^. //-iC
ATTI
DEL
BEALE ISTITUTO D* INCORAGGIAMENTO
^JIU^.
n
ATTI
DEL
D'I
ALLE SCIENZE NATURALI DI NAPOLI
TOMO Vili.
STABILIMENTO TIPOGRAFICO DEL REAL MIMSTERO DELL* INTERNO
NEL REALE ALBERGO DE' POTERI
M HI ■
1833.
IRE
D.
'I grido animo dopo alquanlo volger di tempo è dulo a que-
sto Reale Islilulo d' Incoraggiamento presentare alla Maestà Vo-
stra, l' omaggio de suoi accademici lavori, e coi suoi alti in
istampa mettere ai piedi del lìeal Trono il documento delle sue
incessanti, e non interrotte Iwjuhr azioni.
In tale avventurato rincontro nutre esso ferma speranza ,
che secondando l'invalsa magnanima usanza, jìiaccia alla Maestà
Vostra, aggradire e permettere che V opera sua si onori , e s'
intitoli neW Augusto Suo IVome.
Senza fallire alle gravi, e rilevanti cure , cui assiduamente
il richiamano V ademjnmento de propri doveri , i sempre cre-
scenti bisogni delle nostre patrie industrie e manifatture , l' in-
troduzione di nuovi trovati, seppe ancora questo Reale Istituto
neir amore della scienza attingere quel modo , e quella forza di
che V era mestieri per partecipare con onore alle recenti con-
quiste dell' umano sapere. I\on senza lode dello straniero , agli
strenui membri di cui si onora fu conceduto correre con suc-
cesso lo scienlificn aringo. Informati alla scuola del pubblico
bene, non pur versando ne campi astratti e trascendenti della
scienza, non si rimasero dal rendere le loro dottrine feconde,
e produttive di jìraliche ed utili applicazioni ed insegnamenti.
Aiutando il Sommo Iddio , e la lunganima protezione della
Maestà Vostra , che tutto allieta e vivifica , spera la Reale Ac-
cademia non venir mai meno all' onorifica missione che le ven-
ne affidata. In tanta luce ed avanzamento delle scientifiche, ed
industriali discipline , non sarà di fermo che manchi per zelo
ed attiva coopei-azione dal concorrere alacremente al maggior
decoro e progresso dell' avito sapere.
Così possa il Sovrano Aggradimento , esserle di guida e
conforto neW arduo e faticoso cammino, che le sarà dato per-
correre , come il bene che sarà per tornarne all' universale ab-
bellire di nuovo splendore un diadema, giù onusto di gloria e
di matura sapienza.
Di Vostra Rcgal Maestà
Napoli 24- Febbraio 18SS.
Pel Reale hiihtio d' Incoraggiamento
Il PnESIDENTE
Il Segretario GE^ERALE degli Atti
VII
12 ^ 12 It ^ <D
DE' SOCII DEL REALE ISTITUTO D' IIVCORAGGIAMEIVTO
IN NAPOLI NELL' EDIFIZIO DI TARSIA.
Cav. D. Felice Santangcio Presidente.
Marchese D. Giammaria Puoti Vice-Presidente .
Cav. D. Benedetto Vulpes Segretario.
SOCII ORDINABII.
Agostino D' Colonnello Commenda
tore D. Francesco.
Briganti D. Francesco.
Bruno D. Francesco.
Chiaie delle D. Stefano.
Costa D. Oronzio.
Capocci Cav. 1>. Ernesto.
Corsi Commcnd. 1>. Luigi.
Flauti Cav. 1). Vincenzo.
Gussoni Cav. D. Giovanni.
Guarini D. Giovanni.
Giardini D. Mario.
Giudice del Cav. D. Francesco.
Luca de Cav. D. Ferdinando.
Lauronzana I>. Nicola.
Mclorio Cav. D. Nicola.
Minicluni D. Domenico.
Nanzio de Cav. D. Ferdinando.
Pietracatella Marchese di D. Giu-
seppe Cova Grimaldi Piscicelli.
Presutti D. Domenico.
Padula D. Fortunato.
Ronchi Cav. D. Francesco.
Re del D. Leopoldo.
Scmniola D. Giovanni.
Satriani Principe di D. Carlo Fi-
langieri.
Santangcio D. Carlo.
Sanseverino Conte di Chiaromonie
D. Luigi.
Tenore Cav. D. Michele.
Tucci l). Francesco Paolo.
Trudi I). Aicola.
Zannolli D. 31ichele.
vili
SOCII OSORARII KAZIONALI ED ESTERI.
AuJria D. Gennaro.
Andriel Cav. D. Pietro.
Anlrodoco Principe di Barone Fri-
mont.
Assalini Signor.
Avanzo d' Abate D. Blattia.
Bachi D. Giovanni.
Balbo Conte D. Prospero.
Bonafons D. Matteo.
Bixrtoloni D. Antonio.
Blainville de Ducrofoy Signor.
Brera Signor L. V.
Carascosa S. E. Generale D. Raf-
faele.
Campana D. Andrea.
Canili D. Lorenzo.
Caprioli Commend. D. Giuseppe.
Carena D. Giacinto.
Carfora D. Carlo.
Carus Signor C. G.
Ciccarelli Barone Cav. D.Francesco.
Colecchi 1>. Ottavio.
Cotugno D. Pietro.
Curzio D. Vincenzio.
Delcarrclto Maresciallo di Campo
Marchese D. Francesco Saverio.
Dumeril Signor Costanzo.
Eiesthel Barone.
Ferri Cumniend. D. Ferdinando.
Fischer Gotthelf Signor.
Fox-Strancwais Signor.
Franchino 1>. Gaetano.
Gargano D. Luigi.
Garzilli D. Paolo.
Gentile Conte.
Gianiiatlasio D. Orazio.
GoflVoi Saint-llilaire Signor.
Gonzales D. Francesco Antonio.
Cossi 1). Luigi.
IlalTord D. Ariigo.
Holland Signor.
lacobson D. Ludovico.
Larucci D. Luigi.
Laurenzana Duca D. Onorato Gae-
tani.
Liguoro Cav. D. Raimondo.
Lucchesi Conte D. Ferdinando.
Murena Commend. D. Salvatore.
Marcarelli D. Giuseppe.
Mazza Commend. D. Orazio.
Martens D. Giorgio.
Masdea D. Giorgio.
Blatteucci Signor Abate.
SLiltey D. Giuseppe.
ftlerrene D. Daniele.
iMilano Conte D. Michele.
Montagna Signor.
Kaccari D. Fortunato Luigi.
Piolo S. E. Principe d' Ischitella
D. Francesco Emmanuele.
Pieri D. Michele.
Racco D. Giulio.
Rafinesquc Schmaltz Signor.
Ragazzoni 1). Prospero.
Ranzani 3Ionsignor D. Camillo.
Rasis D. Nicola.
Releinbak Cavaliere.
Rosa D. Alessandro.
Buggiero D. Francesco.
Scorza Conimend. D. Francesco.
Sanclis Signor.
Sandalio Arias D. Antonio.
Sanlanlimo Principe di D. Vincen-
zo lìiifro.
Schmitt Cavaliere.
Serracapriola Duca di D. Kicola
Maresca.
Speranza I>. Carlo.
Spinelli D. Domenico Principe di
S. Giorgio della Mnnlagna.
Suppa l>. Pas(|uale.
Traetlo Carafa Cav. D. Luigi.
Tiedemann D. Federigo.
Troia S. E. Cav. 1>. FcrdiBaiido.
Tommasini D. Giacomo.
Tommaso de ì). Giuseppe.
Tonnelli D. Pietro.
Urso S. E. d' Cav. D. Pietro.
\accaii D. Andrea.
Ventignano Duca di 1),
IX
Cesare .Mon-
ticelli.
Vergari D.
Villafranca
pe Alliata.
Walter l).
Achille.
Principe di I).
Giusep-
jiovannu
Zaccli Barone.
Socii connispONDEiSTr nazionali ed esteri.
Abbate D. Luigi.
Alfredo d' Orsai Conte.
Aloisi ]). Francesco.
Ambruosi 1). Francesco.
Angelis de D. Pietro.
Arienzo d' 1>. Marco.
Antonmnrclii Dottor.
Aracri D. Gregorio.
Araneo D. Giambattista.
Argonziano D. Paolo.
Arincllino D. Giacinto.
Daer D. Costantino.
Barnaba la Via Signor.
Barone D. Vincenzio.
Bergcnsi Dottor.
Bianchini Commond. D. Ludovico.
Bianco del Barone.
Biscardi D. Lucantonio.
Bisceglia D. Viiangelo.
Bombini lìlonsignor D. Michele.
Bonchi D. Onofrio.
Brugnatclli D. Gaspare..
Bufalini Signor.
Campagna D. Giuseppe.
Candii Signoi'.
Candclori D. Andrea.
Gandelori D. Salvatore..
Candiota D. Onorato.
Candito D. Francesco.
Cappelli D. Domenico.
Cardone D. Carlo.
Cardozo de Mcnezes D. Giosuè.
Casazza D. Antonio.
Conti Abate D. Giuseppe.
Cassitti D. Federigo.
Cassola D. Filippo.
Cerasoli D. Carlo.
Ghiaino D. Vincenzio.
Corbi D. Diodato.
Corbi D. Giulio.
Cua D. Antonio.
Capomazza Cav. D. Ilario.
Dandolo D. Tullio.
Davino D. Vincenzio.
Delfico D. Orazio..
Dietrichstein Conte.
Elia d' D. Ferdinando.
Egidio d' D. Antonio.
Feniziani D. Francesco.
Fasano D.. Domenico.
Favaro D. Antonio Pasquale.
Ferrara Abate D. Francesco.
Ferrarese D. Luiiii.
ri
Filippi-Pepe D. Francesco.
Finamore D. Silvestro.
Fiore D. Felice.
Flaiani Dottor..
Focatiis de D. Vincenzio.
Foritani D. Antonino.
Forster-quin D. Federigo.
Fergola D. Emnianiiele.
GaruUi D. Alessandro.
Gasparrini D. Guglielmo.
Gervasio D. Agostino.
Giiimpictro D. Emiddio.
Gianuclli D. Antonio..
Giordano D. Ferdinando.
Giudice del D. Gennaro.
Giulj D. Giuseppe.
Gozzi ]). Fulvio.
Giair Dottor D. Carlo Ferdinando.
Granata D. Luigi.
Grimaldi D. Luigi.
Gasparis de D. Annibale.
Grosso del D. Remigio.
llardis Dottor.
Ilorrison Dottor.
Iorio de D. Filippo.
IvirikolT Signor.
Lagioia D. Giuseppe.
Laurentiis de D. Gaetano.
Leri Signor.
Levante D. Giuseppe,
Lioncavallo D. Giuseppe.
Longo D. Agatino.
Lupacdiini Dottor.
Lujii Dottor.
Longo D. Filippo de' Marchesi del
Vinchialuro.
3Iacedo de Consigliere.
BLicrì D. Anselmo.
Maggiopalma D. Pasquale.
Maivazzi Malvini D. Antonio.
Jlaniarelii D. Benedetto.
Mammone D. Francesco.
Blanfrè D. Pasquale,
flianfrcdi D. Giambattista.
-Manni D. Pasquale.
Maravigna D. Carmelo.
Mariuosci D. Martino.
Clarone D. Giambattista.
Martillnri Signor.
Marugi D. Giovanni.
Mattey D. Giuseppe.
Marone D. Alessio.
Maglione D. Prospero.
Marziale D. Ciro.
Matlliauis D. Giuseppe.
Mazza D. Vincenzio.
Medici D. Michele.
Meiluso D. Antonio.
Merletta D. Vito.
Messari D. Gioacchino.
Mctaxà D. Telemaco,
fliicheli D. Jlario.
Michitelli D. Eugenio.
Miele D. Giuseppe.
Bilione D. Blariangelo.
Mola D. Emmanuele.
Molin D. Girolamo.
Monglare Signor.
Montenegro D. Giuseppe,
flionticelli D. Pietro.
Blorelli D. Vincenzio.
Mosca D. Antonio.
Moschettini D. Cosimo.
Nardi D. Luigi.
IN'obile D. Antonio.
Kugncs D. Massimo.
Olfers d' Cav. D. Ignazio.
Orioli D. Francesco.
Ossa D. Giuseppe Antonio.
Ottaviani D. Vincenzio.
Parelli D. Giuseppe.
Palma D. Achille.
Palma Canonico D. Achille.
Pollio D. Giuliano.
Palma Canonico D. Nicola.
Pappadopulo D. Andrea.
Pacca D. Giambattista.
Pasquale D. Samuele.
Pelli-Fabbroni Signor.
Pope D. Raffaele.
Petrolino D. Giovanni.
Portai D. Placido.
Renzi de Cav. D. Salvatore.
Ricciardi D. Francesco.
Ripoli D. Giovanni.
Bispoli D. Crescenzo.
Rivaz de Chevally.
Rizzo D. Filippo.
Romano D. Alessio.
Romeo D. Santo.
Rosato D. Giuseppe.
Rosica D. Giuseppe.
Rospis de D. Fiaucesco.
Rossi Canonico.
Rozzi D. li'nazio.
Rinonapoli D. Michele.
Rossi D. Vincenzo.
Sanctis de D. Giacomo.
Sannicola D. Giovanni.
Santi Linari Signor.
Santoli D. Giuseppe.
Saatorelli D. Nicola.
Sarto D. Giuseppe.
Satria D. Carlo Tito.
Seamberg Cav.
Scappaliccio D. Ottavio.
Scarano D. Giosuè.
Schemioth D. Stanislao.
Scinìi Signor.
Scristori Cav. D. Luigi.
Scuderi Cav. D. Salvatore.
Serradifalco Duca di.
XI
Simone D. Kicola.
Siracusa D. Vito.
Soldaui Dottor.
Spallanzani D. Giovanbattista.
Spampinato Abate D. Baldassarre.
Slaniiope Signor.
'fabassi Manna D. JlicLele.
Tancbi Maresciallo di Campo D.
Francesco Maria.
Tareatino D. Carlo.
Tarsia D. Ottavia.
Taulero D. Giovanni.
Todaro D. Diego.
Topputi D. Riccardo.
Torti D. Carlo.
Trompeo D. Benedetto.
Turchi D. Mariano.
Uracri D. Giuseppe.
Villeneuve Signor.
Virgilio D. Gaetano.
Volturale D. Nicola.
WolkolT Signor.
Zamboni Abate D. Giuseppe.
mm liRM DI' fiTifiii
RICERCHE ED ANNOTAZIONI
DELL' AVTOCATO
¥IWCElZO SEMMOILA
SOCIO COaBISFOMOXNTZ
MLIE QIALI SI RAGIONA De' TERRENI , DELLA COLTIVAZIONE DELLA VITE ,
E dell' enologia VESIVIAKA.
Lavoro letto nella tornata del R. htUvto d' Incoraggiamento
del 3 Febbraio 18-i8.
PREÀMBOLO
I
L Reale Istituto d' incoraggiamento di Napoli , nella tornala de-
gli II Febbraio 184.7, ^ proposta del benemerito cav. Tenore,
ed udito il parere della Commessione appositamente nominata ,
richiedeva una descrizione sistematica generale de' vi tigni, delle
uve, e de' vini del Regno delle due Sicilie sul modello d' un 0-
puscolo del dottor Kolenati, chiaro naturalista di Mosca, offerto
dal professor Tenore in versione italiana. Ed aggiungeva dover-
si pur notare la qualità e quantità di vino che i diversi vitigni
somministrano, gli usi cui le uve di essi si destinano, ed anco-
ra un trattatello sul modo di coltivare la vite e fabbricare il vi-
no secondo la consuetudine de' varii paesi.
Ed in tal vasto lavoro, la cui importanza ed utilità fu da
lutti socii riconosciuta, il R. Istituto domandava anche la debole
mia opera, onde con lettera del 3 di Maggio dello stesso anno ,
per mezzo del suo Segretario perpetuo mandavami l' onorevole in-
vilo. Or volendo io corrispondere al lodato pensiero del R. Istituto,
presi a far soggetto de' miei studii tutto il territorio che gira in-
torno al Vesuvio. Il perchè sul cominciar del passato Maggio fu
mestieri percorrere le terre poste alle falde ed alla base del Ve-
suvio e del Somma col fine di osservare non solo i vitigni in
germogliazione , e raccogliere i saggi , come si richiede per lo
erbario ampelogico , ma ancora per istudiare i terreni nella sva-
riata loro natura e stratificazione; e notarne il modo di coltiva-
zione nelle varie contrade.
Seguentemente nel mese di giugno fu bisogno attendere al-
la fioritura delle viti, per notare il tempo in cui avveniva , e
per gli accidenti che essa offriva ne' varii vitigni, sia per la lo-
ro indole , che per ragion de' terreni e la postura loro.
Fu pure uopo in luglio di veder 1' allegamento del frutto in
qual modo comportavasi. E da ultimo nei mesi di settembre e
ottobre compiere le ricerche sul frutto maturo, e raccogliere le
notizie de' metodi della fabbricazione del vino , non intraraetten-
do lo scopo altresì di scernere le buone dalle male pratiche. Nel
che ho preso a scorta peritissimi campagnuoli e guardie rurali,
che richiedeva alle autorità de' varii luoghi.
Fatto tesoro di tutte le notizie raccolte nelle mie ripetute
escursioni, nelle quali mi sono sempre imbattuto in nuove varie-
tà che dapprima non mi si erano offerte , mi son brigato di co-
ordinarle con gli antecedenti mici studii fatti sul proposito del-
la agricoltura vesuviana , la quale fa principale soggetto la vite,
e secondamente il gelso moro per 1' allevamento dei bachi da
seta, e molle maniere di alberi da frutto. Tutto ciò facendo
servire alle dimando del R. Istituto, pensomi partir il lavoro io
cinque capi.
Nel primo darò un' idea generale de' terreni da me percor-
si e studiali.
(3 )
Nel secondo presenterò la descrizione di 112 varielà di vi-
ligni che ho ravvisali in questi terreni.
Nel terzo mi farò a dire categoricamente de' vitigni da e-
leggere per gli usi della mensa , per la fabbricazione de' buoni
vini , e per 1' abbondante prodotto ; e quali in ispecie meglio pro-
vano ne' varii terreni vesuviani.
Nel quarto discorrerò il metodo di coltivazione di questo ar-
busto seguitato per antica pratica , e quali rettifiche sarebbe me-
stieri recarvi. Qui dirò pure degli ingrassi , non che delle me-
teore, e degl'insetti dannosi alla vite, ed infine alcune ragioni
onde i vini del Vesuvio sieno scapitati di pregio e di quantità.
Nel quinto mi terrò a narrare il modo di fabbricazione dei
vini quale in generale si pratica , e quale da alcuno in partico-
lare^ e come sarebbe a rendersi agevole ed universale il metodo
dettato dalle buone regole di enologia; e dirò pure de' diversi
vini che in queste contrade si fanno.
Da ultimo toccherò dell' erbario ampelogico. Ed in un' ap-
pendice noterò la classificazione secondo il metodo del Rolenati
delle 112 varietà descritte.
Per queste partizioni avrò discorso V intiero subietto della
vite e del vino vesuviano , non senza dare parecchi ragguagli del-
la generale coltivazione di que' terreni e delle qualità del suolo;
ed avrò compiuto in pari tempo il desiderio che aveva di far
cosa grata alla patria industria illustrando per questo lato quel-
la famosa volcanica contrada. Oltracciò trattando le materie in
jrarticolare, ma con principii generali, avrò per avventura ad-
ditato norme da potersi rendere accomodate a tutti i terreni vi-
tati del regno, e segnatamente per la maniera di fabbricare il
vino, salve le poche modifiche quanto alla composizione de' ter-
reni, ed al modo di educare le viti {*).
(4)
(*) Nel porre in fatto tal divisaniento , mentre ho diretto ogni stu-
dio alle mie pratiche sperienze di otto anni continui, non ho trascurato a-
Ter self occhio quel che da altri prima di me crasi scritto nella specialità
del suhictlo de' vigneti vesuviani, i quali offrono particolarità tutte proprie,
sia nel suolo, che nella coltura.
E per quanto è a mia notizia, oltre le opere generali di agricoltura
che toccano di questo argomento , il primo che di proposito abhia volto Io
sguardo ad una parte sola di questa vulcanica contrada fu il dotto Giovan
Battista Gagliardi, in una sua memoria letta al R. I. nell' adunanza del dì
12 aprile 1820.
Questo agronomo prese a discorrere dell' agricoltura ercolanese, limi-
tandosi ai terreni posti su la costa sud-ovest del Vesuvio, che ebbe cura di
percorrere. E con tal suo lavoro s' adopera a riordinare con buon criterio
quanto attinse da' ragguagli fattigli da primarii possidenti di quelle terre ,
senza omettere di notare le imperfezioni che egli ravvisava nella pratica del-
la fabbricazione di quei vini.
Altri sludii su lo stesso argomento senesi divulgati dal prof. Gasparrini
in una sua scrittura negli Annali Civili del Regno delle due Sicilie al
quaderno 69 , maggio e giugno del i84-4 > col titolo, Osseì^vazioni su le
vili e le vigne del Dislretlo di Napoli. In questa si descrivono le diverso
varietà di uve ravvisate, e gli usi cui quelle son destinate; il modo di pian-
tazione delle viti da quei naturali usato per antica pratica ; le cose che dan-
neggiano le vigne; le principali qualità dei vini delle diverse contrade ; e
da ultimo s'istituisce una comparazione tra il coltivamenlo della vite nello
circostanze di Napoli con quelle di altre parti del Regno.
Poche altre note dello stesso autore sul medesimo subietto delle vigne
e dei vini del Vesuvio sì rinvengono nel Cenno dello stato presente del'
/' agricoltura della Provineia di Napoli, dettato nel i8-i5.
CAPO I.
IDE.V GENERALE DEI TERRENI VESUVIANI.
§. I.
Descrizione topografica del territorio.
I
terreni da me studiati alla base ed alle falde del Vesuvio e
dei Somma possonsi comprendere in un raggio di circa tre mi-
glia , la cui periferia vicn circoscritta a Nord-Ovest dal territo-
rio di S. Giorgio a Cremano e di Portici , a Sud-Ovest e Sud
da' terreni al lido del mare coltivati ad ortaggi e che apparten-
gono al territorio di Resina e di Torre del Greco, e dal territo-
rio di Torre Annunciata ; a Sud-Est ed Est comprende il ferri-
torio di Bosco tre-case, Mauro e Torci gno ; a Nord-Est stringe
il territorio e Comune di Ottajano , e dal lato Nord del Mon-
te di Somma raccoglie i terreni che sono un miglio al di sot-
to i Comuni di Somma, S. Anastasia, Madonna dell' Arco, Troc-
chia, Pollena, Massa di Somma, e S. Sebastiano, congiun"-cn-
dosi quivi col territorio di Resina.
Costituiscono questi terreni cosi circoscritti una specialità
tutta propria per la presenza del Vesuvio, da cui quasi può dir-
si derivare il loro essere ; se non che voglionsi escludere quel-
li al solo lato Nord e Nord-Est del Somma, su de' quali pare che
non esercitasse il supremo dominio quell' ignivomo monte. Il con-
tro di questa periferia è posto a quella parte del monte che cor-
risponde in altezza al poggio del Salvatore , poiché nel torno di
qucst' altezza terminano i terreni che offrono vegetazione e colti-
vazione dalla parte del Vesuvio ; e dalla parte del Somma , al-
(6)
la moilcsima allczza, cessa la coltivazione della vite, non essen-
do fino al ciglione allro che selve cedue e boschi.
Nò si creda che nella circoscrizione da me fatta solamente
si comprendano a lutto rigore le terre vesuviane ; perciocché dal-
la linea di mezzo giorno si estendono ancor molto più nel ter-
ritorio di Torre Annunziata , e fin nelle pianure di Gragnano
a settentrione di questo Comune. A questi terreni vanno pu-
re applicate le stesse regole, e sono governati da' medesimi
principii di agricoltura. Ma perchè nello stato presente e da se-
coli r opera del Vesuvio non par che siesi piìi oltre estesa verso
di quelli , cosi mi sono nelle mie ricerche restato ad un tale pe-
rimetro , che topograficamente ho voluto ancora percorrere a par-
te a parte, ed i terreni in esso compresi minutamente ricercare.
§• 2.
Divisione del territorio per altezza.
I terreni racchiusi nel perimetro da me circoscritto tra per-
chè posti 0 in piani dolcemente inclinati , o in altezze diverse ,
tra per i diversi strati che in essi si rincontrano sì nella super-
ficie che al disotto e in vario modo composti, han luogo delle
varianti nella coltura , nella feracitcà e nella qualità de vini che
da essi si traggono.
In fatti ne' luoghi inferiori i terreni sono ubertosissimi , la
vegetazione rigogliosissima , le uve meno zuccherine , i vini di
qualità mediocre e gradatamente da giù in su , e che vanno co-
nosciuti col nome di mezza lacrima. Nella media altezza, i ter-
reni perchè più aridi , meno ubertosi e rigogliosi , posti in e-
sposizione elevata più aprica e solatia, le uve più zuccherine e
pregevoli , i vini generosi , e van distinti col nome di lagrima
(7)
fina. Nella maggiore altezza i terreni facendosi sempre più ari-
di son poco fruttiferi , le uve gradatamente salendo deteriorano
in dolcezza , perchè non giungono a perfetta maturità a cagione
de' venti freddi e delle nebbie, ed i vini sono più aspri.
Da queste considerazioni guidato, contrasseguo tutto il terri-
torio da me descritto in tre zone circolari, ciascuna larga un
miglio circa, e distinte in inferiore, media, superiore. E per
indicare la linea di separazione tra queste zone, segno il termi-
ne della prima in un' altezza dal livello del mare di circa 5oo
piedi, a ponente, alle spalle del camposanto di Resina accosto
alla parrocchia di Pagliano ; a mezzo giorno , alla base del pog-
gio de' Caraaldoli ; ad oriente , il casino del Principe di Oltaja-
no ; ed a settentrione , il Comune di Somma. La seconda è po-
sta un miglio in su salendo in altezza per altri 5oo piedi circa,
ed in essa coraprendesi tutto il poggio de' Camaldoli di Torre
che fa vedere un cratere formato in una sola eruzione e poscia
estinto e colmato. La terza un altro miglio circa elevandosi con
ripidezza per altri looo piedi circa, fino all'altezza corrispon-
dente al poggio del Salvatore.
Pensomi che la partizione qui fatta fosse necessaria per in-
dicare con certezza le particolarità che riguardano tali terreni ,
sia quanto alla coltura, che a' vini che si ricavano, ed alla fcrlih-
tà loro.
§. 3.
Natura de' terreni.
In generale son queste terre come tutti sanno d'indole vol-
canica, ma molto varie tra loro e variamente denominate. Al-
cune son dette mascose, ossia poderi mascosi con terra di fuo-
co, e son quelle il cui strato superiore presenta un terreno sab-
(8)
bionoso Yolcauico sovrapposto a lave basalliclie a profondità ove
più ove meno. Altre sono indicate per terre vecchie, sia nella
pili bassa che nella massima altezza , come quelle del poggio del
Salvatore, e le altre in cui non si ravvisa lava basaltica sotto-
posta , ma si vedono strati diversi a varia spessezza e d' indole
varia e variamente disposti ; i quali sono or di terra silicea cal-
care , 0 argillosa calcare , che forma la pozzolana bigia ; or di
limo finissimo argilloso , stretto ed impermeabile all' acqua ; or
di tufo sodo , or di tufo fragile , or di strato composto di mi-
nute scorie ammassate , or di strati di lapillo nero, or di stra-
ti di pomici chiamate lapillo bianco , ec. ec. , e talora con istra-
lo superiore ancora di terra di fuoco.
Altre son domandate terre novelle , quelle cioè che scendo-
no dal poggio del Salvatore in direzione Nord-Ovest, e son cir-
coscritte a mezzogiorno dal fosso grande, ed a settentrione dal
fosso della Vetrana , che declinando in basso prende nome di fos-
so di Faraone. Presentano codeste terre la medesima natura e
straliGcazione delle terre vecchie. Ed è a notare che fra gli stra-
ti di esse sempre rincontransi de' grossi pezzi di lava basaltica;
ed alcuni strati molto concordano con quelli che formano il mas-
so che ha sotterrato Ercolano,
Altre terre infine son nominate novesche , e sono i luoghi
sterili giornalmente richiamati a coltura.
Ed oltre a tutte queste sonovi le vaste estensioni di terra
sul dorso orientale e settentrionale del Somma, le quali vengo-
no dimandate terre snl monte.
Formazione delle terre.
Tutte queste terre ed i varii strati di esse non sono altra-
(9 )
raenle formali che per ploi:;ge di materie vomilafc dal Vosiivio e
Irasporlatc per mezzo cV alluvioni sia nelle pendici che nelle par-
li pili basse e i burroni del mon(e. Talune son di rimotissima u-
rigiuc, altre di tempo meno antico, ma di cui non si ha pur
memoria, ed altre di data poco da noi lontann. Ma non così
come io lo ho dotte , esse sono distinte in tutto e scongiunte :
invece tante varietà di terreni che io diceva essere tuttora do-
minati dal Vesuvio, tranne (pielli sul dorso del Somma, si scor-
gono in moltissimi luoghi alternati tra loro, talché in mozzo a
terre vecchie trovasi qualche banco di terreno mascoso con ter-
ra di fuoco , ed in mezzo a vaste estensioni di cpicst' ultime ter-
re trovate delle falde di terra vecchia, tuttoché poste alle fauci
del Vesuvio; quali sono le ultime terre in vicinanza al luogo
così detto /e piane ^ circondate e sovrastate da recenti lave ba-
saltiche.
Non si dee credere a ciò che i contadini di questi luoghi
asseverano , cioè che in quo' terreni che essi chiamano terre vec-
chie 0 novelle non ci abbia punto di lava basaltica, perciocché
non potendomi io di tali assertive persuadere al solo guardare
la loro postura rirapctto all' ignivomo monte , mi posi noli' ani-
mo di ricercare il vero , e dietro escursioni per su quelle balze
o que' burroni son giunto a scovrire in taluni luoghi di esse terre,
e ad enorme profondità di que' tanti svariati strati , il letto di la-
ve basaltiche. Ciò si può ravvisare da chiunque si faccia a scor-
rere que' tanti valloni detti ì'/ri che solcano le terre novelle e
le terre vecchie, i quali altro non sono che profondi canali
scavatij dalle acque che dopo aver raso fino a quel letto im-
mobile, col continuo scorrere altro non Jianno fatto che rade-
re le scorie e lisciare il masso, che si vede continualo per
ambe le sponde .al disotto quegli alti burroni di moltiplici strati.
Cosi e non altramente è pur formata tutta 1" estensione di
( IO )
terreni sul dorso scltcnlrionale e in parte orientale del Somma,
la cui ossatura è tutta formata di lave che scoverte si veggo-
no nel fondo degV immensi valloni. Il che pur si ravvisa al so-
lo guardare V aspetto meridionale ed occidentale di questo mon-
te dal fondo dell' antico cratere , ora denominalo otrw del ca-
vallo ^ in che scrollati i dorsi opposti, il vulcano apertasi no-
vella via , eresse novello cono a mezzogiorno del Somma , e
dette a' suoi sgorghi opposta direzione , mentre che per lo in-
nanzi eran forse tutti al settentrione rivolti , onde vediamo le
sue lave protratte fino a Cisterna e Bnisciano.
E vedendo ora tal dorso del Somma dal suo ciglione sin»
a grande profondità tutto coverto di terra coltivahile , siamo
fatti certi che ahantico la bocca del vulcano doveva di molto
superare la presente altezza del Somma , per poterlo covrire di
quegli ammassi di terre coli' aiuto altresì delle alluvioni.
Questi terreni del Somma adunque sono senza contrasto più
antichi ; e meno antiche di essi debbono essere le cosi dette ter-
re vecchie dai lati occidentale e meridionale ; e meno antiche
ancora le terre nominate novelle , che cosi la denominazione stes-
sa che bau conservata ne convince. Ma quale 1' epoca delia for-
mazione sia di tutte e tre esse terre è quello che né la storia
dice, nò le ricerche geologiche l'anuo vedere. Certo è che an-
tichissime sono le così dette terre vecchie , e le novelle su le
pendici del Vesuvio, e ne fan certi le fabbriche, che in varii luo-
ghi della china sud-ovest e proprio al fosso di CalloUa sonosi ri-
trovate sotterrate nelle terre vecchie , del medesimo ordine di'
quelle disolterrate in Pompei ed in Ercolano , e che io ho ve-
dute; siccome mi si è offerto pur di vedere frammenti di sarco-
faghi costrutti a larghi mattoni con entro scheletri ed ampolle
di terra cotta con alcuna moneta d' oro, disotterrati a caso poclu
anni addietro ne' terreni delle Novelle su di una pendice in vi-
( n )
cinanza al Fosso di Faraone. Queste sparso case e tombe su por
fjucUe pendici non altro appalesano che casino dogli Ercolancsi
sn quegli amenissimi colli.
Non è medesimamente per le lerrre così dette di fuoco. Sie-
ne esse sopra lave, onde la denominazione di mascose , sicuo
sopra terre vecchie , la loro origine è recente , e si è conser-
vata con precisione 1' epoca della lor formazione.
Esse vennero al tempo della grande eruzione del i63i, quando
grandi alluvioni precipitali dalle alture di quel monte trasporta-
rono ne luoghi più bassi ed avvallati quella gran quantità di ter-
ra vulcanica recentemente eruttata, conosciuta col nome di poz-
zolana di fuoco, frammista a sassi, ciottoli e rottami di scorie.
Ed allora si fu che rimasero di essa coverte le lave basaltiche
su la costa sud-ovest del Vesuvio ove è posta la Reggia di Porti-
ci, Resina, e parte di questo stesso Cumune , che pria erano
non altramente che come quelle si osservano neUe adiacenze del
Vesuvio, nel fosso grande, e nel territorio di Torre del Greco.
Da tal epoca questa amena contrada cominciò ad ornarsi di quel-
la ridente vegetazione su di un suolo nuovo tutto vulcanico.
Terre novcsche infine vengono indicate quelle che tutto di
van recando a coltura i campaguuoli di Resina, di Torre del
Grecoe di Bosco, industriandosi di piantare e viti e gelsi e fi-
chi su le lave piii antiche le cui scorie sonosi cominciate a stri-
tolare , 0 che le acque vi abbiano trasportato qualche poco di
terra ; od anche qualche pozzo di terra vecchia rimasta in qual-
che altura abbandonata e trista di bronchi felci e ginestre ; di
tal che sradicale tali selvatiche piajite si vede rigogliosamente
vegetare il giovine magliuolo come in terra vergine.
Di tale natura presso a poco sono estesi vigneti mascosi nel
Circondario di Bosco Ire-case formati da piogge di ceneri vol-
caniche, le quali coverto avendo per tre iu quattro palmi le lave
( 12 )
basalliclie , que' contadini non tardarono a piantarvi i vitigni.
Terreni che poscia con la pioggia di lapillo nero caduta nel-
la eruzione del iSSg son cresciuti in ispessezza fino adotto pal-
mi circa, onde i vitigni sono venuti ad una maravigliosa vege-
tazione ed oltre ogni credere fruttiferi.
Or di tutti questi terreni, ne' loro svariali strati da cui van
formati , sarebbe importante per la scienza e per V agricoltura ,
che dotti chimici si occupassero dell' analisi qualitativa e quan-
titativa.
GAP. IL
DESCRIZIO.NE DI 112 VARIETÀ DI VITIGNI.
§. I.
Avvertenze generali.
Credo indispensabile avvertire che di tutte le varietà da me
rinvenute ne' terreni percorsi e di che qui vengo a dare parti-
colar descrizione, senza presumere di averle comprese tutte, pa-
recchie tengono un nome riconosciuto universalmente da que' cam-
pagnuoli , altre variano di nome ne' diversi luoghi, e talora scam-
biano i nomi stessi tra diverse varietà, venendo riconosciute col
nome di colui che prima le abbia introdotte in quella contrada;
e per molte infine se voi dimandate a' contadini, o vi dicono es-
sere iivacchie^ mastine o salvaliche , o si contentano sol di dir-
vi essere uva bianca , se bianca , uva nera , se nera ; onde mol-
lo male faresti il catalogo nominale se seguir volessi i detti di
costoro.
Valgano ad esempio le uve aglianica, calalanesca, olivella,
( i3 ) _
rosa, moscadella ec. ec. che son tali universalmenle denominalo.
Ma nel Circondario di Boscolrccase uva rosa chiamasi quella
uva che in altri luoghi ed anche in iNapoli è conosciuta col nu-
me di uva signora o pane , la quale ne' primi di settembre vo-
desi già in piazza a vendere e sembra spregevole perchè imma-
tura, ma a perfetta maturezza nella seconda metà di ottobre è u-
va gradita a mangiare e buona da vino.
La sangiuella in Somma è chiamata y^/rt/e/Za ; e viene di
spregevole qualità, mentre nella costa sud ed ovest vien pre-
gevolissiuia : la caslagnara scambia frequentemente di nome con
Santamaria : V uva iioccuccio con catalanesca nera , e cosi via
discorrendo. Per moltissime poi si ritiene il nome di colui che
le ebbe introdotte, come \a. larantino ^ Xa. ferrante ^ la priore^
la donnoltavio , la capotuoslo , la pernice ec. ec; della quale
ultima, che è uva nera, buona da vino e molto fi-uttifera, la
genealogia narrata da vecchi contadini si è di essere venuta in
campo da poco piìi di quarant' anni, nata spontanea da seme in
un podere di un tale cognominato Pernice, e poscia per la sua
feracità si è propagata per magliuoli e più per innesti. Ed al-
tre ancor ve ne sono che la loro origine riconoscono da seme.
In tale confusione di nomi volgari de' diversi vitigni, e di
moltissimi senza nome, i qucdi forse ne' luoghi donde son venuti
lo hanno , ho creduto eleggere il partito di ritenere il nome elio
al vitigno si dava nel podere ove ho preso a descriverlo, e per
molti cui non si dava nome, li ho chiamati anonimi distinguen-
doli numericamente.
E pur notevole che il maggior numero di varietà diverse
si rincontra ne'poderi mascosi con terra di fuoco che sono su la chi-
na sud-ovest del Vesuvio ; e la ragione è naturale. Questi terre-
ni non somministrano magliuoli, o molto scarsauiente , per le
ragioni che altrove dirò, e barbatelle pochissime per far pianta-
( a)_
gioni, o aumenti; onde fa mestieri provvedersene nei mercati,
o nei terreni ubertosi; ed a tal modo s'introducono varietà mol-
te ed ignote.
Per questa ragione parimenti avviene ehe varietà molto frut-
tifere altrove , divengono nel novello suolo poco o nulla frutti-
fere, 0 soggette a colatura, mentre clic ivi non erano, ovvero
succede il contrario.
Per colatura intendesi quella malattia , cui taluni vitigni van
soggetti , ne' quali i racemi in fiore qual più qual meno abbor-
tiscono in tutto o in parte.
§. 2.
Descrizione oelle varietà.
I. Uva piede di palinnbo , o palombina (nera).
Vitigno gagliardo. Fusto annoso di colore scuro ', di cui
l' epidermide è fenduta longitudinalmente. Il tralcio di due an-
ni è di color legno che successivamente si approssima a quello
del fusto , con nodi e media distanza. Il germoglio novello è
verde chiaro , che a mano a mano biancheggia e presenta strie
rossicce. Le foglie sono di ogni dimensione , di figura cordi-
fonne , e la massima fino a g/io di palmo, per 8/10, più 0
meno allungata, con cinque lobi tagliati fino ad un terzo: cin-
que nervi principali che partono dal peduncolo , di colore ver-
de chiaro macchiati di rosso ; il peduncolo è rosso. Margine den-
tato inegualmente , di cui i principali denti corrispondono a' ner-
vi primari e secondari. La superficie superiore è glabra , 1' in-
leriore con rari peli celluiosi che partono dalle nervature. Grap-
polo di mezzana grandezza , piuttosto accorciato e stretto. Bacca
(i5) •
rotonda, piuttosto picciola , quanto una palla di fucile di mezza
oncia , di color nero , molto sugosa e dolce , buccia sottile. Fio-
risce a primi di giugno , sfiora presto mandando via la corolla.
Matura nella prima metà di ottobre. Molto fruttifero ed in nes-
sun anno foUisce. Dà ottimo vino ed amabile. È comune , e si
dovrebbe più estendere la coltivazione di esso.
2. Uva coda di cavallo ( bianca ).
Vitigno gagliardo e lussureggiante di tralci. Fusto come o-
gni altro vitigno. Il tralcio di due anni è color legno cineric-
cio , con nodi mollo tra loro distanti ; il germoglio novello ver-
de chiaro che gradatamente biancheggia con liste color legno.
Foglie rotonde di ogni grandezza, la maggiore, del diametro Ai
otto decimi di palmo , alquanto crespa , cinque lobata appena
intagliala , i cui lobi corrispondono a' cinque nervi primari che
partono dal peduncolo rossiccio , e le nervature san verde chia-
ro. Margine dentato inegualmente. La lamina superiore porta
sfioccaturc di peli aracnoidei : l' inferiore è coverta di tela a-
racnoidea , che nelle foglie minori è fìtta , nelle maggiori rara
con qualche sfioccatura. Fiorisce tra la fine di maggio e primi
di giugno, sfiora presto, e manda via la corolla. Il grappolo
è allungalo , e stretto ; ma quando principia per maturare d' or-
dinario r estremo di esso per un quarto o quinto circa della sua
lunghezza avvizzisce , e restano i granelli immaturi , per modo
che è uopo recidere e mandar via tal parte quando si vendem-
mia. La bacca picciola ovata e dolce ; si conserva vcrdaguc la
fino a poco prima la sua compiuta maturità quando poi bion-
deggia ; il che avviene dopo la metà di ottobre. È d' ordinario
mollo fruttifero , e dà vino bianco molto gagliardo.
( t6)
3. Uva anonima i. (bianca).
Vitigno gcnlile. Fusto annoso colore scuro , come quello
di tutte le viti. Il tralcio di due anni è bigio cannella con e-
pidermide fenduta longitudinalmente , e nodi a media distanza:
il tralcio novello verde-cbiaro. Foglia larga 8/10 circa di pal-
mo , di figura quasi rotonda, cinque lobata, poco incavata , con
cinque nervature principali cbe partono dal picciuolo. Margine
dentato a denti ineguali , colore verde tendente al chiaro : le
nervature piìi chiare come il picciuolo. Glabre entrambe le la-
mine , se non cbe nella inferiore si osservano agli angoli delle
nervature peli celluiosi e leggere sfioccature di peli aracnoidei.
Fiorisce a' primi di giugno , e sfiora presto mandando via la co-
rolla. Il frutto matura nella metà di settembre. Grappoli allun-
gati poco ramosi e piuttosto sfolti: la bacca fra il rotondo e l'o-
vato , di mediocre grandezza , di uniforme colore gialliccio , se
in luogo solatio , se ombreggiato , verdagnolo ; buccia sottile ,
la polpa denza , dolce e di grazioso sapore. Sufficientemente
fruttifero. E buona per tavola. Molto rara in questi terreni.
4.. Uva galletta ( violetta ).
Vitigno di mediocre vigore. Fusto annoso di colore come
gli altri vitigni , di cui 1' epidermide si fende longitudinalmen-
te. Il ramo di due anni color cannella chiaro , che presenta
neir epidermide i segni delle fenditure longitudinali , e porta
nudi avvicinati. Il tralcio novello bianchiccio con le2;gera tinta
vcrderognola. Foglie rotonde di varia dimensione , la maggiore
di 7/10 circa di palmo di diametro ; di un bel verde ; le ner-
vature ed il picciuolo verdognoli tinti di rosso : cinque lobate ,
incavate fino a metà ; i due alla base si toccano. Il margine
( ty )
dentato inegualmente. La lamina supcriore glabra , 1' inferiore
ò fornita di peli aracnoidci a ino di tela di ragno. Fiorisce a
principi di giugno , sfiora presto e manda via la corolla. 3IaUi-
ra in fin di settembre e principi di ottobre. Il grappolo ramo-
setto, raro ed accorciato. La bacca alquanto grande , cordata
con apice appuntato; colore violetto scuro; buccia sottile; la
polpa denza e scarsa di succo , di sapore grazioso e molto dol-
ce. Buona per gli usi da tavola : molto frutliforo. E comune-
mente coltivato.
5. Uva idivella ( nera ).
Vitigno gagliardo. Fusto annoso come ogni altro vitigno.
11 tralcio di due anui color bigio biancbiccio con nodi o media
distanza : quello del germoglio novello verde cbiaro cbe grada-
tamente scolora di più. Foglie di colore verde aperto , di figu-
ra cordata , di varia dimensione , la più grande avente il dia-
metro maggiore 7/10, il minore circa sei : a cinque lobi taglia-
ti sino a metà ; il peduncolo e le nervature di colore verde
chiaro , ma il primo macchiato di rosso : margine inegualmen-
te dentato. La lamina superiore glabra ; la inferiore coverta da
fitta tela aracnoidea. Fiorisce nella prima settimana di giugno e
ritarda a sfiorare , il perchè d' ordinario va soggetto ad abbon-
dante colatura , altrimenti sarebbe molto fruttifero : la corolla
va via. Grappolo allungato e talora molto raro per colatura ;
non ramoso. La bacca di grandezza e figura a un dipresso co-
me F uliva comune, ma più ingrossata alla base : colore nero,
buccia sottile , sugosa , di grato sapore , dolcissima. Fa otti-
mo vino , gentile ad un tempo e spiritoso. 3Litura verso la me-
ià di ottobre.
( i8 )
6. Uva Taranlino ( nera ).
Vitigno gagliardo. Fusto annoso come ogni altro vitigno ;
tralcio di due anni color bigio , con epidermide fenduta longitu-
dinalmente ; quello del germoglio novello verde chiaro che gra-
datamente biancheggia. Foglie di un bel verde , di varia dimen-
zione , la pili grande di 9/10 di palmo di diametro ; intiera ,
ma ha cinque angoli ben pronunziati che figurano cinque lobi ;
([uello opposto alla base piìi allungato , con cinque nervi prin-
cipali di color verde bianchiccio come il picciuolo ; il quale è
anche macchiato di rosso. La lamina superiore glabra , l' infe-
riore presenta sol nelle nervature rare e picciole sfioccature di
peli aracnoidei. Fiorisce in fine di maggio , e indugia alquan-
to a sfiorare mandando via la corolla. Il grappolo piuttosto grande
allungato ed alquanto raro: fruttifica in abbondanza. La bacca è
<[uasi rotonda, grande quanto una palla di fucile di un oncia, color
nero, sugosa, la buccia un poco duretta. A' principi di ottobre
matura ; piacevole a mangiarsi , e fa vino buono se non ottimo.
7. Uva rosa ( bianca ).
Vitigno vigoroso. Fusto annoso come gli altri vitigni. Tral-
ci di due anni color cinericcio chiaro \ il nuovo germoglio ver-
de chiaro e presto biancheggia: foglie di im bel verde ; quasi
rotonde con apice allungato; i diametri, quel di lungo circa 8/10
e mezzo , quel di traverso 7/ 1 0 e mezzo circa ; ha cinque lobi
poco intagliati ; le nervature di color verde più chiaro della foglia,
peduncolo rossiccio, simmetricamente dentata corrispondendo i den-
ti a' nervi primari e secondari. Entrambe le facce glabre, e solo
agli angoli interni delle nervature della faccia inferiore si osserva-
no pochi peli celluiosi, Fiorisce a principio di giuguo , e talo-
(19)
ra ritarda alquanto a sfiorare mandando via la corolla: mol-
to fruttifero. Il grappolo talora grande allungato e ramo
so , talora accorciato : mediocremente folto ; bacca ovale, gran-
de ne' grappoli accorciati , più picciola negli allungati , di co-
lor biondeggiante , ne' vitigni bonvero clic sono alla costa sud-
ovest ; ma in quei alle coste nord ed est, vien verdognola, te-
nera , polposctta , ma abbondante di succo acquoso. Fa vino piut-
tosto leggiero ed agretto. Evvene una sotto varietà di cui il grap-
polo è pili folto ma la bacca molto più picciola , ed il colori-
to molto più sbiadato. Matura in fine di settembre e principi di
ottobre. Si coltiva abbondantemente nella costa sud-ovest.
8. Uva capotuosto ( nera ).
Vitigno sufficientemente vigoroso. Fusto annoso cbe si con-
fonde con quello degli altri vitigui. Tralcio di due anni color
cannella cbiaro, epidermide longitudinalmente fenduta. Il tral-
cio novello verde chiaro. Foglia quasi rotonda, di un bel ver-
de, il cui perimetro, della più grande è di 9/'. o circa di pal-
mo; le nervature, verde chiaro ; per lo più iutiera ; margine
dentalo. La lamina superiore glabra , se non che vi si osserva-
no rare lacerazioni di peli aracnoidei. L' inferiore fornita di pe-
li celluiosi , e di talune sfioccature di peli aracnoidei. Pedunco-
lo verde chiaro macchiato leggermente in parte di rosso. Fiori-
sce in fine di maggio e presto sfiora, mandando via la corolla,
senza che mai vada soggetto alla colatura. Grappolo di mezzana
grandezza allungato , piuttosto raro ma non scarso. Bacca ovale,
vantaggiosa in volume, di un bel nero. Gioito e sempre frutti-
fero. I nodi de" tralci frequenti e quasi tutti germogliano. Matura
nella fine di settembre, con buccia tenera, e senza mai infarcire
si raanticue fin dopo ottobre: dolcissima e gratissima al palato,
( 20 )
alquanto polposa ma sugnsa, e fa ottimo vino e gentile. Non ò
molto comune , ma meriterebbe essere propagato a preferenza
perchè prova benissimo in questi terreni ed è 1' uva ottima da
tavola e da vino.
9 . Uva priore ( nera ) .
Vitigno molto gagliardo. Fusto annoso non dissimile per if
colorito dagli altri vitigni. Tralcio di due anni bigio: epidermi-
de fenduta longitudinalmente. Il tralcio novello verde chiaro che
presto biancheggia. La foglia cordata, cinque lobata, profonda-
mente incavata; il diametro di lungo giunge a 9/10 di palmo,
di traverso a 7 1/2 circa , picciuolo verde chiaro macchiato di
rosso : margine dentato inegualmente con denti piuttosto acuti :
il colorito verde carico; le nervature verde chiaro; glabra la
faccia superiore ; 1" inferiore con rari peli celluiosi e leggere
sfioccature di peli aracnoidei. Fiorisce a principio di giugno, e
dura molto tempo a sfiorare, mandando via la corolla , ciò che
il fa soggetto alla colatura , e a dar facile sede i racemi in fiore
al verme che facilita olfremodo la colatura stessa. Grappoli molto
grandi, lunghi e ramosi; sfolto per effetto della colatura e soven-
te rarissimi in luoghi privi de' raggi del mattino , che quando
la colatura non molto lì colpisce, danno abbondante prodotto. La
Lacca quasi rotonda , grande piuttosto , piacevole e dolce al pa-
lato : dà vino ottimo qualora sen mandi via il grossissimo graspo.
E molto comune ne' terreni su la costa nord-ovest.
IO. Uva forcinola 0 porcino la ( nera ).
Vitigno debole. Il fusto annoso si presenta con abito piut-
tosto triste. Manda pochi e deboli tralci : quelli di due anni son
( 21 )
(li color legno cinoriccio , i novelli color verde chiaro con no-
di mollo avvicinali. Le foi^lie di figura ovale acuminala, per lo
più picciolc ; le poche grandi giungono ad avere un diametro
di 9/10 di palmo circa per 71/2, cinque labate e profondamen-
te e larganienlc inlagliate , dentale irregolarmcnle a denti piut-
loslo acuii ; i nervi ed il picciuolo verde cliiaro. La faccia su-
pcriore glabra , sebben si rincontrano talune foglie con rarissi-
mi fili o sfìoccalure di peli aracnoidei : la faccia inferiore co-
slanlcmenle coverta di una fìtta tela aracnoidea che la rende ru-
vida al lutto. È molto fruttifero poiché tutti gli occhi danno frut-
to a grappoli mezzani e sovente piccioli, accorciali e folli; gra-
nelli neri, piccioli, rotondi con buccia sottile : è pregiala da" con-
tadini , ma con poco senno , perciocché è mollo offesa dal ver-
me che ne consuma buona jX)rzione , massime ove trovansi i
grappoli stivati tra pampini. Il vino sebben gentile è debole.
Vicn comunemente coltivato.
1 1 . Uva Colagiovanni ( nera ) .
Questo vitigno potrebbe ritenersi come una sotto varietà del
precedente , se non che è alquanto meno debole di esso. Ne di-
versifica in questo , che i grappoli portano de' granelli abortiti
acerbi. Del pari è comunemente coltivato : entrambe fioriscono
in fine di maggio e subito sfiorano mandando via la corolla , e
mai non van soggette a colatura : il fruito a' primi di ottobre
è maturo.
12. Vva Liigliese ( nera ).
Vitigno oltremodo gagliardo. Il fusto e i tralci lussureg-
gianti; que' di due anni color legno cinoriccio; i novelli verde
( 22 )
chiaro clic presto si colorano in rosso carico ; con nodi dislantì
Ira loro. Le foglie di un bel verde , cinque lobate fino ad un
lerzo 0 mela , per lo più rotonde , il diametro di 8/10 di pal-
mo le foglie maggiori : le nervature verde chiaro ; il picciuolo
simile , ma macchiato di rosso : margine dentato. Glabra la la-
mina superiore : 1' inferiore va fornita di peli celluiosi. Fiorisce
nella metà di giugno , e presto sfiora mandando via la corolla:
non soggetto a colatura. Nella metà di settembre è ben maturo
il frutto. Il grappolo è grande, allungato, ramosetto e ordinariamen-
te raro: bacca grande ed ovale : il colore nero bluastro ; buccia
grossa e dura. E poco fruttifera nella seconda a terza zona, per-
chè poche gemme fruttificano ; ma il contrario è nella zona in-
feriore : il succo dolcissimo ; buona per tavola. Il vino che pro-
duce è spiritoso ed anche alquanto austero a cagion della buccia.
i3. Uva dolcìolella ( nera ).
Vitigno vigoroso. Il fusto annoso si confonde con tutti gli
altri : il tralcio di due anni bigio : il novello verde chiaro, con
nodi a media distanza. Foglie rotonde a cinque lobi appena se-
gnati : il diametro delle più grandi 8/10 di palmo , di un bel
verde : le nervature verde chiaro : picciuolo simile macchiato di
rosso : margine dentato. La faccia superiore glabra; la. inferio-
re con rari peli celluiosi. Fiorisce a principi di giugno e dura
alquanti giorni a sfiorare mandando via la corolla ; il perchè
va sovente soggetto alla colatura in luoghi ombreggiati. E molto
fruttifero. Grappolo piuttosto grande allungato, raro per colatura.
Bacca nera, picciola, quasi tonda, buccia sottile. Nella metà di
settembre è matura. Fa ottimo vino e gentile: si coltiva comu-
nemente.
( 23 )
i4-- Uva castagnara o anche Santamaria ( nera ).
Vitigno vigoroso capace di mollo ingrandirsi e diramarsi.
Fusto consimile agli altri nel colorito ; il tralcio di due anni
color legno bigio : il novello verde chiaro con nodi a media di-
stanza tra loro. Foglie verde carico ; a cinque lobi poco pronun-
ziati. Figura cordata: il diametro maggiore 11/ io di palmo ed
il minore 9 i/a, dentata irregolarmente a denti acuti: le nerva-
ture verde chiaro ; picciuolo simile macchiato di rosso. La la-
mina superiore glabra , la inferiore coverta da fitta tela aracnoi-
dea. Fiorisce a' principi di giugno, e presto sfiora mandando via
la corolla. Non va soggetto a colatura. Grappolo piuttosto gran-
de , addeuzato. Bacca grande quasi rotonda , nera , di buccia
sottile , sugosa , facile ad infarcire , piacevole a mangiarsi, dà
molto vino ma debole. Molto fruttifero. E comunemente colti-
vato. A' principi di ottobre è matura.
i5. Uva sanginella (bianca).
Vitigno sufficientemente vigoroso. Fusto comune: tralcio di due
anni color legno bigio: il novello verde chiaro con nodi a varia di-
stanza tra loro. La foglia grande, spianata, cinque lobata, ma i due
inferiori appena pronunziati; gli altri tre incavati fino a due terzi del-
la sua sostanza, tal che si distingue subilo in mezzo agli altri vitigni,
colore verde aperto: le nervature più chiaro: peduncolo simile
e macchiato di rosso. La sua figura è cordala : il diametro mag-
giore undici decimi di palmo , il minore nove : margine denta-
lo con denti acuti ed ineguali. La faccia superiore glabra , la
inferiore sparsa raramente di filamenti e sfioccature di peli a-
racnoidei. Fiorisce a' principi di giugno e presto sfiora mandan-
do via la corolla. Non è soggetto a colatura. Grappolo di mcz-
( 2Ì)
zana grandezza e mezzanamente folto. A' principi di settembre
è già matura , ma si conserva fino a mezzo ottobre. Bacca gran-
de allungala ; di colore verdino giallastro che in posizione so-
latia s" indora. Buccia sottile , polpa consistente che dà poco suc-
co e scricchiola tra denti. È uva questa da tavola , e buona a
far pasole che simulano quei del zibibbo di Calabria. Pareg-
gia con la conosciutissima sanginella di Salerno , ma i granel-
li sono un punto più piccioli , quella benvero coltivata alle co-
ste sud ed ovest, mentre quella delle coste nord ed est è mol-
lo spregevole , di color verdastro , e non matura a perfezione :
viene ivi delta jelatella.
i6. Uva catalanesca ( bianca ).
Vitigno vigoroso. Fusto di aspetto come nella generalità.
Il tralcio di due anni color cannella sbiadato ; quello novello ver-
de con nodi a mezzana distanza tra loro. Foglie rotonde , aper-
te alla base , cinque lobate ; ed incavate fin oltre la metà : il
diametro è «oltre 7 decimi di palmo: color verde carico: le ner-
vature e picciuolo verde chiaro : margine dentato inegualmente
con denti puntuti. La faccia superiore glabra , la inferiore con
rari peli celluiosi su le nervature. Fiorisce nella prima metà di
giugno , sfiora presto e manda via la corolla. Non va soggetto
a colatura. Grappolo allungato , poco ramoso , raro : granelli
grossi allungati ed all' apice appena compressi. Colore di un bel
gialletto che s' indora. Matura nella seconda metà di ottobre ; ma
si conserva lungamente su la pianta; e tolta da questa e tenu-
ta sospesa in luogo ventilato si conserva per 1' inverno. Cortec-
cia dura e polpa consistente che dà poco succo. Ottima da 1a-
vola. Il vino scarso ma generoso , aromatico e grato : suolsi u-
nire alle altre uve bianche e da nerbo a questo vino. Mollo
(25)
fruttifero. SI coltiva generalmente più per vendere il frutto in
piazza ehe per far vino , superando in dolcezza e sapore quella
di qualunque altri luoghi.
1 7 . Uva corniola ( bianca ) .
Vitigno gentile. Fusto annoso consimile ad ogni altro. Il
tralcio di due anni bigio chiaro con epidermide fenduta longi-
tudinalmente ; quello novello verde bianchiccio con nodi avvici-
nati. Foglia quasi rotonda , intiera a cinque punte che annun-
ziano cinque lobi in corrispondenza de' cinque nervi primari che
sono bianchicci: il picciuolo simile ma macchiato di rosso, se-
no alla base. Margine dentato a denti piccioli , ineguali ed a-
cuminati. Colore verde aperto : glabra in ambe le facce. Fiori-
sce a' principi di giugno e presto sfiora mandando via la corol-
la : matura nella metà di settembre : grappolo di mezzana gran-
dezza , accorciato, piuttosto raro ; bacca a forma di cornetto lun-
ga un decimo circa di palmo : epidermide sottile , polpa densa ,
poco succo: colore di un bel gialletto: dolcissima e graziosissima
al palato, quella benvero coltivata alle falde sud ed ovest, e per-
ciò ottima da tavola: è acquosa, verdastra e perfettamente fatua
quella coltivata alle coste nord ed est. Mediocremente fruttifero.
i8. Uva Signora (bianca).
Vitigno gagliardo. Fusto comune. Tralcio di due anni ci-
nericcio; con epidermide fenduta longitudinalmente ; il novello
verde chiaro , con nodi piuttosto avvicinati. Foglia cordata, ac-
corciata , cinque lobata , incavata fin oltre la metà e seno alla
base ; lunga 91/2 decimi di palmo e 81/2 larga : margine
dentato a denti grossi ed acuti. Verde cupo la lamina superio-
( 26 )
re , sbiadata la inferiore, nervature e picciuolo chiari; crespa,
consistente. Glabra la lamina superiore , nella inferiore pochi
peli celluiosi agli angoli delle nervature. Fiorisce in fine di mag-
gio, e sfiora subito mandando via la corolla: matura nella prima
metà di ottobre ; manda grappoli se non in quantità molto grandi,
ramosi alla base^ allungati, molto addenzati. Bacca rotonda di mez-
zana grandezza , verde giallastro: sapore piuttosto insipido, pol-
posetta ; fa vino mediocre. Si coltiva generalmente , ma a Bo-
scotrecase poi abbonda grandemente ove è conosciuta col nome
di uva rosa e viene di qualità migliore.
19. Uva loslolella ^ 0 sia duracina (bianca).
Vitigno gagliardo. Fusto vigoroso scuro : il tralcio di due
anni bigio scuro , il tralcio novello verde chiaro con nodi avvi-
cinati. Foglia quasi rotonda del diametro 7/10 di palmo circa :
cinque lobata , incavata fin oltre la metà con seno alla base ;
margine dentato a denti ineguali e piccioli. Colore verde cupo:
nervature e picciuolo verde chiaro macchiato di rosso. Superfi-
cie superiore glabra, la inferiore sparsa raramente di peli cel-
luiosi. Dà molti racemi. Fiorisce a principi di giugno , dura
molto a sfiorare mandando via la corolla. É molto soggetto alla
coltura nei terreni mascosi a segno che di sovente rimangono po-
chi grappoli con pochi granelli. Grappoli piccioli e rari; bacca
rotonda piuttosto piccola di colore giallo dorato, buccia dura che
scricchiola fra denti. È buona da tavola. Matura verso la fine di
ottobre; e puossi conservare anche per l'inverno: è comune.
20. Uva Marrocca ( nera ).
Vitigno suffìcicntemeule robusto. Fusto comune : tralcio di
• . . . . ( n )
idue anni cinerlccio , il novello vcrdc-cliiaro , con nodi piultoslo
avvicinali tra loro : epidermide fenduta longitudinalmente : il
novello verde chiaro. Foglia per lo più. quasi rotonda , di un
bèi verde , a cinque lobi appena incavati ; seno nella base , il
diametro è circa 8/10 di palmo: le nervature ed il picciuolo
verde-chiaro macchiato di rosso : margine dentato a denti acu-
ti. La lamina supcriore glabra , la inferiore coperta da una (Il-
la tela aracnoidea , e talora si offre lacera ed avviluppata.
Fiorisce a' principi di giugno , e sfiora subito mandando via la
corolla : non va soggetto a colatura. Fruttifero lodevolmente e
sempre. Grappolo di mezzana grandezza , ramosctto , piuttosto
raro, accorciato: matura a mezz'ottobre: bacca ovale di mezza-
na grandezza, color nero bluastro.- buccia dura che la preserva
da infarcimento per lungo tempo, polpa alquanto consistente ma
non scarsa di succo. Piacevole a mangiarsi , mollo dolce , ma
r osticità della corteccia concilia al vino, che viene scolorito, au-
sterità e gagliardia , ed ha bisogno più anni per maturarsi , da
che deriva essere di molta durata. Si coltiva comunemente.
21. Uva Foccuccio (nera).
Vitigno gagliardo. Fusto annoso simile agli altri : tralcio
di due anni cinericcio con epidermide fenduta longitudinalmen-
te , il novello verde chiaro con nodi rari. Foglia verde carico ,
ovale , cinque lobata appena 0 niente incavata ; i lobi della ba-
se si accavalcano : il diametro maggiore è 9/10 di palmo , il
minore otto ; le nervature molto sbiadate , il picciuolo simile ,
ma macchiato di rosso; glabra la lamina supcriore ; la inferio-
re coperta da fida tela aracnoidea , e sulle nervature non man-
cano anche de' peli celluiosi. Fiorisce a principii di giugno; pre-
sto sfiora mandando via la corolla ; mai è soggetto a colatu-
( 28)
ra : grappolo grande allungato . non ramoso , piuttosto addenza-
to. Bacca ovale . vantaggiosa : colore nero , ma Ticino al pe-
duncolo conserva colore rossastro : buccia dura ed ostica . suc-
cosa : fa vino mollo austero , ed ha bisogno anni per matu-
rarsi. Da' contadini si tiene in pregio perchè costantemente gli
dà abbondante prodotto , onde è comunemente coltivata in spe-
cie nella costa sud ovest.
22. Uca Feteeci (nera).
Vitigno visroroso. Fusto comune : tralcio di due anni color
cannella chiaro con epidermide fenduta , il novello verde chiaro
con nodi a mezzana distanza. Foglia cordata, cinque lobata, pro-
fondamente incavata, i lobi inferiori si accavalcano alla base;
dentata a denti molto incavali: colore verde aperto, rugosetta: nervi
e picciuolo verde chiaro: il diametro maggiore otto decimi di palmo,
il minore sei : ambe le superficie glabre , e solo negli angoli
intemi delle nervature primarie alla faccia inferiore pochi peli
celluiosi. Fiorisce a principi di giugno, sfiora presto mandando
ria la corolla. Pria della fioritura si appalesa misera in racemi,
ma mano a mano fa mostra di suCBciente frutto , che mai va
soggetto a colatura ; grappolo di mediocre grandezza , piuttosto
raro, ma si addenza ingrossando la bacca : questa piuttosto gran-
de rotonda . di un cupo color violetto a perfetta maturità . con
buccia sottile; polposa succosa e tenera; matura a mezz'ottobre.
Gradita al palato, fa vino buono, ma con poco nerbo e colore.
Si coltiva comunemente , ma non in abbondanza.
23. Uca Marrocca ( bianca ).
"Vitigno gentile e debole. Fusto annoso simile agli altri ;
(29)
tralcio di due anni color legno eoa epidermide fendala longilii-
dinalmenle , il novello verde chiaro con nodi avvicinati. Foglia
picciola rotonda, cinque lobi per nulla incavati , che segnano
un pentagono : margine dentato con denti acumiaati : colore ver-
de aperto , picciola , il cui diametro à circa sei decioii : nerva-
ture verde chiaro , gambo simile macchiato di rosso; faccia su-
periore glabra ; la inferiore coperta di fìtta tela aracnoidea. Fio-
risce a principi di giugno . ritarda alquanto a sfiorare mandan-
do via la corolla , e va poco soggetta a colatura. Grappoli pic-
cioli rari : bacca ovale picciola : buccia sottile , succo liquido e
dolc4; ; piacevole a mangiare; poco fruttifera , non ricercata per
Tino; il perchè raro si rincontra ne terreni alle falde del Ve-
suvio.
24.. Ita anonima 2. ( nera ).
Vitigno gagliardo che ha del salvatico. Fusto comune , tral-
cio di due anni bigio cupo, tralcio novello verde chiaro con no-
di a mezzana distanza tra loro. Foglia ovale, cinque lobata poco
incavata ; seno alla base : dentala a rari denti : lunga 9/10 di
palmo e larga 8 1/2, semicrespa con seno aJla base. Colore ver-
de cupo, nervature e picciuolo verde chiaro. Superficie superio-
re glabra , ma si ravvisano rarissime sfioccalure di peli aracnoi-
dei , la inferiore coperta da densa tela aracnoidea. Fiorisce nel-
la prima quindicina di giugno , mandando abbondanti racemi e
dura UQ quindici giorni a sfiorare , pel che è molto soggetto al-
la colatura: manda via la corolla. Grappolo di mezzana grandez-
za . raro e sovente la colatura lo dirada moltissimo , ed altri
molti fa avvizzire per intero ; che se gli accidenti che promuo-
vano la colatura son poco efficaci , il fruito è abbondante. Bac-
ca piccioli roloada^ cera. Il succ^^ molto colorito e dolcissimo.
( 3o )
]ii fine di oUoljrc viene a perFctta maturità e dà ottimo vino.
Si rincontra couuincmente in questi terreni.
20. Aglianica verace ( nera ).
Vitigno gentile. Il fusto annoso simile agli altri: il tralcio
di due anni color cannella bigio con epidermide fenduta longi-
tudinalmente; il tralcio novello verde chiaro con nodi avvicina-
ti tra loro. Foglia di un verde aperto : di figura ovale o roton-
da larga 7/10 di palmo circa, a cinque lobi più 0 me-
no incavati : margine dentato inegualmente a denti or piccio-
li or più grandi ma sempre terminati da punta: pieciol seno al-
ia base: picciuolo e nervature verdino molto chiaro: lamina su-
periore glabra : la inferiore coverta da fitta tela aracnoidea. Fio-
risce nella prima quindicina di giugno, e presto sfiora mandan-
do via la corolla: non è soggetto a colatura. Non dà molti tral-
ci. Grappolo di mezzana grandezza, svelto, niente ramoso, più
o men raro in granelli , e sonovi i vitigni che \ offrono adden-
zato : bacca piuttosto piccola rotonda , di un bel nero lucido ,
molto sugosa, dolcissima, e graditissima al palato: molto colo-
rito il succo : buccia sottile ; dà ottimo spiritoso e dilicato vino.
Le piccole varianti che presenta sia nella foglia che nel grappo-
lo dipende da che questo vitigno è prodotto da magliuoli tratti
da terreni di svariati luoghi e nature diverse. Matura il frutto
nella seconda quindicina di ottobre ed è sufficientemente frutti-
fero. Raro si rincontra ne' terreni della costa sud ed ovest , ed
abbonda nella costa est e nord.
26. Jglianiehella di Sanseverino ( nera ). '
'' •■.' , •• . .. ■'
•<^' Questo vitigno slmile al precedente merita particolar nota
( 3i )
sol perchè i grappoli ed acini sono più piccioli: manda molti ra-
cemi ; ma nel tempo della fioritura, perchè ritarda a sfiorare,
vù molto soggetto alla colatura; e talora, massime se è in luogo
omhroso privo dei raggi del mattino, a segno da rimanervi pochi
grappoli con rarissimi granelli. Il vino è del pari prezioso.
27. Jglianicone ( nera ).
Questo vitigno è più vigoroso dei precedenti. Fusto simile
agli altri : tralcio di due anni higio cannella con nodi a discre-
ta distanza, tralcio novello verde chiaro. Foglia ruvida alquanto
crespa, verde cupo, rotonda, larga 8/10 di palmo, i cinque lo-
bi appena tagliati e costituisce un pentagono: i lobi inferiori si
accavalcano alla base: margine dentato regolarmente. La lamina
superiore glabra, la inferiore coperta di futa tela aracnoidea ;
picciuolo e nervature verde chiaro macchiato di rosso. Fiorisce
a principii di giugno, e sfiora subito, mandando via la corolla:
non è soggetto a colatura : sufficientemente fruttifero : buccia di-
licata nera. Grappolo alquanto accorciato , non ramoso , denso :
bacca più grande dell' uva aglianica : sugosa ; facile ad infar-
cire : dà vino mediocre. Si coltiva comunemente.
23. Uva cannamele ( nera ).
Vitigno di mediocre vigore. Fusto comune : tralcio di due
anni bigio con nodi a media distanza tra loro , epidermide fen-
duta longitudinalmente ; tralcio novello verde chiaro. Foglia ver-
de carico: ovata, cinque lobata profondamente incavata; margi-
ne dentato a lunghi ed ineguali denti; picciuolo e nervi verde
chiaro. La lamina superiore glabra ; la inferiore con rari peli
celluiosi. Fiorisce a principii di giugno, sfiora presto mandando
( 32 )
via la corolla: non yà soggetto a colatura. Grappolo allungato
non ramoso, di mezzana densità. Bacca rotonda, piuttosto pic-
eiola, buccia dilicata, colore rossiccio nero, sugosa, dolce ma al-
quanto acquosa: fa vino debole. Mediocremente fruttifero. Non ab-
bonda in questi terreni.
29. Uva spollccavella ( nera ).
Vitigno gagliardo che dà molti tralci. Fusto comune; tral-
cio di due anni bigio scuro con epidermide longitudinalmente
fenduta : tralcio novello verde cbiaro con nodi distanti tra loro.
Foglia ovale , cinque lobata or molto or pochissimo incavata for-
manti nel primo caso negli incavi un seno circolare come nella
base; margine dentato a denti ineguali; lunga circa un palmo
0 larga 8/10 e piìi: colore verde vivo: picciuolo e nervature
icrde chiaro. La lamina superiore glabra; la inferiore coperta
di fitta tela aracnoidea, tra le maglie di cui sorgono peli cel-
luiosi. Fiorisce nella prima quindicina di giugno e dura molto
a sfiorare mandando via la corolla: dà molti racemi ma va sog-
getto d' ordinario alla colatura ; il che qualora non succede è mol-
lo fruttifero. Grappolo grande, allungato, niente ramoso, suffi-
cientemente folto. Bacca mezzana, rotonda, nera con buccia al-
quanto consistente, sugosa, il succo molto colorito: matura in
fine di ottobre e fa buon vino. Si coltiva comunemente.
3o. Uva ferrante ( nera ).
Vitigno vigoroso. Fusto annoso comune : tralcio di due an-
ni bigio ; il novello verde chiaro con nodi piuttosto avvicinati.
Foglia rotonda, larga 8/10 di palmo, cinque lobata incavata fin
oltre la metà, seno alla base; alquanto crespa, color verde te-
( 83 )
Ito ; picciuolo e nervature verde chiaro ; raargìne irregolarmente
dentato, denti acuminali terminati da piccioli aculei. La lamina
superiore è sparsa di lacerazioni di tela aracnoidea; la inferiore
è coverta di simile tela densa. Fiorisce a principii di giugno ,
presto sfiora e manda via la corolla: non è soggetto a colatura.
Matura nella metà di ottobre. Grappolo ramosissimo per modo
che sembrano molti grappoli riuniti allo stesso peduncolo e fi che
i più interni non ben maturano e van soggetti ad inrarcimento.
Bacca piuttosto picciola , rotonda , nera , sugosa. Dà vino leggie-
ro ; ed è molto comune.
3i. Uva pernice ( nera ).
Vitigno vigoroso. Fusto comune ; tralcio di due anni bigio
cannella con epidermide fenduta longitudinalmente, tralcio novel-
lo verde chiaro con nodi a mezzana distanza tra loro. Foglia ro-
tonda, il diametro 9/10 circa di palmo; cinque lobata incavata
oltre la metà sinuosamente e seno alla base: margine dentato ir-
regolarmente : colore verde aperto : picciuolo e nervature verde
chiaro macchiato di rosso. La superficie superiore glabra; la in-
feriore del pari , e solo negli angoli delle nervature si veggono
rari peli celluiosi. Fiorisce a principi di giugno , presto sfiora
e manda via la corolla ; non va soggetto a colatura : matura
nella metà di ottobre. Grappolo vantaggioso , non ramoso , ad-
denzato : bacca rotonda piuttosto grande, nera, buccia tenera,
alquanto polposa e piacevole a mangiarsi ; molto fruttifero ; fa
vino buono. Non è molto comune.
32. Uva moscatella ( bianca ).
Vitigno gentile che dà tralci meschini e pochi. Fusto co-
fi
(H)
mime : tralcio di due anni bigio fosco , il novello verde chiaro
con nodi molto avvicinati : foglia rotonda cinque lobata più a
meno incavata ; picciolo seno alla base, larga sei in sette deci-
mi di palmo, e talora anche otto: colore di un bel verde: margine
minutamente dentato a denti acuti ; picciuolo e nervature ver-
de-chiaro : glabre ambo le lamine ; se non che la inferiore
presenta alcuni filamenti aracnoidei , e rari peli celluiosi negli
angoli delle nervature. Fiorisce a principi di giugno , sfiora
subito e manda via la corolla : non va soggetto a colatura :
matura nella seconda metà di settembre. Grappolo picciolo , ra-
ro ; bacca picciola e talora di mezzana grandezza; buccia dure t-
ta con succo dolcissimo aromatico e grazioso , colore di un bel
gialletto. Taluni vitigni di questa varietà dan grappoli adden-
zati , bacca picciola e matura più presto. Il vino è dolce e
graziosissimo. Evvi la sotto varietà denominata raoscatellone , ha
bacca grossa , rotonda e polposa ; non molto fruttifero ne' ter-
reni della costa sud ed ovest: più fruttifero ne' terreni ad est e
nord , ma viene verdastra ed acquosa. Del pari si rincontra la
moscatella nera ma è molto rara.
33. Uva fulanghina (bianca).
Vitigno sufiìcicntemente vigoroso. Fusto annoso comune: tral-
cio di due anni bigio scuro, epidermide fenduta longitudinalmen-
te, il novello verde chiaro: nodi piuttosto spessi. Foglia di un
bel verde , quasi rotonda , largo otto a nove decimi di palmo :
nervature verde chiaro , picciuolo simile , macchiato di rosso :
cinque lobata poco incavata , seno alla base : dentata simmetri-
camente, sebbene a denti più grandi e più piccoli. Faccia su-
periore glabra , la inferiore coperta di tela aracuoidea , ed ai
lati ed angoli delle nervature anche peli celluiosi. Fiorisce a
( 3 K )
principi di giugno , preslo sfiora e manda via la corolla ; grap-
polo di mezzana grandezza , allungato, poco ramoso , raro. Bac-
ca quasi rotonda , piccioia di un bel gialletto ed a perfetta ma-
turità più si colora : buccia alquanto duretla: sugosa, molto dol-
ce. Molto e costaulcmeute fruttifero. Fa buon vino. Si coltiva
in vari poderi di questi luoghi.
34.. Duraca ( bianca ).
Vitigno vigoroso. Fusto annoso di colore meno scuro degli
altri : tralcio di due anni color bigio : il novollo verde chiaro
con epidermide fenduta longitudinalmente e nodi a mezzana di-
stanza. Foglia rotonda, cinque lobata appena intagliata, piccio-
lo seno alla base , colore verde aperto ; margine dentato con
denti piccioli ed acuminali. La faccia superiore glabra ; la in-
feriore fornita di peli celluiosi : peduncolo e nervature ver-
de chiaro : larga sette in otto decimi di palmo. Fiorisce a
principi di giugno e preslo sfiora mandando via la corolla , e
non va soggetto a colatura. Bacca grande , rotonda , di un bel
giallello, dura , polposa , dolce e piacevole al palato. Grappolo
grande , allungato , ramoso , folto : matura a principi di otto-
bre e dura fin oltre detto mese. Raro si coltiva e solo per gli
usi da tavola. E sufficientemente fruttifero.
35. Uva prima ( nera )•
(
Vitigno sufficientemente vigoroso. Fusto annoso simile agli
altri : tralcio di due anni bigio cannella con epidermide appe-
na segnato di fenditure longitudinali : il novello verde chiaro
con nodi a mezzana distanza. Foglia palmata a cinque lobi ta-
gliali a larghi seni fin quasi alla base ; ciascun lobo costituisce
(36)
un' altra palmetta , allungato come tanti raggi di un cerchio ,
avente il diametro di otto decimi di palmo : i lobi inferiori si
accavalcano ; colore verde chiaro. Glabra la lamina superiore :
la inferiore egualmente, e solo agli angoli interni delle nerva-
ture sono peli celluiosi. Fiorisce a principii di giugno , presto
sfiora mandando via la corolla, e non è soggetto a colatura: suf-
ficientemente fruttifero. Grappolo accorciato , poco ramoso , ra-
ro. Bacca grande, ovale, nero-bluastra, polposa e non scarsa
di succo , con epidermide aderente alla polpa alquanto tenace :
dolce e gradita al palato. Matura a principii di settembre : si
coltiva per tavola ne' giardini.
36. Uva vetrancone (nera).
Vitigno gagliardo. Fusto scuro : tralcio di due anni color
cannella; il novello verde chiaro: nodi alquanto avvicinali. Fo-
glia quasi rotonda, cinque lobata fino a metà; margine denta-
to a piccioli ed ottusi denti : pieciol seno alla base : colore ver-
de tendente al chiaro: picciuolo e nervature bianchicci; glabre
ambo le lamine ; ma le nervature nella inferiore son fornite di
peli celluiosi. Fiorisce a principii di giugno , e dura alquanto
a sfiorare, il perchè va soggetto a colatura e manda tia la co-
rolla : grappolo grande , molto allungato , ramoso , raro : bacca
mezzanamente grande , color nero violetto , polposa , sugosa ,
ma non molto dolce con epidermide consistente : matura dopo
la metà di ottobre. Fa vino mediocre. !È molto fruttifero ove
non è preso da colatura. Abbonda ne' terreni di Bosco.
37. Uva òaròarossa (rossa).
' Vitigno di mediocre vigore. Fusto annoso scuro j tralcio di
( 37 )
due anni bigio con nodi mezzanamente avvicinati , ed epidermi-
de fenduta longitudinalincnlc : tralcio novello verde chiaro. Fo-
glia quasi rotonda , cinque lobata fino a metà, seno alla base:
margine dentalo a denti acuti ed ineguali ; il diametro è sette
decimi circa di palmo : nervature bianchicce , picciuolo simile
macchiato di rosso. Glabra in ambe le lamine. Fiorisce a prin-
cipii di giugno , presto sfiora , e manda via la corolla. Grap-
polo allungalo, mezzanamente ramoso , raro. Bacca grande, al-
lungala , color rosso carico ; polposa , buccia dilicata ; sapore
piuttosto insipido , serve ad uso da tavola. Matura a mez/ atto-
bre : mediocrremente fruttifero. Poco coltivata.
38. Uva DonnoUavio ( nera ).
Vitigno di mediocre vigore. Fusto annoso come gli altri vi-
tigni; tralcio di due anni color cannella carico; con epidermide
fenduta longiludinalmenle , il novello verde chiaro con nodi a
media distanza. Foglia rotonda , cinque lobata incavata fin oltre
la metà formando de' seni , e largo seno pure alla base: larga
sei in selle decimi di palmo : margine dentato a piccioli denti:
colore verde aperto , e verde chiaro il picciuolo e le nervature.
Glabra la lamina superiore ; la inferiore del pari , e solo a' la-
ti delle nervature in prossimità degli angoli si ravvisano peli
celluiosi. Fiorisce a principii di giugno ; presto sfiora e manda
via la corolla. Matura nella prima metà di ottobre. Grappolo di
mezzana grandezza , allungato, non ramoso , raro. Bacca nera,
rotonda , piccola , buccia sottile e fa vino di mediocre qualità.
Si coltiva comunemente.
89. Uva anonima 3. ( nera ).
Vitigno vigorosissinio. Fusto comune; Iralcio di due anni
( 38 )
color bigio eoa epidermide fenduta longitudinalmente, e nodi
a mezzana distanza. Foglia quasi rotonda ; larga sette ad otto
decimi di palmo; cinque lobata a largbi lobi poco incavati; pic-
ciol seno alla base ; margine dentato a piccioli denti ed acuii:
colore di un bel verde : picciuolo e nervature verde chiaro. Gla-
bre le lamine , e solo la inferiore a' lati ed angoli delle nerva-
ture peli celluiosi e rare sfioccature di peli aracnoidei. Fiori-
sce verso la fine di maggio, presto sfiora e manda via la co-
rolla : matura verso la metà di settembre. Grappolo molto gran-
de , ramoso, allungato. Bacca nera, mezzana, rotonda con buc-
cia sottile : molto fruttifero , e sovente per la soverchia fruttifi-
cazione i granelli della maggior parte de' grappoli in parte sono
pili grandi dell' ordinario , ed in parte molto piccioli .• facile ad
infarcire : dolce e fa buon vino.
4.0. Uva coda di volpe (nera).
Vitigno mediocremente vigoroso. Fusto annoso comune; tral-
cio di due anni bigio con epidermide fenduta longitudinalmente:
il novello verde chiaro con nodi avvicinati. Foglia quasi intera ,
pcntagona con gli angoli acuminati sporgenti , e seno alla ba-
se .• margine dentato irregolarmente a denti acuti .• colore verde
aperto : picciuolo e nervature verde chiaro. Glabre ambo le fac-
ce e solo agli angoli delle nervature della faccia inferiore peli
celluiosi. Fiorisce a principii di giugno, presto sfiora e manda
via la corolla. Molto fruttifero; matura a principi di ottobre.
Grappolo allungato , alquanto ramoso verso la base , molto si
assottiglia in cima. Bacca picciola , nera, rotonda; buccia alquan-
to consistente , succo dolce e fa buon vino. Non è molto comune.
( 39)
4i- Uva rosa (nera).
Vitigno vigoroso. Fusto comune .• tralcio di due anni cine-
riccio con nodi alquanto spessi ed epidermide fenduta longitu-
dinalmente ; tralcio novello verde chiaro. Foglia rotonda o ova-
le , cinque lobata , tagliata poco , o fino alla metà .• seno alla
base ; margine dentato a denti ineguali ed acuti. Colore verde
aperto ; picciuolo e nervature verde chiaro .• larga sette decimi
circa di palmo. Lamina superiore glabra e talora vi si osserva-
no filamenti aracnoidei ; la inferiore sparsa raramente di peli
celluiosi e sfioccature aracnoidee. Fiorisce a principii di giugno,
dura alquanto a sfiorare ; il perchè suole andare soggetto a co-
latura , massime in luogo ombreggiato : e manda via la corolla.
Matura in fine di settembre. Grappolo alquanto allungato, e gran-
de , poco ramoso e raro : bacca vantaggiosa , rotonda , nera ;
buccia sottile , dolce e piacevole a mangiarsi .• fa buon vino : è
sufficienleraenle fruttifero e comune.
4-2. Uva Sanfrancisco (rossa).
Vitigno piuttosto debole. Fusto comune .• tralcio di due an-
ni bigio scuro ; con nodi avvicinati ; il novello verde chiaro. Fo-
gl ia pentagonale senza intagli a' lobi , e quelli della base si av-
vicinano : larga 7/10 di palmo: margine dentato a denti ine-
guali ed acuti, colore verde aperto.- picciuolo e nervature verde
chiaro. La lamina superiore glabra ; la inferiore agli angoli del-
le nervature peli celluiosi e leggiere sfioccature di peli aracnoi-
dei. Fiorisce nella prima metà di giugno ; presto sfiora e man-
da via la corolla. Grappolo di mezzana grandezza , accorciato ,
raro. Bacca grande cuoriforme, polposa, colore rosso scuro con
poco succo : buccia aderente alla polpa ; poco fruttifero : si col-
tiva per tavola ; ma raramente perchè insipido il frutto.
(^0 )
4-3. Uva lugliesella^ qual sotto varietà della higliese (nera).
Vitigno gagliardo. Fusto comune .• tralcio di due anni bi-
gio rossiccio, con nodi a mezzana distanza tra loro, ed epider-
jnide longitudinalmente fenduta ; il novello , verde chiaro. Fo-
glia rotonda , cinque lobata fin oltre la metà ; margine denta-
lo con denti lunghi ed acuti; seno alla base .• larga 8/10 di
jmlrao ; colore verde aperto ; nervature verde chiaro ; picciuo-
lo simile e macchiato di rosso. Superfìcie superiore glabra ; la
inferiore sparsa di peli celluiosi. Fiorisce nella prima metà di
giugno , presto sfiora e manda via la corolla.- matura nella se-
conda metà di settembre. Grappolo accorciato e raro .• bacca
grande quasi rotonda ; buccia resistente ; nera , succosa , pia-
cevole a mangiarsi : fa ottimo vino ; ed è sufficientemente frut-
tifero. É preferibile alla lugliese.
44'- Uva anonima 4- ( nera ).
Vitigno gagliardo. Fusto simile agli altri : tralcio di due
anni bigio scuro con nodi avvicinati ed epidermide fenduta; tral-
cio novello verde chiaro. Foglia rotonda, cinque lobata, per un
terzo tagliata, largo seno alla base.- margine dentato a denti
piccioli ineguali ed acuminati .• larga sei in sette decimi di pal-
mo .• color verde vivo .• picciuolo e nervature verde chiaro .• la
lamina superiore glabra , la inferiore fornita di peli celluiosi nel-
le nervature e rari filamenti aracnoidei. Fiorisce a principii di
giugno e dura alquanto a sfiorare , onde va soggetto alla cola-
tura, ma poco; manda via la corolla. Grappolo allungato, ra-
mosetto e raro ; bacca piccola , rotonda , nera , sugosa. Molto
fruttifero ; fa mediocre vino ed è comune. Matura a principii di
ottobre.
(4I )
4.5. Uva razza di Carruozzo. ( nera ).
Vitigno gagliardo. Fusto comune ; tralcio di due anni bigio;
il novello verde chiaro ; nodi a mezzana distanza. Foglia ovata,
cinque lobata^ intagliata fino a metà, picciol seno alla base .•
il diametro maggiore nove decimi di palmo , il minore 7 1/2 ,
margine dentato a denti ineguali ma simmetrici .• colore verde
vivo ; picciuolo e nervature verde chiaro. La faccia superiore
glabra ; la inferiore raramente sparsa di peli celluiosi , e negli
angoli delle nervature rari filamenti aracnoidei. Grappolo di
mezzana grandezza talora ramoso alquanto , non addcnzato nò
raro: bacca vantaggiosa in grandezza, allungata, nera, sugo-
sa , dolce , buccia duretta , ma non ostica , e fa buon vino. Fio-
risce a principii di giugno e presto sfiora mandando via la co-
rolla. In fin di settembre matura. Mediocreraaute fruttifero. Ab-
bonda nei terreni di S. Giorgio a Cremano.
^G- Uca (jrecagna ( bianca ).
Vitigno sufficientemente vigoroso. Fusto comune .• tralcio di
due anni bigio con nodi avvicinali.- il tralcio novello verde chia-
ro. Foglia rotonda, cinque lobata, poco incisa, e seno alla ba-
se •) consistente e quasi crespa.- margine dentato a denti piccio-
li ed acuii .- colore verde smorto. Lamina superiore glabra / la
inferiore coverta da fitto tessuto aracnoideo e vi traspariscono
anche de' peli celluiosi. Fiorisce a principii di giugno , e pre-
sto sfiora mandando via la corolla. Grappolo di mezzana gran-
dezza accorciato molto addenzato .- bacca piccola , rotonda , su-
gosa, color bianco dorato.- fa vino bianco spiritoso e di buona
qualità : matura a principii di ottobre. Molto e costantemente
fruttifero. Si coltiva coniuneinente. Ne' terreni di Bosco viene co-
iioscmla col nome di forcinola bianca.
6
(42 )
4.7- Uva pignolata o pignola ( nera ).
Vitigno gentile. Fusto annoso non dissimile dagli altri ;
tralcio di due anni bigio con nodi avvicinati .• il novello color
verde chiaro. Foglia ovale o rotonda , cinque lobata , poco o
nulla incavata e picciol seno alla base .• margine dentato con
denti allungati , colore verde aperto ; larga otto decimi circa .•
picciuolo e nervature verde chiaro. Superficie superiore glabra;
la inferiore offre a lati ed angoli delle nervature peli celluiosi.
Fiorisce a principii di giugno , presto sfiora mandando via la
corolla. Matura a principii di ottobre. Grappolo picciolo e svel-
to , alquanto raro , peduncolo gracile. Bacca picciola un poco
allungata , nera , lucida , tenera , molto gradita al palato e al-
quanto aromatica , molto dolce. Per la eccellenza del vino pa-
reggia e forse supera 1' oglianica , \ olivella , la palombina ed
altre ; mediocremente fruttifero, ma per la picciolezza del grap-
polo non dà abbondante prodotto. S' incontra per tult' i terreni
del Vesuvio e del Somma , ma in poca quantità.
4.8. Ut a campanella verace (bianca).
Vitigno vigoroso. Fusto annoso simile agli altri : tralcio di
due anni bigio con nodi a mezzana distanza , e talora avvicina-
ti .• tralcio novello verde chiaro. Foglia rotonda, cinque lobata,
tagliata fino per due terze parti ; margine a due ordini di den-
ti allungali ed acuti: picciol seno alla base.- larga otto o nove
decimi di palmo .• colore verde smorto .• picciuolo e nervature
verde chiaro .• lamina superiore glabra .• la inferiore coperta da
tela aracnoidea. Fiorisce a principii di giugno , presto sfiora e
manda via la corolla. Grappolo vantaggioso , piuttosto allungato,
poco ramoso e mediocremente addenzato .• bacca rotonda di giù-
(43)
sia grandezza , sugosa e aromatica , con buccia alquanto tenace;
colore verde giallognolo che biondeggia. Matura in fine di set-
lembrc e fa eccellente vino bianco. Non ò molto comune.
4.9. Uva campanella bastarda ( bianca ).
Vitigno gagliardo. Fusto annoso non dissimile dagli altri.-
tralcio di due anni bigio rossiccio con nodi avvicinati : tralcio
novello verde chiaro. Foglia ovale, cinque lobata incavata fino a
Ire quarti; i lobi alla base si congiungouo: margine a denti al-
lungati ed ineguali .■ lunga otto e larga sette decimi di palmo
circa; colore di un bel verde , picciuolo e nervature verde chia-
ro: glabre entrambe le facce, e sol nella inferiore scorgonsi agli
angoli delle nervature pochi peli celluiosi. Fiorisce a principii di
giugno; presto sfiora e manda via la corolla. Molto fruttifero :-
grappolo grande allungato , ramoso , raro , bacca piccola , ro-
tonda , giallclla , sugosa , dolce , e fa buon vino. È matura
nella metà di ottobre. S'incontra in molli terreni.
5o. Uva anonima i). ( nera ).
Vitigno vigoroso. Fusto comune .• tralcio di due anni bigio;
il novello verde chiaro.- nodi piuttosto avvicinati e grossi. Fo-
glia rotonda , cinque lobata or poco or molto incavata .- margi-
ne a denti acuti ed ineguali .• largo seno alla base .- larga sette
in otto decimi di palmo .- colore di un bel verde ; picciuolo e
nervature verde chiaro.- glabre ambo le facce, e solo agli an-
goli delle nervature della faccia inferiore rari peli celluiosi. Fio-
risce a principii di giugno e presto sfiora mandando via la co-
rolla. Grappolo di mezzana grandezza, poco ramoso ed alquanto
raro. Bacca allungata, grande poco meno della catalanesca; co-
(M)
lor nero lucido: buccia consistente, sugosa, gradila al palalo.
Matura a principii di oltobre e fa oltimo vino. Non è molto co-
mune.
5 1 . Uva di Palladino ( nera ).
Vitigno di mediocre vigore. Fusto comune; tralcio di due
anni bigio rossiccio con nodi avvicinati .• il novello verde chia-
ro. Foglia rotonda , cinque lobata, appena incisa , picciol se-
no alla base , larga olio decimi di palmo .• colore verde lucido,
pedungolo e nervature verde chiaro : margine dentato a denti
spaziati ed ineguali ; lamine glabre e solo a' lati de' nervi del-
la faccia inferiore rari peli celluiosi. Fiorisce a principii di giu-
gno , presto sfiora e manda via la corolla; matura nella secon-
da metà di settembre. Grappolo di mezzana grandezza, non ra-
moso , non raro .• bacca quasi rotonda ; di grandezza ordinaria ,
dolce, sugosa, nera e fa buon vino. Mollo fruttifero. Non mol-
to comune.
02, Uva greca (bianca).
Vitigno gentile ; tralcio di due anni bigio tendente al can-
nella con nodi avvicinati ; tralcio novello verde chiaro. Foglia
ovale o rotonda , cinque lobata poco o molto intagliala ; seno
alla base .• colore verde aperto .• larga sette in otto decimi di
palmo; margine irregolarmente dentato; superficie superiore gla-
bra; la inferiore presenta una rara e talvolta lacera tela aracnoi-
dea , ed appariscono agli angoli delle nervature de' peli celluio-
si. Fiorisce nella prima metà di giugno , presto sfiora , e man-
da via la corolla. Matura in fine di ottobre. Grappolo picciolo,
talora poco ramoso alla base e si assottiglia in cima; più o men
raro; bacca piccola, rolonda, biondeggiante; buccia dura, tena-
ce , aspra e poco sugosa. Unita alle altre uve bianche si ha il
famoso vino greco .• scarseggia in fruito. È molto raro ne' ter-
reni alle falde del Vesuvio; più abbondante in quelli alle basi
e falde del Somma.
53. Uva Guarnaccm (nera.).
Vitigno sufTicicntemcnle vigoroso. Fusto comune.- tralcio di
due anni cinericcio con nodi a media distanza; il novello ver-
de chiaro.- fiorisce a principii di giugno; presto sfiora e manda
via la corolla. Foglia rotonda , cinque lobata , poco incavata ,
picciol seno alla base , e talora i lobi si congiungono .- verde a-
perlo; picciuolo e nervature verde chiaro .- margine dentato a
denti piccioli ed acuti .- larga sei decimi di palmo e più. La
superficie superiore presenta rari filamenti aracnoidei , la infe-
riore coverta da fitta tela aracnoidea od agli angoli delle nerva-
ture appaiono de' peli celluiosi. Grappoli grandi; ma accorciati
e oltre misura addensati .- bacca di mezzana grandezza , rotonda,
nera , sugosa , buccia alquanto tenace .- matura nella metà di
ottobre e fa buon vino.
54.. Uva Fiore ( bianca ).
Vitigno gagliardo. Fusto annoso comune .■ tralcio di due
anni cinericcio con nodi piuttosto rari ; tralcio novello verde
chiaro. Foglia quasi ovale ; cinque lobata tagliata fino a' tre
quarti , largo seno alla base; lobi prolungati e puntuti.- margi-
ne dentato con denti sottili e ricurvi verso 1' apice del lobo ;
larga otto decimi di palmo nella lunghezza e poco men di tra-
Tcrso .- colore verde chiaro ; picciuolo e nervature anche più
(46 )
chiari / glabra la faccia superiore ; la inferiore coverta di lace-
ra rete aracnoidca. Grappolo ollremodo allungato ramoso alla ba-
se e si assottiglia in cima ed è raro. Bacca ovale di mezzana
grandezza, colore gialliccio, sugosa, buccia alquanto consistente.
Fiorisce nella prima metà di giugno , presto sfiora e manda via
la corolla. Matura nella seconda metà di ottobre ; non ha mol-
ta dolcezza e fa mediocre vino. È molto fruttifero e non molto
comune.
35. Uva barone ( bianca ).
Vitigno gentile. Fusto comune : tralcio di due anni bigio
tendente al cannella con nodi avvicinati ed epidermide fenduta
longitudinalmente ; tralcio novello verde chiaro. Foglia rotonda,
cinque lobata, molto intagliata e talora fin prossima alla base
con larghi seni ; i lobi nuovamente e profondamente tagliati for-
manti grandi denti che contengono una seconda serie di denti
piccioli ; colore verde chiaro fimbriato nel contorno di gialletto:
glabra la superficie superiore , la inferiore coverta di lacero tes-
suto aracnoideo ; larga otto decimi circa di palmo. Grappolo di
mezzana grandezza, niente ramoso ed alquanto lungo: folto piut-
tosto. Bacca piccola, rotonda, sugosa, verde giallognola che si
indora ; dolce , buccia resistente ; e fa ottimo vino. Sufficiente-
mente fruttifero. Non è molto comune.
56. Uva anonima 6 ( bianca ).
Vitigno gentile. Fusto comune : tralcio di due anni cineric-
cio con nodi a mezzana distanza ; tralcio novello verde chiaro :
foglia ovale, cinque lobata fin' oltre la metà, largo seno alla ba-
se : margine dentato irregolarmente con denti allungati ed acu-
( Ì7 )
minali: colore di un bel verde: picciuolo e nervalure verde chia-
ro : la faccia superiore glabra ; la inferiore coverta di tela arac-
noidea con peli celluiosi agli angoli delle nervature : lunga set-
te in otto decimi , e larga circa sette. Fiorisce a principii di
giugno: presto sfiora e manda via la corolla; matura a princi-
pii di ottobre. Grappolo piuttosto grande, allungato, ramoso, mez-
zanamente addensato : bacca piccola rotonda sugosa : colore gial-
letto : mollo fruttifero e fa buon vino. Si coltiva comunemente.
57. Uva zibibba ( bianca ).
Vitigno gentile. Fusto annoso comune : tralcio di due anni
bigio con nodi avvicinati ; il novello verde chiaro ; manda pochi
piccioli e corti tralci. Foglia quasi rotonda, cinque lobata inci-
sa fino a metà e seno alla base : larga sette in otto decimi di
palmo: colore verde chiaro: margine dentato regolarmente a den-
ti piccioli ed acuti. La lamina superiore glabra , la inferiore spar-
sa raramente di peli celluiosi e sfioccature di peli aracnoidei.
Fiorisce a principii di giugno, e rilarda alquanto a sfiorare, il
perchè è soggetto in parte a colatura , onde il grappolo vien di-
radalo ; il quale è di mezzana grandezza e poco ramoso. Bacca
grande , ovale a rovescio, giallognola, polposa, poco sugosa con
buccia attaccata alla polpa ; dolce , graziosa , molto aromatica ,
simile al raoscatcllone e matura in fine di settembre. Si colliv.i
per usi da tavola nei giardini.
58. Uva rossolella ( nera ).
Vitigno gagliardo. Fusto comune : tralcio di due anni bigio
scuro con nodi a media distanza tra loro : tralcio novello verde
chiaro. Foglia rotonda , cinque lobata , poco 0 nulla intagliala j
seno alla base : larga selle in otto decimi di palmo : margine ir-
regolarmente dentato : colore di im bel verde : picciuolo e ner-
vature verde chiaro: la superficie superiore glabra, la inferiore
sparsa raramente di peli celluiosi e lacinie di peli aracnoidei.
Fiorisce nella metà di giugno e rilarda alquanto a sfiorare ; il
perchè talora va soggetto in parte a colatura. Grappolo di mez-
zana grandezza , allungato , raro con granelli ineguali piottosto
piccioli, sugosi, parte si colorano in nero, e parte rimangono
rossi ed alcuni anche bianchi ; ma in fine di ottobre e principii
di novembre tutti i coloriti son dolci. È molto fruttifero e comu-
ne. Il vino mediocre e scolorito.
Sg. Uva soricella ( bianca ).
Vitigno gagliardo. Fusto annoso comune : tralcio di due an-
ni bigio scuro con nodi piuttosto avvicinati ; epidermide fenduta
longitudinalmente : il novello verde chiaro. Foglia quasi rotonda,
cinque lobata , molto incavata , seno alla base : margine denta-
lo a denti ineguali ed acuti ; larga selle in otto decimi di pal-
mo; colore verde vivo: picciuolo e nervature verde chiaro: la-
mina superiore glabra ; la inferiore sparsa di filamenti e fiocchi
di lacera tela aracnoidea , ed agli angoli delle nervature rari pe-
li celluiosi. Fiorisce verso la metà di giugno , e dura mollo a
sfiorare ; per il che va soggetto a colatura. Grappolo di mezza-
na grandezza, talora piccolo o ramosello, raro , e d' ordinario i
granelli in parte son molto piccioli, ed in parte di mezzana gran-
dezza ; molto sugosi e dolci: di colore verde giallognolo: buc-
cia dura : matura in fine di settembre : molto fruttifero e fa vi-
no bianco di buona qualità. É molto comune.
( A9 )
60. Uva anomina 7 ( nera ).
Vitigno vigoroso. Fusto annoso comune : tralcio di due an-
ni cinerino rossiccio con nodi a media distanza, ed epidermi-
de fenduta longitudinalmente: tralcio novello verde chiaro. Fo-
glia rotonda cinque lobata poco 0 molto incavata , seno alla
base : larga olio decimi di palmo e più ; colore verde aper-
to : nervature verde chiaro ; picciuolo simile macchiato di ros-
so : margine simmetricamente dentato, sebbene a denti piccio-
li e grandetti ; lamina superiore glabra ; la inferiore sparsa di
peli celluiosi principalmente nelle nervature , con lacerazioni
di peli aracnoidei. Grappolo accorciato di mezzana grandezza
poco ramoso ; mediocremente folto : bacca vantaggiosa in gran-
dezza poco allungala ; polposa che scricchiola fra' denti ; co-
lore nero lucido , dolce e gradito al palato. Fiorisce a prin-
cipii di giugno ; presto sfiora e manda via la corolla. Nella
metà di ottobre è perfetta matura. Suffìcienlcmenle fruttifero;
fa ollimo vino. É mollo comune.
61. Uva anonima S ( nera ).
Vitigno mollo gagliardo. Fusto annoso meno scuro del ge-
nerale : tralcio di due anni bigio rossiccio con epidermide fen-
duta longitudinalmente e nodi piuttosto avvicinati: tralcio no-
■yello verde chiaro : foglia quasi rotonda, cinque lobata pro-
fondamente incavata con seni circolari e seno alla base: mar-
gine dentato a denti ottusi: colore verde aperto: picciuolo e
nervature verde chiaro : lamina superiore glabra ; la inferiore
coverta di densa tela aracnoidea , da cui traspariscono di sotto,
ai lati delle nervature, peli celluiosi. Fiorisce a principio di giu-
gno e presto sfiora. Grappolo grande, ramosetto alla base; sot-
( ^0 )
tile in cima, sufTicientemente folto. Bacca rotonda, di mezzana
grandezza , nera , duretta che scricchiola tra' denti ; dolce , pia-
cevole e fa vino huono e generoso: molto fruttifero, e si colti-
va comunemente.
62. Uva nocella ( nera ),
Vitigno gagliardo. Fusto annoso comune: tralcio di due an-
ni bigio con nodi a mezzana distanza , il novello verde chiaro.
Foglia quasi intera, rotonda ove appena distinguonsi i segni di
cinque lobi che nella base si accavalcano : margine tra il cre-
nato e dentato; colore di un bel verde, picciuolo e nervature
verde chiaro : larga otto decimi di palmo : la lamina superiore
glabra; la inferiore coverta di tela aracnoidea e peli celluiosi.
Fiorisce a principii di giugno, presto sfiora e manda via la co-
rolla. Grappolo di mezzana grandezza, ramosetto, sottile. Bacca
quanto un" avellana , rotonda , nera, polposetta e buccia duretta,
piacevole a mangiarsi. Matura a metà di ottobre ed è sufficien-
temente fruttifero. Fa buon vino, e si rincontra piij sovente nei
terreni di Torre del Greco.
63. Uva ier esella ( nera ).
Vitigno di mediocre vigore. Fusto annoso comune: tralcio
di due anni bigio tendente al rossiccio con nodi a media di-
stanza ; il novello verde chiaro. Foglia ovale, cinque lobata, in-
cavata poco 0 fino a metà ; seno alla base ; picciuolo e ner-
vature verde chiaro: margine dentato a denti acuti e piccioli:
larga otto per sette decimi di palmo. La superficie superiore
glabra : la inferiore coverta di peli celluiosi e filamenti arac-
noidei. Grappilo accorciato, di mezzana grandezza; non denso,
( b'I )
non raro: Lacca ovale di media grandezza , polposetla, dol-
ce, di colore violetto scuro: fa vino gentile. A metà di ot-
tobre è ben matura. Fiorisce a principii di giugno, presto sfio-
re e manda via la corolla. Non è molto comune, ed è medio-
cremente fruttifero.
64" • Uva latina ( bianca ).
Vitigno vigoroso. Fusto annoso comune : tralcio di due an-
ni bigio con nodi a media distanza ; il novello verde cbiaro. Fo-
glia rotonda, cinque lobata, molto incavata, seno alla base : lar-
ga circa sette decimi di palmo : colore verde aperto : picciuolo
e nervature verde cbiaro : margine dentato a piccioli denti : la-
mina superiore glabra ; la inferiore coverta di fitta ti'la aracnoi-
dea , e negli angoli delle nervature traspariscono de' peli cellu-
iosi. Fiorisce a principii di giugno: presto sfiora e manda via
la corolla: matura a mctcà di ottobre. Grappolo accorciato, ra-
moso , estremamente addensato per modo che talora sembra un
poliedro scabro ed irregolare. Bacca piccola verdastra con sugo
aspro e fa cattivo vino. Raro si rincontra.
63. Uva anonima g ( bianca ).
Vitigno vigoroso. Fusto comune: tralcio di due anni bigio
scuro con nodi piuttosto radi ; il novello verde cbiaro. Foglia
quasi cordata, alquanto crespa, cinque lobata appena intagliata,
largo seno alla base ; dentata a denti ineguali ed acuti : larga
sette per sei decimi circa di palmo; colore verde carico: picciuolo
e nervature verde cbiaro: la lamina superiore glabra, la inferiore
coverta di tela aracnoidea e peli celluiosi. Fiorisce nella prima
metà di giugno , presto sfiora e manda via la corolla. Grappo-
(52 )
lo piuttosto piccolo, non ramoso, mediocremente folto: bacca
quasi rotonda , picciola , colore verdastro tendente al bianco ;
dolce, sugoso con buccia dura; matura nella metà di ottobre e
fa buon vino. La denominano uva bianca. Non è molto comune.
66. Uva anonima to { nera ).
Vitigno mediocremente vigoroso. Fusto annoso comune: tral-
cio di due anni bigio tendente al rossiccio ed epidermide fen-
duta longitudinalmente con nodi a media distanza. Foglia quasi
intera pentagonale ; i cui lobi son cinque angoli sporgenti ed al-
la base si toccano : larga 7/10 di palmo ; colore di un bel ver-
de : picciuolo e nervature verde chiaro, sovente alquanto crespa:
margine regolarmente dentato a minuti denti: glabra la lamina
superiore , la inferiore coverta di tela aracnoidea talora con fioc-
chetti. Fiorisce a principii di giugno, presto sfiora e manda via
la corolla. Grappolo mezzano, raraosetto alla base e termina in
punta; piuttosto folto: bacca picciola, quasi rotonda, di color
nero lucido; sugosa, buccia coriacea: fa vino ottimo e colorito.
Matura a principii di ottobre. Non è molto comune. Sufficiente-
mente fruttifero.
67. Uva anonima // ( nera ).
Vitigno gentile. Fusto comune: tralcio di due anni bigio
con nodi avvicinati : il novello verde chiaro. Foglia rotonda cin-
que lobata, profondamente incavata con seni: alla base i lobi
si accavalcano: margine dentato, sovente a grandi denti nuova-
mente dentati con seconda serie di denti piccioli: colore verde
vivo ; picciuolo e nervature verde chiaro. Larga otto decimi di
palmo circa : la lamina superiore glabra , la inferiore coverta di
(53)
densa tela aracnoklca e poli celluiosi che traspariscono dalle
maglie di essa. Fiorisce a principii di giugno ; presto sfiora e
manda via la corolla. Grappolo picciolo, svelto, non addensalo:
Lacca picciola, rotonda , dolce , sugosa con buccia coriacea. Fa
buon vino e colorilo. Matura nella prima metà di ottobre. Non
s' incontra comunemente.
68. Uva duracina ossia iostolella ( nera ).
Vitigno vigoroso. Fusto comune : tralcio di due anni bigio
con nodi avvicinati; tralcio novello verde chiaro. Foglia verde
aperto, rotonda , cinque lobata, appena incavala, seno alla ba-
se : picciuolo e nervature verde chiaro : larga sci in selle de-
cimi di palmo; margine dentato irregolarmente. Glabra la su-
perficie superiore; la inferiore raramente sparsa di peli cellu-
iosi. Fiorisce nella metà di giugno, e rilarda a sfiorare , onde
sovente va soggetta a colatura. Grappolo picciolo, svello, mol-
lo raro per opera della colatura : bacca picciola , rotonda, dolce
con buccia molto dura, e fa buon vino. Molto fruttifero. S' incon-
tra comunemente.
69. Uva porchiacchella ( nera ).
Vitigno gagliardo. Fusto comune : tralcio di due anni bigio
tendente al color cannella con nodi a media distanza; il novel-
lo verde chiaro. Foglia ovale, larga otto per sette decimi di pal-
mo ; cinque lobata poco intagliata, seno alla base; colore ver-
de carico; picciuolo e nervature verde chiaro: margiae dentalo
sovente a minuti denti : glabra la faccia superiore , la inferiore
coverta di densa tela aracnoidea. Fiorisce a principii di giugno:
presto sfiora e manda via la corolla. Grappolo mezzano, accor-
ciato, ramoso, pecluncolo tenue, né raro, né addensato. Bacca
ovale di mezzana grandezza, sugosa: conservasi rossa lungo tem-
po, ma a perfetta maturità divien violetta scura: fa vino medio-
cre e scolorito. Fruttifero a sufficienza, e s" incontra comunemente.
70. Uva scassacarretta ( nera ).
Vitigno gagliardo. Fusto comune : tralcio di due anni bi-
gio rossiccio con nodi a mezzana distanza : epidermide fenduta
longitudinalmente. Foglia ovale , larga nove per otto decimi di
palmo, cinque lobata, incavata fin oltre la metà, seno alla ba-
se : margine dentato regolarmente a denti piuttosto piccioli: co-
lore verde aperto: lamina superiore glabra, la inferiore cover-
la di densa tela aracnoidea e nelle nervature traspariscono an-
che peli celluiosi. Fiorisce a principii di giugno, presto sfiora
mandando via la corolla. Grappolo grande, allungato , ramoso,
piuttosto addensato : bacca di mezzana grandezza , rotonda , ne-
ra, sugosa; buccia consistente: molto fruttifero, e fa buon vi-
no. S' incontra comunemente. Nella prima metà di ottobre matura.
71. Uva caslagnarella della Torre ( nera ).
Vitigno gagliardo. Fusto comune : tralcio di due anni color
legno, con epidermide fenduta longitudinalmente e nodi piutto-
sto avvicinati ; il novello verde chiaro. Foglia rotonda cinque lo-
bata , molto incavata , largo seno alla base ; larga otto decimi
di palmo circa: colore di un bel verde aperto: margine denta-
to a denti piccoli ed acuti: entrambe le lamine glabre; e solo
agli angoli delle nervature della inferiore scorgonsi pochi peli
celluiosi. Fiorisce a principii di giugno, presto sfiora e maada
via la corolla: matura a principii di ottobre. Grappolo mezzano
(55 )
non mollo addensato: bacca vantaggiosa, quasi rotonda, nera , su-
gosa, buccia nicdiocremontc consistente: d' ordinario molto frut-
tifero e fa buon vino. Abbonda in Torre del Greco.
72. Uva anonima /a ( nera ).
Vitigno vigoroso. Fusto comune: tralcio di due anni bigio
scuro con nodi alquanto avvicinati : il novello verde chiaro. Fo-
glia rotonda cinque lobata molto incavata, alla base i lobi si toc-
cano, larga otto decimi di palmo e più , margine dentato a denti
corti e larghi: colore verde vivo: picciuolo e nervature verde chia-
ro: lamina superiore glabra; la inferiore coverta di peli cellu-
iosi che la rendono aspra al tatto. Fiorisce A'erso la metà di giu-
gno, e ritarda a sfiorare: matura a principii di ottobre. Grap-
polo mezzano non ramoso ; mediocremente folto , e talora sfolto
per colatura. Bacca rotonda, grande anziché nò, nera lucida; su-
gosa , dolce , buccia duretta che scricchiola fra" denti ; molto gra-
dita. Fa vino ottimo e colorito ; mediocremente fruttifero. Non
è molto comune.
73. Uva malvasia ( bianca ).
Vitigno sufTicientemente vigoroso. Fusto annoso comune: tral-
cio di due anni bigio cannella con nodi piuttosto distanti tra lo-
ro, ed epidermide fenduta longitudinalmente: tralcio novello ver-
de chiaro. Foglia quasi rotonda, cinque lobata, poco 0 molto
incavata, seno alla base ove talora i lobi si congiungono: pic-
ciuolo e nervature verde chiaro, larga otto decimi di palmo e
più; margine irregolarmente dentato a denti acuti: la lamina su-
pcriore glabra con qualche raro filamento aracnoideo. Grappolo
di mezzana grandezza , poco ramoso , piuttosto addensato : bacca
( 56 )
alquanto piccola, ovale, verde giallastra, sugosa, dolce con leg-
giero senso di moscatella e buccia duretta. Fa graziosissimo vi-
no. Raro si coltiva.
'j^. Uva della terra promessa ( nera ).
Vitigno gagliardo e ramoso. Tusto comune : tralcio di due
anni bigio rossiccio , il novello verde chiaro con nodi diradati ,
ed epidermide fenduta longitudinalmente, il novello verde chia-
ro. Foglia color verde tendente al chiaro, più larga che lunga,
il diametro maggiore otto decimi di palmo circa , il minore sei
in sette : cinque lobata intagliata fino a metà : margine irrego-
larmente dentato a denti lunghi ed acuti : picciuolo e nervature
verde chiaro macchiato di rosso; glabre entrambe le lamine, e
sol nella inferiore i nervi son raramente sparsi di peli celluiosi.
Fiorisce nella prima metà di giugno; presto sfiora e manda via
la corolla: matura nella metà di ottobre. Grappoli di grandezza
smisurata e maravigliosa lunghi oltre due palmi , e oltremodo ra-
moso ; il perchè comparisce addensato mentre i granelli son di-
sposti raramente. Bacca piuttosto picciola, quasi rotonda, nera,
polposetta e di sapore sciapito. Fa vino debole. È molto raro.
75. Uva anonima i3 ( nera ).
Vitigno vigoroso. Fusto annoso comune : tralcio di due an-
ni bigio carico con nodi a media distanza tra loro^ tralcio no-
vello verde chiaro. Foglia ovale, cinque lobata, incavata a me-
ta , i lobi alla base molto si accavalcano , colore verde aperto :
picciuolo e nervature verde chiaro: margine dentato a minuti
denti: lamina superiore glabra, la inferiore coverta di densa te-
Ja aracnoidea, larga nove per otto decimi di palmo. Fiorisce a
( 'h )
principii di giugno, presto sfiora e manda via la corolla. Grap-
polo grande mezzanamente ramoso: bacca vantaggiosa in gran-
dezza, rotonda, nera, sugosa^ dolce, fa buon vino e matura a
principii di ottobre. Non è molto comune.
76. Uva anonima i^ ( bianca ).
A'^iligno gentile. Fusto comune; tralcio di due anni bigio
con nodi a mezzana distanza; il novello verde cbiaro. Foglia ver-
de carico, quasi rotonda, cinque lobata molto incavata , seno al-
la base, larga 7/10 di palmo e più; jnargiue dentato a minuti
denti, picciuolo e nervature verde cbiaro.' lamina supcriore gla-
bra , la inferiore coverta di tela aracnoidea. Fiorisce a principii
di giugno, presto sfiora e manda via la corolla. Grappolo mez-
zano, ramosetto , raro: bacca gialletta bionda, piuttosto piccio-
la , molto dolce, alquanto aromatica. Matura a principii di ot-
tobre, mediocremente fruttifero. Fa vino ottimo e gentile. Non
è comune.
77. Uva anonima t^ { nera ).
Vitigno vigoroso. Fusto annoso comune ; tralcio di due an-
ni cinericcio con nodi avvicinati ed epidermide fenduta longitu-
dinalmente, il nuvelio verde cbiaro. Foglia ovale, cinque loba-
ta, poco incavata, seno alla base: margine dentato irregolarmen-
te a denti ordinariamente dilatati, larga otto per sette decimi
circa ; lamina superiore glabra , la inferiore raramente sparsa di
peli celluiosi e filamenti aracnoidei. Fiorisce a principii di giu-
gno e presto sfiora. Grappolo di mezzema grandezza , alquanto
i-amoso non addcni^ato: bacca rotonda, piuttosto vantaggiosa in
grossezza, duretta, sugosa , nera , grata al palato.- sufficientcmen-
Ic fruttifero e fa vino di buona qualità. Non è molto comune.
s
( 58)
78. Uva zizza di vacca ( nera ).
Vitigno gagliardo. Fusto comune : tralcio di due anni cine-
riccio con nodi avvicinati, il novello verdechiaro. Foglia roton-
da , larga otto decimi circa , cinque lobata poco o profondamen-
te tagliata, ed i lobi d'ordinario nuovamente intagliali: piccol
seno alla base, dentata a denti acuti, colore verde aperto : pic-
ciuolo e nervature verde chiaro , glabra la lamina superiore, la
inferiore sparsa di peli celluiosi. Fiorisce verso la metà di giu-
gno , presto sfiora e manda via la corolla. Grappolo grande al-
lungato, ramoso alla base, follo, peduncolo gracile. Bacca grande
ghiandeforme colore nero lucido , sugosa e polposelta , buccia
duretta. Buona da tavola ed ottima da vino : non molto comune:
molto fruttifero.
79. Uva anonima f6 { nera ).
Vitigno gagliardo. Fusto comune : tralcio di due anni bigio
tendente al cannella con nodi a mezzana disianza, il novello ver-
de chiaro. Foglia ovale e talora allungata, larga olio per sette
decimi di palmo : cinque lobata , profondamente incavata , pic-
ciolo seno alla base , margine dentalo irregolarmente con den-
ti molto pronunziati, colore di un bel verde, picciuolo e ner-
vature verde chiaro, lamina superiore glabra, la inferiore spar-
sa raramente di peli celluiosi. Fiorisce a priucipii di giugno ,
presto sfiora e manda via la corolla. Grappolo di mezzana gran-
dezza , ramoso alla base , folto. Bacca vantaggiosa in grossezza ,
rotonda, di un nero lucido, polposetta e sugosa , dolce e fa buon
vino. Matura verso la mela di ollobre. Sufficientemente frullife-
ro. Non è mollo comune.
80. L'va zitura ( nera ).
Vitigno gagliardo. Fusto comune: tralcio di due anni bigio
ron nodi piullosto diradali, il novello verde chiaro. Foglia ovale
larga nove per olio decimi di palmo, cinque lobata, poco incavata;
i lobi alla base si toccano .• margine dentalo a denti piccioli ed
acuti, colore di un bel verde, lamina superiore glabra, la in-
feriore coverta di rara tela aracnoidoa, picciuolo e nervature ver-
de chiaro. Fiorisce a principii di giugno , presto sfiora e man-
da via la corolla. Grappolo piuttosto grande, ramosello alla ba-
se, folto. Bacca picciola, nera, sugosa: matura nella metà di
ottobre. Fruttifica scarsamente non corrispondente alla sua gagliar-
dia; la buon vino, e non è mollo comune.
8 1 . Uva anonima / 7 ( bianca ) .
Vitigno gagliardo. Fusto comune : tralcio di due anni bigio
con nodi diradati , il novello verde chiaro. Foglia quasi renifor-
me, più larga che lunga, circa selle in olio decimi di palmo,
quasi coriacea , colore verde cupo, picciuolo e nervature verde
chiaro. Glabra la lamina superiore, la inferiore coverta di tela
aracnoidoa, ed agli angoli delle nervature traspariscono peli cel-
luiosi. Grappolo accorciato di mezzana grandezza, ramoselto al-
la base, follo : bacca vantaggiosa, quasi rotonda, sugosa , dolce,
buccia dura ed aspra, colore giallelto che biondeggia: matura
liei principii di ollobrc. Fa vino buono. Non è molto comune.
Molto fruttifero, e nei Iralciuzzi dà un secondo frutto tardivo.
82. Uva anonima fS { nera ).
Vitigno vigoroso. Fusto comune ; tralcio di due anni bigio
(6o)
con nodi a media distanza , il novello verde chiaro. Foglia ova-
le 0 rotonda cinque lobata , poco o molto incavata , picciolo se-
no alla base , larga sette decimi circa , dentata irregolarmente a
denti minuti ; glabre entrambe le facce. Fiorisce a principii di
giugno , presto sfiora e manda via la corolla. Grappolo vantag-
gioso in grandezza, ramosetto alla base, folto: bacca grande al-
lungata , polposetta , sugosa , dolce , grata al palato , alquanto
aromatica , nera ; matura a principii di ottobre. Buona da tavo-
la e fa ottimo vino. Non è molto comune.
83. Uva anonima ig ( bianca ).
Vitigno vigoroso. Fusto comune: tralcio di due anni bigio
rossiccio con nodi piuttosto diradati: il novello verde chiaro. Fo-
glia ovale allungata , cinque lobata, poco o nulla incavata , ir-
regolarmente dentata a denti allungati , larga otto decimi di palmo
persele mezzo circa, colore verde cupo, picciuolo e nervature
verde chiaro: glabra la lamina superiore , la inferiore con rara e
lacera tela aracnoidea e peli celluiosi agli angoli e lati delle ner-
vature. Fiorisce nella prima metà di giugno, presto sfiora e man-
da via la corolla. Grappolo molto allungato , gracile ma ramo-
setto alla base ; bacca molto picciola , sugosa e vi traspariscono
i semi di dentro, dolce, verdastra e buccia duretta : piuttosto
scarso in frutto. Matura nella metà di ottobre , e raro s' incon-
tra. Fa mediocre vino.
84.. Uva anonima 20 ( nera ).
Vitigno sufficientemente vigoroso. Fusto comune , tralcio di
due anni bigio rossiccio con nodi a media distanza ; il novello
Yerde chiaro ; foglia ovale , cinque lobata , profondamente inca-
(6i )
rata seno alla base , larga otto per sette decimi di palmo; mar-
gine irregolarmente dentato.- lamina superiore glabra; la infe-
riore lia i nervi con peli celluiosi. Fiorisce nella prima metà
di giugno ; ritarda alquanto a sfiorare ; il percliè va soggetto in
parte alla colatura : Grappolo di mezzana grandezza ; poco ramo-
so, raro. Bacca vantaggiosa in grandezza, rotonda, nero luci-
da , polposetta , sugosa, dolce, buccia durctta : mediocremente
fruttifero : fa buon vino. E poco comune.
85. Uva masto (nera).
Vitigno vigoroso. Fusto comune , tralcio di due anni bigio
rossiccio con nodi avvicinati; il novello verde cbiaro. Foglia ver-
de scuro , ovale ; cinque lobata incavata fino a metà , i lobi
alla base si accavalcano o si congiungono : margine dentato a
denti piccoli ed acuti ; larga otto decimi e mezzo di palmo, per
sette : picciuolo e nervature verde cbiaro : lamina superiore gla-
bra ; la inferiore coverta di fitta tela aracnoidea a cui spuntano
disotto peli celluiosi. Fiorisce a principi! di giugno, presto sfio-
ra e manda via la corolla. Grappolo piuttosto grande, addensa-
to, ramoso alla base : bacca rotonda, nera , vantaggiosa in gran-
dezza, dolce e sugosa con molta mucilaginc: fa buon vino. Suf-
ficientemente fruttifero, ed è frequente ne' terreni delle novelle.
Matura nella seconda metà di ottobre.
86. Uva anonima 21. (nera).
Vitigno mediocremente vigoroso. Fusto comune , tralcio di
due anni cinericcio con nodi a mezzana distanza , il novello ver-
de cbiaro. Foglia ovale , cinque lobata , poco incavata , seno al-
la base: margine irregolarmente dentalo ; colore verde ameno,
( 62 )
picciuolo c TiCrvalurc verde chiaro macchiati Ji rosso.- larga olio
per selle decimi di palmo circa; lamina superiore glabra; la infe-
j'iore con rari filameuli e sfioccature di peli aracnoidei, e rari pe-
li celluiosi. Fiorisce a principi! di giugno , presto sfiora e man-
da via la corolla. Grappolo picciolo , svello , raro." bacche (pia-
si rotonde , nere , ineguali , di cui la pii^i grande è di mediocre
grandezza ; sugose , dolci con buccia sottile : il vino è buono e
gentile .• matura nella metà di ottobre. E sufficientemente frul-
lifero. É frequente ne' terreni alle novelle.
87. Uva Zenzola (nera).
Vitigno mediocremente vigoroso. Fusto comune ; tralcio di
due anni bigio rossiccio con nodi molto diradali .• il novello ver-
de chiaro. Foglia rotonda, cinque lobata, poco incavata , picciol
seno alla base ove talora i lobi si toccano; margine dentato a
denti piccioli: colore verde aperto.- larga sette in otto decimi di
])almo; picciuolo e nervature verde chiaro; glabra la lamina superio-
re; la inferiore con rara tela aracnoidea, ed agli angoli delle ner-
vature traspariscono peli celluiosi. Fiorisce a principii di giu-
gno ; ritarda alquanto a sfiorare , il che è causa che patisce di
colatura ; manda via la corolla. Grappolo di mezzana grandezza, .
mollo raro: bacca rotonda, grossetta , di colore nero lucido^
sugosa , dolce , buccia durella .• matura nella metà di ottobre :
scarseggia in prodotto per la pochezza de' granelli : fa buon vi-
no, S' incontra comunemente.
88, Uva del palazzo ( nera ).
Vitigno vigoroso. Fusto comune .- tralcio di due anni bigio
rossiccio , con nodi a mezzana distanza , il novdlo verde chia-
( 63)
ro. Foglici ovale , cinque lobata con i lobi molto allungati . e
profondamente incavati; alla base quasi avvicinati/ al margine ,
denti allungati e nuovamente dentati .- larga sette decimi di palmo
per sei e più: colore verde aperto; picciuolo e nervature verde chia-
ro. Fiorisce a principii di giugno, presto sfiora e manda via la co-
rolla. Grappolo piuttosto grande allungato/ mezzanamente folto /
bacca rotonda , piuttosto picciola , di colore nero lucido , tene-
ra , sugosa , dolce ; fa buon vino ed è molto fruttifero. S' incon-
tra in molli terreni.
89. Ut^a anonima 22. (bianca).
Vitigno gentile. Fusto comune; tralcio di due anni cinericcio
con nodi avvicinali/ il novello verde chiaro. Foglia ovale cinque lo-
bata molto incavata, largo seno alla base/ margine dentato a denti
allungati/ larga sette per sci decimi e più/ colore verde aperto/
picciuolo e nervature verde chiaro / lamina superiore glabra, la
inferiore sparsa di peli celluiosi. Fiorisce a principii di giugno;
e ritarda alquanto a sfiorare mandando via la corolla / grappo-
lo picciolo molto raro / bacca piuttosto piccola , dura ', polpo-
setta , dolce , sugosa , colore giallelto dorato , scricchiola tra den-
ti , è aspra la buccia. Matura nella metà di ottobre e fa vino
eccellente. Mediocremente fruttifero , ma dà poco prodotto. Ra-
ro s" incontra.
90. Uva anonima 23. (bianca).
Vitigno mediocremente vigoroso. Fusto comune / tralcio di
due anni cinericcio cupo con epidermide fenduta longitudinal-
mente ; con nodi avvicinati ; il novello verde chiaro. Foglia ro-
tonda , cinque lobata , molto incavala , seno alla base : a for-
(U)
ma di slclla : colore verde alquanto chiaro frammisto a color
pistacchio : dentala a denti acuminali , picciuolo e nervature ver-
de chiaro : la lamina superiore glahra ; la inferiore del pari , e
solo all' inserzione de' nervi al picciuolo pochi peli celluiosi. Flo-
sce a principii di giugno, presto sfiora e manda via la corolla;
ed in fine di scllemhre è perfetta matura. Grappolo accorciato,
alquanto ramoso alla hase , folto: hacca ineguale, piuttosto gran-
de , rotonda di un bel giallo dorato , polposa , denza , buccia
durctta , scricchiola tra denti , gradita al palato , ed ottima per
tavola. Raro s' incontra.
91. Uva anoìiima 24- ( bianca ).
Vitigno mediocremente vigoroso. Fusto comune : tralcio di
due anni cinericcio con nodi a mezzana distanza .• il novello ver-
de chiaro. Foglia quasi rotonda , cinque lobata , molto incava-
ta . i lobi alla base si accavalcano ; regolarmente dentata ; lar-
o-a dieci decimi di palmo ; colore di un bel verde ; picciuolo e
o ...
nervature verde bianchiccio ; la lamina superiore con rarissimi
filamenti aracnoidei.- la inferiore coverta di fìtta tela aracnoi-
dea e vi traspariscono di sotto peli celluiosi a' lati delle ner-
vature. Fiorisce a principii di giugno, presto sfiora e manda
via la corolla. Grappolo allungato , ramosetto , raro.- bacca 0-
vale vantaggiosa in grandezza , di un bel gialletto lucido do-
rato , sugosa , dolce , con buccia dura e ne traspariscono i se-
mi. Fa vino eccellente; matura nella metà di ottobre e non in-
farcisce. É sufiicicntemenle fruttifero , ma non molto comune.
92. Uva anonima 2Ò. (nera).
Vitigno vigororo .■ fusto comune .• tralcio di due anni bigio
_ _ (65)
scuro con nodi avvicinali , il novello verde eli laro. Foglia (ra il
rotondo e l' ovale , cinque lobata , incavala sino a metà ; pic-
ciolo seno alla base : margine denlato a denti acuti ed inegua-
li : larga sette in olio decimi circa , colore di un verde carico,
alquanto crespa ; picciuolo e nervature verde chiaro : la lamina
superiore con peli celluiosi su i nervi , e rari filamenti arac-
noidei. Fiorisce alla prima metà di giugno , presto sfiora e man-
da via la corolla. Grappolo grandetto accorciato , ramoso, piut-
tosto follo con peduncolo gracile. Bacche nere, rotonde , disu-
guali, vantaggiose in grandezza, tenere, sugose, dolci e fanno
buon vino. Nella metà di ottobre il frullo è maturo. E sufiicien-
temente fruttifero , e non mollo comune.
gS. Uva anonima 26. ( nera ).
Vitigno gagliardo. Fusto annoso comune ; tralcio di due
anni bigio tendente al color cannella , con nodi avvicinati , il
tralcio novello verde chiaro. Foglia ovale cinque lobata , poco
incavata, seno alla base: margine dentato a denti piccioli ed
acuti: colore di un bel verde; picciuolo e nervature verde chia-
ro.- larga sette per sei decimi di palmo e più.- glabra la lami-
na superiore ; la inferiore con peli celluiosi su le nervature e
rari filamenti di peli aracnoidei. Fiorisce a principii di giugno,
presto sfiora e manda via la corolla. Grappolo molto smilzo a
segno che i granelli sembrano impiantati sul racimolo ; lungo
fino a due palmi circa , poco ramoso alla base ; folto. I gra-
nelli vengono costantemente parte di mezzana grandezza e par-
te molto piccioli, rotondi , sugosi e polposetti ; molto dolci, ne-
ri , buccia tenerissima, per il che son facili ad infarcire, e nei
primi giorni di ottobre son maturi. Molto fruttifero, fa buon vi-
no e raro s'incontra.
9
( 66 )
g^- Uva anonima 21. ( nera ).
Vitigno gagliardo. Fusto comune ; tralcio di due anni bi-
gio scuro con nodi avvicinati ; il novello verde chiaro. Foglia
rotonda ; cinque lobata appena tagliata , largo seno alla base ;
larga sette decimi di palmo e piìi : margine regolarmente den-
tato a minuti denti: colore di un bel verde.- lamina superiore
glabra , la inferiore con peli celluiosi agli angoli e lati delle
nervature. Fiorisce a principi! di giugno , presto sfiora e man-
da via la corolla. Grappolo di mezzana grandezza , non ramoso,
alquanto raro .• bacca semi-ovale , grandetta , sugosa con buccia
duretta e scricchiola tra denti, dolcissima, piacevole , nero-lu-
cida ; molto fruttifero e non infarcisce. Fa ottimo e gentile vi-
no. A principii di ottobre matura. Raro s' incontra.
9^. Uva anonima 28. ( nera ).
Vitigno mediocremente vigoroso .• fusto comune , tralcio di
due anni ciaericcio scuro , con nodi avvicinati ; il novello ver-
de chiaro. Foglia ovale , cinque lobata , poco 0 nulla incavata,
seno alla base : larga sette in otto decimi di palmo per sei e
più ; margine dentato con denti piccioli ed assottigliati : colore
di un bel verde ; picciuolo e nervature verde-chiaro: la lamina
superiore glabra , la inferiore coverta di tela aracnoidea. Fiori-
sce a principii di giugno , presto sfiora e manda via la corolla.
Grappolo alquanto piccolo non ramoso ; mezzanamente folto." bac-
ca rotonda , di ordinaria grandezza , nera , sugosa, dolce , buc-
cia duretta .• fa buon vino ed è sufficientemente fruttifero. Ma-
tura nella seconda metà di ottobre. Non è molto comune.
( 67 )
gB. Uva anonima sg. ( bianca ).
Vitigno siifTicientenienle vigoroso. Fusto comune; tralcio di
due anni cinericcio scuro , con nodi a mezzana disianza ; il no-
vello verde-chiaro. Foglia ovale, cinque lobata, poco o nulla
tagliata ; margine dentato a denti minuti .• colore verde carico ;
picciuolo verde-chiaro macchiato di rosso .• nervature verde-chia-
ro ; picciolo seno alla base: larga sette per sei decimi di palmo.-
la faccia superiore è glabra, la inferiore alquanto crespa cover-
ta di tela aracnoidea. Fiorisce nella prima mota di giugno, pre-
sto sfiora e manda via la corolla. Grappolo mezzano non ramo-
so , forte addenzato .• bacca picciola quasi rotonda , colore gial-
lo verdastro che biondeggia , dolce , sugosa , con buccia durel-
ta. Fa buon vino .• sufficientemente fruttifero .■ matura nella me-
la di ottobre e non è molto comune.
97. Uva song ine Ila ( nera ).
Vitigno gagliardo. Fusto comune .• tralcio di due anni bigio
con nodi distanti tra loro.- il novello verde-chiaro. Foglia ovale,
larga un palmo per otto decimi , cinque lobata profondamente
incavata , seno alla base .• margine dentato irregolarmente a den-
ti allungati e nuovamente dentati .• lamina superiore glabra ; la
inferiore con rari peli celluiosi. Grappolo mollo allungato , ra-
moso , raro.- bacca grande ghiadeforme , nera-lucida , polposa,
dolce; buccia dura, che scricchiola fra' denti ; pochissimo suc-
co : è buona per tavola. L' ho rinvenuta ne' terreni di Bosco ,
ma non in quantità.
98. Uva Madonna ( nera ).
Vitigno gagliardo. Fusto comune , tralcio di due anni bi-
(68 )
gio scuro , con nodi alquanto diradati ; tralcio novello verde-chia-
ro. Foglia ovale , cinque lobata appena incavata ; larga otto de-
cimi di palmo per sette e piìi ; colore verde-cupo ; picciuolo e
nervature verde-chiaro; margine dentato a piccoli denti; lamina
superiore glabra ; la inferiore coverta da tela aracnoidea molto
rara , con peli celluiosi agli angoli delle nervature. Grappolo
accorciato mezzanamente follo , poco ramoso alla base. Fiorisce
nella metà di giugno ; presto sfiora e manda via la corolla; bac-
ca rotonda , nera , di grandezza ordinaria , dolce e fa buon vi-
no. Matura nella metà di ottobre; suITicientemente fruttifero. E-
siste ne' terreni di Bosco.
99. Uva aglianica ( bianca ).
Vitigno gentile. Fusto comune; tralcio di due anni bigio ,
con nodi a poca distanza, il novello verde-chiaro. Foglia quasi
rotonda , cinque lobata , poco incavata ; seno alla base ; il mar-
gine irregolarmente dentato , e colore verde-aperto ; picciuolo e
nervature verde-chiaro ; lamina supcriore glabra , la inferiore
con tela aracnoidea , e traspariscono agli angoli delle nervatu-
re peli celluiosi. Fiorisce nella prima metà di giugno ; presto
sfiora e manda via la corolla. Grappolo picciolo , svelto^ raro.
Bacca rotonda, picciola , dolce , sugosa; colore gialletto. Ma-
tura dopo la metà di ottobre , e fa buon vino. Mediocremente
fruttifero. Trovasi ne" terreni di Bosco.
100. Uva zibirra ( bianca ).
Vitigno gagliardo. Fusto comune ; tralcio di due anni ci-
nericcio , con nodi a media distanza , il novello verde-chiaro.
Fiorisce nella prima metà di giugno , presto sfiora e manda via
(69)
la corolla. Foglia quasi infera, che appena segna i cinque lobi,
seno alla base , rotonda , larga sette decimi circa .- margine re-
golarmente dentato a minuti denti , glabra la lamina superiore ,
la inferiore egualmente ; ma agli angoli delie nervature si rav-
visano peli celluiosi. Colore verde aperto; picciuolo e nervature
verde-chiaro. Grappolo allungato ^ ramoso, sfolto. Bacche ovali
alhingate , ineguali; colore giallo dorato, polposette , sugose,
dolci , buccia duretta, gradite al palato; e fan buon vino. Mol-
to fruttifero. Matura nella metta di ottobre. Ne' terreni di Bosco.
loi. Uva olivella bastarda ( nera ).
Vitigno gagliardo. Fusto comune .• tralcio di due anni bigio
con nodi a media distanza ; il novello verde chiaro. Foglia ro-
tonda , cinque lobata profondamente incavata con seni , e seno
largo alla base; irregolarmente dentata a denti acuti; larga set-
te decimi di palmo .• colore verde cupo : picciuolo e nervature
verde-chiaro, con leggiere macchie di rosso : glabra la lamina
superiore ; la inferiore coverta di peli celluiosi , or folti or ra-
ri. Fiorisce a principii di giugno , e presto sfiora , mandando
via la corolla. Grappolo allungato, ramoso, piuttosto folto: bac-
ca ovale di grandezza ordinaria, nera , sugosa, dolce, fa buon
vino, e matura nella seconda metà di ottobre. Molto fruttifero.
102. Uva calabr esella ( nera ).
Vitigno gagliardo. Fusto comune : tralcio di due anni bigio
con nodi a media distanza : il novello verde-chiaro. Foglia qua-
si rotonda , cinque lobata appena incavata : larga otto decimi di
palmo circa : il margine si avvicina piìi al crenato che al den-
lato : colore verde cupo ; picciuolo e nervature verde-chiaro: la-
(70)
mina superioro glabra , la inferiore coverta di tela aracnoidea.
Grappolo molto allungato e smilzo. Fiorisce a principii di giu-
gno : presto sflora e manda via la corolla. Bacca nera , ovale ,
grandezza ordinaria; sugosa , dolce , polposetta che scricchiola
tra denti; fa buon vino, ed è molto fruttifero. Terreni di Bosco.
io3. Uva tintora ( nera ).
Vitigno gagliardo. Fusto comune : tralcio di due anni bi-
gio scuro , con nodi avvicinati : il novello verde-chiaro. Foglia
tra il rotondo e l'ovale , cinque lobata , incavata con seni , e
seno alla base: larga sette in otto decimi di palmo: margine ir-
regolarmente dentato : colore verde-carico ; picciuolo macchiato
(li rosso : nervature verde-chiaro : lamina superiore glabra , la
inferiore coverta di lacera tela aracnoidea, e negli angoli delle
nervature compariscono peli celluiosi. Fiorisce nella prima met'-
tà di giugno , presto sfiora e manda via la corolla. Grappolo
allungalo ramoso alla base, folto. Bacca picciola, rotonda, nera,
e scricchiola tra i denti ; succo molto colorito e dolce. Molto
fruttifero. Fa buon vino.
io4- Uva monaco ( nera ).
Vitigno gagliardo. Fusto comune : tralcio di due anni ci-
nericcio con nodi diradati : il novello verde-chiaro. Foglia ro-
tonda , cinque lobata , incavala con seni , e picciol seno alla
base: margine dentato a piccioli denti : larga sette decimi di
palmo circa : colore verde-carico ; picciuolo e nervature verde-
chiaro : lamina superiore glabra , la inferiore con rara tela a-
racnoidea. Fiorisce nella prima metà di giugno; presto sfiora e
manda via la corolla. Grappolo grande allungato; ramosetto al-
( 7' )
la base, follo. Bacca ovale vantaggiosa in grandezza, nera, hiic-
cia dura ed aspra , sugosa. Matura in fine di ottobre. Molto frut-
tifero. Fa vino duro e gagliardo. E ne' terreni di Bosco.
io5. Uva verdesca ( bianca ).
Vitigno alquanto gentile. Fusto comune: tralcio di due an-
ni cinericcio con nodi allungati : il novello verde chiaro. Fo-
glia ovale , cinque lobata incavata a larghi seni e seno alla ba-
se ; margine dentato a minutissimi denti : colore verde aperto :
picciuolo e nervature verde-chiaro : larga sette in otto decimi :
lamina superiore glabra : la inferiore coverta di fìtta tela arac-
noidea. Fierisce nella prima metà di giugno : presto sfiora . e
manda via la corolla. Grappolo accorciato , non ramoso , folto :
bacca picciola , verde giallognola che biondeggia a perfetta ma-
turità ; buccia duretta , succo molto liquido , dolce ; fa buon vi-
no : molto fruttifero. È ne" terreni di Bosco.
106. Uva del Prete del Pelosio ( nera ).
Vitigno gagliardo. Fusto comune : tralcio di due anni bi-
gio con nodi molto allungati: il novello verde-chiaro. Foglia qua-
si intera, con appena il segno de' lobi , rotonda, larga sette in
otto decimi : margine dentato a minuti denti : colore verde-ame-
no ; picciuolo e nervature verde-chiaro ; lamina superiore gla-
bra ; la inferiore con peli celluiosi e filamenti aracnoidei. Grap-
polo allungato e sfolto ; bacca grande , rotonda , nera , sugosa ,
dolce. Molto fruttifero. Fa buon vino. È ne' terreni di Bosco.
107. Uva Masiromatteo ( nera ).
Vitigno vigoroso. Fusto comune: tralcio di due anni bigio
'( 72 )■
carico , con nodi a media distanza: il novello verde-chiaro. Fo-
glia semi-ovale , larga otto per nove decimi di palmo circa,
cinque lobata , poco incavata , ed i lobi alla base si avvicina-
no : colore di un bel verde ; picciuolo e nervature verde-chiaro;
margine dentato a denti piuttosto piccioli : lamina superiore gla-
bra ; la inferiore con rari peli celluiosi , e lacinie di peli arac-
noidei. Grappolo mezzano, sfolto, poco ramoso: bacca rotonda,
nera , piuttosto picciola , buccia duretta , sugosa , molto dolce.
Fruttifero sulfìcientemente e fa buon vino. Matura nella metta
di ottobre. E ne' terreni di Bosco.
io8. Uva micco ( bianca ).
Vitigno vigoroso. Fusto comune: tralcio di due anni bigio
con nodi a media distanza , il novello verde-chiaro. Foglia ova-
le , cinque lobata , profondamente incavata , seno alla base ; i
lobi sono nuovamente tagliati ed irregolarmente dentati a mi-
nuti denti : colore verde-aperto ; picciuolo e nervature verde-
chiaro : larga sette per sei decimi di palmo : glabra la lamina
superiore , la inferiore sparsa di peli celluiosi. Fiorisce a prin-
cipii di giugno , presto sfiora e manda via la corolla. Grappo-
lo grande allungato ; ramoso alla base , alquanto raro : bacche
ovali di varia dimensione , da quella quasi dell' uva catalanesca,
fino a quella di un pisello : colore giallastro ; dolce ma acquo-
so , buccia duretta , e fa vino mediocre. Matura nella seconda
metà di ottobre. Sparsamente s' incontra, ma non in abbondanza.
109. Uva pane ( nera ).
Vitigno gagliardo. Fusto comune lussoreggiante : tralcio di
due armi bigio , con nodi a media distanza : ii novello verde-
(73 )
Ciiìaro. Foglia rotonda cinque lobata , profondamsnle incavala :
seno alla base , margine dentato irregolarmonle a denti profon-
damente tagliati : larga sette in otto decimi di pilino : colore
verde aperto, picciuolo e nervature verde-lucido: arab;i le la-
mine glabre. Fiorisce nella prima metà di giuguo , presto sflo-
ra e manda via la corolla. Grappolo grande , ramoso , piuttosto
folto : bacche semi-ovali , grandi , alternate da granelli piccio-
lissirai rotondi, colore nero rossigno : polpose , sugose che scric-
chiolano tra i denti. Buona per tavola: matura verso la fine di
ottobre. Mollo fruttifero.
iio. Uva Groja ( violetta ).
Vitigno gagliardo. Fusto comune : tralcio di due anni bi-
gio rossiccio, con nodi molto avvicinati: il novello verde-chiaro.
Foglia rotonda cinque lobata, incisa fino a metà: seno alla base:
larga sei in sette decimi di palmo : margine acutamente denta-
to : colore verde ameno : picciuolo e nervature verde-chiaro :
glabra la lamina supcriore, la inferiore con peli celluiosi negli
angoli delle nervature. Fiorisce nella prima metà di giugno ,
presto sfiora e manda via la corolla. Grappolo grande , ramoso
mezzanamente folto : bacca ovale, rotonda , vantaggiosa in gran-
dezza , color rosso violetto , polposa che scricchiola fra i den-
ti ; buona per la mensa , ma insipida \ matura in fine di otto-
bre. Sufficientemente fruttifero.
III. Uva Monarca ( bianca ).
Vitigno gagliardo. Fusto comune hissorcggianfe : tralcio di
dtie anni bigio con nodi mollo avvicinati. Foglia rotonda , cin-
que lobata, poco incavata, seno alla base ; larga sei in sette
IO
decimi di pilmo : margine dentato irregolarmente ; colore verde
carico : picciuolo e nervature verde chiaro : glabra ambo le la-
mine. F orisce nella prima metà di giugno , e ritarda alquanto
a sfiorare ; mandando via la corolla. Grappolo molto allungato,
non ramoso; alquanto raro perchè soggetto a colatura. Bacca
granf'e gliiandeforme con granelli piccioli frammisti : colore gial-
letto , che biondeggia ; polposa che scricchiola fra denti , di
grato sapore ; ottima per la mensa. Grandemente fruttifero. Ma-
tura a metà di ottobre. L' ho rinvenuta nel giardino dell' eremo
de' Camaldoli di Torre del Greco.
112. Uva Regina Isabella o ananas ( nera ).
Questo vitigno esotico, pervenuto nella raccolta de' vitigni
al Real Orto botanico da pochi anni , si sta rapidamente propa-
gando prr via d'innesti in queste contrade , dove mirabilmente
prova. Il suo abito particolare lo fa a prima vista riconoscere.
F, vigoroso. Il fusto di piìi anni si fa scuro tendente legger-
mente al rossiccio. Al terzo anno ne' rami 1' epidermide si fen-
de longitudinalmente e se ne distacca formando de' nastri , enei
sottoposto legno si forma 1' altra epidermide : il tralcio di due
anni è di colore scuro traente al rosso : la distanza tra nodi varia-
bile dipendente dal rigoglio della vite: il tralcio novello di color
verde chiaro , sparso di rare macchie rossicce ; foglia verde vi-
vo , di cui il picciuolo e le nervature son verde chiaro : roton-
da , quasi intera , e sol tre angoli nella parte superiore spor-
genti contrassegnano tre lobi, con seno alla base, ora stretto or
largo : margine dentato irregolarmente : larga fin ad un pal-
mo e quarto. La lamina superiore è glabra , ma talora vi si
rinvengono lacerazioni e sfioccature di peli aracnoidei : la infe-
riore coverta di densa tela aracnoidea : nulla affatto di peli cel-
(7^)
lulosi. Fiorisce verso la fine di maggio , presto sfiura e manda
ria la corolla. Grappolo di mezzana grandezza non ramoso, me-
diocremenle folto. Bacca rotonda , nera, piuttosto mezzana che
piccola, sugosa si ma tenace la polpa interna: nullo dolce e
di un'aroma tanto intenso che a taluno nausea. Fruttifero molto
e sovente manda da' tralciuzzi secondarli , ossia femminelle , de'
secondi grappoli. E siccome ne' luoghi meridionali e coUincschi
il primo frutto è maturo nella seconda metà di seltemhre, il se-
condo lo diviene verso la metà di novembre. Il vino cavalo da
«juesf uva è piuttosto nauseante perchè si altera con la fermen-
lazioue.
(7
6)
CATALOGO DELLE VARIETÀ DESCRITTE.
i.
Uva piede di palumbo
0 palom-
21.
Uva aglianicone .
nera
bina
nera
28.
Uva cannamele. . '
nera
2.
Uva coda di cavallo.
bianca
29.
Uva spollccarella .
nera
3.
Uva anonima 1.
bianca
30.
Uva ferrante .
nera
4.
Uva galletta. . .
violetta
31.
Uva pernice . .
nera
5.
Uva olivella ....
nera
32.
Uva moscatella, e mo
6.
Uva di tarantino.
nera
scalcilone .
bianca
1.
Uva rosa.
bianca
33.
Uva falangliina. .
bianca
8.
Uva di capotuosto . .
nera
34.
Uva duraca
bianca
9.
Uva priore .
nera
3').
Uva pruna .
nera
10
Uva forcinola o porci
36
Uva vctrancone .
nera
noia
nera
31.
Uva barbarossa
rossa
11
Uva colagiovanni .
nera
38.
Uva di donnotlavio.
nera
12
Uva lugiiese . .
nera
39.
Uva anonima 3. .
nera
13
Uva dolciolella o dol-
40.
Uva coda di volpe
nera
cetta ....
nera
41.
Uva rosa . . .
nera
14
Uva castagnara o San-
42.
Uva sanfrancisco .
rossa
tamaria ....
nera
43.
Uva lugliesella.
nera
13
Uva sauginella.
bianca
44.
Uva anonima 4. .
nera
16
Uva catahincsca .
bianca
45.
Uva razza di Carruozzo,
nera
n.
Uva corniola . .
bianca
46.
Uva grecagna . .
bianca
18.
Uva signora . . .
bianca
41.
Uva pignolata o pignola
nera
19.
Uva tostolella o dura-
48.
Uva campanella verace
bianca
cina
bianca
49'.
Uva campanella bastar-
20.
Uva marrocca . .
nera
da
bianca
21.
Uva di voccuccio . .
nera
50.
Uva anonima 5. . .
nera
22.
Uva fetecci. .. . .
nera
51.
Uva di Palladino . .
nera
23.
Uva inarrocca .
bianca
52.
Uva greca .
bianca
24.
Uva anonima 2. .
nera
53.
Uva guarnaccia . .
nera
25.
Uva aglianica verace .
nera
54.
Uva fiore . . . .
bianca
26.
Uva agliauicLcUa di
55.
Uva barone. , . .
bianca
Sansevcriuo . . .
nera
56.
Uva anonima 6 . .
bianca
( 77 )
51.
Uva
zibibba
.
bianca
85.
Uva
masto . . .
nera
58.
Uva
rossolclla
.
nera
HO.
Uva
anoninra 21 .
nera
59.
Uva
soricclla
.
bianca
81.
Uva
zenzola
nera
60.
Uva
anonima
1 .
nera
88.
Uva
del palazzo .
nera
61.
Uva
anonima
8 .
nera
89.
Uva
anonima 22 .
bianca
62.
Uva
nocella
.
nera
90.
Uva
anonima 23 .
bianca
63.
Uva
tercsella
,
nera
91.
Uva
anonima 24 .
bianca
64.
Uva
Ialina .
.
bianca
92.
Uva
anonima 25 .
ncr;i
65.
Uva
anonima
9. . .
bianca
93.
Uva
anonima 2G .
ni^ra
66.
Uva
anonima
10 .
nera
94.
Uva
anonima 21 .
neia
67.
Uva
anonima
11 .
nera
95.
Uva
anonima 28 .
nt.-ra
68.
Uva
tostolella
0 dura-
9G.
Uva
anonima 29 . .
bianca
Cina
.
.
nera
91.
Uva
sanginella. .
nera
69.
Uva
porcbiac(
'bella
nera
98.
Uva
madonna .
nera
10.
Uva
scassacarrcHa.
nera
99.
Uva
aglianica . .
bianca
H.
Uva
castagnai
ella del-
100
. Uv<n
i zibirra . .
bianca
la Torre .
• •
nera
101
. Uva
i divella bastarda
nera
12.
Uva
anonima
12 .
nera
102
Uvn
i calabresella .
nera
13.
Uva
malv.isia
.
bianca
103
Uva
tingitora . . ,
nera
14.
Uva
della terra pro-
104
. Uva
i di monaco. .
nera
messa . .
-
nera
103
. Uva Tcrdesca. .
bianca
15.
Uva
anonima
13 .
nera
100
. Uva del prete del pe-
16.
Uva
anonima
14 .
bianca
losi© ....
nera
n.
Uva
anonima
15 .
nera
101
. Uva mastromatteo
nera
18.
Uva
zizza di
vacca
nera
108
Uva
micco
bianca
19.
Uva
anonima
16 .
nera
109
. Uva pane .
nera
80.
Uva
zi tara .
•
nera
HO
. Uva groja. . .
rossa
81.
Uva
anonima
11 .
bianca
111
. Uva monarca. .
bianca
82.
Uva
anonima
18 .
nera
112
. Uva Regina Isabelk
i
83.
Uva
anonima
19 .
bianca
0 ananas. . . .
nera.
84.
Uva
oacnima
20 .
nera
( 78 )
GAP. III.
Classificazione delle diverse varietà' di uve per gli usi.
Cagioni del gran numeìio loro.
§. I.
Classificazione delle diverse varietà per gli usi.
Di tutte le varietà da me descritte , tranne poche , tutte le
altre quale più quale meno , sono gradevolissime a mangiare ;
ma quelle che in ispecie si destinano per gli usi della mensa,
sono la moscadella , il moscadellone , lo zibibbo , la sanginel-
la , la galletta, la corniola^ la barbarossa, la duraca , la du-
racina bianca , la groja , la rosa, alcune delle anonime, la ca-
talanesca e la monarca , che a tempi diversi, a cominciare dal-
la fine di agosto e principii di settembre a tutto la fine di ot-
tobre vengono a maturità, e talune conservar si possono per tut-
to il verno , quali la duracina bianca , la groja , la corniola e
la catalanesca. Tutte ancora possono dar vino , sebbene scarsa-
mente , quale gradevolissimo , come la moscadella , e lo zibibbo ,
e quale generoso e nobile come la catalanesca.
Ott'.me a fare uve passe sono lo zibibbo , il moscadellone,
la duraca , la sanginella , la catalanesca , e la monarca ; ed o-
gni altra varietà che sia polposa e di buccia duretta.
Tutte le altre varietà vanno destinate alla fabbricazione del
vino , e in generale mischiando uve bianche ed uve nere. Ma
chi ama avere vini migliori separa le une dalle altre, fabbrican-
do a parte il vino bianco con le prime, per il quale va adope-
ralo anche metodo diverso, e meglio mettendo pure a parte l'uva
rosa che dà vino alquanto leggiero ed aspretto , ma pur grazio-
(79 )
so , quello bensì della zona media su la cosla sud-ovest ; ed ii-
nendovi anche la calalanosca che accresce forza e sapore al vi-
no. E se questa ultima si faccia asciugare al sole per alquanti
giorni e separatamente sen cavi vino, si ottiene un liquore squi-
sitissimo. Dalla mistura delle quali uve bianche , della seconda
e terza zona , si ottiene quell' eccellente vino chiamato lacrima
])ianca , da Portici a Bosco , o vino greco a Somma.
Tutte le uve nere , fuse insieme , danno vino rosso . elio
so raccolto dalla zona inferiore è chiamato mezza lacrima , so
dalla media , lacrima fina , e se dalla superiore , il suo pre-
gio sta tra mezzo all'uno ed all'altro vino. Se poi si volesse un
vino per eccellenza squisito, generoso , amabile ed aromatico ,
dovrebbcsi fare scelta delle uve , e predeligere 1' aglianica , sia
verace che di Sanseverino , la pignola , 1' olivella , la dolciolel-
la , la capotuoslo , la palombina , la priore e quelle da me no-
tale tra le anonime num. 2,7, io, 12, 18 e 27.
Le altre varietà di uve nere , sebbene nou abbiano tut-
te il medesimo pregio , sia per la qualità del vino che cia-
scuna farebbe a parte , sia per l' abbondanza del prodotto , tran-
ne solamente la marrocca nera e la voccuccio , che danno un
vino durissimo , gagliardo e di lunga durata , e perchè tale ha
bisogno degli anni per maturarsi , tutte esse diceva , unite insie-
me , somministrano vino gradevole , di sufficiente vigore e buo-
no ad usare a capo di sei mesi.
Non vuoisi ancor trascurar di notare , che i vini raccolti
dalle coste sud od ovest del Vesuvio son superiori a quelli del-
la cosla nord ed est del Somma.
( 8o )
§. 2.
Cagioni del gran numero di varietà.
Se come abbiam notalo , non tiilfe le uve banno il mede-
simo pregio , sia per la bontà del vino , sia per 1' abbondanza
del frutto , sia per le malattie cui van soggette, talune più, al-
tre meno , ed ancora perchè di moltissime varietà sonovi delle
sottovarietà d' indole alquanto più sai valica , il cui comporta-
mculo diverso si appalesa nella inTiorescenza più ritardala e nella
fruttificazione, sembra certamente una sconsigliatezza quella di al-
levare alla rinfusa tante razze, e buone e malvage, mentre ogni
ragione vorrebbe stringerne il numero a poche varietà e le mi-
gliori. Accusa questa che principalmente colpisce i possidenti di
poderi mascosi con terra di fuoco su la china sud-ovest del Ve-
suvio ove rinviensene il più gran numero.
Or causa di ciò, è parte necessità naturale, e parte incu-
ria ed avidità de' coltivatori.
Per la prima, io l'ho già dianzi accennato; che i coltiva-
tori di questi poderi debbonsi provvedere altrove di magliuoli o
barbatelle per far piantagioni ed aumenti. Ma poiché sono in
questa stretta necessità, dovrebbero fuggire i mercati per la com-
pra de' magliuoli e delle barbatelle, ed invece ricercarne nei po-
deri conosciuti , con anticiparne la richieita ad epoca in che il
frutto è pendente , per riconoscere le razze , e conosciutele , non
farsi abbagliare dall' abbondanza del frutto , qualora questo sia
di spregevole qualità, ma determinarsi per le qualità lodate. Ed
oltre a ciò porre mente su la simiglianza o dissimiglianza del
terreno e delle meteore che vi sogliono avere efficacia , ed an-
cora farsi dotto su le razze che ben provano nel suo terreno.
X)el che nulla fauno, e comprano magliuoli e barbatelle alla
( 8' )
cicca , basta cbc gli uni e le allre siano luughi e di buon
aspetto.
Intanto avviene cbc delle buone razze di uva cbe ben pro-
vano nella zona inferiore , traspariate nelle altre due zone o si
rendono poco frutliferc o soggette alla colatura percbè ritardano
a sfiorare ; cangiamenti questi die talora si verificano ancora tra
luogo e luogo della medesima zona.
Infine i coltivatori di buon grado si accontentano delle tan-
te razze, sebbene non tutte buone, e dicono cbe 1' una e 1' al-
tra col mescolamento si temperano e danno per prodotto un vi-
no sufficientemente buono, e cbe poi l" abbondanza delle une
compensa la scarsezza delle altre, e laddove sen veriflobino di
quelle del tutto infruttifere, si ricorre alla nesta,
C A P. IV.
Coltivazione de' vitigni.
§. I.
Maniera di tenere le viti.
Nel generale in queste contrade le viti si tengono a festo-
ni , ma allevate senza metodo costante, a pancate o ad arboscel-
li , e veggonsi alla rinfusa e più sovente nella zona inferiore
addossate parte a pioppi e parte a pali; e nelle altre zone seb-
ben piìi rari fossero i pioppi, pur nondimeno ove le viti ab-
biano buona crescenza le fanno montar sempre su, senza obbli-
garle a non oltrepassare uua data altezza, a segno di esser ne-
cessitati di darle per sostegno con grave spesa un palo grosso e
lungo, cbe anzi che pancata, rassembra quella vigna allevata a
(82 )
grosso arboscello. La quale usanza si rincontra più sovente nei
terreni al sud-ovest e nord-est del Vesuvio , che negli altri luo-
ghi, come sarebbero i terreni di Bosco trecase posti al sud, ove pro-
priamente è quasi generale 1' uso della pancata a discreta altezza.
Molto meno si rincontra disposizione e regolarità di filari,
e discreta equabile distanza tra le poste delle viti ; ed invece
son queste molto tra loro vicine di tre a quattro palmi. Dal che
deriva che ligando festoni in tanta vicinanza e per tutte le di-
rezioni , ti sembra talora di vedere piuttosto un continuato per-
golato, che ombreggia soverchiamente non solo il terreno, ma
anche il frutto si priva de' benefici raggi del sole , e della cir-
colazione dell' aria , sicché spesso il vedi non giungere a per-
fetta maturità. A questo aggiungi gli alberi da frutto che fram-
mezzo alle viti si allevano, i quali mentre accrescono l'ombra con
la loro cliioraa , con le loro radici sfruttano il terreno a dan-
no delle viti.
Se cosi veggonsi nella generalità de' poderi le vigne alle-
vate , non manca di rincontrare qualche raro e discreto podere
vitato che servir dovrebbe di norma agli altri. Quivi rincontri
le viti piantate a poste contenenti due tre o quattro viti ; e le
poste ordinate a filari , serbanti la equabile distanza di sei , set-
te e otto palmi 1' una dall' altra : i filari che scorrono da mez-
zogiorno a setienfridnc , e 1' un filare discosto dall' altro di quan-
to è la distanza fissata tra le poste , e messe in guisa le poste
di tutt' i filari che ciascuna corrisponde a quella degli altri , a
sesno da costituire tanti altri filari nella direzione di oriente ad
occidente ; di tal che ogni quattro poste costituiscono un qua-
drato equilatero : e questa disposizione vien per quelle contrade
conosciuta col nome di quadro e squadro. Le viti di ciascuna
posta aggiogate ad un palo , tolti via i pioppi ed ogni altro albero
da frutto, I tralci fi'ulti.'^eri delle viti di ciascuna posta connessi e
(83 )
^iunlali con quc' dulie poslc propiiigiic ad uno o più ordini , ma
sol de' filari clic scorrono da mezzogiorno a scUeiilrioue senza
mai congiungerli col fi laro a rincontro , e ciò perchè godesse-
ro de' raggi solari in lutto il corso della giornata , senza om-
breggiarsi a vicenda , e senza privarsi dell' utile ventilazione.
Quale disposizione rende sgombro il terreno non meno per 1 la-
vori a praticarsi , che libero il contadino a scorrere 1 filari per
le varie operazioni da eseguirsi intorno alle viti nel corso
dell'anno.
A ciascun palo va pur adattato un ramoscello o frasca di
pioppo perchè vi si potessero avviticchiare i novelli germogli ^ e
non essere obbligalo più volte , nel corso di loro crescenza , di
legarli al palo con giunco o vimine per non lasciarli spenzolati
esposti ad essere schiantati o rotti dal vento.
L' altezza cui si fanno elevare queste viti non è maggiore
da tre ad otto palmi circa , facendole da tal estremo punto cor-
rere orizzontalmente nella direzione de' filari senza farle molto
discostare d.V pedali. Questa discreta altezza è consigliata da piiì
ragioni : perchè la soverchia elevazione espone le viti agli ol-
traggi de' forti venti , che ne fan pure ritardare la maturità del
frutto : perchè richiede grossi pali in loro appoggio a scapito
di economia ; perchè i lavori da praticarsi in esse viti si rendo-
no più malagevoli con perdita di molto tempo per il frequente
uso delle scale a tre piedi.
Pianlagione , allevamento^ pofagioneec.ee. delle vili.
( A. Piantagione. )
La piantagione delle Titi si fa scavando formelle nella sta-
(84)
te e talora ancora in autunno , le quali , se larghe quattro pal-
mi in quadrato, si chiamano /o**/, se larghe palmi due e lun-
ghe quattro, si dicono fosse. Ne' primi son piantate quattro po-
ste ne' quattro angoli , ognuno a tre o quattro magliuoli o an-
che barbatallc : nelle altre si piantano due poste ne' due lati mi-
nori. Queste ultime è uopo esclusivamente praticare laddove il
viteto è ordinato a tutta regola di filari a quadro e squadro ;
le quali fosse nel piantarvi i magliuoli si allungano scavando
maggiormente il terreno ne' due estremi verso la superficie per
farli sporgere dal suolo alla definita distanza.
Questa piantagione si fa in autunno ; in che le formelle
non si colmano per intero , lasciandole aperte in tre o quattro
palmi perchè si potessero saturare di acqua e di principii ali-
mentizii dell' atmosfera. Nel colmarle si deve usar la cura di far si
che le pietre e i ciottoli piombano nel mezzo , ed intorno a'
magliuoli il terreno scevro di essi , perchè non vi facessero pia-
ghe , e perchè fosse facile lo svolgimento delle radici.
É cfinmendevole in tale operazione ingrassare la formella
alla profondità di quattro palmi dal suolo con erbe verdi o sec-
che , vinacce o letame vegetabile. Quindi nel mettere primave-
ra si finiscono di colmare.
La profondità delle formelle è varia secondo la natura del
suolo e de' varii strati di esso. Ne' terreni mascosi , quelli cioè
sovrapposti a lava basaltica , la pratica inveterata ne ha ammae-
strati doversi quelle profondare fino a giungere ed anche rom-
pere le scorie della lava, che i contadini chiamano catracchie:
profondità questa che varia ne' diversi punti dello stesso terre-
no , talora di tre o quattro palmi fino ad oltre venti.
Nelle terre così dette novelle o terre vecchie , ove si tro-
vino composte di strati diversi , si profondano fin là ove si rin-
contra lo strato di pozzolana bigia • che se tale è lo strato su-
( 85 )
pcriore ed ha molla altezza , le formelle si arrestano alla pro-
fondità di palmi dodici.
Talora addiviene , clic questo strato di pozzolana è alia
profondità di circa 4-t» palmi , e le fosse un tempo , con gra-
ve spesa, profondaransi fin là per aver viti rigogliose e di
lunga durata ; quando cioè la rendita della vigna compensa-
va con usura la spesa; ma da molti anni a questa parte in
elle il vino non dà il prezzo di una volta , i coloni sopportar
non potendo quella spesa che non è compensala dal prodotto,
si arrestano alla profond tà tra dodici o quindici palmi , o
non omettono frammiscliiare erhe , foglie o alquanto letame al
terreno , con che colmano la fossa istessa. Questo strato di
pozzolana bigia a tanta profondità sovrapposta da svariati strali
può vedersi no' terreni al Granatello , tagliati per la strada fer-
rala , ed anche più innanzi verso Torre del Greco.
La lunga esperienza ha insegnalo a quella profondità pro-
sperar meglio i raiigliuoli , tuttocliè si vedessero le principali
radici dello viti barbicate alla profondità non più che di due
in cinque palmi. Ed avendo io voluto assicurarmi del vero e
scrutinarne le fisiche ragioni , su la scorta delle varie inter-
rogazioni dirette a' più assennati agricoltori , son venuto a ca-
po di assodare questi principii : Glie il magliuolo nella prima
sua età, attingendo alimento per la sua estremità inferiore, de-
ve porsi nel fondo della fossa : Che ne' terreni mascosi su le
cairacchie si trova non solo terra vergine , vai dire terra non
peranche sfruttata da alcuna vegetazione , che altro non è che
scorie sfarinate , piene di umidità e grassume , come sonomi
assicurato con propri occhi nell' esaminare il terreno cavato da
mezzo le scorie e trovatolo pingue ed untuoso, tal che ristretto
nella mano , si ammassa , qual cosa non accade nella vera poz-
lolana delta di fuoco , che è più al disopra delle scorie , la qua-
• (86)
le rimane sempre sciolta per quanto si potesse stringere. Il che
è il carattere di cui si valgono i muratori nel ricercare la buo-
na pozzolana di fuoco per cemento , la qaale forma ima malta
fortissima, essendo priva di ogni materia organica.
Il quale grassume o specie di umus prowiene non d" altro
che dal disfacimento delle sostanze vegetabili ed animali che suc-
cede nella superficie della terra e che l'acqua ivi trasporta e de-
posita per lo facile infiltramento che incontra nel terreno sabbio-
noso volcanico . che non la contiene : ove pur rinviensi quella
perenne umidità necessaria all' assorbimento del vegetabile. A
tal modo nudrito U maghuolo nella prima età, si rende capace
a mettere le radici da' nodi di esso che sono più sa.
Dalla qualità che le cosi dette terre di faoco posseggono
di essere facilmente attraversate dalle acque . e di risentire al
contrario gagliardemente l' azione del sole , ne viene che le uve
delle viti in queste terre radicate sono le più zuccherine di tut-
te , e i vini di esse primeggiano sopra tutti gli altri.
Altra prova che quel terreno cavaticcio dal fondo della fos-
sa sia molto fertile, si ha da che i contadini ciò conoscendo per
fatto , dopo colmato la fossa , ove han cura di far cadere pria
il terreno superficiale , e quel del fondo rimanere al disopra ,
quivi han costume di piantare piante erbacee ed ortaggi che be-
nissimo vi prosperano.
L' analisi chimica di questo terreno cavaticcio da sopra le
scorie della lava può renderci instrutti delle sostanze che in es-
so stanno : qual cosa è ne" miei proponimenti ; e queste indagi-
ni potraimo meglio concorrere al vasto lavoro propostosi dal R.
Istituto.
Per le terre dette novelle o vecchie si verificano condizio-
ni ad un dipresso simih. Profondando le fosse nella pozzolana
bigia , che essi chiamano pozzolana vecchia o vergine , che pur
(87)
volcanica è, si ba terra non depauperata da vegetazione , umida
sempre perchè tenace ed atta a contener I" acqua. E ciò è tan-
to incontrastabile , che (|ualora nel cavare una fossa s' incon-
tra essere stata nel medesimo luogo altra volta pur cavata hi
terra , augurano male per la prosperità de" magliuoli , dicen-
do esser quella una fossa vecchia , ove non trovano terra ver-
gine ; e nel fallo ho cosi veriGcato.
( B. Allevamealo. )
Quanto all' allevamento del magliuolo, la pratica invetera-
ta seguita generalmente da' nostri agricoltori si è di lasciarli
per tre o quattro anni abbandonati a sé stessi senza toccarli
col ferro , e la ragione che ne danno si è che cosi la vile
fortemente si radica , e che allorquanlo al quarto o quinto an-
no la potano, lasciando una sola messa, mozzata all' altezza di
un palmo, la veggono rigogliosamente vegetare, per modo che
nell'anno appresso possono vieppiù alzare il tronco, e ucU" al-
tro anno ove veggasi prosperoso e con tralci robusti , impostar-
la , ossia aggiogarla con lasciarle ahiuanlo di più del tralcio
novello perchè dia frutto , il quale si piega circolarmente in
giù, o si liga orizzontalmente al tralcio di una vite della po-
sta vicina, con giunta o senza a formar festone. E di anno
in anno il tronco gradatamente si eleva.
Io ho messo a prova un metodo diverso , cioè di potare il
magliuolo fin dal primo anno alla stagione consueta della pota
della vigna, lasciando due soli occhi ad una sola messa, e dan-
dogli un picciol sostegno per ligarvi i novelli germogli. A tal
modo si ha più presto la formazione del tronco, poiché tutta la
nutrizione si spiega in due sole messe, e viene altresì ben con-
formalo senza quella protuberanza che d' ordinario si forma alla
(88)
base. Pratica non del tutto sconosciuta , perciocché evvi taluno
che pur la segue e se ne loda.
Ho veduto per esperienza prosperar meglio le viti qualóra,
giunto il tronco ali" altezza di un tre o quattro palmi circa , se
si presenta di huona vegetazione , sì fa bipartire in due ra-
mi, e da questi far mettere i tralci fruttiferi, anziché dalla som-
mità del tronco, ivi recidendo tutto il soverchio; dal che ne se-
gue quello allungarsi sempre pieno di cicatrici e tuberosità che
gli arreca senza dubbio una morbosità. Altronde con quella bi-
partizione si obbliga il succo a scorrere per due vie , e quindi
a rallentare la sua naturale celerità per la somma porosità del tes-
suto della vite , e così meglio elaborarsi per la nutrizione e la cre-
scenza del frutto, invece di spiegarsi in lussoreggianti pampini.
( C. Potagione. )
Nel potare le viti da esperti agricoltori si tengono in que-
ste contrade le seguenti pratiche. Si cura dapprima nettare il
tronco da^ piccioli germogli e gemme che siensi formate su i no-
di ; nel che debbesi procedere delicatamente per non lasciar
piaga su la corteccia. Poscia da' rami o braccia della vite si re-
cidono i tralci che han fruttificato al punto da lasciargli indie-
tro i migliori tralci novelli che abbia mandato; purché non abbia
alla sua estremità qualche più robusto tralcio che converrà lascia-
re in preferenza fra i tralci fruttiferi della vegnente stagione.
Il numero di questi tralci fruttiferi da lasciare è additato
dall' età e vigoria della pianta ; onde saranno uno o due per ra-
mo 0 anche più ; ma se non è vigore sufficiente nella vite o che
sia giovine, si lascia un solo tralcio ad un solo braccio non mol-
to lungo , e neir altro pochi soli occhi di altro tralcio affin di
conservare V equilibrio del succo in ambe le braccia.
( fig )
Talora accadendo elio uno de" bracci non abbia mandato buo-
ni tralci e si mostra intristito, si recide l'intero braccio, aven-
do cura di lasciare noli' altro una porzione di tralcio novello ,
ma indietro al tralcio fruttifero per surroganti il braccio reciso.
I tralci fruttiferi si mozzano alla lunghezza di tre^ quattro o cin-
que palmi secondo la loro vigoria, e secondo che i nodi son
più o meno tra loro avvicinati , mentre ove la natura del viti-
gno manda tralci con nodi avvicinati è mestieri che si recidano
sempre più corti. Io ho trovato A^antaggioso lasciare piuttosto uu
tralcio di più , ma tutti accorciati , anziché uno di meno, e lunghi.
I tralci fruttiferi si mondano da' viticci e da' polloncelli che
sono alla base della gemma ; ma in ciò fare pongasi cura a non
eseguire il taglio rasente il tralcio , il clic opera la ferita in
troppo vicinanza alla gemma, la quale perciò o intristisce o ar-
hortisce del tutto , ma invece si lascia un frustolo del tralcioli-
no al dorso della gemma. Diligenza questa d' ordinario trascura-
ta onde avviene che molte gemme o vanno via per metà, o re-
stan ferite, e cosi o non germogliano o danno meschino ed in-
fruttifero germoglio.
I tralci fruttiferi si piegano orizzontalmente e si congiugo-
no con gli altri della posta vicina del medesimo filaro, o si li-
gano con giunta di qualche sarmento reciso o con cordicina di
])aglia al palo di essa posta.
E pure d' avvertirsi che ove i capi fruttiferi giungano a li-
garsi tra loro direttamente è uopo succidere 1' ultimo occhio ad
entrambi, o-due ad un solo ^ dal perchè per effetto di quella
picciola ligatura i succhi ivi arrestandosi , quelli mandano mag-
gior copia di uva, la quale si agglomera ed ammassa, e pria
di maturarsi perfettamente, infarcisce, mentre che molti occhi
inlermcdii falliscono , da che il succo si arresta in maggior co-
pia air estremo.
( 90 )
Qualora sonovi molti tralci fruttiferi da connettere, si dis-
pongono essi a molti ordini in guisa da formare spalliera, fi-
vitando di ammassare insieme due o più tralci perchè produr-
rebbero confusione ed iufrascamento allorché le viti prendono
a germogliare, ed il frutto grandemente ne patisce.
La piegatura al tralcio è necessaria perchè lasciandolo an-
dar diritto minor frutto darebbe. Anzi qualora si tratti di viti-
gno i cui tralci portano nodi distanti tra loro , de' quali pochi
ne germogliano perchè il succo in essi troppo rapido scorre, ò
utilissima cosa dare a' tralci una contorsione o una sforzata pie-
gatura quasi circolare, perchè meglio fruttificasseso. In genera-
le è da aversi per massima che qualunque opera ne' tralci che
possa dare per effetto il rallentamento del corso de' succhi , ren-
donsi quelli alti a dare frutto più abbondante.
Da ultimo è mestieri adattare alla estremità del palo una
frasca o ramo di pioppo capovolto perchè i novelli tralci vi si
potessero avviticchiare.
Il descritto lavoro addiraandasi pota d' inverno , che per i
terreni collineschi 1' epoca più adatta è dalla fine di novembre
a tutto decembre , mentre ne' luoghi bassi e terreni sostanziosi
è più opportuno eseguirla tra febbraio e marzo per far disper-
dere parte dell' abbondante succo acqueo.
( D. Dello spollonare. )
Oltre alla potagione invernale è necessario per questi vi-
gneti , massime per i terreni della seconda e terza zona , ese-
guirsi in primavera un' altra potagione , che dicesi di maggio ,
o scapezzatura. Vale spollonare, e sta iu ciò. Nel mese di mag-
gio bisogm percorrere tutti i filari delle viti ; mondare di esse
il tronco ed anche le braccia di tutti i piccioli polloni che qua
(90
e là si trovano spuntali , svcUcnduli con mano .1 ritroso. Dei
polloni clic spuntano alla base de' tralci fruttiferi bisogaa eleg-
gere alcuni de' migliori ed assicurarli con giunco al palo per-
chè crescendo si potessero avviticchiare alla frasca , e non com-
portando questa disposizione si coricano e ligano sul festone.
Questi sono i capi fruttiferi dell" anno seguente. Intendesi dover-
ne serbare sempre uno 0 due di più di quelli che realmente bi-
sogneranno , e ciò a riserva: tutte le altre messe se si presen-
tano sfornite di racemi , si tolgono del tutto, se con racemi, si
mozza la cima per far si che il succo meglio nutrisca il frutto.
I più diligenti agricoltori ripetono questa operazione nella
prima metà di giugno.
( E. Della spanapanazionc. )
Da ultimo è costume praticare la sfogliazione un mese in-»
Danzi circa la maturazione del frutto , per meglio scovrire i
grappoli a' raggi solari , afTm di accelerarne la maturazione ed
il colorimenlo.
Ma questa pratica come la si esegue , togliendo quasi tut-
te le foglie da' tralci portanti de' grappoli , riesce più di danno
che di giovamento. Imperocché se per l' azione continuata e di-
retta del sole sul fruito , si vede questo più facilmente colorire,
ne scapila la bontà di esso , dappoiché tolte via le foglie , i
succhi non possono più lavorarsi compiutamente perchè il frut-
to venga perfetto.
E giovevole si un leggiero sfollamento di foglie , massime
allorché la stagione sia corsa piovosa , là dove vcdesi il frutto
di soverchio inviluppalo ed ammassato tra le foglie , per proc-
curargli la libera circolazione dell' aria e preservarlo dall' infar-
cimento , ma non già denudarlo del tutto dal fogliame che è
r organo essenziale alla maUirazione , il quale percosso anclte
esso dal sole , procura al fruito la compiuta maturazione. Ed
intorno a ciò 1' esperienza mi ha renduto istruito essere più ne-
cessario al frutto la libera circolazione dell' aria che la diretta
azione del sole , poiché ho veduto meglio e più precocemente
maturare quo' grappoli che liberi ondeggiano nell' aria , tutto-
che ombreggiati da pampini , e meno quelli che sebbene sco-
verti al sole per il loro ammassamento con altri grappoli e fo-
glie, r aria non vi circolava. Onde consiglio questo diradamen-
to di pampini da mezzo i grappoli inviluppati anche prima che
cominciassero per maturare.
( F Della propaginazione. )
Questa operazione occorre praticarsi in varii incontri : o che
si voglia far cambiare di posto ad una vite , e di una farne più,
e giovani , o che il fusto siesi renduto malsano ed invecchiato ,
e vogliasi rinnovellare , o cbe la vite molto rigogliosa abbia
mandato molti e robusti tralci , e col propaginamento sia di tut-
to, sia di un ramo solo munito di più tralci, si voglia aumen-
tar le viti ; al cui intendimento va sovente e vantaggiosamente
praticala. Si esegue scavando un solco profondo un tre palmi o
più e lungo dal pedale della vite fin dove vogliasi altra posta
piantare , o fin dove comporta la lunghezza di essa vite e de'
tralci , potendosi di questi talora ripiegarne alcuni per ricondur-
li alla medesima posta donde eran partiti. Si corica nel fondo
del solco la vite , soggrotlando diligentemente intorno le radici
di essa perchè fossero facili alla piegatura , si colma il solco
di terra buttandovi ancora delle erbe o foglie, e si comprime il
terreno , lasciando sporgere fuori di esso i tralci novelli che si
mozzano all'altezza di due occhi.
(93) _
Qualora non l' intera vile si voglia propaginarc , ma un so-
lo braccio di essa , perchè di soverchio alhmgato, si volta que-
sto ad arco e si sollerra , proseguendosi 1" operazione al mede-
simo modo , e dopo due anni in che la propaginc trovasi ])cn
radicata-, si recide il ramo dalla vite madre.
Si allevano i tralci propaginati al medesimo modo de' ma-
gliuoli, usando meno rigore nel mozzamento delle messe, essen-
do quelli più prosperosi di questi , e de' quali il fusto si forma
in minor tempo , e piìi presto divengono fruttiferi.
( G. Dell' innesto. )
Talora avviene che delle razze di vitigni , tutto che fosse-
ro gagliardi , son poco fruttiferi , tal altra , quantunque frutti-
feri altrove , portati nel proprio podere si rendono abitualmen-
te soggetti alla colatura , e tal altra son di razza che danno uva
spregevole. In tutti questi casi è uopo nestarle a varietà spe-
rimentate di qualità buona e che provano in quel podere.
Si fa l'innesto a marza , o come dicono per le contrade ve-
suviane , a spacco tra il finir di marzo e i principii di aprile.
Dopo due anni che 1' innesto ha mandato buoni tralci , bisogna
propaginar la vite perchè vada sotterra il luogo dell' innesto.
Dal che seguono due vantaggi , l' uno , che Y innesto scoverto
andrebbe in breve a deperire, e ciò si evita, l'altro che si mol-
tiplica la vite di buona razza.
In siffatta operazione sono molto diligenti i possidenti e i
coloni di Boscolrccase ; i quali se ne voghon grandemente lodare.
( H. De' lavori che si richieggono al terreno. )
Le opere necessarie al terreno vitato sono la così della
( 9^ )
foìidiatura , la zappatura , e la sarchìalura. La prima consiste
nello scalzare le viti , ossia scavare intorno al loro pedale una
picciola fonte profonda un tre quarti circa di palmo, fino a sco-
Arire la corona delle barbe superficiali, le quali bisogna recid e-
rc affincliè la vile si abitui a trarre sostegno dalle radici piìi
profonde, e queste, percbè tolte lo superiori, possano meglio svi-
lupparsi e crescere. Questa operazione in generale si esegue tra
luglio ed agosto; ma non manca alcuno cbe crede andar meglio
farla in ottobre , o dopo la vendemmia per non iscalzare le viti
nei forti calori estivi dal cbe ne potrebbero soffrire, lo l"ho pra-
ticata talvolta nella state, tal altra nell'autunno. Ma osservando
e considerando, sonmi convinto essere la più opportuna epoca la
fine di maggio. Le ragioni son queste. A tal epoca le novelle
barbe superficiali son tenerissime e con molta agevolezza si svel-
louo con la mano percbè di recente cacciate dalla vite ; questa
non ha peranche potuto abituarsi a trarre per mezzo di quelle il
suo alimento , onde privandola ben per tempo , nulla ne risente,
e le radici inferiori anzi di rallentare la loro forza vegetativa ,
qualora è divisa con le superiori , si conservano in tutto il loro
vigore.
Ove si protragga questa operazione nel mese di luglio ed
oltre , le radicelte superiori si trovano ingrossate , allungate e
consolidate , e su di esse la vite si trova essersi accomodata in
parte a vivere ; onde privandonela di botto, ella ne soffre e mas-
sime se nei forti calori estivi. E per torle fa uopo del coltello.
Coir opera della sarchiatura si cerca tener mondo il terre-
no dalle erbe, principalmente a pie delle viti in tutto il corso
dell'estate ; e qualora la stagione corresse piovosa, onde l'erbe
ripullulano facilissime , è uopo ripetere questa operazione , o in-
vece far estirpare le erbe stesse e sotterrarle pria che sfiorasse-
ro j donde ne seguirebbe la formazione de' semi e 1' esiccamento
di esse; dal che gravo danno ne deriverebbe alle vili, rimanen-
do anche il suolo cosperso di semi.
In marzo poi esei;iiosi la zappatura ed allora quelle fonlici-
ne si colmano, il che dicesi rincalzar le vili.
t
( I. Dogi' ingrassi. )
Migliore ingrasso per le vili è il soverscio di pianle legu-
minose. Gcncralmcnle ù coslume soversciar lupini ; ma io pre-
ferisco il trifoglio incarnalo e quella varietà di fave piccole ad-
dimandale presso di noi favucce , quantunque richiedessero un
poco pii!i di spesa , da che queste piante somministrano alla vi-
te succo dolce , mentre i lupini danno succo amaro ^ come i con-
tadini ben sanno, e dicono , che ove sia frequente il soverscio
di lupini, il vino viene allupinalo.
Preferisce poi la generalità de' coloni ingrassare con leta-
me di ogni maniera, sia crudo , sia fradicio , tanto vegetabile
che animale , e massime con gli espurghi delle latrine. Con que-
sto ingrasso mirano a due vantaggi , l'uno di piantarvi in au-
tunno fave bagiane e piselli , o invece in marzo i fagiuoli, per
raccogliere quelle in primavera, e questi ultimi nella state a bac-
celli verdi e venderli : I' altro vantaggio è che il letame fa frut-
tificare abbondantemente le viti.
Ma questa maniera d' ingrasso fa grandemente scapitare la
bontà del vino ed il rende proclive all' acidificazione ; massime
gli escrementi umani. I quali somministrano alle viti sovrab-
bondanza di azoto e di zolfo , che come è conosciuto per la
chimica , sono esse due sostanze promotrici della fermentazione
al contatto della parte zuccherina , la quale si trasforma in al-
cool e gas acido carbonico. E compiuta la fermentazione alcoo-
lica , sovrabbondando esse nel vino j pel contatto dell' aria at-
( 96 )
mosfcrica suscilano una seconda fermcalazione che è 1' acetosa.
Il perchè conviene assokitaraente bandire simii^lievoli ingrassi ed
usare soversci di leguminose. Questo i contadini non ignorano,
e il vino fatto con quegl' ingrassi dicono in loro favella vino ai-
letamato.
Ove poi afTin di avere il ricolto delle fave e piselli , per
i quali è indispensabile il letame , sia questo di quisquiglie ,
spazzature di strade , congiunti a resti di vegetabili , ed anche
escrementi vaccini, perciocché, come si sa, lo sterco vaccino
abbonda di alcali, sostanza che molto influisce all'aumento del-
la parte zuccherina , mentre che scarseggia di azoto e di fosfa-
ti : r opposto precisamente di ciò che sono gli escrementi uma-
ni, ove abbondano gli ultimi, e scarseggia il primo. Son queste
dottrine possedute dalla scienza, e vengono confermate dalle ana-
lisi del Licbig.
Raccolti i baccelli verdi delle fave e de' piselli, è utilissima
cosa il sotterrarne le piante ancor verdi in vicinanza delle viti
in primavera , le quali perciò si veggono prosperare mirabil-
mente nel corso della state per secca che fosse , perciocché con-
ciliano alle radici nutrimento e freschezza.
Ma sempre è da doversi avvicendare tale specie di coltura
ed ingrasso , e non mai letaminare la ferra due anni di segui-
lo , potendo ncU' alternativa praticare il soverscio già detto del-
le leguminose , e seminarvi sopra nel marzo i fagiuoli per ven-
derli anche a baccelli , guardandosi dal farli esiccare in pianta
o lungamente mantenere le piante sul suolo , perchè molto ne
risentirebbero le viti ed il frutto , per essere il fagiuolo una
pianta che allorquando il legume nel baccello s'ingrossa, sfrut-
ta grandemente il terreno, massime della seconda e terza zona.
Vuoisi ancora avvertire intorno a' letami da usare, se freschi
0 fradici , che ne' poderi di terre vecchie nelle quali lo strato
( 97 )
supcriore è di pozzolana argillosa calcare alta a rilcncre Y umi-
<lilà , è indifferente che il letame sia fresco o fradicio, ma nei
poderi di ferra di fuoco è da preferirsi sempre il letame fresco,
come quello che risolvendosi lentamente e venendo successivamen-
te le sostanze di esso trasportate dalle acque nell'interno del'ter-
rcno , le radici risentono e profittano più a lungo de'princìpii nu-
tritivi. Diversamente avviene laddove facciasi uso di letame ma-
turo, imperciocché prontamente sciogliendosi esso nell' acqua , e
questa rapidamente attraversando quel terreno sabbionoso, la sua
azione sulle radici rendesi molto fuggevole, onde poco ne profittano.
( K.. Meteore ed insetti dannosi alle viti. )
Molte sono le meteore che danno apportar possono alle vi-
ti, ma per i terreni che abbiam preso a descrivere sono d'or-
dinario la così detta acqua caustica del Vesuvio, le brine estive,
la rugiada e la nebbia. Ometto tener conto delle così dette mo-
fete perchè ad esse van soggetti taluni terreni in qualche loro
particolar punto. Esse sono esalazione temporanea di abbondante
quantità di gas acido carbonico per grandi eruzioni del Vesuvio.
II che propriamente accade ne' terreni sovrapposti a più lave ba-
saltiche di poca spessezza, e là dove in queste si trovino fen-
diture , screpolature, o tagli fatti. Dal che ne conseguita il de-
perimento delle viti ; e chiamano quel terreno mofetalo.
L' acqua caustica deriva da che il Vesuvio suol talora esa-
lare ne' suoi fumi del gas cloroidrico. Quando tale emissione av-
viene e succede pioggia leggiera che 1' attraversa su i terreni cbe
vi si trovano sottoposti secondo la direzione del vento , 1' acqua
impregnata di quei vapori , or più or meno caustica le foglie ,
i teneri germogli ed i racemi, dei quali fa cessare la vegetazio-
ne; ed ove sia in picciola quantità, senza dauno , si ravvisa nel-
j3
le macchie rossicce che 1' acqua asciugandosi lascia su le foglie
delle piante.
Le altre indicate meteore danneggiano i racemi fiorenti, e
pili di tutte la rugiada che abbiada ed è frequente ne' terreni
mascosi della zona media, meno nella inferiore , quasi nulla nel-
la superiore; che col suo reiterare e col soccorso altresì dei co-
centi raggi del sole, caustica que gentili fiorellini e con essi
gli organi sessuali ; e spesso li è dato con dolore vedere o qua-
si tutti per intero i racemi avviz-ire, o di taluni, pochi granel-
li allegare. Danno questo che avviene alle sole varietà che ri-
tardano molti g.orni a sfiorare , mentre quelle che sfiorano su-
bito, nulla ne risentono: onde dicesi andar quelle razze sogget-
te alla colatura. Le stesse meteore son pure di nocumento al
frutto allorché volge a maturità poiché ne procura l' infarcimen-
to, e le uve di buccia dilicata ne vengono maggiormente guaste.
Quanto agl'insetti, son molte le specie che su le viti vi-
vono , ma di due é uopo tener ragione come di quelli che è so-
vente e grave il danno che ad esse arrecano. Sono le zarle vol-
garmente chiamate mùroli ^ ed il verme dell' uva.
Le zurle sono una specie di scarafaggio alato ( Scarabeus
vitìs L., e Melolontha vitis. Fabr. ) , e compariscono verso la
metà di giugno. Provengono da vermi che io ho veduto vivere
sotterra al pedale delle viti, e taluni naturalisti vogliono ivi stes-
sero per quattro anni in quello stato, e che poi subita T ultima
metamorfosi in giugno vengon fuora. A questa epoca si gitlano
avidi sopra le vili e con indicibile voracità ne rodono tutto il
fogliame e i germogli si che la vile arresta ogni sua vegetazione
e va perduto del tulio, non meno il frutto dell'anno, che quel-
lo del serjuente , a causa che i teneri germogli cessano da ogni
loro crescenza senza dar tralci. E tale mi si è offerto talor di
"vedere qi;^!'be vigua di trascurato agricoltore^
( 99 )
Di questa malefica razza non evvi anno in cui non sievi da^
'lo il vederne alcuni pochi per prcndiTiie spavento, ma in fallo
ho io notato che dopo tre anni avviene il loro ritorno a torme
innumerevoli per desolare le vigne , in quelle principalmenle
fermandosi che sono negligentemente coltivate.
È facile il dar loro la caccia per arrestarne il flagello. Es^
si rimangono latta notte appollaiati su i pampini delle viti: la
brezza notturna e la rugiada le iudirizzisce , onde ad ogni mi-
nima scossa con una hacchettina cadono giù. Immedialamente si
raccolgouo in catini ove sia posta acqua bollente, e tosto si am-
mazzano o abbruciano. E questo vuoisi praticare a prima ora del
mattino avanti la levata del sole , perciocché dopo aver quest' a-
stro irradiato le campagne , ristorati gì' inselli sen volano. Puos-
si ancora ripetere l'operazione verso il tramonto, ma con minor
frutto. La loro esistenza nello stalo d' insetto alato non dura più
che una quindicina di giorni: tempo più che sufficiente per com-
piere la desolazione di una vigna.
Meno temuto ed avvertilo perchè più picciolo è l'altro in-
setto conosciuto col nome di verme dell' uva , ma più dannoso
del primo. Uà esso il guasto nello stalo di larva, a cominciare
da' racemi fiorenti. Continuasi poscia ne' grappoli agresti e nel-
r uva matura , finche è su la pianta , assolvendo , da mag-
gio sino ad ollohre, cinque in sei generazioni e trasformazioni in
picciolissima larfalletla. Questo insetto per quanto è a mia noti-
zia non è stalo descritto da verun naturalista o agronomo, e mol-
to meno alcuno parla dell'insello ne' racemi fiorenti, e da ninno
agricoltore era in essi slato mai avvertito pria che io non l' avessi
loro mostrato. Solo in qualche opera di agronomia tra gì' inset-
ti dannosi alla vile è mentovala la tignuola del grappolo , sen-
za che se ne dia la stora naturale , con la quale parrebbe al
solo annunzio pelersi conrondere , ma è tuli' altro , dappoiché
( 100 )
vien notata la sua larva tra gli altri caratteri discordanti, rossa
ed a i6 giunture, mentre il baco di cui discorro è bianco cincriccio
ed ha io giunture. Questo è stato fatto segno da più anni alle
mie ricerche fino ad averne raggiunta la sua compiuta storia ,
il che formerà oggetto di apposito lavoro , essendo inopportuno
qui discorrerne.
Questo insetto non è in tutti gli anni si abbondante come
è stato neir anno prossimo decorso , né allo stesso modo in tut-
ti gli svariati terreni ; ma ne' poderi mascosi con terra di fuo-
co è sempre più che altrove copioso. Di esso rimangono attac-
cati e guasti a preferenza i racemi fiorenti delle uve che ritar-
dano a sfiorare accrescendone la colatura , ed i grappoli più
addensati di granelli ncU' uva agresta e matura.
Puossi riparare se non in lutto almeno in parte al guasto
che esso arreca al frutto dell" anno , e reiterandosi la cura per
più anni successivi ed in tutte le vigne , potrebbesi venire a ca-
po se non di distruggere la genia , renderla inavvertita. La cu-
ra sarebbe quella di percorrere i filari delle viti della seconda
e terza zona , tenute basse , da' principii di luglio, quando l'u-
va è già allegata ed i granelli in crescenza , visitare i grappo-
li , e forre via da essi i granelli che si appalesano con picciot
segno d' un foro formato dal bacolino entratovi. Né si creda
che sia questa un operazione dispendiosa e lunga , che anzi è
•ìgevole e di non molta spesa potendovisi addire le donne. E poi
la spesa viene a ribocco ricompensata dall' arrestarsi la prodi-
giosa propagazione di quel malefico verme.
( L. Delle cagioni del deterioramento di questi terreai vigneti. )
È quasi universale il lamento de' possidenti e coloni di
queste contrade . di nou essere più i terreni quel che un tempo
( lOI )
erano , rimonlando ad un mezzo secolo circa dietro , sia per la
uijcrlosilà delle vigne , sia per la eccellenza de' vini. Or a voler
io indagare la causa di que' giusti lamenti, sonmi messo in su
le ricerche ed assicurarmi pria del fatto e delle particolarità de'
poderi, non che de' cangiamenti avvenuti nella coltura di essi ,
e son venuto a capo di riconoscere esserne alcuna del lutto na-
turale e principalissiraa , altre derivanti dal fatto dell'uomo.
Agevole è additar la prima , e dire consistere , se mi si
permetta la frase , nclF invecchiamento de' terreni stessi. Questi
sono ormai de' secoli da che sostengono viti , e viti novelle rei-
teratamente sostituite a yili morte , scavando , i-ompendo e ri-
mescolando continuatamente il terreno , e sempre viti ohhligan-
dulo ad alimentare. Or ognun conosce , per poco instrutto che
fosse nelle dottrine chimico-agronomiche , che ciascuna classe di
vegclahili per crescere ed alimeutarsi ha hisogno di determina-
ti principii minerali , e questi non d'altrove attinger si debho-
no che dal suolo.
Laonde il perenne sostituir della medesima pianta nello stes-
so terreno , fa sì che questo raltrovasi depauperato di quelle so-
stanze minerali di cui ha bisogno l' interno organismo di essa ,
qualora non si procuri al terreno stesso il concime minerale, in
altri termini detto ammendamento. Su tali principii di esperien-
za e di scienza è fondata la pratica degli avvicendamenti. Qua-
lora dunque dopo un dato periodo di anni il suolo non si am-
menda , esso non più trovandosi nelle medesime condizioni di
prima , rendesi incapace a far più oltre ben prosperare la me-
desima pianta. In conseguenza di necessità il frutto scarseggia e
la sua qualità deteriora.
A conferma di questa dottrina viene il fatto narrato da' a'cc-
chi coloni di queste contrade , i quali assicurano , che in segui-
io di copiose piogge di ceneri avvenute in grandi eruzioni del
( 102 )
Vesuvio , le terre ove queste ceneri caddero , sonosi vedute me-
ravigliosamente fertilizzale ed hanno dato per più anni di segui-
to abbondante ed ottimo vino.
La quale è una dimostrazione di fatto che io ho pur rice-
vuta nel visitare i terreni vigneti di Boscotrecase e la vigna messa
su r alto piano del poggio de' Camaldoli di Torre, ove ho ravvisato
un rigoglio di vegetazione in questo arboscello ed un' abbondan-
za di frutto Tcramente ammirevole, e ciò in seguito non d' altro
che della pioggia di lapillo nero avvenuta nell' eruzione del iSSg,
che fece crescere la massa di que' terreni di oltre a quattro e
cinque palmi di quel che erano prima , per modo che quel suo-
lo si scorge formato lutto di tale lapillo.
Questi effetti di fertilità avvenuti a tali terreni per rinno-
yazione di suolo originati da cause volcauiche , non son dissi-
mili da quelli che avvengono per via delle inondazioni nella val-
le del Nilo dalle straripazioni di questo fiume , che fertilizza i
campi rinnovellando il suolo pel limo che vi deposita.
Oltre alla notata cagione tutta naturale del deterioramento di
queste vigne che un tempo davano vini abbondanti e preziosis-
simi , r altra è derivata dall' essersi introdotto , da circa mezzo
secolo addietro , la coltivazione fra mezzo ad esse delle piante
pomifere , e principalmente degli albicocchi , a causa del deca-
dimento del prezzo de' vini. Perciocché richiedendo la vite mol-
ta cura e spesa , la quale non venendo compensata pel basso
prezzo de' vini, si avvisarono piantare albicocchi, peri ed altre spe-
cie di frutti che videro ben provare ne' particolari terreni, e da
quali si tragge un sufficiente prodotto con poco o nulla di spesa.
Ed è per esperienza che la vite vuol vivere solo con suoi
congeneri , e poco prospera frammista agli alberi da frutto. Que-
sti, e massime gli albicocchi con le loro chiome le usurpano l' a-
lia ed il sole , e con le radici isteriliscono non solo il suolo ,
(io3)
ma è altresì provalo per fallo clie gli albicocclii rendono il ter-
reno infesto alle viti, massime ove uno di tali alberi andasse a
deperire , dal che conseguita V infradiciaraento delle sue radi-
ci ; e nel luogo ove questo succede, riesce vano ogni pensiero
di farci allignar bene le viti, perchè quel terreno trovasi appe-
stato dal fetore che emana da quelle radiche in corruzione.
Ancora non vuoisi tacere la moltiplicazione falla del gelso
moro per 1' allevamenlo col suo fogliame de' bachi da seta , il
quale se non è nocivo alle viti in quanto al convivere insieme,
ha sempre minorato lo spazio che pria era solo ad esse addetto.
C A P. V.
Modo di fabbuicare il vino.
La fabbricazione de' vini richiede molte opere, quali sono
la raccolta delle uve , che dicesi vendemmia; lo sgranellare del-
le medesime , ossia la separazione de'graspi ; il pigiarle ; la fer-
mentazione ; lo svinare; ed il governo del vino nelle botti. Di
tulle queste successive operazioni è uopo tenere particolare dis-
corso, per additare di ciascuna le pratiche generalmente segui-
tate , ed ove occorre notare gli errori e i difetti di essi , e par-
lare nel tempo stesso di qualche singolare e beninteso metodo
da taluno pur usato; e in fine additando quelli che agevolmen-
te polrebbonsi e dovrebbonsi praticare.
§. I.
Della vendemmia.
Il tempo della vendemmia varia secondo i luoghi , dalla se-
( io4 )
conda metà di settembre sino a' primi di novembre. Ne' luoglù
più bassi e meridionali la maturazione delle uve essendo preco-
ce , la vendemmia anticipa ; ne' piìi alti e settentrionali , la ma-
turazione è tardiva , e la vendemmia posticipa : le quali due
condizioni concorrono sempre in ragione diretta semplice o com-
posta.
Il segno della maturità è qualora il grappolo sia tutto pen-
dente, cbe i granelli facilmente si spicchino dal graspo, che si
sieno ben coloriti secondo la particolare natura dell' uva , che
la loro buccia sia addivenuta lucida , che il succo sia perfetta-
mente dolce , purché per ragion del luogo l" uva non possa giun-
gere alla perfetta maturità.
Nella generalità allorché i coloni e i proprietarii pongono
mano a vendemmiare ne" loro poderi raccolgono alla rinfusa tutte
le uve \ il che va mal fatto ; perciocché le uve in essi poderi
essendo di molte varietà , queste non tutte raggiungono al me-
desimo tempo la maturità compiuta. Onde la regola è , massi-
me nelle vigne che producono lacrima, di vendemmiare non al-
la rinfusa , ma fare la scelta delle uve percorrendo la vigna
almeno due o tre volte , ad intervalli , che dicono passate. Que-
sta diligenza viene scrupolosamente praticata da que' di Torre
del Greco , e da' Boschesi ; non cosi negli altri luoghi , ove ra-
ramente vedesi solo anticipatamente fatta ima superficiale scelta
delle uve che sonosi cominciate ad infracidire.
La raccolta si fa spiccando il grappolo con dita , rompen-
do il gambo in un nodo che sta a mezzo o oltre della sua lun-
ghezza ; ed ove si trova esser divenuto legnoso si recide col
ronchetto. Si ripone in mastelli e si trasporta al palmento. E qua-
lora questo sia molto lontano dal podere , si pigia in campagna,
e mosto e vinaccia si trasporta su gli asini e muli , e ne" luo-
ghi bassi anche sul carro in grandi tini.
( lolJ)
A misura che il grappolo si spicca è mestieri purgarlo
da' granelli secchi e da' molto accrhi : i primi perchè s' im-
pregnerebhero di succo con perdita di. prodotto, e potrebbero an-
cora somministrare al vino principii eterogenei. A preferenza di
ciò è raccomandalo pure da tutti gli enologi, ed è pur tenuto da
tutti gli agricoltori , il tor via i granelli fradici, poiché si cre-
de che ossi conciliassero cattivo senso al vino , ed il rendesse-
ro facile a guastarsi.
Ma r esperienza mi ha fatto certo della falsità di questa
dottrina ; perciocché avendo voluto seguirla nell' autunno del
i84-o; e messi da banda tutt' i granelli guasti, cui furono uni-
ti anche i granelli mal maturi, ottenni da ciò vino preziosissi-
mo ; se non che ebbe bisogno non men di due anni per ben
depurarsi e divenir limpido , e nel corso de' primi sei mesi da-
va sempre odore di muffa che poi sparì ; del pari spari in
progresso il senso di agretto che misto a molta dolcezza si sen-
tiva al palato, e ciò per la formazione dell'etere enantico. Ed
ora dopo il decorso di otto anni , conservan<lone ancora poche
bocce, é divenuto un liquore molto spiritoso, fragrante, aromatico
e pregevolissimo.
Tanto afTermo per le uve che danno lacrima; ma non ho
esperienza per dir lo slesso delle uve che danno vini leggieri o
mezza lacrima.
E uopo raccorre nella giornata lauta uva quanta nella sera
potesse pigiarsi e porsi negli appositi lini a fermentare. Ma nel-
la generalità così non operasi , tranne poche eccezioni.
La sollecitudine de' contadini è tutta intenta a torre 1' uva
dalla campagna ed entrarla nei palmenti e nelle case, ove resta
ammonticchiata per pili giorni per indi pigiarsi.
Il che è grandissimo errore ; perciocché 1" uva ammontic-
chiala si riscalda; una parte di essa si trova pur pesta e quin-
( io6 )
di di aver cominciato un imperfetto processo di fermentazione,
e r uva non pesta si altera e guasta volgendo talora anche al-
l' acetosità, dal che segue che il vino risultante scapita in bon-
tà e racchiude in se im lievito che il rende proclive a volgere
all' aceto.
§. 2.
Dello sgranellare.
Intorno alla convenienza di questa operazione molto si è
detto dagli enologi. Ma la somma delle loro opinioni , congiun-
ta alle pratiche conoscenze, mena a questi risultamenti.
Trattandosi di uve che danno vini infimi , ove si granellas-
sero, risulterebbero scipiti e debolissimi , mentre che il graspo
gli concilia alquanto di forza.
Le uve che danno mezza lagrima è utile che sian private
dì una parte dei graspi , perchè venissero meno austeri e piìi
gradevoli i vini.
Le uve della seconda e terza zona che danno vini generosi
addimandati lacrima è utilissimo sgranellare, perchè deponesse-
ro di austerità , maturassero più presto , e venissero più gentili.
Ad eseguire tale operazione ho trovato agevole usare un lar-
go crivello di fili di ferro avente le maglie larghe poco più di
un mezzo pollice. Sospeso questo per mezzo di mensole nell'in-
terno di un tino, e versatavi a ripresa 1' uva, dimenandola con
le mani per tutti i versi, se ne spiccano i granelli che cadono
giù , ed i graspi si tolgono via con prontezza e facilità.
( 107 )
§. 3.
Del pigiare.
L' operazione del pigiare le uve è indispensabile perchè tiit-
!e le sostanze conlcniUe nei granelli si ponessero allo scoverto ,
e ricevendo il conlallo dell' aria atmosferica più prontamente vi
si risvegliasse il processo della fermentazione. Universalmente si
esegue o in tini di poco fondo con foro di sotto donde cola il
mosto in altro lino , o in apposita bigoncia di fabbrica costruita
nel palmento, ove è calpestata dai contadini a piedi nudi. A tal
modo questa importante operazione eseguesi molto imperfettamen-
te e luridamente , tra perchè buona parte dei granelli rimango-
no non ammaccali, ed andando così nella massa fermentante,
non solo non entrano in fermentazione , ma il loro succo si gua-
sta, e poscia premuti allo strettoio si frammischia al vino quel
succo guasto che il deteriora ; tra perchè vien trascurata del tut-
to la nettezza dei piedi coi quali si trasportano nel mosto sostan-
ze elerogonee ; Ira perchè infine vi abbisogna molta fatica.
Ad apportare la necessaria perfezione e nettezza a questa
opera, sonosi gli enologi oltramontani affatigati ad inventare va-
rii congegni diretti ad ovviare tali difetti. Uno di essi creduto
lo più idoneo è stato introdotto nel regno , e proprio nelle con-
trade da noi studiale , dal benemerito Principe di Otlajano , il
tjuale per tutto piacere e vaghezza ha impreso a coltivare V eno-
logia , che è uno de' rami principali della nostra industria agri-
cola, usandola in grande e non risparmiando a spese e a cure , a
segno d' aver rcnduto il suo stabilimento per la fabbricazione dei
^ini lo più grandioso che immaginar si possa tra noi, e meri-
tanicnlc a lui si deve condegna lode. Su di che ci toruorà più
t^ppoilunamcnte discorrere in altro luogo.
( io8 )
Tutto il meccanismo di questo apparecchio sta in due cilin-
dri di legno del diametro di un palmo e lunghi quattro circa ,
girevoli su di un istesso piano , in senso inverso , mossi ciascu-
no negli opposti lati, mercè di manovella, da due contadini.
Uno di essi cilindri è guernito di grosse teste di chiodi , 1' al-
tro contiene delle scanalature circolari in corrispondenza di es-
se teste che costituiscono cavità rispondenti a quelle prominen-
ze. Lo scopo di queste prominenti teste è quello di aggrappar
le uve e tirarle nel mezzo de" due cilindri per essere schiaccia-
te. Al disopra di essi è adattata una tremoggia di legno ove 1'
uva si versa , e al disotto , un largo canale parimenti di legno
molto inclinato, su cui cadendo mosto e vinaccia va a colare
in un sottoposto tino.
Col mezzo di questa macchina la pigiatura si ottien perfet-
ta , poiché niun granello sfugge all' ammaccamento , ed esegue-
si con la massima prontezza ; di tal che in brevissimo spazio di
tempo , ove si abbia 1' uva sempre pronta , potrebbero empier-
si pili tini , e si consegue altresì tutta la desiderabile net-
tezza.
Pure non va esente da leggieri inconvenienti quando è in
moto ; e sono due ; 1' opera simultanea cioè delle braccia di
due contadini , e V ammaccamento che in parte ne segue dei
graspi dell' uva non isgranellata e de' vinaccioli che ricadono
sotto le teste de chiodi.
Ad ovviare questi inconvenienti feci io costruire qui la
macchina istessa secondo l' idea attinta da un enologo france-
se , da me modificata ; e sebbene di discreta dimensione è pur
di grandissimo effetto.
Componesi questo apparato di due cilindri di legno d' ol-
mo del diametro di un palmo , e lunghi palmi due e mezzo ,
«Itre la maggiore lunghezza ad ambo gli. estremi, assottigliata
( '09 )
in modo da formar gli assi : sm essi situali nel medesimo pia-
no , rinchiusi tra quattro pareli di legno castagno ; distanti tra
loro circa due linee, girevoli in senso inverso la mercédi due
ruote, anche di legno, dentate ad incastro, di vario diametro,
perchè l'uno de' cilindri .-inimalo da moto più celere dell'altro,
amhi esercitassero la loro azione per compressione e sfregamen-
to. Al disopra di essi è posta una trenioggia , di cui le pareli
di lungo corrispondono per il loro estremo inferiore ne' conlri
de' due cilindri. La manovella è posta all' asse della ruota mi-
nore.
Al di sotto de' cilindri è adagiata una conca di legno mol-
to inclinala, larga quanto la lunghezza de' cilindri, e lunga sei
in sette palmi , che termina in un canale che va a mettere in
un tino. La superficie de' cilindri lungi di esser guernita di te-
ste di chiodi è liscia , e fanno mirahilmente il loro uffizio di
pigiare le uve isgranellafe.
Per le uve non isgranellafe , accadendo talora che ammas-
sate nella tremoggia ed inviluppate tra graspi , i cilindri sfug-
gono senza tirare 1' uva nel mezzo ; in tal caso conficcando uà
hastone nella massa d' uva entro la tremoggia , la coesione tra
i grappoli avviticciati si rompe , ed i cilindri riprendono la lo-
ro opera. Ad ovviare ciò ed ottenere la massima fa(!Ìlità . o-
Ve r apparato dovesse servire a pigiare uve non isgranellate
saranno i cilindri guerniti di piccioli dentini di ferro a distan-
za tra loro di un pollice circa , sporgenti dal legno poco men
di una linea, a simiglianza di quelli si veggono ne' cilindri
degli organetti , ma che i dentini di un cilindro non corris-
pondessero a que' dell' altro.
L' uva versata nella tremoggia attraversa i cilindri in mo-
Timento , e rimasta pigiata , manda mosto e vinaccia nella con-
ta , e 4* questa »i passa nel lino.
( no )
La forza per muovere la macchina cosiffattamente modifica-
ta e corretta è quella di un braccio di un giovanetto.
§. 4.
Della fermentazione.
Questa operazione in die propriamente consiste la vinifi-
cazione è un lavorio del tutto della natura, è un mero proces-
so chimico che di per se assolvono gli atomi organici appena
sottratta \ uva dall' impero della forza vitale , mercè lo spiccar-
la dalla pianta ed ammassarla coli' opera della pigiatura. Allo-
ra è che entra sotto il dominio della forza chimica. In ciò
r opera dell' agricoltore non ad altro esser deve diretta che a
procurare le condizioni più adatte a che quel processo ben com-
piasi , e ad allontanare gli accidenti che il potessero disturbare.
Mostata 1' uva s' empiono i tini rimescolando ivi ben bene
con frugone tutta la massa , e si abbandona alla fermentazione.
È indifferente alla bontà del vino 1' ampiezza de' tini , essendo
sempre però da preferirsi que' di mezzana grandezza , anziché
grandissimi , atteso che ne' troppo grandi la fermentazione per
la gran massa ritarda a svegliarsi. La ragione che danno talu-
ni alla preferenza de' grandi tinacci si è che da essi si ha una
quantità di vino del tutto eguale , mentre qualora si adoprano
piccoli vasi , si va soggetto a leggiere varianti di questo prodot-
to , il che , a mio credere è di ninna importanza , qualora per
le usate diligenze il vino sia tutto buono.
Quali sieno le diligenze da adoperare verremo qui additan-
do perchè il prodotto sia in tutta la sua perfezione , dopo aver
accennate quelle che nella generalità degli agricoltori si' usano,
non che quelle di taluno in particolare.- .
( III )
Non in tutti i poderi sono le tinaie addette alla fcrmcnl.i-
zione del vino. In qiie' di una estensione al disopra di dieci
moggi ( misura antica ) d" ordinario è un luogo coverto, talora
in parte scavato sotterra, tal altra a livello del suolo. In quasi
tutti gli altri piccioli poderi i tini in fermentazione son posti o al-
l'aria libera, o coverti da una semplice tettoia o capanna o pergola.
La generalità usa governare il mosto in fermentazione ri-
voltandolo una 0 due volte in ogni giorno con frugone , facen-
do immergere nel liquido le vinacce sopra sospinte , che co-
stituiscono il cappello della vendemmia , perchè non s' inacidi-
sca. Altri il lasciano cosi senza mai rimescolare ed affondare
il cappello , ed allora sono obbligati tor via pria di svinare
una porzione di vinaccia dalla superficie del tino per tre o
quattro dita e forse più, che si trova inacidita, perchè questa
non si confondesse col rimanente , cui comunicherebbe il fer-
mento di acidificazione.
L' uno e 1' altro metodo ha i suoi difetti : il continuo rime-
scolare , turba il processo di fermentazione e fa disperdere alcool
ed aroma ; e qualora la temperatura è alquanto calda e le fru-
gale non sono frequenti , la superfìcie del cappello si può tro-
vare alterala , e coli' affondarsi comunica 1' alterazione a tutta la
massa. Il secondo metodo fa si che le vinacce trovandosi sopra
sospinte, non entrano egualmente nella fermentazione tulle le
parti componenti 1' uva ; ed ancora trovandosi della vinaccia su-
periore porzione acidificata , ove non vada tutta diligentemente
tolta, quel poco che rimane comunica il guasto alla massa, ol-
tracchè i vini vengono raen colorili.
Il tempo da svinare è qualora osservasi la massa raffredda-
la , il gorgoglio cessalo , il cappello naturalmente ribassato ; etl
il liquido chiarito: lutti segni che dimostrano esser terminatala
fermentazione tuniuUuosa.
( tI2 )
Il periodo entro cui questa si assolve varia in ragione del-
la femperaliira che corre se più calda o meno calda, de' tini se
piccioli 0 grandi , delle tinaie se sopra terra o sotterra , stante
che in temperatura più alta e in tini piccioli , la si compie più
presto ; in condizioni opposte , meno presto.
La varietà si aggira tra i sei a dieci giorni. Ma d'ordina-
rio i contadini , poco ponendo mente a questi segni , ed aman-
do che i vini riuscissero più dolci , credono ciò ottenere anti-
cipando a svinarli , come se fosse in poter loro per questo solo
mezzo , arrostare il processo della fermentazione, e fare che mol-
ti atomi zuccherini rimanessero nel liquido non iscoraposti ; tut-
to che la giornaliera esperienza li ammaestrasse, che il proces-
so della fermentazione pur si compie nelle holti e con danno.
Imperciocché qualora la fermentazione tumultuosa non è compiu-
ta nel tino , il vino non è ben chiarito , né le fecce ben depo-
sitate; ed allora van trasportale nelle botti maggiori quantità di
parti fecciose , ove riseggono, siccome la chimica insegna, ma-
terie azotate che sono i principii sostenitori della fermentazione,
dal che avviene che la fermentazione silenziosa é più lunga, ed
i vini ritardano a chiarire ; onde invece di riuscire più dolci ,
vengono più asciutti ossia meno dolci.
Questo è nella generalità. Ma nel grande stabilimento del
Principe di Ottajauo posto ne' suoi poderi viteti del Comune on-
de prende il titolo , serbasi tutt' altro metodo , al cui uopo ha
egli fatto costruire degli ampli e ben ordinati locali , che ha
forniti di una ricca suppellettile addetta alla fabbricazione de' vini.
Già notammo la macchina da lui fatta venire di Francia
atta a pigiare le uve , ora aggiungiamo , il torchio idraulico
per premere le vinacce , e più d' ogni altro i grandi apparati
per la fermentazione a vasi chiusi col capitello superiore atto a
contenere 1' aumentato volume della massa mentre è in fermen-
Cm3)
lazione, e cannello pescatore per lo sviluppo del gas acido carbonico.
Con questi apparali chiusi si ottengono de' vantaggi per la
bontà del vino , tuttoché allo stato presente delle chimiche co-
noscenze e dell' arte enologica , si tenessero del tutto inutili per
il fine propostosi da madama Gervais che ne fu la prima inven-
Irice. Fu questo fine, che con essi vasi chiusi impedivasi la di-
spersione dell' alcool che congiunto al gas acido carbonico ne an-
dava via. Ma ciò si è da ultimo concordemente dimostrato da
tutf i chimici ed enologi , essere di nessun conto.
I vantaggi reali che se ne ottengono sono: i .° il nessun con-
fatto continuato coli" aria atmosferica , dal che seguono due uti-
lità ; la prima è che per il difetto di essa la fermentazione tu-
multuosa si opera più a rilento e graduale , coudizione che per
la bontà de' vini richiede il celebre Liebig ; al qual fine egli
consiglia dover essere la tinaia scavata sotterra , in dove per la
temperatura bassa e costante la fermentazione si opera in tem-
po più lungo e più perfettamente : la seconda utilità sta nel-
la continuata immersione della vinaccia nel liquido , il cui ef-
fetto è che tutte le parti dell' uva subiscono una compiuta fer-
mentazione , onde il vino risultante è più gagliardo e colorito.
2.° L' altro vantaggio è pur quello di non esservi alcuna tema di
acidificazione del cappello , e quindi ninna perdita di prodotto
tjualora si dovesse torre via una parte di vinaccia.
Ma quanti avran potenza e genio per adottare il metodo
del Principe di Ottajano per la fabbricazione de' vini? Senza dub-
bio di errare si può rispondere non altri che egli , ed il Duca
Riario in Pomigliauo d' Arco , possessore ancora di estesi viteti
ne terreni prossimi a Somma , cui lo stesso Principe comunicò
le sue istruzioni, e risvegliò il medesimo genio , onde costrus-
se uno stabilimento se non in tutto quasi analogo , e che io pu-
re volli osservare.
i5
( la)
Or fra questi estremi , delle pratiche erronee , difettose , e
sarei per dire barbare della generalità de' proprietarii e coloni
di queste contrade ; e delle perfette , ma lussuose e dispendio-
se del Principe di Ottajano , bisogna additare un metodo pra-
ticabile da ogni coltivatore di vigne , grandi o piccole che sie-
110 , nel quale, mentre vadano osservate le dottrine chimiclio-eno-
logiche , vi sia nel tempo stesso facilità ed economia , sol che
si adoperi la necessaria diligenza ed il buon volere a miglio-
rare i prodotti della propria industria , ed abbandonare il pre-
giudizio del così si è sempre fatto. Intendo sempre parlare di
vigne che danno lacrima o mezza lacrima , come son quelli del-
le contrade di cui discorriamo.
Pria di ogni altro molto rileva il locale ove debbasi effet-
iuare la fermentazione , e sopratutto è condannabilissimo 1' li-
so di tenere i tini in fermentazione allo scoverto , notte e gior-
no , esposti al sole , all' acqua e a tutte le intemperie. Di leg-
gieri intendasi il dannoso effetto della pioggia, che nel momento
che dilunga il vino , 1' acqua attraversando la superficie della
vinaccia acidificata , trasporta nel vino il lievito dell' acetosi-
tà. Inoltre l'avvicendarsi della temperatura sia per le intem-
perie , che per il passaggio dal giorno alla notte , la massa
si riscalda e si raffredda successivamente , onde turbasi conti-
nuamente il processo della fermentazione, e la bontà del vino de-
ve di necessità scapitarne. Per le ragioni medesime son da pre-
ferirsi i locali coverti scavati sotterra , e non quelli fabbricati
sopra terra ; perciocché in quelli oltiensi una temperatura bassa
e costante , quale richicdesi perchè la fermentazione si compia
perfettamente , giusta la dottrina del Liebig, A conferma della
quale pongo la propria esperienza. Ed è che nel i84.3, avendo
dovuto lasciare taluni lini a fermentare in una cella sopra terra,
mentre altri fermentarono nella tinaia scavata sotterra, ebbi a
( II5 )
notare una significante inferiorità del vino fermentato nella ca-
mera sopra terra , in paragone di quello che fermentato aveva
nella tinaia sotterra.
Si empiano nella sera i tini , sieno grandi o piccioli , per
cinque sesti della loro capacità; i quali ultimi consistono nelle
stesse botti di dodici barili , da cui siesi tolto un fondo ; e ben
rimescolato il mosto con la vinaccia si lascino in riposo. Nel
mattino seguente ben per tempo si vadano a visitare , e si tro-
verà essere cominciata la vinaccia a riunirsi e montar su , il
cbe è segno che la fermentazione si è svegliata: allora si adat-
ti su questo un coverchio che scenda nell' interno del tino : al
cui uffizio può servire lo stesso fondo rimosso dalla botte , al
quale siesi ritagliato circolarmente tanfo legno che possa libe-
ramente calar giù , ed inchiodato sievisi un assicello di tra-
verso alle sue tavole per tenerle ben fermate tra loro , e nel
tempo slesso da servire di presa per toglierlo via. Se si farà u-
so di tino più grande , si faccia allo stesso modo costruire un
coverchio a guisa di falso fondo che scenda giù. Sopra di questo
coverchio si pongano dei pesi consistenti in pietre vive vesuviane,
di cui questi luoghi abbondano , e tali e tante da impedire che
il cappello della vendemmia troppo si elevasse, ed a segno da
scorgere gorgogliare il mosto per quel picciolo spiraglio circo-
larmente al coverchio.
Laddove si vedesse esser tale il peso da far rigurgitare il
mosto per di sopra il coverchio , si minorerà la carica di tanto
sino a serbare 1' equilibrio tra il mosto e la vinaccia in fermen-
tazione. Allorché dopo otto o dieci giorni non si scorge più gor-
goglio in giro al coverchio, e questo è ritornato quasi allo stes-
so punto che occupava quando vi fu adattato , è segno che la
fermentazione tumultuosa è venuta meno.
Ma non si creda che questo sia il momento da svinare ; per-
( ii6)
ciocché il vino è tuttavia torbido né compiutamente fermentalo:
Si lasci stare per altri cinque o sei giorni almeno , e poscia si
svinerà. Siesi largo nella tardanza a svinare ; perciocché lungi
di esservi a temere, riuscirà anzi il vino di miglior qualità, e
più chiaro.
§. ^.
Del modo di svinare.
Allorché si vuole sminare si cominci dall' alzare il coverchio,
e si troverà si questo , che la vinaccia su cui posava odoro-
sissimi di alcool. Sol abbiasi cura di radere con due dita in
giro al tino quel poco di vinaccia che non è stata tocca dal co-
verchio , e che é di cinque o sei linee.
Nella generalità si svina facendo colare il vino dal tino o
tinaccio per mezzo di un foro praticato nella estremità inferiore
di esso, togliendo il tappo che lo turava, nel brentone sottopo-
sto, dal quale con secchio di legno si attinge, ed empiendone i
cosi detti copcUi , vengono questi trasportati su la testa di uo-
mini e donno nel luogo ove son riposte le botti, e per mezzo
della pevera o largo imbuto di legno , si versa nelle botti ; inu-
tili questi del tutto aperti di sopra.
In questa opj'razioue non si pon mente alla grande disper-
sione che si fa di alcool ed al grande assorbimento di aria che
fa il vino.
In particolare alcuni , che avendo la tinaia superiore alla
cantina _, tengono un foro sul pavimento della prima , e per mez-
zo di un cannello fanno colare giù il vino che si raccoglie in
altro tino, dal quale si attinge per riempierne le botti. In que-
sto secondo metodo son minori, ma pur vi sono gli stessi dan-
ni della dispersione dell' alcool e dell' assorbimento dell' aria, e
più devi aggiungere le impure incrostature che aderiscono le in-
terne pareti del cannello.
Il metodo adoperato nella tinaia del Principe di Otlajano è
questo. Ivi tutt' i tinacci son forniti di un cannello a chiave.
Allorché devesi svinare, si liga alla canna di questo un tubo-
Io elastico che si fa attraversare per un foro del pavimento che
mette perpcndicolarmenle nella cantina, all'estremità di quale
tubolo è altra chiave onde si fa versare il vino nelle mezze bot-
ti ivi adattate , ed a misura che ciascuna è piena , si mena al
suo posto , e subentra 1" altra a riempirsi. A tal modo non ev-
vi punto dispersione di alcool , né assorbimento di aria.
Questo metodo è praticabilissimo da tutti coloro che tengo-
no la tinaia supcriore alla cantina. Pure o non lo praticano o
a metà , come già dissi. Ma invece di tultociò potrcbbesi segui-
re una pratica quanto semplice altrettanto agevole , sol clie si
abbia a' tini grandi adattato un cannello a chiave di legno ; e
se si faccia uso di tini piccioli , avere una spina di metallo per
adattarla al fero di esso nel tempo dello svinare , togliendo il
tappo ; e cosi cavare il vino a piacere. A tale uso si dovreb-
bero tenere de' copelli chiusi a doppio fondo, i quali nel fon-
do superiore portassero una picciola apertura con cerniera^ ca-
pace a ricevere il vino che sgorga dalla chiave^ ed empito che
è , calare la cerniera : versarlo poi nella botte dalia parte op-
posta ove sia praticato un foro nella pancia , ed a questo foro
incastrato un tubolo di latta ricurvo. Con questi semplicissimi
arnesi potrebbesi trasportare il vino dalla tinaia nella cantina
senza tema di dispersione di spirito e di aroma , né di as-
sorbimento di aria , né di versamento di vino ; curando altresì
di turare il tubolo ricurvo con sughero. Di questi mi son va-
luto da otto auni con somma agevolezza.
È necessario , ad avere vini più dilicali , di non mischia-
( n8) ^
re il torbido col vino chiaro allorché si svina, perciocché le
parli fecciose farebbero venire il vino più asciutto, come quel-
le che contenendo materie azotate sostengono piìi a lungo la
fermentazione silenziosa scomponendosi tutta la materia zucche-
rina , e quindi si ritarda ancora dippiù la compiuta chiarifica-
zione. Il vino torbido si porrà in botte a parte in unione al
vino che uscirà dal torchio. Rimasto così per circa dieci gior-
ni in che van depositate le fecce piìi grosse, si travaserà. Al-
lora 0 si riporrà in botte separata , perchè vien sempre alquan-
to più asciutto ma più gagliardo , o si potrà frammischiare
spartendolo al vino fiore senza tema di deteriorarlo. Quest' ul-
tima diligenza va usata quasi generalmente da' torresi.
§. 6.
Dei torchiare le vinacce , ed uso di esse.
Cavato il vino dal tino dopo la fermentazione tumultuosa ,
bisogna torchiar le vinacce che daranno un altro quarto circa
o più di vino.
Per questa operazione si usano diverse maniere di torchi.
A capo a tutti , per il grande eff'etto , e per la pochissima for-
za che richiede, sta il torchio idraulico, di che fa uso il Princi-
pe di Ottaiano. Poi vengono i torchi a vite, o doppia o unica.
Da taluni si fa uso ancora di una gabbia circolare di le-
gno ben ferrata , entro cui si ripongono le vinacce , e sopra
si fa scendere la vite che le preme col mezzo di dischi di le-
gno ben massicci. Più universale è V uso di comporre le vi-
nacce a piramide troncata sopra il letto del torchio , chiamato
ingegno, ed adattatovi sopra dei tavoli massicci vi si fa scende-
re la vite stringendo a forza di leva.
( 119 )
Con quest" ullimn metodo fa mestieri , qualora la vite non
piii opera, smettere l'apparato, tagliare con una scure di fer-
ro una porzione di vinaccia ai quattro lati, scioglier questa con le
mani, e ripostala al di sopra dell'altra, sottoporla a nuova pres-
sione: operazione che bisogna ripetere per altre due volte.
Il congegno con la gabbia escuta le vinacce da questi ta-
gli che rendono il vino più austero, perchè con essi spremesi il
succo anche dai graspi, ove le uve non si sieno sgranellate, ma
le vinacce vengono meglio spremute. Con 1' uso della gabbia poi
se non si ha questo inconveniente, ci ha perdita di vino perchè
ne riman sempre parte nelle vinacce.
Premute le vinacce , i coloni hanno usanza di scioglierle , e
riposte in fino, versarvi sopra dell' acqua , ed ottenere un vinel-
lo leggerissimo o acquarello che chiamano acquala da servire
per gli operai del podere. Nei possedimenti del Principe di Ot-
tajano dalla vinaccia si cava pure l'alcool mercè la distillazione.
§• 7-
Del governo del vino nelle botti.
Il vino riposto nelle botti non è già perfetto: esso va sog-
getto ad una seconda fermentazione , che chiamasi silenziosa.
Mercè di essa compiesi il processo della vinificazione, scompo-
nendosi altra parte , e talor tutta la residua materia zuccheri-
na , e deponendosi le fecce. Questa seconda fermentazione sarà
più o men lunga secondo che le uve sono più o meno zuc-
cherine , e dura fino a circa due mesi.
In tutto questo periodo , e fino a' primi giorni di gonna-
io , epoca in che è mestieri travasare il vino per separarne
le fecce, bisogna ogni sci o sette giorni dar la piena alle boi-
( 120 )
ti con rifondervi altro vino della stessa qualità; e frattanto il
cocchiume delle botti sarà turato con una semplice pietra liscia
marina , che nella spiaggia di Resina e Torre abbondano , o
con un pezzo di mattone. Non è necessario turarle esattamente
con tappo, stanteche continuando in questo periodo di tempo la len-
ta fermentazione vi è continuato svolgimento di gas acido carbonico.
Eseguito in gennaio il travasamento , e dopo di un giorno,
per far rassettare il vino , rienlpiendo di nuovo la botte ove el-
la sia di buon legname e ben costrutta si può tappare perfetta-
mente il cocchiume ed anche impegolarlo, e non aver più peu-
siero di rifondere. Di questo metodo mi son valuto con succes-
so. Altrimenti bisognerà tenere ben turato il cocchiume, ed o-
gni cinque o sei giorni, sturare e darvi la piena, lavando sem-
pre il tappo per sospetto d' acidità.
In queste contrade , poiché si cerca di vendere il vino per
tutto gennaio e febbraio, non si usa il travasamento, e si prati-
ca solo qualora o aon siesi venduto o vogliasi conservare per la
state. Ma i vini lacrima di queste contrade sarebbero vini da bever-
si nel secondo e terzo anno, perchè allora trovansi aver raggiun-
ta la loro compiuta maturità , e se ne ravvisa la squisitezza ;
potendosi ancora conservare in boccioni di vetro per molti anni,
0 con oglio sopra e ben turati ed impegolati ; e col tempo
semprepiù si perfezionano , formandosi 1' etere enanlico che co-
stituisce la nobiltà del vino.
Qualora però voglionsi serbare per anni , è mestieri farvi
precedere per lo meno tre travasameuti ; uno come è detto nei
principi! di gennaio , un altro in fin di aprile , ed il terzo tra
ottobre o novembre, perchè divenissero del tutto depurati e per-
fetti. Usate siffatte diligenze non han bisogno essere chiarifica-
ti con colla di pesce o bianco d' ovo o altro , poiché chiarifica-
no da se.
( '21 )
TI traTasamcnto debbosi fare nello stesso modo e con gli
stessi arnesi come si svina, evitando il più die sia possibile il
contallo dell' aria , e la dispersione dello spirilo di vino.
§• 8.
Del modo di fare il vino bianco.
Dalle nvc bianclie di queste contrade, e propriamente di
cfuclle della zona media, incluso a capo di tutte la catalanesca,
si fabbrica il vino bianco, chiamato lacrima bianca, o anche
vino greco , comunque poco o niente vi vada fusa di uva gre-
ca. Ad ogni modo è sempre un vino pregevolissimo ove venga
usala ogni necessaria diligenza nel fabbricarlo; ma dal comune
dei vinai è poco ricercato, perchè in Napoli non si beve dalla
generalità che vino rosso; e solo nella stato avanzala riconoscono
per vino bianco l' asprino detto di Aversa.
Or la lacrima bianca dei terreni vesuviani si fabbrica cosi.
Raccolte le uve, immediatamente si pigiano e si torchiano, ed
il mosto riponsi nelle bolli a fermentare senza la vinaccia. Le
uve d' ordinario non si sgranellano , ma io che uso di sgranel-
larle, ho veduto che il vino riesce più gentile. Nelle bolli il
mosto fermentando caccia per il cocchiume , che non è coverto
se non da una semplice pampina , porzione della feccia. Questa
è uopo torre con una spatola di legno ogni due o tre giorni
che vassi a dar la piena alle botti nettando il cocchiume isles-
so. Devcsi avere 1 avvertenza nei primi dieci giorni di non riem-
pire pcrfellamente la bolle fino al cocchiume; perciocché il mo-
sto per la fermentazione tumultuosa rigurgitando , ne andrebbe
parte perduto; ma la piena si darà un dito al di sotto del coc-
chiume.
i6
( 122 )
Decorsi quaranta giorni circa è necessario travasarlo per se-
pararne le fecce ; ed in questa operazione si userà lo stesso me-
todo atlditato per lo trarasamento del vino rosso , cioè col mez-
zo della spilla di metallo e dei copelli chiusi. Le botti ove va
riposto è mestieri preventivamente solforarle bruciandovi dentro
un solfanello dei comuni , sospendendoli ad un fil di ferro ad
uncino, e tenendo chiuso il cocchiume con un pannolino. La
solforazione fa due effetti, facilita la chiarificazione, e previene
r acetosità; ma se fosse troppo concilia al vino 1' odor solforoso.
Questi vini bianchi è pur mestieri travasare altre due vol-
te come si è detto per i vini rossi , ove vogliansi serbare per
anni. A capo di un anno è bevanda squisita.
Non trovo altra ragione del metodo di non far fermentare i
vini bianchi unitamente alle vinacce, se non quella, che cosi fa-
cendo verrebbero di colore carico ; ma quanto alla loro bontà , a-
vendone fatto saggio, trovo che sia la stessa.
Questi vini han bisogno più tempo che i rossi per matu-
rarsi ; e quanto più invecchiano tanto più si fan pregevoli , e
più limpidi divengono, ma più colorili, ove non sieno riposti in
luoghi affatto privi di luce.
§•9-
Del vino lambiccato e del danno che arreca.
Nei luoghi da noi descritti , per usanza non mollo antica ,
si fabbrica un particolar vino addiraandato lambiccato o vino
dolce , cui vanno in ispecie destinate queste uve perchè sono le
più zuccherine; il quale anzi d'esser vino, è mosto, in cui si
è interrotta ed arrestata la fermentazione, mercè la fcltrazione, non
appena cominciata. E puossi dietro accurate notizie di fatto as-
( 123 )
scvcrarc clic olire Ire quarto parti dcU' inlcro ricollo van conver-
tile in qiiosla specie di vino.
Si l'abhrica cosi. Raccolte e pigiate le uve, pongonsi a fer-
mcnlare nei lini, e ha 24- a 36 ore, ([uando appena è riscaldata
la massa ed alzalo il cappello della vendemmia, si svina e torchia
la vinaccia. II li(|uore cosi ottenuto punsi a feltrare per sacchi
di fida tela di canapa formali a guisa di cappucci da monaco,
ondo cappucci vengono chiamali, si che il liquidi) ne venga lim-
pido e spoglio delle fecce. Ed a rendere più stretti i meati della
tela, perchè il vino più facilmente chiarilichi, si versa nel cap-
puccio della terra sabbiosa. Ottenuto cosi, riponsi nelle botti;
ed ecco fatto il lambiccato; liquido dolcissimo e ristucchevole.
Ma questo lambiccalo non è già desliuato ad uso di bevan-
da come vino , che vino non è , ma bevanda stomachevole e so-
lutiva. E invece destinato all' esercizio dell' impostura de' vinai
della capitale per 1' adulterazione de' vini , ed essi son quelli
che ne promuovono le avide ricerche, facendolo fabbricare fin da
soltcmbrc, e 1 immettono nelle arcane loro cantine.
L' uso che essi ne fanno è questo. Simulano con esso dap-
prima una concia a' loro vini guasti là là che li smerciano , per-
ciocché quel dolciume covre per il momento il guasto de' vini ,
ed i bevoni so li tracannano , ritenendo qual bevanda piacevole
quel che non è che ima mistura di due sostanze nocevoli con
la giunta d' innocua acqua. E se si fa star cosi concio per al-
cuni mesi , il vino degenera al molle e divien filante , che chia-
mano mammoso , e volge altresì infine all'aceto.
Dappresso se ne valgono per conciare i vini leggieri , cui
procurano con altre mille imposture colorito ed anche durezza^
ed indi con una misurala dose di quel lambiccato che col suo dol-
ce mitiga la brutta bevanda, essi poi spacciano col nome dei miglio-
ri villi, Vesuvio, Somma, Monte di Precida , Torre, Gragnano ec.
( 124. )
Con siffatta ribalderia assicurano due guadagni ; il primo
di vendere a prezzo alto , cjual converrebbesi al vino clie nomi-
nano , quel che non è che vino di tenue prezzo sconciamente
adulterato ; 1' altro di smaltirne in maggior copia , perchè quel-
la tempra dolciastra fa dilungare e replicare le bibite alla ge-
neralità del basso popolo che ripone nel vino un importanza di
prima necessità , il cui gusto grossolano si è maggiormente de-
pravato da queste malizie de' vinai con gli allettamenti del dolce.
Ancora siffatta concia lor procura largo campo all' uso
dell' acqua che fa crescere il vino nelle loro cantine di un ter-
zo 0 di una metà , a scapito ancora del Fisco.
Ciò è dalla parte de' mercatanti di vino , e de' consumato-
ri. Da quella de produttori , ossia de' proprietarii e coltivato-
ri , sono essi allettali alla fabbricazione del lambiccato dalla
facile e sollecita vendita della loro derrata, e talora anche dal
lecco di un picciolo aumento di prezzo che non compensa la
spesa e la perdita che fanno pel feltro. Effetti di tal frodolen-
te pratica dell'adulterazione de' vini, nella massa del popolo
sono, nocumento alla salute pubblica, depravazione al palato,
incitamento ali" intemperanza.
E mentre che i saggi governi , la morale e la religione
non cessano di fax buoni ordinamenti per la pubblica salute
e la pubblica morale , e d' insinuare la temperanza con isti-
tuti di rara eccellenza , si lascia correre una mostruosa pra-
tica che i saggi precetti contraria ed annienta.
Né si venga con un' assurda massima di pubblica econo-
mia , qualora si potesse ammettere , essere i principii di eco-
nomia pubblica in contraddizione della pubblica salute e del-
la pubblica morale , e dire essere i principii da noi testé pro-
clamati dannosi a" proprietarii di terre a vigne , poiché mino-
rano il consumo de' vini , inceppano e ritardaao la vendita di
(125)
questa derrata. Imperciocché a colui che cosi opinasse rispon-
der si polrehhc in prima , che se questo ahuso è solo ncUa
provincia di Napoli , la minorazione del consumo in questa so-
la parte si diffondcrebbc e confonderebbe nella gran massa di
tutt' i consumatori del regno , attesa la facile circolazione dei
])rodofti di tulle le proviucie , onde nel generale equilibrio
quella sparirebbe. Secondo , che potendosi avere in piazza vini
nostrali puri ed ottimi da tavola , quali sono que' del Vesuvio
e del Somma, non cosi facilmente le classi agiate farebbero uso di
vini forestieri , onde quelli aumenterebbero di prezzo. Terzo in-
fine , tolto a' vinai il lambiccato, non potrebbero raddoppiare
i vini nelle lore cantine coli' aggiunzione dell' acqua ; e smalti-
re vini quasi al doppio di quelli che immettono ; onde la mi-
norazione del consumo ricadrebbe a scapito delT acqua non del
tìjio. Laonde a me pare che si dovrebbe trovar modo da impe-
dire la fabbricazione del lambiccato, perchè agevolmente si potes-
sero ottenere nel commercio interno i buoni vini del Vesuvio, le-
gittimi e non adulterati ; e per la generalità parimente i vini
leggieri a modico prezzo , naturali e quali vengono da' campi ,
non adulterati e nocivi.
§. IO.
Della cura che richieggono le bolli.
In queste contrade son rari coloro che fanno uso de" gran-
di recipienti per riporre il vino, chiamati /«*//, della capacità
di più botti ; i quali durano moltissimi anni , ed il vino in essi
va meglio conservato, sia perchè il legname essendo vecchio e
massiccio meno assorbe e meno fa evaporare il liquido, e nulla
dà del suo estrattivo al vino, che gli concilia uà senso disgusto-
( 126 )
volo, sia perdio la incrostazione di bitartralo di potassa clie in
tutte le interne pareti vi deposita il vino , fa si che il vino no-
vello meglio vi si conserva e vantaggia in qualità. Il Principe
di Ottaiano oltre de' grandi recipienti fa uso ancora di mezze
botti di buon legname , ben costrutte e cercbiate di ferro ove ripone
il vino nel travasarlo , e che conserva invecchiate ad uso delle suc-
cessive raccolte; poiché smaltisce il suo vino ritenendo la 5/?y;«.
La generalità de' proprietarii e coloni fan uso di botti e mez-
ze botti di legno castagno , che ogni anno comperano nuove ,
perchè 1' uso invalso è quello di vendere il vino compresa la
stipa. Qui dunque ricorre la necessità di dover curare queste
botti per togliere da esse 1' estrattivo del legno che infondendo-
si nel vino , gli concilia quel suo ingrato senso ; ma la cura
che nella generalità si usa a rigor di parola è nulla ; percioc-
ché non altro vi si fa se non cbc, poche ore prima d'imbot-
tare il vino , sciacquarle con poco di acqua tiepida , ed in-
di con acqua fresca. Donde avviene che tutti questi vini con-
servano sempre il senso dell'estrattivo del legno castagno, e
se son più neri , lo son per esso.
Per ben curarle bisognerebbe o mandarle a mare, o te-
nerle per un dodici giorni piene di acqua , cambiandola ogni
tre 0 quattro dì. Ma a ciò fare ben si comprende quanta a-
cqua e quanta fatica si richiederebbe , il perchè è inesegui-
bile. Onde io con buon successo ho ordinato questo altro me-
todo. Si versa in ciascuna botte nuova una caldaia di acqua
bollente di circa un mezzo barile ; indi si tura il cocchiume
e si squassa e dimena la botte per alquanto tempo : nel cor-
so dello stesso giorno , e per altri due di seguito si dimena
e rivoltola un cinque o sei volte al giorno. Indi si getta quel!'
acqua, la quale si vede carica di materia estrattiva del legno,
e vi si versa altra caldaia di lisciva ben calda fatta con cenere a
( 127 )
simi^lianza di quella por il bucalo, ovvero acqua calda salsa, e pur
si squassa e dimena per allri Ire giorni. Poscia si caccia via questa
che n'esce sopraccaricala ollreraodo dello slesso eslrallivo ; e
vi si pone acqua iVesca , elio si cambia dopo allri Ire giorni;
dimenandasi sempre la bolle più volle al dì. Allorché devesi
usare si versa (pioli' acqua e si sciacqua più volle finché l'a-
cqua n' esce limpida , e fallala colare bene , vi si può iin-
bollare il vino. E se pria di ciò si sciacquasse ancora con una
carafla di vino caldo, andrebbe anche meglio fallo. A tal mo-
do il vino non sentirà alfalto del legno castagno. Ma la gen-
ie volgare vi dice che quell" estrattivo del legno è buono per-
chè rende più colorilo il vino.
APPENDICE
yivver lenze intorno all' erbai' io ampelogico.
La raccolta de' saggi per \ erbario ampelogico , al modo
richiesto , deve farsi ed assolversi in una quindicina di gior-
ni del mese di maggio , vai dire dalla comparsa de' racemi fin-
ché i tralci non sionsi di troppo allungati ; ed è un tal pe-
riodo più che sufficiente perchè i medesimi rapidamente cre-
scendo" giungessero a tale lunghezza da non potere essere più
raccolti per erbario.
Intanto a questa epoca i più esperti coltivatori poche va-
rietà san distinguere con precisione. Onde il disegno propósto-
mi nelle mie ricerche, per questo sol lato della raccolta dei
saggi ^ trovava insuperabile difflcollà. Nonpertanto giunsi a rac-
corrò saggi di oltre a quaranta varietà conosciute, triplicati e
quadruplicali. Ma impegnato sempre a ricercare e raccogliere,
i già raccolti nella ristrettezza del tempo andavano a male.
Cessato dunque di raccogliere saggi perchè i tralci fuori
( 128 )
misura allungati , attesi a studiare i caratteri delle fante altre
varietà che mi si offrivano , allorché 1' uva allegata cresceva e
volgeva a maturità , in che spiegavansi le precise distinzioni di
esse, che ho diligentemente notate sopra luogo nei molti poderi
da me visitati ; ma senza prenderne saggi,
A tal modo procedendo, potetti pure notare de' caratteri qua-
}i serhare una tal quale costanza , quali incostanti tra la stessa
varietà , sol perchè fosse posta a luoghi diversi , e talora su lo
stesso individuo; tranne poche sole varietà che offrono sempre
una costante sembianza all' occhio perito , come sono ad esem-
pio l' uva coda di cavallo , la sanginella , la lugliese ec.
Dovetti pur convincermi che a distinguere e definire con
esattezza le varietà , dehbesi partire dal frutto maturo , ed i sag-
gi a serbare, a mio credere , sarebbero de' grappoli nello spi-
rito di vino, e de' semplici pampini che non offrono le tante
difficoltà de' tralci. E questi , ove il Reale Istituto li credesse
indispensabili al suo scopo , potranno essere raccolti nella pros-
sima ventura stagione. Intanto per ora presento quei, de' pochi
già raccolti , potuti serbare.
Qui credo opportuno il luogo di notare quali sieno i carat-
teri da tenersi costanti^ quali variabili. I primi si hanno dal-
la distanza de' nodi ne' tralci , dal colore del peduncolo e del-
le nervature delle foglie , dal pelame delle foglie stesse che
suol variare solo nella foltezza , daU' essere i racemi solleciti o
tardivi ad aprire i fiori ed a sfiorare , dalla forma del grappo-
lo e della bacca, e dal tempo della maturazione.
Tutti gli altri sono piìi o meno variabili , come la figura,
la grandezza , le incisioni ed il margine delle foglie , il colore
del tralcio novello, che nella prima età tende più al verde, suc-
cessivamente si fa sbiadato , indi si colora in legno quale più
chiaro e quale più cupo ec.
( 129 )
QUADRO SISTEMATICO DE' DESCRITTI VITIGNI.
Il Reale Istituto mentre accoglieva con approvazione il mio
lavoro, chiedeva farsi delle 112 varietà descritte la classifica-
zione e distribuzione in gruppi , secondo il metodo proposto dal
Signor Kolenati. Ed io a compiere il pensiero del Reale Isti-
tuto fo precedere alla classificazione poche idee su i principii
che in tale operazione mi hanno guidato , perchè in un lutto
solo si avessero anche le ragioni di essa.
I Botanici e gli Agronomi han sempre tenuto essere la spe-
cie primitiva della vite , generatrice di tante varietà di vitigni,
la vite salvalica, comunemente chiamata, Vitis Labrusca. Sia
il Signor Kolenati diversamente opinando , dietro le sue accu-
rate ricerche nella Georgia Russa , venne a capo di stabilire
essere due le vili salvatiche , quali sottospecie della pltis Fi-
njfera , che ei considera come due tipi primitivi e generatori
di tutti i vitigni coltivati.
Egli fa derivare la distinzione di questi tipi dall' essere le
foglie fornite , 0 prive del tutto di peli cellulari ; nulla impor-
tando che sieno oppur nò vestite dell' altra specie di pelame a
mò di ragnatela chiamato aracnoideo. I primi , quali egli con
precisione descrive , sono corti , lesiniformi , cilindrici ed in
anastomosi coli' epidermide. I secondi sono lunghi , schiacciati
e solidi , intrecciati tra loro , aderenti orizzontalmente ma non
in anastomosi con l' epidermide ; e talora si rinvengono come
semplici lacerazioni o sfioccature di ragnatela distaccati dalla e-
pidermide stessa.
Prendendo dunque a segno de' due tipi la presenza 0 man-
canza de' peli cellulari, ho distinto , come il Signor Kolenati ,
le due grandi categorie di vitigni , luna cioè senza peli cellu-
lari, I' altra con tali peli.
»7
(i3o)
Ciascuna di queste categorie ho poscia diviso in due clas-
si per la mancanza o presenza dell" altro pelarne aracnoideo; ed
ho stimato altresì distinguere una terza classe per que' vitigni
che offrono soli peli cellulari ne' soli angoli interni delle ner-
vature delle foglie ; e ciò perchè possa tale circostanza essere
di elemento a' successivi studii nella materia.
Ho suddiviso ogni elasse in gruppi , come lo stesso Role-
nati , dal colore del peduncolo e nervi, e non ho avuto che due
soli gruppi a formare , poiché quegli organi o sono interamen-
te verdognoli, o con macchie di rosso talora ne' soli peduncoli,
tal' altra ne' nervi ancora.
Ogni gruppo ho pur suddiviso per il solo colore del frut-
to se nero , bianco , oppure tra il rosso e il violetto.
Qui pongo termine alla classificazione. Se più oltre avessi
voluto condurre la suddivisione derivandola da altri caratteri , sa-
rebbesi giunto a quel termine dove si perde ogni vantaggio cui
le classificazioni generiche mirano.
Solo sono stato di credere per Y utile applicazione delle
pratiche agrarie e per le indagini scientifiche , distinguere in
un' altra generalo divisione , tulf i vitigni di cui 1' infiorescenza
0 è sollecitamente seguita dall'allegamento del fruito, o è più
0 meno ritardata. Dal che segue che secondo i varii luoghi o-
ve le razze della seconda categoria vegetano , vanno più o me-
no soggette alla colatura per cagioni meteoriche che non ho in.
questo mio lavoro omesso di notare ; e ciò per la scelta da fa-
re de' vitigni.
( <3i )
CLASSIFICAZIONE SECONDO KOLENATI.
Viti» vinifera anebophilta.
( Vitigno senza peli celluiosi ).
Prima Classe.
Foglie nude , cioè prive anche di peli aracuoidei.
Primo Gruppo.
Peduncolo e nervi delle foglie verde chiaro.
A. Frutto nero. — Le varietà descritte a' numeri 82 e 109.
B. Fruito bianco. — La varietà descritta al n.° ììì.
Secondo Gruppo.
Peduncolo e nervi verdognoli , macchiati di rosso , o solo il primo
eoo tali macchie.
A. Frutto nero. — La varietà descritta al n." 6.
B. Fruito bianco. — Le varietà descritte a' numeri 15 e 17.
C. Frullo rosso. — La varietà descritta al nura.* 37.
Seconda Classe.
( Foglie con soli peli aracuoidei ).
Primo Gruppo.
Peduncolo e nervi delle foglie verde-chiaro.
A. Frutto nero. — Le varietà descritte a' numeri 10, 11 , 24 , 25,
2C , 30 , 66 , 69 , 72 , 75 , 80 , 95 , 102, 104 , e 112.
( l32 )
B. Frutto bianco. — Le vnrictJi dcscvllte a' numeri 48 , 54 , 55, 73 ,
16 , e 105.
Secondo Gruppo.
Peduncolo e nervi delle foglie verdognoli macchiafi di rosso , o sol»
il primo con tali macchie.
A. Frutto nero. — Le varietà descritte a' numeri 2,5, 14, 20 ,27,
jB. Frutto bianco. — Le varietà descritte a' numeri 23, e 96.
C. Frutto violetto. — La varietà descritta al nuni.° 4.
Vitis Vinifera irichophilla.
Prima Classe»
( Foglie con soli peli cellulari nella superficie inferiore ).
Primo Gruppo.-
Peduncolo e nervi delle foglie verdognoli.
A. Frutto nero. — Le varietà descritte a' numeri 36 , 44 , 45 , 47 ^
68, 88 , 92 , 93 , 94 , 97 , 106 , e 107.
B. Frutto bianco. — Le varietà descritte a' numeri 16 , 18 , 34, 51,.
63 , 84 , 89 , e 108.
C. Frutto rosso scuror — La varietà descritta al num.° 28.^
Secondo Gruppo.
Peduncolo e nervi delle foglie verdognoli macchiati di rossa , o solo-
il primo con tali macchie.
À. Frutto nero. — Le varietà descritte a' numeri 8,9, 12. 13, 43,-
60, 74 , 77 , 78 , 79, e 101.
( i33 )
B, Frullo bianco. — Le variclii tlcscritlc a' nuimiri 1 , e 11).
Seconda Classe.
( Toglie con peli di duplice natura ).
Primo Gruppo.
Peduncolo e nervi delle foglie verdc-ciiiaro.
A. Frullo nero. — Le v.-irielù descrilte a' numeri 29 , 39 , il , 33 ,
58 , CI , C2 , 10 , 83 , 81 , e 98.
D. Frullo bianco. — Le varielà descrilte a' numeri 3 , 46 , 32 , 36 ,
31, 59, Ci, 63 , CI , 81, 83 , 91, e 99.
Secoìido Gruppo.
Peduncolo e nervi delle foglie verdognoli , macchiati di rosso , o so-
lo il primo con tali macchie.
A. Frullo nero. — Le varietà descritte a' numeri 21 , 86 , e 10.?.
B. Frullo bianco. — La varielà descritta al num.° 33.
Terza Classe.
( Foglie con soli peli celluiosi agli angoli delle nervature ).
Primo Gruppo.
Peduncolo e nervi delle foglie verùc-chiaro.
A. Fruito nero. — Le varietà descritte a' numeri 33, 38, iO. 30. II.
B. Fruito bianco. — Le varielà descritte a numeri 32, 49, 90, 10(1.
C. Frullo rosso o violetto. — Le varietà descritte a' numeri 22, 42, 110.
k
( «34)
Secondo Gruppo.
Peduncolo e nervi delle foglie verdognoli macchiati di rosso , o solo
il [iiimo con tali macchie.
A. Frutto nero. — La varietà descritta al n." 31.
Classificazione derivata dal comportamento della infiorescenza.
Fra tutte le 112 varietà descritte sonovene novanta che sollecitamen-
If sfiorano ed allegano il frutto, e num.* 22 che ritardano a sfiorare e
ad allegare , le quali sono le segnate a' numeri 5, 1, 9 , 13, 19, 23,
2i , 26 , 29 , 36 , 41 , 44 , 51 , 58 , 59 , 68 , 12 , 84 , 81 , 89 ,
101, e IH.
IITOIMO
ALL' JMYGDJLUS PVMILJ DEL LINNEO
ED AL PRUNUS JJPONICJ DEL THUNBERG
OSSERVAZIONI
SOCIO OROrVARIO
Lclli- ni li. htiliilod' Incoraggiamento, neW adunanza de' 17 Giugno ISil.
L'EL grazioso alberello che dagli anliclu botanici , ritenulo qua!
Q
pianta affricana , della quale distinsero il tipo dal fior sempli-
ce e fruttifero , e la varietà dal fior doppio e sterile, col nome
di Amygdalus pumi la , e col volgare di persichino , coltiva-
to ad ornare con i suoi fiori i nostri giardini di primavera ,
ne rimaneva ben determinato prima che altro simile arboscello
introdotto ne fosse ne' giardini ; prima, cioè , che il Thunberg di ri-
torno dal suo viaggio al Giappone ne descrivesse il Prunus japo-
nica (17S4.), che grande affinità ne presenta coli' antica pianta
affricana. Noi troviamo perciò che da Paolo Hermann , che al
Capo di Buona Speranza la rinveniva selvaggia e la pubblicava
Jiol 1687, fino a Linneo, che sotto quel nome di ^//?yy(/«/«5 yO«-
viila col corredo de' sinonimi de' suoi predecessori , cioè delio
stesso Hermann del Pluknet del Bocrhave e del Tournefort ,
la registrava nelle due Mantisse ( l'-i^-z-i']-] i ) , e nel Si/sfa-
ma Afilurae ( 1770), tutto procedeva regolarmente , nò vi era
occasione di confondere l' antica colla moderni^ pianta ; n^a d ;-
(i36)
no che in luogo del vero Amygdalns pmnila , ad alcuni bota-
nici ne veniva presentato il Prwius japonica , gli scrittori , che
lianno avuto occasione di mentovarle nelle rassegne e ne' rag-
guagli delle specie delle piante , ne hanno stranamente altera-
le le descriziojii , a tal che , col confonderle insieme , han fini-
to col riunirle in una sola specie : ora riferendovi l' intero cor-
redo de' sinonimi ed altra volta travolgendone il collocamento ,
e spargendo delle dubbiezze sulla diversità o identità delle due
piante. Or siccome anche ad altri equivoci più receiitemente la
cennata confusione ha dato luogo , e che 1" antica pianta affri-
cana, colpita di ostracismo, mirasi o sparita affatto dalle opere
botaniche, o tutt'al piìi rilegata fra le spurie ancelle di Flora ,
perciò toltone il destro dagli altri novelli equivoci che ne ver-
remo dichiarando nel corso della presente scrittura , ci è sem-
brato ragionevol cosa il rivendicarne 1' antico diritto col rista-
bilirla nel suo vero posto : senza punto derogare a quello della
pianta asiatica sua minor sorella.
Pienamente convinti che tutto il garbuglio sia provenuto
dal non essersi consultato ciò che i sullodati antichi autori ne han
trasmesso intorno all' Amygdalus pumila , imploriamo la indul-
genza de' leggitori se verremo minutamente ripetendolo.
Siccome il dicemmo testé , egli fu il celebre botanico Olan-
dese Paolo Hermann che imprese il primo a descriverla nel ca-
talogo dell'Orto di Leida, messo a stampa nel 1687. Noi ne
trascriviamo la seguente descrizione.
Persica malus africana nana , jlore incarnato simplici.
Amygdalus africana vulgo.
Eadem Jlore incarnato ploeno.
Complures emitlit virgidas lignosas Jlexiles nibentes , qui-
òìi.ì allernalim haerent folia semidigilalia in obtusum tendentia
mucronem , Malo persica angustiora , pallide virentia , per
( >37 )
(imbitum leriter serrata , crebrioribus venis et riigìs inscripta^
prodeuntibas ad singiiloritm exortiim binis ex adverso tenuissi-
inis corniculatis villis , velut in communi Persica. y4d siimmi-
tates virgularum , oriuntur flores parvi , incarnati rosei colo-
ris , insidentes quinque-radiatis cahjcibns^ modo multiplici , a-
liquando simplici petalorum serie referti^ coloris incarnati ro-
sei jncundissimi , odoris languidi . Flos excipiunt fniclus ro-
ttmdi snbhirsiiti , persiche qiddem haiid absimiles sed triplo mi-
ìiores , saporis non adeo grati. Reperi liane arbusculam sponte
Ivxuriantem ad Promontorium Bonae spei ; inde vero in Europam
redux., offendi in anglorum hortis frequentem, ex quibiis in Bel-
giam adj'erri curavi. Firgulis junioribus solo submersis de fa-
cili propagatur. ( Hermann; Cat. H. Leyd. p. ^Sy ).
E nella pag. 489 sotto la frase Persica Malus africana
nana , flore incarnato piceno , se ne vede la figura della inte-
ra pianta in tutte le parti esattissima , comunque assai più pic-
cola del naturale.
Una imperfetta figura della pianta dal fior doppio ne ripro-
duceva il Pluknet nella sua Phytographia ( 1691 ; tav. 1 1 fig. 4-)
apponendovi il nome di Amygdalus persica nana fi. carneo
ploeno africana , e se ne riportava al cennato catalogo dell' Or-
lo di Leida , dal quale trascriveva la suddetta frase. Compari-
va nel 1684. la prima edizione del Tournefort scritta in france-
se col titolo di Elements de Botanique , nella quale opera le
due piante dell' orto di Leida venivano citate come appartenen-
ti al genere Persica : la prima col nome di Persica africana
nana fi. incarnalo simplici Horti Lugduni Batavorum^ e la se-
conda col nome di Persica africana nana , flore incarnata pi.
II. L. B. Quindi nella edizione latina dello stesso libro , data
fuori col titolo di Institutiones rei lierbariae ( 1700 ) se ne re-
plicava letteralmente la stessa inserzione delle due specie. Succc-
iS
( .38 )
dillo all' Hermann, pubblicava, da ultimo, il Boeraliave, il 2.° ca*
talogo dell' istesso Orto di Leida , e tì riportava la descrizione
del genere Persica fondalo da Tournefort. Di poi sotto le spe-
cie e ne' numeri 4- e 5 , vi registrava le stesse due piante sum-
mentovate colle seguenti frasi.
Persica africana JL incarnalo simplici. Tourn. inst. pag.
625. Persica Malus africana jl. incarnato simplici H. L. B.
Persica africana fi. incarn. pi. H. L. B.
Noi abbiamo dunque nel breve giro di raen di 3o anni
quattro insigni Botanici contemporanei , che concordemente ri-
feriscono al genere Persica la pianta affricana del Giardino di
Leida , e tutti ne ritengono la identità della classificazione , do-
poché , per cura del Tournefort , ne veniva chiaramente desi-
gnato r unico essenzìal carattere che distingue quel genere dal
Pruniis , il quale carattere quel sommo Botanico francese rico-
nosceva nella qualità del nocciuolo irregolarmente e profonda-
mente scolpito ( fructus carnosus foetus oss^iculo profundis scro-
biculis excidptis ornato ). Al qnal carattere , per riunirlo al
genere Ainì/gdalus , i Botanici , che seguendo Linneo ne hanna
ammessa la riunione senza escluderne V Elndlicher , altre note
non hanno aggiunto , che quelle fornite dal genere Amygdalus
dello slesso Touniefort , cioè la Drupa coriacea fbrosa ed il
iiocciuolo profondamente punteggialo. Quindi è che la frase ge-
nerica linneana le riunisce nella seguente diagnosi. Drupa co-
riaceofbrosa vel carnosa , putamine rugoso foraminuloso ( EndL
gen. p. i25o ). Tutti poi concordemente antichi e moderni con-'
vengono nel considerare il genere Prunus contraddistinto dal
carattere del noccinolo affatto liscio e privo di rughe e di pun-
ii impressi : Drupa carnosa ; putamine levi nee rugosoforami-
nulosa ( Endl. loc. cit. ). Vogliasi o pur no adottare la suddi-
visione del genere Amygdalus Lin. ne' sottogeneri Amggdalus
( '39 )
Tourncf. e Persica Tourner. , non che quella del genere Prii-
VHS ne' sollogcneri ylrmeniaca Toiiru. Pninus Tournef. e Cera'
sus Iiiss. ; qiicslp suddivisioni si aggireranno mai sempre sopra
caratteri secondari , laddove fermi ed invariabili ne rimarranno
i caratteri de' due generi primitivi: quelli, cioè, forniti dalla qua-
lità del nocciuolo ; che perciò giudiziosamente V Endlicher, scar-
tando tutti i succennati nuovi generi del Tourncfort del lus-
sjeu e del Do Candolle , ne ha confermato i due soli antichi
generi Linneani Àvìygdalus e Pritmis.
Ritornando ora alle considerazioni emergenti dallo studio
che i snllodati antichi Botanici fatto avevano sulla Àulica Per-
sica africana delf Orlo di Leyda , sarà giuocoforza convenire ,
che per averla essi concordemente riferita al genere Persica ,
dovettero averne studiato il frutto , che T Hermann apertamente
dichiara essere rotundiis subhirsutus , persicae quidein haiid
absimilis sed Iriplo minor saporis non adeo grati. A fronte di
tale evidente diversità del frutto e quindi del nocciuolo , non
per que' sorami Botanici , ma per fanciulli , inverosimile quanto
ridevo] cosa sarebbe il supporre che scambiar potessero il noc-
ciuolo di una prugna con quello di una pesca ! Cosa non ra'eno
biasimevole sarebbe il dubitare della patria del nostro Persichi-
no , dopo di averne Iella 1' originai notizia datane dallo slesso
Hermann che viaggiò nelle Indie e visitò il Capo di Buona Spe-
ranza , dove dice averlo rinvenuto crescere spontaneo ; nò par-
lato ne avremmo noi altrimenti se distinti scrittori non T avesse-
ro leggermente accusato di avervelo riferito a caso: ingannati co-
me vedremo dalia falsa supposta identità della nostra pianta col
Pruno Giapponese.
Chitidorenio il primo periodo islorico del Persie/lino col ri-
ferirne le frasi . le diagnosi , e le sinonimie Linneane , le qua-
li, comecché pubblicale prima che il pacifico possesso del posto
( ao )
che ne occupava nella scienza turbato ne venisse dall' emulo
arbuscello Giapponese , afiiitto concordi le troveremo a quelle
de' succennati antichi autori.
Amygdalus pumila: Manlis. i.* — A. Joliis venato-riigO'
SIS. — Mantis i .'^ ( 1767) pag. 74. Syst. veget. XII. XIII.
( ^770) P^g- ^4- , n-° 3. Persica africana nana Jl. incarnato
ploeno. Tourn. inst. 62Ì). Herm. Lugd. Balav. 4-87 tav. 4-8g.
Mantis. IL pag. 5i4. ( 1771 )• — A. per»ica nana Jl. carneo
ploeno. Pluk. Phyt. XI. fig. 4-- — Habitat in Africa.
Frutex. Rami laeves bipedales , *. tripedales atro-pnrpu-
rei. Folia lanceolato-petiolala venosa rugosa serrulata. Stipiir
lue linear e s laciniatae. Culta in H. Upsaliensi. Mant. i." 1. e. (i).
Flores ad gemmas sepius bini sessiles. Cai. riifescens.
Pelala emarginata incarnata , tubo calycis longiora. Filam.
magis pallida. Germen et stylus iiiferne pubescens. Slipulae
profundins serratae. Variai. Jlor. ploenis. Mantiss. II. 1. e.
Per queste arapliazioni semprepiù si confermano i caratteri
che troviamo nel nostro Persichino , nel quale i rami sono di
color rosso bruno , le foglie lanciolate finamente seghettate , i
fiori spesso accoppiati e sessili , comunque più frequentemente
peduncolati , come le rappresenta il Pluknet. Noi manchiamo
del tipo della specie dal fior semplice , e perciò non possiamo
verificarvi benauco il carattere dello siilo e del germe barbato;
ma possiamo bensì citarne una pruova indiretta ; perocché lo
stilo ed il germe del Pruniis Japonica , col quale 1' Amygda-
lus pumila vorrebbe confondersi , sono affatto glabri.
Ed ecco dimostrato non esservi alcuna discrepanza tra gli
(i) Si avverta che nel catal. dell' Otto di Upsal pubblicato da Linneo
nel 1 74.8 non vi è riportato 1' Amygdalus pumila ; cosiccliò conviea dire
di esservi stalo inlrodollo dopo quella pubblicazione.
( I4.I )
aulori che ban trattato dell' Jmygdalits pwnila prima della sco-
perta del Priimis Japonica. Il primo a smarrirne la traccia In
il Laraark , il quale nel i." tomo della parte botanica della En-
ciclop. Metodica (1789), nel descrivere le piante del genero
Amygdalus n' esclude 1' Aiìiygdulus pumila , e vi aggiunge la
seguente nota : « L' Amygdalus pwnila Limi, etani, selon nous,
(( une vérilable espèce de Prunier , nous 1' avons rapporlée à
« ce genrc. Voyez prunier ». Noi non sapremmo indovinare don-
de r Enciclopedista francese abbia attinto le pruove del suo con-
vincimento , ed indarno siamo andati a cercarne qualche schia-
rimento sotto il genere Prunier , perchè nessuna di quelle spe-
cie trovasi ivi riferita alla pianta Linneana, nò dello stesso Pru-
nus japonica vi si trova fatta menzione alcuna ! Forse ciò è avve-
nuto perchè quello immenso lavoro , condotto dal Lamark per
i primi quattro volumi, ne fu poi continuato dal Poiret che a-
Arà potuto trovarsi di contrario avviso ; ma anche in questo ca-
so avrebbe egli dovuto parlarne in alcuno de' supplementi ; co-
mecché pubblicati dopo del W illdenow , del Persoon , del nuovo
Dubamcl e di altre non poche opere, dove t\e\X Amygdalus pu-
mila Linn. e del Prunus Japonica Thunb. trattasi diffusamente.
Imprendeva nel 1797 il Willdenow a dar fuori la quarta
edizione dello Species planlarum del Linneo colla giunta di tut-
te le piante scoverle fino a quel tempo, ed ivi alla classe Ico-
sandria^ ( tom. 2, p. 2, pag. gSS ) sotto il genere Amygdalus
riportava 1' Amygdalus pumila di Linneo senza escluderne alcu-
no degli antichi sinonimi; ma nel comprendervi le citazioni di
un suo Trattato sugli alberi .^ e di altre opere tedesche , non
saprei con precisione additare da qual di esse traesse egli la
frase diagnostica, di foliis lanceolatis duplicato-serratis. Non
tralasciava frattanto il lodato autore di riportarvi in pari tempo
le parole delle due Mantisse Linneane, dove le foglie son dot-
e 42 )
fc s(rrulota\ quasi che \q^ foglie finamente seghettate come si
vc^orno nelle figure e si dicono nelle descrizioni di lalf i bo-
Innici che han trattato dell' Jmygdalus jnimila , e quali roal-
mrnlc e costantemente esse sono, potessero in pari tempo dir-
si doppiamente seghettate^ come si osservano nel Prwuisjapo-
nica\ Frattanto lo stesso Willdenow non tralasciava di registra-
re questa pianta del Thunberg sotto il genere Prtimis (pag. 99^)
trascrivendone seccamente la frase e la diagnosi della Flora ja-
ponica !
Fin qui nò il paese ne la specialità del nostro Persicliino
ne venivano apertamente impugnate ; ma col comparire della Sy-
lìflpsis del Persoon ( 1807 ) entrambe ne sparivano un tratto ,
trovandosi in quel libro per la prima volta riportato un Prunus
sinens's, cui qual sinonimo traevasi X Amygdalus pumila del
Linneo .
Eccone la frase , i sinonimi e 1" Habitat.
Priinus sinensis ; caule erecto fol. lanceolatis , venoso-rU'
yosis serratis. Amygdalus pumila L. AV. p. gSS. Pluk. pbyt.
t. II. fol. 4- Habitat in China (Africa Lin. ). Questa riunione
propostane dal Persoon non veniva pienamente adottata da' Bo-
tanici ; perocché il Loisleur nel Nuovo Duhamel i. 3, nella tav.
S3 fig. I , vi faceva dipingere un bellissimo ramo carico di frut-
ti del vero Prunus sinensis , le cui foglie slargate nella parte
media , ristrette in ambi gli estremi e decisamente due volte
seghettate , non che i frutti 7nuniti di lunghi peduncoli ed il
nocciuolo liscio , lo mostrano evidentemente diverso dall' Amyg-
dalus Pumila , con foglie lanciolate finamente seghettate , fiori
con corti peduncoli e frutto con nocciuolo solcato ! Quindi lo
stesso Botanico francese ne scriveva la seguente frase. — Prunus
sinensis: foliis lanceolatis serratis , breviter petiolatis eglandu-
losis . floribus axillaribus jìedunculatis ; fructibus globosis ni'
( 43 )
bellis. Egli yì citava il Persoon e luU" i sinonimi nnlichi , e con
dubbio vi registrava (jiiolii dell' Jmygdahis pumila di Linneo o
di Willdenow. Vi soggiungeva poi la seguente nota : (( Ce petit
K Pnmier passe pour étrc originaire de la Citine , et il croit aussi
(( cn Afriquc s" il faut lui rapporter 1' Amygdalus pumila de
(( Linné; mais nous regardons comme trcs douteux que cette
(( derniére piante puissc se rapporlér à notre espèce ; puisq' elle
(( a, selon cet auteur, les fleurs sessiles; et que la nótre les a
(( dislincteraent pedunculèes ». E noi avremmo desiderato che il
Loisleur avesse fondato i suoi dubbi , meno sulla qualità dei^o-
ri sessili o peduncolati ^ che sui caratteri generici^ i quali per
le cose testò discorse sono nelle due piante essenzialmente di-
versi. Pare d' altronde che quell" autore abbia avuto presente piìi
i caratteri dello Amygdalus pumila che quelli della pianta di-
pinta nella citala figura , e ne afforza il sospetto in vedersi che
per la prima volta ne introduceva in quella diagnosi le foglie
prive di glandule ; tali bensì essendo quelle dell' Amygdalus pu-
mila ^ e non già le foglie della pianta che vi è dipinta, e che
son fornite di glandole caduche.
Ed eccoci pervenuti alla pubblicazione del 2" tomo del Pro-
dromo del DC (1825), dove sotto il genere Cerasus ; fondato ,
come è noto a spese di alcune specie del genere Prunus del Lin-
neo, si riunivano in una sola specie ì\ Prunus japonic a Ihwah-
il Prunus sineiisis Persoon e V Amygdalus pu?nila L.! Nel pro-
dromo non è citato il Loisleur, che pel sinonimo del Cerasus
Japonica del nuovo Dubamel, e non pel Prunus sinensis dello
stesso libro; ma siccome sotto di quest'ultimo, il Loisleur rife-
risce i sinonimi degli antichi e quelli del Linneo e del \^'illde-
now , perciò ne consegue trattarsi sempre della stessa pianta.
Benvero , siccome il Loisleur riferiva con dubbio alla pianta
del Persoon i sinonimi del Linneo e del Willdenow , il DC.
( IM )
al contrario col riferirvi V Jmtjgdahis pìimila di Linneo^ tutti
senza menoma esitanza fa crederli riuniti : solo escludendone il
sinonimo del Plukenet, forse seguendo l'avviso del Sims ; ma
questo sinonimo, come il dimostrammo testé, non può disgiun-
gersi da quelli degli antichi e dello stesso Linneo.
In mezzo a tante ambiguità il nostro Orto Botanico riccve-
A'a da Parigi il Pmniis sinensis che ben si trovava diverso dal-
l' Amygdalus pumila; che perciò nell' Elenco de semi e delle
piante disponibili per r anno f8ag, s.o{[oY Jmpgdahts pumila
se ne registrava la seguente nota ( pag. i4 )■ Immerilo a neo-
thericis cnin Pruno sinensi confusa^ passim in hortis occurrit
et vernacide ab hortulanis Persichino a fior doppio mmciipatiir.
Prunus sinensis vera ab hortis gallicis accepta in H. Regio
elapso anno Jloriiit imde de ntrinsque plantae diversitate judi-
care potili. Amygdalus pumila habet jlores sessiles etfolia ser-
rulata, dum in Pruno sinensi Jlores siint pedunculati etfolia
biserrata !
Un appicco a ripigliarne lo studio ne veniva ultimamente
suggerito dall' essersi ricevuto all' Orto botanico Io stesso Pru-
nvs sinensis sotto il falso nome di Amygdalns glandulosa. Que-
sta pianta descritta dall' Hooker come nativa del Texas non può
riferirsi al succennalo Prunus , ma avrà potuto esservi confusa
da qualche orticoltore , perchè, come avvertimmo di sopra , le fo-
glie di esso Prunus come quelle di diverse altre specie soglio-
no portar delle minute glandole caduche sui denti delle foglie e
delle stipole. Frattanto dallo stesso Repertorio del Walpers do-
ve trovasi la notizia dell' Amygdalus glandulosa ne avveniva
raccogliere, che fino all'anno i84.3, nel quale anno ne compa-
riva il 2° tomo , sotto i due generi Amygdalus e Prunus , co-
muu(iue corredati di copiose giunte , nulla di nuovo vi si avver-
tiva intorno alle due piante che formano il soggetto della nostra
( i4a )
disamina; che anzi sotto il genere Amygdahis^ tra le specie e
genere expellendae^ leggiamo Jmygdalus pumila L. ( Cerasìts
vel Priiniis sinensis Pers. ) Anche qualclie anno prima (184.0)
lo Steudel nel Nuovo Nomenclalor^ ne riteneva la stessa riunio-
ne. Ad infermarne il giudizio, ed a meglio farne scorgere la di-
versità delle due piante , gioverà riferirne le altre seguenti av-
vertenze. Il Sims nel Botanìcal magazine tav. 2176 (18 19) ha
rappresentato il vero Ainygdalus pumila di Linneo e degli an-
tichi. Egli ne riferisce tali particolarità da non lasciarvi il me-
nomo dubbio. La più importante sta nello averne osservalo il
frutto, il cui nocciuolo dice aver trovato rugoso ; che perciò met-
tendosi in opposizione cogli altri botanici ed orticoltori del suo
paese, dichiara doversi decisamente conservare sotto il genere
Amygdalm. L' altra si raccoglie dall' averne egli confrontata la
sua pianta coli' esemplare che se ne conserva nell' erbario di
Banks, colla scritta di essere stato colto nel giardino del Lee
nel 1774-5 cioè io anni prima che si fosse parlato del Pruniis
japonica! Egli riferisce henanco di avervi in molti fiori osser-
vato due distinti pisldli : la qual cosa anco ne' fiori doppi ci è
avvenuto di verificare, colf averlo trovato trasformati in due fo-
gliuzze carpellari , screziate di verde e di carnicino , e talvolta
aiTatto verdi e seghettate come le vere foglie della stessa pian-
ta. Con dubbio il Sims registra sotto 1' Amygdalus pumila i due
sinonimi del Pluknet e dell'Herman; e suppone, per verità trop-
po leggermente, che quest' ultimo autore di sola memoria lo a-
vesse attribuito all'Affrica, mentre egli lo crede piuttosto di o-
rigine Cinese : cedendo cosi il campo ai suoi avversari , i quali
per averlo ritenuto di tale origine , lo hanno dapprima riunito
al Prunus sinensis del Persoon e quindi al Prunus japonica del
Thunberg.
Pili felicemente il London nella sua Encyclopedia of Ireea
»9
( a6 )
and Shrubs ( London 184.2 ) avvertiva trovarsi ne' giardini in-
glesi due alberelli distinti che gli scrittori suoi concittadini con-
fondevano in uno. Egli ne descriveva il primo ( pag. 286 ) col
nome di Cerasiis japonica^ e notava potersi questo in ogni sta-
gione facilmente riconoscere dal color bruno porporino della
scorza de giovani ramoscelli, e nella state dalle sue foglie Jir
riamente seghettate. Quindi soggiungeva: I fiori di questa spe-
cie hanno cortissimi peduncoli , e sono talvolta affatto sessilù
Cosi il tipo della specie istessa, ossia la pianta a fior semplice,
che la varietà dal fior doppio, erano da quel diligente orticol-
tore partitamente descritte.
La seconda pianta riferita col nome di Cerasus sitiensis (p.
287) avvertiva il Loudon K riconoscersi nell' inverno dal color
cinericcio della scorza de giovani ramoscelli .^ e nella state dal-
le sue foglie comparativamente più larghe ., due volte e più prò-
fondamente seghettate., non che da' suoi fiori forniti di più hiU'
ghi pieduncoli » . Dopo queste chiare e semplici parole non vi
è chi possa dubitare che delle due succennate piante, la prima
debba riferissi all' Amygdalus pmnila di Linneo e degli antichi.^
e la secor.da al Prunus 0 cerasus sinensis o faponica de mo-
derni. Ne duole , frattanto , il doverne in pari tempo dichiarare
di non essere stato il Loudon egualmente felice nello svilup-
parne la sinonimia j eh' egli medesimo riconosceva oltremodo con-
fusa ed intralciata. Se invece di ricercarne nel Cerasus fapo-
nica del Loisleur ( Prunus jap. Thunb. e Linldey Bot. reg. tav,
1801. Prunus sinensis Pers. 2, pag. 36 ) la pianta che trovava
diversa dal Cerasus sinensis del Don. { Primus faponica Ker.
Bot. regist. t. 27. Cerasus sinensis Don 's Miller 2, p. 5i4)
ricercata egli 1' avesse negli antichi, allora nella descrizione e
nella figura bellissima dell' Herman, non la sola varietà dal fior
doppio avrebbe egli ritenuto riferirsi all' Amygdalus pumila di
( ay )
Linneo^ ma benanco il tipo dal fior semplice , escludendone lut-
t' i sinonimi del Loisleur del Thimberg e del Persoon , che riu-
niti avrebbe a quelli del suo Cerasus sinensis. Nò tampoco si
sarebbe egli allontanato dalla esalta classificazione che ne dava
il Sims, riconoscendo del genere Amygdalus la pianta Linnea-
na e ritenendone perciò 1' antico nome di Amygdalus pumila.
Egli avrebbe allora evitato anche 1' altro equivoco in cui è ca-
duto , dimostrar volendo che entrambe le due piante , che si
studiava far distinguere, dovessero ritenersi per native della Ci-
na e del Giappone: compresavi la varietà dal fior doppio del-
la sua prima specie cui riferiva lo Amygdalus pumila in mol-
ti libri detto esser di origine affricana ; giacché la doppia non
solo, ma la semplice benanco riconosciuto avrebbe provenire dal-
l'Affrica. Neppure avrebbe egli detto di essersene nel 1810 in-
trodotto in Inghilterra il tipo dal fior semplice, laddove egli me-
desimo dichiarava che la varietà dal fior doppio vi si coltivava
fin da' tempi del Vescovo Compton; perocché anche prima di
quel tempo ( 17^2-1 768 ) cioè molti anni prima che il Thunberg
ne facesse conoscere il Prunus japonica ( 1784.) entrambe le
piante, quella cioè a fior semplice e quella a fior doppio colti-
Yavansi in Inghilterra. La più luminosa conferma ne leggiamo
nel catalogo dell'antico Giardino di Collinson (i), nel quale
(i) Horius Collinsimianus . An account of the pianls cuhivated by the
late Peter Collinson Esq. F. R. S. Swansea London i84.3. — In una delle
note del Dottor Dillwin p. 23 trovasi citato il Dottor Compton vescovo di
Londra ([ual distinto cultore di piante, che viveva nel principio del secolo
18.° Il Collinson trapassava nel 1768. — Nello stesso Catalogo troviamo
che il Dillwin riferisce alla Dracoena Braco V antica pianta che si colti-
vava ia quel giardino colla indicazione Palma, folii's longisgìmig penditlis.
Dragon Palm; Boerhav. Ind. H. L. B. — Noi ci permetteremo di osserva-
re che la pianta del Bocrhave differisce dalia vera D. Braco , che perciò
( as)
( pac. 3 ) sono riportate le cennale due piante sotto l' antico no-
me di Persica ìiana Jl. incarnato simplicì et duplici , ed en-
trambe dal Sig. Dillwin, che ne ha curata la pubblicazione e ne
ha scritte le illustrazioni^ dette due piante sono registrate sotto
r Amygdalus pumila del Linneo.
Diagnosi e sinonimie dell' Amygdalvs pumila L. e del
Prvnus j a fon ICA Thunb.
I. Amygdalus pumila. Ramis patentibus atro-purpureis ; fo-
liis elliptico-lanceolatis utrinquc glaberrimis venoso-rugosis , sti-
pulisque binis linearibus serrulatis eglandulosis ; floribus plerum-
que geminis subsessilibus vel breviter pedunculatis, petalis emar-
ginatis vel integris , interdum acutis , filamentis pallidis , germi-
no styloque pubescenti; drupa rillosa, nucleo rugoso. Lin. Mant^
I. j)ag. jà. Sist. veg. ed III pog. S^i. Mantis. II. p. StJi-.
A. Flore siìnplìci. Persica africana nana^ flore incarnato
siraplici. Tournf. insi. 62^.
Malus persica africana nana, flore incarnato simplici. y/wy-
gdalus africana vulgo Herm. Ludb. 4Sl.
Persica africana fl. incarnato siraplici. Boerh. H. Liigb. In-
dex alter. , pag. 24-3.
Cerasus japonica London. Encyclopedia oftrees and Shrubs
p. 2S6. ( excl. omnib. synonira ).
Icon Botanical Register tav. 1801 .
' B. Flore pieno L. Mantiss. II. loc. cit,
r abbiamo illustrata col nome di Dracoena Boerhavii. Questa specie nei
giardini è più frequente della vera, ed ordinariamente trovasi con essa con-
fusa. Vedi Ani della R. A, di Scienze di Napoli t. 3. ( anno 18S2 p.
37 con fig. ).
( 1% )
Persica africana nana, fi. incarnato piceno. Tourn Inst.p. 62Ò.
Malus persica nana fi. incarnato pieno. Ilerm. Lugdb 4S-/-,
tav. 4Sq ( oplima ).
Amygdalus persica nana, fi. carneo pieno. Plii/m. Phyto-
graphia tav. ii-fig- 4 ( rndis ).
Amygdalus pumila L. fl. pieno. Sims Bot. magazin tav.
Cerasus japonica muUiplcx Loud l. cit.
Icon. Boi. magazin l. cit.
Habitat in Africa australe. Frutex.
II. Pruniis japonica. Ramis erectis cinereis ; foliis ex ova-
to-oblongis medio latioribus, utrinque attenuatis, venoso-rugosis,
duplicato serralis utriuquc glaberrimis stipulisque serratis junio-
ribus , dcntibus glandulosis , glandulis caducis ; floribus geminis
vel fasciculatis pedunculatis pendulis , petalis emarginatis , fila-
mentis rubellis, germine styloque glabro; drupa glabra nucleo
levi. Thunb. Flora japonica 201.
Prunus japonica Ker in Bot. reg. tav. 27.
Cerasus japonica DC. Prodr. 2 pag- ^3g. Dahamel edilio
nova S pag: 33.
Prunus sinensis. Pers. Enchirid. 2 pag. 36 ( esci. syn. )
Duhamel ed. novaiom. 4 pag. 181 tav. .5'.? ( optima ) ( exclus.
synon).
Amygdalus pumila JFilldenow Arbor. ig non Linn.
Cerasus sinensis Don 's Miller 2, pag. 5i4- London l. cit,
pag. zS-j icon.
Amygdalus glandulosa Manetti ad Catal. IL C. prope Mo-
diciam, suppl. 2 pag. 6., non Hooker.
Icon. Botanical rcgisl. loc. cit. Diiham. loc. cit.
Frutex. Habitat in China et in laponia.
OSSEMAZIOM
SULLA MALATTIA DELLA VITE
APPARSA NELL'ESTATE DEL CORRENTE ANNO 1831
NEI CONTORNI DI NAPOLI
DI GUGLIELMO GASPARRINI.
ìa primavera di questo anno fu stagione favorevole nei con-
torni di Napoli ad ogni sorta di frutti , soprattullo agli estivi
ed autunnali , cosi a quelli da nocciuolo come agli altri da gra-
nelli. Alla fioritura della vite , punto non disturbata da vicissi-
tudini atmosferiche, successe un allegamento si compiuto e fe-
lice da attendersene una vendemmia ubertosa. Ma nell' entrar
dell' estate , una malattia apparsa su questa pianta destò dappri-
ma grande sollecitudine nei proprietari e vignajuoli ; ed iu se-
guito ha danneggiate pii!i o men gravemente le vigne di moltis-
sime contrade intorno la Capitale , nelle isole e sulla terra fer-
ma , tanto ne' luoghi piani quanto in quelli elevati , come nei
Camaldoli e nelle circostanze del Vesuvio. Si è manifestata ai-
cora in diverse parti di Terra di Lavoro e della provincia di
Salerno, siccome ci vien riferito; per le altre provincie del re-
gno non ci sono notizie sicure. Noi abbiamo cercato conoscerne
la natura e le cause per rispondere agli agricoltori c'ie ci han-
no domandali sui mezzi da impedirne il progresso.
Viene il male sulle parli giovani ancora in crescema, sui
rami , le foglie , i picciuoli , i viticci , e segiialamenle sui ra-
( l52 )
moscelli del grappolo ed i granelli dell' agresto. Dovunque si
mostra precede una Telatura biancastra appena distinguibile, per
cui r organo perde la naturai frescbezza del suo color verde. Da
questa velatura sorge poi una spezie di muffa dilicalissiraa in
forma di lanugine biancastra ; e 1' epidermide sottostante appa-
risce allora cosparsa di punti nerastri. Col progredire della ma-
lattia questi punti nerastri si multiplicano , i piccoli granelli del-
l' agresto d" ordinario si cadono alla minima scossa ; dei grandi al-
cuni cessano dal crescere , o crescono lentamente senza giungere a
maturazione, massime quando la muffa vi forma, per la sua abbon-
danza, una sotlil crosta biancastra; altri s'ingrandiscono, ma sul
punto di maturare si fendono d' ordinario nella sommità e poscia
vanno in corruttela , o si corrompono senza aprirsi. I granelli
poi cbe ne sono attaccati leggermente, o solo in un lato, ingran-
discono e giungono ad una maturazione più o meno compiuta
con poco scapito nel sapore e 1' altre qualità ; ma quelli cbe ne
furono investiti da per tutto , sieno o no aperti , quantunque
grandi ed in apparenza poco maltrattati banno sapore amaro is-
piacevole né di agresto^ né di uva perfetta, I ramoscelli del
grappolo d' ordinario si mantengono saldi ; in qualcbe caso pe-
rò si slogano essi con facilità, e ciò succede nei luogbi molto
ombrati ed umidi , dove la muffa riproducendosi continuamente in
copia ne altera le giunture. Sui rami appariscono macchie fosche,
rossastre, livide, secondo il grado di alterazione della scorza. Le
foglie impallidiscono prima alquanto, dipoi nei punti dove abbon-
dava la muffa diventano piìi o meno giallastre ; alcune di esse
si cadono perciò prima del tempo. Finalmente sulle parti altera-
te cominciano a spuntare nuove muffe. Giunta la malattia a tale
stato le piante che ne sono attaccate tramandano odore spiacevole.
Si appiglia essa indistintamente ad ogni sorta di vitigno ,
nero o bianco cbe sia, tanto a quelli che portano u»'a con fio-
( i53 )
Cina sottile come la moscadclla, quanto agli altri con fiocina
grossa e tenace come la catalanesca , sileno all' ombra o espo-
ste al sole ; ma con molla varietà secondo i luoghi ; e nello stes-
so luogo sugli individui dello stesso vitigno , e tra vitigni diver-
si a poca distanza. In alcune vigne tutt' i vitigni ne sono più o
meno infetti, in altre alcuni tra essi, sieno della stessa gene-
razione o diversi. Tra i primi alcuni individui quantunque rigo-
gliosi e nella pienezza della loro età non ne restano immuni.
Si vede pure nella stessa contrada esser grave la malattia in al-
cune vigne , in altre leggiera , ed in qualcuna quasi mancare
aflatlo , senza causa apparente per efTetto del terreno , della espo-
sizione , del coltivamenlo ed altro. Tutlavolta i vitigni bianchi
in generale ne sono stati più maltrattati , segnatamente quelli
con fiocina sottile , come la moscadella , l' uva di Corinto. Le
uve bianche con fiocina tenace hanno meno sofferte , come la
catalanesca, quella del vasto , la corniola ed altre, in cui la muffa
si è manifestata ordinariamente in un sol lato dell' acino. Tra
le uve nere la lugliese ha sofferto più delle altre ; mentre sull' u-
va fragola ( Vitis Labrusca ) delta altrimenti isabella, quantun-
que si sia trovala in mezzo a molti vitigni nostrali fortemente
iufeslali dal male , questo male poco vi ha progredito sui rami, e
si è manifestato solo in qualche piccol granello di agresto. Nei luo-
ghi adomprati alquanto umidi , sia per la situazione o la quali-
lità del terreno , ha fatto in generale più danno , e però sui
grappoli meno esposti al sole. Tanta varietà di effetti che ab-
biamo osservato in diverse contrade più o meno distanti ed e-
slese si può ancora vedere nel R. Orto botanico , dove la bel-
lissima collezione di tanti svariali vitigni si porge , meglio di
qualunque altro luogo, all'esame comparativo dei falli.
Questa malattia apparsa o avvertila la prima volta nei te-
pidarii di Londra nel i84.3, passando poscia nel Belgio, com-
• 20
U f />! !
( lU)
pariva nell' estale dell' anno scorso in diverse contrade della
Francia. Il Signor Leveillè ne da contezza nel giornale L'
Institut , dicendo esser prodotta da una mucedinea in for-
ma di lanugine biancastra ( Oidium Tuckeri Berci. ) nascen-
te sul racemo , il frutto , sulle foglie ed i rami giovani ; che
il suo micelio non s' introduceva nella epidermide , e le spore
in numero di tre a cinque poste in seguela venivano nella som-
mità di un filamento confervoideo. Notava inoltre essere il ma-
le contagioso , poiché dalle uve infette passava alle sane stando-
vi in contatto o vicine , e che nei contorni di Parigi si manife-
stava in un anno, in cui la stagione per ogni rispetto pareva
favorevole alla vite. Ricorda infine che il Duby nel i835 de-
scrisse nella Biblioteca universale di Ginevra altra mucedinea
( Tonda dissiliens Dub. ) con spore di color verde , che pari-
menti infesta la vite. Dice il Duby che questa mucedinea appar-
ve sulla vite nel i834- lungo il lago lemano, nonostante la man-
canza delle nebbie e della pioggia; che attaccava solo le foglie
nella faccia inferiore, le quali ivi apparivano come coperte d'
un feltro verde ferrugginoso e polveroso ; che gli articoli ( da
1-7 ) de' suoi filamenti sporiferi nell'acqua si slogavano facil-
mente, siccome lo stesso nome specifico dinota, ed altro. Ciò
basta a far comprendere non essere dessa , questa Torula dis-
siliens , la stessa pianta apparsa tra noi nel corrente anno ; la
quale , siccome vedremo , punto non differisce dall' Oidium Tu-
ckeri , indicato dal Leveillè , quando è giunta a compiuto accre-
scimento ; e di cui la struttura si vede al microscopio. Essa è
una pianta crittogama , e propriamente una mucedinea della fa-
miglia delle torulacee neir ordine vastissimo dei funchi. Il suo
micelio è formato di filamenti ramosi, confervoidei, distesi sul-
la epidermide senza internarvisi ; da questi sorgono altri filamen-
ti pure confervoidei, ossia costituiti di cellule poste in seguela,
ma eredi e semplici. I primi formano la velalura biancastra di
( 13 J )
sopra menzionata , precedono e generano i secondi che formano
propriamcule la lanugine ; e nella sommila dei quali vengon le
spore o germi dei nascituri individui. La lunghezza di questi
filamenti sporiferi varia secondo l'età arrivando infino a% millim.
con una grossezza di 0,006 a 0,009" circa. Formansi le spore
dall' ultime cellule , ingrossandosi a poco a poco e restringendo-
si giusto ne' punti in cui si uniscono, ossia alle loro estremità ;
e giunte a perfezione, si separano naturalmente con molta facilità.
La spora matura è ovale-allungata, ottusa in amhe le estremi-
tà, glabra, liscia, di colore biancastro , e contiene sostanza gra-
nellosa; A'aria la sua lunghezza da 0,024. a 0,030"" infino a o,o36'"
con una larghezza di 0,016 a 0,020""° circa. Neil' acqua si gon-
fia un poco , e talvolta si apre lateralmente spingendo fuora il
suo contenuto granelloso. I granelli , giusta le osservazioni del
professor Savi verificate da noi, germogliano noli' acqua ; essi
perciò sono le vere sporule , e V organo in cui si generano es-
sendo piuttosto uno sporangio il funghetto dev' essere annovera-
to tra i cistospori.
Il numero delle spore , secondo il Leveillè , poste in segue-
la nella estremità di ciascun filamento sporifero varia da tre a
cinque. Nei contorni di Napoli infino alla metà di agosto, cioè
a dire per quasi due mesi dalla comparsa della malattia , erano
esse costantemente solitarie, e dopo la loro caduta i filamenti
d' ordinario si raggrinzivano , ovvero mantenendosi diritti e ri-
gogliosi non ne producevano altre. Onde si notò allora che sì
fatta mucedinea per l'aspetto, pel suo micelio che non s' intro-
duce nella sostanza della epidermide, per gli organi che attacca
e gli effetti che produce quantunque affatto simile all' Oid/ian
Tiickcri-BercL, tultavolta se il carattere delle spore solitarie si
fosse in seguito mantenuto , poteva essa considerarsi come diver-
sa ed essere indicata col nome di Oidium albescens. Ma dopa
( i56)
la metà di agosto , forse per effetto delle piogge abbondanti av-
venute , 0 per la grande umidità dell'aria, in qualche parte
della vite , dove cominciava a spuntare , crebbe con molto vi-
gore , e dei filamenti sporiferi più rigogliosi alcuni avevano due
Ire e quattro spore poste in seguela nella loro estremità. Il pre-
lodato Professor Savi crede inoltre essere tal mucedinea la stes-
sa che quella descritta dal Demazieres col nome di Oidiitm leu-
contimi^ 0 semplice varietà. Ma in fatti n' è diversa, ed infino
ad ora , non sappiamo con certezza se si trova in altre piante,
siccome alcuni credono, e da queste passata alla vite , ovvero
se sia di tal pianta congenita ; nel qual caso il danno da essa
fallo nel corrente anno sarebbe dipeso dalla copiosa sua propa-
gazione per cause estrinseche come appresso si dirà.
Lasciamo ora di più ragionare sul nome e la definizione
della pianta, poiché questo ha un importanza secondaria rispetto
al fine pel quale abbiamo intraprese le osservazioni. Il fine prin-
cipale è stato di vedere se ci fosse rimedio per cessare o dimi-
nuir tanto male , o almeno risparmiare agli agricoltori solleci-
tudini e spese inutili. E per raggiungerlo bisognava esaminar
la natura del male ed investigarne le cause.
La malattia prodotta evidentemente dalla muffa sopra descrit-
ta è contagiosa ; poiché passa successimamente dalle viti infette
alle sane, fossero pure giovani e nel maggiore rigoglio , senza
riguardo in generale alla loro qualità , ed al luogo o terreno in
cui si trovano. Né contro a ciò fa caso l' osservare tra molli vi-
tigni infetti qualcuno non attaccalo dal male ; perchè i contagi
lasciano immuni dalla loro azione alcuni individui ; e talvolta al-
la generale propagazione non son favorevoli tutte le cose necessa-
rie, o non basta il tempo. Cosi all' uva fragola, stando nel mezzo
di molti vifigni ammalati infin dal principio dell' estate , la muf-
fa non era ancora passata a dì 2 5 luglio. Vi apparve essa in
( 1^7 )
poca copia sui rami, sui piccoli e deboli granelli dell' agre-
sto nella fine di quel mese , senza che vi abbia fatto iu segui-
to notabile danno; e, siccome negli altri vitigni, non mai sui
granelli maturi.
Le influenze atmosferiche dipendenti dalla temperatura , dal-
la umidità , dallo stato elettrico ed altro , favoriscono o sono as-
solutamente necessarie al nascere e propagarsi delle muffe. Al-
cune sembrano evidentemente contagiose ; poiché le spore o se-
mi loro appigliandosi a certi corpi o organi sani e viventi vi ge-
nerano corruzione e morte con introdurre le loro sottilissimo fi-
lamentose radici nel parenchima per trarne il nudrimento. Altre
hanno bisogno, a parte delle condizioni atmosferiche favorevoli,
di un corpo organico magagnato , quantunque apparentemente
sano, od in istato di manifesta putrefazione. Iu questo caso il
corpo e r organo impudridisce piìi facilmente per la mala dis-
posizione naturale , e la muffa sopraggiuntavi , la quale siniil-
meule introduce in esso le sue radici in cerca di nudrimento.
Ci ha poi raulfe , ma in pochissimo numero , le quali sopran-
nascono soltanto ad una parte organica senza punto offenderla
con introdurre in essa le loro radici. L'offendono però altrimen-
ti con impedirne , in quanto si può giudicare dall' apparenza ,
alcune funzioni necessarie alla vita , segnatamente la traspira-
zione e la respirazione ; e forse traendone ancora un pò di u-
more , per semplice virlii di endosmosi stando le parti iu con-
tatto , come fanno i peli radicali nel terreno. Di si fatta gene-
razione di muffe sembra appunto essere quella che di presente
infesta le nostre vigne. Germogliando essa sul granello od altra
parte della vite vi distende e dirama il suo micelio filamentoso,
formandovi una specie di feltro , senza punto introdursi nella e-
pidermide.
Onde sulla vite , a quel che pare , trova essa non sola-
( i58)
mente un convenevole appoggio , ma im certo nudrimento ancora
nel modo anzidetto , a parte di quello che può esserle for-
nito dall'aria. Però le coudizioni necessarie alla sua nascen-
za e propagazione in massima parte o tutte sembrano esi-
stere neir aria , e dipendere principalmente dalla temperatu-
ra , dalla umidità , dallo stato elettrico ed altro siccome si è
detto. Intanto siccome le piante crittogame di tal natura vcugon
sempre , secondo 1' opinione universale , sugli organi più o me-
no magagnati , comechè in apparenza sani , nel caso presen-
te può sembrare cbe noi non riconosciamo come necessaria
alla nascenza e propagazion della muffa sopra menzionata quest'
altra condizione , cioè una disposizione o principio morboso nel-
la vite. Tal pianta è naturalmente disposta a produrre quella
sorta di muffa avanti descritta ; ma le copiosa e straordinaria
propagazione da cui procede il danno nell' armo corrente sem-
bra dipendere da cause esterne atmosferiche anziché d' altro ;
poicliè non si scorge nella vite alcun precedente indizio di
mar essere , né si può arguirlo da condizioni esteriori po-
co favorevoli alla sua vegetazione. Neil' anno corrente , tran-
ne la scarsezza delle piogge , la primavera e 1' estate non po-
tevano essere più propizie. Che se da ciò dipendesse 1' esisten-
za della muffa , essa non mancberebbe mai di far danno o-
gni volta cbe la vite patisse un poco per scarsezza di acqua.
In contrario il modo di propagarsi successivamente appigliando-
si ad ogni sorta di vitigno , ancbe a quelli che non mostrano
il minimo indizio di essere male affetti , dichiara , almeno in
apparenza , eh' essa non cerca qualche disposizion particolare
negli organi o negli umori ; e però qualunque sensibile alte-
razione in qualsivoglia parte della pianta non precede ma segui-
ta alla sua apparizione. E dappoiché le condizioni atmosferi-
che per essere mutabilissime fauno nascere e sparire subita-
( '^9 )
mente molle muffe , quella della vite forse avrebbe potuto parimen-
ti d' un momento all' altro finire colla stessa facilità con cui nac-
que e si era propagala , se nel corso della sua vcgelazionc le
condizioni atmosferiche si fossero sensibilmente alterate , massi-
me rispetto alla umidità. Per effetto delle brevi e scarse piogge
avvenute nei primi giorni di agosto, anziché d' altra causa , del-
la muffa già tanto copiosa, ai io dello stesso mese , poco ne
rimaneva sulle parti percosse dall' acqua ; ma in seguilo
pareva come fosse cresciuta , ed il male divenuto più grave.
Dipendeva ciò dall' alterazione primitivamente prodotta dall' Oi-
dium , la quale procedendo innanzi apparecchiava il luogo op-
portuno alla nascila di nuove muffe. Per effetto della muffa pri-
mitiva appariscono sulla epidermide i punti nerastri di sopra ac-
cennati , i quali raultiplicandosi prendono infine 1' aspetto di
macchie fosche punteggiale più o nien grandi ed irregolari. Di-
pendono essi da alterazione di alcune cellule epidermiche e del
parenchima sottoposto, scguatamente della sostanza granellosa
in esse contenuta ; la quale ingiallisce prima , poi diventa rossa-
stra, finalmente di color rosso fosco ; alterazione che in segui-
to allargandosi costituisce le macchie anzidette, senza che ci fos-
se tra le cellule qualche filamento del micelio. Dappoiché que-
sto , il ripetiamo , non s' interna nella sostanza della epidermi-
de ( almeno sul granello ) , ma solo vi si dirama sopra forman-
dovi una specie di veste come di feltro più o meno fitto. Ciò
si può osservare agevolmente sui granelli dell'agresto, da cui
tolta la muffa colle dita o con pannolino non rimane avanzo del
suo micelio sulla faccia esterna della epidermide , uè se ne tro-
va nella sua sostanza o sulla faccia interna , né nel parenchima
sottoposto. Ora per effetto della pioggia eran cadute le spore
dell' Oidium , rimanendovi tutto il suo tessuto filamentoso ; e
dai punii alterati della epidermide essendo nate nuove muffe ,
( i6o )
tulle insieme , nei punti in cui il male primitivo aveva fatto
maggior danno, formavano, segnatamente sul frutto, dove più
dove meno , una soltil pellicina biancastra in sembianza quasi
di crosta calcarea. Queste nuove mucedinee introducendo il lo-
ro micelio nella epidermide e nel parenchima in breve tempo
aggravano il male ; onde la buccia del frutto diventa nerastra,
la polpa amara ; sui rami appariscono scabrosità ; e le foglie
ingiallite si slogano facilmente.
U una delle nuove muffe in forma di bioccoletli olivastri ,
sparsi sulla epidermide , massime del frutto, si appartiene al
genere Penicillum nell' ordine dei funghi artrospori. Dal suo
micelio ramoso confervoideo sorgon filamenti in grandissimo nu-
mero , pure confervoidei , alcuni ramosi infin dalla base , decum-
benti e sterili , altri diritti e fertili ossia sporiferi. Si diramano
questi verso la sommità, mettendo due ramuscelli ad ogni giun-
tura , costituiti di una catena di spore ovali della grandezza di
o^ooG""- circa.
Un altra mucedinea di colore bianco , molto più grande
della precedente , nasce nella fessura dell' acino , e dai punti
più alterati della buccia. Il suo micelio s' intromette nella pol-
pa ; i filamenti confervoidei che da esso procedono diramansi
alla base, ed un poco ancora nel tratto della lunghezza ; i fer-
tili portano nella sommità grappoletti di spore rotonde sopra
corti rami ed intorno ad una cellula grande centrale detta al-
trimenti basidio. Tal mucedinea perciò si appartiene alla fa-
miglia delle poliactidi nell' ordine dei funghi basidiospori ; e
sembra poco diversa dalla Poiyactis fascicularis del Corda. Sul-
le foglie ingiallite abbiam veduto una specie di Tonila diversa
dalla Tonda dissilìens-Duby ; l' Allernaria tennis, ed una spe-
zie di Tricotheciunìì Se tutte queste nuove muffe noi volessimo
descrivere , usciremmo certamente dai termini e dallo scopo del
J
( '61 )
nostro lavoro. Esse nascono posterioroicntc all' Oidhim Tuc/cen\
causa primiliva della nialallia ; sono perciò conseguenza per ef-
Xc'lto dell' alterazione prodotta da quello e niente più ; e quan-
tunque l'aggravassero non meritano perciò seria considerazione.
Contro a si fatta malattia , della quale molti chiari uomi-
ni da diverse parti d' Italia parlano con poca diversità di opi-
nioni rispetto alla causa ed alla essenza , non vediamo adesso
qual potess' essere il rimedio economico per distruggerla o dimi-
nuirne almeno il danno. Noi ci rimanghiarao di ragionare de'
niezzi e rimedi infino ad ora tentati o propósti ( come per esempio
impolverare le parti infette, precedentemente bagnate o quando vi
è ancor la rugiada , di calce, gesso, fiori di zolfo spinti con un
soffietto ; ovvero aspergerle con acqua in cui sia sciolta calce
spenta, o sottocarbonato di potassa nella proporzione di i a 20,
0 slicno sospesi fiori di zolfo ) parendoci dispendiosi 0 difficili a
mettere in opera nelle coltivazioni estese , senza la certezza
della riuscita. Parecchi agronomi però convengono doversi pre-
ferire a qualunque altro rimedio , infino ad ora proposto 1' a-
spersione con acqua di calce , come piti alta a distruggere la
muffa, senza offendere le diverse parti della vite. Standovi sem-
pre la difficoltà di adoperarla nelle estese coltivazioni, e la spe-
sa , leggiera per altro ; la velatura biancastra che di essa ri-
mane dopo il riseccameuto , se non altera , almeno sensibil-
mente , la crescenza e la perfclla maturazione del frutto , non
pare che la sua presenza sulle foglie non dovesse arrecar nocu-
mento alla pianta. Altri crede che una discreta spampanazione
può diminuire il male già fatto ed impedirne il progresso. Con-
siderando agli effetti della potagione , e dello sfrondare le pian-
te , così rispetto alla quantità dell' umore che deve dopo ab-
bondare nel vegetabile , e potrebbe far sparire la disposiziou
morbosa se mai questa fosse necessaria alla nascita e projtaga-
( l62)
zion della muffa ; come all' aria ed alla luce clie più liberamen-
te vi operano , tal pratica non sembra dovesse riescire in tut-
to inutile. È nata ancora negli agricoltori una nuova sollecitu-
dine , che la malattia si potesse facilmente riprodurre negli an-
ni venturi rimanendovi il seme della muffa da cui è ingenera-
ta. A noi pare difficile che tal sorta di male , che si può pa-
ragonare ad ima epidemia, possa rinnovarsi più anni di segui-
lo. Ci vogliono molte condizioni dell' aria o cause esteriori per-
chè ciò avvenga , e noi in gran parte , o tutte , le ignoriamo :
e se tutte non sono d' accordo non producono il temuto effetto.
Gli agricoltori l' anno venturo si dorranno piuttosto d' uno scar-
so ricolto dalle viti fortemente infestate dalla malattia ( a parte
di quelle che ne son morte, siccome è avvenuto in parecchi
luoghi di Precida ) a causa de' nuovi tralci rimasti corti e de-
boli per le vigne condotte a pancate ed arbuscello, siccome si
usa generalmente ne' contorni di Napoli.
(/) OiJ-iiim Oiickc'ii
( i63 )
Spiegazione della tavola.
Fig. 1 . Grappolo d' uva moscadella ancora agresto attac-
cata dall' Oidium\ il quale, indicato in qualche granello e nel
punto a del picciuolo, appena si scorge colla rista naturale in
forma di filamentosa lanugine. Per esso la foglia è divenuta pal-
lida , in alcuni punti giallastra ; e sul ramo sono apparse mac-
chie fosche disseminate di punti nerastri.
Fig. 2. Altro grappoletto della stess' uva nello stato di mas-
sima alterazione prodotta dalla muffa primitiva e da altre muffe
secondarie. Esse formano un feltro biancastro sui granelli i qua-
li in seguito si riseccano.
Fig. 3. Grappoletto della stessa uva; in cui per olfatto
della muffa primitiva gli acini si sono aperti ed apparse muffe
secondarie.
Fig. 4- Granello dell'uva di Corinto ingrandito circa sei
volte per far vedere distintamente la muffa lanuginosa dell Oi-
diiim Tiickeri , ed i punti nerastri sparsi sulla epidermide.
Fig. ^. Oidiiim Tuckeri colla epidermide sottoposta ritratto
ad un ingrandimento di circa aSo diametri, m-m Micelio filamento-
so, confervoideo, ramoso, disteso sulla epidermide, a-a Filamenti
sporiferi che derivano dal micelio con le spore nella sommità in
tutti i gradi della loro formazione, ss Spore cadute perfettamente
mature, e- Epidermide sottoposta al micelio con sottilissimo strato
parenchimatoso. Il contenuto granelloso delle prime cellule sot-
tostanti alla epidermide apparisce per trasparenza. Esso , come
si vede nel punto b di hianco , comincia a divenir giallo alte-
randosi per effetto dell' Oidium.
m DEI SAlACClfl DEllE NITRIERE E POlffllERE
NELL' AGRICOLTURA NELLA PASTORIZIA E NELLE ARTI
DISCORSO
LETTO AL R. ISTITUTO D' INCORAGGIAMENTO
NELLA TORNATA DEL 2 GENNAIO 1851
DAL SOCIO CORRISPONDENTE
GIUSEPPE NOVI
IFFIZIALE D'ARTIGLIERIA
Il faul d' abord bien convenir d' un fall : e' est quo si ime
nation ajournc de dix ans l'application d'une dccouverle qui
aurait augmcntc de io mlllions ses revenus , elle aura pcrJu
100 niillions, sans compier l' iulérùt du capital et Ics iutérùls
iles intérì'ts,
Julien Consid, sur V Ordrc C. p. <4'
or-w»w A-
f-Yr*"' ^- tr :
DISCORSO PRELIIHINARE
Vm, leva che manca di punto d'appoggio
non puA produrre utilità alcuna.
Liiebig ieì eagr, p. 17.
Egregi Colleghi
ix enfatica sentenza pronunziata dal più maraviglioso genio
dell' antichità : datemi un punto d' appoggio e moverò deh e
terra se nel mondo materiale esprime la trapossente forza del
primo elemento delle macchine, nel mondo morale bellamen-
te dinota la potentissima forza della protezione accordata al
sapere.
Senza 1' aura fecondatrice della protezione muoiono sovente
i più alti concepimenti, i beni materiali delle nazioni rimango-
no infruttuosi e si diventa simile al pigro che calpestando ab-
bondevol tesoro stende 1' oziosa mano a dimandare l' obolo della
miseria.
lacquart condannato e negletto da coloro istessi eh' ora gli
elevano una statua, segna nella memoria degli uomini il ritardo
delle ricchezze dei Lionesi e del progresso della tessitura. Salvage
che a traverso le spranghe d' una prigione vede sperimentare la
sua elica propellente, mostra un ritardo nella navigazione a vapore.
Baudry di Nantes che si uccide pei suoi spregiati omnibus raramen-
( i68 )
ta la ri lardala agevolezza delle comunicazioni, e de B lane elicsi
uccide nelle angosce dopo aver traila la sód.l dal sale comune ri-
corda il ritardalo svolgimento di mimerosc industrie che da quel
prodotto derivano. Bremontier che arresta la minacciosa arena
delle dune , creando argini di rigogliosi vegetali in sono alla
stessa sterilità , se eterna da una parte il trionfo dell' umana
industria sugli elementi , eterna dall' altra la vergognosa lotta
della gelosia umana coi benefattori dell' umanità , ed additando
i brani di ubertose contrade invase da quel flagello par che an-
cora rimproveri ai contraddittori di quel felicissimo divisamcnlo.
Perrot che lotta undici anni a stabilire la sua maravigliosa mac-
china , palesa i danni ricevuti dall' arte d' imprimer tessuti , ed
il turbine idraulico riconosciuto a stento dopo cinque anni, quel-
li della idrodinamica. I campi di Fleurus rimproverano alla Fran-
cia la disfatta di Waterloo , ed il primo battello a vapore che
solcò le acque della Senna nel i8o5 la fallita discesa in Inghil-
terra. Ed a farla finita se la prima idea dei telegrafi profferta
dall' Amoutons non fosse stata loo anni inoperosamente sepolta,
quante Tittime non sarebber cadute in battaglie impegnale dopo
i stabiliti armistizi e le fermate paci ?
Signori! la protezione alle idee scientifiche è lucrativa, es-
sa accresce le ricchezze particolari , le rendite degli Slati , il
ben essere universale , essa fa vivere gli uomini e le nazioni
nella memoria della posterità. Se si vuol esser grandi bisogna
aver fede nella virtù delle scienze , bisogna imitare Alessandro
il Grande cbe senza tema e fidente beve la dubbiosa pozione e
n" ebbe vita.
Le idee che qui vi espongo non preser vita nella mia men-
te ma derivano da principi stabiliti dalle più alte inlelligenzc
che la scienza riconosce ed onora. Talune d' esse generarono
prosperità ai paesi che le recarono in atto, e lai' altre par che
( i69 )
possano condurci al godimento di nuovi beni materiali , e tra
por r una e 1' altra cagione serabran degne di esame e tali da
non andar perdute nell' arena sterilissima dell' indifferenza e del-
l' oblio.
Tra i tanti residui di che intendo a mano a mano ragio-
narvi , dirò primamente degli avanzi salini delle nitriere e pol-
veriere i quali vanno ora malamente condannati a perdersi , tut-
toché note ne fossero le applicazioni , notissime le proporzioni
più 0 meno grandi di nitro contenutevi. D' altra parte ponendo
mente che il gregge muore sovente nei campi vittima di altera-
ti foraggi , che lo stesso avviene agli ammali da tiro , che nei
fienili fermenta perigliosamente il fieno , e nelle piazze forti e
sulle navi imputridisce la carne ed il soldato langue ed amma-
la ce. , grande meraviglia mi prese dal non vedere sinora ov-
viati cotanti malanni.
Da questa cagione sospinto e dall' amore santissimo del be-
ne, sottopongo oggi al vostro chiaro giudizio talune applicazio-
ni del salaccio , che a mio credere possono distruggere in gran
parte gli sconci testé enumerati. Difatti con essi sarà possibile
fertilizzare dei tratti di terreno abbandonati , comporre più ener-
gici concimi , approntare più efficacemente le sementi , conser-
vare inalterati i foraggi , insalinare bellamente la carne , otte-
nere più grasso bestiame , lana, formaggi, letami di maggior va-
lore , infine mantenere più agevolmente la salute del soldato
tra le pene degli assedi , 1' operosità dei campi , e le privazio-
ni del mare.
93
( lyo )
I.
Egli è pur nolo che i materiali nitrosi sono trattati a più
riprese con 1' acqua la quale non solamente scioglie i nitrati ,
ma ancora le altre sostanze solubili siccome il solfato potassico,
il carbonato calcico in istato acido , 1' albumina , una materia
estrattiva bruna , un po' di solfato calcico , e specialmente il clo-
ruro sodico, il quale scomponendo i nitrati potassico, calcico e
magnesico forma i cloruri potassico , calcico e magnesico che
restano nella soluzione.
In fra questi cloruri i più abbondanti sono quelli calcico,
e potassico , e generalmente il primo vi si trova in quantità due
volte maggiore del secondo (i).
Seguendo le idee di Kuhlmann (2) queste liscive delle ni-
triere contengono ancora carbonaio 0 nitrato ammonico il che
spiega la loro alcalinità e le esalazioni ammoniacali che si svol-
gono nel concentrarle, E poiché presso noi si Uscivano gì' in-
tonachi cosparsi di efflorescenze saline , che spesso non son com-
poste da nitrati ma dal carbonato e dal solfato sodico , ne se-
gue che questi due sali debbono pure trovarsi nelle soluzioni.
Or concentrando queste prime acque di lavamento separan-
si molte spume e sedimenti melmosi, e quindi nel trasmutare
i nitrati stranieri in nitrato potassico si hanno del pari spume
e sedimenti terrosi, ed oltre ciò non poco carbonato calcico e
molli cloruri (3).
Questo trasmutamento si fa ordinariamente cOn la lisciva
(i) Moritz Meycr Pjr. L. i844^ pag. 87 e 4i-
(2) Exp. Chim. Par. 1847 P^S- 9-
(3) Girardia Lc^. de Chim. Par. 1846 p. 34o. — Meyer p. i6.
( I70
delle ceneri comuni la quale contiene del carbonato potassico al-
teralo da proporzioni variabili di solfato potassico o sodico, clo-
ruro potassico 0 sodico, silice, allumina, ossido di ferro e di
manganese (i).
Cosi ancora s' è pur vero che la lisciva delle nitriere con-
tiene il nitrato ammonico, siccome non è possibile trasmutarlo
in nitrato potassico senza la presenza d' un eccesso di carbonato
potassico , poiché questo sale non va aggiunto sino alla cessa-
zione d' ogni precipitato per non iscomporre senza necessità tut-
ti i cloruri (2) ne segue che parte del nitrato ammonico deve
sovente scappare alla scomposizione.
Tutte le quali cose si ricordano in questa occasione per
mostrare quanti corpi stranieri reagiscono , separansi e si accol-
gono neir atto del raffinamento. Premesso ciò ricorderò come
il nitro grezzo ritratto dalle Indie contiene dal 3 al 20 per
100 di queste materie straniere, e quello artefìcialmente ottenuto
il 25 per 100 in termine medio, le quali sostanze raccolte nel-
r atto del raffinamento compongono una massa residuale cono-
sciuta nelle nostre polveriere col nome di salacelo. Questo re-
siduo formato la piupparte dai cloruri sodico e potassico (3) giun-
ge ogni anno al peso di più centinaia di cantala ed è sconsi-
gliatamente buttato in mare col titolo ormai sbandito di capo-
morto (4.). Il che non pure aggrava lo Stabilimento d' inutile
spesa di trasporlo ; ma senza alcun prò ne impaccia 1' ordina-
rio andamento.
(i) Girardin p. 307.
(2) Bottée e Riffaut p. 43.
(3) Timmerhans Poudre à canon p. 16.
(4) Questa massa residuale trascina seco una quantità considerevole di
nitro quando la raffinazione va malamente efTettuata. Mejer p. 4o afferma
clic il nitro così perduto giunge talvolta sino al io per 100.
( 172 )
Ora se ben m'avviso parmi che questo salaccio potesse a-
vere preziose applicazioni all' agricoltura , la pastorizia e le ar-
ti senza nuocere anzi giovando agi' interessi delle Reali Finan-
ze • il che m' ingegnerò provare brevemente col seguente rapi-
dissimo cenno , che a mille doppi potrebbesi estendere se la ne-
cessità della concisione non mi consigliasse altrimenti. Ed innan-
zi lutto è pur bene dichiarare che nelP esporre queste speciali
osservazioni sul salaccio intendo dire d' un caso particolare del-
l' ampia quistione dell' uso del sale^ alla quale mi penso ascen-
dere da questo singolo caso.
II.
Uso del sale e del salaccio in agricoltura.
Il sale è buono ma se il sale ha perduto il suo sapore con ch&
può essere condito ? £sso non può piii servire né per la terra né
pel concime. Evangelio S. Lcca cap. XIX, ?, 34.
L' uso del sale, in agricoltura prende origine dalla più re-
mota antichità. Gli Assiri, gli Ebrei, gl'Indiani, i Cinesi men-
tre ne conobbero i benefici effetti , non ignorano d' altra parte
come esso isterilisse per poco tempo i terreni quando in gran
quantità vi fosse mescolato. Nel che ha fondamento la pratica
di adeguare al suolo le mura delle città inimiche e cosparger-
ne di sale il terreno , come in fra 1' altro fece Abimelech del-
la vinta Sichem. ....^
Nei tempi posteriori lungo numero di dotti e di sperimen-
tatori ne commendarono la virtìi fecondatrice. Tra questi il can-
celliere Bacone., Bernardo Palissy ., Condillac ., Mirabeau , Tes-
sier., Bosc, Chaptal ., Hvgh Platt ., Brownrigg .^ lohn Mills.,
JValson , Shaw., Darwin, Priestley ., lohn Pringle, Dundonald,
( 173)
Fincham^ Holland, Ilollingshead ^ Rees^ Park, lohn Sinclaii\
Georges Sinclair^ Carlwrigth^ Thomas Bernard^ Henri JFa-
terton , Cuthbert-Will am lohnson , Humphry Davy , Bons-
singaull^ Kiihlmann^ Hardouin^ Lecoq, Piivis , Becquerel^ Pe-
loiize e Fremi/, Bella ^ Thaer , Petzholdt ^ Hlubeck , Soyer-
Willemet, Schlipf^ Kaitffmann ec.
Ora entrando più partitamente in materia ricorderò esse-
re principii stabiliti da Liebig odierno oracolo della cbimica a-
gricola. I ." Che i sali fabbricati nel laboratorio producono i me-
desimi effetti utili di quelli contenuti nelle deiezioni degli ani-
mali , se sotto le medesime condizioni sono cacciati in seno alla
terra. 2." Nessuna sostanza considerata isolatamente constituisce
da se sola un ingrasso , anzi essere necessaria la riunione di
pili sostanze in certe determinate proporzioni per comporne uno
davvero efficace. 3." Prima di rendere ad un terreno gli elemen-
ti di che manca , bisogna conoscere quali principi sono assimi-
lali dalle piante che vogliam coltivare. 4-° Se il nutrimento che
si dà alle piante va dato nelle condizioni più convenevoli all'as-
similazione , la proprietà eh' esse hanno d' attrarre gli elementi
gassosi dell' aria aumenta e se ne accelera lo svolgimento.
I sali , gli alcali , cloruri , ossidi ec. mantengono ed ac-
crescono la fertilità primitiva dei suoli ed entrano nella compo-
sizione dei vegetali. Cosi i fosfati alcalini forman parte del gra-
no , dei piselli e delle fave , la soda e la potassa dei navoni
e delle patate (i), il tartrato acido di potassa del frutto della
vite , il biossalato di questa base dell' acetosella ; l' ossalato del-
la stessa del mesembrianthemum crìstallinum (2), il solfato di po-
(r) E ben raro d' analizzare una cenere e non trovarvi unite soda e
potassa com' è raro analizzare una roccia alcalina e non trovare unite que-
ste due sostanze ( Malaguli Le^ons de Chim. Agr. 1848 p. io3 )•
(2) Paycn. V. Gonipte Read. 1848 p. 3.
(174)
tassio benché in piccole quantità entra in quasi tutte le pian-
te al pari de' cloruri di sodio e di potassio. I sali di calce e
specialmente il gesso sono un alimento importantissimo delle le-
guminose , anzi le congrezioni calcaree fan parte dei tessuti sot-
to epidermici di un gran numero di piante (i) la calce e la
magnesia fan parte del tabacco (2) lo zolfo di certe specie di
navone (3) la soda della salicornia e della salsula , i nitrati
della parietaria della mercuriale , borragine , mille foglie, cori-
dalio , pomi di terra , ortica , tabacco , grispigaolo , tornasole ,
salvia , belladonna , cavolo , artemisia , celidonia , guado (4.) ,
buglossa, barbabietola cicuta aneto ec. Il temuto succo dell' hu-
ra crepitans contiene ugualmente il nitrato di potassa ed il ma-
lato della stessa base (5) e chi ignora che la silice entra in
quella sostanza che invernicia i giunchi , e in tanta parte nel-
le foglie di alcuni alberi ( chapparal ) che gli Americani se
ne servono per forbire i metalli ? (6)
Ma dicendo particolarmente del sai comune e del cloruro
potassico , come quelli che sonomi accinto utilizzare , rammen-
terò che essi si son rinvenuti nelle seguenti piante nelle seguen-
ti proporzioni sul totale di 100 parti
Fave Piselli Patate Trifoglio Fienc
0. 28 4.. 63 2. 08 2. 27 3. 06
e uellc differenti urine, la cui energia nei letami non è affatto
(i) Corap. Rend. 1848. p. 3.
(2) Pclouzc et Fremy T, 2," p. 28.
(3) Girard., dcs lunj. p. 121 e ia4.
(4) Moritz. Mey. p, 29.
(5) Boussingault Ec. Rur. T. I."
(6) Girard. Ch. Èl. p. 809. ., .,.
( '7^)
da rivocare in dubbio, in quest' altra proporzione sul lolale dei
loro elementi minerali (i).
Cavallo Bove Porco
0. 55 0. 3o 53. I
Ora è ben facile dedurre quali sono i risuUamenti pratici
di queste conoscenze. Le sostanze minerali che trovansi nelle ce-
neri essendo la condizione prima dell' esistenza vegetale la pre-
senza dei cloruri e indispensabile alla coltura di moltissime pian-
te 5 e perciò essi debbono far parte d' ogui concime necessario per
esse, quand' anche il suolo contenesse di questi cloruri. Difatti
per quanto ricco possa essere un campo degli elementi necessari
ad una pianta, non è da mettere in dubbio che in seguito delle
successive culture , se ne spoglia di piìi in piìi e che per ogni
specie di pianta giunge un momento in cui il suolo cessa di for-
nirne in quella quantità da produrre il compiuto svolgimento
di essa (a).
Per la qual cosa veggiamo adoperato il cloruro sodico
nei pili riputati ingrassi artificiali , dei quali ne trascrivo qual-
cuno ad esempio (3) non per consigliare la vendita dei salacci
in questa forma, ma per mostrare coi fatti e l'uso 1' energia
dei cloruri.
Misto Inglese.
Polvere o cenere di torba , ch'il. 906.
Fuliggine ^S. 3o
Calco 45. 3o
Sai marino 4^. 3o
Nitro 6. 34
Pillacele di pocora ao. ettol.
Ossa polverizzate 5. 4^
Misto universale economico.
Potassa di commercio . . chil. aS.
Sostanze oleose 18.
Sai marino 56.
Calce viva 2S.
Terra vegetale metri cubi. . . 2-
(i) Lieb. dcs engr. p. 7 a io. — Gir. dcs fum. Par. 18^7 p. 3o.
(2) Liebig des cngr. p. 19 e 32.
(3) Giiardin dcs fimiicrs. Par, i847 P* *35.
( 176 )
E da queste e da altre forraole date dal JauJJrel , Lucy ,
Brantigny Turret ec. si fa chiaro che a rendere neutro un suo-
lo cioè atto a quasi che tutte le coltivazioni vanno adoperati con-
cimi nei quali entrano il sale ed il nitro in proporzioni più o
meno grandi.
Ma risalendo ad un quesito piìi generale cioè se 1' uso dei
cloruro sodico in agricoltura è utile o nocivo , rammenterò che
come molti ne hanno innalzato a cielo i benefici effetti moltissimi
ne hanno biasimata e proscritta perfino l' idea. Ma gli uni e gli
altri ebbero sovente il gravissimo torto di non avere analizzato
dapprima il suolo in che operarono , né 1' intima natura della
pianta che coltivarono, né pesarono la quantità di sale che fram-
misero agli altri corpi concimanti , o non 1' isolarono dalle so-
stanze che profferir potevano i medesimi elementi , infine non
sperimentarono a guisa da non lasciare alcun dubbio sull' esat-
tezza dei risullamenti che ottennero.
Cosi il Lecoq trovò che cospergendo i6o a 3oo chil. di
sale per ogni ettaro di terra si accresceva la produzione dell' or-
zo, del frumento, del lino e dell'erba medica, ed il Dombas-
le ed il Piivis avendo ripetuto 1' esperimento giunsero a risulta-
menti tutto afi'atto opposti (i).
Parimenti il Béru nei suoi poderi raccolse col sale un pro-
dotto di grano doppio dell' ordinario , ebbe trifoglio bellissimo
da magrissimo campo infetto da felci , moltiplicò lo svolgimen-
to dell' avena ec, ed io stesso sono stato testimone della felice
cultura della canape nei suoli marno argillosi mercè 1' addizio-
ne del sale. Da ultimo i recenti esperimenti fatti dal Dubreuil^
Fcmchet e Girardin nella terra argillo calcare rifermano i van-
taggi del sale, venduto che fosse poco più di 20 franchi per ogni
(i) Boussingault. Écon. Rur. T. 2.° p. 196.
( '77 )
100 kil. (i) , ì quali felici risultaracnti in' allri suoli, temperie
e condizioni di cielo non si son per nulla ottenuti. E quello
che qui si dice dei cloruri , è intervenuto eziandio in arte per
r uso dei nitrati , che il Barclay il Gourey ed altri li hanno
preconizzati come utilissimi, altri siccome nocivi. Ma oggidì die
le chimiche speculazioni si hanno avuto più ampie ed accura-
te applicazioni all' agricoltura , sembrano diradate le questioni,
sceverati i casi in che si vogliono adoperare le precitate sostan-
ze , e determinato perfino il modo di loro azione sullo svolgi-
mento delle piante.
In effetti il Malaguli ^ Bonssingault , Euhhnann^ Pélouze ■,
Fremy , Liebig e mille altri convenendo dei vantaggi che otte-
ner si possono dall' uso moderato di siffatte sostanze ne spiega-
no in pari tempo il modo d' azione.
Il primo fra essi afferma con altri (2) che il cloruro di sodio
mutasi nel suolo in carbonato di soda per effetto dell' umidità del-
l' aria, la presenza del carbonato di calce ed i fenomeni di capillari-
tà, e che come carbonato e non come cloruro esercita un' azione
importantissima sui vegetali (3). Quindi riferma non pure il
vantaggio dei cloruri ma determina istessamente le condizioni
in che debbono essere adoperati. Oltre a ciò riconosce i nitra-
ti siccome ausiliari potentissimi dei letami , anzi li dice ele-
menti indispensabili e mezzo da economizzare i concimi ordinari.
Il BoussingauU volendosi render ragione dell' azione svol-
ta dai nitrati sulla vegetazione afferma che la loro chimica com-
posizione li fa ad un tempo operare siccome ingrassi inorganici e
come ingrassi organici , e lo stesso Davy non ripugna a credere
(i) Comp. Rcnd. llcb. 184.8 T. 26. p. Sop.
(2) Lccons tic Ctiimie Agricole Par. i848 p. 4o2. Girard, dos finn.
I>. 84 e 128.
(3) Lecons de Chimie Agricole. Par. 1848 p. 4'5.
a3
(178)
che r azoto del nitro possa contribuire in qualche modo alla pro-
duzione dell' albumina e del glutine che si trova nei cereali (i).
Cosi ancora il Kuhlmann (2) cercando spiegare come i
cloruri alcalini possono cedere la loro base agli acidi organici
opina che il carbonato ammonico, il quale risulta dalla scompo-
sizione degli ingrassi nitrogenati 0 dalla reazione del cloridato
ammonico e del solfato della stessa base sulla creta , opera sui
cloruri sodico e potassico e li trasforma in cloridato ammonico
ed in carbonato sodico e potassico atti a cedere la loro base a-
gli acidi organici.
Queste scomposizioni non possono effettuarsi come di sopra
è detto se non che sotto 1' azione dell' umidità e d' una reazio-
ne basica della terra, la quale ultima condizione fa comprende-
re la necessità di mantenere sempre le terre allo stato alcalino
mercè la calce, le ceneri ec.
Dietro questa teoria il sale sarebbe corpo ausiliare da ag-
giungere ai concimi ordinari, e le sostanze ammoniacali non so-
lo fornirebbero azoto alla vegetazione , ma sarebber mezzo di
trasporto 0 di scomposizione disponendo la potassa e la soda dei
cloruri air assimilazione delle piante nello stato di sali ad aci-
do organico.*'" "^'i
Il Lecoq spiega poi in questo modo V efficacia che svolge
il sale nella vegetazione.
Le piante son macchine aspiranti assegnate ad attingere
neir atmosfera il carbonio che vi si trova dappertutto diffuso, e
difatti esse lo condensano e trasformano. Ora qualsiasi macchi-
na ha bisogno d' un motore , ed essa opera tanto piii pronta-
mente per quanto maggiore è la potenza che la muove , ma ciò
(1) Davy. Cliimie Agricole. T. 2." p. 84.
(2) Exp. chini, p. 5o.
(179)
che fa operare le piante e dà loro vigore e stimolo all' assorbi-
mento dcir acido carbonico sono i sali e specialmente il sai ma-
rino, quindi il sale è utile alle piante. E coi fatti è provato
che il sale aumenta di molto la vitalità delle piupparte dei ve-
getali, ne stimola la proprietà assorbente per 1' acido carbonico,
e mena allo immenso risultamcnto di far vivere le piante più
a spese dell' atmosfera che non a quelle del suolo. Impercioc-
ché esso dà piìj consistenza alle parti verdi , le rende pii!i so-
lide , più spesse , e comunica loro una grande forza di aspira-
zione. Così le piante che hanno ricevuto ingrassi salini si dis-
seccano più difficilmente e ritengono con forza la loro acqua di
vegetazione. Quindi questi ingrassi godono la proprietà assai
preziosa di far loro assorbire tutto il nutrimento dall' aria, ed è
beh noto come il carbonio che i vegetali vi attingono fosse una
vera conquista per 1' agricoltura , perchè tutto quello che si tro-
ra nel suolo costa al coltivatore , essendo obbligato a darglielo
sotto forma <li concime o di soverscio.
Il Lecoq pertanto non nega che i vegetali attingono dal-
l' atmosfera altri principi oltre 1' azoto.
PeJouze e Fremy affermano , che il sale opera sì come cor-
po eccitante , sì come corpo che fornisce ai vegetali in mancan-
za della potassa, la soda eh' è necessario al loro svolgimento. »
ìlollindshead opina che 1' umidità che il sale attrae e ri-
tiene aiuta potentemente la vegetazione e produce una raccolta
molto superiore a quella che si può ottenere mercè il solo
concime.
-K-. Da ultimo Hardouin afferma che il sai marino aggiunto ai
vari concimi , ne facilita utilmente la scomposizione mentre im-
pedisce il loro volgersi a tanta viva fermentazione da perdere
taluni principi gassosi che sarebbero slati utili all' agricoltura. ;i
Vediamo ora come alcuni fatti rispondano a questi princi-'
pi della teoria.
( i8o )
i.° Il Conte di Pellan il Demesmay ed Houzeaii-Muiron
hanno trovato il sale utilissimo nei suoli calcari e Becquerel 1' ha
sperimentato utile nei terreni argillosi e marnosi.
2.° È provato da esperienze fatte nel Cheshire che dopo
aver prosciugato un terreno paludoso ed acido se si spande il
sale sulla sua superficie nel mese di Ottobre si migliorano di
molto le raccolte che ne derivano.
3.° Ilollingshead ha trovato utile spandere il sale sulle
praterie , dopo la raccolta del fieno nei suoli sabbionosi e calcari.
4." Il Baynes ha raccolto larga messe di frumento nei ter-
reni argillo-sabbionosi , mercè 1' aggiunzione del sale.
5.° I suoli vulcanici debbono in gran parte la loro mera-
vigliosa fecondità alle sostanze saline che contengono.
6.° Il letame riesce più efficace quando è inaffiato con 1'
acqua di sale o del mare.
7.° I prati salati sono tenuti in grande riputazione per la
quantità e qualità dei loro foraggi e la squisitezza dei montoni
che vi si fanno pascere.
8.° I terreni dell' Olanda e della Francia tolti dal dominio
del mare con 1' opera delle dighe danno delle raccolte prodigiose.
9.° In Brettagna i coltivatori adoperano per concime i se-
dimenti marittimi e trascurano quelli degli stagni di acqua dol-
ce , ed i prati della Piccardia invasi dalle maree danno mi-
rabili risultaraenti quando le piogge trasportano r eccesso di sa-
ie depositatovi.
Questi e mille altri esempi potrebbersi mettere innanzi per
comprovare 1' efficacia del sale , in ispecialità pei terreni calca-
ri , argillosi, marnosi, acidi ed umidi, E cosi e non diversamen-
te esser deve imperciocché in fra 1' altro è pur noto dalle ana-
lisi di Payen e Boussingault che la marna contiene sostanze ni-
trogenate, e dalle investigazioni del Liebig che la terra argil-
( i8i )
Iosa ricelta gran parte d" ammoniaca a poca profondità dalla e-
sterna superficie , il che pur si verifica pei suoli sabbiosi ma in
proporzioni più tenui. Or come le sostanze nitrogenate contri-
buiscono a scomporre i cloruri è facile spiegare e la grande a-
zione svolta dal sale nei suoli marno-argillosi , e le straordina-
rie quantità di fieno raccolte dal Kuhlmann in un suolo argil-
loso mercè il cloridato ammonico ed il sai comune accompagna-
ti da sufficienti umidità (i).
In quanto ai nitrati è bene aggiungere le seguenti pratiche
deduzioni tratte da recenti esperienze attuate dal Kuhlmann.
I ." I nitrati sono utili alla vegetazione sia che operino per
propria virtù , sia per 1' ammoniaca che producono nel decom-
porsi .
2.° Un terreno è tanto più fertile e tanto meno ha bisogno
di concimi per quanto più numerose sono le condizioni che fan
perdere all' aria 1' ammoniaca ed utilizzano il nitrogeno dei ni-
trati ottenuti alla sua superficie.
3.° Per efiettuare la nitrificazione superficiale che fissa nel
suolo i principi nitrogenati necessari alla vegetazione non basta
r umidità , la temperatura e l' elettricità , ma è necessario la
presenza di basi minerali atte a combinarsi con 1' acido nitrico
a misura che 1' ammoniaca passa allo stato di nitrato d' ammo-
niaca. Quindi essere necessario nel terreno la potassa, la soda,
la calce in istato di carbonati o il contatto di rocce feldspatiche
scomposte che forniscono larga copia di potassa ec.
4..** È pur mestieri che il terreno abbia sufficiente porosi-
tà, che non sia carico di sali minerali, che sia umido a suffi-
cienza, infine che rattrovisi in tali condizioni da scomporre i
nitrati che si formano alla sua superficie e ridurli allo stato
ammoniacale.
(i) Rubi. p. 5o, 82, 8|, 90.
( i82 )
Ora il residuo che si raccoglie nell' ottenere il nitro di pri-
ma cotta oltre i corpi terrosi è composto dai carbonati di calce
e di magnesia , dal solfato di calce dai cloruri di sodio e di
potassio da poco nitro e da parti organiche in forma di spuma
mescolate a quantità variabili dello stesso sale (i). I corpi poi
che si precipitano o accolgono nell' atto del raffinamento del ni-
tro di prima cotta sono i cloruri di sodio e di potassio mesco-
lati sempre ad una porzione di nitro più le spume nitrose (2).
Ed al dire del Meyer tanto i primi quanto i secondi residui so-
no sempre accompagnati da una porzione di nitrato di soda de-
rivante dalla scomposizione vicendevole del cloruro di sodio e
dal nitrato di potassa. '*-"! «J»* f-
Premesse tutte le quali cose ne sembra che gli uni e gli
altri residui potessero in agricoltura avere ben ampia applicazio-
ne. Difatti abbiam partitamente veduto in agricoltura l' uso del
cloruro di sodio e del nitrato di potassa , e poiché il nostro
salacelo oltre dal contenere questi due corpi altri ne contiene u-
gualmente assimilabili dalle piante; dovrà esso mescolato ai conci-
mi ordinari rendere alla terra un maggior numero di principi e
renderla più atta ad ogni maniera di coltura. Al qual proposito
ricorderemo che lo Sgarzi suggeriva confezionare il sale per l' a-
gricoltura con l' aggiunta del nitro (3) e qui anzi che appron-
tarlo a bella posta , ci si presenta naturalmente accoppiato.
Determinata l' efficacia del salacelo nella composizione dei
concimi, dovrebbe essere venduto a mite prezzo e sofisticato con
1' aggiunta della rosura di ferro la più immonda dei nostri stessi
ohiffuj BJ8 0(1- MJff; iì.v. ib ooìip.-ì Bia acni oda ,fll
.(i) Timraerhans Poudre à canon p. i3. r— Pélouze et Frerav. Cours
ile Chimie gen. Par. 1848 T. 2. p. 28.
(2) Timm. p. 16. Gir. p. 34i.
.olfiOBint :u;i
(3) Freschi L' amico del contadino. Y. 3." p. 4oi- ., t < o - .
( i83 )
stabilimenti militari, più una data parte ili catrame ottenuta dalla
distillazione del legno per carbone da polvere o di fuliggine di for-
nace. 11 vile prezzo di queste sostanze e la difficoltà di cacciarle
dal composto non può certamente rivocarsi in dubbio da alcuno,
ben conoscendosi cbe la migliore rosura si vende da noi una pia-
stra al cantaio e cbe il catrame ritratto dalla distillazione del le-
gno a cagione della sua solubilità lia poca o nessuna applicazione
negli usi comuni della vita , e poi tanta e tale è la forza del
suo fetore cbe rende nauseosa ogni sostanza in cbe s' appiglia ed
annida. Egli è pur vero cbe mille altre adulterazioni sono sta-
te adoperate siccome le torte dei grani oleosi , il solfato sodico,
la melassa, la morcbia, la vagliatura d'orzo ec. , ma sembrano
da preferire le anzidette , tanto piìi cbe il ferro nelle sue di-
verse combinazioni giova ai concimi. In effetti il ferro è ele-
mento indispensabile di tutte le piante , colora le terre e le
rende piìi o meno proprie ad assorbire e disperdcrfi i raggi ca-
lorifici; senza dire cbe gli ossidi inferiori aiutano la scomposi-
zione degli avanzi organici , producono ammoniaca nel momen-
to della loro soprossidazione , ed in quest' ultimo stato ritengono
nei loro pori gran parte dell' ammoniaca svolta (i).
Cosiccbè concbiudcndo : l' uso moderato dei cloruri e dei
nitrati in agricoltura riguardato dai più, come utile ma non pra-
ticabile cosa , a cagione del prezzo , può attuarsi se non sopra
una grande scala almeno in parte col salacelo delle polveriste e
delle nitriere e coi residui delle stesse industrie.
Il Malaguti dopo aver dimostrato V importanza del sale in
agricoltura , dice cbe in quanto al costo non è cosa di cui de-
ve la scienza occuparsi , ma se non la scienza credo cbe se ne
dovesse occupare la economia. Sotto tale aspetto parmi aver riso-
(i) Malaguti Lécons de Chiinie Agricole. Par. 1848. p. g6.
( i84)
luto d' un tratto la quistione adoperando invece del sai comune
dei sali da rifiuto (i) e ciò senza ledere gl'interessi delle Reali
Finanze mercè la mistione di catrame ferro e fuliggine innanzi
esposta. V. p. 201.
Cosi ancora se V immersione nell' acqua di sale fa rallignare
più prontamente le piante da trapiantare , non che le nesta e le
barbatelle che si spediscono lontano , se quest' acqua salina im-
pedisce r alteramento delle sementi ed uccide parecchie genera-
zioni d' insetti e di piante parassite , son di credere che quest'
ufficio compiere si potrebbe assai più efficacemente col nostro
salacelo. Del resto V uso del sale e del salacelo in agricoltura
è un punto di scienza suscettivo d' essere attinto dall' esperien-
za , e degno di diventare un soggetto d' osservazione , potendosi
per esso ben dire col Liebig : /" l'nvùe les agriculteurs éclairés
a «' unir à moi en ce biit , a me préter leur concoiirs. Quel
qite piasse ètre le resultai de ces expériences , la prosperile
future de l agriculture exige qu elles soient tentées (2).
(i) Nelle stesse nitriere si raccoglie gran quantità di residui insolubili
delle ceneri Uscivate , i quali residui essendo forniati da allumina e silice
dagli ossidi di ferro e di manganese, dal solfato, fosfato e carbonato di
calce ( Pelouze p. 7. T. 2,°) possono ugualmente servire per concime ,
mentre ora qui in Napoli pagasi grana i5 al carro per buttarli in mare.
(2) Des Engr. art. 1846 , p. 35.
( i8U )
III.
Effetti del sale e del salacelo siili' economia animale. ,
jiul poleril comedi msubum, quod non est sale condilum.
Giobbe e. VI. V. 6.
Non v'ha chi sconosca l'efficacia del sale nelFalimentamen-
to dell' uomo né il gusto degli animali per gli alimenti condi-
ti dal sale , e poiché non è probabile che tutti questi esseri a-
vesscro gusto disordinato ed innaturale è da conchiudere che il
sale 0 è necessario o almeno utile alla vita.
L' analisi chimica è venuta a rifermare questa verità di-
mostrando che il sale non passa pei corpi animati senza scom-
porsi e produrre effetti evidentissimi.
Gay-Lussac afferma che il sale può fornire all' economia
animale, in mancanza d'altre sorgenti, la soda che fa parte del
sangue, della bile, della saliva, dei liquidi albuminosi ec.
// Frieriehs opina il sale abbia un' alta importanza nella
formazione del sangue^ ed il Plouviez dopo numerose esperien-
ze suir uso del sale è giunto alle seguenti deduzioni :
I ." Il sale é un condimento sino a che giunge nello sto-
maco ; 2." Un reattivo in questo viscere e negli intestini ; 3."
Un produttore di piìi considerevole quantità di chilo per l'ope-
ra che svolge sugli elementi del chimo; ^-^ Un eccitatore dei
vasi assorbenti intestinali ; 5.° Un favorevole modificante del
sangue perchè diminuisce la quantità dell' acqua contenutavi ;
6." Un operante principale nella dissoluzione della fibrina e del-
l'albumina; 7." Una fra le forze che sollecitano 1' accrescimento
e la formazione dei globuli; 8." Un coadiutore della più grande
importanza nell'atto della emalosi , senza del quale il sangue
( i86 )
non arrossirebbe al contatto dell'ossigeno dell'aria; 9.° In fina
un ausiliare nell' atto dell' assimilazione e disassimilazione.
Ma lasciando da parte queste teoriche deduzioni e tutti
quanti gli effetti fisiologici del sale ampiamente svolti nella pre-
gevole opera del Bariìal , Statique Chimique cles animaux ,
rammenterò antiche consuetudini e fatti che meglio si accomo-
dano col generale intendimento e che meglio varranno con 1' e-
sperienza dei secoli a rifermare la verità che mi sono proposto
illucidire.
Omero facendoci conoscere come a suoi tempi fosse gene-
rale r uso del sale per condire gli alimenti , ora lo dice divi-
no ora sacro , anche negli usi domestici.
Destava intanto un grande foco ii figlio
Di Menezio , e conversi in viva bragia
I crepitanti rami , e già del tutto
Queta la fiamma ^ delle brage ei fece
Ardente un letto . e gli schidon vi stese.
Del SACRO SAL gli asperse , e tolte al fine
-.^■■r: Dagli alari le carne abritstolate
Sul desco le posò.
.„i.. .11, Iliade L. IX. v, 27^.
E coi fatti la saggia antichità che circondò di rehgloso ri-
spetto tutte le utili cose non solo consacrò il sale agli Dei, ma
!o tenne simbolo di ospitalità e di patti inviolabili,
'■ Farrone afferma che ai suoi tempi alcuni popoli che non
potevano avere a loro disposizione il sale , l'ottenevano mesco-
lato ad altre sostanze bruciando certe specie particolari di pian-
te (i). Il che è pur rifermato da Plinio (2) e dal costume te-
y, (I) Rerum msiicarum de AgricoUura L. I. VII.
(2) L. XXXI. e. 40.
( '87 )
nulo ancora oggidì dai selvaggi dell' Orenoco e d' altri luoghi
del nuovo mondo clic per condire i loro alimenti bruciano lo
spadix , i frutti del seje o chimu ec. per trarne un sale impu-
ro chiamato chivi il quale col cloruro jXìlassico e sodico con-
tiene ancora una parte di calce caustica (i).
Dal che appare che la razza umana in tutti tempi ed in
lutti luoghi ha sempre fatto uso direttamente o indirettamente
del sale , onde non a torto Piinio affermò essere il sale elemen-
to indispensabile all' uomo (2). Difatti quando in Russia fu tol-
to il sale a molti servi , questi dopo breve tempo furon colpiti
da malattia e da morte (3) quando le avverse stagioni ridusse-
ro a tanta miseria la popolazione di Erzgebirg in Saxe da non
poter comprare il sale si manifestò spaventevole malattia analo-
ga allo scorbuto , la quale non avendo rispettato se non che i
soli minatori che avevano il sale gratis dal governo, ne fu di-
stribuito a basso prezzo alle masse e la malattia scomparve qua-
si per incanto (4-).
Or dall' uomo discendendo ai bruti veggiamo di leggieri
esistere un' analoga necessità di sale un' utilità riconosciuta da
tutti i popoli e sanzionata dall' esperienza dei secoli.
Plinio vanta 1' uso del sale per le bestie da soma e pel
bestiame (5). Virgilio commenda l'erbe salate per le capre (6)-,
Columella (7) Catone e Palladio (8) dicono dei vantaggi del
(1) ìhmoim. Voyage fait en 1790 , 1800 ec. T. VII. p. 341.
(2) L. XXXI. e. il.
(3) Gazeile medicale 1838 f, 301.
(4) Bxnn.a p. 34-4-.
(5) L. XXXI. e. 4-1. :
(G) Georgiche lib. III. v. 394:
(1) De re ritslica lib. VI e. III.
(8) L. XII. e. 13.
( i8S )
sale unito ai foraggi. In tempi a noi più assai vicioi Ilaller af*
fermara esservi nel sale qualche cosa che conviene alla natura
animale (i) e Buffon che il sale sostiene ed aumenta la vigo-
ria e propagazione di tutti gli animali utili , e che privarli del
sale è decretare contro essi sentenza di languore e di morte.
Questa stessa opinione divisero Condillac , Mirabeau , Barbe-
Marbois , Franconville , Périer , i generali Foy e Biigeaud ,
Thénard , Brownrig , Anderson , //. Davy , Liebig e mille al-
tri che qui sarebbe superflo annoverare: non pertanto sarà
pregio del lavoro citare le opinioni di taluni fra essi.
Chajìlal diceva : » Il sale è prima necessità degli anima-
li ruminanti , serve di condimento al loro insipido cibo , eccita
le forze dei loro deboli stomachi e previene le ostruzioni e gì'
imbarazzi (2).
Il Bella direttore dell' Istituto agricolo di Grignon dice in
un suo rapporto: Mercè il sale , gli animali possono resistere
alle più tormentose condizioni. Gli animali lanuti vivono per es-
so senza malattie nei pantani inondati dell' Olanda , e per esso
il bestiame d' ogni sorta può resistere ai climi rigorosi delle al-
te montagne , ai freddi ed alle pioggìe , oltreciò ben sanno i
cavalieri quanto il sale aiuti i loro cavalli a soffrire le fatiche
le privazioni ed il cattivo nutrimento.
Payen diceva al Congresso centrale d' agricoltura (i84a).
Il sale eccita l'appetito degli animali, e li decide a mangiare
alimenti che altrimenti rifiuterebbero , esso neutralizza gli ef-
fetti dei nutrimenti o soverchiamente acquosi 0 avariati , e 1'
alimentamento si effettua in condizioni migliori quando uua do-
se convenevole n' entra nella razione giornaliera. In tal caso le
(1) Ehm. phys. t. VI f. 219/''' ' ^'' '^'^ " ■ • • ''^^ (•"■
(2) Chim. appi, à l' agr. '^^ •* •^^"'- -^^ "''■
( .89 )
forze degli «niinali essendo meglio sostenute, e svolgendosi più
ampiameulc Y energia vitale essi resistono meglio alle malattie.
Questa considerazione è di grave momento e degna di fissare
r attenzione degli agricoltori e degli economisti in un epoca in-
cui tante epizoozie desolano le nostre campagne, ove nuove a/-
terazìoni invadono certe colture , e deteriorano evidentemente
la qualità di molti vegetali alimentari.
Or gli animali a cui si amministra il sale potendo consu-
mare una più grande quantità di cibo in un dato tempo , ne
segue che il termine dell' ingrassamento sarà più prontamente
raggiunto ed il risultaraento finale sarà una spesa minore. Dai
quali fatti si può conchiudere , che l' uso del sale rende la nu-
trizione più sana ed economica , sostiene le forze digestive e
concede trarre maggior profitto dell' azione muscolare degli ani-
mali da tirare vetture e congegni aratori , infine pare che il sa-
le scemi le probabilità di malattie e di morte e renda l'ingras-
samento più profittevole sotto molti rapporti.
Bequerel nella sua opera degl' ingrassi inorganici affer-
ma che il sale aumenta la durata del latte delle vacche e lo
rende più grasso ed atto alla fabbricazione dei formaggi. Ed il
Fawtier in un opuscolo pubblicato nel i84-3 dopo aver assi-
curato le stesse cose , aggiunge che il sale ha grande azione
sulle qualità ed abbondanza della lana , rendendola più elasti-
ca e tenace. John Sinclair nel suo Codice dell' agricoltura dice
che il sale distrugge i vermi nel corpo dei montoni , ingrassa
i porci nella metà del tempo che d' ordinario s' adopera , e ren-
de il bestiame più docile e domesticato , si che in America col
sale si accostumano le vacche a ritornare nelle case dagl' im-
mensi pascoli dove vanno a lor voglia,
P'an Bach in una sua opera sulla Lapponia e Norvegia
afferma che le renne condotte dai lapponi erranti alle rive del
mare ne beyouo aTidameote le acque.
( 190 )
Da ultimo discendendo ancora sino ai bruti indomiti , noi
scorgeremo di leggieri essere tanta la loro avidità pel sale , che
spesso veggonsi percorrere immensi tratti di terreno in cerca di
sostanze saline. Il loro istinto li trascina verso questo elemento
della vita , specialmente in certi periodi dell' anno in cui van-
no avidamente a dissetarsi alle sorgenti salate , tanto che in A-
nierica quasi tutte le miniere di sale sone state rattrovate se-
guendo il cammino dei bufali donde il nome di bujfaloe ai luo-
ghi assegnati allo scavo di queste sostanze. Cosi ancora i colom-
Li e vari uccelli veggonsi sovente raccolti intorno alle sorgenti
salate, ed a tutti è noto la riconoscenza con che le capre ed
altri animali accolgono chi loro amministra del sale. Quindi non
senza alta cagione la provvidenza ha diffuso a larga copia il sa-
le in natura , che senza esso 1' uomo , i bruti ed i vegetali me-
nerebbero assai languida e breve esistenza.
Or tutti questi effetti derivanti dal sale ottengonsi piìi age-
volmente e largamente col salacelo raffinato. Imperciocché in
quesf ultimo racchiudendosi il cloruro potassico ed il nitrato po-
tassico ne segue che 1' opera sua suU' economia animale esser
deve più energica e salutare. E coi fatti molte famiglie che da
più anni fanno uso del salacelo per condire i loro alimenti, non
solo godono di perfetta salute ma taluni loro individui che sof-
frivano di gonfiori alle gambe , di renella ec. hanno di molto
migliorato la coudizione loro.
Esternando sempre il desiderio che qualcuno dell'arie sa-
lutare si assumesse l' incarico di sperimentare sino a qual pun-
to si protrae la virtù del salacelo , posso accertarne con l' espe-
rienza del tempo e dei fatti i benefici effetti onde penso che
non solo sarebbe ottimo raffinarne una data parte per sali in
panetti , ma venderne ancora tal' altra come ritraesi dalle cotte
del nitro per gli animali. •'-"li''
■fi 'jl l' >d od &Uiin
( '9' )
■r, A dir breve risulla da dati chimici, fisiologici, statistici,
ed istorici:
1.° Che una certa quantità di cloruro sodico è necessa-
ria ogni giorno al compimento delle funzioni animali.
2." Che ogni specie richiede una quantità di sale propor-
zionala a quella eh' è contenuta nel suo organismo.
3." Questa quantità dev' essere tanto piìi grande quanto
più cattiva è la qualità degli alimenti di cui si fa uso.
' 4"° La quantità che dev'essere aggiunta alla razione è
proporzionata al peso dell' animale , ciò nullameno siffatta quan-
tità dev' essere scemata di quel!' altra eh' è naturalmente conte-
nula nelle sostanze alimentari (i).
E perchè in tal caso a sofisticare il sale mal converrebbe
il catrame e forse pochissimo una lieve traccia di ferro , biso-
gnerebbe adoperare come alterante il solfato di soda, la vaglia-
tura d'orzo, la fuliggine, la farina di torte oleose, la mor-
chia, la melassa , la genziana, il citiso o altra pianta che si può
mangiare impunemente dagli animali.
In effetti quando la Maestà del Re di Sardegna , accordò
al Comizio di Bonneville il sale per bestiame alla metà del prez-
zo ordinario vi fu mista una dose di 5 parti per loo di gen-
ziana , e le vacche dettero i/6 di più di buon latte , ne acqui-
starono benessere e gaiezza , ne venne agevolato l'ingrassamen-
to e preservate furono assai meglio dalle comuni malattie. Si
volle in pari tempo far uso di 2 parti per loo di solfato di
ferro , invece di genziana, ma si stimò opportuno dopo gli e-
sperimenti di abbandonarne l'uso.
In Baviera tuttoché il sale si vendesse io centesimi la lib-
bra , nulladimeno si distribuì al prezzo di 5 cent, un sale mc-
(i) BAnnAL , p. Sog. ^^
( 192 )
scolato di I/IO di ocra e di residui delle saline, regolandone
la quantità annua.
A cliil. 3. 36 per ogni bestia piccola.
II. » per ogni cavallo.
i4» » per ogni vacca.
La Toscana vendeva a mite prezzo pei montoni il sale me-
scolato coi residui delle saline di Volterra, e col 7 per 100 di
polvere di carbone.
Finalmente nel Belgio , dove S. M. il Re Leopoldo accordò
l'esenzione del dritto di gabella al sale , sino alla quantità di,
32 gr. ( il maximura ) per giorno e per ogni cavallo.' ! il
64- id. )) id. per ogni individuo di razza bovina.
16. id. )) id. per ogni montone.
20. id. » id. per ogni maiale,
restringendone tuttavia la levata dai 100 ai 4-00 cbilogrammi ed
i miscugli propri all' alterazione del sale eran tre a scelta dei
compratori.
Le proporzioni sono indicate per ogni cento cbilogrammi di
sale.
i." Vagliatura d'orzo cbil. 25
Solfato di soda ... « /Uvn iiì . id. 5
Fuliggine di legna ....... id. 5
2° Farina di torte di grani oleosi (lino, col-
za, semi di canape) . . . . - . id. 20 ■ ''
'■' Solfato di soda . . . gxu .•jr.'l. oq^ti- , id. 5'lor
Olio ....''■ i» 'UH ., niir.is«9j^.ii).'v litro i iio'ì
3." Melassa delle raffinerie . ymtnotuiidd . cbil. io jqa
' • Solfato di soda .' l^ oir.<t,ìt inl'jylJul ii'ioiid. 5
-Oli: '<;«: OUo.Ju'Jv t;.ii>.o.\^i(^ k.iiidi'iJsib j« onatuiflitro i r.itJ
Questi cenni mostrano sino all' evidenza come taluni gover-
ni sapientemente ban cercato proteggere e svolgere la pastori-
_ ( '9^ )
zia , lauto più che il bestiame meglio nudrito e curato fornisce
più ricchi letami e migliore carne da bccclieria.
A riferma di quanto si è esposto chiuderemo questo arti-
colo riferendo alcuni brani d' una circolare ministeriale emana-
la in francia dal Ministro dell'Agricoltura il i4. settembre 184.9.
Il sale conserva i foraggi , arrestandone la fermentazione ed
impedendo la muffa. Esso neutralizza la malefica azione dei fo-
raggi umidi avariati 0 di poco valore , sicché la piupparte de-
gli agronomi lo slimano antidoto per la cachessia acquosa che
attacca i montoni che son nudriti nelle praterie umide.
Il sale fa evitare 1' abbondanza della salivazione ed aiuta
l'opera della digestione e dell' assimilazione^ cosi si eccita l'ap-
petito degli animali, il che sopratutto è utile negli ultimi perio-
di dell' ingrassamento , e si svolge ad un tempo la produzione
del grasso , del latte ec.
Egli è pur vero che questo regime può riscaldare gli ani-
mali , ma si può ovviare quest' inconveniente surrogando il salo
con pari dose di solfato di soda cristallizzato , 0 meglio facendo
periodicamente questa sostituzione due volte per settimana. Del
resto il solfato di soda non costa più caro del sai marino, per-
chè costa 8 a i5 fr. per ogni 100 kil.
Non si possono dare regole assolute intorno la quantità di
sale da aggiungere alle razioni , perchè deve variare con 1' u
midità del clima, del suolo, delle stagioni e degli alimenti , do-
vendo essere tanto più tenue quanto più giovane è 1' animale (i)
mentre bisogna aumentarla se la struttura linfatica dell'indivi-
duo 0 la presenza di qualche malore chiede un' alimentamento
più tonico.
(1) Una vacca da latte se consuma 60 grammi di sale in ogni giorno,
un vitellino di 6 mesi non ne riceverà se non che ao gr. ed un vitello
d'un anno da 3o a 4° g"*' *- ' --"' "
s5
( 194. )
>-iÈ bene far capo dall' istinto degli stessi animali. r^
Dei sacelli di forte tela , ma di tessuto non mollo ristretta
sono empiuti di sale , umettati la prima volta e messi a dispo-
sizione degli animali. I quali vengono a leccarli e n' estraggono
agevolmente con 1' opera solvente della salivazione il sale neces-
sario ai loro bisogni.
Nelle contrade ove si hanno dei pezzi di sai gemma a di-
sposizione , si semplifica ancor di più il procedimento , perchè
r uso dei sacchi è allora superfluo,
Tuttavolta generalmente si preferisce amministrare il sale,
direttamente mescolato con gli alimenti: ed essi producono in
ispecialtà notevoli effetti e provocano potentemente V appetito ,
quando sono stati impregnati di sale qualche tempo innanzi d'
essere adoperati.
Del resto sia che si adoperi questo procedimento sia che
la preparazione si facci nel momento della distribuzione , fuori
alcuni casi, le dosi possono essere le seguenti.
Bue da lavoro . .n(;* 60 gr. al giorno ognuno
Vacca da latte . . . Bo.iiL Qa^>hììii\>.o^ i^t^o/ip ohi
Bue da ingrasso . . 80 a iSo gr. secondo il peso ed il
. ; periodo dell' ingrassamento
Porco da ingrasso . , 3o a 60 gr.
Cavallo e mulo , . . 3o
Montoni (per ogni 100), ib'o a 200 gr,,,q ueli' ingrassameuto.,ii
(1^ oir,";!;:'-. 'i •; inr"oin iV'' doppio, r,! j'iirr ofp ) nUn')!
-IviLQuando i foraggi che si distribuiscono sono umidi si co-,
spergono di sale , e quando sono secchi si umettano con V ao',
qua satura di sale. In qualche contrada si costuma salare il fiiBf-(
no nel metterlo nelle forme, avvertendo di cospargere il sale da
sfrato a strato e nella proporzione di 2 a 5 chil. per ogni looo
chil. Ordinariaraenie vi si aggiunge la paglia per assorbire vie,
meglio r umidità.
( 19^ )
Il Scale può essere ancora utilmente mescolato sia con la
paglia tritata e bagnata sia con le palate tagliate e schiaccia-
te , sia ancora con le barbabietole , la crusca la lolla di gra-
no , le torte oleose , o ancora con vari di questi alimenti riu-
niti. Egli è utile lasciar fermentare queste mescolanze per due
o tre giorni.
In quanto poi all' uso agricolo del sale , è a dire che ac-
ciocché esso riesca davvero utile bisogna seguendo gravi au-
torità che la terra non contenga oltre 0,00 1 del suo peso di
sai marino 0 di cloruro sodico e potassico , 0 di qualsiasi com-
posto alcalino.
IV. ' OIAU
Ippiatrica
In alcune affezioni dei cavalli usasi come ognun sa il nitro
come diuretico e rinfrescante , ed in tal' altre il cloruro di so-
dio , e perchè talvolta il nitro pel soverchio abuso che se ne fa
anzi che giovare produce riscaldamenti ed altri mali , così da
taluni si è usato sostituirvi con vantaggio il cloruro di sodio.
Ora il salaccio contenendo araendue queste sostanze sareb-
be a sperimentarne i probabili vantaggi tanto piìi che a sofisti-
carlo potrebbe andare adoperato il solfato di soda o di magne-
sia anzi che il residuo delle saline come si è fatto pel sale co-
mune in Baviera.
Se il sale giovi 0 pur no ad evitare la morva dei caval-
li non è qui possibile esaminare , solamente mi farò ad espor-
re i seguenti fatti.
Michele Trono intraprenditore pei transiti tra S. Etienne e
Lione afferma che nel i84-i nel' corso di quattro mesi perde
( «96 )
4-8 cavalli sopra 200, cioè 18 di morva, 16 con malattie ili
petto ^ 14- con vertigini addominali. Queste malattie sparirono
quasi per incanto dando ogni settimana un ottavo di chilogram-
raa di sale ad ogni cavallo nei tempi sereni , ed una pari quan-
tità ad ognuno di essi quando rientravano bagnali nella stalla.
In pari tempo esso profumò le stalle con fumo d' incenso e di
ginepro e le lavò con acqua contenente del cloruro di calce.
Questi risultamenti essendo stati ottenuti ancora da altri
maestri di posta , fé dire al Trone : (( Io sono fermamente con-
vinto che se il governo prescrivesse l' uso del sale pei cavalli del-
le soldatesche , esse non patirebbero perdite tanto forti e tro-
verebbero immensa economia , rispetto alle rimonte.
Oltre di ciò Plouvier assicura che adoperando il sale si può
scemare la razione dei cavalli e tenerli in miglior condizione di
salute ; egli opina che 100 a i5o grammi di sale per giorno
possono rappresentare un quarto od un quinto di loro razione.
Or s' egli è vero che i cavalli bagnati dalle piogge e dal
sudore van preservali da molte malattie col somministrar loro
del sale mescolato agli alimenti , s' è pur vero che il sale può
sostituire con vantaggio una parte della razione ordinaria, gran
vantaggio ne verrebbe all' esercito se queste pratiche si mettes-
sero in alto , non solo per mantenere la salute degli animali ,
ma per diminuire i carri da trasporto e la quantità immensa di
foraggi che quelli richiedono , senza dire che per tal modo si
neutralizzerebbero i tristi effetti degli alimenti alterati.
V.
Uso del salacelo nello arti e nei mestieri.
1 .° L' invetriatura delle stoviglie mercè la volatilizzazione
del sale gettato nei forni potrebbe compiersi col salacelo assai
( '97 )
meglio che non col sale comune , dando luogo forse più pron«
tamenle alla formazione dell' acido idroclorico, del cloruro di fer-
ro e delle combinazioni di soda, che si vetrificano alla super-
ficie delle stesse stoviglie.
2." Il solfato sodico divenuto oggidì un oggetto importantis-
simo dell'industria, perchè adoperato alla fabbricazione del car-
bonato sodico e del vetro , può andar del pari ritratto dal nostro
salaccio. Tutlavolta dovrebbesi anche in tal caso sofisticare il sale
con sostanze che mentre non recano danno alla fabbricazione noi
faccino adoperare per gli usi comuni. Secondo il regolamento
dell' amministrazione delle dogane francesi , il sai marino che
serve alla fabbricazione del solfato di soda è mescolato a 17 par-
ti per 100 dello stesso solfato di soda, 1/2 per loo di carbone
di legna, ed i/4 pei" 100 di catrame (i).
3.° Il salaccio può ugualmente servire alla fabbricazione
del vetro verde o da bocce , perchè il nitro contenutovi gli gio-
va , sapendosi eh' esso è a bella posta aggiunto tra i componen-
ti del vetro bianco, del cristallo e del flkit-glass per fornire l'os-
sigeno necessario a bruciare le materie combustibili che si pos-
sono trovare nella massa.
4.." Il salaccio essendo composto di vari sali dovrebbe pro-
durre nei miscugli frigorifici dei sorbettieri un efietto maggiore
del sai comune. In effetti il solo cloruro potassico contenuto nel
salaccio produce un abbassamento di temperatura 6 volle mag-
giore di quello ottenuto col sale (2).
5." Infine 1' acido idroclorico ed i cloruri scoloranti potreb-
bersi apparecchiare con questo salaccio ma con minor vantaggio
del sale comune : non pertanto l' acido idroclorico ottenuto col
salaccio si deve prestar meglio all' imbianchimento della seta.
(i) Pélouze el Fremy T. 2." p. loo,
(2) Bcrz. T. 3.' p. 266.
( ^.98 )
oai'il ojìoijI oI'Hftf» iiinfrin-ì '4Ìn^ ItiM noff oda oil;aon?
l'/L fOoii*. ' VI. '• J'Iitt aiti'jtnfi]
i.uj-s'jririla/ ia yii:.' ,ii'.).''ì il> inoisf.i
Economia domestica.
Il salacelo delle ultime cotte essendo la piupparte cloruro
di sodio , gli si può dare una leggera purificazione e renderlo
in piazza come sai comune , perchè quella parte di cloruro po-
tassico e di nitro che contiene non può nuocere alla pubblica sa-
lute. Difatti lo stesso sale grigio di commercio oltre le materie
terrose che lo colorano contiene 1 solfati di calce e di magnesia
ed il cloruro di magnesia ; i quali composti magnesici gli dan-
no un sapore leggermente amaro e tra essi il cloruro lo rende
igrometrico (i), tanto che un sale che ne abbondasse sarebbe
poco atto alla fabbricazione del tabacco. Cosicché il nostro sa-
lacelo rettificato non contiene maggior numero di sali stranieri
di quel che ne contenga il sale di commercio , con una diffe-
renza che quel poco di nitro a cui resta combinato lo rende più
salutare per l' uomo e meglio accomodato all' insalare. Per dare
appoggio a quest' asserzione riferiremo vari modi che si tengono
neir insalinare e condire le carni (2).
Salsiccb
Camp. . . libb. loo
Siile 3
rsiii'o 2 7/S
Succo tratto col vino
da aglio con eorleccia 3 4/8
Pepe ..... y 8
}'J
lOJTobo
Bombole, Musetti, Copegiji-
a'i e polmoneile
Carne. . . libb. loo
Sale 3 6
Nitro. ..... 5 7^8
Caunella . . . . , e 7;8
Garofani . .''.'i*
Pepe garofalalo.
Pepe semplice .
Noce muschiata .
Bottiglie (li piccolit
' t
IO
I
Ldcìnicue
Carne . . . libb. loo
Sale a
Nitro a
Cannella a
Pepe semplice. . a
Noce muschiata . i
Coriandoli .... 6
Bottiglie di piccolit N.° a.
(i) Girardin.
(2) Ffcschi. L'amico del contadino *r. i." p.'' 3|r, y ,.,
ni J) !.soo!'M li-
.il
f.{i
( '99 )
Or per rilardare gli effetti distruttivi della putrefazione elio
attacca le sostanze organiche necessarie all' alimentaniento , nu-
merosi metodi sono stati adoperati. E ciò non per 1' unico sco-
po di prolungare il godimento materiale dell' uomo oltre i limi-
ti determinati dalle stagioni , ma per nutrire gran numero di
gente messa spesso in penosissime condizioni di vita. Sicché
vediamo conservare più o meno tempo la carne , ora con sale
e sole f lasaio ) , ora col darle una mezzana cottura o seppel-
lirla nel ghiaccio o nel carbone , ora col cuocerla leggermente
in vasi ermeticamente chiusi o in recipienti privati di aria, ora
con immergerla nell' olio , nel grasso , nel burro , nel mele ,.
neir acido pirolegnoso , nella soluzione acquosa del creosoto ,
ora col disseccarla al fumo ec. Ma il metodo più generale eco-
nomico e duraturo si è quello del salare , e che fu già adope-
ralo dalla più remola antichità come leggesi in Ornerò^ Esio-
do^ Erodoto ec. Ed in vero il sale è un antisettico potentissi-
mo, ma non è affatto indifferente servirsi piuttosto di un sale
che di un altro, né d'adoperarlo piuttosto in un modo che in
un altro. Difatti molti luoghi hanno grido per la bontà delle
carni salate che approntano come l' Irlanda e S. Ubés di Por-
togallo, ed è pur noto che il sale di quest' ultimo è il più ac-
concio di tuli' i sali conosciuti per salare il baccalà , il clie dal
Berthier è attribuito alla chimica sua composione.
D' altra parte tutti gli alimenti nei quali entra il sangue
acquistano proprietà velenose , quando si alterano per effetto dì
mal condotta salagione. Per questa forza deleteria del sangue
corrotto credesi che fosser morti nei tempi antichi Mida , Ta-
nj/oxarses, Temistocle^ Annibale ec. e per essa furono anelc-
nate altre 600 persone nei contorni di Zurich in una festa po-
polare tenuta nel iSSg , e poscia altre 8 persone in Wurtcm-
( 200 )
Lerg nel 184.2 (1). Per lo che la salagione della carne ò da te-
nere come operazione importantissima , non solo perchè le so-
stanze mal salate imputridiscono e manca 1' alimento su cui si
conta , ma perchè in taluni casi questi alimenti si convertono
in potentissimo veleno. Il che non è a dire quante conseguen-
ze funeste potesse avere nelle piazze forti e nelle navi da guer-
ra , quando specialmente la resistenza d' una piazza o la vittoria
d' una squadra può recare salute ad un intero reame. Or se
creder dehbo ai saggi già fatti il salacelo della polveriera non
solo conserva più bellamente le carni , ma le rende meno no-
cive ai presidi risparmiando loro gran parte dei malori che di
ordinario li affliggono. Così H Girardin dice a p. 104.6 della
sua chimica « l'unico nutrimento dei marini è la carne salata,
il cui uso prolungato cagiona 0 accelera disgraziatamente lo
svolgimento di quelle spaventevoli malattie di cui offrono si nu-
merosi esempi la relazione dei viaggi. »
Né a questo solo si rimangono i vantaggi del salacelo, im-
perciocché con esso si possono conservare molte sostanze vege-
tali ed in fra 1' altro le grosse zucche di Spagna tagliandole a
fette , salandole, asciugandole se vuoisi al forno ed imbarilan-
dole a guisa di aringhe , il che riesce utilissimo ai presidi po-
tendo alternare la carne salata con vegetali che cotti soli od u-
niti ai legumi conservano tutto il loro sapore e fraganza. Oltre
di ciò il salacelo può servire ottimamente a conservare il burro
sapendosi che questo si mantiene non solo col fonderlo e spu-
marlo , ma intridendolo appena fatto con la 16.' parte del suo
peso d'una mescolanza di 2 parti di sale, i di nitro ed i dì
zuccaro.
l'ili tiiiuj'iytj oa<! 'S>it uìj.i
-incoili y,' L j u i/. ——I 0 e e£8i bu jjJiin'jJ aifilon
(1) Gnafàin p. 892. — Giorn. Enc. di Napoli 1819. Pf." V p. 229.
( 201 )
VII.
Sali Sterri di Allomonte e residui delle Saline.
Se un giorno non più si condanneranno ad esser distrutti
i detriti salini ( sali sterri ) di Altomontc, si potranno essi in
fra r altro adoperare in agricoltura. Ed ove se ne attui il raf-
fìnamenlo si potrà anche far capo delle spume organiche e de-
gli abbondanti depositi di schlot ( solfato doppio di calce e di
soda con poco sale ) che deriva dal rafiìnamento. E questo gior-
no non sarà lontano se si pon mente alle eulte nazioni che non
isciupano i detriti salini, ai danni che minacciano quella nostra
ricchezza minerale di Allomonte, alle spese di sgombro e di-
struzione, alla necessità di sempre pii!i profondarsi nella miniera,
alla malagevolezza delle ingombre sue vie ec.
Or sia che vuoisi, questi sali sterri, la loro barda (salzthon)
ed i residui del loro raffinamento combinati ad altri elementi
possono fornire all' agricoltura un pregevole sussidiario. Lo stes-
so dicasi dei residui delle nostre saline marittime e dei sali
contenuti nelle loro acque madri. Il che è da tenere in conto quan-
do r uso in agricoltura delle sostanze saline sarà fatto universale.
Vili.
Riassunto
Riassumendo le esposte idee pare che il salacelo delle di-
verse colte delle nitriere e polverisle si dovrebbe separatamente
raccogliere e serbarlo a tre usi distinti. i.° Salacelo piii impu-
ro per r agricoltura sofisticato con sostanze di poco valore ed
26
( 202 )
impossibili a foglìere. 2." Salaccio meno impuro pel bestiame
sofisticato con sostanze mangiabili dagli animali e nauseose per
Tuomo. 3.° Sale raffinato per gli usi domestici. Ove poi col
tempo le richieste di salacelo fossero maggiori della produzio-
ne, si potrebbe far capo dai sali sterri di Altomonte, dai resi-
dui delle saline marittime e dal sale istesso di commercio.
La prosperità delle arti , i progressi delle scienze la saggia
amministrazione delle somme e 1' accorta direzione delle industrie
danno onore e grandezza alle nazioni. Quindi diasi valore a que-
ste povere idee se si credono generatrici di bene , 0 si ponga-
no in oblio , ove ineseguibili e fallaci si mostrino. In tal caso
siatemi pur benigni di perdono , ripensando che esse furono det-
tate dalla sola idea del bene dell' industria e di quella terra na-
tale che tutti veder vorremmo a paro delle più fiorenti e privi-
legiate contrade.
iii-
Ili
NEGLI ANIMALI VACCINI, PECORINI EC.
LETTA NEL REALE ISTITUTO D' INCORAGGIAMENTO
IL DI' 22 GE^XAIO 1852
, DAL SOCIO OKDI>ARIO CAV. DE KAAZIO.
u
I NA malatlia d' indole attaccaticcia , ingeneratasi fra gli ani*
mali vaccini , le pecore , le capre , ec. in alcuni comuni della pro-
vincia di Terra di Lavoro e di Napoli e nella capitale stessa ,
lia suscitato timori nei proprietarii degli animali , e soprattut-
to negli ufficiali addetti alla tutela della pubblica salute. Aven-
do noi avuto occasione di esaminare e curare la malattia sud-
delta , stimiamo opportuno dirne poclie cose per rimuovere i
timori intorno alla sua natura , allontanare le superstiziose e
nocive curagioni degli empirici , e soprattutto chiarire i pubbli-
ci ufiiciali, per ciò che risguarda commercio degli animali, uso
delle loro carni , dei cuoi ec. Le quali cose sono, come ognun
vede , di grandissima importanza per 1' interesse e l' industria de'
proprietarii e pel commercio.
La malattia di cui parliamo è denominata volgarmente eol-
ia 0 maialila della bolla ^ e propriamente ofle. Le quali so-
( 204. )
no bollicine o vescichette che s' ingenerano nella membrana mu-
cosa della bocca, della lingua, delle gengive, del faringe, del-
la laringe , spesso ancora del tubo digerente , e quasi sempre
nello spazio interdigitale degli animali ruminanti, e talora nei ca-
pezzoli delle mammelle. Le quali bollicine aprendosi formano ul-
ceri e piaghe più o meno estese, che impediscono agli animali
di mangiare e di camminare.
Sì fatto morbo apparve la prima volta nel nostro regno
l'anno i834., penetrandovi dalle campagne di Roma per mezzo
degli animali che da quel luogo sono continuamente condotti
nelle provincie degli Abruzzi e di Terra di Lavoro ; e di poi si
diffuse in tutto il reame. Di maniera che le afte riapparvero nel-
la state del iSSg, i84o e i84-i, e dal nostro continente si di-
stesero anche in Sicilia , forse per gli animali che di Calabria
eran ivi menati.
Le afte erano conosciute anche dagli antichi. Icrocle ip-
piatro greco è stalo il primo a parlarne e le chiama alkola ;
le ha osservato nel cavallo , e le crede prodotte dagli steli, dal-
le reste pungenti e dalle piante graminacee verdi e succose.
Giordano Ruffo parlando dell' ulcera dei piedi , denominata co-
munemente pinzanese , la risguarda come cagione di quelle del-
la lingua , le quali si saldano col guarire il morbo nel piede.
Rusio e Pier Crescenzio non ripetono che la stessa cosa , e que-
sti cambia il nome di pinzanese in quello di malpizzone. Il
senatore Carlo Ruini distingue due specie di afte , cioè una che
infuoca ed infiamma soltanto la bocca e la gola , e 1' altra che
le corrode e le ulcera. E queste due sorte di afte avvengono
in tempo di primavera e nei puledri. Ma per quanto appare
dai loro scritti, eglino non conoscevano le afte epizootiche:, ed
il primo die le abbia osservato e descritto è stato il dottor Sa-
gar di Moravia : e si manifestarono il 1764 ai buoi, e si appic-
( 205 )
carono pure alle pecore, alle capre, ai maiali, ai cani^ ai gat-
ti , ai polli , ai sorci , ad alcuni cervi e capre salvaticlie , ed
ancora agli uomini. E dice pure eh' esse presero lutt' i mo-
naci di un chiostro per aver usato del latte tratto da vacche
infette. Nel tempo stesso furono presi da così fatto male in Fran-
cia , i huoi e i cavalli dell' Alvernia , del Perigord e dei din-
torni di Parigi. Nel 1767 fu notata la stessa malattia dal me-
dico Baraillon nel dipartimento di Allier , dove riapparve nel
178I). La Fosse figlio la notò nel 1772 nelle circostanze di Pa-
rigi, Nel 1800 Toggia descrive la epizoozia aftosa dei buoi av-
venuta in Piemonte. Si maaifestò nel 1809, 1810, 1811 e 1812
su quasi tutti i bestiami della Francia, e nel 1819 nel diparti-
mento di Loise. Dalla Svizzera , dove fu trasmessa dai buoi un-
garesi , 1' epizoozia aftosa si distese nel 1824. nel Regno Lom-
bardo-veneto , nella Romagna , e non piìi oltre di Forlì. Da
questo tempo in poi la malattia non si cessò mai; se non che si
rimase sopita in alcune stagioni per riapparire in altre ; e final-
mente diffondersi nel i834. la prima volta nei bovi, e nei ma-
iali del contado romano, e di quivi a noi.
Questa malattia, raramente grave e mortale, d' ordinario è
sporadica ; e può essere ancora enzootica , epizootica e con-
tagiosa.
Le afte sono sintomatiche ed essenziali. Le prime appaio-
no nel corso della peste bos-ungarica, in alcune dissenterie epi-
zootiche , in certe gastro-enteriti , e sovente nell accrescersi del-
la tisi polmonale , della morva. Le afte di tal sorta non meri-
tano particolare considerazione; perocché la cura terapeutica deve
risguardare la malattia principale , di cui esse non sono che
un epifenomeno. A questa varietà bisogna riferire il cosi det-
to mughetto , eh' è malattia aftosa degli agnelli e dei vitelli ;
perocché dipende da irritazione delle vie digestive , e le cagio-
e 206 )
ni clic lo producono sono lo slattamento istantaneo e prematu-
ro , il poco latte che si fornisce dalla madre ; per lo che il te-
nero animale è costretto a cibarsi di alimenti non adattati alla
delicatezza degli organi gastro-enterici. E possono ancora essere
cagioni del mughetto le malattie che alterano il latte della ma-
dre , r uso dei cattivi alimenti, il pascolare erbe con rugiada ec.
Le afte che ricorrono presentemente sono le essenziali od
epizootiche contagiose , le quali hanno tre periodi distinti.
1.° Periodo. Calore e rossore della bocca, da cui cola
molta bava viscosa ; gonfiamento delle labbra e delle glandole
salivari ; rossore nelle congiuntive ; difficoltà nel masticare ed
inghiottire ; ruminazione diminuita 0 cessata ; spina inarcata ;
urine naturali , talvolta torbide ; talfiata stitichezza ventrale e
febbre.
2." Periodo. Eruzione di vescichette biancastre, cenerogno-
le , rade volte livide o nere , della grandezza del miglio o del
pisello , 0 pure di fava. Le quali stanno intorno alle narici ,
alle labbra , le gengive , la base della lingua e particolarmen-
te vicino al frenulo ed al velo del palato. L' eruzione vescico-
lare talfiata prende le mammelle e i loro capezzoli ; ed allora
si ostruiscono i condotti del latte con grave danno. Alcune vac-
che hanno vescichette cosi riunite nelle estremità delle mammel-
le che 1' epidermide diventa di un colore bianco sporco , si sol-
leva , si distacca, e la punta dei capezzoli^ rimasa nuda, ca-
giona grandissimi dolori.
Le vescichette formate dall' epidermide della mucosa , gon-
fie di umore, si aprono, si vuotano del liquido che contengono,
e si conformano in altrettante ulcere. A questo tempo i buoi ,
le pecore, i maiali zoppicano in uno 0 due piedi , 0 pure in
tutti quattro ; nei quali ci ha prima enfiagione , di poi flittene
tra le falangi , le unghiclle , e da ultimo compariscono le ulce-
( 207 )
re prodotte dalla rottura di esse flittene. E nei casi più gravi
le ulcerazioni tanto si allargano che alterano i tossali del pie-
de , e cagionano la caduta completa delle unghie. Però è da os-
servare che non sempre la lesione del piede comparisce in tut-
ti gli animali costantemente e nel medesimo tempo , perciocché
vi sono casi, nei quali essa è primaria, spesso secondaria e tal-
fiata contemporanea.
3." Periodo. Se la malattia deve cessare felicemente , ciò
che accade nella maggior parte dei casi, siccome è stato os-
servato da noi e da altri , le ulceri si ristringono , la bocca
è poco rossa e calda , la saliva meno fetida. Le ulcere si co-
minciano a cicatrizzare ; cessa la febbre ; gli animali mangiano
ed inghiottiscono più facilmente , ed a poco a poco torna iu
essi gaiezza , appetito, e si ristabiliscono tra i 12 0 il> giorni.
Dove le ulcerazioni sieno di colore livido o nero, confluenti,
allora si accrescono i sintomi tanto locali che generali. Onde
la bocca è scottante, molto dolente, e riempiuta di scialiva vi-
scosa , densa e fetida. Le funzioni della masticazione e della de-
glutizione non possono eseguirsi ; il respiro diventa difficile e
sibiloso , la febbre si accresce , e l' animale preso di diarrea
mucosa o biliosa rimane sfinito e si muore.
Neil' autopsia degli animali si scorgono delle ulcerazioni
nelle labbra , nelle gengive , nella lingua , nel velo del pala-
to , nel faringe; alle volte nelle cavità nasali, nella laringe,
nella trachea , nello stomaco , e nelle prime porzioni del tubo
intestinale.
Negli animali bufalini presi di afte , le vescichette senza
essere precedute od accompagnale da altri segni , compariscono ,
si ulcerano, e quindi si cicatrizzano senza soccorso medico. Le
ulcere nei piedi si osservano più a rado , forse perchè tali a-
niraali stanno quasi sempre dentro I' acqua , 0 nei terreni palu-
( 208 )
dosi. Le afte nei maiali d' ordinario non offendono la bocca ,
ma i soli piedi , nei quali alle volte cagionano la caduta delle
unghie , e però i sintomi sono relativi alla sede ed all' inten-
sione del morbo. Nelle pecore e nelle capre , le afte soglionsi
spesso manifestare nello stesso modo come nei maiali ; ed in
alcune, che abbiano osservato nei contorni di Caserta , la malat-
tia aveva preso i soli piedi , e leggermente ; sebbene altra vol-
ta notammo cadere le unghie e le falangi.
I polli presi di afte si hanno tristezza, inappetenza, diar-
rea mucosa , e si muoiono subitamente. Neil' autopsia si trova-
no vescichette migliar! in gran numero nel faringe , negli inte-
stini , e cibo rappreso nel ventriglio e nel gozzo e macchie san-
guigne.
Per ciò che risguarda la contagionc del male, noi credia-
mo opportuno riferire i pareri e le esperienze di parecchi au-
tori , aggiungendovi di poi quanto noi stessi abbiamo osservato.
Onde ci ha casi che contestano la trasmissione di questa infer-
mità per le emanazioni dell' alito del corpo degli animali o per
r aria rarefatta ed a poca distanza , per la bava , per V umore
delle vescichette , pel latte.
II veterinario signor Levrat riferisce che i maiali comuni-
carono le afte alle vacche sulle montagne del cantone di Vaud.
I maiali , i montoni e le capre comperate nei luoghi contamina-
li , dopo essere stati trasportati per quattro o sei leghe di di-
stanza in istalle sane, dove non ci era mica contagio, nel mo-
mento del loro arrivo o poco dopo , furono presi dal male. Il
quale si appiccò benanche ad alcune vacche separatamente go-
vernate nelle dette stalle : ed esso male non si poteva trasmet-
tere che per mozzo dell' aria a piccola distanza. I tori malati lo
comunicarono alle vacche che avevano coperto, le quali erano
ad essi loro condotte da luoghi molto distanti.
( 209 )
Il prof. Boulcy, secoudo nota il sig. Favre nella sua memo-
ria sulle afte, dice , che la conlagione di questa malattia dal
bue, alle pecore, ai maiali, alle capre, non potrebbe mettersi
in dubbio ; avendo osservato questo caso nella scuola veterinaria di
'Alfort; ove le afte appiccatesi da prima in una vacca del Durbam ,
posta nella chiusa della scuola medesima, si propagarono in tut-
ta la stalla; e gli animali che vi erano, cioè vacche, tori, vi-
telli ne rimasero tutti presi. Di là si allargarono nell' ovile vi-
cino alla stalla , e presero tutti gli animali che conteneva ,
senza distinzione di specie, di sesso, di età; perciocché tre ca-
pre , eh' erano unite alle pecore ed agli arieti merini , furono
prese della stessa malattia. Da ultimo i maiali , il cui porci-
le stava presso la vaccheria, ne furono, benché in piccol nu-
mero , contagiali.
Nel i834- le afte ingeneratesi nella Svizzera , nell' Italia su-
periore , si appigliarono agli animali vaccini , alle bufale delle
campagne di Roma , e di quivi s' insinuarono nel nostro re-
gno, e travalicando il mare giunsero inflno a Sicilia. Sicché
il cammino da esse seguito è stato sempre diretto lungo le
mandre di buoi e i loro pascoli , da gregge in gregge , senza
che se ne potesse incolpare la natura de' luoghi , la mutabilità
del clima e delle condizioni atmosferiche , la qualità dei pasco-
li , delle acque ec.
Nella ricorrenza delle afte nel i84.i alcune vacche del si-
gnor Fusco in Cardilello furono prese di questo male, il quale
fu trasmesso a quelle che pascolavano nella montagna del Ma-
tese , tosto che vi fu condotta una giumenta stala a pascolare
con le vacche medesime.
Presentemente le afte, seguitando lo stesso cammino, sonoci
provenute anche da' terrilorii romani per le vie degli Abruzzi, ove,
secondo alcuni rapporti da noi ricevuti, apparvero fin dal principio
«7
( 210 ) -
dello scorso mese di dicembre. E propriamente dopo la fiera di
Tocco in Abruzzo, il dì 23 di novembre, le afte si diffusero in
Terra di Lavoro per li buoi infermi condottivi dalle Marche e
comperati dai mercatanti di Napoli ; e cosi a mano a mano si sono
distese nella provincia di Capitanata, in quella di Principato Ci-
Ira e forse più oltre ancora. Esse penetrarono nella Reale Vac-
cheria di Capodimonte per due buoi che carreggiavano legna in
alcuni Monasteri della Capitale.
Lo stesso Lcvrat osserva che le vacche malate comunica-
rono il morbo a quelle sane per mezzo della bava ; ed ancora
Favre dice, che Clerc, veterinario assai instruito del canto-
ne di Vaud , inoculò questa malattia , mercè incisioni fatte al-
la pelle e sempre con successo. Il veterinario Suloz fece, d'or-
dine del governo svizzero, alcune sperienze; innestò sei vacche ,
e di queste cinque contrassero la malattia , e simigliantemente
di tre pecore , due. Nel Lodigiano si sono fatti degl' innesti in
molte mandrie, e sur i maiali, ed in due o tre giorni tutti fu-
rono colti dal male. Il dottissimo Metaxà riferisce 1' esperienze
falle dal signor Notari di Bologna, e ne conferma la contagio-
ne. Il signor Tamberlicchi di Forlì osservò nei vitelli e ne-
gli agnelli , che poppavano il latte di madri con afte , molti
casi di morte con segni di gastro-enteriti acutissime. Notò an-
cora il propagarsi della malattia ai pollami , alcuni dei quali
avevano le ulcere anche nella biforcazione delle falangi , e non
poche afte migliari nella bocca. E lo stesso noi abbiamo os-
servato in alcuni polli morti nelle vicinanze di Caserta , eccetto
però le ulceri nelle falangi. In questi animali la malattia pro-
gredisce pili rapidamente , e produce quasi sempre la morte.
Finalmente la contagione può trasmettersi per mezzo del
latte, come osservò Sagar nell' epizoozia del 1764-, il quale di-
ce : Erat lac insvper coniagiosum. E sebbene Toggia noti che
( 211 )
il latte delle vacche non abbia fatto alcun male alle persone
che ne bevettero , ma che forse abbia comunicalo la malattia ai
vitelli lattanti _, pure ci ha molti casi ed esperienze, in cui le afte
si sono appiccate per mezzo di esso latte , come assicurano Ra-
yer, e i veterinarii alemanni Wendemburg , Filguer, Lehnard
ed il professore della scuola veterinaria di Berlino Hertvvig , ed
ancora Mann e Villain. Per verità noi non abbiamo sinora osser-
vato alcuna comunicazione avvenuta all' uomo per mezzo del latte
tratto da vacche con afte.
Cura preservativa. Conviene separare gli animali malati
dai sani. E s' intende per separazione non pure il togliere ogni
rapporto individuale tra quelli e questi ; ma ancora che le per-
sone , gli alimenti, gli abbeveratoi, gli utensili ec. serviti agli
animali malati, si tengano lontani dai sani. Le stalle, gli ovili,
i porcili , da' quali sono stati allontanati gì' infermi, saranno subi-
to disinfettati , lavando le mangiatoie , le rastrelliere , gli altri
utensili ec. con acqua ed aceto , o con acqua di calce , di clo-
ruro di calce , facendovi ancora suffumigi di aceto , o brucian-
dovi solfo e pece. Inoltre saranno essi ricoveri tenuti con gran-
de politezza , e vi si rinnoverà l' aria di tanto in tanto.
Cura. La malattia essendo leggera e benigna suole alle
Tolte cessarsi di per se. Ma ove si voglia agevolarne la guari-
gione o che il male lo richiegga , si potranno fare nella bocca
con batuffolo di stoppa le strofinazioni con aceto e sale ed aglio
pesto; o con acqua acidulata da acido idro-clorico , nitrico o
solforico ; o con acqua fatta stitlica da allume crudo. Volendo
mitigare l'irritazione della bocca, si farà uso o dell'aceto rosa-
to, 0 dell'acqua di lattuga con melazzo o mosto cotto. I bagni
di acque correnti o di mare , specialmente iu tempo di està , so-
no riusciti di giovamento.
Prima di ogni altra cosa egli è necessario di far nutrire
( 212 )
gli animali con erbe tenere, come ferrana , rape cotte o foglie
di rape con beveroni di acqua e farina o di crusca, con dentro
un po' di nitro o di sale comune. In somma si debbono adope-
rare sustanze che ban bisogno di poca o ninna masticazione.
Quando poi gli animali , a cagione delle aflo , fossero mol-
to travagliati , è necessario dar loro decozioni mucilaginose ad-
dolcite con mele, introdurre nella bocca acqua con dentro al-
cune gocce di etere o di cloruro di calce , o di soda. E se ci
ha costipazione sono giovevoli i purganti addolciti con mele ,
ed i clisteri con decozioni mucilaginose.
Le afte nelle mammelle meritano maggior considerazione,
perciocché possono cagionare l' ingorgo latteo , V infiammazione
delle glandole mammarie, gli ascessi, gì' induramenti ec. Onde
quando ci ha infiammazione , vi si facciano continuate bagnatu-
re con acqua tiepida di malva, ed applicandovi sopra unguento
rosalo , ovvero mucilagine di gomma dragante. E se 1' infiam-
mazione è intensa , non si trascuri il salasso nelle vene mam-
marie.
Ai polli si debbe dare a bere acqua acidulata ed addolci-
ta con zuccaro o mele ec. ed a mangiare crusca bollita con un
pò di sale.
Relativamente alle afte che s' ingenerano nei piedi convie-
ne che questi sieno mantenuti puliti , e si adoperi lozioni fre-
quenti di acqua di lattuga o malva con estratto di saturno ; o
pure disciogliendo in essa allume crudo od idroclorato di ammo-
niaca, Giovano ancora grandemente nei piedi i bagni di qual-
che torrente , rivolo o fiume ec. Se ci hanno ulcere si cureran-
no con tintura di aloe , con acqua di ragia e spirito di vino.
Alcuni vi appongono unguento fatto con olio e zolfo bolliti.
In Italia tosto che compariscono le afte nei piedi si tocca-
no con acido solforico, e cosi si riesce a fermare i progressi
(2,3)
del male , o come dicono alcuni , ad abortire il morbo. E per
far questo si melfe all' estremità di una bacchetta poca stoppa,
la quale s' intigne nell' acido e si tocca 1' afta o 1' ulcera.
Le afte ricorrenti nella stagione estiva sono più dannose di
quelle in tempo d' inverno ; dappoiché nella state ci ha man-
canza di nutrimento fresco , e nelle ulcere de' piedi s' ingene-
rano facilmente vermini , i quali bisogna toccare con acido sol-
forico e con acqua di ragia. Se ci ha escrescenza si adopere-
ranno iijicora r acido nitrico o solforico, l'allume bruciato, il bu-
tirro di antimonio ec. , tenendo i piedi convenevolmente fasciati.
Dove poi per ulcerazione dei legamenti e delle espansio-
ni lendinose , o per infiltramento purulento sotto la suola ne
sia avvenuta la caduta totale o parziale dell' unghia , bisogna
in prima calmare 1' infiammazione con cataplasmi o sostanze e-
mollienli , e medicare le piaghe secondo loro stato ; cioè con
r unguento digestivo , con gli escarotici ec.
Per ciò che riguarda uso delle carni di animali presi dal-
la malattia , possiamo assicurare che non ha prodotto , né pro-
duce alcun male ; imperocché avendo noi esaminato i visceri
degli animali uccisi con tal morbo , li abbiamo trovato sanissi-
mi ed il grasso di color naturale e consistente. I fatti più che
ogni altra cosa, hanno mostrato che le dette carni non hanno
recalo il menomo nocumento alla pubblica salute. Così possiamo
ancora dire del latte , sul cui uso abbiamo sufficienti prove per
dichiararne la innocuità , massime quando le mammelle ed i lo-
ro capezzoli non sono stati tocchi dalla malattia.
Le afte che si manifestarono negli anni i834 , 4o e 4-i
furono d' ìndole più cattiva di quelle che ricorrono presente-
mente : e se allora l' uso delle carni non cagionò alcun no-
cumento alla salute pubblica , niuno al certo ne recherà ora.
Ma non conviene confondere la presente malattia con 1' aniraccj
( 214)
col gtossantrace , col cancro-volante , con la peste bos-ungarU
ca ec; essendo queste assai diverse dalle afte. Onde noi cre-
diamo , per le cose testé discorse , che non si debba impedire
il commercio degli animali ; che gli ufiziali pubblici si debbonc
adoperare a non far distendere la malattia , mercè la cura pre-
servativa da noi già descritta ; e che non si debbano ammaz-
zare, né interrare o bruciare gli animali presi di afte e nem-
meno i loro cuoi ; dappoiché tali misure sarebbero in opposi-
zione co' fatti , e nuocerebbero immensamente all' industria , al
commercio ed ali" interesse dei proprietarii.
Cav. Ferdinando de Nanzio.
) I
ERRORI DfJilE limi liiRI
DEDOTTI DALLE OSSERVAZIONI DELL' ECCLISSE SOLARE
DEL 28 LUGUO 1851.
9f emoria letta al Reale IslUuto d' incoraggiameHlo nella tornala
de' 12 Febbraio 1852.
u ^ ^eclisse del Sole avvenuto il di 28 Luglio dello scorso ari'
no è stato di grande aspettativa pe' cultori dell' Astronomia fì-
sica : esso il richiamato I' attenzione di lutti gli Astronomi non
die delle più cospicue Accademie scientifiche, sicché si è po-
tuto raccorrò una ricca serie di osservazioni.
Tutti quelli che anno osservato questo interessante fenome-
no anno avvertito una sensibile differenza fra le osservazioni ed
il calcolo. Il rinomatissimo Astronomo Arago nel n." 7 del Cora-
ptes rendus ( T. XXXIII 18 .Aoùt i85x ) richiama 1' attenzio-
ne degli Astronomi su questo fallo con le seguenti parole K L'e-
clipse du Soleil du 28 juillet i85i est arrivée notablement plus
lard quo le calcul ne 1' avait indiquée ; nous devons donc nous
ampresser de consigner ici les oh.servations qui , faites dans des
licux où la pendule était hien réglée, pourrout concourir a rec-
lifier les Tablcs de la Lune 3 ( seguono le osservazioni fatte al-
l' osservatorio di Parigi ed a quello di Tolosa ).
Air invito di un uomo tanto benemerito alla scienza mi del-
ti con premura a raccogliere il maggior numero possibile di os-
servazioni ed oltre a quelle fatte in Napoli ( Osservatorio della
Real Marina ) ò preso a calcolare le fatte in Parigi , Besanso-
ne , Vendome , Tolosa, Roma, Padova, Hamburg, Bruxelles,
Kremsmunster , Altona , Kocnisberg e Vienna, Buona parte di
(jueste osservazioni la debbo alla premura ed amicizia che à per
me il notissimo fisico P. Palladino della C. di G.
Nella discussione delle osservazioni ò scelto per la ricerca
in parola quelle fatte in Roma, Padova, Parigi, Vendome, Ham-
burg e Bruxelles, poiché per gli altri luoghi 0 era incerta u-
( 2l6 )
na delle due osservazioni o mancava affallo. In essa ò seguito
il metodo esposto dall' egregio Pr. Frangoour nella sua Astro-
nomia pratica deducendo gli elementi del calcolo dal Nautica!
Almanac.
Prima d'incominciare l'esposizione del mio lavoro debbo
rendere pubbliche grazie al mio distinto allievo Tngegniere Si-^.
Giovanni Siano che à voluto prendersi la pena di rivedere tut-
ti i calcoli da me l'alti.
INDICAZIONE DELLE OSSERVAZIONI
l! LUOGO
PRI?iC. dell' ECCL.
FL\E dell' Erri.
dell' OSSEItVAZ.
t.
n. del luogo
OSSERVATORI
P. Secchi della C. di G.
Roma . .
3o'
2 im 32^,7
5o,
25m 7s 2
Pnjlnva
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14 22,1
5
11
39,1
Santini
3
14 24,2
17
42,1
Traltenero
i
2
20 53,1
4
30
43r4
Villarseau
Parigi. . .
2
20 54,1
4
30
40,4
Butillon
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2
20 53,6
4
30
40,6
C. Malhieu
Vendòme .
2
16 32,0
4
26
12.0
»
1
2
21 24.1
4
36
41.3
Quetelet
Bruxelles.
2
21 24,6
4
36
38,1
Boury
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2
21 24,1
4
36
32,2
Bcxufort
Hamburg. .
!
50 18,4
4
56
44,6
Riimker
2
50 13,8
4
56
48,8
INicbour
Da
queste osservazioni ò ricavato i seguenti
dati.
PRINCIPIO
FISE
LONG. DA GBEEN.
LAT. GEOGRAFICA
Roma
Padova
Parigi
Venderne
Bruxelles
Hamburg
3or 24™ 32^^o
3 14 23,45
2 20 54.00
2 16 32,00
2 21 24,50
2 50 16,10
5»^ 33'° 55^50
5 11 41,20
4 30 41,50
4 26 12.00
4 36 40,00
4 56 46,10
Oor 49m 543 -Jli
41 29,2
9 21,5
4 11,5
n 29,0
39 53,5
41''53'52",0 N
45 24 2,0
48 50 13,0
41 41 30.0
50 51 10,1
53 32 51,0
Con questi dati si son composti i
seguenti elementi.
( 217 )
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( 220 )
La diflbrcnza clie si osserva fra il tempo della congiunzio-
jic vera dcdoUa dall' istaule del primo conlatto , e quello che si
ricavava dal secondo dimostra 1' esistenza degli errori delle tavo-
le lunari : ma ciò si renderà piìi evidente nel seguente modo.
Prendiamo per istante della congiunzione vera di ciascun
luogo il medio di quello ottenuto dall' ora del principio e da
([uello della fine dell' ecclisse si avrà per
Roma
30,
Slm
23%01
Padova
3
28
49,86
Parigi
2
30
42.95
Yemlome
2
45
37,51
Bruxelles
2
58
48.48
Hamburg
3
21
n,9i
Ri ducendo quest' istanti al tem. di Greenwich si à per
Roma 2»
Padova
i\m
28s,31
20,66
Parigi
21,45
Vendome
20,01
Bruxelles
n,48
Hamburg
24,41
Media 2 41 22,06
Per r istante adunque della congiunzione vera pel meridia-
no di Greenwich si deve prendere 2°' 41"" 22',o6. Questo mede-
simo istante ricavato dalle tavole è 2"' Ho'^ 39%36, che differisce
dal precedente per 4-28,70; differenza troppo sensibile che di-
mostra evidentemente la esistenza degli errori.
Chiamiamo dA dX dH' gli errori sopra le quantità A >. H'
si avrà per l' istante della congiunzione vera dedotto da ciascu-
na osservazione.
( ?2I )
Priiir. ?*or 31m KV.li, + 1 s;{ ,1 A — O.TIS fi X — O.W <i FI'
line :5 :]i 2(;.:ìo — ì.v.ì .i a + (»,.ì:] ,i i — ì:.]ì d ii'
Piinr. ;{ 2s .i:5.!):ì + i.iDd A — (►,/(.:; (1 A — o,3s.i ir
l'ine 3 28 55 . n — 1 , 10 (I A + 0.;5;$ (I A — 1 . 1 i (I 11'
p^ . . l'rinc. 2 50 35.56 + 1,80 d A — 0.41 d X — 0,13 d II'
*'^"'=' Fine 2 5© 50,3i — 1,71 d A + 0,21 d X— 1,03 d H'
Princ. 2 45 32. 6t + 1,82 d A — 0.54 d l — 0,10 d II'/
Fino 2 45 42.31 — 1.19 d A + 0,43 d ). — 1,09 d II'
Princ. 2 58 44.61 + 1,11 d A — 0.36 d l — 0,16 d H'
Fino 2 58 52,28 — 1.16 d A + 0,28 d X — 0.93 d II'
Princ. 3 21 12,16 + 1,15 d A — 0,18 d X — 0,31 d II'
o Fine 3 21 23,65 — 1,13 d A + 0,13 d X — 0,11 d II'
Roma
Padova
Vcndome
Bruxelles
llunibur
<..)
Donde ricavansi le sei seguenti equazioni fra dA dX dll'.
Roma 1,14 = 3,62 d A — 1,01 d X + 0,88 d li'
Padova 11.82 = 3,55 d A — 0,18 d X + 0,16 d H'
Parigi 14,18 = 3,51 d A — 0,14 d X + 0,90 d H'
Vcndome 9,13 = 3,61 d A — 0,91 d X + 0,99 d li-
Bruxelles 1,61 = 3,53 d A — 0,64 d X + 0,11 d II
Hamburg 11,49 = 3,49 d A — 0,31 d X + 0,4G d II'
Applicando a queste sei equazioni il metodo de' minimi
quadrati si anno le tre seguenti
222,6011 = 16.1249 d A — 15,9098 d X + 16,9940 d H'
45,2386 == 15.9098 d A — 3,6221 d X + 3,1433 d H'
49,3462 = 16,9940 d A — 3,1433 d X + 3,8106 d H'
Da queste si ricava d A = ^'^'jQ d >^ = — 2", 20 d H ^
— IO", 22.
Sostituendo questi valori nell'espressioni (y/) si avrà per
ciascun luogo due istanti della congiunzione vera corretti degli
errori delle tavole luuari; cioè per
(
222 )
Pi'inc.
3«
•31°=
33^82
Medi
Fine
3
31
30,50
3o:
SI""
32% 16
Princ.
3
28
57,34
Fine
3
28
58,32
3
28
57,83
Princ.
2
50
46,40
Fine
2
50
51,85
2
50
49,n
Princ.
2
45
43,58
Fine
2
45
44.04
2
45
43,78
Princ.
2
58
55.52
Fine
2
58
52,79
2
58
54,16
Princ.
3
21
24,05
Fine
3
21
22,95
3
21
23,50
Roma
Padova
Parigi
Vendome
Bruxelles
Hamburg
Riducendo ciascuno de' suddetti istanti al meridiano di Green-
wich si ottiene per
Roma 2<"'
41"
' 37^46
Padova
28,63
Parigi
27.67
Yendome
26,28
Bruxelles
25,16
Hamburg
30,00
Medio 2 41 29,20
Per r istante adunque della congiunzione vera al meridia-
no di Greenwich può prendersi 2"'' /ii"" 29^,20.
Il medesimo istante dedotto dalle tavole è 2°'' 4o™ 39^,36
che differisce dal rinvenuto per iigSS^ che è l'errore sull' istan-
te della congiunzione vera.
Passiamo a determinare 1' errore della long. C.
Supponendo esatti gli elementi del Sole calcoliamone la long,
per l'istante della congiunzione vera, che si trova di 1 24.° 5i'4-o ,35;
questa sarà anche la longitudine della Luna pel medesimo istan-
te, la medesima quantità ricavata dalle tavole è 124" ^2 9",! 3,
che è maggiore della vera per 28", 78.
Gli errori adunque delle tavole sulle quantità H', A, X ed L
sono
( 223 )
d H = — 10", 22
.1 A = + 4,76
(1 X = — 2.20
d L = + 28,78
Per dare una ripruova del calcolo fatto di sopra cercherò
la longitudine di Allona da Greenwich deducendola dall' osser-
vazione della fine dell' ecclisse.
Le osservazioni sono le seguenti in t.
m. di AI tona
Lai.
Pelersen
io^ 56
™ 40%8
Gfitze
40.2
Okle
Medio
40.1
4 56 40,4
Eseguendo
il calcolo della congiunzione vera si à
supp. E. Circca.
Oor 39m
46^60
ir
60'15",58
geografica
53° 32'
45".00
N
166 39 15,05
1'
53 21
56,93
h
35 12 52,95
S
199 54
4,05
o
22 53,11 II
L
125 50
56.85
X'
2 29,73
X
51
42.53
R'
16 37.32
m
37
0.56
0
3or21ml9s41
H
60
31,70
log. H'
3.5581780
R
16
29.60
log. C7
3,1377045n
M
2
23,50
log. l'
2,1753765
P
8.43
log. a
3.2861255
r
IS
46,50
log. A
3.2874255
co
23 27
27,12
log. a
log. e
0/2388534
3,4702323
Applicando all' istante della congiunzione vera la correzio-
ne per dH' di d>^ si avrà
0 = 3<>'- 21°> ^9^41
= 3 21 18,71
— 8,28 — 0,28 + 7,87
Quindi si à
Ist.
cori'i
vera Altona 3<"" 21" 18s,7l
. . Greenwich 2 41 29,20
39 49,51 E
Che differisce dalla supposta per 2,91
PbOF. lUlCUELE RiAOAAPOU.
Long. AUona
REGNI NEAPOLITANI
CEPPRIA TERTIi
ET QUARTAE FRAGMENTUM.
A U C T 0 R E
ACHILLE COSTA
EXHIRin IN CORSESSU XV ID. JINII, HDCCCLII.
Instituti Membris.
I
NEUNTE anno millesimo-octingentcsimo-trigesimo-octavo Hemiplera
Heteroptcra nostri regni illustrare aggressi , priraiim specimen sive
Centuriam vostro, Viri Clarissirai^ judicio subraisimus. Quod cum
indulgenter acceptura fuisset, atque in veslris Actis luccoi vidis-
set_, opus inceptum persequi conati fuiraiis ; atque decembre an-
ni millcsimi-octingcntesimi-quadragintesiini-quarli Secundae Cen-
iuriae partcm priraam , ejusque parleni allerani duos post aunos
exhibuimus , quae in eodem Tolumine editae fuerunt.
Interim , tercentum et ultra Hemiplerorum Heteropterorum
spccics Regni Kcapolitani Faunara enumerare, jam in centuriae
secundae parte prima declaravimus ; ex quo multas adhuc , et
praesertim magis iilustratione dignas, extare patebat. Causis, quas
Ilio referre extrancum, ab inchoato opere qninque elapsis annis
destitimus. Nostri amor lamen, luijus consessus decus , atque be-
nevolentia qua Entomologi doclrina praestantissimi editas partes
exceperunt , satis valida incitamenta l'uerc , quibus ad opus
expletandum omne studiura adbibere deliberavimus.
«9
e 22() )
Ultimam igltur parlem Hcmipteronini Heteropleroriim luijus
regai hisloriae elaboravimus , eamque vobis Iiodie (ifferimus ,
(juae Centuriam terliam , et fragmentum quarlae con linei.
Ex ceulum et septcm de quibus bic agiUir specicbus , ma-
xima pars ad Lygaeorum et Gapsinorum faaiilias pertinet. Minor
numerus ad caeteras special familias , de quibus ainplius in prae-
cedentibus Centuriis tractatum fuit. Inler bas, duo in Nolonectida-
rum familia adjcicndas babuimus, quarura una generis Sigara est,,
(juod in Cenluriae secundac parte prima nobis in regno invisum di-
ximus. Triginta quatuor species uti novae describuntur , quae non
omnes re vera novae sint dari posse falemur: difficultates tamen
objecta in auclorum deseriptionibus recognoscendi^ praeserlim in
familia Gapsinorum et in genere Pacbjmerus, illas novo nomine
dislinguere , potius quam et elias ambiguitates inducere, nobis sua-
serunt. Hac ipsamet causa plurimas iconibus illustrare censui-
mus: alque decem circiter generis Pbytocoris species ulteriori
studio commisimus.
Omnes regni incolas species jam novisse non contendimus :
quin imo^ quod multae adbuc ulterioribus per totum regnum per-
quisitionibus detegerentur sumus suasi. Quare optandum, ut qui
Entomologiae studio incubere velint^ bisce neglectis aniraalculis
curam in colligendo praebant.
Denique, ut sparsae ejusdem generis species et ejusdera fa-
miliae genera melius simul appareant , conspectum metbodicum
regni hemipterorum-heleropterorum species, per familias atque
Iribus distributaS;, conlinens adjeciraus.
Cum praecedentes bujus operis partes grato animo atque in-
dulgentia dignare vobis placuisset, eodem modo et hanc ulti-
mam accepturos esse mibi sperare licei.
j
.3"^
.^^^
"nh^ T. Un
■eia, m,
nigrù;
•■ié utiie apicem arièUiii«. | — Luug. 4;
:Kmons : snooimina a
W
Oc f r.| s.me V
( 227 )
Hemiptera-Heteroptera
Familia NOTONECTINI.
Genus Corixa.
5. ( 201 ) Corixa Geoffroyi. Tab. l-ifig. i.
C. luteo-livida , capile villa frontali obsoleta fusco-olivacea ^ ; pro-
nolo lineis transversis f4-f6 fusco-olivaeeis , mediis posticisque hinc in-
de interruptis , el saepius transverse bifidis ; ehjlris fusco-olivaeeis , li-
7ieolis transversis angustis imdulatis, interruptis, quandoyue bifurcatis ,
pallidis; abdomine dorso nigro lateribus teslaceis ; pectore ventrisque
maculis marginalibus </, basi inedia $ nigris; femoribus posticis mar-
gine interno denticulis sex obtusis ante apicem armatis. — Long. lin.
5%: lat. lin. 2 '/,.
Corixa Geoffroyi, Leach, Rami).
Corisa Geoffroyi j Am. Serv.
Corixa, Am.
Spccies cacleris noslratibus major , Cor. siriatae aiBnis , a qua praeter
slaluiam multo majorem , differì femorum posticorum denticulis magis pa-
tulis ( fig. cit. B ); elytrorum lineolis angustioribus , magisque interruptis ,
in maculas minutas puuctaque irregularia saepius difformatis ; linea fronta-
li maris fusca.
In Salenti aquis stalivis haud infrequens : specimina a docl. Jos. Costa,
fralre nostro accepimus.
Observatio. Male dar. Amiot opinatus est Cor. strialam hujus ope-
ris (i) ad Cor. Ccoffroyi referens (2). Nostra enim Cor. striala rccte cum
hujus specie! auctorum descriplione convcnit. Etiam in errorein incidisse
vidclur, putans Cor. undulalam Fallenii eamdem esse ac Cor. strialam Lin-
nei, atque nostrani basalem cum undulata confundens. Quod, non omnes
simul sub oculis babuisse species dare demonstrat. Quoad Cor. punctatam
Burmcisterii , quae a dar. Audinct-Serville et Amiot Cor. Geoffroyi esse
(i) Cent, prima , n. i.
(2) Anna], de la Soc. Enlom. de Fr., 2. me ser. IV, p. 444-
( 228 )
putalur , jam prideiii animadvertimus (3) vel aiteram esse distinctam speciem,
vel male pronoto irroralo describi.
Genus Sigara , Leach.
Corpus parum convexum, subovaturn. Scutellum patulum.
Pedes longitudine subaequales, posteriores parum longiores, fim-
briati; antici tarsis i-aiticulalis , ungulculo simplici ; posteriores
larsis 2-arficulalis , medii unguiculis duobus longiusculis gracili-
bus, postici unguiculo unico acuto.
Observatio. Clariss. Amiot et AudinetScrville scutello circuii segmen-
ti figuram tribuunt, cum potius triangulare diccndum sit.
I. (202) Sigara minuta. Tab. \^Jig. 2.
S. stipra cinerea , capile, pronoli limbo poslico , scutello , elytro-
rumque basi luteis, oculis nigris; sublus cum pedibus pallide Jlava. —
Long. lin. I %: lat. % lia.
Notonecta minutissima. Lin. (nonFab. ).
Sigara minuta, Fab. , Burm.
Sigara minutissima, Leach, Lap. , Spin.
Caput convexum , laeve , linea utrinque longitudinali pun-
ctorura minutissimorum inter oculos : luteura , supra vittis tribus,
antice et quandoque etiam postica conjunctis, fuscescenlibus. 0-
culi nigri.
Pronotus brevissimus , transversus , ad latera angustatus ,
margine antico late rotundato , postico fere recto, circuii segmen-
ti figuram fere referens ; cinereus , margine postico pallide luteo.
Scutellum triangulare , vix quam basi latum brevius , lu-
leum immaculalum.
Elytra cinerea, basi margineque externo luteis; hoc ma-
culis duabus obsoletis fuscis,
Pectiis luteum.
( 229 )
Pedes pallidi. Tibiac spinis niinutis mlcrnscopio palulis ,
(luabiis vcl tribus in anlicis , quatuor in postjrioribus, praedilae,
Abdomen pallide hileura.
Propc Ncapolini frcqucns in lacu Aslroni.
Obscrvalio. IIujiis siicoici dcscriptio ab anclorihiis (radila satis J)rcvis,
iit rccluin di! nostiatis cimi Fabriciana Sigara idenliialc judicium ferri pos-
slt. Inter alia, magnitudo nostrorum speciminum major, quam quac illi
tribuitur.
Familia LEPTOPODINI.
Genus Salda.
7. (208) Salda geminala, 7wb. Tab. I,Jìg- 3.
S. ovalo-elongata , piiis raris ornata, ocnlis sai promìTm'i's , pro-
nolo aiìtice Valdo onr/ustalo: nirjra nilida , ehjtrornm cono fusoo-ni-
^ricalile , exierne luteo , macìiìa apicali albo-flaccsccntc , aliar/ue ante
eam atra ; membrana fuseo-Jidiginoaa , macula exlerna lutea ; antenna,
rum artindis primo et sccundo pedibusque tcstaceis, iibiis tarsisque a-
pice Jìiscis. — Long. lin. i i/3: lat. 3/i> lin.
Corpus ovato-clongatum , parum convexum.
AnU'wxac corporis dimidio longiores , articulo primo cras-
siusculo cloiigalo, secando primo longiore et graciliore, tcrtio
et quarto incrassatis , subaequalibus, seciindo vix loiigioribus ,
pilosis. Articuli primus et secundus testacei , tertius et quartus
nigricanles.
Caput parvum , ocnlis magnis extuberantibus ; siipra minu-
tissime punclalo-gramilaliim , postico laevigatum, fronte elevata,
linea longitudinali impressa: nigrum subnitidum. Labrum nigrum.
Rostrum tes tace u m .
Pronotus anlice valde angustatus , margine postico late e-
margiuatus : antico gibberis duobus transversis contiguis laevis-
( 23o )
s-imis , selis clliaribus tribus quatuorvc erectis ; pone gibbcros
transverse profunde irapressus: niger nitidus immaculatus.
Scutellmn triangiilare , pone bnsim arcualim impressum ,
ante apicem transverse elevatum : laeve , nigrum nitidum.
Elytra simul basi pronoli margine postico band latiora, pone
medium vix externe elato-rofundata ; corio supra pube rara decum-
bente flavo-sericea ciliisque brevibus erectis nigris ornato, fusco,
exlerne ad basim luteo , macula apicali albo-flavescente , aliaque
ante cani subquadrata atra ; ad marginem scutellarem pallido-
variegato; membrana fusco-fuliginosa , nervis obscurioribus, ma-
culis interjectis margineque postico pallidioribus , externe lutea,
macula apicali fusca.
Pedes lougiusculi , testacei, tibiis tarsisque apice fuscis.
Abdomen laeve , nigrum nitidum.
Prope Neapolim, rarissima. Legimus ad rivas lacus vulgo Maremorto
dicU.
Familia ARADINI.
Genus Aradus.
Observatio. Quando secundam hujus operis pattern octo jani ab hinc
annis scripsimus, in qua quatuor hujus generis lune nobis notas species
retulimus , characteres prò specierum diagnosi ex antennarum arliculorum
uec non rostri longitudine inter alios duximus , cum maximi momenti af-
que organici visi nobis fuerint: sicut jam antea ci. Fallen lecerat; quosque
clar. Dufour eodem fere ac nos tempore scribens , ab entomologis neglec-
tos fuisse doiebat (i). Non minus tamen in pretium habendus ille^ quem
elytrorum corii neivorum dispositio praebet : quo ex. g. Arad. dissimilem
a depresso differre observavimus.
(i) Description de deux especes nouvelles d' Aradus — Aua. Soc. Ent.
2, me ser. \\, pag. 447-
( 23. )
5. (204.) Aradus Lucasii, nob. Tab. \, fig. 4-
il. oblon(/us, anguslalus, an/ennis ùrevi'òus , aìiiculo secando duo'
bus sequeiilibus si'mul paulo breviore ; pronoto subquadrato , marginibus
intcgris , haud diaphanìs , coslis quatuor alìaque utrinquo abbrevia-
la; rostro pedani anlicorum basùn attingente : nigcr opacas, antcnnis,
articuto primo et sccttndi basi exceplis , maculisqnc nhdominis margi-
nalibus Jlavis ; rostro pedibusqae fusco-easlaneis. — Long. lin. 2 i;6 :
lat. 8/10 lin.
Corpus clongaltim , angiisfatum , praesertim antice.
Qipiit minale liiberculato-aspcrum, lobo medio antice Irim-
cato-rofnndato; oibitis elevatis aspcris, incrmibus , tnbercnlis an-
tenniferis validis aculis : nigruni opacum immaculatura.
Roslrum gracile , apice pedani, anticorum basirà attingens ,
ncque excedens : fusco-castaneura.
Antennae pronoti latitudine maxima paulo breviores : arli-
culus primus minutus cyliadraceus , fuscus , sccundus duobus se-
quentibus simul paulo brevior ad basim altenuatus, flavus , ba-
si fuscus; tertius et quartus cylindracei, quartus vix tertio bre-
viorc , flavi imraaculali , qnintus minutissimus acutus , lente sat
cospicuus, flavo-fuscus.
Pì'onoliis Iransversiis, quadrilaterus, angulis rotundatis, antice
parum angustior , marginibus minute granulato-asperis , minime
denticulatis serratisve ; medio transversim impressus , antice u-
trinque elevato-coavexus ; costis quatuor longitudiuaìibns , mediis
longioribus ad raarginera anticum usque productis , lateralibus
brevioribus , aliisque duabus , una ulrinque j abbreviatis hume-
ralibus : niger opacus.
SciUellum elongatum , latitudfne bascos sesqui longura , a-
pice obtusum depressum , marginibus lateralibus elevatis , ante
medium coavexum : nigrum opacum.
Elytra abdomine vix breviora $ , ejus apicem fere atlin-
geatia «/"; cerio sordide albo, subdiaphano, nervis primariis, ra-
( 232 )
miilisque transversis interjeclis fiisco-nigris: membrana alba bya'
lina , nebulis raris fuscesccntibus sparsa.
Pedes breviusculi, fusco-castanei>
Abdomen depressuraj subtiis longitiidinaliter carinatum, mar-
ginibus intcgrum; nigrum, maculis quinque utrinque marginali-
bus , una in ciijusvis segmenti i-5 angulis posticis , flavis.
Lectus in Japygia a Josepho Costa ^ a quo specimina duo accepimus :
rarus tanien videtur.
Nota. Hacc a nobis dcsci ipta spccics eadem videlur ac illa in Algeria
a ci. Lucas leda, et a ci. Araiot nomine Lucascoles indicata (i). Cuin ta-
men hujus auctoris mellioiiuni mononymicain amplecti non possimus, aliud
nonien specificum, eliam primum speciei deleetorcm commemoraas , adhi-
bendum censuimus.
Familia TINGINI.
Genus Dyctionota.
1. ( 2o5 ) Dyctionota fuliginosa, nob. Tab. ^^ijìfft S.
D. ver/ice bìspinoso ; fusca , pronolo nigro uli'in/ue ferrutjineo , am-
puUa antica, alis lateralibus , carinis et Iriangulo epi-sculellari albido-
Juliginosis , Jusco-reticulatis ; ehjtris subparallelis , exlerne ad medium
parum anguslioribus , albido Jxdiginosis fusco reliculaiis ; pedibus rujb-
testaceis ; anlennis obscure caslaneis ; abdomine nigro. — Long. lin.
I 3/4: lat. 9/10 lin.
Affiuis Dict. marginatae ., cujiis majora specimina magnitu-
dine vix superat. Differì praesertim : i.°elytris externe medio an-
gustioribus , angulis bumeralibus magis elato-rotiindatis , cellulis
marginalibus duplici serie dispositis , quibus bine inde tertia inter-
ponitur. Cellulae magnitudine variae : majores ubi duplici , minores
ubi triplici serie dispositae sunt. In D. marginata cellularum series
frcs , media raro interrupta — 2." pronoti alis lateralibus antice
'''• (i) Ann. de la Soc. Ent. de Fiance, 2. me ser. voi. IV, p. 365.
( 233 )
•angulalo-rotundatis — 3." corporis, nec non reticuli cellulas con-
sliluenlis colore.
Rarissima in regno occurrit.
Genus Derephysia, Spiti.
jintennae corpori longitudine subaequales, cylindraceae, va-
lidissimae , breviter liispideque villosae ; articulis primo et secun-
do brevissimis, terlio reliquis simul longiore, quarto subincras-
sato. Roslrum gracile, pedum poslicorum basim ultra produclura.
Canalis rostralis marginibus elevalis subparallelis. Pronotm an-
tico ampullaceus, utrinque alalus , postice productus, scutellum
tegens.
I. ( 206 ) Derephysia foliacea. ( Her. Sch. Wanz. Tab.
CXXIX Z>, et CXXX L M.
D. brunneoferruffìnea , pronoti ampulla alis costisque , clytrisque
albohyalinis , luleo-ferrugineo reticulalis; elyiris disco in ampullam lon-
gitudinalem carinalam elevatisi cellulcs discoidalibus marginalibusque
aubaequalibus ; rostro abdominis segmenti secundi marginem aniicum al-
tingente. — Long. lin. i 1/2: lat. 9/10 lin.
Tingis foliacea , Fall. , Her. Sch.
Derephysia foliacea. Spia.
Derophysia, Am.
Rarissima baec elegans species obvenit prope Neapolim , aestale , in
kerbis pratensibus.
Genus Monantbia.
4. (207) Monantbia villosa, nob. Tab. l-ifig- 6.
M. oblonga , pube densa longa vestita ; cinerea , maeulis minutis
nigris sparsa ; antennls pcdibusque testaceo rufescenlibus ; oculis abdo-
mineque nigris. — Long. lin. i i;2 : lat. 3/5 lin.
Corpus oblongum, totum cum aatenois pcdibusque pilosum,
pilù saepiiu arcuatis.
( 234. )
yéntennae breves , arliculo tertio primis duobus simul vix
duplo longiore , quarto inflato subciavalo , praecedentis dimidio
paulo longiore.
Pronotus modice convexus , lateribus raargioatus , supra tri-
carinalus, punctalus ; cinereus, maculis minulis sparsis nigris.
Elylra grosse punctala , cinerea , maculis minutis punctis-
que raris nigris pietà.
Abdomen supra marginibus cinereis , nigro reliculatira ra-
riegatis.
In tnontibus Malese ,. aestate , haud iafrcquens.
Familia COREINL
Genus Coaizus^
5. ( 208 ) Gorizus pratensis.
C lividus , longe pubescens , capile maculis duabus occipifalibus ni-
gris , scuiello apice subacuto; ehjlris hyalinis, coriinervis pallidisipun-
ciis raris rufis Jlavisque pietis ; abdomine dorso nigro , lateribus pal-
lidis, maeulisque tribus discoidalibus el villis duabus supra anum Jla-
vis. — Long. lin. 3: lat. lin. i i/5.
Corizus pralensis , Fall. , Burnì.
Rhopalus parum punctalus , Schill.
Habitu Cor. capitalo primo intuita similis ; a quo , praeter
colores, facile dignoscendus pube longa totius corporis , el scu-
tello apice integro. Maculae abdominis dorsi in triangulum di-
spositae, sicut in Cor. crassicorm; antica saepius duabus posticis
similis ac aequalis, quaadoquc tamen elongata obovata ye\ lan-
ceolata.
Haud iufrequens prope Neapoliin , in pratis.
6. ( 209 ) Corizus gracilis.
C- parce pubescens j rì/Jb-ferrugmeus , scuiello apice subacuto pal-
hdo ; elytris abdomine multo lon(jioriùus , hyalinis , corti neroii lutei»
( 235 )
apice mfescentibus ; pedibus pallide Jlavis , nigro pnnctatis ; abdomine
dorso laleribus rttfoferrugineis, nigro macutalis , macuUsque tribus di-
tcotdalibus et villi» duubus supra anum Jlaois. — Long. corp. lin. a 2/3,
cum clyt. 3 1/3: lut. lin. i i/io.
Coreits gracilis, Panz.
Habitus et magnitudo praecedenlis ; elytris longis, abdomea
quarto longitudiuis excedentibus , satis distinctus.
Prope Ncapoliin in pralis, rarus.
7. (210) Corizus gemmatus, nob. Tah. \^jig. 7.
C. sculello apice obliiso, pleuris melathoracis poslice profunde emar-
ginalis: fuloo-lividus , parce pubescens, sublus pallide Jcrrugineus ; ca-
pilis maculis ditabus poslicis, pronoli linea antica transoersa utrinque,
punctis sexdecim dislinclis humeribusrjue , sculelloqite medio nigris ; e-
lytris hyalinis , coni tiercis luleis nigro maculalis; abdomine dorso ni-
gro, lauribus pal/idis, maculis qtie tribus discoidalibus et vittis duabus
aupra anum jlacis; pedibus nigro-maculatis. — Long. Un. 3; lai. lin. 1 i/io.
Habitus Cor. capitati.
Caput utriuque intra oculos , et quandoque etiam postica ,
nigrum.
Pronotiig linea antica transversa impressa, in fundo nigra,
medio intcrnipta ; punctis sexdecim elevalis nigris nitidis , ceto
ad medium longiUidinis, Iransverse quatuor ulrinque in arcum
disposilis, tolidomque posterius lineam primae paralielam descri-
bentibus; angui is bumeralibus nigris.
Scutellum apice obtusura subrotundatum.
Putida elytrorum corii in nervis longitudinalibus tantum ,
■ec in transversis observanlur, ac sexdecim circiter in quovis e-
tytro enumerantur,
Pleurae melathoracis margine postico profunde emargina-
lae , angulo supcriore postice producto , apice obtuso , inferiore
late rotundato (i).
Prope Ncapoliuij rarissime occurrit.
{^) D« hac melathoracis parte nullum ia aactoribus rerbum in-
( 236 )
8. (ari) Corizus sanguineus, nob. Tab. \^fig. 8.
C. dilute sanguineus , puree puhescens , antennarwn arHculo primo ,
napitis parte, pronolt margine aulico, punctis impressis. macxdis duabus
posticig ohsolelis, humeribusque nigris; sculello nigro, laleribus apiceque
subacuto dilute sanguineis ; elylris corio roseo, nervis apice obscuriori-
bus ; abdomiiie dorso nigro, lateribus rubro maculaiis ; ventre vìltis
(jualuor obsoletis nigris; femoribus confertiin nigro maculaiis. — Long,
lin. 2 2/3: lat. lin. i .
Caput nigrum , fronte, maculis tribus occipitalibus oculisque
dilute sanguineis.
Àntennae longae, graciles, articulo ultimo valde elongato,
cylindraceo, praecedenlis sesqui longitudine.
Pronotus antice parum declivis , fortiter impresso-punctatus,
linea antica transversa elevata nitida ; dilute sanguineus , mar-
gine antico, medio inteirupto, maculis duabus irregularibus ad
marginem postlcum, humeribus , punctisque impressis nigris.
Scutetlum latitudine baseos paulo longius, apice subacutum,
liti pronotus impresso-punctatum ; nigrum, marginibus lateralibus
apiceque dilute sanguineis.
Elylra abdoraen modice excedentia : corio roseo subhjali-
Bo, nervis apiceque dilute sanguineis.- membrana alba hyalina,
Peclus dilute sanguineum, sterno nigro.
Abdomen dorso nigrum, marginibus lateralibus dilute san-
guineis , nigro maculaiis ; ventre dilute sanguineo , vittis quatuor
obsoletis nigricantibus.
Pedes dilute sanguinei , femoribus obscurioribus , confertim
venìmus io bojus generis specierum distinctione: et tamen, prò quibusdam
optimum specificum characterem praebet. In Cor. errans et crassicornis
pleura postice oblique truncata, angulis late rotundatis: in Cor. capitatus
angulum superiorem subaculum, inferiorem late rotuadatum habet: in Cor.
hyoiciami angulus superior postice in deatem obtusum produciur.
( 23? )
nigro maculatis; (ibiis apice fuscis ; larsis pallidioribus, arficu-
li primi et sccundi apice tertioquc fusco-nigricantibus.
Piope Neapoiiin, rarissiraus.
Genus Pseudophloeus.
4.. ( 212 ) Pseudophloeus nubilus. ( Hahri, JVanz. tab,
LXVIII,/y. 191).
P. fuscus, sculello inedio ferrugineo, apice pallido; antennarum arti-
culo (erlio secundo duplo longiore , quarto vix praecedentis dimidio lon-
giore , ovaio injlalo , ad nìedium Iransverse impresso , òasi nigro api-
ce cinereo ; prenoto anlice valde declioi, marginilms lateralibus parum
rejlexis , pallidis , minutissime in dimidio antico denticulatis , angulis
posticis muticis ; femoribus posterioribus spina minuta ante apicem . —
Long. lin. 2 3/4 : lat. lin. i i/5.
Coreus nubilus , Fall .
Arenarius nubilus , Hahn.
yilractus nubilus , Spia.
Pseudophloeus nubilus, Burm.
Karus prope Ncapolim , aestate.
Familia LYGAEINI.
Geous Lygaeosoma, Spin,
Corpus oblongnm, punctatnm. ^/z/eranore crassiusculae, arti-
culo primo brevi validiore , secundo tertio longiore , quarto sub-
ovato secundo longiore. Caput sublas canali rostrali per totam
longitudinem excavato. Elylrorum membrana nervis primariis
quatuor ante apicem conjuctis , cellulas tres, interna et media
bipartitis, constiluentibus.
Observatio. Generi Jleterogaster hoc maxime affine : discrepantia ta-
meu i^uaereoda: 1° ìa ballila omaiao Ljgaeorum; 2* la canali rostrali mar*
( 238 )
gfnibus elevatis per lotius guKuris longiludinem eicavafo : 3* in elylrornm
membranae nervis ante apicem invicem conjunclis , cellulas tres elongatas
formantibus , quarum interna et quandoque eliam media a nervo transverso
bipartitae , ita ut cellulae quatuor vel quinque observentur.
Nervorum dispositio multo ab illa Lygaeorum dilTert, in quibus nervi li-
beri ad apicem desinunt, atque duo tantum interni ante medium longitu-
dinis a nervo transverso conjucli cellulam basilarem constituunt. Hinc mirum
quod clar. Amiot g. Lyffaeosoma mSuhdiyisioae quadrineworum , Lygaeos
genuinos amplectente , collocasset.
i. (2i3 ) Lygaeosoraa sardeiim.
L. parce et brevissime pubescens , brunneum obscuro variegatum ,
pronoli margine antico, liiieaque dorsali ad scutelli apicem dueta pai-
lidia ; ely (rerum cario griseo , nervis pallidis ; membrana nigra, macula
utrinque lunata margineque postico albis ; abdominis lateribus maculi»
rujìs Jlavisve ; pedibiis pallide teslaceis , femoribus medio late nigrit.
— Long. Un. i 1/2-2 : lat. 1/2-3/4 lin.
Lygacosoma sardea , Spin.
Lt/gaeoso7na , Ara.
Copili convexiusculum , antice obtosum , fuscum , cinereo
pubescens.
Odili grandiusculi , pronoti marginem anticum tangentes. 0-
celli ad orbitarum angiilum posficuin positi.
Pronotug antice parum anguslior , modice declivis : pone
medium transversim impressus, ac vix angustatus , huraeribus
prominulis ; punctis grossis rarisque irapressis.
Sculellum triangulare, acutum, linea longitudinali elevata,
et utrinque foveola oblonga parum profonda notalura.
Elylra corii nervis in reliculum dispositis , parum elevatis.
Abdomen dorso dilute croceo-ferrugineum.
Pedes longitudine mediocres, ralidiusculi , femoribus anti-
cis crassioribiis mnlicis.
Spccies vere singularis, in Sardinia primum a clar. Gene defecta. Pro-
pc Neapolim bine inde oceurrit, parum frequens.
Nota. Uelerogasier retieulaius, Herr. Sdbaf. ab hac specie baud dif-
( 239 )
forre Tidt(ur: ciim tamcn in natura invisus illc nobis sit, cerlum judicium
proffcrre non possumus.
Genus Heterogaster.
5. (2i4-) Heterogaster senecionis.
H. oblongus , pronolo antice declivi , latitudine postica penilo bre-
viore ; livido-teslaceus , capitis ferruginei vitlis duabus , pronoti fascia
aulica transversa, sculellique basi nigris ; elytrorum cario pallido sub-
pellucido . margine postico nigro maculato ; ventre luteo , lateribus ano-
ijvef uscii ; pedibus pai lidis, nigro maculatis. — Long. Un. 2 1/8: lat. 2/3 lin.
Heterogaster senecionis, Her. Schaf.
Prope Noapolim liaud rarus.
Variai : capile fusco, lineis duabus fronlalibus, orbilis, maculisquc oc-
cipJtalibus fcrrugineis: sculello ferrugineo, linea media longitudinali nigra.
4.. ( 2 1 5 ) Heterogaster lineatus , nob.
H. oblongus , pronolo antice valde declivi, ante medium forte trans-
verse impresso , fere aeque longo ac postice lato , grosse et crebre ptin-
ciato , linea media longitudinali impunclata , ad seulelli apicem ducta :
tupra livido-teslaceus, pronolo vitlis quatuor obsoletisfuscis; elytrorum co-
rio pallido lutescenle subpellucido , nervis apiceque roseo-maculatis ; sub-
tus luiciis , fusco-rifescente variegalus ; pcdibus pallidis, fusconigroque
maculatis. d" ? • — Long. lin. 2 i;3: lai. 2/3 lin.
Praeccdenti affinis, a quo praesertim differì, pronoto paulo
longiore , antice magis declive , fortius transversim impresso ; e-
lylrorura corii nervis apiceqvie fusco-roseo maculatis.
Prope Neapolini, praocedenle minus frequens,
5. ( 216 ) Helerogasler exilis, nob.
H. oblongus, pronoto transverso, latitudine postica multo breviore,
antice modice declivi, elijtris abdomine multo longiuribus: supra griseo-
licidu» , capitis vitlis duabus, pronoti fascia antica, sculelloque medio
fusco-nigrieantibus ; elylrorum cario albido hyalino, nervis margineque
postico nigro waculalis ; sublus niger , epimeris ventreque postice lu-
tei»; pedibua pallidis, nigro punctalis. j'% — Lor»g. lin. 1 5/6: lai. 2/5 lin.
[ Praecedentibus affiuis , a quibus statura minore ; pronoto di-
< 2^0 )
stincte breviore transverso, elytris longioribus membrana ampia,
praefer colores, differì.
Frequens prope Ncapolim.
Variai : capite pronoto seutelloque brunneis , primo macula lanceo-
lata occipitali ferruginea , secundo angulis humeralibus pallidis.
Genus Lygaeus.
6. (217) Lygaeus punctum. (VVolff, Icon. taò.Ylll^Jìff. 70).
L. rufuSj anlenm's, capile , pronoli margine antico maculisque duo-
bus posticìs connivetitibus, scutello, apice excepio, ehjlrorum eorii mar-
gine scutellari puncloque discoidali, pectore, veniris base , pedibusque
mgris ; elylrorum m.embrana atra , macula media , angulo basali, puneto
in margine externo, limboque laeteis. — Long. lin. 3 2/3: lat. Un. i 2/5.
Lygaeus punctum , Fab. , WolfiF, Burm.
Stigmophorus , Ara.
In ulteriori Calabria, prope Rhegium, haud frequens.
Genus Pachymerus.
14" ( 2 1 8 ) Pachymerus dereliclus, nob.
P. ovato-oblongus, depressus, pronoto lateribus reclis marginatis
subdiaphanis , pone medium transversim impresso ; capite antennis Ubi-
isque selosis : supra griseo-luleus, fusco-nigroque conferlim punctalu» ,
punetis in pronoti elijtrorumque marginibus in maculas congestis: sub-
tus brunneus . epimeris luteis , pedibus piceis. — Long. lin. 2: lat. g/io lin.
AIBnis Pack, marginepunctato , a quo differì : slalura mi-
aore ; pronoto antice minus profunde emarginato , lateribus mi-
nus elatis , rectis ; punetis in fundo fuscis nigrisre , ex quo co-
lor obscure griseus efficilur.
Rarissime prope Neapolim occurrit.
i5. (219) Pachymerus Tulgaris. (Hahn, JVanz. tab. VII,
.f>g- 26 ).
P. oblouQus , nitidus, pronoto lateribus marginato diaphano, pon
( 2^1 )
medium (ransverse impresso , femoribus anlicis unideniatis : niger ,
pronolo poslice, eli/lrorumgiie cario pallide griseis, nigro punctulaiis ,
primo macula media obsoleta , secundo macula irregulari ad angulum
poslicum internum nigris: elylrorum membrana fusco-nigra , angulo ba-
sali, macula minuta ad corii apicem, aliaque apicali lacteis ; epimeris
Jlavis , tibiis anterioribus teslaceo-piceis. — Long. lin. 3 1/2 : Ja(. lin.
I I/IO.
Pachymerus vulgaris , Sellili. Hahn.
Medium haec spccies inter Pack, pini et rhombiinaculaXo-
cum lenel, ab uiraque taiiien salis dislincta.
Fiequens in regno , etiam hyeme sub arborum corticibus , vel ad cu-
rum radices.
16. (220) Pachymerus pulcher. ( Her. Sch. Wanz. tao.
CXIII , Jìff. 358 ).
P. elongatus , pronoto laieribus marginato diaphano, subito pone me-
dium transverse sulcalo ; femoribus anticis unideniatis : niger , pi'onoto
postice, humeris exccptis, elylrorumque corio rufosanguineis, hoc posti-
ce nigro, macula pallida; membrana fusca, macula apicali alba; anlemiis
testaceis , articuli primi basi , tertii apice et quarti marima parte ni-
gris ; pedibus rufescenlihus , femoribus annulo lato nigro. — Long. lin.
3 ; lat. 8/10 lin.
Pachymerus pulcher , Her. Sch.
Prope Neapoliiii rarus : frequentior in Aprutiis.
Variai. Aulennannn arliculo primo modo nigro, modo testaceo vel croceo.
17. (221) Pachymerus pedestris. (Haha, JVanz. lab. X,
fig- 38 ).
P. oblongus , pronoto lateribus marginato diaphano , pone medium
transverse sulcalo ; femoribus anticis unideniatis : niger nilidus , anten-
narum arliculo secundo et primi apice ferrugineis; pronolo poslice flavo-
rufo, rugro putte t aio , humeris nigris; elylrorum corio sordide croceo-
rufescente , nigro punctalo , poslice nigro , macula sublriangulari alba ;
membrana fusca , macula apicali alba; pedibus rufsscentibus , femorum
annulo lato , libiarum iarsorumque apice nigris. — Long. lin. 2 i/2-3:
lat. 7/10-8/ IO lin.
Lygaeus pedestris , Panz,
3i
( 2^2 )
Pachi/>nerus pedes/ri's, Schill., Haha, Burm,
Raglius, Am.
Prope Neapolim baud infrequens , prafisertim aulumno et hyeme sufc
arborum corlicibus.
Variai: pronolo macula media postica e punclrs nigris notato.
i8. ( 222 ) Pachymerus pineti. ( Her. Sch. Wanz. tao.
CXL,/y. 438 ).
P. eloiigaius , pronoto laterthus marginato diaphano, pone medium
transverse sutcato , Jcmoribus anticis bidentatis: niger , antennarum ar-
(iculi primi apice , secundo et terlii quarlique basi, tibiis, apice exce-
pio , tarsisqtte fu! vis ; pronolo posiice albido , humeris nigris ; elyiro-
rum eorio albido, apice pallidiore, macula in angulo poslieonnterno ni-
gra ; membrana Jusco-nigr a , macula apicali alba. — Long. lin. 3 i/4-
3 i;2: laf. lin. i-i i/io.
Pachijmcrus pineti , Hoffm.^ Her. Sch.
Taenidionolus , Ani.
Elcgantem hanc speciem , primum a ci. Hoffmanscgg in Lusitania dete-
c(am , in apruliorum nemoribus raram invenimus, Specimina etiam ex eo-
dem loco Prof. Ant. Amary nobis misit.
19. ( 223i) PaGbymerus fenestratus. ( Her. Sch. IFanz.
tab. CXL , Jig. ^Sy ).
P. oblongus , pronoto laleribus marginalo diaphano , pone medium
iransverse sulcalo , femoribus anticis denliculatis unidentalisqiie : niger ^
pronolo postice fuseo-JeìTugineo , humeris nigris , laleribus albidis ; e-
lytrorwn corio fuseo-ferruginco, macula inedia subquadrala nigra, mem-
brano fusea , nervis maculisene binis hyaliiiis ; tibiis tarsisque fulvo-
ferrugineis. — Long. lin. 3 i;3 t lat. lin, r_
Pachymerus fenesùralus. Her. ScL
Hyaloslactus , Am.
Fernora antica valde iacrassata , subtus prò tibiarum rece-
plione subcanaliculata , canalis marginibus denliculatis , denle-
que malore aule apicem armata. Tibiae anticae parum arcuatae,
apice incrassatae.
Elylrorum membrana saepins fusco-olivacea , nervis , ma-
culis descriplis , margiaeque postico albidis.
( 2^3 )
jéniennariim articulus quarlus in nostris speciminibus apice
teslaceus.
Prope Ncapolìm rarus , byeme sub arboriim corlicibus.
20. (224.) Pacliymenis piclus. ( Hahn, fVanz.lab. ^ifig. Sg.
P. elonxjaliis , pronoto laleri'jiis marginalo diaphano , pone medium
transvei'se sidealo , anlcnnarum articulis omnibus incrassalis , femoribua
anlicis denlicidalis iinìdenlalisqiie ■• niger , pronolo poslice teslaceo , la-
leribtis pallidis; ehjlrorum corio leslaeeo, erlerne pallidiore, maeulis dna-
bus poslicis apit'cquc fuseis; membrana hyalina , nervis nebulis(/ue ob-
aoletis fuscescenlibus , rostro anlennis pedibusque teslaeeis. — Long. lin.
I 1/2-2 : ]at. 1/2-3/4 lin.
Pac/itjmerus piclus , Schill. , Hahn.
Lrjgaciis podagricus , Fall. ( ex Hahn ).
Pachymcrus dceoratus, Hahn. var.
Pachìjmerus ojjìnis , Schill.
Facile hacc vere clegans specìes dignoscitiir an tennis lon-
giusculis , articulis tribus ultimis longitudine subaeiiuilibus , ac
omnibus aeque incrassalis. Variai summopere magnitudine , nec
non coloribuSj anlennarura praeserlim atque pedum. Characteres
quibus citati auclores Pack, decoratum a P. pioto distinguere
conati suntj nulliraode conslantes , cura })er gradus ex udì us ad
alterius lypo transilus babeaalur. Inter plurimas, quas simul lo-
gimus varietalcs , quac sequuntur notandae.
a) anlennis teslaeeis , arliculo secundo , tertio , et quarti basi fuseis ;
pedibus teslaeeis immaculatis.
b) anlennis fuseis , arliculo primo , et secundi l)asi teslaeeis ; pedibus
teslaeeis , fcnioribus anlicis medio late nigricanlibus ; clylrorum corio apice
niaculisque tribus ante euni fuseis.
e) an'ennis fuseis , arliculo secundo tantum basi testaceo ; pedibus te-
slaeeis , fcuioribiis anlicis lolim , mediis et poslicis annulo, tibiarumquc api-
ce fuseis ; prondto poslice bumeris maculisque duabus Iransversis ( una
utrinque ) ni;,'iis vel fuseis.
Obvenit frequcns |)rope Ncapolim ac in aliis regni rcgionibus ad planla-
rum raUices , nec non hjcmc sub arborum corlicibus.
( 244. )
21. (22S) Pachymeriis discors , nob.
P. oblongo-ovatus , pronoh lateribus marginalo haud diaphano , po-
ne medium transverse impresso, femoribus anticis iridentalis .niger, pro-
noto posiice limboqiie , cìijlrorumque cario griseo-testaceis, minute nigro-
punctalis, primo macula media postica, seeundo macula ad angnlum po-
slicum intermtm e punctis confertis nigris; membrana hyalina; antennìs
teslaceis , articulo quarto fusco ; pedibus testaceis , femoribus posticis
annulo apicali nigro 0* , femoribus omnibus nigris , basi apiceque te-
staceis $. — Long. lin. 2 1/2 . lai. lin. i.
Afiìuis Pack, agresti ^ a quo pronoti parte postica elytro-
runique corio minus confcrtiin nigro-punclatis , rniniisque griseis,
elytrcrum membrana albida hyalina immaculata , nec non an-
tennarum pedamque differt colore [1].
Femora antica incrassafa , dentibus tribus aequìdistantibus,
quorum auticus major , secundus et tertius decrescentes.
Frequens propc Neapolim , nec non in aliis regni regionibus.
22. (226) Pachymerus sylvaticus. ( Hahn, TFanz. lab. XXXVI,
39' n 5 )
P. ovatìis , snpra eoniplanatus , pronolo subquadrato, lalerihus sub .
marginato haud diaphano , pone medium transverse impresso ; femo-
ribus anticis unidentatis : niger opacus punctatus , elijtrorum corio pi-
cco-ferrugineo , membrana albidolutescente , pedibus nigro-pieeis, fiòiis
tarsisque pallidioribus. — Long. lin. 2-2 i//|. : lat. lin. 9/10-1 i/io.
Lygaeus sylvaticus , Fab. , Fall.
Pachymerus sylvaticus , Schill. , Hahn.
Drymophilus , Am.
Prope Neapolim, in colle Camaldulense, rarus
23. (227) Pachymerus apicimacula , nob.
P. oblongus , pubescens, pronoto lateribus tenue marginato haud
(i) In Pach. agresti autennae nigrae , articulo primo tote t? j apice
iantum $ (eslaceo : pedes aulici testacei , macula femorali tarsorumgue a-
pice nigris, posteriores nigri , femorum basi geniculisque testaceis <^ \ ni-
gri , tibiis et tarsis anticis , geniculisque omaibus testaceis ? .
( 24.3 )
dìaphano, pone medium Iransverse impresso ; fcmoribus anlicìs spina
denticitlisrjue arjnads ; fusco-nifjer , pronolo poslice laleribusque , cly-
irorumque cario fuaco-cinnamomcis nigro-punclulatis , primo htimeris ,
tecuncto macula ad angulum poslicum inlernum nigris ; membrana atro-
ntfescente , macula apicali lactea ; tibiis iarsisque iestaeeis , apice fu-
scis. — Long. lin. 2 1/2 : lat. 3/4- lin.
Rarus pio|)e Neapoliin aeslale occurrit: quandoque etiam hyeme sub
arborum corlicibus.
24.. (228) Pachyraerus curtulus , noò. (Hahn, Wanz. lab.
VII , fig. 27.
P. brevi Icr ohlongus , brevissime pubeseens. ocìdis promimilis, pro-
nolo laleribus immarginato sinuoso , pone medium obsoletissime trans-
verse impresso ; Jcnioribus anlicis tridenliculalis ^, inermibus % : j'u-
sconiger opacus , punclulatus , pronoto postice ebjtrorumque corto brun-
neo-cinnamomeis , nigro-punctulatis ; membrana fuscescente, nervis pai-
lidis ; aniennis pedibusque brunneo-testaceis . — Long, Ud. i 1/2 : lat.
3/5 IÌD.
Pachymcnis arenarius , Hahn ( excL syn. ).
Ammeltius , Ani.
Pro|)e Ni;a|)oiiiii , (uin hyeme curn aeslate , parum frequens.
Variut : anii'iiiiaiiim articiilo primo tantum, vel primo et ultimo, fe-
moribusqiie fusci.s vel nfgricantibus.
Nota. Nomen arenarius ab ITahn huic specie! impositum , jam antea
a Linneo prò alia liiijus generis specie adhibilum , relineri non potest j
quamobreni illud miliare ccnsuimus.
25. ( 229 ) Pacbymerus sabulosus. [ Hahn , Wanz. tab.
XXXVI, /y. 117 ).
P. breviter oblongus, parce pubeseens , pronoto aniice angustiare,
laleribus immarginalo ; niger subopacus , punctatus , elijtrorum corto
Jusco-ferrugineo , membrana albido-lulescenle ; aniennis rostro pedibtm-
que testaceis , primis articulo ultimo fuseo. — Long. lin. i 2/5 : lat.
2/5 lin.
Pachymenis sabidosus , Schill., Hahn.
Lygaeua pedestris , Fall.
( 246 )
Rarus in regno obTenit.
Variai : corpore magis nitido ^ pronoti parte postica elytrorumque co-
rio laete ferrugincis , hoc nebulis obscuriorilnis.
26. (23o) Paclìjmerus sabuleti. ( Haha, IVanz. tab. LXVI,
fig. 201 ).
P. elongatus , anlennis crassiusculis , pronolo laleribus immargina-
to , pone medium ohsol dissime transverse impresso ; femoribus anti-
cis spinulosis : nigcr opacus , punctulatus , elt/trorum cario punclalo-
itriaio , luteo tei testaceo, macula irregulari ad angulum posiicum inter-
rmm J'usca ; membrana albida , pedibus testaceo ferrngineis , femeribut
medio infuscalis. — • Long. lia. i ipo : lat. i/3 Un.
Paehi/merus sabuleti , flahn ( Wanx. ) , Her. Sch.
Paehybrachitis luridas , Huha ( Icon. ad mon. ).
Variai: a ) elylrorum corio propc basini macula distincta transversa
fusca .
b ) pronolo postice brunneo.
Haud rarus prope Neapolim , praesertim hyeme sub arborum corticibus:
rarietas lamen b salis rara.
Nola. Ex Hahnii figura pedes loti pallide testacei t descriptio Herri-
ScbàfTcrii centra pedcs ferrugineos femoribus apice late nigris refert. Spe-
ciniina nostra omnia fcmora fusea , basi apieeque testacea tabent : caete-
rum cum Halinii icone citata conveniunt.
27. (23 1) Pachyraeriis mitellatus, nob. Tab. \.,fig. 9.
P. ohìongus , angustalus , capite acuminalo , pronolo planiuscuh
subquadrato , laleribus marginato haud diaphano , pone medium trans-
verse sulcalo ; femoribus anlicis dentalis ■■ ferrugineus , elyirorwn corio,
basi excepta , venlreque obscurioribus . — Long. lin. i 1/6: lai. i/4 l'i.
Antennae crassinsculae , parce pilosae , articulis subaequa-
Hbus , terlio vix secando breviore.
Caput longius quam iatuin , antice conico-acuminatum, sub-
filiter piinclato-granuialum.
Pronoliis planiusculus , subquadratus , vix antice angustior,
laleribus marginalus haud diapbanus , angulis anticis obtiisis ,
posticis rectis , pone medium transverse sulcatus, superficie sub-
tiliter punctato-granulata.
( 2^7 )
Scutellum parvum , Iriangulare , subacquilaterum , uti prò-
notus punclato-graaulaliira.
Elytra abdorainis apicem vix excedentia, corio elongato ,
irapresso-puncfalo ; membrana parva.
Tibiae anlicae basi panini arciiafae , apice crassiores.
Color fusco-ferrugincus ; elytrorura corio fusco, basi ferru-
gineo; membrana fusca, limbo pallidiore.
Ranssiinus «ul plniilannn radiccs, propc Nespolim.
28. (282) Pachymerus niibilus. ( Schill. I, tab. VII,/^. 2).
P. ohlonyus , oculis prominìtlis , pronoto anlice angu^Uore , laleri-
bus immarginalo y pone medium obsolete transverse impresso , femori-
bus anlicis bidentalis ; niger sìibaencus, opacus , punclalm , pronolo pò-
alice , sculello apice , elylrormnjtie corio griseo-teslaccis , nigro-puneta-
tia , hoc postico maculis duabns vel Iribus nigris ; membrana pallidi
fusea , nervi s allndis ; genie ulis tibiis larsisr/ue testaeeis. — Long, Un.
2 iiZ : lat. 3/4 -liii .
Lygaeus nubilus , Panz. , Fall.
Pachymerus nubilus. Sellili.
Pachymerus geniciilatus , Halm.
Rarus in le^iio (ccurrit.
29. (233) Pacliymprus tessella , nob.
P. obl<n(/us, ocìdis prominulis . pronolo anlice angusttore , làteri-
bus immargiwtlo , medio Iransverse ohso'etissime impresso , giosse pun-
ciato , Jemorihus aulici s inermibus r nigcr opacus , elntrornm corio lu-^
tea, postice macu'is n'grojuseis tessellato ; membrana, aibido-tuteseente,
nervis pallidioribus ; atilennis- pedibusque lutei-s , femorib^ics medio late
nigris. a* ? - — Loiij;. liu. 2: lai. 2/3 lin.
Jntennae luleae , arliculo ultimo obscuriore , primoque ba-
li uigricante.
Scutellum apice acuminalum , uti pronotus grosse punctatum.
Praecdenli quodammodo afiliiis ; salis taraeu differì pronoto
scutelloque fortius punctatis , elytris aliler pictis , femoribus an-
tìcis inermibus , aliisque cbaracteribus.
Rarus propc Ncapoliiu occurrit : legimus etiam ia Sicilia prope Pa*
aormuiD.
( 248 )
Variai: pedibus omnino liiteis.
3o. (234.) Pachymerus praetextatus. ( Her. Sch. PFanz,
tab. CXIII , Jig. Soy ).
P. oòlimgiis , pronolo laleribits ììiuìì arginato , anlice valde convexo,
pone medium profiinde Iransverse sulcalo ; Jemoribus anticis dcnticu-
lalis unidenlalisque : niger nilidus , anlennariim articulis primo et se-
<:undo apice Julcis; eìyirorum cario teslaceo , apice late Jtiseo , mem-
òranaj'usca , òasi late ^ apice obsolelius alba; pedibus fui vis, femoribus
anticis ^ apice excepto, nigris. — Long. lin. i 4/5 - 2 i/3 : lat. 1/2-3/4 I'H.
Pachxjmerus praclexlalus , Her. Sch.
Psammophilu-s , km.
Aulumno byemeque sub arborum corticibus haud rarus in regno obveniU
3k (235) Pachymerus bivirgalus , nob. Tab. \, jig. io.
P. oblongus , pronoto immarginalo , pone medium obsolete transvet^
se impresso , antice sublililer , poslice forlius punctato , Jemoribus an-
ticis inertnibus: niger nitidissimus , elylrorum cario villa angusta obli-
qua margini scutellari parallela fuloo-ferruginea; membrana /uliginosa.
— Long. lin. I 1/2 : lat. 2/5 lin.
Antennae corporis dimidii longiludine , parce pubescenles ;
articulus primus brevis incrassatus , secundus tertio, quartus se-
cundo paulo longiores.
Caput triangulare , convexiusculura , finissime impresso-pun-
ctatum.
Rostrum pedum anteriorura basim tantum attingens.
Pronotus fere aeque longus ac postice latus , antice paulo
angustior , raodice convexus , pone medium obsolete transverse
impressus ac coarctatus ; in parte antica subtilissime , in postica
iortius impresso-puuctatus.
Mesosternum transverse subtilissime rugulosum.
Sculelhim triangulare , apice acutum , convexiusculum , sub-
tiliter impresso-punclatum.
Elylra corio ad marginem scutellarem lineatim et forlius,
cxlerne subtilius et irregulariter punctato.
I
( 24-9 )
Rarus in Salonlo , in sabulo niarilimo: Icclus a doct. los. Gosla, a (jiio
nobis comunicalns.
32. (236) Pacliymerus subcrytropus. ( A. Cost. Emit. Eler.
Sic. tab. ann. /". 3 ).
P. eloiì^alus . pronolo ìmmargìnato , laliludinc poslica longiorc ,
postice depresso forliter puiiclato, Jemorilnis anlicis deniiculatis uniden-
ialisque : ìiiger nilidus ; anlennanim arliculo primo , quarto et secun-
di basi , pedibusque Jlavo-rufesceniihus. — Long. Un. 3: lai. ò'/fi Un.
Pachymeriis sìificrylropus , A. Cost. (i).
Sj)ocit"s clegans , piimuni in Sicilia detecla , postea cliaiu in regno
ncapolilano inventa : rara.
Variai: a) antcnnis uigricanlibus, articulo secando tantum basi rufe-
sccntc.
b ) feinoribus medio inl'iiscatis vel nigricantibus.
Nola. Specimina nondum Granino completa eljtrorum corium ad mar-
gincm sculollarem piccuin praebent.
33. (237) Pachymerus bideaticulatus , nob.
P. breviter obloiujn^ . pronoto lateribiis tenuiter submarginato , con-
■vexiusculo , posliee Iransverse impresso, et fortius punclato , clylro-
rum corio subtililcr punclulalo ; femoribus anlicis bidenliculalis : niyro-
piceus , pronolo posliee ehjlrorumque corio pallidiore, membrana albido-
lutescenlCy anlennis pcdibusque Jerrugincis . — Long. lin. i 2/5: lat. 1/2 lin.
Affiuis Pack, brevipenni , a quo differì : statura paulo mi-
nore ; elytrorum corio subtililer non grosse punctato; membrana
completa ; prono to antice minus inflato ; femoribus anlicis den-
ticulis duobus subaecpialibus ( in P. brevipenni denticuli qua-
tuor enumerantur , aequidistantes , medii majores ).
Rarus prope Neapolim.
34.. (i38) Pacbymcrus hemipterus. ( Ilahu , JFanz. lab.
\y.,fig. 37 ).
P. oblongo-anguslatus , pronoto latitudine paulo breviore , immargì-
nato , pone tnedium Iranscerse su/calo , elylris jìlcrunique abbreciatis ,
|i) Annalcs de la Soc. Eoi. de France , X , p. 202.
3a
( 2^)0 )
limbo membranaceo : nif/er , pronolt margine jmslico , scutelli apice, e-
lìjlrisque liiteis, membrana medio fusca ; aniennanim arliculo secimdo
et primi apice, pedibusque tesiaceis , femoribus medio late nigris. —
Long. lin. I 1/3 - I 1/2: lat. 1/3-2/5 Un.
Pachymerus hemipterus , Sellili., H.ihn.
Pachijmerus slaphylinijoì'mis ,'^sàìa ( excl.. synon. )
Tynopteryx , Ani.
Haud rarus in regno , praesei-tim hyeme sub arborum corticibas.
Nola. Major speciminum pars oplime cum Habnii icone citata convenil:
sunt tanien quae elylra coiio lucrabranaque conipletis , abdoniiuis apicein
atlingentia babcnt.
35. (239) Pachymerus palliatus, nob. Tab. \.^ fig- 11.
P. clonyatiis, anguslaiiis , jjro7wto laliludinc paido longiore, immar-
giìiato , jione medium transverse impresso , grosse piinctato , femoribus
aiiticis irispinulosis : niger sriònitidus, vix pnbescens , clylris abdomine
longioriòus et latioribus , albidis ; pedibus pallide luteis ^.femoribus fne-
dio late nigris — Long. lin. i 1/2 : lat. i/3 lin.
Corpus elongalum , valde angustaliim.
Caput latitudine longius , antice angustatum , apice obti^
sum , luberculis anlenniferis recte truncatis ; supra convexura ,
grosse puuclatura , subgranulatum , nigrum.
Antennae dimidii corporis fere longitudiue ; articulus pri-
mus brevis , secundus tertio distincte longior , ac quarto paulo
brevior : piceae, articulo primo nigricante.
■ Roslrwn mesosferni marginem anticum attingens.
Pro7iotus latitudine baseos paulo longior , antice paulo an-
gustior , lateribus iramarginatis obtusis , mox pone medium tran-
sverse impressus : supra totus grosse et crebre puactatus: niger
subopacus.
Scutellum parvum , triangulare , ut gronotus grosse puncta-
tum j nigrum.
Mesostemum laeve nitidum, niedio longitudinaliter sulcatum.
Elytra simul abdomine latiora et loagiora , cono parvo ,
( 2^1 )
sublilisslme punctalo ; membrana magna , albida , nervis conco-
loribus , summa basi infuscata.
Pedes longitudine mediocrcs : femora antica incrassata , ad
apicem spinulis tribus, a postica majori acuta subarcuata ad an-
ficam decrescentibus ; pallide lutei, femoribus medio late nigris.
Abdomen angustum , nigrura nilidum , ventris articulo pri-
mo ferrugineo.
Haud infrequcns prope Neapolìm^ praesertim hyeme sub arborum corli-
cibus , ubi gregarius sacpc invenifur.
Observalio. Primo inluilu Pack, dijtomoidi affinis ; capilis laincu
forma, aliisque charaderibus maxime differì.
Genus Aphanosoma , A. Cost.
In memoria de quibusdam Ilemipterorum Heleropferorum utriusque Si-
ciliae speciebus, iu Socictalis Entomologicae Gallicac Actis anno i84i edita,
hoc noTum genus prò singulari Lygaeino ocellis destituto inslituimus. Specimi-
na tamen quae in nostra colleclione servanlur antennarum parte, pcdiiiusque
careni : quare de bisce corporis partibus nullum verbum facere licuit. Nec
posterioribus perquisitionibus ullum completum specimen invenire pofuimus.
Diagnosis igilur generica rite statuì non polest.
1. (24.0) Apbanosoma italicum. Tab. \\^ fig. i.
A. elongalum , ftcbcylmdraceum , elytris abbrematis apice oblique
tru ncatis , membrana deslituHs ; niffro-pieeus , antennarum nrliculo pri-
mo Jlavo , reliquia ... ; pronoti margine postico flavo; elytris brun-
neis , òasi apiceque Jlavis </ , flavis , postice margineque interno brunneo
$ ,• pedibtis .... — Long. lin. 3-3/» : lai. % lin.
Aphanosoma italicum, A. Cos.
In aprutiis semel specimina duo ( c(" $ ) legimus.
Genus Xylocoris.
2. (ajii) Xylocoris obliquus , nob. Tab. II , jfy. a.
( 252 )
X. nìffcr nìlidìssìnms , elylrorum corto jiigro-pieeo , viltà obliqua
externa abbreviata pallida, squama nigra, membrana Iiy alina , pedibus
nigro-piceis . — Long. lin. i : lat. % lin.
Antennae corporis dimidii fere longitudine , arliculus pri-
mus brevis incrassatus , secundus primo duplo longior, tertius et
quartus setacei pilosi.
Rostriim pedum raediorum basim attingens , piceum.
Elylra corio nigro , viltà obliqua ; margini scutellari paral-
lela , a margine externo ad angulum posticum internum ducta,
hic evanescente , albida.
Rarus prope Neapolim.
Observatio. Habilu Jnthoeori eursilanii affinis, a quo praesertim cha-
racteribiis gcnciicis, antennarum scilicet articulis ultimis duobus setaceis, et
roslri longiludiue, maxime differt.
Familia CAPSINL
Genus Mmis , Fab,
Corpus elongatum, angustatum . Caput latitudine multo
longius -, orizontale , antica acuminatum. Antennae in vcrticis
margine insertae.
I. (24.2). Miris calcaratus. (Habn, Wanz.tab. ll^fig. 8).
31. pallide viridi-Jlavescens , capite pronotoque saepius fosco fitta-
tis , femoribas posticis ad apicem spina valida acuta , aliaque minuta
ante eam armatis. — Long. lin. 3%: lat. liti. i.
Miris calcaratus , Fall., Burm., Am. Scrv. , Mey,
Miris dentata , Hahn.
Blapto7ììerns , Am.
Rarissimus in regno occurrit.
2. (24,3) Miris erraticus. ( Banh , Waaz. lab. UN , Jig.
i63 (/ 164. ? ). ' ^j ' ^ (fi.^ .
M. capite antice producto , clypcum superante i antennarum arti-
( 2^3 )
ctdo primo valido pt'loso , pronoli lomjiludine : viridis , capile prono/o
sculcllofjuc ni<jro lonyiludiiudilcr linealis. — Long. lin. I^ : Jat. lin. i.
Cimex erralicus, Lin.
Mtris erralicus, Fall. , Buim. , Am. Serv., Mey.
Cimex quadrilincalus , Schr. (cf").
JÌJiris honorum, Wolf.
In regni montil)us occurrit. In monte Majella frequenfem super Ranun-
eulos Icgimus , atque in monte Virginiano ( Monte Vergine ) super alias
otiam plantas , rariorem.
Variai : corporc siipra nigro-viresccnte, pronoli clytrorumque lafcribus
sordide {lavoscciitihiis.
3. ( 24.4- ) Miris laevigatus. ( Halin , JFanz. tab. LIV ,
Jìg. i65. )
M. pronoio latitudine postica longiore , anlennarum articulo primo
piloso , pronoto parum lontjiore ; femoribus posticis incrassatis subclava-
lis : viridis v ci pallide lutescens. — Long. lin. 3 i^2: lai. 9/10 lin.
Cimex laevigatus, Lin.
Miris laevigatus, Fab., Fall., Burm., Mcy.
Miris virens , Ilaim ( Cg. cit. ).
Chlo7'olus , Am .
In regno passim occurrit. Specimiaa ex Salente doct. Ics. Costa no-
I)is comunicavit.
4. (24-5) Miris virens. ( Habn , TFanz. tab. \A\\^fig. 161 ).
M. pronolo lati ludi ne postica longiore , anlennarum articulo primo
valido piloso , pronolo breviore , femoribus posticis parum incrassatis :
viridis, pallidus, fen-ì/gineusve , anlennis apice tarsisque ruj'esceniibus.
— Long. lin. 4-; l'il- li'i- I'
Cimex virens , Lin.
Miris virens , Fab., Mcy.
Miris, Am. (excl. WulGi syn. ).
Frequens prope Ncapolim , aliisquc in regni regionibus.
5. ( 24.6 ) Miris curticollis , nob.
M. pronoto fere aer/ue longo ac posticc lato , anlennarum arliculo
primo valido pilosn , pronoti longitudine ; femoribus parum incrassatis:
viridis , elytris margine externo pallidiore, antennis libiis tarsisque rw
fescentibus. — Long. lin. 3 1/8: laf. 8/io lin.
( iU )
torpore mlnus elongato , pronotoque breviore , haec specles
fi praecedentibus dignoscilur.
Rarus in regni monlibus. Leximus in Aprufiis atque Malese.
6. (24.7) Miris ruficornis. ( Hahn, IFanz. lab. LXVl, ^y.
200 ).
M. gracilìs , antennis corporis longitudine , femoribus basi incras-
satis : jìallide viridis , jironoti villis qiiatuor , mediis qpjyroximatis ad
capilis ^cuteìUque ajncem productis, fusco-purpureis ; pectore ventrisque
latevibus laeie pallide purpureis ; antennis rufescentibus. — Long. Un.
2 : lat. 2/5 lin.
Miris Tuficomis ., Fall.., fler.Sch. , Mey.,
Miris pulc'hellus , Halin,
Porphyroehrosus , Am.
In Aprutiis haud infrequens : òbvenìt efiana prope Neapolim, sed raro.
7. (24.8) Miris longicomis. ( Her. Scli. JFanz. lab. CXXXV,
jìg. 258 ).
31. pronoto latitudine postica haud longiore , femoribus posiicis fi-
lijormibus , antennis corpore longioribus , articulo primo pronoto longio-
re , fere glabro: viridis , antennis rufescentibus. — Long. lin. 2 2/3 :
lat. 2/3 lin.
Miris longicornis , Tali. , Her.Scli , Mey.
Ramamus , Am.
Praecedente multo rarior prope Neapolim.
8. (24.9) Miris quadrivirgatus , nob. lab. II , J?^. 3.
31. corpore minus angustato , pronoto latitudine postica paulo bre-
viore , antice angustiore , antennarum articulo primo pronoto longiore
piloso , femoribus posticis basi incrassaiis .■ pallide ?iankineus , pronoti
vittis quatuor aequedistantibus , duabus mediis in caput scutellumque
eontinuaiis, vittis quatuor venlralibus, elytrorumque corii vitto ferrugi-
neis ; horum squama ruf essente , margine extemo pallido. —Long. lin.
4.: lat. lin. 1 1/5.
Elytrorum corium saepius vittis duabus obliquis roseis , in-
terdum exoletis.
Rarus prope Neapolim ; frequentici ia Salento ( los. Costa ).
( 2'jb' )
Nola. Dcscripla spocics cadom vidiTclur ac Gvammomus Am. (i); r.t
illud li premier arlicìe dea an/c/incs pcu plus long que la lete s obslaret.
In noslia cniin Specie primus antonuaruru arliculus lUuUo, paulo-rainus du-
plo, capite longior est.
Genus Lopus , Ilalm.
Corpus oblongum. Caput latitudine brevius , antice decli-
ve. Pronolus lalcribus raarginatis , rectis,
1. [2^0] Lopus discors , noò.
L. pallide flatus vcl auraniius , capiiis villa media anliee bijida ,
ae protwti villa nirinque ad oculos produeta nigris ; venlris laleribus lar-
sisque fuscis; srulcllo auranlio, linea media longitudinali pallida: $ an-
lenms validiorilms , crebre pilosis , elijtris abdomine brevioribus. — Long,
lin. 4 •■ lat. lin. i.
Afiìnis L. dolabrato , a quo corpore magis elongato , pro-
noto antice angusliorc , antennis in femina multo yalidioribus
et crebrius pilosis, nec non pictura satis differt.
in niontibus Malese acstatc legimus : haud rarus.
2. [25 1] Lopus alboraarginatus. [ Hahn, Wanz. /aó. XXII,
A- 72-
L. brunneo-rufeseens , pubescens , linea dorso fi a capite ad scutelli
apicem ditela, maeula iniraorbitali, pronoli villa vlrinquc pbbreviaia, ely-
trorumque limbo erlcrno lineaquc obliqua interna pallidis , horum squa-
via aurantia, membrana albidof uliginosa. — Long. lin. 3: lat. lin. i i/5.
Lygaeus albo-marginatus , Fab. ( Ent. Syst. ).
Capsus albomarginalus, Fab. (Syst. Rbyn. ), Fall., Haha.
Phylocoris albuslrialus , Klug. , Burm.
Lopus albo-slrialus , Mey.
Lopus, Am.
— Variclas.- brunneo-rufeseens, capitis macula occipitali, pronoli vii-
ia media , antice dilatala , poslice ad seutelli apicem ducta , squamaqut
(i) Entom. Fianc. Rbynch. n. i85: An. Soc. Ent gali. 2.">»ser. IV, p. i23.
( 2^6 )
irttfo-ferruijìneìs; elyfrorum coni limho cxierno ^ lineaqne obliqua intcT'
na palliclis: anlennìs pedibusgue nigricantibus. — Long. lin. 3 i/3 : lat.
lin. I 1/5.
Lopus rubro-striatus , Her. Sch. tab. LXXXVI, fìg. 260.
Rarus in regni niontibus : typum in mon. Malese aeslate Icgimus; va-
rietas lypo rarior.
3. [252] Lopus erythromelas. [Halin, Wanz. tab. LXXV,
jig. 23 1 ].
Z. bninneo-niger , capite ulrinque intra cculos , pronoti laieribiis , li-
neaquc longitudinali medici^ sciilello ehjtrorwnque squama rubris: femo-
ribus posticis libiis qite omnibus annulo pallido.- — Long. ]in, 3 ip: lat.
lin. I 1/3.
Phylocoris eryihromelas , Hahn.
Variai.- capite intra oculos pallido: libianTni annulo obsoleto.
Legimus nestaie in Monte -5". Angelo a Castellammare: raruni. Speci-
mina etiam ex Salenlo misit doct. los. Costa.
Genus Phitocoris.
a\ antennarum articulo primo capite multo longiore.
8. [253] Phylocoris populi. [Mey. Werz. tab. ^\\.^fig. i ].
Ph. viridis vel pallidus, pronolo abdomineque nigro-marginalis; e-
lytrorum corio maculis sublriangularibus irregularibus nigris martnora-
io: membrana albida, ^uliginoso variegata., nerco primario nigricanle ;
antennis pedibusque nigro annulatis. — Long. lin. 3: lat. 9/10 lin.
Cimex populi , Lin.
Lygaeiis populi, Fab . , Fall .
Phylocoris populi, Mej.
Ilacodus , km.
— Varielas. Mey. tab. VII, fìg. 4-
Brutineus, pronoto lateribus obscurioribus , limbo postico pallido , seti-
telli linea inedia longitudinali pallidiore , elytroruni corio sordide-palli'
do var legalo: antennis fuscis , articulo primo pallido annulalo pedibusque
pallidis , fusco maculatis.
Diaslictus , Am.
Tyi)us prope Neapoliro rarus; varielatem rarissimam in aprutiis legimus.
( 2i^7 )
9. (254.) Pbylocoris obliquus, nob. Tab. II , j^g. 4--
P. elongalus, parce pubescens , antennarum arlieulo primo scialo-
so: luleo-cinereus , scidclli maculi s duabus marginalibus nigris, elyirorum
cario vittis duabus obliquis obscure fuscis , squama intus rosea , extus
pallida j apice fusca; membrana albida fuliginoso-variegala. — Long.
lin. 2 2/3: lat. 3/4- lia.
Caput breve convexum, antice rotundalum , nilidimi , linea
longitudinali pallida.
Antennae articulo primo capite pronotoque siraul paulo brc-
viores ; pilis rigidis birto ; secondo primo duplo fere longiore ;
lertio praecedente breviore ; ultimo tertii dimidii longitudine.
Pronotus latitudine postica paulo brevior , antice angusta-
tus , lineis duabus transversis impressis : luteo-cinereus , linea
media longitudinali pallida, lineaque transversa postica utrinque
abbreviata fusco-atra.
Scutellum pronoti concolor, utrinque maculis duabus mar-
ginalibus saturate uigris , antica breviore , postica elongata,
Elylra corio vittis duabus obliquis fuscis: antica laliore ab
angulo humerali ad angidum posticum internurù ducta : secun-
da a dimidio marginis externi ad marginem posticum. Squama
dilute rosea , externe pallida, apice obscure fusca. Membrana al-
bida , fuliginoso-variegata , ad squamae apicem byalina , nervo
primario elytri concolore.
Pectus et abdomen pallida , fusco-ferrugineo-variegata,
Pedes pallide testacei, fusco-ferrugineo irrorati; femoribus
poslicis ferrugineis, guttis maculaque niajore ante apicem pallidis.
Prope Ncapolim, paruin frequens.
10. (255) Phytiicoris exoletus , nob. Tab. Il .^ fig. 5.
P. elongalus, pa! 'de nankineus, capiiis lineis duabus tn pronotx
margine antico ierminnlis roacis, eltjtrorum corio vittis duabus obliqui*
eroletis roseis; Jenwi ibiis postici» annulo ante apicem pallido. — Long.
lin. 2 i?2: lai. 8; IO liii.
3J
( 258- )
Corpits in mare magis angustatum, lateribus fere paralle-
lis ; in faemina elytris parum latioribus , corpus elongato-subo-
vatum formantibus.
Observatio. Capso Spiholae^ Mey. haec species quodammodo afBnis tì-
delur: pictura tamen satìs diversa.
Rarus ia Aprutiis , nec non ia agro Neapolitano .
b ) antennarum articulo primo capitis longitudine , vel vis
longiore..
11. (256) Phytocoris striatus. ( Hahn, Wanz. lab. hXXl,
fy. 219 ).
P. elong atus , niger , pronoii viltts tribus scutelloque Jlavis , elytris
cono Jlavido vel ferrugineo , lineis longiliidinalibus nigris : squama au-
rantia. — Long. lin. 4--4 1/2: lat. lin. i i/io-i 1/8.
Cimex slriaius, Lin.
Miris slriaius, Fab., Wolff.
Lygaeus slriaius , FalL { mon. ), Panz.
Phytocoris slriaius, Fall. ( hem. suec. ), Hahnì,
Capsus alrialus , Mey.
In regni montibus elevatis ( Malese ) , aliisque niinus calidis regionibus,
parum frequens.
Variai: a) pronoto rufo-ferrugineo , an lice, postice, lineaque utrìhque
longitudinali nigris.
ò) scutello ferrugineo , linea media longitudinali nigra.
e) antennarum articulo' tertio basi pallido.
d) antennarum articulo primo ferrugineo.
e) pedibus nigris vel rubro-ferrugineis^
12. (257) Pbytocoris melanocephalus. (Hahn, fVanz. lab.
XXIV, /^. 7*?).
P. elongatus, pallidus subrufescens , capile, pectore, abdomineque
brunneis vel nigricanlibus , niiidis; elylrorum membrana in margine exler-
no infuscata. — Long. lin. 2 ij^: lat. 2/3 lin.
Cijnex melanocephalus, Lin.
Capsus melanocephalus y YLit. Sch., Eahn, Mej.
( 2^9 )
Phytocoris melanocéphalus , Burm.
Lygaeus revesliius , Fall. ( moa. )
Phytocoris revestùiis , Fall, (bem. suec. )
Mi'rts pallens, Fab.
Prope Neapolim in colle Camaldulense , rarus:
i3. (258) Phytocoris cinctipes , nob.
P. oblongus , niger , pube rara adpressa holosericea Jlavescente
vestilus ; pronoli limbo postico , scutelli apice, etylrorumgue corii villa
laterali obliqua abbreviala , inlerdum exolela , pallidis ; squama lata ,
coceinea , apice nigra ; anlennarum articuli lertii basi , annulo angusto
infemoribus, lodo in libiis posterioribus-, pallidis. e" $• Long, lin. 3 iji:
lat. lin. I 1/5.
Frequens in regno, primo vere in pratis,
i4. (259) Phytocoris trivialis , nob. Tab, II , Jig. y,
P. elongatus , pronoto scutelloque trtmsversim minutissime rugulo-
sis-- supra nigro-virescens; capile, pronoto, scutelli apice, elytrorumque
eorii margine laterali sordide viridibus; pronoto margine laterali, pwi'
clisque duobus discoidalibus nigris; sguama angusta elong ala, rufo-san-
guinea ; membrana Jìisca , nervis sanguineis: subtus cum pedibus sor-
dide virescens,vel viridi-flavescens . d" $ .Long. lin. 3-3 1/2: lat. lin. i-i i/5.
Frequens in regno , primo vere , in pralis.
Variai : a) squama sordide virescenti.
b) capite maculis duabus nigro-virescentibus : pronoto fascia fransversa
antica fusco-vividi.
e) femoribus posticis fusco-maculatis.
lU. (260) Phytocoris fulvo-maculatus ( Her. Sch. JVanz.
tab. LXXXVIII,/y. 267).
P. elongatus , fuscus , antennis pedibusque ritjo-jerrugineis , ely-
irorum sguama miniacea vel pallida , apice Jusca ; scutelli apice pal-
lido. — Long. lin. 3 i/4 : lat. lin. i .
Antennae fuscae , articulo secundo basi rufescente ; tertio
basi-pallido.
Frequens in regno, primo vere , in pratis.
Variai .• a) pronolo fusco , limbo postico , lineaque media loagitudi-
Doli rufesceatibus.
( 26o )
b) sculello to(o pallide fusco-rufescenle.
e) femoribus fuscis.
i6, (261) Phylocoris bipuactatus. ( Her. Sch. fFanz. lab.
XCVIII,/y. 298 ).
Ph. elong atus , antennis Jtliformibus ; pallide vin'dis , pronoti pun-
ctis duobus poslicis nigris; elijtrorum eorii margine scutellari, villaque
media longitudinali antic.e angustala^ membranaque fuseis: squama pal-
lida, femoribus fusco pundatis. — Long. lin. 3 1/2 : lai. lin. i i/5.
Lygaeus bipunctatus , Fai).
Lygaeus 4-punctatus , ejusd.
Phyiocoris bipunctatus , Fall. , Her. Schi.
Capsus bipunctatus , Mcy.
Miris laevigatus, Wolff..
Dispilodes , Ani.
Frequens in loto regno , primo vere , in pratis.
Nola. Miris laevigatus Wolfii ad hanc speciem adscribendus videtur:
saltem specimina nostra optime cum ejus icone conveniunt : tantum antennae
in nostris distincle flliformes, nequearticulis ultimis duobus exilioribus setaceis.
17. (262) Phylocoris bimaculatus. ( Her. Sch. Wanz. tao.
CXCY,Jìff. 607 ).
P. elongalus , antennis setaceis : viridis , pronoti pnnclis duobus
mediis nigris; elytrorum eorii sutura, vittisque abbreviatis fuscis , squa-
ma pallidiore; membrana pallida, ulrinque infuse ala. — Long, lin, 3 1/2:
lat. lin. I 1/6.
Praecedenli affinis , a quo antennis setaceis , pronoti pun-
ctis in medio locgitudinis, nec in parte postica positis, et pictu-
ra dignoscendus.
Capsus l' imaeulatus , Her. Sch .
Prope Neapolim ac in aliis regni regionibus , haud iufrequens.
Variai : a) elylris testaceo-ferrugineis , lineolis abbreviatis fuscis.
b) pronoto punclo altero ulrinque in quovis angulo Immerali.
18. (263) Pliytocoris pabulinus. (Hahn, Wanz. lab. XXIII,
J^g- 74 ).
Ph. oblongus , tirescens , immaculalus , larsis fuscis, —hoag. Ha.
3 1/2 : lat. lin. i i/5.
( 26t )
Cimex pabiilinus , Lin.
Mirts pabulinus , Fab.
Lygus pabuìimis , Ilahn.
Phxjtoeoris pabulinus , Mey.
Cyrlochloris , Am.
Fiefiuens iu regno , in pratis.
15. (264) Pliytocoris ferrugatus. ( Halm, JVanz. lab,
xxxm,>?y. io4 ).
P. oblongus , prono/o antì'ee valde declive , ad marginem anticum
transverse silicato : viridis , capitis viltà lata , pronoii maculis duabits
anticis , scutellif/icc linea media longitudinali nigris ; elytroruni corii
margine scutellari, vitfis ditabus, squamaqxie roseo-ferrugineis; membra-
na albida vix injuscala ; femoribus Jlavo-roseis . — Long. lin. 3-3 1/2 :
l;il. lin. I-I 1/5.
Lygaeus ferrugatus , Fab. , Fall. ( mon. ).
Pliytocoris ferrugatus , Fall. ( hem. suec. ) , Haha , Burm,
Capsus ferrugatus , Mey.
Cimex roseo-maculatus ^ Deg.
Enrhodesthes, Am,
Lectus assiale in monlibus altioribus Malese , parum frequcns.
Variat ■• a) capilis villa lineam flavam vel viridem includente.
b) capile fusco-nigricante , utn'nqiie ad antennarum basini viride: pro-
noli maculis postico in -viltas exoletas productis.
e) capite \iii(li-fla\csc(nli, punclis duobus nigris: pronoti macnlis exolelis.
20. (265) Phylocoris binotatus. ( Her, Sch. fVanz. tab.
XCVIIl,/y. 296 ).
P. oblongus, viridis vel viridi-flavescens, capilis apice ^ pronoti mU'
culis duabus magnis elongatis subrectangularibus , elytrorum corii villa ,
lineaque ulrinque ventrali nigris; membrana albida , vix infuscata. —
Long. lin. 2 4/5 : lai. lin. i.
Lygaeus binotatus, Fab., Fall. ( mon. ).
Phytocoris binotatus. Fall., ( hem. suec. ).
Capsus binotatus, Her. Sch. , Mey.
{ 2^2 )
Lygaeus Chenopodit , Fall. ( mon. ).
Phytocoris Chenopodti, Fall. ( hem. suec. ).
Capsus Chenopodit , Her. Sch.
Dislagonum , Am .
Rarus in moutibus «mìnentioribus ( Matese ).
21. {266) Phytoearis circunaflexus , nab. Tah. M^fig. 6.
Ph. tivido-siibaiirantitis , capiiis viStis duabus , pronoH maculia rfwa-
bus anticis e linea eircumjlexa impressa., scuiellique lateribus brunneia ;
elylrorum eorii margine «cuteHari, nebulaque posiiea infuseatis ; sguu'
ma òasi pallida , apice fusca / membrana prope aquamam pallidiore ;
anteìinis cospore breviei'ibue , fiiformibus^ kispide pilosia . arùiculo ter-
ilo seeundo acquali, — Long. Iìdl 3 i;8 : JaL ì\vl. \ i/io.
Antennae corpore treviores , pilis raxis rigidis hirtae , ar-
ticulo primo capite vix breviore , seeundo primo duplo longio-
re, teriio secundi longitudine, subareualo, quarto paululum pri-
mo longiore ; priraus et secundns crassiores, pallide flavesceutes
fusco maculati , tertius et quartus minus crassi sed filiformes ,
fusci.
Caput breve , supra eonvexum laeve , margine postico ele-
vato ; livido-aurantius nitidus , utrinque vitta intraorbitali , po-
siice angulatim extus producta, nigra.
Pronotus antice utrinque depressione e linea circumflexa
cincia formata, in fundo fusca, notatus.
Scutellum fuscum , linea media longitudinali pallida.
Elytra corio pallide-livido , margine scutellari , et nebula
ante apicem fuscis : squama dimidio basali pallido , apicali brun-
neo ; membrana albida vix infuscata , nervis concoloribus.
Unicum specimen in regno bue usque invenimus.
Observatio. Tertius antennarum articulus modice arcuatusi cura tamen
in unico quod possidemus specimine una tantum antenna sit integra , du-
bium an constaater ita sit extat.
22. (267) Pbytocoris taenioma. Tab. W^fig. 9.
P. oblongus, dilute eanguineus , pronoti fascia postica nigra \ an-
( ^63' )
fennìs crassiusculis , articulo secundo apice nigrieante , ieriio et qtiar-
io fuscis, basi pallidi; ehjlrorum squama coccinea , summo apice nigra;
membrana Jìisco-nigricante ; ventre nigro , sanguineo marginalo. — Long,
lin. 3: lai. lìn. i i/5.
Taenioma, Am.
Cimex vandalicus? Rossi ( ex Ani. )
Furiai: elylris corio livido-tesfaceo-rufesccnfe , margine postico ante
squamam sanguineo, squama flava, summo apice nigro.
Passim in r<?gno occurrit aestato : legimus prope Neapolim alque in
Aprutiìs.
Nola. Desciiptio aci. Aniiot exhibila ad variefatem referfur : lypum
haud novisse videtur.
23. (268) Phylocoris haemorrhous, nob. Tab. II, Jig. 8.
P. oblongus , anlennis Jiliformibus : rufo-sanguineus , capitis api-
ce , oeulis , e( pronoti pimclis duobus diseoidalibus nigris :, elytrorum
membrana fusca, fiervis obscurioribuSj albido marginatis ; abdomine ni-
gro , ano ruliro-sanguineo . — liong. lin. 3 1/8: lai. i \fS.
Antennae corporis fere- longitudine , omnino filiformes, ar-
ticulo secundo duobus sequentibus simul vix breviore.
Abdomen supra nigrum , articulo ultimo sanguineo , subtus
medio nigro : ventre basi utrinque maculis rufis ornato^ a".
In locis vuìcanlcis agri Neapolitani , primo vere , rarus.
24.. (269) Phylocoris infusa». ( Her. Sch. fVanz. Tab.
CXX,/y. 38 1 ).
P. clongaius , anlennis Jiliformibus , carpare potilo longioribics: pal-
lide rufescens, laevis, nitidus, alytris subpellucidi», pronoto, scuiello,
Jemoribusqiie magis rufis. -— liong. lini 3 . lai, lin. 1^2.
Capsus injiisus. Her. Sch,
Rarissimus in regno obvenit.
25. (270) PbytoGoris striatellus-. ( Wolff, Icon. tab. XV ,
jig. i5o ).
P. oblongus , rufescens vel Jlavo-viridis , pronoti pimclis quatuor
anticis, lineaque transversa postica nigris; elytrorum corio Itneolts ni-
gris ; squama flava , apice nigra ; seutello et pranoli limbo postico ftO'
vis-,- membrana albida vix infmcata.^ — Long. lin. 3 : lat. lin. i i;5.
( 264 )
Lijgaeus slriatellus , Fab. , Panz.
Phytocoris slriatellus , Fall . , Haha.
Miris striatellus , Wolff.
Capsus sirialellus , Mey.
Frequeas in regno occurrit , primo vere in pratis.
Variai.' a) pronoti linea transversa postica radiatim cuna punetis anti-
cis conjuncta : scutello macula in medio baseos nigra.
ò) pronoti punetis lineaque exoletis.
e) elytrorum corii lineolis exoletis , squamae apice tantum fusco.
26. (271) Phytocoris tritaeuia. Tao. Ili , Jìff. 8.
P. ovaius , Jlatiis , pronoli villis duabus , scutelli lateribus , elyiro-
ìnim corii margine seutellari Jasciaque apicalì, et squumae apice nigris.
— Long. lin. 2 1/2 : lat. lin. i i/io.
Caput rufesceiis , vitta media marginem posticura non at-
tingente nigra.
Pronotus conTexiusculus , punctatus , vitlis duabus latis ,
et saepius macula utrinque marginali, nigris: seu niger , vittis
tribus flavis.
Scutellum nigrum , vitta media antice angustata flava.
Elytra cerio flavo , vitta obliqua in margine scutellari, ma-
cula prope basim viltae contigua, fasciaque apicali antice den-
tata nigris ; squama testacea , apice nigra ; membrana fusca ,
basi et medio transverse hyalina.
Pectiis et abdomen nigra , flavo-maculata.
Pedes flavo-rufescentes , femoribus fusco-maculatis.
Trilaenia , Am.
Varietas . Capite m'gro immaculato , pronolo nigro , linea media
longitudinali a?igìtsla, villis luleralibus anlice abbrevialis, limboque po-
stico Jlavis ; elytrorum corio macula baseos magis exlensa ; pectore et
abdomine omnino nigris.
Obvenit passim in regno, parum frequcns. Varietas typo varior.
27. (172) Pbytocoris Ralmii. ( Hahn, Wanz. tab. XXXIV,
fig- 109 )•
P. oblongo-ovalus , Jlavua , capiiis medio , pronoti fascia antica et
( 26^ )
postica , ehjtrorum corti margine scutellaria fasciaque apicali, sgiiamae
apice , pectore , ventrisque vitlis triòus nigris ; membrana injuscata ;
Jemoriòus posticis annulis duobus ad apicem Juscis. — Long. lin. 2 :
lat. p;io lin.
Cimex Kalmii, Lin.
Capsus Kalmii , Mey.
Lijgaeus Jlavovarius , Fab. ( Ent. syst. ) , Fall. ( mon. ).
Capsus Jlavovarius , Fab. ( Syst. Rhyn. ) , Burm.
Phytocoris Jlavovarius , Fall. ( hem. suec. ) , Halin.
Chloraspida , Am.
Prope Neapolim , in monte virginiano ( monte vergine ) , aliisque in
rcgni regionibus , band obvia.
Variai : a) pronoti nigredine magis extcnsa.
6) pronoti fascia postica a lineola longitudinali flava divisa.
28. [273] Phytocoris tripustulatus. [ Hahn , Wanz. tab.
XXXIV, J?^. no e III ].
P. oblongo-ovatus , niger nitidus , capite , pronoti inargine anti-
co , linea media longihidinali , limhoque postico , seutello , ehjtrorum
corii macula basali^ fasciaque trarisversa apicali , squamae medio, pe-
dibusque Jlavis ; hts femoribus fusco maculatis ; membrana fusea, albi-
do-lnjalino maculata, — Long. Un. 2 1^4 ^ J^t- 9/ io l'i-
Scutellum macula in medio baseos nigra. Caput macula ver-
ticali flava-
Lygaeus pastinacae , Fall. ( mon. )
Phytocoris pastinacae , Fall. ( hem. suec. ) , Halin.
Lygaeus tripustulatus , Fab.
Phytocoris tripustulatus j, Fall. ( hem. suec. ) , Hahn , Burnì.
Disparganum, et Cardiapsis , Ain.
Frequcns in regno in pratis.
Variai: a) capile nigro immaculalo : pronolì flavedine magis extensa.
b) pronoto flavo , macula in quovis angulo antico , aliaquc niajori u-
trinquc postica nigris : clytrorum corio flavo , margine sculellari , macula
pone basim , fasciaque apicali nigris.
e) macula quavis postica pronoti in duas divisa.
( 256 )
(f) prenoto flavo , puncto in quovis angulo postico tantum nigro : elj-
trorum corio fascia apicali tantum nigra ; ano flavo.
e) color corporis rufescens , flavedinis loco.
29. (274.) Phytocoris unifasciatus. ( Hahn , IVanz. tah..
XXXIV iy. 107 ).
P. oblongus , niger subaeneiis , opaciis, capitts maculis dùabus, prò-
noti limbo postico , seutellique apice Jlavis; ely trorum corio pallide fla-
vo, margine scutellaria el fascia irregulari postica nigris subaeneis ; squU'
ma rubra Jlavo limbata , centro maculam nigricantem includente ; mem-
brana fusca; antennis pedibusque testaceo-rufescentibus , femoribus api-
ce obscurioribus; pectore ventrecjue Jlavo maculatis. — Long, lin. 2 1/2:
lat. lin. I.
Lygaeus ìinifasciatits , Fah. ( Ent. sys. ).
Capsus unifascialus^ Fab. ( Syst. Rhya. ), Her-Sch., Mey,
Lygaeus semijlavus, Fall. ( mon. ).
Phytocoris semijlavus . Fall. ( hem s. ) , Habn.
Mìi'ìs semijlavus . VVoIff ( icon band naturalis ).
varietas a. Statura minore : elytrorum corio fascia postica ex-
pansa cuni margine scutellari conjuncta : squama obscure rufa. — Long,
lin. 1 ; lat. 2/3 lin.
Phytocoris marginatus , Haba. fig. i3o.
varietas b. Statura typo paulo minor : elytrorum corio nigro-
subacneo , macula oblonga obliqua ad basim in margine externo, apice -
que Jlavis ; squama nigrieante , basi apieeque rubra ; antennis tibiisque
leslaceis.
Phytocoris lateralis ^ Habn, fig. i6g.
Typus prope Neapolim rarus : varietas a minus rara ; varietas b in
Aprutiis a nobis lecta.
3o. (175) Pbylocoris holosericeus. ( Habn , TVanz. lab.
\yjig. 17. ).
P. subovatus , niger opacus , pube adpressa sericeo-cinerea vesti-
ius , pronoli limbo postico angusto , scutelli summo apice , squamaque
rufoferrugineis ; antennis pedibusque leslaceis , femoribus fusco-macu-
latig. — Long. lin. i 2/3: lat. 8/10 lin.
( 267 )
Poiymerus holosericeus , Hahn.
Cajisus holosericeus , Mey.
Prope INcapolim , ac in aliis regni regionibus , haud rarus.
3i. (276) Phylocoris mutabilis. ( Hahn, /S^araz. /ai. LVIII ,
fig. 180 ).
P. oblongo-ovalus , niger opacus, pube adpressa sericeo-cinerea ve-
sft'lus , antennarum arliculis uUimis duobusicslaceìs. —\jìvl^. lin. i 2/3:
lai. 8/10 lin.
Lygaeus mutahilis , Fall. ( mon. ).
Phylocoris vmtabilis ^ Fall. ( bem. s. ).
Capsus mutahilis , Hahn , Mey.
Obvcnit passim prope Neapoliin , in pralis.
32. (277) Phytocoris coroaiceps , nob. Tab. 1\\^ fig. 7.
P. ovatus , brevissime pubeseens , pronoti elylrorumque margìnibus
brcviler fitsco cilialis: Jlavo-rufove-auranlius , capilis linea postica tram-
versa arcuala , pronoti linea uirinque antica transversa Jlexuosa nigris ;
elytrorum cario nervis pallidis , squama coccinea — Long. lin. 3: lat.
9/10 lin.
Caput pilis raris brevibus ornato ; orbitis , lineaqiie media
longitudinali pallidis; postice maculis quatuor nigris , contiguis,
in arcum dispositis , arciim quandoque continuum nigrum for-
mantibus. Labrum basi nigricans.
Pronotus marginibus laleralibus lineaque media longitudi-
nali , quandoque etiam limbo postico pallidis : antice utrinque
linea transversa flcxuosa impressa nigra.
Scutellum prope basira linea transversa impressa nigra, sae-
pius a linea longitudinali media pallida interrupta.
Elytra corii nervis pallidis , lineolas quinque bujus colo-
ris formantibus : squama coninea , limbo pallido ; membrana fu-
scescente, nervis aurautiis.
Pectus et abdomen brunneo-variegata.
Pedes pallide flavescentes , femoribus nigro maculalis; ti-
biis nigro-spinulosis j tarsis apice nigris.
( 268 )
Lcctus prope Neapolim , et in Aenariarum insula , primo vere parum
frcquens.
33. (278) Phytocoris variabilis. ( Mej. Werz. iab. Ili ,
h- à )'
P. ovahilus, fulvus, brevìter pubescens; capite, pronoto, scutelloque
obseurìoribus vel brimneis ; elytrorum cario ante snuamam pallido; squa-
ma fusco-purpurascente ; membrana fusca , macula ad squamae apicem
hyalina ; femoribus brunneis ; tibiis pallidis, Tugro-punclatis spimdosis-
que. — Long, lin. i 2/3 : lat. 8/10 lin.
Capsus variabilis , Mey.
Variai : femoribus fulvis.
Prope Neapolim in colle Gamalclulense , rarus.
34. (279) Phytocoris hortensis. ( Mey. Werz. lab. Ili,
/^- 2 ).
P. oblongo-ovatulus , niger siibnilidns ; membrana fusca , macula ad
squamae apicem hyalina; pedibus ptallidis, Jusco punclalis. — Long. lin.
: 3/4.: lat. 2/3 lin.
Capsus hortensis , Mey.
Variai : clytris nigro-purpureo nitentibus.
Rarus propc Neapolim ; in monte virginiano ( monte vergine ) tre-
c|uenlem logimus initio mensis augusti , in urtica dioica.
35. (280) Phytocoris brunnipennis. ) Mey. JVerz. lab. Ili,
h' 3 ).
P. obhngus subovattilus , pallide brunneus, vix pubescens ; anten-
nis apice pedibiisque pallidis , his fusco-macidatis ; elytrorum membra-
na fusca , macula ad squamae apicem hyalina, — Long. lin. i 3/4: lat.
8/ro lin.
Capsus brunnipennis , Bley,
Rarus iu agro Neapolitano.
36. (281) Phytocoris roseus. ( Her. Sch. JVanz. tab. CXCVI,
fig- 6o4 ).
P, oblongo-ovatahts , fusco-purpurascens, antennis, femoriim apice j
tibiis, tarsisque pallidis. — Long. lin. i 8/10: lat. 8/10 lin.
Lygaeus roseus , Fall. ( mon. ).
Phytocoris roseus , Fall. ( Lem. 8. ).
I
( 269 )
Capsiis roseus , Her, Scli. , Mcy.
Capsus sìgnatipes , Her. Scli.
Rarus piopc -Noapolim , aliisqiie in regni rogionibus occurrit.
87. (282) Phytocoris viridulus. ( Hahn, Wanz. tab. LXXII,
fìg. 221 ).
P. oblon^ìis, lacle viridis , parce puhescens , immaculatits , octdis
m'gris , anlennis jlavcseentibus , pedibus nigro-pnnctalis. — Long. lin.
2: lai. 8/10 lin.
Lygaeus viridnlaa , Fall. ( mon. ).
Phytocoris viridulus , Fall. ( liem. suec ) , Habn.
Capsus viridulus , Her. Sch. , Mey.
Rarus in regno occnrrit, in pratis.
Variat : pcdibus viridibus immaculalis.
38. (283) Phytocoris maculipenuis. ( Mcy. Werz. tab. V,
fìg. I ).
P. oblongus , pallide virtdi-flavescens , pronoto posiice et seutello
apice viridibus ; elijtris cario maculis pluribus minutis fuscis pietà ,•
membrana nigricante , nervis maculisque hyalinis ; antennis pedibusque
viridi-olivaceis. — Long. lin. i 1/2 : lat. 8/7 lin.
Capsus maculipennis , Her. Scli. , Mey.
la Aprutiorum montibus, aestate, haud rarum legimus.
39. (2 84.) Phylocoris melanotoma, nob.
P. oblongus , pronolo antice angusto : pallide flavo-vtreseens , elg-
Irum corio viridi, membrana hyalina, nervis viridibus; oeulis, linea a-
tringue longitudinali pone eos , anlennarumque articulo primo nigris.
— Long. lin. I i;2 : lat. 8/7 lin.
Rarissimns in resino.
4.0. (285) Phytocoris floralis. ( Uaim ^ fFanz. iab.XXlY,
fig. 81 ).
P. oblongus , pallide Jlavo-virescens , valde pubescens j immaeula-
tus. — Long. lin. i 3/4.-2: lat. 2/3 Un.
Capsus Jloralis , Hahn , Mey.
Xanthochrodes , Am.
In pratis haud rre(|ucns.
( 270 )
4i. (286) Phytocoris collaris. ( Wolff, Icon. lab. XVI,
Jig. i55 ).
P. elongato-angustalus 1 jìvonolo anttce valde angustiare •• brunneus ,
orbiiis , pvonolique linea media longiludinali pallidis; elylris albidis pel-
lucidis, maculis iribus apicalibus in iriangulum disposilis, duabus ad co-
vii , ferita ad sguamae apicem obscure rufis ; pedibus pallidis , nigro-pun-
ctalis. — Long. Un. 2 : laf. 1/2 lin.
Lygaeus collaris , Fall. ( mon ).
Phytocoris collaris, ejus ( hem. suec. )
■Cyllocoris collaris , Hahn.
Capsus collaris , Mey.
Gerris errans , Wolff.
Ficquens in r^no obvcnit, m pratis.
4.2. (287) PLytocoris virgula. ( Her. Sch. Wanz. lab.
LXXXVIII,iy. 268 ).
P. elong ato-angustatus , pronolo antiee valde angustiare : pallide tu-
Jescens , capite obscuriore , pronoto postica pallidiare ; scutelH dimidio
postica Jlavo ; elytrorum corio pellucido immaculato , squama basi pal-
lida, apice obscure rufa. — Long. lin. i 4/5 : laL 1/2 lin.
Capsus virgula, Her. Sch.^ Mey.
Hadocratus , Am
Praecedenle multo rarior. Legimus in momtibus #a/e*e, et in Calabriis
prope Rhegium.
N. B. Decem circiter aliae hujus generis species extant , quas tamea
niajori studio cura auctorum operibus conferre oporlet
Genus Capsus , Fab.
Corpus ovalum , valide punctatum , capite parvo. Anten-
nae articulo secundo apice disliacte incrassato , duobus ultimis
exilibus setaceis.
I. (288) Capsus capillaris. ( Wolff, Icon. tab. IV , fig.
34 et 35 ).
C. nigro rubroque varius , nitidut; tibiis fulvis um'coloribus ; elytro-
( 271 )
rum squama cocctnea, apice nigra; membrana fusca, ari squamae api'
cem pallidiore; sculello apice acute produclo. — Long. lin. 3 i/4: lat,
lin. T %.
Capsus capiilaris, Fab., Burm. , Am. Serv.
Capsus danicus , Fab., Wolff, Fall., Hahui
Capsus tricolor, Fab ., Wolff, Mey.
Pijggulus, Am.
Ficquens per lotuni regnum.
Variai summopere nigredinis vel rubedlnis extensioiie ; elylrorum squa--
ma. tantum et libiae conslanlis coloiis rcmancnt.
a) ruber , pronoti parte postica media, et ventre medio nigris ; ely-
lrorum corii margine sculellari , maculaque ante squamam obscurioribus
vel nigricantibus ; antennarum articulo primo et secando apice nigris ; fe-
moribus nigris , apice rubris. ( C. danicus ).
b) niger , capile, pronoto anlice et laleribus, scutello^ maculaque obli-
qua extcrna ad elylrorum basim pallide rubris ; ventre pedibusque ut in
varietale a. ( C. tricolor. )
e) niger, capile pallide rufescente , femoribus piccis, apice pallidis.
d) praeccdenli similis , capile lamen eliam nigro.
2. (289) Capsus trifasciatus. (Wolff^ Icori, lab. ÌY^fy. 3i ).
C. rubro nigroque varius, tibiis pallido annulalisj elytrorum squa-
ma laliore , membrana fusca, sculello apice obluso. — Long. lin. 2 %;
lai. lin. I %.
Cimex trifasciatus , Lin;
Capsus trifasciatus, Fab., Mey., Am. Serv.
Capsus elalus, Fab., Panz., Wolff.
_ Capsus ritfiijes, Fab,
B Zurvs, Am.
B A praecedenlc oplime distinclus corpore lalius ovato; ely-
^ptrorum corio fortius et minus confertim punctato, squama latio-
rc ; pronoto magis convcxo , latcribus magis rotundato ; scutel-
lo apice minus acuto; tibiis semper annulis pallidis cinctis.
Variai: a) niger , capile, sculello, elylrorumque corio rubris, lioc li-
nea in margine sculellari, lascia angusta irregulari ante squamam , et squa-
mae apice nigris.
( 272 )
b) nigcr , capite , scutello , fascia obliqua extus latiore in elytroruUt
cerio , squamaque , apice excepto , rubris .
e) niger, capile rufescente.
Praecedente minus frequens : varietatem b saepius ex Salente misit
doct. los. Costa ; yarietas e in regno rara.
Ntìia. Varietatem corpore loto nigro adliuc non invenimus.
Cenus GiOBiCEPS.
A ) ipronotGs sulco transverso bilobas: lobus anticus brevis,
acollariformis.
* JobEs anlicES bicornis yel bìtubercalatus.
2. (290) Globiceps capito,
G. capite globuloso, p'onoli lobo antico in iubercnlum acutum spi-
niformem utrinque elevato ■• fusco niger, elytrorum cario Uneis duabus
iransversis scutellique jmnctis duobus e pilis brevibus squamijormibus
adpressis argenieis; antennarum articuh primo , pedibmque tesiaceis -,
eoxis pallidis. — Long, lin, i i;5: lai. 2/3 lin.
Globiceps capilo, Le Pel. et Scrv. , Am. Serv-
Globiceps, Am.
Prope Neapolim , aliisque in regni regionibus, parum frequens , in
pratis.
Observalio. Squamae argenteac lineas in elytris, et puncta in scutel-
lo formantes deciduae : ex quo corpus totum supra fusco nigrum immacu-
Latum quandoque remanet.
** lobus anticus simplex (i),
3. (291) Globiceps rugicoliis, nob. Tab. W^Jig. io.
G. capite subtriangulare , pronoto transversim finissime ruguloso ,
lobo antico brevissimo: brunneus , capite pronotoque nifo-ferrugineis , e-
lijiris Uneis duabus transversis albis. — Long. lin. i 2/2 : lat. 8/7 lin.
Caput subtriangulare, parum convexura, obsolete rugulo-
sum , margine postico paululum elevato : rufo-ferrugineum , ocu-
lis nigris.
(i) Ad hanc divisionem Gì. variegaius{ Cent, i.» n, 78 ) adscribendus.
( 273 )
Àntennae tesfaceo-ferrugineae, arliculo secundo apice obscu-
riore.
Pronotus latitudine postica paulo longìor, antice angusta-
tus , lobo anlico brevissimo ; convexus , transversim sublililer
rugulosus : riifo-ferrugineus , postice obscurior.
Sculellum triangulare , convexiusculuna , ruro-ferrugineum.
Elytra angusta elongata, corio brunneo-cyanaraoraeo , lineis
duabus trausversis albis, antica latiore ad basim, postica aiigu-
stiore ante squamam ; membrana rufescente iridizante.
Pectus rufo-ferrugineura.
Pedes testaceo-ferruginei , postici coxis pallidis.
Abdomen nigro-ferrugineura ^ nitidum.
Prope Neapolim in colle Camaldulense ^ aestafe in pralis , rarus.
B) pronotus inleger , sulco transverso nullo.
Hujus divisionis species capilis forma magis a generis lypo recedit : ba-
bitu (amen el eljtiomni lineis transversis e pilis squamifonnibus illi se af-
Coem demonslral.
4.. (292) Globiccps clavalus. ( Hahn, JVanz. lab. LXXXFII^
/g. 264. ).
G. capite subir iangulare, pronoto subquadralo , antice paulo angu-
ttiore , anlennariim arliculo secundo apice satis crassiore : brunneus vel
Jerrugineus , ehjlris rufo-lestaceis vel cynnamomeis , lineis duabus tran'
sversis e pilis sqicamij'urmibus argenieis , antica abbreviala. — Long.
]in. 2 : lat. 1/2 iin.
Cimex clavalus , Lin,
Capsus bifascialus , Fab. , Fall.
Phylophorus bijascialus , Haha { icon. ).
Capsus clavalus , Her Sch. , Mey.
Phytocoris clavalus , Burm .
Haud rarus in regno , aeslale.
f^artat : a) leslaceo-fcrrugineus , pronoto, abdomlnc , antennariimque
arliculi secundi apice brunneis.
b) fusco-oiger , eljlris obscure cjnnaiuomeis . pedibus fusco-leslaceis.
35
( 274)
Genus StrOxNgilocoris , Blanch.
Corpus subovatum , capite pronotoque transversis. Anlen-
nae arliculo secundo ad apicem paulo crassiore , tertio et quar-
to fìliformibus. Elytrorum squama incisura marginali basi api-
ceque distincta.
Genus habitii peculiari polius^ quam eminentibus characteribus distinctuin.
1. (293) Strongilocoris leucocepbalus. (Wolff, Icon , lab.
Vili , fig. 73) .
S. ovaius , pronolo antica paulo angusliore , conferlìm pimetaio : 711 ■
ger, capile , anlennariun arliculo primo, jìedibusque rufis. — Long. lin.
2 1/4- : lat- lin. i r/3.
Cimex leucocephalus , Lin.
Lygaeus leucocephalus , Fab., Panz.
Phylocoris leucocephalus , Fall., Hahn.
Altug leucocephalus , Burm,
Strongilocoris leucocephalus , Blanch.
Capsus leucocephalus , Mey.
Leucocephalus , Ara.
Satis raro in regno oceurrit.
2. (294.) Strongilocoris erythroleptus. Tao. H , fig. 11.
S. ovaius , parce pubescens , prmiolo antice paulo angusliore, obso-
lete punclato-ruguloso : niger nilidus , capite utrinque et postice , prono-
ti margimbus laleralibus , elytrorum margine externo squamaque , an-
tennarum arliculo primo, pedibusque rubris. cj" $ . — Long. lin. 2 : lat.
lin. I.
Erythroleptxis , Ani.
Caput transversum, declive , modice convexum , ad margi-
nem posticura transverse impressum: nigrum^ orbitis late, mar-
gineque postico rubris; sive rubrum, medio nigrum.
Antennae corporis dimidio paulo longiores, articulo secun-
do ad apicem paulo crassiore, duobus sequentibus simul longi-
tudine subaequali : nigrae , pubescentes, articulo primo rubro.
(27b')_
Roslrnm pcdum poslicorura basini allingens : nigriim niti-
dum , articulo primo vaginac rubro.
Pronoiiis transversus ; antico paulo angustior, angulis ro-
tundalis , convexiusculus , finissime et irrcgulariter punctato-ru-
gulosus , pubescens : niger nitidus , utrinque rubro niarginalus.
Scutellutn convexum , rubrum , basi nigrum.
Elylra corio minutissime punctato , nigro nitido , margino
externo et squama rubris ; membrana fusco-fuliginosa.
Pectus nigrum nitidum.
Pedes rubri , tibiis pallidioribus.
Abdomen minutissime punclatum , nigrum nitidum; % ano
rubro.
Prope Neapolim in colle Camaldulense mensibiis maji et junii , in pra-
tis , parum frequens. Lcgimus quoque in inontibus Malese, mense lulii.
3. (agS) Slrongilocoris cicadifrons , nob. Tab.W^jìg. 12.
S. ohlongo-ofalns; pronoto brevi transverso , antìce paulo angustio-
re, disdncte imprcsso-punetalo: niger nitidus, capile, pronoli margini-
bus laierulibus et postico, anlennarwn articulo primo, pedibusqite flavo-
rtifescentibus; fronte convexa, transverse fusco liìieolala ; elylris brun-
neis. d" $ . — Long. lin. i 8/10 $,21/6 d": lat. lin. i.
Caput transvcrsum declive , fronte convexa , ad raarginera
posticum transversc impressum , laeve nitidum : pallide flavo-ru-
fescens , fronte liueolis sex transversis undulatis , medio inter-
ruptis, fuscis.
Roslrnm pedura posticorum basim atlingens , pallide flave-
scens , apice fuscum.
Antennae corporis dimidio, cum elylris, paulo breviores;
articulo secundo duobus sequenlibus simul acquali vcl parum bre-
viore: nigrae, pubescentes, articulo primo pallide flavo.
Pronotus brevis, transversus, subrecfaiigularis, antice pau-
lo angustior j modice convcxus, dislincte et couferlim impresso-
punclatus: niger nitidus, lateribus et postice flavo-rufcscente raar-
ginatus.
( ^76 )
Scutellam minutissime pimctatum , nigrum nitidiim, imma-
culatum.
Elylra elongata , in maribus magis quam in feniinis, corio
pallide brunneo-testaceo^ minutissime punctato; membrana fusco-
fuliginosa , nervis brunneo-testaceis.
Pedes pallide flavescentes , coxis pallidioribus , femoribus
ilavo-rufescentibus .
Abdomen nigro-piceum nitidum, immaculatum d", ano rubro ? .
Prope Neapoliin mense aprilis super Cistos , paruin frequens.
Observaiio. Praecedenli primo intuitu alEnis : difleit praecipue : cor-
pore minus ovato ; eljtris presertim in maribus longioribus ; antennis bre-
vioribus ; pronolo breviore , minus convexo , raagis distincle punctato ; co-
Icribus sat diveisis , et fi-onle regulariler transversim fusco lineolata
Genus Pachytoma, Ach. Cos.
Anlennae breviusculae , articulo secundo apice crassiore.
c(" Corpus oblongura , subparallelum , capite pronotoque tran-
sversis; oculis plerumque prominulis ; eljtris alisque completis.
% Corpus subovatum , capite pronotoque transversis; ocu-
lis prominulis; elylris abdomine brevioribus, membrana destitu-
tis ; alis nullis.
Observaiio. In memoria de quibusdam ulriusque Siciliae bemipteris-
heleropteris , ia annalibus Socictatis Entomologicae Galticae anno iS-ji e-
dita, hoc novum genus prò singulari Capsinoi'um specie ( P. minor ) in-
stituimus , quod postea et a dar. Amiot et Audinet-Servilie (i) fuit serva-
tum. Charactercs (amen quibus illud distinguendum proposulmus , a femi-
na tantum ducti fuerunt (2). Atquc observationes posteriores nobis docue-
runt marem omnino diversum , et ilium esse quem nomine Phytocoris
Passerini eodem loco descripsimus. Itidcm novimus Phytocoris Jlavo-mar-
ffinaitis ( loco cit. ) marem alterius speciei , esse , cujus femina characleri-
(i) Suiles à Buffon , Hemypteres.
(2) Errore ia diagnosi specifica d" ^ signatura est.
f'
tis tan> :Ì8 chaiM
capite
ta-
m,jiff.
ng. lib. i: lat.
■rf .
ibos parallelis, sui ^
ac
lUce '
£ Has Aias
in 1'
'3.
Itiam I rotundatum.
i-
( 277 )
hus geiicrici's cum Pae/i. mlnoì- convcnit. Ex (]iiiljiis pafuil genus Pachy-
torna , st'siium discrepanlia iiiler alia dislinclum , saiic ruliucnduin , niuta-
lis lamcn genericis characteribus.
Duabus mox citatis speciebus , quae vcrum generis lypum constiUiunt,
terlia cliain adjicienda, cui el aliae forsilan adsciibcndac ulleiioribus ob-
servalisnibus patebit , quaruni duo scxus uli specics divuisae babenlur.
I, (296) Pachyloma minor. Tab. \\\,fig. i et 2.
P. niger nilidus , immaculalus , puree el brevissime pubescens: ^
capile oeulis prominiilis jìronoti laliludini poslicae acquali ; pronolo an-
lice paulo aììfjiisliore; $ capile pronoli lati ludinc\ pronolo brevi, lon-
gihidine duplo laliore ; elijlris postiee Iransverse oblique truncatis. —
é' Long, lin, I 1/3: lat. 2/5 lin. — ? l^ng- ''Q- i- 1^'- "lax. 2/3 lin.
cj" Phijiocoris Passerini, A. Cost.
^ Pacìujloma minor, A. Cosi., Ara. Serv.
Pachyloma Ara.
Mas. — Corpus elongatum, lateribas parallelis, supra planiu-
sculum.
Caput breve fransversura , cum oeulis prominulis aeque ac
proiioli pars postica lalum, antice rotundalum,
Pronoius longitiidiDe sesqui poslice lalus , antice pariim an-
gustior , supra subtilissime obsolete transversim subrugulosus ,
antice ulrinquc convcxior , medio impressus,
Elytra abdcniine longiora , membrana nervis cellulas duas
ut in g. Phijiocoris forraanlibus praedita.
Foemina — Corpus breviter ovatum^ postiee multo latius.
Caput cum oeulis acque ac pronoli pars postica latum , vel
tiam paulo latius ; antice tumidum rotundalum.
Pronotus transversus, postiee longitudine duplo latior, an-
iice parum angustior.
Elytra abdomine breviora, postiee iransverse et parum 0-
blique sinuoso-truncata.
Frequeos primo vere in pratis;
( 278 )
2. (297) Pachytoma flavo-marginatus. Tab. \\\^fig. 3 et 4..
P. niger , cinereo-pubescens ; orbilìs , eli/trorum margine lato exter-
no , femorum apice tibiisque, apice excepio , Jlavis ; oculis valde promi-
niilis; ? elylris postice ohblique recte iruncaiis. — d" Long. lin. i i/4-:
lat. 2/5 lin. — % long. lin. i: lat. max. 4/7 lin-
^ Phytocoris Jl avo-mar ^inalus , A. Cos.
Statura et magaitudo praecedentis, a quo, praeter colores,
differt: capite antice tuniidiore, oculis majoribus ; pronoto latio-
re , ac in utroque sexu breviore , postice longitudine duplo latio-
re, antice vix angusliore ; antennis validioriLus ; corporis pu-
be lougiore.
In Aprutiorum montibus , sub lapidibus , rarus.
3. (298) Pachytoma major, nob. Tah^ '\\\.^fig. 5 e^ 6.
P. nigcr , brevissime cinereo pubeseens et nigro pilosum; tibiis te-
slaceis, apice spinulisque nigris: .^ capite oculis raediocribus pronoti
parte postica angusliore ; pronoto antice distincte angusliore ; $ capi-
te ocidis majoribus, pronoti latitudine; pronoto suhquadrato, antice pan-
ia angustiore ; elytris postice rotundatis. — d' Long. lin. 2 1/2: lat.
9/10 lin. — $ long. lin. i 3/4: lat. max. lin. i.
Mas. Capiti cum oculis mediocribus pronoti latitudine an-
tica latius, postica angustius.
Pronotus antice tertio minus quam postice latus , angulis
rotundatis.
Foemina Caput cum oculis prorainulis aeque ac pronoti pars
postica lafum.
Pronolus subquadratus , latitudine postica paulo brevior, an-
tice parura angustior.
Elytra apice rotundata, limbo membranaceo terminata.
Propc Neapolim , et in aliis regni regionibus, frequens.
"0 Observatio. Antennis gracilioribus, et, corpori ratione habita, longio-
ribus , a typo generico aliquantum haec species recedit.
Nota. Capsus saltator Hahn , hujus speciei foeminae similis.
l
( 279 )
Genus Halticus, Hahn.
Corpus subovatiim. Anlcnnae corporis longiludine vel lon-
giores , gracilcs , articulo secundo coeteris simul longtore , fili-
formi. Elytra sacpius in utroque sexu membrana dcstilula. Pe-
des postici loDgiores , saltalores.
J) Elylra membrana predita.
1. (299) Halticus propinguus (Her.Sch. Wanz. lab. CXCVI,
fig. tìo6 ).
H. nigro-piceus subaeneus nilidissimus , ebjlris complelis ; capite ,
pronoto rnit/cc , antcmi/s, pedibitsrjue pallide rufescenlibus , fcmoribiis pò-
sticis basi nigricantibus. ^ % — Long. lin. i 1/2: lai. 8/ro lin.
Capsus propinguus , Her. Sch., Mey.
Crocoderus , Am.
Lygaeus luteicollis, Panz. ( ex Am. )
Frcqucns in regno occurrit. Propc Neapolim cbTÌus mense junii in col-
le Caraaldulensi , praescrlim supra spartium junceum. Saiit ut cicada.
Variai : pronoto loto nigro , vel loto rufescente,
JVota. Si Lgg. hiteicoUis Panz. vere idem ac Capsus propinguus est,
nomen Panzerianum illi Schafferii praeponcndum.
B) Elytra membrana destituta,
2. (3oo) Halticus aplerus. ( Hahn, fFanz. Tao. XVIII ,
fig. 61 ).
If. brevtter ovatus , prenoto iransverso ,ehjtTÌs membrana destiiuiis;
niger niìidus, anlennis pcdibusque pallide flavis , femoribus posticia in-
crassalis nigris. d« ^ — Long. lin. i: lat. i;2 lin.
Cicada opterà, Lin.
Li/gaeus pallicornis , FalL ( mon. ).
Phtjtocoris jmllicornia , Fall., ( hem. suec. ).
Salda pallicornis, Fab.
Acanthia pallicornis , WoIfT.
Halticus pallicornis , Hahn , Burm.
Eurycephala aptera. Bruii., Blanch.
Capsus pallicornis , Mey.
( 28o )
'Asiemma apterum, Ara. Serv.
Àstemma, Am.
Haud infrequens in regno , in pratis.
Variai : femoril)us omnibus medio late nigris.
3. (3oi) Hallicus cylindricollis , nob.
H. obloìigus, capite elongalo, pronoto cylindraceo , suhgnadrato ^
postice parum latiorc , elytris apice rolundatis: niger subaeneus, pube
densa adpressa cinerea leslitus ; antennis pallidis , articulo primo et se-
cundo apice nigris; pediòus pallidis, femoribus medio nigricantiòtts. %
— Long. lin. I 1/2: lai. 2/3 lin.
Frequeos prope NeapoJim aestate in pralis.
Variai : capite rufescenle.
Nota. An I/alt. frontalis, Fall.? Specimina pube destitula et fronte ru-
fescenle eum hujus speciei descriptione convenire videntur.
Familia SCUTELLERINL
J. Pentatomidae.
Genus Pe.ntatoma..
j6. (S02) Penlatoma sphacelata ( Wolff , Icon. Tab. X,
h- 95 )•
P. supra grisea nigro-punctaia , pronoti marginibus lateralibus, scu-
ielli punctis tribus basalibiis apiceque , abdominisque maculis marginali-
bus albidis; svblus cum pedibus Jlavescens , nigro punctata ; antennis
pallidis, nigro annulatis. — Long. lin. 4 1/2-4 3/4- lat. lin. 2 1/2.
Cimex sphacelatus , Fab. , Wolff,
Penlatoma sphacelata , Her. Sch .
Cimex lynx , Panz. ( ex Wolff. ).
Prope Neapolim, et in aliis regni regionibus haud rara; obvenit prae-
sertim hyeme sub arborum corticibus.
Variai: a) abdominis maculis marginalibus flavo-aurantiis.
b) sculelli punctis albidis obsoletis.
( 28' )
17- (3o3) Penlatoma vernalis. ( Habn , TFanz. Tab. L,
fig. .53 ).
P. griseo-cìjìinamomea , minute niffro-punciata , ])ronoti marginiòtts
laleralibiis , scutelli apice, abdominisquc maculis marginalibus pallidis;
subltis eum pedibus pallida , ventre fusco-variegato ; antennis riijcscen-
ti bus , apice nigris. — Long. lin. 3 2/3: lai. lin. 2 i;3.
Cimex vernalis, WoliT, Fall.
Penlatoma vernalis, Ilahn, Iler. Sch.
Cimex albipes , Fab.
Antennae rufescentes, articulis basi dilutioribus , vel omni-
no pallidae , articulo ullimo annulo lato nigro.
Abdomen dorso nigriim, marginibus modo nigris maculis
pallidis, modo griseo-cynDamomeis maculis dilutioribus; ventre
saepius pallide rufesceute , maculis arcuatis utrinque duplici se-
rie dispositis marmorato : interdum pallido immaculato.
Pro[)C Neapoliin paruni frequens obvenit.
Nota. Speciiniiia noslra paulura minora, et magis ferruginey-picta, quain
quae in Spinolae collectione observavinius.
Genus Cvdnus.
10. (3o4) Cydnus morie. (Hahn, Wanz. Tab. XXY.fff. 84).
C. ovatus , parimi convexus, punelatus , capile ulrinr/ue ante octt-
los angulato; margine antico arcuato subinlegro ; seiilello apice injlcxo:
niger subnitidus, anlennarum articulis primo et secando, rostro, tarsis-
que rufo-piceis; elytrorum membrana albida. — Long. lin. 4= la'- lin. 2 i/3.
Cimex moria , Lin.j Paaz., Wolff.
Cydnus moria, Fab. , Haiin^ Burin.
Sehirus morio , km. Seiv.
Rarus in regno occurrit : in colleclioae spocimina in calabriis a palre
nostro amatissimo lecfa scrvamus.
11. (3o5) Cydnus fumigatus, nob.
P. brevi ter ovatus, modice convexus , capile latitudine paulo lon-
giare, margine rejlexo; prenoto, sciitello, elytrorumque cario sidttililer
36
( 282 )
punctalis : srulel'o apice late rolundalo inflcxo: niqer nìtidus , eh/lrorwn
membrnua hyalina , disco infuscata ; anlennis pedibusque nigro-piceis.
— Long. liii. I 1/2: kit. 9/10 lin.
Cydno punclulalo minor , convexior , capite angusliore et
longiorc , margine antico reflexo.
Piinctura Cydno albomarginato fere similis , a quo capite
antice medio non emarginato , elytrisque non albo marginatis
valde recedit.
Rarissinius prope Neapolim occurrit: lectus prope Saticulam aestate in
pralis. -
12. (3o6) Cydnus albipennis, nob. Tab. VA^fig. 9.
C. late ovalits . valde convexus , capite antice marginalo; pronoto
scutetloque inaequaliler punctatis : rvfo-piceus , eltjtrìs alòidis pellucidi s.
— Long. lin. 2 i/j: lat. lin. i i/3.
Corpus late ovatura, valde convexum.
Caput fere aeque longum ac latum , margine antico late et
partnn prj)funde cmarginalura, utrinque subrotundatum , limbo
angusto reflexo ; supra medio liueis duabus longitudinalibus , a^
liisque minoribus transversis vcl obliquis impressis.
Ocii/i mediocres, distincte reticulati. Ocelli patuli.
Antennae brevissimae , capitis latitudine vix longiores , ar-
ticulis omnibus longitudine subaequalibus ; primus et secundus cy-
lindracei , ierlius sub-obconicus , vix longior ; quartus et quintua
infiali, quartus ovai o-globosus , quintus subfusiformis.
Proiiotua transversus , antice angustior, valde transverse con-
vexus , supra disco subdepressas , antice impresso-punctatus ,
marginibus lateralibus pilis rigidis fimbriatus.
Scutellum abdominis diraidio longius, apice inflexo late
rolundato , ìiti pronotus impresso puncfatum.
Elytra abdominis apicem parum excedentia , cerio parce
subtiliter punctafo , subpellucido.
Tibiae anlicae compressaO; apice latiores rotundate, spinis
( 283 )
brevibus aequalibus margine coronatae ; posteriores triseriatira
spinosae, pilis rigidis interjectis hirlae.
Color tolius corporis rufo-piccus , antennis pedibiisque pal-
lidioribus ; elylris albidis ; tibiarum spinis nigro-piceis : interdum
pronoti margo posticus , et scutelli margines laterales nigri.
Leclus prope Neapolim primo vere a nobis item ac a claris. Entomo-
logo Brilannico Rcv. Hope, cujus specimina nomine quod nunc adliibuiraus
signaviraus , anno iS48.
Nola. Singularis descripla species a Cydnis genuinis valde recedit , et
in systemate Am. et Serv. in genere Cyrlocnemus adscribenda.
B. SCUTELLERIDAE.
Genus Trigonosoma.
a. (Soy) Trigonosoma falcata. (Cyr, Spec. Eni. Neap. Tab.
Vl,jfy. 9)-
Cimex scutellaris grtseiis; thorace anlice concavo òicor/n, comuòus
oòtust's , apice nigris. Cyr. 1. e.
Cimex falcatus , Cyr.
Species nobis invisa, Apuliae incola teste Dom. Cyrillo, ad genus Tri-
gonosoma procul dubio pertinens , et forsan a Trig. Desfontainii , quae fre-
quens in Sicilia obvenit , band diversa.
( 284 )
NOTA.
Hac adhuc sub typis memoria , montem virginianum {ìnon-
te vergine ) ad insecta colligenda primis mensis augusli diebus
perquirens (i)^ quatuor alias non prius inventas specics legimus,
duo ad genus Miris , duo ad genus Pht/locoris pertinentes. Una
ex iis M. holsatus est ; reliquae novae videntur ; quas alibi de-
scripturi , bic cbaracteribus cssentialibus indicabimus. Omnes in-
terim qui sequi tur conspectus melhodicus inscriptas refert.
Miris tricostatos. Pronolo lateribus complanalis laminaribus, sicpra
cannula media eoslulisque duabus oblusis , una utrinque ; untennarum
arhculo pruno pronoto paulo longiore jìubescente : supra cum antennis
pedibusque pallide roseiis , pronoti lateribus lineaqne media ad sciitelli
apicem dacia , elylrorumque corii margine laterali nervisque pallidis ;
sublus pallide virescens. — Long. ]in. 4-; lat. lin. r. — Rarissiinus.
Affiiiis M. earinato.
PiiyToconis b.isalis. Oblongiis , nitidus , capile pronotoqiie nigria ,
hoc limbo antico poslicoque Jlavis ; scwlello Jlavo , basi macula subqua-
drata nigra ; ehjlris cario pellucido subjlavescente , margine scutellari
Jasciaque lata postica, squamaeque apice nigris ; membrana fusca , ner-
vis favescentibus , sublus cum jyedibus viridis , pectore , venlris lateri-
bus anoque nigris ; femoribus annulis duobus apicalibus tarsisque fu-
scts. — Long. lin. 2 i/io : lat. 2/3 lin. — Frequens in urtica dioica.
AfEnis Ph. Kalmii, et cordigero. .
InrTocoRis saxicola. Elong alus , pronoto antice valde angustato, an-
tennis Jilìformibus , corporis longiludiae : niger , ehjlrorum corii margi-
ne lato externo intus serralo , squamaeque apice lacteo-Jlavescenlibus ;
^^deìinis pedibusque pallide Jlavo-rufescentibus. — Long. !in. i 1/2: lat.
4/10 lin. — Rarissimus inter saia ad plantulanim radices.
Pronoli forma Ph. virgula et collari affinis.
(i) Coinifes in hac entomologica peregrinatione crant doct. Beck, rev.
Cajetanus Foreslo Gassinensis, et doct. Franciscus Forte , omnes entomatum
scientiae araatores.
( 28b' )
QUAEDAM PRAECEDENTIBUS CeNTURIIS ADDENDA.
Corixa undulata.
Varielalem statura paulo mincrem ( lin. i i/3 long.), et colori!)us dl«
lulioribus, frcquentcm in rivulis et Jacu Malese legimiis.
Salda riparia.
Obvenit eliam , quamvis rara , ad torrenles prope Cusanum.
Salda ocellata.
Ad rivas Triterni prope Cusanum specimea lin. i 3/4 longum, inter
saxa salientem Icgimus. Ohvenlt eliam rarissima prope Saticulam.
Monanlhia humuli.
YarJelateni pronoto apice nigro , quam ex Wollìi auctoritate in Cen-
turia prima indicavimus, ipsi in montibus Malese postea legiraus.
Monanlhia convergens.
Larvani et nympbam bujus speciei , quas nobis pluries observare li-
cuit , hic describere liaud fruslraneum putamus.
Corpus ovalum , depressum , nigrum iinmaculalum. Caput spina me-
dia frontali , aliisque duabus occipitalibus crectis ornatura. Pronotus spinis
quatuor dorsalibus^ duabus anticis et duabus in medio longitudinis, hispidus;
latcribus elalis , angulis posticis spinosis. AI)doinen spinis majoribus dorsa-
libus , aliisque utrinquc marginalibus armaluni. In nympha adulta color ci-
ncrcus oslcndi incipit.
Pacbymcrus insignis.
Hujus speciei a nobis in Centuria prima ( n. 68 ) anno i838 descri-
ptae , syuonimon Paehijmerus conlrachts Hor. Sch. ( Necudum , Am. )
retinendus Tidctur. Varietalcs omnes a dar. Arayot descriptae apud nos
inveniuntur.
Pacbymerus parallelus.
Haec a nobis descripta specics Micropo Cenci ila sìmilis, ut eadera ac
hiijus speciniina clytiis conipletis omnino videretur. Diversas lamen species
esse dare demonstranl: — i ° mososternum in M. Genei Iransverse rugo-
sum : in Pacb. parallelo utrinque raagis convcxum laevc nitidum; — 2.*
foeminae laininae vulvariae in M. Genei majores , magis elongatae , et
postice lobos duos valde distinclos efficienles : in Pach. parallelo mino*
( 286 )
rcs , postice miaus distincfos lobos formantes ; — 3." forma eliam trìum ul-
tiraorum segmentorum ventralium diversa. Quae ut melius appareant , ico-
nes extremitatis veutralis utriusque specie! simul exhibere curavimus.
AUCTORES ET OPERA
m HAC NEC IN PRAECEDENTIBUS CENTURIIS CITATA.
Amyot [ e. J. B. ] Entomologie Fran^aise. Rhyncholes.
{ Jnn. de la Societé Enlom. de France^ a.^ ser. iom. 3." et 4-^ )
Costa [ Achille ] Ragguaglio delle specie più interessan-
ti di Emitteri Eterolteri raccolte in Sicilia, e descrizione di al-
cune nuove specie de' contorni di Palermo, con una tavola i83g.
( Esercitazioni Accad. degli Aspiranti Naturai. IL par. IL ).
Meyer [ L. R. ] Werzeichniss <ler in der Soliweiz Einhe-
mischen Rhynchoien. Capsini : Solothurn , i84-3. in 8." cum 7.
hbulis.
ScHiLLiNG. — ■ Beitrage zur Entomologie; fase. /."* Breslau
ì8ag.
^ ■s
(
287 )
INDEX SPECIERUM.
201 Corixa Geoffroyi,
229
sabulosus.
202 Sigara minuta.
230
sabuleti.
20 3' Salda geminata.*
23l
mitellatus.*
2o4. Aradus Lucasii.*
232
nubilus.
2o5 Dyclionota fuliginosa.*
T^^
2o6 Derephysia foliacea.
234.
praetextatiis.
207 Blonanthia villosa.*
23ì> .
bivirgalus.*
208 Corizus pratensis.
236
suberylbropiis.
237
bidenticulaliis.
210 gcmraatus.*
238
beraipterus.
211 sanguineus.*
289
palliatus.*
21.2 Pseudophloeus nubilus.
2i3 Lygaeosoma sardeum.
214. Heterogaster senecionis.
2i5 linealus.*
2i6 exilis.*
217 Lygactis pnnctum.
218 Pacbymcrus dcreliclus.*
vulgaris.
pulcbcr.
pcdcstris.
^— pineli.
fenestraliis.
pictus.
— — discors.*
sylvaticus.
— — apicimacula.*
•—— curlulus.*
219
220
221
222
223
224
2 2Ì5
226
227
228
24.0 Aphanosoma italicum.
24.1 Xylocoris obliquus.*
24.2 Miris calcaratus.
24.3
2M
24.5 - — -
24.6 ■ — —
2^7 .
2^8 .
24.9 — — quadrivirgatus.*
250 Lopus discors.*
25 1 ■ albomarginatus.
2^2 erylbromelas.
2 53 Pbytocoris populi.
254. obliquus,*
2 55 . exoletus.
256 — — slrìatus.
e.rralicus,
laeviealus.
Yirens.
Guriicollis.
ruiìcornis.
longicornis.
2^7
258
2^9
26o
261
262
263
264
265
266
267
268
269
270
271
272
273
274.
275
276
277
278
279
280
281
282
(
melanocephalus
cinctipes.*
trivialis.*
fulvoraaculatus.
bipunctatus.
Limaculatus.
pabulinus.
ferrugatus.
binoiatus.
«ircumflexus,*
iaenioma.
baemorrhous.*
infusus.
strialellus.
tritaenia.
Kalmii.
tripustulatus.
unifasciatus.
bolosericeus.
mutabilis.
coroniceps.*
variabilis.
hortensis.
brunnipennis.
roseus.
viridulus.
288 )
283
284
285
286
287
288 Capsus
289
maculipennis.
melanotoma.*
floralis.
collaris.
virgula.
capillaris.
trifase! atus.
290 Globiceps capito.
291 — — rugicoUis.*
292 cl.avatus.
2 9 3 S trongilocoris leucocephalus .
294. erythroleptus.
295 cicadrifons.*
296 Pachyioraa minor.
297 ~~~~ flavomarginatus.
298 ■ major.*
299 Halticus propinquus.
300 aplerus.
3oi cylindrieoUis.*
302 Pentatoma sphacelata.
303 vernalis.
3 04. Cydnus morio
305
306 albipennis."
3 07 Trigonosoma falcata.
fumigatus.*
ù-7
( 289 )
TABULARUM EXPLICATIO.
Tabula I.
Fig. I. Corixa Geojfroyi.
B^ femur pedum posticorum magis auctum.
Fig. 2. Sigara minuta.
Fig. 3. Salda geminata.
Fig. 4" Aradus Lucasii.
B^ elytrum magis auctum.
Fig. 5. Dyctionota fuliginosa.
Fig. 6. Monanthia villosa.
Fig. 7. Corizus gemmatus.
Fig. 8. Corizus sanguineus.
Fig. 9. Pachymerus mitellatus.
Fig. IO. Pachymerus palliatus.
Fig. 1 1 . Pachymerus bivirgatm.
Fig. 12. Postcrior pars ventralis Pachymeri paralleli ?
Fig. i3. Eadem Micropi Genei ?.
Tabula II.
Fig. I . Aphanosoma italicum.
B^ poslerior pars ventralis feminae.
Fig. 2. Xylocoris obliqmis.
Fig. 3. Miris quadrivirgatus.
Fig. 4" Phylocoris obliquus.
Fig. 5. Phytocoris exoletus.
Fig. 6. Phytocoris circiimjlexus.
Fig. 7. Phylocoris trivialis.
( 290 )
Fig. 8. Phytocoris haemorrhons.
Fig. 9. Phytocoris taenioma.
Fig. IO. Globiceps rugicollis.
Fig. 1 1 . Strongilocoris erythroleptus .
Fig. 12. Slrongilocoris cicadifrons.
Tabula UL
Fig. I. Pachytoma minor; ^.
Fig. 2. Pachytoma minor; ?.
Fig. 3. Pachytoma Jlavomargìnatus ; </.
Fig. 4» Pachytoma jlavomargìnatus; ? .
Fig. 5. Pachytoma major; ^,
Fig. 6. Pachytoma major; ?.
Fig. 7. Phytocoris coroniceps.
Fig. 8. Phytocoris tritaenia-.
Fig. 9. Cydmis albipennis.
B^ antenna magis aucta.
N. B, In omnibus iconibus litera a longUudinem natura-
lem , À insectum auctum praebent.
CONSPECTUS METHODICUS
C I ]\I I C U M
IN REGNO NEAPOLITANO.
IIUC USQUE DETECTORUM.
»^»0-o^r^
HEMIPTERA HETEROPTERA.
I.
2.
3.
4.
5.j
Sectio I.a CRYPTOCERA.
NEPIDAE.
NOTONECTIDAE.
NAUCOIllNl.
CORIXINI.
Gen. Naucoris , Geof.
Gen. CoRixA , Geof.
I. cimicoideSj Lin.
Geoffroyi Lcach.
NEPINI.
striala , Lin.
basalis , A. Cost.
Gen. Nepa, Lin.
ondulala , Fall.
I. cinerea , Lin.
hieroglypliica , Li. Duf.
fossarum , Fall .
Gen. Ranatra, Fab.
Gen. SiGABA, Leach.
I. linearis , Lin.
1 .
minuta , Fab.
minutissima , Lin.
NOTONECTIM.
Gen. NoTONECTA, Lin.
glauca ,, Lin.
— var. marniorala , Fab.
— var. furcata , Fab.
Gen. Anisops , Spin.
niveus, Fab.
Gen. Ploa , Sleph.
minutissima , Fab.
Sectio II.^ CTMNOCERA.
HYDR03IETRIDAE.
HYDROMETRIM.
Gen. HrDROMETnA , Fab.
stagnorum , Lin.
Gen. Gkrris , Fab.
paludum , Fab.
Scliuiii.
canaìiitm , L. Duf.
3. gibbifera, Sclium.
( antera,
■te, '
lacustris, Lin.
( 292 )
lo f
ifo-scuteIlata,k. Cost.(rion auct.) "' (
3.
y ( llioracica, Schum
a.
6. argentata , Schum
VELIINI.
Gen. Velia , Lalr.
1. rÌTiiloruni , Lin.
2. cunens , Fab.
Gen. Hebrus , Curt.
1. pusillus 5 Curi.
SALDIDAE.
SALDIM.
Gen. Salda , Fab.
Slitloralis , Lin.
saliaioria , Lin.
maculata , Lalr.
2. ocellata j A. Cost.
3. bicolor, A. Cost.
4. pallipes, Fab.
0. riparia, Fall.
g f variabilis , Her. Sch,
■ * riparia , Hahn.
7. geminata , A. Cost.
LEPTOPODINL
Gen. Leptopus , Latr.
1. echinops , L. Duf.
REDUVIIDAE.
PLOJARIINL
Gen. Plojaria, Scop.
j I vagabunda , Fab.
■ < alata , Scop.
Gen. Emesodema , Spin.
1 . domestica , Scop.
HARPACTORINL
Gen. Harpactor , Lap.
I. cruentus , Fab.
^•(
I
•!
!
•I
4.
5.
baomorrhoidalis , Fab.
lessellalus , Lin.
annulatus , Lin.
pedeslris , Wolff.
subapterus , Curt.
HOLOTRICHIINL
Gen. HoLOTRicHius , Bunn.
Cyiilli , A. Cost.
? atbofascialus , Ciril.
denudalus , A. Cost.
REDUVIINL
Gen. Redbvius , Fab,
personatus , Lin.
quisquilius, Deg.
STENOPODINL
Gen. Oncocephalus, Klu(].
squalidus , Ros.
— var. notatus , Rlug.
PEIRATINL
Gen. Peirates , Sem.
stridulus , Fab.
studulus , Schell.
Gen. Prostemma , Lap.
lucidulum , 111.
staphylinus , L. Duf.
Biiesii , Her. Sch.
NABINL
Gen. Nabis , Latr.
subapterus , Latr.
apterus , Fab.
7mjrmicoides , Cost. ( nympha )
ferus , Lin.
cinereus , 01.
vagans , Fab.
testaceus , Scop.
punclafus, A. Cost.
longipennis , A. Cosi,
viridulus , Spin,
( 293 )
T.
2.
3.
4.
I.
1.
I .
2.
3.
2.
4.
PIIOIATIDAE.
PIIYMATINI.
Gen. Phimata , Lair.
crassipes , Fab.
ACANTIIIIDAE.
ACiVNTIIlINI.
Gen. AcAflTuiA , Fab.
Icclularia , Lin.
ARADIDAE.
ARADINi:
Gen. Aradus, Fab.
betulae , Lin.
corticalis , Lin.
Lucasii , A Cost.
t depressus . Fab.
I spiniger , Schcll.
' alalus , Lalr.
dissimilis , A. Cost.
TINGIDAE.
TINGINI.
Gen. Ti-Ncis , Fab.
pyri , Lin.
Gen. Deuephysia , Spvi.
foliacca , Fall.
Gen. DvcTioNOTA , Curt.
marginala , Wolff.
crassicornis , Curt.
l'uliginosa , A. Cost.
MONANTHIINL
Gen. MoNAKTHiA , Lep. Ser.
humuli , Fab.
ec/iii , Wolfr.
quadriniacuiata . Wolff.
convergens, Hahn.
villosa , A. Cost.
Gen. C.-iTOPLATCS , Sptn.
cardui , Lin.
parallelus , A. Cost.
auriculatus, A. Cost.
variolosus , A- Cost.
Gen. SEUEKTiirA , Spin.
lacta , Fall.
trìcolor , Lap.
atricapiila , Spin.
PIESMINL
Gen. PiESMA , Lep. Ser.
capitatum , Wolff.
niaculatum ^ Lap.
COREIDAE.
BERYTINL
Gen. Beuttus , Fab.
tipularius , Fab.
clayipes , Lalr.
Gen. Metacanthcs , .^. Cosi.
meridionalis , A. Cost.
elegans , Curi.
punclipes , Germ.
CORIZINL
Gen.
Fall
I.
2.
3.
4.
5.
«1
7-
8.
I.
CORIZTIS ,
byosciami , Lin.
errans , Fab.
crassicornis, Lin.
? Panzeri , L. Duf.
gemnialus , A. Cost.
capilahis , Fab.
stibriifus , Lin.
neriosìts , Scop.
pralcnsis , Fall.
parnmpunctalus , SchilL
gracilis , Panz.
sanguineus , A. Cost.
COREICI
Gen. PsEtJDOPHLOEos , Bitrm.
Fallenii , Schill.
2. nubilas , Fall.
3. Gcnei , Spili.
4.. lobatus , Her. Sch.
Gcn. Merocoris , Hahn.
i denliculalus , Scop.
1 . J hirlicornis , Panz.
I pìlicornis , Rlug.
2. S|iinolae, A. Cost.
3. serralus , A. Cost.
. ( allernans , Her. Sch.
*' ( dcìilator , Burm.
, annulipes , Her, Sch.
5. I denlator , Hahn.
I denliculalus , Burm.
Gea. Ceraleptds^ A. CosL
1 gracilicornis , Her. Sch.
2. squalidus , A. Cost.
Gcn. CoRECs, Fab.
I. spiniger , Fah-
Gen. Syromastes, Latr.
I. marginatus , Lin.
Gen. Verlusia , Spin.
( quadrala , Lin.
^ \ 5 rhombea , Fab.
( sulcicornis , Fab.
■ ( rolundiventns , Spin.
Gen. GoNocERUS , Latr.
I. insidialor, Fab.
I vcnator , Fab.
■ ( chlorolieus , L. Duf.
3. juniperi , Dahl.
ANISOSCELINI.
Gen. CaoEROsoMA , Curi.
Schillingii , Schuni.
arundinis , Curt.
294 )
1 Gen. Steno CE PHAtus , Laìr-
r nugax , Lin.
1 agilì's , Scop.
■ \ Geoffroyi, Petag.
' quinqiiepunclalus , Goelz.
Gen. Altdus, Fab.
[ lateralis , Gemi.
'■ ( gcranii , L. Duf.
2. calcaratus, Lin.
LYGAIDAE.
HETEROGASTERINL
t}en. Henestaris , Spin.
Spinolae^ A. Cost.
Gen. Heterogasteb , Schiil.
arundinis ,
i miriformis , Fall.
■ i abbreviatus , Wolff.
Gen. Micrelytra , Lap.
i fossularum , Fab.
^' ( api era . L. Duf.
1 . urticae , Fab.
2. salviae ^ Schiil.
o ( ovatulus , A. Cost.
( ericae , ejus. ( non auct. )
4., halophilus , Burm.
5. senecionis , Her. Sch.
6. lineatus , A. Cost.
■j. exilis , A. Cost.
Gen. Cymus , Ilahn.
1 . resedae. Panz.
t claviculus , Fall.
" ( caricis , Fall.
Gen. L1GAEOSOMA , Spin.
i sardeum , Spin.
'• ( ? reticulatum ■, Her. Sch.
LYGAEINI.
Gen. Lygaeds , Fab.
mililaris , Lin.
\ pandurus , De Vii.
' • < cii-ilis , Wolff.
i lagenijer , L. Duf.
j equeslris , Lin.
" ■ I spcciosus , Scop.
3. saxatilis , Fab.
4.. l'amiiiaris , Fab.
j. punctum , Fab.
(
j)unclalo-giittaliis
Gcn.
Ros.
Paciitmehus, S. Farg,
4.
5.
6.
f
9
IO.
II.
12.
i4.
i5.
i<5.
i8.
■9.1
20.
21.
22.
marfflnc-piiDctalus , WollT.
(lofc}ic(iis , A. Cosi,
celli i , Fab,
ulerrimus , Fai).
caròo?iarius , llos.
bimaculalus , Lin.
Rolandri , Lin.
pini , Lin.
vuigarfs, Schill;
quadralus , Panr.
rhomlHmacula , A. Cos£;
Juscus , Fai).
? umbralilis , Goelz.
? Ittclcolus , Lin.
puklier , Hor. Sdì.
pcdoslris , Panz.
pinoli, Panz.
fcnestralus , Iler
piclus , Sellili.
var. dcuoratus ,
agrcslis , Fab.
discors , A. Cost.
sylvaiicus , Hahn.
apicimacala , A, Cosi
cliiragra, Fab.
lihiulis , Ilalin.
curlulus , A. Cosi.
arenai iit-^, Il.ilin
sabn!«sus , Ilalin.
sabuleli , Fall.
mitellalus , A. Cost
2(JJ )
34.
3ò'.
36.)
, Sdì;
Hahn.
(
non
23 4 nubiliis , Panz.
■ f Qeniculaliis . I
24..
25.
26.
27.
28.
29-
3o.
3i.
32.
33.
genìculalìis , Ilahn.
Icssclla , A. Cost.
praelexialus , Hcr. Sdì.
bidenliculalus, A. Cosi,
brevipennis , Sdii 11.
bivirgalus , A. Cosi,
subcrythropiis , A. Cost.
bciniplerus , Sibili.
slaphi/liinformis. Haiin (nonSdì
naDilonnis , A. Cost.
parallcliis ,, A. Cost.
ditomoides ^ A. Cost.
palllahis , A. Cost.
albolixscialus, A. Cost.
insignis , A. Cost.
? conlraclus , Iler. Sch.
Hahn.
A. Cosi.
Gen. Stenog.asteii ,
Javalerac , Fab.
tardus , Hahn.
var. hyalinipcnnisj
ASTEMMINI.
Gen. AsTEMMA , Lalr.
i acgypiium, Fab.
f itulicmn , Ros.
apterum , Lin.
Gen. Aphanosoma , A. Cost.
ilalicuni^ A. Cost.
OPHTHALMICINL
Gen. Ophthalmiccs, Ilahn.
grylloidcs , Fab.
i eiylliioccphalns , Lep. Ser.
♦ fronlalis , Friv.
albipcnnis , Fab.
pallidipennis , A. Cost.
lineola, vi. Cosi.
ANTHOCORINI.
Gen. Xtlocorts , Z. Dtif.
parisiensfs , Ani . Ser.
obliquus , A. Cost.
Gea. Phvllocoris, A. Cost,
Ìncmorum , Lin.
austri'aeus- , Fab.
var. sjhcslris , Fab.
— pratensis , Fall.
Gen. Anthocoris , Fall.
i ncmoralis , Fall.
\ gallariim ulmi , Deg.
cursilans , Fab.
parvieornis , A. Cost.
lufescens , A. Cost.
alcr , L. Diif.
^■1
3.J
5.
6.
7
8
9-
IO.
I.
2.
3.
4.
3.
4.
6.
«•!
(2
CAPSIDAE.
MIRINI.
Gen. MiRis, Fab.
calcaratus , Fall.
dentalus , Hahn.
erraticus j Lin.
hortoi'um, WolfT.
miadrilùieatus , Schr.
lacvigatus , Lin.
vireiis , Hahn.
virens , Lin.
laevtgaius , Hahn.
curlicollis , A. Cost.
holsatus, Fab.
ruficoiTiis, Lin.
pulchellus, Hahn.
longicornis , Fall,
tricostatus, A. Cost. /-■^'f-
quadrivirgatus , A. Cost.
CAPSINL
Gen. Lopus , Hahn.
discors , A. Cost.
alboniarginalus , Fab.
albostrialus, Rlug.
var. rubrostrialus , Her. Sch.
gothicus , Lin.
erythromelas , Hahn.
Gen. Phytocoris , Fall.
populi , L.
obliquus, A. Cost.
exoletus , A. Cost.
slriatus , Lin.
histrionicus , Lin.
agilis , Fab.
flavomaculatiis , Fab.
tricolor , Lin.
quadrijlavomaculatus , Deg.
melanocephalus j Lin.
reveslìlus , Fall.
pallens , Fab.
coryli , Lin.
paìlipes , Hahn.
I
lOV.
II
«S
96)
t scrlptus , Fab.
9'< ìnarginellus , Fab.
var. nigroviUatus , A. Cost,
nemoralis , Fab.
vai', sexpunctatus , Fab.
— Carcellii , Lep. Ser.
— coccineus , L. Duf.
— nankineus , L. Duf.
— piceus , Girli,
f seticornis , Lin.
( lateralis , Fall.
12. cinctipes^ A. Cost.
i3. triviaiis, A. Cost.
14. fulvomaculatus , Fall.
{. bipunctalus^ Fab.
i5.< qiiadrìpunctaius , Fab.
( ? laevigatus, Wolff ,( non auct. )
16. biniaculatus, Her. Sch.
t bilonatus, Fab.
'7 ) Chenopodii , Fall.
ferrugatus , Fab.
roseomaculatus , Deg.
circumilexus , A. Cost.
taenioma , Am.
? vandalicus , Ros.
haemorrhous , A. Cost.
22. infiisus, Her. Sch.
23. slriatellus , Fab.
24.. pabulinus , Lin.
25. tritaenia , Am.
pi Iripustuiatus , Fab.
I var. paslinacae , Fab.
( Ralmii, Lin.
27 I Jlavovarius , Fab.
' ? transversalis, Fab.
28. basalis , A. Cost. />■ -'»*
Ìunifasciatus , Fab.
scmiflavus , Fall,
var. niarginatus , Hahn.
var. laleralis , Hahn.
3o. holosericeus , Hahn.
3i. niutabilis , Fall.
32. coroniccps , A. Cost.
33. variabilis , Mey.
34. hortensis , Mey.
35. brunnipennis , Mey.
19
20
i
21.
(2
^r\ rospus , Fall.
< sif/natipcs , Hcr , Sdì .
87. viridulus, Fall.
3o. maculipcnnis , Hcr. Scli.
89. melanofoma , A. Cosi.
4.0. fiorai is , Ilalin.
, i collaris , Fall.
* ì errans , Wollf.
49. vii-j,'iila , Ilur. Sdì.
43. saxatilis, A. Cost.
Gen. Glodiceps , T.cp Sere
1. capito , Lop. Sor\ .
2. varicijalus , A. (lost.
3. riii;ic()llis , A. Cosi.
f i l'Iavalus , Lia.
"^ I l)i)'asrialus , Fai)
Gen. HcTEBOTOMA , Lalr.
( spissicornis , Fab.
' ' ( merivplerus , Scop.
Gen. C.ipsts , Fa!>.
i capillaris , Fai).
I . J var. danicus , Fai).
I var. tricoli)r. Fai).
t Irifascialiis , Lin.
■ ♦ var. elalus . Fab.
Gen. STRONGTLoconis, Blanch.
1. leiicocenhalus , Lin.
2. erylhroleplus , Ain.
4-. cicadifrons, A. Cos.
HALTICIM.
Gen. Pach?to.va , A. Cosi.
( minor , A. Cost.
'io" Passcrinii , A. Cost.
2. flavomart^inalus , A Cost.
3 . m.ijor , A Cost.
Gen. H»LTicns , //a/m.
Ìpropinquiis. Hcr. Sch.
? luleico/i's , faui.
\ apterus , \An.
97 )
o < cvlindricollis, A. Cost.
^- t ifronUif/s, Fall.
SCUTELLERTDAE.
pi:nt.\to.\iim.
Gen. Asorrs , /Jiinn.
bidcns , Lin.
nigridens , Fa!),
cuslos , Fab.
Cenci , A. Cost.
dumosiis , Lin.
coeruleus , Lin.
Gen. Rhapuig.^ster , Lap.
*) punclipennis , III.
' ' (jriseus , Fab.
puipuripennis , Halin.
\ liluratus , Buim. ( non L. )
. iiìcarna/us , Germ.
j var. alliaceus, Wallh.
I jiaiipcriims , L. Dui'. ( n
L-n. )
Gon Aelia . /V/A.
I .
acuminata, Lin
0
Klugii , Ilalin.
3.
inflexa, Wollf.
4-
bilida , A. Cosi
pallicomis , Fab.
Gen. Pextato.ma , Olio.
sniaragdula , Lin.
var. torcjuala , Fab.
var. minor, A. Cost.
i dissimilis, Lin.
< jyrasina , Fab.
nigricornis , Fab.
cryngii , Germ.
laborans , A. Cosi.
6. dislinguenda , A Cost.
7. lunula , Fab.
Q 4 baccarum , Lin.
■ t verbasci , Dcg.
9. analis , A. Cost.
J sphacelata , Fab.
' lynx , Panz.
1 1 . Ternalis , Wolff.
38
12.
I .
2.
3.)
5.)
I .
2.
3.)
5.1
6.
9-
IO.
lunata , Linz.
Gen. Eysarcoris , Hahn.
bipunclata , Fab.
cousimilis , A. Cost.
pusilla , Panz.
binotala , Halin.
raelanocophala , Fab.
venuslissima , Schr.
regalis , Cos.
periata , Fab.
aenea , Scop.
Gen. Edrtdema , Lap.
ornata , Lin.
var. festiva , Lin.
dominula , Scop.
var. pietà , Fab.
oleracea, Lin.
Gen. SciocoRis , Fall.
umbrinus , Panz.
marginalus , Fab.
umbraculaliis , Lin.
aparines , L. Duf.
CYDNINL
Gen. Ctdhus , Fab.
bicolor , Lin.
albomarginellus , Fab.
dubius , Scop.
albomarginatus , Schr.
alboniarginalus , Fab.
loueomelas , Lin.
pietpes , Fall,
niorio , Fab.
tristis , Fab. ,
spinipes , Schr.
brunncus , Fa!),
punctulatus , A. Cost.
laevicollis , A. Cost.
fumigatus , A. Cosi,
nanus , Hcr. Scli.
Gen. Cyrtocremus , /im, S.
flavicornis^ Panz.
( 298 )
2.
I
albipennis , A. Cost.
SCUTELLERINI.
Gen. Odontotarsus , Lap.
i grammicus , Lin.
ì var. purpureolineatus , Ros.
Gen. Tettra , Fab.
hotlentota , Fab.
maura, Hahn.
maura , Fab.
var. pietà , Fab.
pedemontana , Fab.
granulata , A. Cost.
Gen. Thigonosoma , Lap.
falcata , Ciril.
? Besfonlainii , Fab.
nigellae , Lin.
aeruffi'nosa, Ciril.
Gen. Graphosowa , Lap.
lineata , Lin.
nigrolineata , Fab.
scniipunctata ;, Fab.
aibolineala , Fab.
leticogramma , Lin.
nervosa, Ciril.
[. fiavolineata , Fab.
Gen. PoDOPS , Lap.
:. curvidens , A. Cost.
!. inunctus , Lin.
Gen. CoPTosoiHA , Lap.
i globus , Fab.
■ } scarabaeoides , Panz.
Gen. Coreomelas , Whil.
scarabaeoides, Lin.
Gen. Odontoscelis , Lap.
I.
fuliginosa , Lin.
var. litura , Fab.
var. dorsalis , Haba.
( 299 )
Summa speci'erum.
Noloneclidae g
Nepldae 3
Hydroraelridac io
Saldidae 8
Reduviidae ly
Phymatidae i
Acanlhiidae i
Aradidac 5
Tingidae i6
Coreidae 36
Lygaeidae 70
Capsidae ^3
Sculclleridac 61
3io (i)
Capsinorura spccies adhuc dubiae, . . io
320
(i) Discrimcn intcr liane cifram et illam Ccnlurìarum resultai ei eo
ijuod ; i." liic Nolonecta furcata ad glaucae vcrielatcm rcferlur , cum in
illis uti distincta spccios signala est: 2° hic quatuor species de quibus in
nota loquutum est inscriptae fucninl.
ALCUNE IDEE
SULLE ARTI E MANIFATTURE
91IL :£ii®irD IDI iriiiPDM
LETTA NEL REALE ISTITUTO D' INCORAGGIAMENTO
Nella tornala de' 27 Gennaio 18Ò3
T
industria è V arte di creare , e diffondere i prodotti utili;
adunque le produzioni , e V esportazione suno tutlociò che di-
cesi industria.
L' industria La bisogno di tre elementi che le danno vita,
la scienza che dirige , i capitali che danno vita ed azione crea-
trice e diffondilricc , e l'uomo ch'esegua i precetti della scien-
za per via delle macchine.
Un popolo che produce senza esportare i prodotti superflui
dell' industria, fallisce. Di due popoli egualmente produttori ,
quello fiorisce di più , che più esporta ed in minor tempo.
Quindi i piroscafi e le strade ferrate danno una preferenza nel-
la floridezza delle nazioni.
L' industria in generale si modifica secondo il carattere di
una nazione , i suoi bisogni , ed i suoi mezzi.
( 302 )
Epperò taluni popoli sono fabbrictinti , altri commercianti,
altri produttori agricoli e di pastorizia.
Ogni nazione segue il suo istinto ed il suo bisogno , ed
invano Y uomo può inFrangcre questa legge.
Un popolo industrioso è naturalmente attaccato alla sua pa-
tria , che gli somministra i mezzi di prosperità.
Quando il suolo di una nazione non è bastante a soddis-
fare a tutt' i bisogni , gli speculatori e gli oziosi emigrano , e
cercano altra terra.
I popoli più industriosi sono V Inghilterra , la Francia , la
Confederazione Anglo-Americana, il Belgio, la Russia, l'Au-
stria , la Prussia , e la Svizzera.
La prima è l' Inghilterra, la quale per produzione e per com-
mercio , dà alla storia un nuovo esempio maraviglioso , che
potrà ammettere rivalità non maggioranza. I soli tessuti di co-
tone sorpassano 3o milioni di lire sterline, circa i8o milioni
di ducati. Quelli di lino vanno a piìi di 4-0 milioni di sterline,
o sia 29 milioni di ducati. Da ogni ramo la produzione ingle-
se è immensa , fino i prodotti agricoli e di pastorizia sono i mi-
gliori di tutta la terra. E da stordire sono pure i mezzi di tras-
porto ; pili migliaia di miglia di canale di navigazione ; cento-
mila e più miglia di strade interne ; oltre a settemila e più mi-
glia di strade di ferro; trentadue mila navi mercantili a vela,
e li 85 a vapore, senza parlare di quelle nelle contrade sog-
gette al gigantesco impero della compagnia delle Indie Orienta-
li : più di 200 mila persone sono addette al commercio , che
trasportano annualmente circa 3o milioni di cantala di mercanzie.
La sola marina della città di Londra supera quella di tut-
te le altre nazioni riunite.
La Francia a preferenza serve al lusso , mentre l'Inghil-
terra serve al popolo.
( 5o3 )
Agricoltura, commercio , produzioni di lusso di ogni ma-
niera elevano la Francia ad un altissimo grado di prosperità in-
dustriale.
La Confederazione Anglo-Americana raccoglie quasi tutta
l'emigrazione europea. Ivi l'industria^ 1' agricoltura, le arti
prosperano su di una scala clic aumenta maravigliosamente.
Nel 1812 essa conteneva sette milioni e mezzo circa di a-
bitanti : oggi ne ha circa 25 milioni.
La conquista della California, e più la situazione di quella
nazione , in mezzo ai due oceani fa presagire , che non larderà
molto che essa addiverrà l'arbitra del commercio del mondo.
La produzione del Belgio rivaleggia con quella di Francia,
e degli Stati Americani sopra tutto ne' lavori di ferro.
La Russia , 1' Austria e la Prussia sono anche molto in-
nanzi nel commercio delle industrie.
Questo rapido sguardo dimostra che fra noi fa uopo di sag-
gezza per dirigere Y industria del nostro regno , su quei rami
che possono prosperare , nei quali non abbiamo né possiamo a-
ver rivali.
Or quali sono questi rami ? Io credo che in primo luogo è
l' industria della seta , ma diretta dalla scienza , e su di una
grande scala. In secondo luogo l' agricoltura , soprattutto la pro-
duzione de' cereali , dell'olio di olivo, e del vino. Ma queste
produzioni sono fra noi abbandonate più alla natura che all'ordine.
Qual' è mai la ragione che tiene i proprietari della maggior
parte delle province del Regno lontani dall'industria serica? Qual' è
quella mano di ferro che , a malgrado de' tanti incoraggiamen-
ti del Governo , tiene lontano i proprietari da' prati artifiziali?
L' olio , la Dio mercè , ha avuto un grande miglioramento;
ma non è generale , e l' olio di Francia ha il primato.
Il vino fatto senz' alcuna regola , non è richiesto dall' estero.
( 3o^ )
Qucsfc riliramento dallo straniero de' nostri prodotti dipende pure
dalla mala fede , e dal dolo che un falso spirito di guadagno
porla in tuli' i prodotti che s inviano all' estero , un'adulterazione.
Molli stabilimenti di arti sono appena sorli, e sono falliti;
e perchè ? Perchè non introdolli con tulle le coudizioni volute
dalle leggi industriali , le quali mancano nel nostro paese.
IS'oi avevamo l'industria della scia in S. Leucio , ma i suoi
pfodotti non hanno mai potuto emulare quelli , non dico di Lio-
ne , ma di qualsiasi altro paese.
Quale stabilimento fra noi è fornito di tuli' i mezzi neccs-
sarii a quella specie d' industria ?
Non vi è dubbio , che in varie province del nostro Regno si
produce la seta con la industria de' filogelli , ma questa industria
non ha un solo stabilimento , che potesse emulare con quelli del
Lombardo-Veneto, e della Sardegna.
È un' industria questa di poche famiglie che la praticano
senza norme , senza scelta di semenza , e di foglia , senza stabi-
limento setifero. Eppure l' industria della seta potrebbe fra noi
prosperare fino a superare tutti gli altri che la praticano.
Avevamo noi una fabbricazione di porcellana, introdotta pri-
ma per conto del Governo, ceduta in seguito a' particolari. Ora
pili non esiste, per la deficienza di capitali. È per legge di na-
tura che qualunque essere male organizzato debba finire.
Lo stesso può dirsi delle nostre stoviglie , che mancano di
ogni condizione per allontanare la concorrenza delle stoviglie e
terraglie soprattutto dell' Inghilterra , la quale offre in questo ge-
nere perfezione, e risparmio; condizioni senza le quali non evvi
concorrenza in industria.
In fatti le fabbricazioni di Castelli da tempo immemorabile
stabilite senza regole , e senza tutt' i mezzi industriali sono rima-
ste stazionarie.
( 3o5 )
Sono stali consumali de' milioni per Io slabilimento di fab-
bricazioni di lessali di lana, di coione, di filo di lino e cana-
pe ; ma i milioni si sono esauriti , e le tante fabbriche sono in
parte fallite.
Eppcrò ricevevamo nel 184.0 i3raila novecento trentadue
canne di panni.
In vero era una stoltezza voler concorrere in questa specie
d' industria cogl' Inglesi , coi Francesi e coi Russi.
I primi provvedono i loro innumerevoli stabilimenti, i se-
condi soddisfano al lusso Europeo: i Russi poi hanno un'im-
mensa estensione di paese , e là mandano i prodotti delle loro
fabbriche.
Le nostre fabbriche dovevano cadere ; e cadranno sempre,
mentre di selle milioni circa della popolazione della Sicilia Ci-
teriore neppure il decimo ricorre ai tessuti napoletani.
II primo elemento della prosperità di una industria, è la
più grande consumazione de' prodotti , lo che, in quanto ai tes-
suti di lana non può avverarsi fra noi.
Lo stesso è da dirsi delle fabbriche di tela di cotone e di
lino. Noi abbiamo de' grandi produttori, l'Inghilterra, la Fran-
cia, l'Alemagna, il Belgio, l'Olanda, 1" Irlanda , ove la produ-
zione è immensa , perchè smisurate sono le richieste , ottimi i
prodotti e bassissimo il prezzo.
I nostri prodotti in questo genere, non sono consumati che
dal basso popolo, e perciò saranno sempre pochi, e non potran-
no mai giugnere a perfezione.
Non mancano fra noi i buoni fabbricanti i quali danno de'
prodotti preferibili a quelli degli altri; ma questi che noi di-
ciamo buoni , riguardo a noi sono pessimi in confronto di quel-
li delle fabbriche straniere.
I cuoi, le pelli ed i tappeti hanno pur fatto sperare un mi-
gUorameato', ma questo non è. uè può essere paragonabile ai
39
( 3o6 )
prodoUi siranicri ; poiché questi ci forniscono prodotti più per-
fetti , od a prezzi quasi eguali ai nostri.
La carta ha in qualche modo migliorato di comparenza ,
non di sostanza ; ma quella che si fabbrica nel nostro Regno ,
non ci ha liberali dal bisogno della carta estera.
Nelle mostre passate abbiamo veduto qualche buon cappello
di paglia , 0 di feltro ; ma pochi saggi non possono meritare il
nome d' industria patria.
Lo slesso dicasi delle fabbriche di vetri , e di cristalli. Di-
versi stabilimenti sono sorti , e quasi tutti sono caduti. Pei ve-
tri e lastre il nostro consumo è limitato. Questi prodotti non
possono mandarsi all' estero ove sono di qualità superiori , ed
a più mercato prezzo.
In due solenni mostre si esposero dei cristalli intagliali :
i fabbricanti che volevano introdurli, chiamarono de' manifattu-
rieri dair estero , dando loro vistosi assegni. Questa circostan-
za rendeva il prezzo de' prodotti altissimo ; quindi ne depose-
ro il pensiero.
L' oro e 1' argento non hanno avuto alcun perfezionamen-
to nel loro lavoro. Le manifatture estere , sono più ricer-
cate perchè più eleganti e meno materiali , mentre sono lavo-
rate con r aiuto di macchine.
I lavori de' mobili in certo modo hanno ricevuto più per-
fezione , come pure quelli del ferro ; sono però sempre infe-
riori a quelli che vengono dall' estero.
Queste arti hanno bisogno del disegno lineare, che man-
ca ai nostri artisti , poiché mancano fra noi le scuole industria-
li. Se la ferreria di Pietrarsa, e la fonderia de' cannoni han-
no prosperato , è dovuto certamente alla istruzione industriale
introdotta da tanti celebri nostri uffiziali.
I guanti di pelli di capretti e di montoni meritano un'at-
tenzione , ed un incoraggiamento , soprattutto pel basso prezzo
( 3o7 )
pel quale possono rivaleggiare coi guanti stranieri. Questo pro-
dotto nostro è asportato in grande quantità.
I lavori di acciaio che si eseguono principalmente in Cam-
pobasso , progrediscono immensamente ; ma essi si eseguono
a mano , e senza l'aiuto delle macchine, come si pratica in In-
ghilterra ed altrove.
I liori arlifiziali , i ricami nazionali non possono costituire
una branca d' industria del Regno , perchè vi saranno fra noi
delle ricamatrici , de' lavoranti di fiori; ma mancano però degli
stabilimenti di queste industrie. Dietro di tutto ciò noi riepilo-
gheremo le nostre idee.
I .° L' industria non si stabilirà fra noi senza la scienza ip-
dustriale , che ne stabilisce i precetti , e senza le scuole dir'it-
te a formare degl' industriosi istruiti.
2° Non debbo aversi per industria patria un prodotto sen-
za il corrispondente stabilimento , poggiato su di basi tecniche.
Perciò il Reale Istituto d' Incoraggiamento dovrebbe ado-
prarsi a procurare la fondazione degli stabilimenti industriali piìi
che il lavoro di oggetti isolati.
5.° Dovrebbe rivolgere tutte le sue cure a vedere quali ra-
mi d' industria possano a preferenza prosperare fra noi , perchè
più adatti all'indole de' nostri concittadini , alle loro tendenze,
ed ai mezzi che ne somministrano , il suolo, il clima, l'aria, ec.
L' esperienza di molti anni potrebbe servire di certa guida
a queste investigazioni.
I prodotti che veramente possono prosperare fra noi, pare
che sieno quelli della seta e de' guanti. A questi più di tutto il
Reale Istituto dovrebbe rivolgere la sua attenzione, facendo pre-
miare quelli che sanno fondare stabilimenti analoghi per tali in-
dustrie.
4..° Il Reale Istituto dovrebbe far di tutto , perchè le pic-
cole industrie di cuoi , di vetri , di panni , di tessuti in filo e
( 3o8 )
coione , di mobili , ncn solo non degradano , o si distruggano,
ma che si eleyino per quanto le circostanze il permellano ad u-
na scala più grandiosa da sopperire almeno a tutti i nostri bisogni.
5.° Dovrebbe porre ogni sua cura, perchè sieno perfezio-
nati i lavori , in argento , in oro , in ferro , in rame, pc' qua-
li vistose somme si mandano all' estero.
6.° Del pari dovrebbe rivolgere la sua attenzione a far mi-
gliorare , e prosperare i prodotti di agricoltura di ogni manie-
ra , e di pastorizia , promovendo i campi di modello , i prati
artitìziali , i migliori melodi per far buoni formaggi , buoni vi-
ni e buon olio.
Per questi prodotti noi possiamo benissimo entrare in emu-
lazione con r estero.
7.° Dovrebbe il Reale Istituto procurare, cbe chiunque vo-
glia stare alla testa di uno stabilimento industriale , dovesse ot-
tenere una carta autorizzante , in seguito de' debiti esami di di-
segno lineare , fisica , chimica e meccanica industriale , come
si pratica per le professioni di avvocato, di medico, di archi-
tetto e di agrimensore.
Tali carte dovrebbero rilasciarsi dallo stesso Reale Istituto
dopo gli esami e le rispettive osservazioni.
Ciò non riuscirebbe nuovo nel nostro regno , poiché per lo
addietro non si addiveniva capo di arte , senza il dovuto osarne^
e le carte autorizzanti a cura di talune corporazioni dal Gover-
no approvate che portavano il titolo di Cappelle. Così si otter-
rebbero i vantaggi di queste antiche istituzioni , senza i difetti
che le fecero abolire : si avrebbe cioè la guarentia delle capa-
cità in ciascun capo d' arte dietro I' esame di un magistrato im-
parziale e competente , qual certamente è il Reale Istituto mede-
simo , e ciascun lavorante rimarrebbe libero nell' esercizio del-
la sua opera senza temere gli abusi del monopolio , che prima
esercitavano i maestri delle varie arti.
Mi SORGESTE L\TERMITTESTE DI TRIIERM
IVELL AGRO YEMFIUIVO
E SUI MEZZI DI REGOLARE IL CORSO DELLE SUE ACQUE
AFFIN DI EVITARE I DANNI CHE ORA PRODUCONO
E VOLGERLE A PROFITTO DELLE POPOLAZIONI.
M E M 0 11 I A
I>EL SOCIO ORDINARIO ERAESTO CAPOCCI.
Signor Presidente, Signori
0,
'uanlunqiie questo nostro Istituto abbia per suo scopo gene-
rico r incoraggiamento delle scienze naturali, pure non mi sarei
forse determinato ad intrattenerlo su questo curioso fenomeno di
idrografia patria , se lo studio da me fattone non mi avesse con-
dotto a talune conclusioni che riuscir potrebbero d'immediata ap-
plicazione a vantaggio della pubblica salute , e della prosperità
di una delle più ricche e trascurate regioni del nostro regno —
Difatti Ira queste è nota e famosa sin dalla rimota antichità la
valle di Venafro , nella quale la benigna natura pofondeva con
larga mano tutti i suoi doni. Per modo che alla pingue e fe-
race qualità del terreno nelT ampia sua pianura , e nelle dolci
pendici de' circostanti suoi monti , non manca abbondante e sva-
riata copia di acque , onde vien promossa la più lussureggiante
vegetazione.
Le acque che bagnano questa bella pianura, pressoché ellit-
tica ( il cui minor asse , della lunghezza di 4 miglia in circa ,
(3ro)
corre dal Nord al Sud, ed il maggiore; più che doppio dell'altro,
dal Est all' Ovest ) possono ridursi a tre principali generazioni :
i." il Volturno; 2." il fiume di S. Bartolomeo ; 3.° il fiume di
Triverno (1) ; oltre di talune sorgenti minerali , che ora non
accade di esaminare , come fuori del campo prescrittomi nelle
presenti ricerche. Il Volturno che l'attraversa dall'Est al Sud,
per essere ancor non mollo lontano dalle sue fonti , conserva
tuttavia la purezza delle sue acque , ed è già divenuto una gros-
sa riviera , che può minacciar bensì i campi adiacenti col di-
vagamento del violento suo corso, ma non già corrompere l'aere
con esalazioni di acque stagnanti. Il fiume , che meglio diremmo
rivo , di S. Bartolomeo , è formalo dalla riunione delle acque
delle belle fontane della presente città di Venafro , e perciò
prendendo origine nel bel mezzo della cinta settentrionale della
valle , ov' è edificata questa città , ne irriga gli orti sottoposti ,
indi volgendo all' occidente va a scaricarsi nel Volturno presso
del Sesto. Queste acque ancora di limpida e costante scaturigine,
possono riguardarsi come per poco, anzi per nulla capaci di al-
terare la buona qualità dell'aria ; a meno che gli ortolani, quasi
a bella posta , nelle loro irrigazioni non le facessero stagnare ,
(i) Queslo nome gli vien da un antico Castello pel quale passa , alla
distanza di circa un miglio. Questo castello per altro è interamente sparito
da circa due secoli , al tempo cioè del Ciarlante e non vi esiste altro pre-
sentemente che un mulino ed un'osteria. Ma al tempo di Carlo-magno (nel
775 ) doveva essere molto forte , poiché gli oppose la più valida resisten-
za. Riguardo al nome di questo luogo , convien notare che anticamente
trovasi chiamato Tuliverno , e non Triverno. Dil'atti nelle Storie di Giovan-
ni Villani trovasi scritto : k Misesi ( Re Carlo d' Angiò nel 1265, per an-
j dare a (lombatter Manfredi a Benevento ) a passare il fiume del Voltur-
j no presso a Tuliverno , e tenne per la contea d' Alife s ; il qual no-
me antico sembrasi conservato nella tradizion popolare , poiché dalla gen-
te minuta della contrada è detto Ttiliviertw.
(Sii )
per viziarne, e corromperne la naturale purezza. Da ultimo il
fiume di Trlverno , forse ancor più piccolo del precedente, sorge
al Nord-Est della valle , da una rupe calcarea di solt > al villag-
gio di S. Maria dell' Olivete , e dopo un corso non troppo de-
clive di un miglio e mezzo all' incirca, va ad entrar uel Voltur-
no. Questa sorgente per la singolarità che offre, formerà il sog-
getto della presente memoria.
È dessa di falli della specie di quelle noie sotto la denomi-
nazione d mteriniUenti dal volgo anche dette miracolone: stan-
techè con periodica subitanea intermissione più o men regolare ,
le sue accpie fluiscono o mancano pel corso di mesi e di anni,
senza veruna apparente relazione immediala col ricorrere delle
stagioni; fenomeno per sé slesso degnissimo della dotta curiosi-
la del naturalista, ma nel caso presente ancor più degno di spe-
ciale attenzione , per le conseguenze che ne derivano ai più gravi
interessi della civil società. Ed invero nelle vicende di disparizio-
ne e di flusso di quelle acque, non mai troppo chiare sin dalla
origine , vengono queste ad impaludarsi nella pianura, e ne nasco-
no, nelle parti più basse del loro letto, pozzanghere melmose e
ristagni d'ogni maniera. La quale non naturale invasione e defi-
cienza improvvisa del fluido, contrariando, e direi quasi sorpren-
dendo ivi, ed insidiando l'esistenza degli esseri organici, tanto
del regno animale quanto del vegetabile , ne ingenera la corru-
zione, svolgendone nella calda stagione una maravigliosa caligine
di pestifere esalazioni , che spargono ovunque , tra que' miseri
abitatori , le più perniciose malattie e la morte.
Né crediate , o dotti col leghi , eh' io voglia arrogarmi il
vanto di sporvi colali fatti , come una novità. Tanto la bizzarra
rinnovazione di quel fenomeno , quanto le pericolose sue conse-
guenze , erano per lo innanzi ben note da lungo tempo. Né tam-
poco mancavano , dopo il risorgimento delle lettere , scrittori
delle cose patrie , che in prosa ed in rima , deplorassero co-
(3l2)
siffatte calamità. Il Fontano tra gli altri sin dal suo tempo ( xv."
secolo) scriveva al proposito di questo rivo (i).
» Hinc etiam miseranda lues mortalibus, hinc et
)) Dira fames saevitque malum per vulnus utrumque j.
Ed indi il Valla , ed il Monaclielli, ne' due ultimi secoli, e
pivi ancora in questo i signori Pilla , Cotugno , Sannicola ec. de-
ploravano colali iatture , cui irreparabilmente vedevano tuttavia
soggetta la nativa loro contrada; e con lodevole zelo si facevano
a descrivere le endemie che tante umane vittime mietevano pe-
riodicamente in ogni anno , e proponevano i mezzi più acconci
a liberarsene. Ma questi mezzi , per ciò che riguarda le dette
acque di Triverno , si riducevano alle solite avvertenze che la
scienza consiglia per togliere gli ostacoli che impediscono , e fan
corrompere le acque.
Io ho pili minutamente raccolto e studiato i particolari dei
fatti ; da questi mi sono ingegnato di risalire all' ascosa cagion
del fenomeno , indi ho escogitato , come or ora vedrete , uno
spediente che promette d' impedire il male di queste acque sin
dalla loro origine , e prima che lo producano col loro dilagarsi
per la campagna.
Tutti gli sforzi da me fatti per raccogliere notizie sul luo-
go , non mi son bastati a risalire più in su dello spazio di 34.
anni (2) nequali la storia di queste acque è descritta nell'annesso
(i) Jleteororum , de Rico Venajrano.
(2) Nel 1691 scriveva il Valla e quest' acqua si vede alle volle del tut-
» lo mancare ed alle volle smisuralamenle crescere , con sentirsi ancora il
» rumore dell'acqua che scende per gli anfralll del convicino monte , pri-
* ma di uscir nel piano. Vogiion eh' essiccando in lutto, presagisca abbon-
> danza e salute , crescendo poi di soverchio infermila e penuria di vive-
» ri. . , . Da molti anni a questa parie però dell'acqua non è mancala mai
(3i3)
quadro numero i.*, ove ho pur notalo la corrispondente quan-
tità della pioggia caduta qui in Napoli in ciascun anno , non
essendovi altri dati udiometrici locali più acconci alla nostra
ricerca. Vi ho pur notato il numero de' nati e de' morti in Ve-
nafro , per discoprire con tali confronti , e render piìi manifesta
l'influenza che le dette acque possono avere sulla salute pubbli-
ca. Al quale intento meglio ancora ne servirà l'altro quadro,
numero 2.°, nel quale sono mensilmente registrate le nascite e
le morti , negli anni piìi notevoli per istraordinaria mortalità, come
nel 1821 , 1823 etc. Ivi eminentemente si manifesta l'influenza
micidiale della calda stagione : poiché le morti crescono a dis-
misura a mano a mano dal luglio sino a settembre , ed indi ri-
mettendo alquanto prosieguono ad abbondare talvolta sin verso la
fine dell' anno , quando cioè il velen del miasma ha avuto i'
tempo di atterrare tutte le sue vittime ; al novero delle quali per
altro fa d'uopo aggiungerne altre non poche tra que'miseri con-
tadini, che, discesi da' loro monti a lavorare la state nella mal-
sana pianura , riportano il germe del male nella propria dimo-
ra , e vi periscono senza numero , con la ben nota febbre della
malaria. Ma facciamo oramai ritorno alla nostra acqua di Tri-
verno.
Dirò dunque di aver inoltre raccolto sulle medesime acque
che quando esse fluiscono , può scorgervisi agevolmente 1' effetto
delle stagioni; vale adire, che aumentauo ne' mesi piovosi e di-
minuiscono negli asciulti : cosi le acque principiano ad aumen-
tare verso la fine di autunno, e l'aumento va sempre più cre-
» ed è scorsa anche nella state ; eppure , per grazia d' Iddio , nella città
j si è goduta ottima ed universale salute, j Da ciò viene altestato ( oltre
dell' esistenza del fenomeno in quel tempo ) che Ia| permanente flussione
delle acque faceva sparire le infermità , e ciò è ingenuamente riconosciuto
contro r opposta ofinione clic allora era in corso.
4o
(3i4)
scendo sino alla primavera , indi decresce sino all' autunno (i).
Nello scorso maggio , quando io ho visitato il luogo 1' ultima
volta , le acque erano pressocchè al loro massimo (2). L'espe-
rienze da me fatte in quel tempo per determinare il loro volu-
me , furono eseguite in un punto in cui il loro alveo era retti-
lineo e di bastante regolarità : la media larghezza era di me-
tri 5,4-0 , pari a palmi 20 de' nostri ; la profondità delle acque
di metri i;2 0, eguali a palmi 4- e mezzo ; la velocità della cor-
rente essendo di 0," 88 = 3 Pj33. Laonde con tali dati si calcola
il volume delle acque fluenti in ogni i"=5,6i3 metri cubici,
ossia a più di 3oo palmi cubici , che corrispondono a un di-
presso ad li botti per secondo, e perciò a 9^0,000 botti per
giorno.
Passiamo ora alla discussione di questi fatti.
Ed in prima è manifesto , come testé dicevamo , che il pe-
(i) Cotale influenza è al tutto semplice e facile a concepirsi e vien di-
stinta dai fisici col titolo d' intercalazione.
Un altro fatto merita qui di essere registrato per l'influenza che potreb-
be avere sulla produzione del fenomeno, quante volte se ne volessero stu-
diare a fondo le fasi; e questo è l'esistenza, alla distanza di un sei mi-
glia, più in su di Cerasolo, di una capace conca cìnta itUorno intorno da
monti , all' altezza di quasi 800 metri dal pian di Venafro. Questa conca
in taluni tempi si converte in lago (onde il luogo è denominato Pantano),
e le sue acque rimangonvi per giorni , e talora anche per mesi interi pri-
ma di venire assorbite , per certi fori quasi interamente occulti, che si tro-
vano nelle sue parti più profonde.
(2) Ma il signor Vincenzo Capaldi (giovane cullissimo, al quale ho il
maggior debito delle notizie colà raccolte ) mi scrive, che dopo la mia par-
tenza abbondarono anche di più. Ora per altro van declinando, per modo
eh' egli le trovò diminuite di molto ai 28 di luglio , ed anche più smi-
nuite ai 5 del presente agosto. Sicché, soggiunge, seguitando cosi a decre-
scere potrebbero venire a mancare verso la fine del mese , e cagionare un
male inenarrabile alla gente che ora trovasi in que' dintorni.
(3.5)
riodico cader delle piofjgc nelle diverse stagioni, non ha che una
secondaria influenza sulla prodiizion del fenomeno ; poiché le
acque appaiono e spariscono iadislinlamenti in ogni mese del-
l' anno. E lo stesso parmi doversi conchiudere riguardo alle an-
nate più straordinariamente abbondanti di pioggia. Se pur non
vi si volesse scorgere una certa cotale influenza , mediata , la
quale, cioè, si appalesa dopo Telasso di uno o due anni; come
a cagion di esempio può supporsi nella riapparizione delle ac-
que nel i83i , due anni dopo le abbondantissime piogge del
1829 , e nella riapparizione del iSM dopo le grandi piogge
del 184.1 e 184.2.
Ma attraverso delle non lievi irregolarità che in tali inter-
mittenze presentansi nel nostro quadro, pur sembra potersi scor-
gere un periodo di sei anni circa che spesso ripetesi , interca-
lalo da periodi più brevi ed anomali. E perciò ben possiamo
stabilire che questo sia il caso di una vera fonte intermittente,
la quale , secoudo la teorica concordemente ammessa dai cultori
della fisica generale del globo , proviene da interne concarae-
razioni del monte , conformate e disposte in modo da dar luogo
al giuoco di un sifone ; come si vede a un dipresso rappresen-
tato nella figura qui annessa , eh' è lo spaccato ideale della
montagna. Prima per altro di entrare in questi particolari , farò
per transito notare la speciale importanza di questa sorgente per
la rara lunghezza de' suoi periodi, che (come vedremo) sup-
pone delle vastissime cavità nel seno della montagna. Difatti la
maggior parte delle fontane periodiche sinora note non eccedono
il periodo di qualche ora, come quella antichissima di Como già
descritta da Plinio ; e anche se ne conoscono di quelle che ne
hanno de' più brevi, come quella di Colmar in Provenza, che si
alza e si abbassa ben otto volte in un'ora; e per lo più lo hanno
di poco più di sei ore, mostrando cosi, come quella di Fronzanches
in Linguadocca, una decisa relazione colla marea lunisolare, re-
(3i6 )
lazione plausibilmente spiegata da La Hire per mez-^o di lontane
attinenze coll'estuazione del mare; vi ha pure invero "qualche esem-
pio di più lungo periodo , come quello offerto dalla fontana di
Boulègne nell'Arriège , ma questa dopo essere rimasta per to,
10 , 20 e anche 25 anni senza sgorgare , dipoi in 2 , 3 0 4-
mesi si esaurisce perfettamente , né mai si è veduta durare
per un intero anno , cosa totalmente diversa dal caso nostro di
un periodo attivo di ben sci in sette anni !
Ritornando ora all' ipotesi del sifone ne conseguita che le
acque che s' infiltrano pe' punti E , E , E nel serbatoio sotter-
raneo A , si accumulano in esso sintantoché il loro livello non
giunga all' altezza di C , C , che corrisponde al punto culminan-
te del condotto sifoniforme B , C, D. Allora poi l'acqua riem-
pito interamente il braccio BC trabocca , e per la nota legge
d' idrostatica principia a scorrere nell' altro braccio C D , e zam-
pilla air aperto per 1' orificio D con perenne getto , sino a tanto
che tutto il serbatoio siasi esaurito sino al livello inferiore del
sifone in B , B. Cessa allora di nuovo lo sgorgamento , e non
ricomincia , che dopo di essersi l'intero serbatoio ripieno sino
al livello C , C; e cosi ricomincia da capo il processo collo
stesso ordine.
Oltre a ciò è da notarsi che per aver luogo cotali inter-
mittenze l'apertura del sifone , che serve di condotto di disca-
rico, dev'essere di maggiore ampiezza de' varii meati d" infiltra-
zione E , E , E presi insieme , che alimentano il serbatoio me-
desimo ; altrimenti l'acqua tosto diverrebbe perenne, come nelle
sorgenti ordinarie. Possiamo inoltre inferire che tal prevalenza
del tubo di discarico non sia molto grande , poiché in tal caso
il tempo impiegato dal serbatoio a vuotarsi , ossia il flusso delle
acque, sarebbe stato più breve ed inferiore al tempo occorrente
al riempiersi, cioè al tempo dell'assenza dello sgorgo dell'acqua,
t
<*
"-■ r
A
^' <i m ri, il
\
^
X
\ V. - ,'■■>/
(3i7)
come accade alla tcslè mentovata fontana di Boiilègne , la cui
cavità si vota in qualche mesi , e si riempie in molti anni.
Ciò posto quale espediente ne può venir suggerito da questi
lumi teoretici, per regolarizzare l'uscita delle dette acque?
È evidente che la semplice riduzione a minor dimensio-
ne dell' orifizio esterno del sifone in D , potrebbe sicuramen-
te farci giungere al nostro intento. Vale a dire che diminuito
con tale artifiziale ristringimento lo sgorgo delle acque , ridotto
per esempio alla sua metà , si otterrebbe che il serbatoio si vo-
tasse in un tempo doppio di quello che vi avrebbe impiegato
naturalmente. E così sarebbe in poter nostro di proporzionar l'e-
sito delle acque , in modo da renderle perenni , e far cessar
radicalmente tutt' i danni che ora producono. Ammessa anzi la
possibilità di rendersi padrone del loro sgorgo, per mezzo di ben
congegnata cateratta , sarebbe auche agevole di volgerlo a spe-
cial benefizio dell' agricoltura. Difatti se l' esito ne venisse ri-
stretto nel verno ed allargato nella state, oltre dell' ovviare alla
sospensione del macinar del mulino dell' osteria di Triverno ,
che pur cagiona non lieve disagio ai villici di que' dintorni , si
ovvierebbe alla corruzione attuale nel fondo de' prosciugati ri-
stagni, e di più si avrebbe ad arbitrio acqua sufficiente ad una
amplissima irrigazione.
Ma questo bel prospetto ipotetico, mi domanderete , sarà mai
per potersi mandare ad effetto ? Tutti gli studii da me fatti sul
luogo m' inducono a rispondere affermativamente , senza la me-
noma esitazione , ed eccoue le ragioni : È noto , ed io l' ho ve-
rificato nello scorso maggio , che di tutta la massa di cotali ac-
que , almeno le due terze parti sgorgano da una apertura trian-
golare larga meno di un metro. Questa apertura che rimane com-
presa tra saldi macigni , io l' ho attentamente esaminata Del-
l'ottobre del i8oo , e non vi ho scorto allora il più lieve se-
gno del gemere delle acque. E tutta 1' area iraraedialamcnte sot-
( 3.8 )
toposta a tale apertura , era parimenti allo asciutto , tranne un
piccol pantano circolare di un selle in otto metri di diametro ,
dai maiali convertito in brago. Questo era 1' unico segno super-
stite della occulta conserva di acque ; ed in questo raedesirao
luogo, ora in mezzo d' un lagliclto, si veggono delle polle ele-
varsi alquanto sul livello delle acque , in riprova della effettiva
comunicazione coli' interno del monte. Questi terreni , ora mezzo
sommersi, e tutti acquitrinosi , occupano lo spazio di qualche
moggia, indi alla distanza di un tre in quattrocento metri; tutta
r acqua si stringe e raccoglie in una sola corrente : il palude
cessa , e principia un fiumicello , meglio affondato nel suo letto,
e men tristo.
Intanto qual cosa è più agevole , quando verrà di nuovo a
mancar l'acqua , di contornare convenientemente di fabbrica ,
con cemento idraulico , lo spiraglio dianzi descritto , per stabi-
lirvi la cateratta o chiusa che dovrà moderarlo? Vero è che in-
tercetta r uscita in quel luogo alle acque , vi sarebbe forse da
temere che non se ne procurassero da se altrove delle altre ; ma
la natura della roccia , ed il sifone che vi esiste per entro , fan-
no ragionevolmente supporre nelle pareti di questo una positiva
consistenza, senza la quale male avrebbe potuto reggere e pneu-
maticamente agire per tanti secoli.
Ad ogni modo per abbondare in precauzioni e prevenire
colali non improbabili eventualità , io proporrei di cingere il
luogo di un muro allo da sei in sette metri , comprendendovi
il brago circolare anzidetto , per modo da contenere tutte le ac-
que che pullulano in que' contorni , le quali coli' aumentar di
livello sino alla sommità del muro di cinta . frenerebbero colla
loro pressione le acque irrompenti. Da una siffatta opera ( che
al certo non sarebbe di grave dispendio , pel tenue prezzo dei
materiali di costruzione che in certo modo trovansi ammanniti
in sul luogo medesimo) ne ridonderebbe altresì un altro positivo
(3.9)
vanlaggio , la conversione cioè della presente malsana proteifor-
me palude in lago perenne , che per la verticalilà delle pa-
reli del suo argine , ed il continuo riversarsi delle acque , si
conserverebbe mai sompre vivo ed innocuo ; e con sicuro pro-
fitto potrebbe anche convertirsi in vivaio , massime per le lam-
prede e le anguille , che dovrebbero molto prosperarvi ; slan-
tecchè il luogo n' è ferace naturalmente ; come vien anche pro-
vato da un curioso fatto , avvenuto in una delle ultime spari-
zioni delle acque : essendosi allora veduto nel loro letto , rima-
sto in secco, tale quantità enorme di anguille che servirono di
abbondante pasto agli stessi animali immondi.
Non sarebbe egli impresa lodevolissima di vantaggiar cosi
nello stesso tempo l'agricoltura, prima sorgente della nostra
nazionale ricchezza ; la piscicultura , cotanto ora promossa appo
le più colte nazioni ; e la salute pubblica ?
Per tali importanti motivi voglio augurarmi , che le cose
da me sin qui dette si attirino la vostra attenzione , affin di
proccurar loro , colla vostra autorevole approvazione , ove ne fos-
sero degne , quel peso che le commenderebbe agli occhi dell' u-
niversale , e specialmente di quelle agiate persone che localmen-
te avrebbero tanto interesse di porre questi suggerimenti a profit-
to e forse anche agli occhi dello stesso nostro saggio Governo (*).
Napoli 4 Agosto i853.
Ernesto Capocci.
(*) Questa memoria è stata approvata dal R. Istituto nella seduta del
I settembre , e per la sua importanza n lia ordinata l' iramcdiala pul)bli-
cazione per le stampe ; disponendo inoltre di darne contezza aUEecelientis-
simo Ministro degli AfTari Interni, il quale a sua volta ne richiedeva la co-
municazione dell' intera memoria.
( 320 )
TAVOLA GEWERALE ( IV.» I. )
Anni
Nali
Morii
Variazione
della
Pioggia
in
Acque di Triverno
1Ò19
96
popolazione
millimetri
i6u
-1- 66
r acqua iluisce
1820
167
104
•4- .3
idem
1821
io5
118
- 43
66.9
idem
1822
i48
109
+ 39
65,1
idem
1823
,67
197
- 3o
80,6
idem
182.Ì
122
119
— 97
76, 2
idem
1823
17Ò'
i.i
1- 64
83,0
l'acqua cessò
1826
149
1.2
- 37
Il4,2
senz' acqua
1827
102
98
- 34
90,0
vi l'u per due mesi
1828
17
76
- 81
,54,3
senz' acqua
.829
157
io5
- 52
104,2
idem
i83o
i5o
117
- 33
79''
idem
i83i
149
276
— 127
80,4
vi fu per due mesi
i832
io3
i44
-il
vi fu per quattro mesi
i833
.52
123
.
- 29
68,4
senz' acqua
i83|
.44
70
-
- 74
54,2
idem
i835
.42
167
— 25
88,5
r acqua riappare al 1 ° dell' anno ma
nel suo decorso andò sempre scemando
i836
161
77
+ 84
83,7
alla fine di Gennaio l'acqua torna a
fluire abbondantemente
1837
.48
24.
-93
64,3
idem
i838
i83o
.37
121
Ili
-40
-24
88,3 i
1' aequa fluisce sempre con leggiere 0-
scillazioni sino al seguente anno i84o
18-io
.32
i58
— 26
i8ji
.36
189
— 53
102,9
manca per pociii mesi
1842
128
i65
-37
102,4
senz' acqua
i8|3
.49
i56
71,2
idem
1844
149
i36
-I- .3
75,6
1' acqua fluisce
1840'
.40
162
— 17
81,4
idem
1846
i-iG
.27
+ j
96>|)
92,3
id(>m
.847
124
.37
idem
i848
166
224
— 58
92,3
idem
i849
i36
179
-43
78,3
l'acqua cessa nel Novembre
iSiio
i4o
-37
78,5
senz' acqua
i85i
i85
i35
4- 5o
83,0
l'acqua riappaie nel Dicemb.
r acqua flu.sce
18ÌJ2
.52
i83
— 3i
66,0
i8ò'3
80,2
idem
( 321 )
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RICERCHE
SOPRA ALCUNE SPECIE DI SOLANI
MEMORIA LETTA AL REALE ISTITUTO D' INCORAGGIAMENTO
NELLA TORNATA DEL i." SETTEMBRE i853 DAL SOCIO
ORDINARIO CAV. TENORE.
V^oloro che danno opera allo studio della Botanica non han
mancalo di avvertire come tuttogiorno delle piante mal definite
s' introducano ne" giardini, di alcune delle quali di maggior pe-
so diventa la loro precisa determinazione perchè vanno accrescen-
do la serie delle piante di uso comune , ed i cui frutti , rite-
nuti commestibili , possono di leggieri confondersi con altri for-
niti di qualità nocive.
Tal' è il caso di alcune specie di Solani che imprendiamo
ad illustrare , e che molta somiglianza ne offrono colle melan-
zane con i pomidoro e con i peperoni generalmente coltivati.
Di esse possono distinguersi le tre seguenti specie.
Specie I ." Solano Melanzana falsa.
( Solanum pseudo-melongena Tea. Molignana del Brasile volg. )
Sotto qucst' ultimo nome in molti giardini de dintorni della
Capitale , e più frequentemente in quelli della Barra , di Portici
e di Resina; trovasi da pochi anni introdotta questa specie di So-
( 324 )
lano, che vi si è moltiplicata per modo che sul cader della sta-
le e per tutto 1' autunno se ne veggono a vendere i frutti che
si apparecchiano e si mangiano a modo delle melanzane comuni.
Questo solano è pianta erbacea annuale di color verde bru-
no , priva di pelame e di pungiglioni. I suoi fusti sono alti 2
a 3 piedi , scabroselti e ramosi ; le sue foglie sono alterne , pic-
ciuolate , ovato-bislunghe , ineguali alla base e per lo più gemel-
le e disuguali, come nelle specie congeneri ; esse sono dippiù
angolate e sinuose nel contorno e prolungate in punta.
I piccoli fiori di questa pianta nascono sopra i rami fuori
delle ascelle delle foglie, e talvolta anche sul picciuolo della fo-
glia maggiore ; essi sono raccolti in corti grappoli al numero
di 2 a 5 fiori per cadauno ed i loro cortissimi peduncoli stan-
no rivolti in giù. Di questi fiori due o tre ne restano fecondi e
fruttiferi , prolungando i peduncoletti propri per circa mezzo pol-
lice. Il calice di essi è monofillo col tubo cortissimo che non
s' ingrossa per rivestirne la base del frutto come nelle vere me-
lanzane; esso è profondamente tagliato in 5 lacinie che marci-
scono nella maturità del frutto ; la corolla è rotala ipogina bian-
ca , divisa in 5 lacinie-lanciolate aguzze carenale. Si attaccano
ad essa 5 slami culle antere uniloculari , i cui loculamenti si
aprono in cima per un forellino , e dal centro del fiore ne sor-
ge 1' unico pistillo collo stilo e lo stimma semplice , e 1' ovario
globoso.
II frullo è una bacca rotonda del diametro di circa due pol-
lici , priva affatto di bellico e di costole , e niente schiacciata ,
se non che talvolta presenta uno o due solchi poco profondi ,
più pronunziati ne' frutti immaturi. Il suo colorito è scarlatto con
qualche vena verdastra, che suole sparire nella perfetta maturi-
tà. Tagliata traversalmente scorgesi composta di una sola massa
di sostanza compatta come quella della melanzana , e dello stes-
so colore bianco sporco di giallastro. In questa polpa si distin-
\
■|'..v,U
.\'li.\iiiiui ('■iili''l'uvi)Oi
UPiU
./VA,,....//,.
( 32b' )
guono le placente al numero di 5 a 6 che ne riempiono le ri-
speltive cellette , e sono gremite di piccole semenze di color
giallastro, quasi rotonde e schiacciate , il cui albume circonda
r embrione.
Questi frutti maturano dall' agosto a tutto novembre ; essi
sono affatto insipidi come quelli della melanzana. Per questa qua-
lità si distinguono essenzialmente da quelli delle due specie se-
guenti , con i quali vengono spesso confusi , e che hanno sapo-
re acre mordace da eccitare profluvio di saliva ed attaccar la
gola col semplice morderli.
Specie 2." Solano Gìlò del Raddi.
( Solanimi Gilò Raddi. )
Questo Solano somiglia meno del seguente alla Melanzana
del Brasile testé descritta; ma lo descriviamo prima , perchè
più frequentemente trovasi con essa confusa. Esso ha figurato nei
cataloghi , e negl indici degli Orti botanici, fin da circa 20 an-
ni , in grazia de semi che ne furono inviati in Europa dal cele-
bre quanto disgraziato viaggiatore italiano di cui porta il nome.
A malgrado di sì lungo volger di anni, e di non meno rei-
terate divulgazioni , uopo è confessare che incerta ne rimane tut-
tora la patria, ed insufficienti le scientifiche notizie. La meno
imperfetta, che colle stesse più 0 meno equivoche frasi n è sta-
ta ripetuta nelle successive botaniche rassegne , si è quella che
ne leggiamo nella terza appendice al catalogo dell' Horlus Ri-
pulensis del Colla , data fuori nel 1826. In essa l'illustre au-
tore riferisce di averne ricevuto i semi dal eh. Signor Gussone,
che col nome di Solanum Gilò , lo aveva indicalo nell' Indice
de' semi dell Orlo Botanico di Boccadifalco pi'esso Palermo
per l'anno 1825. Frattanto da ciò che me ne ha riferito il sul-
lodato mio collega , e da ciò che no avvertiremo più appresso ,
( 326 )
forte dubbio ne sorge che la pianta del Colla non fosse rimasa
confusa con la prima , o colla terza specie che ne stiamo di-
chiarando. Quindi potremo soggiungere che dal tempo della ci-
tata opera del Colla fino all' ultima edizione dello Species plan-
tarum del Dietrich, data fuori nel 1889 , ed alla pubblicazione
del Repertorhim del JFalpers ^ messo a stampa nel i84.5 nulla
di più preciso, e di ben definito se ne possa raccogliere.
Ecco la frase del Dietrich (i) Sol. herb. inermi a : S. Gì-
lo ; fol. ovato-oblongis angulato-dentatis , lUrinque Jloccoso-to-
mentosis , pedunculis / -jloris. Patria ignota.
Quella del Walpers è la seguente (2).
S. Gilò Raddi (Mss. in Colla Hort. Ripul App. Ili, p. 5xex
Presi. Rep. bot. Syst. i. 180 ). Caule inermi suffruticoso tereti
tomentoso , ramosissimo ; fol. suboblique-ellipticis supra glabris,
subtus tomentosis ; floribus 2-3 nis interfoliaceis brevissime pe-
dunculatis ; cor. laciniis lineari-lanceolatis ; bacca aurantiaca sub-
sphaerica sulcata. Perennisi Cresoit . . .
Per meglio porre in vista le ambiguità di tali diagnosi gio-
verà trascriverne anche quella del Colla ( loc. cit. )
Solanum Gilò ; inermis, pedalis suberectus teres ramosissi-
raus. Folla alterna petiolala subobhque-elliptica , superne sub-
glabra, inferno petiolisque tomentosis. Flores 2-3 versus apicem
ramorum interfoliacei. Pedunculus communis brevissimus; pedun-
culi proprii floribus duplo longiores. Corolla parva 5-partita , la-
ciniis lineari-lanceolatis albidis. Bacca magna subsphaerica sulca-
ta glabra , maturitale aurantiaca.
Per non tralasciarne altre più recenti indicazioni , ci limi-
tiamo a riferirne le seguenti.
Semina H. B. Christianiensis i85o. Solanum Gilò. Annuum!
(i) Tom. I pag. 698.
(2) Rep. toni. 3 pag. gS. ( Species non satis noiae. )
( 327)
Index Seminum II. B. II. Bcrolinensis , an. 184.8.
Solanum Gilò. Annuum !
Graines du I. B. de Dijon , 184.9. Solanum Gilò Raddi.
( Vi è il segno di pianta legnosa ! )
Evidenti sono le discrepanze di queste notizie. La pianta è
delta ora annua , ora perenne , ed ora legnosa 0 suffruticosa ;
le foglie sono dichiarate ora glabre di sopra , ora tomentose in
ambe le facce ; né meno incerti sono i caratteri della bacca ,
che meglio calzano a quelli del Solanum jìseudo-me long cria , e
del Solanum Lobelii. Perocché la bacca del Solamia Gilò ò
perijorme lungamente peduncolata non solcata e di color cina-
bro; laddove quella delle altre due specie affini è globosa più
o meno solcata cortamente peduncolata e di color rosso scar-
latto ; niun frutto delle tre specie in esame potrebbe dirsi di co-
lor lanciato.
Nell'Orlo botanico abbiamo anche noi coltivato da più anni
il vero Solanum Gilò , che abbiamo sempre ritenuto diverso dal-
le altre suddette due specie ; e con maggior cura ne abbiamo ri-
petuta la coltivazione dopo che togliemmo a studiarlo più altcsa-
mente , e farne confronto con quelle specie medesime. Noi abbia-
mo potuto confermarci nel giudizio che ne avevamo portalo , e ci
facciamo perciò a descriverlo con maggior precisione.
Il Solano Gilò è pianta erbacea , annuale, inerme; di coleo*
verde pallido e velata di tomento fioccoso tenuissimo di color
lurido. Il fusto è ramoso dalla base , con rami sfilali dritti lun-
ghi 2 a 3 piedi, ed inegualmente suddivisi. Le sue foglie so-
no bislunghe gemelle oblique ; la più grande di ciascun pajo è
lunga da 4- a 6 pollici, e larga da 2 a 4^ pollici. Esse sono ta-
gliate lateralmente in angoli profondi ed ondeggianti ; e talvolta
quasi semipinnatifide , i loro angoli rientranti sono scrobico-
lati^ e V apice loro è aguzzo , e la faccia inferiore è più
densamente tomentosa.
( 328 )
I fiori nascono fuori delle foglie in piccioli grappoli di 2
a 3 fiori , ma quasi sempre un solo di essi abbonisce , talché i
frutti ne rimangono solitari; allora il peduncolo si allunga fino
a due pollici e rimane ricurvo. I calici sono monofilli , e divi-
si in 5 lacinie , comunque la base non se ne ingrossi, le sud-
dette lacinie rimangono persistenti sul frutto e crescono con
esso , né marciscono come nelle altre due specie in discorso.
La corolla è rotata cinquefìda bianca di 6 ad 8 linee di diame-
tro colle lacinie lanciolate azzurre , perloppiù raccolte ed avvici-
nate. Gli stami ed il pistillo convengono ne' caratteri del genere.
Il frutto ha la stessa perfetta forma di una piccola melanzana ;
cioè ovata a rovescio, di 2 a 3 pollici nel maggior diametro di
vivacissimo colore di cinabro lucido , e niente affatto macchiato
di verde. Essa è sempre affatto liscia come una pera, e raris-
sime volte solcata di una sola più 0 meno profonda scanalatura.
La polpa è tenace non marcescente , di sapore acre mordace e
perciò non commestibile. Tagliata per traverso trovasi spartita
in 5 a 6 caselle , i semi sono simili a quelli del pomidoro co-
mune ; cioè schiacciati rotondi giallastri coli' albume periferico
che ricinge l' embrione.
I semi di questo Solano furono dal Brasile inviati in Euro-
pa dal Raddi ; ma non se ne potrebbe con precisione definire
la patria.
Specie 3.' Solano del Lohel.
( Solanum Lobelii Ten. Solanum texanum Hortulanorum.
Peperone isolano volg. )
Questa specie è stala alle volte confusa col Solanum Te-
xanum , cui ne' cataloghi de' giardini di Montpellier e di Lione
vi si legge aggiunto il nome del Donai ; ma di tal definizione
invano abbiamo cercato altra più precisa notizia negli autori per
av,
III.
LilPàUl
t- / BiatTO Diy'
T.v.
LlPil,l
•''^'l'atumi Ù(kÙ[ ìkn
I Bm,r„D,y.
( 329 )
noi consultati , senza escluderne la stessa Monografia delle
Solanacee del Danai ^ pubblicata fin dal i8i3. Studiandola più
attcntamcnlc craci sembrato poterla ravvicinare al .S". aethiopi-
cum del Linneo, sotto del quale lo stesso lodato autore avverti-
va trovarsi confuse diverse specie , e segnatamente quelle che ne
avevano lasciate descritte gli antichi. Egli ne dava perciò la
seguente più ampia illustrazione:
S. jIetuiopicum. S. caule herbaceo , foliis ovatis repan-
do-angidatis glabris ; peduncidis subunijloris cernuis; baccis to-
rulosis.
A. Inerme. Floribus albis ; baccis rubris.
S. Aethiopicnm L. Amoenit. Àcad. 4] p- 3o-j Jacq. Hort.
Find. t. 12. apud Will. sp. pi. i . p. fo36. Lam. Illustr. n.
234.1. Fair. Encycl. 4- p- 2qo. Thunb^ FI. Lap. q2.
Pseudo-capsicum torulosum Moench. Meth. p. 477- Lyco-
persicon Aethiopicnm Mill. dici. edit. gali. p. Sai. Malum ae-
thiopicnm, fructu cristato , striato, duro, coccineo. Barr. ico.
iio8.
Capsicum rotundum ; Dalech. Lugd. i. p. 633. io. ? la
figura folia laciniata sunt.
Nanubi vulgo , it. Ka et Kja Japonice. Kaempf. Am.
exot. fase. S. p. 8/o\ apud Thunb. l. cil.
Fokke. Hollandice ; ex Thunb. l. e.
B. Inerme ; Jloribiis violaceis , baccis albis aut purpw
reis.
S. Aethiopicum. Lour. Fior. Cochinch. I. p. i6i. an
species ? Ca Tien. Vulgo in China. Lour. 1. e.
C. Aculeatum. An species diversa ?
Lycopersicon fructu striato duro. Tourn. Inst. loo. Sola-
uum pomiferura , fructu rotundo striato duro. Moris. ffisl.
Oxon. Sect. i3. toni. 2. voi. 3. p. S2S. Pluk.Phyt. t. 226. f.
4. I. B. Hist. 3. p. 620. C. B. Pin. 167.
( 83o )
S. Aelhiopicum poraiferum spinosum fructu silicato. P. B.
p. 37S.
Mala Aelhiopica Rai. Hist. 673. Dod. Perapt. p. ^Sg. ic.
S. Poraiferum Herbariorum Lob. ic. 264.. ( Hist. i35. )
Habitat. Var. A. in Aelbiopia et in China ; Lin. In Japo-
nia cultiim ; Thimb. in Hortis botanicis Eiiropaeis. B. in Chi-
na Lour. C. in Aelbiopia ? Var. C. olim in Europacis hortis.
Annuum.
Bacca magna profunde torulosa sulcata.
Prima del Dunal tutt' i succcnnati sinonimi senz' alcuna di-
stinzione di varietà^ erano stati riuniti sotto il S. Aethiopicum
di Linneo ; ma bastava consultarne i rispettivi autori che vi so-
no citati per convincersi che sotto di quella specie erausi riuni-
te piante diverse. La surriferita classificazione ne fu giudiziosa-
mente ordinata dal sullodato autore. Essa mi ha servito di gui-
da nelle mie ulteriori ricerche.
Non giova fermarsi sulla varietà del Lourerio della quale non
pare che l'Autore di essa abbia avuto un' adequata idea; peroc-
ché dopo di averla dichiarata inerme, ne cita poi la tavola 206.
fìg. !\. della Phytographia del Pluknet che ne rappresenta una
pianta spinosa. H Dunal opportunamente ha corretto lo sbaglio
col riferire tal sinonimo alla pianta del Lobel.
Nel seguirne 1' avviso , e ritenendola per distinta specie, vi
riuniremo tutt' i sinonimi degli autori che ne hanno descritta la
pianta spinosa , tra i quali primeggia il Lobel che in due gran-
di opere ne ha data la descrizione e la figura , riprodotta suc-
cessivamente dal Dodoneo , dal Morison e dal sopracitato Pluknet.
Non tralasceremo di avvertire , come inopportunamente lo
Steudel , ed il Walpers sotto la varietà spinosa del «S". aethiopi-
cum abbiano riportato il Solanum integrifolium del Poiret ( Dict.
4.. p. 39 ). Quest' ultima pianta è affatto diversa non solo per
essere inerme, ma per i suoi frutti che lo stesso Poiret ritiene
non più grossi di un' acino d' uva !
( 33i )
Descrizione del Solano del Lobel,
Pianta erbacea annuale piuttosto glabra, sparsa di poco sen-
sibili ruvidezze prodotte da peluzzi stellati , e sparsa di pungi-
glioni incurvi nel fusto e nella costola delle foglie , perloppiìi
tinti di color violetto che domina in tutta la pianta.
Fusto dritto fin dalla base diviso in molti rami lunghi 2 in
3 piedi, e suddivisi in corti ramoscelli; talvolta aculeati; foglie
gemelle disuguali ed oblique , ovali bislunghe sinuose con an-
goli acuti non tondeggianti ; le maggiori hanno fino a mezzo
piede di lunghezza, e 4- pollici di larghezza, esse sono munite
di picciuoli glabri lunghi fino a 2 pollici , e di pungoli dritti
sulla costola in ambe le facce.
I fiori nascono fuori delle ascelle delle foglie in grappoli
corti bensì , ma spesso ben guerniti di fiori , portandone fino a
7 ed 8 ; comunque talvolta se ne osservi appena un solo. Qua-
lunque sia il numero de' fiori, di essi non ne abboniscono che
tre a quattro. I calici , le corolle , e gli stami convengono con
le stesse parti de' fiori delle due specie precedenti ; ma esse lus-
sureggiano nel numero , essendo i calici e le corolle divise fino
a 7 ed 8 parti , e gli stami in egual numero ; le lacinie del
calice marciscono come nel S. pseudo-melongena , e non sono
persistenti come quelle del S. Gilò. Anche il pistillo suol es-
sere prolifero dando luogo ad analoghe particelle accessorie
nel centro del frutto che si trovano descritte dagli autori ed
effigiate nel Lobel.
I frutti sono grandemente schiacciati e simili a quelli dei
pomidori ricci ; essi hanno nel centro il bellico ben pronunziato
dove s' ingenerano piccole caruncole a foggia di creste, accenna-
te dal Lobel e dal Miller ; essi sono quasi divisibili in altret-
tanti lobi , o spicchi quante le caselle , ed hanno lo stesso co-
lore scarlatto del pomidoro e del Solanum pseudo-melongena ,
( 332 )
ma non sono listate di verde, né dì color rosso di cinabro
come nel S. Gilè.
Sono questi frutti acri e mordaci, come quelli di quest' ulti-
mo solano , e perciò non mangiabili. Coloro che lo coltivano
presso noi ben ne hanno avvertila la suddetta acre qualità , on-
de assimilandolo a' peperoni sogliono farne composte in aceto ;
ovvero infilzarli e seccarli per condirne gli intingoli , come si
pratica con i peperoni veri.
Giova avvertire come nel bel mezzo di un centinajo di pian-
te di questo solano di diverse provenienze coltivato all'Orto Bo-
tanico , se n' è trovato un individuo inerme niente tinto di vio-
letto e con i frutti tondeggianti non divisi in lobi , che si di-
rebbero identici a quelli del S. pseudo-melongena , se invece di
essere acri e mordaci fossero insipidi e mangiabili. E possibile
che questo individuo sia nato per ibridismo ; a tale oggetto ne
abbiamo fatto raccogliere i semi per coltivarlo isolatamente nella
ventura stagione. Gioverà ricordare che tra le numerose coltiva-
zioni del S. pseudo-melongena , neppure un solo individuo n' è
riescilo raccogliere che ne presentasse un ibridismo inverso : che
fosse , cioè , tinto di violetto e spinoso con frutti non acri e di-
sgustosi. Queste avvertenze non saranno giudicate inopportune ora
che la melanzana del Brasile è coltivata come frutto mangia-
bile , e che giova perciò non confonderlo con i frutti del S.
Lobelii , che partecipano delle sospette qualità delle piante sola-
nacee.
In quanto alla patria del Solano del Lobel ^ converrà ricor-
dare che Dodoneo e Lobel convengono nel ritenerlo nativo del-
la sola Etiopia. Successivamente Thunberg e Raempfer vi han-
no riunito il Giappone e la China ; ma probabilmente queste due
ultime regioni dovranno riferirsi al solo anzidetto tipo della spe-
cie. Della stessa pianta spinosa hanno inteso parlare i due pri-
( 333 )
mi autori allorché hanno lascialo scritto di averla veduta coltiva-
la , il primo ne' giardini delle Spagne , e 1' altro in quelli di
Francia. E da notarsi che il Dunal sotto \ Habitat var. C. del
Solanum aethiopiciim , ossia dell' anzidetta nostra pianta spinosa,
soggiunge le seguenti parole: in Jelhiopia ? Olim in Europaeis
horlisl Dalle quali potrehbe inferirsi dubitar egli della patria di
questa varietà , e ritenerla come non coltivala nei giardini di
Europa nel tempo in cui egli scriveva la sua monografia ( i8i3).
Checché se ne voglia pensare , cosa certa ella è, che né io né
il Cavalier Gussone , T abbiamo altrimenti né conosciuta uè col-
tivata dacché diamo opera alla direzione di botanici giardini , e
soltanto in questi ultimi anni ci è avvenuto incontrarla quasi a-
caso nel modo di sopra accennalo. Potrebbe perciò sospettarsi
che così questo So/ano che l'allro a forma ed usi di melanzana
siano stali di bel nuovo introdotti in Europa da non molti anni,
e probabilmente in seguilo del piìi esleso commercio coli' Ame-
rica, coU'Egilto , coir Algeria ed altri luoghi dell'Affrica set-
tentrionale.
Solami pseudo-melogemae AnuMBRAxio.
Classis Pentandria. Ordo monogynia Linn. Familia Solana-
cearu m .
Solanum. Inerme; herbaceum anuuum glabrum ; foliis obli-
que-ovalo-oblongis , sinuatis ; floribus extrafoliaceis , pedunculis
subracemosis , 2-5 floribus , in fructu reflexis semipoUicaribus ;
calycis tubo immutato , laciniis marcescentibus ; bacca solida
spliaerica lereli , laevi 1-2-pollicari diametro , exumbilicata ,
coccinea viridique varia 5-6-loculari ; insipida eduli. Ten. In-
dex semimim H. R. N. prò anno t85i in noiis. De Candol-
le. Prodrom. R. V. tom. XUl in add. pag. 6S2. — Ten. ic.
tab. I.
( 334 )
Radix annua subcaulescens.
Caulis herbaceiis inerrais e basi ramosiis ; rami erecti 2-3-
pedales •, leretes inerraes glabriusculi virides.
Folia alterna , petiolata gemina altera raajore ; omnia o-
vata , vel ovalo-oblonga basi maxime obliqua , sinuata angulis
3-5, extremo longiore , inermia scabriuscula , 6- io poli. long.
3-5 poli. lata.
Flores parvi, extrafoliacei. Pedunculi subracemosi 2-5 flo-
res , post antliesin cernui , in friictu reflexi , semipoUicarem lon-
gitudinem non excedentes. Calyx monophyllus , basi turgidus ,
immutatus in fructu , quinquepartitus , laciniis lanceolatis trian-
gularibus , demum reflexis , in fructu marcescentibus. Corolla
monopetala bypogyna rotata ( 4-6- Un. diara. ) 5-6-parlita , la-
ciniis lanceolatis carinatis acuminatis albis , quaudoque praeser-
tim subtus ad carinam violaceo velaraine pictis. Slamina 5-6 co-
rollae inserta, antberae biloculares poro gemino in apice pertusae.
Pistillum unicum, stylus et stigma simplex ; ovarium globosum
sexloculare.
Fnictiis. Bacca solida spliaerica 1-2 poli, diametri , cocci-
nea exunibilicta , ante maturitatem viridi-fasciata , omnino te-
res vcl uni alterove sulco levissime impressa , insipida edulis ,
semina subreniformia pallide lutescentia 1-2 lin. diametro ; al-
bumcn embryonem praccingens.
Floret a majo ad septembrem ; fructus usque ad serum
aufumnum perdurat. Annuum.
Patria Brasilia ?
SOLAM GlLÒ AdUMBRATIO.
Classis Pentaudria, ordo Monogynia Lin. Fam. Solanacearum.
Solanum. Inerme; tomentosum , berbaceura annuum ; foliis
oblongis , obliquis , geminis subsemipinnatitiildis , sinubus , scro-
I
( 335 )
biculalis, laciniis rcpandis ; floribiis raceraosis al bis, calycis la-
ciniis in fructu pcrsistcntibus ; bacca obvata pyriformi ( 2 poi. in
raaj. dianiclro) acri ; pedunculo 2 pollicari. Raddi in Colla 1. e.
De Cand. Prodr. lì. F. toni. Ili pag. 80^. Ten. ic. tab. II.
Radix annua cauloscens.
Caulis ex basi ramosus ; rami elongati , tereles, virides ,
floccoso-lomentosis ; ramulis altcrnis brevibus.
Folla pctiolafa alterna gemina , altera majore , ovali-
oblonga profimde sinuata angulata , ut fere semipinnalifida vi-
dcantur , sinubus scrobiculatis , laciniis undulato-repandis u-
trinque floccoso-tomentosis.
Flores parvi , albi, pedunculi brcves subtriflori, in fructu
elongati bipollicares penduli; Calyx monopbyllus, quinquefidus ,
tubo immutato , laciniis elongatis persistenlibus ; corolla mo-
nopetala bypogyna 4-5 Un. diametri, quinqueparita ; stamina
quinque ; anlberae poro gemino pertusae. Pistillum unicum ,
Stylus et stigma simplex , ovarium ovatum.
Fnictiis. Bacca solida , obovata, pyriforrais , bipollicaris
in majori diametro, rariter uno alterove sulco exarata ; ante ma-
turitatera viridi-aurantiaca varia, in maturitate probe cinaberi-
na; pulpa sapore acri nauseabundo praedita , ineduli. Semina
subreniformia pallide lutescentia ( 1-2 lin. diam. ) ; albumen
erabryonera praecingens.
Floret a majo ad septembrem ; fructus per autumnum per«
sislil. Jnnmim.
Patria Brasilia?
SOLANI LOBELU AdUMRRATIO.
Classis. Pentandria. Ordo Monogyuia Lin, Familia Solana-
cearum.
Solarium, Aculeafum , herbaceum , pilis exiguis raris stel-
( 336 )
latis scabrum ; caule erecto , ramis subfastigiatis ; foliis geminis
oblique-ovato-oblongis leviter angulatis, rachide utrinqiie acu-
lealis ; pediinciilis muUifloris cernuis ; lloribus Yiolaceis ; ca-
lyce immutato , laciniis demura marcescenlibiis ; baccis mul-
tilocularibus solidis subrotundis , depressis profunde sex-octo-
sulcatis umbilicatis torulosis coccineis , carne acerrima farctis
Ten. Index seminiim II. R. N. prò anno i8^t ( in notis ).
le. tab. III.
Radix annua demura lignescens.
Caidis berbaceus 1-2-pedaIis , basi sublignescens digiti
crassitiei , superne ramosus , rami siibfasligiati aculeati , pilis
raris floccosis , sparsi. Folia OA'ata vel ovato-oblonga basi obli-
qua levissirae subcordata , gemina , ( majora 6-8 poli. long.
4-5 poli. lat. ) leviter angulata , angulis 2-3 in utroqiie lato-
re ; supra atro-virenlia , subtus pallida ; rachide siipra plerura-
que yiolacea, subtus viridi, et utrinque aculcis raris rectis praedi-
ta. Petioli breves ( i-i'/j poli. ) aculeati. Flores extrafoliacei.
Pedunculi 1-7 flores cernui. Calyx monophyllus farinosus quin-
quefidus in fructu nudus , laciniis marcesccntibus. Corolla mo-
nopetala rotata quinquefida ( 5 lin. diam. ) laciniis patentibus ca-
rinatis. Stamina et pistillum generis. Bacca circinata depressa
torulosa multilocularis 6-8-lobata ( 1-2 poli, in trasv. i poli, in
long, diametro ) substanlia solida acri nauseabunda ineduli
conflata. Semina subreniformia glabra ; embryo intra albumen
carnosum periphericum positus.
Floret a majo ad septembrem; fructus per autumnum per-
durat. Annuiim.
Patria. Africa, America?
Synonyma.
S. aethiopicitm C. aculeatum Walpers. Repert. 3. pag. 4-6.
exclus. syn. S. inlegrijolii. Lara. Dict. 4- P- 3oi.
( 337 )
S. aethiopicum Var. C. acide oiiim. An species diversa?
Dunal Hisloirc du Solaniim ec. p. i48-
Lycopersicon fruclu striato duro. Tourn. inst. p, i5o.
Solamim pomiferum , fruclu rolundo striato duro. Moris:
Hist. Scct. i3. t. 2. voi. 3. p. 525.
Pluk. Pìnjt. t. 226 f. 4- I- Bauli. Hist. 3. p. 620. (ab-
sque icone ).
Solanum aethiopicum jiomiferum spinosum .^ fructu sulcato.
Bauli. Pin. 378.
Mala aethiopica. Rai hist. 673. Dod. pempt. p. 4-59. ic.
( edit. Antuerpiae i583 ) p. ^SG. ic.
Solanum pomiferum herbariorum. Lob. ic. 2^!^. Slirpium
obs. p. i35. ic.
F'ar. B. Caule viridi , foliisque subinermibus fructibus pa-
rum torulosis leviter compressis.
Far. C. Caule violaceo, folisque inerraibus, fructibus sub-
globosis.
NOTA.
Dopo di aver preso data delle riferite osservazioni coli' in-
trodurre le frasi diagnostiche de' tre So\a.m pseudo-melonffena, Gi-
lè e Lobelii ueW Indice de semi del R. Orto Botanico per r an-
no 18S1 ., credemmo opportuno di ripeterle e verificarle coltivando
queste piante nell' ultima scorsa estate. Noi intendevamo parimenti
attendere la pubblicazione della prima parte del volume XIII
del Prodromo del De Candolle, dove venivano trattate le Sola-
nacee dallo stesso insigne monografo Dunal, che vi aveva esor-
dito fin dal 181 3.
La novella coltivazione istituita nel nostro Orto Botanico veniva
distribuita in 5 linee. Nella prima figurava il Sulanum pseudo-
Melongena . nella seconda il Solanum Gilò , nella terza il So-
43
( 338 )
lanum Lobelii tipo della specie ; cioè fusto violetto aculeato; fo-
glie sinuose di color verde bruno sparse di aculei sulla costo-
la in ambe le facce ; nella quarta linea era disposta la varietà
con fusto e foglie verdi con pochi aculei e frutto meno schiac-
ciato e poco toruloso. Neil' ultima linea si trovava la varietà del
fusto violetto e foglie affatto inerrai, e frutto piìi tondeggiante.
Nessuna alterazione han presentato gì' individui de' due So-
lani pscudo-Melongena, e Gilò. Nella varietà del Solano Lobelii si
scorgevano le diverse gradazioni , che più o meno lo allontanavano
dal tipo della specie. Per quanto si avessero potuto avvicinare
al tipo del Solano pseitdo-Mehnffena^ sempre i caratteri dcTrut-
ti delle due specie si mostravano diversi. Forma globosa priva
affatto di solchi e di rughe , di bellico e di caruncole nelle
bacche , tali nella melanzana del Brasile ; forma semiorbicola-
re schiacciata piìi o meno profondamente tagliata in fette o spic-
chi e fortemente incavate nel centro, nel Solano del Lobel. Piìi
di tutto rilevavano le diverse qualità de' sughi delie due pian-
te. In quelle del Solano pscudo-mclongena i frutti sempre affatto
insipidi e sdolcinati ; talché se ne può masticar un pezzo senza
risentirne menomo incomodo. Non così quelli del Solanum Lo-
belii che son forniti di succo acre pungente ingratissirao. Chi
volesse provarsi ad inciderli con i denti ne riporterebbe tanto-
sto tale una irritazione da eccitarli profluvio di saliva , arrossi-
raento alla bocca ed alla gola, ed incomoda lacrimazione. A no-
stro modo di vedere 1" opposta qualità del succo de frutti del
Solanum pseudo-melongena basterebbe essa sola per confermare
la diversa natura delle due specie. Giova riflettere che qui non
si tratta già di un diverso grado di acredine , ma bensì di una
totale opposta e naturale qualità de' due frutti ; laddove in al-
tre piante affini , come per esempio ne' peperoni , le diverse spe-
cie 0 varietà^ comunque ingentilite dalla coltivazione, conservano
mai sempre la loro naturale acredine.
( 339 ) ^
Veniamo ora ad esporre ciò che si può raccogliere dall' ul-
timo recentissimo lavoro sulle Solanacee , che il suUodato Du-
nal ha fallo inserire nella prima parie del XIII tomo del Pro-
dromo del De CandoUe. Premetleremo come anche in quest' an-
no , cosi da' semi del Solanum Gilò raccolti nel noslr' Orto Bo-
tanico , che da quelli ricevuti per corrispondenza, ci siamo sem-
preppiù convinti della idenlità delle piante che sotto tal nome
vien dai botanici riconosciuta , e quella che ne ha descritta il
Raddi. Noi abbiamo frattanto veduto con sorpresa , come nell' o-
pera sopra citata sia detto di non essersi veduto né studiato il
Solanum Gilò , uè fresco uè secco , uè in fiore uè in frutto
dal sullodato monografo, uè dall'Editore! Nell'opera suddetta
appena vi si veggono citati l' illustre viaggiatore ed i soli pri-
mi botanici che ne trasmisero la notizia. Nel Prodromo non se
ne dichiara con precisione la patria , e se ne dicono coltivati
i fruiti nel Brasile , tocche ci fa dubitare di essersi confusi cou
quelli del Solanum pseudo-melongena ^ attesa la qualità man-
giabile di questi ultimi , e non di quelli del S. Gilò. Che lo
stesso S. pseudo-miilongena abbia potuto confondersi col S. Gilò
possiamo dedurlo benanco dall' averne spesso ricevuto i semi
con quest'ultimo nome. Anche il Cav. Gussone, me ne avver-
tiva allorché per la prima volta ci facevamo a fissare la nostra
attenzione sulla Melanzana Brasiliana coltivata intorno Napoli.
Lo stesso Dunal ci fa certi di aver veduto dipinto col nome di
S. Gilò ae' velini dell'Orto Botanico di Montpellier il Sola~
num iexamim, che molti vogliano ritenere identico al S. Lobelii;
e dippiù asserisce di aver veduto lo stesso. S. texanum col
nome S. Gilò nell' erbario del Requien.. E noi dubitiamo che
in ambedue questi casi abba egli veduto piuttosto il Solanum
pseudo-melongena.
Fermandoci brevemente sul Solanum Lobelii., diremo come
nella pag. 826 del Prodromo trovasi descritto il S.lexanum coi
( 34-0 )
dubbio cbe possa riferirsi al S. integrifoliiim del Poiret. Dipoi
neir Addenda et corrigenda raesso in fine del volume, convinti
forse gì' illustri autori della discrepanza de' caratteri del S. ae-
thiopicum con quelli della pianta del Lobel, adottano il traslo-
camento da noi proposto onde sottrarne il sinonimo del Lobel ,
ed opinano potersi questo riferire piuttosto allo stesso iS". inte-
grifolimn , nel quale sinonimo , cioè nella pianta del Lobel ri-
conoscono il nostro Solanum Lobelii. Nessun dubbio elevano e-
glino intorno alla novità del nostro Solanum pseudo-melongena
cbe si trova perciò adottato come specie propria sotto il num.°
870 bis.
Per quanto difiicil cosa ella sia il cbiarire tali dubbiezze ,
tuttavia vorremo soggiungere, come indarno ci fossimo trava-
gliati a proccurarci esemplari autentici del Solanum aelhiopicum^
tipo della specie descritta da Linneo e da Thunberg. Invece di
esso abbiam sempre ricevuto il Solanum zuccagnianum , e la
sua varietà B. allogonum. Queste due piante sono affatto diver-
se da tutte le sopradescritte , specialmente per le baccbe rosse
affatto glabre tereti della grossezza di un ciliegio (4-. 5'/, Un,)!
Forse al vero Solanum aethiopicum riferir potrebbesi la varietà
inerme del nostro S. Lobelii. Secondo una tale riforma , si e-
leverebbe a tipo della specie la medesima varietà inerme^ e si
riterrebbe per varietà la pianta spinosa, cioè il S. texanum, fat-
to sinonimo del mio S. Lobelii , cbe diverrebbe ancb' esso va-
rietà del Solanum aethiopicum. Giammai però né la specie
né la varietà , comunque invertite , riferir si potrebbero al S.
integrifolium del Poiret. Nemmeno si potrebbe far correre la
nota apposta nel Prodromo alla varietà allogonum del S. aet-
hiopicum cosi concepita : S. aethiopicum^ Gilò, racemijlorum ,
et Zuccagnianum forsan varietates unicae speciei naturalis ?
Alla quale fusione molto meno calzerebbe il susseguente co-
( 34i )
rollarlo , col quale nel Prodromo tutte le suddette specie andreb-
bero a confondersi nel solo Solanian inlegrij'oliimi !
Abbiamo detto a suo luogo percbè le specie di Solani per
noi illustrate riferir non si possano al suddetto Solano. Ora sog-
giungeremo cbe nulla di meglio abbiam potuto raccogliere dal
Prodromo. Questo Solanum inlegrìjolium non è slato studialo
altrimeoli dopo cbe il Commerson 60 anni fa n ebbe lascialo
un saggio nel suo erbario , cbe si conserva nell' Erbario gene-
rale del Musco di Storia Naturale di Parigi. Ancbe il Dunal,
cbe lo dice simillimwm S. texano; forte nec diversum: vi ap-
pone la nota: Fidi siccurn ^ olim tS/3\ in Ilerbario Musei Pa-
risiensis , Iiissieui et Lamarkii. Nò tra i quarant' anni decorsi
nell'intervallo tra il primo ed il secondo suo lavoro, gli è mai
pili riuscito di vederlo altrimenti : Egli frattanto ne dicbiara le
bacche magnae torulosae ! Senza parlare della contraddizione che
ne implica il nome di foglie intiere apposto ad un solano colle
foglie sinuose , basterà ricordare le precise parole cousegnate nel
4..° tomo dell' Enciclopedia botanica p. 3oi , dove descrivendo le
bacche di esso Solanum integrifolium , il Poiret dice : Le fruit
est une baie ronde , javne^ de la grosseur d un grain de
RAISIN !
Come mai il Dunal , il De CandoUe e tanti altri insigni bo-
lanici han potuto chiuder gli occhi a tali precise caratteristiche,
e scambiare i frutti gialli , rotondi della grossezza di un acino
d' uva , con i frutti schiacciati rossi , torulosi , di due pollici
di diametro ! Questo è ciò cbe ci è sembrato incomprensibile,
e che raccomandiamo al diffinitivo giudizio de' botanici.
SEGUITO DELLA MEMOlllA
SULLA DETERMIXAZIOAE DEGLI ERRORI DELLE TAVOLE
LUA'ARI DEDOTTI DALLE OSSERVAZIOAI DELL' ECCLISSE
SOLARE DEL 28 LUGLIO 1851
LETTO NELLA TORNATA DEL i5 SETTEMBRE i853.
D A
Professore di Malcmallca nella Reale Scuola degli Alunni Marinari , Sostilulo alla Cattedra
di Astronomia e Geodesia del Real Gjllcgio Militare, Astronomo aggiunto all'Osser-
vatorio della Real Marina, Socio corrispondente del Reale Istituto d' Incoraggiamcuto.
Ne
ella tornata del 1 2 febbraio dello scorso anno ebbi 1' onore
presentare a questa illustre Accademia un mio lavoro , nel qua-
le mi proponeva la ricerca degli errori delle tavole lunari de-
ducendoli dalle osservazioni dell' ecclisse solare del z8 luglio i85i.
Avendo raccolte altre osservazioni gentilmente mandatemi
dal eh. Astronomo P. A. Secchi della C. di G. , mi acciuge-
ya a seguitare il mio lavoro ; quando verso la fine dello scor-
so anno mi venne alle mani un opuscolo dell' ili. Direttore
del Pontificio Osservatorio sul Campidoglio Sig. I. Calan-
drelli , dono del eh. Autore , nel quale si proponeva la mede-
sima ricerca , avendo questi avvertita qualche piccola inegua-
glianza fra i miei risultati e quelli dati dal cel. Astronomo di
Padova Cav. Santini in un suo lavoro sullo stesso argomento
pubblicalo nel Giornale di Altona (N." 810 mese di Giugno 1802).
( 3U)
TI lavoro del Calandrelli mi spinse a rivedere il mio per
rinvenire la causa delle connate ineguaglianze, le quali sono :
I .° Che le longitudini e latitudini delia Luna da lui rin-
venute differiscono da quelle trovate da me per circa 5", avve-
gnaché si le une che le altre sieno dedotte dall'Almanacco nautico.
2.° Che paragonando l' istante della congiunzione vera da
me trovata pel meridiano di Greenwich, con quella pel meridia-
no di Berlino dato dal Santini nella sua memoria si à una dif-
ferenza di longitudine che presenta un errore di — 9' , 09 da
quella data dall' Almanacco e dalla conoscenza de' tempi.
Afiin di trovare donde derivava la differenza di 5" sulle
longitudini lunari , ò calcolato un luogo della Luna con le ta-
vole del Signor Burckhardt per 3'' t. m. di Greenwich cioè per
i5'' 9" 21* t. m. di Parigi contate dalla mezzanotte del giorno
28 luglio. Indi servendomi delle quantità date dall' Almanacco
nautico , ò calcolato la longitudine della Luna pel medesimo i-
stanfe adoperando due metodi d'interpolazione, il primo che è
quello del Signor Francoeur servendomi delle sole differenze ter-
ze, e che fu da me adoperato per trovare i luoghi della Luna
nel primo mio lavoro; l' altro dell' Oriani, esposto nell'appendi-
ce all' effemeridi di Milano del i83o servendomi delle differen-
ze quinte , il quale sembrami quello usato dal Calandrelli per-
chè la longitudine della Luna cosi dedotta coincide con quella
da lui trovata. Le tre longitudini sono le seguenti;
Bnrckliardt Francoeur Oriani
125° 3' 36", 3i 123° 3' 33", 26 125° 3' 38",4.6
Dalla ispezione di queste quantità si rileva che la seconda
differisce dalla prima per — 3 ", o!5 ; e la terza dalla prima per
-J- 2", i5 : di modo che la seconda differisce dalla terza per
circa 5'^ come si avvertiva dal Calandrelli : cosa che dimostra
che in queste specie di ricerche miglior partito è prendere di-
( 3^5 )
reltamente dalle tavole i luoghi della Luna.
Trovati erronei i luoghi della Luna che serviti mi erano per
i calcoli di già pubblicali nel primo mio lavoro , ò ripigliato
le calcolazioni per Roma , Padova , Milano , Parigi , Vendome,
Bruxelles ed Hamburg, servendomi delle seguenti quantità, do-
ve quelle appartenenti alla Luna son tratte dalle tavole di Burck-
hardt , e le rimanenti dall' Almanacco nautico.
T- III. di Grccnwicli.
>a
Long. C
Molo orario
Lai.
Par. or. eq.
Semid.
2
134-° 26' 38",
07
44" 4", 65
60' 29", 55
16' 29", 55
3
125 3 36,
3i
36' 58', 24
47 27, 84
60 3o, 60
16 29, 33
4
laS 4o 35,
87
36 59, 54
5o 5o, 67
60 3i, 65
16 29, Gì
5
126 17 36,
73
37 0, 86
54 i3, 12
Co 32, 70
16 29, 3i
Long. ©
Moto orario
Par. or. cq.
Semidiametro
Obbliq. eccl.
3
124.° 52' 24",
58
2' 23", 46
8", 45
i5' 46/' 5o
33" 27' 27," 12
Schiacciamento dello sferoide '/^oj
Ciò premesso ò ritenuto per le osservazioni de' contatti le
seguenti in t. m. di ciascun luogo , e per longitudine e latitu-
dine quelle date dalla Conoscenza de' tempi, e dall'Almanacco.
Principio Fine Long, da Green Lai. geografica
Roma 3h 24"n 32s, 70 51i 25"i 7S, 20 oh 4901 54$, 7 E 41° 53' Sa", o N
Padova 3 i4 23, 4S 5 27 4i, 20 4? 29, 2 45 24 2, o
Milano 3 1 3i, 00 5 6 o, 3o 36 4;, 2 45 28 1,0
Parigi 2 20 54, 00 4 3o 4i, 5o 9 21, 5o 48 5o i3, o
Vendome 2 16 32, 00 4 26 12, 00 4 17, 5o 47 47 3o, o
Bruxelles 2 27 24, 5o 4 36 4o, 00 17 29, 00 5o 5i io, 7
Hamburg 2 5o 16, io 4 56 46, 70 39 53, 5o 53 32 5i. o
Dipoi per ciascun luogo si son composte le seguenti quan-
tità :
Roma Padova
Principio Fine Principio Fine
A\ lenit s i76'47'5o", 55 207- i'25',2o 174» 1 5' 12", 73 aoS" 9'42",9o
Long. veraC L 12447 58, 49 126 2 19, 07 12443 12, 74 i25 Sg i3, 69
Lai. vera C >■ 46 1,94 52 4g, 46 45 35, 75 52 32, 56
Mot.or.inl.Cm 36 58,99 3; i, 63 45 35, 75 37 i, 82
Par. or.eq. C H 60 3o, 16 60 32, 24 60 3o, 02 60 32, 19
Semidiam. C R .6 29, „ ,6 29, 79 ,6 29, .7 ,6 29, 77
44
I
( 346 )
Milano
Parigi
Principio
Fine
Principio Fine
s
17 1° 2' II", 65
202° i4' 27" 90
160° 52' l3'', 20 193» 24' 25",
So
L
124. 4' ^2, 35
125 68 37, 36
124 33 44, 77 125 53 45,
5o
X
45 28, 39
52 29, 24
44 43, 73 5a 3,
64
m
36 58, 77
37 I, 5o
36 58, 48 37 1,
33
H
60 29, 98
60 32, 17
60 29, 75 60 33,
o3
R
16 29, 16
16 29, 76
16 29, 09 16 29,
73
Venderne
Bruxelles
s
i59''46'44.", 85
,92' ,7' 4",5o
162° 29' 46", 65 194" 53' 47",
75
L
124 34 IO, 65
125 54 6, 79
124 32 45, 00 125 52 25,
93
X
44 46, IO
53 4, 57
44 38, 24 5i 55,
4o
m
36 58, bo
37 I, 32
36 58, 44 37 t,
a8
H
60 29, 77
60 32, o3
60 29, 71 60 3i,
99
R
16 29, IO
16 29, 73
i6 29, 09 16 29,
7»
Hamburg
s
iSS'iaUi'SSS
199" 55' 32», 55
L
124 33 I, 96
125 5i 0, 91
X.
44 39, 79
5i 47, 63
m
36 58, 46
37 I, 21
H
60 29, 73
60 3i, 94
R
16 29, 09
16 29, 70
Da questi dati seguendo il metodo del Francoeur dato nel-
la sua Astronomia pratica ò dedotte le seguenti quantità :
Roma
Pad
ova
Principio
Fino
Principio
Fine
Latiludine geocen. 1' 4i° 4^' 38", 86
45° .2' 44 ',57
Dir. par. orizC-©H' 60 16, 44
60' 18", 56
60 i5", 58
60' .7", 74
Parali, in long. C a* 26 46, 94n
34 17, 4on
23 4, 75:«
3i e, 73a
Lai. app. i X' IO 21, 92
5 55, 21
8 9, i5
6 8, 26
Semid. app. (_ R' i6 4ij io
16 36, o4
16 4i,a4
16 36, 5o
Disi. ap. de cent.
(R'tr-5,''5)= A 1942", IO
1937", o4
1942", a4
1937", 5o
Jst. cong. vera 9 3h3imi6=, 65
3h 3im ags, ga
3lj28in4i6,93
31» 28H' 595,20
(347)
Milano
Parigi
Principio
Fine
Principio
Fine
1'
49^ i6' 4.3"
,69
A8°37' 1,43
H'
6o i5,
53
60' 17",
1 7'
60' i4", 59
60' 16"
,87
zs
21 33,
aia
3o 38,
48n
2649, 94n
34 «7,
4on
V
8 56,
20
6 5o,
57
IO 21, 92
7 55,
21
R'
i6 4',
7'
.6 37,
07
16 4i« IO
16 36,
o4
A
1942",
71
.938",
07
191,2", IO
■937,
o4
3I1 iSm, 63, 78 3h i8m i3s.
Venderne
3h 3inii6s, 65 3h3i<° 393,92
Bruxelles
1'
H'
■a
\'
R'
A
47° 36' 1 5", 64
60 i4, 83
•4
H
i3, 49n
9 4o, 66
16 42, 83
• 943", 83
9 2h 45"° 36s, 07 ah 45™ 443) 67
Hamburg
1' 53- 22' 2", 93n
60 i3, 6a
60' 17", 09
26 40) 57 n
7 5i, 81
16 36, 59
i937"> 59
So» 4o'
60'
7 . 02
«4, '4
i3 40) 6S11
6 33, II
16 4^) 16
1943", 16
2h SSm 42S, 28
60' 16", 42
24 3i, 88n
5 17, 45
16 38, 34
1939". 34
ah 58m 543, 83
60'
i5", Sa
22 53, agn
a 34, 3o
»6 37, 42
1938", 4=
3h 2ini igs, 23
Chiamando dA, dX, d H' gli errori che affeltano le quan-
tità A , X ed H' si avrà per 1' istante della congiunzione vera per
ciascuna osservazione :
w
X'
R'
A
d
i4 25, o6n
3 17, 3i
16 4'i 21
19Ì2", 21
3h 2Iin 7S, 49
Roma!
(Princ.
*iFine
Pado- ( Princ.
va ( Fine
Mila- ( Princ.
no ! Fine
Pari- (Princ.
gi ( Fine
Ven» ( Princ.
dome! Fine
Brìi- ( Princ.
icllest Fine
Hnin-| Princ.
biirg ( Fine
3U 3iiiii6s, 65-}-
29. 9-—
4i, 93 +
5g, 20^
6, 78-i-
i3, 88—
3j, 92 +
53, 75-
36, 07 +
44, 67—
il, 28 +
54, 83—
"7. 49 +
19, 23—
3i
28
28
18
18
5o
5o
45
45
58
58
21
21
i,83o9 d ^ — 0,5863
1,7869 d A -j- o,43H
1,7924 d A — o,45i4
1,76+6 d A -}- 0,3354
i,8oi.8 d A — o.4!)5;i
1,7727 d A -}- 0,3755
1,7987 d A — 0,4.746
1,7737 d A -f- 0,3795
i,8i44 d A — 0,54.20 d
1,7858 d A + 0,4349 d
A — 0,3584 d
A + 0,2875 'd
1,7716 d
1,7564 d
1,7440 d A — 0)177» ^
1,7382 d A -j- o,i384 d >. — 0,7711 d H'
d X — 0,4238 d H'
d X — i.3ri4 dH'
d >. — o,3839 d H'
d X — 1,1498 d H'
d X — 0,3198 dH'
d X — i,i647 dH'
d X — 0.1-26 dH'
d X — I,o320 d II'
X — 0,0939 d H'
X — i,o854 dH'l
X — 0,1674 dH'l
X — 0,9276 d H'
X — 0,2936 d II'
•■ (A)
Donde ricavasi
luogo come
( H^ )
r istante della congiunzione vera per ciascun
Roma
Padova
Milano
Parigi
Venderne
Bruxelles
Hambura;
segue :
3h3im23s, 285--
3 28 5o, 565--
10, 33o-]-
43, 335--
4.0, 370 -|-
48, 555--
i3, 36o +
18
5o
45
58
21
0,0220 d A — 0,0789 d X — 0,8676 d H'
0,0139 d A — o,o58o d X — 0,7668 3 H'
0,0161 d A — 0,0602 d X — 0,7426 d H'I
0,0125 d A — 0,0476 d X — 0,5773 d H'
0,0143 d A — o,o536 d X — 0,5897 d
0,0076 d A — o,o355 d X — 0,5475 d
0,0026 d A — 0,0194 d X — 0,5324 d
(B)
Dalle medesime quantità (A) si ricavano le sette seguenti
equazioni per determinare d A , d X , d H'
Roma 1 13,27= 3,6178 d A — 1,0247 d X -j- 0,8876 d H'
Padova 17,27 = 3,5570 d A — 0,7868 d X -}• 0,7639 d H'
Milano 7,10 = 3,5775 d A — 0,8714 d X -h 0,8449 ^ "'
Parigi 20,83 = 3,572^ d A — o,854i d X -{- 0,9094 d H'
Vendome 8,60 = 3,6oo2 d A — 0,9769 d X -j- 0,9915 d H'
Bruxelles i2,55 = 3,528od A — 0,6459 d X •}- 0,7602 d H'
Hamburg 11,74 = 3,4822 d A — o,3i56 d X -h 0,4775 d E'
Applicando a queste il metodo de' minimi quadrati , si an-
no le tre seguenti :
326,3491 = 88,835i d A — 19,5692 d X -f- 30,1102 d H'
71,3762 = 19,5592 d A — 4,6290 d X -j- 4,6354 d H'
73,6204 = 20,1102 d A — 4,6354 d X -h 4,7043 d H'
DaquestesiricavadA=3",7o68, dx = 4-",o828,dH'=3,"8265
sostituendo questi valori in (B), si à per 1' istante della con-
giunzione vera per
Roma
3li 3ini igs, 745
Padova
3 28 47, 445
Milano
3 18 7, 548
Parigi
2 5o 4o, 978
Vendome
2 45 37, 948
Bruxelles
2 58 46, 344
Hamburg
3 21 11, 254
Riducendo questi tempi al meri
Roma
2U 4»'" aSs, 045
Padova
20, 348
Milano
i8, 245
Parigi
19, 478
Vendome
20, 448
Bruxelles
17, 344
Hamburg
•7. 7^4
Medio
2 4i 19) 8og
( 3^9 )
Questo è il tempo della congiunzione vera pel meridiano
di Greenwich.
Paragonando questo tempo con quello della congiunzione
vera pel meridiano di Berlino dato dal Santini che è Z^ S^" 55^ ,4.1
si avrà per la differenza di longitudine fra questi due meridia-
ni 53"° 35^ , 6 che differisce da quella data dall'Almanacco nau-
tico per 'J- 0", I ; restando cosi sciolto il secondo dubbio propo-
sto dal Calandrelli.
Ritenendo per tempo della congiunzione vera al meridiano
di Greenwich il trovato di sopra, si avrà per questo istante lon-
gitudine © e C ^ 124." Si' 39", 94.; la longitudine della Lu-
na presa dalle tavole pel medesimo istante essendo 124.° 52' 6", 08
sarà r errore nella longitudine della Luna 26 ', i4.
Gli errori delle tavole sarebbero
d H' = 3", 83
d A = 3, 71
d X = 4, 08
d L = 26, i4
Paragonando le quantità ottenute dal Santini , dal Calan-
drelli e da me in questo secondo lavoro , si à
Santini Calandrelli Rinonapoli
Ist. con. V. a Green. ah 4'"" >9', gt ali 4j™ aSs, S8 2h 4'm igs, 81
long. C pel del. ist. i^" 5i' Sg", gS 124 5i' 4o", 00 124° 5i' 39,",94
Lai. C corretta -J- o 46 26, 03 -J"" 46 ao, 54
Per una ripruova ò voluto calcolare le osservazioni fatte in
Danzica ( Scuola nautica ) in Roenisberg e Frauenburg dove
r ccclisse è stato totale , e quelle fatte in Altona trovando la
differenza di longitudine di ciascuno di essi dal meridiano di
Greenwich; ed ò ottenuto i risultati che seguono:
Calcolo delle osservazioni di Danzica.
In questo luogo 1' ecclisse è stato osservato da' Signori Al-
I
( 3^0 )
brechl , Domk , Scbiitz , Schroder , Reinbreht, ò ritenuto pel cal-
colo i seguenti istanti in t. m. del luogo:
Principio dell' ecclisse 3h Som i5', 4.0
Principio dell' ecclisse totale 4- 3i 36, 3o
Fine dell' ecclisse totale 4- 34 87, 3o
Fine dell' ecclisse 5 3i 45, 3o
e supponendo la longitudine contata da Greenwich = — i'' i^"
4.0' , 7 e la latitudine geografica = 54." 24' i5", o N ò trovato le
seguenti quantità :
Princ. eccl. Princ. eccl. tot. Fine eccl. tot. Fine eccl.
s 178° 12' 44", 10 i93°35'28", 80 i94''ao'5i", i5 aoS^o' 12", oo
L 124 36 i4, oi 133 i4 a, 5i i25 iS 54, io i25 5i io, gS
X 44 57, 4° 4-8 20, oS 48 35, 25 5i 48, ag
m 36 58, 57 36 59, 91 89 Sg, 97 87 i, sS
H 60 29, Sa 60 3o, 89 60 3o, 94 60 3i, 96
R 16 29, 11 16 29, 4i 16 29, 42 16 29, 70
r 54 1 3 33, i4 » « »
H' 60 i5, 54 60 i4, 60 60 i4, 65 60 i5, 67
zt 17 32, i6n 21 18, oin 21 25, 83n 22 52, 780
X' 34, 53 17, 28 16, 65 i3, 64
R' 16 39, 89 16 38, 04 16 87, 93 16 35, 97
A 1940", 89 57, o4 56, 93 1936", 97
9 31»53m56', 71 3li 56ni i6s, 53 3Ii 55» 53', 66 3h55'nios,8i
Dalle quali si anno i seguenti tempi della congiunzione vera:
l'rinc. eccl. 3U 53m 55s, 71 -}- i, 745d A — o, o3id X — o, 483J H'
l'rinc. eccl. tot. 3 56 16, 53 -j- 1, Sigd A — o, 55id X — o, i73d H'
Fine eecl. tot. 3 55 53, 66— i,8i3d A + o, 53od X — i,o42d H'
Fine eccl. 3 56 10, 81 — i, 733d A -j- o, oiad X — o, 668d II'
Il medio di questi quattro tempi è
3'' 56'°4' 428 -|- 0, 002 dA — 0, oiodX — 0, Sgid H'
Sostituendo in questo i valori di d A , d X , d H' si ottiene
per r istante della congiunzione vera S"" 56" 2^ , i33 che para-
gonato con quello trovato per Greenwich , dà per difTerenza di
longitudine
— i** i4'"42^ , 32 la medesima si è trovata
da Santini — i i4 34 , o3
da Calaudrcili — i i4 4o , 32
(35r )
Calcolo delle osservazioni di Koenisberg
Per questo luogo si anno le osservazioni del chiarissimo
d' Arresi che sono le seguenti :
Principio dell' ecclisse Sh SSm i is, o
Principio eccl. tot. 4 38 i)8, o
FÌDe ecclisse tol. 4 4' 63, o
Fine ecclisse 5 38 Sa, o
Pel calcolo di queste osservazioni ò ritenuto la longitudine
= i"" 22" 0,^ 5 Est di Greenwich e la latitudine geografica = 33''
34.' 0", 0 N ed ò ottenuto le seguenti quantità :
Princ. eccl. Princ. eccl. tot. Fine cccl tot. Fine ecclisse
s 180° II' 39", 64 igS" 20' 54", 3o 196" 9' 46", So 210° 21' 5i", i5
L ia4 36 36, 08 i25 i4 3, 68 123 i5 Si, 5^ 123 b'o 4/) 5»
X
44 59,
43
48 25,
16
48 35, 02
5i 46,
4i
m
36 S8,
59
36 59,
9«
35 59, 98
3; I,
21
H
60 39,
84
60 3o,
89
60 3o, gi
60 3i,
94
R
16 29,
12
16 29,
4x
16 29, 42
i5 29,
70
1'
54 32 IO,
5i
»
))
»
H'
60 i3.
49
60 14,
54
60 i4, Sg
60 .5,
59
V3
,7 55,
o5n
21 SI,
lon
21 27, 84n
22 38,
San
V
3,
32D
'7.
8on
18, 23n
'7>
26n
R'
16 39,
61
16 37,
74
i6 37, 64
16 33,
69
A
«94o',
61
56,
74
55, 64
1935,"
69
9 4li 3mi2s, 63 41» 3ni3os, 29 4h 31095,02 4h 3ni 95,44
E da queste i seguenti istanti della congiunzione vera
Princ. cccl. 4'' 3in i2,s63 -{- 1, 733J A -)- o, ooSdX — o, 5i8d II'
Princ. eccl. tol. 4 3 3o, 29 + i, 826d A — o, 573d X — i, 078d H'
Fine eccl. tot. 4 3 9, oa — i, S3id A -f- o, SSgd X — i, oged H'
Fine cccl. 4 3 9, 44 — i, 733d A — o, oiSd X — o, 664d II'
Donde ricavasi per tempo della congiunzione
i^Z'- i3' ,34.5 — 0, 001 dA to, o5i dX— 0,839 dH'
Ove sostituendo i valori di dX , d H' si ottiene
i^ S» 12^, 340
che paragonato col tempo della congiunzione vera pel meridia-
no di Greemvich precedeuteraeale rinvenuto , dà per differenza
( 35-2 )
di longitudine — • i*^ 21 52, 53 che differisce dalla supposta
per 4-7,'= 97.
Calcolo delle osservazioni di Frauenbiirg
In Frauenburg 1' ecclisse fu osservato da' Signori Galle ,
Briinnow e Wolfess , ed i tempi delle osservazioni in t. m. del
luogo sono stati i seguenti:
Princìpio dell' ecclisse SU SSm os, g
Princ eccl. tot. 4 35 54, o
Fine eccl. tot. 4 36 6, o
Fine eccl. 5 35 5a, o
Supponendo la longitudine = i'' i8" ^^\ 5 Est. Greenwicb
e la latiludine = b'4'' 21' 26 ', 0 Nord ò ottenuto le seguenti
quantità :
Princ. eccl. Princ. eccl. tot. Fine eccl. tot. Fine eeclisse
s 179° 24' 8", 25 194° 39' 54", 90 195° 28' 2", 70 209''4i'57", «5
L 124 36 39, 09 125 i4 IO, 54 125 16 8, 82 125 5i 9, 3o
X 44 59, 70 48 25, 79 48 36, 6i 5i 48) 4i
m 36 58, Sg 36 89, gS 37 o, 00 37 i, a3
H 60 29, 55 60 3o, 60 60 3o, 60 60 3i, 65
R 16 29, o4 16 29, 33 16 29, 33 16 29, 6a
r 54 IO 49, 80 j I »
H' 60 i3, 28 60 i4, 32 60 i4, 32 60 i5, 37
■a 17 57, gon 21 3a, 8in 21 4o, 58n 22 57, 9611
V 21, 07 4> 19 3, 63 I, 87
R' 16 3g, 67 16 37, 79 i6 37, 67 16 35, 71
A ig4o", 67 56", 79 56", 69 1936", 71
0 3h59m58s, 75 4h omios, 4i 3li 59™ 52S, 66 4b om 8s, 08
Donde i seguenti tempi della congiunzione vera :
Princ. eccl. 31i Sgm 58s, 75 + i, 73 d A — o, 02 d X — o, 5i d H'
Princ. eccl. tot. 4 o io, 4i -J- i, 74 d A — o, i3 d X — o, 52 d H'
Fine eccl. tot. 3 Sg 52, 66 — i, 74 d A + o, 11 d X — o, 71 d H'
Fine eccl. 4 o 8, 08 — i, 73 d A — o, 66 d H'
( 353 )
Prendendo il medio si ottiene per tempo della congiunzio-
ne vera
4'' 0'" 2' , 4.75 — 0, 01 dX — 0, 60 dH'
ovvero 4'' t) 0, i4 dal quale si à la longitudine
= \^ 18° 4o' j 33 E. Greenwicli che differisce dalla supposta
per ■{• 5^ , 17.
Calcolo delle osservazioni di yiltona
In questo luogo si è osservato il fine dell' ecclisse da' Si-
gnori Petersen, Còlze, Olde, Quiriling, e Roop e questo istan-
te in tempo medio di Altona è slato 4** 56° 4o^ , 8.
Supponendo la longitudine = Sg™ 46' ; 6 Est. Greenwich e
la latitudine geografica = 53" 32' 45 " Nord ò avuto le seguenti
quantità
s 199' 54' 4", o5 1' 53° 21' 56", gS
L 125 5i I, 54 H' 60 i5, 82
X 5i 47) 6g Z3 22 53, 1711
m 37 I, 21 X' 2 34, 78
H fio 3i, 94 R' 997". 4-»
R 16 29, 70 A 1938, 4>
d 3h 2im i3s, 61
E il tempo della congiunzione vera
S"- 21" i3' , 61 — I, 74 d A -J-o? i4dX — 0,77 dH' =
S"" 21° 4' , 79
che dà una longitudine = 39™ 44'' , 98 Est. Greenwich con una
differenza dalla supposta di — \\ 62.
Termino questo lavoro con rendere pubbliche grazie al mio
allievo ingegnere Signor Giovanni Siano che anche in questo
secondo lavoro à voluto compiacersi rivedere lutti i calcoli da
me fatti.
CENINO NOTOM [CO-PATOLOGICO
SULLE OSSA UMANE SCAVATE IN POMPEI
Li-tto dal Socio ordinario Slufano dolle Ckiaie nella fornata
de 1S scllcmbrc 18Ò3.
0>
'uando il Democrito del nuovo Mondo (i) onorava di sua pre-
senza questo Reale Istituto, G.-S. Poli (2) allora Presidente con
dotta Dissertazione imprese a dire, se mai il Vesuvio colle spa-
ventose sue eruzioni fosse riuscito nocivo , oppure utile a quelle
ridenti contrade. E dimostrava, che fra' tanti vantaggi da sì igno-
vomo monte prodotti alla patria nostra non ultimo era da repu-
tarsi la conservazione degli avanzi della romana civiltà e gran-
dezza in Ercolano e Pompei; i quali nel 174-8 per munificenza del-
l'immortale Carlo III. e de' suoi Augusti Successori Ferdinando I.,
e Francesco I. per me di sempre venerata ricordanza, andavansi
I
(i) Barone A. deniimhokll. Si riscontri Riidolphi: Recentìor. nevi IVn-
nii'sm. vir. de reb. mcd. el phys. meril. Bcrol. 1829, p. 78GIjXXX.V1I1. Adv
EJfigieg, sub qua F. Lcos. imcr. Fridev. llenr. Alexander ab Hum-
boldt. Av. Naturae scrutalor sedens , ùilucns Americani in spliaera.
Inscr. Novi orbis Democrituft — Exorg. In Jeliceni reditum Beroli.
ni 180S.
(2) Mem. sul Fesuvio, Iella nella Uirnaia (le'7 novcmlìrc 1824, essen-
dosene smarrito financo il nis. (Delle Chi lio De isila i/raestanlis. commend.
I.X. Poli Plinii neapohlani panca. Tesiac. utr. Sicil. Parai. 1826,111
p. XIX).
( 3S6 )
in ogni giorno disotlerrando , e che il nostro magnanimo Re Ferdi-
nando II. ne ha richiamato gli scavi a maggiore attività sotto la
immediata dipendenza della sua Real Casa , onde formare ob-
bietto di elaborate lucubrazioni de' Soci della Reale Accademia
Ercolanese. Questa da gran tempo aveva conosciuto il bisogno
della illustrazione de'diversi strumenti cerusici ercolanesi e pom-
peiani (i), e ne aveva già dato a Santoro debito incarico, ri-
chiamato a pronta esecuzione allorché vari di quei ferramenti si
videro pubblicati dal Sawenko (2) , tosto seguendovi il lavoro del-
lo Choulant (3) sulle cose mediche pompeiane.
Talché un nostro Collega (4.) diede opera alla delineazione
dell'Armamentario cerusico scavato in Pompei, corredato di Memo-
rie acconce a deciferarne gli usi. E se nelle archeologiche materie
riesca diiTìcile di colpire nel segno, trattandosi per lo più di cose
conghielturali , la divolgazione de disegni degli strumenti chirur-
gici pompeiani è per me (5) la sola parte di fatto inconcusso, ed
un gran passo dato in simigliante argomento , da patrio dive-
nuto ormai cosmopolitico , comune cioè agli archeologi , a" me-
dici , a' chirurghi , a' farmacisti di tutt'i tempi e di ogni nazio-
ne -, siccome i Bussemaker e Daremberg (6) . e "1 De Renzi (7)
(i) Bayardi Calai, degli ani. monum. disotl. dalla discop. Città
di Ercolano. N.ip. lySS, p. 355-65. — Romanelli Viaggi a Pompei, 2.
ed. Nap. 18 17, 1 iliner. 18. — Jorio Pian de Pompei. Nap. 1828, p.
58 , 116 , 179.
(2) Oinodei Annoti wiiv. di medie. Mil. 1822, tomo WJig. Anche
allri medici , chirurghi ed archeologi stranieri ne avevano scritto qualche
precedente articolo.
(3) De Locis pompej. ad rem med. facieni. Lips. 1824 ^y.
(4) Vulpes Illuslr. di tulli gli slrum. chir. scav. inEreol. e in Pomp.
Nap. 1847 > fa-
(5) Parere mìo letto nella R. Accad. delle scienze a' 6 febbraio 1849.
(6) Nella nuova edizione delle OEuvr. d'Oribase. Par. i85i,I p. XLIil.
(7) A.-C. Gelsi De medie, cvr. S. de Benzi. Neap. i85r ,Jìg.
I
(357 )
hanno pienamente dichiarato nelle loro annotazioni a dne anti-
chi classici scriUori di medicina , greca I' uno e lalim V altro.
Anche fruttifero tema , qui meco rilevato dal Blaiuville nel
184.0, sarcbhe una botanica e zoologica rassegna sommaria intor-
no alle piante ed agli animali scolpiti in marmo, fusi in bron-
zo, cesellati, modellati in creta, intarsiati a mosaico ne' pavi-
menti , 0 pure dipinti su le pareli, i vasi, gli utensili, e tut-
tavia contemplabili nelle superstiti ruine di quelle due me-
morande città per tanti secoli scomparse dalla superficie di
queir ameno e fertile suolo. Le figure umane e de' bruti e-
spresse nelle statue , nei sarcofagi cenotafi avelli tombe, ne' bassi
rilievi in gesso 0 stucco , sugli archi trionfali , offrono bastante
importanza allo studio de' fisionomisti (i), craniometristi (2) 0 ce-
faloscopisti (3) ( per quanto fia mai possibile ) a dischiudere (4)
gl'istinti , le passioni , gli affetti , le inclinazioni , le morali atti-
tudini alla virtù ed al vizio, nonché i costumi, i visuali carat-
teri, le mosse, il portamento de' sapienti e prodi romani mercè
i capi lavori di que' loro sorami artisti , attualmente depositati
nel Real Museo Borbonico ?
Da molti anni si è dato semplice annunzio di ossa e sche-
letri diseppelliti in Pompei nelle antiche pubblicazioni sociali de-
(i) Combc Le(L sit l' appli'caz. della frenol. alle Belle arti. Bruì.
i845,ya«c. I.
(2) Porla De humana phijsiognomia. Vici i5S6 ; Lavaler h' ari de
conti, les ìiom. par la physion. Par. 1820, ^y.
(3) M. A. Severino Zoolomia Democritea. Norib. i6|5^y-; Camper
Disc, sur les moy. de reprès. les pass, sur le visagc. Utrecht 1792^7^^.
(I) Ghirarcìolli Compendio della Cefalogia Jisionomiea: cento sonetti
sopra cento teste umane. Boi. iCS3, 8.°; Miraglia frati, difrenolog. ap-
jjtio. Nap. i8a3, tom. I fig. ; Gali Sur les funct. du cere, et ses pari.
Par. 1825.
( Sb'S )
gli Accademici ercolanesi (i) , e nelle recenti di que' per le
Belle arti (2). Qualche disegno di cranio pompeiano fu pubblicato
da Sandifort (3) : tempo fa Monticelli ne era richiesto da Scar-
pa (4) , io da Meckel e Carus (i5). In vari Cataloghi de' Musei
di cospicue Università di Europa notasi la conservazione di fran-
tumi di dette ossa (6): in niuno però esiste una collezione di
crani degli antichi dominatori del mondo (7). I viaggiatori stranie-
ri continuamente me ne dimandano, ed i pezzetti riescono loro di
gradito regalo , contestanti la visita da essi fatta a queste classi-
che regioni nel ritornarsene in patria. Tale è la importanza del-
le ossa sterrate in Pompei , novella pruova alla tesi Poliana ri-
guardante quel fecondo scavamento delle prische ricchezze su le
scienze lettere ed arti del popolo romano , per mia richiesta
a Mous. Apuzzo zelante Presidente del Consiglio generale del-
la Pubblica Istruzione (8) da là fatte trasportare, e rese ora di
(i) A relazione di Lippi. — .Romanelli Viag. cil. I 99, 169. — Jorio
Pian de Pomp. 33^ 52 , 4-2.
(2) Genovese Rendie. della Soc. Reale Borbonica f Accad. di Belle
artij. Nap. i852, p. 68: scheletro di unostiario avente nelle mani una
chiave con r anello.
(3) Tahulae cranior. divers. nat. Balav. iSSS-Sg. Non lio potuto ri.
scontrare del Bhunenljacli CollecL cranior. Gott. 1 790-1 828, 4°^^) che Ja
sola prima Decade.
(4) Leti. ms. da Pavia de' 20 settembre iSsS.
(5) Leti. ms. da Dresda in data de' 12 gennaio iS{\., onde ricevere di-
segni di teschi singolari per 1' Atlante di cranioscopia, eh' egli stava pub-
blicando in idioma alemanno e francese.
(6) Ehrniann Noitv. Calai, dii Mas. d' Anat. Strasb. i84.3 , p. 16^
num. 288 d.
(7) « Invano ho cercato ne' Musei di Roma e di Toscana i crani dei
Romani antichi e di Etruschi, Vi ha ne' gabinetti patologici di questi due
paesi vari cranii di nazioni lontane j ma i desiderati non esistono ». Nico-
Lucci Leti. mss. dall' Isola del /." ott. i853.
(8) Reale Rescritto de' 17 aprile i85i.
(3^9)
pubblica mostra nel Museo anatomico della R. Università degli
studi (8) , la cui fondazione è dovuta al dotto Ministro marchese
Santangelo.
§ I. OSTEO-NOTOMIA.
Serie I normale o fisiologica.
Scaffale III, JVum. 1-60.
L' ossame pompeiano dell' uomo e degli animali ivi desti-
nati a' di lui sociali bisogni sempreppiù contesta , che la sua
statura 0 taglia non differisca da quella de' tempi attuali ; e che
sotto questo riguardo la specie nostra nemmeno sia andata declinan-
do. A prima vista rimasi sorpreso della triplice forma de'teschi pom-
peiani alquanto globosa cioè, ovoidea e bislunga : mi venne tosto
in pensiere di appartenersi ad uomini di razze diverse. Di fatto quei
dominatori del Mondo facevano venire a Roma molti schiavi ,
essendone nel Cairo antichissimo il traffico esportativi dalla Gui-
nea. Ogni angolo di questa regione è la scena di detcstevoli ra-
pine ; ninno individuo di quelle nomadi popolazioni si astiene da
agguati per impossessarsi de' fanciulli altrui , non escluse le pro-
prie mogli e figlie , per venderli agli stranieri ; spesso immer-
(8) Gli schclelri umani ben conservati con oggetti in mano, rinvenuti
nei celiai di Pompei , ascendono a ventisette circa , ed un solo ne fu sca.
vate intatto in Ercolano nella cosi detta abitazione dello scheletro ( jVap. e
sue vicin. Nap. i845 , II 490 Anche 1' ossame degli animali domestici
(cane, asino , cavallo, colombo) vedesi là in buonissimo stato: di tutti niu-
no ragguaglio notomico fu mai dato , anzi non rimane più alcuna memoria.
Le ossa pompeiane in esame sono quelle di recente scavamento ; uè sarà
trascurata la consecutiva disamina notomica per altre , che si riceveranno'
mercè gli scavi ulteriori.
( 36o )
gcndosi in sanguinosi comballiraeiili per si infame guadagno. Sa-
varesi (i) aggiugne , qualmente detto commercio , anche a dì
nostri sostenuto dalla miseria e da' vizi , seco trascini ulteriori ne-
fandezze di fisico e morale degradamento.
I teschi degli schiavi pompeiani hanno qualche approssima-
zione con que' de' popoli intertropicali , razza media fra il tipo
arabo e 1 nero , la più barbara e feroce nel genere umano. A
detta genia, ed alla nostra nella proporzione di 3: io apparten-
gono i crani diseppelliti a Pompei. Le forme tipiche loro , e
molto pili della coppia di Pelasgi venuti a stabilire dimora sulle
rive del Sarno, chiamati Barrasti o Teleboi (2) , e trovata entro due
antichi sepolcri delle adiacenti campagne bagnate dal fiume Sar-
no , esaminate secondo l'angolo Camperiano , la norma verticale
di Blumenbach , la misura basica cranica di Owen colla relati-
va posizione del foro occipitale indicata dal Daubenton , piena-
mente lo palesano. Però ne' teschi caucasici pompeiani veggo
maggiore ampiezza dell' anzidetto forame relativamente alla ca-
pacità cranica, e la sua prossimità lunghesso la linea basila-
re mediana più alla spina nasale posteriore, che alla gobba oc-
cipitale. In tutti ho ravvisato assai prolungata ed espasa la la-
mina presso r apofisi stiloidea dell' osso temporale , senza tener
conto di altre particolarità intorno a' forami della base del cra-
nio, ed alla fossa temporale. Né vi discorda la capacità diversa
accennata dal Van der Hoeven tra le anzidette due varietà di.
crani spettanti a bambini , ragazzi , giovani , adulti , vecchi ,
decrepiti rinvenuti nella Pompei.
Nel maggior numero de teschi si vede 1' angolo facciale
Camperiano come è richiesto per la razza Caucasica ; ma è des-
so frequentemente coutrastalo dalla gobba occipitale della Etiopica
(1) Mem. ed opuao. Jtsìco-medic. su F Egitto. Nap. 1808, p. 85.
(2) Nanula Eienc, degli ogg. di Anat. umana eco/n/>.Niip.i834, n. 9.
( 36i )
con somma prominenza della sua eresia. Sono questi due contrad-
dillorii carallcri , cioè il primo è intrinseco connaturale; o'i se-
condo parmi acquisito eccezionale, Torsi pel genere di vita opu-
lenta , oziosa , inchinevole alla libidine , favorita pure da quel
delizioso sito a diporto. E puranche notevole il toscliio di un
uomo adulto di forma greca , di varii giovinetti a perfetta figu-
ra globosa come quello de' turchi (i), oppure degli antichi po-
poli del Genuesato (2). Ne' crani meglio conservali un Callista
in generale ravvisa lo eccessivo sviluppo degli organi deputali
alla fìsica sensazione voluttuosa od amativilà, alla fìlogenitura ,
alla memoria, alla circospezione, alla fermezza di carattere , al-
l' istinto della propria conservazione e difesa , alla vanità , alla
venerazione.
Se non che più di un teschio de'succennati schiavi, a cau-
sa della peculiare prolungazione antero-posteriore , ha rassomi-
glianza con quello di cabile n. i5 0 meglio coli' altro n. 18 (3)
del contiguo scaffale II. di detto Museo, assegnato per gli mez-
zibusti in cera, ed i cranii naturali delle principali varietà delle
tre razze umane: teschio pervenutomi dall'America meridionale
discoverto da Penlland dentro antiche tombe peruviane presso il
lago di Titicaca , destinate a' soli capi di quelle rozze tribù.
Costumanza , che io non trovo nuova , come generalmente cre-
(1) Cah-aria fere globosa : oceipi/io sci', vìr itilo , eiim foramcn
maijfniim jicnc ad exlretmnn bascos cranii posinim sii. Frons lalior. Gla-
bella promiiiens. BlunioiilKifli Dee. I i5 , tab. TIF.
(2) Gcnitcnsem namque , et matjis ad/ine Graecarum ci T arcar um
capila globi fere imaginem erpriimiìil, ad Itane quoque obslctrieibus non
numquam magna malrum soliciludinc opem ferenlibus. Vcsalii De huin .
corp. fabr. Veii. i6o|, p. 14.. In Coslanlinopoli lo niammaiic dimandano
quale forma si brami dare al capo del neonato . e le asiatiche prclerisconu
di cingerne con fasce la fronte e I" occij)ile.
(3) Prichard Ilist. nat. de l' hom. Par. i84.3 , lì 'T ■ fn ^^
46
( 362 )
desi , nò oltrepassante il XTV secolo ossia circa dugenlo an"
ni prima della scoverta dell'America, e neppure là esclusiva;
giacché la leggo accennata da Ippocrate dieci secoli innanzi
ne' primi abitatori della parte orientale della Crimea. I quali ri-
ponevano un' idea di sapienza , e di animo generoso , da mani-
festarsi in seguito dell' arteflciale allungamento del capo de' fan-
ciulli.
Ne' mausolei di siffalle colonie greche sono stati recente-
mente scavati (i) i crani de' macrocefali di quel grande os-
servatore , denominati cosi non per ampiezza periferica , sicco-
me la voce Ippocratica sembra a prima giunta dinotare ; ma in
riguardo all' antero-posteriore prolungamento della loro testa (2),
ed assai diversi da' macrocefali asiatici del Blumenbach (3), che
presentano il cranio conico ed alquanto verticale. Qualora si consi-
deri la descrizione della pratica per riuscirvi seguita in America,
e quella trasmessaci dal Vecchio di Coo, rimanesi al certo esitante
a quale delle due si dovesse dare la primazia: tale, e tanta ne è la
uniformità. Ippocrate aggiunse , eh' essa , come alcune conge-
(r) RalhliG Ardi, fur anat. physiol. Beri. 184.I) , II 1^2.
(2) Mihi dìcendum est , imprimìsque de macrocephalis , cum ex his
nulla alta gens capila similia habeal. Ac initio quìdcin hominum in-
stiiulum loìigiludinis capilis caiissa Juisse videlur. Nane vero natura e-
liam ad ùistitutum aecedil. Lonyissima enim habentes capila generosissi-
mo s exislimanl. Hitiusmodi aulem est inslilutum. Cum primum edilus est
infaris, capilis eitts adirne tenellum et vmlle manibus cjjingunt , et in lon-
gitudinem adolescere eogunt , vinculis el idoneis arlibus adhibilis , qui-
bus capiitilis rotundilas vitietur et longìlitdo augealirr . Hoc insiituticm pri-
mum huiusmodi naturae dedit inilium. Siineessu vero t&mporis in nalu-
ram ahiil, ut proinde instituto nil amplius opus esset. Op. omn. eur.
Kuhn. Lips. 1825 , I 55o.
(3) Asiatae macrocephali : vertex imprimis valde elatus , compressus
carinattts. . . occipitium declive , elongatum. Misit Aschiiis et probahi-
liter Tutlarici. Dee. I 17, tab. III.
( 363 )
nite (lifibrmità , senza ulteriore artcfizio , sia poscia trasraisibi-
Ic coli' alto fecondativo , derivando il liquido seminale da tutte
le parti del corpo sane ed alterate. Costume , checché ne scri-
va il D' Orbigny (i) , contrario a' fondamentali principii della
scuola di Gali, perchè impedisce il regolare sviluppo, e la na-
turale direzione di quella parte del cervello, addetta all'esercizio
delle intellettuali facoltà, come succede negl'idioti; e viene an-
cora dimostrato dagli attuali popoli intertropicali aventino la for-
ma della cai varia analoga a quella degli schiavi pompeiani, e del-
le quali tutte particolarità sarà in seguito minutamente discorso.
In quadruplice stato di conservazione rimarcansi le ossa pom-
peiane : i) alcune, che ne compongono la massima parte, com-
pariscono di avere sofferto tutt' i danni di quella tremenda ca-
tastrofe , indi pe' successivi alluvioni ridotte ad una specie di
pappa ossea nel tavolalo interiore più dell' esterno , oppure in
amendue con la entroposta diploide : 2) certe sotto le mine
e fra' rottami delle fabbriche crollale hanno alquanto resisti-
to all' interro peli' enunciato soqquadro , ma cadute a contat-
to di statue , o di utensili di bronzo , per il continuato umido
della terra e lo stillicidio delle acque, in più punti ne sono poi
rimaste macchiate (2) e direi arrugiuile, vedendosene una fibo-
la tutta inverdita compatta e ponderosa come se fosse di bron-
zo ; qualcuno degli ossi iliaci osservasi fesso e compresso nella
metà inciampata sotto il peso , e nel paretaio di un cranio
tuttavia apparisce la fovea prodotta dal corpo ferreo sferico, che
presso il margine temporale lo spaccò , n cntropresse porzione
verso il cervello, e macchiatone il tavolalo interno con tinta
giallo-scura diversa dal resto di esso teschio : 5) altre , essen-
(lì Prichard IIisl. nat. II 190.
(2) Socmmciiing arca anche trovato ne' sepolcri le ossa intcrarnenlc
verdi a causa del rame , che le slava vicino.
( 364 )
do di più scarso numero , presentano marcata integrità , qua-
siché col macero da pochi anni fossero rimaste spolpate delle
molli loro parti, vieppiù quelle di bue e di cavallo: 4') tra gli
anzidetti sessanta crani e venti altri vistine nel cadente anno i833,
uno solamente ne ho rinvenuto invaso dalla cenere vesuviana in-
focata ; quindi reso higio, esternamente incrostato di minuto la-
pillo, sfoglioso nel solo tavolato interno, pesante^ compatto^ so-
noro, fragile come vetro, a frattura netta, poco diverso da una
scoria silicea di quell" ignovomo monte ; ed è meraviglioso osser-
vare come il calorico ne abbia egualmente penetrato la compa-
ge, rimanendo intera la diploica tessitura, il martello, la staf-
fa con fossetto orbicolare, sfoglioso e soltanto annerito lo smal-
to de' denti più della loro sostanza , vedendosene bigio il cemen-
to e lo interno cavo dell' osso dentario. Più di un teschio di uo-
mo assai ben conservato , solamente nel sito di contatto col suo-
lo vedesi sfondato, e ne' margini calcinato roso sgretolato : mol-
ti altri analoghi esempi ne ho osservato negli omeri , ne" femo-
ri , nelle ulne e tibie , avendo un' estremità ben conservata e
r altra calcinata ; oppure in ciascuno di questi ossi vedendosi
successivamente riunite le tre indicate qualità di conservazione ,
relative alla diversa loro compattezza come sono gli ossi lunghi
in paragone de' larghi , non che alla graduata loro permanenza
a contatto della terra e dell' acqua.
Sono essi gli ossi , primo ciliudrici degli arti e specialmente
i femori nelle articolari estremità spalmate pure di tenue untu-
me , poi que' della pelvi , indi certuni della calvaria; mostrando
essi sempre bastante compacità, come se avessero schivato i di-
ciotto secoli di atterramento: tali sono quelle ricamate da un esi-
le 0 capei lare lavoro dendriforme ed intrigato di una pianta l'orsi
crittogama dapprima biancastra , indi giallo-fosca ( osteo-epifito
pompeiano ) , che minutamente ricama la superficie di siffatte
ossa; certo indizio di essersi trovate in siti asciutti, non mai
( 365 )
interriate ed anco preservate dall' accesso dell' aria come entro
le tombe, i cenotafi , le cantine. Attesoché l'azione prolnngata
dell' aria e dell' umido toglie alle ossa la materia organica , e
lascia un residuo calcare. Nel lavarsi le sopraddette ossa io av-
vertiva la medesima sensazione miasmatica esalala da un fondo
melmoso, quando sia colpito dal cocente raggio del sollione , a
causa dell' acqua limosa infeltrata nelle maglie del più ascoso
parenchima osseo.
Segatene alcune ben conservate per lungo o traverso fanno
tutt' ora sentire quel lezzo di gelatina del loro stato recente, oppure
esposte alla fiamma spargono il consapulo puzzo empireumatico ,
richiesta a mantenere congUitinatc le molecole di fosfato calca-
reo, e la interna massa reticolato-diploica con lo inestrigabile
intreccio di fibre e laminette , avendo resistito durante tanti se-
coli alle distruttrici ingiurie degli agenti esterni (i). Una chiara
dimostrazione ne porgono i delicati ossi del capo , cioè martel-
lo , incudine, lenticolare sembrandone epifisi (2), staffa, unguis,
turbinati, vomere, etmoide, palatini; e quei de' carpi 0 tarsi , dello
sterno, della rotola. In tuff i crani l'antro d' Higraoro apparisce
assai ampio, e con fievolissime pareti; in altri il tavolato esterno ,
(i) Ecco il rlassiinlo do' difTercnziali caratteri fisici del miniino, medio
e massimo grado di conservazione del pompeiano ossame^ cioè con super-
ficie : 1) graiioso-polvcrolonla biancastra , leggiero friabile efflorescente al-
l' aria, tavolali e diploide confusi e ridotti in arida pappa calcif'orme di ac-
cresciuta crassezza; 2) rugosa giallo-castagno , poco compatto pesante e co-
spersa talvolta da palina untuosa, frattura nella gcssacea appena fibrosa :
3) levigala gialliccia lucida, compatto pesante, frattura dilTicilc fii)ro-squa-
mosa , integrità di tavolati e diploide, lezzo di gelatina nel segarsi od em-
pireumatico alla fiainma.
(2) Dello ossicino non disunito dalla stessa fu rinvenulo da Cotugno in
un feto trimestre, cui os lenliculare tenacissime end adiialum. 0/>. posl/i-
Neap. i832 , III 193 : tale si è pure conservalo in tulle le incudini, ed an-
che in «juelia del teschio dalia infuocata lava vesuviana ridotto siliceo.
( 366 )
specialmenlc delle ossa frontale e paretai! , a causa della gelati-
na e de' sali terrei perduti, risolvesi sino a cinque strati sfo-
gliosi, mirabilmente prestandosi alle microscopiche osservazioni,
onde studiarne la primordiale orditura, e niente diversa da quel-
la ravvisata nelle ossa recenti.
Anche Troja (i) nelle sfoglie ossee di feto, di uomo adul-
to, di vecchio, di decrepito centinario , e di teschi umani al-
terati da qualche secolo, facendo tesoro delle mirabili ricerche
de Malpighi e Gagliardi , indebitamente oppugnate dallo Scarpa,
mercè acido nitrico allungato e alcali riduceva i pezzetti della cai-
varia a guisa di cartone svolgentisi in molle lamine, squame o
fogli concentrici. Né quegli arrestossi a' predicati fascetti fibrosi
di primo e secondo ordine ; ma passò a disaminare le fìbrelline
elementari , maggiormente notevoli negli uditorii ossetti de' feti,
col microscopio in tutti rilevando atomi oscuri e tubetti capel-
lari, equivalenti a' canaletti calicofori , a' corpuscoli ossei de' mo-
derni anatomici. Cosicché meglio di Leeuwenhoek , e prima di
MuUer (2), disvelava alquanto la intima struttura delle ossa umane
con i lumi della microscopia, della chimica, della fisiologia spe-
rimentale , della patologia umana e comparata , quando i Dotti
di Europa tacevano su queste pratiche reputate oggidì certe e
definitive.
L'ultima analisi chimica, per tacerne qualche altra precedente di
ninna 0 pochissima importanza, dell'ossame pompeiano pubblicata
da Liebig non ha pienamente soddisfatto a tutl'i cultori della scien-
za ; siccome affermò Lehmann neir osservare la triplice qua-
(i) ({ Colesti fatti ci obbligano a confessare, che spesso è utile il torce-
re indietro il cammino, ed abbracciare le cose già dette ed osservate prima
di noi :). Ossero, su le ossa. Nap. i8i4, p. Sg. — Medici De oss.struet.
specim. BoDon. 1882 ^y.
(2) De canalic. corptiseol. oss. in Miescher De injlam. oss. Berol.
i83G, p. 2CI-181 , iaù. IV.
( 367 )
lità di sifialte ossa raccolte nel Museo nolomico. Qui ne ho inva-
no distribuito copiosi saggi , perchè fossi secondalo in sì giusta
esigenza : altri simili pezzi ancor numerosi , vieppiù appartenenti
all' ossame di perfetta conservazione ; non mai analizzato e che
unicamente riguarda lo scopo mio , ne consegnai al medesimo
Lehmann tanto rinomato sulle analisi di chimica organica fisio-
logica e patologica: corre il secondo anno del niuno raggua-
glio ricevutone (i). Dippiù egli è d' uopo dichiarare , che le
(i) Mi giunge in tempo da Lipsia la seguente lettera dei professore
Lelimann de' 27 ottobre i8o3.
j Oi' ora Ilo finito 1' analisi delle ossa pompeiane , e ne ho eseguito
tre : vi ho sempre sottoposto 1' os femoris per poterle paragonare con altra
analisi delle ossa , poiché la composizione delle medesime nello stosso uo-
mo è mollo diversa , e non possono servire alla comparazione , che le os-
sa dello slesso nome. Il risuUamenfo di queste tre analisi dell' os femoris
pompeiano è il seguente : Acqua 8, 80 ; sostanza organica (glutine )2d, i8;
carbonato di calce 9, 44- ; fosfato di calce ( 3 Ca 0 -{- Po 5 ) 52 , 62 ; fos-
fato di magnesia ( 2 M g 0 -f- P 0 5 ) Oj 54 ; fluorato di calcio ( Ca FI ) 2, 85.
Se vogliamo ignorare 1' acqua , essendo molto variabile , perchè diversifica
collo slato igroscopico dell'aria atmosferica, l'evento dell' analisi è questo:
sostanza organica ( materia cartilaginosa) 27, 79 ; carbonato di calce io, 4i;
fosfato di calce 58, 06 ; fosfato di magnesia 0, 60 ; fluorato di calcio 3, i\. j
ì In quanto alla sostanza organica la quantità nell' os femoris pom-
peianum e un pochissimo diminuita , perchè si trova nelle ossa femoris
degli uomini moderni ( di 2o-5o anni ) 3i-35 per cento parti organiche.
Ma debbo notare le ossa femoris esaminate da me erano come fresche ,
non mostravano vestigio di calcinazione , contro a che molle altre ossa, le
quali mi avete dato , sembrano come calcinate. Mi pareva prima di tutto
più importante di esaminare , se le ossa degli antichi sieno generalmente
differenti dalle ossa de' nostri contemporanei. Oltre ciò le ossa pompeiane
sono in diversissimo grado di conservazione ; perchè bisogna una ricerca
particolare per lo scopo di un esame del processo di calcinazione , il qua-
le eseguirò tosto che sia possibile, a
3 La proporzione del carbonaio di calce non si allontana mollo dalia
(juantità contenuta nelle ossa moderne. Lo stesso vale pel fosialo di calce.
( 36S )
diverse alterazioni notate uell' ossame in parola indurrebbero
a credere , che Pompei fosse stata subissala piuttosto da alluvio-
ne (i) , che dalla pioggia di lapillo e di cenere infuocati, l'uno
disceso e gli altri eruttati dal sovrastante Vesuvio. Io però non
ho animo e lena da immergermi in così astruso ed oscuro ar-
gomento, peraltro di mera curiosità o di futile importanza: so-
lo di certo vi noto la perdita fatta, ora più che mai vivamente
sentita ne' nostri crocchi sociali, di Saverio Macri, Carmine Lippi,
(icrcliè se no trova nelle ossa fetnoris moderne in circa 55 fino a 63 per
cento. La proporzione del fosfato di magnesia e inferiore alla quantità del-
la slessa materia, rilevata nelle ossa moderne ; ma questa differenza non è
i)è considerabile nò importante La cosa più memorabile è la quantità dei
fluerolo di calcio , assai superante la proporzione contenuta nelle ossa mo-
derne. Già Liebig ha notato questa sorpreudente circostanza , ma [non ne
ha tentalo una spiegazione, j
» Ordinariamente se ne e trovalo nelle ossa moderne non più che una
|)arto per cenlo , recentemente anche due parti per conto sono state rinve-
nuto , ed è possibile che pel metodo meno esatto si è ottenuto pochissimo
fluoralo di calcio; non di meno la quantità da me trovala è tanta, che il
migliore metodo di analisi da me eseguito non possa essere la causa del-
ta maggiore quantità ottenuta. A me non pare probabile , che della mate-
ria sia penetrata nelle ossa da fuori , ci è della cenere volcanica. Frattan-
to r analisi delle ossa calcinate condurrà ad un giudizio più sicuro. Sem-
bra per ora, che il villo degli antichi potrà servire alla spiegazione di que-
sto importante argomento. Appena finita l'analisi delle ossa calcinate non
mancherò di comunicarvela. — Doli. Lehmann. »
(i) 2) I i8 scheletri, ritrovati nella cantina (n. 3), seppelliti nella terra
vegetabile , fan vedere che la gente di quella casa andò a rifugiarsi nella
cantina nel lem])o dciraljuvione. L'impressione del seno muliebre (zinne lat-
tanti!) trovala sulla terra vegelabilo, che riempiva la cantina deve convincerci,
che le acque soggiornarono nella cantina , allorché la gente di quella casa
vi restò annegala. In falli senza dell'acqua, dalla quale fu resa molle la
terra, non jiotca formarsi la impressione suddetta ». Lippi Due leti, fu il
fuoco 0 r acqua che soiierrò Pomp. ed Ercol , seguite dalle Scritl. prò
e contro. Nap. i8i6 7?y., p. SSy.
I
(369 )
Malico Tondi , Teodoro Monticelli , Vito Piscicelli , Matteo Caldi;
i quali avanti la Reale Accademia delle scienze , dal peculiare
incarico loro commesso , con verbali discussioni e colla stampa
presero attivissima parte nella dilTicile quistione , cioè : se la
distruzione di Ercolano, e Pompei fosse accaduta per via secca
od umida. Però tra tanta perizia in sì speciali dottrine , essa
neppure rimase tra loro definitivamente assodata , come neanco
la è tuttora, sebbene in vista del tescbio invaso dalla cenere in-
focata potrebbesi ancor dire di essere divenuta sì per 1' una co-
me per I' altra , ossia fu pria il fuoco poi 1' acqua , che subis-
sarono quelle due romane città ; ma ciò è affatto estraneo al
mio subbietto.
§ II. OSTEO-PATOLOGIA.
Serie II. innorraale o patologica.
Scaffale XVI ^ Num. i-6o.
I Greci bruciavano i morti, e dentro apposite urne recavano
in seno della patria le ceneri de' loro parenti trapassati in terra
straniera. Solo ne' Templi appendevansi modelli di parti altera-
te da guasti organici , e secondo Pausania in quello di Escula-
pio presso Sparta osservavansene di prodigiosa grossezza. Né so-
no fondate le asserzioni degli scrittori circa le conoscenze notorai-
co-patologiche d' Ippocrate ; poiché a que' tempi la legge Ateniese
sul sollecito interramento de' cadaveri umani faceva ricercare la
sede e la cagione de' morbi ne' corpi degli animali , ne' quali ne
era egli istruito da Democrito. I re della Ptolemaica dinastia di-
strussero questo popolare pregiudizio col permettere a' medici le
necrotomic. Né in Galeno od in Areico , che scrissero dopo la
distruzione di Ercolano e di Pompei , e molto meno nella Scuo-
•^7
( 370 )
la araba , rinviensene alcuna soddisfacente notizia. Le ricerche
dunque sulle organiche alterazioni delle ossa umane sono frutto
dello studio de' patologi moderni, specialmente italiani intorno
alla vera genesi della neo-raorfosi.
Walther (i) però ha dimostrato , che esse sieno tanto an-
tiche , quanto il regno animale ; poiché tra' mammiferi antidilu-
viani abbia rinvenuto molti lavorìi morbosi delle ossa contem-
plabili anche oggidì. L'orso delle caverne, specie già perduta,
ne porge irrefragabile contestazione. Egli vi distinse la necrosi
dell' omero destro , 1' anchilosi delle vertebre , la carie della
mascella inferiore e dell' ultima vertebra lombare , 1' osteopsati-
rosi del raggio e di una vertebra cervicale , uno strato lamino-
so della mandibola inferiore. Quali trasformazioni mancavano di
pruova per la specie nostra, e soltanto in Galeno (2) si accenna la
protuberanza delle ossa colla voce di esostosi , la quale da Boer-
haave cominciò a ricevere scolastica distinzione. L' antropo-pa-
tologia non aveva una dimostrazione di fatto come la Walthe-
riana pel solo orso speleo , mammale scomparso dalla faccia
del globo terraqueo ; ed ora è dessa pienamente somministrata
dalle ossa umane pompeiane.
Num. i-io Ipertrofia e compattezza cranièa.
Rimonta al 1572 il primo esempio di aumentata crassez-
za della volta del teschio umano , e riguarda quello di un moro
estinto nella guerra di Harlem conservalo nel Teatro notomico
di Olanda, e descritto dal Paw (3). Altre simili osservazioni ne
(i) Lobstein Anat. Palhot. Par. i833 ,11 5r.
(2) Aliqui vero quae in temporibus sttnt ossene eminentiae sic va-
eant ( salyriasmon). In aliis parlibus quoque tales ossium fiunt eminen-
tiae: easque vocant exostoses- Clas.Wh De tum. praet. nat. Yen. i54i-
(3) Primit. anatom. Lugd.-Bafav. i6i5, p. et fig. 28.
( ^v )
raccolsero Albino (i), Sandifort (2), Andrai (3), Delle Ghiaie (4.),
Vcnzel Gruber (3). La spessezza delle ossa frontale, parietali ,
occipitale, nasali, vomere disotterrate a Pompei è olire sei li-
nee. Quale alterazione manifestasi solto duplice aspetto, dinami-
co cioè o chimico: con parlicolaritcà che la sola diploide accre-
scesi ad aree equabilmente più strette , scemandosene 0 scom-
parendovi i due tavolati , che in essa convertonsi nell' osso vo-
mero ; oppure evvi semplice successiva apposizione di sali inor-
ganici. Nella massima parte i crani pompeiani erano affetti da
ipertrofia degli ossi frontale paretali occipitale. In uno di essi
è notevole V infossamento obliquo forsi per colpo di bastone ri-
cevuto su la gobba frontale destra , essendone derivata la iper-
trofia di tali pertinenze , delle ossa nasali e del margine supe-
riore del vomere. Il deposito della terra calcare vi è quasi sempre
succeduto da parte della dura madre sul tavolato interno, e non mai
dal pericranio sull'esterno. L'arteria meningea media e sue ra-
mificazioni non ne sono rimaste fabbricate dalle successive ap-
posizioni di fosfato calcareo; e ciò pel provvido voto conserva-
tore della natura , forsi per la diastolica repulsione effettuata
dalle pareli arteriose sulle calcari molecole, da lasciarvi impressi
profondi canali senza restarne quelle occultate. In certi crani
affetti da compattezza più ne'duplici loro tavolati, che nella in-
termedia diploide , ho scorto di quadrupla dimensione i forami
addetti al passaggio de' vasi nutritizi , e la ordinaria tessitura
ossea non più vi si discerne, osservandosi invece omogeneità e
significante pesantezza.
(i) Ind. snppl. Anal. Rauianae 4-
(2) Exercit. aeadem. Lugd.-Batav. 1783, II 3o, tab. IH i-3.
(3) Miis. Dupmjlren. Par. 1842, II 5i6, pi. XVI 1-4..
(4) Disseriaz. anaiom.-palolog. Nap. i834, p. 36.
(5) Beitr. z. anat. phys. chir. Prag. 1847 , pi I
( 372 )
Num. II e 12, i3-i4- Esostosi con spessezza ed incompleta
atresia del condotto uditorio interno.
Il restringimento, o Ica totale chiusura del canale in esame,
sconosciuta a' medici greci latini arabi, è soltanto accennata nel-
la prima metà di questo secolo. Hard (i) confessa di non averne
mai osservato l' osseo gonfiamento , rarissimo per la estrema du-
rezza; Stevenson riferisce due casi di esostosi da oppilarlo, secon-
do Autenreith essendosi ristretto ad una linea per la causa istessa.
Amendue i condotti uditori del medesimo cranio pompeiano pre-
sentano quattro tubercoli ineguali da rimanervi due piccole rime in
ciascuno, appena valevoli al passaggio di poche onde foniche. Il de-
posito della pesante ferra calcarea è avvenuto in copia maggiore nel-
r osso temporale sinistro , che nel destro. La cassa del timpano
ne è restata immune come i suoi ossetti martello , incudine ,
lenticolare. Niuna traccia della staffa rinvenni a destra, e postavi
ogni diligenza nel frangere e raschiare 1' osso del cavo timpanico
di sinistra , neppure ve la trovai : era stata forsi fabbricata dal-
l' apposizione delle molecole calcari , di che erano zeppe le cel-
lette mastoidee: tantoppiìi che essa neanche avrebbe potuto uscire
dalla rima indicata. L' individuo poi era certamente rimasto sordo.
Ne' condotti acustici di varii altri crani neppure manca qualche
simigliante tubercolo osseo, e sempre di maggiore compattezza
di detto canale.
Num. i5-20. Suture ed ossa soprannumerarie craniee.
Tra 8o calvarie dalla più o meno perfetta conservazione; due
sole di uomo adulto hanno la sutura frontale in continuazione della
(i) Malad. de roreill. 2. ed. Par. i84z , II 277 , 283.
( SyS )
sagiltale. In vari teschi non di vecchi , ma di uomini di media
età di amendue le razze, vedesi buona porzione o tutte le suture
obliterale. La prima coppia degli ossi suturali ( sfeno-fronte-pareta-
le) è bislunga nella interna faccia cranica; la seconda ( occipito-pa-
relale) sta in ciascuno lalo dell'occipite ; il terzo unico (parieto-
parelale ) è incuneato nella sutura sagittale. Siffatto ossicino piìi
delle fratture, rime, suture craniee prominenti (i), od anomale,
siccome gli scrittori concordemente opinarono , ha quivi stretta
relazione con un errore confessato da Ippocrate (2), e qual'esem-
plo di candidezza ricordato da Celso (3). In Pompei si è pure
rinvenuto lo specillo (4.) a que' tempi creduto in uso per siffatta
lesione violenta come esploratore delle succedute rime del teschio.
Num. 20-26. Polimorjia nasale.
La più singolare consiste nella unicità dell' osso nasale slar-
gato in giù , dentellato , curvo verso la fossa del naso , e vi
coincide in due esempli la ipertrofia del vomero e degli ossi
turbinati superiori. Altri feschi presentano le due ossa nasali 0
abbastanza lunghe con angolo mediano rilevalo ( n. aquilino ) ,
spesso breve e depresso negli etiopi , 0 con mediana incisione
semilunare, oppure rostrata.
(i) Infatuo Neapoli in Nosochoinio Incurahilium cum M.-A. Seve-
rino oòseivavimus stituras capitis omnes uno quasi clivo exaltafas , ae
toro suùlimiore prominenles. In tribus pueris epileplicis ibidem sulurae
eoronales muri instar extabant... Ego ossicula suturae lambdoideae ita
iumentia vidi, ut digitis singula discernere potuerim. Barlholini Histor.
anat. rar. Hafn. i654., ceni. II 220.
(2) Delle Ghiaie Rassegna intorno alle ossa suturali o soprannumera-
rie del cranio umano, per averne maggiore e specifica conoscenza.
(3) Della med. a cut. di Salv. de Renzi. Nap. i852 , Il 383.
(4) Specillo elegantemente cesellalo , die termina in forma di pic-
cola paletta. Vulpcs Illustr. Sa , tac. \\\ 6.
( 374 )
Num. 27. Carie.
Troia definisce la carie morte incipiente, e la necrosi morte
assoluta delle ossa. Amendne erano cognite a Ippocrate , ed a
Celso : quella solamente era frequente a Pompei , e non mai
quanto oggidì , sostenutavi da reumatico e scorbutico vizio. Poi-
ché distrutte le gengive e 1 periostio , comincia esso a rodere
i margini alveolari delle mascelle , traforando talvolta il pavi-
mento dell'antro scoverto da Higmoro, notomico inglese del XVII
secolo, di cui ricorda il cognome. Tra gli altri esempi di carie ne
ho sott' occhio una stabilita nella mascella superiore destra con
triplici orbicolari forami a lembo attenuato , i due primi sfondati
nel sovrastante antro, e'I terzo nell' esteriore margine di detto osso.
(C Ove (scrisse Celso (i)) si abbia alcun dubbio se l'uno 0 l'al-
tro vizio si estenda piìi prontamente , nella carie è facile assi-
curarsene; giacché s' introduce nel foro dell' osso un sottile spe-
cillo (2) )) e varie forme di questo strumento sonosi rattrovate
in Pompei.
Num. 26-32. Alterazioni de' denti.
Gran parte delle ossa mascellari offrono i deuti con un
grado di conservazione , se non superiore , almeno eguale a
quello de' giorni nostri. Le incrostazioni tartarose , 0 gli odon-
toliti, neppure mancanvi; e resterebbe solo a conoscersi la chimica
composizione del suddetto tufo e dell'artritico, amendue di data as-
sai secolare. Celso ha consecrato un lungo capitolo a' mali della
bocca curabili con l'opra della mano; ed indica appropriate tena-
(i) Della med. ir ad. cit. 879 .
(2) Vulpes Hìusir. 25-29 , tav. Ili 3-6.
( 373 )
glie a svellere l' inlcro dente, e per cavarne la radice rimasta infran-
ta 0 tarlala nell'alveolo, appositamente ricordando la rizagra dei
cerusici greci (i). Sono eziandio dettate con somma perizia le av-
vertenze, onde tirare i denti o le lunghe e moltiplici loro radici
dalla spugnosità delle ossa mascellari, tuttoché a' tempi suoi non
fosse pienamente conosciuta la fabbrica di tali siti, e del sovrappo-
sto antro. Parecchi di simiglianti casi nelle ossa Pompeiane han-
no il pavimento di esso sollevato e pertugiato dalle radici allun-
gale de' denti molari superiori , ed estrattili ne risultavano seri
inconvenienti temuti ancora oggidì; (C essendo, al dire di Celso,
gran pericolo a svellere il dente fortemente radicato . . . anche
maggior pericolo pe' denti della mascella supcriore, perchè può
portare la concussione delle tempia e degli occhi j. La interna
lamina di uno dogli antri sollevasi a foggia di papilla di circa
quattro linee. Celso discorre della carie o tarlo dentario , della
sua specie scorzante , ed esempli vi aggiungo della terebrante
e della carbonosa , di atrofia , di necrosi e di usura o consumo
dello smalto solito a vedersi ne' denti incisivi , canini e piccoli
molari.
Num. 34.. Frattura traversale del corpo delt omero.
Quanto la scuola greca e la romana fossero state innanzi
nelle pratiche cognizioni sul callo e sulle fratture del braccio ,
viene dimostrato dalle opere d' Ippocrate e di Celso; né i loro
commentatori hanno trascurato di farci conoscere i disegni di ap-
positi apparecchi macchinali destinati per la rottura dell' omero
ricavati in Vido Vidio dal Darcmberg(2). Nel quale omero di gio-
(i) Celso Della med. 34. i •
(2) Litlrè Oeiivr. compi, d Ilippocr. Par. 1S4.1 , III 44-5. — Celso
Della med. II SgS.
( 376 )
vinetto apparisce la succeduta osteotilosi con somma regolarità;
i punti di contatto e d'innesto de' due estremi rotti hanno avuto
luogo nella più perfetta direzione , senza superstite storpio o rile-
vante disuguaglianza. Tutto chiaramente contesta a qual grado di
pratico esercizio erano giunti i chirurghi di queir era su le violen-
te lesioni. L' omero pompeiano pienamente giustifica la esattezza
del metodo operatorio, non che la felice applicazione e riuscita
di appropriato macchinismo.
Num. 38-5o. Nodosità, smostosi ^ ipertrofia artritica.
Pompei od emporio , dopo la sua distruzione pel trerauoto dei
5 febbraio 63, divenuto municipio romano , fu il ritiro degl'Im-
peradori , de' Consoli , de' Pretori , de' Decurioni ; colonia mili-
tare di emeriti, e di veterani; asilo degli esuli, de' rifuggiati^ e
degli schiavi ; diporto de' magnati , degli uomini di lettere, e di
Stato. Cicerone , Seneca , Fedro , Sallustio ricordano di avervi
passato i più bei giorni della vita , e di avere eziandio compo-
ste alcune opere in quelle deliziose loro ville. Erano rinomate
le tenere carni del tipico bue pompeiano; il suo vino succedaneo
al Falerno ; le brassicbe (i) crespa e caulefiore , la cipolla ,
r appio , il cocomero , il sio , che tanto facilitano la diuresi ,
abbondevoli si in que' campi fertilizzali dalla cenere vesuvia-
na , ed irrigati dalle acque del Sarno allora navigabile , co-
me dalla contigua palude al riferir di Columella, ed oggi onni-
namente colmata e disparsa ; le diverse specie di latte, e le va-
(i) Fontibus et Stabtae celebres , et Vesuvia rura ,
Doclaque Parihenope Sebetide roscida lympha ,
Quae didcis Pompeia palus vicina Salinis
Herculeis , vitreogue Siler qui defluii amni ,
Quae duri praebent cymosa stirpe Sabelli.
Columella De cult, hortor. Script. Rei rust. Aug. Taurin. 1829, III 4g3.
( 377 )
rie manipolazioni di lalticlnl del prossimo monte Lallaro (i), alle
di cui falde Slabia, distrulla come Pompei dal Vesuvio a' 23 no-
vembre 79 , fu poscia riedificata là ove sta ora Caslellamare.
La golia è un" antica maiallia sorta da che piacque al ge-
nere umano di deviare dalia semplicità di villo, e dalla purità
de' costumi. Davidde era lacerato da tormculosi allaccili poda-
grici, clie avevano ancora bruttato le fattezze corporee esteriori
di C. Augusto. Sebbene Ippocrale (i) avesse scritto, cbe le don-
ne col finire i loro mestrui , i giovani impuberi e gli eunuchi
fossero risparmiali dall'" artrite podagrica , eccezioni talora non
salde ; pure in Pompei sono numerose le ossa degli arti toraci-
ci e pclviani , o delia colonna vertebrale affette da podagra ,
cefalagra , odonfagra, pechiagra, cleisagra , chiragra, gonagra,
omagra , rachisagra. A que' governatori del Mondo là reca-
tisi per le atmosferiche variazioni , pe' lauti pasti facilmente
manifestavasi il morbus dominormn , o meglio il dominus mor-
borum. GÌ' individui podagrosi , calcolosi , splenici , epatosi , i-
dropici , gli adenosi , gì' itterici , i polisarci , le clorotiche era-
no da ogni parte inviati ivi, o nella vicina Slabia (2); onde traes-
sero profitto da quell' aere salubre e fresco, e dall' acqua medi-
(i) Mulier non laborat podagra , m'si 7nenses ipsi defeccrìnt. Puer
non laborat podagra ante Veneris usimi. Eunuchi non laborant poda-
gra , ncque calvi _Jìunf. Lib. VI 28-3o. Gorlcr Medie. Jlippocral. Ncap.
1777, p. 367-69.
(2) Quel silo oggi conserva la medesima rinomanza , anzi offro nitig-
gior numero di foni! medicinali , più esalla conoscenza de' loro principi
comporienli , e bastante latitudine di risorse terapcuticlio. Oltre 1' acrjua me-
dia, ovvi r acldola, la sollun>a-ferrala, la ferrala nuora o del Pozzillo, 1' a-
cidola, 'quella del muraglionc: tutte ormai di credito assicuralo e popolare.
Per le proprietà chimiche, e le facoltà mediche delle quali si riscontri: Ma-
io Tralt delle acque acid, di Caslellamare. Nap. 1704- ; Andria Trall
delle acque min. Nap. 1788; Sementini Viilpes Cassola. AnaL et prò/»'.
mèdie, des eaux mincr. de Castellani. Irad. par de Rivaz: Nap. i83|.
4i
( 378)
camenlosa, cbe sgorga tìalla inedia scaturigine di efficacia spe-
rimentata (i), e guarentita da' lumi della chimica moderna.
L'artrite podagrica invade dapprima il sistema fibroso, po-
scia la superficie delle ossee articolazioni ; vi si depongono sali
terrei in forma di tofacee concrezioni, e prnduconsi rialti marginali,
scabrosità, conglutinamenti, ampliazioni delle faccette articolari da
impedirvi il libero movimento. Nemmeno risparmia i lembi del
corpo delie vertebre dorsali e lombali talvolta ancbilosati da urato
e fosfato di calce, cagionandovi la sinostosi gottosa unilaterale (2) ,
oppure vi è talmente cresciuta la entroposta diploide , da rimanere
appena frenata da esile lamina ossosa corticale, quasiché fosse ai-
fetta da osteospongiosi, estranea alla esterna massa di tofacea ap-
posizione : di cbe ho sott' occhio vari esempi consimili nelle ossa
umane recenti ( Scaffale XVIII, n. i5 ) d'individui morti di rachial-
gite, e ne' corpi delle loro vertebre si rinvennero eminenze, e-
sostosi , osteodiastasi secondo Ludwig (3).
Vaglia la verità piene di bitorzoli ( iopki articulorum
M.-A. Severino) rimarcanst le estremità di parecchie ossa del
metacarpo e metatarso ; talché Celso (4) affermava « i vizi!
delle articolazioni , come la podagra e la cbiragra , se hanno
(i) Et quae vocatur acidula y ab Theano Sìdicìtw qiiatuov milUbus
passuum: haec frigida. Idem in Slabiam , quae dimidia vocalur: et in
Venajrano , ex fonte acidulo PIìimì Uist.iiai. ex recens. Ilavduini. Aug.
Taur. i832, Vili 365.
(2) Insliluta cadaveris sectione cuj'usdam viri septuayenarii , qui
jamdudum arlhritide coujiictahaliir, adeo ut caput ad latera Jlectcre mi-
nime posscL , in propalulnm veniebat lophl ealci Jorines^, circa cervica-
les vertebras ; quae scilicet hacce materie concreta inipeditae , cnjusvis
fere moius eranl experles. Lieulaud Ilisl. anatom.med. Par. 1767, II 297.
(3) Adcers. med.-pract. Lips. 1769, I ']!\.i, fi(j. abcdf: De quarund.
aegrilud. corp. hum. sed. et caus. lab. XVI illuslr. Lips. 1798, p. 25.,
/. XIII , abef.
(4) Della med. II 11 5, 117.
( 379 )
afTetto i giovani , né produssero nodosità , possono sciogliersi :
allorché poi avvi dolore nelle articolazioni e sopra di esse svi-
hinpansi alcuni tubercoli callosi , allora la malattia non piìi si
guarisce ». Ed in vero sconlraffatti rilevansi i corpi, le apofisi
traversali e spinose delle vertebre lombari deviale dalla norma-
le loro direzione , più a causa di soffio ipertrofico, che da gotta-
cei concrcmenti(i). Questi al contrario veggonsi stratificati inior-
(i) Scudaraore afformava qualiuenlc « la gotta non fissa nella tessitura
delle ossa la sua sede » dietro i fatti osservati da lui , Monro , Brodic .
Howsihp j Heberden, e ne' pezzi patologici esistenti nel Museo Hunleriano
di Glasgow ( Troll sulla golìa traci, da Sansevero. ì^ap. 1824, I 54-63 ).
Intanto il vizio artritico accende la flogosi, dalle articolazioni proclive ad
irraggiarsi a' contigui 0 lontani tessuti ; e declinando, cagiona il trasudamen-
to del plasma o saìigiiims tarlarum di Sydenham , soi'gcnio del ciloblasle-
ma e dei sali uro-sodio-calcari. Risultano dall' uno tubercoli o nodosità ( o-
steo-nodi ) nella integrale orditura delle ossa^ per analogia di foraiazione od
ipertrofia ; e dagli altri provengono incrostazioni e concrementi tufacei ( geo-
nodi ) estrarticolari , interstiziali , entrosarcodi , 0 per sola composizione
diversi dal tipocele di Severino. Quale morboso processo , cioè dinamico il
primo , e chimico il secondo , è stato sinora confusamente enunciato.
A darne ulteriori cliiarimenti, può succedere che il blasicma nello i-
stesso atto invada il parenchima e la sui)erficie delle ossa , divenendo la
neoplasia patologica identica alla normale tanto pe' componenti istologici ,
quanto pe' principi chimici , accrescendone sempre il volume con tessitura
compatta ( osleosclerosi ) , arcolare ( ostcospugnosl ), dendridica ( osteofiti ).
1 geo-nodi al contrario esclusivamente derivano dalle acque madri creduto
da alcuni patologisti secrezione delle arterie capellari , e da altri reputale
uscirne per esosmosi , quando perduta la parte liquida mercè tale atto gli
atomi terrei sono obbligati di congregarsi in lapidei deposili fra le cellolo-
se maglie areolari^ i tessuti fibrosi, le cavità articolari, sparsi anche Ira le
carni , non esclusa la diploide ed i calicofori lubolini , complicandosi con
gli osteo-nodi.
Cotugno peraltro scrisse:— i) Vidi Romae hominem a generali po-
dagra in 7narasì)ìum actum ; delira contrada manus crai omnibus arti-
culis anchylosi im/noòiliòus , et insigniler nodosis. Culis ubiqiie iopha-
( 38o )
no l'anzidetta espansione ossea marginale de' corpi delle varie
vertebre dorsali, della prima (|iialilà di alterazione ho visto qual-
che caso neir uomo; mentre (k'Ua sinostosi, cagionata da fosfato
e non da urato di calce, esistono vari esempi nel cavallo depositali
nel mentovato Museo notomico-patologico. Neil' anno i84-9 io (i)
resi di pubblica ragione i soli disegni incisi di siffatte ossa, ed
in piccola dimensione furono riprodotti dal De Renzi nella sua
elegante traduzione del Codice Celsiano (2).
La rachitide nel XVII secolo creduta nuova malattia era
già nota a'poeti, a' medici greci e latini. Si accenna da Omero,
che Tersite fosse scontraffalto , da Plauto e Marziale di esservi
individui co' piedi torli congeniti , da Ippocrate di esistere gob-
bi per vizio interno ed esterno , da Celso di aver osservalo de-
viamenti vertebrali e gibbosità ne' ragazzi travagliati dalla den-
tizione. È degno di nota, che gli abitanti delle stesse contrade,
ove oggi osservansi non pochi soggetti rachitici , erano allora de-
ficienti di ogni traccia di essa, eccetto una calvaria irregolarmen-
te gobbosa nelle ossa paretali ed occipitale , ed altra avente
ceorum into spersa lubcrculorum. Orbiculum nasi ctim duobiis tophis ,
dexiro multa parie extra cutem emergente , vidi ; sinistro ad/me snecn-
laneo.
— 2) Manum vidi carnibus exuccam hominis, quam chirayra nodis
multis jamdiu dislortam perlulerat. In ea extremae phalangcs excreve-
rant nullo (/uidem ordine ncque in mimerò , ncque in magnitudine, sed
pleraeque osseis veris excrcseentiis sine ullo tophi indicio . Tn scaputis,
raro exemplo , in utraque convexa superficie subspinali exereverat os ,
et productionem genueral quaiuor digitos longain decurrenleni extrorsum,
versus acromium liberam , lata basi , et crassarn: instar digiti aurieulà-
ris. Jlarìim altera fracta nihil spongiositatis inlus habuit, eraique omni-
no densa quemadmodum lamina scapulae ossea , « qua prodieral. Op .
posth. II 207 ,210.
(i) Misc.anatom. Nap. 1847, li, lav.LXXXlIl: osleo-paiologia pompeiana.
(2) Della med. 379..
( 38i )
(lette ossa assai più ampliale do! naturale perimetro , della osteo-
malacia , della ostcopsaliiosi , della oslcospugnosi o spina ventosa
localizzata sia alle articolazioni degli ossi lunghi de' fanciulli ( pe-
dartrocace di M.-A. Severino ), sia nelle vertebre congiunte alla
carie ( cifosi o spoudilocace ): alterazioni ornai frequenti negli
abitanti delle Pompeiane vicinanze a causa della diffusione in
costoro de' vizi sifilitico e scrofoloso ; attesoché a qua' tempi il
primo mancava , ed il secondo era inavvertito o assai limitalo.
Nura. 5 1-56. OsteofUi.
Malpighi (i) ebbe chiara idea della loro formazione. Attri-
buiva la origine di tali morbosi lavorii non alla trasformazione
(i) In capnntbus dhiiiirnitale lemporis circa calvario in ossibus era-
rum i/ì.iif/'ie.s- Jii/n/ o.i-seae appendices; eleìiim filainenla , r/uiòiis os com-
pa(/iiìaliir , anti.sso horir.onlali siiti., ad e.rlra diducìintur et elevanlur ex-
citato anrjiiìo acuto in parte inferiori criiris. Ah his itar/ue crumpcnte
osseo succo appendix nianifeslatur , (juac lonyiludinem cruris occupai et
siniim excurrentibus tendinibus relinquit. Osseus sticcus coneretus globo-
sani corpus infra calcaria producit ^ rjuod interdum spongiosum est et ut
plurimuni retis rudinicntum cxìiihct. In eodeni paritcr osse ab angti-
losis partibus per longum erumpunt quasi miliares guttulae ossei suc-
ci, quibus quasi arista excitatur.
Ex his deducere possumi/s , diversas animalis parles osseas reddi
posse non aniissa primaeva compage , scd acquisita naca partium coag-
mentatione ex repletis spatiis et supercrescentibus novis additamentis ,
ut alias in lignis, reliquisque petrificatis fieri , habuiinus. An a fluido
Hìiiversali hoc derivetur probabile videtur , eum sanguini insint elemen-
to partium animalis, et pcculiaris ctiam humor occurrot , qui separa-
Itis a reliquis intima sttarum partium adaplione osseam naturam excita-
re potest. Est autem serum , quod igne conerelum cartilagineam natu-
ram acqttirit , et diuturni late osscum pene rcdditnr. Hoc autcm multipli-
ei ratione succcdit ; dis-sipatis scilicci aqiicis particulis et solutis salibus
vel affusis et mixtis aliis salibus , quibus irretiunlur seri partes et reple-
( 382 )
ma a novella genesi delle parti surte dal sangue , da cui desu-
meva la effusione del plasma fonte delle organiche ed inorgani-
che produzioni. Vari di questi ossei scherzi, peraltro di poco ri-
lievo , appariscono o nell' antro d' Higmoro a foggia di lamina
reticolata oppure ne' margini degli ossi ilei e ischii , de' forami
ovali , de' femori ec. a guisa di sollevate asprezze , o di punte
abbastanza prolungate.
Nura. 58- Anchilosi.
Si aggira tra V osso iliaco sinistro col sacro , oppure fra 1'
ulna e '1 raggio presso 1' articolazione brachio-cubitale.
§ III. OSTEO-ICONOGRAFIA.
( Sarà continuata J
iis spatiis in solidum corpus compinguniur . . . • Quare m naturae stali,
tmeus hmnor ex filamenlis , quibus veluti staminibus ordiunitir et fir-
manlUT ossa, iransudabÙ, in morbosis autem ossijìcationibus et excre-
seentiis probabiliter advenierus serum. alicujus mineralis praecipue vi-
triolimixiurajìgetetferruviinabit. Op. posth. Amstelod. 1700, p. 70.
DESCRIZIONE DI W IETTO
m RIPRIIRI II Mm DI' f OILI
NOTA DEL SEGRETARIO PERPETUO
Leila nella tornala del dì 13 Luglio 18H,
I),
I
)P0 che nel principio del secolo che corre il filantropo Pro-
fessor Pinci , medico dell' Ospizio degli alienati di mente in Pa-
rigi , per reprimere il furore de' matti , all' antico metodo del-
le catene e delle hatliture sostituì una particolare camiciuola
di repressione ( gilet de force ) tutti i medici di simili stabi-
limenti presso le più eulte nazioni dell'uno e dell'altro emisfe-
ro del mondo diedero opera a trovare i modi meno crudeli on-
de si reprimessero quei movimenti irregolari , per mezzo dei
quali coloro che han perduto il ben dell' intelletto non fossero
di nocumento a loro stessi ed agli altri. Anch' io essendo medi-
co delle RR. Case dei malti in Aversa sin dalla loro fondazio-
ne, nell'anno i8r3, immaginai un mezzo per la repressione oriz-
zontale onde i folli non solamente si calmassero del furore, ma
potessero giacere, riposare in letto e profittare di quel balsa-
mo tranquillo che ai mortali vien solo concesso dal sonno placido.
A tal fine feci costruire un letto di legno come un cassone in
( 384 )
cui il follo si coricava custodito col giubbetto di repressione. A-
gli estremi delle mauicbe chiuse si uiettevano due corregge di
cuoio per attaccarle alle tavole laterali del cassone di legno, ed
1 piedi restavano assicurati con i ceppi. Ma questi ceppi appun-
to avrei voluto evitare , ed allora pensai di aggiungere a! giub-
betto di repressione un lungo sacco della stessa grossa tela di
canape di cui era formala la camiciuola. Entro di questo sacco
veniva chiuso il folle il quale vi si poteva volgere a destra ed
a sinistra. Mi avvidi che lo strofinio delle carni contro la tela
produceva delle scorticature, ed alcuni infermi ne' forti movi-
menti del furore arrivarono a scucire la tela. In seguito avendo
unito i miei ai filantropici pensieri del perspicacissimo D. Giu-
seppe Simoneschi che dirige quel Reale Morotrofio , dopo vari
esperimenti giungemmo a far costruire un letto di repressione
fatto di ferro , di cui ora si fa uso secondo il bisogno; del qual
letto vengo a darvi la descrizione accompagnata con la figura.
A A Rappresenta uno dei due dati più lunghi nel di cui
terzo inferiore trovasi una maniglia B per far passare le cor-
regge di cuoio attaccate agli estremi dei guanti della camiciuo-
la di repressione antecedentemente addossata all' infermo , e che
servono a ritenerlo nel letto.
C C Bastone orizzontale di ferro sostenuto con un estremo
suir asta verticale e inferiore del letto , e coli' altro estremo
poggia sul terzo superiore del lato più lungo A A per mez-
zo dell' asta C D.
E. Rappresenta un mezzo cilindro concavo composto di
lamine di ferro, imbottilo di sloppa e coverto di tela, il quale
serve a mantenere il corpo e gli arti inferiori entro determina-
ti limiti di alcuni movimenti senza che il malato potesse fuggi-
re dal letto. Questo mezzo cilindro nei quattro angoli inferiori
termina con quattro forchette ciascuna delle quali poggia ed ab-
braccia il bastone orizzontale. Due ale di questrc quattro for-
( 38!5 )
elicile sono figurate in F F. Ogni ala di ciascnna forchella tiene
una fìssura allravcrso delle quali passa un piccolo cuneo di fer-
ro che serve a tenore ferma ciascuna delle quattro estremità del
mezzo cilindro contro i due bastoni orizzontali , sui quali si fan-
no scorrere le forchette allorché il mezzo cilindro debha esser
portato più in su o più in giù. Due delle forchette di un lato
ritenute dai cunei di ferro possono esser mosse , come una cer-
niera attorno ad uno dei bastoni nel caso che , tolto i cunei
delle due forchette dell' altro lato , si volesse sollevare il mezzo
cilindro per far entrare o uscire V infermo senza che vi fosse
bisogno di togliere interamente il mezzo cilindro dal letto.
In G C. vedesi un capezzale mobile anche di ferro fode-
rato con tre guanciali riempiti di stoppa , che gira intorno ai
due perni , uno dei quali è rappresentato da H fissato sopra uno
dei lati più lungo del letto. Sollevando il capezzale , 1' infermo
dalla posizione orizzontale potrà mettersi seduto , affinchè non
abbia il fastidio proveniente dalla continuazione di una stessa
giacitura ; e molto più per evitare un maggiore afflusso di san-
gue verso del capo, ed in tal modo prevenire le conseguenze
dalla ulteriore congestione al cervello.
Per risparmiare il penoso travaglio degli assistenti , i quali
debbono sollevare il capezzale^ verso la estremità superiore del
Iato più lungo A A. trovasi attaccata una piccola cassettina di
ferro entro di cui sta fissato al di sotto dell' istesso Iato più lun-
go un picciolo rocchetto di ferro a cui è unito il segmento I R
di una ruota dentata : il qual segmento con un estremo per
mezzo dei suoi denti resta incastrato nel rocchetto, ed è libero:
e con r altro estremo sta saldato col lato esterno ed inferiore
del capezzale. Dal centro del rocchetto parte un cilindro di fer-
ro per mezzo del quale la forza viene comunicata all' altro roc-
49
( 386 )
chetto posto nell'altro Iato più lungo del letto, fornito di un si-
mile ed eguale segmento di ruota dentata. Il rocchetto fissato
in uno dei lati del letto, e propriamente in quello rappresenta-
lo da A A, è fornito del manubrio L M. per mezzo del quale
mettendo in moto il rocchetto di questo lato , questo movimento
per mezzo del cilindro di ferro è trasmesso al rocchetto del la-
to opposto , e col favore de segmenti delle ruote dentate viene
comunicato al capezzale , il quale può essere sollevato ed abbas-
sato a seconda del bisogno. Allorché il capezzale è giunto al-
l' altezza che si vuole , si ferma con una piccola e forte lamina
di ferro la quale partendo dalla cassetta entro di cui sta il roc-
chetto va ad insinuarsi tra le dentellature del segmento, e così
resta fermato (i).
Questo letto, che in breve tempo calma il furore degV in-
fermi e molte volte gli concilia il sonno , ha corrisposto esaltar
mente ai bisogni ed ora si usa con molto vantaggio.
(i) Questo meccanismo del capezzale per mettere il folle seduto in let-
to può vantaggiosamente essere applicato anche ai paralitici. Quanta fatica
per la parte degli assistenti! quanto trapazzo per quella degl'infermi! Tut-
te quante queste pene potranno essere evitate agitando il manubrio per met-
l«re in movimento ì rocchetti e le ruote dentate onde elevare il capezzale.
OSSERVAZIONI
SOPRA I MINERALI
CHE SI RINVENGONO NE' TERRENI A SOLFO DI SICILIA
DEL PROFESSORE
GIULIANO GIORDANO.
]).
'i tulle le località, che nelle varie maniere di formazioni geo-
logiche somministrano solfo al commercio ed alle collezioni o-
rittognostiche , nessuna v' à cosi ricca di materiale, e di tanto
facile estrazione , e di apparenze si squisite , come quella dei
terreni di Sicilia. Questi anno un'estensione di circa 1200 mi-
glia quadrate , e sono compresi quasi interamente nelle due pro-
vince di Caltanissetta e di Girgenti. Vi si contano oltre a 200
solfare cominciando da quella di Lercara, eh' è la più settentrio-
nale, sino alle vicinissime a Girgenti e sulla costa meridionale
della provincia. Se ne cava meglio che 02 milioni di chilogram-
mi di solfo ogni anno.
Nel 184.5 io dimorai a lungo in questa regione: discesi in
72 solfare in attività: mi spinsi coraggiosamente anche nelle più
ruinose , osservando e raccogliendo dovunque. E per questa mia
costanza ed intrepidezza ne venni ricco a dovizia di saggi non
pure di solfo , ma altresi dei minerali che sogliono accompagna-
( 388 )
re quella sostanza. Neir esarae de' quali cosi mentre era nel si-
to e neir atto di raccorli, come dopo essere ritornato dalla mia
peregrinazione geologica, mi fu dato di avvertire delle cose nuo-
ve ed interessanti in mineralogia , e di fare dello osservazioni
che possono spargere non poca luce e sulla maniera di forma-
zione di que' terreni , e sulla spiegazione di parecclii fenomeni
che ne' medesimi intervengono.
Queste mie ricerche andrò sponendo brevemente , od a pro-
cedere con ordine il farò distribuendo come in catalogo le spe-
cie mineralogiche che in maggiore o minore copia si trovano
ne' terreni solfìferi ; prenderò le mosse dal solfo stesso.
1.** Solfo.
Il solfo esiste svariatamente in Sicilia nelle medesime con-
dizioni di suolo ; vi si trova nativo , ed anche in combinazione
sia ne' solfali di calce, di barile e di strontiana, sia col ferro al-
lo stato di pirite. Ma nel primo stato è assai più abbondante o
in massa o in cristalli non di rado voluminosi , ordinariamente
minutissimi ed impregnanti un' argilla o scisto marnoso.
Vista sorprendente e dilettevole oltremisura cosi al natura-
lista intelligente come allo stupido volgare si è quella de' magnifi-
ci cristalli di solfo, che aderiscono alle volte delle solfare e ta-
pezzano le cavità che s' incontrano nella roccia. Ma se ti vien
desiderio di raccoglierne de' saggi , avverrà il più spesso che
al precedente diletto succeda amarezza inesprimibile ; che al pri-
mo colpo ordinato a frangere la roccia ben compatta, tutta quel-
la scena d' incanto irreparabilmente svanisce con uno scricchio-
lare e ruinare d' ogni lato in frantumi i fragilissimi cristalli. A
che poi maravigliare se anche tra noi, dove il solfo è cosi ab-
( 389 )
bondanlc , mollo più all' estero , i saggi speciosi nelle collezio-
ni sioiio sempre rari?
T cristalli più voluminosi che ò raccolti aveano oltre quat.
tro pollici nella maggiore dimensione.
Il colore in questa specie è oltremodo svariato. Sebbene
predomini il giallo-cedrino, nondimeno v' à pure il ranciato, il
ranciato-rossiccio , il rosso , il verdognolo. Non di rado le due
metà del medesimo cristallo anno color differente, come osser-
vasi nel magnifico gruppo di cui feci dono al Real Museo Mine-
ralogico. 11 colore verdognolo , che io non ò rinvenuto fuorché
nei solfi di Favara presso Girgenti , non sembra colore proprio
del solfo stesso , ma osservato attentamente apparisce nascere per
composizione . Infatti due condizioni si richieggono perchè la tin-
ta del solfo vada al verde; che sia cioè più o racn trasparente,
e che sia soprapposto ad un' argilla tendente all' azzurro. E a-
dunque ben facile 1' intendere come il colore azzurro di questa
combinalo col giallo dello zolfo possa dare quell" apparenza di
verde.
E poiché mi son trattenuto sul colore del solfo non voglio
omettere una mia osservazione che mi sembra degna di essere
ricordala. Ognuno conosce che Stromeyer pubblicò aver rinve-
nuto del selenio nel solfo rosso raccolto nell' isola di Lipari. A
me è accaduto di raccogliere nel continente di Sicilia del solfo
rosso nelle apparenze esteriori somigliantissimo a quello di Stro-
meyer ; ma per molto che ne ricercassi non sono mai riuscito
a scoprirvi traccia di selenio. Dunque, essendo esatte le analisi
del mineralogista di Gottinga , questa specie o varietà dovrebbe
attribuirsi in Sicilia esclusivamente all' isola di Lipari , ma la
materia colorante non ne sarebbe certamente il selenio.
In quanto alle forme , fui bene avventuralo di trovare nel-
( 390 )
le solfare di Callolica Ira i massi destinati al fuoco , e già sul
rogo preparato ad ardere tre soli saggi con cristalli gemini, ma-
niera di cristallizzazione immensamente rara avvertita prima dal
Maravigna.
Oltre queste varietà di solfo abbastanza conosciute , un al-
tra ne raccolsi del tutto nuova ma abbondante assai , e cbe mi
destò per la sua struttura non poca sorpresa. E una sostanza di
colore giallo-fosco, a mamelloni di differenti raggi di curvatura,
neir interno biancastra , fibrosa , a stratolini di spessezza varia-
bile da uno a cinque millimetri. I centri di curvatura de' vari
mamelloni sono diversamente distanti fra loro da un centimetro
a cinque. Le fibre assai debolmente aderiscono insieme , e per-
ciò si distaccano facilmente , e con leggerissimo stropicciamen-
to si riducono a polvere. Le screpolature che sono nella massa
risplendono nella superfìcie per minutissimi punti cristallini , i
quali esaminati con lente d" ingrandimento appariscono essere ot-
taedri esilissimi di solfo. Or \ odore caratteristico , ed il bru-
ciare con fiamma cerulea ( sebbene assai brevemente, perchè pre-
sto si spegne ) , e l' odor soflbcante proprio dell' acido solforo-
so , ben mi fecero persuaso che tal minerale era composto es-
senzialmente di zolfo ; nondimeno per I' apparenza cotanto singo-
lare e non mai altra volta rinvenuta ebbi talento di esaminarne
attentamente la natura.
Il peso specifico è 1,9074.- Si scioglie del tutto nella solu-
zione acquosa di potassa , dalla quale con acido solforico preci-
pita solfo , e si sviluppa idrogeno solforato. Saggiata poi la me-
desima con soluzione acquosa di tartrato di potassa e di antimo-
nio ne precipita il solfo-dorato d' antimonio , che si ridiscioglie
per nuova quantità aggiunta di soluzione di potassa.
Neil' acqua distillata si sciolgono del minerale 8,4.4-94 per
( Sgi )
100. Oiiosla soluzione acquosa filtrala arrossa leggermente la tin-
tura di laccamuffa ; con la soluzione di azotato di barite dà ab-
bondante precipitato bianco; con l'ammoniaca dà un precipita-
to giallo ; con la soluzione di ferricianuro di potassio ( cianu-
ro ferrico-potassico ) non dà precipitato alcuno , invece con quel-
la di ferro-cianuro ( cianuro ferroso-potassico ) si colora in az-
zurro. La sostanza rimasta sul filtro brucia senza residuo conver-
tendosi completamente in acido solforoso.
ÌNon è perciò menomamente a dubitare cbe la sostanza in
esame non sia altra cosa cbe solfo a stato di somma attenuazio-
ne contenente circa 8% per loo di solfato di sesquiossido di
ferro. E pcrcbè di questo sale può liberarsi interamente con u-
na prima ed una seconda lavatura , oserei proporre con tale
mezzo una sostanza naturale cbe verrebbe a sostituire nell' uso
terapeutico il preparato artificiale avente il nome di latte o ma-
gistero di solfo , col quale s' identifica perfettamente. Lo scam-
bio sarebbe assai vantaggioso , avuto riguardo così alle opera-
zioni non semplicissime con cui si prepara il magistero , come
al consumo che se ne fa presso lo straniero assai più ampio di
quello che tra noi succede.
Non lascerò di trattare del solfo senza far menzione d' un
saggio tratto dalle solfare di Serradifalco , il quale per lo singo-
lare accoppiamento delle sostanze di cui si compone e non mai
altra volta presentatesi insieme , ci dà occasione di esaminare
un problema di ben difficile soluzione. È una stalattite penden-
te dair ordinaria matrice in cui si rinviene il solfo ; ma bian-
ca , perlacea , di frattura vitrea , piena nell' interno , fragile
e dura. A questa aderiscono senza certa relazione di posizione
i rombottaedri di solfo , che sono ricoperti essi medesimi d' una
incrostazione della stessa apparenza che la stalattite. Ma la ma-
( 392 ) ^
niera di collegamenlo e uua delle più singolari che possano im-
maginarsi. Dappoiché non pochi cristalli distaccati gli uni dagli
altri aderiscono ciascuno da se alla concrezione , ma in modo
che le bacchette di questa sembrano traversarli ; poiché si con-
tinuano con le medesime dimensioni alle due opposte facce del-
lo stesso cristallo. Ma svanì presto 1' illusione , e mi convinsi
che r adesione era solamente esteriore allorquando nello spezzarne
un primo ed un secondo cristallo mi avvidi essere formati esclusi-
vamente di solfo purissimo nell' interno. Da tale descrizione non
pare potersi formare altro giudizio fuorché la concrezione ed i
cristalli di solfo siensi formati contemporaneamente , e quella
sempre all' esterno questi all' interno per un diverso grado di so-
lubilità, e forse per una forza di attrazione d' intensità differen-
te. Io però non credetti potermi esimere dall' analizzare la na-
tura di stalattite cosi nuova. Al primo saggiarla cogli acidi si
scopre che v' à nel medesimo aggruppamento una doppia manie-
ra di concrezione di natura affatto diversa ; 1' interna , che ab-
biam detto penetrare nell'apparenza i cristalli di solfo , non è
affatto attaccata dagli acidi solforico , azotico , cloridrico ; l' e-
sterna al contrario che incrosta la precedente e ricovre anche
di un sottile velame il solfo, fa con quelli viva effervescenza.
Spogliata adunque la stalattite in esame dal rivestimento calca-
re non si è fusa né con carbone né con colofonia , ma sibbene
con potassa caustica. 0' poi trattato la soluzione acquosa di que-
sta con acido cloridrico , ed à prodotto un precipitato gelatinoso ,
che evaporato a secchezza e fino all' arroventamento della cap-
sula à dato per risultamento una polvere affatto insolubile.
Da' quali caratteri s' inferisce immediatamente la concre-
zione in parola non essere altra cosa che quarzo agata, di cui già
presentava le esteriori apparenze. E conseguentemente non deve
( 393 )
afialto confondersi con le tante stalattiti che ti occorrerà incon-
trare dovunque scenderai nelle solfare , le quali e sono tutte
calcaree, e posteriori all'epoca della formazione de' zolfi.
2." Àrr agoni te.
Nelle vicinanze di Messina in terreni di ben altra natura
che quelli de' quali al presente ci occupiamo esiste 1' arragoni-
te : vi s' incontrano due varietà , V una ad incrostazioni fibrose,
r altra la coralloide detta Jlos ferri somigliantissima a quella di
Stiria , con la quale pure gareggia in bellezza e speciosità di
esemplari. Nelle solfare però di Cianciana presso a 20 miglia
N. 0. di Girgenli ritruvasi 1' arragonite cristallizzata in prisma
esagonale irregolare , nascente, coni' è ben noto, dal vario accoz-
zamento de' prismi rombici propri dell' arragonite. Ma ebbi as-
sai a dolermi quando penetrato nella solfara mi avvidi che ogni
fatica tolerata era stata quasi invano , giacché in tutta quella lo-
calità dell' arragonite la solfara era colma d' acqua. E per giun-
ta a vantaggio de' proprietari potendo cavarsi il solfo dovunque
altrove , mi persuasi che miniera cosi ricca sarebbe rimasta chiu-
sa per molti anni alle ricerche de' mineralogisti. Purtuttavolta a
grave stento e pericolo raccolsi non pochi saggi, e tali che ben
mi valsero a compenso delle fatiche che avea durate. Questi cri-
stalli nulla àn di comune nell' apparenza con cpielli del Vesu-
vio e degli altri terreni vulcanici , e sono pure di dimensioni
pili vantaggiose di quelli di Arragona : due aveauo meglio di
75 millimetri di lunghezza sopra 60 di larghezza. Dippiù a dif-
ferenza di questi ultimi che s' incontrano in cristalli isolati col
gesso in un' argilla ferruginosa , quelli di Cianciana sono sem-
pre aggruppati e fortemente aderenti alla ama compatta. Al-
fio
( hi ,)
cunl sono traslucidi , allri bianchi ed opachi : in lutti appari-
scono alla base le strie raggianti , che indicano i piani di ge-
minazione. Ve n' à anzi di quelli che sono profondamente caver-
nosi , e quasi vuoti ncll' interno da conservare appena per alcu-
ni tratti r apparenza delineata del prisma. Merita attenzione da
ultimo un singolare aggruppamento di cristalli che assai frequen-
temente s' incontra nella medesima località : contengono 1' una e
r altra delle due forme della calce carbonata ; perciocché ti si
presentano cristallini scalenoedri di spato calcare di soli 3 a 4-
millimetri di lunghezza , i quali nel loro accozzamento sono dis-
posti in modo che sembrano avere avuto a modello Y ordinaria
forma dell' arragonile.
3.° Pirite.
Basti avere accennato solamente questa specie mineralogica
ne' terreni di Sicilia, la quale se colà si rinviene frequentemen-
te nelle argille e nelle marne, è sempre in piccoli cristalli , e
nulla presenta nelle forme per che meriti particolare descrizione.
4-.° So/fati di calce , di strontiana , di barite.
Il gesso è uno de' membri principali della formazione dei
solfo di cui ci occupiamo, e si accompagna o si alterna co' de-
positi salini. Ora si erige in masse elevate o in catene di colli-
ne , come a M. Rubiato in vicinanza di Piazza , e presso Naro,
e al N. di Girgenti , ora in banchi ondeggianti e stratificati a
superficie di separazione talvolta piane , talvolta svariatamente
curve. Il gesso cristallizzato non si trova dovunque. I cristalli
più grandi sono pr^:.so Naro , i piìi limpidi a Cattolica : questi
'JU
(39^)
secondi presentano la singolarità delle superficie convesse na-
scenti dall' accozzamento ben noto de' cristalli ordinari. Ma gra-
ziosi oltreraisLira quelli di CaUaiiissetta in tutta la cavità delle
solfare trovanlisi tra questa città e S. Cataldi): tutti sono emitro-
pi, e maravigliosamente allungati sino ad avere 25 centimetri di
lunghezza , ed appena 5 millimetri nella maggiore larghezza.
Oltre a ciò l' esame accurato della formazione del gesso pre-
senta due fatti interessanti e pur troppo degni della considera-
zione del geologo. Il primo si è che assai frequentemente i cri-
stalli di solfo e quelli di gesso si compenelrano scambievolmen-
te conservando ciascuno di essi intatta la propria forma cosi, co-
me se nella cavità di una roccia separatamente le molecole di
una sola specie avessero avuto un solo contro d' attrazione. Mi
parrebbe questa osservazione sufficiente a poterne inferire essere
stala contemporanea la formazione del solfo e dello gesso. In se-
condo luogo conviene por mente ad una varietà di-» gesso non
trovata finora che in Sicilia per la sua relazione di giacitura
con le cave di solfo. Oltre il gesso cristallizzato , e le varie-
tà compatta , e laminare , v'à pure la granulare a grossa gra-
na e si poco coerente che spesso con la semplice pressione del-
le dita , o con leggiera percossa riducesi in polvere , o in gra-
nelli separati. La chiamano colà briscale , ed accompagna gli
abbondanti depositi di solfo per modo cosi costante d;i servire
d' indizio dove formare uno scavo per istabilire con certezza uun
solfara. 0' voluto non altro che notar (picsto l'atto, del ((uale per
la sua generalità dovrò in altro mio lavoro trarre argomenti ad
illustrare la natura e la genesi di questi terreni.
La ceU'slina assai men frequente del gesso non rinviensi che
cristallizzata , ma là assai più abbondante dove sono più rari il
solfo ed il gesso cristallizzati. Comunissiraa è la varietà diafana
( 396 )
più 0 raen perfettamente , non volgare è la opaca lattea rara
poi oltreraodo la colorala in azzurro , donde à preso il nome
la specie.
Presso Grotte tra Cannicaltl e Regalmuto mi è accaduto tro-
vare per la prima volta la baritina in sottilissimi strati da due
a tre millimetri di spessezza , e poi noli' argilla di Caltanisset-
ia. È una specie affatto nuova in Sicilia , e solo per questa ra-
gione la ricordo. D' altronde nulla contiene d'importante, per-
chè non mi è stato possibile di scoprirvi traccia di cristalliz-
zazione.
S." Salgemma.
Le miniere di salgemma sono più che possa dirsi abbon-
danti in questa parte di Sicilia , e ricchissime fra tutte soa
quelle di Castrogiovanni , di Cattolica, di Regalmuto, di Cam-
marata , di Raddusa. Dove è a strati alternanti con le marne
bleu , dove a grandi ammassi avvolti dalle medesime. Frequen-
tissime sono del pari le sorgenti salse anche là dove il sale
non apparisce alla superficie del suolo. Il salgemma in cristalli
è limpidissimo , tranne le graziosissime tinte degli anelli colo-
rati nelle fratture di clivaggio ; ma non rare volte è colorato
in giallo-verdiccio , e , quel che più importa , in azzurro in
violetto. Il primo colore è sempre nel sale in massa , non mai
nel cristallizzato , e mi sono assicurato che è cagionato da so-
stanze straniere contenutevi accidentalmente. Ma donde l'azzurro
ed il violetto ? Spesso strati tenuissimi , che ne sono colorati for-
temente , alternano in serie co' diafani ; altre volte senza segui-
tare per nulla 1' ordine del clivaggio la parte colorata finisce in
superficie sinuosa , e ne svanisce la tinta leggerissimamente per
( 397 )
gradi. II sale comparisce colorato per trasmissione e per diffu-
sione ; ma se lo sciogli in acqua o lo riduci in polvere va via
ogni colore.
Dopo ciò non potrebbe dirsi essere dovuto siffatto colora-
mento alla presenza del iodo in uno stato di somma attenua-
zione , e perciò operante sulla luce cosi come quando è in va-
pore ? Il certo si è che il sale colorato di Sicilia pe' suoi carat-.
Ieri è di ben altra natura da quello esaminato da' Signori Jo-
ly e de Serres raccolto da Wieliczka , Salzbourg , Moyenvic ,
Cardona e da altre saline. Essi ne attribuiscono la colorazione
ad una specie d' infusorio assai vicino al Monas Dunalii ^ cui si
deve secondo il Joly la colorazione in rosso delle acque delle
saline. La quantità di queste monadi nel sale più coloralo sa-
rebbe prodigiosa sino a formare un volume eguale alla quarta
parte di quello del sale. Inoltre esposte quelle varietà di salgem-
ma a temperatura elevata , il colore non si altera che debol-
mente, tramandano un odore empireumatico ben distinto , e re-
stituiscono il turchino alla carta di tornasole arrossata. Nulla
di tutto questo io osservo nel sale di Sicilia. A 24.0° C. in-
comincia a scolorirsi, a 2Ì5o° è perfettamente diafano, nessu-
na azione sulla carta di tornasole , nessun odore empireumati-
co ; e la materia colorante è oltre quanto possa credersi esile,
infinitesima.
Passiamo ora ad esame di fatti di ben altra natura , e
d' importanza assai maggiore.
Per osservazioni che ogni giorno si vanno moltiplicando ,
siara certi che dovunque si palesano i fenomeni geologici pro-
dotti dal gas idrogeno , sono pure copiosi i depositi di salgem-
ma. Neil' Italia centrale sulla più alta vetta dellApeunino ò
visitato i lerreni ardenti di Pietramala , i borborismi 0 bolli-
( SgS )
toi di Bergullo nell'Imolese, le sorgenti di Riolo , quella di
Sassuno, il vulcano fangoso di Monte Zibio, e le nove salse del
suolo Modenese, ì fuochi di Velleia, e le salse della Torre e
di Rivalla nel Parmigiano , e somiglianti fenomeni nel Lucche-
se ; e mi sono assicurato io pure che dapertutto sono accompa-
gnati dal sale che apparisce e nelle sorgenti sals3 abbondanti,
f por le fioriture saline sul fango eruttato. Nelle miniere di sa-
le di Wielizka e più in quelle di Bochnia il grisou è copioso:
da queste le emanazioni gassose sono continue , e per lo accu-
mularvisi quando il lavoro qualche giorno è interrotto, è facile
che nel ricominciarsi si accendano alla lampada de' minatori con
esplosioni orribili e ruine dannosissime.
In Francia presso Clermont-Fcrrand v' è sviluppo gassoso ed
acqua salsa. Dalle miniere di salgemma di Gottergale ascendono
correnti di gas infiammabile.
Ma in Europa la regione pii!i ricca di sorgenti di gas e di
, vulcani fangosi insieme è al suo confine sud orientale. La pe-
nisola di Kerlsck e l' isola di Taman e le rive del Caspio ne
abbondano ; ed alcuni di quei vulcani sono troppo celebri per
le loro eruzioni di fango strepitosissime. Or quivi sono pure in
copia le sorgenti ed i laghi salsi , ed i depositi di sale. Altret-
tanto è a dire <\q' pozzi idropirici dcWa. Cina, da' quali emana
alternamente ora acqua salata ora uà torrente di gas.
Per una costanza di fatti così maravigliosi non può rimane-
re alcun dubbio che la sede de" fenomeni del gas idrogeno sia
realmente in grembo alla formazione salina. Ma qual' è tra' tan-
ti membri dì essa la cagione vera dello sviluppo gassoso ? Le
cose che esporrò brevemente ci additeranno a quel che pare il
cammino per risolvere problema cotanto interessante.
Tra le varietà del sale di Wielizka in Gallizia ve n ha u-
( 399 )
na di un aspetto particolare, niente deliquescente perchè u )n
misto ad altri cloruri , clic allo sciogliersi nell'acqua lascia sfug-
gire delle bollo d' idrogeno carbonato , ( secondo Diunas poco
meno che la metà del suo volume ) ; e perche ciò avviene con
leggiera detonazione , o scricchiolanienla , fu chiamata quella
varietà knicstcrsalz, ossia sale decrepilaiUe. Comprende ognuno
quanto valga lo estendere le ricerche sul sale decrepitante, percioc-
ché se venisse dimostrato essere copioso, allora tra le tante sostan-
ze che si trovano nella formazione salina , ogni ragione vorreb-
be che al salgemma stesso si attribuissero tutt' i fenomeni del
gas idrogeno. Ciò a tanto maggior dritto potremmo affermare do-
po aver conosciuto che in Transilvania , in Ungheria, negli Sta-
ti Uniti , in Cina , il gas non apparisce se le miniere sono a-
sciutte , ma si sviluppa di presente , e generalmente in copia ap-
pena una vena d' acqua penetra ne' depositi di sale.
Or in Sicilia tutte le cose discorse fin qui anno lor sede.
Per tutta la formazione del solfo è assai abbondante colà , co-
nio dicemmo , il salgemma , e frequenti sono pure le apparizio-
ni dell" idrogeno. La Macaluba 5 miglia al N. di Girgenti, vul-
cano fangoso dalla piìi remota antichità celebra tissimo , quan-
do fu da me visitato il 25 maggio i84.5 , era in uno stalo
alquanto differente da quello nel quale lo descrisse Dolomieu
che il vide nel 1781. Questi rinvenne tutt' i crateri in attivi-
tà, e li descrisse come elevantisi da un vasto ed immenso golfo
di fango , in cui , com'egli si esprime, corrosi il più grave
rischio di essere inghiottito. Erano tutti bagnati nell'interno;
dal fondo di ciascuno si elevava ogni due o tre minuti dell'ar-
gilla molle a superficie convessa come una bolla , la quale rom-
pendosi al contatto dell' aria scorreva fuori del cratere a somi-
glianza delle lave su' fianchi della collinetta.
( 4oo )
A me al contrario si presentò quella pianura interamente
secca: vi contai 92 piccoli coni di altezza variabile , tra' quali
4. dell' altezza massima di 7^ centimetri , gli altri piìi bassi si-
no ad avervene alcuni che solo per qualche centimetro si sol-
levavano dal suolo. Tra questi 57 emettevano e ben lentamente
delle bolle d' idrogeno attraverso la belletta di cui erano pieni
quei crateri in miniatura: gli altri 35 erano perfettamente dis-
seccati e non emettevano gas di sorta. Le bolle dove più fre-
quenti , e ne contai 27 in i', aveano volume di qualche centi-
metro cubico ed anche minore , dove pii!i rare , frapponendosi
talvolta tra due bolle consecutive sino a g' d' intermittenza , e-
rano a! paragone assai voluminose , e misurate alcune di esse
giungevano a J\,i centimetri cubici.
Fenomeni somiglianti a questi della Macaluha si avverano
in più altri punti de medesimi terreni , men celebri perchè 0-
pcrantisi più tranquillamente , ma non meno interessanti allo
scopo al quale è diretta la enumerazione che ne vo facendo. Tre
miglia più verso il Nord dopo una pioggia gorgoglia gas abbon-
dante : vulcani fangosi sono presso Cianciana , piccola salsa a
Sumraatino , e nelle Valanghe della Lalomba , ed una a Terra-
pilata cosi detta perchè senza vegetazione , la quale pure nel
1823 eruttò violentemente idrogeno e fango.
Essendo adunque cosi costante anche tra noi questa simul-
taneità delle miniere di sale con le emanazioni dell' idrogeno, fu
troppo ragionevole il voto del mio amico professore G. Bianconi dj
Bologna, il quale cosi pienamente à illustrato i fenomeni geologi-
ci del gas idrogeno, perchè si ricercasse se tra le varietà de' sali
di Sicilia vi fosse quella decrepitante di Dumas. Con ciò non pure
si avrebbe nuovo argomento a favore delle idee teoretiche su-
periormente esposte, ma si rivendicherebbe altresì una gloria
( 4oi )
agli antichi , e massime a Plinio ed a Solino , i quali sembra
abbiano intraveduta questa singolare proprietà del sale agri£;en-
lino. — Or io a siffatto scopo mirando , dovunque mi sono im-
battuto in miniere di sale ne ò saggiato d' ogni varietà e sopra
luogo e lontano anche dopo qualche anno. E difatti nelle mi-
niere di Regalmuto ò rinvenuto de' pezzi decrepitanti. Per nes-
sun carattere esteriore si distinguono dal sale comune : v' è la
varietà granulare, v'è la laminosa: sperimentate convenevolmen-
te emettono nn volume d' idrogeno variabile ; ma il massimo e-
ra assai meno di quello trovato da Dumas cioè appena un ter-
zo del volume del sale ; e ciò sopra luogo nell' alto di raccor-
lo. Un anno dopo questo massimo si ridusse alla sesta parte
del volume del sale , e dopo tre anni era svanita interamente
ogni traccia di sviluppo gassoso.
Ricercbe di questa natura dovrebbero essere estese in Si-
cilia in tutte le miniere di sale , e massimamente in vicinan-
za de' luoghi ne quali apparisce 1' idrogeno , per avere il dritto
di ricavarne conseguenze generali.
6.° Fossili.
Non è già mia intenzione di far lunga descrizione de' resi-
dui organici che si ritrovano nella formazione de' solfi. Ben u-
scirei da' limiti e dall'ordine che mi son prefisso; tale catalogo for-
merà parte d' un lavoro meramente geologico. Io voglio qui sola-
mente accennare allo scheletro d'un pesce rinvenuto nelle collino
di gesso compatto al N. di Girgenti, meritevole soprattutto d' es-
sere avvertito . perchè è il primo ittiolito che ci si presenta in
questi terreni di Sicilia. Il pesce adunque, come apparisce dalla fi-
gura che ne dimostro , per la forma e struttura della sua coda
5i
( 4.02 )
rotondata , per la colonna vertebrale piegata in alto alla sua e-
slremità , per le vertebre grosse e corte , come per ogni altra
sua parte entra nel genere Cyclurus dell' Agassiz , famiglia dei
Ciprini (i). Se non che farebbero eccezione le squame, le qua-
li si vorrebbero spesse ed allungate ne'cicluri , mentre nel no-
stro ittiolito si trovano largh e e rotonde , e se ne contano sola-
mente sette serie longitudinali. Ora è cosa ben singolare che
mentre i ciprini sono stati così numerosi nelle acque dolci del-
l' epoca terziaria , come lo sono ne' nostri laghi , e ne' fiumi at-
tuali, pure nessuna specie fossile se ne sia ancor trovata nel gesso.
Infatti delle due specie del genere Cyclurus una esiste nelle li-
gniti di Ménat , 1' altra negli scisti di Oeningen. Degli altri set-
te generi della medesima famiglia de' ciprini la massima parte
si trova negli scisti di Oeningen , poche specie nel calcare ter-
ziario di Steinbeim , anche minor numero nelle ligniti di Bonn
e di Ménat , nessuna perfettamente nel gesso. Adunque questo'
ittiolito e perchè trovato in Sicilia , e nella formazione del ges-
so è affatto nuovo sotto un doppio aspetto di giacitura.
(i) Yol. S pag. 1».
SULLA MISURA
DELLA
mmu mimm o m\\\ mm
MEMORIA DEL SOCIO FRAIVCESCO PAOLO TUCCI.
\_j N nostro distinto uffiziale del Genio mi proponeva mesi ad-
dietro a considerare una Volta che nei tempi andati si costrui-
va spesso , ma non cosi al presente perchè forse riputata meno
conforme al buon gusto dell' Architettura , e perciò omessa nel
Trallalo della Misura delle pialle , pubblicato nel i832. É des-
sa la Crociera cilindrica ad Archi gotici , di pianta ordina-
riamente quadrata, ma che potrebb' essere anche rettangolare ; e
in Napoli la Chiesa di S. Domenico Maggiore , di fresco bella-
mente ristaurata , non presenta che simili Volte nelle sue nava-
te laterali.
Ora nei restauri di una Crociera gotica , ed anche nella
costruzione di essa che in qualche caso si stimasse conveniente,
potendo la Volta esser dorata o dipinta a colori fini , si scorge
la utilità che avrebbero le formole acconce a misurarne la su-
perficie, 0 in caso di costruzione il volume. I mezzi che oggi
possiede la scienza sono in vero molto superiori alle difficoltà
( AoA )
che tali misure presentano ; ma ciò nondimeno , siccome nel ca^
so della pianta rettangolare gli Archi non possono esser tutti cir-
colari , e quindi la costruzione della Volta esige la ricerca del-
ta natura di tali Archi, i quali si trova dover essere ellittici ;
e siccome nel caso de^li Archi parte circolari e parte ellittici
avvi la notevole particolarità, che questi ultimi possono avere
r ampiezza di 60 gradi come i primi , ed anche senza questa
particolarità la misura della superficie curva della Crociera di-
pende da trascendenti ellittici , combinati con trascendenti loga-
ritmici o circolari , cosi io credo poter fare omaggio di un te-
nue lavoro concernente gì' indicati oggetti a questo Reale Isti-
tuto , il cui nobilissimo scopo è 1' iucoraggiameuto di ogni ma-
niera di mii e d' industrie.
ARTICOLO I.
DELLA CROCIER-V GOTICA DI PUNTA QUADR.4TA..
Coslntzione della Folla ^ e mimru dalla sua superjìcie:
I. Sia 0 A D B ( ffg. r. ) un quadrato orizzontale , in unio-
ne degli altri che si veggono descritti attorno le metà delle sue
diagonali; e supposta essere OC una verticale , suppongasi de-
scritto nel piano AOC e sopra la OA 1' Arco gotico AEO , tal-
ché siano A ed 0 i centri degli archi circolari EO ed EA.
Supponendo parimente descritto nel piano verticale BOC e sul
lato BO r Arco gotico BFO , è facile vedere che le due super-
fìcie cilindriche ed orizzontali proiettate sui detti piani vertica-
li negli archi OE, OP s' intersegheranno in una curva proietta-
ta sul piano orizzontale in Oo; poiché descritto un quadrato qua-
( 4')o )
ftinquo OPLQ inlorno ad Oo , ai lati OP,OQ riguardati come
ascisse corrisponderanno ordinale uguali P3I, QN negli archi cir-
colari OE, OF descritti coi raggi eguali AO, BO ; e quindi 1' e-
slremo della verticale condotta per L, e supposta lunga quanto
le altre PM^ QN, sarà un punto comune alle due superficie cilin-
driche , le quali s" interscgheranno per ciò in un arco proietta-
lo orizzontalmente in Oo , e di natura ellittico per le note pro-
prietà del cilindro retto.
È chiara la eguaglianza di quelle porzioni delle medesi-
me superficie, le quali si proiettano sui piani verticali AOC ,
BOC negli archi circolari OE, OF , e sul piano orizzontale nei
triangoli Olio, OKo , essendo eguale per ambedue tutto ciò che
determinarla lor misura. Dì che risulta, che supponendo esiste-
re due altri Archi gotici nei piani verticali dei rimanenti lati
AD e BD del quadrato OADB , le superficie cilindriche ed
orizzontali che movono dagli archi i quali passano per A per
D e per B daranno parimente origine a sei altre porzioni e-
guali di dette superficie , proiettate orizzontalmente nei triango-
li AHo, ARo , DRo, DSo , BSo, BRo. Tutta la superficie cur-
Ta della Crociera gotica di pianta quadrata sarà dunque compo-
sta di otto porzioni eguali a quella proiettata orizzontalmente
in OHo, e che noi andiamo a misurare.
2. Prendiamo per assi coordinati e rettangolari delle x, y^ 2,
le rette OA , OB , OC , e ponghiamo
OA = «, OP = jr, PL =0Q =y, PM = QN = :; ,
e l'arco OM = * , che riguarderemo come variabile indipenden-
te. Allora r elemento ossia il differeuziale della superficie pro-
iettala in OPL avrà per misura il prodotto di PL nel differen-
ziale dell'arco OM , e quindi verrà espresso àAyds\ ma per es-
sere LP=PO abbiamo ^=-r=r*— cos « : dun([ue il detto elemen-
( 4o6 )
to sarà ( a — cos s ) ds , epperò la somma degl' infiniti elementi
consimili e raccliiusi tra gli estremi dell' arco OE di 60 gradi
sarà l'integrale definito r"? '^" ( o — cos « ^ ds. Ora essendo a il
i/o
raggio dell' arco s , abbiamo per le formolo ovvie
1(0 — cos s j ds = c« — a sen * ,
e questa espressione divien nulla con s ; dunque sostituendovi
f'!'«ad5,ed ^a/^^ a sen 5 ( per essere nel cerchio di raggio i
sen 60" = cos 3o°= 7 ^^) , la richiesta superficie proiettata in
OHo verrà indicata da a* \1'^~'Z^^)- e quindi 1' intera superfì-
cie curva della Crociera sarà
8a«(i'^-^/^3-) =,/.(,, 44937 . . .),
talché in pratica basterà moltiplicare la sua pianta pel numero
1,44-937 • . . per averne la misura. E negli usi ordinari potrà
quel numero ridursi ad i,45o per avere un rìsuUamenlo che ec-
cede il vero per meno di un millesimo delia pianta.
Misura della solidità.
3. Passando alla solidità ci limiteremo in tutto il corso di
questa Memoria alla misura del vano compreso tra la superficie
curva della Volta e il piano OADB della sua impostatura. In
questo modo noi potremo prescindere dalle forme diverse che
potrebbe avere 1' estradosso della Volta , e per le quali la mi-
sura della di lei solidità non diviene guari più difficile.
È manifesto che il detto vano comprende otto porzioni tut-
te uguali a quella che si proietta sul piano verticale in OHE
e sul piano orizzontale in OHo. Per la misura della medesima
( 4o7 )
supporremo che x diuoti AP trasportando in A F origine delle
coordinate , e prenderemo per suo elemento o differenziale la
falda compresa tra le sezioni che vi producono due piani per-
pendicolari ad AO e condotti per gli estremi della Pp=(/a7.
Queste sezioni essendo due rettangoli che possono stimarsi e-
guali per 1' infinita vicinanza dell uno all'altro, od uno di es-
si avendo per lati PL e PM , 1' espressione della falda elemen-
tare sarà da principio yzdx , ma siccome
y=PL=PO=AO— AP=a— r ,
e per 1' arco circolare OE abbiamo
- = PM = ^«^ — x^ ,
così in funzione della sola x quella espressione diverrà
(^a — x)dxya- — x-' ,
e la somma delle infinite falde consimili, a contare da 0" = AH=7<r
sino ad a:=AO=« ci verrà data per l'integrale definito
71"^ (« — x^dx^a-" — x"- .
2
Questo integrale si spezza nei due
aJl^ dx A^o' — at* , e fi, —xdx ^«^ — x- -,
e in quanto al primo ^ essendo per una formola ben conosciuta
Jdx A^o« — a:» = 7 //"a^ — j:» -J- ^ are sen i ,
avremo «/^ " dx f^ci- — x- = ^^ (^ — -^ ) .
Riguardo poi al secondo , siccome pel cerchio OME abbia-
mo o* — ^a?*=s3*, e quindi — xdx = zdz , e r a'' — a;" = s,
cosi avremo
( 4.08 )
e quindi /i, —xdx f^a^ — x' =— ^f a' .
2 8
Adunque tutto 1' integrale definito in discorso à per valore
«^ ("iy — tAs")' ^ bisognando moltiplicarlo per 8 affin di ave-
re tutto il vano della Crociera , questo sarà definitivamente rap-
presentato da
«3 (|r_ 2 /r) = a^ ( 0,72468 . . . ).
Limitandosi negli usi ordinari a tre cifre decimali può ri-
tenersi che il vano della Crociera sia il prodotto del cubo aven-
te per base la di lei pianta per 0^7 2 1) con errore ( in piìi )
minor di un millesimo dello stesso cubo. In questo limite di
c'ipprossimazione si può ritenere in termini semplicissimi , che
il cubo avente per base la pianta della Crociera stia al vano
di questa come l\.o a. 29 ; del pari che pel risultaraento del n.°
2 potrebbe dirsi , che la pianta della Crociera stia alla di lei su-
perficie come 20 a 29.
ARTICOLO IL
DELLA CROCrElU GOTICA A PIANTA RETTANGOLARE.
Costruzione della Crociera.
4.. Sia ora OADB ( fig. 2 ) un rettangolo orizzontale, e
supposto il lato OA maggiore di OB denotiamoli rispettivamen-
te con a e. b. In questo caso se sopra il piano verticale di fian-
co BOC si supponga descritto alla maniera ordinaria 1' arco go-
tico BFO, non potrà essere circolare l'altro gotico OEA a de-
( 4.09 )
scriversi nel piano verticale di fronte AOC , perchè l'arco OE
vuol esser la proiezione sul piano AOC dell'arco ellittico in che
la superficie cilindrica orizzontale che move da OF intersega il
piano verticale che passa per Oo ; nondimeno ci sarà facile tro-
varne la natura , quando anche V arco OF non fosse circolare.
Ed in vero, descrivendo un rettangolo qualunque OPLQ intorno
ad Oo, e ponendo
OP = a?, PL = OQ=y, PM = QN = s,
la proporzione OA : OB : : OP: OQ ci darà l'equazione ay = bx^{\)\
ma d' altra parte abbiamo V equazione della curva data OF , che
possiamo indicare generalmente con f(y, s)=o (2):
dunque eliminando y tra queste due equazioni avremo quella del-
la curva OE. Cosi nel caso nostro dell'arco OF circolare , di
raggio ^, e di centro B , 1' eliminazione della y va fatta tra le
equazioni
ay=ibx^ e z'^ = 2by — y- ^
e risultandone z^ ^=i — ( 2 ax — a:*); si rende manifesto cheOE vuol
essere arco di una ellisse avente il centro in A, e per semiassi
AO:=c , ed Ap=0B=6: risultamento che non potea desiderarsi
pili semplice.
Or dovendo esistere nel piano verticale che passa per AD
un altro Arco gotico in tutto eguale ad OFB , l'arco AE il quale si
combina con quello che pareggia OF ed è proiettato orizzontal-
mente in AR , dovrà esser parte dell' ellisse avente il centro
in 0 ed i medesimi assi. E in fine, sul piano verticale che pas-
sa per BD esisterà un altro Arco gotico ed ellittico eguale ad OEA,
9a
( Aio )■
Misura della superficie..
5. Consideriamo da prima la porzione proiettala orizzontal-
mente nel triangolo OKo , e verticalmente nell' arco circolare OF
di cui chiameremo s la parte ON corrispondente ad OQ. L' e-
lemento di tal porzione , il quale può riguardarsi come un ret-
tangolo avente per lati il differenziale di ON ed LQ , avrà per
misura xds] ma ora non è x uguale ad y come nel n.° 2 , si
benea'=iy in virtù dell'equazione ay^=bx: dunque il detto
elemento verrà espresso da ^yds , e siccome
y=.0()'=b — cosè^, avremo ^{b — cos*)f/*
per espressione deffinitiva e tutta in s del medesimo. Or gì' in-
finiti elementi consimili , che- insieme uniti formano la porzione
di cui si tratta , corrispondono ai valori di s compresi da s=o
ed ^=0F=-3<i , epperò tal porzione vien indicata dall' in-
tegrale definito irì'* (^ — cos-s/ds; ma dal precedente n." 2-
abbiamo
O
dunque il di lei valore sarà ab{\'' —^ f^^\, e il quadruplo
di questa formola ci darà della intera superficie curva della Volta
quella parte che move dagli Archi gotici propriamente detti,
ossia circolari.
6. Veniamo adesso a considerare quella porzione dèlia su-
perficie, che sul piano orizzontale si proietta nel triangolo OHo,
e sul piano verticale AOC nell'arco ellittico OME : porzione
(4II )
iche pur quattro volte si contiene nell' intera superficie della
Crociera. Per trovarne la misura conteremo le x dal centro A
dell' ellisse OME , per cosi esprimere 1' equazione di questa
curva con la forma consueta — -f- — = i ; e supponendo de-
ce^ b""
scritto il quadrante circolare 0;j-a col centro A e col raggio AO=a,
chiameremo s l'arco ellittico ?M contato, secondo l'uso^ dal-
l' estremo ? del semiasse minore A|i=<J, e <p V angolo '^.A;-!- ossia
V ampiezza del medesimo, corrispondenti amcndue ad AP:=r.
In lai modo essendo AP=A[J.seH AiJ-P, cioè a dire .r:=a sen ^,
r equazione dell' ellisse OM? ci darà z=.b cos <p, ed avremo
ds = 1"^ dx^- -^-dz^ =d(p /'^a' {a^ —ó^) sen'^ cp,
0 più semplicemente ds=adcp ^ i — T^ sen^ ?, supponendo
rt^ — b' = a"' T '
In questa espressione di ds ^ -^ e una frazione esprimente
il rapporto della eccentricità al semiasse maggiore , e riguar-
data come seno dì un angolo, quest' angolo è ciò che Legendre
nelle sue Tavole ellittiche chiama modulo della ellisse, e che
al pari d^W wnpiezza <p varia di grado in grado tra i limiti o"e 90°.
Or r elemento delia porzione di superficie in parola aven-
do per misura il prodotto della l'etta LP pel differenziale dell' ar-
co pM, la sua espressione analitica è da principio ^(/*; ma es-
sendo PO=AO — AP^o — T, e PL=y, la proporzione
PO: PL: : AO; AD ci dà y=ài<i — ^), ed abbiamo veduto che
x=a sen (p; dunque y = b{i — senip), e l'elemento
yds= ab (i — sen? ) d? A^i — T' sen^ 9.
Da un' altra parte gì' infiniti elementi consimili , e formanti
insieme la porzione di cui è parola , essendo compresi tra i pun-
ii E ed 0 dell'arco EMO, i valori estremi di p in parli della
( 4-12 )
circonferenza di raggio i saranno ir '^ ed ;r '^ ; perchè l'angolo aAe
AH I
è di trenta gradi avendo per seno Te = 2 , e l'angolo «AO è
retto.
7. Per effettuare adesso l'integrazione della formola
ab (i — sen?) d? r i — y sen' 9 la spezzeremo nelle due parti
abd'i r \ — 7'" seu^ 9, — o^t/cpsen? ri — f sen^ cp,
con che ricordando che l' integrale di od? f^i — 7^ sen^ 9 preso
tra gli anzidetti limiti di <p esprime V arco ellittico EO , l' inte-
grale della prima parte sarà il prodotto della lunghezza di que-
st' arco pel semiasse minore A^=6, ossia pel minor lato OB
della pianta: il che polrchhe darne il valore quando fosse lecito
di misurare con diligenza sopra luogo la lunghezza dell' arco.
In ogni caso però , siccome l' integrale di d? /^ i — 7* sen^ ^
valutato da (p= So" sino a ip= 90° esprime un arco simile ad
EO ed appartenente all' ellisse di semiasse maggiore i , e di
modulo l'angolo avente per seno "y, così il numero che n'espri-
me la lunghezza in parti dell" unità verrà dato per 1' eccesso del
quadrante del perimetro di delta ellisse, cui Legendre noia con
E (7), suir arco simile a fE cui esprime con E (7, 3o°) ; e i
valori numerici di questi due archi trovansi registrati nelle sue
Tavole ellittiche. In conclusione , il primo dei due integrali di
che siamo in ricerca è dato pel trascendente ellittico
a*[E(Y)-E(^,3o°)],
e può tenersi cognito con un' approssimazione di gran Iimga su-
periore a quella che ordinariamente si esige.
8. Per eseguire la ricerca del secondo integrale mediante
le formole piìi ovvie , mi sembra utile cambiarlo in funzione del
solo coseno di <p. Infatti ponendo
(4i3J
cos? = /, si à — (1? sen9='7/, e A'" 1—7" sen* 9 =/^S'^ -}- r ^" ,
dove per brevità S^ = i — y* . Quindi
/— d? sentp // I —r'seQ-<}=fdi /^S^^-T ^
e siccome i limili di (p, i quali sono So" e ^0° danno per ^=: cos f
i limiti -A's" e 0 , tra questi limili converrà valutare la prece-
dente espressione di /: il che fatto al modo ordinario , e resti-
tuito a 2^ il valore i — 7* , trovasi
8 2> 2 /^ j ^2
Dopo ciò il valore effettivo della porzione di superficie che
abbiam presa a misurare verrà dato per la formola
»4e(t)-E(t,3o<')-^ s ^^^T^T^^J
e siccome tal porzione si ripete quattro volte nell' intera super-
ficie della Crociera, a siraiglianza dell' altra proiettata nel tri-
f — 1)1 cosi la
misura di tutta la superficie curva della Crociera gotica a pian-
ta rettangolare di lati ce ^ -< o, col gotico circolare descrit-
to sul lato minore , verrà data finalmente per la formola
ab r 4t _ 2 rf- f^r(x-t ) -h 4-E (T) — 4E(7, So")
7 2 / ' 1 V2 J
dove Y è determinato per la equazione a' — ò^ = a"^ 7^ . (*)
{*') Si à una conferma della esattezza di questa formola osservando clie
quando la Volta ritorna di base quadrata col supporre a =; ^ , allora si i
< 4a )
Fano della Crociera gotica di pianta rettangolare^
già considerale.
9. La misura di questo vano ci darà minor pena. Infatti co-
minciando dalla porzione proiettata orizzontalmente nel triangolo
OKo (fig. 2 ) e verticalmente nel segmento circolare OKF, sup-
])orremo che y dinoti BQ ritenendo x = QL, e z = NQ. Così
r elemento della porzione frapposto al piano verticale LQN ed
un altro parallelo ad esso e distante per dg , avrà per misura
xzdg; ma la proporzione OQ : QL : : OB : BD, ossia ò — ^■. x: :b: a
ci dà j: = A* ( b — g ) , e T equazione Z'= b- — g- dell' arco OF ne
dà z = ^b- — g-: dunque il detto elemento verrà espresso in y
da j{b — y) dy ^ b- — y- , e dovendo gì' infiniti elementi con-
simili e formanti insieme la porzione sommarsi tra i limiti
y=BK =-;b ^ ed y = BO =3, avrà essa il valore dell'integrale
definito
Tfi,{b-y)dy Fb'-y\
Ma cambiando x &à. am y q b nell' integrale trovato nel
n." 3 si à
Y=o, l'ellisse di semiasso maggiore i e di eccenlricità "^ si cangia nelcer-
cliio di raggio i ; onde E (■y) =2 .11, ed £(7, 3o° )= '_.. E siccome la par-
te logaritmica assume la forma indeterminata ooxo, ma coi noti procedi-
menti di Calcolo differenziale trovasi essere /^"^ , tutta la formola diviene
cCi ^t: — 4 /^g" y di accordo col u.° 2. E dovendo in pratica servirsi dei
logaritmi briggiani , si cambierà il fattor 2 della parte logaritmica nel pro-
dotto 2 X 2j3o258 . . . = 4-j6o3i6 . . .
( 415 )
IL {b-y) dy ^-b^^ = /^K^ - f ),
dunque moltiplicando per j-, sarà ab'^ y{ — _) il valore delia
4
porzione di cui si tratta.
IO. Un integrale afTalto simile, ma moltiplicato per un di-
verso fattor costante ci darà la porzione proiettata orizzontalmen-
te nel triangolo OHo, e sul piano verticale AOC nel segmento
ellittico OHE. Difalti supponendo che x dinoti AP , e che y ez
continuino ad indicare PL e PM, 1' elemento di questa porzione
compreso tra '1 piano verticale LPM ed un altro parallelo e di-
stante da esso per dx sarà quanto yzdx\ ma la proporzione
OP: PL ::0A: AD, ossia e— x: y:: a: b ^ àk y = -(e — a:),
e V equazione z"" =l{a^ —x^ ) dell' ellisse OMg dà
a'
- ^ a^ — x^ \ dunque T espressione tutta in a? dell' elcmen-
, b-
io sarà — f % 2 \ ^^ ^ ^i ^^ e dovendo sommare infini'
ti elementi consimili da a? = AH = ^ <^ sino ad a* = AO = a, la
porzione richiesta sarà quanto l' integrale definito
iW;- {a-x)dx^^^^^^ ,
e quindi pel n. 3 avrà per valore ab^\\ — :-), come 1' al-
ita proiettata in OHo.
Dopo ciò, osservando che tutto il vano- della Crociera è il
quadruplo della somma di tali porzioni , il suo valore definitivo
à ci* (1' — 2 Z's" ), 0 vero ab-" x 0,724.68 . . . E ne' casi
sarà
29
ordinari contentandosi di sostituire 0,7.20 ossia 4;, al fattor deci
( 4i6 )
male , potrà dirsi che il parallelepipedo avente per base la pian-
ta della Crociera, e per altezza il lato sul quale insiste T Arco
gotico circolare, stia al vano come ^o a 29: perfettamente co-
me nel caso della pianta quadrata.
ARTICOLO III.
Del caso in cui f Arco gotico circolare insiste sul lato
maggiore della pianta.
1 1 . L' architettura gotica essendo svelta e non di rado ar-
dila, vorremo supporre anche il caso che il Gotico propriamente
detto , ossia ad archi circolari di 60 gradi , insista sul Iato
maggiore della pianta, che supporremo essere OB ( fig. 3 ); di
che segue ( n. 4^ ) che il Gotico insistente sul lato minore OA
dovrà esser formato di due archi eUittici AE ed OE aventi per
centri 0 ed A, e per semiassi minore e maggiore a q b.
In questo caso è notevole che 1' ampiezza di questi archi
sia pure di 60 gradi , poiché 1' equazione al centro A dell' ar-
co OE essendo
^4-—,=: T facendovi a;=:OH=-o, saràs=HE = — b,
e quindi descritto sul semiasse maggiore k^=b Squadrante circo-
lare P^a, si avrà sen aAe = ™ _ £}", e quindi ang. aA£=6o'' (*).
(*) Se r arco 01'' fosse elliUico ed espresso dalla equazione
in cui y e s dinolano OQ e QN , l' eliminazione di y tra questa equazione
e l'alita ayzs^bx, nascente dalla proporzione OQ:QL:: OB: BD, darebbe
(^17 )
Misura della superficie.
12. Consideriamo da principio la porzione di superficie pro-
iettala ATrlicalmcnte nell' arco ellittico OE, ed orizzontalmente
nel triangolo OoII. Ponendo 1' arco 0M= s , e 1' angolo aA;j-:=(p,
avremo z = b scnqj ^ donde a"=fl cos(p in virtù della equazione
dell' arco OM. Dunque
(Is = f^dx^ -\- dz-" =. dtp /^a' sen' 9 .4- b"^ cos^ 9=
d9 /^«^ sen* <i-\-b'^ {\ — sen'' 9) == d9 /^ó- — {b'^ —a') sen« 9,
e posto /''^^^ — o-^ ■=.b^ affinchè y dinoti al solilo il rapporto
della eccenlricilà al semiasse maggiore , 0 vero il seno del
modulo , sarà ds = b^ /'^ i — "f sen' 9. Or 1' elemento della
porzione presa a considerare avendo per misura il prodotto yds^
e la proporzione OP : PL : : OA ; AD dandoci
y = a{fl X)= b ( I C0S9 ),
sarà ydsz^b''- d9 ( i — cos9 ) f^i —T sen' 9 , e 1' integrale di
questa espressione, valutalo dal valore di p corrispondente al
punto 0 fino a quello corrispondente al punto E , cioè a di-
z^ =— ( 2ax — x^ ),
che rapprcsonlata un altra ellisse avente per semiassi a e e. Dunque le due
ellissi , o pure il cercliio e la ellisse a cui appartengono i due archi goti-
ci anno sempre la stessa altezza e; e l'altezza della Crociera^ trovata col
porre x^ ^ '^j o pwe y=- b, è sempre il prodotto di quell'altezza e per - yr,
cioè pel seno di 60 gradi. E se <? supera ciascun lato della pianta, torna
osservabile che le amjìiezze dei due archi dliltici di ciascun Gotico siano
di 60 gradi , come nel caso degli archi circolari.
53
( 4i8 )
re da <p= o° sino a (p= 60'', ci darà la porzione di cui si tratta.
Esso può spezzarsi nei due
b'^fo^''^ dv y i —T sen^ 9, e — ò'^fo^"" d'icos'i 1^ i — V sen^ 9
il primo dei quali può tenersi cognito ; poiché decomposto in
due fattori un dei quali sia 6, 1' altro dinota 1' arco ellittico
OE , la cui lunghezza si può misurare sopra luogo iu man-
canza delle tavole ellittiche del Legendre, 0 quando hasta ( co-
me nelle pratiche ordinarie ) una mediocre approssimazione.
In ogni modo noi lo esprimeremo col simbolo E (7, 60" ) ,
giusta la notazione di quelle tavole.
i3. A rinvenir poi il secondo integrale con le formole
comuni supporremo per poco 7sen(p=;, donde ydip cos^ = (ll^ e
quiudi/d^ C0S9 f^i—tscn'<p ='-fdlK^—t' =
1{L y'T^^~V\ are sen 0 = ^/^ I - r sen^ p
I .
-^ -^y are ( sen = Ysenip ) .
Questa espressione si annulla con <p^ e diviene
-^f/f
f r 12 — 9y'' _|- - are (sen = "1 ) quando (p = 60°; dunque
moltiplicando questo risultamento per 5^, e sottraendo il pro-
dotto da ^'^ E ( 7, 60° ), la porzione richiesta di superficie sa-
rà ultimamente rappresentata da
^^ [ E ( 7, 60" ) — ^ //' 1 2 — 97^ — ~y are ( sen =lfT)].
i4.- In quanto alla porzione di superficie della Crociera,
proiettata in ORo , non fa punto mestieri di nuovi calcoli ;
poiché il valore di essa è il medesimo che fu nel n. 5 con
discorso indipendente dalla grandezza di a rispetto a ò. Il per-
ché , unendo al quadruplo di tal valore il quadruplo del va-
lor trovato nel n.° precedente , potrem dire che la superficie
(4.9)
della Crociera gotica di pianta rettangolare , nel caso in cui
r Arco gotico circolare è descritto sul lato maggiore della pian-
ta , venga definitivamente indicata per la formola
( t-2>rr)a<5^.[4E(T,6o°)-r^ri=^_iarc (sen= l^^^f
in cui Y è determinata per V equazione ò^ — a^ = ò^ 7-. (*)
ib'. Pel solito vano della Crociera vale in questo caso
la stessa formola (i" — 9. f^ì~ ) ab"" z= ab'' x 0,724,68 ....
del caso precedente; poiché qui si suppone b maggiore di a
del pari che si suppose a maggiore di <J nel n." io, e il ra-
gionamento adoperato in questo n.° sussiste indipendentemen-
te dalla grandezza relativa di a e di b. (**)
CONCLUSIONE
Se io non avessi voluto trattar da principio e direttamente
il caso ordinario della Crociera gotica di pianta quadrata, in-
di quello men comune della piauta rettangolare con Ar-
(*) Si à pure una conferma della esatlezza di questa formola nel valo-
re clic prende alloiché a^b , e quindi 7^0. In lai caso 1' ultimo suo ter-
mine assumo la forma coxo , ma trovatone il valore col noto principio
di Calcolo differenziale, l'intera formola si accorda col n.° 2.
(**) Generalmente, se conforme alla nota del n,°ii i gotici insistenti
sul lato magj^iore e sul lato minore della pianta si suppongano amendue
formati da archi ellittici , e dicasi e il semiasse comune o verticale delle
due ellissi, gli altri semiassi restando indicali con a e b,\\ procedimento
del n.° 9 applicato all' elemento xzdij del pari che all' altro ìjzdx darà
pel vano della Crociera la formola
(1 ~ 2 yf) ale = aòc X 0,72468 . . .
di cui son casi particolari quelle dei numeri io e i5.
( 420 )
chi gotici propriamente detti appoggiati ai lati minori della
pianta, e da ultimo il caso forse anche più raro degli Archi
gotici insistenti sui lati maggiori , avrei potuto cominciar dal
supporre che tutti gli Archi gotici fossero ellittici , per indi sup-
porre che or gli uni , or gli altri , or tutti divenissero circolari.
Ciò avrehbe resa molto più breve qnesta Memoria ^ e tutte le for-
molo in essa contenute si sarebbero desunte da tre sole , due
cioè relative alla superfìcie, ed analoghe a quelle dei numeri 8
e i4-, ed una sola relativa al vano compreso tra la superficie
curva della Crociera ed il piano su cui sono impostati gli archi
gotici di essa. — Tn ogni modo tre cose mi sembrano degne di
speciale attenzione :
la I." 7 che quella parte della superficie curva della Crocie-
ra, la quale move dagli Archi gotici propriaraeutc detti ossia
circolari sta alla sua proiezione orizzontale , cioè alla metà del-
la pianta in un rapporto costante , che nelle pratiche ordinarie
può stimarsi eguale a quello di 29 a 20. La 2." , che il re-
sto di quella superficie dipende da trascendenti ellittici, e in-
sieme da trascendenli ora logaritmici ora circolari; ma i pri-
mi esprimendo le lunghezze degli stessi archi costituenti i Go-
tici ellittici, non è necessario ricorrere per le pratiche ordina-
rie alle Tavole ellittiche del Legendre , quando si possano mi-
surar sopra luogo con diligenza; talché per compiere la misu-
ra della superficie della Crociera basteranno le Tavole ordina-
rie dei logaritmi e dei seni. Finalmente, la 3.* cosa notevole
si è che il vano della Crociera, compreso tra la superficie cur-
va e il piano di sua impostatura, sta al parallelepipedo aven-
te per base la pianta e per altezza uno dei lati sui quali in-
sistono gli Archi gotici circolari , in un rapporto costante e pros-
simamente uguale a quello di 29 a 4o.
PER MEZZODELLE ALTEZZE E DEGLI AZL^IUT
DELLA LUNA.
DEL 80CI0 ORDINARIO ERNESTO CAPOCCI.
A
tutti è nota l' importanza del famoso problema delle longi-
tudini , per la soluzione del quale il Governo Britannico già un
tempo proponeva e conferiva un premio di ben ventimila lire
sterline. Voi poi conoscete perfettamente i vari metodi successi-
vamente escogitati per raggiungere questo importante scopo tan-
to sul mare che sulla terra , e conoscete le gravi difficoltà e le
laboriose operazioni di osservazioni e di calcoli a cui più o me-
no vanno tutti siffatti metodi soggetti , non escluso quello del-
le mostre marine : poiché, per una diffiuitiva determinazione ,
richiede la verifica di un altro metodo.
Laonde essendomi venuto sottocchio , nel Volume XIF del-
le MonLhhj JXotices della Real Società Astronomica di Londra ,
( 4.22 )
la pretesa (i) nuova maniera delle altezze lunari ^ proposta pel
bordo di un vascello , dall' ufiziale della Real Marina inglese ,
Signor Aslic ( non molto ben accolta dagli Astronomi della sua
patria ) ho creduto di cavarne un altro metodo fondato sullo
stesso principio , ma da applicarsi sulla terra , ove il genere di-
verso delle osservazioni , che quivi la stabilitcì del suolo consen-
te , proccura degli spedienti co' quali si ottiene l' intento con e-
slrema semplicità , come andrete a giudicarne da aoì medesimi,
con quella superiorità di lumi , che possiede questo dotto con-
sesso ; al quale non isfuggirà certamente 1' uso utilissimo e la
grande importanza pratica che potrà risultarne , nelle operazio-
ni geodetiche. Difatti esso darebbe con la stessa agevolezza , e
colle medesime operazioni , che soglionsi effettuare per la lati-
tudine , anche 1' altro elemento , la longitudine , per cui ora si
richieggono tante altre diverse osservazioni e tanti lunghissimi
(i) Questa idea risale sino all'anno 1691 , nel quale fu posta in cam-
po dall'olandese Graal' ; indi fu riprodotta dall' inglese Leadbeater nel lySS
e dal francese Pingré nel lySi , e dall'altro francese Pezenas nel 1776 ;
ma fu grandemente avversata da Lacaillc , e tenuta in conto di poter tro-
varsi in errore di quantità enormi. In prosieguo se ne occuparono Lalaa-
de , Zach , Lindenau ec. , e più distesamente ne parla Oltraanns nel suo
discorso preliminai-e al Viaggio alle regioni equinoziali del celebre Hum-
boldt ^ il quale benanche nel i8o3 discuteva il modo di trovare la longi-
tudine colla declinazione della Luna, ma con osservazioni corrispondenti.
Tutti questi lavori per altro differiscono positivamente dal mio , il quale
nel riprodurre il principio offre varie agevolazioni , e dà il vantaggio di
una verifica immediata ^ nell' aver la longitudine contemporaneamente in
due modi , coli' A R cioè e colla Declinazione. Oltre a ciò il problema è
divenuto di una pratica applicazione assai piìi felice , per i dati più esatti
che si trovano nelle presenti effemeridi e quindi è divenuto importante co-
me vedrassi nell' esempio recato infine della memoria.
/.<•'
«v /
( 4-23 )
calcoli. E veramente quale ingegnere geografo , o quale aslro-
nomo può ora immaginarsi di determinare la longitudine di un
luogo ignoto col solo cerchio ripetitore ovvero col solo teodoli-
te ? Ecco quanto io vado ad esporvi nella presente memoria.
Rappresenti nella Figura i." OZPR il meridiano del luogo,
OR r orizzonte , Z lo zenit , EQ 1' equatore , P il polo.
i." Caso.
Se si supponga che 1' osservatore abbia in suo potere uno
di quegli stromenti detti universali , cioè forniti di cerchi ver-
ticali ed azimuttali , allora determinerei 1' azimut e V altezza
della Luna , L , in un verticale ZLD , per esempio ; che per
convenienza delle operazioni che si hanno in mira , sarà bene
di sceglierlo tra il primo ed il secondo verticale. Ciò posto , a-
vendosi anteriormente detcrminato la latitudine del luogo , PR ,
ed il tempo vero , co' soliti melodi , si avrà nel triangolo sfe-
rico PZL :
i.° il Iato PZ- = complemento della latitudine.
2." il lato ZL = distanza zenittale, ossia complemento del-
l' altezza osservata.
3." finalmente 1' angolo compreso LZP , = complemento
dell'azimut ( se questo si assuma contarsi dal punto Sud.)
Con questi tre dati noti , con le formolo solite della trigo-
nometria si calcolerà X angolo ZPL , ossia 1' angolo orario della
Luna per 1' istante della osservazione , ed il lato PL , eh' è e-
guale alla sua distanza polare , ossia al complemento della de-
clinazione. Avremo così V ascensione retta della Luna e la sua
declinazione per quel dato istante di tempo del luogo.
Allora andando a riscontrare la Connaissaiice des temps.
( 424 )
ove si lianno 1" ascensione rella e la declinazione della Luna cal-
colale per due volto al giorno , o anche meglio il Nautical Al-
manac , ove i detti elementi si trovano calcolati d' ora in ora .
si troverà con doppio criterio , e con una semplice; proporzione,
r identico istante corrispondente al tempo di Parigi o di Londra
( secondo che sarà stata adoperata la prima o la seconda di
et leste effemeridi ) nel quale la Luna aveva la stessa ascensio-
ne retta e la stessa declinazione , da noi trovate nel nostro luo-
go. Quindi la differenza delle ore , ridotta in arco , darà, come
è noto , direttamente la cercata longitudine , contata dal primo
meridiano di uno de' due Osservatori delle città suddette.
2." Caso,
Se ora supponghiamo che 1 osservatore abbia un semplice
cerchio ripetitore , allora si farà ad osservare 1' altezza della Lu-
na in un verticale ZD , che si discosti il meno possibile dal pri-
mo verticale , sapendosi che in tali condizioni è piìi sensibile
r effetto del moto proprio dell' astro in altezza.
Indi si attenda che un astro di ben nota posizione ( che ,
a semplificar le idee , supporremo sia una stella ) giunga , nel
descrivere il suo parallelo S"' SS' , a passare per lo stesso ver-
ticale ZD , nel quale si è lasciato fisso il nostro stromento. Al-
lora osservandong parimente con precisione 1' altezza , DS ,
conosceremo nel triangolo PZS tutti e tre i suoi lati: cioè PZ =
co-latitudine, ZS = complemento dell' altezza, e PS complemen-
to della declinazione dell" astro. Con questi dati , colle solite for-
mole trigonometriche , calcoleremo l'angolo SZP = compl-azimut
e r angolo orario ZPS , che altronde può anche aversi dall' a-
scensione retta.
(425 )
Quindi riprendendo ad esaminare il triangolo PZL , avremo
in esso noti: il lato ZP = co-laliludinc, ZL = compi, altezza ,
e r angolo compreso PZL , eh' è comune all' altro triangolo già
calcolato , PZS.
Onde con questi dati potremo calcolare 1' angolo ZPL , e
r arco PL , che , tenuto conto del tempo trascorso tra le due
osservazioni di altezze ^ ci daranno Y Ascensione retta , eia De-
clinazione della Luna nell' istante della sua osservazione. E fi-
nalmente , trovato neir effemeridi 1' istante a Parigi ( osservatorio )
od a Londra ( Greenwich ) nel quale la Luna aveva la stessa i-
dentica posizione , con la comparazione di un tale istante di tem-
po di Parigi o di Londra con l' istante di tempo del luogo i.
gnoto, ne prenderemo la differenza, che ne darà, come sopra ,
la longitudine.
3;° Caso.
Supponghiamo ora che invece del cerchio 1' osservatore ab-
bia un teodolite. Allora si osservi con diligenza 1' azimut della
Luna , verso il 2." verticale, quando giungerà in un almican-
iarat^ per esempio, L"L L' ( Fig. 2."). E conservando lo stro-
mento alla stessa altezza, si osservi l'azimut d'una stella, S^
al suo giungere allo stesso almicantarat L"LL' ( completando l'o-
perazione con r osservazione di altezze corrispondenti dall' altro
lato del meridiano o mediante la sua ascensione retta 0 altri-
menti ).
Avremo cosi nel triangolo PZS i lati PZ , e PS , e l' an-
golo PZS. Onde potremo calcolare l'arco ZS = distanza dallo ze-
nit dell' astro, e 1' angolo orario ZPS. Quindi passando all' al-
tro triangolo PZL , conosceremo in esso il lato ZL=ZS , il la-
54
( 426 )
to PZ , e r angolo PZL. Onde potremo calcolare 1' angolo ora-
rio ZPL , ed il lato PL ; che finalmente ne faran conoscere ,
come sopra, 1' ascensione retta della Luna e la declinazione per
r istante della osservazione. E però , colla comparazione , più
Tolte ripetuta , con 1' effemeridi , ne concluderemo la longitudine.
Passiamo ora a dare le formole che occorrono alla soluzio-
ne de' vari casi.
i.° Caso.
Dati : Due lati ^ ZL , ZP , e V angolo compreso PZL.
Ossia ZL= distanza diilLo zenit = complemento altezza;
ZP=compL latitudine; ang. PZL = co-azimut.
Si cercano : 1' angolo ararlo ZPL ed il lato PL , opposto al-
l' angolo dato PZL.
Faremo, per trovare l'angolo PZL»
tang ? = cos Z tang ZL ,
tang cor = PZ — 0,
tang P = tang Z. ^= taag ang. or. C
Se il 9 è > ZP, seno w sarà negativo.
Per trovare il 3** lato PL avremo
eos PL tu cos ZL. ^^ = sen Deci. C-
cos 9
2° Caso.
Dati : tutti e tre i lati PZ , PS , ZS.
Si cercano : L'angolo Z = compi, azimut , e T angolo o-
( 427 )
rado P. Questi angoli si avranno dalla ben noia formola
COS Z = "OS ^S — cosPZcos ZS.
seu PZ seii ZS
p __ COS ZS — COS PZ COS. PS ,
seu PZ sea PS
E chiamando s la somma de' tre lati dati , avremo la for-
mola più comoda pel calcolo logaritmico.
COS % Z — /^^'■'°%s^''"(%s-PS) .
sen PZ sen ZS '
e parimenti
COS '/^ P — /^sc" "U s sen ( % s — ZSl
sen PS sen PZ
Onde conosciuto V angolo Z , eh' è comune all' altro trian-
golo ZPL , potremo colle formole del i° caso calcolare
r angolo P , ed il lato PL.
3° Caso.
Dati : due lati , ZP , PS , ed un angolo adjacente Z.
Si cercano : il lato ZS ; e 1' angolo P = angolo compreso
tra i lati dati PZ, PS.
Si avrà il terzo lato facendo
tang ? = cos Z tang ZP
cos w = "°^ y '^"^ P^ .
COS ZP '
e finalmente
ZS = 9+o).
Per r angolo P si avrà
cot. ? = tang Z cos PZ
COS w = '=°^y""gP^
laiig PS '
ed avremo 1' angolo cercato
( 428 )
In questi due casi dovendo prendere la somma , quando
gli angoli sono della stessa specie, altrimenti la differenza.
Ciò posto avremo nell' altro triangolo, ZPL, noti i lati Zp ,
e ZL=ZS , e V angolo compreso LZP ; onde avremo, come nel
primo caso , 1' angolo orario ZPL della C ed il lato PL = di-
stanza polare C , die andevamo cercando.
Volendo ora investigare il grado di esattezza di cui questo
semplicissimo metodo è suscettivo , faremo in prima notare che
il duplice argomento che porge nell' Ascensione retta , e nella
Declinazione lunare , per conchiudere la longitudine , ha in se
il notevole vantaggio di porci nel caso immediatamente di giu-
dicare della esaltezza delle osservazioni : la quale ne sarà ira-
mantinenti dimostrata dalla concordanza più o meno grande del
tempo contato sotto il primo meridiano dedotto dall' Ascensione
retta e dalla declinazione d' una osservazione medesima.
Per trovar poi Terrore probabile in queste determinazioni,
basterà esaminare particolarmente l' Ascensione retta , essendo
questo r elemento che può dar maggiore esattezza , a cagione
della sua maggior variazione oraria.
Si ponga pertanto la detta Ascensione retta = R; l'altez-
za vera della Luna = A ; la sua declinazione = D ; la latitu-
dine del luogo = L ; r angolo orario = t ; il tempo medio =
T ; e la longitudine media del Sole = ©
Si avrà R = T + © + t.
Gli errori che possono affettare i due primi termini sono
inerenti alla natura stessa del problema né perciò si evitano in
qualunque metodo ; dippiù essi sono piccolissimi , quando si po-
ne la debita precisione alla determinazione del tempo. Resta il
terzo termine t.
( ^29 )
L' equazione che esprime questo 3" termine è
sen A — sen L sen D
COS t = ; r; ,
cos L COS U
Differenziando questa equazione per rapporto ad A , L e D,
si avrà
dt=—( '^^^ "N(J \ 4- /''angP— tan!;LcostNj ^ ^/lang L— lang D cos l\^ ^
^ sen l cos L cosD ^ sen t sen t "^
Per la qual cosa il coefficiente del i° termine , quando
r altezza sarà presa lontana dall' orizzonte , cosa anche necessa-
ria per le rifrazioni , sarà piccolo ; pel 2° termine sarà pure
di non grande importanza quando, com' è naturale, si ponga cu-
ra alla esatta determinazione della Latitudine ; e finalmente il
3*^ termine sarà di lievissimo momento, avuto riguardo alla pic-
ciolezza di d D ; poiché le tavole lunari sono giunte ad una pre-
cisione grandissima, e meglio ancora possono perfezionarsi, per
le attuali continue osservazioni che tuttodì si l'anno , ne' princi-
pali osservatori , di questo nostro satellite (i).
(i) Per comodo delle appiicazioni soggiungiamo ciò che necessita per
le correzioni relalive alle misurazioni di altezze, e di azimut. Verificato
pertaulo lo stromcnlo occorre in primo luogo di correggere le posizioni
osservate in altezza dall' effetto della rifrazione che le aumenta, pel quale
non bisogna veruna avvertenza potendosi speditamente avere nelle tavole ,
che Irovansi nelle effemeridi.
Bisogna in secondo luogo calcolare l'effetto àeWa. parai/asse , nel luo-
go dell'osservazione. Si ha nelle effemeridi \di parallasse orizzontale cc/un-
toriale , che quando si adopera quella registrala d' ora in ora. non occor-
re nella iiiter|i(>lazione di aver conto ncp;iure delle seconde differenze.
Ma. V esaltezza del calcolo non permettendo di trascurarsi f effetto del-
lo schiaccianieiilo della Terra nelle varie latitudini, ci potremo giovare del-
la seguente tavola ausiliaria ( Biol Astronomia Nautica lav. III. )
(43o )
Dìmì'mizwne della parallasse equatoriale
a diversi gradi di latitudine.
Latitudine
Parallasse
53'
equatoriale
61'
0°
20
25
3o
35
4.0
45
5o
55
60
65
75
0"
I
2
3
4-
5
6
l
9
IO
1)
0
I
2
3
4
5
6
9
10
II
Ed allora chiamando P la parallasse orizrontale , a l' altezza osservata,
i\ p la parallasse di altezza , avremo questa colla nota formola
Sen p = sen P cos a.
Occorre finalmente di passare dal lembo osservato al centro dell' astro;
e perciò si ha nelle effemeridi il semi-diametro della Luna all' orizzonte .
Per trovar quello corrispondente all' altezza in cui si è osservato 1' a-
stro , si farà uso della tavola seguente calcolata dietro la formola
d cos a
S= .
cos a'
ove d = semidiametro orizzontale
0 = semid. in altezza
a = altezza osservata
a' = altezza vera.
( Vedi Biot. Astronomia Nautica tav. IL )
( 43i )
Aitmcnlo del semidiametro C
Altezza apparente
Semidi
amotro orizzonlale
i4'. 3o"
\ò . 3o"
i6'. ;5o"
^o
11
jj
,J
O
0
o
0
4
I
I
I
8
2
2
2
12
3
3
4
i6
4
4
5
20
5
5
6
25
6
7
7
3o
7
8
9
35
8
9
IO
4o
9
IO
II
45
IO
II
12
55
II
i3
i4
65
12
i4
i6
75
i3
i5
17
90
i4
i6
18
Il resto si trova tutto nell'effemeridi.
Ernesto Capocci.
DISCORSO
DEL
CAVALIERE FELICE SANTANGELO
PRESIDENTE DEL REALE ISTITUTO D' INCORAGGUMENTO.
LETTO IL DI' 31 LUGLIO 1833
Chiarissimi Accademici
T olgendo il pensiero ad un' accurata e speciale disamina dei
generali prodotti della nostra patria industria , agricola , e ma-
nifatturiera , non può r animo di chiunque , cui non faccia velo
il prisma della prevenzione , non aA'venirsi a bella prima in un
sentimento di ammirazione , e di nobile fierezza.
Conciossiacliè mirabil cosa essa è certamente , e straordi-
naria il vedere, come senza la impulsione altrove ottenuta dal'
r agglomeraraento di enormi capitali , dall' immensurabile mec-
canica forza di macchine grandiose , e peregrine , ad ottenere
ogni maniera di produzioni , sien stati presso noi bastevoli mo-
tori , la ben intesa direzione governativa, lo scarso peculio del
privato, l'amor dell'arte, la svelta intelligenza degl" industri ,
ed abili fabbricanti . e produttori.
5.5
( 434- )
Del che a chiare noie vi faccian fede que' ricchi , utili e-
eonomici , moltiplici e svariati prodotti ; in fatto d' industria, e
manifattura , onde bella mostra rendea la quinquennale Esposi-
zione , che testé laudabilmente, e con pubblica ammirazione com-
pievasi.
I quali prodotti se non sopravvanzano , non disgradano di
fermo al paragone di simili straniere produzioni ; e bene come
esse, se non fosse l'incomprensibile spirito di stranomania ,
sovvenir potrebbero , non meno alle dilicate esigenze del lusso,
che a' più stringenti economici bisogni delle classi dalla fortu-
na meno favorite.
Se per accrescere la potenza , la prosperità , e la ricchez-
za di uno Stato, egli è mestieri , che protetti ed incoraggiati
vengan 1' industria ed il lavoro , agenti sovrani della vita e del-
la lloridezza sociale , di quella rapida ed incessante circolazione
dell'agiatezza , e del ben essere, che infonde la forza, e 1' in-
dustre attività in ciascun membro dell" umana famiglia , irrefra-
gabili documenti , l' ultima mostra ci presentava , che essi pres-
so noi , non potevan essere uè maggiormente proletti , nò con
ogni maniera d'incoraggiamento ricevere, come hanno ricevuto,
un esplicamento maggiore.
E di ciò , mettendo per poco da banda ogni altra estranea
disamina , occorre ed è debito di sentita gratitudine , rendere
anzi tutto le maggiori azioni di grazie possibili alla magnanima
pietà , e munificenza de' primi Borboni , sotto i cui auspici! que-
sto fatto del nuovo incivilimento iniziavasi : fatto che di poi ma-
turo e colmo di utili e benefiche conseguenze pe' popoli sogget-
ti , acquistava proporzioni maggiori e perfezionamenti nelle ope^
re , e nella mente del II Ferdinando Nostro Augusto Sovrano ;
nome di già per opere immortali raccomandato ad una gloria
non peritura , e di cui non sapreste che encomiar maggiormeu^
( 435 )
tè se la fortezza del braccio , o le sublimi elucubrazioni della
mente.
In vero promuovere e ractlere sulle vie dell' avanzamento
r attività , e la potenza industriale di una Nazione , non è già
che debba consistere , o ridursi a metter su un qualche opifi-
cio , 0 manifattura privilegiata, ed infonder 'loro una vita fitti-
zia, sotto l'egida di monopolii e dayJi protettori. Se ciò momen-
taneamente giovi ad accogliere, ed incoraggiare una industria,
od arte novella , non è dessa la via che menar possa ad un rea-
le , e duraturo progresso.
Vuoisi coir istruzione generale svolgere 1' attitudine degl'in-
dustriosi , metterli a parte de' sublimi , e sempre nuovi trovati
della scienza , fare che il numerario , come il sangue , circoli
rapido e vivifichi 1' opera della produzione.
Per raggiungere 1' alta meta ci fa mestieri solcare nuovi
tefreni , acclimar piante esotiche , aprire strade a rotaie di fer-
ro , trasmettere il pensiero colla velocità del baleno , mettere in
azione la macchina a vapore; sorgente inesausta di lavoro e di
forza.
E queste meraviglie appunto dell' umana intelligenza vedem-
mo sotto gli occhi nostri in breve volger di tempo introdurre,
e fruttificare mercè delle incessanti e provvide cure governative.
Sicché debellati i vieti pregiudizi , infrante le antiche pa-
stoie , irradiata di una luce novella , fecondata da celeste calore,
ogni maniera di umana industria sembrò a novella vita chiama-
ta, come ordinata all'incremento non meno della pubblica, che
della privala ricchezza.
Non devesi rivocare in dubbio che la storia del nostro pro-
gresso industriale metta capo all' epoca felicissima della Ristora-
zione , cioè al i8i5.
Se nello scorcio del passalo secolo , e in sul cominciare del
( 436 )
presente il movimento industriale , che come elettrica scintilla
scosse dall' un capo all'altro Europa tutta, trovò un eco nella
operosa attività di queste piagge aracnissime , fu forza irresisti-
bile si arrestasse nel mezzo del cammino.
Abborrono le industrie ed i privati commerci da' bellici i-
strumenti , e dal cozzare delle spade. L'iride della pace, la sim-
patia , e la stabilità di un reggimento paterno Soltanto possono
far sì che essi prosperino ed avanzino.
Della quale storica verità a persuadere coloro , che per si-
stema sono schivi a prestar benigna credenza a non mendaci pa-
role ,. acconcia più che mai mi è paruta la occasione , avvegna-
ché per poco mi slargassi dal proposto subbietto , metter loro
sottocchio un reassunto , per quanto rapido , altrettanto fedele
do' progressi industriali per noi da quell' epoca in avanti ottenur
ti in ogni svariata branca delle nostre industrie patrie.
Ond' è che prendendo le mosse dall'agricola, come fonte
principale anzi unica, intorno cui tutte le altre si agruppano ,
e ne dipendono , immenso e quasi prodigioso è a ritenere il gra-
do di avanzamento che in questo torno di tempo le abbiam vi-
sto raggiungere.
Nella sua rapida ed intelligente evoluzione nulla vi ravvisi,
che nei fatti e nelle antiche economiche misure trovi riscontro.
L'opera invece di un genio creatore tu ammiri , che da fuoco
sacro infervorata la mente , con mano sicura diriga \ opera fa-
ticosa dell'agricolo immegliamento ; le produzioni di nuove ma-
terie prime eccitando ; di ogni artistica ed industriale operazio-
ne fondamento , e sostrato.
Ed al riguardo , opera veramente ammiranda ed utile al-
(437 )
r incremenlo tlcll' agricoltura ritengliiamo essere slata quella del
bouificanìcnto di vasti ed eslesi demanii , di terreni marcmmo-
si o altrimenti coverti da mefitici stagni , o da sterili steppi.
Allargandosi per tal modo il campo all' induslre attività del
bifolco , avanzato si è nella civiltà , ed umanitario servizio cer-
tamente si è Fenduto ad intere popolazioni , come per Divina
provvidenza fatte ricche e civili ad un tratto , e liberali dalle
letali influenze di un aere grave e pestilenziale.
A veggente di tutti sono nella vicina Campania i lavori stu-
pendi di prosciugamento , onde i bacini del Volturno , il Iago
di Fondi , le acque del Clanio , le cime stesse del Malese ac-
cessibili si resero all' azione fecondante della coltura : nuova vi-
ta infondendo a numerose popolazioni , che prima in que' pan-
tani parcan dannali ad una vita peggiore di morte.
Reso impolente il fluido^ ed invasore elemento da ben adat-
ti idraulici lavori di rincalzaraento e di scolo . ad uscir fuora
dalla cerchia , in che la potenza dell' arte il confinava ; di ste-
rili e fangose lande , in ubertose terre tramutava le migliaia di
moggia ; che ora veramente l' animo ti gode veder cosperse di
lussureggianti prati , di cedui pioppi , di ricche ed abbondanti
raccolte.
Bello ancora è il vedere nel Citerior Principato , come l' o-
pcra antica perfezionata delle bonificazioni dal Val di Diano, gli
impaludamenti , abbia fatto cessare , che a perpetua sterilità con-
(lannayan quelle ubertose contrade; non senza sparger d" intorno
r influenza letale di micidiali miasmi.
Ed a cagion di onore ricordiamo , che 1' industria privala
in questa ridente provincia , non meu sollecita si mostrò della
pubblica ; che vuoisi di certo elogiare 1' operosità di benemeri-
ti cittadini , che ai grandi progetti di bonificazione aiutando, e
sopperendo , nel volgere di pochi anni sul lago , e prossimi sta-
( 438 )
gni dell' Ebolano alacremente avanzarono le proficue conquiste.
Che se nella stessa lo storico agro Pestano , dal Sele ba-
gnato , da pestilenziali miasmi non ancora sgombro si mostra ,
non tarderà guari , ed i già decretali lavori di prosciugamento,
quella lussorcggiante vita che di presente gli manca si affrette-
rà a concedergli.
Circoscritto e ben diretto l'alveo del Fortore , cinlone il mar-
gine di robusti pioppi , non più soverchia ed allaga gli appuli
campi. Né la granifera Lucania avrà ulteriormente a dolersi dei
ruinosi allagamenti della Salsola, del Celano , del Candelaro ,
non appena compiute verranno le opere di bonificazione, intor-
no alle quali di presente utilmente lavorasi.
Che se a piìi remote e lontane province spingeremo lo sguar-
do indagatore , molte e molte opere degne di note ci si pare-
ranno d' innanzi.
Le bonificazioni della Pescara , quelle ardue e spesose del
Brundusino , lo scolo dato nel Leccese alle pantanose acque del
Sombrino : 1' arginazione del Sabino nell' Apruzzo Ulteriore : le
svariate bonificazioni lunghessa la costa dell' Adriatico : 1' allac-
ciamento del Budello nella Calabria : 1' arginatura del Mesina :
il prosciugamento de' laghi di Cosoleto , e della Giambra : ope-
re grandiose son queste , che grata ai posteri convien che tra-
mandi la storia.
E per compiere di tante opere maravigliose il novero, ram-
memorare qui vogliamo il prossimo prosciugamento del Fucino:
opera immensa , clie se i fasti della potenza Romana ricorda ;
degno di eterna gloria renderà il nome di Colui , che emulan-
done lo slancio la ritentava.
E perchè ancora più larga sfera di azione si avesse lo stru-
mento principale di produzione , onde i più pressanti bisogni
dell'umana famiglia sostentansi , all'industria privata non man-
(Ah )
cu il volere , e la possa di mellere a più larga coltura vergi-
nei , e non per anco smossi terreni.
Se qui ozioso ed abbondante non fosse le cifre riportare del-
le recenti statistiche , e raffrontarle alle antiche , ben ci sareb-
be dato inferirne _, che in men di cinque lustri a più del dop-
pio sia cresciuto il campo aratorio.
Della qual cosa quanto per non dir altro , siasene 1' indu-
stria privata , la civiltà , la morale , e la pubblica ricchezza
sommamente vantaggiata , ad ognuno nelle economiche discipli-
ne mezzanamente versato di leggieri innanzi si para alla mente.
Ragione vuole però che 1" utile col dannoso non si confon-
da ed alla confusa si elogi.
Laudabile di fermo giammai mi è paruto di quei proprie-
tari il procedere ; che, per avidità di pronto guadagno, vanda-
licamente si sono fatti a cacciare la scure in venerandi boschc-
ti per tramutarli in campi salivi.
Sotto pena di duri flagelli non si consente all' uomo stur-
bare ed avversare V indefinita ed imperscrulabile armonia della
natura. Ne' suoi corrivi divisamenti recida pure le chiome a que-
sta provvida madre ; in pena le piogge del cielo non verranno
più a fecondare le ubertose raccolte che racchiude nel seno.
Da gran tempo la scienza profferiva 1" ultima sua parola in-
torno a tanto interessante subbietto ; bandivala la pubblica au-
torità e suggcUavala ne' precetti della economia silvana. Faccian
gli avveduti proprietari di non ribellarsi, come sovente, ai suoi
utili precetti ; un mal pensalo calcolo loro non fruttificherebbe
che danno ed onta.
Ora se di tali, e tante cure ed immegliamenti, sciente, e
persuaso taluno si faccia nell' ampiezza maggiore a discorrere le
ridenti e variate contrade di questo ameuo giardino, che la prov-
vida natura affidava alle cure, ed all' industre attività del napo-
( Mo )
letano colono , perchè elementi propizi ne cavasse alla vita, avrà
a gioire 1' animo suo nel ravvisare come in ogni singola parte
per diligente industria , e buoni metodi agrari l'agricoltura lus-
soreggia e fiorisca.
Da per ogni dove compiaciuti gli occhi , e la mente s' in-
contrerà in verdeggianti pometi , in estesi boschi di olivo , in
odorosi agrumeti , in onde sterminale di biondeggianti spighe ,
in ricchi vigneti, in abbondanti pascoli, in ogni maniera di u-
tili produttive coltiA^azioni.
Non sarà mai che dolente abbia a torcer lo sguardo pieto-
so da alcun terreno, per negligente abbandono , o per difetto
di coltura infecondo.
Pompose e false apparenze non nascondono presso noi , co-
me sovente allo straniero si avvera , occulte miserie , spesose ed
improduttive anticipazioni , sterili e ruinosi tentativi.
Quivi le abbondanti raccolte , la ricercata bontà de' prodot-
ti sono il giusto e certo compenso del ben inteso , e pacifico la-
voro , delle acconce pratiche agrarie , di modeste , e ben retri-
buite anticipazioni.
Sicuro in sua via , e guidato dalla face rischiaratrice del-
l' esperienza il nostro colono non si smaga in avventate innova-
zioni : non ispreca alla ventura i suoi capitali in saggi temera-
ri e ruinosi. Lungi dall' andare a ritroso , paziente attende che
la scienza gli rischiari la mente , e gli diriga il lavoro delle
braccia ; che se i fatti rispondan costanti ai trovati di quella ,
non è mai lento a romper gì' indugi delle antiche , per affidar-
si all' avanzamento delle pratiche novelle.
Della quale costanza , e forte disio di sentito avanzaménto,
pruove non dubbie attinger si vogliono dalla ricchezza delle nuo-
ve .piante , e coltivazioni introdotte ; dal miglioramento e più
regolare avviamento nelle antiche portato.
( Mi )
Mollo per lo lunghe aneleremmo se lutti qui esporre voles-
simo i risuUamcnli stalistici , che incontestati documenti al ri-
guardo ci suggeriscono.
Convien che si dica però , che non v' ha natura di alhero,
di utile pianta, di seme, radice o vitigno che sia, osperiraen-
lata rigogliosa e fruttifera in una delle province del regno, che
con nobile emulazione non fosse slata trasportata , fatta germo-
gliare e fruttificare nelle altre ; benvero per quanto consentir
Io potevano le cagioni , e gli abiti , onde la vita vegetativa si
alimenta e grandeggia.
Oltreché degne di speciale menzione di fermo vorransi ri-
tenere le cure colle quali da vari lustri a questa volta in vane
province , massime nella Campania , solertemente siasi data o-
pera alle coltivazioni proficue della rubbia , della barbabietola ;
gli ottimi risultamenti ottenuti e quelli maggiori che giova spe-
rarne.
Come altresì con compiacenza ed interesse notiamo l'esten-
sione maggiore , e quasi generale accordata alla coltivazione dei
serici gelsi , dell' americano e sianese cotone , del pomo di ter-
ra, e di altri più dilicati tuberi , ed alla famiglia lunghissima
delle civaie ; non che alla benefica introduzione delle piante pra-
tensi , e di quelle utili alle arli , come \\ polyffOìw?n lincioriian,
il cardo de' lanaiuoli, ed altre di simil specie.
Né da ultimo della dovuta lode inteudiam privare i nobili
sforzi , di chi solerle nel Principato Citra , dava opera alla col-
tura del ricercalo tabacco di Avana ; come del pari alla colti-
vazione del sesamo , e del colza ; pruovandosi dalle ottenute se-
menze a mungerne quell'olio che nell'attuale carezza e scarsez-
za del prodotto , Iddio volle mendicassimo allo straniero.
Solo in tanta luce ed avanzamento delle pratiche agrarie ci
duole non pertanto 1 animo per non poter proclamare pur una
56
( 442 )
volla sbandito, e messo già dalle province tutte del Regno, il
proscritto sistema delle maggesi , o navali ; come non general-
mente introdotti avvicendamenti , e rotazioni agrarie più accon-
ce e profittevoli.
Egli sarebbe tempo cbe l'agricola industria rompesse gli ar-
gini in clic funesti pregiudizi la tengono avvinta , e soggetta.
Le chimiche e fisiche scienze additarono già all' intelligente ed
industre colono processi nuovi e perfetti, l'arti riposte, onde
la fertilità del suolo si rafforza , conservi ed accresca.
Dovrà forsi a noi lo straniero ricordarci e ripetere gV ita-
liani antichi precetti di Virgilio , Varrone , Columella ? Con in-
dustre ruotar di sementi si alterino i ricolti, e la terra si ripo-
serà producendo. Sic quoque mulatis requiescunt foetibus arva.
Avventurosamente lo stesso andare a ritroso non si osserva
nella scelta, uso e perfezione degli agrari strumenti ed utensili.
Perocché alla piìi parte de' nostri intelligenti agronomi , e
coltivatori , noti sono e comunali 1' aratro Dombasle , Grange, il
coltro toscano ; come nazionale prodotto ed invenzione le mac-
chine trebbiatrici del Rinaldi , la moltiplice varietà di sarchia-
tori , seminatori meccanici , vanghe , erpici , estirpatori ed al-
tre moltissime , di che superfluo qui sarebbe denotarne il nove-
ro , r uso , e la diversa qualità , e bontà.
Per le quali discorse cose tale essendo lo stato presentaneo
delle nostre agricole condizioni; raffrontando il passato al presen-
te occorrerebbe esser cieco della mente per non ravvisarvi quel-
lo immegliamento , e progresso , che fin dalle prime avevamo
ragione di ritenere trasfuso in questa branca d' industria dalla
bontà de' fatti , ed ordini governativi.
Faccia Iddio e le opere della pratica seguitino a seconda-
re gli alti divisamenti di Chi vuole , che questa tra le industrie
regina, a maggiori e piìi spiccati avanzamenti si avvii.
( 443 )
Allora sì che questa terra benedetta all'antico vanto a buon
dritto tornerebbe di madre feconda, e produttrice di fruttifere
ed abbondanti raccolte :
Saturnia telhts ;
Magna parens frnrjmn.
II.
Che se dopo ciò dall' agricola si rivolga la mente all' altra
non meno interessante branca industriale , che la pastorizia ris-
guarda ; della prima scorritrice ed alla stessa strettamente con-
giunta ; medesimamente in questa non potrà ravvisarsi che in-
cremento e progresso.
Già da tempo imbastardite e rese cattive le razze pecorine,
di Spagna quivi tramutale per opera degli Aragonesi , come po-
vere di frutto , scarsa lode trovavamo le grezze lane da esse
prodotte ; anzi le più volle rifiuto nei mercati stranieri.
Tra per questo , e le gravezze, 1 nuimo veniva meno allo
industre pastore, metter sue cure in poco profittevole e rischio-
sa industria ; snicchè di anno in anno de' lanuti armenti il nu-
mero scemando , accennava volere con danno della pubblica en-
trata disertare que' ricchi ed abbondanti pascoli ; sotto un dolce
e benigno clima precipuamente allo allevamento e pastura di es-
si da natura segnato.
AI certo male però non fu lento a tener dietro il rimedio;
che a scongiurarlo sollecita si adoperò l'operosità governativa.
Nuove e più pregiate razze volle un Sovrano Comando fosscr me-
nate di Spagna , dalla Sassonia , dalla Svizzera a ringiovanire ,
e ridonare quel tijx) di bontà , per decrepitezza in basso trali-
gnamento venuto.
E questa intelligente iniziativa ali" universale fu seme che
( 444. )
friiltificò gran bene : perocché dalla forza dell'esempio incitali,
volenterosi concorsero i possessori di armenti , e con gravi cure,
e dispendi all' imniegliamento e rigenerazione de' lannii gregari.
Coli' introduzione ed incrociccliìamenlo della novella specie
meticcia , a nnova vita si è veduto sorgere allora tra noi , ed
a più liele speranze cotesta maniera d' industria.
Documento del suo slato prosperoso e proficuo ne sia, che
ricercate ora vengono ed a caro prezzo pagate le lane nostrali
in quegli stessi mercati , dapprima tenute spregiate ; e come sop-
periscano esse ai bisogni tulli della uazional fabbricazione di la-
naggi ; tessendosi e lavorandosi con i fili da essi cavati ogni
specie di panni più fini e pregevoli.
I saggi presentati nella mostra solenne , Ira cui figurano an-
che le morbide lane delle capre del Tibet , certamente non ven-
gono a smentir le parole. Co" propri occhi ad ognuno è stalo
dato osservare que' velli lunghi , spessi e gentili che di presen-
te le nostre greggi oifrono al lavorio dell' arte , invece di quel-
li irsuti , corti e rari di un di.
Mal si apporrebbe chi dall'attuale più volentieri ristretto nu-
mero di lanuti gregari , lenendo riguardo ali" antico, inferirne
volesse indizio di decadenza.
Non è mica il numero aritmetico degli strumenti, che clas-
sifica la forza , o la potenza produttrice ; egli è mestieri , che
perfetto ne sia il congegno , il meccanismo alimentato , e corret-
to , ben diretta 1' azione , ed uno varrà per due.
Dal che segue , che immegliate le razze , ingentiliti i pa-
scoli, renduti più acconci, e salubri gli ovili , ed i chiusi, do-
cumenti auteiilici ci apprendono , esser quasi del doppio accre-
sciuta la produzione delle lane, più pregio acquistando e valo-
re. Quanto è vero che nelle svariate evoluzioni delle produzio-
ni agevole sia con semplici mezzi toccare un massimo prodotto;
( U15 )
purché il progresso di nuovi melodi non si sia lento a seguire ,
e si tolleri che la fiaccola della scienza rischiari la pratica.
Nò meno profittevole devesi ritenere la cura spiegata per
lo miglioramento delle razze equine , fin da tempi antichissimi
gloria ed onore di queste ridenti contrade.
Posciachè arabi ed inglesi stalloni del più perfetto tipo si
è procuralo dare alle giumenti nostrali , immensamente ne ab-
biamo veduto perfezionata la specie. Da qualche anno a questa
volta spesso nelle pubbliche fiere e passeggi ti è dato incx)ntra-
re alcun cavallo nostrale , che le svelte , le gentili fattezze , le
movenze di quei delT antica Sibari rammenti , ed il nerbo e la
generosità di quei pugliesi stalloni , che nelle cronache spesso
troviani ricordati de" tempi di mezzo.
Desiderabil cosa sarebbe che più larghe proporzioni pren-
desse lo allevamento in istalla, massime delle razze bovine. Ma
dilicala quislione si è questa , che qui non ci è dato trattare ,
come quella che all' altra complicatissima si attiene della picco-
la e grande coltura ; ed alla proscrizioa de' navali.
Facciamo voto soltanto che all' immegliamento e disposizio-
ne delle stalle si rivolgessero il pensiero , e le cure , non fos-
se altro per la maggiore e più perfetta produzione del letame
animale , che nello stato attuale delle nostre pratiche agrarie
dalle sole greggi e dalle bestie cornute ci giova sperare abbon-
dante.
Si ponga ogni diligenza, che costrutte venissero, a secon-
da i precetti delta scienza consigliano , ed allora la produzion
del letame crescerà a dismisura , ed il prolificante purino, e gli
altri sali e sostanze , onde la vita vegetativa si alimenta e con-
forla^ non saranno più per iucuria volatilizzali e dispersi.
( M6 )
in.
L'espressione sincera, e non dubbia dell' attuale progresso
e florido stato della nostra industria manifatturiera, siam di cre-
dere non in altro ricercare si debba , cbe in quelle svariate o-
pere d'ingegno, e di mano, cbe manifattori abili ed intelligen-
ti , con nobile gara di emulazione si faceano solleciti sommel-
tere alla pubblica attenzione, ed al giudizio severo della scienza.
Qualora si pon mente che quelle opere tutte e prodotti ara-
mirandi , non sono più siccome nel passato il risultato di un la-
voro paziente e penoso , la fatica della mano senza il predomi-
nio della mente , il prodotto di pratiche sterili ed antiquate, con
lieto animo ci sarà dato inferirne, essere positivo f avanzamen-
to dell' arte , come promettitore di perfezionamento maggiore.
Dacché la bontà, e facilità de' metodi , il piìi largo inse-
gnamento , rendeva accessibile T umile artista ai processi riposti,
agli slanci subirmi della scienza, l'arte manifatturiera subiva un
intiero rivolgimento , una compiuta riforma. Non più un cieco
ed oscuro empirismo ; sibbene la geometria , la meccanica , la
fisica ; la chimica vedi chiamate a guida e maestri del più co-
munale prodotto. Ormai non vi ha industriante di sorta , cui non
sian cogniti , e familiari que' mezzi meccanici, le chimiche tras-
mutazioni , i maravigliosi effetti fisici della luce e dei colori ,
di che r arte moderna si aiuta.
Senza essere soggetto , o sviato dalla fallace teoria di poter
tutto produrre col nazionale lavoro , per proprio istinto e tenden-
za il nostro artista ad ogni più arduo lavoro dà opera ; con no-
bile ardore si cimenta e riesce all' imitazione de' più pregiati
stranierÀ prodotti. Nelle ingegnose trasformazioni della figulina ,
neir artistica condotta de' duttili metalli , nella felice imitazione
( M7 )
de drappi lionesi , nelle complicate slrulliire di meccanici e fisi-
ci slrumcnli , tale una sveltezza d' ingegno ti è data ammirare,
una costanza di volontà , che a buon dritto debba far ritenere
il nostro artefice a niun altro secondo.
Poco mcn di sei lustri queste stesse manifatture venivano
jivviatc appena sul cammino del progresso ; dopo breve volger
di tempo , eccole da bambine divenule mature , ed adulte. Sde-
gnose di quel protezionismo che ne alimentò la infanzia , non
piìi paventano il paragone.
Ridotte le tariffe protettrici , animose non han temuto di
spingersi ncU' aringo della concorrenza schierandosi sotto la ri-
generatrice bandiera del mutuo cambio.
Ntn è nostro divisamcnto intanto entrare nella particolareg-
giata disamina di ciascuno de' prodotti di arte , di che si arric-
chiva la pubblica e solenne mostra.
Il nobile e difficile incarico veniva affidato ai membri di-
stinti di questo venerando Consesso , in cinque commessioni par-
lili secondo le categorie diverse , ed eglino 1' assolveranno con
«|uella maturittì di consiglio e tecnica precisione , di che le lo-
ro menti si abbcllano. Il loro giudizio fatto aperto per le stam-
pe , più di una onesta ambizione renderà soddisfatta ; 1' emula-
zione inciterà di altri per persuaderli a far meglio.
Quanto a noi dal lungo tema cacciati , non potremo che di
quelle manifatture con brevi parole dir motto , che per utilità
generale ed acquistala celebrità all' altre sovrastino. Al consegui-
to miglioramento e progresso sarà premio maggiore l' omaggio
di speciale ed onorata menzione.
Tra le nazionali manifatture pii!i ricche e pregiate , quella
che tra tutte per utilità primeggia , ed a buon dritto si racco-
manda alla stima , e considerazione dell' universale , certamente
debbasi ritenere l' industria lauaria.
( m )
In breve periodo di tempo abbiamo veduto sorgere e prospe-
rare grandiosi e lodati lanifìci , che oramai di acconce macchi-
ne provveduti a ribocco , e di metodi più spediti e sicuri facen-
do tesoro, alacremente danno opera a lavori economici e per-
fetti. Que" pannilini che non à guari a caro prezzo ci occorreva
importare di Francia , d' Inghilterra , dalla Sassonia , a mite
prezzo ed egualmente perfetti , ora ci vengono offerti dalle ma-
nifatture nostrali. Per arrendevolezza, morbidità , compattezza,
solidità , vivacità , e stabilità delle tinte ^ varie-tà e finezza di
tessuti , i lanaggi nostrali nulla ritengbiamo invidiar possano al-
la straniera produzione.
Quali e quanti lavori pregevoli , ed oltremodo perfetti in
questa importante branca industriale non presentava la pubblica
mostra ? In quei lucidi panni neri e turchini , nelle belle sego-
vie di Camello , in que' cremisi e scarlatti castori , nelle mor-
bide flanelle , ne' compatti tricò , in que' tanti e svariati leggie-
ri e vellosi tessuti , che il compartimento de' lanaggi ci mette-
va sottocchio , bisognerebbe esser cieco del giudizio , per non
avvisarvi tale un avanzamento da rimanerne disgradato ogni pre-
cedente lavoro ; e render degni di lode i generosi sforzi degli
industriali , che la diffìcile meta aggiungevano.
Perloccbè lode sincera , e sentita tributar intendiamo all'o-
perosità ed intelligenza intorno a cosiffatta produzione , svilup-
pate neir interessante opifìcio di S. Caterina a Formelle , di ta-
li svariate e congegnose macchine dall' attività del benemerito
Cav. Sava fornite , che dallo spurgo fino alla confezione di piìi
fini lanaggi provvedono. Cerne altresì di meritati encomii defrau-
dar non vogliamo le produzioni lodate e bellissime del Ciccodi-
cola , del Zino , del Manna , del Polsinelli , ed altri ; non che
gli utili lanifìci di Arpino , Falena , Taranta , Lama ; i quali al
vestimento del povero economicamente provvedono , come i pri^
mi al lusso degli agiati ed ai capricci della moda.
(4i9 )
Gran vanlo ed onore medesiraamenfo nlle napolilane manì-
fadiirc ridonda dalla serica industria , e dagli stupendi lavori
clm co' suoi fili s' inlcssono.
Perfezionali , e resi più agevoli i melodi e le praliclie, on-
de la sua Irallura , filatura, tintura e tessitura si esegue , non
V ha miracolo di arie per vivacità ed intreccio di colorilo, mor-
bidezza , regolarità di ordito , precisione e sveltezza di disegno,
che nel suo slancio progressivo questa industria non si sia fatta
a prod irre.
Il meno artistico ingegno suo malgrado sarà forzato ad am-
mirare que' ricchi broccati , que' fini dammaschi, que' lucidi grò,
quelle stoffe operate , quei sopraffini ormesiui , quei diafani e
leggieri tessuti di nuova invenzione , con che la Real Fabbrica
di S. Lcacio alletta , e soddisfa il gusto delicato e suscettivo del-
le donne gentili.
Né scarsa lode converrà che si accordi alle stupende varie-
tà delle stoffe rasate e broccato del Real Convillo del Carmiuel-
lo ; come a' broccati e damaschi di ben assortiti colori de' fra-
telli Cosenza, ai drappi del Blatera ed alle varietà infinite di na-
stri , fiocchi , trine , frange e passamani , che della moderna
tappezzeria formano 1' ornamento e splendore.
Anche im posto distinto nella storia de' progressi dell' indu-
stria nostrale meritano senza dubbio i lavori di lino , canape e
cotone. Con incessante incremento ninna meglio di questa indu-
stria seppe rispondere alle provvide cure ed incoraggiamenti, che
a larga mano fin dal suo primo sorgere prodigati le vennero.
Le tele operale e damascate, le ricche ed eleganti tovaglie,
degne per ogni verso di covrir regi deschi , dalla Società Par-
tenopea inviati ; la varietà immensa di variopinte cotonine , di
ottimi fazzoletti ; gli eleganti servizi da tavola , e dammaschi di
accurato lavoro , le nanchine , i dobletti , le stoffe colorate e
57
(4-5o.)
stampate uscite da' celebrati opifici di Egg^ di Mauro , di Me-
yer ■, di Scblepper , di Rocker ; gli assortiti filati del Wonviller;
la celebrità ed ampiezza degli stabilimenti , cbe tanta meraviglia
producevano , la perfezione delle macchine , la bontà e mite co-
sto di tanti utili e mirabili prodotti sono li per attestare che in
questa branca di produzione , lo slancio industriale non si è ar-
restato nel mezzo del cammino.
Notevole perfezionamento avvisato ancora abbiamo nella fab-
bricazione de' cuoi ; nella industria de' quali la bontà dei nuovi
metodi , massime per la varietà della concia , ha prodotto mi-
glioramenti tali , che sono pegno sicuro , poter essi vantaggio-
samente concorrere con simile merce straniera.
Medesimamente accennar è debito agli utili ed economici
prodotti di feltri , ed altre maniere di tele verniciate , i quali
la lodevole cura di coloro che a questa specie attendono d' in-
dustria , e r amore che mettono nell' arte che professano chia-
ramente addimostrano , ed il desio sentito di veder lodati , e fe-
steggiati i loro lavori.
Come in tutti i paesi di Europa i prodotti chimici hanno
seguito fra noi i progressi della scienza. Niuna pubblica mostra
fino al presente, ne avea offerto tale e tanta pregevole varietà.
Ragion volea che all' avanzato movimento industriale fosse tenu-
ta dietro la maggiore e più abbondante produzione delle chimi-
che sostanze ; fatte ora mai vita e sostegno delle arti e mani-
fatture.
Accresciuta la potenza dell'economica produzione, in tanta
luce di fisiche scovcrte , le macchine , questo potente ausiliario
del manuale e faticoso lavoro dell' uomo, ed altri fisici strumen-
ti non potevano mancare all' appello dell' industriale concorso , e
veramente han fatto bella comparsa. Giammai per lo innanzi se
ne vide una quantità maggiore e piìi varia.
( 4b'i )
Motori clellro-magnetici , ruote ad elica , macchine pneu-
maticlie , apparecchi elettro-terapeutici , parafiihnini , bussole ,
barometri , bilance , strumenti geodetici , livelli , turbini idrau-
lici , campane da palombaì , molini ^ pompe ^ macchine , e stru-
menti agrari , macchine a vapore di piccoli mole , ad ogni ma-
niera d' industria applicabili , ed altri molti saggi di simil fatta,
rendono chiaro , ed aperto quanto presso noi si senta innanzi
nelle fisiche , e meccaniche discipline.
Oltreché mettono essi in evidenza quello straordinario accre-
scimento di forze, onde nel cammino della civiltà l'uomo si av-
vale per soggiogare , e dirigere gli elementi terrestri.
Qui dove grandeggiano i pub])lici", e reali stabilimenti di
Pietrarsa , della Mongiana , della Real Fonderia ; ove una schie-
ra eletta di macchinisti , incessantemente intende al progresso
della scienza ; ove da ultimo attivamente funziona il beli" opifi-
cio di Zino ed Henry , proceder la bisogna non potea altrimen-
ti. Ma convenir si debba però, che superavano i saggi le aspet-
tative ; non fosse altro , per quelle finite fusioni di che si dilet-
tava la vista , e \ arte traeva conforto.
L'arte di fabbricar bellici strumenti , fu antico vanto delle
patrie manifatture, né di presente venne meno alla pruova. Se
non che ogni cura si vede esclusivamente rivolta al perfeziona-
mento delle armi da fuoco ; come le sole di una potenza effet-
tiva , e di utilità vera , dopo la scoverta della polvere da spa-
ro , e del micidiale cotone fulminante.
Gli stupendi campioni di fucili da guerra e da caccia, del-
le pistole da tiro o da combattimento , ad uno o più tubi; l'e-
leganza e precisione delle montature e batterie , che adatti li
rendono al maneggio ed al tiro , a chiare note ci attestano il
positivo progresso da' nostri armaiuoli ottenuto.
Lode sia adunque agli artefici intelligenti , ohe intorno a
( 452 )
quelle opere stupende lavorarono: e massime al benemerito Maz-
za , che 1 importante invenzione del Dalvigue applicando , e mi-
gliorando , di solide carabine , ed eleganti pistole quintuplicava
la portala ed il tiro.
Molti sono stali i sontuosi e perfetti pianoforti presentali
nella mostra solenne, e grandi i miglioramenti e novità che ab-
biamo osservalo nel loro meccanismo introdotti.
All'eleganza del disegno, alla solidità di costruzione, alla
varietà e ricchezza degli ornati esteriori , i più tra essi accop-
piavano elasticità di tastiera , dolcezza di suono , protratto vibrar
delle corde.
L'alta riputazione d'i De Meglio, di Helzel , di Sievers, di
Mack , di Federici , e di altri distinti fabbricanti punto non de-
clinò nel fatto esperimento : che anzi nuova fama veniva acqui-
stando di perfezionamento maggiore.
Avvegnaché scarsi i lavori di ebanista , pure i pochi espo-
sti il massimo pregio dell' arte toccavano.
La rara maestria con cui si osservan condotte le inlarsialn-
re de' magnifici deschetti dal de Perris esposti, l'armonia, sem-
plicità^ ed accordo del disegno , la finitezza dell' esecuzione , fan-
no che a buon dritto ritener si debhano per opere rare , e pre-
giate.
Né di minori elogi reputiamo degni , la sontuosa cappella
di varii legni intarsiata e condotta, e con raro magistero com-
messa ; non che un trucco, o bigliardo che vogliasi , per pre^
cisione perfetto, e per ricchezza e varietà di ornati veramente
magnifico.
La fabbricazione delle carte quantunque non abbia smentito
r antica acquistata riputazione non ha inleraraenle corrisposto
per bontà , perfezione ed economia di prezzo alla nostra aspet-
tazione.
Facciamo voti , perchè ai conosciuti bisogni de'tipografi, del
( Ab'3 )
filoi^rafi , clei;l incisori , lo carlicre del Fibreno e del Liri pos-
sauo pur una volta co' loro pregiali prodotti , largamente prov-
vedere ; COMIC alimentare ad un tempo il lucroso traffico dei pa-
rati da stanza ; che se pel momento commcudevoli pel prezzo ,
speriamo acquistino in breve la lucentezza e precisione de' fo-
restieri.
La magnideenza della materia, e la precisione del lavoro
fanno , che meritevoli di speciale menzione si rendano taluni
gioielli in brillanti. Massime un" acconciatura per Regale donna
allogala , vaga per disposizione ed armonia delle pietre , come
per castigato disegno pregevole.
Oh! quale bella comparsa nella mostra solenne, se tutti gli
orefici nostri fossero slati incitali dal pungolo della gloria. Qua-
le pruova non avrebbero data essi , che 1' onore e 1' antico van-
to dell' arte non è ancor spento sotto il bel cielo di Nnpoli ?
I saggi messi in mostra non meno di guanti, che delle ar-
moniche corde degnamente han sostenuto la solida fama , che
queste due specialità della nostra industria godevano , e godono
lullavia ne' stranieri e lontani mercali.
Del loro progresso e miglioramento 1' animo veramente ne
gode , e non possiamo agli antichi , che aggiugnere plausi no-
velli.
L" arte vetraria che ne' precedenti concorsi facca bella mo-
stra de' suoi svariali e brillanti prodotti povera si è mostrala; o
quasi è paruto di presente avesse fallo difl'alla.
Onde è avvenuto che nel rapido avanzare si sia soffermala,
non cade qui acconcio indagarlo. Ci auguriamo però , che pre-
sa nuova lena in più splendida loggia si riproduca.
L' obbligo ci correrebbe , e 1 desio di passare a rassegna
le altre industrie minori , ma oltre i limili che ci siamo propo-
sti ci spingeremmo , non senza tema di renderci più del dovocc
prolissi..
( kU )
In iscorcio e sui generali diremo che commendevoli sono a
tenersi pur troppo i speciosi lavori di tassidermia , i miracoli
della calligrafia , i gentili lavori dell' ago , le microscopiche in-
cisioni in avorio, il coltellame di tempra squisita ed a mille tra-
fori , i magnifici vasi e lavori di figulina , le fine paglie a mò
delle fiorentine intrecciate , 1' eleganti dorate cornici , i talami
sontuosi e le cento altre minuterie , di cui lungo sarehbe tes-
serne il novero , che là al pubblico stettero per attestare il buon
volere e l'artistico ingegno de' produttori che vi dettero opera.
Come da ultimo una parola di encomio ci sia concesso spen-
dere per fjue' pregiati lavori di ago , di spola , o di altr' arte
gentile , che a rendere più bella la mostra solenne a larga ma-
no gli ospizii , i reclusorii , ed ogni altra maniera di pubblici
asili si mostraron pronti a produrre. Bello spettacolo offrendo del
come il lavoro rigoglioso germogli sotto l' ombra della pietà e
della beneficenza , e le une , e 1' altro a vicenda si aiutino e
confortino per compiere 1' opera veramente pia della rigenerazio-
ne del reietto !
Né avvenga la strettezza ci tolga ricordar con elogio i nu-
merosi invii operosamente eseguiti dall' Economiche Società del-
le tante materie grezze , su cui le trasmutazioni dell' industria
si effettuano ; tra cui una varietà grandissima di sgreziati mar-
mi ed altri mineralogici prodotti , non escluso qualche buon sag-
gio di lignite , carbonfossile e di ghisa.
Cosi onorevolmente come in tale rincontro possano i loro
sforzi generosi assolvere la scientifica missione , che loro è da-
to di compiere ; e sempreppiù intendere la mente all' incremen-
to maggiorò di quella civiltà industriale , che per essere matu-
ra e completa tra noi , di piìi ferro e carbone ha mestieri , co-
me i soli elementi che alimentar possano il vapore , unica ed i-
nesausta sorgente di lavoro e di forza.
Dietro di che sull'assieme degli aforzi e de'risultaraenti ot-
( 4o5 )
ienuli in ciascuna delle tante e svariate branche industriali, in-
torno a cui abbiamo veduto svolgersi e adoperarsi 1' operosa at-
tività , r iudustre sapere della nostra classe operaia,, egli è me-
stieri che il cuore , e la mente di chiunque metta affetto nel
patrio avanzamento possano riposarsi soddisfatti , e tranquilli.
Quando si è pervenuto in molti rami d' industria ad otte-
nere prodotti perfetti , ed a prezzi discreti , puossi a buon dirit-
to , secondo i canoni più ovvi della economica scienza , procla-
mare a fronte alta che floridissimo sia Io stato industriale di un
Regno.
Grandioso lo spettacolo dell' ultima solenne mostra , se sa-
rà seme che fnitti onore alla intelligente iniziativa di chi prepo-
sto alla direzione degl' interni negozii volle con inusitata e piij
magnifica pompa si celebrasse cotesta festa dell' industrie nostra-
li , a documento duraturo ne rimarrà la memoria di quella ci-
viltà che tutto dì vediam crescere e prosperare sotto i benefici
influssi di un reggimento amoroso , e paterno.
Allargato il dominio dello spirito , aumentala e sviluppata
F umana intelligenza , resi piìi generali e comuni gli scientifici
e tecnologici insegnamenti che da quella mostra a larga mano
ricavare si potranno , siara certi si affretterà 1' incremento della
industria nostrale.
In queste felici contrade ove a penosa sterilità non avviene
che si condanni il lavoro ; ove a ciascuno per prolezione gover-
nativa è dato tranquillo godere il frutto della propria operosità;
ove r elemento cristiano sempre a nuovi slanci sprona la mente,
nuova forza infondendo alla umana intelligenza e sviluppo, nuo-
vi progressi non saranno né lenti , né dubbii.
Di tanto prosperoso successo , delle liete speranze avrenire
a Dio Ottimo Massimo adunque le debite grazie rendiamo : ed
all' Augusto Padre e Sovrano , che alle nostre fatiche sorriden-
do j il massimo pronao largivaci che ci era dato sperare.
DISCORSO
DEL
CAVALIERE FELICE SANTANGELO
PRESIDENTE DEL REALE ISTITUTO D' INCORAGGIAMENTO.
LETTO IL DI' 31 LL'GLIO 1854
IN OCCASIOIXE DELLA DISTRIBUZIONE DE' PREMI , ACCORDATI DA S. M.
AGL'INDUSTRIOSI, CHE CONCORSERO NELLA MOSTRA SOLENNE DI MAGGIO i853
Peritior in arte sua publtce in Pritaneo epulalor;
primamque sedem occupato-
Lc2. Alt. I. V. l. III. De Arlibus.
\J]
\
><]iiaraati a rimeritare della dovuta lode e premio condegno la
schiera eletta de' benemeriti artisti , ed industriosi , che colle o-
pere della mano , e dell' ingegno eccelsero nella quinquennale
pubblica mostra delle nostre patrie industrie, e manifatture ; da
insolita gioia 1' animo mio è compreso , per essere toccato in
sorte a questo Reale Istituto d' Incoraggiamento di Sovrano Co-
mando complirne gli onori.
Sacro questo giorno faustissimo al genetliaco dell' eccelsa
Donna e Regina ; cui con le rare virtù dell' animo , ed insigne
pietà tanto fu dato allegrare la Maestà del Trono del Nostro Au-
gusto , e grazioso Monarca ; coppia auspicata e felice , cui il
Cielo benigno aggiunga , anni , gloria ed imperio ; alla celebri-
tà del comun festeggiare in bella armonia si sposa questo atto
58
( 456 )
Sdlcnne : che l'inno di gloria più accetto al cuore tli un Re ,
padre amantissimo , come il nostro , di popoli soggetti , è pre-
gio ritenere che sia la riverente e grata commemorazione del
maggiore e più rilucente de' fasti suoi.
E per vero , a chiunque avrà tenuto dietro in questi ulti-
mi anni ai sempre crescenti e maggiori progressi delle nostre
industrie e manifatture , con compiacenza e fierezza si farà aper-
ta l'occasione di notare , come grazie alla protezione ammini-
strativa , agi' incoraggiamenti Sovrani , partecipassimo diggià al-
la civiltà de' popoli più industriosi del mondo , e come il serto
delle nostre glorie civili tuttodì di novelle e più verdi fronde
si andava rinnovellando. Del quale fenomenico fatto , cui verrà
talento di approfondire la cagione riposta , di leggieri la potrà
riscontrare in que' felici dettati , ed ordinamenti amministrativi,
che secondando alacremente appo noi il movimento generale del-
le industrie , seppero ciò non pertanto segnare la ragiono, eie
leggi del suo progressivo esplicamento ; infrenando è vero alcu-
na volta la shrigliata industriale attività ne' giusti confini ; ma
studiandosi serapremai d'incoraggiarla, sia moltiplicandone i mez-
zi , che arricchendola di nuove e più efficaci risorse.
Ad ottenere però un rapido avanzamento dell' industriale po-
tenza , grandemente , ed in cima a tutto siam di credere abbia
contribuito 1' invalso sistema delle pubbliche solenni mostre dei
prodotti artistici ed industriali ; sistema che ne piace francamen-
te bandire , e lodare, come il più savio dettato e consiglio di
civile prudenza.
Utile e bello è a vedere , che in determinati periodi un qua-
dro generale e parlante delle condizioni e progressi delle arti ,
e manifatture , venga ad eccitare una nobile gara di concorren-
za e di emulazione. Troveranno in esso tutto intero il paese, i
governanti stessi , la giusta e più esatta misura del già percor-
( k^l )
so compilo ; dell' ardua e faticosa via che ancora rimane a per-
correre. Verranno come in porto sicuro i peritani a rinfrancar-
si , ed acquistar nuova Iena nel consiglio dei dolli. Apprende-
ranno da ultimo gì' industriali tutti a schivare e superare gì' in-
ciampi ; ad affrettare quella via , che solo potrà menare diffila-
ta r industria , ad aggiungere la difficile meta d^'l suo perfezio-
namento.
Aggiungi , che per tale maniera agli occhi dell' universale
si fanno praticamente palesi , e comunali i più riposti trovati
della scienza , le recenti scoverte più utilmente applicabili alle
arti ed ai mestieri , i metodi svariati per ottenere una più faci-
le e meno costosa produzione. La virtù dell' esempio ecciterà a
creare ; ovvero a fecondare ed ingrandire un qualche pensiero ,
appena in germe ed abbozzato ; ad additare quelle modifiche e
trasformazioni , di che i varii prodotti dell'industria possono per
avventura essere suscettivi , e capaci.
Né minore vantaggio sarà per ritrarne il più maturo senno
dell'autorità governativa, perocché da que' documenti, lealmen-
te e senza orpello schierati innanzi la mente , lucido insegna-
mento potrà inferirne di que' soccorsi ed incoraggiamenti , di che
occorra si eccitino le varie branche industriali ; acciò procedan
franche spedite in loro cammino. Ollrecchè , apprenderà altresì
a togliere e rimuovere quegli indugi , che al loro libero avan-
zare fan sosta , a rendere agevole ed afi"rettare l' introduzione di
alcuna scoverla , ed utile industria ; l' erezione di qualche gran-
dioso e proficuo opificio, e spingere in una a maggiore svilup-
po quel movimento industriale ^ che ritenghiamo come il mag-
giore sostegno e sostrato della pubblica e v,era ricchezza.
Cosi piacesse al Cielo e nel ricorso de' tempi cotesto siste-
ma di pubblicità fosse stato vanto di una più antica civiltà, od
almenX) di men remoli anni. Oh quanto utili scoverte ed inven-
( Ans )
zioni ardiUssirae non sarebbero state condannate all' obblio , o
sibbciie ad attendere 1' attuazione loro dal lento succedere delle
umane vicissitudini.
Per le quali cose attesamente converrà che si metta pensie-
ro , ed al torto si apporrebbe chi altrimenti credesse, acciò co-
leste pubbliche mostre industriali , o per raò di dire , ricorren-
ti festività delle patrie arti, e manifatture , non degenerino ad
una pompa vana , e passaggi era , o servano esclusivamente a
menar galloria di quello che l'abile industria d'intelligenti e na-
zionali operai sappia produrre di più gentile e ricercato.
Se ragionevole egli è , che ne' suoi moltiplici , e svariati
risultamenfi , trovi di che soddisfare V onesta ambizione , ed a-
mor proprio nazionale , la nobile istituzione, sotto una superio-
re e più intelligente direzione , conviene che accenni ad una me-
ta più alta , ed addiventi nelle sue mani istromento vero e fat-
tore di sociale progresso , di generale e positiva utilità.
Sicché sotto simile rapporto disaminato questo eccellente pen-
siero della volgente civiltà , auzicchè in efimera gloria e vanità
nazionale , in positivo bisogno si tramuta, ed in debito sacro-
santo di uno Stato civile , perocché è debito di colta nazione ,
ed atto in una volta di sana ed avveduta politica , tener dieira
con passo regolare e costante al progressivo svilupparsi dell' in-
dustriale lavoro , che tanta parte vcdiam prendere alla soddisfa-
zione de' più pressanti bisogni dell' umanità.
Oh ! e quante volte occorrerà che se ne correggano i tra-
viamenti , le lacune si colmino , ed in guisa si atteggi , che con-
correr possa alla prosperità maggiore , ed alla più agiata esi-
stenza de' popoli , intorno alla cui felicità fa mestieri assidua-
mente si lavori.
E in ciò , che si volge appunto la sfera di azione di que-
sta Reale Accademia , cui 1' onorevole e scientifica missione le
( 4.ì>9 )
viene commessa di sovvenire co' lavori della naenle , a' bisogni
dell' industria , delle arti , e de' mestieri , metterli sul buon
cammino , ed infonder loro , quella vitalità , senza cui ogni o-
pera umana finisce coli' intristire , o certamente collo slontanar-
si dallo scopo , cui veniva ordinata.
Alla quale difficile ed importante missione , mi sia conces-
so il dirlo , di fermo non venne mai meno 1' opera , ed il co-
stante zelo dell'onorevole Consesso. Documenti ne sieno non me-
no gli alti delle sue periodiche tornate , a lutti fatti aperti per
le stampe , ma si ancora quel grandeggiare progressivo delle pa-
trie industrie e manifatture , che in esso rinvennero sempre quel-
la tutela e conforto , che giustamente loro era dato sperare.
Ma se altra più sincera ed autentica pruova e testimi^nian-
za si voglia de' nostri sforzi costanti , dell' efficace avviamento e
protezione governativa, nel sorreggere e confortare le industrie,
richiamandoci cosi piii dappresso al tema che lietamente di pre-
sente e' intrattiene , di leggieri ce la para d" innanzi la quinquen-
nale pubblica mostra delle patrie industrie e manifatture , che
or volge un anno , in questa aula istessa con inusitata pompa
compievasi ; e di cui oggi occorre in iscorcio ravvivare i fasti
e la ricordanza.
Spettacolo di fermo grandioso e gradito, che mai possa ri-
cercare la niente ed il cuore , di chi sente di amare daddove-
ro la gloria , e la prosperità del proprio paese,
A gara in quella benigua congiuntura gli artisti ed indu-
striosi di tutto il Reame convenivano ad esporre gli svariati ,
ricchi e moltiplici prodotti delle arti , e delle industrie da lo-
ro professate. Non vi fu branca dell' industriale lavoro , che non
si fosse fatta sollecita a presentare 1' omaggio di quanto di pili
bello e finito sappia nelle sue dilicate ed ingegnose combinazio-
ni creare , e produrre il genio della proteiforme industria mo-
derna.
( 46o )
T più complirati e severi congegni della meccanica e del-
le altre scienze esatte ; come i più svariati della serica , della
lanifera e delle altre industrie minori , vennero in modo incon-
testabile a far aperto air universale , che se non sempre ne sia
conceduto 1' essere insegnatori altrui , il vanto non ci si potrà
negare giammai di correre con onore 1' arringo industriale ; av-
vegnaché a fronte di altre moltissime nazioni , più scarsi di ca-
pitali , e di più circoscritte risorse.
Fedele intanto questo Reale Istituto d' Incoraggiamento alla
nobile missione , che il suo organamento gli affida , con parti-
colareggiata e coscienziosa disamina , al dovere non venne me,-
no di rendere aperto, quale delle industrie nostrali ne sia la
condizione presente. Nò mancò portare sugli svariati prodotti del-
la stessa quelle tecniche avvertenze , onde giovi si aiutino quei
pochi rami d' industria che il generale avvanzare delle altre pa-
re come seguissero a rilento. Ebbe d' altra banda a godergli l'a-
nimo però nel mettere a risalto i pregi, e le rare qualità di al-
cuni prodotti , r operosità , le belle tendenze di molti artisti ed
industriali che con le fatiche, ed i capitali lavorano ad innalza-
re il grandioso edificio, invocando su quelli 1' iride splendente
della Sovrana Considerazione.
E in effetti quella Regale Munificenza, che tradizionalmen-
te siamo noi a vedere non mai lenta ad incoraggiare, e presta-
re mano soccorrevole al merito vero , ovunque si appalesi , o si
ascomda ; più largamente delle speranze arrise alle proposte di
questo Reale Istituto.
Quindeci grandi medaglie ; ottantasette medie di oro ; cen-
tonovantasette di argento ; centtìventinove di bronzo vennero di
suo volere decretate in premio a coloro , cui nella nobile pale-
stra toccava l' onor del trionfo.
Atto sublime di Regia Munificenza, ed incomparabile seu-
( 46i )
no governativo. Del quale per ispiegarc V alto intendimento , la
generosa politica , che la magnanimitcà di quel fatto compren-
de , facoltà ed uso di eloquenza vorrei fossero in me , pari al-
la gravità del subbielto.
Divine per volontcà del Supremo Fattore, le pensanti facol-
tà della umana famiglia , feconde addiveiitano esse di utili , e
generosi risuUamenti , qualora una provvida mano , quella elet-
trica scintilla d' industre e forte operare venga sprigionando , che
l'involucro dell' ignoranza, od altra meno onesta cagione tene-
va per avventura assopita e repressa.
Col pungolo dell' onore si ricerchino le vie del cuore , e
della mente de' ben avviati artisti , ed industriali. Le ricompen-
se non sieno lente a seguir dappresso , e coronare ogni gran-
diosa ed utile scoverta : con accorgimento si fissino , e si diri-
gano al bene i capitali ed il produttivo lavoro : non si tralasci
di provocare bellamente tra gì" industriosi una nobile emulazio-
ne , e temperata concorrenza , ed il perfezionamento delle arti
e manifatture non sarà tardo a raggiungersi ; in quella guisa
stessa che non sarà per arrestarsi quel progresso incessante del-
la umanità nella carriera della produzione e della pubblica ric-
chezza.
Laonde se tale è di noi , cui prima fu accordato, grazie al
senno , ed al genio del Re Signor Nostro, in questa bella par-
te d' Italia veder percorrere sulla strada ferrata la macchina a
vapore , ed applicate alla soddisfazione de' nostri bisogni le più
recenti scoverte delle scienze e della meccanica j couvien dire
che la profetta industria sarà la gemma più eletta , che veritie-
ra saprà incastonare ne' suoi annali la storia al Suo Regale Dia-
dema; gloria non peritura per Lui che tutti amiamo come Pa-
dre e Sovrano.
La fiaccola dell' industria , è elettrica luce , che illumina
( 462 )
vasto e largo orizzonte ; perocché è desso il centro culminante
intorno cui presso le incivilite genti , si ordinano , si aggrup-
pano e si svolgono i rami tulli dell' umano sapere.
Pegno suol esser sempre di lungo e felicissimo regno : che
felicissimi ne ammaestra l'esperienza , essere i tempi , in che le
arti , e le industrie fioriscano , e sono nel vigore ; come in-
contaminato r ordine , e feracissimi i soggetti di opere grandi,
e virtuose.
Dietro di che a tante forze riunite, e cospiranti; a' provvi-
di incoraggiamenti ; alle incessanti cure di chi è proposto a di-
rigere gì' interni negozi , non potrà seguire che un maggiore in-
cremento e sviluppo delle nostre patrie industrie e manifatture.
Né ai dcsiderii é a temere vengano meno i fatti , poiché già
dall' impresso movimento largamente s' incominciano a cogliere i
frutti.
Dimande di privative moltiplici ed incessanti per novelli tro-
vati, introduzioni di macchine straniere , per nuovi utilissimi
metodi escogitati tuttodì a questa Reale Accademia si van pro-
ducendo : dalla quale assolti i lavori e le indagini preparatorie,
non rimane che vederle coronate di superiore approvazione.
Chepperò rinfrancato , e pieno il cuore di dolci , indubi-
tate speranze sul lieto e prospero avvenire delle industrie e ma-
nifatture nostrali, di presente non mi rimane, che congratular-
mi con voi benemeriti artisti ed industriali , che con 1' abilità
della mano , colla sagacilà della mente , colla pazienza del la-
voro , sapeste guadagnare l' onore e la gloria di un pubblico
premio.
E si che la stima universale accompagni e coroni 1' opera
vostra , v' impartisca essa quelle lodi e compensi condegni allo
splendore novello , di che illustraste il paese e le arti. L' onor
del trionfo ricolmi la gioia innocente , non pure ispirando al-
( m )
V animo vostro quel sentimento del bello , che cose anche più
eccelsi delle prodotte darà a voi di produrre.
Di fermo il più ambito alloro coglieste , cui nella gara del-
le arti era dato aspirare. Plaudenti e pieni di giubilo ognuno vi
ammira , e dalla longanimità vostra attende fatti maggiori e più
illustri.
Né fìa mai che una stizza codarda venga ad apprendersi
ali" animo gentile di coloro , cui nel dilHcile arringo non fu con-
cesso di coglier la palma ; non sempre ai primi conati arride
fortuna, né ve ne ha una per tutti quelli , che vi discendono.
Si raddoppino in quella vece gli sforzi ; 1' illustre esempio ina-
nimisca , e faccia crescer animo ai peritanti ; con costante e for-
te volere battano animosi la via loro da altri dischiusa , ed i
voti del cuore non tarderanno ad essere fatti contenti.
In nome adunque del nostro Magnanimo e Pio Sovrano ,
abbiatevi Voi intelligenti , ed abili artisti ed industriali , cui fu
aggiudicato , il decretato premio ; magnanima speranza, e com-
penso di onorate fatiche. Così la celebrità ed il lustro del pub-
blico trionfo vi confermi nell' amore delle arti ed ausi le vostre
menti a maggiori progressi , ad un volo più ardito, e spiccato.
Fate però che il generoso seme , per incuria non traligni ; ma
frutti invece maggiori , e sempre nuovi trionfi a voi , ed alle
industrie vostre , che amar dovete come oggetto carissimo.
Grati e riverenti addimostratevi al Divino Fattore , che po-
se in voi quella pura favilla , che vi ha fatto onore ; della do-
vuta obbedienza non mancate verso il vostro Padre e Sovrano ,
che del nobile fregio vi arricchiva ; e non sarà mai che per
volger di tempi si avvizzi la civica corona di che vi adornate.
59
mi) PROJizioi (Oli
LETTA ISELLA TORNATA DE' 5 AGOSTO 1852
MICHELE RIAOAAPOLI
PROPFSSOnE DI MATIMATIC.V NELLA REALE SCDOLV DEGÙ ALUNNI MAHINARI , SOSTITfTO ALLA CATTEDRA
Di ASTROKOMl* E GEODESIA NEL REAL COLLHCIO MILITARE, ASTRONOMO AGGIUNTO ALL^ OSSERVATOAIO DELLA
HEAL MARINA - SOCIO CORRISPONDENTE DEL REALE ISTITUTO d' INCORAGGIAMENTO.
u,
'no dei più usali e più comodi reticolali per disegnare una
non eslesa porzione della superficie terreslre è la proiezione co-
nica. Su di essa si rappresenta con soddisfacente approssimazio-
ne la superficie de" paesi non mollo eslesi in latitudine.
La costruzione di questo reticolato è sovente incomoda nel-
la pratica principalmente quando il grado del meridiano del di-
segno è sufficientemonte grande e quando la latitudine del pa-
rallello medio è molto bassa , ne' quali casi il centro pe" paral-
leli da descriversi si trova fuori del campo del disegno; di tal
che si rende incomoda e sovente inesalta la costruzione de' me-
ridiani e de' paralleli.
In fatti chiamantlo K la latitudine del parallelo medio e ff
il grado del meridiano, il raggio di questo parallelo è dato dal-
la nota forraola
B"ffcoiK
Donde chiaramente rilevasi il detto di sopra
JNon mancano de' melodi per costruire per punii i paralle-
li ed i meridiani, ma sono per lo più molto lunghi.
Il eh. colonnello Enry nella sua eccellente opera Mèmoire
sur la Projection cles Cortes Geographìrpies ( Paris 1810 ) dà
le formolo , che riduce in tavole , per la costruzione del retico-
lalo della proiezione di Mercatore , ma non è a mia notìzia es-
sersi costruite tavole per la costruzione del reticolalo in parola.
Essendo ogni anno obbligato a far costruire questi retico-
lali agli alunni della 7. ""' classe del Real Collegio Militare alla
( 466 )
mìa cura affidati, ò cercalo costruire queste tavole prendendo una
via diversa da quella seguita dagli altri , ed è la seguente :
s
0
F
\
T.
k
-.^^
B.
A
G <À
M
Sia DM il foglio del disegno, FF' il meridiano di mezzo del-
la carta, ACB il parallelo medio, ^ la sua latitudine, 0 il cen-
tro dei paralleli ; coh il semiangolo dello sviluppo , « i gradi
di longitudine compresi in eh si à
CO = R^gcofK^ e Coh = u sen A
Si prenda CF = nff , ove n rappresenta un numero inte-
ro e per C ed F si] conducano le DE A'B' perpendicolari al
meridiano F F e sieno o ed a' i punti d' incontro delle A' B' ,
DE con Oh sarà come è chiaro
Ca = B°ffcotXiffu .... (i)
Fa' = {ICcotK—n)gtgù . . .(2)
Dove R° è il raggio ridotto in gradi ed « = « sen h
In queste due equazioni facendo «' = 1°, 2", 3° ec. si a-
vranno i meridiani distanti di i", 2°, 3° ec. dal meridiano me-
dio F F\
( 467 )
Per descrivere poi il parallelo medio ACB ò calcolalo la lun-
ghezza della porzione ah del meridiano rettilineo a a', compre-
sa fra la A'B' ed il parallelo medio che è
ah = R°gcol\tg oC tg % « . . . . (3)
Mediante questa equazione si avranno tanti punti del paral-
lelo medio per quanti se ne vogliono e quindi esso si costruirà
facilmente.
Per costruire in fine gli altri paralleli si porteranno al di
sopra ed al disotto del punto h sulla retta a d delle parti ugua-
li al grado del meridiano della carta e così si avranno gli al-
tri paralleli.
Le formole che danno la costruzione completa della rete sono
Ca = R'gcofKtg d . . . . (i)
Fd= {IVgcofh — n ) gtg « . . . (2)
ah = Wcot K tg ù tg % « . . . . (3)
Queste formole son ridotte in tavole come qui appresso.
Tavole per la costruzione del reficoloÀo della projeztone conica.
Nella Tav. I si trovano i valori di R'^cotXtg oc' per 7^
da 20" a 70" ed «' da 0°, a 20" e la medesima estensione si è
data alle due tavole seguenti ; il valore di ^ si è restato inde-
lermiualo per far valere le tavole pex qualunque estensione del
grado della caria.
Nella Tav. II si trovano i valori di ntg u per n = 10° que-
ste quantità tolte dalle corrispondenti della Tav. I daranno i va-
lori di ( B'^cot X — }') tg »
Dalla Tav. Ili si anno i valori di R°col7\ tg à tg \\ « ; e
queste tre tavole bastano per costruire per punti una rete conica.
La Tav. IV è divisa in tre colonne verticali ; nella prima
si trovano i valori di IVcotX , che chiamerò p per comodo
d' indicazione, ed è calcolala per 7\ da 20° ad 80".
Dalla seconda si anno i semiaugoli dello sviluppo per una
longitudine di io" contala dal meridiano di mezzo della carta.
Nella terza sono le corde che tagliano sul parallelo medio
Hn arco di 10° di longitudine. Questa tavola basta per costrui-
re con moto continuo una rete conica.
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( 468 )
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«3 :o IO m m in in m in -<rt-v:+--<^-^*<d-'<:d-^^co co co co co ci oj ci « «
-"coirtcccc ci-coioo i-^oo o o o o eoo Ci o o C"- r--in -v^-co
00 00 OO O) t^^'O JO co O t^-^^h OtO « t^CllD CjW^O CTlC' M-^loO
o o^oo t-^.'^o :n -<t co (N o cioo o >^ ^ ft o oo r~-.m co n e oo o -^^
IO -<±*vd"vj-^-^^^-^-<d--^cO cocococococoej m « c^i'ci m -^ «-
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co w Cl'-O co e e CiOO r^W3-<5-COCO (M-OoOCiOOO C-iO Ci O
co -<3-*<:J- min^n-vtcì ooo^ico ocd «coco c^-co ocoiOoo eco
« O CjoC; t^<^ IO -^co M o Cioo co in co M o Ci c^O -<t <"' 0 Ci r^
-<:3--<;J■:^-JCOfOCOfOcOCOfOCO « « " (N M 01 M M - -• IH m N-> O O
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t^ofoto o-t^occco Clio CI cioo cD-^co - (Mco-*-*ioini:5 t--,C5
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CENNO
SULLA COLTIVAZIONE DELL' ORZO PERUVIANO ,
LETTO NELLA TORNATA DE' 4 GENNAIO j 835.
Signori
N-
ell' ordinaria sessione del i3 Gennaio i853 il mio germano
partecipava a celesta rispettabile assemblea un piccolo brano di
lettera famigliare eli' io giorni prima diretto gli avea: brano ri-
sguardante i procedimenti della coltura di quell'orzo, che col
nome di peruviano egli stesso facevami tenere , ed incoraggia-
Yami a farne pruova in questi campi montuosi.
Allora non ben sicuro di dettar norme intorno a tale ob-
bietlo , mi trattenni ne' ristretti limiti del seguente paragrafo.
» Ti mando due saggi di orzo , cioè il inondo , assai co-
B mune in questo Circondario di Caggiano , ed il peruviano ,
» ricevuto per mezzo tuo dalla cortesia del signor Cav. Teno-
» re C") , i quali sono stati coltivati sotto la mia vigilanza per
» ben due anni ( i852 e i853 ) ne' luoghi confacenti a tali cc-
)) reati. Io ho fatto paragone tra i loro prodotti , e posso assi-
» curare che sebbene l'orzo del Perù sia per ispecifico caratfe-
(*) Risc. la Notizia sul l' Orzo peruviano , Iella dallo slesso al Reale
Istituto d' hicoraggiamenlo nella loruala de' 7 Agosto iSai.
( 476 )
)) re sempre ne' suoi granelli più piccolo , allungato ed oscuret-
)) to al paragone dell' orzo mondo , pure ha dato un vantaggio
)) sopra il ricolto. Non posso ora significarlo in cifra, braman-
)) do ripetere gli sperimenti con maggiore quantità di semi ot-
)) tenuti dalle stesse mie coltivazioni , de' quali ho distribuito
)) parte ad alcuni diligenti coloni , affinchè ancor eglino mercè
)) ripetuti tentativi concorrano a farmene determinare il positi-
)) vo guadagno ».
L' Istituto accolse , giusta suo costume , graziosamente la
comunicazione , ed in pari tempo trovando le mostre de'due ce-
reali di eccellente qualità , deliberò non solo che del citato fram-
mento epistolare si tenesse particolar conto nel Processo verbale
di quel giorno , ma eziandio che lo si fosse conservato in Ar-
chivio. Dietro si gentil tratto di benemerenza , io preso quasi da
obbligo , mi occupai assai meglio di prima a stabilire se vera-
mente l'orzo in parola valesse quanto Forzo mondo, ovvero riu-
scisse a supplirlo con maggiore utilità. Ed ecco come condussi
la sua coltura ad un certo grado di non comune importanza, la
quale vado or ora ad esporre, per quindi parlare, sotto il ti-
tolo di prodoUo , del successo felice che n'ebbi; non tralascian-
do dire in ultimo luogo qualche cosa intorno agli usi economi-
ci e medici della sementa medesima. Ben vero però i pochi pre-
cetti , che sarò per dare, sono applicabili alle condizioni fìsi-
che di questo perimetro territoriale , ove ho sperimentato e scri-
vo ; potendo essi variare più o meno secondo l' indole del suo-
lo e del clima'.
Al prius ignotum ferro qiiam scindimiis aequor ,
f^entos , et variitm coeli praediscere morem
Cura sit , ac patrios cultusque habilusqiie locorum (*J.
(*) Virg. Georg, lib. I , vers. 5i-53.
( ^77 )
Art. I. — Collivazione.
A questa spezie o varietà di orzo corwiene terreno aperto
ed assolato ; asciutto, forte e, come è il nostro, argilloso-quar-
zoso-calcare ; ma dove esso sia con opportuni ingrassi animali e
replicati lavori rattemperato e diviso, risponderà molto bene a'
voti del coltivatore.
Pari alle spezie congeneri , cioè all' orzo volgare ( paesano
de' contadini ) e al granorzo ( granuorio ) si sementa sopra
maggese; non pertanto mi sono avveduto che riesce di maggior
profitto se già cadute le acque autunnali , che ammolliscono, al
dir comune stemjìerano le glebe , ciò si faccia in Ottobre.
Prospera eziandio ne' terreni sciolti , esige però gran copia
di concime , e volentieri succede che ritarda nella maturazione,
fruttifica meno , e riesce ancora men pesante.
I lavori clic si danno al campo dopo rotto il suolo ed e-
slirpate 1' erbe estranee riduconsi a due , si riara il terreno o
si zappa al cader di Agosto , e quindi si semina nel sopra indi-
cato mese autunnale^
La seminazione può eseguirsi o col metodo comune , di spar-
gere cioè la sementa a volo, oppure di affidarla a delle fosset-
te cavate col zappello tra' solchi : il che sebbene tornasse di
maggior fatica e spesa , e più ampio spazio occupasse , pure
per tal mezzo si ottiene prodotto ubertoso ed eccellente. Inoltre
se le porche sono alquanto largite , ciascuna avrà due ordini di
fossette , a destra ed a sinistra , distanti tra loro un mezzo pal-
mo circa; se sono strette , basterà una sola serie. I granelli deb-
bono essere al numero di quattro o cinque per fossetta , vi si
fanno cadere e si cuoprouo più ne' terreni leggieri , meno
ne' forti. Di tale pratica, insegnataci da' buoni agronomi per gli
( hl^ )
altri cereali , volli ancora io sperimentare gli effetti , e vidi
che i semi divisi in piccoli gruppi e cosi assicurati a germo-
gliare , le radici si dilatano e vengono numerose e forti , si
facilita il modo di assorbire i principii nutritivi , le piante ac-
cestiscono assai bene , e riescono più rigogliosi i loro colmi.
Le sarchiature dovranno farsi in Dicembre e alla fine di
Marzo, ponendo cura nelT ultima di ammassare un pò soverchio
la terra intorno a' teneri fusti , il che vien detto accalzare.
h' orzo peruviano rispetto alle due precitate spezie antici-
pa per alquanti giorni la fruttificazione e la maturazione anco-
ra. Le sue spighe pallidamente biondeggiano, a mano a mano
si riempiono , e curvandosi cercano la falce ; ma le si deve con-
cedere ai più tardi possibile , poiché usando il contrario , ne
verrebbe che i semi riescano vizzi , poco ponderosi e facili al
guasto degl' insetti , in una parola , per esprimermi co' nostri
villani , s' invacantiscono. Tanto ciò vero eh' eglino hanno per
massima quel comune e giudizioso adagio , di mietere la vena
a latte e l'orzo sfatto.
Finalmente per eseguire la messe ho adoprato V ordinario
strumento , la falce a mano ; quanto alla trebbiatura poi ho cre-
duto spedienle ne' primi tentativi di separare i granelli dalla
paglia e dalle loppe non già col calpestio e strascico de' buoi ,
ma col correggiato, perchè V aja non era abbastanza coverta di
manipoli.
Art. il — Prodotto.
Quest'anno, che additar possiamo fertile per ogni sorta di
frumento , mi è stato concesso di calcolare senza esitanza qua-
li risultamenti può dare presso le nostre terre f orzo peruviano.
Nel far ciò non ho trascurato di tenere ancor soli' occhio le
( 479 )
rjiianlitcà precise dogli anleccdenli prodolfi ricavati dalle prove
di collivazione , che a renderne maggior ragione e giuslificar-
ne gli cffetli , proccurai sempre d' isliliiir paragone nelle stagio-
ni medesime con quelle degli altri orzi.
Eccovene appiè del presente articolo segnate , per motivo
di brevità, in nno specchietto le cifre del ricolfo annuale, del-
la lor somma , del termine medio , onde confrontarle , e con-
frontate che saranno , veder quindi la rendita più o meno van-
taggiosa per ciascuna spezie. Ma innanzi di giungervi giova co-
noscere che nel primo saggio (i852) furami concesso di affida-
re al terreno pochi pugni , forse una misura , di sementa , e
n' ebbi misure dodici , le quali egualmente messe a profitto mi
fecero padrone, sebbene l'annata (i853) si portò infertile, di
tomoli quattro. Laonde potei in avvenire estendere e modificare
non solo la coltura del nuovo orzo, ma concederne pure buona
quantità a delle persone di campagna assai accorte ed amanti
del lavoro.
Provvisto così alla diffusione del cereale in esame ebbi tut-
to r aggio di verificare che ogni sua spiga ben grande e nu-
drita tiene da 64- a 66 granelli , quando quella dell' orzo mon-
do in pari circostanza di clima , suolo e coltura ne presenta
5o a ^2 , e quella di orzo volgare 52 a 54.- Dal che pare po-
tersi dedurre che il peruviano produca rispetto al complesso de'
semi circa un quinto di più. Nondimeno erroneo si è il calcolare
in cotal modo la rendita. Può essa crescere o diminuire in ra-
gion composta del numero, della qualità e del peso de" granelli.
Già additai nel riferito squarcio della mia lettera, che que-
sti semi sono di figura piuttosto lunga , bruni alla superficie ,
e minori per grandezza a quelli dell' orzo mondo. Aggiungo ora
che siffatti caratteri non vi si appalesano costanti , poiché dal-
le uUime osservazioni mi avvidi del sensibilissimo lor raìgliora-
6i
( 4So )
mento. Affusati e smilzi eli' erauo, caugiarsi in ritondelti e pie-
ni , da bruni in biondi, da leggieri in gravi; sicché un tomo-
lo di sementa piantata a fossette sopra un moggio e mezzo di
terreno , abbastanza fertile , mi diede il copioso ricolto di to-
moli 23 ed ancor 24- , mentre nel campo istesso e colle mede-
sime pratiche da egual misura di granorzo o di orzo volgare a
stento ne ricavai tomoli i3 e stoppelli 6 (*) : rendita per altro
la pili abbondante , che nelle stagioni propizie e ne' luoghi mi-
gliori di queste contrade suole avverarsi.
Da ultimo il peruviano è preferibile alle testé indicate due
■qualità e/Jandio pel suo peso. Un tomolo offre per lo più il van-
taggio di rotoli 5 a 6 al di là de' 4-5 dell'orzo mondo , e i4.
a 1 3 al di là de' 36 del volgare.
Specchicllo comparativo iM ricolto avuto dalla coltivazione triennale delle
varie qualità di Orzo , nominate ili questo Cenno agronomico.
Nome della spezie
Anno
Semen-
ta
Proi
tom.
)0TT0
mis.
12
Termine
MEDIO
OSSERVAZIOBII
Orzo peruviano . . .
Orzo mondo ....
Orzo Tolgare ....
i852
: 1853
i854
i852
\ i853
, i854
i852
[ i853
' i854
mis. I .
id.
id.
id.
id.
id.
id.
id.
id.
I
mis. i4.%
1 » 8/3
. „ 8%
Quantunque non sia-
si impiegata la me-
desima quantità dì
sementa ne' tre an-
ni , pure qui si ri-
porta sempre unifor-
me , onde avere lo
stesso dato nel cal-
colarne il prodotto,
medio.
I
20
3)
8
à
I
Ol
55
1)
97.
i'A
.2
I
02
(*) Ogni stoppello è composto di 3 misure ^ ed ogni tomolo di 8 sloiipel'i.
(48i )
Art. III. — Usi economici e medici.
Fra le spezie di orzo quella , di cui segnatamente mi sto
occupando, è anche la migliore per dare fior di farina. Abbiam
notato che i semi del peruviano sono brunetti o biondeggianti
secondo i gradi di perfezionamento ; ma attesa la dilicata lor
buccia , ovvero pericarpio de' moderni botanici , ed atteso il
costume del paese di macinare a macina troppo bassa e sover-
chiamente veloce , il colore sparisce , e si ottiene una bella fa-
rina, da' villani stimata pari alla carosella. Invero essa contie-
ne scarsa minutissima crusca , e se vuoisi ridurre in pasta , ri-
ceve buona copia d' acqua , e col dimenarla e batterla fa vede-
re materia glutinosa a sufficienza. Io ne- ho fatto pane, e mi è
venuto un pò pesante slegato , ma saporito nutritivo. Vi ho as-
sociata una terza parte di farina di maiolica o di carosella ;
ed allora è risultato di qualità perfetta. Nello slesso modo e pro-
porzione di mescolanza ne feci lavorare maccheroni caserecci ed
altri pastumi ; e per quest' uso riesce ancor migliore.
Inoltre parecchi campagnuoli , a' quali donai \' orzo peru-
viano per la seminagione , e che n' ebbero buona raccolta^ vo-
lentieri lo impiegano come il riso , il farro , 1 olco o saggina
di Cafreria a preparare minestra , che condita di sale ed olio
con piacere mangiano , felicemente la digeriscono , e vi trag-
gono ottimo nutrimento. A tale uopo essi lavano ben bene con
deli' acqua fresca 1' orzo , ne mettono tanto in pignatta quanto
occupar possa il terzo della capacità ; quindi avvicinando il va-
so al fuoco lo empiono d' acqua tiepida , la quale a misura che
ribolle , si evaporizza e diminuisce , poco la volta vi sostituisco-
no dell'altra, finché disfatti, mucilagginosi e uniti insieme ri-
( m )
duconsi i granelli , e per esprimermi con vocabolo francese ,
finché in cerio modo sono arrivati allo stalo di puree.
Simile pratica tengon pure nell' apparecchiare altra vivan-
da lor gradita sotto il nome di cocceja. E questa una mischian-
za di cereali e civaie: v'entrano il frumento, il frumentone,
le fave piccole , i fagiolelti dall' occhio , i ceci , che ad onta
della forza digerente assai vigorosa ne' nostri terrazzani , non di
rado apporta delle ingiurie allo stomaco. Grazie quindi al nuo-
vo utilissimo orzo , il quale per le sue proficue e distinte qua-
lità comincia a far dimenticare un cibo si grossolano e nocivo.
L' orzo peruviano , io dico , meritamente stimato da' contadini
come succedaneo del farro e del riso , vieu richiesto con premu-
ra , supplito a quella incompatibile farraggine , e mangiato sen-
za verun danno.
Non altro mi resta , eh. Accademici , per chiudere qua-
si' ultimo articolo che d' accennare 1' utilità trattane nell' esercizio
dell'arte medica. Io conosceva che i professori di Toscana vo-
lentieri si servono dell' orzo mondo per le loro prescrizioni, co-
me noi facciamo del volgare (*) ; sicché avendo riguardo alla
grande analogia de" suoi caratteri fisici col peruviano, non cre-
dei fuor proposito avvalermi di questo, onde farne tisane, de-
cozioni e bevande rinfrescanti, diluenti, dolcificanti. Le prove
corrisposero bellaincnle all' aspettativa , e ne giustificarono in
pari tempo la virtù terapeutica , la quale , senza far torto alle
precedenti due qualità congeneri , può giovare similmente , e
può indicarsi nelle stesse forme morbose ove quelle si adoperano.
Tali sono i risuUamenii delle applicazioni e delle indagi-
ni da me istituite , e fatte istituire da diligenti coloni : tale si
eeulica
(*) Vegg. Targioni Tozzelti ( Ant. ) Corso di Botanica medico-forma-
ica e di Materia medica. — a.» ediz. Firenze 184.7 > P^S- ^9'-
( 483 )
è il calcolo di approssimazione , che dopo Ire anni mi trovo in
grado di poter offerire intorno al ricolto, alla qualità e agli u-
si dell' orzo peruviano. Che se vengano riconosciuti utili per
r Agraria di altri luoghi di questo Rearac, siccorae v" ha luogo
a sperare , io riputerò in allora ben compensate le mie fatiche,
e sarò pago che il mio esempio andrà a produrre un vantaggio.
Salvitelle , 20 Ottobre i854..
// Dottore in Medicina
Luigi Briganti.
63
SOPRA Ul\ PRITIIEGIO
PER UNA MACCHINA DA INNALZARE LE ACQUE
PUBBLICAMENTE SPERIMENTATA IN GENOVA E CREDUTA INVENZIOME RECENTE
RAPPORTO
AL BEALE ISTITl'TO d' IKCORACGIAMEFìTO DI NAPOLI , LETTO NELLA TOR-VITA DEGLI 8
MARZO i8o5 DAL CAV. FILiKCESCO DEL GIIDICE SOCIO ORDINARIO , DOVE SI
MOSTR.\ CHE QIELLA PRETESA INVENZIONE È ANTICO TROVATO NAPOLITANO.
Signor Presidente , Signori
J_ fratelli Casimiro e Celestino Dabbene , di Vcrduno , non ha
guari,, facendo vedere pubblicamente in Genova una macchina
atta ad innalzare le acque , inventala, come dicean, da loro, ri-
volgeansi al Console napolitano ivi residente , affin di ottenere
nel nostro reame il privilegio d'introduzione per tale asserito tro-
vato ; il qual meritava pari incoraggiamento in America, in Fran-
cia , in Austria , in Inghilterra. Il regio Agente , come colui che
aveva avuto congiuntura di notare gli ottimi effetti della mac-
china , non si tenne di farne pronto obbielto di corrispondenza
officiale ; e mandava volenteroso al Ministero degli Affari Este-
ri i disegni di quella, ed altre carte. La ([ual regia Amministra-
zione dal canto suo , fu sollecita di scrivere al Direttore del Mi-
nistero degli Affari Interni , perchè ne avesse rassegnato appo-
sito rapporto a S. M. (D. G. ). Ed il lodato Signor Direttore ,
( 4.86 )
opinando di udir da prima il giudizio di questo Corpo Accade-
mico, mandava a noi i disegni e le carte suramentovate.
Or , la Commessione che allora nominaste, avendo con cu-
ra e diligenza esaminato tali disegni, la scrittura spiegativa dei
signori Dabbene , alcuni pareri e giudizi a stampa intorno la
voluta lor macchina, e qualche altri sunti e ragionamenti ed e-
logi di gazzette ed opere periodiche piemontesi , solamente so-
pra due argomenti ella deve intrattener brevemente questo Con-
sesso; e sono: i. della utilità della macchina; 2. della novi-
tà di essa presso di noi.
Quanto alla prima parte , essendo la macchina di tale spe-
cie e qualità che molto valgono i fatti a farne vedere i difetti
ed i pregi, vogliamo rapportarvi in succinto ciò che in Genova
se n' è giudicato , dove pubblicamente e solennemente la mac-
cbina fu posta a sperimento.
La collocarono sopra le mura del porto , dietro la cona del-
la chiesa di s. Teodoro. La tromba sottoposta all'esperienza era
aspirante ; aveva diametro di 17 centimetri , ed altezza di me-
tri 8 e centimetri 60. Fu posta in opera in presenza de' pi ìi no-
tabili e chiari ingegneri civili e militari, di gran numero di pro-
fessori di scienze fisiche , e de' più rinomati costruttori di mac-
chine. Si ottennero 280 litri di acqua per ogni minuto, mercè
il lavoro di due uomini. Ciò fece molta maraviglia , ed eccovi
r invenzione venir lodata a cielo dalla Gazzetta di Genova. In
un Supplemento alla ferrovia , altra opera periodica , a pagina
106, trovasi similmente un ragguaglio della macchina, e degli
sperimenti. Vi si dice del pari essersi ottenuto un effetto utile di
280 litri per minuto, all'altezza dimetri 8. 60 , equivalente ad
lui bel circa a 4-0 chilogrammi di lavoro utile per secondo ; la-
voro maggiore di quello di mezzo cavallo-vapore. Indi si eneo-
( 487 )
mia il congegno, o, come colà dissero e dicono il sistema Dab-
bene per la sua semplicità , per la modica spesa di fabbrica-
zione e di manutenzione , per 1' ottimo vuoto che forma , per
la possibilità di esportar acque torbide e sabbiose senza peri-
colo di detrimento ; per la sua solidità ; per la. facilità delle
riparazioni che si giudicano assai rare , ed eseguibili da qua'
lunque operaio ec. ec. E si conchiiide che la tromba Dabbene
è superiore a tutti gli altri sistemi finora conosciuti , e che
r utile da riceverne le industrie , promosso dagli inventori di
quella , riuscirà di un vantaggio incalcolabile alla Società.
Ma lasciando stare le gazzette ed i pubblici fogli, ascoltia-
mo, egregi Accademici, in che modo parla di questa tromba il
chiarissimo ingegnere sardo Raffaele Pareto , il cui molto valo-
re e gli studi nelle scienze applicale son da lunga pezza noti e
lodati in Italia. Il valentuomo a dì 28 dell' ultimo dicembre a
questo modo scriveva a' signori Dabbene.
» Gli ringrazio di avermi fatto vedere in tutti i suoi detta-
5) gli la nuova tromba Dabbene; e siccome la trovo destinala a
) rendere de' gran servigi all' industria , mi fo un piacere di
» ricapitolare i vantaggi che , secondo me , deve avere sulle
» altre trombe.
» La tromba Dabbene non ha qualche analogia che con quel'
)) la conosciuta sotto il nome di tromba de' Preti , la quale non
» vidi mai impiegata che ne' piccoli apparecchi delle lampade
)) carcel. Ne differisce però essa esscnzialmoiile in ciò che vi
» si rimpiazza la placca con la valvola , con un cilindro , e che
» il cuoio invece di alzarsi ed abbassarsi , si rovescia intiera-
» mente durante la corsa del cilindro vuoto che serve di stan-
» tufo. Questa tromba presenta dunque una reale invenzione.
D Io credo che in essa si devono avere degli attriti assai
( 488 )
)) minori che in tutte quelle ore impiegate con stantufi olezati
» o passanti in scattole a stoppa. Da ciò ne segue che deve es-
y> sa esigere una forza meno grande per produrre l'istesso effet-
)) to utile. Un altro miglioramento dell' istesso genere risulta dal-
)) Y applicazione di un tubo di aspirazione dell' istesso diametro
)) del corpo di tromba.
)) Questa tromba può servirsi come aspirante , e come aspi-
)) rante e premente ; credo però che la miglior maniera di uti-
)) lizzarla sarà come pompa elevatoria , non presentando essa al-
)) tro limite all' elevazione dell' acqua, che la resistenza del dia-
)) framma , quale può rendersi grandissimo.
)) Tutt' i mezzi di comunicazione di movimento si possono
)) applicare a questa tromba. Il suo più gran vantaggio risulta
)) però, secondo me, dalla sua gran semplicità, indubitabilmente
)) superiore a quella di ogni altra tromba ; onde si può vedere
)) che diverrà la tromba esclusiva dell' agricoltura , e rimpiaz-
)) zerà perfino la semplicissima Noria.
)) Diffatti questa pompa non presenta nessuna difficoltà mec-
» canica , non potendosi essa guastare che nel diaframma , il
)) quale potrà essere raccomodato dal primo operaio venuto in
)) villaggio ; ed è da notarsi che la semplicità, direi quasi la
)) rusticità della macchina la rende preziosa , quando inoltre ne
)) accresce 1' effetto utile.
» Delle sperienze scientindie potranno solo metterci in gra-
» do di determinare in cifre il suo effetto utile ; per il momen-
» to non so dir altro che credo dover esser questo assai gran-
)) de paragonato a quello delle macchine analoghe usate dall' in-
)) dustria.
)) Essendomi molto occupato dell' applicazione dpUa scienza
)) all'agricoltura, e specialmente alle irrigazioni, sono lieto di
» un'invenzione che ci renderà de' veri servigi. »
( 489 )
Eppure ciò non è tulio, illustri Accademici, dappoiché dob-
biain toccare ancora di un'altra lettera, che a' signori Dabbene
indirizzava il primo giorno di questo anno, il chiarissimo cav.
Domenico Sauli, colonnello del Genio in ritiro , uomo molto dot-
to e riputato nelle scienze esatte ; il quale emettendo da prima
qualche dubbio, quanto alla durata dell' embolo della tromba, e
con molta ragione , per ciò che qui appresso diremo; promette
di fare un'analisi calcolata e comparativa di quella ; e conchiu-
de con raccomandarne V uso agi' intraprenditori industriali con
queste parole : che la stessa ( la tromba ) potrebbe fra le al-
tre sue applicazioni apportare grandissima economia ed utili-
tà alla irrigazione de terreni ; e fa cuore agli autori di corre-
re franchi 1' arringo in cui sono entrati a proposito di questa
macchina , dalla quale V industria potrà certo ricavare larghi
vantaggi a preferenza di quanto si ottiene da altre simili mac-
chine.
Dopo queste rapide ed essenziali notizie istoriche, è mestie-
ri attendere ancor brevemente con accorto giudizio al subbietto
principale della nostra relazione. I signori Dabbene han dato
un nome al loro congegno , desumendol o da una parte di esso,
e r han domandato Pistone a diaframma. Si compone di un
corpo di tromba ordinaria, cioè di un cilindro vóto fornito di
valvola alla base inferiore: entro di esso si fa muovere con mo-
to oscillatorio di salita e di discesa , un cilindro di legno mas-
siccio; il quale ha per sezione trasversale un cerchio, il cui dia-
metro è poco più piccolo del diametro interno del cilindro vó-
to. In questa maniera di macchine si adopera vari magisteri e
presidii affin di ottenere un impedimento ad ogni via all' aria ed
all' acqua fra la parte di sotto dell' embolo e la sua testa; sen-
za di che la macchina non può adempiere con esattezza al fi-
( ^90 )
ne di essa. A sostituzione degli altri partiti trovati a ciò dall'ar-
te i signori Dabbene usano il diaframma flessìbile , come Io
nominano , della forma di un sacco , che si fa di cuojo , o di
altra materia cbe ne abbia le medesime virtù d' impermeabilità
e di arrendevolezza , come la gnlkiperga , la tela preparata ec.
Questo sacco, ne' disegni che abbiamo sottocchio, si vede posto
a sito 0 col fondo su la testa , ossia base superiore dell' embo-
lo , lungo il quale rovesciato , si fa scendere ; o pure , il sac-
co facendosi senza fondo , si liga col margine della base a cir-
ca la metà dell'altezza dell'embolo; e così riman disteso fin so-
pra r orlo del corpo della tromba. Il quale è rivoltato di fuori,
conformandosi ad armilla^ su cui si assicura il margine superio-
re del sacco. Ciò posto, è facile cosa intendere come sollevan-
dosi r embolo verticalmente , il cuojo si corruga , producendo
un vuoto neir interno del corpo della tromba , contro la super-
fìcie interna del quale è spinto il cuojo ; ed abbassandosi l'em-
bolo^ il sacco distendesi, ed è premuto contro la superfìcie del-
l' embolo stesso , obbligando l' acqua ad aprir la valvola latera-
le e montare pel cannello saliente.
Ancora , facendo 1' embolo vuoto altresì , e fornitolo di val-
vola , può darsi alla tromba altra disposizione nelle sue parti ,
come si osserva nelle trombe di comune costruzione : per il che
prendono differenti nomi.
Neil' annessa tavola, che è una riproduzione esatta di quel-
la unita allo scritto a penna de' signori Dabbene , la figura i
fa vedere il sacco di cuojo , e 1' embolo disegnati a parte. La
figura 2 rappresenta Y embolo nella camera della tromba, col sac-
co di cuojo applicalo col suo fondo su la testa di quello. La fi-
gura 3 infine dichiara il modo come si applica il sacco di cuo-
jo a circa la metà (bell'embolo , sia questo massiccio o vuoto;
=a
(491 )
nel quale ultimo caso si vede pure disegnata la maniera di val-
vola preferita.
Repuliarao superfluo intrattenerci intorno agli altri partico-
lari della macchina , poiché ne sembra bastevole ciò che ne ab-
biam dello a rappresentare un' idea chiara e precisa della spe-
cialità del suo organo principale , che la fa tromba veramente
diversa da tulle le altro che 1' bau preceduta.
Or si domanderà , ma è veramente egli nuovo questo mec-
canismo ? A tale interrogazione , illustri Accademici , abbiamo
obbligo di rispondere , che il meccanismo fu dal relatore di
questa Commissione nominata da Voi , per la prima volta im-
maginato nel 184.2 ; vedete bene quasi tredici anni or sono; e
si trova descritto nella sua opera Universalità de mezzi di pre-
videnza^ difesa e salvezza per le calamità degli incendi^ a pag.
216 e seg. ; lavoro che egli mandava al concorso del premio
Aldini in Bologna , dove fu coronato e divulgato a cura e spe-
se di quella chiarissima Accademia delle Scienze. Ancora nell'al-
tra sua opera degli Ammaestramenti dell' arte di spegnere gli in-
cendi ed usare i partiti di salvezza per uomini e cose, stam-
pata nel i85i a spese del nostro Municipio, fu descritta nuova-
mente tal macchina. Di ciò per corto l' Istituto ne riprenderà
ricordanza , dappoiché queste opere son nella sua biblioteca, per
cui r autore ne fece umile offerta. Di più trovasi parimenti de-
scritta , e maggiormente semplificata nel Manuale pratico de-
gli incendi del medesimo autore; opera che ottenne anch'essa l'o-
nore di esser premiata nel i832 , ed è prossima alla luce del-
le stampe (i). E dippiìi ancora, questa macchina acconcissima
(i) Un altro lavoro dell' autore stesso che ha per titolo Della institu-
zione de' Pompieri per grandi cillà e terre minori di qualunque stato,
6a
( ^92 )
al Ircsl a domar gf incendi in privati edifizi, senza V opera dei
pubblici soccorritori, trovò luogo nell'ultima solenne Mostra in-
dustriale , e meritò la vostra valevole attenzione, per essersi ac-
comodata a questo umanissimo fine con la norma di principii
nuovi , quelli medesimi che ora si vuole altri attribuire. In fi-
ne , da pareccbi anni lo stesso autore nella sua qualità di Di-
rettore de' nostri artigiani-pompieri , propose ad uso pubblico
questa macchina ; e venne approvata dal Real Governo; fu co-
struita, e si trova con le altre di quella corporazione ad essere
adoperata con ottimo successo nelle malaugurate accidenze del
fuoco. E vuoisi qui pur dire che, in proposito dell' emoblo vuo-
to , r autore medesimo nel 1 84.4 , se la memoria non gli falla ,
lesse alla reale Accademia delle Scienze una scrittura , nella
quale toccando di questa parte della macchina fatta a tal modo,
specificava ancora il calcolo dell' effetto utile della nuova tromba.
Crediamo necessario , chiarissimi colleghi , anche qui men-
tovare che nella citata prima opera impressa in Bologna, dopo
il disegno e la descrizione della macchina composta della came-
ra della tromba , del cilindro massiccio che fa 1' ufficio di em-
bolo , del sacco di cuojo , e via innanzi , largamente si discor-
re de' dubbi che in su le prime la macchina può far nascere
neir animo di chi non voglia usarvi sopra buona considerazione ;
e si soggiunge a pag. 2ig.
)) I vantaggi che intanto veggiamo da questo meccanismo
» si è dunque di annullare in realtà tutto il ragguardevole at-
D trito che 1' embolo ordinario esercita contro le pareti del ci-
del pari premiato in concorso nel i847 ^^^^' Accademia suddetta, e pubbli-
cato a spese della medesima in Bologna nel i852^ a pag. S5 , si rinvia
il lettore alla prima opera del signor Del Giudice per ciò che si appartie-
ne alle macchine di quelle Corporazioni di Soccorritori ec. ce.
( ^93 )
» lindro nel quale muovesi. Questo allrito ne' comuni emboli ,
» di qualunque specie, nò pure ci guarentisce dalla nocevole in
)) Iroraissione dell' aria o dell' acqua per essi , nell' aspirazione
)) e nella pressione de' medesimi. Mentre col proposto meccanis-
)) mo r effetto dell' aspirazione diventa perfettissimo , e durante
)) la compressione , la benché menoma quantità di acqua non
)) vien dispersa a discapito del prodotto della macchina.
Ed a pag. 224 si disse:
)) Passando ora ad esporre come abbiam cercato di loglie-
» re 0 scemare , al possibile , nella nostra macchina , le resi-
» stenze cui 1' acqua incontra nell' intromissione e nell' emiss io-
)) ne di essa dal corpo della tromba , per via dell' angustia del-
» le luci delle valvole , onde questo comunica col tubo di aspi-
» razione, e col recipiente dell'aria compressa, e le perdite
» considerevoli della forza motrice necessaria a porre in azio-
)) ne la macchina che ne derivano , rammenteremo che anche
)) le migliori fra le trombe descritte ed analizzate si ci mostra-
» rono difettose sotto questo capitale riguardo (i).
Il perchè dopo di aver al giusto valutato le opinioni del
eh. Belidor , del Taffe, e di altri rinomati meccanici, 1' autore
conchiudeva , per quelle considerazioni , assegnando tanto alla
parte fissa del lubolo di aspirazione , quanto a' condotti latera-
li , una sezione trasversale dell' istessa grandezza di quella del
corpo di tromba. Notate dunque quanta somiglianza fra queste
deduzioni dell' autore napolitano e quelle dichiarate da' signori
Dabbene nella loro scrittura ! E per fermo nella scrittura in
(i) Soa quelle che furon costruite a Strasburgo , ad Ipri , in Olan-
da , in Inghilterra; e poi quelle del Lunay, del Levesquc, di Charpentier,
del Ramelli , del Bramah , del Castelli, detta tromba Napoleone , del padre
Bonaventura Cavalieri , di Dietz , ec ec.
parola , dichiarandosi i vantaggi che offre la nuova macchina,
si parla di quello provveniente dall' eguaglianza di sezione che
può adottarsi per tali tuholi. Ma siffatta somiglianza può anche
farsi intendere per la via degli occhi ; ed in vero guardisi la
figura 4 dell' annessa tavola : è una esatta riproduzione di quel-
la che si trova disegnata nella citata opera Universalità de mez-
zi di previdenza , difese e salvezza per le calamità degl' in-
cendi. In questa figura , che offre la sezione verticale della mac-
china , B è la camera della tromba , che consta di due parti
unite per i loro labbri rivoltati di fuori. E A 1' embolo mas-
siccio col suo gambo Fg. Di sotto vi è il disco di rame e e,
il cui diametro supera di poco quella dell' embolo , e serve a
mantenere* il fondo del sacco unito alla base dell'embolo. Infi-
ne vi si vede la sezione del sacco medesimo , e come il labbro
superiore di questo è congiunto ad un' armilla di cuojo che si
pone fra i due labbri rivoltati della camera della tromba. An-
cora chi ben guardi il disegno, vi osserva pure un' altra armil-
la, che si fa di metallo, la quale si pone su quella di cuojo ,
ed il cui diametro interno è quasi uguale a quello dell' embo-
lo. A chiunque è noto il modo di azione di questa maniera di
macchine , e come si esercitano le pressioni interne prodotte dal
fluido che vuol sollevarsi , è agevole giudicare dell' ufficio del
disco e e sporgente dalla base dell' embolo, e delle armille an-
zidette. Si volle trovare per ogni dove un appoggio al sacco di
cuojo nelle grandi pressioni per guarentirlo da ogni danno. Tut-
ti questi particolari dell' apparecchio sono trascurati in quello
fatto costruire da' signori Dabbene , ma che non potrebbero sfug-
gire a chi pensasse da se a questa macchina cosiffatta , e fosse
pratico , se non altro^, di ciò che avviene nell' interno delle trom-
be quando son poste all' uso.
( 495 )
La fìg. 5 è puro una riproduzione di quella che si vede
disegnata nel volume degli Ammaeslramenli ec. citato qui
sopra.
In fine sappiasi , e qui vogliamo rivolgere la parola an-
che agli egregi signori Pareto e Sauli per ciò che han detto
nelle loro lettere ricordate avanti, che a pag. 221 e seg. della
medesima prima opera, l'autore faceva menzione delle tromhe dei
signori Denisart-Gosset e Deuille , e ricordava la così detta trom-
ba de' Preti ; e ciò per due motivi ; il primo per rendere un
omaggio a coloro che prima di lui avevano pensalo a fabbricar
trombe ad emboli senza attrito ; omaggio che mai non dovreb-
besi trascurare ad un autore che, oltra di esso , poco 0 nulla
d^ ordinario rimane ; e secondamente per far notare la grande
diversità che ci era tra la macchina sua e quella de' benemeriti ri-
cordati meccanici : differenza che i chiarissimi ingegneri sardi
veggono dimostrata dal seguente luogo del Borgnis (§ i65-i66);
il quale a proposito delle mentovale trombe , dice :
» Questo embolo non può descrivere che uno spazio limi-
» tatissimo , di maniera che, se si deve innalzare una quanti-
» tà di acqua considerevole , non può farsi che dandogli un gran
)) diametro ; e si sa che in qualunque tromba, lo sforzo che si
» esercita è sempre proporzionale alla superficie dell' embolo ,
» sia qualunque il diametro degli altri tubi Si potrebbe
ì impiegare utilmente ne' casi in cui senza inconveniente la cor-
» sa dell' embolo potesse esser piccola e frequente , e quando
» r acqua non dee pervenire che ad una mediocre altezza. »
Oltre a ciò si deve aggiungere che poco innanzi del tem-
po in che scriveva il relatore della presente Commissione , fece
gran rumore , e fu annoverata tra le recenti scoverte una , pre-
tesa novissima , dell' inglese Shalder ; il qual propose un altra
( ^96 )
maccliina , che poco o nulla era diversa da quella de' nominati
autori , e ne ottenne privilegio , e 1' onore di esser descritta
nel voi. 6 n.° 32 del Giornale di arti e scienze di Londra.
E pure di ciò 1' autore napolitano non ometteva di far parola :
ma conchiudeva che il grido che la macchina proposta levava,
proveniva dalla leggerezza solita onde si accordano titoli di o-
nore , patenti d' invenzioni e di novità per cose pensate e ripen-
sate da' nostri vecchi. E per la sua macchina ne rimetteva il
giudizio alle pruove sperimentali altrui , pruove che a que' di
non aveva potuto instituire, e che fece di poi.
Il perchè siam veramente compiaciuti che altri sperimenti
abbiano avuto luogo in Genova alla presenza delle persone più
competenti ; e che i risultamenti fossero stati riconosciuti gene-
ralmente di sommo vantaggio. Ed attendiamo con ansia le pro-
messe dell' egregio cav. Sauli, quanto a' calcoli comparativi che
egli all' uopo si propone d' instituire ; quantunque fossimo di cre-
dere che si sarebbero sventati i suoi dubbi intorno alla durata
dell' embolo , se si fossero adottati i presidi! ali" uopo posti in
atto neir antica macchina , come testé abbiam detto , e se i si-
gnori Dabbene , in luogo di unire il sacco di cuojo pel suo fon-
do alla base superiore del cilindro-embolo, obbligando cosi V in-
volucro flessibile, di qualunque materia sia, a rivolgersi in dop-
pio ed incresparsi , ovvero a congiungerlo a circa la metà del-
l' altezza di tale embolo , lo avessero collocato proprio come da
tanti anni aveva proposto 1' autore napolitano, e come questi fece
eseguire , unito cioè col suo fondo , ossia con la sua base , al-
la base inferiore dell' embolo medesimo. Né questa disposizione
del cuojo deesi giudicare inapplicabile allorché 1' embolo si co-
struisce vuoto ; imperocché vi sono i fatti a dimostrare il con-
trario. Nelle macchine già costruite da molto tempo , il cuojo
(^97 )
fu rivollato di sotto dal piccolo risalto che deve esservi nell'in-
terno dell' embolo per l'azion della valvola, e vi si mantenne
stretto per mezzo di un' armilla di metallo , e con viti. Questa
armilla si fece pure sporgere di un poco intorno all'embolo per
le sopra espresse ragioni.
Ancora non abbiam compreso il bisogno di porre la valvo-
la dell' embolo su la base superiore di questo , come mostrano
i disegni : imperocché la più vieta pratica , e le più note teo-
riche consigliano porre tal valvola nelle trombe aspiranti al fon-
do del cilindro-embolo , affinchè nella discesa di questo, la men-
tovata valvola possa giungere molto prossima a quella che è in
cima del cannello di aspirazione , ed aversi perciò nella salita
dell' embolo una grande rarefazione dell' aria sottostante. Quella
foggia di valvola fatta d' un sol disco di cuojo unito nel centro
suo al centro della base superiore dell' embolo , non ci pare con
buona determinazione preferita. Nò crediamo che ci abbia chi
possa illudersi, osservando il modo della sua azione , vedendola
prendere la forma d'un cono allorché è spinta dall'acqua, con che
potrebbe credersi lasciar larga via all' acqua medesima; perché la
restrizione della luce proviene dal disco forato che si ha biso-
gno di porre sotto il disco di cuojo, aCQnché questo trovi un ap-
poggio quando è spiegato , cioè quando l' embolo risale. Nelle
antiche trombe di questa specie , qui innanzi ricordate si adot-
tarono le valvole a cerniera. Ciascuna si compose di due semi-
cerchi di lamine metalliche, girevoli intorno ad un assicello, che
si pose dalla parte di sopra al piano della valvola^ e si assicu-
rò in due piccoli fori praticati attraverso le pareti del cilindro-
embolo. Questo assicello rotondato ad un estremo , e munito di
vite all' altro , si assicurava stabilmente ne" mentovati fori, mer-
cè piccola madrevite esterna , e dischetti di cuojo. Le valvole
in tal guisa dettero i migliori risultati , e toglierle dall' inter-
( 498 )
no del meccanismo per essere osservate e corrette al bisogno ,
è molto agevole opera. In altre trombe fu adottato il cuojo per
far r ufficio di cerniera alle valvole.
Queste evidenti imperfezioni della macchina costruita in Ge-
nova , da potersi schivare da chicchessia , parrebbero adottate
per solo voler in qualche cosa variare 1' originale , se noi non
avessimo per fermo che i signori Dabbene hanno avuto la sven-
tura d' imbattersi in invenzione da altri prima di loro pensata
e fatta di ragion pubblica , in opere da essi ignorate. E chi non
usasse la maggior buona fede , come noi, non potrebbe pure
intendere perchè nella scrittura di dilucidazioni de' signori Dab-
bene, asseverandosi che questa maniera di trombe potrà servire
alle macchine a reazione proposte varie volte per la propulsio-
ne delle navi , alle macchine a vapore a bassa pressione , alle
macchine pneumatiche , alle bilance idrostatiche, a' torchi idrau-
lici, e finanche a quelli devermicellai ; non si fa motto della
sua importantissima applicazione contro i danni del fuoco , qua-
si si fosse temuto rivelare con ciò 1' origine de' loro studi , che
faceva uopo tener celata.
Ad ogni modo noi facciam voti perchè i signori Dabbene
si abbiano prospera fortuna nella loro intrapresa in tutti gli
Stati che hanno lor conceduto patenti e brevetti (V invenzione ;
mentre non possiamo agevolar loro la via anche presso di noi,
dove la macchina di cui abbiamo discorso, fu per la prima vol-
ta immaginata son già molti anni , e dove il suo autore si
studiò a tutt' uomo di farla comune e renderla di patrimonio
pubblico.
Questo rapporto fu letto a nome della Commissione Acca-
demica composta da' signori Soci , Domenico Presutti, commen-
datore Luigi Corsi, e cavaliere Francesco Del Giudice relatore.
3sr)ì)iì<si2 ©isirisiiiiiì
D Pagina
edica V
Elenco de' Soài del Reale Tstiluto • • ; vii
Memorie
Delle varietà de' vitigni del Vesuvio e del Somma. Ricerche ed
annotazioni dell' Avvocato Vincenzo Semmola l
Intorno all' Amygdalus pumilla del Linneo ed al Prunus Japo-
nica del Thunberg. Osservazioni del Cavaliere Micliele Tenore. . . 13o
Osservazioni sulla malattia della vite , apparsa nell' estate dell'an-
no 1851 di Guglielmo Gasperrini 151
Uso del Salacelo delle nitriere e polveriere nell' agricoltura , nol-
la pastorizia e nelle arti. Discorso del Socio corrispondente Giusep-
pe Novi lOo
Sulla ricorrente epizoozia aftosa negli aniraiili vaccini , pecorini
ce. Memoria del Socio ordinario Cav. De Nanzio 203
Errori delle Tavole lun,iri dedotti dalle osservazioni dell' ecclis-
se solare del 28 luglio 1851. Slemoria di Michele Rinonapoli. . . 2Io
Cimicum Regni Neapolitani. Centuria tertia et quarta fragmcnfum.
Auctore Achille Costa 22.5
Alcune idee s«lle Arti e Manifatture nel Regno di Napoli. Memo-
ria di Carlo Santangelo 301
Sulla Sorgente intermittente di Triverno nell'Agro Venafrano. Me-
moria del Socio ordinario Ernesto Capocci 309
^ ( 5oo )
Riccrcho. sopra alcune specie di Solani. Slemoria del Socio ordi-
nario Cav. Tenore ^-«^
Seguito della 3Iemoria sulla determinazione delle Tavole lunari ,
dedotti dalle osservazioni dell' ecclisse solare del 28 luglio 1851 del
Socio corrispondente Michele Rinonapoli 343
Cenno notomico-patologico sulle ossa umane scavate in Pompei
del Socio ordinario Stefano delle Ghiaie 3.55
Descrizione di un letto per reprimere il furore de' folli. Nola del
Segretario perpetuo Benedetto Yulpes 383
Osservazioni sopra i minerali che si rinvengono ne' terreni a sol-
fo di Sicilia del professore Giuliano Giordano 381
Sulla misura della Crociera Cilindrica ad archi gotici. Memoria
del Socio Francesco Paolo Tucci 403
Sulla determinazione della longitudine della luna. Memoria del
Socio ordinario Ernesto Capocci 421i
Discorso del Cav. Felice Santangelo, Presidente del Reale Isti-
lulo , lello nel di 31 luglio 1853 433
Idem idem , del dì 31 luglio 1854, nella ricorpenza della
distribuzione de' premii della pubblica mostra industriale . . . .451
Sulla proiezione conica. Memoria del Socio corrispondente Miche-
le Rinonapoli 465
Cenno sulla coltivazione dell' orzo peruviano. Memoria del Dotto-
ro in Medicina Luigi Briganti H\l
Sopra un privilegio per una macchina da innalzare le acque ec.
Rapporto presentato al Reale Istituto dal Socio ordinario Cav. Fran-
cesco Del Giudice 485