gia- 
como Trivulzio,  97  n.,  455;  456; 
patti  coi  quali  ritorna  sotto  il 
comune  di  Genova,  97  n.;  rie.  98; 
ne  viene  toltala  guarnigione,  101, 
480;  rie.  102;  io3;  121  n.  i;465; 
vi  è  posto  un  forte  presidio,  206, 
n.  I,  ')8o;  rie.  25o;  lettera  del  doge 
e  degli  anziani  agli  uomini  di  P. 
sugli  ultimi  scontri  coi  Fieschi  e 
coi  francesi,  255  n.   i;  vi  si   ritira 


da  Ventimiglia  il  cap.  Tarlatino 
404;  e  non  oppone  resistenza  alla 
rioccupazione  di  esso  da  parte  del 
tìglio  di  Luca  Spinola,  281,  410; 
rie.  471,  472. 
Pieve  di  Teco  (Castello),  detto  la  Ro- 
cha,  resiste  alle  truppe  genovesi, 
94,  342;  viene  conquistato,  96,  n.  i , 
343  ;  se  ne  invia  V  inventario  a 
Genova,   101  n.  i. 

—  (Commissari  a),  v.  Genova  (Com- 
missari). 

—  (di),  V.  Sartore  Gaspare  di  P. 

—  (Sindaci  di),  rie.  97  n. 

—  (Uomini  di),  ricevono  lettere  mina- 
torie da  Gian  Giacomo  Trivulzio 
e  rispondono  ad  esse,  96,  n.  3  ; 
97  n.  ;  prestano  giuramento  di 
fedeltà  a  Genova,  96. 

Pigliasca  Francesco,  cancelliere  del 
Cleves ,  inviato  dal  governatore 
agli  anziani  di  Genova,  36^  322, 
32  3;  mandato  a  Savona  vi  è  arre- 
stato da  Yves  d\'Mlègrej  371,  372; 
annoverato  nella  lista  dei  cittadini 
che  parteciparono  alla  fazione  po- 
polare, 552  (nel  testo  si  errò  sjriveiido 
Pogliasca). 

Pigliasca  Taddeo,    inviato    dai   popo- 
lari a  (ìian  Luigi  Fieschi,  49,  3  3o. 
Pillavicini,  v.  Pallavicino  (Jaleazzo. 
Pinelli  Benedetto,    anziano,    14  n.  2, 

Pinelli  (famiglia),  chiamata  a  parte- 
cipare al  governo  della  città  du- 
rante la  fazione  popolare,  553. 

Pinelli  Giovanni,  anziane,  317,  n.  2. 

Pino,  rie.  387  ;  i  genovesi  forniscono 
di  artiglieria  e  di  fanti  la  bastia 
di  P.  per  Tarrivo  delFesercito  fran- 


Ó7Ó 


Indice  Alfabetico 


cese,  254,  3y4;  corre  voce  che  lo 
esercito  francese  muova  verso  di 
esso,  3(j5  ;  dopo  il  primo  scontro 
tra  genovesi  e  francesi,  quelli  della 
bastia  inviano  a  chiedere  cosa 
debbano  fare;  si  risponde  loro  di 
tenere  salda  la  posizione  ,  262  , 
3()6-^  rie.  264. 

Pino  (di),  V.  Battista  di  P.,  Lazzarino 
di  P. 

Piombino,  il  corsaro  turco  Jamali 
cattura  e  brucia  nel  canale  una 
nave  veneta  presa  da  Gian  Fr  m- 
cesco  Pallavicino  in  Levante,  j'20; 
vi  passa  Ferdinando  il  Cattolico 
nel  suo  viaggio  verso  Savona,  416. 

Pipo  Francesco,  bandito  da  Genova 
reo  di  lesa  maestà,  409,  529. 

Pisa,  offre  la  signoria  a  Genova,  4  ; 
cede  a  questa  il  capitano  Tarlatino, 
74  n.  1,  j5  n.,  453;  spera  nei 
soccorsi  genovesi  contro  i  fioren- 
tini, j5  n.  ;  invia  milizie  in  aiuto 
di  Genova,  j5  n.;  dalla  quale  era 
stata  precedentemente  aiutata , 
j6  n.;  gli  ambasciatori  inviati  dai 
popolari  di  Genova  alla  corte  di 
Francia  hanno  V  incarico  di  stu- 
diarvi le  intenzioni  del  re  verso  P. 
e  le  manovre  dei  legati  fiorentini, 
466,  467;  spedisce  a  Genova  arti- 
glierie per  r  assedio  di  Monaco, 
I  16,  346,  348;  rie.  127;  i  genovesi 
chiedono  a  P.  di  vendere  le 
munizioni  di  guerra,  191,  372  ; 
preparativi  in  P.  di  un  forte  eser- 
cito, 404;  vi  abita  un  tal  Corsetto 
padrone  di  un  brigantino,  che  tra- 
disce Paolo  da  No.i  rifugiatosi  in 


P.  ed  affidatosi  a  lui,  287,  288, 
41 3;  rie.  504;  5o8. 
Pisa  (Anziani) ,  lettere  degli  anziani 
popolari  di  Genova  li  assicurano 
deir  immutata  amicizia  verso  P., 
18  n.   1. 

—  (Artiglieria)  inviata  a  Genova  per 
r  assedio  di  Monaco,  1  iG,  160,  346, 
348  ;  rie.  486  ;  489  ;  5  io  ;  è  fatta 
trasportare  in  Castelletto ,  403  ; 
v.  anche  Bufalo  e  Drago. 

—  (Brigantini),  rie.  74  n.  1;  129  n.  2; 
i55  n.  3;  356. 

—  (Gonfaloniere  di  giustizia),  lettere 
degli  anziani  di  Genova  lo  assicu- 
rano deirimmutata  amicizia  verso 
Pisa,   1 8  n.   1 . 

—  (Officio  di),  V.  Genova  (Offici). 
Pisane  (carte),  esistenti  negli   archivi 

fiorentini,  75  n. 
Pisani,  rie.  74    n.    1  ;    notizie    di  un 

carteggio  per  una    spedizione  dei 

genovesi  in  aiuto  dei  pisani,  j6  n.; 

rie.   J29  n.    I  ;    compagnia    di    P. 

assoldata  per  l'assedio  di  Monaco, 

i36,  487,  492. 
Platono  Vesconte,  notaio,  cancelliere 

di  Gian  Luigi  Fieschi,  2 1   n. 
Podestà  di  Genova,  v.    Solario  Ober- 

tino  e  Genova  (Podestà). 
Podestà  di  Stella,  v.  Stella  (Podestà). 
Podestà  di  Varazze,  v.  Varazze    (Po- 
destà). 
Podestà    Francesco  ,    La    pesca    del 

corallo  in  Africa,  214  n.  2. 

—  //  colle  di  Sanf  Andrea  in  Genova, 
23()  n.  2;  3 18  n.  3. 

Podesterie    di    Genova ,    v.     Genova 

(Podesterie). 
Pogliasca,  V.  Pigliasca. 


I 


Indice  Alfabetico 


677 


Polcevera  (di),  v.  Chiersi  (lo)  di  Fol- 
ce vera. 

Polcevera  (fiume),  gli  anziani  muo- 
vono incontro  a  Filippo  di  Raven- 
stein  fino  alP  acqi^a  di  P.,  320  ; 
ingrossatosi  improvvisamente  per 
una  pioggia  torrenziale  travolge 
alcuni  uomini  del  seguito  di  Luigi 
XII,  279. 

Polcevera  (podesteria  di),  v.  Genova 
(Podesterie). 

Polcevera  (  Poncevera  ,  Porcevera  ) 
(valle  della),  P  esercito  francese 
minaccia  di  scendervi,  254,  3()3  ; 
vi  discende,  255,  394;  i  genovesi 
lo  attendono  sulle  alture  della  valle, 
257  ;  vi  giunge  il  re  Luigi  XII  e 
prende  stanza  alla  badia  del  Bo- 
schetto, 263,  398;  le  truppe  tede- 
sche lasciate  fuori  di  Genova  da 
Luigi  XII  mettono  a  ruba  detta 
valle,  402;  rie.  490. 

Polcevera  Secca  {Porcevera  Secha), 
la  vallata  della  P.  S.  è  messa  a 
ferro  e  a  fuoco  dalle  truppe  fran- 
cesi, 2  55,  394. 

Polceveraschi,  un  contadino  P.  viene 
percosso  da  Bartolomeo  Fieschi,  8, 
3 1 5;  molti  P.  accorrono  in  Genova 
per  aiutare  i  popolari  ma  sono  con- 
gedati, 14,  3 1 7  ;  i  P.  prigionieri 
per  debiti  verso  lo  stato  vengono 
liberati  dai  popolari,  16,319,  '  7  i^-  ! 
molti  P.  accorrono  in  aiuto  dei 
popolari  genovesi  contro  i  Fieschi, 
36^  32  3  ;  e  con  essi  li  inseguono 
sino  a  Recco,  39,  32  5,  32  6;  inter- 
cettano vettovaglie  inviate  al  Ca- 
stellaccio;  i  tribuni  concedono  loro 
di  derubare  quelli  che  venissero 
dal    di    fuori,   187,    36^^    368;    i 


«  canioni  »  della  valle  si  raccol- 
gono in  Rivarolo  con  quelli  di 
Sestri,  Voltri  e  Bisagno  e  delibe- 
rano di  aiutare  i  popolari  di  Ge- 
nova, 371;  rie.  387;  devastano  i 
territori  di  Savignone  e  di  BusaHa 
per  porre  ostacolo  alP  avanzata 
deir  esercito  francese,  248,  n.  i, 
390,  391  ;  muovono  con  altri  dei 
dintorni  contro  Voltaggio  ove  è 
giunta  l'avanguardia  francese,  392; 
Genova  li  esorta  a  difendersi  e 
invia  aiuti,  254,  393;  sono  battuti 
dalle  truppe  francesi,  261;  entrano 
in  Genova  e  provocano  tumulti 
(an.   1400),  559. 

Poncevera,  v.  Polcevera. 

Ponchef  (di),  v.  Stefano  di  P. 

Ponente  (Riviera  di),  v.  Riviera  di 
Ponente. 

Pontedecimo,  rie.  229  n.  i  ;  Carlo 
d^Amboise  di  Chaumont,  luogo- 
tenente regio  delPesercito  francese, 
vi  tiene  consiglio  per  P  avanzata 
contro  Genova,  2  58;  Pavanguardia 
delP  esercito  francese  parte  da  P. 
verso  Genova,  259;  rie.  259  n.  i  ; 
265  n.   I. 

Ponzone  Benedetto,  scelto  per  pro- 
cedere contro  Gian  Luigi  Fieschi, 
62  n.  I  ;  bandito  da  Genova  reo 
di  lesa  maestà,  409,  529. 

Ponzone  Raffaele  {Potf^onus  Raphael), 
cancelliere  del  comune,  stende  il 
proclama  col  quale  si  concedono 
ai  popolari  i  due  terzi  degli  offici 
civili,  II,  421,  422;  rie.  172  n.  2; 
211  n.  2;  235  n.  i;  441  ;  bandito 
da  Genova  reo  di  lesa  maestà, 
409,  529. 


44 


678 


Indice    Alfabetico 


Popolari  di  Genova ,  v.  Genovesi 
(Popolari). 

Popolo  grasso,  v.  Genova  (Mercanti). 

Popolo  minuto,  v.  Genova   (Artefici). 

Popolo  (viva  il)  [viva  populó)^  grido 
dei  popolari,  io,  3  i  5  ;  1 6,  3 1 8  ; 
434;  34,  32  1,  45 1  ;  si  ordina  che 
venga  preceduto  dalla  parola  Fran- 
cia, 211  n.  2;  è  proibito  nei  nuovi 
privilegi  concesai  dal  re  di  Francia, 
546;  rie.  55 1. 

Porcevera,  v.  Polcevera. 

Porta  Matteo,  viene  sollecitato  ad 
inviare  le  munizioni  ordinategli, 
229. 

i^orte  di  Genova,   v,  Genova  (Porte). 

Porto  (di),  V.  Benedetto  di  Porto. 

l^orto  di  Genova,  v.  Genova  (Porto). 

Portofino  (castello),  viene  occupato 
dai  popolari  genovesi,  3/8,  379; 
vi  è  posto  a  castellano  Luca  di 
Pietra,  224. 

Portofino  (di),  v.  Gio.  Batta  di  P., 
Peregro  di  P. 

Portofino  (paese),  vi  si  ancorano  tre 
galere  e  due  fuste  cariche  di  sol- 
dati per  i  gentiluomini,  33o,  33  1; 
certi  leudi  di  P.  partecipano  alla 
spedizione  dei  popolari  genovesi 
contro  la  Spezia,  53  n.  ;  vi  si 
ferma  il  re  d'' Aragona  con  la  sua 
fiotta  nel  viaggio  verso  Napoli,  59, 
335,  336-^  vi  si  reca  una  amba- 
sceria genovese  ad  ossequiarlo,  60, 
n,  2;  rie.  95  n.  3;  100  n.  i;  vi  é 
ancorata  la  nave  di  Stefano  Ne- 
grone,  193  n.  i  ;  vi  si  trattiene 
nuovamente  il  re  d'  Aragona  nel 
suo  viaggio  verso  Savona,  418. 


Portofino  (promontorio)  (Co  eie  Mo??f(?), 
rie.   1/5;  359;  562. 

Portogallo  (sudditi  del  re  di),  taglieg- 
giati dal  signore  di  Monaco,  91 
n.  5,  465. 

Portomaurizio,  dipende  da  Genova, 
88;  i  sindiei  di  esso  con  quelli  di 
altre  città  della  I^iviera  chiedono 
l^ibolizione  deiroffieio  del  capita- 
neato,  88  n.  4,  474;  rie.  475;  vie 
capitano  (jiovanni  della  Gabella, 
•  480;  si  arrende  a  patti  alP  eser- 
cito francese,    236,  388;  rie.  488. 

Portonario  Marco,  sindaco  del  comune 
di  Genova,  delegato  a  studiare  la 
soppressione  delP  officio  dei  capi- 
tani della  Riviera-  88  n,  4,  476  ; 
incaricato  dalP  otUcio  di  Balia  di 
udire  le  lagnanze  dei  cittadini  e 
consigliare  i  rimedi  opportuni,  28(). 

Portoria,  v.  Genova  (Sestieri). 

Portovenere, sua  fondazione (an.  i  1 13), 
557;  vi  si  ritirano  i  commissari 
della  Spezia  cacciati  da  Filippino 
Fieschi,  5o,  n.  i,  33 1  ;  partono 
da  essa  per  recarsi  a  Sarzana,  5  i  ; 
vi  giunge  da  Roma  una  galea 
carica  di  munizioni,  386,  387  ;  il 
doge  scrive  agli  abitanti  di  P. 
offrendo  loro  aiuti  e  inviando  mu- 
nizioni per  loro  difesa,  242,  n.  4; 
rie.  2  55  n.  i  ;  vi  si  ritira  Anton 
Maria  Fieschi  cacciato  dalla  Spezia, 
281,  411;  vi  si  recano  quattro  cit- 
tadini genovesi  incontro  al  re  di 
Spagna,  414;  vi  arriva  Ferdinando 
il  Cattolico,  417. 

l^ravexino  Antoniotto,  v.  Pallavicino 
Antoniotto. 

l^recursore,  v.  S.  (Jiovanni  Battista. 


I 


Indice  Alfabetico 


679 


Pregent  (prette  Jan)  ,  comandante 
della  flotta  francese,  236;  rie.  388; 
fatta  una  dimostrazione  navale  nel 
porto  di  Genova,  dirige  la  flotta  al 
golfo  della  Spezia,  ove  le  sue 
truppe  tentano  uno  sbarco  ma 
devono  ritirarsi,  244,  245 ,  390, 
392;  rie.  247;  sostituisce  due  vec- 
chie galee  con  quelle  dei  popolari, 
401  ;  pare  che  ad  esso  sia  stato 
consegnato  Paolo  da  Novi  in  com- 
penso di  una  certa  somma  ,  287  , 
288  n.  2;  rie.  418. 
Prelati,    imprigionati    dal    signore    di 

Monaco,  91   n.  5. 
Presenda,  v.  Prezenda. 
Prette  Jan,  v.  Pregent. 
Prezenda    Bartolomeo ,    commissario 

nella  Riviera  di  Ponente,  99. 
Prezenda  Luigi,  prigioniero  in  Castel- 
letto, 564. 
Pria  Coxera,  v.  Pietra  Cossera. 
Priori  della  devozione  di  S.  Giovanni 
Battista,  V.  San  Giovanni   Battista 
(Priori  della  devozione). 
Prye    (cardinale   di),   testimone   alla 
concessione  dei  nuovi  privilegi  dati 
dal  re  di  Francia  ai  genovesi,  549. 
Promontorio    Ambrogio ,    incaricato 
della  revisione   delle  «  caratate  », 
49  n.;  deputato  dal  partito  Adorno 
a  regolare  gli  offici,   352  ;    scelto 
dai  mercanti  per  pacificare  gli  animi 
dei  cittadini,  373;  eletto  consigliere 
del  doge,   392  ;    annoverato  nella 
lista    dei  cittadini    che    partecipa- 
rono alla  fazione  popolare,  552. 
Promontorio    di  Genova,    v.    Genova 

(Promontorio). 
Promontorio  Pietro,   eletto   anziano, 


345  ;  annoverato  nella  lista  dei 
cittadini  che  parteciparono  alla 
fazione  popolare,  552. 

Promontorio  Simone,  commissario  al 
campo  di  Monaco,  178,  36 1  ;  an- 
noverato nella  lista  dei  cittadini 
che  parteciparono  alla  fazione  po- 
polare, 552. 

Prottettori  delP  officio  di  S.  Giorgio, 
V.  Genova  (Protettori  delP  Officio 
di  S.  G.). 

Provenza,  si  parla  del  commercio  con 
essa,  99;  vi  si  raccolgono  fanti  in 
aiuto  di  Monaco,  140,  495  ;  149 
n.  3  ;  si  dirigono  verso  di  essa 
alcuni  nobili  genovesi,  i55  n.  3, 
356-^  vino  di  P,,  364;  giungono  da 
essa  a  Genova  molte  barche  ca- 
riche di  materiali  e  vettovaglie 
per  la  nuova  fortezza,  2  83,  41 3. 

Provenzali ,  imprigionati  dal  signore 
di  Monaco,  91   n.  5,  465. 

o 

Qualia  Nicolò,  sindico  di  Diano,  474. 

Quarto,  vi  abitano  diversi  gentiluo- 
mini della  casa  Spinola;  G.  Luigi 
Fieschi  cacciato  da  Genova  vi  si 
trattiene  per  qualche  giorno,  20, 
319,  437;  cacciato  di  nuovo  da 
Genova  ritorna  a  trattenervisi,  3'/^ 
323,  444,  448,  460;  rie.  37  n.  2; 
3S<^  324;  ne  deve  partire  insieme 
ad  altri  nobili  perchè  inseguito  dai 
popolari,  39,  325,  326,  444,  448; 
i  quali  dopo  averlo  inseguito  fino 
a  Receo,  vengono  a  pernottare  fra 
Q.  e  il  Bisagno,  39,  326  ;  alcuni 
nobili  della  casa  Spinola  in  esso 
dimorantilo  abbandonano,  1 80,364. 


680 


Indice    Alfabetico 


Quarto  (da),  v.  Francesco  da  Quarto. 

Quiliano,  il  doge  scrive  air  «  univer- 
sità »  di  Q.  lodandone  la  fedeltà 
ed  il  coraggio  contro  i  nemici  di 
Genova  e  permettendo  di  assal- 
tarli e  derubarli,  246. 

Quinto  (piano  di),  rie.  229  n.   1. 

R 

Raffaele  (Raphael),  v.  Ponzone  Raf- 
faele). 

Raffaele  di  Recco,  scelto  per  proce- 
dere contro  Gian  Luigi  Fieschi, 
62  n.  i;  eletto  per  la  riforma  degli 
offici,  66;  rie.  8 1  n.  i  ;  sindaco  del 
comune  di  Genova  delegato  a  stu- 
diare la  soppressione  delP  olficio 
dei  capitani  della  Riviera,  88  n.  4, 
476;  eletto  commissario  al  campo 
di  Monaco,  178, 364;  invoca  pronti 
soccorsi  per  T  esercito,  198,  52o; 
annoverato  nella  lista  dei  cittadini 
che  parteciparono  alla  fazione  po- 
polare, 552. 

Raffaele  di  Sampierdarena,  untore, 
eletto  console  di  Genova  (an.  ijoo), 
557. 

Raggio  Bernardo,  notaio,  la  sua  sposa 
è  insultata  da  Domenico  Negrone, 
6  ;  viene  eletto  anziano ,  345  ; 
annoverato  nella  lista  dei  cittadini 
che  parteciparono  alla  fazione  po- 
polare, 552. 

Raggio  Raffaele,  deputato  ai  festeg- 
giamenti pel  re  d"'Aragona,  55  n.  2; 
incaricato  deiramministrazione  del 
comune,  172,  357;  capitano  delle 
galere  genovesi,  386;  annoverato 
nella  lista  dei  cittadini  che  parteci- 
parono alla  fazione  popolare,  552. 


Raineri,  capitano  di  milizie,  480. 

Ranuccio  da  Leca  (Ranugio),  còrso 
ribelle  al  governo  di  Genova,  288 
n.  2,  401. 

Ranugio,  v.  Ranuccio  da  Leca. 

Rapallo,  vi  passa  Gian  Luigi  Fieschi 
ritirandosi  da  Quarto,  3 9,  445, 448; 
vi  rimane  un  nucleo  di  partigiani 
dei  Fieschi ,  agitati  spesso  dalle 
incursioni  di  Anton  Maria  Fie- 
schi, 55,  460;  rie.  100  n.  i  ;  alla 
podesteria  di  esso  sono  preposti 
Leonardo  Merello  e  Gio.  Batta  di 
PortoHno,  226;  viene  rioccupato  da 
Gerolamo  Fieschij252,  392,  393; 
vi  sono  saccheggiate  dalle  milizie 
popolari  le  case  dei  partigiani  dei 
Fieschi,  2  53,  394;  ordine  al  comune 
di  R.  di  consegnare  a  Genova  il 
bottino  fatto  nella  battaglia  di  Ruta, 
253  n.  2;  rie.  255  n.  i,  buon  nu- 
mero di  cittadini  di  R.  accorre  in 
aiuto  di  Genova  contro  P  esercito 
francese,  395. 

Rapallo  (di),  v.  Battista  di  R.,  Gia- 
como di  R. 

Rato  il  biscaglino  (lo  Bitschetto  rato, 
lo  Bìscayno  rato\  bandito  da  Ge- 
nova reo  di  lesa  maestà  ,  409 ,  529. 

Ravasteno,  v.  Cleves  (di)  Filippo. 

Ravenstein,  v.  Cleves  (di)  Filippo. 

Re  Domenico,  prigioniero  in  Castel- 
letto, 564. 

Re  Paolo,  prigioniero  in  Castelletto, 
564. 

Rebuffo  Battista,  tribuno  della  plebe, 
jj  n.  ;  incaricato  con  Stefano  Ca- 
zella  di  custodire  i  denari  ottenuti 
dal  sequestro  dei  beni  di  Luciano 
Grimaldi  in  Genova,  173  n. 


Indice  Alfabetico 


Ó8l 


Rerco  {Recho),  vi  passa  G.  L.  Fieschi 
con  i  suoi  partigiani  incalzati  dai 
popolari,  3g,  3-2  6,  445;  rie.  76  n.  i; 
vi  scoppiano  contese  fra  Adorno 
e  Fregoso^  11  5;  116,  n.  i,  347;  vi 
sono  inviati  commissari  Galeotto 
de  Ferrari  e  Marco  da  Passano, 
226  ;  vi  è  impiccato  Negrino  di 
Montoggio  partigiano  dei  Fieschi, 
3g3;  Rolandino  Fieschi  si  spinge 
con  alcune  milizie  sin  presso  R. 
tentando  di  avvolgere  le  forze  dei 
popolari  inviate  contro  i  Fieschi, 
ma  deve  ritirarsi  per  la  sconfitta 
delle  truppe  fieschine  a  Ruta,  253^ 
ordine  al  comune  di  R.  di  conse- 
gnare a  Genova  il  bottino  fatto 
nella  battaglia  di  Ruta,  2  53  n.  2. 

Recco  (di),  v.  Francesco  di  R.,  Raf- 
faele di  R. 

Remondini  Angelo,  Cardinali  Liguri, 
rie.  356  n.  3. 

Renato  di  Savoia,  deno  il  gran  ba- 
stardo, signore  di  Petralata,  cerca 
di  impadronirsi  di  Oneglia,  io3 
n.   I,  471. 

Renato  Guyton  di  Tours,  capitano 
di  schiere  nelPesercito  genovese 
contro  Monaco,  128. 

Revasten,  v.  Cleves  (di)  Filippo. 

Revisione  delle  gabelle  (officio  della), 
V.  Genova  (Offici). 

Rkzasco  G.  ,  Diponario  storico  ed 
amministrativo^  rie.  16  n.  i  ;  45 
n.  i;  228  n.  3. 

Riccio  Domenichino,  sub-cancelliere, 
65  n.  2. 

Riccio  Domenico  di  Bargagli  {Dome- 
nico di  Bargaglio\  eletto  «  capi- 
tano della  libertà  »  lan.  1442),  563. 


Riccio  Gerolamo ,  gli  vien  dato  il 
comando  di  una  galera,  386. 

Riccio  Michele  {Michael  Ritius\  na- 
poletano ,  è  annunziato  il  suo 
invio  a  Genova  dalla  corte  di 
Francia,  ma  pare  che  Pambasceria 
non  sia  avvenuta,  70  n.  i  ;  risponde 
a  nome  del  re  di  Francia  a  Gio- 
vanni da  Lerici  oratore  dei  po- 
polari di  Genova,  275,  276,  406; 
il  suo  discorso  è  riportato  per 
intero  dal  d^'Auton,  277  n.  i  ; 
è  testimone  alla  concessione  dei 
privilegi  dati  da  Luigi  XII  ai  ge- 
novesi, 549. 

Riccio  Pier  Gentile  q.  Pietro,  scelto 
per  la  riforma  degli  offici,  65  ; 
eletto  officiale  di  S.  Giorgio,  403, 
534. 

Richeme  Napoleone ,  eletto  consi- 
gliere del  doge,  392  ;  annoverato 
nella  lista  dei  cittadini  che  parte- 
ciparono alla  fazione  popolare, 
553. 

Ricobono  Agostino,  bandito  da  Ge- 
nova reo  di  lesa  maestà,  409,  53o. 

Riformatori  dei  magistrati  civili,  v. 
Genova  (Riformatori). 

Ripairolo,  v.  Rivarolo. 

Riparolio,  v.  Rivarolo. 

Rippa  Bartolomeo  di  Sestri  Levante, 
padrone  di  una  nave,  74  n.  i. 

Riso  Gerolamo,  è  fatto  prigioniero  in 
uno  sbarco  della  flotta  franco-spa- 
gnola a  Marola,  245. 

Ritius  Michael,  v.  Riccio  Michele. 

Riva  (sotto  la),  v.  Genova  (Riva). 

Rivarolo  {Ripairolo,  Riparolio)^  alcuni 
tristi  vi  conducono  Francesco  Spi- 
nola   detto    il    Moro,   togliendolo 


682 


Indice    Alfabetico 


dalla  sua  casa  in  Cornigliano,  365; 
vi  si  adunano  200  «  canioni  »  di 
Polcevera,  Sestri,  Veltri,  Bisagno 
e  deliberano  di  aiutare  i  popolari 
di  Genova,  Syi  ;  il  banditore  di 
Genova  ricorda  di  aver  procla- 
mato una  grida  in  Rivarolo  supe- 
riore e  inferiore^  229  n.  1  ;  vi 
giunge  r  avanguardia  delP  esercito 
francese  e  attacca  le  forze  genovesi 
schierate  sui  monti,  259,  n.  1  ;  vi 
pernotta  il  grosso  dell'"  esercito 
francese  dopo  lo  scontro  coi  geno- 
vesi, 261  ,  397  ;  vi  giunge  il  re 
Luigi  XII  e  prende  stanza  alla 
badia  del  Boschetto  ,  263  ,  398  ; 
rie,  265  n.   I. 

Rivarolo  (di)^  v.  Bartolomeo  di  R., 
Vincenzo  di  R. 

Riviera  di  Levante  {Orientalis  ora\ 
Gian  Luigi  Fieschi  ordina  a  tutti 
gli  uomini  di  essa  di  stare  pronti 
in  armi  e  di  non  obbedire  agli 
ordini  di  Genova,  2  3  n.  2  ;  i  po- 
polari deliberano  di  toglierla  alla 
signoria  dei  Fieschi,  45,  46,  446  ; 
vi  inviano  air  uopo  commissari, 
47  n.  ;  rie.  53,  449  ;  e  riescono 
neir  intento,  54;  come  veniva  go- 
vernata dai  Fieschi,  460,  461  ; 
rie.  66]  73  n.  i;  74;  75  n.;  76  n.  1; 
86;  87  n.  i;  89;  90  n.  i;  vi  sono 
inviati  due  commissari  per  la  spe- 
dizione di  Monaco,  92  n.  ;  99  ;  vi 
sono  mandati  due  supremi  com- 
missari contro  Ottaviano  e  Gian 
Maria  Fregoso,  171,  357;  rie.  175 
n.  i;  nei  vari  paesi  di  essa  sono 
inviati  nuovi  commissari,  226; 
Gian  Luigi  Fieschi  muove  da  Mi- 


lano con  un  forte  esercito  per 
riacquistarla,  237,  387;  ordine  ai 
paesi  della  R.  di  lasciare  libero 
passaggio  ad  Ambrogio  e  Gregorio 
Gioardo,  243  h.  4;  la  R.  è  minac- 
ciata dalle  milizie  dei  Fieschi,  252; 
che  però  vi  restano  sconfitte,  2  53, 
254;  dopo  la  presa  di  Genova  da 
parte  dei  francesi  vi  è  mandato  un 
proclama  che  notifica  il  ritorno  di 
Genova  sotto  la  Francia  e  comanda 
di  portarvi  buon  numero  di  vet- 
tovaglie, 269. 

Riviera  di  Levante  (officiali  della),  v. 
Genova  (Officiali  delle  Riviere). 

Riviera  di  Ponente  (Occidentale),  sua 
condizione  sotto  i  capitani  fran- 
cesi, 45,  n.  2;  66^  n.  2;  86;  desi- 
derio dei  popolari  di  averne  il 
possesso,  87,  n.  i  ;  i  sindaci  di  vari 
luoghi  della  R.  chiedono  V  aboli- 
zione deir  officio  del  capitaneato, 
88  n.  4;  89,  474.  476  n.  i  ;  vi 
sono  inviati  commissari  e  lettere 
per  la  spedizione  di  Monaco,  99, 
n.  I  ;  rie.  io3  n.  i  ;  i  commissari 
deiresercito  contro  Monaco  hanno 
piena  autorità  su  essa,  1 1 3  ;  rie. 
116  n.;  soldatesche  fornite  da  essa 
air  esercito  contro  Monaco,  1 27, 
128;  dal  campo  di  Monaco  si 
manda  nella  R.,  Manuele  Canale 
per  fare  incetta  di  viveri  e  racco- 
gliere uomini,  i33,  477;  rie.  i'jj'j 
invio  di  nuovi  commissari  nella 
R.,  145,  146,  n.  i;  rie.  160;  la  R. 
di  P.  è  fatta  franca  (libera  da 
tasse)  per  dieci  anni,  378;  si  tenta 
di  salvarla  dair  esercito  del  d''  Al- 
lègre, 206;  rie,   23o  ;    232;    386; 


Indice    Alfabetico 


683 


V  esercito  francese  entra  in  San 
Remo,  Taglia,  Portomaurizio,  Al- 
benga,  236,  3 87,  3<S8:  rie.  2  52; 
255  n.    i;  564  n.  2. 

Riviera  di  Ponente  folfìciali  della),  v, 
Genova  (Officiali  delle  Riviere). 

Riviera  Ligure,  rie.  90. 

Rivierasche  (città),  tassa  imposta  ad 
esse  per  le  spese  delP  impresa  di 
Monaco,  109;  rie.  1145  '%:  ^i 
attendono  da  esse  pronti  soccorsi 
pel  campo  di  Monaco,    197,  n.   i. 

Rivieraschi,  poco  atti  alle  armi,  i  5  i  ; 
incoraggiati  a  perseverare  nella 
devozione  a  Genova,  2  32  n.  2;  il 
doge  promette  loro  di  risarcirli 
dei  danni  che  potranno  soffrire 
dai  nemici  di  Genova  e  li  invita  a 
ritirarsi  in  Genova  con  le  famiglie 
e  i  beni,  242. 

Riviere  (le  due) ,  notizie  su  di  esse , 
45,  46,  54  n.  2  ;  hanno  V  ordine 
d"'inviare  a  Genova  tutto  il  pesce, 
58  n.  I  ;  desiderio  dei  popolari  di 
unirle  sotto  il  comando  '  del  go- 
vernatore di  Genova,  fiS,  445,  446; 
87  n.  I  ;  il  governatore  e  gli  anziani 
vorrebbero  restituirle  al  re  di  Fran- 
cia ma  i  popolari  lo  impediscono, 
340;  genti  delle  Riviere  vengono 
a  Genova  per  scongiurare  che  si 
impedisca  il  loro  ritorno  sotto  il 
dominio  dei  Fieschi,  yS  n.  1.462; 
rie.  '^5  n.;  molti  nobili  si  tratten- 
gono nelle  R.,  79;  danni  inferti  dal 
Grimaldi  ai  liguri  delle  R.,  92  n., 
465;  vi  sono  inviati  commissari 
per  la  spedizione  di  Monaco,  99  ; 
è  imposta  loro  una  tassa  per  detta 
spedizione  ,  1 1 4;  il  re  di    Francia 


ordina  che  vengano  consegnate  al 
governatore,  347,  348  ;  il  popolo 
vi  si  oppone  risolutamente  ,  349; 
non  essendogli  consegnate  le  Ri- 
viere il  re  rifiuta  di  dare  udienza 
agli  ambasciatori  popolari,  35 1  ; 
rie.  i5i;  170;  il  papa  consiglia  di 
restituirle  al  re  di  Francia  ,  187  , 
368;  si  tiene  un  consiglio  per  de- 
cidere in  proposito  ,  188  ,  369  ;  i 
popolari  decidono  che  non  si 
debbano  consegnare,  189  ;  369  ; 
nuovo  tentativo  del  Roccabertino 
di  farle  restituire  al  re  ,  e  nuove 
ripulse  della  plebe,  193,  372;  Giu- 
lio li  interrogato  dai  popolari  su 
ciò  che  si  debba  fare ,  risponde 
che  non  prendano  alcuna  risolu- 
zione finché  non  abbia  ricevuta 
risposta  dal  re,  196,  3y3-^  pare  che 
il  consiglio  di  Genova  ne  voglia 
offrire  la  consegna  a  Carlo  di 
Chaumont  dietro  speciali  condi- 
zioni, ma  la  plebe  proibisce  Pam- 
basceria,  2o5,  382,  383  ;  rie.  220; 
restaurato  il  governo  francese  le 
R.  debbono  contribuire  alle  spese 
per  Parmamento  di  tre  galee,  274, 
n.  I,  405,  532;  tutti  gli  offici 
delle  R.  sono  dati  ai  nobili  ed  ai 
loro  partigiani,  411;  rie.  5oo. 

Riviere  (officiali  delle),  v.  Genova  (Of- 
ffciali  delle  Riviere). 

Robertet  Florimondo,  tesoriere  e  primo 
segretario  del  re  di  Francia,  rie. 
67,  68;  riceve  lettere  credenziali 
per  gli  ambasciatori  popolari,  83 
n.  I,  470;  rie.  271  n.  i;  redige  i 
nuovi  privilegi  concessi  dal  re  ai 
genovesi,  549. 


684 


Indice    Alfabetico 


Robur,  V.  Rovere. 

Rocca  (della)  Francesco  {F.  de  Rocha\ 
eletto  officiale  di  S.  Giorgio,  349; 
nuovamente  eletto  officiale  di  S. 
Giorgio  ,  403,  534  ;  annoverato 
nella  lista  dei  cittadini  che  parte- 
ciparono alla  fazione  popolare,  553. 

Rocca  (della)  Rinuccio ,  combatte  i 
genovesi  in  Corsica,  2  5  n. 

Roccabertino  Filippo  (/?oc^a/»erf?no  F.)^ 
luogotenente  del  governatore  in 
Genova,  oriundo  Navarrese,  ban- 
disce alcuni  nobili  prepotenti,  3 1 4; 
i  popolari  per  sostenere  dinanzi 
ad  esso  le  loro  ragioni  eleggono 
dodici  capitani  ;  i  nobili  per  la 
stessa  ragione  ne  eleggono  quat- 
tro, 7,  314;  il  luogotenente  con- 
siglia i  popolari  di  ridurre  a  quat- 
tro i  dodici  capitani,  7  n.  2;  riesce 
a  calmare  i  popolari  adirati  con- 
tro i  Fieschi,  8,  n.  2  ;  cenni  bio- 
grafici su  esso,  9;  bandisce  da  Ge- 
nova Giacomo  Ghiglione  e  Gian 
Giorgio  Fieschi ,  9  ;  assicura  il  re 
che  Genova  è  tornata  in  quiete , 
9  n.  2;  tenta  di  sedare  una  nuova 
sollevazione  popolare  (18  luglio 
i5o6),  434;  e  vi  riesce  solo  dopo 
aver  promessi  i  due  terzi  degli 
offici  civili  ai  popolari ,  1 1  ,  42 1  , 
422,425,  427,434;  parole  rivolte  da 
esso  ai  popolari  nel  consiglio  te- 
nuto a  Palazzo  per  P  elezione  di 
nuovi  anziani,  1 3;  cavalca  coi  nuovi 
anziani  per  la  città,  14,  3 1 7;  muove 
coi  popolari  a  cacciare  Gian  I.uigi 
Fieschi  da  Genova,  16,319;  i  PO" 
polari  ne  lodano  Popera  prudente 
e  assennata,  17, 423,  424, 425,  426, 


428;  43o;  rie.  437  ,  439;  partecipa 
alla  decisione  degli  anziani  e  dei 
pacificatori  d^inviare  ambasc"atori 
al  re  di  Francia ,  al  luogotenente 
generale  del  re  in  Italia  e  al  go- 
vernatore di  Genova ,  19;  viene 
accusato  dai  nobili  di  debolezza  e 
di  favoritismo  pei  popolari ,  21; 
muove  incontro  al  governatore  di 
Genova,  29,  3o  n.  i;  rie.  33;  è  ac- 
cusato dai  nobili  di  avere  per- 
suaso il  governatore  a  favorire  i 
popolari  su  promessa  di  danaro, 
35  n.  3;  40,  327;  partecipa  come 
rappresentante  del  governatore  ad 
un  grande  consiglio  in  S.  Maria 
di  Castello,  41,  328,  445;  vi  fa 
larghe  concessioni  a  nome  del  go- 
vernatore ma  chiede  che  il  po- 
polo giuri  di  nuovo  fedeltà  al  re, 
42,  n.  I,  328,  446,449;  partito  il 
governatore,  rappresenta  il  governo 
regio  in  Genova,  78,  accuse  del 
Senarega  sulla  sua  condotta  ri- 
spetto al  Ravenstein,  78  n.  2  ;  è 
incaricato  di  studiare  la  soppres- 
sione dei  capitani  delle  Riviere , 
88  n.  4;  rie.  iii  ;  122  ;  pro- 
testa perchè  non  gli  vengono  con- 
segnate le  Riviere,  349;  ogni  auto- 
rità è  ridotta  nelle  sue  mani  (?)  , 
123;  rie.  154;  denunzia  al  re  di 
Francia  le  mene  dei  capi-partito 
Fregoso,  177  n.  i;  rie.  357,  ^^'^'1 
caccia  dieci  francesi  venuti  per  en- 
trare nel  Castellacelo,  36^',  rie.  189 
n.  i;  manda  invano  ambasciatori 
al  Salazar  per  chiedergli  la  libe- 
razione dei  popolari  fatti  prigio- 
nieri in  San  Francesco  di  Castel- 


I 


Indice  Alfabetico 


685 


letto  1 90;  manda  per  la  stessa  ra- 
gione un  legato  a  Carlo  di  Chau- 
mont,  5-22;  tenta  nuovamente  di 
di  far  restituire  le  Riviere  al  re, 
ma  la  plebe  infuriata  glielo  impe- 
disce, 193,  372;  decide  di  partire 
da  Genova,  211,  3-5;  da  che  proce- 
dette tale  decisione,  212;  titu- 
banze del  R.,  212  ;  parte  per  Mi- 
lano accompagnato  da  ambascia- 
tori genovesi  che  si  fermano  però 
a  Serravalle,  2i3,  214,  2i5,  375, 
'i'J&'i  rie.  217;  219  n.  i;  466;  5oi; 
522;  525. 

Roccabruna,  dominio  del  duca  di  Sa- 
voia dato  in  feudo  ai  Grimaldi  di 
Monaco,  88,  io3,  104,  346  ;  i  po- 
polari di  Genova  inviano  commis- 
sari ad  occuparla,  106;  istruzioni 
in  proposito,  1 07  ;  altre  istruzioni 
a  B.  Veneroso ,  ambasciatore  alla 
corte  di  Savoia,  1 07;  rie.  1 08,  n.  i  ; 
II 3;  viene  occupata  dalle  truppe 
genovesi,  117,  118  n.  3;  partico- 
lari della  occupazione,  126,  n.  3, 
4781  479 1  480,  487,  493  ;  incen- 
diata?, 126  n.  3;  affetto  degli  abi- 
tanti di  R.  per  il  signore  di  Mo- 
naco, 126  n.  3,  478;  rie.  134,354; 
il  duca  di  Savoia  chiede  che  gli 
sia  ritornata  «  in  pristino  »,  168, 
355  ;  nuove  istruzioni  intorno  ad 
essa  date  a  B.  Veneroso,  195,  196, 
i  commissari  delPesercito  genovese 
ritiratosi  da  Monaco  a  Ventimiglia 
hanno  facoltà  di  fortificarla  o  di 
abbatterla,  204,  382;  rie.  481,  484. 

Roecatagliala  (di),  v.  Abramo  di  R. 

Rocha  (de),  v.  Rocca  (della)  Francesco. 

Rocheehuart  (di)  ,  il  signore  di  R.   è 


governatore  di  Genova,  rie.  3o2. 
Rodi  (gran  maestro  di),    v.    Carretto 

(del)  Fabrizio. 
Roma ,  vi  dimora  il  cardinale  di  Fi- 
nale, Carlo  Domenico  del  Carretto, 
56,  3i3;  Ottaviano,  Giano  ed  Ales- 
sandro Piegoso  tentano  di  fuggire 
da  R.  per  recarsi  a  Genova ,  ma 
sono  trattenuti  dal  papa.  Gj  n.  2; 
vi  si  reca  Vincenzo  Sauli,  84  n.  i; 
ne  parte  Gian  Luigi  Fieschi ,  i55 
n.  2;  vi  ritorna  da  Bologna  il  papa 
Giulio  li,  3y5;  sono  inviati  da  essa 
forti  provviste  di  munizioni  in 
aiuto  di  Genova,  226,  379,  38o, 
38 1;  ne  giungono  notizie  ottimiste 
sulPazione  del  re  contro  Genova, 
232;  i  genovesi  attendono  grandi 
aiuti  da  essa  ,  2  5o  ;  rie.  386  ;  mi- 
lizie venute  in  Genova  da  essa  , 
257,  395;  Paolo  da  Novi  profugo 
da  Genova  s'' imbarca  per  R. ,  ma 
viene  tradito  dal  padrone  del  bri- 
gantino e  consegnato  ai  francesi , 
287,  288,  413,  rie.  5 12. 

Romana  (chiesa),  molti  prelati  di  essa 
sono  presi  e  imprigionati  dal  si- 
gnore di  Monaco,   91   n.  5,  465. 

Romeo  (di)  Bartolomeo^',  scelto  per 
procedere  contro  Gian  Luigi  Fie- 
schi, 62  n.  i;  bandito  da  Genova 
reo  di  lesa  maestà,  409,  529. 

Romero  Giovanni,  prigioniero  in  Ca- 
stelletto, 564. 

Rossi  Gerolamo,  Storia  della  città  di 
Ventimiglia,  1888,  89  n.  i  ;  ii5 
n.  ;   125  n.  2. 

Rosso,  latore  di  lettere  del  capitano 
Tarlatino  a  Genova,   iio  n. 

Rosso  di  Gravi  {Rubens   de    Gravi) , 


686 


Indice    Alfabetico 


bandito  da  Genova  reo  di  lesa 
maestà,  409,  529. 

Rosso  Tomaso^  prigioniero  in  Castel- 
letto, 564. 

Rotomagense  cardinale  ,  v.  Amboise 
(d"')  (Giorgio. 

Rotti  (officio  dei),  v.  Genova  (Offici). 

Rovere  (Robur)^  località  nella  Riviera 
di  Levante,  rie-  229  n.   1. 

Rovere  (della)  Felice,  figlia  di  Giulio 
II,  sposa  a  Giordano  Orsini,  4 1 6  n.  i . 

Ruberie  (officio  delle),  v.  Genova  (Offici). 

Rupeforte  (di)  Guido,  riceve  lettere 
credenziali  degli  ambasciatori  po- 
polari 83  n.  I. 

Ruta,  vi  passa  Gian  Luigi  Fieschi  con 
molti  gentiluomini  inseguiti  dai 
popolari  di  Genova ,  39  ,  326  ;  le 
milizie  dei  Fieschi  vi  sono  battute 
dai  popolari,  253,  393. 


Saigr  Gusta vk  ,  Documents  histori- 
ques  relatifs  a  la  principaiitè  de 
Monaco,  88  n.  3,  89  n.  i;9on.  2; 
95  n.  2;  98  n.  2;  io3  n.  2,  n.  3; 
106  n.  i;  109  n.  2,  n  3,  n.  4; 
1 12  n.;  1 1  5  n.;  116  n,  n.  2;  1 17  n.  2; 
118  n.  3  ;  119  n.  3;  i25 ,  126 
n.  3;  129  n.  2;  i3i  n.  2;  i32  n., 
n.  1;  i35  n.  i;  13/  n.;  140  n.  2, 
147  n.  I,  148  n.  i;  149  n.  2,  n.  3; 
i5i  n.  I  ,  160  n.  I  ;  161  ,  n., 
n.  3  ,  i65  n.  I  ;  178  n.  1  ,  n.  4  ; 
i83  n.;  188  n.  2  ;  204  n.  i  ;  277 
n.  2;  rie.  3o6. 

Sainte  Colombe  (de)  Jean,  coman- 
dante delle  truppe  inviate  dal  go- 


vernatore di  Savona  in  aiuto  del 
signore  di  Monaco,  i3o. 
Salazar  Galeazzo,  castellano  del  (Ca- 
stelletto, è  d'accordo  coi  nobili,  i  5, 
3  1 8  ;  rie.  1 86  (nel  testo  fu  stam- 
pato erroneamente  Pietro  invece 
di  Galeazzo  Salazar),  fa  prigioni 
i  devoti  raccolti  nella  chiesa  di 
S.  Francesco  di  Castelletto,  189, 
370;  vane  trattative  con  esso  per 
la  loro  liberazione,  190,  370,371; 
rie.  190,  n.  2;  1 9  1  ;  gli  si  presenta 
AUabre  de  Saule  «  usciere  »  del 
re  di  Francia  col  decreto  che  lo 
nomina  capitano  di  S.  Francesco 
di  Castelletto,  212;  rie.  214;  217 
n.  i;  bombarda  la  città,  221,  374, 
'SjG^  523;  e  maltratta  i  prigionieri 
genovesi,  221,  524;  esige  che  gli  si 
diano  6  mila  scudi  per  trattarli 
meglio,  221,  378,  524;  bombarda 
di  nuovo  la  città,  222,  378;  rie. 
222  n.  !,  n.  2  ;  chiede  di  avere 
un  colloquio  con  qualcuno  che 
sappia  parlare  francese,  ma  ciò 
gli  viene  negato,  226,  378  ;  rie. 
227,  n.  I  ;  228;  bombarda  di  nuovo 
Genova,  23o,  383;  le  sue  milizie 
sono  tormentate  dal  bombarda- 
mento dei  genovesi,  234,  387;  rie. 
261;  impedisce  che  sulla  torre  del 
Palazzo  sia  innalzato  lo  stendardo 
del  comune  accanto  a  quello  del 
re,  268,  398;  rie.  399  ;  suoi  modi 
scorretti  in  una  visita  al  tesoro  di 
S.  Lorenzo,  282,  417;  riceve  doni 
dai  nobili,  417;  ordina  di  abbattere 
un  gran  numero  di  case  intorno 
al  Castelletto,  282,  411;  sua  diso- 
nestà accennata  dai  padri    del  co- 


Indice  Alfabetico 


687 


mune,  28)  ;  malgrado  gli  ordini 
regi  continua  a  far  abbattere  case, 
285.  286;  3o2;  rie.  564,  n.  2. 

Salazar  Stefano  Tristano,  arcivescovo 
di  Sens,  (archiepiscopus  Senonen- 
sis\  è  testimone  alla  concessione 
dei  privilegi  dati  dal  re  di  Fran- 
cia ai  genovesi,  549. 

Salerno,  Farci  vescovado  di  S.  è  dato 
a  Federico  di  Campo  regoso  da 
Giulio  II ,  204. 

Saluzzo,  vi  si  trattengono  Nicolò  Ode- 
rico  e  Simone  di  Giovo  ambascia- 
tori genovesi  di  ritorno  dalla  corte 
di  Francia,  attendendo  il  salvo- 
condotto  dal  duca  di  Savoia,  195  n.  2. 

Salvago  Acelino,  banchiere,  rie.  55 
n.  3. 

Salvago  Alessandro,  Cronaca  di  Ge- 
nova^ edita  da  Cornelio  de  Simoni, 
Atti  Soc.  Lig.  di  St.  Pat.,  voi.  XIII; 
discordando  da  tutti  gli  altri  cro- 
nisti accusa  i  popolari  di  avere 
con  la  loro  tracotanza  offeso  i  no- 
bili, 4  n.  I  ;  sue  notizie  sulPingresso 
di  Filippo  di  Ravenstein  e  di  Gian 
Luigi  Fieschi  in  Genova,  32  n.5 
sulla  politica  del  Ravenstein,  33 
n.  1  ;  sulla  terza  cacciata  di  G.  L. 
Fieschi  da  Genova;  37  n.  i  ;  sulla 
fermezza  della  plebe  nel  volere  il 
Fieschi  fuori  di  Genova,  45  n.  i  ; 
rie.  58  n.  2  ;  60  n.  i  ;  quali  fu- 
rono secondo  il  S.  le  cause  del- 
rimpresa  contro  Monaco,  91,  n.  2; 
.  e  quelle  per  cui  Giulio  II  so-, 
stenne  i  popolari,  124  n.  2;  170 
n.  I  ;  sua  versione  sul  tentativo 
dei  Fregoso,  175  n.  i  ;  e  sulla 
partenza  del  Roccabertino  da  Ge- 
nova, 2i5  n.  i;  notizie  sulla  ele- 


zione di  Paolo  da  Novi,  2  38,  239; 
sulla  sua  età,  239;  sulla  dimostra- 
zione navale  del  Pregent,  245,  n.  i; 
249  n.  I  ;  sulle  cause  perché 
Silvestro  Giustiniani  non  si  recò 
a  Ventimiglia,  come  gli  era  stato 
ordinato,  per  imbarcare  Fesercito 
genovese,  25 1,  n.  2  ;  sui  scarsi 
aiuti  inviati  dal  papa  a  Genova, 
25 1  n.  I  ;  erra  nella  data  delFin- 
gresso  del  re  in  Genova  269  n.  3; 
rie.  270  n.  I  ;  271  n.  i;  277  n.  i; 
295. 

Salvago  Benedetto  q.  Giovanni,  eletto 
per  la  revisione  delle  «  caratate  », 
49  n. 

Salvago  (famiglia),  sulla  nave  di  essa 
sono  requisite  le  artiglierie  perPim- 
presa  della  Spezia,  332;  è  chiamata 
a  partecipare  aP governo  della  città 
durante  la  fazione  popolare,  553. 

Salvago  Francesco,  eletto  pacificatore, 
i5,  317;  deputato  ai  festeggia- 
menti pel  re  d''Aragona,  55  n.  2; 
eletto  per  la  riforma  degli  olEci,  65. 

Salvago  Meliado,  (Meliadus  Salva go\ 
eletto  «  capitano  della  libertà  »  , 
(an.   1442),  563. 

Salvago  Simone,  eletto  anziano,  38, 
32  5;  eletto  officiale  di  S.  Giorgio, 

349- 

Salvo  Alessandro,  prigioniero  in  Ca- 
stelletto, 564. 

Salvo  Gian  Francesco,  è  mallevadore 
pel  pagamento  di  certa  somma  per 
il  fratello  Alessandro,  564. 

Salvo  Gerolamo ,  commissario  al 
campo  di  Monaco,  36 1;  ritorna 
a  Genova  ;  non  se  ne  conosce  la 
cagione,  178,  179,  363:,  annove- 
rato nella  lista  dei    cittadini    che 


688 


Indice  Alfabetico 


parteciparono  alla  fazione  popo- 
lare, 552. 

Sampierdarena,  partono  da  essa  al- 
cuni nobili  genovesi  diretti  in  Pro- 
venza, 356  ;  vi  giunge  e  vi  si  tiene 
nascosto  Ottaviano  Fregoso,  174; 
ne  parte  175,  n.  i,  J59,  36o  ;  vi 
si  trattengono  i  capi  partito  Adorno, 
177,  36o;  rie.  229  n.  i;  259,  n.  i; 
un  uomo  di  S.  è  ferito  in  uno 
scontro  colle  truppe  francesi,  394. 

Sampierdarena  (di),  v.  Domenico  di  S., 
Raffaele  di  S. 

San  Benigno,  v.  Genova  (Conventi)  e 
(San  Benigno). 

San  Cipriano,  paese  in  vai  di  Polce- 
vera  incendiato  e  saccheggiato  dalle 
truppe  francesi,  2  55,  394. 

San  Colombano,  castello  in  Corsica, 
25  n. 

San  Domenico,  v.  Genova  (Chiese), 
(Conventi),  (Vie). 

San  Donato,  v.  Genova  (Chiese). 

San  Filippo,  v.  Genova  (Chiese),  (Mo- 
nasteri). 

San  Francesco  d''Albaro  (convento  di), 
rie.  442. 

San  Francesco  d''  Albaro  (paese),  vi 
sono  rifugiati  molti  gentiluomini 
genovesi,  40,  326,  327. 

San  Francesco  della  Chiappetta  in 
vai  di  Polcevera,  devastato  dalle 
truppe  francesi,  2  55  ;  394. 

San  Francesco  di  Castelletto,  v.  Ge- 
nova (Chiese),  (Conventi). 

San  Giacomo,  v.  Genova  (Chiese), 
(Monasteri). 

San  Giorgio,  v.  Genova  ,  (Banco  di 
S.  G.),  (Chiesj),  (Offici),  (Piazze). 


San  Giovanni  Battisto,  il  doge  ordina 
una  solenne  processione  in  suo 
onore,  249  ;  il  corpo  del  santo 
venne  portato  a  Genova  V  anno 
1087,  557. 

—  (Cappella  di),  vi  è  riposto  il  bal- 
dacchino preparato  per  il  re  di 
Aragona,  59  n.  2;  rie.  419. 

—  (Priori  della  devozione  di),  rice- 
vono in  consegna  il  baldacchino 
preparato  per  Tarrivo  del  re  óW- 
ragona,  59  n.  2. 

San  Giovanni  decollato,  nel  giorno 
ad  esso  dedicato,  Filippo  di  Cleves 
di   Ravenstein   entra    in    Genova, 

320. 

San  Giovanni  di  Pre,  v.  Genova  (Chiese). 

San  Gottardo  (paese  in  vai  di  Bisagno), 
vi  sono  arrestati  tre  nobili  diretti 
a  Montoggio,  187,  368. 

San  Lorenzo  ,  v.  Genova  (Chiese)  , 
(Piazze). 

San  Luca,  v.  Spinola  Luca  di  S.  L. 

San  Marco,  v.  Genova  (Chiese). 

San  Matteo,  v.  Genova  (Chiese). 

San  Paolo  (conte  di),  v.  Valerando  di 
Lussemburgo. 

San  Paolo  di  Genova,  v.  Genova  (Chie- 
se), (Monasteri). 

San  Pier  d''  Arena,  v.  Sampierdarena. 

Sanpolo  (conte  di),  v.  Valerando  di 
Lussemburgo. 

San  Remo  {Santo  Romulo),  dipende 
da  Genova  ,  88  ;  i  sindici  di  esso 
con  quelli  di  altre  città  della  Ri- 
viera chiedono  Pabolizione  delPof- 
ticio  del  capitaneato,  88  n.  4, 474; 
rie.  126  n.  3;  Manuele  Canale  in- 
via da  S.  R.  lettere  al  comune  , 
i33,  476;   lettere    del    signore   di 


1 
•I 


Indice    Alfabetico 


Ó89 


Finale  a  S.  R.,  142,  35o;  rie  i43; 
vi  sono  arrestati  due  gentiluomini, 
i6J,  5 16;  vi  è  mandato  commis- 
sario Antonio  Trucco,  232  ,  385; 
apre  le  porte  alPesercito  francese, 
236,  387;  rie.  479;  487. 

San  Remo  (di),  v.  Barraban  Gio.  Batta 
di  S.  R. 

San  Rocco,  v.  Genova  (Chiese). 

San  Salvatore  (di)  Ambrogio,  coman- 
dante la  guarnigione  genovese  a 
Mentone,  126  n.  3,  479;  rie.  i34, 
484. 

San  Sebastiano,  v.  Genova  (Chiese) , 
(Monasteri). 

San  Severino  (cardinale  di),  è  testi- 
mone alla  concessione  dei  privi- 
legi dati  dal  re  di  Francia  ai  ge- 
novesi, 549. 

San  Silvestro,  v.  Genova  (Chiese) , 
(Monasteri). 

San  Siro,  v.  Genova  (Chiese). 

San  Stefano ,  v.  Genova  (Borghi)  , 
(Chiese),  (Porte). 

San  Teodoro ,  v.  (ìenova  (Chiese) , 
(Conventi). 

San  Tomaso,  v.  Genova  (  Borghi  ), 
(Porte). 

San  Vito  (borgo),  vi  sbarcano  i  com- 
missari mandati  dai  popolari  ge- 
novesi per  togliere  la  Spezia  ai 
Fieschi,  46;  rie.  47  n. 

Sant''Agata,  v.  Genova  (Chiese). 

Sant''  Agostino,  v.  Genova  (Chiese) , 
(Conventi). 

Sant''Alessio  (di)  Urbano,  {Urbano  di 
Santo  Arexio)  governatore  in  Ge- 
nova pel  duca  di  Milano  (an.  1422, 
1424),  56i,  5Ó2. 


Sant'Andrea  ,     v.    Genova    (Borghi)  , 

(Macelli),  (Porte). 
Sant'  Andrei    (di)  Pietro ,   presidente 

della    giustizia    in    Genova,  417, 

n.   I. 
Santa  Brigida ,   v.    Genova   (Chiese) , 

(Monasteri). 
Santa  Caterina,  v.  Genova  fChiese). 
Santa  Croce,  il  doge    ordina  una  so- 
lenne processione  di  vergini  in  suo 

onore,  249. 
Santa  Margherita  {Sancta  Margarita), 

città  della  Riviera  di  Levante,  rie. 

100  n.   I  ;  242  n.   i. 
Santa  Maria  d.    Castello,    v.  Genova 

(Chiese). 

Santa  Maria  d.  Consolazione ,  v.  Ge- 
nova (Chiese),  (Conventi). 

Santa  Maria  d.  Grazie,  {Madonna  delle 
Grafie),  v.  Genova  (Chiese),  (Mo- 
nasteri). 

Santa  Maria  d.  Luccoli ,  v.  Genova 
(Chiese). 

Santa  Maria  d.  Monte ,  v.  Genova 
(Chiese). 

Santa  Maria  d.  Pace,  v.  Genova  (Chiese). 

Santa  Maria  d.  Servi ,  v.  Genova , 
(Chiese). 

Santa  Maria  d.  Vigne ,  v.  Genova 
(Chiese). 

Santa  Marta,  v.  Genova  (Chiese). 

Santo  Arexio,  v.  Sant'Alessio. 

Santo  Romulo,  v.  San  Remo. 

Sanudo  Marino,  Diaria  rie.  1 68  n.  i  ; 
189  n.  1;  dà  notizie  sulle  misure 
prese  contro  i  genovesi  a  Milano  , 
2 1 5  n.  2;  sulla  mancata  ambasce- 
ria dei  popolari  allo  Chaumont  , 
216;  sugi'  aiuti  del  papa  ai  geno- 
vesi, 25 1,  n.  i;  sull'arrivo  di  Luigi 


690 


Indice    Alfabetico 


Xn  in  Asti,  252  n.  2;  rie.  258  n.  1; 
sullo  stupore  dei  veneziani  per 
la  presa  di  Genova,  267,  n.  3. 

Sapia  Perroto,  sindico  di  San  Remo, 
474. 

Sapienti  del  comune  di  Genova,  v.  Ge- 
nova (Sapienti  del  comune^. 

Sardegna,  rie.  25. 

Sartore  Gaspare  di  Pieve  di  1  eco,  gli 
sono  affidate  alcune  truppe  per 
guarnire  Pieve  di  Teco ,  480. 

Sarzana^  i  commissarii  alla  Spezia  si 
fanno  inviare  da  S.  rinforzi  di 
truppe,  46,  451;  vi  è  mandato  da 
Genova  il  capitano  Pietro  Gamba- 
corta per  assoldare  gente ,  49  ;  vi 
si  recano  i  commissari  della  Spe- 
zia per  assistere  air  armamento 
dei  fanti,  5i;  vi  sono  pronti  i5oo 
fanti  pel  comune  di  Genova,  53  , 
333;  vi  passano  in  rotta  i  Fregosi, 
175  n  2;  rie.  406;  il  capitano  di 
S.  ha  Pobbligo  di  prestare  giura- 
mento di  fedeltà  al  re  o  al  gover- 
natore di  Francia,  540,  rie.  547. 

Sarzana  (di),  v.  Francesco  di  S. ,  Pa- 
rentuccelli,  famiglia  di  S. 

Sarzanello,  appartiene  al  Banco  di  S. 
Giorgio,  406;  il  capitano  di  S.  ha 
Pobbligo  di  prestare  giuramento 
di  fedeltà  al  re  o  al  governatore 
di  Francia,  540;  rie.  547. 

Sarzano  (piazza  di),  v.  Genova  (Piazze). 

Saule  (Saules)  (dej  Allabre,  «  usciere 
di  camera  »  del  re  Luigi  XII  in- 
viato a  Genova  per  cooperare  alla 
difesa  del  Castelletto,  211  ,  212  ; 
notizia  del  suo  arrivo,  212,  374, 
375;  presenta  al  Salazar  il  decreto 
del  re  che  lo  nomina  capitano  del 


convento  di  S.  Francesco  presso 
il  Castelletto,  212;  prende  il  co- 
mando delle  guardie  del  Palazzo 
venute  al  Castelletto,  2  1 7;  simpa- 
tia dei  genovesi  per  esso,  22  i ,  524; 
cortese  lettera  dei  genovesi  in  ri- 
sposta ad  una  sua  che  chiedeva 
un  colloquio,  227,  n.  i;  viene  fe- 
rito durante  il  bombardamento  dei 
genovesi,  234. 
Sauli  Anfrono ,  appartiene  al  popolo 
grasso,  viene  a  contesa  con  alcuni 
nobili,  404. 

Sauli  Antonio,  eletto  capitano  del  po- 
polo, 314;  eletto  pacificatore,  i5, 
3 1 7, 3 1 8;  è  banchiere,  55  n.  3  ;  scelto 
dai  mercanti  per  tranquillare  gli 
animi  dei  cittadini,  'ij3\  nominato 
consigliere  del  doge,  392  ;  inviato 
ambasciatore  al  re  di  Francia  per 
la  resa  di  Genova,  267,  398;  scelto 
dai  popolari  per  loro  difensore , 
401;  viene  eletto  officiale  della 
Balia,  402,  53 1,  534;  annoverato 
nella  lista  dei  cittadini  che  parte- 
ciparono alla  fazione  popolare  , 
55i. 

Sauli  (banco  dei),  rie.  401. 

Sauli  Demetrio ,  inviato  commissario 
al  campo  di  Monaco,  178,  364; 
annoverato  nella  lista  dei  cittadini 
che  parteciparono  alla  fazione  po- 
polare, 552. 

Sauli  (famiglia),  i  maggiorenti  di  essa 
sono  chiamati  al  cospetto  dei  tri- 
buni della  plebe,  y^;  il  papa  Giu- 
lio II  raccomanda  detta  famiglia 
alla  clemenza   di    Luigi  XII  ,  412 


Indice    Alfabetico 


691 


Sauli  Gerolamo  ,  deputato  ai  festeg- 
giamenti pel  re  d'^Aragona,  53  n.  2: 
scelto  per  procedere  contro  Gian 
Luigi  Fieschi,  62  n.  i;si  presenta 
ai  tribuni  della  plebe,  'jj  ^  J41  ; 
eletto  anziano,  J45;  capitano  delle 
galere  genovesi,  386;  annoverato 
nella  lista  dei  cittadini  che  parte- 
ciparono alla  fazione  popolare  , 
552. 

Sauli  Gio.  Batta,  sostituisce  il  fratello 
Vincenzo  nelP  ofificio  di  riforma- 
tore dei  magistrati  civili,  84  n.  i  ; 
eletto  seniore  del  popolo,  'i~^\ 
officiale  della  moneta,  53  i  ,  534; 
annoverato  nella  lista  dei  cittadini 
che  parteciparono  alla  fazione  po- 
polare, 552. 

Sauli  Pietro,  anziano,  14,  3]-;  ban- 
chiere, 55  n.  3;  deve  seguire  il  re 
a  Milano,  408  ,  528  ;  annoverato 
nella  lista  dei  cittadini  che  parte- 
ciparono alla  fazione  popolare,  55 1 . 

Sauli  Vincenzo,  nel  consiglio  tenuto 
dai  popolari  per  la  elezione  dei 
nuovi  anziani  propone  che  si  eleg- 
gano anche  dodici  pacificatori  per 
tranquillare  gli  animi,  i3;  inviato 
ambasciatore  al  Cleves,  23,  319  ; 
incaricato  di  studiare  la  diminu- 
zione di  certe  gabelle ,  48  n.  i  , 
33o;  eletto  per  la  riforma  degli 
offici,  ^~)b-^  partecipa  al  consiglio  del 
22  ottobre  i5o6,  71  ,  n.  i  ,  340  ; 
difende  dinanzi  ai  tribuni  il  suo 
operato,  j-j^  341;  essendo  partito 
per  Roma  viene  sostituito  nelPof- 
ficio  di  riformatore  dei  magistrati 
civili  dal  fratello  Gio.  Batta  ,    84 


n.  I  ;  annoverato  nella  lista  dei 
cittadini  che  parteciparono  alla  fa- 
zione popolare,  55 1. 

Saulo,  un  giovane  dei  S.  per  un  leg- 
gero furto  è  impiccato  alla  porta 
dei  Vacca,  414. 

Sa\  ignone,  vi  si  trova  Gian  Gerolamo 
Fieschi,  :>-j^\  i  polceveraschi  ne 
devastano  il  territorio  per  porre 
ostacolo  air  avanzata  delP  esercito 
francese,  248,  n.  i,  390,  391. 

Savoia  (bastardo  di),  v.  Renato  di  Sa- 
voia. 

—  (Corte  di),  Agostino  Grimaldi  ve- 
scovo di  (}rasse  vi  chiede  aiuti  per 
il  fratello  Luciano.  104;  rie.  i23; 
141;  vi  riparano  nobili  genovesi, 
i55,  n.  i;  rie.  1565  politica  di  essa, 
167  n.  3;  rie.  3o6,  495,  v.  anche 
Torino. 

—  (Duca  di),  V.  Carlo  li  duca  di 
Savoia. 

—  (Ducato  di),  rie.   167;   168  n.   1. 

—  (Forze  di),  rie.   i25. 

Savona,  rie.  40,  327;  partono  da  essa 
gli  ambasciatori  dei  nobili  geno- 
vesi al  re ,  344  ;  in  onore  di 
Giulio  II,  Genova  sospende  per  tre 
mesi  un  editto  contro  S.,  83,n.  3; 
rie.  89;  è  governata  da  Yves  d'' Al- 
légre, 87;  rie.  99  n.  i;  per  grati- 
tudine verso  Giulio  II  P  editto  é 
sospeso  a  tutto  Tanno  1 507,  124 
n.  1;  S.  è  invidiosa  di  Genova,  124 
n.  2;  molti  nobili  genovesi  rifugiati 
in  essa,  temendo  dei  popolari  di 
Genova,  raccolgono  soldati  in  di- 
fesa di  S.  i53,  154,  352,  5oi  ; 
rie.  i55;  eccitano  Ottaviano  Fre- 
goso  ad  entrare  in  Genova,  1 70;  i 


692 


Indice    Alfabetico 


tribuni  di  Genova  impongono  ai 
cittadini  di  non  recarsi  a  S.  senza 
il  loro  permesso,  173,  358;  vi 
ripara  per  il  maltempo  una  barca 
genovese  carica  di  munizioni  per 
Monaco;  viene  sequestrata,  ma  più 
tardi  restituita,  174,  358;  rie.  364; 
'  il  governatore  di  S.  proibisce  ai 
nobili  profughi  in  essa  di  allonta- 
narsi, 180,  365-^  una  compagnia 
di  200  liguri,  di  ritorno  da  Monaco, 
passando  presso  il  castello  dello 
Sperone  è  assalita  dagli  uomini 
del  d'Allègre,  188,  369;  notizie  di 
disordini  in  Savona,  370;  vi  sono 
sbarcati  per  ordine  del  comune  di 
Genova  53  prigionieri  delle  truppe 
turbiasche ,  temendosi  che  por- 
tandoli a  Genova  la  plebe  ne  faccia 
scempio,  192,  371  ;  vi  appare  la 
flotta  franco-spagnola,  389;  rie.  207; 
246;  vi  si  reca  il  re  di  Francia 
pel  famoso  convegno  col  re  di 
Spagna,  285,  416;  per  tale  occa- 
sione vi  si  reca  pure  il  governatore 
di  Genova,  285;  rie.  286  n.  i;29i; 
3 02;  5ii  ;  vi  è  capitano  Giorgio 
Adorno  (an.  141 3),  56o. 
Savona  (Anziani  di),  gli  anziani  geno- 
vesi inviano  ad  essi  richieste  di 
soccorsi  per  F  impresa  di  Monaco, 
99;  li  ammoniscono  con  altre 
lettere  di  impedire  le  macchinazioni 
dei  nobili  e  deporre  le  «  fantaxie  » 
di  un  assalto  genovese,  1 54  n.  i  ; 
rie.  5o2. 

—  (Governatore  di),  v.    Allègre    (d'') 
Yves. 

—  (Officio    di),  V.  Genova  (Offici) 
Savonesi,  si  recano  da  papa  Giulio  II 


a  lagnarsi  dei  genovesi,  4  n.  i  ; 
rie.  355;   174,  359;   ^4^1 

Sbertou  Pasquale  Antonio,  Cenni 
sul  doge  Paolo  da  Novi^  in  Gior- 
nale degli  studiosi^  '871,7  gennaio; 
rie.  239  n.  2,  n.  3. 

Scaglia  Battista  [B.  Scalia),  deputato 
ai  festeggiamenti  pel  re  d''Aragona, 
55  n.  2;  scelto  per  procedere 
contro  Gian  Luigi  Fieschi,  62  n.  1; 
eletto  consigliere  del  doge ,  392  ; 
deve  seguire  il  re  a  Milano,  408, 
528  ;  annoverato  nella  lista  dei 
cittadini  che  parteciparono  alla 
fazione  popolare,  553. 

Scalia,  V.  Scaglia  Battista. 

Scarpa  Pellegrino,  bandito  da  Genova 
perchè  fautore  dei  nobili,  5i  n.  3, 
332. 

Scarpa  Simone,  bandito  da  Genova 
perchè  fautore  dei  nobili,  5i  n.  3, 
332. 

Schella  v.  Scodella. 

Schiavina  Nicolò,  deputato  a  racco- 
gliere armi  di  nobili,  378. 

Scodella  (Schella)^  sacro  catino  preso 
dai  genovesi  a  Cesarea  Pan.  iioi, 
rie.  282,  416,  417;  419;  557 

(a  p.  282  si  errò  dicenJo  che  in  esso  fu  posta  la 
testa  del  Battista;  vuoisi  inve.;e  clie  Gesù 
abbia  mangi.ito  in  esso  l'agnello  nei'  ultima 
cena  degli  azimi.    —  V.  Aggiunte  e  correzioni). 

Scorcino  Giovanni  di  Voltaggio,  tri- 
buno della  plebe ,  yj  n.  ;  eletto 
anziano,  345  ;  bandito  da  Geno. a 
reo  di  lesa  maestà,  409,  529;  anno- 
verato nella  lista  dei  cittadini  che 
parteciparono  alla  fazione  popo- 
lare, 552. 

Scrivia  (fiume),  ingrossatosi  per  una 
pioggia  torrenziale  travolge  alcuni 


Indice  Alfabetico 


693 


uomini  del  seguito  di  Luigi  XII, 
279. 

Scrivici  (valle  della),  gli  uomini  di  essa 
si  mettono  in  arme  contro  Teser- 
cito  francese,  2  55  n.   i. 

Seine,  vi  era  consigliere  di  giustizia 
Stefano  di  Gernerieu,  219  n.  1. 

Semino  Pantaleone,  commissario  al 
Gastellaccio,  22  3  ;  bandito  da  Ge- 
nova reo  di  lesa  maestà,  409,  529. 

Semino  Pantalino,  percuote  Gasale  da 
Gamilla,  353. 

Senaco,  quelli  di  Gastiglione  vi  co- 
struiscono una  bastia,  389. 

Senarega  Bartolomeo  (in  qualità  di 
cronista)  nel  Commentarium  de 
rebus  genuensibus  ab  a.  i488  ad 
a.  i5i4,  RR.  II.  SS.,  Tomo  XXIV, 
rie.  XI,  n.  3;  dà  notizie  sulle  cause 
delle  ostilità  fra  nobili  e  popolari, 

4  n.  i;  5  n.  i;  erra  la  data  della 
prima    sommossa   contro  i  nobili, 

5  n.  2  ;  rie.  7  n.  i  ;  9  n.  i,  n.  2  ; 
dà  notizie  sui  tentativi  di  pacifica- 
zione tra  nobili  e  popolari,  i  o,  n.  i  ; 
rie.  24  n.  I  ;  suiringresso  del  go- 
vernatore in  Genova,  3o  ;  erra  la 
data  deiringresso  di  lui  e  di  Gian 
Luigi  Fieschi  in  Genova,  3 1  n.  i , 
n.  2;  32  n.;  raccoglie  le  voci  sulla 
avidità  di  denaro  del  governatore, 
34  n,  ;  notizie  sulPopera  degli  ar- 
tefici e  dei  mercanti  nella  cacciata 
di  G.  L.  Fieschi,  45  n.  i  ;  rie.  48 
n.  I  ;  erra  la  data  delP  arrivo  di 
Ferdinando  il  Gattolico  a  Genova, 
58  n.  2;  rie.  jG  n.  i;  77  n;  78  n.  i; 
giudizi  sulla  politica  del  Ravenstein, 
78  n.  2;  sulle  imprese  contro  Mo- 
naco, 90,  n.  3;  rie.  120  n.  i;  124 


n.  2;  170  n.  i;  172  n.  1;  175  n.; 
177  n.  1;  179  n.  2;  189  n.  i,  219 
n.  i;  222  n.  i  ;  notizie  sulla  elezione 
di  Paolo  da  Novi,  237,  n.  3;  238; 
rie.  245  n.  i;  248  n.  i;  sulla  scon- 
fitta delle  truppe  del  Fieschi  a 
Ruta,  233,  n.  2;  erra  la  data  del 
secondo  giorno  di  combattimento 
fra  genovesi  e  francesi,  265  n.  1; 
rie.  267  n.  I  ;  erra  la  data  del 
giorno  della  resa  di  Genova,  267 
n.  2;  rie.  269  n.  3;  271  n.  i;  277 
n.  I  ;  278  n.  I,  n.  2  ;  287  n.  2  ; 
289  n.   i;  3o2;  3 IO. 

—  (in  qualità  di  cancelliere  del  Co- 
mune) stende  il  proclama  che 
promette  ai  popolari  i  due  terzi 
degli  offici  civili,  11,  421,  422; 
redige  un  grida  che  ingiunge  a 
tutti  i  cittadini  di  recarsi  incontro 
al  governatore,  29,  3o,  n.  i  ;  è 
testimone  in  un  istrumento  inviato 
a  Nicolò  Oderico,  34  n.;  convalida 
colla  sua  firma  alcune  modificazioni 
ad  un  decreto,  48  n.  1;  stende  il 
decreto  per  le  riforme  nelle  ele- 
zioni degli  officiali  del  comune, 
65,  340;  scrive  ai  commissari  e  ai 
castellani  per  la  consegna  delle 
Riviere,  72  ;  è  annoverato  nella 
lista  dei  cittadini  che  parteciparono 
alla  fazione  popolare,  552. 

Senarega  Bernardino ,  bandito  da 
Genova  reo  di  lesa  maestà,  409. 

Senarega  Giacomo,  19  n.  3;  fa  le  veci 
di  Nicolò  Oderico  come  sapiente 
del  comune,  19  n.  3. 

Senarega  Menichetto,  guida  in  Castel- 
letto alcuni  uomini  venuti  da  Mon- 
toggio,    ì^ì^-^    viene    arrestato   ed 


45 


694 


Indice    Alfabetico 


impiccato  a  Palazzo  come  spia  dei 
Fieschi,  'Syy.    . 

Senato  di  Genova,  v.  Genova  (Senato). 

Senatori  di  Genova,  v.  Genova  (Se- 
natori). 

Senestraro  Agostino,  è  inviato  a  Carlo 
di  Chaumont  per  chiedergli  se 
voglia  ricevere  due  ambasciatori 
genovesi,  26J,  ^97;  annoverato 
nella  lista  dei  cittadini  che  parte- 
ciparono alla  fazione  popolare,  55 J. 

Senonensis  archiepiscopus,  v.  Salazar 
Stefano  Tristano. 

Senovensis  archiepiscopus,  errato  per 
Senonensis. 

Sens  (arcivescovo  di),  v.  Salazar  Ste- 
fano Tristano. 

Sentallo  (dominus  de),  capitano  della 
Riviera  di  Ponente.  88  n.  4,  475. 

Sepolina,  v.  Cipollina. 

Seranno  (Monsignor  di),  v.  Sèrenon 
(signore  di). 

Sèrenon  (signore  di),  v.  Luigi  di 
Villeneuve. 

Serexino,  v.  Ceresino. 

Serra  Antonio,  eletto  padre  del  co- 
mune, 345  ;  eletto  officiale  della 
moneta,  53  i,  534. 

Serra  (casa),  presso  Banchi,  è  colpita 
dalPartiglieria  di  Castelletto,   3y6. 

Serra  (famiglia),  è  chiamata  a  parte- 
cipare al  governo  della  città  durante 
la  fazione  popolare,  553. 

Serra,  paese  in  valle  di  Polcevera  in- 
cendiato e  saccheggiato  dalle  truppe 
francesi,  2  55,  394, 

Serra,  Storia  della  Repubblica  di 
Genova^  Gravier,  i836,  rie.  ^6 
n.  1. 


Serra  valle,  località  presso  Monaco, 
160  n.   1. 

Serravalle  Scrivia,  luogo  degli  Adorno, 
61;  vi  è  trattenuto  il  grano  inviato 
in  Liguria,  179,  363;  vi  si  fermano 
gli  ambasciatori  popolari  diretti  a 
Carlo  d''Amboise  e  mandano  a 
chiedere  un  salvocondotto,  ma  de- 
vono partirne  per  le  molestie  di 
alcuni  nobili  genovesi,  21 5,  216, 
iy^)-,  522;  rie.  467. 

Serravalle  Servano  (Silvano  ?),  luogo 
degli  Adorno,  336. 

Serveto  Gregorio,  preposto  con  34 
uomini  alla  difesa  di  Mentone,  si 
arrende  air  esercito  francese  del 
d^Allègre,  206,  207,  384. 

Servi  (ordine  dei),  un  predicatore  di 
detto  ordine  biasima  la  compagnia 
della  Trinità  formatasi  in  quei 
tempi.  38 1;  rie.  442. 

Sestieri  di  Genova,  v,  Genova  (Se- 
stieri). 

Sesto  {Sextus\  località  nella  Riviera 
di  Levante,  rie.  229  n.   1. 

Sestri  (da),  v.  Merello  Andrea  da  S. 

Sestri  Levante,  vi  sono  inviati  200 
fanti  per  aiutare  T  impresa  contro 
Chiavari,  S3^  451,  452;  riuscita 
rimpresa,  100  di  essi  lasciano  S. 
per  andare  a  guernire  Chiavari,  54; 
vi  giungono  i  capi  partito  Fregoso, 
174,  358;  ne  partono  i  fanti  assol- 
dati dai  Fregoso,  175,  359;  '^i 
sono  mandati  da  Genova  due 
commissari  per  rimettervi  la  quiete, 
176;  invio  di  due  nuovi  commis- 
sari, 226  ;  si  stringe  in  lega  con 
diversi  paesi  vicini,  389, 


Indice    Alfabetico 


693 


Sestri  Levante  (da),  v.  Bartolomeo  de 
Rippa  da  S. 

Sestri  Ponente,  rie.  14;  i  nobili  e  il 
governatore  di  Genova  muovono 
sino  a  S.  P.  incontro  al  re  di 
Spagna,  58,  33^;  le  truppe  tedesche 
lasciate  fuori  di  Genova  da  Luigi  XII 
mettono  a  ruba  il  territorio  di  S.  P., 
402;  rie.  490. 

Sestri  Ponente  (uomini  di),  accorrono 
in  Genova  per  aiutare  i  popolari 
ma  vengono  congedati,  14,  3i7;i 
prigionieri  per  debiti  verso  lo  stato 
vengono  liberati  dai  popolari,  16, 
319;  17  n.  ;  vengono  in  aiuto  dei 
popolari  di  Genova  per  inseguire 
i  Fieschi,  39,  325,  326;  i  «  canioni  » 
di  esso  si  raccolgono  in  Rivarolo 
con  quelli  di  Voltri,  Bisagno  e  Pol- 
cevera  per  deliberare  di  aiutare  i 
popolari  di  Genova,  371  ;  gli  uo- 
mini di  S.  sono  dichiarati  immuni 
da  ogni  tassa,  391;  muovono  con 
altri  dei  dintorni  contro  Voltaggio 
ove  è  giunta  V  avanguardia  fran- 
cese, 392. 

Sextus,  V.  Sesto. 

Sforza  Giovanni,  capo  archivista  del- 
l'" Archivio  di  Stato  in  Torino , 
296  n.  2. 

Sforza  Ludovico,  è  ricordato  un  mar- 
chese suo  parente ,  capitano  di 
schiere  nelPesercito  genovese  con- 
tro Monaco,   128. 

Sicilia  (Cicilia),  rie.  33o. 

Siena,  concorre  con  Genova  e  Lucca 
a  raccogliere  somme  in  favore  di 
Pisa,  j6  n. 


Sigismondo  dei  Conti  di  Foligno,  Storia 
dei  suoi  tempi  dal  i4j5  al  i5io, 
rie.  412  n.   i. 

Signoria  di  Pisa,  v.  Pisa  (Signoria  di). 

Silvestra  (priora  di  qualche  mona- 
stero), rie.  442. 

Simone  di  Bavari,  bandito  da  Genova 
reo  di  lesa  maestà,  409,  529. 

Simonetta  (casa),  una  donna  di  essa 
va  in  sposa  ad  Alfonso  del  Car- 
retto, 57  n.   i. 

Sindicatori  di  Genova,  v.  Genova  (Sin- 
dicatori). 

Sindici  del  comune  di  Genova,  v. 
Genova  (Sindici). 

Sivori  Antonio ,  commissario  delle 
milizie  contro  Monaco,  106;  gli 
anziani  lo  chiamano  per  sapere  se 
appartenga  alla  compagnia  della 
Trinità,  38 1. 

Soffia  Bartolomeo ,  eletto  anziano , 
14,  317;  annoverato  nella  lista  dei 
cittadini  che  parteciparono  alla 
fazione  popolare,  5  5 1 . 

Soffia  Corrado,  dottore,  ucciso  dai 
popolari,  61,  336;  annoverato  nella 
lista  dei  cittadini  che  parteciparono 
alla  fazione  popolare,  55 1. 

Solani,  V.  Isolani. 

Solario  Battista  {Battista  de  Solaris), 
commissario  a  Levanto,  1 00  ;  tri- 
buno, incaricato  di  requisire  le 
artiglierie  e  le  munizioni  della 
nave  Negrona  ,  191;  incaricato 
nuovamente  di  requisire  tutte  le 
armi  che  si  trovano  nelle  case  dei 
nobili,  225;  e  di  provveder^  che  i 
nobili  dimoranti  in  Genova  o 
presso  di  essa  non  si  allontanino, 
22  5,  n.  3  ;  inviato  con  milizie  in 


69Ó 


Indice    Alfabetico 


vai  di  Polcevera  per  sostenere  i 
polceveraschi  contro  Pesercito  fran- 
cese, 254;  bandito  da  Genova  reo 
di  lesa  maestà,  409. 

Solario  Francesco,  pubblico  banditore, 
227  n. 

Solario  Obertino  {Solavo  O.)  di  Asti, 
podestà  di  Genova,  riesce  a  calmare 
per  poco  i  popolari  adirati  contro 
i  nobili,  5;  il  governatore  di  Ge- 
nova gli  invia  lettere  dalla  corte  di 
Francia  dandogli  facoltà  d"'  impri- 
gionare e  giustiziare  i  faziosi,  6  n.; 
le  sue  misure  contro  i  nobili  ven- 
gono respinte  dal  Senato,  7;  rie.  8 
n.  2;  ritornati  i  nobili  in  città 
viene  rimesso  in  carica,  280  n.  3, 
410. 

Solaris  (de),  v.  Solario  Battista. 

Sopranis  Giacomo  di  Andora  (lacobus 
de  Sopranis^  Giacomo  de  Andora\ 
eletto  per  la  riforma  degli  offici, 
66-^  riceve  Tordine  di  seguire  il  re 
a  Milano,  408  ;  colP  avviso  che 
potrà  essere  sostituito  da  Paolo  de 
Franchi ,  528  ;  i  suoi  creditori 
ottengono  che  egli  non  si  muova 
da  Genova,  279  n.  2,  411  ;  anno- 
verato nella  lista  dei  cittadini  che 
parteciparono  alla  fazione  popo- 
lare, 553. 

(iial  testo  a  p.  66  si  tradusse  erroneamente 
Sopranis  in  Sovrani). 

Sori,  le  truppe  genovesi  inviate  contro 

il  Fieschi  vi  arrestano  un  Negrino 

di  Montoggio,  393. 
Sovrani  Giacomo,  errato  per  Sopranis 

Giacomo. 
Spagna  (ambasciatore  del  re  di),  invia 

da  Asti  un  messo  ai  genovesi  per 


esortarli  a  cedere  al  re  di  Francia, 
248,  391;  rie.  249  n.  i;  i  genovesi 
gli  espongono  le  ragioni  della 
guerra  col  re  di  Francia,  391,392; 
rie.  418. 
Spagna  (Corona  di),  57; 

—  (Diritto  di),  55; 

—  (Nave  di),   166,  5i3. 

—  (Re  di),  V.  Ferdinando  il  Cattolico. 

—  (Soldati  di),  i3o. 

Spagnola  (flotta),  inviata  da  Ferdi- 
nando il  Cattolico  in  aiuto  della 
flotta  francese,  236,  388;  cattura 
presso  monte  Argentare  una  fasta 
genovese,  236,  386;  si  unisce  alla 
flotta  francese,  236  n.  3,  388; 
parte  da  Genova,  404. 

Spagnoli  {sudditi  del  re  di  Spagna), 
taglieggiati  dal  signore  di  Monaco, 
91  n.  5,  465,  466;  commettono  rap- 
presaglie contro  i  genovesi,  92  n., 
465. 

Sperone,  castello  presso  Savona,  369. 

Sperone,  torre  delle  mura  di  Monaco 
presso  alla  quale  avvenne  una 
fiera  mischia  tra  genovesi  e  mo- 
negaschi, 2o3. 

Sperone  di  Pietrasanta,  governatore 
di  Genova  per  il  duca  di  Milano 
(an.   1422),  56 1. 

Spezia,  i  commissari  del  governo  po- 
polare di  Genova  la  tolgono  al 
dominio  dei  Fieschi,  46,  329,  45o, 
45 1;  rie.  47  n.  ;  Filippino  Fieschi 
la  ritoglie  ai  popolari,  49,  5o,  n.  i, 
33 1  ;  pare  che  Fimpresa  gli  sia 
riuscita  facile  perchè  il  castello 
della  Spezia  era  ancora  occupato 
dalle  milizie  dei  Fieschi,  5o,  33 1  ; 
preparativi  di  Genova  per  ripren- 


Indice    Alfabetico 


697 


derla  ai  Fieschi,  5i,  332,  333]  52 
n.  I  ;  viene  ripresa  senza  resistenza, 
53,  333;  ne  sono  conquistati  anche 
il  castello  e  la  bastia,  53,  333;  le 
truppe  genovesi  muovono  dalla 
S.  contro  Chiavari,  53,  n.  i,  452; 
69  ;  ~3  n.  I  ;  guarnigione  della  S. 
100;  castellano  della  bastita,  100 
n.  2;  rie.  110;  1 20;  Ottaviano  Fre- 
goso  si  dirige  alla  volta  di  essa, 
171  ;  il  doge  ordina  ai  porto  vene- 
resi  di  assicurare  gli  abitanti  della 
S.  che  saranno  risarciti  dei  danni 
che  potranno  soffrire  dai  nemici 
di  Genova,  242  ;  dopo  il  ritorno 
del  governo  francese  in  Genova, 
viene  occupata  da  Antonio  Palla- 
vicino; Anton  Maria  Fieschi  ne  lo 
caccia  ma  deve  poi  cedere  a  Galeazzo 
Pallavicino;  la  questione  viene  ri- 
solta da  due  commissari  francesi, 
281,  401,  41  \,  412. 
Spezia  (Commissari  alla),  v.  Genova 
(Commissari). 

—  fGolfo),  vi  entra  la  flotta  franco- 
spagnola e  tenta  uno  sbarco  presso 
Marola,  245,  392  ;  rie.  255  n.  i  ; 
da  Genova  si  mandano  «  al  golfo  » 
(di  Spezia?)  due  navi  cariche  di 
sale,  374. 

—  (Sindici  e  Consiglio),  accettano 
volentieri  il  dominio  dei  popolari^ 
45o,  45 1. 

Spinola  Andrea,  inviato  dai  nobili 
genovesi  al  re  di  Francia,  1 10  n.  2, 

Spinola  Antonio ,  ambasciatore  dei 
nobili  genovesi  al  re  di  Francia, 
120  n.   I,  463. 

Spinola  Battista  di  Gregorio,  eletto  «ca- 
pitano della  libertà»  (an.  1442),  563. 


Spinola  Battista  di  Luccoli  q.  S.,  am- 
basciatore dei  nobili  genovesi  a 
Carlo  di  Chaumont,  344  ;  eletto 
officiale  di  S.  Giorgio,  403,  534  i 
corre  voce  che  insieme  ad  altri 
nobili  stenda  liste  di  proscrizione 
dei  popolari,  273,  404. 

Spinola  Carlo,  incaricato  dalP  officio 
di  Balia  di  udire  le  lagnanze  dei 
cittadini  e  consigliare  i  rimedi 
opportuni,  286. 

Spinola  Cristoforo,  banchiere,  rie.  55 
n.  3. 

Spinola  (famiglia),  appartiene  al  par- 
tito dei  nobili,  16  n.  i  ;  alcuni 
membri  di  essa  abitano  a  Quarto, 
319;  cede  Pieve  di  Teco  alPofficio 
di  S.  Giorgio  (an.  i5i2),  66  n.  2; 
rie.  88;  89;  gli  Sp.  abitanti  a  Quarto 
lo  abbandonano,  180,  364;  alcuni 
membri  della  famiglia  sono  elevati 
alla  carica  di  anziano  e  di  officiale 
della  Balia  dopo  Pingresso  del  re 
di  Francia  in  Genova,  273,  402; 
possiede  castelli  in  Lunigiana,  354; 
è  chiamata  a  partecipare  al  go- 
verno della  città  durante  la  fazione 
popolare,  553. 

Spinola  Francesco  detto  il  Moro,  am- 
basciatore al  re  d''  Aragona,  60  ; 
possiede  una  casa  in  Cornigliano, 
viene  arrestato  da  certi  tristi  plebei 
e  tradotto  a  Rivarolo,  365;  la  sua 
casa  è  bruciata    dalla   plebe,  247. 

Spinola  Francesco,  ammiraglio  geno- 
vese fatto  prigioniero  dai  veneziani 
(an.  1431J,  562;  eletto  «  difensore 
della  libertà»  (an.  1436),  562. 

Spinola  Galeotto,  eletto  capitano  di 
Genova  (an.  i334),  588. 


Ó98 


Indice  Alfabetico 


Spinola  Gian  Giacomo,  eletto  anziano, 
345. 

Spinola  Giovanni,  é  in  lite  con  Pier 
Maria  Assereto  riguardo  al  luogo 
di  Serravalle  e  pare  riceva  sen- 
tenza contraria  dal  consiglio  regio, 
467. 

Spinola  Luca  di  S.  Luca,  eletto  capi- 
tano dei  nobili,  3i5;  è  signore  di 
Pieve  di  Teco,  66,  340;  rie.  94; 
Gian  Giacomo  Trivulzio  ne  prende 
le  difese  contro  i  popolari,  96  n.  3, 
455;  lo  Sp.  aveva  chiesto  aiuto  a 
Milano,  97  n.  ;  lettere  inviate  da 
esso  ai  cittadini  da  Albenga,  232 
n.  2,  386  ;  viene  eletto  officiale 
della  Balia,  402,  53o,  534  ì  suo 
figlio  rioccupa  Pieve  di  Teco,  281, 
410. 

Spinola  Maria  Maddalena,  abbadessa 
di  S.  Paolo  di  Genova,  promette 
di  pregare  per  la  salvezza  di  Ge- 
nova, 443. 

Spinola  Martino  di  Luccoli,  insulta  il 
notaio  Giuseppe  Dernice,  6  n., 
3i3. 

Spinola  Nicola,  q.  Francesco,  è  inca- 
ricato dai  nobili  di  studiare  il 
modo  per  rientrare  in  città,  2 1  n.; 
viene  eletto  anziano,  402 ,  53o, 
534. 

Spinola  Oberto,  eletto  capitano  di 
Genova  (an.  1270J,  557. 

Spinola  (ponte  degli),  v.  Genova  (Ponti 
del  porto). 

Spinola  Stefano  di  S.  Luca,  si  trova 
a  Cornigliano  ed  è  citato  a  com- 
parire dinanzi  ai  tribuni,  36 1. 

Spirito  (di),  V.  Lorenzo  di  Spirito. 

Squarciafichi  (famiglia),  è  chiamata  a 


far  parte  del   governo    della   cittcà 
durante  la  fazione   popolare,  553, 

Squarciafichi  (piazza  dei),  v,  Genova 
(Piazze). 

Staglieno,  vi  abita  Senarega  Meni- 
chetto,  366-^  rie.  3yy. 

Staglieno  Marcello,  Intorno  al  doge 
Paolo  da  Novi  e  alla  sua  famiglia^ 
in  Atti  Soc.  Lig.  di  St.  Pat.  Voi.  XIII, 
rie.  239  n.  2;  290  n.    i. 

Stefanino  di  Fontanabona  detto  Rosa, 
bandito  da  Genova  perchè  fautore 
dei  nobili,  5 1   n.  3 . 

Stefano  di  Moneglia,  eletto  per  la 
riforma  degli  offici,  6()-^  incaricato 
per  tre  mesi  delFamministrazione 
del  comune,  172,  357;  detto  of- 
ficio viene  abolito,  366;  scelto  dai 
mercanti  per  pacificare  gli  animi 
dei  cittadini,  3^3  ;  viene  eletto 
anziano,  402,  53o,  534;  annoverato 
nella  lista  dei  cittadini  che  parte- 
ciparono alla  fazione  popolare,  55  i . 

Stefano  di  Poncher,  vescovo  di  Parigi 
{Parisiensis  episcopus),  è  testimone 
alla  concessione  dei  privilegi  dati 
dal  re  di  Francia  ai  genovesi,  549. 

Stella,  il  podestà  di  S.  é  invitato  a 
venire  a  Genova,  99;  il  doge  esorta 
gli  abitanti  di  S.  ad  opporre  ga- 
gliarda resistenza  ai  nemici,  246  ; 
li  loda  per  F  opera  compiuta  e  li 
fa  esenti  da  ogni  tassa,  246. 

Stella  Nicolò,  segretario  della  repub- 
blica veneta  a  Milano,  dà  notizia 
delle  severe  misure  prese  contro 
i  popolari  genovesi,  2i5  n.  2. 
Stradioto  impinctore,  v.  Bolasco  Ber- 
nardo. 
Sturla  (valle  di),  {Vadestiirla\    vi   si 


I 


Indice  Alfabetico 


ógg 


raccolgono  fanti  per  i  popolari  di 
Genova,  54  ;  gli  uomini  di  essa 
inseguono  le  truppe  dei  Fieschi 
rotte  dai  popolari,  394  ;  molti  di 
essi  accorrono  in  aiuto  di  Genova 
contro  Pesercito  francese,  3g5. 

Sudario,  furto  di  esso,  3 02. 

Suisseri,  v.  Svizzeri. 

Suissi,  v.  Svizzeri. 

Susa,  vi  è  inviato  Bartolomeo  Usil- 
lione  per  arrestare  i  genovesi  pas- 
santi pel  ducato  di  Savoia,  1 1 8 
n.  3. 

Suspe,  località  nella  Riviera  di  Ponente, 
rie.  477. 

Suvero  (Siivori)^  castello  appartenente 
ai  Fregoso,  356. 

Suvori,  v.  Suvero. 

Svizzeri  (Suissi^  Suisseri),  assoldati 
neir  esercito  francese,  2  58  n.  2; 
cento  di  essi  prendono  parte  al 
corteo  pel  solenne  ingresso  del  re 
di  Francia  in  Genova,  270,  400  ; 
si  chiedono  al  comune  3  0.000 
ducati  per  licenziarli,  271,  400; 
rie.  272. 


T 


Taggia  (  Thabia\  dipende  da  Genova, 
88;  il  sindico  di  T.  con  quelli  di 
altre  città  della  Riviera  chiedono 
Pabolizione  delP  officio  del  capita- 
neato,  88  n.  4,  474;  apre  le  porte 
alPesercito  francese,  2  36,  387;  rie. 
480,   520. 

Tarlatini  Tarlatino,  (molto  spesso  è 
chiamato  semplicemente  Tarlatino 
o  anche:  lo  capitanò),  capitano  di 
Pisa,   eletto    a    capo    delPesercito 


genovese,  74,  452,  453;  rie.  454; 
cenni  biografici,  74  n.  i,  75  n.  : 
rie.  loi  ;  102  n.  ;  106;  sue  man- 
sioni, 109;  scrive  a  Luigi  di  Bervey 
circa  i  fanti  forestieri,  109  n.  6, 
1 1  o  n.  ;  assume  il  comando  dello 
esercito  inviato  contro  Monaco, 
ii3,  114;  i  commissari  gli  racco- 
mandano di  terminare  presto  la 
impresa,  119;  rie.  128;  129  n.  i, 
n.  2  ;  i37;  dei  riguardi  da  usarsi 
verso  di  lui  dai  supremi  commis- 
sari, 144;  rie.  147;  erede  necessari 
grandi  rinforzi  per  poter  prendere 
Monaco,  147,  497;  rie.  1 5o  n.  2, 
353;  lodato  dai  commissari,  i58, 
5o5;  e  da  Luigi  di  Bervey,  159, 
5o9  ;  fortifica  le  alture  di  Mone- 
ghetti  ,  1 60  n.  I  ;  rie.  1 64  n.  2  : 
viene  esortato  dai  tribuni  a  porre 
termine  alPassedio  di  Monaco,  1 83 
n.,  n.  I  ;  lodato  dai  commissari 
per  il  suo  coraggio  e  la  sua  abne- 
gazione, 198,  520;  propone  di 
inviare  a  Genova  Alarame  di  Bo- 
zolo  per  annunziarvi  lo  stato  mi- 
serando del  campo  e  chiedere 
soccorsi,  199,  520:  riceve  lettere 
dalla  Balia  con  sollecitazioni  di 
por  fine  alP  impresa,  per  timore 
di  complicazioni  e  perchè  a  Genova 
si  ha  bisogno  di  lui,  201,  202  ; 
dopo  lo  sfortunato  assalto  alla 
rocca  di  Monaco  si  ritira  con  Peser- 
cito  a  Ventimiglia,  donde  i  geno- 
vesi attendono  invano  che  esso 
accorra  a  Genova,  25o,  25 1,  397; 
da  Ventimiglia  si  ritira  a  Pieve  di 
Teco,  404;  ove  non  osa  resistere 
al  figlio  di  Luca   Spinola   presen- 


700 


Indice  Alfabetico 


tatosi  con  lettere  regie,  281,  410; 
rie.  484,  486,  487,  490,  495,  499, 
5oo,  5o5. 

Tasistro  Battista,  inviato  commissario 
a  Lestri  Levante,  53,45i;  mandato 
ad  arruolare  soldati  in  Lunigiana 
ne  ritorna  con  400  uomini,  162, 
354,  356]  annoverato  nella  lista 
dei  cittadini  che  parteciparono  alla 
fazione  popolare,  552. 

Tasistro  Pantaleone,  castellano  della 
bastita  della  Spezia,  100  n.  2. 

Tassorello  Gerolamo  {G.  Tasorello), 
bandito  da  Genova  perché  fautore 
dei  nobili,  5i  n.  3,  332. 

Tedeschi  {Alemanni\  rie.  374;  ingag- 
giati neir  esercito  francese  contro 
Genova,  258  n,  2;  prendono  parte 
al  primo  scontro  coi  genovesi,  260; 
fanno  bottino  delle  armi  conse- 
gnate dai  genovesi,  271;  sono  licen- 
ziati, hanno  un  breve  scontro  coi 
montanari  dei  Giovi  e  ne  incen- 
diano i  villaggi,  272,  401,  402. 

Tenda,  vi  si  raccolgono  milizie  al 
soccorso  di  Monaco,  i33,  477, 
482. 

Tenda  (conte  di),  sue  mene  per  im- 
padronirsi di  Oneglia,  io3  n.  i, 
471. 

Terrile  Bianchina,  figlia  di  Marino,  si 
unisce  in  matrimonio  a  Paolo  da 
Novi,  239. 

Terrile  Gregorio,  eletto  capitano  a 
guardia  della  città  di  Genova,  62, 
33'j;  deputato  dal  partito  Fregoso 
a  regolare  gli  offici,  352;  annove- 
rato nella  lista  dei  cittadini  che 
parteciparono  alla  fazione  popolare, 
552. 


Terrile  Marco,  tribuno  della  plebe, 
yG  n.  1,  '/'j  n.;  rie.  172  n.  3;  173, 
n.  ;  il  suo  nome  occupa  il  primo 
posto  fra  quelli  dei  tribuni,  ma 
viene  poi  sostituito  da  quello  di 
Paolo  da  Novi,  178  n.  3;  rie.  180; 
238  ;  bandito  da  Genova  reo  di 
lesa  maestà,  409,  529. 

Terrile  Marino,  padre  di  Bianchina 
sposa  a  Paolo  da  Novi,  239;  ban- 
dito da  Genova  reo  di  lesa  maestà, 
409,  529. 

Testarincensis  episcopus,  è  testimone 
alla  concessione  dei  privilegi  dati 
dal  re  di  Francia  ai  genovesi,  549. 

Testerà  Stefano,  anziano,  14  n.  2. 

Thabia,  v.  Taggia. 

Tixi  di  Camogli, eletto  anziano,  38, 325. 

(nel  testo  è  chiamato  erroneamente  Fixi). 

Tobia  (paese  nella  Riviera  di  Ponente), 
rie.  474. 

Toirano,  Genova  scrive  ai  commissari 
contro  Monaco  di  aiutare  quei  di 
T.  e  lo  stesso  raccomanda  ai  co- 
muni di  Pietra  e  Giustenice,  206, 
n.  2. 

Tomaso  detto  lo  Mazon  o  lo  Manzo, 
bandito  da  Genova  reo  di  lesa 
maestà,  409,  529. 

Tomaso  di  Bruges,  bandito  da  Genova 
reo  di  lesa  maestà,  409,  529. 

Tonso  Pantaleone,  incaricato  di  requi- 
sire le  artiglierie  e  le  munizioni 
della  nave  di  Stefano  Negrone  a 
Portofino,  193  n.   i. 

Tontinis,  errato  per  Tossinis. 

Torello  Guidone  {Gi torello)^  governa- 
tore di  Genova  pel  duca  di  Milano 
fan.   1422),  56 1. 


Indice  Alfabetico 


701 


Torino  (Archivio  di  Stato),  rie.   296. 

Torino  (  Turino)^  Tambasciatore  geno- 
vese Bernardo  Veneroso  parte  alla 
volta  di  T.,  107;  ritorna  a  Genova, 
III  n.  i;  1 17  ;  rie  1 18,  n.  3  ;  è 
rimandato  a  T.,  i56;  rie.  166  n.; 
ritorna  una  terza  volta  a  T.,  igS; 
rie.  196  n.  1  ;  vi  giunge  il  re 
Luigi  XII,  248;  391;  rie.  296  n.  2. 

Tornacensis  episeopus  (veseovo  di 
Tournay),  v.  Carlo  di  Hautbois. 

Torre  (della)  Gerolamo,  capo  partito 
Adorno,   176,  3 60. 

Torre  (della)  Raffaele^  commissario 
nella  Riviera  di  Ponente,  99,  145, 
35 1,  5oo  ;  lettere  inviategli  dai 
commissari  al  campo  di  Monaco, 
1 60;  rie.  1 84,  5 1 8;  eletto  capitano 
di  3 00  fanti  mandati  contro  Feser- 
eito  francese  del  d'' Allègre,  232 
n.  2  ;  incaricato  di  dirigere  la 
difesa  di  Albenga,  2  36;  bandito  da 
Genova  reo  di  lesa  maestà,  409, 
529  ;  annoverato  nella  lista  dei 
cittadini  che  parteciparono  alla 
fazione  popolare,  552. 

Torri  di  Genova,  v.  Genova   (Torri). 

Tortona  {Dartona\  vi   si    reca    Gian 
Luigi  Fieschi,  3 1 9  ;  vi  si  trattiene 
Carlo  di  Chaumont  d''Amboise,  27, 
28  ;  vi  è  arrestato  P  «  ordinario  » 
proveniente   da  Venezia  e  diretto 
a    Genova,    374  ;  è  tra    le    prime 
città    che    ebbero  le   casaece    dei 
disciplinanti  (an.  1260),  557. 
Toscana,  rie.  289. 
Toscana  (soldati  di),  rie.  i3o. 
Toso,  V.  Franchi  (de)  Pantaleone. 
Tossinis  Pantaleo,  eletto   sindicatore. 


345  ;  annoverato  nella  lista  dei 
cittadini  che  parteciparono  alla 
fazione  popolare,   552 

(a  pag.   345  fu  stampato  per  errore  Tontiiiis  per 
Tossinis). 

Tournay  (vescovo  di),  v.  Carlo  di 
Hautbois, 

Tours  (di),  V.  Renato  Guyton. 

Tours  (Montils  les)  (Turones)^  I-^iigi 
XII  invia  da  T.  lettere  a  Genova, 
9  n.  2;  22  n. 

Tovelio  Antonio,  annoverato  nella 
lista  dei  cittadini  che  parteciparono 
alla  fazione  popolare,  553. 

Trasto,le  milizie  genovesi  v''ineontrano 
quelle  francesi  che  si  ritirano,  392. 

Trevixi  (di),  v.  Francesco  di  Trevixi. 

Tribuni  della  plebe  in  Genova,  v. 
Genova  (Tribuni). 

Trincherò  Battista  (B.  Trinche)^  ban- 
dito da  Genova  reo  di  lesa  maestà, 
409,  529. 

Triulcius,  V.  Trivulzio  Gian  Giacomo. 

Triulsi,  V.  Trivulzio    Gian    Giacomo. 

Trivulzio  Gian  Giacomo  {lohannes 
lacobiis  Triulcius  -  lohanni  lacobo 
da  Triulsi],  scrive  ai  valligiani  di 
Pieve  di  Teco  esortandoli  a  serbar 
fede  a  Luca  Spinola,  96,  n.  3  ; 
455;  e  ne  riceve  un^ardita  risposta, 
96,  97  n.,  455,  456;  invia  truppe 
in  soccorso  del  signore  di  Monaco, 
i3o,  477;  si  chiedono  notizie  sulla 
sua  corte,  141,  495;  le  sue  milizie 
riescono    ad   entrare    in  Monaco, 

149.  499- 
Trucco  Antonio  (Antonio  lo  Trucho), 

inviato    commissario  a   S.    Remo, 

232,  385. 
Trucco  Ant.  Franc,  Gli  ultimi  giorni 


702 


Indice  Alfabetico 


della   repubblica   di   Genova  e  la 
comunità    di   Novi,  rie    20,  n.  3. 

Turbella,  località  in  vai  di  Polcevera 
difesa  dai  genovesi  contro  i  fran- 
cesi, 262,  396. 

Turbia,  rie.  127,  478;  occupata  da 
truppe  mercenarie  nemiche  dei 
genovesi,  i32,  479;  rie.  i32  n.  2; 
vi  giungono  cinquecento  venturieri 
francesi,  i35  ;  rie.  i35  n.  i,  352, 
485;  ed  il  figlio  del  governatore  di 
Savona,  1 40,  494;  vi  è  pure  inviata 
dal  duca  di  Savoia  una  forre  guar- 
nigione di  piemontesi,  140  n.  4, 
495;  rie.  141;  preoccupazione  dei 
genovesi,  1 47,  497  ;  scontro  fra  i 
genovesi  e  i  fanti  della  T.,  148, 
499:  che  proteggono  V  entrata  in 
Monaco  di  milizie  ausiliarie,  149, 
353,  499;  rie.  1 5o;  i5i;  alcuni 
nobili  genovesi  vi  portano  denari 
per  le  truppe,  i55,  353;  i  fanti 
della  T.  sono  in  continue  seara- 
mueeie  eoi  genovesi,  161,  5 1 2  ; 
loro  azione  combinata  colle  truppe 
di  Monaco,  161,  356;  hanno  la 
peggio  in  una  scaramuccia  coi 
genovesi,  164,  5i5;  rie.  i65,  5i5; 
essendosene  allontanato  Giacomo 
d"'Allègre  viene  assalita  e  pre&a  (?) 
dai  genovesi,  i65  n.  i  ;  rie.  167; 
corre  voce  che  il  duca  di  Savoia 
abbia  licenziato  da  essa  i  venturieri, 
la  notizia  è  falsa  poiché  poco  dopo 
essi  calano  sulle  artiglierie  genovesi 
ma  ne  sono  respinti  con  gravi 
perdite,  192,  370;  si  cerca  di  otte- 
nere dal  duca  di  Savoia  la  proibi- 
zione di  mandare  aiuti  dalla  T.  a 
Monaco,   195;  vi  giunge  una  gran 


moltitudine  di  armati,  204,  38 1. 
Turrio  (di),  v.  Anton  Maria  di  Turio. 

u 

Ugo  di  Alvernia,  signore  di  Choletton, 
[Chi  ari  afone),  governatore  di  Ge- 
nova per  il  re  di  Francia  (an.  1 409), 
5  60. 

Urbino  (duca  di),  partecipa  al  solenne 
ingresso  del  re  di  Francia  in  Ge- 
nova, 400. 

Ursino,  V.  Orsini  Gian  Giordano. 

Uscio  (paese  presso  Recco),  vi  passa 
Rolandino  Fieschi  tentando  di  av- 
volgere le  truppe  popolari  in  Recco, 
253. 

Usillione  Bartolomeo,  scudiero  del 
duca  di  Savoia  inviato  a  Genova 
per  ingiungere  ai  genovesi  di  non 
muovere  contro  Mentone  e  Rocca- 
bruna,  104,  io5,  1 07;  mandato  ad 
Aviglianaea  Susa  per  arrestare  i 
genovesi  passanti  pel  ducato  di 
Savoia,  118  n.  3  ;  inviato  nuova- 
mente a  Genova  per  riprendere 
trattative  coi  genovesi ,  ritorna 
poco  dopo  a  Torino,  194,  36 1, 
362. 

Usodimare  Anfreone,  la  sua  casa  a 
Banchi  è  saccheggiata  dalla  plebe, 
17  n.,  3  1 9  ;  rie.  come  banchiere, 
55  n.  3  ;  sono  inviati  nella  sua 
casa  a  Banchi  tre  nobili  arrestati 
dai  bisagnini,  187,  368;  la  sua  casa 
e  scelta  per  alloggiare  il  signore 
di  Fois ,  ma  viene  trovata  chiusa, 
418,  419. 

Usodimare  (famiglia),  è  chiamata  a 
partecipare  al  governo  della  città 
durante  la  fazione   popolare,  553. 


Indice    Alfabetico 


703 


V 

Vabrensis  episcopus  (vescovo  di  Va- 
bres),  V.  Luigi  di  Narbona. 

Vabres  (vescovo  di),  v.  Luigi  di  Nar- 
bona. 

Vacca  (porta  dei),  v.  Genova  (Porte). 

Vadesturla,  v.  Sturla  (valle  di). 

Vado  (  Voe\  vi  riparano  per  il  mal 
tempo  alcune  navi  dirette  a  Monaco, 
174,  358;  il  doge  scrive  air  «  uni- 
versità »  di  V.  lodandone  la  fedeltà 
ed  il  coraggio  contro  i  nemici  di 
Genova  e  permettendo  di  assal- 
tarli e  derubarli,  246. 

Vado  (  Voa)  (cardinale  di),  arriva  in 
Asti,  388. 

Valdetaro  Antonio,  «  copertero»  pri- 
gioniero in  Castelletto,  564. 

Valenza  (di),  v.    Guacio    Bernardino. 

Valerando  di  Lussemburgo,  conte  di 
Ligny  e  di  S.  Paolo,  (Giacomo 
conte  Sanpolo),  governatore  in 
Genova  per  il  re  di  Francia  (anno 
1397),  558. 

Valois  Francesco,  v.  Francesco  d'Or- 
leans, conte  d''Angouléme,  delfino 
di  Francia. 

Vara  (di),  v.  Borghetto  di  Vara. 

Varambon  (barone  di),  v.  Pallud 
Claudio. 

Varazze,  il  podestà  di  V.,  è  invitato 
a  recarsi  a  Genova,  99  ;  il  doge 
di  Genova  esorta  gli  abitanti  di  V. 
ad  opporre  una  gagliarda  resistenza 
ai  nemici,  246, 

Varixio  (de),  v.  Bartolomeo  de  Varisio. 
Vegerii,  località  presso  Genova,  rie. 
229  n.  I. 

Vegetti  Antonio,  bandito  da  Genova 
reo  di  lesa  maestà,  409,  529. 


Vellanove,  v.  Villanova  di  Albenga. 

Veneroso  Bernardo,  inviato  ambascia- 
tore alla  corte  di  Savoia,  107,346; 
istruzioni  impartitegli,  io5  n.  i, 
107;  rie.  108;  dà  notizia  di  certi 
soccorsi  mandati  a  Monaco  ,  1 1 1 
n.  I  ;  ritorna  a  Genova  con  un 
inviato  del  duca;  contraddizioni 
tra  i  due  ambasciatori,  117,  1 1 8  n., 
348;  pareri  su  di  esse,  118;  è 
rinviato  a  Torino,  119,  n.  i,n.  2, 
349;  rie.  126  n.  2;  ritorna  e  con- 
ferma che  il  duca  vuol  essere 
nemico  dei  genovesi,  i55,  353  ;  è 
rimandato  a  Torino  con  ampi 
poteri  per  un  accordo,  i56,  354; 
speranze  dei  genovesi  nella  buona 
riuscita  di  esso,  167,  5 12,  5i5; 
ritorna  a  Genova  e  comunica  i 
patti,  168,  355;  pare  non  sia  stato 
ricevuto  dal  duca  di  Savoia,  168; 
è  mandato  commissario  con  pieni 
poteri  nella  Riviera  di  Levante, 
171;  rie.  174;  ritorna  ammalato  ed 
il  comune  sperando  in  una  pronta 
guarigione,  lo  sceglie  per  mandarlo 
come  ambasciatore  a  Torino,  194; 
dopo  lunga  malattia  parte  per  la 
corte  di  Savoia,  195,  n.  2,  373; 
istruzioni  impartitegli,  195,  196, 
n.  1  ;  bandito  da  Genova  reo  di 
lesa  maestà,  409,  529:  annoverato 
nella  lista  dei  cittadini  che  parte- 
ciparono alla  fazione  popolare,  552. 

Venezia,  rie.  168  n.  i;  si  parla  dello 
«  ordinario  »  che  veniva  da  V.  a 
Genova,  374;  i  mercanti  genovesi 
a  V.  avendo  i  loro  beni  seque- 
strati mandano  a  Genova  un  me- 
moriale. 470;  V.  anche  Veneziani. 


704 


Indice    Alfabetico 


Veneziani,  avendo  il  genovese  Gio. 
Batta  Pallavicino  catturata  una 
loro  nave,  interdicono  nelle  loro 
terre  i  beni  dei  genovesi;  il  governo 
di  Genova,  tolta  la  nave  al  Palla- 
vicino si  dichiara  pronto  a  resti- 
tuirla purché  i  V.  liberino  i  beni 
dei  genovesi,  439, 440,  470;  accordi 
dei  V.  con  Giulio  II  per  la  presa 
di  Bologna,  343;  rie.  374;  taglieg- 
giati dal  signore  di  Monaco,  91 
n.  5,  465;  loro  stupore  per  la  presa 
di  Genova,  267  ;  in  guerra  con 
Genova  (an.  1378),  558;  fanno 
prigioniero  Pammiraglio  genovese 
Francesco  Spinola  (an.  143 1),  562. 

Ventimiglia,  i  sindaci  di  essa  con 
quelli  di  altre  città  della  Riviera 
chiedono  V  abolizione  delP  officio 
del  capitaneato ,  88  n,  4,  474  ; 
ritorna  sotto  il  dominio  di  Genova 
dopo  qualche  anno  di  governo 
dei  Grimaldi  di  Monaco,  89,  n.  i; 
rie.  112  n.;  le  truppe  di  Pieve  di 
Teco  ricevono  Tordine  di  marciare 
verso  V.,  loi  ;  ma  si  trattengono 
ad  Albenga,  io5;  invio  del  primo 
nucleo  di  fanti  con  due  commis- 
sari a  V.,  1 06  ;  rie.  1 1 3  ;  la  città 
di  V.  si  obbliga  di  dare  3oo  fanti 
per  rimpresa  di  Monaco,  1 1 4;  arrivo 
delPesercito  genovese  a  V.,  i2  5; 
vi  sono  stabiliti  i  forni  per  la 
cottura  del  pane  per  T  esercito 
contro  Monaco,  1 52;  rie.  162,  169; 
giunge  al  campo  di  Monaco  una 
compagnia  di  V.  condotta  da  Ga- 
spare Giudice,  197,  52o;  Tesercito 
genovese  as  ediante  Monaco  si 
ritira   in  buon   ordine  a  V.,  204, 


38 1;  Genova  raccomanda  ai  com- 
missari di  non  lasciare  quella  città, 
204,  382;  rie.  2o5  ;  e  di  munirla 
opportunamente,  206  ;  valorosa 
resistenza  della  città  alP  attacco 
delPesercito  francese,  207, n.  i,  384; 
385;  invio  di  munizioni  e  di  nuovi 
commissari,  232  n.  3,  233  n.,  385; 
rie.  386;  (ìenova  attende  da  V.  i 
fanti  con  il  Tarlatino  per  la  pro- 
pria difesa,  2  5o;  ma  Silvestro  Giu- 
stiniani incaricato  di  portarli  a 
Genova  non  vi  si  reca,  25 1,  389, 
397;  il  Tarlatino  si  ritira  da  V.  a 
Pieve  di  Teco,  404;  rie.  479,480, 
482,  499,  5o6,  5  IO,  514. 
Ventimiglia  (Castello  di),  si  arrende 
ai  popolari  genovesi ,  224 ,  38o; 
vi  è  inviato  un  castellano,  232. 

—  (di),  V.  Lanteri  Antonio  di  V. 

—  (Sindici  di),  V.  Giudice  Gasparo  e 
Galiano  Pantaleone. 

Vento  (famiglia),  è  chiamata  a  parte- 
cipare al  governo  della  città  durante 
la  fazione  popolare,  553. 

Vernazza,  rie.  229  n.  i . 

Vernazza  (di),  v.  Opizzino  di  V. 

Vescovati  di  Genova,  v.  Genova  (Ve- 
scovati). 

Vicario  ducale  di  Genova,  v.  Genova 
(Vicario  ducale). 

Vienna,  rie.  2 1 5  n.  i  ;  è  err9to  per 
Milano. 

Vienna  (di),  v.  Oliviero  Stefano  di  V. 

Vigevano  (signore  di),  v.  Trivulzio 
Gian  Giacomo. 

Vigna  Simone,  eletto  padre  del  co- 
mune, 345. 

Villa  ranca  (porto),  rie.  io3;  galee  ge- 
novesi recano  da  V.  al  campo  di 


Indice  Alfabetico 


705 


Monaco  la  notizia  che  il  governa- 
tore di  Nizza  vuole  aver  guerra 
coi  genovesi,  141  ,  496  ;  rie.  iSi, 
i  brigantini  genovesi  posti  al  blocco 
di  Monaco  vi  si  rifugiano  nei  tempi 
burrascosi,  1 58,  504;  vi  sono  se- 
questrate le  merci  di  un  genovese, 
i65,  166,  5i3;  il  re  di  Francia  or- 
dina che  vi  si  rechino  quattro  ga- 
lee, 181;  vi  si  armano  due  barche 
in  soccorso  di  Monaco,  182,  364; 
rie.  i83  n.  i;  corre  voce  in  Ge- 
nova che  il  duca  di  Savoia  abbia 
licenziato  da  essa  i  venturieri,  ma 
la  notizia  è  falsa,  192,  370;  rie.  5i2. 

Villanova  (  Vellanove)  di  Albenga,  rie. 
232  n.  2,  385. 

Vincenzo  da  Gasale  (  Vincentio  de  Cajà 
Vincentius  de  Casali),  bandito  da 
Genova  reo  di  lesa  maestà,  409,  529. 

Vincenzo  di  Rivarolo  (Ripairolo)  com- 
missario a  Sestri    Levante  ,   i  y6. 

Vinelli  Vincenzo,  eletto  capitano  per 
raccogliere  fanti  a  guardia  di  Ge- 
nova, 39,  32  5  ;  annoverato  nella 
lista  dei  cittadini  che  partecipa- 
rono alla  fazione  popolare,  55 1. 

Virtìi  (otfieio  delle),  v.  Genova  (Offici). 

Visconti  Bernardo  (B.  Vescoiite)  duca 
di  Milano  (an.   1378;,  558. 

Visconti  Filippo  Maria,  conquista  Ge- 
nova (an.   1421),  56 1. 

Vivaldi  Battista,  eletto  per  la  riforma 
degli  offici,  65. 

Vivaldi  (famiglia),  chiamata  a  parteci- 
cipare  al  governo  della  città  du- 
rante la  fazione  popolare,  553. 

Vivaldi  Stefano  ,  giureconsulto  ,  rie. 
21  n.;  oratore  degli  ambasciatori 
nobili  genovesi  al  re  Luigi  XII,  120, 
n.   I,  463;  rie.   121;  123;  i55  n.  2. 

Voe,  V.  Vado, 


Voltaggio  (  Vultabio)  ,  vi  giunge  V  a- 
vanguardia  dell'  esercito  francese  , 
2  53,  392;  milizie  genovesi  inviate 
alla  volta  di  V.  s*  ritirano  senza 
colpo  ferire,  392;  rie.  394. 

Voltaggio  (di),  V.  Alessandro  di  V., 
Scorcino    Giovanni  di  V. 

Voltri,  quei  di  V.  vengono  in  aiuto 
dei  popolari  di  Genova  per  inse- 
guire i  Fieschi,  39,  32  5,  326.  rie. 
io5;  vi  è  inviato  Giacomo  Pego- 
rella  di  Brescia  per  avere  da  quelle 
ferriere  ,  ferro  ,  rame  e  carbone, 
229,  i  «  canioni  »  di  V.  si  raccol- 
gono in  Rivarolo  con  quelli  di 
Sestri  ,  Bisagno  e  Polcevera  per 
deliberare  di  aiutare  i  popolari  di 
Genova,  371. 

—  (Commissari  a),  v.  Genova  (Com- 
missari). 

—  (Podesteria)  v.  Cìenova  (Podesterie). 
Vorrella  {Bonella  ?)    Giovanni ,  è  in- 
sultato da  un  nobile,  3  1 4. 

Vultabio,  V.  Voltaggio. 

Y. 

Yves  di  Allégre,  v.  Allègre  (d'')  Yves. 

z. 

Zaccaria  (famiglia),  si  parla  della  Croce 
di  detta  famiglia,  4. 

Zerbi  (de)  Ambrogio,  eletto  per  la  ri- 
forma degli  offici,  66. 

Zerbi  (de)  Cosimo,  inviato  a  Porto- 
venere  incontro  al  re  di  Spagna, 
414;  annoverato  nella  lista  dei  cit- 
tadini che  parteciparono  alla  fa- 
zione popolare,  553. 

Zoagli  (di),  V.  Bartolomeo  di  Z.,  Gior- 
gio di  Z. 

Zoalio  V.  Zoagli. 

Zorzi  Petro,  (Petra  Vesconte  de  No- 
vara) vescovo  di  Novara,  gover- 
natore di  Genova  per  il  duca  di 
Milano  (an.   1422),  56 1. 


INDICE    GENERALE 


CAPITOLO  PRIMO 
La  Sollevazione  Popolare 

SOMMARIO 

Discordie  tra  nobili  e  popolari ,  p.  2  —  Violenze  dei  nobili ,  p.  4  —  Primi 
torbidi,  p.  8  —  Sommossa  popolare  e  concessione  della  legge  dei  «  due 
terzi  »,  p.  IO  —  Fuga  di  G.  L.  Fieschi,  p.  12  —  Elezione  dei  nuovi  an- 
ziani e  dei  «  pacificatori  »  ,  p.  12  —  Il  Fieschi  e  i  nobili  nuovamente 
cacciati  dalla  città,  p.  1 5  —  Ambascerie  a  Luigi  XII,  a  Filippo  di  Gleves 
e  a  Carlo  di  Chaumont,  p.  1 7  —  Seconda  ambasceria  al  Gleves  in  Asti, 
p.  22  —  Il  f]leves  arriva  a  Genova  ,  p.  29  —  Il  Fieschi  rientra  in  città, 
p.  3i  —  Sollevazione  della  plebe  e  terza  cacciata  del  Fieschi,  p.  34  — 
Si  eleggono  i  nuovi  anziani,  p.  38  —  Politica  del  Gleves,  p.  40  —  Gon- 
siglio  in  S.  Maria  di  Castello,  p.  41  —  Popolo  grasso  e  popolo  minuto, 
p.  44  —  La  Riviera  di  Levante  tolta  al  Fieschi,  p.  45  —  Alfonso  del  Gar- 
retto riacquista  il  Finale,  p.  55  —  Ferdinando  il  Gattolico  a  Genova  e  a 
Portofino,  p.  57  —  La  plebe  potente  e  prepotente,  p.  60  -  Riforme  nelle 
elezioni  e  adunanza  del  1 6  ottobre,  p.  63  —  Il  Re  di  Francia  esige  la  resti- 
tuzione della  Riviera  di  Levante,  p.  6j  —  Elezione  di  otto  tribuni,  p,  74 

—  Il  Gleves  abbandona  Genova  ,  p.  77  —  Editto  contro  i  nobili ,  p.  79  — 
Ambascerie  a   Luigi  XII  e  a  papa  Giulio  II,  p.  82 — Nuove  elezioni,  p.  82. 

CAPITOLO  SECONDO 
L'Assedio  di   Monaco 

SOMMARIO 

Condizioni  della  Riviera  di  Ponente  e  disegni  dei  popolari,  p.  86  —  Monaco 
e  1  Grimaldi,  p.  89  —  Perchè  si  volle  andare  contro  Monaco ,  p.  90  — 
La  spedizione  di  Pieve  di  Teco ,  p.  94  —  Preparativi  di  guerra  contro 
Monaco,  p.  97  —  I  Grimaldi  e  il  duca  di  Savoia,  p.  i  o3  —  Primo  imbarco 
di  truppe,  p.  io5  —  B.  Veneroso  alla  corte  di  Torino,  p.  107  —  Lettere 
di  N.  Oderico  ambasciatore  alla  corte  di  Francia,  p.  1 09  —  Partenza  del- 
Pesercito,  p,  1 1 3  —  Sdegno  di  Garlo  di  Savoia,  p.  117  —  Ambascerie  di 
nobili  e  di  popolari  a  Luigi  XII,  p.  120  —  Ambasciatori  popolari  al  Pon- 
tefice, p.  123  —  Mentone  e  Roccabruna  ,  p.  i25  —  Le  forze  genovesi  a 
Monaco,  p.  127  —  Le  forze  dei  monegaschi,  p.  129  —  Prime  avvisaglie, 
p.  i3i  —  Lettere  dal  campo,  p.  134  —  Le  milizie  mercenarie,  p.   i38 

—  Agostino  da  Castiglione  e  Ferro  della  Pria,  p.  141  —  I  capitani  Tar- 
latine e  Gambacorta,  p.  147  —  Le  milizie  in  gravi  condizioni,  p.  i5o  — 
Minacele  dei  nobili  fuorusciti,  p.  i53  --  Genova  e  Savona,  p.  i53  —  II 


708  Indice    Generale 


principio  del  nuovo  anno  i  507,  p.  i  56  —  L''assalto  del  2  gennaio,  p.  i  56 

—  Il  maestro  «  inzegnero  »  Merello  e  T  arresto  del  Gioardo ,  p.  162  — 
Genova  e  il  duca  di  Savoia,  p.  1 64  -  L''impresa  di  Monaco  assorbe  tutte 
le  forze  dello  stato,  p.  1 69  —  Nuove  minacele  dei  nobili;  Ottaviano  Fre- 
goso,  p.  170  —  Due  gride  contro  i  nobili;  gli  Adorno,  p.  172  —  Ritor- 
nata la  calma,  Genova  rivolge  tutte  le  sue  cure  air  impresa  di  Monaco, 
p.  177  —  Altre  due  gride  contro  i  nobili,  p.  179  —  Primi  accenni  di 
una  spedizione  del  re  di  Francia  contro  Genova,  p.  iSi  —  I  genovesi 
dichiarati  ribelli   1  Luigi  XII,  p.   1 84  —  Il  Salazar  in  Castelletto ,  p.   1 84 

—  Tentativo  fallito  di  restituire  le  riviere  al  re ,  p.  1 87  —  Il  colpo  di 
mano  del  Salazar.  p.  1 89  —  Genova  incetta  artiglierie  per  Monaco,  p.  191 

—  Nuove  trattative  col  duca  di  Savoia,  p.  kjS  —  Tristi  condizioni  del- 
Tesercito  Genovese,  p.  1 96  —  Paolo  da  Novi  commissario  al  campo,  p.  200 

—  Ultimo  assalto  contro  Monaco,  p.  202  —  Le  forze  Genovesi  riparano 
a  Ventimiglia,  p.  204  —  Fine  deir  impresa,  p.  206. 

CAPITOLO  TERZO 
Fine  del   Governo  Popolane 

(Paolo  da  Novi  e  Luigi  XII) 
SOMMARIO 
Nuove  forme  di  governo;  il  Roccabertino  lascia  Genova ,  p.  210  —  Un' amba- 
scerà allo  Chaumont  d''Amboise,  p.  2 1 3  —  La  città  dopo  la  partenza 
del  Roccabertino,  p.  217  —  Il  Salazar  incrudelisce  contro  i  prigionieri 
nel  Castelletto,  p.  221  —  Persecuzioni  contro  i  nobili,  p.  224  — Prime 
avvisaglie  contro  il  Castelletto,  p.  228  —  Dichiarazione  di  guerra  alla 
Francia,  p.  229  —  Vigoroso  assalto  al  Castelletto,  p.  233  —  Condizioni 
della  Riviera  di  Ponente,  p.  236  —  Paolo  da  Novi  eletto  doge,  p.  238 

—  Carattere  di  l^aolo  da  Novi,  p.  240  —  Dimostrazione  navale  del  Pre- 
gent,  p.  244  —  Il  d''Allègre  e  la  Riviera  di  Ponente,  p.  246  —  L''esercito 
francese  ai  confini  della  repubblica  ,  p.  247  —  Genova  si  prepara  alla 
difesa  p.  2  5o  —  La  Riviera  di  Levante  e  i  Fieschi,  p.  252  —  L''esercito 
francese  in  vai  di  Polcevera ,  p.  254  —  Jacques  la  Palice  inizia  la  bat- 
taglia, p.  258  —  Sconfitta  dei  genovesi,  p.  261  —Ambasciatori  genovesi 
al  campo  nemico,  p.  263  —  Giacomo  Corso  e  i  genovesi  alla  riscossa, 
p,  264  —  Notte  di  terrore  e  di  fuga,  p.  266  —  Solenne  ingresso  del  re 
di  Francia,  p.  269  —  Licenziamento  delle  truppe,  p.  271  —  Predominio 
dei  nobili;  arresti  e  supplizi  di  popolari,  p.  272  —  Il  giuramento  solenne, 
p.  273  —  Demetrio  Giustiniani  condannato  a  morte ,  p.  277  —  Luigi 
.XII  lascia  Genova,  p.  279  —  Nuove  prepotenze  del  Salazar,  p.  281  — 
Ambasciatori  al  re  di  Francia,  p.  281  —  Atrocità  dei  nobili,  p.  286  — 
Arresto  di  Paolo  da  Novi,  p.  286  —  Morte  di  Paolo  da  Novi,  p.  289. 


Indice    Generale  709 


APPENDICE 

Cenni  critici  sul  Diario  degli  anni  i  506-07 ^^S-  ^9^ 

Diario  degli  anni   i 506-07 »     3i3 

Documenti  : 

1  —  11  luogotenente  Filippo  di  Roccabertino  concede  i  due 

terzi  degli  otfici  pubblici  ai  popolari     .         .         .       »     421 

II  —  Lettera  a  Luigi  XII ,  che  lo  ragguaglia  dei  fatti  avve- 
nuti in  Genova  e  lo  assicura  della  fedeltà  dei  cit- 
tadini al  suo  governo »     422 

III  —  Lettera  a  Filippo  di  Gleves  di  Ravenstein,  governatore 

di  Genova,  sui  primi  moti    popolari  e  sulla  legge 

dei  «  due  terzi  » .       »^    424 

IV  —  Lettera  a  papa  Giulio  II  sui  moti  popolari ,  sulle  loro 

cause  e  sui  provvedimenti  presi     .         .         .         .       »     426 

V  —  Lettera  al  re  Luigi  XII  per  accertarlo    della    tranquil- 

lità di  Genova  e  ringraziarlo  della  sua  buona  dispo- 
sizione verso  i  popolari »     428 

VI  —  Lettera  al  principe  Carlo  d''Amboise  per  assicurarlo  della 

tranquillità  di  Genova  e  persuaderlo  a  non  muo- 
vere verso  di  essa »     43o 

VII  —  Istruzioni  a  Nicolò  Oderico  inviato  ambasciatore  a 
Luigi  XII.  —  (Congratulazioni  pel  matrimonio  della 
principessa  Claudia  —  Relazione  sui  moti  genovesi 
e  difesa  dei  popolari  —  Invito  a  far  rientrare  i 
nobili  in  città  —  Incarichi  diversi)         .        .        .      »     43 1 

Vili  —  Privilegio  ai  borghi  di  S.  Stefano  e  di  S.  Tomaso  di 
avere  in  perpetuo  due  rappresentanti  in  ogni  ele- 
zione di  senatori »     440 

IX  —   Invito  ai  religiosi  di  Genova  di  pregare   per    la    pace 

della  città »     441 

X  -  Lettera  a  Nicolò  Oderico,  ambasciatore  alla  corte  di 

Francia  ,  con  accenni    agli    ultimi  avvenimenti  di 

Genova  ed  istruzioni  in  proposito.         ...»     443 

XI  —  Lettera  a  Luigi  XII  per  informarlo  delP  ingresso  del 

governatore  in  Genova  e  degli  avvenimenti  che 
seguirono,  e  pregarlo  di  volere  confermare  le  ri- 
forme concesse  dal  Ravenstein       ....       »     447 

XII  —  I  due  commissari  inviati  a  prendere  la  Spezia  annun- 
ziano il  felice  esito  delPimpresa     ....      »     450 
XIII  —  Istruzioni  a  due  commissari  inviati  a  Sestri    Levante 

per  cooperare  alla  presa  di  Chiavari     .         .         .       »     451 

46 


710  Indice  Generale 


XIV  —  Lettere  di  nomina  del  capitano  generale  deiresercito 

genovese Pag.  452 

XV  —  Lettere  di  nomina  del  governatore  delP  esercito        .      »     454 

XVI  —  Gian  Giacomo  Trivulzio  esorta  gli  uomini  di  Pieve 
di  Teco  a  serbare  fedeltà    alla    signoria    di    Luca 

Spinola »    '455 

XVII  —  Risposta  degli  uomini  di  Pieve    di    Teco    alla  lettera 

del  Trivulzio »     455 

XVIII  —  Lettere  del  Comune  ai  commissari  alla  Pieve   .         .       »     456 

XIX  —  Istruzioni  ai  due  nuovi  ambasciatori  inviati  alla  corte 
di  Francia.  —  (Gli  oratori  dovramio  dare  notizie 
delPingresso  del  Ravenstein  e  del  Fieschi  in  Genova, 
della  cacciata  del  Fieschi  e  della  sua  prepotente 
condotta  —  chiedere  che  per  la  quiete  della  città 
egli  sia  espulso  anche  dai  suoi  castelli  —  spiegare 
le  cause  del  ritardo  a  consegnare  le  fortezze  con- 
quistate dal  popolo  —  seguire  una  determinata 
linea  di  condotta  nei  rapporti  cogli  oratori  dei  no- 
bili —  opporsi  alla  nomina  di  un  «  cappellaccio  » 
per  governatore  —  difendere  Peditto  per  il  ritorno 
dei  nobili  —  esporre  le  ragioni  della  guerra  contro 
Monaco  —  scrutare  i  sentimenti  del  re  verso  Pisa 
e  Firenze  —  trattare  alcune  questioni  dei  castelli 
e  spiegare  le  riforme  di  governo  proposte  in  Ge- 
nova. —  Seguono  altri  minori  incarichi)      .        .       »     457 

XX  —  Lettera  dei  commissari  alla  Pieve  in  cui  si  dissuade 
Tufficio  di  Balia  dal  muovere  guerra  a  Monaco  e 
si  consigliano  altre  meno  difficili  imprese     .         .       »     470 

XXI  —  Nota  delle  mercedi  dovute  agli  addetti  alle  artiglierie      »     472 
XXII  —  Lettere  di  nomina  delPingegnere  del  Comune  .         .       »     473 

XXIII  --  Supplica  di  vari  sindici  della  Riviera  Occidentale  per- 

chè sia  abolito  Tofficio  del   capitaneato.        .        .       »     474 

XXIV  —  Lettera  del  commissario  Manuele  Canale  agli  officiali 

deputati  per  Pimpresa  di  Monaco.  -  (Notizie  dei 
primi    avvenimenti  —  Condizioni    di    Mentone   e 
Roccabruna  —  La  Turbia  e  Pieve  di  Teco  —  Di- 
fesa contro  le  accuse  di  Agostino  Castiglione)     ,.      »     476 
XXV   —  Lettera  di  Alfonso  del  Carretto  al  governo  di  Genova 
circa  la  spedizione  del  duca  di  Savoia  in  soccorso 


Indice  Generale  7II 


di  Monaco  —  Decreto  del  Senato  che  raccomanda 
di  usare  clemenza  ad  un  servo  del  signore  di  Fi- 
nale arrestato  per  sospetti Pag.  482 

XXVI  —  Lettera  di  Luigi  di  Bervey  alla  Balia  di  Genova.  — 
(Condizioni  del  campo  genovese  —  Grave  que- 
stione delle  paghe  —  Arrivo  di  5oo  venturieri  fran- 
cesi alla  Turbia  -  Richiesta  di  munizioni  e  di 
uomini  —  Nuovi  reclutamenti  di  truppe  —  No- 
tizie varie) »     483 

XXVII  —  Lettera  di  Luigi  di  Bervey  alla  Balia  di  Genova.  — 
(Tentativo  fallito  di  avvicinare  V  artiglieria  alle 
mura  —  Istanze  per  invio  di  danaro  —  Cenni  di 
trattative    coi  venturieri    francesi  —  Richiesta    di 

munizioni  e  di  uomini) »     48S 

XXVIII  —  Lettera  di  Luigi  di  Bervey  alla  Balia  di  Genova.  — 
(Esito  delle  trattative  coi  venturieri  francesi  — 
Speranze  su  di  esse  riposte  -  Notizie  sulle  arti- 
glierie e  gli  artiglieri  -    Spese  fatte  e  da  farsi  — 

Mentone  e  Roccabruna) «     49 1 

XXIX  —  Lettera  dei  commissari  al  campo,  ai  deputati  per  Pim- 
presa  di  Monaco.  —  (Tradimento  del  capitano  Fa- 
miglia —  Minacele  gravi  dalla  Turbia.  —  Indisci- 
plina nelle  truppe  genovesi  —  Richiesta  di  viveri)  »  494 
XXX  -  -  Lettera  dei  commissari  al  campo  agli  ufficiali  della 
Balia.  —  (Consiglio  generale  al  campo  —  Domande 
di  munizioni,  vettovaglie,  materiali  ed  uomini  — 
I  monegaschi  e  le  truppe  della  Turbia  con  una 
azione  combinata  permettono  P  ingresso  di  rin- 
forzi in  Monaco  —  Inettitudine  delle  milizie  rivie- 
rasche)       »     496 

XXXI  —  Lettera  degli  Anziani  di  Genova  al  governatore  di 
Savona.  —  (Gravi  lagnanze  per  1'  agitarsi  dei  no- 
bili contro  Pimpresa  di  Monaco  —  I  genovesi  non 
hanno  alcuna  intenzione  di  muovere  contro  Savona 
—  Dono  di  tre  dozzine  di  lancioni)  .  .  .  »  5oi 
XXXII  —  Lettera  dei  due  supremi  commissari  agli  ■(  olim  » 
officiali  della  Balia.  —  (Primo  bombardamento  di 
Monaco  e  furiosa  difesa  degli  assediati  —  I  geno- 
vesi impensieriti  chiedono  munizioni,  guastatori  e 
bombardieri) »     5o2 


712  Indice  Generale 


XXXIII  —  Lettera  di  Luigi  di  Bervey  agli  officiali  deputati  al- 
Fimpresa  di  Monaco.  —  (Cenni  sulPinfausta  gior- 
nata del  due  gennaio  —  Gravi  cure  per  le  paghe 
—  Richieste  di  denari,  munizioni  ed  uomini)  .  Pag.  5 06 
XXXIV  —  Lettera  dei  due  supremi  commissari  agli  «  olim  »  of- 
ficiali della  Balia.  —  :Le  artiglierie  sono  rimosse 
dalle  loro  posizioni  —  Incetta  di  guastatori  per 
ricostrurre  i  ripari  —  Truppe  genovesi  occupano 
i  monti  sopra  Monaco  —  Scaramucce  coi  soldati 

della  Turbia) .       »     509 

XXXV  —  Il  Comune  chiede  al  duca  di  Savoia  la  restituzione 
delle  merci  tolte  in  Villafranca  ad  un  genovese  e 
gli  dà  prova  che  Genova  desidera  di  rimanere  in 
buon  accordo  con  lui »     5 1 3 

XXXVI  —  Lettera  dei  due  supremi  commissari  agli  officiali  della 
Balia.  —  (Arresto  del-  maestro  bombardiere  Am- 
brogio Gioardo  a  cui  viene  sostituito  Andrea  Me- 
rello  —  Colpe  del  Gioardo  —  Arresto  di  due  no- 
bili a  S.  Remo  —  La  questione  del  sale  da  sca- 
ricarsi a  Mentone  —  I  guastatori)  .         .         .      »     5 1 4 

XXXVII  —  Lettera  ai  commissari    della    Riviera  di  Ponente  con 

ordine  di  severissime  pene  per  i  disertori  dal  campo 

di  Monaco »     5 18 

XXXVIII  —  I  commissari  al  campo  danno  notizia  delle  tristissime 

condizioni  delPesercito  e  di  una   scaramuccia  con 

quei  della  Turbia »     5 19 

XXXIX  —  Lettera  indirizzata  al  signore  di  Chaumont  da  conse- 
gnarsi ad  Andrea  Cicero  affinchè  questi  faccia  co- 
noscere alle  autorità  francesi  le  cause  della  mancata 
ambasceria  genovese,  presenti  le  proteste  della  città 
per  gli  eccessi  del  castellano  di  Castelletto,  pro- 
curi di  persuadere  il  Gran  Maestro  della  fedeltà 
del  popolo  di  Genova  alla  casa  di  Francia  .  .  »  52 1 
XL  —  Ordine  ai  pubblici  officiali  della  Riviera  Orientale  di 

espellere  tutti  i  nobili  in  essa  residenti.         .         .       »     52  5 
XLI  —  Ultimo  documento  del  dogato  di  Paolo  da  Novi.  De- 
cisione di  inviare  ambasciatori  al  campo   francese 
per  trattare  un  accordo »     526 


Indice  Generale  718 


XLII  —  Si  notifica  agli  officiali  ed  ai  popoli  della  Riviera 
Orientale  il  ritorno  di  Genova  sotto  la  signoria  del 
re  di  Francia  e  si  comanda  di  portare  in  città  molte 

vettovaglie .        .  Pag.  527 

.     XLIII  —  Elenco  delle    persone   che    dovettero    seguire   il  re  a 

Milano  e  di  quelle  escluse  dal  perdono  generale.  »  528 
XLIV  —  Atto  col  quale  i  genovesi  promettono  di  sborsare  una 
somma  prestabilita  per  la  costruzione  del  nuovo 
castello  a  Capo  di  Faro,  per  la  guarnigione  e  per 
le  galee  imposte  dal  re  di  Francia  .  .  .  »  53o 
XLV  —  Solenne  giuramento  di  fedeltà  al  Re  —  Amnistia 
generale  e  nuovi  privilegi  concessi  da  Luigi  XII  ai 

genovesi »     533 

XLVI  —  «  Nomi  di    quelli    cittadini  che  furono  de  fattione  li 
anni  de   1 5o6  e  1 5oj    che    fu    il    viva  populo  di 

Genova  » «     55i 

XLVII  —  Famiglie  nobili  che  governarono  la   città   durante  la 

fazione  popolare      . »     553 

XLVIII  —  «  Conventione  del  populo    di  Genova    con    il  signor 

Petro  di  Campofregoso  » »     554 

XLIX  —  Cronologia  degli  avvenimenti  più    rilevanti    accaduti 

in  Genova  dal   1087  al   1449 »     557 

L  —  Nomi  di  alcuni  dei  prigionieri  trattenuti  dal  Salazar 

in  Castelletto »     564 

Indici. 

Avvertenze  per  Pindice  alfabetico  dei  nomi  e  delle  materie  .        .       »     566 

Indice  alfabetico        .        .  ■ »     567 

Indice  generale »     707 


Vedansi  retro  le  aggiunte  e  correzioni. 


AGCxIUNTE  E  CORREZIONI 


^  Durante  il  dogato  di  Paolo  da  Novi  fa  coniato  un  «  Testone  »  d''argento 
che  ha  sul  dritto  V  impronta  di  un  castello  in  otto  archetti  doppi  con  rose 
alle  punte  e  la  leggenda:  Libertas  :  Populi  :  Ianve;  sul  rovescio  P  impronta 
di  una  croce  in  otto  archetti  doppi  con  rose  e  la  leggenda  :  Conrad  —  Rex 

ROMANOR    —    I   e 

(dalle:   Tavole  descrittive  delle  monete  della  jecca  di  Genova  dal  1 139 
al  i8i4,  di  CoRNELto  Desimoni  in  Atti  Soc.  Lig.  di  St.  Pat.,  Voi.  XXII). 

ì^  Oltre  alle  opere  citate  che  trattano  della  spedizione  di  Luigi  XII  contro 
Genova  é  utile  ricordare  una  «  Cronaca  di  Genova  »  pubblicata  in  Parigi 
nei  primi  anni  del  sec.  XVI  e  riprodotta  da  Vincenzo  Promis  negli  Atti  della 
Società  Ligure  di  Storia  Patria,  voi.  X,  nella  quale  V"'  è  un  capitolo  (a  pag. 
263)  intitolato  «  Du  roy  loys  de  France  douziesme  de  ce  nom  »  che  tratta 
della  spedizione  del  re  contro  Genova,  ma  non  v"'è  nulla  di  nuovo.  A  pag. 
264,  265,  266  si  parla  de  «  Lordonnance  et  police  faicte  par  le  roy  en  la 
diete  ville  de  Gennes  »  ove  si  racconta  la  cerimonia  del  giuramento  dei  ge- 
novesi, si  fa  cenno  dei  discorsi  pronunziati  e  si  loda  grandemente  la  cle- 
menza del  re,  ma  anche  qui  v'  è  poco  di  interessante. 

Xf  Rileggendo  la  copia  del  Diario  Genovese  degli  anni  r5o6-oj  che  si 
trova  alla  Biblioteca  Beriana  nella  «  Miscellanea  di  cose  riguardanti  la  storia 
di  Genova  »  segnata  D  bis  3.  8.  14,  di  cui  già  parlai  a  p.  299,  3oo  e  segg. 
ho  trovato  la  fonte  delle  notizie  date  dal  Giustiniani  (Annali,  p.  634)  sulla 
fuga  di  Paolo  da  Novi  e  sul  suo  arresto.  Infatti  a  p.  5)  v.,  54  r.  della  detta 
copia  si  leggono  le  seguenti  righe:  «  Fugito  come  s''  è  detto  Paolo  da  Nove, 
«  s''  incaminò  verso  Bologna  con  Paolo  Battista  Giustiniano,  ma  alla  distanza 
«  di  poche  miglia  il  Da  Nove  per  frivoli  motivi  non  volle  prosseguire  ed 
«  entrare  in  quella.  Ritrocesse  e  si  recò  a  Pisa  ove  indi  prese  imbarco  so- 
«  pra  il  brigantino  d''  un  corso  detto  il  Corsetto,  stato  già  di  kii  soldato, 
«  affinchè  lo  -tragittasse  a  Roma.  Sedotto  costui  da"'  nobili,  né  volendo  smen- 
«  tire  il  carattere  corso,  mediante  ottocento  scudi  lo  vendette  a  Petigioan, 
«  capitano  delle  galere  di  Francia  ».  Raffrontando  queste  linee  con  quelle 
del  Giustiniani  scorgiamo  chiaramente  che  quest''  ultimo  attinse  dal  Diario. 
V  è  però  una  lieve  differenza  poiché  in  queste  è  detto  che  Paolo  s''imbarcò 
sul  brigantino  di  Corsetto,  mentre  il  Giustiniani  afferma  che  il  Da  Novi  fu 
catturato  dal  pirata  corso,  durante  il  viaggio. 


Ag'gfivinte  e  Correzioni 


7l5 


si  legga  :  i  popolari  resero  la  porta 
deir  Arco. 

si  legga:  vedi  pag.  20  n.   i. 

si  legga:  Claudia  figlia  del  re  Luigi 
XII,  sposata  a  Francesco  d''Orleans 
conte  di  Angoulème 

si  legga:  un  figlio  del  maestro  d''armi 

Gioardo 
si  legga:  Tixi  di  Camogli 

p.  j8,  39  invece  di:  Giorgio  di  Moneglia  si  legga:  Gerolamo  di  Moneglia  e  si 
noti  ancora  che  Gerolamo  di  Moneglia  non  fu  surrogato  da  Luigi  di 
Odone  e  poi  da  Vincenzo  d'Oliva  ma  solo  da  quest'ultimo.  Luigi  di  Odone 
è  il  dodicesimo  anziano  che  manca  nella  lista  degli  anziani  a  p.  38. 

p.  38  n.   I   invece  di  :  borghi  di  S 
Stefano  e  di  S.  Andrea 
45  n.  2  invece  di:  doc.  XXIV 


p.  1 5  invece  di  :  i  popolari  conti- 
nuavano a  occupare  la  porta  del- 
r  Arco 

p.  22  n.  2,  invece  di:  vedi  nota  27 

p.  34  n.  invece  di  :  Claudia  figlia 
del  re  Luigi  XII,  sposata  al  duca 
Francesco  di  Valois,  principe  di 
Angoulème 

p.  35  invece  di:  un  figlio  di  Dorino 
Gioardo 

p.  38  invece  di:  Fixi  di  Camogli 


n.  2  invece 
48  n.  1   invece  di:  marmariorum 
52  invece  di  :  le  artiglierie  {'j']^ 
56  invece  di:  lendi 
97  n.  invece  di:  tues  tallis  et  tal- 


lis  factionis 
p.  112  n.  2  invece  di:    una  lettera 

spedita  in  quei  giorni  al  marchese 

Gerolamo  Malaspina    dal  cognato 

marchese  di  Mulazzo 
p.   141    invece  di:  In  ultimo  riferiva 

agli  Anziani  una  notizia 

p.   174  invece  di:  Ancoratasi  a  Sa- 
vona (') 

e  invece  di:  uscissero  subito  dal  ter- 
ritorio (i) 

p.   i83  n.  invece  di:    {Diario^    22 
maggio) 

p.   186  invece  di:  Pietro  di  Salazar 

p.  2  I  5  n.   I   invece  di:  con  l'ordine 
di  recarsi  a  Vienna 

p.  217  n.  2  invece  di  :  Cfr.  Diario 
3  marzo 

p.  2  32  n.  2  invece  di  :    e    di    altri 
gentiluomini  cittadini   di  Albenga 

p.  241   n.  2  invece  di  :    Il    Diarista 
ascrive  questa  grida  all'  i  i   marzo 

p.  244  invece  di:  convocati  per  de- 
liberare la  spesa  di  5ooo  ducati 


si  legga  :  borghi   di  S.  Stefano   e    di 

S.  Tomaso 
si  legga:  doc.  XXIII 
si  legga  :  marinariorum 
si  legga:  le  artiglierie 
si  legga:  leudi 
si  legga  :  tu  es  tallis  et  tallis  factionis 

si  legga:  una  lettera  spedita  in  quei 
giorni  a  Gerolamo  Malaspina,  mar- 
chese di  Mulazzo,  da  un  suo  co- 
gnato. 

si  legga  :  In  ultimo  riferiva  agli  offi- 
ciali deputati  all'  impresa  di  Mo- 
naco una  notizia. 

si  legga:  ancoratasi  a  Savona  (i) 

si  legga  :  uscissero  sabito  dal  territo- 
rio (2) 
si  legga:  (Diario,  22   gennaio) 

si  legga  :  Galeazzo  di  Salazar 

si  legga  :    con    l' ordine   di    recarsi   a 

Milano 
si  legga:  cfr.  Diario  2  marzo 

si  legga:  e  di  altri  gentiluomini  a  cit- 
tadini di  Albenga 

si  legga  :  Il  Diarista  ascrive  questa 
grida  all'i  i   aprile 

si  legga  :  convocati  per  deliberare  la 
spesa  di  5o.ooo  ducati 


7i6 


Ag"giunte  e  Correzioni 


a  p.  261  invece  di:  Leonardo  Costa- 

guta 
a  p.  279  n.  3  invece  di:  «  è  mezi  di 

IO  che  non  è  etc  » 
a  p.  282  invece   di  :  «  Scodella  »    o 

piatto  in  cui  vuoisi  sia  stata  posta 

la  testa  del  Battista 

a  p.  286  invece  di  :  Giovanni  Maria 
di  Turrio 

a  p.  288  n.  I  invece  di:  Giustiniani, 
Annali,  voi.  II,  p.  635 

a  p.  3o6  invece  di  :  ponte  degli  Spi- 
nola 

a  p.  324  n.   I   invece  di  :   «  fascori  » 

a  p,  345  invece  di  :  Pantaleo  Tontinis 


si  legga:  Leonardo  Monjeaguto 

si  legga:  «  è  mezi  1  o  che  non  è  etc.  » 

si  legga  :  «  scodella  »  o  sacro  catino 
in  cui  vuoisi  che  Gesù  abhia  man- 
giato Tagnello  nelPultima  cena  de- 
gli azimi 

si  legga:  Anton  Maria  di  Turrio 

si  legga:  Giustiniani,  Annali,  voi.  II, 

p.  634 
si  legga:  ponte  dei  Cattanei 

si  legga:  «  faxori  » 

si  legga  :  Pantaleo  Tossinis 


a  p.  371  n.  I  :  Dissi  che  la  voce  «  canioni  »  contenuta  nel  testo  si  usa 
anche  ora  per  «  bravacci ,  »  ma  aggiunsi  che  preferivo  interpretarla  come 
«  campioni  »  caporioni  popolari.  Rileggendo  il  Diario  ho  notato  che 
subito  dopo  a  p.  372  si  parla  di  «  bravi  »  e  dal  contesto  appare  che 
siano  proprio  i  «  canioni  »  prenominati.  Perciò  credo  sia  meglio  attenersi 
alla  prima  interpretazione. 


a  p.  375  invece  di  :  ha  ve  vano  fatto 
scortino  a  castello. 

a  p.  433  invece  di:  accedentibusque 
multis  ut  sit  ad  partium  favorem. 

a.  p.  493  invece  di:  mandati  ad  ipso 
capitaneo  de  guaschoni  da  due. 
MDCCC  et  pagato  lo  resto  de  ipsa 
paga  al  dicto  capitaneo  ;  conve- 
gnirà  distribuire  etc. 

a  p.  498  invece  di:  et  di  quello  a  laiorna- 
ta,  se  bisognerà  ve  ne  daremo  aviso. 

a  p.  5  02  invece  di:  quel  che  indiche- 
remo essere  più  accomodato. 

a  p.  520  invece  di:  Rafaelo  de  Techo 

a  p.  549  invece  di  :  Archiepiscopis 
Senovense  et  Arelatense 

a  p.  552  invece  di:  P.  Ambr.   Boceio 


si  legga:  havevano  fatto  scortino  a  Ca- 
stello. 

si  legga  :  accedentibusque  multis  ut 
fit  ad  partium  favorem 

si  legga:  mandati  ad  ipso  capitaneo 
de  guasconi  da  due.  MDCCC  ;  et 
pagato  lo  resto  de  ipsa  paga  al 
dicto  capitaneo,  convegnirà  distri- 
buire etc. 

si  legga:  et  di  quello  a  la  iornata  se 
bisognerà ,  ve  ne  daremo  aviso. 

si  legga:  quel  che  iudicheremo  essere 

più  accomodato 
si  legga:  Rafaelo  de  Recho 
si  legga:  Archiepiscopis  Senonense  et 

Arelatense 
si  legga:  Pietro  Ambrogio  Boccio 


a  p.  562  :  la    data  1437  è  errata  e  si  deve  sostituire  con  1436 

In  questa  lista  non  ho  segnato  che  gli  errori  più  importanti  ;  il  benevolo 
lettore  saprà  correggere  e  perdonare  quelli  più  lievi  o  più  evidenti  che 
non  credetti  necessario  notare. 


DG 
631 
S6 
V.37 


Società  ligure  di  storia 
patria 
v.37 


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