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Full text of "Atti del Reale Istituto d'Incoraggiamento alle Scienze Naturali di Napoli"

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^.  //-iC 


ATTI 


DEL 


BEALE  ISTITUTO  D*  INCORAGGIAMENTO 


^JIU^. 


n 


ATTI 


DEL 


D'I 


ALLE  SCIENZE  NATURALI  DI  NAPOLI 


TOMO  Vili. 


STABILIMENTO    TIPOGRAFICO   DEL   REAL   MIMSTERO   DELL*  INTERNO 
NEL    REALE    ALBERGO    DE'  POTERI 

M    HI    ■ 

1833. 


IRE 


D. 


'I  grido  animo  dopo  alquanlo  volger  di  tempo  è  dulo  a  que- 
sto Reale  Islilulo  d' Incoraggiamento  presentare  alla  Maestà  Vo- 
stra, l'  omaggio  de  suoi  accademici  lavori,  e  coi  suoi  alti  in 
istampa  mettere  ai  piedi  del  lìeal  Trono  il  documento  delle  sue 
incessanti,  e  non  interrotte  Iwjuhr azioni. 

In  tale  avventurato  rincontro  nutre  esso  ferma  speranza  , 
che  secondando  l'invalsa  magnanima  usanza,  jìiaccia  alla  Maestà 
Vostra,  aggradire  e  permettere  che  V  opera  sua  si  onori ,  e  s' 
intitoli  neW  Augusto  Suo  IVome. 

Senza  fallire  alle  gravi,  e  rilevanti  cure ,  cui  assiduamente 
il  richiamano  V  ademjnmento  de  propri  doveri ,  i  sempre  cre- 
scenti bisogni  delle  nostre  patrie  industrie  e  manifatture ,  l'  in- 
troduzione di  nuovi  trovati,  seppe  ancora  questo  Reale  Istituto 
neir  amore  della  scienza  attingere  quel  modo ,  e  quella  forza  di 
che  V  era  mestieri  per  partecipare  con  onore  alle  recenti  con- 
quiste dell'  umano  sapere.  I\on  senza  lode  dello  straniero ,  agli 
strenui  membri  di  cui  si  onora  fu  conceduto  correre  con  suc- 
cesso lo  scienlificn  aringo.  Informati  alla  scuola  del  pubblico 
bene,  non  pur  versando  ne  campi  astratti  e  trascendenti  della 
scienza,  non  si  rimasero  dal  rendere  le  loro  dottrine  feconde, 
e  produttive  di  jìraliche  ed  utili  applicazioni  ed   insegnamenti. 


Aiutando  il  Sommo  Iddio ,  e  la  lunganima  protezione  della 
Maestà  Vostra ,  che  tutto  allieta  e  vivifica ,  spera  la  Reale  Ac- 
cademia non  venir  mai  meno  all'  onorifica  missione  che  le  ven- 
ne affidata.  In  tanta  luce  ed  avanzamento  delle  scientifiche,  ed 
industriali  discipline ,  non  sarà  di  fermo  che  manchi  per  zelo 
ed  attiva  coopei-azione  dal  concorrere  alacremente  al  maggior 
decoro  e  progresso  dell'  avito  sapere. 

Così  possa  il  Sovrano  Aggradimento ,  esserle  di  guida  e 
conforto  neW  arduo  e  faticoso  cammino,  che  le  sarà  dato  per- 
correre ,  come  il  bene  che  sarà  per  tornarne  all'  universale  ab- 
bellire di  nuovo  splendore  un  diadema,  giù  onusto  di  gloria  e 
di  matura  sapienza. 

Di  Vostra  Rcgal  Maestà 

Napoli  24-  Febbraio   18SS. 


Pel  Reale  hiihtio  d' Incoraggiamento 

Il    PnESIDENTE 

Il  Segretario  GE^ERALE  degli  Atti 


VII 


12  ^  12  It  ^  <D 


DE'  SOCII  DEL  REALE  ISTITUTO  D' IIVCORAGGIAMEIVTO 


IN  NAPOLI  NELL'  EDIFIZIO  DI  TARSIA. 


Cav.  D.  Felice  Santangcio  Presidente. 
Marchese  D.  Giammaria  Puoti  Vice-Presidente . 
Cav.  D.  Benedetto  Vulpes  Segretario. 

SOCII    ORDINABII. 


Agostino  D' Colonnello    Commenda 
tore  D.  Francesco. 
Briganti  D.  Francesco. 
Bruno  D.  Francesco. 
Chiaie  delle  D.  Stefano. 
Costa  D.   Oronzio. 
Capocci  Cav.   1>.  Ernesto. 
Corsi   Commcnd.   1>.   Luigi. 
Flauti  Cav.  1).  Vincenzo. 
Gussoni  Cav.  D.   Giovanni. 
Guarini  D.   Giovanni. 
Giardini  D.  Mario. 
Giudice  del  Cav.  D.  Francesco. 
Luca  de  Cav.  D.  Ferdinando. 
Lauronzana  I>.  Nicola. 
Mclorio  Cav.  D.  Nicola. 
Minicluni  D.  Domenico. 


Nanzio  de  Cav.  D.  Ferdinando. 

Pietracatella  Marchese    di  D.    Giu- 
seppe Cova  Grimaldi  Piscicelli. 

Presutti  D.  Domenico. 

Padula  D.   Fortunato. 

Ronchi  Cav.  D.  Francesco. 

Re  del  D.  Leopoldo. 

Scmniola  D.   Giovanni. 

Satriani  Principe  di    D.   Carlo  Fi- 
langieri. 

Santangcio  D.   Carlo. 

Sanseverino  Conte    di  Chiaromonie 
D.  Luigi. 

Tenore  Cav.  D.  Michele. 

Tucci  l).  Francesco  Paolo. 

Trudi  I).   Aicola. 

Zannolli  D.  31ichele. 


vili 


SOCII    OSORARII    KAZIONALI   ED   ESTERI. 


AuJria  D.  Gennaro. 

Andriel  Cav.  D.  Pietro. 

Anlrodoco  Principe  di  Barone  Fri- 
mont. 

Assalini  Signor. 

Avanzo  d'  Abate  D.  Blattia. 

Bachi  D.  Giovanni. 

Balbo  Conte  D.  Prospero. 

Bonafons  D.  Matteo. 

Bixrtoloni  D.  Antonio. 

Blainville  de  Ducrofoy  Signor. 

Brera  Signor  L.  V. 

Carascosa  S.  E.  Generale  D.  Raf- 
faele. 

Campana  D.  Andrea. 

Canili  D.  Lorenzo. 

Caprioli  Commend.  D.  Giuseppe. 

Carena  D.   Giacinto. 

Carfora  D.  Carlo. 

Carus  Signor  C.   G. 

Ciccarelli  Barone  Cav.  D.Francesco. 

Colecchi  1>.  Ottavio. 

Cotugno  D.  Pietro. 

Curzio  D.  Vincenzio. 

Delcarrclto  Maresciallo  di  Campo 
Marchese  D.  Francesco  Saverio. 

Dumeril  Signor  Costanzo. 

Eiesthel  Barone. 

Ferri  Cumniend.   D.   Ferdinando. 

Fischer  Gotthelf  Signor. 

Fox-Strancwais  Signor. 

Franchino  1>.   Gaetano. 

Gargano  D.  Luigi. 

Garzilli  D.  Paolo. 

Gentile  Conte. 

Gianiiatlasio  D.   Orazio. 

GoflVoi  Saint-llilaire  Signor. 

Gonzales  D.  Francesco  Antonio. 

Cossi  1).  Luigi. 

IlalTord  D.  Ariigo. 

Holland  Signor. 


lacobson  D.  Ludovico. 

Larucci  D.  Luigi. 

Laurenzana  Duca  D.  Onorato  Gae- 
tani. 

Liguoro  Cav.  D.  Raimondo. 

Lucchesi  Conte  D.  Ferdinando. 

Murena  Commend.  D.  Salvatore. 

Marcarelli  D.  Giuseppe. 

Mazza  Commend.  D.  Orazio. 

Martens  D.  Giorgio. 

Masdea  D.  Giorgio. 

Blatteucci  Signor  Abate. 

SLiltey  D.  Giuseppe. 

ftlerrene  D.  Daniele. 

iMilano  Conte  D.  Michele. 

Montagna  Signor. 

Kaccari  D.  Fortunato  Luigi. 

Piolo  S.  E.  Principe  d'  Ischitella 
D.   Francesco  Emmanuele. 

Pieri  D.   Michele. 

Racco  D.   Giulio. 

Rafinesquc  Schmaltz  Signor. 

Ragazzoni  1).   Prospero. 

Ranzani  3Ionsignor  D.  Camillo. 

Rasis  D.  Nicola. 

Releinbak  Cavaliere. 

Rosa  D.  Alessandro. 

Buggiero  D.  Francesco. 

Scorza  Conimend.  D.  Francesco. 

Sanclis  Signor. 

Sandalio  Arias  D.  Antonio. 

Sanlanlimo  Principe  di  D.  Vincen- 
zo lìiifro. 

Schmitt  Cavaliere. 

Serracapriola  Duca  di  D.  Kicola 
Maresca. 

Speranza  I>.  Carlo. 

Spinelli  D.  Domenico  Principe  di 
S.   Giorgio  della  Mnnlagna. 

Suppa  l>.   Pas(|uale. 

Traetlo  Carafa  Cav.  D.   Luigi. 


Tiedemann  D.  Federigo. 

Troia  S.  E.  Cav.  1>.  FcrdiBaiido. 

Tommasini  D.   Giacomo. 

Tommaso  de  ì).  Giuseppe. 

Tonnelli  D.  Pietro. 

Urso  S.  E.  d'  Cav.  D.  Pietro. 

\accaii  D.  Andrea. 


Ventignano  Duca  di  1), 


IX 

Cesare  .Mon- 


ticelli. 

Vergari  D. 

Villafranca 
pe  Alliata. 

Walter  l). 


Achille. 
Principe  di  I). 


Giusep- 


jiovannu 


Zaccli  Barone. 


Socii  connispONDEiSTr  nazionali  ed  esteri. 


Abbate  D.  Luigi. 

Alfredo  d'  Orsai  Conte. 

Aloisi  ]).  Francesco. 

Ambruosi  1).   Francesco. 

Angelis  de   D.   Pietro. 

Arienzo  d'  1>.   Marco. 

Antonmnrclii  Dottor. 

Aracri  D.   Gregorio. 

Araneo  D.  Giambattista. 

Argonziano  D.  Paolo. 

Arincllino  D.   Giacinto. 

Daer  D.   Costantino. 

Barnaba  la  Via  Signor. 

Barone  D.  Vincenzio. 

Bergcnsi  Dottor. 

Bianchini  Commond.   D.    Ludovico. 

Bianco  del  Barone. 

Biscardi  D.  Lucantonio. 

Bisceglia  D.  Viiangelo. 

Bombini  lìlonsignor  D.  Michele. 

Bonchi  D.   Onofrio. 

Brugnatclli  D.  Gaspare.. 

Bufalini  Signor. 

Campagna  D.  Giuseppe. 

Candii  Signoi'. 

Candclori  D.   Andrea. 

Gandelori  D.   Salvatore.. 

Candiota  D.   Onorato. 

Candito  D.  Francesco. 

Cappelli  D.  Domenico. 

Cardone  D.  Carlo. 

Cardozo  de  Mcnezes  D.  Giosuè. 

Casazza  D.  Antonio. 


Conti  Abate  D.   Giuseppe. 
Cassitti  D.  Federigo. 
Cassola  D.  Filippo. 
Cerasoli  D.  Carlo. 
Ghiaino  D.  Vincenzio. 
Corbi  D.  Diodato. 
Corbi  D.   Giulio. 
Cua  D.  Antonio. 
Capomazza  Cav.   D.   Ilario. 
Dandolo  D.  Tullio. 
Davino  D.   Vincenzio. 
Delfico  D.   Orazio.. 
Dietrichstein  Conte. 
Elia  d' D.  Ferdinando. 
Egidio  d'  D.  Antonio. 
Feniziani  D.  Francesco. 
Fasano  D..  Domenico. 
Favaro  D.  Antonio  Pasquale. 
Ferrara  Abate  D.  Francesco. 
Ferrarese  D.   Luiiii. 

ri 

Filippi-Pepe  D.   Francesco. 
Finamore  D.   Silvestro. 
Fiore  D.  Felice. 
Flaiani  Dottor.. 
Focatiis  de  D.  Vincenzio. 
Foritani  D.  Antonino. 
Forster-quin  D.   Federigo. 
Fergola  D.   Emnianiiele. 
GaruUi  D.  Alessandro. 
Gasparrini  D.  Guglielmo. 
Gervasio  D.  Agostino. 
Giiimpictro  D.   Emiddio. 
Gianuclli  D.  Antonio.. 


Giordano  D.  Ferdinando. 

Giudice  del  D.  Gennaro. 

Giulj  D.  Giuseppe. 

Gozzi  ]).  Fulvio. 

Giair  Dottor  D.  Carlo  Ferdinando. 

Granata  D.  Luigi. 

Grimaldi  D.  Luigi. 

Gasparis  de  D.  Annibale. 

Grosso  del  D.  Remigio. 

llardis  Dottor. 

Ilorrison  Dottor. 

Iorio  de  D.  Filippo. 

IvirikolT  Signor. 

Lagioia  D.   Giuseppe. 

Laurentiis  de  D.  Gaetano. 
Leri  Signor. 
Levante  D.  Giuseppe, 

Lioncavallo  D.   Giuseppe. 
Longo  D.  Agatino. 
Lupacdiini  Dottor. 
Lujii  Dottor. 

Longo  D.  Filippo  de' Marchesi  del 
Vinchialuro. 

3Iacedo  de  Consigliere. 
BLicrì  D.  Anselmo. 
Maggiopalma  D.  Pasquale. 
Maivazzi  Malvini  D.  Antonio. 
Jlaniarelii  D.  Benedetto. 
Mammone  D.  Francesco. 
Blanfrè  D.  Pasquale, 
flianfrcdi  D.   Giambattista. 
-Manni  D.  Pasquale. 
Maravigna  D.   Carmelo. 
Mariuosci  D.  Martino. 
Clarone  D.   Giambattista. 
Martillnri  Signor. 
Marugi  D.   Giovanni. 
Mattey  D.  Giuseppe. 
Marone  D.  Alessio. 
Maglione  D.  Prospero. 
Marziale  D.   Ciro. 
Matlliauis  D.  Giuseppe. 
Mazza  D.  Vincenzio. 


Medici  D.  Michele. 
Meiluso  D.  Antonio. 
Merletta  D.  Vito. 
Messari  D.  Gioacchino. 
Mctaxà  D.  Telemaco, 
fliicheli  D.  Jlario. 
Michitelli  D.  Eugenio. 
Miele  D.  Giuseppe. 
Bilione  D.  Blariangelo. 
Mola  D.  Emmanuele. 
Molin  D.  Girolamo. 
Monglare  Signor. 
Montenegro  D.   Giuseppe, 
flionticelli  D.  Pietro. 
Blorelli  D.  Vincenzio. 
Mosca  D.  Antonio. 
Moschettini  D.  Cosimo. 
Nardi  D.  Luigi. 
IN'obile  D.  Antonio. 
Kugncs  D.  Massimo. 
Olfers  d'  Cav.  D.  Ignazio. 
Orioli  D.   Francesco. 
Ossa  D.  Giuseppe  Antonio. 
Ottaviani  D.  Vincenzio. 
Parelli  D.  Giuseppe. 
Palma  D.  Achille. 
Palma  Canonico  D.  Achille. 
Pollio  D.  Giuliano. 
Palma  Canonico  D.  Nicola. 
Pappadopulo  D.  Andrea. 
Pacca  D.   Giambattista. 
Pasquale  D.  Samuele. 
Pelli-Fabbroni  Signor. 
Pope  D.  Raffaele. 
Petrolino  D.   Giovanni. 
Portai  D.  Placido. 
Renzi  de  Cav.  D.   Salvatore. 
Ricciardi  D.  Francesco. 
Ripoli  D.  Giovanni. 
Bispoli  D.  Crescenzo. 
Rivaz  de  Chevally. 
Rizzo  D.  Filippo. 
Romano  D.  Alessio. 


Romeo  D.   Santo. 
Rosato  D.   Giuseppe. 
Rosica  D.   Giuseppe. 
Rospis  de  D.   Fiaucesco. 
Rossi   Canonico. 
Rozzi  D.  li'nazio. 
Rinonapoli  D.  Michele. 
Rossi  D.  Vincenzo. 
Sanctis  de  D.  Giacomo. 
Sannicola  D.   Giovanni. 
Santi  Linari  Signor. 
Santoli  D.   Giuseppe. 
Saatorelli  D.  Nicola. 
Sarto  D.   Giuseppe. 
Satria  D.   Carlo  Tito. 
Seamberg  Cav. 
Scappaliccio  D.  Ottavio. 
Scarano  D.   Giosuè. 
Schemioth  D.  Stanislao. 
Scinìi  Signor. 
Scristori  Cav.  D.  Luigi. 
Scuderi  Cav.  D.  Salvatore. 
Serradifalco  Duca  di. 


XI 

Simone  D.  Kicola. 
Siracusa  D.  Vito. 
Soldaui  Dottor. 
Spallanzani  D.   Giovanbattista. 
Spampinato  Abate  D.  Baldassarre. 
Slaniiope  Signor. 
'fabassi  Manna  D.  JlicLele. 
Tancbi  Maresciallo    di    Campo    D. 
Francesco  Maria. 
Tareatino  D.  Carlo. 
Tarsia  D.  Ottavia. 
Taulero  D.   Giovanni. 
Todaro  D.  Diego. 
Topputi  D.  Riccardo. 
Torti  D.  Carlo. 
Trompeo  D.  Benedetto. 
Turchi  D.  Mariano. 
Uracri  D.  Giuseppe. 
Villeneuve  Signor. 
Virgilio  D.  Gaetano. 
Volturale  D.  Nicola. 
WolkolT  Signor. 
Zamboni  Abate  D.  Giuseppe. 


mm  liRM  DI'  fiTifiii 

RICERCHE  ED  ANNOTAZIONI 

DELL'  AVTOCATO 

¥IWCElZO   SEMMOILA 

SOCIO  COaBISFOMOXNTZ 

MLIE     QIALI     SI     RAGIONA     De'   TERRENI ,     DELLA     COLTIVAZIONE     DELLA     VITE  , 
E     dell'  enologia    VESIVIAKA. 

Lavoro  letto  nella  tornata  del  R.  htUvto  d' Incoraggiamento 
del  3  Febbraio  18-i8. 


PREÀMBOLO 


I 


L  Reale  Istituto  d' incoraggiamento  di  Napoli ,  nella  tornala  de- 
gli II  Febbraio  184.7,  ^  proposta  del  benemerito  cav.  Tenore, 
ed  udito  il  parere  della  Commessione  appositamente  nominata  , 
richiedeva  una  descrizione  sistematica  generale  de' vi  tigni,  delle 
uve,  e  de' vini  del  Regno  delle  due  Sicilie  sul  modello  d' un  0- 
puscolo  del  dottor  Kolenati,  chiaro  naturalista  di  Mosca,  offerto 
dal  professor  Tenore  in  versione  italiana.  Ed  aggiungeva  dover- 
si pur  notare  la  qualità  e  quantità  di  vino  che  i  diversi  vitigni 
somministrano,  gli  usi  cui  le  uve  di  essi  si  destinano,  ed  anco- 
ra un  trattatello  sul  modo  di  coltivare  la  vite  e  fabbricare  il  vi- 
no secondo  la  consuetudine  de'  varii  paesi. 

Ed  in  tal  vasto  lavoro,  la  cui  importanza  ed  utilità  fu  da 
lutti  socii  riconosciuta,  il  R.  Istituto  domandava  anche  la  debole 
mia  opera,  onde  con  lettera  del  3  di  Maggio  dello  stesso  anno , 
per  mezzo  del  suo  Segretario  perpetuo  mandavami  l' onorevole  in- 


vilo.  Or  volendo  io  corrispondere  al  lodato  pensiero  del  R.  Istituto, 
presi  a  far  soggetto  de'  miei  studii  tutto  il  territorio  che  gira  in- 
torno al  Vesuvio.  Il  perchè  sul  cominciar  del  passato  Maggio  fu 
mestieri  percorrere  le  terre  poste  alle  falde  ed  alla  base  del  Ve- 
suvio e  del  Somma  col  fine  di  osservare  non  solo  i  vitigni  in 
germogliazione ,  e  raccogliere  i  saggi ,  come  si  richiede  per  lo 
erbario  ampelogico ,  ma  ancora  per  istudiare  i  terreni  nella  sva- 
riata loro  natura  e  stratificazione;  e  notarne  il  modo  di  coltiva- 
zione nelle  varie  contrade. 

Seguentemente  nel  mese  di  giugno  fu  bisogno  attendere  al- 
la fioritura  delle  viti,  per  notare  il  tempo  in  cui  avveniva  ,  e 
per  gli  accidenti  che  essa  offriva  ne'  varii  vitigni,  sia  per  la  lo- 
ro indole ,  che  per  ragion  de'  terreni  e  la  postura  loro. 

Fu  pure  uopo  in  luglio  di  veder  1'  allegamento  del  frutto  in 
qual  modo  comportavasi.  E  da  ultimo  nei  mesi  di  settembre  e 
ottobre  compiere  le  ricerche  sul  frutto  maturo,  e  raccogliere  le 
notizie  de'  metodi  della  fabbricazione  del  vino ,  non  intraraetten- 
do  lo  scopo  altresì  di  scernere  le  buone  dalle  male  pratiche.  Nel 
che  ho  preso  a  scorta  peritissimi  campagnuoli  e  guardie  rurali, 
che  richiedeva  alle  autorità  de'  varii  luoghi. 

Fatto  tesoro  di  tutte  le  notizie  raccolte  nelle  mie  ripetute 
escursioni,  nelle  quali  mi  sono  sempre  imbattuto  in  nuove  varie- 
tà che  dapprima  non  mi  si  erano  offerte  ,  mi  son  brigato  di  co- 
ordinarle con  gli  antecedenti  mici  studii  fatti  sul  proposito  del- 
la agricoltura  vesuviana ,  la  quale  fa  principale  soggetto  la  vite, 
e  secondamente  il  gelso  moro  per  1'  allevamento  dei  bachi  da 
seta,  e  molle  maniere  di  alberi  da  frutto.  Tutto  ciò  facendo 
servire  alle  dimando  del  R.  Istituto,  pensomi  partir  il  lavoro  io 
cinque  capi. 

Nel  primo  darò  un'  idea  generale  de'  terreni  da  me  percor- 
si e  studiali. 


(3  ) 

Nel  secondo  presenterò  la  descrizione  di  112  varielà  di  vi- 
ligni  che  ho  ravvisali  in  questi  terreni. 

Nel  terzo  mi  farò  a  dire  categoricamente  de'  vitigni  da  e- 
leggere  per  gli  usi  della  mensa ,  per  la  fabbricazione  de'  buoni 
vini  ,  e  per  1'  abbondante  prodotto  ;  e  quali  in  ispecie  meglio  pro- 
vano ne'  varii  terreni  vesuviani. 

Nel  quarto  discorrerò  il  metodo  di  coltivazione  di  questo  ar- 
busto seguitato  per  antica  pratica ,  e  quali  rettifiche  sarebbe  me- 
stieri recarvi.  Qui  dirò  pure  degli  ingrassi ,  non  che  delle  me- 
teore,  e  degl'insetti  dannosi  alla  vite,  ed  infine  alcune  ragioni 
onde  i  vini  del  Vesuvio  sieno  scapitati  di  pregio  e  di  quantità. 

Nel  quinto  mi  terrò  a  narrare  il  modo  di  fabbricazione  dei 
vini  quale  in  generale  si  pratica ,  e  quale  da  alcuno  in  partico- 
lare^ e  come  sarebbe  a  rendersi  agevole  ed  universale  il  metodo 
dettato  dalle  buone  regole  di  enologia;  e  dirò  pure  de'  diversi 
vini  che  in  queste  contrade  si  fanno. 

Da  ultimo  toccherò  dell'  erbario  ampelogico.  Ed  in  un'  ap- 
pendice noterò  la  classificazione  secondo  il  metodo  del  Rolenati 
delle   112  varietà  descritte. 

Per  queste  partizioni  avrò  discorso  V  intiero  subietto  della 
vite  e  del  vino  vesuviano ,  non  senza  dare  parecchi  ragguagli  del- 
la generale  coltivazione  di  que' terreni  e  delle  qualità  del  suolo; 
ed  avrò  compiuto  in  pari  tempo  il  desiderio  che  aveva  di  far 
cosa  grata  alla  patria  industria  illustrando  per  questo  lato  quel- 
la famosa  volcanica  contrada.  Oltracciò  trattando  le  materie  in 
jrarticolare,  ma  con  principii  generali,  avrò  per  avventura  ad- 
ditato norme  da  potersi  rendere  accomodate  a  tutti  i  terreni  vi- 
tati del  regno,  e  segnatamente  per  la  maniera  di  fabbricare  il 
vino,  salve  le  poche  modifiche  quanto  alla  composizione  de'  ter- 
reni, ed  al  modo  di  educare  le  viti  {*). 


(4) 

(*)  Nel  porre  in  fatto  tal  divisaniento  ,  mentre  ho  diretto  ogni  stu- 
dio alle  mie  pratiche  sperienze  di  otto  anni  continui,  non  ho  trascurato  a- 
Ter  self  occhio  quel  che  da  altri  prima  di  me  crasi  scritto  nella  specialità 
del  suhictlo  de' vigneti  vesuviani,  i  quali  offrono  particolarità  tutte  proprie, 
sia  nel  suolo,  che  nella  coltura. 

E  per  quanto  è  a  mia  notizia,  oltre  le  opere  generali  di  agricoltura 
che  toccano  di  questo  argomento  ,  il  primo  che  di  proposito  abhia  volto  Io 
sguardo  ad  una  parte  sola  di  questa  vulcanica  contrada  fu  il  dotto  Giovan 
Battista  Gagliardi,  in  una  sua  memoria  letta  al  R.  I.  nell' adunanza  del  dì 
12  aprile  1820. 

Questo  agronomo  prese  a  discorrere  dell'  agricoltura  ercolanese,  limi- 
tandosi ai  terreni  posti  su  la  costa  sud-ovest  del  Vesuvio,  che  ebbe  cura  di 
percorrere.  E  con  tal  suo  lavoro  s' adopera  a  riordinare  con  buon  criterio 
quanto  attinse  da'  ragguagli  fattigli  da  primarii  possidenti  di  quelle  terre  , 
senza  omettere  di  notare  le  imperfezioni  che  egli  ravvisava  nella  pratica  del- 
la fabbricazione  di  quei  vini. 

Altri  sludii  su  lo  stesso  argomento  senesi  divulgati  dal  prof.  Gasparrini 
in  una  sua  scrittura  negli  Annali  Civili  del  Regno  delle  due  Sicilie  al 
quaderno  69  ,  maggio  e  giugno  del  i84-4  >  col  titolo,  Osseì^vazioni  su  le 
vili  e  le  vigne  del  Dislretlo  di  Napoli.  In  questa  si  descrivono  le  diverso 
varietà  di  uve  ravvisate,  e  gli  usi  cui  quelle  son  destinate;  il  modo  di  pian- 
tazione  delle  viti  da  quei  naturali  usato  per  antica  pratica  ;  le  cose  che  dan- 
neggiano le  vigne;  le  principali  qualità  dei  vini  delle  diverse  contrade  ;  e 
da  ultimo  s'istituisce  una  comparazione  tra  il  coltivamenlo  della  vite  nello 
circostanze  di  Napoli  con  quelle  di  altre  parti  del  Regno. 

Poche  altre  note  dello  stesso  autore  sul  medesimo  subietto  delle  vigne 
e  dei  vini  del  Vesuvio  sì  rinvengono  nel  Cenno  dello  stato  presente  del' 
/'  agricoltura  della  Provineia  di  Napoli,  dettato  nel  i8-i5. 


CAPO  I. 

IDE.V  GENERALE  DEI  TERRENI  VESUVIANI. 
§.  I. 

Descrizione  topografica  del  territorio. 


I 


terreni  da  me  studiati  alla  base  ed  alle  falde  del  Vesuvio  e 
dei  Somma  possonsi  comprendere  in  un  raggio  di  circa  tre  mi- 
glia ,  la  cui  periferia  vicn  circoscritta  a  Nord-Ovest  dal  territo- 
rio di  S.  Giorgio  a  Cremano  e  di  Portici  ,  a  Sud-Ovest  e  Sud 
da'  terreni  al  lido  del  mare  coltivati  ad  ortaggi  e  che  apparten- 
gono al  territorio  di  Resina  e  di  Torre  del  Greco,  e  dal  territo- 
rio di  Torre  Annunciata  ;  a  Sud-Est  ed  Est  comprende  il  ferri- 
torio  di  Bosco  tre-case,  Mauro  e  Torci gno  ;  a  Nord-Est  stringe 
il  territorio  e  Comune  di  Ottajano  ,  e  dal  lato  Nord  del  Mon- 
te di  Somma  raccoglie  i  terreni  che  sono  un  miglio  al  di  sot- 
to i  Comuni  di  Somma,  S.  Anastasia,  Madonna  dell' Arco,  Troc- 
chia,  Pollena,  Massa  di  Somma,  e  S.  Sebastiano,  congiun"-cn- 
dosi  quivi  col  territorio  di  Resina. 

Costituiscono  questi  terreni  cosi  circoscritti  una  specialità 
tutta  propria  per  la  presenza  del  Vesuvio,  da  cui  quasi  può  dir- 
si derivare  il  loro  essere  ;  se  non  che  voglionsi  escludere  quel- 
li al  solo  lato  Nord  e  Nord-Est  del  Somma,  su  de'  quali  pare  che 
non  esercitasse  il  supremo  dominio  quell'  ignivomo  monte.  Il  con- 
tro di  questa  periferia  è  posto  a  quella  parte  del  monte  che  cor- 
risponde in  altezza  al  poggio  del  Salvatore ,  poiché  nel  torno  di 
qucst'  altezza  terminano  i  terreni  che  offrono  vegetazione  e  colti- 
vazione dalla  parte  del  Vesuvio  ;  e  dalla  parte  del  Somma  ,   al- 


(6) 
la  moilcsima  allczza,  cessa  la  coltivazione  della  vite,  non  essen- 
do fino  al  ciglione  allro  che  selve  cedue  e  boschi. 

Nò  si  creda  che  nella  circoscrizione  da  me  fatta  solamente 
si  comprendano  a  lutto  rigore  le  terre  vesuviane  ;  perciocché  dal- 
la linea  di  mezzo  giorno  si  estendono  ancor  molto  più  nel  ter- 
ritorio di  Torre  Annunziata  ,  e  fin  nelle  pianure  di  Gragnano 
a  settentrione  di  questo  Comune.  A  questi  terreni  vanno  pu- 
re applicate  le  stesse  regole,  e  sono  governati  da'  medesimi 
principii  di  agricoltura.  Ma  perchè  nello  stato  presente  e  da  se- 
coli r  opera  del  Vesuvio  non  par  che  siesi  piìi  oltre  estesa  verso 
di  quelli ,  cosi  mi  sono  nelle  mie  ricerche  restato  ad  un  tale  pe- 
rimetro ,  che  topograficamente  ho  voluto  ancora  percorrere  a  par- 
te a  parte,  ed  i  terreni  in  esso  compresi  minutamente  ricercare. 

§•    2. 

Divisione  del  territorio  per  altezza. 

I  terreni  racchiusi  nel  perimetro  da  me  circoscritto  tra  per- 
chè posti  0  in  piani  dolcemente  inclinati ,  o  in  altezze  diverse  , 
tra  per  i  diversi  strati  che  in  essi  si  rincontrano  sì  nella  super- 
ficie che  al  disotto  e  in  vario  modo  composti,  han  luogo  delle 
varianti  nella  coltura ,  nella  feracitcà  e  nella  qualità  de  vini  che 
da  essi  si  traggono. 

In  fatti  ne'  luoghi  inferiori  i  terreni  sono  ubertosissimi ,  la 
vegetazione  rigogliosissima ,  le  uve  meno  zuccherine ,  i  vini  di 
qualità  mediocre  e  gradatamente  da  giù  in  su ,  e  che  vanno  co- 
nosciuti col  nome  di  mezza  lacrima.  Nella  media  altezza,  i  ter- 
reni perchè  più  aridi ,  meno  ubertosi  e  rigogliosi ,  posti  in  e- 
sposizione  elevata  più  aprica  e  solatia,  le  uve  più  zuccherine  e 
pregevoli ,  i  vini  generosi ,  e  van  distinti  col  nome   di  lagrima 


(7) 
fina.  Nella  maggiore  altezza  i  terreni  facendosi  sempre  più  ari- 
di son  poco  fruttiferi ,  le  uve  gradatamente  salendo   deteriorano 
in  dolcezza ,  perchè  non  giungono  a  perfetta  maturità  a  cagione 
de' venti  freddi  e  delle  nebbie,  ed  i  vini  sono  più  aspri. 

Da  queste  considerazioni  guidato,  contrasseguo  tutto  il  terri- 
torio da  me  descritto  in  tre  zone  circolari,   ciascuna   larga   un 
miglio  circa,  e  distinte  in  inferiore,  media,   superiore.    E    per 
indicare  la  linea  di  separazione  tra  queste  zone,   segno  il  termi- 
ne della  prima  in  un'  altezza  dal  livello  del  mare  di  circa  5oo 
piedi,  a  ponente,  alle  spalle  del  camposanto  di  Resina   accosto 
alla  parrocchia  di  Pagliano  ;  a  mezzo  giorno ,  alla  base  del  pog- 
gio de'  Caraaldoli  ;  ad  oriente ,  il  casino  del  Principe  di  Oltaja- 
no  ;  ed  a  settentrione ,  il  Comune  di  Somma.  La  seconda  è  po- 
sta un  miglio  in  su  salendo  in  altezza  per  altri  5oo  piedi  circa, 
ed  in  essa  coraprendesi  tutto  il  poggio  de'  Camaldoli  di   Torre 
che  fa  vedere  un  cratere  formato  in  una  sola  eruzione  e  poscia 
estinto  e  colmato.  La  terza  un  altro  miglio  circa  elevandosi  con 
ripidezza  per  altri  looo  piedi  circa,  fino  all'altezza   corrispon- 
dente al  poggio  del  Salvatore. 

Pensomi  che  la  partizione  qui  fatta  fosse  necessaria  per  in- 
dicare con  certezza  le  particolarità  che  riguardano  tali  terreni  , 
sia  quanto  alla  coltura,  che  a'  vini  che  si  ricavano,  ed  alla  fcrlih- 
tà  loro. 

§.  3. 
Natura  de'  terreni. 

In  generale  son  queste  terre  come  tutti  sanno  d'indole  vol- 
canica,  ma  molto  varie  tra  loro  e  variamente  denominate.  Al- 
cune son  dette  mascose,  ossia  poderi  mascosi  con  terra  di  fuo- 
co,  e  son  quelle  il  cui  strato  superiore  presenta  un  terreno  sab- 


(8) 
bionoso  Yolcauico  sovrapposto  a  lave  basalliclie  a  profondità  ove 
più  ove  meno.  Altre  sono  indicate  per  terre  vecchie,  sia  nella 
pili  bassa  che  nella  massima  altezza ,  come  quelle  del  poggio  del 
Salvatore,  e  le  altre  in  cui  non  si  ravvisa  lava  basaltica  sotto- 
posta ,  ma  si  vedono  strati  diversi  a  varia  spessezza  e  d' indole 
varia  e  variamente  disposti  ;  i  quali  sono  or  di  terra  silicea  cal- 
care ,  0  argillosa  calcare ,  che  forma  la  pozzolana  bigia  ;  or  di 
limo  finissimo  argilloso ,  stretto  ed  impermeabile  all'  acqua  ;  or 
di  tufo  sodo ,  or  di  tufo  fragile ,  or  di  strato  composto  di  mi- 
nute scorie  ammassate  ,  or  di  strati  di  lapillo  nero,  or  di  stra- 
ti di  pomici  chiamate  lapillo  bianco ,  ec.  ec.  ,  e  talora  con  istra- 
lo  superiore  ancora  di  terra  di  fuoco. 

Altre  son  domandate  terre  novelle ,  quelle  cioè  che  scendo- 
no dal  poggio  del  Salvatore  in  direzione  Nord-Ovest,  e  son  cir- 
coscritte a  mezzogiorno  dal  fosso  grande,  ed  a  settentrione  dal 
fosso  della  Vetrana  ,  che  declinando  in  basso  prende  nome  di  fos- 
so di  Faraone.  Presentano  codeste  terre  la  medesima  natura  e 
straliGcazione  delle  terre  vecchie.  Ed  è  a  notare  che  fra  gli  stra- 
ti di  esse  sempre  rincontransi  de'  grossi  pezzi  di  lava  basaltica; 
ed  alcuni  strati  molto  concordano  con  quelli  che  formano  il  mas- 
so che  ha  sotterrato  Ercolano, 

Altre  terre  infine  son  nominate  novesche ,  e  sono  i  luoghi 
sterili  giornalmente  richiamati  a  coltura. 

Ed  oltre  a  tutte  queste  sonovi  le  vaste  estensioni  di  terra 
sul  dorso  orientale  e  settentrionale  del  Somma,  le  quali  vengo- 
no dimandate  terre  snl  monte. 

Formazione  delle  terre. 
Tutte  queste  terre  ed  i  varii  strati  di  esse  non  sono  altra- 


(9  ) 
raenle  formali  che  per  ploi:;ge  di  materie  vomilafc  dal  Vosiivio  e 

Irasporlatc  per  mezzo  cV  alluvioni  sia  nelle  pendici  che  nelle  par- 
li pili  basse  e  i  burroni  del  mon(e.  Talune  son  di  rimotissima  u- 
rigiuc,  altre  di  tempo  meno  antico,  ma  di  cui  non  si  ha  pur 
memoria,  ed  altre  di  data  poco  da  noi  lontann.  Ma  non  così 
come  io  lo  ho  dotte  ,  esse  sono  distinte  in  tutto  e  scongiunte  : 
invece  tante  varietà  di  terreni  che  io  diceva  essere  tuttora  do- 
minati dal  Vesuvio,  tranne  (pielli  sul  dorso  del  Somma,  si  scor- 
gono in  moltissimi  luoghi  alternati  tra  loro,  talché  in  mozzo  a 
terre  vecchie  trovasi  qualche  banco  di  terreno  mascoso  con  ter- 
ra di  fuoco  ,  ed  in  mezzo  a  vaste  estensioni  di  cpicst'  ultime  ter- 
re trovate  delle  falde  di  terra  vecchia,  tuttoché  poste  alle  fauci 
del  Vesuvio;  quali  sono  le  ultime  terre  in  vicinanza  al  luogo 
così  detto  /e  piane  ^  circondate  e  sovrastate  da  recenti  lave  ba- 
saltiche. 

Non  si  dee  credere  a  ciò  che  i  contadini  di  questi  luoghi 
asseverano  ,  cioè  che  in  quo'  terreni  che  essi  chiamano  terre  vec- 
chie 0  novelle  non  ci  abbia  punto  di  lava  basaltica,  perciocché 
non  potendomi  io  di  tali  assertive  persuadere  al  solo  guardare 
la  loro  postura  rirapctto  all'  ignivomo  monte  ,  mi  posi  noli'  ani- 
mo di  ricercare  il  vero  ,  e  dietro  escursioni  per  su  quelle  balze 
o  que' burroni  son  giunto  a  scovrire  in  taluni  luoghi  di  esse  terre, 
e  ad  enorme  profondità  di  que'  tanti  svariati  strati ,  il  letto  di  la- 
ve basaltiche.  Ciò  si  può  ravvisare  da  chiunque  si  faccia  a  scor- 
rere que'  tanti  valloni  detti  ì'/ri  che  solcano  le  terre  novelle  e 
le  terre  vecchie,  i  quali  altro  non  sono  che  profondi  canali 
scavatij  dalle  acque  che  dopo  aver  raso  fino  a  quel  letto  im- 
mobile,  col  continuo  scorrere  altro  non  Jianno  fatto  che  rade- 
re le  scorie  e  lisciare  il  masso,  che  si  vede  continualo  per 
ambe  le  sponde  .al  disotto  quegli  alti  burroni  di  moltiplici  strati. 

Cosi   e   non  altramente   è   pur  formata  tutta  1"  estensione  di 


(    IO    ) 

terreni  sul  dorso  scltcnlrionale  e  in  parte  orientale  del  Somma, 
la  cui  ossatura  è  tutta  formata  di  lave  che  scoverte  si  veggo- 
no nel  fondo  degV  immensi  valloni.  Il  che  pur  si  ravvisa  al  so- 
lo guardare  V  aspetto  meridionale  ed  occidentale  di  questo  mon- 
te dal  fondo  dell'  antico  cratere ,  ora  denominalo  otrw  del  ca- 
vallo ^  in  che  scrollati  i  dorsi  opposti,  il  vulcano  apertasi  no- 
vella via ,  eresse  novello  cono  a  mezzogiorno  del  Somma  ,  e 
dette  a'  suoi  sgorghi  opposta  direzione ,  mentre  che  per  lo  in- 
nanzi eran  forse  tutti  al  settentrione  rivolti ,  onde  vediamo  le 
sue  lave  protratte  fino   a  Cisterna    e  Bnisciano. 

E  vedendo  ora  tal  dorso  del  Somma  dal  suo  ciglione  sin» 
a  grande  profondità  tutto  coverto  di  terra  coltivahile ,  siamo 
fatti  certi  che  ahantico  la  bocca  del  vulcano  doveva  di  molto 
superare  la  presente  altezza  del  Somma ,  per  poterlo  covrire  di 
quegli    ammassi   di    terre  coli'  aiuto   altresì  delle  alluvioni. 

Questi  terreni  del  Somma  adunque  sono  senza  contrasto  più 
antichi  ;  e  meno  antiche  di  essi  debbono  essere  le  cosi  dette  ter- 
re vecchie  dai  lati  occidentale  e  meridionale  ;  e  meno  antiche 
ancora  le  terre  nominate  novelle ,  che  cosi  la  denominazione  stes- 
sa che  bau  conservata  ne  convince.  Ma  quale  1'  epoca  delia  for- 
mazione sia  di  tutte  e  tre  esse  terre  è  quello  che  né  la  storia 
dice,  nò  le  ricerche  geologiche  l'anuo  vedere.  Certo  è  che  an- 
tichissime sono  le  così  dette  terre  vecchie ,  e  le  novelle  su  le 
pendici  del  Vesuvio,  e  ne  fan  certi  le  fabbriche,  che  in  varii  luo- 
ghi della  china  sud-ovest  e  proprio  al  fosso  di  CalloUa  sonosi  ri- 
trovate sotterrate  nelle  terre  vecchie ,  del  medesimo  ordine  di' 
quelle  disolterrate  in  Pompei  ed  in  Ercolano ,  e  che  io  ho  ve- 
dute; siccome  mi  si  è  offerto  pur  di  vedere  frammenti  di  sarco- 
faghi costrutti  a  larghi  mattoni  con  entro  scheletri  ed  ampolle 
di  terra  cotta  con  alcuna  moneta  d'  oro,  disotterrati  a  caso  poclu 
anni  addietro  ne'  terreni  delle  Novelle  su  di  una  pendice  in  vi- 


(  n  ) 

cinanza  al  Fosso  di  Faraone.  Queste  sparso  case  e  tombe  su  por 
fjucUe  pendici  non  altro  appalesano  che  casino  dogli  Ercolancsi 
sn  quegli  amenissimi  colli. 

Non  è  medesimamente  per  le  lerrre  così  dette  di  fuoco.  Sie- 
ne esse  sopra  lave,  onde  la  denominazione  di  mascose  ,  sicuo 
sopra  terre  vecchie  ,  la  loro  origine  è  recente  ,  e  si  è  conser- 
vata con  precisione  1'  epoca  della  lor  formazione. 

Esse  vennero  al  tempo  della  grande  eruzione  del  i63i,  quando 
grandi  alluvioni  precipitali  dalle    alture  di  quel  monte   trasporta- 
rono ne  luoghi  più  bassi  ed  avvallati  quella  gran  quantità  di  ter- 
ra vulcanica  recentemente  eruttata,   conosciuta  col  nome  di  poz- 
zolana di  fuoco,  frammista  a  sassi,    ciottoli  e  rottami  di  scorie. 
Ed  allora  si  fu  che  rimasero  di  essa  coverte  le  lave    basaltiche 
su  la  costa  sud-ovest  del  Vesuvio  ove  è  posta  la  Reggia  di  Porti- 
ci, Resina,  e  parte  di  questo    stesso   Cumune  ,    che    pria   erano 
non  altramente  che  come  quelle  si  osservano  neUe  adiacenze  del 
Vesuvio,  nel  fosso  grande,  e  nel  territorio  di  Torre  del  Greco. 
Da  tal  epoca  questa  amena  contrada  cominciò  ad  ornarsi  di  quel- 
la ridente  vegetazione  su  di  un  suolo  nuovo  tutto  vulcanico. 

Terre  novcsche  infine  vengono  indicate  quelle  che  tutto  di 
van  recando  a  coltura  i  campaguuoli  di  Resina,  di  Torre  del 
Grecoe  di  Bosco,  industriandosi  di  piantare  e  viti  e  gelsi  e  fi- 
chi su  le  lave  piii  antiche  le  cui  scorie  sonosi  cominciate  a  stri- 
tolare ,  0  che  le  acque  vi  abbiano  trasportato  qualche  poco  di 
terra  ;  od  anche  qualche  pozzo  di  terra  vecchia  rimasta  in  qual- 
che altura  abbandonata  e  trista  di  bronchi  felci  e  ginestre  ;  di 
tal  che  sradicale  tali  selvatiche  piajite  si  vede  rigogliosamente 
vegetare  il  giovine  magliuolo  come  in  terra  vergine. 

Di  tale  natura  presso  a  poco  sono  estesi  vigneti  mascosi  nel 
Circondario  di  Bosco  Ire-case  formati  da  piogge  di  ceneri  vol- 
caniche,  le  quali  coverto  avendo  per  tre  iu  quattro  palmi  le  lave 


(  12  ) 

basalliclie ,  que' contadini  non  tardarono  a  piantarvi  i  vitigni. 
Terreni  che  poscia  con  la  pioggia  di  lapillo  nero  caduta  nel- 
la eruzione  del  iSSg  son  cresciuti  in  ispessezza  fino  adotto  pal- 
mi circa,  onde  i  vitigni  sono  venuti  ad  una  maravigliosa  vege- 
tazione ed  oltre  ogni  credere  fruttiferi. 

Or  di  tutti  questi  terreni,  ne'  loro  svariali  strati  da  cui  van 
formati ,  sarebbe  importante  per  la  scienza  e  per  V  agricoltura , 
che  dotti  chimici  si  occupassero  dell'  analisi  qualitativa  e  quan- 
titativa. 

GAP.     IL 

DESCRIZIO.NE    DI    112    VARIETÀ    DI   VITIGNI. 
§.     I. 

Avvertenze  generali. 

Credo  indispensabile  avvertire  che  di  tutte  le  varietà  da  me 
rinvenute  ne'  terreni  percorsi  e  di  che  qui  vengo  a  dare  parti- 
colar  descrizione,  senza  presumere  di  averle  comprese  tutte,  pa- 
recchie tengono  un  nome  riconosciuto  universalmente  da  que'  cam- 
pagnuoli ,  altre  variano  di  nome  ne'  diversi  luoghi,  e  talora  scam- 
biano i  nomi  stessi  tra  diverse  varietà,  venendo  riconosciute  col 
nome  di  colui  che  prima  le  abbia  introdotte  in  quella  contrada; 
e  per  molte  infine  se  voi  dimandate  a'  contadini,  o  vi  dicono  es- 
sere iivacchie^  mastine  o  salvaliche ,  o  si  contentano  sol  di  dir- 
vi essere  uva  bianca ,  se  bianca ,  uva  nera ,  se  nera  ;  onde  mol- 
lo male  faresti  il  catalogo  nominale  se  seguir  volessi  i  detti  di 
costoro. 

Valgano  ad  esempio  le  uve  aglianica,  calalanesca,  olivella, 


(  i3  )  _ 
rosa,  moscadella  ec.  ec.  che  son  tali  universalmenle  denominalo. 
Ma  nel  Circondario  di  Boscolrccase  uva  rosa  chiamasi  quella 
uva  che  in  altri  luoghi  ed  anche  in  iNapoli  è  conosciuta  col  nu- 
me di  uva  signora  o  pane  ,  la  quale  ne'  primi  di  settembre  vo- 
desi  già  in  piazza  a  vendere  e  sembra  spregevole  perchè  imma- 
tura, ma  a  perfetta  maturezza  nella  seconda  metà  di  ottobre  è  u- 
va  gradita  a  mangiare  e  buona  da  vino. 

La  sangiuella  in  Somma  è  chiamata  y^/rt/e/Za  ;  e  viene  di 
spregevole  qualità,  mentre  nella  costa  sud  ed  ovest  vien  pre- 
gevolissiuia  :  la  caslagnara  scambia  frequentemente  di  nome  con 
Santamaria  :  V  uva  iioccuccio  con  catalanesca  nera ,  e  cosi  via 
discorrendo.  Per  moltissime  poi  si  ritiene  il  nome  di  colui  che 
le  ebbe  introdotte,  come  \a.  larantino  ^  Xa.  ferrante  ^  la  priore^ 
la  donnoltavio  ,  la  capotuoslo ,  la  pernice  ec.  ec;  della  quale 
ultima,  che  è  uva  nera,  buona  da  vino  e  molto  fi-uttifera,  la 
genealogia  narrata  da  vecchi  contadini  si  è  di  essere  venuta  in 
campo  da  poco  piìi  di  quarant'  anni,  nata  spontanea  da  seme  in 
un  podere  di  un  tale  cognominato  Pernice,  e  poscia  per  la  sua 
feracità  si  è  propagata  per  magliuoli  e  più  per  innesti.  Ed  al- 
tre ancor  ve  ne  sono   che  la  loro  origine   riconoscono  da  seme. 

In  tale  confusione  di  nomi  volgari  de'  diversi  vitigni,  e  di 
moltissimi  senza  nome,  i  qucdi  forse  ne'  luoghi  donde  son  venuti 
lo  hanno ,  ho  creduto  eleggere  il  partito  di  ritenere  il  nome  elio 
al  vitigno  si  dava  nel  podere  ove  ho  preso  a  descriverlo,  e  per 
molti  cui  non  si  dava  nome,  li  ho  chiamati  anonimi  distinguen- 
doli  numericamente. 

E  pur  notevole  che  il  maggior  numero  di  varietà  diverse 
si  rincontra  ne'poderi  mascosi  con  terra  di  fuoco  che  sono  su  la  chi- 
na sud-ovest  del  Vesuvio  ;  e  la  ragione  è  naturale.  Questi  terre- 
ni non  somministrano  magliuoli,  o  molto  scarsauiente  ,  per  le 
ragioni  che  altrove  dirò,  e  barbatelle  pochissime  per  far  pianta- 


(  a)_ 

gioni,  o  aumenti;  onde  fa  mestieri  provvedersene  nei  mercati, 
o  nei  terreni  ubertosi;  ed  a  tal  modo  s'introducono  varietà  mol- 
te ed  ignote. 

Per  questa  ragione  parimenti  avviene  ehe  varietà  molto  frut- 
tifere altrove ,  divengono  nel  novello  suolo  poco  o  nulla  frutti- 
fere,  0  soggette  a  colatura,  mentre  clic  ivi  non  erano,  ovvero 
succede  il  contrario. 

Per  colatura  intendesi  quella  malattia ,  cui  taluni  vitigni  van 
soggetti ,  ne'  quali  i  racemi  in  fiore  qual  più  qual  meno  abbor- 
tiscono  in  tutto  o  in  parte. 

§.     2. 

Descrizione  oelle  varietà. 

I.    Uva  piede  di  palinnbo  ,  o  palombina  (nera). 

Vitigno  gagliardo.  Fusto  annoso  di  colore  scuro  ',  di  cui 
l'  epidermide  è  fenduta  longitudinalmente.  Il  tralcio  di  due  an- 
ni è  di  color  legno  che  successivamente  si  approssima  a  quello 
del  fusto  ,  con  nodi  e  media  distanza.  Il  germoglio  novello  è 
verde  chiaro  ,  che  a  mano  a  mano  biancheggia  e  presenta  strie 
rossicce.  Le  foglie  sono  di  ogni  dimensione  ,  di  figura  cordi- 
fonne  ,  e  la  massima  fino  a  g/io  di  palmo,  per  8/10,  più  0 
meno  allungata,  con  cinque  lobi  tagliati  fino  ad  un  terzo:  cin- 
que nervi  principali  che  partono  dal  peduncolo  ,  di  colore  ver- 
de chiaro  macchiati  di  rosso  ;  il  peduncolo  è  rosso.  Margine  den- 
tato inegualmente ,  di  cui  i  principali  denti  corrispondono  a'  ner- 
vi primari  e  secondari.  La  superficie  superiore  è  glabra  ,  1'  in- 
leriore  con  rari  peli  celluiosi  che  partono  dalle  nervature.  Grap- 
polo di  mezzana  grandezza  ,  piuttosto  accorciato  e  stretto.  Bacca 


(i5)  • 

rotonda,  piuttosto  picciola ,  quanto  una  palla  di  fucile  di  mezza 
oncia  ,  di  color  nero  ,  molto  sugosa  e  dolce ,  buccia  sottile.  Fio- 
risce a  primi  di  giugno  ,  sfiora  presto  mandando  via  la  corolla. 
Matura  nella  prima  metà  di  ottobre.  Molto  fruttifero  ed  in  nes- 
sun anno  foUisce.  Dà  ottimo  vino  ed  amabile.  È  comune ,  e  si 
dovrebbe  più  estendere  la  coltivazione  di  esso. 

2.    Uva  coda  di  cavallo  (  bianca  ). 

Vitigno  gagliardo  e  lussureggiante  di  tralci.  Fusto  come  o- 
gni  altro  vitigno.  Il  tralcio  di  due  anni  è  color  legno  cineric- 
cio  ,  con  nodi  mollo  tra  loro  distanti  ;  il  germoglio  novello  ver- 
de chiaro  che  gradatamente  biancheggia  con  liste  color  legno. 
Foglie  rotonde  di  ogni  grandezza,  la  maggiore,  del  diametro  Ai 
otto  decimi  di  palmo  ,  alquanto  crespa  ,  cinque  lobata  appena 
intagliala  ,  i  cui  lobi  corrispondono  a'  cinque  nervi  primari  che 
partono  dal  peduncolo  rossiccio  ,  e  le  nervature  san  verde  chia- 
ro. Margine  dentato  inegualmente.  La  lamina  superiore  porta 
sfioccaturc  di  peli  aracnoidei  :  l' inferiore  è  coverta  di  tela  a- 
racnoidea  ,  che  nelle  foglie  minori  è  fìtta ,  nelle  maggiori  rara 
con  qualche  sfioccatura.  Fiorisce  tra  la  fine  di  maggio  e  primi 
di  giugno,  sfiora  presto,  e  manda  via  la  corolla.  Il  grappolo 
è  allungalo  ,  e  stretto  ;  ma  quando  principia  per  maturare  d' or- 
dinario r  estremo  di  esso  per  un  quarto  o  quinto  circa  della  sua 
lunghezza  avvizzisce  ,  e  restano  i  granelli  immaturi  ,  per  modo 
che  è  uopo  recidere  e  mandar  via  tal  parte  quando  si  vendem- 
mia. La  bacca  picciola  ovata  e  dolce  ;  si  conserva  vcrdaguc  la 
fino  a  poco  prima  la  sua  compiuta  maturità  quando  poi  bion- 
deggia ;  il  che  avviene  dopo  la  metà  di  ottobre.  È  d'  ordinario 
mollo  fruttifero ,  e  dà  vino  bianco  molto  gagliardo. 


(  t6) 
3.   Uva  anonima   i.  (bianca). 

Vitigno  gcnlile.  Fusto  annoso  colore  scuro  ,  come  quello 
di  tutte  le  viti.  Il  tralcio  di  due  anni  è  bigio  cannella  con  e- 
pidermide  fenduta  longitudinalmente  ,  e  nodi  a  media  distanza: 
il  tralcio  novello  verde-cbiaro.  Foglia  larga  8/10  circa  di  pal- 
mo ,  di  figura  quasi  rotonda,  cinque  lobata,  poco  incavata  ,  con 
cinque  nervature  principali  cbe  partono  dal  picciuolo.  Margine 
dentato  a  denti  ineguali  ,  colore  verde  tendente  al  chiaro  :  le 
nervature  piìi  chiare  come  il  picciuolo.  Glabre  entrambe  le  la- 
mine ,  se  non  cbe  nella  inferiore  si  osservano  agli  angoli  delle 
nervature  peli  celluiosi  e  leggere  sfioccature  di  peli  aracnoidei. 
Fiorisce  a'  primi  di  giugno  ,  e  sfiora  presto  mandando  via  la  co- 
rolla. Il  frutto  matura  nella  metà  di  settembre.  Grappoli  allun- 
gati poco  ramosi  e  piuttosto  sfolti:  la  bacca  fra  il  rotondo  e  l'o- 
vato ,  di  mediocre  grandezza  ,  di  uniforme  colore  gialliccio  ,  se 
in  luogo  solatio  ,  se  ombreggiato ,  verdagnolo  ;  buccia  sottile  , 
la  polpa  denza  ,  dolce  e  di  grazioso  sapore.  Sufficientemente 
fruttifero.  E  buona  per  tavola.  Molto  rara  in  questi  terreni. 

4..    Uva  galletta  (  violetta  ). 

Vitigno  di  mediocre  vigore.  Fusto  annoso  di  colore  come 
gli  altri  vitigni  ,  di  cui  1'  epidermide  si  fende  longitudinalmen- 
te. Il  ramo  di  due  anni  color  cannella  chiaro  ,  che  presenta 
neir  epidermide  i  segni  delle  fenditure  longitudinali  ,  e  porta 
nudi  avvicinati.  Il  tralcio  novello  bianchiccio  con  le2;gera  tinta 
vcrderognola.  Foglie  rotonde  di  varia  dimensione  ,  la  maggiore 
di  7/10  circa  di  palmo  di  diametro  ;  di  un  bel  verde  ;  le  ner- 
vature ed  il  picciuolo  verdognoli  tinti  di  rosso  :  cinque  lobate  , 
incavate  fino  a  metà  ;  i  due  alla  base   si    toccano.     Il    margine 


(  ty  ) 

dentato  inegualmente.  La  lamina  supcriore  glabra  ,  1'  inferiore 
ò  fornita  di  peli  aracnoidci  a  ino  di  tela  di  ragno.  Fiorisce  a 
principi  di  giugno ,  sfiora  presto  e  manda  via  la  corolla.  3IaUi- 
ra  in  fin  di  settembre  e  principi  di  ottobre.  Il  grappolo  ramo- 
setto,  raro  ed  accorciato.  La  bacca  alquanto  grande  ,  cordata 
con  apice  appuntato;  colore  violetto  scuro;  buccia  sottile;  la 
polpa  denza  e  scarsa  di  succo  ,  di  sapore  grazioso  e  molto  dol- 
ce. Buona  per  gli  usi  da  tavola  :  molto  frutliforo.  E  comune- 
mente coltivato. 

5.    Uva  idivella  (  nera  ). 

Vitigno  gagliardo.  Fusto  annoso  come  ogni  altro  vitigno. 
11  tralcio  di  due  anui  color  bigio  biancbiccio  con  nodi  o  media 
distanza  :  quello  del  germoglio  novello  verde  cbiaro  cbe  grada- 
tamente scolora  di  più.  Foglie  di  colore  verde  aperto  ,  di  figu- 
ra cordata  ,  di  varia  dimensione ,  la  più  grande  avente  il  dia- 
metro maggiore  7/10,  il  minore  circa  sei  :  a  cinque  lobi  taglia- 
ti sino  a  metà  ;  il  peduncolo  e  le  nervature  di  colore  verde 
chiaro  ,  ma  il  primo  macchiato  di  rosso  :  margine  inegualmen- 
te dentato.  La  lamina  superiore  glabra  ;  la  inferiore  coverta  da 
fitta  tela  aracnoidea.  Fiorisce  nella  prima  settimana  di  giugno  e 
ritarda  a  sfiorare ,  il  perchè  d'  ordinario  va  soggetto  ad  abbon- 
dante colatura  ,  altrimenti  sarebbe  molto  fruttifero  :  la  corolla 
va  via.  Grappolo  allungato  e  talora  molto  raro  per  colatura  ; 
non  ramoso.  La  bacca  di  grandezza  e  figura  a  un  dipresso  co- 
me F  uliva  comune,  ma  più  ingrossata  alla  base  :  colore  nero, 
buccia  sottile ,  sugosa  ,  di  grato  sapore ,  dolcissima.  Fa  otti- 
mo vino  ,  gentile  ad  un  tempo  e  spiritoso.  3Litura  verso  la  me- 
ià  di  ottobre. 


(  i8  ) 
6.   Uva  Taranlino  (  nera  ). 

Vitigno  gagliardo.  Fusto  annoso  come  ogni  altro  vitigno  ; 
tralcio  di  due  anni  color  bigio  ,  con  epidermide  fenduta  longitu- 
dinalmente ;  quello  del  germoglio  novello  verde  chiaro  che  gra- 
datamente biancheggia.  Foglie  di  un  bel  verde  ,  di  varia  dimen- 
zione ,  la  pili  grande  di  9/10  di  palmo  di  diametro  ;  intiera  , 
ma  ha  cinque  angoli  ben  pronunziati  che  figurano  cinque  lobi  ; 
([uello  opposto  alla  base  piìi  allungato ,  con  cinque  nervi  prin- 
cipali di  color  verde  bianchiccio  come  il  picciuolo  ;  il  quale  è 
anche  macchiato  di  rosso.  La  lamina  superiore  glabra  ,  l' infe- 
riore presenta  sol  nelle  nervature  rare  e  picciole  sfioccature  di 
peli  aracnoidei.  Fiorisce  in  fine  di  maggio  ,  e  indugia  alquan- 
to a  sfiorare  mandando  via  la  corolla.  Il  grappolo  piuttosto  grande 
allungato  ed  alquanto  raro:  fruttifica  in  abbondanza.  La  bacca  è 
<[uasi  rotonda,  grande  quanto  una  palla  di  fucile  di  un  oncia,  color 
nero,  sugosa,  la  buccia  un  poco  duretta.  A' principi  di  ottobre 
matura  ;  piacevole  a  mangiarsi ,  e  fa  vino  buono  se  non  ottimo. 

7.   Uva  rosa  (  bianca  ). 

Vitigno  vigoroso.  Fusto  annoso  come  gli  altri  vitigni.  Tral- 
ci di  due  anni  color  cinericcio  chiaro  \  il  nuovo  germoglio  ver- 
de chiaro  e  presto  biancheggia:  foglie  di  im  bel  verde  ;  quasi 
rotonde  con  apice  allungato;  i  diametri,  quel  di  lungo  circa  8/10 
e  mezzo  ,  quel  di  traverso  7/ 1 0  e  mezzo  circa  ;  ha  cinque  lobi 
poco  intagliati  ;  le  nervature  di  color  verde  più  chiaro  della  foglia, 
peduncolo  rossiccio,  simmetricamente  dentata  corrispondendo  i  den- 
ti a'  nervi  primari  e  secondari.  Entrambe  le  facce  glabre,  e  solo 
agli  angoli  interni  delle  nervature  della  faccia  inferiore  si  osserva- 
no pochi  peli  celluiosi,  Fiorisce  a  principio  di  giuguo  ,    e  talo- 


(19) 
ra  ritarda  alquanto  a  sfiorare  mandando  via  la  corolla:  mol- 
to fruttifero.  Il  grappolo  talora  grande  allungato  e  ramo 
so  ,  talora  accorciato  :  mediocremente  folto  ;  bacca  ovale,  gran- 
de ne'  grappoli  accorciati  ,  più  picciola  negli  allungati  ,  di  co- 
lor biondeggiante  ,  ne'  vitigni  bonvero  clic  sono  alla  costa  sud- 
ovest  ;  ma  in  quei  alle  coste  nord  ed  est,  vien  verdognola,  te- 
nera ,  polposctta ,  ma  abbondante  di  succo  acquoso.  Fa  vino  piut- 
tosto leggiero  ed  agretto.  Evvene  una  sotto  varietà  di  cui  il  grap- 
polo è  pili  folto  ma  la  bacca  molto  più  picciola  ,  ed  il  colori- 
to molto  più  sbiadato.  Matura  in  fine  di  settembre  e  principi  di 
ottobre.  Si  coltiva  abbondantemente  nella  costa  sud-ovest. 

8.   Uva  capotuosto  (  nera  ). 

Vitigno  sufficientemente  vigoroso.  Fusto  annoso  cbe  si  con- 
fonde con  quello  degli  altri  vitigui.  Tralcio  di  due  anni  color 
cannella  cbiaro,  epidermide  longitudinalmente  fenduta.  Il  tral- 
cio novello  verde  chiaro.  Foglia  quasi  rotonda,  di  un  bel  ver- 
de, il  cui  perimetro,  della  più  grande  è  di  9/'.  o  circa  di  pal- 
mo; le  nervature,  verde  chiaro  ;  per  lo  più  iutiera  ;  margine 
dentalo.  La  lamina  superiore  glabra ,  se  non  che  vi  si  osserva- 
no rare  lacerazioni  di  peli  aracnoidei.  L'  inferiore  fornita  di  pe- 
li celluiosi  ,  e  di  talune  sfioccature  di  peli  aracnoidei.  Pedunco- 
lo verde  chiaro  macchiato  leggermente  in  parte  di  rosso.  Fiori- 
sce in  fine  di  maggio  e  presto  sfiora,  mandando  via  la  corolla, 
senza  che  mai  vada  soggetto  alla  colatura.  Grappolo  di  mezzana 
grandezza  allungato  ,  piuttosto  raro  ma  non  scarso.  Bacca  ovale, 
vantaggiosa  in  volume,  di  un  bel  nero.  Gioito  e  sempre  frutti- 
fero. I  nodi  de"  tralci  frequenti  e  quasi  tutti  germogliano.  Matura 
nella  fine  di  settembre,  con  buccia  tenera,  e  senza  mai  infarcire 
si  raanticue  fin  dopo  ottobre:  dolcissima  e  gratissima  al  palato, 


(    20    ) 

alquanto  polposa  ma  sugnsa,  e  fa  ottimo  vino  e  gentile.  Non  ò 
molto  comune  ,  ma  meriterebbe  essere  propagato  a  preferenza 
perchè  prova  benissimo  in  questi  terreni  ed  è  1'  uva  ottima  da 
tavola  e  da  vino. 

9 .    Uva  priore  (  nera  ) . 

Vitigno  molto  gagliardo.  Fusto  annoso  non  dissimile  per  if 
colorito  dagli  altri  vitigni.  Tralcio  di  due  anni  bigio:  epidermi- 
de fenduta  longitudinalmente.  Il  tralcio  novello  verde  chiaro  che 
presto  biancheggia.  La  foglia  cordata,  cinque  lobata,  profonda- 
mente incavata;  il  diametro  di  lungo  giunge  a  9/10  di  palmo, 
di  traverso  a  7  1/2  circa  ,  picciuolo  verde  chiaro  macchiato  di 
rosso  :  margine  dentato  inegualmente  con  denti  piuttosto  acuti  : 
il  colorito  verde  carico;  le  nervature  verde  chiaro;  glabra  la 
faccia  superiore  ;  1"  inferiore  con  rari  peli  celluiosi  e  leggere 
sfioccature  di  peli  aracnoidei.  Fiorisce  a  principio  di  giugno,  e 
dura  molto  tempo  a  sfiorare,  mandando  via  la  corolla  ,  ciò  che 
il  fa  soggetto  alla  colatura ,  e  a  dar  facile  sede  i  racemi  in  fiore 
al  verme  che  facilita  olfremodo  la  colatura  stessa.  Grappoli  molto 
grandi,  lunghi  e  ramosi;  sfolto  per  effetto  della  colatura  e  soven- 
te rarissimi  in  luoghi  privi  de'  raggi  del  mattino  ,  che  quando 
la  colatura  non  molto  lì  colpisce,  danno  abbondante  prodotto.  La 
Lacca  quasi  rotonda  ,  grande  piuttosto  ,  piacevole  e  dolce  al  pa- 
lato :  dà  vino  ottimo  qualora  sen  mandi  via  il  grossissimo  graspo. 
E  molto  comune  ne'  terreni  su  la  costa  nord-ovest. 

IO.   Uva  forcinola  0  porcino  la  (  nera  ). 

Vitigno  debole.  Il  fusto  annoso  si  presenta  con  abito  piut- 
tosto triste.  Manda  pochi  e  deboli  tralci  :  quelli  di  due  anni  son 


(    21    ) 

(li  color  legno  cinoriccio  ,  i  novelli  color  verde  chiaro  con  no- 
di mollo  avvicinali.  Le  foi^lie  di  figura  ovale  acuminala,  per  lo 
più  picciolc  ;  le  poche  grandi  giungono  ad  avere  un  diametro 
di  9/10  di  palmo  circa  per  71/2,  cinque  labate  e  profondamen- 
te e  larganienlc  inlagliate ,  dentale  irregolarmcnle  a  denti  piut- 
loslo  acuii  ;  i  nervi  ed  il  picciuolo  verde  cliiaro.  La  faccia  su- 
pcriore glabra  ,  sebben  si  rincontrano  talune  foglie  con  rarissi- 
mi fili  o  sfìoccalure  di  peli  aracnoidei  :  la  faccia  inferiore  co- 
slanlcmenle  coverta  di  una  fìtta  tela  aracnoidea  che  la  rende  ru- 
vida al  lutto.  È  molto  fruttifero  poiché  tutti  gli  occhi  danno  frut- 
to a  grappoli  mezzani  e  sovente  piccioli,  accorciali  e  folli;  gra- 
nelli neri,  piccioli,  rotondi  con  buccia  sottile  :  è  pregiala  da"  con- 
tadini ,  ma  con  poco  senno ,  perciocché  è  mollo  offesa  dal  ver- 
me che  ne  consuma  buona  jX)rzione  ,  massime  ove  trovansi  i 
grappoli  stivati  tra  pampini.  Il  vino  sebben  gentile  è  debole. 
Vicn  comunemente  coltivato. 

1 1 .   Uva  Colagiovanni  (  nera  ) . 

Questo  vitigno  potrebbe  ritenersi  come  una  sotto  varietà  del 
precedente  ,  se  non  che  è  alquanto  meno  debole  di  esso.  Ne  di- 
versifica in  questo  ,  che  i  grappoli  portano  de'  granelli  abortiti 
acerbi.  Del  pari  è  comunemente  coltivato  :  entrambe  fioriscono 
in  fine  di  maggio  e  subito  sfiorano  mandando  via  la  corolla  ,  e 
mai  non  van  soggette  a  colatura  :  il  fruito  a'  primi  di  ottobre 
è  maturo. 

12.   Vva  Liigliese  (  nera  ). 

Vitigno  oltremodo  gagliardo.  Il  fusto  e  i  tralci  lussureg- 
gianti; que'  di  due  anni  color  legno  cinoriccio;   i  novelli  verde 


(    22    ) 

chiaro  clic  presto  si  colorano  in  rosso  carico  ;  con  nodi  dislantì 
Ira  loro.  Le  foglie  di  un  bel  verde  ,  cinque  lobate  fino  ad  un 
lerzo  0  mela  ,  per  lo  più  rotonde  ,  il  diametro  di  8/10  di  pal- 
mo le  foglie  maggiori  :  le  nervature  verde  chiaro  ;  il  picciuolo 
simile  ,  ma  macchiato  di  rosso  :  margine  dentato.  Glabra  la  la- 
mina superiore  :  1'  inferiore  va  fornita  di  peli  celluiosi.  Fiorisce 
nella  metà  di  giugno  ,  e  presto  sfiora  mandando  via  la  corolla: 
non  soggetto  a  colatura.  Nella  metà  di  settembre  è  ben  maturo 
il  frutto.  Il  grappolo  è  grande,  allungato,  ramosetto  e  ordinariamen- 
te raro:  bacca  grande  ed  ovale  :  il  colore  nero  bluastro  ;  buccia 
grossa  e  dura.  E  poco  fruttifera  nella  seconda  a  terza  zona,  per- 
chè poche  gemme  fruttificano  ;  ma  il  contrario  è  nella  zona  in- 
feriore :  il  succo  dolcissimo  ;  buona  per  tavola.  Il  vino  che  pro- 
duce è  spiritoso  ed  anche  alquanto  austero  a  cagion  della  buccia. 

i3.    Uva  dolcìolella  (  nera  ). 

Vitigno  vigoroso.  Il  fusto  annoso  si  confonde  con  tutti  gli 
altri  :  il  tralcio  di  due  anni  bigio  :  il  novello  verde  chiaro,  con 
nodi  a  media  distanza.  Foglie  rotonde  a  cinque  lobi  appena  se- 
gnati :  il  diametro  delle  più  grandi  8/10  di  palmo  ,  di  un  bel 
verde  :  le  nervature  verde  chiaro  :  picciuolo  simile  macchiato  di 
rosso  :  margine  dentato.  La  faccia  superiore  glabra;  la.  inferio- 
re con  rari  peli  celluiosi.  Fiorisce  a  principi  di  giugno  e  dura 
alquanti  giorni  a  sfiorare  mandando  via  la  corolla  ;  il  perchè 
va  sovente  soggetto  alla  colatura  in  luoghi  ombreggiati.  E  molto 
fruttifero.  Grappolo  piuttosto  grande  allungato,  raro  per  colatura. 
Bacca  nera,  picciola,  quasi  tonda,  buccia  sottile.  Nella  metà  di 
settembre  è  matura.  Fa  ottimo  vino  e  gentile:  si  coltiva  comu- 
nemente. 


(    23    ) 

i4--    Uva  castagnara  o  anche  Santamaria  (  nera  ). 

Vitigno  vigoroso  capace  di  mollo  ingrandirsi  e  diramarsi. 
Fusto  consimile  agli  altri  nel  colorito  ;  il  tralcio  di  due  anni 
color  legno  bigio  :  il  novello  verde  chiaro  con  nodi  a  media  di- 
stanza tra  loro.  Foglie  verde  carico  ;  a  cinque  lobi  poco  pronun- 
ziati. Figura  cordata:  il  diametro  maggiore  11/ io  di  palmo  ed 
il  minore  9  i/a,  dentata  irregolarmente  a  denti  acuti:  le  nerva- 
ture verde  chiaro  ;  picciuolo  simile  macchiato  di  rosso.  La  la- 
mina superiore  glabra ,  la  inferiore  coverta  da  fitta  tela  aracnoi- 
dea.  Fiorisce  a' principi  di  giugno,  e  presto  sfiora  mandando  via 
la  corolla.  Non  va  soggetto  a  colatura.  Grappolo  piuttosto  gran- 
de ,  addeuzato.  Bacca  grande  quasi  rotonda  ,  nera  ,  di  buccia 
sottile  ,  sugosa  ,  facile  ad  infarcire  ,  piacevole  a  mangiarsi,  dà 
molto  vino  ma  debole.  Molto  fruttifero.  E  comunemente  colti- 
vato.  A'  principi   di  ottobre    è   matura. 

i5.    Uva  sanginella  (bianca). 

Vitigno  sufficientemente  vigoroso.  Fusto  comune:  tralcio  di  due 
anni  color  legno  bigio:  il  novello  verde  chiaro  con  nodi  a  varia  di- 
stanza tra  loro.  La  foglia  grande,  spianata,  cinque  lobata,  ma  i  due 
inferiori  appena  pronunziati;  gli  altri  tre  incavati  fino  a  due  terzi  del- 
la sua  sostanza,  tal  che  si  distingue  subilo  in  mezzo  agli  altri  vitigni, 
colore  verde  aperto:  le  nervature  più  chiaro:  peduncolo  simile 
e  macchiato  di  rosso.  La  sua  figura  è  cordala  :  il  diametro  mag- 
giore undici  decimi  di  palmo  ,  il  minore  nove  :  margine  denta- 
lo con  denti  acuti  ed  ineguali.  La  faccia  superiore  glabra  ,  la 
inferiore  sparsa  raramente  di  filamenti  e  sfioccature  di  peli  a- 
racnoidei.  Fiorisce  a'  principi  di  giugno  e  presto  sfiora  mandan- 
do via  la  corolla.  Non  è  soggetto  a  colatura.  Grappolo  di  mcz- 


(    2Ì) 

zana  grandezza  e  mezzanamente  folto.  A'  principi  di  settembre 
è  già  matura  ,  ma  si  conserva  fino  a  mezzo  ottobre.  Bacca  gran- 
de allungala  ;  di  colore  verdino  giallastro  che  in  posizione  so- 
latia s"  indora.  Buccia  sottile  ,  polpa  consistente  che  dà  poco  suc- 
co e  scricchiola  tra  denti.  È  uva  questa  da  tavola ,  e  buona  a 
far  pasole  che  simulano  quei  del  zibibbo  di  Calabria.  Pareg- 
gia con  la  conosciutissima  sanginella  di  Salerno  ,  ma  i  granel- 
li sono  un  punto  più  piccioli  ,  quella  benvero  coltivata  alle  co- 
ste sud  ed  ovest,  mentre  quella  delle  coste  nord  ed  est  è  mol- 
lo spregevole  ,  di  color  verdastro  ,  e  non  matura  a  perfezione  : 
viene  ivi  delta  jelatella. 

i6.    Uva  catalanesca  (  bianca  ). 

Vitigno  vigoroso.  Fusto  di  aspetto  come  nella  generalità. 
Il  tralcio  di  due  anni  color  cannella  sbiadato  ;  quello  novello  ver- 
de con  nodi  a  mezzana  distanza  tra  loro.  Foglie  rotonde  ,  aper- 
te alla  base  ,  cinque  lobate  ;  ed  incavate  fin  oltre  la  metà  :  il 
diametro  è  «oltre  7  decimi  di  palmo:  color  verde  carico:  le  ner- 
vature e  picciuolo  verde  chiaro  :  margine  dentato  inegualmente 
con  denti  puntuti.  La  faccia  superiore  glabra  ,  la  inferiore  con 
rari  peli  celluiosi  su  le  nervature.  Fiorisce  nella  prima  metà  di 
giugno  ,  sfiora  presto  e  manda  via  la  corolla.  Non  va  soggetto 
a  colatura.  Grappolo  allungato  ,  poco  ramoso  ,  raro  :  granelli 
grossi  allungati  ed  all'  apice  appena  compressi.  Colore  di  un  bel 
gialletto  che  s'  indora.  Matura  nella  seconda  metà  di  ottobre  ;  ma 
si  conserva  lungamente  su  la  pianta;  e  tolta  da  questa  e  tenu- 
ta sospesa  in  luogo  ventilato  si  conserva  per  1'  inverno.  Cortec- 
cia dura  e  polpa  consistente  che  dà  poco  succo.  Ottima  da  1a- 
vola.  Il  vino  scarso  ma  generoso  ,  aromatico  e  grato  :  suolsi  u- 
nire  alle  altre  uve  bianche   e   da  nerbo   a  questo    vino.    Mollo 


(25) 

fruttifero.  SI  coltiva  generalmente  più  per  vendere  il  frutto  in 
piazza  ehe  per  far  vino  ,  superando  in  dolcezza  e  sapore  quella 
di  qualunque  altri  luoghi. 

1 7 .   Uva  corniola  (  bianca  ) . 

Vitigno  gentile.  Fusto  annoso  consimile  ad  ogni  altro.  Il 
tralcio  di  due  anni  bigio  chiaro  con  epidermide  fenduta  longi- 
tudinalmente ;  quello  novello  verde  bianchiccio  con  nodi  avvici- 
nati. Foglia  quasi  rotonda  ,  intiera  a  cinque  punte  che  annun- 
ziano cinque  lobi  in  corrispondenza  de'  cinque  nervi  primari  che 
sono  bianchicci:  il  picciuolo  simile  ma  macchiato  di  rosso,  se- 
no alla  base.  Margine  dentato  a  denti  piccioli  ,  ineguali  ed  a- 
cuminati.  Colore  verde  aperto  :  glabra  in  ambe  le  facce.  Fiori- 
sce a'  principi  di  giugno  e  presto  sfiora  mandando  via  la  corol- 
la :  matura  nella  metà  di  settembre  :  grappolo  di  mezzana  gran- 
dezza ,  accorciato,  piuttosto  raro  ;  bacca  a  forma  di  cornetto  lun- 
ga un  decimo  circa  di  palmo  :  epidermide  sottile ,  polpa  densa , 
poco  succo:  colore  di  un  bel  gialletto:  dolcissima  e  graziosissima 
al  palato,  quella  benvero  coltivata  alle  falde  sud  ed  ovest,  e  per- 
ciò ottima  da  tavola:  è  acquosa,  verdastra  e  perfettamente  fatua 
quella  coltivata  alle  coste  nord  ed  est.  Mediocremente  fruttifero. 

i8.   Uva  Signora  (bianca). 

Vitigno  gagliardo.  Fusto  comune.  Tralcio  di  due  anni  ci- 
nericcio;  con  epidermide  fenduta  longitudinalmente  ;  il  novello 
verde  chiaro  ,  con  nodi  piuttosto  avvicinati.  Foglia  cordata,  ac- 
corciata ,  cinque  lobata  ,  incavata  fin  oltre  la  metà  e  seno  alla 
base  ;  lunga  91/2  decimi  di  palmo  e  81/2  larga  :  margine 
dentato  a  denti  grossi  ed  acuti.  Verde  cupo  la  lamina  superio- 


(    26    ) 

re  ,  sbiadata  la  inferiore,  nervature  e  picciuolo  chiari;  crespa, 
consistente.  Glabra  la  lamina  superiore  ,  nella  inferiore  pochi 
peli  celluiosi  agli  angoli  delle  nervature.  Fiorisce  in  fine  di  mag- 
gio, e  sfiora  subito  mandando  via  la  corolla:  matura  nella  prima 
metà  di  ottobre  ;  manda  grappoli  se  non  in  quantità  molto  grandi, 
ramosi  alla  base^  allungati,  molto  addenzati.  Bacca  rotonda  di  mez- 
zana grandezza  ,  verde  giallastro:  sapore  piuttosto  insipido,  pol- 
posetta  ;  fa  vino  mediocre.  Si  coltiva  generalmente  ,  ma  a  Bo- 
scotrecase  poi  abbonda  grandemente  ove  è  conosciuta  col  nome 
di  uva  rosa  e  viene  di  qualità  migliore. 

19.   Uva  loslolella  ^  0  sia  duracina  (bianca). 

Vitigno  gagliardo.  Fusto  vigoroso  scuro  :  il  tralcio  di  due 
anni  bigio  scuro  ,  il  tralcio  novello  verde  chiaro  con  nodi  avvi- 
cinati. Foglia  quasi  rotonda  del  diametro  7/10  di  palmo  circa  : 
cinque  lobata ,  incavata  fin  oltre  la  metà  con  seno  alla  base  ; 
margine  dentato  a  denti  ineguali  e  piccioli.  Colore  verde  cupo: 
nervature  e  picciuolo  verde  chiaro  macchiato  di  rosso.  Superfi- 
cie superiore  glabra,  la  inferiore  sparsa  raramente  di  peli  cel- 
luiosi. Dà  molti  racemi.  Fiorisce  a  principi  di  giugno  ,  dura 
molto  a  sfiorare  mandando  via  la  corolla.  É  molto  soggetto  alla 
coltura  nei  terreni  mascosi  a  segno  che  di  sovente  rimangono  po- 
chi grappoli  con  pochi  granelli.  Grappoli  piccioli  e  rari;  bacca 
rotonda  piuttosto  piccola  di  colore  giallo  dorato,  buccia  dura  che 
scricchiola  fra  denti.  È  buona  da  tavola.  Matura  verso  la  fine  di 
ottobre;  e  puossi  conservare  anche  per  l'inverno:  è  comune. 

20.   Uva  Marrocca  (  nera  ). 

Vitigno  suffìcicntemeule  robusto.  Fusto  comune  :    tralcio  di 


•     .  .   .  .  (  n  ) 

idue  anni  cinerlccio  ,  il  novello  vcrdc-cliiaro  ,  con  nodi  piultoslo 
avvicinali  tra  loro  :   epidermide    fenduta    longitudinalmente  :    il 
novello  verde  chiaro.   Foglia  per  lo  più.    quasi    rotonda  ,    di   un 
bèi  verde  ,  a  cinque  lobi  appena  incavati  ;  seno  nella  base  ,    il 
diametro  è  circa  8/10  di  palmo:  le   nervature    ed   il    picciuolo 
verde-chiaro  macchiato  di  rosso  :   margine  dentato    a  denti    acu- 
ti. La  lamina  supcriore   glabra  ,    la  inferiore   coperta  da  una  (Il- 
la tela   aracnoidea ,     e    talora    si    offre    lacera   ed    avviluppata. 
Fiorisce   a'  principi  di   giugno  ,   e  sfiora  subito  mandando  via  la 
corolla  :  non  va  soggetto  a  colatura.    Fruttifero    lodevolmente    e 
sempre.  Grappolo  di  mezzana   grandezza  ,    ramosctto  ,    piuttosto 
raro,  accorciato:  matura  a  mezz'ottobre:  bacca  ovale  di  mezza- 
na grandezza,  color  nero  bluastro.-  buccia  dura  che  la  preserva 
da  infarcimento  per  lungo  tempo,  polpa  alquanto  consistente  ma 
non  scarsa  di  succo.   Piacevole  a    mangiarsi  ,    mollo  dolce ,    ma 
r  osticità  della  corteccia  concilia  al  vino,  che  viene  scolorito,  au- 
sterità e  gagliardia  ,  ed  ha  bisogno  più  anni  per  maturarsi ,  da 
che  deriva  essere  di  molta  durata.   Si  coltiva  comunemente. 

21.    Uva  Foccuccio  (nera). 

Vitigno  gagliardo.  Fusto  annoso  simile  agli  altri  :  tralcio 
di  due  anni  cinericcio  con  epidermide  fenduta  longitudinalmen- 
te ,  il  novello  verde  chiaro  con  nodi  rari.  Foglia  verde  carico  , 
ovale  ,  cinque  lobata  appena  0  niente  incavata  ;  i  lobi  della  ba- 
se si  accavalcano  :  il  diametro  maggiore  è  9/10  di  palmo  ,  il 
minore  otto  ;  le  nervature  molto  sbiadate  ,  il  picciuolo  simile  , 
ma  macchiato  di  rosso;  glabra  la  lamina  supcriore  ;  la  inferio- 
re coperta  da  fida  tela  aracnoidea  ,  e  sulle  nervature  non  man- 
cano anche  de'  peli  celluiosi.  Fiorisce  a  principii  di  giugno;  pre- 
sto sfiora  mandando  via  la   corolla  ;   mai   è   soggetto  a  colatu- 


(  28) 
ra  :  grappolo  grande  allungato  .  non  ramoso  ,  piuttosto  addenza- 
to.  Bacca  ovale  .  vantaggiosa  :  colore  nero  ,  ma  Ticino  al  pe- 
duncolo conserva  colore  rossastro  :  buccia  dura  ed  ostica  .  suc- 
cosa :  fa  vino  mollo  austero ,  ed  ha  bisogno  anni  per  matu- 
rarsi. Da' contadini  si  tiene  in  pregio  perchè  costantemente  gli 
dà  abbondante  prodotto  ,  onde  è  comunemente  coltivata  in  spe- 
cie nella  costa  sud  ovest. 

22.   Uca  Feteeci  (nera). 

Vitigno  visroroso.  Fusto  comune  :  tralcio  di  due  anni  color 
cannella  chiaro  con  epidermide  fenduta  ,  il  novello  verde  chiaro 
con  nodi  a  mezzana  distanza.  Foglia  cordata,  cinque  lobata,  pro- 
fondamente incavata,  i  lobi  inferiori  si  accavalcano  alla  base; 
dentata  a  denti  molto  incavali:  colore  verde  aperto,  rugosetta:  nervi 
e  picciuolo  verde  chiaro:  il  diametro  maggiore  otto  decimi  di  palmo, 
il  minore  sei  :  ambe  le  superficie  glabre  ,  e  solo  negli  angoli 
intemi  delle  nervature  primarie  alla  faccia  inferiore  pochi  peli 
celluiosi.  Fiorisce  a  principi  di  giugno,  sfiora  presto  mandando 
ria  la  corolla.  Pria  della  fioritura  si  appalesa  misera  in  racemi, 
ma  mano  a  mano  fa  mostra  di  suCBciente  frutto  ,  che  mai  va 
soggetto  a  colatura  ;  grappolo  di  mediocre  grandezza  ,  piuttosto 
raro,  ma  si  addenza  ingrossando  la  bacca  :  questa  piuttosto  gran- 
de rotonda  .  di  un  cupo  color  violetto  a  perfetta  maturità  .  con 
buccia  sottile;  polposa  succosa  e  tenera;  matura  a  mezz'ottobre. 
Gradita  al  palato,  fa  vino  buono,  ma  con  poco  nerbo  e  colore. 
Si  coltiva  comunemente ,  ma  non  in  abbondanza. 

23.    Uca  Marrocca  (  bianca  ). 

"Vitigno  gentile  e  debole.  Fusto  annoso  simile    agli  altri  ; 


(29) 

tralcio  di  due  anni  color  legno  eoa  epidermide  fendala  longilii- 
dinalmenle  ,  il  novello  verde  chiaro  con  nodi  avvicinati.  Foglia 
picciola  rotonda,  cinque  lobi  per  nulla  incavati  ,  che  segnano 
un  pentagono  :  margine  dentato  con  denti  acumiaati  :  colore  ver- 
de aperto  ,  picciola  ,  il  cui  diametro  à  circa  sei  decioii  :  nerva- 
ture verde  chiaro  ,  gambo  simile  macchiato  di  rosso;  faccia  su- 
periore glabra  ;  la  inferiore  coperta  di  fìtta  tela  aracnoidea.  Fio- 
risce a  principi  di  giugno  .  ritarda  alquanto  a  sfiorare  mandan- 
do via  la  corolla ,  e  va  poco  soggetta  a  colatura.  Grappoli  pic- 
cioli rari  :  bacca  ovale  picciola  :  buccia  sottile  ,  succo  liquido  e 
dolc4;  ;  piacevole  a  mangiare;  poco  fruttifera  ,  non  ricercata  per 
Tino;  il  perchè  raro  si  rincontra  ne  terreni  alle  falde  del  Ve- 
suvio. 

24..   Ita  anonima  2.  (  nera  ). 

Vitigno  gagliardo  che  ha  del  salvatico.  Fusto  comune  ,  tral- 
cio di  due  anni  bigio  cupo,  tralcio  novello  verde  chiaro  con  no- 
di a  mezzana  distanza  tra  loro.  Foglia  ovale,  cinque  lobata  poco 
incavata  ;  seno  alla  base  :  dentala  a  rari  denti  :  lunga  9/10  di 
palmo  e  larga  8  1/2,  semicrespa  con  seno  aJla  base.  Colore  ver- 
de cupo,  nervature  e  picciuolo  verde  chiaro.  Superficie  superio- 
re glabra ,  ma  si  ravvisano  rarissime  sfioccalure  di  peli  aracnoi- 
dei ,  la  inferiore  coperta  da  densa  tela  aracnoidea.  Fiorisce  nel- 
la prima  quindicina  di  giugno  ,  mandando  abbondanti  racemi  e 
dura  UQ  quindici  giorni  a  sfiorare ,  pel  che  è  molto  soggetto  al- 
la colatura:  manda  via  la  corolla.  Grappolo  di  mezzana  grandez- 
za .  raro  e  sovente  la  colatura  lo  dirada  moltissimo ,  ed  altri 
molti  fa  avvizzire  per  intero  ;  che  se  gli  accidenti  che  promuo- 
vano la  colatura  son  poco  efficaci ,  il  fruito  è  abbondante.  Bac- 
ca piccioli  roloada^  cera.  Il  succ^^  molto  colorito  e  dolcissimo. 


(  3o  ) 
]ii  fine  di  oUoljrc  viene  a  perFctta  maturità    e    dà    ottimo  vino. 
Si  rincontra  couuincmente  in  questi  terreni. 

20.  Aglianica  verace  (  nera  ). 

Vitigno  gentile.  Il  fusto  annoso  simile  agli  altri:  il  tralcio 
di  due  anni  color  cannella  bigio  con  epidermide  fenduta  longi- 
tudinalmente; il  tralcio  novello  verde  chiaro  con  nodi  avvicina- 
ti tra  loro.  Foglia  di  un  verde  aperto  :  di  figura  ovale  o  roton- 
da larga  7/10  di  palmo  circa,  a  cinque  lobi  più  0  me- 
no incavati  :  margine  dentato  inegualmente  a  denti  or  piccio- 
li or  più  grandi  ma  sempre  terminati  da  punta:  pieciol  seno  al- 
ia base:  picciuolo  e  nervature  verdino  molto  chiaro:  lamina  su- 
periore glabra  :  la  inferiore  coverta  da  fitta  tela  aracnoidea.  Fio- 
risce nella  prima  quindicina  di  giugno,  e  presto  sfiora  mandan- 
do via  la  corolla:  non  è  soggetto  a  colatura.  Non  dà  molti  tral- 
ci. Grappolo  di  mezzana  grandezza,  svelto,  niente  ramoso,  più 
o  men  raro  in  granelli ,  e  sonovi  i  vitigni  che  \  offrono  adden- 
zato  :  bacca  piuttosto  piccola  rotonda ,  di  un  bel  nero  lucido  , 
molto  sugosa,  dolcissima,  e  graditissima  al  palato:  molto  colo- 
rito il  succo  :  buccia  sottile  ;  dà  ottimo  spiritoso  e  dilicato  vino. 
Le  piccole  varianti  che  presenta  sia  nella  foglia  che  nel  grappo- 
lo dipende  da  che  questo  vitigno  è  prodotto  da  magliuoli  tratti 
da  terreni  di  svariati  luoghi  e  nature  diverse.  Matura  il  frutto 
nella  seconda  quindicina  di  ottobre  ed  è  sufficientemente  frutti- 
fero. Raro  si  rincontra  ne'  terreni  della  costa  sud  ed  ovest ,  ed 
abbonda  nella  costa  est  e  nord. 

26.  Jglianiehella  di  Sanseverino  (  nera  ).  ' 

''    •■.'    ,     ••    .  ..    ■' 
•<^'     Questo  vitigno  slmile  al  precedente  merita  particolar  nota 


(  3i  ) 
sol  perchè  i  grappoli  ed  acini  sono  più  piccioli:  manda  molti  ra- 
cemi ;  ma  nel  tempo  della  fioritura,  perchè  ritarda  a  sfiorare, 
vù  molto  soggetto  alla  colatura;  e  talora,  massime  se  è  in  luogo 
omhroso  privo  dei  raggi  del  mattino,  a  segno  da  rimanervi  pochi 
grappoli  con  rarissimi  granelli.  Il  vino  è  del  pari  prezioso. 

27.  Jglianicone  (  nera  ). 

Questo  vitigno  è  più  vigoroso  dei  precedenti.  Fusto  simile 
agli  altri  :  tralcio  di  due  anni  higio  cannella  con  nodi  a  discre- 
ta distanza,  tralcio  novello  verde  chiaro.  Foglia  ruvida  alquanto 
crespa,  verde  cupo,  rotonda,  larga  8/10  di  palmo,  i  cinque  lo- 
bi appena  tagliati  e  costituisce  un  pentagono:  i  lobi  inferiori  si 
accavalcano  alla  base:  margine  dentato  regolarmente.  La  lamina 
superiore  glabra,  la  inferiore  coperta  di  futa  tela  aracnoidea  ; 
picciuolo  e  nervature  verde  chiaro  macchiato  di  rosso.  Fiorisce 
a  principii  di  giugno,  e  sfiora  subito,  mandando  via  la  corolla: 
non  è  soggetto  a  colatura  :  sufficientemente  fruttifero  :  buccia  di- 
licata  nera.  Grappolo  alquanto  accorciato ,  non  ramoso ,  denso  : 
bacca  più  grande  dell'  uva  aglianica  :  sugosa  ;  facile  ad  infar- 
cire :  dà  vino  mediocre.  Si  coltiva  comunemente. 

23.   Uva  cannamele  (  nera  ). 

Vitigno  di  mediocre  vigore.  Fusto  comune  :  tralcio  di  due 
anni  bigio  con  nodi  a  media  distanza  tra  loro  ,  epidermide  fen- 
duta longitudinalmente  ;  tralcio  novello  verde  chiaro.  Foglia  ver- 
de carico:  ovata,  cinque  lobata  profondamente  incavata;  margi- 
ne dentato  a  lunghi  ed  ineguali  denti;  picciuolo  e  nervi  verde 
chiaro.  La  lamina  superiore  glabra  ;  la  inferiore  con  rari  peli 
celluiosi.  Fiorisce  a  principii  di  giugno,  sfiora  presto  mandando 


(    32    ) 

via  la  corolla:  non  yà  soggetto  a  colatura.  Grappolo  allungato 
non  ramoso,  di  mezzana  densità.  Bacca  rotonda,  piuttosto  pic- 
eiola,  buccia  dilicata,  colore  rossiccio  nero,  sugosa,  dolce  ma  al- 
quanto acquosa:  fa  vino  debole.  Mediocremente  fruttifero.  Non  ab- 
bonda in  questi  terreni. 

29.    Uva  spollccavella  (  nera  ). 

Vitigno  gagliardo  che  dà  molti  tralci.  Fusto  comune;  tral- 
cio di  due  anni  bigio  scuro  con  epidermide  longitudinalmente 
fenduta  :  tralcio  novello  verde  cbiaro  con  nodi  distanti  tra  loro. 
Foglia  ovale ,  cinque  lobata  or  molto  or  pochissimo  incavata  for- 
manti nel  primo  caso  negli  incavi  un  seno  circolare  come  nella 
base;  margine  dentato  a  denti  ineguali;  lunga  circa  un  palmo 
0  larga  8/10  e  piìi:  colore  verde  vivo:  picciuolo  e  nervature 
icrde  chiaro.  La  lamina  superiore  glabra;  la  inferiore  coperta 
di  fitta  tela  aracnoidea,  tra  le  maglie  di  cui  sorgono  peli  cel- 
luiosi. Fiorisce  nella  prima  quindicina  di  giugno  e  dura  molto 
a  sfiorare  mandando  via  la  corolla:  dà  molti  racemi  ma  va  sog- 
getto d'  ordinario  alla  colatura  ;  il  che  qualora  non  succede  è  mol- 
lo fruttifero.  Grappolo  grande,  allungato,  niente  ramoso,  suffi- 
cientemente folto.  Bacca  mezzana,  rotonda,  nera  con  buccia  al- 
quanto consistente,  sugosa,  il  succo  molto  colorito:  matura  in 
fine  di  ottobre  e  fa  buon  vino.   Si  coltiva  comunemente. 

3o.    Uva  ferrante  (  nera  ). 

Vitigno  vigoroso.  Fusto  annoso  comune  :  tralcio  di  due  an- 
ni bigio  ;  il  novello  verde  chiaro  con  nodi  piuttosto  avvicinati. 
Foglia  rotonda,  larga  8/10  di  palmo,  cinque  lobata  incavata  fin 
oltre  la  metà,  seno  alla  base;  alquanto  crespa,  color  verde  te- 


(  83  ) 
Ito  ;  picciuolo  e  nervature  verde  chiaro  ;  raargìne  irregolarmente 
dentato,  denti  acuminali  terminati  da  piccioli  aculei.  La  lamina 
superiore  è  sparsa  di  lacerazioni  di  tela  aracnoidea;  la  inferiore 
è  coverta  di  simile  tela  densa.  Fiorisce  a  principii  di  giugno  , 
presto  sfiora  e  manda  via  la  corolla:  non  è  soggetto  a  colatura. 
Matura  nella  metà  di  ottobre.  Grappolo  ramosissimo  per  modo 
che  sembrano  molti  grappoli  riuniti  allo  stesso  peduncolo  e  fi  che 
i  più  interni  non  ben  maturano  e  van  soggetti  ad  inrarcimento. 
Bacca  piuttosto  picciola ,  rotonda ,  nera ,  sugosa.  Dà  vino  leggie- 
ro ;  ed  è  molto  comune. 

3i.    Uva  pernice  (  nera  ). 

Vitigno  vigoroso.  Fusto  comune  ;  tralcio  di  due  anni  bigio 
cannella  con  epidermide  fenduta  longitudinalmente,  tralcio  novel- 
lo verde  chiaro  con  nodi  a  mezzana  distanza  tra  loro.  Foglia  ro- 
tonda, il  diametro  9/10  circa  di  palmo;  cinque  lobata  incavata 
oltre  la  metà  sinuosamente  e  seno  alla  base:  margine  dentato  ir- 
regolarmente :  colore  verde  aperto  :  picciuolo  e  nervature  verde 
chiaro  macchiato  di  rosso.  La  superficie  superiore  glabra;  la  in- 
feriore del  pari  ,  e  solo  negli  angoli  delle  nervature  si  veggono 
rari  peli  celluiosi.  Fiorisce  a  principi  di  giugno  ,  presto  sfiora 
e  manda  via  la  corolla  ;  non  va  soggetto  a  colatura  :  matura 
nella  metà  di  ottobre.  Grappolo  vantaggioso  ,  non  ramoso  ,  ad- 
denzato  :  bacca  rotonda  piuttosto  grande,  nera,  buccia  tenera, 
alquanto  polposa  e  piacevole  a  mangiarsi  ;  molto  fruttifero  ;  fa 
vino  buono.  Non  è  molto  comune. 

32.    Uva  moscatella  (  bianca  ). 

Vitigno  gentile  che  dà  tralci  meschini  e  pochi.    Fusto    co- 
fi 


(H) 

mime  :  tralcio  di  due  anni  bigio  fosco  ,  il  novello  verde  chiaro 
con  nodi  molto  avvicinati  :  foglia  rotonda  cinque  lobata  più  a 
meno  incavata  ;  picciolo  seno  alla  base,  larga  sei  in  sette  deci- 
mi di  palmo,  e  talora  anche  otto:  colore  di  un  bel  verde:  margine 
minutamente  dentato  a  denti  acuti  ;  picciuolo  e  nervature  ver- 
de-chiaro :  glabre  ambo  le  lamine  ;  se  non  che  la  inferiore 
presenta  alcuni  filamenti  aracnoidei ,  e  rari  peli  celluiosi  negli 
angoli  delle  nervature.  Fiorisce  a  principi  di  giugno  ,  sfiora 
subito  e  manda  via  la  corolla  :  non  va  soggetto  a  colatura  : 
matura  nella  seconda  metà  di  settembre.  Grappolo  picciolo  ,  ra- 
ro ;  bacca  picciola  e  talora  di  mezzana  grandezza;  buccia  dure t- 
ta  con  succo  dolcissimo  aromatico  e  grazioso ,  colore  di  un  bel 
gialletto.  Taluni  vitigni  di  questa  varietà  dan  grappoli  adden- 
zati  ,  bacca  picciola  e  matura  più  presto.  Il  vino  è  dolce  e 
graziosissimo.  Evvi  la  sotto  varietà  denominata  raoscatellone ,  ha 
bacca  grossa  ,  rotonda  e  polposa  ;  non  molto  fruttifero  ne'  ter- 
reni della  costa  sud  ed  ovest:  più  fruttifero  ne' terreni  ad  est  e 
nord  ,  ma  viene  verdastra  ed  acquosa.  Del  pari  si  rincontra  la 
moscatella  nera  ma  è  molto  rara. 

33.    Uva  fulanghina  (bianca). 

Vitigno  sufiìcicntemente  vigoroso.  Fusto  annoso  comune:  tral- 
cio di  due  anni  bigio  scuro,  epidermide  fenduta  longitudinalmen- 
te, il  novello  verde  chiaro:  nodi  piuttosto  spessi.  Foglia  di  un 
bel  verde  ,  quasi  rotonda ,  largo  otto  a  nove  decimi  di  palmo  : 
nervature  verde  chiaro  ,  picciuolo  simile  ,  macchiato  di  rosso  : 
cinque  lobata  poco  incavata  ,  seno  alla  base  :  dentata  simmetri- 
camente, sebbene  a  denti  più  grandi  e  più  piccoli.  Faccia  su- 
periore glabra  ,  la  inferiore  coperta  di  tela  aracuoidea  ,  ed  ai 
lati  ed  angoli   delle  nervature   anche   peli   celluiosi.   Fiorisce  a 


(  3  K  ) 

principi  di  giugno  ,  preslo  sfiora  e  manda  via  la  corolla  ;  grap- 
polo di  mezzana  grandezza  ,  allungato,  poco  ramoso  ,  raro.  Bac- 
ca quasi  rotonda ,  piccioia  di  un  bel  gialletto  ed  a  perfetta  ma- 
turità più  si  colora  :  buccia  alquanto  duretla:  sugosa,  molto  dol- 
ce. Molto  e  costaulcmeute  fruttifero.  Fa  buon  vino.  Si  coltiva 
in  vari  poderi  di  questi  luoghi. 

34..   Duraca  (  bianca  ). 

Vitigno  vigoroso.  Fusto  annoso  di  colore  meno  scuro  degli 
altri  :  tralcio  di  due  anni  color  bigio  :  il  novollo  verde  chiaro 
con  epidermide  fenduta  longitudinalmente  e  nodi  a  mezzana  di- 
stanza. Foglia  rotonda,  cinque  lobata  appena  intagliata,  piccio- 
lo seno  alla  base  ,  colore  verde  aperto  ;  margine  dentato  con 
denti  piccioli  ed  acuminali.  La  faccia  superiore  glabra  ;  la  in- 
feriore fornita  di  peli  celluiosi  :  peduncolo  e  nervature  ver- 
de chiaro  :  larga  sette  in  otto  decimi  di  palmo.  Fiorisce  a 
principi  di  giugno  e  preslo  sfiora  mandando  via  la  corolla  ,  e 
non  va  soggetto  a  colatura.  Bacca  grande  ,  rotonda ,  di  un  bel 
giallello,  dura  ,  polposa  ,  dolce  e  piacevole  al  palato.  Grappolo 
grande  ,  allungato  ,  ramoso  ,  folto  :  matura  a  principi  di  otto- 
bre e  dura  fin  oltre  detto  mese.  Raro  si  coltiva  e  solo  per  gli 
usi  da  tavola.  E  sufficientemente  fruttifero. 

35.   Uva  prima  (  nera  )• 

( 
Vitigno  sufficientemente  vigoroso.  Fusto  annoso  simile  agli 
altri  :  tralcio  di  due  anni  bigio  cannella  con  epidermide  appe- 
na segnato  di  fenditure  longitudinali  :  il  novello  verde  chiaro 
con  nodi  a  mezzana  distanza.  Foglia  palmata  a  cinque  lobi  ta- 
gliali a  larghi  seni  fin  quasi  alla  base  ;  ciascun  lobo  costituisce 


(36) 
un'  altra  palmetta  ,  allungato  come  tanti  raggi  di  un  cerchio  , 
avente  il  diametro  di  otto  decimi  di  palmo  :  i  lobi  inferiori  si 
accavalcano  ;  colore  verde  chiaro.  Glabra  la  lamina  superiore  : 
la  inferiore  egualmente,  e  solo  agli  angoli  interni  delle  nerva- 
ture sono  peli  celluiosi.  Fiorisce  a  principii  di  giugno ,  presto 
sfiora  mandando  via  la  corolla,  e  non  è  soggetto  a  colatura:  suf- 
ficientemente fruttifero.  Grappolo  accorciato  ,  poco  ramoso ,  ra- 
ro. Bacca  grande,  ovale,  nero-bluastra,  polposa  e  non  scarsa 
di  succo  ,  con  epidermide  aderente  alla  polpa  alquanto  tenace  : 
dolce  e  gradita  al  palato.  Matura  a  principii  di  settembre  :  si 
coltiva  per  tavola  ne'  giardini. 

36.  Uva  vetrancone  (nera). 

Vitigno  gagliardo.  Fusto  scuro  :  tralcio  di  due  anni  color 
cannella;  il  novello  verde  chiaro:  nodi  alquanto  avvicinali.  Fo- 
glia quasi  rotonda,  cinque  lobata  fino  a  metà;  margine  denta- 
to a  piccioli  ed  ottusi  denti  :  pieciol  seno  alla  base  :  colore  ver- 
de tendente  al  chiaro:  picciuolo  e  nervature  bianchicci;  glabre 
ambo  le  lamine  ;  ma  le  nervature  nella  inferiore  son  fornite  di 
peli  celluiosi.  Fiorisce  a  principii  di  giugno  ,  e  dura  alquanto 
a  sfiorare,  il  perchè  va  soggetto  a  colatura  e  manda  tia  la  co- 
rolla :  grappolo  grande ,  molto  allungato  ,  ramoso  ,  raro  :  bacca 
mezzanamente  grande  ,  color  nero  violetto  ,  polposa  ,  sugosa , 
ma  non  molto  dolce  con  epidermide  consistente  :  matura  dopo 
la  metà  di  ottobre.  Fa  vino  mediocre.  !È  molto  fruttifero  ove 
non  è  preso  da  colatura.    Abbonda  ne'  terreni  di  Bosco. 

37.  Uva  òaròarossa  (rossa). 

'        Vitigno  di  mediocre  vigore.  Fusto  annoso  scuro  j  tralcio  di 


(  37  ) 
due  anni  bigio  con  nodi  mezzanamente  avvicinati ,  ed  epidermi- 
de fenduta  longitudinalincnlc  :  tralcio  novello  verde  chiaro.  Fo- 
glia quasi  rotonda  ,  cinque  lobata  fino  a  metà,  seno  alla  base: 
margine  dentalo  a  denti  acuti  ed  ineguali  ;  il  diametro  è  sette 
decimi  circa  di  palmo  :  nervature  bianchicce  ,  picciuolo  simile 
macchiato  di  rosso.  Glabra  in  ambe  le  lamine.  Fiorisce  a  prin- 
cipii  di  giugno  ,  presto  sfiora  ,  e  manda  via  la  corolla.  Grap- 
polo allungalo,  mezzanamente  ramoso  ,  raro.  Bacca  grande,  al- 
lungala ,  color  rosso  carico  ;  polposa  ,  buccia  dilicata  ;  sapore 
piuttosto  insipido  ,  serve  ad  uso  da  tavola.  Matura  a  mez/  atto- 
bre  :  mediocrremente  fruttifero.  Poco  coltivata. 

38.    Uva  DonnoUavio  (  nera  ). 

Vitigno  di  mediocre  vigore.  Fusto  annoso  come  gli  altri  vi- 
tigni; tralcio  di  due  anni  color  cannella  carico;  con  epidermide 
fenduta  longiludinalmenle  ,  il  novello  verde  chiaro  con  nodi  a 
media  distanza.  Foglia  rotonda  ,  cinque  lobata  incavata  fin  oltre 
la  metà  formando  de'  seni  ,  e  largo  seno  pure  alla  base:  larga 
sei  in  selle  decimi  di  palmo  :  margine  dentato  a  piccioli  denti: 
colore  verde  aperto ,  e  verde  chiaro  il  picciuolo  e  le  nervature. 
Glabra  la  lamina  superiore  ;  la  inferiore  del  pari  ,  e  solo  a'  la- 
ti delle  nervature  in  prossimità  degli  angoli  si  ravvisano  peli 
celluiosi.  Fiorisce  a  principii  di  giugno  ;  presto  sfiora  e  manda 
via  la  corolla.  Matura  nella  prima  metà  di  ottobre.  Grappolo  di 
mezzana  grandezza  ,  allungato,  non  ramoso  ,  raro.  Bacca  nera, 
rotonda  ,  piccola  ,  buccia  sottile  e  fa  vino  di  mediocre  qualità. 
Si   coltiva  comunemente. 

89.   Uva  anonima  3.  (  nera  ). 

Vitigno  vigorosissinio.  Fusto  comune;   Iralcio  di  due  anni 


(  38  ) 
color  bigio  eoa  epidermide  fenduta  longitudinalmente,  e  nodi 
a  mezzana  distanza.  Foglia  quasi  rotonda  ;  larga  sette  ad  otto 
decimi  di  palmo;  cinque  lobata  a  largbi  lobi  poco  incavati;  pic- 
ciol  seno  alla  base  ;  margine  dentato  a  piccioli  denti  ed  acuii: 
colore  di  un  bel  verde  :  picciuolo  e  nervature  verde  chiaro.  Gla- 
bre le  lamine  ,  e  solo  la  inferiore  a'  lati  ed  angoli  delle  nerva- 
ture peli  celluiosi  e  rare  sfioccature  di  peli  aracnoidei.  Fiori- 
sce verso  la  fine  di  maggio,  presto  sfiora  e  manda  via  la  co- 
rolla :  matura  verso  la  metà  di  settembre.  Grappolo  molto  gran- 
de ,  ramoso,  allungato.  Bacca  nera,  mezzana,  rotonda  con  buc- 
cia sottile  :  molto  fruttifero  ,  e  sovente  per  la  soverchia  fruttifi- 
cazione i  granelli  della  maggior  parte  de'  grappoli  in  parte  sono 
pili  grandi  dell'  ordinario  ,  ed  in  parte  molto  piccioli  .•  facile  ad 
infarcire  :  dolce  e  fa  buon  vino. 

4.0.   Uva  coda  di  volpe  (nera). 

Vitigno  mediocremente  vigoroso.  Fusto  annoso  comune;  tral- 
cio di  due  anni  bigio  con  epidermide  fenduta  longitudinalmente: 
il  novello  verde  chiaro  con  nodi  avvicinati.  Foglia  quasi  intera , 
pcntagona  con  gli  angoli  acuminati  sporgenti  ,  e  seno  alla  ba- 
se .•  margine  dentato  irregolarmente  a  denti  acuti  .•  colore  verde 
aperto  :  picciuolo  e  nervature  verde  chiaro.  Glabre  ambo  le  fac- 
ce e  solo  agli  angoli  delle  nervature  della  faccia  inferiore  peli 
celluiosi.  Fiorisce  a  principii  di  giugno,  presto  sfiora  e  manda 
via  la  corolla.  Molto  fruttifero;  matura  a  principi  di  ottobre. 
Grappolo  allungato  ,  alquanto  ramoso  verso  la  base  ,  molto  si 
assottiglia  in  cima.  Bacca  picciola  ,  nera,  rotonda;  buccia  alquan- 
to consistente  ,  succo  dolce  e  fa  buon  vino.  Non  è  molto  comune. 


(  39) 
4i-   Uva  rosa  (nera). 

Vitigno  vigoroso.  Fusto  comune  .•  tralcio  di  due  anni  cine- 
riccio  con  nodi  alquanto  spessi  ed  epidermide  fenduta  longitu- 
dinalmente ;  tralcio  novello  verde  chiaro.  Foglia  rotonda  o  ova- 
le ,  cinque  lobata  ,  tagliata  poco  ,  o  fino  alla  metà  .•  seno  alla 
base  ;  margine  dentato  a  denti  ineguali  ed  acuti.  Colore  verde 
aperto  ;  picciuolo  e  nervature  verde  chiaro  .•  larga  sette  decimi 
circa  di  palmo.  Lamina  superiore  glabra  e  talora  vi  si  osserva- 
no filamenti  aracnoidei  ;  la  inferiore  sparsa  raramente  di  peli 
celluiosi  e  sfioccature  aracnoidee.  Fiorisce  a  principii  di  giugno, 
dura  alquanto  a  sfiorare  ;  il  perchè  suole  andare  soggetto  a  co- 
latura ,  massime  in  luogo  ombreggiato  :  e  manda  via  la  corolla. 
Matura  in  fine  di  settembre.  Grappolo  alquanto  allungato,  e  gran- 
de ,  poco  ramoso  e  raro  :  bacca  vantaggiosa ,  rotonda  ,  nera  ; 
buccia  sottile  ,  dolce  e  piacevole  a  mangiarsi  .•  fa  buon  vino  :  è 
sufficienleraenle  fruttifero  e  comune. 

4-2.    Uva  Sanfrancisco  (rossa). 

Vitigno  piuttosto  debole.  Fusto  comune  .•  tralcio  di  due  an- 
ni bigio  scuro  ;  con  nodi  avvicinati  ;  il  novello  verde  chiaro.  Fo- 
gl  ia  pentagonale  senza  intagli  a'  lobi  ,  e  quelli  della  base  si  av- 
vicinano :  larga  7/10  di  palmo:  margine  dentato  a  denti  ine- 
guali ed  acuti,  colore  verde  aperto.-  picciuolo  e  nervature  verde 
chiaro.  La  lamina  superiore  glabra  ;  la  inferiore  agli  angoli  del- 
le nervature  peli  celluiosi  e  leggiere  sfioccature  di  peli  aracnoi- 
dei. Fiorisce  nella  prima  metà  di  giugno  ;  presto  sfiora  e  man- 
da via  la  corolla.  Grappolo  di  mezzana  grandezza  ,  accorciato  , 
raro.  Bacca  grande  cuoriforme,  polposa,  colore  rosso  scuro  con 
poco  succo  :  buccia  aderente  alla  polpa  ;  poco  fruttifero  :  si  col- 
tiva per  tavola  ;   ma    raramente  perchè  insipido   il  frutto. 


(^0    ) 

4-3.    Uva  lugliesella^  qual sotto  varietà  della  higliese  (nera). 

Vitigno  gagliardo.  Fusto  comune  .•  tralcio  di  due  anni  bi- 
gio rossiccio,  con  nodi  a  mezzana  distanza  tra  loro,  ed  epider- 
jnide  longitudinalmente  fenduta  ;  il  novello  ,  verde  chiaro.  Fo- 
glia rotonda  ,  cinque  lobata  fin  oltre  la  metà  ;  margine  denta- 
lo con  denti  lunghi  ed  acuti;  seno  alla  base  .•  larga  8/10  di 
jmlrao  ;  colore  verde  aperto  ;  nervature  verde  chiaro  ;  picciuo- 
lo simile  e  macchiato  di  rosso.  Superfìcie  superiore  glabra  ;  la 
inferiore  sparsa  di  peli  celluiosi.  Fiorisce  nella  prima  metà  di 
giugno ,  presto  sfiora  e  manda  via  la  corolla.-  matura  nella  se- 
conda metà  di  settembre.  Grappolo  accorciato  e  raro  .•  bacca 
grande  quasi  rotonda  ;  buccia  resistente  ;  nera  ,  succosa  ,  pia- 
cevole a  mangiarsi  :  fa  ottimo  vino  ;  ed  è  sufficientemente  frut- 
tifero. É  preferibile  alla  lugliese. 

44'-    Uva   anonima  4-  (  nera  ). 

Vitigno  gagliardo.  Fusto  simile  agli  altri  :  tralcio  di  due 
anni  bigio  scuro  con  nodi  avvicinati  ed  epidermide  fenduta;  tral- 
cio novello  verde  chiaro.  Foglia  rotonda,  cinque  lobata,  per  un 
terzo  tagliata,  largo  seno  alla  base.-  margine  dentato  a  denti 
piccioli  ineguali  ed  acuminati  .•  larga  sei  in  sette  decimi  di  pal- 
mo .•  color  verde  vivo  .•  picciuolo  e  nervature  verde  chiaro  .•  la 
lamina  superiore  glabra  ,  la  inferiore  fornita  di  peli  celluiosi  nel- 
le nervature  e  rari  filamenti  aracnoidei.  Fiorisce  a  principii  di 
giugno  e  dura  alquanto  a  sfiorare ,  onde  va  soggetto  alla  cola- 
tura, ma  poco;  manda  via  la  corolla.  Grappolo  allungato,  ra- 
mosetto  e  raro  ;  bacca  piccola  ,  rotonda  ,  nera  ,  sugosa.  Molto 
fruttifero  ;  fa  mediocre  vino  ed  è  comune.  Matura  a  principii  di 
ottobre. 


(4I  ) 

4.5.   Uva  razza  di  Carruozzo.  (  nera  ). 

Vitigno  gagliardo.  Fusto  comune  ;  tralcio  di  due  anni  bigio; 
il  novello  verde  chiaro  ;  nodi  a  mezzana  distanza.  Foglia  ovata, 
cinque  lobata^  intagliata  fino  a  metà,  picciol  seno  alla  base  .• 
il  diametro  maggiore  nove  decimi  di  palmo  ,  il  minore  7  1/2  , 
margine  dentato  a  denti  ineguali  ma  simmetrici  .•  colore  verde 
vivo  ;  picciuolo  e  nervature  verde  chiaro.  La  faccia  superiore 
glabra  ;  la  inferiore  raramente  sparsa  di  peli  celluiosi ,  e  negli 
angoli  delle  nervature  rari  filamenti  aracnoidei.  Grappolo  di 
mezzana  grandezza  talora  ramoso  alquanto  ,  non  addcnzato  nò 
raro:  bacca  vantaggiosa  in  grandezza,  allungata,  nera,  sugo- 
sa ,  dolce  ,  buccia  duretta ,  ma  non  ostica  ,  e  fa  buon  vino.  Fio- 
risce a  principii  di  giugno  e  presto  sfiora  mandando  via  la  co- 
rolla. In  fin  di  settembre  matura.  Mediocreraaute  fruttifero.  Ab- 
bonda nei  terreni  di  S.   Giorgio  a  Cremano. 

^G-    Uca  (jrecagna  (  bianca  ). 

Vitigno  sufficientemente  vigoroso.  Fusto  comune  .•  tralcio  di 
due  anni  bigio  con  nodi  avvicinali.-  il  tralcio  novello  verde  chia- 
ro. Foglia  rotonda,  cinque  lobata,  poco  incisa,  e  seno  alla  ba- 
se •)  consistente  e  quasi  crespa.-  margine  dentato  a  denti  piccio- 
li ed  acuii  .-  colore  verde  smorto.  Lamina  superiore  glabra  /  la 
inferiore  coverta  da  fitto  tessuto  aracnoideo  e  vi  traspariscono 
anche  de' peli  celluiosi.  Fiorisce  a  principii  di  giugno  ,  e  pre- 
sto sfiora  mandando  via  la  corolla.  Grappolo  di  mezzana  gran- 
dezza accorciato  molto  addenzato  .-  bacca  piccola  ,  rotonda  ,  su- 
gosa, color  bianco  dorato.-  fa  vino  bianco  spiritoso  e  di  buona 
qualità  :  matura  a  principii  di  ottobre.  Molto  e  costantemente 
fruttifero.  Si  coltiva  coniuneinente.   Ne'  terreni  di  Bosco  viene  co- 

iioscmla  col  nome  di  forcinola  bianca. 

6 


(42  ) 

4.7-    Uva  pignolata  o  pignola  (  nera  ). 

Vitigno  gentile.  Fusto  annoso  non  dissimile  dagli  altri  ; 
tralcio  di  due  anni  bigio  con  nodi  avvicinati  .•  il  novello  color 
verde  chiaro.  Foglia  ovale  o  rotonda ,  cinque  lobata  ,  poco  o 
nulla  incavata  e  picciol  seno  alla  base  .•  margine  dentato  con 
denti  allungati  ,  colore  verde  aperto  ;  larga  otto  decimi  circa  .• 
picciuolo  e  nervature  verde  chiaro.  Superficie  superiore  glabra; 
la  inferiore  offre  a  lati  ed  angoli  delle  nervature  peli  celluiosi. 
Fiorisce  a  principii  di  giugno ,  presto  sfiora  mandando  via  la 
corolla.  Matura  a  principii  di  ottobre.  Grappolo  picciolo  e  svel- 
to ,  alquanto  raro  ,  peduncolo  gracile.  Bacca  picciola  un  poco 
allungata  ,  nera  ,  lucida  ,  tenera  ,  molto  gradita  al  palato  e  al- 
quanto aromatica  ,  molto  dolce.  Per  la  eccellenza  del  vino  pa- 
reggia e  forse  supera  1'  oglianica ,  \  olivella ,  la  palombina  ed 
altre  ;  mediocremente  fruttifero,  ma  per  la  picciolezza  del  grap- 
polo non  dà  abbondante  prodotto.  S'  incontra  per  tult'  i  terreni 
del   Vesuvio  e  del  Somma ,   ma  in  poca  quantità. 

4.8.    Ut  a  campanella  verace  (bianca). 

Vitigno  vigoroso.  Fusto  annoso  simile  agli  altri  :  tralcio  di 
due  anni  bigio  con  nodi  a  mezzana  distanza  ,  e  talora  avvicina- 
ti .•  tralcio  novello  verde  chiaro.  Foglia  rotonda,  cinque  lobata, 
tagliata  fino  per  due  terze  parti  ;  margine  a  due  ordini  di  den- 
ti allungali  ed  acuti:  picciol  seno  alla  base.-  larga  otto  o  nove 
decimi  di  palmo  .•  colore  verde  smorto  .•  picciuolo  e  nervature 
verde  chiaro  .•  lamina  superiore  glabra  .•  la  inferiore  coperta  da 
tela  aracnoidea.  Fiorisce  a  principii  di  giugno  ,  presto  sfiora  e 
manda  via  la  corolla.  Grappolo  vantaggioso ,  piuttosto  allungato, 
poco  ramoso  e  mediocremente  addenzato  .•  bacca  rotonda  di  giù- 


(43) 
sia  grandezza  ,  sugosa  e  aromatica  ,  con  buccia  alquanto  tenace; 
colore  verde  giallognolo  che  biondeggia.  Matura  in   fine    di  set- 
lembrc  e  fa  eccellente  vino  bianco.  Non  ò  molto  comune. 

4.9.    Uva  campanella  bastarda   (  bianca  ). 

Vitigno  gagliardo.  Fusto  annoso  non  dissimile  dagli  altri.- 
tralcio  di  due  anni  bigio  rossiccio  con  nodi  avvicinati  :  tralcio 
novello  verde  chiaro.  Foglia  ovale,  cinque  lobata  incavata  fino  a 
Ire  quarti;  i  lobi  alla  base  si  congiungouo:  margine  a  denti  al- 
lungati ed  ineguali  .■  lunga  otto  e  larga  sette  decimi  di  palmo 
circa;  colore  di  un  bel  verde  ,  picciuolo  e  nervature  verde  chia- 
ro: glabre  entrambe  le  facce,  e  sol  nella  inferiore  scorgonsi  agli 
angoli  delle  nervature  pochi  peli  celluiosi.  Fiorisce  a  principii  di 
giugno;  presto  sfiora  e  manda  via  la  corolla.  Molto  fruttifero  :- 
grappolo  grande  allungato  ,  ramoso  ,  raro  ,  bacca  piccola  ,  ro- 
tonda ,  giallclla  ,  sugosa  ,  dolce  ,  e  fa  buon  vino.  È  matura 
nella  metà  di  ottobre.  S'incontra  in  molli  terreni. 

5o.   Uva  anonima  i).  (  nera  ). 

Vitigno  vigoroso.  Fusto  comune  .•  tralcio  di  due  anni  bigio; 
il  novello  verde  chiaro.-  nodi  piuttosto  avvicinati  e  grossi.  Fo- 
glia rotonda  ,  cinque  lobata  or  poco  or  molto  incavata .-  margi- 
ne a  denti  acuti  ed  ineguali  .•  largo  seno  alla  base .-  larga  sette 
in  otto  decimi  di  palmo  .-  colore  di  un  bel  verde  ;  picciuolo  e 
nervature  verde  chiaro.-  glabre  ambo  le  facce,  e  solo  agli  an- 
goli delle  nervature  della  faccia  inferiore  rari  peli  celluiosi.  Fio- 
risce a  principii  di  giugno  e  presto  sfiora  mandando  via  la  co- 
rolla. Grappolo  di  mezzana  grandezza,  poco  ramoso  ed  alquanto 
raro.  Bacca  allungata,  grande  poco  meno  della  catalanesca;  co- 


(M) 

lor  nero  lucido:  buccia  consistente,  sugosa,  gradila  al  palalo. 
Matura  a  principii  di  oltobre  e  fa  oltimo  vino.  Non  è  molto  co- 
mune. 

5 1 .    Uva  di  Palladino  (  nera  ). 

Vitigno  di  mediocre  vigore.  Fusto  comune;  tralcio  di  due 
anni  bigio  rossiccio  con  nodi  avvicinati  .•  il  novello  verde  chia- 
ro. Foglia  rotonda  ,  cinque  lobata,  appena  incisa  ,  picciol  se- 
no alla  base  ,  larga  olio  decimi  di  palmo  .•  colore  verde  lucido, 
pedungolo  e  nervature  verde  chiaro  :  margine  dentato  a  denti 
spaziati  ed  ineguali  ;  lamine  glabre  e  solo  a'  lati  de'  nervi  del- 
la faccia  inferiore  rari  peli  celluiosi.  Fiorisce  a  principii  di  giu- 
gno ,  presto  sfiora  e  manda  via  la  corolla;  matura  nella  secon- 
da metà  di  settembre.  Grappolo  di  mezzana  grandezza,  non  ra- 
moso ,  non  raro  .•  bacca  quasi  rotonda  ;  di  grandezza  ordinaria , 
dolce,  sugosa,  nera  e  fa  buon  vino.  Mollo  fruttifero.  Non  mol- 
to comune. 

02,   Uva  greca  (bianca). 

Vitigno  gentile  ;  tralcio  di  due  anni  bigio  tendente  al  can- 
nella con  nodi  avvicinati  ;  tralcio  novello  verde  chiaro.  Foglia 
ovale  o  rotonda  ,  cinque  lobata  poco  o  molto  intagliala  ;  seno 
alla  base  .•  colore  verde  aperto  .•  larga  sette  in  otto  decimi  di 
palmo;  margine  irregolarmente  dentato;  superficie  superiore  gla- 
bra; la  inferiore  presenta  una  rara  e  talvolta  lacera  tela  aracnoi- 
dea  ,  ed  appariscono  agli  angoli  delle  nervature  de' peli  celluio- 
si. Fiorisce  nella  prima  metà  di  giugno ,  presto  sfiora ,  e  man- 
da via  la  corolla.  Matura  in  fine  di  ottobre.  Grappolo  picciolo, 
talora  poco  ramoso  alla  base  e  si  assottiglia  in  cima;  più  o  men 


raro;  bacca  piccola,  rolonda,  biondeggiante;  buccia  dura,  tena- 
ce ,  aspra  e  poco  sugosa.  Unita  alle  altre  uve  bianche  si  ha  il 
famoso  vino  greco  .•  scarseggia  in  fruito.  È  molto  raro  ne'  ter- 
reni alle  falde  del  Vesuvio;  più  abbondante  in  quelli  alle  basi 
e  falde  del  Somma. 

53.   Uva  Guarnaccm  (nera.). 

Vitigno  sufTicicntemcnle  vigoroso.  Fusto  comune.-  tralcio  di 
due  anni  cinericcio  con  nodi  a  media  distanza;  il  novello  ver- 
de chiaro.-  fiorisce  a  principii  di  giugno;  presto  sfiora  e  manda 
via  la  corolla.  Foglia  rotonda  ,  cinque  lobata  ,  poco  incavata  , 
picciol  seno  alla  base ,  e  talora  i  lobi  si  congiungono  .-  verde  a- 
perlo;  picciuolo  e  nervature  verde  chiaro  .-  margine  dentato  a 
denti  piccioli  ed  acuti .-  larga  sei  decimi  di  palmo  e  più.  La 
superficie  superiore  presenta  rari  filamenti  aracnoidei  ,  la  infe- 
riore coverta  da  fitta  tela  aracnoidea  od  agli  angoli  delle  nerva- 
ture appaiono  de' peli  celluiosi.  Grappoli  grandi;  ma  accorciati 
e  oltre  misura  addensati  .-  bacca  di  mezzana  grandezza ,  rotonda, 
nera  ,  sugosa  ,  buccia  alquanto  tenace  .-  matura  nella  metà  di 
ottobre  e  fa  buon  vino. 

54..    Uva  Fiore  (  bianca  ). 

Vitigno  gagliardo.  Fusto  annoso  comune  .■  tralcio  di  due 
anni  cinericcio  con  nodi  piuttosto  rari  ;  tralcio  novello  verde 
chiaro.  Foglia  quasi  ovale  ;  cinque  lobata  tagliata  fino  a'  tre 
quarti  ,  largo  seno  alla  base;  lobi  prolungati  e  puntuti.- margi- 
ne dentato  con  denti  sottili  e  ricurvi  verso  1'  apice  del  lobo  ; 
larga  otto  decimi  di  palmo  nella  lunghezza  e  poco  men  di  tra- 
Tcrso  .-  colore  verde  chiaro  ;    picciuolo   e  nervature   anche    più 


(46  ) 
chiari  /  glabra  la  faccia  superiore  ;  la  inferiore  coverta  di  lace- 
ra rete  aracnoidca.  Grappolo  ollremodo  allungato  ramoso  alla  ba- 
se e  si  assottiglia  in  cima  ed  è  raro.  Bacca  ovale  di  mezzana 
grandezza,  colore  gialliccio,  sugosa,  buccia  alquanto  consistente. 
Fiorisce  nella  prima  metà  di  giugno  ,  presto  sfiora  e  manda  via 
la  corolla.  Matura  nella  seconda  metà  di  ottobre  ;  non  ha  mol- 
ta dolcezza  e  fa  mediocre  vino.  È  molto  fruttifero  e  non  molto 
comune. 

35.   Uva  barone  (  bianca  ). 

Vitigno  gentile.  Fusto  comune  :  tralcio  di  due  anni  bigio 
tendente  al  cannella  con  nodi  avvicinati  ed  epidermide  fenduta 
longitudinalmente  ;  tralcio  novello  verde  chiaro.  Foglia  rotonda, 
cinque  lobata,  molto  intagliata  e  talora  fin  prossima  alla  base 
con  larghi  seni  ;  i  lobi  nuovamente  e  profondamente  tagliati  for- 
manti grandi  denti  che  contengono  una  seconda  serie  di  denti 
piccioli  ;  colore  verde  chiaro  fimbriato  nel  contorno  di  gialletto: 
glabra  la  superficie  superiore ,  la  inferiore  coverta  di  lacero  tes- 
suto aracnoideo  ;  larga  otto  decimi  circa  di  palmo.  Grappolo  di 
mezzana  grandezza,  niente  ramoso  ed  alquanto  lungo:  folto  piut- 
tosto. Bacca  piccola,  rotonda,  sugosa,  verde  giallognola  che  si 
indora  ;  dolce ,  buccia  resistente  ;  e  fa  ottimo  vino.  Sufficiente- 
mente fruttifero.  Non  è  molto  comune. 

56.    Uva  anonima  6  (  bianca  ). 

Vitigno  gentile.  Fusto  comune  :  tralcio  di  due  anni  cineric- 
cio  con  nodi  a  mezzana  distanza  ;  tralcio  novello  verde  chiaro  : 
foglia  ovale,  cinque  lobata  fin'  oltre  la  metà,  largo  seno  alla  ba- 
se :  margine  dentato  irregolarmente  con  denti  allungati  ed   acu- 


(  Ì7  ) 
minali:  colore  di  un  bel  verde:  picciuolo  e  nervalure  verde  chia- 
ro :  la  faccia  superiore  glabra  ;  la  inferiore  coverta  di  tela  arac- 
noidea  con  peli  celluiosi  agli  angoli  delle  nervature  :  lunga  set- 
te in  otto  decimi ,  e  larga  circa  sette.  Fiorisce  a  principii  di 
giugno:  presto  sfiora  e  manda  via  la  corolla;  matura  a  princi- 
pii di  ottobre.  Grappolo  piuttosto  grande,  allungato,  ramoso,  mez- 
zanamente addensato  :  bacca  piccola  rotonda  sugosa  :  colore  gial- 
letto  :  mollo  fruttifero  e  fa  buon  vino.  Si  coltiva  comunemente. 

57.  Uva  zibibba  (  bianca  ). 

Vitigno  gentile.  Fusto  annoso  comune  :  tralcio  di  due  anni 
bigio  con  nodi  avvicinati  ;  il  novello  verde  chiaro  ;  manda  pochi 
piccioli  e  corti  tralci.  Foglia  quasi  rotonda,  cinque  lobata  inci- 
sa fino  a  metà  e  seno  alla  base  :  larga  sette  in  otto  decimi  di 
palmo:  colore  verde  chiaro:  margine  dentato  regolarmente  a  den- 
ti piccioli  ed  acuti.  La  lamina  superiore  glabra ,  la  inferiore  spar- 
sa raramente  di  peli  celluiosi  e  sfioccature  di  peli  aracnoidei. 
Fiorisce  a  principii  di  giugno,  e  rilarda  alquanto  a  sfiorare,  il 
perchè  è  soggetto  in  parte  a  colatura ,  onde  il  grappolo  vien  di- 
radalo ;  il  quale  è  di  mezzana  grandezza  e  poco  ramoso.  Bacca 
grande  ,  ovale  a  rovescio,  giallognola,  polposa,  poco  sugosa  con 
buccia  attaccata  alla  polpa  ;  dolce  ,  graziosa  ,  molto  aromatica  , 
simile  al  raoscatcllone  e  matura  in  fine  di  settembre.  Si  colliv.i 
per  usi  da  tavola  nei  giardini. 

58.  Uva  rossolella  (  nera  ). 

Vitigno  gagliardo.  Fusto  comune  :  tralcio  di  due  anni  bigio 
scuro  con  nodi  a  media  distanza  tra  loro  :  tralcio  novello  verde 
chiaro.  Foglia  rotonda ,  cinque  lobata ,  poco  0  nulla  intagliala  j 


seno  alla  base  :  larga  selle  in  otto  decimi  di  palmo  :  margine  ir- 
regolarmente dentato  :  colore  di  im  bel  verde  :  picciuolo  e  ner- 
vature verde  chiaro:  la  superficie  superiore  glabra,  la  inferiore 
sparsa  raramente  di  peli  celluiosi  e  lacinie  di  peli  aracnoidei. 
Fiorisce  nella  metà  di  giugno  e  rilarda  alquanto  a  sfiorare  ;  il 
perchè  talora  va  soggetto  in  parte  a  colatura.  Grappolo  di  mez- 
zana grandezza  ,  allungato  ,  raro  con  granelli  ineguali  piottosto 
piccioli,  sugosi,  parte  si  colorano  in  nero,  e  parte  rimangono 
rossi  ed  alcuni  anche  bianchi  ;  ma  in  fine  di  ottobre  e  principii 
di  novembre  tutti  i  coloriti  son  dolci.  È  molto  fruttifero  e  comu- 
ne. Il  vino  mediocre  e  scolorito. 

Sg.    Uva  soricella  (  bianca  ). 

Vitigno  gagliardo.  Fusto  annoso  comune  :  tralcio  di  due  an- 
ni bigio  scuro  con  nodi  piuttosto  avvicinati  ;  epidermide  fenduta 
longitudinalmente  :  il  novello  verde  chiaro.  Foglia  quasi  rotonda, 
cinque  lobata ,  molto  incavata  ,  seno  alla  base  :  margine  denta- 
lo a  denti  ineguali  ed  acuti  ;  larga  selle  in  otto  decimi  di  pal- 
mo; colore  verde  vivo:  picciuolo  e  nervature  verde  chiaro:  la- 
mina superiore  glabra  ;  la  inferiore  sparsa  di  filamenti  e  fiocchi 
di  lacera  tela  aracnoidea  ,  ed  agli  angoli  delle  nervature  rari  pe- 
li celluiosi.  Fiorisce  verso  la  metà  di  giugno  ,  e  dura  mollo  a 
sfiorare  ;  per  il  che  va  soggetto  a  colatura.  Grappolo  di  mezza- 
na grandezza,  talora  piccolo  o  ramosello,  raro ,  e  d'  ordinario  i 
granelli  in  parte  son  molto  piccioli,  ed  in  parte  di  mezzana  gran- 
dezza ;  molto  sugosi  e  dolci:  di  colore  verde  giallognolo:  buc- 
cia dura  :  matura  in  fine  di  settembre  :  molto  fruttifero  e  fa  vi- 
no bianco  di  buona  qualità.  É  molto  comune. 


(  A9  ) 

60.  Uva  anomina  7  (  nera  ). 

Vitigno  vigoroso.  Fusto  annoso  comune  :  tralcio  di  due  an- 
ni cinerino  rossiccio  con  nodi  a  media  distanza,  ed  epidermi- 
de fenduta  longitudinalmente:  tralcio  novello  verde  chiaro.  Fo- 
glia rotonda  cinque  lobata  poco  0  molto  incavata  ,  seno  alla 
base  :  larga  olio  decimi  di  palmo  e  più  ;  colore  verde  aper- 
to :  nervature  verde  chiaro  ;  picciuolo  simile  macchiato  di  ros- 
so :  margine  simmetricamente  dentato,  sebbene  a  denti  piccio- 
li e  grandetti  ;  lamina  superiore  glabra  ;  la  inferiore  sparsa  di 
peli  celluiosi  principalmente  nelle  nervature ,  con  lacerazioni 
di  peli  aracnoidei.  Grappolo  accorciato  di  mezzana  grandezza 
poco  ramoso  ;  mediocremente  folto  :  bacca  vantaggiosa  in  gran- 
dezza poco  allungala  ;  polposa  che  scricchiola  fra'  denti  ;  co- 
lore nero  lucido  ,  dolce  e  gradito  al  palato.  Fiorisce  a  prin- 
cipii  di  giugno  ;  presto  sfiora  e  manda  via  la  corolla.  Nella 
metà  di  ottobre  è  perfetta  matura.  Suffìcienlcmenle  fruttifero; 
fa   ollimo   vino.    É   mollo  comune. 

61.  Uva  anonima  S  (  nera  ). 

Vitigno  mollo  gagliardo.  Fusto  annoso  meno  scuro  del  ge- 
nerale :  tralcio  di  due  anni  bigio  rossiccio  con  epidermide  fen- 
duta longitudinalmente  e  nodi  piuttosto  avvicinati:  tralcio  no- 
■yello  verde  chiaro  :  foglia  quasi  rotonda,  cinque  lobata  pro- 
fondamente incavata  con  seni  circolari  e  seno  alla  base:  mar- 
gine dentato  a  denti  ottusi:  colore  verde  aperto:  picciuolo  e 
nervature  verde  chiaro  :  lamina  superiore  glabra  ;  la  inferiore 
coverta  di  densa  tela  aracnoidea ,  da  cui  traspariscono  di  sotto, 
ai  lati  delle  nervature,  peli  celluiosi.  Fiorisce  a  principio  di  giu- 
gno e  presto  sfiora.  Grappolo  grande,  ramosetto  alla  base;  sot- 


(    ^0    ) 

tile  in  cima,  sufTicientemente  folto.  Bacca  rotonda,  di  mezzana 
grandezza ,  nera ,  duretta  che  scricchiola  tra'  denti  ;  dolce  ,  pia- 
cevole e  fa  vino  huono  e  generoso:  molto  fruttifero,  e  si  colti- 
va comunemente. 

62.  Uva  nocella  (  nera  ), 

Vitigno  gagliardo.  Fusto  annoso  comune:  tralcio  di  due  an- 
ni bigio  con  nodi  a  mezzana  distanza  ,  il  novello  verde  chiaro. 
Foglia  quasi  intera,  rotonda  ove  appena  distinguonsi  i  segni  di 
cinque  lobi  che  nella  base  si  accavalcano  :  margine  tra  il  cre- 
nato e  dentato;  colore  di  un  bel  verde,  picciuolo  e  nervature 
verde  chiaro  :  larga  otto  decimi  di  palmo  :  la  lamina  superiore 
glabra;  la  inferiore  coverta  di  tela  aracnoidea  e  peli  celluiosi. 
Fiorisce  a  principii  di  giugno,  presto  sfiora  e  manda  via  la  co- 
rolla. Grappolo  di  mezzana  grandezza,  ramosetto,  sottile.  Bacca 
quanto  un"  avellana ,  rotonda ,  nera,  polposetta  e  buccia  duretta, 
piacevole  a  mangiarsi.  Matura  a  metà  di  ottobre  ed  è  sufficien- 
temente fruttifero.  Fa  buon  vino,  e  si  rincontra  piij  sovente  nei 
terreni  di  Torre  del   Greco. 

63.  Uva  ier esella  (  nera  ). 

Vitigno  di  mediocre  vigore.  Fusto  annoso  comune:  tralcio 
di  due  anni  bigio  tendente  al  rossiccio  con  nodi  a  media  di- 
stanza ;  il  novello  verde  chiaro.  Foglia  ovale,  cinque  lobata,  in- 
cavata poco  0  fino  a  metà  ;  seno  alla  base  ;  picciuolo  e  ner- 
vature verde  chiaro:  margine  dentato  a  denti  acuti  e  piccioli: 
larga  otto  per  sette  decimi  di  palmo.  La  superficie  superiore 
glabra  :  la  inferiore  coverta  di  peli  celluiosi  e  filamenti  arac- 
noidei.   Grappilo  accorciato,    di  mezzana  grandezza;  non  denso, 


(  b'I  ) 

non  raro:  Lacca  ovale  di  media  grandezza  ,  polposetla,  dol- 
ce, di  colore  violetto  scuro:  fa  vino  gentile.  A  metà  di  ot- 
tobre è  ben  matura.  Fiorisce  a  principii  di  giugno,  presto  sfio- 
re  e  manda  via  la  corolla.  Non  è  molto  comune,  ed  è  medio- 
cremente fruttifero. 

64" •    Uva  latina  (  bianca  ). 

Vitigno  vigoroso.  Fusto  annoso  comune  :  tralcio  di  due  an- 
ni bigio  con  nodi  a  media  distanza  ;  il  novello  verde  cbiaro.  Fo- 
glia rotonda,  cinque  lobata,  molto  incavata,  seno  alla  base  :  lar- 
ga circa  sette  decimi  di  palmo  :  colore  verde  aperto  :  picciuolo 
e  nervature  verde  cbiaro  :  margine  dentato  a  piccioli  denti  :  la- 
mina superiore  glabra  ;  la  inferiore  coverta  di  fitta  ti'la  aracnoi- 
dea ,  e  negli  angoli  delle  nervature  traspariscono  de' peli  cellu- 
iosi. Fiorisce  a  principii  di  giugno:  presto  sfiora  e  manda  via 
la  corolla:  matura  a  mctcà  di  ottobre.  Grappolo  accorciato,  ra- 
moso ,  estremamente  addensato  per  modo  che  talora  sembra  un 
poliedro  scabro  ed  irregolare.  Bacca  piccola  verdastra  con  sugo 
aspro  e  fa  cattivo  vino.   Raro  si  rincontra. 

63.    Uva  anonima  g  (  bianca  ). 

Vitigno  vigoroso.  Fusto  comune:  tralcio  di  due  anni  bigio 
scuro  con  nodi  piuttosto  radi  ;  il  novello  verde  cbiaro.  Foglia 
quasi  cordata,  alquanto  crespa,  cinque  lobata  appena  intagliata, 
largo  seno  alla  base  ;  dentata  a  denti  ineguali  ed  acuti  :  larga 
sette  per  sei  decimi  circa  di  palmo;  colore  verde  carico:  picciuolo 
e  nervature  verde  cbiaro:  la  lamina  superiore  glabra,  la  inferiore 
coverta  di  tela  aracnoidea  e  peli  celluiosi.  Fiorisce  nella  prima 
metà  di  giugno ,  presto  sfiora  e  manda  via  la  corolla.  Grappo- 


(52    ) 

lo  piuttosto  piccolo,  non  ramoso,  mediocremente  folto:  bacca 
quasi  rotonda  ,  picciola  ,  colore  verdastro  tendente  al  bianco  ; 
dolce,  sugoso  con  buccia  dura;  matura  nella  metà  di  ottobre  e 
fa  buon  vino.  La  denominano  uva  bianca.  Non  è  molto  comune. 

66.  Uva  anonima  to  {  nera  ). 

Vitigno  mediocremente  vigoroso.  Fusto  annoso  comune:  tral- 
cio di  due  anni  bigio  tendente  al  rossiccio  ed  epidermide  fen- 
duta longitudinalmente  con  nodi  a  media  distanza.  Foglia  quasi 
intera  pentagonale  ;  i  cui  lobi  son  cinque  angoli  sporgenti  ed  al- 
la base  si  toccano  :  larga  7/10  di  palmo  ;  colore  di  un  bel  ver- 
de :  picciuolo  e  nervature  verde  chiaro,  sovente  alquanto  crespa: 
margine  regolarmente  dentato  a  minuti  denti:  glabra  la  lamina 
superiore ,  la  inferiore  coverta  di  tela  aracnoidea  talora  con  fioc- 
chetti. Fiorisce  a  principii  di  giugno,  presto  sfiora  e  manda  via 
la  corolla.  Grappolo  mezzano,  raraosetto  alla  base  e  termina  in 
punta;  piuttosto  folto:  bacca  picciola,  quasi  rotonda,  di  color 
nero  lucido;  sugosa,  buccia  coriacea:  fa  vino  ottimo  e  colorito. 
Matura  a  principii  di  ottobre.  Non  è  molto  comune.  Sufficiente- 
mente fruttifero. 

67.  Uva  anonima  //  (  nera  ). 

Vitigno  gentile.  Fusto  comune:  tralcio  di  due  anni  bigio 
con  nodi  avvicinati  :  il  novello  verde  chiaro.  Foglia  rotonda  cin- 
que lobata,  profondamente  incavata  con  seni:  alla  base  i  lobi 
si  accavalcano:  margine  dentato,  sovente  a  grandi  denti  nuova- 
mente dentati  con  seconda  serie  di  denti  piccioli:  colore  verde 
vivo  ;  picciuolo  e  nervature  verde  chiaro.  Larga  otto  decimi  di 
palmo  circa  :  la  lamina  superiore  glabra ,  la  inferiore  coverta  di 


(53) 
densa  tela  aracnoklca  e  poli  celluiosi  che  traspariscono  dalle 
maglie  di  essa.  Fiorisce  a  principii  di  giugno  ;  presto  sfiora  e 
manda  via  la  corolla.  Grappolo  picciolo,  svelto,  non  addensalo: 
Lacca  picciola,  rotonda ,  dolce ,  sugosa  con  buccia  coriacea.  Fa 
buon  vino  e  colorilo.  Matura  nella  prima  metà  di  ottobre.  Non 
s' incontra   comunemente. 

68.    Uva   duracina   ossia   iostolella  (  nera  ). 

Vitigno  vigoroso.  Fusto  comune  :  tralcio  di  due  anni  bigio 
con  nodi  avvicinati;  tralcio  novello  verde  chiaro.  Foglia  verde 
aperto,  rotonda ,  cinque  lobata,  appena  incavala,  seno  alla  ba- 
se :  picciuolo  e  nervature  verde  chiaro  :  larga  sci  in  selle  de- 
cimi di  palmo;  margine  dentato  irregolarmente.  Glabra  la  su- 
perficie superiore;  la  inferiore  raramente  sparsa  di  peli  cellu- 
iosi. Fiorisce  nella  metà  di  giugno,  e  rilarda  a  sfiorare  ,  onde 
sovente  va  soggetta  a  colatura.  Grappolo  picciolo,  svello,  mol- 
lo raro  per  opera  della  colatura  :  bacca  picciola ,  rotonda,  dolce 
con  buccia  molto  dura,  e  fa  buon  vino.  Molto  fruttifero.  S' incon- 
tra comunemente. 

69.   Uva  porchiacchella  (  nera  ). 

Vitigno  gagliardo.  Fusto  comune  :  tralcio  di  due  anni  bigio 
tendente  al  color  cannella  con  nodi  a  media  distanza;  il  novel- 
lo verde  chiaro.  Foglia  ovale,  larga  otto  per  sette  decimi  di  pal- 
mo ;  cinque  lobata  poco  intagliata,  seno  alla  base;  colore  ver- 
de carico;  picciuolo  e  nervature  verde  chiaro:  margiae  dentalo 
sovente  a  minuti  denti  :  glabra  la  faccia  superiore ,  la  inferiore 
coverta  di  densa  tela  aracnoidea.  Fiorisce  a  principii  di  giugno: 
presto  sfiora  e  manda  via  la  corolla.  Grappolo  mezzano,  accor- 


ciato,  ramoso,  pecluncolo  tenue,  né  raro,  né  addensato.  Bacca 
ovale  di  mezzana  grandezza,  sugosa:  conservasi  rossa  lungo  tem- 
po, ma  a  perfetta  maturità  divien  violetta  scura:  fa  vino  medio- 
cre e  scolorito.  Fruttifero  a  sufficienza,  e  s" incontra  comunemente. 

70.    Uva  scassacarretta  (  nera  ). 

Vitigno  gagliardo.  Fusto  comune  :  tralcio  di  due  anni  bi- 
gio rossiccio  con  nodi  a  mezzana  distanza  :  epidermide  fenduta 
longitudinalmente.  Foglia  ovale ,  larga  nove  per  otto  decimi  di 
palmo,  cinque  lobata,  incavata  fin  oltre  la  metà,  seno  alla  ba- 
se :  margine  dentato  regolarmente  a  denti  piuttosto  piccioli:  co- 
lore verde  aperto:  lamina  superiore  glabra,  la  inferiore  cover- 
la  di  densa  tela  aracnoidea  e  nelle  nervature  traspariscono  an- 
che peli  celluiosi.  Fiorisce  a  principii  di  giugno,  presto  sfiora 
mandando  via  la  corolla.  Grappolo  grande,  allungato  ,  ramoso, 
piuttosto  addensato  :  bacca  di  mezzana  grandezza ,  rotonda ,  ne- 
ra, sugosa;  buccia  consistente:  molto  fruttifero,  e  fa  buon  vi- 
no. S' incontra  comunemente.  Nella  prima  metà  di  ottobre  matura. 

71.    Uva  caslagnarella  della   Torre  (  nera  ). 

Vitigno  gagliardo.  Fusto  comune  :  tralcio  di  due  anni  color 
legno,  con  epidermide  fenduta  longitudinalmente  e  nodi  piutto- 
sto avvicinati  ;  il  novello  verde  chiaro.  Foglia  rotonda  cinque  lo- 
bata ,  molto  incavata ,  largo  seno  alla  base  ;  larga  otto  decimi 
di  palmo  circa:  colore  di  un  bel  verde  aperto:  margine  denta- 
to a  denti  piccoli  ed  acuti:  entrambe  le  lamine  glabre;  e  solo 
agli  angoli  delle  nervature  della  inferiore  scorgonsi  pochi  peli 
celluiosi.  Fiorisce  a  principii  di  giugno,  presto  sfiora  e  maada 
via  la  corolla:  matura  a  principii  di  ottobre.  Grappolo  mezzano 


(55  ) 
non  mollo  addensato:  bacca  vantaggiosa,  quasi  rotonda,  nera ,  su- 
gosa, buccia  nicdiocremontc  consistente:    d' ordinario  molto  frut- 
tifero e  fa  buon  vino.   Abbonda  in  Torre  del  Greco. 

72.  Uva  anonima  /a  (  nera  ). 

Vitigno  vigoroso.  Fusto  comune:  tralcio  di  due  anni  bigio 
scuro  con  nodi  alquanto  avvicinati  :  il  novello  verde  chiaro.  Fo- 
glia rotonda  cinque  lobata  molto  incavata,  alla  base  i  lobi  si  toc- 
cano, larga  otto  decimi  di  palmo  e  più  ,  margine  dentato  a  denti 
corti  e  larghi:  colore  verde  vivo:  picciuolo  e  nervature  verde  chia- 
ro: lamina  superiore  glabra;  la  inferiore  coverta  di  peli  cellu- 
iosi che  la  rendono  aspra  al  tatto.  Fiorisce  A'erso  la  metà  di  giu- 
gno, e  ritarda  a  sfiorare:  matura  a  principii  di  ottobre.  Grap- 
polo mezzano  non  ramoso  ;  mediocremente  folto ,  e  talora  sfolto 
per  colatura.  Bacca  rotonda,  grande  anziché  nò,  nera  lucida;  su- 
gosa ,  dolce  ,  buccia  duretta  che  scricchiola  fra"  denti  ;  molto  gra- 
dita. Fa  vino  ottimo  e  colorito  ;  mediocremente  fruttifero.  Non 
è  molto  comune. 

73.  Uva  malvasia  (  bianca  ). 

Vitigno  sufTicientemente  vigoroso.  Fusto  annoso  comune:  tral- 
cio di  due  anni  bigio  cannella  con  nodi  piuttosto  distanti  tra  lo- 
ro, ed  epidermide  fenduta  longitudinalmente:  tralcio  novello  ver- 
de chiaro.  Foglia  quasi  rotonda,  cinque  lobata,  poco  0  molto 
incavata,  seno  alla  base  ove  talora  i  lobi  si  congiungono:  pic- 
ciuolo e  nervature  verde  chiaro,  larga  otto  decimi  di  palmo  e 
più;  margine  irregolarmente  dentato  a  denti  acuti:  la  lamina  su- 
pcriore glabra  con  qualche  raro  filamento  aracnoideo.  Grappolo 
di  mezzana  grandezza ,  poco  ramoso ,  piuttosto  addensato  :  bacca 


(  56  ) 
alquanto  piccola,  ovale,  verde  giallastra,  sugosa,  dolce  con  leg- 
giero senso  di  moscatella  e  buccia  duretta.   Fa  graziosissimo  vi- 
no. Raro  si  coltiva. 

'j^.   Uva  della  terra  promessa  (  nera  ). 

Vitigno  gagliardo  e  ramoso.  Tusto  comune  :  tralcio  di  due 
anni  bigio  rossiccio ,  il  novello  verde  chiaro  con  nodi  diradati , 
ed  epidermide  fenduta  longitudinalmente,  il  novello  verde  chia- 
ro. Foglia  color  verde  tendente  al  chiaro,  più  larga  che  lunga, 
il  diametro  maggiore  otto  decimi  di  palmo  circa ,  il  minore  sei 
in  sette  :  cinque  lobata  intagliata  fino  a  metà  :  margine  irrego- 
larmente dentato  a  denti  lunghi  ed  acuti  :  picciuolo  e  nervature 
verde  chiaro  macchiato  di  rosso;  glabre  entrambe  le  lamine,  e 
sol  nella  inferiore  i  nervi  son  raramente  sparsi  di  peli  celluiosi. 
Fiorisce  nella  prima  metà  di  giugno;  presto  sfiora  e  manda  via 
la  corolla:  matura  nella  metà  di  ottobre.  Grappoli  di  grandezza 
smisurata  e  maravigliosa  lunghi  oltre  due  palmi ,  e  oltremodo  ra- 
moso ;  il  perchè  comparisce  addensato  mentre  i  granelli  son  di- 
sposti raramente.  Bacca  piuttosto  picciola,  quasi  rotonda,  nera, 
polposetta  e  di  sapore  sciapito.  Fa  vino  debole.  È  molto  raro. 

75.    Uva  anonima  i3  (  nera  ). 

Vitigno  vigoroso.  Fusto  annoso  comune  :  tralcio  di  due  an- 
ni bigio  carico  con  nodi  a  media  distanza  tra  loro^  tralcio  no- 
vello verde  chiaro.  Foglia  ovale,  cinque  lobata,  incavata  a  me- 
ta ,  i  lobi  alla  base  molto  si  accavalcano ,  colore  verde  aperto  : 
picciuolo  e  nervature  verde  chiaro:  margine  dentato  a  minuti 
denti:  lamina  superiore  glabra,  la  inferiore  coverta  di  densa  te- 
Ja  aracnoidea,  larga  nove  per  otto  decimi  di  palmo.  Fiorisce  a 


(  'h  ) 

principii  di  giugno,  presto  sfiora  e  manda  via  la  corolla.  Grap- 
polo grande  mezzanamente  ramoso:  bacca  vantaggiosa  in  gran- 
dezza, rotonda,  nera,  sugosa^  dolce,  fa  buon  vino  e  matura  a 
principii  di  ottobre.   Non  è  molto  comune. 

76.  Uva  anonima  i^  (  bianca  ). 

A'^iligno  gentile.  Fusto  comune;  tralcio  di  due  anni  bigio 
con  nodi  a  mezzana  distanza;  il  novello  verde  cbiaro.  Foglia  ver- 
de carico,  quasi  rotonda,  cinque  lobata  molto  incavata ,  seno  al- 
la base,  larga  7/10  di  palmo  e  più;  jnargiue  dentato  a  minuti 
denti,  picciuolo  e  nervature  verde  cbiaro.' lamina  supcriore  gla- 
bra ,  la  inferiore  coverta  di  tela  aracnoidea.  Fiorisce  a  principii 
di  giugno,  presto  sfiora  e  manda  via  la  corolla.  Grappolo  mez- 
zano, ramosetto ,  raro:  bacca  gialletta  bionda,  piuttosto  piccio- 
la ,  molto  dolce,  alquanto  aromatica.  Matura  a  principii  di  ot- 
tobre, mediocremente  fruttifero.  Fa  vino  ottimo  e  gentile.  Non 
è  comune. 

77.  Uva  anonima  t^  {  nera  ). 

Vitigno  vigoroso.  Fusto  annoso  comune  ;  tralcio  di  due  an- 
ni cinericcio  con  nodi  avvicinati  ed  epidermide  fenduta  longitu- 
dinalmente,  il  nuvelio  verde  cbiaro.  Foglia  ovale,  cinque  loba- 
ta, poco  incavata,  seno  alla  base:  margine  dentato  irregolarmen- 
te a  denti  ordinariamente  dilatati,  larga  otto  per  sette  decimi 
circa  ;  lamina  superiore  glabra ,  la  inferiore  raramente  sparsa  di 
peli  celluiosi  e  filamenti  aracnoidei.  Fiorisce  a  principii  di  giu- 
gno e  presto  sfiora.  Grappolo  di  mezzema  grandezza  ,  alquanto 
i-amoso  non  addcni^ato:  bacca  rotonda,  piuttosto  vantaggiosa  in 
grossezza,  duretta,   sugosa  ,  nera  ,  grata  al  palato.-  sufficientcmen- 

Ic  fruttifero  e  fa  vino  di  buona  qualità.  Non  è  molto  comune. 

s 


(  58) 
78.   Uva  zizza  di  vacca  (  nera  ). 

Vitigno  gagliardo.  Fusto  comune  :  tralcio  di  due  anni  cine- 
riccio  con  nodi  avvicinati,  il  novello  verdechiaro.  Foglia  roton- 
da ,  larga  otto  decimi  circa ,  cinque  lobata  poco  o  profondamen- 
te tagliata,  ed  i  lobi  d'ordinario  nuovamente  intagliali:  piccol 
seno  alla  base,  dentata  a  denti  acuti,  colore  verde  aperto  :  pic- 
ciuolo e  nervature  verde  chiaro  ,  glabra  la  lamina  superiore,  la 
inferiore  sparsa  di  peli  celluiosi.  Fiorisce  verso  la  metà  di  giu- 
gno ,  presto  sfiora  e  manda  via  la  corolla.  Grappolo  grande  al- 
lungato, ramoso  alla  base,  follo,  peduncolo  gracile.  Bacca  grande 
ghiandeforme  colore  nero  lucido  ,  sugosa  e  polposelta  ,  buccia 
duretta.  Buona  da  tavola  ed  ottima  da  vino  :  non  molto  comune: 
molto  fruttifero. 

79.    Uva  anonima  f6  {  nera  ). 

Vitigno  gagliardo.  Fusto  comune  :  tralcio  di  due  anni  bigio 
tendente  al  cannella  con  nodi  a  mezzana  disianza,  il  novello  ver- 
de chiaro.  Foglia  ovale  e  talora  allungata,  larga  olio  per  sette 
decimi  di  palmo  :  cinque  lobata  ,  profondamente  incavata  ,  pic- 
ciolo seno  alla  base  ,  margine  dentalo  irregolarmente  con  den- 
ti molto  pronunziati,  colore  di  un  bel  verde,  picciuolo  e  ner- 
vature verde  chiaro,  lamina  superiore  glabra,  la  inferiore  spar- 
sa raramente  di  peli  celluiosi.  Fiorisce  a  priucipii  di  giugno  , 
presto  sfiora  e  manda  via  la  corolla.  Grappolo  di  mezzana  gran- 
dezza ,  ramoso  alla  base  ,  folto.  Bacca  vantaggiosa  in  grossezza  , 
rotonda,  di  un  nero  lucido,  polposetta  e  sugosa ,  dolce  e  fa  buon 
vino.  Matura  verso  la  mela  di  ollobre.  Sufficientemente  frullife- 
ro.  Non  è  mollo  comune. 


80.    L'va  zitura  (  nera  ). 

Vitigno  gagliardo.  Fusto  comune:  tralcio  di  due  anni  bigio 
ron  nodi  piullosto  diradali,  il  novello  verde  chiaro.  Foglia  ovale 
larga  nove  per  olio  decimi  di  palmo,  cinque  lobata,  poco  incavata; 
i  lobi  alla  base  si  toccano  .•  margine  dentalo  a  denti  piccioli  ed 
acuti,  colore  di  un  bel  verde,  lamina  superiore  glabra,  la  in- 
feriore coverta  di  rara  tela  aracnoidoa,  picciuolo  e  nervature  ver- 
de chiaro.  Fiorisce  a  principii  di  giugno  ,  presto  sfiora  e  man- 
da via  la  corolla.  Grappolo  piuttosto  grande,  ramosello  alla  ba- 
se, folto.  Bacca  picciola,  nera,  sugosa:  matura  nella  metà  di 
ottobre.  Fruttifica  scarsamente  non  corrispondente  alla  sua  gagliar- 
dia;   la  buon  vino,  e  non  è  mollo  comune. 

8 1 .    Uva  anonima  /  7  (  bianca  ) . 

Vitigno  gagliardo.  Fusto  comune  :  tralcio  di  due  anni  bigio 
con  nodi  diradati  ,  il  novello  verde  chiaro.  Foglia  quasi  renifor- 
me, più  larga  che  lunga,  circa  selle  in  olio  decimi  di  palmo, 
quasi  coriacea  ,  colore  verde  cupo,  picciuolo  e  nervature  verde 
chiaro.  Glabra  la  lamina  superiore,  la  inferiore  coverta  di  tela 
aracnoidoa,  ed  agli  angoli  delle  nervature  traspariscono  peli  cel- 
luiosi. Grappolo  accorciato  di  mezzana  grandezza,  ramoselto  al- 
la base,  follo  :  bacca  vantaggiosa,  quasi  rotonda,  sugosa ,  dolce, 
buccia  dura  ed  aspra,  colore  giallelto  che  biondeggia:  matura 
liei  principii  di  ollobrc.  Fa  vino  buono.  Non  è  molto  comune. 
Molto  fruttifero,  e  nei  Iralciuzzi  dà  un  secondo  frutto  tardivo. 

82.   Uva  anonima  fS  {  nera  ). 

Vitigno  vigoroso.  Fusto  comune  ;  tralcio  di  due  anni  bigio 


(6o) 
con  nodi  a  media  distanza  ,  il  novello  verde  chiaro.  Foglia  ova- 
le 0  rotonda  cinque  lobata ,  poco  o  molto  incavata ,  picciolo  se- 
no alla  base ,  larga  sette  decimi  circa ,  dentata  irregolarmente  a 
denti  minuti  ;  glabre  entrambe  le  facce.  Fiorisce  a  principii  di 
giugno  ,  presto  sfiora  e  manda  via  la  corolla.  Grappolo  vantag- 
gioso in  grandezza,  ramosetto  alla  base,  folto:  bacca  grande  al- 
lungata ,  polposetta ,  sugosa ,  dolce  ,  grata  al  palato  ,  alquanto 
aromatica  ,  nera  ;  matura  a  principii  di  ottobre.  Buona  da  tavo- 
la e  fa  ottimo  vino.  Non  è  molto  comune. 

83.    Uva  anonima  ig  (  bianca  ). 

Vitigno  vigoroso.  Fusto  comune:  tralcio  di  due  anni  bigio 
rossiccio  con  nodi  piuttosto  diradati:  il  novello  verde  chiaro.  Fo- 
glia ovale  allungata  ,  cinque  lobata,  poco  o  nulla  incavata  ,  ir- 
regolarmente dentata  a  denti  allungati ,  larga  otto  decimi  di  palmo 
persele  mezzo  circa,  colore  verde  cupo,  picciuolo  e  nervature 
verde  chiaro:  glabra  la  lamina  superiore  ,  la  inferiore  con  rara  e 
lacera  tela  aracnoidea  e  peli  celluiosi  agli  angoli  e  lati  delle  ner- 
vature. Fiorisce  nella  prima  metà  di  giugno,  presto  sfiora  e  man- 
da via  la  corolla.  Grappolo  molto  allungato  ,  gracile  ma  ramo- 
setto  alla  base  ;  bacca  molto  picciola ,  sugosa  e  vi  traspariscono 
i  semi  di  dentro,  dolce,  verdastra  e  buccia  duretta  :  piuttosto 
scarso  in  frutto.  Matura  nella  metà  di  ottobre ,  e  raro  s'  incon- 
tra. Fa  mediocre  vino. 

84..   Uva  anonima  20  (  nera  ). 

Vitigno  sufficientemente  vigoroso.  Fusto  comune  ,  tralcio  di 
due  anni  bigio  rossiccio  con  nodi  a  media  distanza  ;  il  novello 
Yerde  chiaro  ;  foglia  ovale  ,  cinque  lobata ,  profondamente  inca- 


(6i  ) 
rata  seno  alla  base  ,  larga  otto  per  sette  decimi  di  palmo;  mar- 
gine irregolarmente  dentato.-  lamina  superiore  glabra;  la  infe- 
riore lia  i  nervi  con  peli  celluiosi.  Fiorisce  nella  prima  metà 
di  giugno  ;  ritarda  alquanto  a  sfiorare  ;  il  percliè  va  soggetto  in 
parte  alla  colatura  :  Grappolo  di  mezzana  grandezza  ;  poco  ramo- 
so,  raro.  Bacca  vantaggiosa  in  grandezza,  rotonda,  nero  luci- 
da ,  polposetta  ,  sugosa,  dolce,  buccia  durctta  :  mediocremente 
fruttifero  :   fa  buon  vino.  E  poco  comune. 

85.   Uva  masto  (nera). 

Vitigno  vigoroso.  Fusto  comune  ,  tralcio  di  due  anni  bigio 
rossiccio  con  nodi  avvicinati;  il  novello  verde  cbiaro.  Foglia  ver- 
de scuro  ,  ovale  ;  cinque  lobata  incavata  fino  a  metà  ,  i  lobi 
alla  base  si  accavalcano  o  si  congiungono  :  margine  dentato  a 
denti  piccoli  ed  acuti  ;  larga  otto  decimi  e  mezzo  di  palmo,  per 
sette  :  picciuolo  e  nervature  verde  cbiaro  :  lamina  superiore  gla- 
bra ;  la  inferiore  coverta  di  fitta  tela  aracnoidea  a  cui  spuntano 
disotto  peli  celluiosi.  Fiorisce  a  principi!  di  giugno,  presto  sfio- 
ra e  manda  via  la  corolla.  Grappolo  piuttosto  grande,  addensa- 
to, ramoso  alla  base  :  bacca  rotonda,  nera ,  vantaggiosa  in  gran- 
dezza,  dolce  e  sugosa  con  molta  mucilaginc:  fa  buon  vino.  Suf- 
ficientemente fruttifero,  ed  è  frequente  ne' terreni  delle  novelle. 
Matura  nella  seconda  metà  di  ottobre. 

86.   Uva  anonima  21.  (nera). 

Vitigno  mediocremente  vigoroso.  Fusto  comune ,  tralcio  di 
due  anni  cinericcio  con  nodi  a  mezzana  distanza ,  il  novello  ver- 
de cbiaro.  Foglia  ovale  ,  cinque  lobata  ,  poco  incavata  ,  seno  al- 
la base:   margine  irregolarmente  dentalo  ;  colore    verde  ameno, 


(    62    ) 

picciuolo  c  TiCrvalurc  verde  chiaro  macchiati  Ji  rosso.- larga  olio 
per  selle  decimi  di  palmo  circa;  lamina  superiore  glabra;  la  infe- 
j'iore  con  rari  filameuli  e  sfioccature  di  peli  aracnoidei,  e  rari  pe- 
li celluiosi.  Fiorisce  a  principi!  di  giugno ,  presto  sfiora  e  man- 
da via  la  corolla.  Grappolo  picciolo ,  svello  ,  raro."  bacche  (pia- 
si rotonde  ,  nere  ,  ineguali ,  di  cui  la  pii^i  grande  è  di  mediocre 
grandezza  ;  sugose ,  dolci  con  buccia  sottile  :  il  vino  è  buono  e 
gentile  .•  matura  nella  metà  di  ottobre.  E  sufficientemente  frul- 
lifero.  É  frequente  ne'  terreni  alle  novelle. 

87.    Uva  Zenzola  (nera). 

Vitigno  mediocremente  vigoroso.  Fusto  comune  ;  tralcio  di 
due  anni  bigio  rossiccio  con  nodi  molto  diradali  .•  il  novello  ver- 
de chiaro.  Foglia  rotonda,  cinque  lobata,  poco  incavata  ,  picciol 
seno  alla  base  ove  talora  i  lobi  si  toccano;  margine  dentato  a 
denti  piccioli:  colore  verde  aperto.-  larga  sette  in  otto  decimi  di 
])almo;  picciuolo  e  nervature  verde  chiaro;  glabra  la  lamina  superio- 
re; la  inferiore  con  rara  tela  aracnoidea,  ed  agli  angoli  delle  ner- 
vature traspariscono  peli  celluiosi.  Fiorisce  a  principii  di  giu- 
gno ;  ritarda  alquanto  a  sfiorare  ,  il  che  è  causa  che  patisce  di 
colatura  ;  manda  via  la  corolla.  Grappolo  di  mezzana  grandezza, . 
mollo  raro:  bacca  rotonda,  grossetta ,  di  colore  nero  lucido^ 
sugosa  ,  dolce ,  buccia  durella  .•  matura  nella  metà  di  ottobre  : 
scarseggia  in  prodotto  per  la  pochezza  de'  granelli  :  fa  buon  vi- 
no, S'  incontra  comunemente. 

88,   Uva  del  palazzo  (  nera  ). 

Vitigno  vigoroso.  Fusto  comune .-  tralcio  di  due  anni  bigio 
rossiccio  ,  con  nodi  a  mezzana  distanza  ,  il  novdlo   verde   chia- 


(  63) 
ro.  Foglici  ovale  ,  cinque  lobata  con  i  lobi  molto  allungati  .  e 
profondamente  incavati;  alla  base  quasi  avvicinati/  al  margine  , 
denti  allungati  e  nuovamente  dentati .- larga  sette  decimi  di  palmo 
per  sei  e  più:  colore  verde  aperto;  picciuolo  e  nervature  verde  chia- 
ro. Fiorisce  a  principii  di  giugno,  presto  sfiora  e  manda  via  la  co- 
rolla. Grappolo  piuttosto  grande  allungato/  mezzanamente  folto  / 
bacca  rotonda  ,  piuttosto  picciola  ,  di  colore  nero  lucido  ,  tene- 
ra ,  sugosa  ,  dolce  ;  fa  buon  vino  ed  è  molto  fruttifero.  S'  incon- 
tra in  molli  terreni. 

89.    Ut^a  anonima   22.   (bianca). 

Vitigno  gentile.  Fusto  comune;  tralcio  di  due  anni  cinericcio 
con  nodi  avvicinali/  il  novello  verde  chiaro.  Foglia  ovale  cinque  lo- 
bata molto  incavata,  largo  seno  alla  base/  margine  dentato  a  denti 
allungati/  larga  sette  per  sci  decimi  e  più/  colore  verde  aperto/ 
picciuolo  e  nervature  verde  chiaro  /  lamina  superiore  glabra,  la 
inferiore  sparsa  di  peli  celluiosi.  Fiorisce  a  principii  di  giugno; 
e  ritarda  alquanto  a  sfiorare  mandando  via  la  corolla  /  grappo- 
lo picciolo  molto  raro  /  bacca  piuttosto  piccola  ,  dura  ',  polpo- 
setta  ,  dolce  ,  sugosa  ,  colore  giallelto  dorato ,  scricchiola  tra  den- 
ti ,  è  aspra  la  buccia.  Matura  nella  metà  di  ottobre  e  fa  vino 
eccellente.  Mediocremente  fruttifero  ,  ma  dà  poco  prodotto.  Ra- 
ro s"  incontra. 

90.    Uva  anonima  23.  (bianca). 

Vitigno  mediocremente  vigoroso.  Fusto  comune  /  tralcio  di 
due  anni  cinericcio  cupo  con  epidermide  fenduta  longitudinal- 
mente ;  con  nodi  avvicinati  ;  il  novello  verde  chiaro.  Foglia  ro- 
tonda ,  cinque  lobata  ,  molto  incavala  ,  seno  alla   base  :    a  for- 


(U) 

ma  di  slclla  :  colore  verde  alquanto  chiaro  frammisto  a  color 
pistacchio  :  dentala  a  denti  acuminali ,  picciuolo  e  nervature  ver- 
de chiaro  :  la  lamina  superiore  glahra  ;  la  inferiore  del  pari  ,  e 
solo  all'  inserzione  de'  nervi  al  picciuolo  pochi  peli  celluiosi.  Flo- 
sce a  principii  di  giugno,  presto  sfiora  e  manda  via  la  corolla; 
ed  in  fine  di  scllemhre  è  perfetta  matura.  Grappolo  accorciato, 
alquanto  ramoso  alla  hase  ,  folto:  hacca  ineguale,  piuttosto  gran- 
de ,  rotonda  di  un  bel  giallo  dorato  ,  polposa  ,  denza  ,  buccia 
durctta  ,  scricchiola  tra  denti  ,  gradita  al  palato ,  ed  ottima  per 
tavola.  Raro  s' incontra. 

91.    Uva  anoìiima  24-  (  bianca  ). 

Vitigno  mediocremente  vigoroso.  Fusto  comune  :  tralcio  di 
due  anni  cinericcio  con  nodi  a  mezzana  distanza  .•  il  novello  ver- 
de chiaro.  Foglia  quasi  rotonda  ,  cinque  lobata  ,  molto  incava- 
ta .  i  lobi  alla  base  si  accavalcano  ;  regolarmente  dentata  ;  lar- 
o-a  dieci  decimi  di  palmo  ;   colore  di  un  bel  verde  ;  picciuolo  e 

o  ... 

nervature  verde  bianchiccio  ;  la  lamina  superiore  con  rarissimi 
filamenti  aracnoidei.-  la  inferiore  coverta  di  fìtta  tela  aracnoi- 
dea  e  vi  traspariscono  di  sotto  peli  celluiosi  a'  lati  delle  ner- 
vature. Fiorisce  a  principii  di  giugno,  presto  sfiora  e  manda 
via  la  corolla.  Grappolo  allungato  ,  ramosetto ,  raro.-  bacca  0- 
vale  vantaggiosa  in  grandezza  ,  di  un  bel  gialletto  lucido  do- 
rato ,  sugosa ,  dolce  ,  con  buccia  dura  e  ne  traspariscono  i  se- 
mi. Fa  vino  eccellente;  matura  nella  metà  di  ottobre  e  non  in- 
farcisce. É  sufiicicntemenle  fruttifero  ,  ma  non  molto  comune. 

92.   Uva  anonima  2Ò.  (nera). 

Vitigno  vigororo  .■  fusto  comune  .•  tralcio  di  due  anni  bigio 


_  _  (65) 
scuro  con  nodi  avvicinali ,  il  novello  verde  eli  laro.  Foglia  (ra  il 
rotondo  e  l'  ovale  ,  cinque  lobata  ,  incavala  sino  a  metà  ;  pic- 
ciolo seno  alla  base  :  margine  denlato  a  denti  acuti  ed  inegua- 
li :  larga  sette  in  olio  decimi  circa  ,  colore  di  un  verde  carico, 
alquanto  crespa  ;  picciuolo  e  nervature  verde  chiaro  :  la  lamina 
superiore  con  peli  celluiosi  su  i  nervi  ,  e  rari  filamenti  arac- 
noidei.  Fiorisce  alla  prima  metà  di  giugno  ,  presto  sfiora  e  man- 
da via  la  corolla.  Grappolo  grandetto  accorciato  ,  ramoso,  piut- 
tosto follo  con  peduncolo  gracile.  Bacche  nere,  rotonde  ,  disu- 
guali, vantaggiose  in  grandezza,  tenere,  sugose,  dolci  e  fanno 
buon  vino.  Nella  metà  di  ottobre  il  frullo  è  maturo.  E  sufiicien- 
temente  fruttifero ,   e  non  mollo  comune. 

gS.   Uva  anonima  26.  (  nera  ). 

Vitigno  gagliardo.  Fusto  annoso  comune  ;  tralcio  di  due 
anni  bigio  tendente  al  color  cannella ,  con  nodi  avvicinati  ,  il 
tralcio  novello  verde  chiaro.  Foglia  ovale  cinque  lobata  ,  poco 
incavata,  seno  alla  base:  margine  dentato  a  denti  piccioli  ed 
acuti:  colore  di  un  bel  verde;  picciuolo  e  nervature  verde  chia- 
ro.- larga  sette  per  sei  decimi  di  palmo  e  più.-  glabra  la  lami- 
na superiore  ;  la  inferiore  con  peli  celluiosi  su  le  nervature  e 
rari  filamenti  di  peli  aracnoidei.  Fiorisce  a  principii  di  giugno, 
presto  sfiora  e  manda  via  la  corolla.  Grappolo  molto  smilzo  a 
segno  che  i  granelli  sembrano  impiantati  sul  racimolo  ;  lungo 
fino  a  due  palmi  circa  ,  poco  ramoso  alla  base  ;  folto.  I  gra- 
nelli vengono  costantemente  parte  di  mezzana  grandezza  e  par- 
te molto  piccioli,  rotondi  ,  sugosi  e  polposetti  ;  molto  dolci,  ne- 
ri ,  buccia  tenerissima,  per  il  che  son  facili  ad  infarcire,  e  nei 
primi  giorni  di  ottobre  son  maturi.  Molto  fruttifero,  fa  buon  vi- 
no e  raro  s'incontra. 

9 


(  66  ) 

g^-   Uva  anonima  21.  (  nera  ). 

Vitigno  gagliardo.  Fusto  comune  ;  tralcio  di  due  anni  bi- 
gio scuro  con  nodi  avvicinati  ;  il  novello  verde  chiaro.  Foglia 
rotonda  ;  cinque  lobata  appena  tagliata ,  largo  seno  alla  base  ; 
larga  sette  decimi  di  palmo  e  piìi  :  margine  regolarmente  den- 
tato a  minuti  denti:  colore  di  un  bel  verde.-  lamina  superiore 
glabra  ,  la  inferiore  con  peli  celluiosi  agli  angoli  e  lati  delle 
nervature.  Fiorisce  a  principi!  di  giugno  ,  presto  sfiora  e  man- 
da via  la  corolla.  Grappolo  di  mezzana  grandezza  ,  non  ramoso, 
alquanto  raro  .•  bacca  semi-ovale ,  grandetta  ,  sugosa  con  buccia 
duretta  e  scricchiola  tra  denti,  dolcissima,  piacevole  ,  nero-lu- 
cida ;  molto  fruttifero  e  non  infarcisce.  Fa  ottimo  e  gentile  vi- 
no. A  principii  di  ottobre  matura.  Raro  s' incontra. 

9^.    Uva  anonima  28.  (  nera  ). 

Vitigno  mediocremente  vigoroso  .•  fusto  comune  ,  tralcio  di 
due  anni  ciaericcio  scuro  ,  con  nodi  avvicinati  ;  il  novello  ver- 
de chiaro.  Foglia  ovale  ,  cinque  lobata ,  poco  0  nulla  incavata, 
seno  alla  base  :  larga  sette  in  otto  decimi  di  palmo  per  sei  e 
più  ;  margine  dentato  con  denti  piccioli  ed  assottigliati  :  colore 
di  un  bel  verde  ;  picciuolo  e  nervature  verde-chiaro:  la  lamina 
superiore  glabra  ,  la  inferiore  coverta  di  tela  aracnoidea.  Fiori- 
sce a  principii  di  giugno  ,  presto  sfiora  e  manda  via  la  corolla. 
Grappolo  alquanto  piccolo  non  ramoso  ;  mezzanamente  folto."  bac- 
ca rotonda ,  di  ordinaria  grandezza  ,  nera  ,  sugosa,  dolce  ,  buc- 
cia duretta  .•  fa  buon  vino  ed  è  sufficientemente  fruttifero.  Ma- 
tura nella  seconda  metà  di  ottobre.  Non  è  molto  comune. 


(  67  ) 
gB.   Uva  anonima  sg.  (  bianca  ). 

Vitigno  siifTicientenienle  vigoroso.  Fusto  comune;  tralcio  di 
due  anni  cinericcio  scuro  ,  con  nodi  a  mezzana  disianza  ;  il  no- 
vello verde-chiaro.  Foglia  ovale,  cinque  lobata,  poco  o  nulla 
tagliata  ;  margine  dentato  a  denti  minuti  .•  colore  verde  carico  ; 
picciuolo  verde-chiaro  macchiato  di  rosso  .•  nervature  verde-chia- 
ro ;  picciolo  seno  alla  base:  larga  sette  per  sei  decimi  di  palmo.- 
la  faccia  superiore  è  glabra,  la  inferiore  alquanto  crespa  cover- 
ta di  tela  aracnoidea.  Fiorisce  nella  prima  mota  di  giugno,  pre- 
sto sfiora  e  manda  via  la  corolla.  Grappolo  mezzano  non  ramo- 
so ,  forte  addenzato  .•  bacca  picciola  quasi  rotonda  ,  colore  gial- 
lo verdastro  che  biondeggia  ,  dolce  ,  sugosa  ,  con  buccia  durel- 
ta.  Fa  buon  vino  .•  sufficientemente  fruttifero  .■  matura  nella  me- 
la di  ottobre  e  non  è  molto  comune. 

97.  Uva  song  ine  Ila  (  nera  ). 

Vitigno  gagliardo.  Fusto  comune  .•  tralcio  di  due  anni  bigio 
con  nodi  distanti  tra  loro.-  il  novello  verde-chiaro.  Foglia  ovale, 
larga  un  palmo  per  otto  decimi  ,  cinque  lobata  profondamente 
incavata ,  seno  alla  base  .•  margine  dentato  irregolarmente  a  den- 
ti allungati  e  nuovamente  dentati  .•  lamina  superiore  glabra  ;  la 
inferiore  con  rari  peli  celluiosi.  Grappolo  mollo  allungato  ,  ra- 
moso ,  raro.-  bacca  grande  ghiadeforme  ,  nera-lucida ,  polposa, 
dolce;  buccia  dura,  che  scricchiola  fra' denti  ;  pochissimo  suc- 
co :  è  buona  per  tavola.  L'  ho  rinvenuta  ne'  terreni  di  Bosco  , 
ma  non  in  quantità. 

98.  Uva  Madonna  (  nera  ). 

Vitigno  gagliardo.   Fusto  comune  ,  tralcio  di  due  anni  bi- 


(68  ) 
gio  scuro  ,  con  nodi  alquanto  diradati  ;  tralcio  novello  verde-chia- 
ro. Foglia  ovale ,  cinque  lobata  appena  incavata  ;  larga  otto  de- 
cimi di  palmo  per  sette  e  piìi  ;  colore  verde-cupo  ;  picciuolo  e 
nervature  verde-chiaro;  margine  dentato  a  piccoli  denti;  lamina 
superiore  glabra  ;  la  inferiore  coverta  da  tela  aracnoidea  molto 
rara ,  con  peli  celluiosi  agli  angoli  delle  nervature.  Grappolo 
accorciato  mezzanamente  follo  ,  poco  ramoso  alla  base.  Fiorisce 
nella  metà  di  giugno  ;  presto  sfiora  e  manda  via  la  corolla;  bac- 
ca rotonda  ,  nera  ,  di  grandezza  ordinaria  ,  dolce  e  fa  buon  vi- 
no. Matura  nella  metà  di  ottobre;  suITicientemente  fruttifero.  E- 
siste  ne'  terreni  di  Bosco. 

99.    Uva  aglianica  (  bianca  ). 

Vitigno  gentile.  Fusto  comune;  tralcio  di  due  anni  bigio  , 
con  nodi  a  poca  distanza,  il  novello  verde-chiaro.  Foglia  quasi 
rotonda  ,  cinque  lobata  ,  poco  incavata  ;  seno  alla  base  ;  il  mar- 
gine irregolarmente  dentato ,  e  colore  verde-aperto  ;  picciuolo  e 
nervature  verde-chiaro  ;  lamina  supcriore  glabra  ,  la  inferiore 
con  tela  aracnoidea  ,  e  traspariscono  agli  angoli  delle  nervatu- 
re peli  celluiosi.  Fiorisce  nella  prima  metà  di  giugno  ;  presto 
sfiora  e  manda  via  la  corolla.  Grappolo  picciolo  ,  svelto^  raro. 
Bacca  rotonda,  picciola  ,  dolce  ,  sugosa;  colore  gialletto.  Ma- 
tura dopo  la  metà  di  ottobre ,  e  fa  buon  vino.  Mediocremente 
fruttifero.  Trovasi  ne"  terreni  di  Bosco. 

100.    Uva  zibirra  (  bianca  ). 

Vitigno  gagliardo.  Fusto  comune  ;  tralcio  di  due  anni  ci- 
nericcio  ,  con  nodi  a  media  distanza ,  il  novello  verde-chiaro. 
Fiorisce  nella  prima  metà  di  giugno ,  presto  sfiora  e  manda  via 


(69) 
la  corolla.  Foglia  quasi  infera,  che  appena  segna  i  cinque  lobi, 
seno  alla  base  ,  rotonda  ,  larga  sette  decimi  circa .-  margine  re- 
golarmente dentato  a  minuti  denti ,  glabra  la  lamina  superiore  , 
la  inferiore  egualmente  ;  ma  agli  angoli  delie  nervature  si  rav- 
visano peli  celluiosi.  Colore  verde  aperto;  picciuolo  e  nervature 
verde-chiaro.  Grappolo  allungato ^  ramoso,  sfolto.  Bacche  ovali 
alhingate  ,  ineguali;  colore  giallo  dorato,  polposette ,  sugose, 
dolci  ,  buccia  duretta,  gradite  al  palato;  e  fan  buon  vino.  Mol- 
to fruttifero.  Matura  nella  metta  di  ottobre.  Ne'  terreni  di  Bosco. 

loi.    Uva  olivella  bastarda  (  nera  ). 

Vitigno  gagliardo.  Fusto  comune  .•  tralcio  di  due  anni  bigio 
con  nodi  a  media  distanza  ;  il  novello  verde  chiaro.  Foglia  ro- 
tonda ,  cinque  lobata  profondamente  incavata  con  seni ,  e  seno 
largo  alla  base;  irregolarmente  dentata  a  denti  acuti;  larga  set- 
te decimi  di  palmo  .•  colore  verde  cupo  :  picciuolo  e  nervature 
verde-chiaro,  con  leggiere  macchie  di  rosso  :  glabra  la  lamina 
superiore  ;  la  inferiore  coverta  di  peli  celluiosi  ,  or  folti  or  ra- 
ri. Fiorisce  a  principii  di  giugno  ,  e  presto  sfiora  ,  mandando 
via  la  corolla.  Grappolo  allungato,  ramoso,  piuttosto  folto:  bac- 
ca ovale  di  grandezza  ordinaria,  nera  ,  sugosa,  dolce,  fa  buon 
vino,  e  matura  nella  seconda  metà  di  ottobre.  Molto  fruttifero. 

102.    Uva  calabr esella  (  nera  ). 

Vitigno  gagliardo.  Fusto  comune  :  tralcio  di  due  anni  bigio 
con  nodi  a  media  distanza  :  il  novello  verde-chiaro.  Foglia  qua- 
si rotonda ,  cinque  lobata  appena  incavata  :  larga  otto  decimi  di 
palmo  circa  :  il  margine  si  avvicina  piìi  al  crenato  che  al  den- 
lato  :  colore  verde  cupo  ;  picciuolo  e  nervature  verde-chiaro:  la- 


(70) 
mina  superioro  glabra  ,  la  inferiore  coverta  di   tela   aracnoidea. 

Grappolo  molto  allungato  e  smilzo.  Fiorisce  a  principii  di  giu- 
gno :  presto  sflora  e  manda  via  la  corolla.  Bacca  nera  ,  ovale  , 
grandezza  ordinaria;  sugosa  ,  dolce  ,  polposetta  che  scricchiola 
tra  denti;  fa  buon  vino,  ed  è  molto  fruttifero.  Terreni  di  Bosco. 

io3.    Uva  tintora  (  nera  ). 

Vitigno  gagliardo.  Fusto  comune  :  tralcio  di  due  anni  bi- 
gio scuro  ,  con  nodi  avvicinati  :  il  novello  verde-chiaro.  Foglia 
tra  il  rotondo  e  l'ovale  ,  cinque  lobata  ,  incavata  con  seni  ,  e 
seno  alla  base:  larga  sette  in  otto  decimi  di  palmo:  margine  ir- 
regolarmente dentato  :  colore  verde-carico  ;  picciuolo  macchiato 
(li  rosso  :  nervature  verde-chiaro  :  lamina  superiore  glabra  ,  la 
inferiore  coverta  di  lacera  tela  aracnoidea,  e  negli  angoli  delle 
nervature  compariscono  peli  celluiosi.  Fiorisce  nella  prima  met'- 
tà  di  giugno  ,  presto  sfiora  e  manda  via  la  corolla.  Grappolo 
allungalo  ramoso  alla  base,  folto.  Bacca  picciola,  rotonda,  nera, 
e  scricchiola  tra  i  denti  ;  succo  molto  colorito  e  dolce.  Molto 
fruttifero.  Fa  buon  vino. 

io4-    Uva  monaco  (  nera  ). 

Vitigno  gagliardo.  Fusto  comune  :  tralcio  di  due  anni  ci- 
nericcio  con  nodi  diradati  :  il  novello  verde-chiaro.  Foglia  ro- 
tonda ,  cinque  lobata  ,  incavala  con  seni  ,  e  picciol  seno  alla 
base:  margine  dentato  a  piccioli  denti  :  larga  sette  decimi  di 
palmo  circa  :  colore  verde-carico  ;  picciuolo  e  nervature  verde- 
chiaro :  lamina  superiore  glabra  ,  la  inferiore  con  rara  tela  a- 
racnoidea.  Fiorisce  nella  prima  metà  di  giugno;  presto  sfiora  e 
manda  via  la  corolla.   Grappolo   grande  allungato;  ramosetto  al- 


(  7'  ) 
la  base,  follo.  Bacca  ovale  vantaggiosa  in  grandezza,  nera,  hiic- 
cia  dura  ed  aspra  ,  sugosa.   Matura  in  fine  di  ottobre.  Molto  frut- 
tifero. Fa  vino  duro  e  gagliardo.  E  ne'  terreni  di  Bosco. 

io5.   Uva  verdesca  (  bianca  ). 

Vitigno  alquanto  gentile.  Fusto  comune:  tralcio  di  due  an- 
ni cinericcio  con  nodi  allungati  :  il  novello  verde  chiaro.  Fo- 
glia ovale ,  cinque  lobata  incavata  a  larghi  seni  e  seno  alla  ba- 
se ;  margine  dentato  a  minutissimi  denti  :  colore  verde  aperto  : 
picciuolo  e  nervature  verde-chiaro  :  larga  sette  in  otto  decimi  : 
lamina  superiore  glabra  :  la  inferiore  coverta  di  fìtta  tela  arac- 
noidea.  Fierisce  nella  prima  metà  di  giugno  :  presto  sfiora  .  e 
manda  via  la  corolla.  Grappolo  accorciato  ,  non  ramoso  ,  folto  : 
bacca  picciola ,  verde  giallognola  che  biondeggia  a  perfetta  ma- 
turità ;  buccia  duretta ,  succo  molto  liquido  ,  dolce  ;  fa  buon  vi- 
no :  molto  fruttifero.  È  ne"  terreni  di  Bosco. 

106.   Uva  del  Prete  del  Pelosio  (  nera  ). 

Vitigno  gagliardo.  Fusto  comune  :  tralcio  di  due  anni  bi- 
gio con  nodi  molto  allungati:  il  novello  verde-chiaro.  Foglia  qua- 
si intera,  con  appena  il  segno  de' lobi ,  rotonda,  larga  sette  in 
otto  decimi  :  margine  dentato  a  minuti  denti  :  colore  verde-ame- 
no ;  picciuolo  e  nervature  verde-chiaro  ;  lamina  superiore  gla- 
bra ;  la  inferiore  con  peli  celluiosi  e  filamenti  aracnoidei.  Grap- 
polo allungato  e  sfolto  ;  bacca  grande ,  rotonda  ,  nera  ,  sugosa  , 
dolce.  Molto  fruttifero.  Fa  buon  vino.  È  ne'  terreni  di  Bosco. 

107.   Uva  Masiromatteo  (  nera  ). 

Vitigno  vigoroso.  Fusto  comune:  tralcio  di  due  anni   bigio 


'(  72  )■ 
carico  ,  con  nodi  a  media  distanza:  il  novello  verde-chiaro.  Fo- 
glia semi-ovale  ,  larga  otto  per  nove  decimi  di  palmo  circa, 
cinque  lobata  ,  poco  incavata  ,  ed  i  lobi  alla  base  si  avvicina- 
no :  colore  di  un  bel  verde  ;  picciuolo  e  nervature  verde-chiaro; 
margine  dentato  a  denti  piuttosto  piccioli  :  lamina  superiore  gla- 
bra ;  la  inferiore  con  rari  peli  celluiosi ,  e  lacinie  di  peli  arac- 
noidei.  Grappolo  mezzano,  sfolto,  poco  ramoso:  bacca  rotonda, 
nera ,  piuttosto  picciola  ,  buccia  duretta  ,  sugosa  ,  molto  dolce. 
Fruttifero  sulfìcientemente  e  fa  buon  vino.  Matura  nella  metta 
di  ottobre.  E  ne'  terreni  di  Bosco. 

io8.   Uva  micco  (  bianca  ). 

Vitigno  vigoroso.  Fusto  comune:  tralcio  di  due  anni  bigio 
con  nodi  a  media  distanza  ,  il  novello  verde-chiaro.  Foglia  ova- 
le ,  cinque  lobata  ,  profondamente  incavata  ,  seno  alla  base  ;  i 
lobi  sono  nuovamente  tagliati  ed  irregolarmente  dentati  a  mi- 
nuti denti  :  colore  verde-aperto  ;  picciuolo  e  nervature  verde- 
chiaro :  larga  sette  per  sei  decimi  di  palmo  :  glabra  la  lamina 
superiore  ,  la  inferiore  sparsa  di  peli  celluiosi.  Fiorisce  a  prin- 
cipii  di  giugno  ,  presto  sfiora  e  manda  via  la  corolla.  Grappo- 
lo grande  allungato  ;  ramoso  alla  base  ,  alquanto  raro  :  bacche 
ovali  di  varia  dimensione  ,  da  quella  quasi  dell'  uva  catalanesca, 
fino  a  quella  di  un  pisello  :  colore  giallastro  ;  dolce  ma  acquo- 
so ,  buccia  duretta  ,  e  fa  vino  mediocre.  Matura  nella  seconda 
metà  di  ottobre.  Sparsamente  s' incontra,  ma  non  in  abbondanza. 

109.    Uva  pane  (  nera  ). 

Vitigno  gagliardo.  Fusto  comune  lussoreggiante  :  tralcio  di 
due  armi  bigio ,  con  nodi  a  media   distanza  :    ii  novello    verde- 


(73  ) 
Ciiìaro.  Foglia  rotonda  cinque  lobata  ,  profondamsnle  incavala  : 
seno  alla  base  ,  margine  dentato  irregolarmonle  a  denti  profon- 
damente tagliati  :  larga  sette  in  otto  decimi  di  pilino  :  colore 
verde  aperto,  picciuolo  e  nervature  verde-lucido:  arab;i  le  la- 
mine glabre.  Fiorisce  nella  prima  metà  di  giuguo  ,  presto  sflo- 
ra e  manda  via  la  corolla.  Grappolo  grande ,  ramoso ,  piuttosto 
folto  :  bacche  semi-ovali  ,  grandi  ,  alternate  da  granelli  piccio- 
lissirai  rotondi,  colore  nero  rossigno  :  polpose ,  sugose  che  scric- 
chiolano  tra  i  denti.  Buona  per  tavola:  matura  verso  la  fine  di 
ottobre.   Mollo  fruttifero. 

iio.   Uva  Groja  (  violetta  ). 

Vitigno  gagliardo.  Fusto  comune  :  tralcio  di  due  anni  bi- 
gio rossiccio,  con  nodi  molto  avvicinati:  il  novello  verde-chiaro. 
Foglia  rotonda  cinque  lobata,  incisa  fino  a  metà:  seno  alla  base: 
larga  sei  in  sette  decimi  di  palmo  :  margine  acutamente  denta- 
to :  colore  verde  ameno  :  picciuolo  e  nervature  verde-chiaro  : 
glabra  la  lamina  supcriore,  la  inferiore  con  peli  celluiosi  negli 
angoli  delle  nervature.  Fiorisce  nella  prima  metà  di  giugno  , 
presto  sfiora  e  manda  via  la  corolla.  Grappolo  grande  ,  ramoso 
mezzanamente  folto  :  bacca  ovale,  rotonda  ,  vantaggiosa  in  gran- 
dezza ,  color  rosso  violetto  ,  polposa  che  scricchiola  fra  i  den- 
ti ;  buona  per  la  mensa  ,  ma  insipida  \  matura  in  fine  di  otto- 
bre.  Sufficientemente  fruttifero. 

III.    Uva  Monarca  (  bianca  ). 

Vitigno  gagliardo.  Fusto  comune  hissorcggianfe  :  tralcio  di 
dtie  anni  bigio  con  nodi  mollo  avvicinati.  Foglia  rotonda  ,  cin- 
que lobata,  poco  incavata,  seno  alla  base  ;  larga  sei   in    sette 

IO 


decimi  di  pilmo  :  margine  dentato  irregolarmente  ;  colore  verde 
carico  :  picciuolo  e  nervature  verde  chiaro  :  glabra  ambo  le  la- 
mine. F  orisce  nella  prima  metà  di  giugno  ,  e  ritarda  alquanto 
a  sfiorare  ;  mandando  via  la  corolla.  Grappolo  molto  allungato, 
non  ramoso;  alquanto  raro  perchè  soggetto  a  colatura.  Bacca 
granf'e  gliiandeforme  con  granelli  piccioli  frammisti  :  colore  gial- 
letto  ,  che  biondeggia  ;  polposa  che  scricchiola  fra  denti  ,  di 
grato  sapore  ;  ottima  per  la  mensa.  Grandemente  fruttifero.  Ma- 
tura a  metà  di  ottobre.  L'  ho  rinvenuta  nel  giardino  dell'  eremo 
de'  Camaldoli  di  Torre  del  Greco. 

112.   Uva  Regina  Isabella  o  ananas  (  nera  ). 

Questo  vitigno  esotico,  pervenuto  nella  raccolta  de' vitigni 
al  Real  Orto  botanico  da  pochi  anni  ,  si  sta  rapidamente  propa- 
gando prr  via  d'innesti  in  queste  contrade  ,  dove  mirabilmente 
prova.  Il  suo  abito  particolare  lo  fa  a  prima  vista  riconoscere. 
F,  vigoroso.  Il  fusto  di  piìi  anni  si  fa  scuro  tendente  legger- 
mente al  rossiccio.  Al  terzo  anno  ne'  rami  1'  epidermide  si  fen- 
de longitudinalmente  e  se  ne  distacca  formando  de' nastri ,  enei 
sottoposto  legno  si  forma  1'  altra  epidermide  :  il  tralcio  di  due 
anni  è  di  colore  scuro  traente  al  rosso  :  la  distanza  tra  nodi  varia- 
bile dipendente  dal  rigoglio  della  vite:  il  tralcio  novello  di  color 
verde  chiaro  ,  sparso  di  rare  macchie  rossicce  ;  foglia  verde  vi- 
vo ,  di  cui  il  picciuolo  e  le  nervature  son  verde  chiaro  :  roton- 
da ,  quasi  intera  ,  e  sol  tre  angoli  nella  parte  superiore  spor- 
genti contrassegnano  tre  lobi,  con  seno  alla  base,  ora  stretto  or 
largo  :  margine  dentato  irregolarmente  :  larga  fin  ad  un  pal- 
mo e  quarto.  La  lamina  superiore  è  glabra  ,  ma  talora  vi  si 
rinvengono  lacerazioni  e  sfioccature  di  peli  aracnoidei  :  la  infe- 
riore coverta  di  densa  tela  aracnoidea  :  nulla  affatto  di  peli  cel- 


(7^) 
lulosi.  Fiorisce  verso  la  fine  di  maggio  ,  presto  sfiura  e  manda 

ria  la  corolla.  Grappolo  di  mezzana  grandezza  non  ramoso,  me- 
diocremenle  folto.  Bacca  rotonda  ,  nera,  piuttosto  mezzana  che 
piccola,  sugosa  si  ma  tenace  la  polpa  interna:  nullo  dolce  e 
di  un'aroma  tanto  intenso  che  a  taluno  nausea.  Fruttifero  molto 
e  sovente  manda  da'  tralciuzzi  secondarli  ,  ossia  femminelle ,  de' 
secondi  grappoli.  E  siccome  ne' luoghi  meridionali  e  coUincschi 
il  primo  frutto  è  maturo  nella  seconda  metà  di  seltemhre,  il  se- 
condo lo  diviene  verso  la  metà  di  novembre.  Il  vino  cavalo  da 
«juesf  uva  è  piuttosto  nauseante  perchè  si  altera  con  la  fermen- 
lazioue. 


(7 

6) 

CATALOGO  DELLE  VARIETÀ  DESCRITTE. 

i. 

Uva  piede  di  palumbo 

0   palom- 

21. 

Uva  aglianicone    . 

nera 

bina 

nera 

28. 

Uva  cannamele.     .    ' 

nera 

2. 

Uva  coda  di  cavallo. 

bianca 

29. 

Uva  spollccarella  . 

nera 

3. 

Uva  anonima  1. 

bianca 

30. 

Uva  ferrante    . 

nera 

4. 

Uva  galletta.     .     . 

violetta 

31. 

Uva  pernice     .     . 

nera 

5. 

Uva  olivella  .... 

nera 

32. 

Uva  moscatella,  e  mo 

6. 

Uva  di  tarantino. 

nera 

scalcilone   . 

bianca 

1. 

Uva  rosa. 

bianca 

33. 

Uva  falangliina.     . 

bianca 

8. 

Uva  di  capotuosto  .     . 

nera 

34. 

Uva  duraca 

bianca 

9. 

Uva  priore     . 

nera 

3'). 

Uva  pruna  . 

nera 

10 

Uva  forcinola  o  porci 

36 

Uva  vctrancone     . 

nera 

noia 

nera 

31. 

Uva  barbarossa 

rossa 

11 

Uva  colagiovanni    . 

nera 

38. 

Uva  di  donnotlavio. 

nera 

12 

Uva  lugiiese     .     . 

nera 

39. 

Uva  anonima  3.    . 

nera 

13 

Uva  dolciolella  o  dol- 

40. 

Uva  coda  di  volpe 

nera 

cetta      .... 

nera 

41. 

Uva  rosa     .     .     . 

nera 

14 

Uva  castagnara  o  San- 

42. 

Uva  sanfrancisco    . 

rossa 

tamaria  .... 

nera 

43. 

Uva  lugliesella. 

nera 

13 

Uva  sauginella. 

bianca 

44. 

Uva  anonima  4.    . 

nera 

16 

Uva  catahincsca     . 

bianca 

45. 

Uva  razza  di  Carruozzo, 

nera 

n. 

Uva  corniola    .      . 

bianca 

46. 

Uva  grecagna  .     . 

bianca 

18. 

Uva  signora     .     .     . 

bianca 

41. 

Uva  pignolata  o  pignola 

nera 

19. 

Uva  tostolella  o  dura- 

48. 

Uva  campanella  verace 

bianca 

cina 

bianca 

49'. 

Uva  campanella  bastar- 

20. 

Uva  marrocca  .      . 

nera 

da   

bianca 

21. 

Uva  di  voccuccio  .     . 

nera 

50. 

Uva  anonima  5.    .     . 

nera 

22. 

Uva  fetecci.     ..     .     . 

nera 

51. 

Uva  di  Palladino  .     . 

nera 

23. 

Uva  inarrocca  . 

bianca 

52. 

Uva  greca  . 

bianca 

24. 

Uva  anonima  2.    . 

nera 

53. 

Uva  guarnaccia      .     . 

nera 

25. 

Uva  aglianica  verace  . 

nera 

54. 

Uva  fiore    .     .     .     . 

bianca 

26. 

Uva    agliauicLcUa     di 

55. 

Uva  barone.     ,     .     . 

bianca 

Sansevcriuo      .     .     . 

nera 

56. 

Uva  anonima  6     .     . 

bianca 

(  77  ) 


51. 

Uva 

zibibba 

. 

bianca 

85. 

Uva 

masto  .     .     . 

nera 

58. 

Uva 

rossolclla 

. 

nera 

HO. 

Uva 

anoninra  21    . 

nera 

59. 

Uva 

soricclla 

. 

bianca 

81. 

Uva 

zenzola 

nera 

60. 

Uva 

anonima 

1     . 

nera 

88. 

Uva 

del  palazzo    . 

nera 

61. 

Uva 

anonima 

8     . 

nera 

89. 

Uva 

anonima  22    . 

bianca 

62. 

Uva 

nocella 

. 

nera 

90. 

Uva 

anonima  23    . 

bianca 

63. 

Uva 

tercsella 

, 

nera 

91. 

Uva 

anonima  24   . 

bianca 

64. 

Uva 

Ialina  . 

. 

bianca 

92. 

Uva 

anonima  25   . 

ncr;i 

65. 

Uva 

anonima 

9.   .     . 

bianca 

93. 

Uva 

anonima  2G  . 

ni^ra 

66. 

Uva 

anonima 

10   . 

nera 

94. 

Uva 

anonima  21   . 

neia 

67. 

Uva 

anonima 

11   . 

nera 

95. 

Uva 

anonima  28  . 

nt.-ra 

68. 

Uva 

tostolella 

0  dura- 

9G. 

Uva 

anonima  29  .     . 

bianca 

Cina 

. 

. 

nera 

91. 

Uva 

sanginella.     . 

nera 

69. 

Uva 

porcbiac( 

'bella 

nera 

98. 

Uva 

madonna   . 

nera 

10. 

Uva 

scassacarrcHa. 

nera 

99. 

Uva 

aglianica  .     . 

bianca 

H. 

Uva 

castagnai 

ella  del- 

100 

.  Uv<n 

i  zibirra     .     . 

bianca 

la  Torre     . 

•         • 

nera 

101 

.  Uva 

i  divella  bastarda 

nera 

12. 

Uva 

anonima 

12  . 

nera 

102 

Uvn 

i  calabresella  . 

nera 

13. 

Uva 

malv.isia 

. 

bianca 

103 

Uva 

tingitora .     .     , 

nera 

14. 

Uva 

della    terra    pro- 

104 

.  Uva 

i  di  monaco.   . 

nera 

messa   .     . 

- 

nera 

103 

.  Uva  Tcrdesca.     . 

bianca 

15. 

Uva 

anonima 

13  . 

nera 

100 

.  Uva  del  prete  del  pe- 

16. 

Uva 

anonima 

14  . 

bianca 

losi©     .... 

nera 

n. 

Uva 

anonima 

15  . 

nera 

101 

.  Uva  mastromatteo 

nera 

18. 

Uva 

zizza  di 

vacca 

nera 

108 

Uva 

micco 

bianca 

19. 

Uva 

anonima 

16  . 

nera 

109 

.  Uva  pane  . 

nera 

80. 

Uva 

zi  tara  . 

• 

nera 

HO 

.  Uva  groja.     .     . 

rossa 

81. 

Uva 

anonima 

11  . 

bianca 

111 

.  Uva  monarca.     . 

bianca 

82. 

Uva 

anonima 

18  . 

nera 

112 

.  Uva  Regina   Isabelk 

i 

83. 

Uva 

anonima 

19  . 

bianca 

0  ananas.  .     .     . 

nera. 

84. 

Uva 

oacnima 

20  . 

nera 

(  78  ) 
GAP.     III. 

Classificazione  delle  diverse  varietà'  di  uve  per  gli  usi. 
Cagioni  del  gran  numeìio  loro. 

§.   I. 

Classificazione  delle  diverse  varietà  per  gli  usi. 

Di  tutte  le  varietà  da  me  descritte ,  tranne  poche ,  tutte  le 
altre  quale  più  quale  meno  ,  sono  gradevolissime  a  mangiare  ; 
ma  quelle  che  in  ispecie  si  destinano  per  gli  usi  della  mensa, 
sono  la  moscadella  ,  il  moscadellone ,  lo  zibibbo  ,  la  sanginel- 
la  ,  la  galletta,  la  corniola^  la  barbarossa,  la  duraca ,  la  du- 
racina bianca  ,  la  groja ,  la  rosa,  alcune  delle  anonime,  la  ca- 
talanesca  e  la  monarca  ,  che  a  tempi  diversi,  a  cominciare  dal- 
la fine  di  agosto  e  principii  di  settembre  a  tutto  la  fine  di  ot- 
tobre vengono  a  maturità,  e  talune  conservar  si  possono  per  tut- 
to il  verno  ,  quali  la  duracina  bianca  ,  la  groja ,  la  corniola  e 
la  catalanesca.  Tutte  ancora  possono  dar  vino  ,  sebbene  scarsa- 
mente ,  quale  gradevolissimo ,  come  la  moscadella  ,  e  lo  zibibbo , 
e  quale  generoso  e  nobile  come  la  catalanesca. 

Ott'.me  a  fare  uve  passe  sono  lo  zibibbo  ,  il  moscadellone, 
la  duraca ,  la  sanginella  ,  la  catalanesca  ,  e  la  monarca  ;  ed  o- 
gni  altra  varietà  che  sia  polposa  e  di  buccia  duretta. 

Tutte  le  altre  varietà  vanno  destinate  alla  fabbricazione  del 
vino  ,  e  in  generale  mischiando  uve  bianche  ed  uve  nere.  Ma 
chi  ama  avere  vini  migliori  separa  le  une  dalle  altre,  fabbrican- 
do a  parte  il  vino  bianco  con  le  prime,  per  il  quale  va  adope- 
ralo anche  metodo  diverso,  e  meglio  mettendo  pure  a  parte  l'uva 
rosa  che  dà  vino  alquanto  leggiero  ed  aspretto  ,  ma  pur  grazio- 


(79  ) 
so  ,   quello  bensì  della  zona  media  su  la  cosla  sud-ovest  ;  ed   ii- 

nendovi  anche  la  calalanosca  che  accresce  forza  e  sapore  al  vi- 
no. E  se  questa  ultima  si  faccia  asciugare  al  sole  per  alquanti 
giorni  e  separatamente  sen  cavi  vino,  si  ottiene  un  liquore  squi- 
sitissimo. Dalla  mistura  delle  quali  uve  bianche ,  della  seconda 
e  terza  zona  ,  si  ottiene  quell'  eccellente  vino  chiamato  lacrima 
])ianca ,  da  Portici  a  Bosco  ,  o  vino  greco  a  Somma. 

Tutte  le  uve  nere  ,  fuse  insieme  ,  danno  vino  rosso .  elio 
so  raccolto  dalla  zona  inferiore  è  chiamato  mezza  lacrima  ,  so 
dalla  media  ,  lacrima  fina  ,  e  se  dalla  superiore  ,  il  suo  pre- 
gio sta  tra  mezzo  all'uno  ed  all'altro  vino.  Se  poi  si  volesse  un 
vino  per  eccellenza  squisito,  generoso  ,  amabile  ed  aromatico  , 
dovrebbcsi  fare  scelta  delle  uve  ,  e  predeligere  1'  aglianica ,  sia 
verace  che  di  Sanseverino ,  la  pignola  ,  1'  olivella  ,  la  dolciolel- 
la  ,  la  capotuoslo ,  la  palombina  ,  la  priore  e  quelle  da  me  no- 
tale tra  le  anonime  num.   2,7,    io,    12,    18  e  27. 

Le  altre  varietà  di  uve  nere  ,  sebbene  nou  abbiano  tut- 
te il  medesimo  pregio ,  sia  per  la  qualità  del  vino  che  cia- 
scuna farebbe  a  parte ,  sia  per  l' abbondanza  del  prodotto  ,  tran- 
ne solamente  la  marrocca  nera  e  la  voccuccio ,  che  danno  un 
vino  durissimo  ,  gagliardo  e  di  lunga  durata  ,  e  perchè  tale  ha 
bisogno  degli  anni  per  maturarsi  ,  tutte  esse  diceva ,  unite  insie- 
me ,  somministrano  vino  gradevole  ,  di  sufficiente  vigore  e  buo- 
no ad  usare  a  capo  di  sei  mesi. 

Non  vuoisi  ancor  trascurar  di  notare  ,  che  i  vini  raccolti 
dalle  coste  sud  od  ovest  del  Vesuvio  son  superiori  a  quelli  del- 
la cosla  nord  ed  est  del  Somma. 


(  8o  ) 

§.     2. 

Cagioni  del  gran  numero  di  varietà. 

Se  come  abbiam  notalo  ,  non  tiilfe  le  uve  banno  il  mede- 
simo pregio  ,  sia  per  la  bontà  del  vino  ,  sia  per  1'  abbondanza 
del  frutto  ,  sia  per  le  malattie  cui  van  soggette,  talune  più,  al- 
tre meno  ,  ed  ancora  perchè  di  moltissime  varietà  sonovi  delle 
sottovarietà  d' indole  alquanto  più  sai  valica  ,  il  cui  comporta- 
mculo  diverso  si  appalesa  nella  inTiorescenza  più  ritardala  e  nella 
fruttificazione,  sembra  certamente  una  sconsigliatezza  quella  di  al- 
levare alla  rinfusa  tante  razze,  e  buone  e  malvage,  mentre  ogni 
ragione  vorrebbe  stringerne  il  numero  a  poche  varietà  e  le  mi- 
gliori. Accusa  questa  che  principalmente  colpisce  i  possidenti  di 
poderi  mascosi  con  terra  di  fuoco  su  la  china  sud-ovest  del  Ve- 
suvio ove  rinviensene  il  più  gran  numero. 

Or  causa  di  ciò,  è  parte  necessità  naturale,  e  parte  incu- 
ria ed  avidità  de'  coltivatori. 

Per  la  prima,  io  l'ho  già  dianzi  accennato;  che  i  coltiva- 
tori di  questi  poderi  debbonsi  provvedere  altrove  di  magliuoli  o 
barbatelle  per  far  piantagioni  ed  aumenti.  Ma  poiché  sono  in 
questa  stretta  necessità,  dovrebbero  fuggire  i  mercati  per  la  com- 
pra de' magliuoli  e  delle  barbatelle,  ed  invece  ricercarne  nei  po- 
deri conosciuti ,  con  anticiparne  la  richieita  ad  epoca  in  che  il 
frutto  è  pendente ,  per  riconoscere  le  razze ,  e  conosciutele ,  non 
farsi  abbagliare  dall'  abbondanza  del  frutto  ,  qualora  questo  sia 
di  spregevole  qualità,  ma  determinarsi  per  le  qualità  lodate.  Ed 
oltre  a  ciò  porre  mente  su  la  simiglianza  o  dissimiglianza  del 
terreno  e  delle  meteore  che  vi  sogliono  avere  efficacia ,  ed  an- 
cora farsi  dotto  su  le  razze  che  ben  provano  nel  suo  terreno. 
X)el  che  nulla  fauno,    e  comprano    magliuoli   e   barbatelle    alla 


(  8'  ) 
cicca ,    basta    cbc    gli    uni  e  le  allre  siano  luughi    e    di    buon 
aspetto. 

Intanto  avviene  cbc  delle  buone  razze  di  uva  cbe  ben  pro- 
vano nella  zona  inferiore  ,  traspariate  nelle  altre  due  zone  o  si 
rendono  poco  frutliferc  o  soggette  alla  colatura  percbè  ritardano 
a  sfiorare  ;  cangiamenti  questi  die  talora  si  verificano  ancora  tra 
luogo  e  luogo  della  medesima  zona. 

Infine  i  coltivatori  di  buon  grado  si  accontentano  delle  tan- 
te razze,  sebbene  non  tutte  buone,  e  dicono  cbe  1'  una  e  1'  al- 
tra col  mescolamento  si  temperano  e  danno  per  prodotto  un  vi- 
no sufficientemente  buono,  e  cbe  poi  l"  abbondanza  delle  une 
compensa  la  scarsezza  delle  altre,  e  laddove  sen  veriflobino  di 
quelle  del  tutto  infruttifere,  si  ricorre  alla  nesta, 

C  A  P.     IV. 

Coltivazione  de'  vitigni. 

§.    I. 

Maniera  di  tenere  le  viti. 

Nel  generale  in  queste  contrade  le  viti  si  tengono  a  festo- 
ni ,  ma  allevate  senza  metodo  costante,  a  pancate  o  ad  arboscel- 
li ,  e  veggonsi  alla  rinfusa  e  più  sovente  nella  zona  inferiore 
addossate  parte  a  pioppi  e  parte  a  pali;  e  nelle  altre  zone  seb- 
ben  piìi  rari  fossero  i  pioppi,  pur  nondimeno  ove  le  viti  ab- 
biano buona  crescenza  le  fanno  montar  sempre  su,  senza  obbli- 
garle a  non  oltrepassare  uua  data  altezza,  a  segno  di  esser  ne- 
cessitati di  darle  per  sostegno  con  grave  spesa  un  palo  grosso  e 
lungo,  cbe  anzi  che  pancata,  rassembra  quella  vigna  allevata  a 


(82    ) 

grosso  arboscello.  La  quale  usanza  si  rincontra  più  sovente  nei 
terreni  al  sud-ovest  e  nord-est  del  Vesuvio  ,  che  negli  altri  luo- 
ghi, come  sarebbero  i  terreni  di  Bosco trecase  posti  al  sud,  ove  pro- 
priamente è  quasi  generale  1'  uso  della  pancata  a  discreta  altezza. 

Molto  meno  si  rincontra  disposizione  e  regolarità  di  filari, 
e  discreta  equabile  distanza  tra  le  poste  delle  viti  ;  ed  invece 
son  queste  molto  tra  loro  vicine  di  tre  a  quattro  palmi.  Dal  che 
deriva  che  ligando  festoni  in  tanta  vicinanza  e  per  tutte  le  di- 
rezioni ,  ti  sembra  talora  di  vedere  piuttosto  un  continuato  per- 
golato,  che  ombreggia  soverchiamente  non  solo  il  terreno,  ma 
anche  il  frutto  si  priva  de'  benefici  raggi  del  sole ,  e  della  cir- 
colazione dell'  aria  ,  sicché  spesso  il  vedi  non  giungere  a  per- 
fetta maturità.  A  questo  aggiungi  gli  alberi  da  frutto  che  fram- 
mezzo alle  viti  si  allevano,  i  quali  mentre  accrescono  l'ombra  con 
la  loro  cliioraa  ,  con  le  loro  radici  sfruttano  il  terreno  a  dan- 
no delle  viti. 

Se  cosi  veggonsi  nella  generalità  de'  poderi  le  vigne  alle- 
vate ,  non  manca  di  rincontrare  qualche  raro  e  discreto  podere 
vitato  che  servir  dovrebbe  di  norma  agli  altri.  Quivi  rincontri 
le  viti  piantate  a  poste  contenenti  due  tre  o  quattro  viti  ;  e  le 
poste  ordinate  a  filari  ,  serbanti  la  equabile  distanza  di  sei ,  set- 
te e  otto  palmi  1'  una  dall'  altra  :  i  filari  che  scorrono  da  mez- 
zogiorno a  setienfridnc ,  e  1'  un  filare  discosto  dall'  altro  di  quan- 
to è  la  distanza  fissata  tra  le  poste  ,  e  messe  in  guisa  le  poste 
di  tutt'  i  filari  che  ciascuna  corrisponde  a  quella  degli  altri ,  a 
sesno  da  costituire  tanti  altri  filari  nella  direzione  di  oriente  ad 
occidente  ;  di  tal  che  ogni  quattro  poste  costituiscono  un  qua- 
drato equilatero  :  e  questa  disposizione  vien  per  quelle  contrade 
conosciuta  col  nome  di  quadro  e  squadro.  Le  viti  di  ciascuna 
posta  aggiogate  ad  un  palo  ,  tolti  via  i  pioppi  ed  ogni  altro  albero 
da  frutto,  I  tralci  fi'ulti.'^eri  delle  viti  di  ciascuna  posta  connessi  e 


(83  ) 
^iunlali  con  quc'  dulie  poslc  propiiigiic  ad  uno  o  più  ordini ,  ma 
sol  de' filari  clic  scorrono  da  mezzogiorno  a  scUeiilrioue  senza 
mai  congiungerli  col  fi  laro  a  rincontro  ,  e  ciò  perchè  godesse- 
ro de'  raggi  solari  in  lutto  il  corso  della  giornata  ,  senza  om- 
breggiarsi a  vicenda  ,  e  senza  privarsi  dell'  utile  ventilazione. 
Quale  disposizione  rende  sgombro  il  terreno  non  meno  per  1  la- 
vori a  praticarsi  ,  che  libero  il  contadino  a  scorrere  1  filari  per 
le  varie  operazioni  da  eseguirsi  intorno  alle  viti  nel  corso 
dell'anno. 

A  ciascun  palo  va  pur  adattato  un  ramoscello  o  frasca  di 
pioppo  perchè  vi  si  potessero  avviticchiare  i  novelli  germogli ^  e 
non  essere  obbligalo  più  volte  ,  nel  corso  di  loro  crescenza ,  di 
legarli  al  palo  con  giunco  o  vimine  per  non  lasciarli  spenzolati 
esposti  ad  essere  schiantati  o  rotti  dal  vento. 

L'  altezza  cui  si  fanno  elevare  queste  viti  non  è  maggiore 
da  tre  ad  otto  palmi  circa ,  facendole  da  tal  estremo  punto  cor- 
rere orizzontalmente  nella  direzione  de'  filari  senza  farle  molto 
discostare  d.V  pedali.  Questa  discreta  altezza  è  consigliata  da  piiì 
ragioni  :  perchè  la  soverchia  elevazione  espone  le  viti  agli  ol- 
traggi de'  forti  venti  ,  che  ne  fan  pure  ritardare  la  maturità  del 
frutto  :  perchè  richiede  grossi  pali  in  loro  appoggio  a  scapito 
di  economia  ;  perchè  i  lavori  da  praticarsi  in  esse  viti  si  rendo- 
no più  malagevoli  con  perdita  di  molto  tempo  per  il  frequente 
uso  delle  scale  a  tre  piedi. 

Pianlagione ,  allevamento^  pofagioneec.ee.  delle  vili. 
(  A.  Piantagione.   ) 

La  piantagione  delle  Titi  si  fa  scavando  formelle  nella  sta- 


(84) 
te  e  talora  ancora  in  autunno ,  le  quali  ,  se  larghe  quattro  pal- 
mi in  quadrato,  si  chiamano /o**/,  se  larghe  palmi  due  e  lun- 
ghe quattro,  si  dicono  fosse.  Ne' primi  son  piantate  quattro  po- 
ste ne'  quattro  angoli  ,  ognuno  a  tre  o  quattro  magliuoli  o  an- 
che barbatallc  :  nelle  altre  si  piantano  due  poste  ne'  due  lati  mi- 
nori. Queste  ultime  è  uopo  esclusivamente  praticare  laddove  il 
viteto  è  ordinato  a  tutta  regola  di  filari  a  quadro  e  squadro  ; 
le  quali  fosse  nel  piantarvi  i  magliuoli  si  allungano  scavando 
maggiormente  il  terreno  ne'  due  estremi  verso  la  superficie  per 
farli  sporgere  dal  suolo  alla  definita  distanza. 

Questa  piantagione  si  fa  in  autunno  ;  in  che  le  formelle 
non  si  colmano  per  intero  ,  lasciandole  aperte  in  tre  o  quattro 
palmi  perchè  si  potessero  saturare  di  acqua  e  di  principii  ali- 
mentizii  dell'  atmosfera.  Nel  colmarle  si  deve  usar  la  cura  di  far  si 
che  le  pietre  e  i  ciottoli  piombano  nel  mezzo  ,  ed  intorno  a' 
magliuoli  il  terreno  scevro  di  essi ,  perchè  non  vi  facessero  pia- 
ghe ,  e  perchè  fosse  facile  lo  svolgimento  delle  radici. 

É  cfinmendevole  in  tale  operazione  ingrassare  la  formella 
alla  profondità  di  quattro  palmi  dal  suolo  con  erbe  verdi  o  sec- 
che ,  vinacce  o  letame  vegetabile.  Quindi  nel  mettere  primave- 
ra si  finiscono  di  colmare. 

La  profondità  delle  formelle  è  varia  secondo  la  natura  del 
suolo  e  de'  varii  strati  di  esso.  Ne'  terreni  mascosi ,  quelli  cioè 
sovrapposti  a  lava  basaltica  ,  la  pratica  inveterata  ne  ha  ammae- 
strati doversi  quelle  profondare  fino  a  giungere  ed  anche  rom- 
pere le  scorie  della  lava,  che  i  contadini  chiamano  catracchie: 
profondità  questa  che  varia  ne'  diversi  punti  dello  stesso  terre- 
no ,   talora  di  tre  o  quattro  palmi  fino  ad  oltre  venti. 

Nelle  terre  così  dette  novelle  o  terre  vecchie  ,  ove  si  tro- 
vino composte  di  strati  diversi  ,  si  profondano  fin  là  ove  si  rin- 
contra lo  strato  di  pozzolana  bigia  •  che  se  tale  è  lo    strato  su- 


(  85  ) 
pcriore  ed  ha  molla  altezza  ,  le  formelle  si  arrestano    alla    pro- 
fondità di   palmi  dodici. 

Talora  addiviene  ,  clic  questo  strato  di  pozzolana  è  alia 
profondità  di  circa  4-t»  palmi  ,  e  le  fosse  un  tempo  ,  con  gra- 
ve spesa,  profondaransi  fin  là  per  aver  viti  rigogliose  e  di 
lunga  durata  ;  quando  cioè  la  rendita  della  vigna  compensa- 
va con  usura  la  spesa;  ma  da  molti  anni  a  questa  parte  in 
elle  il  vino  non  dà  il  prezzo  di  una  volta  ,  i  coloni  sopportar 
non  potendo  quella  spesa  che  non  è  compensala  dal  prodotto, 
si  arrestano  alla  profond  tà  tra  dodici  o  quindici  palmi  ,  o 
non  omettono  frammiscliiare  erhe  ,  foglie  o  alquanto  letame  al 
terreno  ,  con  che  colmano  la  fossa  istessa.  Questo  strato  di 
pozzolana  bigia  a  tanta  profondità  sovrapposta  da  svariati  strali 
può  vedersi  no'  terreni  al  Granatello  ,  tagliati  per  la  strada  fer- 
rala ,    ed   anche   più  innanzi  verso  Torre   del  Greco. 

La  lunga  esperienza  ha  insegnalo  a  quella  profondità  pro- 
sperar meglio  i  raiigliuoli ,  tuttocliè  si  vedessero  le  principali 
radici  dello  viti  barbicate  alla  profondità  non  più  che  di  due 
in  cinque  palmi.  Ed  avendo  io  voluto  assicurarmi  del  vero  e 
scrutinarne  le  fisiche  ragioni  ,  su  la  scorta  delle  varie  inter- 
rogazioni dirette  a'  più  assennati  agricoltori ,  son  venuto  a  ca- 
po di  assodare  questi  principii  :  Glie  il  magliuolo  nella  prima 
sua  età,  attingendo  alimento  per  la  sua  estremità  inferiore,  de- 
ve porsi  nel  fondo  della  fossa  :  Che  ne'  terreni  mascosi  su  le 
cairacchie  si  trova  non  solo  terra  vergine  ,  vai  dire  terra  non 
peranche  sfruttata  da  alcuna  vegetazione  ,  che  altro  non  è  che 
scorie  sfarinate  ,  piene  di  umidità  e  grassume  ,  come  sonomi 
assicurato  con  propri  occhi  nell'  esaminare  il  terreno  cavato  da 
mezzo  le  scorie  e  trovatolo  pingue  ed  untuoso,  tal  che  ristretto 
nella  mano  ,  si  ammassa  ,  qual  cosa  non  accade  nella  vera  poz- 
lolana  delta  di  fuoco ,  che  è  più  al  disopra  delle  scorie ,  la  qua- 


•    (86) 
le  rimane  sempre  sciolta  per  quanto  si  potesse  stringere.  Il  che 
è  il  carattere  di  cui  si  valgono  i  muratori  nel  ricercare  la  buo- 
na pozzolana  di  fuoco  per  cemento  ,  la  qaale  forma   ima   malta 
fortissima,  essendo  priva  di  ogni  materia  organica. 

Il  quale  grassume  o  specie  di  umus  prowiene  non  d"  altro 
che  dal  disfacimento  delle  sostanze  vegetabili  ed  animali  che  suc- 
cede nella  superficie  della  terra  e  che  l'acqua  ivi  trasporta  e  de- 
posita per  lo  facile  infiltramento  che  incontra  nel  terreno  sabbio- 
noso  volcanico  .  che  non  la  contiene  :  ove  pur  rinviensi  quella 
perenne  umidità  necessaria  all'  assorbimento  del  vegetabile.  A 
tal  modo  nudrito  U  maghuolo  nella  prima  età,  si  rende  capace 
a  mettere  le  radici  da'  nodi  di  esso  che  sono  più  sa. 

Dalla  qualità  che  le  cosi  dette  terre  di  faoco  posseggono 
di  essere  facilmente  attraversate  dalle  acque  .  e  di  risentire  al 
contrario  gagliardemente  l' azione  del  sole ,  ne  viene  che  le  uve 
delle  viti  in  queste  terre  radicate  sono  le  più  zuccherine  di  tut- 
te ,  e  i  vini  di  esse  primeggiano  sopra  tutti  gli  altri. 

Altra  prova  che  quel  terreno  cavaticcio  dal  fondo  della  fos- 
sa sia  molto  fertile,  si  ha  da  che  i  contadini  ciò  conoscendo  per 
fatto  ,  dopo  colmato  la  fossa  ,  ove  han  cura  di  far  cadere  pria 
il  terreno  superficiale  ,  e  quel  del  fondo  rimanere  al  disopra , 
quivi  han  costume  di  piantare  piante  erbacee  ed  ortaggi  che  be- 
nissimo vi  prosperano. 

L'  analisi  chimica  di  questo  terreno  cavaticcio  da  sopra  le 
scorie  della  lava  può  renderci  instrutti  delle  sostanze  che  in  es- 
so stanno  :  qual  cosa  è  ne"  miei  proponimenti  ;  e  queste  indagi- 
ni potraimo  meglio  concorrere  al  vasto  lavoro  propostosi  dal  R. 
Istituto. 

Per  le  terre  dette  novelle  o  vecchie  si  verificano  condizio- 
ni ad  un  dipresso  simih.  Profondando  le  fosse  nella  pozzolana 
bigia  ,  che  essi  chiamano  pozzolana  vecchia  o  vergine ,  che  pur 


(87) 
volcanica  è,  si  ba  terra  non  depauperata  da  vegetazione ,  umida 
sempre  perchè  tenace  ed  atta  a  contener  I"  acqua.  E  ciò  è  tan- 
to incontrastabile  ,  che  (|ualora  nel  cavare  una  fossa  s' incon- 
tra essere  stata  nel  medesimo  luogo  altra  volta  pur  cavata  hi 
terra  ,  augurano  male  per  la  prosperità  de"  magliuoli  ,  dicen- 
do esser  quella  una  fossa  vecchia  ,  ove  non  trovano  terra  ver- 
gine ;  e   nel   fallo   ho  cosi  veriGcato. 

(  B.  Allevamealo.  ) 

Quanto  all'  allevamento  del  magliuolo,  la  pratica  invetera- 
ta seguita  generalmente  da'  nostri  agricoltori  si  è  di  lasciarli 
per  tre  o  quattro  anni  abbandonati  a  sé  stessi  senza  toccarli 
col  ferro  ,  e  la  ragione  che  ne  danno  si  è  che  cosi  la  vile 
fortemente  si  radica  ,  e  che  allorquanlo  al  quarto  o  quinto  an- 
no la  potano,  lasciando  una  sola  messa,  mozzata  all'  altezza  di 
un  palmo,  la  veggono  rigogliosamente  vegetare,  per  modo  che 
nell'anno  appresso  possono  vieppiù  alzare  il  tronco,  e  ucU" al- 
tro anno  ove  veggasi  prosperoso  e  con  tralci  robusti ,  impostar- 
la ,  ossia  aggiogarla  con  lasciarle  ahiuanlo  di  più  del  tralcio 
novello  perchè  dia  frutto  ,  il  quale  si  piega  circolarmente  in 
giù,  o  si  liga  orizzontalmente  al  tralcio  di  una  vite  della  po- 
sta vicina,  con  giunta  o  senza  a  formar  festone.  E  di  anno 
in    anno   il    tronco  gradatamente   si  eleva. 

Io  ho  messo  a  prova  un  metodo  diverso ,  cioè  di  potare  il 
magliuolo  fin  dal  primo  anno  alla  stagione  consueta  della  pota 
della  vigna,  lasciando  due  soli  occhi  ad  una  sola  messa,  e  dan- 
dogli un  picciol  sostegno  per  ligarvi  i  novelli  germogli.  A  tal 
modo  si  ha  più  presto  la  formazione  del  tronco,  poiché  tutta  la 
nutrizione  si  spiega  in  due  sole  messe,  e  viene  altresì  ben  con- 
formalo senza   quella  protuberanza  che  d'  ordinario  si  forma  alla 


(88) 
base.  Pratica  non  del  tutto  sconosciuta ,  perciocché   evvi   taluno 
che  pur  la  segue  e  se  ne   loda. 

Ho  veduto  per  esperienza  prosperar  meglio  le  viti  qualóra, 
giunto  il  tronco  ali"  altezza  di  un  tre  o  quattro  palmi  circa  ,  se 
si  presenta  di  huona  vegetazione  ,  sì  fa  bipartire  in  due  ra- 
mi,  e  da  questi  far  mettere  i  tralci  fruttiferi,  anziché  dalla  som- 
mità del  tronco,  ivi  recidendo  tutto  il  soverchio;  dal  che  ne  se- 
gue quello  allungarsi  sempre  pieno  di  cicatrici  e  tuberosità  che 
gli  arreca  senza  dubbio  una  morbosità.  Altronde  con  quella  bi- 
partizione si  obbliga  il  succo  a  scorrere  per  due  vie ,  e  quindi 
a  rallentare  la  sua  naturale  celerità  per  la  somma  porosità  del  tes- 
suto della  vite  ,  e  così  meglio  elaborarsi  per  la  nutrizione  e  la  cre- 
scenza del  frutto,  invece  di  spiegarsi  in  lussoreggianti  pampini. 

(  C.  Potagione.  ) 

Nel  potare  le  viti  da  esperti  agricoltori  si  tengono  in  que- 
ste contrade  le  seguenti  pratiche.  Si  cura  dapprima  nettare  il 
tronco  da^  piccioli  germogli  e  gemme  che  siensi  formate  su  i  no- 
di ;  nel  che  debbesi  procedere  delicatamente  per  non  lasciar 
piaga  su  la  corteccia.  Poscia  da'  rami  o  braccia  della  vite  si  re- 
cidono i  tralci  che  han  fruttificato  al  punto  da  lasciargli  indie- 
tro i  migliori  tralci  novelli  che  abbia  mandato;  purché  non  abbia 
alla  sua  estremità  qualche  più  robusto  tralcio  che  converrà  lascia- 
re in  preferenza  fra  i  tralci  fruttiferi  della  vegnente  stagione. 

Il  numero  di  questi  tralci  fruttiferi  da  lasciare  è  additato 
dall'  età  e  vigoria  della  pianta  ;  onde  saranno  uno  o  due  per  ra- 
mo 0  anche  più  ;  ma  se  non  è  vigore  sufficiente  nella  vite  o  che 
sia  giovine,  si  lascia  un  solo  tralcio  ad  un  solo  braccio  non  mol- 
to lungo ,  e  neir  altro  pochi  soli  occhi  di  altro  tralcio  affin  di 
conservare  V  equilibrio  del  succo  in  ambe  le  braccia. 


(  fig  ) 

Talora  accadendo  elio  uno  de"  bracci  non  abbia  mandato  buo- 
ni tralci  e  si  mostra  intristito,  si  recide  l'intero  braccio,  aven- 
do cura  di  lasciare  noli'  altro  una  porzione  di  tralcio  novello  , 
ma  indietro  al  tralcio  fruttifero  per  surroganti  il  braccio  reciso. 
I  tralci  fruttiferi  si  mozzano  alla  lunghezza  di  tre^  quattro  o  cin- 
que palmi  secondo  la  loro  vigoria,  e  secondo  che  i  nodi  son 
più  o  meno  tra  loro  avvicinati  ,  mentre  ove  la  natura  del  viti- 
gno manda  tralci  con  nodi  avvicinati  è  mestieri  che  si  recidano 
sempre  più  corti.  Io  ho  trovato  A^antaggioso  lasciare  piuttosto  uu 
tralcio  di  più  ,  ma  tutti  accorciati ,  anziché  uno  di  meno,  e  lunghi. 

I  tralci  fruttiferi  si  mondano  da'  viticci  e  da'  polloncelli  che 
sono  alla  base  della  gemma  ;  ma  in  ciò  fare  pongasi  cura  a  non 
eseguire  il  taglio  rasente  il  tralcio  ,  il  clic  opera  la  ferita  in 
troppo  vicinanza  alla  gemma,  la  quale  perciò  o  intristisce  o  ar- 
hortisce  del  tutto ,  ma  invece  si  lascia  un  frustolo  del  tralcioli- 
no  al  dorso  della  gemma.  Diligenza  questa  d'  ordinario  trascura- 
ta onde  avviene  che  molte  gemme  o  vanno  via  per  metà,  o  re- 
stan  ferite,  e  cosi  o  non  germogliano  o  danno  meschino  ed  in- 
fruttifero germoglio. 

I  tralci  fruttiferi  si  piegano  orizzontalmente  e  si  congiugo- 
no  con  gli  altri  della  posta  vicina  del  medesimo  filaro,  o  si  li- 
gano  con  giunta  di  qualche  sarmento  reciso  o  con  cordicina  di 
])aglia  al  palo  di  essa  posta. 

E  pure  d'  avvertirsi  che  ove  i  capi  fruttiferi  giungano  a  li- 
garsi  tra  loro  direttamente  è  uopo  succidere  1'  ultimo  occhio  ad 
entrambi,  o-due  ad  un  solo  ^  dal  perchè  per  effetto  di  quella 
picciola  ligatura  i  succhi  ivi  arrestandosi  ,  quelli  mandano  mag- 
gior copia  di  uva,  la  quale  si  agglomera  ed  ammassa,  e  pria 
di  maturarsi  perfettamente,  infarcisce,  mentre  che  molti  occhi 
inlermcdii  falliscono  ,  da  che  il  succo  si  arresta  in  maggior  co- 
pia air  estremo. 


(  90  ) 

Qualora  sonovi  molti  tralci  fruttiferi  da  connettere,  si  dis- 
pongono essi  a  molti  ordini  in  guisa  da  formare  spalliera,  fi- 
vitando  di  ammassare  insieme  due  o  più  tralci  perchè  produr- 
rebbero confusione  ed  iufrascamento  allorché  le  viti  prendono 
a  germogliare,  ed   il   frutto   grandemente  ne  patisce. 

La  piegatura  al  tralcio  è  necessaria  perchè  lasciandolo  an- 
dar diritto  minor  frutto  darebbe.  Anzi  qualora  si  tratti  di  viti- 
gno i  cui  tralci  portano  nodi  distanti  tra  loro  ,  de'  quali  pochi 
ne  germogliano  perchè  il  succo  in  essi  troppo  rapido  scorre,  ò 
utilissima  cosa  dare  a'  tralci  una  contorsione  o  una  sforzata  pie- 
gatura quasi  circolare,  perchè  meglio  fruttificasseso.  In  genera- 
le è  da  aversi  per  massima  che  qualunque  opera  ne'  tralci  che 
possa  dare  per  effetto  il  rallentamento  del  corso  de' succhi ,  ren- 
donsi  quelli  alti  a  dare  frutto  più  abbondante. 

Da  ultimo  è  mestieri  adattare  alla  estremità  del  palo  una 
frasca  o  ramo  di  pioppo  capovolto  perchè  i  novelli  tralci  vi  si 
potessero  avviticchiare. 

Il  descritto  lavoro  addiraandasi  pota  d'  inverno  ,  che  per  i 
terreni  collineschi  1'  epoca  più  adatta  è  dalla  fine  di  novembre 
a  tutto  decembre  ,  mentre  ne'  luoghi  bassi  e  terreni  sostanziosi 
è  più  opportuno  eseguirla  tra  febbraio  e  marzo  per  far  disper- 
dere parte  dell'  abbondante  succo  acqueo. 

(  D.  Dello  spollonare.  ) 

Oltre  alla  potagione  invernale  è  necessario  per  questi  vi- 
gneti ,  massime  per  i  terreni  della  seconda  e  terza  zona ,  ese- 
guirsi in  primavera  un'  altra  potagione  ,  che  dicesi  di  maggio , 
o  scapezzatura.  Vale  spollonare,  e  sta  iu  ciò.  Nel  mese  di  mag- 
gio bisogm  percorrere  tutti  i  filari  delle  viti  ;  mondare  di  esse 
il  tronco  ed  anche  le  braccia  di  tutti  i  piccioli  polloni  che  qua 


(90 
e  là  si  trovano  spuntali  ,  svcUcnduli  con   mano    .1   ritroso.    Dei 

polloni  clic  spuntano  alla  base  de'  tralci  fruttiferi  bisogaa  eleg- 
gere alcuni  de'  migliori  ed  assicurarli  con  giunco  al  palo  per- 
chè crescendo  si  potessero  avviticchiare  alla  frasca ,  e  non  com- 
portando questa  disposizione  si  coricano  e  ligano  sul  festone. 
Questi  sono  i  capi  fruttiferi  dell"  anno  seguente.  Intendesi  dover- 
ne serbare  sempre  uno  0  due  di  più  di  quelli  che  realmente  bi- 
sogneranno ,  e  ciò  a  riserva:  tutte  le  altre  messe  se  si  presen- 
tano sfornite  di  racemi  ,  si  tolgono  del  tutto,  se  con  racemi,  si 
mozza  la  cima  per  far  si  che  il  succo  meglio  nutrisca  il  frutto. 
I  più  diligenti  agricoltori  ripetono  questa  operazione  nella 
prima  metà  di  giugno. 

(  E.  Della  spanapanazionc.  ) 

Da  ultimo  è  costume  praticare  la  sfogliazione  un  mese  in-» 
Danzi  circa  la  maturazione  del  frutto ,  per  meglio  scovrire  i 
grappoli  a' raggi  solari  ,  afTm  di  accelerarne  la  maturazione  ed 
il  colorimenlo. 

Ma  questa  pratica  come  la  si  esegue  ,  togliendo  quasi  tut- 
te le  foglie  da'  tralci  portanti  de'  grappoli ,  riesce  più  di  danno 
che  di  giovamento.  Imperocché  se  per  l'  azione  continuata  e  di- 
retta del  sole  sul  fruito  ,  si  vede  questo  più  facilmente  colorire, 
ne  scapila  la  bontà  di  esso  ,  dappoiché  tolte  via  le  foglie  ,  i 
succhi  non  possono  più  lavorarsi  compiutamente  perchè  il  frut- 
to venga  perfetto. 

E  giovevole  si  un  leggiero  sfollamento  di  foglie  ,  massime 
allorché  la  stagione  sia  corsa  piovosa  ,  là  dove  vcdesi  il  frutto 
di  soverchio  inviluppalo  ed  ammassato  tra  le  foglie  ,  per  proc- 
curargli  la  libera  circolazione  dell'  aria  e  preservarlo  dall'  infar- 
cimento ,  ma  non  già  denudarlo  del  tutto   dal    fogliame    che    è 


r  organo  essenziale  alla  maUirazione ,  il  quale  percosso  anclte 
esso  dal  sole  ,  procura  al  fruito  la  compiuta  maturazione.  Ed 
intorno  a  ciò  1'  esperienza  mi  ha  renduto  istruito  essere  più  ne- 
cessario al  frutto  la  libera  circolazione  dell'  aria  che  la  diretta 
azione  del  sole  ,  poiché  ho  veduto  meglio  e  più  precocemente 
maturare  quo'  grappoli  che  liberi  ondeggiano  nell'  aria  ,  tutto- 
che  ombreggiati  da  pampini ,  e  meno  quelli  che  sebbene  sco- 
verti al  sole  per  il  loro  ammassamento  con  altri  grappoli  e  fo- 
glie, r  aria  non  vi  circolava.  Onde  consiglio  questo  diradamen- 
to di  pampini  da  mezzo  i  grappoli  inviluppati  anche  prima  che 
cominciassero  per  maturare. 

(  F    Della  propaginazione.  ) 

Questa  operazione  occorre  praticarsi  in  varii  incontri  :  o  che 
si  voglia  far  cambiare  di  posto  ad  una  vite  ,  e  di  una  farne  più, 
e  giovani ,  o  che  il  fusto  siesi  renduto  malsano  ed  invecchiato , 
e  vogliasi  rinnovellare  ,  o  cbe  la  vite  molto  rigogliosa  abbia 
mandato  molti  e  robusti  tralci ,  e  col  propaginamento  sia  di  tut- 
to, sia  di  un  ramo  solo  munito  di  più  tralci,  si  voglia  aumen- 
tar le  viti  ;  al  cui  intendimento  va  sovente  e  vantaggiosamente 
praticala.  Si  esegue  scavando  un  solco  profondo  un  tre  palmi  o 
più  e  lungo  dal  pedale  della  vite  fin  dove  vogliasi  altra  posta 
piantare  ,  o  fin  dove  comporta  la  lunghezza  di  essa  vite  e  de' 
tralci  ,  potendosi  di  questi  talora  ripiegarne  alcuni  per  ricondur- 
li alla  medesima  posta  donde  eran  partiti.  Si  corica  nel  fondo 
del  solco  la  vite  ,  soggrotlando  diligentemente  intorno  le  radici 
di  essa  perchè  fossero  facili  alla  piegatura  ,  si  colma  il  solco 
di  terra  buttandovi  ancora  delle  erbe  o  foglie,  e  si  comprime  il 
terreno  ,  lasciando  sporgere  fuori  di  esso  i  tralci  novelli  che  si 
mozzano  all'altezza  di  due  occhi. 


(93)     _ 

Qualora  non  l' intera  vile  si  voglia  propaginarc ,  ma  un  so- 
lo braccio  di  essa  ,  perchè  di  soverchio  alhmgato,  si  volta  que- 
sto ad  arco  e  si  sollerra  ,  proseguendosi  1"  operazione  al  mede- 
simo modo  ,  e  dopo  due  anni  in  che  la  propaginc  trovasi  ])cn 
radicata-,  si  recide  il  ramo  dalla  vite  madre. 

Si  allevano  i  tralci  propaginati  al  medesimo  modo  de'  ma- 
gliuoli,  usando  meno  rigore  nel  mozzamento  delle  messe,  essen- 
do quelli  più  prosperosi  di  questi ,  e  de'  quali  il  fusto  si  forma 
in  minor  tempo  ,  e  piìi  presto  divengono  fruttiferi. 

(  G.  Dell'  innesto.  ) 

Talora  avviene  che  delle  razze  di  vitigni  ,  tutto  che  fosse- 
ro gagliardi  ,  son  poco  fruttiferi ,  tal  altra  ,  quantunque  frutti- 
feri altrove  ,  portati  nel  proprio  podere  si  rendono  abitualmen- 
te soggetti  alla  colatura ,  e  tal  altra  son  di  razza  che  danno  uva 
spregevole.  In  tutti  questi  casi  è  uopo  nestarle  a  varietà  spe- 
rimentate  di  qualità   buona   e   che    provano  in   quel   podere. 

Si  fa  l'innesto  a  marza  ,  o  come  dicono  per  le  contrade  ve- 
suviane ,  a  spacco  tra  il  finir  di  marzo  e  i  principii  di  aprile. 
Dopo  due  anni  che  1'  innesto  ha  mandato  buoni  tralci ,  bisogna 
propaginar  la  vite  perchè  vada  sotterra  il  luogo  dell'  innesto. 
Dal  che  seguono  due  vantaggi ,  l' uno ,  che  Y  innesto  scoverto 
andrebbe  in  breve  a  deperire,  e  ciò  si  evita,  l'altro  che  si  mol- 
tiplica la  vite  di  buona  razza. 

In  siffatta  operazione  sono  molto  diligenti  i  possidenti  e  i 
coloni  di  Boscolrccase  ;  i  quali  se  ne  voghon  grandemente  lodare. 

(  H.  De'  lavori  che  si  richieggono  al  terreno.  ) 
Le  opere  necessarie  al  terreno   vitato    sono    la    così    della 


(  9^  ) 
foìidiatura ,  la  zappatura  ,  e  la  sarchìalura.  La  prima  consiste 
nello  scalzare  le  viti  ,  ossia  scavare  intorno  al  loro  pedale  una 
picciola  fonte  profonda  un  tre  quarti  circa  di  palmo,  fino  a  sco- 
Arire  la  corona  delle  barbe  superficiali,  le  quali  bisogna  recid e- 
rc  affincliè  la  vile  si  abitui  a  trarre  sostegno  dalle  radici  piìi 
profonde,  e  queste,  percbè  tolte  lo  superiori,  possano  meglio  svi- 
lupparsi e  crescere.  Questa  operazione  in  generale  si  esegue  tra 
luglio  ed  agosto;  ma  non  manca  alcuno  cbe  crede  andar  meglio 
farla  in  ottobre  ,  o  dopo  la  vendemmia  per  non  iscalzare  le  viti 
nei  forti  calori  estivi  dal  cbe  ne  potrebbero  soffrire,  lo  l"ho  pra- 
ticata talvolta  nella  state,  tal  altra  nell'autunno.  Ma  osservando 
e  considerando,  sonmi  convinto  essere  la  più  opportuna  epoca  la 
fine  di  maggio.  Le  ragioni  son  queste.  A  tal  epoca  le  novelle 
barbe  superficiali  son  tenerissime  e  con  molta  agevolezza  si  svel- 
louo  con  la  mano  percbè  di  recente  cacciate  dalla  vite  ;  questa 
non  ha  peranche  potuto  abituarsi  a  trarre  per  mezzo  di  quelle  il 
suo  alimento  ,  onde  privandola  ben  per  tempo ,  nulla  ne  risente, 
e  le  radici  inferiori  anzi  di  rallentare  la  loro  forza  vegetativa  , 
qualora  è  divisa  con  le  superiori ,  si  conservano  in  tutto  il  loro 
vigore. 

Ove  si  protragga  questa  operazione  nel  mese  di  luglio  ed 
oltre ,  le  radicelte  superiori  si  trovano  ingrossate  ,  allungate  e 
consolidate ,  e  su  di  esse  la  vite  si  trova  essersi  accomodata  in 
parte  a  vivere  ;  onde  privandonela  di  botto,  ella  ne  soffre  e  mas- 
sime se  nei  forti  calori  estivi.  E  per  torle  fa  uopo  del  coltello. 

Coir  opera  della  sarchiatura  si  cerca  tener  mondo  il  terre- 
no dalle  erbe,  principalmente  a  pie  delle  viti  in  tutto  il  corso 
dell'estate  ;  e  qualora  la  stagione  corresse  piovosa,  onde  l'erbe 
ripullulano  facilissime  ,  è  uopo  ripetere  questa  operazione ,  o  in- 
vece far  estirpare  le  erbe  stesse  e  sotterrarle  pria  che  sfiorasse- 
ro j  donde  ne  seguirebbe  la  formazione  de'  semi  e  1'  esiccamento 


di  esse;  dal  che  gravo  danno  ne  deriverebbe  alle  vili,  rimanen- 
do anche  il  suolo  cosperso  di  semi. 

In  marzo  poi  esei;iiosi  la  zappatura  ed  allora  quelle  fonlici- 
ne  si  colmano,   il  che  dicesi  rincalzar  le  vili. 


t 


(  I.  Dogi'  ingrassi.  ) 

Migliore  ingrasso  per  le  vili  è  il  soverscio  di  pianle  legu- 
minose. Gcncralmcnle  ù  coslume  soversciar  lupini  ;  ma  io  pre- 
ferisco il  trifoglio  incarnalo  e  quella  varietà  di  fave  piccole  ad- 
dimandale  presso  di  noi  favucce ,  quantunque  richiedessero  un 
poco  pii!i  di  spesa  ,  da  che  queste  piante  somministrano  alla  vi- 
te succo  dolce  ,  mentre  i  lupini  danno  succo  amaro ^  come  i  con- 
tadini ben  sanno,  e  dicono  ,  che  ove  sia  frequente  il  soverscio 
di  lupini,   il  vino  viene  allupinalo. 

Preferisce  poi  la  generalità  de'  coloni  ingrassare  con  leta- 
me di  ogni  maniera,  sia  crudo  ,  sia  fradicio  ,  tanto  vegetabile 
che  animale  ,  e  massime  con  gli  espurghi  delle  latrine.  Con  que- 
sto ingrasso  mirano  a  due  vantaggi  ,  l'uno  di  piantarvi  in  au- 
tunno fave  bagiane  e  piselli  ,  o  invece  in  marzo  i  fagiuoli,  per 
raccogliere  quelle  in  primavera,  e  questi  ultimi  nella  state  a  bac- 
celli verdi  e  venderli  :  I'  altro  vantaggio  è  che  il  letame  fa  frut- 
tificare abbondantemente  le  viti. 

Ma  questa  maniera  d' ingrasso  fa  grandemente  scapitare  la 
bontà  del  vino  ed  il  rende  proclive  all'  acidificazione  ;  massime 
gli  escrementi  umani.  I  quali  somministrano  alle  viti  sovrab- 
bondanza di  azoto  e  di  zolfo ,  che  come  è  conosciuto  per  la 
chimica ,  sono  esse  due  sostanze  promotrici  della  fermentazione 
al  contatto  della  parte  zuccherina  ,  la  quale  si  trasforma  in  al- 
cool e  gas  acido  carbonico.  E  compiuta  la  fermentazione  alcoo- 
lica  ,  sovrabbondando  esse  nel  vino  j  pel  contatto    dell'  aria    at- 


(  96  ) 
mosfcrica  suscilano  una  seconda  fermcalazione  che  è  1'  acetosa. 
Il  perchè  conviene  assokitaraente  bandire  simii^lievoli  ingrassi  ed 
usare  soversci  di  leguminose.  Questo  i  contadini  non  ignorano, 
e  il  vino  fatto  con  quegl'  ingrassi  dicono  in  loro  favella  vino  ai- 
letamato. 

Ove  poi  afTin  di  avere  il  ricolto  delle  fave  e  piselli  ,  per 
i  quali  è  indispensabile  il  letame  ,  sia  questo  di  quisquiglie  , 
spazzature  di  strade  ,  congiunti  a  resti  di  vegetabili  ,  ed  anche 
escrementi  vaccini,  perciocché,  come  si  sa,  lo  sterco  vaccino 
abbonda  di  alcali,  sostanza  che  molto  influisce  all'aumento  del- 
la parte  zuccherina ,  mentre  che  scarseggia  di  azoto  e  di  fosfa- 
ti :  r  opposto  precisamente  di  ciò  che  sono  gli  escrementi  uma- 
ni, ove  abbondano  gli  ultimi,  e  scarseggia  il  primo.  Son  queste 
dottrine  possedute  dalla  scienza,  e  vengono  confermate  dalle  ana- 
lisi del  Licbig. 

Raccolti  i  baccelli  verdi  delle  fave  e  de'  piselli,  è  utilissima 
cosa  il  sotterrarne  le  piante  ancor  verdi  in  vicinanza  delle  viti 
in  primavera  ,  le  quali  perciò  si  veggono  prosperare  mirabil- 
mente nel  corso  della  state  per  secca  che  fosse ,  perciocché  con- 
ciliano alle  radici  nutrimento  e  freschezza. 

Ma  sempre  è  da  doversi  avvicendare  tale  specie  di  coltura 
ed  ingrasso  ,  e  non  mai  letaminare  la  ferra  due  anni  di  segui- 
lo ,  potendo  ncU'  alternativa  praticare  il  soverscio  già  detto  del- 
le leguminose ,  e  seminarvi  sopra  nel  marzo  i  fagiuoli  per  ven- 
derli anche  a  baccelli  ,  guardandosi  dal  farli  esiccare  in  pianta 
o  lungamente  mantenere  le  piante  sul  suolo  ,  perchè  molto  ne 
risentirebbero  le  viti  ed  il  frutto  ,  per  essere  il  fagiuolo  una 
pianta  che  allorquando  il  legume  nel  baccello  s'ingrossa,  sfrut- 
ta grandemente  il  terreno,  massime  della  seconda  e  terza  zona. 

Vuoisi  ancora  avvertire  intorno  a'  letami  da  usare,  se  freschi 
0  fradici ,  che  ne'  poderi  di  terre  vecchie  nelle   quali   lo    strato 


(  97  ) 
supcriore  è  di  pozzolana  argillosa  calcare  alta  a  rilcncre  Y  umi- 

<lilà ,  è  indifferente  che  il  letame  sia  fresco  o  fradicio,  ma  nei 
poderi  di  ferra  di  fuoco  è  da  preferirsi  sempre  il  letame  fresco, 
come  quello  che  risolvendosi  lentamente  e  venendo  successivamen- 
te le  sostanze  di  esso  trasportate  dalle  acque  nell'interno  del'ter- 
rcno ,  le  radici  risentono  e  profittano  più  a  lungo  de'princìpii  nu- 
tritivi. Diversamente  avviene  laddove  facciasi  uso  di  letame  ma- 
turo,  imperciocché  prontamente  sciogliendosi  esso  nell' acqua ,  e 
questa  rapidamente  attraversando  quel  terreno  sabbionoso,  la  sua 
azione  sulle  radici  rendesi  molto  fuggevole,  onde  poco  ne  profittano. 

(  K..  Meteore  ed  insetti  dannosi  alle  viti.  ) 

Molte  sono  le  meteore  che  danno  apportar  possono  alle  vi- 
ti, ma  per  i  terreni  che  abbiam  preso  a  descrivere  sono  d'or- 
dinario la  così  detta  acqua  caustica  del  Vesuvio,  le  brine  estive, 
la  rugiada  e  la  nebbia.  Ometto  tener  conto  delle  così  dette  mo- 
fete  perchè  ad  esse  van  soggetti  taluni  terreni  in  qualche  loro 
particolar  punto.  Esse  sono  esalazione  temporanea  di  abbondante 
quantità  di  gas  acido  carbonico  per  grandi  eruzioni  del  Vesuvio. 
II  che  propriamente  accade  ne'  terreni  sovrapposti  a  più  lave  ba- 
saltiche di  poca  spessezza,  e  là  dove  in  queste  si  trovino  fen- 
diture ,  screpolature,  o  tagli  fatti.  Dal  che  ne  conseguita  il  de- 
perimento delle  viti  ;  e  chiamano  quel  terreno  mofetalo. 

L'  acqua  caustica  deriva  da  che  il  Vesuvio  suol  talora  esa- 
lare ne'  suoi  fumi  del  gas  cloroidrico.  Quando  tale  emissione  av- 
viene e  succede  pioggia  leggiera  che  1'  attraversa  su  i  terreni  cbe 
vi  si  trovano  sottoposti  secondo  la  direzione  del  vento ,  1'  acqua 
impregnata  di  quei  vapori ,  or  più  or  meno  caustica  le  foglie  , 
i  teneri  germogli  ed  i  racemi,  dei  quali  fa  cessare  la  vegetazio- 
ne; ed  ove  sia  in  picciola  quantità,  senza  dauno ,  si  ravvisa  nel- 

j3 


le  macchie  rossicce  che  1'  acqua  asciugandosi  lascia  su  le  foglie 
delle  piante. 

Le  altre  indicate  meteore  danneggiano  i  racemi  fiorenti,  e 
pili  di  tutte  la  rugiada  che  abbiada  ed  è  frequente  ne' terreni 
mascosi  della  zona  media,  meno  nella  inferiore ,  quasi  nulla  nel- 
la superiore;  che  col  suo  reiterare  e  col  soccorso  altresì  dei  co- 
centi raggi  del  sole,  caustica  que  gentili  fiorellini  e  con  essi 
gli  organi  sessuali  ;  e  spesso  li  è  dato  con  dolore  vedere  o  qua- 
si tutti  per  intero  i  racemi  avviz-ire,  o  di  taluni,  pochi  granel- 
li allegare.  Danno  questo  che  avviene  alle  sole  varietà  che  ri- 
tardano molti  g.orni  a  sfiorare  ,  mentre  quelle  che  sfiorano  su- 
bito, nulla  ne  risentono:  onde  dicesi  andar  quelle  razze  sogget- 
te alla  colatura.  Le  stesse  meteore  son  pure  di  nocumento  al 
frutto  allorché  volge  a  maturità  poiché  ne  procura  l' infarcimen- 
to, e  le  uve  di  buccia  dilicata  ne  vengono  maggiormente  guaste. 

Quanto  agl'insetti,  son  molte  le  specie  che  su  le  viti  vi- 
vono ,  ma  di  due  é  uopo  tener  ragione  come  di  quelli  che  è  so- 
vente e  grave  il  danno  che  ad  esse  arrecano.  Sono  le  zarle  vol- 
garmente chiamate  mùroli ^  ed  il  verme  dell'  uva. 

Le  zurle  sono  una  specie  di  scarafaggio  alato  (  Scarabeus 
vitìs  L.,  e  Melolontha  vitis.  Fabr.  )  ,  e  compariscono  verso  la 
metà  di  giugno.  Provengono  da  vermi  che  io  ho  veduto  vivere 
sotterra  al  pedale  delle  viti,  e  taluni  naturalisti  vogliono  ivi  stes- 
sero per  quattro  anni  in  quello  stato,  e  che  poi  subita  T  ultima 
metamorfosi  in  giugno  vengon  fuora.  A  questa  epoca  si  gitlano 
avidi  sopra  le  vili  e  con  indicibile  voracità  ne  rodono  tutto  il 
fogliame  e  i  germogli  si  che  la  vile  arresta  ogni  sua  vegetazione 
e  va  perduto  del  tulio,  non  meno  il  frutto  dell'anno,  che  quel- 
lo del  serjuente ,  a  causa  che  i  teneri  germogli  cessano  da  ogni 
loro  crescenza  senza  dar  tralci.  E  tale  mi  si  è  offerto  talor  di 
"vedere  qi;^!'be  vigua  di  trascurato  agricoltore^ 


(  99  ) 
Di  questa  malefica  razza  non  evvi  anno  in  cui  non  sievi  da^ 

'lo  il  vederne  alcuni  pochi  per  prcndiTiie  spavento,  ma  in  fallo 

ho  io  notato  che  dopo  tre  anni  avviene  il  loro  ritorno  a   torme 

innumerevoli    per    desolare    le  vigne  ,  in  quelle   principalmenle 

fermandosi  che  sono  negligentemente  coltivate. 

È  facile  il  dar  loro  la  caccia  per  arrestarne  il  flagello.  Es^ 
si  rimangono  latta  notte  appollaiati  su  i  pampini  delle  viti:  la 
brezza  notturna  e  la  rugiada  le  iudirizzisce ,  onde  ad  ogni  mi- 
nima scossa  con  una  hacchettina  cadono  giù.  Immedialamente  si 
raccolgouo  in  catini  ove  sia  posta  acqua  bollente,  e  tosto  si  am- 
mazzano o  abbruciano.  E  questo  vuoisi  praticare  a  prima  ora  del 
mattino  avanti  la  levata  del  sole  ,  perciocché  dopo  aver  quest'  a- 
stro  irradiato  le  campagne ,  ristorati  gì'  inselli  sen  volano.  Puos- 
si  ancora  ripetere  l'operazione  verso  il  tramonto,  ma  con  minor 
frutto.  La  loro  esistenza  nello  stalo  d'  insetto  alato  non  dura  più 
che  una  quindicina  di  giorni:  tempo  più  che  sufficiente  per  com- 
piere la  desolazione  di  una  vigna. 

Meno  temuto  ed  avvertilo  perchè  più  picciolo  è  l'altro  in- 
setto conosciuto  col  nome  di  verme  dell'  uva  ,  ma  più  dannoso 
del  primo.  Uà  esso  il  guasto  nello  stalo  di  larva,  a  cominciare 
da' racemi  fiorenti.  Continuasi  poscia  ne' grappoli  agresti  e  nel- 
r  uva  matura ,  finche  è  su  la  pianta  ,  assolvendo ,  da  mag- 
gio sino  ad  ollohre,  cinque  in  sei  generazioni  e  trasformazioni  in 
picciolissima  larfalletla.  Questo  insetto  per  quanto  è  a  mia  noti- 
zia non  è  stalo  descritto  da  verun  naturalista  o  agronomo,  e  mol- 
to meno  alcuno  parla  dell'insello  ne' racemi  fiorenti,  e  da  ninno 
agricoltore  era  in  essi  slato  mai  avvertito  pria  che  io  non  l' avessi 
loro  mostrato.  Solo  in  qualche  opera  di  agronomia  tra  gì'  inset- 
ti dannosi  alla  vile  è  mentovala  la  tignuola  del  grappolo  ,  sen- 
za che  se  ne  dia  la  stora  naturale  ,  con  la  quale  parrebbe  al 
solo  annunzio  pelersi  conrondere  ,   ma  è    tuli'  altro  ,    dappoiché 


(    100    ) 

vien  notata  la  sua  larva  tra  gli  altri  caratteri  discordanti,  rossa 
ed  a  i6  giunture,  mentre  il  baco  di  cui  discorro  è  bianco  cincriccio 
ed  ha  io  giunture.  Questo  è  stato  fatto  segno  da  più  anni  alle 
mie  ricerche  fino  ad  averne  raggiunta  la  sua  compiuta  storia  , 
il  che  formerà  oggetto  di  apposito  lavoro ,  essendo  inopportuno 
qui  discorrerne. 

Questo  insetto  non  è  in  tutti  gli  anni  si  abbondante  come 
è  stato  neir  anno  prossimo  decorso  ,  né  allo  stesso  modo  in  tut- 
ti gli  svariati  terreni  ;  ma  ne'  poderi  mascosi  con  terra  di  fuo- 
co è  sempre  più  che  altrove  copioso.  Di  esso  rimangono  attac- 
cati e  guasti  a  preferenza  i  racemi  fiorenti  delle  uve  che  ritar- 
dano a  sfiorare  accrescendone  la  colatura  ,  ed  i  grappoli  più 
addensati  di  granelli  ncU'  uva  agresta  e  matura. 

Puossi  riparare  se  non  in  lutto  almeno  in  parte  al  guasto 
che  esso  arreca  al  frutto  dell"  anno  ,  e  reiterandosi  la  cura  per 
più  anni  successivi  ed  in  tutte  le  vigne ,  potrebbesi  venire  a  ca- 
po se  non  di  distruggere  la  genia ,  renderla  inavvertita.  La  cu- 
ra sarebbe  quella  di  percorrere  i  filari  delle  viti  della  seconda 
e  terza  zona  ,  tenute  basse  ,  da'  principii  di  luglio,  quando  l'u- 
va è  già  allegata  ed  i  granelli  in  crescenza ,  visitare  i  grappo- 
li ,  e  forre  via  da  essi  i  granelli  che  si  appalesano  con  picciot 
segno  d'  un  foro  formato  dal  bacolino  entratovi.  Né  si  creda 
che  sia  questa  un  operazione  dispendiosa  e  lunga ,  che  anzi  è 
•ìgevole  e  di  non  molta  spesa  potendovisi  addire  le  donne.  E  poi 
la  spesa  viene  a  ribocco  ricompensata  dall'  arrestarsi  la  prodi- 
giosa propagazione  di  quel  malefico  verme. 

(  L.  Delle  cagioni  del  deterioramento  di  questi  terreai  vigneti.  ) 

È  quasi  universale  il  lamento  de'  possidenti  e  coloni  di 
queste  contrade  .  di  nou  essere  più  i  terreni  quel  che  un  tempo 


(    lOI    ) 

erano ,  rimonlando  ad  un  mezzo  secolo  circa  dietro ,  sia  per  la 
uijcrlosilà  delle  vigne  ,  sia  per  la  eccellenza  de'  vini.  Or  a  voler 
io  indagare  la  causa  di  que' giusti  lamenti,  sonmi  messo  in  su 
le  ricerche  ed  assicurarmi  pria  del  fatto  e  delle  particolarità  de' 
poderi,  non  che  de' cangiamenti  avvenuti  nella  coltura  di  essi  , 
e  son  venuto  a  capo  di  riconoscere  esserne  alcuna  del  lutto  na- 
turale e  principalissiraa  ,  altre  derivanti  dal  fatto  dell'uomo. 

Agevole  è  additar  la  prima  ,  e  dire  consistere  ,  se  mi  si 
permetta  la  frase  ,  nclF  invecchiamento  de'  terreni  stessi.  Questi 
sono  ormai  de'  secoli  da  che  sostengono  viti ,  e  viti  novelle  rei- 
teratamente sostituite  a  yili  morte  ,  scavando ,  i-ompendo  e  ri- 
mescolando continuatamente  il  terreno  ,  e  sempre  viti  ohhligan- 
dulo  ad  alimentare.  Or  ognun  conosce  ,  per  poco  instrutto  che 
fosse  nelle  dottrine  chimico-agronomiche ,  che  ciascuna  classe  di 
vegclahili  per  crescere  ed  alimeutarsi  ha  hisogno  di  determina- 
ti principii  minerali  ,  e  questi  non  d'altrove  attinger  si  debho- 
no  che  dal  suolo. 

Laonde  il  perenne  sostituir  della  medesima  pianta  nello  stes- 
so terreno ,  fa  sì  che  questo  raltrovasi  depauperato  di  quelle  so- 
stanze minerali  di  cui  ha  bisogno  l'  interno  organismo  di  essa  , 
qualora  non  si  procuri  al  terreno  stesso  il  concime  minerale,  in 
altri  termini  detto  ammendamento.  Su  tali  principii  di  esperien- 
za e  di  scienza  è  fondata  la  pratica  degli  avvicendamenti.  Qua- 
lora dunque  dopo  un  dato  periodo  di  anni  il  suolo  non  si  am- 
menda ,  esso  non  più  trovandosi  nelle  medesime  condizioni  di 
prima ,  rendesi  incapace  a  far  più  oltre  ben  prosperare  la  me- 
desima pianta.  In  conseguenza  di  necessità  il  frutto  scarseggia  e 
la  sua  qualità  deteriora. 

A  conferma  di  questa  dottrina  viene  il  fatto  narrato  da'  a'cc- 
chi  coloni  di  queste  contrade  ,  i  quali  assicurano ,  che  in  segui- 
io  di  copiose  piogge  di  ceneri  avvenute  in  grandi  eruzioni   del 


(    102    ) 

Vesuvio ,  le  terre  ove  queste  ceneri  caddero  ,  sonosi  vedute  me- 
ravigliosamente fertilizzale  ed  hanno  dato  per  più  anni  di  segui- 
to abbondante  ed  ottimo  vino. 

La  quale  è  una  dimostrazione  di  fatto  che  io  ho  pur  rice- 
vuta nel  visitare  i  terreni  vigneti  di  Boscotrecase  e  la  vigna  messa 
su  r  alto  piano  del  poggio  de'  Camaldoli  di  Torre,  ove  ho  ravvisato 
un  rigoglio  di  vegetazione  in  questo  arboscello  ed  un'  abbondan- 
za di  frutto  Tcramente  ammirevole,  e  ciò  in  seguito  non  d' altro 
che  della  pioggia  di  lapillo  nero  avvenuta  nell' eruzione  del  iSSg, 
che  fece  crescere  la  massa  di  que'  terreni  di  oltre  a  quattro  e 
cinque  palmi  di  quel  che  erano  prima ,  per  modo  che  quel  suo- 
lo si  scorge  formato  lutto  di  tale  lapillo. 

Questi  effetti  di  fertilità  avvenuti  a  tali  terreni  per  rinno- 
yazione  di  suolo  originati  da  cause  volcauiche  ,  non  son  dissi- 
mili da  quelli  che  avvengono  per  via  delle  inondazioni  nella  val- 
le del  Nilo  dalle  straripazioni  di  questo  fiume  ,  che  fertilizza  i 
campi  rinnovellando  il  suolo  pel  limo  che  vi  deposita. 

Oltre  alla  notata  cagione  tutta  naturale  del  deterioramento  di 
queste  vigne  che  un  tempo  davano  vini  abbondanti  e  preziosis- 
simi ,  r  altra  è  derivata  dall'  essersi  introdotto  ,  da  circa  mezzo 
secolo  addietro  ,  la  coltivazione  fra  mezzo  ad  esse  delle  piante 
pomifere  ,  e  principalmente  degli  albicocchi  ,  a  causa  del  deca- 
dimento del  prezzo  de'  vini.  Perciocché  richiedendo  la  vite  mol- 
ta cura  e  spesa  ,  la  quale  non  venendo  compensata  pel  basso 
prezzo  de'  vini,  si  avvisarono  piantare  albicocchi,  peri  ed  altre  spe- 
cie di  frutti  che  videro  ben  provare  ne' particolari  terreni,  e  da 
quali  si  tragge  un  sufficiente  prodotto  con  poco  o  nulla  di  spesa. 

Ed  è  per  esperienza  che  la  vite  vuol  vivere  solo  con  suoi 
congeneri ,  e  poco  prospera  frammista  agli  alberi  da  frutto.  Que- 
sti, e  massime  gli  albicocchi  con  le  loro  chiome  le  usurpano  l' a- 
lia  ed  il  sole  ,  e  con  le  radici  isteriliscono  non  solo   il  suolo  , 


(io3) 
ma  è  altresì  provalo  per  fallo  clie  gli  albicocclii  rendono  il  ter- 
reno infesto  alle  viti,  massime  ove  uno  di  tali  alberi  andasse  a 
deperire  ,  dal  che  conseguita  V  infradiciaraento  delle  sue  radi- 
ci ;  e  nel  luogo  ove  questo  succede,  riesce  vano  ogni  pensiero 
di  farci  allignar  bene  le  viti,  perchè  quel  terreno  trovasi  appe- 
stato dal  fetore  che  emana  da  quelle  radiche  in  corruzione. 

Ancora  non  vuoisi  tacere  la  moltiplicazione  falla  del  gelso 
moro  per  1'  allevamenlo  col  suo  fogliame  de'  bachi  da  seta  ,  il 
quale  se  non  è  nocivo  alle  viti  in  quanto  al  convivere  insieme, 
ha  sempre  minorato  lo  spazio  che  pria  era  solo  ad  esse  addetto. 

C  A  P.     V. 

Modo  di  fabbuicare  il  vino. 

La  fabbricazione  de' vini  richiede  molte  opere,  quali  sono 
la  raccolta  delle  uve  ,  che  dicesi  vendemmia;  lo  sgranellare  del- 
le medesime  ,  ossia  la  separazione  de'graspi  ;  il  pigiarle  ;  la  fer- 
mentazione ;  lo  svinare;  ed  il  governo  del  vino  nelle  botti.  Di 
tulle  queste  successive  operazioni  è  uopo  tenere  particolare  dis- 
corso, per  additare  di  ciascuna  le  pratiche  generalmente  segui- 
tate ,  ed  ove  occorre  notare  gli  errori  e  i  difetti  di  essi ,  e  par- 
lare nel  tempo  stesso  di  qualche  singolare  e  beninteso  metodo 
da  taluno  pur  usato;  e  in  fine  additando  quelli  che  agevolmen- 
te polrebbonsi  e  dovrebbonsi  praticare. 

§.    I. 

Della  vendemmia. 

Il  tempo  della  vendemmia  varia  secondo  i  luoghi ,  dalla  se- 


(  io4  ) 

conda  metà  di  settembre  sino  a'  primi  di  novembre.  Ne'  luoglù 
più  bassi  e  meridionali  la  maturazione  delle  uve  essendo  preco- 
ce ,  la  vendemmia  anticipa  ;  ne'  piìi  alti  e  settentrionali ,  la  ma- 
turazione è  tardiva  ,  e  la  vendemmia  posticipa  :  le  quali  due 
condizioni  concorrono  sempre  in  ragione  diretta  semplice  o  com- 
posta. 

Il  segno  della  maturità  è  qualora  il  grappolo  sia  tutto  pen- 
dente,  cbe  i  granelli  facilmente  si  spicchino  dal  graspo,  che  si 
sieno  ben  coloriti  secondo  la  particolare  natura  dell'  uva  ,  che 
la  loro  buccia  sia  addivenuta  lucida  ,  che  il  succo  sia  perfetta- 
mente dolce  ,  purché  per  ragion  del  luogo  l"  uva  non  possa  giun- 
gere alla  perfetta  maturità. 

Nella  generalità  allorché  i  coloni  e  i  proprietarii  pongono 
mano  a  vendemmiare  ne"  loro  poderi  raccolgono  alla  rinfusa  tutte 
le  uve  \  il  che  va  mal  fatto  ;  perciocché  le  uve  in  essi  poderi 
essendo  di  molte  varietà  ,  queste  non  tutte  raggiungono  al  me- 
desimo tempo  la  maturità  compiuta.  Onde  la  regola  è  ,  massi- 
me nelle  vigne  che  producono  lacrima,  di  vendemmiare  non  al- 
la rinfusa  ,  ma  fare  la  scelta  delle  uve  percorrendo  la  vigna 
almeno  due  o  tre  volte  ,  ad  intervalli ,  che  dicono  passate.  Que- 
sta diligenza  viene  scrupolosamente  praticata  da  que'  di  Torre 
del  Greco  ,  e  da'  Boschesi  ;  non  cosi  negli  altri  luoghi ,  ove  ra- 
ramente vedesi  solo  anticipatamente  fatta  ima  superficiale  scelta 
delle  uve  che  sonosi  cominciate  ad  infracidire. 

La  raccolta  si  fa  spiccando  il  grappolo  con  dita ,  rompen- 
do il  gambo  in  un  nodo  che  sta  a  mezzo  o  oltre  della  sua  lun- 
ghezza ;  ed  ove  si  trova  esser  divenuto  legnoso  si  recide  col 
ronchetto.  Si  ripone  in  mastelli  e  si  trasporta  al  palmento.  E  qua- 
lora questo  sia  molto  lontano  dal  podere ,  si  pigia  in  campagna, 
e  mosto  e  vinaccia  si  trasporta  su  gli  asini  e  muli  ,  e  ne"  luo- 
ghi bassi  anche  sul  carro  in  grandi  tini. 


(  lolJ) 

A  misura  che  il  grappolo  si  spicca  è  mestieri  purgarlo 
da'  granelli  secchi  e  da'  molto  accrhi  :  i  primi  perchè  s'  im- 
pregnerebhero  di  succo  con  perdita  di. prodotto,  e  potrebbero  an- 
cora somministrare  al  vino  principii  eterogenei.  A  preferenza  di 
ciò  è  raccomandalo  pure  da  tutti  gli  enologi,  ed  è  pur  tenuto  da 
tutti  gli  agricoltori  ,  il  tor  via  i  granelli  fradici,  poiché  si  cre- 
de che  ossi  conciliassero  cattivo  senso  al  vino ,  ed  il  rendesse- 
ro facile  a  guastarsi. 

Ma  r  esperienza  mi  ha  fatto  certo  della  falsità  di  questa 
dottrina  ;  perciocché  avendo  voluto  seguirla  nell'  autunno  del 
i84-o;  e  messi  da  banda  tutt'  i  granelli  guasti,  cui  furono  uni- 
ti anche  i  granelli  mal  maturi,  ottenni  da  ciò  vino  preziosissi- 
mo ;  se  non  che  ebbe  bisogno  non  men  di  due  anni  per  ben 
depurarsi  e  divenir  limpido ,  e  nel  corso  de'  primi  sei  mesi  da- 
va sempre  odore  di  muffa  che  poi  sparì  ;  del  pari  spari  in 
progresso  il  senso  di  agretto  che  misto  a  molta  dolcezza  si  sen- 
tiva al  palato,  e  ciò  per  la  formazione  dell'etere  enantico.  Ed 
ora  dopo  il  decorso  di  otto  anni ,  conservan<lone  ancora  poche 
bocce,  é  divenuto  un  liquore  molto  spiritoso,  fragrante,  aromatico 
e   pregevolissimo. 

Tanto  afTermo  per  le  uve  che  danno  lacrima;  ma  non  ho 
esperienza  per  dir  lo  slesso  delle  uve  che  danno  vini  leggieri  o 
mezza  lacrima. 

E  uopo  raccorre  nella  giornata  lauta  uva  quanta  nella  sera 
potesse  pigiarsi  e  porsi  negli  appositi  lini  a  fermentare.  Ma  nel- 
la generalità  così  non  operasi ,  tranne  poche  eccezioni. 

La  sollecitudine  de'  contadini  è  tutta  intenta  a  torre  1'  uva 
dalla  campagna  ed  entrarla  nei  palmenti  e  nelle  case,  ove  resta 
ammonticchiata  per  pili  giorni  per  indi  pigiarsi. 

Il  che  è  grandissimo  errore  ;  perciocché  1"  uva  ammontic- 
chiala si  riscalda;  una  parte  di  essa  si  trova  pur  pesta  e  quin- 


(  io6  ) 
di  di  aver  cominciato  un  imperfetto  processo  di  fermentazione, 
e  r  uva  non  pesta  si  altera  e  guasta  volgendo  talora  anche  al- 
l' acetosità,  dal  che  segue  che  il  vino  risultante  scapita  in  bon- 
tà e  racchiude  in  se  im  lievito  che  il  rende  proclive  a  volgere 
all'  aceto. 

§.   2. 

Dello  sgranellare. 

Intorno  alla  convenienza  di  questa  operazione  molto  si  è 
detto  dagli  enologi.  Ma  la  somma  delle  loro  opinioni ,  congiun- 
ta alle  pratiche   conoscenze,  mena  a  questi  risultamenti. 

Trattandosi  di  uve  che  danno  vini  infimi ,  ove  si  granellas- 
sero, risulterebbero  scipiti  e  debolissimi ,  mentre  che  il  graspo 
gli  concilia  alquanto  di  forza. 

Le  uve  che  danno  mezza  lagrima  è  utile  che  sian  private 
dì  una  parte  dei  graspi  ,  perchè  venissero  meno  austeri  e  piìi 
gradevoli  i  vini. 

Le  uve  della  seconda  e  terza  zona  che  danno  vini  generosi 
addimandati  lacrima  è  utilissimo  sgranellare,  perchè  deponesse- 
ro di  austerità  ,  maturassero  più  presto ,  e  venissero  più  gentili. 

Ad  eseguire  tale  operazione  ho  trovato  agevole  usare  un  lar- 
go crivello  di  fili  di  ferro  avente  le  maglie  larghe  poco  più  di 
un  mezzo  pollice.  Sospeso  questo  per  mezzo  di  mensole  nell'in- 
terno di  un  tino,  e  versatavi  a  ripresa  1'  uva,  dimenandola  con 
le  mani  per  tutti  i  versi,  se  ne  spiccano  i  granelli  che  cadono 
giù  ,  ed  i  graspi  si  tolgono  via  con  prontezza  e  facilità. 


(  107  ) 
§.  3. 

Del  pigiare. 

L'  operazione  del  pigiare  le  uve  è  indispensabile  perchè  tiit- 
!e  le  sostanze  conlcniUe  nei  granelli  si  ponessero  allo  scoverto , 
e  ricevendo  il  conlallo  dell'  aria  atmosferica  più  prontamente  vi 
si  risvegliasse  il  processo  della  fermentazione.  Universalmente  si 
esegue  o  in  tini  di  poco  fondo  con  foro  di  sotto  donde  cola  il 
mosto  in  altro  lino ,  o  in  apposita  bigoncia  di  fabbrica  costruita 
nel  palmento,  ove  è  calpestata  dai  contadini  a  piedi  nudi.  A  tal 
modo  questa  importante  operazione  eseguesi  molto  imperfettamen- 
te e  luridamente ,  tra  perchè  buona  parte  dei  granelli  rimango- 
no non  ammaccali,  ed  andando  così  nella  massa  fermentante, 
non  solo  non  entrano  in  fermentazione ,  ma  il  loro  succo  si  gua- 
sta, e  poscia  premuti  allo  strettoio  si  frammischia  al  vino  quel 
succo  guasto  che  il  deteriora  ;  tra  perchè  vien  trascurata  del  tut- 
to la  nettezza  dei  piedi  coi  quali  si  trasportano  nel  mosto  sostan- 
ze elerogonee  ;  Ira  perchè  infine  vi  abbisogna  molta  fatica. 

Ad  apportare  la  necessaria  perfezione  e  nettezza  a  questa 
opera,  sonosi  gli  enologi  oltramontani  affatigati  ad  inventare  va- 
rii  congegni  diretti  ad  ovviare  tali  difetti.  Uno  di  essi  creduto 
lo  più  idoneo  è  stato  introdotto  nel  regno ,  e  proprio  nelle  con- 
trade da  noi  studiale ,  dal  benemerito  Principe  di  Otlajano  ,  il 
tjuale  per  tutto  piacere  e  vaghezza  ha  impreso  a  coltivare  V  eno- 
logia ,  che  è  uno  de'  rami  principali  della  nostra  industria  agri- 
cola,  usandola  in  grande  e  non  risparmiando  a  spese  e  a  cure ,  a 
segno  d'  aver  rcnduto  il  suo  stabilimento  per  la  fabbricazione  dei 
^ini  lo  più  grandioso  che  immaginar  si  possa  tra  noi,  e  meri- 
tanicnlc  a  lui  si  deve  condegna  lode.  Su  di  che  ci  toruorà  più 
t^ppoilunamcnte  discorrere  in  altro  luogo. 


(  io8  ) 

Tutto  il  meccanismo  di  questo  apparecchio  sta  in  due  cilin- 
dri di  legno  del  diametro  di  un  palmo  e  lunghi  quattro  circa , 
girevoli  su  di  un  istesso  piano ,  in  senso  inverso  ,  mossi  ciascu- 
no negli  opposti  lati,  mercè  di  manovella,  da  due  contadini. 
Uno  di  essi  cilindri  è  guernito  di  grosse  teste  di  chiodi  ,  1'  al- 
tro contiene  delle  scanalature  circolari  in  corrispondenza  di  es- 
se teste  che  costituiscono  cavità  rispondenti  a  quelle  prominen- 
ze. Lo  scopo  di  queste  prominenti  teste  è  quello  di  aggrappar 
le  uve  e  tirarle  nel  mezzo  de"  due  cilindri  per  essere  schiaccia- 
te. Al  disopra  di  essi  è  adattata  una  tremoggia  di  legno  ove  1' 
uva  si  versa  ,  e  al  disotto  ,  un  largo  canale  parimenti  di  legno 
molto  inclinato,  su  cui  cadendo  mosto  e  vinaccia  va  a  colare 
in  un  sottoposto  tino. 

Col  mezzo  di  questa  macchina  la  pigiatura  si  ottien  perfet- 
ta ,  poiché  niun  granello  sfugge  all' ammaccamento ,  ed  esegue- 
si  con  la  massima  prontezza  ;  di  tal  che  in  brevissimo  spazio  di 
tempo ,  ove  si  abbia  1'  uva  sempre  pronta ,  potrebbero  empier- 
si pili  tini  ,  e  si  consegue  altresì  tutta  la  desiderabile  net- 
tezza. 

Pure  non  va  esente  da  leggieri  inconvenienti  quando  è  in 
moto  ;  e  sono  due  ;  1'  opera  simultanea  cioè  delle  braccia  di 
due  contadini ,  e  V  ammaccamento  che  in  parte  ne  segue  dei 
graspi  dell'  uva  non  isgranellata  e  de'  vinaccioli  che  ricadono 
sotto  le  teste  de  chiodi. 

Ad  ovviare  questi  inconvenienti  feci  io  costruire  qui  la 
macchina  istessa  secondo  l' idea  attinta  da  un  enologo  france- 
se ,  da  me  modificata  ;  e  sebbene  di  discreta  dimensione  è  pur 
di  grandissimo   effetto. 

Componesi  questo  apparato  di  due  cilindri  di  legno  d'  ol- 
mo del  diametro  di  un  palmo ,  e  lunghi  palmi  due  e  mezzo  , 
«Itre  la  maggiore  lunghezza  ad  ambo  gli. estremi,   assottigliata 


(  '09  ) 
in  modo  da  formar  gli  assi  :  sm  essi  situali  nel  medesimo  pia- 
no ,  rinchiusi  tra  quattro  pareli  di  legno  castagno  ;  distanti  tra 
loro  circa  due  linee,  girevoli  in  senso  inverso  la  mercédi  due 
ruote,  anche  di  legno,  dentate  ad  incastro,  di  vario  diametro, 
perchè  l'uno  de' cilindri  .-inimalo  da  moto  più  celere  dell'altro, 
amhi  esercitassero  la  loro  azione  per  compressione  e  sfregamen- 
to. Al  disopra  di  essi  è  posta  una  trenioggia ,  di  cui  le  pareli 
di  lungo  corrispondono  per  il  loro  estremo  inferiore  ne'  conlri 
de'  due  cilindri.  La  manovella  è  posta  all'  asse  della  ruota  mi- 
nore. 

Al  di  sotto  de'  cilindri  è  adagiata  una  conca  di  legno  mol- 
to inclinala,  larga  quanto  la  lunghezza  de' cilindri,  e  lunga  sei 
in  sette  palmi  ,  che  termina  in  un  canale  che  va  a  mettere  in 
un  tino.  La  superficie  de'  cilindri  lungi  di  esser  guernita  di  te- 
ste di  chiodi  è  liscia ,  e  fanno  mirahilmente  il  loro  uffizio  di 
pigiare  le  uve  isgranellafe. 

Per  le  uve  non  isgranellafe  ,  accadendo  talora  che  ammas- 
sate nella  tremoggia  ed  inviluppate  tra  graspi  ,  i  cilindri  sfug- 
gono senza  tirare  1'  uva  nel  mezzo  ;  in  tal  caso  conficcando  uà 
hastone  nella  massa  d'  uva  entro  la  tremoggia  ,  la  coesione  tra 
i  grappoli  avviticciati  si  rompe  ,  ed  i  cilindri  riprendono  la  lo- 
ro opera.  Ad  ovviare  ciò  ed  ottenere  la  massima  fa(!Ìlità  .  o- 
Ve  r  apparato  dovesse  servire  a  pigiare  uve  non  isgranellate 
saranno  i  cilindri  guerniti  di  piccioli  dentini  di  ferro  a  distan- 
za tra  loro  di  un  pollice  circa  ,  sporgenti  dal  legno  poco  men 
di  una  linea,  a  simiglianza  di  quelli  si  veggono  ne'  cilindri 
degli  organetti  ,  ma  che  i  dentini  di  un  cilindro  non  corris- 
pondessero a  que'  dell'  altro. 

L'  uva  versata  nella  tremoggia  attraversa  i  cilindri  in  mo- 
Timento  ,  e  rimasta  pigiata  ,  manda  mosto  e  vinaccia  nella  con- 
ta ,    e  4*  questa  »i  passa  nel   lino. 


(  no  ) 
La  forza  per  muovere  la  macchina  cosiffattamente  modifica- 
ta  e  corretta  è  quella  di  un    braccio  di  un  giovanetto. 

§.    4. 

Della  fermentazione. 

Questa  operazione  in  die  propriamente  consiste  la  vinifi- 
cazione è  un  lavorio  del  tutto  della  natura,  è  un  mero  proces- 
so chimico  che  di  per  se  assolvono  gli  atomi  organici  appena 
sottratta  \  uva  dall'  impero  della  forza  vitale ,  mercè  lo  spiccar- 
la dalla  pianta  ed  ammassarla  coli'  opera  della  pigiatura.  Allo- 
ra è  che  entra  sotto  il  dominio  della  forza  chimica.  In  ciò 
r  opera  dell'  agricoltore  non  ad  altro  esser  deve  diretta  che  a 
procurare  le  condizioni  più  adatte  a  che  quel  processo  ben  com- 
piasi ,  e  ad  allontanare  gli  accidenti  che  il  potessero  disturbare. 

Mostata  1'  uva  s'  empiono  i  tini  rimescolando  ivi  ben  bene 
con  frugone  tutta  la  massa  ,  e  si  abbandona  alla  fermentazione. 
È  indifferente  alla  bontà  del  vino  1'  ampiezza  de'  tini  ,  essendo 
sempre  però  da  preferirsi  que'  di  mezzana  grandezza  ,  anziché 
grandissimi  ,  atteso  che  ne'  troppo  grandi  la  fermentazione  per 
la  gran  massa  ritarda  a  svegliarsi.  La  ragione  che  danno  talu- 
ni alla  preferenza  de'  grandi  tinacci  si  è  che  da  essi  si  ha  una 
quantità  di  vino  del  tutto  eguale  ,  mentre  qualora  si  adoprano 
piccoli  vasi  ,  si  va  soggetto  a  leggiere  varianti  di  questo  prodot- 
to ,  il  che ,  a  mio  credere  è  di  ninna  importanza  ,  qualora  per 
le  usate  diligenze  il  vino  sia  tutto  buono. 

Quali  sieno  le  diligenze  da  adoperare  verremo  qui  additan- 
do perchè  il  prodotto  sia  in  tutta  la  sua  perfezione  ,  dopo  aver 
accennate  quelle  che  nella  generalità  degli  agricoltori  si' usano, 
non  che  quelle  di  taluno  in  particolare.-  . 


(  III  ) 

Non  in  tutti  i  poderi  sono  le  tinaie  addette  alla  fcrmcnl.i- 
zione  del  vino.  In  qiie'  di  una  estensione  al  disopra  di  dieci 
moggi  (  misura  antica  )  d" ordinario  è  un  luogo  coverto,  talora 
in  parte  scavato  sotterra,  tal  altra  a  livello  del  suolo.  In  quasi 
tutti  gli  altri  piccioli  poderi  i  tini  in  fermentazione  son  posti  o  al- 
l'aria libera,  o  coverti  da  una  semplice  tettoia  o  capanna  o  pergola. 

La  generalità  usa  governare  il  mosto  in  fermentazione  ri- 
voltandolo una  0  due  volte  in  ogni  giorno  con  frugone ,  facen- 
do immergere  nel  liquido  le  vinacce  sopra  sospinte  ,  che  co- 
stituiscono il  cappello  della  vendemmia  ,  perchè  non  s'  inacidi- 
sca. Altri  il  lasciano  cosi  senza  mai  rimescolare  ed  affondare 
il  cappello ,  ed  allora  sono  obbligati  tor  via  pria  di  svinare 
una  porzione  di  vinaccia  dalla  superficie  del  tino  per  tre  o 
quattro  dita  e  forse  più,  che  si  trova  inacidita,  perchè  questa 
non  si  confondesse  col  rimanente ,  cui  comunicherebbe  il  fer- 
mento  di   acidificazione. 

L'  uno  e  1'  altro  metodo  ha  i  suoi  difetti  :  il  continuo  rime- 
scolare ,  turba  il  processo  di  fermentazione  e  fa  disperdere  alcool 
ed  aroma  ;  e  qualora  la  temperatura  è  alquanto  calda  e  le  fru- 
gale non  sono  frequenti  ,  la  superfìcie  del  cappello  si  può  tro- 
vare alterala  ,  e  coli'  affondarsi  comunica  1'  alterazione  a  tutta  la 
massa.  Il  secondo  metodo  fa  si  che  le  vinacce  trovandosi  sopra 
sospinte,  non  entrano  egualmente  nella  fermentazione  tulle  le 
parti  componenti  1'  uva  ;  ed  ancora  trovandosi  della  vinaccia  su- 
periore porzione  acidificata  ,  ove  non  vada  tutta  diligentemente 
tolta,  quel  poco  che  rimane  comunica  il  guasto  alla  massa,  ol- 
tracchè  i  vini  vengono  raen  colorili. 

Il  tempo  da  svinare  è  qualora  osservasi  la  massa  raffredda- 
la ,  il  gorgoglio  cessalo  ,  il  cappello  naturalmente  ribassato  ;  etl 
il  liquido  chiarito:  lutti  segni  che  dimostrano  esser  terminatala 
fermentazione  tuniuUuosa. 


(    tI2    ) 

Il  periodo  entro  cui  questa  si  assolve  varia  in  ragione  del- 
la femperaliira  che  corre  se  più  calda  o  meno  calda,  de' tini  se 
piccioli  0  grandi  ,  delle  tinaie  se  sopra  terra  o  sotterra  ,  stante 
che  in  temperatura  più  alta  e  in  tini  piccioli ,  la  si  compie  più 
presto  ;  in  condizioni  opposte ,  meno  presto. 

La  varietà  si  aggira  tra  i  sei  a  dieci  giorni.  Ma  d'ordina- 
rio i  contadini ,  poco  ponendo  mente  a  questi  segni ,  ed  aman- 
do che  i  vini  riuscissero  più  dolci  ,  credono  ciò  ottenere  anti- 
cipando a  svinarli  ,  come  se  fosse  in  poter  loro  per  questo  solo 
mezzo  ,  arrostare  il  processo  della  fermentazione,  e  fare  che  mol- 
ti atomi  zuccherini  rimanessero  nel  liquido  non  iscoraposti  ;  tut- 
to che  la  giornaliera  esperienza  li  ammaestrasse,  che  il  proces- 
so della  fermentazione  pur  si  compie  nelle  holti  e  con  danno. 
Imperciocché  qualora  la  fermentazione  tumultuosa  non  è  compiu- 
ta nel  tino  ,  il  vino  non  è  ben  chiarito ,  né  le  fecce  ben  depo- 
sitate; ed  allora  van  trasportale  nelle  botti  maggiori  quantità  di 
parti  fecciose  ,  ove  riseggono,  siccome  la  chimica  insegna,  ma- 
terie azotate  che  sono  i  principii  sostenitori  della  fermentazione, 
dal  che  avviene  che  la  fermentazione  silenziosa  é  più  lunga,  ed 
i  vini  ritardano  a  chiarire  ;  onde  invece  di  riuscire  più  dolci , 
vengono  più  asciutti  ossia  meno  dolci. 

Questo  è  nella  generalità.  Ma  nel  grande  stabilimento  del 
Principe  di  Ottajauo  posto  ne'  suoi  poderi  viteti  del  Comune  on- 
de prende  il  titolo  ,  serbasi  tutt'  altro  metodo  ,  al  cui  uopo  ha 
egli  fatto  costruire  degli  ampli  e  ben  ordinati  locali  ,  che  ha 
forniti  di  una  ricca  suppellettile  addetta  alla  fabbricazione  de'  vini. 

Già  notammo  la  macchina  da  lui  fatta  venire  di  Francia 
atta  a  pigiare  le  uve  ,  ora  aggiungiamo  ,  il  torchio  idraulico 
per  premere  le  vinacce  ,  e  più  d'  ogni  altro  i  grandi  apparati 
per  la  fermentazione  a  vasi  chiusi  col  capitello  superiore  atto  a 
contenere  1'  aumentato  volume  della  massa  mentre  è  in  fermen- 


Cm3) 
lazione,  e  cannello  pescatore  per  lo  sviluppo  del  gas  acido  carbonico. 

Con  questi  apparali  chiusi  si  ottengono  de'  vantaggi  per  la 
bontà  del  vino  ,  tuttoché  allo  stato  presente  delle  chimiche  co- 
noscenze e  dell'  arte  enologica  ,  si  tenessero  del  tutto  inutili  per 
il  fine  propostosi  da  madama  Gervais  che  ne  fu  la  prima  inven- 
Irice.  Fu  questo  fine,  che  con  essi  vasi  chiusi  impedivasi  la  di- 
spersione dell'  alcool  che  congiunto  al  gas  acido  carbonico  ne  an- 
dava via.  Ma  ciò  si  è  da  ultimo  concordemente  dimostrato  da 
tutf  i  chimici  ed  enologi  ,  essere  di  nessun  conto. 

I  vantaggi  reali  che  se  ne  ottengono  sono:  i .°  il  nessun  con- 
fatto continuato  coli"  aria  atmosferica  ,  dal  che  seguono  due  uti- 
lità ;  la  prima  è  che  per  il  difetto  di  essa  la  fermentazione  tu- 
multuosa si  opera  più  a  rilento  e  graduale  ,  coudizione  che  per 
la  bontà  de'  vini  richiede  il  celebre  Liebig  ;  al  qual  fine  egli 
consiglia  dover  essere  la  tinaia  scavata  sotterra  ,  in  dove  per  la 
temperatura  bassa  e  costante  la  fermentazione  si  opera  in  tem- 
po più  lungo  e  più  perfettamente  :  la  seconda  utilità  sta  nel- 
la continuata  immersione  della  vinaccia  nel  liquido  ,  il  cui  ef- 
fetto è  che  tutte  le  parti  dell'  uva  subiscono  una  compiuta  fer- 
mentazione ,  onde  il  vino  risultante  è  più  gagliardo  e  colorito. 
2.°  L'  altro  vantaggio  è  pur  quello  di  non  esservi  alcuna  tema  di 
acidificazione  del  cappello  ,  e  quindi  ninna  perdita  di  prodotto 
tjualora  si  dovesse  torre  via  una  parte  di  vinaccia. 

Ma  quanti  avran  potenza  e  genio  per  adottare  il  metodo 
del  Principe  di  Ottajano  per  la  fabbricazione  de'  vini?  Senza  dub- 
bio di  errare  si  può  rispondere  non  altri  che  egli ,  ed  il  Duca 
Riario  in  Pomigliauo  d'  Arco  ,  possessore  ancora  di  estesi  viteti 
ne  terreni  prossimi  a  Somma  ,  cui  lo  stesso  Principe  comunicò 
le  sue  istruzioni,  e  risvegliò  il  medesimo  genio  ,  onde  costrus- 
se  uno  stabilimento  se  non  in  tutto  quasi  analogo ,  e  che  io  pu- 
re volli  osservare. 

i5 


(  la) 

Or  fra  questi  estremi ,  delle  pratiche  erronee  ,  difettose ,  e 
sarei  per  dire  barbare  della  generalità  de'  proprietarii  e  coloni 
di  queste  contrade  ;  e  delle  perfette  ,  ma  lussuose  e  dispendio- 
se del  Principe  di  Ottajano  ,  bisogna  additare  un  metodo  pra- 
ticabile da  ogni  coltivatore  di  vigne  ,  grandi  o  piccole  che  sie- 
110  ,  nel  quale,  mentre  vadano  osservate  le  dottrine  chimiclio-eno- 
logiche  ,  vi  sia  nel  tempo  stesso  facilità  ed  economia ,  sol  che 
si  adoperi  la  necessaria  diligenza  ed  il  buon  volere  a  miglio- 
rare i  prodotti  della  propria  industria  ,  ed  abbandonare  il  pre- 
giudizio del  così  si  è  sempre  fatto.  Intendo  sempre  parlare  di 
vigne  che  danno  lacrima  o  mezza  lacrima ,  come  son  quelli  del- 
le  contrade  di  cui  discorriamo. 

Pria  di  ogni  altro  molto  rileva  il  locale  ove  debbasi  effet- 
iuare  la  fermentazione  ,  e  sopratutto  è  condannabilissimo  1'  li- 
so di  tenere  i  tini  in  fermentazione  allo  scoverto ,  notte  e  gior- 
no ,  esposti  al  sole  ,  all'  acqua  e  a  tutte  le  intemperie.  Di  leg- 
gieri intendasi  il  dannoso  effetto  della  pioggia,  che  nel  momento 
che  dilunga  il  vino  ,  1'  acqua  attraversando  la  superficie  della 
vinaccia  acidificata  ,  trasporta  nel  vino  il  lievito  dell'  acetosi- 
tà. Inoltre  l'avvicendarsi  della  temperatura  sia  per  le  intem- 
perie ,  che  per  il  passaggio  dal  giorno  alla  notte  ,  la  massa 
si  riscalda  e  si  raffredda  successivamente  ,  onde  turbasi  conti- 
nuamente il  processo  della  fermentazione,  e  la  bontà  del  vino  de- 
ve di  necessità  scapitarne.  Per  le  ragioni  medesime  son  da  pre- 
ferirsi i  locali  coverti  scavati  sotterra  ,  e  non  quelli  fabbricati 
sopra  terra  ;  perciocché  in  quelli  oltiensi  una  temperatura  bassa 
e  costante ,  quale  richicdesi  perchè  la  fermentazione  si  compia 
perfettamente ,  giusta  la  dottrina  del  Liebig,  A  conferma  della 
quale  pongo  la  propria  esperienza.  Ed  è  che  nel  i84.3,  avendo 
dovuto  lasciare  taluni  lini  a  fermentare  in  una  cella  sopra  terra, 
mentre  altri  fermentarono  nella  tinaia  scavata  sotterra,    ebbi   a 


(  II5  ) 

notare  una  significante  inferiorità  del  vino  fermentato  nella  ca- 
mera sopra  terra ,  in  paragone  di  quello  che  fermentato  aveva 
nella  tinaia  sotterra. 

Si  empiano  nella  sera  i  tini ,  sieno  grandi  o  piccioli ,    per 
cinque  sesti  della  loro  capacità;  i  quali  ultimi   consistono   nelle 
stesse  botti  di  dodici  barili ,  da  cui  siesi  tolto  un  fondo  ;  e  ben 
rimescolato  il  mosto  con  la   vinaccia   si   lascino    in   riposo.  Nel 
mattino  seguente  ben  per  tempo  si   vadano   a  visitare ,  e   si  tro- 
verà  essere  cominciata   la  vinaccia   a   riunirsi  e  montar  su  ,    il 
cbe  è  segno  che  la  fermentazione  si  è  svegliata:  allora  si  adat- 
ti   su   questo   un  coverchio  che  scenda  nell'  interno   del  tino  :  al 
cui   uffizio  può  servire  lo  stesso   fondo  rimosso    dalla   botte  ,  al 
quale  siesi  ritagliato  circolarmente  tanfo   legno    che    possa    libe- 
ramente  calar   giù  ,    ed   inchiodato   sievisi   un  assicello    di  tra- 
verso alle  sue   tavole  per  tenerle  ben    fermate    tra   loro ,    e   nel 
tempo  slesso  da  servire  di  presa  per  toglierlo  via.  Se  si  farà  u- 
so  di  tino  più  grande ,  si  faccia  allo  stesso   modo    costruire    un 
coverchio  a  guisa  di  falso  fondo  che  scenda  giù.  Sopra  di  questo 
coverchio  si  pongano  dei  pesi  consistenti  in  pietre  vive  vesuviane, 
di  cui  questi  luoghi  abbondano ,  e  tali  e  tante  da  impedire  che 
il  cappello  della  vendemmia  troppo  si  elevasse,  ed  a  segno   da 
scorgere  gorgogliare  il  mosto  per  quel  picciolo   spiraglio    circo- 
larmente al  coverchio. 

Laddove  si  vedesse  esser  tale  il  peso  da  far  rigurgitare  il 
mosto  per  di  sopra  il  coverchio ,  si  minorerà  la  carica  di  tanto 
sino  a  serbare  1'  equilibrio  tra  il  mosto  e  la  vinaccia  in  fermen- 
tazione. Allorché  dopo  otto  o  dieci  giorni  non  si  scorge  più  gor- 
goglio in  giro  al  coverchio,  e  questo  è  ritornato  quasi  allo  stes- 
so punto  che  occupava  quando  vi  fu  adattato ,  è  segno  che  la 
fermentazione  tumultuosa  è  venuta  meno. 

Ma  non  si  creda  che  questo  sia  il  momento  da  svinare  ;  per- 


(  ii6) 
ciocché  il  vino  è  tuttavia  torbido  né  compiutamente  fermentalo: 
Si  lasci  stare  per  altri  cinque  o  sei  giorni  almeno ,  e  poscia  si 
svinerà.  Siesi  largo  nella  tardanza  a  svinare  ;  perciocché  lungi 
di  esservi  a  temere,  riuscirà  anzi  il  vino  di  miglior  qualità,  e 
più  chiaro. 

§.  ^. 
Del  modo  di  svinare. 

Allorché  si  vuole  sminare  si  cominci  dall'  alzare  il  coverchio, 
e  si  troverà  si  questo ,  che  la  vinaccia  su  cui  posava  odoro- 
sissimi di  alcool.  Sol  abbiasi  cura  di  radere  con  due  dita  in 
giro  al  tino  quel  poco  di  vinaccia  che  non  è  stata  tocca  dal  co- 
verchio ,  e  che  é  di  cinque  o  sei  linee. 

Nella  generalità  si  svina  facendo  colare  il  vino  dal  tino  o 
tinaccio  per  mezzo  di  un  foro  praticato  nella  estremità  inferiore 
di  esso,  togliendo  il  tappo  che  lo  turava,  nel  brentone  sottopo- 
sto, dal  quale  con  secchio  di  legno  si  attinge,  ed  empiendone  i 
cosi  detti  copcUi  ,  vengono  questi  trasportati  su  la  testa  di  uo- 
mini e  donno  nel  luogo  ove  son  riposte  le  botti,  e  per  mezzo 
della  pevera  o  largo  imbuto  di  legno ,  si  versa  nelle  botti  ;  inu- 
tili questi  del  tutto  aperti  di  sopra. 

In  questa  opj'razioue  non  si  pon  mente  alla  grande  disper- 
sione che  si  fa  di  alcool  ed  al  grande  assorbimento  di  aria  che 
fa  il  vino. 

In  particolare  alcuni ,  che  avendo  la  tinaia  superiore  alla 
cantina  _,  tengono  un  foro  sul  pavimento  della  prima ,  e  per  mez- 
zo di  un  cannello  fanno  colare  giù  il  vino  che  si  raccoglie  in 
altro  tino,  dal  quale  si  attinge  per  riempierne  le  botti.  In  que- 
sto secondo  metodo  son  minori,  ma  pur  vi  sono  gli  stessi  dan- 
ni della  dispersione  dell'  alcool  e  dell'  assorbimento  dell'  aria,  e 


più  devi  aggiungere  le  impure  incrostature  che  aderiscono  le  in- 
terne pareti  del  cannello. 

Il  metodo  adoperato  nella  tinaia  del  Principe  di  Otlajano  è 
questo.  Ivi  tutt'  i  tinacci  son  forniti  di  un  cannello  a  chiave. 
Allorché  devesi  svinare,  si  liga  alla  canna  di  questo  un  tubo- 
Io  elastico  che  si  fa  attraversare  per  un  foro  del  pavimento  che 
mette  perpcndicolarmenle  nella  cantina,  all'estremità  di  quale 
tubolo  è  altra  chiave  onde  si  fa  versare  il  vino  nelle  mezze  bot- 
ti ivi  adattate  ,  ed  a  misura  che  ciascuna  è  piena  ,  si  mena  al 
suo  posto  ,  e  subentra  1"  altra  a  riempirsi.  A  tal  modo  non  ev- 
vi  punto  dispersione  di  alcool ,  né  assorbimento  di  aria. 

Questo  metodo  è  praticabilissimo  da  tutti  coloro  che  tengo- 
no la  tinaia  supcriore  alla  cantina.  Pure  o  non  lo  praticano  o 
a  metà  ,  come  già  dissi.  Ma  invece  di  tultociò  potrcbbesi  segui- 
re una  pratica  quanto  semplice  altrettanto  agevole  ,  sol  clie  si 
abbia  a'  tini  grandi  adattato  un  cannello  a  chiave  di  legno  ;  e 
se  si  faccia  uso  di  tini  piccioli ,  avere  una  spina  di  metallo  per 
adattarla  al  fero  di  esso  nel  tempo  dello  svinare  ,  togliendo  il 
tappo  ;  e  cosi  cavare  il  vino  a  piacere.  A  tale  uso  si  dovreb- 
bero tenere  de'  copelli  chiusi  a  doppio  fondo,  i  quali  nel  fon- 
do superiore  portassero  una  picciola  apertura  con  cerniera^  ca- 
pace a  ricevere  il  vino  che  sgorga  dalla  chiave^  ed  empito  che 
è  ,  calare  la  cerniera  :  versarlo  poi  nella  botte  dalia  parte  op- 
posta ove  sia  praticato  un  foro  nella  pancia  ,  ed  a  questo  foro 
incastrato  un  tubolo  di  latta  ricurvo.  Con  questi  semplicissimi 
arnesi  potrebbesi  trasportare  il  vino  dalla  tinaia  nella  cantina 
senza  tema  di  dispersione  di  spirito  e  di  aroma  ,  né  di  as- 
sorbimento di  aria  ,  né  di  versamento  di  vino  ;  curando  altresì 
di  turare  il  tubolo  ricurvo  con  sughero.  Di  questi  mi  son  va- 
luto da  otto  auni  con   somma  agevolezza. 

È  necessario  ,   ad  avere  vini  più  dilicali ,   di  non  mischia- 


(  n8)  ^ 
re  il  torbido  col  vino  chiaro  allorché  si  svina,  perciocché  le 
parli  fecciose  farebbero  venire  il  vino  più  asciutto,  come  quel- 
le che  contenendo  materie  azotate  sostengono  piìi  a  lungo  la 
fermentazione  silenziosa  scomponendosi  tutta  la  materia  zucche- 
rina ,  e  quindi  si  ritarda  ancora  dippiù  la  compiuta  chiarifica- 
zione. Il  vino  torbido  si  porrà  in  botte  a  parte  in  unione  al 
vino  che  uscirà  dal  torchio.  Rimasto  così  per  circa  dieci  gior- 
ni in  che  van  depositate  le  fecce  piìi  grosse,  si  travaserà.  Al- 
lora 0  si  riporrà  in  botte  separata ,  perchè  vien  sempre  alquan- 
to più  asciutto  ma  più  gagliardo  ,  o  si  potrà  frammischiare 
spartendolo  al  vino  fiore  senza  tema  di  deteriorarlo.  Quest'  ul- 
tima diligenza  va  usata  quasi  generalmente  da'  torresi. 

§.  6. 

Dei  torchiare  le  vinacce  ,  ed  uso  di  esse. 

Cavato  il  vino  dal  tino  dopo  la  fermentazione  tumultuosa  , 
bisogna  torchiar  le  vinacce  che  daranno  un  altro  quarto  circa 
o  più   di  vino. 

Per  questa  operazione  si  usano  diverse  maniere  di  torchi. 
A  capo  a  tutti  ,  per  il  grande  eff'etto ,  e  per  la  pochissima  for- 
za che  richiede,  sta  il  torchio  idraulico,  di  che  fa  uso  il  Princi- 
pe di  Ottaiano.    Poi  vengono  i  torchi  a  vite,  o   doppia  o  unica. 

Da  taluni  si  fa  uso  ancora  di  una  gabbia  circolare  di  le- 
gno ben  ferrata  ,  entro  cui  si  ripongono  le  vinacce  ,  e  sopra 
si  fa  scendere  la  vite  che  le  preme  col  mezzo  di  dischi  di  le- 
gno ben  massicci.  Più  universale  è  V  uso  di  comporre  le  vi- 
nacce a  piramide  troncata  sopra  il  letto  del  torchio  ,  chiamato 
ingegno,  ed  adattatovi  sopra  dei  tavoli  massicci  vi  si  fa  scende- 
re la  vite  stringendo  a  forza  di  leva. 


(  119  ) 
Con  quest"  ullimn  metodo  fa  mestieri ,  qualora   la   vite   non 

piii  opera,  smettere  l'apparato,  tagliare  con  una  scure  di  fer- 
ro una  porzione  di  vinaccia  ai  quattro  lati,  scioglier  questa  con  le 
mani,  e  ripostala  al  di  sopra  dell'altra,  sottoporla  a  nuova  pres- 
sione: operazione  che  bisogna  ripetere  per  altre  due  volte. 

Il  congegno  con  la  gabbia  escuta  le  vinacce  da  questi  ta- 
gli che  rendono  il  vino  più  austero,  perchè  con  essi  spremesi  il 
succo  anche  dai  graspi,  ove  le  uve  non  si  sieno  sgranellate,  ma 
le  vinacce  vengono  meglio  spremute.  Con  1'  uso  della  gabbia  poi 
se  non  si  ha  questo  inconveniente,  ci  ha  perdita  di  vino  perchè 
ne  riman  sempre  parte  nelle  vinacce. 

Premute  le  vinacce ,  i  coloni  hanno  usanza  di  scioglierle ,  e 
riposte  in  fino,  versarvi  sopra  dell'  acqua ,  ed  ottenere  un  vinel- 
lo leggerissimo  o  acquarello  che  chiamano  acquala  da  servire 
per  gli  operai  del  podere.  Nei  possedimenti  del  Principe  di  Ot- 
tajano  dalla  vinaccia  si  cava  pure  l'alcool  mercè  la  distillazione. 

§•  7- 
Del  governo  del  vino  nelle  botti. 

Il  vino  riposto  nelle  botti  non  è  già  perfetto:  esso  va  sog- 
getto ad  una  seconda  fermentazione  ,  che  chiamasi  silenziosa. 
Mercè  di  essa  compiesi  il  processo  della  vinificazione,  scompo- 
nendosi altra  parte ,  e  talor  tutta  la  residua  materia  zuccheri- 
na ,  e  deponendosi  le  fecce.  Questa  seconda  fermentazione  sarà 
più  o  men  lunga  secondo  che  le  uve  sono  più  o  meno  zuc- 
cherine ,    e  dura  fino   a  circa   due    mesi. 

In  tutto  questo  periodo  ,  e  fino  a'  primi  giorni  di  gonna- 
io  ,  epoca  in  che  è  mestieri  travasare  il  vino  per  separarne 
le  fecce,  bisogna   ogni  sci  o  sette  giorni  dar  la  piena  alle  boi- 


(    120   ) 

ti  con  rifondervi  altro  vino  della  stessa  qualità;  e  frattanto  il 
cocchiume  delle  botti  sarà  turato  con  una  semplice  pietra  liscia 
marina  ,  che  nella  spiaggia  di  Resina  e  Torre  abbondano  ,  o 
con  un  pezzo  di  mattone.  Non  è  necessario  turarle  esattamente 
con  tappo,  stanteche  continuando  in  questo  periodo  di  tempo  la  len- 
ta fermentazione  vi  è  continuato  svolgimento  di  gas  acido  carbonico. 

Eseguito  in  gennaio  il  travasamento ,  e  dopo  di  un  giorno, 
per  far  rassettare  il  vino ,  rienlpiendo  di  nuovo  la  botte  ove  el- 
la sia  di  buon  legname  e  ben  costrutta  si  può  tappare  perfetta- 
mente il  cocchiume  ed  anche  impegolarlo,  e  non  aver  più  peu- 
siero  di  rifondere.  Di  questo  metodo  mi  son  valuto  con  succes- 
so. Altrimenti  bisognerà  tenere  ben  turato  il  cocchiume,  ed  o- 
gni  cinque  o  sei  giorni,  sturare  e  darvi  la  piena,  lavando  sem- 
pre il  tappo  per  sospetto  d'  acidità. 

In  queste  contrade ,  poiché  si  cerca  di  vendere  il  vino  per 
tutto  gennaio  e  febbraio,  non  si  usa  il  travasamento,  e  si  prati- 
ca solo  qualora  o  aon  siesi  venduto  o  vogliasi  conservare  per  la 
state.  Ma  i  vini  lacrima  di  queste  contrade  sarebbero  vini  da  bever- 
si  nel  secondo  e  terzo  anno,  perchè  allora  trovansi  aver  raggiun- 
ta la  loro  compiuta  maturità  ,  e  se  ne  ravvisa  la  squisitezza  ; 
potendosi  ancora  conservare  in  boccioni  di  vetro  per  molti  anni, 
0  con  oglio  sopra  e  ben  turati  ed  impegolati  ;  e  col  tempo 
semprepiù  si  perfezionano  ,  formandosi  1'  etere  enanlico  che  co- 
stituisce la  nobiltà  del  vino. 

Qualora  però  voglionsi  serbare  per  anni ,  è  mestieri  farvi 
precedere  per  lo  meno  tre  travasameuti  ;  uno  come  è  detto  nei 
principi!  di  gennaio ,  un  altro  in  fin  di  aprile  ,  ed  il  terzo  tra 
ottobre  o  novembre,  perchè  divenissero  del  tutto  depurati  e  per- 
fetti. Usate  siffatte  diligenze  non  han  bisogno  essere  chiarifica- 
ti con  colla  di  pesce  o  bianco  d' ovo  o  altro ,  poiché  chiarifica- 
no  da   se. 


(    '21    ) 

TI  traTasamcnto  debbosi  fare  nello  stesso  modo  e  con  gli 
stessi  arnesi  come  si  svina,  evitando  il  più  die  sia  possibile  il 
contallo  dell'  aria  ,  e  la  dispersione  dello    spirilo   di    vino. 

§•  8. 
Del  modo  di  fare  il  vino  bianco. 

Dalle  nvc  bianclie  di  queste  contrade,  e  propriamente  di 
cfuclle  della  zona  media,  incluso  a  capo  di  tutte  la  catalanesca, 
si  fabbrica  il  vino  bianco,  chiamato  lacrima  bianca,  o  anche 
vino  greco ,  comunque  poco  o  niente  vi  vada  fusa  di  uva  gre- 
ca. Ad  ogni  modo  è  sempre  un  vino  pregevolissimo  ove  venga 
usala  ogni  necessaria  diligenza  nel  fabbricarlo;  ma  dal  comune 
dei  vinai  è  poco  ricercato,  perchè  in  Napoli  non  si  beve  dalla 
generalità  che  vino  rosso;  e  solo  nella  stato  avanzala  riconoscono 
per  vino  bianco  l'  asprino  detto  di  Aversa. 

Or  la  lacrima  bianca  dei  terreni  vesuviani  si  fabbrica  cosi. 
Raccolte  le  uve,  immediatamente  si  pigiano  e  si  torchiano,  ed 
il  mosto  riponsi  nelle  bolli  a  fermentare  senza  la  vinaccia.  Le 
uve  d'  ordinario  non  si  sgranellano ,  ma  io  che  uso  di  sgranel- 
larle, ho  veduto  che  il  vino  riesce  più  gentile.  Nelle  bolli  il 
mosto  fermentando  caccia  per  il  cocchiume ,  che  non  è  coverto 
se  non  da  una  semplice  pampina ,  porzione  della  feccia.  Questa 
è  uopo  torre  con  una  spatola  di  legno  ogni  due  o  tre  giorni 
che  vassi  a  dar  la  piena  alle  botti  nettando  il  cocchiume  isles- 
so.  Devcsi  avere  1  avvertenza  nei  primi  dieci  giorni  di  non  riem- 
pire pcrfellamente  la  bolle  fino  al  cocchiume;  perciocché  il  mo- 
sto per  la  fermentazione  tumultuosa  rigurgitando  ,  ne  andrebbe 
parte  perduto;  ma  la  piena  si  darà  un  dito  al  di  sotto  del  coc- 
chiume. 

i6 


(    122    ) 

Decorsi  quaranta  giorni  circa  è  necessario  travasarlo  per  se- 
pararne le  fecce  ;  ed  in  questa  operazione  si  userà  lo  stesso  me- 
todo atlditato  per  lo  trarasamento  del  vino  rosso ,  cioè  col  mez- 
zo della  spilla  di  metallo  e  dei  copelli  chiusi.  Le  botti  ove  va 
riposto  è  mestieri  preventivamente  solforarle  bruciandovi  dentro 
un  solfanello  dei  comuni ,  sospendendoli  ad  un  fil  di  ferro  ad 
uncino,  e  tenendo  chiuso  il  cocchiume  con  un  pannolino.  La 
solforazione  fa  due  effetti,  facilita  la  chiarificazione,  e  previene 
r  acetosità;  ma  se  fosse  troppo  concilia  al  vino  1'  odor  solforoso. 

Questi  vini  bianchi  è  pur  mestieri  travasare  altre  due  vol- 
te come  si  è  detto  per  i  vini  rossi ,  ove  vogliansi  serbare  per 
anni.   A   capo    di  un   anno    è   bevanda  squisita. 

Non  trovo  altra  ragione  del  metodo  di  non  far  fermentare  i 
vini  bianchi  unitamente  alle  vinacce,  se  non  quella,  che  cosi  fa- 
cendo verrebbero  di  colore  carico  ;  ma  quanto  alla  loro  bontà ,  a- 
vendone  fatto  saggio,  trovo  che  sia  la   stessa. 

Questi  vini  han  bisogno  più  tempo  che  i  rossi  per  matu- 
rarsi ;  e  quanto  più  invecchiano  tanto  più  si  fan  pregevoli ,  e 
più  limpidi  divengono,  ma  più  colorili,  ove  non  sieno  riposti  in 
luoghi    affatto  privi    di   luce. 

§•9- 
Del  vino  lambiccato  e  del  danno  che  arreca. 

Nei  luoghi  da  noi  descritti ,  per  usanza  non  mollo  antica , 
si  fabbrica  un  particolar  vino  addiraandato  lambiccato  o  vino 
dolce  ,  cui  vanno  in  ispecie  destinate  queste  uve  perchè  sono  le 
più  zuccherine;  il  quale  anzi  d'esser  vino,  è  mosto,  in  cui  si 
è  interrotta  ed  arrestata  la  fermentazione,  mercè  la  fcltrazione,  non 
appena  cominciata.  E  puossi  dietro  accurate  notizie  di  fatto  as- 


(    123    ) 

scvcrarc  clic  olire  Ire  quarto  parti  dcU'  inlcro  ricollo  van  conver- 
tile in  qiiosla  specie  di  vino. 

Si  l'abhrica  cosi.  Raccolte  e  pigiate  le  uve,  pongonsi  a  fer- 
mcnlare  nei  lini,  e  ha  24-  a  36  ore,  ([uando  appena  è  riscaldata 
la  massa  ed  alzalo  il  cappello  della  vendemmia,  si  svina  e  torchia 
la  vinaccia.  II  li(|uore  cosi  ottenuto  punsi  a  feltrare  per  sacchi 
di  fida  tela  di  canapa  formali  a  guisa  di  cappucci  da  monaco, 
ondo  cappucci  vengono  chiamali,  si  che  il  liquidi)  ne  venga  lim- 
pido e  spoglio  delle  fecce.  Ed  a  rendere  più  stretti  i  meati  della 
tela,  perchè  il  vino  più  facilmente  chiarilichi,  si  versa  nel  cap- 
puccio della  terra  sabbiosa.  Ottenuto  cosi,  riponsi  nelle  botti; 
ed   ecco  fatto  il  lambiccato;   liquido  dolcissimo   e   ristucchevole. 

Ma  questo  lambiccalo  non  è  già  desliuato  ad  uso  di  bevan- 
da come  vino  ,  che  vino  non  è  ,  ma  bevanda  stomachevole  e  so- 
lutiva. E  invece  destinato  all'  esercizio  dell'  impostura  de'  vinai 
della  capitale  per  1'  adulterazione  de'  vini ,  ed  essi  son  quelli 
che  ne  promuovono  le  avide  ricerche,  facendolo  fabbricare  fin  da 
soltcmbrc,  e  1  immettono  nelle  arcane  loro  cantine. 

L'  uso  che  essi  ne  fanno  è  questo.  Simulano  con  esso  dap- 
prima una  concia  a'  loro  vini  guasti  là  là  che  li  smerciano ,  per- 
ciocché quel  dolciume  covre  per  il  momento  il  guasto  de'  vini , 
ed  i  bevoni  so  li  tracannano ,  ritenendo  qual  bevanda  piacevole 
quel  che  non  è  che  ima  mistura  di  due  sostanze  nocevoli  con 
la  giunta  d'  innocua  acqua.  E  se  si  fa  star  cosi  concio  per  al- 
cuni mesi  ,  il  vino  degenera  al  molle  e  divien  filante ,  che  chia- 
mano mammoso ,  e  volge  altresì  infine  all'aceto. 

Dappresso  se  ne  valgono  per  conciare  i  vini  leggieri  ,  cui 
procurano  con  altre  mille  imposture  colorito  ed  anche  durezza^ 
ed  indi  con  una  misurala  dose  di  quel  lambiccato  che  col  suo  dol- 
ce mitiga  la  brutta  bevanda,  essi  poi  spacciano  col  nome  dei  miglio- 
ri villi,  Vesuvio,  Somma,  Monte  di  Precida ,  Torre,  Gragnano  ec. 


(    124.   ) 

Con  siffatta  ribalderia  assicurano  due  guadagni  ;  il  primo 
di  vendere  a  prezzo  alto  ,  cjual  converrebbesi  al  vino  clie  nomi- 
nano ,  quel  che  non  è  che  vino  di  tenue  prezzo  sconciamente 
adulterato  ;  1'  altro  di  smaltirne  in  maggior  copia  ,  perchè  quel- 
la tempra  dolciastra  fa  dilungare  e  replicare  le  bibite  alla  ge- 
neralità del  basso  popolo  che  ripone  nel  vino  un  importanza  di 
prima  necessità  ,  il  cui  gusto  grossolano  si  è  maggiormente  de- 
pravato da  queste  malizie  de'  vinai  con  gli  allettamenti  del  dolce. 

Ancora  siffatta  concia  lor  procura  largo  campo  all'  uso 
dell'  acqua  che  fa  crescere  il  vino  nelle  loro  cantine  di  un  ter- 
zo 0   di   una  metà  ,  a  scapito   ancora  del   Fisco. 

Ciò  è  dalla  parte  de'  mercatanti  di  vino ,  e  de'  consumato- 
ri. Da  quella  de  produttori  ,  ossia  de' proprietarii  e  coltivato- 
ri ,  sono  essi  allettali  alla  fabbricazione  del  lambiccato  dalla 
facile  e  sollecita  vendita  della  loro  derrata,  e  talora  anche  dal 
lecco  di  un  picciolo  aumento  di  prezzo  che  non  compensa  la 
spesa  e  la  perdita  che  fanno  pel  feltro.  Effetti  di  tal  frodolen- 
te  pratica  dell'adulterazione  de' vini,  nella  massa  del  popolo 
sono,  nocumento  alla  salute  pubblica,  depravazione  al  palato, 
incitamento    ali"  intemperanza. 

E  mentre  che  i  saggi  governi  ,  la  morale  e  la  religione 
non  cessano  di  fax  buoni  ordinamenti  per  la  pubblica  salute 
e  la  pubblica  morale  ,  e  d'  insinuare  la  temperanza  con  isti- 
tuti di  rara  eccellenza  ,  si  lascia  correre  una  mostruosa  pra- 
tica che   i  saggi    precetti    contraria  ed   annienta. 

Né  si  venga  con  un'  assurda  massima  di  pubblica  econo- 
mia ,  qualora  si  potesse  ammettere  ,  essere  i  principii  di  eco- 
nomia pubblica  in  contraddizione  della  pubblica  salute  e  del- 
la pubblica  morale  ,  e  dire  essere  i  principii  da  noi  testé  pro- 
clamati dannosi  a"  proprietarii  di  terre  a  vigne  ,  poiché  mino- 
rano il  consumo  de' vini  ,  inceppano  e  ritardaao  la  vendita  di 


(125) 

questa  derrata.  Imperciocché  a  colui  che  cosi  opinasse  rispon- 
der si  polrehhc  in  prima  ,  che  se  questo  ahuso  è  solo  ncUa 
provincia  di  Napoli ,  la  minorazione  del  consumo  in  questa  so- 
la parte  si  diffondcrebbc  e  confonderebbe  nella  gran  massa  di 
tutt'  i  consumatori  del  regno ,  attesa  la  facile  circolazione  dei 
])rodofti  di  tulle  le  proviucie  ,  onde  nel  generale  equilibrio 
quella  sparirebbe.  Secondo  ,  che  potendosi  avere  in  piazza  vini 
nostrali  puri  ed  ottimi  da  tavola  ,  quali  sono  que'  del  Vesuvio 
e  del  Somma,  non  cosi  facilmente  le  classi  agiate  farebbero  uso  di 
vini  forestieri ,  onde  quelli  aumenterebbero  di  prezzo.  Terzo  in- 
fine ,  tolto  a' vinai  il  lambiccato,  non  potrebbero  raddoppiare 
i  vini  nelle  lore  cantine  coli' aggiunzione  dell' acqua  ;  e  smalti- 
re vini  quasi  al  doppio  di  quelli  che  immettono  ;  onde  la  mi- 
norazione del  consumo  ricadrebbe  a  scapito  delT  acqua  non  del 
tìjio.  Laonde  a  me  pare  che  si  dovrebbe  trovar  modo  da  impe- 
dire la  fabbricazione  del  lambiccato,  perchè  agevolmente  si  potes- 
sero ottenere  nel  commercio  interno  i  buoni  vini  del  Vesuvio,  le- 
gittimi e  non  adulterati  ;  e  per  la  generalità  parimente  i  vini 
leggieri  a  modico  prezzo  ,  naturali  e  quali  vengono  da'  campi  , 
non  adulterati  e  nocivi. 

§.    IO. 

Della  cura  che  richieggono  le  bolli. 

In  queste  contrade  son  rari  coloro  che  fanno  uso  de"  gran- 
di recipienti  per  riporre  il  vino,  chiamati /«*//,  della  capacità 
di  più  botti  ;  i  quali  durano  moltissimi  anni ,  ed  il  vino  in  essi 
va  meglio  conservato,  sia  perchè  il  legname  essendo  vecchio  e 
massiccio  meno  assorbe  e  meno  fa  evaporare  il  liquido,  e  nulla 
dà  del  suo  estrattivo  al  vino,  che  gli  concilia  uà  senso  disgusto- 


(     126    ) 

volo,  sia  perdio  la  incrostazione  di  bitartralo  di  potassa  clie  in 
tutte  le  interne  pareti  vi  deposita  il  vino ,  fa  si  che  il  vino  no- 
vello meglio  vi  si  conserva  e  vantaggia  in  qualità.  Il  Principe 
di  Ottaiano  oltre  de'  grandi  recipienti  fa  uso  ancora  di  mezze 
botti  di  buon  legname  ,  ben  costrutte  e  cercbiate  di  ferro  ove  ripone 
il  vino  nel  travasarlo  ,  e  che  conserva  invecchiate  ad  uso  delle  suc- 
cessive raccolte;  poiché  smaltisce  il  suo  vino  ritenendo  la  5/?y;«. 

La  generalità  de'  proprietarii  e  coloni  fan  uso  di  botti  e  mez- 
ze botti  di  legno  castagno  ,  che  ogni  anno  comperano  nuove  , 
perchè  1'  uso  invalso  è  quello  di  vendere  il  vino  compresa  la 
stipa.  Qui  dunque  ricorre  la  necessità  di  dover  curare  queste 
botti  per  togliere  da  esse  1'  estrattivo  del  legno  che  infondendo- 
si nel  vino  ,  gli  concilia  quel  suo  ingrato  senso  ;  ma  la  cura 
che  nella  generalità  si  usa  a  rigor  di  parola  è  nulla  ;  percioc- 
ché non  altro  vi  si  fa  se  non  cbc,  poche  ore  prima  d'imbot- 
tare il  vino  ,  sciacquarle  con  poco  di  acqua  tiepida ,  ed  in- 
di con  acqua  fresca.  Donde  avviene  che  tutti  questi  vini  con- 
servano sempre  il  senso  dell'estrattivo  del  legno  castagno,  e 
se  son  più  neri ,    lo  son   per   esso. 

Per  ben  curarle  bisognerebbe  o  mandarle  a  mare,  o  te- 
nerle per  un  dodici  giorni  piene  di  acqua ,  cambiandola  ogni 
tre  0  quattro  dì.  Ma  a  ciò  fare  ben  si  comprende  quanta  a- 
cqua  e  quanta  fatica  si  richiederebbe  ,  il  perchè  è  inesegui- 
bile. Onde  io  con  buon  successo  ho  ordinato  questo  altro  me- 
todo. Si  versa  in  ciascuna  botte  nuova  una  caldaia  di  acqua 
bollente  di  circa  un  mezzo  barile  ;  indi  si  tura  il  cocchiume 
e  si  squassa  e  dimena  la  botte  per  alquanto  tempo  :  nel  cor- 
so dello  stesso  giorno ,  e  per  altri  due  di  seguito  si  dimena 
e  rivoltola  un  cinque  o  sei  volte  al  giorno.  Indi  si  getta  quel!' 
acqua,  la  quale  si  vede  carica  di  materia  estrattiva  del  legno, 
e  vi  si  versa  altra  caldaia  di  lisciva  ben  calda  fatta  con  cenere  a 


(    127    ) 

simi^lianza  di  quella  por  il  bucalo,  ovvero  acqua  calda  salsa,  e  pur 
si  squassa  e  dimena  per  allri  Ire  giorni.  Poscia  si  caccia  via  questa 
che  n'esce  sopraccaricala  ollreraodo  dello  slesso  eslrallivo  ;  e 
vi  si  pone  acqua  iVesca  ,  elio  si  cambia  dopo  allri  Ire  giorni; 
dimenandasi  sempre  la  bolle  più  volle  al  dì.  Allorché  devesi 
usare  si  versa  (pioli' acqua  e  si  sciacqua  più  volle  finché  l'a- 
cqua n'  esce  limpida  ,  e  fallala  colare  bene  ,  vi  si  può  iin- 
bollare  il  vino.  E  se  pria  di  ciò  si  sciacquasse  ancora  con  una 
carafla  di  vino  caldo,  andrebbe  anche  meglio  fallo.  A  tal  mo- 
do il  vino  non  sentirà  alfalto  del  legno  castagno.  Ma  la  gen- 
ie volgare  vi  dice  che  quell"  estrattivo  del  legno  è  buono  per- 
chè rende    più   colorilo  il  vino. 

APPENDICE 

yivver lenze  intorno  all'  erbai' io  ampelogico. 

La  raccolta  de'  saggi  per  \  erbario  ampelogico  ,  al  modo 
richiesto  ,  deve  farsi  ed  assolversi  in  una  quindicina  di  gior- 
ni del  mese  di  maggio  ,  vai  dire  dalla  comparsa  de'  racemi  fin- 
ché i  tralci  non  sionsi  di  troppo  allungati  ;  ed  è  un  tal  pe- 
riodo più  che  sufficiente  perchè  i  medesimi  rapidamente  cre- 
scendo" giungessero  a  tale  lunghezza  da  non  potere  essere  più 
raccolti   per   erbario. 

Intanto  a  questa  epoca  i  più  esperti  coltivatori  poche  va- 
rietà san  distinguere  con  precisione.  Onde  il  disegno  propósto- 
mi nelle  mie  ricerche,  per  questo  sol  lato  della  raccolta  dei 
saggi  ^  trovava  insuperabile  difflcollà.  Nonpertanto  giunsi  a  rac- 
corrò saggi  di  oltre  a  quaranta  varietà  conosciute,  triplicati  e 
quadruplicali.  Ma  impegnato  sempre  a  ricercare  e  raccogliere, 
i   già  raccolti  nella   ristrettezza  del    tempo  andavano  a  male. 

Cessato  dunque   di   raccogliere   saggi  perchè   i   tralci    fuori 


(     128    ) 

misura  allungati ,  attesi  a  studiare  i  caratteri  delle  fante  altre 
varietà  che  mi  si  offrivano ,  allorché  1'  uva  allegata  cresceva  e 
volgeva  a  maturità  ,  in  che  spiegavansi  le  precise  distinzioni  di 
esse,  che  ho  diligentemente  notate  sopra  luogo  nei  molti  poderi 
da  me  visitati  ;  ma  senza  prenderne  saggi, 

A  tal  modo  procedendo,  potetti  pure  notare  de' caratteri  qua- 
}i  serhare  una  tal  quale  costanza  ,  quali  incostanti  tra  la  stessa 
varietà ,  sol  perchè  fosse  posta  a  luoghi  diversi  ,  e  talora  su  lo 
stesso  individuo;  tranne  poche  sole  varietà  che  offrono  sempre 
una  costante  sembianza  all'  occhio  perito  ,  come  sono  ad  esem- 
pio l' uva  coda  di  cavallo  ,   la  sanginella  ,   la  lugliese  ec. 

Dovetti  pur  convincermi  che  a  distinguere  e  definire  con 
esattezza  le  varietà  ,  dehbesi  partire  dal  frutto  maturo  ,  ed  i  sag- 
gi a  serbare,  a  mio  credere  ,  sarebbero  de' grappoli  nello  spi- 
rito di  vino,  e  de' semplici  pampini  che  non  offrono  le  tante 
difficoltà  de'  tralci.  E  questi  ,  ove  il  Reale  Istituto  li  credesse 
indispensabili  al  suo  scopo  ,  potranno  essere  raccolti  nella  pros- 
sima ventura  stagione.  Intanto  per  ora  presento  quei,  de'  pochi 
già  raccolti ,  potuti  serbare. 

Qui  credo  opportuno  il  luogo  di  notare  quali  sieno  i  carat- 
teri da  tenersi  costanti^  quali  variabili.  I  primi  si  hanno  dal- 
la distanza  de'  nodi  ne'  tralci  ,  dal  colore  del  peduncolo  e  del- 
le nervature  delle  foglie  ,  dal  pelame  delle  foglie  stesse  che 
suol  variare  solo  nella  foltezza  ,  daU'  essere  i  racemi  solleciti  o 
tardivi  ad  aprire  i  fiori  ed  a  sfiorare ,  dalla  forma  del  grappo- 
lo e  della  bacca,  e  dal  tempo  della  maturazione. 

Tutti  gli  altri  sono  piìi  o  meno  variabili  ,  come  la  figura, 
la  grandezza  ,  le  incisioni  ed  il  margine  delle  foglie  ,  il  colore 
del  tralcio  novello,  che  nella  prima  età  tende  più  al  verde,  suc- 
cessivamente si  fa  sbiadato  ,  indi  si  colora  in  legno  quale  più 
chiaro  e  quale  più  cupo  ec. 


(    129    ) 

QUADRO  SISTEMATICO  DE'  DESCRITTI  VITIGNI. 

Il  Reale  Istituto  mentre  accoglieva  con  approvazione  il  mio 
lavoro,  chiedeva  farsi  delle  112  varietà  descritte  la  classifica- 
zione e  distribuzione  in  gruppi  ,  secondo  il  metodo  proposto  dal 
Signor  Kolenati.  Ed  io  a  compiere  il  pensiero  del  Reale  Isti- 
tuto fo  precedere  alla  classificazione  poche  idee  su  i  principii 
che  in  tale  operazione  mi  hanno  guidato  ,  perchè  in  un  lutto 
solo  si  avessero  anche  le  ragioni  di  essa. 

I  Botanici  e  gli  Agronomi  han  sempre  tenuto  essere  la  spe- 
cie primitiva  della  vite  ,  generatrice  di  tante  varietà  di  vitigni, 
la  vite  salvalica,  comunemente  chiamata,  Vitis  Labrusca.  Sia 
il  Signor  Kolenati  diversamente  opinando  ,  dietro  le  sue  accu- 
rate ricerche  nella  Georgia  Russa  ,  venne  a  capo  di  stabilire 
essere  due  le  vili  salvatiche  ,  quali  sottospecie  della  pltis  Fi- 
njfera  ,  che  ei  considera  come  due  tipi  primitivi  e  generatori 
di  tutti  i  vitigni  coltivati. 

Egli  fa  derivare  la  distinzione  di  questi  tipi  dall'  essere  le 
foglie  fornite ,  0  prive  del  tutto  di  peli  cellulari  ;  nulla  impor- 
tando che  sieno  oppur  nò  vestite  dell'  altra  specie  di  pelame  a 
mò  di  ragnatela  chiamato  aracnoideo.  I  primi ,  quali  egli  con 
precisione  descrive  ,  sono  corti ,  lesiniformi  ,  cilindrici  ed  in 
anastomosi  coli'  epidermide.  I  secondi  sono  lunghi  ,  schiacciati 
e  solidi  ,  intrecciati  tra  loro  ,  aderenti  orizzontalmente  ma  non 
in  anastomosi  con  l'  epidermide  ;  e  talora  si  rinvengono  come 
semplici  lacerazioni  o  sfioccature  di  ragnatela  distaccati  dalla  e- 
pidermide  stessa. 

Prendendo  dunque  a  segno  de'  due  tipi  la  presenza  0  man- 
canza de' peli  cellulari,  ho  distinto  ,  come  il  Signor  Kolenati  , 
le  due  grandi  categorie  di  vitigni ,  luna  cioè  senza  peli  cellu- 
lari, I'  altra  con  tali  peli. 

»7 


(i3o) 

Ciascuna  di  queste  categorie  ho  poscia  diviso  in  due  clas- 
si per  la  mancanza  o  presenza  dell"  altro  pelarne  aracnoideo;  ed 
ho  stimato  altresì  distinguere  una  terza  classe  per  que'  vitigni 
che  offrono  soli  peli  cellulari  ne'  soli  angoli  interni  delle  ner- 
vature delle  foglie  ;  e  ciò  perchè  possa  tale  circostanza  essere 
di  elemento  a'  successivi  studii  nella  materia. 

Ho  suddiviso  ogni  elasse  in  gruppi  ,  come  lo  stesso  Role- 
nati ,  dal  colore  del  peduncolo  e  nervi,  e  non  ho  avuto  che  due 
soli  gruppi  a  formare  ,  poiché  quegli  organi  o  sono  interamen- 
te verdognoli,  o  con  macchie  di  rosso  talora  ne' soli  peduncoli, 
tal'  altra  ne'  nervi  ancora. 

Ogni  gruppo  ho  pur  suddiviso  per  il  solo  colore  del  frut- 
to se  nero ,  bianco  ,  oppure  tra  il  rosso  e  il  violetto. 

Qui  pongo  termine  alla  classificazione.  Se  più  oltre  avessi 
voluto  condurre  la  suddivisione  derivandola  da  altri  caratteri  ,  sa- 
rebbesi  giunto  a  quel  termine  dove  si  perde  ogni  vantaggio  cui 
le  classificazioni  generiche  mirano. 

Solo  sono  stato  di  credere  per  Y  utile  applicazione  delle 
pratiche  agrarie  e  per  le  indagini  scientifiche  ,  distinguere  in 
un'  altra  generalo  divisione  ,  tulf  i  vitigni  di  cui  1'  infiorescenza 
0  è  sollecitamente  seguita  dall'allegamento  del  fruito,  o  è  più 
0  meno  ritardata.  Dal  che  segue  che  secondo  i  varii  luoghi  o- 
ve  le  razze  della  seconda  categoria  vegetano  ,  vanno  più  o  me- 
no soggette  alla  colatura  per  cagioni  meteoriche  che  non  ho  in. 
questo  mio  lavoro  omesso  di  notare  ;  e  ciò  per  la  scelta  da  fa- 
re  de'  vitigni. 


(  <3i  ) 
CLASSIFICAZIONE  SECONDO  KOLENATI. 

Viti»  vinifera  anebophilta. 

(  Vitigno  senza  peli  celluiosi  ). 

Prima  Classe. 

Foglie  nude  ,  cioè  prive  anche  di  peli  aracuoidei. 

Primo  Gruppo. 

Peduncolo  e  nervi  delle  foglie  verde  chiaro. 

A.  Frutto  nero.  —  Le  varietà  descritte  a'  numeri  82  e  109. 

B.  Fruito  bianco.  —  La  varietà  descritta  al  n.°  ììì. 

Secondo  Gruppo. 

Peduncolo  e  nervi  verdognoli ,  macchiati   di  rosso  ,   o   solo  il  primo 
eoo  tali  macchie. 

A.  Frutto  nero.  —  La  varietà  descritta  al  n."  6. 

B.  Fruito  bianco.  —  Le  varietà  descritte  a'  numeri  15  e  17. 

C.  Frullo  rosso.  —  La  varietà  descritta  al  nura.*  37. 

Seconda  Classe. 

(  Foglie  con  soli  peli  aracuoidei  ). 

Primo  Gruppo. 

Peduncolo  e  nervi  delle  foglie  verde-chiaro. 

A.  Frutto  nero.  —  Le  varietà  descritte  a' numeri  10,  11  ,    24  ,    25, 
2C  ,  30  ,  66  ,  69  ,  72  ,  75  ,  80  ,  95  ,  102,  104  ,  e  112. 


(    l32    ) 

B.  Frutto  bianco.  —  Le  vnrictJi  dcscvllte  a'  numeri  48  ,  54  ,  55,  73  , 
16  ,  e  105. 

Secondo  Gruppo. 

Peduncolo  e  nervi  delle  foglie  verdognoli  macchiafi  di  rosso ,    o  sol» 
il  primo  con  tali  macchie. 

A.  Frutto  nero.  —  Le  varietà  descritte  a'  numeri  2,5,  14,  20  ,27, 
jB.  Frutto  bianco.  —  Le  varietà  descritte  a' numeri  23,  e  96. 

C.  Frutto  violetto.  —  La  varietà  descritta  al  nuni.°  4. 

Vitis  Vinifera  irichophilla. 
Prima  Classe» 
(  Foglie  con  soli  peli  cellulari  nella  superficie  inferiore  ). 
Primo  Gruppo.- 

Peduncolo  e  nervi  delle  foglie  verdognoli. 

A.  Frutto  nero.  —  Le  varietà  descritte  a'  numeri  36  ,  44  ,   45  ,  47  ^ 
68,  88  ,  92  ,  93  ,  94  ,  97  ,  106  ,  e  107. 

B.  Frutto  bianco.  —  Le  varietà  descritte  a' numeri  16  ,   18  ,  34,  51,. 
63  ,  84  ,  89  ,  e  108. 

C.  Frutto  rosso  scuror  —  La  varietà  descritta  al  num.°  28.^ 

Secondo  Gruppo. 

Peduncolo  e  nervi  delle  foglie  verdognoli  macchiati  di  rossa  ,  o  solo- 
il  primo  con  tali  macchie. 

À.  Frutto  nero.  —  Le  varietà  descritte  a'  numeri  8,9,   12.  13,  43,- 
60,  74  ,  77  ,  78  ,  79,  e  101. 


(  i33  ) 
B,  Frullo  bianco.  —  Le  variclii  tlcscritlc  a'  nuimiri  1  ,  e  11). 

Seconda  Classe. 

(  Toglie  con  peli  di  duplice  natura  ). 

Primo  Gruppo. 

Peduncolo  e  nervi  delle  foglie  verdc-ciiiaro. 

A.  Frullo  nero.  —  Le  v.-irielù  descrilte  a'  numeri  29  ,  39  ,  il  ,  33  , 
58  ,  CI ,  C2  ,  10  ,  83  ,  81  ,  e  98. 

D.  Frullo  bianco.  —  Le  varielà  descrilte  a'  numeri  3  ,  46  ,  32  ,  36  , 
31,  59,  Ci,  63  ,  CI  ,  81,  83  ,  91,  e  99. 

Secoìido  Gruppo. 

Peduncolo  e  nervi  delle  foglie  verdognoli  ,  macchiati  di  rosso  ,  o  so- 
lo il  primo  con  tali  macchie. 

A.  Frullo  nero.  —  Le  varietà  descritte  a' numeri  21  ,  86  ,  e  10.?. 

B.  Frullo  bianco.  —  La  varielà  descritta  al  num.°  33. 

Terza  Classe. 
(  Foglie  con  soli  peli  celluiosi  agli  angoli  delle  nervature  ). 
Primo  Gruppo. 
Peduncolo  e  nervi  delle  foglie  verùc-chiaro. 

A.  Fruito  nero.  —  Le  varietà  descritte  a' numeri  33,  38,   iO.  30.    II. 

B.  Fruito  bianco.  —  Le  varielà  descritte  a  numeri  32,  49,   90,  10(1. 

C.  Frullo  rosso  o  violetto.  —  Le  varietà  descritte  a' numeri  22,  42,  110. 


k 


(  «34) 

Secondo  Gruppo. 

Peduncolo  e  nervi  delle  foglie  verdognoli  macchiati  di  rosso ,  o  solo 
il  [iiimo  con  tali  macchie. 

A.  Frutto  nero.  —  La  varietà  descritta  al  n."  31. 

Classificazione  derivata  dal  comportamento  della  infiorescenza. 

Fra  tutte  le  112  varietà  descritte  sonovene  novanta  che  sollecitamen- 
If  sfiorano  ed  allegano  il  frutto,  e  num.*  22  che  ritardano  a  sfiorare  e 
ad  allegare  ,  le  quali  sono  le  segnate  a' numeri  5,  1,  9  ,  13,  19,  23, 
2i  ,  26  ,  29  ,  36  ,  41 ,  44  ,  51  ,  58  ,  59  ,  68  ,  12  ,  84  ,  81 ,  89  , 
101,  e  IH. 


IITOIMO 

ALL'  JMYGDJLUS  PVMILJ  DEL  LINNEO 

ED  AL  PRUNUS  JJPONICJ  DEL  THUNBERG 

OSSERVAZIONI 

SOCIO   OROrVARIO 

Lclli-  ni  li.  htiliilod'  Incoraggiamento,  neW  adunanza  de'  17  Giugno  ISil. 


L'EL  grazioso  alberello  che  dagli  anliclu  botanici ,  ritenulo  qua! 


Q 

pianta  affricana  ,  della  quale  distinsero  il  tipo    dal    fior   sempli- 
ce e  fruttifero  ,   e  la  varietà  dal  fior  doppio  e  sterile,  col  nome 
di  Amygdalus  pumi  la  ,    e    col   volgare  di  persichino  ,   coltiva- 
to ad   ornare  con  i  suoi   fiori   i   nostri  giardini    di   primavera  , 
ne   rimaneva  ben   determinato  prima  che   altro  simile  arboscello 
introdotto  ne  fosse  ne' giardini  ;  prima,  cioè  ,  che  il  Thunberg  di  ri- 
torno dal  suo  viaggio  al  Giappone  ne  descrivesse  il  Prunus  japo- 
nica  (17S4.),  che  grande  affinità  ne   presenta  coli'  antica  pianta 
affricana.   Noi  troviamo  perciò    che  da   Paolo  Hermann ,  che    al 
Capo  di  Buona  Speranza  la  rinveniva  selvaggia  e  la   pubblicava 
Jiol   1687,  fino  a  Linneo,  che  sotto  quel  nome  di  ^//?yy(/«/«5  yO«- 
viila  col  corredo  de'  sinonimi  de'  suoi   predecessori ,    cioè  delio 
stesso    Hermann    del  Pluknet   del  Bocrhave    e    del   Tournefort  , 
la  registrava  nelle  due    Mantisse  (  l'-i^-z-i']-]  i  )  ,    e  nel    Si/sfa- 
ma  Afilurae  (  1770),  tutto  procedeva  regolarmente  ,  nò  vi  era 
occasione  di  confondere  l'  antica  colla  moderni^  pianta  ;    n^a  d  ;- 


(i36) 
no  che  in  luogo  del  vero  Amygdalns  pmnila  ,  ad  alcuni  bota- 
nici ne  veniva  presentato  il  Prwius  japonica  ,  gli  scrittori  ,  che 
lianno  avuto  occasione  di  mentovarle  nelle  rassegne  e  ne'  rag- 
guagli delle  specie  delle  piante  ,  ne  hanno  stranamente  altera- 
le le  descriziojii  ,  a  tal  che  ,  col  confonderle  insieme  ,  han  fini- 
to col  riunirle  in  una  sola  specie  :  ora  riferendovi  l' intero  cor- 
redo de'  sinonimi  ed  altra  volta  travolgendone  il  collocamento  , 
e  spargendo  delle  dubbiezze  sulla  diversità  o  identità  delle  due 
piante.  Or  siccome  anche  ad  altri  equivoci  più  receiitemente  la 
cennata  confusione  ha  dato  luogo  ,  e  che  1"  antica  pianta  affri- 
cana,  colpita  di  ostracismo,  mirasi  o  sparita  affatto  dalle  opere 
botaniche,  o  tutt'al  piìi  rilegata  fra  le  spurie  ancelle  di  Flora  , 
perciò  toltone  il  destro  dagli  altri  novelli  equivoci  che  ne  ver- 
remo dichiarando  nel  corso  della  presente  scrittura  ,  ci  è  sem- 
brato ragionevol  cosa  il  rivendicarne  1'  antico  diritto  col  rista- 
bilirla nel  suo  vero  posto  :  senza  punto  derogare  a  quello  della 
pianta  asiatica  sua  minor  sorella. 

Pienamente  convinti  che  tutto  il  garbuglio  sia  provenuto 
dal  non  essersi  consultato  ciò  che  i  sullodati  antichi  autori  ne  han 
trasmesso  intorno  all'  Amygdalus  pumila ,  imploriamo  la  indul- 
genza de'  leggitori  se  verremo  minutamente  ripetendolo. 

Siccome  il  dicemmo  testé  ,  egli  fu  il  celebre  botanico  Olan- 
dese Paolo  Hermann  che  imprese  il  primo  a  descriverla  nel  ca- 
talogo dell'Orto  di  Leida,  messo  a  stampa  nel  1687.  Noi  ne 
trascriviamo  la  seguente  descrizione. 

Persica  malus  africana  nana  ,  jlore  incarnato  simplici. 
Amygdalus  africana  vulgo. 

Eadem  Jlore  incarnato  ploeno. 

Complures  emitlit  virgidas  lignosas  Jlexiles  nibentes ,  qui- 
òìi.ì  allernalim  haerent  folia  semidigilalia  in  obtusum  tendentia 
mucronem  ,  Malo  persica  angustiora  ,  pallide    virentia  ,    per 


(  >37  ) 
(imbitum  leriter  serrata  ,  crebrioribus  venis  et  riigìs  inscripta^ 
prodeuntibas  ad  singiiloritm  exortiim  binis  ex  adverso  tenuissi- 
inis  corniculatis  villis  ,  velut  in  communi  Persica.  y4d  siimmi- 
tates  virgularum  ,  oriuntur  flores  parvi ,  incarnati  rosei  colo- 
ris  ,  insidentes  quinque-radiatis  cahjcibns^  modo  multiplici ,  a- 
liquando  simplici  petalorum  serie  referti^  coloris  incarnati  ro- 
sei jncundissimi  ,  odoris  languidi .  Flos  excipiunt  fniclus  ro- 
ttmdi  snbhirsiiti  ,  persiche  qiddem  haiid  absimiles  sed  triplo  mi- 
ìiores  ,  saporis  non  adeo  grati.  Reperi  liane  arbusculam  sponte 
Ivxuriantem  ad  Promontorium  Bonae  spei  ;  inde  vero  in  Europam 
redux.,  offendi  in  anglorum  hortis  frequentem,  ex  quibiis  in  Bel- 
giam  adj'erri  curavi.  Firgulis  junioribus  solo  submersis  de  fa- 
cili propagatur.   (  Hermann;  Cat.  H.   Leyd.   p.  ^Sy  ). 

E  nella  pag.  489  sotto  la  frase  Persica  Malus  africana 
nana  ,  flore  incarnato  piceno  ,  se  ne  vede  la  figura  della  inte- 
ra pianta  in  tutte  le  parti  esattissima ,  comunque  assai  più  pic- 
cola del  naturale. 

Una  imperfetta  figura  della  pianta  dal  fior  doppio  ne  ripro- 
duceva il  Pluknet  nella  sua  Phytographia  (  1691  ;  tav.  1 1  fig.  4-) 
apponendovi  il  nome  di  Amygdalus  persica  nana  fi.  carneo 
ploeno  africana ,  e  se  ne  riportava  al  cennato  catalogo  dell'  Or- 
lo di  Leida  ,  dal  quale  trascriveva  la  suddetta  frase.  Compari- 
va nel  1684.  la  prima  edizione  del  Tournefort  scritta  in  france- 
se col  titolo  di  Elements  de  Botanique  ,  nella  quale  opera  le 
due  piante  dell'  orto  di  Leida  venivano  citate  come  appartenen- 
ti al  genere  Persica  :  la  prima  col  nome  di  Persica  africana 
nana  fi.  incarnalo  simplici  Horti  Lugduni  Batavorum^  e  la  se- 
conda col  nome  di  Persica  africana  nana ,  flore  incarnata  pi. 
II.  L.  B.  Quindi  nella  edizione  latina  dello  stesso  libro  ,  data 
fuori  col  titolo  di  Institutiones  rei  lierbariae  (  1700  )  se  ne  re- 
plicava letteralmente  la  stessa  inserzione  delle  due  specie.  Succc- 

iS 


(  .38  ) 
dillo  all'  Hermann,  pubblicava,  da  ultimo,  il  Boeraliave,  il  2.°  ca* 
talogo  dell'  istesso  Orto  di  Leida  ,  e  tì  riportava  la  descrizione 
del  genere  Persica  fondalo  da  Tournefort.  Di  poi  sotto  le  spe- 
cie e  ne'  numeri  4-  e  5  ,  vi  registrava  le  stesse  due  piante  sum- 
mentovate  colle  seguenti  frasi. 

Persica  africana  JL  incarnalo  simplici.  Tourn.  inst.  pag. 
625.   Persica  Malus  africana  jl.  incarnato  simplici  H.  L.  B. 

Persica  africana  fi.  incarn.  pi.  H.  L.  B. 

Noi  abbiamo  dunque  nel  breve  giro  di  raen  di  3o  anni 
quattro  insigni  Botanici  contemporanei  ,  che  concordemente  ri- 
feriscono al  genere  Persica  la  pianta  affricana  del  Giardino  di 
Leida  ,  e  tutti  ne  ritengono  la  identità  della  classificazione ,  do- 
poché ,  per  cura  del  Tournefort ,  ne  veniva  chiaramente  desi- 
gnato r  unico  essenzìal  carattere  che  distingue  quel  genere  dal 
Pruniis  ,  il  quale  carattere  quel  sommo  Botanico  francese  rico- 
nosceva nella  qualità  del  nocciuolo  irregolarmente  e  profonda- 
mente scolpito  (  fructus  carnosus  foetus  oss^iculo  profundis  scro- 
biculis  excidptis  ornato  ).  Al  qnal  carattere  ,  per  riunirlo  al 
genere  Ainì/gdalus  ,  i  Botanici  ,  che  seguendo  Linneo  ne  hanna 
ammessa  la  riunione  senza  escluderne  V  Elndlicher  ,  altre  note 
non  hanno  aggiunto  ,  che  quelle  fornite  dal  genere  Amygdalus 
dello  slesso  Touniefort  ,  cioè  la  Drupa  coriacea  fbrosa  ed  il 
iiocciuolo  profondamente  punteggialo.  Quindi  è  che  la  frase  ge- 
nerica linneana  le  riunisce  nella  seguente  diagnosi.  Drupa  co- 
riaceofbrosa  vel  carnosa  ,  putamine  rugoso foraminuloso  (  EndL 
gen.  p.  i25o  ).  Tutti  poi  concordemente  antichi  e  moderni  con-' 
vengono  nel  considerare  il  genere  Prunus  contraddistinto  dal 
carattere  del  noccinolo  affatto  liscio  e  privo  di  rughe  e  di  pun- 
ii impressi  :  Drupa  carnosa  ;  putamine  levi  nee  rugosoforami- 
nulosa  (  Endl.  loc.  cit.  ).  Vogliasi  o  pur  no  adottare  la  suddi- 
visione del  genere  Amygdalus   Lin.    ne'  sottogeneri    Amggdalus 


(  '39  ) 
Tourncf.  e  Persica  Tourner.  ,  non  che  quella  del  genere  Prii- 
VHS  ne'  sollogcneri  ylrmeniaca  Toiiru.  Pninus  Tournef.  e  Cera' 
sus  Iiiss.  ;  qiicslp  suddivisioni  si  aggireranno  mai  sempre  sopra 
caratteri  secondari  ,  laddove  fermi  ed  invariabili  ne  rimarranno 
i  caratteri  de'  due  generi  primitivi:  quelli,  cioè,  forniti  dalla  qua- 
lità del  nocciuolo  ;  che  perciò  giudiziosamente  V  Endlicher,  scar- 
tando tutti  i  succennati  nuovi  generi  del  Tourncfort  del  lus- 
sjeu  e  del  Do  Candolle  ,  ne  ha  confermato  i  due  soli  antichi 
generi  Linneani  Àvìygdalus  e  Pritmis. 

Ritornando  ora  alle  considerazioni  emergenti  dallo  studio 
che  i  snllodati  antichi  Botanici  fatto  avevano  sulla  Àulica  Per- 
sica africana  delf  Orlo  di  Leyda ,  sarà  giuocoforza  convenire  , 
che  per  averla  essi  concordemente  riferita  al  genere  Persica  , 
dovettero  averne  studiato  il  frutto  ,  che  T  Hermann  apertamente 
dichiara  essere  rotundiis  subhirsutus  ,  persicae  quidein  haiid 
absimilis  sed  Iriplo  minor  saporis  non  adeo  grati.  A  fronte  di 
tale  evidente  diversità  del  frutto  e  quindi  del  nocciuolo  ,  non 
per  que'  sorami  Botanici  ,  ma  per  fanciulli ,  inverosimile  quanto 
ridevo]  cosa  sarebbe  il  supporre  che  scambiar  potessero  il  noc- 
ciuolo di  una  prugna  con  quello  di  una  pesca  !  Cosa  non  ra'eno 
biasimevole  sarebbe  il  dubitare  della  patria  del  nostro  Persichi- 
no  ,  dopo  di  averne  Iella  1'  originai  notizia  datane  dallo  slesso 
Hermann  che  viaggiò  nelle  Indie  e  visitò  il  Capo  di  Buona  Spe- 
ranza ,  dove  dice  averlo  rinvenuto  crescere  spontaneo  ;  nò  par- 
lato ne  avremmo  noi  altrimenti  se  distinti  scrittori  non  T  avesse- 
ro leggermente  accusato  di  avervelo  riferito  a  caso:  ingannati  co- 
me vedremo  dalia  falsa  supposta  identità  della  nostra  pianta  col 
Pruno  Giapponese. 

Chitidorenio  il  primo  periodo  islorico  del  Persie/lino  col  ri- 
ferirne le  frasi  .  le  diagnosi  ,  e  le  sinonimie  Linneane  ,  le  qua- 
li, comecché  pubblicale  prima  che  il  pacifico  possesso  del  posto 


(  ao  ) 

che  ne  occupava  nella  scienza  turbato  ne  venisse  dall'  emulo 
arbuscello  Giapponese  ,  afiiitto  concordi  le  troveremo  a  quelle 
de'  succennati  antichi  autori. 

Amygdalus  pumila:  Manlis.  i.*  —  A.  Joliis  venato-riigO' 
SIS.  —  Mantis  i  .'^  (  1767)  pag.  74.  Syst.  veget.  XII.  XIII. 
(  ^770)  P^g-  ^4-  ,  n-°  3.  Persica  africana  nana  Jl.  incarnato 
ploeno.  Tourn.  inst.  62Ì).  Herm.  Lugd.  Balav.  4-87  tav.  4-8g. 
Mantis.  IL  pag.  5i4.  (  1771  )•  —  A.  per»ica  nana  Jl.  carneo 
ploeno.  Pluk.   Phyt.   XI.  fig.  4--  —  Habitat  in  Africa. 

Frutex.  Rami  laeves  bipedales  ,  *.  tripedales  atro-pnrpu- 
rei.  Folia  lanceolato-petiolala  venosa  rugosa  serrulata.  Stipiir 
lue  linear  e  s  laciniatae.  Culta  in  H.  Upsaliensi.  Mant.  i."  1.  e.  (i). 

Flores  ad  gemmas  sepius  bini  sessiles.  Cai.  riifescens. 
Pelala  emarginata  incarnata ,  tubo  calycis  longiora.  Filam. 
magis  pallida.  Germen  et  stylus  iiiferne  pubescens.  Slipulae 
profundins  serratae.   Variai.  Jlor.  ploenis.  Mantiss.  II.  1.  e. 

Per  queste  arapliazioni  semprepiù  si  confermano  i  caratteri 
che  troviamo  nel  nostro  Persichino  ,  nel  quale  i  rami  sono  di 
color  rosso  bruno  ,  le  foglie  lanciolate  finamente  seghettate  ,  i 
fiori  spesso  accoppiati  e  sessili  ,  comunque  più  frequentemente 
peduncolati  ,  come  le  rappresenta  il  Pluknet.  Noi  manchiamo 
del  tipo  della  specie  dal  fior  semplice ,  e  perciò  non  possiamo 
verificarvi  benauco  il  carattere  dello  siilo  e  del  germe  barbato; 
ma  possiamo  bensì  citarne  una  pruova  indiretta  ;  perocché  lo 
stilo  ed  il  germe  del  Pruniis  Japonica  ,  col  quale  1'  Amygda- 
lus pumila  vorrebbe  confondersi  ,  sono  affatto  glabri. 

Ed  ecco  dimostrato  non  esservi  alcuna  discrepanza    tra   gli 

(i)  Si  avverta  che  nel  catal.  dell'  Otto  di  Upsal  pubblicato  da  Linneo 
nel  1 74.8  non  vi  è  riportato  1'  Amygdalus  pumila  ;  cosiccliò  conviea  dire 
di  esservi  stalo  inlrodollo  dopo  quella  pubblicazione. 


(  I4.I  ) 

aulori  che  ban  trattato  dell'  Jmygdalits  pwnila  prima  della  sco- 
perta del  Priimis  Japonica.  Il  primo  a  smarrirne  la  traccia  In 
il  Laraark  ,  il  quale  nel  i."  tomo  della  parte  botanica  della  En- 
ciclop.  Metodica  (1789),  nel  descrivere  le  piante  del  genero 
Amygdalus  n'  esclude  1'  Aiìiygdulus  pumila  ,  e  vi  aggiunge  la 
seguente  nota  :  «  L'  Amygdalus  pwnila  Limi,  etani,  selon  nous, 
((  une  vérilable  espèce  de  Prunier  ,  nous  1'  avons  rapporlée  à 
«  ce  genrc.  Voyez  prunier  ».  Noi  non  sapremmo  indovinare  don- 
de r  Enciclopedista  francese  abbia  attinto  le  pruove  del  suo  con- 
vincimento ,  ed  indarno  siamo  andati  a  cercarne  qualche  schia- 
rimento sotto  il  genere  Prunier  ,  perchè  nessuna  di  quelle  spe- 
cie trovasi  ivi  riferita  alla  pianta  Linneana,  nò  dello  stesso  Pru- 
nus  japonica  vi  si  trova  fatta  menzione  alcuna  !  Forse  ciò  è  avve- 
nuto perchè  quello  immenso  lavoro  ,  condotto  dal  Lamark  per 
i  primi  quattro  volumi,  ne  fu  poi  continuato  dal  Poiret  che  a- 
Arà  potuto  trovarsi  di  contrario  avviso  ;  ma  anche  in  questo  ca- 
so avrebbe  egli  dovuto  parlarne  in  alcuno  de'  supplementi  ;  co- 
mecché pubblicati  dopo  del  W  illdenow ,  del  Persoon ,  del  nuovo 
Dubamcl  e  di  altre  non  poche  opere,  dove  t\e\X  Amygdalus  pu- 
mila Linn.  e  del  Prunus  Japonica  Thunb.  trattasi  diffusamente. 
Imprendeva  nel  1797  il  Willdenow  a  dar  fuori  la  quarta 
edizione  dello  Species  planlarum  del  Linneo  colla  giunta  di  tut- 
te le  piante  scoverle  fino  a  quel  tempo,  ed  ivi  alla  classe  Ico- 
sandria^  (  tom.  2,  p.  2,  pag.  gSS  )  sotto  il  genere  Amygdalus 
riportava  1'  Amygdalus  pumila  di  Linneo  senza  escluderne  alcu- 
no degli  antichi  sinonimi;  ma  nel  comprendervi  le  citazioni  di 
un  suo  Trattato  sugli  alberi  .^  e  di  altre  opere  tedesche  ,  non 
saprei  con  precisione  additare  da  qual  di  esse  traesse  egli  la 
frase  diagnostica,  di  foliis  lanceolatis  duplicato-serratis.  Non 
tralasciava  frattanto  il  lodato  autore  di  riportarvi  in  pari  tempo 
le  parole  delle  due  Mantisse  Linneane,  dove  le  foglie  son  dot- 


e  42  ) 

fc  s(rrulota\  quasi  che  \q^  foglie  finamente  seghettate  come  si 
vc^orno  nelle  figure  e  si  dicono  nelle  descrizioni  di  lalf  i  bo- 
Innici  che  han  trattato  dell'  Jmygdalus  jnimila ,  e  quali  roal- 
mrnlc  e  costantemente  esse  sono,  potessero  in  pari  tempo  dir- 
si doppiamente  seghettate^  come  si  osservano  nel  Prwuisjapo- 
nica\  Frattanto  lo  stesso  Willdenow  non  tralasciava  di  registra- 
re questa  pianta  del  Thunberg  sotto  il  genere  Prtimis  (pag.  99^) 
trascrivendone  seccamente  la  frase  e  la  diagnosi  della  Flora  ja- 
ponica  ! 

Fin  qui  nò  il  paese  ne  la  specialità  del  nostro  Persicliino 
ne  venivano  apertamente  impugnate  ;  ma  col  comparire  della  Sy- 
lìflpsis  del  Persoon  (  1807  )  entrambe  ne  sparivano  un  tratto  , 
trovandosi  in  quel  libro  per  la  prima  volta  riportato  un  Prunus 
sinens's,  cui  qual  sinonimo  traevasi  X  Amygdalus  pumila  del 
Linneo . 

Eccone  la  frase ,  i   sinonimi  e  1"  Habitat. 
Priinus  sinensis  ;  caule  erecto  fol.  lanceolatis ,  venoso-rU' 
yosis  serratis.  Amygdalus  pumila  L.  AV.  p.   gSS.  Pluk.    pbyt. 
t.    II.   fol.  4-   Habitat  in  China  (Africa  Lin.  ).  Questa  riunione 
propostane  dal  Persoon  non  veniva   pienamente    adottata  da'  Bo- 
tanici ;  perocché  il  Loisleur  nel  Nuovo  Duhamel  i.  3,  nella  tav. 
S3  fig.    I  ,  vi  faceva  dipingere  un  bellissimo  ramo  carico  di  frut- 
ti del  vero  Prunus  sinensis  ,   le  cui  foglie  slargate  nella  parte 
media ,   ristrette  in  ambi  gli  estremi  e  decisamente   due  volte 
seghettate ,  non  che  i  frutti  7nuniti  di  lunghi  peduncoli  ed  il 
nocciuolo  liscio ,  lo  mostrano  evidentemente  diverso  dall'  Amyg- 
dalus Pumila  ,   con  foglie  lanciolate  finamente  seghettate ,  fiori 
con  corti  peduncoli  e  frutto  con  nocciuolo  solcato  !  Quindi   lo 
stesso  Botanico  francese  ne  scriveva  la  seguente  frase.  —  Prunus 
sinensis:  foliis  lanceolatis  serratis  ,  breviter  petiolatis  eglandu- 
losis .  floribus  axillaribus  jìedunculatis  ;  fructibus  globosis   ni' 


(  43  ) 

bellis.  Egli  yì  citava  il  Persoon  e  luU"  i  sinonimi  nnlichi ,  e  con 
dubbio  vi  registrava  (jiiolii  dell'  Jmygdahis  pumila  di  Linneo  o 
di  Willdenow.  Vi  soggiungeva  poi  la  seguente  nota  :  ((  Ce  petit 
K  Pnmier  passe  pour  étrc  originaire  de  la  Citine  ,  et  il  croit  aussi 
((  cn  Afriquc  s"  il  faut  lui  rapporter  1'  Amygdalus  pumila  de 
((  Linné;  mais  nous  regardons  comme  trcs  douteux  que  cette 
((  derniére  piante  puissc  se  rapporlér  à  notre  espèce  ;  puisq' elle 
((  a,  selon  cet  auteur,  les  fleurs  sessiles;  et  que  la  nótre  les  a 
((  dislincteraent  pedunculèes  ».  E  noi  avremmo  desiderato  che  il 
Loisleur  avesse  fondato  i  suoi  dubbi ,  meno  sulla  qualità  dei^o- 
ri  sessili  o  peduncolati ^  che  sui  caratteri  generici^  i  quali  per 
le  cose  testò  discorse  sono  nelle  due  piante  essenzialmente  di- 
versi. Pare  d'  altronde  che  quell"  autore  abbia  avuto  presente  piìi 
i  caratteri  dello  Amygdalus  pumila  che  quelli  della  pianta  di- 
pinta nella  citala  figura ,  e  ne  afforza  il  sospetto  in  vedersi  che 
per  la  prima  volta  ne  introduceva  in  quella  diagnosi  le  foglie 
prive  di  glandule  ;  tali  bensì  essendo  quelle  dell'  Amygdalus  pu- 
mila ^  e  non  già  le  foglie  della  pianta  che  vi  è  dipinta,  e  che 
son  fornite  di  glandole  caduche. 

Ed  eccoci  pervenuti  alla  pubblicazione  del  2"  tomo  del  Pro- 
dromo del  DC  (1825),  dove  sotto  il  genere  Cerasus  ;  fondato  , 
come  è  noto  a  spese  di  alcune  specie  del  genere  Prunus  del  Lin- 
neo, si  riunivano  in  una  sola  specie  ì\  Prunus  japonic a  Ihwah- 
il  Prunus  sineiisis  Persoon  e  V  Amygdalus  pu?nila  L.!  Nel  pro- 
dromo non  è  citato  il  Loisleur,  che  pel  sinonimo  del  Cerasus 
Japonica  del  nuovo  Dubamel,  e  non  pel  Prunus  sinensis  dello 
stesso  libro;  ma  siccome  sotto  di  quest'ultimo,  il  Loisleur  rife- 
risce i  sinonimi  degli  antichi  e  quelli  del  Linneo  e  del  \^'illde- 
now ,  perciò  ne  consegue  trattarsi  sempre  della  stessa  pianta. 
Benvero ,  siccome  il  Loisleur  riferiva  con  dubbio  alla  pianta 
del  Persoon   i  sinonimi   del  Linneo  e  del    Willdenow  ,    il    DC. 


(  IM  ) 

al  contrario  col  riferirvi  V  Jmtjgdahis  pìimila  di  Linneo^  tutti 
senza  menoma  esitanza  fa  crederli  riuniti  :  solo  escludendone  il 
sinonimo  del  Plukenet,  forse  seguendo  l'avviso  del  Sims  ;  ma 
questo  sinonimo,  come  il  dimostrammo  testé,  non  può  disgiun- 
gersi da  quelli  degli  antichi  e  dello  stesso  Linneo. 

In  mezzo  a  tante  ambiguità  il  nostro  Orto  Botanico  riccve- 
A'a  da  Parigi  il  Pmniis  sinensis  che  ben  si  trovava  diverso  dal- 
l' Amygdalus  pumila;  che  perciò  nell'  Elenco  de  semi  e  delle 
piante  disponibili  per  r  anno  f8ag,  s.o{[oY  Jmpgdahts  pumila 
se  ne  registrava  la  seguente  nota  (  pag.  i4  )■  Immerilo  a  neo- 
thericis  cnin  Pruno  sinensi  confusa^  passim  in  hortis  occurrit 
et  vernacide  ab  hortulanis  Persichino  a  fior  doppio  mmciipatiir. 
Prunus  sinensis  vera  ab  hortis  gallicis  accepta  in  H.  Regio 
elapso  anno  Jloriiit  imde  de  ntrinsque  plantae  diversitate  judi- 
care  potili.  Amygdalus  pumila  habet  jlores  sessiles  etfolia  ser- 
rulata,  dum  in  Pruno  sinensi  Jlores  siint  pedunculati  etfolia 
biserrata  ! 

Un  appicco  a  ripigliarne  lo  studio  ne  veniva  ultimamente 
suggerito  dall'  essersi  ricevuto  all'  Orto  botanico  Io  stesso  Pru- 
nvs  sinensis  sotto  il  falso  nome  di  Amygdalns  glandulosa.  Que- 
sta pianta  descritta  dall'  Hooker  come  nativa  del  Texas  non  può 
riferirsi  al  succennalo  Prunus ,  ma  avrà  potuto  esservi  confusa 
da  qualche  orticoltore ,  perchè,  come  avvertimmo  di  sopra ,  le  fo- 
glie di  esso  Prunus  come  quelle  di  diverse  altre  specie  soglio- 
no portar  delle  minute  glandole  caduche  sui  denti  delle  foglie  e 
delle  stipole.  Frattanto  dallo  stesso  Repertorio  del  Walpers  do- 
ve trovasi  la  notizia  dell'  Amygdalus  glandulosa  ne  avveniva 
raccogliere,  che  fino  all'anno  i84.3,  nel  quale  anno  ne  compa- 
riva il  2°  tomo ,  sotto  i  due  generi  Amygdalus  e  Prunus ,  co- 
muu(iue  corredati  di  copiose  giunte ,  nulla  di  nuovo  vi  si  avver- 
tiva intorno  alle  due  piante  che  formano  il  soggetto  della  nostra 


(  i4a  ) 

disamina;  che  anzi  sotto  il  genere  Amygdahis^  tra  le  specie  e 
genere  expellendae^  leggiamo  Jmygdalus  pumila  L.  (  Cerasìts 
vel  Priiniis  sinensis  Pers.  )  Anche  qualclie  anno  prima  (184.0) 
lo  Steudel  nel  Nuovo  Nomenclalor^  ne  riteneva  la  stessa  riunio- 
ne. Ad  infermarne  il  giudizio,  ed  a  meglio  farne  scorgere  la  di- 
versità delle  due  piante ,  gioverà  riferirne  le  altre  seguenti  av- 
vertenze. Il  Sims  nel  Botanìcal  magazine  tav.  2176  (18 19)  ha 
rappresentato  il  vero  Ainygdalus  pumila  di  Linneo  e  degli  an- 
tichi. Egli  ne  riferisce  tali  particolarità  da  non  lasciarvi  il  me- 
nomo dubbio.  La  più  importante  sta  nello  averne  osservalo  il 
frutto,  il  cui  nocciuolo  dice  aver  trovato  rugoso  ;  che  perciò  met- 
tendosi in  opposizione  cogli  altri  botanici  ed  orticoltori  del  suo 
paese,  dichiara  doversi  decisamente  conservare  sotto  il  genere 
Amygdalm.  L'  altra  si  raccoglie  dall'  averne  egli  confrontata  la 
sua  pianta  coli'  esemplare  che  se  ne  conserva  nell'  erbario  di 
Banks,  colla  scritta  di  essere  stato  colto  nel  giardino  del  Lee 
nel  1774-5  cioè  io  anni  prima  che  si  fosse  parlato  del  Pruniis 
japonica!  Egli  riferisce  henanco  di  avervi  in  molti  fiori  osser- 
vato due  distinti  pisldli  :  la  qual  cosa  anco  ne'  fiori  doppi  ci  è 
avvenuto  di  verificare,  colf  averlo  trovato  trasformati  in  due  fo- 
gliuzze  carpellari ,  screziate  di  verde  e  di  carnicino ,  e  talvolta 
aiTatto  verdi  e  seghettate  come  le  vere  foglie  della  stessa  pian- 
ta. Con  dubbio  il  Sims  registra  sotto  1'  Amygdalus  pumila  i  due 
sinonimi  del  Pluknet  e  dell'Herman;  e  suppone,  per  verità  trop- 
po leggermente,  che  quest'  ultimo  autore  di  sola  memoria  lo  a- 
vesse  attribuito  all'Affrica,  mentre  egli  lo  crede  piuttosto  di  o- 
rigine  Cinese  :  cedendo  cosi  il  campo  ai  suoi  avversari ,  i  quali 
per  averlo  ritenuto  di  tale  origine ,  lo  hanno  dapprima  riunito 
al  Prunus  sinensis  del  Persoon  e  quindi  al  Prunus  japonica  del 
Thunberg. 

Pili  felicemente  il  London  nella  sua  Encyclopedia  of  Ireea 

»9 


(  a6  ) 

and  Shrubs  (  London  184.2  )  avvertiva  trovarsi  ne'  giardini  in- 
glesi due  alberelli  distinti  che  gli  scrittori  suoi  concittadini  con- 
fondevano in  uno.  Egli  ne  descriveva  il  primo  (  pag.  286  )  col 
nome  di  Cerasiis  japonica^  e  notava  potersi  questo  in  ogni  sta- 
gione  facilmente  riconoscere  dal  color  bruno  porporino  della 
scorza  de  giovani  ramoscelli,  e  nella  state  dalle  sue  foglie  Jir 
riamente  seghettate.  Quindi  soggiungeva:  I fiori  di  questa  spe- 
cie hanno  cortissimi  peduncoli ,  e  sono  talvolta  affatto  sessilù 
Cosi  il  tipo  della  specie  istessa,  ossia  la  pianta  a  fior  semplice, 
che  la  varietà  dal  fior  doppio,  erano  da  quel  diligente  orticol- 
tore partitamente  descritte. 

La  seconda  pianta  riferita  col  nome  di  Cerasus  sitiensis  (p. 
287)  avvertiva  il  Loudon  K  riconoscersi  nell' inverno  dal  color 
cinericcio  della  scorza  de  giovani  ramoscelli .^  e  nella  state  dal- 
le sue  foglie  comparativamente  più  larghe .,  due  volte  e  più  prò- 
fondamente  seghettate.,  non  che  da'  suoi  fiori  forniti  di  più  hiU' 
ghi  pieduncoli  » .  Dopo  queste  chiare  e  semplici  parole  non  vi 
è  chi  possa  dubitare  che  delle  due  succennate  piante,  la  prima 
debba  riferissi  all'  Amygdalus  pmnila  di  Linneo  e  degli  antichi.^ 
e  la  secor.da  al  Prunus  0  cerasus  sinensis  o  faponica  de  mo- 
derni. Ne  duole ,  frattanto ,  il  doverne  in  pari  tempo  dichiarare 
di  non  essere  stato  il  Loudon  egualmente  felice  nello  svilup- 
parne la  sinonimia j  eh'  egli  medesimo  riconosceva  oltremodo  con- 
fusa ed  intralciata.  Se  invece  di  ricercarne  nel  Cerasus  fapo- 
nica del  Loisleur  (  Prunus  jap.  Thunb.  e  Linldey  Bot.  reg.  tav, 
1801.  Prunus  sinensis  Pers.  2,  pag.  36  )  la  pianta  che  trovava 
diversa  dal  Cerasus  sinensis  del  Don.  {  Primus  faponica  Ker. 
Bot.  regist.  t.  27.  Cerasus  sinensis  Don 's  Miller  2,  p.  5i4) 
ricercata  egli  1'  avesse  negli  antichi,  allora  nella  descrizione  e 
nella  figura  bellissima  dell'  Herman,  non  la  sola  varietà  dal  fior 
doppio   avrebbe  egli   ritenuto  riferirsi  all'  Amygdalus  pumila  di 


(  ay  ) 

Linneo^  ma  benanco  il  tipo  dal  fior  semplice ,  escludendone  lut- 
t'  i  sinonimi  del  Loisleur  del  Thimberg  e  del  Persoon ,  che  riu- 
niti avrebbe  a  quelli  del   suo    Cerasus  sinensis.  Nò  tampoco  si 
sarebbe   egli  allontanato  dalla  esalta  classificazione  che  ne  dava 
il  Sims,  riconoscendo   del  genere  Amygdalus  la  pianta  Linnea- 
na  e  ritenendone  perciò  1'  antico  nome  di   Amygdalus  pumila. 
Egli  avrebbe  allora  evitato  anche  1'  altro   equivoco  in  cui  è  ca- 
duto ,    dimostrar   volendo  che  entrambe   le  due   piante ,    che  si 
studiava  far  distinguere,  dovessero   ritenersi  per  native  della  Ci- 
na e  del  Giappone:  compresavi  la   varietà  dal   fior  doppio  del- 
la sua  prima  specie  cui  riferiva  lo  Amygdalus  pumila  in  mol- 
ti libri  detto  esser  di  origine  affricana  ;  giacché  la  doppia  non 
solo,  ma  la  semplice  benanco  riconosciuto  avrebbe  provenire  dal- 
l'Affrica.  Neppure  avrebbe  egli  detto  di  essersene  nel  1810  in- 
trodotto in  Inghilterra  il  tipo  dal  fior  semplice,  laddove  egli  me- 
desimo dichiarava  che  la  varietà  dal  fior  doppio  vi  si   coltivava 
fin  da'  tempi  del  Vescovo  Compton;    perocché   anche    prima    di 
quel  tempo  (  17^2-1 768  )  cioè  molti  anni  prima  che  il  Thunberg 
ne  facesse  conoscere  il   Prunus  japonica  (  1784.)   entrambe   le 
piante,  quella  cioè  a  fior  semplice  e  quella  a  fior  doppio  colti- 
Yavansi  in  Inghilterra.  La  più  luminosa  conferma  ne  leggiamo 
nel  catalogo   dell'antico    Giardino  di   Collinson  (i),  nel   quale 

(i)  Horius  Collinsimianus .  An  account  of  the  pianls  cuhivated  by  the 
late  Peter  Collinson  Esq.  F.  R.  S.  Swansea  London  i84.3.  —  In  una  delle 
note  del  Dottor  Dillwin  p.  23  trovasi  citato  il  Dottor  Compton  vescovo  di 
Londra  ([ual  distinto  cultore  di  piante,  che  viveva  nel  principio  del  secolo 
18.°  Il  Collinson  trapassava  nel  1768.  —  Nello  stesso  Catalogo  troviamo 
che  il  Dillwin  riferisce  alla  Dracoena  Braco  V  antica  pianta  che  si  colti- 
vava ia  quel  giardino  colla  indicazione  Palma,  folii's  longisgìmig  penditlis. 
Dragon  Palm;  Boerhav.  Ind.  H.  L.  B.  —  Noi  ci  permetteremo  di  osserva- 
re  che  la  pianta  del  Bocrhave  differisce  dalia  vera   D.  Braco ,  che    perciò 


(  as) 

(  pac.  3  )  sono  riportate  le  cennale  due  piante  sotto  l' antico  no- 
me di  Persica  ìiana  Jl.  incarnato  simplicì  et  duplici  ,  ed  en- 
trambe dal  Sig.  Dillwin,  che  ne  ha  curata  la  pubblicazione  e  ne 
ha  scritte  le  illustrazioni^  dette  due  piante  sono  registrate  sotto 
r  Amygdalus  pumila  del  Linneo. 

Diagnosi  e  sinonimie  dell'  Amygdalvs  pumila  L.  e  del 
Prvnus  j a  fon  ICA  Thunb. 

I.  Amygdalus  pumila.  Ramis  patentibus  atro-purpureis  ;  fo- 
liis  elliptico-lanceolatis  utrinquc  glaberrimis  venoso-rugosis ,  sti- 
pulisque  binis  linearibus  serrulatis  eglandulosis  ;  floribus  plerum- 
que  geminis  subsessilibus  vel  breviter  pedunculatis,  petalis  emar- 
ginatis  vel  integris ,  interdum  acutis ,  filamentis  pallidis ,  germi- 
no styloque  pubescenti;  drupa  rillosa,  nucleo  rugoso.  Lin.  Mant^ 
I.  j)ag.  jà.  Sist.  veg.  ed  III  pog.  S^i.  Mantis.  II.  p.  StJi-. 

A.  Flore  siìnplìci.  Persica  africana  nana^  flore  incarnato 
siraplici.    Tournf.  insi.   62^. 

Malus  persica  africana  nana,  flore  incarnato  simplici.  y/wy- 
gdalus  africana  vulgo  Herm.  Ludb.  4Sl. 

Persica  africana  fl.  incarnato  siraplici.  Boerh.  H.  Liigb.  In- 
dex alter.  ,  pag.  24-3. 

Cerasus  japonica  London.  Encyclopedia  oftrees  and  Shrubs 
p.  2S6.  (  excl.  omnib.  synonira  ). 

Icon  Botanical  Register  tav.   1801 . 
'       B.  Flore  pieno  L.  Mantiss.  II.  loc.  cit, 

r  abbiamo  illustrata  col  nome  di  Dracoena  Boerhavii.  Questa  specie  nei 
giardini  è  più  frequente  della  vera,  ed  ordinariamente  trovasi  con  essa  con- 
fusa. Vedi  Ani  della  R.  A,  di  Scienze  di  Napoli  t.  3.  (  anno  18S2  p. 
37  con  fig.  ). 


(  1%  ) 

Persica  africana  nana,  fi.  incarnato  piceno.  Tourn  Inst.p.  62Ò. 

Malus  persica  nana  fi.  incarnato  pieno.  Ilerm.  Lugdb  4S-/-, 
tav.  4Sq  (  oplima  ). 

Amygdalus  persica  nana,  fi.  carneo  pieno.  Plii/m.  Phyto- 
graphia  tav.   ii-fig-  4  (  rndis  ). 

Amygdalus  pumila  L.  fl.  pieno.  Sims  Bot.   magazin    tav. 

Cerasus  japonica  muUiplcx  Loud  l.  cit. 

Icon.  Boi.  magazin  l.  cit. 

Habitat  in  Africa  australe.  Frutex. 

II.  Pruniis  japonica.  Ramis  erectis  cinereis  ;  foliis  ex  ova- 
to-oblongis  medio  latioribus,  utrinque  attenuatis,  venoso-rugosis, 
duplicato  serralis  utriuquc  glaberrimis  stipulisque  serratis  junio- 
ribus ,  dcntibus  glandulosis ,  glandulis  caducis  ;  floribus  geminis 
vel  fasciculatis  pedunculatis  pendulis ,  petalis  emarginatis ,  fila- 
mentis  rubellis,  germine  styloque  glabro;  drupa  glabra  nucleo 
levi.   Thunb.   Flora  japonica  201. 

Prunus  japonica  Ker  in  Bot.  reg.  tav.  27. 

Cerasus  japonica  DC.  Prodr.  2  pag-  ^3g.  Dahamel  edilio 
nova  S  pag:  33. 

Prunus  sinensis.  Pers.  Enchirid.  2  pag.  36  (  esci.  syn.  ) 
Duhamel  ed.  novaiom.  4  pag.  181  tav.  .5'.?  ( optima  )  (  exclus. 
synon). 

Amygdalus  pumila  JFilldenow  Arbor.   ig  non  Linn. 

Cerasus  sinensis  Don  's  Miller  2,  pag.  5i4-  London  l.  cit, 
pag.  zS-j  icon. 

Amygdalus  glandulosa  Manetti  ad  Catal.  IL  C.  prope  Mo- 
diciam,  suppl.   2  pag.  6.,  non  Hooker. 

Icon.  Botanical  rcgisl.  loc.  cit.  Diiham.  loc.   cit. 

Frutex.  Habitat  in  China  et  in  laponia. 


OSSEMAZIOM 

SULLA  MALATTIA  DELLA  VITE 

APPARSA  NELL'ESTATE  DEL  CORRENTE  ANNO  1831 

NEI  CONTORNI  DI  NAPOLI 

DI  GUGLIELMO  GASPARRINI. 


ìa  primavera  di  questo  anno  fu  stagione  favorevole  nei  con- 
torni di  Napoli  ad  ogni  sorta  di  frutti ,  soprattullo  agli  estivi 
ed  autunnali ,  cosi  a  quelli  da  nocciuolo  come  agli  altri  da  gra- 
nelli. Alla  fioritura  della  vite ,  punto  non  disturbata  da  vicissi- 
tudini atmosferiche,  successe  un  allegamento  si  compiuto  e  fe- 
lice da  attendersene  una  vendemmia  ubertosa.  Ma  nell'  entrar 
dell'  estate ,  una  malattia  apparsa  su  questa  pianta  destò  dappri- 
ma grande  sollecitudine  nei  proprietari  e  vignajuoli  ;  ed  iu  se- 
guito ha  danneggiate  pii!i  o  men  gravemente  le  vigne  di  moltis- 
sime contrade  intorno  la  Capitale ,  nelle  isole  e  sulla  terra  fer- 
ma ,  tanto  ne'  luoghi  piani  quanto  in  quelli  elevati ,  come  nei 
Camaldoli  e  nelle  circostanze  del  Vesuvio.  Si  è  manifestata  ai- 
cora  in  diverse  parti  di  Terra  di  Lavoro  e  della  provincia  di 
Salerno,  siccome  ci  vien  riferito;  per  le  altre  provincie  del  re- 
gno non  ci  sono  notizie  sicure.  Noi  abbiamo  cercato  conoscerne 
la  natura  e  le  cause  per  rispondere  agli  agricoltori  c'ie  ci  han- 
no domandali  sui  mezzi  da  impedirne  il  progresso. 

Viene  il  male  sulle  parli  giovani  ancora  in  crescema,  sui 
rami ,  le  foglie ,  i  picciuoli ,  i  viticci ,  e    segiialamenle   sui   ra- 


(    l52    ) 

moscelli  del  grappolo  ed   i   granelli  dell'  agresto.    Dovunque  si 
mostra  precede  una  Telatura  biancastra  appena  distinguibile,  per 
cui  r  organo  perde  la  naturai  frescbezza  del  suo  color  verde.  Da 
questa  velatura  sorge  poi  una  spezie   di  muffa  dilicalissiraa   in 
forma  di  lanugine  biancastra  ;   e   1'  epidermide  sottostante   appa- 
risce allora  cosparsa  di  punti  nerastri.   Col  progredire  della  ma- 
lattia questi  punti  nerastri  si  multiplicano ,  i  piccoli  granelli  del- 
l' agresto  d"  ordinario  si  cadono  alla  minima  scossa  ;  dei  grandi  al- 
cuni cessano  dal  crescere ,  o  crescono  lentamente  senza  giungere  a 
maturazione,  massime  quando  la  muffa  vi  forma,  per  la  sua  abbon- 
danza, una  sotlil  crosta  biancastra;  altri  s'ingrandiscono,  ma  sul 
punto  di  maturare  si  fendono  d' ordinario  nella  sommità  e  poscia 
vanno  in  corruttela  ,  o  si  corrompono   senza   aprirsi.  I   granelli 
poi  cbe  ne  sono  attaccati  leggermente,  o  solo  in  un  lato,  ingran- 
discono e  giungono  ad  una  maturazione  più   o  meno  compiuta 
con  poco  scapito  nel  sapore  e  1'  altre  qualità  ;  ma  quelli  cbe  ne 
furono  investiti  da   per   tutto ,    sieno   o   no    aperti  ,    quantunque 
grandi  ed  in  apparenza  poco  maltrattati  banno  sapore  amaro  is- 
piacevole  né  di  agresto^  né  di   uva   perfetta,    I    ramoscelli    del 
grappolo  d'  ordinario  si  mantengono  saldi  ;  in  qualcbe   caso  pe- 
rò si  slogano  essi  con  facilità,  e  ciò  succede  nei  luogbi   molto 
ombrati  ed  umidi ,  dove  la  muffa  riproducendosi  continuamente  in 
copia  ne  altera  le  giunture.  Sui  rami  appariscono  macchie  fosche, 
rossastre,  livide,  secondo  il  grado  di  alterazione  della  scorza.  Le 
foglie  impallidiscono  prima  alquanto,  dipoi  nei  punti  dove  abbon- 
dava la  muffa  diventano  piìi  o  meno  giallastre  ;  alcune  di   esse 
si  cadono  perciò  prima  del  tempo.  Finalmente  sulle  parti  altera- 
te cominciano  a  spuntare  nuove  muffe.  Giunta  la  malattia  a  tale 
stato  le  piante  che  ne  sono  attaccate  tramandano  odore  spiacevole. 
Si  appiglia  essa  indistintamente  ad  ogni  sorta   di  vitigno  , 
nero  o  bianco  cbe  sia,  tanto  a  quelli  che  portano  u»'a  con  fio- 


(  i53  ) 
Cina  sottile  come  la  moscadclla,   quanto    agli  altri    con    fiocina 
grossa  e  tenace  come  la  catalanesca ,   sileno  all'  ombra   o   espo- 
ste al  sole  ;  ma  con  molla  varietà  secondo  i  luoghi  ;  e  nello  stes- 
so luogo  sugli  individui  dello  stesso  vitigno ,  e  tra  vitigni  diver- 
si a  poca  distanza.  In  alcune  vigne  tutt'  i  vitigni  ne  sono  più  o 
meno  infetti,  in  altre  alcuni  tra  essi,  sieno  della   stessa  gene- 
razione o  diversi.  Tra  i  primi  alcuni  individui  quantunque  rigo- 
gliosi e  nella  pienezza  della  loro  età   non   ne   restano   immuni. 
Si  vede  pure  nella  stessa  contrada  esser  grave  la  malattia  in  al- 
cune vigne  ,  in  altre  leggiera  ,  ed   in   qualcuna   quasi   mancare 
aflatlo  ,  senza  causa  apparente  per  efTetto  del  terreno ,  della  espo- 
sizione ,  del  coltivamenlo  ed  altro.  Tutlavolta  i    vitigni   bianchi 
in  generale  ne  sono  stati   più   maltrattati ,    segnatamente   quelli 
con  fiocina  sottile ,  come  la  moscadella  ,  l'  uva   di   Corinto.    Le 
uve  bianche  con  fiocina  tenace  hanno  meno   sofferte  ,    come    la 
catalanesca,  quella  del  vasto  ,  la  corniola  ed  altre,  in  cui  la  muffa 
si  è  manifestata  ordinariamente  in  un  sol  lato    dell'  acino.    Tra 
le  uve  nere  la  lugliese  ha  sofferto  più  delle  altre  ;  mentre  sull'  u- 
va  fragola  (  Vitis  Labrusca  )  delta  altrimenti  isabella,  quantun- 
que si  sia  trovala  in  mezzo  a   molti  vitigni   nostrali    fortemente 
iufeslali  dal  male  ,  questo  male  poco  vi  ha  progredito  sui  rami,  e 
si  è  manifestato  solo  in  qualche  piccol  granello  di  agresto.  Nei  luo- 
ghi adomprati  alquanto  umidi  ,  sia  per  la  situazione  o  la  quali- 
lità  del  terreno  ,  ha  fatto  in  generale   più   danno  ,    e   però   sui 
grappoli  meno  esposti  al  sole.  Tanta  varietà  di   effetti   che   ab- 
biamo osservato  in  diverse  contrade  più  o  meno  distanti   ed  e- 
slese  si  può  ancora  vedere  nel  R.  Orto  botanico  ,  dove  la   bel- 
lissima collezione  di  tanti   svariali   vitigni  si  porge ,   meglio   di 
qualunque  altro  luogo,  all'esame  comparativo  dei  falli. 

Questa  malattia  apparsa  o  avvertila  la  prima  volta   nei    te- 
pidarii  di  Londra  nel  i84.3,  passando  poscia  nel  Belgio,   com- 

•  20 

U  f      />!     ! 


(  lU) 

pariva  nell'  estale  dell'  anno  scorso  in  diverse  contrade  della 
Francia.  Il  Signor  Leveillè  ne  da  contezza  nel  giornale  L' 
Institut ,  dicendo  esser  prodotta  da  una  mucedinea  in  for- 
ma di  lanugine  biancastra  (  Oidium  Tuckeri  Berci.  )  nascen- 
te sul  racemo  ,  il  frutto  ,  sulle  foglie  ed  i  rami  giovani  ;  che 
il  suo  micelio  non  s' introduceva  nella  epidermide  ,  e  le  spore 
in  numero  di  tre  a  cinque  poste  in  seguela  venivano  nella  som- 
mità di  un  filamento  confervoideo.  Notava  inoltre  essere  il  ma- 
le contagioso  ,  poiché  dalle  uve  infette  passava  alle  sane  stando- 
vi in  contatto  o  vicine ,  e  che  nei  contorni  di  Parigi  si  manife- 
stava in  un  anno,  in  cui  la  stagione  per  ogni  rispetto  pareva 
favorevole  alla  vite.  Ricorda  infine  che  il  Duby  nel  i835  de- 
scrisse nella  Biblioteca  universale  di  Ginevra  altra  mucedinea 
(  Tonda  dissiliens  Dub.  )  con  spore  di  color  verde  ,  che  pari- 
menti infesta  la  vite.  Dice  il  Duby  che  questa  mucedinea  appar- 
ve sulla  vite  nel  i834-  lungo  il  lago  lemano,  nonostante  la  man- 
canza delle  nebbie  e  della  pioggia;  che  attaccava  solo  le  foglie 
nella  faccia  inferiore,  le  quali  ivi  apparivano  come  coperte  d' 
un  feltro  verde  ferrugginoso  e  polveroso  ;  che  gli  articoli  (  da 
1-7  )  de' suoi  filamenti  sporiferi  nell'acqua  si  slogavano  facil- 
mente, siccome  lo  stesso  nome  specifico  dinota,  ed  altro.  Ciò 
basta  a  far  comprendere  non  essere  dessa  ,  questa  Torula  dis- 
siliens  ,  la  stessa  pianta  apparsa  tra  noi  nel  corrente  anno  ;  la 
quale ,  siccome  vedremo  ,  punto  non  differisce  dall'  Oidium  Tu- 
ckeri ,  indicato  dal  Leveillè  ,  quando  è  giunta  a  compiuto  accre- 
scimento ;  e  di  cui  la  struttura  si  vede  al  microscopio.  Essa  è 
una  pianta  crittogama  ,  e  propriamente  una  mucedinea  della  fa- 
miglia delle  torulacee  neir  ordine  vastissimo  dei  funchi.  Il  suo 
micelio  è  formato  di  filamenti  ramosi,  confervoidei,  distesi  sul- 
la epidermide  senza  internarvisi  ;  da  questi  sorgono  altri  filamen- 
ti pure  confervoidei,  ossia  costituiti  di  cellule  poste  in  seguela, 
ma  eredi  e  semplici.  I  primi  formano  la  velalura  biancastra  di 


(  13  J  ) 

sopra  menzionata  ,  precedono  e  generano  i  secondi  che  formano 
propriamcule  la  lanugine  ;  e  nella  sommila  dei  quali  vengon  le 
spore  o  germi   dei   nascituri   individui.   La  lunghezza   di    questi 
filamenti  sporiferi  varia  secondo  l'età  arrivando  infino  a%  millim. 
con  una  grossezza  di  0,006  a  0,009"  circa.   Formansi  le    spore 
dall'  ultime  cellule ,  ingrossandosi  a  poco  a  poco  e  restringendo- 
si giusto  ne'  punti  in  cui  si  uniscono,  ossia  alle  loro  estremità  ; 
e  giunte  a  perfezione,  si  separano  naturalmente  con  molta  facilità. 
La  spora  matura  è  ovale-allungata,  ottusa  in   amhe   le  estremi- 
tà, glabra,  liscia,  di  colore  biancastro ,  e  contiene  sostanza  gra- 
nellosa; A'aria  la  sua  lunghezza  da  0,024.  a  0,030""  infino  a  o,o36'" 
con  una  larghezza  di  0,016  a  0,020""°  circa.  Neil' acqua  si  gon- 
fia un  poco ,  e  talvolta  si  apre  lateralmente  spingendo  fuora   il 
suo  contenuto  granelloso.  I  granelli ,  giusta  le   osservazioni    del 
professor  Savi  verificate   da  noi,  germogliano  noli'  acqua  ;    essi 
perciò  sono  le  vere  sporule ,  e  V  organo  in  cui  si  generano  es- 
sendo piuttosto  uno  sporangio  il  funghetto  dev'  essere  annovera- 
to tra  i  cistospori. 

Il  numero  delle  spore ,  secondo  il  Leveillè ,  poste  in  segue- 
la  nella  estremità  di  ciascun  filamento  sporifero  varia  da  tre  a 
cinque.  Nei  contorni  di  Napoli  infino  alla  metà  di  agosto,  cioè 
a  dire  per  quasi  due  mesi  dalla  comparsa  della  malattia ,  erano 
esse  costantemente  solitarie,  e  dopo  la  loro  caduta  i  filamenti 
d'  ordinario  si  raggrinzivano ,  ovvero  mantenendosi  diritti  e  ri- 
gogliosi non  ne  producevano  altre.  Onde  si  notò  allora  che  sì 
fatta  mucedinea  per  l'aspetto,  pel  suo  micelio  che  non  s' intro- 
duce nella  sostanza  della  epidermide,  per  gli  organi  che  attacca 
e  gli  effetti  che  produce  quantunque  affatto  simile  all'  Oid/ian 
Tiickcri-BercL,  tultavolta  se  il  carattere  delle  spore  solitarie  si 
fosse  in  seguito  mantenuto ,  poteva  essa  considerarsi  come  diver- 
sa ed  essere  indicata  col  nome  di  Oidium    albescens.  Ma   dopa 


(  i56) 
la  metà  di  agosto ,  forse  per  effetto  delle  piogge  abbondanti  av- 
venute ,  0  per  la  grande  umidità   dell'aria,    in   qualche  parte 
della  vite  ,  dove  cominciava  a  spuntare ,  crebbe   con  molto   vi- 
gore ,  e  dei  filamenti  sporiferi  più  rigogliosi  alcuni  avevano  due 
Ire  e  quattro  spore  poste  in  seguela  nella  loro  estremità.  Il  pre- 
lodato Professor  Savi  crede  inoltre  essere  tal  mucedinea  la  stes- 
sa che  quella  descritta  dal  Demazieres  col  nome  di  Oidiitm  leu- 
contimi^  0  semplice  varietà.  Ma  in  fatti  n' è  diversa,  ed  infino 
ad  ora ,  non  sappiamo  con  certezza  se  si  trova  in  altre  piante, 
siccome  alcuni  credono,  e  da  queste   passata   alla  vite  ,    ovvero 
se  sia  di  tal  pianta  congenita  ;  nel  qual  caso  il  danno  da   essa 
fallo  nel  corrente  anno  sarebbe  dipeso  dalla  copiosa  sua  propa- 
gazione per  cause  estrinseche  come  appresso  si  dirà. 

Lasciamo  ora  di  più  ragionare  sul  nome  e  la  definizione 
della  pianta,  poiché  questo  ha  un  importanza  secondaria  rispetto 
al  fine  pel  quale  abbiamo  intraprese  le  osservazioni.  Il  fine  prin- 
cipale è  stato  di  vedere  se  ci  fosse  rimedio  per  cessare  o  dimi- 
nuir tanto  male  ,  o  almeno  risparmiare  agli  agricoltori  solleci- 
tudini e  spese  inutili.  E  per  raggiungerlo  bisognava  esaminar 
la  natura  del  male  ed  investigarne  le  cause. 

La  malattia  prodotta  evidentemente  dalla  muffa  sopra  descrit- 
ta è  contagiosa  ;  poiché  passa  successimamente  dalle  viti  infette 
alle  sane,  fossero  pure  giovani  e  nel  maggiore  rigoglio  ,  senza 
riguardo  in  generale  alla  loro  qualità ,  ed  al  luogo  o  terreno  in 
cui  si  trovano.  Né  contro  a  ciò  fa  caso  l' osservare  tra  molli  vi- 
tigni infetti  qualcuno  non  attaccalo  dal  male  ;  perchè  i  contagi 
lasciano  immuni  dalla  loro  azione  alcuni  individui  ;  e  talvolta  al- 
la generale  propagazione  non  son  favorevoli  tutte  le  cose  necessa- 
rie, o  non  basta  il  tempo.  Cosi  all'  uva  fragola,  stando  nel  mezzo 
di  molti  vifigni  ammalati  infin  dal  principio  dell'  estate ,  la  muf- 
fa non  era  ancora  passata  a  dì  2  5  luglio.    Vi  apparve    essa  in 


(  1^7  ) 
poca  copia  sui   rami,   sui   piccoli  e  deboli   granelli   dell'  agre- 
sto nella  fine  di  quel  mese  ,  senza  che  vi  abbia  fatto  iu  segui- 
to notabile  danno;  e,  siccome  negli  altri  vitigni,  non  mai   sui 
granelli  maturi. 

Le  influenze  atmosferiche  dipendenti  dalla  temperatura  ,  dal- 
la umidità  ,  dallo  stato  elettrico  ed  altro ,  favoriscono  o  sono  as- 
solutamente necessarie  al  nascere  e  propagarsi  delle  muffe.  Al- 
cune sembrano  evidentemente  contagiose  ;  poiché  le  spore  o  se- 
mi loro  appigliandosi  a  certi  corpi  o  organi  sani  e  viventi  vi  ge- 
nerano corruzione  e  morte  con  introdurre  le  loro  sottilissimo  fi- 
lamentose radici  nel  parenchima  per  trarne  il  nudrimento.  Altre 
hanno  bisogno,  a  parte  delle  condizioni  atmosferiche  favorevoli, 
di  un  corpo  organico  magagnato  ,  quantunque  apparentemente 
sano,  od  in  istato  di  manifesta  putrefazione.  Iu  questo  caso  il 
corpo  e  r  organo  impudridisce  piìi  facilmente  per  la  mala  dis- 
posizione naturale  ,  e  la  muffa  sopraggiuntavi  ,  la  quale  siniil- 
meule  introduce  in  esso  le  sue  radici  in  cerca  di  nudrimento. 
Ci  ha  poi  raulfe  ,  ma  in  pochissimo  numero  ,  le  quali  sopran- 
nascono  soltanto  ad  una  parte  organica  senza  punto  offenderla 
con  introdurre  in  essa  le  loro  radici.  L'offendono  però  altrimen- 
ti con  impedirne ,  in  quanto  si  può  giudicare  dall'  apparenza  , 
alcune  funzioni  necessarie  alla  vita  ,  segnatamente  la  traspira- 
zione e  la  respirazione  ;  e  forse  traendone  ancora  un  pò  di  u- 
more  ,  per  semplice  virlii  di  endosmosi  stando  le  parti  iu  con- 
tatto ,  come  fanno  i  peli  radicali  nel  terreno.  Di  si  fatta  gene- 
razione di  muffe  sembra  appunto  essere  quella  che  di  presente 
infesta  le  nostre  vigne.  Germogliando  essa  sul  granello  od  altra 
parte  della  vite  vi  distende  e  dirama  il  suo  micelio  filamentoso, 
formandovi  una  specie  di  feltro  ,  senza  punto  introdursi  nella  e- 
pidermide. 

Onde  sulla  vite  ,  a  quel   che   pare ,   trova   essa    non  sola- 


(  i58) 
mente  un  convenevole  appoggio  ,  ma  im  certo  nudrimento  ancora 
nel  modo    anzidetto  ,    a   parte    di    quello    che   può    esserle    for- 
nito dall'aria.   Però    le    coudizioni  necessarie   alla   sua  nascen- 
za   e    propagazione    in    massima    parte    o    tutte    sembrano    esi- 
stere   neir  aria  ,    e    dipendere   principalmente   dalla   temperatu- 
ra ,  dalla  umidità  ,  dallo  stato  elettrico  ed    altro    siccome    si  è 
detto.  Intanto  siccome  le  piante  crittogame  di  tal  natura  vcugon 
sempre  ,  secondo  1'  opinione  universale ,  sugli  organi  più  o  me- 
no magagnati ,  comechè   in    apparenza   sani  ,    nel   caso    presen- 
te   può   sembrare  cbe    noi    non    riconosciamo  come    necessaria 
alla  nascenza  e  propagazion  della  muffa  sopra  menzionata  quest' 
altra  condizione  ,  cioè  una  disposizione  o  principio  morboso  nel- 
la vite.   Tal  pianta  è  naturalmente    disposta    a   produrre    quella 
sorta  di  muffa  avanti  descritta  ;   ma  le    copiosa   e    straordinaria 
propagazione  da  cui  procede  il  danno   nell'  armo   corrente    sem- 
bra dipendere  da  cause   esterne   atmosferiche    anziché   d'  altro  ; 
poicliè  non   si    scorge    nella    vite   alcun    precedente    indizio    di 
mar  essere  ,    né    si    può    arguirlo    da   condizioni    esteriori    po- 
co favorevoli   alla  sua    vegetazione.  Neil'  anno    corrente  ,    tran- 
ne la  scarsezza  delle  piogge  ,  la  primavera    e    1'  estate  non  po- 
tevano essere  più  propizie.  Che  se  da  ciò   dipendesse  1'  esisten- 
za della    muffa  ,   essa   non    mancberebbe   mai   di   far  danno  o- 
gni   volta   cbe   la  vite  patisse  un  poco  per  scarsezza    di  acqua. 
In  contrario  il  modo  di  propagarsi  successivamente  appigliando- 
si ad  ogni  sorta  di  vitigno ,  ancbe  a  quelli    che    non   mostrano 
il  minimo  indizio  di  essere  male  affetti ,    dichiara  ,    almeno    in 
apparenza  ,  eh'  essa  non  cerca    qualche    disposizion    particolare 
negli  organi  o  negli  umori  ;  e   però    qualunque   sensibile   alte- 
razione in  qualsivoglia  parte  della  pianta  non  precede  ma  segui- 
ta alla   sua    apparizione.  E    dappoiché   le   condizioni    atmosferi- 
che per  essere  mutabilissime  fauno   nascere    e    sparire    subita- 


(  '^9  ) 
mente  molle  muffe ,  quella  della  vite  forse  avrebbe  potuto  parimen- 
ti d' un  momento  all' altro  finire  colla  stessa  facilità  con  cui  nac- 
que e  si  era  propagala  ,  se  nel  corso  della  sua  vcgelazionc  le 
condizioni  atmosferiche  si  fossero  sensibilmente  alterate ,  massi- 
me rispetto  alla  umidità.  Per  effetto  delle  brevi  e  scarse  piogge 
avvenute  nei  primi  giorni  di  agosto,  anziché  d' altra  causa ,  del- 
la muffa  già  tanto  copiosa,  ai  io  dello  stesso  mese  ,  poco  ne 
rimaneva  sulle  parti  percosse  dall'  acqua  ;  ma  in  seguilo 
pareva  come  fosse  cresciuta ,  ed  il  male  divenuto  più  grave. 
Dipendeva  ciò  dall'  alterazione  primitivamente  prodotta  dall'  Oi- 
dium  ,  la  quale  procedendo  innanzi  apparecchiava  il  luogo  op- 
portuno alla  nascila  di  nuove  muffe.  Per  effetto  della  muffa  pri- 
mitiva appariscono  sulla  epidermide  i  punti  nerastri  di  sopra  ac- 
cennati ,  i  quali  raultiplicandosi  prendono  infine  1'  aspetto  di 
macchie  fosche  punteggiale  più  o  nien  grandi  ed  irregolari.  Di- 
pendono essi  da  alterazione  di  alcune  cellule  epidermiche  e  del 
parenchima  sottoposto,  scguatamente  della  sostanza  granellosa 
in  esse  contenuta  ;  la  quale  ingiallisce  prima ,  poi  diventa  rossa- 
stra, finalmente  di  color  rosso  fosco  ;  alterazione  che  in  segui- 
to allargandosi  costituisce  le  macchie  anzidette,  senza  che  ci  fos- 
se tra  le  cellule  qualche  filamento  del  micelio.  Dappoiché  que- 
sto ,  il  ripetiamo  ,  non  s' interna  nella  sostanza  della  epidermi- 
de (  almeno  sul  granello  )  ,  ma  solo  vi  si  dirama  sopra  forman- 
dovi una  specie  di  veste  come  di  feltro  più  o  meno  fitto.  Ciò 
si  può  osservare  agevolmente  sui  granelli  dell'agresto,  da  cui 
tolta  la  muffa  colle  dita  o  con  pannolino  non  rimane  avanzo  del 
suo  micelio  sulla  faccia  esterna  della  epidermide  ,  uè  se  ne  tro- 
va nella  sua  sostanza  o  sulla  faccia  interna  ,  né  nel  parenchima 
sottoposto.  Ora  per  effetto  della  pioggia  eran  cadute  le  spore 
dell'  Oidium  ,  rimanendovi  tutto  il  suo  tessuto  filamentoso  ;  e 
dai  punii  alterati  della  epidermide  essendo  nate  nuove   muffe  , 


(  i6o  ) 
tulle  insieme ,  nei  punti  in  cui  il  male  primitivo  aveva  fatto 
maggior  danno,  formavano,  segnatamente  sul  frutto,  dove  più 
dove  meno  ,  una  soltil  pellicina  biancastra  in  sembianza  quasi 
di  crosta  calcarea.  Queste  nuove  mucedinee  introducendo  il  lo- 
ro micelio  nella  epidermide  e  nel  parenchima  in  breve  tempo 
aggravano  il  male  ;  onde  la  buccia  del  frutto  diventa  nerastra, 
la  polpa  amara  ;  sui  rami  appariscono  scabrosità  ;  e  le  foglie 
ingiallite  si  slogano  facilmente. 

U  una  delle  nuove  muffe  in  forma  di  bioccoletli  olivastri  , 
sparsi  sulla  epidermide  ,  massime  del  frutto,  si  appartiene  al 
genere  Penicillum  nell'  ordine  dei  funghi  artrospori.  Dal  suo 
micelio  ramoso  confervoideo  sorgon  filamenti  in  grandissimo  nu- 
mero ,  pure  confervoidei  ,  alcuni  ramosi  infin  dalla  base  ,  decum- 
benti  e  sterili  ,  altri  diritti  e  fertili  ossia  sporiferi.  Si  diramano 
questi  verso  la  sommità,  mettendo  due  ramuscelli  ad  ogni  giun- 
tura ,  costituiti  di  una  catena  di  spore  ovali  della  grandezza  di 
o^ooG""-  circa. 

Un  altra  mucedinea  di  colore  bianco  ,  molto  più  grande 
della  precedente ,  nasce  nella  fessura  dell'  acino  ,  e  dai  punti 
più  alterati  della  buccia.  Il  suo  micelio  s' intromette  nella  pol- 
pa ;  i  filamenti  confervoidei  che  da  esso  procedono  diramansi 
alla  base,  ed  un  poco  ancora  nel  tratto  della  lunghezza  ;  i  fer- 
tili portano  nella  sommità  grappoletti  di  spore  rotonde  sopra 
corti  rami  ed  intorno  ad  una  cellula  grande  centrale  detta  al- 
trimenti basidio.  Tal  mucedinea  perciò  si  appartiene  alla  fa- 
miglia delle  poliactidi  nell'  ordine  dei  funghi  basidiospori  ;  e 
sembra  poco  diversa  dalla  Poiyactis  fascicularis  del  Corda.  Sul- 
le foglie  ingiallite  abbiam  veduto  una  specie  di  Tonila  diversa 
dalla  Tonda  dissilìens-Duby  ;  l'  Allernaria  tennis,  ed  una  spe- 
zie di  Tricotheciunìì  Se  tutte  queste  nuove  muffe  noi  volessimo 
descrivere  ,  usciremmo  certamente  dai  termini  e  dallo  scopo  del 


J 


(  '61  ) 
nostro  lavoro.  Esse  nascono  posterioroicntc  all'  Oidhim  Tuc/cen\ 
causa  primiliva  della  nialallia  ;  sono  perciò  conseguenza  per  ef- 
Xc'lto  dell'  alterazione  prodotta  da  quello  e  niente  più  ;  e  quan- 
tunque l'aggravassero  non  meritano  perciò  seria  considerazione. 
Contro  a  si  fatta  malattia ,  della  quale  molti  chiari  uomi- 
ni da  diverse  parti  d'  Italia  parlano  con  poca  diversità  di  opi- 
nioni rispetto  alla  causa  ed  alla  essenza  ,  non  vediamo  adesso 
qual  potess'  essere  il  rimedio  economico  per  distruggerla  o  dimi- 
nuirne almeno  il  danno.  Noi  ci  rimanghiarao  di  ragionare  de' 
niezzi  e  rimedi  infino  ad  ora  tentati  o  propósti  (  come  per  esempio 
impolverare  le  parti  infette,  precedentemente  bagnate  o  quando  vi 
è  ancor  la  rugiada ,  di  calce,  gesso,  fiori  di  zolfo  spinti  con  un 
soffietto  ;  ovvero  aspergerle  con  acqua  in  cui  sia  sciolta  calce 
spenta,  o  sottocarbonato  di  potassa  nella  proporzione  di  i  a  20, 
0  slicno  sospesi  fiori  di  zolfo  )  parendoci  dispendiosi  0  difficili  a 
mettere  in  opera  nelle  coltivazioni  estese  ,  senza  la  certezza 
della  riuscita.  Parecchi  agronomi  però  convengono  doversi  pre- 
ferire a  qualunque  altro  rimedio  ,  infino  ad  ora  proposto  1'  a- 
spersione  con  acqua  di  calce  ,  come  piti  alta  a  distruggere  la 
muffa,  senza  offendere  le  diverse  parti  della  vite.  Standovi  sem- 
pre la  difficoltà  di  adoperarla  nelle  estese  coltivazioni,  e  la  spe- 
sa ,  leggiera  per  altro  ;  la  velatura  biancastra  che  di  essa  ri- 
mane dopo  il  riseccameuto  ,  se  non  altera  ,  almeno  sensibil- 
mente ,  la  crescenza  e  la  perfclla  maturazione  del  frutto  ,  non 
pare  che  la  sua  presenza  sulle  foglie  non  dovesse  arrecar  nocu- 
mento alla  pianta.  Altri  crede  che  una  discreta  spampanazione 
può  diminuire  il  male  già  fatto  ed  impedirne  il  progresso.  Con- 
siderando agli  effetti  della  potagione  ,  e  dello  sfrondare  le  pian- 
te ,  così  rispetto  alla  quantità  dell'  umore  che  deve  dopo  ab- 
bondare nel  vegetabile ,  e  potrebbe  far  sparire  la  disposiziou 
morbosa  se  mai  questa  fosse  necessaria  alla  nascita  e    projtaga- 


(    l62) 

zion  della  muffa  ;  come  all'  aria  ed  alla  luce  clie  più  liberamen- 
te vi  operano  ,  tal  pratica  non  sembra  dovesse  riescire  in   tut- 
to inutile.  È  nata  ancora  negli  agricoltori  una  nuova  sollecitu- 
dine ,  che  la  malattia  si  potesse  facilmente  riprodurre  negli  an- 
ni venturi  rimanendovi  il  seme  della  muffa  da  cui  è   ingenera- 
ta. A  noi  pare  difficile  che  tal  sorta  di  male  ,  che   si  può  pa- 
ragonare ad  ima  epidemia,  possa  rinnovarsi  più  anni  di  segui- 
lo. Ci  vogliono  molte  condizioni  dell'  aria  o  cause  esteriori  per- 
chè ciò  avvenga  ,  e  noi  in  gran  parte ,  o  tutte ,  le  ignoriamo  : 
e  se  tutte  non  sono  d'  accordo  non  producono  il  temuto  effetto. 
Gli  agricoltori  l' anno  venturo  si  dorranno  piuttosto  d' uno  scar- 
so ricolto  dalle  viti  fortemente  infestate  dalla  malattia  (  a  parte 
di  quelle  che  ne  son  morte,   siccome  è   avvenuto  in  parecchi 
luoghi  di  Precida  )  a  causa  de'  nuovi  tralci  rimasti  corti  e  de- 
boli per  le  vigne  condotte  a  pancate  ed  arbuscello,  siccome  si 
usa  generalmente  ne'  contorni  di  Napoli. 


(/)        OiJ-iiim     Oiickc'ii 


(  i63  ) 
Spiegazione  della  tavola. 

Fig.  1 .  Grappolo  d'  uva  moscadella  ancora  agresto  attac- 
cata dall'  Oidium\  il  quale,  indicato  in  qualche  granello  e  nel 
punto  a  del  picciuolo,  appena  si  scorge  colla  rista  naturale  in 
forma  di  filamentosa  lanugine.  Per  esso  la  foglia  è  divenuta  pal- 
lida ,  in  alcuni  punti  giallastra  ;  e  sul  ramo  sono  apparse  mac- 
chie fosche  disseminate  di  punti  nerastri. 

Fig.  2.  Altro  grappoletto  della  stess'  uva  nello  stato  di  mas- 
sima alterazione  prodotta  dalla  muffa  primitiva  e  da  altre  muffe 
secondarie.  Esse  formano  un  feltro  biancastro  sui  granelli  i  qua- 
li in  seguito  si  riseccano. 

Fig.  3.  Grappoletto  della  stessa  uva;  in  cui  per  olfatto 
della  muffa  primitiva  gli  acini  si  sono  aperti  ed  apparse  muffe 
secondarie. 

Fig.  4-  Granello  dell'uva  di  Corinto  ingrandito  circa  sei 
volte  per  far  vedere  distintamente  la  muffa  lanuginosa  dell  Oi- 
diiim  Tiickeri ,  ed  i  punti  nerastri  sparsi  sulla  epidermide. 

Fig.  ^.  Oidiiim  Tuckeri  colla  epidermide  sottoposta  ritratto 
ad  un  ingrandimento  di  circa  aSo  diametri,  m-m  Micelio  filamento- 
so, confervoideo,  ramoso,  disteso  sulla  epidermide,  a-a  Filamenti 
sporiferi  che  derivano  dal  micelio  con  le  spore  nella  sommità  in 
tutti  i  gradi  della  loro  formazione,  ss  Spore  cadute  perfettamente 
mature,  e-  Epidermide  sottoposta  al  micelio  con  sottilissimo  strato 
parenchimatoso.  Il  contenuto  granelloso  delle  prime  cellule  sot- 
tostanti alla  epidermide  apparisce  per  trasparenza.  Esso  ,  come 
si  vede  nel  punto  b  di  hianco  ,  comincia  a  divenir  giallo  alte- 
randosi per  effetto  dell'  Oidium. 


m  DEI  SAlACClfl  DEllE  NITRIERE  E  POlffllERE 

NELL'  AGRICOLTURA  NELLA  PASTORIZIA  E  NELLE  ARTI 

DISCORSO 

LETTO  AL  R.  ISTITUTO  D' INCORAGGIAMENTO 
NELLA  TORNATA  DEL  2  GENNAIO  1851 

DAL  SOCIO  CORRISPONDENTE 

GIUSEPPE  NOVI 

IFFIZIALE  D'ARTIGLIERIA 


Il  faul  d' abord  bien  convenir  d'  un  fall  :  e'  est  quo  si  ime 
nation  ajournc  de  dix  ans  l'application  d'une  dccouverle  qui 
aurait  augmcntc  de  io  mlllions  ses  revenus  ,  elle  aura  pcrJu 
100  niillions,  sans  compier  l' iulérùt  du  capital  et  Ics  iutérùls 
iles  intérì'ts, 

Julien  Consid,  sur  V  Ordrc  C.  p.  <4' 


or-w»w  A- 


f-Yr*"'    ^-  tr  : 


DISCORSO  PRELIIHINARE 


Vm,  leva  che  manca  di  punto    d'appoggio 
non  puA  produrre  utilità  alcuna. 

Liiebig  ieì  eagr,  p.  17. 


Egregi  Colleghi 


ix  enfatica  sentenza  pronunziata  dal  più  maraviglioso  genio 
dell'  antichità  :  datemi  un  punto  d'  appoggio  e  moverò  deh  e 
terra  se  nel  mondo  materiale  esprime  la  trapossente  forza  del 
primo  elemento  delle  macchine,  nel  mondo  morale  bellamen- 
te dinota  la  potentissima  forza  della  protezione  accordata  al 
sapere. 

Senza  1'  aura  fecondatrice  della  protezione  muoiono  sovente 
i  più  alti  concepimenti,  i  beni  materiali  delle  nazioni  rimango- 
no infruttuosi  e  si  diventa  simile  al  pigro  che  calpestando  ab- 
bondevol  tesoro  stende  1'  oziosa  mano  a  dimandare  l'  obolo  della 
miseria. 

lacquart  condannato  e  negletto  da  coloro  istessi  eh'  ora  gli 
elevano  una  statua,  segna  nella  memoria  degli  uomini  il  ritardo 
delle  ricchezze  dei  Lionesi  e  del  progresso  della  tessitura.  Salvage 
che  a  traverso  le  spranghe  d' una  prigione  vede  sperimentare  la 
sua  elica  propellente,  mostra  un  ritardo  nella  navigazione  a  vapore. 
Baudry  di  Nantes  che  si  uccide  pei  suoi  spregiati  omnibus  raramen- 


(  i68  ) 
ta  la  ri  lardala  agevolezza  delle  comunicazioni,  e  de  B  lane  elicsi 
uccide  nelle  angosce  dopo  aver  traila  la  sód.l  dal  sale  comune  ri- 
corda il  ritardalo  svolgimento  di  mimerosc  industrie  che  da  quel 
prodotto  derivano.  Bremontier  che  arresta  la  minacciosa  arena 
delle  dune  ,  creando  argini  di  rigogliosi  vegetali  in  sono  alla 
stessa  sterilità  ,  se  eterna  da  una  parte  il  trionfo  dell'  umana 
industria  sugli  elementi ,  eterna  dall'  altra  la  vergognosa  lotta 
della  gelosia  umana  coi  benefattori  dell'  umanità  ,  ed  additando 
i  brani  di  ubertose  contrade  invase  da  quel  flagello  par  che  an- 
cora rimproveri  ai  contraddittori  di  quel  felicissimo  divisamcnlo. 
Perrot  che  lotta  undici  anni  a  stabilire  la  sua  maravigliosa  mac- 
china ,  palesa  i  danni  ricevuti  dall'  arte  d' imprimer  tessuti  ,  ed 
il  turbine  idraulico  riconosciuto  a  stento  dopo  cinque  anni,  quel- 
li della  idrodinamica.  I  campi  di  Fleurus  rimproverano  alla  Fran- 
cia la  disfatta  di  Waterloo  ,  ed  il  primo  battello  a  vapore  che 
solcò  le  acque  della  Senna  nel  i8o5  la  fallita  discesa  in  Inghil- 
terra. Ed  a  farla  finita  se  la  prima  idea  dei  telegrafi  profferta 
dall'  Amoutons  non  fosse  stata  loo  anni  inoperosamente  sepolta, 
quante  Tittime  non  sarebber  cadute  in  battaglie  impegnale  dopo 
i  stabiliti  armistizi  e  le  fermate  paci  ? 

Signori!  la  protezione  alle  idee  scientifiche  è  lucrativa,  es- 
sa accresce  le  ricchezze  particolari  ,  le  rendite  degli  Slati  ,  il 
ben  essere  universale  ,  essa  fa  vivere  gli  uomini  e  le  nazioni 
nella  memoria  della  posterità.  Se  si  vuol  esser  grandi  bisogna 
aver  fede  nella  virtù  delle  scienze  ,  bisogna  imitare  Alessandro 
il  Grande  cbe  senza  tema  e  fidente  beve  la  dubbiosa  pozione  e 
n"  ebbe  vita. 

Le  idee  che  qui  vi  espongo  non  preser  vita  nella  mia  men- 
te ma  derivano  da  principi  stabiliti  dalle  più  alte  inlelligenzc 
che  la  scienza  riconosce  ed  onora.  Talune  d'  esse  generarono 
prosperità  ai  paesi  che  le  recarono  in  atto,  e  lai' altre  par  che 


(  i69  ) 
possano   condurci  al   godimento   di  nuovi  beni  materiali  ,   e   tra 
por  r  una  e  1'  altra  cagione  serabran  degne  di  esame  e    tali   da 
non  andar  perdute  nell'  arena  sterilissima  dell'  indifferenza  e  del- 
l' oblio. 

Tra  i  tanti  residui  di  che  intendo  a  mano  a  mano  ragio- 
narvi ,  dirò  primamente  degli  avanzi  salini  delle  nitriere  e  pol- 
veriere i  quali  vanno  ora  malamente  condannati  a  perdersi ,  tut- 
toché note  ne  fossero  le  applicazioni  ,  notissime  le  proporzioni 
più  0  meno  grandi  di  nitro  contenutevi.  D'  altra  parte  ponendo 
mente  che  il  gregge  muore  sovente  nei  campi  vittima  di  altera- 
ti foraggi ,  che  lo  stesso  avviene  agli  ammali  da  tiro ,  che  nei 
fienili  fermenta  perigliosamente  il  fieno ,  e  nelle  piazze  forti  e 
sulle  navi  imputridisce  la  carne  ed  il  soldato  langue  ed  amma- 
la ce. ,  grande  meraviglia  mi  prese  dal  non  vedere  sinora  ov- 
viati cotanti  malanni. 

Da  questa  cagione  sospinto  e  dall'  amore  santissimo  del  be- 
ne, sottopongo  oggi  al  vostro  chiaro  giudizio  talune  applicazio- 
ni del  salaccio  ,  che  a  mio  credere  possono  distruggere  in  gran 
parte  gli  sconci  testé  enumerati.  Difatti  con  essi  sarà  possibile 
fertilizzare  dei  tratti  di  terreno  abbandonati ,  comporre  più  ener- 
gici concimi  ,  approntare  più  efficacemente  le  sementi ,  conser- 
vare inalterati  i  foraggi ,  insalinare  bellamente  la  carne ,  otte- 
nere più  grasso  bestiame  ,  lana,  formaggi,  letami  di  maggior  va- 
lore ,  infine  mantenere  più  agevolmente  la  salute  del  soldato 
tra  le  pene  degli  assedi ,  1'  operosità  dei  campi ,  e  le  privazio- 
ni del  mare. 


93 


(  lyo  ) 
I. 

Egli  è  pur  nolo  che  i  materiali  nitrosi  sono  trattati  a  più 
riprese  con  1'  acqua  la  quale  non  solamente  scioglie  i  nitrati  , 
ma  ancora  le  altre  sostanze  solubili  siccome  il  solfato  potassico, 
il  carbonato  calcico  in  istato  acido ,  1'  albumina ,  una  materia 
estrattiva  bruna ,  un  po'  di  solfato  calcico ,  e  specialmente  il  clo- 
ruro sodico,  il  quale  scomponendo  i  nitrati  potassico,  calcico  e 
magnesico  forma  i  cloruri  potassico ,  calcico  e  magnesico  che 
restano  nella  soluzione. 

In  fra  questi  cloruri  i  più  abbondanti  sono  quelli  calcico, 
e  potassico ,  e  generalmente  il  primo  vi  si  trova  in  quantità  due 
volte  maggiore  del  secondo   (i). 

Seguendo  le  idee  di  Kuhlmann  (2)  queste  liscive  delle  ni- 
triere contengono  ancora  carbonaio  0  nitrato  ammonico  il  che 
spiega  la  loro  alcalinità  e  le  esalazioni  ammoniacali  che  si  svol- 
gono nel  concentrarle,  E  poiché  presso  noi  si  Uscivano  gì'  in- 
tonachi cosparsi  di  efflorescenze  saline ,  che  spesso  non  son  com- 
poste da  nitrati  ma  dal  carbonato  e  dal  solfato  sodico  ,  ne  se- 
gue che  questi  due  sali  debbono  pure  trovarsi  nelle  soluzioni. 

Or  concentrando  queste  prime  acque  di  lavamento  separan- 
si  molte  spume  e  sedimenti  melmosi,  e  quindi  nel  trasmutare 
i  nitrati  stranieri  in  nitrato  potassico  si  hanno  del  pari  spume 
e  sedimenti  terrosi,  ed  oltre  ciò  non  poco  carbonato  calcico  e 
molli  cloruri  (3). 

Questo  trasmutamento  si  fa  ordinariamente   cOn  la  lisciva 

(i)  Moritz  Meycr  Pjr.  L.  i844^  pag.  87  e  4i- 

(2)  Exp.  Chim.  Par.  1847  P^S-  9- 

(3)  Girardia  Lc^.  de  Chim.  Par.  1846  p.  34o.  —  Meyer  p.  i6. 


(  I70 
delle  ceneri  comuni  la  quale  contiene  del  carbonato  potassico  al- 
teralo da  proporzioni  variabili  di  solfato  potassico  o  sodico,  clo- 
ruro potassico  0  sodico,  silice,  allumina,   ossido  di  ferro  e    di 
manganese  (i). 

Cosi  ancora  s'  è  pur  vero  che  la  lisciva  delle  nitriere  con- 
tiene il  nitrato  ammonico,  siccome  non  è  possibile  trasmutarlo 
in  nitrato  potassico  senza  la  presenza  d'  un  eccesso  di  carbonato 
potassico  ,  poiché  questo  sale  non  va  aggiunto  sino  alla  cessa- 
zione d'  ogni  precipitato  per  non  iscomporre  senza  necessità  tut- 
ti i  cloruri  (2)  ne  segue  che  parte  del  nitrato  ammonico  deve 
sovente  scappare  alla  scomposizione. 

Tutte  le  quali  cose  si  ricordano  in  questa  occasione  per 
mostrare  quanti  corpi  stranieri  reagiscono ,  separansi  e  si  accol- 
gono neir  atto  del  raffinamento.  Premesso  ciò  ricorderò  come 
il  nitro  grezzo  ritratto  dalle  Indie  contiene  dal  3  al  20  per 
100  di  queste  materie  straniere,  e  quello  artefìcialmente  ottenuto 
il  25  per  100  in  termine  medio,  le  quali  sostanze  raccolte  nel- 
r  atto  del  raffinamento  compongono  una  massa  residuale  cono- 
sciuta nelle  nostre  polveriere  col  nome  di  salacelo.  Questo  re- 
siduo formato  la  piupparte  dai  cloruri  sodico  e  potassico  (3)  giun- 
ge ogni  anno  al  peso  di  più  centinaia  di  cantala  ed  è  sconsi- 
gliatamente buttato  in  mare  col  titolo  ormai  sbandito  di  capo- 
morto  (4.).  Il  che  non  pure  aggrava  lo  Stabilimento  d' inutile 
spesa  di  trasporlo  ;  ma  senza  alcun  prò  ne  impaccia  1'  ordina- 
rio andamento. 

(i)  Girardin  p.  307. 

(2)  Bottée  e  Riffaut  p.  43. 

(3)  Timmerhans  Poudre  à  canon  p.  16. 

(4)  Questa  massa  residuale  trascina  seco  una  quantità  considerevole  di 
nitro  quando  la  raffinazione  va  malamente  efTettuata.  Mejer  p.  4o  afferma 
clic  il  nitro  così  perduto  giunge  talvolta  sino  al  io  per  100. 


(    172    ) 

Ora  se  ben  m'avviso  parmi  che  questo  salaccio  potesse  a- 
vere  preziose  applicazioni  all'  agricoltura  ,  la  pastorizia  e  le  ar- 
ti senza  nuocere  anzi  giovando  agi'  interessi  delle  Reali  Finan- 
ze •  il  che  m' ingegnerò  provare  brevemente  col  seguente  rapi- 
dissimo cenno ,  che  a  mille  doppi  potrebbesi  estendere  se  la  ne- 
cessità della  concisione  non  mi  consigliasse  altrimenti.  Ed  innan- 
zi lutto  è  pur  bene  dichiarare  che  nelP  esporre  queste  speciali 
osservazioni  sul  salaccio  intendo  dire  d'  un  caso  particolare  del- 
l' ampia  quistione  dell'  uso  del  sale^  alla  quale  mi  penso  ascen- 
dere da  questo  singolo  caso. 

II. 

Uso  del  sale  e  del  salaccio  in  agricoltura. 

Il  sale  è  buono  ma  se  il  sale  ha  perduto  il  suo  sapore  con  ch& 
può  essere  condito  ?  £sso  non  può  piii  servire  né  per  la  terra  né 
pel  concime.  Evangelio  S.  Lcca  cap.  XIX,  ?,  34. 

L'  uso  del  sale,  in  agricoltura  prende  origine  dalla  più  re- 
mota antichità.  Gli  Assiri,  gli  Ebrei,  gl'Indiani,  i  Cinesi  men- 
tre ne  conobbero  i  benefici  effetti ,  non  ignorano  d'  altra  parte 
come  esso  isterilisse  per  poco  tempo  i  terreni  quando  in  gran 
quantità  vi  fosse  mescolato.  Nel  che  ha  fondamento  la  pratica 
di  adeguare  al  suolo  le  mura  delle  città  inimiche  e  cosparger- 
ne di  sale  il  terreno ,  come  in  fra  1'  altro  fece  Abimelech  del- 
la vinta  Sichem.  ....^ 

Nei  tempi  posteriori  lungo  numero  di  dotti  e  di  sperimen- 
tatori ne  commendarono  la  virtìi  fecondatrice.  Tra  questi  il  can- 
celliere Bacone.,  Bernardo  Palissy .,  Condillac .,  Mirabeau ,  Tes- 
sier.,  Bosc,  Chaptal .,  Hvgh  Platt .,  Brownrigg  .^  lohn  Mills., 
JValson ,  Shaw.,  Darwin,  Priestley .,  lohn  Pringle,  Dundonald, 


(  173) 
Fincham^  Holland,  Ilollingshead ^  Rees^  Park,  lohn  Sinclaii\ 
Georges  Sinclair^  Carlwrigth^  Thomas  Bernard^  Henri  JFa- 
terton ,  Cuthbert-Will  am  lohnson  ,  Humphry  Davy  ,  Bons- 
singaull^  Kiihlmann^  Hardouin^  Lecoq,  Piivis ,  Becquerel^  Pe- 
loiize  e  Fremi/,  Bella  ^  Thaer  ,  Petzholdt  ^  Hlubeck ,  Soyer- 
Willemet,  Schlipf^  Kaitffmann  ec. 

Ora  entrando  più  partitamente  in  materia  ricorderò  esse- 
re principii  stabiliti  da  Liebig  odierno  oracolo  della  cbimica  a- 
gricola.  I ."  Che  i  sali  fabbricati  nel  laboratorio  producono  i  me- 
desimi effetti  utili  di  quelli  contenuti  nelle  deiezioni  degli  ani- 
mali ,  se  sotto  le  medesime  condizioni  sono  cacciati  in  seno  alla 
terra.  2."  Nessuna  sostanza  considerata  isolatamente  constituisce 
da  se  sola  un  ingrasso  ,  anzi  essere  necessaria  la  riunione  di 
pili  sostanze  in  certe  determinate  proporzioni  per  comporne  uno 
davvero  efficace.  3."  Prima  di  rendere  ad  un  terreno  gli  elemen- 
ti di  che  manca  ,  bisogna  conoscere  quali  principi  sono  assimi- 
lali dalle  piante  che  vogliam  coltivare.  4-°  Se  il  nutrimento  che 
si  dà  alle  piante  va  dato  nelle  condizioni  più  convenevoli  all'as- 
similazione ,  la  proprietà  eh'  esse  hanno  d'  attrarre  gli  elementi 
gassosi  dell'  aria  aumenta  e  se  ne  accelera  lo  svolgimento. 

I  sali  ,  gli  alcali  ,  cloruri  ,  ossidi  ec.  mantengono  ed  ac- 
crescono la  fertilità  primitiva  dei  suoli  ed  entrano  nella  compo- 
sizione dei  vegetali.  Cosi  i  fosfati  alcalini  forman  parte  del  gra- 
no ,  dei  piselli  e  delle  fave  ,  la  soda  e  la  potassa  dei  navoni 
e  delle  patate  (i),  il  tartrato  acido  di  potassa  del  frutto  della 
vite  ,  il  biossalato  di  questa  base  dell'  acetosella  ;  l'  ossalato  del- 
la stessa  del  mesembrianthemum  crìstallinum  (2),  il  solfato  di  po- 

(r)  E  ben  raro  d'  analizzare  una  cenere  e  non  trovarvi  unite  soda  e 
potassa  com'  è  raro  analizzare  una  roccia  alcalina  e  non  trovare  unite  que- 
ste due  sostanze  (  Malaguli  Le^ons  de  Chim.  Agr.  1848  p.   io3  )• 

(2)  Paycn.  V.  Gonipte  Read.  1848  p.  3. 


(174) 
tassio  benché  in  piccole  quantità  entra  in  quasi  tutte  le  pian- 
te al  pari  de'  cloruri  di  sodio  e  di  potassio.  I  sali  di  calce  e 
specialmente  il  gesso  sono  un  alimento  importantissimo  delle  le- 
guminose ,  anzi  le  congrezioni  calcaree  fan  parte  dei  tessuti  sot- 
to epidermici  di  un  gran  numero  di  piante  (i)  la  calce  e  la 
magnesia  fan  parte  del  tabacco  (2)  lo  zolfo  di  certe  specie  di 
navone  (3)  la  soda  della  salicornia  e  della  salsula  ,  i  nitrati 
della  parietaria  della  mercuriale  ,  borragine ,  mille  foglie,  cori- 
dalio  ,  pomi  di  terra ,  ortica ,  tabacco ,  grispigaolo ,  tornasole  , 
salvia  ,  belladonna  ,  cavolo  ,  artemisia ,  celidonia  ,  guado  (4.)  , 
buglossa,  barbabietola  cicuta  aneto  ec.  Il  temuto  succo  dell'  hu- 
ra  crepitans  contiene  ugualmente  il  nitrato  di  potassa  ed  il  ma- 
lato della  stessa  base  (5)  e  chi  ignora  che  la  silice  entra  in 
quella  sostanza  che  invernicia  i  giunchi ,  e  in  tanta  parte  nel- 
le foglie  di  alcuni  alberi  (  chapparal  )  che  gli  Americani  se 
ne  servono  per  forbire  i  metalli  ?  (6) 

Ma  dicendo  particolarmente  del  sai  comune  e  del  cloruro 
potassico  ,  come  quelli  che  sonomi  accinto  utilizzare  ,  rammen- 
terò che  essi  si  son  rinvenuti  nelle  seguenti  piante  nelle  seguen- 
ti proporzioni  sul  totale  di  100  parti 

Fave  Piselli  Patate        Trifoglio        Fienc 

0.  28  4..  63  2.  08  2.  27  3.  06 

e  uellc  differenti  urine,  la  cui  energia  nei  letami  non  è  affatto 

(i)  Corap.  Rend.  1848.  p.  3. 

(2)  Pclouzc  et  Fremy  T,  2,"  p.  28. 

(3)  Girard.,  dcs  lunj.  p.  121  e  ia4. 

(4)  Moritz.  Mey.  p,  29. 

(5)  Boussingault  Ec.  Rur.  T.  I." 

(6)  Girard.  Ch.  Èl.  p.  809.  .,  .,. 


(  '7^) 
da  rivocare  in  dubbio,  in  quest'  altra  proporzione  sul  lolale  dei 

loro  elementi  minerali  (i). 

Cavallo  Bove  Porco 

0.  55  0.  3o  53.   I 

Ora  è  ben  facile  dedurre  quali  sono  i  risuUamenti  pratici 
di  queste  conoscenze.  Le  sostanze  minerali  che  trovansi  nelle  ce- 
neri essendo  la  condizione  prima  dell'  esistenza  vegetale  la  pre- 
senza dei  cloruri  e  indispensabile  alla  coltura  di  moltissime  pian- 
te 5  e  perciò  essi  debbono  far  parte  d'  ogui  concime  necessario  per 
esse,  quand'  anche  il  suolo  contenesse  di  questi  cloruri.  Difatti 
per  quanto  ricco  possa  essere  un  campo  degli  elementi  necessari 
ad  una  pianta,  non  è  da  mettere  in  dubbio  che  in  seguito  delle 
successive  culture  ,  se  ne  spoglia  di  piìi  in  piìi  e  che  per  ogni 
specie  di  pianta  giunge  un  momento  in  cui  il  suolo  cessa  di  for- 
nirne in  quella  quantità  da  produrre  il  compiuto  svolgimento 
di  essa  (a). 

Per  la  qual  cosa  veggiamo  adoperato  il  cloruro  sodico 
nei  pili  riputati  ingrassi  artificiali ,  dei  quali  ne  trascrivo  qual- 
cuno ad  esempio  (3)  non  per  consigliare  la  vendita  dei  salacci 
in  questa  forma,  ma  per  mostrare  coi  fatti  e  l'uso  1'  energia 
dei  cloruri. 


Misto  Inglese. 

Polvere  o  cenere  di  torba ,  ch'il.  906. 

Fuliggine ^S.  3o 

Calco 45.  3o 

Sai  marino 4^.  3o 

Nitro 6.  34 

Pillacele  di  pocora ao.  ettol. 

Ossa  polverizzate 5.  4^ 


Misto  universale  economico. 

Potassa  di  commercio      .     .  chil.  aS. 

Sostanze  oleose 18. 

Sai  marino 56. 

Calce  viva 2S. 

Terra  vegetale  metri  cubi.     .     .  2- 


(i)  Lieb.  dcs  engr.  p.  7  a  io. — Gir.  dcs  fum.  Par.  18^7  p.  3o. 

(2)  Liebig  des  cngr.  p.   19  e  32. 

(3)  Giiardin  dcs  fimiicrs.  Par,  i847  P*  *35. 


(  176  ) 
E  da  queste  e  da  altre  forraole  date  dal   JauJJrel ,   Lucy , 

Brantigny  Turret  ec.  si  fa  chiaro  che  a  rendere  neutro  un  suo- 
lo cioè  atto  a  quasi  che  tutte  le  coltivazioni  vanno  adoperati  con- 
cimi nei  quali  entrano  il  sale  ed  il  nitro  in  proporzioni  più  o 
meno  grandi. 

Ma  risalendo  ad  un  quesito  piìi  generale  cioè  se  1'  uso  dei 
cloruro  sodico  in  agricoltura  è  utile  o  nocivo ,  rammenterò  che 
come  molti  ne  hanno  innalzato  a  cielo  i  benefici  effetti  moltissimi 
ne  hanno  biasimata  e  proscritta  perfino  l' idea.  Ma  gli  uni  e  gli 
altri  ebbero  sovente  il  gravissimo  torto  di  non  avere  analizzato 
dapprima  il  suolo  in  che  operarono  ,  né  1'  intima  natura  della 
pianta  che  coltivarono,  né  pesarono  la  quantità  di  sale  che  fram- 
misero agli  altri  corpi  concimanti  ,  o  non  1'  isolarono  dalle  so- 
stanze che  profferir  potevano  i  medesimi  elementi  ,  infine  non 
sperimentarono  a  guisa  da  non  lasciare  alcun  dubbio  sull'  esat- 
tezza dei  risullamenti  che  ottennero. 

Cosi  il  Lecoq  trovò  che  cospergendo  i6o  a  3oo  chil.  di 
sale  per  ogni  ettaro  di  terra  si  accresceva  la  produzione  dell'  or- 
zo, del  frumento,  del  lino  e  dell'erba  medica,  ed  il  Dombas- 
le  ed  il  Piivis  avendo  ripetuto  1'  esperimento  giunsero  a  risulta- 
menti  tutto  afi'atto  opposti  (i). 

Parimenti  il  Béru  nei  suoi  poderi  raccolse  col  sale  un  pro- 
dotto di  grano  doppio  dell'  ordinario  ,  ebbe  trifoglio  bellissimo 
da  magrissimo  campo  infetto  da  felci  ,  moltiplicò  lo  svolgimen- 
to dell'  avena  ec,  ed  io  stesso  sono  stato  testimone  della  felice 
cultura  della  canape  nei  suoli  marno  argillosi  mercè  1'  addizio- 
ne del  sale.  Da  ultimo  i  recenti  esperimenti  fatti  dal  Dubreuil^ 
Fcmchet  e  Girardin  nella  terra  argillo  calcare  rifermano  i  van- 
taggi del  sale,  venduto  che  fosse  poco  più  di  20  franchi  per  ogni 

(i)  Boussingault.  Écon.  Rur.  T.  2.°  p.  196. 


(  '77  ) 
100  kil.  (i) ,  ì  quali  felici  risultaracnti  in' allri   suoli,  temperie 

e  condizioni  di  cielo  non  si  son  per  nulla  ottenuti.  E  quello 
che  qui  si  dice  dei  cloruri  ,  è  intervenuto  eziandio  in  arte  per 
r  uso  dei  nitrati  ,  che  il  Barclay  il  Gourey  ed  altri  li  hanno 
preconizzati  come  utilissimi,  altri  siccome  nocivi.  Ma  oggidì  die 
le  chimiche  speculazioni  si  hanno  avuto  più  ampie  ed  accura- 
te applicazioni  all'  agricoltura  ,  sembrano  diradate  le  questioni, 
sceverati  i  casi  in  che  si  vogliono  adoperare  le  precitate  sostan- 
ze ,  e  determinato  perfino  il  modo  di  loro  azione  sullo  svolgi- 
mento delle  piante. 

In  effetti  il  Malaguli  ^  Bonssingault ,  Euhhnann^  Pélouze  ■, 
Fremy  ,  Liebig  e  mille  altri  convenendo  dei  vantaggi  che  otte- 
ner si  possono  dall'  uso  moderato  di  siffatte  sostanze  ne  spiega- 
no in  pari  tempo  il  modo  d'  azione. 

Il  primo  fra  essi  afferma  con  altri  (2)  che  il  cloruro  di  sodio 
mutasi  nel  suolo  in  carbonato  di  soda  per  effetto  dell'  umidità  del- 
l' aria,  la  presenza  del  carbonato  di  calce  ed  i  fenomeni  di  capillari- 
tà, e  che  come  carbonato  e  non  come  cloruro  esercita  un'  azione 
importantissima  sui  vegetali  (3).  Quindi  riferma  non  pure  il 
vantaggio  dei  cloruri  ma  determina  istessamente  le  condizioni 
in  che  debbono  essere  adoperati.  Oltre  a  ciò  riconosce  i  nitra- 
ti siccome  ausiliari  potentissimi  dei  letami  ,  anzi  li  dice  ele- 
menti indispensabili  e  mezzo  da  economizzare  i  concimi  ordinari. 

Il  BoussingauU  volendosi  render  ragione  dell'  azione  svol- 
ta dai  nitrati  sulla  vegetazione  afferma  che  la  loro  chimica  com- 
posizione li  fa  ad  un  tempo  operare  siccome  ingrassi  inorganici  e 
come  ingrassi  organici ,  e  lo  stesso  Davy  non  ripugna  a  credere 

(i)  Comp.  Rcnd.  llcb.   184.8  T.  26.  p.  Sop. 

(2)  Lccons  tic    Ctiimie   Agricole  Par.   i848  p.   4o2.  Girard,  dos  finn. 
I>.  84  e  128. 

(3)  Lecons  de  Chimie  Agricole.  Par.  1848  p.  4'5. 

a3 


(178) 
che  r  azoto  del  nitro  possa  contribuire  in  qualche  modo  alla  pro- 
duzione dell'  albumina  e  del  glutine  che  si  trova  nei  cereali  (i). 

Cosi  ancora  il  Kuhlmann  (2)  cercando  spiegare  come  i 
cloruri  alcalini  possono  cedere  la  loro  base  agli  acidi  organici 
opina  che  il  carbonato  ammonico,  il  quale  risulta  dalla  scompo- 
sizione degli  ingrassi  nitrogenati  0  dalla  reazione  del  cloridato 
ammonico  e  del  solfato  della  stessa  base  sulla  creta ,  opera  sui 
cloruri  sodico  e  potassico  e  li  trasforma  in  cloridato  ammonico 
ed  in  carbonato  sodico  e  potassico  atti  a  cedere  la  loro  base  a- 
gli  acidi  organici. 

Queste  scomposizioni  non  possono  effettuarsi  come  di  sopra 
è  detto  se  non  che  sotto  1'  azione  dell'  umidità  e  d'  una  reazio- 
ne basica  della  terra,  la  quale  ultima  condizione  fa  comprende- 
re la  necessità  di  mantenere  sempre  le  terre  allo  stato  alcalino 
mercè  la  calce,  le  ceneri  ec. 

Dietro  questa  teoria  il  sale  sarebbe  corpo  ausiliare  da  ag- 
giungere ai  concimi  ordinari,  e  le  sostanze  ammoniacali  non  so- 
lo fornirebbero  azoto  alla  vegetazione  ,  ma  sarebber  mezzo  di 
trasporto  0  di  scomposizione  disponendo  la  potassa  e  la  soda  dei 
cloruri  air  assimilazione  delle  piante  nello  stato  di  sali  ad  aci- 
do organico.*'"  "^'i 

Il  Lecoq  spiega  poi  in  questo  modo  V  efficacia  che  svolge 
il  sale  nella  vegetazione. 

Le  piante  son  macchine  aspiranti  assegnate  ad  attingere 
neir  atmosfera  il  carbonio  che  vi  si  trova  dappertutto  diffuso,  e 
difatti  esse  lo  condensano  e  trasformano.  Ora  qualsiasi  macchi- 
na ha  bisogno  d'  un  motore ,  ed  essa  opera  tanto  piii  pronta- 
mente per  quanto  maggiore  è  la  potenza  che  la  muove ,  ma  ciò 

(1)  Davy.  Cliimie  Agricole.  T.  2."  p.  84. 

(2)  Exp.  chini,  p.  5o. 


(179) 
che  fa  operare  le  piante  e  dà  loro  vigore  e  stimolo  all'  assorbi- 
mento dcir  acido  carbonico  sono  i  sali  e  specialmente  il  sai  ma- 
rino, quindi  il  sale  è  utile  alle  piante.  E  coi  fatti  è  provato 
che  il  sale  aumenta  di  molto  la  vitalità  delle  piupparte  dei  ve- 
getali, ne  stimola  la  proprietà  assorbente  per  1'  acido  carbonico, 
e  mena  allo  immenso  risultamcnto  di  far  vivere  le  piante  più 
a  spese  dell'  atmosfera  che  non  a  quelle  del  suolo.  Impercioc- 
ché esso  dà  piìj  consistenza  alle  parti  verdi ,  le  rende  pii!i  so- 
lide ,  più  spesse  ,  e  comunica  loro  una  grande  forza  di  aspira- 
zione. Così  le  piante  che  hanno  ricevuto  ingrassi  salini  si  dis- 
seccano più  difficilmente  e  ritengono  con  forza  la  loro  acqua  di 
vegetazione.  Quindi  questi  ingrassi  godono  la  proprietà  assai 
preziosa  di  far  loro  assorbire  tutto  il  nutrimento  dall'  aria,  ed  è 
beh  noto  come  il  carbonio  che  i  vegetali  vi  attingono  fosse  una 
vera  conquista  per  1'  agricoltura ,  perchè  tutto  quello  che  si  tro- 
ra  nel  suolo  costa  al  coltivatore ,  essendo  obbligato  a  darglielo 
sotto  forma  <li  concime  o  di  soverscio. 

Il  Lecoq  pertanto  non  nega  che  i  vegetali  attingono  dal- 
l' atmosfera  altri  principi  oltre  1'  azoto. 

PeJouze  e  Fremy  affermano ,  che  il  sale  opera  sì  come  cor- 
po eccitante  ,  sì  come  corpo  che  fornisce  ai  vegetali  in  mancan- 
za della  potassa,  la  soda  eh' è  necessario  al  loro  svolgimento.    » 

ìlollindshead  opina  che  1'  umidità  che  il  sale  attrae  e  ri- 
tiene aiuta  potentemente  la  vegetazione  e  produce  una  raccolta 
molto  superiore  a  quella  che  si  può  ottenere  mercè  il  solo 
concime. 

-K-.  Da  ultimo  Hardouin  afferma  che  il  sai  marino  aggiunto  ai 
vari  concimi ,  ne  facilita  utilmente  la  scomposizione  mentre  im- 
pedisce il  loro  volgersi  a  tanta  viva  fermentazione  da  perdere 
taluni  principi  gassosi  che  sarebbero  slati  utili  all'  agricoltura.  ;i 

Vediamo  ora  come  alcuni  fatti  rispondano  a  questi  princi-' 
pi  della  teoria. 


(  i8o  ) 
i.°  Il  Conte  di  Pellan  il  Demesmay  ed  Houzeaii-Muiron 
hanno  trovato  il  sale  utilissimo  nei  suoli  calcari  e  Becquerel  1'  ha 
sperimentato  utile  nei  terreni  argillosi  e  marnosi. 

2.°  È  provato  da  esperienze  fatte  nel  Cheshire  che  dopo 
aver  prosciugato  un  terreno  paludoso  ed  acido  se  si  spande  il 
sale  sulla  sua  superficie  nel  mese  di  Ottobre  si  migliorano  di 
molto  le  raccolte  che  ne  derivano. 

3.°  Ilollingshead  ha  trovato  utile  spandere  il  sale  sulle 
praterie ,  dopo  la  raccolta  del  fieno  nei  suoli  sabbionosi  e  calcari. 

4."  Il  Baynes  ha  raccolto  larga  messe  di  frumento  nei  ter- 
reni argillo-sabbionosi ,  mercè  1'  aggiunzione  del  sale. 

5.°  I  suoli  vulcanici  debbono  in  gran  parte  la  loro  mera- 
vigliosa fecondità  alle  sostanze  saline  che  contengono. 

6.°  Il  letame  riesce  più  efficace  quando  è  inaffiato  con  1' 
acqua  di  sale  o  del  mare. 

7.°  I  prati  salati  sono  tenuti  in  grande  riputazione  per  la 
quantità  e  qualità  dei  loro  foraggi  e  la  squisitezza  dei  montoni 
che  vi  si  fanno  pascere. 

8.°  I  terreni  dell'  Olanda  e  della  Francia  tolti  dal  dominio 
del  mare  con  1'  opera  delle  dighe  danno  delle  raccolte  prodigiose. 

9.°  In  Brettagna  i  coltivatori  adoperano  per  concime  i  se- 
dimenti marittimi  e  trascurano  quelli  degli  stagni  di  acqua  dol- 
ce ,  ed  i  prati  della  Piccardia  invasi  dalle  maree  danno  mi- 
rabili risultaraenti  quando  le  piogge  trasportano  r  eccesso  di  sa- 
ie depositatovi. 

Questi  e  mille  altri  esempi  potrebbersi  mettere  innanzi  per 
comprovare  1'  efficacia  del  sale ,  in  ispecialità  pei  terreni  calca- 
ri ,  argillosi,  marnosi,  acidi  ed  umidi,  E  cosi  e  non  diversamen- 
te esser  deve  imperciocché  in  fra  1'  altro  è  pur  noto  dalle  ana- 
lisi di  Payen  e  Boussingault  che  la  marna  contiene  sostanze  ni- 
trogenate,  e  dalle  investigazioni  del  Liebig  che  la  terra  argil- 


(  i8i  ) 
Iosa  ricelta  gran  parte  d"  ammoniaca  a  poca  profondità  dalla  e- 
sterna  superficie ,  il  che  pur  si  verifica  pei  suoli  sabbiosi  ma  in 
proporzioni  più  tenui.  Or  come  le  sostanze  nitrogenate  contri- 
buiscono a  scomporre  i  cloruri  è  facile  spiegare  e  la  grande  a- 
zione  svolta  dal  sale  nei  suoli  marno-argillosi ,  e  le  straordina- 
rie quantità  di  fieno  raccolte  dal  Kuhlmann  in  un  suolo  argil- 
loso mercè  il  cloridato  ammonico  ed  il  sai  comune  accompagna- 
ti da  sufficienti  umidità  (i). 

In  quanto  ai  nitrati  è  bene  aggiungere  le  seguenti  pratiche 
deduzioni  tratte  da  recenti  esperienze  attuate  dal  Kuhlmann. 

I ."  I  nitrati  sono  utili  alla  vegetazione  sia  che  operino  per 
propria  virtù ,  sia  per  1'  ammoniaca  che  producono  nel  decom- 
porsi . 

2.°  Un  terreno  è  tanto  più  fertile  e  tanto  meno  ha  bisogno 
di  concimi  per  quanto  più  numerose  sono  le  condizioni  che  fan 
perdere  all'  aria  1'  ammoniaca  ed  utilizzano  il  nitrogeno  dei  ni- 
trati ottenuti  alla  sua  superficie. 

3.°  Per  efiettuare  la  nitrificazione  superficiale  che  fissa  nel 
suolo  i  principi  nitrogenati  necessari  alla  vegetazione  non  basta 
r  umidità  ,  la  temperatura  e  l' elettricità ,  ma  è  necessario  la 
presenza  di  basi  minerali  atte  a  combinarsi  con  1'  acido  nitrico 
a  misura  che  1'  ammoniaca  passa  allo  stato  di  nitrato  d'  ammo- 
niaca. Quindi  essere  necessario  nel  terreno  la  potassa,  la  soda, 
la  calce  in  istato  di  carbonati  o  il  contatto  di  rocce  feldspatiche 
scomposte  che  forniscono  larga  copia  di  potassa  ec. 

4..**  È  pur  mestieri  che  il  terreno  abbia  sufficiente  porosi- 
tà, che  non  sia  carico  di  sali  minerali,  che  sia  umido  a  suffi- 
cienza, infine  che  rattrovisi  in  tali  condizioni  da  scomporre  i 
nitrati  che  si  formano  alla  sua  superficie  e  ridurli  allo  stato 
ammoniacale. 

(i)  Rubi.  p.  5o,  82,  8|,  90. 


(  i82  ) 

Ora  il  residuo  che  si  raccoglie  nell'  ottenere  il  nitro  di  pri- 
ma cotta  oltre  i  corpi  terrosi  è  composto  dai  carbonati  di  calce 
e  di  magnesia  ,  dal  solfato  di  calce  dai  cloruri  di  sodio  e  di 
potassio  da  poco  nitro  e  da  parti  organiche  in  forma  di  spuma 
mescolate  a  quantità  variabili  dello  stesso  sale  (i).  I  corpi  poi 
che  si  precipitano  o  accolgono  nell'  atto  del  raffinamento  del  ni- 
tro di  prima  cotta  sono  i  cloruri  di  sodio  e  di  potassio  mesco- 
lati sempre  ad  una  porzione  di  nitro  più  le  spume  nitrose  (2). 
Ed  al  dire  del  Meyer  tanto  i  primi  quanto  i  secondi  residui  so- 
no sempre  accompagnati  da  una  porzione  di  nitrato  di  soda  de- 
rivante dalla  scomposizione  vicendevole  del  cloruro  di  sodio  e 
dal  nitrato  di  potassa.  '*-"!  «J»*  f- 

Premesse  tutte  le  quali  cose  ne  sembra  che  gli  uni  e  gli 
altri  residui  potessero  in  agricoltura  avere  ben  ampia  applicazio- 
ne. Difatti  abbiam  partitamente  veduto  in  agricoltura  l'  uso  del 
cloruro  di  sodio  e  del  nitrato  di  potassa  ,  e  poiché  il  nostro 
salacelo  oltre  dal  contenere  questi  due  corpi  altri  ne  contiene  u- 
gualmente  assimilabili  dalle  piante;  dovrà  esso  mescolato  ai  conci- 
mi ordinari  rendere  alla  terra  un  maggior  numero  di  principi  e 
renderla  più  atta  ad  ogni  maniera  di  coltura.  Al  qual  proposito 
ricorderemo  che  lo  Sgarzi  suggeriva  confezionare  il  sale  per  l'  a- 
gricoltura  con  l'  aggiunta  del  nitro  (3)  e  qui  anzi  che  appron- 
tarlo a  bella  posta ,  ci  si  presenta  naturalmente  accoppiato. 

Determinata  l'  efficacia  del  salacelo  nella  composizione   dei 

concimi,  dovrebbe  essere  venduto  a  mite  prezzo  e  sofisticato  con 

1'  aggiunta  della  rosura  di  ferro  la  più  immonda  dei  nostri  stessi 

ohiffuj  BJ8  0(1-  MJff;  iì.v.  ib  ooìip.-ì  Bia  acni  oda  ,fll 


.(i)  Timraerhans  Poudre  à  canon  p.   i3.  r—  Pélouze   et  Frerav.    Cours 
ile  Chimie  gen.  Par.   1848  T.  2.    p.  28. 
(2)  Timm.  p.  16.  Gir.  p.  34i. 


.olfiOBint  :u;i 


(3)  Freschi  L'  amico  del  contadino.  Y.  3."  p.  4oi-  .,         t  <   o  -  . 


(  i83  ) 
stabilimenti  militari,  più  una  data  parte  ili  catrame  ottenuta  dalla 
distillazione  del  legno  per  carbone  da  polvere  o  di  fuliggine  di  for- 
nace. 11  vile  prezzo  di  queste  sostanze  e  la  difficoltà  di  cacciarle 
dal  composto  non  può  certamente  rivocarsi  in  dubbio  da  alcuno, 
ben  conoscendosi  cbe  la  migliore  rosura  si  vende  da  noi  una  pia- 
stra al  cantaio  e  cbe  il  catrame  ritratto  dalla  distillazione  del  le- 
gno a  cagione  della  sua  solubilità  lia  poca  o  nessuna  applicazione 
negli  usi  comuni  della  vita  ,  e  poi  tanta  e  tale  è  la  forza  del 
suo  fetore  cbe  rende  nauseosa  ogni  sostanza  in  cbe  s' appiglia  ed 
annida.  Egli  è  pur  vero  cbe  mille  altre  adulterazioni  sono  sta- 
te adoperate  siccome  le  torte  dei  grani  oleosi ,  il  solfato  sodico, 
la  melassa,  la  morcbia,  la  vagliatura  d'orzo  ec. ,  ma  sembrano 
da  preferire  le  anzidette  ,  tanto  piìi  cbe  il  ferro  nelle  sue  di- 
verse combinazioni  giova  ai  concimi.  In  effetti  il  ferro  è  ele- 
mento indispensabile  di  tutte  le  piante  ,  colora  le  terre  e  le 
rende  piìi  o  meno  proprie  ad  assorbire  e  disperdcrfi  i  raggi  ca- 
lorifici; senza  dire  cbe  gli  ossidi  inferiori  aiutano  la  scomposi- 
zione degli  avanzi  organici  ,  producono  ammoniaca  nel  momen- 
to della  loro  soprossidazione ,  ed  in  quest'  ultimo  stato  ritengono 
nei  loro  pori  gran  parte  dell'  ammoniaca  svolta  (i). 

Cosiccbè  concbiudcndo  :  l' uso  moderato  dei  cloruri  e  dei 
nitrati  in  agricoltura  riguardato  dai  più,  come  utile  ma  non  pra- 
ticabile cosa ,  a  cagione  del  prezzo  ,  può  attuarsi  se  non  sopra 
una  grande  scala  almeno  in  parte  col  salacelo  delle  polveriste  e 
delle  nitriere  e  coi  residui  delle  stesse  industrie. 

Il  Malaguti  dopo  aver  dimostrato  V  importanza  del  sale  in 
agricoltura  ,  dice  cbe  in  quanto  al  costo  non  è  cosa  di  cui  de- 
ve la  scienza  occuparsi ,  ma  se  non  la  scienza  credo  cbe  se  ne 
dovesse  occupare  la  economia.  Sotto  tale  aspetto  parmi  aver  riso- 

(i)  Malaguti  Lécons  de  Chiinie  Agricole.  Par.  1848.  p.  g6. 


(  i84) 
luto  d'  un  tratto  la  quistione  adoperando  invece  del  sai  comune 
dei  sali  da  rifiuto  (i)  e  ciò  senza  ledere  gl'interessi  delle  Reali 
Finanze  mercè  la  mistione  di  catrame  ferro  e  fuliggine  innanzi 
esposta.  V.  p.  201. 

Cosi  ancora  se  V  immersione  nell'  acqua  di  sale  fa  rallignare 
più  prontamente  le  piante  da  trapiantare ,  non  che  le  nesta  e  le 
barbatelle  che  si  spediscono  lontano ,  se  quest'  acqua  salina  im- 
pedisce r  alteramento  delle  sementi  ed  uccide  parecchie  genera- 
zioni d' insetti  e  di  piante  parassite ,  son  di  credere  che  quest' 
ufficio  compiere  si  potrebbe  assai  più  efficacemente  col  nostro 
salacelo.  Del  resto  V  uso  del  sale  e  del  salacelo  in  agricoltura 
è  un  punto  di  scienza  suscettivo  d'  essere  attinto  dall'  esperien- 
za ,  e  degno  di  diventare  un  soggetto  d' osservazione  ,  potendosi 
per  esso  ben  dire  col  Liebig  :  /"  l'nvùe  les  agriculteurs  éclairés 
a  «'  unir  à  moi  en  ce  biit ,  a  me  préter  leur  concoiirs.  Quel 
qite  piasse  ètre  le  resultai  de  ces  expériences  ,  la  prosperile 
future  de  l  agriculture  exige  qu  elles  soient  tentées  (2). 


(i)  Nelle  stesse  nitriere  si  raccoglie  gran  quantità  di  residui  insolubili 
delle  ceneri  Uscivate  ,  i  quali  residui  essendo  forniati  da  allumina  e  silice 
dagli  ossidi  di  ferro  e  di  manganese,  dal  solfato,  fosfato  e  carbonato  di 
calce  (  Pelouze  p.  7.  T.  2,°)  possono  ugualmente  servire  per  concime  , 
mentre  ora  qui  in  Napoli  pagasi  grana  i5  al  carro  per  buttarli  in  mare. 

(2)  Des  Engr.  art.  1846 ,  p.  35. 


(  i8U  ) 
III. 
Effetti  del  sale  e  del  salacelo  siili'  economia  animale.      , 

jiul  poleril  comedi  msubum,  quod  non  est  sale  condilum. 
Giobbe  e.  VI.  V.  6. 

Non  v'ha  chi  sconosca  l'efficacia  del  sale  nelFalimentamen- 
to  dell'  uomo  né  il  gusto  degli  animali  per  gli  alimenti  condi- 
ti dal  sale ,  e  poiché  non  è  probabile  che  tutti  questi  esseri  a- 
vesscro  gusto  disordinato  ed  innaturale  è  da  conchiudere  che  il 
sale  0  è  necessario  o  almeno  utile  alla  vita. 

L'  analisi  chimica  è  venuta  a  rifermare  questa  verità  di- 
mostrando che  il  sale  non  passa  pei  corpi  animati  senza  scom- 
porsi e  produrre  effetti  evidentissimi. 

Gay-Lussac  afferma  che  il  sale  può  fornire  all'  economia 
animale,  in  mancanza  d'altre  sorgenti,  la  soda  che  fa  parte  del 
sangue,  della  bile,  della  saliva,  dei  liquidi  albuminosi  ec. 

//  Frieriehs  opina  il  sale  abbia  un'  alta  importanza  nella 
formazione  del  sangue^  ed  il  Plouviez  dopo  numerose  esperien- 
ze suir  uso  del  sale  è  giunto  alle  seguenti  deduzioni  : 

I ."  Il  sale  é  un  condimento  sino  a  che  giunge  nello  sto- 
maco ;  2."  Un  reattivo  in  questo  viscere  e  negli  intestini  ;  3." 
Un  produttore  di  piìi  considerevole  quantità  di  chilo  per  l'ope- 
ra che  svolge  sugli  elementi  del  chimo;  ^-^  Un  eccitatore  dei 
vasi  assorbenti  intestinali  ;  5.°  Un  favorevole  modificante  del 
sangue  perchè  diminuisce  la  quantità  dell'  acqua  contenutavi  ; 
6."  Un  operante  principale  nella  dissoluzione  della  fibrina  e  del- 
l'albumina; 7."  Una  fra  le  forze  che  sollecitano  1' accrescimento 
e  la  formazione  dei  globuli;  8."  Un  coadiutore  della  più  grande 
importanza  nell'atto  della  emalosi ,  senza  del  quale    il    sangue 


(  i86  ) 
non  arrossirebbe  al  contatto  dell'ossigeno  dell'aria;  9.°  In  fina 
un  ausiliare  nell'  atto  dell'  assimilazione  e  disassimilazione. 

Ma  lasciando  da  parte  queste  teoriche  deduzioni  e  tutti 
quanti  gli  effetti  fisiologici  del  sale  ampiamente  svolti  nella  pre- 
gevole opera  del  Bariìal  ,  Statique  Chimique  cles  animaux  , 
rammenterò  antiche  consuetudini  e  fatti  che  meglio  si  accomo- 
dano col  generale  intendimento  e  che  meglio  varranno  con  1'  e- 
sperienza  dei  secoli  a  rifermare  la  verità  che  mi  sono  proposto 
illucidire. 

Omero  facendoci  conoscere  come  a  suoi  tempi  fosse  gene- 
rale r  uso  del  sale  per  condire  gli  alimenti ,  ora  lo  dice  divi- 
no ora  sacro  ,  anche  negli  usi  domestici. 

Destava  intanto  un  grande  foco  ii  figlio 
Di  Menezio  ,  e  conversi  in  viva  bragia 
I  crepitanti  rami ,  e  già  del  tutto 
Queta  la  fiamma  ^  delle  brage  ei  fece 
Ardente  un  letto  .  e  gli  schidon  vi  stese. 
Del  SACRO  SAL  gli  asperse  ,  e  tolte  al  fine 

-.^■■r:      Dagli  alari  le  carne  abritstolate 
Sul  desco  le  posò. 

.„i..    .11,  Iliade  L.  IX.  v,   27^. 

E  coi  fatti  la  saggia  antichità  che  circondò  di  rehgloso  ri- 
spetto tutte  le  utili  cose  non  solo  consacrò  il  sale  agli  Dei,  ma 
!o  tenne  simbolo  di  ospitalità  e  di  patti  inviolabili, 
'■  Farrone  afferma  che  ai  suoi  tempi  alcuni  popoli  che  non 
potevano  avere  a  loro  disposizione  il  sale  ,  l'ottenevano  mesco- 
lato ad  altre  sostanze  bruciando  certe  specie  particolari  di  pian- 
te (i).  Il  che  è  pur  rifermato  da  Plinio  (2)  e  dal  costume  te- 

y,      (I)  Rerum  msiicarum  de  AgricoUura  L.  I.  VII. 
(2)  L.  XXXI.  e.  40. 


(  '87  ) 
nulo  ancora  oggidì  dai  selvaggi  dell'  Orenoco  e  d'  altri  luoghi 
del  nuovo  mondo  clic  per  condire  i  loro  alimenti  bruciano  lo 
spadix  ,  i  frutti  del  seje  o  chimu  ec.  per  trarne  un  sale  impu- 
ro chiamato  chivi  il  quale  col  cloruro  jXìlassico  e  sodico  con- 
tiene ancora  una  parte  di  calce  caustica (i). 

Dal  che  appare  che  la  razza  umana  in  tutti  tempi  ed  in 
lutti  luoghi  ha  sempre  fatto  uso  direttamente  o  indirettamente 
del  sale  ,  onde  non  a  torto  Piinio  affermò  essere  il  sale  elemen- 
to indispensabile  all'  uomo  (2).  Difatti  quando  in  Russia  fu  tol- 
to il  sale  a  molti  servi  ,  questi  dopo  breve  tempo  furon  colpiti 
da  malattia  e  da  morte  (3)  quando  le  avverse  stagioni  ridusse- 
ro a  tanta  miseria  la  popolazione  di  Erzgebirg  in  Saxe  da  non 
poter  comprare  il  sale  si  manifestò  spaventevole  malattia  analo- 
ga allo  scorbuto  ,  la  quale  non  avendo  rispettato  se  non  che  i 
soli  minatori  che  avevano  il  sale  gratis  dal  governo,  ne  fu  di- 
stribuito a  basso  prezzo  alle  masse  e  la  malattia  scomparve  qua- 
si per  incanto  (4-). 

Or  dall'  uomo  discendendo  ai  bruti  veggiamo  di  leggieri 
esistere  un'  analoga  necessità  di  sale  un'  utilità  riconosciuta  da 
tutti  i  popoli  e  sanzionata  dall'  esperienza  dei  secoli. 

Plinio  vanta  1'  uso  del  sale  per  le  bestie  da  soma  e  pel 
bestiame  (5).  Virgilio  commenda  l'erbe  salate  per  le  capre  (6)-, 
Columella  (7)  Catone  e  Palladio  (8)  dicono   dei   vantaggi   del 

(1)  ìhmoim.  Voyage  fait  en  1790  ,   1800  ec.  T.  VII.  p.  341. 

(2)  L.  XXXI.  e.  il. 

(3)  Gazeile  medicale  1838  f,  301. 

(4)  Bxnn.a  p.  34-4-. 

(5)  L.  XXXI.  e.  4-1.  : 
(G)  Georgiche  lib.  III.  v.  394: 

(1)  De  re  ritslica  lib.  VI  e.  III. 
(8)  L.  XII.  e.  13. 


(  i8S  ) 
sale  unito  ai  foraggi.  In  tempi  a  noi  più  assai  vicioi  Ilaller  af* 
fermara  esservi  nel  sale  qualche  cosa  che  conviene  alla  natura 
animale  (i)  e  Buffon  che  il  sale  sostiene  ed  aumenta  la  vigo- 
ria e  propagazione  di  tutti  gli  animali  utili  ,  e  che  privarli  del 
sale  è  decretare  contro  essi  sentenza  di  languore  e  di  morte. 
Questa  stessa  opinione  divisero  Condillac  ,  Mirabeau  ,  Barbe- 
Marbois  ,  Franconville  ,  Périer  ,  i  generali  Foy  e  Biigeaud , 
Thénard ,  Brownrig  ,  Anderson  ,  //.  Davy  ,  Liebig  e  mille  al- 
tri che  qui  sarebbe  superflo  annoverare:  non  pertanto  sarà 
pregio  del  lavoro  citare  le  opinioni  di  taluni  fra  essi. 

Chajìlal  diceva  :  »  Il  sale  è  prima  necessità  degli  anima- 
li ruminanti ,  serve  di  condimento  al  loro  insipido  cibo ,  eccita 
le  forze  dei  loro  deboli  stomachi  e  previene  le  ostruzioni  e  gì' 
imbarazzi  (2). 

Il  Bella  direttore  dell'  Istituto  agricolo  di  Grignon  dice  in 
un  suo  rapporto:  Mercè  il  sale  ,  gli  animali  possono  resistere 
alle  più  tormentose  condizioni.  Gli  animali  lanuti  vivono  per  es- 
so senza  malattie  nei  pantani  inondati  dell'  Olanda ,  e  per  esso 
il  bestiame  d'  ogni  sorta  può  resistere  ai  climi  rigorosi  delle  al- 
te montagne ,  ai  freddi  ed  alle  pioggìe  ,  oltreciò  ben  sanno  i 
cavalieri  quanto  il  sale  aiuti  i  loro  cavalli  a  soffrire  le  fatiche 
le  privazioni  ed  il  cattivo  nutrimento. 

Payen  diceva  al  Congresso  centrale  d'  agricoltura  (i84a). 
Il  sale  eccita  l'appetito  degli  animali,  e  li  decide  a  mangiare 
alimenti  che  altrimenti  rifiuterebbero  ,  esso  neutralizza  gli  ef- 
fetti dei  nutrimenti  o  soverchiamente  acquosi  0  avariati  ,  e  1' 
alimentamento  si  effettua  in  condizioni  migliori  quando  uua  do- 
se convenevole  n'  entra  nella  razione  giornaliera.  In  tal  caso  le 

(1)  Ehm.  phys.  t.  VI  f.  219/'''       '  ^''    '^'^  "  ■      •     •  ''^^  (•"■ 

(2)  Chim.  appi,  à  l' agr.  '^^  •*  •^^"'-  -^^  "''■ 


(  .89  ) 
forze  degli  «niinali  essendo  meglio  sostenute,  e  svolgendosi  più 
ampiameulc  Y  energia  vitale  essi  resistono  meglio  alle  malattie. 
Questa  considerazione  è  di  grave  momento  e  degna  di  fissare 
r  attenzione  degli  agricoltori  e  degli  economisti  in  un  epoca  in- 
cui  tante  epizoozie  desolano  le  nostre  campagne,  ove  nuove  a/- 
terazìoni  invadono  certe  colture  ,  e  deteriorano  evidentemente 
la  qualità  di  molti  vegetali  alimentari. 

Or  gli  animali  a  cui  si  amministra  il  sale  potendo  consu- 
mare una  più  grande  quantità  di  cibo  in  un  dato  tempo  ,  ne 
segue  che  il  termine  dell'  ingrassamento  sarà  più  prontamente 
raggiunto  ed  il  risultaraento  finale  sarà  una  spesa  minore.  Dai 
quali  fatti  si  può  conchiudere  ,  che  l' uso  del  sale  rende  la  nu- 
trizione più  sana  ed  economica  ,  sostiene  le  forze  digestive  e 
concede  trarre  maggior  profitto  dell'  azione  muscolare  degli  ani- 
mali da  tirare  vetture  e  congegni  aratori ,  infine  pare  che  il  sa- 
le scemi  le  probabilità  di  malattie  e  di  morte  e  renda  l'ingras- 
samento più  profittevole  sotto  molti  rapporti. 

Bequerel  nella  sua  opera  degl'  ingrassi  inorganici  affer- 
ma che  il  sale  aumenta  la  durata  del  latte  delle  vacche  e  lo 
rende  più  grasso  ed  atto  alla  fabbricazione  dei  formaggi.  Ed  il 
Fawtier  in  un  opuscolo  pubblicato  nel  i84-3  dopo  aver  assi- 
curato le  stesse  cose  ,  aggiunge  che  il  sale  ha  grande  azione 
sulle  qualità  ed  abbondanza  della  lana  ,  rendendola  più  elasti- 
ca e  tenace.  John  Sinclair  nel  suo  Codice  dell'  agricoltura  dice 
che  il  sale  distrugge  i  vermi  nel  corpo  dei  montoni  ,  ingrassa 
i  porci  nella  metà  del  tempo  che  d'  ordinario  s'  adopera ,  e  ren- 
de il  bestiame  più  docile  e  domesticato  ,  si  che  in  America  col 
sale  si  accostumano  le  vacche  a  ritornare  nelle  case  dagl'  im- 
mensi pascoli  dove  vanno  a  lor  voglia, 

P'an  Bach  in  una  sua  opera  sulla  Lapponia  e  Norvegia 
afferma  che  le  renne  condotte  dai  lapponi  erranti  alle  rive  del 
mare  ne  beyouo  aTidameote  le  acque. 


(  190  ) 

Da  ultimo  discendendo  ancora  sino  ai  bruti  indomiti ,  noi 
scorgeremo  di  leggieri  essere  tanta  la  loro  avidità  pel  sale  ,  che 
spesso  veggonsi  percorrere  immensi  tratti  di  terreno  in  cerca  di 
sostanze  saline.  Il  loro  istinto  li  trascina  verso  questo  elemento 
della  vita  ,  specialmente  in  certi  periodi  dell'  anno  in  cui  van- 
no avidamente  a  dissetarsi  alle  sorgenti  salate ,  tanto  che  in  A- 
nierica  quasi  tutte  le  miniere  di  sale  sone  state  rattrovate  se- 
guendo il  cammino  dei  bufali  donde  il  nome  di  bujfaloe  ai  luo- 
ghi assegnati  allo  scavo  di  queste  sostanze.  Cosi  ancora  i  colom- 
Li  e  vari  uccelli  veggonsi  sovente  raccolti  intorno  alle  sorgenti 
salate,  ed  a  tutti  è  noto  la  riconoscenza  con  che  le  capre  ed 
altri  animali  accolgono  chi  loro  amministra  del  sale.  Quindi  non 
senza  alta  cagione  la  provvidenza  ha  diffuso  a  larga  copia  il  sa- 
le in  natura  ,  che  senza  esso  1'  uomo ,  i  bruti  ed  i  vegetali  me- 
nerebbero assai  languida  e  breve  esistenza. 

Or  tutti  questi  effetti  derivanti  dal  sale  ottengonsi  piìi  age- 
volmente e  largamente  col  salacelo  raffinato.  Imperciocché  in 
quesf  ultimo  racchiudendosi  il  cloruro  potassico  ed  il  nitrato  po- 
tassico ne  segue  che  1'  opera  sua  suU'  economia  animale  esser 
deve  più  energica  e  salutare.  E  coi  fatti  molte  famiglie  che  da 
più  anni  fanno  uso  del  salacelo  per  condire  i  loro  alimenti,  non 
solo  godono  di  perfetta  salute  ma  taluni  loro  individui  che  sof- 
frivano di  gonfiori  alle  gambe  ,  di  renella  ec.  hanno  di  molto 
migliorato  la  coudizione  loro. 

Esternando  sempre  il  desiderio  che  qualcuno  dell'arie  sa- 
lutare si  assumesse  l' incarico  di  sperimentare  sino  a  qual  pun- 
to si  protrae  la  virtù  del  salacelo  ,  posso  accertarne  con  l' espe- 
rienza del  tempo  e  dei  fatti  i  benefici  effetti  onde  penso  che 
non  solo  sarebbe  ottimo  raffinarne  una  data  parte  per  sali  in 
panetti ,  ma  venderne  ancora  tal'  altra  come  ritraesi  dalle  cotte 
del  nitro  per  gli  animali.  •'-"li'' 

■fi  'jl  l'  >d  od  &Uiin 


(  '9'  ) 

■r,       A  dir  breve  risulla  da  dati  chimici,  fisiologici,  statistici, 

ed  istorici: 

1.°  Che  una  certa  quantità  di  cloruro  sodico  è  necessa- 
ria ogni  giorno  al  compimento  delle  funzioni  animali. 

2."  Che  ogni  specie  richiede  una  quantità  di  sale  propor- 
zionala a  quella  eh'  è  contenuta  nel  suo  organismo. 

3."  Questa  quantità  dev'  essere  tanto  piìi  grande    quanto 
più  cattiva  è  la  qualità  degli  alimenti  di  cui  si  fa  uso. 
'  4"°  La  quantità  che  dev'essere  aggiunta    alla  razione    è 

proporzionata  al  peso  dell'  animale  ,  ciò  nullameno  siffatta  quan- 
tità dev'  essere  scemata  di  quel!'  altra  eh'  è  naturalmente  conte- 
nula  nelle  sostanze  alimentari  (i). 

E  perchè  in  tal  caso  a  sofisticare  il  sale  mal  converrebbe 
il  catrame  e  forse  pochissimo  una  lieve  traccia  di  ferro  ,  biso- 
gnerebbe adoperare  come  alterante  il  solfato  di  soda,  la  vaglia- 
tura d'orzo,  la  fuliggine,  la  farina  di  torte  oleose,  la  mor- 
chia, la  melassa  ,  la  genziana,  il  citiso  o  altra  pianta  che  si  può 
mangiare  impunemente  dagli  animali. 

In  effetti  quando  la  Maestà  del  Re  di  Sardegna  ,  accordò 
al  Comizio  di  Bonneville  il  sale  per  bestiame  alla  metà  del  prez- 
zo ordinario  vi  fu  mista  una  dose  di  5  parti  per  loo  di  gen- 
ziana ,  e  le  vacche  dettero  i/6  di  più  di  buon  latte ,  ne  acqui- 
starono benessere  e  gaiezza  ,  ne  venne  agevolato  l'ingrassamen- 
to e  preservate  furono  assai  meglio  dalle  comuni  malattie.  Si 
volle  in  pari  tempo  far  uso  di  2  parti  per  loo  di  solfato  di 
ferro  ,  invece  di  genziana,  ma  si  stimò  opportuno  dopo  gli  e- 
sperimenti  di  abbandonarne  l'uso. 

In  Baviera  tuttoché  il  sale  si  vendesse  io  centesimi  la  lib- 
bra ,  nulladimeno  si  distribuì  al  prezzo  di  5  cent,  un  sale  mc- 

(i)  BAnnAL  ,  p.  Sog.        ^^ 


(  192  ) 
scolato  di  I/IO  di  ocra  e  di  residui  delle  saline,  regolandone 
la  quantità  annua. 

A  cliil.  3.  36  per  ogni  bestia  piccola. 
II.    »    per  ogni  cavallo. 
i4»    »    per  ogni  vacca. 
La  Toscana  vendeva  a  mite  prezzo  pei  montoni  il  sale  me- 
scolato coi  residui  delle  saline  di  Volterra,  e  col  7  per  100  di 
polvere  di  carbone. 

Finalmente  nel  Belgio ,  dove  S.  M.  il  Re  Leopoldo  accordò 
l'esenzione  del  dritto  di  gabella  al  sale  ,  sino  alla  quantità  di, 
32  gr.  (  il  maximura  )  per  giorno  e  per  ogni  cavallo.'  !  il 
64-  id.  ))  id.  per  ogni  individuo  di  razza  bovina. 

16.  id.  ))  id.  per  ogni  montone. 

20.   id.  »  id.  per  ogni  maiale, 

restringendone  tuttavia  la  levata  dai  100  ai  4-00  cbilogrammi  ed 
i  miscugli  propri  all'  alterazione  del  sale  eran  tre  a  scelta  dei 
compratori. 

Le  proporzioni  sono  indicate  per  ogni  cento  cbilogrammi  di 
sale. 

i."  Vagliatura  d'orzo cbil.     25 

Solfato  di  soda     ...     «     /Uvn  iiì  .     id.       5 
Fuliggine  di  legna    .......     id.       5 

2°  Farina  di  torte  di  grani  oleosi  (lino,  col- 
za, semi  di  canape)  .     .     .     .     -     .     id.     20  ■    '' 

'■'  Solfato  di  soda     .     .     .    gxu  .•jr.'l.  oq^ti- ,     id.       5'lor 

Olio       ....''■  i»  'UH  .,  niir.is«9j^.ii).'v  litro     i  iio'ì 

3."  Melassa  delle  raffinerie  .     ymtnotuiidd  .    cbil.   io  jqa 
'  •         Solfato  di  soda     .'  l^  oir.<t,ìt  inl'jylJul  ii'ioiid.      5 
-Oli:  '<;«:  OUo.Ju'Jv  t;.ii>.o.\^i(^  k.iiidi'iJsib  j«  onatuiflitro     i  r.itJ 

Questi  cenni  mostrano  sino  all'  evidenza  come  taluni  gover- 
ni sapientemente  ban  cercato  proteggere  e  svolgere   la   pastori- 


_    (  '9^  ) 
zia  ,  lauto  più  che  il  bestiame  meglio  nudrito  e  curato  fornisce 
più  ricchi  letami  e  migliore  carne  da  bccclieria. 

A  riferma  di  quanto  si  è  esposto  chiuderemo  questo  arti- 
colo riferendo  alcuni  brani  d'  una  circolare  ministeriale  emana- 
la in  francia  dal  Ministro  dell'Agricoltura  il  i4.  settembre  184.9. 
Il  sale  conserva  i  foraggi ,  arrestandone  la  fermentazione  ed 
impedendo  la  muffa.  Esso  neutralizza  la  malefica  azione  dei  fo- 
raggi umidi  avariati  0  di  poco  valore ,  sicché  la  piupparte  de- 
gli agronomi  lo  slimano  antidoto  per  la  cachessia  acquosa  che 
attacca  i  montoni  che  son  nudriti  nelle  praterie  umide. 

Il  sale  fa  evitare  1'  abbondanza  della  salivazione  ed  aiuta 
l'opera  della  digestione  e  dell'  assimilazione^  cosi  si  eccita  l'ap- 
petito degli  animali,  il  che  sopratutto  è  utile  negli  ultimi  perio- 
di dell'  ingrassamento  ,  e  si  svolge  ad  un  tempo  la  produzione 
del  grasso ,  del  latte  ec. 

Egli  è  pur  vero  che  questo  regime  può  riscaldare  gli  ani- 
mali ,  ma  si  può  ovviare  quest'  inconveniente  surrogando  il  salo 
con  pari  dose  di  solfato  di  soda  cristallizzato ,  0  meglio  facendo 
periodicamente  questa  sostituzione  due  volte  per  settimana.  Del 
resto  il  solfato  di  soda  non  costa  più  caro  del  sai  marino,  per- 
chè costa  8  a  i5  fr.  per  ogni   100  kil. 

Non  si  possono  dare  regole  assolute  intorno  la  quantità  di 
sale  da  aggiungere  alle  razioni ,  perchè  deve  variare  con  1'  u 
midità  del  clima,  del  suolo,  delle  stagioni  e  degli  alimenti ,  do- 
vendo essere  tanto  più  tenue  quanto  più  giovane  è  1'  animale  (i) 
mentre  bisogna  aumentarla  se  la  struttura  linfatica  dell'indivi- 
duo 0  la  presenza  di  qualche  malore  chiede  un' alimentamento 
più  tonico. 

(1)  Una  vacca  da  latte  se  consuma  60  grammi  di  sale  in  ogni  giorno, 

un  vitellino  di  6  mesi  non  ne  riceverà  se  non  che   ao   gr.  ed  un  vitello 

d'un  anno  da  3o  a  4°  g"*'  *-   '    --"'    " 

s5 


(  194.  ) 
>-iÈ  bene  far  capo  dall'  istinto  degli  stessi  animali.  r^ 

Dei  sacelli  di  forte  tela  ,  ma  di  tessuto  non  mollo  ristretta 
sono  empiuti  di  sale ,  umettati  la  prima  volta  e  messi  a  dispo- 
sizione degli  animali.  I  quali  vengono  a  leccarli  e  n'  estraggono 
agevolmente  con  1'  opera  solvente  della  salivazione  il  sale  neces- 
sario ai  loro  bisogni. 

Nelle  contrade  ove  si  hanno  dei  pezzi  di  sai  gemma  a  di- 
sposizione ,  si  semplifica  ancor  di  più  il  procedimento ,  perchè 
r  uso  dei  sacchi  è  allora  superfluo, 

Tuttavolta  generalmente  si  preferisce   amministrare  il  sale, 
direttamente  mescolato  con  gli  alimenti:  ed   essi   producono   in 
ispecialtà  notevoli  effetti   e   provocano   potentemente   V  appetito , 
quando  sono  stati  impregnati  di  sale  qualche  tempo   innanzi   d' 
essere  adoperati. 

Del  resto  sia  che  si  adoperi  questo    procedimento   sia   che 
la  preparazione  si  facci  nel  momento  della  distribuzione  ,  fuori 
alcuni  casi,  le  dosi  possono  essere  le  seguenti. 
Bue  da  lavoro    .     .n(;*  60  gr.  al  giorno  ognuno 
Vacca  da  latte  .     .     .   Bo.iiL  Qa^>hììii\>.o^  i^t^o/ip  ohi 
Bue  da  ingrasso      .     .   80  a  iSo  gr.  secondo  il  peso  ed  il 

.  ;    periodo  dell'  ingrassamento 
Porco  da  ingrasso   .     ,  3o  a  60  gr. 
Cavallo  e  mulo  ,     .     .  3o 

Montoni  (per  ogni  100), ib'o  a  200  gr,,,q  ueli' ingrassameuto.,ii 
(1^  oir,";!;:'-. 'i  •;  inr"oin  iV''     doppio,     r,!  j'iirr  ofp  )  nUn')! 

-IviLQuando  i  foraggi  che  si  distribuiscono  sono  umidi  si  co-, 
spergono  di  sale  ,  e  quando  sono  secchi  si  umettano  con  V  ao', 
qua  satura  di  sale.  In  qualche  contrada  si  costuma  salare  il  fiiBf-( 
no  nel  metterlo  nelle  forme,  avvertendo  di  cospargere  il  sale  da 
sfrato  a  strato  e  nella  proporzione  di  2  a  5  chil.  per  ogni  looo 
chil.  Ordinariaraenie  vi  si  aggiunge  la  paglia  per  assorbire  vie, 
meglio  r  umidità. 


(  19^  ) 

Il  Scale  può  essere  ancora  utilmente  mescolato  sia  con  la 
paglia  tritata  e  bagnata  sia  con  le  palate  tagliate  e  schiaccia- 
te ,  sia  ancora  con  le  barbabietole  ,  la  crusca  la  lolla  di  gra- 
no ,  le  torte  oleose ,  o  ancora  con  vari  di  questi  alimenti  riu- 
niti. Egli  è  utile  lasciar  fermentare  queste  mescolanze  per  due 
o  tre  giorni. 

In  quanto  poi  all'  uso  agricolo  del  sale ,  è  a  dire  che  ac- 
ciocché esso  riesca  davvero  utile  bisogna  seguendo  gravi  au- 
torità che  la  terra  non  contenga  oltre  0,00 1  del  suo  peso  di 
sai  marino  0  di  cloruro  sodico  e  potassico ,  0  di  qualsiasi  com- 
posto alcalino. 

IV.  '    OIAU 

Ippiatrica 

In  alcune  affezioni  dei  cavalli  usasi  come  ognun  sa  il  nitro 
come  diuretico  e  rinfrescante ,  ed  in  tal'  altre  il  cloruro  di  so- 
dio ,  e  perchè  talvolta  il  nitro  pel  soverchio  abuso  che  se  ne  fa 
anzi  che  giovare  produce  riscaldamenti  ed  altri  mali ,  così  da 
taluni  si  è  usato  sostituirvi  con  vantaggio  il  cloruro  di  sodio. 

Ora  il  salaccio  contenendo  araendue  queste  sostanze  sareb- 
be a  sperimentarne  i  probabili  vantaggi  tanto  piìi  che  a  sofisti- 
carlo potrebbe  andare  adoperato  il  solfato  di  soda  o  di  magne- 
sia anzi  che  il  residuo  delle  saline  come  si  è  fatto  pel  sale  co- 
mune in  Baviera. 

Se  il  sale  giovi  0  pur  no  ad  evitare  la  morva  dei  caval- 
li non  è  qui  possibile  esaminare  ,  solamente  mi  farò  ad  espor- 
re i  seguenti  fatti. 

Michele  Trono  intraprenditore  pei  transiti  tra  S.  Etienne  e 
Lione  afferma  che  nel   i84-i   nel'  corso    di   quattro    mesi    perde 


(  «96  ) 
4-8  cavalli  sopra  200,  cioè  18  di  morva,  16  con  malattie  ili 
petto  ^  14-  con  vertigini  addominali.  Queste  malattie  sparirono 
quasi  per  incanto  dando  ogni  settimana  un  ottavo  di  chilogram- 
raa  di  sale  ad  ogni  cavallo  nei  tempi  sereni  ,  ed  una  pari  quan- 
tità ad  ognuno  di  essi  quando  rientravano  bagnali  nella  stalla. 
In  pari  tempo  esso  profumò  le  stalle  con  fumo  d' incenso  e  di 
ginepro  e  le  lavò  con  acqua  contenente  del  cloruro  di  calce. 

Questi  risultamenti  essendo  stati  ottenuti  ancora  da  altri 
maestri  di  posta  ,  fé  dire  al  Trone  :  ((  Io  sono  fermamente  con- 
vinto che  se  il  governo  prescrivesse  l'  uso  del  sale  pei  cavalli  del- 
le soldatesche ,  esse  non  patirebbero  perdite  tanto  forti  e  tro- 
verebbero immensa  economia  ,  rispetto  alle  rimonte. 

Oltre  di  ciò  Plouvier  assicura  che  adoperando  il  sale  si  può 
scemare  la  razione  dei  cavalli  e  tenerli  in  miglior  condizione  di 
salute  ;  egli  opina  che  100  a  i5o  grammi  di  sale  per  giorno 
possono  rappresentare  un  quarto  od  un  quinto  di  loro  razione. 

Or  s'  egli  è  vero  che  i  cavalli  bagnati  dalle  piogge  e  dal 
sudore  van  preservali  da  molte  malattie  col  somministrar  loro 
del  sale  mescolato  agli  alimenti ,  s'  è  pur  vero  che  il  sale  può 
sostituire  con  vantaggio  una  parte  della  razione  ordinaria,  gran 
vantaggio  ne  verrebbe  all'  esercito  se  queste  pratiche  si  mettes- 
sero in  alto  ,  non  solo  per  mantenere  la  salute  degli  animali  , 
ma  per  diminuire  i  carri  da  trasporto  e  la  quantità  immensa  di 
foraggi  che  quelli  richiedono  ,  senza  dire  che  per  tal  modo  si 
neutralizzerebbero  i  tristi  effetti  degli   alimenti  alterati. 

V. 

Uso  del  salacelo  nello  arti  e  nei  mestieri. 

1 .°  L' invetriatura  delle  stoviglie  mercè  la  volatilizzazione 
del  sale  gettato  nei  forni  potrebbe  compiersi  col  salacelo  assai 


(  '97  ) 
meglio  che  non  col  sale  comune ,  dando  luogo  forse  più    pron« 

tamenle  alla  formazione  dell'  acido  idroclorico,  del  cloruro  di  fer- 
ro e  delle  combinazioni  di  soda,  che  si  vetrificano  alla  super- 
ficie delle  stesse  stoviglie. 

2."  Il  solfato  sodico  divenuto  oggidì  un  oggetto  importantis- 
simo dell'industria,  perchè  adoperato  alla  fabbricazione  del  car- 
bonato sodico  e  del  vetro ,  può  andar  del  pari  ritratto  dal  nostro 
salaccio.  Tutlavolta  dovrebbesi  anche  in  tal  caso  sofisticare  il  sale 
con  sostanze  che  mentre  non  recano  danno  alla  fabbricazione  noi 
faccino  adoperare  per  gli  usi  comuni.  Secondo  il  regolamento 
dell'  amministrazione  delle  dogane  francesi ,  il  sai  marino  che 
serve  alla  fabbricazione  del  solfato  di  soda  è  mescolato  a  17  par- 
ti per  100  dello  stesso  solfato  di  soda,  1/2  per  loo  di  carbone 
di  legna,  ed   i/4  pei"  100  di  catrame  (i). 

3.°  Il  salaccio  può  ugualmente  servire  alla  fabbricazione 
del  vetro  verde  o  da  bocce ,  perchè  il  nitro  contenutovi  gli  gio- 
va ,  sapendosi  eh'  esso  è  a  bella  posta  aggiunto  tra  i  componen- 
ti del  vetro  bianco,  del  cristallo  e  del  flkit-glass  per  fornire  l'os- 
sigeno necessario  a  bruciare  le  materie  combustibili  che  si  pos- 
sono trovare  nella  massa. 

4.."  Il  salaccio  essendo  composto  di  vari  sali  dovrebbe  pro- 
durre nei  miscugli  frigorifici  dei  sorbettieri  un  efietto  maggiore 
del  sai  comune.  In  effetti  il  solo  cloruro  potassico  contenuto  nel 
salaccio  produce  un  abbassamento  di  temperatura  6  volle  mag- 
giore di  quello  ottenuto  col  sale  (2). 

5."  Infine  1'  acido  idroclorico  ed  i  cloruri  scoloranti  potreb- 
bersi  apparecchiare  con  questo  salaccio  ma  con  minor  vantaggio 
del  sale  comune  :  non  pertanto  l' acido  idroclorico  ottenuto  col 
salaccio  si  deve  prestar  meglio  all'  imbianchimento  della  seta. 

(i)  Pélouze  el  Fremy  T.  2."  p.  loo, 
(2)  Bcrz.  T.  3.'  p.  266. 


(  ^.98  ) 

oai'il  ojìoijI  oI'Hftf»     iiinfrin-ì  '4Ìn^  ItiM  noff  oda  oil;aon? 

l'/L  fOoii*.  '  VI.  '•  J'Iitt  aiti'jtnfi] 

i.uj-s'jririla/  ia  yii:.'  ,ii'.).''ì  il>  inoisf.i 
Economia  domestica. 


Il  salacelo  delle  ultime  cotte  essendo  la  piupparte  cloruro 
di  sodio ,  gli  si  può  dare  una  leggera  purificazione  e  renderlo 
in  piazza  come  sai  comune ,  perchè  quella  parte  di  cloruro  po- 
tassico e  di  nitro  che  contiene  non  può  nuocere  alla  pubblica  sa- 
lute. Difatti  lo  stesso  sale  grigio  di  commercio  oltre  le  materie 
terrose  che  lo  colorano  contiene  1  solfati  di  calce  e  di  magnesia 
ed  il  cloruro  di  magnesia  ;  i  quali  composti  magnesici  gli  dan- 
no un  sapore  leggermente  amaro  e  tra  essi  il  cloruro  lo  rende 
igrometrico  (i),  tanto  che  un  sale  che  ne  abbondasse  sarebbe 
poco  atto  alla  fabbricazione  del  tabacco.  Cosicché  il  nostro  sa- 
lacelo rettificato  non  contiene  maggior  numero  di  sali  stranieri 
di  quel  che  ne  contenga  il  sale  di  commercio ,  con  una  diffe- 
renza che  quel  poco  di  nitro  a  cui  resta  combinato  lo  rende  più 
salutare  per  l'  uomo  e  meglio  accomodato  all'  insalare.  Per  dare 
appoggio  a  quest'  asserzione  riferiremo  vari  modi  che  si  tengono 
neir  insalinare  e  condire  le  carni  (2). 


Salsiccb 

Camp.   .   .   libb.   loo 
Siile 3 

rsiii'o 2  7/S 

Succo  tratto  col  vino 

da  aglio  con  eorleccia  3  4/8 
Pepe  .....  y  8 


}'J 


lOJTobo 


Bombole,  Musetti,  Copegiji- 
a'i  e  polmoneile 

Carne.   .   .  libb.   loo 

Sale 3  6 

Nitro.  .....  5   7^8 

Caunella  .  .  .  .  ,        e  7;8 

Garofani   .   .''.'i* 
Pepe  garofalalo. 
Pepe  semplice  . 
Noce  muschiata . 
Bottiglie  (li  piccolit 


'  t 

IO 

I 


Ldcìnicue 

Carne  .   .   .   libb.   loo 

Sale a 

Nitro a 

Cannella a 

Pepe  semplice.    .  a 

Noce  muschiata  .  i 

Coriandoli  ....  6 
Bottiglie  di  piccolit  N.°  a. 


(i)  Girardin. 


(2)  Ffcschi.  L'amico  del  contadino  *r.   i."  p.'' 3|r,  y    ,., 


ni  J)  !.soo!'M  li- 


.il 


f.{i 


(  '99  ) 
Or  per  rilardare  gli  effetti  distruttivi  della  putrefazione  elio 

attacca  le  sostanze  organiche  necessarie  all'  alimentaniento  ,  nu- 
merosi metodi  sono  stati  adoperati.  E  ciò  non  per  1'  unico  sco- 
po di  prolungare  il  godimento  materiale  dell'  uomo  oltre  i  limi- 
ti determinati  dalle  stagioni  ,  ma  per  nutrire    gran    numero    di 
gente    messa    spesso   in  penosissime  condizioni  di    vita.    Sicché 
vediamo  conservare  più  o  meno  tempo  la  carne  ,  ora   con   sale 
e  sole  f  lasaio  ) ,  ora  col  darle  una  mezzana  cottura  o  seppel- 
lirla nel  ghiaccio  o  nel  carbone  ,  ora  col   cuocerla  leggermente 
in  vasi  ermeticamente  chiusi  o  in  recipienti  privati  di  aria,  ora 
con  immergerla  nell'  olio  ,  nel  grasso  ,  nel  burro ,    nel   mele  ,. 
neir  acido  pirolegnoso ,  nella  soluzione   acquosa    del    creosoto  , 
ora  col  disseccarla  al  fumo  ec.  Ma  il  metodo  più  generale  eco- 
nomico e  duraturo  si  è  quello  del  salare ,  e  che  fu  già   adope- 
ralo dalla  più  remola  antichità  come  leggesi  in    Ornerò^    Esio- 
do^ Erodoto  ec.  Ed  in  vero  il  sale  è  un  antisettico   potentissi- 
mo, ma  non  è  affatto  indifferente  servirsi   piuttosto   di   un  sale 
che  di  un  altro,  né  d'adoperarlo  piuttosto  in  un  modo  che    in 
un  altro.   Difatti  molti  luoghi  hanno  grido    per   la    bontà    delle 
carni  salate  che  approntano  come  l' Irlanda  e  S.    Ubés  di  Por- 
togallo, ed  è  pur  noto  che  il  sale  di  quest'  ultimo  è  il  più  ac- 
concio di  tuli'  i  sali  conosciuti  per  salare  il  baccalà  ,  il  clie  dal 
Berthier  è  attribuito  alla  chimica  sua  composione. 

D'  altra  parte  tutti  gli  alimenti  nei  quali  entra  il  sangue 
acquistano  proprietà  velenose  ,  quando  si  alterano  per  effetto  dì 
mal  condotta  salagione.  Per  questa  forza  deleteria  del  sangue 
corrotto  credesi  che  fosser  morti  nei  tempi  antichi  Mida  ,  Ta- 
nj/oxarses,  Temistocle^  Annibale  ec.  e  per  essa  furono  anelc- 
nate  altre  600  persone  nei  contorni  di  Zurich  in  una  festa  po- 
polare tenuta  nel  iSSg  ,  e  poscia  altre  8  persone   in    Wurtcm- 


(    200    ) 

Lerg  nel  184.2  (1).  Per  lo  che  la  salagione  della  carne  ò  da  te- 
nere come  operazione  importantissima  ,  non  solo  perchè  le  so- 
stanze mal  salate  imputridiscono  e  manca  1'  alimento  su  cui  si 
conta  ,  ma  perchè  in  taluni  casi  questi  alimenti  si  convertono 
in  potentissimo  veleno.  Il  che  non  è  a  dire  quante  conseguen- 
ze funeste  potesse  avere  nelle  piazze  forti  e  nelle  navi  da  guer- 
ra ,  quando  specialmente  la  resistenza  d'  una  piazza  o  la  vittoria 
d'  una  squadra  può  recare  salute  ad  un  intero  reame.  Or  se 
creder  dehbo  ai  saggi  già  fatti  il  salacelo  della  polveriera  non 
solo  conserva  più  bellamente  le  carni ,  ma  le  rende  meno  no- 
cive ai  presidi  risparmiando  loro  gran  parte  dei  malori  che  di 
ordinario  li  affliggono.  Così  H  Girardin  dice  a  p.  104.6  della 
sua  chimica  «  l'unico  nutrimento  dei  marini  è  la  carne  salata, 
il  cui  uso  prolungato  cagiona  0  accelera  disgraziatamente  lo 
svolgimento  di  quelle  spaventevoli  malattie  di  cui  offrono  si  nu- 
merosi esempi  la  relazione  dei  viaggi.   » 

Né  a  questo  solo  si  rimangono  i  vantaggi  del  salacelo,  im- 
perciocché con  esso  si  possono  conservare  molte  sostanze  vege- 
tali ed  in  fra  1'  altro  le  grosse  zucche  di  Spagna  tagliandole  a 
fette  ,  salandole,  asciugandole  se  vuoisi  al  forno  ed  imbarilan- 
dole a  guisa  di  aringhe  ,  il  che  riesce  utilissimo  ai  presidi  po- 
tendo alternare  la  carne  salata  con  vegetali  che  cotti  soli  od  u- 
niti  ai  legumi  conservano  tutto  il  loro  sapore  e  fraganza.  Oltre 
di  ciò  il  salacelo  può  servire  ottimamente  a  conservare  il  burro 
sapendosi  che  questo  si  mantiene  non  solo  col  fonderlo  e  spu- 
marlo ,  ma  intridendolo  appena  fatto  con  la  16.'  parte  del  suo 
peso  d'una  mescolanza  di  2  parti  di  sale,  i  di  nitro  ed  i  dì 
zuccaro. 

l'ili  tiiiuj'iytj  oa<!    'S>it  uìj.i 
-incoili  y,'    L  j  u  i/.     ——I  0  e  e£8i   bu  jjJiin'jJ  aifilon 

(1)  Gnafàin  p.  892.  —  Giorn.  Enc.  di  Napoli  1819.  Pf."  V  p.  229. 


(    201    ) 

VII. 

Sali  Sterri  di  Allomonte  e  residui  delle  Saline. 

Se  un  giorno  non  più  si  condanneranno  ad  esser  distrutti 
i  detriti  salini  (  sali  sterri  )  di  Altomontc,  si  potranno  essi  in 
fra  r  altro  adoperare  in  agricoltura.  Ed  ove  se  ne  attui  il  raf- 
fìnamenlo  si  potrà  anche  far  capo  delle  spume  organiche  e  de- 
gli abbondanti  depositi  di  schlot  (  solfato  doppio  di  calce  e  di 
soda  con  poco  sale  )  che  deriva  dal  rafiìnamento.  E  questo  gior- 
no non  sarà  lontano  se  si  pon  mente  alle  eulte  nazioni  che  non 
isciupano  i  detriti  salini,  ai  danni  che  minacciano  quella  nostra 
ricchezza  minerale  di  Allomonte,  alle  spese  di  sgombro  e  di- 
struzione, alla  necessità  di  sempre  pii!i  profondarsi  nella  miniera, 
alla  malagevolezza  delle  ingombre  sue  vie  ec. 

Or  sia  che  vuoisi,  questi  sali  sterri,  la  loro  barda  (salzthon) 
ed  i  residui  del  loro  raffinamento  combinati  ad  altri  elementi 
possono  fornire  all'  agricoltura  un  pregevole  sussidiario.  Lo  stes- 
so dicasi  dei  residui  delle  nostre  saline  marittime  e  dei  sali 
contenuti  nelle  loro  acque  madri.  Il  che  è  da  tenere  in  conto  quan- 
do r  uso  in  agricoltura  delle  sostanze  saline  sarà  fatto  universale. 

Vili. 

Riassunto 

Riassumendo  le  esposte  idee  pare  che  il  salacelo  delle  di- 
verse colte  delle  nitriere  e  polverisle  si  dovrebbe  separatamente 
raccogliere  e  serbarlo  a  tre  usi  distinti.  i.°  Salacelo  piii  impu- 
ro per  r  agricoltura  sofisticato  con  sostanze  di   poco  valore  ed 

26 


(    202    ) 

impossibili  a  foglìere.  2."  Salaccio  meno  impuro  pel  bestiame 
sofisticato  con  sostanze  mangiabili  dagli  animali  e  nauseose  per 
Tuomo.  3.°  Sale  raffinato  per  gli  usi  domestici.  Ove  poi  col 
tempo  le  richieste  di  salacelo  fossero  maggiori  della  produzio- 
ne,  si  potrebbe  far  capo  dai  sali  sterri  di  Altomonte,  dai  resi- 
dui delle  saline  marittime  e  dal  sale  istesso  di  commercio. 

La  prosperità  delle  arti ,  i  progressi  delle  scienze  la  saggia 
amministrazione  delle  somme  e  1'  accorta  direzione  delle  industrie 
danno  onore  e  grandezza  alle  nazioni.  Quindi  diasi  valore  a  que- 
ste povere  idee  se  si  credono  generatrici  di  bene ,  0  si  ponga- 
no in  oblio  ,  ove  ineseguibili  e  fallaci  si  mostrino.  In  tal  caso 
siatemi  pur  benigni  di  perdono ,  ripensando  che  esse  furono  det- 
tate dalla  sola  idea  del  bene  dell'  industria  e  di  quella  terra  na- 
tale che  tutti  veder  vorremmo  a  paro  delle  più  fiorenti  e  privi- 
legiate contrade. 


iii- 


Ili 

NEGLI  ANIMALI  VACCINI,  PECORINI  EC. 

LETTA  NEL  REALE  ISTITUTO  D' INCORAGGIAMENTO 

IL  DI'  22  GE^XAIO  1852 

,  DAL    SOCIO    OKDI>ARIO    CAV.    DE    KAAZIO. 


u 


I NA  malatlia  d' indole  attaccaticcia  ,  ingeneratasi  fra  gli  ani* 
mali  vaccini ,  le  pecore ,  le  capre ,  ec.  in  alcuni  comuni  della  pro- 
vincia di  Terra  di  Lavoro  e  di  Napoli  e  nella  capitale  stessa  , 
lia  suscitato  timori  nei  proprietarii  degli  animali  ,  e  soprattut- 
to negli  ufficiali  addetti  alla  tutela  della  pubblica  salute.  Aven- 
do noi  avuto  occasione  di  esaminare  e  curare  la  malattia  sud- 
delta  ,  stimiamo  opportuno  dirne  poclie  cose  per  rimuovere  i 
timori  intorno  alla  sua  natura  ,  allontanare  le  superstiziose  e 
nocive  curagioni  degli  empirici  ,  e  soprattutto  chiarire  i  pubbli- 
ci ufiiciali,  per  ciò  che  risguarda  commercio  degli  animali,  uso 
delle  loro  carni  ,  dei  cuoi  ec.  Le  quali  cose  sono,  come  ognun 
vede  ,  di  grandissima  importanza  per  1'  interesse  e  l' industria  de' 
proprietarii  e  pel  commercio. 

La  malattia  di  cui  parliamo  è  denominata  volgarmente  eol- 
ia 0  maialila  della  bolla  ^  e  propriamente   ofle.   Le   quali  so- 


(    204.   ) 

no  bollicine  o  vescichette  che  s' ingenerano  nella  membrana  mu- 
cosa della  bocca,  della  lingua,  delle  gengive,  del  faringe,  del- 
la laringe ,  spesso  ancora  del  tubo  digerente ,  e  quasi  sempre 
nello  spazio  interdigitale  degli  animali  ruminanti,  e  talora  nei  ca- 
pezzoli delle  mammelle.  Le  quali  bollicine  aprendosi  formano  ul- 
ceri e  piaghe  più  o  meno  estese,  che  impediscono  agli  animali 
di  mangiare  e  di  camminare. 

Sì  fatto  morbo  apparve  la  prima  volta  nel  nostro  regno 
l'anno  i834.,  penetrandovi  dalle  campagne  di  Roma  per  mezzo 
degli  animali  che  da  quel  luogo  sono  continuamente  condotti 
nelle  provincie  degli  Abruzzi  e  di  Terra  di  Lavoro  ;  e  di  poi  si 
diffuse  in  tutto  il  reame.  Di  maniera  che  le  afte  riapparvero  nel- 
la state  del  iSSg,  i84o  e  i84-i,  e  dal  nostro  continente  si  di- 
stesero anche  in  Sicilia ,  forse  per  gli  animali  che  di  Calabria 
eran  ivi  menati. 

Le  afte  erano  conosciute  anche  dagli  antichi.  Icrocle  ip- 
piatro  greco  è  stalo  il  primo  a  parlarne  e  le  chiama  alkola  ; 
le  ha  osservato  nel  cavallo  ,  e  le  crede  prodotte  dagli  steli,  dal- 
le reste  pungenti  e  dalle  piante  graminacee  verdi  e  succose. 
Giordano  Ruffo  parlando  dell'  ulcera  dei  piedi ,  denominata  co- 
munemente pinzanese  ,  la  risguarda  come  cagione  di  quelle  del- 
la lingua  ,  le  quali  si  saldano  col  guarire  il  morbo  nel  piede. 
Rusio  e  Pier  Crescenzio  non  ripetono  che  la  stessa  cosa  ,  e  que- 
sti cambia  il  nome  di  pinzanese  in  quello  di  malpizzone.  Il 
senatore  Carlo  Ruini  distingue  due  specie  di  afte  ,  cioè  una  che 
infuoca  ed  infiamma  soltanto  la  bocca  e  la  gola  ,  e  1'  altra  che 
le  corrode  e  le  ulcera.  E  queste  due  sorte  di  afte  avvengono 
in  tempo  di  primavera  e  nei  puledri.  Ma  per  quanto  appare 
dai  loro  scritti,  eglino  non  conoscevano  le  afte  epizootiche:,  ed 
il  primo  die  le  abbia  osservato  e  descritto  è  stato  il  dottor  Sa- 
gar  di  Moravia  :  e  si  manifestarono  il  1764  ai  buoi,  e  si  appic- 


(    205    ) 

carono  pure  alle  pecore,  alle  capre,  ai  maiali,  ai  cani^  ai  gat- 
ti ,  ai  polli  ,  ai  sorci  ,  ad  alcuni  cervi  e  capre  salvaticlie ,  ed 
ancora  agli  uomini.  E  dice  pure  eh'  esse  presero  lutt'  i  mo- 
naci di  un  chiostro  per  aver  usato  del  latte  tratto  da  vacche 
infette.  Nel  tempo  stesso  furono  presi  da  così  fatto  male  in  Fran- 
cia ,  i  huoi  e  i  cavalli  dell'  Alvernia  ,  del  Perigord  e  dei  din- 
torni di  Parigi.  Nel  1767  fu  notata  la  stessa  malattia  dal  me- 
dico Baraillon  nel  dipartimento  di  Allier  ,  dove  riapparve  nel 
178I).  La  Fosse  figlio  la  notò  nel  1772  nelle  circostanze  di  Pa- 
rigi, Nel  1800  Toggia  descrive  la  epizoozia  aftosa  dei  buoi  av- 
venuta in  Piemonte.  Si  maaifestò  nel  1809,  1810,  1811  e  1812 
su  quasi  tutti  i  bestiami  della  Francia,  e  nel  1819  nel  diparti- 
mento di  Loise.  Dalla  Svizzera  ,  dove  fu  trasmessa  dai  buoi  un- 
garesi  ,  1'  epizoozia  aftosa  si  distese  nel  1824.  nel  Regno  Lom- 
bardo-veneto ,  nella  Romagna ,  e  non  piìi  oltre  di  Forlì.  Da 
questo  tempo  in  poi  la  malattia  non  si  cessò  mai;  se  non  che  si 
rimase  sopita  in  alcune  stagioni  per  riapparire  in  altre  ;  e  final- 
mente diffondersi  nel  i834.  la  prima  volta  nei  bovi,  e  nei  ma- 
iali del  contado  romano,   e  di  quivi  a  noi. 

Questa  malattia,  raramente  grave  e  mortale,  d'  ordinario  è 
sporadica  ;  e  può  essere  ancora  enzootica ,  epizootica  e  con- 
tagiosa. 

Le  afte  sono  sintomatiche  ed  essenziali.  Le  prime  appaio- 
no nel  corso  della  peste  bos-ungarica,  in  alcune  dissenterie  epi- 
zootiche ,  in  certe  gastro-enteriti  ,  e  sovente  nell  accrescersi  del- 
la tisi  polmonale ,  della  morva.  Le  afte  di  tal  sorta  non  meri- 
tano particolare  considerazione;  perocché  la  cura  terapeutica  deve 
risguardare  la  malattia  principale  ,  di  cui  esse  non  sono  che 
un  epifenomeno.  A  questa  varietà  bisogna  riferire  il  cosi  det- 
to mughetto  ,  eh'  è  malattia  aftosa  degli  agnelli  e  dei  vitelli  ; 
perocché  dipende  da  irritazione  delle  vie  digestive  ,  e  le  cagio- 


e  206  ) 

ni  clic  lo  producono  sono  lo  slattamento  istantaneo  e  prematu- 
ro ,  il  poco  latte  che  si  fornisce  dalla  madre  ;  per  lo  che  il  te- 
nero animale  è  costretto  a  cibarsi  di  alimenti  non  adattati  alla 
delicatezza  degli  organi  gastro-enterici.  E  possono  ancora  essere 
cagioni  del  mughetto  le  malattie  che  alterano  il  latte  della  ma- 
dre ,  r  uso  dei  cattivi  alimenti,  il  pascolare  erbe  con  rugiada  ec. 

Le  afte  che  ricorrono  presentemente  sono  le  essenziali  od 
epizootiche  contagiose  ,  le  quali  hanno  tre  periodi  distinti. 

1.°  Periodo.  Calore  e  rossore  della  bocca,  da  cui  cola 
molta  bava  viscosa  ;  gonfiamento  delle  labbra  e  delle  glandole 
salivari  ;  rossore  nelle  congiuntive  ;  difficoltà  nel  masticare  ed 
inghiottire  ;  ruminazione  diminuita  0  cessata  ;  spina  inarcata  ; 
urine  naturali ,  talvolta  torbide  ;  talfiata  stitichezza  ventrale  e 
febbre. 

2."  Periodo.  Eruzione  di  vescichette  biancastre,  cenerogno- 
le ,  rade  volte  livide  o  nere  ,  della  grandezza  del  miglio  o  del 
pisello  ,  0  pure  di  fava.  Le  quali  stanno  intorno  alle  narici  , 
alle  labbra  ,  le  gengive  ,  la  base  della  lingua  e  particolarmen- 
te vicino  al  frenulo  ed  al  velo  del  palato.  L'  eruzione  vescico- 
lare talfiata  prende  le  mammelle  e  i  loro  capezzoli  ;  ed  allora 
si  ostruiscono  i  condotti  del  latte  con  grave  danno.  Alcune  vac- 
che hanno  vescichette  cosi  riunite  nelle  estremità  delle  mammel- 
le che  1'  epidermide  diventa  di  un  colore  bianco  sporco ,  si  sol- 
leva ,  si  distacca,  e  la  punta  dei  capezzoli^  rimasa  nuda,  ca- 
giona grandissimi  dolori. 

Le  vescichette  formate  dall'  epidermide  della  mucosa ,  gon- 
fie di  umore,  si  aprono,  si  vuotano  del  liquido  che  contengono, 
e  si  conformano  in  altrettante  ulcere.  A  questo  tempo  i  buoi  , 
le  pecore,  i  maiali  zoppicano  in  uno  0  due  piedi  ,  0  pure  in 
tutti  quattro  ;  nei  quali  ci  ha  prima  enfiagione  ,  di  poi  flittene 
tra  le  falangi ,  le  unghiclle ,  e  da  ultimo  compariscono  le  ulce- 


(    207    ) 

re  prodotte  dalla  rottura  di  esse  flittene.  E  nei  casi  più  gravi 
le  ulcerazioni  tanto  si  allargano  che  alterano  i  tossali  del  pie- 
de ,  e  cagionano  la  caduta  completa  delle  unghie.  Però  è  da  os- 
servare che  non  sempre  la  lesione  del  piede  comparisce  in  tut- 
ti gli  animali  costantemente  e  nel  medesimo  tempo  ,  perciocché 
vi  sono  casi,  nei  quali  essa  è  primaria,  spesso  secondaria  e  tal- 
fiata   contemporanea. 

3."  Periodo.  Se  la  malattia  deve  cessare  felicemente  ,  ciò 
che  accade  nella  maggior  parte  dei  casi,  siccome  è  stato  os- 
servato da  noi  e  da  altri  ,  le  ulceri  si  ristringono  ,  la  bocca 
è  poco  rossa  e  calda  ,  la  saliva  meno  fetida.  Le  ulcere  si  co- 
minciano a  cicatrizzare  ;  cessa  la  febbre  ;  gli  animali  mangiano 
ed  inghiottiscono  più  facilmente  ,  ed  a  poco  a  poco  torna  iu 
essi  gaiezza  ,  appetito,  e  si  ristabiliscono  tra  i  12  0  il>  giorni. 
Dove  le  ulcerazioni  sieno  di  colore  livido  o  nero,  confluenti, 
allora  si  accrescono  i  sintomi  tanto  locali  che  generali.  Onde 
la  bocca  è  scottante,  molto  dolente,  e  riempiuta  di  scialiva  vi- 
scosa ,  densa  e  fetida.  Le  funzioni  della  masticazione  e  della  de- 
glutizione non  possono  eseguirsi  ;  il  respiro  diventa  difficile  e 
sibiloso  ,  la  febbre  si  accresce  ,  e  l' animale  preso  di  diarrea 
mucosa  o  biliosa  rimane  sfinito  e  si  muore. 

Neil'  autopsia  degli  animali  si  scorgono  delle  ulcerazioni 
nelle  labbra  ,  nelle  gengive  ,  nella  lingua  ,  nel  velo  del  pala- 
to ,  nel  faringe;  alle  volte  nelle  cavità  nasali,  nella  laringe, 
nella  trachea  ,  nello  stomaco  ,  e  nelle  prime  porzioni  del  tubo 
intestinale. 

Negli  animali  bufalini  presi  di  afte  ,  le  vescichette  senza 
essere  precedute  od  accompagnale  da  altri  segni ,  compariscono  , 
si  ulcerano,  e  quindi  si  cicatrizzano  senza  soccorso  medico.  Le 
ulcere  nei  piedi  si  osservano  più  a  rado  ,  forse  perchè  tali  a- 
niraali  stanno  quasi  sempre  dentro  I'  acqua ,  0  nei  terreni  palu- 


(    208    ) 

dosi.  Le  afte  nei  maiali  d'  ordinario  non  offendono  la  bocca  , 
ma  i  soli  piedi ,  nei  quali  alle  volte  cagionano  la  caduta  delle 
unghie  ,  e  però  i  sintomi  sono  relativi  alla  sede  ed  all'  inten- 
sione del  morbo.  Nelle  pecore  e  nelle  capre  ,  le  afte  soglionsi 
spesso  manifestare  nello  stesso  modo  come  nei  maiali  ;  ed  in 
alcune,  che  abbiano  osservato  nei  contorni  di  Caserta ,  la  malat- 
tia aveva  preso  i  soli  piedi ,  e  leggermente  ;  sebbene  altra  vol- 
ta notammo  cadere  le  unghie  e  le  falangi. 

I  polli  presi  di  afte  si  hanno  tristezza,  inappetenza,  diar- 
rea mucosa ,  e  si  muoiono  subitamente.  Neil'  autopsia  si  trova- 
no vescichette  migliar!  in  gran  numero  nel  faringe ,  negli  inte- 
stini ,  e  cibo  rappreso  nel  ventriglio  e  nel  gozzo  e  macchie  san- 
guigne. 

Per  ciò  che  risguarda  la  contagionc  del  male,  noi  credia- 
mo opportuno  riferire  i  pareri  e  le  esperienze  di  parecchi  au- 
tori ,  aggiungendovi  di  poi  quanto  noi  stessi  abbiamo  osservato. 
Onde  ci  ha  casi  che  contestano  la  trasmissione  di  questa  infer- 
mità per  le  emanazioni  dell'  alito  del  corpo  degli  animali  o  per 
r  aria  rarefatta  ed  a  poca  distanza ,  per  la  bava ,  per  V  umore 
delle  vescichette  ,  pel  latte. 

II  veterinario  signor  Levrat  riferisce  che  i  maiali  comuni- 
carono le  afte  alle  vacche  sulle  montagne  del  cantone  di  Vaud. 
I  maiali  ,  i  montoni  e  le  capre  comperate  nei  luoghi  contamina- 
li ,  dopo  essere  stati  trasportati  per  quattro  o  sei  leghe  di  di- 
stanza in  istalle  sane,  dove  non  ci  era  mica  contagio,  nel  mo- 
mento del  loro  arrivo  o  poco  dopo  ,  furono  presi  dal  male.  Il 
quale  si  appiccò  benanche  ad  alcune  vacche  separatamente  go- 
vernate nelle  dette  stalle  :  ed  esso  male  non  si  poteva  trasmet- 
tere che  per  mozzo  dell'  aria  a  piccola  distanza.  I  tori  malati  lo 
comunicarono  alle  vacche  che  avevano  coperto,  le  quali  erano 
ad  essi  loro  condotte  da  luoghi  molto  distanti. 


(    209    ) 

Il  prof.  Boulcy,  secoudo  nota  il  sig.  Favre  nella  sua  memo- 
ria sulle  afte,  dice  ,  che  la  conlagione  di  questa  malattia  dal 
bue,  alle  pecore,  ai  maiali,  alle  capre,  non  potrebbe  mettersi 
in  dubbio  ;  avendo  osservato  questo  caso  nella  scuola  veterinaria  di 
'Alfort;  ove  le  afte  appiccatesi  da  prima  in  una  vacca  del  Durbam , 
posta  nella  chiusa  della  scuola  medesima,  si  propagarono  in  tut- 
ta la  stalla;  e  gli  animali  che  vi  erano,  cioè  vacche,  tori,  vi- 
telli ne  rimasero  tutti  presi.  Di  là  si  allargarono  nell'  ovile  vi- 
cino alla  stalla  ,  e  presero  tutti  gli  animali  che  conteneva  , 
senza  distinzione  di  specie,  di  sesso,  di  età;  perciocché  tre  ca- 
pre ,  eh'  erano  unite  alle  pecore  ed  agli  arieti  merini  ,  furono 
prese  della  stessa  malattia.  Da  ultimo  i  maiali  ,  il  cui  porci- 
le stava  presso  la  vaccheria,  ne  furono,  benché  in  piccol  nu- 
mero ,  contagiali. 

Nel  i834-  le  afte  ingeneratesi  nella  Svizzera ,  nell' Italia  su- 
periore ,  si  appigliarono  agli  animali  vaccini ,  alle  bufale  delle 
campagne  di  Roma ,  e  di  quivi  s'  insinuarono  nel  nostro  re- 
gno,  e  travalicando  il  mare  giunsero  inflno  a  Sicilia.  Sicché 
il  cammino  da  esse  seguito  è  stato  sempre  diretto  lungo  le 
mandre  di  buoi  e  i  loro  pascoli  ,  da  gregge  in  gregge  ,  senza 
che  se  ne  potesse  incolpare  la  natura  de'  luoghi  ,  la  mutabilità 
del  clima  e  delle  condizioni  atmosferiche ,  la  qualità  dei  pasco- 
li ,  delle  acque  ec. 

Nella  ricorrenza  delle  afte  nel  i84.i  alcune  vacche  del  si- 
gnor Fusco  in  Cardilello  furono  prese  di  questo  male,  il  quale 
fu  trasmesso  a  quelle  che  pascolavano  nella  montagna  del  Ma- 
tese  ,  tosto  che  vi  fu  condotta  una  giumenta  stala  a  pascolare 
con  le  vacche  medesime. 

Presentemente  le  afte,  seguitando  lo  stesso  cammino,  sonoci 

provenute  anche  da'  terrilorii  romani  per  le  vie  degli  Abruzzi,  ove, 

secondo  alcuni  rapporti  da  noi  ricevuti,  apparvero  fin  dal  principio 

«7 


(    210    )         - 

dello  scorso  mese  di  dicembre.  E  propriamente  dopo  la  fiera  di 
Tocco  in  Abruzzo,  il  dì  23  di  novembre,  le  afte  si  diffusero  in 
Terra  di  Lavoro  per  li  buoi  infermi  condottivi  dalle  Marche  e 
comperati  dai  mercatanti  di  Napoli  ;  e  cosi  a  mano  a  mano  si  sono 
distese  nella  provincia  di  Capitanata,  in  quella  di  Principato  Ci- 
Ira  e  forse  più  oltre  ancora.  Esse  penetrarono  nella  Reale  Vac- 
cheria di  Capodimonte  per  due  buoi  che  carreggiavano  legna  in 
alcuni  Monasteri  della  Capitale. 

Lo  stesso  Lcvrat  osserva  che  le    vacche   malate    comunica- 
rono il  morbo  a  quelle  sane  per  mezzo  della   bava  ;    ed    ancora 
Favre   dice,    che  Clerc,    veterinario    assai   instruito    del    canto- 
ne di  Vaud  ,   inoculò  questa  malattia  ,  mercè  incisioni   fatte  al- 
la pelle  e  sempre  con  successo.  Il  veterinario  Suloz  fece,  d'or- 
dine del  governo  svizzero,  alcune  sperienze;  innestò  sei  vacche , 
e  di  queste  cinque  contrassero  la  malattia  ,    e    simigliantemente 
di  tre  pecore  ,  due.  Nel  Lodigiano  si  sono  fatti  degl'  innesti  in 
molte  mandrie,  e  sur  i  maiali,  ed  in  due  o  tre  giorni  tutti  fu- 
rono colti  dal  male.  Il  dottissimo   Metaxà   riferisce   1'  esperienze 
falle  dal  signor  Notari  di  Bologna,  e  ne  conferma   la   contagio- 
ne.  Il  signor   Tamberlicchi   di   Forlì    osservò    nei    vitelli   e   ne- 
gli agnelli  ,  che  poppavano  il  latte  di  madri    con    afte   ,    molti 
casi  di  morte  con  segni  di  gastro-enteriti  acutissime.   Notò  an- 
cora il  propagarsi  della  malattia  ai  pollami  ,    alcuni   dei    quali 
avevano  le  ulcere  anche  nella  biforcazione  delle   falangi ,  e  non 
poche   afte  migliari  nella  bocca.   E  lo    stesso    noi    abbiamo    os- 
servato in  alcuni  polli  morti  nelle  vicinanze  di  Caserta  ,  eccetto 
però  le  ulceri  nelle  falangi.  In  questi  animali  la  malattia    pro- 
gredisce pili  rapidamente ,  e  produce  quasi  sempre  la  morte. 

Finalmente  la  contagione  può  trasmettersi  per  mezzo  del 
latte,  come  osservò  Sagar  nell'  epizoozia  del  1764-,  il  quale  di- 
ce :   Erat  lac  insvper  coniagiosum.  E  sebbene  Toggia  noti  che 


(    211    ) 

il  latte  delle  vacche  non  abbia  fatto  alcun  male  alle  persone 
che  ne  bevettero ,  ma  che  forse  abbia  comunicalo  la  malattia  ai 
vitelli  lattanti  _,  pure  ci  ha  molti  casi  ed  esperienze,  in  cui  le  afte 
si  sono  appiccate  per  mezzo  di  esso  latte  ,  come  assicurano  Ra- 
yer,  e  i  veterinarii  alemanni  Wendemburg ,  Filguer,  Lehnard 
ed  il  professore  della  scuola  veterinaria  di  Berlino  Hertvvig ,  ed 
ancora  Mann  e  Villain.  Per  verità  noi  non  abbiamo  sinora  osser- 
vato alcuna  comunicazione  avvenuta  all'  uomo  per  mezzo  del  latte 
tratto  da  vacche  con  afte. 

Cura  preservativa.  Conviene  separare  gli  animali  malati 
dai  sani.  E  s'  intende  per  separazione  non  pure  il  togliere  ogni 
rapporto  individuale  tra  quelli  e  questi  ;  ma  ancora  che  le  per- 
sone ,  gli  alimenti,  gli  abbeveratoi,  gli  utensili  ec.  serviti  agli 
animali  malati,  si  tengano  lontani  dai  sani.  Le  stalle,  gli  ovili, 
i  porcili ,  da'  quali  sono  stati  allontanati  gì'  infermi,  saranno  subi- 
to disinfettati ,  lavando  le  mangiatoie  ,  le  rastrelliere ,  gli  altri 
utensili  ec.  con  acqua  ed  aceto ,  o  con  acqua  di  calce  ,  di  clo- 
ruro di  calce ,  facendovi  ancora  suffumigi  di  aceto  ,  o  brucian- 
dovi solfo  e  pece.  Inoltre  saranno  essi  ricoveri  tenuti  con  gran- 
de politezza  ,  e  vi  si  rinnoverà  l'  aria  di  tanto  in  tanto. 

Cura.  La  malattia  essendo  leggera  e  benigna  suole  alle 
Tolte  cessarsi  di  per  se.  Ma  ove  si  voglia  agevolarne  la  guari- 
gione o  che  il  male  lo  richiegga  ,  si  potranno  fare  nella  bocca 
con  batuffolo  di  stoppa  le  strofinazioni  con  aceto  e  sale  ed  aglio 
pesto;  o  con  acqua  acidulata  da  acido  idro-clorico ,  nitrico  o 
solforico  ;  o  con  acqua  fatta  stitlica  da  allume  crudo.  Volendo 
mitigare  l'irritazione  della  bocca,  si  farà  uso  o  dell'aceto  rosa- 
to, 0  dell'acqua  di  lattuga  con  melazzo  o  mosto  cotto.  I  bagni 
di  acque  correnti  o  di  mare ,  specialmente  iu  tempo  di  està ,  so- 
no riusciti  di  giovamento. 

Prima  di  ogni  altra  cosa  egli  è   necessario  di   far  nutrire 


(    212    ) 

gli  animali  con  erbe  tenere,  come  ferrana ,  rape  cotte  o  foglie 
di  rape  con  beveroni  di  acqua  e  farina  o  di  crusca,  con  dentro 
un  po'  di  nitro  o  di  sale  comune.  In  somma  si  debbono  adope- 
rare sustanze  che  ban  bisogno  di  poca  o  ninna  masticazione. 

Quando  poi  gli  animali ,  a  cagione  delle  aflo  ,  fossero  mol- 
to travagliati  ,  è  necessario  dar  loro  decozioni  mucilaginose  ad- 
dolcite con  mele,  introdurre  nella  bocca  acqua  con  dentro  al- 
cune gocce  di  etere  o  di  cloruro  di  calce  ,  o  di  soda.  E  se  ci 
ha  costipazione  sono  giovevoli  i  purganti  addolciti  con  mele  , 
ed  i  clisteri  con  decozioni  mucilaginose. 

Le  afte  nelle  mammelle  meritano  maggior  considerazione, 
perciocché  possono  cagionare  l' ingorgo  latteo ,  V  infiammazione 
delle  glandole  mammarie,  gli  ascessi,  gì' induramenti  ec.  Onde 
quando  ci  ha  infiammazione ,  vi  si  facciano  continuate  bagnatu- 
re con  acqua  tiepida  di  malva,  ed  applicandovi  sopra  unguento 
rosalo  ,  ovvero  mucilagine  di  gomma  dragante.  E  se  1'  infiam- 
mazione è  intensa  ,  non  si  trascuri  il  salasso  nelle  vene  mam- 
marie. 

Ai  polli  si  debbe  dare  a  bere  acqua  acidulata  ed  addolci- 
ta con  zuccaro  o  mele  ec.  ed  a  mangiare  crusca  bollita  con  un 
pò  di  sale. 

Relativamente  alle  afte  che  s' ingenerano  nei  piedi  convie- 
ne che  questi  sieno  mantenuti  puliti ,  e  si  adoperi  lozioni  fre- 
quenti di  acqua  di  lattuga  o  malva  con  estratto  di  saturno  ;  o 
pure  disciogliendo  in  essa  allume  crudo  od  idroclorato  di  ammo- 
niaca, Giovano  ancora  grandemente  nei  piedi  i  bagni  di  qual- 
che torrente  ,  rivolo  o  fiume  ec.  Se  ci  hanno  ulcere  si  cureran- 
no con  tintura  di  aloe  ,  con  acqua  di  ragia  e  spirito  di  vino. 
Alcuni  vi  appongono  unguento  fatto  con  olio  e  zolfo  bolliti. 

In  Italia  tosto  che  compariscono  le  afte  nei  piedi  si  tocca- 
no con  acido  solforico,  e  cosi  si  riesce  a   fermare  i   progressi 


(2,3) 

del  male ,  o  come  dicono  alcuni  ,  ad  abortire  il  morbo.  E  per 
far  questo  si  melfe  all' estremità  di  una  bacchetta  poca  stoppa, 
la  quale  s'  intigne  nell'  acido  e  si  tocca  1'  afta  o  1'  ulcera. 

Le  afte  ricorrenti  nella  stagione  estiva  sono  più  dannose  di 
quelle  in  tempo  d' inverno  ;  dappoiché  nella  state  ci  ha  man- 
canza di  nutrimento  fresco  ,  e  nelle  ulcere  de'  piedi  s'  ingene- 
rano facilmente  vermini ,  i  quali  bisogna  toccare  con  acido  sol- 
forico e  con  acqua  di  ragia.  Se  ci  ha  escrescenza  si  adopere- 
ranno iijicora  r  acido  nitrico  o  solforico,  l'allume  bruciato,  il  bu- 
tirro di  antimonio  ec.  ,  tenendo  i  piedi  convenevolmente  fasciati. 

Dove  poi  per  ulcerazione  dei  legamenti  e  delle  espansio- 
ni lendinose  ,  o  per  infiltramento  purulento  sotto  la  suola  ne 
sia  avvenuta  la  caduta  totale  o  parziale  dell'  unghia  ,  bisogna 
in  prima  calmare  1'  infiammazione  con  cataplasmi  o  sostanze  e- 
mollienli ,  e  medicare  le  piaghe  secondo  loro  stato  ;  cioè  con 
r  unguento  digestivo  ,  con  gli  escarotici  ec. 

Per  ciò  che  riguarda  uso  delle  carni  di  animali  presi  dal- 
la malattia ,  possiamo  assicurare  che  non  ha  prodotto ,  né  pro- 
duce alcun  male  ;  imperocché  avendo  noi  esaminato  i  visceri 
degli  animali  uccisi  con  tal  morbo ,  li  abbiamo  trovato  sanissi- 
mi ed  il  grasso  di  color  naturale  e  consistente.  I  fatti  più  che 
ogni  altra  cosa,  hanno  mostrato  che  le  dette  carni  non  hanno 
recalo  il  menomo  nocumento  alla  pubblica  salute.  Così  possiamo 
ancora  dire  del  latte ,  sul  cui  uso  abbiamo  sufficienti  prove  per 
dichiararne  la  innocuità ,  massime  quando  le  mammelle  ed  i  lo- 
ro capezzoli  non  sono  stati  tocchi  dalla  malattia. 

Le  afte  che  si  manifestarono  negli  anni  i834  ,  4o  e  4-i 
furono  d'  ìndole  più  cattiva  di  quelle  che  ricorrono  presente- 
mente :  e  se  allora  l' uso  delle  carni  non  cagionò  alcun  no- 
cumento alla  salute  pubblica ,  niuno  al  certo  ne  recherà  ora. 
Ma  non  conviene  confondere  la  presente  malattia  con  1'  aniraccj 


(    214) 

col  gtossantrace ,  col  cancro-volante ,  con  la  peste  bos-ungarU 
ca  ec;  essendo  queste  assai  diverse  dalle  afte.  Onde  noi  cre- 
diamo ,  per  le  cose  testé  discorse  ,  che  non  si  debba  impedire 
il  commercio  degli  animali  ;  che  gli  ufiziali  pubblici  si  debbonc 
adoperare  a  non  far  distendere  la  malattia ,  mercè  la  cura  pre- 
servativa da  noi  già  descritta  ;  e  che  non  si  debbano  ammaz- 
zare, né  interrare  o  bruciare  gli  animali  presi  di  afte  e  nem- 
meno i  loro  cuoi  ;  dappoiché  tali  misure  sarebbero  in  opposi- 
zione co'  fatti ,  e  nuocerebbero  immensamente  all'  industria  ,  al 
commercio  ed  ali"  interesse   dei  proprietarii. 

Cav.   Ferdinando  de  Nanzio. 


)  I 


ERRORI  DfJilE  limi  liiRI 

DEDOTTI  DALLE  OSSERVAZIONI  DELL'  ECCLISSE  SOLARE 
DEL  28  LUGUO  1851. 

9f emoria  letta  al  Reale  IslUuto  d' incoraggiameHlo  nella  tornala 
de'  12  Febbraio  1852. 


u  ^  ^eclisse  del  Sole  avvenuto  il  di  28  Luglio  dello  scorso  ari' 
no  è  stato  di  grande  aspettativa  pe'  cultori  dell'  Astronomia  fì- 
sica :  esso  il  richiamato  I'  attenzione  di  lutti  gli  Astronomi  non 
die  delle  più  cospicue  Accademie  scientifiche,  sicché  si  è  po- 
tuto raccorrò  una  ricca  serie  di  osservazioni. 

Tutti  quelli  che  anno  osservato  questo  interessante  fenome- 
no anno  avvertito  una  sensibile  differenza  fra  le  osservazioni  ed 
il  calcolo.  Il  rinomatissimo  Astronomo  Arago  nel  n."  7  del  Cora- 
ptes  rendus  (  T.  XXXIII  18  .Aoùt  i85x  )  richiama  1'  attenzio- 
ne degli  Astronomi  su  questo  fallo  con  le  seguenti  parole  K  L'e- 
clipse  du  Soleil  du  28  juillet  i85i  est  arrivée  notablement  plus 
lard  quo  le  calcul  ne  1'  avait  indiquée  ;  nous  devons  donc  nous 
ampresser  de  consigner  ici  les  oh.servations  qui ,  faites  dans  des 
licux  où  la  pendule  était  hien  réglée,  pourrout  concourir  a  rec- 
lifier  les  Tablcs  de  la  Lune  3  (  seguono  le  osservazioni  fatte  al- 
l' osservatorio  di  Parigi  ed  a  quello  di  Tolosa  ). 

Air  invito  di  un  uomo  tanto  benemerito  alla  scienza  mi  del- 
ti con  premura  a  raccogliere  il  maggior  numero  possibile  di  os- 
servazioni ed  oltre  a  quelle  fatte  in  Napoli  (  Osservatorio  della 
Real  Marina  )  ò  preso  a  calcolare  le  fatte  in  Parigi ,  Besanso- 
ne ,  Vendome  ,  Tolosa,  Roma,  Padova,  Hamburg,  Bruxelles, 
Kremsmunster  ,  Altona  ,  Kocnisberg  e  Vienna,  Buona  parte  di 
(jueste  osservazioni  la  debbo  alla  premura  ed  amicizia  che  à  per 
me  il  notissimo  fisico  P.  Palladino  della  C.   di  G. 

Nella  discussione  delle  osservazioni  ò  scelto  per  la  ricerca 
in  parola  quelle  fatte  in  Roma,  Padova,  Parigi,  Vendome,  Ham- 
burg e  Bruxelles,  poiché  per  gli  altri  luoghi   0   era   incerta  u- 


(    2l6    ) 

na  delle  due  osservazioni  o  mancava  affallo.  In  essa  ò  seguito 
il  metodo  esposto  dall'  egregio  Pr.  Frangoour  nella  sua  Astro- 
nomia pratica  deducendo  gli  elementi  del  calcolo  dal  Nautica! 
Almanac. 

Prima  d'incominciare  l'esposizione  del  mio  lavoro  debbo 
rendere  pubbliche  grazie  al  mio  distinto  allievo  Tngegniere  Si-^. 
Giovanni  Siano  che  à  voluto  prendersi  la  pena  di  rivedere  tut- 
ti i  calcoli  da  me  l'alti. 

INDICAZIONE  DELLE  OSSERVAZIONI 


l!       LUOGO 

PRI?iC.   dell' ECCL. 

FL\E  dell'  Erri. 

dell'  OSSEItVAZ. 

t. 

n.  del  luogo 

OSSERVATORI 

P.  Secchi  della  C.  di  G. 

Roma   .   . 

3o' 

2  im  32^,7 

5o, 

25m   7s  2 

Pnjlnva 

'. 
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3 

14    22,1 

5 

11 

39,1 

Santini 

3 

14    24,2 

17 

42,1 

Traltenero 

i 

2 

20     53,1 

4 

30 

43r4 

Villarseau 

Parigi.    .   . 

2 

20    54,1 

4 

30 

40,4 

Butillon 

( 

2 

20    53,6 

4 

30 

40,6 

C.  Malhieu 

Vendòme . 

2 

16     32,0 

4 

26 

12.0 

» 

1 

2 

21     24.1 

4 

36 

41.3 

Quetelet 

Bruxelles. 

2 

21     24,6 

4 

36 

38,1 

Boury 

( 

2 

21     24,1 

4 

36 

32,2 

Bcxufort 

Hamburg.  . 

! 

50     18,4 

4 

56 

44,6 

Riimker 

2 

50     13,8 

4 

56 

48,8 

INicbour 

Da 

queste  osservazioni  ò  ricavato  i  seguenti 

dati. 

PRINCIPIO 

FISE 

LONG.  DA  GBEEN. 

LAT.   GEOGRAFICA 

Roma 

Padova 

Parigi 

Venderne 

Bruxelles 

Hamburg 

3or  24™  32^^o 

3     14    23,45 
2    20     54.00 
2     16     32,00 
2    21     24,50 
2     50     16,10 

5»^  33'°  55^50 
5     11     41,20 
4    30     41,50 
4    26     12.00 
4    36    40,00 
4    56    46,10 

Oor  49m  543  -Jli 

41     29,2 

9    21,5 

4     11,5 

n     29,0 

39    53,5 

41''53'52",0  N 
45  24    2,0 
48  50  13,0 
41  41  30.0 
50  51  10,1 
53  32  51,0 

Con  questi  dati  si  son  composti  i 


seguenti  elementi. 


(    217    ) 


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(    219    ) 


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co  (M  s^  JO  ff-5  0~(?I 


(    220    ) 

La  diflbrcnza  clie  si  osserva  fra  il  tempo  della  congiunzio- 
jic  vera  dcdoUa  dall'  istaule  del  primo  conlatto ,  e  quello  che  si 
ricavava  dal  secondo  dimostra  1'  esistenza  degli  errori  delle  tavo- 
le lunari  :  ma  ciò  si  renderà  piìi  evidente  nel  seguente  modo. 

Prendiamo  per  istante  della  congiunzione  vera  di  ciascun 
luogo  il  medio  di  quello  ottenuto  dall'  ora  del  principio  e  da 
([uello  della  fine  dell'  ecclisse  si  avrà  per 


Roma 

30, 

Slm 

23%01 

Padova 

3 

28 

49,86 

Parigi 

2 

30 

42.95 

Yemlome 

2 

45 

37,51 

Bruxelles 

2 

58 

48.48 

Hamburg 

3 

21 

n,9i 

Ri  ducendo  quest'  istanti  al  tem.  di  Greenwich  si  à  per 


Roma        2» 
Padova 

i\m 

28s,31 
20,66 

Parigi 

21,45 

Vendome 

20,01 

Bruxelles 

n,48 

Hamburg 

24,41 

Media       2    41    22,06 

Per  r  istante  adunque  della  congiunzione  vera  pel  meridia- 
no di  Greenwich  si  deve  prendere  2°'  41""  22',o6.  Questo  mede- 
simo istante  ricavato  dalle  tavole  è  2"'  Ho'^  39%36,  che  differisce 
dal  precedente  per  4-28,70;  differenza  troppo  sensibile  che  di- 
mostra evidentemente  la  esistenza  degli  errori. 

Chiamiamo  dA  dX  dH'  gli  errori  sopra  le  quantità  A  >.  H' 
si  avrà  per  l' istante  della  congiunzione  vera  dedotto  da  ciascu- 
na osservazione. 


(    ?2I     ) 

Priiir.  ?*or  31m  KV.li,  +   1  s;{  ,1  A  —  O.TIS  fi  X  — O.W  <i  FI' 

line  :5  :]i  2(;.:ìo  —  ì.v.ì  .i  a  +  (»,.ì:]  ,i  i  —  ì:.]ì  d  ii' 

Piinr.  ;{  2s  .i:5.!):ì  +  i.iDd  A  — (►,/(.:;  (1  A  — o,3s.i  ir 

l'ine  3  28  55 . n  —  1 ,  10  (I  A  +  0.;5;$  (I  A  —  1 . 1  i  (I  11' 

p^  .  .       l'rinc.  2  50  35.56  +  1,80  d  A  — 0.41  d  X  — 0,13  d  II' 

*'^"'='       Fine  2  5©  50,3i  —  1,71  d  A  +  0,21  d  X—  1,03  d  H' 

Princ.  2  45  32. 6t  +  1,82  d  A  —  0.54  d  l  —  0,10  d  II'/ 

Fino  2  45  42.31  —  1.19  d  A  +  0,43  d  ).  —  1,09  d  II' 

Princ.  2  58  44.61  +  1,11  d  A  —  0.36  d  l  —  0,16  d  H' 

Fino  2  58  52,28  —  1.16  d  A  +  0,28  d  X  —  0.93  d  II' 

Princ.  3  21  12,16  +  1,15  d  A  — 0,18  d  X  — 0,31  d  II' 

o  Fine  3  21  23,65  —  1,13  d  A  +  0,13  d  X  — 0,11  d  II' 


Roma 
Padova 


Vcndome 
Bruxelles 
llunibur 


<..) 


Donde  ricavansi  le  sei  seguenti  equazioni  fra  dA  dX  dll'. 

Roma  1,14  =  3,62  d  A  —  1,01  d  X  +  0,88  d  li' 
Padova  11.82  =  3,55  d  A  —  0,18  d  X  +  0,16  d  H' 
Parigi  14,18  =  3,51  d  A  —  0,14  d  X  +  0,90  d  H' 
Vcndome  9,13  =  3,61  d  A  —  0,91  d  X  +  0,99  d  li- 
Bruxelles  1,61  =  3,53  d  A  —  0,64  d  X  +  0,11  d  II 
Hamburg  11,49  =  3,49  d  A  —  0,31  d  X  +  0,4G  d  II' 

Applicando  a  queste  sei  equazioni  il  metodo  de'  minimi 
quadrati  si  anno  le  tre  seguenti 

222,6011  =  16.1249  d  A  —  15,9098  d  X  +  16,9940  d  H' 
45,2386  ==  15.9098  d  A  —  3,6221  d  X  +  3,1433  d  H' 
49,3462  =  16,9940  d  A  —    3,1433  d  X  +    3,8106  d  H' 

Da  queste  si  ricava  d  A  =  ^'^'jQ  d  >^  =  —  2", 20  d  H  ^ 
—  IO", 22. 

Sostituendo  questi  valori  nell'espressioni  (y/)  si  avrà  per 
ciascun  luogo  due  istanti  della  congiunzione  vera  corretti  degli 
errori  delle  tavole  luuari;  cioè  per 


( 

222    ) 

Pi'inc. 

3« 

•31°= 

33^82 

Medi 

Fine 

3 

31 

30,50 

3o: 

SI"" 

32%  16 

Princ. 

3 

28 

57,34 

Fine 

3 

28 

58,32 

3 

28 

57,83 

Princ. 

2 

50 

46,40 

Fine 

2 

50 

51,85 

2 

50 

49,n 

Princ. 

2 

45 

43,58 

Fine 

2 

45 

44.04 

2 

45 

43,78 

Princ. 

2 

58 

55.52 

Fine 

2 

58 

52,79 

2 

58 

54,16 

Princ. 

3 

21 

24,05 

Fine 

3 

21 

22,95 

3 

21 

23,50 

Roma 

Padova 

Parigi 

Vendome 

Bruxelles 

Hamburg 

Riducendo  ciascuno  de'  suddetti  istanti  al  meridiano  di  Green- 
wich  si  ottiene  per 


Roma        2<"' 

41" 

'  37^46 

Padova 

28,63 

Parigi 

27.67 

Yendome 

26,28 

Bruxelles 

25,16 

Hamburg 

30,00 

Medio       2    41     29,20 

Per  r  istante  adunque  della  congiunzione  vera  al  meridia- 
no di  Greenwich  può  prendersi  2"''  /ii""  29^,20. 

Il  medesimo  istante  dedotto  dalle  tavole  è  2°''  4o™  39^,36 
che  differisce  dal  rinvenuto  per  iigSS^  che  è  l'errore  sull'  istan- 
te della  congiunzione  vera. 

Passiamo  a  determinare  1'  errore  della  long.  C. 

Supponendo  esatti  gli  elementi  del  Sole  calcoliamone  la  long, 
per  l'istante  della  congiunzione  vera,  che  si  trova  di  1 24.°  5i'4-o  ,35; 
questa  sarà  anche  la  longitudine  della  Luna  pel  medesimo  istan- 
te, la  medesima  quantità  ricavata  dalle  tavole  è  124"  ^2  9",! 3, 
che  è  maggiore  della  vera  per  28", 78. 

Gli  errori  adunque  delle  tavole  sulle  quantità  H',  A,  X  ed  L 
sono 


(    223    ) 

d  H  =  —  10",  22 

.1  A  =  +      4,76 

(1  X  =  —     2.20 

d  L  =  +    28,78 

Per  dare  una  ripruova  del  calcolo  fatto  di  sopra  cercherò 
la  longitudine  di  Allona  da  Greenwich  deducendola  dall'  osser- 
vazione della  fine  dell'  ecclisse. 


Le  osservazioni  sono  le  seguenti  in  t. 


m.  di  AI  tona 


Lai. 


Pelersen 

io^  56 

™  40%8 

Gfitze 

40.2 

Okle 
Medio 

40.1 

4    56     40,4 

Eseguendo 

il  calcolo  della  congiunzione  vera  si   à 

supp.  E.  Circca. 

Oor   39m 

46^60 

ir 

60'15",58 

geografica 

53°    32' 

45".00 

N 

166  39  15,05 

1' 

53    21 

56,93 

h 

35  12  52,95 

S 

199    54 

4,05 

o 

22  53,11  II 

L 

125    50 

56.85 

X' 

2  29,73 

X 

51 

42.53 

R' 

16  37.32 

m 

37 

0.56 

0 

3or21ml9s41 

H 

60 

31,70 

log.  H' 

3.5581780 

R 

16 

29.60 

log.     C7 

3,1377045n 

M 

2 

23,50 

log.   l' 

2,1753765 

P 

8.43 

log.  a 

3.2861255 

r 

IS 

46,50 

log.  A 

3.2874255 

co 

23    27 

27,12 

log.  a 
log.  e 

0/2388534 
3,4702323 

Applicando  all'  istante  della  congiunzione  vera  la   correzio- 
ne per  dH'  di  d>^  si  avrà 


0  =  3<>'-  21°>  ^9^41 
=  3     21      18,71 


—  8,28  —  0,28  +  7,87 


Quindi  si  à 
Ist. 


cori'i 


vera  Altona         3<""  21"  18s,7l 

.     .    Greenwich  2     41  29,20 

39  49,51  E 

Che  differisce  dalla  supposta  per  2,91 

PbOF.    lUlCUELE    RiAOAAPOU. 


Long.  AUona 


REGNI  NEAPOLITANI 

CEPPRIA  TERTIi 

ET  QUARTAE  FRAGMENTUM. 


A  U  C  T  0  R  E 
ACHILLE  COSTA 

EXHIRin    IN    CORSESSU    XV    ID.    JINII,    HDCCCLII. 


Instituti  Membris. 


I 


NEUNTE  anno  millesimo-octingentcsimo-trigesimo-octavo  Hemiplera 
Heteroptcra  nostri  regni  illustrare  aggressi ,  priraiim  specimen  sive 
Centuriam  vostro,  Viri  Clarissirai^  judicio  subraisimus.  Quod  cum 
indulgenter  acceptura  fuisset,  atque  in  veslris  Actis  luccoi  vidis- 
set_,  opus  inceptum  persequi  conati  fuiraiis  ;  atque  decembre  an- 
ni millcsimi-octingcntesimi-quadragintesiini-quarli  Secundae  Cen- 
iuriae  partcm  priraam  ,  ejusque  parleni  allerani  duos  post  aunos 
exhibuimus ,  quae  in  eodem  Tolumine  editae  fuerunt. 

Interim ,  tercentum  et  ultra  Hemiplerorum  Heteropterorum 
spccics  Regni  Kcapolitani  Faunara  enumerare,  jam  in  centuriae 
secundae  parte  prima  declaravimus  ;  ex  quo  multas  adhuc ,  et 
praesertim  magis  iilustratione  dignas,  extare  patebat.  Causis,  quas 
Ilio  referre  extrancum,  ab  inchoato  opere  qninque  elapsis  annis 
destitimus.  Nostri  amor  lamen,  luijus  consessus  decus ,  atque  be- 
nevolentia  qua  Entomologi  doclrina  praestantissimi  editas  partes 
exceperunt  ,  satis  valida  incitamenta  l'uerc  ,  quibus  ad  opus 
expletandum  omne  studiura  adbibere  deliberavimus. 

«9 


e    22()    ) 

Ultimam  igltur  parlem  Hcmipteronini  Heteropleroriim  luijus 
regai  hisloriae  elaboravimus  ,  eamque  vobis  Iiodie  (ifferimus , 
(juae  Centuriam  terliam  ,   et  fragmentum  quarlae  con  linei. 

Ex  ceulum  et  septcm  de  quibus  bic  agiUir  specicbus ,  ma- 
xima pars  ad  Lygaeorum  et  Gapsinorum  faaiilias  pertinet.  Minor 
numerus  ad  caeteras  special  familias ,  de  quibus  ainplius  in  prae- 
cedentibus  Centuriis  tractatum  fuit.  Inler  bas,  duo  in  Nolonectida- 
rum  familia  adjcicndas  babuimus,  quarura  una  generis  Sigara  est,, 
(juod  in  Cenluriae  secundac  parte  prima  nobis  in  regno  invisum  di- 
ximus.  Triginta  quatuor  species  uti  novae  describuntur ,  quae  non 
omnes  re  vera  novae  sint  dari  posse  falemur:  difficultates  tamen 
objecta  in  auclorum  deseriptionibus  recognoscendi^  praeserlim  in 
familia  Gapsinorum  et  in  genere  Pacbjmerus,  illas  novo  nomine 
dislinguere  ,  potius  quam  et  elias  ambiguitates  inducere,  nobis  sua- 
serunt.  Hac  ipsamet  causa  plurimas  iconibus  illustrare  censui- 
mus:  alque  decem  circiter  generis  Pbytocoris  species  ulteriori 
studio  commisimus. 

Omnes  regni  incolas  species  jam  novisse  non  contendimus  : 
quin  imo^  quod  multae  adbuc  ulterioribus  per  totum  regnum  per- 
quisitionibus  detegerentur  sumus  suasi.  Quare  optandum,  ut  qui 
Entomologiae  studio  incubere  velint^  bisce  neglectis  aniraalculis 
curam  in  colligendo  praebant. 

Denique,  ut  sparsae  ejusdem  generis  species  et  ejusdera  fa- 
miliae  genera  melius  simul  appareant ,  conspectum  metbodicum 
regni  hemipterorum-heleropterorum  species,  per  familias  atque 
Iribus  distributaS;,  conlinens  adjeciraus. 

Cum  praecedentes  bujus  operis  partes  grato  animo  atque  in- 
dulgentia  dignare  vobis  placuisset,  eodem  modo  et  hanc  ulti- 
mam accepturos  esse  mibi  sperare  licei. 


j 


.3"^ 


.^^^ 


"nh^   T.   Un 


■eia,  m, 


nigrù; 
•■ié  utiie  apicem  arièUiii«.  | —  Luug.  4; 


:Kmons  :  snooimina  a 


W 


Oc  f  r.|  s.me  V 


(    227    ) 

Hemiptera-Heteroptera 

Familia  NOTONECTINI. 

Genus  Corixa. 

5.  (  201  )  Corixa  Geoffroyi.    Tab.  l-ifig.   i. 

C.  luteo-livida ,  capile  villa  frontali  obsoleta  fusco-olivacea  ^  ;  pro- 
nolo  lineis  transversis  f4-f6  fusco-olivaeeis  ,  mediis  posticisque  hinc  in- 
de interruptis ,  el  saepius  transverse  bifidis  ;  ehjlris  fusco-olivaeeis  ,  li- 
7ieolis  transversis  angustis  imdulatis,  interruptis,  quandoyue  bifurcatis , 
pallidis;  abdomine  dorso  nigro  lateribus  teslaceis  ;  pectore  ventrisque 
maculis  marginalibus  </,  basi  inedia  $  nigris;  femoribus  posticis  mar- 
gine interno  denticulis  sex  obtusis  ante  apicem  armatis.  —  Long.  lin. 
5%:  lat.   lin.   2  '/,. 

Corixa  Geoffroyi,  Leach,  Rami). 

Corisa  Geoffroyi j  Am.  Serv. 

Corixa,  Am. 

Spccies  cacleris  noslratibus  major ,  Cor.  siriatae  aiBnis ,  a  qua  praeter 
slaluiam  multo  majorem  ,  differì  femorum  posticorum  denticulis  magis  pa- 
tulis  (  fig.  cit.  B  );  elytrorum  lineolis  angustioribus ,  magisque  interruptis  , 
in  maculas  minutas  puuctaque  irregularia  saepius  difformatis  ;  linea  fronta- 
li maris  fusca. 

In  Salenti  aquis  stalivis  haud  infrequens  :  specimina  a  docl.  Jos.  Costa, 
fralre  nostro  accepimus. 

Observatio.  Male  dar.  Amiot  opinatus  est  Cor.  strialam  hujus  ope- 
ris  (i)  ad  Cor.  Ccoffroyi  referens  (2).  Nostra  enim  Cor.  striala  rccte  cum 
hujus  specie!  auctorum  descriplione  convcnit.  Etiam  in  errorein  incidisse 
vidclur,  putans  Cor.  undulalam  Fallenii  eamdem  esse  ac  Cor.  strialam  Lin- 
nei,  atque  nostrani  basalem  cum  undulata  confundens.  Quod,  non  omnes 
simul  sub  oculis  babuisse  species  dare  demonstrat.  Quoad  Cor.  punctatam 
Burmcisterii ,  quae  a  dar.  Audinct-Serville  et  Amiot   Cor.   Geoffroyi  esse 

(i)  Cent,  prima ,  n.  i. 

(2)  Anna],  de  la  Soc.  Enlom.  de  Fr.,  2. me  ser.  IV,  p.  444- 


(    228    ) 
putalur  ,  jam  prideiii  animadvertimus  (3)  vel  aiteram  esse  distinctam  speciem, 
vel  male  pronoto  irroralo  describi. 

Genus  Sigara  ,  Leach. 

Corpus  parum  convexum,  subovaturn.  Scutellum  patulum. 
Pedes  longitudine  subaequales,  posteriores  parum  longiores,  fim- 
briati; antici  tarsis  i-aiticulalis ,  ungulculo  simplici  ;  posteriores 
larsis  2-arficulalis ,  medii  unguiculis  duobus  longiusculis  gracili- 
bus,  postici  unguiculo  unico  acuto. 

Observatio.  Clariss.  Amiot  et  AudinetScrville  scutello  circuii  segmen- 
ti figuram  tribuunt,  cum  potius  triangulare  diccndum  sit. 
I.   (202)  Sigara  minuta.    Tab.  \^Jig.   2. 

S.  stipra  cinerea ,  capile,  pronoli  limbo  poslico  ,  scutello  ,  elytro- 
rumque  basi  luteis,  oculis  nigris;  sublus  cum  pedibus  pallide  Jlava.  — 
Long.  lin.  I    %:  lat.  %  lia. 

Notonecta  minutissima.  Lin.  (nonFab.  ). 

Sigara  minuta,  Fab. ,  Burm. 

Sigara  minutissima,  Leach,  Lap. ,  Spin. 

Caput  convexum ,  laeve ,  linea  utrinque  longitudinali  pun- 
ctorura  minutissimorum  inter  oculos  :  luteura  ,  supra  vittis  tribus, 
antice  et  quandoque  etiam  postica  conjunctis,  fuscescenlibus.  0- 
culi  nigri. 

Pronotus  brevissimus  ,  transversus  ,  ad  latera  angustatus  , 
margine  antico  late  rotundato ,  postico  fere  recto,  circuii  segmen- 
ti figuram  fere  referens  ;  cinereus ,  margine  postico  pallide  luteo. 

Scutellum  triangulare ,  vix  quam  basi  latum  brevius  ,  lu- 
leum  immaculalum. 

Elytra  cinerea,  basi  margineque  externo  luteis;  hoc  ma- 
culis  duabus  obsoletis  fuscis, 

Pectiis  luteum. 


(    229    ) 

Pedes  pallidi.   Tibiac   spinis    niinutis    mlcrnscopio   palulis  , 
(luabiis  vcl  tribus  in  anlicis ,  quatuor  in  postjrioribus,  praedilae, 
Abdomen  pallide  hileura. 
Propc  Ncapolini  frcqucns  in  lacu  Aslroni. 

Obscrvalio.  IIujiis  siicoici  dcscriptio  ab  anclorihiis  (radila  satis  J)rcvis, 
iit  rccluin  di!  nostiatis  cimi  Fabriciana  Sigara  idenliialc  judicium  ferri  pos- 
slt.  Inter  alia,  magnitudo  nostrorum  speciminum  major,  quam  quac  illi 
tribuitur. 

Familia  LEPTOPODINI. 
Genus  Salda. 

7.  (208)  Salda  geminala,  7wb.  Tab.  I,Jìg-  3. 
S.  ovalo-elongata ,  piiis  raris  ornata,  ocnlis  sai  promìTm'i's  ,  pro- 
nolo aiìtice  Valdo  onr/ustalo:  nirjra  nilida ,  ehjtrornm  cono  fusoo-ni- 
^ricalile ,  exierne  luteo  ,  macìiìa  apicali  albo-flaccsccntc ,  aliar/ue  ante 
eam  atra  ;  membrana  fuseo-Jidiginoaa ,  macula  exlerna  lutea  ;  antenna, 
rum  artindis  primo  et  sccundo  pedibusque  tcstaceis,  iibiis  tarsisque  a- 
pice  Jìiscis.  — Long.  lin.   i   i/3:  lat.  3/i>  lin. 

Corpus  ovato-clongatum ,  parum  convexum. 

AnU'wxac  corporis  dimidio  longiores  ,  articulo  primo  cras- 
siusculo  cloiigalo,  secando  primo  longiore  et  graciliore,  tcrtio 
et  quarto  incrassatis  ,  subaequalibus,  seciindo  vix  loiigioribus  , 
pilosis.  Articuli  primus  et  secundus  testacei  ,  tertius  et  quartus 
nigricanles. 

Caput  parvum ,  ocnlis  magnis  extuberantibus  ;  siipra  minu- 
tissime punclalo-gramilaliim ,  postico  laevigatum,  fronte  elevata, 
linea  longitudinali  impressa:  nigrum  subnitidum.  Labrum  nigrum. 
Rostrum  tes  tace  u  m . 

Pronotus  anlice  valde  angustatus ,  margine  postico  late  e- 
margiuatus  :  antico  gibberis  duobus  transversis  contiguis    laevis- 


(  23o  ) 
s-imis ,  selis  clliaribus   tribus   quatuorvc   erectis  ;    pone   gibbcros 
transverse  profunde  irapressus:  niger  nitidus    immaculatus. 

Scutellmn  triangiilare ,  pone  bnsim  arcualim  impressum  , 
ante  apicem  transverse  elevatum  :   laeve ,  nigrum  nitidum. 

Elytra  simul  basi  pronoli  margine  postico  band  latiora,  pone 
medium  vix  externe  elato-rofundata  ;  corio  supra  pube  rara  decum- 
bente  flavo-sericea  ciliisque  brevibus  erectis  nigris  ornato,  fusco, 
exlerne  ad  basim  luteo ,  macula  apicali  albo-flavescente ,  aliaque 
ante  cani  subquadrata  atra  ;  ad  marginem  scutellarem  pallido- 
variegato;  membrana  fusco-fuliginosa ,  nervis  obscurioribus,  ma- 
culis  interjectis  margineque  postico  pallidioribus ,  externe  lutea, 
macula  apicali  fusca. 

Pedes  lougiusculi ,  testacei,   tibiis  tarsisque  apice  fuscis. 

Abdomen  laeve ,  nigrum  nitidum. 

Prope  Neapolim,  rarissima.  Legimus  ad  rivas  lacus  vulgo  Maremorto 
dicU. 

Familia  ARADINI. 

Genus  Aradus. 

Observatio.  Quando  secundam  hujus  operis  pattern  octo  jani  ab  hinc 
annis  scripsimus,  in  qua  quatuor  hujus  generis  lune  nobis  notas  species 
retulimus  ,  characteres  prò  specierum  diagnosi  ex  antennarum  arliculorum 
uec  non  rostri  longitudine  inter  alios  duximus  ,  cum  maximi  momenti  af- 
que  organici  visi  nobis  fuerint:  sicut  jam  antea  ci.  Fallen  lecerat;  quosque 
clar.  Dufour  eodem  fere  ac  nos  tempore  scribens  ,  ab  entomologis  neglec- 
tos  fuisse  doiebat  (i).  Non  minus  tamen  in  pretium  habendus  ille^  quem 
elytrorum  corii  neivorum  dispositio  praebet  :  quo  ex.  g.  Arad.  dissimilem 
a  depresso  differre  observavimus. 

(i)  Description  de  deux  especes  nouvelles  d' Aradus  —  Aua.  Soc.  Ent. 
2, me  ser.  \\,  pag.  447- 


(    23.     ) 

5.  (204.)  Aradus  Lucasii,  nob.  Tab.  \,  fig.  4- 
il.  oblon(/us,  anguslalus,  an/ennis  ùrevi'òus ,  aìiiculo  secando  duo' 
bus  sequeiilibus  si'mul  paulo  breviore  ;  pronoto  subquadrato ,  marginibus 
intcgris ,  haud  diaphanìs  ,  coslis  quatuor  alìaque  utrinquo  abbrevia- 
la; rostro  pedani  anlicorum  basùn  attingente  :  nigcr  opacas,  antcnnis, 
articuto  primo  et  sccttndi  basi  exceplis  ,  maculisqnc  nhdominis  margi- 
nalibus  Jlavis  ;  rostro  pedibusqae  fusco-easlaneis.  —  Long.  lin.  2  i;6  : 
lat.  8/10  lin. 

Corpus  clongaltim  ,  angiisfatum ,  praesertim  antice. 

Qipiit  minale  liiberculato-aspcrum,  lobo  medio  antice  Irim- 
cato-rofnndato;  oibitis  elevatis  aspcris,  incrmibus ,  tnbercnlis  an- 
tenniferis  validis  aculis  :  nigruni  opacum  immaculatura. 

Roslrum  gracile ,  apice  pedani,  anticorum  basirà  attingens , 
ncque  excedens  :  fusco-castaneura. 

Antennae  pronoti  latitudine  maxima  paulo  breviores  :  arli- 
culus  primus  minutus  cyliadraceus ,  fuscus ,  sccundus  duobus  se- 
quentibus  simul  paulo  brevior  ad  basim  altenuatus,  flavus ,  ba- 
si fuscus;  tertius  et  quartus  cylindracei,  quartus  vix  tertio  bre- 
viorc ,  flavi  imraaculali ,  qnintus  minutissimus  acutus ,  lente  sat 
cospicuus,  flavo-fuscus. 

Pì'onoliis  Iransversiis,  quadrilaterus,  angulis  rotundatis,  antice 
parum  angustior ,  marginibus  minute  granulato-asperis  ,  minime 
denticulatis  serratisve  ;  medio  transversim  impressus  ,  antice  u- 
trinque  elevato-coavexus  ;  costis  quatuor  longitudiuaìibns ,  mediis 
longioribus  ad  raarginera  anticum  usque  productis  ,  lateralibus 
brevioribus ,  aliisque  duabus ,  una  ulrinque  j  abbreviatis  hume- 
ralibus  :  niger  opacus. 

SciUellum  elongatum ,  latitudfne  bascos  sesqui  longura ,  a- 
pice  obtusum  depressum ,  marginibus  lateralibus  elevatis ,  ante 
medium  coavexum  :  nigrum  opacum. 

Elytra  abdomine  vix  breviora  $  ,  ejus  apicem  fere  atlin- 
geatia  «/";  cerio  sordide  albo,  subdiaphano,  nervis  primariis,  ra- 


(    232    ) 

miilisque  transversis  interjeclis  fiisco-nigris:  membrana  alba  bya' 
lina ,  nebulis  raris  fuscesccntibus  sparsa. 

Pedes  breviusculi,   fusco-castanei> 

Abdomen  depressuraj  subtiis  longitiidinaliter  carinatum,  mar- 
ginibus  intcgrum;  nigrum,  maculis  quinque  utrinque  marginali- 
bus  ,  una  in  ciijusvis  segmenti   i-5  angulis  posticis ,  flavis. 

Lectus  in  Japygia  a  Josepho  Costa  ^  a  quo  specimina  duo  accepimus  : 
rarus  tanien  videtur. 

Nota.  Hacc  a  nobis  dcsci  ipta  spccics  eadem  videlur  ac  illa  in  Algeria 
a  ci.  Lucas  leda,  et  a  ci.  Araiot  nomine  Lucascoles  indicata  (i).  Cuin  ta- 
men  hujus  auctoris  mellioiiuni  mononymicain  amplecti  non  possimus,  aliud 
nonien  specificum,  eliam  primum  speciei  deleetorcm  commemoraas ,  adhi- 
bendum  censuimus. 

Familia  TINGINI. 

Genus  Dyctionota. 

1.  (  2o5  )  Dyctionota  fuliginosa,  nob.  Tab.  ^^ijìfft  S. 
D.  ver/ice  bìspinoso  ;  fusca ,  pronolo  nigro  uli'in/ue  ferrutjineo ,  am- 
puUa  antica,  alis  lateralibus ,  carinis  et  Iriangulo  epi-sculellari  albido- 
Juliginosis  ,  Jusco-reticulatis  ;  ehjtris  subparallelis ,  exlerne  ad  medium 
parum  anguslioribus  ,  albido  Jxdiginosis  fusco  reliculaiis  ;  pedibus  rujb- 
testaceis  ;  anlennis  obscure  caslaneis  ;  abdomine  nigro.  —  Long.  lin. 
I   3/4:   lat.   9/10  lin. 

Affiuis  Dict.  marginatae .,  cujiis  majora  specimina  magnitu- 
dine vix  superat.  Differì  praesertim  :  i.°elytris  externe  medio  an- 
gustioribus ,  angulis  bumeralibus  magis  elato-rotiindatis ,  cellulis 
marginalibus  duplici  serie  dispositis ,  quibus  bine  inde  tertia  inter- 
ponitur.  Cellulae  magnitudine  variae  :  majores  ubi  duplici ,  minores 
ubi  triplici  serie  dispositae  sunt.  In  D.  marginata  cellularum  series 
frcs  ,  media  raro  interrupta  —  2."  pronoti  alis  lateralibus  antice 

'''•       (i)  Ann.  de  la  Soc.  Ent.  de  Fiance,  2. me  ser.  voi.  IV,  p.   365. 


(  233  ) 
•angulalo-rotundatis  —  3."  corporis,  nec  non  reticuli  cellulas  con- 

sliluenlis  colore. 

Rarissima  in  regno  occurrit. 

Genus  Derephysia,  Spiti. 

jintennae  corpori  longitudine  subaequales,  cylindraceae,  va- 
lidissimae ,  breviter  liispideque  villosae  ;  articulis  primo  et  secun- 
do  brevissimis,  terlio  reliquis  simul  longiore,  quarto  subincras- 
sato.  Roslrum  gracile,  pedum  poslicorum  basim  ultra  produclura. 
Canalis  rostralis  marginibus  elevalis  subparallelis.  Pronotm  an- 
tico ampullaceus,  utrinque  alalus  ,  postice  productus,  scutellum 
tegens. 

I.  (  206  )  Derephysia  foliacea.  (  Her.  Sch.  Wanz.  Tab. 
CXXIX  Z>,  et  CXXX  L  M. 

D.  brunneoferruffìnea ,  pronoti  ampulla  alis  costisque  ,  clytrisque 
albohyalinis ,  luleo-ferrugineo  reticulalis;  elyiris  disco  in  ampullam  lon- 
gitudinalem  carinalam  elevatisi  cellulcs  discoidalibus  marginalibusque 
aubaequalibus  ;  rostro  abdominis  segmenti  secundi  marginem  aniicum  al- 
tingente.  —  Long.  lin.   i  1/2:  lat.  9/10  lin. 

Tingis  foliacea ,  Fall.  ,  Her.  Sch. 

Derephysia  foliacea.  Spia. 

Derophysia,  Am. 

Rarissima  baec  elegans  species  obvenit  prope  Neapolim  ,  aestale  ,  in 
kerbis  pratensibus. 

Genus  Monantbia. 

4.  (207)  Monantbia  villosa,  nob.    Tab.  l-ifig-  6. 
M.  oblonga  ,  pube  densa  longa  vestita  ;  cinerea  ,   maeulis    minutis 
nigris  sparsa  ;  antennls  pcdibusque  testaceo  rufescenlibus  ;  oculis   abdo- 
mineque  nigris.  —  Long.  lin.   i  i;2  :  lat.  3/5  lin. 

Corpus  oblongum,  totum  cum  aatenois  pcdibusque  pilosum, 
pilù  saepiiu  arcuatis. 


(  234.  ) 

yéntennae  breves ,  arliculo  tertio  primis  duobus  simul  vix 
duplo  longiore  ,  quarto  inflato  subciavalo  ,  praecedentis  dimidio 
paulo  longiore. 

Pronotus  modice  convexus ,  lateribus  raargioatus  ,  supra  tri- 
carinalus,  punctalus  ;  cinereus,  maculis  minulis  sparsis  nigris. 

Elylra  grosse  punctala ,  cinerea ,  maculis  minutis  punctis- 
que  raris  nigris  pietà. 

Abdomen  supra  marginibus  cinereis  ,  nigro  reliculatira    ra- 

riegatis. 

In  tnontibus  Malese  ,.  aestate  ,  haud  iafrcquens. 

Familia  COREINL 

Genus  Coaizus^ 

5.  (  208  )  Gorizus  pratensis. 

C  lividus ,  longe  pubescens ,  capile  maculis  duabus  occipifalibus  ni- 
gris ,  scuiello  apice  subacuto;  ehjlris  hyalinis,  coriinervis pallidisipun- 
ciis  raris  rufis  Jlavisque   pietis  ;   abdomine  dorso  nigro  ,    lateribus  pal- 
lidis,  maeulisque  tribus  discoidalibus  el  villis  duabus  supra  anum  Jla- 
vis.  —  Long.   lin.   3:  lat.   lin.   i  i/5. 

Corizus  pralensis ,  Fall.  ,  Burnì. 

Rhopalus  parum punctalus  ,  Schill. 

Habitu  Cor.  capitalo  primo  intuita  similis  ;  a  quo ,  praeter 
colores,  facile  dignoscendus  pube  longa  totius  corporis ,  el  scu- 
tello  apice  integro.  Maculae  abdominis  dorsi  in  triangulum  di- 
spositae,  sicut  in  Cor.  crassicorm;  antica  saepius  duabus  posticis 
similis  ac  aequalis,  quaadoquc  tamen  elongata  obovata  ye\  lan- 
ceolata. 

Haud  iufrequens  prope  Neapoliin ,  in  pratis. 

6.  (  209  )  Corizus  gracilis. 

C-  parce  pubescens  j  rì/Jb-ferrugmeus ,  scuiello  apice  subacuto  pal- 
hdo  ;  elytris  abdomine  multo  lon(jioriùus ,  hyalinis ,  corti  neroii    lutei» 


(  235  ) 

apice  mfescentibus  ;  pedibus  pallide  Jlavis ,  nigro  pnnctatis  ;  abdomine 
dorso  laleribus  rttfoferrugineis,  nigro  macutalis ,   macuUsque  tribus  di- 
tcotdalibus  et  villi»  duubus  supra  anum  Jlaois.  — Long.  corp.  lin.  a  2/3, 
cum  clyt.  3  1/3:  lut.   lin.   i  i/io. 
Coreits  gracilis,  Panz. 

Habitus  et  magnitudo  praecedenlis  ;  elytris  longis,  abdomea 
quarto  longitudiuis  excedentibus ,  satis  distinctus. 
Prope  Ncapoliin  in  pralis,  rarus. 

7.  (210)  Corizus  gemmatus,  nob.  Tah.  \^jig.  7. 
C.  sculello  apice  obliiso,  pleuris  melathoracis  poslice  profunde  emar- 
ginalis:  fuloo-lividus  ,  parce  pubescens,  sublus  pallide  Jcrrugineus  ;  ca- 
pilis  maculis  ditabus  poslicis,  pronoli  linea  antica  transoersa  utrinque, 
punctis  sexdecim  dislinclis  humeribusrjue ,  sculelloqite  medio  nigris  ;  e- 
lytris  hyalinis ,  coni  tiercis  luleis  nigro  maculalis;  abdomine  dorso  ni- 
gro, lauribus  pal/idis,  maculis  qtie  tribus  discoidalibus  et  vittis  duabus 
aupra  anum  jlacis;  pedibus  nigro-maculatis.  —  Long.  Un.  3;  lai.  lin.  1  i/io. 

Habitus  Cor.  capitati. 

Caput  utriuque  intra  oculos  ,  et  quandoque  etiam  postica , 
nigrum. 

Pronotiig  linea  antica  transversa  impressa,  in  fundo  nigra, 
medio  intcrnipta  ;  punctis  sexdecim  elevalis  nigris  nitidis ,  ceto 
ad  medium  longiUidinis,  Iransverse  quatuor  ulrinque  in  arcum 
disposilis,  tolidomque  posterius  lineam  primae  paralielam  descri- 
bentibus;  angui is  bumeralibus  nigris. 

Scutellum  apice  obtusura  subrotundatum. 

Putida  elytrorum  corii  in  nervis  longitudinalibus  tantum  , 
■ec  in  transversis  observanlur,  ac  sexdecim  circiter  in  quovis  e- 
tytro  enumerantur, 

Pleurae  melathoracis  margine  postico  profunde  emargina- 
lae ,  angulo  supcriore  postice  producto ,  apice  obtuso ,  inferiore 
late  rotundato  (i). 

Prope  Ncapoliuij  rarissime  occurrit. 


{^)    D«   hac  melathoracis  parte   nullum    ia    aactoribus    rerbum    in- 


(  236  ) 

8.  (ari)  Corizus  sanguineus,  nob.   Tab.  \^fig.   8. 

C.  dilute  sanguineus ,  puree  puhescens ,  antennarwn  arHculo  primo , 
napitis  parte,  pronolt  margine  aulico,  punctis  impressis.  macxdis  duabus 
posticig  ohsolelis,  humeribusque  nigris;  sculello  nigro,  laleribus  apiceque 
subacuto  dilute  sanguineis  ;  elylris  corio  roseo,  nervis  apice  obscuriori- 
bus  ;  abdomiiie  dorso  nigro,  lateribus  rubro  maculaiis  ;  ventre  vìltis 
(jualuor  obsoletis  nigris;  femoribus  confertiin  nigro  maculaiis.  —  Long, 
lin.   2  2/3:  lat.   lin.    i . 

Caput  nigrum  ,  fronte,  maculis  tribus  occipitalibus  oculisque 
dilute  sanguineis. 

Àntennae  longae,  graciles,  articulo  ultimo  valde  elongato, 
cylindraceo,  praecedenlis  sesqui  longitudine. 

Pronotus  antice  parum  declivis ,  fortiter  impresso-punctatus, 
linea  antica  transversa  elevata  nitida  ;  dilute  sanguineus ,  mar- 
gine antico,  medio  inteirupto,  maculis  duabus  irregularibus  ad 
marginem  postlcum,  humeribus ,  punctisque  impressis  nigris. 

Scutetlum  latitudine  baseos  paulo  longius,  apice  subacutum, 
liti  pronotus  impresso-punctatum  ;  nigrum,  marginibus  lateralibus 
apiceque  dilute  sanguineis. 

Elylra  abdoraen  modice  excedentia  :  corio  roseo  subhjali- 
Bo,  nervis  apiceque  dilute  sanguineis.-  membrana  alba  hyalina, 

Peclus  dilute  sanguineum,  sterno  nigro. 

Abdomen  dorso  nigrum,  marginibus  lateralibus  dilute  san- 
guineis ,  nigro  maculaiis  ;  ventre  dilute  sanguineo ,  vittis  quatuor 
obsoletis  nigricantibus. 

Pedes  dilute  sanguinei ,  femoribus  obscurioribus ,  confertim 


venìmus  io  bojus  generis  specierum  distinctione:  et  tamen,  prò  quibusdam 
optimum  specificum  characterem  praebet.  In  Cor.  errans  et  crassicornis 
pleura  postice  oblique  truncata,  angulis  late  rotundatis:  in  Cor.  capitatus 
angulum  superiorem  subaculum,  inferiorem  late  rotuadatum  habet:  in  Cor. 
hyoiciami  angulus  superior  postice  in  deatem  obtusum  produciur. 


(    23?    ) 

nigro  maculatis;    (ibiis  apice  fuscis  ;  larsis  pallidioribus,  arficu- 
li  primi  et  sccundi  apice  tertioquc  fusco-nigricantibus. 
Piope  Neapoiiin,  rarissiraus. 

Genus  Pseudophloeus. 

4..  (  212  )  Pseudophloeus  nubilus.  (  Hahri,  JVanz.  tab, 
LXVIII,/y.    191). 

P.  fuscus,  sculello  inedio  ferrugineo,  apice  pallido;  antennarum  arti- 
culo  (erlio  secundo  duplo  longiore  ,  quarto  vix  praecedentis  dimidio  lon- 
giore  ,  ovaio  injlalo  ,  ad  nìedium  Iransverse  impresso  ,  òasi  nigro  api- 
ce cinereo  ;  prenoto  anlice  valde  declioi,  marginilms  lateralibus  parum 
rejlexis  ,  pallidis  ,  minutissime  in  dimidio  antico  denticulatis  ,  angulis 
posticis  muticis  ;  femoribus  posterioribus  spina  minuta  ante  apicem .  — 
Long.  lin.  2  3/4  :  lat.  lin.   i  i/5. 

Coreus  nubilus  ,  Fall . 

Arenarius  nubilus  ,  Hahn. 

yilractus  nubilus  ,  Spia. 

Pseudophloeus  nubilus,  Burm. 

Karus  prope  Ncapolim  ,  aestate. 

Familia  LYGAEINI. 

Geous  Lygaeosoma,  Spin, 

Corpus  oblongnm,  punctatnm.  ^/z/eranore  crassiusculae,  arti- 
culo  primo  brevi  validiore ,  secundo  tertio  longiore ,  quarto  sub- 
ovato secundo  longiore.  Caput  sublas  canali  rostrali  per  totam 
longitudinem  excavato.  Elylrorum  membrana  nervis  primariis 
quatuor  ante  apicem  conjuctis ,  cellulas  tres,  interna  et  media 
bipartitis,  constiluentibus. 

Observatio.  Generi  Jleterogaster  hoc  maxime  affine  :  discrepantia  ta- 
meu  i^uaereoda:  1°  ìa  ballila  omaiao  Ljgaeorum;  2*  la  canali  rostrali  mar* 


(  238  ) 

gfnibus  elevatis  per  lotius  guKuris  longiludinem  eicavafo  :  3*  in  elylrornm 
membranae  nervis  ante  apicem  invicem  conjunclis  ,  cellulas  tres  elongatas 
formantibus ,  quarum  interna  et  quandoque  eliam  media  a  nervo  transverso 
bipartitae  ,   ita    ut  cellulae   quatuor  vel  quinque  observentur. 

Nervorum  dispositio  multo  ab  illa  Lygaeorum  dilTert,  in  quibus  nervi  li- 
beri ad  apicem  desinunt,  atque  duo  tantum  interni  ante  medium  longitu- 
dinis  a  nervo  transverso  conjucli  cellulam  basilarem  constituunt.  Hinc  mirum 
quod  clar.  Amiot  g.  Lyffaeosoma  mSuhdiyisioae  quadrineworum ,  Lygaeos 
genuinos  amplectente  ,  collocasset. 

i.  (2i3  )  Lygaeosoraa  sardeiim. 
L.  parce  et  brevissime  pubescens  ,  brunneum  obscuro  variegatum , 
pronoli  margine  antico,  liiieaque  dorsali  ad  scutelli  apicem  dueta  pai- 
lidia  ;  ely  (rerum  cario  griseo  ,  nervis  pallidis  ;  membrana  nigra,  macula 
utrinque  lunata  margineque  postico   albis  ;   abdominis  lateribus    maculi» 
rujìs  Jlavisve  ;  pedibiis  pallide  teslaceis  ,  femoribus  medio  late   nigrit. 
—  Long.  Un.   i  1/2-2  :  lat.   1/2-3/4  lin. 
Lygacosoma  sardea  ,  Spin. 
Lt/gaeoso7na ,  Ara. 
Copili  convexiusculum ,   antice  obtosum ,   fuscum ,   cinereo 
pubescens. 

Odili  grandiusculi ,  pronoti  marginem  anticum  tangentes.  0- 
celli  ad  orbitarum  angiilum  posficuin  positi. 

Pronotug  antice  parum  anguslior  ,  modice  declivis  :  pone 
medium  transversim  impressus,  ac  vix  angustatus  ,  huraeribus 
prominulis  ;  punctis  grossis  rarisque  irapressis. 

Sculellum  triangulare,  acutum,  linea  longitudinali  elevata, 
et  utrinque  foveola  oblonga  parum  profonda  notalura. 

Elylra  corii  nervis  in  reliculum  dispositis ,  parum  elevatis. 
Abdomen  dorso  dilute  croceo-ferrugineum. 
Pedes  longitudine  mediocres,  ralidiusculi ,  femoribus  anti- 
cis  crassioribiis  mnlicis. 

Spccies  vere  singularis,  in  Sardinia  primum  a  clar.  Gene  defecta.  Pro- 
pc  Neapolim  bine  inde  oceurrit,  parum  frequens. 

Nota.  Uelerogasier  retieulaius,  Herr.  Sdbaf.  ab  hac  specie  baud  dif- 


(  239  ) 

forre  Tidt(ur:  ciim  tamcn  in  natura  invisus  illc  nobis  sit,  cerlum  judicium 
proffcrre  non  possumus. 

Genus  Heterogaster. 

5.  (2i4-)  Heterogaster  senecionis. 

H.  oblongus ,  pronolo  antice  declivi ,  latitudine  postica  penilo  bre- 
viore  ;  livido-teslaceus  ,  capitis  ferruginei  vitlis  duabus ,  pronoti  fascia 
aulica  transversa,  sculellique  basi  nigris  ;  elytrorum  cario  pallido  sub- 
pellucido .  margine  postico  nigro  maculato  ;  ventre  luteo ,  lateribus  ano- 
ijvef uscii  ;  pedibus  pai  lidis,  nigro  maculatis.  —  Long.  Un.  2  1/8:  lat.  2/3  lin. 

Heterogaster  senecionis,  Her.  Schaf. 

Prope  Noapolim  liaud  rarus. 

Variai  :  capile  fusco,  lineis  duabus  fronlalibus,  orbilis,  maculisquc  oc- 
cipJtalibus  fcrrugineis:  sculello  ferrugineo,  linea  media  longitudinali  nigra. 

4..  (  2 1 5  )  Heterogaster  lineatus ,  nob. 

H.  oblongus ,  pronolo  antice  valde  declivi,  ante  medium  forte  trans- 
verse impresso ,  fere  aeque  longo  ac  postice  lato  ,  grosse  et  crebre  ptin- 
ciato  ,  linea  media  longitudinali  impunclata ,  ad  seulelli  apicem  ducta  : 
tupra  livido-teslaceus,  pronolo  vitlis  quatuor  obsoletisfuscis;  elytrorum  co- 
rio  pallido  lutescenle  subpellucido ,  nervis  apiceque  roseo-maculatis ;  sub- 
tus  luiciis  ,  fusco-rifescente  variegalus  ;  pcdibus  pallidis,  fusconigroque 
maculatis.  d"  ?  •  —  Long.  lin.  2  i;3:  lai.  2/3  lin. 

Praeccdenti  affinis,  a  quo  praesertim  differì,  pronoto  paulo 
longiore ,  antice  magis  declive ,  fortius  transversim  impresso  ;  e- 
lylrorura  corii  nervis  apiceqvie  fusco-roseo  maculatis. 

Prope  Neapolini,  praocedenle  minus  frequens, 
5.  (  216  )  Helerogasler  exilis,  nob. 

H.  oblongus,  pronoto  transverso,  latitudine  postica  multo  breviore, 
antice  modice  declivi,  elijtris  abdomine  multo  longiuribus:  supra  griseo- 
licidu» ,  capitis  vitlis  duabus,  pronoti  fascia  antica,  sculelloque  medio 
fusco-nigrieantibus  ;  elylrorum  cario  albido  hyalino,  nervis  margineque 
postico  nigro  waculalis  ;  sublus  niger ,  epimeris  ventreque  postice  lu- 
tei»; pedibua pallidis,  nigro punctalis.  j'% — Lor»g.  lin.  1  5/6:  lai.  2/5  lin. 
[  Praecedentibus  affiuis ,  a  quibus  statura  minore  ;  pronoto  di- 


<    2^0    ) 

stincte  breviore  transverso,  elytris  longioribus  membrana  ampia, 
praefer  colores,  differì. 

Frequens  prope  Ncapolim. 

Variai  :  capite  pronoto  seutelloque  brunneis  ,  primo  macula  lanceo- 
lata occipitali  ferruginea ,  secundo  angulis  humeralibus  pallidis. 

Genus  Lygaeus. 

6.  (217)  Lygaeus  punctum.  (VVolff,  Icon.  taò.Ylll^Jìff.  70). 

L.  rufuSj  anlenm's,  capile ,  pronoli  margine  antico  maculisque  duo- 
bus  posticìs  connivetitibus,  scutello,  apice  excepio,  ehjlrorum  eorii  mar- 
gine scutellari  puncloque  discoidali,  pectore,  veniris  base ,  pedibusque 
mgris  ;  elylrorum  m.embrana  atra ,  macula  media  ,  angulo  basali,  puneto 
in  margine  externo,  limboque  laeteis.  —  Long.  lin.  3  2/3:  lat.  Un.  i  2/5. 

Lygaeus  punctum ,  Fab.  ,  WolfiF,  Burm. 

Stigmophorus ,  Ara. 

In  ulteriori  Calabria,  prope  Rhegium,  haud  frequens. 

Genus  Pachymerus. 

14"  (  2 1 8  )  Pachymerus  dereliclus,  nob. 
P.  ovato-oblongus,  depressus,  pronoto  lateribus  reclis  marginatis 
subdiaphanis ,  pone  medium  transversim  impresso  ;  capite  antennis  Ubi- 
isque  selosis  :  supra  griseo-luleus,  fusco-nigroque  conferlim  punctalu»  , 
punetis  in  pronoti  elijtrorumque  marginibus  in  maculas  congestis:  sub- 
tus  brunneus  .  epimeris  luteis  ,  pedibus piceis.  —  Long.  lin.  2:  lat.  g/io  lin. 
AIBnis  Pack,  marginepunctato ,  a  quo  differì  :  slalura  mi- 
aore  ;  pronoto  antice  minus  profunde  emarginato ,  lateribus  mi- 
nus  elatis ,  rectis  ;  punetis  in  fundo  fuscis  nigrisre ,  ex  quo  co- 
lor obscure  griseus  efficilur. 

Rarissime  prope  Neapolim  occurrit. 
i5.  (219)  Pachymerus  Tulgaris.  (Hahn,  JVanz.  tab.  VII, 

.f>g-  26  ). 

P.  oblouQus  ,  nitidus,  pronoto  lateribus  marginato  diaphano,  pon 


(  2^1  ) 
medium  (ransverse  impresso ,  femoribus  anlicis  unideniatis  :  niger  , 
pronolo  poslice,  eli/lrorumgiie  cario  pallide  griseis,  nigro  punctulaiis  , 
primo  macula  media  obsoleta  ,  secundo  macula  irregulari  ad  angulum 
poslicum  internum  nigris:  elylrorum  membrana  fusco-nigra ,  angulo  ba- 
sali, macula  minuta  ad  corii  apicem,  aliaque  apicali  lacteis  ;  epimeris 
Jlavis  ,  tibiis  anterioribus  teslaceo-piceis.  —  Long.   lin.   3  1/2  :  Ja(.   lin. 

I     I/IO. 

Pachymerus  vulgaris  ,  Sellili.  Hahn. 

Medium  haec  spccies  inter  Pack,  pini  et  rhombiinaculaXo- 
cum  lenel,  ab  uiraque  taiiien  salis  dislincta. 

Fiequens  in  regno  ,  etiam  hyeme  sub  arborum  corticibus  ,  vel  ad  cu- 
rum  radices. 

16.  (220)  Pachymerus  pulcher.  (  Her.  Sch.   Wanz.  tao. 
CXIII  ,  Jìff.  358  ). 

P.  elongatus ,  pronoto  laieribus  marginato  diaphano,  subito  pone  me- 
dium transverse  sulcalo  ;  femoribus  anticis  unideniatis  :  niger  ,  pi'onoto 
postice,  humeris  exccptis,  elylrorumque  corio  rufosanguineis,  hoc  posti- 
ce  nigro,  macula  pallida;  membrana  fusca,  macula  apicali  alba;  anlemiis 
testaceis  ,  articuli  primi  basi  ,  tertii  apice  et  quarti  marima  parte  ni- 
gris ;  pedibus  rufescenlihus  ,  femoribus  annulo  lato  nigro. —  Long.  lin. 
3  ;  lat.  8/10  lin. 

Pachymerus  pulcher  ,  Her.  Sch. 

Prope  Neapoliiii  rarus  :  frequentior  in  Aprutiis. 

Variai.  Aulennannn  arliculo  primo  modo  nigro,  modo  testaceo  vel  croceo. 

17.  (221)  Pachymerus  pedestris.  (Haha,   JVanz.  lab.  X, 

fig-  38  ). 

P.  oblongus  ,  pronoto  lateribus  marginato  diaphano ,  pone  medium 
transverse  sulcalo  ;  femoribus  anticis  unideniatis  :  niger  nilidus  ,  anten- 
narum  arliculo  secundo  et  primi  apice  ferrugineis;  pronolo  poslice  flavo- 
rufo,  rugro  putte t aio ,  humeris  nigris;  elylrorum  corio  sordide  croceo- 
rufescente  ,  nigro  punctalo  ,  poslice  nigro  ,  macula  sublriangulari  alba  ; 
membrana  fusca  ,  macula  apicali  alba;  pedibus  rufsscentibus ,  femorum 
annulo  lato  ,  libiarum  iarsorumque  apice  nigris.  —  Long.  lin.  2  i/2-3: 
lat.   7/10-8/ IO  lin. 

Lygaeus  pedestris ,  Panz, 

3i 


(    2^2    ) 
Pachi/>nerus  pedes/ri's,  Schill.,  Haha,  Burm, 
Raglius,  Am. 

Prope  Neapolim  baud  infrequens  ,  prafisertim  aulumno  et  hyeme  sufc 
arborum  corlicibus. 

Variai:  pronolo  macula  media  postica  e  punclrs  nigris  notato. 
i8.  (  222  )  Pachymerus    pineti.    (  Her.   Sch.    Wanz.  tao. 
CXL,/y.  438  ). 

P.  eloiigaius  ,  pronoto  laterthus  marginato  diaphano,  pone  medium 
transverse  sutcato ,  Jcmoribus  anticis  bidentatis:  niger ,  antennarum  ar- 
(iculi  primi  apice  ,  secundo  et  terlii  quarlique  basi,  tibiis,  apice  exce- 
pio ,  tarsisqtte  fu! vis  ;  pronolo  posiice  albido  ,  humeris  nigris  ;  elyiro- 
rum  eorio  albido,  apice  pallidiore,  macula  in  angulo  poslieonnterno  ni- 
gra  ;  membrana  Jusco-nigr a ,  macula  apicali  alba.  —  Long.  lin.  3  i/4- 
3  i;2:  laf.  lin.   i-i  i/io. 

Pachijmcrus  pineti ,  Hoffm.^  Her.  Sch. 
Taenidionolus ,  Ani. 

Elcgantem  hanc  speciem ,  primum  a  ci.  Hoffmanscgg  in  Lusitania  dete- 
c(am  ,  in  apruliorum  nemoribus  raram  invenimus,  Specimina  etiam  ex  eo- 
dem  loco  Prof.   Ant.  Amary  nobis  misit. 

19.   (  223i)    PaGbymerus   fenestratus.    (  Her.    Sch.    IFanz. 
tab.  CXL ,  Jig.  ^Sy  ). 

P.  oblongus ,  pronoto  laleribus  marginalo  diaphano ,   pone  medium 
iransverse  sulcalo  ,  femoribus  anticis  denliculatis  unidentalisqiie  :  niger ^ 
pronolo  postice  fuseo-JeìTugineo ,  humeris  nigris ,   laleribus   albidis  ;   e- 
lytrorwn  corio  fuseo-ferruginco,  macula  inedia  subquadrala  nigra,  mem- 
brano  fusea  ,  nervis  maculisene  binis  hyaliiiis  ;    tibiis    tarsisque   fulvo- 
ferrugineis.  —  Long.  lin.  3  i;3  t  lat.  lin,  r_ 
Pachymerus  fenesùralus.  Her.  ScL 
Hyaloslactus  ,  Am. 

Fernora  antica  valde  iacrassata  ,  subtus  prò  tibiarum  rece- 
plione  subcanaliculata  ,  canalis  marginibus  denliculatis  ,  denle- 
que  malore  aule  apicem  armata.  Tibiae  anticae  parum  arcuatae, 
apice  incrassatae. 

Elylrorum  membrana  saepins  fusco-olivacea  ,  nervis  ,  ma- 
culis  descriplis ,  margiaeque  postico  albidis. 


(    2^3    ) 

jéniennariim  articulus  quarlus  in  nostris  speciminibus  apice 
teslaceus. 

Prope  Ncapolìm  rarus  ,  byeme  sub  arboriim  corlicibus. 
20.  (224.)  Pacliymenis  piclus.  (  Hahn,  fVanz.lab.  ^ifig.  Sg. 

P.  elonxjaliis ,  pronoto  laleri'jiis  marginalo  diaphano ,  pone  medium 
transvei'se  sidealo  ,  anlcnnarum  articulis  omnibus  incrassalis  ,  femoribua 
anlicis  denlicidalis  iinìdenlalisqiie  ■•  niger  ,  pronolo  poslice  teslaceo ,  la- 
leribtis  pallidis;  ehjlrorum  corio  leslaeeo,  erlerne  pallidiore,  maeulis  dna- 
bus  poslicis  apit'cquc  fuseis;  membrana  hyalina  ,  nervis  nebulis(/ue  ob- 
aoletis  fuscescenlibus ,  rostro  anlennis  pedibusque  teslaeeis.  — Long.  lin. 
I  1/2-2  :  ]at.   1/2-3/4  lin. 

Pac/itjmerus  piclus  ,  Schill. ,  Hahn. 

Lrjgaciis  podagricus ,  Fall.  (  ex  Hahn  ). 

Pachymcrus  dceoratus,  Hahn.  var. 

Pachìjmerus  ojjìnis  ,  Schill. 

Facile  hacc  vere  clegans  specìes  dignoscitiir  an tennis  lon- 
giusculis  ,  articulis  tribus  ultimis  longitudine  subaeiiuilibus  ,  ac 
omnibus  aeque  incrassalis.  Variai  summopere  magnitudine  ,  nec 
non  coloribuSj  anlennarura  praeserlim  atque  pedum.  Characteres 
quibus  citati  auclores  Pack,  decoratum  a  P.  pioto  distinguere 
conati  suntj  nulliraode  conslantes  ,  cura  })er  gradus  ex  udì us  ad 
alterius  lypo  transilus  babeaalur.  Inter  plurimas,  quas  simul  lo- 
gimus  varietalcs  ,  quac  sequuntur  notandae. 

a)  anlennis  teslaeeis  ,  arliculo  secundo  ,  tertio  ,  et  quarti  basi  fuseis  ; 
pedibus  teslaeeis  immaculatis. 

b)  anlennis  fuseis  ,  arliculo  primo  ,  et  secundi  l)asi  teslaeeis  ;  pedibus 
teslaeeis  ,  fcnioribus  anlicis  medio  late  nigricanlibus  ;  clylrorum  corio  apice 
niaculisque  tribus  ante  euni  fuseis. 

e)  an'ennis  fuseis  ,  arliculo  secundo  tantum  basi  testaceo  ;  pedibus  te- 
slaeeis ,  fcuioribiis  anlicis  lolim  ,  mediis  et  poslicis  annulo,  tibiarumquc  api- 
ce fuseis  ;  prondto  poslice  bumeris  maculisque  duabus  Iransversis  (  una 
utrinque  )  ni;,'iis  vel  fuseis. 

Obvenit  frequcns  |)rope  Ncapolim  ac  in  aliis  regni  rcgionibus  ad  planla- 
rum  raUices  ,  nec  non  hjcmc  sub  arborum  corlicibus. 


(  244.  ) 

21.   (22S)  Pachymeriis  discors  ,  nob. 

P.  oblongo-ovatus  ,  pronoh  lateribus  marginalo  haud  diaphano ,  po- 
ne medium  transverse  impresso,  femoribus  anticis  iridentalis  .niger,  pro- 
noto posiice  limboqiie ,  cìijlrorumque  cario  griseo-testaceis,  minute  nigro- 
punctalis,  primo  macula  media  postica,  seeundo  macula  ad  angnlum  po- 
slicum  intermtm  e  punctis  confertis  nigris;  membrana  hyalina;  antennìs 
teslaceis  ,  articulo  quarto  fusco  ;  pedibus  testaceis  ,  femoribus  posticis 
annulo  apicali  nigro  0*  ,  femoribus  omnibus  nigris  ,  basi  apiceque  te- 
staceis  $.  —  Long.  lin.  2  1/2  .  lai.  lin.   i. 

Afiìuis  Pack,  agresti  ^  a  quo  pronoti  parte  postica  elytro- 
runique  corio  minus  confcrtiin  nigro-punclatis ,  rniniisque  griseis, 
elytrcrum  membrana  albida  hyalina  immaculata  ,  nec  non  an- 
tennarum  pedamque  differt  colore  [1]. 

Femora  antica  incrassafa  ,  dentibus  tribus  aequìdistantibus, 
quorum  auticus  major  ,  secundus  et  tertius  decrescentes. 
Frequens  propc  Neapolim  ,  nec  non  in  aliis  regni  regionibus. 
22.   (226)  Pachymerus  sylvaticus.  (  Hahn,  TFanz.  lab.  XXXVI, 

39'    n  5  ) 

P.  ovatìis  ,  snpra  eoniplanatus  ,  pronolo  subquadrato,  lalerihus  sub . 
marginato  haud  diaphano  ,  pone  medium  transverse    impresso  ;  femo- 
ribus anticis  unidentatis  :  niger  opacus  punctatus ,  elijtrorum    corio  pi- 
cco-ferrugineo ,  membrana  albidolutescente ,  pedibus  nigro-pieeis,  fiòiis 
tarsisque  pallidioribus.  —  Long.  lin.  2-2  i//|.  :  lat.  lin.  9/10-1  i/io. 
Lygaeus  sylvaticus  ,  Fab.  ,  Fall. 
Pachymerus  sylvaticus  ,  Schill.  ,  Hahn. 
Drymophilus ,  Am. 
Prope  Neapolim,  in  colle  Camaldulense,  rarus 
23.  (227)  Pachymerus  apicimacula  ,  nob. 
P.  oblongus  ,  pubescens,  pronoto  lateribus   tenue    marginato  haud 

(i)  In  Pach.  agresti  autennae  nigrae  ,  articulo  primo  tote  t?  j  apice 
iantum  $  (eslaceo  :  pedes  aulici  testacei ,  macula  femorali  tarsorumgue  a- 
pice  nigris,  posteriores  nigri  ,  femorum  basi  geniculisque  testaceis  <^  \  ni- 
gri ,  tibiis  et  tarsis  anticis ,  geniculisque  omaibus  testaceis  ?  . 


(  24.3  ) 
dìaphano,  pone  medium  Iransverse  impresso  ;  fcmoribus  anlicìs  spina 
denticitlisrjue  arjnads  ;  fusco-nifjer ,  pronolo  poslice  laleribusque  ,  cly- 
irorumque  cario  fuaco-cinnamomcis  nigro-punclulatis  ,  primo  htimeris  , 
tecuncto  macula  ad  angulum  poslicum  inlernum  nigris  ;  membrana  atro- 
ntfescente  ,  macula  apicali  lactea  ;  tibiis  iarsisque  iestaeeis  ,  apice  fu- 
scis.  —  Long.   lin.    2  1/2  :   lat.   3/4-  lin. 

Rarus  pio|)e  Neapoliin  aeslale  occurrit:  quandoque  etiam  hyeme  sub 
arborum  corlicibus. 

24..  (228)  Pachyraerus  curtulus ,  noò.   (Hahn,  Wanz.  lab. 
VII  ,  fig.   27. 

P.  brevi Icr  ohlongus ,  brevissime pubeseens.  ocìdis  promimilis,  pro- 
nolo laleribus  immarginato  sinuoso ,  pone  medium  obsoletissime  trans- 
verse  impresso  ;  Jcnioribus  anlicis  tridenliculalis  ^,  inermibus  %  :  j'u- 
sconiger  opacus ,  punclulatus ,  pronoto  postice  ebjtrorumque  corto  brun- 
neo-cinnamomeis  ,  nigro-punctulatis  ;  membrana  fuscescente,  nervis  pai- 
lidis  ;  aniennis  pedibusque  brunneo-testaceis .  —  Long,  Ud.  i  1/2  :  lat. 
3/5  IÌD. 

Pachymcnis  arenarius ,  Hahn  (  excL  syn.  ). 

Ammeltius  ,  Ani. 

Pro|)e  Ni;a|)oiiiii  ,  (uin  hyeme  curn  aeslate  ,  parum  frequens. 

Variut  :  anii'iiiiaiiim  articiilo  primo  tantum,  vel  primo  et  ultimo,  fe- 
moribusqiie  fusci.s  vel  nfgricantibus. 

Nota.  Nomen  arenarius  ab  ITahn  huic  specie!  impositum  ,  jam  antea 
a  Linneo  prò  alia  liiijus  generis  specie  adhibilum  ,  relineri  non  potest  j 
quamobreni  illud  miliare  ccnsuimus. 

25.  (  229  )  Pacbymerus  sabulosus.  [  Hahn  ,    Wanz.  tab. 
XXXVI, /y.    117  ). 

P.  breviter  oblongus,  parce  pubeseens  ,  pronoto  aniice  angustiare, 

laleribus  immarginalo  ;  niger  subopacus  ,   punctatus  ,    elijtrorum    corto 

Jusco-ferrugineo  ,  membrana  albido-lulescenle  ;  aniennis  rostro  pedibtm- 

que  testaceis  ,  primis  articulo    ultimo  fuseo.  —  Long.    lin.    i  2/5  :    lat. 

2/5  lin. 

Pachymenis  sabidosus  ,  Schill.,  Hahn. 

Lygaeua  pedestris ,  Fall. 


(  246  ) 

Rarus  in  regno  obTenit. 

Variai  :  corpore  magis  nitido  ^  pronoti  parte  postica  elytrorumque  co- 
rio  laete  ferrugincis  ,  hoc  nebulis  obscuriorilnis. 

26.  (23o)  Paclìjmerus  sabuleti.  (  Haha,  IVanz.  tab.  LXVI, 
fig.  201   ). 

P.  elongatus  ,  anlennis  crassiusculis  ,  pronolo  laleribus  immargina- 
to ,  pone  medium  ohsol dissime  transverse  impresso  ;  femoribus  anti- 
cis  spinulosis  :  nigcr  opacus  ,  punctulatus  ,  elt/trorum  cario  punclalo- 
itriaio  ,  luteo  tei  testaceo,  macula  irregulari  ad  angulum  posiicum  inter- 
rmm  J'usca  ;  membrana  albida  ,  pedibus  testaceo  ferrngineis  ,  femeribut 
medio  infuscalis.  — •  Long.  lia.   i  ipo  :  lat.   i/3  Un. 

Paehi/merus  sabuleti ,  flahn  (  Wanx.  )  ,  Her.  Sch. 

Paehybrachitis  luridas ,  Huha  (  Icon.  ad  mon.  ). 

Variai:  a  )  elylrorum  corio  propc  basini  macula  distincta  transversa 
fusca . 

b  )  pronolo  postice  brunneo. 

Haud  rarus  prope  Neapolim  ,  praesertim  hyeme  sub  arborum  corticibus: 
rarietas  lamen  b  salis  rara. 

Nola.  Ex  Hahnii  figura  pedes  loti  pallide  testacei  t  descriptio  Herri- 
ScbàfTcrii  centra  pedcs  ferrugineos  femoribus  apice  late  nigris  refert.  Spe- 
ciniina  nostra  omnia  fcmora  fusea ,  basi  apieeque  testacea  tabent  :  caete- 
rum  cum  Halinii  icone  citata  conveniunt. 

27.  (23 1)  Pachyraeriis  mitellatus,  nob.    Tab.  \.,fig.  9. 

P.  ohìongus  ,  angustalus ,  capite  acuminalo  ,  pronolo  planiuscuh 
subquadrato  ,  laleribus  marginato  haud  diaphano ,  pone  medium  trans- 
verse  sulcalo  ;  femoribus  anlicis  dentalis  ■■  ferrugineus ,  elyirorwn  corio, 
basi  excepta  ,  venlreque  obscurioribus .  —  Long.  lin.   i  1/6:  lai.   i/4  l'i. 

Antennae  crassinsculae  ,  parce  pilosae  ,  articulis  subaequa- 
Hbus  ,  terlio  vix  secando  breviore. 

Caput  longius  quam  iatuin  ,  antice  conico-acuminatum,  sub- 
filiter  piinclato-granuialum. 

Pronoliis  planiusculus  ,  subquadratus ,  vix  antice  angustior, 
laleribus  marginalus  haud  diapbanus  ,  angulis  anticis  obtiisis  , 
posticis  rectis  ,  pone  medium  transverse  sulcatus,  superficie  sub- 
tiliter  punctato-granulata. 


(    2^7    ) 

Scutellum  parvum  ,  Iriangulare  ,  subacquilaterum  ,  uti  prò- 
notus  punclato-graaulaliira. 

Elytra  abdorainis  apicem  vix  excedentia,  corio  elongato  , 
irapresso-puncfalo  ;  membrana  parva. 

Tibiae  anlicae  basi  panini  arciiafae  ,  apice  crassiores. 

Color  fusco-ferrugincus  ;  elytrorura  corio  fusco,  basi  ferru- 
gineo; membrana  fusca,  limbo  pallidiore. 

Ranssiinus  «ul  plniilannn  radiccs,  propc  Nespolim. 

28.  (282)  Pachymerus  niibilus.  (  Schill.  I,  tab.  VII,/^.  2). 
P.  ohlonyus ,  oculis  prominìtlis  ,  pronoto  anlice  angu^Uore  ,  laleri- 

bus  immarginalo  y  pone  medium  obsolete  transverse  impresso  ,  femori- 
bus  anlicis  bidentalis  ;  niger  sìibaencus,  opacus  ,  punclalm  ,  pronolo  pò- 
alice  ,  sculello  apice ,  elylrormnjtie  corio  griseo-teslaccis  ,  nigro-puneta- 
tia ,  hoc  postico  maculis  duabns  vel  Iribus  nigris  ;  membrana  pallidi 
fusea  ,  nervi s  allndis  ;  genie ulis  tibiis  larsisr/ue  testaeeis.  —  Long,  Un. 
2  iiZ  :  lat.  3/4  -liii . 

Lygaeus  nubilus  ,  Panz.  ,  Fall. 

Pachymerus  nubilus.  Sellili. 

Pachymerus  geniciilatus  ,  Halm. 

Rarus  in  le^iio  (ccurrit. 

29.  (233)  Pacliymprus  tessella  ,  nob. 

P.  obl<n(/us,  ocìdis  prominulis  .  pronolo  anlice  angusttore ,  làteri- 
bus  immargiwtlo  ,  medio  Iransverse  ohso'etissime  impresso ,  giosse pun- 
ciato  ,  Jemorihus  aulici s  inermibus  r  nigcr  opacus  ,  elntrornm  corio  lu-^ 
tea,  postice  macu'is  n'grojuseis  tessellato  ;  membrana,  aibido-tuteseente, 
nervis  pallidioribus  ;  atilennis-  pedibusque  lutei-s ,  femorib^ics  medio  late 
nigris.  a*    ?  -  —  Loiij;.    liu.  2:  lai.   2/3  lin. 

Jntennae  luleae  ,  arliculo  ultimo  obscuriore ,  primoque  ba- 
li uigricante. 

Scutellum  apice  acuminalum ,  uti  pronotus  grosse  punctatum. 

Praecdenli  quodammodo  afiliiis  ;  salis  taraeu  differì  pronoto 
scutelloque  fortius  punctatis  ,  elytris  aliler  pictis ,  femoribus  an- 
tìcis  inermibus  ,  aliisque  cbaracteribus. 

Rarus  propc  Ncapoliiu  occurrit  :  legimus  etiam  ia  Sicilia  prope  Pa* 
aormuiD. 


(  248  ) 
Variai:  pedibus  omnino  liiteis. 

3o.   (234.)  Pachymerus   praetextatus.    (   Her.    Sch.    PFanz, 
tab.  CXIII  ,  Jig.  Soy  ). 

P.  oòlimgiis ,  pronolo  laleribits  ììiuìì arginato  ,  anlice  valde  convexo, 
pone  medium  profiinde  Iransverse  sulcalo  ;  Jemoribus  anticis  dcnticu- 
lalis  unidenlalisque  :  niger  nilidus  ,  anlennariim  articulis  primo  et  se- 
<:undo  apice  Julcis;  eìyirorum  cario  teslaceo  ,  apice  late  Jtiseo ,  mem- 
òranaj'usca  ,  òasi  late  ^  apice  obsolelius  alba;  pedibus  fui  vis,  femoribus 
anticis  ^  apice  excepto,  nigris.  —  Long.  lin.  i  4/5  -  2  i/3  :  lat.  1/2-3/4  I'H. 
Pachxjmerus  praclexlalus ,  Her.  Sch. 
Psammophilu-s ,  km. 

Aulumno  byemeque  sub  arborum  corticibus  haud  rarus  in  regno  obveniU 
3k  (235)  Pachymerus  bivirgalus ,  nob.  Tab.  \,  jig.  io. 
P.  oblongus  ,  pronoto  immarginalo  ,  pone  medium  obsolete  transvet^ 
se  impresso  ,  antice  sublililer ,  poslice  forlius  punctato ,  Jemoribus  an- 
ticis inertnibus:  niger  nitidissimus  ,  elylrorum  cario  villa  angusta  obli- 
qua margini  scutellari  parallela  fuloo-ferruginea;  membrana  /uliginosa. 
—  Long.  lin.  I  1/2  :  lat.   2/5  lin. 

Antennae  corporis  dimidii  longiludine ,  parce  pubescenles  ; 
articulus  primus  brevis  incrassatus ,  secundus  tertio,  quartus  se- 
cundo  paulo  longiores. 

Caput  triangulare ,  convexiusculura  ,  finissime  impresso-pun- 
ctatum. 

Rostrum  pedum  anteriorura  basim  tantum  attingens. 
Pronotus  fere  aeque  longus  ac  postice  latus  ,  antice    paulo 
angustior ,  raodice  convexus  ,    pone  medium  obsolete  transverse 
impressus  ac  coarctatus  ;  in  parte  antica  subtilissime  ,  in  postica 
iortius  impresso-puuctatus. 

Mesosternum  transverse  subtilissime  rugulosum. 
Sculelhim  triangulare  ,  apice  acutum  ,  convexiusculum ,  sub- 
tiliter  impresso-punclatum. 

Elylra  corio  ad  marginem  scutellarem  lineatim  et  forlius, 
cxlerne  subtilius  et  irregulariter  punctato. 


I 


(  24-9  ) 
Rarus  in  Salonlo  ,  in  sabulo  niarilimo:  Icclus  a  doct.  los.  Gosla,  a  (jiio 
nobis  comunicalns. 

32.  (236)  Pacliymerus  subcrytropus.  (  A.  Cost.  Emit.   Eler. 
Sic.  tab.  ann.  /".  3  ). 

P.  eloiì^alus  .  pronolo  ìmmargìnato ,  laliludinc  poslica  longiorc  , 
postice  depresso  forliter  puiiclato,  Jemorilnis  anlicis  deniiculatis  uniden- 
ialisque  :  ìiiger  nilidus  ;  anlennanim  arliculo  primo  ,  quarto  et  secun- 
di  basi ,  pedibusque  Jlavo-rufesceniihus.  —  Long.   Un.  3:  lai.    ò'/fi  Un. 

Pachymeriis  sìificrylropus  ,  A.   Cost.   (i). 

Sj)ocit"s  clegans  ,  piimuni  in  Sicilia  detecla  ,  postea  cliaiu  in  regno 
ncapolilano  inventa  :  rara. 

Variai:  a)  antcnnis  uigricanlibus,  articulo  secando  tantum  basi  rufe- 
sccntc. 

b  )  feinoribus  medio  inl'iiscatis  vel  nigricantibus. 

Nola.  Specimina  nondum  Granino  completa  eljtrorum  corium  ad  mar- 
gincm  sculollarem  piccuin  praebent. 

33.  (237)  Pachymerus  bideaticulatus  ,  nob. 

P.  breviter  obloiujn^ .  pronoto  lateribiis  tenuiter  submarginato ,  con- 
■vexiusculo  ,  posliee  Iransverse  impresso,  et  fortius  punclato  ,  clylro- 
rum  corio  subtililcr  punclulalo  ;  femoribus  anlicis  bidenliculalis  :  niyro- 
piceus  ,  pronolo  posliee  ehjlrorumque  corio  pallidiore,  membrana  albido- 
lutescenlCy  anlennis pcdibusque Jerrugincis . — Long.  lin.  i  2/5:  lat.  1/2  lin. 
Affiuis  Pack,  brevipenni ,  a  quo  differì  :  statura  paulo  mi- 
nore ;  elytrorum  corio  subtililer  non  grosse  punctato;  membrana 
completa  ;  prono to  antice  minus  inflato  ;  femoribus  anlicis  den- 
ticulis  duobus  subaecpialibus  (  in  P.  brevipenni  denticuli  qua- 
tuor  enumerantur  ,  aequidistantes ,  medii  majores  ). 

Rarus  prope  Neapolim. 
34..   (i38)  Pacbymcrus   hemipterus.    (  Ilahu ,   JFanz.    lab. 

\y.,fig.  37  ). 

P.  oblongo-anguslatus  ,  pronoto  latitudine  paulo  breviore ,  immargì- 
nato  ,  pone  tnedium  Iranscerse  su/calo  ,  elylris  jìlcrunique  abbreciatis  , 

|i)  Annalcs  de  la  Soc.  Eoi.  de  France  ,  X  ,  p.   202. 

3a 


(    2^)0    ) 
limbo  membranaceo  :  nif/er  ,  pronolt  margine  jmslico  ,  scutelli  apice,  e- 
lìjlrisque  liiteis,  membrana  medio  fusca  ;   aniennanim   arliculo  secimdo 
et  primi  apice,  pedibusque  tesiaceis  ,   femoribus  medio  late  nigris.   — 
Long.   lin.   I    1/3  -  I  1/2:  lat.  1/3-2/5  Un. 
Pachymerus  hemipterus ,  Sellili.,  H.ihn. 
Pachijmerus  slaphylinijoì'mis ,'^sàìa  (  excl..  synon.  ) 
Tynopteryx ,  Ani. 

Haud  rarus  in  regno  ,  praesei-tim  hyeme  sub  arborum  corticibas. 
Nola.  Major  speciminum  pars  oplime  cum  Habnii  icone  citata  convenil: 
sunt  tanien  quae  elylra  coiio  lucrabranaque  conipletis  ,    abdoniiuis    apicein 
atlingentia  babcnt. 

35.   (239)  Pachymerus  palliatus,  nob.   Tab.  \.^  fig-    11. 
P.  clonyatiis,  anguslaiiis  ,  jjro7wto  laliludinc  paido  longiore,  immar- 
giìiato  ,  jione  medium  transverse  impresso ,  grosse  piinctato  ,  femoribus 
aiiticis  irispinulosis  :  niger  sriònitidus,  vix  pnbescens  ,  clylris  abdomine 
longioriòus  et  latioribus  ,  albidis  ;  pedibus  pallide  luteis  ^.femoribus  fne- 
dio  late  nigris    —  Long.  lin.   i  1/2  :  lat.    i/3  lin. 
Corpus  elongalum ,  valde  angustaliim. 
Caput  latitudine  longius ,  antice   angustatum  ,    apice    obti^ 
sum  ,   luberculis  anlenniferis  recte  truncatis  ;    supra   convexura  , 
grosse  puuclatura  ,  subgranulatum  ,  nigrum. 

Antennae  dimidii  corporis  fere  longitudiue  ;  articulus  pri- 
mus  brevis  ,  secundus  tertio  distincte  longior  ,  ac  quarto  paulo 
brevior  :  piceae,  articulo  primo  nigricante. 

■  Roslrwn  mesosferni  marginem  anticum  attingens. 
Pro7iotus  latitudine  baseos  paulo  longior  ,  antice  paulo  an- 
gustior  ,  lateribus  iramarginatis  obtusis  ,  mox  pone  medium  tran- 
sverse impressus  :  supra  totus  grosse  et  crebre  puactatus:  niger 
subopacus. 

Scutellum  parvum ,  triangulare ,  ut  gronotus  grosse  puncta- 
tum  j  nigrum. 

Mesostemum  laeve  nitidum,  niedio  longitudinaliter  sulcatum. 
Elytra  simul  abdomine  latiora  et  loagiora  ,    cono   parvo  , 


(    2^1    ) 

sublilisslme  punctalo  ;  membrana  magna  ,  albida ,  nervis  conco- 
loribus  ,  summa  basi  infuscata. 

Pedes  longitudine  mediocrcs  :  femora  antica  incrassata ,  ad 
apicem  spinulis  tribus,  a  postica  majori  acuta  subarcuata  ad  an- 
ficam  decrescentibus  ;  pallide  lutei,  femoribus  medio  late  nigris. 

Abdomen  angustum  ,  nigrura  nilidum  ,  ventris  articulo  pri- 
mo ferrugineo. 

Haud  infrequcns  prope  Neapolìm^  praesertim  hyeme  sub  arborum  corli- 
cibus  ,  ubi  gregarius  sacpc  invenifur. 

Observalio.  Primo  inluilu  Pack,  dijtomoidi  affinis  ;  capilis  laincu 
forma,  aliisque  charaderibus  maxime  differì. 

Genus  Aphanosoma  ,  A.  Cost. 

In  memoria  de  quibusdam  Ilemipterorum  Heleropferorum  utriusque  Si- 
ciliae  speciebus,  iu  Socictalis  Entomologicae  Gallicac  Actis  anno  i84i  edita, 
hoc  noTum  genus  prò  singulari  Lygaeino  ocellis  destituto  inslituimus.  Specimi- 
na  tamen  quae  in  nostra  colleclione  servanlur  antennarum  parte,  pcdiiiusque 
careni  :  quare  de  bisce  corporis  partibus  nullum  verbum  facere  licuit.  Nec 
posterioribus  perquisitionibus  ullum  completum  specimen  invenire  pofuimus. 
Diagnosis  igilur  generica  rite  statuì  non  polest. 

1.  (24.0)  Apbanosoma  italicum.   Tab.  \\^  fig.    i. 

A.  elongalum ,  ftcbcylmdraceum  ,  elytris  abbrematis  apice  oblique 
tru  ncatis  ,  membrana  deslituHs  ;  niffro-pieeus  ,  antennarum  nrliculo  pri- 
mo Jlavo  ,  reliquia  ...  ;  pronoti  margine  postico  flavo;  elytris  brun- 
neis  ,  òasi  apiceque  Jlavis  </  ,  flavis ,  postice  margineque  interno  brunneo 
$  ,•  pedibtis  ....  —  Long.   lin.  3-3/»  :  lai.  %  lin. 

Aphanosoma  italicum,  A.  Cos. 

In  aprutiis  semel  specimina  duo  (  c("  $  )  legimus. 

Genus  Xylocoris. 

2.  (ajii)  Xylocoris  obliquus  ,  nob.   Tab.  II ,  jfy.    a. 


(    252    ) 
X.  nìffcr  nìlidìssìnms  ,  elylrorum  corto  jiigro-pieeo ,   viltà    obliqua 
externa  abbreviata  pallida,  squama  nigra,  membrana  Iiy alina ,  pedibus 
nigro-piceis .  —  Long.  lin.  i  :  lat.  %  lin. 

Antennae  corporis  dimidii  fere  longitudine  ,  arliculus  pri- 
mus  brevis  incrassatus  ,  secundus  primo  duplo  longior,  tertius  et 
quartus  setacei  pilosi. 

Rostriim  pedum  raediorum  basim  attingens ,  piceum. 
Elylra  corio  nigro ,  viltà  obliqua  ;  margini  scutellari  paral- 
lela ,  a  margine  externo  ad  angulum  posticum  internum  ducta, 
hic  evanescente ,  albida. 
Rarus  prope  Neapolim. 

Observatio.  Habilu  Jnthoeori  eursilanii  affinis,  a  quo  praesertim  cha- 
racteribiis  gcnciicis,  antennarum  scilicet  articulis  ultimis  duobus  setaceis,  et 
roslri  longiludiue,  maxime  differt. 

Familia  CAPSINL 

Genus  Mmis  ,  Fab, 

Corpus  elongatum,  angustatum  .  Caput  latitudine  multo 
longius  -,  orizontale ,  antica  acuminatum.  Antennae  in  vcrticis 
margine  insertae. 

I.  (24.2).  Miris  calcaratus.  (Habn,  Wanz.tab.  ll^fig.  8). 
31.  pallide  viridi-Jlavescens  ,  capite  pronotoque  saepius  fosco  fitta- 
tis  ,  femoribas  posticis  ad  apicem  spina  valida  acuta  ,   aliaque    minuta 
ante  eam  armatis.  —  Long.  lin.   3%:  lat.  liti.   i. 
Miris  calcaratus  ,  Fall.,  Burm.,  Am.  Scrv. ,  Mey, 
Miris  dentata  ,  Hahn. 
Blapto7ììerns  ,  Am. 
Rarissimus  in  regno  occurrit. 

2.   (24,3)  Miris  erraticus.   (  Banh  ,  Waaz.  lab.  UN ,  Jig. 
i63  (/   164.  ?  ).  '    ^j       '  ^  (fi.^ . 

M.  capite  antice  producto ,  clypcum  superante  i  antennarum    arti- 


(    2^3    ) 
ctdo  primo  valido  pt'loso  ,  pronoli  lomjiludine  :    viridis  ,  capile  prono/o 
sculcllofjuc  ni<jro  lonyiludiiudilcr  linealis.  —  Long.  lin.  I^  :  Jat.   lin.   i. 

Cimex  erralicus,  Lin. 

Mtris  erralicus,  Fall.  ,  Buim.  ,  Am.  Serv.,  Mey. 

Cimex  quadrilincalus ,  Schr.  (cf"). 

JÌJiris  honorum,  Wolf. 

In  regni  montil)us  occurrit.  In  monte  Majella  frequenfem  super  Ranun- 
eulos  Icgimus  ,  atque  in  monte  Virginiano  (  Monte  Vergine  )  super  alias 
otiam  plantas ,  rariorem. 

Variai  :  corporc  siipra  nigro-viresccnte,  pronoli  clytrorumque  lafcribus 
sordide  {lavoscciitihiis. 

3.  (  24.4-  )  Miris  laevigatus.  (  Halin  ,  JFanz.    tab.   LIV  , 
Jìg.   i65.  ) 

M.  pronoio  latitudine  postica  longiore  ,  anlennarum  articulo  primo 
piloso  ,  pronoto  parum  lontjiore  ;  femoribus  posticis  incrassatis  subclava- 
lis  :  viridis  v ci  pallide  lutescens.  —  Long.  lin.  3  i^2:  lai.  9/10  lin. 

Cimex  laevigatus,  Lin. 

Miris  laevigatus,  Fab.,  Fall.,  Burm.,  Mcy. 

Miris  virens  ,  Ilaim  (  Cg.  cit.  ). 

Chlo7'olus ,  Am . 

In  regno  passim  occurrit.  Specimiaa  ex  Salente  doct.  Ics.  Costa  no- 
I)is  comunicavit. 

4.  (24-5)  Miris  virens.  (  Habn ,  TFanz.  tab.  \A\\^fig.  161  ). 
M.  pronolo  lati  ludi  ne  postica  longiore ,   anlennarum  articulo  primo 

valido  piloso  ,  pronolo  breviore  ,  femoribus  posticis  parum  incrassatis  : 
viridis,  pallidus,  fen-ì/gineusve  ,  anlennis  apice  tarsisque  ruj'esceniibus. 
—  Long.  lin.  4-;  l'il-  li'i-   I' 

Cimex  virens  ,  Lin. 

Miris  virens ,  Fab.,  Mcy. 

Miris,  Am.  (excl.   WulGi  syn.  ). 

Frequens  prope  Ncapolim  ,  aliisquc  in  regni  regionibus. 

5.  (  24.6  )  Miris  curticollis ,  nob. 

M.  pronoto  fere  aer/ue  longo  ac  posticc  lato  ,  anlennarum  arliculo 
primo  valido  pilosn  ,  pronoti  longitudine  ;  femoribus  parum  incrassatis: 
viridis ,  elytris  margine  externo  pallidiore,  antennis  libiis  tarsisque  rw 
fescentibus.  —  Long.  lin.   3  1/8:  laf.  8/io  lin. 


(  iU  ) 

torpore  mlnus  elongato ,  pronotoque  breviore ,  haec  specles 
fi  praecedentibus  dignoscilur. 

Rarus  in  regni  monlibus.  Leximus  in  Aprufiis  atque  Malese. 

6.  (24.7)  Miris  ruficornis.  (  Hahn,  IFanz.  lab.  LXVl,  ^y. 

200  ). 

M.  gracilìs ,  antennis  corporis  longitudine  ,  femoribus  basi  incras- 
satis  :  jìallide  viridis  ,  jironoti  villis  qiiatuor  ,  mediis  qpjyroximatis  ad 
capilis  ^cuteìUque  ajncem  productis,  fusco-purpureis  ;  pectore  ventrisque 
latevibus  laeie  pallide  purpureis  ;  antennis  rufescentibus.  —  Long.  Un. 
2  :  lat.   2/5  lin. 

Miris  Tuficomis .,  Fall..,  fler.Sch. ,  Mey., 

Miris  pulc'hellus ,  Halin, 

Porphyroehrosus  ,  Am. 

In  Aprutiis  haud  infrequens  :  òbvenìt  efiana  prope  Neapolim,  sed  raro. 

7.  (24.8)  Miris  longicomis.  (  Her.  Scli.  JFanz.  lab.  CXXXV, 
jìg.   258  ). 

31.  pronoto  latitudine  postica  haud  longiore  ,  femoribus  posiicis  fi- 
lijormibus  ,  antennis  corpore  longioribus ,  articulo  primo  pronoto  longio- 
re ,  fere  glabro:  viridis  ,  antennis  rufescentibus.  —  Long.  lin.  2  2/3  : 
lat.  2/3  lin. 

Miris  longicornis ,  Tali.  ,  Her.Scli  ,  Mey. 

Ramamus ,  Am. 

Praecedente  multo  rarior  prope  Neapolim. 

8.  (24.9)  Miris  quadrivirgatus  ,  nob.  lab.  II ,  J?^.   3. 

31.  corpore  minus  angustato  ,  pronoto  latitudine  postica  paulo  bre- 
viore ,  antice  angustiore ,  antennarum  articulo  primo  pronoto  longiore 
piloso  ,  femoribus  posticis  basi  incrassaiis  .■  pallide  ?iankineus ,  pronoti 
vittis  quatuor  aequedistantibus  ,  duabus  mediis  in  caput  scutellumque 
eontinuaiis,  vittis  quatuor  venlralibus,  elytrorumque  corii  vitto  ferrugi- 
neis ;  horum  squama  ruf essente  ,  margine  extemo  pallido.  —Long.  lin. 
4.:  lat.  lin.  1  1/5. 

Elytrorum  corium  saepius  vittis  duabus  obliquis  roseis ,  in- 

terdum  exoletis. 

Rarus  prope  Neapolim  ;  frequentici  ia  Salento  (  los.  Costa  ). 


(    2'jb'    ) 
Nola.  Dcscripla  spocics  cadom  vidiTclur  ac  Gvammomus  Am.  (i);  r.t 
illud   li  premier  arlicìe  dea  an/c/incs  pcu  plus  long  que  la  lete  s  obslaret. 
In  noslia  cniin  Specie  primus  antonuaruru  arliculus  lUuUo,  paulo-rainus  du- 
plo, capite  longior  est. 

Genus  Lopus  ,  Ilalm. 

Corpus  oblongum.  Caput  latitudine  brevius  ,  antice  decli- 
ve. Pronolus  lalcribus  raarginatis  ,  rectis, 

1.  [2^0]  Lopus  discors  ,  noò. 

L.  pallide  flatus  vcl  auraniius  ,  capiiis  villa  media  anliee  bijida  , 
ae  protwti  villa  nirinque  ad  oculos  produeta  nigris  ;  venlris  laleribus  lar- 
sisque  fuscis;  srulcllo  auranlio,  linea  media  longitudinali  pallida:  $  an- 
lenms  validiorilms  ,  crebre pilosis ,  elijtris  abdomine  brevioribus.  —  Long, 
lin.  4  •■  lat.  lin.    i. 

Afiìnis  L.  dolabrato  ,  a  quo  corpore  magis  elongato  ,  pro- 
noto antice  angusliorc  ,  antennis  in  femina  multo  yalidioribus 
et  crebrius  pilosis,  nec  non  pictura  satis  differt. 

in  niontibus  Malese  acstatc  legimus  :   haud  rarus. 

2.  [25 1]  Lopus  alboraarginatus.  [  Hahn,  Wanz.  /aó.  XXII, 

A-   72- 

L.  brunneo-rufeseens ,  pubescens ,  linea  dorso  fi  a  capite  ad  scutelli 
apicem  ditela,  maeula  iniraorbitali,  pronoli  villa  vlrinquc  pbbreviaia,  ely- 
trorumque  limbo  erlcrno  lineaquc  obliqua  interna  pallidis ,  horum  squa- 
via  aurantia,  membrana  albidof uliginosa.  —  Long.  lin.  3:  lat.  lin.  i  i/5. 

Lygaeus  albo-marginatus ,  Fab.  (  Ent.  Syst.  ). 

Capsus  albomarginalus,  Fab.  (Syst.  Rbyn.  ),  Fall.,  Haha. 

Phylocoris  albuslrialus ,  Klug. ,  Burm. 

Lopus  albo-slrialus  ,  Mey. 

Lopus,  Am. 

—  Variclas.-  brunneo-rufeseens,  capitis  macula  occipitali,  pronoli  vii- 
ia  media  ,  antice  dilatala ,  poslice  ad  seutelli  apicem  ducta ,  squamaqut 

(i)  Entom.  Fianc.  Rbynch.  n.  i85:  An.  Soc.  Ent  gali.  2.">»ser.  IV,  p.  i23. 


(    2^6    ) 

irttfo-ferruijìneìs;  elyfrorum  coni  limho  cxierno ^  lineaqne  obliqua  intcT' 
na  palliclis:  anlennìs  pedibusgue  nigricantibus.  —  Long.  lin.  3  i/3  :  lat. 
lin.  I  1/5. 

Lopus  rubro-striatus ,  Her.  Sch.  tab.  LXXXVI,  fìg.  260. 

Rarus  in  regni  niontibus  :  typum  in  mon.  Malese  aeslate  Icgimus;  va- 
rietas  lypo  rarior. 

3.   [252]  Lopus  erythromelas.  [Halin,  Wanz.  tab.  LXXV, 
jig.   23 1  ]. 

Z.  bninneo-niger ,  capite  ulrinque  intra  cculos ,  pronoti  laieribiis ,  li- 
neaquc  longitudinali  medici^  sciilello  ehjtrorwnque  squama  rubris:  femo- 
ribus  posticis  libiis  qite  omnibus  annulo  pallido.- — Long.  ]in,  3  ip:  lat. 
lin.   I   1/3. 

Phylocoris  eryihromelas ,  Hahn. 

Variai.-  capite  intra  oculos  pallido:  libianTni  annulo  obsoleto. 

Legimus  nestaie  in  Monte  -5".  Angelo  a  Castellammare:  raruni.  Speci- 
mina  etiam  ex  Salenlo  misit  doct.  los.   Costa. 

Genus  Phitocoris. 

a\  antennarum  articulo  primo  capite  multo  longiore. 

8.   [253]  Phylocoris  populi.  [Mey.  Werz.  tab.  ^\\.^fig.  i  ]. 

Ph.  viridis  vel  pallidus,  pronolo  abdomineque  nigro-marginalis;  e- 
lytrorum  corio  maculis  sublriangularibus  irregularibus  nigris  martnora- 
io:  membrana  albida,  ^uliginoso  variegata.,  nerco  primario  nigricanle ; 
antennis  pedibusque  nigro  annulatis.  — Long.  lin.  3:  lat.  9/10  lin. 

Cimex  populi ,  Lin. 

Lygaeiis  populi,  Fab . ,  Fall . 

Phylocoris  populi,  Mej. 

Ilacodus ,  km. 

—  Varielas.   Mey.  tab.  VII,  fìg.  4- 

Brutineus,  pronoto  lateribus  obscurioribus ,  limbo  postico  pallido ,  seti- 
telli  linea  inedia  longitudinali  pallidiore ,  elytroruni  corio  sordide-palli' 
do  var  legalo:  antennis  fuscis ,  articulo  primo  pallido  annulalo  pedibusque 
pallidis  ,  fusco  maculatis. 

Diaslictus ,  Am. 

Tyi)us  prope  Neapoliro  rarus;  varielatem  rarissimam  in  aprutiis  legimus. 


(  2i^7  ) 

9.  (254.)  Pbylocoris  obliquus,  nob.    Tab.  II ,  j^g.  4-- 

P.  elongalus,  parce  pubescens  ,  antennarum  arlieulo  primo  scialo- 
so:  luleo-cinereus ,  scidclli  maculi s  duabus  marginalibus  nigris,  elyirorum 
cario  vittis  duabus  obliquis  obscure  fuscis ,  squama  intus  rosea  ,  extus 
pallida  j  apice  fusca;  membrana  albida  fuliginoso-variegala.  —  Long. 
lin.   2  2/3:  lat.  3/4-  lia. 

Caput  breve  convexum,  antice  rotundalum ,  nilidimi ,  linea 
longitudinali  pallida. 

Antennae  articulo  primo  capite  pronotoque  siraul  paulo  brc- 
viores  ;  pilis  rigidis  birto  ;  secondo  primo  duplo  fere  longiore  ; 
lertio  praecedente  breviore  ;  ultimo  tertii  dimidii  longitudine. 

Pronotus  latitudine  postica  paulo  brevior  ,  antice  angusta- 
tus  ,  lineis  duabus  transversis  impressis  :  luteo-cinereus  ,  linea 
media  longitudinali  pallida,  lineaque  transversa  postica  utrinque 
abbreviata  fusco-atra. 

Scutellum  pronoti  concolor,  utrinque  maculis  duabus  mar- 
ginalibus saturate  uigris ,  antica  breviore ,  postica  elongata, 

Elylra  corio  vittis  duabus  obliquis  fuscis:  antica  laliore  ab 
angulo  humerali  ad  angidum  posticum  internurù  ducta  :  secun- 
da  a  dimidio  marginis  externi  ad  marginem  posticum.  Squama 
dilute  rosea  ,  externe  pallida,  apice  obscure  fusca.  Membrana  al- 
bida ,  fuliginoso-variegata  ,  ad  squamae  apicem  byalina  ,  nervo 
primario  elytri  concolore. 

Pectus  et  abdomen  pallida  ,  fusco-ferrugineo-variegata, 

Pedes  pallide  testacei,  fusco-ferrugineo  irrorati;  femoribus 
poslicis  ferrugineis,  guttis  maculaque  niajore  ante  apicem  pallidis. 
Prope  Ncapolim,  paruin  frequens. 

10.  (255)  Phytiicoris  exoletus  ,  nob.   Tab.  Il  .^  fig.   5. 

P.  elongalus,  pa!  'de   nankineus,   capiiis  lineis  duabus  tn  pronotx 

margine  antico  ierminnlis  roacis,  eltjtrorum  corio  vittis  duabus  obliqui* 

eroletis  roseis;  Jenwi  ibiis  postici»  annulo  ante  apicem  pallido.  —  Long. 

lin.   2   i?2:  lai.  8; IO  liii. 

3J 


(  258-  ) 
Corpits  in  mare  magis  angustatum,   lateribus  fere   paralle- 
lis  ;  in  faemina  elytris  parum  latioribus  ,   corpus  elongato-subo- 

vatum  formantibus. 

Observatio.  Capso  Spiholae^  Mey.  haec  species  quodammodo  afBnis  tì- 
delur:  pictura  tamen  satìs  diversa. 

Rarus  ia  Aprutiis ,  nec  non  ia  agro  Neapolitano . 

b  )  antennarum  articulo  primo  capitis  longitudine ,  vel  vis 
longiore.. 

11.  (256)  Phytocoris  striatus.  (  Hahn,  Wanz.  lab.  hXXl, 

fy.  219  ). 

P.  elong atus ,  niger ,  pronoii  viltts  tribus  scutelloque  Jlavis  ,  elytris 
cono  Jlavido  vel  ferrugineo ,  lineis  longiliidinalibus  nigris  :  squama  au- 
rantia.  — Long.  lin.  4--4  1/2:  lat.  lin.   i  i/io-i  1/8. 

Cimex  slriaius,  Lin. 

Miris  slriaius,  Fab.,  Wolff. 

Lygaeus  slriaius ,  FalL  { mon.  ),  Panz. 

Phytocoris  slriaius,  Fall.  (  hem.  suec.  ),  Hahnì, 

Capsus  alrialus ,  Mey. 

In  regni  montibus  elevatis  (  Malese  ) ,  aliisque  niinus  calidis  regionibus, 
parum  frequens. 

Variai:  a)  pronoto  rufo-ferrugineo  ,  an lice,  postice,  lineaque  utrìhque 
longitudinali  nigris. 

ò)  scutello  ferrugineo  ,  linea  media  longitudinali  nigra. 

e)  antennarum  articulo'  tertio  basi  pallido. 

d)  antennarum  articulo  primo  ferrugineo. 

e)  pedibus  nigris  vel  rubro-ferrugineis^ 

12.  (257)  Pbytocoris  melanocephalus.  (Hahn,  fVanz.  lab. 
XXIV, /^.  7*?). 

P.  elongatus,  pallidus  subrufescens ,  capile,  pectore,  abdomineque 
brunneis  vel  nigricanlibus ,  niiidis;  elylrorum  membrana  in  margine  exler- 
no  infuscata.  —  Long.  lin.  2  ij^:  lat.  2/3  lin. 

Cijnex  melanocephalus,  Lin. 

Capsus  melanocephalus  y  YLit.  Sch.,  Eahn,  Mej. 


(  2^9  ) 

Phytocoris  melanocéphalus ,  Burm. 

Lygaeus  revesliius ,  Fall.   (  moa.  ) 

Phytocoris  revestùiis ,  Fall,  (bem.  suec.  ) 

Mi'rts  pallens,  Fab. 

Prope  Neapolim  in  colle  Camaldulense ,  rarus: 
i3.  (258)  Phytocoris  cinctipes  ,  nob. 

P.  oblongus  ,  niger ,  pube  rara  adpressa  holosericea  Jlavescente 
vestilus  ;  pronoli  limbo  postico ,  scutelli  apice,  etylrorumgue  corii  villa 
laterali  obliqua  abbreviala  ,  inlerdum  exolela ,  pallidis  ;  squama  lata  , 
coceinea ,  apice  nigra  ;  anlennarum  articuli  lertii  basi ,  annulo  angusto 
infemoribus,  lodo  in  libiis  posterioribus-,  pallidis.  e"  $•  Long,  lin.  3  iji: 
lat.  lin.   I  1/5. 

Frequens  in  regno,  primo  vere  in  pratis, 
i4.  (259)  Phytocoris  trivialis  ,  nob.    Tab,  II  ,  Jig.  y, 

P.  elongatus ,  pronoto  scutelloque  trtmsversim  minutissime  rugulo- 
sis--  supra  nigro-virescens;  capile,  pronoto,  scutelli  apice,  elytrorumque 
eorii  margine  laterali  sordide  viridibus;  pronoto  margine  laterali,  pwi' 
clisque  duobus  discoidalibus  nigris;  sguama  angusta  elong  ala,  rufo-san- 
guinea  ;  membrana  Jìisca ,  nervis  sanguineis:  subtus  cum  pedibus  sor- 
dide virescens,vel  viridi-flavescens .  d"  $  .Long.  lin.  3-3  1/2:  lat. lin.  i-i  i/5. 

Frequens  in  regno  ,  primo  vere  ,  in  pralis. 

Variai  :  a)  squama  sordide  virescenti. 

b)  capite  maculis  duabus  nigro-virescentibus  :  pronoto  fascia  fransversa 
antica  fusco-vividi. 

e)  femoribus  posticis  fusco-maculatis. 
lU.  (260)  Phytocoris  fulvo-maculatus  (  Her.    Sch.    JVanz. 
tab.  LXXXVIII,/y.  267). 

P.  elongatus ,  fuscus  ,  antennis  pedibusque  ritjo-jerrugineis  ,  ely- 
irorum  sguama  miniacea  vel  pallida  ,  apice  Jusca  ;  scutelli  apice  pal- 
lido. —  Long.  lin.  3  i/4  :  lat.  lin.   i . 

Antennae  fuscae ,  articulo  secundo  basi  rufescente  ;    tertio 
basi-pallido. 

Frequens  in  regno,  primo  vere  ,  in  pratis. 

Variai  .•  a)  pronolo  fusco  ,  limbo  postico  ,  lineaque  media  loagitudi- 
Doli  rufesceatibus. 


(  26o  ) 
b)  sculello  to(o  pallide  fusco-rufescenle. 
e)  femoribus  fuscis. 
i6,  (261)  Phylocoris  bipuactatus.  (  Her.  Sch.  fFanz.  lab. 

XCVIII,/y.  298  ). 

Ph.  elong atus  ,  antennis  Jtliformibus  ;  pallide  vin'dis ,  pronoti  pun- 
ctis  duobus  poslicis  nigris;  elijtrorum  eorii  margine  scutellari,  villaque 
media  longitudinali  antic.e  angustala^  membranaque  fuseis:  squama  pal- 
lida, femoribus  fusco  pundatis.  —  Long.  lin.   3  1/2  :  lai.  lin.   i  i/5. 

Lygaeus  bipunctatus  ,  Fai). 

Lygaeus  4-punctatus  ,  ejusd. 

Phyiocoris  bipunctatus  ,  Fall.  ,  Her.  Schi. 

Capsus  bipunctatus  ,  Mcy. 

Miris  laevigatus,  Wolff.. 

Dispilodes ,  Ani. 

Frequens  in  loto  regno  ,  primo  vere  ,  in  pratis. 

Nola.  Miris  laevigatus  Wolfii  ad  hanc  speciem  adscribendus  videtur: 
saltem  specimina  nostra  optime  cum  ejus  icone  conveniunt  :  tantum  antennae 
in  nostris  distincle  flliformes,  nequearticulis  ultimis  duobus  exilioribus  setaceis. 

17.  (262)  Phylocoris  bimaculatus.  (  Her.  Sch.  Wanz.  tao. 
CXCY,Jìff.  607  ). 

P.  elongalus  ,  antennis  setaceis  :  viridis ,  pronoti  pnnclis  duobus 
mediis  nigris;  elytrorum  eorii  sutura,  vittisque  abbreviatis fuscis ,  squa- 
ma pallidiore;  membrana  pallida,  ulrinque  infuse  ala.  — Long,  lin,  3  1/2: 
lat.  lin.   I  1/6. 

Praecedenli  affinis  ,  a  quo  antennis  setaceis  ,  pronoti  pun- 
ctis  in  medio  locgitudinis,  nec  in  parte  postica  positis,  et  pictu- 
ra  dignoscendus. 

Capsus  l' imaeulatus  ,  Her.  Sch . 

Prope  Neapolim  ac  in  aliis  regni  regionibus  ,  haud  iufrequens. 

Variai  :  a)  elylris  testaceo-ferrugineis ,  lineolis  abbreviatis  fuscis. 

b)  pronoto  punclo  altero  ulrinque  in  quovis  angulo  Immerali. 

18.  (263)  Pliytocoris  pabulinus.  (Hahn,   Wanz.  lab.  XXIII, 
J^g-  74  ). 

Ph.  oblongus ,  tirescens  ,  immaculalus ,  larsis  fuscis, —hoag.  Ha. 
3  1/2  :  lat.  lin.  i  i/5. 


(  26t  ) 
Cimex  pabiilinus ,  Lin. 
Mirts  pabulinus  ,  Fab. 
Lygus  pabuìimis  ,  Ilahn. 
Phxjtoeoris  pabulinus ,  Mey. 
Cyrlochloris ,  Am. 
Fiefiuens  iu  regno  ,  in  pratis. 
15.    (264)    Pliytocoris    ferrugatus.    (  Halm,    JVanz.    lab, 

xxxm,>?y.  io4  ). 

P.  oblongus  ,  prono/o  antì'ee  valde  declive ,  ad  marginem  anticum 
transverse  silicato  :  viridis  ,  capitis  viltà  lata ,  pronoii  maculis  duabits 
anticis ,  scutellif/icc  linea  media  longitudinali  nigris  ;  elytroruni  corii 
margine  scutellari,  vitfis  ditabus,  squamaqxie  roseo-ferrugineis;  membra- 
na albida  vix  injuscala  ;  femoribus  Jlavo-roseis .  —  Long.  lin.  3-3  1/2  : 
l;il.   lin.    I-I  1/5. 

Lygaeus  ferrugatus ,  Fab.  ,  Fall.  (  mon.  ). 

Pliytocoris  ferrugatus  ,  Fall.  (  hem.  suec.  )  ,  Haha  ,  Burm, 

Capsus  ferrugatus  ,  Mey. 

Cimex  roseo-maculatus  ^  Deg. 

Enrhodesthes,  Am, 

Lectus  assiale  in  monlibus  altioribus  Malese  ,  parum  frequcns. 

Variat  ■•  a)  capilis  villa  lineam  flavam  vel  viridem  includente. 

b)  capile  fusco-nigricante  ,  utn'nqiie  ad  antennarum  basini  viride:  pro- 
noli  maculis  postico  in  -viltas  exoletas  productis. 

e)  capite  \iii(li-fla\csc(nli,  punclis  duobus  nigris:  pronoti  macnlis  exolelis. 
20.  (265)  Phylocoris  binotatus.  (  Her,  Sch.  fVanz.  tab. 
XCVIIl,/y.  296  ). 

P.  oblongus,  viridis  vel  viridi-flavescens,  capilis  apice ^  pronoti  mU' 
culis  duabus  magnis  elongatis  subrectangularibus ,  elytrorum  corii  villa  , 
lineaque  ulrinque  ventrali  nigris;  membrana  albida  ,  vix  infuscata.  — 
Long.  lin.  2  4/5  :  lai.   lin.   i. 

Lygaeus  binotatus,  Fab.,  Fall.  (  mon.  ). 

Phytocoris  binotatus.  Fall.,  (  hem.  suec.  ). 

Capsus  binotatus,  Her.  Sch.  ,  Mey. 


{    2^2   ) 

Lygaeus  Chenopodit ,  Fall.  (  mon.  ). 
Phytocoris  Chenopodti,  Fall.  (  hem.  suec.  ). 
Capsus  Chenopodit ,  Her.  Sch. 
Dislagonum ,  Am . 
Rarus  in  moutibus  «mìnentioribus  (  Matese  ). 

21.  {266)  Phytoearis  circunaflexus ,  nab.   Tah.  M^fig.  6. 
Ph.  tivido-siibaiirantitis  ,  capiiis  viStis  duabus ,  pronoH  maculia  rfwa- 

bus  anticis  e  linea  eircumjlexa  impressa.,  scuiellique  lateribus  brunneia  ; 
elylrorum  eorii  margine  «cuteHari,  nebulaque  posiiea  infuseatis  ;  sguu' 
ma  òasi  pallida  ,  apice  fusca  /  membrana  prope  aquamam  pallidiore  ; 
anteìinis  cospore  breviei'ibue  ,  fiiformibus^  kispide  pilosia .  arùiculo  ter- 
ilo  seeundo  acquali,  —  Long.  Iìdl  3  i;8  :  JaL  ì\vl.  \  i/io. 

Antennae  corpore  treviores ,  pilis  raxis  rigidis  hirtae  ,  ar- 
ticulo  primo  capite  vix  breviore  ,  seeundo  primo  duplo  longio- 
re,  teriio  secundi  longitudine,  subareualo,  quarto  paululum  pri- 
mo longiore  ;  priraus  et  secundns  crassiores,  pallide  flavesceutes 
fusco  maculati ,  tertius  et  quartus  minus  crassi  sed  filiformes , 
fusci. 

Caput  breve  ,  supra  eonvexum  laeve ,  margine  postico  ele- 
vato ;  livido-aurantius  nitidus  ,  utrinque  vitta  intraorbitali ,  po- 
siice  angulatim  extus  producta,  nigra. 

Pronotus  antice  utrinque  depressione  e  linea  circumflexa 
cincia  formata,  in  fundo  fusca,  notatus. 

Scutellum  fuscum  ,  linea  media  longitudinali  pallida. 

Elytra  corio  pallide-livido  ,  margine  scutellari ,  et  nebula 
ante  apicem  fuscis  :  squama  dimidio  basali  pallido ,  apicali  brun- 
neo  ;  membrana  albida  vix  infuscata  ,  nervis  concoloribus. 

Unicum  specimen  in  regno  bue  usque  invenimus. 

Observatio.  Tertius  antennarum  articulus  modice  arcuatusi  cura  tamen 
in  unico  quod  possidemus  specimine  una  tantum  antenna  sit  integra  ,  du- 
bium  an  constaater  ita  sit  extat. 

22.  (267)  Pbytocoris  taenioma.   Tab.  W^fig.  9. 

P.  oblongus,  dilute  eanguineus ,  pronoti  fascia  postica  nigra  \   an- 


(  ^63'  ) 

fennìs  crassiusculis ,  articulo  secundo  apice  nigrieante  ,  ieriio  et  qtiar- 
io  fuscis,  basi  pallidi;  ehjlrorum  squama  coccinea  ,  summo  apice  nigra; 
membrana  Jìisco-nigricante ;  ventre  nigro ,  sanguineo  marginalo.  —  Long, 
lin.  3:  lai.   lìn.   i  i/5. 

Taenioma,  Am. 

Cimex  vandalicus?  Rossi  (  ex  Ani.  ) 

Furiai:  elylris  corio  livido-tesfaceo-rufesccnfe  ,  margine  postico  ante 
squamam  sanguineo,  squama  flava,  summo  apice  nigro. 

Passim  in  r<?gno  occurrit  aestato  :  legimus  prope  Neapolim  alque  in 
Aprutiìs. 

Nola.  Desciiptio  aci.  Aniiot  exhibila  ad  variefatem  referfur  :  lypum 
haud  novisse  videtur. 

23.  (268)  Phylocoris  haemorrhous,  nob.   Tab.  II,  Jig.  8. 

P.  oblongus  ,  anlennis  Jiliformibus  :  rufo-sanguineus  ,  capitis  api- 
ce ,  oeulis  ,  e(  pronoti  pimclis  duobus  diseoidalibus  nigris  :,  elytrorum 
membrana  fusca,  fiervis  obscurioribuSj  albido  marginatis ;  abdomine  ni- 
gro ,  ano  ruliro-sanguineo .  —  liong.  lin.  3  1/8:  lai.  i  \fS. 

Antennae  corporis  fere- longitudine  ,  omnino  filiformes,  ar- 
ticulo secundo  duobus  sequentibus  simul  vix  breviore. 

Abdomen  supra  nigrum  ,  articulo  ultimo  sanguineo ,  subtus 
medio  nigro  :  ventre  basi  utrinque  maculis  rufis  ornato^  a". 

In  locis  vuìcanlcis  agri  Neapolitani  ,  primo  vere ,  rarus. 
24..  (269)   Phylocoris    infusa».  (  Her.    Sch.    fVanz.    Tab. 
CXX,/y.  38 1  ). 

P.  clongaius ,  anlennis  Jiliformibus  ,  carpare  potilo  longioribics:  pal- 
lide rufescens,  laevis,  nitidus,  alytris  subpellucidi»,  pronoto,  scuiello, 
Jemoribusqiie  magis  rufis.  -—  liong.  lini  3  .  lai,  lin.  1^2. 

Capsus  injiisus.  Her.  Sch, 

Rarissimus  in  regno  obvenit. 

25.  (270)  PbytoGoris  striatellus-.  (  Wolff,  Icon.  tab.    XV  , 
jig.   i5o  ). 

P.  oblongus  ,  rufescens  vel  Jlavo-viridis ,  pronoti  pimclis  quatuor 
anticis,  lineaque  transversa  postica  nigris;  elytrorum  corio  Itneolts  ni- 
gris ;  squama  flava ,  apice  nigra  ;  seutello  et  pranoli  limbo  postico  ftO' 
vis-,-  membrana  albida  vix  infmcata.^  —  Long.  lin.  3  :  lat.  lin.  i  i;5. 


(  264  ) 

Lijgaeus  slriatellus  ,  Fab.  ,  Panz. 
Phytocoris  slriatellus  ,  Fall . ,  Haha. 
Miris  striatellus  ,  Wolff. 
Capsus  sirialellus  ,  Mey. 

Frequeas  in  regno  occurrit  ,  primo  vere  in  pratis. 
Variai.'  a)  pronoti  linea  transversa  postica  radiatim  cuna  punetis  anti- 
cis  conjuncta  :  scutello  macula  in  medio  baseos  nigra. 
ò)  pronoti  punetis  lineaque  exoletis. 
e)  elytrorum  corii  lineolis  exoletis  ,  squamae  apice  tantum  fusco. 

26.  (271)  Phytocoris  tritaeuia.    Tao.   Ili ,  Jìff.  8. 

P.  ovaius  ,  Jlatiis  ,  pronoli  villis  duabus  ,  scutelli  lateribus ,  elyiro- 
ìnim  corii  margine  seutellari  Jasciaque  apicalì,  et  squumae  apice  nigris. 
—  Long.  lin.  2  1/2  :  lat.  lin.  i  i/io. 

Caput  rufesceiis  ,  vitta  media  marginem  posticura  non  at- 
tingente nigra. 

Pronotus  conTexiusculus  ,  punctatus  ,  vitlis  duabus  latis  , 
et  saepius  macula  utrinque  marginali,  nigris:  seu  niger  ,  vittis 
tribus  flavis. 

Scutellum  nigrum  ,  vitta  media  antice  angustata  flava. 

Elytra  cerio  flavo  ,  vitta  obliqua  in  margine  scutellari,  ma- 
cula prope  basim  viltae  contigua,  fasciaque  apicali  antice  den- 
tata nigris  ;  squama  testacea  ,  apice  nigra  ;  membrana  fusca , 
basi  et  medio  transverse  hyalina. 

Pectiis  et  abdomen  nigra  ,  flavo-maculata. 

Pedes  flavo-rufescentes ,  femoribus  fusco-maculatis. 

Trilaenia ,  Am. 

Varietas .   Capite  m'gro  immaculato  ,  pronolo  nigro ,   linea  media 

longitudinali  a?igìtsla,  villis  luleralibus  anlice  abbrevialis,  limboque  po- 
stico Jlavis  ;  elytrorum  corio  macula  baseos  magis  exlensa  ;  pectore  et 
abdomine  omnino  nigris. 

Obvenit  passim  in  regno,  parum  frequcns.  Varietas  typo  varior. 

27.  (172)  Pbytocoris  Ralmii.  (  Hahn,  Wanz.  tab.  XXXIV, 

fig-  109  )• 

P.  oblongo-ovalus  ,  Jlavua  ,  capiiis  medio  ,  pronoti  fascia  antica   et 


(    26^    ) 

postica  ,  ehjtrorum  corti  margine  scutellaria  fasciaque  apicali,  sgiiamae 
apice ,  pectore  ,  ventrisque  vitlis  triòus  nigris  ;  membrana    injuscata  ; 
Jemoriòus  posticis  annulis  duobus  ad  apicem  Juscis.    —  Long.  lin.  2  : 
lat.  p;io  lin. 

Cimex  Kalmii,  Lin. 

Capsus  Kalmii ,  Mey. 

Lijgaeus  Jlavovarius ,  Fab.  (  Ent.  syst.  )  ,  Fall.  (  mon.  ). 

Capsus  Jlavovarius ,  Fab.  (  Syst.  Rhyn.  )  ,  Burm. 

Phytocoris  Jlavovarius ,  Fall.  (  hem.  suec.  )  ,  Halin. 

Chloraspida ,  Am. 

Prope  Neapolim  ,  in  monte  virginiano  (  monte  vergine  ) ,  aliisque  in 
rcgni  regionibus  ,  band  obvia. 

Variai  :  a)  pronoti  nigredine  magis  extcnsa. 

6)  pronoti  fascia  postica  a  lineola  longitudinali  flava  divisa. 
28.   [273]  Phytocoris  tripustulatus.  [  Hahn  ,    Wanz.    tab. 
XXXIV,  J?^.    no  e   III  ]. 

P.  oblongo-ovatus  ,  niger  nitidus  ,  capite ,  pronoti  inargine  anti- 
co ,  linea  media  longihidinali ,  limhoque  postico  ,  seutello  ,  ehjtrorum 
corii  macula  basali^  fasciaque  trarisversa  apicali ,  squamae  medio,  pe- 
dibusque  Jlavis  ;  hts  femoribus  fusco  maculatis  ;  membrana  fusea,  albi- 
do-lnjalino  maculata,  —  Long.  Un.  2  1^4  ^  J^t-   9/ io  l'i- 

Scutellum  macula  in  medio  baseos  nigra.  Caput  macula  ver- 
ticali flava- 

Lygaeus  pastinacae ,  Fall.  (  mon.  ) 

Phytocoris  pastinacae  ,  Fall.  (  hem.  suec.  )  ,  Halin. 

Lygaeus  tripustulatus  ,  Fab. 

Phytocoris  tripustulatus j,  Fall.  (  hem.  suec.  )  ,  Hahn  ,  Burnì. 

Disparganum,  et  Cardiapsis ,  Ain. 

Frequcns  in  regno  in  pratis. 

Variai:  a)  capile  nigro  immaculalo  :  pronolì  flavedine  magis  extensa. 

b)  pronoto  flavo  ,  macula  in  quovis  angulo  antico  ,  aliaquc  niajori  u- 
trinquc  postica  nigris  :  clytrorum  corio  flavo  ,  margine  sculellari  ,  macula 
pone  basim  ,  fasciaque  apicali  nigris. 

e)  macula  quavis  postica  pronoti  in  duas  divisa. 


(  256  ) 

(f)  prenoto  flavo  ,  puncto  in  quovis  angulo  postico  tantum  nigro  :  elj- 
trorum  corio  fascia  apicali  tantum  nigra  ;  ano  flavo. 

e)  color  corporis  rufescens  ,  flavedinis  loco. 

29.  (274.)  Phytocoris  unifasciatus.  (  Hahn  ,  IVanz.  tah.. 
XXXIV  iy.   107  ). 

P.  oblongus  ,  niger  subaeneiis ,  opaciis,  capitts  maculis  dùabus,  prò- 
noti  limbo  postico  ,  seutellique  apice  Jlavis;  ely  trorum  corio  pallide  fla- 
vo, margine  scutellaria  el  fascia  irregulari postica  nigris  subaeneis  ;  squU' 
ma  rubra  Jlavo  limbata  ,  centro  maculam  nigricantem  includente  ;  mem- 
brana fusca;  antennis  pedibusque  testaceo-rufescentibus  ,  femoribus  api- 
ce obscurioribus;  pectore  ventrecjue  Jlavo  maculatis.  —  Long,  lin.  2  1/2: 
lat.  lin.   I. 

Lygaeus  ìinifasciatits  ,  Fah.  (  Ent.  sys.  ). 

Capsus  unifascialus^  Fab.  (  Syst.  Rhya.  ),  Her-Sch.,  Mey, 

Lygaeus  semijlavus,  Fall.  (  mon.  ). 

Phytocoris  semijlavus .  Fall.  (  hem  s.  ) ,  Habn. 

Mìi'ìs  semijlavus .  VVoIff  (  icon  band  naturalis  ). 

varietas  a.  Statura  minore  :  elytrorum  corio  fascia  postica  ex- 

pansa  cuni  margine  scutellari  conjuncta  :  squama  obscure  rufa.  —  Long, 
lin.   1  ;  lat.  2/3  lin. 

Phytocoris  marginatus ,  Haba.  fig.   i3o. 

varietas  b.   Statura  typo  paulo  minor  :    elytrorum    corio   nigro- 

subacneo  ,  macula  oblonga  obliqua  ad  basim  in  margine  externo,  apice - 
que  Jlavis  ;  squama  nigrieante  ,  basi  apieeque  rubra  ;  antennis  tibiisque 
leslaceis. 

Phytocoris  lateralis ^  Habn,  fig.    i6g. 
Typus  prope  Neapolim  rarus  :  varietas  a  minus  rara  ;    varietas    b    in 
Aprutiis  a  nobis  lecta. 

3o.  (175)  Pbylocoris  holosericeus.    (  Habn  ,    TVanz.    lab. 
\yjig.    17.  ). 

P.  subovatus  ,  niger  opacus ,  pube  adpressa  sericeo-cinerea  vesti- 
ius  ,  pronoli  limbo  postico  angusto  ,  scutelli  summo  apice  ,  squamaque 
rufoferrugineis  ;  antennis  pedibusque  leslaceis  ,  femoribus  fusco-macu- 
latig.  —  Long.  lin.  i  2/3:  lat.  8/10  lin. 


(  267  ) 

Poiymerus  holosericeus ,  Hahn. 

Cajisus  holosericeus ,  Mey. 
Prope  INcapolim  ,  ac  in  aliis  regni  regionibus ,  haud  rarus. 

3i.  (276)  Phylocoris  mutabilis.  (  Hahn, /S^araz. /ai.  LVIII , 
fig.    180  ). 

P.  oblongo-ovalus ,  niger  opacus,  pube  adpressa  sericeo-cinerea  ve- 
sft'lus  ,  antennarum  arliculis  uUimis  duobusicslaceìs. —\jìvl^.  lin.  i  2/3: 
lai.  8/10  lin. 

Lygaeus  mutahilis  ,  Fall.  (  mon.  ). 

Phylocoris  vmtabilis  ^  Fall.  (  bem.  s.  ). 

Capsus  mutahilis  ,  Hahn  ,  Mey. 
Obvcnit  passim  prope  Neapoliin  ,  in  pralis. 

32.  (277)  Phytocoris  coroaiceps  ,  nob.  Tab.  1\\^  fig.  7. 
P.  ovatus ,  brevissime  pubeseens ,  pronoti  elylrorumque  margìnibus 
brcviler  fitsco  cilialis:  Jlavo-rufove-auranlius  ,  capilis  linea  postica  tram- 
versa  arcuala  ,  pronoti  linea  uirinque  antica  transversa  Jlexuosa  nigris  ; 
elytrorum  cario  nervis  pallidis ,  squama  coccinea  —  Long.  lin.  3:  lat. 
9/10  lin. 

Caput  pilis  raris  brevibus  ornato  ;  orbitis ,  lineaqiie  media 
longitudinali  pallidis;  postice  maculis  quatuor  nigris  ,  contiguis, 
in  arcum  dispositis ,  arciim  quandoque  continuum  nigrum  for- 
mantibus.  Labrum  basi  nigricans. 

Pronotus  marginibus  laleralibus  lineaque  media  longitudi- 
nali ,  quandoque  etiam  limbo  postico  pallidis  :  antice  utrinque 
linea  transversa  flcxuosa  impressa  nigra. 

Scutellum  prope  basira  linea  transversa  impressa  nigra,  sae- 
pius  a  linea  longitudinali  media  pallida  interrupta. 

Elytra  corii  nervis  pallidis  ,  lineolas  quinque  bujus  colo- 
ris  formantibus  :  squama  coninea  ,  limbo  pallido  ;  membrana  fu- 
scescente,  nervis  aurautiis. 

Pectus  et  abdomen  brunneo-variegata. 

Pedes  pallide  flavescentes  ,  femoribus  nigro  maculalis;  ti- 
biis  nigro-spinulosis  j  tarsis  apice  nigris. 


(  268  ) 
Lcctus  prope  Neapolim  ,  et  in  Aenariarum  insula  ,  primo  vere   parum 
frcquens. 

33.  (278)  Phytocoris  variabilis.  (  Mej.    Werz.  iab.    Ili , 

h-  à  )' 

P.  ovahilus,  fulvus,  brevìter  pubescens;  capite,  pronoto,  scutelloque 
obseurìoribus  vel  brimneis  ;  elytrorum  cario  ante  snuamam  pallido;  squa- 
ma fusco-purpurascente  ;  membrana  fusca ,  macula  ad  squamae  apicem 
hyalina  ;  femoribus  brunneis  ;  tibiis  pallidis,  Tugro-punclatis  spimdosis- 
que.  —  Long,  lin.  i  2/3  :  lat.  8/10  lin. 
Capsus  variabilis  ,  Mey. 

Variai  :  femoribus  fulvis. 

Prope  Neapolim  in  colle  Gamalclulense  ,  rarus. 

34.  (279)  Phytocoris  hortensis.    (  Mey.     Werz.    lab.  Ili, 
/^-   2  ). 

P.  oblongo-ovatulus ,  niger  siibnilidns  ;  membrana  fusca ,  macula  ad 
squamae  apicem  hyalina;  pedibus ptallidis,  Jusco  punclalis.  —  Long.  lin. 
:  3/4.:  lat.  2/3  lin. 

Capsus  hortensis ,  Mey. 

Variai  :  clytris  nigro-purpureo  nitentibus. 

Rarus  propc  Neapolim  ;  in  monte  virginiano  (  monte  vergine  )  tre- 
c|uenlem  logimus  initio  mensis  augusti ,  in  urtica  dioica. 

35.  (280)  Phytocoris  brunnipennis.  )  Mey.  JVerz.  lab.  Ili, 

h'  3  ). 

P.  obhngus  subovattilus ,  pallide  brunneus,  vix  pubescens  ;  anten- 
nis  apice  pedibiisque  pallidis  ,  his  fusco-macidatis ;  elytrorum  membra- 
na fusca  ,  macula  ad  squamae  apicem  hyalina,  —  Long.  lin.  i  3/4:  lat. 
8/ro  lin. 

Capsus  brunnipennis  ,  Bley, 

Rarus  iu  agro  Neapolitano. 

36.  (281)  Phytocoris  roseus.  (  Her.  Sch.  JVanz.  tab.  CXCVI, 

fig-  6o4  ). 

P,  oblongo-ovatahts  ,  fusco-purpurascens,  antennis,  femoriim  apice  j 
tibiis,  tarsisque  pallidis.  —  Long.  lin.  i  8/10:  lat.  8/10  lin. 

Lygaeus  roseus  ,  Fall.  (  mon.  ). 

Phytocoris  roseus ,  Fall.  (  Lem.  8.  ). 


I 


(  269  ) 
Capsiis  roseus  ,  Her,  Scli.  ,  Mcy. 
Capsus  sìgnatipes  ,  Her.  Scli. 
Rarus  piopc  -Noapolim  ,  aliisqiie  in  regni  rogionibus  occurrit. 
87.  (282)  Phytocoris  viridulus.  (  Hahn,  Wanz.  tab.  LXXII, 

fìg.   221   ). 

P.  oblon^ìis,  lacle  viridis  ,  parce  puhescens  ,  immaculatits  ,  octdis 
m'gris  ,  anlennis  jlavcseentibus ,  pedibus  nigro-pnnctalis.  —  Long.  lin. 
2:  lai.   8/10  lin. 

Lygaeus  viridnlaa  ,  Fall.  (  mon.  ). 
Phytocoris  viridulus  ,  Fall.  (  liem.  suec  )  ,  Habn. 
Capsus  viridulus  ,  Her.  Sch.  ,  Mey. 
Rarus  in  regno  occnrrit,  in  pratis. 
Variat  :  pcdibus  viridibus  immaculalis. 

38.  (283)  Phytocoris  maculipenuis.  (  Mcy.    Werz.  tab.  V, 

fìg.   I  ). 

P.   oblongus  ,  pallide  virtdi-flavescens  ,  pronoto  posiice  et  seutello 
apice  viridibus  ;    elijtris  cario  maculis  pluribus  minutis  fuscis  pietà  ,• 
membrana  nigricante ,  nervis  maculisque  hyalinis  ;  antennis  pedibusque 
viridi-olivaceis.  —     Long.  lin.   i   1/2  :  lat.  8/7  lin. 
Capsus  maculipennis  ,  Her.  Scli. ,  Mey. 

la  Aprutiorum  montibus,  aestate,  haud  rarum  legimus. 

39.  (2 84.)  Phylocoris  melanotoma,  nob. 

P.  oblongus ,  pronolo  antice  angusto  :  pallide  flavo-vtreseens  ,  elg- 
Irum  corio  viridi,  membrana  hyalina,  nervis  viridibus;  oeulis,  linea  a- 
tringue  longitudinali  pone  eos ,  anlennarumque  articulo  primo  nigris. 
—  Long.    lin.  I  i;2  :  lat.  8/7  lin. 


Rarissimns  in  resino. 


4.0.  (285)  Phytocoris  floralis.  (  Uaim  ^  fFanz.  iab.XXlY, 
fig.  81  ). 

P.  oblongus  ,  pallide  Jlavo-virescens ,  valde  pubescens  j  immaeula- 
tus.  —  Long.  lin.   i  3/4.-2:   lat.  2/3  Un. 

Capsus  Jloralis  ,  Hahn ,  Mey. 

Xanthochrodes  ,  Am. 

In  pratis  haud  rre(|ucns. 


(    270    ) 

4i.  (286)  Phytocoris  collaris.  (  Wolff,  Icon.    lab.    XVI, 

Jig.    i55  ). 

P.  elongato-angustalus  1  jìvonolo  anttce  valde  angustiare  ••  brunneus  , 
orbiiis  ,  pvonolique  linea  media  longiludinali  pallidis;  elylris  albidis  pel- 
lucidis,  maculis  iribus  apicalibus  in  iriangulum  disposilis,  duabus  ad  co- 
vii ,  ferita  ad  sguamae  apicem  obscure  rufis  ;  pedibus  pallidis ,  nigro-pun- 
ctalis.  —  Long.   Un.  2  :  laf.    1/2  lin. 

Lygaeus  collaris  ,  Fall.  (  mon  ). 

Phytocoris  collaris,  ejus  (  hem.  suec.  ) 

■Cyllocoris  collaris  ,  Hahn. 

Capsus  collaris  ,  Mey. 

Gerris  errans  ,  Wolff. 

Ficquens  in  r^no  obvcnit,  m  pratis. 
4.2.  (287)  PLytocoris    virgula.    (  Her.    Sch.    Wanz.  lab. 

LXXXVIII,iy.  268  ). 

P.  elong ato-angustatus ,  pronolo  antiee  valde  angustiare  :  pallide  tu- 
Jescens ,  capite  obscuriore ,  pronoto  postica  pallidiare  ;  scutelH  dimidio 
postica  Jlavo  ;  elytrorum  corio  pellucido  immaculato ,  squama  basi  pal- 
lida, apice  obscure  rufa.  —  Long.    lin.  i  4/5  :  laL   1/2  lin. 

Capsus  virgula,  Her.  Sch.^  Mey. 

Hadocratus ,  Am 

Praecedenle  multo  rarior.  Legimus  in  momtibus  #a/e*e,  et  in  Calabriis 
prope  Rhegium. 

N.  B.  Decem  circiter  aliae  hujus  generis  species  extant ,  quas  tamea 
niajori  studio  cura  auctorum  operibus  conferre  oporlet 

Genus  Capsus  ,  Fab. 

Corpus  ovalum  ,  valide  punctatum  ,  capite  parvo.  Anten- 
nae  articulo  secundo  apice  disliacte  incrassato  ,  duobus  ultimis 
exilibus  setaceis. 

I.  (288)  Capsus  capillaris.  (  Wolff,  Icon.   tab.    IV  ,  fig. 

34  et  35  ). 

C.  nigro  rubroque  varius ,  nitidut;  tibiis  fulvis  um'coloribus  ;  elytro- 


(   271    ) 
rum  squama  cocctnea,  apice  nigra;  membrana  fusca,  ari  squamae  api' 
cem  pallidiore;  sculello  apice  acute  produclo.  —  Long.   lin.  3  i/4:  lat, 
lin.  T  %. 

Capsus  capiilaris,  Fab.,  Burm. ,  Am.  Serv. 

Capsus  danicus ,  Fab.,  Wolff,  Fall.,  Hahui 

Capsus  tricolor,  Fab  .,  Wolff,  Mey. 

Pijggulus,  Am. 

Ficquens  per  lotuni  regnum. 

Variai  summopere  nigredinis  vel  rubedlnis  extensioiie  ;  elylrorum  squa-- 
ma. tantum  et  libiae  conslanlis  coloiis  rcmancnt. 

a)  ruber  ,  pronoti  parte  postica  media,  et  ventre  medio  nigris  ;  ely- 
lrorum corii  margine  sculellari  ,  maculaque  ante  squamam  obscurioribus 
vel  nigricantibus  ;  antennarum  articulo  primo  et  secando  apice  nigris  ;  fe- 
moribus  nigris ,  apice  rubris.  (  C.  danicus  ). 

b)  niger  ,  capile,  pronoto  anlice  et  laleribus,  scutello^  maculaque  obli- 
qua extcrna  ad  elylrorum  basim  pallide  rubris  ;  ventre  pedibusque  ut  in 
varietale  a.  (  C.  tricolor.  ) 

e)  niger,  capile  pallide  rufescente  ,  femoribus  piccis,  apice  pallidis. 
d)  praeccdenli  similis  ,  capile  lamen  eliam  nigro. 
2.  (289)  Capsus  trifasciatus.  (Wolff^  Icori,  lab.  ÌY^fy.  3i  ). 
C.  rubro  nigroque  varius,  tibiis  pallido  annulalisj  elytrorum  squa- 
ma laliore  ,  membrana  fusca,  sculello  apice  obluso.  —  Long.  lin.  2   %; 
lai.  lin.  I  %. 

Cimex  trifasciatus ,  Lin; 
Capsus  trifasciatus,  Fab.,  Mey.,  Am.  Serv. 
Capsus  elalus,  Fab.,  Panz.,  Wolff. 
_  Capsus  ritfiijes,  Fab, 

B  Zurvs,  Am. 

B  A  praecedenlc  oplime  distinclus  corpore  lalius  ovato;    ely- 

^ptrorum  corio  fortius  et  minus  confertim  punctato,  squama  latio- 
rc  ;  pronoto  magis  convcxo  ,  latcribus  magis  rotundato  ;  scutel- 
lo  apice  minus  acuto;  tibiis  semper  annulis  pallidis  cinctis. 

Variai:  a)  niger  ,  capile,  sculello,  elylrorumque  corio  rubris,  lioc  li- 
nea in  margine  sculellari,  lascia  angusta  irregulari  ante  squamam  ,  et  squa- 
mae apice  nigris. 


(    272    ) 

b)  nigcr ,  capite  ,  scutello  ,  fascia  obliqua  extus  latiore  in  elytroruUt 
cerio ,  squamaque  ,  apice  excepto  ,  rubris . 

e)  niger,  capile  rufescente. 

Praecedente  minus  frequens  :  varietatem  b  saepius  ex  Salente  misit 
doct.  los.  Costa  ;  yarietas  e  in  regno  rara. 

Ntìia.  Varietatem  corpore  loto  nigro  adliuc  non  invenimus. 

Cenus  GiOBiCEPS. 

A  )  ipronotGs  sulco  transverso  bilobas:  lobus  anticus  brevis, 
acollariformis. 

*  JobEs  anlicES  bicornis  yel  bìtubercalatus. 

2.  (290)  Globiceps  capito, 

G.  capite  globuloso,  p'onoli  lobo  antico  in  iubercnlum  acutum  spi- 
niformem  utrinque  elevato  ■•  fusco  niger,  elytrorum  cario  Uneis  duabus 
iransversis  scutellique  jmnctis  duobus  e  pilis  brevibus  squamijormibus 
adpressis  argenieis;  antennarum  articuh  primo ,  pedibmque  tesiaceis -, 
eoxis  pallidis.  —  Long,  lin,  i  i;5:  lai.  2/3  lin. 

Globiceps  capilo,  Le  Pel.  et  Scrv. ,  Am.  Serv- 

Globiceps,  Am. 

Prope  Neapolim  ,  aliisque  in  regni  regionibus,  parum  frequens  ,  in 
pratis. 

Observalio.  Squamae  argenteac  lineas  in  elytris,  et  puncta  in  scutel- 
lo formantes  deciduae  :  ex  quo  corpus  totum  supra  fusco  nigrum  immacu- 
Latum  quandoque  remanet. 

**  lobus  anticus  simplex  (i), 

3.  (291)  Globiceps  rugicoliis,  nob.   Tab.  W^Jig.   io. 

G.  capite  subtriangulare ,  pronoto  transversim  finissime  ruguloso , 
lobo  antico  brevissimo:  brunneus ,  capite  pronotoque  nifo-ferrugineis ,  e- 
lijiris  Uneis  duabus  transversis  albis.  —  Long.  lin.  i  2/2  :  lat.  8/7  lin. 
Caput  subtriangulare,  parum  convexura,  obsolete  rugulo- 
sum ,  margine  postico  paululum  elevato  :  rufo-ferrugineum ,  ocu- 
lis  nigris. 

(i)  Ad  hanc  divisionem  Gì.  variegaius{  Cent,  i.»  n,  78  )  adscribendus. 


(  273  ) 
Àntennae  tesfaceo-ferrugineae,  arliculo  secundo  apice  obscu- 
riore. 

Pronotus  latitudine  postica  paulo  longìor,  antice  angusta- 
tus  ,  lobo  anlico  brevissimo  ;  convexus  ,  transversim  sublililer 
rugulosus  :  riifo-ferrugineus  ,  postice  obscurior. 

Sculellum  triangulare  ,  convexiusculuna  ,  ruro-ferrugineum. 

Elytra  angusta  elongata,  corio  brunneo-cyanaraoraeo ,  lineis 
duabus  trausversis  albis,  antica  latiore  ad  basim,  postica  aiigu- 
stiore  ante  squamam  ;  membrana  rufescente  iridizante. 

Pectus  rufo-ferrugineura. 

Pedes  testaceo-ferruginei  ,  postici  coxis  pallidis. 

Abdomen  nigro-ferrugineura  ^  nitidum. 

Prope  Neapolim  in  colle  Camaldulense  ^  aestafe  in  pralis  ,  rarus. 
B)  pronotus  inleger  ,  sulco  transverso  nullo. 

Hujus  divisionis  species  capilis  forma  magis  a  generis  lypo  recedit  :  ba- 
bitu  (amen  el  eljtiomni  lineis  transversis  e  pilis  squamifonnibus  illi  se  af- 
Coem  demonslral. 

4..  (292)  Globiccps  clavalus.  (  Hahn,  JVanz.  lab.  LXXXFII^ 
/g.   264.  ). 

G.  capite  subir iangulare,  pronoto  subquadralo ,  antice  paulo  angu- 

ttiore  ,  anlennariim  arliculo  secundo  apice  satis  crassiore  :  brunneus  vel 

Jerrugineus  ,  ehjlris  rufo-lestaceis  vel  cynnamomeis ,  lineis  duabus  tran' 

sversis  e  pilis  sqicamij'urmibus  argenieis  ,  antica  abbreviala.  —   Long. 

]in.   2  :  lat.   1/2  iin. 

Cimex  clavalus  ,  Lin, 

Capsus  bifascialus  ,  Fab.  ,  Fall. 

Phylophorus  bijascialus  ,  Haha  {  icon.  ). 

Capsus  clavalus  ,  Her  Sch.  ,  Mey. 

Phytocoris  clavalus  ,  Burm . 

Haud  rarus  in  regno  ,  aeslale. 

f^artat  :  a)  leslaceo-fcrrugineus  ,  pronoto,  abdomlnc  ,  antennariimque 
arliculi  secundi  apice  brunneis. 

b)  fusco-oiger  ,  eljlris  obscure  cjnnaiuomeis  .  pedibus  fusco-leslaceis. 

35 


(  274) 
Genus  StrOxNgilocoris  ,  Blanch. 

Corpus  subovatum ,  capite  pronotoque  transversis.  Anlen- 
nae  arliculo  secundo  ad  apicem  paulo  crassiore  ,  tertio  et  quar- 
to fìliformibus.  Elytrorum  squama  incisura  marginali  basi  api- 
ceque  distincta. 

Genus  habitii  peculiari  polius^  quam  eminentibus  characteribus  distinctuin. 

1.  (293)  Strongilocoris  leucocepbalus.  (Wolff,  Icon ,  lab. 
Vili ,  fig.  73)  . 

S.  ovaius  ,  pronolo  antica  paulo  angusliore  ,  conferlìm  pimetaio  :  711  ■ 
ger,  capile  ,  anlennariun  arliculo  primo,  jìedibusque  rufis.  — Long.  lin. 
2  1/4-  :   lat-    lin.    i  r/3. 

Cimex  leucocephalus ,  Lin. 

Lygaeus  leucocephalus ,  Fab.,  Panz. 

Phylocoris  leucocephalus  ,  Fall.,  Hahn. 

Altug  leucocephalus  ,  Burm, 

Strongilocoris  leucocephalus  ,  Blanch. 

Capsus  leucocephalus ,  Mey. 

Leucocephalus  ,  Ara. 

Satis  raro  in  regno  oceurrit. 

2.  (294.)  Strongilocoris  erythroleptus.    Tao.  H ,  fig.    11. 

S.  ovaius  ,  parce  pubescens  ,  prmiolo  antice  paulo  angusliore,  obso- 
lete punclato-ruguloso  :  niger  nilidus  ,  capite  utrinque  et  postice ,  prono- 
ti  margimbus  laleralibus ,  elytrorum  margine  externo  squamaque ,  an- 
tennarum  arliculo  primo,  pedibusque  rubris.  cj"  $  .  —  Long.  lin.  2  :  lat. 
lin.  I. 

Erythroleptxis  ,  Ani. 

Caput  transversum,  declive  ,  modice  convexum ,  ad  margi- 
nem  posticura  transverse  impressum:  nigrum^  orbitis  late,  mar- 
gineque  postico  rubris;  sive  rubrum,  medio  nigrum. 

Antennae  corporis  dimidio  paulo  longiores,  articulo  secun- 
do ad  apicem  paulo  crassiore,  duobus  sequentibus  simul  longi- 
tudine subaequali  :  nigrae  ,  pubescentes,  articulo  primo  rubro. 


(27b')_ 

Roslrnm  pcdum  poslicorura  basini  allingens  :  nigriim  niti- 
dum  ,  articulo  primo  vaginac  rubro. 

Pronoiiis  transversus  ;  antico  paulo  angustior,  angulis  ro- 
tundalis ,  convexiusculus  ,  finissime  et  irrcgulariter  punctato-ru- 
gulosus  ,  pubescens  :   niger  nitidus  ,  utrinque    rubro  niarginalus. 

Scutellutn  convexum  ,  rubrum ,  basi  nigrum. 

Elylra  corio  minutissime  punctato  ,  nigro  nitido ,  margino 
externo  et  squama  rubris  ;  membrana  fusco-fuliginosa. 

Pectus  nigrum  nitidum. 

Pedes  rubri  ,  tibiis  pallidioribus. 

Abdomen  minutissime  punclatum  ,  nigrum  nitidum;  %  ano 
rubro. 

Prope  Neapolim  in  colle  Camaldulense  mensibiis  maji  et  junii ,  in  pra- 
tis  ,  parum  frequens.  Lcgimus  quoque  in  inontibus  Malese,  mense  lulii. 

3.   (agS)  Slrongilocoris    cicadifrons ,  nob.  Tab.W^jìg.    12. 

S.  ohlongo-ofalns;  pronoto  brevi  transverso ,  antìce  paulo  angustio- 
re,  disdncte  imprcsso-punetalo:  niger  nitidus,  capile,  pronoli  margini- 
bus  laierulibus  et  postico,  anlennarwn  articulo  primo,  pedibusqite  flavo- 
rtifescentibus;  fronte  convexa,  transverse  fusco  liìieolala  ;  elylris  brun- 
neis.  d"  $  .  —  Long.  lin.   i  8/10  $,21/6  d":  lat.  lin.   i. 

Caput  transvcrsum  declive  ,  fronte  convexa  ,  ad  raarginera 
posticum  transversc  impressum ,  laeve  nitidum  :  pallide  flavo-ru- 
fescens ,  fronte  liueolis  sex  transversis  undulatis ,  medio  inter- 
ruptis,  fuscis. 

Roslrnm  pedura  posticorum  basim  atlingens ,  pallide  flave- 
scens  ,  apice  fuscum. 

Antennae  corporis  dimidio,  cum  elylris,  paulo  breviores; 
articulo  secundo  duobus  sequenlibus  simul  acquali  vcl  parum  bre- 
viore:  nigrae,  pubescentes,  articulo  primo  pallide  flavo. 

Pronotus  brevis,  transversus,  subrecfaiigularis,  antice  pau- 
lo angustior  j  modice  convcxus,  dislincte  et  couferlim  impresso- 
punclatus:  niger  nitidus,  lateribus  et  postice  flavo-rufcscente  raar- 
ginatus. 


(  ^76  ) 
Scutellam  minutissime  pimctatum ,    nigrum  nitidiim,   imma- 

culatum. 

Elylra  elongata ,  in  maribus  magis  quam  in  feniinis,  corio 
pallide  brunneo-testaceo^  minutissime  punctato;  membrana  fusco- 
fuliginosa ,   nervis  brunneo-testaceis. 

Pedes  pallide  flavescentes ,  coxis  pallidioribus  ,  femoribus 
ilavo-rufescentibus . 

Abdomen  nigro-piceum  nitidum,  immaculatum  d",  ano  rubro  ?  . 
Prope  Neapoliin  mense  aprilis  super  Cistos  ,  paruin  frequens. 

Observaiio.  Praecedenli  primo  intuitu  alEnis  :  difleit  praecipue  :  cor- 
pore  minus  ovato  ;  eljtris  presertim  in  maribus  longioribus  ;  antennis  bre- 
vioribus  ;  pronolo  breviore ,  minus  convexo  ,  raagis  distincle  punctato  ;  co- 
Icribus  sat  diveisis  ,  et  fi-onle  regulariler  transversim  fusco  lineolata 

Genus  Pachytoma,  Ach.   Cos. 

Anlennae  breviusculae ,  articulo  secundo  apice  crassiore. 

c("  Corpus  oblongura ,  subparallelum  ,  capite  pronotoque  tran- 
sversis;  oculis  plerumque  prominulis  ;  eljtris  alisque  completis. 

%  Corpus  subovatum ,  capite  pronotoque  transversis;  ocu- 
lis prominulis;  elylris  abdomine  brevioribus,  membrana  destitu- 
tis  ;  alis  nullis. 

Observaiio.  In  memoria  de  quibusdam  ulriusque  Siciliae  bemipteris- 
heleropteris  ,  ia  annalibus  Socictatis  Entomologicae  Galticae  anno  iS-ji  e- 
dita,  hoc  novum  genus  prò  singulari  Capsinoi'um  specie  (  P.  minor  )  in- 
stituimus  ,  quod  postea  et  a  dar.  Amiot  et  Audinet-Servilie  (i)  fuit  serva- 
tum.  Charactercs  (amen  quibus  illud  distinguendum  proposulmus  ,  a  femi- 
na  tantum  ducti  fuerunt  (2).  Atquc  observationes  posteriores  nobis  docue- 
runt  marem  omnino  diversum  ,  et  ilium  esse  quem  nomine  Phytocoris 
Passerini  eodem  loco  descripsimus.  Itidcm  novimus  Phytocoris  Jlavo-mar- 
ffinaitis  (  loco  cit.  )  marem  alterius  speciei  ,  esse ,  cujus  femina  characleri- 


(i)  Suiles  à  Buffon  ,  Hemypteres. 

(2)  Errore  ia  diagnosi  specifica  d"    ^  signatura  est. 


f' 


tis  tan>  :Ì8  chaiM 


capite 


ta- 


m,jiff. 


ng.  lib.    i:  lat. 


■rf . 


ibos  parallelis,  sui  ^ 


ac 


lUce  ' 

£  Has  Aias 

in  1' 

'3. 

Itiam   I  rotundatum. 

i- 


(  277  ) 

hus  geiicrici's  cum  Pae/i.  mlnoì-  convcnit.  Ex  (]iiiljiis  pafuil  genus  Pachy- 
torna ,  st'siium  discrepanlia  iiiler  alia  dislinclum  ,  saiic  ruliucnduin ,  niuta- 
lis  lamcn  genericis  characteribus. 

Duabus  mox  citatis  speciebus  ,  quae  vcrum  generis  lypum  constiUiunt, 
terlia  cliain  adjicienda,    cui  el  aliae  forsilan  adsciibcndac    ulleiioribus  ob- 
servalisnibus  patebit  ,  quaruni  duo  scxus  uli  specics  divuisae  babenlur. 
I,  (296)  Pachyloma  minor.    Tab.  \\\,fig.    i  et  2. 
P.  niger  nilidus ,  immaculalus ,  puree  el  brevissime  pubescens:  ^ 
capile  oeulis  prominiilis  jìronoti  laliludini  poslicae  acquali  ;  pronolo   an- 
lice  paulo  aììfjiisliore;    $    capile  pronoli  lati ludinc\  pronolo  brevi,  lon- 
gihidine  duplo  laliore  ;  elijlris  postiee  Iransverse   oblique   truncatis.  — 
é'   Long,  lin,   I  1/3:  lat.  2/5  lin.  —   ?   l^ng-  ''Q-    i-  1^'-   "lax.  2/3  lin. 
cj"  Phijiocoris  Passerini,  A.  Cost. 
^   Pacìujloma  minor,  A.  Cosi.,  Ara.  Serv. 

Pachyloma  Ara. 
Mas.  —  Corpus  elongatum,  lateribas  parallelis,  supra  planiu- 
sculum. 

Caput  breve  fransversura  ,  cum  oeulis  prominulis  aeque  ac 
proiioli  pars  postica  lalum,  antice  rotundalum, 

Pronoius  longitiidiDe  sesqui  poslice  lalus ,  antice  pariim  an- 
gustior  ,  supra  subtilissime  obsolete  transversim  subrugulosus  , 
antice  ulrinquc  convcxior ,   medio  impressus, 

Elytra  abdcniine  longiora  ,  membrana  nervis  cellulas  duas 
ut  in  g.   Phijiocoris  forraanlibus  praedita. 

Foemina  —  Corpus  breviter  ovatum^  postiee  multo  latius. 
Caput  cum  oeulis  acque  ac  pronoli  pars  postica  latum ,    vel 
tiam   paulo  latius  ;  antice  tumidum  rotundalum. 

Pronotus  transversus,  postiee  longitudine  duplo  latior,  an- 
iice  parum  angustior. 

Elytra  abdomine  breviora,  postiee  iransverse  et  parum  0- 
blique  sinuoso-truncata. 

Frequeos  primo  vere  in  pratis; 


(  278  ) 

2.  (297)  Pachytoma  flavo-marginatus.  Tab.  \\\^fig.  3  et  4.. 
P.  niger ,  cinereo-pubescens  ;  orbilìs ,  eli/trorum  margine  lato  exter- 

no ,  femorum  apice  tibiisque,  apice  excepio ,  Jlavis  ;  oculis  valde  promi- 
niilis;    ?   elylris  postice  ohblique  recte  iruncaiis.  —  d"  Long.  lin.  i  i/4-: 
lat.  2/5  lin.  —    %   long.  lin.   i:  lat.  max.   4/7  lin- 
^  Phytocoris  Jl avo-mar ^inalus  ,  A.  Cos. 

Statura  et  magaitudo  praecedentis,  a  quo,  praeter  colores, 
differt:  capite  antice  tuniidiore,  oculis  majoribus  ;  pronoto  latio- 
re ,  ac  in  utroque  sexu  breviore ,  postice  longitudine  duplo  latio- 
re,  antice  vix  angusliore  ;  antennis  validioriLus  ;  corporis  pu- 
be lougiore. 

In  Aprutiorum  montibus  ,  sub  lapidibus  ,  rarus. 

3.  (298)  Pachytoma  major,  nob.   Tah^  '\\\.^fig.   5  e^  6. 

P.  nigcr ,  brevissime  cinereo  pubeseens  et  nigro  pilosum;  tibiis  te- 
slaceis,  apice  spinulisque  nigris:  .^  capite  oculis  raediocribus  pronoti 
parte  postica  angusliore  ;  pronoto  antice  distincte  angusliore  ;  $  capi- 
te ocidis  majoribus,  pronoti  latitudine;  pronoto  suhquadrato,  antice  pan- 
ia angustiore ;  elytris  postice  rotundatis.  —  d'  Long.  lin.  2  1/2:  lat. 
9/10  lin.  —    $    long.   lin.   i  3/4:  lat.   max.   lin.    i. 

Mas.   Capiti  cum  oculis  mediocribus  pronoti   latitudine  an- 
tica latius,  postica  angustius. 

Pronotus  antice  tertio  minus  quam   postice   latus  ,    angulis 
rotundatis. 

Foemina  Caput  cum  oculis  prorainulis  aeque  ac  pronoti  pars 
postica  lafum. 

Pronolus  subquadratus ,  latitudine  postica  paulo  brevior,  an- 
tice parura  angustior. 

Elytra  apice  rotundata,  limbo  membranaceo  terminata. 
Propc  Neapolim  ,  et  in  aliis  regni  regionibus,  frequens. 
"0      Observatio.   Antennis  gracilioribus,  et,  corpori  ratione  habita,  longio- 
ribus  ,  a  typo  generico  aliquantum  haec  species  recedit. 

Nota.  Capsus  saltator  Hahn ,  hujus  speciei  foeminae  similis. 


l 


(  279  ) 

Genus  Halticus,  Hahn. 

Corpus  subovatiim.  Anlcnnae  corporis  longiludine  vel  lon- 
giores ,  gracilcs ,  articulo  secundo  coeteris  simul  longtore  ,  fili- 
formi. Elytra  sacpius  in  utroque  sexu  membrana  dcstilula.  Pe- 
des  postici  loDgiores  ,  saltalores. 

J)  Elylra  membrana  predita. 

1.  (299)  Halticus  propinguus  (Her.Sch.  Wanz.  lab.  CXCVI, 

fig.   tìo6  ). 

H.  nigro-piceus  subaeneus  nilidissimus ,  ebjlris  complelis  ;  capite  , 
pronoto  rnit/cc ,  antcmi/s,  pedibitsrjue  pallide  rufescenlibus ,  fcmoribiis  pò- 
sticis  basi  nigricantibus.  ^  %   —  Long.  lin.   i  1/2:  lai.  8/ro  lin. 

Capsus  propinguus ,  Her.  Sch.,  Mey. 

Crocoderus  ,  Am. 

Lygaeus  luteicollis,  Panz.  (  ex  Am.  ) 

Frcqucns  in  regno  occurrit.  Propc  Neapolim  cbTÌus  mense  junii  in  col- 
le Caraaldulensi  ,  praescrlim  supra  spartium  junceum.  Saiit  ut  cicada. 

Variai  :  pronoto  loto  nigro ,  vel  loto  rufescente, 

JVota.  Si  Lgg.  hiteicoUis  Panz.  vere  idem  ac  Capsus  propinguus  est, 
nomen  Panzerianum  illi  Schafferii  praeponcndum. 

B)  Elytra  membrana  destituta, 

2.  (3oo)  Halticus  aplerus.  (  Hahn,  fFanz.  Tao.  XVIII  , 
fig.  61  ). 

If.  brevtter  ovatus  ,  prenoto  iransverso ,ehjtTÌs  membrana  destiiuiis; 
niger  niìidus,  anlennis  pcdibusque  pallide  flavis ,  femoribus  posticia  in- 
crassalis  nigris.  d«  ^  —  Long.  lin.  i:  lat.    i;2  lin. 

Cicada  opterà,  Lin. 

Li/gaeus  pallicornis ,  FalL  (  mon.  ). 

Phtjtocoris  jmllicornia ,  Fall.,  (  hem.  suec.  ). 

Salda  pallicornis,  Fab. 

Acanthia  pallicornis ,  WoIfT. 

Halticus  pallicornis ,  Hahn ,  Burm. 

Eurycephala  aptera.  Bruii.,  Blanch. 

Capsus  pallicornis ,  Mey. 


(  28o  ) 

'Asiemma  apterum,  Ara.  Serv. 

Àstemma,  Am. 

Haud  infrequens  in  regno  ,  in  pratis. 

Variai  :  femoril)us  omnibus  medio  late  nigris. 
3.  (3oi)  Hallicus  cylindricollis ,  nob. 

H.  obloìigus,  capite  elongalo,  pronoto  cylindraceo ,  suhgnadrato  ^ 
postice  parum  latiorc ,  elytris  apice  rolundatis:  niger  subaeneus,  pube 
densa  adpressa  cinerea  leslitus  ;  antennis  pallidis  ,  articulo  primo  et  se- 
cundo  apice  nigris;  pediòus  pallidis,  femoribus  medio  nigricantiòtts.  % 
—  Long.  lin.  I  1/2:  lai.  2/3  lin. 

Frequeos  prope  NeapoJim  aestate  in  pralis. 

Variai  :  capite  rufescenle. 

Nota.  An  I/alt.  frontalis,  Fall.?  Specimina  pube  destitula  et  fronte  ru- 
fescenle eum  hujus  speciei  descriptione  convenire  videntur. 

Familia  SCUTELLERINL 

J.  Pentatomidae. 

Genus  Pe.ntatoma.. 

j6.  (S02)  Penlatoma  sphacelata  (  Wolff ,  Icon.    Tab.  X, 

h-  95  )• 

P.  supra  grisea  nigro-punctaia ,  pronoti  marginibus  lateralibus,  scu- 
ielli  punctis  tribus  basalibiis  apiceque ,  abdominisque  maculis  marginali- 
bus  albidis;  svblus  cum  pedibus  Jlavescens  ,  nigro  punctata  ;  antennis 
pallidis,  nigro  annulatis.  —  Long.  lin.  4  1/2-4  3/4-  lat.  lin.  2  1/2. 

Cimex  sphacelatus ,  Fab.  ,  Wolff, 

Penlatoma  sphacelata  ,  Her.  Sch . 

Cimex  lynx ,  Panz.  (  ex  Wolff.  ). 

Prope  Neapolim,  et  in  aliis  regni  regionibus  haud  rara;  obvenit  prae- 
sertim  hyeme  sub  arborum  corticibus. 

Variai:  a)  abdominis  maculis  marginalibus  flavo-aurantiis. 

b)  sculelli  punctis  albidis  obsoletis. 


(  28'  ) 
17-  (3o3)  Penlatoma  vernalis.  (  Habn  ,    TFanz.    Tab.   L, 
fig.    .53  ). 

P.  griseo-cìjìinamomea  ,  minute  niffro-punciata ,  ])ronoti  marginiòtts 
laleralibiis ,  scutelli  apice,  abdominisquc  maculis  marginalibus pallidis; 
subltis  eum  pedibus  pallida ,  ventre  fusco-variegato  ;  antennis  riijcscen- 
ti  bus ,  apice  nigris. —  Long.   lin.   3  2/3:  lai.  lin.   2  i;3. 

Cimex  vernalis,  WoliT,  Fall. 

Penlatoma  vernalis,  Ilahn,  Iler.  Sch. 

Cimex  albipes ,  Fab. 

Antennae  rufescentes,  articulis  basi  dilutioribus ,  vel  omni- 
no  pallidae ,  articulo  ullimo  annulo  lato  nigro. 

Abdomen  dorso  nigriim,  marginibus  modo  nigris  maculis 
pallidis,  modo  griseo-cynDamomeis  maculis  dilutioribus;  ventre 
saepius  pallide  rufesceute ,  maculis  arcuatis  utrinque  duplici  se- 
rie dispositis  marmorato  :  interdum  pallido  immaculato. 

Pro[)C  Neapoliin  paruni  frequens  obvenit. 

Nota.  Speciiniiia  noslra  paulura  minora,  et  magis  ferruginey-picta,  quain 
quae  in  Spinolae  collectione  observavinius. 

Genus  Cvdnus. 

10.  (3o4)  Cydnus  morie.  (Hahn,  Wanz.  Tab.  XXY.fff.  84). 
C.  ovatus  ,  parimi  convexus,  punelatus ,  capile  ulrinr/ue   ante  octt- 

los  angulato;  margine  antico  arcuato  subinlegro  ;  seiilello  apice  injlcxo: 
niger  subnitidus,  anlennarum  articulis  primo  et  secando,  rostro,  tarsis- 
que  rufo-piceis;  elytrorum  membrana  albida. —  Long.  lin.  4=  la'-  lin.  2  i/3. 

Cimex  moria  ,  Lin.j  Paaz.,  Wolff. 

Cydnus  moria,  Fab.  ,  Haiin^  Burin. 

Sehirus  morio ,  km.  Seiv. 

Rarus  in  regno  occurrit  :  in  colleclioae  spocimina  in  calabriis  a  palre 
nostro  amatissimo  lecfa  scrvamus. 

11.  (3o5)  Cydnus  fumigatus,  nob. 

P.  brevi  ter  ovatus,  modice  convexus ,  capile   latitudine  paulo  lon- 

giare,  margine  rejlexo;  prenoto,  sciitello,  elytrorumque  cario  sidttililer 

36 


(    282    ) 
punctalis  :  srulel'o  apice  late  rolundalo  inflcxo:  niqer  nìtidus ,  eh/lrorwn 
membrnua   hyalina  ,  disco  infuscata  ;  anlennis  pedibusque  nigro-piceis. 

—  Long.   liii.    I    1/2:   kit.   9/10  lin. 

Cydno  punclulalo  minor ,  convexior  ,  capite  angusliore  et 
longiorc ,  margine  antico  reflexo. 

Piinctura  Cydno  albomarginato  fere  similis  ,  a  quo  capite 
antice  medio  non  emarginato  ,  elytrisque  non  albo  marginatis 
valde  recedit. 

Rarissinius  prope  Neapolim  occurrit:  lectus  prope  Saticulam  aestate  in 
pralis.  - 

12.   (3o6)  Cydnus  albipennis,  nob.    Tab.  VA^fig.   9. 

C.  late  ovalits  .  valde  convexus ,  capite  antice  marginalo;  pronoto 
scutetloque  inaequaliler  punctatis  :  rvfo-piceus ,  eltjtrìs  alòidis  pellucidi  s. 

—  Long.   lin.   2   i/j:  lat.  lin.    i  i/3. 

Corpus  late  ovatura,  valde  convexum. 

Caput  fere  aeque  longum  ac  latum ,  margine  antico  late  et 
partnn  prj)funde  cmarginalura,  utrinque  subrotundatum  ,  limbo 
angusto  reflexo  ;  supra  medio  liueis  duabus  longitudinalibus ,  a^ 
liisque  minoribus  transversis  vcl  obliquis  impressis. 

Ocii/i  mediocres,  distincte  reticulati.   Ocelli  patuli. 

Antennae  brevissimae ,  capitis  latitudine  vix  longiores ,  ar- 
ticulis  omnibus  longitudine  subaequalibus  ;  primus  et  secundus  cy- 
lindracei ,  ierlius  sub-obconicus ,  vix  longior  ;  quartus  et  quintua 
infiali,  quartus  ovai o-globosus ,  quintus  subfusiformis. 

Proiiotua  transversus  ,  antice  angustior,  valde  transverse  con- 
vexus ,  supra  disco  subdepressas  ,  antice  impresso-punctatus  , 
marginibus  lateralibus  pilis  rigidis  fimbriatus. 

Scutellum  abdominis  diraidio  longius,  apice  inflexo  late 
rolundato ,  ìiti  pronotus  impresso  puncfatum. 

Elytra  abdominis  apicem  parum  excedentia  ,  cerio  parce 
subtiliter  punctafo ,  subpellucido. 

Tibiae  anlicae  compressaO;  apice  latiores  rotundate,  spinis 


(  283  ) 
brevibus  aequalibus   margine  coronatae  ;  posteriores    triseriatira 
spinosae,  pilis  rigidis  interjectis  hirlae. 

Color  tolius  corporis  rufo-piccus  ,  antennis  pedibiisque  pal- 
lidioribus  ;  elylris  albidis  ;  tibiarum  spinis  nigro-piceis  :  interdum 
pronoti  margo  posticus  ,  et  scutelli  margines  laterales  nigri. 

Leclus  prope  Neapolim  primo  vere  a  nobis  item  ac  a  claris.  Entomo- 
logo Brilannico  Rcv.  Hope,  cujus  specimina  nomine  quod  nunc  adliibuiraus 
signaviraus  ,  anno  iS48. 

Nola.  Singularis  descripla  species  a  Cydnis  genuinis  valde  recedit ,  et 
in  systemate  Am.  et  Serv.  in  genere  Cyrlocnemus  adscribenda. 

B.    SCUTELLERIDAE. 

Genus  Trigonosoma. 

a.  (Soy)  Trigonosoma  falcata.  (Cyr,  Spec.  Eni.  Neap.  Tab. 

Vl,jfy.  9)- 

Cimex  scutellaris  grtseiis;  thorace  anlice  concavo  òicor/n,  comuòus 
oòtust's  ,  apice  nigris.   Cyr.  1.  e. 

Cimex  falcatus  ,  Cyr. 

Species  nobis  invisa,  Apuliae  incola  teste  Dom.  Cyrillo,  ad  genus  Tri- 
gonosoma procul  dubio  pertinens ,  et  forsan  a  Trig.  Desfontainii  ,  quae  fre- 
quens  in  Sicilia  obvenit ,  band  diversa. 


(    284    ) 

NOTA. 

Hac  adhuc  sub  typis  memoria ,  montem  virginianum  {ìnon- 
te  vergine  )  ad  insecta  colligenda  primis  mensis  augusli  diebus 
perquirens  (i)^  quatuor  alias  non  prius  inventas  specics  legimus, 
duo  ad  genus  Miris ,  duo  ad  genus  Pht/locoris  pertinentes.  Una 
ex  iis  M.  holsatus  est  ;  reliquae  novae  videntur  ;  quas  alibi  de- 
scripturi  ,  bic  cbaracteribus  cssentialibus  indicabimus.  Omnes  in- 
terim qui  sequi  tur  conspectus  melhodicus  inscriptas  refert. 

Miris  tricostatos.  Pronolo  lateribus  complanalis  laminaribus,  sicpra 
cannula  media  eoslulisque  duabus  oblusis ,  una  utrinque  ;  untennarum 
arhculo  pruno  pronoto  paulo  longiore  jìubescente  :  supra  cum  antennis 
pedibusque  pallide  roseiis ,  pronoti  lateribus  lineaqne  media  ad  sciitelli 
apicem  dacia  ,  elylrorumque  corii  margine  laterali  nervisque  pallidis  ; 
sublus  pallide  virescens.  —  Long.  ]in.  4-;  lat.  lin.  r.  —  Rarissiinus. 

Affiiiis  M.  earinato. 

PiiyToconis  b.isalis.  Oblongiis ,  nitidus  ,  capile  pronotoqiie  nigria  , 
hoc  limbo  antico  poslicoque  Jlavis  ;  scwlello  Jlavo  ,  basi  macula  subqua- 
drata nigra  ;  ehjlris  cario  pellucido  subjlavescente ,  margine  scutellari 
Jasciaque  lata  postica,  squamaeque  apice  nigris  ;  membrana  fusca ,  ner- 
vis  favescentibus  ,  sublus  cum  jyedibus  viridis  ,  pectore  ,  venlris  lateri- 
bus anoque  nigris  ;  femoribus  annulis  duobus  apicalibus  tarsisque  fu- 
scts.  —  Long.  lin.  2  i/io  :  lat.  2/3  lin.  —  Frequens  in  urtica  dioica. 

AfEnis  Ph.  Kalmii,  et  cordigero.     . 

InrTocoRis  saxicola.  Elong alus ,  pronoto  antice  valde  angustato,  an- 
tennis  Jilìformibus  ,  corporis  longiludiae  :  niger  ,  ehjlrorum  corii  margi- 
ne lato  externo  intus  serralo  ,  squamaeque  apice  lacteo-Jlavescenlibus  ; 
^^deìinis  pedibusque  pallide  Jlavo-rufescentibus.  —  Long.  !in.  i  1/2:  lat. 
4/10  lin.  —  Rarissimus  inter  saia  ad  plantulanim  radices. 

Pronoli  forma  Ph.  virgula  et  collari  affinis. 

(i)  Coinifes  in  hac  entomologica  peregrinatione  crant  doct.  Beck,  rev. 
Cajetanus  Foreslo  Gassinensis,  et  doct.  Franciscus  Forte ,  omnes  entomatum 
scientiae  araatores. 


(  28b'  ) 
QUAEDAM  PRAECEDENTIBUS  CeNTURIIS  ADDENDA. 

Corixa  undulata. 
Varielalem  statura  paulo  mincrem  (  lin.  i  i/3  long.),  et  colori!)us  dl« 
lulioribus,  frcquentcm  in  rivulis  et  Jacu  Malese  legimiis. 
Salda  riparia. 
Obvenit  eliam  ,  quamvis  rara  ,  ad  torrenles  prope  Cusanum. 

Salda  ocellata. 
Ad  rivas  Triterni  prope  Cusanum  specimea  lin.  i  3/4  longum,   inter 
saxa  salientem  Icgimus.  Ohvenlt  eliam  rarissima  prope  Saticulam. 
Monanlhia  humuli. 
YarJelateni  pronoto  apice  nigro  ,  quam  ex  Wollìi  auctoritate    in  Cen- 
turia prima  indicavimus,  ipsi  in  montibus  Malese  postea  legiraus. 
Monanlhia  convergens. 
Larvani  et  nympbam  bujus  speciei ,    quas   nobis   pluries  observare   li- 
cuit  ,  hic  describere  liaud  fruslraneum  putamus. 

Corpus  ovalum  ,  depressum  ,  nigrum  iinmaculalum.  Caput  spina  me- 
dia frontali  ,  aliisque  duabus  occipitalibus  crectis  ornatura.  Pronotus  spinis 
quatuor  dorsalibus^  duabus  anticis  et  duabus  in  medio  longitudinis,  hispidus; 
latcribus  elalis  ,  angulis  posticis  spinosis.  AI)doinen  spinis  majoribus  dorsa- 
libus  ,  aliisque  utrinquc  marginalibus  armaluni.  In  nympha  adulta  color  ci- 
ncrcus  oslcndi  incipit. 

Pacbymcrus  insignis. 
Hujus  speciei  a  nobis  in  Centuria  prima  (  n.  68  )  anno    i838  descri- 
ptae  ,  syuonimon  Paehijmerus  conlrachts  Hor.  Sch.    (  Necudum   ,    Am.  ) 
retinendus  Tidctur.    Varietalcs  omnes  a  dar.  Arayot  descriptae    apud   nos 
inveniuntur. 

Pacbymerus  parallelus. 
Haec  a  nobis  descripta  specics  Micropo  Cenci  ila  sìmilis,  ut  eadera  ac 
hiijus  speciniina  clytiis  conipletis  omnino  videretur.  Diversas  lamen  species 
esse  dare  demonstranl:  —  i  °  mososternum  in  M.  Genei  Iransverse  rugo- 
sum  :  in  Pacb.  parallelo  utrinque  raagis  convcxum  laevc  nitidum;  —  2.* 
foeminae  laininae  vulvariae  in  M.  Genei  majores ,  magis  elongatae ,  et 
postice  lobos   duos  valde   distinclos    efficienles  :   in    Pach.  parallelo    mino* 


(  286  ) 

rcs  ,  postice  miaus  distincfos  lobos  formantes  ;  —  3."  forma  eliam  trìum  ul- 
tiraorum  segmentorum  ventralium  diversa.  Quae  ut  melius  appareant  ,  ico- 
nes  extremitatis  veutralis  utriusque  specie!  simul  exhibere  curavimus. 

AUCTORES  ET  OPERA 

m  HAC   NEC   IN   PRAECEDENTIBUS    CENTURIIS   CITATA. 

Amyot  [  e.  J.  B.  ]  Entomologie  Fran^aise.  Rhyncholes. 
{  Jnn.  de  la  Societé  Enlom.  de  France^  a.^  ser.  iom.  3."   et  4-^  ) 

Costa  [  Achille  ]  Ragguaglio  delle  specie  più  interessan- 
ti di  Emitteri  Eterolteri  raccolte  in  Sicilia,  e  descrizione  di  al- 
cune nuove  specie  de'  contorni  di  Palermo,  con  una  tavola  i83g. 
(  Esercitazioni  Accad.  degli  Aspiranti  Naturai.  IL  par.  IL  ). 

Meyer  [  L.  R.  ]  Werzeichniss  <ler  in  der  Soliweiz  Einhe- 
mischen  Rhynchoien.  Capsini  :  Solothurn  ,  i84-3.  in  8."  cum  7. 

hbulis. 

ScHiLLiNG.  — ■  Beitrage  zur  Entomologie;  fase.  /."*  Breslau 

ì8ag. 


^  ■s 


( 

287  ) 

INDEX  SPECIERUM. 

201  Corixa  Geoffroyi, 

229       

sabulosus. 

202  Sigara  minuta. 

230         

sabuleti. 

20 3'  Salda  geminata.* 

23l         

mitellatus.* 

2o4.  Aradus  Lucasii.* 

232         

nubilus. 

2o5  Dyclionota  fuliginosa.* 

T^^ 

2o6  Derephysia  foliacea. 

234. 

praetextatiis. 

207  Blonanthia  villosa.* 

23ì>        . 

bivirgalus.* 

208  Corizus  pratensis. 

236 

suberylbropiis. 

237      

bidenticulaliis. 

210       gcmraatus.* 

238      

beraipterus. 

211       sanguineus.* 

289 

palliatus.* 

21.2  Pseudophloeus  nubilus. 
2i3  Lygaeosoma  sardeum. 
214.  Heterogaster  senecionis. 

2i5       linealus.* 

2i6       exilis.* 


217  Lygactis  pnnctum. 

218  Pacbymcrus  dcreliclus.* 

vulgaris. 

pulcbcr. 

pcdcstris. 

^—       pineli. 

fenestraliis. 

pictus. 

— —       discors.* 

sylvaticus. 

— —       apicimacula.* 
•——       curlulus.* 


219 
220 
221 
222 

223 

224 
2  2Ì5 
226 
227 
228 


24.0  Aphanosoma  italicum. 

24.1  Xylocoris  obliquus.* 

24.2  Miris  calcaratus. 

24.3       

2M       

24.5  - — - 

24.6  ■ — — 

2^7        . 

2^8       . 

24.9  — —       quadrivirgatus.* 

250  Lopus  discors.* 

25 1  ■       albomarginatus. 
2^2       erylbromelas. 

2  53  Pbytocoris  populi. 

254.       obliquus,* 

2  55  .       exoletus. 

256  — —      slrìatus. 


e.rralicus, 

laeviealus. 

Yirens. 

Guriicollis. 

ruiìcornis. 

longicornis. 


2^7 

258 

2^9 

26o 

261 

262 

263 

264 

265 

266 

267 

268 

269 

270 

271 

272 

273 

274. 

275 

276 

277 

278 

279 
280 

281 

282 


( 
melanocephalus 

cinctipes.* 

trivialis.* 

fulvoraaculatus. 

bipunctatus. 

Limaculatus. 

pabulinus. 

ferrugatus. 

binoiatus. 

«ircumflexus,* 

iaenioma. 

baemorrhous.* 

infusus. 

strialellus. 

tritaenia. 

Kalmii. 

tripustulatus. 

unifasciatus. 

bolosericeus. 

mutabilis. 

coroniceps.* 

variabilis. 

hortensis. 

brunnipennis. 

roseus. 

viridulus. 


288  ) 
283 
284 
285 
286 
287 


288  Capsus 

289     


maculipennis. 

melanotoma.* 

floralis. 

collaris. 

virgula. 

capillaris. 

trifase!  atus. 


290  Globiceps  capito. 

291  — —       rugicoUis.* 

292     cl.avatus. 

2  9  3  S  trongilocoris  leucocephalus . 
294.     erythroleptus. 

295     cicadrifons.* 

296  Pachyioraa  minor. 

297  ~~~~       flavomarginatus. 

298  ■  major.* 

299  Halticus  propinquus. 

300     aplerus. 

3oi     cylindrieoUis.* 

302  Pentatoma  sphacelata. 

303     vernalis. 

3  04.  Cydnus  morio 

305     

306     albipennis." 

3 07  Trigonosoma  falcata. 


fumigatus.* 


ù-7 
(   289   ) 

TABULARUM  EXPLICATIO. 


Tabula    I. 

Fig.    I.   Corixa  Geojfroyi. 

B^  femur  pedum  posticorum  magis  auctum. 
Fig.   2.  Sigara  minuta. 
Fig.  3.  Salda  geminata. 
Fig.  4"  Aradus  Lucasii. 

B^  elytrum  magis  auctum. 
Fig.  5.  Dyctionota  fuliginosa. 
Fig.  6.  Monanthia  villosa. 
Fig.   7.   Corizus  gemmatus. 
Fig.  8.   Corizus  sanguineus. 
Fig.  9.  Pachymerus  mitellatus. 
Fig.   IO.  Pachymerus  palliatus. 
Fig.    1 1 .  Pachymerus  bivirgatm. 

Fig.   12.  Postcrior  pars  ventralis  Pachymeri  paralleli  ? 
Fig.   i3.  Eadem  Micropi  Genei  ?. 

Tabula    II. 

Fig.  I .  Aphanosoma  italicum. 

B^  poslerior  pars  ventralis  feminae. 

Fig.  2.  Xylocoris  obliqmis. 

Fig.  3.  Miris  quadrivirgatus. 

Fig.  4"  Phylocoris  obliquus. 

Fig.  5.  Phytocoris  exoletus. 

Fig.  6.   Phytocoris  circiimjlexus. 

Fig.  7.  Phylocoris  trivialis. 


(    290    ) 

Fig.  8.  Phytocoris  haemorrhons. 
Fig.  9.  Phytocoris  taenioma. 
Fig.   IO.   Globiceps  rugicollis. 
Fig.   1 1 .  Strongilocoris  erythroleptus . 
Fig.   12.  Slrongilocoris  cicadifrons. 

Tabula    UL 

Fig.   I.  Pachytoma  minor;  ^. 
Fig.   2.  Pachytoma  minor;  ?. 
Fig.  3.  Pachytoma  Jlavomargìnatus ;  </. 
Fig.  4»  Pachytoma  jlavomargìnatus;  ? . 
Fig.  5.  Pachytoma  major;  ^, 
Fig.  6.  Pachytoma  major;  ?. 
Fig.  7.  Phytocoris  coroniceps. 
Fig.  8.  Phytocoris  tritaenia-. 
Fig.  9.  Cydmis  albipennis. 
B^  antenna  magis  aucta. 
N.  B,  In  omnibus  iconibus  litera  a  longUudinem    natura- 
lem  ,  À  insectum  auctum  praebent. 


CONSPECTUS  METHODICUS 

C  I  ]\I  I  C  U  M 

IN  REGNO  NEAPOLITANO. 
IIUC  USQUE  DETECTORUM. 


»^»0-o^r^ 


HEMIPTERA  HETEROPTERA. 


I. 

2. 

3. 

4. 
5.j 


Sectio  I.a  CRYPTOCERA. 

NEPIDAE. 

NOTONECTIDAE. 

NAUCOIllNl. 

CORIXINI. 

Gen.  Naucoris  ,  Geof. 

Gen.  CoRixA  ,  Geof. 

I.     cimicoideSj  Lin. 

Geoffroyi  Lcach. 

NEPINI. 

striala ,  Lin. 

basalis  ,  A.  Cost. 

Gen.  Nepa,  Lin. 

ondulala ,  Fall. 

I.     cinerea  ,  Lin. 

hieroglypliica  ,  Li.  Duf. 

fossarum  ,  Fall . 

Gen.  Ranatra,  Fab. 

Gen.  SiGABA,  Leach. 

I.     linearis  ,  Lin. 

1 . 


minuta  ,  Fab. 
minutissima ,  Lin. 

NOTONECTIM. 

Gen.  NoTONECTA,  Lin. 

glauca  ,,  Lin. 

—  var.  marniorala  ,  Fab. 

—  var.  furcata  ,  Fab. 

Gen.  Anisops  ,  Spin. 
niveus,  Fab. 

Gen.  Ploa  ,  Sleph. 
minutissima ,  Fab. 


Sectio  II.^  CTMNOCERA. 

HYDR03IETRIDAE. 

HYDROMETRIM. 
Gen.  HrDROMETnA  ,  Fab. 
stagnorum  ,  Lin. 

Gen.  Gkrris  ,  Fab. 
paludum  ,  Fab. 


Scliuiii. 
canaìiitm  ,  L.  Duf. 
3.      gibbifera,  Sclium. 


(  antera, 
■te,       ' 


lacustris,  Lin. 


(  292  ) 

lo  f 

ifo-scuteIlata,k.  Cost.(rion  auct.)  "'  ( 

3. 


y  (   llioracica,  Schum 
a. 

6.  argentata  ,  Schum 

VELIINI. 
Gen.  Velia  ,  Lalr. 

1.  rÌTiiloruni ,  Lin. 

2.  cunens  ,  Fab. 

Gen.  Hebrus  ,  Curt. 

1.  pusillus  5  Curi. 

SALDIDAE. 
SALDIM. 
Gen.  Salda  ,  Fab. 

Slitloralis  ,  Lin. 
saliaioria  ,  Lin. 
maculata ,  Lalr. 

2.  ocellata  j  A.  Cost. 

3.  bicolor,  A.  Cost. 

4.  pallipes,  Fab. 

0.  riparia,  Fall. 

g   f  variabilis  ,  Her.  Sch, 

■  *  riparia  ,  Hahn. 

7.  geminata  ,  A.  Cost. 

LEPTOPODINL 
Gen.  Leptopus  ,  Latr. 

1.  echinops  ,  L.  Duf. 

REDUVIIDAE. 
PLOJARIINL 
Gen.  Plojaria,  Scop. 

j    I   vagabunda  ,  Fab. 

■  <   alata  ,  Scop. 

Gen.  Emesodema  ,  Spin. 
1 .     domestica  ,  Scop. 

HARPACTORINL 

Gen.  Harpactor  ,  Lap. 
I.     cruentus  ,  Fab. 


^•( 


I 


•! 


! 


•I 


4. 
5. 


baomorrhoidalis  ,  Fab. 
lessellalus ,  Lin. 
annulatus  ,  Lin. 
pedeslris  ,  Wolff. 
subapterus  ,  Curt. 

HOLOTRICHIINL 

Gen.  HoLOTRicHius  ,  Bunn. 

Cyiilli  ,  A.  Cost. 

?  atbofascialus  ,  Ciril. 

denudalus  ,  A.  Cost. 

REDUVIINL 

Gen.  Redbvius  ,  Fab, 

personatus  ,  Lin. 
quisquilius,  Deg. 

STENOPODINL 

Gen.  Oncocephalus,  Klu(]. 

squalidus  ,  Ros. 

—  var.  notatus  ,  Rlug. 

PEIRATINL 

Gen.  Peirates  ,  Sem. 

stridulus  ,  Fab. 
studulus ,  Schell. 

Gen.  Prostemma  ,  Lap. 

lucidulum  ,  111. 
staphylinus ,  L.  Duf. 
Biiesii ,  Her. Sch. 

NABINL 

Gen.  Nabis  ,  Latr. 

subapterus  ,  Latr. 

apterus  ,  Fab. 

7mjrmicoides ,  Cost.  (  nympha  ) 
ferus  ,  Lin. 
cinereus  ,  01. 
vagans  ,  Fab. 
testaceus  ,  Scop. 
punclafus,  A.  Cost. 
longipennis  ,  A.  Cosi, 
viridulus  ,  Spin, 


(  293  ) 


T. 
2. 

3. 

4. 


I. 


1. 


I . 

2. 


3. 

2. 

4. 


PIIOIATIDAE. 
PIIYMATINI. 
Gen.  Phimata  ,  Lair. 
crassipes  ,  Fab. 

ACANTIIIIDAE. 

ACiVNTIIlINI. 

Gen.  AcAflTuiA  ,  Fab. 
Icclularia  ,  Lin. 

ARADIDAE. 

ARADINi: 
Gen.  Aradus,   Fab. 

betulae  ,  Lin. 

corticalis  ,  Lin. 

Lucasii  ,  A    Cost. 
t  depressus  .  Fab. 
I  spiniger  ,  Schcll. 
'  alalus  ,  Lalr. 

dissimilis  ,  A.  Cost. 

TINGIDAE. 
TINGINI. 

Gen.  Ti-Ncis  ,  Fab. 
pyri  ,  Lin. 

Gen.  Deuephysia  ,  Spvi. 
foliacca  ,  Fall. 

Gen.  DvcTioNOTA  ,  Curt. 

marginala  ,  Wolff. 
crassicornis  ,  Curt. 
l'uliginosa  ,  A.  Cost. 

MONANTHIINL 

Gen.  MoNAKTHiA  ,  Lep.  Ser. 

humuli  ,  Fab. 
ec/iii ,  Wolfr. 
quadriniacuiata  .  Wolff. 
convergens,  Hahn. 
villosa  ,  A.  Cost. 


Gen.  C.-iTOPLATCS  ,  Sptn. 

cardui  ,  Lin. 
parallelus  ,  A.  Cost. 
auriculatus,  A.  Cost. 
variolosus  ,  A-  Cost. 

Gen.  SEUEKTiirA  ,  Spin. 

lacta  ,  Fall. 
trìcolor ,  Lap. 
atricapiila  ,  Spin. 

PIESMINL 

Gen.  PiESMA ,  Lep.  Ser. 

capitatum ,  Wolff. 
niaculatum  ^  Lap. 

COREIDAE. 

BERYTINL 

Gen.  Beuttus  ,  Fab. 

tipularius  ,  Fab. 
clayipes  ,  Lalr. 

Gen.  Metacanthcs  ,  .^.  Cosi. 

meridionalis  ,  A.  Cost. 
elegans  ,  Curi. 
punclipes  ,  Germ. 

CORIZINL 


Gen. 


Fall 


I. 

2. 

3. 

4. 

5. 

«1 

7- 
8. 


I. 


CORIZTIS  , 

byosciami ,  Lin. 
errans  ,  Fab. 
crassicornis,  Lin. 
?  Panzeri ,  L.  Duf. 
gemnialus  ,  A.  Cost. 
capilahis  ,  Fab. 
stibriifus  ,  Lin. 
neriosìts ,  Scop. 
pralcnsis  ,  Fall. 
parnmpunctalus  ,  SchilL 
gracilis  ,  Panz. 
sanguineus  ,  A.  Cost. 

COREICI 

Gen.  PsEtJDOPHLOEos  ,  Bitrm. 

Fallenii ,  Schill. 


2.  nubilas  ,  Fall. 

3.  Gcnei  ,  Spili. 

4..     lobatus  ,  Her.  Sch. 

Gcn.  Merocoris  ,  Hahn. 

i    denliculalus  ,  Scop. 

1 .  J    hirlicornis ,  Panz. 
I   pìlicornis  ,  Rlug. 

2.  S|iinolae,  A.  Cost. 

3.  serralus  ,  A.  Cost. 

.    (   allernans  ,  Her.  Sch. 
*'  (   dcìilator  ,  Burm. 

,    annulipes  ,  Her,  Sch. 
5.  I    denlator  ,  Hahn. 

I    denliculalus  ,  Burm. 

Gea.  Ceraleptds^  A.  CosL 

1      gracilicornis  ,  Her.  Sch. 
2.     squalidus  ,  A.  Cost. 

Gcn.  CoRECs,  Fab. 

I.     spiniger  ,  Fah- 

Gen.  Syromastes,  Latr. 

I.     marginatus  ,  Lin. 

Gen.  Verlusia  ,  Spin. 

(  quadrala  ,  Lin. 

^    \  5    rhombea  ,  Fab. 

(  sulcicornis  ,  Fab. 

■  (  rolundiventns  ,  Spin. 

Gen.  GoNocERUS ,  Latr. 

I.     insidialor,  Fab. 
I  vcnator  ,  Fab. 

■  (  chlorolieus  ,  L.  Duf. 
3.      juniperi  ,  Dahl. 

ANISOSCELINI. 

Gen.  CaoEROsoMA  ,  Curi. 

Schillingii  ,  Schuni. 
arundinis  ,  Curt. 


294  ) 

1         Gen.  Steno  CE  PHAtus  ,  Laìr- 

r  nugax  ,  Lin. 

1  agilì's  ,  Scop. 

■  \  Geoffroyi,  Petag. 

'  quinqiiepunclalus  ,  Goelz. 

Gen.  Altdus,  Fab. 

[  lateralis  ,  Gemi. 
'■  (  gcranii ,  L.  Duf. 
2.      calcaratus,  Lin. 


LYGAIDAE. 

HETEROGASTERINL 

t}en.  Henestaris  ,  Spin. 
Spinolae^  A.  Cost. 
Gen.  Heterogasteb  ,  Schiil. 


arundinis  , 
i   miriformis  ,  Fall. 
■  i   abbreviatus  ,  Wolff. 

Gen.  Micrelytra  ,  Lap. 

i   fossularum  ,  Fab. 
^'  (   api  era  .  L.  Duf. 


1 .  urticae  ,  Fab. 

2.  salviae  ^  Schiil. 

o    (  ovatulus  ,  A.  Cost. 

(  ericae  ,  ejus.  (  non  auct.  ) 

4.,  halophilus  ,  Burm. 

5.  senecionis ,  Her.  Sch. 

6.  lineatus  ,  A.  Cost. 
■j.  exilis  ,  A.  Cost. 

Gen.  Cymus  ,  Ilahn. 

1 .      resedae.  Panz. 

t  claviculus  ,  Fall. 
"  (   caricis  ,  Fall. 

Gen.  L1GAEOSOMA  ,  Spin. 

i   sardeum  ,  Spin. 
'•  (   ?  reticulatum  ■,  Her.  Sch. 

LYGAEINI. 

Gen.  Lygaeds  ,  Fab. 

mililaris ,  Lin. 

\  pandurus  ,  De  Vii. 
'  •  <  cii-ilis  ,  Wolff. 

i  lagenijer  ,  L.  Duf. 

j  equeslris  ,  Lin. 
"  ■  I  spcciosus  ,  Scop. 
3.     saxatilis  ,  Fab. 
4..     l'amiiiaris  ,  Fab. 
j.     punctum  ,  Fab. 


( 


j)unclalo-giittaliis 


Gcn. 


Ros. 
Paciitmehus,  S.  Farg, 


4. 

5. 
6. 


f 


9 

IO. 

II. 

12. 


i4. 
i5. 
i<5. 

i8. 


■9.1 


20. 
21. 
22. 


marfflnc-piiDctalus  ,  WollT. 
(lofc}ic(iis  ,  A.  Cosi, 
celli i ,  Fab, 
ulerrimus  ,  Fai). 
caròo?iarius  ,  llos. 
bimaculalus  ,  Lin. 
Rolandri  ,  Lin. 
pini  ,  Lin. 
vuigarfs,  Schill; 
quadralus  ,  Panr. 
rhomlHmacula  ,  A.  Cos£; 
Juscus  ,  Fai). 
?  umbralilis  ,  Goelz. 
?  Ittclcolus  ,  Lin. 
puklier  ,  Hor.  Sdì. 

pcdoslris ,  Panz. 

pinoli,  Panz. 

fcnestralus  ,  Iler 

piclus  ,  Sellili. 

var.  dcuoratus  , 

agrcslis  ,  Fab. 

discors  ,  A.  Cost. 

sylvaiicus  ,  Hahn. 

apicimacala  ,  A,  Cosi 

cliiragra,  Fab. 

lihiulis  ,  Ilalin. 

curlulus  ,  A.  Cosi. 

arenai iit-^,  Il.ilin 

sabn!«sus  ,  Ilalin. 

sabuleli  ,  Fall. 

mitellalus  ,  A.  Cost 


2(JJ   ) 

34. 
3ò'. 

36.) 


,  Sdì; 
Hahn. 


( 


non 


23  4  nubiliis  ,  Panz. 
■  f  Qeniculaliis  .  I 


24.. 

25. 

26. 

27. 
28. 
29- 
3o. 

3i. 

32. 

33. 


genìculalìis  ,  Ilahn. 
Icssclla  ,  A.  Cost. 
praelexialus  ,  Hcr.  Sdì. 
bidenliculalus,  A.  Cosi, 
brevipennis  ,  Sdii  11. 
bivirgalus  ,  A.  Cosi, 
subcrythropiis  ,  A.  Cost. 
bciniplerus  ,  Sibili. 
slaphi/liinformis.  Haiin  (nonSdì 
naDilonnis  ,  A.  Cost. 
parallcliis ,,  A.  Cost. 
ditomoides  ^  A.  Cost. 


palllahis  ,  A.  Cost. 
albolixscialus,  A.  Cost. 
insignis  ,  A.  Cost. 
?  conlraclus  ,  Iler.  Sch. 


Hahn. 


A.  Cosi. 


Gen.  Stenog.asteii  , 

Javalerac  ,  Fab. 
tardus ,  Hahn. 
var.  hyalinipcnnisj 

ASTEMMINI. 

Gen.  AsTEMMA ,  Lalr. 

i   acgypiium,  Fab. 
f    itulicmn  ,  Ros. 
apterum  ,  Lin. 

Gen.  Aphanosoma  ,  A.  Cost. 

ilalicuni^  A.  Cost. 

OPHTHALMICINL 

Gen.  Ophthalmiccs,  Ilahn. 

grylloidcs  ,   Fab. 
i  eiylliioccphalns  ,  Lep.  Ser. 
♦  fronlalis ,  Friv. 

albipcnnis  ,  Fab. 

pallidipennis  ,  A.  Cost. 

lineola,  vi.  Cosi. 

ANTHOCORINI. 

Gen.  Xtlocorts  ,  Z.  Dtif. 

parisiensfs ,  Ani .  Ser. 
obliquus  ,  A.  Cost. 

Gea.  Phvllocoris,  A.  Cost, 

Ìncmorum ,  Lin. 
austri'aeus- ,  Fab. 
var.  sjhcslris  ,  Fab. 
—     pratensis  ,  Fall. 

Gen.  Anthocoris  ,  Fall. 

i   ncmoralis  ,  Fall. 

\  gallariim  ulmi ,  Deg. 

cursilans  ,  Fab. 

parvieornis  ,  A.   Cost. 

lufescens  ,  A.  Cost. 

alcr  ,  L.  Diif. 


^■1 

3.J 


5. 
6. 

7 
8 
9- 

IO. 


I. 

2. 

3. 

4. 


3. 

4. 


6. 


«•! 


(2 

CAPSIDAE. 

MIRINI. 

Gen.  MiRis,  Fab. 

calcaratus  ,  Fall. 
dentalus  ,  Hahn. 
erraticus  j  Lin. 
hortoi'um,  WolfT. 
miadrilùieatus  ,  Schr. 
lacvigatus  ,  Lin. 
vireiis ,  Hahn. 
virens  ,  Lin. 
laevtgaius ,  Hahn. 
curlicollis  ,  A.  Cost. 
holsatus,  Fab. 
ruficoiTiis,  Lin. 
pulchellus,  Hahn. 
longicornis  ,  Fall, 
tricostatus,  A.  Cost.    /-■^'f- 
quadrivirgatus  ,  A.  Cost. 

CAPSINL 

Gen.  Lopus  ,  Hahn. 

discors  ,  A.  Cost. 
alboniarginalus ,  Fab. 
albostrialus,  Rlug. 
var.  rubrostrialus  ,  Her.  Sch. 
gothicus  ,  Lin. 
erythromelas  ,  Hahn. 

Gen.  Phytocoris  ,  Fall. 

populi  ,  L. 
obliquus,  A.  Cost. 
exoletus  ,  A.  Cost. 
slriatus  ,  Lin. 
histrionicus ,  Lin. 
agilis ,  Fab. 
flavomaculatiis ,  Fab. 
tricolor ,  Lin. 

quadrijlavomaculatus  ,  Deg. 
melanocephalus  j  Lin. 
reveslìlus ,  Fall. 
pallens  ,  Fab. 
coryli  ,  Lin. 
paìlipes  ,  Hahn. 


I 


lOV. 


II 


«S 


96) 

t  scrlptus  ,  Fab. 
9'<  ìnarginellus  ,  Fab. 

var.  nigroviUatus ,  A.   Cost, 

nemoralis  ,  Fab. 

vai',  sexpunctatus  ,  Fab. 

—  Carcellii ,  Lep.  Ser. 

—  coccineus  ,  L.  Duf. 

—  nankineus  ,  L.  Duf. 

—  piceus  ,  Girli, 
f  seticornis  ,  Lin. 
(   lateralis ,  Fall. 

12.     cinctipes^  A.  Cost. 
i3.     triviaiis,  A.   Cost. 
14.     fulvomaculatus  ,  Fall. 

{.   bipunctalus^  Fab. 
i5.<  qiiadrìpunctaius ,  Fab. 

(  ?  laevigatus,  Wolff ,(  non  auct.  ) 
16.     biniaculatus,  Her.  Sch. 

t    bilonatus,  Fab. 
'7  )    Chenopodii ,  Fall. 

ferrugatus  ,  Fab. 

roseomaculatus ,  Deg. 

circumilexus  ,  A.  Cost. 

taenioma  ,  Am. 

?  vandalicus  ,  Ros. 

haemorrhous ,  A.  Cost. 

22.  infiisus,  Her.  Sch. 

23.  slriatellus  ,  Fab. 
24..  pabulinus ,  Lin. 
25.     tritaenia  ,  Am. 

pi    Iripustuiatus  ,  Fab. 

I     var.  paslinacae  ,  Fab. 

(    Ralmii,  Lin. 
27  I  Jlavovarius  ,  Fab. 

'    ?  transversalis,  Fab. 
28.    basalis  ,  A.  Cost.     />■  -'»* 

Ìunifasciatus  ,  Fab. 
scmiflavus  ,  Fall, 
var.   niarginatus  ,   Hahn. 
var.  laleralis  ,  Hahn. 
3o.     holosericeus ,  Hahn. 
3i.     niutabilis  ,  Fall. 

32.  coroniccps  ,  A.  Cost. 

33.  variabilis  ,  Mey. 

34.  hortensis  ,   Mey. 

35.  brunnipennis  ,  Mey. 


19 
20 


i 


21. 


(2 

^r\  rospus  ,  Fall. 

<  sif/natipcs  ,  Hcr ,  Sdì . 

87.  viridulus,  Fall. 

3o.  maculipcnnis  ,  Hcr.  Scli. 

89.  melanofoma  ,  A.  Cosi. 

4.0.  fiorai  is  ,  Ilalin. 

,    i  collaris  ,  Fall. 

*   ì  errans ,  Wollf. 

49.  vii-j,'iila  ,   Ilur.  Sdì. 

43.  saxatilis,  A.  Cost. 

Gen.  Glodiceps  ,   T.cp    Sere 

1.  capito  ,  Lop.  Sor\ . 

2.  varicijalus ,  A.  (lost. 

3.  riii;ic()llis  ,  A.  Cosi. 
f  i    l'Iavalus  ,  Lia. 

"^    I   l)i)'asrialus ,  Fai) 

Gen.  HcTEBOTOMA ,   Lalr. 

(    spissicornis  ,  Fab. 
'  '  (    merivplerus  ,  Scop. 

Gen.  C.ipsts ,  Fa!>. 

i  capillaris  ,  Fai). 
I .  J  var.  danicus  ,  Fai). 
I   var.   tricoli)r.   Fai). 
t   Irifascialiis  ,  Lin. 
■  ♦  var.  elalus  .  Fab. 

Gen.  STRONGTLoconis,  Blanch. 

1.  leiicocenhalus  ,  Lin. 

2.  erylhroleplus  ,  Ain. 
4-.       cicadifrons,  A.  Cos. 

HALTICIM. 

Gen.  Pach?to.va  ,  A.  Cosi. 

(    minor  ,  A.  Cost. 
'io"  Passcrinii  ,  A.  Cost. 

2.  flavomart^inalus  ,  A    Cost. 

3 .  m.ijor  ,  A    Cost. 

Gen.  H»LTicns  ,  //a/m. 

Ìpropinquiis.  Hcr.  Sch. 
?  luleico/i's  ,  faui. 
\   apterus  ,  \An. 


97  ) 

o    <    cvlindricollis,  A.  Cost. 
^-  t    ifronUif/s,  Fall. 


SCUTELLERTDAE. 

pi:nt.\to.\iim. 

Gen.  Asorrs  ,  /Jiinn. 

bidcns  ,  Lin. 
nigridens  ,  Fa!), 
cuslos ,  Fab. 
Cenci  ,  A.  Cost. 
dumosiis  ,  Lin. 
coeruleus  ,  Lin. 

Gen.  Rhapuig.^ster  ,  Lap. 


*)  punclipennis  ,  III. 

'  '  (jriseus  ,  Fab. 

puipuripennis  ,  Halin. 

\  liluratus  ,  Buim.  (  non  L.  ) 

.  iiìcarna/us  ,  Germ. 

j  var.  alliaceus,  Wallh. 

I  jiaiipcriims  ,  L.  Dui'.  (  n 


L-n.  ) 


Gon    Aelia  .  /V/A. 


I . 

acuminata,  Lin 

0 

Klugii  ,  Ilalin. 

3. 

inflexa,  Wollf. 

4- 

bilida  ,  A.  Cosi 

pallicomis  ,  Fab. 


Gen.  Pextato.ma  ,   Olio. 

sniaragdula  ,  Lin. 

var.  torcjuala  ,  Fab. 

var.  minor,  A.  Cost. 
i  dissimilis,  Lin. 
<  jyrasina  ,  Fab. 

nigricornis  ,   Fab. 

cryngii  ,  Germ. 

laborans  ,  A.   Cosi. 

6.  dislinguenda  ,  A    Cost. 

7.  lunula  ,  Fab. 

Q   4  baccarum  ,  Lin. 

■  t  verbasci  ,  Dcg. 

9.      analis  ,  A.  Cost. 

J  sphacelata  ,  Fab. 

'  lynx  ,  Panz. 

1 1 .  Ternalis  ,  Wolff. 

38 


12. 


I  . 
2. 

3.) 


5.) 


I  . 
2. 


3.) 

5.1 

6. 

9- 

IO. 


lunata ,  Linz. 

Gen.  Eysarcoris  ,  Hahn. 

bipunclata  ,  Fab. 
cousimilis  ,  A.  Cost. 
pusilla  ,  Panz. 
binotala  ,  Halin. 
raelanocophala ,  Fab. 
venuslissima  ,  Schr. 
regalis  ,  Cos. 
periata  ,  Fab. 
aenea  ,  Scop. 

Gen.  Edrtdema  ,  Lap. 

ornata  ,  Lin. 
var.  festiva  ,  Lin. 
dominula  ,  Scop. 
var.  pietà  ,  Fab. 
oleracea,  Lin. 

Gen.  SciocoRis ,  Fall. 

umbrinus  ,  Panz. 
marginalus ,  Fab. 
umbraculaliis  ,  Lin. 
aparines  ,  L.  Duf. 

CYDNINL 

Gen.  Ctdhus  ,  Fab. 

bicolor  ,  Lin. 
albomarginellus ,  Fab. 
dubius  ,  Scop. 
albomarginatus  ,  Schr. 
alboniarginalus  ,  Fab. 
loueomelas  ,  Lin. 
pietpes  ,  Fall, 
niorio  ,  Fab. 
tristis  ,  Fab.    , 
spinipes  ,  Schr. 
brunncus  ,  Fa!), 
punctulatus ,  A.  Cost. 
laevicollis  ,  A.  Cost. 
fumigatus ,  A.  Cosi, 
nanus ,  Hcr.  Scli. 

Gen.  Cyrtocremus  ,  /im,  S. 

flavicornis^  Panz. 


(  298  ) 
2. 


I 


albipennis  ,  A.  Cost. 

SCUTELLERINI. 

Gen.  Odontotarsus  ,  Lap. 

i   grammicus  ,  Lin. 

ì   var.  purpureolineatus ,  Ros. 

Gen.  Tettra  ,  Fab. 

hotlentota  ,  Fab. 
maura,  Hahn. 
maura  ,  Fab. 
var.  pietà  ,  Fab. 
pedemontana  ,  Fab. 
granulata  ,  A.  Cost. 

Gen.  Thigonosoma  ,  Lap. 

falcata  ,  Ciril. 
?  Besfonlainii ,  Fab. 
nigellae  ,  Lin. 
aeruffi'nosa,  Ciril. 

Gen.  Graphosowa  ,  Lap. 

lineata  ,  Lin. 
nigrolineata ,  Fab. 
scniipunctata  ;,  Fab. 
aibolineala ,  Fab. 
leticogramma  ,  Lin. 
nervosa,  Ciril. 
[.      fiavolineata  ,  Fab. 

Gen.  PoDOPS  ,  Lap. 

:.      curvidens  ,  A.  Cost. 
!.      inunctus  ,  Lin. 

Gen.  CoPTosoiHA ,  Lap. 

i    globus  ,  Fab. 
■  }   scarabaeoides ,  Panz. 

Gen.  Coreomelas  ,  Whil. 

scarabaeoides,  Lin. 

Gen.  Odontoscelis  ,  Lap. 


I. 


fuliginosa  ,  Lin. 
var.  litura  ,  Fab. 
var.  dorsalis  ,  Haba. 


(  299  ) 

Summa  speci'erum. 

Noloneclidae g 

Nepldae 3 

Hydroraelridac io 

Saldidae 8 

Reduviidae ly 

Phymatidae i 

Acanlhiidae i 

Aradidac 5 

Tingidae i6 

Coreidae 36 

Lygaeidae 70 

Capsidae ^3 

Sculclleridac 61 

3io  (i) 

Capsinorura  spccies  adhuc  dubiae,  .  .  io 

320 


(i)  Discrimcn  intcr  liane  cifram  et  illam  Ccnlurìarum  resultai  ei  eo 
ijuod  ;  i."  liic  Nolonecta  furcata  ad  glaucae  vcrielatcm  rcferlur  ,  cum  in 
illis  uti  distincta  spccios  signala  est:  2°  hic  quatuor  species  de  quibus  in 
nota  loquutum  est  inscriptae  fucninl. 


ALCUNE  IDEE 

SULLE  ARTI  E  MANIFATTURE 

91IL  :£ii®irD  IDI  iriiiPDM 

LETTA  NEL  REALE  ISTITUTO  D' INCORAGGIAMENTO 
Nella  tornala  de'  27  Gennaio  18Ò3 


T 


industria  è  V  arte  di  creare  ,  e  diffondere  i  prodotti  utili; 
adunque  le  produzioni  ,  e  V  esportazione  suno  tutlociò  che  di- 
cesi  industria. 

L' industria  La  bisogno  di  tre  elementi  che  le  danno  vita, 
la  scienza  che  dirige  ,  i  capitali  che  danno  vita  ed  azione  crea- 
trice e  diffondilricc ,  e  l'uomo  ch'esegua  i  precetti  della  scien- 
za per  via  delle  macchine. 

Un  popolo  che  produce  senza  esportare  i  prodotti  superflui 
dell'  industria,  fallisce.  Di  due  popoli  egualmente  produttori  , 
quello  fiorisce  di  più  ,  che  più  esporta  ed  in  minor  tempo. 
Quindi  i  piroscafi  e  le  strade  ferrate  danno  una  preferenza  nel- 
la  floridezza   delle  nazioni. 

L'  industria  in  generale  si  modifica  secondo  il  carattere  di 
una  nazione ,  i  suoi  bisogni ,  ed  i  suoi  mezzi. 


(   302    ) 

Epperò  taluni  popoli  sono  fabbrictinti ,  altri  commercianti, 
altri  produttori  agricoli  e  di   pastorizia. 

Ogni  nazione  segue  il  suo  istinto  ed  il  suo  bisogno ,  ed 
invano   Y  uomo  può   inFrangcre   questa   legge. 

Un  popolo  industrioso  è  naturalmente  attaccato  alla  sua  pa- 
tria ,    che  gli   somministra  i  mezzi  di    prosperità. 

Quando  il  suolo  di  una  nazione  non  è  bastante  a  soddis- 
fare a  tutt'  i  bisogni ,  gli  speculatori  e  gli  oziosi  emigrano  ,  e 
cercano  altra  terra. 

I  popoli  più  industriosi  sono  V  Inghilterra  ,  la  Francia ,  la 
Confederazione  Anglo-Americana,  il  Belgio,  la  Russia,  l'Au- 
stria ,   la   Prussia  ,    e  la   Svizzera. 

La  prima  è  l' Inghilterra,  la  quale  per  produzione  e  per  com- 
mercio ,   dà  alla  storia  un  nuovo    esempio    maraviglioso  ,    che 
potrà  ammettere  rivalità    non  maggioranza.  I  soli  tessuti  di   co- 
tone  sorpassano  3o  milioni  di   lire   sterline,   circa    i8o   milioni 
di  ducati.   Quelli    di   lino  vanno  a  piìi  di  4-0  milioni  di  sterline, 
o  sia  29  milioni  di  ducati.  Da  ogni  ramo  la  produzione    ingle- 
se  è  immensa  ,  fino  i  prodotti  agricoli  e  di  pastorizia  sono  i  mi- 
gliori di  tutta  la  terra.  E  da  stordire  sono  pure  i  mezzi  di  tras- 
porto ;  pili  migliaia  di  miglia  di  canale  di  navigazione  ;    cento- 
mila e  più  miglia  di  strade  interne  ;  oltre  a  settemila  e  più  mi- 
glia di  strade  di  ferro;  trentadue  mila   navi    mercantili  a  vela, 
e   li 85  a  vapore,  senza  parlare  di  quelle    nelle   contrade   sog- 
gette al  gigantesco  impero  della  compagnia  delle  Indie  Orienta- 
li :  più  di  200  mila  persone  sono  addette  al    commercio  ,    che 
trasportano  annualmente  circa  3o  milioni  di  cantala  di  mercanzie. 
La  sola  marina  della  città  di  Londra  supera  quella  di  tut- 
te le  altre  nazioni  riunite. 

La  Francia  a  preferenza  serve  al  lusso  ,   mentre    l'Inghil- 
terra serve  al  popolo. 


(  5o3  ) 

Agricoltura,  commercio  ,  produzioni  di  lusso  di  ogni  ma- 
niera elevano  la  Francia  ad  un  altissimo  grado  di  prosperità  in- 
dustriale. 

La  Confederazione  Anglo-Americana  raccoglie  quasi  tutta 
l'emigrazione  europea.  Ivi  l'industria^  1'  agricoltura,  le  arti 
prosperano  su  di  una  scala  clic  aumenta  maravigliosamente. 

Nel  1812  essa  conteneva  sette  milioni  e  mezzo  circa  di  a- 
bitanti  :  oggi  ne  ha  circa  25  milioni. 

La  conquista  della  California,  e  più  la  situazione  di  quella 
nazione ,  in  mezzo  ai  due  oceani  fa  presagire ,  che  non  larderà 
molto  che  essa  addiverrà  l'arbitra  del  commercio  del  mondo. 

La  produzione  del  Belgio  rivaleggia  con  quella  di  Francia, 
e  degli  Stati  Americani  sopra  tutto  ne'  lavori  di  ferro. 

La  Russia  ,  1'  Austria  e  la  Prussia  sono  anche  molto  in- 
nanzi nel  commercio  delle  industrie. 

Questo  rapido  sguardo  dimostra  che  fra  noi  fa  uopo  di  sag- 
gezza per  dirigere  Y  industria  del  nostro  regno  ,  su  quei  rami 
che  possono  prosperare  ,  nei  quali  non  abbiamo  né  possiamo  a- 
ver  rivali. 

Or  quali  sono  questi  rami  ?  Io  credo  che  in  primo  luogo  è 
l' industria  della  seta  ,  ma  diretta  dalla  scienza  ,  e  su  di  una 
grande  scala.  In  secondo  luogo  l'  agricoltura  ,  soprattutto  la  pro- 
duzione de' cereali  ,  dell'olio  di  olivo,  e  del  vino.  Ma  queste 
produzioni  sono  fra  noi  abbandonate  più  alla  natura  che  all'ordine. 

Qual'  è  mai  la  ragione  che  tiene  i  proprietari  della  maggior 
parte  delle  province  del  Regno  lontani  dall'industria  serica?  Qual' è 
quella  mano  di  ferro  che ,  a  malgrado  de'  tanti  incoraggiamen- 
ti del  Governo  ,   tiene  lontano  i  proprietari  da'  prati  artifiziali? 

L'  olio ,  la  Dio  mercè ,  ha  avuto  un  grande  miglioramento; 
ma  non  è  generale  ,  e  l'  olio  di  Francia  ha  il  primato. 

Il  vino  fatto  senz'  alcuna  regola ,  non  è  richiesto  dall'  estero. 


(  3o^  ) 
Qucsfc  riliramento  dallo  straniero  de'  nostri  prodotti  dipende  pure 
dalla  mala  fede ,  e  dal  dolo  che  un  falso  spirito    di    guadagno 
porla  in  tuli'  i  prodotti  che  s  inviano  all'  estero ,  un'adulterazione. 

Molli  stabilimenti  di  arti  sono  appena  sorli,  e  sono  falliti; 
e  perchè  ?  Perchè  non  introdolli  con  tulle  le  coudizioni  volute 
dalle  leggi  industriali ,  le  quali  mancano  nel  nostro  paese. 

IS'oi  avevamo  l'industria  della  scia  in  S.  Leucio ,  ma  i  suoi 
pfodotti  non  hanno  mai  potuto  emulare  quelli ,  non  dico  di  Lio- 
ne ,  ma  di  qualsiasi  altro  paese. 

Quale  stabilimento  fra  noi  è  fornito  di  tuli'  i  mezzi  neccs- 
sarii  a  quella  specie  d' industria  ? 

Non  vi  è  dubbio ,  che  in  varie  province  del  nostro  Regno  si 
produce  la  seta  con  la  industria  de'  filogelli ,  ma  questa  industria 
non  ha  un  solo  stabilimento ,  che  potesse  emulare  con  quelli  del 
Lombardo-Veneto,  e  della  Sardegna. 

È  un'  industria  questa  di  poche  famiglie  che  la  praticano 
senza  norme ,  senza  scelta  di  semenza ,  e  di  foglia ,  senza  stabi- 
limento setifero.  Eppure  l' industria  della  seta  potrebbe  fra  noi 
prosperare  fino  a  superare  tutti  gli  altri  che  la  praticano. 

Avevamo  noi  una  fabbricazione  di  porcellana,  introdotta  pri- 
ma per  conto  del  Governo,  ceduta  in  seguito  a' particolari.  Ora 
pili  non  esiste,  per  la  deficienza  di  capitali.  È  per  legge  di  na- 
tura che  qualunque  essere  male  organizzato  debba  finire. 

Lo  stesso  può  dirsi  delle  nostre  stoviglie ,  che  mancano  di 
ogni  condizione  per  allontanare  la  concorrenza  delle  stoviglie  e 
terraglie  soprattutto  dell'  Inghilterra ,  la  quale  offre  in  questo  ge- 
nere perfezione,  e  risparmio;  condizioni  senza  le  quali  non  evvi 
concorrenza  in   industria. 

In  fatti  le  fabbricazioni  di  Castelli  da  tempo  immemorabile 
stabilite  senza  regole ,  e  senza  tutt'  i  mezzi  industriali  sono  rima- 
ste stazionarie. 


(  3o5  ) 

Sono  stali  consumali  de'  milioni  per  Io  slabilimento  di  fab- 
bricazioni di  lessali  di  lana,  di  coione,  di  filo  di  lino  e  cana- 
pe ;  ma  i  milioni  si  sono  esauriti ,  e  le  tante  fabbriche  sono  in 
parte  fallite. 

Eppcrò  ricevevamo  nel  184.0  i3raila  novecento  trentadue 
canne  di  panni. 

In  vero  era  una  stoltezza  voler  concorrere  in  questa  specie 
d'  industria  cogl'  Inglesi ,  coi  Francesi  e  coi  Russi. 

I  primi  provvedono  i  loro  innumerevoli  stabilimenti,  i  se- 
condi soddisfano  al  lusso  Europeo:  i  Russi  poi  hanno  un'im- 
mensa estensione  di  paese  ,  e  là  mandano  i  prodotti  delle  loro 
fabbriche. 

Le  nostre  fabbriche  dovevano  cadere  ;  e  cadranno  sempre, 
mentre  di  selle  milioni  circa  della  popolazione  della  Sicilia  Ci- 
teriore neppure  il  decimo  ricorre  ai  tessuti  napoletani. 

II  primo  elemento  della  prosperità  di  una  industria,  è  la 
più  grande  consumazione  de' prodotti ,  lo  che,  in  quanto  ai  tes- 
suti di  lana  non  può  avverarsi  fra  noi. 

Lo  stesso  è  da  dirsi  delle  fabbriche  di  tela  di  cotone  e  di 
lino.  Noi  abbiamo  de' grandi  produttori,  l'Inghilterra,  la  Fran- 
cia, l'Alemagna,  il  Belgio,  l'Olanda,  1"  Irlanda ,  ove  la  produ- 
zione è  immensa ,  perchè  smisurate  sono  le  richieste  ,  ottimi  i 
prodotti  e  bassissimo  il  prezzo. 

I  nostri  prodotti  in  questo  genere,  non  sono  consumati  che 
dal  basso  popolo,  e  perciò  saranno  sempre  pochi,  e  non  potran- 
no mai  giugnere  a  perfezione. 

Non  mancano  fra  noi  i  buoni  fabbricanti  i  quali  danno  de' 
prodotti  preferibili  a  quelli  degli  altri;  ma  questi  che  noi  di- 
ciamo buoni  ,  riguardo  a  noi  sono  pessimi  in  confronto  di  quel- 
li delle  fabbriche  straniere. 

I  cuoi,  le  pelli  ed  i  tappeti  hanno  pur  fatto  sperare  un  mi- 

gUorameato',  ma  questo  non  è.  uè  può   essere   paragonabile  ai 

39 


(  3o6  ) 
prodoUi  siranicri  ;  poiché  questi  ci  forniscono  prodotti   più    per- 
fetti ,   od  a  prezzi  quasi  eguali  ai  nostri. 

La  carta  ha  in  qualche  modo  migliorato  di  comparenza  , 
non  di  sostanza  ;  ma  quella  che  si  fabbrica  nel  nostro  Regno  , 
non  ci  ha  liberali  dal  bisogno  della  carta  estera. 

Nelle  mostre  passate  abbiamo  veduto  qualche  buon  cappello 
di  paglia  ,  0  di  feltro  ;  ma  pochi  saggi  non  possono  meritare  il 
nome  d' industria  patria. 

Lo  slesso  dicasi  delle  fabbriche  di  vetri  ,  e  di  cristalli.  Di- 
versi stabilimenti  sono  sorti  ,  e  quasi  tutti  sono  caduti.  Pei  ve- 
tri e  lastre  il  nostro  consumo  è  limitato.  Questi  prodotti  non 
possono  mandarsi  all'  estero  ove  sono  di  qualità  superiori  ,  ed 
a    più  mercato  prezzo. 

In  due  solenni  mostre  si  esposero  dei  cristalli  intagliali  : 
i  fabbricanti  che  volevano  introdurli,  chiamarono  de' manifattu- 
rieri dair  estero  ,  dando  loro  vistosi  assegni.  Questa  circostan- 
za rendeva  il  prezzo  de'  prodotti  altissimo  ;  quindi  ne  depose- 
ro il  pensiero. 

L'  oro  e  1'  argento  non  hanno  avuto  alcun  perfezionamen- 
to nel  loro  lavoro.  Le  manifatture  estere  ,  sono  più  ricer- 
cate perchè  più  eleganti  e  meno  materiali ,  mentre  sono  lavo- 
rate   con  r  aiuto   di   macchine. 

I  lavori  de'  mobili  in  certo  modo  hanno  ricevuto  più  per- 
fezione ,  come  pure  quelli  del  ferro  ;  sono  però  sempre  infe- 
riori  a  quelli  che   vengono  dall'  estero. 

Queste  arti  hanno  bisogno  del  disegno  lineare,  che  man- 
ca ai  nostri  artisti  ,  poiché  mancano  fra  noi  le  scuole  industria- 
li. Se  la  ferreria  di  Pietrarsa,  e  la  fonderia  de' cannoni  han- 
no prosperato ,  è  dovuto  certamente  alla  istruzione  industriale 
introdotta   da   tanti  celebri  nostri   uffiziali. 

I  guanti  di  pelli  di  capretti  e  di  montoni  meritano  un'at- 
tenzione ,   ed  un  incoraggiamento  ,  soprattutto  pel   basso   prezzo 


(  3o7  ) 
pel  quale   possono  rivaleggiare   coi  guanti  stranieri.  Questo  pro- 
dotto nostro  è  asportato  in  grande  quantità. 

I  lavori  di  acciaio  che  si  eseguono  principalmente  in  Cam- 
pobasso ,  progrediscono  immensamente  ;  ma  essi  si  eseguono 
a  mano  ,  e  senza  l'aiuto  delle  macchine,  come  si  pratica  in  In- 
ghilterra ed  altrove. 

I  liori  arlifiziali  ,  i  ricami  nazionali  non  possono  costituire 
una  branca  d' industria  del  Regno  ,  perchè  vi  saranno  fra  noi 
delle  ricamatrici  ,  de'  lavoranti  di  fiori;  ma  mancano  però  degli 
stabilimenti  di  queste  industrie.  Dietro  di  tutto  ciò  noi  riepilo- 
gheremo le  nostre  idee. 

I .°  L'  industria  non  si  stabilirà  fra  noi  senza  la  scienza  ip- 
dustriale  ,  che  ne  stabilisce  i  precetti ,  e  senza  le  scuole  dir'it- 
te  a  formare  degl'  industriosi  istruiti. 

2°  Non  debbo  aversi  per  industria  patria  un  prodotto  sen- 
za il  corrispondente  stabilimento  ,  poggiato  su  di  basi  tecniche. 

Perciò  il  Reale  Istituto  d'  Incoraggiamento  dovrebbe  ado- 
prarsi  a  procurare  la  fondazione  degli  stabilimenti  industriali  piìi 
che  il  lavoro  di  oggetti  isolati. 

5.°  Dovrebbe  rivolgere  tutte  le  sue  cure  a  vedere  quali  ra- 
mi d' industria  possano  a  preferenza  prosperare  fra  noi ,  perchè 
più  adatti  all'indole  de' nostri  concittadini  ,  alle  loro  tendenze, 
ed  ai  mezzi  che  ne  somministrano  ,  il  suolo,  il  clima,  l'aria,  ec. 

L'  esperienza  di  molti  anni  potrebbe  servire  di  certa  guida 
a  queste  investigazioni. 

I  prodotti  che  veramente  possono  prosperare  fra  noi,  pare 
che  sieno  quelli  della  seta  e  de'  guanti.  A  questi  più  di  tutto  il 
Reale  Istituto  dovrebbe  rivolgere  la  sua  attenzione,  facendo  pre- 
miare quelli  che  sanno  fondare  stabilimenti  analoghi  per  tali  in- 
dustrie. 

4..°  Il  Reale  Istituto  dovrebbe  far  di  tutto  ,  perchè  le  pic- 
cole industrie  di  cuoi ,  di  vetri  ,  di  panni  ,  di  tessuti   in  filo  e 


(  3o8  ) 
coione  ,  di  mobili ,  ncn  solo  non  degradano  ,  o  si  distruggano, 
ma  che  si  eleyino  per  quanto  le  circostanze  il  permellano  ad  u- 
na  scala  più  grandiosa  da  sopperire  almeno  a  tutti  i  nostri  bisogni. 

5.°  Dovrebbe  porre  ogni  sua  cura,  perchè  sieno  perfezio- 
nati i  lavori  ,  in  argento  ,  in  oro  ,  in  ferro  ,  in  rame,  pc' qua- 
li vistose  somme  si  mandano  all'  estero. 

6.°  Del  pari  dovrebbe  rivolgere  la  sua  attenzione  a  far  mi- 
gliorare ,  e  prosperare  i  prodotti  di  agricoltura  di  ogni  manie- 
ra ,  e  di  pastorizia  ,  promovendo  i  campi  di  modello  ,  i  prati 
artitìziali ,  i  migliori  melodi  per  far  buoni  formaggi  ,  buoni  vi- 
ni e  buon  olio. 

Per  questi  prodotti  noi  possiamo  benissimo  entrare  in  emu- 
lazione con  r  estero. 

7.°  Dovrebbe  il  Reale  Istituto  procurare,  cbe  chiunque  vo- 
glia stare  alla  testa  di  uno  stabilimento  industriale  ,  dovesse  ot- 
tenere una  carta  autorizzante  ,  in  seguito  de'  debiti  esami  di  di- 
segno lineare ,  fisica  ,  chimica  e  meccanica  industriale  ,  come 
si  pratica  per  le  professioni  di  avvocato,  di  medico,  di  archi- 
tetto e  di  agrimensore. 

Tali  carte  dovrebbero  rilasciarsi  dallo  stesso  Reale  Istituto 
dopo  gli  esami  e  le  rispettive  osservazioni. 

Ciò  non  riuscirebbe  nuovo  nel  nostro  regno  ,  poiché  per  lo 
addietro  non  si  addiveniva  capo  di  arte  ,  senza  il  dovuto  osarne^ 
e  le  carte  autorizzanti  a  cura  di  talune  corporazioni  dal  Gover- 
no approvate  che  portavano  il  titolo  di  Cappelle.  Così  si  otter- 
rebbero i  vantaggi  di  queste  antiche  istituzioni  ,  senza  i  difetti 
che  le  fecero  abolire  :  si  avrebbe  cioè  la  guarentia  delle  capa- 
cità in  ciascun  capo  d'  arte  dietro  I'  esame  di  un  magistrato  im- 
parziale e  competente  ,  qual  certamente  è  il  Reale  Istituto  mede- 
simo ,  e  ciascun  lavorante  rimarrebbe  libero  nell'  esercizio  del- 
la sua  opera  senza  temere  gli  abusi  del  monopolio  ,  che  prima 
esercitavano  i  maestri  delle  varie  arti. 


Mi  SORGESTE  L\TERMITTESTE  DI  TRIIERM 

IVELL  AGRO  YEMFIUIVO 

E  SUI  MEZZI  DI  REGOLARE  IL  CORSO  DELLE  SUE  ACQUE 

AFFIN  DI  EVITARE  I  DANNI  CHE  ORA  PRODUCONO 

E  VOLGERLE  A  PROFITTO  DELLE  POPOLAZIONI. 

M  E  M  0  11  I  A 

I>EL  SOCIO  ORDINARIO  ERAESTO  CAPOCCI. 


Signor  Presidente,  Signori 


0, 


'uanlunqiie  questo  nostro  Istituto  abbia  per  suo  scopo  gene- 
rico r  incoraggiamento  delle  scienze  naturali,  pure  non  mi  sarei 
forse  determinato  ad  intrattenerlo  su  questo  curioso  fenomeno  di 
idrografia  patria ,  se  lo  studio  da  me  fattone  non  mi  avesse  con- 
dotto a  talune  conclusioni  che  riuscir  potrebbero  d'immediata  ap- 
plicazione a  vantaggio  della  pubblica  salute  ,  e  della  prosperità 
di  una  delle  più  ricche  e  trascurate  regioni  del  nostro  regno  — 
Difatti  Ira  queste  è  nota  e  famosa  sin  dalla  rimota  antichità  la 
valle  di  Venafro  ,  nella  quale  la  benigna  natura  pofondeva  con 
larga  mano  tutti  i  suoi  doni.  Per  modo  che  alla  pingue  e  fe- 
race qualità  del  terreno  nelT  ampia  sua  pianura  ,  e  nelle  dolci 
pendici  de' circostanti  suoi  monti ,  non  manca  abbondante  e  sva- 
riata copia  di  acque  ,  onde  vien  promossa  la  più  lussureggiante 
vegetazione. 

Le  acque  che  bagnano  questa  bella  pianura,  pressoché  ellit- 
tica  (  il  cui   minor  asse  ,  della  lunghezza  di  4  miglia  in  circa  , 


(3ro) 
corre  dal  Nord  al  Sud,  ed  il  maggiore;  più  che  doppio  dell'altro, 
dal  Est  all'  Ovest  )  possono  ridursi  a  tre  principali  generazioni  : 
i."  il  Volturno;  2."  il  fiume  di  S.  Bartolomeo  ;  3.°  il  fiume  di 
Triverno  (1)  ;  oltre  di  talune  sorgenti  minerali  ,  che  ora  non 
accade  di  esaminare  ,  come  fuori  del  campo  prescrittomi  nelle 
presenti  ricerche.  Il  Volturno  che  l'attraversa  dall'Est  al  Sud, 
per  essere  ancor  non  mollo  lontano  dalle  sue  fonti  ,  conserva 
tuttavia  la  purezza  delle  sue  acque ,  ed  è  già  divenuto  una  gros- 
sa riviera  ,  che  può  minacciar  bensì  i  campi  adiacenti  col  di- 
vagamento del  violento  suo  corso,  ma  non  già  corrompere  l'aere 
con  esalazioni  di  acque  stagnanti.  Il  fiume ,  che  meglio  diremmo 
rivo  ,  di  S.  Bartolomeo ,  è  formalo  dalla  riunione  delle  acque 
delle  belle  fontane  della  presente  città  di  Venafro  ,  e  perciò 
prendendo  origine  nel  bel  mezzo  della  cinta  settentrionale  della 
valle  ,  ov'  è  edificata  questa  città  ,  ne  irriga  gli  orti  sottoposti  , 
indi  volgendo  all'  occidente  va  a  scaricarsi  nel  Volturno  presso 
del  Sesto.  Queste  acque  ancora  di  limpida  e  costante  scaturigine, 
possono  riguardarsi  come  per  poco,  anzi  per  nulla  capaci  di  al- 
terare la  buona  qualità  dell'aria  ;  a  meno  che  gli  ortolani,  quasi 
a  bella  posta  ,    nelle  loro  irrigazioni  non  le  facessero  stagnare  , 


(i)  Queslo  nome  gli  vien  da  un  antico  Castello  pel  quale  passa  ,  alla 
distanza  di  circa  un  miglio.  Questo  castello  per  altro  è  interamente  sparito 
da  circa  due  secoli ,  al  tempo  cioè  del  Ciarlante  e  non  vi  esiste  altro  pre- 
sentemente che  un  mulino  ed  un'osteria.  Ma  al  tempo  di  Carlo-magno  (nel 
775  )  doveva  essere  molto  forte  ,  poiché  gli  oppose  la  più  valida  resisten- 
za. Riguardo  al  nome  di  questo  luogo  ,  convien  notare  che  anticamente 
trovasi  chiamato  Tuliverno  ,  e  non  Triverno.  Dil'atti  nelle  Storie  di  Giovan- 
ni Villani  trovasi  scritto  :  k  Misesi  (  Re  Carlo  d'  Angiò  nel  1265,  per  an- 
j  dare  a  (lombatter  Manfredi  a  Benevento  )  a  passare  il  fiume  del  Voltur- 
j  no  presso  a  Tuliverno ,  e  tenne  per  la  contea  d'  Alife  s  ;  il  qual  no- 
me antico  sembrasi  conservato  nella  tradizion  popolare ,  poiché  dalla  gen- 
te minuta  della  contrada  è  detto  Ttiliviertw. 


(Sii  ) 
per  viziarne,  e  corromperne  la  naturale  purezza.  Da  ultimo  il 
fiume  di  Trlverno ,  forse  ancor  più  piccolo  del  precedente,  sorge 
al  Nord-Est  della  valle  ,  da  una  rupe  calcarea  di  solt  >  al  villag- 
gio di  S.  Maria  dell'  Olivete  ,  e  dopo  un  corso  non  troppo  de- 
clive di  un  miglio  e  mezzo  all' incirca,  va  ad  entrar  uel  Voltur- 
no. Questa  sorgente  per  la  singolarità  che  offre,  formerà  il  sog- 
getto della  presente  memoria. 

È  dessa  di  falli  della  specie  di  quelle  noie  sotto  la  denomi- 
nazione d  mteriniUenti  dal  volgo  anche  dette  miracolone:  stan- 
techè  con  periodica  subitanea  intermissione  più  o  men  regolare , 
le  sue  accpie  fluiscono  o  mancano  pel  corso  di  mesi  e  di  anni, 
senza  veruna  apparente  relazione  immediala  col  ricorrere  delle 
stagioni;  fenomeno  per  sé  slesso  degnissimo  della  dotta  curiosi- 
la del  naturalista,  ma  nel  caso  presente  ancor  più  degno  di  spe- 
ciale attenzione ,  per  le  conseguenze  che  ne  derivano  ai  più  gravi 
interessi  della  civil  società.  Ed  invero  nelle  vicende  di  disparizio- 
ne e  di  flusso  di  quelle  acque,  non  mai  troppo  chiare  sin  dalla 
origine  ,  vengono  queste  ad  impaludarsi  nella  pianura,  e  ne  nasco- 
no, nelle  parti  più  basse  del  loro  letto,  pozzanghere  melmose  e 
ristagni  d'ogni  maniera.  La  quale  non  naturale  invasione  e  defi- 
cienza improvvisa  del  fluido,  contrariando,  e  direi  quasi  sorpren- 
dendo ivi,  ed  insidiando  l'esistenza  degli  esseri  organici,  tanto 
del  regno  animale  quanto  del  vegetabile ,  ne  ingenera  la  corru- 
zione, svolgendone  nella  calda  stagione  una  maravigliosa  caligine 
di  pestifere  esalazioni  ,  che  spargono  ovunque  ,  tra  que'  miseri 
abitatori  ,  le  più  perniciose  malattie  e  la  morte. 

Né  crediate  ,  o  dotti  col  leghi ,  eh'  io  voglia  arrogarmi  il 
vanto  di  sporvi  colali  fatti ,  come  una  novità.  Tanto  la  bizzarra 
rinnovazione  di  quel  fenomeno  ,  quanto  le  pericolose  sue  conse- 
guenze ,  erano  per  lo  innanzi  ben  note  da  lungo  tempo.  Né  tam- 
poco mancavano  ,  dopo  il  risorgimento  delle  lettere  ,  scrittori 
delle  cose  patrie  ,  che   in  prosa    ed  in  rima  ,    deplorassero    co- 


(3l2) 

siffatte  calamità.  Il  Fontano  tra  gli  altri  sin  dal  suo  tempo  (  xv." 
secolo)  scriveva  al  proposito  di  questo  rivo  (i). 

»  Hinc  etiam  miseranda  lues  mortalibus,  hinc  et 

))  Dira  fames  saevitque  malum  per  vulnus  utrumque  j. 

Ed  indi  il  Valla ,  ed  il  Monaclielli,  ne' due  ultimi  secoli,  e 
pivi  ancora  in  questo  i  signori  Pilla ,  Cotugno ,  Sannicola  ec.  de- 
ploravano colali  iatture  ,  cui  irreparabilmente  vedevano  tuttavia 
soggetta  la  nativa  loro  contrada;  e  con  lodevole  zelo  si  facevano 
a  descrivere  le  endemie  che  tante  umane  vittime  mietevano  pe- 
riodicamente in  ogni  anno  ,  e  proponevano  i  mezzi  più  acconci 
a  liberarsene.  Ma  questi  mezzi  ,  per  ciò  che  riguarda  le  dette 
acque  di  Triverno ,  si  riducevano  alle  solite  avvertenze  che  la 
scienza  consiglia  per  togliere  gli  ostacoli  che  impediscono  ,  e  fan 
corrompere  le  acque. 

Io  ho  pili  minutamente  raccolto  e  studiato  i  particolari  dei 
fatti  ;  da  questi  mi  sono  ingegnato  di  risalire  all'  ascosa  cagion 
del  fenomeno  ,  indi  ho  escogitato  ,  come  or  ora  vedrete  ,  uno 
spediente  che  promette  d'  impedire  il  male  di  queste  acque  sin 
dalla  loro  origine  ,  e  prima  che  lo  producano  col  loro  dilagarsi 
per  la  campagna. 

Tutti  gli  sforzi  da  me  fatti  per  raccogliere  notizie  sul  luo- 
go ,  non  mi  son  bastati  a  risalire  più  in  su  dello  spazio  di  34. 
anni  (2)  nequali  la  storia  di  queste  acque  è  descritta  nell'annesso 


(i)  Jleteororum  ,  de  Rico  Venajrano. 

(2)  Nel  1691  scriveva  il  Valla  e  quest'  acqua  si  vede  alle  volle  del  tut- 
»  lo  mancare  ed  alle  volle  smisuralamenle  crescere  ,  con  sentirsi  ancora  il 
»  rumore  dell'acqua  che  scende  per  gli  anfralll  del  convicino  monte  ,  pri- 
*  ma  di  uscir  nel  piano.  Vogiion  eh'  essiccando  in  lutto,  presagisca  abbon- 
>  danza  e  salute  ,  crescendo  poi  di  soverchio  infermila  e  penuria  di  vive- 
»  ri. . , .   Da  molti  anni  a  questa  parie  però  dell'acqua  non  è  mancala  mai 


(3i3) 
quadro  numero  i.*,  ove  ho  pur  notalo  la  corrispondente  quan- 
tità della  pioggia  caduta  qui  in  Napoli  in  ciascun  anno  ,  non 
essendovi  altri  dati  udiometrici  locali  più  acconci  alla  nostra 
ricerca.  Vi  ho  pur  notato  il  numero  de'  nati  e  de'  morti  in  Ve- 
nafro  ,  per  discoprire  con  tali  confronti ,  e  render  piìi  manifesta 
l'influenza  che  le  dette  acque  possono  avere  sulla  salute  pubbli- 
ca. Al  quale  intento  meglio  ancora  ne  servirà  l'altro  quadro, 
numero  2.°,  nel  quale  sono  mensilmente  registrate  le  nascite  e 
le  morti ,  negli  anni  piìi  notevoli  per  istraordinaria  mortalità,  come 
nel  1821  ,  1823  etc.  Ivi  eminentemente  si  manifesta  l'influenza 
micidiale  della  calda  stagione  :  poiché  le  morti  crescono  a  dis- 
misura a  mano  a  mano  dal  luglio  sino  a  settembre  ,  ed  indi  ri- 
mettendo alquanto  prosieguono  ad  abbondare  talvolta  sin  verso  la 
fine  dell'  anno  ,  quando  cioè  il  velen  del  miasma  ha  avuto  i' 
tempo  di  atterrare  tutte  le  sue  vittime  ;  al  novero  delle  quali  per 
altro  fa  d'uopo  aggiungerne  altre  non  poche  tra  que'miseri  con- 
tadini, che,  discesi  da' loro  monti  a  lavorare  la  state  nella  mal- 
sana pianura  ,  riportano  il  germe  del  male  nella  propria  dimo- 
ra ,  e  vi  periscono  senza  numero  ,  con  la  ben  nota  febbre  della 
malaria.  Ma  facciamo  oramai  ritorno  alla  nostra  acqua  di  Tri- 
verno. 

Dirò  dunque  di  aver  inoltre  raccolto  sulle  medesime  acque 
che  quando  esse  fluiscono  ,  può  scorgervisi  agevolmente  1'  effetto 
delle  stagioni;  vale  adire,  che  aumentauo  ne' mesi  piovosi  e  di- 
minuiscono negli  asciulti  :  cosi  le  acque  principiano  ad  aumen- 
tare verso  la  fine  di  autunno,   e  l'aumento  va  sempre    più  cre- 


»  ed  è  scorsa  anche  nella  state  ;    eppure  ,    per  grazia  d' Iddio  ,    nella  città 

j  si  è  goduta  ottima  ed  universale  salute,   j    Da  ciò  viene  altestato    (  oltre 

dell'  esistenza  del  fenomeno    in   quel  tempo  )    che    Ia|  permanente    flussione 

delle  acque  faceva  sparire  le  infermità  ,  e  ciò  è  ingenuamente  riconosciuto 

contro  r  opposta    ofinione  clic  allora  era  in  corso. 

4o 


(3i4) 
scendo  sino  alla  primavera  ,  indi  decresce  sino  all'  autunno  (i). 
Nello  scorso  maggio  ,  quando  io  ho  visitato  il  luogo  1'  ultima 
volta  ,  le  acque  erano  pressocchè  al  loro  massimo  (2).  L'espe- 
rienze da  me  fatte  in  quel  tempo  per  determinare  il  loro  volu- 
me ,  furono  eseguite  in  un  punto  in  cui  il  loro  alveo  era  retti- 
lineo e  di  bastante  regolarità  :  la  media  larghezza  era  di  me- 
tri 5,4-0  ,  pari  a  palmi  20  de' nostri  ;  la  profondità  delle  acque 
di  metri  i;2  0,  eguali  a  palmi  4-  e  mezzo  ;  la  velocità  della  cor- 
rente essendo  di  0,"  88  =  3  Pj33.  Laonde  con  tali  dati  si  calcola 
il  volume  delle  acque  fluenti  in  ogni  i"=5,6i3  metri  cubici, 
ossia  a  più  di  3oo  palmi  cubici  ,  che  corrispondono  a  un  di- 
presso ad  li  botti  per  secondo,  e  perciò  a  9^0,000  botti  per 
giorno. 

Passiamo  ora  alla  discussione  di  questi  fatti. 

Ed  in  prima  è  manifesto ,  come  testé  dicevamo ,  che  il  pe- 


(i)  Cotale  influenza  è  al  tutto  semplice  e  facile  a  concepirsi  e  vien  di- 
stinta dai  fisici  col  titolo  d' intercalazione. 

Un  altro  fatto  merita  qui  di  essere  registrato  per  l'influenza  che  potreb- 
be avere  sulla  produzione  del  fenomeno,  quante  volte  se  ne  volessero  stu- 
diare a  fondo  le  fasi;  e  questo  è  l'esistenza,  alla  distanza  di  un  sei  mi- 
glia, più  in  su  di  Cerasolo,  di  una  capace  conca  cìnta  itUorno  intorno  da 
monti  ,  all'  altezza  di  quasi  800  metri  dal  pian  di  Venafro.  Questa  conca 
in  taluni  tempi  si  converte  in  lago  (onde  il  luogo  è  denominato  Pantano), 
e  le  sue  acque  rimangonvi  per  giorni  ,  e  talora  anche  per  mesi  interi  pri- 
ma di  venire  assorbite  ,  per  certi  fori  quasi  interamente  occulti,  che  si  tro- 
vano nelle  sue  parti  più  profonde. 

(2)  Ma  il  signor  Vincenzo  Capaldi  (giovane  cullissimo,  al  quale  ho  il 
maggior  debito  delle  notizie  colà  raccolte  )  mi  scrive,  che  dopo  la  mia  par- 
tenza abbondarono  anche  di  più.  Ora  per  altro  van  declinando,  per  modo 
eh'  egli  le  trovò  diminuite  di  molto  ai  28  di  luglio  ,  ed  anche  più  smi- 
nuite ai  5  del  presente  agosto.  Sicché,  soggiunge,  seguitando  cosi  a  decre- 
scere potrebbero  venire  a  mancare  verso  la  fine  del  mese  ,  e  cagionare  un 
male  inenarrabile  alla  gente  che  ora  trovasi  in  que'  dintorni. 


(3.5) 
riodico  cader  delle  piofjgc  nelle  diverse  stagioni,  non  ha  che  una 
secondaria  influenza  sulla  prodiizion  del  fenomeno  ;  poiché  le 
acque  appaiono  e  spariscono  iadislinlamenti  in  ogni  mese  del- 
l' anno.  E  lo  stesso  parmi  doversi  conchiudere  riguardo  alle  an- 
nate più  straordinariamente  abbondanti  di  pioggia.  Se  pur  non 
vi  si  volesse  scorgere  una  certa  cotale  influenza  ,  mediata  ,  la 
quale,  cioè,  si  appalesa  dopo  Telasso  di  uno  o  due  anni;  come 
a  cagion  di  esempio  può  supporsi  nella  riapparizione  delle  ac- 
que nel  i83i  ,  due  anni  dopo  le  abbondantissime  piogge  del 
1829  ,  e  nella  riapparizione  del  iSM  dopo  le  grandi  piogge 
del   184.1   e   184.2. 

Ma  attraverso  delle  non  lievi  irregolarità  che  in  tali  inter- 
mittenze presentansi  nel  nostro  quadro,  pur  sembra  potersi  scor- 
gere un  periodo  di  sei  anni  circa  che  spesso  ripetesi  ,  interca- 
lalo da  periodi  più  brevi  ed  anomali.  E  perciò  ben  possiamo 
stabilire  che  questo  sia  il  caso  di  una  vera  fonte  intermittente, 
la  quale  ,  secoudo  la  teorica  concordemente  ammessa  dai  cultori 
della  fisica  generale  del  globo  ,  proviene  da  interne  concarae- 
razioni  del  monte  ,  conformate  e  disposte  in  modo  da  dar  luogo 
al  giuoco  di  un  sifone  ;  come  si  vede  a  un  dipresso  rappresen- 
tato nella  figura  qui  annessa  ,  eh'  è  lo  spaccato  ideale  della 
montagna.  Prima  per  altro  di  entrare  in  questi  particolari  ,  farò 
per  transito  notare  la  speciale  importanza  di  questa  sorgente  per 
la  rara  lunghezza  de' suoi  periodi,  che  (come  vedremo)  sup- 
pone delle  vastissime  cavità  nel  seno  della  montagna.  Difatti  la 
maggior  parte  delle  fontane  periodiche  sinora  note  non  eccedono 
il  periodo  di  qualche  ora,  come  quella  antichissima  di  Como  già 
descritta  da  Plinio  ;  e  anche  se  ne  conoscono  di  quelle  che  ne 
hanno  de' più  brevi,  come  quella  di  Colmar  in  Provenza,  che  si 
alza  e  si  abbassa  ben  otto  volte  in  un'ora;  e  per  lo  più  lo  hanno 
di  poco  più  di  sei  ore,  mostrando  cosi,  come  quella  di  Fronzanches 
in  Linguadocca,  una  decisa  relazione  colla  marea  lunisolare,   re- 


(3i6  ) 
lazione  plausibilmente  spiegata  da  La  Hire  per  mez-^o  di  lontane 
attinenze  coll'estuazione  del  mare;  vi  ha  pure  invero  "qualche  esem- 
pio di  più  lungo  periodo  ,  come  quello  offerto  dalla  fontana  di 
Boulègne  nell'Arriège  ,  ma  questa  dopo  essere  rimasta  per  to, 
10  ,  20  e  anche  25  anni  senza  sgorgare  ,  dipoi  in  2  ,  3  0  4- 
mesi  si  esaurisce  perfettamente  ,  né  mai  si  è  veduta  durare 
per  un  intero  anno ,  cosa  totalmente  diversa  dal  caso  nostro  di 
un  periodo  attivo  di  ben  sci  in  sette  anni  ! 

Ritornando  ora  all'  ipotesi  del  sifone  ne  conseguita  che  le 
acque  che  s' infiltrano  pe'  punti  E  ,  E  ,  E  nel  serbatoio  sotter- 
raneo A  ,  si  accumulano  in  esso  sintantoché  il  loro  livello  non 
giunga  all'  altezza  di  C  ,  C  ,  che  corrisponde  al  punto  culminan- 
te del  condotto  sifoniforme  B  ,  C,  D.  Allora  poi  l'acqua  riem- 
pito interamente  il  braccio  BC  trabocca  ,  e  per  la  nota  legge 
d' idrostatica  principia  a  scorrere  nell'  altro  braccio  C  D  ,  e  zam- 
pilla air  aperto  per  1'  orificio  D  con  perenne  getto ,  sino  a  tanto 
che  tutto  il  serbatoio  siasi  esaurito  sino  al  livello  inferiore  del 
sifone  in  B  ,  B.  Cessa  allora  di  nuovo  lo  sgorgamento  ,  e  non 
ricomincia  ,  che  dopo  di  essersi  l'intero  serbatoio  ripieno  sino 
al  livello  C  ,  C;  e  cosi  ricomincia  da  capo  il  processo  collo 
stesso  ordine. 

Oltre  a  ciò  è  da  notarsi  che  per  aver  luogo  cotali  inter- 
mittenze l'apertura  del  sifone  ,  che  serve  di  condotto  di  disca- 
rico, dev'essere  di  maggiore  ampiezza  de' varii  meati  d"  infiltra- 
zione E ,  E  ,  E  presi  insieme  ,  che  alimentano  il  serbatoio  me- 
desimo ;  altrimenti  l'acqua  tosto  diverrebbe  perenne,  come  nelle 
sorgenti  ordinarie.  Possiamo  inoltre  inferire  che  tal  prevalenza 
del  tubo  di  discarico  non  sia  molto  grande  ,  poiché  in  tal  caso 
il  tempo  impiegato  dal  serbatoio  a  vuotarsi ,  ossia  il  flusso  delle 
acque,  sarebbe  stato  più  breve  ed  inferiore  al  tempo  occorrente 
al  riempiersi,  cioè  al  tempo  dell'assenza  dello  sgorgo  dell'acqua, 


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(3i7) 
come  accade  alla  tcslè  mentovata  fontana  di  Boiilègne ,    la   cui 
cavità  si  vota  in  qualche  mesi ,  e  si  riempie  in  molti  anni. 

Ciò  posto  quale  espediente  ne  può  venir  suggerito  da  questi 
lumi  teoretici,  per  regolarizzare  l'uscita  delle  dette  acque? 

È  evidente  che  la  semplice  riduzione  a  minor  dimensio- 
ne dell'  orifizio  esterno  del  sifone  in  D  ,  potrebbe  sicuramen- 
te farci  giungere  al  nostro  intento.  Vale  a  dire  che  diminuito 
con  tale  artifiziale  ristringimento  lo  sgorgo  delle  acque  ,  ridotto 
per  esempio  alla  sua  metà  ,  si  otterrebbe  che  il  serbatoio  si  vo- 
tasse in  un  tempo  doppio  di  quello  che  vi  avrebbe  impiegato 
naturalmente.  E  così  sarebbe  in  poter  nostro  di  proporzionar  l'e- 
sito delle  acque  ,  in  modo  da  renderle  perenni  ,  e  far  cessar 
radicalmente  tutt'  i  danni  che  ora  producono.  Ammessa  anzi  la 
possibilità  di  rendersi  padrone  del  loro  sgorgo,  per  mezzo  di  ben 
congegnata  cateratta  ,  sarebbe  auche  agevole  di  volgerlo  a  spe- 
cial benefizio  dell'  agricoltura.  Difatti  se  l'  esito  ne  venisse  ri- 
stretto nel  verno  ed  allargato  nella  state,  oltre  dell' ovviare  alla 
sospensione  del  macinar  del  mulino  dell'  osteria  di  Triverno  , 
che  pur  cagiona  non  lieve  disagio  ai  villici  di  que'  dintorni  ,  si 
ovvierebbe  alla  corruzione  attuale  nel  fondo  de'  prosciugati  ri- 
stagni, e  di  più  si  avrebbe  ad  arbitrio  acqua  sufficiente  ad  una 
amplissima  irrigazione. 

Ma  questo  bel  prospetto  ipotetico,  mi  domanderete ,  sarà  mai 
per  potersi  mandare  ad  effetto  ?  Tutti  gli  studii  da  me  fatti  sul 
luogo  m' inducono  a  rispondere  affermativamente  ,  senza  la  me- 
noma esitazione  ,  ed  eccoue  le  ragioni  :  È  noto  ,  ed  io  l'  ho  ve- 
rificato nello  scorso  maggio  ,  che  di  tutta  la  massa  di  cotali  ac- 
que ,  almeno  le  due  terze  parti  sgorgano  da  una  apertura  trian- 
golare larga  meno  di  un  metro.  Questa  apertura  che  rimane  com- 
presa tra  saldi  macigni  ,  io  l'  ho  attentamente  esaminata  Del- 
l'ottobre  del  i8oo  ,  e  non  vi  ho  scorto  allora  il  più  lieve  se- 
gno del  gemere  delle  acque.  E  tutta  1' area  iraraedialamcnte  sot- 


(  3.8  ) 
toposta  a  tale  apertura  ,  era  parimenti  allo  asciutto  ,  tranne  un 
piccol  pantano  circolare  di  un  selle  in  otto  metri  di  diametro  , 
dai  maiali  convertito  in  brago.  Questo  era  1'  unico  segno  super- 
stite della  occulta  conserva  di  acque  ;  ed  in  questo  raedesirao 
luogo,  ora  in  mezzo  d'  un  lagliclto,  si  veggono  delle  polle  ele- 
varsi alquanto  sul  livello  delle  acque  ,  in  riprova  della  effettiva 
comunicazione  coli'  interno  del  monte.  Questi  terreni ,  ora  mezzo 
sommersi,  e  tutti  acquitrinosi  ,  occupano  lo  spazio  di  qualche 
moggia,  indi  alla  distanza  di  un  tre  in  quattrocento  metri;  tutta 
r  acqua  si  stringe  e  raccoglie  in  una  sola  corrente  :  il  palude 
cessa  ,  e  principia  un  fiumicello ,  meglio  affondato  nel  suo  letto, 
e  men  tristo. 

Intanto  qual  cosa  è  più  agevole  ,  quando  verrà  di  nuovo  a 
mancar  l'acqua  ,  di  contornare  convenientemente  di  fabbrica  , 
con  cemento  idraulico  ,  lo  spiraglio  dianzi  descritto  ,  per  stabi- 
lirvi la  cateratta  o  chiusa  che  dovrà  moderarlo?  Vero  è  che  in- 
tercetta r  uscita  in  quel  luogo  alle  acque  ,  vi  sarebbe  forse  da 
temere  che  non  se  ne  procurassero  da  se  altrove  delle  altre  ;  ma 
la  natura  della  roccia  ,  ed  il  sifone  che  vi  esiste  per  entro  ,  fan- 
no ragionevolmente  supporre  nelle  pareti  di  questo  una  positiva 
consistenza,  senza  la  quale  male  avrebbe  potuto  reggere  e  pneu- 
maticamente agire  per  tanti  secoli. 

Ad  ogni  modo  per  abbondare  in  precauzioni  e  prevenire 
colali  non  improbabili  eventualità  ,  io  proporrei  di  cingere  il 
luogo  di  un  muro  allo  da  sei  in  sette  metri  ,  comprendendovi 
il  brago  circolare  anzidetto  ,  per  modo  da  contenere  tutte  le  ac- 
que che  pullulano  in  que'  contorni  ,  le  quali  coli'  aumentar  di 
livello  sino  alla  sommità  del  muro  di  cinta  .  frenerebbero  colla 
loro  pressione  le  acque  irrompenti.  Da  una  siffatta  opera  (  che 
al  certo  non  sarebbe  di  grave  dispendio  ,  pel  tenue  prezzo  dei 
materiali  di  costruzione  che  in  certo  modo  trovansi  ammanniti 
in  sul  luogo  medesimo)  ne  ridonderebbe  altresì  un  altro  positivo 


(3.9) 
vanlaggio  ,  la  conversione  cioè  della  presente  malsana  proteifor- 
me palude  in  lago  perenne  ,  che  per  la  verticalilà  delle  pa- 
reli del  suo  argine  ,  ed  il  continuo  riversarsi  delle  acque  ,  si 
conserverebbe  mai  sompre  vivo  ed  innocuo  ;  e  con  sicuro  pro- 
fitto potrebbe  anche  convertirsi  in  vivaio  ,  massime  per  le  lam- 
prede e  le  anguille  ,  che  dovrebbero  molto  prosperarvi  ;  slan- 
tecchè  il  luogo  n'  è  ferace  naturalmente  ;  come  vien  anche  pro- 
vato da  un  curioso  fatto  ,  avvenuto  in  una  delle  ultime  spari- 
zioni delle  acque  :  essendosi  allora  veduto  nel  loro  letto  ,  rima- 
sto in  secco,  tale  quantità  enorme  di  anguille  che  servirono  di 
abbondante  pasto  agli  stessi  animali  immondi. 

Non  sarebbe  egli  impresa  lodevolissima  di  vantaggiar  cosi 
nello  stesso  tempo  l'agricoltura,  prima  sorgente  della  nostra 
nazionale  ricchezza  ;  la  piscicultura  ,  cotanto  ora  promossa  appo 
le  più  colte  nazioni  ;  e  la  salute  pubblica  ? 

Per  tali  importanti  motivi  voglio  augurarmi  ,  che  le  cose 
da  me  sin  qui  dette  si  attirino  la  vostra  attenzione  ,  affin  di 
proccurar  loro ,  colla  vostra  autorevole  approvazione ,  ove  ne  fos- 
sero degne  ,  quel  peso  che  le  commenderebbe  agli  occhi  dell'  u- 
niversale  ,  e  specialmente  di  quelle  agiate  persone  che  localmen- 
te avrebbero  tanto  interesse  di  porre  questi  suggerimenti  a  profit- 
to e  forse  anche  agli  occhi  dello  stesso  nostro  saggio  Governo  (*). 

Napoli  4  Agosto  i853. 

Ernesto  Capocci. 


(*)  Questa  memoria  è  stata  approvata  dal  R.  Istituto  nella  seduta  del 
I  settembre  ,  e  per  la  sua  importanza  n  lia  ordinata  l'  iramcdiala  pul)bli- 
cazione  per  le  stampe  ;  disponendo  inoltre  di  darne  contezza  aUEecelientis- 
simo  Ministro  degli  AfTari  Interni,  il  quale  a  sua  volta  ne  richiedeva  la  co- 
municazione dell'  intera  memoria. 


(    320    ) 


TAVOLA  GEWERALE  (  IV.»  I.  ) 


Anni 

Nali 

Morii 

Variazione 

della 

Pioggia 
in 

Acque  di  Triverno 

1Ò19 

96 

popolazione 

millimetri 

i6u 

-1-   66 

r  acqua  iluisce 

1820 

167 

104 

•4-   .3 

idem 

1821 

io5 

118 

-  43 

66.9 

idem 

1822 

i48 

109 

+  39 

65,1 

idem 

1823 

,67 

197 

-  3o 

80,6 

idem 

182.Ì 

122 

119 

—  97 

76,  2 

idem 

1823 

17Ò' 

i.i 

1-  64 

83,0 

l'acqua  cessò 

1826 

149 

1.2 

-   37 

Il4,2 

senz'  acqua 

1827 

102 

98 

-  34 

90,0 

vi  l'u  per  due  mesi 

1828 

17 

76 

-   81 

,54,3 

senz'  acqua 

.829 

157 

io5 

-     52 

104,2 

idem 

i83o 

i5o 

117 

-  33 

79'' 

idem 

i83i 

149 

276 

— 127 

80,4 

vi  fu  per  due  mesi 

i832 

io3 

i44 

-il 

vi  fu  per  quattro  mesi 

i833 

.52 

123 

. 

-  29 

68,4 

senz'  acqua 

i83| 

.44 

70 

- 

-   74 

54,2 

idem 

i835 

.42 

167 

—    25 

88,5 

r  acqua  riappare  al  1  °  dell'  anno  ma 

nel  suo  decorso  andò  sempre  scemando 

i836 

161 

77 

+   84 

83,7 

alla  fine  di  Gennaio  l'acqua  torna    a 
fluire  abbondantemente 

1837 

.48 

24. 

-93 

64,3 

idem 

i838 
i83o 

.37 
121 

Ili 

-40 
-24 

88,3     i 

1'  aequa  fluisce  sempre  con  leggiere  0- 
scillazioni  sino  al  seguente  anno  i84o 

18-io 

.32 

i58 

—  26 

i8ji 

.36 

189 

—  53 

102,9 

manca  per  pociii  mesi 

1842 

128 

i65 

-37 

102,4 

senz'  acqua 

i8|3 

.49 

i56 

71,2 

idem 

1844 

149 

i36 

-I-   .3 

75,6 

1'  acqua  fluisce 

1840' 

.40 

162 

—  17 

81,4 

idem 

1846 

i-iG 

.27 

+  j 

96>|) 
92,3 

id(>m 

.847 

124 

.37 

idem 

i848 

166 

224 

—  58 

92,3 

idem 

i849 

i36 

179 

-43 

78,3 

l'acqua  cessa  nel  Novembre 

iSiio 

i4o 

-37 

78,5 

senz'  acqua 

i85i 

i85 

i35 

4-    5o 

83,0 

l'acqua  riappaie  nel  Dicemb. 
r  acqua  flu.sce 

18ÌJ2 

.52 

i83 

—  3i 

66,0 

i8ò'3 

80,2 

idem 

(    321    ) 


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.Vil'aunui  jvcu.V  uia'.'iicK-.u 


RICERCHE 

SOPRA  ALCUNE  SPECIE  DI  SOLANI 

MEMORIA  LETTA  AL  REALE  ISTITUTO  D' INCORAGGIAMENTO 
NELLA  TORNATA  DEL  i."  SETTEMBRE  i853  DAL  SOCIO 
ORDINARIO  CAV.  TENORE. 


V^oloro  che  danno  opera  allo  studio  della  Botanica  non  han 
mancalo  di  avvertire  come  tuttogiorno  delle  piante  mal  definite 
s' introducano  ne"  giardini,  di  alcune  delle  quali  di  maggior  pe- 
so diventa  la  loro  precisa  determinazione  perchè  vanno  accrescen- 
do la  serie  delle  piante  di  uso  comune  ,  ed  i  cui  frutti  ,  rite- 
nuti commestibili ,  possono  di  leggieri  confondersi  con  altri  for- 
niti di  qualità  nocive. 

Tal'  è  il  caso  di  alcune  specie  di  Solani  che  imprendiamo 
ad  illustrare  ,  e  che  molta  somiglianza  ne  offrono  colle  melan- 
zane con  i  pomidoro  e  con  i  peperoni  generalmente  coltivati. 

Di  esse  possono  distinguersi  le  tre  seguenti  specie. 

Specie   I ."   Solano  Melanzana  falsa. 
(  Solanum  pseudo-melongena  Tea.  Molignana  del  Brasile  volg.  ) 

Sotto  qucst'  ultimo  nome  in  molti  giardini  de  dintorni  della 
Capitale  ,  e  più  frequentemente  in  quelli  della  Barra  ,  di  Portici 
e  di  Resina;  trovasi  da  pochi  anni  introdotta  questa  specie  di  So- 


(  324  ) 
lano,  che  vi  si  è  moltiplicata  per  modo  che  sul  cader  della  sta- 
le e  per  tutto  1'  autunno  se  ne  veggono  a  vendere  i  frutti  che 
si  apparecchiano  e  si  mangiano  a  modo  delle  melanzane  comuni. 
Questo  solano  è  pianta  erbacea  annuale  di  color  verde  bru- 
no ,  priva  di  pelame  e  di  pungiglioni.  I  suoi  fusti  sono  alti  2 
a  3  piedi ,  scabroselti  e  ramosi  ;  le  sue  foglie  sono  alterne  ,  pic- 
ciuolate  ,  ovato-bislunghe ,  ineguali  alla  base  e  per  lo  più  gemel- 
le e  disuguali,  come  nelle  specie  congeneri  ;  esse  sono  dippiù 
angolate  e  sinuose    nel   contorno  e  prolungate  in  punta. 

I  piccoli  fiori  di  questa  pianta  nascono  sopra  i  rami  fuori 
delle  ascelle  delle  foglie,  e  talvolta  anche  sul  picciuolo  della  fo- 
glia maggiore  ;  essi  sono  raccolti  in  corti  grappoli  al  numero 
di  2  a  5  fiori  per  cadauno  ed  i  loro  cortissimi  peduncoli  stan- 
no rivolti  in  giù.  Di  questi  fiori  due  o  tre  ne  restano  fecondi  e 
fruttiferi ,  prolungando  i  peduncoletti  propri  per  circa  mezzo  pol- 
lice. Il  calice  di  essi  è  monofillo  col  tubo  cortissimo  che  non 
s' ingrossa  per  rivestirne  la  base  del  frutto  come  nelle  vere  me- 
lanzane; esso  è  profondamente  tagliato  in  5  lacinie  che  marci- 
scono nella  maturità  del  frutto  ;  la  corolla  è  rotala  ipogina  bian- 
ca ,  divisa  in  5  lacinie-lanciolate  aguzze  carenale.  Si  attaccano 
ad  essa  5  slami  culle  antere  uniloculari ,  i  cui  loculamenti  si 
aprono  in  cima  per  un  forellino  ,  e  dal  centro  del  fiore  ne  sor- 
ge 1'  unico  pistillo  collo  stilo  e  lo  stimma  semplice  ,  e  1'  ovario 
globoso. 

II  frullo  è  una  bacca  rotonda  del  diametro  di  circa  due  pol- 
lici ,  priva  affatto  di  bellico  e  di  costole  ,  e  niente  schiacciata  , 
se  non  che  talvolta  presenta  uno  o  due  solchi  poco  profondi  , 
più  pronunziati  ne' frutti  immaturi.  Il  suo  colorito  è  scarlatto  con 
qualche  vena  verdastra,  che  suole  sparire  nella  perfetta  maturi- 
tà. Tagliata  traversalmente  scorgesi  composta  di  una  sola  massa 
di  sostanza  compatta  come  quella  della  melanzana ,  e  dello  stes- 
so colore   bianco  sporco  di  giallastro.  In  questa  polpa  si  distin- 


\ 


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(    32b'    ) 

guono  le  placente  al  numero  di  5  a  6  che  ne  riempiono  le  ri- 
speltive  cellette  ,  e  sono  gremite  di  piccole  semenze  di  color 
giallastro,  quasi  rotonde  e  schiacciate  ,  il  cui  albume  circonda 
r  embrione. 

Questi  frutti  maturano  dall'  agosto  a  tutto  novembre  ;  essi 
sono  affatto  insipidi  come  quelli  della  melanzana.  Per  questa  qua- 
lità si  distinguono  essenzialmente  da  quelli  delle  due  specie  se- 
guenti ,  con  i  quali  vengono  spesso  confusi ,  e  che  hanno  sapo- 
re acre  mordace  da  eccitare  profluvio  di  saliva  ed  attaccar  la 
gola  col  semplice  morderli. 

Specie  2."  Solano  Gìlò  del  Raddi. 
(  Solanimi  Gilò  Raddi.   ) 

Questo  Solano  somiglia  meno  del  seguente  alla  Melanzana 
del  Brasile  testé  descritta;  ma  lo  descriviamo  prima  ,  perchè 
più  frequentemente  trovasi  con  essa  confusa.  Esso  ha  figurato  nei 
cataloghi  ,  e  negl  indici  degli  Orti  botanici,  fin  da  circa  20  an- 
ni ,  in  grazia  de  semi  che  ne  furono  inviati  in  Europa  dal  cele- 
bre quanto  disgraziato  viaggiatore  italiano  di  cui  porta  il  nome. 

A  malgrado  di  sì  lungo  volger  di  anni,  e  di  non  meno  rei- 
terate divulgazioni  ,  uopo  è  confessare  che  incerta  ne  rimane  tut- 
tora la  patria,  ed  insufficienti  le  scientifiche  notizie.  La  meno 
imperfetta,  che  colle  stesse  più  0  meno  equivoche  frasi  n  è  sta- 
ta ripetuta  nelle  successive  botaniche  rassegne  ,  si  è  quella  che 
ne  leggiamo  nella  terza  appendice  al  catalogo  dell'  Horlus  Ri- 
pulensis  del  Colla  ,  data  fuori  nel  1826.  In  essa  l'illustre  au- 
tore riferisce  di  averne  ricevuto  i  semi  dal  eh.  Signor  Gussone, 
che  col  nome  di  Solanum  Gilò  ,  lo  aveva  indicalo  nell'  Indice 
de'  semi  dell  Orlo  Botanico  di  Boccadifalco  pi'esso  Palermo 
per  l'anno  1825.  Frattanto  da  ciò  che  me  ne  ha  riferito  il  sul- 
lodato  mio  collega  ,  e  da  ciò  che  no  avvertiremo  più  appresso  , 


(  326  ) 
forte  dubbio  ne  sorge  che  la  pianta  del  Colla  non  fosse  rimasa 
confusa  con  la  prima  ,  o  colla  terza  specie  che  ne  stiamo  di- 
chiarando. Quindi  potremo  soggiungere  che  dal  tempo  della  ci- 
tata opera  del  Colla  fino  all'  ultima  edizione  dello  Species  plan- 
tarum  del  Dietrich,  data  fuori  nel  1889  ,  ed  alla  pubblicazione 
del  Repertorhim  del  JFalpers  ^  messo  a  stampa  nel  i84.5  nulla 
di  più  preciso,  e  di  ben  definito  se  ne  possa  raccogliere. 

Ecco  la  frase  del  Dietrich  (i)  Sol.  herb.  inermi  a  :  S.  Gì- 
lo  ;  fol.  ovato-oblongis  angulato-dentatis  ,  lUrinque  Jloccoso-to- 
mentosis ,  pedunculis  /  -jloris.  Patria  ignota. 

Quella  del  Walpers  è  la  seguente  (2). 

S.  Gilò  Raddi  (Mss.  in  Colla  Hort.  Ripul  App.  Ili,  p.  5xex 
Presi.  Rep.  bot.  Syst.  i.  180  ).  Caule  inermi  suffruticoso  tereti 
tomentoso  ,  ramosissimo  ;  fol.  suboblique-ellipticis  supra  glabris, 
subtus  tomentosis  ;  floribus  2-3  nis  interfoliaceis  brevissime  pe- 
dunculatis  ;  cor.  laciniis  lineari-lanceolatis  ;  bacca  aurantiaca  sub- 
sphaerica  sulcata.    Perennisi    Cresoit  .  .  . 

Per  meglio  porre  in  vista  le  ambiguità  di  tali  diagnosi  gio- 
verà trascriverne  anche  quella  del  Colla  (  loc.  cit.  ) 

Solanum  Gilò  ;  inermis,  pedalis  suberectus  teres  ramosissi- 
raus.  Folla  alterna  petiolala  subobhque-elliptica ,  superne  sub- 
glabra, inferno  petiolisque  tomentosis.  Flores  2-3  versus  apicem 
ramorum  interfoliacei.  Pedunculus  communis  brevissimus;  pedun- 
culi  proprii  floribus  duplo  longiores.  Corolla  parva  5-partita  ,  la- 
ciniis lineari-lanceolatis  albidis.  Bacca  magna  subsphaerica  sulca- 
ta glabra  ,   maturitale  aurantiaca. 

Per  non  tralasciarne  altre  più  recenti  indicazioni  ,  ci  limi- 
tiamo a  riferirne  le  seguenti. 

Semina  H.  B.  Christianiensis  i85o.  Solanum  Gilò.  Annuum! 


(i)  Tom.  I  pag.  698. 

(2)  Rep.  toni.  3  pag.  gS.  (  Species  non  satis  noiae.  ) 


(  327) 

Index  Seminum  II.  B.  II.  Bcrolinensis ,  an.    184.8. 

Solanum  Gilò.  Annuum  ! 

Graines  du  I.  B.   de   Dijon  ,    184.9.    Solanum    Gilò   Raddi. 
(  Vi  è  il  segno  di  pianta  legnosa  !  ) 

Evidenti  sono  le  discrepanze  di  queste  notizie.  La  pianta  è 
delta  ora  annua  ,  ora  perenne ,  ed  ora  legnosa  0  suffruticosa  ; 
le  foglie  sono  dichiarate  ora  glabre  di  sopra  ,  ora  tomentose  in 
ambe  le  facce  ;  né  meno  incerti  sono  i  caratteri  della  bacca  , 
che  meglio  calzano  a  quelli  del  Solanum  jìseudo-me  long  cria  ,  e 
del  Solanum  Lobelii.  Perocché  la  bacca  del  Solamia  Gilò  ò 
perijorme  lungamente  peduncolata  non  solcata  e  di  color  cina- 
bro; laddove  quella  delle  altre  due  specie  affini  è  globosa  più 
o  meno  solcata  cortamente  peduncolata  e  di  color  rosso  scar- 
latto ;  niun  frutto  delle  tre  specie  in  esame  potrebbe  dirsi  di  co- 
lor lanciato. 

Nell'Orlo  botanico  abbiamo  anche  noi  coltivato  da  più  anni 
il  vero  Solanum  Gilò  ,  che  abbiamo  sempre  ritenuto  diverso  dal- 
le altre  suddette  due  specie  ;  e  con  maggior  cura  ne  abbiamo  ri- 
petuta la  coltivazione  dopo  che  togliemmo  a  studiarlo  più  altcsa- 
mente  ,  e  farne  confronto  con  quelle  specie  medesime.  Noi  abbia- 
mo potuto  confermarci  nel  giudizio  che  ne  avevamo  portalo ,  e  ci 
facciamo  perciò  a  descriverlo  con  maggior  precisione. 

Il  Solano  Gilò  è  pianta  erbacea ,  annuale,  inerme;  di  coleo* 
verde  pallido  e  velata  di  tomento  fioccoso  tenuissimo  di  color 
lurido.  Il  fusto  è  ramoso  dalla  base ,  con  rami  sfilali  dritti  lun- 
ghi 2  a  3  piedi,  ed  inegualmente  suddivisi.  Le  sue  foglie  so- 
no bislunghe  gemelle  oblique  ;  la  più  grande  di  ciascun  pajo  è 
lunga  da  4-  a  6  pollici,  e  larga  da  2  a  4^  pollici.  Esse  sono  ta- 
gliate lateralmente  in  angoli  profondi  ed  ondeggianti  ;  e  talvolta 
quasi  semipinnatifide  ,  i  loro  angoli  rientranti  sono  scrobico- 
lati^  e  V  apice  loro  è  aguzzo ,  e  la  faccia  inferiore  è  più 
densamente  tomentosa. 


(  328  ) 

I  fiori  nascono  fuori  delle  foglie  in   piccioli    grappoli  di  2 
a  3  fiori ,  ma  quasi  sempre  un  solo  di  essi  abbonisce  ,    talché  i 
frutti  ne  rimangono  solitari;  allora  il  peduncolo  si  allunga  fino 
a  due  pollici  e  rimane  ricurvo.  I  calici  sono  monofilli  ,  e  divi- 
si in  5  lacinie  ,  comunque  la  base  non  se  ne  ingrossi,  le  sud- 
dette lacinie  rimangono  persistenti  sul  frutto  e     crescono    con 
esso  ,    né  marciscono   come  nelle  altre   due  specie    in    discorso. 
La  corolla   è  rotata  cinquefìda  bianca  di  6  ad  8  linee  di  diame- 
tro colle  lacinie  lanciolate  azzurre ,  perloppiù  raccolte  ed  avvici- 
nate.  Gli  stami  ed  il  pistillo  convengono  ne'  caratteri  del  genere. 
Il  frutto  ha  la  stessa  perfetta  forma  di  una  piccola   melanzana  ; 
cioè  ovata  a  rovescio,  di  2  a  3  pollici  nel  maggior  diametro  di 
vivacissimo  colore  di  cinabro  lucido ,  e  niente  affatto  macchiato 
di  verde.  Essa  è  sempre  affatto  liscia  come  una  pera,    e    raris- 
sime volte  solcata  di  una  sola  più  0  meno  profonda  scanalatura. 
La  polpa  è  tenace  non  marcescente  ,  di  sapore  acre  mordace  e 
perciò  non  commestibile.  Tagliata  per   traverso   trovasi    spartita 
in  5  a  6  caselle ,  i  semi  sono  simili  a   quelli  del  pomidoro  co- 
mune ;  cioè  schiacciati  rotondi  giallastri    coli'  albume   periferico 
che  ricinge  l'  embrione. 

I  semi  di  questo  Solano  furono  dal  Brasile  inviati  in  Euro- 
pa dal  Raddi  ;  ma  non  se  ne  potrebbe  con  precisione  definire 
la  patria. 

Specie  3.'  Solano  del  Lohel. 

(  Solanum  Lobelii  Ten.  Solanum  texanum  Hortulanorum. 

Peperone  isolano  volg.  ) 

Questa  specie  è  stala  alle  volte  confusa  col  Solanum  Te- 
xanum ,  cui  ne'  cataloghi  de'  giardini  di  Montpellier  e  di  Lione 
vi  si  legge  aggiunto  il  nome  del  Donai  ;  ma  di  tal  definizione 
invano  abbiamo  cercato  altra  più  precisa   notizia  negli  autori  per 


av, 


III. 


LilPàUl 


t-  /  BiatTO  Diy' 


T.v. 


LlPil,l 


•''^'l'atumi  Ù(kÙ[  ìkn 


I  Bm,r„D,y. 


(  329  ) 
noi  consultati  ,  senza  escluderne  la  stessa  Monografia  delle 
Solanacee  del  Danai ^  pubblicata  fin  dal  i8i3.  Studiandola  più 
attcntamcnlc  craci  sembrato  poterla  ravvicinare  al  .S".  aethiopi- 
cum  del  Linneo,  sotto  del  quale  lo  stesso  lodato  autore  avverti- 
va trovarsi  confuse  diverse  specie  ,  e  segnatamente  quelle  che  ne 
avevano  lasciate  descritte  gli  antichi.  Egli  ne  dava  perciò  la 
seguente  più   ampia  illustrazione: 

S.  jIetuiopicum.  S.  caule  herbaceo  ,  foliis  ovatis  repan- 
do-angidatis  glabris  ;  peduncidis  subunijloris  cernuis;  baccis  to- 
rulosis. 

A.  Inerme.  Floribus   albis  ;  baccis  rubris. 

S.  Aethiopicnm  L.  Amoenit.  Àcad.  4]  p-  3o-j  Jacq.  Hort. 
Find.  t.  12.  apud  Will.  sp.  pi.  i .  p.  fo36.  Lam.  Illustr.  n. 
234.1.  Fair.  Encycl.   4-  p-    2qo.    Thunb^    FI.  Lap.  q2. 

Pseudo-capsicum  torulosum  Moench.  Meth.  p.  477-  Lyco- 
persicon  Aethiopicnm  Mill.  dici.  edit.  gali. p.  Sai.  Malum  ae- 
thiopicnm, fructu  cristato  ,  striato,  duro,  coccineo.  Barr.  ico. 
iio8. 

Capsicum  rotundum  ;  Dalech.  Lugd.  i.  p.  633.  io.  ?  la 
figura  folia  laciniata   sunt. 

Nanubi  vulgo ,  it.  Ka  et  Kja  Japonice.  Kaempf.  Am. 
exot.  fase.    S.  p.    8/o\   apud   Thunb.   l.  cil. 

Fokke.  Hollandice ;   ex   Thunb.   l.   e. 

B.  Inerme  ;  Jloribiis  violaceis  ,  baccis  albis  aut  purpw 
reis. 

S.  Aethiopicum.  Lour.  Fior.  Cochinch.  I.  p.  i6i.  an 
species  ?  Ca  Tien.    Vulgo  in    China.    Lour.  1.  e. 

C.  Aculeatum.  An  species  diversa  ? 

Lycopersicon  fructu  striato  duro.  Tourn.  Inst.  loo.  Sola- 
uum  pomiferura  ,  fructu  rotundo  striato  duro.  Moris.  ffisl. 
Oxon.  Sect.  i3.  toni.  2.  voi.  3.  p.  S2S.  Pluk.Phyt.  t.  226.  f. 
4.  I.  B.   Hist.   3.  p.    620.   C.  B.  Pin.   167. 


(  83o  ) 

S.  Aelhiopicum  poraiferum  spinosum  fructu  silicato.  P.  B. 
p.   37S. 

Mala  Aelhiopica  Rai.  Hist.    673.   Dod.   Perapt.  p.    ^Sg.  ic. 

S.  Poraiferum  Herbariorum  Lob.  ic.   264..    (  Hist.    i35.  ) 

Habitat.  Var.  A.  in  Aelbiopia  et  in  China  ;  Lin.  In  Japo- 
nia  cultiim  ;  Thimb.  in  Hortis  botanicis  Eiiropaeis.  B.  in  Chi- 
na Lour.  C.  in  Aelbiopia  ?  Var.  C.  olim  in  Europacis  hortis. 
Annuum. 

Bacca  magna  profunde  torulosa  sulcata. 

Prima  del  Dunal  tutt'  i  succcnnati  sinonimi  senz'  alcuna  di- 
stinzione di  varietà^  erano  stati  riuniti  sotto  il  S.  Aethiopicum 
di  Linneo  ;  ma  bastava  consultarne  i  rispettivi  autori  che  vi  so- 
no citati  per  convincersi  che  sotto  di  quella  specie  erausi  riuni- 
te piante  diverse.  La  surriferita  classificazione  ne  fu  giudiziosa- 
mente ordinata  dal  sullodato  autore.  Essa  mi  ha  servito  di  gui- 
da nelle  mie  ulteriori  ricerche. 

Non  giova  fermarsi  sulla  varietà  del  Lourerio  della  quale  non 
pare  che  l'Autore  di  essa  abbia  avuto  un'  adequata  idea;  peroc- 
ché dopo  di  averla  dichiarata  inerme,  ne  cita  poi  la  tavola  206. 
fìg.  !\.  della  Phytographia  del  Pluknet  che  ne  rappresenta  una 
pianta  spinosa.  H  Dunal  opportunamente  ha  corretto  lo  sbaglio 
col  riferire  tal  sinonimo  alla  pianta  del  Lobel. 

Nel  seguirne  1'  avviso  ,  e  ritenendola  per  distinta  specie,  vi 
riuniremo  tutt'  i  sinonimi  degli  autori  che  ne  hanno  descritta  la 
pianta  spinosa  ,  tra  i  quali  primeggia  il  Lobel  che  in  due  gran- 
di opere  ne  ha  data  la  descrizione  e  la  figura  ,  riprodotta  suc- 
cessivamente dal  Dodoneo  ,  dal  Morison  e  dal  sopracitato  Pluknet. 

Non  tralasceremo  di  avvertire  ,  come  inopportunamente  lo 
Steudel  ,  ed  il  Walpers  sotto  la  varietà  spinosa  del  «S".  aethiopi- 
cum abbiano  riportato  il  Solanum  integrifolium  del  Poiret  (  Dict. 
4..  p.  39  ).  Quest'  ultima  pianta  è  affatto  diversa  non  solo  per 
essere  inerme,  ma  per  i  suoi  frutti  che  lo  stesso  Poiret  ritiene 
non  più  grossi  di  un'  acino  d'  uva  ! 


(  33i  ) 
Descrizione  del  Solano  del  Lobel, 

Pianta  erbacea  annuale  piuttosto  glabra,  sparsa  di  poco  sen- 
sibili ruvidezze  prodotte  da  peluzzi  stellati  ,  e  sparsa  di  pungi- 
glioni incurvi  nel  fusto  e  nella  costola  delle  foglie  ,  perloppiìi 
tinti  di  color  violetto  che  domina  in    tutta  la  pianta. 

Fusto  dritto  fin  dalla  base  diviso  in  molti  rami  lunghi  2  in 
3  piedi,  e  suddivisi  in  corti  ramoscelli;  talvolta  aculeati;  foglie 
gemelle  disuguali  ed  oblique  ,  ovali  bislunghe  sinuose  con  an- 
goli acuti  non  tondeggianti  ;  le  maggiori  hanno  fino  a  mezzo 
piede  di  lunghezza,  e  4-  pollici  di  larghezza,  esse  sono  munite 
di  picciuoli  glabri  lunghi  fino  a  2  pollici  ,  e  di  pungoli  dritti 
sulla  costola  in  ambe  le  facce. 

I  fiori  nascono  fuori  delle  ascelle  delle  foglie  in  grappoli 
corti  bensì  ,  ma  spesso  ben  guerniti  di  fiori  ,  portandone  fino  a 
7  ed  8  ;  comunque  talvolta  se  ne  osservi  appena  un  solo.  Qua- 
lunque sia  il  numero  de'  fiori,  di  essi  non  ne  abboniscono  che 
tre  a  quattro.  I  calici ,  le  corolle  ,  e  gli  stami  convengono  con 
le  stesse  parti  de'  fiori  delle  due  specie  precedenti  ;  ma  esse  lus- 
sureggiano nel  numero  ,  essendo  i  calici  e  le  corolle  divise  fino 
a  7  ed  8  parti  ,  e  gli  stami  in  egual  numero  ;  le  lacinie  del 
calice  marciscono  come  nel  S.  pseudo-melongena  ,  e  non  sono 
persistenti  come  quelle  del  S.  Gilò.  Anche  il  pistillo  suol  es- 
sere prolifero  dando  luogo  ad  analoghe  particelle  accessorie 
nel  centro  del  frutto  che  si  trovano  descritte  dagli  autori  ed 
effigiate   nel  Lobel. 

I  frutti  sono  grandemente  schiacciati  e  simili  a  quelli  dei 
pomidori  ricci  ;  essi  hanno  nel  centro  il  bellico  ben  pronunziato 
dove  s' ingenerano  piccole  caruncole  a  foggia  di  creste,  accenna- 
te dal  Lobel  e  dal  Miller  ;  essi  sono  quasi  divisibili  in  altret- 
tanti lobi  ,  o  spicchi  quante  le  caselle  ,  ed  hanno  lo  stesso  co- 
lore scarlatto    del  pomidoro  e  del  Solanum  pseudo-melongena , 


(  332  ) 
ma  non  sono  listate    di  verde,  né  dì  color  rosso  di  cinabro 
come  nel  S.  Gilè. 

Sono  questi  frutti  acri  e  mordaci,  come  quelli  di  quest'  ulti- 
mo solano  ,  e  perciò  non  mangiabili.  Coloro  che  lo  coltivano 
presso  noi  ben  ne  hanno  avvertila  la  suddetta  acre  qualità  ,  on- 
de assimilandolo  a'  peperoni  sogliono  farne  composte  in  aceto  ; 
ovvero  infilzarli  e  seccarli  per  condirne  gli  intingoli  ,  come  si 
pratica  con  i  peperoni  veri. 

Giova  avvertire  come  nel  bel  mezzo  di  un  centinajo  di  pian- 
te di  questo  solano  di  diverse  provenienze  coltivato  all'Orto  Bo- 
tanico ,  se  n'  è  trovato  un  individuo  inerme  niente  tinto  di  vio- 
letto e  con  i  frutti  tondeggianti  non  divisi  in  lobi  ,  che  si  di- 
rebbero identici  a  quelli  del  S.  pseudo-melongena  ,  se  invece  di 
essere  acri  e  mordaci  fossero  insipidi  e  mangiabili.  E  possibile 
che  questo  individuo  sia  nato  per  ibridismo  ;  a  tale  oggetto  ne 
abbiamo  fatto  raccogliere  i  semi  per  coltivarlo  isolatamente  nella 
ventura  stagione.  Gioverà  ricordare  che  tra  le  numerose  coltiva- 
zioni del  S.  pseudo-melongena  ,  neppure  un  solo  individuo  n'  è 
riescilo  raccogliere  che  ne  presentasse  un  ibridismo  inverso  :  che 
fosse ,  cioè ,  tinto  di  violetto  e  spinoso  con  frutti  non  acri  e  di- 
sgustosi. Queste  avvertenze  non  saranno  giudicate  inopportune  ora 
che  la  melanzana  del  Brasile  è  coltivata  come  frutto  mangia- 
bile ,  e  che  giova  perciò  non  confonderlo  con  i  frutti  del  S. 
Lobelii  ,  che  partecipano  delle  sospette  qualità  delle  piante  sola- 
nacee. 

In  quanto  alla  patria  del  Solano  del  Lobel ^  converrà  ricor- 
dare che  Dodoneo  e  Lobel  convengono  nel  ritenerlo  nativo  del- 
la sola  Etiopia.  Successivamente  Thunberg  e  Raempfer  vi  han- 
no riunito  il  Giappone  e  la  China  ;  ma  probabilmente  queste  due 
ultime  regioni  dovranno  riferirsi  al  solo  anzidetto  tipo  della  spe- 
cie. Della  stessa  pianta  spinosa  hanno  inteso  parlare  i  due  pri- 


(  333  ) 
mi  autori  allorché  hanno  lascialo  scritto  di  averla  veduta  coltiva- 
la ,  il  primo  ne'  giardini  delle  Spagne ,  e  1'  altro  in  quelli  di 
Francia.  E  da  notarsi  che  il  Dunal  sotto  \  Habitat  var.  C.  del 
Solanum  aethiopiciim ,  ossia  dell'  anzidetta  nostra  pianta  spinosa, 
soggiunge  le  seguenti  parole:  in  Jelhiopia  ?  Olim  in  Europaeis 
horlisl  Dalle  quali  potrehbe  inferirsi  dubitar  egli  della  patria  di 
questa  varietà  ,  e  ritenerla  come  non  coltivala  nei  giardini  di 
Europa  nel  tempo  in  cui  egli  scriveva  la  sua  monografia  (  i8i3). 
Checché  se  ne  voglia  pensare  ,  cosa  certa  ella  è,  che  né  io  né 
il  Cavalier  Gussone  ,  T  abbiamo  altrimenti  né  conosciuta  uè  col- 
tivata dacché  diamo  opera  alla  direzione  di  botanici  giardini ,  e 
soltanto  in  questi  ultimi  anni  ci  è  avvenuto  incontrarla  quasi  a- 
caso  nel  modo  di  sopra  accennalo.  Potrebbe  perciò  sospettarsi 
che  così  questo  So/ano  che  l'allro  a  forma  ed  usi  di  melanzana 
siano  stali  di  bel  nuovo  introdotti  in  Europa  da  non  molti  anni, 
e  probabilmente  in  seguilo  del  piìi  esleso  commercio  coli'  Ame- 
rica,  coU'Egilto  ,  coir  Algeria  ed  altri  luoghi  dell'Affrica  set- 
tentrionale. 

Solami  pseudo-melogemae  AnuMBRAxio. 

Classis  Pentandria.  Ordo  monogynia  Linn.  Familia  Solana- 
cearu  m . 

Solanum.  Inerme;  herbaceum  anuuum  glabrum  ;  foliis  obli- 
que-ovalo-oblongis  ,  sinuatis  ;  floribus  extrafoliaceis  ,  pedunculis 
subracemosis ,  2-5  floribus  ,  in  fructu  reflexis  semipoUicaribus  ; 
calycis  tubo  immutato ,  laciniis  marcescentibus  ;  bacca  solida 
spliaerica  lereli  ,  laevi  1-2-pollicari  diametro  ,  exumbilicata  , 
coccinea  viridique  varia  5-6-loculari  ;  insipida  eduli.  Ten.  In- 
dex semimim  H.  R.  N.  prò  anno  t85i  in  noiis.  De  Candol- 
le.  Prodrom.  R.  V.  tom.  XUl  in  add.  pag.  6S2. — Ten.  ic. 
tab.  I. 


(  334  ) 

Radix  annua  subcaulescens. 

Caulis  herbaceiis  inerrais  e  basi  ramosiis  ;  rami  erecti  2-3- 
pedales  •,   leretes  inerraes  glabriusculi  virides. 

Folia  alterna  ,  petiolata  gemina  altera  raajore  ;  omnia  o- 
vata  ,  vel  ovalo-oblonga  basi  maxime  obliqua  ,  sinuata  angulis 
3-5,  extremo  longiore  ,  inermia  scabriuscula ,  6- io  poli.  long. 
3-5  poli.  lata. 

Flores  parvi,  extrafoliacei.  Pedunculi  subracemosi  2-5  flo- 
res ,  post  antliesin  cernui  ,  in  friictu  reflexi ,  semipoUicarem  lon- 
gitudinem  non  excedentes.  Calyx  monophyllus  ,  basi  turgidus  , 
immutatus  in  fructu ,  quinquepartitus ,  laciniis  lanceolatis  trian- 
gularibus  ,  demum  reflexis  ,  in  fructu  marcescentibus.  Corolla 
monopetala  bypogyna  rotata  (  4-6-  Un.  diara.  )  5-6-parlita  ,  la- 
ciniis lanceolatis  carinatis  acuminatis  albis  ,  quaudoque  praeser- 
tim  subtus  ad  carinam  violaceo  velaraine  pictis.  Slamina  5-6  co- 
rollae  inserta,  antberae  biloculares  poro  gemino  in  apice  pertusae. 
Pistillum  unicum,  stylus  et  stigma  simplex  ;  ovarium  globosum 
sexloculare. 

Fnictiis.  Bacca  solida  spliaerica  1-2  poli,  diametri  ,  cocci- 
nea  exunibilicta ,  ante  maturitatem  viridi-fasciata  ,  omnino  te- 
res  vcl  uni  alterove  sulco  levissime  impressa  ,  insipida  edulis , 
semina  subreniformia  pallide  lutescentia  1-2  lin.  diametro  ;  al- 
bumcn  embryonem  praccingens. 

Floret  a  majo  ad  septembrem  ;  fructus  usque  ad  serum 
aufumnum  perdurat.  Annuum. 

Patria  Brasilia  ? 

SOLAM    GlLÒ    AdUMBRATIO. 

Classis  Pentaudria,  ordo  Monogynia  Lin.  Fam.  Solanacearum. 

Solanum.  Inerme;  tomentosum  ,  berbaceura  annuum  ;  foliis 

oblongis  ,  obliquis ,  geminis  subsemipinnatitiildis ,  sinubus  ,  scro- 


I 


(  335  ) 
biculalis,  laciniis  rcpandis  ;  floribiis  raceraosis  al  bis,   calycis   la- 
ciniis  in  fructu  pcrsistcntibus  ;  bacca  obvata  pyriformi  (  2  poi.    in 
raaj.  dianiclro)  acri  ;  pedunculo  2  pollicari.   Raddi  in  Colla  1.  e. 
De  Cand.   Prodr.  lì.   F.  toni.  Ili  pag.  80^.  Ten.   ic.   tab.  II. 

Radix  annua  cauloscens. 

Caulis  ex  basi  ramosus  ;  rami  elongati ,  tereles,  virides  , 
floccoso-lomentosis  ;  ramulis  altcrnis  brevibus. 

Folla  pctiolafa  alterna  gemina  ,  altera  majore  ,  ovali- 
oblonga  profimde  sinuata  angulata  ,  ut  fere  semipinnalifida  vi- 
dcantur  ,  sinubus  scrobiculatis  ,  laciniis  undulato-repandis  u- 
trinque   floccoso-tomentosis. 

Flores  parvi  ,  albi,  pedunculi  brcves  subtriflori,  in  fructu 
elongati  bipollicares  penduli;  Calyx  monopbyllus,  quinquefidus  , 
tubo  immutato  ,  laciniis  elongatis  persistenlibus  ;  corolla  mo- 
nopetala bypogyna  4-5  Un.  diametri,  quinqueparita  ;  stamina 
quinque  ;  anlberae  poro  gemino  pertusae.  Pistillum  unicum  , 
Stylus  et  stigma  simplex  ,  ovarium  ovatum. 

Fnictiis.  Bacca  solida  ,  obovata,  pyriforrais  ,  bipollicaris 
in  majori  diametro,  rariter  uno  alterove  sulco  exarata  ;  ante  ma- 
turitatera  viridi-aurantiaca  varia,  in  maturitate  probe  cinaberi- 
na;  pulpa  sapore  acri  nauseabundo  praedita  ,  ineduli.  Semina 
subreniformia  pallide  lutescentia  (  1-2  lin.  diam.  )  ;  albumen 
erabryonera  praecingens. 

Floret  a  majo  ad  septembrem  ;  fructus  per  autumnum  per« 
sislil.    Jnnmim. 

Patria  Brasilia? 

SOLANI    LOBELU    AdUMRRATIO. 

Classis.  Pentandria.  Ordo  Monogyuia  Lin,  Familia  Solana- 
cearum. 

Solarium,  Aculeafum  ,   herbaceum  ,  pilis  exiguis  raris  stel- 


(  336  ) 
latis  scabrum  ;  caule  erecto ,  ramis  subfastigiatis  ;  foliis  geminis 
oblique-ovato-oblongis  leviter  angulatis,  rachide  utrinqiie  acu- 
lealis  ;  pediinciilis  muUifloris  cernuis  ;  lloribus  Yiolaceis  ;  ca- 
lyce  immutato  ,  laciniis  demura  marcescenlibiis  ;  baccis  mul- 
tilocularibus  solidis  subrotundis  ,  depressis  profunde  sex-octo- 
sulcatis  umbilicatis  torulosis  coccineis  ,  carne  acerrima  farctis 
Ten.  Index  seminiim  II.  R.  N.  prò  anno  i8^t  (  in  notis  ). 
le.  tab.  III. 

Radix   annua  demura  lignescens. 

Caidis  berbaceus  1-2-pedaIis  ,  basi  sublignescens  digiti 
crassitiei  ,  superne  ramosus  ,  rami  siibfasligiati  aculeati  ,  pilis 
raris  floccosis  ,  sparsi.  Folia  OA'ata  vel  ovato-oblonga  basi  obli- 
qua levissirae  subcordata  ,  gemina  ,  (  majora  6-8  poli.  long. 
4-5  poli.  lat.  )  leviter  angulata  ,  angulis  2-3  in  utroqiie  lato- 
re ;  supra  atro-virenlia ,  subtus  pallida  ;  rachide  siipra  plerura- 
que  yiolacea,  subtus  viridi,  et  utrinque  aculcis  raris  rectis  praedi- 
ta.  Petioli  breves  (  i-i'/j  poli.  )  aculeati.  Flores  extrafoliacei. 
Pedunculi  1-7  flores  cernui.  Calyx  monophyllus  farinosus  quin- 
quefidus  in  fructu  nudus  ,  laciniis  marcesccntibus.  Corolla  mo- 
nopetala rotata  quinquefida  (  5  lin.  diam.  )  laciniis  patentibus  ca- 
rinatis.  Stamina  et  pistillum  generis.  Bacca  circinata  depressa 
torulosa  multilocularis  6-8-lobata  (  1-2  poli,  in  trasv.  i  poli,  in 
long,  diametro  )  substanlia  solida  acri  nauseabunda  ineduli 
conflata.  Semina  subreniformia  glabra  ;  embryo  intra  albumen 
carnosum  periphericum   positus. 

Floret  a  majo  ad  septembrem;  fructus  per  autumnum  per- 
durat.   Annuiim. 

Patria.  Africa,  America? 

Synonyma. 

S.  aethiopicitm  C.  aculeatum  Walpers.  Repert.  3.  pag.  4-6. 
exclus.   syn.  S.    inlegrijolii.  Lara.   Dict.   4-    P-    3oi. 


(  337  ) 

S.  aethiopicum  Var.  C.  acide oiiim.  An  species  diversa? 
Dunal  Hisloirc   du  Solaniim   ec.    p.    i48- 

Lycopersicon  fruclu  striato  duro.  Tourn.   inst.   p,    i5o. 

Solamim  pomiferum  ,  fruclu  rolundo  striato  duro.  Moris: 
Hist.    Scct.    i3.   t.    2.    voi.  3.  p.  525. 

Pluk.  Pìnjt.  t.  226  f.  4-  I-  Bauli.  Hist.  3.  p.  620.  (ab- 
sque  icone  ). 

Solanum  aethiopicum  jiomiferum  spinosum  .^  fructu  sulcato. 
Bauli.    Pin.    378. 

Mala  aethiopica.  Rai  hist.  673.  Dod.  pempt.  p.  4-59.  ic. 
(  edit.  Antuerpiae    i583  )  p.  ^SG.  ic. 

Solanum  pomiferum  herbariorum.  Lob.  ic.  2^!^.  Slirpium 
obs.  p.    i35.  ic. 

F'ar.  B.  Caule  viridi  ,  foliisque  subinermibus  fructibus  pa- 
rum   torulosis  leviter  compressis. 

Far.  C.  Caule  violaceo,  folisque  inerraibus,  fructibus  sub- 
globosis. 

NOTA. 

Dopo  di  aver  preso  data  delle  riferite  osservazioni  coli'  in- 
trodurre le  frasi  diagnostiche  de'  tre  So\a.m  pseudo-melonffena,  Gi- 
lè e  Lobelii  ueW  Indice  de  semi  del  R.  Orto  Botanico  per  r  an- 
no 18S1 .,  credemmo  opportuno  di  ripeterle  e  verificarle  coltivando 
queste  piante  nell'  ultima  scorsa  estate.  Noi  intendevamo  parimenti 
attendere  la  pubblicazione  della  prima  parte  del  volume  XIII 
del  Prodromo  del  De  Candolle,  dove  venivano  trattate  le  Sola- 
nacee  dallo  stesso  insigne  monografo  Dunal,  che  vi  aveva  esor- 
dito fin  dal   181 3. 

La  novella  coltivazione  istituita  nel  nostro  Orto  Botanico  veniva 
distribuita  in  5  linee.  Nella  prima  figurava  il  Sulanum  pseudo- 

Melongena  .  nella  seconda  il  Solanum  Gilò  ,   nella   terza   il  So- 

43 


(  338  ) 
lanum  Lobelii  tipo  della  specie  ;  cioè  fusto  violetto  aculeato;  fo- 
glie sinuose  di  color  verde  bruno  sparse  di  aculei  sulla  costo- 
la in  ambe  le  facce  ;  nella  quarta  linea  era  disposta  la  varietà 
con  fusto  e  foglie  verdi  con  pochi  aculei  e  frutto  meno  schiac- 
ciato e  poco  toruloso.  Neil'  ultima  linea  si  trovava  la  varietà  del 
fusto  violetto  e  foglie  affatto  inerrai,  e  frutto  piìi  tondeggiante. 
Nessuna  alterazione  han  presentato  gì'  individui  de'  due  So- 
lani  pscudo-Melongena,  e  Gilò.  Nella  varietà  del  Solano  Lobelii  si 
scorgevano  le  diverse  gradazioni ,  che  più  o  meno  lo  allontanavano 
dal  tipo  della  specie.  Per  quanto  si  avessero  potuto  avvicinare 
al  tipo  del  Solano  pseitdo-Mehnffena^  sempre  i  caratteri  dcTrut- 
ti  delle  due  specie  si  mostravano  diversi.  Forma  globosa  priva 
affatto  di  solchi  e  di  rughe  ,  di  bellico  e  di  caruncole  nelle 
bacche ,  tali  nella  melanzana  del  Brasile  ;  forma  semiorbicola- 
re  schiacciata  piìi  o  meno  profondamente  tagliata  in  fette  o  spic- 
chi e  fortemente  incavate  nel  centro,  nel  Solano  del  Lobel.  Piìi 
di  tutto  rilevavano  le  diverse  qualità  de'  sughi  delie  due  pian- 
te. In  quelle  del  Solano  pscudo-mclongena  i  frutti  sempre  affatto 
insipidi  e  sdolcinati  ;  talché  se  ne  può  masticar  un  pezzo  senza 
risentirne  menomo  incomodo.  Non  così  quelli  del  Solanum  Lo- 
belii che  son  forniti  di  succo  acre  pungente  ingratissirao.  Chi 
volesse  provarsi  ad  inciderli  con  i  denti  ne  riporterebbe  tanto- 
sto tale  una  irritazione  da  eccitarli  profluvio  di  saliva  ,  arrossi- 
raento  alla  bocca  ed  alla  gola,  ed  incomoda  lacrimazione.  A  no- 
stro modo  di  vedere  1"  opposta  qualità  del  succo  de  frutti  del 
Solanum  pseudo-melongena  basterebbe  essa  sola  per  confermare 
la  diversa  natura  delle  due  specie.  Giova  riflettere  che  qui  non 
si  tratta  già  di  un  diverso  grado  di  acredine ,  ma  bensì  di  una 
totale  opposta  e  naturale  qualità  de'  due  frutti  ;  laddove  in  al- 
tre piante  affini ,  come  per  esempio  ne'  peperoni ,  le  diverse  spe- 
cie 0  varietà^  comunque  ingentilite  dalla  coltivazione,  conservano 
mai  sempre  la  loro  naturale  acredine. 


(  339  )  ^ 

Veniamo  ora  ad  esporre  ciò  che  si  può  raccogliere  dall' ul- 
timo recentissimo  lavoro  sulle  Solanacee  ,  che  il  suUodato  Du- 
nal  ha  fallo  inserire  nella  prima  parie  del  XIII  tomo  del  Pro- 
dromo del  De  CandoUe.  Premetleremo  come  anche  in  quest'  an- 
no ,  cosi  da'  semi  del  Solanum  Gilò  raccolti  nel  noslr'  Orto  Bo- 
tanico ,  che  da  quelli  ricevuti  per  corrispondenza,  ci  siamo  sem- 
preppiù  convinti  della  idenlità  delle  piante  che  sotto  tal  nome 
vien  dai  botanici  riconosciuta  ,  e  quella  che  ne  ha  descritta  il 
Raddi.  Noi  abbiamo  frattanto  veduto  con  sorpresa  ,  come  nell'  o- 
pera  sopra  citata  sia  detto  di  non  essersi  veduto  né  studiato  il 
Solanum  Gilò  ,  uè  fresco  uè  secco  ,  uè  in  fiore  uè  in  frutto 
dal  sullodato  monografo,  uè  dall'Editore!  Nell'opera  suddetta 
appena  vi  si  veggono  citati  l' illustre  viaggiatore  ed  i  soli  pri- 
mi botanici  che  ne  trasmisero  la  notizia.  Nel  Prodromo  non  se 
ne  dichiara  con  precisione  la  patria  ,  e  se  ne  dicono  coltivati 
i  fruiti  nel  Brasile  ,  tocche  ci  fa  dubitare  di  essersi  confusi  cou 
quelli  del  Solanum  pseudo-melongena  ^  attesa  la  qualità  man- 
giabile di  questi  ultimi  ,  e  non  di  quelli  del  S.  Gilò.  Che  lo 
stesso  S.  pseudo-miilongena  abbia  potuto  confondersi  col  S.  Gilò 
possiamo  dedurlo  benanco  dall'  averne  spesso  ricevuto  i  semi 
con  quest'ultimo  nome.  Anche  il  Cav.  Gussone,  me  ne  avver- 
tiva allorché  per  la  prima  volta  ci  facevamo  a  fissare  la  nostra 
attenzione  sulla  Melanzana  Brasiliana  coltivata  intorno  Napoli. 
Lo  stesso  Dunal  ci  fa  certi  di  aver  veduto  dipinto  col  nome  di 
S.  Gilò  ae' velini  dell'Orto  Botanico  di  Montpellier  il  Sola~ 
num  iexamim,  che  molti  vogliano  ritenere  identico  al  S.  Lobelii; 
e  dippiù  asserisce  di  aver  veduto  lo  stesso.  S.  texanum  col 
nome  S.  Gilò  nell'  erbario  del  Requien..  E  noi  dubitiamo  che 
in  ambedue  questi  casi  abba  egli  veduto  piuttosto  il  Solanum 
pseudo-melongena. 

Fermandoci  brevemente  sul  Solanum  Lobelii.,  diremo  come 
nella  pag.  826  del  Prodromo  trovasi  descritto  il  S.lexanum  coi 


(  34-0  ) 
dubbio  cbe  possa  riferirsi  al  S.  integrifoliiim  del  Poiret.  Dipoi 
neir  Addenda  et  corrigenda  raesso  in  fine  del  volume,  convinti 
forse  gì'  illustri  autori  della  discrepanza  de'  caratteri  del  S.  ae- 
thiopicum  con  quelli  della  pianta  del  Lobel,  adottano  il  traslo- 
camento  da  noi  proposto  onde  sottrarne  il  sinonimo  del  Lobel , 
ed  opinano  potersi  questo  riferire  piuttosto  allo  stesso  iS".  inte- 
grifolimn ,  nel  quale  sinonimo  ,  cioè  nella  pianta  del  Lobel  ri- 
conoscono il  nostro  Solanum  Lobelii.  Nessun  dubbio  elevano  e- 
glino  intorno  alla  novità  del  nostro  Solanum  pseudo-melongena 
cbe  si  trova  perciò  adottato  come  specie  propria  sotto  il  num.° 
870  bis. 

Per  quanto  difiicil  cosa  ella  sia  il  cbiarire  tali  dubbiezze  , 
tuttavia  vorremo  soggiungere,  come  indarno  ci  fossimo  trava- 
gliati a  proccurarci  esemplari  autentici  del  Solanum  aelhiopicum^ 
tipo  della  specie  descritta  da  Linneo  e  da  Thunberg.  Invece  di 
esso  abbiam  sempre  ricevuto  il  Solanum  zuccagnianum  ,  e  la 
sua  varietà  B.  allogonum.  Queste  due  piante  sono  affatto  diver- 
se da  tutte  le  sopradescritte  ,  specialmente  per  le  baccbe  rosse 
affatto  glabre  tereti  della  grossezza  di  un  ciliegio  (4-.  5'/,  Un,)! 
Forse  al  vero  Solanum  aethiopicum  riferir  potrebbesi  la  varietà 
inerme  del  nostro  S.  Lobelii.  Secondo  una  tale  riforma  ,  si  e- 
leverebbe  a  tipo  della  specie  la  medesima  varietà  inerme^  e  si 
riterrebbe  per  varietà  la  pianta  spinosa,  cioè  il  S.  texanum,  fat- 
to sinonimo  del  mio  S.  Lobelii  ,  cbe  diverrebbe  ancb'  esso  va- 
rietà del  Solanum  aethiopicum.  Giammai  però  né  la  specie 
né  la  varietà  ,  comunque  invertite ,  riferir  si  potrebbero  al  S. 
integrifolium  del  Poiret.  Nemmeno  si  potrebbe  far  correre  la 
nota  apposta  nel  Prodromo  alla  varietà  allogonum  del  S.  aet- 
hiopicum cosi  concepita  :  S.  aethiopicum^  Gilò,  racemijlorum , 
et  Zuccagnianum  forsan  varietates  unicae  speciei  naturalis  ? 
Alla  quale   fusione    molto   meno  calzerebbe  il  susseguente  co- 


(  34i  ) 
rollarlo  ,  col  quale  nel  Prodromo  tutte  le  suddette  specie  andreb- 
bero a  confondersi  nel  solo  Solanian  inlegrij'oliimi  ! 

Abbiamo  detto  a  suo  luogo  percbè  le  specie  di  Solani  per 
noi  illustrate  riferir  non  si  possano  al  suddetto  Solano.  Ora  sog- 
giungeremo cbe  nulla  di  meglio  abbiam  potuto  raccogliere  dal 
Prodromo.  Questo  Solanum  inlegrìjolium  non  è  slato  studialo 
altrimeoli  dopo  cbe  il  Commerson  60  anni  fa  n  ebbe  lascialo 
un  saggio  nel  suo  erbario  ,  cbe  si  conserva  nell'  Erbario  gene- 
rale del  Musco  di  Storia  Naturale  di  Parigi.  Ancbe  il  Dunal, 
cbe  lo  dice  simillimwm  S.  texano;  forte  nec  diversum:  vi  ap- 
pone la  nota:  Fidi  siccurn  ^  olim  tS/3\  in  Ilerbario  Musei  Pa- 
risiensis  ,  Iiissieui  et  Lamarkii.  Nò  tra  i  quarant'  anni  decorsi 
nell'intervallo  tra  il  primo  ed  il  secondo  suo  lavoro,  gli  è  mai 
pili  riuscito  di  vederlo  altrimenti  :  Egli  frattanto  ne  dicbiara  le 
bacche  magnae  torulosae  !  Senza  parlare  della  contraddizione  che 
ne  implica  il  nome  di  foglie  intiere  apposto  ad  un  solano  colle 
foglie  sinuose ,  basterà  ricordare  le  precise  parole  cousegnate  nel 
4..°  tomo  dell'  Enciclopedia  botanica  p.  3oi ,  dove  descrivendo  le 
bacche  di  esso  Solanum  integrifolium  ,  il  Poiret  dice  :  Le  fruit 
est  une  baie  ronde  ,   javne^  de  la  grosseur  d  un  grain  de 

RAISIN  ! 

Come  mai  il  Dunal ,  il  De  CandoUe  e  tanti  altri  insigni  bo- 
lanici  han  potuto  chiuder  gli  occhi  a  tali  precise  caratteristiche, 
e  scambiare  i  frutti  gialli  ,  rotondi  della  grossezza  di  un  acino 
d'  uva  ,  con  i  frutti  schiacciati  rossi  ,  torulosi  ,  di  due  pollici 
di  diametro  !  Questo  è  ciò  cbe  ci  è  sembrato  incomprensibile, 
e  che  raccomandiamo  al  diffinitivo  giudizio  de'  botanici. 


SEGUITO  DELLA  MEMOlllA 

SULLA  DETERMIXAZIOAE  DEGLI  ERRORI  DELLE   TAVOLE 
LUA'ARI  DEDOTTI  DALLE  OSSERVAZIOAI  DELL'  ECCLISSE 
SOLARE  DEL  28  LUGLIO  1851 

LETTO  NELLA  TORNATA  DEL  i5  SETTEMBRE  i853. 

D  A 

Professore  di  Malcmallca  nella  Reale  Scuola  degli  Alunni  Marinari ,  Sostilulo  alla  Cattedra 
di  Astronomia  e  Geodesia  del  Real  Gjllcgio  Militare,  Astronomo  aggiunto  all'Osser- 
vatorio della  Real  Marina,  Socio  corrispondente  del  Reale  Istituto  d'  Incoraggiamcuto. 


Ne 


ella  tornata  del  1 2  febbraio  dello  scorso  anno  ebbi  1'  onore 
presentare  a  questa  illustre  Accademia  un  mio  lavoro  ,  nel  qua- 
le mi  proponeva  la  ricerca  degli  errori  delle  tavole  lunari  de- 
ducendoli dalle  osservazioni  dell' ecclisse  solare  del  z8  luglio  i85i. 

Avendo  raccolte  altre  osservazioni  gentilmente  mandatemi 
dal  eh.  Astronomo  P.  A.  Secchi  della  C.  di  G.  ,  mi  acciuge- 
ya  a  seguitare  il  mio  lavoro  ;  quando  verso  la  fine  dello  scor- 
so anno  mi  venne  alle  mani  un  opuscolo  dell'  ili.  Direttore 
del  Pontificio  Osservatorio  sul  Campidoglio  Sig.  I.  Calan- 
drelli  ,  dono  del  eh.  Autore  ,  nel  quale  si  proponeva  la  mede- 
sima ricerca  ,  avendo  questi  avvertita  qualche  piccola  inegua- 
glianza fra  i  miei  risultati  e  quelli  dati  dal  cel.  Astronomo  di 
Padova  Cav.  Santini  in  un  suo  lavoro  sullo  stesso  argomento 
pubblicalo  nel  Giornale  di  Altona  (N."  810  mese  di  Giugno  1802). 


(  3U) 

TI  lavoro  del  Calandrelli  mi  spinse  a  rivedere  il  mio  per 
rinvenire  la  causa  delle  connate  ineguaglianze,  le  quali  sono  : 

I .°  Che  le  longitudini  e  latitudini  delia  Luna  da  lui  rin- 
venute differiscono  da  quelle  trovate  da  me  per  circa  5",  avve- 
gnaché si  le  une  che  le  altre  sieno  dedotte  dall'Almanacco  nautico. 

2.°  Che  paragonando  l'  istante  della  congiunzione  vera  da 
me  trovata  pel  meridiano  di  Greenwich,  con  quella  pel  meridia- 
no di  Berlino  dato  dal  Santini  nella  sua  memoria  si  à  una  dif- 
ferenza di  longitudine  che  presenta  un  errore  di  —  9'  ,  09  da 
quella  data  dall'  Almanacco  e  dalla  conoscenza  de'  tempi. 

Afiin  di  trovare  donde  derivava  la  differenza  di  5"  sulle 
longitudini  lunari  ,  ò  calcolato  un  luogo  della  Luna  con  le  ta- 
vole del  Signor  Burckhardt  per  3''  t.  m.  di  Greenwich  cioè  per 
i5''  9"  21*  t.  m.  di  Parigi  contate  dalla  mezzanotte  del  giorno 
28  luglio.  Indi  servendomi  delle  quantità  date  dall'  Almanacco 
nautico  ,  ò  calcolato  la  longitudine  della  Luna  pel  medesimo  i- 
stanfe  adoperando  due  metodi  d'interpolazione,  il  primo  che  è 
quello  del  Signor  Francoeur  servendomi  delle  sole  differenze  ter- 
ze, e  che  fu  da  me  adoperato  per  trovare  i  luoghi  della  Luna 
nel  primo  mio  lavoro;  l' altro  dell' Oriani,  esposto  nell'appendi- 
ce all'  effemeridi  di  Milano  del  i83o  servendomi  delle  differen- 
ze quinte  ,  il  quale  sembrami  quello  usato  dal  Calandrelli  per- 
chè la  longitudine  della  Luna  cosi  dedotta  coincide  con  quella 
da  lui  trovata.  Le  tre  longitudini  sono  le  seguenti; 

Bnrckliardt  Francoeur  Oriani 

125°  3'  36",  3i  123°  3'  33",  26  125°  3'  38",4.6 

Dalla  ispezione  di  queste  quantità  si  rileva  che  la  seconda 
differisce  dalla  prima  per  —  3  ",  o!5  ;  e  la  terza  dalla  prima  per 
-J-  2",  i5  :  di  modo  che  la  seconda  differisce  dalla  terza  per 
circa  5'^  come  si  avvertiva  dal  Calandrelli  :  cosa  che  dimostra 
che  in  queste  specie  di  ricerche  miglior  partito  è  prendere   di- 


(  3^5  ) 
reltamente  dalle  tavole  i  luoghi  della  Luna. 

Trovati  erronei  i  luoghi  della  Luna  che  serviti  mi  erano  per 
i  calcoli  di  già  pubblicali  nel  primo  mio  lavoro  ,  ò  ripigliato 
le  calcolazioni  per  Roma ,  Padova  ,  Milano  ,  Parigi  ,  Vendome, 
Bruxelles  ed  Hamburg,  servendomi  delle  seguenti  quantità,  do- 
ve quelle  appartenenti  alla  Luna  son  tratte  dalle  tavole  di  Burck- 
hardt ,  e  le  rimanenti  dall'  Almanacco  nautico. 

T-   III.   di  Grccnwicli. 


>a 

Long.  C 

Molo  orario 

Lai. 

Par.  or.  eq. 

Semid. 

2 

134-°  26' 38", 

07 

44"  4",  65 

60' 29",  55 

16' 29",  55 

3 

125     3  36, 

3i 

36'  58',  24 

47  27,  84 

60  3o,    60 

16  29,  33 

4 

laS    4o  35, 

87 

36    59,    54 

5o  5o,  67 

60  3i,    65 

16  29,  Gì 

5 

126    17  36, 

73 

37      0,    86 

54  i3,  12 

Co  32,    70 

16  29,  3i 

Long.  © 

Moto  orario 

Par.  or.  cq. 

Semidiametro 

Obbliq.  eccl. 

3 

124.°  52'  24", 

58 

2'  23",  46 

8",  45 

i5'  46/' 5o 

33"  27' 27,"  12 

Schiacciamento  dello  sferoide  '/^oj 

Ciò  premesso  ò  ritenuto  per  le  osservazioni  de'  contatti  le 
seguenti  in  t.  m.  di  ciascun  luogo  ,  e  per  longitudine  e  latitu- 
dine quelle  date  dalla  Conoscenza  de'  tempi,  e  dall'Almanacco. 

Principio                   Fine  Long,  da  Green  Lai.  geografica 

Roma     3h  24"n  32s,  70  51i  25"i  7S,  20  oh  4901  54$,  7  E  41°  53'  Sa",    o  N 

Padova     3  i4  23,  4S  5  27  4i,  20  4?  29,    2  45    24  2,    o 

Milano      3     1  3i,  00  5     6    o,  3o  36  4;,    2  45    28  1,0 

Parigi       2  20  54,  00  4  3o  4i,  5o  9  21,  5o  48    5o  i3,     o 

Vendome  2  16  32,  00  4  26  12,  00  4  17,  5o  47    47  3o,     o 

Bruxelles  2  27  24,  5o  4  36  4o,  00  17  29,  00  5o     5i  io,     7 

Hamburg  2  5o  16,  io  4  56  46,  70  39  53,  5o  53    32  5i.     o 

Dipoi  per  ciascun  luogo  si  son  composte  le  seguenti  quan- 
tità : 

Roma  Padova 

Principio  Fine                      Principio  Fine 

A\  lenit            s      i76'47'5o",  55  207-    i'25',2o  174»  1 5'  12",  73  aoS"    9'42",9o 

Long.  veraC    L     12447  58,   49  126    2  19,    07  12443  12,    74  i25  Sg  i3,  69 

Lai.  vera  C       >■             46     1,94  52  4g,    46            45  35,    75  52  32,  56 

Mot.or.inl.Cm             36    58,99  3;     i,   63            45  35,    75  37     i,  82 

Par.  or.eq.  C  H             60    3o,  16  60  32,   24            60  3o,    02  60  32,  19 

Semidiam.  C     R             .6    29,  „  ,6  29,    79            ,6  29,    .7  ,6  29,  77 

44 


I 


(  346  ) 

Milano 

Parigi 

Principio 

Fine 

Principio                   Fine 

s 

17 1°    2' II",  65 

202°  i4'  27"  90 

160°  52'   l3'',  20       193»  24' 25", 

So 

L 

124.  4'  ^2,    35 

125  68  37,    36 

124  33  44,  77     125   53  45, 

5o 

X 

45  28,    39 

52  29,    24 

44  43,  73            5a     3, 

64 

m 

36  58,    77 

37     I,    5o 

36  58,  48           37     1, 

33 

H 

60  29,    98 

60  32,    17 

60  29,  75              60  33, 

o3 

R 

16  29,    16 

16  29,    76 

16  29,  09            16  29, 

73 

Venderne 

Bruxelles 

s 

i59''46'44.",  85 

,92' ,7'   4",5o 

162°  29' 46",  65    194"  53' 47", 

75 

L 

124  34  IO,  65 

125  54    6,  79 

124   32    45,    00       125     52    25, 

93 

X 

44  46,    IO 

53     4,  57 

44  38,  24           5i  55, 

4o 

m 

36  58,    bo 

37      I,    32 

36  58,  44           37     t, 

a8 

H 

60  29,    77 

60  32,   o3 

60  29,  71            60  3i, 

99 

R 

16    29,      IO 

16  29,   73 

i6  29,  09           16  29, 

7» 

Hamburg 

s 

iSS'iaUi'SSS 

199"  55' 32»,  55 

L 

124  33     I,  96 

125  5i     0,   91 

X. 

44  39,  79 

5i  47,    63 

m 

36  58,   46 

37     I,    21 

H 

60  29,    73 

60  3i,   94 

R 

16  29,    09 

16  29,   70 

Da  questi  dati  seguendo  il  metodo  del  Francoeur  dato  nel- 
la sua  Astronomia  pratica  ò  dedotte  le  seguenti  quantità  : 


Roma 

Pad 

ova 

Principio 

Fino 

Principio 

Fine 

Latiludine  geocen.  1'    4i°  4^'  38",  86 

45°  .2' 44 ',57 

Dir.  par.  orizC-©H'          60  16,   44 

60'  18",  56 

60  i5",  58 

60'  .7",  74 

Parali,  in  long.  C  a*          26  46,  94n 

34  17,  4on 

23      4,    75:« 

3i      e,    73a 

Lai.  app.   i           X'          IO  21,  92 

5  55,  21 

8     9,  i5 

6     8,    26 

Semid.  app.  (_       R'           i6  4ij   io 

16  36,  o4 

16    4i,a4 

16  36,    5o 

Disi.   ap.   de   cent. 

(R'tr-5,''5)=  A             1942",  IO 

1937",  o4 

1942",  a4 

1937",  5o 

Jst.  cong.  vera        9    3h3imi6=,  65 

3h  3im  ags,  ga 

3lj28in4i6,93 

31»  28H'  595,20 

(347) 


Milano 

Parigi 

Principio 

Fine 

Principio 

Fine 

1' 

49^  i6'  4.3" 

,69 

A8°37'    1,43 

H' 

6o  i5, 

53 

60'  17", 

1  7' 

60'  i4",  59 

60'  16" 

,87 

zs 

21  33, 

aia 

3o  38, 

48n 

2649,    94n 

34  «7, 

4on 

V 

8   56, 

20 

6   5o, 

57 

IO    21,    92 

7   55, 

21 

R' 

i6  4', 

7' 

.6   37, 

07 

16  4i«   IO 

16  36, 

o4 

A 

1942", 

71 

.938", 

07 

191,2",     IO 

■937, 

o4 

3I1  iSm,  63,  78    3h  i8m  i3s. 
Venderne 


3h  3inii6s,  65    3h3i<°  393,92 
Bruxelles 


1' 
H' 

■a 
\' 
R' 
A 


47°  36' 1 5",  64 
60  i4,  83 
•4 


H 


i3,  49n 
9  4o,  66 
16  42,  83 
•  943",  83 
9  2h  45"°  36s,  07  ah  45™  443)  67 

Hamburg 
1'  53-  22'  2",  93n 
60  i3,  6a 


60'  17",  09 
26  40)  57  n 

7  5i,  81 
16  36,  59 

i937">  59 


So»  4o' 

60' 


7  .  02 

«4,  '4 

i3  40)  6S11 
6  33,  II 

16  4^)  16 
1943",  16 

2h  SSm  42S,  28 


60'  16",  42 

24  3i,  88n 

5  17,  45 

16  38,  34 

1939".  34 

ah  58m  543,  83 


60' 


i5",  Sa 
22  53,  agn 

a  34,  3o 
»6  37,  42 

1938",  4= 

3h  2ini  igs,  23 

Chiamando  dA,  dX,  d  H'  gli  errori  che  affeltano  le  quan- 
tità A ,  X  ed  H'  si  avrà  per  1'  istante  della  congiunzione  vera  per 
ciascuna  osservazione  : 


w 
X' 
R' 
A 
d 


i4   25,  o6n 
3    17,  3i 

16  4'i  21 
19Ì2",  21 

3h  2Iin  7S,  49 


Roma! 


(Princ. 
*iFine 
Pado-  (  Princ. 

va    (  Fine 
Mila-  (  Princ. 

no    !  Fine 
Pari- (Princ. 

gi     (  Fine 
Ven»  (  Princ. 
dome!  Fine 

Brìi-  (  Princ. 
icllest  Fine 
Hnin-|  Princ. 
biirg  (  Fine 


3U  3iiiii6s,  65-}- 
29.  9-— 

4i,  93  + 

5g,  20^ 

6,  78-i- 

i3,  88— 

3j,  92  + 

53,  75- 
36,  07  + 
44,  67— 
il,  28  + 

54,  83— 

"7.  49  + 
19,   23— 


3i 
28 
28 
18 
18 
5o 
5o 
45 
45 
58 
58 
21 
21 


i,83o9  d  ^  —  0,5863 
1,7869  d  A  -j-  o,43H 
1,7924  d  A   —  o,45i4 
1,76+6  d  A    -}-  0,3354 
i,8oi.8  d  A  —  o.4!)5;i 
1,7727  d  A    -}-  0,3755 
1,7987  d  A  —  0,4.746 
1,7737   d  A   -f-  0,3795 
i,8i44  d  A  —  0,54.20   d 
1,7858  d  A    +  0,4349   d 
A  —  0,3584  d 
A  +  0,2875  'd 


1,7716  d 

1,7564  d 

1,7440  d  A  —  0)177»   ^ 

1,7382  d  A   -j-  o,i384  d  >.  —  0,7711  d  H' 


d  X  —  0,4238  d  H' 

d  X  —  i.3ri4  dH' 

d  >.  —  o,3839  d  H' 

d  X  —  1,1498  d  H' 

d  X  —  0,3198  dH' 

d  X  —  i,i647  dH' 

d  X  —  0.1-26  dH' 

d  X  —  I,o320   d  II' 

X  —  0,0939  d  H' 

X  —  i,o854  dH'l 

X  —  0,1674  dH'l 

X  —  0,9276  d  H' 

X  —  0,2936  d  II' 


•■   (A) 


Donde  ricavasi 
luogo  come 


(  H^  ) 
r  istante  della  congiunzione  vera  per  ciascun 


Roma 

Padova 

Milano 

Parigi 

Venderne 

Bruxelles 

Hambura; 


segue  : 

3h3im23s,  285-- 
3  28  5o,  565-- 
10,  33o-]- 
43,  335-- 
4.0,  370 -|- 
48,  555-- 
i3,  36o  + 


18 
5o 
45 
58 
21 


0,0220  d  A  —  0,0789  d  X  —  0,8676  d  H' 
0,0139  d  A  —  o,o58o  d  X  —  0,7668  3  H' 
0,0161  d  A  —  0,0602  d  X  —  0,7426  d  H'I 
0,0125  d  A  —  0,0476  d  X  —  0,5773  d  H' 
0,0143  d  A  —  o,o536  d  X  —  0,5897  d 
0,0076  d  A  —  o,o355  d  X  —  0,5475  d 
0,0026  d  A  —  0,0194  d  X  —  0,5324  d 


(B) 


Dalle  medesime  quantità  (A)  si  ricavano  le   sette  seguenti 
equazioni  per  determinare  d  A  ,  d  X  ,  d  H' 

Roma    1  13,27=  3,6178  d  A  —   1,0247  d  X  -j-  0,8876  d  H' 

Padova  17,27  =  3,5570  d  A  —  0,7868  d  X  -}•  0,7639  d  H' 

Milano  7,10  =  3,5775  d  A  —  0,8714  d  X  -h  0,8449  ^  "' 

Parigi  20,83  =  3,572^  d  A  —  o,854i  d  X  -{-  0,9094  d  H' 

Vendome  8,60  =  3,6oo2  d  A  —  0,9769  d  X  -j-  0,9915  d  H' 

Bruxelles  i2,55  =  3,528od  A  —  0,6459  d  X  •}-  0,7602  d  H' 

Hamburg  11,74  =  3,4822  d  A  —  o,3i56  d  X  -h  0,4775  d  E' 

Applicando  a  queste  il  metodo  de'  minimi  quadrati  ,   si  an- 
no le  tre  seguenti  : 

326,3491  =  88,835i  d  A  —  19,5692  d  X  -f-  30,1102  d  H' 
71,3762  =  19,5592  d  A  —  4,6290  d  X  -j-  4,6354  d  H' 
73,6204  =  20,1102  d  A  —    4,6354  d  X  -h    4,7043  d  H' 

DaquestesiricavadA=3",7o68,  dx  =  4-",o828,dH'=3,"8265 
sostituendo  questi  valori  in  (B),  si  à  per   1'  istante    della    con- 


giunzione  vera  per 

Roma 

3li  3ini  igs,  745 

Padova 

3     28    47,  445 

Milano 

3     18      7,  548 

Parigi 

2    5o    4o,  978 

Vendome 

2    45    37,  948 

Bruxelles 

2    58    46,  344 

Hamburg 

3    21     11,  254 

Riducendo  questi  tempi  al  meri 

Roma 

2U  4»'"  aSs,  045 

Padova 

20,    348 

Milano 

i8,    245 

Parigi 

19,    478 

Vendome 

20,   448 

Bruxelles 

17,   344 

Hamburg 

•7.    7^4 

Medio 

2     4i     19)    8og 

(  3^9  ) 

Questo  è  il  tempo  della  congiunzione  vera    pel    meridiano 
di  Greenwich. 

Paragonando  questo  tempo  con  quello  della  congiunzione 
vera  pel  meridiano  di  Berlino  dato  dal  Santini  che  è  Z^  S^"  55^  ,4.1 
si  avrà  per  la  differenza  di  longitudine  fra  questi  due  meridia- 
ni 53"°  35^  ,  6  che  differisce  da  quella  data  dall'Almanacco  nau- 
tico per  'J-  0",  I  ;  restando  cosi  sciolto  il  secondo  dubbio  propo- 
sto dal  Calandrelli. 

Ritenendo  per  tempo  della  congiunzione  vera  al  meridiano 
di  Greenwich  il  trovato  di  sopra,  si  avrà  per  questo  istante  lon- 
gitudine ©  e  C  ^  124."  Si'  39",  94.;  la  longitudine  della  Lu- 
na presa  dalle  tavole  pel  medesimo  istante  essendo  124.°  52'  6",  08 
sarà  r  errore  nella  longitudine  della  Luna  26  ',  i4. 

Gli  errori  delle  tavole  sarebbero 

d  H'  =    3",  83 

d  A  =    3,  71 

d  X    =    4,  08 

d  L    =  26,  i4 

Paragonando  le  quantità  ottenute  dal  Santini  ,  dal  Calan- 
drelli e  da  me  in  questo  secondo  lavoro ,  si  à 

Santini  Calandrelli  Rinonapoli 

Ist.    con.  V.  a  Green.        ah  4'""  >9',  gt  ali  4j™  aSs,  S8  2h  4'm  igs,  81 

long.  C  pel  del.   ist.      i^"  5i'    Sg",  gS  124    5i'    4o",  00  124°  5i'    39,",94 

Lai.  C  corretta              -J- o   46    26,    03  -J""    46     ao,    54 

Per  una  ripruova  ò  voluto  calcolare  le  osservazioni  fatte  in 
Danzica  (  Scuola  nautica  )  in  Roenisberg  e  Frauenburg  dove 
r  ccclisse  è  stato  totale  ,  e  quelle  fatte  in  Altona  trovando  la 
differenza  di  longitudine  di  ciascuno  di  essi  dal  meridiano  di 
Greenwich;  ed  ò  ottenuto  i  risultati  che  seguono: 

Calcolo  delle  osservazioni  di  Danzica. 
In  questo  luogo  1'  ecclisse  è  stato  osservato  da'  Signori  Al- 


I 


(  3^0  ) 
brechl  ,  Domk ,  Scbiitz ,  Schroder  ,  Reinbreht,  ò  ritenuto  pel  cal- 
colo i  seguenti  istanti  in  t.  m.  del  luogo: 

Principio  dell'  ecclisse  3h  Som  i5',  4.0 

Principio  dell' ecclisse  totale  4-    3i     36,   3o 

Fine  dell'  ecclisse   totale  4-     34     87,    3o 

Fine  dell'  ecclisse  5     3i     45,   3o 

e  supponendo  la  longitudine  contata  da  Greenwich  =  —  i''  i^" 
4.0'  ,  7  e  la  latitudine  geografica  =  54."  24'  i5",  o  N  ò  trovato  le 
seguenti  quantità  : 

Princ.  eccl.  Princ.  eccl.  tot.  Fine  eccl.  tot.  Fine  eccl. 

s  178°  12' 44",  10  i93°35'28",  80  i94''ao'5i",  i5  aoS^o' 12",  oo 

L  124  36  i4,   oi  133  i4    a,   5i  i25  iS  54,   io  i25  5i   io,   gS 

X  44  57,  4°  4-8  20,   oS  48  35,    25  5i  48,    ag 

m  36  58,   57  36  59,   91  89  Sg,    97  87     i,    sS 

H  60  29,  Sa  60  3o,   89  60  3o,   94  60  3i,    96 

R  16  29,    11  16  29,   4i  16  29,   42  16  29,    70 

r  54  1 3  33,   i4  »  «  » 

H'  60  i5,    54  60  i4,   60  60  i4,  65  60  i5,    67 

zt  17   32,    i6n  21   18,   oin  21  25,    83n  22  52,    780 

X'  34,   53  17,   28  16,   65  i3,   64 

R'  16  39,   89  16  38,   04  16  87,   93  16  35,  97 

A  1940",   89  57,   o4  56,   93  1936",   97 

9  31»53m56',  71  3li  56ni  i6s,  53  3Ii  55»  53',  66  3h55'nios,8i 

Dalle  quali  si  anno  i  seguenti  tempi  della  congiunzione  vera: 

l'rinc.  eccl.  3U  53m  55s,  71  -}-  i,  745d  A  —  o,  o3id  X  —  o,  483J  H' 

l'rinc.  eccl.   tot.  3    56     16,    53  -j-  1,  Sigd  A  —  o,  55id  X  —  o,  i73d  H' 

Fine  eecl.  tot.  3    55    53,    66—  i,8i3d  A  +  o,  53od  X  —  i,o42d  H' 

Fine  eccl.  3    56     10,    81  —  i,  733d  A  -j-  o,  oiad  X  —  o,  668d  II' 

Il  medio  di  questi  quattro  tempi  è 
3''  56'°4'  428  -|-  0,  002  dA — 0,  oiodX  —  0,  Sgid  H' 
Sostituendo  in  questo  i  valori  di  d  A  ,  d  X ,  d  H'    si    ottiene 
per  r  istante  della  congiunzione  vera  S""  56"  2^  ,   i33  che  para- 
gonato con  quello  trovato  per  Greenwich ,   dà  per  difTerenza  di 
longitudine 

—  i**  i4'"42^  ,  32  la  medesima  si  è  trovata 
da  Santini         —  i    i4  34  ,  o3 
da  Calaudrcili  —  i    i4   4o  ,  32 


(35r  ) 
Calcolo  delle  osservazioni  di  Koenisberg 

Per  questo  luogo  si  anno  le  osservazioni  del  chiarissimo 
d'  Arresi  che  sono  le  seguenti  : 

Principio  dell'  ecclisse  Sh  SSm  i  is,  o 

Principio  eccl.  tot.  4  38  i)8,  o 

FÌDe  ecclisse  tol.  4  4'  63,  o 

Fine  ecclisse  5  38  Sa,  o 

Pel  calcolo  di  queste  osservazioni  ò  ritenuto  la  longitudine 
=  i""  22"  0,^  5  Est  di  Greenwich  e  la  latitudine  geografica  =  33'' 
34.'  0",  0  N  ed  ò  ottenuto  le  seguenti  quantità  : 

Princ.  eccl.         Princ.  eccl.  tot.       Fine  cccl    tot.  Fine  ecclisse 

s   180°  II' 39",  64     igS"  20' 54",  3o     196"   9' 46",  So    210°  21' 5i",  i5 
L  ia4  36  36,   08     i25  i4    3,    68     123  i5  Si,    5^     123  b'o  4/)  5» 


X 

44  59, 

43 

48  25, 

16 

48  35,  02 

5i  46, 

4i 

m 

36  S8, 

59 

36  59, 

9« 

35  59,  98 

3;  I, 

21 

H 

60  39, 

84 

60  3o, 

89 

60  3o,  gi 

60  3i, 

94 

R 

16  29, 

12 

16  29, 

4x 

16  29,  42 

i5  29, 

70 

1' 

54  32  IO, 

5i 

» 

)) 

» 

H' 

60  i3. 

49 

60  14, 

54 

60  i4,  Sg 

60  .5, 

59 

V3 

,7  55, 

o5n 

21  SI, 

lon 

21  27,  84n 

22  38, 

San 

V 

3, 

32D 

'7. 

8on 

18,  23n 

'7> 

26n 

R' 

16  39, 

61 

16  37, 

74 

i6  37,  64 

16  33, 

69 

A 

«94o', 

61 

56, 

74 

55,  64 

1935," 

69 

9     4li    3mi2s,  63       41»    3ni3os,  29       4h    31095,02       4h  3ni    95,44 

E  da  queste  i  seguenti  istanti  della  congiunzione  vera 

Princ.  cccl.  4''  3in  i2,s63  -{-  1,  733J  A  -)-  o,  ooSdX   — o,  5i8d  II' 

Princ.  eccl.  tol.  4  3    3o,   29  +  i,  826d  A  — o,  573d  X  —  i,  078d  H' 

Fine  eccl.  tot.  4  3      9,  oa  —  i,  S3id  A  -f-  o,  SSgd  X  —  i,  oged  H' 

Fine  cccl.  4  3      9,  44  —  i,  733d  A  —  o,  oiSd  X  —  o,  664d  II' 

Donde  ricavasi  per  tempo  della  congiunzione 
i^Z'-  i3'  ,34.5  —  0,  001  dA   to,  o5i  dX— 0,839  dH' 
Ove  sostituendo  i  valori  di  dX  ,  d  H'  si  ottiene 
i^  S»  12^,  340 
che  paragonato  col  tempo  della  congiunzione   vera   pel   meridia- 
no di  Greemvich  precedeuteraeale  rinvenuto  ,  dà  per   differenza 


(    35-2    ) 

di  longitudine  — •  i*^  21  52,  53  che    differisce    dalla  supposta 
per  4-7,'=  97. 

Calcolo  delle  osservazioni  di  Frauenbiirg 

In  Frauenburg  1'  ecclisse  fu  osservato  da'  Signori  Galle  , 
Briinnow  e  Wolfess ,  ed  i  tempi  delle  osservazioni  in  t.  m.  del 
luogo  sono  stati  i  seguenti: 

Princìpio  dell'  ecclisse  SU  SSm     os,  g 

Princ    eccl.  tot.  4    35     54,    o 

Fine  eccl.  tot.  4    36       6,    o 

Fine  eccl.  5     35      5a,    o 

Supponendo  la  longitudine  =  i''  i8"  ^^\  5  Est.  Greenwicb 
e  la  latiludine  =  b'4'' 21' 26 ',  0  Nord  ò  ottenuto  le  seguenti 
quantità  : 

Princ.  eccl.  Princ.  eccl.  tot.  Fine  eccl.  tot.  Fine  eeclisse 

s  179°  24'   8",  25  194°  39' 54",  90  195°  28'   2",  70  209''4i'57",  «5 

L  124  36  39,  09  125  i4  IO,  54  125  16    8,   82  125  5i    9,  3o 

X  44  59,  70  48  25,  79  48  36,  6i  5i  48)  4i 

m  36  58,  Sg  36  89,  gS  37     o,   00  37     i,    a3 

H  60  29,  55  60  3o,  60  60  3o,  60  60  3i,    65 

R  16  29,  o4  16  29,   33  16  29,   33  16  29,   6a 

r  54  IO  49,   80  j  I  » 

H'  60  i3,   28  60  i4,  32  60  i4,  32  60  i5,    37 

■a  17  57,  gon  21  3a,   8in  21  4o,    58n  22  57,    9611 

V  21,   07  4>    19  3,  63  I,   87 

R'  16  3g,   67  16  37,   79  i6  37,   67  16  35,  71 

A  ig4o",    67  56",  79  56",  69  1936",   71 

0  3h59m58s,  75  4h    omios,  4i  3li  59™  52S,  66  4b    om    8s,  08 

Donde  i  seguenti  tempi  della  congiunzione  vera  : 

Princ.  eccl.  31i  Sgm  58s,  75  +  i,  73  d  A  —  o,  02  d  X  —  o,  5i  d  H' 

Princ.  eccl.  tot.  4      o     io,   4i   -J-  i,  74  d  A  —  o,  i3  d  X  —  o,  52  d  H' 

Fine  eccl.  tot.  3    Sg    52,   66  —  i,  74  d  A  +  o,  11  d  X  —  o,  71  d  H' 

Fine  eccl.  4     o     8,   08  —  i,  73  d  A  —  o,  66  d  H' 


(  353  ) 
Prendendo  il  medio  si  ottiene  per  tempo  della  congiunzio- 
ne vera 

4''  0'"  2'  ,  4.75  —  0,  01  dX  —  0,  60  dH' 
ovvero  4''  t)     0,      i4     dal  quale  si  à  la  longitudine 

=  \^  18° 4o'  j   33  E.  Greenwicli  che  differisce  dalla  supposta 
per  ■{•  5^  ,   17. 

Calcolo  delle  osservazioni  di  yiltona 

In  questo  luogo  si  è  osservato  il  fine  dell'  ecclisse  da'  Si- 
gnori Petersen,  Còlze,  Olde,  Quiriling,  e  Roop  e  questo  istan- 
te in  tempo  medio  di  Altona  è  slato  4**  56°  4o^  ,  8. 

Supponendo  la  longitudine  =  Sg™  46'  ;  6  Est.  Greenwich  e 
la  latitudine  geografica  =  53"  32'  45  "  Nord  ò  avuto  le  seguenti 
quantità 

s  199'  54'    4",  o5                 1'  53°  21'  56",  gS 

L  125    5i      I,  54  H'  60   i5,  82 

X            5i  47)   6g  Z3  22    53,  1711 

m            37      I,  21  X'  2   34,  78 

H            fio   3i,  94  R'  997".  4-» 

R          16  29, 70  A  1938,  4> 

d     3h    2im  i3s,  61 

E  il  tempo  della  congiunzione  vera 

S"-  21"  i3'  ,  61  —  I,  74  d  A  -J-o?  i4dX  —  0,77  dH'  = 
S""  21°  4'  ,  79 
che  dà  una  longitudine  =  39™  44''  ,  98  Est.  Greenwich  con  una 
differenza  dalla  supposta  di  —  \\    62. 

Termino  questo  lavoro  con  rendere  pubbliche  grazie  al  mio 
allievo  ingegnere  Signor  Giovanni  Siano  che  anche  in  questo 
secondo  lavoro  à  voluto  compiacersi  rivedere  lutti  i  calcoli  da 
me  fatti. 


CENINO  NOTOM [CO-PATOLOGICO 

SULLE  OSSA  UMANE  SCAVATE  IN  POMPEI 

Li-tto  dal  Socio  ordinario  Slufano  dolle  Ckiaie  nella  fornata 
de  1S  scllcmbrc  18Ò3. 


0> 


'uando  il  Democrito  del  nuovo  Mondo  (i)  onorava  di  sua  pre- 
senza questo  Reale  Istituto,  G.-S.  Poli  (2)  allora  Presidente  con 
dotta  Dissertazione  imprese  a  dire,  se  mai  il  Vesuvio  colle  spa- 
ventose sue  eruzioni  fosse  riuscito  nocivo  ,  oppure  utile  a  quelle 
ridenti  contrade.  E  dimostrava,  che  fra' tanti  vantaggi  da  sì  igno- 
vomo  monte  prodotti  alla  patria  nostra  non  ultimo  era  da  repu- 
tarsi la  conservazione  degli  avanzi  della  romana  civiltà  e  gran- 
dezza in  Ercolano  e  Pompei;  i  quali  nel  174-8  per  munificenza  del- 
l'immortale Carlo  III.  e  de'  suoi  Augusti  Successori  Ferdinando  I., 
e  Francesco  I.  per  me  di  sempre  venerata  ricordanza,  andavansi 


I 


(i)  Barone  A.  deniimhokll.  Si  riscontri  Riidolphi:  Recentìor.  nevi  IVn- 
nii'sm.  vir.  de  reb.  mcd.  el phys.  meril.  Bcrol.  1829,  p.  78GIjXXX.V1I1.  Adv 
EJfigieg,  sub  qua F.  Lcos.  imcr.  Fridev.  llenr.  Alexander  ab  Hum- 
boldt. Av.  Naturae  scrutalor  sedens  ,  ùilucns  Americani  in  spliaera. 
Inscr.  Novi  orbis  Democrituft  —  Exorg.  In  Jeliceni  reditum  Beroli. 
ni  180S. 

(2)  Mem.  sul  Fesuvio,  Iella  nella  Uirnaia  (le'7  novcmlìrc  1824,  essen- 
dosene smarrito  financo  il  nis.  (Delle  Chi  lio  De  isila i/raestanlis.  commend. 
I.X.  Poli  Plinii  neapohlani  panca.  Tesiac.  utr.  Sicil.  Parai.  1826,111 
p.  XIX). 


(  3S6  ) 
in  ogni  giorno  disotlerrando ,  e  che  il  nostro  magnanimo  Re  Ferdi- 
nando II.  ne  ha  richiamato  gli  scavi  a  maggiore  attività  sotto  la 
immediata  dipendenza  della  sua  Real  Casa  ,  onde  formare  ob- 
bietto  di  elaborate  lucubrazioni  de'  Soci  della  Reale  Accademia 
Ercolanese.  Questa  da  gran  tempo  aveva  conosciuto  il  bisogno 
della  illustrazione  de'diversi  strumenti  cerusici  ercolanesi  e  pom- 
peiani (i),  e  ne  aveva  già  dato  a  Santoro  debito  incarico,  ri- 
chiamato a  pronta  esecuzione  allorché  vari  di  quei  ferramenti  si 
videro  pubblicati  dal  Sawenko  (2) ,  tosto  seguendovi  il  lavoro  del- 
lo Choulant  (3)  sulle  cose  mediche  pompeiane. 

Talché  un  nostro  Collega  (4.)  diede  opera  alla  delineazione 
dell'Armamentario  cerusico  scavato  in  Pompei,  corredato  di  Memo- 
rie acconce  a  deciferarne  gli  usi.  E  se  nelle  archeologiche  materie 
riesca  diiTìcile  di  colpire  nel  segno,  trattandosi  per  lo  più  di  cose 
conghielturali ,  la  divolgazione  de  disegni  degli  strumenti  chirur- 
gici pompeiani  è  per  me  (5)  la  sola  parte  di  fatto  inconcusso,  ed 
un  gran  passo  dato  in  simigliante  argomento  ,  da  patrio  dive- 
nuto ormai  cosmopolitico  ,  comune  cioè  agli  archeologi  ,  a"  me- 
dici ,  a' chirurghi  ,  a'  farmacisti  di  tutt'i  tempi  e  di  ogni  nazio- 
ne -,  siccome  i  Bussemaker  e  Daremberg  (6) .  e  "1  De  Renzi  (7) 


(i)  Bayardi  Calai,  degli  ani.  monum.  disotl.  dalla  discop.  Città 
di  Ercolano.  N.ip.  lySS,  p.  355-65.  —  Romanelli  Viaggi  a  Pompei,  2. 
ed.  Nap.  18 17,  1  iliner.  18.  —  Jorio  Pian  de  Pompei.  Nap.  1828,  p. 
58  ,  116  ,  179. 

(2)  Oinodei  Annoti  wiiv.  di  medie.  Mil.  1822,  tomo  WJig.  Anche 
allri  medici ,  chirurghi  ed  archeologi  stranieri  ne  avevano  scritto  qualche 
precedente  articolo. 

(3)  De  Locis  pompej.   ad  rem  med.  facieni.  Lips.   1824  ^y. 

(4)  Vulpes  Illuslr.  di  tulli  gli  slrum.  chir.  scav.  inEreol.  e  in  Pomp. 
Nap.   1847  >  fa- 

(5)  Parere  mìo  letto  nella  R.  Accad.  delle  scienze  a' 6  febbraio  1849. 

(6)  Nella  nuova  edizione  delle  OEuvr.  d'Oribase.  Par.  i85i,I  p.  XLIil. 

(7)  A.-C.  Gelsi  De  medie,  cvr.  S.  de  Benzi.  Neap.   i85r  ,Jìg. 


I 


(357  ) 
hanno  pienamente  dichiarato  nelle  loro  annotazioni    a  dne    anti- 
chi classici  scriUori  di  medicina  ,  greca  I'  uno  e  lalim   V  altro. 

Anche  fruttifero  tema  ,  qui  meco  rilevato  dal  Blaiuville  nel 
184.0,  sarcbhe  una  botanica  e  zoologica  rassegna  sommaria  intor- 
no alle  piante  ed  agli  animali  scolpiti  in  marmo,  fusi  in  bron- 
zo, cesellati,  modellati  in  creta,  intarsiati  a  mosaico  ne' pavi- 
menti ,  0  pure  dipinti  su  le  pareli,  i  vasi,  gli  utensili,  e  tut- 
tavia contemplabili  nelle  superstiti  ruine  di  quelle  due  me- 
morande città  per  tanti  secoli  scomparse  dalla  superficie  di 
queir  ameno  e  fertile  suolo.  Le  figure  umane  e  de'  bruti  e- 
spresse  nelle  statue  ,  nei  sarcofagi  cenotafi  avelli  tombe,  ne' bassi 
rilievi  in  gesso  0  stucco  ,  sugli  archi  trionfali  ,  offrono  bastante 
importanza  allo  studio  de' fisionomisti  (i),  craniometristi  (2)  0  ce- 
faloscopisti (3)  (  per  quanto  fia  mai  possibile  )  a  dischiudere  (4) 
gl'istinti ,  le  passioni ,  gli  affetti ,  le  inclinazioni ,  le  morali  atti- 
tudini alla  virtù  ed  al  vizio,  nonché  i  costumi,  i  visuali  carat- 
teri, le  mosse,  il  portamento  de' sapienti  e  prodi  romani  mercè 
i  capi  lavori  di  que'  loro  sorami  artisti  ,  attualmente  depositati 
nel  Real  Museo  Borbonico  ? 

Da  molti  anni  si  è  dato  semplice  annunzio  di  ossa  e  sche- 
letri diseppelliti  in  Pompei  nelle  antiche  pubblicazioni  sociali  de- 


(i)  Combc  Le(L  sit  l' appli'caz.    della  frenol.    alle  Belle  arti.  Bruì. 
i845,ya«c.  I. 

(2)  Porla  De  humana  phijsiognomia.  Vici  i5S6  ;  Lavaler  h'  ari  de 
conti,  les  ìiom.  par  la  physion.  Par.  1820,  ^y. 

(3)  M.  A.  Severino  Zoolomia  Democritea.  Norib.  i6|5^y-;  Camper 
Disc,  sur  les  moy.  de  reprès.   les  pass,  sur  le  visagc.  Utrecht  1792^7^^. 

(I)  Ghirarcìolli  Compendio  della  Cefalogia  Jisionomiea:  cento  sonetti 
sopra  cento  teste  umane.  Boi.  iCS3,  8.°;  Miraglia  frati,  difrenolog.  ap- 
jjtio.  Nap.  i8a3,  tom.  I  fig.  ;  Gali  Sur  les  funct.  du  cere,  et  ses  pari. 
Par.  1825. 


(  Sb'S  ) 
gli  Accademici  ercolanesi  (i)  ,  e  nelle  recenti  di  que'  per  le 
Belle  arti  (2).  Qualche  disegno  di  cranio  pompeiano  fu  pubblicato 
da  Sandifort  (3)  :  tempo  fa  Monticelli  ne  era  richiesto  da  Scar- 
pa (4)  ,  io  da  Meckel  e  Carus  (i5).  In  vari  Cataloghi  de' Musei 
di  cospicue  Università  di  Europa  notasi  la  conservazione  di  fran- 
tumi di  dette  ossa  (6):  in  niuno  però  esiste  una  collezione  di 
crani  degli  antichi  dominatori  del  mondo  (7).  I  viaggiatori  stranie- 
ri continuamente  me  ne  dimandano,  ed  i  pezzetti  riescono  loro  di 
gradito  regalo  ,  contestanti  la  visita  da  essi  fatta  a  queste  classi- 
che regioni  nel  ritornarsene  in  patria.  Tale  è  la  importanza  del- 
le ossa  sterrate  in  Pompei ,  novella  pruova  alla  tesi  Poliana  ri- 
guardante quel  fecondo  scavamento  delle  prische  ricchezze  su  le 
scienze  lettere  ed  arti  del  popolo  romano  ,  per  mia  richiesta 
a  Mous.  Apuzzo  zelante  Presidente  del  Consiglio  generale  del- 
la Pubblica  Istruzione  (8)  da  là  fatte  trasportare,  e  rese  ora  di 


(i)  A  relazione  di  Lippi. — .Romanelli  Viag.  cil.  I  99,  169.  —  Jorio 
Pian  de  Pomp.  33^  52  ,  4-2. 

(2)  Genovese  Rendie.  della  Soc.  Reale  Borbonica  f  Accad.  di  Belle 
artij.  Nap.  i852,  p.  68:  scheletro  di  unostiario  avente  nelle  mani  una 
chiave  con  r  anello. 

(3)  Tahulae  cranior.  divers.  nat.  Balav.  iSSS-Sg.  Non  lio  potuto  ri. 
scontrare  del  Bhunenljacli  CollecL  cranior.  Gott.  1 790-1 828,  4°^^)  che  Ja 
sola  prima  Decade. 

(4)  Leti.  ms.  da  Pavia  de'  20  settembre  iSsS. 

(5)  Leti.  ms.  da  Dresda  in  data  de'  12  gennaio  iS{\.,  onde  ricevere  di- 
segni di  teschi  singolari  per  1'  Atlante  di  cranioscopia,  eh'  egli  stava  pub- 
blicando in  idioma  alemanno  e  francese. 

(6)  Ehrniann  Noitv.  Calai,  dii  Mas.  d' Anat.  Strasb.  i84.3  ,  p.  16^ 
num.  288  d. 

(7)  «  Invano  ho  cercato  ne'  Musei  di  Roma  e  di  Toscana  i  crani   dei 
Romani  antichi  e  di  Etruschi,  Vi  ha  ne'  gabinetti  patologici  di  questi   due 
paesi  vari  cranii  di  nazioni  lontane j  ma  i  desiderati  non  esistono  ».     Nico- 
Lucci  Leti.  mss.  dall'  Isola  del  /."  ott.   i853. 

(8)  Reale  Rescritto  de' 17  aprile  i85i. 


(3^9) 
pubblica  mostra  nel  Museo  anatomico  della  R.  Università   degli 
studi  (8) ,  la  cui  fondazione  è  dovuta  al  dotto  Ministro  marchese 
Santangelo. 

§    I.    OSTEO-NOTOMIA. 

Serie  I  normale  o  fisiologica. 

Scaffale  III,  JVum.   1-60. 

L'  ossame  pompeiano  dell'  uomo  e  degli  animali  ivi  desti- 
nati a'  di  lui  sociali  bisogni  sempreppiù  contesta  ,  che  la  sua 
statura  0  taglia  non  differisca  da  quella  de'  tempi  attuali  ;  e  che 
sotto  questo  riguardo  la  specie  nostra  nemmeno  sia  andata  declinan- 
do. A  prima  vista  rimasi  sorpreso  della  triplice  forma  de'teschi  pom- 
peiani alquanto  globosa  cioè,  ovoidea  e  bislunga  :  mi  venne  tosto 
in  pensiere  di  appartenersi  ad  uomini  di  razze  diverse.  Di  fatto  quei 
dominatori  del  Mondo  facevano  venire  a  Roma  molti  schiavi  , 
essendone  nel  Cairo  antichissimo  il  traffico  esportativi  dalla  Gui- 
nea. Ogni  angolo  di  questa  regione  è  la  scena  di  detcstevoli  ra- 
pine ;  ninno  individuo  di  quelle  nomadi  popolazioni  si  astiene  da 
agguati  per  impossessarsi  de'  fanciulli  altrui ,  non  escluse  le  pro- 
prie mogli  e  figlie  ,  per  venderli  agli  stranieri  ;    spesso  immer- 

(8)  Gli  schclelri  umani  ben  conservati  con  oggetti  in  mano,  rinvenuti 
nei  celiai  di  Pompei ,  ascendono  a  ventisette  circa  ,  ed  un  solo  ne  fu  sca. 
vate  intatto  in  Ercolano  nella  cosi  detta  abitazione  dello  scheletro  (  jVap.  e 
sue  vicin.  Nap.  i845  ,  II  490  Anche  1'  ossame  degli  animali  domestici 
(cane,  asino  ,  cavallo,  colombo)  vedesi  là  in  buonissimo  stato:  di  tutti  niu- 
no  ragguaglio  notomico  fu  mai  dato ,  anzi  non  rimane  più  alcuna  memoria. 
Le  ossa  pompeiane  in  esame  sono  quelle  di  recente  scavamento  ;  uè  sarà 
trascurata  la  consecutiva  disamina  notomica  per  altre ,  che  si  riceveranno' 
mercè  gli  scavi  ulteriori. 


(  36o  ) 
gcndosi  in  sanguinosi  comballiraeiili  per  si  infame  guadagno.  Sa- 
varesi  (i)  aggiugne  ,  qualmente  detto  commercio  ,  anche    a   dì 
nostri  sostenuto  dalla  miseria  e  da'  vizi  ,  seco  trascini  ulteriori  ne- 
fandezze di  fisico  e  morale  degradamento. 

I  teschi  degli  schiavi  pompeiani  hanno  qualche  approssima- 
zione con  que'  de'  popoli  intertropicali  ,  razza  media  fra  il  tipo 
arabo  e  1  nero  ,  la  più  barbara  e  feroce  nel  genere  umano.  A 
detta  genia,  ed  alla  nostra  nella  proporzione  di  3:  io  apparten- 
gono i  crani  diseppelliti  a  Pompei.  Le  forme  tipiche  loro  ,  e 
molto  pili  della  coppia  di  Pelasgi  venuti  a  stabilire  dimora  sulle 
rive  del  Sarno,  chiamati  Barrasti  o  Teleboi  (2) ,  e  trovata  entro  due 
antichi  sepolcri  delle  adiacenti  campagne  bagnate  dal  fiume  Sar- 
no ,  esaminate  secondo  l'angolo  Camperiano ,  la  norma  verticale 
di  Blumenbach  ,  la  misura  basica  cranica  di  Owen  colla  relati- 
va posizione  del  foro  occipitale  indicata  dal  Daubenton  ,  piena- 
mente lo  palesano.  Però  ne'  teschi  caucasici  pompeiani  veggo 
maggiore  ampiezza  dell'  anzidetto  forame  relativamente  alla  ca- 
pacità cranica,  e  la  sua  prossimità  lunghesso  la  linea  basila- 
re mediana  più  alla  spina  nasale  posteriore,  che  alla  gobba  oc- 
cipitale. In  tutti  ho  ravvisato  assai  prolungata  ed  espasa  la  la- 
mina presso  r  apofisi  stiloidea  dell'  osso  temporale ,  senza  tener 
conto  di  altre  particolarità  intorno  a'  forami  della  base  del  cra- 
nio,  ed  alla  fossa  temporale.  Né  vi  discorda  la  capacità  diversa 
accennata  dal  Van  der  Hoeven  tra  le  anzidette  due  varietà  di. 
crani  spettanti  a  bambini  ,  ragazzi ,  giovani ,  adulti  ,  vecchi  , 
decrepiti  rinvenuti  nella  Pompei. 

Nel  maggior  numero  de  teschi  si  vede  1'  angolo  facciale 
Camperiano  come  è  richiesto  per  la  razza  Caucasica  ;  ma  è  des- 
so frequentemente  coutrastalo  dalla  gobba  occipitale  della  Etiopica 

(1)  Mem.  ed  opuao.  Jtsìco-medic.  su  F  Egitto.  Nap.  1808,  p.  85. 

(2)  Nanula  Eienc,  degli  ogg.  di  Anat.  umana  eco/n/>.Niip.i834,  n.  9. 


(  36i  ) 
con  somma  prominenza  della  sua  eresia.  Sono  questi  due  contrad- 
dillorii  carallcri ,  cioè  il  primo  è  intrinseco  connaturale;  o'i  se- 
condo parmi  acquisito  eccezionale,  Torsi  pel  genere  di  vita  opu- 
lenta ,  oziosa  ,  inchinevole  alla  libidine ,  favorita  pure  da  quel 
delizioso  sito  a  diporto.  E  puranche  notevole  il  toscliio  di  un 
uomo  adulto  di  forma  greca  ,  di  varii  giovinetti  a  perfetta  figu- 
ra globosa  come  quello  de' turchi  (i),  oppure  degli  antichi  po- 
poli del  Genuesato  (2).  Ne'  crani  meglio  conservali  un  Callista 
in  generale  ravvisa  lo  eccessivo  sviluppo  degli  organi  deputali 
alla  fìsica  sensazione  voluttuosa  od  amativilà,  alla  fìlogenitura  , 
alla  memoria,  alla  circospezione,  alla  fermezza  di  carattere ,  al- 
l' istinto  della  propria  conservazione  e  difesa  ,  alla  vanità  ,  alla 
venerazione. 

Se  non  che  più  di  un  teschio  de'succennati  schiavi,  a  cau- 
sa della  peculiare  prolungazione  antero-posteriore  ,  ha  rassomi- 
glianza con  quello  di  cabile  n.  i5  0  meglio  coli' altro  n.  18  (3) 
del  contiguo  scaffale  II.  di  detto  Museo,  assegnato  per  gli  mez- 
zibusti in  cera,  ed  i  cranii  naturali  delle  principali  varietà  delle 
tre  razze  umane:  teschio  pervenutomi  dall'America  meridionale 
discoverto  da  Penlland  dentro  antiche  tombe  peruviane  presso  il 
lago  di  Titicaca  ,  destinate  a'  soli  capi  di  quelle  rozze  tribù. 
Costumanza  ,  che  io  non  trovo  nuova  ,  come   generalmente   cre- 


(1)  Cah-aria  fere  globosa  :  oceipi/io  sci',  vìr  itilo  ,  eiim  foramcn 
maijfniim  jicnc  ad  exlretmnn  bascos  cranii  posinim  sii.  Frons  lalior.  Gla- 
bella promiiiens.  BlunioiilKifli  Dee.  I   i5  ,  tab.  TIF. 

(2)  Gcnitcnsem  namque  ,  et  matjis  ad/ine  Graecarum  ci  T arcar um 
capila  globi  fere  imaginem  erpriimiìil,  ad  Itane  quoque  obslctrieibus  non 
numquam  magna  malrum  soliciludinc  opem  ferenlibus.  Vcsalii  De  huin . 
corp.  fabr.  Veii.  i6o|,  p.  14..  In  Coslanlinopoli  lo  niammaiic  dimandano 
quale  forma  si  brami  dare  al  capo  del  neonato  .  e  le  asiatiche  prclerisconu 
di  cingerne  con  fasce  la  fronte  e  I"  occij)ile. 

(3)  Prichard  Ilist.  nat.  de  l'  hom.  Par.   i84.3  ,  lì   'T  ■  fn    ^^ 

46 


(  362  ) 
desi  ,  nò  oltrepassante  il  XTV  secolo  ossia  circa  dugenlo  an" 
ni  prima  della  scoverta  dell'America,  e  neppure  là  esclusiva; 
giacché  la  leggo  accennata  da  Ippocrate  dieci  secoli  innanzi 
ne' primi  abitatori  della  parte  orientale  della  Crimea.  I  quali  ri- 
ponevano un'  idea  di  sapienza  ,  e  di  animo  generoso  ,  da  mani- 
festarsi in  seguito  dell'  arteflciale  allungamento  del  capo  de'  fan- 
ciulli. 

Ne'  mausolei  di  siffalle  colonie  greche  sono  stati  recente- 
mente scavati  (i)  i  crani  de'  macrocefali  di  quel  grande  os- 
servatore ,  denominati  cosi  non  per  ampiezza  periferica ,  sicco- 
me la  voce  Ippocratica  sembra  a  prima  giunta  dinotare  ;  ma  in 
riguardo  all' antero-posteriore  prolungamento  della  loro  testa  (2), 
ed  assai  diversi  da'  macrocefali  asiatici  del  Blumenbach  (3),  che 
presentano  il  cranio  conico  ed  alquanto  verticale.  Qualora  si  consi- 
deri la  descrizione  della  pratica  per  riuscirvi  seguita  in  America, 
e  quella  trasmessaci  dal  Vecchio  di  Coo,  rimanesi  al  certo  esitante 
a  quale  delle  due  si  dovesse  dare  la  primazia:  tale,  e  tanta  ne  è  la 
uniformità.  Ippocrate  aggiunse  ,    eh'  essa  ,  come    alcune   conge- 


(r)  RalhliG  Ardi,  fur  anat.  physiol.  Beri.   184.I)  ,  II  1^2. 

(2)  Mihi  dìcendum  est ,  imprimìsque  de  macrocephalis ,  cum  ex  his 
nulla  alta  gens  capila  similia  habeal.  Ac  initio  quìdcin  hominum  in- 
stiiulum  loìigiludinis  capilis  caiissa  Juisse  videlur.  Nane  vero  natura  e- 
liam  ad  ùistitutum  aecedil.  Lonyissima  enim  habentes  capila  generosissi- 
mo s  exislimanl.  Hitiusmodi  aulem  est  inslilutum.  Cum  primum  edilus  est 
infaris,  capilis  eitts  adirne  tenellum  et  vmlle  manibus  cjjingunt ,  et  in  lon- 
gitudinem  adolescere  eogunt ,  vinculis  el  idoneis  arlibus  adhibilis  ,  qui- 
bus  capiitilis  rotundilas  vitietur  et  longìlitdo  augealirr .  Hoc  insiituticm  pri- 
mum huiusmodi  naturae  dedit  inilium.  Siineessu  vero  t&mporis  in  nalu- 
ram  ahiil,  ut  proinde  instituto  nil  amplius  opus  esset.  Op.  omn.  eur. 
Kuhn.  Lips.    1825  ,  I  55o. 

(3)  Asiatae  macrocephali  :  vertex  imprimis  valde  elatus ,  compressus 
carinattts.  .  .  occipitium  declive  ,  elongatum.  Misit  Aschiiis  et  probahi- 
liter  Tutlarici.  Dee.  I  17,  tab.  III. 


(  363  ) 
nite  (lifibrmità  ,  senza  ulteriore  artcfizio  ,    sia  poscia  trasraisibi- 
Ic  coli'  alto  fecondativo  ,  derivando  il  liquido   seminale  da    tutte 
le  parti  del  corpo  sane  ed  alterate.    Costume  ,    checché  ne  scri- 
va il  D' Orbigny  (i)  ,    contrario    a' fondamentali    principii    della 
scuola  di  Gali,  perchè  impedisce  il  regolare  sviluppo,   e  la  na- 
turale direzione  di  quella  parte  del  cervello,  addetta  all'esercizio 
delle  intellettuali  facoltà,  come  succede  negl'idioti;  e  viene  an- 
cora dimostrato  dagli  attuali  popoli  intertropicali  aventino  la  for- 
ma della  cai  varia  analoga  a  quella  degli  schiavi  pompeiani,  e  del- 
le quali  tutte  particolarità  sarà  in  seguito  minutamente  discorso. 
In  quadruplice  stato  di  conservazione  rimarcansi  le  ossa  pom- 
peiane :    i)  alcune,  che  ne  compongono  la  massima  parte,  com- 
pariscono   di  avere  sofferto    tutt'  i  danni    di  quella  tremenda  ca- 
tastrofe ,     indi   pe'  successivi  alluvioni  ridotte    ad  una  specie    di 
pappa  ossea  nel  tavolalo  interiore    più  dell'  esterno  ,    oppure   in 
amendue    con    la   entroposta    diploide  :     2)  certe   sotto    le  mine 
e  fra'  rottami    delle     fabbriche    crollale    hanno    alquanto   resisti- 
to  all'  interro    peli'  enunciato    soqquadro  ,     ma  cadute    a  contat- 
to   di  statue  ,    o    di  utensili  di   bronzo  ,  per  il  continuato  umido 
della  terra  e  lo  stillicidio  delle  acque,  in  più  punti  ne  sono  poi 
rimaste  macchiate  (2)  e  direi  arrugiuile,  vedendosene  una  fibo- 
la  tutta  inverdita  compatta  e  ponderosa  come  se  fosse   di   bron- 
zo ;  qualcuno  degli   ossi  iliaci  osservasi  fesso  e  compresso    nella 
metà    inciampata    sotto   il    peso  ,    e   nel  paretaio   di    un    cranio 
tuttavia  apparisce  la  fovea  prodotta  dal  corpo  ferreo  sferico,  che 
presso  il  margine  temporale    lo  spaccò  ,    n  cntropresse   porzione 
verso    il  cervello,  e    macchiatone    il   tavolalo   interno   con    tinta 
giallo-scura  diversa  dal  resto  di    esso  teschio  :  5)  altre  ,    essen- 


(lì  Prichard  IIisl.  nat.  II  190. 

(2)  Socmmciiing  arca  anche  trovato    ne'  sepolcri    le  ossa  intcrarnenlc 
verdi  a  causa  del  rame  ,  che  le  slava  vicino. 


(  364  ) 
do  di  più  scarso  numero  ,  presentano  marcata  integrità  ,  qua- 
siché col  macero  da  pochi  anni  fossero  rimaste  spolpate  delle 
molli  loro  parti,  vieppiù  quelle  di  bue  e  di  cavallo:  4')  tra  gli 
anzidetti  sessanta  crani  e  venti  altri  vistine  nel  cadente  anno  i833, 
uno  solamente  ne  ho  rinvenuto  invaso  dalla  cenere  vesuviana  in- 
focata ;  quindi  reso  higio,  esternamente  incrostato  di  minuto  la- 
pillo, sfoglioso  nel  solo  tavolato  interno,  pesante^  compatto^  so- 
noro, fragile  come  vetro,  a  frattura  netta,  poco  diverso  da  una 
scoria  silicea  di  quell"  ignovomo  monte  ;  ed  è  meraviglioso  osser- 
vare come  il  calorico  ne  abbia  egualmente  penetrato  la  compa- 
ge,  rimanendo  intera  la  diploica  tessitura,  il  martello,  la  staf- 
fa con  fossetto  orbicolare,  sfoglioso  e  soltanto  annerito  lo  smal- 
to de'  denti  più  della  loro  sostanza ,  vedendosene  bigio  il  cemen- 
to e  lo  interno  cavo  dell'  osso  dentario.  Più  di  un  teschio  di  uo- 
mo assai  ben  conservato ,  solamente  nel  sito  di  contatto  col  suo- 
lo vedesi  sfondato,  e  ne'  margini  calcinato  roso  sgretolato  :  mol- 
ti altri  analoghi  esempi  ne  ho  osservato  negli  omeri  ,  ne"  femo- 
ri ,  nelle  ulne  e  tibie  ,  avendo  un'  estremità  ben  conservata  e 
r  altra  calcinata  ;  oppure  in  ciascuno  di  questi  ossi  vedendosi 
successivamente  riunite  le  tre  indicate  qualità  di  conservazione  , 
relative  alla  diversa  loro  compattezza  come  sono  gli  ossi  lunghi 
in  paragone  de'  larghi ,  non  che  alla  graduata  loro  permanenza 
a  contatto  della  terra  e  dell'  acqua. 

Sono  essi  gli  ossi ,  primo  ciliudrici  degli  arti  e  specialmente 
i  femori  nelle  articolari  estremità  spalmate  pure  di  tenue  untu- 
me ,  poi  que'  della  pelvi  ,  indi  certuni  della  calvaria;  mostrando 
essi  sempre  bastante  compacità,  come  se  avessero  schivato  i  di- 
ciotto secoli  di  atterramento:  tali  sono  quelle  ricamate  da  un  esi- 
le 0  capei  lare  lavoro  dendriforme  ed  intrigato  di  una  pianta  l'orsi 
crittogama  dapprima  biancastra ,  indi  giallo-fosca  (  osteo-epifito 
pompeiano  ) ,  che  minutamente  ricama  la  superficie  di  siffatte 
ossa;  certo  indizio  di  essersi  trovate  in    siti   asciutti,   non    mai 


(  365  ) 
interriate  ed  anco  preservate  dall'  accesso  dell'  aria  come  entro 
le  tombe,  i  cenotafi ,  le  cantine.  Attesoché  l'azione  prolnngata 
dell'  aria  e  dell'  umido  toglie  alle  ossa  la  materia  organica  ,  e 
lascia  un  residuo  calcare.  Nel  lavarsi  le  sopraddette  ossa  io  av- 
vertiva la  medesima  sensazione  miasmatica  esalala  da  un  fondo 
melmoso,  quando  sia  colpito  dal  cocente  raggio  del  sollione ,  a 
causa  dell'  acqua  limosa  infeltrata  nelle  maglie  del  più  ascoso 
parenchima  osseo. 

Segatene  alcune  ben  conservate  per  lungo  o  traverso  fanno 
tutt' ora  sentire  quel  lezzo  di  gelatina  del  loro  stato  recente,  oppure 
esposte  alla  fiamma  spargono  il  consapulo  puzzo  empireumatico , 
richiesta  a  mantenere  congUitinatc  le  molecole  di  fosfato  calca- 
reo,  e  la  interna  massa  reticolato-diploica  con  lo  inestrigabile 
intreccio  di  fibre  e  laminette  ,  avendo  resistito  durante  tanti  se- 
coli alle  distruttrici  ingiurie  degli  agenti  esterni  (i).  Una  chiara 
dimostrazione  ne  porgono  i  delicati  ossi  del  capo  ,  cioè  martel- 
lo ,  incudine,  lenticolare  sembrandone  epifisi  (2),  staffa,  unguis, 
turbinati,  vomere,  etmoide,  palatini;  e  quei  de'  carpi  0  tarsi ,  dello 
sterno,  della  rotola.  In  tuff  i  crani  l'antro  d' Higraoro  apparisce 
assai  ampio,  e  con  fievolissime  pareti;  in  altri  il  tavolato  esterno  , 


(i)  Ecco  il  rlassiinlo  do'  difTercnziali  caratteri  fisici  del  miniino,  medio 
e  massimo  grado  di  conservazione  del  pompeiano  ossame^  cioè  con  super- 
ficie :  1)  graiioso-polvcrolonla  biancastra  ,  leggiero  friabile  efflorescente  al- 
l' aria,  tavolali  e  diploide  confusi  e  ridotti  in  arida  pappa  calcif'orme  di  ac- 
cresciuta crassezza;  2)  rugosa  giallo-castagno  ,  poco  compatto  pesante  e  co- 
spersa talvolta  da  palina  untuosa,  frattura  nella  gcssacea  appena  fibrosa  : 
3)  levigala  gialliccia  lucida,  compatto  pesante,  frattura  dilTicilc  fii)ro-squa- 
mosa  ,  integrità  di  tavolati  e  diploide,  lezzo  di  gelatina  nel  segarsi  od  em- 
pireumatico alla  fiainma. 

(2)  Dello  ossicino  non  disunito  dalla  stessa  fu  rinvenulo  da  Cotugno  in 
un  feto  trimestre,  cui  os  lenliculare  tenacissime  end  adiialum.  0/>.  posl/i- 
Neap.  i832  ,  III  193  :  tale  si  è  pure  conservalo  in  tulle  le  incudini,  ed  an- 
che in  «juelia  del  teschio  dalia  infuocata  lava  vesuviana  ridotto  siliceo. 


(  366  ) 
specialmenlc  delle  ossa  frontale  e  paretai! ,  a  causa  della  gelati- 
na e  de'  sali  terrei  perduti,  risolvesi  sino  a  cinque  strati  sfo- 
gliosi, mirabilmente  prestandosi  alle  microscopiche  osservazioni, 
onde  studiarne  la  primordiale  orditura,  e  niente  diversa  da  quel- 
la ravvisata  nelle  ossa  recenti. 

Anche  Troja  (i)  nelle  sfoglie  ossee  di  feto,  di  uomo  adul- 
to, di  vecchio,  di  decrepito  centinario  ,  e  di  teschi  umani  al- 
terati da  qualche  secolo,  facendo  tesoro  delle  mirabili  ricerche 
de  Malpighi  e  Gagliardi ,  indebitamente  oppugnate  dallo  Scarpa, 
mercè  acido  nitrico  allungato  e  alcali  riduceva  i  pezzetti  della  cai- 
varia  a  guisa  di  cartone  svolgentisi  in  molle  lamine,  squame  o 
fogli  concentrici.  Né  quegli  arrestossi  a'  predicati  fascetti  fibrosi 
di  primo  e  secondo  ordine  ;  ma  passò  a  disaminare  le  fìbrelline 
elementari  ,  maggiormente  notevoli  negli  uditorii  ossetti  de' feti, 
col  microscopio  in  tutti  rilevando  atomi  oscuri  e  tubetti  capel- 
lari,  equivalenti  a' canaletti  calicofori ,  a' corpuscoli  ossei  de' mo- 
derni anatomici.  Cosicché  meglio  di  Leeuwenhoek  ,  e  prima  di 
MuUer  (2),  disvelava  alquanto  la  intima  struttura  delle  ossa  umane 
con  i  lumi  della  microscopia,  della  chimica,  della  fisiologia  spe- 
rimentale ,  della  patologia  umana  e  comparata ,  quando  i  Dotti 
di  Europa  tacevano  su  queste  pratiche  reputate  oggidì  certe  e 
definitive. 

L'ultima  analisi  chimica,  per  tacerne  qualche  altra  precedente  di 
ninna  0  pochissima  importanza,  dell'ossame  pompeiano  pubblicata 
da  Liebig  non  ha  pienamente  soddisfatto  a  tutl'i  cultori  della  scien- 
za ;   siccome    affermò    Lehmann   neir  osservare   la    triplice    qua- 


(i)  ({  Colesti  fatti  ci  obbligano  a  confessare,  che  spesso  è  utile  il  torce- 
re indietro  il  cammino,  ed  abbracciare  le  cose  già  dette  ed  osservate  prima 
di  noi  :).  Ossero,  su  le  ossa.  Nap.  i8i4,  p.  Sg. —  Medici  De  oss.struet. 
specim.  BoDon.   1882 ^y. 

(2)  De  canalic.  corptiseol.  oss.  in  Miescher  De  injlam.  oss.  Berol. 
i83G,  p.  2CI-181  ,  iaù.  IV. 


(  367  ) 
lità  di  sifialte  ossa  raccolte  nel  Museo  nolomico.  Qui  ne  ho  inva- 
no distribuito  copiosi  saggi  ,  perchè  fossi  secondalo  in  sì  giusta 
esigenza  :  altri  simili  pezzi  ancor  numerosi ,  vieppiù  appartenenti 
all'  ossame  di  perfetta  conservazione  ;  non  mai  analizzato  e  che 
unicamente  riguarda  lo  scopo  mio  ,  ne  consegnai  al  medesimo 
Lehmann  tanto  rinomato  sulle  analisi  di  chimica  organica  fisio- 
logica e  patologica:  corre  il  secondo  anno  del  niuno  raggua- 
glio ricevutone  (i).  Dippiù  egli   è   d'  uopo   dichiarare  ,   che    le 

(i)  Mi  giunge  in  tempo  da  Lipsia  la  seguente  lettera  dei  professore 
Lelimann  de'  27  ottobre  i8o3. 

j  Oi'  ora  Ilo  finito  1'  analisi  delle  ossa  pompeiane  ,  e  ne  ho  eseguito 
tre  :  vi  ho  sempre  sottoposto  1'  os  femoris  per  poterle  paragonare  con  altra 
analisi  delle  ossa  ,  poiché  la  composizione  delle  medesime  nello  stosso  uo- 
mo è  mollo  diversa  ,  e  non  possono  servire  alla  comparazione  ,  che  le  os- 
sa dello  slesso  nome.  Il  risuUamenfo  di  queste  tre  analisi  dell'  os  femoris 
pompeiano  è  il  seguente  :  Acqua  8,  80  ;  sostanza  organica  (glutine  )2d,  i8; 
carbonato  di  calce  9,  44-  ;  fosfato  di  calce  (  3  Ca  0  -{-  Po  5  )  52  ,  62  ;  fos- 
fato di  magnesia  (  2  M  g  0  -f-  P  0  5  )  Oj  54  ;  fluorato  di  calcio  (  Ca  FI  )  2,  85. 
Se  vogliamo  ignorare  1'  acqua  ,  essendo  molto  variabile  ,  perchè  diversifica 
collo  slato  igroscopico  dell'aria  atmosferica,  l'evento  dell'  analisi  è  questo: 
sostanza  organica  (  materia  cartilaginosa)  27,  79  ;  carbonato  di  calce  io,  4i; 
fosfato  di  calce  58,  06  ;  fosfato  di  magnesia  0,  60  ;  fluorato  di  calcio  3,  i\.  j 

ì  In  quanto  alla  sostanza  organica  la  quantità  nell'  os  femoris  pom- 
peianum  e  un  pochissimo  diminuita  ,  perchè  si  trova  nelle  ossa  femoris 
degli  uomini  moderni  (  di  2o-5o  anni  )  3i-35  per  cento  parti  organiche. 
Ma  debbo  notare  le  ossa  femoris  esaminate  da  me  erano  come  fresche  , 
non  mostravano  vestigio  di  calcinazione  ,  contro  a  che  molle  altre  ossa,  le 
quali  mi  avete  dato  ,  sembrano  come  calcinate.  Mi  pareva  prima  di  tutto 
più  importante  di  esaminare ,  se  le  ossa  degli  antichi  sieno  generalmente 
differenti  dalle  ossa  de'  nostri  contemporanei.  Oltre  ciò  le  ossa  pompeiane 
sono  in  diversissimo  grado  di  conservazione  ;  perchè  bisogna  una  ricerca 
particolare  per  lo  scopo  di  un  esame  del  processo  di  calcinazione  ,  il  qua- 
le eseguirò  tosto  che  sia  possibile,   a 

3  La  proporzione  del  carbonaio  di  calce  non  si  allontana  mollo  dalia 
(juantità  contenuta  nelle  ossa  moderne.  Lo  stesso  vale  pel  fosialo  di  calce. 


(  36S  ) 
diverse  alterazioni  notate  uell'  ossame  in  parola  indurrebbero 
a  credere  ,  che  Pompei  fosse  stata  subissala  piuttosto  da  alluvio- 
ne (i) ,  che  dalla  pioggia  di  lapillo  e  di  cenere  infuocati,  l'uno 
disceso  e  gli  altri  eruttati  dal  sovrastante  Vesuvio.  Io  però  non 
ho  animo  e  lena  da  immergermi  in  così  astruso  ed  oscuro  ar- 
gomento, peraltro  di  mera  curiosità  o  di  futile  importanza:  so- 
lo di  certo  vi  noto  la  perdita  fatta,  ora  più  che  mai  vivamente 
sentita  ne' nostri  crocchi  sociali,  di  Saverio  Macri,  Carmine  Lippi, 


(icrcliè  se  no  trova  nelle  ossa  fetnoris  moderne  in  circa  55  fino  a  63  per 
cento.  La  proporzione  del  fosfato  di  magnesia  e  inferiore  alla  quantità  del- 
la slessa  materia,  rilevata  nelle  ossa  moderne  ;  ma  questa  differenza  non  è 
i)è  considerabile  nò  importante  La  cosa  più  memorabile  è  la  quantità  dei 
fluerolo  di  calcio  ,  assai  superante  la  proporzione  contenuta  nelle  ossa  mo- 
derne. Già  Liebig  ha  notato  questa  sorpreudente  circostanza ,  ma  [non  ne 
ha  tentalo  una  spiegazione,   j 

»  Ordinariamente  se  ne  e  trovalo  nelle  ossa  moderne  non  più  che  una 
|)arto  per  cenlo  ,  recentemente  anche  due  parti  per  conto  sono  state  rinve- 
nuto ,  ed  è  possibile  che  pel  metodo  meno  esatto  si  è  ottenuto  pochissimo 
fluoralo  di  calcio;  non  di  meno  la  quantità  da  me  trovala  è  tanta,  che  il 
migliore  metodo  di  analisi  da  me  eseguito  non  possa  essere  la  causa  del- 
ta maggiore  quantità  ottenuta.  A  me  non  pare  probabile ,  che  della  mate- 
ria sia  penetrata  nelle  ossa  da  fuori  ,  ci  è  della  cenere  volcanica.  Frattan- 
to r  analisi  delle  ossa  calcinate  condurrà  ad  un  giudizio  più  sicuro.  Sem- 
bra per  ora,  che  il  villo  degli  antichi  potrà  servire  alla  spiegazione  di  que- 
sto importante  argomento.  Appena  finita  l'analisi  delle  ossa  calcinate  non 
mancherò  di  comunicarvela.  —  Doli.  Lehmann.    » 

(i)  2)  I  i8  scheletri,  ritrovati  nella  cantina  (n.  3),  seppelliti  nella  terra 
vegetabile  ,  fan  vedere  che  la  gente  di  quella  casa  andò  a  rifugiarsi  nella 
cantina  nel  lem])o  dciraljuvione.  L'impressione  del  seno  muliebre  (zinne  lat- 
tanti!) trovala  sulla  terra  vegelabilo,  che  riempiva  la  cantina  deve  convincerci, 
che  le  acque  soggiornarono  nella  cantina  ,  allorché  la  gente  di  quella  casa 
vi  restò  annegala.  In  falli  senza  dell'acqua,  dalla  quale  fu  resa  molle  la 
terra,  non  jiotca  formarsi  la  impressione  suddetta  ».  Lippi  Due  leti,  fu  il 
fuoco  0  r  acqua  che  soiierrò  Pomp.  ed  Ercol ,  seguite  dalle  Scritl.  prò 
e  contro.   Nap.   i8i6  7?y.,  p.  SSy. 


I 


(369  ) 
Malico  Tondi ,  Teodoro  Monticelli ,  Vito  Piscicelli ,  Matteo  Caldi; 
i  quali  avanti  la  Reale  Accademia  delle  scienze  ,  dal  peculiare 
incarico  loro  commesso ,  con  verbali  discussioni  e  colla  stampa 
presero  attivissima  parte  nella  dilTicile  quistione  ,  cioè  :  se  la 
distruzione  di  Ercolano,  e  Pompei  fosse  accaduta  per  via  secca 
od  umida.  Però  tra  tanta  perizia  in  sì  speciali  dottrine  ,  essa 
neppure  rimase  tra  loro  definitivamente  assodata  ,  come  neanco 
la  è  tuttora,  sebbene  in  vista  del  tescbio  invaso  dalla  cenere  in- 
focata potrebbesi  ancor  dire  di  essere  divenuta  sì  per  1'  una  co- 
me per  I'  altra  ,  ossia  fu  pria  il  fuoco  poi  1'  acqua ,  che  subis- 
sarono quelle  due  romane  città  ;  ma  ciò  è  affatto  estraneo  al 
mio  subbietto. 

§   II.    OSTEO-PATOLOGIA. 

Serie  II.  innorraale  o  patologica. 

Scaffale  XVI  ^  Num.   i-6o. 

I  Greci  bruciavano  i  morti,  e  dentro  apposite  urne  recavano 
in  seno  della  patria  le  ceneri  de'  loro  parenti  trapassati  in  terra 
straniera.  Solo  ne'  Templi  appendevansi  modelli  di  parti  altera- 
te da  guasti  organici  ,  e  secondo  Pausania  in  quello  di  Escula- 
pio  presso  Sparta  osservavansene  di  prodigiosa  grossezza.  Né  so- 
no fondate  le  asserzioni  degli  scrittori  circa  le  conoscenze  notorai- 
co-patologiche  d' Ippocrate  ;  poiché  a  que'  tempi  la  legge  Ateniese 
sul  sollecito  interramento  de'  cadaveri  umani  faceva  ricercare  la 
sede  e  la  cagione  de' morbi  ne' corpi  degli  animali ,  ne' quali  ne 
era  egli  istruito  da  Democrito.  I  re  della  Ptolemaica  dinastia  di- 
strussero questo  popolare  pregiudizio  col  permettere  a'  medici  le 
necrotomic.  Né  in  Galeno  od  in  Areico ,  che  scrissero  dopo  la 
distruzione  di  Ercolano  e  di  Pompei ,  e  molto  meno  nella  Scuo- 

•^7 


(  370  ) 
la  araba  ,  rinviensene    alcuna  soddisfacente  notizia.  Le  ricerche 
dunque  sulle  organiche  alterazioni  delle  ossa  umane  sono  frutto 
dello  studio  de' patologi  moderni,    specialmente   italiani    intorno 
alla  vera  genesi  della  neo-raorfosi. 

Walther  (i)  però  ha  dimostrato  ,  che  esse  sieno  tanto  an- 
tiche ,  quanto  il  regno  animale  ;  poiché  tra'  mammiferi  antidilu- 
viani abbia  rinvenuto  molti  lavorìi  morbosi  delle  ossa  contem- 
plabili anche  oggidì.  L'orso  delle  caverne,  specie  già  perduta, 
ne  porge  irrefragabile  contestazione.  Egli  vi  distinse  la  necrosi 
dell'  omero  destro  ,  1'  anchilosi  delle  vertebre  ,  la  carie  della 
mascella  inferiore  e  dell'  ultima  vertebra  lombare ,  1'  osteopsati- 
rosi  del  raggio  e  di  una  vertebra  cervicale  ,  uno  strato  lamino- 
so della  mandibola  inferiore.  Quali  trasformazioni  mancavano  di 
pruova  per  la  specie  nostra,  e  soltanto  in  Galeno  (2)  si  accenna  la 
protuberanza  delle  ossa  colla  voce  di  esostosi ,  la  quale  da  Boer- 
haave  cominciò  a  ricevere  scolastica  distinzione.  L'  antropo-pa- 
tologia non  aveva  una  dimostrazione  di  fatto  come  la  Walthe- 
riana  pel  solo  orso  speleo  ,  mammale  scomparso  dalla  faccia 
del  globo  terraqueo  ;  ed  ora  è  dessa  pienamente  somministrata 
dalle  ossa  umane  pompeiane. 

Num.   i-io  Ipertrofia  e  compattezza  cranièa. 

Rimonta  al  1572  il  primo  esempio  di  aumentata  crassez- 
za della  volta  del  teschio  umano ,  e  riguarda  quello  di  un  moro 
estinto  nella  guerra  di  Harlem  conservalo  nel  Teatro  notomico 
di  Olanda,  e  descritto  dal  Paw  (3).  Altre  simili  osservazioni  ne 

(i)  Lobstein  Anat.  Palhot.  Par.  i833  ,11    5r. 

(2)  Aliqui  vero  quae  in  temporibus  sttnt  ossene  eminentiae  sic  va- 
eant  (  salyriasmon).  In  aliis  parlibus  quoque  tales  ossium  fiunt  eminen- 
tiae: easque  vocant  exostoses-  Clas.Wh  De  tum.  praet.  nat.  Yen.  i54i- 

(3)  Primit.  anatom.  Lugd.-Bafav.  i6i5,  p.  et  fig.  28. 


(  ^v  ) 

raccolsero  Albino  (i),  Sandifort  (2),  Andrai  (3),  Delle  Ghiaie  (4.), 
Vcnzel  Gruber  (3).  La  spessezza  delle  ossa  frontale,  parietali  , 
occipitale,  nasali,  vomere  disotterrate  a  Pompei  è  olire  sei  li- 
nee. Quale  alterazione  manifestasi  solto  duplice  aspetto,  dinami- 
co cioè  o  chimico:  con  parlicolaritcà  che  la  sola  diploide  accre- 
scesi  ad  aree  equabilmente  più  strette ,  scemandosene  0  scom- 
parendovi i  due  tavolati  ,  che  in  essa  convertonsi  nell'  osso  vo- 
mero  ;  oppure  evvi  semplice  successiva  apposizione  di  sali  inor- 
ganici. Nella  massima  parte  i  crani  pompeiani  erano  affetti  da 
ipertrofia  degli  ossi  frontale  paretali  occipitale.  In  uno  di  essi 
è  notevole  V  infossamento  obliquo  forsi  per  colpo  di  bastone  ri- 
cevuto su  la  gobba  frontale  destra  ,  essendone  derivata  la  iper- 
trofia di  tali  pertinenze ,  delle  ossa  nasali  e  del  margine  supe- 
riore del  vomere.  Il  deposito  della  terra  calcare  vi  è  quasi  sempre 
succeduto  da  parte  della  dura  madre  sul  tavolato  interno,  e  non  mai 
dal  pericranio  sull'esterno.  L'arteria  meningea  media  e  sue  ra- 
mificazioni non  ne  sono  rimaste  fabbricate  dalle  successive  ap- 
posizioni di  fosfato  calcareo;  e  ciò  pel  provvido  voto  conserva- 
tore della  natura  ,  forsi  per  la  diastolica  repulsione  effettuata 
dalle  pareli  arteriose  sulle  calcari  molecole,  da  lasciarvi  impressi 
profondi  canali  senza  restarne  quelle  occultate.  In  certi  crani 
affetti  da  compattezza  più  ne'duplici  loro  tavolati,  che  nella  in- 
termedia diploide  ,  ho  scorto  di  quadrupla  dimensione  i  forami 
addetti  al  passaggio  de'  vasi  nutritizi ,  e  la  ordinaria  tessitura 
ossea  non  più  vi  si  discerne,  osservandosi  invece  omogeneità  e 
significante  pesantezza. 


(i)  Ind.  snppl.  Anal.  Rauianae  4- 

(2)  Exercit.  aeadem.  Lugd.-Batav.   1783,  II  3o,  tab.  IH  i-3. 

(3)  Miis.  Dupmjlren.  Par.    1842,  II  5i6,  pi.  XVI  1-4.. 

(4)  Disseriaz.  anaiom.-palolog.  Nap.   i834,  p.  36. 

(5)  Beitr.  z.  anat.  phys.  chir.  Prag.  1847  ,  pi    I 


(  372  ) 

Num.    II   e  12,   i3-i4-  Esostosi  con  spessezza  ed  incompleta 
atresia  del  condotto  uditorio  interno. 

Il  restringimento,  o  Ica  totale  chiusura  del  canale  in  esame, 
sconosciuta  a' medici  greci  latini  arabi,  è  soltanto  accennata  nel- 
la prima  metà  di  questo  secolo.  Hard  (i)  confessa  di  non  averne 
mai  osservato  l'  osseo  gonfiamento ,  rarissimo  per  la  estrema  du- 
rezza; Stevenson  riferisce  due  casi  di  esostosi  da  oppilarlo,  secon- 
do Autenreith  essendosi  ristretto  ad  una  linea  per  la  causa  istessa. 
Amendue  i  condotti  uditori  del  medesimo  cranio  pompeiano  pre- 
sentano quattro  tubercoli  ineguali  da  rimanervi  due  piccole  rime  in 
ciascuno,  appena  valevoli  al  passaggio  di  poche  onde  foniche.  Il  de- 
posito della  pesante  ferra  calcarea  è  avvenuto  in  copia  maggiore  nel- 
r  osso  temporale  sinistro  ,  che  nel  destro.  La  cassa  del  timpano 
ne  è  restata  immune  come   i   suoi   ossetti   martello  ,    incudine  , 
lenticolare.  Niuna  traccia  della  staffa  rinvenni  a  destra,  e  postavi 
ogni  diligenza  nel  frangere  e  raschiare  1'  osso  del  cavo  timpanico 
di  sinistra ,  neppure  ve  la  trovai  :  era  stata  forsi  fabbricata  dal- 
l' apposizione  delle  molecole  calcari ,  di  che  erano  zeppe  le  cel- 
lette mastoidee:  tantoppiìi  che  essa  neanche  avrebbe  potuto  uscire 
dalla  rima  indicata.  L'  individuo  poi  era  certamente  rimasto  sordo. 
Ne'  condotti  acustici  di  varii  altri  crani  neppure  manca  qualche 
simigliante  tubercolo  osseo,  e  sempre  di  maggiore  compattezza 
di  detto  canale. 

Num.  i5-20.  Suture  ed  ossa  soprannumerarie  craniee. 

Tra  8o  calvarie  dalla  più  o  meno  perfetta  conservazione;  due 
sole  di  uomo  adulto  hanno  la  sutura  frontale  in  continuazione  della 


(i)  Malad.  de  roreill.  2.  ed.  Par.  i84z  ,  II  277  ,  283. 


(  SyS  ) 
sagiltale.  In  vari  teschi  non  di  vecchi  ,  ma  di  uomini  di  media 
età  di  amendue  le  razze,  vedesi  buona  porzione  o  tutte  le  suture 
obliterale.  La  prima  coppia  degli  ossi  suturali  (  sfeno-fronte-pareta- 
le)  è  bislunga  nella  interna  faccia  cranica;  la  seconda  (  occipito-pa- 
relale)  sta  in  ciascuno  lalo  dell'occipite  ;  il  terzo  unico  (parieto- 
parelale  )  è  incuneato  nella  sutura  sagittale.  Siffatto  ossicino  piìi 
delle  fratture,  rime,  suture  craniee  prominenti  (i),  od  anomale, 
siccome  gli  scrittori  concordemente  opinarono  ,  ha  quivi  stretta 
relazione  con  un  errore  confessato  da  Ippocrate  (2),  e  qual'esem- 
plo  di  candidezza  ricordato  da  Celso  (3).  In  Pompei  si  è  pure 
rinvenuto  lo  specillo  (4.)  a  que'  tempi  creduto  in  uso  per  siffatta 
lesione  violenta  come  esploratore  delle  succedute  rime  del  teschio. 

Num.  20-26.  Polimorjia  nasale. 

La  più  singolare  consiste  nella  unicità  dell' osso  nasale  slar- 
gato in  giù ,  dentellato  ,  curvo  verso  la  fossa  del  naso  ,  e  vi 
coincide  in  due  esempli  la  ipertrofia  del  vomero  e  degli  ossi 
turbinati  superiori.  Altri  feschi  presentano  le  due  ossa  nasali  0 
abbastanza  lunghe  con  angolo  mediano  rilevalo  (  n.  aquilino  )  , 
spesso  breve  e  depresso  negli  etiopi  ,  0  con  mediana  incisione 
semilunare,  oppure  rostrata. 


(i)  Infatuo  Neapoli  in  Nosochoinio  Incurahilium  cum  M.-A.  Seve- 
rino oòseivavimus  stituras  capitis  omnes  uno  quasi  clivo  exaltafas ,  ae 
toro  suùlimiore  prominenles.  In  tribus  pueris  epileplicis  ibidem  sulurae 
eoronales  muri  instar  extabant...  Ego  ossicula  suturae  lambdoideae  ita 
iumentia  vidi,  ut  digitis  singula  discernere  potuerim.  Barlholini  Histor. 
anat.  rar.  Hafn.   i654.,  ceni.  II  220. 

(2)  Delle  Ghiaie  Rassegna  intorno  alle  ossa  suturali  o  soprannumera- 
rie  del  cranio  umano,  per  averne  maggiore  e  specifica  conoscenza. 

(3)  Della  med.   a  cut.  di  Salv.  de  Renzi.  Nap.   i852  ,  Il  383. 

(4)  Specillo  elegantemente  cesellalo  ,  die  termina  in  forma  di  pic- 
cola paletta.  Vulpcs  Illustr.  Sa  ,  tac.  \\\  6. 


(  374  ) 
Num.   27.   Carie. 

Troia  definisce  la  carie  morte  incipiente,  e  la  necrosi  morte 
assoluta  delle  ossa.  Amendne  erano  cognite  a  Ippocrate ,  ed  a 
Celso  :  quella  solamente  era  frequente  a  Pompei  ,  e  non  mai 
quanto  oggidì  ,  sostenutavi  da  reumatico  e  scorbutico  vizio.  Poi- 
ché distrutte  le  gengive  e  1  periostio  ,  comincia  esso  a  rodere 
i  margini  alveolari  delle  mascelle  ,  traforando  talvolta  il  pavi- 
mento dell'antro  scoverto  da  Higmoro,  notomico  inglese  del  XVII 
secolo,  di  cui  ricorda  il  cognome.  Tra  gli  altri  esempi  di  carie  ne 
ho  sott'  occhio  una  stabilita  nella  mascella  superiore  destra  con 
triplici  orbicolari  forami  a  lembo  attenuato ,  i  due  primi  sfondati 
nel  sovrastante  antro,  e'I  terzo  nell'  esteriore  margine  di  detto  osso. 
(C  Ove  (scrisse  Celso  (i))  si  abbia  alcun  dubbio  se  l'uno  0  l'al- 
tro vizio  si  estenda  piìi  prontamente  ,  nella  carie  è  facile  assi- 
curarsene; giacché  s'  introduce  nel  foro  dell'  osso  un  sottile  spe- 
cillo (2)  ))  e  varie  forme  di  questo  strumento  sonosi  rattrovate 
in  Pompei. 

Num.  26-32.  Alterazioni  de'  denti. 

Gran  parte  delle  ossa  mascellari  offrono  i  deuti  con  un 
grado  di  conservazione ,  se  non  superiore  ,  almeno  eguale  a 
quello  de'  giorni  nostri.  Le  incrostazioni  tartarose ,  0  gli  odon- 
toliti, neppure  mancanvi;  e  resterebbe  solo  a  conoscersi  la  chimica 
composizione  del  suddetto  tufo  e  dell'artritico,  amendue  di  data  as- 
sai secolare.  Celso  ha  consecrato  un  lungo  capitolo  a'  mali  della 
bocca  curabili  con  l'opra  della  mano;  ed  indica  appropriate  tena- 


(i)  Della  med.  ir  ad.  cit.  879 . 

(2)  Vulpes  Hìusir.  25-29 ,  tav.  Ili  3-6. 


(  373  ) 
glie  a  svellere  l' inlcro  dente,  e  per  cavarne  la  radice  rimasta  infran- 
ta 0  tarlala  nell'alveolo,  appositamente  ricordando  la  rizagra  dei 
cerusici  greci  (i).  Sono  eziandio  dettate  con  somma  perizia  le  av- 
vertenze, onde  tirare  i  denti  o  le   lunghe  e  moltiplici  loro  radici 
dalla  spugnosità  delle  ossa  mascellari,  tuttoché  a'  tempi  suoi  non 
fosse  pienamente  conosciuta  la  fabbrica  di  tali  siti,  e  del  sovrappo- 
sto antro.  Parecchi  di  simiglianti  casi  nelle  ossa  Pompeiane  han- 
no il  pavimento  di  esso  sollevato  e  pertugiato  dalle  radici  allun- 
gale de'  denti  molari  superiori  ,  ed  estrattili  ne  risultavano   seri 
inconvenienti  temuti  ancora  oggidì;   (C  essendo,   al  dire  di  Celso, 
gran  pericolo  a  svellere  il  dente  fortemente  radicato  .  .  .   anche 
maggior  pericolo  pe' denti  della  mascella  supcriore,  perchè  può 
portare  la  concussione  delle  tempia  e  degli  occhi  j.  La  interna 
lamina  di  uno  dogli  antri  sollevasi  a  foggia  di  papilla  di  circa 
quattro  linee.   Celso  discorre  della  carie  o  tarlo  dentario  ,  della 
sua  specie  scorzante  ,    ed  esempli    vi  aggiungo   della  terebrante 
e  della  carbonosa ,  di  atrofia ,  di  necrosi  e  di  usura  o  consumo 
dello  smalto  solito  a  vedersi  ne'  denti  incisivi ,  canini   e  piccoli 
molari. 

Num.  34..  Frattura  traversale  del  corpo  delt  omero. 

Quanto  la  scuola  greca  e  la  romana  fossero  state  innanzi 
nelle  pratiche  cognizioni  sul  callo  e  sulle  fratture  del  braccio  , 
viene  dimostrato  dalle  opere  d' Ippocrate  e  di  Celso;  né  i  loro 
commentatori  hanno  trascurato  di  farci  conoscere  i  disegni  di  ap- 
positi apparecchi  macchinali  destinati  per  la  rottura  dell'  omero 
ricavati  in  Vido  Vidio  dal  Darcmberg(2).  Nel  quale  omero  di  gio- 

(i)  Celso  Della  med.  34. i • 

(2)  Litlrè  Oeiivr.    compi,    d  Ilippocr.  Par.  1S4.1  ,  III    44-5.  —  Celso 
Della  med.  II  SgS. 


(  376  ) 
vinetto  apparisce  la  succeduta  osteotilosi  con  somma  regolarità; 
i  punti  di  contatto  e  d'innesto  de' due  estremi  rotti  hanno  avuto 
luogo  nella  più  perfetta  direzione ,  senza  superstite  storpio  o  rile- 
vante disuguaglianza.  Tutto  chiaramente  contesta  a  qual  grado  di 
pratico  esercizio  erano  giunti  i  chirurghi  di  queir  era  su  le  violen- 
te lesioni.  L'  omero  pompeiano  pienamente  giustifica  la  esattezza 
del  metodo  operatorio,  non  che  la  felice  applicazione  e  riuscita 
di  appropriato  macchinismo. 

Num.  38-5o.  Nodosità,  smostosi ^  ipertrofia  artritica. 

Pompei  od  emporio ,  dopo  la  sua  distruzione  pel  trerauoto  dei 
5  febbraio  63,  divenuto  municipio  romano  ,  fu  il  ritiro  degl'Im- 
peradori ,  de' Consoli  ,  de' Pretori ,  de' Decurioni  ;  colonia  mili- 
tare di  emeriti,  e  di  veterani;  asilo  degli  esuli,  de'  rifuggiati^  e 
degli  schiavi  ;  diporto  de'  magnati ,  degli  uomini  di  lettere,  e  di 
Stato.  Cicerone  ,  Seneca  ,  Fedro ,  Sallustio  ricordano  di  avervi 
passato  i  più  bei  giorni  della  vita  ,  e  di  avere  eziandio  compo- 
ste alcune  opere  in  quelle  deliziose  loro  ville.  Erano  rinomate 
le  tenere  carni  del  tipico  bue  pompeiano;  il  suo  vino  succedaneo 
al  Falerno  ;  le  brassicbe  (i)  crespa  e  caulefiore  ,  la  cipolla  , 
r  appio  ,  il  cocomero ,  il  sio ,  che  tanto  facilitano  la  diuresi  , 
abbondevoli  si  in  que'  campi  fertilizzali  dalla  cenere  vesuvia- 
na ,  ed  irrigati  dalle  acque  del  Sarno  allora  navigabile ,  co- 
me dalla  contigua  palude  al  riferir  di  Columella,  ed  oggi  onni- 
namente colmata  e  disparsa  ;  le  diverse  specie  di  latte,  e  le  va- 


(i)    Fontibus  et  Stabtae  celebres  ,  et  Vesuvia  rura  , 
Doclaque  Parihenope  Sebetide  roscida  lympha  , 
Quae  didcis  Pompeia  palus  vicina  Salinis 
Herculeis  ,  vitreogue  Siler  qui  defluii  amni , 
Quae  duri  praebent  cymosa  stirpe  Sabelli. 
Columella  De  cult,  hortor.  Script.  Rei  rust.   Aug.  Taurin.  1829,  III  4g3. 


(  377  ) 

rie  manipolazioni  di  lalticlnl  del  prossimo  monte  Lallaro  (i),  alle 
di  cui  falde  Slabia,  distrulla  come  Pompei  dal  Vesuvio  a' 23  no- 
vembre 79  ,  fu  poscia  riedificata  là  ove  sta  ora  Caslellamare. 

La  golia  è  un"  antica  maiallia  sorta  da  che  piacque  al  ge- 
nere umano  di  deviare  dalia  semplicità  di  villo,  e  dalla  purità 
de' costumi.  Davidde  era  lacerato  da  tormculosi  allaccili  poda- 
grici, clie  avevano  ancora  bruttato  le  fattezze  corporee  esteriori 
di  C.  Augusto.  Sebbene  Ippocrale  (i)  avesse  scritto,  cbe  le  don- 
ne col  finire  i  loro  mestrui  ,  i  giovani  impuberi  e  gli  eunuchi 
fossero  risparmiali  dall'"  artrite  podagrica  ,  eccezioni  talora  non 
salde  ;  pure  in  Pompei  sono  numerose  le  ossa  degli  arti  toraci- 
ci e  pclviani  ,  o  delia  colonna  vertebrale  affette  da  podagra  , 
cefalagra  ,  odonfagra,  pechiagra,  cleisagra ,  chiragra,  gonagra, 
omagra  ,  rachisagra.  A  que'  governatori  del  Mondo  là  reca- 
tisi per  le  atmosferiche  variazioni  ,  pe'  lauti  pasti  facilmente 
manifestavasi  il  morbus  dominormn  ,  o  meglio  il  dominus  mor- 
borum.  GÌ'  individui  podagrosi  ,  calcolosi  ,  splenici  ,  epatosi  ,  i- 
dropici ,  gli  adenosi ,  gì'  itterici  ,  i  polisarci  ,  le  clorotiche  era- 
no da  ogni  parte  inviati  ivi,  o  nella  vicina  Slabia  (2);  onde  traes- 
sero profitto  da  quell'  aere  salubre  e  fresco,  e   dall'  acqua  medi- 


(i)  Mulier  non  laborat  podagra ,  m'si  7nenses  ipsi  defeccrìnt.  Puer 
non  laborat  podagra  ante  Veneris  usimi.  Eunuchi  non  laborant  poda- 
gra ,  ncque  calvi  _Jìunf.  Lib.  VI  28-3o.  Gorlcr  Medie.  Jlippocral.  Ncap. 
1777,  p.  367-69. 

(2)  Quel  silo  oggi  conserva  la  medesima  rinomanza  ,  anzi  offro  nitig- 
gior  numero  di  foni!  medicinali  ,  più  esalla  conoscenza  de' loro  principi 
comporienli  ,  e  bastante  latitudine  di  risorse  terapcuticlio.  Oltre  1'  acrjua  me- 
dia, ovvi  r  acldola,  la  sollun>a-ferrala,  la  ferrala  nuora  o  del  Pozzillo,  1' a- 
cidola,  'quella  del  muraglionc:  tutte  ormai  di  credito  assicuralo  e  popolare. 
Per  le  proprietà  chimiche,  e  le  facoltà  mediche  delle  quali  si  riscontri:  Ma- 
io Tralt  delle  acque  acid,  di  Caslellamare.  Nap.  1704-  ;  Andria  Trall 
delle  acque  min.    Nap.   1788;  Sementini  Viilpes  Cassola.  AnaL  et  prò/»'. 

mèdie,  des  eaux  mincr.  de  Castellani.  Irad.  par  de  Rivaz:    Nap.    i83|. 

4i 


(  378) 
camenlosa,    cbe  sgorga  tìalla  inedia  scaturigine  di  efficacia  spe- 
rimentata (i),    e  guarentita  da' lumi  della  chimica  moderna. 

L'artrite  podagrica  invade  dapprima  il  sistema  fibroso,  po- 
scia la  superficie  delle  ossee  articolazioni  ;  vi  si  depongono  sali 
terrei  in  forma  di  tofacee  concrezioni,  e  prnduconsi  rialti  marginali, 
scabrosità,  conglutinamenti,  ampliazioni  delle  faccette  articolari  da 
impedirvi  il  libero  movimento.  Nemmeno  risparmia  i  lembi  del 
corpo  delie  vertebre  dorsali  e  lombali  talvolta  ancbilosati  da  urato 
e  fosfato  di  calce,  cagionandovi  la  sinostosi  gottosa  unilaterale  (2)  , 
oppure  vi  è  talmente  cresciuta  la  entroposta  diploide ,  da  rimanere 
appena  frenata  da  esile  lamina  ossosa  corticale,  quasiché  fosse  ai- 
fetta  da  osteospongiosi,  estranea  alla  esterna  massa  di  tofacea  ap- 
posizione :  di  cbe  ho  sott'  occhio  vari  esempi  consimili  nelle  ossa 
umane  recenti  (  Scaffale  XVIII,  n.  i5  )  d'individui  morti  di  rachial- 
gite,  e  ne' corpi  delle  loro  vertebre  si  rinvennero  eminenze,  e- 
sostosi ,  osteodiastasi  secondo  Ludwig  (3). 

Vaglia  la  verità  piene  di  bitorzoli  (  iopki  articulorum 
M.-A.  Severino)  rimarcanst  le  estremità  di  parecchie  ossa  del 
metacarpo  e  metatarso  ;  talché  Celso  (4)  affermava  «  i  vizi! 
delle  articolazioni  ,    come  la  podagra   e  la  cbiragra  ,    se  hanno 


(i)  Et  quae  vocatur  acidula  y  ab  Theano  Sìdicìtw  qiiatuov  milUbus 
passuum:  haec  frigida.  Idem  in  Slabiam ,  quae  dimidia  vocalur:  et  in 
Venajrano  ,  ex  fonte  acidulo  PIìimì  Uist.iiai.  ex  recens.  Ilavduini.  Aug. 
Taur.  i832,  Vili  365. 

(2)  Insliluta  cadaveris  sectione  cuj'usdam  viri  septuayenarii  ,  qui 
jamdudum  arlhritide  coujiictahaliir,  adeo  ut  caput  ad  latera  Jlectcre  mi- 
nime posscL  ,  in  propalulnm  veniebat  lophl  ealci Jorines^,  circa  cervica- 
les  vertebras  ;  quae  scilicet  hacce  materie  concreta  inipeditae ,  cnjusvis 
fere  moius  eranl  experles.  Lieulaud  Ilisl.  anatom.med.  Par.  1767,  II  297. 

(3)  Adcers.  med.-pract.  Lips.  1769,  I  ']!\.i,  fi(j.  abcdf:  De  quarund. 
aegrilud.  corp.  hum.  sed.  et  caus.  lab.  XVI  illuslr.  Lips.  1798,  p.  25., 
/.  XIII  ,  abef. 

(4)  Della  med.  II  11 5,  117. 


(  379  ) 
afTetto  i  giovani  ,  né  produssero  nodosità  ,  possono  sciogliersi  : 
allorché  poi  avvi  dolore  nelle  articolazioni  e  sopra  di  esse  svi- 
hinpansi  alcuni  tubercoli  callosi  ,  allora  la  malattia  non  piìi  si 
guarisce  ».  Ed  in  vero  sconlraffatti  rilevansi  i  corpi,  le  apofisi 
traversali  e  spinose  delle  vertebre  lombari  deviale  dalla  norma- 
le loro  direzione ,  più  a  causa  di  soffio  ipertrofico,  che  da  gotta- 
cei  concrcmenti(i).  Questi  al  contrario  veggonsi  stratificati  inior- 


(i)  Scudaraore  afformava  qualiuenlc  «  la  gotta  non  fissa  nella  tessitura 
delle  ossa  la  sua  sede  »  dietro  i  fatti  osservati  da  lui  ,  Monro  ,  Brodic  . 
Howsihp  j  Heberden,  e  ne' pezzi  patologici  esistenti  nel  Museo  Hunleriano 
di  Glasgow  (  Troll  sulla  golìa  traci,  da  Sansevero.  ì^ap.  1824,  I  54-63  ). 
Intanto  il  vizio  artritico  accende  la  flogosi,  dalle  articolazioni  proclive  ad 
irraggiarsi  a'  contigui  0  lontani  tessuti  ;  e  declinando,  cagiona  il  trasudamen- 
to del  plasma  o  saìigiiims  tarlarum  di  Sydenham  ,  soi'gcnio  del  ciloblasle- 
ma  e  dei  sali  uro-sodio-calcari.  Risultano  dall'  uno  tubercoli  o  nodosità  (  o- 
steo-nodi  )  nella  integrale  orditura  delle  ossa^  per  analogia  di  foraiazione  od 
ipertrofia  ;  e  dagli  altri  provengono  incrostazioni  e  concrementi  tufacei  (  geo- 
nodi )  estrarticolari ,  interstiziali  ,  entrosarcodi ,  0  per  sola  composizione 
diversi  dal  tipocele  di  Severino.  Quale  morboso  processo ,  cioè  dinamico  il 
primo  ,  e  chimico  il  secondo  ,  è  stato  sinora  confusamente  enunciato. 

A  darne  ulteriori  cliiarimenti,  può  succedere  che  il  blasicma  nello  i- 
stesso  atto  invada  il  parenchima  e  la  sui)erficie  delle  ossa  ,  divenendo  la 
neoplasia  patologica  identica  alla  normale  tanto  pe'  componenti  istologici  , 
quanto  pe'  principi  chimici  ,  accrescendone  sempre  il  volume  con  tessitura 
compatta  (  osleosclerosi  ) ,  arcolare  (  ostcospugnosl  ),  dendridica  (  osteofiti  ). 
1  geo-nodi  al  contrario  esclusivamente  derivano  dalle  acque  madri  creduto 
da  alcuni  patologisti  secrezione  delle  arterie  capellari ,  e  da  altri  reputale 
uscirne  per  esosmosi  ,  quando  perduta  la  parte  liquida  mercè  tale  atto  gli 
atomi  terrei  sono  obbligati  di  congregarsi  in  lapidei  deposili  fra  le  cellolo- 
se  maglie  areolari^  i  tessuti  fibrosi,  le  cavità  articolari,  sparsi  anche  Ira  le 
carni  ,  non  esclusa  la  diploide  ed  i  calicofori  lubolini ,  complicandosi  con 
gli  osteo-nodi. 

Cotugno  peraltro  scrisse:—  i)  Vidi  Romae  hominem  a  generali  po- 
dagra in  7narasì)ìum  actum  ;  delira  contrada  manus  crai  omnibus  arti- 
culis  anchylosi  im/noòiliòus  ,  et  insigniler  nodosis.  Culis  ubiqiie  iopha- 


(  38o  ) 
no  l'anzidetta  espansione  ossea  marginale  de' corpi  delle  varie 
vertebre  dorsali,  della  prima  (|iialilà  di  alterazione  ho  visto  qual- 
che caso  neir  uomo;  mentre  (k'Ua  sinostosi,  cagionata  da  fosfato 
e  non  da  urato  di  calce,  esistono  vari  esempi  nel  cavallo  depositali 
nel  mentovato  Museo  notomico-patologico.  Neil'  anno  i84-9  io  (i) 
resi  di  pubblica  ragione  i  soli  disegni  incisi  di  siffatte  ossa,  ed 
in  piccola  dimensione  furono  riprodotti  dal  De  Renzi  nella  sua 
elegante  traduzione  del  Codice  Celsiano  (2). 

La  rachitide  nel  XVII  secolo  creduta  nuova  malattia  era 
già  nota  a'poeti,  a' medici  greci  e  latini.  Si  accenna  da  Omero, 
che  Tersite  fosse  scontraffalto  ,  da  Plauto  e  Marziale  di  esservi 
individui  co'  piedi  torli  congeniti  ,  da  Ippocrate  di  esistere  gob- 
bi per  vizio  interno  ed  esterno  ,  da  Celso  di  aver  osservalo  de- 
viamenti vertebrali  e  gibbosità  ne'  ragazzi  travagliati  dalla  den- 
tizione. È  degno  di  nota,  che  gli  abitanti  delle  stesse  contrade, 
ove  oggi  osservansi  non  pochi  soggetti  rachitici ,  erano  allora  de- 
ficienti di  ogni  traccia  di  essa,  eccetto  una  calvaria  irregolarmen- 
te gobbosa  nelle  ossa   paretali    ed    occipitale  ,    ed   altra    avente 

ceorum  into  spersa  lubcrculorum.  Orbiculum  nasi  ctim  duobiis  tophis  , 
dexiro  multa  parie  extra  cutem  emergente ,  vidi  ;  sinistro  ad/me  snecn- 
laneo. 

—  2)  Manum  vidi  carnibus  exuccam  hominis,  quam  chirayra  nodis 
multis  jamdiu  dislortam  perlulerat.  In  ea  extremae  phalangcs  excreve- 
rant  nullo  (/uidem  ordine  ncque  in  mimerò  ,  ncque  in  magnitudine,  sed 
pleraeque  osseis  veris  excrcseentiis  sine  ullo  tophi  indicio .  Tn  scaputis, 
raro  exemplo  ,  in  utraque  convexa  superficie  subspinali  exereverat  os  , 
et  productionem  genueral  quaiuor  digitos  longain  decurrenleni  extrorsum, 
versus  acromium  liberam  ,  lata  basi ,  et  crassarn:  instar  digiti  aurieulà- 
ris.  Jlarìim  altera  fracta  nihil  spongiositatis  inlus  habuit,  eraique  omni- 
no  densa  quemadmodum  lamina  scapulae  ossea ,  «  qua  prodieral.  Op . 
posth.  II  207  ,210. 

(i)  Misc.anatom.  Nap.  1847, li,  lav.LXXXlIl:  osleo-paiologia pompeiana. 

(2)  Della  med.  379.. 


(  38i  ) 
(lette  ossa  assai  più  ampliale  do!  naturale  perimetro ,  della  osteo- 
malacia  ,  della  ostcopsaliiosi ,  della  oslcospugnosi  o  spina  ventosa 
localizzata  sia  alle  articolazioni  degli  ossi  lunghi  de'  fanciulli  (  pe- 
dartrocace  di  M.-A.  Severino  ),  sia  nelle  vertebre  congiunte  alla 
carie  (  cifosi  o  spoudilocace  ):  alterazioni  ornai  frequenti  negli 
abitanti  delle  Pompeiane  vicinanze  a  causa  della  diffusione  in 
costoro  de'  vizi  sifilitico  e  scrofoloso  ;  attesoché  a  qua'  tempi  il 
primo    mancava  ,  ed  il  secondo  era  inavvertito  o  assai  limitalo. 

Nura.  5 1-56.  OsteofUi. 

Malpighi  (i)  ebbe  chiara  idea  della  loro  formazione.   Attri- 
buiva la  origine  di   tali  morbosi  lavorii  non  alla   trasformazione 


(i)  In  capnntbus  dhiiiirnitale  lemporis  circa  calvario  in  ossibus  era- 
rum  i/ì.iif/'ie.s-  Jii/n/  o.i-seae  appendices;  eleìiim  filainenla  ,  r/uiòiis  os  com- 
pa(/iiìaliir ,  anti.sso  horir.onlali  siiti.,  ad  e.rlra  diducìintur  et  elevanlur  ex- 
citato  anrjiiìo  acuto  in  parte  inferiori  criiris.  Ah  his  itar/ue  crumpcnte 
osseo  succo  appendix  nianifeslatur ,  (juac  lonyiludinem  cruris  occupai  et 
siniim  excurrentibus  tendinibus  relinquit.  Osseus  sticcus  coneretus  globo- 
sani  corpus  infra  calcaria  producit  ^  rjuod  interdum  spongiosum  est  et  ut 
plurimuni  retis  rudinicntum  cxìiihct.  In  eodeni  paritcr  osse  ab  angti- 
losis  partibus  per  longum  erumpunt  quasi  miliares  guttulae  ossei  suc- 
ci,  quibus  quasi  arista  excitatur. 

Ex  his  deducere  possumi/s  ,  diversas  animalis  parles  osseas  reddi 
posse  non  aniissa  primaeva  compage  ,  scd  acquisita  naca  partium  coag- 
mentatione  ex  repletis  spatiis  et  supercrescentibus  novis  additamentis  , 
ut  alias  in  lignis,  reliquisque  petrificatis  fieri ,  habuiinus.  An  a  fluido 
Hìiiversali  hoc  derivetur  probabile  videtur ,  eum  sanguini  insint  elemen- 
to partium  animalis,  et  pcculiaris  ctiam  humor  occurrot ,  qui  separa- 
Itis  a  reliquis  intima  sttarum  partium  adaplione  osseam  naturam  excita- 
re  potest.  Est  autem  serum ,  quod  igne  conerelum  cartilagineam  natu- 
ram acqttirit ,  et  diuturni  late  osscum  pene  rcdditnr.  Hoc  autcm  multipli- 
ei  ratione  succcdit  ;  dis-sipatis  scilicci  aqiicis  particulis  et  solutis  salibus 
vel  affusis  et  mixtis  aliis  salibus ,  quibus  irretiunlur  seri partes  et  reple- 


(  382  ) 
ma  a  novella  genesi  delle  parti  surte  dal  sangue  ,  da  cui  desu- 
meva la  effusione  del  plasma  fonte  delle  organiche  ed  inorgani- 
che produzioni.  Vari  di  questi  ossei  scherzi,  peraltro  di  poco  ri- 
lievo ,  appariscono  o  nell'  antro  d'  Higmoro  a  foggia  di  lamina 
reticolata  oppure  ne'  margini  degli  ossi  ilei  e  ischii  ,  de'  forami 
ovali  ,  de'  femori  ec.  a  guisa  di  sollevate  asprezze ,  o  di  punte 
abbastanza  prolungate. 

Nura.  58-  Anchilosi. 

Si  aggira  tra  V  osso  iliaco  sinistro  col  sacro ,  oppure  fra  1' 
ulna  e  '1  raggio  presso  1'  articolazione  brachio-cubitale. 

§   III.    OSTEO-ICONOGRAFIA. 

(  Sarà  continuata  J 


iis  spatiis  in  solidum  corpus  compinguniur .  .  .  •  Quare  m  naturae  stali, 
tmeus  hmnor  ex  filamenlis ,  quibus  veluti  staminibus  ordiunitir  et  fir- 
manlUT  ossa,  iransudabÙ,  in  morbosis  autem  ossijìcationibus  et  excre- 
seentiis  probabiliter  advenierus  serum.  alicujus  mineralis  praecipue  vi- 
triolimixiurajìgetetferruviinabit.  Op.  posth.  Amstelod.  1700,  p.  70. 


DESCRIZIONE  DI  W  IETTO 

m  RIPRIIRI  II  Mm  DI'  f OILI 

NOTA  DEL  SEGRETARIO  PERPETUO 
Leila  nella  tornala  del  dì  13  Luglio  18H, 


I), 


I 


)P0  che  nel  principio  del  secolo  che  corre  il  filantropo  Pro- 
fessor Pinci  ,  medico  dell'  Ospizio  degli  alienati  di  mente  in  Pa- 
rigi ,  per  reprimere  il  furore  de'  matti  ,  all'  antico  metodo  del- 
le catene  e  delle  hatliture  sostituì  una  particolare  camiciuola 
di  repressione  (  gilet  de  force  )  tutti  i  medici  di  simili  stabi- 
limenti presso  le  più  eulte  nazioni  dell'uno  e  dell'altro  emisfe- 
ro del  mondo  diedero  opera  a  trovare  i  modi  meno  crudeli  on- 
de si  reprimessero  quei  movimenti  irregolari  ,  per  mezzo  dei 
quali  coloro  che  han  perduto  il  ben  dell'  intelletto  non  fossero 
di  nocumento  a  loro  stessi  ed  agli  altri.  Anch'  io  essendo  medi- 
co delle  RR.  Case  dei  malti  in  Aversa  sin  dalla  loro  fondazio- 
ne, nell'anno  i8r3,  immaginai  un  mezzo  per  la  repressione  oriz- 
zontale onde  i  folli  non  solamente  si  calmassero  del  furore,  ma 
potessero  giacere,  riposare  in  letto  e  profittare  di  quel  balsa- 
mo tranquillo  che  ai  mortali  vien  solo  concesso  dal  sonno  placido. 
A  tal  fine  feci  costruire  un  letto  di  legno  come  un   cassone  in 


(  384  ) 
cui  il  follo  si  coricava  custodito  col  giubbetto  di  repressione.  A- 
gli  estremi  delle  mauicbe  chiuse  si  uiettevano  due  corregge  di 
cuoio  per  attaccarle  alle  tavole  laterali  del  cassone  di  legno,  ed 
1  piedi  restavano  assicurati  con  i  ceppi.  Ma  questi  ceppi  appun- 
to avrei  voluto  evitare  ,  ed  allora  pensai  di  aggiungere  a!  giub- 
betto di  repressione  un  lungo  sacco  della  stessa  grossa  tela  di 
canape  di  cui  era  formala  la  camiciuola.  Entro  di  questo  sacco 
veniva  chiuso  il  folle  il  quale  vi  si  poteva  volgere  a  destra  ed 
a  sinistra.  Mi  avvidi  che  lo  strofinio  delle  carni  contro  la  tela 
produceva  delle  scorticature,  ed  alcuni  infermi  ne'  forti  movi- 
menti del  furore  arrivarono  a  scucire  la  tela.  In  seguito  avendo 
unito  i  miei  ai  filantropici  pensieri  del  perspicacissimo  D.  Giu- 
seppe Simoneschi  che  dirige  quel  Reale  Morotrofio  ,  dopo  vari 
esperimenti  giungemmo  a  far  costruire  un  letto  di  repressione 
fatto  di  ferro  ,  di  cui  ora  si  fa  uso  secondo  il  bisogno;  del  qual 
letto  vengo  a  darvi  la  descrizione  accompagnata  con  la  figura. 

A  A  Rappresenta  uno  dei  due  dati  più  lunghi  nel  di  cui 
terzo  inferiore  trovasi  una  maniglia  B  per  far  passare  le  cor- 
regge di  cuoio  attaccate  agli  estremi  dei  guanti  della  camiciuo- 
la di  repressione  antecedentemente  addossata  all'  infermo ,  e  che 
servono  a  ritenerlo  nel  letto. 

C  C  Bastone  orizzontale  di  ferro  sostenuto  con  un  estremo 
suir  asta  verticale  e  inferiore  del  letto  ,  e  coli'  altro  estremo 
poggia  sul  terzo  superiore  del  lato  più  lungo  A  A  per  mez- 
zo  dell'  asta  C  D. 

E.  Rappresenta  un  mezzo  cilindro  concavo  composto  di 
lamine  di  ferro,  imbottilo  di  sloppa  e  coverto  di  tela,  il  quale 
serve  a  mantenere  il  corpo  e  gli  arti  inferiori  entro  determina- 
ti limiti  di  alcuni  movimenti  senza  che  il  malato  potesse  fuggi- 
re dal  letto.  Questo  mezzo  cilindro  nei  quattro  angoli  inferiori 
termina  con  quattro  forchette  ciascuna  delle  quali  poggia  ed  ab- 
braccia il  bastone  orizzontale.  Due    ale    di    questrc   quattro    for- 


(  38!5  ) 
elicile  sono  figurate  in  F  F.  Ogni  ala  di  ciascnna  forchella  tiene 
una  fìssura  allravcrso  delle  quali  passa  un  piccolo  cuneo  di  fer- 
ro che  serve  a  tenore  ferma  ciascuna  delle  quattro  estremità  del 
mezzo  cilindro  contro  i  due  bastoni  orizzontali ,  sui  quali  si  fan- 
no scorrere  le  forchette  allorché  il  mezzo  cilindro  debha  esser 
portato  più  in  su  o  più  in  giù.  Due  delle  forchette  di  un  lato 
ritenute  dai  cunei  di  ferro  possono  esser  mosse  ,  come  una  cer- 
niera attorno  ad  uno  dei  bastoni  nel  caso  che  ,  tolto  i  cunei 
delle  due  forchette  dell'  altro  lato  ,  si  volesse  sollevare  il  mezzo 
cilindro  per  far  entrare  o  uscire  V  infermo  senza  che  vi  fosse 
bisogno  di  togliere  interamente  il  mezzo  cilindro  dal  letto. 

In  G  C.  vedesi  un  capezzale  mobile  anche  di  ferro  fode- 
rato con  tre  guanciali  riempiti  di  stoppa  ,  che  gira  intorno  ai 
due  perni ,  uno  dei  quali  è  rappresentato  da  H  fissato  sopra  uno 
dei  lati  più  lungo  del  letto.  Sollevando  il  capezzale ,  1'  infermo 
dalla  posizione  orizzontale  potrà  mettersi  seduto  ,  affinchè  non 
abbia  il  fastidio  proveniente  dalla  continuazione  di  una  stessa 
giacitura  ;  e  molto  più  per  evitare  un  maggiore  afflusso  di  san- 
gue verso  del  capo,  ed  in  tal  modo  prevenire  le  conseguenze 
dalla  ulteriore  congestione  al  cervello. 

Per  risparmiare  il  penoso  travaglio  degli  assistenti ,  i  quali 
debbono  sollevare  il  capezzale^  verso  la  estremità  superiore  del 
Iato  più  lungo  A  A.  trovasi  attaccata  una  piccola  cassettina  di 
ferro  entro  di  cui  sta  fissato  al  di  sotto  dell'  istesso  Iato  più  lun- 
go un  picciolo  rocchetto  di  ferro  a  cui  è  unito  il  segmento  I  R 
di  una  ruota  dentata  :  il  qual  segmento  con  un  estremo  per 
mezzo  dei  suoi  denti  resta  incastrato  nel  rocchetto,  ed  è  libero: 
e  con  r  altro  estremo  sta  saldato  col  lato  esterno  ed  inferiore 
del  capezzale.  Dal  centro  del  rocchetto  parte  un  cilindro  di  fer- 
ro per  mezzo  del  quale  la  forza  viene  comunicata  all'  altro  roc- 

49 


(  386  ) 
chetto  posto  nell'altro  Iato  più  lungo  del  letto,  fornito  di  un  si- 
mile ed  eguale  segmento  di  ruota   dentata.    Il   rocchetto   fissato 
in  uno  dei  lati  del  letto,   e  propriamente  in  quello  rappresenta- 
lo da  A  A,  è  fornito  del  manubrio  L  M.  per  mezzo  del    quale 
mettendo  in  moto  il  rocchetto  di  questo  lato ,  questo  movimento 
per  mezzo  del  cilindro  di  ferro  è  trasmesso  al  rocchetto  del  la- 
to opposto  ,  e  col  favore  de  segmenti  delle  ruote  dentate  viene 
comunicato  al  capezzale ,  il  quale  può  essere  sollevato  ed  abbas- 
sato a  seconda  del  bisogno.  Allorché   il   capezzale  è   giunto   al- 
l' altezza  che  si  vuole ,  si  ferma  con  una  piccola  e  forte  lamina 
di  ferro  la  quale  partendo  dalla  cassetta  entro  di  cui  sta  il  roc- 
chetto va  ad  insinuarsi  tra  le  dentellature  del  segmento,  e  così 
resta  fermato  (i). 

Questo  letto,  che  in  breve  tempo  calma  il  furore  degV  in- 
fermi e  molte  volte  gli  concilia  il  sonno ,  ha  corrisposto  esaltar 
mente  ai  bisogni  ed  ora  si  usa  con  molto  vantaggio. 


(i)  Questo  meccanismo  del  capezzale  per  mettere  il  folle  seduto  in  let- 
to può  vantaggiosamente  essere  applicato  anche  ai  paralitici.  Quanta  fatica 
per  la  parte  degli  assistenti!  quanto  trapazzo  per  quella  degl'infermi!  Tut- 
te quante  queste  pene  potranno  essere  evitate  agitando  il  manubrio  per  met- 
l«re  in  movimento  ì  rocchetti  e  le  ruote  dentate  onde  elevare  il  capezzale. 


OSSERVAZIONI 

SOPRA    I    MINERALI 

CHE  SI  RINVENGONO  NE'  TERRENI  A  SOLFO  DI  SICILIA 

DEL  PROFESSORE 
GIULIANO  GIORDANO. 


]). 


'i  tulle  le  località,  che  nelle  varie  maniere  di  formazioni  geo- 
logiche somministrano  solfo  al  commercio  ed  alle  collezioni  o- 
rittognostiche  ,  nessuna  v'  à  cosi  ricca  di  materiale,  e  di  tanto 
facile  estrazione  ,  e  di  apparenze  si  squisite  ,  come  quella  dei 
terreni  di  Sicilia.  Questi  anno  un'estensione  di  circa  1200  mi- 
glia quadrate ,  e  sono  compresi  quasi  interamente  nelle  due  pro- 
vince di  Caltanissetta  e  di  Girgenti.  Vi  si  contano  oltre  a  200 
solfare  cominciando  da  quella  di  Lercara,  eh'  è  la  più  settentrio- 
nale, sino  alle  vicinissime  a  Girgenti  e  sulla  costa  meridionale 
della  provincia.  Se  ne  cava  meglio  che  02  milioni  di  chilogram- 
mi di  solfo  ogni  anno. 

Nel  184.5  io  dimorai  a  lungo  in  questa  regione:  discesi  in 
72  solfare  in  attività:  mi  spinsi  coraggiosamente  anche  nelle  più 
ruinose  ,  osservando  e  raccogliendo  dovunque.  E  per  questa  mia 
costanza  ed  intrepidezza  ne  venni  ricco  a  dovizia  di  saggi  non 
pure  di  solfo  ,  ma  altresi  dei  minerali  che  sogliono  accompagna- 


(  388  ) 
re  quella  sostanza.  Neir  esarae  de'  quali  cosi  mentre  era  nel  si- 
to e  neir  atto  di  raccorli,  come  dopo  essere  ritornato  dalla  mia 
peregrinazione  geologica,  mi  fu  dato  di  avvertire  delle  cose  nuo- 
ve ed  interessanti  in  mineralogia  ,  e  di  fare  dello  osservazioni 
che  possono  spargere  non  poca  luce  e  sulla  maniera  di  forma- 
zione di  que'  terreni  ,  e  sulla  spiegazione  di  parecclii  fenomeni 
che  ne'  medesimi  intervengono. 

Queste  mie  ricerche  andrò  sponendo  brevemente  ,  od  a  pro- 
cedere con  ordine  il  farò  distribuendo  come  in  catalogo  le  spe- 
cie mineralogiche  che  in  maggiore  o  minore  copia  si  trovano 
ne'  terreni  solfìferi  ;  prenderò  le  mosse  dal  solfo  stesso. 

1.**  Solfo. 

Il  solfo  esiste  svariatamente  in  Sicilia  nelle  medesime  con- 
dizioni di  suolo  ;  vi  si  trova  nativo  ,  ed  anche  in  combinazione 
sia  ne'  solfali  di  calce,  di  barile  e  di  strontiana,  sia  col  ferro  al- 
lo stato  di  pirite.  Ma  nel  primo  stato  è  assai  più  abbondante  o 
in  massa  o  in  cristalli  non  di  rado  voluminosi  ,  ordinariamente 
minutissimi  ed  impregnanti  un'  argilla  o  scisto  marnoso. 

Vista  sorprendente  e  dilettevole  oltremisura  cosi  al  natura- 
lista intelligente  come  allo  stupido  volgare  si  è  quella  de'  magnifi- 
ci cristalli  di  solfo,  che  aderiscono  alle  volte  delle  solfare  e  ta- 
pezzano  le  cavità  che  s'  incontrano  nella  roccia.  Ma  se  ti  vien 
desiderio  di  raccoglierne  de'  saggi  ,  avverrà  il  più  spesso  che 
al  precedente  diletto  succeda  amarezza  inesprimibile  ;  che  al  pri- 
mo colpo  ordinato  a  frangere  la  roccia  ben  compatta,  tutta  quel- 
la scena  d' incanto  irreparabilmente  svanisce  con  uno  scricchio- 
lare e  ruinare  d'  ogni  lato  in  frantumi  i  fragilissimi  cristalli.  A 
che  poi  maravigliare  se  anche  tra  noi,  dove  il  solfo  è  cosi   ab- 


(  389  ) 
bondanlc  ,  mollo  più  all'  estero  ,  i  saggi  speciosi  nelle   collezio- 
ni sioiio  sempre  rari? 

T  cristalli  più  voluminosi  che  ò  raccolti  aveano  oltre  quat. 
tro  pollici  nella  maggiore  dimensione. 

Il  colore  in  questa  specie  è  oltremodo  svariato.  Sebbene 
predomini  il  giallo-cedrino,  nondimeno  v' à  pure  il  ranciato,  il 
ranciato-rossiccio  ,  il  rosso  ,  il  verdognolo.  Non  di  rado  le  due 
metà  del  medesimo  cristallo  anno  color  differente,  come  osser- 
vasi nel  magnifico  gruppo  di  cui  feci  dono  al  Real  Museo  Mine- 
ralogico. 11  colore  verdognolo  ,  che  io  non  ò  rinvenuto  fuorché 
nei  solfi  di  Favara  presso  Girgenti  ,  non  sembra  colore  proprio 
del  solfo  stesso  ,  ma  osservato  attentamente  apparisce  nascere  per 
composizione .  Infatti  due  condizioni  si  richieggono  perchè  la  tin- 
ta del  solfo  vada  al  verde;  che  sia  cioè  più  o  racn  trasparente, 
e  che  sia  soprapposto  ad  un'  argilla  tendente  all'  azzurro.  E  a- 
dunque  ben  facile  1'  intendere  come  il  colore  azzurro  di  questa 
combinalo  col  giallo  dello  zolfo  possa  dare  quell"  apparenza  di 
verde. 

E  poiché  mi  son  trattenuto  sul  colore  del  solfo  non  voglio 
omettere  una  mia  osservazione  che  mi  sembra  degna  di  essere 
ricordala.  Ognuno  conosce  che  Stromeyer  pubblicò  aver  rinve- 
nuto del  selenio  nel  solfo  rosso  raccolto  nell'  isola  di  Lipari.  A 
me  è  accaduto  di  raccogliere  nel  continente  di  Sicilia  del  solfo 
rosso  nelle  apparenze  esteriori  somigliantissimo  a  quello  di  Stro- 
meyer ;  ma  per  molto  che  ne  ricercassi  non  sono  mai  riuscito 
a  scoprirvi  traccia  di  selenio.  Dunque,  essendo  esatte  le  analisi 
del  mineralogista  di  Gottinga ,  questa  specie  o  varietà  dovrebbe 
attribuirsi  in  Sicilia  esclusivamente  all'  isola  di  Lipari  ,  ma  la 
materia  colorante  non  ne  sarebbe  certamente  il  selenio. 

In  quanto  alle  forme  ,  fui  bene  avventuralo  di  trovare  nel- 


(  390  ) 
le  solfare  di  Callolica  Ira  i  massi  destinati  al  fuoco  ,  e  già  sul 
rogo  preparato  ad  ardere  tre  soli  saggi  con  cristalli  gemini,  ma- 
niera di  cristallizzazione  immensamente  rara  avvertita  prima  dal 
Maravigna. 

Oltre  queste  varietà  di  solfo  abbastanza  conosciute  ,  un  al- 
tra ne  raccolsi  del  tutto  nuova  ma  abbondante  assai  ,  e  cbe  mi 
destò  per  la  sua  struttura  non  poca  sorpresa.  E  una  sostanza  di 
colore  giallo-fosco,  a  mamelloni  di  differenti  raggi  di  curvatura, 
neir  interno  biancastra  ,  fibrosa  ,  a  stratolini  di  spessezza  varia- 
bile da  uno  a  cinque  millimetri.  I  centri  di  curvatura  de'  vari 
mamelloni  sono  diversamente  distanti  fra  loro  da  un  centimetro 
a  cinque.  Le  fibre  assai  debolmente  aderiscono  insieme  ,  e  per- 
ciò si  distaccano  facilmente  ,  e  con  leggerissimo  stropicciamen- 
to si  riducono  a  polvere.  Le  screpolature  che  sono  nella  massa 
risplendono  nella  superfìcie  per  minutissimi  punti  cristallini  ,  i 
quali  esaminati  con  lente  d"  ingrandimento  appariscono  essere  ot- 
taedri esilissimi  di  solfo.  Or  \  odore  caratteristico  ,  ed  il  bru- 
ciare con  fiamma  cerulea  (  sebbene  assai  brevemente,  perchè  pre- 
sto si  spegne  )  ,  e  l'  odor  soflbcante  proprio  dell'  acido  solforo- 
so ,  ben  mi  fecero  persuaso  che  tal  minerale  era  composto  es- 
senzialmente di  zolfo  ;  nondimeno  per  I'  apparenza  cotanto  singo- 
lare e  non  mai  altra  volta  rinvenuta  ebbi  talento  di  esaminarne 
attentamente  la  natura. 

Il  peso  specifico  è  1,9074.-  Si  scioglie  del  tutto  nella  solu- 
zione acquosa  di  potassa  ,  dalla  quale  con  acido  solforico  preci- 
pita solfo  ,  e  si  sviluppa  idrogeno  solforato.  Saggiata  poi  la  me- 
desima con  soluzione  acquosa  di  tartrato  di  potassa  e  di  antimo- 
nio ne  precipita  il  solfo-dorato  d'  antimonio ,  che  si  ridiscioglie 
per  nuova  quantità  aggiunta  di  soluzione  di  potassa. 

Neil'  acqua  distillata  si  sciolgono  del  minerale   8,4.4-94  per 


(  Sgi  ) 
100.  Oiiosla  soluzione  acquosa  filtrala  arrossa  leggermente  la  tin- 
tura di  laccamuffa  ;  con  la  soluzione  di  azotato  di  barite  dà  ab- 
bondante precipitato  bianco;  con  l'ammoniaca  dà  un  precipita- 
to giallo  ;  con  la  soluzione  di  ferricianuro  di  potassio  (  cianu- 
ro ferrico-potassico  )  non  dà  precipitato  alcuno ,  invece  con  quel- 
la di  ferro-cianuro  (  cianuro  ferroso-potassico  )  si  colora  in  az- 
zurro. La  sostanza  rimasta  sul  filtro  brucia  senza  residuo  conver- 
tendosi completamente  in  acido  solforoso. 

ÌNon  è  perciò  menomamente  a  dubitare  cbe  la  sostanza  in 
esame  non  sia  altra  cosa  cbe  solfo  a  stato  di  somma  attenuazio- 
ne contenente  circa  8%  per  loo  di  solfato  di  sesquiossido  di 
ferro.  E  pcrcbè  di  questo  sale  può  liberarsi  interamente  con  u- 
na  prima  ed  una  seconda  lavatura  ,  oserei  proporre  con  tale 
mezzo  una  sostanza  naturale  cbe  verrebbe  a  sostituire  nell'  uso 
terapeutico  il  preparato  artificiale  avente  il  nome  di  latte  o  ma- 
gistero di  solfo  ,  col  quale  s' identifica  perfettamente.  Lo  scam- 
bio sarebbe  assai  vantaggioso  ,  avuto  riguardo  così  alle  opera- 
zioni non  semplicissime  con  cui  si  prepara  il  magistero  ,  come 
al  consumo  che  se  ne  fa  presso  lo  straniero  assai  più  ampio  di 
quello  che  tra  noi  succede. 

Non  lascerò  di  trattare  del  solfo  senza  far  menzione  d'  un 
saggio  tratto  dalle  solfare  di  Serradifalco ,  il  quale  per  lo  singo- 
lare accoppiamento  delle  sostanze  di  cui  si  compone  e  non  mai 
altra  volta  presentatesi  insieme  ,  ci  dà  occasione  di  esaminare 
un  problema  di  ben  difficile  soluzione.  È  una  stalattite  penden- 
te dair  ordinaria  matrice  in  cui  si  rinviene  il  solfo  ;  ma  bian- 
ca ,  perlacea  ,  di  frattura  vitrea  ,  piena  nell'  interno  ,  fragile 
e  dura.  A  questa  aderiscono  senza  certa  relazione  di  posizione 
i  rombottaedri  di  solfo ,  che  sono  ricoperti  essi  medesimi  d'  una 
incrostazione  della  stessa  apparenza  che  la  stalattite.  Ma  la  ma- 


(  392  )  ^ 
niera  di  collegamenlo  e  uua  delle  più  singolari  che  possano  im- 
maginarsi.  Dappoiché  non  pochi  cristalli  distaccati  gli  uni  dagli 
altri  aderiscono  ciascuno  da  se  alla  concrezione  ,    ma    in    modo 
che  le  bacchette  di  questa  sembrano  traversarli  ;   poiché  si  con- 
tinuano con  le  medesime  dimensioni  alle  due  opposte  facce  del- 
lo stesso  cristallo.  Ma  svanì    presto    1'  illusione  ,    e   mi    convinsi 
che  r  adesione  era  solamente  esteriore  allorquando  nello  spezzarne 
un  primo  ed  un  secondo  cristallo  mi  avvidi  essere  formati  esclusi- 
vamente di  solfo  purissimo  nell'  interno.  Da  tale  descrizione  non 
pare  potersi   formare  altro  giudizio  fuorché  la   concrezione   ed  i 
cristalli  di  solfo   siensi   formati    contemporaneamente  ,    e    quella 
sempre  all'  esterno  questi  all'  interno  per  un  diverso  grado  di  so- 
lubilità,  e  forse  per  una  forza  di  attrazione  d' intensità  differen- 
te. Io  però  non  credetti  potermi  esimere   dall'  analizzare   la  na- 
tura di  stalattite  cosi  nuova.  Al  primo  saggiarla    cogli    acidi   si 
scopre  che  v'  à  nel  medesimo  aggruppamento  una  doppia  manie- 
ra di  concrezione  di  natura  affatto  diversa  ;    1'  interna  ,    che  ab- 
biam  detto  penetrare  nell'apparenza  i  cristalli   di    solfo  ,    non  è 
affatto  attaccata  dagli  acidi  solforico  ,  azotico  ,    cloridrico  ;    l'  e- 
sterna  al  contrario  che  incrosta  la   precedente   e   ricovre    anche 
di  un  sottile  velame  il  solfo,  fa  con  quelli  viva   effervescenza. 
Spogliata  adunque  la  stalattite  in  esame  dal   rivestimento   calca- 
re non  si  è  fusa  né  con  carbone  né  con  colofonia  ,  ma  sibbene 
con  potassa  caustica.  0'  poi  trattato  la  soluzione  acquosa  di  que- 
sta con  acido  cloridrico  ,  ed  à  prodotto  un  precipitato  gelatinoso , 
che  evaporato  a  secchezza  e  fino  all'  arroventamento    della  cap- 
sula à  dato  per  risultamento  una  polvere  affatto  insolubile. 

Da' quali  caratteri  s'  inferisce  immediatamente  la  concre- 
zione in  parola  non  essere  altra  cosa  che  quarzo  agata,  di  cui  già 
presentava  le  esteriori  apparenze.  E  conseguentemente  non  deve 


(  393  ) 
afialto  confondersi  con  le  tante  stalattiti  che  ti  occorrerà  incon- 
trare dovunque  scenderai  nelle  solfare  ,    le  quali   e    sono    tutte 
calcaree,  e  posteriori  all'epoca  della  formazione  de' zolfi. 

2."  Àrr  agoni  te. 

Nelle  vicinanze  di  Messina  in  terreni  di  ben  altra  natura 
che  quelli  de'  quali  al  presente  ci  occupiamo  esiste  1'  arragoni- 
te  :  vi  s' incontrano  due  varietà  ,  V  una  ad  incrostazioni  fibrose, 
r  altra  la  coralloide  detta  Jlos  ferri  somigliantissima  a  quella  di 
Stiria  ,  con  la  quale  pure  gareggia  in  bellezza  e  speciosità  di 
esemplari.  Nelle  solfare  però  di  Cianciana  presso  a  20  miglia 
N.  0.  di  Girgenli  ritruvasi  1'  arragonite  cristallizzata  in  prisma 
esagonale  irregolare  ,  nascente,  coni'  è  ben  noto,  dal  vario  accoz- 
zamento de'  prismi  rombici  propri  dell'  arragonite.  Ma  ebbi  as- 
sai a  dolermi  quando  penetrato  nella  solfara  mi  avvidi  che  ogni 
fatica  tolerata  era  stata  quasi  invano  ,  giacché  in  tutta  quella  lo- 
calità dell' arragonite  la  solfara  era  colma  d'  acqua.  E  per  giun- 
ta a  vantaggio  de'  proprietari  potendo  cavarsi  il  solfo  dovunque 
altrove ,  mi  persuasi  che  miniera  cosi  ricca  sarebbe  rimasta  chiu- 
sa per  molti  anni  alle  ricerche  de' mineralogisti.  Purtuttavolta  a 
grave  stento  e  pericolo  raccolsi  non  pochi  saggi,  e  tali  che  ben 
mi  valsero  a  compenso  delle  fatiche  che  avea  durate.  Questi  cri- 
stalli nulla  àn  di  comune  nell'  apparenza  con  cpielli  del  Vesu- 
vio e  degli  altri  terreni  vulcanici  ,  e  sono  pure  di  dimensioni 
pili  vantaggiose  di  quelli  di  Arragona  :  due  aveauo  meglio  di 
75  millimetri  di  lunghezza  sopra  60  di  larghezza.  Dippiù  a  dif- 
ferenza di  questi  ultimi  che  s'  incontrano  in  cristalli  isolati  col 
gesso  in  un'  argilla  ferruginosa  ,  quelli  di  Cianciana  sono  sem- 
pre aggruppati  e  fortemente  aderenti  alla  ama  compatta.  Al- 
fio 


(  hi ,) 

cunl  sono  traslucidi  ,  allri  bianchi  ed  opachi  :  in  lutti  appari- 
scono alla  base  le  strie  raggianti  ,  che  indicano  i  piani  di  ge- 
minazione. Ve  n'  à  anzi  di  quelli  che  sono  profondamente  caver- 
nosi ,  e  quasi  vuoti  ncll'  interno  da  conservare  appena  per  alcu- 
ni tratti  r  apparenza  delineata  del  prisma.  Merita  attenzione  da 
ultimo  un  singolare  aggruppamento  di  cristalli  che  assai  frequen- 
temente s'  incontra  nella  medesima  località  :  contengono  1'  una  e 
r  altra  delle  due  forme  della  calce  carbonata  ;  perciocché  ti  si 
presentano  cristallini  scalenoedri  di  spato  calcare  di  soli  3  a  4- 
millimetri  di  lunghezza  ,  i  quali  nel  loro  accozzamento  sono  dis- 
posti in  modo  che  sembrano  avere  avuto  a  modello   Y  ordinaria 


forma  dell'  arragonile. 


3.°  Pirite. 


Basti  avere  accennato  solamente  questa  specie  mineralogica 
ne'  terreni  di  Sicilia,  la  quale  se  colà  si  rinviene  frequentemen- 
te nelle  argille  e  nelle  marne,  è  sempre  in  piccoli  cristalli  ,  e 
nulla  presenta  nelle  forme  per  che  meriti  particolare  descrizione. 

4-.°  So/fati  di  calce  ,  di  strontiana  ,  di  barite. 

Il  gesso  è  uno  de'  membri  principali  della  formazione  dei 
solfo  di  cui  ci  occupiamo,  e  si  accompagna  o  si  alterna  co' de- 
positi salini.  Ora  si  erige  in  masse  elevate  o  in  catene  di  colli- 
ne ,  come  a  M.  Rubiato  in  vicinanza  di  Piazza ,  e  presso  Naro, 
e  al  N.  di  Girgenti  ,  ora  in  banchi  ondeggianti  e  stratificati  a 
superficie  di  separazione  talvolta  piane  ,  talvolta  svariatamente 
curve.  Il  gesso  cristallizzato  non  si  trova  dovunque.  I  cristalli 
più  grandi   sono  pr^:.so  Naro  ,  i  piìi  limpidi  a  Cattolica  :  questi 

'JU 


(39^) 
secondi  presentano  la  singolarità  delle  superficie  convesse  na- 
scenti dall'  accozzamento  ben  noto  de'  cristalli  ordinari.  Ma  gra- 
ziosi oltreraisLira  quelli  di  CaUaiiissetta  in  tutta  la  cavità  delle 
solfare  trovanlisi  tra  questa  città  e  S.  Cataldi):  tutti  sono  emitro- 
pi,  e  maravigliosamente  allungati  sino  ad  avere  25  centimetri  di 
lunghezza  ,    ed   appena  5  millimetri  nella  maggiore  larghezza. 

Oltre  a  ciò  l'  esame  accurato  della  formazione  del  gesso  pre- 
senta due  fatti  interessanti  e  pur  troppo  degni  della  considera- 
zione del  geologo.  Il  primo  si  è  che  assai  frequentemente  i  cri- 
stalli di  solfo  e  quelli  di  gesso  si  compenelrano  scambievolmen- 
te conservando  ciascuno  di  essi  intatta  la  propria  forma  cosi,  co- 
me se  nella  cavità  di  una  roccia  separatamente  le  molecole  di 
una  sola  specie  avessero  avuto  un  solo  contro  d'  attrazione.  Mi 
parrebbe  questa  osservazione  sufficiente  a  poterne  inferire  essere 
stala  contemporanea  la  formazione  del  solfo  e  dello  gesso.  In  se- 
condo luogo  conviene  por  mente  ad  una  varietà  di-»  gesso  non 
trovata  finora  che  in  Sicilia  per  la  sua  relazione  di  giacitura 
con  le  cave  di  solfo.  Oltre  il  gesso  cristallizzato  ,  e  le  varie- 
tà compatta  ,  e  laminare  ,  v'à  pure  la  granulare  a  grossa  gra- 
na e  si  poco  coerente  che  spesso  con  la  semplice  pressione  del- 
le dita  ,  o  con  leggiera  percossa  riducesi  in  polvere  ,  o  in  gra- 
nelli separati.  La  chiamano  colà  briscale  ,  ed  accompagna  gli 
abbondanti  depositi  di  solfo  per  modo  cosi  costante  d;i  servire 
d' indizio  dove  formare  uno  scavo  per  istabilire  con  certezza  uun 
solfara.  0'  voluto  non  altro  che  notar  (picsto  l'atto,  del  ((uale  per 
la  sua  generalità  dovrò  in  altro  mio  lavoro  trarre  argomenti  ad 
illustrare  la  natura  e  la  genesi  di  questi  terreni. 

La  ceU'slina  assai  men  frequente  del  gesso  non  rinviensi  che 
cristallizzata  ,  ma  là  assai  più  abbondante  dove  sono  più  rari  il 
solfo  ed  il  gesso  cristallizzati.   Comunissiraa  è  la  varietà  diafana 


(  396  ) 
più  0  raen  perfettamente  ,  non  volgare  è  la  opaca   lattea     rara 
poi  oltreraodo  la  colorala   in    azzurro  ,   donde   à  preso    il    nome 
la    specie. 

Presso  Grotte  tra  Cannicaltl  e  Regalmuto  mi  è  accaduto  tro- 
vare per  la  prima  volta  la  baritina  in  sottilissimi  strati  da  due 
a  tre  millimetri  di  spessezza  ,  e  poi  noli'  argilla  di  Caltanisset- 
ia.  È  una  specie  affatto  nuova  in  Sicilia ,  e  solo  per  questa  ra- 
gione la  ricordo.  D' altronde  nulla  contiene  d'importante,  per- 
chè non  mi  è  stato  possibile  di  scoprirvi  traccia  di  cristalliz- 
zazione. 

S."  Salgemma. 

Le  miniere  di  salgemma  sono  più  che  possa  dirsi  abbon- 
danti in  questa  parte  di  Sicilia  ,  e  ricchissime  fra  tutte  soa 
quelle  di  Castrogiovanni  ,  di  Cattolica,  di  Regalmuto,  di  Cam- 
marata  ,  di  Raddusa.  Dove  è  a  strati  alternanti  con  le  marne 
bleu  ,  dove  a  grandi  ammassi  avvolti  dalle  medesime.  Frequen- 
tissime sono  del  pari  le  sorgenti  salse  anche  là  dove  il  sale 
non  apparisce  alla  superficie  del  suolo.  Il  salgemma  in  cristalli 
è  limpidissimo  ,  tranne  le  graziosissime  tinte  degli  anelli  colo- 
rati nelle  fratture  di  clivaggio  ;  ma  non  rare  volte  è  colorato 
in  giallo-verdiccio  ,  e  ,  quel  che  più  importa  ,  in  azzurro  in 
violetto.  Il  primo  colore  è  sempre  nel  sale  in  massa  ,  non  mai 
nel  cristallizzato ,  e  mi  sono  assicurato  che  è  cagionato  da  so- 
stanze straniere  contenutevi  accidentalmente.  Ma  donde  l'azzurro 
ed  il  violetto  ?  Spesso  strati  tenuissimi  ,  che  ne  sono  colorati  for- 
temente ,  alternano  in  serie  co'  diafani  ;  altre  volte  senza  segui- 
tare per  nulla  1'  ordine  del  clivaggio  la  parte  colorata  finisce  in 
superficie  sinuosa  ,  e  ne  svanisce  la  tinta  leggerissimamente  per 


(  397  ) 
gradi.  II  sale  comparisce  colorato  per  trasmissione  e   per   diffu- 
sione ;  ma  se  lo  sciogli  in  acqua  o  lo  riduci  in  polvere  va  via 
ogni  colore. 

Dopo  ciò  non  potrebbe  dirsi  essere  dovuto  siffatto  colora- 
mento alla  presenza  del  iodo  in  uno  stato  di  somma  attenua- 
zione ,  e  perciò  operante  sulla  luce  cosi  come  quando  è  in  va- 
pore ?  Il  certo  si  è  che  il  sale  colorato  di  Sicilia  pe'  suoi  carat-. 
Ieri  è  di  ben  altra  natura  da  quello  esaminato  da'  Signori  Jo- 
ly  e  de  Serres  raccolto  da  Wieliczka  ,  Salzbourg  ,  Moyenvic  , 
Cardona  e  da  altre  saline.  Essi  ne  attribuiscono  la  colorazione 
ad  una  specie  d' infusorio  assai  vicino  al  Monas  Dunalii ^  cui  si 
deve  secondo  il  Joly  la  colorazione  in  rosso  delle  acque  delle 
saline.  La  quantità  di  queste  monadi  nel  sale  più  coloralo  sa- 
rebbe prodigiosa  sino  a  formare  un  volume  eguale  alla  quarta 
parte  di  quello  del  sale.  Inoltre  esposte  quelle  varietà  di  salgem- 
ma a  temperatura  elevata  ,  il  colore  non  si  altera  che  debol- 
mente, tramandano  un  odore  empireumatico  ben  distinto  ,  e  re- 
stituiscono il  turchino  alla  carta  di  tornasole  arrossata.  Nulla 
di  tutto  questo  io  osservo  nel  sale  di  Sicilia.  A  24.0°  C.  in- 
comincia a  scolorirsi,  a  2Ì5o°  è  perfettamente  diafano,  nessu- 
na azione  sulla  carta  di  tornasole  ,  nessun  odore  empireumati- 
co ;  e  la  materia  colorante  è  oltre  quanto  possa  credersi  esile, 
infinitesima. 

Passiamo  ora  ad  esame  di  fatti  di  ben  altra  natura  ,  e 
d'  importanza   assai    maggiore. 

Per  osservazioni  che  ogni  giorno  si  vanno  moltiplicando  , 
siara  certi  che  dovunque  si  palesano  i  fenomeni  geologici  pro- 
dotti dal  gas  idrogeno ,  sono  pure  copiosi  i  depositi  di  salgem- 
ma. Neil'  Italia  centrale  sulla  più  alta  vetta  dellApeunino  ò 
visitato  i  lerreni  ardenti  di   Pietramala  ,    i   borborismi  0    bolli- 


(  SgS  ) 
toi  di  Bergullo  nell'Imolese,  le  sorgenti  di  Riolo  ,  quella  di 
Sassuno,  il  vulcano  fangoso  di  Monte  Zibio,  e  le  nove  salse  del 
suolo  Modenese,  ì  fuochi  di  Velleia,  e  le  salse  della  Torre  e 
di  Rivalla  nel  Parmigiano  ,  e  somiglianti  fenomeni  nel  Lucche- 
se ;  e  mi  sono  assicurato  io  pure  che  dapertutto  sono  accompa- 
gnati dal  sale  che  apparisce  e  nelle  sorgenti  sals3  abbondanti, 
f  por  le  fioriture  saline  sul  fango  eruttato.  Nelle  miniere  di  sa- 
le di  Wielizka  e  più  in  quelle  di  Bochnia  il  grisou  è  copioso: 
da  queste  le  emanazioni  gassose  sono  continue  ,  e  per  lo  accu- 
mularvisi  quando  il  lavoro  qualche  giorno  è  interrotto,  è  facile 
che  nel  ricominciarsi  si  accendano  alla  lampada  de'  minatori  con 
esplosioni  orribili  e  ruine  dannosissime. 

In  Francia  presso  Clermont-Fcrrand  v'  è  sviluppo  gassoso  ed 
acqua  salsa.  Dalle  miniere  di  salgemma  di  Gottergale  ascendono 
correnti  di  gas  infiammabile. 

Ma  in  Europa  la  regione  pii!i  ricca  di  sorgenti  di  gas  e  di 
,  vulcani  fangosi  insieme  è  al  suo  confine  sud  orientale.  La  pe- 
nisola di  Kerlsck  e  l'  isola  di  Taman  e  le  rive  del  Caspio  ne 
abbondano  ;  ed  alcuni  di  quei  vulcani  sono  troppo  celebri  per 
le  loro  eruzioni  di  fango  strepitosissime.  Or  quivi  sono  pure  in 
copia  le  sorgenti  ed  i  laghi  salsi  ,  ed  i  depositi  di  sale.  Altret- 
tanto è  a  dire  <\q'  pozzi  idropirici  dcWa.  Cina,  da' quali  emana 
alternamente  ora  acqua  salata  ora  uà  torrente    di  gas. 

Per  una  costanza  di  fatti  così  maravigliosi  non  può  rimane- 
re alcun  dubbio  che  la  sede  de"  fenomeni  del  gas  idrogeno  sia 
realmente  in  grembo  alla  formazione  salina.  Ma  qual'  è  tra'  tan- 
ti membri  dì  essa  la  cagione  vera  dello  sviluppo  gassoso  ?  Le 
cose  che  esporrò  brevemente  ci  additeranno  a  quel  che  pare  il 
cammino  per  risolvere  problema  cotanto  interessante. 

Tra  le  varietà  del  sale  di  Wielizka  in  Gallizia  ve  n  ha  u- 


(  399  ) 
na  di  un  aspetto  particolare,    niente   deliquescente    perchè    u  )n 

misto  ad  altri  cloruri  ,  clic  allo  sciogliersi  nell'acqua  lascia  sfug- 
gire delle  bollo  d'  idrogeno  carbonato  ,  (  secondo  Diunas  poco 
meno  che  la  metà  del  suo  volume  )  ;  e  perche  ciò  avviene  con 
leggiera  detonazione  ,  o  scricchiolanienla  ,  fu  chiamata  quella 
varietà  knicstcrsalz,  ossia  sale  decrepilaiUe.  Comprende  ognuno 
quanto  valga  lo  estendere  le  ricerche  sul  sale  decrepitante,  percioc- 
ché se  venisse  dimostrato  essere  copioso,  allora  tra  le  tante  sostan- 
ze che  si  trovano  nella  formazione  salina  ,  ogni  ragione  vorreb- 
be che  al  salgemma  stesso  si  attribuissero  tutt'  i  fenomeni  del 
gas  idrogeno.  Ciò  a  tanto  maggior  dritto  potremmo  affermare  do- 
po aver  conosciuto  che  in  Transilvania  ,  in  Ungheria,  negli  Sta- 
ti Uniti  ,  in  Cina  ,  il  gas  non  apparisce  se  le  miniere  sono  a- 
sciutte  ,  ma  si  sviluppa  di  presente ,  e  generalmente  in  copia  ap- 
pena una  vena  d'  acqua  penetra  ne'  depositi  di  sale. 

Or  in  Sicilia  tutte  le  cose  discorse  fin  qui  anno  lor  sede. 
Per  tutta  la  formazione  del  solfo  è  assai  abbondante  colà  ,  co- 
nio dicemmo  ,  il  salgemma  ,  e  frequenti  sono  pure  le  apparizio- 
ni dell"  idrogeno.  La  Macaluba  5  miglia  al  N.  di  Girgenti,  vul- 
cano fangoso  dalla  piìi  remota  antichità  celebra tissimo  ,  quan- 
do fu  da  me  visitato  il  25  maggio  i84.5  ,  era  in  uno  stalo 
alquanto  differente  da  quello  nel  quale  lo  descrisse  Dolomieu 
che  il  vide  nel  1781.  Questi  rinvenne  tutt' i  crateri  in  attivi- 
tà, e  li  descrisse  come  elevantisi  da  un  vasto  ed  immenso  golfo 
di  fango  ,  in  cui  ,  com'egli  si  esprime,  corrosi  il  più  grave 
rischio  di  essere  inghiottito.  Erano  tutti  bagnati  nell'interno; 
dal  fondo  di  ciascuno  si  elevava  ogni  due  o  tre  minuti  dell'ar- 
gilla molle  a  superficie  convessa  come  una  bolla  ,  la  quale  rom- 
pendosi al  contatto  dell'  aria  scorreva  fuori  del  cratere  a  somi- 
glianza delle  lave  su'  fianchi  della  collinetta. 


(  4oo  ) 

A  me  al  contrario  si  presentò  quella  pianura  interamente 
secca:  vi  contai  92  piccoli  coni  di  altezza  variabile  ,  tra' quali 
4.  dell'  altezza  massima  di  7^  centimetri  ,  gli  altri  piìi  bassi  si- 
no ad  avervene  alcuni  che  solo  per  qualche  centimetro  si  sol- 
levavano dal  suolo.  Tra  questi  57  emettevano  e  ben  lentamente 
delle  bolle  d' idrogeno  attraverso  la  belletta  di  cui  erano  pieni 
quei  crateri  in  miniatura:  gli  altri  35  erano  perfettamente  dis- 
seccati e  non  emettevano  gas  di  sorta.  Le  bolle  dove  più  fre- 
quenti ,  e  ne  contai  27  in  i',  aveano  volume  di  qualche  centi- 
metro cubico  ed  anche  minore  ,  dove  pii!i  rare  ,  frapponendosi 
talvolta  tra  due  bolle  consecutive  sino  a  g'  d' intermittenza  ,  e- 
rano  a!  paragone  assai  voluminose  ,  e  misurate  alcune  di  esse 
giungevano  a  J\,i  centimetri  cubici. 

Fenomeni  somiglianti  a  questi  della  Macaluha  si  avverano 
in  più  altri  punti  de  medesimi  terreni  ,  men  celebri  perchè  0- 
pcrantisi  più  tranquillamente  ,  ma  non  meno  interessanti  allo 
scopo  al  quale  è  diretta  la  enumerazione  che  ne  vo  facendo.  Tre 
miglia  più  verso  il  Nord  dopo  una  pioggia  gorgoglia  gas  abbon- 
dante :  vulcani  fangosi  sono  presso  Cianciana  ,  piccola  salsa  a 
Sumraatino  ,  e  nelle  Valanghe  della  Lalomba ,  ed  una  a  Terra- 
pilata  cosi  detta  perchè  senza  vegetazione  ,  la  quale  pure  nel 
1823  eruttò  violentemente  idrogeno  e  fango. 

Essendo  adunque  cosi  costante  anche  tra  noi  questa  simul- 
taneità delle  miniere  di  sale  con  le  emanazioni  dell'  idrogeno,  fu 
troppo  ragionevole  il  voto  del  mio  amico  professore  G.  Bianconi  dj 
Bologna,  il  quale  cosi  pienamente  à  illustrato  i  fenomeni  geologi- 
ci del  gas  idrogeno,  perchè  si  ricercasse  se  tra  le  varietà  de'  sali 
di  Sicilia  vi  fosse  quella  decrepitante  di  Dumas.  Con  ciò  non  pure 
si  avrebbe  nuovo  argomento  a  favore  delle  idee  teoretiche  su- 
periormente esposte,  ma  si  rivendicherebbe   altresì    una   gloria 


(  4oi  ) 
agli  antichi  ,  e  massime  a  Plinio  ed  a  Solino  ,  i  quali  sembra 
abbiano  intraveduta  questa  singolare  proprietà  del  sale  agri£;en- 
lino.  —  Or  io  a  siffatto  scopo  mirando  ,  dovunque  mi  sono  im- 
battuto in  miniere  di  sale  ne  ò  saggiato  d'  ogni  varietà  e  sopra 
luogo  e  lontano  anche  dopo  qualche  anno.  E  difatti  nelle  mi- 
niere di  Regalmuto  ò  rinvenuto  de'  pezzi  decrepitanti.  Per  nes- 
sun carattere  esteriore  si  distinguono  dal  sale  comune  :  v'  è  la 
varietà  granulare,  v'è  la  laminosa:  sperimentate  convenevolmen- 
te emettono  nn  volume  d' idrogeno  variabile  ;  ma  il  massimo  e- 
ra  assai  meno  di  quello  trovato  da  Dumas  cioè  appena  un  ter- 
zo del  volume  del  sale  ;  e  ciò  sopra  luogo  nell'  alto  di  raccor- 
lo.  Un  anno  dopo  questo  massimo  si  ridusse  alla  sesta  parte 
del  volume  del  sale  ,  e  dopo  tre  anni  era  svanita  interamente 
ogni  traccia   di   sviluppo  gassoso. 

Ricercbe  di  questa  natura  dovrebbero  essere  estese  in  Si- 
cilia in  tutte  le  miniere  di  sale  ,  e  massimamente  in  vicinan- 
za de'  luoghi  ne  quali  apparisce  1'  idrogeno  ,  per  avere  il  dritto 
di  ricavarne  conseguenze  generali. 

6.°  Fossili. 

Non  è  già  mia  intenzione  di  far  lunga  descrizione  de'  resi- 
dui organici  che  si  ritrovano  nella  formazione  de'  solfi.  Ben  u- 
scirei  da'  limiti  e  dall'ordine  che  mi  son  prefisso;  tale  catalogo  for- 
merà parte  d'  un  lavoro  meramente  geologico.  Io  voglio  qui  sola- 
mente accennare  allo  scheletro  d'un  pesce  rinvenuto  nelle  collino 
di  gesso  compatto  al  N.  di  Girgenti,  meritevole  soprattutto  d'  es- 
sere avvertito  .  perchè  è  il  primo  ittiolito  che  ci  si  presenta  in 
questi  terreni  di  Sicilia.  Il  pesce  adunque,  come  apparisce  dalla  fi- 
gura che  ne  dimostro  ,  per  la  forma  e  struttura  della  sua  coda 

5i 


(    4.02    ) 

rotondata  ,  per  la  colonna  vertebrale  piegata  in  alto  alla  sua  e- 
slremità  ,  per  le  vertebre  grosse  e  corte ,  come  per  ogni  altra 
sua  parte  entra  nel  genere  Cyclurus  dell'  Agassiz  ,  famiglia  dei 
Ciprini  (i).  Se  non  che  farebbero  eccezione  le  squame,  le  qua- 
li si  vorrebbero  spesse  ed  allungate  ne'cicluri  ,  mentre  nel  no- 
stro ittiolito  si  trovano  largh  e  e  rotonde ,  e  se  ne  contano  sola- 
mente sette  serie  longitudinali.  Ora  è  cosa  ben  singolare  che 
mentre  i  ciprini  sono  stati  così  numerosi  nelle  acque  dolci  del- 
l' epoca  terziaria  ,  come  lo  sono  ne'  nostri  laghi  ,  e  ne'  fiumi  at- 
tuali, pure  nessuna  specie  fossile  se  ne  sia  ancor  trovata  nel  gesso. 
Infatti  delle  due  specie  del  genere  Cyclurus  una  esiste  nelle  li- 
gniti di  Ménat ,  1'  altra  negli  scisti  di  Oeningen.  Degli  altri  set- 
te generi  della  medesima  famiglia  de'  ciprini  la  massima  parte 
si  trova  negli  scisti  di  Oeningen  ,  poche  specie  nel  calcare  ter- 
ziario di  Steinbeim  ,  anche  minor  numero  nelle  ligniti  di  Bonn 
e  di  Ménat  ,  nessuna  perfettamente  nel  gesso.  Adunque  questo' 
ittiolito  e  perchè  trovato  in  Sicilia  ,  e  nella  formazione  del  ges- 
so è  affatto  nuovo  sotto  un  doppio  aspetto  di  giacitura. 


(i)  Yol.  S  pag.  1». 


SULLA  MISURA 


DELLA 


mmu  mimm  o  m\\\  mm 

MEMORIA  DEL  SOCIO  FRAIVCESCO  PAOLO  TUCCI. 


\_j  N  nostro  distinto  uffiziale  del  Genio  mi  proponeva  mesi  ad- 
dietro a  considerare  una  Volta  che  nei  tempi  andati  si  costrui- 
va spesso ,  ma  non  cosi  al  presente  perchè  forse  riputata  meno 
conforme  al  buon  gusto  dell'  Architettura  ,  e  perciò  omessa  nel 
Trallalo  della  Misura  delle  pialle  ,  pubblicato  nel  i832.  É  des- 
sa  la  Crociera  cilindrica  ad  Archi  gotici ,  di  pianta  ordina- 
riamente quadrata,  ma  che  potrebb'  essere  anche  rettangolare  ;  e 
in  Napoli  la  Chiesa  di  S.  Domenico  Maggiore  ,  di  fresco  bella- 
mente ristaurata  ,  non  presenta  che  simili  Volte  nelle  sue  nava- 
te laterali. 

Ora  nei  restauri  di  una  Crociera  gotica  ,  ed  anche  nella 
costruzione  di  essa  che  in  qualche  caso  si  stimasse  conveniente, 
potendo  la  Volta  esser  dorata  o  dipinta  a  colori  fini  ,  si  scorge 
la  utilità  che  avrebbero  le  formole  acconce  a  misurarne  la  su- 
perficie,  0  in  caso  di  costruzione  il  volume.  I  mezzi  che  oggi 
possiede  la  scienza  sono  in  vero   molto  superiori   alle   difficoltà 


(  AoA  ) 
che  tali  misure  presentano  ;  ma  ciò  nondimeno ,  siccome  nel  ca^ 
so  della  pianta  rettangolare  gli  Archi  non  possono  esser  tutti  cir- 
colari ,  e  quindi  la  costruzione  della  Volta  esige  la  ricerca  del- 
ta natura  di  tali  Archi,  i  quali  si  trova  dover  essere  ellittici  ; 
e  siccome  nel  caso  de^li  Archi  parte  circolari  e  parte  ellittici 
avvi  la  notevole  particolarità,  che  questi  ultimi  possono  avere 
r  ampiezza  di  60  gradi  come  i  primi  ,  ed  anche  senza  questa 
particolarità  la  misura  della  superficie  curva  della  Crociera  di- 
pende da  trascendenti  ellittici  ,  combinati  con  trascendenti  loga- 
ritmici o  circolari  ,  cosi  io  credo  poter  fare  omaggio  di  un  te- 
nue lavoro  concernente  gì'  indicati  oggetti  a  questo  Reale  Isti- 
tuto ,  il  cui  nobilissimo  scopo  è  1'  iucoraggiameuto  di  ogni  ma- 
niera di  mii   e  d'  industrie. 

ARTICOLO    I. 

DELLA    CROCIER-V    GOTICA   DI    PUNTA   QUADR.4TA.. 

Coslntzione  della  Folla  ^  e  mimru  dalla  sua  superjìcie: 

I.  Sia  0  A  D  B  (  ffg.  r.  )  un  quadrato  orizzontale  ,  in  unio- 
ne degli  altri  che  si  veggono  descritti  attorno  le  metà  delle  sue 
diagonali;  e  supposta  essere  OC  una  verticale  ,  suppongasi  de- 
scritto nel  piano  AOC  e  sopra  la  OA  1'  Arco  gotico  AEO  ,  tal- 
ché siano  A  ed  0  i  centri  degli  archi  circolari  EO  ed  EA. 
Supponendo  parimente  descritto  nel  piano  verticale  BOC  e  sul 
lato  BO  r  Arco  gotico  BFO  ,  è  facile  vedere  che  le  due  super- 
fìcie cilindriche  ed  orizzontali  proiettate  sui  detti  piani  vertica- 
li negli  archi  OE,  OP  s' intersegheranno  in  una  curva  proietta- 
ta sul  piano  orizzontale  in  Oo;  poiché  descritto  un  quadrato  qua- 


(  4')o  ) 

ftinquo  OPLQ  inlorno  ad  Oo  ,  ai  lati  OP,OQ  riguardati  come 
ascisse  corrisponderanno  ordinale  uguali  P3I,  QN  negli  archi  cir- 
colari OE,  OF  descritti  coi  raggi  eguali  AO,  BO  ;  e  quindi  1'  e- 
slremo  della  verticale  condotta  per  L,  e  supposta  lunga  quanto 
le  altre  PM^  QN,  sarà  un  punto  comune  alle  due  superficie  cilin- 
driche ,  le  quali  s"  interscgheranno  per  ciò  in  un  arco  proietta- 
lo orizzontalmente  in  Oo  ,  e  di  natura  ellittico  per  le  note  pro- 
prietà del  cilindro  retto. 

È  chiara  la  eguaglianza  di  quelle  porzioni  delle  medesi- 
me superficie,  le  quali  si  proiettano  sui  piani  verticali  AOC , 
BOC  negli  archi  circolari  OE,  OF  ,  e  sul  piano  orizzontale  nei 
triangoli  Olio,  OKo  ,  essendo  eguale  per  ambedue  tutto  ciò  che 
determinarla  lor  misura.  Dì  che  risulta,  che  supponendo  esiste- 
re due  altri  Archi  gotici  nei  piani  verticali  dei  rimanenti  lati 
AD  e  BD  del  quadrato  OADB  ,  le  superficie  cilindriche  ed 
orizzontali  che  movono  dagli  archi  i  quali  passano  per  A  per 
D  e  per  B  daranno  parimente  origine  a  sei  altre  porzioni  e- 
guali  di  dette  superficie  ,  proiettate  orizzontalmente  nei  triango- 
li AHo,  ARo  ,  DRo,  DSo ,  BSo,  BRo.  Tutta  la  superficie  cur- 
Ta  della  Crociera  gotica  di  pianta  quadrata  sarà  dunque  compo- 
sta di  otto  porzioni  eguali  a  quella  proiettata  orizzontalmente 
in   OHo,   e    che   noi   andiamo   a  misurare. 

2.  Prendiamo  per  assi  coordinati  e  rettangolari  delle  x,  y^  2, 
le  rette  OA  ,  OB ,  OC ,   e    ponghiamo 

OA  =  «,  OP  =  jr,  PL  =0Q  =y,  PM  =  QN  =  :; , 
e  l'arco  OM  =  *  ,  che  riguarderemo  come  variabile  indipenden- 
te. Allora  r  elemento  ossia  il  differeuziale  della  superficie  pro- 
iettala in  OPL  avrà  per  misura  il  prodotto  di  PL  nel  differen- 
ziale dell'arco  OM ,  e  quindi  verrà  espresso  àAyds\  ma  per  es- 
sere LP=PO  abbiamo  ^=-r=r*— cos  «  :  dun([ue  il  detto  elemen- 


(  4o6  ) 
to  sarà  (  a — cos  s  )  ds  ,  epperò  la  somma  degl'  infiniti  elementi 
consimili  e  raccliiusi  tra  gli  estremi  dell'  arco  OE   di   60  gradi 

sarà  l'integrale  definito  r"? '^"  (  o  — cos  «  ^  ds.    Ora    essendo    a  il 

i/o 

raggio  dell'  arco  s ,  abbiamo  per  le  formolo  ovvie 

1(0  —  cos  s  j  ds  =  c«  —  a  sen  *  , 

e  questa  espressione  divien  nulla    con  s  ;    dunque    sostituendovi 

f'!'«ad5,ed  ^a/^^  a  sen  5  (  per  essere  nel  cerchio  di  raggio   i 

sen  60"  =  cos  3o°=  7  ^^)  ,  la  richiesta  superficie  proiettata  in 

OHo  verrà  indicata  da  a*  \1'^~'Z^^)-  e  quindi  1'  intera  superfì- 
cie curva  della  Crociera  sarà 

8a«(i'^-^/^3-)  =,/.(,, 44937  .  .  .), 
talché  in  pratica  basterà  moltiplicare  la  sua  pianta  pel  numero 
1,44-937  •  .  .    per  averne  la  misura.  E  negli  usi  ordinari  potrà 
quel  numero  ridursi  ad   i,45o  per  avere  un  rìsuUamenlo  che  ec- 
cede il   vero  per  meno  di  un  millesimo  delia  pianta. 

Misura   della  solidità. 

3.  Passando  alla  solidità  ci  limiteremo  in  tutto  il  corso  di 
questa  Memoria  alla  misura  del  vano  compreso  tra  la  superficie 
curva  della  Volta  e  il  piano  OADB  della  sua  impostatura.  In 
questo  modo  noi  potremo  prescindere  dalle  forme  diverse  che 
potrebbe  avere  1'  estradosso  della  Volta  ,  e  per  le  quali  la  mi- 
sura della  di   lei   solidità  non   diviene  guari  più  difficile. 

È  manifesto  che  il  detto  vano  comprende  otto  porzioni  tut- 
te uguali  a  quella  che  si  proietta  sul  piano  verticale  in  OHE 
e  sul  piano  orizzontale  in  OHo.  Per  la  misura  della  medesima 


(  4o7  ) 
supporremo  che  x  diuoti    AP  trasportando   in  A  F  origine  delle 

coordinate  ,  e  prenderemo  per  suo  elemento  o  differenziale  la 
falda  compresa  tra  le  sezioni  che  vi  producono  due  piani  per- 
pendicolari ad  AO  e  condotti  per  gli  estremi  della  Pp=(/a7. 
Queste  sezioni  essendo  due  rettangoli  che  possono  stimarsi  e- 
guali  per  1'  infinita  vicinanza  dell  uno  all'altro,  od  uno  di  es- 
si avendo  per  lati  PL  e  PM ,  1'  espressione  della  falda  elemen- 
tare  sarà   da  principio  yzdx  ,  ma   siccome 

y=PL=PO=AO— AP=a— r , 

e  per  1'  arco  circolare  OE  abbiamo 

-  =  PM  =  ^«^  —  x^  , 
così  in  funzione  della  sola  x  quella  espressione  diverrà 

(^a  —  x)dxya-  —  x-'  , 

e  la  somma  delle  infinite  falde  consimili,  a  contare  da  0"  =  AH=7<r 
sino  ad  a:=AO=«    ci    verrà   data  per  l'integrale  definito 

71"^    («  —  x^dx^a-"  —  x"-  . 

2 

Questo  integrale  si  spezza  nei  due 
aJl^  dx  A^o'  —  at*  ,  e  fi,  —xdx  ^«^  —  x-  -, 
e  in  quanto  al  primo  ^  essendo  per  una  formola  ben  conosciuta 
Jdx  A^o«  —  a:»  =  7  //"a^  —  j:»  -J-  ^  are  sen  i , 

avremo  «/^  "    dx  f^ci-  —  x-  =  ^^  (^  —  -^  ) . 

Riguardo  poi  al  secondo ,  siccome  pel  cerchio  OME  abbia- 
mo o* — ^a?*=s3*,  e  quindi  —  xdx  =  zdz  ,  e   r  a''  —  a;"  =  s, 
cosi  avremo 


(  4.08  ) 

e  quindi      /i,  —xdx  f^a^  —  x'  =—  ^f  a'  . 

2  8 

Adunque   tutto  1'  integrale  definito   in  discorso  à  per  valore 
«^  ("iy — tAs")'  ^  bisognando  moltiplicarlo  per  8  affin  di  ave- 
re tutto  il  vano  della   Crociera  ,  questo  sarà  definitivamente  rap- 
presentato da 

«3  (|r_  2  /r)  =  a^  (  0,72468  .  .  .  ). 
Limitandosi  negli  usi  ordinari  a  tre  cifre  decimali  può  ri- 
tenersi che  il  vano  della  Crociera  sia  il  prodotto  del  cubo  aven- 
te per  base  la  di  lei  pianta  per  0^7 2 1)  con  errore  (  in  piìi  ) 
minor  di  un  millesimo  dello  stesso  cubo.  In  questo  limite  di 
c'ipprossimazione  si  può  ritenere  in  termini  semplicissimi  ,  che 
il  cubo  avente  per  base  la  pianta  della  Crociera  stia  al  vano 
di  questa  come  l\.o  a.  29  ;  del  pari  che  pel  risultaraento  del  n.° 
2  potrebbe  dirsi ,  che  la  pianta  della  Crociera  stia  alla  di  lei  su- 
perficie come  20  a  29. 

ARTICOLO    IL 

DELLA  CROCrElU  GOTICA  A  PIANTA  RETTANGOLARE. 

Costruzione  della   Crociera. 

4..  Sia  ora  OADB  (  fig.  2  )  un  rettangolo  orizzontale,  e 
supposto  il  lato  OA  maggiore  di  OB  denotiamoli  rispettivamen- 
te con  a  e.  b.  In  questo  caso  se  sopra  il  piano  verticale  di  fian- 
co BOC  si  supponga  descritto  alla  maniera  ordinaria  1'  arco  go- 
tico BFO,  non  potrà  essere  circolare  l'altro  gotico  OEA   a  de- 


(  4.09  ) 
scriversi  nel  piano  verticale  di  fronte  AOC ,  perchè  l'arco  OE 
vuol  esser  la  proiezione  sul  piano  AOC  dell'arco  ellittico  in  che 
la  superficie  cilindrica  orizzontale  che  move  da  OF  intersega  il 
piano  verticale  che  passa  per  Oo  ;  nondimeno  ci  sarà  facile  tro- 
varne la  natura  ,  quando  anche  V  arco  OF  non  fosse  circolare. 
Ed  in  vero,  descrivendo  un  rettangolo  qualunque  OPLQ  intorno 
ad  Oo,  e  ponendo 

OP  =  a?,  PL  =  OQ=y,   PM  =  QN  =  s, 

la  proporzione  OA  :  OB  :  :  OP:  OQ  ci  darà  l'equazione  ay  =  bx^{\)\ 
ma  d'  altra  parte  abbiamo  V  equazione  della  curva  data  OF ,  che 
possiamo  indicare  generalmente  con  f(y, s)=o  (2): 
dunque  eliminando  y  tra  queste  due  equazioni  avremo  quella  del- 
la curva  OE.  Cosi  nel  caso  nostro  dell'arco  OF  circolare  ,  di 
raggio  ^,  e  di  centro  B  ,  1'  eliminazione  della  y  va  fatta  tra  le 
equazioni 

ay=ibx^     e     z'^  =  2by — y- ^ 

e  risultandone  z^  ^=i  —  (  2  ax — a:*);  si  rende  manifesto  cheOE  vuol 

essere  arco  di  una  ellisse  avente  il  centro  in  A,  e  per  semiassi 
AO:=c  ,  ed  Ap=0B=6:  risultamento  che  non  potea  desiderarsi 
pili  semplice. 

Or  dovendo  esistere  nel  piano  verticale  che  passa  per  AD 
un  altro  Arco  gotico  in  tutto  eguale  ad  OFB ,  l'arco  AE  il  quale  si 
combina  con  quello  che  pareggia  OF  ed  è  proiettato  orizzontal- 
mente in  AR  ,  dovrà  esser  parte  dell'  ellisse  avente  il  centro 
in  0  ed  i  medesimi  assi.  E  in  fine,  sul  piano  verticale  che  pas- 
sa per  BD  esisterà  un  altro  Arco  gotico  ed  ellittico  eguale  ad  OEA, 


9a 


(  Aio  )■ 

Misura   della  superficie.. 

5.  Consideriamo  da  prima  la  porzione  proiettala  orizzontal- 
mente nel  triangolo  OKo ,  e  verticalmente  nell'  arco  circolare  OF 
di  cui  chiameremo  s  la  parte  ON  corrispondente  ad  OQ.  L'  e- 
lemento  di  tal  porzione ,  il  quale  può  riguardarsi  come  un  ret- 
tangolo avente  per  lati  il  differenziale  di  ON  ed  LQ ,  avrà  per 
misura  xds]  ma  ora  non  è  x  uguale  ad  y  come  nel  n.°  2  ,  si 
benea'=iy  in  virtù  dell'equazione  ay^=bx:   dunque   il   detto 

elemento  verrà  espresso  da   ^yds  ,  e  siccome 

y=.0()'=b  —  cosè^,  avremo   ^{b — cos*)f/* 

per  espressione  deffinitiva  e  tutta  in  s  del  medesimo.  Or  gì' in- 
finiti elementi  consimili ,  che-  insieme  uniti  formano  la  porzione 
di  cui   si  tratta  ,  corrispondono   ai  valori  di  s  compresi  da  s=o 

ed  ^=0F=-3<i  ,  epperò  tal  porzione  vien  indicata  dall'  in- 
tegrale definito  irì'*  (^ — cos-s/ds;  ma  dal   precedente  n."  2- 

abbiamo 

O 

dunque  il  di  lei  valore  sarà  ab{\'' —^  f^^\,  e  il  quadruplo 
di  questa  formola  ci  darà  della  intera  superficie  curva  della  Volta 
quella  parte  che  move  dagli  Archi  gotici  propriamente  detti, 
ossia  circolari. 

6.  Veniamo  adesso  a  considerare  quella  porzione  dèlia  su- 
perficie, che  sul  piano  orizzontale  si  proietta  nel  triangolo  OHo, 
e    sul   piano    verticale   AOC  nell'arco  ellittico   OME  :    porzione 


(4II  ) 

iche  pur  quattro  volte  si  contiene  nell'  intera  superficie  della 
Crociera.  Per  trovarne  la  misura  conteremo  le  x  dal  centro  A 
dell'  ellisse   OME ,    per    cosi    esprimere    1'  equazione    di    questa 

curva  con  la  forma  consueta  —    -f-  —  =  i  ;    e  supponendo  de- 
ce^ b"" 

scritto  il  quadrante  circolare  0;j-a  col  centro  A  e  col  raggio  AO=a, 
chiameremo  s  l'arco  ellittico  ?M  contato,  secondo  l'uso^  dal- 
l' estremo  ?  del  semiasse  minore  A|i=<J,  e  <p  V  angolo  '^.A;-!-  ossia 
V  ampiezza  del  medesimo,  corrispondenti  amcndue  ad  AP:=r. 
In  lai  modo  essendo  AP=A[J.seH  AiJ-P,  cioè  a  dire  .r:=a  sen  ^, 
r  equazione  dell'  ellisse  OM?  ci  darà  z=.b  cos  <p,    ed   avremo 

ds  =  1"^ dx^-  -^-dz^  =d(p  /'^a'  {a^  —ó^)  sen'^  cp, 

0  più  semplicemente  ds=adcp  ^  i  —  T^  sen^  ?,  supponendo 
rt^  —  b'  =  a"'  T  ' 

In  questa  espressione  di  ds  ^  -^  e  una  frazione  esprimente 
il  rapporto  della  eccentricità  al  semiasse  maggiore  ,  e  riguar- 
data come  seno  dì  un  angolo,  quest'  angolo  è  ciò  che  Legendre 
nelle  sue  Tavole  ellittiche  chiama  modulo  della  ellisse,  e  che 
al  pari  d^W  wnpiezza  <p  varia  di  grado  in  grado  tra  i  limiti  o"e  90°. 

Or  r  elemento  delia  porzione  di  superficie  in  parola  aven- 
do per  misura  il  prodotto  della  l'etta  LP  pel  differenziale  dell'  ar- 
co pM,  la  sua  espressione  analitica  è  da  principio  ^(/*;  ma  es- 
sendo PO=AO — AP^o — T,  e  PL=y,  la  proporzione 

PO:  PL:  :  AO;  AD  ci  dà  y=ài<i — ^),  ed  abbiamo  veduto  che 
x=a  sen  (p;  dunque  y  =  b{i — senip),  e  l'elemento 

yds=  ab  (i  —  sen?  )  d?  A^i  —  T'  sen^  9. 

Da  un'  altra  parte  gì'  infiniti  elementi  consimili ,  e  formanti 
insieme  la  porzione  di  cui  è  parola ,  essendo  compresi  tra  i  pun- 
ii E  ed  0  dell'arco  EMO,  i  valori   estremi   di  p  in  parli   della 


(    4-12    ) 

circonferenza  di   raggio  i  saranno  ir  '^  ed  ;r  '^  ;  perchè  l'angolo  aAe 

AH  I 

è  di  trenta  gradi  avendo  per  seno  Te  =  2  ,  e  l'angolo  «AO  è 
retto. 

7.  Per  effettuare  adesso  l'integrazione  della  formola 

ab  (i — sen?)  d?  r    i  — y  sen'  9  la  spezzeremo  nelle  due  parti 
abd'i  r    \  —  7'"  seu^  9,  — o^t/cpsen?  ri  —  f  sen^  cp, 

con  che  ricordando  che  l' integrale  di  od?  f^i  —  7^  sen^  9  preso 
tra  gli  anzidetti  limiti  di  <p  esprime  V  arco  ellittico  EO ,  l' inte- 
grale della  prima  parte  sarà  il  prodotto  della  lunghezza  di  que- 
st' arco  pel  semiasse  minore  A^=6,  ossia  pel  minor  lato  OB 
della  pianta:  il  che  polrchhe  darne  il  valore  quando  fosse  lecito 
di  misurare  con  diligenza    sopra    luogo   la  lunghezza   dell'  arco. 

In  ogni  caso  però  ,  siccome  l' integrale  di  d?  /^  i  — 7*  sen^  ^ 
valutato  da  (p=  So"  sino  a  ip=  90°  esprime  un  arco  simile  ad 
EO  ed  appartenente  all'  ellisse  di  semiasse  maggiore  i  ,  e  di 
modulo  l'angolo  avente  per  seno  "y,  così  il  numero  che  n'espri- 
me la  lunghezza  in  parti  dell"  unità  verrà  dato  per  1'  eccesso  del 
quadrante  del  perimetro  di  delta  ellisse,  cui  Legendre  noia  con 
E  (7),  suir  arco  simile  a  fE  cui  esprime  con  E  (7,  3o°)  ;  e  i 
valori  numerici  di  questi  due  archi  trovansi  registrati  nelle  sue 
Tavole  ellittiche.  In  conclusione ,  il  primo  dei  due  integrali  di 
che  siamo  in  ricerca  è  dato  pel   trascendente  ellittico 

a*[E(Y)-E(^,3o°)], 
e  può  tenersi  cognito  con  un'  approssimazione  di  gran  Iimga  su- 
periore  a  quella  che  ordinariamente  si  esige. 

8.  Per  eseguire  la  ricerca  del  secondo  integrale  mediante 
le  formole  piìi  ovvie ,  mi  sembra  utile  cambiarlo  in  funzione  del 
solo  coseno  di  <p.  Infatti  ponendo 


(4i3J 

cos?  =  /,  si  à  — (1?  sen9='7/,  e  A'"  1—7"  sen*  9  =/^S'^  -}-  r  ^"  , 
dove  per  brevità  S^  =  i  —  y*  .  Quindi 

/—  d?  sentp  //  I  —r'seQ-<}=fdi  /^S^^-T  ^ 


e  siccome  i  limili  di  (p,  i  quali  sono  So"  e  ^0°  danno  per  ^=:  cos  f 

i  limiti  -A's"  e  0 ,  tra  questi  limili  converrà  valutare  la  prece- 
dente espressione  di  /:  il  che  fatto  al  modo  ordinario ,  e  resti- 
tuito a  2^  il  valore  i  —  7*  ,  trovasi 

8  2>  2  /^  j  ^2 

Dopo  ciò  il  valore  effettivo  della  porzione  di  superficie  che 
abbiam  presa  a  misurare   verrà   dato   per    la  formola 

»4e(t)-E(t,3o<')-^      s ^^^T^T^^J 

e  siccome  tal  porzione  si  ripete  quattro  volte  nell'  intera  super- 
ficie della  Crociera,  a  siraiglianza  dell'  altra    proiettata    nel  tri- 

f  —  1)1  cosi  la 
misura  di  tutta  la  superficie  curva  della  Crociera  gotica  a  pian- 
ta rettangolare  di  lati  ce  ^  -<  o,  col  gotico  circolare  descrit- 
to sul  lato  minore  ,  verrà  data  finalmente  per  la  formola 

ab  r  4t  _  2  rf-  f^r(x-t  )  -h  4-E  (T)  —  4E(7,  So") 

7  2    /  '  1      V2  J 

dove  Y  è  determinato  per  la  equazione  a'  — ò^  =  a"^  7^  .  (*) 


{*')  Si  à  una  conferma  della  esattezza  di  questa  formola  osservando  clie 
quando  la  Volta  ritorna  di  base  quadrata  col  supporre  a  =;  ^  ,  allora  si  i 


<  4a  ) 

Fano  della   Crociera  gotica  di  pianta  rettangolare^ 
già  considerale. 

9.  La  misura  di  questo  vano  ci  darà  minor  pena.  Infatti  co- 
minciando dalla  porzione  proiettata  orizzontalmente  nel  triangolo 
OKo  (fig.  2  )  e  verticalmente  nel  segmento  circolare  OKF,  sup- 
])orremo  che  y  dinoti  BQ  ritenendo  x  =  QL,  e  z  =  NQ.  Così 
r  elemento  della  porzione  frapposto  al  piano  verticale  LQN  ed 
un  altro  parallelo  ad  esso  e  distante  per  dg  ,  avrà  per  misura 
xzdg;  ma  la  proporzione  OQ  :  QL  :  :  OB  :  BD,  ossia  ò — ^■.  x:  :b:  a 

ci  dà  j:  =  A*  (  b — g  )  ,     e   T  equazione  Z'=  b- — g-  dell'  arco  OF  ne 

dà  z  =  ^b- — g-:  dunque  il  detto  elemento  verrà  espresso  in  y 

da  j{b — y)  dy  ^ b- — y- ,  e  dovendo  gì'  infiniti  elementi   con- 
simili e   formanti   insieme    la    porzione    sommarsi    tra    i   limiti 

y=BK  =-;b  ^    ed  y  =  BO  =3,  avrà  essa  il  valore  dell'integrale 
definito 

Tfi,{b-y)dy  Fb'-y\ 

Ma  cambiando  x  &à.  am  y  q  b  nell'  integrale  trovato  nel 
n."  3  si  à 

Y=o,  l'ellisse  di  semiasso  maggiore  i  e  di  eccenlricità  "^  si  cangia  nelcer- 

cliio  di   raggio  i  ;  onde  E  (■y)  =2   .11,  ed  £(7,  3o°  )=  '_..  E  siccome  la  par- 

te  logaritmica  assume  la  forma  indeterminata  ooxo,  ma  coi  noti  procedi- 
menti di  Calcolo  differenziale  trovasi  essere  /^"^  ,  tutta  la  formola   diviene 

cCi  ^t: — 4  /^g"  y  di  accordo  col  u.°  2.  E  dovendo  in  pratica  servirsi  dei 

logaritmi  briggiani  ,  si  cambierà  il  fattor  2  della  parte  logaritmica  nel  pro- 
dotto 2  X  2j3o258  .  .  .    =  4-j6o3i6  .  .  . 


(  415  ) 
IL    {b-y)  dy  ^-b^^  =  /^K^  -  f  ), 

dunque  moltiplicando  per  j-,  sarà  ab'^  y{  —  _)  il    valore    delia 

4 
porzione  di    cui  si  tratta. 

IO.  Un  integrale  afTalto  simile,  ma  moltiplicato  per  un  di- 
verso fattor  costante  ci  darà  la  porzione  proiettata  orizzontalmen- 
te nel  triangolo  OHo,  e  sul  piano  verticale  AOC  nel  segmento 
ellittico  OHE.  Difalti  supponendo  che  x  dinoti  AP  ,  e  che  y  ez 
continuino  ad  indicare  PL  e  PM,  1'  elemento  di  questa  porzione 
compreso  tra  '1  piano  verticale  LPM  ed  un  altro  parallelo  e  di- 
stante da  esso  per  dx  sarà  quanto  yzdx\  ma  la  proporzione 

OP:  PL  ::0A:  AD,  ossia  e— x:  y::  a:  b  ^  àk  y  =  -(e — a:), 
e  V  equazione  z""  =l{a^  —x^  )  dell'  ellisse  OMg  dà 


a' 

-  ^  a^  —  x^  \  dunque  T  espressione  tutta  in  a?  dell'  elcmen- 
,  b- 


io  sarà  —  f  % 2  \  ^^  ^ ^i ^^      e  dovendo  sommare  infini' 

ti  elementi  consimili  da  a?  =  AH  =  ^  <^  sino  ad  a*  =  AO  =  a,  la 
porzione  richiesta  sarà  quanto  l' integrale  definito 

iW;-    {a-x)dx^^^^^^ , 

e  quindi  pel  n.  3  avrà  per    valore    ab^\\       — :-),    come    1'  al- 
ita proiettata  in  OHo. 

Dopo  ciò,  osservando  che  tutto   il  vano- della   Crociera  è  il 
quadruplo  della  somma  di  tali   porzioni ,  il  suo  valore   definitivo 

à  ci*  (1'  —  2  Z's"  ),  0  vero  ab-"  x  0,724.68  .   .   .  E  ne'  casi 


sarà 


29 


ordinari  contentandosi  di  sostituire  0,7.20  ossia  4;,  al  fattor  deci 


(  4i6  ) 
male ,   potrà  dirsi  che  il  parallelepipedo  avente  per  base  la  pian- 
ta della  Crociera,  e  per  altezza  il  lato  sul  quale  insiste  T  Arco 
gotico  circolare,  stia  al  vano   come   ^o  a  29:  perfettamente  co- 
me nel  caso  della  pianta  quadrata. 

ARTICOLO     III. 

Del  caso  in  cui  f  Arco  gotico  circolare  insiste  sul  lato 
maggiore  della  pianta. 

1 1 .  L'  architettura  gotica  essendo  svelta  e  non  di  rado  ar- 
dila, vorremo  supporre  anche  il  caso  che  il  Gotico  propriamente 
detto  ,  ossia  ad  archi  circolari  di  60  gradi  ,  insista  sul  Iato 
maggiore  della  pianta,  che  supporremo  essere  OB  (  fig.  3  );  di 
che  segue  (  n.  4^  )  che  il  Gotico  insistente  sul  lato  minore  OA 
dovrà  esser  formato  di  due  archi  eUittici  AE  ed  OE  aventi  per 
centri   0  ed   A,  e  per  semiassi   minore  e  maggiore   a  q  b. 

In  questo  caso  è  notevole  che  1'  ampiezza  di  questi  archi 
sia  pure  di  60  gradi ,  poiché  1'  equazione  al  centro  A  dell'  ar- 
co OE  essendo 

^4-—,=:  T    facendovi  a;=:OH=-o,  saràs=HE  =  —  b, 

e  quindi  descritto  sul  semiasse  maggiore  k^=b  Squadrante  circo- 
lare P^a,  si  avrà  sen  aAe  =  ™  _  £}",  e  quindi  ang.  aA£=6o''  (*). 


(*)  Se  r  arco  01''  fosse  elliUico  ed  espresso  dalla  equazione 

in  cui  y  e  s  dinolano  OQ  e  QN ,  l' eliminazione  di  y  tra  questa  equazione 
e  l'alita  ayzs^bx,  nascente  dalla  proporzione  OQ:QL::  OB:  BD,  darebbe 


(^17  ) 
Misura   della   superficie. 

12.  Consideriamo  da  principio  la  porzione  di  superficie  pro- 
iettala ATrlicalmcnte  nell'  arco  ellittico  OE,  ed  orizzontalmente 
nel  triangolo  OoII.  Ponendo  1'  arco  0M=  s ,  e  1'  angolo  aA;j-:=(p, 
avremo  z  =  b  scnqj  ^  donde  a"=fl  cos(p  in  virtù  della  equazione 
dell'  arco   OM.  Dunque 

(Is  =  f^dx^  -\-  dz-"  =.  dtp  /^a'  sen'  9 .4-  b"^  cos^  9= 

d9  /^«^  sen*  <i-\-b'^  {\  —  sen''  9)  ==  d9  /^ó-  —  {b'^  —a')  sen«  9, 

e  posto  /''^^^  —  o-^  ■=.b^  affinchè  y  dinoti  al  solilo  il  rapporto 
della    eccenlricilà    al    semiasse    maggiore ,    0   vero   il   seno   del 

modulo  ,  sarà  ds  =  b^  /'^  i  —  "f  sen'  9.  Or  1'  elemento  della 
porzione  presa  a  considerare  avendo  per  misura  il  prodotto  yds^ 
e    la   proporzione   OP  :  PL  :  :  OA  ;    AD    dandoci 

y  =  a{fl X)=  b  (  I C0S9  ), 

sarà  ydsz^b''-  d9  (  i  —  cos9  )  f^i  —T  sen'  9  ,  e  1'  integrale  di 
questa  espressione,  valutalo  dal  valore  di  p  corrispondente  al 
punto  0  fino   a  quello   corrispondente   al   punto  E  ,    cioè    a  di- 


z^  =—  (  2ax —  x^  ), 

che  rapprcsonlata  un  altra  ellisse  avente  per  semiassi  a  e  e.  Dunque  le  due 
ellissi ,  o  pure  il  cercliio  e  la  ellisse  a  cui  appartengono  i  due  archi  goti- 
ci anno  sempre  la  stessa  altezza  e;  e  l'altezza  della  Crociera^    trovata  col 

porre  x^  ^  '^j  o  pwe  y=-  b,  è  sempre  il  prodotto  di  quell'altezza  e  per  -  yr, 

cioè  pel  seno  di  60  gradi.  E  se  <?  supera  ciascun  lato  della  pianta,   torna 

osservabile  che  le  amjìiezze  dei  due  archi  dliltici  di  ciascun   Gotico   siano 

di  60  gradi ,  come  nel  caso  degli  archi  circolari. 

53 


(  4i8  ) 
re  da  <p=  o°  sino  a  (p=  60'',  ci  darà  la  porzione  di  cui  si  tratta. 
Esso   può   spezzarsi  nei  due 

b'^fo^''^  dv  y  i  —T  sen^  9,  e  —  ò'^fo^""  d'icos'i  1^  i  —  V  sen^  9 
il  primo  dei  quali  può  tenersi  cognito  ;  poiché  decomposto  in 
due  fattori  un  dei  quali  sia  6,  1'  altro  dinota  1'  arco  ellittico 
OE ,  la  cui  lunghezza  si  può  misurare  sopra  luogo  iu  man- 
canza delle  tavole  ellittiche  del  Legendre,  0  quando  hasta  (  co- 
me nelle  pratiche  ordinarie  )  una  mediocre  approssimazione. 
In  ogni  modo  noi  lo  esprimeremo  col  simbolo  E  (7,  60"  )  , 
giusta  la   notazione   di   quelle    tavole. 

i3.  A  rinvenir  poi  il  secondo  integrale  con  le  formole 
comuni    supporremo  per  poco  7sen(p=;,  donde  ydip  cos^  =  (ll^  e 

quiudi/d^  C0S9  f^i—tscn'<p    ='-fdlK^—t'  = 

1{L  y'T^^~V\  are  sen  0  =  ^/^  I  -  r  sen^  p 

I  . 

-^  -^y  are  (  sen  =  Ysenip  ) . 

Questa    espressione  si   annulla  con  <p^  e  diviene 

-^f/f 

f  r    12  —  9y''  _|-  -  are  (sen  =  "1    )   quando  (p  =  60°;  dunque 

moltiplicando  questo  risultamento  per  5^,  e  sottraendo  il  pro- 
dotto da  ^'^  E  (  7,  60°  ),  la  porzione  richiesta  di  superficie  sa- 
rà   ultimamente   rappresentata   da 

^^  [  E  (  7,  60"  )  —  ^  //'  1 2  —  97^  —  ~y  are  (  sen  =lfT)]. 

i4.-  In  quanto  alla  porzione  di  superficie  della  Crociera, 
proiettata  in  ORo  ,  non  fa  punto  mestieri  di  nuovi  calcoli  ; 
poiché  il  valore  di  essa  è  il  medesimo  che  fu  nel  n.  5  con 
discorso  indipendente  dalla  grandezza  di  a  rispetto  a  ò.  Il  per- 
ché ,  unendo  al  quadruplo  di  tal  valore  il  quadruplo  del  va- 
lor trovato  nel  n.°  precedente  ,    potrem   dire   che   la  superficie 


(4.9) 
della   Crociera  gotica   di   pianta  rettangolare  ,    nel   caso  in   cui 
r  Arco   gotico  circolare  è    descritto  sul  lato  maggiore  della  pian- 
ta ,    venga   definitivamente   indicata   per   la   formola 

(  t-2>rr)a<5^.[4E(T,6o°)-r^ri=^_iarc  (sen=  l^^^f 
in   cui   Y   è   determinata   per  V  equazione  ò^ — a^  =  ò^  7-.  (*) 
ib'.    Pel   solito   vano   della   Crociera    vale    in    questo    caso 

la   stessa   formola  (i"  —  9. f^ì~  )  ab""  z=  ab''  x   0,724,68  .... 
del    caso   precedente;    poiché   qui   si   suppone   b   maggiore  di  a 
del   pari   che   si   suppose   a   maggiore   di  <J  nel  n."  io,  e  il  ra- 
gionamento  adoperato   in  questo   n.°   sussiste    indipendentemen- 
te  dalla  grandezza   relativa  di   a   e   di   b.    (**) 

CONCLUSIONE 

Se  io  non  avessi  voluto  trattar  da  principio  e  direttamente 
il  caso  ordinario  della  Crociera  gotica  di  pianta  quadrata,  in- 
di   quello     men  comune    della    piauta    rettangolare    con     Ar- 

(*)  Si  à  pure  una  conferma  della  esatlezza  di  questa  formola  nel  valo- 
re clic  prende  alloiché  a^b ,  e  quindi  7^0.  In  lai  caso  1' ultimo  suo  ter- 
mine assumo  la  forma  coxo  ,  ma  trovatone  il  valore  col  noto  principio 
di  Calcolo  differenziale,  l'intera  formola  si  accorda  col  n.°  2. 

(**)  Generalmente,  se  conforme  alla  nota  del  n,°ii  i  gotici  insistenti 
sul  lato  magj^iore  e  sul  lato  minore  della  pianta  si  suppongano  amendue 
formati  da  archi  ellittici  ,  e  dicasi  e  il  semiasse  comune  o  verticale  delle 
due  ellissi,  gli  altri  semiassi  restando  indicali  con  a  e  b,\\  procedimento 
del  n.°  9  applicato  all'  elemento  xzdij  del  pari  che  all'  altro  ìjzdx  darà 
pel  vano  della  Crociera  la  formola 

(1  ~       2  yf)  ale  =  aòc  X  0,72468  .   .   . 
di  cui  son  casi  particolari  quelle  dei  numeri  io  e  i5. 


(    420    ) 

chi  gotici  propriamente  detti  appoggiati  ai  lati  minori  della 
pianta,  e  da  ultimo  il  caso  forse  anche  più  raro  degli  Archi 
gotici  insistenti  sui  lati  maggiori  ,  avrei  potuto  cominciar  dal 
supporre  che  tutti  gli  Archi  gotici  fossero  ellittici ,  per  indi  sup- 
porre che  or  gli  uni  ,  or  gli  altri ,  or  tutti  divenissero  circolari. 
Ciò  avrehbe  resa  molto  più  breve  qnesta  Memoria ^  e  tutte  le  for- 
molo in  essa  contenute  si  sarebbero  desunte  da  tre  sole  ,  due 
cioè  relative  alla  superfìcie,  ed  analoghe  a  quelle  dei  numeri  8 
e  i4-,  ed  una  sola  relativa  al  vano  compreso  tra  la  superficie 
curva  della  Crociera  ed  il  piano  su  cui  sono  impostati  gli  archi 
gotici  di  essa.  —  Tn  ogni  modo  tre  cose  mi  sembrano  degne  di 
speciale  attenzione  : 

la  I."  7  che  quella  parte  della  superficie  curva  della  Crocie- 
ra, la  quale  move  dagli  Archi  gotici  propriaraeutc  detti  ossia 
circolari  sta  alla  sua  proiezione  orizzontale ,  cioè  alla  metà  del- 
la pianta  in  un  rapporto  costante  ,  che  nelle  pratiche  ordinarie 
può  stimarsi  eguale  a  quello  di  29  a  20.  La  2."  ,  che  il  re- 
sto di  quella  superficie  dipende  da  trascendenti  ellittici,  e  in- 
sieme da  trascendenli  ora  logaritmici  ora  circolari;  ma  i  pri- 
mi esprimendo  le  lunghezze  degli  stessi  archi  costituenti  i  Go- 
tici ellittici,  non  è  necessario  ricorrere  per  le  pratiche  ordina- 
rie alle  Tavole  ellittiche  del  Legendre ,  quando  si  possano  mi- 
surar sopra  luogo  con  diligenza;  talché  per  compiere  la  misu- 
ra della  superficie  della  Crociera  basteranno  le  Tavole  ordina- 
rie dei  logaritmi  e  dei  seni.  Finalmente,  la  3.*  cosa  notevole 
si  è  che  il  vano  della  Crociera,  compreso  tra  la  superficie  cur- 
va e  il  piano  di  sua  impostatura,  sta  al  parallelepipedo  aven- 
te per  base  la  pianta  e  per  altezza  uno  dei  lati  sui  quali  in- 
sistono gli  Archi  gotici  circolari ,  in  un  rapporto  costante  e  pros- 
simamente uguale  a  quello  di   29  a  4o. 


PER  MEZZODELLE  ALTEZZE  E  DEGLI  AZL^IUT 
DELLA  LUNA. 


DEL  80CI0  ORDINARIO  ERNESTO  CAPOCCI. 


A 


tutti  è  nota  l' importanza  del  famoso  problema  delle  longi- 
tudini ,  per  la  soluzione  del  quale  il  Governo  Britannico  già  un 
tempo  proponeva  e  conferiva  un  premio  di  ben  ventimila  lire 
sterline.  Voi  poi  conoscete  perfettamente  i  vari  metodi  successi- 
vamente escogitati  per  raggiungere  questo  importante  scopo  tan- 
to sul  mare  che  sulla  terra  ,  e  conoscete  le  gravi  difficoltà  e  le 
laboriose  operazioni  di  osservazioni  e  di  calcoli  a  cui  più  o  me- 
no vanno  tutti  siffatti  metodi  soggetti  ,  non  escluso  quello  del- 
le mostre  marine  :  poiché,  per  una  diffiuitiva  determinazione  , 
richiede  la  verifica  di  un  altro  metodo. 

Laonde  essendomi  venuto  sottocchio  ,  nel  Volume  XIF  del- 
le MonLhhj  JXotices  della  Real  Società  Astronomica  di  Londra  , 


(    4.22    ) 

la  pretesa  (i)  nuova  maniera  delle  altezze  lunari ^  proposta  pel 
bordo  di  un  vascello  ,  dall'  ufiziale  della  Real  Marina  inglese  , 
Signor  Aslic  (  non  molto  ben  accolta  dagli  Astronomi  della  sua 
patria  )  ho  creduto  di  cavarne  un  altro  metodo  fondato  sullo 
stesso  principio ,  ma  da  applicarsi  sulla  terra ,  ove  il  genere  di- 
verso delle  osservazioni ,  che  quivi  la  stabilitcì  del  suolo  consen- 
te ,  proccura  degli  spedienti  co'  quali  si  ottiene  l' intento  con  e- 
slrema  semplicità  ,  come  andrete  a  giudicarne  da  aoì  medesimi, 
con  quella  superiorità  di  lumi  ,  che  possiede  questo  dotto  con- 
sesso ;  al  quale  non  isfuggirà  certamente  1'  uso  utilissimo  e  la 
grande  importanza  pratica  che  potrà  risultarne  ,  nelle  operazio- 
ni geodetiche.  Difatti  esso  darebbe  con  la  stessa  agevolezza  ,  e 
colle  medesime  operazioni  ,  che  soglionsi  effettuare  per  la  lati- 
tudine ,  anche  1'  altro  elemento ,  la  longitudine  ,  per  cui  ora  si 
richieggono  tante  altre  diverse  osservazioni    e  tanti    lunghissimi 


(i)  Questa  idea  risale  sino  all'anno  1691  ,  nel  quale  fu  posta  in  cam- 
po dall'olandese  Graal' ;  indi  fu  riprodotta  dall' inglese  Leadbeater  nel  lySS 
e  dal  francese  Pingré  nel  lySi  ,  e  dall'altro  francese  Pezenas  nel  1776  ; 
ma  fu  grandemente  avversata  da  Lacaillc ,  e  tenuta  in  conto  di  poter  tro- 
varsi in  errore  di  quantità  enormi.  In  prosieguo  se  ne  occuparono  Lalaa- 
de  ,  Zach  ,  Lindenau  ec.  ,  e  più  distesamente  ne  parla  Oltraanns  nel  suo 
discorso  preliminai-e  al  Viaggio  alle  regioni  equinoziali  del  celebre  Hum- 
boldt ^  il  quale  benanche  nel  i8o3  discuteva  il  modo  di  trovare  la  longi- 
tudine colla  declinazione  della  Luna,  ma  con  osservazioni  corrispondenti. 
Tutti  questi  lavori  per  altro  differiscono  positivamente  dal  mio  ,  il  quale 
nel  riprodurre  il  principio  offre  varie  agevolazioni ,  e  dà  il  vantaggio  di 
una  verifica  immediata  ^  nell'  aver  la  longitudine  contemporaneamente  in 
due  modi  ,  coli'  A  R  cioè  e  colla  Declinazione.  Oltre  a  ciò  il  problema  è 
divenuto  di  una  pratica  applicazione  assai  piìi  felice  ,  per  i  dati  più  esatti 
che  si  trovano  nelle  presenti  effemeridi  e  quindi  è  divenuto  importante  co- 
me vedrassi  nell'  esempio  recato  infine  della  memoria. 


/.<•' 


«v  / 


(  4-23  ) 
calcoli.  E  veramente  quale  ingegnere  geografo  ,    o  quale   aslro- 
nomo  può  ora  immaginarsi  di  determinare  la  longitudine  di  un 
luogo  ignoto  col  solo  cerchio  ripetitore  ovvero  col  solo    teodoli- 
te ?  Ecco  quanto  io  vado  ad  esporvi  nella  presente  memoria. 

Rappresenti  nella  Figura   i."  OZPR  il  meridiano  del  luogo, 
OR  r  orizzonte  ,  Z  lo  zenit ,  EQ  1'  equatore  ,  P  il  polo. 

i."  Caso. 

Se  si  supponga  che  1'  osservatore  abbia  in  suo  potere  uno 
di  quegli  stromenti  detti  universali ,  cioè  forniti  di  cerchi  ver- 
ticali ed  azimuttali  ,  allora  determinerei  1'  azimut  e  V  altezza 
della  Luna  ,  L  ,  in  un  verticale  ZLD  ,  per  esempio  ;  che  per 
convenienza  delle  operazioni  che  si  hanno  in  mira  ,  sarà  bene 
di  sceglierlo  tra  il  primo  ed  il  secondo  verticale.  Ciò  posto  ,  a- 
vendosi  anteriormente  detcrminato  la  latitudine  del  luogo  ,  PR  , 
ed  il  tempo  vero  ,  co'  soliti  melodi  ,  si  avrà  nel  triangolo  sfe- 
rico PZL  : 

i.°  il  Iato  PZ- =  complemento  della  latitudine. 

2."  il  lato  ZL  =  distanza  zenittale,  ossia  complemento  del- 
l' altezza  osservata. 

3."  finalmente   1'  angolo  compreso  LZP  ,    =    complemento 
dell'azimut  (  se  questo  si  assuma  contarsi  dal  punto  Sud.) 

Con  questi  tre  dati  noti ,  con  le  formolo  solite  della  trigo- 
nometria si  calcolerà  X  angolo  ZPL  ,  ossia  1'  angolo  orario  della 
Luna  per  1'  istante  della  osservazione  ,  ed  il  lato  PL  ,  eh'  è  e- 
guale  alla  sua  distanza  polare  ,  ossia  al  complemento  della  de- 
clinazione. Avremo  così  V  ascensione  retta  della  Luna  e  la  sua 
declinazione  per  quel  dato  istante  di  tempo  del  luogo. 

Allora  andando  a  riscontrare  la    Connaissaiice  des  temps. 


(    424    ) 

ove  si  lianno  1"  ascensione  rella  e  la  declinazione  della  Luna  cal- 
colale per  due  volto  al  giorno  ,  o  anche  meglio  il  Nautical  Al- 
manac  ,  ove  i  detti  elementi   si  trovano  calcolati  d'  ora  in  ora  . 
si  troverà  con  doppio  criterio  ,  e  con  una  semplice;  proporzione, 
r  identico  istante  corrispondente  al  tempo  di  Parigi  o  di  Londra 
(  secondo  che  sarà  stata  adoperata  la    prima    o    la   seconda    di 
et  leste  effemeridi  )  nel  quale  la  Luna  aveva  la  stessa  ascensio- 
ne retta  e  la  stessa  declinazione  ,  da  noi  trovate  nel  nostro  luo- 
go.  Quindi  la  differenza  delle  ore  ,  ridotta  in  arco ,  darà,  come 
è  noto ,  direttamente  la  cercata  longitudine ,  contata  dal  primo 
meridiano  di  uno  de' due  Osservatori  delle  città  suddette. 

2."  Caso, 

Se  ora  supponghiamo  che  1  osservatore  abbia  un  semplice 
cerchio  ripetitore  ,  allora  si  farà  ad  osservare  1'  altezza  della  Lu- 
na in  un  verticale  ZD  ,  che  si  discosti  il  meno  possibile  dal  pri- 
mo verticale  ,  sapendosi  che  in  tali  condizioni  è  piìi  sensibile 
r  effetto  del  moto  proprio  dell'  astro  in  altezza. 

Indi  si  attenda  che  un  astro  di  ben  nota  posizione  (  che  , 
a  semplificar  le  idee  ,  supporremo  sia  una  stella  )  giunga ,  nel 
descrivere  il  suo  parallelo  S"'  SS' ,  a  passare  per  lo  stesso  ver- 
ticale ZD  ,  nel  quale  si  è  lasciato  fisso  il  nostro  stromento.  Al- 
lora osservandong  parimente  con  precisione  1'  altezza  ,  DS  , 
conosceremo  nel  triangolo  PZS  tutti  e  tre  i  suoi  lati:  cioè  PZ  = 
co-latitudine,  ZS  =  complemento  dell'  altezza,  e  PS  complemen- 
to della  declinazione  dell"  astro.  Con  questi  dati ,  colle  solite  for- 
mole  trigonometriche  ,  calcoleremo  l'angolo  SZP  =  compl-azimut 
e  r  angolo  orario  ZPS  ,  che  altronde  può  anche  aversi  dall'  a- 
scensione  retta. 


(425    ) 

Quindi  riprendendo  ad  esaminare  il  triangolo  PZL ,  avremo 
in  esso  noti:  il  lato  ZP  =  co-laliludinc,  ZL  =  compi,  altezza  , 
e  r  angolo  compreso  PZL  ,  eh'  è  comune  all'  altro  triangolo  già 
calcolato ,  PZS. 

Onde  con  questi  dati  potremo  calcolare  1'  angolo  ZPL  ,  e 
r  arco  PL  ,  che  ,  tenuto  conto  del  tempo  trascorso  tra  le  due 
osservazioni  di  altezze  ^  ci  daranno  Y  Ascensione  retta  ,  eia  De- 
clinazione della  Luna  nell'  istante  della  sua  osservazione.  E  fi- 
nalmente ,  trovato  neir  effemeridi  1'  istante  a  Parigi  (  osservatorio  ) 
od  a  Londra  (  Greenwich  )  nel  quale  la  Luna  aveva  la  stessa  i- 
dentica  posizione ,  con  la  comparazione  di  un  tale  istante  di  tem- 
po di  Parigi  o  di  Londra  con  l' istante  di  tempo  del  luogo  i. 
gnoto,  ne  prenderemo  la  differenza,  che  ne  darà,  come  sopra  , 
la  longitudine. 

3;°  Caso. 

Supponghiamo  ora  che  invece  del  cerchio  1'  osservatore  ab- 
bia un  teodolite.  Allora  si  osservi  con  diligenza  1'  azimut  della 
Luna  ,  verso  il  2."  verticale,  quando  giungerà  in  un  almican- 
iarat^  per  esempio,  L"L  L'  (  Fig.  2.").  E  conservando  lo  stro- 
mento  alla  stessa  altezza,  si  osservi  l'azimut  d'una  stella,  S^ 
al  suo  giungere  allo  stesso  almicantarat  L"LL'  (  completando  l'o- 
perazione con  r  osservazione  di  altezze  corrispondenti  dall'  altro 
lato  del  meridiano  o  mediante  la  sua  ascensione  retta  0  altri- 
menti ). 

Avremo  cosi  nel  triangolo  PZS  i  lati  PZ  ,  e  PS  ,  e  l'  an- 
golo PZS.  Onde  potremo  calcolare  l'arco  ZS  =  distanza  dallo  ze- 
nit dell'  astro,  e  1'  angolo  orario  ZPS.  Quindi  passando  all'  al- 
tro triangolo  PZL  ,   conosceremo  in  esso  il  lato  ZL=ZS  ,  il  la- 

54 


(  426  ) 
to  PZ  ,  e  r  angolo  PZL.  Onde  potremo  calcolare  1'  angolo  ora- 
rio ZPL  ,  ed  il  lato  PL  ;  che  finalmente  ne  faran  conoscere  , 
come  sopra,  1'  ascensione  retta  della  Luna  e  la  declinazione  per 
r  istante  della  osservazione.  E  però  ,  colla  comparazione  ,  più 
Tolte  ripetuta  ,  con  1'  effemeridi ,  ne  concluderemo  la  longitudine. 
Passiamo  ora  a  dare  le  formole  che  occorrono  alla  soluzio- 
ne de'  vari  casi. 

i.°  Caso. 

Dati  :  Due  lati  ^  ZL  ,  ZP  ,  e  V  angolo  compreso  PZL. 
Ossia  ZL=  distanza  diilLo  zenit  =  complemento  altezza; 
ZP=compL  latitudine;  ang.  PZL  =  co-azimut. 

Si  cercano  :  1'  angolo  ararlo  ZPL  ed  il  lato  PL  ,    opposto  al- 
l' angolo  dato  PZL. 

Faremo,  per  trovare  l'angolo  PZL» 
tang  ?  =  cos  Z   tang    ZL  , 
tang  cor  =  PZ  —  0, 

tang  P  =  tang  Z.  ^=  taag  ang.  or.  C 

Se  il  9  è  >  ZP,  seno  w  sarà  negativo. 
Per  trovare  il  3**  lato  PL  avremo 

eos  PL  tu  cos  ZL.  ^^  =  sen  Deci.  C- 

cos  9 

2°  Caso. 


Dati  :  tutti  e  tre  i  lati  PZ  ,  PS  ,  ZS. 

Si  cercano  :  L'angolo  Z  =  compi,  azimut  ,    e   T  angolo  o- 


(  427  ) 
rado  P.  Questi  angoli  si  avranno  dalla  ben  noia  formola 

COS   Z  =   "OS  ^S  —  cosPZcos  ZS. 
seu  PZ  seii  ZS 
p   __  COS  ZS  —  COS  PZ  COS.  PS  , 
seu  PZ  sea  PS 

E  chiamando  s  la  somma  de'  tre  lati  dati  ,  avremo  la  for- 
mola più  comoda  pel  calcolo  logaritmico. 

COS    %    Z    — /^^'■'°%s^''"(%s-PS)  . 
sen  PZ  sen  ZS  ' 

e  parimenti 

COS    '/^   P    —  /^sc"  "U  s  sen  (  %  s  —  ZSl 
sen  PS  sen  PZ 

Onde  conosciuto  V  angolo  Z ,  eh'  è  comune  all'  altro  trian- 
golo ZPL  ,  potremo  colle  formole  del  i°  caso  calcolare 
r  angolo  P  ,  ed  il  lato  PL. 

3°  Caso. 

Dati  :  due  lati  ,  ZP  ,  PS ,  ed  un  angolo  adjacente  Z. 

Si  cercano  :  il  lato  ZS  ;   e  1'  angolo  P  =  angolo  compreso 

tra  i  lati  dati  PZ,  PS. 
Si  avrà  il  terzo  lato  facendo 

tang  ?  =  cos  Z  tang  ZP 

cos  w  =  "°^  y  '^"^  P^  . 

COS  ZP        ' 

e  finalmente 

ZS  =  9+o). 
Per  r  angolo  P  si  avrà 

cot.  ?  =  tang  Z  cos  PZ 

COS  w  =  '=°^y""gP^ 

laiig  PS        ' 

ed  avremo  1'  angolo  cercato 


(   428    ) 

In  questi  due  casi  dovendo  prendere  la  somma  ,  quando 
gli  angoli  sono  della  stessa  specie,  altrimenti  la  differenza. 

Ciò  posto  avremo  nell'  altro  triangolo,  ZPL,  noti  i  lati  Zp  , 
e  ZL=ZS ,  e  V  angolo  compreso  LZP  ;  onde  avremo,  come  nel 
primo  caso  ,  1'  angolo  orario  ZPL  della  C  ed  il  lato  PL  =  di- 
stanza polare  C  ,  die  andevamo  cercando. 

Volendo  ora  investigare  il  grado  di  esattezza  di  cui  questo 
semplicissimo  metodo  è  suscettivo  ,  faremo  in  prima  notare  che 
il  duplice  argomento  che  porge  nell'  Ascensione  retta  ,  e  nella 
Declinazione  lunare  ,  per  conchiudere  la  longitudine  ,  ha  in  se 
il  notevole  vantaggio  di  porci  nel  caso  immediatamente  di  giu- 
dicare della  esaltezza  delle  osservazioni  :  la  quale  ne  sarà  ira- 
mantinenti  dimostrata  dalla  concordanza  più  o  meno  grande  del 
tempo  contato  sotto  il  primo  meridiano  dedotto  dall'  Ascensione 
retta  e  dalla  declinazione  d'  una  osservazione  medesima. 

Per  trovar  poi  Terrore  probabile  in  queste  determinazioni, 
basterà  esaminare  particolarmente  l'  Ascensione  retta  ,  essendo 
questo  r  elemento  che  può  dar  maggiore  esattezza  ,  a  cagione 
della  sua  maggior  variazione  oraria. 

Si  ponga  pertanto  la  detta  Ascensione  retta  =  R;  l'altez- 
za vera  della  Luna  =  A  ;  la  sua  declinazione  =  D  ;  la  latitu- 
dine del  luogo  =  L  ;  r  angolo  orario  =  t  ;  il  tempo  medio  = 
T  ;  e  la  longitudine  media  del  Sole  =  © 
Si  avrà  R  =  T  +  ©  +  t. 

Gli  errori  che  possono  affettare  i  due  primi  termini  sono 
inerenti  alla  natura  stessa  del  problema  né  perciò  si  evitano  in 
qualunque  metodo  ;  dippiù  essi  sono  piccolissimi  ,  quando  si  po- 
ne la  debita  precisione  alla  determinazione  del  tempo.  Resta  il 
terzo  termine  t. 


(   ^29    ) 

L'  equazione  che  esprime  questo  3"  termine  è 

sen  A  —  sen  L  sen  D 

COS   t  =  ; r; , 

cos  L  COS  U 

Differenziando  questa  equazione  per  rapporto  ad  A  ,  L  e  D, 
si  avrà 

dt=—( '^^^ "N(J  \  4-  /''angP— tan!;LcostNj  ^  ^/lang  L— lang  D  cos  l\^  ^ 

^  sen  l  cos  L  cosD  ^  sen  t  sen  t  "^ 

Per  la  qual  cosa  il  coefficiente  del  i°  termine  ,  quando 
r  altezza  sarà  presa  lontana  dall'  orizzonte  ,  cosa  anche  necessa- 
ria per  le  rifrazioni  ,  sarà  piccolo  ;  pel  2°  termine  sarà  pure 
di  non  grande  importanza  quando,  com'  è  naturale,  si  ponga  cu- 
ra alla  esatta  determinazione  della  Latitudine  ;  e  finalmente  il 
3*^  termine  sarà  di  lievissimo  momento,  avuto  riguardo  alla  pic- 
ciolezza  di  d  D  ;  poiché  le  tavole  lunari  sono  giunte  ad  una  pre- 
cisione grandissima,  e  meglio  ancora  possono  perfezionarsi,  per 
le  attuali  continue  osservazioni  che  tuttodì  si  l'anno  ,  ne'  princi- 
pali osservatori  ,  di  questo  nostro  satellite  (i). 

(i)  Per  comodo  delle  appiicazioni  soggiungiamo  ciò  che  necessita  per 
le  correzioni  relalive  alle  misurazioni  di  altezze,  e  di  azimut.  Verificato 
pertaulo  lo  stromcnlo  occorre  in  primo  luogo  di  correggere  le  posizioni 
osservate  in  altezza  dall' effetto  della  rifrazione  che  le  aumenta,  pel  quale 
non  bisogna  veruna  avvertenza  potendosi  speditamente  avere  nelle  tavole  , 
che  Irovansi  nelle  effemeridi. 

Bisogna  in  secondo  luogo  calcolare  l'effetto  àeWa. parai/asse  ,  nel  luo- 
go dell'osservazione.  Si  ha  nelle  effemeridi  \di parallasse  orizzontale  cc/un- 
toriale  ,  che  quando  si  adopera  quella  registrala  d'  ora  in  ora.  non  occor- 
re nella  iiiter|i(>lazione  di  aver  conto  ncp;iure  delle  seconde  differenze. 

Ma.  V  esaltezza  del  calcolo  non  permettendo  di  trascurarsi  f  effetto  del- 
lo schiaccianieiilo  della  Terra  nelle  varie  latitudini,  ci  potremo  giovare  del- 
la seguente  tavola  ausiliaria  (  Biol  Astronomia  Nautica  lav.  III.  ) 


(43o  ) 

Dìmì'mizwne  della  parallasse  equatoriale 
a  diversi  gradi  di  latitudine. 


Latitudine 

Parallasse 
53' 

equatoriale 
61' 

0° 

20 

25 

3o 
35 
4.0 
45 
5o 
55 
60 
65 
75 

0" 
I 
2 
3 

4- 
5 
6 

l 

9 

IO 

1) 
0 

I 

2 

3 

4 
5 
6 

9 

10 

II 

Ed  allora  chiamando  P  la  parallasse  orizrontale  ,  a  l' altezza  osservata, 
i\  p  la  parallasse  di  altezza  ,  avremo  questa  colla  nota  formola 
Sen  p  =  sen  P  cos  a. 

Occorre  finalmente  di  passare  dal  lembo  osservato  al  centro  dell'  astro; 
e  perciò  si  ha  nelle  effemeridi  il  semi-diametro  della  Luna  all'  orizzonte . 

Per  trovar  quello  corrispondente  all'  altezza    in  cui  si  è    osservato  1'  a- 
stro ,  si  farà  uso  della  tavola  seguente  calcolata  dietro  la  formola 

d  cos  a 

S= . 

cos  a' 

ove  d  =  semidiametro  orizzontale 

0  =  semid.  in  altezza 

a  =  altezza  osservata 

a'  =  altezza  vera. 

(  Vedi  Biot.  Astronomia  Nautica  tav.  IL  ) 


(  43i  ) 


Aitmcnlo  del  semidiametro  C 


Altezza  apparente 

Semidi 

amotro  orizzonlale 

i4'.  3o" 

\ò  .  3o" 

i6'.   ;5o" 

^o 

11 

jj 

,J 

O 

0 

o 

0 

4 

I 

I 

I 

8 

2 

2 

2 

12 

3 

3 

4 

i6 

4 

4 

5 

20 

5 

5 

6 

25 

6 

7 

7 

3o 

7 

8 

9 

35 

8 

9 

IO 

4o 

9 

IO 

II 

45 

IO 

II 

12 

55 

II 

i3 

i4 

65 

12 

i4 

i6 

75 

i3 

i5 

17 

90 

i4 

i6 

18 

Il  resto  si  trova  tutto  nell'effemeridi. 


Ernesto  Capocci. 


DISCORSO 


DEL 


CAVALIERE  FELICE  SANTANGELO 

PRESIDENTE  DEL  REALE  ISTITUTO  D' INCORAGGUMENTO. 
LETTO  IL  DI'  31  LUGLIO  1833 


Chiarissimi  Accademici 

T  olgendo  il  pensiero  ad  un'  accurata  e  speciale  disamina  dei 
generali  prodotti  della  nostra  patria  industria  ,  agricola ,  e  ma- 
nifatturiera ,  non  può  r  animo  di  chiunque  ,  cui  non  faccia  velo 
il  prisma  della  prevenzione  ,  non  aA'venirsi  a  bella  prima  in  un 
sentimento  di  ammirazione  ,  e  di  nobile  fierezza. 

Conciossiacliè  mirabil  cosa  essa  è  certamente  ,  e  straordi- 
naria il  vedere,  come  senza  la  impulsione  altrove  ottenuta  dal' 
r  agglomeraraento  di  enormi  capitali  ,  dall'  immensurabile  mec- 
canica forza  di  macchine  grandiose ,  e  peregrine  ,  ad  ottenere 
ogni  maniera  di  produzioni ,  sien  stati  presso  noi  bastevoli  mo- 
tori ,  la  ben  intesa  direzione  governativa,  lo  scarso  peculio  del 
privato,  l'amor  dell'arte,  la  svelta  intelligenza  degl"  industri  , 
ed  abili  fabbricanti  .  e  produttori. 

5.5 


(  434-  ) 

Del  che  a  chiare  noie  vi  faccian  fede  que'  ricchi ,  utili  e- 
eonomici  ,  moltiplici  e  svariati  prodotti  ;  in  fatto  d'  industria,  e 
manifattura  ,  onde  bella  mostra  rendea  la  quinquennale  Esposi- 
zione ,  che  testé  laudabilmente,  e  con  pubblica  ammirazione  com- 
pievasi. 

I  quali  prodotti  se  non  sopravvanzano  ,  non  disgradano  di 
fermo  al  paragone  di  simili  straniere  produzioni  ;  e  bene  come 
esse,  se  non  fosse  l'incomprensibile  spirito  di  stranomania  , 
sovvenir  potrebbero  ,  non  meno  alle  dilicate  esigenze  del  lusso, 
che  a'  più  stringenti  economici  bisogni  delle  classi  dalla  fortu- 
na meno  favorite. 

Se  per  accrescere  la  potenza  ,  la  prosperità  ,  e  la  ricchez- 
za di  uno  Stato,  egli  è  mestieri  ,  che  protetti  ed  incoraggiati 
vengan  1'  industria  ed  il  lavoro  ,  agenti  sovrani  della  vita  e  del- 
la lloridezza  sociale  ,  di  quella  rapida  ed  incessante  circolazione 
dell'agiatezza  ,  e  del  ben  essere,  che  infonde  la  forza,  e  1'  in- 
dustre  attività  in  ciascun  membro  dell"  umana  famiglia  ,  irrefra- 
gabili documenti  ,  l'  ultima  mostra  ci  presentava  ,  che  essi  pres- 
so noi  ,  non  potevan  essere  uè  maggiormente  proletti  ,  nò  con 
ogni  maniera  d'incoraggiamento  ricevere,  come  hanno  ricevuto, 
un  esplicamento  maggiore. 

E  di  ciò  ,  mettendo  per  poco  da  banda  ogni  altra  estranea 
disamina  ,  occorre  ed  è  debito  di  sentita  gratitudine  ,  rendere 
anzi  tutto  le  maggiori  azioni  di  grazie  possibili  alla  magnanima 
pietà  ,  e  munificenza  de'  primi  Borboni  ,  sotto  i  cui  auspici!  que- 
sto fatto  del  nuovo  incivilimento  iniziavasi  :  fatto  che  di  poi  ma- 
turo e  colmo  di  utili  e  benefiche  conseguenze  pe'  popoli  sogget- 
ti ,  acquistava  proporzioni  maggiori  e  perfezionamenti  nelle  ope^ 
re ,  e  nella  mente  del  II  Ferdinando  Nostro  Augusto  Sovrano  ; 
nome  di  già  per  opere  immortali  raccomandato  ad  una  gloria 
non  peritura  ,  e  di  cui  non  sapreste  che  encomiar  maggiormeu^ 


(  435  ) 
tè  se  la  fortezza  del  braccio  ,    o  le   sublimi    elucubrazioni  della 
mente. 

In  vero  promuovere  e  ractlere  sulle  vie  dell'  avanzamento 
r  attività  ,  e  la  potenza  industriale  di  una  Nazione  ,  non  è  già 
che  debba  consistere  ,  o  ridursi  a  metter  su  un  qualche  opifi- 
cio ,  0  manifattura  privilegiata,  ed  infonder 'loro  una  vita  fitti- 
zia, sotto  l'egida  di  monopolii  e  dayJi  protettori.  Se  ciò  momen- 
taneamente giovi  ad  accogliere,  ed  incoraggiare  una  industria, 
od  arte  novella  ,  non  è  dessa  la  via  che  menar  possa  ad  un  rea- 
le ,   e  duraturo  progresso. 

Vuoisi  coir  istruzione  generale  svolgere  1' attitudine  degl'in- 
dustriosi ,  metterli  a  parte  de'  sublimi  ,  e  sempre  nuovi  trovati 
della  scienza  ,  fare  che  il  numerario  ,  come  il  sangue  ,  circoli 
rapido  e  vivifichi  1'  opera  della  produzione. 

Per  raggiungere  1'  alta  meta  ci  fa  mestieri  solcare  nuovi 
tefreni  ,  acclimar  piante  esotiche ,  aprire  strade  a  rotaie  di  fer- 
ro ,  trasmettere  il  pensiero  colla  velocità  del  baleno ,  mettere  in 
azione  la  macchina  a  vapore;  sorgente  inesausta  di  lavoro  e  di 
forza. 

E  queste  meraviglie  appunto  dell'  umana  intelligenza  vedem- 
mo sotto  gli  occhi  nostri  in  breve  volger  di  tempo  introdurre, 
e  fruttificare  mercè  delle  incessanti  e  provvide  cure  governative. 
Sicché  debellati  i  vieti  pregiudizi  ,  infrante  le  antiche  pa- 
stoie ,  irradiata  di  una  luce  novella ,  fecondata  da  celeste  calore, 
ogni  maniera  di  umana  industria  sembrò  a  novella  vita  chiama- 
ta,  come  ordinata  all'incremento  non  meno  della  pubblica,  che 
della  privala  ricchezza. 

Non  devesi  rivocare  in  dubbio  che  la  storia  del  nostro  pro- 
gresso industriale  metta  capo  all'  epoca  felicissima  della  Ristora- 
zione ,  cioè  al    i8i5. 

Se  nello  scorcio  del  passalo  secolo ,  e  in  sul  cominciare  del 


(  436  ) 
presente  il  movimento  industriale  ,   che  come   elettrica    scintilla 
scosse  dall' un  capo  all'altro  Europa  tutta,   trovò  un    eco    nella 
operosa  attività  di  queste  piagge  aracnissime  ,   fu  forza  irresisti- 
bile si  arrestasse  nel  mezzo  del  cammino. 

Abborrono  le  industrie  ed  i  privati  commerci  da'  bellici  i- 
strumenti  ,  e  dal  cozzare  delle  spade.  L'iride  della  pace,  la  sim- 
patia ,  e  la  stabilità  di  un  reggimento  paterno  Soltanto  possono 
far  sì  che  essi  prosperino  ed  avanzino. 

Della  quale  storica  verità  a  persuadere  coloro  ,  che  per  si- 
stema sono  schivi  a  prestar  benigna  credenza  a  non  mendaci  pa- 
role ,.  acconcia  più  che  mai  mi  è  paruta  la  occasione ,  avvegna- 
ché per  poco  mi  slargassi  dal  proposto  subbietto  ,  metter  loro 
sottocchio  un  reassunto  ,  per  quanto  rapido ,  altrettanto  fedele 
do'  progressi  industriali  per  noi  da  quell'  epoca  in  avanti  ottenur 
ti  in  ogni  svariata  branca  delle  nostre  industrie  patrie. 


Ond' è  che  prendendo  le  mosse  dall'agricola,  come  fonte 
principale  anzi  unica,  intorno  cui  tutte  le  altre  si  agruppano  , 
e  ne  dipendono  ,  immenso  e  quasi  prodigioso  è  a  ritenere  il  gra- 
do di  avanzamento  che  in  questo  torno  di  tempo  le  abbiam  vi- 
sto raggiungere. 

Nella  sua  rapida  ed  intelligente  evoluzione  nulla  vi  ravvisi, 
che  nei  fatti  e  nelle  antiche  economiche  misure  trovi  riscontro. 
L'opera  invece  di  un  genio  creatore  tu  ammiri  ,  che  da  fuoco 
sacro  infervorata  la  mente ,  con  mano  sicura  diriga  \  opera  fa- 
ticosa dell'agricolo  immegliamento  ;  le  produzioni  di  nuove  ma- 
terie prime  eccitando  ;  di  ogni  artistica  ed  industriale  operazio- 
ne fondamento  ,  e  sostrato. 

Ed  al  riguardo  ,  opera  veramente  ammiranda   ed   utile   al- 


(437  ) 
r  incremenlo  tlcll'  agricoltura  ritengliiamo  essere  slata  quella  del 
bouificanìcnto  di  vasti  ed  eslesi  demanii  ,  di    terreni   marcmmo- 
si  o  altrimenti  coverti  da  mefitici  stagni  ,  o  da  sterili  steppi. 

Allargandosi  per  tal  modo  il  campo  all'  induslre  attività  del 
bifolco  ,  avanzato  si  è  nella  civiltà ,  ed  umanitario  servizio  cer- 
tamente si  è  Fenduto  ad  intere  popolazioni  ,  come  per  Divina 
provvidenza  fatte  ricche  e  civili  ad  un  tratto  ,  e  liberali  dalle 
letali  influenze  di  un  aere  grave  e  pestilenziale. 

A  veggente  di  tutti  sono  nella  vicina  Campania  i  lavori  stu- 
pendi di  prosciugamento ,  onde  i  bacini  del  Volturno  ,  il  Iago 
di  Fondi  ,  le  acque  del  Clanio  ,  le  cime  stesse  del  Malese  ac- 
cessibili si  resero  all'  azione  fecondante  della  coltura  :  nuova  vi- 
ta infondendo  a  numerose  popolazioni  ,  che  prima  in  que'  pan- 
tani parcan  dannali  ad  una  vita  peggiore  di  morte. 

Reso  impolente  il  fluido^  ed  invasore  elemento  da  ben  adat- 
ti idraulici  lavori  di  rincalzaraento  e  di  scolo  .  ad  uscir  fuora 
dalla  cerchia  ,  in  che  la  potenza  dell'  arte  il  confinava  ;  di  ste- 
rili e  fangose  lande  ,  in  ubertose  terre  tramutava  le  migliaia  di 
moggia  ;  che  ora  veramente  l' animo  ti  gode  veder  cosperse  di 
lussureggianti  prati ,  di  cedui  pioppi ,  di  ricche  ed  abbondanti 
raccolte. 

Bello  ancora  è  il  vedere  nel  Citerior  Principato ,  come  l'  o- 
pcra  antica  perfezionata  delle  bonificazioni  dal  Val  di  Diano,  gli 
impaludamenti ,  abbia  fatto  cessare  ,  che  a  perpetua  sterilità  con- 
(lannayan  quelle  ubertose  contrade;  non  senza  sparger  d" intorno 
r  influenza  letale  di  micidiali  miasmi. 

Ed  a  cagion  di  onore  ricordiamo  ,  che  1'  industria  privala 
in  questa  ridente  provincia ,  non  meu  sollecita  si  mostrò  della 
pubblica  ;  che  vuoisi  di  certo  elogiare  1'  operosità  di  benemeri- 
ti cittadini  ,  che  ai  grandi  progetti  di  bonificazione  aiutando,  e 
sopperendo  ,  nel  volgere  di  pochi  anni  sul  lago ,  e  prossimi  sta- 


(  438  ) 
gni  dell'  Ebolano  alacremente  avanzarono  le  proficue  conquiste. 
Che  se  nella  stessa  lo  storico  agro  Pestano ,  dal  Sele  ba- 
gnato ,  da  pestilenziali  miasmi  non  ancora  sgombro  si  mostra  , 
non  tarderà  guari  ,  ed  i  già  decretali  lavori  di  prosciugamento, 
quella  lussorcggiante  vita  che  di  presente  gli  manca  si  affrette- 
rà a  concedergli. 

Circoscritto  e  ben  diretto  l'alveo  del  Fortore  ,  cinlone  il  mar- 
gine di  robusti  pioppi  ,  non  più  soverchia  ed  allaga  gli  appuli 
campi.  Né  la  granifera  Lucania  avrà  ulteriormente  a  dolersi  dei 
ruinosi  allagamenti  della  Salsola,  del  Celano  ,  del  Candelaro  , 
non  appena  compiute  verranno  le  opere  di  bonificazione,  intor- 
no alle  quali  di  presente  utilmente  lavorasi. 

Che  se  a  piìi  remote  e  lontane  province  spingeremo  lo  sguar- 
do indagatore  ,  molte  e  molte  opere  degne  di  note  ci  si  pare- 
ranno d'  innanzi. 

Le  bonificazioni  della  Pescara  ,  quelle  ardue  e  spesose  del 
Brundusino ,  lo  scolo  dato  nel  Leccese  alle  pantanose  acque  del 
Sombrino  :  1'  arginazione  del  Sabino  nell'  Apruzzo  Ulteriore  :  le 
svariate  bonificazioni  lunghessa  la  costa  dell'  Adriatico  :  1'  allac- 
ciamento del  Budello  nella  Calabria  :  1'  arginatura  del  Mesina  : 
il  prosciugamento  de'  laghi  di  Cosoleto  ,  e  della  Giambra  :  ope- 
re grandiose  son  queste  ,  che  grata  ai  posteri  convien  che  tra- 
mandi la  storia. 

E  per  compiere  di  tante  opere  maravigliose  il  novero,  ram- 
memorare qui  vogliamo  il  prossimo  prosciugamento  del  Fucino: 
opera  immensa  ,  clie  se  i  fasti  della  potenza  Romana  ricorda  ; 
degno  di  eterna  gloria  renderà  il  nome  di  Colui  ,  che  emulan- 
done lo  slancio  la  ritentava. 

E  perchè  ancora  più  larga  sfera  di  azione  si  avesse  lo  stru- 
mento principale  di  produzione  ,  onde  i  più  pressanti  bisogni 
dell'umana  famiglia  sostentansi  ,  all'industria  privata  non  man- 


(Ah  ) 

cu  il  volere  ,  e  la  possa  di  mellere  a  più  larga    coltura  vergi- 
nei ,   e  non  per  anco  smossi  terreni. 

Se  qui  ozioso  ed  abbondante  non  fosse  le  cifre  riportare  del- 
le recenti  statistiche ,  e  raffrontarle  alle  antiche  ,  ben  ci  sareb- 
be dato  inferirne  _,  che  in  men  di  cinque  lustri  a  più  del  dop- 
pio sia  cresciuto  il  campo  aratorio. 

Della  qual  cosa  quanto  per  non  dir  altro  ,  siasene  1'  indu- 
stria privata  ,  la  civiltà  ,  la  morale  ,  e  la  pubblica  ricchezza 
sommamente  vantaggiata  ,  ad  ognuno  nelle  economiche  discipli- 
ne mezzanamente  versato  di  leggieri  innanzi  si  para  alla  mente. 

Ragione  vuole  però  che  1"  utile  col  dannoso  non  si  confon- 
da ed  alla  confusa  si  elogi. 

Laudabile  di  fermo  giammai  mi  è  paruto  di  quei  proprie- 
tari il  procedere  ;  che,  per  avidità  di  pronto  guadagno,  vanda- 
licamente si  sono  fatti  a  cacciare  la  scure  in  venerandi  boschc- 
ti  per    tramutarli  in  campi  salivi. 

Sotto  pena  di  duri  flagelli  non  si  consente  all'  uomo  stur- 
bare ed  avversare  V  indefinita  ed  imperscrulabile  armonia  della 
natura.  Ne' suoi  corrivi  divisamenti  recida  pure  le  chiome  a  que- 
sta provvida  madre  ;  in  pena  le  piogge  del  cielo  non  verranno 
più  a  fecondare  le  ubertose  raccolte  che  racchiude  nel  seno. 

Da  gran  tempo  la  scienza  profferiva  1"  ultima  sua  parola  in- 
torno a  tanto  interessante  subbietto  ;  bandivala  la  pubblica  au- 
torità e  suggcUavala  ne'  precetti  della  economia  silvana.  Faccian 
gli  avveduti  proprietari  di  non  ribellarsi,  come  sovente,  ai  suoi 
utili  precetti  ;  un  mal  pensalo  calcolo  loro  non  fruttificherebbe 
che  danno  ed  onta. 

Ora  se  di  tali,  e  tante  cure  ed  immegliamenti,  sciente,  e 
persuaso  taluno  si  faccia  nell'  ampiezza  maggiore  a  discorrere  le 
ridenti  e  variate  contrade  di  questo  ameuo  giardino,  che  la  prov- 
vida natura  affidava  alle  cure,  ed  all' industre  attività  del  napo- 


(  Mo  ) 

letano  colono  ,  perchè  elementi  propizi  ne  cavasse  alla  vita,  avrà 
a  gioire  1'  animo  suo  nel  ravvisare  come  in  ogni  singola  parte 
per  diligente  industria  ,  e  buoni  metodi  agrari  l'agricoltura  lus- 
soreggia  e  fiorisca. 

Da  per  ogni  dove  compiaciuti  gli  occhi  ,  e  la  mente  s' in- 
contrerà in  verdeggianti  pometi ,  in  estesi  boschi  di  olivo  ,  in 
odorosi  agrumeti  ,  in  onde  sterminale  di  biondeggianti  spighe  , 
in  ricchi  vigneti,  in  abbondanti  pascoli,  in  ogni  maniera  di  u- 
tili  produttive  coltiA^azioni. 

Non  sarà  mai  che  dolente  abbia  a  torcer  lo  sguardo  pieto- 
so da  alcun  terreno,  per  negligente  abbandono  ,  o  per  difetto 
di  coltura  infecondo. 

Pompose  e  false  apparenze  non  nascondono  presso  noi ,  co- 
me sovente  allo  straniero  si  avvera  ,  occulte  miserie ,  spesose  ed 
improduttive  anticipazioni  ,  sterili  e  ruinosi  tentativi. 

Quivi  le  abbondanti  raccolte  ,  la  ricercata  bontà  de'  prodot- 
ti sono  il  giusto  e  certo  compenso  del  ben  inteso ,  e  pacifico  la- 
voro ,  delle  acconce  pratiche  agrarie  ,  di  modeste ,  e  ben  retri- 
buite anticipazioni. 

Sicuro  in  sua  via  ,  e  guidato  dalla  face  rischiaratrice  del- 
l' esperienza  il  nostro  colono  non  si  smaga  in  avventate  innova- 
zioni :  non  ispreca  alla  ventura  i  suoi  capitali  in  saggi  temera- 
ri e  ruinosi.  Lungi  dall'  andare  a  ritroso  ,  paziente  attende  che 
la  scienza  gli  rischiari  la  mente  ,  e  gli  diriga  il  lavoro  delle 
braccia  ;  che  se  i  fatti  rispondan  costanti  ai  trovati  di  quella  , 
non  è  mai  lento  a  romper  gì'  indugi  delle  antiche  ,  per  affidar- 
si all'  avanzamento  delle  pratiche  novelle. 

Della  quale  costanza ,  e  forte  disio  di  sentito  avanzaménto, 
pruove  non  dubbie  attinger  si  vogliono  dalla  ricchezza  delle  nuo- 
ve .piante  ,  e  coltivazioni  introdotte  ;  dal  miglioramento  e  più 
regolare  avviamento  nelle  antiche  portato. 


(  Mi  ) 

Mollo  per  lo  lunghe  aneleremmo  se  lutti  qui  esporre  voles- 
simo i  risuUamcnli  stalistici  ,  che  incontestati  documenti  al  ri- 
guardo ci  suggeriscono. 

Convien  che  si  dica  però  ,  che  non  v'  ha  natura  di  alhero, 
di  utile  pianta,  di  seme,  radice  o  vitigno  che  sia,  osperiraen- 
lata  rigogliosa  e  fruttifera  in  una  delle  province  del  regno,  che 
con  nobile  emulazione  non  fosse  slata  trasportata  ,  fatta  germo- 
gliare e  fruttificare  nelle  altre  ;  benvero  per  quanto  consentir 
Io  potevano  le  cagioni ,  e  gli  abiti  ,  onde  la  vita  vegetativa  si 
alimenta  e  grandeggia. 

Oltreché  degne  di  speciale  menzione  di  fermo  vorransi  ri- 
tenere le  cure  colle  quali  da  vari  lustri  a  questa  volta  in  vane 
province  ,  massime  nella  Campania  ,  solertemente  siasi  data  o- 
pera  alle  coltivazioni  proficue  della  rubbia  ,  della  barbabietola  ; 
gli  ottimi  risultamenti  ottenuti  e  quelli  maggiori  che  giova  spe- 
rarne. 

Come  altresì  con  compiacenza  ed  interesse  notiamo  l'esten- 
sione maggiore  ,  e  quasi  generale  accordata  alla  coltivazione  dei 
serici  gelsi  ,  dell'  americano  e  sianese  cotone ,  del  pomo  di  ter- 
ra,  e  di  altri  più  dilicati  tuberi  ,  ed  alla  famiglia  lunghissima 
delle  civaie  ;  non  che  alla  benefica  introduzione  delle  piante  pra- 
tensi ,  e  di  quelle  utili  alle  arli ,  come  \\  polyffOìw?n  lincioriian, 
il  cardo  de'  lanaiuoli,  ed  altre  di  simil  specie. 

Né  da  ultimo  della  dovuta  lode  inteudiam  privare  i  nobili 
sforzi ,  di  chi  solerle  nel  Principato  Citra  ,  dava  opera  alla  col- 
tura del  ricercalo  tabacco  di  Avana  ;  come  del  pari  alla  colti- 
vazione del  sesamo ,  e  del  colza  ;  pruovandosi  dalle  ottenute  se- 
menze a  mungerne  quell'olio  che  nell'attuale  carezza  e  scarsez- 
za del  prodotto  ,  Iddio  volle  mendicassimo  allo  straniero. 

Solo  in  tanta  luce  ed  avanzamento  delle  pratiche  agrarie  ci 

duole  non  pertanto  1  animo  per  non  poter  proclamare  pur    una 

56 


(  442  ) 

volla  sbandito,  e  messo  già  dalle  province  tutte  del  Regno,  il 
proscritto  sistema  delle  maggesi  ,  o  navali  ;  come  non  general- 
mente introdotti  avvicendamenti  ,  e  rotazioni  agrarie  più  accon- 
ce  e  profittevoli. 

Egli  sarebbe  tempo  cbe  l'agricola  industria  rompesse  gli  ar- 
gini in  clic  funesti  pregiudizi  la  tengono  avvinta  ,  e  soggetta. 
Le  chimiche  e  fisiche  scienze  additarono  già  all'  intelligente  ed 
industre  colono  processi  nuovi  e  perfetti,  l'arti  riposte,  onde 
la  fertilità  del  suolo  si  rafforza  ,  conservi  ed  accresca. 

Dovrà  forsi  a  noi  lo  straniero  ricordarci  e  ripetere  gV  ita- 
liani antichi  precetti  di  Virgilio ,  Varrone  ,  Columella  ?  Con  in- 
dustre ruotar  di  sementi  si  alterino  i  ricolti,  e  la  terra  si  ripo- 
serà producendo.   Sic  quoque  mulatis  requiescunt  foetibus  arva. 

Avventurosamente  lo  stesso  andare  a  ritroso  non  si  osserva 
nella  scelta,  uso  e  perfezione  degli  agrari  strumenti  ed  utensili. 

Perocché  alla  piìi  parte  de'  nostri  intelligenti  agronomi  ,  e 
coltivatori ,  noti  sono  e  comunali  1'  aratro  Dombasle ,  Grange,  il 
coltro  toscano  ;  come  nazionale  prodotto  ed  invenzione  le  mac- 
chine trebbiatrici  del  Rinaldi  ,  la  moltiplice  varietà  di  sarchia- 
tori ,  seminatori  meccanici  ,  vanghe  ,  erpici ,  estirpatori  ed  al- 
tre moltissime  ,  di  che  superfluo  qui  sarebbe  denotarne  il  nove- 
ro ,  r  uso  ,  e  la  diversa  qualità  ,  e  bontà. 

Per  le  quali  discorse  cose  tale  essendo  lo  stato  presentaneo 
delle  nostre  agricole  condizioni;  raffrontando  il  passato  al  presen- 
te occorrerebbe  esser  cieco  della  mente  per  non  ravvisarvi  quel- 
lo immegliamento  ,  e  progresso  ,  che  fin  dalle  prime  avevamo 
ragione  di  ritenere  trasfuso  in  questa  branca  d' industria  dalla 
bontà  de'  fatti  ,   ed  ordini  governativi. 

Faccia  Iddio  e  le  opere  della  pratica  seguitino  a  seconda- 
re gli  alti  divisamenti  di  Chi  vuole  ,  che  questa  tra  le  industrie 
regina,  a  maggiori  e  piìi  spiccati  avanzamenti  si  avvii. 


(  443  ) 
Allora  sì  che  questa  terra  benedetta  all'antico  vanto  a  buon 
dritto  tornerebbe  di  madre  feconda,    e    produttrice   di    fruttifere 
ed  abbondanti  raccolte  : 

Saturnia  telhts  ; 
Magna  parens  frnrjmn. 

II. 

Che  se  dopo  ciò  dall'  agricola  si  rivolga  la  mente  all'  altra 
non  meno  interessante  branca  industriale ,  che  la  pastorizia  ris- 
guarda  ;  della  prima  scorritrice  ed  alla  stessa  strettamente  con- 
giunta ;  medesimamente  in  questa  non  potrà  ravvisarsi  che  in- 
cremento e  progresso. 

Già  da  tempo  imbastardite  e  rese  cattive  le  razze  pecorine, 
di  Spagna  quivi  tramutale  per  opera  degli  Aragonesi ,  come  po- 
vere di  frutto  ,  scarsa  lode  trovavamo  le  grezze  lane  da  esse 
prodotte  ;  anzi  le  più  volle  rifiuto  nei  mercati  stranieri. 

Tra  per  questo  ,  e  le  gravezze,  1  nuimo  veniva  meno  allo 
industre  pastore,  metter  sue  cure  in  poco  profittevole  e  rischio- 
sa industria  ;  snicchè  di  anno  in  anno  de'  lanuti  armenti  il  nu- 
mero scemando  ,  accennava  volere  con  danno  della  pubblica  en- 
trata disertare  que'  ricchi  ed  abbondanti  pascoli  ;  sotto  un  dolce 
e  benigno  clima  precipuamente  allo  allevamento  e  pastura  di  es- 
si da  natura  segnato. 

AI  certo  male  però  non  fu  lento  a  tener  dietro  il  rimedio; 
che  a  scongiurarlo  sollecita  si  adoperò  l'operosità  governativa. 
Nuove  e  più  pregiate  razze  volle  un  Sovrano  Comando  fosscr  me- 
nate di  Spagna  ,  dalla  Sassonia  ,  dalla  Svizzera  a  ringiovanire  , 
e  ridonare  quel  tijx)  di  bontà  ,  per  decrepitezza  in  basso  trali- 
gnamento  venuto. 

E  questa  intelligente  iniziativa  ali"  universale   fu   seme    che 


(  444.  ) 

friiltificò  gran  bene  :  perocché  dalla  forza  dell'esempio  incitali, 
volenterosi  concorsero  i  possessori  di  armenti  ,  e  con  gravi  cure, 
e  dispendi  all' imniegliamento  e  rigenerazione  de' lannii  gregari. 
Coli' introduzione  ed  incrociccliìamenlo  della  novella  specie 
meticcia  ,  a  nnova  vita  si  è  veduto  sorgere  allora  tra  noi  ,  ed 
a  più  liele  speranze  cotesta  maniera  d'  industria. 

Documento  del  suo  slato  prosperoso  e  proficuo  ne  sia,  che 
ricercate  ora  vengono  ed  a  caro  prezzo  pagate  le  lane  nostrali 
in  quegli  stessi  mercati ,  dapprima  tenute  spregiate  ;  e  come  sop- 
periscano esse  ai  bisogni  tulli  della  uazional  fabbricazione  di  la- 
naggi ;  tessendosi  e  lavorandosi  con  i  fili  da  essi  cavati  ogni 
specie  di  panni  più  fini  e  pregevoli. 

I  saggi  presentati  nella  mostra  solenne ,  Ira  cui  figurano  an- 
che le  morbide  lane  delle  capre  del  Tibet ,  certamente  non  ven- 
gono a  smentir  le  parole.  Co"  propri  occhi  ad  ognuno  è  stalo 
dato  osservare  que'  velli  lunghi  ,  spessi  e  gentili  che  di  presen- 
te le  nostre  greggi  oifrono  al  lavorio  dell'  arte  ,  invece  di  quel- 
li irsuti  ,  corti  e  rari  di  un  di. 

Mal  si  apporrebbe  chi  dall'attuale  più  volentieri  ristretto  nu- 
mero di  lanuti  gregari  ,  lenendo  riguardo  ali"  antico,  inferirne 
volesse  indizio  di  decadenza. 

Non  è  mica  il  numero  aritmetico  degli  strumenti,  che  clas- 
sifica la  forza  ,  o  la  potenza  produttrice  ;  egli  è  mestieri  ,  che 
perfetto  ne  sia  il  congegno ,  il  meccanismo  alimentato  ,  e  corret- 
to ,  ben  diretta  1'  azione  ,  ed  uno  varrà  per  due. 

Dal  che  segue  ,  che  immegliate  le  razze  ,  ingentiliti  i  pa- 
scoli,  renduti  più  acconci,  e  salubri  gli  ovili ,  ed  i  chiusi,  do- 
cumenti auteiilici  ci  apprendono  ,  esser  quasi  del  doppio  accre- 
sciuta la  produzione  delle  lane,  più  pregio  acquistando  e  valo- 
re. Quanto  è  vero  che  nelle  svariate  evoluzioni  delle  produzio- 
ni agevole  sia  con  semplici  mezzi  toccare  un  massimo  prodotto; 


(  U15  ) 
purché  il  progresso  di  nuovi  melodi  non  si  sia  lento  a  seguire , 
e  si   tolleri  che  la  fiaccola  della  scienza  rischiari  la  pratica. 

Nò  meno  profittevole  devesi  ritenere  la  cura  spiegata  per 
lo  miglioramento  delle  razze  equine  ,  fin  da  tempi  antichissimi 
gloria  ed  onore  di  queste  ridenti  contrade. 

Posciachè  arabi  ed  inglesi  stalloni  del  più  perfetto  tipo  si 
è  procuralo  dare  alle  giumenti  nostrali  ,  immensamente  ne  ab- 
biamo veduto  perfezionata  la  specie.  Da  qualche  anno  a  questa 
volta  spesso  nelle  pubbliche  fiere  e  passeggi  ti  è  dato  incx)ntra- 
re  alcun  cavallo  nostrale  ,  che  le  svelte  ,  le  gentili  fattezze  ,  le 
movenze  di  quei  delT  antica  Sibari  rammenti  ,  ed  il  nerbo  e  la 
generosità  di  quei  pugliesi  stalloni ,  che  nelle  cronache  spesso 
troviani  ricordati  de"  tempi  di  mezzo. 

Desiderabil  cosa  sarebbe  che  più  larghe  proporzioni  pren- 
desse lo  allevamento  in  istalla,  massime  delle  razze  bovine.  Ma 
dilicala  quislione  si  è  questa  ,  che  qui  non  ci  è  dato  trattare  , 
come  quella  che  all'  altra  complicatissima  si  attiene  della  picco- 
la e  grande  coltura  ;   ed  alla  proscrizioa  de'  navali. 

Facciamo  voto  soltanto  che  all'  immegliamento  e  disposizio- 
ne delle  stalle  si  rivolgessero  il  pensiero  ,  e  le  cure  ,  non  fos- 
se altro  per  la  maggiore  e  più  perfetta  produzione  del  letame 
animale  ,  che  nello  stato  attuale  delle  nostre  pratiche  agrarie 
dalle  sole  greggi  e  dalle  bestie  cornute  ci  giova  sperare  abbon- 
dante. 

Si  ponga  ogni  diligenza,  che  costrutte  venissero,  a  secon- 
da i  precetti  delta  scienza  consigliano  ,  ed  allora  la  produzion 
del  letame  crescerà  a  dismisura  ,  ed  il  prolificante  purino,  e  gli 
altri  sali  e  sostanze  ,  onde  la  vita  vegetativa  si  alimenta  e  con- 
forla^  non  saranno  più  per  iucuria  volatilizzali  e  dispersi. 


(  M6  ) 
in. 

L'espressione  sincera,  e  non  dubbia  dell' attuale  progresso 
e  florido  stato  della  nostra  industria  manifatturiera,  siam  di  cre- 
dere non  in  altro  ricercare  si  debba  ,  cbe  in  quelle  svariate  o- 
pere  d'ingegno,  e  di  mano,  cbe  manifattori  abili  ed  intelligen- 
ti ,  con  nobile  gara  di  emulazione  si  faceano  solleciti  sommel- 
tere  alla  pubblica  attenzione,   ed  al  giudizio  severo  della  scienza. 

Qualora  si  pon  mente  che  quelle  opere  tutte  e  prodotti  ara- 
mirandi  ,  non  sono  più  siccome  nel  passato  il  risultato  di  un  la- 
voro paziente  e  penoso  ,  la  fatica  della  mano  senza  il  predomi- 
nio della  mente  ,  il  prodotto  di  pratiche  sterili  ed  antiquate,  con 
lieto  animo  ci  sarà  dato  inferirne,  essere  positivo  f avanzamen- 
to dell'  arte  ,  come  promettitore  di  perfezionamento  maggiore. 

Dacché  la  bontà,  e  facilità  de' metodi  ,  il  piìi  largo  inse- 
gnamento ,  rendeva  accessibile  T  umile  artista  ai  processi  riposti, 
agli  slanci  subirmi  della  scienza,  l'arte  manifatturiera  subiva  un 
intiero  rivolgimento  ,  una  compiuta  riforma.  Non  più  un  cieco 
ed  oscuro  empirismo  ;  sibbene  la  geometria  ,  la  meccanica  ,  la 
fisica  ;  la  chimica  vedi  chiamate  a  guida  e  maestri  del  più  co- 
munale prodotto.  Ormai  non  vi  ha  industriante  di  sorta ,  cui  non 
sian  cogniti  ,  e  familiari  que'  mezzi  meccanici,  le  chimiche  tras- 
mutazioni ,  i  maravigliosi  effetti  fisici  della  luce  e  dei  colori  , 
di  che  r  arte  moderna  si  aiuta. 

Senza  essere  soggetto  ,  o  sviato  dalla  fallace  teoria  di  poter 
tutto  produrre  col  nazionale  lavoro  ,  per  proprio  istinto  e  tenden- 
za il  nostro  artista  ad  ogni  più  arduo  lavoro  dà  opera  ;  con  no- 
bile ardore  si  cimenta  e  riesce  all'  imitazione  de'  più  pregiati 
stranierÀ  prodotti.  Nelle  ingegnose  trasformazioni  della  figulina  , 
neir  artistica  condotta  de'  duttili  metalli  ,  nella  felice  imitazione 


(  M7  ) 
de  drappi  lionesi ,  nelle  complicate  slrulliire  di  meccanici  e  fisi- 
ci slrumcnli  ,   tale  una  sveltezza  d' ingegno  ti  è  data  ammirare, 
una  costanza  di  volontà  ,  che  a  buon  dritto    debba  far    ritenere 
il  nostro  artefice  a  niun  altro  secondo. 

Poco  mcn  di  sei  lustri  queste  stesse  manifatture  venivano 
jivviatc  appena  sul  cammino  del  progresso  ;  dopo  breve  volger 
di  tempo  ,  eccole  da  bambine  divenule  mature  ,  ed  adulte.  Sde- 
gnose di  quel  protezionismo  che  ne  alimentò  la  infanzia  ,  non 
piìi  paventano  il  paragone. 

Ridotte  le  tariffe  protettrici  ,  animose  non  han  temuto  di 
spingersi  ncU'  aringo  della  concorrenza  schierandosi  sotto  la  ri- 
generatrice bandiera  del  mutuo  cambio. 

Ntn  è  nostro  divisamcnto  intanto  entrare  nella  particolareg- 
giata disamina  di  ciascuno  de'  prodotti  di  arte  ,  di  che  si  arric- 
chiva la  pubblica  e  solenne  mostra. 

Il  nobile  e  difficile  incarico  veniva  affidato  ai  membri  di- 
stinti di  questo  venerando  Consesso  ,  in  cinque  commessioni  par- 
lili secondo  le  categorie  diverse  ,  ed  eglino  1'  assolveranno  con 
«|uella  maturittì  di  consiglio  e  tecnica  precisione  ,  di  che  le  lo- 
ro menti  si  abbcllano.  Il  loro  giudizio  fatto  aperto  per  le  stam- 
pe ,  più  di  una  onesta  ambizione  renderà  soddisfatta  ;  1'  emula- 
zione inciterà  di  altri  per  persuaderli  a  far  meglio. 

Quanto  a  noi  dal  lungo  tema  cacciati  ,  non  potremo  che  di 
quelle  manifatture  con  brevi  parole  dir  motto  ,  che  per  utilità 
generale  ed  acquistala  celebrità  all'  altre  sovrastino.  Al  consegui- 
to miglioramento  e  progresso  sarà  premio  maggiore  l'  omaggio 
di  speciale  ed  onorata  menzione. 

Tra  le  nazionali  manifatture  pii!i  ricche  e  pregiate  ,  quella 
che  tra  tutte  per  utilità  primeggia  ,  ed  a  buon  dritto  si  racco- 
manda alla  stima  ,  e  considerazione  dell'  universale ,  certamente 
debbasi  ritenere  l'  industria  lauaria. 


(  m  ) 

In  breve  periodo  di  tempo  abbiamo  veduto  sorgere  e  prospe- 
rare grandiosi  e  lodati  lanifìci ,  che  oramai  di  acconce  macchi- 
ne provveduti  a  ribocco  ,  e  di  metodi  più  spediti  e  sicuri  facen- 
do tesoro,  alacremente  danno  opera  a  lavori  economici  e  per- 
fetti. Que"  pannilini  che  non  à  guari  a  caro  prezzo  ci  occorreva 
importare  di  Francia  ,  d'  Inghilterra  ,  dalla  Sassonia  ,  a  mite 
prezzo  ed  egualmente  perfetti  ,  ora  ci  vengono  offerti  dalle  ma- 
nifatture nostrali.  Per  arrendevolezza,  morbidità  ,  compattezza, 
solidità  ,  vivacità  ,  e  stabilità  delle  tinte  ^  varie-tà  e  finezza  di 
tessuti  ,  i  lanaggi  nostrali  nulla  ritengbiamo  invidiar  possano  al- 
la straniera  produzione. 

Quali  e  quanti  lavori  pregevoli  ,  ed  oltremodo  perfetti  in 
questa  importante  branca  industriale  non  presentava  la  pubblica 
mostra  ?  In  quei  lucidi  panni  neri  e  turchini  ,  nelle  belle  sego- 
vie  di  Camello  ,  in  que'  cremisi  e  scarlatti  castori  ,  nelle  mor- 
bide flanelle  ,  ne'  compatti  tricò  ,  in  que'  tanti  e  svariati  leggie- 
ri e  vellosi  tessuti  ,  che  il  compartimento  de'  lanaggi  ci  mette- 
va sottocchio  ,  bisognerebbe  esser  cieco  del  giudizio  ,  per  non 
avvisarvi  tale  un  avanzamento  da  rimanerne  disgradato  ogni  pre- 
cedente lavoro  ;  e  render  degni  di  lode  i  generosi  sforzi  degli 
industriali  ,  che  la  diffìcile  meta  aggiungevano. 

Perloccbè  lode  sincera  ,  e  sentita  tributar  intendiamo  all'o- 
perosità ed  intelligenza  intorno  a  cosiffatta  produzione  ,  svilup- 
pate neir  interessante  opifìcio  di  S.  Caterina  a  Formelle  ,  di  ta- 
li svariate  e  congegnose  macchine  dall'  attività  del  benemerito 
Cav.  Sava  fornite  ,  che  dallo  spurgo  fino  alla  confezione  di  piìi 
fini  lanaggi  provvedono.  Cerne  altresì  di  meritati  encomii  defrau- 
dar non  vogliamo  le  produzioni  lodate  e  bellissime  del  Ciccodi- 
cola ,  del  Zino  ,  del  Manna  ,  del  Polsinelli ,  ed  altri  ;  non  che 
gli  utili  lanifìci  di  Arpino  ,  Falena  ,  Taranta  ,  Lama  ;  i  quali  al 
vestimento  del  povero  economicamente  provvedono  ,  come  i  pri^ 
mi  al  lusso  degli  agiati  ed  ai  capricci  della  moda. 


(4i9  ) 

Gran  vanlo  ed  onore  medesiraamenfo  nlle  napolilane  manì- 
fadiirc  ridonda  dalla  serica  industria  ,  e  dagli  stupendi  lavori 
clm  co'  suoi  fili  s'  inlcssono. 

Perfezionali  ,  e  resi  più  agevoli  i  melodi  e  le  praliclie,  on- 
de la  sua  Irallura  ,  filatura,  tintura  e  tessitura  si  esegue  ,  non 
V  ha  miracolo  di  arie  per  vivacità  ed  intreccio  di  colorilo,  mor- 
bidezza ,  regolarità  di  ordito  ,  precisione  e  sveltezza  di  disegno, 
che  nel  suo  slancio  progressivo  questa  industria  non  si  sia  fatta 
a  prod  irre. 

Il  meno  artistico  ingegno  suo  malgrado  sarà  forzato  ad  am- 
mirare que'  ricchi  broccati  ,  que'  fini  dammaschi,  que'  lucidi  grò, 
quelle  stoffe  operate  ,  quei  sopraffini  ormesiui  ,  quei  diafani  e 
leggieri  tessuti  di  nuova  invenzione  ,  con  che  la  Real  Fabbrica 
di  S.  Lcacio  alletta  ,  e  soddisfa  il  gusto  delicato  e  suscettivo  del- 
le donne  gentili. 

Né  scarsa  lode  converrà  che  si  accordi  alle  stupende  varie- 
tà delle  stoffe  rasate  e  broccato  del  Real  Convillo  del  Carmiuel- 
lo  ;  come  a'  broccati  e  damaschi  di  ben  assortiti  colori  de'  fra- 
telli Cosenza,  ai  drappi  del  Blatera  ed  alle  varietà  infinite  di  na- 
stri ,  fiocchi  ,  trine  ,  frange  e  passamani  ,  che  della  moderna 
tappezzeria  formano  1'  ornamento  e  splendore. 

Anche  im  posto  distinto  nella  storia  de' progressi  dell'  indu- 
stria nostrale  meritano  senza  dubbio  i  lavori  di  lino  ,  canape  e 
cotone.  Con  incessante  incremento  ninna  meglio  di  questa  indu- 
stria seppe  rispondere  alle  provvide  cure  ed  incoraggiamenti,  che 
a  larga  mano  fin  dal  suo  primo  sorgere  prodigati  le  vennero. 

Le  tele  operale  e  damascate,  le  ricche  ed  eleganti  tovaglie, 
degne  per  ogni  verso  di  covrir  regi  deschi  ,  dalla  Società  Par- 
tenopea inviati  ;  la  varietà  immensa  di  variopinte  cotonine  ,  di 
ottimi  fazzoletti  ;  gli  eleganti  servizi  da  tavola ,  e  dammaschi  di 

accurato  lavoro  ,  le  nanchine  ,  i  dobletti  ,   le   stoffe   colorate    e 

57 


(4-5o.) 

stampate  uscite  da'  celebrati  opifici  di  Egg^  di  Mauro  ,  di  Me- 
yer  ■,  di  Scblepper  ,  di  Rocker  ;  gli  assortiti  filati  del  Wonviller; 
la  celebrità  ed  ampiezza  degli  stabilimenti ,  cbe  tanta  meraviglia 
producevano  ,  la  perfezione  delle  macchine  ,  la  bontà  e  mite  co- 
sto di  tanti  utili  e  mirabili  prodotti  sono  li  per  attestare  che  in 
questa  branca  di  produzione  ,  lo  slancio  industriale  non  si  è  ar- 
restato nel  mezzo  del  cammino. 

Notevole  perfezionamento  avvisato  ancora  abbiamo  nella  fab- 
bricazione de' cuoi  ;  nella  industria  de' quali  la  bontà  dei  nuovi 
metodi  ,  massime  per  la  varietà  della  concia  ,  ha  prodotto  mi- 
glioramenti tali  ,  che  sono  pegno  sicuro  ,  poter  essi  vantaggio- 
samente concorrere  con  simile  merce  straniera. 

Medesimamente  accennar  è  debito  agli  utili  ed  economici 
prodotti  di  feltri  ,  ed  altre  maniere  di  tele  verniciate  ,  i  quali 
la  lodevole  cura  di  coloro  che  a  questa  specie  attendono  d'  in- 
dustria ,  e  r  amore  che  mettono  nell'  arte  che  professano  chia- 
ramente addimostrano  ,  ed  il  desio  sentito  di  veder  lodati  ,  e  fe- 
steggiati i  loro  lavori. 

Come  in  tutti  i  paesi  di  Europa  i  prodotti  chimici  hanno 
seguito  fra  noi  i  progressi  della  scienza.  Niuna  pubblica  mostra 
fino  al  presente,  ne  avea  offerto  tale  e  tanta  pregevole  varietà. 
Ragion  volea  che  all'  avanzato  movimento  industriale  fosse  tenu- 
ta dietro  la  maggiore  e  più  abbondante  produzione  delle  chimi- 
che sostanze  ;  fatte  ora  mai  vita  e  sostegno  delle  arti  e  mani- 
fatture. 

Accresciuta  la  potenza  dell'economica  produzione,  in  tanta 
luce  di  fisiche  scovcrte  ,  le  macchine  ,  questo  potente  ausiliario 
del  manuale  e  faticoso  lavoro  dell'  uomo,  ed  altri  fisici  strumen- 
ti non  potevano  mancare  all'  appello  dell'  industriale  concorso  ,  e 
veramente  han  fatto  bella  comparsa.  Giammai  per  lo  innanzi  se 
ne  vide  una  quantità  maggiore  e  piìi  varia. 


(  4b'i  ) 

Motori  clellro-magnetici  ,  ruote  ad  elica  ,  macchine  pneu- 
maticlie  ,  apparecchi  elettro-terapeutici ,  parafiihnini  ,  bussole  , 
barometri ,  bilance  ,  strumenti  geodetici  ,  livelli  ,  turbini  idrau- 
lici ,  campane  da  palombaì  ,  molini  ^  pompe  ^  macchine  ,  e  stru- 
menti agrari  ,  macchine  a  vapore  di  piccoli  mole  ,  ad  ogni  ma- 
niera d' industria  applicabili ,  ed  altri  molti  saggi  di  simil  fatta, 
rendono  chiaro  ,  ed  aperto  quanto  presso  noi  si  senta  innanzi 
nelle  fisiche  ,   e  meccaniche  discipline. 

Oltreché  mettono  essi  in  evidenza  quello  straordinario  accre- 
scimento di  forze,  onde  nel  cammino  della  civiltà  l'uomo  si  av- 
vale per  soggiogare  ,  e  dirigere  gli  elementi  terrestri. 

Qui  dove  grandeggiano  i  pub])lici",  e  reali  stabilimenti  di 
Pietrarsa  ,  della  Mongiana  ,  della  Real  Fonderia  ;  ove  una  schie- 
ra eletta  di  macchinisti  ,  incessantemente  intende  al  progresso 
della  scienza  ;  ove  da  ultimo  attivamente  funziona  il  beli"  opifi- 
cio di  Zino  ed  Henry  ,  proceder  la  bisogna  non  potea  altrimen- 
ti. Ma  convenir  si  debba  però,  che  superavano  i  saggi  le  aspet- 
tative ;  non  fosse  altro  ,  per  quelle  finite  fusioni  di  che  si  dilet- 
tava la  vista ,   e  \  arte  traeva  conforto. 

L'arte  di  fabbricar  bellici  strumenti  ,  fu  antico  vanto  delle 
patrie  manifatture,  né  di  presente  venne  meno  alla  pruova.  Se 
non  che  ogni  cura  si  vede  esclusivamente  rivolta  al  perfeziona- 
mento delle  armi  da  fuoco  ;  come  le  sole  di  una  potenza  effet- 
tiva ,  e  di  utilità  vera  ,  dopo  la  scoverta  della  polvere  da  spa- 
ro ,  e  del  micidiale  cotone  fulminante. 

Gli  stupendi  campioni  di  fucili  da  guerra  e  da  caccia,  del- 
le pistole  da  tiro  o  da  combattimento  ,  ad  uno  o  più  tubi;  l'e- 
leganza e  precisione  delle  montature  e  batterie  ,  che  adatti  li 
rendono  al  maneggio  ed  al  tiro  ,  a  chiare  note  ci  attestano  il 
positivo  progresso  da'  nostri  armaiuoli  ottenuto. 

Lode  sia  adunque  agli  artefici  intelligenti  ,    ohe    intorno  a 


(    452    ) 

quelle  opere  stupende  lavorarono:  e  massime  al  benemerito  Maz- 
za ,  che  1  importante  invenzione  del  Dalvigue  applicando ,  e  mi- 
gliorando ,  di  solide  carabine ,  ed  eleganti  pistole  quintuplicava 
la  portala  ed  il  tiro. 

Molti  sono  stali  i  sontuosi  e  perfetti  pianoforti  presentali 
nella  mostra  solenne,  e  grandi  i  miglioramenti  e  novità  che  ab- 
biamo osservalo  nel  loro  meccanismo  introdotti. 

All'eleganza  del  disegno,  alla  solidità  di  costruzione,  alla 
varietà  e  ricchezza  degli  ornati  esteriori  ,  i  più  tra  essi  accop- 
piavano elasticità  di  tastiera  ,  dolcezza  di  suono  ,  protratto  vibrar 
delle  corde. 

L'alta  riputazione  d'i  De  Meglio,  di  Helzel ,  di  Sievers,  di 
Mack  ,  di  Federici  ,  e  di  altri  distinti  fabbricanti  punto  non  de- 
clinò nel  fatto  esperimento  :  che  anzi  nuova  fama  veniva  acqui- 
stando di  perfezionamento  maggiore. 

Avvegnaché  scarsi  i  lavori  di  ebanista  ,  pure  i  pochi  espo- 
sti il  massimo  pregio  dell'  arte  toccavano. 

La  rara  maestria  con  cui  si  osservan  condotte  le  inlarsialn- 
re  de' magnifici  deschetti  dal  de  Perris  esposti,  l'armonia,  sem- 
plicità^ ed  accordo  del  disegno  ,  la  finitezza  dell' esecuzione ,  fan- 
no che  a  buon  dritto  ritener  si  debhano  per  opere  rare  ,  e  pre- 
giate. 

Né  di  minori  elogi  reputiamo  degni  ,  la  sontuosa  cappella 
di  varii  legni  intarsiata  e  condotta,  e  con  raro  magistero  com- 
messa ;  non  che  un  trucco,  o  bigliardo  che  vogliasi  ,  per  pre^ 
cisione  perfetto,  e  per  ricchezza  e  varietà  di  ornati  veramente 
magnifico. 

La  fabbricazione  delle  carte  quantunque  non  abbia  smentito 
r  antica  acquistata  riputazione  non  ha  inleraraenle  corrisposto 
per  bontà  ,  perfezione  ed  economia  di  prezzo  alla  nostra  aspet- 
tazione. 

Facciamo  voti  ,  perchè  ai  conosciuti  bisogni  de'tipografi,  del 


(  Ab'3  ) 
filoi^rafi  ,  clei;l  incisori  ,  lo  carlicre  del  Fibreno  e  del  Liri  pos- 
sauo  pur  una  volta  co'  loro  pregiali  prodotti  ,  largamente  prov- 
vedere ;  COMIC  alimentare  ad  un  tempo  il  lucroso  traffico  dei  pa- 
rati da  stanza  ;  che  se  pel  momento  commcudevoli  pel  prezzo  , 
speriamo  acquistino  in  breve  la  lucentezza  e  precisione  de'  fo- 
restieri. 

La  magnideenza  della  materia,  e  la  precisione  del  lavoro 
fanno  ,  che  meritevoli  di  speciale  menzione  si  rendano  taluni 
gioielli  in  brillanti.  Massime  un"  acconciatura  per  Regale  donna 
allogala  ,  vaga  per  disposizione  ed  armonia  delle  pietre  ,  come 
per  castigato  disegno  pregevole. 

Oh!  quale  bella  comparsa  nella  mostra  solenne,  se  tutti  gli 
orefici  nostri  fossero  slati  incitali  dal  pungolo  della  gloria.  Qua- 
le pruova  non  avrebbero  data  essi ,  che  1'  onore  e  1'  antico  van- 
to dell'  arte  non  è  ancor  spento  sotto  il  bel  cielo  di  Nnpoli  ? 

I  saggi  messi  in  mostra  non  meno  di  guanti,  che  delle  ar- 
moniche corde  degnamente  han  sostenuto  la  solida  fama  ,  che 
queste  due  specialità  della  nostra  industria  godevano  ,  e  godono 
lullavia  ne'  stranieri  e  lontani  mercali. 

Del  loro  progresso  e  miglioramento  1'  animo  veramente  ne 
gode  ,  e  non  possiamo  agli  antichi  ,  che  aggiugnere  plausi  no- 
velli. 

L"  arte  vetraria  che  ne'  precedenti  concorsi  facca  bella  mo- 
stra de'  suoi  svariali  e  brillanti  prodotti  povera  si  è  mostrala;  o 
quasi  è  paruto  di  presente  avesse  fallo  difl'alla. 

Onde  è  avvenuto  che  nel  rapido  avanzare  si  sia  soffermala, 
non  cade  qui  acconcio  indagarlo.  Ci  auguriamo  però  ,  che  pre- 
sa nuova  lena  in  più  splendida  loggia  si  riproduca. 

L'  obbligo  ci  correrebbe  ,  e  1  desio  di  passare  a  rassegna 
le  altre  industrie  minori  ,  ma  oltre  i  limili  che  ci  siamo  propo- 
sti ci  spingeremmo ,  non  senza  tema  di  renderci  più  del  dovocc 
prolissi.. 


(  kU  ) 

In  iscorcio  e  sui  generali  diremo  che  commendevoli  sono  a 
tenersi  pur  troppo  i  speciosi  lavori  di  tassidermia  ,  i  miracoli 
della  calligrafia  ,  i  gentili  lavori  dell'  ago  ,  le  microscopiche  in- 
cisioni in  avorio,  il  coltellame  di  tempra  squisita  ed  a  mille  tra- 
fori ,  i  magnifici  vasi  e  lavori  di  figulina  ,  le  fine  paglie  a  mò 
delle  fiorentine  intrecciate  ,  1'  eleganti  dorate  cornici  ,  i  talami 
sontuosi  e  le  cento  altre  minuterie  ,  di  cui  lungo  sarehbe  tes- 
serne il  novero  ,  che  là  al  pubblico  stettero  per  attestare  il  buon 
volere  e  l'artistico  ingegno  de'  produttori  che  vi  dettero  opera. 

Come  da  ultimo  una  parola  di  encomio  ci  sia  concesso  spen- 
dere per  fjue'  pregiati  lavori  di  ago  ,  di  spola ,  o  di  altr'  arte 
gentile  ,  che  a  rendere  più  bella  la  mostra  solenne  a  larga  ma- 
no gli  ospizii  ,  i  reclusorii  ,  ed  ogni  altra  maniera  di  pubblici 
asili  si  mostraron  pronti  a  produrre.  Bello  spettacolo  offrendo  del 
come  il  lavoro  rigoglioso  germogli  sotto  l'  ombra  della  pietà  e 
della  beneficenza  ,  e  le  une  ,  e  1'  altro  a  vicenda  si  aiutino  e 
confortino  per  compiere  1'  opera  veramente  pia  della  rigenerazio- 
ne del  reietto  ! 

Né  avvenga  la  strettezza  ci  tolga  ricordar  con  elogio  i  nu- 
merosi invii  operosamente  eseguiti  dall'  Economiche  Società  del- 
le tante  materie  grezze  ,  su  cui  le  trasmutazioni  dell'  industria 
si  effettuano  ;  tra  cui  una  varietà  grandissima  di  sgreziati  mar- 
mi ed  altri  mineralogici  prodotti ,  non  escluso  qualche  buon  sag- 
gio di  lignite  ,  carbonfossile  e  di  ghisa. 

Cosi  onorevolmente  come  in  tale  rincontro  possano  i  loro 
sforzi  generosi  assolvere  la  scientifica  missione  ,  che  loro  è  da- 
to di  compiere  ;  e  sempreppiù  intendere  la  mente  all'  incremen- 
to maggiorò  di  quella  civiltà  industriale  ,  che  per  essere  matu- 
ra e  completa  tra  noi  ,  di  piìi  ferro  e  carbone  ha  mestieri ,  co- 
me i  soli  elementi  che  alimentar  possano  il  vapore ,  unica  ed  i- 
nesausta  sorgente  di  lavoro  e  di  forza. 

Dietro  di  che  sull'assieme  degli  aforzi   e  de'risultaraenti  ot- 


(  4o5  ) 
ienuli  in  ciascuna  delle  tante  e  svariate  branche  industriali,  in- 
torno a  cui  abbiamo  veduto  svolgersi  e  adoperarsi  1'  operosa  at- 
tività ,  r  iudustre  sapere  della  nostra  classe  operaia,,  egli  è  me- 
stieri che  il  cuore  ,  e  la  mente  di  chiunque  metta  affetto  nel 
patrio  avanzamento  possano  riposarsi  soddisfatti  ,  e  tranquilli. 

Quando  si  è  pervenuto  in  molti  rami  d'  industria  ad  otte- 
nere prodotti  perfetti  ,  ed  a  prezzi  discreti ,  puossi  a  buon  dirit- 
to ,  secondo  i  canoni  più  ovvi  della  economica  scienza  ,  procla- 
mare a  fronte  alta  che  floridissimo  sia  Io  stato  industriale  di  un 
Regno. 

Grandioso  lo  spettacolo  dell'  ultima  solenne  mostra  ,  se  sa- 
rà seme  che  fnitti  onore  alla  intelligente  iniziativa  di  chi  prepo- 
sto alla  direzione  degl'  interni  negozii  volle  con  inusitata  e  piij 
magnifica  pompa  si  celebrasse  cotesta  festa  dell'  industrie  nostra- 
li ,  a  documento  duraturo  ne  rimarrà  la  memoria  di  quella  ci- 
viltà che  tutto  dì  vediam  crescere  e  prosperare  sotto  i  benefici 
influssi  di  un  reggimento  amoroso  ,  e  paterno. 

Allargato  il  dominio  dello  spirito  ,  aumentala  e  sviluppata 
F  umana  intelligenza  ,  resi  piìi  generali  e  comuni  gli  scientifici 
e  tecnologici  insegnamenti  che  da  quella  mostra  a  larga  mano 
ricavare  si  potranno  ,  siara  certi  si  affretterà  1'  incremento  della 
industria  nostrale. 

In  queste  felici  contrade  ove  a  penosa  sterilità  non  avviene 
che  si  condanni  il  lavoro  ;  ove  a  ciascuno  per  prolezione  gover- 
nativa è  dato  tranquillo  godere  il  frutto  della  propria  operosità; 
ove  r  elemento  cristiano  sempre  a  nuovi  slanci  sprona  la  mente, 
nuova  forza  infondendo  alla  umana  intelligenza  e  sviluppo,  nuo- 
vi progressi  non  saranno  né  lenti  ,  né  dubbii. 

Di  tanto  prosperoso  successo  ,  delle  liete  speranze  avrenire 
a  Dio  Ottimo  Massimo  adunque  le  debite  grazie  rendiamo  :  ed 
all'  Augusto  Padre  e  Sovrano  ,  che  alle  nostre  fatiche  sorriden- 
do j  il  massimo  pronao  largivaci  che  ci  era  dato  sperare. 


DISCORSO 

DEL 

CAVALIERE  FELICE  SANTANGELO 

PRESIDENTE  DEL  REALE  ISTITUTO  D' INCORAGGIAMENTO. 

LETTO  IL  DI'  31  LL'GLIO  1854 

IN  OCCASIOIXE  DELLA  DISTRIBUZIONE  DE'  PREMI  ,  ACCORDATI  DA  S.  M. 
AGL'INDUSTRIOSI,  CHE  CONCORSERO  NELLA  MOSTRA  SOLENNE  DI  MAGGIO  i853 


Peritior  in  arte  sua  publtce  in  Pritaneo  epulalor; 
primamque  sedem  occupato- 

Lc2.  Alt.  I.   V.  l.  III.  De  Arlibus. 


\J] 


\ 


><]iiaraati  a  rimeritare  della  dovuta  lode  e  premio  condegno  la 
schiera  eletta  de'  benemeriti  artisti ,  ed  industriosi ,  che  colle  o- 
pere  della  mano  ,  e  dell'  ingegno  eccelsero  nella  quinquennale 
pubblica  mostra  delle  nostre  patrie  industrie,  e  manifatture  ;  da 
insolita  gioia  1'  animo  mio  è  compreso  ,  per  essere  toccato  in 
sorte  a  questo  Reale  Istituto  d'  Incoraggiamento  di  Sovrano  Co- 
mando complirne  gli  onori. 

Sacro  questo  giorno  faustissimo  al  genetliaco  dell'  eccelsa 
Donna  e  Regina  ;  cui  con  le  rare  virtù  dell'  animo  ,  ed  insigne 
pietà  tanto  fu  dato  allegrare  la  Maestà  del  Trono  del  Nostro  Au- 
gusto ,  e  grazioso  Monarca  ;  coppia  auspicata  e  felice  ,  cui  il 
Cielo  benigno  aggiunga  ,  anni  ,  gloria  ed  imperio  ;  alla  celebri- 
tà del  comun  festeggiare  in  bella  armonia  si  sposa  questo    atto 

58 


(  456  ) 
Sdlcnne  :   che  l'inno  di  gloria  più  accetto  al    cuore    tli   un  Re  , 
padre  amantissimo  ,  come  il  nostro  ,   di  popoli  soggetti  ,  è    pre- 
gio ritenere  che  sia  la  riverente    e    grata    commemorazione   del 
maggiore  e  più  rilucente  de'  fasti  suoi. 

E  per  vero ,  a  chiunque  avrà  tenuto  dietro  in  questi  ulti- 
mi anni  ai  sempre  crescenti  e  maggiori  progressi  delle  nostre 
industrie  e  manifatture  ,  con  compiacenza  e  fierezza  si  farà  aper- 
ta l'occasione  di  notare  ,  come  grazie  alla  protezione  ammini- 
strativa ,  agi'  incoraggiamenti  Sovrani  ,  partecipassimo  diggià  al- 
la civiltà  de'  popoli  più  industriosi  del  mondo ,  e  come  il  serto 
delle  nostre  glorie  civili  tuttodì  di  novelle  e  più  verdi  fronde 
si  andava  rinnovellando.  Del  quale  fenomenico  fatto  ,  cui  verrà 
talento  di  approfondire  la  cagione  riposta  ,  di  leggieri  la  potrà 
riscontrare  in  que'  felici  dettati  ,  ed  ordinamenti  amministrativi, 
che  secondando  alacremente  appo  noi  il  movimento  generale  del- 
le industrie  ,  seppero  ciò  non  pertanto  segnare  la  ragiono,  eie 
leggi  del  suo  progressivo  esplicamento  ;  infrenando  è  vero  alcu- 
na volta  la  shrigliata  industriale  attività  ne'  giusti  confini  ;  ma 
studiandosi  serapremai  d'incoraggiarla,  sia  moltiplicandone  i  mez- 
zi ,   che  arricchendola  di  nuove  e  più  efficaci  risorse. 

Ad  ottenere  però  un  rapido  avanzamento  dell'  industriale  po- 
tenza ,  grandemente  ,  ed  in  cima  a  tutto  siam  di  credere  abbia 
contribuito  1'  invalso  sistema  delle  pubbliche  solenni  mostre  dei 
prodotti  artistici  ed  industriali  ;  sistema  che  ne  piace  francamen- 
te bandire  ,  e  lodare,  come  il  più  savio  dettato  e  consiglio  di 
civile  prudenza. 

Utile  e  bello  è  a  vedere ,  che  in  determinati  periodi  un  qua- 
dro generale  e  parlante  delle  condizioni  e  progressi  delle  arti  , 
e  manifatture ,  venga  ad  eccitare  una  nobile  gara  di  concorren- 
za e  di  emulazione.  Troveranno  in  esso  tutto  intero  il  paese,  i 
governanti  stessi  ,  la  giusta  e  più  esatta  misura  del  già  percor- 


(  k^l  ) 

so  compilo  ;  dell'  ardua  e  faticosa  via  che  ancora  rimane  a  per- 
correre. Verranno  come  in  porto  sicuro  i  peritani  a  rinfrancar- 
si ,  ed  acquistar  nuova  Iena  nel  consiglio  dei  dolli.  Apprende- 
ranno da  ultimo  gì'  industriali  tutti  a  schivare  e  superare  gì'  in- 
ciampi ;  ad  affrettare  quella  via  ,  che  solo  potrà  menare  diffila- 
ta  r  industria  ,  ad  aggiungere  la  difficile  meta  d^'l  suo  perfezio- 
namento. 

Aggiungi ,  che  per  tale  maniera  agli  occhi  dell'  universale 
si  fanno  praticamente  palesi  ,  e  comunali  i  più  riposti  trovati 
della  scienza  ,  le  recenti  scoverte  più  utilmente  applicabili  alle 
arti  ed  ai  mestieri  ,  i  metodi  svariati  per  ottenere  una  più  faci- 
le e  meno  costosa  produzione.  La  virtù  dell'  esempio  ecciterà  a 
creare  ;  ovvero  a  fecondare  ed  ingrandire  un  qualche  pensiero , 
appena  in  germe  ed  abbozzato  ;  ad  additare  quelle  modifiche  e 
trasformazioni  ,  di  che  i  varii  prodotti  dell'industria  possono  per 
avventura  essere  suscettivi  ,  e  capaci. 

Né  minore  vantaggio  sarà  per  ritrarne  il  più  maturo  senno 
dell'autorità  governativa,  perocché  da  que' documenti,  lealmen- 
te e  senza  orpello  schierati  innanzi  la  mente  ,  lucido  insegna- 
mento potrà  inferirne  di  que'  soccorsi  ed  incoraggiamenti ,  di  che 
occorra  si  eccitino  le  varie  branche  industriali  ;  acciò  procedan 
franche  spedite  in  loro  cammino.  Ollrecchè  ,  apprenderà  altresì 
a  togliere  e  rimuovere  quegli  indugi  ,  che  al  loro  libero  avan- 
zare fan  sosta  ,  a  rendere  agevole  ed  afi"rettare  l'  introduzione  di 
alcuna  scoverla  ,  ed  utile  industria  ;  l'  erezione  di  qualche  gran- 
dioso e  proficuo  opificio,  e  spingere  in  una  a  maggiore  svilup- 
po quel  movimento  industriale  ^  che  ritenghiamo  come  il  mag- 
giore sostegno  e  sostrato  della  pubblica  e  v,era  ricchezza. 

Cosi  piacesse  al  Cielo  e  nel  ricorso  de'  tempi  cotesto  siste- 
ma di  pubblicità  fosse  stato  vanto  di  una  più  antica  civiltà,  od 
almenX)  di  men  remoli  anni.  Oh  quanto  utili  scoverte  ed  inven- 


(  Ans  ) 

zioni  ardiUssirae  non  sarebbero  state  condannate  all'  obblio  ,  o 
sibbciie  ad  attendere  1'  attuazione  loro  dal  lento  succedere  delle 
umane  vicissitudini. 

Per  le  quali  cose  attesamente  converrà  che  si  metta  pensie- 
ro ,  ed  al  torto  si  apporrebbe  chi  altrimenti  credesse,  acciò  co- 
leste pubbliche  mostre  industriali  ,  o  per  raò  di  dire  ,  ricorren- 
ti festività  delle  patrie  arti,  e  manifatture  ,  non  degenerino  ad 
una  pompa  vana  ,  e  passaggi  era  ,  o  servano  esclusivamente  a 
menar  galloria  di  quello  che  l'abile  industria  d'intelligenti  e  na- 
zionali operai  sappia  produrre  di  più  gentile  e  ricercato. 

Se  ragionevole  egli  è  ,  che  ne'  suoi  moltiplici  ,  e  svariati 
risultamenfi  ,  trovi  di  che  soddisfare  V  onesta  ambizione  ,  ed  a- 
mor  proprio  nazionale  ,  la  nobile  istituzione,  sotto  una  superio- 
re e  più  intelligente  direzione  ,  conviene  che  accenni  ad  una  me- 
ta più  alta  ,  ed  addiventi  nelle  sue  mani  istromento  vero  e  fat- 
tore di  sociale  progresso  ,  di  generale  e  positiva  utilità. 

Sicché  sotto  simile  rapporto  disaminato  questo  eccellente  pen- 
siero della  volgente  civiltà  ,  auzicchè  in  efimera  gloria  e  vanità 
nazionale  ,  in  positivo  bisogno  si  tramuta,  ed  in  debito  sacro- 
santo di  uno  Stato  civile  ,  perocché  è  debito  di  colta  nazione  , 
ed  atto  in  una  volta  di  sana  ed  avveduta  politica  ,  tener  dieira 
con  passo  regolare  e  costante  al  progressivo  svilupparsi  dell'  in- 
dustriale lavoro  ,  che  tanta  parte  vcdiam  prendere  alla  soddisfa- 
zione de'  più  pressanti  bisogni  dell'  umanità. 

Oh  !  e  quante  volte  occorrerà  che  se  ne  correggano  i  tra- 
viamenti ,  le  lacune  si  colmino  ,  ed  in  guisa  si  atteggi ,  che  con- 
correr possa  alla  prosperità  maggiore  ,  ed  alla  più  agiata  esi- 
stenza de'  popoli  ,  intorno  alla  cui  felicità  fa  mestieri  assidua- 
mente si  lavori. 

E  in  ciò  ,  che  si  volge  appunto  la  sfera  di  azione  di  que- 
sta Reale  Accademia  ,  cui  1'  onorevole  e  scientifica  missione   le 


(  4.ì>9  ) 
viene  commessa  di  sovvenire  co'  lavori  della  naenle  ,  a'  bisogni 
dell'  industria  ,  delle  arti  ,  e  de'  mestieri  ,  metterli  sul  buon 
cammino  ,  ed  infonder  loro  ,  quella  vitalità  ,  senza  cui  ogni  o- 
pera  umana  finisce  coli'  intristire  ,  o  certamente  collo  slontanar- 
si  dallo  scopo  ,   cui  veniva  ordinata. 

Alla  quale  difficile  ed  importante  missione  ,  mi  sia  conces- 
so il  dirlo  ,  di  fermo  non  venne  mai  meno  1'  opera  ,  ed  il  co- 
stante zelo  dell'onorevole  Consesso.  Documenti  ne  sieno  non  me- 
no gli  alti  delle  sue  periodiche  tornate  ,  a  lutti  fatti  aperti  per 
le  stampe  ,  ma  si  ancora  quel  grandeggiare  progressivo  delle  pa- 
trie industrie  e  manifatture ,  che  in  esso  rinvennero  sempre  quel- 
la tutela  e  conforto ,  che  giustamente  loro  era  dato  sperare. 

Ma  se  altra  più  sincera  ed  autentica  pruova  e  testimi^nian- 
za  si  voglia  de'  nostri  sforzi  costanti  ,  dell'  efficace  avviamento  e 
protezione  governativa,  nel  sorreggere  e  confortare  le  industrie, 
richiamandoci  cosi  piii  dappresso  al  tema  che  lietamente  di  pre- 
sente e'  intrattiene  ,  di  leggieri  ce  la  para  d"  innanzi  la  quinquen- 
nale pubblica  mostra  delle  patrie  industrie  e  manifatture  ,  che 
or  volge  un  anno  ,  in  questa  aula  istessa  con  inusitata  pompa 
compievasi  ;  e  di  cui  oggi  occorre  in  iscorcio  ravvivare  i  fasti 
e  la  ricordanza. 

Spettacolo  di  fermo  grandioso  e  gradito,  che  mai  possa  ri- 
cercare la  niente  ed  il  cuore  ,  di  chi  sente  di  amare  daddove- 
ro  la  gloria  ,   e  la  prosperità  del  proprio  paese, 

A  gara  in  quella  benigua  congiuntura  gli  artisti  ed  indu- 
striosi di  tutto  il  Reame  convenivano  ad  esporre  gli  svariati  , 
ricchi  e  moltiplici  prodotti  delle  arti  ,  e  delle  industrie  da  lo- 
ro professate.  Non  vi  fu  branca  dell'  industriale  lavoro  ,  che  non 
si  fosse  fatta  sollecita  a  presentare  1'  omaggio  di  quanto  di  pili 
bello  e  finito  sappia  nelle  sue  dilicate  ed  ingegnose  combinazio- 
ni creare  ,  e  produrre  il  genio  della  proteiforme  industria  mo- 
derna. 


(  46o  ) 

T  più  complirati  e  severi  congegni  della  meccanica  e  del- 
le altre  scienze  esatte  ;  come  i  più  svariati  della  serica  ,  della 
lanifera  e  delle  altre  industrie  minori  ,  vennero  in  modo  incon- 
testabile a  far  aperto  air  universale ,  che  se  non  sempre  ne  sia 
conceduto  1'  essere  insegnatori  altrui  ,  il  vanto  non  ci  si  potrà 
negare  giammai  di  correre  con  onore  1'  arringo  industriale  ;  av- 
vegnaché a  fronte  di  altre  moltissime  nazioni ,  più  scarsi  di  ca- 
pitali ,  e  di  più  circoscritte  risorse. 

Fedele  intanto  questo  Reale  Istituto  d'  Incoraggiamento  alla 
nobile  missione ,  che  il  suo  organamento  gli  affida ,  con  parti- 
colareggiata e  coscienziosa  disamina  ,  al  dovere  non  venne  me,- 
no  di  rendere  aperto,  quale  delle  industrie  nostrali  ne  sia  la 
condizione  presente.  Nò  mancò  portare  sugli  svariati  prodotti  del- 
la stessa  quelle  tecniche  avvertenze  ,  onde  giovi  si  aiutino  quei 
pochi  rami  d'  industria  che  il  generale  avvanzare  delle  altre  pa- 
re come  seguissero  a  rilento.  Ebbe  d' altra  banda  a  godergli  l'a- 
nimo però  nel  mettere  a  risalto  i  pregi,  e  le  rare  qualità  di  al- 
cuni prodotti ,  r  operosità  ,  le  belle  tendenze  di  molti  artisti  ed 
industriali  che  con  le  fatiche,  ed  i  capitali  lavorano  ad  innalza- 
re il  grandioso  edificio,  invocando  su  quelli  1'  iride  splendente 
della  Sovrana  Considerazione. 

E  in  effetti  quella  Regale  Munificenza,  che  tradizionalmen- 
te siamo  noi  a  vedere  non  mai  lenta  ad  incoraggiare,  e  presta- 
re mano  soccorrevole  al  merito  vero  ,  ovunque  si  appalesi  ,  o  si 
ascomda  ;  più  largamente  delle  speranze  arrise  alle  proposte  di 
questo  Reale  Istituto. 

Quindeci  grandi  medaglie  ;  ottantasette  medie  di  oro  ;  cen- 
tonovantasette  di  argento  ;  centtìventinove  di  bronzo  vennero  di 
suo  volere  decretate  in  premio  a  coloro  ,  cui  nella  nobile  pale- 
stra toccava  l' onor  del  trionfo. 

Atto  sublime  di  Regia  Munificenza,  ed  incomparabile   seu- 


(  46i  ) 
no  governativo.   Del  quale  per  ispiegarc  V  alto  intendimento ,  la 
generosa   politica  ,   che  la  magnanimitcà  di    quel    fatto    compren- 
de ,   facoltà  ed  uso  di  eloquenza  vorrei  fossero  in  me  ,   pari  al- 
la gravità  del  subbielto. 

Divine  per  volontcà  del  Supremo  Fattore,  le  pensanti  facol- 
tà della  umana  famiglia  ,  feconde  addiveiitano  esse  di  utili  ,  e 
generosi  risuUamenti  ,  qualora  una  provvida  mano  ,  quella  elet- 
trica scintilla  d'  industre  e  forte  operare  venga  sprigionando  ,  che 
l'involucro  dell'  ignoranza,  od  altra  meno  onesta  cagione  tene- 
va per  avventura  assopita  e  repressa. 

Col  pungolo  dell'  onore  si  ricerchino  le  vie  del  cuore  ,  e 
della  mente  de' ben  avviati  artisti ,  ed  industriali.  Le  ricompen- 
se non  sieno  lente  a  seguir  dappresso  ,  e  coronare  ogni  gran- 
diosa ed  utile  scoverta  :  con  accorgimento  si  fissino ,  e  si  diri- 
gano al  bene  i  capitali  ed  il  produttivo  lavoro  :  non  si  tralasci 
di  provocare  bellamente  tra  gì"  industriosi  una  nobile  emulazio- 
ne ,  e  temperata  concorrenza  ,  ed  il  perfezionamento  delle  arti 
e  manifatture  non  sarà  tardo  a  raggiungersi  ;  in  quella  guisa 
stessa  che  non  sarà  per  arrestarsi  quel  progresso  incessante  del- 
la umanità  nella  carriera  della  produzione  e  della  pubblica  ric- 
chezza. 

Laonde  se  tale  è  di  noi ,  cui  prima  fu  accordato,  grazie  al 
senno  ,  ed  al  genio  del  Re  Signor  Nostro,  in  questa  bella  par- 
te d' Italia  veder  percorrere  sulla  strada  ferrata  la  macchina  a 
vapore  ,  ed  applicate  alla  soddisfazione  de'  nostri  bisogni  le  più 
recenti  scoverte  delle  scienze  e  della  meccanica  j  couvien  dire 
che  la  profetta  industria  sarà  la  gemma  più  eletta  ,  che  veritie- 
ra saprà  incastonare  ne'  suoi  annali  la  storia  al  Suo  Regale  Dia- 
dema; gloria  non  peritura  per  Lui  che  tutti  amiamo  come  Pa- 
dre e  Sovrano. 

La  fiaccola  dell'  industria  ,  è  elettrica  luce  ,   che    illumina 


(    462    ) 

vasto  e  largo  orizzonte  ;  perocché  è  desso  il  centro  culminante 
intorno  cui  presso  le  incivilite  genti  ,  si  ordinano  ,  si  aggrup- 
pano e  si  svolgono  i  rami  tulli  dell'  umano  sapere. 

Pegno  suol  esser  sempre  di  lungo  e  felicissimo  regno  :  che 
felicissimi  ne  ammaestra  l'esperienza  ,  essere  i  tempi  ,  in  che  le 
arti  ,  e  le  industrie  fioriscano  ,  e  sono  nel  vigore  ;  come  in- 
contaminato r  ordine  ,  e  feracissimi  i  soggetti  di  opere  grandi, 
e  virtuose. 

Dietro  di  che  a  tante  forze  riunite,  e  cospiranti;  a'  provvi- 
di incoraggiamenti  ;  alle  incessanti  cure  di  chi  è  proposto  a  di- 
rigere gì'  interni  negozi  ,  non  potrà  seguire  che  un  maggiore  in- 
cremento e  sviluppo  delle  nostre  patrie  industrie  e  manifatture. 
Né  ai  dcsiderii  é  a  temere  vengano  meno  i  fatti  ,  poiché  già 
dall'  impresso  movimento  largamente  s' incominciano  a  cogliere  i 
frutti. 

Dimande  di  privative  moltiplici  ed  incessanti  per  novelli  tro- 
vati, introduzioni  di  macchine  straniere  ,  per  nuovi  utilissimi 
metodi  escogitati  tuttodì  a  questa  Reale  Accademia  si  van  pro- 
ducendo  :  dalla  quale  assolti  i  lavori  e  le  indagini  preparatorie, 
non  rimane  che  vederle  coronate  di  superiore  approvazione. 

Chepperò  rinfrancato  ,  e  pieno  il  cuore  di  dolci  ,  indubi- 
tate speranze  sul  lieto  e  prospero  avvenire  delle  industrie  e  ma- 
nifatture nostrali,  di  presente  non  mi  rimane,  che  congratular- 
mi con  voi  benemeriti  artisti  ed  industriali  ,  che  con  1'  abilità 
della  mano  ,  colla  sagacilà  della  mente ,  colla  pazienza  del  la- 
voro ,  sapeste  guadagnare  l' onore  e  la  gloria  di  un  pubblico 
premio. 

E  si  che  la  stima  universale  accompagni  e  coroni  1'  opera 
vostra ,  v'  impartisca  essa  quelle  lodi  e  compensi  condegni  allo 
splendore  novello  ,  di  che  illustraste  il  paese  e  le  arti.  L'  onor 
del  trionfo  ricolmi  la  gioia  innocente  ,  non   pure    ispirando    al- 


(  m  ) 

V  animo  vostro  quel  sentimento  del  bello ,  che  cose  anche  più 
eccelsi  delle  prodotte  darà  a  voi  di  produrre. 

Di  fermo  il  più  ambito  alloro  coglieste ,  cui  nella  gara  del- 
le arti  era  dato  aspirare.  Plaudenti  e  pieni  di  giubilo  ognuno  vi 
ammira  ,  e  dalla  longanimità  vostra  attende  fatti  maggiori  e  più 
illustri. 

Né  fìa  mai  che  una  stizza  codarda  venga  ad  apprendersi 
ali"  animo  gentile  di  coloro  ,  cui  nel  dilHcile  arringo  non  fu  con- 
cesso di  coglier  la  palma  ;  non  sempre  ai  primi  conati  arride 
fortuna,  né  ve  ne  ha  una  per  tutti  quelli  ,  che  vi  discendono. 
Si  raddoppino  in  quella  vece  gli  sforzi  ;  1'  illustre  esempio  ina- 
nimisca ,  e  faccia  crescer  animo  ai  peritanti  ;  con  costante  e  for- 
te volere  battano  animosi  la  via  loro  da  altri  dischiusa  ,  ed  i 
voti  del  cuore  non  tarderanno  ad  essere  fatti  contenti. 

In  nome  adunque  del  nostro  Magnanimo  e  Pio  Sovrano  , 
abbiatevi  Voi  intelligenti  ,  ed  abili  artisti  ed  industriali ,  cui  fu 
aggiudicato  ,  il  decretato  premio  ;  magnanima  speranza,  e  com- 
penso di  onorate  fatiche.  Così  la  celebrità  ed  il  lustro  del  pub- 
blico trionfo  vi  confermi  nell'  amore  delle  arti  ed  ausi  le  vostre 
menti  a  maggiori  progressi  ,  ad  un  volo  più  ardito,  e  spiccato. 
Fate  però  che  il  generoso  seme  ,  per  incuria  non  traligni  ;  ma 
frutti  invece  maggiori  ,  e  sempre  nuovi  trionfi  a  voi  ,  ed  alle 
industrie  vostre  ,   che  amar  dovete  come  oggetto  carissimo. 

Grati  e  riverenti  addimostratevi  al  Divino  Fattore  ,  che  po- 
se in  voi  quella  pura  favilla  ,  che  vi  ha  fatto  onore  ;  della  do- 
vuta obbedienza  non  mancate  verso  il  vostro  Padre  e  Sovrano , 
che  del  nobile  fregio  vi  arricchiva  ;  e  non  sarà  mai  che  per 
volger  di  tempi  si  avvizzi  la  civica  corona  di  che   vi   adornate. 


59 


mi)  PROJizioi  (Oli 

LETTA  ISELLA  TORNATA  DE'  5  AGOSTO  1852 


MICHELE  RIAOAAPOLI 

PROPFSSOnE  DI  MATIMATIC.V  NELLA  REALE  SCDOLV  DEGÙ  ALUNNI  MAHINARI  ,  SOSTITfTO  ALLA  CATTEDRA 
Di  ASTROKOMl*  E  GEODESIA  NEL  REAL  COLLHCIO  MILITARE,  ASTRONOMO  AGGIUNTO  ALL^  OSSERVATOAIO  DELLA 
HEAL    MARINA  -     SOCIO    CORRISPONDENTE    DEL     REALE    ISTITUTO    d'  INCORAGGIAMENTO. 


u, 


'no  dei  più  usali  e  più  comodi  reticolali  per  disegnare  una 
non  eslesa  porzione  della  superficie  terreslre  è  la  proiezione  co- 
nica. Su  di  essa  si  rappresenta  con  soddisfacente  approssimazio- 
ne la  superficie  de"  paesi  non  mollo  eslesi  in  latitudine. 

La  costruzione  di  questo  reticolato  è  sovente  incomoda  nel- 
la pratica  principalmente  quando  il  grado  del  meridiano  del  di- 
segno è  sufficientemonte  grande  e  quando  la  latitudine  del  pa- 
rallello  medio  è  molto  bassa  ,  ne'  quali  casi  il  centro  pe"  paral- 
leli da  descriversi  si  trova  fuori  del  campo  del  disegno;  di  tal 
che  si  rende  incomoda  e  sovente  inesalta  la  costruzione  de'  me- 
ridiani e  de'  paralleli. 

In  fatti  chiamantlo  K  la  latitudine  del  parallelo  medio  e  ff 
il  grado  del  meridiano,  il  raggio  di  questo  parallelo  è  dato  dal- 
la nota  forraola 

B"ffcoiK 

Donde  chiaramente  rilevasi  il  detto  di  sopra 

JNon  mancano  de'  melodi  per  costruire  per  punii  i  paralle- 
li ed  i  meridiani,  ma  sono  per  lo  più  molto  lunghi. 

Il  eh.  colonnello  Enry  nella  sua  eccellente  opera  Mèmoire 
sur  la  Projection  cles  Cortes  Geographìrpies  (  Paris  1810  )  dà 
le  formolo  ,  che  riduce  in  tavole  ,  per  la  costruzione  del  retico- 
lalo della  proiezione  di  Mercatore  ,  ma  non  è  a  mia  notìzia  es- 
sersi costruite  tavole  per  la  costruzione  del  reticolalo  in  parola. 

Essendo  ogni  anno  obbligato  a  far  costruire  questi  retico- 
lali agli  alunni  della  7. ""' classe  del  Real  Collegio  Militare  alla 


(  466  ) 

mìa  cura  affidati,  ò  cercalo  costruire  queste  tavole  prendendo  una 
via  diversa  da  quella  seguita  dagli  altri ,  ed  è  la  seguente  : 


s 

0 

F 

\ 

T. 

k 

-.^^ 

B. 

A 

G              <À 

M 

Sia  DM  il  foglio  del  disegno,  FF'  il  meridiano  di  mezzo  del- 
la carta,  ACB  il  parallelo  medio,  ^  la  sua  latitudine,  0  il  cen- 
tro dei  paralleli  ;  coh  il  semiangolo  dello  sviluppo ,  «  i  gradi 
di  longitudine  compresi  in  eh  si  à 

CO  =  R^gcofK^  e  Coh  =  u  sen  A 

Si  prenda  CF  =  nff  ,  ove  n  rappresenta  un  numero  inte- 
ro e  per  C  ed  F  si]  conducano  le  DE  A'B'  perpendicolari  al 
meridiano  F  F  e  sieno  o  ed  a'  i  punti  d'  incontro  delle  A'  B'  , 
DE  con  Oh  sarà  come  è  chiaro 

Ca  =  B°ffcotXiffu   ....  (i) 

Fa' =  {ICcotK—n)gtgù  .   .   .(2) 

Dove  R°  è  il  raggio  ridotto  in  gradi  ed  «  =  «  sen  h 
In  queste  due  equazioni  facendo  «'  =  1°,    2",   3°  ec.   si  a- 
vranno  i  meridiani  distanti  di  i",  2°,  3°  ec.  dal  meridiano  me- 
dio F  F\ 


(  467  ) 
Per  descrivere  poi  il  parallelo  medio  ACB  ò  calcolalo  la  lun- 
ghezza della  porzione  ah  del  meridiano  rettilineo  a  a',    compre- 
sa fra  la  A'B'  ed  il  parallelo  medio  che  è 

ah  =  R°gcol\tg  oC  tg  %  «  .    .   .   .  (3) 

Mediante  questa  equazione  si  avranno  tanti  punti  del  paral- 
lelo medio  per  quanti  se  ne  vogliono  e  quindi  esso  si  costruirà 
facilmente. 

Per  costruire  in  fine  gli  altri  paralleli  si  porteranno  al  di 
sopra  ed  al  disotto  del  punto  h  sulla  retta  a  d  delle  parti  ugua- 
li al  grado  del  meridiano  della  carta  e  così  si  avranno  gli  al- 
tri paralleli. 

Le  formole  che  danno  la  costruzione  completa  della  rete  sono 
Ca  =  R'gcofKtg  d  .   .   .   .  (i) 
Fd=  {IVgcofh —  n  )  gtg  «  .    .   .    (2) 
ah  =  Wcot  K  tg  ù  tg  %  «  .   .    .   .  (3) 
Queste  formole  son  ridotte  in  tavole  come  qui  appresso. 

Tavole  per  la  costruzione  del  reficoloÀo  della  projeztone  conica. 

Nella  Tav.  I  si  trovano  i  valori  di  R'^cotXtg  oc'  per  7^ 
da  20"  a  70"  ed  «'  da  0°,  a  20"  e  la  medesima  estensione  si  è 
data  alle  due  tavole  seguenti  ;  il  valore  di  ^  si  è  restato  inde- 
lermiualo  per  far  valere  le  tavole  pex  qualunque  estensione  del 
grado  della  caria. 

Nella  Tav.  II  si  trovano  i  valori  di  ntg  u  per  n  =  10°  que- 
ste quantità  tolte  dalle  corrispondenti  della  Tav.  I  daranno  i  va- 
lori di  (  B'^cot  X  —  }')  tg  » 

Dalla  Tav.  Ili  si  anno  i  valori  di  R°col7\  tg  à  tg  \\  «  ;  e 
queste  tre  tavole  bastano  per  costruire  per  punti  una  rete  conica. 

La  Tav.  IV  è  divisa  in  tre  colonne  verticali  ;  nella  prima 
si  trovano  i  valori  di  IVcotX  ,  che  chiamerò  p  per  comodo 
d'  indicazione,   ed  è  calcolala  per  7\  da  20°  ad  80". 

Dalla  seconda  si  anno  i  semiaugoli  dello  sviluppo  per  una 
longitudine  di   io"  contala  dal  meridiano  di  mezzo  della  carta. 

Nella  terza  sono  le  corde  che  tagliano  sul  parallelo  medio 
Hn  arco  di  10°  di  longitudine.  Questa  tavola  basta  per  costrui- 
re con  moto  continuo  una  rete  conica. 


< 
o 

< 

C-I 


(  468  ) 


I  to  *^in  in   n   cjin 
I  00  :^  -^  PI   Ci:o    - 

1  co    r^^  iri  co    CN   M 


^  ~^   t:^  a^Xi    N,^    O  O  00    O    -H     «  co    Olio    O  fO    c-s 

trr^^    wiPiKi   r^cTio   o   M    o    c^30  IO  co   »«    c^co 
CìX^'-D_*^rO    ^^  O^  t^'X»  ^d-  «    O    i>^W5  co    ►-i    OSO  -^r^ 


cccCoOcCcOcooO    r^t—  L^L^t^  t^-^  ^tOOOtDirjirsaiin  ■v^-<é"*<t 


r^fO  co    -^  co  O    O^  OioO    c-^^^  -^  t^    M  >o    r-^GO    CiOOtO    «    t-^«    t^ 
:o    M    o  30  CO  co    osiO   Qir:    o-^oo   ocoiriO   t-  l-^co  go  co  in  co   ^  ce 
0):o^  i>-:o^^co^  *t,  '^  "^  '^'^.'^  ".  'l  "^  '■""^  co   H   oi  c-ìo  co   «  OvD 

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S?-^^  L^<-3^in  M-  «^  -^  S~^^  ^^'"^'^  «    o  Cj  i>-io  co   -^   Ci  c^WS  fO  >-    O 

^ootocooooooooin'io  irrin''io'~-<:t--!:?-<f  ^^co'~co''co'"co''fo'  eJ~ 


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co     fi     CS     w     OcCO-^C'OcOOOrO     Ir^OlCCfO 

O    cijO    i>-"-—  -^ro    «    >-«    CiX'  tO  in  co    M    O  oc 


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-"coirtcccc   ci-coioo   i-^oo   o  o   o   o   eoo   Ci  o    o   C"-  r--in  -v^-co 

00  00  OO  O)    t^^'O  JO  co     O     t^-^^h  OtO     «    t^CllD    CjW^O    CTlC'     M-^loO 

o   o^oo   t-^.'^o  :n  -<t  co   (N   o   cioo  o  >^  ^   ft   o  oo    r~-.m  co  n  e  oo  o  -^^ 


IO  -<±*vd"vj-^-^^^-^-<d--^cO  cocococococoej    m    «    c^i'ci    m    -^    «- 

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co  -<3-*<:J-  min^n-vtcì   ooo^ico   ocd   «coco   c^-co   ocoiOoo   eco 
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t^ofoto  o-t^occco  Clio   CI  cioo  cD-^co   -  (Mco-*-*ioini:5   t--,C5 
oOO-McorocOn-"    oico  tO  co    o    t---^  o  co    -  co    --io    c.c--:  co    Ci 
N-   N-   o  Ciao   r-o  IO -^  IN  -   o  Ci 00  co  io -^  «  -.   c-xto-^  co   ^  Ci 

'■■ 

COCOCOW     MWCIPI      rilNciM-      m     m     iiwi-     mOOOOOCCI 

CO 

-    e    osoo  00  00    "  -^  Cico    r^co  c^coco    ococooO    Cio   ctco-^oo    w 
--:t-0    !>,  Ci  O-   -    CI    n    -    w    o    e  t-^m  co    «    t-^^J-  OCCCOOOCOOO    IS    !>, 
fi    -    0    cr.  CicO    i>.coio~^r-:    -    o   dx)    t^io-d-co    -^    e  oo    t^io -^  m 

01flfl-i-i«w^     «Mw--^OC     COOO     COClClClCCl 

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Ci  PI  -^  i~--cO    o^fi    fifiroei^oCi  t-oo  co    o    t^-^  -    c-^co    ci-^ 

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I    S  M  'S'  -T  o  o  o  ©"co"©   o"  1^  cP  Ci  ci  ci  Ci  ci  ci  Ci  c.oo'^oc'cc'oo'' 

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1     M  co  ^*lrt    O  rt    O-O  co  ce  co    C^ -^    ir- co  00  co  co  IO    r^C.CO    c^  «    CtO 
lineo    '-t--?tco   cio    fico--=d-in:c?coin30-<+co   m    cooo-<t"^   Cim    f! 
J  co   03   fi    -^  0^  e-  Ciio^  'vr^^~^'^^  fi   «    o   cico   i-on^-^co^  f^  q^  ^^^ 
j     c'o'doCC  CldClClClClCiCici  ClOO  oo^oocooococcoo    i>.r^ 

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Ci    Ci    o"  cT  oT  oT  pT  pr  pr  oi"  oT  fi"  cC  tg"  pT  fP  pr  f"  oT  pi    ri    fi    oi_g_cì_ 


O     i- — ^   -    t-  01    t—  »3  co    C-  Pi  -•^"O     tr-CC     CloC     r^CO  --—    Pi     CCO  c^  ^-"^ 

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(469  ) 


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--^  ecc^  t--in^-<5;:o^  ^^  o^  e  i>-o^*^cc^  -   e  co^  c-io -^  ri^  «    cr.  t^o -vH- 

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^^'vi'-^-^^co  CO  co  co  co  fo  co  co" co  co  co  co    fi    o:   w    -    y    ci    ci    f    ?^    o^ 

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(  474  ) 


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CENNO 

SULLA  COLTIVAZIONE  DELL'  ORZO  PERUVIANO  , 

LETTO  NELLA  TORNATA  DE'  4  GENNAIO  j  835. 


Signori 


N- 


ell' ordinaria  sessione  del  i3  Gennaio  i853  il  mio  germano 
partecipava  a  celesta  rispettabile  assemblea  un  piccolo  brano  di 
lettera  famigliare  eli'  io  giorni  prima  diretto  gli  avea:  brano  ri- 
sguardante  i  procedimenti  della  coltura  di  quell'orzo,  che  col 
nome  di  peruviano  egli  stesso  facevami  tenere  ,  ed  incoraggia- 
Yami  a  farne  pruova  in  questi  campi  montuosi. 

Allora  non  ben  sicuro  di  dettar  norme  intorno  a  tale  ob- 
bietlo ,  mi  trattenni  ne'  ristretti  limiti  del  seguente  paragrafo. 

»  Ti  mando  due  saggi  di  orzo  ,  cioè  il  inondo  ,  assai  co- 
B  mune  in  questo  Circondario  di  Caggiano  ,  ed  il  peruviano  , 
»  ricevuto  per  mezzo  tuo  dalla  cortesia  del  signor  Cav.  Teno- 
»  re  C")  ,  i  quali  sono  stati  coltivati  sotto  la  mia  vigilanza  per 
»  ben  due  anni  (  i852  e  i853  )  ne'  luoghi  confacenti  a  tali  cc- 
))  reati.  Io  ho  fatto  paragone  tra  i  loro  prodotti  ,  e  posso  assi- 
»  curare  che  sebbene  l'orzo  del  Perù  sia  per  ispecifico  caratfe- 

(*)  Risc.  la  Notizia  sul l' Orzo  peruviano ,  Iella  dallo  slesso  al  Reale 
Istituto  d' hicoraggiamenlo  nella  loruala  de'  7  Agosto  iSai. 


(  476  ) 
))  re  sempre  ne'  suoi  granelli  più  piccolo  ,  allungato  ed  oscuret- 
))  to  al  paragone  dell'  orzo  mondo ,  pure  ha  dato  un  vantaggio 
))  sopra  il  ricolto.  Non  posso  ora  significarlo  in  cifra,  braman- 
))  do  ripetere  gli  sperimenti  con  maggiore  quantità  di  semi  ot- 
))  tenuti  dalle  stesse  mie  coltivazioni  ,  de'  quali  ho  distribuito 
))  parte  ad  alcuni  diligenti  coloni  ,  affinchè  ancor  eglino  mercè 
))  ripetuti  tentativi  concorrano  a  farmene  determinare  il  positi- 
))   vo  guadagno   ». 

L'  Istituto  accolse ,  giusta  suo  costume  ,  graziosamente  la 
comunicazione  ,  ed  in  pari  tempo  trovando  le  mostre  de'due  ce- 
reali di  eccellente  qualità  ,  deliberò  non  solo  che  del  citato  fram- 
mento epistolare  si  tenesse  particolar  conto  nel  Processo  verbale 
di  quel  giorno  ,  ma  eziandio  che  lo  si  fosse  conservato  in  Ar- 
chivio. Dietro  si  gentil  tratto  di  benemerenza ,  io  preso  quasi  da 
obbligo  ,  mi  occupai  assai  meglio  di  prima  a  stabilire  se  vera- 
mente l'orzo  in  parola  valesse  quanto  Forzo  mondo,  ovvero  riu- 
scisse a  supplirlo  con  maggiore  utilità.  Ed  ecco  come  condussi 
la  sua  coltura  ad  un  certo  grado  di  non  comune  importanza,  la 
quale  vado  or  ora  ad  esporre,  per  quindi  parlare,  sotto  il  ti- 
tolo di  prodoUo  ,  del  successo  felice  che  n'ebbi;  non  tralascian- 
do dire  in  ultimo  luogo  qualche  cosa  intorno  agli  usi  economi- 
ci e  medici  della  sementa  medesima.  Ben  vero  però  i  pochi  pre- 
cetti ,  che  sarò  per  dare,  sono  applicabili  alle  condizioni  fìsi- 
che di  questo  perimetro  territoriale  ,  ove  ho  sperimentato  e  scri- 
vo ;  potendo  essi  variare  più  o  meno  secondo  l' indole  del  suo- 
lo e  del  clima'. 

Al  prius  ignotum  ferro  qiiam  scindimiis  aequor  , 

f^entos  ,  et  variitm  coeli  praediscere  morem 

Cura  sit ,  ac  patrios  cultusque  habilusqiie  locorum  (*J. 

(*)  Virg.  Georg,  lib.  I  ,  vers.  5i-53. 


(  ^77  ) 
Art.  I.  —  Collivazione. 

A  questa  spezie  o  varietà  di  orzo  corwiene  terreno  aperto 
ed  assolato  ;  asciutto,  forte  e,  come  è  il  nostro,  argilloso-quar- 
zoso-calcare  ;  ma  dove  esso  sia  con  opportuni  ingrassi  animali  e 
replicati  lavori  rattemperato  e  diviso,  risponderà  molto  bene  a' 
voti  del  coltivatore. 

Pari  alle  spezie  congeneri ,  cioè  all'  orzo  volgare  (  paesano 
de'  contadini  )  e  al  granorzo  (  granuorio  )  si  sementa  sopra 
maggese;  non  pertanto  mi  sono  avveduto  che  riesce  di  maggior 
profitto  se  già  cadute  le  acque  autunnali ,  che  ammolliscono,  al 
dir  comune  stemjìerano  le  glebe  ,  ciò  si  faccia  in  Ottobre. 

Prospera  eziandio  ne'  terreni  sciolti ,  esige  però  gran  copia 
di  concime ,  e  volentieri  succede  che  ritarda  nella  maturazione, 
fruttifica  meno  ,  e  riesce  ancora  men  pesante. 

I  lavori  clic  si  danno  al  campo  dopo  rotto  il  suolo  ed  e- 
slirpate  1'  erbe  estranee  riduconsi  a  due  ,  si  riara  il  terreno  o 
si  zappa  al  cader  di  Agosto ,  e  quindi  si  semina  nel  sopra  indi- 
cato mese  autunnale^ 

La  seminazione  può  eseguirsi  o  col  metodo  comune  ,  di  spar- 
gere cioè  la  sementa  a  volo,  oppure  di  affidarla  a  delle  fosset- 
te cavate  col  zappello  tra'  solchi  :  il  che  sebbene  tornasse  di 
maggior  fatica  e  spesa  ,  e  più  ampio  spazio  occupasse  ,  pure 
per  tal  mezzo  si  ottiene  prodotto  ubertoso  ed  eccellente.  Inoltre 
se  le  porche  sono  alquanto  largite  ,  ciascuna  avrà  due  ordini  di 
fossette  ,  a  destra  ed  a  sinistra  ,  distanti  tra  loro  un  mezzo  pal- 
mo circa;  se  sono  strette  ,  basterà  una  sola  serie.  I  granelli  deb- 
bono essere  al  numero  di  quattro  o  cinque  per  fossetta  ,  vi  si 
fanno  cadere  e  si  cuoprouo  più  ne'  terreni  leggieri  ,  meno 
ne' forti.  Di  tale  pratica,  insegnataci  da' buoni  agronomi  per  gli 


(  hl^  ) 

altri  cereali  ,  volli  ancora  io  sperimentare  gli  effetti  ,  e  vidi 
che  i  semi  divisi  in  piccoli  gruppi  e  cosi  assicurati  a  germo- 
gliare ,  le  radici  si  dilatano  e  vengono  numerose  e  forti  ,  si 
facilita  il  modo  di  assorbire  i  principii  nutritivi ,  le  piante  ac- 
cestiscono assai  bene ,  e  riescono  più  rigogliosi  i  loro  colmi. 

Le  sarchiature  dovranno  farsi  in  Dicembre  e  alla  fine  di 
Marzo,  ponendo  cura  nelT ultima  di  ammassare  un  pò  soverchio 
la  terra  intorno  a'  teneri  fusti  ,   il  che  vien  detto  accalzare. 

h'  orzo  peruviano  rispetto  alle  due  precitate  spezie  antici- 
pa per  alquanti  giorni  la  fruttificazione  e  la  maturazione  anco- 
ra. Le  sue  spighe  pallidamente  biondeggiano,  a  mano  a  mano 
si  riempiono  ,  e  curvandosi  cercano  la  falce  ;  ma  le  si  deve  con- 
cedere ai  più  tardi  possibile  ,  poiché  usando  il  contrario  ,  ne 
verrebbe  che  i  semi  riescano  vizzi  ,  poco  ponderosi  e  facili  al 
guasto  degl'  insetti  ,  in  una  parola  ,  per  esprimermi  co'  nostri 
villani  ,  s'  invacantiscono.  Tanto  ciò  vero  eh'  eglino  hanno  per 
massima  quel  comune  e  giudizioso  adagio  ,  di  mietere  la  vena 
a  latte  e  l'orzo  sfatto. 

Finalmente  per  eseguire  la  messe  ho  adoprato  V  ordinario 
strumento  ,  la  falce  a  mano  ;  quanto  alla  trebbiatura  poi  ho  cre- 
duto spedienle  ne'  primi  tentativi  di  separare  i  granelli  dalla 
paglia  e  dalle  loppe  non  già  col  calpestio  e  strascico  de'  buoi , 
ma  col  correggiato,  perchè  V  aja  non  era  abbastanza  coverta  di 
manipoli. 

Art.  il  —  Prodotto. 

Quest'anno,  che  additar  possiamo  fertile  per  ogni  sorta  di 
frumento  ,  mi  è  stato  concesso  di  calcolare  senza  esitanza  qua- 
li risultamenti  può  dare  presso  le  nostre  terre  f  orzo  peruviano. 
Nel  far  ciò  non  ho  trascurato    di  tenere    ancor    soli'  occhio    le 


(  479  ) 
rjiianlitcà  precise  dogli  anleccdenli  prodolfi    ricavati   dalle   prove 
di  collivazione  ,  che  a  renderne  maggior  ragione    e   giuslificar- 
ne  gli  cffetli  ,  proccurai  sempre  d'  isliliiir  paragone  nelle  stagio- 
ni medesime  con  quelle  degli  altri  orzi. 

Eccovene  appiè  del  presente  articolo  segnate  ,  per  motivo 
di  brevità,  in  nno  specchietto  le  cifre  del  ricolfo  annuale,  del- 
la lor  somma  ,  del  termine  medio  ,  onde  confrontarle  ,  e  con- 
frontate che  saranno  ,  veder  quindi  la  rendita  più  o  meno  van- 
taggiosa per  ciascuna  spezie.  Ma  innanzi  di  giungervi  giova  co- 
noscere che  nel  primo  saggio  (i852)  furami  concesso  di  affida- 
re al  terreno  pochi  pugni  ,  forse  una  misura  ,  di  sementa  ,  e 
n'  ebbi  misure  dodici  ,  le  quali  egualmente  messe  a  profitto  mi 
fecero  padrone,  sebbene  l'annata  (i853)  si  portò  infertile,  di 
tomoli  quattro.  Laonde  potei  in  avvenire  estendere  e  modificare 
non  solo  la  coltura  del  nuovo  orzo,  ma  concederne  pure  buona 
quantità  a  delle  persone  di  campagna  assai  accorte  ed  amanti 
del  lavoro. 

Provvisto  così  alla  diffusione  del  cereale  in  esame  ebbi  tut- 
to r  aggio  di  verificare  che  ogni  sua  spiga  ben  grande  e  nu- 
drita  tiene  da  64-  a  66  granelli  ,  quando  quella  dell'  orzo  mon- 
do in  pari  circostanza  di  clima  ,  suolo  e  coltura  ne  presenta 
5o  a  ^2  ,  e  quella  di  orzo  volgare  52  a  54.-  Dal  che  pare  po- 
tersi dedurre  che  il  peruviano  produca  rispetto  al  complesso  de' 
semi  circa  un  quinto  di  più.  Nondimeno  erroneo  si  è  il  calcolare 
in  cotal  modo  la  rendita.  Può  essa  crescere  o  diminuire  in  ra- 
gion composta  del  numero,  della  qualità  e  del  peso  de" granelli. 

Già  additai  nel  riferito  squarcio  della  mia  lettera,  che  que- 
sti semi  sono  di  figura  piuttosto  lunga  ,  bruni  alla  superficie  , 
e  minori  per  grandezza  a  quelli  dell'  orzo  mondo.  Aggiungo  ora 
che  siffatti  caratteri  non  vi  si  appalesano  costanti  ,  poiché  dal- 
le uUime  osservazioni  mi  avvidi  del  sensibilissimo  lor  raìgliora- 

6i 


(  4So  ) 

mento.  Affusati  e  smilzi  eli'  erauo,  caugiarsi  in  ritondelti  e  pie- 
ni ,  da  bruni  in  biondi,  da  leggieri  in  gravi;  sicché  un  tomo- 
lo di  sementa  piantata  a  fossette  sopra  un  moggio  e  mezzo  di 
terreno  ,  abbastanza  fertile  ,  mi  diede  il  copioso  ricolto  di  to- 
moli 23  ed  ancor  24- ,  mentre  nel  campo  istesso  e  colle  mede- 
sime pratiche  da  egual  misura  di  granorzo  o  di  orzo  volgare  a 
stento  ne  ricavai  tomoli  i3  e  stoppelli  6  (*)  :  rendita  per  altro 
la  pili  abbondante  ,  che  nelle  stagioni  propizie  e  ne' luoghi  mi- 
gliori di  queste  contrade  suole  avverarsi. 

Da  ultimo  il  peruviano  è  preferibile  alle  testé  indicate  due 
■qualità  e/Jandio  pel  suo  peso.  Un  tomolo  offre  per  lo  più  il  van- 
taggio di  rotoli  5  a  6  al  di  là  de'  4-5  dell'orzo    mondo  ,    e   i4. 
a   1 3  al  di  là  de'  36  del  volgare. 

Specchicllo  comparativo  iM  ricolto  avuto  dalla  coltivazione  triennale  delle 
varie  qualità  di  Orzo ,  nominate  ili  questo  Cenno  agronomico. 


Nome  della  spezie 

Anno 

Semen- 
ta 

Proi 

tom. 

)0TT0 

mis. 

12 

Termine 

MEDIO 

OSSERVAZIOBII 

Orzo  peruviano  .   .   . 
Orzo  mondo    .... 
Orzo  Tolgare  .... 

i852 

:   1853 

i854 

i852 
\   i853 
,  i854 

i852 
[   i853 
'   i854 

mis.    I . 
id. 
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I 

mis.  i4.% 
1      »    8/3 
.      „   8% 

Quantunque  non  sia- 
si impiegata  la  me- 
desima   quantità   dì 
sementa  ne' tre  an- 
ni ,  pure  qui  si  ri- 
porta sempre  unifor- 
me ,  onde  avere  lo 
stesso  dato  nel  cal- 
colarne il    prodotto, 
medio. 

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I 

02 

(*)  Ogni  stoppello  è  composto  di  3  misure  ^  ed  ogni  tomolo  di  8  sloiipel'i. 


(48i  ) 
Art.  III.  —  Usi  economici  e  medici. 

Fra  le  spezie  di  orzo  quella ,  di  cui  segnatamente  mi  sto 
occupando,  è  anche  la  migliore  per  dare  fior  di  farina.  Abbiam 
notato  che  i  semi  del  peruviano  sono  brunetti  o  biondeggianti 
secondo  i  gradi  di  perfezionamento  ;  ma  attesa  la  dilicata  lor 
buccia  ,  ovvero  pericarpio  de'  moderni  botanici  ,  ed  atteso  il 
costume  del  paese  di  macinare  a  macina  troppo  bassa  e  sover- 
chiamente veloce  ,  il  colore  sparisce  ,  e  si  ottiene  una  bella  fa- 
rina, da' villani  stimata  pari  alla  carosella.  Invero  essa  contie- 
ne scarsa  minutissima  crusca ,  e  se  vuoisi  ridurre  in  pasta ,  ri- 
ceve buona  copia  d'  acqua  ,  e  col  dimenarla  e  batterla  fa  vede- 
re materia  glutinosa  a  sufficienza.  Io  ne- ho  fatto  pane,  e  mi  è 
venuto  un  pò  pesante  slegato  ,  ma  saporito  nutritivo.  Vi  ho  as- 
sociata una  terza  parte  di  farina  di  maiolica  o  di  carosella  ; 
ed  allora  è  risultato  di  qualità  perfetta.  Nello  slesso  modo  e  pro- 
porzione di  mescolanza  ne  feci  lavorare  maccheroni  caserecci  ed 
altri  pastumi  ;  e  per  quest'  uso  riesce  ancor  migliore. 

Inoltre  parecchi  campagnuoli  ,  a'  quali  donai  \'  orzo  peru- 
viano per  la  seminagione  ,  e  che  n'  ebbero  buona  raccolta^  vo- 
lentieri lo  impiegano  come  il  riso  ,  il  farro  ,  1  olco  o  saggina 
di  Cafreria  a  preparare  minestra  ,  che  condita  di  sale  ed  olio 
con  piacere  mangiano  ,  felicemente  la  digeriscono  ,  e  vi  trag- 
gono ottimo  nutrimento.  A  tale  uopo  essi  lavano  ben  bene  con 
deli'  acqua  fresca  1'  orzo  ,  ne  mettono  tanto  in  pignatta  quanto 
occupar  possa  il  terzo  della  capacità  ;  quindi  avvicinando  il  va- 
so al  fuoco  lo  empiono  d'  acqua  tiepida  ,  la  quale  a  misura  che 
ribolle  ,  si  evaporizza  e  diminuisce ,  poco  la  volta  vi  sostituisco- 
no dell'altra,  finché  disfatti,  mucilagginosi  e  uniti  insieme   ri- 


(  m  ) 

duconsi  i  granelli  ,  e  per  esprimermi  con  vocabolo  francese  , 
finché  in  cerio  modo  sono  arrivati  allo  stalo  di  puree. 

Simile  pratica  tengon  pure  nell'  apparecchiare  altra  vivan- 
da lor  gradita  sotto  il  nome  di  cocceja.  E  questa  una  mischian- 
za  di  cereali  e  civaie:  v'entrano  il  frumento,  il  frumentone, 
le  fave  piccole  ,  i  fagiolelti  dall'  occhio  ,  i  ceci  ,  che  ad  onta 
della  forza  digerente  assai  vigorosa  ne'  nostri  terrazzani ,  non  di 
rado  apporta  delle  ingiurie  allo  stomaco.  Grazie  quindi  al  nuo- 
vo utilissimo  orzo  ,  il  quale  per  le  sue  proficue  e  distinte  qua- 
lità comincia  a  far  dimenticare  un  cibo  si  grossolano  e  nocivo. 
L'  orzo  peruviano  ,  io  dico  ,  meritamente  stimato  da'  contadini 
come  succedaneo  del  farro  e  del  riso ,  vieu  richiesto  con  premu- 
ra ,  supplito  a  quella  incompatibile  farraggine  ,  e  mangiato  sen- 
za verun  danno. 

Non  altro  mi  resta  ,  eh.  Accademici  ,  per  chiudere  qua- 
si' ultimo  articolo  che  d'  accennare  1'  utilità  trattane  nell'  esercizio 
dell'arte  medica.  Io  conosceva  che  i  professori  di  Toscana  vo- 
lentieri si  servono  dell'  orzo  mondo  per  le  loro  prescrizioni,  co- 
me noi  facciamo  del  volgare  (*)  ;  sicché  avendo  riguardo  alla 
grande  analogia  de"  suoi  caratteri  fisici  col  peruviano,  non  cre- 
dei fuor  proposito  avvalermi  di  questo,  onde  farne  tisane,  de- 
cozioni e  bevande  rinfrescanti,  diluenti,  dolcificanti.  Le  prove 
corrisposero  bellaincnle  all'  aspettativa  ,  e  ne  giustificarono  in 
pari  tempo  la  virtù  terapeutica  ,  la  quale  ,  senza  far  torto  alle 
precedenti  due  qualità  congeneri  ,  può  giovare  similmente  ,  e 
può  indicarsi  nelle  stesse  forme  morbose  ove  quelle  si  adoperano. 

Tali  sono  i  risuUamenii  delle  applicazioni  e  delle  indagi- 
ni da  me  istituite ,  e  fatte  istituire  da  diligenti  coloni  :    tale  si 


eeulica 


(*)  Vegg.  Targioni  Tozzelti  (  Ant.  )  Corso  di  Botanica  medico-forma- 
ica  e  di  Materia  medica.  —  a.»  ediz.  Firenze  184.7  >  P^S-  ^9'- 


(  483  ) 
è  il  calcolo  di  approssimazione ,  che  dopo  Ire  anni  mi  trovo  in 
grado  di  poter  offerire  intorno  al  ricolto,  alla  qualità  e  agli  u- 
si  dell'  orzo  peruviano.  Che  se  vengano  riconosciuti  utili  per 
r  Agraria  di  altri  luoghi  di  questo  Rearac,  siccorae  v"  ha  luogo 
a  sperare  ,  io  riputerò  in  allora  ben  compensate  le  mie  fatiche, 
e  sarò  pago  che  il  mio  esempio  andrà  a  produrre  un  vantaggio. 

Salvitelle ,   20  Ottobre   i854.. 

//  Dottore  in  Medicina 
Luigi  Briganti. 


63 


SOPRA  Ul\  PRITIIEGIO 

PER  UNA  MACCHINA  DA  INNALZARE  LE  ACQUE 

PUBBLICAMENTE  SPERIMENTATA  IN  GENOVA  E  CREDUTA  INVENZIOME  RECENTE 

RAPPORTO 

AL  BEALE  ISTITl'TO  d'  IKCORACGIAMEFìTO  DI  NAPOLI  ,  LETTO  NELLA  TOR-VITA  DEGLI  8 
MARZO  i8o5  DAL  CAV.  FILiKCESCO  DEL  GIIDICE  SOCIO  ORDINARIO  ,  DOVE  SI 
MOSTR.\    CHE    QIELLA    PRETESA    INVENZIONE    È    ANTICO    TROVATO    NAPOLITANO. 


Signor  Presidente  ,  Signori 

J_  fratelli  Casimiro  e  Celestino  Dabbene ,  di  Vcrduno  ,  non  ha 
guari,,  facendo  vedere  pubblicamente  in  Genova  una  macchina 
atta  ad  innalzare  le  acque ,  inventala,  come  dicean,  da  loro,  ri- 
volgeansi  al  Console  napolitano  ivi  residente  ,  affin  di  ottenere 
nel  nostro  reame  il  privilegio  d'introduzione  per  tale  asserito  tro- 
vato ;  il  qual  meritava  pari  incoraggiamento  in  America,  in  Fran- 
cia ,  in  Austria ,  in  Inghilterra.  Il  regio  Agente ,  come  colui  che 
aveva  avuto  congiuntura  di  notare  gli  ottimi  effetti  della  mac- 
china ,  non  si  tenne  di  farne  pronto  obbielto  di  corrispondenza 
officiale  ;  e  mandava  volenteroso  al  Ministero  degli  Affari  Este- 
ri i  disegni  di  quella,  ed  altre  carte.  La  ([ual  regia  Amministra- 
zione dal  canto  suo  ,  fu  sollecita  di  scrivere  al  Direttore  del  Mi- 
nistero degli  Affari  Interni ,  perchè  ne  avesse  rassegnato  appo- 
sito rapporto  a  S.  M.  (D.  G.  ).  Ed  il  lodato   Signor  Direttore  , 


(  4.86  ) 
opinando  di  udir  da  prima  il  giudizio  di  questo  Corpo   Accade- 
mico,  mandava  a  noi  i  disegni  e  le  carte  suramentovate. 

Or  ,  la  Commessione  che  allora  nominaste,  avendo  con  cu- 
ra e  diligenza  esaminato  tali  disegni,  la  scrittura  spiegativa  dei 
signori  Dabbene  ,  alcuni  pareri  e  giudizi  a  stampa  intorno  la 
voluta  lor  macchina,  e  qualche  altri  sunti  e  ragionamenti  ed  e- 
logi  di  gazzette  ed  opere  periodiche  piemontesi ,  solamente  so- 
pra due  argomenti  ella  deve  intrattener  brevemente  questo  Con- 
sesso; e  sono:  i.  della  utilità  della  macchina;  2.  della  novi- 
tà di  essa  presso  di  noi. 

Quanto  alla  prima  parte  ,  essendo  la  macchina  di  tale  spe- 
cie e  qualità  che  molto  valgono  i  fatti  a  farne  vedere  i  difetti 
ed  i  pregi,  vogliamo  rapportarvi  in  succinto  ciò  che  in  Genova 
se  n'  è  giudicato  ,  dove  pubblicamente  e  solennemente  la  mac- 
cbina  fu  posta  a  sperimento. 

La  collocarono  sopra  le  mura  del  porto ,  dietro  la  cona  del- 
la chiesa  di  s.  Teodoro.  La  tromba  sottoposta  all'esperienza  era 
aspirante  ;  aveva  diametro  di  17  centimetri  ,  ed  altezza  di  me- 
tri 8  e  centimetri  60.  Fu  posta  in  opera  in  presenza  de'  pi ìi  no- 
tabili e  chiari  ingegneri  civili  e  militari,  di  gran  numero  di  pro- 
fessori di  scienze  fisiche ,  e  de'  più  rinomati  costruttori  di  mac- 
chine. Si  ottennero  280  litri  di  acqua  per  ogni  minuto,  mercè 
il  lavoro  di  due  uomini.  Ciò  fece  molta  maraviglia  ,  ed  eccovi 
r  invenzione  venir  lodata  a  cielo  dalla  Gazzetta  di  Genova.  In 
un  Supplemento  alla  ferrovia  ,  altra  opera  periodica ,  a  pagina 
106,  trovasi  similmente  un  ragguaglio  della  macchina,  e  degli 
sperimenti.  Vi  si  dice  del  pari  essersi  ottenuto  un  effetto  utile  di 
280  litri  per  minuto,  all'altezza  dimetri  8.  60  ,  equivalente  ad 
lui  bel  circa  a  4-0  chilogrammi  di  lavoro  utile  per  secondo  ;  la- 
voro maggiore  di  quello  di  mezzo  cavallo-vapore.   Indi  si  eneo- 


(  487  ) 
mia  il  congegno,  o,  come  colà  dissero  e  dicono  il  sistema  Dab- 
bene per  la  sua  semplicità  ,  per  la  modica  spesa  di  fabbrica- 
zione e  di  manutenzione ,  per  1'  ottimo  vuoto  che  forma  ,  per 
la  possibilità  di  esportar  acque  torbide  e  sabbiose  senza  peri- 
colo di  detrimento  ;  per  la  sua  solidità  ;  per  la.  facilità  delle 
riparazioni  che  si  giudicano  assai  rare ,  ed  eseguibili  da  qua' 
lunque  operaio  ec.  ec.  E  si  conchiiide  che  la  tromba  Dabbene 
è  superiore  a  tutti  gli  altri  sistemi  finora  conosciuti  ,  e  che 
r  utile  da  riceverne  le  industrie  ,  promosso  dagli  inventori  di 
quella  ,   riuscirà  di  un  vantaggio  incalcolabile  alla  Società. 

Ma  lasciando  stare  le  gazzette  ed  i  pubblici  fogli,  ascoltia- 
mo, egregi  Accademici,  in  che  modo  parla  di  questa  tromba  il 
chiarissimo  ingegnere  sardo  Raffaele  Pareto ,  il  cui  molto  valo- 
re e  gli  studi  nelle  scienze  applicale  son  da  lunga  pezza  noti  e 
lodati  in  Italia.  Il  valentuomo  a  dì  28  dell'  ultimo  dicembre  a 
questo  modo  scriveva  a'  signori  Dabbene. 

»  Gli  ringrazio  di  avermi  fatto  vedere  in  tutti  i  suoi  detta- 
5)  gli  la  nuova  tromba  Dabbene;  e  siccome  la  trovo  destinala  a 
)  rendere  de'  gran  servigi  all'  industria  ,  mi  fo  un  piacere  di 
»  ricapitolare  i  vantaggi  che  ,  secondo  me  ,  deve  avere  sulle 
»    altre  trombe. 

»  La  tromba  Dabbene  non  ha  qualche  analogia  che  con  quel' 
))  la  conosciuta  sotto  il  nome  di  tromba  de'  Preti ,  la  quale  non 
»  vidi  mai  impiegata  che  ne'  piccoli  apparecchi  delle  lampade 
))  carcel.  Ne  differisce  però  essa  esscnzialmoiile  in  ciò  che  vi 
»  si  rimpiazza  la  placca  con  la  valvola  ,  con  un  cilindro  ,  e  che 
»  il  cuoio  invece  di  alzarsi  ed  abbassarsi  ,  si  rovescia  intiera- 
»  mente  durante  la  corsa  del  cilindro  vuoto  che  serve  di  stan- 
»   tufo.  Questa  tromba  presenta  dunque  una  reale  invenzione. 

D  Io  credo  che  in  essa  si  devono  avere  degli  attriti    assai 


(  488  ) 
))  minori  che  in  tutte  quelle  ore  impiegate  con  stantufi  olezati 
»  o  passanti  in  scattole  a  stoppa.  Da  ciò  ne  segue  che  deve  es- 
y>  sa  esigere  una  forza  meno  grande  per  produrre  l'istesso  effet- 
))  to  utile.  Un  altro  miglioramento  dell'  istesso  genere  risulta  dal- 
))  Y  applicazione  di  un  tubo  di  aspirazione  dell'  istesso  diametro 
))  del  corpo  di  tromba. 

))  Questa  tromba  può  servirsi  come  aspirante ,  e  come  aspi- 
))  rante  e  premente  ;  credo  però  che  la  miglior  maniera  di  uti- 
))  lizzarla  sarà  come  pompa  elevatoria ,  non  presentando  essa  al- 
))  tro  limite  all'  elevazione  dell'  acqua,  che  la  resistenza  del  dia- 
))  framma  ,  quale  può  rendersi  grandissimo. 

))  Tutt'  i  mezzi  di  comunicazione  di  movimento  si  possono 
))  applicare  a  questa  tromba.  Il  suo  più  gran  vantaggio  risulta 
))  però,  secondo  me,  dalla  sua  gran  semplicità,  indubitabilmente 
))  superiore  a  quella  di  ogni  altra  tromba  ;  onde  si  può  vedere 
))  che  diverrà  la  tromba  esclusiva  dell'  agricoltura  ,  e  rimpiaz- 
))   zerà  perfino  la  semplicissima  Noria. 

))  Diffatti  questa  pompa  non  presenta  nessuna  difficoltà  mec- 
»  canica  ,  non  potendosi  essa  guastare  che  nel  diaframma ,  il 
))  quale  potrà  essere  raccomodato  dal  primo  operaio  venuto  in 
))  villaggio  ;  ed  è  da  notarsi  che  la  semplicità,  direi  quasi  la 
))  rusticità  della  macchina  la  rende  preziosa ,  quando  inoltre  ne 
))   accresce  1'  effetto  utile. 

»  Delle  sperienze  scientindie  potranno  solo  metterci  in  gra- 
»  do  di  determinare  in  cifre  il  suo  effetto  utile  ;  per  il  momen- 
»  to  non  so  dir  altro  che  credo  dover  esser  questo  assai  gran- 
))  de  paragonato  a  quello  delle  macchine  analoghe  usate  dall' in- 
))  dustria. 

))  Essendomi  molto  occupato  dell'  applicazione  dpUa  scienza 
))  all'agricoltura,  e  specialmente  alle  irrigazioni,  sono  lieto  di 
»  un'invenzione  che  ci  renderà  de' veri  servigi.    » 


(  489  ) 

Eppure  ciò  non  è  tulio,  illustri  Accademici,  dappoiché  dob- 
biain  toccare  ancora  di  un'altra  lettera,  che  a' signori  Dabbene 
indirizzava  il  primo  giorno  di  questo  anno,  il  chiarissimo  cav. 
Domenico  Sauli,  colonnello  del  Genio  in  ritiro ,  uomo  molto  dot- 
to e  riputato  nelle  scienze  esatte  ;  il  quale  emettendo  da  prima 
qualche  dubbio,  quanto  alla  durata  dell'  embolo  della  tromba,  e 
con  molta  ragione  ,  per  ciò  che  qui  appresso  diremo;  promette 
di  fare  un'analisi  calcolata  e  comparativa  di  quella  ;  e  conchiu- 
de con  raccomandarne  V  uso  agi'  intraprenditori  industriali  con 
queste  parole  :  che  la  stessa  (  la  tromba  )  potrebbe  fra  le  al- 
tre sue  applicazioni  apportare  grandissima  economia  ed  utili- 
tà alla  irrigazione  de  terreni  ;  e  fa  cuore  agli  autori  di  corre- 
re franchi  1'  arringo  in  cui  sono  entrati  a  proposito  di  questa 
macchina ,  dalla  quale  V  industria  potrà  certo  ricavare  larghi 
vantaggi  a  preferenza  di  quanto  si  ottiene  da  altre  simili  mac- 
chine. 

Dopo  queste  rapide  ed  essenziali  notizie  istoriche,  è  mestie- 
ri attendere  ancor  brevemente  con  accorto  giudizio  al  subbietto 
principale  della  nostra  relazione.  I  signori  Dabbene  han  dato 
un  nome  al  loro  congegno ,  desumendol  o  da  una  parte  di  esso, 
e  r  han  domandato  Pistone  a  diaframma.  Si  compone  di  un 
corpo  di  tromba  ordinaria,  cioè  di  un  cilindro  vóto  fornito  di 
valvola  alla  base  inferiore:  entro  di  esso  si  fa  muovere  con  mo- 
to oscillatorio  di  salita  e  di  discesa  ,  un  cilindro  di  legno  mas- 
siccio; il  quale  ha  per  sezione  trasversale  un  cerchio,  il  cui  dia- 
metro è  poco  più  piccolo  del  diametro  interno  del  cilindro  vó- 
to. In  questa  maniera  di  macchine  si  adopera  vari  magisteri  e 
presidii  affin  di  ottenere  un  impedimento  ad  ogni  via  all'  aria  ed 
all'  acqua  fra  la  parte  di  sotto  dell'  embolo  e  la  sua  testa;  sen- 
za di  che  la  macchina  non  può  adempiere  con  esattezza    al   fi- 


(  ^90  ) 
ne  di  essa.  A  sostituzione  degli  altri  partiti  trovati  a  ciò  dall'ar- 
te i  signori  Dabbene  usano  il  diaframma  flessìbile  ,  come  Io 
nominano  ,  della  forma  di  un  sacco ,  che  si  fa  di  cuojo ,  o  di 
altra  materia  cbe  ne  abbia  le  medesime  virtù  d'  impermeabilità 
e  di  arrendevolezza  ,  come  la  gnlkiperga  ,  la  tela  preparata  ec. 
Questo  sacco,  ne'  disegni  che  abbiamo  sottocchio,  si  vede  posto 
a  sito  0  col  fondo  su  la  testa  ,  ossia  base  superiore  dell'  embo- 
lo ,  lungo  il  quale  rovesciato ,  si  fa  scendere  ;  o  pure  ,  il  sac- 
co facendosi  senza  fondo  ,  si  liga  col  margine  della  base  a  cir- 
ca la  metà  dell'altezza  dell'embolo;  e  così  riman  disteso  fin  so- 
pra r  orlo  del  corpo  della  tromba.  Il  quale  è  rivoltato  di  fuori, 
conformandosi  ad  armilla^  su  cui  si  assicura  il  margine  superio- 
re del  sacco.  Ciò  posto,  è  facile  cosa  intendere  come  sollevan- 
dosi r  embolo  verticalmente  ,  il  cuojo  si  corruga  ,  producendo 
un  vuoto  neir  interno  del  corpo  della  tromba ,  contro  la  super- 
fìcie interna  del  quale  è  spinto  il  cuojo  ;  ed  abbassandosi  l'em- 
bolo^ il  sacco  distendesi,  ed  è  premuto  contro  la  superfìcie  del- 
l' embolo  stesso  ,  obbligando  l'  acqua  ad  aprir  la  valvola  latera- 
le e  montare  pel  cannello  saliente. 

Ancora ,  facendo  1'  embolo  vuoto  altresì ,  e  fornitolo  di  val- 
vola ,  può  darsi  alla  tromba  altra  disposizione  nelle  sue  parti , 
come  si  osserva  nelle  trombe  di  comune  costruzione  :  per  il  che 
prendono  differenti  nomi. 

Neil'  annessa  tavola,  che  è  una  riproduzione  esatta  di  quel- 
la unita  allo  scritto  a  penna  de'  signori  Dabbene  ,  la  figura  i 
fa  vedere  il  sacco  di  cuojo ,  e  1'  embolo  disegnati  a  parte.  La 
figura  2  rappresenta  Y  embolo  nella  camera  della  tromba,  col  sac- 
co di  cuojo  applicalo  col  suo  fondo  su  la  testa  di  quello.  La  fi- 
gura 3  infine  dichiara  il  modo  come  si  applica  il  sacco  di  cuo- 
jo a  circa  la  metà  (bell'embolo  ,  sia  questo  massiccio  o  vuoto; 


=a 


(491  ) 
nel  quale  ultimo  caso  si  vede  pure  disegnata  la  maniera  di  val- 
vola preferita. 

Repuliarao  superfluo  intrattenerci  intorno  agli  altri  partico- 
lari della  macchina  ,  poiché  ne  sembra  bastevole  ciò  che  ne  ab- 
biam  dello  a  rappresentare  un'  idea  chiara  e  precisa  della  spe- 
cialità del  suo  organo  principale  ,  che  la  fa  tromba  veramente 
diversa  da  tulle  le  altro  che  1'  bau  preceduta. 

Or  si  domanderà  ,  ma  è  veramente  egli  nuovo  questo  mec- 
canismo ?  A  tale  interrogazione  ,  illustri  Accademici  ,  abbiamo 
obbligo  di  rispondere  ,  che  il  meccanismo  fu  dal  relatore  di 
questa  Commissione  nominata  da  Voi  ,  per  la  prima  volta  im- 
maginato nel  184.2  ;  vedete  bene  quasi  tredici  anni  or  sono;  e 
si  trova  descritto  nella  sua  opera  Universalità  de  mezzi  di  pre- 
videnza^ difesa  e  salvezza  per  le  calamità  degli  incendi^  a  pag. 
216  e  seg.  ;  lavoro  che  egli  mandava  al  concorso  del  premio 
Aldini  in  Bologna  ,  dove  fu  coronato  e  divulgato  a  cura  e  spe- 
se di  quella  chiarissima  Accademia  delle  Scienze.  Ancora  nell'al- 
tra sua  opera  degli  Ammaestramenti  dell'  arte  di  spegnere  gli  in- 
cendi ed  usare  i  partiti  di  salvezza  per  uomini  e  cose,  stam- 
pata nel  i85i  a  spese  del  nostro  Municipio,  fu  descritta  nuova- 
mente  tal  macchina.  Di  ciò  per  corto  l' Istituto  ne  riprenderà 
ricordanza ,  dappoiché  queste  opere  son  nella  sua  biblioteca,  per 
cui  r  autore  ne  fece  umile  offerta.  Di  più  trovasi  parimenti  de- 
scritta ,  e  maggiormente  semplificata  nel  Manuale  pratico  de- 
gli incendi  del  medesimo  autore;  opera  che  ottenne  anch'essa  l'o- 
nore di  esser  premiata  nel  i832  ,  ed  è  prossima  alla  luce  del- 
le stampe  (i).  E  dippiìi  ancora,  questa  macchina  acconcissima 

(i)  Un  altro  lavoro  dell'  autore  stesso  che  ha  per  titolo  Della  institu- 

zione  de'  Pompieri  per  grandi  cillà  e  terre  minori  di  qualunque  stato, 

6a 


(   ^92    ) 

al  Ircsl  a  domar  gf  incendi  in  privati  edifizi,   senza    V  opera  dei 
pubblici  soccorritori,  trovò  luogo  nell'ultima  solenne  Mostra  in- 
dustriale ,  e  meritò  la  vostra  valevole  attenzione,  per  essersi  ac- 
comodata a  questo  umanissimo    fine    con  la  norma   di  principii 
nuovi ,  quelli  medesimi  che  ora  si  vuole   altri  attribuire.   In  fi- 
ne ,   da  pareccbi  anni  lo  stesso  autore  nella  sua  qualità  di  Di- 
rettore de'  nostri   artigiani-pompieri  ,    propose   ad    uso    pubblico 
questa  macchina  ;  e  venne  approvata  dal  Real  Governo;  fu   co- 
struita, e  si  trova  con  le  altre  di  quella  corporazione  ad  essere 
adoperata  con  ottimo  successo  nelle   malaugurate    accidenze    del 
fuoco.  E  vuoisi  qui  pur  dire  che,  in  proposito  dell' emoblo  vuo- 
to ,  r  autore  medesimo  nel  1 84.4  ,  se  la  memoria  non  gli  falla , 
lesse  alla  reale    Accademia  delle  Scienze   una   scrittura  ,    nella 
quale  toccando  di  questa  parte  della  macchina  fatta  a  tal  modo, 
specificava  ancora  il  calcolo  dell'  effetto  utile  della  nuova  tromba. 

Crediamo  necessario  ,  chiarissimi  colleghi ,  anche  qui  men- 
tovare che  nella  citata  prima  opera  impressa  in  Bologna,  dopo 
il  disegno  e  la  descrizione  della  macchina  composta  della  came- 
ra della  tromba ,  del  cilindro  massiccio  che  fa  1'  ufficio  di  em- 
bolo ,  del  sacco  di  cuojo  ,  e  via  innanzi ,  largamente  si  discor- 
re de'  dubbi  che  in  su  le  prime  la  macchina  può  far  nascere 
neir  animo  di  chi  non  voglia  usarvi  sopra  buona  considerazione  ; 
e  si  soggiunge  a  pag.   2ig. 

))  I  vantaggi  che  intanto  veggiamo  da  questo  meccanismo 
»  si  è  dunque  di  annullare  in  realtà  tutto  il  ragguardevole  at- 
D  trito  che  1'  embolo  ordinario  esercita  contro  le  pareti   del  ci- 

del  pari  premiato  in  concorso  nel  i847  ^^^^'  Accademia  suddetta,  e  pubbli- 
cato a  spese  della  medesima  in  Bologna  nel  i852^  a  pag.  S5  ,  si  rinvia 
il  lettore  alla  prima  opera  del  signor  Del  Giudice  per  ciò  che  si  appartie- 
ne alle  macchine  di  quelle  Corporazioni  di  Soccorritori  ec.  ce. 


(  ^93  ) 
»  lindro  nel  quale  muovesi.  Questo  allrito  ne'  comuni  emboli  , 
»  di  qualunque  specie,  nò  pure  ci  guarentisce  dalla  nocevole  in 
))  Iroraissione  dell'  aria  o  dell'  acqua  per  essi ,  nell'  aspirazione 
))  e  nella  pressione  de'  medesimi.  Mentre  col  proposto  meccanis- 
))  mo  r  effetto  dell'  aspirazione  diventa  perfettissimo  ,  e  durante 
))  la  compressione ,  la  benché  menoma  quantità  di  acqua  non 
))  vien  dispersa  a  discapito  del  prodotto  della  macchina. 

Ed  a  pag.   224  si  disse: 

))  Passando  ora  ad  esporre  come  abbiam  cercato  di  loglie- 
»  re  0  scemare ,  al  possibile ,  nella  nostra  macchina  ,  le  resi- 
»  stenze  cui  1'  acqua  incontra  nell'  intromissione  e  nell'  emiss io- 
))  ne  di  essa  dal  corpo  della  tromba  ,  per  via  dell'  angustia  del- 
»  le  luci  delle  valvole  ,  onde  questo  comunica  col  tubo  di  aspi- 
»  razione,  e  col  recipiente  dell'aria  compressa,  e  le  perdite 
»  considerevoli  della  forza  motrice  necessaria  a  porre  in  azio- 
))  ne  la  macchina  che  ne  derivano  ,  rammenteremo  che  anche 
))  le  migliori  fra  le  trombe  descritte  ed  analizzate  si  ci  mostra- 
»  rono  difettose  sotto  questo  capitale  riguardo  (i). 

Il  perchè  dopo  di  aver  al  giusto  valutato  le  opinioni  del 
eh.  Belidor  ,  del  Taffe,  e  di  altri  rinomati  meccanici,  1'  autore 
conchiudeva  ,  per  quelle  considerazioni  ,  assegnando  tanto  alla 
parte  fissa  del  lubolo  di  aspirazione  ,  quanto  a' condotti  latera- 
li ,  una  sezione  trasversale  dell'  istessa  grandezza  di  quella  del 
corpo  di  tromba.  Notate  dunque  quanta  somiglianza  fra  queste 
deduzioni  dell'  autore  napolitano  e  quelle  dichiarate  da'  signori 
Dabbene    nella  loro  scrittura  !  E  per  fermo   nella    scrittura    in 

(i)  Soa  quelle  che  furon  costruite  a  Strasburgo  ,  ad  Ipri  ,  in  Olan- 
da ,  in  Inghilterra;  e  poi  quelle  del  Lunay,  del  Levesquc,  di  Charpentier, 
del  Ramelli  ,  del  Bramah  ,  del  Castelli,  detta  tromba  Napoleone ,  del  padre 
Bonaventura  Cavalieri  ,  di  Dietz  ,  ec    ec. 


parola  ,  dichiarandosi  i  vantaggi  che  offre  la  nuova  macchina, 
si  parla  di  quello  provveniente  dall'  eguaglianza  di  sezione  che 
può  adottarsi  per  tali  tuholi.  Ma  siffatta  somiglianza  può  anche 
farsi  intendere  per  la  via  degli  occhi  ;  ed  in  vero  guardisi   la 
figura  4  dell'  annessa  tavola  :  è  una  esatta  riproduzione  di  quel- 
la che  si  trova  disegnata  nella  citata  opera  Universalità  de  mez- 
zi di  previdenza  ,  difese  e  salvezza  per  le  calamità  degl'  in- 
cendi. In  questa  figura ,  che  offre  la  sezione  verticale  della  mac- 
china ,  B  è  la  camera  della  tromba  ,  che  consta    di   due   parti 
unite  per  i  loro  labbri  rivoltati   di    fuori.  E  A  1'  embolo    mas- 
siccio  col  suo  gambo    Fg.  Di  sotto  vi  è  il  disco    di  rame    e  e, 
il  cui  diametro  supera  di  poco  quella  dell'  embolo  ,    e   serve   a 
mantenere* il  fondo  del  sacco  unito  alla  base  dell'embolo.    Infi- 
ne vi  si  vede  la  sezione  del  sacco  medesimo ,  e  come  il  labbro 
superiore  di  questo  è  congiunto  ad  un'  armilla  di   cuojo   che   si 
pone  fra  i  due  labbri  rivoltati  della  camera  della   tromba.    An- 
cora chi  ben  guardi  il  disegno,  vi  osserva  pure  un'  altra  armil- 
la,  che  si  fa  di  metallo,  la  quale  si  pone   su  quella  di  cuojo  , 
ed  il  cui  diametro  interno  è  quasi  uguale  a  quello   dell'  embo- 
lo. A  chiunque  è  noto  il  modo  di  azione  di   questa  maniera  di 
macchine  ,  e  come  si  esercitano  le  pressioni  interne  prodotte  dal 
fluido  che  vuol  sollevarsi  ,  è  agevole  giudicare  dell'  ufficio  del 
disco  e  e  sporgente  dalla  base  dell'  embolo,  e  delle  armille   an- 
zidette. Si  volle  trovare  per  ogni  dove  un  appoggio  al  sacco  di 
cuojo  nelle  grandi  pressioni  per  guarentirlo  da  ogni  danno.  Tut- 
ti questi   particolari   dell'  apparecchio   sono   trascurati    in    quello 
fatto  costruire  da'  signori  Dabbene ,  ma  che  non  potrebbero  sfug- 
gire a  chi  pensasse  da  se  a  questa  macchina  cosiffatta  ,  e  fosse 
pratico ,  se  non  altro^,  di  ciò  che  avviene  nell'  interno  delle  trom- 
be quando  son  poste  all'  uso. 


(  495  ) 

La  fìg.  5  è  puro  una  riproduzione  di  quella  che  si  vede 
disegnata  nel  volume  degli  Ammaeslramenli  ec.  citato  qui 
sopra. 

In  fine  sappiasi  ,  e  qui  vogliamo  rivolgere  la  parola  an- 
che agli  egregi  signori  Pareto  e  Sauli  per  ciò  che  han  detto 
nelle  loro  lettere  ricordate  avanti,  che  a  pag.  221  e  seg.  della 
medesima  prima  opera,  l'autore  faceva  menzione  delle  tromhe  dei 
signori  Denisart-Gosset  e  Deuille  ,  e  ricordava  la  così  detta  trom- 
ba de'  Preti  ;  e  ciò  per  due  motivi  ;  il  primo  per  rendere  un 
omaggio  a  coloro  che  prima  di  lui  avevano  pensalo  a  fabbricar 
trombe  ad  emboli  senza  attrito  ;  omaggio  che  mai  non  dovreb- 
besi  trascurare  ad  un  autore  che,  oltra  di  esso  ,  poco  0  nulla 
d^  ordinario  rimane  ;  e  secondamente  per  far  notare  la  grande 
diversità  che  ci  era  tra  la  macchina  sua  e  quella  de'  benemeriti  ri- 
cordati meccanici  :  differenza  che  i  chiarissimi  ingegneri  sardi 
veggono  dimostrata  dal  seguente  luogo  del  Borgnis  (§  i65-i66); 
il  quale  a  proposito  delle  mentovale  trombe  ,  dice  : 

»  Questo  embolo  non  può  descrivere  che  uno  spazio  limi- 
»  tatissimo  ,  di  maniera  che,  se  si  deve  innalzare  una  quanti- 
»  tà  di  acqua  considerevole ,  non  può  farsi  che  dandogli  un  gran 
))  diametro  ;  e  si  sa  che  in  qualunque  tromba,  lo  sforzo  che  si 
»  esercita  è  sempre  proporzionale  alla  superficie    dell'  embolo  , 

»   sia  qualunque  il  diametro  degli  altri  tubi  Si    potrebbe 

ì  impiegare  utilmente  ne'  casi  in  cui  senza  inconveniente  la  cor- 
»  sa  dell'  embolo  potesse  esser  piccola  e  frequente  ,  e  quando 
»  r  acqua  non  dee  pervenire  che  ad  una  mediocre  altezza.  » 

Oltre  a  ciò  si  deve  aggiungere  che  poco  innanzi  del  tem- 
po in  che  scriveva  il  relatore  della  presente  Commissione  ,  fece 
gran  rumore  ,  e  fu  annoverata  tra  le  recenti  scoverte  una  ,  pre- 
tesa novissima  ,  dell'  inglese  Shalder  ;  il  qual  propose  un  altra 


(  ^96  ) 
maccliina ,  che  poco  o  nulla  era  diversa  da  quella  de'  nominati 
autori  ,  e  ne  ottenne  privilegio  ,  e  1'  onore  di  esser  descritta 
nel  voi.  6  n.°  32  del  Giornale  di  arti  e  scienze  di  Londra. 
E  pure  di  ciò  1'  autore  napolitano  non  ometteva  di  far  parola  : 
ma  conchiudeva  che  il  grido  che  la  macchina  proposta  levava, 
proveniva  dalla  leggerezza  solita  onde  si  accordano  titoli  di  o- 
nore  ,  patenti  d' invenzioni  e  di  novità  per  cose  pensate  e  ripen- 
sate da'  nostri  vecchi.  E  per  la  sua  macchina  ne  rimetteva  il 
giudizio  alle  pruove  sperimentali  altrui  ,  pruove  che  a  que'  di 
non  aveva  potuto  instituire,  e  che  fece  di  poi. 

Il  perchè  siam  veramente  compiaciuti  che  altri  sperimenti 
abbiano  avuto  luogo  in  Genova  alla  presenza  delle  persone  più 
competenti  ;  e  che  i  risultamenti  fossero  stati  riconosciuti  gene- 
ralmente di  sommo  vantaggio.  Ed  attendiamo  con  ansia  le  pro- 
messe dell'  egregio  cav.  Sauli,  quanto  a'  calcoli  comparativi  che 
egli  all'  uopo  si  propone  d' instituire  ;  quantunque  fossimo  di  cre- 
dere che  si  sarebbero  sventati  i  suoi  dubbi  intorno  alla  durata 
dell'  embolo  ,  se  si  fossero  adottati  i  presidi!  ali"  uopo  posti  in 
atto  neir  antica  macchina ,  come  testé  abbiam  detto ,  e  se  i  si- 
gnori Dabbene  ,  in  luogo  di  unire  il  sacco  di  cuojo  pel  suo  fon- 
do alla  base  superiore  del  cilindro-embolo,  obbligando  cosi  V  in- 
volucro flessibile,  di  qualunque  materia  sia,  a  rivolgersi  in  dop- 
pio ed  incresparsi ,  ovvero  a  congiungerlo  a  circa  la  metà  del- 
l' altezza  di  tale  embolo ,  lo  avessero  collocato  proprio  come  da 
tanti  anni  aveva  proposto  1'  autore  napolitano,  e  come  questi  fece 
eseguire ,  unito  cioè  col  suo  fondo  ,  ossia  con  la  sua  base  ,  al- 
la base  inferiore  dell'  embolo  medesimo.  Né  questa  disposizione 
del  cuojo  deesi  giudicare  inapplicabile  allorché  1'  embolo  si  co- 
struisce vuoto  ;  imperocché  vi  sono  i  fatti  a  dimostrare  il  con- 
trario.  Nelle  macchine  già  costruite  da  molto  tempo  ,   il   cuojo 


(^97  ) 
fu  rivollato  di  sotto  dal  piccolo  risalto  che  deve  esservi  nell'in- 
terno dell' embolo  per  l'azion  della  valvola,  e  vi  si  mantenne 
stretto  per  mezzo  di  un'  armilla  di  metallo  ,  e  con  viti.  Questa 
armilla  si  fece  pure  sporgere  di  un  poco  intorno  all'embolo  per 
le  sopra  espresse  ragioni. 

Ancora  non  abbiam  compreso  il  bisogno  di  porre  la  valvo- 
la dell'  embolo  su  la  base  superiore  di  questo  ,  come  mostrano 
i  disegni  :  imperocché  la  più  vieta  pratica  ,  e  le  più  note  teo- 
riche consigliano  porre  tal  valvola  nelle  trombe  aspiranti  al  fon- 
do del  cilindro-embolo  ,  affinchè  nella  discesa  di  questo,  la  men- 
tovata valvola  possa  giungere  molto  prossima  a  quella  che  è  in 
cima  del  cannello  di  aspirazione  ,  ed  aversi  perciò  nella  salita 
dell'  embolo  una  grande  rarefazione  dell'  aria  sottostante.  Quella 
foggia  di  valvola  fatta  d'  un  sol  disco  di  cuojo  unito  nel  centro 
suo  al  centro  della  base  superiore  dell'  embolo ,  non  ci  pare  con 
buona  determinazione  preferita.  Nò  crediamo  che  ci  abbia  chi 
possa  illudersi,  osservando  il  modo  della  sua  azione  ,  vedendola 
prendere  la  forma  d'un  cono  allorché  è  spinta  dall'acqua,  con  che 
potrebbe  credersi  lasciar  larga  via  all'  acqua  medesima;  perché  la 
restrizione  della  luce  proviene  dal  disco  forato  che  si  ha  biso- 
gno di  porre  sotto  il  disco  di  cuojo,  aCQnché  questo  trovi  un  ap- 
poggio quando  è  spiegato ,  cioè  quando  l' embolo  risale.  Nelle 
antiche  trombe  di  questa  specie  ,  qui  innanzi  ricordate  si  adot- 
tarono le  valvole  a  cerniera.  Ciascuna  si  compose  di  due  semi- 
cerchi di  lamine  metalliche,  girevoli  intorno  ad  un  assicello,  che 
si  pose  dalla  parte  di  sopra  al  piano  della  valvola^  e  si  assicu- 
rò in  due  piccoli  fori  praticati  attraverso  le  pareti  del  cilindro- 
embolo.  Questo  assicello  rotondato  ad  un  estremo ,  e  munito  di 
vite  all'  altro  ,  si  assicurava  stabilmente  ne"  mentovati  fori,  mer- 
cè piccola  madrevite  esterna  ,  e  dischetti  di  cuojo.  Le  valvole 
in  tal  guisa  dettero  i  migliori  risultati  ,    e   toglierle    dall'  inter- 


(  498  ) 
no  del  meccanismo  per  essere  osservate  e  corrette  al  bisogno , 
è  molto  agevole  opera.  In  altre  trombe  fu  adottato  il  cuojo  per 
far  r  ufficio  di  cerniera  alle  valvole. 

Queste  evidenti  imperfezioni  della  macchina  costruita  in  Ge- 
nova ,  da  potersi  schivare  da   chicchessia  ,   parrebbero  adottate 
per  solo  voler  in  qualche  cosa  variare  1'  originale ,    se  noi  non 
avessimo  per  fermo  che  i  signori  Dabbene  hanno  avuto  la  sven- 
tura d'  imbattersi  in  invenzione  da  altri  prima   di   loro    pensata 
e  fatta  di  ragion  pubblica  ,  in  opere  da  essi  ignorate.  E  chi  non 
usasse   la  maggior  buona  fede  ,  come  noi,   non    potrebbe   pure 
intendere  perchè  nella  scrittura  di  dilucidazioni  de'  signori  Dab- 
bene, asseverandosi  che  questa  maniera  di  trombe  potrà  servire 
alle  macchine  a  reazione  proposte  varie  volte  per   la  propulsio- 
ne delle  navi  ,  alle  macchine  a  vapore  a  bassa  pressione ,    alle 
macchine  pneumatiche  ,  alle  bilance  idrostatiche,  a'  torchi  idrau- 
lici, e  finanche  a  quelli  devermicellai  ;  non  si  fa  motto   della 
sua  importantissima  applicazione  contro  i  danni  del  fuoco ,   qua- 
si si  fosse  temuto  rivelare  con  ciò  1'  origine  de'  loro  studi ,  che 
faceva  uopo  tener  celata. 

Ad  ogni  modo  noi  facciam  voti  perchè  i  signori  Dabbene 
si  abbiano  prospera  fortuna  nella  loro  intrapresa  in  tutti  gli 
Stati  che  hanno  lor  conceduto  patenti  e  brevetti  (V  invenzione  ; 
mentre  non  possiamo  agevolar  loro  la  via  anche  presso  di  noi, 
dove  la  macchina  di  cui  abbiamo  discorso,  fu  per  la  prima  vol- 
ta immaginata  son  già  molti  anni  ,  e  dove  il  suo  autore  si 
studiò  a  tutt'  uomo  di  farla  comune  e  renderla  di  patrimonio 
pubblico. 

Questo  rapporto  fu  letto  a  nome  della  Commissione  Acca- 
demica composta  da'  signori  Soci ,  Domenico  Presutti,  commen- 
datore Luigi  Corsi,  e  cavaliere  Francesco  Del  Giudice  relatore. 


3sr)ì)iì<si2  ©isirisiiiiiì 


D                                                                                                Pagina 
edica V 

Elenco  de'  Soài  del  Reale  Tstiluto     •     •     ; vii 

Memorie 

Delle  varietà  de'  vitigni  del  Vesuvio  e  del  Somma.  Ricerche  ed 
annotazioni  dell'  Avvocato  Vincenzo  Semmola l 

Intorno  all'  Amygdalus  pumilla  del  Linneo  ed  al  Prunus  Japo- 
nica  del  Thunberg.  Osservazioni  del  Cavaliere  Micliele  Tenore.     .     .   13o 

Osservazioni  sulla  malattia  della  vite ,  apparsa  nell' estate  dell'an- 
no 1851  di  Guglielmo  Gasperrini 151 

Uso  del  Salacelo  delle  nitriere  e  polveriere  nell'  agricoltura  ,  nol- 
la  pastorizia  e  nelle  arti.  Discorso  del  Socio  corrispondente  Giusep- 
pe Novi lOo 

Sulla  ricorrente  epizoozia  aftosa  negli  aniraiili  vaccini  ,  pecorini 
ce.  Memoria  del  Socio  ordinario  Cav.  De  Nanzio 203 

Errori  delle  Tavole  lun,iri  dedotti  dalle  osservazioni  dell'  ecclis- 
se  solare  del  28  luglio  1851.  Slemoria  di  Michele  Rinonapoli.     .     .  2Io 

Cimicum  Regni  Neapolitani.  Centuria  tertia  et  quarta  fragmcnfum. 
Auctore  Achille   Costa 22.5 

Alcune  idee  s«lle  Arti  e  Manifatture  nel  Regno  di  Napoli.  Memo- 
ria di  Carlo  Santangelo 301 

Sulla  Sorgente  intermittente  di  Triverno  nell'Agro  Venafrano.  Me- 
moria del  Socio  ordinario  Ernesto  Capocci 309 


^  (  5oo  ) 

Riccrcho.  sopra  alcune  specie  di  Solani.  Slemoria  del  Socio  ordi- 
nario Cav.  Tenore ^-«^ 

Seguito  della  3Iemoria  sulla  determinazione  delle  Tavole  lunari , 
dedotti  dalle  osservazioni  dell'  ecclisse  solare  del  28  luglio  1851  del 
Socio  corrispondente  Michele  Rinonapoli 343 

Cenno  notomico-patologico  sulle  ossa  umane  scavate  in  Pompei 
del  Socio  ordinario  Stefano  delle  Ghiaie 3.55 

Descrizione  di  un  letto  per  reprimere  il  furore  de'  folli.  Nola  del 
Segretario  perpetuo  Benedetto  Yulpes 383 

Osservazioni  sopra  i  minerali  che  si  rinvengono  ne' terreni  a  sol- 
fo di  Sicilia  del  professore  Giuliano  Giordano 381 

Sulla  misura  della  Crociera  Cilindrica  ad  archi  gotici.  Memoria 
del  Socio  Francesco  Paolo  Tucci 403 

Sulla  determinazione  della  longitudine  della  luna.  Memoria  del 
Socio  ordinario  Ernesto  Capocci 421i 

Discorso  del  Cav.  Felice  Santangelo,  Presidente  del  Reale  Isti- 
lulo  ,  lello  nel  di  31  luglio  1853 433 

Idem  idem  ,  del  dì  31  luglio  1854,  nella  ricorpenza  della 

distribuzione  de'  premii  della  pubblica  mostra  industriale     .     .     .     .451 

Sulla  proiezione  conica.  Memoria  del  Socio  corrispondente  Miche- 
le Rinonapoli 465 

Cenno  sulla  coltivazione  dell'  orzo  peruviano.  Memoria  del  Dotto- 
ro in  Medicina  Luigi  Briganti H\l 

Sopra  un  privilegio  per  una  macchina  da  innalzare  le  acque  ec. 
Rapporto  presentato  al  Reale  Istituto  dal  Socio  ordinario  Cav.  Fran- 
cesco Del  Giudice 485