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Full text of "Atti della Societ Italiana di Scienze Naturali e del Museo Civico di Storia Naturale in Milano"

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S.  U17-  ^ 


✓ 


* 


E  DEL 

MUSEO  CIVICO 


DI  STORIA  NATURARE 


IN  MINANO 


VOLUME  XCII 
Fascicolo  I 


i 


MILANO 

Giugno  1953 


CONSIGLIO  DIRETTIVO  PER  IL  1952 


Presidente :  Magistretti  Ing.  Luigi,  Via  Carducci ,  14  (1952- 
1953). 

Grill  Prof.  Emanuele,  Via  Botticelli,  23 

Vice-Presidenti :  ^  (1952-53). 

/  Moltoni  Dott.  Edgardo,  Museo  Civico  di 
Storia  Naturale  (1953-54). 

Segretario  :  Vialli  Dott.  Vittorio,  Museo  Civico  di  Storia  Na¬ 
turale  (1952-53). 

Vice-Segretario  :  Eagnani  Prof.  Gustavo,  Via  Botticelli ,  23 
(1953-54). 

Cima  Dott.  Eelice,  Via  Pinturicchìo ,  25 
Nangeroni  Prof.  Giuseppe,  Viale  Tunisia .  30 

1 

V  Parisi  Dott.  Bruno,  Museo  Civico  di  Storia 
Consiglieri:  Naturale 

I  Sibili  a  Dott.  Enrico,  Minoprio  {Como) 

Taccani  Avv.  Carlo,  Via  Burini,  24 

Traverso  Prof.  G.  B.,  Via  Cetonia,  2. 

Cassiere:  Rusca  Rag.  Luigi,  Viale  Mugello,  4  (1953-54). 
Bibliotecario  :  Dott.  Lucia  Perini 


ELENCO  DELLE  MEMORIE  DELLA  SOCIETÀ 


Voi 

.  I.  1 

[fase. 

1-10  ; 

ali  no 

1 865. 

11 

IL 

ii 

1-10  ; 

ii 

i  865-67. 

11 

III. 

a 

1-5  ; 

n 

V 

i 

u- 

X 

11 

IV. 

n 

1-3,5; 

n 

1868-71. 

11 

V. 

a 

i  ; 

a 

1895  (Volutile 

completo). 

11 

VI. 

ii 

1-3; 

a 

1897-1910. 

11 

VII. 

ii 

i  ; 

ii 

1910  (Volume 

completo). 

11 

Vili. 

a 

1-3; 

n 

1915-1917. 

11 

IX. 

a 

1-3; 

n 

1918-1927. 

n 

X. 

a 

13; 

a 

1929-1941. 

ii 

XI. 

a 

i; 

n 

1944. 

Pavia  —  Premiala  Tipografìa  Successori  FUSI  -  Via  L.  Spallanzani  11  —  1952 


(1952-53) 


ATTI 

DELLA 

SOCIETÀ  ITALIANA 

DI  SCIENZE  NATURALI 

E  DEL 

MUSEO  CIVICO 

DI  STORIA  NATURALE 
in  Milano 

VOLUME  XCII 
Anno  1953 


Milano  1953 


Pavia  —  Premiata  Tipografia  Successori  Fratelli  Fusi  —  1953 


G.  Fagnani 


IL  BERILLIO  NEI  MINERALI 
DEL  GRANITO  DI  BAVENO 


E  noto  che  nella  solidificazione  dei  magmi  granitici  il  be¬ 
rillio  si  concentra  nelle  parti  residuali  che  danno  poi  origine 
alle  pegmatiti  nelle  quali  si  hanno  cristalli,  anche  di  considere¬ 
voli  dimensioni,  di  berillo  e  crisoberillo. 

Talvolta  però  anche  in  rocce  tipicamente  granitiche  com¬ 
paiono  minerali  propri  del  berillio  :  è  il  caso  del  granito  di  Baveno 
dove  sono  presenti  la  Bavenite  (1)  Ca4  Ala  BeH2  [Si9  027]  e  la  Gado- 
linite  (2)  Y2Ee  [0  |  BeSi04]2  . 

Mentre  sui  minerali  del  granito  di  Baveno  esistono  già  molti 
interessanti  lavori,  ma  quasi  esclusivamente  a  carattere  morfolo¬ 
gico  e  paragenetico,  non  fu  mai  effettuata,  che  io  sappia,  tranne 
che  per  la  bazzite  (3)  e  la  gadolinite  (4),  una  ricerca  sistematica 
anche  solo  qualitativa,  sui  costituenti  chimici  minori  ed  in  par¬ 
ticolare  sul  berillio. 

Nella  bave.nite  (5)  il  contenuto  medio  di  BeO  è  di  2,75  %  . 
Nella  gadolinite  (2)  la  percentuale  di  BeO  è  ancora  maggiore 
(5,35  °/0)  pur  mantenendosi  inferiore  a  quella  che  generalmente 
si  osserva  nella  gadolinite  tipica  ;  ciò  è  imputabile  allo  stato  di 
alterazione  dei  cristalli. 

La  presenza,  nel  granito  di  Baveno,  dei  due  minerali  di  Be, 
e  la  mancanza  del  più  importante  minerale  di  Be,  il  berillo,  mi 
ha  indotto  ad  eseguire  una  ricerca  sistematica  dell’elemento 
anche  nei  numerosi  altri  minerali  delle  geodi  e  nell’ortoclasio 
della  roccia. 

Data  la  quantità  del  tutto  esigua  di  berillio  che  ci  si  poteva 
attendere  si  è  ricorso  alla  ricerca  spettrografica. 

La  ricerca  del  berillio  è  stata  eseguita  su  campioni  appar¬ 
tenenti  alle  collezioni  dell’Istituto  di  Mineralogia,  Petrografia  e 
Geochimica  dell’Università  di  Milano. 


6 


G.  FAGNANI 


I  frammenti  dei  campioni  sono  stati  scelti  e  successivamente 
polverizzati  in  mortaio  di  agata  con  le  necessarie  cautele,  per 
evitare  inquinamenti  (6)  (7)  (8). 

Per  la  ricerca  è  stato  usato  lo  spettrografo  Puess  110C,  con 
F  =  600  mm.,  per  l’ultravioletto  che  permetteva  di  fotografare 
lo  spettro  di  emissione  da  2300  a  3700  A,  nel  quale  intervallo 
cadono  le  principali  righe  del  berillio. 

L'arco  era  alimentato  da  corrente  continua  180  V.  3  A,  pro¬ 
dotta  da  un  gruppo  convertitore. 

I  carboni  usati  erano  della  Ditta  Elettrocarbonium  di  Narni 
sottoposti  a  processo  di  purificazione  nell’Istituto  di  Mineralogia 
Petrografia  e  Geochimica  dell’Università  di  Firenze. 

La  polvere  del  minerale,  mescolata  con  polvere  di  carbone, 
è  stata  posta  in  un  foro  del  diametro  di  mm.  1,5  praticato  nel 
carbone  positivo  dell’arco:  per  la  ricerca  qualitativa  di  elementi 
in  traccia  in  minerali  e  rocce  questo  metodo  è  ancora  oggi  il 
più  adottato  ed  usato  (*). 

Arco  e  condensatore  erano  disposti  in  modo  da  ottenere 
l’immagine  dei  vapori  dell’arco  sulla  fessura  con  illuminazione 
uniforme  del  collimatore. 

Per  ogni  minerale  furono  fotografati  numerosi  spettri  allo 
scopo  di  ottenere  righe  di  emissione  per  tutta  la  durata  della 
combustione. 

Per  l'identificazione  del  berillio  negli  spettri  ottenuti  sono 
state  usate  le  seguenti  righe  (10)  (11)  (12)  : 


2348.61 

2494.74 

2650.78 

3130.42 


3131.06 

3321.01 

3321.09 

3321,35 


Un  eventuale  indebolimento  di  alcune  righe  spettrali  del  Be 
per  la  presenza  di  alcuni  elementi  fondamentali  costituenti  i 
vari  minerali,  non  arreca  intralcio  :  infatti  la  riga  Be  2348.61 
secondo  Kemula  e  Bygielski  (13)  presenta  in  tutti  i  casi  una 
elevata  sensibilità  seguita  dalla  Be  II  3130,42  e  dalla  Be  II 
3131.06. 


(*)  Esistono  anche  metodi  di  determinazione  fluorimetrica  (9). 


IL  BERILLIO  NEI  MINERALI  DEL  GRANITO  DI  BAVENO 


Si  è  ricercato  il  berillio  nei  seguenti  minerali  delle  geodi 
<del  granito  : 


Albite 

Fluorite 

Axinite 

Heulandite 

Babingtonite 

Laumontite 

Cabasite 

Muscovite 

Clorite 

Ortoclasio 

Crisocolla 

Prehnite 

Datolite 

Stilbite 

Epidoto 

Tormalina 

Fayalite 

Zinnwaldite 

■e  nell’ortoclasio  costituente  la  roccia. 

La  ricerca  del  Be  è  risultata  positiva  per  i  seguenti  mine¬ 
rali  :  albite,  axinite,  cabasite,  crisocolla,  datolite,  ortoclasio, 
prehnite,  tormalina,  zinnwaldite,  epidoto,  laumontite,  musco- 
vite  (*). 

Per  i  seguenti  minerali  :  babingtonite,  clorite,  fluorite,  stil¬ 
ante,  la  ricerca  spettrografica  del  berillio  è  risultata  negativa. 

Nella  seguente  tabella,  accanto  ai  singoli  minerali  in  cui  è 
presente  il  berillio  sono  indicate  le  righe  osservate  : 


Minerali  Righe  osservate 


2348.61 

2494.74 

2650.78 

3131.06 

3130.42 

3321.01 

3321.09 

3321.35 

Datolite 

1 

~r 

+ 

+ 

+ 

i 

Muscovite 

+ 

— 

+ 

1 

+ 

'Tormalina 

-t- 

-f 

-f 

+ 

+ 

Axinite 

+ 

— 

+ 

+ 

+ 

Zinnwaldite 

i 

T 

— 

— 

+ 

— 

Prehnite 

~r 

— 

— 

+ 

— 

Laumontite 

+ 

— 

— 

— 

— 

Epidoto 

-f 

— 

— 

— 

— 

•Cabasite 

+ 

— 

— 

— 

— 

Albite 

+ 

— 

— 

— 

— 

Ortose 

4- 

— 

— 

— 

— 

Drisocolla 

| 

+ 

— 

— 

— 

— 

(*)  Il  berillio  risulta  presente  anche  nella  bazzite  secondo  Berto- 
■lani  (3). 


8 


G.  FAGNANI 


1 

E  interessante  ricordare  quanto  fu  constatato  da  Pieruc- 
cini  (14)  e  Rodolico  (15)  circa  la  presenza  dello  stesso  elemento 
in  altre  rocce  eruttive  italiane. 

Nel  corso  di  ricerche  sui  costituenti  minori  delle  selagiti  e 
sanidiniti  di  Montecatini  i  due  Autori  constatarono  che  il  berillio 
—  nella  differenziazione  del  magma  selagitico  —  si  era  accumu¬ 
lato  nel  sanidino  :  pur  ammettendone  la  presenza  anche  nella  bio- 
tite  e  nell’augite,  gli  stessi  Autori  concludevano  che  il  berillio 
doveva  essere  molto  scarso  non  superando  quella  quantità  che 
normalmente  si  trova  celata  nella  struttura  dei  normali  costituenti 
della  roccia. 

Diverso  sarebbe  stato  invece  il  caso  del  granito  dell’Elba 
che  contiene  in  media  0,0027  di  glucina  (0,0021  %  BeO  nel  gra¬ 
nito  di  S.  Piero  in  Campo  -  0,0033  %  BeO  in  quello  di  S.  Ilario) 
e  che  è  caratterizzato  dalla  presenza  di  filoni  pegmatitici  con  be¬ 
rillio. 

Nel  caso  del  granito  di  Baveno  si  è  potuto  constatare  che 
il  berillio  —  già  segnalato  da  P.  Gialli telli  (16)  fra  i  costituenti 
minori  della  roccia  (*)  —  è  presente  in  15  specie  minerali  delle 
geodi  ;  dalla  tabella  a  pag.  5  risulta  evidente  che  i  minerali  che 
lo  contengono  sono  tutti  silicati  :  ciò  verrebbe  ancora  ad  avvalo¬ 
rare  quanto  affermarono  per  primi  Goldschmidt  e  Peters  (17)  a 
proposito  del  berillio  che  per  le  dimensioni  del  suo  raggio  ionico 
può  sostituire  il  silicio  nel  reticolo  cristallino  dei  silicati  (**)_ 

Dal  comportamento  del  berillio  durante  le  varie  fasi  della 
solidificazione  totale  del  magma  che  diede  origine  al  granito 
di  Baveno  si  può  concludere  che  esso  doveva  essere  presente 
in  quantità  non  trascurabile,  non  solo  perchè  si  introdusse  in 
tracce  nell’edificio  cristallino  dell’ortose,  costituente  la  roccia,  ed 
in  gran  parte  dei  minerali  isterogenetici  delle  geodi,  più  o  meno 
uniformemente  distribuite  nel  granito,  ma  anche  per  il  fatto  che 
diede  origine  da  ultimo  a  due  minerali  propri  :  bavenite  e  gado- 
linite  ;  ciò  evidentemente  quando,  nell’ultima  fase,  idrotermale,  la 
concentrazione  del  berillio  doveva  ossere  notevole. 

Istituto  di  Mineralogia  Petrografia  e  Geochimica  dell ’  Università  di 
Milano  :  gennaio  1953. 


(*)  Oltre  i  costituenti  essenziali  risultano  presenti  nel  granito  di 
Baveno  i  seguenti  elementi  :  Zr,  S,  Cn,  Sn,  As,  F,  Ba,  Sr,  Mo,  W,  B, 
Li,  Cs,  Rb,  Y,  Se,  terre  rare. 

(**)  Secondo  alcuni  AA.  la  sostituzione  avverrebbe  probabilmente 
tra  Be2+SD-b  e  ABd-ABL;  ciò  però  riguarderebbe  in  particolare  i  si¬ 
licati  caratterizzati  da  tetraedri  coordinati  da  Al  (18). 


IL  BERILLIO  NEI  MINERALI  DEL  GRANITO  DI  BAVENO 


9» 


BIBLIOGRAFIA 


1)  Artini  E.  :  Di  una  nuova  specie  minerale  trovata  nel  granito 

di  Baveno,  Atti  R.  Acc.  Lincei  Cl.  Se.  Fis.  MaL 
e  Nat.  Voi.  II,  1901. 

2)  Pagliari  G.  :  Gadolinite  di  Baveno ,  Rend.  Soc.  Min.  It.  Anno  Iv 

1941 . 

3)  Bertolani  M.  :  Le  terre  rare  nella  bcizzite  di  Baveno,  Rend.  Soc. 

Min.  It.,  Anno  V,  1948,  Pavia. 

4)  Fagnani  G.  :  Terre  rare  nella  gadolinite  di  Baveno.  Naturar: 

Riv.  della  Soc.  It.  Se.  Nat.  Voi.  XLI  -  Milauo  1950. 

5)  Grill  E.  :  Bavenite  :  mmiposizione  chimica ,  diffusione,  Rend. 

Soc.  Min.  It.  Anno  I,  1941. 

6)  Henrici  A.  Scheibe  G.:  Chemisclie  Spektralancilyse,  Alz.  VerL 

Leipzig,  1939. 

7)  Haiirison  G.  Lord  R.  Loofbourou  J.  :  Practical  Spectroscopy 

Prentice  Hall,  N.  Y.,  1938. 

8)  Sawyer  R.  :  Experimental  Spectroscopy,  Prentice  Hall,  N.  Y.,. 

1944. 

9)  Sandell  E.  B.:  The  beryllium  content  of  igneous  rocks,  Geochimica 

et  Oosmochimica  Acta.  Voi.  Il,  N.  4,  1952,  Pag.  208. 

10)  Gatterer  A.  Junkes  J.  :  Atlas  cler  Restlinien  :  Spektren  seltener 

Metal  le,  (HI),  Roma,  1949. 

11)  Harrison  G.  :  Wawelenght  Tables ,  J.  Wiley  &  S.  N.  Y.  1948. 

12)  Gatterer  A.  Junkes  J.  :  Are  spectrum  of  iron ,  Roma,  1947. 

13)  Kemula  W.  Rygielski  J.  :  Qualitative  und  quantitative  spektro- 

skopisché  Bestimmung  des  Bergli  iums  in  Minera- 
lien  und  Gesteinen ,  Chem.  Przemysl.  17,  1923. 

14)  Rodolico  F.  Pieruccini  R.  :  Il  berillio  nella  differenziazione  del 

magma  selagitico ,  Rend.  Soc.  Min.  It.  Voi.  I,  1952,. 
Pavia. 

15)  Rodolico  F.  :  Ricerche  sui  costituenti  minori  di  alcune  rocce  vul¬ 

caniche  cieli’  Italia  centrale ,  Period.  Mineralogia,. 
1943,  Roma. 

16)  Gallitelli  F.  :  I  graniti  subalpini  del  Verbano  e  del  Cusio ,  Atti 

Acc.  Scienze,  lett.  ed  atti  di  Modena,  1945. 

17)  Goldschmidt  V.  M.  Peters  C.:  Zur  Geochemie  des  Berilliumsr 

Nachr.  Ges.  Wiss.  Gottingen,  Malli.  Physik.  Klasse, 
IV,  1932,  Gottingen. 

18)  Holser  W.  T.,  Warner  L.  A.,  Wilmarth  V.  R.,  Cameron  N.  : 

Notes  on  thè  geochemistry  of  beryllium  :  Non - 
pegmatite  beryllium  resources  of  thè  United  States . 
Riassunto  in  «The  American  Mineralogist  » .  VoL 
37,  1952,  p.  294. 


Giuliano  Ruggieri 


OSTRACODI  DEL  GENERE  PAIO ENBORCHELLA 
VIVENTI  NEL  MEDITERRANEO 


Il  genere  Paijenborchella  (genotipo  designato  P.  iocosa )  fu 
recentemente  istituito  da  Kingma  1948  su  materiale  pliocenico 
■della  Malesia,  e  fu  successivamente  e  accuratamente  studiato  da 
Triebel  1949  nelle  sue  strutture  ;  secondo  quest’  ultimo  Autore 
deve  riferirsi  a  questo  genere  anche  una  specie  vivente  alle  Fi¬ 
lippine,  nonché  un  certo  numero  di  specie  europee,  a  partire  dal 
Cretaceo  superiore  fino  al  Miocene  ;  numero  che  potrebbe,  penso, 
essere  ancora  aumentato,  solo  con  una  revisione  delle  specie 
fin’ ora  illustrate  sotto  altri  nomi  generici  dagli  Autori.  In  un  re¬ 
cente  lavoro  (1950)  constatai  la  persistenza  di  questo  genere  fino  nel 
Pliocene  della  penisola  di  Crotone  (Italia  meridionale)  rappresen¬ 
tato  da  una  specie  tipica,  che  indicai  allora  come  nuova,  ma  che 
invece  è  da  identificarsi  con  una  specie  già  riscontrata  dal  Kingma 
nel  Pliocene  della  Malesia,  la  P.  malaiensis  (*). 

Strettamente  affine  al  genere  Paijenborchella  è  il  genere 
JV ’eomonoceratina  Kingma  1948  (genotipo  design.  N.  columbi- 
formis )  ;  così  strettamente  affine,  anzi,  che  nella  presente  nota 
propongo  di  degradarlo  a  sottogenere  di  Paijenborchella.  Fino 
ad  ora  non  era  conosciuta,  nè  mai  era  stata  citata  in  Europa,  nes¬ 
suna  autentica  Neomono  ceratili  a  ;  le  mie  ricerche  mi  hanno  por¬ 
lato  a  constatarne  1’  esistenza  di  una  specie  nel  Tortoniano  superiore 
di  Cornuda,  presso  Treviso  (Italia  settentrionale),  specie  del  tutto 
identica  alla  Neomonoceratina  microreticulala  Kingma  già  ri¬ 
scontrata  nel  Pliocene  della  Malesia.  Ancora  maggiore  interesse 
ha  il  ritrovamento  di  una  seconda  specie,  da  considerarsi  nuova 
e  qui  descritta,  in  materiale  attuale  di  spiaggia  prelevato  presso 
Porto  Said  :  questo  ritrovamento  è  particolarmente  importante 


(*)  Sono  debitore  di  questa  identificazione  al  Sig.  A.  J.  Key,  di 
Utrecht,  Olanda,  il  quale  ha  potuto  accertarla  avendo  sotto  mano  il 
materiale  originale  di  Kingma,  ed  ha  voluto  gentilmente  informarmene. 
Colgo  l’occasione  per  porgergli  le  più  vive  grazie. 


OSTRACODI  DEL  GENERE  PAI JENBORCHELL A  ECC. 


11 


■perchè  permette  di  constatare  la  persistenza  fino  alla  attualità 
nel  Mediterraneo  di  tutto  un  gruppo  di  Ostracodi  a  centro  attuale 
di  sviluppo  nettamente  indopacifico. 

Il  materiale  che  mi  ha  servito  per  lo  studio  è  costituito  da 
una  discreta  quantità  di  sabbia,  prelevata  a  Porto  Said  una  ven¬ 
tina  di  anni  fa,  insieme  a  numerosi  molluschi  di  facies  salmastra, 
fra  i  quali  Cerastoderma  lamarckii  Reeve  e  Pirenella  conica 
Blainville.  Il  trattamento  della  sabbia  con  tetracloruro  di  car¬ 
bonio  ha  permesso  di  estrarre  numerosi  ma  poco  variati  forami- 
niferi,  ed  una  discreta  ostracofauna,  nella  quale  ho  fino  ad  ora 
-determinato  : 

Cyprideis  sp. 

Cylhereis  emaciata  (Brady) 

»  plicatula  (Heuss)  turbida  (Muller  G.  W.) 

»  macinata  (Baird) 

»  scutigera  (Brady) 

Hemicythere  sp. 

Basslerites  teres  (Brady) 

Cytherideis  cfr.  subulata  (Brady)* 

Hemicytherideis  elongata  (Brady) 

Caudites  sp. 

nonché  diverse  Loroconcha ,  Cytherura -,  Leplocythere ,  ecc.,  e, 
non  rara,  la  forma  qui  descritta  come  nuova  specie,  e  per  la 
quale  propongo  il  nome  di  Paijenborchella  ( Neomonoceratina ) 
mediterranea. 

Paijenborchella  ( Neomonoceratina )  mediterranea  n.  sp. 

(figg.  1-5  nel  testo) 

Olotipo  :  Il  carapace  delle  figure  1-3,  5  (Ostracodi  Col¬ 
lezione  Ruggieri,  preparato  n.°  4). 
Paratipoidi  :  Oltre  70  carapaci  e  valve  isolate. 

Luogo  tipico  :  Spiaggia  di  Porto  Said  ;  Recente. 

■Carapace  visto  di  lato  a  profilo  romboidale,  visto  dal  dorso  rego¬ 
larmente  ovale,  acuminato  alle  due  estremità.  La  valva  sinistra 
è  di  dimensioni  notevolmente  maggiori  della  valva  destra,  e  so¬ 
pravanza  quest’  ultima  specialmente  lungo  il  margine  posteroven¬ 
trale  e  dorsalmente.  La  terminazione  caudata  posteriore  è  molto 
breve  e  spostata  sopra  la  metà  altezza.  Il  guscio  è  uniformemente 
convesso,  salvo  l’evidente  solco  centrale,  il  quale  si  diparte  im¬ 
mediatamente  dopo  l’ angolo  cardinale  anteriore,  e  scende  verso 


12 


G.  RUGGIERI 


il  basso  incurvandosi  leggermente .  verso  l’ avanti.  La  superficie  è 
percorsa  da  quattro  costole  longitudinali,  di  aspetto  lamellare  seb¬ 
bene  non  taglienti  all’ orlo,  quella  dorsale  sviluppata  specialmente 
nella  metà  posteriore  e  appena  accennata  anteriormente  al  solca 
centrale,  la  mediana  attraversante  tutta  la  porzione  convessa  del 
guscio  a  metà  altezza,  risalendo  leggermente  verso  Y  addietro,  e 


P ai jenbor alleila  ( Neomonoceratina )  mediterranea  n.  sp.  Recente  di 
Porto  Said,  ingrandito  130  diametri  circa. 

Fig.  1-3,  5:  Olotipo.  1:  valva  sinistra  dall’ esterno  per  trasparenza, 

2:  la  stessa  dall’interno,  3:  cardine  della  valva  destra,  5:  car¬ 
dine  delle  due  valve  dal  dorso;  fig.  4:  Paratipoide,  carapace  com¬ 
pleto  dal  dorso. 

due  inferiori,  una  in  posizione  lateroventrale  ed  una  in  posizione 
del  tutto  ventrale  (la  superficie  ventrale  della  conchiglia  non  è 
sensibilmente  appiattita).  La  costa  mediana  e  quella  lateroventrale 
presentano  nella  metà  posteriore  delle  diramazioni  dirette  verso 
P avanti,  di  importanza  diversa  da  individuo  a  individuo.  L’in¬ 
tiera  porzione  convessa  del  guscio,  salvo  il  solco  centrale,  è  co¬ 
sparsa  di  foveole  tondeggianti  di  grandezza  variabile  :  una  fila  di 
tali  foveole  decorre  parallelamente  al  margine  anteriore,  e  in  tutta, 
prossimità  dello  stesso. 


0STRAG0DI  DEL  GENERE  PAI JEN BORCHELLA  ECC. 


13 


Il  cardine  è  tipico  del  genere  e  risulta  nella  valva  sinistra 
di  un  profondo  alveolo  anteriore,  chiuso  quasi  completamente  da 
una  robusta  costola  a  forma  di  V,  la  quale  anteriormente  non  rag¬ 
giunge  il  margine  dorsale  ;  sul  ramo  posteriore  di  tale  costola  è 
inserito  il  dente  cardinale  anteriore,  a  base  triangolare,  molto 
sporgente  e  non  visibimente  bìfido  alia  sommità:  in  sostanza 
solo  in  alcuni  esemplari  questo  dente  appare  bisecato  da  una  in- 
cisura,  visibile  solo  sul  lato  ventrale  di  esso.  Il  dente  si  raccorda 
con  una  robusta  cresta  cardinale,  visibilmente  dentellata,  la  quale 
termina  posteriormente  contro  un  alveolo  a  forma  di  rene,  dorsal¬ 
mente  crenato,  chiuso  posteroinferiormente  da  una  struttura  cul¬ 
minante  con  un  dentello,  che  risulta  situato  in  corrispondenza 
dell’ilo  del  rene.  Il  margine  dorsale  sovrasta  notevolmente  la 
cresta  cardinale,  senza  però  che  nell’ area  interposta  si  determini 
un  vero  e  proprio  solco  supracardinale  («  Ausweichfurche  >  degli 
AA.  tedeschi).  Il  cardine  della  valva  destra  è  complementare,  ri¬ 
sultando  di  un  forte  dente  anteriore,  subcilindrico,  visibilmente 
bifido  alla  sommità,  dal  cui  estremo  ififeroposteriore  si  diparte 
una  robusta  costola  a  forma  di  V,  che  determina  un  ampio  e  pro¬ 
fondo  alveolo  cardinale  ;  a  questo  segue  una  doccia  a  fondo  cre- 
nulato,  delimitata  verso  l’interno  da  una  costolina  evanescente 
verso  l’ avanti  e  terminata  posteriormente  contro  un  dente  crenu- 
lato  reniforme.  Le  zone  marginali  sono  anteriormente  percorse  da 
pochi  poricanali  marginali  (4-5)  dei  quali  talora  qualcuno  è  ra¬ 
mificato,  originantisi  da  uno  stretto  vestibulum,  e  posteriormente, 
nel  mucrone  caudale  da  tre,  eccezionalmente  quattro,  poricanali 
marginali  ;  posteroventralmente  i  poricanali  che  si  dipartono  dal 
margine  interno  terminano  in  corrispondenza  della  costola  ven¬ 
trale,  senza  raggiungere  il  margine  esterno. 

Dimensioni  :  I  vari  esemplari  esaminati  sono  molto  uniformi 
quanto  a  dimensioni  e  proporzioni,  sicché  non  vi  ho  potuto  ap¬ 
prezzare  i  due  sessi.  Le  dimensioni  dell’olotipo  sono  :  lunghezza 
0,42,  altezza  0,23  mm. 

Osservazioni  :  Riferisco  questa  specie  al  genere  Paijenbor- 
cheVa  per  i  caratteri  del  cardine,  aree  marginali,  esistenza  di 
un  solco  centrale  e  di  una  terminazione  caudale  posteriore  ;  per 
la  posizione  elevata  di  quest’ ultima  il  mio  esemplare  dovrebbe 
rientrare  nel  genere  Neomonoce ratina  Kingma  1948,  che  però 
non  ritengo  separare  da  Paijenborchella  per  i  motivi  più  sotto 
addotti  ;  i  miei  esemplari  inoltre  si  distinguono  da  tutte  le  Pai- 
jenborchella  e  Neomonoce  ratina  note  per  l’assenza  di  ogni  apo- 


14  G.  RUGGIERI  -  OSTRACODI  DEL  GENERE  PA1JENBORCHELL A  ECC. 


fisi  mucroniforme  nell’area  posteroinferiore.  Non  penso  però  che 
questo  carattere  sia  sufficiente  a  distinzioni  generiche. 

Quanto  al  genere  Neomonoceratina  Kingma  1948  (genotipo 
N.  columbi f or mis)  non  mi  sembra  sostanzialmente  distinto  da 
Paijenborchella  sebbene  il  Kingma,  autore  dei  due  generi,  li 
collochi  in  due  famiglie  diverse.  Secondo  la  diagnosi  e  le  figure 
originali  di  Kingma  i  caratteri  distintivi  si  riducono  al  fatto  che 
in  Neomonoceratina  la  terminazione  caudale  è  in  posizione  quasi 
dorsale  (in  Paijenborchella  ventrale)  e  manca  un  solco  sopra¬ 
cardinale  ;  questo  ultimo  carattere  perde  di  importanza  quando 
si  consideri  come  dalla  monografia  dettagliata  di  Triebel  sul 
genere  Paijenborchella  risulta  come  il  solco  sopracardinale  possa 
esservi  da  bene  sviluppato  a  del  tutto  assente. 

In  attesa  di  un  più  esauriente  studio  del  genere  Neomono - 
ce  ratina  ritengo  di  non  mantenerlo  come  genere  distinto  da 
Paijenborchella ,  ma  di  conservarlo  solo  come  sottogenere  di 
quest’ultimo.  Il  genere  Paijenborchella  risulterebbe  così  se¬ 
zionato  : 

à)  Specie  a  mucrone  caudale  bene  sviluppato,  in  posizione  de¬ 
cisamente  ventrale  :  sottogenere  Paijenborchella  str.  s.  (ge¬ 
notipo  P.  iocosa  Kingma). 

b )  Specie  a  mucrone  caudale  poco  sviluppato,  in  posizione  sub¬ 
dorsale  :  sottogenere  Neo  monocerati  n  a  (Kingma)  (genotipo 
P.  ( Neomonoceratina )  columbiformis  (Kingma)). 

Résumé. 

Description  d’ un  nouveau  Ostracode,  Paijenborchella  ( Neo - 
monoceratina )  mediterranea ,  la  prémière  espèce  du  genre  ré- 
trouvée  à  l’état  récent  dans  la  Méditerranée. 


OPERE  CITATE 


Kingma  J.  Tu.  1948  — -  Contributions  to  thè  knowledge  of  thè  Young- 

Caenozoic  Ostrcicoda  from  thè  Malayan  re- 
c/ion,  Proefschrift,  Utrecht,  1948. 

Triebel  E.  1919  —  Zar  Kenntnis  der  Oslracoden-Gcittung  Paijen¬ 

borchella,  Senckenfcergiana,  30,  1949. 

Ruggieri  G.  1959  —  Una  nuova  Paijenborchella  del  Pliocene  della 

Calabria ,  Giornale  di  Geologia,  s.  2,  21,  (1949)r 
Bologna  1950. 


Sergio  Venzo 


NUOVA  FORMA  DI  ANISOCERAS  (AMMONITE  SVOLTA) 
NELLE  ARENARIE  SENONIANE 
DI  MONTE  S.  GENESIO  (BRIANZA  ORIENTALE) 

Con  Ire  figure  nel  fesfo 


Premessa.  —  Nel  1951,  il  prof,  don  Marino  Colombo  (x) 
mi  portò  in  istudio  un  ottimo  esemplare  frammentario  di  ammo¬ 
nite  svolta,  proveniente  dalle  arenarie  sopracretaciche  verso  la 
cima  del  Monte  S.  Genesio,  nella  Brianza  orientale.  Esso  è  di 
proprietà  del  Museo  di  Storia  Naturale  del  Seminario  Arcivesco¬ 
vile  di  Venegono  inferiore,  nel  quale  verrà  conservato. 

Trattasi  di  forma  rarissima  del  genere  Anisoceras  Pictet  ; 
genere  che  viene  rinvenuto  ed  illustrato  per  la  prima  volta  in 
Lombardia,  e  —  per  quanto  mi  consta  —  anche  in  Italia.  Tale 
ammonite  fu  per  me  di  particolare  interesse,  poiché  mi  occupavo- 
della  «  Stratigrafia  e  tettonica  del  Flgsch  f  Cretacico-Eocene } 
del  Bergamasco  e  della  Brianza  orientale  »  (2)  :  lavoro  nel 
quale  figurai  —  come  prova  cronologica  —  anche  alcuni  Pachy- 
discus  del  Santoniano  inferiore  del  Monte  Canto  basso  e  del 
Monte  S.  Vigilio  (Bergamo  :  Tav.  I  e  II)  ;  ed  inoltre  lo  stesso 
campione  in  esame  (Tav.  II),  che  merita  apposita  trattazione. 

Il  M.  S.  Genesio,  con  vecchio  convento  sulla  cima  (m.  849)r 
indicato  sul  Foglio  Geologico  Como  (1937)  col  verde  del  «  Piano 
di  Sirone  »,  si  trova  all’estremo  NO  dalla  mia  Carta  geologica 
30.000  dell' apparato  morenico  dell'  Adda  di  Lecco  (1948  (3)). 


0)  Esprimo  qui  la  mia  riconoscenza  al  dott.  don  Marino  Colombo,. 
professore  di  Scienze  Naturali  al  Seminario  Arcivescovile  di  Venegono 
inferiore  e  Direttore  del  locale  Museo. 

(2)  Venzo  S.  -  Stratigrafia  e  tettonica  del  Flysch  ( Cretacico-Eocene ) 
del  Bergamasco  e  della,  Brianza  orientale.  Memorie  descrittive  della 
Carta  Geologica  d’Italia  (Foglio  Geologico  Bergamo),  Voi.  XXX.  Ser¬ 
vizio  Geologico.  Roma,  1953. 

(3)  Venzo  S.  -  Rilevamento  geomorfologico  dell'  appar odo  morenico 
dell' Adda  di  Lecco.  Con  Carta  geologica  1 :  30.000.  Atti  Soc.  It.  Scienze 
Nat.  Voi.  LXXXVIl.  Milano,  1948. 


16 


S.  VENZO 


Precedenti  conoscenze  sulle  ammoniti  del  Cretacico.  —  Sin 

dal  1898,  Mariani  (4)  ebbe  a  descrivere  e  figurare  le  seguenti 
ammoniti  del  Senoniano  lombardo,  per  la  maggior  parte  di 
Brenno  : 

Mortoniceras  texanum  Roemer  (è  il  zeilleri  De  Gross  (*)) 

Pachydiscus  colligatus  v.  Binkhorst 

—  ne g rii  Mariani 

—  isculensis  Redt. 

—  sp. 

Hanericeras  pseudo-gardeni  Schlùter 

Hamites  cfr.  cylindraceus  Defr. 

Nel  1901,  De  Alessandri  descrisse  alcuni  «  Nuovi  fossili  del 
Senoniano  lombardo  (3),  tra  i  quali  due  ammoniti  :  Pachydiscus 
cfr.  subrobustus  Seunes  e  Desmoceras  sp.. 

Nel  1920  Desio  pubblicò  la  sua  magnifica  memoria  sulla 
Creta  del  Bacino  di  Firenze  (2),  che  illustra  le  ammoniti  delle 
arenarie  sopracretaciche  («pietraforte  »);  fauna  consimile  e  dei 
medesimi  sottopiani  di  quella  lombarda.  Tra  le  sue  forme  ricordo 
il  Crioceras  pillae  De  Stefani  (Desio,  p.  232,  Tav.  XVII,  tìg.  9  ; 
Tav.  XIX,  fig.  8),  forma  svolta  a  costulazione  minuta  con  deboli 
tubercolini  :  ben  dissimile  però  da  quella  del  tipo  in  esame. 

Nel  1949,  Vialli  descrisse  40  ammoniti  —  in  parte  da  me 
raccolte  —  del  Barremiano  superiore  del  Bergamasco  occidentale 
(Val  Veschiera)  ;  figurandole  in  apposita  tavola  (4). 

Nel  1951,  io  stesso  ebbi  a  descrivere  ed  illustrare,  in  due 
tavole,  alcune  ammoniti  dell’Albiano  superiore-Cenomaniano  d-el 
Bergamasco  occidentale  (5^  :  tra  esse  una  forma  svolta  del  Cenoma- 
niano  inferiore  a  Mantelliceras  («  Mantelliceralaiio  »  di  Spath)  ; 


(L)  Mariani  E.  -  Ammoniti  del  Senoniano  lombardo.  Mem.  R.  Ist. 
Lomb.  Scienze  e  Lett.  Voi.  XVIII,  fase.  IV.  Milano,  1898. 

(2)  Desio  A.  -  La  creta  del  Bacino  di  Firenze.  Pai.  It.  Voi.  XXVI. 
Pisa,  1920,  p.  203. 

(3)  De  Alessandri  G.  -  Nuovi  fossili  del  Senoniano  lombardo. 
Rencì.  R.  Ist.  Lomb.  Scienze  e  Lett.  Serie  II,  Voi.  XXXIV.  Milano,  1901. 

(4j  Vialli  V.  -  Nuova  fauna  ad  ammoniti  del  Barremiano  supe¬ 
riore  lombardo.  Atti  Soc.  It.  Scienze  Nat.  Voi.  LXXXVIII.  Milano, 
1949. 

(5)  Venzo  S.  -  Ammoniti  e  vegetali  albiano-cenomaniani  nel  Flysch 
del  Bergamasco  occidentale.  Ibi d.  Voi.  XC.  Milano,  1951  :  p.  223, 
Tav.  IX,  fig.  4,  4  a. 


Fig.  J  a,  1  b  -  Frammento  eli  camera  d’abitazione  di  Anisoceras  n.  f. 
aff.  paderbornense  e  pseudoarmafum  (Schuuter)  ;  delle  arenarie  conia- 
ciane  di  Monte  S.  Genesio  (Brianza  orientale).  La  fig.  le  illustra  la 
sezione  trasversale. 

non  deformato,  fossilizzato  in  arenaria  debolmente  marnosa.  Forma 
svolta  su  unico  piano,  a  lentissimo  accrescimento,  ampiamente 
arcuata  e  con  margini  quasi  paralleli.  La  sezione  è  ovalare  com¬ 
pressa  (fig.  1  c)  :  altezza  del  giro  mm.  45,  spessore  massimo,  me- 


NUOVA  FORMA  DI  ANISOCERAS  ECC.  17 

V  H amile s  torrii  Venzo  —  caratterizzato  da  fitta  e  fine  costula- 
•zione  semplice  —  del  gruppo  dell '  H amite s  altenuatus  (Sow.). 
Tale  forma,  di  piccole  dimensioni  rispetto  alla  presente,  è  molto 
più  antica  di  quella  in  esame,  e  viene  a  trovarsi  stratigrafica- 
mente  7-800  metri  al  di  sotto  delle  arenarie  coniaciane  di  Monte 
S.  Genesio.  La  questione  stratigrafica  è  seguentemente  discussa. 

Descrizione  dell’esemplare  (figg.  1  a,  5,  c,  nel  testo).  — 
Frammento  della  camera  d’  abitazione,  ottimamente  conservato  e 


2 


18 


S.  VENZO 


diano  al  giro,  mm.  28.  Ornamentazione  consistente  in  forti  e  fitte- 
coste  acute  e  subeguali,  notevolmente  inclinate  in  avanti  ;  esse 
sisultano  continue  e  molto  regolari  nella  regione  dorsale,  che  è 
arrotondata.  Verso  la  regione  ventrale, 
appaiono  forti  tubercoli  disposti  su  4  file, 
ma  non  regolari  :  di  essi,  gli  esterni  ri¬ 
sultano  più  grossi  e  subspinùlosi.  I  tuber¬ 
coli  interni  —  allineati  al  quarto  esterno 
del  giro  —  sono  situati  alla  riunione  di 
2  o  di  3  coste,  in  modo  piuttosto  irrego¬ 
lare  :  infatti,  tra  essi,  appaiono  interca¬ 
late  da  1  a  ben  5  coste  semplici,  che  con¬ 
tinuano  all’esterno,  nella  regione  ventrale. 

I  tubercoli  della  fila  interna  risultano 
raccordati  con  quelli  della  fila  ventrale  a 
mezzo  di  coste  oblique,  più  grosse,  e  non 
regolari.  Le  coste  si  attenuano  nella  zona 
ventrale,  dove  i  tubercoli  sono  paralleli 
e  corrispondenti  tra  loro.  Questa  particolare  ornamentazione  ap¬ 
pare  evidente  dalla  fig.  1  67,  oltreché  dalla  1  b. 

La  linea  lobale  non  è  presente,  trattandosi  dell’ultima  camera. 

Questa  forma  doveva  raggiungere  grandi  dimensioni  :  dato 
che  l’andamento  dei  primi  giri  è  sconosciuto,  e  non  si  può  rico¬ 
struire  neppure  approssimativamente,  V  attribuzione  ad  Aniscceras- 
è  dovuta  alle  affinità  con  forme  note  di  questo  genere. 

Confronti  e  differenze.  —  Il  campione  in  esame  presenta 
delle  affinità  coll’  Ancyloceras  paderbornense  Schlùter  (Q  delle 
marne  superiori  a  Inoceramus  cuvieri  di  Paderborn  (Turoniano 
superiore  :  Haug,  Traile  3  ;  p.  1234)  ;  figurato  da  Schlùter  a 
Tav.  XXX,  fig.  1,  2.  La  sezione  ovato  compressa  e  quadrituber¬ 
colata  della  sua  fig.  2,  presenta  la  massima  analogia  colla  nostra  ; 
un  po’  diversa  è  invece  l’ornamentazione  sull’ultimo  giro,  dove 
i  tubercoli,  che  risultano  più  radi,  appaiono  raccordati  da  ampie 
a  forti  coste  diritte  invece  di  oblique. 

La  specie  di  Schlùter,  a  prima  vista  potrebbe  sembrare 
persino  un  Criocera s  ;  ma  Spath  (2)  osserva  autorevolmente  trat¬ 


ti  Schlùter  Cl.  -  Cephalopoden  der  oberen  deutschen  Kreide.- 
Palaeontograpliica  XXI.  Cassel  1872-76;  p.  97,  Tav.  30,  fig.  1,  2. 

(2)  Spath  L.  F.  -  Amm.  of  tlie  Gault.  Pai.  Society  1938.  Londra^ 
agosto  1939;  p.  541. 


Fig.  1  c 


NUOVA  FORMA  DI  ANISOCERAS  ECC. 


19 


tarsi  di  forma  incerta,  che  non  si  sa  se  collegare  cogli  Anisoce- 
ratidi  o  con  persistenti  Hamitidi.  Infatti,  come  avvertì  Roman  (*) 
(p.  51),  gli  Anisoceras  erano  da  tempo  avvicinati  agli  Hcimites 
—  particolarmente  da  Uhug  — ,  dei  quali  anzi  costituivano  sem¬ 
plice  sottogenere.  In  seguito  Hyatt  tenne  distinti  gli  Anisoceras 
per  le  4  file  di  tubercoli  e  per  le  coste  disposte  come  nella  sua 
famiglia  dei  Pedioceratidi  :  e  questo  è  appunto  il  caso  del  mio 
campione. 

Gli  Ancyloceras  d’  Orbigny  1840,  em.  Hàug  1889,  come  av¬ 
verte  Roman  (p.  354),  hanno  per  genotipo  1’  Ancyloceras  matlie- 
roni  d’  Orb.  (2)  :  forma  aptiana,  che  non  presenta  alcuna  affinità 
né  col  tipo  di  Schluter,  né  con  quello  in  esame. 

Il  genere  Anisoceras  Pictet  1854,  ha  per  genotipo  Y  Hami- 
tes  sausurreanus  Pictet  e  Roux  (3),  dell’ Albiano  ;  quadrituber¬ 
colato,  ma  a  sezione  subcircolare  e  di  più  veloce  accrescimento. 
Maggiore  affinità  presenta  invece  Y Anisoceras  ( Hamites ,  vecchi 
A. A.)  armatura  (Sow.)  dell’ Albiano  inglese,  figurato  da  Spath  (4) 
a  Tav.  LX,  fig.  1  ed  a  Tav.  LIX,  fig.  6  ;  caratterizzato  da  giri 
cilindrici  o  debolmente  compressi,  con  piccoli  tubercoli  subme¬ 
diani  al  giro.  L 'armatum  (Sow.),  diffuso  nell’ Albiano  e  Ceno- 
maniano,  è  illustrato  da  Stoliczka  (5)  nell’  Ootatoor  Group  (Al¬ 
biano)  dell’India  meridionale. 

L’ A.  per  armatum  Pictet  e  Campiche  dell’Albiano  superiore 
del  Sussex,  ottimamente  figurato  da  Spath  ( Gault ,  1938)  a  Tav. 
LIX,  fìgg.  1-3,  risulta  a  sezione  subcircolare  ed  a  coste  più  rade 
che  non  quelle  del  mio  esemplare.  Affine  al  perarmatuin}  ri¬ 
sulta  Y  Anisoceras  (sub.  Ancyloceras)  pseudoarmatum  Schluter, 
degli  «  Strati  a  mucronatum  »  (Maestrichtiano)  della  Wesfalia 
(Schluter  1872,  Tav.  31,  fig.  1-3);  con  nodi  laterali  al  terzo  in¬ 
terno  e  coste  più  rade,  più  attenuate,  e  sempre  diritte.  Questa 


(x)  Roman  Fr.  -  Les  ammoni tes  jurassicpies  et  Crétacées.  Essai  de¬ 
genera.  Masson  et  Cie,  Editeurs.  Paris  1938;  p.  51. 

(2)  D’ Orbigny  A.  -  Terrains  crétacés.  Tome  I,  Cephalopodes  (18421 1 

Tav.  122. 

(3)  Pictet  et  Roux.  -  Moli,  grès  verts  des  environs  de  Genève ^ 
Mem.  Soc.  Phys.  et  Hist.  Nat.  Genève,  1847-53;  Tav.  XIII,  fig.  1-7. 

(4)  Spath  L.  F.  -  Gault ,  Pai.  Soc.  1938. 

(ó)  Stoliczka  F.  -  Ceplial  Crei.  Roclcs  of  Southern  India.  PalaeonE 
Indica  1865  ;  Tav.  LXXXI,  fig  8-10. 


20 


S.  VENZO 


forma  quadritubercolata  —  a  sezione  variabilissima  —  è  rifigu¬ 
rata  da  Schlùtkr  nel  1876  (*). 


Tra  le  ammoniti  aberranti  della  Tunisia,  Pervinquière  (2) 
illustra  V  Hamiles  [Anisoceras  ?) .  armatus  (Sow.)  del  VraQon- 
niano,  in  forme  di  piccole  dimensioni,  diverse  dal  nostro  tipo. 
Affinità  maggiore  riscontro  invece  coll’  Hamiles  ( Anisoceras  ?) 
wernickei  Wolleman  del  Campaniano  di  Zanfour,  figurato  da 
Pervinquière  a  Tav.  Ili,  fig.  33  a)  b  :  tuttavia  le  coste  appaiono 
molto  più  rade  che  non  quelle  del  mio  tipo,  ed  i  nodi  meno 
marcati. 

Un  Hamites  ( Anisoceras  ?)  sp.  —  con  due  tubercoli  spinosi 
ventrali  e  2-3  coste  alternanti  più  sottili  e  liscio  —  è  illustrato 
da  Collignon  (3)  tra  le  ammoniti  senoniane  del  Madagascar. 

Tra  gli  Hamitidi  del  Cretaceo  medio-superiore  dello  Zulu- 
land,  da  me  illustrati  nel  1936  (4\  si  trovano  anche  tre  forme 
di  Anisoceras  dell’ Albiano  :  A.  raynaudi  Boule,  Lém.-Thév., 
affi,  favrinus  Pictet,  Anisoceras  sp..  Si  tratta  tuttavia  di  forme 
a  coste  rade  e  crasse,  debolmente  tubercolate. 

In  India  sono  noti  diversi  Anisoceras ,  dapprima  illustrati 
da  Stoliczka  (op.  cit.  1865,  Tav.  LXXXI-LXXXV)  :  ma  soltanto 
V armatimi  (Sow.)  presenta  —  come  già  vedemmo  —  affinità 
col  tipo  in  esame.  In  seguito,  Kossmat  (5)  illustrò  i  seguenti 
Anisoceras  del  Cretacico  medio  e  superiore  dell’  India  :  indicus 
Porbes,  tenuisulcalus  Forbes,  rugatus  Forbes  e  subconigjressns 
Forbes,  forme  a  coste  liscie,  non  tubercolate- 

Tra  le  forme  svolte  della  «  Craie  superieure  »  francese, 
illustrate  da  De  Grossouvre  (6),  non  si  trova  alcun  Anisoceras  ; 


(1)  Schluter  Cl.  -  Ceplialopoden  der  oberen  Kreide.  Palaeonto- 
graphica  1876;  Tav.  XLIII,  fig.  5-9. 

(2)  Pervinquière  L.  -  Paléontol.  tunisienne  I.  Cephal ,  Terr.  sec. 
Paris,  1907  ;  pp.  84-86. 

f3)  Collignon  M.  -  Faunes  sénoniennes  de  Madagascar.  Annales 
géol.  Serv.  des  Mines.  Tananarive  1931  ;  p.  55,  Tav.  VII,  fig.  12,  13. 

(4)  Venzo  S.  -  Cefalopodi  del  Cretaceo  medio-superiore  dello  Zu- 
luland.  Pai.  Ital.  Voi.  XXXVI  -  Anno  1936.  Pisa,  1936. 

(5)  Kossmat  Fr.  -  Untersuchungen  iiber  die  Siidindische  Kreide- 
formation.  Beitr.  z.  Pai.  u.  Geol.  Osterreicb  -  Ungarns  u.  Orients  IX 
Bd.  1895  ;  Tav.  XIX. 

(6)  De  Grossouvre  A.  -  Recherclies  sur  la  Craie  sup.  II  Les  Am- 
monites.  Mém.  pour  servir  à  F  esplicatimi  de  la  Carte  Géologique  dé- 
taillée  de  la  Franco.  Paris,  1893;  p.  254. 


NUOVA  FORMA  DI  ANISOCERAS  ECC . 


21 


il  che  costituisce  un’altra  prova  della  rarità  del  genere.  Egli 
descrive  e  figura  invece  un  Ancylocerasì  douvillei  De  Gross. 
(p.  254,  Tav.  XXX,  fig.  8),  a  coste  rade,  debolmente  reflesse, 
tritubercolate  e  con  giro  di  forte  accrescimento.  <  - 

Tra  le  ammoniti  del  Senoniano  di  Brenno  descritte  da 
Mariani  (4898,  p.  57),  si  trova  un  Hamites  cfr.  cylindraceus 
Defr.  (non  figurato).  Questa  forma  non  tubercolata  è  un  Hamites 
s.  str.  (Gen.  Hamites  Parkinson)  ;  genotipo  Hamites  attenuatus 
(Sow.)  (Q.  Ricordo  che  affine  a  quest’ultimo  risulta  V  H.  torrii 
Venzo  (2)  del  Cenomaniano  a  Manteìliceras  del  Bergamasco  oc¬ 
cidentale  (basso  torrente  Sonna,  al  Ponte  della  Terra  rossa). 

Il  tipo  di  Brenno  —  a  coste  diritte,  fitte  e  liscie  —  figurato 
da  Mariani  a  Tav.  I,  fig.  5,  da  lui  ravvicinato  a  Pachydiscas 
deformato,  è  con  ogni  probabilità  un  Hamitide.  Tale  tipo  era 
conservato  al  Museo  Civico  di  Storia  Naturale  di  Milano,  ed  io 

10  ebbi  in  diretto  esame  :  sfortunatamente  andò  poi  bruciato  nel- 
l’ agosto  1943.  Ma  io  stesso  potei  riscontrare  la  perfetta  rispon¬ 
denza  del  campione  —  seppur  notevolmente  compresso  —  colla 
fotografia  Mariani.  Questo  stesso  autore  osserva  del  resto,  che 

11  suo  esemplare  lombardo  a  prima  vista  sembrerebbe  uno  Sca¬ 
pili  tes,  del  tipo  dello  S1.  tridens  ,sua  p.  57),  specie  comune  nella 
Creta  superiore  di  Limbourg,  Luneburg,  Lemberg  ecc..  Piuttosto 
che  di  Scaphites  (genotipo  Macroscaphites  yvani  d’Orb.  (3),  del 
Barremiano),  a  me  sembra  trattarsi  di  grande  uncino  di  Hamites) 
soltanto  compresso  per  deformazione.  Notevole  risulta  infatti 
l’affinità  coll’  Hamites  rotundus  (Sow.),  figurato  da  d’  Orbigny  a 
Tav.  132,  fig.  1,  che  è  un  Hamites  s.  str.  (Spath  (4)j  :  oppure  col- 
V  Hamites  compressas  Sow.)  (Spath,  Gault  1941,  p.  618,  fig.  222). 
Consimili  al  tipo  di  Mariani  risultano  inoltre  Hamitoides ?  ru- 
sticus  Spath  (1941,  Tav.  LXVI,  fig.  2)  e  Idiohamites  turgidus 
(Sow.)  affi  var.  robusta  Spath  (1941,  Tav  LXVI,  fìgg.  7  e  8). 

Le  forme  ora  confrontate  coll’  Hamites  di  Brenno,  sono  del- 


C)  Spath  L.  E.  -  Gault  1938,  p.  607  :  1941,  Tav.  LXVII,  fìgg  1-13, 
15  ;  fig.  iti  testo  218. 

(2)  Venzo  S.  -  Ammoniti  e  vegetali  albiano-cenomaniani  nel  Flysch 
del  Bergamasco  occidentale ,  1951  ;  p.  223,  Tav.  IX,  fìgg.  4,  4 a. 

(3)  D’ Orbigny  A.  -  Terr.  Crétacés  Tav.  128,  fìgg.  1-3. 

(4)  Spath  L.  F.  -  Gault ,  1938;  p.  605,  1941,  p.  611,  Tav.  LXVII. 
fìgg.  14-18;  Tav.  LXVIII,  fig.  1. 


22 


S.  VENZO 


l’Albiano  e  di  dimensioni  sempre  minori  :  ma  è  noto  che  le  forme 
finali,  sopracretaciche,  di  Hamites  tendono  spesso  al  gigantismo. 

Ricordo  infine,  che  tra  le  ammoniti  nella  Creta  superiore 
dell’Appennino  settentrionale  studiate  da  Sacco  (1>2),  figurano 
anche  resti  indeterminabili,  appartenenti  forse  ai  generi  Hamites , 
Scaphgtes  ed  Ancyloceras  :  si  tratta  di  frammenti  pessimamente 
conservati,  perchè  rimaneggiati  nelle  «  argille  scagliose  ofioliti- 
fere  »,  alloctone  e  conseguenza  di  scivolamento  tettonico  dovuto 
a  gravità. 

Conclusioni.  —  La  forma  esaminata,  affine  agli  Anisoceras 
paderbornense  e  pseudoarmatum  (Schlùter),  risulta  con  ogni 
probabilità  nuova:  trattandosi  di  frammento  dell’ultima  camera, 
mancante  di  linea  lobale,  non  è  possibile  lo  stabilirla.  La  sua 
illustrazione  porta  nuovo  contributo  alla  conoscenza  delle  rare 
faune  ad  ammoniti  del  Senoniano  lombardo. 

Osservazioni  cronologiche.  —  Il  genere  Anisoceras  è  svi¬ 
luppato  dall’ Albiano  al  Maestrichtiano  ;  trattandosi  di  forma  nuova 
non  abbiamo  alcuna  base  per  stabilire  paleontologicamente  l’età 
delle  arenarie,  verso  la  cima  del  Monte  S.  Genesio.  Le  condi¬ 
zioni  tettoniche  generali  sono  accennate  da  De  Alessandri  (3)  a 
Tav  I,  profilo  EF,  sviluppato  da  M.  S.  Genesio  a  Montevecchia  : 
anche  da  esso  risulta  trattarsi  di  arenarie  a  franapoggio  verso 
sud,  del  «  Piallo  di  Sirone  ».  Tali  arenarie  sottostanno  strati- 
graficamente  alle  puddinghe  poligeniche  ad  Acleo nelle- lppuriti 
del  Santoniano  inferiore  (livello  della  Cava  di  Sirone),  che 
—  benché  poco  potenti  —  si  trovano  alle  pendici  meridionali  di 
esso:  lungo  la  strada  Mouticelli -Tremonte  (mia  Carta  Adda 
30.000}  estremo  NO).  Come  da  me  dimostrato  stratigraficainente 
anche  per  i  più  orientali  e  tettonicamente  allineati  M.  dei  Frati  - 
M.  Canto  basso  -  M.  S.  Vigilio  (Bergamo)  (4>5),  i  400  metri  di (*) 


(*)  Sacco  F:  -  Contribution  à  la  connaissance  paléontologique  des 
argilles  écailleuses  et  des  schistes  ophiolitifères  de  V Apennin  sepien- 
trional.  Bull.  Soc.  Belge  de  géol.  de  pai.  et  d’hydrol.,  voi.  VII,  1893,  p.  3. 

(2Ì  Sacco  F.  -  Les  formations  ophiolitifère  da  Crétacé.  Ibid.  voi. 
XIX,  1905,  p.  247. 

(3)  De  Alessandri  G.  -  Osservazioni  geologiche  sulla  Creta  e 
sull' Eocene  della  Lombardia.  Atti  Soc.  It.  Scienze  Nat.  1899. 

(4)  Venzo  S.  -  Foglio  Geologico  Bergamo  1953  (quarto  meridionale 
Cretacico-Eocene). 

(5j  Venzo  S  -  Stratigrafia  e  tettonica  del  Flysch ,  1953;  Quadro 
tettonico  7,  Profili  V-XI. 


NUOVA  FORMA  DI  ANISOCERAS  ECC. 


23 


-arenarie  sottostanti  ai  conglomerati,  possono  rappresentare  il  Se- 
noniano  inferiore  o  Coniaciano. 

Al  M.  S.  Vigilio  (Venzo  1953,  Quadro  tettonico  /,  profilo  XI), 
-circa  30  metri  sopra  i  conglomerati,  troviamo  la  famosa  Cava 
Ghisoli  (località  fossilifera  da  me  indicata  sul  Foglio  Geologico 
Bergamo ),  donde  provengono  i  due  grandi  esemplari  di  Eupa- 
chydiscas  isculensis  Redt.,  da  me  figurati  (1953,  Tav.  I,  figg.  1 
e  2)  ;  forma  catteristica  del  Santoniano  inferiore.  Le  arenarie 
■sottostanti  al  livello  conglomeratico  devono  perciò  attribuirsi  a 
livello  più  antico,  cioè  al  Coniaciano.  Il  sottostante  Turoniano 
non  presenta  più  facies  arenacea  ma  di  tipico  Flysch. 

Sul  Foglio  Geologico  Como  1937,  il  M.  S.  Genesio  risulta 
.genericamente  attribuito  al  Sopracretacico  inferiore  («  Piano  di 
Sirone  >  A. A.):  difatti  esso  si  trova  appena  6  km  a  ESE  della 
tipica  Cava  di  puddinga  di  Sirone,  che  risulta  intercalata  tra  le 
arenarie. 

L’  Anisoceras  n.  f.  delle  arenarie  di  Monte  S.  Genesio 
—  sottostanti  al  livello  conglomeratico  —  può  così  attribuirsi 
al  Coniaciano. 

Milano,  Museo  Civico  di  Storia  Naturale,  aprile  1953. 


ult.  bozze  maggio  1953 


ISTITUTO  E  MUSEO  DI  ZOOLOGIA  DELL’  UNIVERSITÀ  DI  TORINO 

DIRETTORE  :  PROF.  L.  PARDI 


1  ■  ;  '  ■^''/0'ÌÌI'K 

Enrico  Tortonese 

Libero  docente  e  assisterne  v  Vi  r-,  1 


NOTA  SUI  CENTRACANTHIDAE  DEL  MEDITERRANEO 

(PISCES  PERCIEORMES) 


Vivono  nel  Mediterraneo  diverse  specie  di  Centracantidi,. 
note  comunemente  come  Zerri  o  Mènole.  Per  la  loro  grande  dif¬ 
fusione  e  abbondanza  in  tutti  i  nostri  mari,  questi  pesci  sono 
ben  noti  e  già  la  più  antica  letteratura  ittiologica  vi  fa  espliciti 
riferimenti.  Nell’ultimo  cinquantennio  se  ne  occuparono  Fac¬ 
ciola  (*)  (sistematica),  Montalenti  (2)  (uova  e  sviluppo),  Sanzo  (3)- 
(id.),  Ara  (4)  (alimentazione)  e  Zei  (5)  (sistematica  e  biologia). 

La  conoscenza  dei  Centracantidi  mediterranei  è  tuttavia  lungi 
dall’essere  completa,  anche  dal  lato  puramente  sistematico.  Si  è 
meno  sorpresi  per  questo  fatto  ove  si  pensi  alle  forti  variazioni 
che  si  manifestano  in  dipendenza  dal  sesso,  dall’età  e  dal  tro¬ 
varsi  o  no  nell’  epoca  riproduttiva.  La  presente,  breve  nota  mira 
essenzialmente  a  rispondere  a  due  quesiti  : 

1)  Qual’ è  l’esatto  nome  della  famiglia? 

2)  Quanti  sono  i  generi  mediterranei  e  come  devono  de- 
signarsi  ? 


0)  Boll.  Sci.  Pavia,  XIX,-  1899,  p.  46  e  73  ;  Monit.  Zool.  Ital.,. 
XXIX,  1918,  p.  6. 

(2)  Fauna  Flora  G.  Napoli.  Mon.  38,  2,  1933,  p.  383;  3,  1937, 
p.  385. 

(")  Com.  Tal.  Ital.  Mem.  CCLXII,  1939. 

(4)  Boll.  Pesca,  piscic.  idrobiol.  XV,  1939,  p.  394. 

(5)  Acta  Adriatica,  Split,  II,  4,  1941;  Arch.  Ocean.  Limnol.  II,  lr 
1942,  p.  69;  SIov.  Akad.  Znan.  Umet.  Ljubljana,  IV,  3,  1951. 


NOTA  SUI  CENTRACANTHIDAE  DEE  MEDITERRANEO  KCC. 


25- 


Da  moltissimi  AA.,  fra  cui  Berg  (Q  fu  usato  il  nome  di 
Maenidae;  altri  come  Eowler  (“)  gli  preferirono  Centracanthidae. 
Schultz  (3)  riunì  i  nostri  Menidi  agli  esotici  Emmelichthyidae  © 
designò  l’intera  famiglia  con  quest’ultimo  termine.  Nulla  mi 
sembra  doversi  obbiettare  ad  una  simile  riunione,  ma  preferisco 
denominare  Centracanthidae  la  famiglia  in  oggetto,  non  tanto 
perchè  Centracanthus  Raf.  (1810)  ha  la  priorità  su  Emmelich- 
thys  Ridi.  (1844),  quanto  per  porre  in  evidenza  che  si  tratta  di 
un  gruppo  ittico  il  quale  fu  da  molto  tempo  riconosciuto  e  defi¬ 
nito  proprio  in  base  alle  forme  mediterranee,  cioè  alle  Maenct  e 
forme  affini. 

«  Maenidae  »  sarebbe  certo  preferibile,  perchè  ben  più  usato, 

ma  scarto  questo  termine  perchè  quasi  identico  a  Menidae,  nome 

insostituibile  che  designa  la  famiglia  composta  dal  solo  genere 
* 

Mene.  E  strano  come  lo  stesso  Berg  enumeri  Maenidae  e  Me¬ 
nidae,  senza  accorgersi  che  la  loro  uguale  fonìa  obbliga  ad  ab¬ 
bandonare  uno  di  questi  nomi  e  necessariamente  il  primo. 

Questa  famiglia  di  Perciformi  deve  dunque  designarsi  Cen- 
tracanthidae,  con  riferimento  a  uno  dei  due  generi  che  la  rap¬ 
presentano  nel  Mediterraneo. 

Possiamo  quindi  affrontare  il  secondo  quesito. 

Tutti  gli  ittiologi  dello  scorso  secolo  e  anche  molti  dell’  at¬ 
tuale  distinsero  le  specie  mediterranee  in  due  generi  :  Smaris 
Cuv.  (1814)  e  Maena  Cuv.  (1829).  La  differenza  consisterebbe 
unicamente  nella  rispettiva  assenza  e  presenza  di  denti  sul  vo¬ 
mere,  come  indicarono  tra  gli  altri  —  nelle  loro  ben  note  opere 
—  Moreau  (1881),  Doderlein  (1891),  Carus  (1893),  Griffini 
(1903)  e  Eacciolà  (1918).  Quest’ultimo  sostituì  però  a  Smaris 
(che  già  designava  un  genere  di  Aracnidi  descritto  da  Latretlle 
nel  1796)  il  nome  Spicara  Raf.  (1810). 

Nel  trattare  dei  Pesci  dell’  Africa  occidentale,  Fowler. 
(1936)  distingue  due  generi,  entrambi  presenti  anche  nel  Medi- 
terraneo  : 

1.  Merolepis  Raf.  (=  Maena).  Pinna  dorsale  con  altezza  uni¬ 
forme. (*) 


(*)  Trav.  Inst.  Zool.  Acad.  Sci.  Moscow,  V,  2,  1940,  p.  475. 

(2)  Bull.  Amer.  Mus.  Nat-  Hist.  LXX,  2,  1936,  p.  860. 

(3)  Journ.  Wash.  Acad.  Sci.  35,  4,  1945,  p.  132. 


■26 


E.  TORTO NESE 


:2.  Centracanthus  Raf.  (=  Smaris ,  Spicara).  Pinna  dorsale  con 
un  abbassamento  mediano,  per  cui  si  distinguono 
una  prima  parte  con  raggi  spinosi  e  una  seconda 
con  raggi  molli. 


Fig.  1  -  Schemi  di  pinna  dorsale  di  Centracanthus  (in  alto) 
e  di  Maena  (in  basso).  Sono  indicati  solo  i  raggi  spinosi. 


A  ciò  possono  muoversi  serie  obbiezioni.  Anzitutto,  il  nome  Me - 
rolepis ,  usato  anche  da  Schultz,  dev’  essere  abbandonato.  Rafi- 
nesque  (*)  infatti  non  gli  allegò  alcuna  descrizione,  limitandosi 
a  scrivere:  «168.  Sparus  massiliense  Lac.  Sparo  marsigliese... 
Questo  Sparo  avendo  un  appendice  squamoso  fra  le  ale  toracine, 
dovrebbe  forse  formare  un  genere  particolare,  che  chiamerei  Me- 
rolepis  ».  E  così  definito  un  genere?  Sarebbe  ben  arduo  il  soste¬ 
nerlo  e  cadremmo  nell’assurdo  ove  sostituissimo  Merolepis  a 
Maena ,  nome  quest’  ultimo  che  Cuvier  istituì  insieme  con  pre¬ 
cise  descrizioni. 

Quanto  all’  altro  genere,  Fowler  vi  include  C.  cirrus  Raf. 
e  C.  melanurus  Cuv.  Val.  In  realtà,  solo  la  prima  di  queste 
specie  presenta  la  pinna  dorsale  quasi  divisa  in  due  :  nella  se¬ 
conda  essa  ha  gli  stessi  caratteri  rilevabili  in  Maena ,  cioè  vi 
manca  ogni  traccia  di  abbassamento.  Anche  Schultz  separa  Me¬ 
rolepis  e  Centracanthus ,  ma  ne  indica  più  esattamente  le  parti¬ 


ci  Indice  Ittiol.  Sicil.  1810,  p.  25. 


(NOTA  SUI  CENTH  AC  ANTRI  DAE  DEL  MEDITERRANEO  ECC. 


~Fig.  1  -  Capo  di  Centracanthus  cirrus  Raf.  (Es.  di  Palermo 
lungo  140  mm.). 


27 


Eig.  2  -  Capo  di  Maena  maena  L.  (Es.  di  Bordighera  lungo 
155  mm.). 


28 


"  E.  TORTONESE 


colarità  morfologiche  e  inoltre  ritiene  che  il  già  citato  C.  mela - 
nurus  —  proprio  dell’Atlantico  orientale  —  spetti  ad  un  genere 
a  parte  ( Pterosmaris  Fowl.). 

In  base  alla  constatata,  grandissima  variabilità  nella  denta¬ 
tura  del  vomere  nei  Centracantidi  adriatici,  Zei  ammette  un  solo 
genere  :  Maena.  Dagli  studi  di  questo  A.  restava  però  esclusa 
una  specie  che  nell’  Adriatico  sembra  mancare,  cioè  quella  che 
Rafinesque  donominò  Centracanthus  cirrus  e  che  Cuvier  e  Va¬ 
lenciennes  (1830)  ribattezzarono  Smaris  insidiator.  Non  c’  è 
dubbio  che  questo  pesce  è  genericamente  distinto  e  che  pertanto 
i  generi  mediterranei  della  famiglia  Centracanthidae  sono  due  : 

1.  Centracanthus  Raf.  1810  (tipo:  C.  cirrus  Raf.).  Corpo  allun¬ 

gato  e  non  compresso.  Pinna  dorsale  con  un  abbas- 
samento  mediano.  Denti  vomerini  assenti.  Vescica 
natatoria  indivisa. 

2.  Maena  Cuv.  1829  (Tipo:  Sparus  maena  L.).  Corpo  più  o 

meno  compresso.  Pinna  dorsale  di  altezza  uniforme,. 
Denti  vomerini  presenti  o  assenti.  Vescica  natatoria 
posteriormente  biloba. 

Si  aggiunga  che  in  tutte  le  specie  mediterranee  di  Maena 
esiste  una  macchia  nera  nel  mezzo  di  ciascun  fianco  e  che  in 
Centracanthus  l’occhio  è  più  grande,  cosicché  lo  spazio  sottor¬ 
bitale  risulta  in  conseguenza  più  stretto  (Fig.  2).  In  entrambi  i 
generi  il  mascellare  —  a  bocca  chiusa  —  rientra  per  una  mag¬ 
giore  o  minore  estensione  sotto  il  margine  del  sottorbitale. 

C.  cirrus  è  il  nome  che  indubbiamente  compete  a  una  specie 
che  sembra  frequente  sopratutto  nei  mari  di  Sicilia  e  il  cui  areale 
si  estende  all’Atlantico  orientale;  ho  esaminato  materiale  di  Pa¬ 
lermo,  dell’  isola  Ponza  e  di  Teneriffa.  Per  quanto  tale  Centra- 
cantide  richieda  di  venire  ulteriormente  studiato,  è  ben  evidente 
la  sua  distinzione  dalle  altre  specie  mediterranee  della  medesima 
famiglia  che,  come  ho  detto,  deve  trarre  il  suo  nome  (Centracan¬ 
thidae)  da  questo  genere.  Non  mi  risulta  che  esso  includa  altre 
specie  oltre  C.  cirrus  Raf.  e  C.  australis  Reg.  noto  solo  pressa 
le  coste  sud-africane  (Natal). 

Molto  più  complesse  sono  le  cose  nei  riguardi  di  Maena.  Si 
noti  anzitutto  che  : 

1)  le  insufficienti  indicazioni  date  da  Rafinesque  inducono 
a  mantenere  in  uso  il  nome  Maena  (intendendolo  eventualmente^ 


NOTA  SUI  CENTRA C A NTHIDAE  DEL  MEDITERRANEO  ECC.  29 

come  «  conservandum  »)  e  ad  abbandonare  sia  Merolepis  che. 
Spie  ara. 

2)  Pterosmaris  Fowl.  può  considerarsi  quale  sottogenere 
in  cui  i  denti  vomerini  sembrano  costantemente  mancare  e  non  v’è 
macchia  nera  laterale  ;  tuttavia,  non  ho  conoscenza  diretta  nè  di 
P.  melanura  Cuv.  Val.  dell’Atlantico  orientale,  nè  di  P.  axil- 
laris  Blgr.  del  Sud  Africa. 

Veniamo  alle  specie  mediterranee.  Anche  se  gli  scritti  di 
Zei  non  sono  convincenti  in  ogni  dettaglio,  sembra  che  questo  A. 
abbia  a  buon  diritto  ridotto  tali  specie  a  tre  sole,  ossia  : 

1.  M.  maena  L.  (=  vulgarts ,  zebra,  vomerìna ,  jusculum ,  osbe- 

ckii).  Corpo  più  elevato.  Linea  laterale  con  70-77 
squame.  Denti  vomerini  numerosi.  Cranio  con  cresta 
occipitale  elevata. 

2.  M.  chryselis  Cuv.  Val.  (=  gàgàrèllà).  Corpo  e  cranio  di  media 

altezza.  70-82  squame  laterali.  Denti  vomerini  scarsi. 

3.  M.  smaris  L.  (=  maurii ,  gracilis).  Corpo  assai  allungato  ; 

cresta  occipitale  bassa.  80-94  squame  laterali.  Denti 
vomerini  assenti  o  molto  scarsi. 

A  giudicare  dal  materiale  adriatico,  la  statura  sarebbe  mas¬ 
sima  nella  prima  specie  (fino  a  240  mm.)  e  pressoché  uguale 
(200  mm.)  nelle  altre  due.  M.  maena  e  M.  smaris  si  riconoscono 
facilmente  e  sono  ben  contrapponibili  :  non  così  M.  chryselis ,  i 
cui  caratteri  risultano  evidentemente  intermedii.  In  tutte  e  tre 
le  specie  i  maschi  acquistano  una  brillante  livrea  nuziale,  con 
punti  e  linee  azzurre;  le  femmine  di  M.  smaris  presentano  fascie 
trasversali  brune  durante  l'epoca  riproduttiva. 

E  infine  importante  avvertire  come  i  nomi  Smaris  vulgaris 
e  S.  alcedo  siano  stati  applicati  da  alcuni  AA.  a  M.  chryselis ,  da 
altri  a  M.  smaris.  A  conclusione  di  quanto  sopra  si  ha  dunque  : 

Fam.  CENTRACANTHIDAE 

1.  Gen.  Centracanthus  Raf.  1810  C.  cirrus  Raf.  1810. 

2.  Gen.  Maena  Cuv.  1829  M.  maena  L.  1758. 

M.  chryselis  Cuv.  Val.  1830. 
M.  smaris  L.  1758. 

Nel  sistema  ittiologico  questa  famiglia  va  posta  accanto  a 
quella  degli  Sparidi,  con  cui  presenta  strette  affinità. 


Torino,  22  Febbraio  1953. 


ISTITUTO  DI  IGIENE  DELL’  UNIVERSITÀ  DI  GENOVA 
DIRETTORE  PROF.  LUIGI  PIRAS 


Dott.  Domenico  Pujatti 

Assistente  e  Libero  Docente 


OSPITI  INTERMEDI 

DI  SPIROCERCA  LUPI  (RUDOLPHI,  1809)  NEL  SUD  INDIA 

(Nematoda) 


La  Spirocerca  lupi  Rudolphi,  1809  ( Spiroptera  sanguino¬ 
lenta  Rudolphi,  1819),  parassita  di  canidi,  è  un  nematode  etero- 
xeno  intorno  al  cui  ciclo  evolutivo  molto  si  occuparono  Faust,. 
Hu  e  Hoeppli. 

La  forma  larvale  per  raggiungere  l’ospite  definitivo  passa 
attraverso,  almeno,  due  ospiti  intermedi  :  il  primo  (ospite  inter¬ 
medio  nello  stretto  senso  della  parola)  è  un  invertebrato  copro¬ 
fago  (per  lo  più  un  coleottero,  scrive  Hall),  il  secondo  (meglio 
detto  ospite  di  attesa)  è  un  vertebrato  entomofago  (spesso  un  la- 
certide).  Come  avviene  per  il  fenomeno  di  reincapsulamento,  os¬ 
servato  anche  in  cestodi  ed  acantocefali,  la  larva  insediatasi  nel 
vertebrato  entomofago  può  trasmigrare  in  altro  vertebrato  (per  es- 
ofidio),  qualora  il  primo  venga  divorato  dal  secondo  (Neveu-Le- 
maire,  Baylis  ecc).  L’  ospite  definitivo  può  infestarsi  tanto  dal- 
l’artropodo  (nel  quale  la  larva  raggiunge  il  3°  stadio,  ossia  quello 
infestante)  quanto  da  uno  dei  vari  vertebrati  ospiti  di  attesa.  E 
ovvio,  date  le  caratteristiche  alimentari  dei  canidi,  che  il  primo 
caso  si  verifichi  eccezionalmente. 

La  diffusione  della  forma  adulta,  davvero  estesa  in  alcuni 
paesi  (anche  nel  100%  dei  cani  in  talune  zone  del  Nord  Africa, 
secondo  Neveu-Lemaire)  è  spiegata  dal  numero  cospicuo  di  ospiti 
(Baer  li  chiama,  con  molta  efficacia,  anche  ospiti  accumulatori), 
che  si  trovano  in  natura. 

Nella  presente  nota  riporto  un  elenco  di  ospiti  di  attesa  della. 
S.  lupi ,  da  me  osservati  negli  anni  1941-42  in  Sud  India. 


OSPITI  INTERMEDI  DI  SPIROCERCA  LUPI  ECC. 


31 


Suddivido  questi  ospiti  in  tre  gruppi  :  vertebrati  entomofagir 
anche  occasionali,  vertebrati  divoratori  di  questi  e,  infine,  verte¬ 
brati  che  possono,  indifferentemente,  divorare  gli  uni  e  gli  altri  ^ 

a)  Vertebrati  entomofagi  : 

Bufo  melanostictus  Schneider 
Calotes  versicolor  Daudin 
Hemidactylus  gleadovii  Murray 
Chamaleon  calcara tus  Merren 
Jiatlus  rattus  Linneo 
Vesperago  noctula  Schreber 
Eudinamys  scolopaceus  Linneo 
Francolinus  pondicerianus  Gmelin 

b)  Vertebrati  divoratori  di  vertebrati  entomofagi  : 

Zamenis  fasciolatus  Shaw 
Zamenis  gracilis  Gunther 
Helicops  schistosus  Daudin 
Dryophis  micterizans  Daudin 
Naja  t ripudiali s  Merren 
Vipera  rus selli  Shaw 
Echis  carinaia  Schneider 
Tyto  alba  javanica  Gmelin 
Atliene  brama  Temili 
Milvus  migrane  govinda  Sykes 

c)  Vertebrati  con  caratteristiche  a)  e  b)  : 

Corvus  splendens  splendens  Vieill. 

Corvus  coronoides  culminatus  Sykes 
Loris  tardigradus  lydekkerianus  Cabrerà 

In  tutti  questi  animali  le  cisti  appaiono  biancastre,  di  forma- 
rotondeggiante,  del  diametro  di  1-2  mm.,  di  preferenza  localiz¬ 
zate  nella  sierosa  intorno  all’intestino,  nel  mesentere,  ma  talvolta 
disseminate  un  po’  dovunque  (anche  sulla  superficie  del  fegato,, 
per  es.  in  C.  vei'sicolor).  La  larva  nella  capsula  è  disposta  a  spi¬ 
rale  ed  ha  una  lunghezza  media  di  mm.  3,  cavità  boccale  tubu- 
liforme,  due  labbra  ventrali  e  dorsali  ecc. 

Nell’artropodo  coprofago  (per  es.  Heliocopris  bucephalus  F.) 
può  trovarsi  libera  o  incistata  a  seconda  del  grado  di  evoluzione  ; 


32  D.  PUJATTI  -  OSPITI  INTERMEDI  DI  SPIROCERCA  LUPI  ECC. 


ma  solamente  nella  cisti  raggiunge  il  terzo  stadio,  diventando 
così  atta  a  parassitare  l’ospite  definitivo,  in  uno  dei  modi  de¬ 
scritti. 

Quale  indirizzo  profilattico  nelle  zone  infestate  da  S.  lupi , 
Neveu-Lemaire  raccomanda,  tra  l’altro,  di  non  dare  ai  cani  le 
interiora  dei  polli,  quasi  sempre  sede  delle  larve. 

Riassunto. 

L’ A.  riporta  un  elenco  di  21  ospiti  intermedi  o  di  attesa 
(vertebrati)  di  Spirocerca  lupi  Rudolphi,  1809,  osservati  in  Sud 
India. 

Genova ,  29  Agosto  1952. 


BIBLIOGRAFIA 


1)  Baer  J.  G.,  1946:  «Le  Parasitisme ».  Masson  e  C.ie,  Paris,  pp.  164-165. 

2)  Baylis  H.  A.,  1936:  «The  Fauna  of  British  India-Nematoda  ». 
Taylor  and  Francis,  London,  voi.  I,  pp.  19-20;  voi.  II,  pp.  108-110. 

3)  Faust  E.  0.,  1927:  «Migration  route  of  Spirocerca  sanguinolenta 
in  its  definitive  host  » .  Proc.  Soc.  Hexp.  Biol.  Med.,  New-York,  XXV, 
pp.  192-195. 

4)  Faust  E.  C.,  1929:  «The  egg  and  fìrst-stage  (Rhabdiform)  larva  of 
thè  nematode  Spirocerca  sanguinolenta».  Trans,  of  thè  Amer.  Mi- 
crosc.  Soc.,  XVII r,  pp.  62-63. 

5)  Hall  M.  C.,  1929  :  «  Arthropods  as  intermediate  hosts  of  Helminths». 
Smithsoniau  miscellaneous  collection,  voi.  81,  n.°  15,  Washington, 
pp.  29-30. 

6)  Hu  C.  H.  e  Hoeppli  R.  J.  C.,  1936:  «The  migration  route  of  Spi¬ 
rocerca  sanguinolenta  in  experimentally  infected  dogs.  »  Chinese 
Med.  Journ.,  Suppl.  I,  pp.  293-311. 

7)  Neveu-Lemaire  M.,  1936:  «  Traité  d’ Helminthologie  Medicale  et 
Vétérinaire  » .  Vigot  Frères  Édit  ,  Paris,  pp.  16;  666;  1217-1234. 


Stolz  Picchio  Teresa  e  Picchio  Carlo 


COMPORTAMENTO  OICLOMORFICO  DELLA 
DAENIA  LONGISPINA  IN  ALCUNI  LAGHI  SUBALPINI 


In  una  nostra  recente  nota  abbiamo  dimostrato  nella  popola¬ 
zione  di  Daphnia  longispina  del  lago  di  Varese  l’esistenza  di 
una  tipica  ciclomorfosi  strettamente  legata  al  volgere  delle  sta¬ 
gioni,  della  quale  fu  constatato  il  ripetersi  con  periodicità  sor¬ 
prendente  in  decenni  di  osservazioni. 

Il  carattere  saliente  della  modificazione  periodica,  rilevabile 
con  estrema  facilità  ad  una  grossolana  osservazione  microscopica 
del  materiale,  consiste  nella  comparsa  primaverile,  improvvisa, 
di  individui  cbe  mostrano  il  profilo  dell’elmo  più  o  meno  appun¬ 
tito,  talvolta  semplicemente  angolato  o  munito  di  uno  o  due  den¬ 
telli  nella  sua  parte  posteriore  ;  per  questo  suo  carattere  la  nuova 
fo  rma  si  differenzia  nettamente  nella  massa  della  popolazione  co¬ 
stituita  da  individui  con  profilo  dell’  elmo  regolarmente  arroton¬ 
dato.  La  frequenza  delle  forme  appuntite  va  rapidamente  aumen¬ 
tando  con  l'inoltrarsi  della  stagione  calda  raggiungendo  in  agosto- 
settembre  il  70-80  %  dell'intera  popolazione  di  dafnie;  inseguito 
decresce  fino  alla  completa  scomparsa;  si  è  constatato  inoltre  che 
l’ assenza  della  forma  a  capo  appuntito  si  protrae  dalla  fine  di 
gennaio  al  principio  di  aprile. 

Pertanto  si  è  concluso  che  nel  lago  di  Varese  esiste  una 
forma  stabile  di  Dafnia  longispina,  perennemente  presente  nelle 
acque  del  lago,  che  ha  il  profilo  dell*  elmo  regolarmente  tondeg¬ 
giante,  ed  una  forma  ciclica ,  con  fioritura  stagionale  estivo- autunnale, 
presentante  come  carattere  differenziale  profilo  dell’elmo  più  o 
meno  appuntito,  angolato,  o  munito  di  dentelli.  Che  le  due  forme 
definite  rispettivamente  come  stabile  e  ciclica  non  appartengano 
a  due  diverse  razze  di  longispina ,  bensì  rappresentino  due  aspetti 
ciclomorfici  di  una  specie  unica,  è  stato  da  noi  accertato  senza 
alcun  dubbio  constatando  la  diretta  derivazione  di  neonati  a  capo 
appuntito  da  madri  a  capo  tondo  e  viceversa. 


34 


STOLZ  PICCHIO  T.  E  PICCHIO  C. 


Vogliamo  ora  rifarci  ad  una  considerazione  conclusiva  del 
nostro  precedente  lavoro,  alla  quale  è  legata  come  conseguenza 
logica  l’attuale  ricerca.  Dicevamo  allora:  «Nel  nostro  lago  la 
presenza  di  una  specie  unica  e  la  costanza  delle  condizioni  am¬ 
bientali  ci  autorizzano  a  supporre  che  i  cicli  da  noi  rilevati  pos¬ 
sano  rappresentare  il  comportamento  biologico  tipico,  quasi  sche¬ 
matico,  proprio  della  Daphnia  longispina.  Naturalmente,  ad  av¬ 
valorare  la  nostra  ipotesi,  si  impone  che  le  modalità  ciclomorfiche 
da  noi  riscontrate  nel  lago  di  Varese  siano  constatate  anche  in 
altri  ambienti». 

Sulla  base  di  tale  premessa  abbiamo  organizzato  la  presente 
ricerca.  Per  un  intero  ciclo  annuale  (febbraio  1952-febbraio  1953) 
abbiamo  raccolto  materiale  planctico  in  quattro  ambienti  lacustri 
sufficientemente  diversi  per  condizioni  fisico-biologiche  e  suffi¬ 
cientemente  vicini  per  poter  essere  raggiunti  con  mezzo  celere 
nelle  ore  meridiane  della  stessa  giornata  ;  questo  allo  scopo  di 
avere  materiale  relativamente  confrontabile  dal  punto  di  vista  delle 
possibili  influenze  stagionali,  pur  con  tutte  le  riserve  derivanti 
dal  fatto  che  nello  stesso  momento  in  ambienti  lacustri  diversi 
si  hanno  condizioni  stagionali  subacquee  sensibilmente  differenti. 
I  prelevamenti  sono  stati  eseguiti  cinque  volte,  a  intervalli  di 
circa  tre  mesi  (24  febbraio  1952,  31  maggio  1952,  31  agosto  1952r. 
3  novembre  1952,  8  febbraio  1953),  passando  rapidamente  nella 
stessa  giornata  dall’  uno  all’  altro  dei  quattro  ambienti  lacustri 
scelti  : 

1)  Lago  di  Varese  (bacino  di  Schiranna). 

2)  Lago  Maggiore  o  Verbano  (bacino  di  Ranco). 

3)  Lago  di  Como  o  Lario  (bacino  di  Cernobbio). 

4)  Lago  di  Lugano  o'  Ceresio  [bacino  di  Porto  Ceresio). 

Abbiamo  voluto  standardizzare  il  tipo  di  pescata,  limitandoci 
a  ripetere,  anche  nei  laghi  più  profondi,  prelevamenti  verticali  da 
—  10  metri  alla  superficie,  col  solito  retino  di  38  maglie  per 
centimetro  lineare.  La  limitazione  delle  pescate  agli  strati  su¬ 
perficiali  è  stata  adottata  perchè  in  osservazioni  precedenti  ave¬ 
vamo  verificato  notevole  rarità  degli  esemplari  di  dafnia  al  di 
sotto  della  quota  —  10.  Siamo  confortati  in  questa  affermazione 
da  analoghi  risultati  di  Pirocchi  :  afferma  infatti  questa  A.  nel 
suo  studio  sulle  biocenosi  mesoplanctiche  del  lago  Maggiore  che 
le  dafnie  sono  frequenti  specialmente  nello  strato  da  —  10  a  —  5 


COMPORTAMENTO  CICLOMORF1CO  DELLA  DAFNI  A  LONGISP1NA  ECC.  35 

di  profondità  e  scompaiono,  come  in  generale  tatti  i  cladoceri, 
al  di  sotto  della  quota  —  20.  Anche  secondo  Tonolli  la  massima 
frequenza  della  dafnia  in  funzione  della  profondità  è  sulla  quota 
—  10. 

L’analisi  del  materiale  raccolto  è  stata  condotta  secondo  le 
modalità  già  seguite  per  lo  studio  delle  dafnie  del  lago  di  Varese, 
stabilendo  nella  popolazione  di  ogni  ambiente  il  rapporto  reciproco 
di  frequenza  delle  dafnie  a  profilo  dell’  elmo  regolarmente  tondo 
e  di  quelle  a  profilo  dell’  elmo  più  o  meno  appuntito.  I  risultati 
numerici  di  questa  ricerca  sono  raccolti  nella  Tabella  che  segue 
e  rappresentati  graficamente  nelle  figure  t  e  2. 

TABELLA 


Percentuali  di  frequenza  del  carattere  «  elmo  tondo  »  (O)  e  del 
carattere  «  elmo  appuntito  »  (A)5  riferito  a  100  dafnie,  in  un 
intero  ciclo  annuale,  in  quattro  diversi  ambienti. 


24  -  Il 
1952 

31  -V 
1952 

31  -  Vili 
1952 

3  -  XI 
1952 

8  -  Il 

1953 

o 

A 

o 

A 

O  A 

O 

A 

O 

A 

VARESE 

100 

0 

60 

40 

22  78 

27 

73 

100 

0 

VERBANO 

100 

0 

69 

31 

25  75 

! 

70 

30 

100 

0 

LARIO 

100 

0 

89,5 

10,5 

33  67 

74 

26 

100 

0 

CERESIO 

100 

0 

90 

10 

co 

Ol 

Ol 

r— 

84 

16 

100 

0 

Il  comportamento  della  Dafnia  nei  quattro  ambienti  studiati 
si  rivela  alquanto  uniforme  :  in  tutti  si  ripete  il  fenomeno  ciclo- 
morfico  da  noi  già  dimostrato  nelle  acque  del  lago  di  Varese, 
con  la  comparsa  primaverile  di  una  forma  stagionale  morfologi¬ 
camente  differenziata  (elemento  caratteristico  :  profilo  più  o  meno 
appuntito  dell’elmo),  che  si  sovrappone  alla  forma  stabile  a  capo 
assolutamente  sprovvisto  di  punta,  e  prende  per  lo  più  su  di 
essa  un  netto  sopravvento  di  frequenza  senza  peraltro  sostituirla 
completamente. 

Corrispondono  nei  diversi  ambienti,  oltre  1’  epoca  di  comparsa 
della  forma  ad  elmo  appuntito,  anche  il  suo  rapido  incremento 


36 


STOLZ  PICCHIO  T.  E  PICCHIO  C. 


estivo  di  frequenza  e  quindi  la  decrescenza  fino  alla  completa 
scomparsa  nel  periodo  invernale;  la  Dafnia  ad  elmo  appuntito 
presenta  dovunque  una  fioritura  stagionale  estesa  approssimativa¬ 
mente  dall’aprile  al  gennaio  ed  è  assolutamente  caratteristica  la 


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24-11-1952  31 -V -1952 


31 -Vili  -1952  3 -XI - 1352  S  - 1 1 - 1 9  53 


Fig.  1  -  Rappresentazione  schematica  dei  rapporti  percentuali 
di  frequenza  fra  dafnie  ad  elmo  tondo  (colonnina  vuota)  e  dafnie 
ad  elmo  appuntito  (colonnina  piena)  sul  materiale  prelevato 
nella  stessa  giornata  in  quattro  diversi  laghi  (Varese,  Verbano, 
Lario,  Ceresio).  Sono  riportati  i  risultati  di  cinque  preleva¬ 
menti  distribuiti  nel  corso  di  un  anno  (febbraio  1952-febbraio 
1953). 

Si  osserva  l’assenza  totale  delle  forme  appuntite  nelle  pescate 
invernali  e  un’onda  di  fioritura  delle  stesse  forme  nei  mesi 
estivi,  con  un  massimo  in  agosto  in  tutti  i  laghi.  La  forma 
ad  elmo  tondo  risulta  presente  per  tutto  1’  anno. 


completa  assenza  di  tale  forma  nel  periodo  dalla  fine  di  gennaio 
ai  primi  di  aprile,  durante  il  quale  il  popolamento  è  costituito 
esclusivamente  dalla  forma  a  profilo  tondo. 


COMPORTAMENTO  ci  olomorfi  co  DELLA.  DAFNIA  LONG1  SPINA  ECC.  37 

Ponendo  a  confronto  le  curve  che  esprimono  la  frequenza 
percentuale  delle  dafnie  ad  elmo  appuntito  nel  corso  di  un  intero 
anno  e  nei  diversi  ambienti  (fig.  2)  si  mette  in  evidenza  la  stretta 
concordanza  del  loro  andamento,  con  un  notevole  parallelismo  delle 


Fig.  2  -  Curve  di  frequenza  percentuale  delle  dafnie  con  elmo 
appuntito  su  L00  dafnie,  in  serie  di  pescate  annuali.  Le  linee 
a  tratto  continuo  si  riferiscono  al  ciclo  1952-1953,  in  qu’attro 
laghi  diversi  (a  =  Ceresio,  b  =  Lario,  c  =  Verbano,  d  =  Va¬ 
rese)  I  cerchietti  vuoti  indicano  le  date  delle  singole  pescate, 
eseguite  nelle  stesso  giorno  nei  quattro  ambienti.  La  curva 
tratteggiata  d'  è  costruita  sul  materiale  prelevato  nel  lago  di 
Varese  nel  ciclo  annuale  1950-1951  in  una  serie  di  pescate  men¬ 
sili,  segnate  con  cerchietti  pieni  Le  crocette  con  relative  in¬ 
dicazioni  di  autore  e  di  ambiente  segnano  frequenze  di  dafnie 
con  capo  appuntito  rilevate  e  segnalate  sporadicamente  in  let¬ 
teratura. 

Il  diag  ramma  è  commentato  nel  testo. 


38 


STOLZ  PICCHIO  T.  E  PICCHIO  C. 


fasi  di  incremento  e  di  decrescenza  ;  i  massimi  di  frequenza  si 
sono  avuti  ovunque  nelle  pescate  simultanee  del  mese  di  agosto. 

L’attendibilità  delle  curve  di  fìg.  2,  costruite  per  interpola¬ 
zione  sui  dati  di  cinque  sole  pescate  in  un  ciclo  annuale  è  avva¬ 
lorata  dalla  stretta  concordanza  di  comportamento  di  analoghe 
curve  costruite  sul  materiale  del  lago  di  Varese  in  altri  cicli  di 
pescate  assai  più  frequenti:  a  titolo  di  confronto,  nel  diagramma 
di  fig.  2  è  stata  introdotta  la  curva  relativa  al  materiale  raccolto 
nell’annata  1950-51,  con  prelevamenti  mensili. 

Inoltre,  ancora  più  importante  conferma  delle  nostre  osser¬ 
vazioni  troviamo  nei  dati  di  alcuni  rari  Autori  che  si  sono  preoc¬ 
cupati  di  stabilire  il  rapporto  reciproco  di  frequenza  delle  dafnie 
ad  elmo  tondo  e  di  quelle  ad  elmo  appuntito  in  laghi  italiani  : 
Baldi  segnala  nel  lago  Piano  l’ assenza  di  forme  appuntite  nel 
gennaio  (1930)  e  la  presenza  delle  due  forme  in  eguale  percen¬ 
tuale  nel  settembre  (1922);  Sassi  presenta  sul  lago  di  Como  ana¬ 
loghi  rilievi:  0%  di  forme  appuntite  nel  febbraio  (1933)  e  39% 
di  forme  appuntite  nel  settembre  (1922).  Una  nostra  pescata  spo¬ 
radica  nel  lago  Maggiore  del  1932  (bacino  di  Angera)  ha  dato  il 
15%  di  forme  appuntite  nel  mese  di  maggio. 

Tutti  questi  dati,  introdotti  nel  nostro  grafico  (fìg.  2)  si  in¬ 
quadrano  perfettamente  pur  essendo  desunti  da  ambienti  diversi 
e  in  epoche  anche  molto  lontane. 

Per  quanto  riguarda  i  valori  numerici,  le  percentuali  di  fre¬ 
quenza  della  dafnia  a  testa  appuntita  mostrano  una  discreta  con¬ 
cordanza  fra  i  varii  laghi,  tranne  che  nel  Ceresio,  dove  le  pescate 
estive  danno  intensità  di  frequenza  molto  più  basse  che  negli 
altri  laghi.  Nonostante  questa  differenza  numerica,  l’andamento 
generale  della  curva  conserva  anche  in  questo  lago  caratteristiche 
generali  analoghe  a  quelle  delle  curve  di  tutti  gli  altri. 

«  * 

%  % 

I  dati  raccolti  in  questa  nostra  ricerca  avvalorano  le  conclu¬ 
sioni  a  cui  eravamo  giunti  sulla  ciclomorfosi  della  dafnia  del 
lago  di  Varese  e  permettono  di  riconoscere  come  carattere  gene¬ 
rale  il  fenomeno  allora  rilevato  e  descritto. 

Non  si  può  oggi  non  tener  conto,  nello  studio  di  un  ambiente 
pelagico,  dei  fenomeni  ormai  accertati  della  ciclomorfosi,  se  non 
si  vuol  incorrere  in  inutili,  inconsistenti  suddivisioni  tassonomiche 


COMPORTAMENTO  CICLOMORF1CO  DELLA  DAFMA  LONGJSPINA  ECC.  39 


che  non  rispondono  alla  realtà  biologica  della  fauna  locale.  Le 
■differenze  morfologiche  indotte  in  una  specie  dal  comportamento 
ciclomorfìco  che  le  è  proprio  possono  essere  di  tale  entità  da 
rendere  perplessi  quando  ci  si  accinga  alla  osservazione  di  forme 
pelagiche  prelevate  saltuariamente  o  sporadicamente.  Ne  viene 
di  conseguenza  che  una  inchiesta  tassonomica  in  un  determinato 
ambiente  presuppone  un  fondamento  di  conoscenze  dinamiche 
oltre  che  sullo  sviluppo  individuale  anche  sui  cicli  biologici  delle 
jiopolazioni,  anziché  limitarsi  a  semplici  determinazioni  morfolo¬ 
giche  e  biometriche  su  campioni  occasionalmente  raccolti  e  su 
rilievi  di  elementi  differenziali  tradizionali,  ormai  non  significativi. 

Concetto  questo  ormai  noto  da  tempo,  sulla  cui  importanza 
molti  ricercatori  insistono,  ma  che  non  sembra  ancora  essere  te¬ 
nuto  nella  giusta  considerazione  in  molte  ricerche  anche  recenti. 
Ne  consegue,  per  quanto  riguarda  in  modo  particolare  la  dafni  a, 
la  necessità  che  qualche  voce  autorevole  venga  a  bene  inquadrare 
le  numerose  discordanti  classificazioni,  portando  una  chiarifica¬ 
zione  definitiva  dell’  intricata  e  inesatta  tassonomia  a  cui  molti 
restano  oggi  ancora  tradizionalmente  legati. 


LAVORI  CITATI 


Baldi  E.:  Prime  ricerche  sulla  fauna  del  lago  del  Piano  ( Val  Me- 
naggina).  Arch.  Zool.  Ital.  15,  1930. 

Plrocchi  L  :  Struttura  e  vicenda  delle  biocenosi  mesoplancticlie  del 
Lago  Maggiore.  Meni.  Ist.  Ital.  Idrobiol.  3,  1947. 

Sassi  P.  :  Ricerche  biometriche  sulle  Dafnie  lariane.  Arch.  Zool  Ital. 
30,  1942. 

-Stolz  Picchio  T.  e  Picchio  C.  :  Osservazioni  preliminari  sulla  ciclo- 
morfosi  della  dafnia  nel  lago  di  Varese.  Atti  Soc.  Ital.  Se.  Nat. 
91,  1952. 

Tonolli  V.  :  Struttura  spaziale  del  popolamento  mesoplanctico.  Etero¬ 
geneità  delle  densità  dei  popolamenti  orizzontali  e  sua  variazione 
in  funzione  della  quota.  Meni.  Ist.  Ital.  Idrobiol.  5,  1949. 

Tonolli  V.  :  Ripartizione  spaziale  e  migrazioni  verticali  dello  zoo¬ 
plancton.  Ricerche  e  considerazioni.  Mem.  Ist.  Ital.  Idrobiol.  5, 
1949. 

Notizie  bibliografiche  più  complete  si  trovano  nel  nostro  lavoro 

qui  sopra  citato. 


Giuliano  Ruggieri 


ICONOGRAFIA  DEGLI  OSTRACODI  MARINI 
DEL  PLIOCENE  E  DEL  PLEISTOCENE  ITALIANI 


Premessa. 

Scopo  del  presente  lavoro  è  quello  di  fornire  ai  colleglli  geo¬ 
logi  un  ulteriore  strumento  per  lo  studio  del  Pliocene  e  del  Plei¬ 
stocene  marino,  oltre  quelli  correntemente  in  uso  i  quali  si  sono 
spesso  dimostrati  inadeguati  allo  scopo:  mi  riferisco  ai  molluschi 
ed  ai  foraminiferi. 

Data  la  grande  ricchezza  del  materiale  da  illustrare,  il  lavora 
verrà  pubblicato  a  puntate,  dedicata  ognuna  ad  un  singolo  gruppo 
(genere  od  eventualmente  sottogenere),  le  quali  compariranno  non 
in  ordine  sistematico,  ma  man  mano  che  le  ricerche  su  ognuno 
di  questi  gruppi  saranno  considerate  a  un  sufficiente  grado  di 
completezza. 

In  considerazione  dello  scopo  non  puramente  paleontologico, 
sibbene  applicato  dell’opera,  ritengo  utile  premettere  che,  essen¬ 
domi  trovato  in  insormontabili  difficoltà  nell’ inquadrare  i  vari 
punti  di  raccolta  dei  fossili  nell’uno  o  nell’altro  degli  schemi  di 
suddivisione  del  Pliocene  e  del  Quaternario  inferiore  e  medio  ge¬ 
neralmente  adottati,  od  a  tutt’oggi  proposti,  e  sentendomi  tuttavia 
in  dovere  di  dare  una  per  quanto  possibile  esatta  distribuzione 
nel  tempo  di  ciascuna  delle  singole  specie  o  sottospecie  illustrate,, 
ho  pensato  di  ricorrere  per  la  suddivisione  dei  suddetti  periodi 
ad  uno  schema  estremamente  generico,  a  termini  molto  ampi  e 
comprensivi,  il  quale,  appunto  perchè  tale,  non  dovrebbe  lasciare 
adito  a  dubbi,  e  dovrebbe  rappresentare,  a  mio  avviso,  quanto  di 
assodato  si  può  trarre  dalle  ricerche  dei  vari  AA.  Ho  indicato  i 
termini  nei  quali  questo  schema  suddivide  il  Pliocene  ed  i)  Plei¬ 
stocene  con  dei  numeri  romani,  affinchè  sia  piu  agevole  richia¬ 
marli  nel  testo,  non  solo,  ma  anche  perchè  mi  sentivo  su  terrena 
infido  adottando  l’uno  o  l’altro  dei  nomi  in  uso;  questa  notazione 
con  numeri  romani  vuol  anche  indicare  la  nessuna  pretesa  di  defi- 


ICONOGRAFIA  DEGLI  OSTRACODI  MARINI  ECC. 


41. 


nitività  da  me  attribuita  a  questo  schema,  ed  anche  lasciare  piena 
libertà  al  lettore  di  sostituire  a  ciascuno  di  questi  numeri  il  nom& 
o  i  nomi  che  preferisce  (*). 

Alla  adozione  di  questo  schema  molto  generico  sono  stato  in¬ 
dotto  specialmente  dal  fatto  che  volendo  fare  ricorso  a  schemi 
più  dettagliati  ci  si  trovava  di  fronte  ad  insormontabili  difficoltà 
qualora  si  fosse  tentato  di  correlare  serie  pliopleistoceniche  di  re¬ 
gioni  diverse,  difficoltà  che  poi  si  riducevano  di  solito  a  difficoltà 
di  nomenclatura.  Per  esempio,  per  il  paleontologo  esperto  è  facile 
apprezzare  quasi  a  prima  vista  la  sostanziale  identità  delle  faune 
provenienti  dagli  strati  inferiori  di  Rio  Riorzo,  presso  Castellar- 
quato,  con  quelle  di  Vallebiaja,  presso  Livorno  :  eppure  le  prime 
erano,  e  sono  tuttora,  considerate  pertinenti  al  Pliocene  str.  sensu,. 
le  seconde  sono  universalmente  ritenute  spettanti  al  Calabriano. 

I  termini  I-V  che  qui  propongo  sono  caratterizzati  da  una 
propria  associazione  faunistica,  la  cui  fisionomia  si  mantiene  co¬ 
stante  in  tutta  la  penisola  italiana  e  in  Sicilia  ;  la  delimitazione 
fra  l’uno  e  l’altro  resta,  perciò,  essenzialmente  paleontologica,  e 
prescinde  dalla  facies  litologica.  Esaminiamoli  un  po’  più  detta¬ 
gliatamente  nell’ordine: 

Termine  1°  —  E  il  Pliocene  propriamente  detto,  caratterizzato 
da  faune,  ed  eventualmente  da  flore,  di  tipo  decisamente  più  caldo 
che  le  attuali.  Le  malacofaune  sono  spesso  variate,  con  grandi 
Conus ,  Pleurotomidae ,  Tenebra ,  ecc.  eco..  Quando  compaia  qual¬ 
che  forma  che  potrebbe  fare  pensare  a  condizioni  climatiche  dif¬ 
ferenti  in  senso  freddo,  riesce  sempre  agevolmente  spiegabile  con 
ragioni  dipendenti  dalla  batimetria.  Nella  parte  più  bassa,  se  la 
facies  è  argillosa  («  strati  di  Tabiano  »),  si  hanno  spiccatissime 
affinità  con  la  fauna  tortoniana  di  egual  ambiente  (argille  di  Baden, 
argille  di  S.  Agata). 

Termine  II0  —  Nella  tabella  ho  lasciato  indeterminata  la  posi¬ 
zione  di  questo  termine  fra  Pliocene  e  Pleistocene,  in  quanto  esso 
è  appunto,  nel  suo  insieme,  rappresentato  da  orizzonti  le  cui  faune 
hanno  tutti  i  caratteri  di  faune  di  transizione  (**).  Preso  nel 


(*)  Naturalmente  non  escludo  la  possibilità  che  ognuno  di  questi 
complessi  possa  poi  a  sua  volta  essere  sezionato  in  zone  anche  bene 
caratterizzate,  importanti  non  solo  per  ricerche  di  dettaglio  locali,  ma 
anche  per  una  compiuta  conoscenza  delle  vicende  svoltesi  durante  il  Plio¬ 
cene  ed  il  Qaternario. 

(**)  Le  maggiori  affinità  di  queste  faune  restano,  invero,  con  le  faune 
plioceniche. 


42 


G.  RUGGIERI 


suo  spessore  complessivo,  in  qualche  caso  vi  si  osserva  il  succe¬ 
dersi  di  faune  di  tipo  alternativamente  pliocenico  o  quaternario, 
ma  di  regola  le  due  caratteristiche  sono  mescolate  in  una  stessa 
fauna,  con  la  rarefazione  delle  specie  e  dei  generi  ad  estinzione 
prequaternaria,  e  la  comparsa  (a  volte  sporadica,  a  volte  esplo¬ 
siva)  di  una  o  più  di  quelle  specie  considerate  comunemente  (a 
torto  o  a  ragione)  come  «ospiti  nordici». 

Già  Gignoux,  istituendo  il  piano  Calabriano,  aveva  inteso  dare 
un  nome  a  questi  terreni  di  transizione;  ed  infatti  il  mio  termine 
II1’  si  sovrappone  parzialmente  al  piano  Calabriano  di  Gignoux, 
nel  senso  che  la  sommità  del  primo  è  la  stessa  cosa  che  la  base 
del  secondo  (cioè  del  «  Calabriano  inferiore  »  secondo  Gignoux)  ; 
esso  differisce  quindi  dal  Calabriano  in  quanto  comprende  terreni 
già  dal  Gignoux  giudicati  tipico  Pliocene  (vale  a  dire  «  Pliocene 
antico  »  secondo  questo  Autore),  mentre  esclude  la  parte  alta  del 
Calabriano,  la  quale  ad  un  esame  spassionato  mi  è  apparsa  non 
essere  altro  che  il  Siciliano  dei  vecchi  Autori,  e  dello  stesso  Gi¬ 
gnoux  (vedasi  Puggieri  1951). 


Termi  ne 

Comprensivo  dei  plani  o  sottopiani: 

Li 

v° 

Ti  meni  ano  (iSSEL  1  9  •  4-). 

o 

O 

h- 

rz° 

"Mi  lazziano"(RUGGIERI  e  SELLI  1948)  +  H  Elmi  1  ia  no"  (RUGGIER 1  1949). 

Li 

nj 

V 

mo 

Calabriano  (partim)  +  "S  i  c  i  1  iano"  (Gl  GNOUX  1913). 

-J 

"Calabriano  -r  Emi  I  iano  +  Siciliano"  (RUGGIERI  e  SELLI  1948). 

C 

rg  03 

(partim) 

Pliocene  antico  (partim)  +  Calabriano  fnfer.  (GIGNOUX  1013) 

2  ? 

u° 

Pliocene  superiore  (RUGGIERI  e  SELLI  1940). 

vi  i- 

10  a. 

(Piacenziano  +  Astiano  AUCT.  partirti) 

LU 

z 

al 

PI  iocene  antico  (gignoux  i 9 i 3  partirti). 

a» 

O 

i° 

Pliocene  inferiore  e  medio  (RUGGIERI  e  SELLI  1948). 

_J 

(Piacenziano  -r  Astiano  AUCT.  partim). 

a. 

GR'S3 

Schema  di  suddivisione  del  Pliocene  e  del  Quaternario. 


Questo  termine  11°,  comprensivo  di  orizzonti  ritenuti  fino  ad 
ora  o  pliocenici,  o  calabriani,  non  è  già  un  artifizio  ispirato  alla 
difficoltà  di  trovare  un  limite  paleontologico  fra  due  faune  pas¬ 
santi  gradualmente  l’una  all’altra,  ma  esprime  un  qualche  cosa 
di  oggettivamente  vero,  un  complesso  di  strati  dotati  di  una  pro¬ 
pria  fisionomia  paleontologica,  anche  se  fino  ad  ora  la  considera- 
.zione  eccessiva  nell’ uno  o  nell’altro  «fossile  guida»,  e  le  panie 


ICONOGRAFIA  DEGLI  OSTRACOD1  MARINI  ECC. 


43 


di  preconcetti  difficili  a  distruggere,  avevano  fatto  si  da  questi 
strati  fossero  smembrati  in  due  Ere  diverse. 

Interessantissima  a  questo  riguardo  è  la  serie  pliopleistoce- 
nica  delle  colline  pisane  ;  vi  ho  riscontrato  infatti,  in  argille  di 
facies  piacenziana  che  Gignoux  considerava  decisamente  plioce¬ 
niche,  stratigraficamente  sottoposte  al  calcare  ad  Amphistegina 
(tetto  del  Pliocene,  secondo  detto  A.),  faune  con  Cyprina  islan¬ 
dica ,  Cklamys  septemradiata ,  Pleurotomella  implicisculpla ,  ecc. 
dalle  spiccate  caratteristiche  calabriane  ;  non  solo,  ma  entro  lo 
stesso  calcare  ad  Amphistegina  si  raccoglie  la  Cyprina  islan- 
dica  associata  con  la  Chìamys  latissima  e  la  Chi.  scabrella  (ve¬ 
dasi  Ruggieri  1950-1952,  pag.  45  della  parte  2). 

Superato  lo  «scoglio»  dei  calcari  ad  Amphistegina  si  impone 
un  riesame  delle  affermazioni,  ritenute  generalmente  prive  di  fon¬ 
damento,  di  Sacco,  Simonelli  e  Coppi,  i  quali  parlavano  di  Cy¬ 
prina  islandica  raccolta  a  Castellarquato  in  strati  sottostanti  il 
calcare  ad  Amphistegina.  Non  ho  finora  prove  decisive  al  riguardo, 
ma  lo  studio  delle  macro  e  delle  microfaune  mi  impone  di  in¬ 
cludere  nel  mio  termine  11°  la  sommità  della  serie  già  ritenuta 
pliocenica  di  Castellarquato,  a  partire  dagli  orizzonti  sabbiosi  ad 
Amussium  cristatum  sottostanti  al  calcare  ad  Amphistegina  (*)  ; 
ed  appare  logica  la  immediata  inclusione  in  questo  termine  II0  di 
quegli  orizzonti  fossiliferi  di  Capocolle  e  di  Rio  Cugno,  entrambi 
in  Romagna,  che  in  base  ai  criteri  correnti  ritenni  sicuramente 
pliocenici  (vedasi  Ruggieri  1949  b  e  1950). 

Sia  per  la  non  convenienza  che  presenta  la  introduzione  di 
nuovi  nomi,  sia  per  il  fatto  che  le  faune,  anche  degli  strati  più 
bassi,  non  si  discostano  sostanzialmente  da  quelle  di  M.  Mario  e 
Vallebiaja,  già  prese  da  Gignoux  a  tipo  di  un  suo  «  Calabriano 
inferiore  »,  sarei  del  parere  di  attribuire  a  questo  mio  «  termine 
II0  »  il  nome  di  Calabriano ,  radicalmente  emendato  secondo  quanto 
sopra  proposto  (**). 


(*)  La  fauna  che  si  raccoglie  a  Castellarquato  nelle  sabbie  argillose 
immediatamente  sovrastanti  il  calcare  ad  Amphistegina  (sabbie  infe¬ 
riori  di  Rio  Riorzo)  ha  una  strettissima  analogia  con  le  faune  che  nel 
Valdarno  inferiore  sottostanno  all’orizzonte  classico  di  5  allebiaja.  Fra 
l’altro,  ho  raccolto  a  Rio  Riorzo  una  forma  tipica  di  questo  livello,  il 
Pecten  planar iae ,  che  si  credeva  limitato  al  versante  tirrenico  della 
penisola. 

(**)  Con  questa  estensione  verso  il  basso  il  Calabriano  diviene  più 
strettamente  ed  integralmente  eteropico  dei  giacimenti  a  mammiferi  del 
Valdarno  con  Archidishon  meridionalis,  Leptobos  etruscus,  Eqims  ste- 
nonis.  ;  la  Cyprina i  islandica  riassume  completamente  il  suo  valore  di 


44 


G.  RUGGIERI 


Termine  III0  —  E  quasi  rigorosamente  sinonimo  di  Siciliano7 
nella  definizione  originale  di  Doderlein  1870,  ed  è  caratterizzato 
da  faune  armoniche  di  tipo  temperato-freddo,  con  bassa  percen¬ 
tuale  di  forme  estinte.  Mentre  osservo  come  il  nome  Siciliano  si 
adatti  perfettamente  a  questo  termine,  rammento  che  considero 
la  parte  alta  del  Calabriano  di  Gignoux  (o  «  Calabriano  supe¬ 
riore  »),  strettamente  identificabile  col  Siciliano.  Tipo  restano  le* 
argille  e  i  calcari  a  Cyprina  ed  altre  forme  nordiche  degli  im¬ 
mediati  dintorni  di  Palermo. 

Termine  IV 0  —  Destinato  a  comprendere  quegli  orizzonti  «  in- 
certae  sedis  »,  in  affioramento  sempre  di  facies  littorale  o  subli¬ 
torale,  con  faune  «  banali  »  a  scarsissima  percentuale  di  forme 
estinte,  indicanti  un  clima  poco  o  punto  diverso  dall’attuale,  po¬ 
steriori  al  Siciliano  (quale  inteso  più  sopra)  ed  anteriori  al  Tir- 
reniano  ;  per  esempio  il  terrazzo  di  quota  1 50  presso  Crotone  (ve¬ 
dasi  Ruggieri  1949  (*)  e  le  sabbie  gialle  e  grigie  di  Imola,  con 
grossi  mammiferi  e  flora  a  Laurinee.  Fra  i  vari  nomi  di  piani  o 
sottopiani  in  uso  non  ne  trovo  alcuno  che  si  adatti  a  buon  diritto 
a  questo  termine  e  penso  se  non  sia  il  caso  di  mantenergli,  in 
via  provvisoria,  quello  di  «  Milazziano  »,  ancorché  il  vero  Milaz- 
ziano  di  Deperet  possa  essere  altra  cosa. 


«fossile  guida  » ,  e  trovano  la  loro  logica  sistemazione  quella  fauna  dei 
tufi  di  Galatina  con  Cyprina  islandica  ed  Amussium  cristatuni  che  Gl- 
GNOUX  (1913,  p.  148;  era  costretto,  in  base  ai  suoi  criteri,  a  ritenere  plio¬ 
cenica,  e  l’altra  dei  dintorni  di  Bagni  di  Casciana,  a  caratteristiche  ana¬ 
loghe,  recentemente  descritta  dal  Giannini  [«Nuovo  giacimento  fossili¬ 
fero  Calabriano  presso  Bagni  di  Casciana  (Pisa)»  Atti  Soc.  Toscana  di 
Scienze  Naturali,  Memorie  serie  A,  voi.  58,  Pisa  (1951)  ;  la  scuola  pi¬ 
sana,  conformemente  alle  vedute  del  suo  direttore,  Prof.  L  Trevisana 
aveva  già  da  tempo  intravvisata  la  necessità  di  portare  al  limite  le  idee 
del  Gignoux,  estendendo  il  Calabriano  quanto  più  possibile  verso  il  basso, 
fino  ai  primissimi  sintomi  di  cambiamento  in  senso  freddo  delle  faune^ 
Mentre  da  un  lato  sono  lieto  di  adottare  queste  idee,  è  nel  contempo 
mio  dovere  mettere  in  evidenza  che  un  Calabriano  così  intenso  è  altra 
cosa  della  definizione,  originale  di  questo  piano. 

Vi  è  fra  gli  Ostracodi  una  specie  che,  a  quanto  mi  consta,  sembra 
limitata  esclusivamente  a  questo  termine  II0:  si  tratta  d e\V  Hemicythere 
marsupia  (Neviani). 

(*)  Recenti  ricerche  hanno  dimostrato  come  questo  terrazzo  giaccia 
trasgressivamente  su  argille  con  fauna  ad  «ospiti  nordici»  di  tipo  «si¬ 
ciliano»  ;  un  bell’affioramento  fossilifero  di  queste  ultime  si  à  in  Re¬ 
gione  Brasimato  (sulla  strada  Crotone  -  Strongoli),  dove  si  raccoglie  fra 
l’altro  il  Buccinimi  undatum. 


ICONOGRAFIA  DEGLI  OSTRACODI  MARINI  ECC. 


45 


Termine  V°  —  Rigorosamente  corrispondente  al  Tirreniano 
Issel  1914. 

Modificando  la  accezione  dei  nomi  correntemente  in  uso 
nel  senso  sopra  proposto ,  si  potrebbero  assumere  per  quei  com¬ 
plessi  I-V  che  mi  sembrano  rappresentare  la  piu  naturale 
suddivisione  del'  Pliocene  e  del  Pleistocene  i  termini  Pliocene 
(str.  s.),  «  Calab riano  »,  Siciliano,  «  Milazziano  »  e  Tirreniano.  In 
attesa  delle  critiche  e  delle  osservazioni  dei  colleglli  quaterna- 
risti  conserverò  per  intanto  nella  esposizione  la  indicazione  con 
numeri  romani 


Opere  citate  nella  premessa  (per  quelle  anteriori  al  1918 
rimando  al  lavoro  sottocitato  di  Gigncux). 

Gignoux  M.,  1918  —  Les  forni,  marine s  plioc.  et  quatern.  de  V  Italie 
du  Sud  et  de  la  Sicile  —  Ann.  Unir,  de  Lyon,  (n.  s.),  36. 

Ruggieri  G.,  1949  —  Il  terrazzo  marino  presiciliano  della  penisola  di 
Crotone  —  Giorn.  di  Geologia  (Bologna),  s.  2,  20  (1948),  pp.  39  62, 
ff.  1-3  nel  testo. 

Ruggieri  G.,  1949  b  —  Il  Pliocene  superiore  di  Capocolle  —  ibid., 
pp.  19-38. 

Ruggieri  G.,  1950  —  Contr.  alla  con.  della  malacofauna  e  della  stra- 
tigr.  del  Pliocene  e  del  Quaternario  —  Giorn.  di  Geol.  (Bologna), 
s.  2,  21  (1949),  pp.  65-90,  Tav.  I  (II). 

Ruggieri  G.,  1950-1952  —  Gli  Ostracodi  delle  sabbie  grigie  quater¬ 
narie  ( Milazziano )  di  Imola  —  Giorn.  di  Geol.  (Bologna),  s  2, 
21,  pp.  1-58,  ff.  1-34  nel  testo,  Tav.  I;  22,  pp.  1-66,  Tavv.  II-IX. 

Ruggieri  G.,  1951  —  Sul  piano  Ccilabriano  Gignoux  1910  —  Rend. 
Cl.  Se.  Fisiche,  Mat,  e  Nat.  Acc.  Naz.  dei  Lincei,  s.  8,  10,  pp. 
491-494. 

Ruggieri  G.  &  Selli  R.,  1948  —  Il  Pliocene  ed  il  Postpliocene  del- 
V  Emilia  —  Giorn.  di  Geol.  (Bologna),  s.  2,  20,  pp.  1-14. 


Ringraziamento.  Sento  il  dovere  di  esprimere  la  mia  riconoscenza  a 
vari  amici,  colleghi  e  Direttori  di  Istituti,  che  mi  hanno  aiutato  spe¬ 
cialmente  nelle  difficoltà  bibliografiche.  Ad  essi  sarà  dedicata  una  parte 
delle  numerose  specie  nuove  riscontrate. 


46 


G.  RUGGIERI 


Figg.  1,  la,  2,  14  —  Hemicytherura  cellulosa  (Norman)  sp.  St.  Luys,. 

estuario  dello  Sckelda,  Recente. 

Figg.  4,  4a,  4b,  6,  6a  —  Hemicytherura  videns  (Mùller  G.  W.)  sp.  - 

Loc.  2/V. 

Figg.  5,  5 a,  5b,  7,  9  —  Hemicytherura  videns  gracilicosta  n.  subsp.  - 

(F.  5  olotipo);  Figg.  5,  7  loc.  3/II,  fig.  9  loc.  4/1- 


ICONOGRAFIA  DEGLI  OSTRACODI  MARINI  ECC. 


47 


5ì?  X136 


Figg.  8,  8 a,  11,  12,  13  —  Hemicytherura  defiorei  n.  sp.  -  Figg.  Il  e  12 

(olotipo)  del  Tortoniano  di  M.  Rosso  in  Valle 
Scrivia  ;  figg.  8,  8  a,  13  loc.  3  IL 

Fig.  io  —  Hemicytherura  clathrata  (Sars)  -  St.  Luys,  estuario  dello 

Schelda,  Recente. 

La  sigla  vd  —  valva  destra;  vs  =  valda  sinistra. 


48 


G.  RUGGIERI 


Genere  HEMICYTHERIJRA  (Elofson)  1941. 

Genotipo  :  Cythere  cellulosa  Norman  1865,  p.  22  (qui  rappre¬ 
sentato  alle  figg.  1,  la,  2,  3,  14). 

~j-  Cytheropteron  (. Hemicytheriira )  n.  subg.  -  Elofson'  1941, 

p.  314. 

=  Cytherura  (pars)  Auct  ;  Cytlieropteron  (pars)  Mùller  G.  W. 

1894,  1912;  Hemicytherura  (pars)  Hornibrook 
1952;  Cytherura  ( Hemicytherura )  Ruggieri  1952. 

Carapaci  ad  abito  di  Cytherura ,  più  o  meno  sensibilmente 
compressi  sui  lati,  visti  di  lato  da  subrettangolari  a  piriformi  ; 
la  valva  destra  è  molto  più  alta  della  sinistra,  e  la  sovrasta  nel 
profilo  dorsale  ;  il  dimorfismo  sessuale  consiste  (come  di  norma) 
nel  fatto  che  i  maschi  sono  in  proporzione  più  bassi  e  più  lunghi. 
La  superficie  è  variamente  ornamentata,  da  faveolata  a  reticolata. 
I  tubercoli  oculari,  più  o  meno  distintamente  apprezzabili,  sono 
situati  sotto  l’ angolo  anterodorsale. 

Il  cardine  non  differisce  sostanzialmente  da  quello  di  Cytlie- 
rura ,  e  consiste  nella  valva  sinistra  di  una  lunga  e  sottile  cresta 
cardinale,  più  o  meno  arcuata,  dentellata  alle  due  estremità,  la  quale 
si  incastra  al  disotto  della  prominenza  dorsale  della  valva  destra, 
in  una  doccia  aperta  anteriormente  e  posteriormente  e  non  bene 
delimitata  verso  l’interno;  nella  valva  destra  si  hanno  due  lamelle 
dentarie  terminali,  più  o  meno  distintamente  denticolate,  sotto¬ 
stanti  ai  due  estremi  della  doccia  in  cui  si  alloga  la  cresta  car¬ 
dinale  della  valva  sinistra. 

Le  zone  marginali  sono  ampie  anteriormente,  moderatamente 
ampie  posteriormente  e  ventralmente.  Un  vestibolo  triangolare, 
più  o  meno  profondo,  può  esistere  anteriormente;  un  secondo 
vestibolo  allungato,  di  profondità  varia,  è  presente  posteroventral- 
mente.  I  poricanali  marginali  hanno  un  andamento  molto  caratte¬ 
ristico:  essi  sono  sottili,  poco  flessuosi,  dilatati  a  bulbo  distalmente; 
anteriormente  sono  suddivisi  in  tre  gruppi  bene  distinti,  e  cioè 
un  primo  gruppo  di  tre  poricanali  paralleli  nella  parte  alta  del 
margine,  un  altro  con  disposizione  irradiante  nella  parte  centrale 
(in  corrispondenza  dell’  apice  del  vestibolo  quando  esista),  ed  un 
altro  gruppo  con  disposizione  pettinata  in  basso  (v.  fig.  14)  ;  due 
o  tre  poricanali,  talora  fusi  alla  loro  origine,  percorrono  il  becco 
caudale. 

I  poricanali  laterali  sono  mediocremente  numerosi,  e  sfociano 


ICONOGRAFIA  DEGLI  OSTRACODI  MARINI  ECC.  49 

-all’  esterno  generalmente,  ma  non  sempre,  entro  le  fossette  super¬ 
ficiali,  determinando  dei  piccoli  coniporali. 

Le  impronte  muscolari  sono  di  solito  difficili  ad  osservarsi  : 
di  regola  risultano  di  una  fila  verticale  di  4,  preceduta  da  una 
impronta  isolata  tondeggiante. 

La  presente  diagnosi  è  basata  sull’esame  del  genotipo  e  di 
di  forme  recenti  europee  o  fossili  neogeniche  in  Italia. 

Istituito  dall’ELOFSON  1941  come  sottogenere  di  Cytherop- 
pteron  (conformemente  alle  vedute  di  Mùller  G.  W.  1894),  He¬ 
micytherura  è  stato  dallo  scrivente  recentemente  considerato 
sottogenere  di  Cytherura,  poiché  mi  sembra  che  sia  da  un  punto 
di  vista  puramente  zoologico,  che  da  un  punto  di  vista  paleonto¬ 
logico,  appaiano  maggiori  affinità  con  quest’ultimo  genere  che  con 
Cytheropteron.  Seguo  qui  Hornibrook  1952,  il  quale  ha  elevato 
Hemicytherura  al  grado  di  genere. 

Le  Hemicylherurci  sono  già  presenti  nel  Cretaceo  superiore 
(vedansi  Cytherura  unisulcata ,  C.  bisulcata  etc.  in  Van  Veen 
1936)  e  sono  ampiamente  distribuite.  Nel  Pliocene  e  nel  Pleisto¬ 
cene  in  Italia  sono  piuttosto  rare,  riducendosi  praticamente  a  due 
specie,  una  delle  quali  nuova.  Attualmente  nel  Mediterraneo 
sembra  sia  presente  una  unica  specie,  la  Hemicytherura  videns , 
in  quanto  tutto  lascia  credere  che  ad  essa  debbano  ricondursi 
le  citazioni  di  H.  cellulosa  (comune  nel  Mare  del  Nord)  per 
Napoli  di  Brady  e  Norman,  e  per  il  Mar  Nero  di  Dubovsky. 

Hemicytherura  videns  (Mùller  G.  W.)  sp. 

(figg.  4,  4  a,  4  b,  6,  6  a,  9) 

C ijtheropleron  videns  —  Mùller  G.  W.,  p.  303,  T.  20, 

ff.  2,8. 

*»  »  —  Mùller  G.  W„  p.  277. 

»  »  —  Rome,  p.  13. 

»  ( Hemicytherura )  videns  —  Klie,  p.  72. 

Cytherura  ( Hemicyterura )  cellulosa  —  Ruggieri,  p.  (85), 
T.  7,  f.  1  nec  C.  cellulosa  Norman  1865). 

Recente:  Golfo  di  Napoli,  sparso  in  tutte  le  regioni,  ma  raro 
(Mùller  G.  W.)  ;  Monaco,  a  fior  d’acqua  (Rome)  ;  Adriatico  set¬ 
tentrionale  (Klie);  Capo  Verde?  Mar  Nero?. 

Fossile  Imola,  loc.  1/V,  raro.  (*). 


1894  — 

1912  — 
1942  — 
1942  — 
1952  — 


(*)  Questa  specie,  e  più  la  varietà  successiva,  dimostrano  una  stretta 
affinità  con  una  forma  recente  della  Nuova  Zelanda,  H.  pandoro  e  Hor- 
JSIIBROOK. 


4 


50 


G.  RUGGIERI 


Le  conchiglie  di  H.  videns ,  osservate  per  trasparenza  a  forte- 
ingrandimento,  appaiono  finissimamente  punteggiate  sull’intera 
superfìcie  del  guscio,  eccetto  le  costoline.  Questo  carattere  è  evi¬ 
dente  anche  nella  varietà  seguente,  e  nella  H.  defiorei  n.  sp., 
mentre  manca  nelle  due  specie  del  mare  del  Nord,  H.  cellulosa 
(Norman)  ed  H.  clathrata  (Sars).  La  H.  videns  è  anteriormente 
sprovvista  di  vestibolo,  carattere  comune  con  la  H.  clatlirata. 


H.  videns  gracilicosta  n.  subsp. 

(fìgg.  5,  5 a,  5b,  7). 

Olotipo :  La  valva  sinistra  della  fig.  5.  ^O.C.R.  si.  95). 
Paratipoidi  :  Diverse  valve  isolate  (O.C.R.  si.  95). 

Locus  typicus  :  Castellanselmo  (Toscana),  loc.  3/II. 

Stratum  typicum  :  II  (=  Calabriano  inferiore  lato  sensu). 

Fossile:  Capocolle,  loc.  4  I,  non  raro;  S.  Miniato,  loc.  5/1,  raris¬ 
simo;  Castellanselmo,  loc.  3/II,  non  raro;  Castellarquato,  loc.  6/IIr 
non  raro  ;  Capo  Rizzuto,  loc.  7/1 V,  rarissimo  ;  Capo  Castella, 
loc.  8/IV,  rarissimo  (dubbio). 

Si  distingue  dal  tipo  per  l’aspetto  generale  più  gracile  e  spe¬ 
cialmente  per  la  maggior  gracilità  delle  costoline  superficiali.  Al¬ 
cuni  esemplari  piuttosto  brevi  (fig.  7)  accennano  passaggio  alla 
specie  successiva.  Dimensioni  dell’olotipo  :  L  =  0,352,  h  =  0,172. 


H .  defiorei  n.  sp. 

(figg.  8,  8  a,  11,  12,  13) 

Olotipo:  La  valva  destra  della  fig.  12.  (O.C.R.  si.  101). 
Paratipoidi:  Una  valva  destra  ed  una  valva  sinistra  (O.C.R. 
si.  10D. 

Locus  typicus  :  Argille  del  versante  meridionale  del  Monte  Rosso,, 
riva  destra  della  valle  Seri  via  (Piemonte). 

S aratura  typicum  :  Tortoniano  (Miocene  medio). 

Dedicata  al  Prof.  0.  De  Fiore,  dell’  Università  di  Catania, 
recentemente  scomparso  lasciando  interrotto  un  poderoso  lavoro 
sulle  malacofaune  plioceniche  e  quaternarie  delle  «  argille  su¬ 
betnee  ». 

Fossile:  Tortoniano  di  M.  Rosso,  in  Valle  Scrivia  ;  Tortoniano 
superiore  dei  dintorni  di  Perticara  (prov.  di  Pesaro). 

Castellanselmo,  loc.  3/1 1,  rarissimo  ;  Castellarquato,  loc.  6  II,. 
rarissimo  ;  Capocolle,  loc.  9/ II,  rarissimo. 


ICONOGRAFIA  DEGLI  OSTRACODI  MARINI  ECC. 


51 


Conchiglia  piccola  e  relativamente  pinttotto  robusta.  La  valva 
destra  vista  di  lato  è  trapezoidale,  con  margine  anteriore  piatta¬ 
mente  arrotondato,  subspinoso  in  basso,  contorno  dorsale  a  largo 
e  regolare  arco,  ventrale  piatto,  ed  estremo  posteriore  terminato 
in  un  becco  sottile  ed  acuto,  ad  asse  suborizzontale,  situato  circa 
a  metà  altezza. 

L’ornamentazione  è  costituita  da  un  irregolare  reticolato  di 
cordoncini  rotondeggianti  centralmente,  angolosi  posteriormente, 
mostrante  una  disposizione  prevalente  secondo  la  diagonale  po¬ 
stero-superiore  antero-inferiore,  nonché  da  un  forte  cordone  verti¬ 
cale,  che  attraversa  tutta  la  conchiglia  alla  base  del  becco,  e  talora 
sporge  dal  contorno  con  due  eminenze  più  o  meno  acuminate. 
Le  aree  interposte  fra  i  cordoncini  appaiono,  osservando  per  tra¬ 
sparenza,  finemente  e  densamente  punteggiate. 

Caratteri  interni  : 

La  specie  dimostra  una  certa  variabilità;  il  tipo  più  frequente 
è  quello  rappresentato  dalla  fig.  13. 

Dimensioni  dell’olotipo:  L  =  0,353,  h  =  0,26  mm. 


Genere  KANGARIN  A  Corykll  e  Fields  1937 

Genotipo  :  Kangarina  quellita  Corykll  e  Fields  1936,  p.  12. 

-J-  Kangarina  n.  gen.  —  Coryell  e  Fields  1937,  p.  12. 

=  Kangarina  Van  den  Bold  1946,  Kingma  1948;  Cytheropteron 

(pars)  Mùller  G.  W.  1894,  1912;  Cytheropteron 
(' Kangarina )  Ruggiebi  1952;  Hemicytherura (pars) 
Hornibrook  1952. 

Carapaci  di  dimensioni  piccole,  robusti,  visti  di  lato  subovali, 
lateralmente  compressi  e  ventralmente  fortemente  appiattiti,  a 
sezione  trasversa  snbtnangolare.  Il  margine  anteriore  è  sporgente 
verso  il  basso,  la  estremità  posteriore  termina  con  un  becco  cau¬ 
dale  situato  sopra  la  metà  altezza.  Contorni  dorsale  e  ventrale 
quasi  simmetricamente  debolmente  arcuati.  L’ornamentazione  con¬ 
siste  in  un  forte  cordone  all’angolo  lateroventrale,  spesso  termi¬ 
nato  posteriormente  in  un  ottuso  mucrone,  e  in  un  secondo  cordone 
lungo  il  margine  dorsale  ;  la  parte  centrale  del  guscio  è  percorsa 
da  pochi,  ottusi  ma  robusti  cordoni,  confluenti  verso  il  centro 
della  conchiglia,  i  quali  delimitano  delle  aree  poligonali  di  re¬ 
gola  foveolate. 

La  valva  destra  ricopre  nella  porzione  cardinale  la  sinistra. 
Il  cardine  della  valva  destra  consiste  di  due  denti  terminali  la- 


52 


G.  RUGGIERI 


mellari,  a  loro  volta  dentellati,  fra  i  quali  si  interpone  una  doccia 
cardinale  a  fondo  evidentemente  crenulato  ;  nella  valva  sinistra 
complementare,  di  due  alveoli  terminali  a  fondo  crenulato,  e  di 
una  interposta  cresta  cardinale  distintamente  dentellata. 

Le  zone  marginali  sono  abbastanza  larghe  sia  anteriormente 
che  posteriormente  ;  il  margine  interno  e  la  linea  di  fusione  non 
coincidono  alle  due  estremità  della  conchiglia,  determinando  ve¬ 
stiboli  di  varia  profondità  ed  evidenza  ;  il  vestibolo  posteriore 
interessa  anche  una  parte  della  porzione  ventrale.  I  poricanali 
marginali  sono  anteriormente  mediocremente  numerosi,  distribuiti 
con  una  certa  regolarità,  ma  più  addensati  in  basso  :  essi  sono 
semplici,  un  po’  flessuosi,  e  terminano  distalmente  ad  ampolla  ; 
il  becco  caudale  è  percorso  da  3  o  4  poricanali.  I  poricanali  la¬ 
terali  sono  poco  numerosi. 

Il  campo  muscolare  consta  di  una  fila  verticale  di  4  impronte, 
delle  quali  le  due  superiori  sono  più  sviluppate,  preceduto  da 
una  impronta  anteriore  di  forma  irregolare. 

Questo  genere  presenta  notevoli  somiglianze  col  precedente, 
ma  è  da  distinguersi  per  differenze  anatomiche  ( Kangarina  è 
sprovvisto  di  occhi,  che  in  Hemicytherura  sono  presenti),  che 
si  riflettono  in  più  lievi  differenze  nelle  strutture  dei  carapaci  ; 
agevoli  caratteri  distintivi  si  riscontrano  nella  distribuzione  dei 
poricanali  marginali  anteriori,  i  quali  in  Hemicytherura  sono  di¬ 
stintamente  frazionati  in  tre  gruppi,  mentre  in  Kangarina  sono 
distribuiti  con  una  certa  uniformità.  Si  tratta  sempre,  nell’un 
caso  come  nell’altro,  di  forme  con  caratteristiche  intermedie 
fra  Cytlierura  e  Cy theropteron  ;  ma  mentre  Hemicytherura 
è  più  affine  al  primo  genere,  Kangarina  è  invece  più  affine  al 
secondo. 

La  diagnosi  generica  su  riportata  è  basata  sui  miei  esemplari 
del  Neogene  italiano,  e  differisce  in  alcuni  punti  da  quella  origi¬ 
nale  ;  tuttavia  le  caratteristiche  esterne  di  queste  forme  sono  così 
spiccate,  che  penso  di  non  errare  attribuendo  a  questo  genere  i 
miei  esemplari. 

Kangarina  è  rappresentato,  nel  Neogene  italiano,  da  una 
unica  specie,  identificabile  con  la  forma  vivente  mediterranea,  il 
Cy  theropteron  abyssicolum  Mùller  G.  W.  1894;  gli  esemplari 
miocenici  sono  però  distinguibili  al  titolo  di  varietà. 


ICONOGRAFIA  DEGLI  OSTRACODI  MARINI  ECC. 


53 


Kangarina  abyssicola  (Mùller  G.  W.)  sp. 

(figg.  15  15a) 

1 952  —  Cylheropteron  (Kangarina)  abyssicolum  —  Ruggieri, 

p.  (77),  T.  VI,  f.  9  (sinonimia). 


Figg.  15,  15  a  —  Kaugarina  abyssicola  (Mùller  G.  W.)  sp.  -  loc.  10/11. 

a  m.  360-365. 

Figg.  16,  16  a  —  Kangarina  abyssicola  coarctata  n.  subsp.  -  Olotipo 

del  Tortoniano  di  M.  Rosso  in  Valle  Scrivia. 

Recente  :  Golfo  di  Napoli,  sui  fondi  ad  alghe  calcaree  di  modesta 
profondità  (Mùller  G.  W.). 

Fossile  :  Capocolle,  loc.  4.1,  rarissimo  :  pozzo  al  bivio  di  S.  Marco 
in  Lamis  (Foggia)  loc.  10  II,  non  raro  (prof.  360  e  385  dal  piano 
di  campagna)  ;  Capo  Castella,  loc.  8  IV,  rarissimo  ;  Imola,  loc. 
1  IV,  rarissimo  ;  Castellarquato,  loc.  6-II,  non  raro. 

K.  abyssicola  coarctata  n.  subsp. 

(figg.  16,  16  a) 

Olotipo  :  Il  carapace  figurato  (0.  C.  R.  si.  105). 

Locus  typicus  :  Argille  del  versante  meridionale  del  Monte  Rosso, 

riva  destra  della  Valle  Scrivia  (Piemonte). 
Stratum  typicum  :  Tortoniano  (Miocene  medio). 


54 


G.  RUGGIERI 


L’unico  carapace  che  abbia  raccolto  nel  Tortoniano  differisce 
dalla  forma  pliocenica  e  quaternaria  per  le  dimensioni  sensibil¬ 
mente  minori,  il  contorno  più  sinuoso,  e  l’aspetto  più  robusto, 
essendo  più  accentuato  il  cordone  ventrale  e  più  ancora  il  cor¬ 
done  dorsale,  come  si  può  apprezzare  molto  bene  osservando 
l'esemplare  dal  dorso.  Sarei  stato  propenso  a  considerare  questa 
forma  specie  distinta,  se  fra  gli  esemplari  pliocenici  di  Castel- 
larquato  loc.  6/11  non  ve  ne  fosse  qualcuno  che  sembra  presen¬ 
tarle  passaggio. 

Vi  sono  notevoli  affinità  con  la  Hemicijtherura  radiata 
terziaria  e  recente  della  Nuova  Zelanda  (Hornibrook  1952)  ; 
tuttavia  si  osservano  differenze  nelle  proporzioni  e  nella  ornamen¬ 
tazione  che  mi  sembrano  giustificare  una  separazione.  Affrettando 
dicasi  per  Cytheropteron  sinuatum  Lienenklaus  1894  (nec  Lie- 
nenklaus  1900),  dell’Oligocene  e  Miocene  inferiori  tedeschi,  che 
differisce  per  l’ornamentazione  molto  più  ridotta. 


Elenco  delle  località  fossilifere. 

Ogni  località  è  indicata  nell’ordine  con  una  cifra  araba,  che 
rappresenta  la  numerazione  vera  e  propria,  e  con  una  cifra  romana, 
che  invece  indica  il  piano  geologico,  secondo  la  tabella  di  pag.  42. 

Loc.  1  IV  —  Sabbie  grige  alla  confluenza  del  Rio  Pratella  col 
fiume  Santerno,  presso  Imola.  La  ostracofauna  ne  fu  già  descritta 
in  Ruggieri  1950-1952. 

Loc.  2-V  —  Panchina  tirreniana  di  M.  Mixi,  negli  immediati 
dintorni  di  Cagliari. 

Loc.  3/11  —  Argille  a  Pleurotomella  implicisculpta  ed  altri  mol¬ 
luschi  di  tipo  «  freddo  »  cavate  per  laterizi  sulla  riva,  destra 
della  valle  della  Pine,  all’altezza  del  paese  di  Castellanselmo 
(colline  livornesi-pisane  . 

Loc.  4/1  —  Calcare  tenero,  argilloso,  con  Amphistegina  e  Tere- 
bratula  ampulla  affiorante  nella  collina  di  Capocolle,  fra  Forlì 
e  Cesena  (Emilia).  Non  è  da  escludere  che  ricerche  paleontolo¬ 
giche  e  stratigrafiche  possano  dimostrarne  la  pertinenza  al  ter¬ 
mine  II. 

Loc.  5/1  —  Sabbie  argillose  gialle  con  Chlamys  latissima , 
Amiantis  gigas ,  Strombus  coronatus ,  ecc.,  poco  ad  Ovest  del 
paese  di  S.  Miniato  (Valdarno  inferiore). 

Loc.  6  II  —  Sabbie  più  o  meno  argillose,  sovrastanti  al  calcare 
ad  Amphistegina ,  rappresentanti  gli  strati  più  bassi  affioranti 
nella  sezione  di  Rio  Riorzo,  presso  Castellarquato  (Piacenza). 


ICONOGRAFIA  DEGLI  OSTRACODI  MARINI  ECC. 


55 


Loc.  7  IV  —  Calcare  organogeno  terrazzato,  a  una  quota  fra  i 
15-20  m.  sul  livello  del  mare,  di  Capo  Rizzuto  (penisola  di  Crotone). 

Loc.  8  IV  —  c.  s.  a  Capo  Castella  (penisola  di  Crotone).  Qui  il 
calcare  organogeno  è  ricchissimo  di  Chlamys  pesfelis. 

Loc.  9-II  —  Argille  un  poco  sabbiose,  molto  fossilifere,  sovra¬ 
stanti  ài  calcare  ad  Amphistegina  di  Capocolle  (vedi  loc.  4  1). 
La  fauna  ne  fu  già  studiata  in  Ruggieri  1949. 

Loc.  10 /II  —  Pozzo  per  ricerca  di  acqua,  attraversante  quater¬ 
nario  e  pliocene,  al  bivio  di  S.  Marco  in  Lamis  presso  Roggia 
{Tavoliere  di  Puglia).  Il  pozzo  ba  attraversato  i  termini  II  e  III 
(vedi  tabella  stratigrafica  a  pag.  42),  e  saranno  riportate  loc.  10  II 
e  loc.  10  III  con  indicate  le  relative  profondità  di  provenienza 
dei  campioni,  misurate  a  partire  dal  piano  di  campagna. 


Résumé. 

But  de  ce  travail  est  la  illustration  des  Ostracodes  marins 
du  Pliocène  et  du  Quaternaire  d 'Italie.  Dans  cette  première  partie 
on  a  considerò  les  genres  Hemicy therura  et  Kan  gavina,  avec 
ies  espèces  et  variétés  suivantes  : 

Hemicy Iherura  videns  (M.  G.  W.) 

»  »  gracilicosta  n.  subsp. 

»  de  fiorei  n.  sp. 

Kart  gavina,  abyssicola  (M.  G.  W.) 

»  »  coarctala  n.  subsp. 

En  fin  il-y-a  la  liste  des  localités  fossilifères.  Cbacune  de 
ces  dernières  a  été  indiquée  avec  ime  couple  de  chiffres,  dont  la 
prémière  (arabe)  est  simplement  un  nombre  d’ordre,  la  seconde 
(romaine)  indique  l’étage  géologique,  selon  le  nouveau  schèma 
cbronologique  du  Pliocène  et  du  Quaternaire  italiens  proposé  à 
la  page  42. 


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Rome  R.,  1943  —  Ostracodes  marins  des  environs  de  Monaco  —  Bull... 
de  l’Inst.  Océanogr.,  Monaco,  768. 

Ruggieri  G.,  1950-1952  —  Gli  Ostracodi  delle  sabbie  grige  quaternarie 
(Milazziano)  di  Imola  —  Giorn.  di  Geol.  (Bologna)  s.  2,  21  e  22- 
Van  Veen  J.  E.,  1936  —  Die  Cytlieridae  der  Maestrichter  Tujfkreide - 
und  des  Ku ara der  Korallenkalkes  von  Sud-Limburg.  III.  —  Na- 
tuurhistorisch  Maandblad,  Jaargang  25,  7. 


Ing.  Luigi  Magistretti 


NUOVE  LOCALITÀ  PER  OTTAEDRITE 
NELL’ALTA  VALLE  DEL  DEVERO  (OSSOLA) 


Nel  concludere  un  precedente  lavoro  pubblicato  in  questi 
Atti  nel  1945  sull’  Ottaedrite  della  Valle  Malenco  ed  in  genere 
sulle  Ottaedriti  italiane  (1)  mi  era  sembrato  lecito  esprimere  la 
convinzione  che  ulteriori  ricerche  potessero  segnalare  nella  Alta 
Valle  del  Devero  nuove  località  di  ritrovamento  di  questo  mine¬ 
rale  interessante. 

Mi  faccio  ora  un  dovere  di  dare  notizia  di  almeno  tre  uuove 
località  appartenenti  tutte  all’Alta  Valle  del  Devero  e  dove- 
l’ Ottaedrite  si  presenta  in  copia  ben  maggiore  di  quanto  possa 
dirsi  per  le  altre  località  segnalate  nel  mio  precedente  lavoro. 

Le  tre  località  sopra  accennate  appartengono  tutte  alla  ca¬ 
tena  di  confine  fra  l’Italia  e  la  Svizzera  e  precisamente  alla  ca¬ 
tena  che  dalla  Punta  di  Boccareccio  (Helsenhorn)  per  il  Cervan- 
doue,  la  Punta  della  Rossa,  l’Albrunhorn  raggiunge  la  Punta 
d’Arbola  (Ofenhorn),  costituendo  lo  spartiacque  fra  la  Alta  Valle 
del  Devero  (Ossola)  e  la  vicina  Binnenthal  (Ct.  Vallese). 

La  località  più  importante  è  rappresentata  nella  tavola  che 
mentre  indica  con  sufficiente  esattezza  (dischetto  bianco  e  freccia) 
nella  riproduzione  della  carta  Svizzera  al  50.000  il  punto  esatta- 
dove  si  presentano  i  cristalli  di  Ottaedrite  più  sotto  descritti,., 
dà  nell’angolo  inferiore  destro  della  fotografia  il  punto  del  ritro¬ 
vamento  e  insieme  una  visione  suggestiva  del  bellissimo,  tormen¬ 
tato  e  poco  noto  gruppo  di  monti  che  più  sopra  ho  ricordato. 

L’esatta  località  appartiene  al  costone  roccioso  che  dalla 
Punta  d’Arbola  scende  verso  sud  e  costituisce  linea  di  confine. 
Il  punto  esatto  dista  un  centinaio  di  metri  dalla  linea  suddetta 
e  giace  in  territorio  italiano.  Esso  trovasi  sopra  una  piccola  in~ 
sellatura  ordinariamente  colma  di  neve,  ciò  che  permette  di  rag¬ 
giungere  il  giacimento  d’ordinario  fino  a  fine  giugno. 

Più  tardi  occorre  salire  per  roccia.  La  località  mi  è  stata 
segnalata  dall’Amico  Sig.  Otto  Gòttler  di  Amsteg  e  da  Joseph 


58 


L.  MAG1STRKTTI 


Imhof  noto  “strahler,,  di  Binn  e  non  è  improbabile  che  essa  fosse 
l'origine  di  alcuni  fra  i  cristalli  di  Ottaedrite  dell’ Ofenhorn  de¬ 
scritti  da  R.  H.  Solly  nel  1904  senza  una  indicazione  dettagliata 
della  località  e  solo  colla  vaga  indicazione  di  Binnenthal  (2). 

La  roccia  (gneiss  granitico  dell’ Arbola  della  nostra  carta 
Geologica)  si  arricchisce  in  prossimità  dei  piccoli  litoclasi  di 
elementi  colorati.  Una  sezione  sottile  mostra  Plagioclasio  ('rara¬ 
mente  geminato)  Quarzo,  Muscovite  (con  forti  colori  di  interfe¬ 
renza)  ed  un  minerale  del  gruppo  delle  Cloriti  di  colore  verde 
debolmente  pleocroico,  piuttosto  abbondante  ed  accompagnato  da 
granali  di  un  minerale  opaco  (Pirite). 

Le  superfici  dei  litoclasi  sono  coperte  da  piccoli  cristalli  di 
Albite  e  da  minute  lamine  di  Muscovite  di  colore  leggermente 
verdolino  a  contorno  esagonale  con  nette  faccette  prismatiche 
filiformi.  In  mezzo  a  queste  sono  disseminati  sciami  di  cristalletti 
di  Ottaedrite  trasparenti  o  pellucidi  di  colore  variabile  dal  giallo 
colofonia  ad  un  bel  giallo  bruno  marsala.  Le  dimensioni  vanno 
da  pochi  decimi  fino  a  due,  raramente  a  tre  millimetri. 

L'abito  è  il  consueto  ((111)  e  (001))  e  in  taluni  individui 
gli  spigoli  di  (111)  sono  smussati  da  sottili  faccette  filiformi 
di  (101). 

In  alcuni  dei  xx  maggiori  la  larga  faccia  di  base  mostra 
faccette  di  piramidi  di  accrescimento  appiattitissime  a  contorno 
parallello  a  quello  della  faccia  di  base. 

In  due  dei  migliori  xx  sono  ben  visibili  ai  vertici  della  faccia 
di  base  le  faccette  minute  ma  brillantissime  di  2  bipiramidi  di¬ 
tetragonali  di  simboli  che  mi  riservo  di  determinare  ma  proba¬ 
bilmente  vicini  al  (5.1.19)  già  segnalato  dal  Bianchi  per  l’ Ot¬ 
taedrite  di  Crino  nella  bassa  valle  del  Devero  (3). 

Una  seconda  località  degna  di  nota  per  il  nostro  minerale 
nell’alta  valle  del  Devero  appartiene  al  versante  italiano  del 
M.  Cervandone  e  precisamente  al  costone  che  staccandosi  dal 
massiccio  terminale  si  abbassa  in  direzione  di  levante  verso  il 
Ghiacciaio  della  Rossa.  Anche  qui  nello  gneiss  granitico  sono 
stati  trovati  cristalli  di  Ottaedrite  di  dimensioni  notevoli  (intorno 
a  8  mm  ).  Credo  si  possa  senz’  altro  affermare  essere  questi  i 
maggiori  finora  rinvenuti  in  Italia. 

Il  colore  ne  è  giallo  bruno  con  lieve  tendenza  al  verdiccio 
•ciò  che  appare  in  particolar  modo  per  trasparenza  sugli  spigoli. 

Anche  l’abito  di  questi  cristalli  presenta  qualche  interesse, 
caratterizzato  come  è  dal  prevalere  del  prisma  di  secondo  ordine 


NUOVE  LOCALITÀ  PER  OTTAEDRITE  ECC. 


59 


‘{100)  mentre  nella  zona  delle  bipiramidi  di  primo  ordine  predo¬ 
minano  facci©  ampie  e  striate  della  bipiramide  (113)  e  la  bi pi  - 
ramide  fondamentale  (111)  è  rappresentata  solo  da  faccette  bril¬ 
lanti  ma  piccolissime. 

Individui  di  tale  abito,  spesso  associati  parallelamente,  sono 
troncati  da  strette  ma  nettissime  fascie  di  base  (001). 

Il  minerale  che  si  trova  in  piccoli  litoclasi  è  accompagnato 
da  Quarzo  in  individui  j alini  di  abito  comune  e  da  piccoli  ag¬ 
gregati  vermiformi  di  un  minerale  del  gruppo  delle  Miche. 

L’ultima  località  di  questo  primo  rapido  elenco  si  trova 
all' estremità  Nord  occidentale  della  Valle  Buscagna,  larga  conca 
tributaria  di  destra  della  alta  Valle  del  Leverò,  e  limitata  a 
Nord-Est  dalla  catena  di  confine  colla  Binnenthal. 

Il  Sig.  Glrimoldi,  appassionato  mineralista  dilettante  mila¬ 
nese,  ha  rinvenuto  fra  il  detrito  di  falda  della  vailetta  (sinistra 
orografica)  che  porta  ai  Corni  di  Piz  Cornerà  di  Dentro  un  esem¬ 
plare  degno  dì  nota.  Esso  è  costituito  da  cristalli  di  Quarzo  con 
inclusioni  asbestose  che  presentano  disseminati  sulle  loro  faccie 
dei  cristalli  di  Ottaedrite  di  colore  grigio  acciaio  della  lunghezza 
di  5-6  mm.  secondo  l’asse  maggiore  e  col  caratteristico  abito 
affusolato  a  faccie  minutissimamente  striate,  abito  questo  e  pa¬ 
togenesi  caratteristici  dell' Ottaedrite  di  alcune  località  dalle  Alpi 
Svizzere  p.  e.  alle  classiche  località  della  Maderanerthal. 


BIBLIOGRAFIA 


(1)  L.  Magistretti  —  Nuovi  ritrovamenti  di  Ottaedrite  ( Anatasio ) 
all’Alpe  Pirla  sopra  Chiesa  in  Val  Malenco  e  appunti  per  una 
Monografia  sitile  Ottaedriti  Italiane.  Atti  Soc.  Ital.  di  Scienze 
Nat.  Voi.  LXXXIV  1945. 

(2)  R.  H.  Solly  —  On  various  minerals  (Anata se  etc .)  from  thè  Bin¬ 
nenthal.  Mineralogical  Magazine  pag.  16,  Voi.  XIV,  Londra  1904. 

{3)  A.  Bianchi  —  Sopra  due  rocce  ornehlendiche  intercalate  negli 
«  Scisti  di  Baceno  » .  Bollettino  Società  Geologica  Italiana  voi. 
XL  1921. 


60 


L.  MAGISTRETT1  -  NUOVE  LOCALITÀ  PER  OTTAEDR1TE  ECC. 


SPIEGAZIONE  DELLA  TAVOLA  I 


fìg.  1 

Fotografia  presa  dal  costone  roccioso  che  dalla  Punta  d’Arbola  scende- 
verso  Sud-Ovest  e  precisamente  in  prossimità  della  località  ricordata 
nella  memoria  (in  bass  )  a  destra  nella  fotografia).  E  ben  visibile  tutta¬ 
la  catena  a  Sud-Ovest  della  Punta  d’Arbola.  Al  centro  in  penultimo 
piano  la  piramide  del  M.  Cervandone  (m.  3213).  Al  disotto  di  questa 
la  punta  dirupata  della  Rossa  (m.  2888)  a  sinistra  la  costiera  appiat¬ 
tita  del  P.  Fizzo  (m.  2761).  A  destra  i  monti  della  Valle  di  Binn 
ben  nota  ai  mineralogisti  di  ogni  Paese  (Bochtenhorn,  Schienhornr 
fino  al  lontano  Wannenhorn).  In  primo  piano  il  contrafforte  della  Punta 
d’Arbola  lungo  il  quale  corre  la  linea  di  confine. 

Fotografia  cortesemente  messa  a  disposizione 
dal  Dr.  Ing.  G.  Lissoni 


fig.  2 

Riproduzione  leggermente  ingrandita  di  una  porzione  del  foglio  494  (Bili- 
nenthal)  della  carta  Svizzera  al  50.000  rappresentante  la  testata  della 
Valle  di  Codelago  (alta  Valle  del  Devero)  fino  al  massiccio  della  Punta 
d’ Arbola  e  la  catena  di  confine  fra  la  Valle  stessa  e  la  vicina  alta 
Valle  di  Binn. 

La  località  di  ritrovamento  della  Ottaedrite  (la  prima  di  quelle^ 
ricordate  nella  memoria)  è  indicata  con  freccia  e  dischetto  bianco. 


L.  MAGISTRETTI 


Nuove  locai.  Ottaedrite 
Val  Devero 


Atti  Soc.  It.  Se.  Nat.  Voi.  XCII 

Tav.  I 


Fig.  1 


Fig.  2 


Carlo  Taccani 


UBALDO  ROCCI 
Cenno  bibliografico 


Si  compie  il  decennio  dalla  scomparsa  del  dott.  Ribaldo 
Bocci,  noto  ed  appassionato  lepidotterologo,  spentosi  il  18  agosto 
1943. 

Un  cenno  biografico  fu  da  noi  già  tracciato  (Riv.  di  Se.  Nat. 
<  Natura  »,  voi.  XXXVII,  pagg.  68-70). 

Egli  dedicò  la  più  larga  parte  del  tempo  libero  da  impegni 
professionali  (era  addottorato  in  chimica  e  farmacia)  allo  studio 
delle  farfalle.  Cominciò  le  proprie  ricerche  nel  nativo  Piemonte, 
per  poi  estenderle  specialmente  alla  Liguria  ed  alla  Lombardia. 
I  suoi  primi  apporti  furono  semplici  note  su  reperti  faunistici 
locali,  come  peraltro  era  allora  predominante  indirizzo  degli  studi 
entomologici  ;  in  seguito  si  volse  a  ben  più  importanti  lavori  di 
sistematica,  procedendo  alla  revisione  di  interi  gruppi  :  sono  al 
riguardo  di  particolare  importanza  i  suoi  studi  sul  genere  Melt- 
taea  P.  e  sui  generi  Zygaena  F.  (=  Anthrocera  Scop.)  e  Pro- 
cris  F.  (s.  1.).  Curò  anche  alcuni  lavori  di  biologia  e  di  chimica. 
Purtroppo  la  sua  attività,  già  rallentata  in  causa  della  guerra, 
venne  troncata  da  morte  prematura,  nel  momento  migliore,  quando 
ne  era  sperato  il  coronamento  in  opere  di  più  largo  respiro. 

Scrittore  facile  ed  incisivo,  spinto  da  pronta  intuizione,  si 
lasciava  talvolta  indurre  in  accenti  polemici.  Sebbene  certe  sue 
vedute,  a  seguito  di  ulteriori  studi,  siano  oggi  da  ritenersi  supe¬ 
rate,  e  talune  sue  determinazione  di  forme  nuove,  dopo  i  risultati 
di  più  avanzate  ed  estese  indagini,  siano,  dal  punto  di  vista  si¬ 
stematico,  da  considerarsi  spostate,  i  maggiori  laveri  del  dott. 
Rocci,  ed  in  particolare  quelli  sopra  ricordati,  debbono  essere 
compulsati  attentamente  da  chiunque  voglia  accingersi  allo  studio 
di  quei  generi  tanto  intricati  ed  ancora  ricchi  di  problemi  in¬ 
soluti. 


62 


C.  TACCANI 


Poiché  nel  cenno  biografico  che  già  pubblicammo  in  Suo  ri¬ 
cordo,  salvo  il  richiamo  ad  alcuni  suoi  scritti,  non  demmo  la. 
bibliografia,  crediamo  di  far  cosa  molto  utile  agli  studiosi,  oltre 
a  rendere  omaggio  allo  Scomparso,  colmando  tale  lacuna.  Rite¬ 
niamo  che  l'elenco  che  segue  —  nel  quale  con  gli  scritti  di  le- 
pidotterologia  sistematica  e  biologica  figurano  anche  alcune  co¬ 
municazioni  concernenti  la  chimica  —  possa  considerarsi  prati¬ 
camente  completo. 


1  1906 


2 

1906 

3 

1909 

4 

1911 

5 

1912 

6 

1913 

7 

1913 

8 

1913 

9 

1913 

10 

1913 

11 

1914 

12 

1914 

13 

1914 

14 

1914 

15 

1914 

Bibliografia. 

—  Contribuzione  allo  studio  dei  Lepidotteri  del  Piemonte  r 
note  sui  Lepidotteri  dei  dintorni  di  Torino.  —  Bull.  Soc- 
Entom.  Ital.,  anno  XXXVIII,  pp.  52-79. 

—  Sul  mimetismo  nei  Lepidotteri.  —  Boll.  Museo  Zool.  R. 
Unir.  Genova,  n.  7,  pp.  1-15  (estratto). 

—  Ancora  sul  mimetismo  nei  Lepidotteri  :  mimetismo  e  va¬ 
riazione.  —  Atti  Soc.  Ligustica  Se.  Nat.  Geog.  voi.  XX, 
pp.  158-192. 

—  Contribuzione  allo  studio  dei  Lepidotteri  del  Piemonte  r 
note  ed  osservazioni,  I.  —  Id.,  voi.  XXII,  pp.  153-221. 

—  Contribuzione  allo  studio  dei  Lepidotteri  del  Piemonte  i 
note  ed  osservazioni,  II.  —  Id.,  voi.  XXIII,  pp.  161-196*. 

—  Contribuzione  allo  studio  dei  Lepidotteri  del  Piemonte  : 
note  ed  osservazioni,  III.  —  Id.,  voi.  XXIV,  pp.  131-216^ 

—  Alcune  nuove  forme  di  Zygaena  :  nota  preliminare.  — 
Id.,  voi.  XXIV,  pp.  1-2  (estratto). 

—  Alcune  nuove  forme  di  Zygaena  :  nota  preliminare.  — 
Societas  Entom.,  J.  XXVIII,  pp.  56-57. 

—  Sulla  resistenza  degli  Zigenini  all’acido  cianidrico.  — 
Zeitscrf.  f.  all.  Physiologie,  J.  1914,  pp.  42-64. 

—  Nuove  forme  di  Zygaena  :  II  nota  preliminare.  —  Atti 
Soc.  Ligustica  Se.  Nat.  Geog.,  voi.  XXIV,  pp.  113-133. 

—  Per  la  priorità.  —  Id.,  voi.  XXV,  pp.  31-32. 

—  La  suddivisione  della  «specie»  nei  Lepidotteri.  —  Id.,. 
voi.  XXV,  pp.  33-67. 

—  Ricerche  sulle  forme  del  gen.  Zygaena  Fabr.,  I.  —  Id.,. 
voi.  XXV,  pp.  89-130,  tav.  I. 

—  Di  alcune  nuove  forme  liguri  di  Zygaena  Fabr.  :  III  nota 
preliminare.  —  1  d .,  voi.  XXV,  pp.  219-226. 

—  Sulla  fissazione  del  cobalto  metallico  all’ albumina.  — 
Giorn.  R.  Acc.  Med.  Torino,  voi.  XX,  pp.  1-14  (estratto'1. 


UBALDO  ROCCI 


63 

16  1915  — -Sulla  fissazione  dei  metall  i  all’  albumina  ;  ecc.  :  nota  ]I  — 

Id.,  voi.  XXI,  pp  1-5  (estratto). 

17  1915  —  Sulla  fissazione  dei  metalli  all’ albumina;  ecc.:  nota  III.  — 

Id.,  voi.  XXI,  pp.  1-13  (estratto) 

18  1915  —  Di  una  sostanza  velenosa  contenuta  nelle  Zigene.  —  Atti 

Soc.  Ligustica  Se.  Nat.  Geog.,  voi.  XXVI,  pp.  71-107. 

19  1915  —  Contributo  alla  conoscenza  dei  grassi  degli  insetti.  —  Id., 

voi.  XXVI,  pp.  139-143. 

20  1915  —  [Ricerche  sulle  forme  del  gen.  Zygaena  Fabr.  ;  II]  :  le 

forme  liguri  della  Zygaena  transalpina  Esp  —  Atti  Soc- 
Ligustica  Se.  Nat.  Geog.,  voi.  XXVII,  pp.  3-31. 

21  1917  —  Contribution  à  la  conaissance  des  graisses  des  insectes.  — 

Arch.  It.  de  Biologie,  n.  66,  pp.  53-56. 

22  1917  —  Sul  significato  biologico  del  bozzolo  nel  Malacosoma  neu~ 

stria  L.  —  Arch.  Farmacol.  Sperimi,  ecc.,  Roma-Siena,  voL 
XXIII,  pp.  3-11  (estratto). 

23  1918  —  Ricerche  sulle  forme  del  gen.  Zygaena  Fabr.  ;  III  :  nuove 

osservazioni  sulla  Zyg.  transalpina  Esp.  —  Atti  Soc.  Li¬ 
gustica  Se.  Nat.  Geog.,  voi.  XXVIII,  pp.  119-137,  tav.  II. 

24  1918  —  Ricerche  sulle  forme  del  gen.  Zygaena  Fabr.;  IV:  note 

su  alcuni  gruppi  liguri.  —  Id.,  voi.  XXVIII,  pp.  141-158,. 
tav.  III. 

25  1919  —  Ricerche  sulle  forme  del  gen.  Zygaena  Fabr.,  V  :  La  Zyg. 

carniolica  Scop.  in  Liguria.  —  Id.,  voi.  XXX,  pp.  61-82, 
tav.  IV. 

26  1919  —  Osservazioni  sui  Lepidotteri  di  Liguria  :  note  compara¬ 

tive  ;  Papilionidae-Pieridae .  —  Id.,  voi.  XXX,  pp.  3  34,. 
tav.  I. 

27  1920  —  Osservazioni  sui  Lepidotteri  di  Liguria  :  note  comparative  r 

Pieridae1  2a  parte  e  note  aggiunte.  —  Id.,  voi.  XXX,. 
pp.  173-206. 

28  1922  —  Ricerche  sulle  forme  del  gen.  Zygaena  Fabr.;  VI:  note 

su  alcune  forme  nuove.  —  Id.,  voi.  XXXII,  pp.  33-42. 

29  1922  —  Su  alcuni  composti  di  cobalto  e  glicocolla.  —  Giorn.  R- 

Acc.  Med.  Torino,  voi.  LXXXV,  pp.  357-364. 

30  1923  —  Note  di  Lepidotterologia.  —  Mem.  Soc.  Entom.  I tal .,  vol¬ 

li,  pp.  5-12. 

1  L  & 

31  1925  —  L’influenza  delle  luci  monocromatiche  sui  Lepidotteri.— 

Atti  Soc.  Ligustica  Se.  Lett.,  voi.  IV,  pp.  275-286. 

32  1925  —  Lepidotteri  dell’isola  del  Giglio  (in  collaborazione  con 

E.  Turati).  —  Annali  Museo  Civ.  St.  Nat.  Genova,  serie  3% 
voi.  X  (L),  pp.  355-362. 

33  1925  —  Ricerche  sulle  forme  di  Zygaena  Fabr.  ;  VII  :  la  Zygaena 

stoechadis  Bkh.  in  Liguria.  —  Mem.  Soc.  Entom.  Ital.r 
voi.  IV,  pp.  154-175  con  1  tav. 


■64 

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C.  TACCANI 


1925 

1926 

1927 

1928 

1928 

1929 
1929 

1929 

1930 
1930 
1930 

1930 

1930 

1931 
1931 

1931 

1932 
1932 
1932 

1932 


—  Forme  liguri  di  Zygaena  Fabr.  —  Boll.  Soc.  Etitom.  Ital., 
anno  LVII,  p.  97. 

—  Ricerche  sulle  forme  di  Zygaena  Fabr.  \  Vili  :  note  critiche 
e  forme  nuove.  —  Id.,  anno  LVIII,  pp.  63-67, 

—  Sai  ciclo  stagionale  in  Liguria  della  Zygaena  stoechaclis 
Bkh.  —  Id.,  voi.  LIX,  pp.  11-13. 

—  Le  forme  italiane  del  Papilio  machaon  L.  —  Id.,  voi.  LX, 
pp.  28-40. 

—  Forme  nuove  di  Coenonympha  oedipus  F.  —  Id.,  voi.  LX, 
pp.  51-56. 

—  Sulle  pretese  due  «  generazioni  »  di  Euchloe  ausonia  Hb.  — 
Meni.  Soc.  Entom.  Ital.,  voi.  Vili,  pp.  44-65. 

—  Lepidotteri  di  Liguria:  note  comparative.  —  Id.,  voi.  Vili, 
pp.  90-113. 

—  Nuove  forme  di  Lepidotteri  :  Phopalocera.  —  Boll.  Soc. 
Entom.  Ital.,  voi.  LXI,  pp.  146-154. 

—  Sulla  forma  autunnale  in  Lombardia  di  Mancipium  bras- 
siacae  L.  —  Id.,  voi.  LXII,  pp.  15-17. 

—  Note  per  una  monografia  delle  forme  italiane  di  Meta¬ 
llurgia  galathea  L.  —  Id.,  voi.  LXII,  pp.  79-88. 

—  Le  forme  italiane  di  Limenitis  camilla  L.  (=  sybilla  L. 
et  auct.).  —  Id.,  voi.  LXII,  pp.  127-133. 

— -  Appunti  polemici.  —  Id.,  voi.  LXII,  pp.  163-172. 

—  Ricerche  sulla  cosidetta  Melitaea  athalia,  Rott.:  nota  pre¬ 
ventiva.  —  Id.,  voi.  LXII,  pp.  183-185. 

—  Osservazioni  lepidotterologiche.  —  Id.,  voi.  LXIII,  pp.  80-98. 

—  Ricerche  sulle  modalità  di  schiusura  e  le  forme  di  varia¬ 
zione  della  cosidetta  Melitaea  atìialia  Rott.  —  Memorie 
Soc.  Entom.  Ital.,  voi.  X,  pp.  10-35,  tav.  II  e  III. 

—  Contributo  alla  conoscenza  di  Nytlia  aretusa  Esp.  —  Boll. 
Soc.  Entom.  Ital.,  voi.  LXIII,  pp.  127-133. 

—  Recensione:  C.  Vorbrodt  :  Tessiner  und  Misoxer  Schinet- 
terlinge.  —  Id.,  voi.  LXIV,  pp.  27-30. 

—  Osservazioni  su  alcuni  gruppi  specifici  del  gen.  Melitaea 
F.  —  Mem.  Soc.  Entom.  Ital.,  voi.  X,  pp.  202-211. 

—  Sulla  igroscopicità  e  sui  cambiamenti  di  composizione  dei 
melassi  usati  come  dachicidi.  —  L’Ind.  Saccarifera  Ital., 
anno  XXV,  n.  1. 

—  Sulla  presenza,  la  diffusione  in  Liguria  e  la  biologia  del 
Charaxes  jasius  L.  —  Mem.  Acc.  Lunigianense  di  Se.  G. 
Capellini,  anno  XIII,  pp.  37-47,  tav.  I. 

—  Osservazioni  su  aurelia  Nick.  e  britomartis  Assm.  (o  aure- 
liaeformis  Ver.)  del  gen.  Melitaea  F.  —  Mem.  Soc.  Entom. 
Ital.,  voi.  XI,  pp.  30-40. 


1932 


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UBALDO  ROCCÌ 


65 

Boll. 


1932  —  Il  Parnassius  apollo  L.  sull' Appennino  Ligure.  — 

Soc.  Entom.  Ital.,  voi.  LXIV,  pp.  149-151. 

1933  —  La  struttura  e  la  variabilità  delle  armature  maschili  in 

alcuni  gruppi  specifici  del  gen.  Mtlitaea  F.  —  Mem.  Soc. 
Entom.  Ital.,  voi.  XI,  pp.  123-161. 

1933  —  Nomophila  noctuella  Schifi.  —  Leucania  ( Sidemici )  zeae 
Dup.  —  Boll.  Soc.  Entom.  Ital.,  voi.  LXV,  pp.  33-34. 

1933  —  Hydroecia  franciscae  Trti.  —  Id.,  voi.  LXV,  p.  100. 

1933  —  Sideris  zeae  (=  Leucania  zeae)  e  Sesarnia  eretica  —  Si¬ 
deris  scirpi  Dup.  e  sicula  Tr.  (in  collaborazione  con  E. 
Turati).  —  Id.,  voi.  LXV,  pp.  192-193. 

1933  —  Malattie  del  nespolo  del  Giappone.  —  «La  Semente», 
Genova,  pp.  386-387. 

1933  —  Le  Leucanidi  del  gruppo  zeae  Dup.  e  la  cosidetta  «  nottua 

del  granoturco  »  (la  parte)  (in  collaborazione  con  E.  Tu¬ 
rati).  —  Mem.  Soc.  Entom.  Ital.,  voi.  XII,  pp.  273-293. 

1934  —  Le  Leucanidi,  ecc.  (2a  parte)  (in  collaborazione  con  E. 

Turati).  —  Id.,  voi.  XIII,  pp.  5-22. 

1934  —  Ephesia  nymphaea  Esp.,  f.  p.  benacensis  Rocci.  —  Boll. 

Soc.  Entom.  Ital.,  voi.  LXVI,  pp.  136-137. 

1934  —  Una  straordinaria  invasione  di  Melasoma  aenea  L.  nel- 
F  Appennino  Ligure.  —  «  La  Semente  »,  Genova,  pp. 

307-309. 

1934  —  La  «  Depressala  dell’anice»  in  Italia.  —  Boll.  Soc.  Entom. 

Ital.,  voi.  LXVI,  pp.  221-230. 

1935  —  Contributo  alla  lotta  contro  la  Tortrix  pronubana  Hb. 

il  trattamento  con  acido  cianidrico  dei  garofani  recisi.  — 
Boll.  R.  Staz.  Patol.  Veg.  Roma,  anno  XIV  (nuova  serie), 
pp.  1-33  (estratto). 

1935  —  Ricerche  sulle  forme  del  gen.  Zygaena  ;  IX:  Sulla  possi¬ 
bilità  di  scindere  la  «  specie  »  transalpina  Esp.  in  più 
gruppi  specifici.  —  Mem.  Soc.  Entom.  Ital.,  voi.  XIV, 
pp.  47-58. 

1935  —  Melitaea  dejone  H.  G.  —  Melitaea  aihalia  Rott.  —  Boll. 

Soc.  Entom.  Ital.,  voi.  LXVII,  pp.  63-64. 

1935  —  Zuqaena  transalpina  razza  hispana  Vrty.  —  Id.,  voi 
LXVII,  pp.  163-164. 

1935  —  Ricerche  sulle  forme  del  gen.  Zygaena  ;  X  :  forme  nuove 

di  hippocrepidis  Hb.,  transalpina  Esp.,  maritima  Obt.  — 
Id.,  voi.  LXVIII,  pp.  41-46. 

1936  —  Una  eccezionale  anomalia  alare  in  Zygaena.  —  Id.,  voi. 

LXVIII,  pp.  142-143. 

1937  — -  Ricerche  sulle  forme  del  gen.  Zygaena  F.  ;  XI:  contributo 

alla  revisione  di  alcuni  gruppi  specifici.  —  «Redia»,  voi. 

XXII,  pp.  131-142. 


66  C.  T ACCANI  '  UBAL£»0  RÓCCÌ 

73  1937  —  La  «  Zigena  della  vite  »  ed  alcune  specie  italiane  del  gen. 

Procris  F.  (s.  1.).  —  Boll.  Istit.  Entom.  R.  Univ.  Bologna, 
voi.  IX,  pp.  113-152. 

74  1938  —  Ricerche  sulle  forme  del  gen.  Zygaena  F.  ;  XII  :  revisione 

della  specie  transalpina  Esp.  e  descrizione  di  forme  nuove. 
—  «Redia»,  voi.  XXIV,  pp.  97-197. 

75  1940  —  Contribuzione  allo  studio  dei  Lepidotteri  del  Lago  Mag¬ 

giore  in  collaborazione  con  C.  Taccani).  —  Meni.  Soe. 
Entom.  I tal .,  voi.  XIX,  pp.  29-69. 

76  1941  —  Sulla  presenza  in  Piemonte  della  Syntomis  marjana  Stau- 

der.  —  Boll.  Soc.  Entom.  Ital.,  voi.  LXXIII,  pp.  132-137. 

77  1942  —  Forme  piemontesi  del  gen  Zygaena  Fabr.  —  Boll.  Istit. 

Entom.  R.  Univ.  Bologna,  voi.  XIII,  pp.  110-132,  tav  li 
e  III. 

78  1942  —  Su  di  una  nuova  forma  primaria  di  Melitaea  athalìa 

Rott.  —  Boll.  Soc.  Entom.  Ital.,  voi.  LXXIV,  pp.  129-132. 

79  1919  — -  Contribuzione  allo  studio  dei  Lepidotteri  del  Lago  Mag¬ 

giore  :  II  parte;  aggiunte  e  correzioni  alla  I  parte  (in 

collaborazione  con  C.  Taccani).  —  Boll.  Soc.  Entom.  Ital., 
voi.  LXX1X,  pp.  2-10. 


2  4  AUG  1953 


SUNTO  DEL  REGOLAMENTO  DELLA  SOCIETÀ 

(Data  di  fondazione  :  15  Gennaio  1856) 


Scopo  della  Società  è  di  promuovere  in  Italia  il  progresso 
degli  studi  relativi  alle  scienze  naturali. 

I  Soci  possono  essere  in  numero  illimitato  :  annuali,  vitalizi, 
benemeriti. 

I  Soci  annuali  pagano  L.  2000  all'  anno,  in  una  sola  volta, 
nel  primo  bimestre  dell'  anno,  e  sono  vincolali  per  un  triennio. 
Sono  invitati  particolarmente  alle  sedute  (almeno  quelli  dimoranti 
in  Italia),  vi  presentano  le  loro  Memorie  e  Comunicazioni,  e  ri¬ 
cevono  gratuitamente  gli  Atti  e  le  Memorie  della  Società  e  la 
Kivi  sta  Natura. 

Chi  versa  Lire  20000  una  volta  tanto  viene  dichiarato  Socio 
vitali  z  i o . 

Sia  i  soci  annuali  che  vitalizi  pagano  una  quota  d’ ammis¬ 
sione  di  L.  100. 

Si  dichiarano  Soci  benemeriti  coloro  che  mediante  cospicue 
elargizioni  hanno  contribuito  alla  costituzione  del  capitale  sociale 
o  reso  segnalati  servizi. 

La  proposta  per  i'  ammissione  d'  un  nuovo  Socio  annuale 
o  vilahz'O  deve  essere  fatta  e  firmata  da  due  soci  mediante  let¬ 
tera  diretta  al  Consiglio  Direttivo. 

Le  rinuncio  dei  Soci  annuali  debbono  essere  notificate  per 
iscritto  al  Consiglio  Direttivo  almeno  tre  mesi  prima  della  fine 
del  8°  anno  di  obbligo  o  di  ogni  altro  successivo. 

La  cura  delle  pubblicazioni  spetta  alla  Presidenza. 

Tutti  i  Soci  possono  approfittare  dei  libri  della  biblioteca 
sociale,  purché  li  domandino  a  qualcuno  dei  membri  del  Consi¬ 
glio  Direttivo  o  al  Bibliotecario,  rilasciandone  regolare  ricevuta 
e  con  le  cautele  d’  uso  volute  dal  Regolamento. 

Crii  Autori  che  ne  fanno  domanda  ricevono  gratuitamente 
cinquanta  copie  a  parte,  con  copertina  stampata ,  dei  lavori  pub¬ 
blicati  negli  Alti  e  nelle  Memorie ,  e  di  quelli  stampati  nella 
R  i vista  Natura. 

Per  la  tiratura  degli  estratti ,  oltre  le  dette  50  copie,  gli 
Autori  dovranno  rivolgersi  alla  Tipografia  sia  per  1’  ordinazione 
che  per  il  pagamento.  La  spedizione  degli  estratti  si  farà  in 
assegno. 


INDICK  DKIj  FASCICOLO  I 


G.  FA.aNA.Ni,  IL  b 3 r i 1 1 i o  nei  minerali  del  granito  di  Baveno  pag.  5 
G..  Ruggieri,  Ostracodi  del  genere  Paijenborchella  viventi  nel 

Mediterraneo  ...........  10 

S.  Vrwzo,  Nuova  forma  di  Anisoeeras  (ammonite  svolta)  nelle 

arenarie  senoniane  di  Monte  S.  Genesio  (Brianza  orientale)  »  15 

E.  ToitroNESE,  Nota  sui  Centracanthidae  del  Mediterraneo 

( Pisces  Perciformes )  .........  24 

D.  P QJA.T ri,  Oppiti  intermedi  di  Spirocei-ca  lupi  (Rudolploi, 

1809)  nel  Sud  India  (Nematoda)  .  .  .  .  .  .  »  30 

T.  Slvlz  Pioghio  e  C.  Picchio,  Comportamento  ciclomorfico 

della  Difuia  longispina  in  alcuni  laghi  subalpini  .  »  33 

G.  RuGiiE.il,  Iconografia  degli  Ostracodi  marini  del  Pliocene 

e  del  Pleistocene  italiani  ........  40 

L.  M agistretim,  Nuove  località  per  Ottaedrite  nell’Alta  Valle 

del  Devero  (Ossola)  (Tav.  I)  .......  57 

C.  Ta.CCA.ni,  Ubaldo  Rocci  -  Cenno  bibliografico  .  .  »  61 


Nel  licenziare  le  bozze  i  Signori  Autori  sono  pregali  di  noli/i 
care  alla -  Tipografia  il  numero  degli  estratti  che  deside 
rano,  oltre  le  50  copie  concesse  gratuitamente  dalla  Società 
Il  listino  dei  prezzi  per  gli  estratti  degli  Atti  da  pubblicarsi 
'nel  1952  è  il  seguente  : 


CO 

PI  E 

25 

30 

50 

75 

IOO 

Pag.  4 

E 

400.- 

L.  500.- 

L.  700.- 

L.  1000.- 

E.  1200.- 

»  8 

n 

700.- 

n  800.- 

n  1000.- 

»  1350.— 

n  1600.- 

»  12 

11 

1000.- 

n  1150.- 

n  1400.- 

»  1700.- 

»  2000.- 

»  16 

»  ; 

1200.  - 

r  1800.— 

»  1700.- 

1 

d 

0 

0 

cu 

a  2400.- 

NB.  -  La  coperta  stampata  viene  considerata  come  un  ^3  di  foglio. 


Per  deliberazione  del  Consiglio  Direttivo,  le  pagine  concesse 
gratis  a  ciascun  Socio  sono  8  per  ogni  volume  degli  Atti  0  di 
Natura. 

Nel  caso  che  il  lavoro  da  stampare  richiedesse  un  maggior 
numero  di  pagine,  queste  saranno  a  carico  dell’Autore.  La 
spesa  delle  illustrazioni  è  pure  a  carico  degli  Autori. 

I  vaglia  in  pagamento  delle  (piote  sociali  devono  essere  diretti 
esclusivamente  al  Dott.  Edgardo  Moltoni,  Museo  Civico  di  Storia 
Naturale,  Corso  Venezia,  55,  Milano.