Ii«?. 4
1
DELLA.
SOCIETÀ ITALIANA
DI SCIENZE NATURALI
E DEL
MUSEO CIVICO
Il DI STORIA NATURALE
L- . \
IN MILANO
VOLUME XC VII
Fascicolo II
MILANO
Giugno 1958
CONSIGLIO DIRETTIVO PER IL 1958
Presidente: Magistretti Ing. Luigi, Via Principe Amedeo , 1
(1958-1959).
Grill Prof. Emanuele, Via Botticelli, 23
Vice-Presidenti: ’ (1958-59).
/ Moltoni Dott. Edgardo, Museo Civico di
' Storia Naturale (1957-58).
Segretario : Vialli Dott. Vittorio, Museo Civico di Storia Na¬
turale (1958-59).
Vice-Segretario : Eagnani Prof. Gustavo, Via Botticelli , 23
(1957-58).
Cima Dott. Felice, Via Pinturiccliio , 25
Nangeroni Prof. Giuseppe, Viale Tunisia, 30
Ramazzotti Ing. Giuseppe, Via Vittorio Ve¬
neto 24, Milano
Sibilia Dott. Enrico, Minoprio ( Como )
Taccani Avv. Carlo, Via Burini, 24
Viola Dott. Severino, Via Vailazze, 66
Cassiere: Turchi Pag. Giuseppe, Viale Certosa , £73 (1957-58).
Bibliotecario : Malìa Krùger
ELENCO DELLE MEMORIE DELLA SOCIETÀ
Voi
. I.
Fase.
1-10 ;
anno
1 865.
n
II.
ii
1-10 ;
?!
1 865-67.
v
III.
a
1-5 ;
11
1867-73.
li
IV.
ii
1-3,5;
)?
1868-71.
li
V.
n
i ;
11
.1895 (Volume
completo).
il
VI.
ii
13;
11
1897-1910.
ii
VII.
a
i ;
11
1910 (Volume
completo).
li
Vili.
ii
1-3;
11
1915-1917.
i)
IX.
ii
1-3;
11
1918-1927.
li
X.
n
13;
11
1929-1941.
ii
xr.
ii
1-3;
11
1944-1955.
il
XII.
ii
1-2;
11
1956-1957.
Consiglieri:
(1958-1959)
Pavia — Premiala Tipografia Successori FUSI - Via L. Spallanzani 27 — 1958
Chiarelli Brunetto
IL METODO DEL C14
PER L’ATTRIBUZIONE DELLA ETÀ’ ASSOLUTA
NELLA PALEONTOLOGIA E NELLA ARCHEOLOGIA
L na delle difficoltà più grandi che si hanno nelle ricerche pa¬
leontologiche è la giusta attribuzione della età ai materiali trovati.
I metodi stratigrafici e gli altri metodi geologici danno sempre
risultati discutibili specialmente per materiali relativamente recenti.
Si è cercata perciò questa maggiore esattezza in metodi chimico
fisici. Il metodo del fluoro, per esempio, ha dato risultati assai sod¬
disfacenti.
I recenti progressi della fisica nucleare e lo studio sulla radioatti¬
vità di alcuni isotopi hanno determinato la messa a punto di metodi
fisici che danno valori della cui attendibilità si può essere assai certi.
Lno dei metodi più recenti e che ha dato ottimi risultati specie
per i materiali dell ultimo Quaternario è il metodo del C14 ovvero del
radioearbonio.
Lo scopo del presente lavoro è principalmente quello di raccogliere
la bibliografia su questo metodo e sui risultati fin ora ottenuti. Si
ritiene che essa sia completa dal 1947, data in cui il Libby emise la
sua ipotesi, fino a tutto il 195 1, i principali lavori, cioè, di un decennio
di ricerche.
Il carbonio ordinario e il carbonio radioattivo.
II carbonio ordinario (C12) costituisce il 98,9% di tutto il carbonio
terrestre; il restante 1,1% è costituito da vari isotopi di cui il C14 è
quello più frequente in natura.
In natura il C14 si forma dalla collisione di neutroni con atomi di
N. Artificialmente lo si può ottenere in grande quantità da una pila
a Uranio per azione di neutroni lenti sull’azoto.
86
B. CHIARELLI
N14 + n' = C14 + H1
cioè col medesimo procedimento con cui è prodotto in natura (4).
Nei laboratori sono state fatte molte esperienze di trasmutazioni
artificiali e in particolare sono stati studiati gli effetti di neutroni di
diverse energie sugli ordinari costituenti dell’aria e in particolar modo
sui principali : azoto e ossigeno.
I risultati hanno in generale dimostrato che FO è estremamente
inerte mentre l’N è reattivo ed in particolar modo è risultato che dei
due isotopi dell’azoto, l’N14, che costituisce il 99, 64%, e l’N15, che co¬
stituisce lo 0,36% del quantitativo totale di N, il primo è di gran
lunga più reattivo.
In particolare è stato dimostrato che variando la velocità dei neu¬
troni si ottengono 3 tipi di reazioni di trasmutazioni e cioè :
a) facendo agire neutroni a velocità termica, cioè neutroni a
bassa energia sull’N14 si ottiene la seguente reazione :
N14 + n = C14 + H1 + 0,62 MeV
reazione che appunto è dominante nella gamma di 0,6-1, 4 m. e.v. Il
C14 isotopo del C12 normale così ottenuto è radioattivo ed ha un semi¬
periodo di 5568 ± 30 anni.
b) facendo agire neutroni a velocità maggiore sull N14 si ottiene
invece la seguente reazione
N14 + n = C12 + Hs — 4,5 MeV
c) facendo agire neutroni ad alta energia sul N14 è stata otte¬
nuta un’altra reazione :
N14 + n = H3 + 3 He4 — 11,5 MeV.
II tritio così formato costituirebbe un ottimo metodo per calcolare
l’età delle sostanze organiche, ma la quantità ora presente in natura
risulta influenzata dalle esplosioni atomiche degli ultimi anni.
La reazione di trasmutazione più importante ai fini della deter¬
minazione della età è perciò la prima ; ed è questa che per l’appunto
avviene in prevalenza in natura.
(1) Il processo si fa avvenire immergendo una soluzione di NH4N03
in una pila a Uranio. Il carbonio che si ottiene è combinato in ione bicar¬
bonato e lo si può precipitare come Ba C03 aggiungendo una soluzione di
Ba(OH)2.
IL METODO DEL C14 PER L; ATTRIBUZIONE ECC.
87
Negli strati superiori dell’atmosfera infatti, i neutroni, prodotti
dalla collisione dei raggi cosmici con elementi dell’atmosfera, produ¬
cono a partire dall’N il C14 secondo la reazione già riportata :
n + N14 -> H + C14
Il C14 così ottenuto reagisce con l’ossigeno atmosferico dando
luogo a CO2 radioattiva che entra nella compagine di tutta la materia
vivente.
Ipotesi del Libby.
Nel 1946 il Libby, che fu il primo a interessarsi di questo pro¬
blema, emise l’ipotesi di un equilibrio radioattivo del Cu nel quale la
percentuale del C14 disintegrato fosse uguale alla percentuale del C14
prodotta ; osservò cioè che la quantità di C14 nella stratosfera resta in¬
variata essendo la quantità che si forma equilibrata da una eguale
quantità di C14 che decade.
Da questa ipotesi ne deriva che nelle piante e negli animali al ces¬
sare di vivere cessa pure il processo di acquisizione di C14 mentre con¬
tinua quello di disintegrazione del C14 in N14 per cui la concentrazione
in C14 in essi decresce proporzionalmente al tempo.
Basandosi sulla validità di cpieste ipotesi fu misurata la vita me¬
dia del C14. Questa è stata misurata varie volte e con moltissimi metodi
ed in genere è stata calcolata fra i 5589 e 5513 (4).
Questo valore è utilizzato anche nella maggior parte degli altri
laboratori. La formula di cui ci si serve per la determinazione della
età di un materiale è la seguente :
t
I = I0 e"
dove :
I è il valore della radioattività del materiale che si sta misurando ;
I0 è l’attività specifica (per grammo e per minuto) del materiale
(C.. vivo) misurato su sostanze organiche attuali;
t è il tempo ;
x è la vita media globale che è una costante pari a 8600 (costante
di trasmutazione).
(x) Il Libby nel suo laboratorio di Chicago adopera il valore di
-5570 -e 54.
88
B. CHIARELLI
Mediante questa fonnula è stato possibile costruire la curva di
decadimento del C14 (fig. 1). Sul medesimo grafico sono stati riportatl
i valori riscontrati in campioni di età conosciuta.
6 * t o ri e 4 ‘
Fig. 1. — Sul grafico sono riportate: la curva di decadimento del C14
e le determinazioni fatte su campioni la cui età è nota al fine di
mostrarne la coincidenza.
La coincidenza fra l’età del campione e la curva di decadimenti
del C14 è evidente.
Il limite di sensibilità in tempo del metodo dipende da diversi
IL METODO DEL (f4 PER L’ATTRIBUZIONE ECO.
89
fattori tecnici, ad ogni modo secondo il Libby è 20-25.000 anni, per il
Suess è 32-35.000 anni; altri autori lo fanno ascendere anche a valori
più elevati (50-70.000 anni).
Rapporti fra radiazioni cosmiche e Radiocarbonio.
Poiché il C14 si origina dalla collisione dei raggi cosmici con gli
atomi di N si potrebbe pensare che l’attività dei campioni dipendesse
dalla intensità delle radiazioni cosmiche.
Il grafico della fig. 2 dimostra findipendenza della attività dei
Fig. 2. — Il grafico, originale nella sua composizione, mette in
evidenza Findipendenza delle variazioni della radioattività di cam¬
pioni organici contemporanei C radioattivi (riportate sulle ordinate
di destra su scala notevolmente ampliata) (ved. Tav. I e fig. 3) dalle
variazioni latitudinali della intensità dei neutroni cosmici (sec.
Simpson).
campioni attuali dalla latitudine geomagnetica cioè dall’intensità delle
radiazioni cosmiche.
Infatti poiché ai poli la quantità dei raggi cosmici ricevuti dalla
superficie terrestre è circa tre volte superiore a quelli ricevuti all’equa¬
tore si era supposto che la differente distribuzione latitudinale delle
-radiazioni cosmiche influenzasse la distribuzione del C14. L’esame di
1400 20 M) 60 80 1500 20 40 60 80 1600
90
B. CHIARELLI
vari campioni attuali presi a diverse latitudini (fig. 3) fatto dal Libbm
e collaboratori ha. invece dimostrato che il contenuto in C14 non varia
al variare della latitudine. Infatti i dati riportati nelle tabelle segmenti
per i vari campioni presi in esame dà valori di attività specifica as¬
soluta pressoché identici e tutti intorno a 15,3 sia per i campioni in
cui il carbonio si trova a. formare sostanze organiche (tav. 1) sia per
Fig. 3. — Distribuzione dei campioni contemporanei analizzati
(ved. Tav. 1).
campioni in cui il carbonio forma sostanze inorganiche (conchiglie)
(tav. II).
L’attività specifica media dei campioni attuali è quindi di circa
15,3 ± 0,5 disintegrazioni per grammo e minuto.
Circa poi la possibilità di un aumento del C14 dovuto alle esplo¬
sioni atomiche è da ricordare che un tale aumento si verifica solo nelle
sostanze che costituiscono gli esseri attualmente viventi lasciando del
tutto invariato l’attività dei materiali preistorici. Non ha perciò im¬
portanza se l’attuale valore, che funge da punto zero, subisce qualche
aumento.
91
IL METODO DEL C14 PER L'ATTRIBUZIONE ECO.
Tav. 1
Attività di campioni contemporanei della Biosfera terrestre (da Libby)
ORIGINE
Latitudine
geomagnetiche
Attività spe¬
cifica assoluta
Abete rosso, Germania Jukon
60° N
14.84 ± 0,30
Abete rosso, Norvegia
55° N
15.37 ± 0.54
Legno di Olmo, Chicago
53° N
14.72 ± 0.54
Fraxinus exc-elsior, Svizzera
49° N
15.16 ± 0.30
Miele, Oak Ridge
47° N
14.60 ± 0.30
Rametti di pino con foglie, New Mes¬
sico
44° N
15.82 ± 0.47
Radici di Erica bianca, Nord Africa
o
O
TU
14.47 ± 0.44
Quercia, Palestina
34° N
15.19 ± 0.40
Legno non identificato, Teheran,
Iran
28° N
lo.o / di 0.34
Fraxinus mandshurica, Giappone
26° N
14.84 ± 0.30
Legno non identificato, Panama
20° N
15.94 ± 0.51
Sterenlia excelsa, Capocabana, Bolivia
11° N
15.08 di 0.34
Clorophons excelsa, Liberia
1° N
15.47 di 0.50
Legno di ferro, Isole Marshal
0° N
14.53 di 0.60
Legno non identificato, Ceylon
2° S
15.29 ± 0.67
Legno di faggio, Terra del Fuoco
45° S
15.37 ± 0.49
Eucaliptus sp., New South Wales,
Australia
45° S
16.31 ± 0.43
Olio di Foca, Antartico
65° S
15.69 ± 0.30
Media 15.3 -+- 0.1
Tav. 2
Attività di campioni di Conchiglie contemporanee (da Libby)
ORIGINE
VALORI
Quattro conchiglie, California
Sei conchiglie eduli, New York
Corallo, Bikine
Conchiglie eduli, Aleutine
Nove conchiglie di molluschi, Nord America
Conchiglie di Nurex, Florida
Sedimenti freschi dell ’oceano, Bermude
Ostriche, Baia di Chesapeake
15.3 ± 0.2
16.9 ± 0.3
16.9 ± 0.3
13.3 ± 0.5
15.4 ± 0.2
17.1 ± 0.5
17.4 ± 0.5
15.1 ± 0.5
15.3 -4- 0.5
Media
92
B. CHIARELLI
Scelta e preparazione dei campioni per la misura.
Uno dei principali requisiti per la datazione a mezzo del C14 è
che i materiali da misurare contengano gli atomi di C originari; i me¬
desimi cioè che erano presenti nel campione al tempo della morte del-
l’individuo.
I materiali che per questo requisito danno i migliori risultati
nelle determinazioni si possono elencare nella seguente successione.
1°) Carbone o sostanze organiche carbonizzate o ossa comple¬
tamente bruciate.
2°) Legno ben conservato.
3°) Torba e tessuti.
4°) Corno o altro materiale corneo ben conservato.
5°) Conchiglie ben conservate.
E’ necessario che le conchiglie risultino ben conservate perchè es¬
sendo costituite da Ca.COs possano aver subito delle modificazioni nel
loro contenuto in C per fenomeno di scambio con CO2 atmosferica o
marina. Risultati molto attendibili danno perciò le conchiglie conser¬
vate in melme argillose o in genere silicee.
I materiali ossei pure devono essere ben conservati altrimenti non
danno buoni risultati poiché, essendo molto porosi, facilmente subi¬
scono notevoli variazioni.
Circa la quantità del C necessario per una buona determinazione
essa è almeno di 8 g e pertanto è necessario raccogliere un adeguato
quantitativo di materiale per rintracciarvi una tale quantità di C. In
genere sono sufficenti 40-50 g. di resti vegetali carbonizzati, 100 g.
di conchiglie, 200-300 g. di torba e 500. di corno o osso bruciato.
Secondo il Libby il processo per la preparazione del materiale da
determinare deve passare attraverso i segmenti stadi :
1°) Pulitura meccanica del campione dai materiali incrostanti ;
2°) Trattamento del campione con soluzione di HCl per elimi¬
nazione il CaCOs incrostante eventualmente presente;
3°) Combustione del materiale organico in corrente di ossigeno
oppure, se costituito da CaCOs trattamento con HCl al fine di otte¬
nere CO2 in entrambi i casi;
4°) Purificazione con procedimenti chimici della CO2 dagli altri
gas originatisi dalla combustione (ossidi di N, solfuri, prodotti di in¬
completa combustione e da qualche molecola di Radon, nocivo alla de¬
terminazione anche se in tracce, perchè radioattivo).
IL METODO DEL CU PER L’ATTRIBUZIONE ECO.
93
5°) Trattamento della CO2 con Mg' secondo la reazione
2 Mg + CO2 -» 2 MgO + C
che permette la separazione del C allo stato puro.
6°) Il carbone così ottenuto viene polverizzato e spalmato sul
contatore preparato per la determinazione.
Questo per sommi capi il metodo classico per la preparazione del
campione, cioè il metodo del C solido del Libbv.
Successivamente furono messi a punto altri metodi.
Alcuni di questi utilizzano la CO2 direttamente. Questo gas ha
però lo svantaggio di essere molto sensibile alle impurezze pur pre¬
sentando il vantaggio di una facile preparazione.
Il metodo della utilizzazione del metano, che si ottiene dalla idro¬
genazione ca talittica della CO2 presenta il vantaggio rispetto alla CO2
di essere quasi esente da impurezze.
Recentemente il Suess ha studiato un metodo che si basa sulla uti¬
lizzazione della acetilene. E’ questo il metodo oggi più in uso.
La preparazione dell’acetilene si può riassumere nel seguente pro¬
cedimento schematico :
1°) Materiale organico (legna, torba etc.) + O2 |
Ca C03 (conchiglie) + HC1 )
2°) CO2 + 2NH4OH -» (NH0.CO.-+ H2O;
3°) (KEL)2 COs + Sr Ch Sr C03 + 2XIL CI ;
4°) 2 Sr CO3 + 5 Mg -» Sr C2 + 5 MgO + Sr 0 ;
5°) Sr C2 + 2H2O r-> C2H2 + Sr(OH).
Il rendimento di queste reazioni rispetto alla quantità è di circa
il 95%. Il vantaggio che questo metodo presenta è dovuto alla pre¬
senza di 2 atomi di C in una sola molecola cosicché, a parità di volume
e di pressione, si ha un quantitativo doppio di C introdotto nel con¬
tatore.
Misura del campione.
La sostanza così ottenuta, sia sotto forma solida che, preferibil¬
mente, sotto forma gassosa la si immette in un contatore Geiger, che
in questo caso funziona da contatore proporzionale. Per mezzo di
questo contatore si misura la radioattività del campione e da questa
attraverso la semplice formula già esposta :
r.
I = l0
•si risale all’età di esso.
94
B. CHIARELLI
Il conteggio delle disintegrazioni del C14 sarebbe molto semplice
se il contatore proporzionale non risultasse influenzato dalle radiazioni
cosmiche. Per eliminare tali radiazioni risulta necessario applicare di¬
versi accorgimenti di cui due indispensabili:
a) porre il contatore in uno schermo formato da lastre di Fe
che assorbano il maggior numero di radiazioni.
b ) circondare il contatore proporzionale con una serie di Geiger
in anticoincidenza di fase cosicché qualsiasi particella che eccita il con¬
tatore centrale viene automaticamente annullata dal contatore perife¬
rico da cui è passata.
La valutazione quantitativa delle radiazioni cosmiche (radia¬
zioni di fondo) può esser fatta mediante del C morto (non contenente
C14), carbone cioè estratto da materiale inorganico o da combustione
di carbone fossile.
Importanza del metodo nelle ricerche paleontologiche e archeo¬
logiche.
Queste le basi teoriche del metodo di datazione mediante il C14.
Metodo che ha dato ottimi frutti specie nelle ricerche archeologiche e-
paleontologiche, dell’ultimo quaternario.
In America, per esempio, con questo metodo si è potuto proce¬
dere a un riordinamento cronologica di tutte le prime stazioni umane
finora scoperte (una ventina circa) mettendo in evidenza un ottimo
schema, anche se ancora molto incompleto per mancanza di dati, sulle
piime immigrazioni e le prime stazioni dell’uomo americano risalenti
fino a circa 23.000 anni fa. Su questo schema, a poco a poco, sarà
forse possibile ricostruire la storia dei primi uomini Americani.
Per il momento si è, con buona certezza, potuto stabilire che ì
primi uomini che invasero il continente americano provenivano dal-
f Alasca e successivamente si irradiarono in tutto il Nuovo Mondo.
Ma. di notevole importanza è stato questo metodo nello studio dei
materiali Egizi la cui datazione archeologica risulta molto incerta.
Questi dati sono stati raccolti nel laboratorio di Chicago del Libby e
hanno stabilito l’età di vari giacimenti dei quali, finora, esistevano in¬
certezza cronologiche.
In Palestina poi è stato possibile determinare l’età di rotoli di
lino su cui era scritto parte del libro di Isaia trovati nella grotta di
Ain Fashka. Età che risulta essere di 1917 ± 200 anni, risalente cioè-
circa proprio alla nascita di Cristo.
IL METODO DEL C14 PER lIaTTRIBIT ZIONE ECO.
95
Ma un esempio di datazione assai chiaro ed evidente e che merita
di essere riportato ampiamente è la datazione di una trave carboniz¬
zata dell’epoca di Hammurabi.
A Nippur nell’Iraq, dove sorgeva l’antica Babilonia fu trovata
una trave carbonizzata del soffitto di una casa la cui data di costru¬
zione è fissata con certezza nel calendario Hammurabiano. Le date di
questo calendario sono riferite alle date dei due re Ibi-Sin e Shu-Sin
che vissero circa 250' anni prima di Hammurabi, in un tempo cioè pre¬
cisamente noto nel calendario Babilonese.
Il campione è costituito, come ho detto, da una trave carboniz¬
zata del soffitto di una casa del livello IV e fu trovata da Me Cown.
La ricomposizione archeologica delle date, mette in evidenza con buona
probabilità che questa costruzione sia stata fatta non più tardi del¬
l’anno III di Shi-Sin e non prima dell’anno I di Shu-Sin in un periodo
di tempo, cioè di 12 anni.
Risulta quindi chiaro che questo materiale è stato ottimamente
datato rispetto al calendario Babilonese. Solo che il calendario babilo¬
nese non ha un preciso riscontro con il nostro.
La data di ascensione al trono di Babilonia di Hammurabi, per
esempio, è da vari autori attribuita con una variabilità di tempo di
circa 350 anni.
L’importanza di una precisa attribuzione di questo materiale sa¬
rebbe servito pertanto a stabilire una successione di fatti storici im¬
portanti non solo per il problema cronologico della Mesopotamia, ma
anche per l’intera, intrecciata fabbrica delle relazioni storiche del¬
l’Asia Minore e dell’Egitto nella prima parte del II millennio avanti
Cristo.
Questo campione fu perciò diviso in tre porzioni eguali e ciascuna
misurata da individui separati per circa un mese di continuo.
Il totale del tempo di 3 mesi impegnato in questa indagine è ser¬
vito anche a stabilire il vero limite di sicurezza del metodo.
I risultati per le tre porzioni di carbone furono i seguenti
4029 ± 0,05, 4085 ± 0,07 e 4156 ± 0,13 che volendo considerare i più
ampi limiti di errore del metodo possono riassumersi in 3945 ± 106.
In Italia esistono attualmente ottimi laboratori per queste deter¬
minazioni : uno è presso l’Università di Pisa ed. è diretto dal Prof.
Tongiorgi che gentilmente mi ha permesso di visitare e a cui devo la
raccolta di molti dati bibliografici ecl un altro presso l’Istituto di Geo¬
chimica della Università di Poma diretto dal Prof. Fornaseri.
96
B. CHIARELLI
Riassunto
In questo ultimo periodo lia assunto grande importanza per la attri¬
buzione della età assoluta di ritrovamenti archeologici e paleontologici
dell’ultimo quaternario il Metodo del C14.
In queste pagine si descrive per sommi capi il metodo, si traccia la
base fisica su cui è impostato e se ne discutono le principali critiche a cui
è stato sottoposto e i limiti naturali di esso.
A titolo di esempio, poi, si riportano alcune determinazioni eseguite
in diversi laboratori, ma principalmente nel laboratorio del Libby a Chi-
-cago.
L’importanza del lavoro sta però nella ricca bibliografia che lo ac-
-compagna e che si ritiene completa dal suo inizio fino a tutto il 1957.
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Dall'Istituto di Mineralogia della Università di Firenze - Centro per
lo studio della Geochimica del C. N. E.
Maria Adelaide Cherchi
NOTE SU UROMASTIX PRIXCEPS SCORTECC1I CHERCHI
(Sa urici)
Durante il terzo viaggio nella penisola dei Somali, il prof. G. Scor¬
tecci catturò un forte numero di Rettili, in particolar modo Sauri; tra
questi trenta Uromastici della specie princeps che mi affidò per lo
studio; di ciò e delle indicazioni datemi lo ringrazio vivamente.
Gli esemplari in parola furono presi nella fascia costiera della
regione del Mudug, tra Obbia e una località più settentrionale, Ob¬
bia I, situata ad una ottantina di chilometri di distanza, e nella Mi-
giurtinia ; precisamente nelle zone di Seusciuban, di Eriro (situata a
una cinquantina di chilometri a sud di Seusciuban), sul monte Sukorré
(Ahi Mascat sud occidentale) a un migliaio di metri di altitudine.
Il prof. Scortecci inoltre vide Uromastici nella zona tra Garin e
Bosaso (Render Cassini), nelle vicinanze dello uadi Corrof (zona di
Carin a quattrocento metri di altitudine), nello uadi Bohisso-uèn, che
scorre parallelo alla costa del golfo di Aden sfociando nello uadi Me-
rero, nelle petraie tra lo uadi Balade e i monti Sukorré (Ahi ùlascat
occidentale) e sui monti Habeno a 1200 metri (Ahi Atascat occidentale).
La serie di esemplari, dei quali nella acclusa tabella indico alcuni
caratteri e le date di cattura, presenta interesse per una duplice ra¬
gione; perchè in essa sono compresi individui giovanissimi e molto
piccoli, altri di media grandezza, e altri ancora che raggiungono di¬
mensioni notevoli, probabilmente le massime della specie, poi perchè
un gruppo di tali animali, il più numeroso, proviene da una zona dove
sino ad ora non erano stati segnalati Uromastici. Si tratta della fascia
costiera compresa tra il villaggio di Obbia e Obbia I. Con tale nome
è indicata la zona dove un compagnia petrolifera americana svolge da
qualche tempo le sue ricerche. Questa fascia costiera, secondo quanto
appare dalle carte geologiche e dalle informazioni fornite dal prof.
Scortecci, è costituita da dune, fissate da scarsa vegetazione esclusiva-
mente erbacea, sulle quali in talune zone per tratti molto brevi, in
altre per tratti di qualche centinaio di metri, affiorano rocce calcaree.
108
M. A. CHERCHI
Uromastice princeps scorteceli Oherchi
L
o c a 1 i t à e
data
Sesso
Lun gh.
muso
cloaca
in mm.
Lungfh.
coda
in mm.
Largh .
coda
in mm.
Ind.
cent.
1
Tra Obbia e Obbia I,
1,2,3 Nov. 1957
juv.
56
20
15
75
2
»
»
»
»
juv.
58
23
16
69,5
3
»
»
»
/
»
juv.
50
18
12
66,6
4
»
»
»
»
M.
140
53
37
69,8
0
»
»
»
»
M.
135
55
33
60
6
»
»
»
»
M.
99
37
24
64,8
7
»
»
»
»
M.
108
39
27
69
8
»
»
»
»
E.
102
42
26
61,9
9
»
»
»
»
E.
108
41
27,5
67
10
»
»
»
»
F.
114
40
25,5
63,7
11
»
»
»
»
M.
110
39
25
64,1
12
»
»
»
»
M.
160
59
41
69,4
13
»
»
»
»
M.
155
57
36,5
64
14
»
»
»
»
M.
155
- 58,5
42
71
15
»
»
»
»
M.
138
52
33,5
64,4
16
»
»
»
»
M.
140
51
33
64,7
17
»
»
»
»
M.
115
46
27
58,4
18
»
»
»
»
M.
110
38
25
65,7
19
»
»
»
»
M.
107
41
24,5
59,7
20
»
»
»
»
F.
93
32
21
65,6
21
»
»
»
»
F.
108
47
29
61,7
22
Scusciuban 12 Nov. 1957
F.
105
48
22
45,8
23
»
»
F.
120
54
23
42,5
24
»
»
F.
123
51
24,5
48
25
»
»
F.
123
51
26
50,9
26
»
»
F.
132
50 (*)
27
27
»
»
juv.
110
51
20
39,2
28
»
»
juv.
74
29
16
55,1
29
Eriro
14
ISTov. 1957
juv.
41
15
8,2
54,6
30
Sukorré
8 Sett.
1957
M.
151
64
30
46,8
(*) Coda parzialmente mancante.
NOTE SU UROMASTIX PR1NCEPS SCORTECCII CHERCH]
109
_E queste sono ricche di cavità, pertugi, gallerie di pochi centimetri di
diametro, le quali costituiscono altrettanti rifugi per gii Uromastici.
L’esame dei dati riportati nella tabella conferma in modo deci¬
sivo la validità della nuova sottospecie scorteceli che descrissi alcuni
anni fa in base a esemplari raccolti nella zona di Eil. Appare chiara¬
mente infatti che tutti gii individui catturati nel tratto costiero tra
Obbia ed Obbia I, hanno la coda molto più larga e breve di quelli di
-altre località poste a settentrione di Eil. Xei primi l’indice centesi¬
male va. da un minimo di 58,4 ad un massimo di 75 con una media di
65,5; negli altri da un minmo di 39,2 ad un massimo di 55,1, con una
media di 47,8.
Si tenga presente che in quelli di Eil il rapporto stesso va da 55
-a 59 ed in quelli raccolti nel retroterra di Candala, a Bur Dagner, tra
Carili ed i monti Carcar, ad Haiatzame, sui Carcar stessi, nelle vici¬
nanze di Scusciuban, a Meleden, nonché in quello raccolto sull Ahi
Alascat orientale (Carin Gié) oscilla tra i 35,1 e 48 0). Tenendo conto
complessivamente di tutti gli esemplari catturati nel secondo e nel
terzo viaggio, e basandosi sul rapporto centesimale lunghezza lar¬
ghezza della coda, non è possibile non rilevare che tanto più aumenta
la latitudine, tanto più diminuisce il valore dell'indice stesso; tra
Obbia ed Obbia I esso oscilla tra 58,4 e 75, a Eil tra 55 e 59, a nord di
Eil, sia negli esemplari di montagna sia in quelli di pianura fra 35,1
e 55,1. Ritengo che se si potessero avere serie di esemplari di maggior
numero di località, la istituzione di un cline sarebbe sicuramente pos¬
sibile.
Dai dati riferiti nella tabella sembra scaturire anche un altro
fatto; negli individui giovani e giovanissimi la coda è quasi costante¬
mente più larga e breve che negli adulti. Infatti in un individuo assai
.giovane di Obbia spettante alla sottospecie scorteceli il valore centesi¬
male è di 75, valore mai raggiunto dagli adulti, e rispettivamente, in un
giovane di Scusciuban della forma tipica è di 55,1 e nel giovanissimo
di Eriro, anch’esso della forma tipica, è di 54,6.
Terzo fatto che scaturisce dall’esame dei dati della tabella è quello
relativo alle dimensioni notevoli raggiunte dai maschi: 219, 213, 212
millimetri, che a quanto è a mia conoscenza sarebbero le massime non
solo nella sottospecie, ma nell’ambito della intiera specie.
(1) M. A. Cherchi, Una nuova sottospecie di Uromastix princeps
O ’Shaug., Atti Soc. It. Se. Xat. Milano, 1954, Voi. XCIII, Fase. III-IV
pp. 538-543.
110
M. A. CHERCHI
Circa la colorazione, gli individui adulti dell’una e dell’altra,
forma, come già scrissi, sono presso che eguali. I giovani presentano
tinte e macchie diverse da quelle degli adulti e, stando ai pochi esem¬
plari in esame, appaiono diversi a seconda della sottospecie. I tre di
Obbia contraddistinti coi numeri 1, 2, 3 della sottospecie scorteccii,
hanno tutta la parte superiore del capo e del collo scurissima (un bruno
intenso durante la vita) con quattro serie di macchie tondeggianti od
ovali allungate, biancastre che interessano tanto la regione della nuca
quanto il collo, talvolta fondendosi quasi compiutamente a formare
strisce longitudinali. In contrapposto l’esemplare di Eriro della, forma
tipica, il più piccolo sino ad oggi catturato, ha la testa chiara e manca
delle macchie bianche.
Circa la distribuzione della sottospecie scorteccii , la catture com¬
piute nel 1957 mostrano che è più ampia di quanto si poteva supporre.
Interessa tutta la fascia costiera da qualche chilometro a nord di Eil
a qualche chilometro a sud di Obbia; si estende insomma per almeno
250 chilometri nel senso dei meridiani. In contrapposto la estensione
nel senso dei paralleli sembra essere modestissima ; solo qualche chilo¬
metro. Ciò si deduce dalle informazioni del Prof. Scortecci il quale,
viaggiando da Galeaio ad Obbia non vide, anche in ambiente che sem¬
brava adatto, un solo esemplare di Uromastice prima di essere giunto
nei pressi della costa. Sembrerebbe insomma che la sottospecie avesse
tendenza ad estendersi verso sud, limitatamente alla costa.
Circa il limite altitudinale raggiunto dalla specie, i reperti del
terzo viaggio confermano quanto ebbi a indicare nella precedente nota.
Gli Uromastici risultano presenti e più o meno abbondanti dal livello
del mare sino a poche centinaia di metri di altezza, poi si vanno a mano
a mano rarefac-endosi per scomparire verso i 1350 m. Nel terzo viag¬
gio il prof. Scortecci vide Uromastici in scarsissimo numero soltanto
sino a 1200 m., ad esempio al sommo degli Habèno e nel versante me¬
ridionale dello Abal.
Circa l’ambiente abitato da Uromastix princeps princeps, in con¬
fronto ad Uromastix princeps scorteccii , non sembra che vi sian diffe¬
renze. Tutti stanno esclusivamente in zona rocciosa e inoltre, così in¬
forma il prof. Scortecci, non si dà mai il caso di trovare tali animali
dove le rocce non presentano le complicate gallerie le quali sembrano
costituire la loro esclusiva tana. Non abbandonano 1 ambiente prescelto
•neppure per la ricerca del cibo il quale, come noto, è formato in modo
predominante, forse esclusivo, da sostanze vegetali. Interessante è
M. A. CHERCHI - Note su Uromastix ecc
Atti Soc. Ital. Se. Nat. Voi. XCVIT, Tav. \
Fig. 1
Fig. 2
Esemplari di Uromastix princeps scorteceli Cherchi della zona costiera
del Mudug ; sono appariscenti la brevità e la larghezza della coda.
NOTE SU U ROMAST1X PR1NCEPS SCORTECCI] CHEHCHI
111
notare che questi sauri non si rifugiano inai in gallerie le quali abbiano
un diametro maggiore di quello massimo del loro largo tronco ; si dà
piuttosto il caso opposto, di Uromastici cioè che si nascondono in gal¬
lerie le quali hanno un diametro di poco inferiore, e sono obbligati
di conseguenza a fare grandi sforzi per insinuarvisi.
Circa le condizioni di temperatura sopportate dai rappresentanti
la specie, le informazioni riferitemi dal prof. Scortecci, mi permettono
di stabilire limiti relativamente precisi. Durante la sua escursione nella
fascia, costiera del Mudug, compiuta i primi giorni di novembre durante
piogge violentissime e quando la temperatura dell'aria non era supe¬
riore a 25°C non incontrò mai gii Uromastici all’aperto, ma soltanto
nell’interno delle tane dalle quali dovettero essere estratti spaccando
la roccia. Deposti al suolo erano così torpidi da non riuscire a fuggire
rapidamente. Una temperatura ambientale di 25°C, perciò una tem¬
peratura corporea vicina ad essa, non è sufficiente per una attività
normale.
Sembra invece che tali Uromastici svolgano pienissima attività
quando la temperatura ambientale oscilla tra i 35° e i 38°C ed è certo
che possono aggirarsi alla ricerca del cibo anche quando al suolo si
hanno temperature assai superiori a 50°C. Riferisce il prof. Scortecci
di avere misurato più volte la temperatura corporea di questi animali
accorgendosi che anche con 42°-43°C (temperatura cloacale) erano in
piena attività. Questi dati, più volte confermati, sono molto interes¬
santi anche perchè non si citano nella letteratura casi di tale altissima
sopportazione.
Paragonando le condizioni degli apparati sessuali degli individui
catturati nel secondo viaggio durante i mesi estivi e quelli del terzo
nei mesi autunnali, si nota che nei primi i testicoli sono sviluppatissimi
e le uova di grandi dimensioni ; nei secondi invece i testicoli sono di
solito bene sviluppati o talvolta di dimensione ridotta, e le ovaie picco¬
lissime, talvolta mal visibili.
\ ,
Sembra dunque che l’epoca degli amori tanto nella forma tipica
quanto nella nuova sottospecie, coincida col pieno della stagione calda
e l’epoca della deposizione delle uova con l’inizio della stagione mite.
Ciò sembrerebbe confermato dal fatto che durante il viaggio del 1953
il prof. Scortecci non raccolse e neppure vide esemplari di piccolissime
dimensioni, mentre raccolse e più vide nel secondo esemplari che evi¬
dentemente erano usciti da poco dall'uovo.
P. Carlo Brivio
CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELLA FAUNA
COLEOTTEROLOGICA DELLA GUINEA PORTOGHESE
II - CERAMB Y CIDAE, CHRYSOMELIDAE, SCARABAEIDAE
Continuo, con il presente articolo, la pubblicazione della lista dei
Coleotteri raccolti nella Guinea Portoghese dai missionari del Ponti¬
ficio Istituto Missioni Estere di Milano. Non posso seguire nella enu¬
merazione delle famiglie un ordine sistematico preciso, dovendomi ac¬
contentare di rendere noti i risultati di quei gruppi che sono riuscito
a fare determinare dagli specialisti. Rimando al precedente lavoro
(Brivio, 1957) per le notizie ecologico-geografiche sulla Guinea Porto¬
ghese e sulle località di cattura.
Per evitare continue ripetizioni nell’elenco, ricordo che gli esem¬
plari di Balata e Bubaque furono raccolti dal Rev. Fr. Vincenzo
Benassi; quelli di Suzana e Catió dal Rev. P. Luigi Andreoletti e quelli
di Bambadinca dal Rev. P. Antonio Grillo.
A questi missionari e agli specialisti, che verranno nominati più
,sotto, esprimo il mio cordiale ringraziamento.
Nella enumerazione delle specie ho seguito, in genere, il Coleopte-
rorum Catalogus di Junk-Schenkling. Tutto il materiale è conservato,
salvo contrarie indicazioni, nel Museo Entomologico del Pontificio
Istituto Missioni Estere presso il Seminario liceale delle Missioni, in
Monza.
CERAMBYCIDAE
Determinati dall’Ing. F. Tippmann, di Vienna
Subfam. Prioninae
1 - Stenodontes ( Mallodon ) downesi Hope. Bafatà, X-54, 1 es.;
Bubaque, X-56 ; IV-57, 3 es. ; Suzana, VII-53 ; 54, 3 es.
2 - Aulacopus reticulatus Serv. Bafatà, VI-53 ; VI-54, 2 es.
CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELLA FAUNA ECC.
113
3 - Macrotoma palmata Fabr. Bafatà, V-53; VI-53; YII-53; VII-
55, 7 es. ; Bubaque, VI-56, 4 es.
4 - Acanthophorus ( Tithoes ) confinis. Bafatà, VII-53 ; YII-55; X-55,
4 es.; Suzana, X-52; VII-53, 2 es.
Subfam. Cerambycinae
5 - Xystrocera nigrita Serv. Bubaque, Y-56, 1 es.
6 - Xystrocera sp. Bafatà, YI-54, 1 es.
7 - Plocaederus denticornis Fabr. Bafatà, III-53 ; IV-53 ; V-53 ;
VII-53; IY-54; YII-55, 8 es.; Suzana, 1957, 1 es. ; Bubaque,
Y-56; YI-57, 3 es.
8 - Plocaederus nitidipennìs Clievrolat. Bafatà, YI-54, 1 es.
9 - Plocaederus v iridipennis Hope. Bafatà, YII-55, 1 es.; Bubaque,
YI-57, 2 es.
10 - Cordylomera spinicornis Fabr. var. sansibarica Ivolbe. Bafatà,
11-53 ; YII-53 ; X-53 ; YI-54, 5 es.
11 - Ossibia fuscata Chevrolat. Suzana, VII-54, 1 es.; Bubaque, YI-56;
YII-57 ; 8 es.
12 - Philematium calcaratum Chevrolat. Bafatà, Y 11-54, 1 es.
13 - Philematium festivum Fabr. Bubaque, YI-56; IV-57, 2 es.
14 - Phrosyne (— Euporus Serv.) brevicornis Fabr. Bubaque, YI-56,
1 es.
15 - Eulitopus glabricollis Murray. Bafatà, YI-54, 1 es.
Subfam. Lamiinae
16 - Monochamus ruspator Fabr. Bafatà, YII-55, 1 es.
17 - Coptops aedificator Fabr. Bafatà, YII-54, 1 es.
18 - Ancylonotus tribulus Fabr. Bafatà, YII-53, 1 es. ; Bubaque,
YI-56; VIII-56, 3 es.
19 - Prosopocera bipunctata Drurv. Bubaque, Y-56; X-56 ; IV-57 ;
YI-57; XI-57, 7 es.
20 - Zographus regalis Brown. Suzana, X-52; YII-53, 2 es.; Bubaque,
IV-57 ; YI-57, 3 es.
21 - Analeptes infasciata Fabr. Catió, IX-55, 1 es.
22 - Ceroplesis (Moeeha) hecate Chevrolat. Bubaque, X-56, XI-57, 2 es.
23 - Crossotofrea virgata Quedenf. Bubaque, YI-56, 1 es.
24 - Phryneta aurocincta Guérin. Suzana, YII-53; VII-IX-54, 3 es.;
Catió, IX-55, 1 es. ; Bafatà, X-55, 1 es.
114
P. C. BJtIVIO
25 - Phrynetopsis fuscicornis Ckevrolat. Bubaque, YT-57, 2 es.
26 - Hecyra obscurator Fahr. Bafatà, YII-54; X-55, 2 es.
27 - Pteroio phia laucoloma Cast. Bafatà, YII-54; X-54; YII-55, 6 es.
28 - Apomecyna binubila Pase. Bafatà, YII-53; X-55; YII-54, 16 es.
29 - Enaretta varia Pase. Bafatà, X-54, 2 es.
30 - Nupserha analis Fabr. Bafatà, YII-54, 1 es.
31 - Nupserha vitticollis Gestro. Bubaque, YI-56, 1 es.
32 - Nitocris nigricornis (01.). Bafatà, X-54, 1 es.
33 - Hecphora testator Fabr. Bubaque, Y-56; YI-56; YIII-56; 10 es.
C II PY S OMELIE AE
Subfam. Cassidinae
Determinati da S. Sliaw, Sheffield City Museiun, Sheffield.
1 - Notosocantha roseola Spaeth. Bafatà, YI-54, 1 es.
2 - Aspidomorpha areata King. Bafatà, YI-54, 1 es.
3 - Aspidomorpha confinis King. Snzana, 11-52; X-52 ; 1 1 11-54 ;
3 es.
4 - Aspidomorpha dilecta ab. fragilis Wse. Bnbaqne, 1 1-56, 1 es. Il
Sig. Shaw mi comunica che qnesta specie è stata precedente-
mente citata del Xatal, Tanganica e di Sandoa nel Congo Belga.
.5 - Aspidomorpha indistincta Boli. Snzana, X-52; YIII-54, 12 es.;
Bafatà, XII-52; 1-53; 1-54; YI-54, 4 es.
6 - Aspidomorpha nigromaculata Ilbst. Snzana, 11-52; 111-53; 4
es.; Bafatà, YII-54, 1 es. ; Bubaque, YI-56, 3 es.
7 - Aspidomorpha pallescens Spaeth. Bafatà, 1-54, 1 es.
8 - Aspidomorpha quadrimaculata 01. Suzana, 1 II 1-54, 6 es.; Bn¬
baque, YI-56, 4 es.
9 - Aspidomorpha quinque fasciata F. Bafatà, XII-52; 11-53; YII-
53; YIII-53 ; XI-53 ; 1-54; YI-54; X-54, 15 es. ; Suzana, YI-52 ;
X-52 ; YII-53 ; YIII-54, 36 es. ; Bnbaque, YI-56, 1 es.
10 - Aspidomorpha sg. Con eh ylo et ernia adspersa ab. nigrosparsa Boli.
Bafatà, YII-53, 2 es.
11 - Aspidomorpha sg. Conchyloctenia signatipennis Boli. Snzana,
X-52; YI-53, 2 es.; Bafatà, YII-54, 1 es.
12 - Acrocassis roseomarginata Boli. Suzana, X-52; 111-54, 2 es.;
Bubaque, YI-56, 1 es.
13 - Acrocassis rufula Tkoms. Suzana, X-52, 1 es. ; Bubaque, YI-56,
1 es.
CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELLA FAUNA ECC.
115
14 - Cassida altiuscula Spaeth. Suzana, X-52, 1 es.
15 - Cassida granula Boli. Balata, 1-54, 1 es.
16 - Cassida inaequalis Tlioms. Bafatà, X-54, 1 es.; Suzana, X-52,
1 es.
17 - Cassida tosta Klug. Bafatà, 1 11-54, 1 es.
18 - Cassida sg. Cassidulella delenifica Boli. Suzana, X-52, 1 es. Il
Sig. Shaw mi comunica che questa specie è rappresentata da
tre soli esemplari nella Collezione Spaeth (Manchester Museum),
provenienti dalle seguenti località: Zanzibar, Kilimanjaro e
Ivatona.
19 - Cassida sg. Rhytidocassis seutellaris Klug. Suzana, X-52, 5 es.
20 - Chiridopsis aequino et ialis 01. Suzana, X-52, 2 es.
SCARABAEID A E
La famiglia degli Scarabaeidae è certamente quella meglio rap¬
presentata tra i Coleotteri arrivati dalla Guinea Portoghese. Purtroppo
per molti gruppi mancano attualmente dei veri specialisti, almeno per
quanto riguarda la fauna africana. Mi è stato quindi possibile fare
determinare solo alcune sottofamiglie e precisamente: Geotrupinae
(gen. Bolboceras), Coprinae, Cetoniinae e Trichiinae.
Subfam. Geotrupinae
Determinati dal Rev. P. Francisco Silverio Pereira, Departamento
de Zoologia, San Paolo, Brasile.
1 - Bolboceras rugiferum Kolbe. Suzana, VI-52, 1 es.
Subfam. Coprinae
Determinati dal Rev. P. Pereira.
2 - Gymnopleurus fulgidus (Oh). Bafatà, YIII-53 ; X-53 ; XI-53, 3
es.
3 - Garreta nitens 01. coeruleovirens Kolbe. Bafatà, VI-54, 1 es.
4 - Pedana tubercoligera Waterli. Bafatà, YI-54, 1 es.
5 - Heliocopris antenor (Oh). Bafatà, 1-53, 1 es.
6 - Copris corniger Sahlb. Bafatà, IX-52; X-52, 3 es. ; altri tre esem¬
plari nella coll. Pereira.
7 - Copris evanidus Kl. Bafatà, YI-53; YII-53; YI-54; \ 11-54, 5 es.
116
P. C. BRIVIO
8 - Copris jacchus (01.); Bafatà, VIII-53; 1 es.
9 - Copris laius Har. Bafatà, YII-52; VI-53; YI-54, 3 es.
10 - Copris megacerotoides Wat. Bafatà, YII-54, 1 es.
11 - Litocopris punctiventris Waterh. Bafatà, YI-53, 1 es.
12 - Catharsius sesostris Waterh. Bafatà, YII-52; YI-53; YII-53;
YIII-53; VI-54, 8 es. ; Suzana, X-52, 1 es.
13 - Metacatharsius opacus Waterh. Bafatà, YI-53; YI-54, 2 es.
14 - Onitis inversidens Lansb. Bafatà, YI-54, 1 es.
15 - Onitis reichei Lansb. Bafatà, YII-54, 1 es.
16 - Onitis subcrenatus Ivolbe. Bafatà, IX-52, 1 es.
17 - Onitis thalassinus Lansb. Bafatà, X-52, 1 es.; un altro es. in colL
Pereira.
18 - Onitis violaceus Lansb. Bafatà, YI-53; YII-53; YIII-53; YI-54;.
VII-54, 5 es. ; un es. in coll. Pereira.
19 - Onitis vanderkelléni Landsb. Bafatà, YII-55, 1 es.
20 - Pseudoniticellus planatus (Cast.). Bafatà, XII-52, 1 es.
21 - Onthophagus catta Fabr. Bafatà, IX-52; YII-53; YIII-53; I-54r
12 es. ; un esemplare in eoli. Pereira.
22 - Onthophagus excalerai d’Orb. Bafatà, YII-53, 1 es.
23 - Onthophagus maculatus Fabr. Bafatà, YII-53; YI-54, 5 es.; un
esemplare in coll. Pereira.
24 - Diast elio pai pus tridens (Fabr.). Bafatà, IX-52, 1 es.
Subfam. Cetoniinae
Determinati dal Sig. Hans Schein, Monaco.
25 - Eudicella grulli Buquet ssp. Schutzeorum Kolbe. Bambadineaf
X- 53, 1 es.
26 - Plaesiorrhina recurva F. Bubaque, YIII-56, 1 es.; un altro es¬
ili collezione Schein.
27 - Plaesiorrhina recurva ab. fusca Kr. Bubaque, YIII-56, 1 es.
28 - Plaesiorrhina recurva ab. fasciata Kr. Bubaque, YI-56 ; YIII-56 ;
XI- 57, 3 es.
29 - Smaragdestes africana Drury. Bubaque, Y-56; YI-56; X-56;
IY-57 ; YI-57 ; XI-57, 11 es.
30 - Smaragdestes africana ssp. blanda Burnì. Bubaque, IY-57, 1 es„
31 - Smaragdestes Guerini Jans. Bafatà, 1955, 1 es.
32 - Chondrorrhina abbreviata F. Bafatà, YII-53; YI-54, 2 es. ;
Catió, IX-53, 1 es. ; Suzana, X-52; XII-53, 7 es.; un es. di Suzana
in coll. Schein.
CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELLA FAUNA ECC.
117
33 - Dymusia cyanea Oliv. Suzana, XII-53; X-56, 10 es. ; due es. in
coll. Schein.
34 - Gnathocera trivittata s. str. Swed. Suzana, XII-53, 5 es.
35 - Gnathocera varians G. F. Suzana, X-52; XII-53; 1957, 13 es.;
Bubaque, IV-57 ; XI-57, 20 es. ; un es. di Bubaque e uno di Su¬
zana in coll. Schein.
36 - Pachnocla cordata Drury. Suzana, VII-52; X-52; X-56, 6 es. ;
Bafatà, IX-52 ; XII-52 ; X-55 ; VI-54, 6 es. un es. di Suzana in
coll. Schein.
37 - Pachnocla interrupta Oliv. Suzana, X-52, 1 es.
38 - Pachnoda marginata ab. aurantìa Hbst. Bafatà, X-52 ; VII-53 ;
X-53; VI-54; VII-55, 6 es. ; Bambadinca, VII-52, 2 es.; un es.
di Bafatà in coll. Schein.
39 - Pachnoda marginalia F. Bafatà, 11-53, 1 es. ; Bambadinca, 1-53,
2 es. ; Bubaque, VIII-56 ; XI-57, 12 es. ; un es. di Suzana in coll.
Schein.
40 - Pachnoda tridentata Oliv. Suzana. XII-53, 1 es. ; Bubaque,
VIII-56; VI-57, 4 es. ; un es. di Bubaque in coll. Schein.
41 - Pachnoda Vuilleti Bourg. Bafatà, VI-54, 1 es.
42 - Phonotaenia aequinotialis Oliv. Bafatà, AMI-54; VII-55, 2 es. ;
Bubaque, VI-56; VIII-56; VI-57, 6 es. ; un es. di Bubaque in
coll. Schein.
43 - Gametis sanguinolenta Oliv. Suzana, XII-53, 2 es. ; Catió, IX-55,
1 es.; Bafatà, X-53; VII-55, 7 es.; un es. di Bafatà in coll.
Schein.
44 - Jothochilus undidatus Kolbe. Bafatà, VI-54, 1 es.
45 - Discopeltis apicalis G. P. Bafatà, VII-55, 1 es.
46 - Stichothyrea guttifera Afz. Bafatà, VI-54; VII-54; X-54; VII-55,
8 es.; un es. in coll. Schein.
47 - 0 xythyrea ( Leucocelis ) Petit G. P. Bafatà, X-54, 3 es.
48 - Diplognatha purpurascens F. Suzana, X-52, 2 es. ; Bafatà, IX-52;
X-52 ; VIII-53 ; VI-54, 10 es. ; Bubaque, VI-55, 1 es. ; un es. di
Suzana in coll. Schein. Il Sig. Schein mi comunica che D. pur¬
purascens è una vera specie e non una sottospecie di Blanch ardi
Mann, come ammette il Coleopterorum Catalogus.
49 - Charadronota quadrisignata G. P. Bafatà, X-55, 1 es. ; Bubaque,
VI-56 ; VIII-56 ; VI-57, 4 es. ; un es. di Bafatà e uno di Bubaque
in coll. Schein.
9
118
P. C. BRI VIO
50 - Charadronota quadrisignata v. quadrimaculata Ivr. Suzana, VII-
53 ; Bafatà, X-55 ; Bubaque, VI-56, 3 es.
51 - Charadronota quadrisignata v. vittatipennis Kr. Bubaque, YI-56,
1 es.
52 - Charadronota quadrisignata v. Leprieuri. Bubaque, VIII-56, 1 es.
53 - Porphyronota cinnamomea Afz. Suzana, X-52, 1 es.
54 - Eriulis variolosa G. P. Bafatà, X-53; X-55, 2 es. ; un es. in culi.
Schein.
55 - Macroma scutellaria G. P. Bafatà, VI -54; YII-54, 16 es. ; Suzana,
VIII-IX-54, 3 es.; Bubaque, VI -56; VI-57, 7 es.; due es. di
Bafatà in coll. Schein.
56 - Aspilus gamhiensis Burnì. Suzana, XII-53, 1 es.
57 - Coenochilus maurus F. Bafatà, VIII-53, 1 es.
58 - Plagiochilus minutus Mos. Suzana, XII-53, 1 es.
59 - Proxenus collaris Mos. Bafatà, YI-54, 1 es.
60 - Pseudastoxenus favosus Bourg. Bubaque, VIII-56, 1 es.
Subfam. Trichiinae
Determinati dal Sig. Hans Schein, Monaco.
61 - Platy genia barbata Afz. Catió, IX-55 ; 1 es. ; Bubaque, V-56 ;
VI-56; VI-57, 5 es. ; un es. di Bafatà e uno di Bubaque in coll.
Schein.
62 - Myoderma alutaceum Afz. Bafatà, X-54, 2 es. ; Bubaque, VI-56,
1 es. ; due es. di Bubaque in coll. Schein.
63 - Agenius quadrimaculatus Afz. Bubaque, VI-56; VIII-56; IV-57 ;
VI-57, 6 es.
LAVORI CONSULTATI
Brivio C., Contributo alla conoscenza della fauna coleotterologica della
Guinea Portoghese, I - Carabidae. Atti della Soc. Ital. di Scienze
Naturali, voi. XCVI, Fase. I-II, pp. 37-50, Milano 1957.
Burgeon L., Catalogues raisonnés de la Faune Entomologique du Congo
Belge\ Scms-Famille Cetoniinae. Annales du Musée du Congo Belge,
Zool., Ser. Ili, Sect. II, Tom. II, Fase. 2, pp. 49-128. Tervuren 1932.
COLEOPTERORUM CATALOGUS JTJNK-SCHENKLING : AURIVILLIUS C., Ceram-
byeinae, pars 39, Berlin 1912 ; Lamiinue I-II, pars 73-74, Berlin
1921-23; Lameere A., Prioninae, pars 52, Berlin 1913; Gillet,
CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELLA FAUNA ECC.
119
Boucomont, Scarabaeidae Coprinae I-II, pars 38, 90 Berlin 1911-
27; Schenkling S., CetonUnae, pars 72, Berlin 1921; Spaeth F.,
Chrysomelidae : 16 Cassidinae, pars 62, Berlin 1914.
Contributions à l’étude de la faune entomologique du Ruanda-Urundi
(Mission Basilewsky 1953). Première partie: XI, Coleoptera Scara¬
baeidae CetonUnae, par P. Basilewsky; XX, Coleoptera Ceram-
bycidae Prioninae par P. Basilewky; XXI, Coleoptera Ceramby-
cidae Cerambycinae par E. A. J. Dtjffy; XXII, Coleoptera Ce-
rambycidae Lainiinae par S. Breuning; Deuxième partie: LXV,
Coleoptera Chrysomelidae Cassidinae hj S. Shaw; Troisième partie:
XC, Coleoptera Scarabaeidae Scarabaeinae par A. Janssens. An-
nales du Musée Royal du Congo Belge, sèrie in 8°, Sciences Zoolo-
giques, voi. 36, 40, 51. Tervuren 1955-56.
Ed. Luna de Carvalho
(Museu do Dundo)
CONTRIBUTION A L’ETUDE DE LA FAUNE
COLEOPTEROLOGIQUE DE LA GUINEE PORTUGAISE
CARABIDAE PAUSSINAE
Gràce à l’amabilité du Rev. Dr. P. Carlo Brivio, du Pontificio
Istituto Missioni Estere di Milano, nous avons eu roccasion d’étudier
quelques Paussides de la Guinée Portugaise, « regione non molto esplo¬
rata entomologicamente », suivant V opinion de P. Carlo Brivio.
Jusquà present on n’avait été trouvé dans cette contrée que quatre
espèces de Paussides. Dans la collection en référenee toutes ces quatre
espèces sont representées, ainsi c]ue trois autres connues depuis long-
temps dans des régions voisines.
Tous les exemplaires ont été récoltés par Benassi, sans doute à la
lumière.
Les exemplaires c-ités, sauf des doubles que j’ai retenu, sont con-
servés dans le Museo Entomologico del Pontificio Istituto Missioni
Estere, Monza.
1. C arabidome mnus (s. str.) mollicellus (Dohrn)
1 exemplaire, Bufata, 1.1953 - Il s’agit d’une espèce dejà citée par
Luna de Carvalho (1949, Ann. Junta Inv. Col., Lisboa) sans indi-
eation sure de localité. Cette espèce est aussi cornine en Air (L. du
Carvv 1957, Rev. Fr. d’Ent., p. 281), Sénégal et au Congo-belge.
2. Cerapterus ( Euthysoma ) homi Reichensp erger
(Fig- 1)
1 ex., Bafata, VI. 1954 - Espèce décrite au Togo (1925, Ent. Miti., XIVr
p. 344, fig.) et depuis retrouvée au Cameroun. Il s’agit du premier
enregistrement en Guinée Portugaise.
121
CONTRIBUTION A i/ETUDE DE LA FAUNE ETC.
Fig. 1. — Cerapterus ( Euthysoma ) homi Reichensperger de Bafatà
(Foto de l’auteur)
3. Cerapterus ( Euthysoma ) lafertei Westwood
(Fig. 2, a. b, c)
1 ex., Y III. 1953; 5 ex., VI. 1954 et 1 ex., VII. 1954; Balata - Espèce
décrite en «Africa Oceidentalis Tropicalis, Rio Grande, inter Gambia et
Sierra Leone (Westw., 1374, Tkes. Ent. Oxon., p. 74) ». L'exeniplaire
liolotvpic|ue est indiqué conmie f aisant partie de la collection de J.
122
ED. LUNA DE CARVALHO'
Thomson qui a enregistré ce qui suit clans son catalogue (1860, Mus.
Scient., p. 69): «Guinee Portugaise (Bocandé). Je possedè Findividu
ty piqué de eette espèce, le seul, je crois, qui existe dans les collections ».
Fig. 2. — Cerapterus ( Euthysoma ) lafertei Westwood de Bafatà
a - Yue dorsale, exemplaire à taehe élytral mince. b et c - Pronotum
et élytre gauche d’autre exemplaire du mème endroit.
Actuelìement eette espèce a ime distribution connue bien répanduey
se trouvant mème en Angola (Benguela).
Un exemplaire de Bafatà (Fig. 2, a), X..1955, présente le pronotum
bien rectangulaire et les élytres d’un noir net, et la tacile hamiforme
des élytres est fort mince et presque mterrompue dans la courbure
CONTRIBUTI ON A L^ETUDE DE LA EAUNE ETC.
123
apicale. Dans tous les exemplaires observés les taches élytrales sont
moins répandues que sur le dessin du type, presentò par Westwood.
Toutes les différences indiquées sont sans doute dépourvues de quelque
valeur taxonomique.
4. Heteropaussus attardi (Raf'fra.y)
Xous pourrons reconnaìtre aisément trois types dans eette espèce
encore ineonnue en Guinee Portugaise :
a) forme typique (Fig. 3, a)
5 ex., Batata, Vili. 1953 - Dans eette forme le pronotum est rouge,
seulement un peu noirei dans l’apex des prolongements basaux; les
élytres ne montrent qu’une large taehe rouge au milieu.
Pig. 3. — Heteropaussus attardi (Raffray) de Bafatà. a - Élytre
gauche de la forme typique. b - Yue dorsale de la forme à quatre taches
élytrales. c - Pronotum de la forme à pronotum noir.
124
ED. LUNA DE CARVALHO
b) forme à pronotum noir (Fig. 3, b)
1 ex., Balata, Vili. 1953 - Gomme le type, mais présentant le pronotum
noir, exeepté les gouttières latérales, la dépression basale et Fapex.
c) forme à quatre taches élytrales (Fig. 3, e)
Deux exemplaire de la mème localité (VII. 1953 et YII.1954) - Res-
senible au type de l’espèee, sauf que la gTande tache élytrale se trouve
totalement interrompue au milieu.
Genre Paussus Linné
Group e sphaerocerus
5. Paussus sphaerocerus Afzelius
(Fig. 4, a, b, e, d)
1 ex., Bubaque, Y.1956 - Cette espèce bien caractéristique à cause de
la forme sphérique de sa massue antennaire, peut-ètre pourvue d?or-
a
Fig. 4. — Paussus sphaerocerus Afzelius de Bubaque. a - Tue dor¬
sale. b - Tète vue de profil. c et d - Antenne gauche vue de dessous
et de profil.
CONTRIBUTION A i/ETUDE DE LA E ALT NE ETC
125
Pig. 5. — Paussus obsti v. rectidens Wasmann. a - Vue dorsale du
exemplaire de Baiata, b - Tète et pronotum dii mème exemplaire vne
de profil. c et d - Massue antennaire gauche dii méme vue de dessous
et de profil. e - Yue dorsal du exemplaire du Haut Sénégal. f - Tète
et pronotum du mème exemplaire vue de profil.
126 ED. LUNA DE CARVALHO - CONTRIBUTION A L’ ETUDE ETC.
ganes lumineux, est enregistrée dans la faune luso-guinéenne pour la
première fois.
Une espèee semblable a été déscrite au Congo-belge (P. clissimu-
lator Reichensperger).
Groupe c o rn ut us -rustie u s-woerdeni
Seulement deux espèc-es de ce groupe ont été trouvées dans la
Guinée Portugaise : Paussus armatus et P. obsti rectidens, ce dernier
decrit par Wasmann de Bissau. La collection en étude ne renferme que
des exemplaires de ces deux espèces.
6. Paussus armatus Westwood
5 exemplaires, Bufata, III-YII.1953 et YI.1954 - Il s’agit sans doute
de l’espèce le plus répandue sur la còte guinéenne.
7. Paussus obsti Wasmann
v. rectidens Wasm.
(Figs 5, a, b, c, d)
1 ex., Bufata, IX. 1952 - C est la deuxième récolte de cette curieuse
variété dont le type de l’espèce a été décrit en Afrique Orientale. Le
P. obsti est bien reconnaissable par la présence très effacèe de quatre
sillons transversaux dans la massue antennaire. Nous avons reconnu
depuis quelque temps un autre exemplaire, plus petit (Fig. 5, e, f'),
provenant du Haut Sénégal (Kliayes, Dr. Nodier col., 5 VIII.1881)r
localité encore inèdite ; il se trouve dans la collection privée de l’auteur_
Pundo, III. 1958.
Giuliano Ruggieri
ALCUNI OSTRACODI DEL NEOGENE ITALIANO
il Neogene italiano è una miniera inesauribile per lo studioso d£
Ostraeodi, per la ricchezza e varietà delle faune, per la molteplicità
delle facies, per la conservazione spesso ottima del materiale, sicché è-
facile prevedere che molti anni dovranno ancora trascorrere prima che
(meste ostraeofaune possano dirsi compiutamente illustrate.
In questa breve nota riporto la descrizione di alcune specie di
Ostraeodi marini, nuove o poco conosciute, pertinenti tutte al sottordine
Podocopa Sars 1866.
Il materiale illustrato è conservato nella collezione di Ostraeodi
(= O.C.R.) dell’Autore.
TECNICHE
Per lo studio e la rappresentazione degli Ostraeodi qui trattati sh
sono usate le semplici tecniche sotto descritte.
Per una buona ripulitura delle valve da materiale argilloso o mar¬
noso, il materiale, dopo un primo lavaggio, viene sottoposto a ebolli¬
zione più o meno prolungata in soluzione di carbonato sodico.
Per aprire i carapaci risulta spesso utile il seguente metodo : i
carapaci, perfettamente disseccati e a temperatura normale, vengono
immersi in una piccola quantità di glicerina, che immediatamente viene
riscaldata; l’aria contenuta nel carapace per l’aumento della tempe¬
ratura si dilata e provoca l’apertura spontanea delle valve, di regola
senza inconvenienti (rotture).
Per la osservazione delle strutture interne gli esemplari vengono
immersi in acqua o, se particolarmente opachi, in un liquido diafaniz-
zante (glicerina, oppure olio di ricino secondo la tecnica descritta da
Wagner 1957).
I disegni sono stati eseguiti con l’aiuto di un oculare provvisto di
micrometro a reticolo. La rappresentazione viene fatta su un foglio
di carta da disegno lucida, sovrapposto ad un secondo foglio di carta,
bianca quadrettata.
128
G. RUGGIERI
Le fotografie sono state eseguite con una camera a soffietto ver¬
ticale, cui applicare il microscopio senza oculare, simile a quella de¬
scritta da Triebel 1941. L’obbiettivo usato è un Tessar 1 : 2,7 focale
15 min., ricavato da una vecchia cinepresa Zeiss Ikon. Con questo ob¬
biettivo, e una lunghezza di soffietto sui 40 cm., si possono raggiungere
sulla lastra ingrandimenti attorno ai 30 diametri. Bisogna fare atten¬
zione a non diaframmare eccessivamente, poiché oltre un certo limite il
potere di definizione dell’obbiettivo (che, come è noto, è funzione di¬
retta, del suo diametro) finisce colFabbassarsi eccessivamente.
Per fissare gli esemplari da fotografare utilizzo lastre fotogra¬
fiche usate, le quali offrono un fondo nero, opaco e liscio, (natural¬
mente, il lato con la gelatina è rivolto in alto); la gelatina viene inumi¬
dita, e si comporta come una colla, sulla quale con un po’ di pratica si
riesce a fissare abbastanza rapidamente l’ostracode nella posizione
voluta. Quando una valva debba mettersi in posizione di equilibrio
piuttosto difficile (ND, NV o, peggio ancora, NC) allora conviene
cospargere la lastra di uno straterello di polvere di colore nero o rosso,
molto fina (si ottiene rapidamente polverizzando un minerale o una
roccia di colore nero), nella quale la valva viene infissa nella posizione
voluta. Gli esemplari qui fotografati non hanno subito nessun tratta¬
mento preliminare, perchè nelle fotografie fosse conservato il carat¬
tere della trasparenza o meno dei gusci.
ABBREVIAZIONI
Le abbreviazioni cpii usate sono quelle da me recentemente pro¬
poste (Ruggieri 1957). A tale lavoro rimando per maggiori partico¬
lari, mentre mi limito a rammentare che :
L = lunghezza
h = altezza
1 == larghezza
1/2 1 = 1 misurato su una sola valva
c = carapace
vd = valva destra
vs = valva sinistra
NL = in norma laterale
NI = in norma interna
ND = in norma dorsale
NV = in norma ventrale
ALCUNI OSTRACODI DEL NEOGENE ITALIANO
m
Fig. 1. — Mutilus ( Aurìla ) albicans n. sp. - Olotipo (O. C. R. SI
1605/1). Ingr. x 56.
Fig. 2. — Mutilus ( Aurila ) albicans n. sp. - Paratipoide (O. C. R.
SI 1605/2). Ingr. x 56.
Figg. 3, 3a — Incongruellina semispinescens n. gen., n. sp. * Parati¬
poide (O. C. R. SI 1602). Ingr. x 56.
Fiffgf. 4, 4a — Incori qruellina semispinescens n. gen., n. sp. - Olotipo
(0. C. R, SI 1604). Ingr. x 56.
130
G. RUGGIERI
Fig. 5. — Quasi}) untonia seguenziana n. gen., n. sp. - Paratipoide
(O. C. R., SI 1601). Ingr. X 56.
Fig. 6. — Quasibuntonia seguenziana n. gen., n. sp. - Olotipo (O.C.R.,
SI 1601). Ingr. X 56.
Fig. 7. — Quasibuntonia seguenziana n. gen., n. sp. - Pliocene dei
dintorni di Pergusa (Sicilia) (O. C. R., SI 1600). Ingr. X 56.
Fig. 8. — Incongruellina semispinescens n. gen., n. sp. - Paratipoide
(O. C. R., SI 1604). Ingr. X 56.
Figg. 9, 10, 11 — Cyamocytheridea derto-nensis n. sp. - Paratipoidi
(O. C. R., SI 839). Ingr. X 56.
Fig. 12. — Cyamocytheridea dertonensis n. sp., - Olotipo (O. C. R.,
SI 839/1). Ingr. X 56.
ALCUNI OSTRACODI DEL NEOGENE ITALIANO
131
Famiglia C ytlieridae Baird 1850
Sottofamiglia Cytherideinae Sars 1925
Genere C y amo cytìier idea Oertli 1956
Specie tipo: Bairdia punctatella Bosquet 1852
Cyamocytheridea dertonensis n. sp.
(figg. 9, 10, 11, 12, 13, 13a, 13b, 14, 15).
Olotipo : La valva destra $ di figg. 12, 13, 13a, 13b (O.C.R., SI. 839).
j Paratipoidi: Dieci carapaci o valve isolate (O.C.R., SI. 839).
Locus typicus : Strada da Stazzano a Sardigliano, riva destra del torrente
Scrivia (Piemonte).
Stratum typicum : Sabbie argillose con Anelila glandi/ ormis (Torto-
niano).
Origine del nome : dal latino, Dertona = Tortona.
Diagnosi : Specie del genere Cyamocytheridea caratterizzata dalla
massima altezza situata posteriormente, il contorno sinuoso, le foveole
superficiali molto numerose.
Descrizione : Dimorfismo sessuale poco accentuato, con maschi
appena più allungati e più stretti delle femmine. Carapace visto di
lato grossolanamente ellittico, appiattito e spesso sinuoso dal lato ven¬
trale; la massima altezza è sempre situata decisamente posteriormente,
sicché il contorno risulta evidentemente asimmetrico. Il margine dorsale
è regolarmente arcuato, l’estremità anteriore assottigliata, quella poste¬
riore arrotondata e molto ottusamente sporgente.
Superficie levigata, cosparsa di numerose foveole tondeggianti,
corrispondenti allo sbocco dei poricanali laterali, in numero di circa 130.
Vista dal dorso ovata, con estremità ottuse, quella posteriore più
abrupta dell’anteriore, i lati essendo decisamente convergenti verso
Cavanti, e la massima larghezza posteriore.
Caratteri interni tipici del genere. Anteriormente vi è un vestibolo
bene sviluppato, dal quale si dipartono irregolarmente vari poricanali
i quali, ramificandosi, terminano al margine in numero di 25-30.
Dimensioni : olotipo: L = 0,68 min; h — 0,38 mm; 1/2 1 = 0,19 mm (vd $ )
paratipoide : L = 0,68 mm ; h = 0,41 mm ;
paratipoide: L = 0,68 mm ; 1 = 0,386 mm (c 9 )
Osservazioni : La specie nuova proposta ha una certa somiglianza
con la oligocenica C. punctatella (Bosquet 1852 Bairdia), la quale
vista di lato è più simmetrica, la massima altezza essendo subcentrale
132
G. RUGGIERI
e la massima sporgenza posteriore situata più in basso, ed ha un nu¬
mero di foveole nettamente inferiore.
C. reversa (Egger 1858), del Burdigaliano, è essa pure più simme¬
trica, più grande e più appiattita.
Figg. 13, 13a, 13b — Cyamocytheridea dertonensis n. sp. - Olotipo
(0. C. R., SI 839/1). Ingr. x 90.
Figg. 14, 15 — Cyamocytheridea dertanensis n. sp. - Paratipoidi
(O. C. R., SI 839); fig. 14 ingr. x 90; fig. 15 ingr. x 66.
ALCUNI OS TRA CODI DEL NEOGENE ITALIANO
IBS
Distribuzione : Ho riscontrato la specie nuova proposta non rara
nel Tortoniano alto (immediatamente sotto ai più bassi livelli ligniti-
feri) di Cornuda presso Treviso (Prealpi venete) ; nel Tortoniano (op¬
pure Saheliano ?) di Vigoleno, nel subapennino presso Parma; nel
Saheliano del subapennino romagnolo, e precisamente nelle argille ad
Area affioranti in località Casa Renzi, presso Sogliano al Rubicone.
Non l’ho mai raccolta in terreni pretortoniani, nè nel Pliocene.
Famiglia Cytheridae Baird 1850
Sottofamiglia Hemicytherinae Pltri 1953
Genere Mutilus Neviani 1928
Sottogenere Amila Pokorny 1955
Specie tipo: Cythere convexa Baird 1850
Mutilus (Aurila) albicans n. sp.
(figg. 1, 2, 16-19, 19a, 20, 21, 26, 27).
Olotipo : La valva sinistra $ di fig. 1 (O.C.R., SI. 1605/1).
Paratipoidi : Un centinaio di carapaci e valve isolate (O.C.R., SI. 1605/2,
708, 723).
Locus typicus : Punto RG 10043, presso Casa i Gessi (Repubblica di S.
Marino), coordinate Lgt. 0°01'43'/ W. di M. Mario, Lat. 43°56'18"N.
Stratum typicum : Argille ad Arca fiditeli sanmarinensis (Miocene su¬
periore = Saheliano).
Origine del nome : dal latino, albicans = biancheggiante.
Diagnosi : Specie del sottogenere Aurila caratterizzata dall’essere
piuttosto rigonfia, con contorno senza angolosità apprezzabili in cor¬
rispondenza del cardine posteriore, e superficie levigata e lucente
cosparsa di piccole punteggiature.
Descrizione : Contorno laterale del carapace femminile subretti¬
lineo in basso, leggermente convesso nella parte mediana ; anteriormente
regolarmente arrotondato, con massima sporgenza al terzo inferiore,
passa senza angolosità al margine dorsale debolmente convesso e forte¬
mente declive verso l’addietro, dove si raccorda dolcemente con l’estre¬
mità posteriore, mediocremente sporgente in un becco arrotondato.
Nella, zona antero-inferiore e postero-inferiore i margini sono prov¬
visti di fitte spine, piccole e di dimensioni e distribuzione di solito irre¬
golare; una protuberanza spiniforme è inserita a piccola distanza dal
io
16 /O
Figg. 16, 17, 19, 19a, 20 — Mutilus ( Aurila ) aTbicans n. sp. - Para-
tipoidi (O. C. R., SI 723). Ingr. x 43.
Fig. 18 — Mutilus ( Aurila ) albicans n. sp. - Muta immatura (O. C. R.,
SI 708). Ingr. x 84.
Fig. 21. — Mutilus ( Aurila ) albicans n. sp. - Campo muscolare prin¬
cipale di due valve sinistre. Ingr. x 84.
Figg. 22, 22a — Quasibuntonia radiatopora sculpta Seguenza - Plio¬
cene superiore di Catanzaro Marina (Calabria) (da Ruggieri 1954).
Ingr. x 42.
Fig. 23. — Quasibuntonia radiatopora radiatopora Seguenza - Plio¬
cene inferiore di Squillane (Calabria) (da Ruggieri 1954). Ingr. x 42.
Fig. 24. — Quasibuntonia radiatopora radiatopora Seguenza - Det¬
taglio della estermità anteriore; si noti l’andamento a spezzata del
Saum, ed il vestibolo (in nero). Pliocene inferiore di Bianconuovo
(Calabria), (da Ruggieri 1954). Ingr. x 60.
Fig. 25. — Quasibuntonia seguenziana n. sp. - Paratipoide (O. C. R.,
SI 1601). Ingr. x 43.
ALCUNI OSTRACODI DEL NEOGENE ITALIANO
135
margine subito al disopra del becco posteriore. Vista dal dorso affuso¬
lata, quasi simmetricamente acuta alle due estremità. Carapaci ma¬
schili distintamente più allungati.
Figg. 26, 27 — Mutilus ( Aurila ) alMcans n. sp. - Paratipoidi (O.C.B.,
SI 708). Ingr. x 100.
136
G. RUGGIERI
La superficie è regolarmente e moderatamente convessa, cosparsa,
di foveole puntiformi variamente numerose secondo gli individui, di
regola più piccole nella parte anteriore, dove sono talora obliterate.
Centralmente il guscio presenta una zona torbida più o meno vasta, la
quale sfuma gradatamente verso la parte anteriore mentre è più netta¬
mente delimitata posteriormente; tale zona appare bianca osservando
il carapace a luce riflessa.
Caratteri interni : Cardine tipico del genere; nella valva destra il
dente anteriore è di struttura piuttosto complessa, e presenta dorsal¬
mente un’area segnata da solchi normali alla linea cardinale, mentre
il dente posteriore ha forma di rene piuttosto allungato; i due denti
terminali sono sej:> arati da una doccia bene delimitata verso l’interno.
Nella valva sinistra la cresta cardinale è priva delle dentellature che
sono la regola nel genere. Le zone marginali sono moderatamente lar¬
ghe, percorse da pori canali molto regolari e molto numerosi ; raramente
si osserva un ristrettissimo vestibolo in posizione antero-ventrale.
Campo muscolare soggetto a una certa variabilità da individuo
a individuo (vedansi figg. 21, 26, 2?).
Dimensioni :
olotipo: L = 0,978 mm; li = 0,62 mm. (vs $ ).
paratipoide: L = 0,978 mm; li = 0,58 mm. (vd $ ).
L == 0,97 mm; li = 0,575 mm: 1/21 = 0,274 mm.(vd $ ).
L = 0,943 mm; li = 0,59 mm. (vs $ ).
L = 0,988 mm; h = 0,61 mm. (vs $ ).
L = 0,95 mm; 1 = 0,52 mm. (c $ ).
Osservazioni : La specie nuova qui proposta presenta superficiali
rassomiglianze con alcune altre neogeniche o quaternarie, distinguibili
in base ai caratteri volta a volta elencati.
Mutilus (. Aurila ) haueri (Reuss 1849 Cypridina) - ha proporzioni
differenti e dimensioni maggiori ; inoltre è fornito di una ornamenta¬
zione secondaria che manca completamente nel M. albicans ; cioè di ima
finissima punteggiatura sparsa su tutta la superficie, ed osservabile-
particolarmente bene a luce rifratta, specialmente con l’ausilio di un
diafanizzante.
Mutilus ( Aurila ) speyeri (Brady 1868 Cythere ) - è più grande ed
in proporzione più allungato, e meno fortemente declive posteriormente.
ALCUNI OSTRACODI DEL NEOGENE ITALIANO
137
E’ provvisto di una ornamentazione superficaie costituita da foveole
molto più grandi e più scarse.
Mutilus ( Aurila ). cruciatus (Ruggieri 1950 Hemicythere ) - ha pro¬
porzioni diverse e contorno diverso. E’ provvisto di ornamentazione
-superficiale costituita di foveole leggermente più grandi e più rade.
Distribuzione : Ho riscontrato la specie proposta non rara nel
Tortoniano classico di Stazzano in Val Scrivia (Piemonte), e nel Tor-
toniano alto (subito sotto ai pruni orizzonti lignitiferi) della serie di
Cornuda nel Trevigiano (Prealpi Venete) ; è abbondante nel « Sahe-
liano » di tutti i vari lembi alloctoni della zona attorno alla Repub¬
blica di S. Marino. Non mi è mai accaduto di riscontrarla nel Pliocene,
oppure in terreni pretortoniani.
Famiglia Cytheridae Baird 1850.
Sottofamiglia Trachyleberinae Sylvester-Bradley 1948.
Genere Quasibuntonia n. gen.
Genotipo : Cythere radiato por a Seguenza 1880. (figg. 22, 22a, 23, 24).
Sinonimia del genotipo :
1880 - Cythere radiatopora n. - Seguenza, pp. 193, 289, T. 16, ff. 18, 18a.
1880 - Cythere sulcifera n. - Brady, p. 197, T. 15, ff. 3, 4.
1889 - Cythere sulcifera - Brady - Brady & Norman, pp. 133, T. 19.
ff. 22, 23.
1912 - Cythere sulcifera - Brady - Mùller G. W., p. 383.
1953 - Buntonia radiatopora (Seg.) - Ruggieri, p. 85 (pars}.
1954 - Buntonia radiatopora (Seg.) - Ruggieri, p. 561, ff. 18, 19, 21.
Diagnosi : Carapace simile a Buntonia Howe 1935, distinguibile
per la presenza di vestiboli bene sviluppati.
Osservazioni : Nel 1954, trattando della « Cythere » radiatopora ,
rilevai la presenza di bene sviluppati vestiboli, ma non ritenni questo
carattere sufficente per separarla con istituzione di un nuovo genere
dagli altri rappresentanti del genere Buntonia (sebbene questi ultimi
ne siano regolarmente privi) in quanto ritenevo si trattasse piuttosto
di un carattere specifico, poiché conoscevo solo quella specie che lo
presentasse. L’aver rintracciato una seconda specie con questa caratte¬
ristica mi induce a proporre un nuovo genere, che si dovrebbe chia¬
mare Quasibuntonia al fine di sottolineare la indubbia affinità col ge¬
nere Buntonia. Anche la nuova Quasibuntonia sotto descritta si ri¬
scontra in terreni pliocenici.
138
G. RUGGIERI
Quasibuntonia seguenziana n. sp.
(Figg. 5, 6, 7, 25)
Olotipo: La valva sinistra $ di fig. 6 (O.C.R., SI. 1601).
Paratipoide: Una valva sinistra $ (O.C.R., SI. 1601).
Locus typicus : Argille in fondo al Vallone Zarucco, WSW di Salaparuta
(Sicilia), quota m. 250 circa.
Stratum typicum : Pliocene medio.
Origne del nome : Dedicata al paleontologo messinese G. Seguenza..
Diagnosi : Specie del genere Quasibuntonia, caratterizzata dalla
ornamentazione reticolata, orientata prevalentemente in senso antero-
posteriore.
Descrizione : Valva sinistra $ vista di lato subpiriforme, col
margine dorsale fortemente convergente con quello ventrale, margine
anteriore largamente arcuato, connesso a quello dorsale senza angolo¬
sità apprezzabile, margine posteriore breve, angoloso in alto, crenu-
lato nella metà inferiore. Superficie dolcemente rigonfia, col massimo
rigonfiamento mi po’ addietro alla metà lunghezza, coperta da una
ornamentazione costato-reticolata, che può risolversi in tre cordoni
immediatamente all’interno del margine anteriore e paralleli ad esso,
e in numerosi cordoni a direzione antero-posteriore, leggermente in¬
flessi all’altezza del campo muscolare, dei quali quelli inferiori (pro¬
lungamento dei cordoni marginali anteriori) posteriormente tendono a
girare verso l’alto. Il reticolo è completato da numerose costieine tra¬
sverse, meno rilevate, che collegano i cordoni fra loro, determinando
numerose fossette di forma da ovale fino a tondeggiante, le quali
mancano completamente in un’area compresa fra la regione oculare,
il campo muscolare e il punto di mezzo del margine dorsale, area che
si presenta liscia e lucente.
Vista del dorso: si veda fig. 25.
Caratteri interni: cardine costituito da una lunga e sottile cresta
cardinale, finissimamente dentellata, che anteriormente e in basso si
sviluppa in un robusto dente; alveolo anteriore ellittico, imperfetta¬
mente delimitato verso l’interno, alveolo posteriore reniforme, bene
aperto verso l’interno, salvo che al suo estremo posteriore. Zone mar¬
ginali moderatamente larghe, percorse da poricanali numerosi e un po’
irregolari, talvolta incrociantisi o ramificati; a metà altezza, anterior-
ALCUNI OSTRACODI DEL NEOGENE ITALIANO
139
mente, vi è un profondo vestibolo, ed un altro molto più ridotto poste¬
riormente, spesso appena accennato.
Anteriormente e posteriormente il Saum decorre all’interno del
contorno; anteriormente tende ad assumere un caratteristico anda¬
mento poligonale, presentando quattro decise sporgenze angolose, si¬
mile a. quello già osservato in Quasibuntonia radiatopora (v. fig. 24).
Campo muscolare di una fila posteriore verticale di 4 impronte,
preceduta da una impronta isolata a forma, di V.
La valva destra (osservazioni compiute su esemplare di altra prò-
venienza) si presenta un po’ più angolosa all’estremo cardinale ante¬
riore. Il cardine è costituito da un dente anteriore subconico, a base
subellittica, irregolare, seguito da un alveolo che posteriormente e in
basso si apre decisamente verso l’interno, mentre posteriormente in
alto sfocia in una doccia cardinale bene delimitata, sottile, a fondo
erenulato, terminata contro un dente posteriore breve e reniforme.
Dimorfismo sessuale: Carapaci maschili più allungati e meno
alti di quelli femminili.
Dimensioni :
olotipo : L = 0,83 mm. ; h = 0,55 mm. ; 1/2 1 — 0,19
paratipoide: L = 0,83 mm. ; h = 0,54 mm.
Osservazioni : La specie qui proposta si distingue dal genotipo
Q. radiatopora (Seg.) per avere dimensioni minori, per essere in pro¬
porzione meno alta anteriormente, e per mancare di quella depressione
nell’area anteriore, normalmente al piano commissurale, che nella ra¬
diatopora è sempre molto spiccata. Decisamente diversa è anche l’or¬
namentazione.
Distribuzione : Oltre alle due valve sinistre riscontrate nella lo¬
calità tipo, ho raccolto anche una valva destra, sicuramente conspe¬
cifica (e su questa valva è basata la descrizione sopra riportata dei
caratteri della valva destra) nelle argille azzurre medioplioceniche af¬
fioranti sotto Cozzo Griovanella, quota 705, sulla strada fra Pergusa
ed Enna (Sicilia).
Sia nella località tipica, che in questa, si tratta di sedimenti di
una certa profondità (500 metri o oltre), che sembrano essere prefe¬
riti da Quasibuntonia , eontrariarmente a quanto si verifica per Bun-
tonia, che prospera nelle situazioni sublitorali. E’ qui il caso di ram¬
mentare come il genotipo, Q. radiatopora, sia stato pescato nei grandi
oceani a profondità comprese fra 075-2780 metri.
140
G. RUGGIERI
Famiglia Cytheridae. Baird 1850
Sottofamiglia Brachycytherinae Puri 1953a.
Genere Incongruellina n. gen.
Genotipo : Incongruellina semispinescens n. sp.
Orìgine del nome : dal latino incongruens, non congruente.
Diagnosi : Ostracode della fam. Cytheridae, sottofam. Brachycy¬
therinae, con le segmenti caratteristiche : Carapaci con carena latero-
ventrale sviluppata, e le due valve diverse per forma e mole, essendo
la sinistra più alta della destra. Cardine nella valva sinistra di una
cresta dentellata, terminata anteriormente in un dente, compresa fra
due alveoli terminali; nella valva destra di due denti terminali, fra i
quali decorre una doccia che anteriormente si dilata in un alveolo. Du¬
plicature marginali larghe, provviste inferiormente di vestiboli bene
sviluppati. Occhi presenti.
Osservazioni : Questo genere presenta affinità con diversi altri,
quali Bosquetina Kei.j, Buggieria Keij, Pterigocythereis Blake, Alu-
tacythere M. et H., ecc., da ognuno dei quali si distingue per furia
o per l’altra delle caratteristiche elencate nella diagnosi, separandosi
comunque da tutti gli altri per la presenza e l’andamento dei vesti¬
boli. Presenta altresì una certa affinità con Cytheropteron Sars,
affinità che risiede soprattuto nell’andamento del Saum e dei vesti¬
boli, restandone tuttavia decisamente' distinto per le caratteristiche
del cardine, e per la presenza degli occhi.
Incongruellina semispinescens n. sp.
(Figg. 3, 3 a, 4, 4a, 8, 28, 29, 30)
Olotipo : la valva sinistra rappresentata a figg. 4, 4a (O.C.R. SI. 1604).
Paratipoidi : due valve sinistre e una valva destra (O.C.R., Sls. 1604 e 1602).
Locus typicus : Cava di argilla alla periferia immediata di Caltagirone
(Sicilia), sul lato E della strada per Piazza Armerina.
Stratum typicum : Calabriano (parte più bassa delle argille ad Anoma-
lina halthica).
Origine del nome: semispinescens, lat., = spinescente per metà.
Descrizione : Conchiglia ad abito di Cytheropteron, con una forte
carena lateroventrale. Valva destra vista di lato subtrapezoidale, col
margine dorsale leggermente convergente verso l’addietro con quello
ventrale. Margine anteriore arrotondato, con massima protrusione in-
ALCUNI O STRAGODI DEL NEOGENE ITALIANO
141
feritore, dove è ornato da una serie di dentelli; estremità posteriore
foggiata a forma di ottuso becco. In posizione latero-ventrale decorre
una robusta carena, che si allunga fino quasi all’estremo posteriore
della valva, e termina in una spina; la carena, osservando di lato nor¬
malmente al piano commissurale, appare situata più in basso della
nommissura ventraie, e nasconde il margine ventrale.
0, ,0,5 mm 58
Fig. 28. — Incongruellina semispinescens n. gen., n. sp. - Campo mu¬
scolare principale di vs. Ingr. x 91.
Fig. 29. — Incongruellina semispinescens n. gen., n. sp. - Cardine di
vs. Ingr. x 91.
Fig. 30. — Incongruellina semispinescens n. gen., n. sp. - Struttura
di vd, i vestiboli in nero (0. C. R., SI 1602). Ingr. x 91.
Il contorno della valva è determinato dallo sporgere della flangia,
-airinfuori che per un breve tratto del margine anteriore, immediata¬
mente al disopra della zona spinosa, dove sporge il Sauna, e per il
becco posteriore, il cui contorno è determinato esclusivamente dal
Saum fortemente sporgente, come una lamina trasparente. Tutto
questo dipende dal fatto che la figura descritta dall’orlo della flangia
•e quella descritta dall’orlo del Saum sono notevolmente diverse fra
142
G-. RUGGIERI
loro, rnltima meglio corrispondendo al contorno della valva destra,,
che è relativamente molto più bassa e allungata. In particolare, nella
valva sinistra la flangia dorsalmente sporge largamente sopra la linea
cardinale (modificazione locale del Saura).
Superficie levigata e lucente, solo segnata qua e là da piccolis¬
sime fossette, corrispondenti allo sbocco dei porieanali laterali. Il gu¬
scio è limpido, e lascia chiaramente trasparire le strutture interne. Gli
occhi sono molto piccoli, difficilmente reperibili, se prima non si sono
ubicati all’interno i seni oculari.
Vista dal ventre : vedasi fig. 4a.
Caratteri interni : Cardine costituito da una cresta rettilinea,,
denticolata terminata in avanti e in basso in un dente ottusamente co¬
nico. L'alveolo anteriore è irregolare, con la massima profondità in
basso, un poco al disotto del dente anteriore; subito sotto vi è un ri¬
dottissimo, ristretto seno oculare. L’alveolo posteriore ha la forma di
un trapezio rovescio, ed è debolmente delimitato verso l’interno.
Sopra la cresta cardinale, parallela ed aderente ad essa, vi è una
depressione bene definita (fossa sopracardinale, = ingl. accomoda -
tion groove), estesa dall’altezza del dente anteriore fino in prossimità
dell’alveolo posteriore. Sopra la fossa sopracardinale, la flangia
sporge e si estende largamente.
Le zone marginali sono larghe, specialmente anteriormente; in
basso sono occupate da vestiboli profondi, che rammentano un poco
per la loro forma quelli del genere Krithe, l’anteriore spinto fino al¬
l'orlo della flangia, il posteriore limitato un po' più all'interno. Le
zone di fusione sono percorse da rari porieanali marginali, flessuosi,
riuniti talvolta a gruppi di due o tre, talaltra bifidi all’estremità, in
numero di 13-15 anteriormente, e di altrettanti posteriormente.
Il campo muscolare è piccolo, situato piuttosto in alto, ed è co¬
stituito dalla solita fila subverticale di quattro impronte, disposte
piuttosto irregolarmente, preceduta da una impronta isolata a forma
di V.
Valva destra vista di lato trapezoidale, notevolmente più bassa
della valva sinistra, poiché la flangia non sporge al disopra della linea
cardinale. Il contorno è dato quasi completamente dalla flangia, ec¬
cetto che per un brevissimo tratto al disopra del becco posteriore dove
sporge molto debolmente il Saum. L'estremità posteriore termina in
un becco decisamente triangolare, con vertice spostato molto in basso ^
ALCUNI OS TRA CODI DEL NEOGENE ITALIANO
143
il becco è provvisto di una fila di mucroni, dei quali uno situato un
poco sotto il vertice è robustissimo, ricurvo, a forma di zanna di ele¬
fante : questi denti mancano completamente nella opposta valva. Per
gli altri caratteri esterni simile alla valva sinistra.
Caratteri interni : Cardine costituito di un dente anteriore a
forma di L rovescia, con angolo situato anteriormente e in alto, prov¬
vista alla terminazione inferiore di una cuspide acuta e sporgente, se¬
guito da un alveolo profondo, rotondeggiante, che sfocia in alto in
una doccia cardinale rettilinea, bene delimitata, e fondo crenulato,
terminata posteriormente contro un dente trapezoidale, non visibil¬
mente frazionato in dentelli.
Dimensioni :
olotipo : L = 0,828 mm. ; li
paratipoide: L = 0,828 mm.; li
paratipoide : L = 0,935 mm. ; h
Osservazioni : Non essendomi stato possibile di rintracciare un
carapace completo, sono stato lungamente in dubbio sulla effettiva
pertinenza alla stessa specie delle due valve sopra descritte : e solo mi
sono deciso ad accettare questo fatto come una realtà, dopo avere con¬
statato come queste valve così apparentemente diverse si presentas¬
sero associate nei vari giacimenti, e dopo avere verificato come i loro
contorni commissurali fossero effettivamente coincidenti: la diffe¬
renza più impressionante fra le due valve è data da tutto il robusto
corredo di mucroni alFestremità posteriore delle valva destra, mentre
la valva sinistra è del tutto inerme.
La specie proposta presenta superficiali rassomiglianze con spe¬
cie pertinenti a qualche altro dei generi affini (in particolare rappre¬
sentanti del genere Buggieria), ma da tutti si distingue comunque per
i caratteri generici.
Distribuzione : Le argille ad Anomalina balthica dalle quali pro¬
viene il tipo, affioranti a Nord di Caltagirone, sono state recente¬
mente riconosciute come pertinenti al Calabriano (Malatesta e Tor¬
rente 1954); ivi la Incongruellina semispinescens si presenta asso¬
ciata ad altri pochi Ostraeodi, e cioè :
Krithe ex gr. barthonensis Jones
Bairdia sub deltoide a v. Mùnst.
Loxoconcha granulata Saks
Bosquetina dentata (G-. W. Mùller)
Cytheropteron vespertilio (Reuss).
= 0,548 mm. ; 1/2 1 = 0,285 (vs).
= 0,537 mm. (vs).
= 0,446 mm. ; 1/2 1 = 0,285 (vd).
144
G. RUGGIERI
Questa associazione è tipica e costante nel Postpliocene « freddo »
dell’Italia meridionale. Gli altri elementi faunistici presenti nell’ar-
gilla permettono di riconoscervi un fondo di modesta profondità, poco
al disotto della zona a laminarie, compreso cioè fra i 100 e i 250 metri
di profondità.
Altri esemplari ho ottenuto da materiale ricavato a profondità
sconosciuta da un sondaggio per ricerca di acqua a Tor Caldara, presso
Anzio (Lazio); si tratta ancora di argille a Anomalina balthica, ma
qui con una ricchissima fauna ad Ostracodi, che non mi è possibile
elencare nella sua integrità perchè ne è ancora in corso lo studio.
L’altra località nella quale ho raccolto questa interessante specie
è l’ormai famoso giacimento di argille fossilifere di Capocolle, all’un¬
dicesimo chilometro sulla strada da Forlì a Cesena (Emilia). Per una
esauriente discussione della età di questo livello rimando a quanto ebbi
a scriverne recentemente (Ruggieri 1957a, p. 40 e segg.), arrivando
alla conclusione che si tratta probabilmente di Pliocene superiore, ma
che non è del tutto da escludersi una .correlazione fra questo livello e
il « Calabriano inferiore » del Lazio e della Toscana.
In definitiva, la 7. semispinescens è stata finora riscontrata su
fondi argillosi di modesta profondità, la cui età è compresa fra la som¬
mità del Pliocene e la parte più bassa del Quaternario.
Surmary
Four new species and two new genera ( Quasibuntonia and Incon-
_gruellina) of Ostracoda are proposed, based on materials eollected in beds
of Neogenie age both in North and South Italy. The new species described
.and illustrated are:
Cyamocytheridea dertonensis (Miocene)
Mutilus ( Aurila ) albicans (Miocene)
Quasibuntonia seguenziana (Pliocene)
Incongruellina semis-pinescens (Uppermost Pliocene and lowermost
Quaternary).
All thè ostracodiferous deposits are of pure marine facies.
ALCUNI OSTRACODI DEL NEOGENE ITALIANO
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-Ruggieri G-., 1957a. Geologia e stratigrafia della sommità del Terziario a
Castrocaro (Forlì). Giorn. di Geol., (2), voi. 26.
Sars G. 0., 1922-1928. An account of thè Crustacea of Norway. Voi. 9 :
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Sequenza G., 1880. Le formazioni terziarie nella Provincia di Peggio
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Wagner C. W., 1957. Sur les Ostracodes du Quaternaire récent des Pays-
-Bas et leur utilisation dans l’étude géologique. Tlièse. The Hague.
Sergio Radrizzani
NOTE SULLA STRATIGRAFIA
DEL GRUPPO DELLE GRIGNE
Queste note illustrano i risultati che ritengo di maggiore interesse
ottenuti nel corso degli studi per la tesi di laurea, svolti nella parte
occidentale del Gruppo delle Griglie Q).
1. UN AFFIORAMENTO RAIBLIANO PRESSO LIERNA
La nota di maggior rilievo riguarda la datazione di un complesso
di strati affioranti presso Lierna, formato da ripetute alternanze di
arenarie, marne e calcari ed assegnato da diversi Autori, quali Plii-
lippi (6) e Triimpy (10), al Werfen e successivamente all’Anisico dal
Redini (7-8).
La datazione del Redini fa parte di una teoria che rivoluziona la
struttura tettonica e la successione stratigrafica di parte del Gruppo
delle Grigne e poteva essere messa in dubbio ; infatti De Sitter (3), nel
suo studio sulle Alpi Bergamasche, si rifa al Triimpy per quello che
riguarda le Griglie. Questa teoria si basa però sul ritrovamento, il
primo in questo complesso, di alcuni fossili e cioè di Myophoria sp.
inch, Gervilleia sp. ind. e Myochonca sp. ind. che ricorderebbero, per
l’A., specie del Muschelkalk inferiore ( Myophoria laevigata Alb.,
Gervilleia costata Scili., Myochonca gastrochaena Dunk.).
D’altra parte l’assegnazione al Werfen è basata solamente sul
ritrovamento di resti vegetali e sulla posizione stratigrafica; i resti
vegetali facevano supporre la presenza del livello a Voltia h et er opinila
Brgn. segnalato da Escher von elei* Linth (4) nel Werfen sopra Bellano,
mentre la posizione stratigrafica poneva il complesso al di sopra dello
.scorrimento settentrionale, che lo separava dal Perledo-Varenna affio¬
ri Radrizzani Sergio - La geologia della zona tra E sino Lario e Lierna
- Tesi di laurea - Istituto di Geologia dell’Università di Milano, 1956.
148
S. RADRIZZANI
rante più a Sud, ed al di sotto dell’Anisico inferiore, qui in facies di
« dolomia di Elto » (2). La diversità di facies litologica rispetto agli
affioramenti valsassinesi, notata da molti Autori, era spiegata dal
Triimpy con una diversa profondità del bacino di sedimentazione.
Mi proposi di controllare l’asserzione del Redini circa la non esi¬
stenza dello scorrimento tra il Perledo-Yarenna ed il supposto Werfen
e di ritrovare la località fossilifera segnalata dallo stesso Autore
presso la q. 602 della Valle del Gesso (vedi la Carta topografica alla
scala 1:20.000 edita dal T.C.I. ; per le altre località vedi le tavolette
Bellagio e Pasturo, rispettivamente I N.O. e I N.E. del F°. 32 della
Carta d’Italia) per ricercarvi fossili che potessero essere determinati
più specificamente.
Circa il primo punto devo dire che tutto il contatto tra il Per-
ledo-Varenna ed il supposto Werfen è contrassegnato da brecce di
frizione più o meno notevoli che ad Est di Sornico, sulla mulattiera
che conduce a Nér, raggiungono la potenza di vari metri; non vedo
quindi come il Redini abbia potuto parlare di normale successione tra
i due complessi. Solo il ritrovamento di fossili avrebbe però potuto
risolvere il problema dell’età delle formazioni in questione.
Non sono riuscito a ritrovare la località indicata dal Redini, ha
però individuato un’altra località a q. 495 sul fianco meridionale del
costone di Casello San Bernardo. Le forme determinate sono le se¬
guenti :
— Pleurophorus curioni (Hauer) forma tipica ;
— Myophoria kefersteini (Miinst.) var. ind. ;
— Gervillia menarli Stopp. ;
— Bactrillium canaliculatum Heer..
(2) Questa denominazione sostituisce quella di « dolomia della Men-
dola » data dal Trùmpy ad un complesso calcareo-dolomitico appartenente
all ’Anisico inf . ; quando successivamente i terreni affioranti presso il P.so
della Mendola risultarono di età ladinica. si adottò il nome di « dolomia del
Seria » (GB. Dal Piaz - Corso di Geologia - voi. II, pag. 163 - Padova 1950)
che però è riferito ad una formazione dell ’Anisico medio-superiore. Su
consiglio del dott. A. Pollini — Aiuto Assistente presso l’Istituto di Geo¬
logia dell’Università di Milano — ho ritenuto opportuno usare il termine
di « dolomia di Elto » che è dato ad un complesso coevo affiorante in Val
Camonica, abbastanza simile per costituzione litologica e per aspetto di
stratificazione.
NOTE SULLA STRATIGRAFIA DEL GRUPPO DELLE GRIGNE 149
Tutti i fossili sono contenuti in scisti marnoso-argillosi grigio¬
verdastri ed il loro stato di conservazione non è sempre buono.
Per Bactrillium canaliculatum Heer e Gervillia meriani Stopp. si
tratta del primo ritrovamento nel Gruppo delle Grigne, per le altre
due forme del secondo ritrovamento, essendo già state segnalate al-
TAlpe Cavallo (Griglia Meridionale).
L’importanza del ritrovamento è notevolissima in quanto tutti i
fossili sono caratteristici del Raibliano.
L’esame dell’ intero affioramento ha portato alla conclusione che
tutto il complesso è databile al Raibliano ed appartiene, sia pure in
posizione particolare, alla Scaglia Media del Gruppo delle Grigne.
Infatti lungo quello che era considerato dal Triimpy il limite stratigra¬
fico tra Werfen e « dolomia di Elto » passa invece lo scorrimento
settentrionale, mentre è da considerare secondario lo scorrimento esi¬
stente tra il resto della Scaglia Media e l’affioramento raibliano in que¬
stione; quest’ultimo, essendo compreso tra due scorrimenti, forma
una sottoscaglia che chiameremo « Sottoscaglia di Lierna ».
Lo scorrimento principale non era mai stato individuato perchè
è spesso coperto da formazioni quaternarie, per cui si poteva essere
indotti a supporre la presenza di un passaggio normale alla « dolomia
di Elto » ; pieghettature, fratture, rocce brecciate o ridotte a sfa¬
sciume, individuabili soprattutto nel Raibliano presso il contatto,
erano state considerate evidentemente come il prodotto di una diversa
reazione dei due complessi alle spinte tangenziali che hanno causato
lo scagliamento.
Lo scorrimento settentrionale, a partire dal Fosso Brentalone, è
poi sempre coperto da crostone o detrito di falda e scompare proba¬
bilmente nel Lago di Lecco al limite settentrionale della piana di
Lierna.
Le brecce di frizione osservate da Philippi e da Mariani (5) presso
Castello di Lierna sono invece riferibili con certezza allo scorrimento
secondario che dalla base del costone di C.lo San Bernardo non è più
visibile.
La copertura quaternaria è abbondantissima su tutto l’affiora¬
mento per cui è molto difficile constatare la presenza di eventuali di¬
sturbi o, se sono visibili in qualche punto, comprendere quale impor¬
tanza rivestano ; è impossibile inoltre effettuare serie stratigràfiche
complete. Ho voluto tuttavia eseguire una serie per stabilire in quale
rapporto di successione e di frequenza si trovino i diversi tipi litolo-
u
150
S. RADRIZZANI
gici che si alternano nell’ambito del complesso e per conoscere la posi¬
zione del livello fossilifero nella serie stessa onde poter stabilire quali
sottopiani del Raibliano siano qui presenti.
Serie del costone di Casello San Bernardo.
La serie è stata effettuata sul fianco Sud del costone a partire
da q. 350 fino a q. 510 e continuata fino a q. 620 sulla, cresta perchè
sul fianco gli affioramenti sono estremamente scarsi.
— Calcare leggermente dolomitico grigio chiaro del complesso
della « dolomia di Elto » appartenente alla Scaglia Nord.
Scorrimento settentrionale
29 - Alternanze di :
a) Calcari nerastri, scheggiosi, in strati di 5-15 em
b) Scisti marnoso-argillosi grigi o variegati molto
sfatti, in pacchetti di 10-15 em. m. IO
28 - Alternanze di:
a) Calcari dolomitici leggermente marnosi grigio chiaro-
giallastri, venati ; strati di 5-10 em.
b) Scisti marnoso-argillosi, talora arenacei, grigiastri,
molto sfatti specie verso l'alto ; pacchetti di 10 cm m. 35
27 - Calcare magnesiaco grigio-nerastro a volte minutamente
venato ; alterazione superficiale giallastra ; strati di
5-10 cm. m. 10
26 - Calcare leggermente dolomitico grigio scuro venato ; strati
di 5-15 cm. m- 20
25 - Calcare molto dolomitico grigio, compatto, venato; alte¬
razione giallastra.. ni. 2
24 - Calcare dolomitico e marnoso grigio chiaro-giallino, mi¬
nutamente venato. m. 4
23 - Alternanze di:
a) Calcari molto dolomitici leggermente marnosi grigi.;
strati di 5-10 cm.
b) Scisti argillosi molto marnosi e siliciferi, grigi, con
spalmature bituminose. m- T
— Copertura detritica. ni. 25-
NOTE SULLA STRATIGRAFIA DEL GRUPPO DELLE GRIGNE
151
22 - Alternanze di :
a) Calcari neri compatti, venati, alterati in grigio;
strati da 5 a 30 em.
b) Calcari leggermente siliciferi grigio ferro, compatti,
venati, alterati in grigio-giallastro.
c) Marne grigio ferro compatte, alterate in grigio. m. 12
21 - Alternanze di :
a) Scisti marnoso -argillosi grigio-verdastri abbastanza
sfatti, a volte con spalmature bituminose. E’ in questi
scisti che è stata rinvenuta la fauna precedentemente
descritta, oltre a lamellib ranchi e bactrilli non deter¬
minabili.
b) Arenarie quarzoso-calcaree grigio-verdi lievemente
micacee, molto cementate; straterelli di 1-2 cm. m. 25
20 - Alteranze di :
a) Calcari leggermente siliciferi neri microcristallini;
strati di 5-10 cm.
b) Calcari molto arenacei grigio scuri a grana fine;
straterelli anche tabulari di 2-5 cm.
c ) Scisti marnosi grigio chiari piuttosto sfatti. m. 15
— Copertura detritica. m. 3
19 - Calcare leggermente dolomitico arenaceo a grana non
molto fine grigio-biancastro ; strati di 7-15 cm. m. 5
18 - Calcare dolomitico ed arenaceo rosso o verdastro a grana
molto fine, in strati scistosi galestini. m. 14
— Copertura detritica. m. 5
17 - Calcare grigio-nerastro compatto, scheggioso, con grosse
vene calcitiche; strati da 10 a 30 cm. m. 4
16 - Arenaria molto calcarea e quarzosa grigia, a grana molto
fine; strati di 10-30 em. m. 7
15 - Marna-calcare grigia, compatta, alterata in giallastro;
strati di 5-101 cm. m. 7
14 - Alternanze di :
a) Arenarie quarzoso-calcaree grigio-verdi a grana
grossa, talora con resti vegetali carbonizzati; strati
da 5 a 20 cm.
b) Scisti argillosi molto marnosi e quarziferi verdastri,
sfatticci; pacchetti di 5-10 cm. m. 4
13 - Calcare grigio-nerastro come al termine 17. m. 6
152
S. RADRIZZANI
f
12 - Alternanze come al termine 14 con intercalazioni di:
c) Arenarie quarzoso-calcaree un po’ argillose a grana
fine color rosso vino, di aspetto quasi galestrino; si
notano piccolissime lamelle micacee ed inclusioni di
noduli calcarei arrotondati, non più grandi di un pi¬
sello. m- 13
11 - Calcare marnoso pulverulento molto alterato, giallo chiaro
o grigio, spesso venato ; strati di 10-15 cm. m. 3
10 - Alternanze di:
a) Arenarie quarzose molto calcaree a grana fine gri¬
gio-verdi, ben cementate; strati di 5-10 cm.
b) Arenarie quarzoso-calcaree a grana grossa grigio
chiare; straterelli tabulari di non piu di 1 cm.
c) Scisti marnosi grigi, sfatticci, in pacchetti da 5 a
a 25 cm.
— Copertura.
9 - Arenarie verdi come al termine IO1 a).
8 - Calcare marnoso leggermente dolomitico grigiastro, ca¬
riato ; i vuoti sono a volte ricoperti da cristallini di
calcite, a volte riempiti da una sostanza argillosa
giallastra; strati da 5 a 25 cm.
7 - Alternanze di:
a) Marne calcaree leggermente dolomitiche grigio scure ;
straterelli e strati da 3 a IO1 cm.
b) Scisti marnosi grigi simili al termine 10 c).
6 - Alternanza tipo 10 a)-b)-c).
— Copertura.
5 - Calcare marnoso pulverulento come al termine 11.
4 - Calcare marnoso cariato come al termine 8.
3 - Calcare nero compatto, venato, alterato in giallastro an¬
che profondamente. Strati da 5 a 30 cm.
— Copertura.
2 - Calcare marnoso grigio chiaro, leggermente cariato.
— Copertura.
1 - Calcare dolomitico grigio chiaro o grigio ferro, compatto,
scheggioso; strati di 5-15 <un. che, specie verso la base, si
presentano piuttosto fratturati.
m. 15
m. 5
m. 4
m. 3
m. 4
m. 5
m. 5
m. 1
m. 1
m. 15
m. 5
m. 8
m. 25
m. 10
\
NOTE SULLA STRATIGRAFIA DEL GRUPPO DELLE GRIGNE
153
Scorrimento secondario
(nascosto da alluvioni; esso separa la Sottoscaglia di Lierna dal
resto della Scaglia Media).
La potenza totale della serie è di 342 metri.
Nel resto della sottoscaglia non si notano variazioni di facies di
una certa entità rispetto alla serie descritta.
La presenza del livello fossilifero è determinante per la data¬
zione dell’intero affioramento : esso è infatti caratteristico del Rai-
bliano medio. Un confronto con la posizione di tale livello nel Rai-
bliano medio della Val Brembana, studiata dal prof. A. Desio (2), ed
in cpiello di altre zone ha portato alla conclusione che tutto l’affiora¬
mento di Lierna è databile al Raibliano medio e che è possibile rite¬
nere che questo sottojhano sia in questa zona quasi completamente
rappresentato.
Alcuni livelli che litologicamente sembrano appartenere al Rai¬
bliano superiore (calcari marnosi cariati o pulverulenti), giacciono
nella serie al di sotto del livello fossilifero; ciò farebbe supporre la
presenza di una serie rovesciata dove cioè i termini inferiori sareb¬
bero databili al Raibliano superiore, quelli più alti al Raibliano me¬
dio. Non avendo tuttavia riscontrato altri elementi che convalidassero
questa ipotesi, rimango dell’opinione che la sottoscaglia di Lierna sia
costituita solamente da Raibliano medio in condizioni di giacitura
normali.
La datazione al Raibliano dei terreni esaminati dimostra l’esi¬
stenza dello scorrimento settentrionale ; è quindi da considerare errata
la teoria espressa dal Redini in « 1 fossili e l’età di alcune formazioni
del Gruppo delle Grigne » (7). Riunisco qui, anche se dovrò accennare
a problemi di carattere più generale, le- critiche a varie argomenta¬
zioni portate dall’A. a suffragio della sua teoria ed esposte nel la¬
voro citato.
a) Da quanto ho potuto constatare, lungo tutto lo scorrimento
settentrionale, negato dal Redini, non esistono zone in cui si noti un
« chiaro e graduale passaggio » tra le dolomie della Griglia Merid. e
le formazioni di base della Scaglia Nord: si può solo osservare che
spesso le direzioni di immersione degli strati al tetto ed al letto dello
scorrimento sono abbastanza simili.
154
S. RADRIZZAXI
5) Presso la q. 602 in Valle del Gesso, nella punta Sud della
Sottoscagli-a di Lierna, il contatto tra i terreni della sottoscaglia e
l’Esino è contrassegnato da una forte brocciatura avvenuta special-
mente a spese dei più teneri strati raibliani; anche il contatto tra
Raibliano e Perledo- Va renna, come già detto, è segnato da notevoli
brecce di frizione. Xon si è quindi in presenza nè di un graduale pas¬
saggio laterale tra la dolomia di Esino e l’ex-Werfen di Lierna, nè di
una normale successione dal Perledo- Varenna allo stesso complesso.
c) In Val Meria la massa dolomitica della Scaglia Media poggia
sui calcari a « Ceratites trinodosus » che appartengono alla parte alta
dell Arrisico superiore ; se a questo si aggiunge che sul versante de¬
stro della Val Tesa, alla base delle stesse dolomie, il dott. G. Arc-el-
loni (x) ha ritrovato, per la prima volta, un affioramento di Buehen-
stein, resta chiaro che le scogliere in questione sono ladinic-he e non
anisiche.
d) Redini afferma che non ha importanza Taver ritrovato una
stessa fauna nella Griglia Sett. e nella Grigna Merid. in quanto, entro
certi limiti, esiste un nesso tra facies e fauna indipendentemente dal¬
l'età di questa. Ciò è ammissibile, ma non è ammissibile che gli stessi
organismi potessero vivere alTepoca di formazione sia delle scogliere
supposte anisiche (Grigna Merid.) sia delle sovrastanti scogliere ladi-
niche (Grigna Sett.) cpiando tra i due complessi sono interposti in
continuità strati (anisic-i) molto diversi sia per facies litologica sia, e
soprattutto, per contenuto paleontologico. Si consideri poi che gli
stessi fossili ritrovati in questi strati anisic-i, sono stati ritrovati anche
nelTAnisico alla base della Grigna Merid., per cui, non tenendosi
conto deH'esistenza dello scorrimento settentrionale, si sarebbe in
presenza di una duplice ripetizione di fauna, il che non è da ritenersi
possibile.
e) Il Raibliano al di sopra dell'Esino della Scaglia Media non
solo esiste nella zona in esame, ma anche sul lato orientale delle Gri-
gne cioè nella Scaglia di Riale, che presenta un'analogia strutturale
rispetto alla Sottoscaglia di Lierna.
f) Lhf ultima osservazione riguarda il fatto, sfuggito al Redini,
che la datazione all’Anisico medio-superiore delTex-TTerfen di Lierna
(x) Aecelloxi Giulio - La geologia del versante Ovest della Grignetta
- Tesi inedita - Istituto di Geologia dell 'Università di Milano - 1955.
NOTE sulla stratigrafia del gruppo delle ghigne 155
portava a dat are alTAnisico superiore la « dolomia di E Ito » sovra¬
stante; ma nella parte settentrionale della Scaglia Nord la stessa do¬
lomia poggia su strati di Werfen sicuramente datato, per cui è senza
dubbio da riferire alTAnisico inferiore.
2. - IL RAIBLIANO DELLA ZONA DI ESINO
Verrà qui preso in esame solo il Raibliano affiorante in una zona
compresa tra la Valle Ontragno e la Valle del T. Esino, zona che ha
come centro il ripiano di Ortanella. Si tratta di alcuni lembi di Rai¬
bliano inferiore tipico limitati sia in potenza che in estensione, il cui
studio ha però portato ad interessanti risultati.
Esaminiamo sing’olamiente questi affioramenti.
Strati del Monte Foppe.
Affiorano sul fianco nord-orientale del Monte Foppe parte a ca¬
mallo, parte a monte della mulattiera che dalla località di Guillo porta
alla q. 902. Si tratta di calcari un po’ marnosi grigio scuri o neri, a
volte zonati, compatti, in straterelli e strati tabulari di potenza ^ a-
riabile tra i 2 mm. ed i 25 cui.. Presentano un’alterazione superficiale
molto caratteristica con solchi stretti ed abbastanza profondi che si
incrociano perpendicolarmente, accentuati specie sugli spigoli degli
strati; il colore di alterazione è grigio chiaro. Le superfici di separa¬
zione dei vari strati sono regolari e presentano spesso un caratteristico
aspetto zigrinato. La potenza massima è di circa 50 m. ; gli strati si
immergano verso NXO con pendenza variabile tra i 10° ed i 20 .
Questo lembo di calcari era già stato notato e definito come Rai¬
bliano dal Benecke (1) che però considerava non del tutto chiara la
sua posizione stratigrafica. Esso giace infatti nell’ambito della for¬
mazione di Esino costituita da tipiche dolomie bianche e rosate sac-
caroidi, le quali si ritrovano alla base, ai lati ed al tetto di questi calcari.
Strati dai Molini di Esino.
Questi strati non erano mai stati segnalati fino ad ora; affiorano
sulla riva sinistra del T. Esino poco oltre la confluenza con il T. On¬
tragno. Si è in presenza di calcari leggermente marnosi neri e di cal¬
cari dolomitici grigiastri con intercalazioni di scisti argillosi neri
molto sfatti. La potenza degli strati è variabile, per i calcari da 5 a
20' em. mentre per i calcali dolomitici si possono avere anche spessori
di un metro. La potenza totale è di circa 10 metri.
] 56
S. RADRIZZANI
Questo piccolo affioramento poggia sopra dolomia di Esino gri¬
gio-rosata saccaroide e costituisce il nucleo di una sinclinale il cui asse
è diretto da ESE a ONO; infatti, a partire dall'alveo del T. Esino e
salendo per il versante di sinistra, gli strati a valle si presentano im¬
mersi verso SSO con pendenza di 27°, procedendo verso monte si ha
in poche decine di metri il passaggio a strati suborizzontali e poi ad
immersioni verso Nord con pendenza massima di 15°.
Strati del Monte Parolo e di Ortanella.
I primi si trovano sul crinale Sud-Ovest del Monte Parolo e, data
l’immersione verso NNO con pendenza di 20°-25°, affiorano netta¬
mente sul versante del Posso Brentalone mentre verso Nord sono ri¬
coperti da una vasta coltre detritico -morenica. Benché questi strati
affiorino su una abbastanza ampia superficie ed abbiano una notevole
potenza (la massima è di circa 70 metri) non erano mai stati notati
fino ad ora. Si tratta di calcari puri o leggermente dolomitici color
caffelatte o grigio chiaro, compatti, talora con fini zonature più scure y.
il colore di alterazione è giallo chiaro; la potenza dei singoli strati
varia da 1 a 30 cm.. Intercalati a questi si trovano scisti argillosi gri¬
gio-giallastri più o meno sfatti, con alterazioni limonitiche.
Questo complesso di strati presenta un chiaro passaggio laterale
a dolomia in facies di Esino; si può quasi seguire nello stesso strato
il passaggio dal calcare puro o leggermente dolomitico prima descritto
alla dolomia grigio chiara ceroide, alterata in biancastro, tipica della
facies di Esino.
G-li strati di Ortanella, già segnalati dal Tiiimpy, costituiscono
un piccolissimo affioramento (alcune centinaia di metri quadrati e
3-4 metri di potenza) situato a q. 980 sulle pendici del Monte Parolo,
dove queste si confondono con i bordi del ripiano di Ortanella. Questi
strati sono una continuazione di quelli teste visti e sono stati messi in
evidenza dall’erosione della copertura detritico-morenica ; anche lito¬
logicamente sono molto simili; si trovano infatti calcari poco dolomi¬
tici generalmente grigio chiari, a volte lievemente zonati, compatti;
il colore di alterazione è giallo chiaro; sono irregolarmente stratificati
con potenza variabile da 5 a 30 cm. nello stesso strato. Intercalati a
questi calcari vi sono straterelli di marne grigio-giallastre con spal¬
mature bituminose superficiali e scisti argillosi sfatticci grigio-verdi^
L’immersione è verso NNO con pendenze da 12° a 15°.
Questi strati poggiano su dolomia di Esino grigio chiara.
NOTE SULLA STRATIGRAFIA DEL GRUPPO DELLE GRIGNE
157
La posizione rispetto al complesso di Esilio di alcuni di questi
lembi è piuttosto particolare: gli strati del Monte Pardo passano la¬
teralmente a dolomia di Esilio, quelli del Monte Foppe formano solo
una lente entro lo stesso complesso. E’ dunque evidente che la genesi
della scogliera si verificò anche durante il Raibliano senza dar luogo a
differenziazioni rispetto al resto del complesso ladinico.
La parte sommitale del Monte Foppe, a partire dalla base degli
strati tipici, cioè da q. 900 circa sul yersante Nord, è dunque fonnata
da strati di età raibliana, per la quasi totalità in facies di Esino, con
una potenza di circa 190 metri.
Gli strati tipici del Monte Pardo, del piano di Ortanella e dei
Molini di Esino possono essere collegati fra di loro per cui, a partire
da q. 700 circa sul versante sinistro della valle del T. Esino, la dolomia
di Esino affiorante sarebbe di età raibliana. Gli strati tipici del M.
Poppe non formerebbero perciò la base delle assise raibliane che
avrebbero così una potenza di 380 metri circa.
Non è però da scartare l’ipotesi che una faglia subverticale, di¬
retta NNE-SSO e passante ad Ovest degli strati dei M.ni di Esino, si
unisca con quella della Valle Nacchera dando luogo ad un solleva¬
mento relativo del M. Foppe con spostamento massimo di 180-200
metri. (Per avere la conferma e la prova dell’entità di questo solleva¬
mento bisognava conoscere la tettonica della zona immediatamente a
Nord; questa però non rientrava nei limiti dell’area in esame ed era
abbastanza complessa al punto da richiedere un rilievo dettagliato e
lo studio di tutta la zona a Nord fino alla Valsassina, compito che era
stato ad altri affidato).
Ho già detto che litologicamente la scogliera raibliana non si dif¬
ferenzia da quella ladinica, aggiungo che essa è per la quasi totalità
formata da calcari dolomitici bianchi o rosati, generalmente sacca¬
rosi o cristallini; solo sul versante occidentale del M. Foppe, attorno
ai 900 metri, si nota un piccolo affioramento di calcare grigio ceroide^
potente circa 10 metri.
Circa il sottopiano a cui appartengono queste dolomie, è evidente
che si tratti del Raibliano inferiore.
E* noto che nell’ambito della scogliera di Esino sono compresi
diversi livelli che però non si possono nè individuare nè separare tra
loro ; fino ad ora si riteneva che la scogliera si estendesse dall’Anisieo
medio-superiore al San Cassiano, non era mai stato segnalata perciò
la presenza di strati di età raibliana aventi anche potenza notevole;.
158
S. RADRIZZANI
il Triimpy dichiarava infatti che il limite tra Esilio e Raibliano è sem¬
pre netto. Se questa osservazione è nuova per il Gruppo delle Grigne,
non lo è per altre zone (Presolana, alcuni gruppi delle Dolomiti, ete.)
dove il Raibliano è rappresentato per molta parte da masse dolomi¬
tiche e dove è segnalato anche il caso in cui tutto il Raibliano è in fa¬
cies di scogliera. Non ci si deve dunque stupire se anche nelle Grigne
è avvenuta una simile sostituzione anzi, date le caratteristiche di una
formazione di scogliera, c’era quasi da meravigliarsi che ciò non si
fosse verificato almeno in qualche punto.
Per terminare voglio solamente accennare all’età dell’af fiora*
mento di Raibliano (potente 110 metri circa) presente sul fondo della
Valle di Vigna immediatamente a Sud dell’abitato di Esino Inferiore;
infatti mentre il Benecke attribuiva questi strati al Raibliano supe¬
riore, il Triimpy li assegnava all’inferiore. I caratteri litologici e so¬
prattutto la presenza di calcari a cellette fanno ritenere esatta 1 at¬
tribuzione del Benecke.
Risulta così molto notevole il rigetto della faglia diretta NNO-SSE
che, entro la valle, mette a contatto questi strati con la dolomia di
Esino. Questa faglia prosegue verso SSE, con rigetto che diminuisce
fino ad essere nullo sugli ultimi contrafforti del M. Croce, e mette a
contatto il Raibliano inferiore tipico affiorante a Sud di Bigallo
(potenza 90 metri) con l’Esino che giace più ad Ovest, sopra Piazzo.
3. - L’ETÀ’ DEL PERLEDO-VARENNA
Le interpretazioni sulla esatta, posizione stratigrafica del Per¬
ledo-Varenna sono varie. Benecke suddivise la parte inferiore di que¬
sto complesso in zone a « Ceratites », quella superiore selcifera l’at¬
tribuì al Buchenstein. Philippi segnalò per primo il passaggio etero-
pico tra Esino e Perledo-Varenna ; egli pose nell’Anisico gli strati a
Sud di Somalia, nel Buchenstein e nel Wengen quelli a Nord della
stessa località, dando al tutto una potenza di 300-400 metri. Mariani
pose questo complesso nel Superanisico (Buchenstein). Resi Stolz (9)
divise i calcari di Varenna dagli scisti di Perledo, ponendo quelli nel¬
l’Anisico superiore, questi nel Buchenstein. Triimpy distinse le con¬
dizioni della Scaglia Nord da quelle della Scaglia Media; nella prima
questi calcari avrebbero una potenza di 500 m. e comprenderebbero
ì’Anisico superiore, il Buchenstein ed il Wengen; nella Scaglia Media,
NOTE SULLA STRATIGRAFIA DEL GRUPPO DELLE GRIGNE
159
giacendo sull’Anisico superiore ed avendo una potenza minore (200
metri), sarebbero databili solo al Buchenstein. Redini pose il Perledo-
Varenna nell’Anisico « piuttosto basso ».
I limiti della zona in esame hanno fatto sì che mi occupassi solo
deiraffioramento compreso tra Grumo e la Val Meria, mentre sul
complesso della Scaglia Nord potrò dare alcune notizie riguardanti gli
strati affioranti a Sud di Fiumelatte.
Accenno prima di tutto alla potenza di questo complesso; infatti
per il Triimpy è di 200 metri e di 300-400 metri per il Philippi. Essa
è invece superiore; l’estensione deiraffioramento, le direzioni di im¬
mersione (da N a NO) e la pendenza degli strati (da 25° a 35°) portano
a concludere che la potenza è di oltre 800 metri.
II tipo litologico caratteristico è un calcare nero-bluastro, com¬
patto, tabulare, con frattura scheggiosa subconcoide ; spesso si trovano
alternati scisti marnoso-calcarei sottilissimi e regolari ; a volte si notano
anche calcari leggermente dolomitici. Entro i calcari tipici si rinven¬
gono in alcuni punti selci in noduli, lenti e liste, che però non costi¬
tuiscono livelli lateralmente continui: il primo punto è a q. 520 ad
Est di Monticello (località ad Est di Olcio sul sentiero che da Somana
conduce a Roccolo) ; il secondo è a q. 600 a NE della località Crocetta ;
il terzo ad Ovest di Zucco (q. 389) poco sopra la parete che cade diret¬
tamente nel lago. Questi tre punti si trovano rispettivamente a 200 m.,
500 m. e 660 m. dalla base della formazione e non possono quindi rite¬
nersi caratteristici di un unico livello cronologico.
Circa l’età di questo complesso, mi sembra che la posizione stra¬
tigrafica sia determinante; infatti il Perledo-Varenna è in eteropia
con la dolomia di Esino della Scaglia Media e questa formazione giace,
in Val Meria, sopra i calcari a « Ceratites trino do sus » ; se ne deduce
che, essendo l’Esino di età ladinica, anche il PerledoA arenna è di età
ladinica. E’ stato rilevato dal doti. Areelloni che in Val Meria esiste
un passaggio laterale tra « Trinodosus » e Perledo-Varenna, solo poche
decine di metri dal quale sarebbero però databili all Anisico superiore.
Il Perledo-Varenna è dunque da assegnare per la massima parte
al Ladinico.
Il fatto che il primo livello a selci si trovi presso Monticello non
significa che i terreni sottostanti a tale livello siano anisici; se altrove
le prime selci segnano l’inizio del Buchenstein e quindi del Ladinico,
160
S. RADRIZZANI
qui, data anche la loro molto limitata estensione sia orizzontale che ver¬
ticale, non è certamente così: bisognerebbe infatti supporre la presenza
di un disturbo che separi l’Esino dal Perledo-Varenna e che sia di
entità tale da alzare gli strati anisici di circa 150 metri rispetto al Ladi-
nico di scogliera. In alcuni punti della zona di contatto si notano effet¬
tivamente dei disturbi la cui mancanza di continuità fa pensare più
ad uno scollamento locale che ad uno spostamento tra le due forma¬
zioni.
Un altro ostacolo sarebbe costituito dalla ricca fauna ritrovata
dal Redini presso il primo livello selcifero ; in questa fauna si trovano
associate forme più comunemente ritrovabili nell’Anisico superiore ed
altre più comuni nel Ladinico, con prevalenza delle prime sulle se¬
conde. Si deve notare però che la facies litologica e quindi l’ambiente
di sedimentazione è molto simile a quello dell’Anisico sup. per cui si.
deve ritenere che le varie forme anisiche, continuando a trovare l’ am¬
biente adatto, si siano sviluppate anche nel Ladinico, d’altronde piut¬
tosto basso.
Stabilita l’età ladinica del complesso, resta da vedere quali livelli
siano in esso compresi.
Ho fatto notare in precedenza come la distribuzione delle selci
non permetta l’assegnazione di esse ad un solo livello cronologico ;
infatti il Buchenstein, che in generale è l’unico livello ladinico con selci,
non raggiunge mai una grande potenza (al massimo 150 m.) ; ritengo
perciò che il Perledo-Varenna copra anche l’ambito occupato altrove
dal Wengen. La grande potenza del complesso fa presumere poi che la
parte alta di esso sia da correlare con la parte più alta del Ladinico ;
tale considerazione è appoggiata da altre osservazioni.
Ritengo che le pareti di dolomia di Esino che scendono a piceo
verso il lago e che in particolare sovrastano il Perledo-Varenna della
Scaglia Media, siano da considerare come il limite laterale della sco¬
gliera ladinica ; sopra il Perledo-Varenna non si sarebbe perciò avuta
la costruzione di una scogliera o questa avrebbe avuto una potenza
molto piccola che l’erosione e lo scorrimento secondario avrebbero poi
asportato completamente. La presenza del Raiblia.no medio di Lierna-
ai di sopra del Perledo-Varenna dimostra infatti che lo scorrimento
secondario ha causato una riduzione della compagine stratigrafica;
si sarebbe avuta cioè una riduzione degli strati più alti del Perledo-
NOTE SULLA STRATIGRAFIA DEL GRUPPO DELLE GRIGNE 161
"V arenila e l’eliminazione sia di un eventuale termine, di potenza ridotta,
in facies di scogliera (Esilio) sia del Raibliano inferiore.
Da tutto questo si vede come gli strati più alti del Perledo-Varenna
-siano effettivamente databili alla parte più alta del Ladinico.
Aggiungo ancora, che non è possibile dividere il Perledo-Varenna
in due distinti livelli come faceva la Stolz in quanto, almeno nella
Scaglia Media, non si hanno nè le prove paleontologiche nè variazioni
litologiche tali da consentire una simile separazione.
Ed ora un breve cenno sugli affioramenti della Scaglia Nord.
Per Benecke e Philippi il Perledo-Varenna affiora fino a Casa
Cicogna, mentre Tiiimpy lo segnala anche più a Sud fino alla Valle
Vacchera, dove sarebbe presente anche a quote piuttosto alte.
E’ facile invece constatare che tra la Valle Vacchera e Casa Ci¬
cogna affiorano solamente dolomie di Esino tipiche in banconi mal
stratificati. Sotto Casa Cicogna appaiono strati nerastri, ma sia
l’aspetto esterno sia il tipo litologico li fanno attribuire abbastanza
chiaramente alla formazione di Esino ; anche più a Nord affiorano
strati nerastri dolomitici con caratteristiche intermedie tra il Perledo-
Varenna e l’Esino e che considererei ancora appartenenti a quest'ultimo
complesso. Solo all’altezza del Casello ferroviario a Sud di Fiumelatte
affiorano i tipici calcari neri; strati di questo tipo appaiono anche più
a monte, a q. 380 presso Cascina del Do; gli affioramenti sono qui
molto scarsi per la presenza di una notevole copertura di detrito di
falda.
Per stabilire l’età di questi strati si deve ritornare a quanto detto
sul Raibliano in facies di Esino del M. Poppe; sul versante Ovest di
questo monte il limite tra Ladinico e Raibliano è infatti compreso tra
i 700 ed i 900 metri di quota. Poiché a q. 380 affiora il Perledo-Varenna
e dato che gli strati sono suborizzontali o poco pendenti verso NNO,
la potenza del Ladinico in facies di Esino risulta molto limitata, va¬
riando tra un massimo di 450 m. ed un minimo di 250 m. circa; il Per¬
ledo-Varenna, anche in questa zona, occupa perciò h ambito stratigra-
dt'ico di livelli ladinici piuttosto alti.
162 S. RADRIZZANI - NOTE SUI. LA STRATIGRAFIA ECC.
BIBLIOGRAFIA
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gnagebirge - N. Jahrb. f. Min. usw. Beil., Bd. Ili - Stuttgart 1884.
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N. Denkschrift d. all. Schwedz. Nat. Ges., Bd. XIII - Zùrich 185S
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( Lombardei ) - Ecl. Geol. Helv., voi. 23, n. 2 - Basel 1930.
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ISTITUTO DI ANATOMIA COMPARATA DELL’UNIVERSITÀ DI PAVIA
DIRETTORE PROF. MAFFO VIALLI
Mario Pavan
Prof. ine. di Entomologia Agraria - Università di Pavia
PRIMI DATI SU UN FATTORE FITOINIBITORE DELLA
GELATINA REALE DI APIS MELLIFEBA L.
E SUO ISOLAMENTO ALLO STATO CRISTALLINO
La gelatina reale non mi risulta che sia stata prima di ora stu¬
diata dal punto di vista della sua eventuale attività fitoinibente. Le
mie prime ricerche sono state condotte sulla g. r. diluita in liquido di
Shive a varie dosi usando il test di Macht sul Lupinus albus.
Le dosi impiegate sono state le seguenti:
gelatina reale 1 : 100 in liquido di Shive
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»
»
»
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»
» 1: 200 » » » »
» 1 : 300 » » » »
» 1 : 500 » » » »
» 1: 750 » » » »
» 1:1000 » » » »
» 1:2000 » » » »
Con le diluizioni da 1:100 a 1:500 si è ottenuta una evidente
azione fitoinibitrice fin dal 1° giorno di sviluppo mentre le dosi più
diluite non hanno provocato azione fitoinibente.
Questi esperimenti hanno messo dunque in evidenza 1 esistenza di
un fattore fitoinibitore idrosolubile nella g. r. e da questo punto sono
partito con la ricerca chimica per l’isolamento del principio attivo.
Nello schema allegato riproduco il quadro delle operazioni con¬
dotte fino all’isolamento del fattore fitoinibitore.
Si deve avvertire che un passaggio del procedimento di purifica¬
zione presenta anomalie di solubilità in acqua difficilmente spiega-
164
M. PAVAN
bili ma le operazioni ripetutamente condotte su lotti differenti hanno
sempre permesso di isolare il fattore fitoinibitore.
Con la metodica impiegata, ancora primitiva e certamente perfe¬
zionabile, il fattore inibitore risultò in proporzione di 1 : 250 rispetto
alla quantità iniziale di gelatina reale, cioè in quantità piuttosto bassa.
Il fattore fitoinibitore ha le seguenti proprietà: solubile in acqua,
etere, benzolo, metil-etil-chetone ; insolubile in tetracloruro di car¬
bonio. Resiste al calore fino a 120°C per 10' minuti senza perdere at¬
tività. Il punto di fusione presenta una caratteristica particolare e
cioè a seconda della forma di cristallizzazione è di 42°-45°C oppure di
52°-57°C. Questo doppio ambito del punto di fusione è stato ripetuta-
mente verificato sullo stesso campione lasciato ricristallizzare dopo
la fusione.
L’attività fitoinibente è debole rispetto a molti noti fitoinibitori.
La sostanza non ha attività insetticida per contatto (prove preli¬
minari su giovani di Acheta domestica ), nè ha attività antibatterica
(prove preliminari su: Bacterium coli , Eberthella tiphosa, Salmonelìa
paratyphi A, Salmonelìa paratyphi B, Bacillus anthracis, Staphylo-
coccus aureus, Mycobacterium phlei, Mycobacterium avium, Myco¬
bacterium Minetti).
In quanto all’origine, non si può per ora affermare se la sostanza
deriva da un secreto delle glandole dell’ape operaia oppure se è un
elemento presente nel polline di cui in parte è formata la gelatina
reale ; pertanto non si può dire se la sua origine sia animale o vege¬
tale. Ulteriori ricerche sui pollini sono in programma.
Così pure sono in programma ricerche farmacologiche, tossicolo¬
giche, ed indagini biologiche varie, nonché ricerche chimiche appro¬
fondite sulla costituzione della sostanza.
Per concludere rileverò che questa ricerca costituisce il primo
caso concreto e dimostrato di una ben determinata proprietà biolo¬
gica della gelatina reale.
Non tratto in questa nota delle proprietà biologiche e caratteri¬
stiche chimiche della gelatina reale, in quanto per una informazione
generale dell’argomento posso rinviare a una mia nota in collabora¬
zione con Brangi (1954) e ad un lavoro più ampio degli Assistenti Dr.
A. Fargion e Dr. G. Ronchetti (1958) ora in stampa.
Ringrazio gli Assistenti e Collaboratori Dr. A. Baggini, Dr. G.
Ronchetti e Dr. M. L. Valcurone per l’aiuto datomi nello svolgimento
«iella parte tecnica di queste ricerche.
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10) Purificazione dello sciroppo giallastro su cartina da sigaretta o piatto
poroso. Separazione cristalli bianchi aventi p. f. 42°-45° C o 52°-57° C
secondo la forma di cristallizzazione e ricristallizzazione di uno stesso
campione.
166 M. PAVAN - PRIMI DATI SU UN FAPTORE FIT01N1B1T0RE ECC.
BIBLIOGRAFIA
(1) Brangi G. P., Pavan M., 1954 - Sulle proprietà antibatteriche del miele,.
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L., sua costituzione e proprietà biologiche. Atti Soc. It. Se. Nat.
(in stampa).
Maria Adelaide Cherchi
NOTE SU CHIROMANTIS PETER SI KELLERI BOETTGER
E SUI SUOI NIDI (. Amphibia )
Nel 1929-1930, durante i lavori per la delimitazione del confine
tra la Somalia settentrionale italiana e la Somalia britanica, il tenente
Taylor e il Dr. Macfadyen, raccolsero molti anfibi e rettili che furono
poi studiati dal Dr. H. W. Parker del British Museum. Tra gli anfibi
vi erano due Chiromantis, presi nella zona della Haud e del Sol Haud,
rispettivamente a seicento e a settecento quaranta metri di altitudine,
i quali dettero spunto al Dr. Parker per la revisione di tutte le specie
saettanti a questo genere trovate nell’Etiopia e nella Somalia. A conclu¬
sione di tale revisione, lo studioso inglese assegnò i due esemplari alla
specie Chiromastis petersi Boulenger dell’Etiopia, della Somalia, del
Nenia, del Tanganica, e ad una sottospecie, A 'elle ri Boettger, propria
del settentrione dell’area di diffusione.
Chiromanti s petersi kelleri si distingue dalla forma tipica meri¬
dionale, Chiromantis petersi petersi, per le maggiori dimensioni (sino
a 92 mm. di lunghezza dal muso alla cloaca, invece che sino a 65 mm.)
e per lo spazio interorbitale assai più largo delle palpebre superiori
invece che eguale.
Durante l’ultimo viaggio in Somalia, il Prof. G. Scortecci catturò
sei esemplari attribuibili a questa sottospecie ; precisamente : la fem¬
mina (17 ottobre 1957) nello uacli Duclo, il quale corre tra il nono e il
decimo parallelo nord e si getta nell’oceano indiano vicino a Bender
Beila ; 1 maschio (22 ottobre 1957) ad E1 Murr, località contraddi¬
stinta da un gruppo di alte acacie a pochi chilometri da Garclo; 4 ma¬
cchi (31 ottobre 1957) in un luogo contraddistinto da un gruppo di
piccole acacie, situato a cento chilometri ad oriente di Galcaio, in pros¬
simità della pista per autocarri che da Galcaio stessa va ad Obbia.
Oltre gli esemplari, i quali furono catturati tutti durante la notte,
furono riportati anche parti di nidi, uova, larve, una serie di fotografie
ed annotazioni, un ricco materiale insomma, il quale mi venne affidato
per lo studio dal Prof. Giuseppe Scortecci che ringrazio vivamente.
Gli esemplari, i quali hanno una lunghezza massima di settanta
millimetri, toccata dalla femmina dell uadi Dudo, presentano con asso-
168
M. A. CHERCHI
luta costanza lo spazio interorbitale nettamente più largo delle palpebre
superiori, il timpano più piccolo dell’orbita, le due dita interne della
mano completamente libere, e le due esterne collegate da membrana
solo alla base, le parti superiori del corpo cosparse di deboli, piccoli,
irregolari rilievi ghiandolari.
La colorazione del loro corpo è biancastra uniforme nelle parti
inferiori, biancastra con deboli disegni grigi nelle inferiori. Sì tratta
di una sbarretta irregolare che traversa le palpebre e la fronte, di due
irregolari strisce longitudinali le quali decorrono lungo i lati del dorso,
di deboli fasce trasversali sugli arti, di una striscia che dalla spalla,
traversando il timpano, giunge sino all’occhio. Strisce, fasce, sbarre
sono fatte- da un insieme di punti scuri, più o meno vicini l’uno al¬
l’altro, che danno l’impressione di un grigio chiaro. Fa eccezione il
maschio di E1 Murr il quale ha tinta molto scura su tutte le parti su¬
periori e laterali; essa però subentrò alla colorazione chiara naturale,
dopo che l’esemplare, da vivo, fu tenuto a lungo chiuso in un sacchetto
di tela.
Sui nidi dei Chiromantidi in genere sono state pubblicate varie
note di cui si troverà un elenco sommario alla fine del lavoro, ma una
sola riguarda Chiromantis petersi petersi, e nulla si sa di Chiromantis
petersi kelleri, diffuso in zona poverissima di acqua e, in talune parti
(Mudug e Migiurtinia) addirittura a carattere semi desertico. Ritengo
sicché opportuno riferire tutte le notizie comunicatemi, e le osserva¬
zioni che ho potuto fare sul materiale riportato.
Un primo gruppo di cinque nidi fu trovato a sera inoltrata il 16
ottobre nello uacli Dudo, nel cui letto stagnavano numerose pozze
d’acqua. Essi erano tutti sulla sponda meridionale dello uadi e tutti
in piena esposizione, tanto da poter essere colpiti dal sole per varie
ore al giorno. Avevano forma e dimensioni diverse. Tre nidi, irrego-
iarmmte emiferici e aventi diametro variabile da quindici a v «liti-
cinque centimetri, erano attaccati a rocce lambite dall’acqua, e ad
un’altezza di cinquanta, settanta, novanta centimetri dalla superficie
liquida. Due, sub sferici, misuranti una dozzina di centimetri di dia¬
metro, erano stati preparati sull’erba, nel punto in cui la ripa bassis¬
sima confinava con l’acqua. Tutti i nidi avevano la superficie esterna
dura, elasticissima, resistente; insomma la parte esterna della massa
spumosa a contatto con l’aria si era indurita, formando come una pel¬
licola spessa meno di un millimetro, la quale risultò essere compieta-
mente imr ermeabile.
I nidi furono aperti e nei più grandi vennero trovate centinaia di
NOTE &U CHI ROM ANT1S PETERS1 KELLERI BOETTGER ECC.
169
uova di colore giallo cromo vivo ; nei più piccoli ne furono rinvenute
in numero un po' minore ma sempre alto. Si ricorderà a questo punto
che i nidi di altre specie contengono da cento a centocinquanta uova
soltanto. Le uova erano per la maggior parte addensate al centro della
massa spumosa, ma si trovavano in buon numero anche alla periferia
della massa, sino a un centimetro di distanza dalla superficie. Insieme
con le uova c’erano nei nidi numerose larve alloggiate in minuscole
cavità tra le bolle di aria, in cui era raccolta una modestissima quan¬
tità di liquido evidentemente frutto della fluidificazione della massa
causato dai vivacissimi movimenti delle larve stesse. In uno dei nidi
(vedi la acclusa fotografia) la fluidificazione era avvenuta special-
mente verso la parte bassa interna, ed il liquido scolava lungo la pa¬
rete rocciosa, trascinando con se alcune larve.
Pezzi di nidi contenenti uova e larve furono tolti dalle rocce e in¬
trodotti in vasetti con formalina. Parte della massa spumosa si dis¬
solse, ma parte giunse in buone condizioni nell’Istituto di Zoologia in¬
sieme con le uova e le larve.
Il 17 ottobre all'alba, un sesto nido, avente una ventina di centi-
metri di diametro, fu trovato sulle rocce al di sopra dell’acqua. Co¬
struito evidentemente durante la notte, esso aveva anche la superficie
molle e delicata al pari della massa interna. A sera tuttavia presen¬
tava al pari degli altri la parte superficiale dura, elastica, resistentis¬
sima. Nel suo interno c’erano varie centinaia di uova di un acceso
giallo cromo come in tutti gli altri.
Nessun Chiromantide venne visto sui nidi. La femmina della
quale è stato accennato in precedenza, e i cui ovari contengono molte
piccolissime uova non giunte a maturazione, fu catturata nell’acqua
sotto una parete rocciosa. Alcuni individui furono visti tra l’erba du¬
rante la notte, lontano dai nidi.
Un nido isolato, di forma irregolare, assai grande (oltre venti¬
cinque centimetri di diametro) fu trovato il giorno 22 ottobre in loca¬
lità E1 Murr. Con tale nome è indicato un luogo a pochi chilometri di
ditanza dal villaggio di Ciardo, contraddistinto dalla presenza di nume¬
rose, alte acacie, e da vegetazione erbacea abbondante. Il nido era
stato preparato -in mezzo all’erba secca, in piena esposizione, e dove
l’acqua mancava, come d’altronde mancava in tutta la zona di E1
Murr, per quanto il giorno precedente fosse caduta un po’ di pioggia.
Il nido, come quelli dell’uadi Dudo, aveva la parte superficiale indu¬
rita e nella massa spumosa interna alloggiava centinaia di uova giallo
cromo vivo. Non c’erano larve.
170
M. A. CHIORCHI
Un gruppo di nidi, una diecina, fu trovato il 31 ottobre su albe¬
relli di acacia in una località a cento chilometri ad oriente di Galcaio
dove furono catturati i quattro maschi ai quali è già stato accennato.
La zona aveva carattere sub desertico, ed il terreno sul quale cresce¬
vano le piante era aridissimo. Sub sferici o di forma irregolare, aventi
un diametro di presso a poco una quindicina di centimetri, i nidi erano
attaccati a rami spinosi orizzontali o ai tronchi, a una distanza varia¬
bile da una cinquantina di centimetri ad un metro dal suolo. La loro
superficie esterna era dura e la parte interna molle, viscida. Alcuni
nidi furono aperti, ed in ognuno furono trovate alcune centinaia di
uova di colore giallo cromo vivo, ma non larve. Come in quelli dell’uadi
Dudo e di E1 Murr, le uova stavano non solo nella parte centrale, ma
anche nella periferica.
Le uova comprese nella massa di spuma e che sono sempre ben
separate l’una dall’altra, hanno un diametro di due millimetri ; sono
quindi più piccole di quelle di Chiromantis rufescens (Gunther), che
secondo il Noble hanno un diametro di due millimetri e mezzo. Esse
sono in stato di sviluppo diverso anche in uno stesso nido, e ciò pro¬
babilmente è in relazione con la temperatura alla quale sono assog¬
gettate e che, come ovvio, non è uguale nei vari punti dalla massa spu¬
mosa.
Le larve trovate insieme con le uova hanno una lunghezza mas¬
sima di sei millimetri e mezzo, di cui quattro spettanti alla coda che
è assai sottile e termina in una punta piuttosto acuta. Tali larve sono
in stato assai arretrato di sviluppo; hanno gli occhi appena abboz¬
zati, presentano deboli abbozzi di branchie esterne, mancano di or¬
gani adesivi all’estremità del muso, non hanno né bocca né ano, e sono
quasi compiutamente prive di pigmento. Anche quelle dello uadi
Dudo trovate nella colata rasente la parete, non sono in stadio di svi¬
luppo più avanzato, segno evidente che la fuoriuscita dal nido avviene
prima ancora che abbiano acquistato la capacità di nutrirsi con ma¬
terie prese del libero ambiente.
In tutti i lavori riguardanti la riproduzione dei Chiromantidi è
detto che i nidi vengono costruiti su alberi, su piante arbacee, su rocce
al di sopra dell’acqua. Singolare perciò è il fatto di aver trovato nidi
in luoghi dove non solo non c’era acqua ma che avevano i caratteri del
sub deserto. Si allude ai nidi di E1 Murr e a quelli a cento chilometri a
oriente di Galcaio. Evidentemente questi Polipedatidi della Somalia
centrale e settentrionale, i quali, come non pochi altri delicatissimi
anuri della zona, ad esempio Kassina e Megalixalus possono essere
NOTE SU CH1ROMANTIS PETER SI KELLERI BOETTGER ECC.
171
considerati relitti di un'epoca non lontana in cui il settentrione della
penisola dei somali era assoggetato a condizioni climatiche migliori
delle attuali, sono spinti all’opera della riproduzione non dalla pre¬
senza di depositi di acqua, ma dal forte aumento di umidità dell’aria
e dairabhassamento della temperatura che si verificano poco prima
delle piogge. Tutti i Chiromantidi oggetto della presente nota furono
catturati infatti nei pressi dei nidi alla fine dell’ottobre ed all’inizio
del novembre, cioè proprio neH'imminenza delle piogge. Stando ai
fatti, si potrebbe anche supporre che in ambiente sub desertico, i Chi¬
romantidi sanno scegliere con estrema accortezza i luoghi ove, con la
caduta delle piogge Tacque si raccoglie e permane per un certo pe¬
riodo di tempo. Secondo le informazioni comunicatemi infatti, tre
giorni dopo che il nido di E1 Murr era stato individuato, la zona venne
beneficate dalle piogge ed E1 Murr stessa divenne un acquitrino; ed il
luogo a cento chilometri da Galcaio, dove il 31 ottobre erano stati cat¬
turati individui adulti e visti nidi, il giorno tre novembre, in seguito a.
violente piogge, fu invaso dalle acque.
BIBLIOGRAFIA
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e Puccioni (Gennaio-Luglio 1954), Atti Soc. Ital. Se. Nat. Milano,
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Scortecci G., I nidi di Chiromantis petersi Boulg., Riv. Biol. Col., Roma,
Voi. V, Fase. I-II, 1942, pagg. 7-12.
SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE
TAVOLA VI
Eig. 1. — Femmina di Chiromantis petersi Velieri catturata nello uadi
Dudo.
Fig. 2.* — Embrioni di Chiromantis petersi Velieri in fase avanzata di
sviluppo.
Fig. 3.* — Larva di Chiromantis petersi Tcelleri poco dopo l’uscita dal¬
l’uovo.
TAVOLA VII
Fig. 1. — Nido di Chiromantis petersi Tcelleri sulle rocce dello uadi Dudo.
E ’ visibile sotto il nido la colata del liquido derivante dalla
fluidificazione della parte bassa della massa spumosa.
Fig. 2.* — Uova in vario stato di sviluppo fotografate nella massa spu¬
mosa.
Fig. 3. — Nido di Chiromantis petersi Tcelleri costruito in mezzo all’erba
secca nella zona di E1 Murr.
(*) Foto A. Margiocco.
M. A. CHERCHI - Note su Chiromantis ecc.
Atti Soc. Itul. Se. Nat. Voi. XCYII, Tav. VI
Fig. 3
M. A. CHERCHI - Note su Chiromantis eco
Atti Soc. Ital. Se. Nat. Voi. XCVIT, Tav. VII
Fig. 1
Fig. 2
Fig. 3
SUNTO DEL REGOLAMENTO DELLA SOCIETÀ
(Data di fondazione: 15 Gennaio 1856)
Scopo della Società è di promuovere in Italia il progresso
degli studi relativi alle scienze naturali.
I Soci possono essere in numero illimitato: annuali , vitalizi ,
benemeriti.
I Soci annuali pagano L. 2000 all’anno, in una sola volta,
nel primo bimestre dell' anno, e sono vincolati per un triennio.
Sono invitati particolarmente alle sedute (almeno quelli dimoranti
in Italia), vi presentano le loro Memorie e Comunicazioni, e ri¬
cevono gratuitamente gli Atti e le Memorie della Società e la
Rivista Natura.
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vitalizio.
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sione di L. 500.
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elargizioni hanno contribuito alla costituzione del capitale sociale
o reso segnalati servizi.
La proposta jper V ammissione d’ un nuovo Socio annuale
o vitalizio deve essere fatta e firmata da due soci mediante let¬
tera diretta al Consiglio Direttivo.
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del 3° anno di obbligo o di ogni altro successivo.
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Tutti i Soci possono approfittare dei libri della biblioteca
sociale, purché li domandino a qualcuno dei membri del Consi¬
glio Direttivo o al Bibliotecario, rilasciandone regolare ricevuta
e con le cautele d’ uso volute dal Regolamento.
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cinquanta copie a parte, con copertina stampata , dei lavori pub¬
blicati negli Alti e nelle Memorie , e di quelli stampati nella
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Per la tiratura degli estratti , oltre le dette 50 copie, gli
Autori dovranno rivolgersi alla -Tipografia sia per 1’ ordinazione
che per il pagamento. La spedizione degli estratti si farà in
assegno.
INDICN DLL FASCICOLO II
B. Chiarelli, Il metodo del Cu per l’ attribuzione della
età assoluta nella Paleontologia e nella Archeologia . pag.
M. A. Cherchi, Note su XJromastix princeps scorteceli
Cherchi ( Sauria ) (Tav. V) . . • • • . »
P. C. Buiyio, Contributo alla conoscenza della Fauna coleot¬
terologica della Guinea Portoghese. Il - Cerambyciclae,
Chrysomelidae , Scarabaeidae . ■ . . _ . . »
Ed. Luna de Carvalho, Contri Oution à l’étude de la
Faune coléopterologique de la Guinee Portugaise. Ca-
rabidae Faussinae ........ »
G. Ruggieri, Alcuni Ostracodi del Neogene italiano . . »
S. Radrizzani, Note sulla stratigrafia del Gruppo delle
Griglie ...........
M. Pavan, Primi dati su un fattore fitoinibitore della ge¬
latina reale di Apis mellifera L. e suo isolamento allo
stato cristallino ......... »
M. A. Cherchi, Note su Chiromantis petersi lcelleri Boettger
e sui suoi nidi ( Amphibia ) (Tav. VI-VII) ...»
85
107
112
120
127
147
168
167-
Nel licenziare le bozze i Signori Autori sono pregali di notifi¬
care alla Tipografia il numero degli estratti che deside¬
rano, oltre le 50 copie concesse gratuitamente dalla Società.
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