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Full text of "Atti della Societ Italiana di Scienze Naturali e del Museo Civico di Storia Naturale in Milano"

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Ii«?.  4 


1 


DELLA. 


SOCIETÀ  ITALIANA 


DI  SCIENZE  NATURALI 


E  DEL 


MUSEO  CIVICO 

Il  DI  STORIA  NATURALE 

L-  .  \ 

IN  MILANO 


VOLUME  XC  VII 

Fascicolo  II 


MILANO 


Giugno  1958 


CONSIGLIO  DIRETTIVO  PER  IL  1958 


Presidente:  Magistretti  Ing.  Luigi,  Via  Principe  Amedeo ,  1 
(1958-1959). 

Grill  Prof.  Emanuele,  Via  Botticelli,  23 

Vice-Presidenti:  ’  (1958-59). 

/  Moltoni  Dott.  Edgardo,  Museo  Civico  di 
'  Storia  Naturale  (1957-58). 

Segretario  :  Vialli  Dott.  Vittorio,  Museo  Civico  di  Storia  Na¬ 
turale  (1958-59). 

Vice-Segretario  :  Eagnani  Prof.  Gustavo,  Via  Botticelli ,  23 
(1957-58). 

Cima  Dott.  Felice,  Via  Pinturiccliio ,  25 

Nangeroni  Prof.  Giuseppe,  Viale  Tunisia,  30 

Ramazzotti  Ing.  Giuseppe,  Via  Vittorio  Ve¬ 
neto  24,  Milano 

Sibilia  Dott.  Enrico,  Minoprio  ( Como ) 

Taccani  Avv.  Carlo,  Via  Burini,  24 
Viola  Dott.  Severino,  Via  Vailazze,  66 
Cassiere:  Turchi  Pag.  Giuseppe,  Viale  Certosa ,  £73  (1957-58). 
Bibliotecario  :  Malìa  Krùger 


ELENCO  DELLE  MEMORIE  DELLA  SOCIETÀ 


Voi 

.  I. 

Fase. 

1-10  ; 

anno 

1 865. 

n 

II. 

ii 

1-10  ; 

?! 

1 865-67. 

v 

III. 

a 

1-5  ; 

11 

1867-73. 

li 

IV. 

ii 

1-3,5; 

)? 

1868-71. 

li 

V. 

n 

i  ; 

11 

.1895  (Volume 

completo). 

il 

VI. 

ii 

13; 

11 

1897-1910. 

ii 

VII. 

a 

i  ; 

11 

1910  (Volume 

completo). 

li 

Vili. 

ii 

1-3; 

11 

1915-1917. 

i) 

IX. 

ii 

1-3; 

11 

1918-1927. 

li 

X. 

n 

13; 

11 

1929-1941. 

ii 

xr. 

ii 

1-3; 

11 

1944-1955. 

il 

XII. 

ii 

1-2; 

11 

1956-1957. 

Consiglieri: 

(1958-1959) 


Pavia  —  Premiala  Tipografia  Successori  FUSI  -  Via  L.  Spallanzani  27  —  1958 


Chiarelli  Brunetto 


IL  METODO  DEL  C14 

PER  L’ATTRIBUZIONE  DELLA  ETÀ’  ASSOLUTA 
NELLA  PALEONTOLOGIA  E  NELLA  ARCHEOLOGIA 


L  na  delle  difficoltà  più  grandi  che  si  hanno  nelle  ricerche  pa¬ 
leontologiche  è  la  giusta  attribuzione  della  età  ai  materiali  trovati. 

I  metodi  stratigrafici  e  gli  altri  metodi  geologici  danno  sempre 
risultati  discutibili  specialmente  per  materiali  relativamente  recenti. 

Si  è  cercata  perciò  questa  maggiore  esattezza  in  metodi  chimico 
fisici.  Il  metodo  del  fluoro,  per  esempio,  ha  dato  risultati  assai  sod¬ 
disfacenti. 

I  recenti  progressi  della  fisica  nucleare  e  lo  studio  sulla  radioatti¬ 
vità  di  alcuni  isotopi  hanno  determinato  la  messa  a  punto  di  metodi 
fisici  che  danno  valori  della  cui  attendibilità  si  può  essere  assai  certi. 

Lno  dei  metodi  più  recenti  e  che  ha  dato  ottimi  risultati  specie 
per  i  materiali  dell  ultimo  Quaternario  è  il  metodo  del  C14  ovvero  del 
radioearbonio. 

Lo  scopo  del  presente  lavoro  è  principalmente  quello  di  raccogliere 
la  bibliografia  su  questo  metodo  e  sui  risultati  fin  ora  ottenuti.  Si 
ritiene  che  essa  sia  completa  dal  1947,  data  in  cui  il  Libby  emise  la 
sua  ipotesi,  fino  a  tutto  il  195 1,  i  principali  lavori,  cioè,  di  un  decennio 
di  ricerche. 

Il  carbonio  ordinario  e  il  carbonio  radioattivo. 

II  carbonio  ordinario  (C12)  costituisce  il  98,9%  di  tutto  il  carbonio 
terrestre;  il  restante  1,1%  è  costituito  da  vari  isotopi  di  cui  il  C14  è 
quello  più  frequente  in  natura. 

In  natura  il  C14  si  forma  dalla  collisione  di  neutroni  con  atomi  di 
N.  Artificialmente  lo  si  può  ottenere  in  grande  quantità  da  una  pila 
a  Uranio  per  azione  di  neutroni  lenti  sull’azoto. 


86 


B.  CHIARELLI 


N14  +  n'  =  C14  +  H1 

cioè  col  medesimo  procedimento  con  cui  è  prodotto  in  natura  (4). 

Nei  laboratori  sono  state  fatte  molte  esperienze  di  trasmutazioni 
artificiali  e  in  particolare  sono  stati  studiati  gli  effetti  di  neutroni  di 
diverse  energie  sugli  ordinari  costituenti  dell’aria  e  in  particolar  modo 
sui  principali  :  azoto  e  ossigeno. 

I  risultati  hanno  in  generale  dimostrato  che  FO  è  estremamente 
inerte  mentre  l’N  è  reattivo  ed  in  particolar  modo  è  risultato  che  dei 
due  isotopi  dell’azoto,  l’N14,  che  costituisce  il  99,  64%,  e  l’N15,  che  co¬ 
stituisce  lo  0,36%  del  quantitativo  totale  di  N,  il  primo  è  di  gran 
lunga  più  reattivo. 

In  particolare  è  stato  dimostrato  che  variando  la  velocità  dei  neu¬ 
troni  si  ottengono  3  tipi  di  reazioni  di  trasmutazioni  e  cioè  : 

a)  facendo  agire  neutroni  a  velocità  termica,  cioè  neutroni  a 
bassa  energia  sull’N14  si  ottiene  la  seguente  reazione  : 

N14  +  n  =  C14  +  H1  +  0,62  MeV 

reazione  che  appunto  è  dominante  nella  gamma  di  0,6-1, 4  m.  e.v.  Il 
C14  isotopo  del  C12  normale  così  ottenuto  è  radioattivo  ed  ha  un  semi¬ 
periodo  di  5568  ±  30  anni. 

b)  facendo  agire  neutroni  a  velocità  maggiore  sull  N14  si  ottiene 
invece  la  seguente  reazione 

N14  +  n  =  C12  +  Hs  —  4,5  MeV 

c)  facendo  agire  neutroni  ad  alta  energia  sul  N14  è  stata  otte¬ 
nuta  un’altra  reazione  : 

N14  +  n  =  H3  +  3  He4  — 11,5  MeV. 

II  tritio  così  formato  costituirebbe  un  ottimo  metodo  per  calcolare 
l’età  delle  sostanze  organiche,  ma  la  quantità  ora  presente  in  natura 
risulta  influenzata  dalle  esplosioni  atomiche  degli  ultimi  anni. 

La  reazione  di  trasmutazione  più  importante  ai  fini  della  deter¬ 
minazione  della  età  è  perciò  la  prima  ;  ed  è  questa  che  per  l’appunto 
avviene  in  prevalenza  in  natura. 


(1)  Il  processo  si  fa  avvenire  immergendo  una  soluzione  di  NH4N03 
in  una  pila  a  Uranio.  Il  carbonio  che  si  ottiene  è  combinato  in  ione  bicar¬ 
bonato  e  lo  si  può  precipitare  come  Ba  C03  aggiungendo  una  soluzione  di 
Ba(OH)2. 


IL  METODO  DEL  C14  PER  L; ATTRIBUZIONE  ECC. 


87 


Negli  strati  superiori  dell’atmosfera  infatti,  i  neutroni,  prodotti 
dalla  collisione  dei  raggi  cosmici  con  elementi  dell’atmosfera,  produ¬ 
cono  a  partire  dall’N  il  C14  secondo  la  reazione  già  riportata  : 

n  +  N14  ->  H  +  C14 

Il  C14  così  ottenuto  reagisce  con  l’ossigeno  atmosferico  dando 
luogo  a  CO2  radioattiva  che  entra  nella  compagine  di  tutta  la  materia 
vivente. 


Ipotesi  del  Libby. 

Nel  1946  il  Libby,  che  fu  il  primo  a  interessarsi  di  questo  pro¬ 
blema,  emise  l’ipotesi  di  un  equilibrio  radioattivo  del  Cu  nel  quale  la 
percentuale  del  C14  disintegrato  fosse  uguale  alla  percentuale  del  C14 
prodotta  ;  osservò  cioè  che  la  quantità  di  C14  nella  stratosfera  resta  in¬ 
variata  essendo  la  quantità  che  si  forma  equilibrata  da  una  eguale 
quantità  di  C14  che  decade. 

Da  questa  ipotesi  ne  deriva  che  nelle  piante  e  negli  animali  al  ces¬ 
sare  di  vivere  cessa  pure  il  processo  di  acquisizione  di  C14  mentre  con¬ 
tinua  quello  di  disintegrazione  del  C14  in  N14  per  cui  la  concentrazione 
in  C14  in  essi  decresce  proporzionalmente  al  tempo. 

Basandosi  sulla  validità  di  cpieste  ipotesi  fu  misurata  la  vita  me¬ 
dia  del  C14.  Questa  è  stata  misurata  varie  volte  e  con  moltissimi  metodi 
ed  in  genere  è  stata  calcolata  fra  i  5589  e  5513  (4). 

Questo  valore  è  utilizzato  anche  nella  maggior  parte  degli  altri 
laboratori.  La  formula  di  cui  ci  si  serve  per  la  determinazione  della 
età  di  un  materiale  è  la  seguente  : 

t 

I  =  I0  e" 

dove  : 

I  è  il  valore  della  radioattività  del  materiale  che  si  sta  misurando  ; 

I0  è  l’attività  specifica  (per  grammo  e  per  minuto)  del  materiale 
(C..  vivo)  misurato  su  sostanze  organiche  attuali; 

t  è  il  tempo  ; 

x  è  la  vita  media  globale  che  è  una  costante  pari  a  8600  (costante 
di  trasmutazione). 


(x)  Il  Libby  nel  suo  laboratorio  di  Chicago  adopera  il  valore  di 
-5570  -e  54. 


88 


B.  CHIARELLI 


Mediante  questa  fonnula  è  stato  possibile  costruire  la  curva  di 
decadimento  del  C14  (fig.  1).  Sul  medesimo  grafico  sono  stati  riportatl 
i  valori  riscontrati  in  campioni  di  età  conosciuta. 


6  *  t  o  ri  e  4  ‘ 

Fig.  1.  —  Sul  grafico  sono  riportate:  la  curva  di  decadimento  del  C14 
e  le  determinazioni  fatte  su  campioni  la  cui  età  è  nota  al  fine  di 

mostrarne  la  coincidenza. 


La  coincidenza  fra  l’età  del  campione  e  la  curva  di  decadimenti 
del  C14  è  evidente. 

Il  limite  di  sensibilità  in  tempo  del  metodo  dipende  da  diversi 


IL  METODO  DEL  (f4  PER  L’ATTRIBUZIONE  ECO. 


89 


fattori  tecnici,  ad  ogni  modo  secondo  il  Libby  è  20-25.000  anni,  per  il 
Suess  è  32-35.000  anni;  altri  autori  lo  fanno  ascendere  anche  a  valori 
più  elevati  (50-70.000  anni). 

Rapporti  fra  radiazioni  cosmiche  e  Radiocarbonio. 

Poiché  il  C14  si  origina  dalla  collisione  dei  raggi  cosmici  con  gli 
atomi  di  N  si  potrebbe  pensare  che  l’attività  dei  campioni  dipendesse 
dalla  intensità  delle  radiazioni  cosmiche. 

Il  grafico  della  fig.  2  dimostra  findipendenza  della  attività  dei 


Fig.  2.  —  Il  grafico,  originale  nella  sua  composizione,  mette  in 
evidenza  Findipendenza  delle  variazioni  della  radioattività  di  cam¬ 
pioni  organici  contemporanei  C  radioattivi  (riportate  sulle  ordinate 
di  destra  su  scala  notevolmente  ampliata)  (ved.  Tav.  I  e  fig.  3)  dalle 
variazioni  latitudinali  della  intensità  dei  neutroni  cosmici  (sec. 

Simpson). 


campioni  attuali  dalla  latitudine  geomagnetica  cioè  dall’intensità  delle 
radiazioni  cosmiche. 

Infatti  poiché  ai  poli  la  quantità  dei  raggi  cosmici  ricevuti  dalla 
superficie  terrestre  è  circa  tre  volte  superiore  a  quelli  ricevuti  all’equa¬ 
tore  si  era  supposto  che  la  differente  distribuzione  latitudinale  delle 
-radiazioni  cosmiche  influenzasse  la  distribuzione  del  C14.  L’esame  di 


1400  20  M)  60  80  1500  20  40  60  80  1600 


90 


B.  CHIARELLI 


vari  campioni  attuali  presi  a  diverse  latitudini  (fig.  3)  fatto  dal  Libbm 
e  collaboratori  ha.  invece  dimostrato  che  il  contenuto  in  C14  non  varia 
al  variare  della  latitudine.  Infatti  i  dati  riportati  nelle  tabelle  segmenti 
per  i  vari  campioni  presi  in  esame  dà  valori  di  attività  specifica  as¬ 
soluta  pressoché  identici  e  tutti  intorno  a  15,3  sia  per  i  campioni  in 
cui  il  carbonio  si  trova  a.  formare  sostanze  organiche  (tav.  1)  sia  per 


Fig.  3.  —  Distribuzione  dei  campioni  contemporanei  analizzati 

(ved.  Tav.  1). 


campioni  in  cui  il  carbonio  forma  sostanze  inorganiche  (conchiglie) 
(tav.  II). 

L’attività  specifica  media  dei  campioni  attuali  è  quindi  di  circa 
15,3  ±  0,5  disintegrazioni  per  grammo  e  minuto. 

Circa  poi  la  possibilità  di  un  aumento  del  C14  dovuto  alle  esplo¬ 
sioni  atomiche  è  da  ricordare  che  un  tale  aumento  si  verifica  solo  nelle 
sostanze  che  costituiscono  gli  esseri  attualmente  viventi  lasciando  del 
tutto  invariato  l’attività  dei  materiali  preistorici.  Non  ha  perciò  im¬ 
portanza  se  l’attuale  valore,  che  funge  da  punto  zero,  subisce  qualche 
aumento. 


91 


IL  METODO  DEL  C14  PER  L'ATTRIBUZIONE  ECO. 


Tav.  1 


Attività  di  campioni  contemporanei  della  Biosfera  terrestre  (da  Libby) 


ORIGINE 

Latitudine 

geomagnetiche 

Attività  spe¬ 
cifica  assoluta 

Abete  rosso,  Germania  Jukon 

60°  N 

14.84  ±  0,30 

Abete  rosso,  Norvegia 

55°  N 

15.37  ±  0.54 

Legno  di  Olmo,  Chicago 

53°  N 

14.72  ±  0.54 

Fraxinus  exc-elsior,  Svizzera 

49°  N 

15.16  ±  0.30 

Miele,  Oak  Ridge 

47°  N 

14.60  ±  0.30 

Rametti  di  pino  con  foglie,  New  Mes¬ 
sico 

44°  N 

15.82  ±  0.47 

Radici  di  Erica  bianca,  Nord  Africa 

o 

O 

TU 

14.47  ±  0.44 

Quercia,  Palestina 

34°  N 

15.19  ±  0.40 

Legno  non  identificato,  Teheran, 

Iran 

28°  N 

lo.o  /  di  0.34 

Fraxinus  mandshurica,  Giappone 

26°  N 

14.84  ±  0.30 

Legno  non  identificato,  Panama 

20°  N 

15.94  ±  0.51 

Sterenlia  excelsa,  Capocabana,  Bolivia 

11°  N 

15.08  di  0.34 

Clorophons  excelsa,  Liberia 

1°  N 

15.47  di  0.50 

Legno  di  ferro,  Isole  Marshal 

0°  N 

14.53  di  0.60 

Legno  non  identificato,  Ceylon 

2°  S 

15.29  ±  0.67 

Legno  di  faggio,  Terra  del  Fuoco 

45°  S 

15.37  ±  0.49 

Eucaliptus  sp.,  New  South  Wales, 
Australia 

45°  S 

16.31  ±  0.43 

Olio  di  Foca,  Antartico 

65°  S 

15.69  ±  0.30 

Media  15.3  -+-  0.1 


Tav.  2 


Attività  di  campioni  di  Conchiglie  contemporanee  (da  Libby) 


ORIGINE 


VALORI 


Quattro  conchiglie,  California 

Sei  conchiglie  eduli,  New  York 

Corallo,  Bikine 

Conchiglie  eduli,  Aleutine 

Nove  conchiglie  di  molluschi,  Nord  America 

Conchiglie  di  Nurex,  Florida 

Sedimenti  freschi  dell  ’oceano,  Bermude 

Ostriche,  Baia  di  Chesapeake 


15.3  ±  0.2 
16.9  ±  0.3 
16.9  ±  0.3 

13.3  ±  0.5 

15.4  ±  0.2 

17.1  ±  0.5 

17.4  ±  0.5 

15.1  ±  0.5 

15.3  -4-  0.5 


Media 


92 


B.  CHIARELLI 


Scelta  e  preparazione  dei  campioni  per  la  misura. 

Uno  dei  principali  requisiti  per  la  datazione  a  mezzo  del  C14  è 
che  i  materiali  da  misurare  contengano  gli  atomi  di  C  originari;  i  me¬ 
desimi  cioè  che  erano  presenti  nel  campione  al  tempo  della  morte  del- 
l’individuo. 

I  materiali  che  per  questo  requisito  danno  i  migliori  risultati 
nelle  determinazioni  si  possono  elencare  nella  seguente  successione. 

1°)  Carbone  o  sostanze  organiche  carbonizzate  o  ossa  comple¬ 
tamente  bruciate. 

2°)  Legno  ben  conservato. 

3°)  Torba  e  tessuti. 

4°)  Corno  o  altro  materiale  corneo  ben  conservato. 

5°)  Conchiglie  ben  conservate. 

E’  necessario  che  le  conchiglie  risultino  ben  conservate  perchè  es¬ 
sendo  costituite  da  Ca.COs  possano  aver  subito  delle  modificazioni  nel 
loro  contenuto  in  C  per  fenomeno  di  scambio  con  CO2  atmosferica  o 
marina.  Risultati  molto  attendibili  danno  perciò  le  conchiglie  conser¬ 
vate  in  melme  argillose  o  in  genere  silicee. 

I  materiali  ossei  pure  devono  essere  ben  conservati  altrimenti  non 
danno  buoni  risultati  poiché,  essendo  molto  porosi,  facilmente  subi¬ 
scono  notevoli  variazioni. 

Circa  la  quantità  del  C  necessario  per  una  buona  determinazione 
essa  è  almeno  di  8  g  e  pertanto  è  necessario  raccogliere  un  adeguato 
quantitativo  di  materiale  per  rintracciarvi  una  tale  quantità  di  C.  In 
genere  sono  sufficenti  40-50  g.  di  resti  vegetali  carbonizzati,  100  g. 
di  conchiglie,  200-300  g.  di  torba  e  500.  di  corno  o  osso  bruciato. 

Secondo  il  Libby  il  processo  per  la  preparazione  del  materiale  da 
determinare  deve  passare  attraverso  i  segmenti  stadi  : 

1°)  Pulitura  meccanica  del  campione  dai  materiali  incrostanti  ; 

2°)  Trattamento  del  campione  con  soluzione  di  HCl  per  elimi¬ 
nazione  il  CaCOs  incrostante  eventualmente  presente; 

3°)  Combustione  del  materiale  organico  in  corrente  di  ossigeno 
oppure,  se  costituito  da  CaCOs  trattamento  con  HCl  al  fine  di  otte¬ 
nere  CO2  in  entrambi  i  casi; 

4°)  Purificazione  con  procedimenti  chimici  della  CO2  dagli  altri 
gas  originatisi  dalla  combustione  (ossidi  di  N,  solfuri,  prodotti  di  in¬ 
completa  combustione  e  da  qualche  molecola  di  Radon,  nocivo  alla  de¬ 
terminazione  anche  se  in  tracce,  perchè  radioattivo). 


IL  METODO  DEL  CU  PER  L’ATTRIBUZIONE  ECO. 


93 


5°)  Trattamento  della  CO2  con  Mg'  secondo  la  reazione 

2  Mg  +  CO2  -»  2  MgO  +  C 


che  permette  la  separazione  del  C  allo  stato  puro. 

6°)  Il  carbone  così  ottenuto  viene  polverizzato  e  spalmato  sul 
contatore  preparato  per  la  determinazione. 

Questo  per  sommi  capi  il  metodo  classico  per  la  preparazione  del 
campione,  cioè  il  metodo  del  C  solido  del  Libbv. 

Successivamente  furono  messi  a  punto  altri  metodi. 

Alcuni  di  questi  utilizzano  la  CO2  direttamente.  Questo  gas  ha 
però  lo  svantaggio  di  essere  molto  sensibile  alle  impurezze  pur  pre¬ 
sentando  il  vantaggio  di  una  facile  preparazione. 

Il  metodo  della  utilizzazione  del  metano,  che  si  ottiene  dalla  idro¬ 
genazione  ca talittica  della  CO2  presenta  il  vantaggio  rispetto  alla  CO2 
di  essere  quasi  esente  da  impurezze. 

Recentemente  il  Suess  ha  studiato  un  metodo  che  si  basa  sulla  uti¬ 
lizzazione  della  acetilene.  E’  questo  il  metodo  oggi  più  in  uso. 

La  preparazione  dell’acetilene  si  può  riassumere  nel  seguente  pro¬ 
cedimento  schematico  : 


1°)  Materiale  organico  (legna,  torba  etc.)  +  O2  | 

Ca  C03  (conchiglie)  +  HC1  ) 

2°)  CO2  +  2NH4OH  -»  (NH0.CO.-+  H2O; 

3°)  (KEL)2  COs  +  Sr  Ch  Sr  C03  +  2XIL  CI  ; 

4°)  2  Sr  CO3  +  5  Mg  -»  Sr  C2  +  5  MgO  +  Sr  0  ; 

5°)  Sr  C2  +  2H2O  r->  C2H2  +  Sr(OH). 


Il  rendimento  di  queste  reazioni  rispetto  alla  quantità  è  di  circa 
il  95%.  Il  vantaggio  che  questo  metodo  presenta  è  dovuto  alla  pre¬ 
senza  di  2  atomi  di  C  in  una  sola  molecola  cosicché,  a  parità  di  volume 
e  di  pressione,  si  ha  un  quantitativo  doppio  di  C  introdotto  nel  con¬ 
tatore. 


Misura  del  campione. 

La  sostanza  così  ottenuta,  sia  sotto  forma  solida  che,  preferibil¬ 
mente,  sotto  forma  gassosa  la  si  immette  in  un  contatore  Geiger,  che 
in  questo  caso  funziona  da  contatore  proporzionale.  Per  mezzo  di 
questo  contatore  si  misura  la  radioattività  del  campione  e  da  questa 
attraverso  la  semplice  formula  già  esposta  : 

r. 

I  =  l0 

•si  risale  all’età  di  esso. 


94 


B.  CHIARELLI 


Il  conteggio  delle  disintegrazioni  del  C14  sarebbe  molto  semplice 
se  il  contatore  proporzionale  non  risultasse  influenzato  dalle  radiazioni 
cosmiche.  Per  eliminare  tali  radiazioni  risulta  necessario  applicare  di¬ 
versi  accorgimenti  di  cui  due  indispensabili: 

a)  porre  il  contatore  in  uno  schermo  formato  da  lastre  di  Fe 
che  assorbano  il  maggior  numero  di  radiazioni. 

b )  circondare  il  contatore  proporzionale  con  una  serie  di  Geiger 
in  anticoincidenza  di  fase  cosicché  qualsiasi  particella  che  eccita  il  con¬ 
tatore  centrale  viene  automaticamente  annullata  dal  contatore  perife¬ 
rico  da  cui  è  passata. 

La  valutazione  quantitativa  delle  radiazioni  cosmiche  (radia¬ 
zioni  di  fondo)  può  esser  fatta  mediante  del  C  morto  (non  contenente 
C14),  carbone  cioè  estratto  da  materiale  inorganico  o  da  combustione 
di  carbone  fossile. 

Importanza  del  metodo  nelle  ricerche  paleontologiche  e  archeo¬ 
logiche. 

Queste  le  basi  teoriche  del  metodo  di  datazione  mediante  il  C14. 
Metodo  che  ha  dato  ottimi  frutti  specie  nelle  ricerche  archeologiche  e- 
paleontologiche,  dell’ultimo  quaternario. 

In  America,  per  esempio,  con  questo  metodo  si  è  potuto  proce¬ 
dere  a  un  riordinamento  cronologica  di  tutte  le  prime  stazioni  umane 
finora  scoperte  (una  ventina  circa)  mettendo  in  evidenza  un  ottimo 
schema,  anche  se  ancora  molto  incompleto  per  mancanza  di  dati,  sulle 
piime  immigrazioni  e  le  prime  stazioni  dell’uomo  americano  risalenti 
fino  a  circa  23.000  anni  fa.  Su  questo  schema,  a  poco  a  poco,  sarà 
forse  possibile  ricostruire  la  storia  dei  primi  uomini  Americani. 

Per  il  momento  si  è,  con  buona  certezza,  potuto  stabilire  che  ì 
primi  uomini  che  invasero  il  continente  americano  provenivano  dal- 
f  Alasca  e  successivamente  si  irradiarono  in  tutto  il  Nuovo  Mondo. 

Ma.  di  notevole  importanza  è  stato  questo  metodo  nello  studio  dei 
materiali  Egizi  la  cui  datazione  archeologica  risulta  molto  incerta. 
Questi  dati  sono  stati  raccolti  nel  laboratorio  di  Chicago  del  Libby  e 
hanno  stabilito  l’età  di  vari  giacimenti  dei  quali,  finora,  esistevano  in¬ 
certezza  cronologiche. 

In  Palestina  poi  è  stato  possibile  determinare  l’età  di  rotoli  di 
lino  su  cui  era  scritto  parte  del  libro  di  Isaia  trovati  nella  grotta  di 
Ain  Fashka.  Età  che  risulta  essere  di  1917  ±  200  anni,  risalente  cioè- 
circa  proprio  alla  nascita  di  Cristo. 


IL  METODO  DEL  C14  PER  lIaTTRIBIT  ZIONE  ECO. 


95 

Ma  un  esempio  di  datazione  assai  chiaro  ed  evidente  e  che  merita 
di  essere  riportato  ampiamente  è  la  datazione  di  una  trave  carboniz¬ 
zata  dell’epoca  di  Hammurabi. 

A  Nippur  nell’Iraq,  dove  sorgeva  l’antica  Babilonia  fu  trovata 
una  trave  carbonizzata  del  soffitto  di  una  casa  la  cui  data  di  costru¬ 
zione  è  fissata  con  certezza  nel  calendario  Hammurabiano.  Le  date  di 
questo  calendario  sono  riferite  alle  date  dei  due  re  Ibi-Sin  e  Shu-Sin 
che  vissero  circa  250'  anni  prima  di  Hammurabi,  in  un  tempo  cioè  pre¬ 
cisamente  noto  nel  calendario  Babilonese. 

Il  campione  è  costituito,  come  ho  detto,  da  una  trave  carboniz¬ 
zata  del  soffitto  di  una  casa  del  livello  IV  e  fu  trovata  da  Me  Cown. 
La  ricomposizione  archeologica  delle  date,  mette  in  evidenza  con  buona 
probabilità  che  questa  costruzione  sia  stata  fatta  non  più  tardi  del¬ 
l’anno  III  di  Shi-Sin  e  non  prima  dell’anno  I  di  Shu-Sin  in  un  periodo 
di  tempo,  cioè  di  12  anni. 

Risulta  quindi  chiaro  che  questo  materiale  è  stato  ottimamente 
datato  rispetto  al  calendario  Babilonese.  Solo  che  il  calendario  babilo¬ 
nese  non  ha  un  preciso  riscontro  con  il  nostro. 

La  data  di  ascensione  al  trono  di  Babilonia  di  Hammurabi,  per 
esempio,  è  da  vari  autori  attribuita  con  una  variabilità  di  tempo  di 
circa  350  anni. 

L’importanza  di  una  precisa  attribuzione  di  questo  materiale  sa¬ 
rebbe  servito  pertanto  a  stabilire  una  successione  di  fatti  storici  im¬ 
portanti  non  solo  per  il  problema  cronologico  della  Mesopotamia,  ma 
anche  per  l’intera,  intrecciata  fabbrica  delle  relazioni  storiche  del¬ 
l’Asia  Minore  e  dell’Egitto  nella  prima  parte  del  II  millennio  avanti 
Cristo. 

Questo  campione  fu  perciò  diviso  in  tre  porzioni  eguali  e  ciascuna 
misurata  da  individui  separati  per  circa  un  mese  di  continuo. 

Il  totale  del  tempo  di  3  mesi  impegnato  in  questa  indagine  è  ser¬ 
vito  anche  a  stabilire  il  vero  limite  di  sicurezza  del  metodo. 

I  risultati  per  le  tre  porzioni  di  carbone  furono  i  seguenti 
4029  ±  0,05,  4085  ±  0,07  e  4156  ±  0,13  che  volendo  considerare  i  più 
ampi  limiti  di  errore  del  metodo  possono  riassumersi  in  3945  ±  106. 

In  Italia  esistono  attualmente  ottimi  laboratori  per  queste  deter¬ 
minazioni :  uno  è  presso  l’Università  di  Pisa  ed.  è  diretto  dal  Prof. 
Tongiorgi  che  gentilmente  mi  ha  permesso  di  visitare  e  a  cui  devo  la 
raccolta  di  molti  dati  bibliografici  ecl  un  altro  presso  l’Istituto  di  Geo¬ 
chimica  della  Università  di  Poma  diretto  dal  Prof.  Fornaseri. 


96 


B.  CHIARELLI 


Riassunto 

In  questo  ultimo  periodo  lia  assunto  grande  importanza  per  la  attri¬ 
buzione  della  età  assoluta  di  ritrovamenti  archeologici  e  paleontologici 
dell’ultimo  quaternario  il  Metodo  del  C14. 

In  queste  pagine  si  descrive  per  sommi  capi  il  metodo,  si  traccia  la 
base  fisica  su  cui  è  impostato  e  se  ne  discutono  le  principali  critiche  a  cui 
è  stato  sottoposto  e  i  limiti  naturali  di  esso. 

A  titolo  di  esempio,  poi,  si  riportano  alcune  determinazioni  eseguite 
in  diversi  laboratori,  ma  principalmente  nel  laboratorio  del  Libby  a  Chi- 
-cago. 

L’importanza  del  lavoro  sta  però  nella  ricca  bibliografia  che  lo  ac- 
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Zeuxer  F.  E.,  1956:  «The  radiocarbon  age  of  Jericho  ».  Antiquity  20: 
195. 

Zltmberge  J.  H.  e  Potzger  J.  E.,  1955  :  «  Pollen  profiles,  radiocarbon 
dating,  and  geologie  chronology  of  thè  Lake  Michigan  basin  ». 
Science  121:  309-311. 


Dall'Istituto  di  Mineralogia  della  Università  di  Firenze  -  Centro  per 
lo  studio  della  Geochimica  del  C.  N.  E. 


Maria  Adelaide  Cherchi 


NOTE  SU  UROMASTIX  PRIXCEPS  SCORTECC1I  CHERCHI 

(Sa  urici) 


Durante  il  terzo  viaggio  nella  penisola  dei  Somali,  il  prof.  G.  Scor¬ 
tecci  catturò  un  forte  numero  di  Rettili,  in  particolar  modo  Sauri;  tra 
questi  trenta  Uromastici  della  specie  princeps  che  mi  affidò  per  lo 
studio;  di  ciò  e  delle  indicazioni  datemi  lo  ringrazio  vivamente. 

Gli  esemplari  in  parola  furono  presi  nella  fascia  costiera  della 
regione  del  Mudug,  tra  Obbia  e  una  località  più  settentrionale,  Ob¬ 
bia  I,  situata  ad  una  ottantina  di  chilometri  di  distanza,  e  nella  Mi- 
giurtinia  ;  precisamente  nelle  zone  di  Seusciuban,  di  Eriro  (situata  a 
una  cinquantina  di  chilometri  a  sud  di  Seusciuban),  sul  monte  Sukorré 
(Ahi  Mascat  sud  occidentale)  a  un  migliaio  di  metri  di  altitudine. 

Il  prof.  Scortecci  inoltre  vide  Uromastici  nella  zona  tra  Garin  e 
Bosaso  (Render  Cassini),  nelle  vicinanze  dello  uadi  Corrof  (zona  di 
Carin  a  quattrocento  metri  di  altitudine),  nello  uadi  Bohisso-uèn,  che 
scorre  parallelo  alla  costa  del  golfo  di  Aden  sfociando  nello  uadi  Me- 
rero,  nelle  petraie  tra  lo  uadi  Balade  e  i  monti  Sukorré  (Ahi  ùlascat 
occidentale)  e  sui  monti  Habeno  a  1200  metri  (Ahi  Atascat  occidentale). 

La  serie  di  esemplari,  dei  quali  nella  acclusa  tabella  indico  alcuni 
caratteri  e  le  date  di  cattura,  presenta  interesse  per  una  duplice  ra¬ 
gione;  perchè  in  essa  sono  compresi  individui  giovanissimi  e  molto 
piccoli,  altri  di  media  grandezza,  e  altri  ancora  che  raggiungono  di¬ 
mensioni  notevoli,  probabilmente  le  massime  della  specie,  poi  perchè 
un  gruppo  di  tali  animali,  il  più  numeroso,  proviene  da  una  zona  dove 
sino  ad  ora  non  erano  stati  segnalati  Uromastici.  Si  tratta  della  fascia 
costiera  compresa  tra  il  villaggio  di  Obbia  e  Obbia  I.  Con  tale  nome 
è  indicata  la  zona  dove  un  compagnia  petrolifera  americana  svolge  da 
qualche  tempo  le  sue  ricerche.  Questa  fascia  costiera,  secondo  quanto 
appare  dalle  carte  geologiche  e  dalle  informazioni  fornite  dal  prof. 
Scortecci,  è  costituita  da  dune,  fissate  da  scarsa  vegetazione  esclusiva- 
mente  erbacea,  sulle  quali  in  talune  zone  per  tratti  molto  brevi,  in 
altre  per  tratti  di  qualche  centinaio  di  metri,  affiorano  rocce  calcaree. 


108 


M.  A.  CHERCHI 


Uromastice  princeps  scorteceli  Oherchi 


L 

o  c  a  1  i  t  à  e 

data 

Sesso 

Lun  gh. 
muso 
cloaca 
in  mm. 

Lungfh. 

coda 
in  mm. 

Largh  . 

coda 
in  mm. 

Ind. 

cent. 

1 

Tra  Obbia  e  Obbia  I, 

1,2,3  Nov.  1957 

juv. 

56 

20 

15 

75 

2 

» 

» 

» 

» 

juv. 

58 

23 

16 

69,5 

3 

» 

» 

» 

/ 

» 

juv. 

50 

18 

12 

66,6 

4 

» 

» 

» 

» 

M. 

140 

53 

37 

69,8 

0 

» 

» 

» 

» 

M. 

135 

55 

33 

60 

6 

» 

» 

» 

» 

M. 

99 

37 

24 

64,8 

7 

» 

» 

» 

» 

M. 

108 

39 

27 

69 

8 

» 

» 

» 

» 

E. 

102 

42 

26 

61,9 

9 

» 

» 

» 

» 

E. 

108 

41 

27,5 

67 

10 

» 

» 

» 

» 

F. 

114 

40 

25,5 

63,7 

11 

» 

» 

» 

» 

M. 

110 

39 

25 

64,1 

12 

» 

» 

» 

» 

M. 

160 

59 

41 

69,4 

13 

» 

» 

» 

» 

M. 

155 

57 

36,5 

64 

14 

» 

» 

» 

» 

M. 

155 

-  58,5 

42 

71 

15 

» 

» 

» 

» 

M. 

138 

52 

33,5 

64,4 

16 

» 

» 

» 

» 

M. 

140 

51 

33 

64,7 

17 

» 

» 

» 

» 

M. 

115 

46 

27 

58,4 

18 

» 

» 

» 

» 

M. 

110 

38 

25 

65,7 

19 

» 

» 

» 

» 

M. 

107 

41 

24,5 

59,7 

20 

» 

» 

» 

» 

F. 

93 

32 

21 

65,6 

21 

» 

» 

» 

» 

F. 

108 

47 

29 

61,7 

22 

Scusciuban  12  Nov.  1957 

F. 

105 

48 

22 

45,8 

23 

» 

» 

F. 

120 

54 

23 

42,5 

24 

» 

» 

F. 

123 

51 

24,5 

48 

25 

» 

» 

F. 

123 

51 

26 

50,9 

26 

» 

» 

F. 

132 

50  (*) 

27 

27 

» 

» 

juv. 

110 

51 

20 

39,2 

28 

» 

» 

juv. 

74 

29 

16 

55,1 

29 

Eriro 

14 

ISTov.  1957 

juv. 

41 

15 

8,2 

54,6 

30 

Sukorré 

8  Sett. 

1957 

M. 

151 

64 

30 

46,8 

(*)  Coda  parzialmente  mancante. 


NOTE  SU  UROMASTIX  PR1NCEPS  SCORTECCII  CHERCH] 


109 


_E  queste  sono  ricche  di  cavità,  pertugi,  gallerie  di  pochi  centimetri  di 
diametro,  le  quali  costituiscono  altrettanti  rifugi  per  gii  Uromastici. 

L’esame  dei  dati  riportati  nella  tabella  conferma  in  modo  deci¬ 
sivo  la  validità  della  nuova  sottospecie  scorteceli  che  descrissi  alcuni 
anni  fa  in  base  a  esemplari  raccolti  nella  zona  di  Eil.  Appare  chiara¬ 
mente  infatti  che  tutti  gii  individui  catturati  nel  tratto  costiero  tra 
Obbia  ed  Obbia  I,  hanno  la  coda  molto  più  larga  e  breve  di  quelli  di 
-altre  località  poste  a  settentrione  di  Eil.  Xei  primi  l’indice  centesi¬ 
male  va.  da  un  minimo  di  58,4  ad  un  massimo  di  75  con  una  media  di 
65,5;  negli  altri  da  un  minmo  di  39,2  ad  un  massimo  di  55,1,  con  una 
media  di  47,8. 

Si  tenga  presente  che  in  quelli  di  Eil  il  rapporto  stesso  va  da  55 
-a  59  ed  in  quelli  raccolti  nel  retroterra  di  Candala,  a  Bur  Dagner,  tra 
Carili  ed  i  monti  Carcar,  ad  Haiatzame,  sui  Carcar  stessi,  nelle  vici¬ 
nanze  di  Scusciuban,  a  Meleden,  nonché  in  quello  raccolto  sull  Ahi 
Alascat  orientale  (Carin  Gié)  oscilla  tra  i  35,1  e  48  0).  Tenendo  conto 
complessivamente  di  tutti  gli  esemplari  catturati  nel  secondo  e  nel 
terzo  viaggio,  e  basandosi  sul  rapporto  centesimale  lunghezza  lar¬ 
ghezza  della  coda,  non  è  possibile  non  rilevare  che  tanto  più  aumenta 
la  latitudine,  tanto  più  diminuisce  il  valore  dell'indice  stesso;  tra 
Obbia  ed  Obbia  I  esso  oscilla  tra  58,4  e  75,  a  Eil  tra  55  e  59,  a  nord  di 
Eil,  sia  negli  esemplari  di  montagna  sia  in  quelli  di  pianura  fra  35,1 
e  55,1.  Ritengo  che  se  si  potessero  avere  serie  di  esemplari  di  maggior 
numero  di  località,  la  istituzione  di  un  cline  sarebbe  sicuramente  pos¬ 
sibile. 

Dai  dati  riferiti  nella  tabella  sembra  scaturire  anche  un  altro 
fatto;  negli  individui  giovani  e  giovanissimi  la  coda  è  quasi  costante¬ 
mente  più  larga  e  breve  che  negli  adulti.  Infatti  in  un  individuo  assai 
.giovane  di  Obbia  spettante  alla  sottospecie  scorteceli  il  valore  centesi¬ 
male  è  di  75,  valore  mai  raggiunto  dagli  adulti,  e  rispettivamente,  in  un 
giovane  di  Scusciuban  della  forma  tipica  è  di  55,1  e  nel  giovanissimo 
di  Eriro,  anch’esso  della  forma  tipica,  è  di  54,6. 

Terzo  fatto  che  scaturisce  dall’esame  dei  dati  della  tabella  è  quello 
relativo  alle  dimensioni  notevoli  raggiunte  dai  maschi:  219,  213,  212 
millimetri,  che  a  quanto  è  a  mia  conoscenza  sarebbero  le  massime  non 
solo  nella  sottospecie,  ma  nell’ambito  della  intiera  specie. 


(1)  M.  A.  Cherchi,  Una  nuova  sottospecie  di  Uromastix  princeps 
O  ’Shaug.,  Atti  Soc.  It.  Se.  Xat.  Milano,  1954,  Voi.  XCIII,  Fase.  III-IV 
pp.  538-543. 


110 


M.  A.  CHERCHI 


Circa  la  colorazione,  gli  individui  adulti  dell’una  e  dell’altra, 
forma,  come  già  scrissi,  sono  presso  che  eguali.  I  giovani  presentano 
tinte  e  macchie  diverse  da  quelle  degli  adulti  e,  stando  ai  pochi  esem¬ 
plari  in  esame,  appaiono  diversi  a  seconda  della  sottospecie.  I  tre  di 
Obbia  contraddistinti  coi  numeri  1,  2,  3  della  sottospecie  scorteccii, 
hanno  tutta  la  parte  superiore  del  capo  e  del  collo  scurissima  (un  bruno 
intenso  durante  la  vita)  con  quattro  serie  di  macchie  tondeggianti  od 
ovali  allungate,  biancastre  che  interessano  tanto  la  regione  della  nuca 
quanto  il  collo,  talvolta  fondendosi  quasi  compiutamente  a  formare 
strisce  longitudinali.  In  contrapposto  l’esemplare  di  Eriro  della,  forma 
tipica,  il  più  piccolo  sino  ad  oggi  catturato,  ha  la  testa  chiara  e  manca 
delle  macchie  bianche. 

Circa  la  distribuzione  della  sottospecie  scorteccii ,  la  catture  com¬ 
piute  nel  1957  mostrano  che  è  più  ampia  di  quanto  si  poteva  supporre. 
Interessa  tutta  la  fascia  costiera  da  qualche  chilometro  a  nord  di  Eil 
a  qualche  chilometro  a  sud  di  Obbia;  si  estende  insomma  per  almeno 
250  chilometri  nel  senso  dei  meridiani.  In  contrapposto  la  estensione 
nel  senso  dei  paralleli  sembra  essere  modestissima  ;  solo  qualche  chilo¬ 
metro.  Ciò  si  deduce  dalle  informazioni  del  Prof.  Scortecci  il  quale, 
viaggiando  da  Galeaio  ad  Obbia  non  vide,  anche  in  ambiente  che  sem¬ 
brava  adatto,  un  solo  esemplare  di  Uromastice  prima  di  essere  giunto 
nei  pressi  della  costa.  Sembrerebbe  insomma  che  la  sottospecie  avesse 
tendenza  ad  estendersi  verso  sud,  limitatamente  alla  costa. 

Circa  il  limite  altitudinale  raggiunto  dalla  specie,  i  reperti  del 
terzo  viaggio  confermano  quanto  ebbi  a  indicare  nella  precedente  nota. 
Gli  Uromastici  risultano  presenti  e  più  o  meno  abbondanti  dal  livello 
del  mare  sino  a  poche  centinaia  di  metri  di  altezza,  poi  si  vanno  a  mano 
a  mano  rarefac-endosi  per  scomparire  verso  i  1350  m.  Nel  terzo  viag¬ 
gio  il  prof.  Scortecci  vide  Uromastici  in  scarsissimo  numero  soltanto 
sino  a  1200  m.,  ad  esempio  al  sommo  degli  Habèno  e  nel  versante  me¬ 
ridionale  dello  Abal. 

Circa  l’ambiente  abitato  da  Uromastix  princeps  princeps,  in  con¬ 
fronto  ad  Uromastix  princeps  scorteccii ,  non  sembra  che  vi  sian  diffe¬ 
renze.  Tutti  stanno  esclusivamente  in  zona  rocciosa  e  inoltre,  così  in¬ 
forma  il  prof.  Scortecci,  non  si  dà  mai  il  caso  di  trovare  tali  animali 
dove  le  rocce  non  presentano  le  complicate  gallerie  le  quali  sembrano 
costituire  la  loro  esclusiva  tana.  Non  abbandonano  1  ambiente  prescelto 
•neppure  per  la  ricerca  del  cibo  il  quale,  come  noto,  è  formato  in  modo 
predominante,  forse  esclusivo,  da  sostanze  vegetali.  Interessante  è 


M.  A.  CHERCHI  -  Note  su  Uromastix  ecc 


Atti  Soc.  Ital.  Se.  Nat.  Voi.  XCVIT,  Tav.  \ 


Fig.  1 


Fig.  2 

Esemplari  di  Uromastix  princeps  scorteceli  Cherchi  della  zona  costiera 
del  Mudug  ;  sono  appariscenti  la  brevità  e  la  larghezza  della  coda. 


NOTE  SU  U ROMAST1X  PR1NCEPS  SCORTECCI]  CHEHCHI 


111 


notare  che  questi  sauri  non  si  rifugiano  inai  in  gallerie  le  quali  abbiano 
un  diametro  maggiore  di  quello  massimo  del  loro  largo  tronco  ;  si  dà 
piuttosto  il  caso  opposto,  di  Uromastici  cioè  che  si  nascondono  in  gal¬ 
lerie  le  quali  hanno  un  diametro  di  poco  inferiore,  e  sono  obbligati 
di  conseguenza  a  fare  grandi  sforzi  per  insinuarvisi. 

Circa  le  condizioni  di  temperatura  sopportate  dai  rappresentanti 
la  specie,  le  informazioni  riferitemi  dal  prof.  Scortecci,  mi  permettono 
di  stabilire  limiti  relativamente  precisi.  Durante  la  sua  escursione  nella 
fascia,  costiera  del  Mudug,  compiuta  i  primi  giorni  di  novembre  durante 
piogge  violentissime  e  quando  la  temperatura  dell'aria  non  era  supe¬ 
riore  a  25°C  non  incontrò  mai  gii  Uromastici  all’aperto,  ma  soltanto 
nell’interno  delle  tane  dalle  quali  dovettero  essere  estratti  spaccando 
la  roccia.  Deposti  al  suolo  erano  così  torpidi  da  non  riuscire  a  fuggire 
rapidamente.  Una  temperatura  ambientale  di  25°C,  perciò  una  tem¬ 
peratura  corporea  vicina  ad  essa,  non  è  sufficiente  per  una  attività 
normale. 

Sembra  invece  che  tali  Uromastici  svolgano  pienissima  attività 
quando  la  temperatura  ambientale  oscilla  tra  i  35°  e  i  38°C  ed  è  certo 
che  possono  aggirarsi  alla  ricerca  del  cibo  anche  quando  al  suolo  si 
hanno  temperature  assai  superiori  a  50°C.  Riferisce  il  prof.  Scortecci 
di  avere  misurato  più  volte  la  temperatura  corporea  di  questi  animali 
accorgendosi  che  anche  con  42°-43°C  (temperatura  cloacale)  erano  in 
piena  attività.  Questi  dati,  più  volte  confermati,  sono  molto  interes¬ 
santi  anche  perchè  non  si  citano  nella  letteratura  casi  di  tale  altissima 
sopportazione. 

Paragonando  le  condizioni  degli  apparati  sessuali  degli  individui 
catturati  nel  secondo  viaggio  durante  i  mesi  estivi  e  quelli  del  terzo 
nei  mesi  autunnali,  si  nota  che  nei  primi  i  testicoli  sono  sviluppatissimi 
e  le  uova  di  grandi  dimensioni  ;  nei  secondi  invece  i  testicoli  sono  di 
solito  bene  sviluppati  o  talvolta  di  dimensione  ridotta,  e  le  ovaie  picco¬ 
lissime,  talvolta  mal  visibili. 

\  , 

Sembra  dunque  che  l’epoca  degli  amori  tanto  nella  forma  tipica 

quanto  nella  nuova  sottospecie,  coincida  col  pieno  della  stagione  calda 
e  l’epoca  della  deposizione  delle  uova  con  l’inizio  della  stagione  mite. 
Ciò  sembrerebbe  confermato  dal  fatto  che  durante  il  viaggio  del  1953 
il  prof.  Scortecci  non  raccolse  e  neppure  vide  esemplari  di  piccolissime 
dimensioni,  mentre  raccolse  e  più  vide  nel  secondo  esemplari  che  evi¬ 
dentemente  erano  usciti  da  poco  dall'uovo. 


P.  Carlo  Brivio 


CONTRIBUTO  ALLA  CONOSCENZA  DELLA  FAUNA 
COLEOTTEROLOGICA  DELLA  GUINEA  PORTOGHESE 

II  -  CERAMB Y CIDAE,  CHRYSOMELIDAE,  SCARABAEIDAE 


Continuo,  con  il  presente  articolo,  la  pubblicazione  della  lista  dei 
Coleotteri  raccolti  nella  Guinea  Portoghese  dai  missionari  del  Ponti¬ 
ficio  Istituto  Missioni  Estere  di  Milano.  Non  posso  seguire  nella  enu¬ 
merazione  delle  famiglie  un  ordine  sistematico  preciso,  dovendomi  ac¬ 
contentare  di  rendere  noti  i  risultati  di  quei  gruppi  che  sono  riuscito 
a  fare  determinare  dagli  specialisti.  Rimando  al  precedente  lavoro 
(Brivio,  1957)  per  le  notizie  ecologico-geografiche  sulla  Guinea  Porto¬ 
ghese  e  sulle  località  di  cattura. 

Per  evitare  continue  ripetizioni  nell’elenco,  ricordo  che  gli  esem¬ 
plari  di  Balata  e  Bubaque  furono  raccolti  dal  Rev.  Fr.  Vincenzo 
Benassi;  quelli  di  Suzana  e  Catió  dal  Rev.  P.  Luigi  Andreoletti  e  quelli 
di  Bambadinca  dal  Rev.  P.  Antonio  Grillo. 

A  questi  missionari  e  agli  specialisti,  che  verranno  nominati  più 
,sotto,  esprimo  il  mio  cordiale  ringraziamento. 

Nella  enumerazione  delle  specie  ho  seguito,  in  genere,  il  Coleopte- 
rorum  Catalogus  di  Junk-Schenkling.  Tutto  il  materiale  è  conservato, 
salvo  contrarie  indicazioni,  nel  Museo  Entomologico  del  Pontificio 
Istituto  Missioni  Estere  presso  il  Seminario  liceale  delle  Missioni,  in 
Monza. 

CERAMBYCIDAE 
Determinati  dall’Ing.  F.  Tippmann,  di  Vienna 
Subfam.  Prioninae 

1  -  Stenodontes  ( Mallodon )  downesi  Hope.  Bafatà,  X-54,  1  es.; 

Bubaque,  X-56  ;  IV-57,  3  es.  ;  Suzana,  VII-53  ;  54,  3  es. 

2  -  Aulacopus  reticulatus  Serv.  Bafatà,  VI-53  ;  VI-54,  2  es. 


CONTRIBUTO  ALLA  CONOSCENZA  DELLA  FAUNA  ECC. 


113 

3  -  Macrotoma  palmata  Fabr.  Bafatà,  V-53;  VI-53;  YII-53;  VII- 

55,  7  es.  ;  Bubaque,  VI-56,  4  es. 

4  -  Acanthophorus  ( Tithoes )  confinis.  Bafatà,  VII-53  ;  YII-55;  X-55, 

4  es.;  Suzana,  X-52;  VII-53,  2  es. 

Subfam.  Cerambycinae 

5  -  Xystrocera  nigrita  Serv.  Bubaque,  Y-56,  1  es. 

6  -  Xystrocera  sp.  Bafatà,  YI-54,  1  es. 

7  -  Plocaederus  denticornis  Fabr.  Bafatà,  III-53  ;  IV-53  ;  V-53  ; 

VII-53;  IY-54;  YII-55,  8  es.;  Suzana,  1957,  1  es. ;  Bubaque, 
Y-56;  YI-57,  3  es. 

8  -  Plocaederus  nitidipennìs  Clievrolat.  Bafatà,  YI-54,  1  es. 

9  -  Plocaederus  v iridipennis  Hope.  Bafatà,  YII-55,  1  es.;  Bubaque, 

YI-57,  2  es. 

10  -  Cordylomera  spinicornis  Fabr.  var.  sansibarica  Ivolbe.  Bafatà, 

11-53  ;  YII-53  ;  X-53  ;  YI-54,  5  es. 

11  -  Ossibia  fuscata  Chevrolat.  Suzana,  VII-54,  1  es.;  Bubaque,  YI-56; 

YII-57  ;  8  es. 

12  -  Philematium  calcaratum  Chevrolat.  Bafatà,  Y 11-54,  1  es. 

13  -  Philematium  festivum  Fabr.  Bubaque,  YI-56;  IV-57,  2  es. 

14  -  Phrosyne  (—  Euporus  Serv.)  brevicornis  Fabr.  Bubaque,  YI-56, 

1  es. 

15  -  Eulitopus  glabricollis  Murray.  Bafatà,  YI-54,  1  es. 

Subfam.  Lamiinae 

16  -  Monochamus  ruspator  Fabr.  Bafatà,  YII-55,  1  es. 

17  -  Coptops  aedificator  Fabr.  Bafatà,  YII-54,  1  es. 

18  -  Ancylonotus  tribulus  Fabr.  Bafatà,  YII-53,  1  es.  ;  Bubaque, 

YI-56;  VIII-56,  3  es. 

19  -  Prosopocera  bipunctata  Drurv.  Bubaque,  Y-56;  X-56  ;  IV-57  ; 

YI-57;  XI-57,  7  es. 

20  -  Zographus  regalis  Brown.  Suzana,  X-52;  YII-53,  2  es.;  Bubaque, 

IV-57  ;  YI-57,  3  es. 

21  -  Analeptes  infasciata  Fabr.  Catió,  IX-55,  1  es. 

22  -  Ceroplesis  (Moeeha)  hecate  Chevrolat.  Bubaque,  X-56,  XI-57,  2  es. 

23  -  Crossotofrea  virgata  Quedenf.  Bubaque,  YI-56,  1  es. 

24  -  Phryneta  aurocincta  Guérin.  Suzana,  YII-53;  VII-IX-54,  3  es.; 

Catió,  IX-55,  1  es.  ;  Bafatà,  X-55,  1  es. 


114 


P.  C.  BJtIVIO 


25  -  Phrynetopsis  fuscicornis  Ckevrolat.  Bubaque,  YT-57,  2  es. 

26  -  Hecyra  obscurator  Fahr.  Bafatà,  YII-54;  X-55,  2  es. 

27  -  Pteroio  phia  laucoloma  Cast.  Bafatà,  YII-54;  X-54;  YII-55,  6  es. 

28  -  Apomecyna  binubila  Pase.  Bafatà,  YII-53;  X-55;  YII-54,  16  es. 

29  -  Enaretta  varia  Pase.  Bafatà,  X-54,  2  es. 

30  -  Nupserha  analis  Fabr.  Bafatà,  YII-54,  1  es. 

31  -  Nupserha  vitticollis  Gestro.  Bubaque,  YI-56,  1  es. 

32  -  Nitocris  nigricornis  (01.).  Bafatà,  X-54,  1  es. 

33  -  Hecphora  testator  Fabr.  Bubaque,  Y-56;  YI-56;  YIII-56;  10  es. 

C  II PY  S  OMELIE  AE 
Subfam.  Cassidinae 

Determinati  da  S.  Sliaw,  Sheffield  City  Museiun,  Sheffield. 

1  -  Notosocantha  roseola  Spaeth.  Bafatà,  YI-54,  1  es. 

2  -  Aspidomorpha  areata  King.  Bafatà,  YI-54,  1  es. 

3  -  Aspidomorpha  confinis  King.  Snzana,  11-52;  X-52 ;  1  1 11-54 ; 

3  es. 

4  -  Aspidomorpha  dilecta  ab.  fragilis  Wse.  Bnbaqne,  1 1-56,  1  es.  Il 

Sig.  Shaw  mi  comunica  che  qnesta  specie  è  stata  precedente- 
mente  citata  del  Xatal,  Tanganica  e  di  Sandoa  nel  Congo  Belga. 
.5  -  Aspidomorpha  indistincta  Boli.  Snzana,  X-52;  YIII-54,  12  es.; 
Bafatà,  XII-52;  1-53;  1-54;  YI-54,  4  es. 

6  -  Aspidomorpha  nigromaculata  Ilbst.  Snzana,  11-52;  111-53;  4 

es.;  Bafatà,  YII-54,  1  es. ;  Bubaque,  YI-56,  3  es. 

7  -  Aspidomorpha  pallescens  Spaeth.  Bafatà,  1-54,  1  es. 

8  -  Aspidomorpha  quadrimaculata  01.  Suzana,  1  II 1-54,  6  es.;  Bn¬ 

baque,  YI-56,  4  es. 

9  -  Aspidomorpha  quinque fasciata  F.  Bafatà,  XII-52;  11-53;  YII- 

53;  YIII-53  ;  XI-53  ;  1-54;  YI-54;  X-54,  15  es.  ;  Suzana,  YI-52  ; 
X-52  ;  YII-53  ;  YIII-54,  36  es.  ;  Bnbaque,  YI-56,  1  es. 

10  -  Aspidomorpha  sg.  Con  eh  ylo  et  ernia  adspersa  ab.  nigrosparsa  Boli. 

Bafatà,  YII-53,  2  es. 

11  -  Aspidomorpha  sg.  Conchyloctenia  signatipennis  Boli.  Snzana, 

X-52;  YI-53,  2  es.;  Bafatà,  YII-54,  1  es. 

12  -  Acrocassis  roseomarginata  Boli.  Suzana,  X-52;  111-54,  2  es.; 

Bubaque,  YI-56,  1  es. 

13  -  Acrocassis  rufula  Tkoms.  Suzana,  X-52,  1  es.  ;  Bubaque,  YI-56, 

1  es. 


CONTRIBUTO  ALLA  CONOSCENZA  DELLA  FAUNA  ECC. 


115 


14  -  Cassida  altiuscula  Spaeth.  Suzana,  X-52,  1  es. 

15  -  Cassida  granula  Boli.  Balata,  1-54,  1  es. 

16  -  Cassida  inaequalis  Tlioms.  Bafatà,  X-54,  1  es.;  Suzana,  X-52, 

1  es. 

17  -  Cassida  tosta  Klug.  Bafatà,  1  11-54,  1  es. 

18  -  Cassida  sg.  Cassidulella  delenifica  Boli.  Suzana,  X-52,  1  es.  Il 

Sig.  Shaw  mi  comunica  che  questa  specie  è  rappresentata  da 
tre  soli  esemplari  nella  Collezione  Spaeth  (Manchester  Museum), 
provenienti  dalle  seguenti  località:  Zanzibar,  Kilimanjaro  e 
Ivatona. 

19  -  Cassida  sg.  Rhytidocassis  seutellaris  Klug.  Suzana,  X-52,  5  es. 

20  -  Chiridopsis  aequino  et  ialis  01.  Suzana,  X-52,  2  es. 


SCARABAEID A  E 

La  famiglia  degli  Scarabaeidae  è  certamente  quella  meglio  rap¬ 
presentata  tra  i  Coleotteri  arrivati  dalla  Guinea  Portoghese.  Purtroppo 
per  molti  gruppi  mancano  attualmente  dei  veri  specialisti,  almeno  per 
quanto  riguarda  la  fauna  africana.  Mi  è  stato  quindi  possibile  fare 
determinare  solo  alcune  sottofamiglie  e  precisamente:  Geotrupinae 
(gen.  Bolboceras),  Coprinae,  Cetoniinae  e  Trichiinae. 

Subfam.  Geotrupinae 

Determinati  dal  Rev.  P.  Francisco  Silverio  Pereira,  Departamento 
de  Zoologia,  San  Paolo,  Brasile. 

1  -  Bolboceras  rugiferum  Kolbe.  Suzana,  VI-52,  1  es. 

Subfam.  Coprinae 

Determinati  dal  Rev.  P.  Pereira. 

2  -  Gymnopleurus  fulgidus  (Oh).  Bafatà,  YIII-53  ;  X-53  ;  XI-53,  3 

es. 

3  -  Garreta  nitens  01.  coeruleovirens  Kolbe.  Bafatà,  VI-54,  1  es. 

4  -  Pedana  tubercoligera  Waterli.  Bafatà,  YI-54,  1  es. 

5  -  Heliocopris  antenor  (Oh).  Bafatà,  1-53,  1  es. 

6  -  Copris  corniger  Sahlb.  Bafatà,  IX-52;  X-52,  3  es.  ;  altri  tre  esem¬ 

plari  nella  coll.  Pereira. 

7  -  Copris  evanidus  Kl.  Bafatà,  YI-53;  YII-53;  YI-54;  \  11-54,  5  es. 


116 


P.  C.  BRIVIO 


8  -  Copris  jacchus  (01.);  Bafatà,  VIII-53;  1  es. 

9  -  Copris  laius  Har.  Bafatà,  YII-52;  VI-53;  YI-54,  3  es. 

10  -  Copris  megacerotoides  Wat.  Bafatà,  YII-54,  1  es. 

11  -  Litocopris  punctiventris  Waterh.  Bafatà,  YI-53,  1  es. 

12  -  Catharsius  sesostris  Waterh.  Bafatà,  YII-52;  YI-53;  YII-53; 

YIII-53;  VI-54,  8  es.  ;  Suzana,  X-52,  1  es. 

13  -  Metacatharsius  opacus  Waterh.  Bafatà,  YI-53;  YI-54,  2  es. 

14  -  Onitis  inversidens  Lansb.  Bafatà,  YI-54,  1  es. 

15  -  Onitis  reichei  Lansb.  Bafatà,  YII-54,  1  es. 

16  -  Onitis  subcrenatus  Ivolbe.  Bafatà,  IX-52,  1  es. 

17  -  Onitis  thalassinus  Lansb.  Bafatà,  X-52,  1  es.;  un  altro  es.  in  colL 

Pereira. 

18  -  Onitis  violaceus  Lansb.  Bafatà,  YI-53;  YII-53;  YIII-53;  YI-54;. 

VII-54,  5  es.  ;  un  es.  in  coll.  Pereira. 

19  -  Onitis  vanderkelléni  Landsb.  Bafatà,  YII-55,  1  es. 

20  -  Pseudoniticellus  planatus  (Cast.).  Bafatà,  XII-52,  1  es. 

21  -  Onthophagus  catta  Fabr.  Bafatà,  IX-52;  YII-53;  YIII-53;  I-54r 

12  es.  ;  un  esemplare  in  eoli.  Pereira. 

22  -  Onthophagus  excalerai  d’Orb.  Bafatà,  YII-53,  1  es. 

23  -  Onthophagus  maculatus  Fabr.  Bafatà,  YII-53;  YI-54,  5  es.;  un 

esemplare  in  coll.  Pereira. 

24  -  Diast elio pai pus  tridens  (Fabr.).  Bafatà,  IX-52,  1  es. 

Subfam.  Cetoniinae 

Determinati  dal  Sig.  Hans  Schein,  Monaco. 

25  -  Eudicella  grulli  Buquet  ssp.  Schutzeorum  Kolbe.  Bambadineaf 

X- 53,  1  es. 

26  -  Plaesiorrhina  recurva  F.  Bubaque,  YIII-56,  1  es.;  un  altro  es¬ 

ili  collezione  Schein. 

27  -  Plaesiorrhina  recurva  ab.  fusca  Kr.  Bubaque,  YIII-56,  1  es. 

28  -  Plaesiorrhina  recurva  ab.  fasciata  Kr.  Bubaque,  YI-56  ;  YIII-56  ; 

XI- 57,  3  es. 

29  -  Smaragdestes  africana  Drury.  Bubaque,  Y-56;  YI-56;  X-56; 

IY-57  ;  YI-57  ;  XI-57,  11  es. 

30  -  Smaragdestes  africana  ssp.  blanda  Burnì.  Bubaque,  IY-57,  1  es„ 

31  -  Smaragdestes  Guerini  Jans.  Bafatà,  1955,  1  es. 

32  -  Chondrorrhina  abbreviata  F.  Bafatà,  YII-53;  YI-54,  2  es. ; 

Catió,  IX-53, 1  es. ;  Suzana,  X-52;  XII-53,  7  es.;  un  es.  di  Suzana 
in  coll.  Schein. 


CONTRIBUTO  ALLA  CONOSCENZA  DELLA  FAUNA  ECC. 


117 


33  -  Dymusia  cyanea  Oliv.  Suzana,  XII-53;  X-56,  10  es.  ;  due  es.  in 

coll.  Schein. 

34  -  Gnathocera  trivittata  s.  str.  Swed.  Suzana,  XII-53,  5  es. 

35  -  Gnathocera  varians  G.  F.  Suzana,  X-52;  XII-53;  1957,  13  es.; 

Bubaque,  IV-57  ;  XI-57,  20  es.  ;  un  es.  di  Bubaque  e  uno  di  Su¬ 
zana  in  coll.  Schein. 

36  -  Pachnocla  cordata  Drury.  Suzana,  VII-52;  X-52;  X-56,  6  es.  ; 

Bafatà,  IX-52  ;  XII-52  ;  X-55  ;  VI-54,  6  es.  un  es.  di  Suzana  in 
coll.  Schein. 

37  -  Pachnocla  interrupta  Oliv.  Suzana,  X-52,  1  es. 

38  -  Pachnoda  marginata  ab.  aurantìa  Hbst.  Bafatà,  X-52  ;  VII-53  ; 

X-53;  VI-54;  VII-55,  6  es. ;  Bambadinca,  VII-52,  2  es.;  un  es. 
di  Bafatà  in  coll.  Schein. 

39  -  Pachnoda  marginalia  F.  Bafatà,  11-53,  1  es.  ;  Bambadinca,  1-53, 

2  es.  ;  Bubaque,  VIII-56  ;  XI-57,  12  es.  ;  un  es.  di  Suzana  in  coll. 
Schein. 

40  -  Pachnoda  tridentata  Oliv.  Suzana.  XII-53,  1  es.  ;  Bubaque, 

VIII-56;  VI-57,  4  es. ;  un  es.  di  Bubaque  in  coll.  Schein. 

41  -  Pachnoda  Vuilleti  Bourg.  Bafatà,  VI-54,  1  es. 

42  -  Phonotaenia  aequinotialis  Oliv.  Bafatà,  AMI-54;  VII-55,  2  es.  ; 

Bubaque,  VI-56;  VIII-56;  VI-57,  6  es. ;  un  es.  di  Bubaque  in 
coll.  Schein. 

43  -  Gametis  sanguinolenta  Oliv.  Suzana,  XII-53,  2  es.  ;  Catió,  IX-55, 

1  es.;  Bafatà,  X-53;  VII-55,  7  es.;  un  es.  di  Bafatà  in  coll. 
Schein. 

44  -  Jothochilus  undidatus  Kolbe.  Bafatà,  VI-54,  1  es. 

45  -  Discopeltis  apicalis  G.  P.  Bafatà,  VII-55,  1  es. 

46  -  Stichothyrea  guttifera  Afz.  Bafatà,  VI-54;  VII-54;  X-54;  VII-55, 

8  es.;  un  es.  in  coll.  Schein. 

47  -  0 xythyrea  ( Leucocelis )  Petit  G.  P.  Bafatà,  X-54,  3  es. 

48  -  Diplognatha  purpurascens  F.  Suzana,  X-52,  2  es. ;  Bafatà,  IX-52; 

X-52  ;  VIII-53  ;  VI-54,  10  es.  ;  Bubaque,  VI-55,  1  es.  ;  un  es.  di 
Suzana  in  coll.  Schein.  Il  Sig.  Schein  mi  comunica  che  D.  pur¬ 
purascens  è  una  vera  specie  e  non  una  sottospecie  di  Blanch  ardi 
Mann,  come  ammette  il  Coleopterorum  Catalogus. 

49  -  Charadronota  quadrisignata  G.  P.  Bafatà,  X-55,  1  es.  ;  Bubaque, 

VI-56  ;  VIII-56  ;  VI-57,  4  es.  ;  un  es.  di  Bafatà  e  uno  di  Bubaque 
in  coll.  Schein. 


9 


118 


P.  C.  BRI VIO 


50  -  Charadronota  quadrisignata  v.  quadrimaculata  Ivr.  Suzana,  VII- 

53  ;  Bafatà,  X-55  ;  Bubaque,  VI-56,  3  es. 

51  -  Charadronota  quadrisignata  v.  vittatipennis  Kr.  Bubaque,  YI-56, 

1  es. 

52  -  Charadronota  quadrisignata  v.  Leprieuri.  Bubaque,  VIII-56,  1  es. 

53  -  Porphyronota  cinnamomea  Afz.  Suzana,  X-52,  1  es. 

54  -  Eriulis  variolosa  G.  P.  Bafatà,  X-53;  X-55,  2  es.  ;  un  es.  in  culi. 

Schein. 

55  -  Macroma  scutellaria  G.  P.  Bafatà,  VI -54;  YII-54,  16  es.  ;  Suzana, 

VIII-IX-54,  3  es.;  Bubaque,  VI -56;  VI-57,  7  es.;  due  es.  di 
Bafatà  in  coll.  Schein. 

56  -  Aspilus  gamhiensis  Burnì.  Suzana,  XII-53,  1  es. 

57  -  Coenochilus  maurus  F.  Bafatà,  VIII-53,  1  es. 

58  -  Plagiochilus  minutus  Mos.  Suzana,  XII-53,  1  es. 

59  -  Proxenus  collaris  Mos.  Bafatà,  YI-54,  1  es. 

60  -  Pseudastoxenus  favosus  Bourg.  Bubaque,  VIII-56,  1  es. 

Subfam.  Trichiinae 

Determinati  dal  Sig.  Hans  Schein,  Monaco. 

61  -  Platy genia  barbata  Afz.  Catió,  IX-55  ;  1  es.  ;  Bubaque,  V-56  ; 

VI-56;  VI-57,  5  es.  ;  un  es.  di  Bafatà  e  uno  di  Bubaque  in  coll. 
Schein. 

62  -  Myoderma  alutaceum  Afz.  Bafatà,  X-54,  2  es.  ;  Bubaque,  VI-56, 

1  es.  ;  due  es.  di  Bubaque  in  coll.  Schein. 

63  -  Agenius  quadrimaculatus  Afz.  Bubaque,  VI-56;  VIII-56;  IV-57 ; 

VI-57,  6  es. 


LAVORI  CONSULTATI 

Brivio  C.,  Contributo  alla  conoscenza  della  fauna  coleotterologica  della 
Guinea  Portoghese,  I  -  Carabidae.  Atti  della  Soc.  Ital.  di  Scienze 
Naturali,  voi.  XCVI,  Fase.  I-II,  pp.  37-50,  Milano  1957. 

Burgeon  L.,  Catalogues  raisonnés  de  la  Faune  Entomologique  du  Congo 
Belge\  Scms-Famille  Cetoniinae.  Annales  du  Musée  du  Congo  Belge, 
Zool.,  Ser.  Ili,  Sect.  II,  Tom.  II,  Fase.  2,  pp.  49-128.  Tervuren  1932. 

COLEOPTERORUM  CATALOGUS  JTJNK-SCHENKLING  :  AURIVILLIUS  C.,  Ceram- 
byeinae,  pars  39,  Berlin  1912  ;  Lamiinue  I-II,  pars  73-74,  Berlin 
1921-23;  Lameere  A.,  Prioninae,  pars  52,  Berlin  1913;  Gillet, 


CONTRIBUTO  ALLA  CONOSCENZA  DELLA  FAUNA  ECC. 


119 


Boucomont,  Scarabaeidae  Coprinae  I-II,  pars  38,  90  Berlin  1911- 
27;  Schenkling  S.,  CetonUnae,  pars  72,  Berlin  1921;  Spaeth  F., 
Chrysomelidae :  16  Cassidinae,  pars  62,  Berlin  1914. 

Contributions  à  l’étude  de  la  faune  entomologique  du  Ruanda-Urundi 
(Mission  Basilewsky  1953).  Première  partie:  XI,  Coleoptera  Scara¬ 
baeidae  CetonUnae,  par  P.  Basilewsky;  XX,  Coleoptera  Ceram- 
bycidae  Prioninae  par  P.  Basilewky;  XXI,  Coleoptera  Ceramby- 
cidae  Cerambycinae  par  E.  A.  J.  Dtjffy;  XXII,  Coleoptera  Ce- 
rambycidae  Lainiinae  par  S.  Breuning;  Deuxième  partie:  LXV, 
Coleoptera  Chrysomelidae  Cassidinae  hj  S.  Shaw;  Troisième  partie: 
XC,  Coleoptera  Scarabaeidae  Scarabaeinae  par  A.  Janssens.  An- 
nales  du  Musée  Royal  du  Congo  Belge,  sèrie  in  8°,  Sciences  Zoolo- 
giques,  voi.  36,  40,  51.  Tervuren  1955-56. 


Ed.  Luna  de  Carvalho 

(Museu  do  Dundo) 


CONTRIBUTION  A  L’ETUDE  DE  LA  FAUNE 
COLEOPTEROLOGIQUE  DE  LA  GUINEE  PORTUGAISE 

CARABIDAE  PAUSSINAE 


Gràce  à  l’amabilité  du  Rev.  Dr.  P.  Carlo  Brivio,  du  Pontificio 
Istituto  Missioni  Estere  di  Milano,  nous  avons  eu  roccasion  d’étudier 
quelques  Paussides  de  la  Guinée  Portugaise,  «  regione  non  molto  esplo¬ 
rata  entomologicamente  »,  suivant  V opinion  de  P.  Carlo  Brivio. 

Jusquà  present  on  n’avait  été  trouvé  dans  cette  contrée  que  quatre 
espèces  de  Paussides.  Dans  la  collection  en  référenee  toutes  ces  quatre 
espèces  sont  representées,  ainsi  c]ue  trois  autres  connues  depuis  long- 
temps  dans  des  régions  voisines. 

Tous  les  exemplaires  ont  été  récoltés  par  Benassi,  sans  doute  à  la 
lumière. 

Les  exemplaires  c-ités,  sauf  des  doubles  que  j’ai  retenu,  sont  con- 
servés  dans  le  Museo  Entomologico  del  Pontificio  Istituto  Missioni 
Estere,  Monza. 

1.  C arabidome mnus  (s.  str.)  mollicellus  (Dohrn) 

1  exemplaire,  Bufata,  1.1953  -  Il  s’agit  d’une  espèce  dejà  citée  par 
Luna  de  Carvalho  (1949,  Ann.  Junta  Inv.  Col.,  Lisboa)  sans  indi- 
eation  sure  de  localité.  Cette  espèce  est  aussi  cornine  en  Air  (L.  du 
Carvv  1957,  Rev.  Fr.  d’Ent.,  p.  281),  Sénégal  et  au  Congo-belge. 

2.  Cerapterus  ( Euthysoma )  homi  Reichensp erger 

(Fig-  1) 

1  ex.,  Bafata,  VI. 1954  -  Espèce  décrite  au  Togo  (1925,  Ent.  Miti.,  XIVr 
p.  344,  fig.)  et  depuis  retrouvée  au  Cameroun.  Il  s’agit  du  premier 
enregistrement  en  Guinée  Portugaise. 


121 


CONTRIBUTION  A  i/ETUDE  DE  LA  FAUNE  ETC. 


Fig.  1.  —  Cerapterus  ( Euthysoma )  homi  Reichensperger  de  Bafatà 

(Foto  de  l’auteur) 


3.  Cerapterus  ( Euthysoma )  lafertei  Westwood 

(Fig.  2,  a.  b,  c) 

1  ex.,  Y III. 1953;  5  ex.,  VI. 1954  et  1  ex.,  VII. 1954;  Balata  -  Espèce 
décrite  en  «Africa  Oceidentalis  Tropicalis,  Rio  Grande,  inter  Gambia  et 
Sierra  Leone  (Westw.,  1374,  Tkes.  Ent.  Oxon.,  p.  74)  ».  L'exeniplaire 
liolotvpic|ue  est  indiqué  conmie  f aisant  partie  de  la  collection  de  J. 


122 


ED.  LUNA  DE  CARVALHO' 


Thomson  qui  a  enregistré  ce  qui  suit  clans  son  catalogue  (1860,  Mus. 
Scient.,  p.  69):  «Guinee  Portugaise  (Bocandé).  Je  possedè  Findividu 
ty piqué  de  eette  espèce,  le  seul,  je  crois,  qui  existe  dans  les  collections  ». 


Fig.  2.  —  Cerapterus  ( Euthysoma )  lafertei  Westwood  de  Bafatà 
a  -  Yue  dorsale,  exemplaire  à  taehe  élytral  mince.  b  et  c  -  Pronotum 
et  élytre  gauche  d’autre  exemplaire  du  mème  endroit. 


Actuelìement  eette  espèce  a  ime  distribution  connue  bien  répanduey 
se  trouvant  mème  en  Angola  (Benguela). 

Un  exemplaire  de  Bafatà  (Fig.  2,  a),  X..1955,  présente  le  pronotum 
bien  rectangulaire  et  les  élytres  d’un  noir  net,  et  la  tacile  hamiforme 
des  élytres  est  fort  mince  et  presque  mterrompue  dans  la  courbure 


CONTRIBUTI  ON  A  L^ETUDE  DE  LA  EAUNE  ETC. 


123 


apicale.  Dans  tous  les  exemplaires  observés  les  taches  élytrales  sont 
moins  répandues  que  sur  le  dessin  du  type,  presentò  par  Westwood. 
Toutes  les  différences  indiquées  sont  sans  doute  dépourvues  de  quelque 
valeur  taxonomique. 

4.  Heteropaussus  attardi  (Raf'fra.y) 

Xous  pourrons  reconnaìtre  aisément  trois  types  dans  eette  espèce 
encore  ineonnue  en  Guinee  Portugaise  : 

a)  forme  typique  (Fig.  3,  a) 

5  ex.,  Batata,  Vili. 1953  -  Dans  eette  forme  le  pronotum  est  rouge, 
seulement  un  peu  noirei  dans  l’apex  des  prolongements  basaux;  les 
élytres  ne  montrent  qu’une  large  taehe  rouge  au  milieu. 


Pig.  3.  —  Heteropaussus  attardi  (Raffray)  de  Bafatà.  a  -  Élytre 
gauche  de  la  forme  typique.  b  -  Yue  dorsale  de  la  forme  à  quatre  taches 
élytrales.  c  -  Pronotum  de  la  forme  à  pronotum  noir. 


124 


ED.  LUNA  DE  CARVALHO 


b)  forme  à  pronotum  noir  (Fig.  3,  b) 

1  ex.,  Balata,  Vili. 1953  -  Gomme  le  type,  mais  présentant  le  pronotum 
noir,  exeepté  les  gouttières  latérales,  la  dépression  basale  et  Fapex. 

c)  forme  à  quatre  taches  élytrales  (Fig.  3,  e) 

Deux  exemplaire  de  la  mème  localité  (VII. 1953  et  YII.1954)  -  Res- 
senible  au  type  de  l’espèee,  sauf  que  la  gTande  tache  élytrale  se  trouve 
totalement  interrompue  au  milieu. 

Genre  Paussus  Linné 
Group  e  sphaerocerus 

5.  Paussus  sphaerocerus  Afzelius 
(Fig.  4,  a,  b,  e,  d) 

1  ex.,  Bubaque,  Y.1956  -  Cette  espèce  bien  caractéristique  à  cause  de 
la  forme  sphérique  de  sa  massue  antennaire,  peut-ètre  pourvue  d?or- 


a 


Fig.  4.  —  Paussus  sphaerocerus  Afzelius  de  Bubaque.  a  -  Tue  dor¬ 
sale.  b  -  Tète  vue  de  profil.  c  et  d  -  Antenne  gauche  vue  de  dessous 

et  de  profil. 


CONTRIBUTION  A  i/ETUDE  DE  LA  E  ALT  NE  ETC 


125 


Pig.  5.  —  Paussus  obsti  v.  rectidens  Wasmann.  a  -  Vue  dorsale  du 
exemplaire  de  Baiata,  b  -  Tète  et  pronotum  dii  mème  exemplaire  vne 
de  profil.  c  et  d  -  Massue  antennaire  gauche  dii  méme  vue  de  dessous 
et  de  profil.  e  -  Yue  dorsal  du  exemplaire  du  Haut  Sénégal.  f  -  Tète 
et  pronotum  du  mème  exemplaire  vue  de  profil. 


126  ED.  LUNA  DE  CARVALHO  -  CONTRIBUTION  A  L’ ETUDE  ETC. 

ganes  lumineux,  est  enregistrée  dans  la  faune  luso-guinéenne  pour  la 
première  fois. 

Une  espèee  semblable  a  été  déscrite  au  Congo-belge  (P.  clissimu- 
lator  Reichensperger). 

Groupe  c  o  rn  ut  us  -rustie  u  s-woerdeni 

Seulement  deux  espèc-es  de  ce  groupe  ont  été  trouvées  dans  la 
Guinée  Portugaise  :  Paussus  armatus  et  P.  obsti  rectidens,  ce  dernier 
decrit  par  Wasmann  de  Bissau.  La  collection  en  étude  ne  renferme  que 
des  exemplaires  de  ces  deux  espèces. 

6.  Paussus  armatus  Westwood 

5  exemplaires,  Bufata,  III-YII.1953  et  YI.1954  -  Il  s’agit  sans  doute 
de  l’espèce  le  plus  répandue  sur  la  còte  guinéenne. 

7.  Paussus  obsti  Wasmann 
v.  rectidens  Wasm. 

(Figs  5,  a,  b,  c,  d) 

1  ex.,  Bufata,  IX. 1952  -  C  est  la  deuxième  récolte  de  cette  curieuse 
variété  dont  le  type  de  l’espèce  a  été  décrit  en  Afrique  Orientale.  Le 
P.  obsti  est  bien  reconnaissable  par  la  présence  très  effacèe  de  quatre 
sillons  transversaux  dans  la  massue  antennaire.  Nous  avons  reconnu 
depuis  quelque  temps  un  autre  exemplaire,  plus  petit  (Fig.  5,  e,  f'), 
provenant  du  Haut  Sénégal  (Kliayes,  Dr.  Nodier  col.,  5  VIII.1881)r 
localité  encore  inèdite  ;  il  se  trouve  dans  la  collection  privée  de  l’auteur_ 


Pundo,  III.  1958. 


Giuliano  Ruggieri 


ALCUNI  OSTRACODI  DEL  NEOGENE  ITALIANO 


il  Neogene  italiano  è  una  miniera  inesauribile  per  lo  studioso  d£ 
Ostraeodi,  per  la  ricchezza  e  varietà  delle  faune,  per  la  molteplicità 
delle  facies,  per  la  conservazione  spesso  ottima  del  materiale,  sicché  è- 
facile  prevedere  che  molti  anni  dovranno  ancora  trascorrere  prima  che 
(meste  ostraeofaune  possano  dirsi  compiutamente  illustrate. 

In  questa  breve  nota  riporto  la  descrizione  di  alcune  specie  di 
Ostraeodi  marini,  nuove  o  poco  conosciute,  pertinenti  tutte  al  sottordine 


Podocopa  Sars  1866. 

Il  materiale  illustrato  è  conservato  nella  collezione  di  Ostraeodi 
(=  O.C.R.)  dell’Autore. 


TECNICHE 

Per  lo  studio  e  la  rappresentazione  degli  Ostraeodi  qui  trattati  sh 
sono  usate  le  semplici  tecniche  sotto  descritte. 

Per  una  buona  ripulitura  delle  valve  da  materiale  argilloso  o  mar¬ 
noso,  il  materiale,  dopo  un  primo  lavaggio,  viene  sottoposto  a  ebolli¬ 
zione  più  o  meno  prolungata  in  soluzione  di  carbonato  sodico. 

Per  aprire  i  carapaci  risulta  spesso  utile  il  seguente  metodo  :  i 
carapaci,  perfettamente  disseccati  e  a  temperatura  normale,  vengono 
immersi  in  una  piccola  quantità  di  glicerina,  che  immediatamente  viene 
riscaldata;  l’aria  contenuta  nel  carapace  per  l’aumento  della  tempe¬ 
ratura  si  dilata  e  provoca  l’apertura  spontanea  delle  valve,  di  regola 
senza  inconvenienti  (rotture). 

Per  la  osservazione  delle  strutture  interne  gli  esemplari  vengono 
immersi  in  acqua  o,  se  particolarmente  opachi,  in  un  liquido  diafaniz- 
zante  (glicerina,  oppure  olio  di  ricino  secondo  la  tecnica  descritta  da 
Wagner  1957). 

I  disegni  sono  stati  eseguiti  con  l’aiuto  di  un  oculare  provvisto  di 
micrometro  a  reticolo.  La  rappresentazione  viene  fatta  su  un  foglio 
di  carta  da  disegno  lucida,  sovrapposto  ad  un  secondo  foglio  di  carta, 
bianca  quadrettata. 


128 


G.  RUGGIERI 


Le  fotografie  sono  state  eseguite  con  una  camera  a  soffietto  ver¬ 
ticale,  cui  applicare  il  microscopio  senza  oculare,  simile  a  quella  de¬ 
scritta  da  Triebel  1941.  L’obbiettivo  usato  è  un  Tessar  1 :  2,7  focale 
15  min.,  ricavato  da  una  vecchia  cinepresa  Zeiss  Ikon.  Con  questo  ob¬ 
biettivo,  e  una  lunghezza  di  soffietto  sui  40  cm.,  si  possono  raggiungere 
sulla  lastra  ingrandimenti  attorno  ai  30  diametri.  Bisogna  fare  atten¬ 
zione  a  non  diaframmare  eccessivamente,  poiché  oltre  un  certo  limite  il 
potere  di  definizione  dell’obbiettivo  (che,  come  è  noto,  è  funzione  di¬ 
retta,  del  suo  diametro)  finisce  colFabbassarsi  eccessivamente. 

Per  fissare  gli  esemplari  da  fotografare  utilizzo  lastre  fotogra¬ 
fiche  usate,  le  quali  offrono  un  fondo  nero,  opaco  e  liscio,  (natural¬ 
mente,  il  lato  con  la  gelatina  è  rivolto  in  alto);  la  gelatina  viene  inumi¬ 
dita,  e  si  comporta  come  una  colla,  sulla  quale  con  un  po’  di  pratica  si 
riesce  a  fissare  abbastanza  rapidamente  l’ostracode  nella  posizione 
voluta.  Quando  una  valva  debba  mettersi  in  posizione  di  equilibrio 
piuttosto  difficile  (ND,  NV  o,  peggio  ancora,  NC)  allora  conviene 
cospargere  la  lastra  di  uno  straterello  di  polvere  di  colore  nero  o  rosso, 
molto  fina  (si  ottiene  rapidamente  polverizzando  un  minerale  o  una 
roccia  di  colore  nero),  nella  quale  la  valva  viene  infissa  nella  posizione 
voluta.  Gli  esemplari  qui  fotografati  non  hanno  subito  nessun  tratta¬ 
mento  preliminare,  perchè  nelle  fotografie  fosse  conservato  il  carat¬ 
tere  della  trasparenza  o  meno  dei  gusci. 

ABBREVIAZIONI 

Le  abbreviazioni  cpii  usate  sono  quelle  da  me  recentemente  pro¬ 
poste  (Ruggieri  1957).  A  tale  lavoro  rimando  per  maggiori  partico¬ 
lari,  mentre  mi  limito  a  rammentare  che  : 

L  =  lunghezza 
h  =  altezza 
1  ==  larghezza 

1/2  1  =  1  misurato  su  una  sola  valva 
c  =  carapace 
vd  =  valva  destra 
vs  =  valva  sinistra 
NL  =  in  norma  laterale 
NI  =  in  norma  interna 
ND  =  in  norma  dorsale 
NV  =  in  norma  ventrale 


ALCUNI  OSTRACODI  DEL  NEOGENE  ITALIANO 


m 


Fig.  1.  —  Mutilus  ( Aurìla )  albicans  n.  sp.  -  Olotipo  (O.  C.  R.  SI 

1605/1).  Ingr.  x  56. 

Fig.  2.  —  Mutilus  ( Aurila )  albicans  n.  sp.  -  Paratipoide  (O.  C.  R. 

SI  1605/2).  Ingr.  x  56. 

Figg.  3,  3a  —  Incongruellina  semispinescens  n.  gen.,  n.  sp.  *  Parati¬ 
poide  (O.  C.  R.  SI  1602).  Ingr.  x  56. 

Fiffgf.  4,  4a  —  Incori  qruellina  semispinescens  n.  gen.,  n.  sp.  -  Olotipo 

(0.  C.  R,  SI  1604).  Ingr.  x  56. 


130 


G.  RUGGIERI 


Fig.  5.  —  Quasi}) untonia  seguenziana  n.  gen.,  n.  sp.  -  Paratipoide 

(O.  C.  R.,  SI  1601).  Ingr.  X  56. 

Fig.  6.  —  Quasibuntonia  seguenziana  n.  gen.,  n.  sp.  -  Olotipo  (O.C.R., 

SI  1601).  Ingr.  X  56. 

Fig.  7.  —  Quasibuntonia  seguenziana  n.  gen.,  n.  sp.  -  Pliocene  dei 
dintorni  di  Pergusa  (Sicilia)  (O.  C.  R.,  SI  1600).  Ingr.  X  56. 

Fig.  8.  —  Incongruellina  semispinescens  n.  gen.,  n.  sp.  -  Paratipoide 

(O.  C.  R.,  SI  1604).  Ingr.  X  56. 

Figg.  9,  10,  11  —  Cyamocytheridea  derto-nensis  n.  sp.  -  Paratipoidi 

(O.  C.  R.,  SI  839).  Ingr.  X  56. 

Fig.  12.  —  Cyamocytheridea  dertonensis  n.  sp.,  -  Olotipo  (O.  C.  R., 

SI  839/1).  Ingr.  X  56. 


ALCUNI  OSTRACODI  DEL  NEOGENE  ITALIANO 


131 


Famiglia  C ytlieridae  Baird  1850 
Sottofamiglia  Cytherideinae  Sars  1925 
Genere  C y amo cytìier idea  Oertli  1956 
Specie  tipo:  Bairdia  punctatella  Bosquet  1852 

Cyamocytheridea  dertonensis  n.  sp. 

(figg.  9,  10,  11,  12,  13,  13a,  13b,  14,  15). 

Olotipo :  La  valva  destra  $  di  figg.  12,  13,  13a,  13b  (O.C.R.,  SI.  839). 
j Paratipoidi:  Dieci  carapaci  o  valve  isolate  (O.C.R.,  SI.  839). 

Locus  typicus :  Strada  da  Stazzano  a  Sardigliano,  riva  destra  del  torrente 
Scrivia  (Piemonte). 

Stratum  typicum :  Sabbie  argillose  con  Anelila  glandi/ ormis  (Torto- 
niano). 

Origine  del  nome :  dal  latino,  Dertona  =  Tortona. 

Diagnosi :  Specie  del  genere  Cyamocytheridea  caratterizzata  dalla 
massima  altezza  situata  posteriormente,  il  contorno  sinuoso,  le  foveole 
superficiali  molto  numerose. 

Descrizione  :  Dimorfismo  sessuale  poco  accentuato,  con  maschi 
appena  più  allungati  e  più  stretti  delle  femmine.  Carapace  visto  di 
lato  grossolanamente  ellittico,  appiattito  e  spesso  sinuoso  dal  lato  ven¬ 
trale;  la  massima  altezza  è  sempre  situata  decisamente  posteriormente, 
sicché  il  contorno  risulta  evidentemente  asimmetrico.  Il  margine  dorsale 
è  regolarmente  arcuato,  l’estremità  anteriore  assottigliata,  quella  poste¬ 
riore  arrotondata  e  molto  ottusamente  sporgente. 

Superficie  levigata,  cosparsa  di  numerose  foveole  tondeggianti, 
corrispondenti  allo  sbocco  dei  poricanali  laterali,  in  numero  di  circa  130. 

Vista  dal  dorso  ovata,  con  estremità  ottuse,  quella  posteriore  più 
abrupta  dell’anteriore,  i  lati  essendo  decisamente  convergenti  verso 
Cavanti,  e  la  massima  larghezza  posteriore. 

Caratteri  interni  tipici  del  genere.  Anteriormente  vi  è  un  vestibolo 
bene  sviluppato,  dal  quale  si  dipartono  irregolarmente  vari  poricanali 
i  quali,  ramificandosi,  terminano  al  margine  in  numero  di  25-30. 

Dimensioni :  olotipo:  L  =  0,68  min;  h  —  0,38  mm;  1/2  1  =  0,19  mm  (vd  $  ) 
paratipoide  :  L  =  0,68  mm  ;  h  =  0,41  mm  ; 
paratipoide:  L  =  0,68  mm  ;  1  =  0,386  mm  (c  9  ) 

Osservazioni  :  La  specie  nuova  proposta  ha  una  certa  somiglianza 
con  la  oligocenica  C.  punctatella  (Bosquet  1852  Bairdia),  la  quale 
vista  di  lato  è  più  simmetrica,  la  massima  altezza  essendo  subcentrale 


132 


G.  RUGGIERI 


e  la  massima  sporgenza  posteriore  situata  più  in  basso,  ed  ha  un  nu¬ 
mero  di  foveole  nettamente  inferiore. 

C.  reversa  (Egger  1858),  del  Burdigaliano,  è  essa  pure  più  simme¬ 
trica,  più  grande  e  più  appiattita. 


Figg.  13,  13a,  13b  —  Cyamocytheridea  dertonensis  n.  sp.  -  Olotipo 

(0.  C.  R.,  SI  839/1).  Ingr.  x  90. 

Figg.  14,  15  —  Cyamocytheridea  dertanensis  n.  sp.  -  Paratipoidi 
(O.  C.  R.,  SI  839);  fig.  14  ingr.  x  90;  fig.  15  ingr.  x  66. 


ALCUNI  OS  TRA  CODI  DEL  NEOGENE  ITALIANO 


IBS 


Distribuzione  :  Ho  riscontrato  la  specie  nuova  proposta  non  rara 
nel  Tortoniano  alto  (immediatamente  sotto  ai  più  bassi  livelli  ligniti- 
feri)  di  Cornuda  presso  Treviso  (Prealpi  venete)  ;  nel  Tortoniano  (op¬ 
pure  Saheliano  ?)  di  Vigoleno,  nel  subapennino  presso  Parma;  nel 
Saheliano  del  subapennino  romagnolo,  e  precisamente  nelle  argille  ad 
Area  affioranti  in  località  Casa  Renzi,  presso  Sogliano  al  Rubicone. 
Non  l’ho  mai  raccolta  in  terreni  pretortoniani,  nè  nel  Pliocene. 

Famiglia  Cytheridae  Baird  1850 
Sottofamiglia  Hemicytherinae  Pltri  1953 
Genere  Mutilus  Neviani  1928 
Sottogenere  Amila  Pokorny  1955 
Specie  tipo:  Cythere  convexa  Baird  1850 

Mutilus  (Aurila)  albicans  n.  sp. 

(figg.  1,  2,  16-19,  19a,  20,  21,  26,  27). 

Olotipo :  La  valva  sinistra  $  di  fig.  1  (O.C.R.,  SI.  1605/1). 

Paratipoidi :  Un  centinaio  di  carapaci  e  valve  isolate  (O.C.R.,  SI.  1605/2, 
708,  723). 

Locus  typicus :  Punto  RG  10043,  presso  Casa  i  Gessi  (Repubblica  di  S. 

Marino),  coordinate  Lgt.  0°01'43'/  W.  di  M.  Mario,  Lat.  43°56'18"N. 
Stratum  typicum  :  Argille  ad  Arca  fiditeli  sanmarinensis  (Miocene  su¬ 
periore  =  Saheliano). 

Origine  del  nome  :  dal  latino,  albicans  =  biancheggiante. 

Diagnosi :  Specie  del  sottogenere  Aurila  caratterizzata  dall’essere 
piuttosto  rigonfia,  con  contorno  senza  angolosità  apprezzabili  in  cor¬ 
rispondenza  del  cardine  posteriore,  e  superficie  levigata  e  lucente 
cosparsa  di  piccole  punteggiature. 

Descrizione  :  Contorno  laterale  del  carapace  femminile  subretti¬ 
lineo  in  basso,  leggermente  convesso  nella  parte  mediana  ;  anteriormente 
regolarmente  arrotondato,  con  massima  sporgenza  al  terzo  inferiore, 
passa  senza  angolosità  al  margine  dorsale  debolmente  convesso  e  forte¬ 
mente  declive  verso  l’addietro,  dove  si  raccorda  dolcemente  con  l’estre¬ 
mità  posteriore,  mediocremente  sporgente  in  un  becco  arrotondato. 
Nella,  zona  antero-inferiore  e  postero-inferiore  i  margini  sono  prov¬ 
visti  di  fitte  spine,  piccole  e  di  dimensioni  e  distribuzione  di  solito  irre¬ 
golare;  una  protuberanza  spiniforme  è  inserita  a  piccola  distanza  dal 


io 


16 /O 


Figg.  16,  17,  19,  19a,  20  —  Mutilus  ( Aurila )  aTbicans  n.  sp.  -  Para- 


tipoidi  (O.  C.  R.,  SI  723).  Ingr.  x  43. 

Fig.  18  —  Mutilus  ( Aurila )  albicans  n.  sp.  -  Muta  immatura  (O.  C.  R., 

SI  708).  Ingr.  x  84. 

Fig.  21.  —  Mutilus  ( Aurila )  albicans  n.  sp.  -  Campo  muscolare  prin¬ 
cipale  di  due  valve  sinistre.  Ingr.  x  84. 

Figg.  22,  22a  —  Quasibuntonia  radiatopora  sculpta  Seguenza  -  Plio¬ 
cene  superiore  di  Catanzaro  Marina  (Calabria)  (da  Ruggieri  1954). 

Ingr.  x  42. 

Fig.  23.  —  Quasibuntonia  radiatopora  radiatopora  Seguenza  -  Plio¬ 
cene  inferiore  di  Squillane  (Calabria)  (da  Ruggieri  1954).  Ingr.  x  42. 
Fig.  24.  —  Quasibuntonia  radiatopora  radiatopora  Seguenza  -  Det¬ 
taglio  della  estermità  anteriore;  si  noti  l’andamento  a  spezzata  del 
Saum,  ed  il  vestibolo  (in  nero).  Pliocene  inferiore  di  Bianconuovo 
(Calabria),  (da  Ruggieri  1954).  Ingr.  x  60. 

Fig.  25.  —  Quasibuntonia  seguenziana  n.  sp.  -  Paratipoide  (O.  C.  R., 

SI  1601).  Ingr.  x  43. 


ALCUNI  OSTRACODI  DEL  NEOGENE  ITALIANO 


135 


margine  subito  al  disopra  del  becco  posteriore.  Vista  dal  dorso  affuso¬ 
lata,  quasi  simmetricamente  acuta  alle  due  estremità.  Carapaci  ma¬ 
schili  distintamente  più  allungati. 


Figg.  26,  27  —  Mutilus  ( Aurila )  alMcans  n.  sp.  -  Paratipoidi  (O.C.B., 

SI  708).  Ingr.  x  100. 


136 


G.  RUGGIERI 


La  superficie  è  regolarmente  e  moderatamente  convessa,  cosparsa, 
di  foveole  puntiformi  variamente  numerose  secondo  gli  individui,  di 
regola  più  piccole  nella  parte  anteriore,  dove  sono  talora  obliterate. 
Centralmente  il  guscio  presenta  una  zona  torbida  più  o  meno  vasta,  la 
quale  sfuma  gradatamente  verso  la  parte  anteriore  mentre  è  più  netta¬ 
mente  delimitata  posteriormente;  tale  zona  appare  bianca  osservando 
il  carapace  a  luce  riflessa. 

Caratteri  interni :  Cardine  tipico  del  genere;  nella  valva  destra  il 
dente  anteriore  è  di  struttura  piuttosto  complessa,  e  presenta  dorsal¬ 
mente  un’area  segnata  da  solchi  normali  alla  linea  cardinale,  mentre 
il  dente  posteriore  ha  forma  di  rene  piuttosto  allungato;  i  due  denti 
terminali  sono  sej:> arati  da  una  doccia  bene  delimitata  verso  l’interno. 
Nella  valva  sinistra  la  cresta  cardinale  è  priva  delle  dentellature  che 
sono  la  regola  nel  genere.  Le  zone  marginali  sono  moderatamente  lar¬ 
ghe,  percorse  da  pori  canali  molto  regolari  e  molto  numerosi  ;  raramente 
si  osserva  un  ristrettissimo  vestibolo  in  posizione  antero-ventrale. 

Campo  muscolare  soggetto  a  una  certa  variabilità  da  individuo 
a  individuo  (vedansi  figg.  21,  26,  2?). 

Dimensioni  : 

olotipo:  L  =  0,978  mm;  li  =  0,62  mm.  (vs  $  ). 

paratipoide:  L  =  0,978  mm;  li  =  0,58  mm.  (vd  $  ). 

L  ==  0,97  mm;  li  =  0,575  mm:  1/21  =  0,274  mm.(vd  $  ). 

L  =  0,943  mm;  li  =  0,59  mm.  (vs  $  ). 

L  =  0,988  mm;  h  =  0,61  mm.  (vs  $  ). 

L  =  0,95  mm;  1  =  0,52  mm.  (c  $  ). 

Osservazioni :  La  specie  nuova  qui  proposta  presenta  superficiali 
rassomiglianze  con  alcune  altre  neogeniche  o  quaternarie,  distinguibili 
in  base  ai  caratteri  volta  a  volta  elencati. 

Mutilus  (. Aurila )  haueri  (Reuss  1849  Cypridina)  -  ha  proporzioni 
differenti  e  dimensioni  maggiori  ;  inoltre  è  fornito  di  una  ornamenta¬ 
zione  secondaria  che  manca  completamente  nel  M.  albicans  ;  cioè  di  ima 
finissima  punteggiatura  sparsa  su  tutta  la  superficie,  ed  osservabile- 
particolarmente  bene  a  luce  rifratta,  specialmente  con  l’ausilio  di  un 
diafanizzante. 

Mutilus  ( Aurila )  speyeri  (Brady  1868  Cythere )  -  è  più  grande  ed 
in  proporzione  più  allungato,  e  meno  fortemente  declive  posteriormente. 


ALCUNI  OSTRACODI  DEL  NEOGENE  ITALIANO 


137 


E’  provvisto  di  una  ornamentazione  superficaie  costituita  da  foveole 
molto  più  grandi  e  più  scarse. 

Mutilus  ( Aurila ).  cruciatus  (Ruggieri  1950  Hemicythere )  -  ha  pro¬ 
porzioni  diverse  e  contorno  diverso.  E’  provvisto  di  ornamentazione 
-superficiale  costituita  di  foveole  leggermente  più  grandi  e  più  rade. 

Distribuzione  :  Ho  riscontrato  la  specie  proposta  non  rara  nel 
Tortoniano  classico  di  Stazzano  in  Val  Scrivia  (Piemonte),  e  nel  Tor- 
toniano  alto  (subito  sotto  ai  pruni  orizzonti  lignitiferi)  della  serie  di 
Cornuda  nel  Trevigiano  (Prealpi  Venete)  ;  è  abbondante  nel  «  Sahe- 
liano  »  di  tutti  i  vari  lembi  alloctoni  della  zona  attorno  alla  Repub¬ 
blica  di  S.  Marino.  Non  mi  è  mai  accaduto  di  riscontrarla  nel  Pliocene, 
oppure  in  terreni  pretortoniani. 

Famiglia  Cytheridae  Baird  1850. 

Sottofamiglia  Trachyleberinae  Sylvester-Bradley  1948. 

Genere  Quasibuntonia  n.  gen. 

Genotipo  :  Cythere  radiato  por  a  Seguenza  1880.  (figg.  22,  22a,  23,  24). 

Sinonimia  del  genotipo  : 

1880  -  Cythere  radiatopora  n.  -  Seguenza,  pp.  193,  289,  T.  16,  ff.  18,  18a. 

1880  -  Cythere  sulcifera  n.  -  Brady,  p.  197,  T.  15,  ff.  3,  4. 

1889  -  Cythere  sulcifera  -  Brady  -  Brady  &  Norman,  pp.  133,  T.  19. 
ff.  22,  23. 

1912  -  Cythere  sulcifera  -  Brady  -  Mùller  G.  W.,  p.  383. 

1953  -  Buntonia  radiatopora  (Seg.)  -  Ruggieri,  p.  85  (pars}. 

1954  -  Buntonia  radiatopora  (Seg.)  -  Ruggieri,  p.  561,  ff.  18,  19,  21. 

Diagnosi :  Carapace  simile  a  Buntonia  Howe  1935,  distinguibile 
per  la  presenza  di  vestiboli  bene  sviluppati. 

Osservazioni  :  Nel  1954,  trattando  della  «  Cythere  »  radiatopora , 
rilevai  la  presenza  di  bene  sviluppati  vestiboli,  ma  non  ritenni  questo 
carattere  sufficente  per  separarla  con  istituzione  di  un  nuovo  genere 
dagli  altri  rappresentanti  del  genere  Buntonia  (sebbene  questi  ultimi 
ne  siano  regolarmente  privi)  in  quanto  ritenevo  si  trattasse  piuttosto 
di  un  carattere  specifico,  poiché  conoscevo  solo  quella  specie  che  lo 
presentasse.  L’aver  rintracciato  una  seconda  specie  con  questa  caratte¬ 
ristica  mi  induce  a  proporre  un  nuovo  genere,  che  si  dovrebbe  chia¬ 
mare  Quasibuntonia  al  fine  di  sottolineare  la  indubbia  affinità  col  ge¬ 
nere  Buntonia.  Anche  la  nuova  Quasibuntonia  sotto  descritta  si  ri¬ 
scontra  in  terreni  pliocenici. 


138 


G.  RUGGIERI 


Quasibuntonia  seguenziana  n.  sp. 

(Figg.  5,  6,  7,  25) 

Olotipo:  La  valva  sinistra  $  di  fig.  6  (O.C.R.,  SI.  1601). 

Paratipoide:  Una  valva  sinistra  $  (O.C.R.,  SI.  1601). 

Locus  typicus :  Argille  in  fondo  al  Vallone  Zarucco,  WSW  di  Salaparuta 
(Sicilia),  quota  m.  250  circa. 

Stratum  typicum :  Pliocene  medio. 

Origne  del  nome :  Dedicata  al  paleontologo  messinese  G.  Seguenza.. 

Diagnosi :  Specie  del  genere  Quasibuntonia,  caratterizzata  dalla 
ornamentazione  reticolata,  orientata  prevalentemente  in  senso  antero- 
posteriore. 

Descrizione  :  Valva  sinistra  $  vista  di  lato  subpiriforme,  col 
margine  dorsale  fortemente  convergente  con  quello  ventrale,  margine 
anteriore  largamente  arcuato,  connesso  a  quello  dorsale  senza  angolo¬ 
sità  apprezzabile,  margine  posteriore  breve,  angoloso  in  alto,  crenu- 
lato  nella  metà  inferiore.  Superficie  dolcemente  rigonfia,  col  massimo 
rigonfiamento  mi  po’  addietro  alla  metà  lunghezza,  coperta  da  una 
ornamentazione  costato-reticolata,  che  può  risolversi  in  tre  cordoni 
immediatamente  all’interno  del  margine  anteriore  e  paralleli  ad  esso, 
e  in  numerosi  cordoni  a  direzione  antero-posteriore,  leggermente  in¬ 
flessi  all’altezza  del  campo  muscolare,  dei  quali  quelli  inferiori  (pro¬ 
lungamento  dei  cordoni  marginali  anteriori)  posteriormente  tendono  a 
girare  verso  l’alto.  Il  reticolo  è  completato  da  numerose  costieine  tra¬ 
sverse,  meno  rilevate,  che  collegano  i  cordoni  fra  loro,  determinando 
numerose  fossette  di  forma  da  ovale  fino  a  tondeggiante,  le  quali 
mancano  completamente  in  un’area  compresa  fra  la  regione  oculare, 
il  campo  muscolare  e  il  punto  di  mezzo  del  margine  dorsale,  area  che 
si  presenta  liscia  e  lucente. 

Vista  del  dorso:  si  veda  fig.  25. 

Caratteri  interni:  cardine  costituito  da  una  lunga  e  sottile  cresta 
cardinale,  finissimamente  dentellata,  che  anteriormente  e  in  basso  si 
sviluppa  in  un  robusto  dente;  alveolo  anteriore  ellittico,  imperfetta¬ 
mente  delimitato  verso  l’interno,  alveolo  posteriore  reniforme,  bene 
aperto  verso  l’interno,  salvo  che  al  suo  estremo  posteriore.  Zone  mar¬ 
ginali  moderatamente  larghe,  percorse  da  poricanali  numerosi  e  un  po’ 
irregolari,  talvolta  incrociantisi  o  ramificati;  a  metà  altezza,  anterior- 


ALCUNI  OSTRACODI  DEL  NEOGENE  ITALIANO 


139 


mente,  vi  è  un  profondo  vestibolo,  ed  un  altro  molto  più  ridotto  poste¬ 
riormente,  spesso  appena  accennato. 

Anteriormente  e  posteriormente  il  Saum  decorre  all’interno  del 
contorno;  anteriormente  tende  ad  assumere  un  caratteristico  anda¬ 
mento  poligonale,  presentando  quattro  decise  sporgenze  angolose,  si¬ 
mile  a.  quello  già  osservato  in  Quasibuntonia  radiatopora  (v.  fig.  24). 

Campo  muscolare  di  una  fila  posteriore  verticale  di  4  impronte, 
preceduta  da  una  impronta  isolata  a  forma,  di  V. 

La  valva  destra  (osservazioni  compiute  su  esemplare  di  altra  prò- 
venienza)  si  presenta  un  po’  più  angolosa  all’estremo  cardinale  ante¬ 
riore.  Il  cardine  è  costituito  da  un  dente  anteriore  subconico,  a  base 
subellittica,  irregolare,  seguito  da  un  alveolo  che  posteriormente  e  in 
basso  si  apre  decisamente  verso  l’interno,  mentre  posteriormente  in 
alto  sfocia  in  una  doccia  cardinale  bene  delimitata,  sottile,  a  fondo 
erenulato,  terminata  contro  un  dente  posteriore  breve  e  reniforme. 

Dimorfismo  sessuale:  Carapaci  maschili  più  allungati  e  meno 
alti  di  quelli  femminili. 

Dimensioni  : 

olotipo  :  L  =  0,83  mm.  ;  h  =  0,55  mm.  ;  1/2  1  —  0,19 

paratipoide:  L  =  0,83  mm.  ;  h  =  0,54  mm. 

Osservazioni :  La  specie  qui  proposta  si  distingue  dal  genotipo 
Q.  radiatopora  (Seg.)  per  avere  dimensioni  minori,  per  essere  in  pro¬ 
porzione  meno  alta  anteriormente,  e  per  mancare  di  quella  depressione 
nell’area  anteriore,  normalmente  al  piano  commissurale,  che  nella  ra¬ 
diatopora  è  sempre  molto  spiccata.  Decisamente  diversa  è  anche  l’or¬ 
namentazione. 

Distribuzione  :  Oltre  alle  due  valve  sinistre  riscontrate  nella  lo¬ 
calità  tipo,  ho  raccolto  anche  una  valva  destra,  sicuramente  conspe¬ 
cifica  (e  su  questa  valva  è  basata  la  descrizione  sopra  riportata  dei 
caratteri  della  valva  destra)  nelle  argille  azzurre  medioplioceniche  af¬ 
fioranti  sotto  Cozzo  Griovanella,  quota  705,  sulla  strada  fra  Pergusa 
ed  Enna  (Sicilia). 

Sia  nella  località  tipica,  che  in  questa,  si  tratta  di  sedimenti  di 
una  certa  profondità  (500  metri  o  oltre),  che  sembrano  essere  prefe¬ 
riti  da  Quasibuntonia ,  eontrariarmente  a  quanto  si  verifica  per  Bun- 
tonia,  che  prospera  nelle  situazioni  sublitorali.  E’  qui  il  caso  di  ram¬ 
mentare  come  il  genotipo,  Q.  radiatopora,  sia  stato  pescato  nei  grandi 
oceani  a  profondità  comprese  fra  075-2780  metri. 


140 


G.  RUGGIERI 


Famiglia  Cytheridae.  Baird  1850 
Sottofamiglia  Brachycytherinae  Puri  1953a. 

Genere  Incongruellina  n.  gen. 

Genotipo  :  Incongruellina  semispinescens  n.  sp. 

Orìgine  del  nome :  dal  latino  incongruens,  non  congruente. 

Diagnosi :  Ostracode  della  fam.  Cytheridae,  sottofam.  Brachycy¬ 
therinae,  con  le  segmenti  caratteristiche  :  Carapaci  con  carena  latero- 
ventrale  sviluppata,  e  le  due  valve  diverse  per  forma  e  mole,  essendo 
la  sinistra  più  alta  della  destra.  Cardine  nella  valva  sinistra  di  una 
cresta  dentellata,  terminata  anteriormente  in  un  dente,  compresa  fra 
due  alveoli  terminali;  nella  valva  destra  di  due  denti  terminali,  fra  i 
quali  decorre  una  doccia  che  anteriormente  si  dilata  in  un  alveolo.  Du¬ 
plicature  marginali  larghe,  provviste  inferiormente  di  vestiboli  bene 
sviluppati.  Occhi  presenti. 

Osservazioni :  Questo  genere  presenta  affinità  con  diversi  altri, 
quali  Bosquetina  Kei.j,  Buggieria  Keij,  Pterigocythereis  Blake,  Alu- 
tacythere  M.  et  H.,  ecc.,  da  ognuno  dei  quali  si  distingue  per  furia 
o  per  l’altra  delle  caratteristiche  elencate  nella  diagnosi,  separandosi 
comunque  da  tutti  gli  altri  per  la  presenza  e  l’andamento  dei  vesti¬ 
boli.  Presenta  altresì  una  certa  affinità  con  Cytheropteron  Sars, 
affinità  che  risiede  soprattuto  nell’andamento  del  Saum  e  dei  vesti¬ 
boli,  restandone  tuttavia  decisamente'  distinto  per  le  caratteristiche 
del  cardine,  e  per  la  presenza  degli  occhi. 

Incongruellina  semispinescens  n.  sp. 

(Figg.  3,  3 a,  4,  4a,  8,  28,  29,  30) 

Olotipo :  la  valva  sinistra  rappresentata  a  figg.  4,  4a  (O.C.R.  SI.  1604). 
Paratipoidi :  due  valve  sinistre  e  una  valva  destra  (O.C.R.,  Sls.  1604  e  1602). 
Locus  typicus :  Cava  di  argilla  alla  periferia  immediata  di  Caltagirone 
(Sicilia),  sul  lato  E  della  strada  per  Piazza  Armerina. 

Stratum  typicum :  Calabriano  (parte  più  bassa  delle  argille  ad  Anoma- 
lina  halthica). 

Origine  del  nome:  semispinescens,  lat.,  =  spinescente  per  metà. 

Descrizione  :  Conchiglia  ad  abito  di  Cytheropteron,  con  una  forte 
carena  lateroventrale.  Valva  destra  vista  di  lato  subtrapezoidale,  col 
margine  dorsale  leggermente  convergente  verso  l’addietro  con  quello 
ventrale.  Margine  anteriore  arrotondato,  con  massima  protrusione  in- 


ALCUNI  O STRAGODI  DEL  NEOGENE  ITALIANO 


141 


feritore,  dove  è  ornato  da  una  serie  di  dentelli;  estremità  posteriore 
foggiata  a  forma  di  ottuso  becco.  In  posizione  latero-ventrale  decorre 
una  robusta  carena,  che  si  allunga  fino  quasi  all’estremo  posteriore 
della  valva,  e  termina  in  una  spina;  la  carena,  osservando  di  lato  nor¬ 
malmente  al  piano  commissurale,  appare  situata  più  in  basso  della 
nommissura  ventraie,  e  nasconde  il  margine  ventrale. 


0,  ,0,5  mm  58 


Fig.  28.  —  Incongruellina  semispinescens  n.  gen.,  n.  sp.  -  Campo  mu¬ 
scolare  principale  di  vs.  Ingr.  x  91. 

Fig.  29.  —  Incongruellina  semispinescens  n.  gen.,  n.  sp.  -  Cardine  di 

vs.  Ingr.  x  91. 

Fig.  30.  —  Incongruellina  semispinescens  n.  gen.,  n.  sp.  -  Struttura 
di  vd,  i  vestiboli  in  nero  (0.  C.  R.,  SI  1602).  Ingr.  x  91. 

Il  contorno  della  valva  è  determinato  dallo  sporgere  della  flangia, 
-airinfuori  che  per  un  breve  tratto  del  margine  anteriore,  immediata¬ 
mente  al  disopra  della  zona  spinosa,  dove  sporge  il  Sauna,  e  per  il 
becco  posteriore,  il  cui  contorno  è  determinato  esclusivamente  dal 
Saum  fortemente  sporgente,  come  una  lamina  trasparente.  Tutto 
questo  dipende  dal  fatto  che  la  figura  descritta  dall’orlo  della  flangia 
•e  quella  descritta  dall’orlo  del  Saum  sono  notevolmente  diverse  fra 


142 


G-.  RUGGIERI 


loro,  rnltima  meglio  corrispondendo  al  contorno  della  valva  destra,, 
che  è  relativamente  molto  più  bassa  e  allungata.  In  particolare,  nella 
valva  sinistra  la  flangia  dorsalmente  sporge  largamente  sopra  la  linea 
cardinale  (modificazione  locale  del  Saura). 

Superficie  levigata  e  lucente,  solo  segnata  qua  e  là  da  piccolis¬ 
sime  fossette,  corrispondenti  allo  sbocco  dei  porieanali  laterali.  Il  gu¬ 
scio  è  limpido,  e  lascia  chiaramente  trasparire  le  strutture  interne.  Gli 
occhi  sono  molto  piccoli,  difficilmente  reperibili,  se  prima  non  si  sono 
ubicati  all’interno  i  seni  oculari. 

Vista  dal  ventre  :  vedasi  fig.  4a. 

Caratteri  interni  :  Cardine  costituito  da  una  cresta  rettilinea,, 
denticolata  terminata  in  avanti  e  in  basso  in  un  dente  ottusamente  co¬ 
nico.  L'alveolo  anteriore  è  irregolare,  con  la  massima  profondità  in 
basso,  un  poco  al  disotto  del  dente  anteriore;  subito  sotto  vi  è  un  ri¬ 
dottissimo,  ristretto  seno  oculare.  L’alveolo  posteriore  ha  la  forma  di 
un  trapezio  rovescio,  ed  è  debolmente  delimitato  verso  l’interno. 

Sopra  la  cresta  cardinale,  parallela  ed  aderente  ad  essa,  vi  è  una 
depressione  bene  definita  (fossa  sopracardinale,  =  ingl.  accomoda - 
tion  groove),  estesa  dall’altezza  del  dente  anteriore  fino  in  prossimità 
dell’alveolo  posteriore.  Sopra  la  fossa  sopracardinale,  la  flangia 
sporge  e  si  estende  largamente. 

Le  zone  marginali  sono  larghe,  specialmente  anteriormente;  in 
basso  sono  occupate  da  vestiboli  profondi,  che  rammentano  un  poco 
per  la  loro  forma  quelli  del  genere  Krithe,  l’anteriore  spinto  fino  al¬ 
l'orlo  della  flangia,  il  posteriore  limitato  un  po'  più  all'interno.  Le 
zone  di  fusione  sono  percorse  da  rari  porieanali  marginali,  flessuosi, 
riuniti  talvolta  a  gruppi  di  due  o  tre,  talaltra  bifidi  all’estremità,  in 
numero  di  13-15  anteriormente,  e  di  altrettanti  posteriormente. 

Il  campo  muscolare  è  piccolo,  situato  piuttosto  in  alto,  ed  è  co¬ 
stituito  dalla  solita  fila  subverticale  di  quattro  impronte,  disposte 
piuttosto  irregolarmente,  preceduta  da  una  impronta  isolata  a  forma 
di  V. 

Valva  destra  vista  di  lato  trapezoidale,  notevolmente  più  bassa 
della  valva  sinistra,  poiché  la  flangia  non  sporge  al  disopra  della  linea 
cardinale.  Il  contorno  è  dato  quasi  completamente  dalla  flangia,  ec¬ 
cetto  che  per  un  brevissimo  tratto  al  disopra  del  becco  posteriore  dove 
sporge  molto  debolmente  il  Saum.  L'estremità  posteriore  termina  in 
un  becco  decisamente  triangolare,  con  vertice  spostato  molto  in  basso  ^ 


ALCUNI  OS  TRA  CODI  DEL  NEOGENE  ITALIANO 


143 


il  becco  è  provvisto  di  una  fila  di  mucroni,  dei  quali  uno  situato  un 
poco  sotto  il  vertice  è  robustissimo,  ricurvo,  a  forma  di  zanna  di  ele¬ 
fante  :  questi  denti  mancano  completamente  nella  opposta  valva.  Per 
gli  altri  caratteri  esterni  simile  alla  valva  sinistra. 

Caratteri  interni  :  Cardine  costituito  di  un  dente  anteriore  a 
forma  di  L  rovescia,  con  angolo  situato  anteriormente  e  in  alto,  prov¬ 
vista  alla  terminazione  inferiore  di  una  cuspide  acuta  e  sporgente,  se¬ 
guito  da  un  alveolo  profondo,  rotondeggiante,  che  sfocia  in  alto  in 
una  doccia  cardinale  rettilinea,  bene  delimitata,  e  fondo  crenulato, 
terminata  posteriormente  contro  un  dente  trapezoidale,  non  visibil¬ 
mente  frazionato  in  dentelli. 

Dimensioni  : 

olotipo  :  L  =  0,828  mm.  ;  li 
paratipoide:  L  =  0,828  mm.;  li 
paratipoide  :  L  =  0,935  mm.  ;  h 

Osservazioni :  Non  essendomi  stato  possibile  di  rintracciare  un 
carapace  completo,  sono  stato  lungamente  in  dubbio  sulla  effettiva 
pertinenza  alla  stessa  specie  delle  due  valve  sopra  descritte  :  e  solo  mi 
sono  deciso  ad  accettare  questo  fatto  come  una  realtà,  dopo  avere  con¬ 
statato  come  queste  valve  così  apparentemente  diverse  si  presentas¬ 
sero  associate  nei  vari  giacimenti,  e  dopo  avere  verificato  come  i  loro 
contorni  commissurali  fossero  effettivamente  coincidenti:  la  diffe¬ 
renza  più  impressionante  fra  le  due  valve  è  data  da  tutto  il  robusto 
corredo  di  mucroni  alFestremità  posteriore  delle  valva  destra,  mentre 
la  valva  sinistra  è  del  tutto  inerme. 

La  specie  proposta  presenta  superficiali  rassomiglianze  con  spe¬ 
cie  pertinenti  a  qualche  altro  dei  generi  affini  (in  particolare  rappre¬ 
sentanti  del  genere  Buggieria),  ma  da  tutti  si  distingue  comunque  per 
i  caratteri  generici. 

Distribuzione :  Le  argille  ad  Anomalina  balthica  dalle  quali  pro¬ 
viene  il  tipo,  affioranti  a  Nord  di  Caltagirone,  sono  state  recente¬ 
mente  riconosciute  come  pertinenti  al  Calabriano  (Malatesta  e  Tor¬ 
rente  1954);  ivi  la  Incongruellina  semispinescens  si  presenta  asso¬ 
ciata  ad  altri  pochi  Ostraeodi,  e  cioè  : 

Krithe  ex  gr.  barthonensis  Jones 
Bairdia  sub  deltoide  a  v.  Mùnst. 

Loxoconcha  granulata  Saks 
Bosquetina  dentata  (G-.  W.  Mùller) 

Cytheropteron  vespertilio  (Reuss). 


=  0,548  mm.  ;  1/2  1  =  0,285  (vs). 
=  0,537  mm.  (vs). 

=  0,446  mm.  ;  1/2  1  =  0,285  (vd). 


144 


G.  RUGGIERI 


Questa  associazione  è  tipica  e  costante  nel  Postpliocene  «  freddo  » 
dell’Italia  meridionale.  Gli  altri  elementi  faunistici  presenti  nell’ar- 
gilla  permettono  di  riconoscervi  un  fondo  di  modesta  profondità,  poco 
al  disotto  della  zona  a  laminarie,  compreso  cioè  fra  i  100  e  i  250  metri 
di  profondità. 

Altri  esemplari  ho  ottenuto  da  materiale  ricavato  a  profondità 
sconosciuta  da  un  sondaggio  per  ricerca  di  acqua  a  Tor  Caldara,  presso 
Anzio  (Lazio);  si  tratta  ancora  di  argille  a  Anomalina  balthica,  ma 
qui  con  una  ricchissima  fauna  ad  Ostracodi,  che  non  mi  è  possibile 
elencare  nella  sua  integrità  perchè  ne  è  ancora  in  corso  lo  studio. 

L’altra  località  nella  quale  ho  raccolto  questa  interessante  specie 
è  l’ormai  famoso  giacimento  di  argille  fossilifere  di  Capocolle,  all’un¬ 
dicesimo  chilometro  sulla  strada  da  Forlì  a  Cesena  (Emilia).  Per  una 
esauriente  discussione  della  età  di  questo  livello  rimando  a  quanto  ebbi 
a  scriverne  recentemente  (Ruggieri  1957a,  p.  40  e  segg.),  arrivando 
alla  conclusione  che  si  tratta  probabilmente  di  Pliocene  superiore,  ma 
che  non  è  del  tutto  da  escludersi  una  .correlazione  fra  questo  livello  e 
il  «  Calabriano  inferiore  »  del  Lazio  e  della  Toscana. 

In  definitiva,  la  7.  semispinescens  è  stata  finora  riscontrata  su 
fondi  argillosi  di  modesta  profondità,  la  cui  età  è  compresa  fra  la  som¬ 
mità  del  Pliocene  e  la  parte  più  bassa  del  Quaternario. 


Surmary 

Four  new  species  and  two  new  genera  ( Quasibuntonia  and  Incon- 
_gruellina)  of  Ostracoda  are  proposed,  based  on  materials  eollected  in  beds 
of  Neogenie  age  both  in  North  and  South  Italy.  The  new  species  described 
.and  illustrated  are: 

Cyamocytheridea  dertonensis  (Miocene) 

Mutilus  ( Aurila )  albicans  (Miocene) 

Quasibuntonia  seguenziana  (Pliocene) 

Incongruellina  semis-pinescens  (Uppermost  Pliocene  and  lowermost 
Quaternary). 

All  thè  ostracodiferous  deposits  are  of  pure  marine  facies. 


ALCUNI  OSTRACODI  DEL  NEOGENE  ITALIANO 


1 45- 


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Sergio  Radrizzani 


NOTE  SULLA  STRATIGRAFIA 
DEL  GRUPPO  DELLE  GRIGNE 


Queste  note  illustrano  i  risultati  che  ritengo  di  maggiore  interesse 
ottenuti  nel  corso  degli  studi  per  la  tesi  di  laurea,  svolti  nella  parte 
occidentale  del  Gruppo  delle  Griglie  Q). 

1.  UN  AFFIORAMENTO  RAIBLIANO  PRESSO  LIERNA 

La  nota  di  maggior  rilievo  riguarda  la  datazione  di  un  complesso 
di  strati  affioranti  presso  Lierna,  formato  da  ripetute  alternanze  di 
arenarie,  marne  e  calcari  ed  assegnato  da  diversi  Autori,  quali  Plii- 
lippi  (6)  e  Triimpy  (10),  al  Werfen  e  successivamente  all’Anisico  dal 
Redini  (7-8). 

La  datazione  del  Redini  fa  parte  di  una  teoria  che  rivoluziona  la 
struttura  tettonica  e  la  successione  stratigrafica  di  parte  del  Gruppo 
delle  Grigne  e  poteva  essere  messa  in  dubbio  ;  infatti  De  Sitter  (3),  nel 
suo  studio  sulle  Alpi  Bergamasche,  si  rifa  al  Triimpy  per  quello  che 
riguarda  le  Griglie.  Questa  teoria  si  basa  però  sul  ritrovamento,  il 
primo  in  questo  complesso,  di  alcuni  fossili  e  cioè  di  Myophoria  sp. 
inch,  Gervilleia  sp.  ind.  e  Myochonca  sp.  ind.  che  ricorderebbero,  per 
l’A.,  specie  del  Muschelkalk  inferiore  ( Myophoria  laevigata  Alb., 
Gervilleia  costata  Scili.,  Myochonca  gastrochaena  Dunk.). 

D’altra  parte  l’assegnazione  al  Werfen  è  basata  solamente  sul 
ritrovamento  di  resti  vegetali  e  sulla  posizione  stratigrafica;  i  resti 
vegetali  facevano  supporre  la  presenza  del  livello  a  Voltia  h et er opinila 
Brgn.  segnalato  da  Escher  von  elei*  Linth  (4)  nel  Werfen  sopra  Bellano, 
mentre  la  posizione  stratigrafica  poneva  il  complesso  al  di  sopra  dello 
.scorrimento  settentrionale,  che  lo  separava  dal  Perledo-Varenna  affio¬ 


ri  Radrizzani  Sergio  -  La  geologia  della  zona  tra  E  sino  Lario  e  Lierna 
-  Tesi  di  laurea  -  Istituto  di  Geologia  dell’Università  di  Milano,  1956. 


148 


S.  RADRIZZANI 


rante  più  a  Sud,  ed  al  di  sotto  dell’Anisico  inferiore,  qui  in  facies  di 
«  dolomia  di  Elto  »  (2).  La  diversità  di  facies  litologica  rispetto  agli 
affioramenti  valsassinesi,  notata  da  molti  Autori,  era  spiegata  dal 
Triimpy  con  una  diversa  profondità  del  bacino  di  sedimentazione. 

Mi  proposi  di  controllare  l’asserzione  del  Redini  circa  la  non  esi¬ 
stenza  dello  scorrimento  tra  il  Perledo-Yarenna  ed  il  supposto  Werfen 
e  di  ritrovare  la  località  fossilifera  segnalata  dallo  stesso  Autore 
presso  la  q.  602  della  Valle  del  Gesso  (vedi  la  Carta  topografica  alla 
scala  1:20.000  edita  dal  T.C.I.  ;  per  le  altre  località  vedi  le  tavolette 
Bellagio  e  Pasturo,  rispettivamente  I  N.O.  e  I  N.E.  del  F°.  32  della 
Carta  d’Italia)  per  ricercarvi  fossili  che  potessero  essere  determinati 
più  specificamente. 

Circa  il  primo  punto  devo  dire  che  tutto  il  contatto  tra  il  Per- 
ledo-Varenna  ed  il  supposto  Werfen  è  contrassegnato  da  brecce  di 
frizione  più  o  meno  notevoli  che  ad  Est  di  Sornico,  sulla  mulattiera 
che  conduce  a  Nér,  raggiungono  la  potenza  di  vari  metri;  non  vedo 
quindi  come  il  Redini  abbia  potuto  parlare  di  normale  successione  tra 
i  due  complessi.  Solo  il  ritrovamento  di  fossili  avrebbe  però  potuto 
risolvere  il  problema  dell’età  delle  formazioni  in  questione. 

Non  sono  riuscito  a  ritrovare  la  località  indicata  dal  Redini,  ha 
però  individuato  un’altra  località  a  q.  495  sul  fianco  meridionale  del 
costone  di  Casello  San  Bernardo.  Le  forme  determinate  sono  le  se¬ 
guenti  : 

—  Pleurophorus  curioni  (Hauer)  forma  tipica  ; 

—  Myophoria  kefersteini  (Miinst.)  var.  ind.  ; 

—  Gervillia  menarli  Stopp.  ; 

—  Bactrillium  canaliculatum  Heer.. 


(2)  Questa  denominazione  sostituisce  quella  di  «  dolomia  della  Men- 
dola  »  data  dal  Trùmpy  ad  un  complesso  calcareo-dolomitico  appartenente 
all  ’Anisico  inf .  ;  quando  successivamente  i  terreni  affioranti  presso  il  P.so 
della  Mendola  risultarono  di  età  ladinica.  si  adottò  il  nome  di  «  dolomia  del 
Seria  »  (GB.  Dal  Piaz  -  Corso  di  Geologia  -  voi.  II,  pag.  163  -  Padova  1950) 
che  però  è  riferito  ad  una  formazione  dell ’Anisico  medio-superiore.  Su 
consiglio  del  dott.  A.  Pollini  —  Aiuto  Assistente  presso  l’Istituto  di  Geo¬ 
logia  dell’Università  di  Milano  —  ho  ritenuto  opportuno  usare  il  termine 
di  «  dolomia  di  Elto  »  che  è  dato  ad  un  complesso  coevo  affiorante  in  Val 
Camonica,  abbastanza  simile  per  costituzione  litologica  e  per  aspetto  di 
stratificazione. 


NOTE  SULLA  STRATIGRAFIA  DEL  GRUPPO  DELLE  GRIGNE  149 

Tutti  i  fossili  sono  contenuti  in  scisti  marnoso-argillosi  grigio¬ 
verdastri  ed  il  loro  stato  di  conservazione  non  è  sempre  buono. 

Per  Bactrillium  canaliculatum  Heer  e  Gervillia  meriani  Stopp.  si 
tratta  del  primo  ritrovamento  nel  Gruppo  delle  Grigne,  per  le  altre 
due  forme  del  secondo  ritrovamento,  essendo  già  state  segnalate  al- 
TAlpe  Cavallo  (Griglia  Meridionale). 

L’importanza  del  ritrovamento  è  notevolissima  in  quanto  tutti  i 
fossili  sono  caratteristici  del  Raibliano. 

L’esame  dell’ intero  affioramento  ha  portato  alla  conclusione  che 
tutto  il  complesso  è  databile  al  Raibliano  ed  appartiene,  sia  pure  in 
posizione  particolare,  alla  Scaglia  Media  del  Gruppo  delle  Grigne. 
Infatti  lungo  quello  che  era  considerato  dal  Triimpy  il  limite  stratigra¬ 
fico  tra  Werfen  e  «  dolomia  di  Elto  »  passa  invece  lo  scorrimento 
settentrionale,  mentre  è  da  considerare  secondario  lo  scorrimento  esi¬ 
stente  tra  il  resto  della  Scaglia  Media  e  l’affioramento  raibliano  in  que¬ 
stione;  quest’ultimo,  essendo  compreso  tra  due  scorrimenti,  forma 
una  sottoscaglia  che  chiameremo  «  Sottoscaglia  di  Lierna  ». 

Lo  scorrimento  principale  non  era  mai  stato  individuato  perchè 
è  spesso  coperto  da  formazioni  quaternarie,  per  cui  si  poteva  essere 
indotti  a  supporre  la  presenza  di  un  passaggio  normale  alla  «  dolomia 
di  Elto  »  ;  pieghettature,  fratture,  rocce  brecciate  o  ridotte  a  sfa¬ 
sciume,  individuabili  soprattutto  nel  Raibliano  presso  il  contatto, 
erano  state  considerate  evidentemente  come  il  prodotto  di  una  diversa 
reazione  dei  due  complessi  alle  spinte  tangenziali  che  hanno  causato 
lo  scagliamento. 

Lo  scorrimento  settentrionale,  a  partire  dal  Fosso  Brentalone,  è 
poi  sempre  coperto  da  crostone  o  detrito  di  falda  e  scompare  proba¬ 
bilmente  nel  Lago  di  Lecco  al  limite  settentrionale  della  piana  di 
Lierna. 

Le  brecce  di  frizione  osservate  da  Philippi  e  da  Mariani  (5)  presso 
Castello  di  Lierna  sono  invece  riferibili  con  certezza  allo  scorrimento 
secondario  che  dalla  base  del  costone  di  C.lo  San  Bernardo  non  è  più 
visibile. 

La  copertura  quaternaria  è  abbondantissima  su  tutto  l’affiora¬ 
mento  per  cui  è  molto  difficile  constatare  la  presenza  di  eventuali  di¬ 
sturbi  o,  se  sono  visibili  in  qualche  punto,  comprendere  quale  impor¬ 
tanza  rivestano  ;  è  impossibile  inoltre  effettuare  serie  stratigràfiche 
complete.  Ho  voluto  tuttavia  eseguire  una  serie  per  stabilire  in  quale 
rapporto  di  successione  e  di  frequenza  si  trovino  i  diversi  tipi  litolo- 


u 


150 


S.  RADRIZZANI 


gici  che  si  alternano  nell’ambito  del  complesso  e  per  conoscere  la  posi¬ 
zione  del  livello  fossilifero  nella  serie  stessa  onde  poter  stabilire  quali 
sottopiani  del  Raibliano  siano  qui  presenti. 

Serie  del  costone  di  Casello  San  Bernardo. 

La  serie  è  stata  effettuata  sul  fianco  Sud  del  costone  a  partire 
da  q.  350  fino  a  q.  510  e  continuata  fino  a  q.  620  sulla,  cresta  perchè 
sul  fianco  gli  affioramenti  sono  estremamente  scarsi. 

—  Calcare  leggermente  dolomitico  grigio  chiaro  del  complesso 
della  «  dolomia  di  Elto  »  appartenente  alla  Scaglia  Nord. 

Scorrimento  settentrionale 

29  -  Alternanze  di  : 

a)  Calcari  nerastri,  scheggiosi,  in  strati  di  5-15  em 

b)  Scisti  marnoso-argillosi  grigi  o  variegati  molto 

sfatti,  in  pacchetti  di  10-15  em.  m.  IO 

28  -  Alternanze  di: 

a)  Calcari  dolomitici  leggermente  marnosi  grigio  chiaro- 
giallastri,  venati  ;  strati  di  5-10  em. 

b)  Scisti  marnoso-argillosi,  talora  arenacei,  grigiastri, 


molto  sfatti  specie  verso  l'alto  ;  pacchetti  di  10  cm  m.  35 

27  -  Calcare  magnesiaco  grigio-nerastro  a  volte  minutamente 
venato  ;  alterazione  superficiale  giallastra  ;  strati  di 
5-10  cm.  m.  10 

26  -  Calcare  leggermente  dolomitico  grigio  scuro  venato  ;  strati 

di  5-15  cm.  m-  20 

25  -  Calcare  molto  dolomitico  grigio,  compatto,  venato;  alte¬ 
razione  giallastra..  ni.  2 


24  -  Calcare  dolomitico  e  marnoso  grigio  chiaro-giallino,  mi¬ 
nutamente  venato.  m.  4 

23  -  Alternanze  di: 

a)  Calcari  molto  dolomitici  leggermente  marnosi  grigi.; 
strati  di  5-10  cm. 

b)  Scisti  argillosi  molto  marnosi  e  siliciferi,  grigi,  con 

spalmature  bituminose.  m-  T 

—  Copertura  detritica.  ni.  25- 


NOTE  SULLA  STRATIGRAFIA  DEL  GRUPPO  DELLE  GRIGNE 


151 


22  -  Alternanze  di  : 

a)  Calcari  neri  compatti,  venati,  alterati  in  grigio; 
strati  da  5  a  30  em. 

b)  Calcari  leggermente  siliciferi  grigio  ferro,  compatti, 
venati,  alterati  in  grigio-giallastro. 

c)  Marne  grigio  ferro  compatte,  alterate  in  grigio.  m.  12 
21  -  Alternanze  di  : 

a)  Scisti  marnoso -argillosi  grigio-verdastri  abbastanza 
sfatti,  a  volte  con  spalmature  bituminose.  E’  in  questi 
scisti  che  è  stata  rinvenuta  la  fauna  precedentemente 
descritta,  oltre  a  lamellib ranchi  e  bactrilli  non  deter¬ 
minabili. 

b)  Arenarie  quarzoso-calcaree  grigio-verdi  lievemente 

micacee,  molto  cementate;  straterelli  di  1-2  cm.  m.  25 

20  -  Alteranze  di  : 

a)  Calcari  leggermente  siliciferi  neri  microcristallini; 
strati  di  5-10  cm. 

b)  Calcari  molto  arenacei  grigio  scuri  a  grana  fine; 
straterelli  anche  tabulari  di  2-5  cm. 


c )  Scisti  marnosi  grigio  chiari  piuttosto  sfatti.  m.  15 

—  Copertura  detritica.  m.  3 

19  -  Calcare  leggermente  dolomitico  arenaceo  a  grana  non 

molto  fine  grigio-biancastro  ;  strati  di  7-15  cm.  m.  5 

18  -  Calcare  dolomitico  ed  arenaceo  rosso  o  verdastro  a  grana 

molto  fine,  in  strati  scistosi  galestini.  m.  14 

—  Copertura  detritica.  m.  5 

17  -  Calcare  grigio-nerastro  compatto,  scheggioso,  con  grosse 

vene  calcitiche;  strati  da  10  a  30  cm.  m.  4 

16  -  Arenaria  molto  calcarea  e  quarzosa  grigia,  a  grana  molto 

fine;  strati  di  10-30  em.  m.  7 

15  -  Marna-calcare  grigia,  compatta,  alterata  in  giallastro; 

strati  di  5-101  cm.  m.  7 

14  -  Alternanze  di  : 


a)  Arenarie  quarzoso-calcaree  grigio-verdi  a  grana 
grossa,  talora  con  resti  vegetali  carbonizzati;  strati 
da  5  a  20  cm. 

b)  Scisti  argillosi  molto  marnosi  e  quarziferi  verdastri, 

sfatticci;  pacchetti  di  5-10  cm.  m.  4 

13  -  Calcare  grigio-nerastro  come  al  termine  17.  m.  6 


152 


S.  RADRIZZANI 


f 


12  -  Alternanze  come  al  termine  14  con  intercalazioni  di: 

c)  Arenarie  quarzoso-calcaree  un  po’  argillose  a  grana 
fine  color  rosso  vino,  di  aspetto  quasi  galestrino;  si 
notano  piccolissime  lamelle  micacee  ed  inclusioni  di 
noduli  calcarei  arrotondati,  non  più  grandi  di  un  pi¬ 
sello.  m-  13 

11  -  Calcare  marnoso  pulverulento  molto  alterato,  giallo  chiaro 

o  grigio,  spesso  venato  ;  strati  di  10-15  cm.  m.  3 


10  -  Alternanze  di: 

a)  Arenarie  quarzose  molto  calcaree  a  grana  fine  gri¬ 
gio-verdi,  ben  cementate;  strati  di  5-10  cm. 

b)  Arenarie  quarzoso-calcaree  a  grana  grossa  grigio 
chiare;  straterelli  tabulari  di  non  piu  di  1  cm. 

c)  Scisti  marnosi  grigi,  sfatticci,  in  pacchetti  da  5  a 
a  25  cm. 

—  Copertura. 

9  -  Arenarie  verdi  come  al  termine  IO1  a). 

8  -  Calcare  marnoso  leggermente  dolomitico  grigiastro,  ca¬ 
riato  ;  i  vuoti  sono  a  volte  ricoperti  da  cristallini  di 
calcite,  a  volte  riempiti  da  una  sostanza  argillosa 
giallastra;  strati  da  5  a  25  cm. 

7  -  Alternanze  di: 

a)  Marne  calcaree  leggermente  dolomitiche  grigio  scure  ; 
straterelli  e  strati  da  3  a  IO1  cm. 

b)  Scisti  marnosi  grigi  simili  al  termine  10  c). 

6  -  Alternanza  tipo  10  a)-b)-c). 

—  Copertura. 

5  -  Calcare  marnoso  pulverulento  come  al  termine  11. 

4  -  Calcare  marnoso  cariato  come  al  termine  8. 

3  -  Calcare  nero  compatto,  venato,  alterato  in  giallastro  an¬ 
che  profondamente.  Strati  da  5  a  30  cm. 

—  Copertura. 

2  -  Calcare  marnoso  grigio  chiaro,  leggermente  cariato. 

—  Copertura. 

1  -  Calcare  dolomitico  grigio  chiaro  o  grigio  ferro,  compatto, 
scheggioso;  strati  di  5-15  <un.  che,  specie  verso  la  base,  si 
presentano  piuttosto  fratturati. 


m.  15 
m.  5 
m.  4 


m.  3 


m.  4 

m.  5 
m.  5 

m.  1 
m.  1 

m.  15 
m.  5 
m.  8 
m.  25 

m.  10 


\ 


NOTE  SULLA  STRATIGRAFIA  DEL  GRUPPO  DELLE  GRIGNE 


153 


Scorrimento  secondario 

(nascosto  da  alluvioni;  esso  separa  la  Sottoscaglia  di  Lierna  dal 

resto  della  Scaglia  Media). 

La  potenza  totale  della  serie  è  di  342  metri. 

Nel  resto  della  sottoscaglia  non  si  notano  variazioni  di  facies  di 
una  certa  entità  rispetto  alla  serie  descritta. 

La  presenza  del  livello  fossilifero  è  determinante  per  la  data¬ 
zione  dell’intero  affioramento  :  esso  è  infatti  caratteristico  del  Rai- 
bliano  medio.  Un  confronto  con  la  posizione  di  tale  livello  nel  Rai- 
bliano  medio  della  Val  Brembana,  studiata  dal  prof.  A.  Desio  (2),  ed 
in  cpiello  di  altre  zone  ha  portato  alla  conclusione  che  tutto  l’affiora¬ 
mento  di  Lierna  è  databile  al  Raibliano  medio  e  che  è  possibile  rite¬ 
nere  che  questo  sottojhano  sia  in  questa  zona  quasi  completamente 
rappresentato. 

Alcuni  livelli  che  litologicamente  sembrano  appartenere  al  Rai¬ 
bliano  superiore  (calcari  marnosi  cariati  o  pulverulenti),  giacciono 
nella  serie  al  di  sotto  del  livello  fossilifero;  ciò  farebbe  supporre  la 
presenza  di  una  serie  rovesciata  dove  cioè  i  termini  inferiori  sareb¬ 
bero  databili  al  Raibliano  superiore,  quelli  più  alti  al  Raibliano  me¬ 
dio.  Non  avendo  tuttavia  riscontrato  altri  elementi  che  convalidassero 
questa  ipotesi,  rimango  dell’opinione  che  la  sottoscaglia  di  Lierna  sia 
costituita  solamente  da  Raibliano  medio  in  condizioni  di  giacitura 
normali. 

La  datazione  al  Raibliano  dei  terreni  esaminati  dimostra  l’esi¬ 
stenza  dello  scorrimento  settentrionale  ;  è  quindi  da  considerare  errata 
la  teoria  espressa  dal  Redini  in  «  1  fossili  e  l’età  di  alcune  formazioni 
del  Gruppo  delle  Grigne  »  (7).  Riunisco  qui,  anche  se  dovrò  accennare 
a  problemi  di  carattere  più  generale,  le-  critiche  a  varie  argomenta¬ 
zioni  portate  dall’A.  a  suffragio  della  sua  teoria  ed  esposte  nel  la¬ 
voro  citato. 

a)  Da  quanto  ho  potuto  constatare,  lungo  tutto  lo  scorrimento 
settentrionale,  negato  dal  Redini,  non  esistono  zone  in  cui  si  noti  un 
«  chiaro  e  graduale  passaggio  »  tra  le  dolomie  della  Griglia  Merid.  e 
le  formazioni  di  base  della  Scaglia  Nord:  si  può  solo  osservare  che 
spesso  le  direzioni  di  immersione  degli  strati  al  tetto  ed  al  letto  dello 
scorrimento  sono  abbastanza  simili. 


154 


S.  RADRIZZAXI 


5)  Presso  la  q.  602  in  Valle  del  Gesso,  nella  punta  Sud  della 
Sottoscagli-a  di  Lierna,  il  contatto  tra  i  terreni  della  sottoscaglia  e 
l’Esino  è  contrassegnato  da  una  forte  brocciatura  avvenuta  special- 
mente  a  spese  dei  più  teneri  strati  raibliani;  anche  il  contatto  tra 
Raibliano  e  Perledo- Va  renna,  come  già  detto,  è  segnato  da  notevoli 
brecce  di  frizione.  Xon  si  è  quindi  in  presenza  nè  di  un  graduale  pas¬ 
saggio  laterale  tra  la  dolomia  di  Esino  e  l’ex-Werfen  di  Lierna,  nè  di 
una  normale  successione  dal  Perledo- Varenna  allo  stesso  complesso. 

c)  In  Val  Meria  la  massa  dolomitica  della  Scaglia  Media  poggia 
sui  calcari  a  «  Ceratites  trinodosus  »  che  appartengono  alla  parte  alta 
dell  Arrisico  superiore  ;  se  a  questo  si  aggiunge  che  sul  versante  de¬ 
stro  della  Val  Tesa,  alla  base  delle  stesse  dolomie,  il  dott.  G.  Arc-el- 
loni  (x)  ha  ritrovato,  per  la  prima  volta,  un  affioramento  di  Buehen- 
stein,  resta  chiaro  che  le  scogliere  in  questione  sono  ladinic-he  e  non 
anisiche. 


d)  Redini  afferma  che  non  ha  importanza  Taver  ritrovato  una 
stessa  fauna  nella  Griglia  Sett.  e  nella  Grigna  Merid.  in  quanto,  entro 
certi  limiti,  esiste  un  nesso  tra  facies  e  fauna  indipendentemente  dal¬ 
l'età  di  questa.  Ciò  è  ammissibile,  ma  non  è  ammissibile  che  gli  stessi 
organismi  potessero  vivere  alTepoca  di  formazione  sia  delle  scogliere 
supposte  anisiche  (Grigna  Merid.)  sia  delle  sovrastanti  scogliere  ladi- 
niche  (Grigna  Sett.)  cpiando  tra  i  due  complessi  sono  interposti  in 
continuità  strati  (anisic-i)  molto  diversi  sia  per  facies  litologica  sia,  e 
soprattutto,  per  contenuto  paleontologico.  Si  consideri  poi  che  gli 
stessi  fossili  ritrovati  in  questi  strati  anisic-i,  sono  stati  ritrovati  anche 
nelTAnisico  alla  base  della  Grigna  Merid.,  per  cui,  non  tenendosi 
conto  deH'esistenza  dello  scorrimento  settentrionale,  si  sarebbe  in 
presenza  di  una  duplice  ripetizione  di  fauna,  il  che  non  è  da  ritenersi 
possibile. 

e)  Il  Raibliano  al  di  sopra  dell'Esino  della  Scaglia  Media  non 
solo  esiste  nella  zona  in  esame,  ma  anche  sul  lato  orientale  delle  Gri- 
gne  cioè  nella  Scaglia  di  Riale,  che  presenta  un'analogia  strutturale 
rispetto  alla  Sottoscaglia  di  Lierna. 

f)  Lhf ultima  osservazione  riguarda  il  fatto,  sfuggito  al  Redini, 
che  la  datazione  all’Anisico  medio-superiore  delTex-TTerfen  di  Lierna 


(x)  Aecelloxi  Giulio  -  La  geologia  del  versante  Ovest  della  Grignetta 
-  Tesi  inedita  -  Istituto  di  Geologia  dell  'Università  di  Milano  -  1955. 


NOTE  sulla  stratigrafia  del  gruppo  delle  ghigne  155 

portava  a  dat  are  alTAnisico  superiore  la  «  dolomia  di  E  Ito  »  sovra¬ 
stante;  ma  nella  parte  settentrionale  della  Scaglia  Nord  la  stessa  do¬ 
lomia  poggia  su  strati  di  Werfen  sicuramente  datato,  per  cui  è  senza 
dubbio  da  riferire  alTAnisico  inferiore. 

2.  -  IL  RAIBLIANO  DELLA  ZONA  DI  ESINO 

Verrà  qui  preso  in  esame  solo  il  Raibliano  affiorante  in  una  zona 
compresa  tra  la  Valle  Ontragno  e  la  Valle  del  T.  Esino,  zona  che  ha 
come  centro  il  ripiano  di  Ortanella.  Si  tratta  di  alcuni  lembi  di  Rai¬ 
bliano  inferiore  tipico  limitati  sia  in  potenza  che  in  estensione,  il  cui 
studio  ha  però  portato  ad  interessanti  risultati. 

Esaminiamo  sing’olamiente  questi  affioramenti. 


Strati  del  Monte  Foppe. 

Affiorano  sul  fianco  nord-orientale  del  Monte  Foppe  parte  a  ca¬ 
mallo,  parte  a  monte  della  mulattiera  che  dalla  località  di  Guillo  porta 
alla  q.  902.  Si  tratta  di  calcari  un  po’  marnosi  grigio  scuri  o  neri,  a 
volte  zonati,  compatti,  in  straterelli  e  strati  tabulari  di  potenza  ^  a- 
riabile  tra  i  2  mm.  ed  i  25  cui..  Presentano  un’alterazione  superficiale 
molto  caratteristica  con  solchi  stretti  ed  abbastanza  profondi  che  si 
incrociano  perpendicolarmente,  accentuati  specie  sugli  spigoli  degli 
strati;  il  colore  di  alterazione  è  grigio  chiaro.  Le  superfici  di  separa¬ 
zione  dei  vari  strati  sono  regolari  e  presentano  spesso  un  caratteristico 
aspetto  zigrinato.  La  potenza  massima  è  di  circa  50  m.  ;  gli  strati  si 
immergano  verso  NXO  con  pendenza  variabile  tra  i  10°  ed  i  20  . 

Questo  lembo  di  calcari  era  già  stato  notato  e  definito  come  Rai¬ 
bliano  dal  Benecke  (1)  che  però  considerava  non  del  tutto  chiara  la 
sua  posizione  stratigrafica.  Esso  giace  infatti  nell’ambito  della  for¬ 
mazione  di  Esino  costituita  da  tipiche  dolomie  bianche  e  rosate  sac- 
caroidi,  le  quali  si  ritrovano  alla  base,  ai  lati  ed  al  tetto  di  questi  calcari. 


Strati  dai  Molini  di  Esino. 


Questi  strati  non  erano  mai  stati  segnalati  fino  ad  ora;  affiorano 
sulla  riva  sinistra  del  T.  Esino  poco  oltre  la  confluenza  con  il  T.  On¬ 
tragno.  Si  è  in  presenza  di  calcari  leggermente  marnosi  neri  e  di  cal¬ 
cari  dolomitici  grigiastri  con  intercalazioni  di  scisti  argillosi  neri 


molto  sfatti.  La  potenza  degli  strati  è  variabile,  per  i  calcari  da  5  a 
20'  em.  mentre  per  i  calcali  dolomitici  si  possono  avere  anche  spessori 


di  un  metro.  La  potenza  totale  è  di  circa  10  metri. 


]  56 


S.  RADRIZZANI 


Questo  piccolo  affioramento  poggia  sopra  dolomia  di  Esino  gri¬ 
gio-rosata  saccaroide  e  costituisce  il  nucleo  di  una  sinclinale  il  cui  asse 
è  diretto  da  ESE  a  ONO;  infatti,  a  partire  dall'alveo  del  T.  Esino  e 
salendo  per  il  versante  di  sinistra,  gli  strati  a  valle  si  presentano  im¬ 
mersi  verso  SSO  con  pendenza  di  27°,  procedendo  verso  monte  si  ha 
in  poche  decine  di  metri  il  passaggio  a  strati  suborizzontali  e  poi  ad 
immersioni  verso  Nord  con  pendenza  massima  di  15°. 

Strati  del  Monte  Parolo  e  di  Ortanella. 

I  primi  si  trovano  sul  crinale  Sud-Ovest  del  Monte  Parolo  e,  data 
l’immersione  verso  NNO  con  pendenza  di  20°-25°,  affiorano  netta¬ 
mente  sul  versante  del  Posso  Brentalone  mentre  verso  Nord  sono  ri¬ 
coperti  da  una  vasta  coltre  detritico -morenica.  Benché  questi  strati 
affiorino  su  una  abbastanza  ampia  superficie  ed  abbiano  una  notevole 
potenza  (la  massima  è  di  circa  70  metri)  non  erano  mai  stati  notati 
fino  ad  ora.  Si  tratta  di  calcari  puri  o  leggermente  dolomitici  color 
caffelatte  o  grigio  chiaro,  compatti,  talora  con  fini  zonature  più  scure  y. 
il  colore  di  alterazione  è  giallo  chiaro;  la  potenza  dei  singoli  strati 
varia  da  1  a  30  cm..  Intercalati  a  questi  si  trovano  scisti  argillosi  gri¬ 
gio-giallastri  più  o  meno  sfatti,  con  alterazioni  limonitiche. 

Questo  complesso  di  strati  presenta  un  chiaro  passaggio  laterale 
a  dolomia  in  facies  di  Esino;  si  può  quasi  seguire  nello  stesso  strato 
il  passaggio  dal  calcare  puro  o  leggermente  dolomitico  prima  descritto 
alla  dolomia  grigio  chiara  ceroide,  alterata  in  biancastro,  tipica  della 
facies  di  Esino. 

G-li  strati  di  Ortanella,  già  segnalati  dal  Tiiimpy,  costituiscono 
un  piccolissimo  affioramento  (alcune  centinaia  di  metri  quadrati  e 
3-4  metri  di  potenza)  situato  a  q.  980  sulle  pendici  del  Monte  Parolo, 
dove  queste  si  confondono  con  i  bordi  del  ripiano  di  Ortanella.  Questi 
strati  sono  una  continuazione  di  quelli  teste  visti  e  sono  stati  messi  in 
evidenza  dall’erosione  della  copertura  detritico-morenica  ;  anche  lito¬ 
logicamente  sono  molto  simili;  si  trovano  infatti  calcari  poco  dolomi¬ 
tici  generalmente  grigio  chiari,  a  volte  lievemente  zonati,  compatti; 
il  colore  di  alterazione  è  giallo  chiaro;  sono  irregolarmente  stratificati 
con  potenza  variabile  da  5  a  30  cm.  nello  stesso  strato.  Intercalati  a 
questi  calcari  vi  sono  straterelli  di  marne  grigio-giallastre  con  spal¬ 
mature  bituminose  superficiali  e  scisti  argillosi  sfatticci  grigio-verdi^ 
L’immersione  è  verso  NNO  con  pendenze  da  12°  a  15°. 

Questi  strati  poggiano  su  dolomia  di  Esino  grigio  chiara. 


NOTE  SULLA  STRATIGRAFIA  DEL  GRUPPO  DELLE  GRIGNE 


157 


La  posizione  rispetto  al  complesso  di  Esilio  di  alcuni  di  questi 
lembi  è  piuttosto  particolare:  gli  strati  del  Monte  Pardo  passano  la¬ 
teralmente  a  dolomia  di  Esilio,  quelli  del  Monte  Foppe  formano  solo 
una  lente  entro  lo  stesso  complesso.  E’  dunque  evidente  che  la  genesi 
della  scogliera  si  verificò  anche  durante  il  Raibliano  senza  dar  luogo  a 
differenziazioni  rispetto  al  resto  del  complesso  ladinico. 

La  parte  sommitale  del  Monte  Foppe,  a  partire  dalla  base  degli 
strati  tipici,  cioè  da  q.  900  circa  sul  yersante  Nord,  è  dunque  fonnata 
da  strati  di  età  raibliana,  per  la  quasi  totalità  in  facies  di  Esino,  con 
una  potenza  di  circa  190  metri. 

Gli  strati  tipici  del  Monte  Pardo,  del  piano  di  Ortanella  e  dei 
Molini  di  Esino  possono  essere  collegati  fra  di  loro  per  cui,  a  partire 
da  q.  700  circa  sul  versante  sinistro  della  valle  del  T.  Esino,  la  dolomia 
di  Esino  affiorante  sarebbe  di  età  raibliana.  Gli  strati  tipici  del  M. 
Poppe  non  formerebbero  perciò  la  base  delle  assise  raibliane  che 
avrebbero  così  una  potenza  di  380  metri  circa. 

Non  è  però  da  scartare  l’ipotesi  che  una  faglia  subverticale,  di¬ 
retta  NNE-SSO  e  passante  ad  Ovest  degli  strati  dei  M.ni  di  Esino,  si 
unisca  con  quella  della  Valle  Nacchera  dando  luogo  ad  un  solleva¬ 
mento  relativo  del  M.  Foppe  con  spostamento  massimo  di  180-200 
metri.  (Per  avere  la  conferma  e  la  prova  dell’entità  di  questo  solleva¬ 
mento  bisognava  conoscere  la  tettonica  della  zona  immediatamente  a 
Nord;  questa  però  non  rientrava  nei  limiti  dell’area  in  esame  ed  era 
abbastanza  complessa  al  punto  da  richiedere  un  rilievo  dettagliato  e 
lo  studio  di  tutta  la  zona  a  Nord  fino  alla  Valsassina,  compito  che  era 
stato  ad  altri  affidato). 

Ho  già  detto  che  litologicamente  la  scogliera  raibliana  non  si  dif¬ 
ferenzia  da  quella  ladinica,  aggiungo  che  essa  è  per  la  quasi  totalità 
formata  da  calcari  dolomitici  bianchi  o  rosati,  generalmente  sacca¬ 
rosi  o  cristallini;  solo  sul  versante  occidentale  del  M.  Foppe,  attorno 
ai  900  metri,  si  nota  un  piccolo  affioramento  di  calcare  grigio  ceroide^ 
potente  circa  10  metri. 

Circa  il  sottopiano  a  cui  appartengono  queste  dolomie,  è  evidente 
che  si  tratti  del  Raibliano  inferiore. 

E*  noto  che  nell’ambito  della  scogliera  di  Esino  sono  compresi 
diversi  livelli  che  però  non  si  possono  nè  individuare  nè  separare  tra 
loro  ;  fino  ad  ora  si  riteneva  che  la  scogliera  si  estendesse  dall’Anisieo 
medio-superiore  al  San  Cassiano,  non  era  mai  stato  segnalata  perciò 
la  presenza  di  strati  di  età  raibliana  aventi  anche  potenza  notevole;. 


158 


S.  RADRIZZANI 


il  Triimpy  dichiarava  infatti  che  il  limite  tra  Esilio  e  Raibliano  è  sem¬ 
pre  netto.  Se  questa  osservazione  è  nuova  per  il  Gruppo  delle  Grigne, 
non  lo  è  per  altre  zone  (Presolana,  alcuni  gruppi  delle  Dolomiti,  ete.) 
dove  il  Raibliano  è  rappresentato  per  molta  parte  da  masse  dolomi¬ 
tiche  e  dove  è  segnalato  anche  il  caso  in  cui  tutto  il  Raibliano  è  in  fa¬ 
cies  di  scogliera.  Non  ci  si  deve  dunque  stupire  se  anche  nelle  Grigne 
è  avvenuta  una  simile  sostituzione  anzi,  date  le  caratteristiche  di  una 
formazione  di  scogliera,  c’era  quasi  da  meravigliarsi  che  ciò  non  si 
fosse  verificato  almeno  in  qualche  punto. 

Per  terminare  voglio  solamente  accennare  all’età  dell’af fiora* 
mento  di  Raibliano  (potente  110  metri  circa)  presente  sul  fondo  della 
Valle  di  Vigna  immediatamente  a  Sud  dell’abitato  di  Esino  Inferiore; 
infatti  mentre  il  Benecke  attribuiva  questi  strati  al  Raibliano  supe¬ 
riore,  il  Triimpy  li  assegnava  all’inferiore.  I  caratteri  litologici  e  so¬ 
prattutto  la  presenza  di  calcari  a  cellette  fanno  ritenere  esatta  1  at¬ 
tribuzione  del  Benecke. 

Risulta  così  molto  notevole  il  rigetto  della  faglia  diretta  NNO-SSE 
che,  entro  la  valle,  mette  a  contatto  questi  strati  con  la  dolomia  di 
Esino.  Questa  faglia  prosegue  verso  SSE,  con  rigetto  che  diminuisce 
fino  ad  essere  nullo  sugli  ultimi  contrafforti  del  M.  Croce,  e  mette  a 
contatto  il  Raibliano  inferiore  tipico  affiorante  a  Sud  di  Bigallo 
(potenza  90  metri)  con  l’Esino  che  giace  più  ad  Ovest,  sopra  Piazzo. 

3.  -  L’ETÀ’  DEL  PERLEDO-VARENNA 

Le  interpretazioni  sulla  esatta,  posizione  stratigrafica  del  Per¬ 
ledo-Varenna  sono  varie.  Benecke  suddivise  la  parte  inferiore  di  que¬ 
sto  complesso  in  zone  a  «  Ceratites  »,  quella  superiore  selcifera  l’at¬ 
tribuì  al  Buchenstein.  Philippi  segnalò  per  primo  il  passaggio  etero- 
pico  tra  Esino  e  Perledo-Varenna  ;  egli  pose  nell’Anisico  gli  strati  a 
Sud  di  Somalia,  nel  Buchenstein  e  nel  Wengen  quelli  a  Nord  della 
stessa  località,  dando  al  tutto  una  potenza  di  300-400  metri.  Mariani 
pose  questo  complesso  nel  Superanisico  (Buchenstein).  Resi  Stolz  (9) 
divise  i  calcari  di  Varenna  dagli  scisti  di  Perledo,  ponendo  quelli  nel¬ 
l’Anisico  superiore,  questi  nel  Buchenstein.  Triimpy  distinse  le  con¬ 
dizioni  della  Scaglia  Nord  da  quelle  della  Scaglia  Media;  nella  prima 
questi  calcari  avrebbero  una  potenza  di  500  m.  e  comprenderebbero 
ì’Anisico  superiore,  il  Buchenstein  ed  il  Wengen;  nella  Scaglia  Media, 


NOTE  SULLA  STRATIGRAFIA  DEL  GRUPPO  DELLE  GRIGNE 


159 


giacendo  sull’Anisico  superiore  ed  avendo  una  potenza  minore  (200 
metri),  sarebbero  databili  solo  al  Buchenstein.  Redini  pose  il  Perledo- 
Varenna  nell’Anisico  «  piuttosto  basso  ». 

I  limiti  della  zona  in  esame  hanno  fatto  sì  che  mi  occupassi  solo 
deiraffioramento  compreso  tra  Grumo  e  la  Val  Meria,  mentre  sul 
complesso  della  Scaglia  Nord  potrò  dare  alcune  notizie  riguardanti  gli 
strati  affioranti  a  Sud  di  Fiumelatte. 

Accenno  prima  di  tutto  alla  potenza  di  questo  complesso;  infatti 
per  il  Triimpy  è  di  200  metri  e  di  300-400  metri  per  il  Philippi.  Essa 
è  invece  superiore;  l’estensione  deiraffioramento,  le  direzioni  di  im¬ 
mersione  (da  N  a  NO)  e  la  pendenza  degli  strati  (da  25°  a  35°)  portano 
a  concludere  che  la  potenza  è  di  oltre  800  metri. 

II  tipo  litologico  caratteristico  è  un  calcare  nero-bluastro,  com¬ 
patto,  tabulare,  con  frattura  scheggiosa  subconcoide  ;  spesso  si  trovano 
alternati  scisti  marnoso-calcarei  sottilissimi  e  regolari  ;  a  volte  si  notano 
anche  calcari  leggermente  dolomitici.  Entro  i  calcari  tipici  si  rinven¬ 
gono  in  alcuni  punti  selci  in  noduli,  lenti  e  liste,  che  però  non  costi¬ 
tuiscono  livelli  lateralmente  continui:  il  primo  punto  è  a  q.  520  ad 
Est  di  Monticello  (località  ad  Est  di  Olcio  sul  sentiero  che  da  Somana 
conduce  a  Roccolo)  ;  il  secondo  è  a  q.  600  a  NE  della  località  Crocetta  ; 
il  terzo  ad  Ovest  di  Zucco  (q.  389)  poco  sopra  la  parete  che  cade  diret¬ 
tamente  nel  lago.  Questi  tre  punti  si  trovano  rispettivamente  a  200  m., 
500  m.  e  660  m.  dalla  base  della  formazione  e  non  possono  quindi  rite¬ 
nersi  caratteristici  di  un  unico  livello  cronologico. 

Circa  l’età  di  questo  complesso,  mi  sembra  che  la  posizione  stra¬ 
tigrafica  sia  determinante;  infatti  il  Perledo-Varenna  è  in  eteropia 
con  la  dolomia  di  Esino  della  Scaglia  Media  e  questa  formazione  giace, 
in  Val  Meria,  sopra  i  calcari  a  «  Ceratites  trino  do  sus  »  ;  se  ne  deduce 
che,  essendo  l’Esino  di  età  ladinica,  anche  il  PerledoA  arenna  è  di  età 
ladinica.  E’  stato  rilevato  dal  doti.  Areelloni  che  in  Val  Meria  esiste 
un  passaggio  laterale  tra  «  Trinodosus  »  e  Perledo-Varenna,  solo  poche 
decine  di  metri  dal  quale  sarebbero  però  databili  all  Anisico  superiore. 

Il  Perledo-Varenna  è  dunque  da  assegnare  per  la  massima  parte 
al  Ladinico. 

Il  fatto  che  il  primo  livello  a  selci  si  trovi  presso  Monticello  non 
significa  che  i  terreni  sottostanti  a  tale  livello  siano  anisici;  se  altrove 
le  prime  selci  segnano  l’inizio  del  Buchenstein  e  quindi  del  Ladinico, 


160 


S.  RADRIZZANI 


qui,  data  anche  la  loro  molto  limitata  estensione  sia  orizzontale  che  ver¬ 
ticale,  non  è  certamente  così:  bisognerebbe  infatti  supporre  la  presenza 
di  un  disturbo  che  separi  l’Esino  dal  Perledo-Varenna  e  che  sia  di 
entità  tale  da  alzare  gli  strati  anisici  di  circa  150  metri  rispetto  al  Ladi- 
nico  di  scogliera.  In  alcuni  punti  della  zona  di  contatto  si  notano  effet¬ 
tivamente  dei  disturbi  la  cui  mancanza  di  continuità  fa  pensare  più 
ad  uno  scollamento  locale  che  ad  uno  spostamento  tra  le  due  forma¬ 
zioni. 

Un  altro  ostacolo  sarebbe  costituito  dalla  ricca  fauna  ritrovata 
dal  Redini  presso  il  primo  livello  selcifero  ;  in  questa  fauna  si  trovano 
associate  forme  più  comunemente  ritrovabili  nell’Anisico  superiore  ed 
altre  più  comuni  nel  Ladinico,  con  prevalenza  delle  prime  sulle  se¬ 
conde.  Si  deve  notare  però  che  la  facies  litologica  e  quindi  l’ambiente 
di  sedimentazione  è  molto  simile  a  quello  dell’Anisico  sup.  per  cui  si. 
deve  ritenere  che  le  varie  forme  anisiche,  continuando  a  trovare  l’ am¬ 
biente  adatto,  si  siano  sviluppate  anche  nel  Ladinico,  d’altronde  piut¬ 
tosto  basso. 

Stabilita  l’età  ladinica  del  complesso,  resta  da  vedere  quali  livelli 
siano  in  esso  compresi. 

Ho  fatto  notare  in  precedenza  come  la  distribuzione  delle  selci 
non  permetta  l’assegnazione  di  esse  ad  un  solo  livello  cronologico  ; 
infatti  il  Buchenstein,  che  in  generale  è  l’unico  livello  ladinico  con  selci, 
non  raggiunge  mai  una  grande  potenza  (al  massimo  150  m.)  ;  ritengo 
perciò  che  il  Perledo-Varenna  copra  anche  l’ambito  occupato  altrove 
dal  Wengen.  La  grande  potenza  del  complesso  fa  presumere  poi  che  la 
parte  alta  di  esso  sia  da  correlare  con  la  parte  più  alta  del  Ladinico  ; 
tale  considerazione  è  appoggiata  da  altre  osservazioni. 

Ritengo  che  le  pareti  di  dolomia  di  Esino  che  scendono  a  piceo 
verso  il  lago  e  che  in  particolare  sovrastano  il  Perledo-Varenna  della 
Scaglia  Media,  siano  da  considerare  come  il  limite  laterale  della  sco¬ 
gliera  ladinica  ;  sopra  il  Perledo-Varenna  non  si  sarebbe  perciò  avuta 
la  costruzione  di  una  scogliera  o  questa  avrebbe  avuto  una  potenza 
molto  piccola  che  l’erosione  e  lo  scorrimento  secondario  avrebbero  poi 
asportato  completamente.  La  presenza  del  Raiblia.no  medio  di  Lierna- 
ai  di  sopra  del  Perledo-Varenna  dimostra  infatti  che  lo  scorrimento 
secondario  ha  causato  una  riduzione  della  compagine  stratigrafica; 
si  sarebbe  avuta  cioè  una  riduzione  degli  strati  più  alti  del  Perledo- 


NOTE  SULLA  STRATIGRAFIA  DEL  GRUPPO  DELLE  GRIGNE  161 

"V arenila  e  l’eliminazione  sia  di  un  eventuale  termine,  di  potenza  ridotta, 
in  facies  di  scogliera  (Esilio)  sia  del  Raibliano  inferiore. 

Da  tutto  questo  si  vede  come  gli  strati  più  alti  del  Perledo-Varenna 
-siano  effettivamente  databili  alla  parte  più  alta  del  Ladinico. 

Aggiungo  ancora,  che  non  è  possibile  dividere  il  Perledo-Varenna 
in  due  distinti  livelli  come  faceva  la  Stolz  in  quanto,  almeno  nella 
Scaglia  Media,  non  si  hanno  nè  le  prove  paleontologiche  nè  variazioni 
litologiche  tali  da  consentire  una  simile  separazione. 

Ed  ora  un  breve  cenno  sugli  affioramenti  della  Scaglia  Nord. 

Per  Benecke  e  Philippi  il  Perledo-Varenna  affiora  fino  a  Casa 
Cicogna,  mentre  Tiiimpy  lo  segnala  anche  più  a  Sud  fino  alla  Valle 
Vacchera,  dove  sarebbe  presente  anche  a  quote  piuttosto  alte. 

E’  facile  invece  constatare  che  tra  la  Valle  Vacchera  e  Casa  Ci¬ 
cogna  affiorano  solamente  dolomie  di  Esino  tipiche  in  banconi  mal 
stratificati.  Sotto  Casa  Cicogna  appaiono  strati  nerastri,  ma  sia 
l’aspetto  esterno  sia  il  tipo  litologico  li  fanno  attribuire  abbastanza 
chiaramente  alla  formazione  di  Esino  ;  anche  più  a  Nord  affiorano 
strati  nerastri  dolomitici  con  caratteristiche  intermedie  tra  il  Perledo- 
Varenna  e  l’Esino  e  che  considererei  ancora  appartenenti  a  quest'ultimo 
complesso.  Solo  all’altezza  del  Casello  ferroviario  a  Sud  di  Fiumelatte 
affiorano  i  tipici  calcari  neri;  strati  di  questo  tipo  appaiono  anche  più 
a  monte,  a  q.  380  presso  Cascina  del  Do;  gli  affioramenti  sono  qui 
molto  scarsi  per  la  presenza  di  una  notevole  copertura  di  detrito  di 
falda. 

Per  stabilire  l’età  di  questi  strati  si  deve  ritornare  a  quanto  detto 
sul  Raibliano  in  facies  di  Esino  del  M.  Poppe;  sul  versante  Ovest  di 
questo  monte  il  limite  tra  Ladinico  e  Raibliano  è  infatti  compreso  tra 
i  700  ed  i  900  metri  di  quota.  Poiché  a  q.  380  affiora  il  Perledo-Varenna 
e  dato  che  gli  strati  sono  suborizzontali  o  poco  pendenti  verso  NNO, 
la  potenza  del  Ladinico  in  facies  di  Esino  risulta  molto  limitata,  va¬ 
riando  tra  un  massimo  di  450  m.  ed  un  minimo  di  250  m.  circa;  il  Per¬ 
ledo-Varenna,  anche  in  questa  zona,  occupa  perciò  h  ambito  stratigra- 
dt'ico  di  livelli  ladinici  piuttosto  alti. 


162  S.  RADRIZZANI  -  NOTE  SUI. LA  STRATIGRAFIA  ECC. 

BIBLIOGRAFIA 

(1)  Benecke  E.  W.,  Erlàulerungen  za  einer  geoio  gisclien  Kart  e  des  Gri- 

gnagebirge  -  N.  Jahrb.  f.  Min.  usw.  Beil.,  Bd.  Ili  -  Stuttgart  1884. 

(2)  Desio  A.,  La  posizione  stratigrafica  del  livello  a  Bactrilli  nel  Lai - 

bliano  della  Val  Brembana  -  Riv.  It.  Paleon.  e  Strat.  -  Ist.  Geol. 
Paleont.  e  Geogr.  Fis.  Univ.  Milano  -  Milano  1944. 

(3)  De  Sitter  L.  U.,  The  Geology  of  thè  Bergamasc  Alps  ( Lombardia  - 

Italy)  -  Leidse  geol.  mededelingen  XIV  B.  -  Leida  1949. 

(4)  Escher  von  der  Linth,  Nachtràge  iiber  die  Trias  in  der  Lombardei  - 

N.  Denkschrift  d.  all.  Schwedz.  Nat.  Ges.,  Bd.  XIII  -  Zùrich  185S 
(citato  in  Trumpy  E.). 

(5)  Mariani  E.,  Cenni  geologici  sul  Gruppo  delle  Grigne  -  Sez.  Milano 

C.A.I.  -  Milano  1923. 

(6)  Piiilippi  E.,  Beitrdge  zur  Kenntnis  des  Aufbaues  und  der  Schicht- 

folge  im  Grignagebirge  -  Zeitschr.  d.  Deut.  Geol.  Ges.,  Bd.  47  - 
Berlin  1895. 

(7)  Redini  R.,  I  fossili  e  l’età  di  alcune  formazioni  del  Gruppo  delle 

Grigne  -  Riv.  It.  Paleont.,  fase.  I  -  Pavia  1935. 

(8)  Redini  R.  ed  altri,  Carta  Geologica  d’Italia  1:100.000  -  F°.  32 

«  Como  »  -  Roma  1937. 

(9)  Stolz  R.,  Appunti  sull’Anisico  del  Gruppo  delle  Grigne  -  Riv.  Se. 

Nat.  «Natura»,  voi.  XVII  -  Milano  1926. 

(10)  Trumpy  E.,  Beitrag  zur  geologie  der  Grignagruppe  am  Comersee 
( Lombardei )  -  Ecl.  Geol.  Helv.,  voi.  23,  n.  2  -  Basel  1930. 


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ISTITUTO  DI  ANATOMIA  COMPARATA  DELL’UNIVERSITÀ  DI  PAVIA 
DIRETTORE  PROF.  MAFFO  VIALLI 


Mario  Pavan 

Prof.  ine.  di  Entomologia  Agraria  -  Università  di  Pavia 


PRIMI  DATI  SU  UN  FATTORE  FITOINIBITORE  DELLA 
GELATINA  REALE  DI  APIS  MELLIFEBA  L. 

E  SUO  ISOLAMENTO  ALLO  STATO  CRISTALLINO 


La  gelatina  reale  non  mi  risulta  che  sia  stata  prima  di  ora  stu¬ 
diata  dal  punto  di  vista  della  sua  eventuale  attività  fitoinibente.  Le 
mie  prime  ricerche  sono  state  condotte  sulla  g.  r.  diluita  in  liquido  di 
Shive  a  varie  dosi  usando  il  test  di  Macht  sul  Lupinus  albus. 

Le  dosi  impiegate  sono  state  le  seguenti: 


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Con  le  diluizioni  da  1:100  a  1:500  si  è  ottenuta  una  evidente 
azione  fitoinibitrice  fin  dal  1°  giorno  di  sviluppo  mentre  le  dosi  più 
diluite  non  hanno  provocato  azione  fitoinibente. 

Questi  esperimenti  hanno  messo  dunque  in  evidenza  1  esistenza  di 
un  fattore  fitoinibitore  idrosolubile  nella  g.  r.  e  da  questo  punto  sono 
partito  con  la  ricerca  chimica  per  l’isolamento  del  principio  attivo. 

Nello  schema  allegato  riproduco  il  quadro  delle  operazioni  con¬ 
dotte  fino  all’isolamento  del  fattore  fitoinibitore. 

Si  deve  avvertire  che  un  passaggio  del  procedimento  di  purifica¬ 
zione  presenta  anomalie  di  solubilità  in  acqua  difficilmente  spiega- 


164 


M.  PAVAN 


bili  ma  le  operazioni  ripetutamente  condotte  su  lotti  differenti  hanno 
sempre  permesso  di  isolare  il  fattore  fitoinibitore. 

Con  la  metodica  impiegata,  ancora  primitiva  e  certamente  perfe¬ 
zionabile,  il  fattore  inibitore  risultò  in  proporzione  di  1 : 250  rispetto 
alla  quantità  iniziale  di  gelatina  reale,  cioè  in  quantità  piuttosto  bassa. 

Il  fattore  fitoinibitore  ha  le  seguenti  proprietà:  solubile  in  acqua, 
etere,  benzolo,  metil-etil-chetone  ;  insolubile  in  tetracloruro  di  car¬ 
bonio.  Resiste  al  calore  fino  a  120°C  per  10'  minuti  senza  perdere  at¬ 
tività.  Il  punto  di  fusione  presenta  una  caratteristica  particolare  e 
cioè  a  seconda  della  forma  di  cristallizzazione  è  di  42°-45°C  oppure  di 
52°-57°C.  Questo  doppio  ambito  del  punto  di  fusione  è  stato  ripetuta- 
mente  verificato  sullo  stesso  campione  lasciato  ricristallizzare  dopo 
la  fusione. 

L’attività  fitoinibente  è  debole  rispetto  a  molti  noti  fitoinibitori. 

La  sostanza  non  ha  attività  insetticida  per  contatto  (prove  preli¬ 
minari  su  giovani  di  Acheta  domestica ),  nè  ha  attività  antibatterica 
(prove  preliminari  su:  Bacterium  coli ,  Eberthella  tiphosa,  Salmonelìa 
paratyphi  A,  Salmonelìa  paratyphi  B,  Bacillus  anthracis,  Staphylo- 
coccus  aureus,  Mycobacterium  phlei,  Mycobacterium  avium,  Myco¬ 
bacterium  Minetti). 

In  quanto  all’origine,  non  si  può  per  ora  affermare  se  la  sostanza 
deriva  da  un  secreto  delle  glandole  dell’ape  operaia  oppure  se  è  un 
elemento  presente  nel  polline  di  cui  in  parte  è  formata  la  gelatina 
reale  ;  pertanto  non  si  può  dire  se  la  sua  origine  sia  animale  o  vege¬ 
tale.  Ulteriori  ricerche  sui  pollini  sono  in  programma. 

Così  pure  sono  in  programma  ricerche  farmacologiche,  tossicolo¬ 
giche,  ed  indagini  biologiche  varie,  nonché  ricerche  chimiche  appro¬ 
fondite  sulla  costituzione  della  sostanza. 

Per  concludere  rileverò  che  questa  ricerca  costituisce  il  primo 
caso  concreto  e  dimostrato  di  una  ben  determinata  proprietà  biolo¬ 
gica  della  gelatina  reale. 

Non  tratto  in  questa  nota  delle  proprietà  biologiche  e  caratteri¬ 
stiche  chimiche  della  gelatina  reale,  in  quanto  per  una  informazione 
generale  dell’argomento  posso  rinviare  a  una  mia  nota  in  collabora¬ 
zione  con  Brangi  (1954)  e  ad  un  lavoro  più  ampio  degli  Assistenti  Dr. 
A.  Fargion  e  Dr.  G.  Ronchetti  (1958)  ora  in  stampa. 

Ringrazio  gli  Assistenti  e  Collaboratori  Dr.  A.  Baggini,  Dr.  G. 
Ronchetti  e  Dr.  M.  L.  Valcurone  per  l’aiuto  datomi  nello  svolgimento 
«iella  parte  tecnica  di  queste  ricerche. 


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10)  Purificazione  dello  sciroppo  giallastro  su  cartina  da  sigaretta  o  piatto 
poroso.  Separazione  cristalli  bianchi  aventi  p.  f.  42°-45°  C  o  52°-57°  C 
secondo  la  forma  di  cristallizzazione  e  ricristallizzazione  di  uno  stesso 
campione. 


166  M.  PAVAN  -  PRIMI  DATI  SU  UN  FAPTORE  FIT01N1B1T0RE  ECC. 


BIBLIOGRAFIA 

(1)  Brangi  G.  P.,  Pavan  M.,  1954  -  Sulle  proprietà  antibatteriche  del  miele,. 

propoli,  pappa  reale  e  veleno  di  Apis  mellifera  L.  ( Hym .  Apidae ). 
Meni.  Soc.  Ent.  It.  33 :  19-32. 

(2)  Ronchetti  G.,  Fargion  A.,  1958.  -  La  gelatina  reale  di  Apis  mellifera 

L.,  sua  costituzione  e  proprietà  biologiche.  Atti  Soc.  It.  Se.  Nat. 
(in  stampa). 


Maria  Adelaide  Cherchi 


NOTE  SU  CHIROMANTIS  PETER  SI  KELLERI  BOETTGER 

E  SUI  SUOI  NIDI  (. Amphibia ) 


Nel  1929-1930,  durante  i  lavori  per  la  delimitazione  del  confine 
tra  la  Somalia  settentrionale  italiana  e  la  Somalia  britanica,  il  tenente 
Taylor  e  il  Dr.  Macfadyen,  raccolsero  molti  anfibi  e  rettili  che  furono 
poi  studiati  dal  Dr.  H.  W.  Parker  del  British  Museum.  Tra  gli  anfibi 
vi  erano  due  Chiromantis,  presi  nella  zona  della  Haud  e  del  Sol  Haud, 
rispettivamente  a  seicento  e  a  settecento  quaranta  metri  di  altitudine, 
i  quali  dettero  spunto  al  Dr.  Parker  per  la  revisione  di  tutte  le  specie 
saettanti  a  questo  genere  trovate  nell’Etiopia  e  nella  Somalia.  A  conclu¬ 
sione  di  tale  revisione,  lo  studioso  inglese  assegnò  i  due  esemplari  alla 
specie  Chiromastis  petersi  Boulenger  dell’Etiopia,  della  Somalia,  del 
Nenia,  del  Tanganica,  e  ad  una  sottospecie,  A 'elle ri  Boettger,  propria 
del  settentrione  dell’area  di  diffusione. 

Chiromanti s  petersi  kelleri  si  distingue  dalla  forma  tipica  meri¬ 
dionale,  Chiromantis  petersi  petersi,  per  le  maggiori  dimensioni  (sino 
a  92  mm.  di  lunghezza  dal  muso  alla  cloaca,  invece  che  sino  a  65  mm.) 
e  per  lo  spazio  interorbitale  assai  più  largo  delle  palpebre  superiori 
invece  che  eguale. 

Durante  l’ultimo  viaggio  in  Somalia,  il  Prof.  G.  Scortecci  catturò 
sei  esemplari  attribuibili  a  questa  sottospecie  ;  precisamente  :  la  fem¬ 
mina  (17  ottobre  1957)  nello  uacli  Duclo,  il  quale  corre  tra  il  nono  e  il 
decimo  parallelo  nord  e  si  getta  nell’oceano  indiano  vicino  a  Bender 
Beila  ;  1  maschio  (22  ottobre  1957)  ad  E1  Murr,  località  contraddi¬ 
stinta  da  un  gruppo  di  alte  acacie  a  pochi  chilometri  da  Garclo;  4  ma¬ 
cchi  (31  ottobre  1957)  in  un  luogo  contraddistinto  da  un  gruppo  di 
piccole  acacie,  situato  a  cento  chilometri  ad  oriente  di  Galcaio,  in  pros¬ 
simità  della  pista  per  autocarri  che  da  Galcaio  stessa  va  ad  Obbia. 

Oltre  gli  esemplari,  i  quali  furono  catturati  tutti  durante  la  notte, 
furono  riportati  anche  parti  di  nidi,  uova,  larve,  una  serie  di  fotografie 
ed  annotazioni,  un  ricco  materiale  insomma,  il  quale  mi  venne  affidato 
per  lo  studio  dal  Prof.  Giuseppe  Scortecci  che  ringrazio  vivamente. 

Gli  esemplari,  i  quali  hanno  una  lunghezza  massima  di  settanta 
millimetri,  toccata  dalla  femmina  dell  uadi  Dudo,  presentano  con  asso- 


168 


M.  A.  CHERCHI 


luta  costanza  lo  spazio  interorbitale  nettamente  più  largo  delle  palpebre 
superiori,  il  timpano  più  piccolo  dell’orbita,  le  due  dita  interne  della 
mano  completamente  libere,  e  le  due  esterne  collegate  da  membrana 
solo  alla  base,  le  parti  superiori  del  corpo  cosparse  di  deboli,  piccoli, 
irregolari  rilievi  ghiandolari. 

La  colorazione  del  loro  corpo  è  biancastra  uniforme  nelle  parti 
inferiori,  biancastra  con  deboli  disegni  grigi  nelle  inferiori.  Sì  tratta 
di  una  sbarretta  irregolare  che  traversa  le  palpebre  e  la  fronte,  di  due 
irregolari  strisce  longitudinali  le  quali  decorrono  lungo  i  lati  del  dorso, 
di  deboli  fasce  trasversali  sugli  arti,  di  una  striscia  che  dalla  spalla, 
traversando  il  timpano,  giunge  sino  all’occhio.  Strisce,  fasce,  sbarre 
sono  fatte-  da  un  insieme  di  punti  scuri,  più  o  meno  vicini  l’uno  al¬ 
l’altro,  che  danno  l’impressione  di  un  grigio  chiaro.  Fa  eccezione  il 
maschio  di  E1  Murr  il  quale  ha  tinta  molto  scura  su  tutte  le  parti  su¬ 
periori  e  laterali;  essa  però  subentrò  alla  colorazione  chiara  naturale, 
dopo  che  l’esemplare,  da  vivo,  fu  tenuto  a  lungo  chiuso  in  un  sacchetto 
di  tela. 

Sui  nidi  dei  Chiromantidi  in  genere  sono  state  pubblicate  varie 
note  di  cui  si  troverà  un  elenco  sommario  alla  fine  del  lavoro,  ma  una 
sola  riguarda  Chiromantis  petersi  petersi,  e  nulla  si  sa  di  Chiromantis 
petersi  kelleri,  diffuso  in  zona  poverissima  di  acqua  e,  in  talune  parti 
(Mudug  e  Migiurtinia)  addirittura  a  carattere  semi  desertico.  Ritengo 
sicché  opportuno  riferire  tutte  le  notizie  comunicatemi,  e  le  osserva¬ 
zioni  che  ho  potuto  fare  sul  materiale  riportato. 

Un  primo  gruppo  di  cinque  nidi  fu  trovato  a  sera  inoltrata  il  16 
ottobre  nello  uacli  Dudo,  nel  cui  letto  stagnavano  numerose  pozze 
d’acqua.  Essi  erano  tutti  sulla  sponda  meridionale  dello  uadi  e  tutti 
in  piena  esposizione,  tanto  da  poter  essere  colpiti  dal  sole  per  varie 
ore  al  giorno.  Avevano  forma  e  dimensioni  diverse.  Tre  nidi,  irrego- 
iarmmte  emiferici  e  aventi  diametro  variabile  da  quindici  a  v  «liti- 
cinque  centimetri,  erano  attaccati  a  rocce  lambite  dall’acqua,  e  ad 
un’altezza  di  cinquanta,  settanta,  novanta  centimetri  dalla  superficie 
liquida.  Due,  sub  sferici,  misuranti  una  dozzina  di  centimetri  di  dia¬ 
metro,  erano  stati  preparati  sull’erba,  nel  punto  in  cui  la  ripa  bassis¬ 
sima  confinava  con  l’acqua.  Tutti  i  nidi  avevano  la  superficie  esterna 
dura,  elasticissima,  resistente;  insomma  la  parte  esterna  della  massa 
spumosa  a  contatto  con  l’aria  si  era  indurita,  formando  come  una  pel¬ 
licola  spessa  meno  di  un  millimetro,  la  quale  risultò  essere  compieta- 
mente  imr  ermeabile. 

I  nidi  furono  aperti  e  nei  più  grandi  vennero  trovate  centinaia  di 


NOTE  &U  CHI  ROM  ANT1S  PETERS1  KELLERI  BOETTGER  ECC. 


169 


uova  di  colore  giallo  cromo  vivo  ;  nei  più  piccoli  ne  furono  rinvenute 
in  numero  un  po'  minore  ma  sempre  alto.  Si  ricorderà  a  questo  punto 
che  i  nidi  di  altre  specie  contengono  da  cento  a  centocinquanta  uova 
soltanto.  Le  uova  erano  per  la  maggior  parte  addensate  al  centro  della 
massa  spumosa,  ma  si  trovavano  in  buon  numero  anche  alla  periferia 
della  massa,  sino  a  un  centimetro  di  distanza  dalla  superficie.  Insieme 
con  le  uova  c’erano  nei  nidi  numerose  larve  alloggiate  in  minuscole 
cavità  tra  le  bolle  di  aria,  in  cui  era  raccolta  una  modestissima  quan¬ 
tità  di  liquido  evidentemente  frutto  della  fluidificazione  della  massa 
causato  dai  vivacissimi  movimenti  delle  larve  stesse.  In  uno  dei  nidi 
(vedi  la  acclusa  fotografia)  la  fluidificazione  era  avvenuta  special- 
mente  verso  la  parte  bassa  interna,  ed  il  liquido  scolava  lungo  la  pa¬ 
rete  rocciosa,  trascinando  con  se  alcune  larve. 

Pezzi  di  nidi  contenenti  uova  e  larve  furono  tolti  dalle  rocce  e  in¬ 
trodotti  in  vasetti  con  formalina.  Parte  della  massa  spumosa  si  dis¬ 
solse,  ma  parte  giunse  in  buone  condizioni  nell’Istituto  di  Zoologia  in¬ 
sieme  con  le  uova  e  le  larve. 

Il  17  ottobre  all'alba,  un  sesto  nido,  avente  una  ventina  di  centi- 
metri  di  diametro,  fu  trovato  sulle  rocce  al  di  sopra  dell’acqua.  Co¬ 
struito  evidentemente  durante  la  notte,  esso  aveva  anche  la  superficie 
molle  e  delicata  al  pari  della  massa  interna.  A  sera  tuttavia  presen¬ 
tava  al  pari  degli  altri  la  parte  superficiale  dura,  elastica,  resistentis¬ 
sima.  Nel  suo  interno  c’erano  varie  centinaia  di  uova  di  un  acceso 
giallo  cromo  come  in  tutti  gli  altri. 

Nessun  Chiromantide  venne  visto  sui  nidi.  La  femmina  della 
quale  è  stato  accennato  in  precedenza,  e  i  cui  ovari  contengono  molte 
piccolissime  uova  non  giunte  a  maturazione,  fu  catturata  nell’acqua 
sotto  una  parete  rocciosa.  Alcuni  individui  furono  visti  tra  l’erba  du¬ 
rante  la  notte,  lontano  dai  nidi. 

Un  nido  isolato,  di  forma  irregolare,  assai  grande  (oltre  venti¬ 
cinque  centimetri  di  diametro)  fu  trovato  il  giorno  22  ottobre  in  loca¬ 
lità  E1  Murr.  Con  tale  nome  è  indicato  un  luogo  a  pochi  chilometri  di 
ditanza  dal  villaggio  di  Ciardo,  contraddistinto  dalla  presenza  di  nume¬ 
rose,  alte  acacie,  e  da  vegetazione  erbacea  abbondante.  Il  nido  era 
stato  preparato  -in  mezzo  all’erba  secca,  in  piena  esposizione,  e  dove 
l’acqua  mancava,  come  d’altronde  mancava  in  tutta  la  zona  di  E1 
Murr,  per  quanto  il  giorno  precedente  fosse  caduta  un  po’  di  pioggia. 
Il  nido,  come  quelli  dell’uadi  Dudo,  aveva  la  parte  superficiale  indu¬ 
rita  e  nella  massa  spumosa  interna  alloggiava  centinaia  di  uova  giallo 
cromo  vivo.  Non  c’erano  larve. 


170 


M.  A.  CHIORCHI 


Un  gruppo  di  nidi,  una  diecina,  fu  trovato  il  31  ottobre  su  albe¬ 
relli  di  acacia  in  una  località  a  cento  chilometri  ad  oriente  di  Galcaio 
dove  furono  catturati  i  quattro  maschi  ai  quali  è  già  stato  accennato. 
La  zona  aveva  carattere  sub  desertico,  ed  il  terreno  sul  quale  cresce¬ 
vano  le  piante  era  aridissimo.  Sub  sferici  o  di  forma  irregolare,  aventi 
un  diametro  di  presso  a  poco  una  quindicina  di  centimetri,  i  nidi  erano 
attaccati  a  rami  spinosi  orizzontali  o  ai  tronchi,  a  una  distanza  varia¬ 
bile  da  una  cinquantina  di  centimetri  ad  un  metro  dal  suolo.  La  loro 
superficie  esterna  era  dura  e  la  parte  interna  molle,  viscida.  Alcuni 
nidi  furono  aperti,  ed  in  ognuno  furono  trovate  alcune  centinaia  di 
uova  di  colore  giallo  cromo  vivo,  ma  non  larve.  Come  in  quelli  dell’uadi 
Dudo  e  di  E1  Murr,  le  uova  stavano  non  solo  nella  parte  centrale,  ma 
anche  nella  periferica. 

Le  uova  comprese  nella  massa  di  spuma  e  che  sono  sempre  ben 
separate  l’una  dall’altra,  hanno  un  diametro  di  due  millimetri  ;  sono 
quindi  più  piccole  di  quelle  di  Chiromantis  rufescens  (Gunther),  che 
secondo  il  Noble  hanno  un  diametro  di  due  millimetri  e  mezzo.  Esse 
sono  in  stato  di  sviluppo  diverso  anche  in  uno  stesso  nido,  e  ciò  pro¬ 
babilmente  è  in  relazione  con  la  temperatura  alla  quale  sono  assog¬ 
gettate  e  che,  come  ovvio,  non  è  uguale  nei  vari  punti  dalla  massa  spu¬ 
mosa. 

Le  larve  trovate  insieme  con  le  uova  hanno  una  lunghezza  mas¬ 
sima  di  sei  millimetri  e  mezzo,  di  cui  quattro  spettanti  alla  coda  che 
è  assai  sottile  e  termina  in  una  punta  piuttosto  acuta.  Tali  larve  sono 
in  stato  assai  arretrato  di  sviluppo;  hanno  gli  occhi  appena  abboz¬ 
zati,  presentano  deboli  abbozzi  di  branchie  esterne,  mancano  di  or¬ 
gani  adesivi  all’estremità  del  muso,  non  hanno  né  bocca  né  ano,  e  sono 
quasi  compiutamente  prive  di  pigmento.  Anche  quelle  dello  uadi 
Dudo  trovate  nella  colata  rasente  la  parete,  non  sono  in  stadio  di  svi¬ 
luppo  più  avanzato,  segno  evidente  che  la  fuoriuscita  dal  nido  avviene 
prima  ancora  che  abbiano  acquistato  la  capacità  di  nutrirsi  con  ma¬ 
terie  prese  del  libero  ambiente. 

In  tutti  i  lavori  riguardanti  la  riproduzione  dei  Chiromantidi  è 
detto  che  i  nidi  vengono  costruiti  su  alberi,  su  piante  arbacee,  su  rocce 
al  di  sopra  dell’acqua.  Singolare  perciò  è  il  fatto  di  aver  trovato  nidi 
in  luoghi  dove  non  solo  non  c’era  acqua  ma  che  avevano  i  caratteri  del 
sub  deserto.  Si  allude  ai  nidi  di  E1  Murr  e  a  quelli  a  cento  chilometri  a 
oriente  di  Galcaio.  Evidentemente  questi  Polipedatidi  della  Somalia 
centrale  e  settentrionale,  i  quali,  come  non  pochi  altri  delicatissimi 
anuri  della  zona,  ad  esempio  Kassina  e  Megalixalus  possono  essere 


NOTE  SU  CH1ROMANTIS  PETER  SI  KELLERI  BOETTGER  ECC. 


171 


considerati  relitti  di  un'epoca  non  lontana  in  cui  il  settentrione  della 
penisola  dei  somali  era  assoggetato  a  condizioni  climatiche  migliori 
delle  attuali,  sono  spinti  all’opera  della  riproduzione  non  dalla  pre¬ 
senza  di  depositi  di  acqua,  ma  dal  forte  aumento  di  umidità  dell’aria 
e  dairabhassamento  della  temperatura  che  si  verificano  poco  prima 
delle  piogge.  Tutti  i  Chiromantidi  oggetto  della  presente  nota  furono 
catturati  infatti  nei  pressi  dei  nidi  alla  fine  dell’ottobre  ed  all’inizio 
del  novembre,  cioè  proprio  neH'imminenza  delle  piogge.  Stando  ai 
fatti,  si  potrebbe  anche  supporre  che  in  ambiente  sub  desertico,  i  Chi¬ 
romantidi  sanno  scegliere  con  estrema  accortezza  i  luoghi  ove,  con  la 
caduta  delle  piogge  Tacque  si  raccoglie  e  permane  per  un  certo  pe¬ 
riodo  di  tempo.  Secondo  le  informazioni  comunicatemi  infatti,  tre 
giorni  dopo  che  il  nido  di  E1  Murr  era  stato  individuato,  la  zona  venne 
beneficate  dalle  piogge  ed  E1  Murr  stessa  divenne  un  acquitrino;  ed  il 
luogo  a  cento  chilometri  da  Galcaio,  dove  il  31  ottobre  erano  stati  cat¬ 
turati  individui  adulti  e  visti  nidi,  il  giorno  tre  novembre,  in  seguito  a. 
violente  piogge,  fu  invaso  dalle  acque. 


BIBLIOGRAFIA 

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e  Puccioni  (Gennaio-Luglio  1954),  Atti  Soc.  Ital.  Se.  Nat.  Milano, 
Yol.  LXVI,  Fase,  I-II,  1927,  pp.  14-60. 

Loveridge  A.,  Scientific  results  of  an  expedition  to  rain  f  or  est  regions  in 
Eastern  Africa.  VII.  Ampliibians,  Bull.  Mus.  Comp.  Zool.,  Harvarcl 
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Noble  G.  K.,  Contributions  to  thè  herpetology  of  thè  Belgian  Congo  based 
on  thè  collection  of  thè  American  Museum  Congo  expedition, 
1909-1915.  Part  III.  Amphibia,  Bull.  Am.  Mus.  Nat.  Hist.?  New 
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Noble  G.  K.,  The  biology  of  thè  Amphibia,  Dover,  1931,  pp.  1-577. 

Parker  H.  W.,  Two  collections  of  Rept.iles  and  Ampliibians  from  British 
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Rose  W.,  The  Reptiles  and  Ampliibians  of  Southern  Africa,  Maskew  Miller, 
Cape  Town,  1950,  pp.  1-368. 

Scortecci  G.,  Anfibi  della  Somalia  Italiana,  Atti  Soc.  Ital.  Se,  Nat., 
Milano,  Voi.  LXXII,  1933,  pp.  1-70. 

Scortecci  G.,  I  nidi  di  Chiromantis  petersi  Boulg.,  Riv.  Biol.  Col.,  Roma, 
Voi.  V,  Fase.  I-II,  1942,  pagg.  7-12. 


SPIEGAZIONE  DELLE  TAVOLE 


TAVOLA  VI 

Eig.  1.  —  Femmina  di  Chiromantis  petersi  Velieri  catturata  nello  uadi 
Dudo. 

Fig.  2.* —  Embrioni  di  Chiromantis  petersi  Velieri  in  fase  avanzata  di 
sviluppo. 

Fig.  3.* —  Larva  di  Chiromantis  petersi  Tcelleri  poco  dopo  l’uscita  dal¬ 
l’uovo. 


TAVOLA  VII 

Fig.  1.  —  Nido  di  Chiromantis  petersi  Tcelleri  sulle  rocce  dello  uadi  Dudo. 

E  ’  visibile  sotto  il  nido  la  colata  del  liquido  derivante  dalla 
fluidificazione  della  parte  bassa  della  massa  spumosa. 

Fig.  2.* —  Uova  in  vario  stato  di  sviluppo  fotografate  nella  massa  spu¬ 
mosa. 

Fig.  3.  —  Nido  di  Chiromantis  petersi  Tcelleri  costruito  in  mezzo  all’erba 
secca  nella  zona  di  E1  Murr. 


(*)  Foto  A.  Margiocco. 


M.  A.  CHERCHI  -  Note  su  Chiromantis  ecc. 


Atti  Soc.  Itul.  Se.  Nat.  Voi.  XCYII,  Tav.  VI 


Fig.  3 


M.  A.  CHERCHI  -  Note  su  Chiromantis  eco 


Atti  Soc.  Ital.  Se.  Nat.  Voi.  XCVIT,  Tav.  VII 


Fig.  1 


Fig.  2 


Fig.  3 


SUNTO  DEL  REGOLAMENTO  DELLA  SOCIETÀ 

(Data  di  fondazione:  15  Gennaio  1856) 


Scopo  della  Società  è  di  promuovere  in  Italia  il  progresso 
degli  studi  relativi  alle  scienze  naturali. 

I  Soci  possono  essere  in  numero  illimitato:  annuali ,  vitalizi , 
benemeriti. 

I  Soci  annuali  pagano  L.  2000  all’anno,  in  una  sola  volta, 
nel  primo  bimestre  dell'  anno,  e  sono  vincolati  per  un  triennio. 
Sono  invitati  particolarmente  alle  sedute  (almeno  quelli  dimoranti 
in  Italia),  vi  presentano  le  loro  Memorie  e  Comunicazioni,  e  ri¬ 
cevono  gratuitamente  gli  Atti  e  le  Memorie  della  Società  e  la 
Rivista  Natura. 

Chi  versa  Lire  20000  una  volta  tanto  viene  dichiarato  Socio 
vitalizio. 

Sia  i  soci  annuali  che  vitalizi  pagano  una  quota  d’ammis¬ 
sione  di  L.  500. 

Si  dichiarano  Soci  benemeriti  coloro  che  mediante  cospicue 
elargizioni  hanno  contribuito  alla  costituzione  del  capitale  sociale 
o  reso  segnalati  servizi. 

La  proposta  jper  V  ammissione  d’  un  nuovo  Socio  annuale 
o  vitalizio  deve  essere  fatta  e  firmata  da  due  soci  mediante  let¬ 
tera  diretta  al  Consiglio  Direttivo. 

Le  rinuncio  dei  Soci  annuali  debbono  essere  notificate  per 
iscritto  al  Consiglio  Direttivo  almeno  tre  mesi  prima  della  fine 
del  3°  anno  di  obbligo  o  di  ogni  altro  successivo. 

La  cura  delle  pubblicazioni  spetta  alla  Presidenza. 

Tutti  i  Soci  possono  approfittare  dei  libri  della  biblioteca 
sociale,  purché  li  domandino  a  qualcuno  dei  membri  del  Consi¬ 
glio  Direttivo  o  al  Bibliotecario,  rilasciandone  regolare  ricevuta 
e  con  le  cautele  d’  uso  volute  dal  Regolamento. 

Gli  Autori  che  ne  fanno  domanda  ricevono  gratuitamente 
cinquanta  copie  a  parte,  con  copertina  stampata ,  dei  lavori  pub¬ 
blicati  negli  Alti  e  nelle  Memorie ,  e  di  quelli  stampati  nella 
Rivista  Natura. 

Per  la  tiratura  degli  estratti ,  oltre  le  dette  50  copie,  gli 
Autori  dovranno  rivolgersi  alla  -Tipografia  sia  per  1’  ordinazione 
che  per  il  pagamento.  La  spedizione  degli  estratti  si  farà  in 
assegno. 


INDICN  DLL  FASCICOLO  II 


B.  Chiarelli,  Il  metodo  del  Cu  per  l’ attribuzione  della 

età  assoluta  nella  Paleontologia  e  nella  Archeologia  .  pag. 
M.  A.  Cherchi,  Note  su  XJromastix  princeps  scorteceli 

Cherchi  ( Sauria )  (Tav.  V)  .  .  •  •  •  .  » 

P.  C.  Buiyio,  Contributo  alla  conoscenza  della  Fauna  coleot¬ 
terologica  della  Guinea  Portoghese.  Il  -  Cerambyciclae, 
Chrysomelidae ,  Scarabaeidae  .  ■  .  .  _  .  .  » 

Ed.  Luna  de  Carvalho,  Contri Oution  à  l’étude  de  la 
Faune  coléopterologique  de  la  Guinee  Portugaise.  Ca- 
rabidae  Faussinae  ........  » 

G.  Ruggieri,  Alcuni  Ostracodi  del  Neogene  italiano  .  .  » 

S.  Radrizzani,  Note  sulla  stratigrafia  del  Gruppo  delle 

Griglie  ........... 

M.  Pavan,  Primi  dati  su  un  fattore  fitoinibitore  della  ge¬ 
latina  reale  di  Apis  mellifera  L.  e  suo  isolamento  allo 
stato  cristallino  .........  » 

M.  A.  Cherchi,  Note  su  Chiromantis  petersi  lcelleri  Boettger 

e  sui  suoi  nidi  ( Amphibia )  (Tav.  VI-VII)  ...» 


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Nel  licenziare  le  bozze  i  Signori  Autori  sono  pregali  di  notifi¬ 
care  alla  Tipografia  il  numero  degli  estratti  che  deside¬ 
rano,  oltre  le  50  copie  concesse  gratuitamente  dalla  Società. 


Il  listino  dei  prezzi 
nel  1955  è  il  s 

per  gli 
eguente  : 

estraili  degli 

Atti  da  pubblicarsi 

COI 

PIE  25 

30 

50 

75 

100 

Pag.  4 

L.  600.- 

L.  700.- 

L. 1000.- 

L  1300.- 

E.  1500.- 

»  8 

»  1000.- 

n  1200.- 

».  1500.- 

1  1800.- 

»  2000.- 

11  12 

„  1350.- 

»  1500.— 

»  1800.- 

-  2300.- 

»  2500.- 

»  16 

»  1500.- 

»  1600.— 

»  2000.- 

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