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HARVARD UNIVERSITY.
LIBRARY
MUSEUM OF COMPARATIVE ZOOLOGY.
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R E A LE ISTITUTO V E N E T 0
DI
SCIENZE, LETTERE ED ARTI
TOMO LIX
(SEEIE OTTAVA - TOMO SECONDO)
ATTI
DEL
REALE ISTITUTO VENETO
DI
SCIENZE, LETTERE ED ARTI
ANNO ACCADEMICO 1899-9(M)
T0]\[0 LIX
(serie ottava - TOMO SECONDO)
PARTE PRIMA
VENEZIA
PRESSO LA SEGRETERIA DEL REALE ISTITUTO
PALAZZO LOREDAN A SANTO STEFANO
JUN 12 1800
ATTI
DEL
REALE ISTITUTO VENETO
DI
SCIENZE, LETTERE ED ARTI
ANNO ACCADEMICO 1899-900
ro]\ro Lix
(SEKIE OTTAVA - TOMO SE-C ONDO )
DISPENSA PRIMA
"VENEZIA
PRESSO LA SEGRETERIA DEL REALE ISTITUTO
PALAZZO LOREDAN A SANTO STKFANO
In esecuzione dell'art. 25 dello Statuto e dell'art. 50
del Regolamento, si dichiara che dell' opinione dei loro
scritti rispondono gli autori, che ne conservano la pro-
prietà letteraria.
INDICE
PAETE l'I
Elenco cl(;i Membri e Soci del R. Istituto Veneto di scienze,
lettere ed arti pag. 1
Adunanza ordinaria del 29 ottobre 1899 ,,4:5
Bollettino bibliografico. Doni ed acquisti dal 10 luglio al 29
ottobre 1899 „ [1]
PAETE II '^
A. Sacerdoti, s. c. — Le colleganze nella pratica degli affari
e nella legislazione veneta pag. 1
E. Castelnt:ov(), s. c, — Dell' arte secondo un grande artista.
Memoria „ 47
G. CossETTixi. — Natura del pliiiuthion e contributo alle co-
i oseenze sulla fermentazione senza lierito. Seconda
comunicazione . . „ 55
L. Collavo. — Su alcune incompatibilità farmaceutiche del-
l' esalgina „ 63
E. F. Trois, m. e.^ - Sullo Scliedopliiln^ Botteri dell' Ileckel.
Nota „ 65
E. Vebson, s. c. — Sullo sehiudimento impeifetto tlel seme nelle
razze bianche del filugello, con particolare riguardo
alla razza Choréa. Nota ,,67
JU . .900
Atti del Reale Istituto Veneto di scienze, lettere ed aeti.
Anno accademico 1899-900 - Tomo LIX - Parte prima.
ELENCO DEI MEMBRI E SOCI
R. ISTITUTO VENETO DI SCIENZE, LETTERE EU ARTI
ANNO ACCADEMICO 1899-900
PRESIDENTE
Fedele Lampeetico
(R. Decreto IB novembre 1898)
VICEPRESIDENTE
Achille De Giovanni
(R. Decreto 18 novembre 1898)
SEGRETARIO
Guglielmo Beechet
(R. Decreto 20 gennaio 1898)
vicesegretario
Pieteo Oassani
(lì. Decreto Bl marzo 1898J
amministratore
Eneico Filippo Teois
(R. Decreto '2G agosto 18-.'(;)
ELENCO DEI MEMBEI E SOCI
MEMBRI EFFETTIVI (•)
(21 gennaio 1855 -- 6 ottobre 18()4) (-)
Messedaglia Angelo, Senatore del Reg-no, Cav. dell' Ordine del
merito civile di 8avoja, Gr. Uff. ^, Gr. Croce d§i, socio nazionale
e vicepresidente della R. Accademia dei Lincei, vicepresidente
della Commissione censuaria centrale del Catasto del Regno,
professore emerito della R. Università di Padova, ed ora pro-
fessore ordinario di economia politica, incaricato della statistica
nella R. Università di Roma, presidente della Commissione
di statistica giudiziaria, membro del Consiglio superiore di
statistica, membro del Consiglio del Contenzioso diplomatico,
ecc.
(C) — 6 ottobre 1864 — 2 luglio 1890)
Lampebtico Fedele, dottore nelle leggi, Senatore del Regno,
Cavaliere dell' Ordine del merito civile di Havoja, Gr. Uff.
dell' Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro e dell' Ordine della
Corona d' Italia ; membro dell' Istituto Storico Italiano, socio
nazionale della R. Accademia dei Lincei, socio corrispondente
dell'Accademia della Crusca, ecc., socio onorario dell' Istituto
Statistico Internazionale, dottore nelle leggi, //owor/.s- ('<(ns(/, del-
l' Università di Dublino. - Vicenza. (Corso Principe Umberto,
2338).
(22 novembre 1868 — 6 aprile 1872 — 16 dicembre 1883)
LuzzATTi Luigi, Cav. dell' Ordine del merito civile di Savoja, Cav.
Gr. Croce decorato del Gr. Cordone dell' Ordine della Corona
d' Italia e dell' Ordine Mauriziano, Gr. Croce decorato del Gr.
Cordone della Le":ion d' Onore e Gr. Uff. dell' Ordine di Leo-
(1) 11 segno ^ indica 1' Oidine (b-i 8s. JMaiiiiziu e Lazzaro; il se-
gno ^ l'Ordine della Corona d'Italia.
(2) La prima data si rifVirisce alla elezione a socio corrispondente ;
la seconda al Decreto di nomina a membro (ifFetavo ; la terza a quello
del conferimento della pensione accademica.
(3) Nominato direttamente membro effettivo.
DEL R. ISTITUTO VENETO Ò
poldo del Belgio, Gr. Croce dell' Ordine di Francesco Giu-
seppe d'Austria e dell'Aquila Eossa di I" classe di Prussia,
C*omni. dell' (ardine del Cristo di Portogallo, ecc. ecc. ; già due
volte Ministro del Tesoro, e Ministro delle Finanze e delle
Poste, deputato al Parlamento, membro della P. Accademia
dei Lincei, membro effettivo dell' Istituto di Francia (Accade-
mia delle scienze morali e politiche), professore di diritto
costituzionale nella R. Università di Poma.
(26 maggio 1872 — 13 (iiceiubro 1877 — 17 febbraio 1881)
LoRENZoNi Giuseppe, ^, Uff". '^Y-^ socio nazionale della R. Acca-
demia dei Lincei, socio nazionale della Società italiana delle
scienze detta dei Quaranta, socio ordinario della R. Accademia
di scienze, lettere ed arti in Padova, socio corrispondente della
R. Accademia di Torino, socio corrispondente della R. Acca-
demia di scienze, ed arti di Modena, membro della Société
Imperiale des naturalistes de ^Moscou, ecc., prof, ordinario di
astronomia e direttore dell' Osservatorio astronomico nella R.
Università di Padova. (Osservatorio astronomico, 2366).
(12 luglio 1874 — 11 iiprilc 1878 - 27 iigosto 1883)
Teois Enrico Filippo, ego, membro della Commissione provinciale
di viticoltura ed enologia, socio dell'Accademia di microscopia
del Belgio e dell'Ateneo Yeneto, conservatore e custode delle
raccolte scientifiche e della Esposizione industriale di questo
R. Istituto. - Venezia. (8an Luca, Rio terrà degli Assassini,
3702).
(26 febbiaio 1871 — 7 luglio 1878 — 15 febbraio 1885)
Bernardi Enrico, c§^, socio effettivo della R. Accademia di scienze,
lettere ed arti di Padova, prof, di macchine agricole, idrauli-
che e termiche ed incaricato dell' insegnamento della mecca-
nica applicata nella R. Università di Padova. (Agli Eremitani,
Via 8. Bartolomeo, 3153).
(2fi diocnibrc 1869 — 7 luglio 1878 — 5 gennaio 181)0)
Canestrini Giovanni, ^, Comm. c^, membro estero, della Società
zoologica di Londra, socio corrispondente della Accademia di
4 ELENCO DEI MEMBKI E SOCI
scienze dell' Istituto di Bologna, membro della Commissione
consultiva per la pesca e di quella superiore per la fillossera,
delegato governativo per la ricerca della fillossera nella pro-
vincia di Padova, prof, di /oologia, anatomia e fisiologia com-
parate presso la R. Università di Padova. (Piazza Forzate, 1506).
(20 inag-gio 1878 — 17 febbi-aio 18S1 — 15 febbraio 1885)
Beltrame sac. Ctiovanni, ex missionario deirAfrica centrale,
Comm. c^, membro d' onore della Società geografica italiana,
membro dell'Accademia d' agricoltura, arti e commercio di
Yerona, prof, emerito di storia e geografia nella E. Scuola
normale femminile, prof, emerito della Scuola normale ma-
schile provinciale pareggiata, nonché ex direttore spirituale
dell' Orfanotrofio femminile in Verona e superiore dell' Istituto
Mazza. (A ia Mazza, 16).
CJ febbraio 1879 — 2U maggio 1881 — 21 maggio 1885)
Favaro nob. Antonio, ^ , Comm. o^^ , Cav. della Legion d' onore.
Uff. della pubblica istruzione di Francia, ecc. Membro eff'et-
tivo della E. Deputazione veneta sopra gli studi di storia pa-
tria e di quella per le provincie di Eomagna, socio ordinario
della E. Accademia di Padova, onorario dell'Ateneo di Ber-
gamo, della Società Coppernicana di Thorn e della Società delle
scienze del Messico, socio straniero della Società Olandese
delle scienze di Haiiem, corrispondente di parecchie altre
Accademie italiane ed estere, direttore della edizione nazio-
nale delle Opere di Galileo Galilei sotto gli auspici di S. M.
il Ee d' Italia; prof, ordinario di statica grafica, incaricato di
geometria proiettiva, già di analisi infinitesimale, e libero do-
cente di storia delle matematiche nella E. Università di
Padova. (Via Zitelle, 3656).
(1) frbbraio 1879 — 29 maggio 1881 — 7 febbraio 1892)
Saccaiìuo dott. PiERANDREA, -^ , l^fF. #, membro della E. Ac-
cademia delle scienze di Torino, della E. Accademia delle
scienze di Bologna, della E. Accademia di scienze, lettere ed
arti di Padova, dell'Accademia Pontaniana di Napoli, della
Società micologica di Francia, della Società crittogamologica
DEL 1{. ISTITUTO VENETO O
italiana, dell'Ateneo Veneto, deirAccadeniia dei Concordi di
Rovigo, dell'Ateneo di Treviso, della Società del Museo in
Rovereto, della Società veneto-trentina di scienze naturali in
Padova, della Società botanica italiana in Firenze, della Società
Imperiale dei naturalisti di Mosca, della R. Società delle scienze
e lettere di Goteborg (Svezia), della R. Società botanica del
Belgio residente a Bruxelles, della Società Belga di microsco-
pia in Bruxelles, della Società botanica di Lione, della Società
botanica di Germania residente in Berlino, della R. Società
botanica di Ratisbona, della Società botanica di Francia resi-
dente in Parigi, della Società Slesiana in Breslavia, della I. R.
Società zoologico-botanica di Vienna, della Società delle scienze
naturali di Briinn, dell'Accademia delle scienze naturali e ma-
tematiche di Cherbourg, dell'Accademia delle scienze di Ca-
lifornia in S. Francisco, della Società degli studi naturali
" Giuseppe Ragazzoni „ in Brescia, della Società italiana di
scienze naturali in Milano, della Società entomologica di Fi-
renze, della Società bibliografica italiana in Milano, ecc., prof,
ordinario di botanica e direttore del R. Orto botanico presso
la R. Università di Padova. (Orto botanico, 2C25).
(9 febbraio 1879 — 27 agosto 1883 — 13 marzo 1892)
Gloeia Andeea, Uff. -^, Comm. c§o, socio ordinario dell'Acca-
demia di Padova, onorario dell'Ateneo di Bergamo, corrispon-
dente di altri Atenei, Accademie, prof, ordinario di paleografia
nella R. Università, direttore emerito del Museo civico di
Padova, ecc. (Via S. Eufemia, 2983).
(10 aprile 1881 — IH (liceiiibrc 1883 — 13 marzo 1892)
Marinelli Giovanni, Comm. ^, c^^, membro effettivo della R.
Accademia dei Georgofili di Firenze, Ufficiale d' istruzione
pubblica di Francia, membro onorario della Società geogra-
fica Olandese, della Société de Topographie de France, del-
l'Accademia degli Agiati di Rovereto, della Deputazione ve-
neta di storia patria, del'la Società alpina delle Giulie, del-
l'Accademia scientifica e letteraria di Udine e di quella di
Padova, membro corrispondente e consigliere della Società
geografica italiana, della Società geografica di Berlino, di
quella di ^Monaco, della R. Accademia delle scienze di Torino
b ELENCO DEI MEMBRI E SOCI
e deir Ateneo Yeneto, presidente della Società di studi oleo-
grafici e coloniali in Firenze e della Società alpina friulana,
vice-presidente della Società antropologica italiana, membro
della Commissione Internazionale dei Ghiacciai, del Consiglio
direttivo dell'Associazione meteorologica italiana, ecc., ex de-
putato al Parlamento Nazionale, prof, di geografia nel K.
Istituto di studi superiori e di perfezionamento e nel E. Isti-
tuto di scienze sociali in Firenze. (Piazza d'Azeglio, 12 his).
(14 maggio 1881 — 15 fclibiaio 1885 — 29 giugno 1893)
De Giovanni prof. Achille, llff. •^, Comm. c§:, Gr. Croce della
Rosa del Brasile, Gr. Cordone del ^legidjè, socio di varie Ac-
cademie nazionali ed estere, prof, e direttore dell' Istituto di
clinica medica generale della R. Università di Padova. (Via
della Gatta, 979).
{2(} (liccinbrc 1869 — 21 maggio 1885 — -4 gennaio 1894)
Omboni Giovanni, Comm. c^--, socio effettivo delle Società geolo-
giche d' Italia, di Francia e del Belgio, della Società Italiana
di scienze naturali, della Società toscana di scienze naturali,
della Società antropologica italiana, ecc., socio corrispondente
dell' I. R. Istituto geologico austriaco, delle Accademie delle
scienze di Bologna e Palermo, della Società dei Naturalisti
di Mosca, ecc., prof, di geologia nella R. Università di Padova.
(Via Torresino, 2334 A).
(8 luglio 1880 — 3 dicembre 1885 — 4 gennaio 1894")
Bellati conte dott. Manfredo, d^, socio eff'ettivo e segretario per
le scienze della R. Accademia di scienze, lettere ed arti in
Padova, prof, di fisica tecnica e direttore della R. Scuola di
applicazione per gì' Ingegneri nella R. Università di Padova.
(Via Piazza del Santo, 2f)13).
(28 maggio 1862 — 17 ?iiaggio 1H88 — (i fehhraio 1896)
Keller dott. Antonio, Uff". -^, c§i, socio dell'Accademia di Pa-
dova, socio onorario delle RR. Accademie di agricoltura di
Torino e Verona, dell'Accademia di veterinaria di Torino, del-
l'Ateneo Veneto, della Società di acclimatazione di Palermo,
DEL R. ISTITUTO VENETO 7
di quella cV incorao-giamento in Padova, dell'Accademia Olim-
pica di Vicenza e dei Concordi di Rovigo, della Società agraria
di Reggio neir Emilia, del Comizio agrario di Torino, socio
corrispondente delle IL RR. Società agrarie di Vienna e di
Grratz, ecc., prof, di agraria e stima dei poderi nella R. Uni-
versità di Padova. (Corso A'ittorio Emanuele, 2123).
(20 maggio 1883 — 18 agosto 1888 — 14 febbraio 1897Ì
BoNATELLi Feancesco, Cav. deir Ordine del merito civile di Savoja,
-5J*, Uff. c§i, socio nazionale della R. Accademia dei Lincei,
socio effettivo della Società R. di Napoli, dell'Accademia di
scienze, lettere ed arti di Padova, socio corrispondente del-
l'Accademia Reale delle scienze di Torino, dell'Ateneo veneto,
effettivo dell'Ateneo di Brescia e dell'Accademia Urbinate,
prof, di filosofìa teoretica nella R. Università di Padova. (Ri-
viera S. Benedetto, 5095).
(10 aprile 18 Si — .5 gennaio 181)0 — 20 maggio 181)7)
Spiga Pietro, dottore nelle scienze fisico-chimiche ed in chimica
e farmacia, r.§:, socio effettivo e presidente della R. Accade-
mia di scienze, lettere ed arti di Padova, membro della So-
cietà chimica di Berlino e della Società di scienze naturali
ed economiche di l*alermo, presidente onorario dell'Associa-
zione farmaceutica universitaria di Padova e della Federa-
zione fra le Associazioni farmaceutiche universitarie italiane,
socio onorario delle Associazioni chimico-farmaceutiche Llmbra
e Pavese, membro della R. Commissione per 1' accertamento
dei reati di veneficio, prof, ordinario di chimica farmaceutica
e tossicologica, docente in chimica bromatologica e direttore
della Scuola di farmacia nella R. l'niversità di Padova. (Via
Ospitale Civile, Istituto chimico-farmaceutico).
(8 luglio 1880 — 2 luglio 181J0 — 20 maggio 1897)
Berchet Guglielmo, dottore nelle leggi, Comm. cgi, Comm. -r^,
Cav. del S. M. O. di Malta, Cav, della Legion d' onore di
Francia, Comm. dell' Ordine di Francesco Giuseppe e del-
l' Ordine imperiale giapponese del sole levante, Cav. del Leone
e Sole di Persia, decorato della grande medaglia d' oro di L»
e ELENCO DEI MEMBRI E SOCI
classe per le scienze e lettere da 8. M. l' Imperatore di Ger-
mania, socio degli Atenei di Venezia, Milano, Treviso e Bas-
sano, delle Accademie di Modena e di Rovigo e della Società
ligure di storia patria, membro dell' Istituto storico di Francia
ed onorario delle Società geografiche di Vienna e Tokio, mem-
bro effettivo del Consiglio superiore degli Archivi, corrispon-
dente della Consulta araldica, membro della Commissione reale
per la pubblicazione dei documenti finanziari della Repubblica
veneta. Presidente della R. Deputazione A'eneta di Storia patria,
Presidente dell' Ospizio Marino Veneto, e Presidente della
Commissione araldica per le provincie venete. - Venezia. (S.
Maria Formosa, Calle del Dose).
(17 novcnibre 1889 — 20 luglio 18U1 — 9 dicembre 1897)
(Socio corrispondente dell' Islilulo Lombaido (4 febb. 1869) )
Teza Emilio, Comm. r§:, dottore honoris raum dell' Università
di Pest, socio nazionale dell'Accademia dei Lincei, socio effet-
tivo della R. Accademia di Padova, socio onorario del Panuissos
di Atene, socio corrispondente dell'Accademia della Crusca,
della Società Geografica di Roma, dell'Ateneo Veneto, del-
l'Accademia Reale di Berlino, dell'Accademia Reale di Pest,
dell'Accademia di Storia a Madrid, della Società Letteraria di
Finlandia, della Società Finno-Ugrica di Helsingfors, dell' isti-
tuto Reale dell' India Olandese, delle Società Orientali d' Italia
e di Germania, delle Società di Storia patria a Bologna e a
Roma, prof, di sànscrito e di grammatica comparata delle lin-
gue classiche nella R. Università di Padova. (Via Zattere, 639).
(9 febbraio 1879 — 7 febbraio 1892 — 9 febbraio 1899)
MoESOLiN sac. Beenardo, ^, socio dell'Accademia Olimpica di
Vicenza, della R. Accademia di Padova e degli Atenei di Vene-
zia e di Passano, membro effettivo della R. Deputazione di
storia patria per le provincie venete, Preside del R. Liceo
Pigafetta. - Vicenza. (Via Canove, presso il Teatro Olimpico,
959).
(22 noveiii1)ro 18(58 — 13 marzo 1892)
LioY nob. Paolo, Comm. c§-., Uff. ^, ex deputato al Parlamento,
membro del Consiglio superiore dell' istruzione pubblica. - Vi-
cenza. (S. Michele, 1995).
DEL R. ISTITUTO VENETO d
(23 marzo 1884 — 13 marzo 1892)
Maetini Tito, c^, membro effettivo dell'Ateneo di A^enezia e
della Società veneto-trentina di scienze naturali residente in
Padova, socio corrispondente della R. Accademia dei George-
fili e della Colombaria di Firenze, prof, ordinario di matema-
tiche nella R. Scuola superiore di commercio e prof, titolare
di fisica e chimica nel U. Liceo Marco Foscarini di Venezia.
(S. Felice, calle Pali, 3842).
(23 marzo 1884 — 31 marzo 1892)
Tamassia dott. Arrigo, '§:, prof, ordinario di medicina legale
sperimentale nella R. Università di Padova. (Via S. Pro-
sdocimo, 5041).
(23 marzo 1884 — 4 dioombre 1892)
Veronese Giuseppe, c§:, socio nazionale dell'Accademia Reale
dei Lincei, membro della Società Italiana delle scienze (detta
dei XL), socio ordinario della R. Accademia di Padova, non-
ché dell'Ateneo veneto, deputato al Parlamento Nazionale,
prof, di geometria analitica e incaricato di geometria superiore
presso la R. Liniversità di Padova. (Via dell'Agnello, 3791).
(23 marzo 1885 — fi agosto 1893)
Papadopoli conte Nicolò, Senatore del Regno, Comm. -^, Gr.
LTfP. :>5?^, Ufficiale onorario di cavalleria, presidente della Società
numismatica italiana, membro onorario della R. Società nu-
mismatica di Bruxelles, Accademico di merito residente della
R. Accademia di belle arti, socio residente dell'Ateneo veneto,
presidente del Consiglio direttivo della Scuola superiore di
commercio in Venezia, presidente del Consiglio direttivo della
Scuola d' arte applicata alle industrie in Venezia. (S. Apolli-
nare, 1364).
(10 aprilo 1881 — 3 febbraio 1895)
Schio (da) Almerico, presidente dell'Accademia Olimpica di
Vicenza e direttore dell' l'fficio meteorologico. (Corso Principe
Umberto, 873).
10 ELENCO BEI MEMBRI E SOCI
(24: maggio 1885 — 3 agosto 1805)
Cassani Pietro, dottore in matematica, d|:, socio deo^li Atenei di
Venezia e Treviso, dell'Accademia dei Concordi di Rovigo,
dell'Accademia di Bovolenta e socio non residente del Circolo
matematico di Palermo, prof, di matematica nel R. Istitnto
tecnico Paolo Sarpi in A^enezia. (S. Martino^ Campo della Tana,
2160).
(U aprilo 1889 — 2 febbraio 1896)
MoLMENTi Pompeo, deputato al Parlamento Nazionale, presidente
della R. Accademia di belle arti di Venezia. (8. Toma, 2811).
(22 giugno 1890 — 23 febbraio 1896)
Bassini dott. Eboarbo, Uff. -ìfr, prof, ordinario di clinica e me-
dicina operativa nella R. Università di Padova. (Via S. Mas-
simo, 3002).
(24 aprilo 1892 — 8 aprib" 1897)
Stefani Aristibe, c§3, membro onorario dell'Accademia medico-
chirurgica di Ferrara^ socio effettivo dell'Accademia di scienze,
lettere ed arti di Padova, socio corrispondente della Società
medico-chirurgica di Bologna e delle Accademie Virgiliana di
Mantova e medica di Perugia, membro onorario dell'Accade-
mia Olimpica di Vicenza, prof, ordinario di fisiologia presso
la R. Università di Padova. (Via S. Maria Iconia, 3046).
(14 aprile 1889 — 8 aprile 1897)
Fogazzaro dott. Antonio, Senatore del Regno, ^, Comm. c§3. -
Vicenza. (Ai Carmini, 132).
(16 giugno 1889 — 4 luglio 1897)
Ferraris Carlo Francesco, Comm. -^, Connn. ^, Comm. del-
l' Ordine della Stella polare di Svezia, ex deputato al Parla-
mento Nazionale, socio nazionale della R. Accademia dei Lincei,
socio effettivo della R. Accademia di scienze, lettere ed arti
di Padova, membro del Consiglio superiore della pubblica
istruzione e della Giunta dello stesso, del Consiglio superiore
DEL R. ISTITUTO VENETO 11
di Statistica e del Consiglio della Previdenza, membro onora-
rio della Società Svizzera di Statistica e della Reale Società
Inglese di Statistica, prof, ordinario di Scienza dell'Ammini-
strazione e Diritto amministrativo e incaricato di Statistica
nella R. Università di Padova. (Yia S. Luca, 1653).
(24: aprilo 1892 — 4 luglio 1897)
De Toni Ctiovanni Battista, dottore in scienze naturali ed in
chimica, laureato dell' Istituto (Accademia delle scienze) di
Parigi, già prof, di Botanica e direttore del R. Orto botanico
dell' Università di Parma, membro onorario della Società Reale
di Microscopia di Londra e della Società Linneana della Nuova
Galles del Sud in Sydney, membro effettivo della Società
Imperiale dei naturalisti in Mosca, socio perpetuo effettivo
della Società botanica italiana in Firenze, della Società vene-
to-trentina di scienze naturali in Padova, della Società bota-
nica tedesca in Berlino, della Società francese di botanica di
Courrensan, socio corrispondente della Accademia Reale delle
scienze in Lisbona, dell'I. R. Accademia degli Agiati in Ro-
vereto, della Società dei naturalisti russi in Kiew della So-
cietà danese di botanica in Copenhagen, della Società bota-
nica di Lione, dell'Accademia Romana dei Nuovi Lincei, della
Società del Museo civico di Rovereto, della Società italiana
dei chimici analisti di Pavia, della Società di scienze mediche
e naturali in Griessen, della Società di scienze matematiche e
naturali in Cherbourg, delegato dal R. Ministero delle Finanze
per lo studio delle malattie crittogamiche dei tabacchi, mem-
bro della Commissione internazionale di fitopatologia, libero
insegnante di botanica generale presso la R. Università di
Padova. (Isola S. Giacomo, 4539).
(24 maggio 1885 - 9 dicembre 1897)
OcciONi-BoNAEFONS GIUSEPPE, dottorc in filosofia, ^, d§:, socio
onorario dell'Accademia di LTdine e della Minerva di Trieste,
socio residente e vicepresidente per le lettere dell'Ateneo veneto,
membro effettivo e segretario della R. Deputazione veneta di
storia patria, socio corrispondente dell'Accademia dei Concordi
di Rovigo e della Colombaria di Firenze, membro della Com-
missione Reale per la pubblicazione dei documenti finanziari
12 ELENCO 1>EI MEMBRI E SOCI
della Kepublica veneta, condirettore dei periodici Nuoro Arcìù-
fìo Veneto e Ateneo Veneto, prof, titolare di storia e geogra-
fia e bibliotecario presso il R. Liceo Marco Polo di Venezia.
(Campo S. Maria del Gio-lio, 2494).
(21 marzo l<SS(i — \) dieeiiibrc 1S<)7)
Galanti prof. Ferdinando, Uff. -^ , Comm. c(^, socio corrispon-
dente deg-li Atenei di Venezia e di Treviso, delle Accademie
di Padova, Urbino e Rovigo, socio d' onore del R. Istituto di
belle arti di Venezia, della Società di geografia di Lisbona,
preside del R. Ginnasio Liceo Tito Livio e libero docente
della R. Università di Padova. (Via del Santo, 3905).
(Ki giugno 18H9 — 20 f(4)l)i-iiio 189H)
Gradenigo conte dott. Pietro, d§^, socio di varie Accademie, prof,
ordinario di oftalmojatria e di clinica oculistica presso la R.
Università di Padova. (A"ia S. Francesco, 4002).
(23 aprile 1H93 - li) maggio 189H)
Ragnisco Pietro, -tJ*, Uff. t^, già prof, ordinario di storia della
filosofia nella R. LTniversità di Palermo, socio effettivo dell'Ac-
cademia di Padova, prof, ordinario di etica ed incaricato della
pedagogia nella Università di Padova. (Via Selciato del Santo,
4318).
(24 aprile 1892 — 18 gennaio 1899)
Ricci Gregorio, socio corrispondente della R. Accademia dei Lin-
cei, prof, di algebra complementare, incaricato di fisica mate-
matica e docente di geometria differenziale nella R. Università
di Padova. (Piazza Vittorio Emanuele II, 2839).
(23 aprile 1893 -- 9 api'ilo 1899)
Nasini nob. Raffaello, c§:, •^, socio corrispondente nazionale
della R. Accademia dei Lincei, socio corrispondente della R.
Accademia delle scienze di Padova, membro corrispondente
della Associazione Britannica pel progresso delle scienze, mem-
bro onorario della Royal Institution della Gran Britannia, prof.
DEL il. ISTITUTO VENETO
13
ordinario di chimica generale e docente di chimica fisica nella
K. Università di Padova. (Yia Portici Alti, Istituto di Chimica
generale).
" 1 membri effettivi del R. Istituto Lombardo di scienze e lettere
sono di diritto aggregati all' Istituto Veneto, e nelle adunanze sono
pareggiati ai membri effettivi di questo, escluso soltanto il diritto
di voto.,, (Art. 120 del llt'gulaiiieiito inti'rno).
ATTUALI MEMBRI EFFETTIVI DELL'ISTITUTO LOMBARDO
Por la Classe di scienze inateinaticlie e naturali
SCHIAPAEELLI iug. GIOVANNI
Man TEG AZZA prof. Paolo
Cremona prof. Luioi
Colombo prof. Giuseppe
Feeeini prof. Rinaldo
Celoria prof. Giovanni
Beltrami prof. Eugenio
Maggi prof. Leopoldo
Taeamelli prof. Torquato
KoENEE prof. Guglielmo
Golgi prof. Camillo
Aedissone prof. Feancesco
Pavesi prof. Pieteo
Baedelli prof. Giuseppe
Gabba prof. Luigi
Oehl prof. Eugenio
Jung prof. Giuseppe
Beiosi prof. Giovanni
Scaeenzio prof. Angelo
Mueani prof. Oeeste
AscHiEBi prof. Feedinando
Zo.TA prof. Giovanni
Per la Classe? di lettere, scienze morali e storiche
Ceriani mons. dott. Antonio
Ascoli prof. Geaziadio
Steambio prof. Gaetano
Lattes prof. Elia
Ceeuti ab. dott. Antonio
PiOLA nob. Giuseppe
Cantoni prof. Caelo
Massaeani dott. Tullo
ViDARi prof. Ercole
YiGNOLi prof. Tito
Inama prof. Vigilio
Del Giudice prof. Pasquale
Gobbi prof. Ulisse
Negri dott. Gaetano
Ferrini prof. Contardo
Calvi nob. dott. Felice
SiMONCELLi prof. Francesco
14 ELENCO DEI MEMBEI E SOCI
MEMBRO ONORARIO
(2H tVblirnio IH'JH)
Alishan Padre Leonzio Marciar, Cav. di 3" grado di " Médji-
dié „ di 4" g-rado di '' ( )siuaiiié „ , socio onorario della So-
cietà Asiatica italiana, delle Società archeolof^iche Imperiali
di Mosca e di Pietrobnrg-o, nfficiale dell' " Acadéniie des
Sciences et lettres „ di Parigi, dottore onorario della Facoltà
di Filosofia dell' Università di Jena, Vicario Generale della
Cono-re<razione Mechitarista di S. Lazzaro. - Venezia.
SOCI CORRISPONDENTI DELLE PROVINCIE VENETE
(Ki aprile l<S!)t))
Ferrara Francesco, già professore di economia politica e Mini-
stro delle finanze, Senatore del Regno, Cavaliere dell'Ordine
del merito civile di Savoja, Cr. Croce ^, Comni. aga, socio
nazionale della R. Accademia dei Lincei, Uff. della Rosa del
Brasile, direttore della R. Scnola superiore di connnercio in
Venezia, ecc. (S. Polo, palazzo Tiepolo).
(26 febbraio 1871)
Caccianiga Antonio, ^, Comm. ^i^' , cittadino onorario della
città di Torino, socio onorario della R. Deputazione veneta di
Storia patria, socio degli Atenei di Venezia e Treviso e della
R. Accademia di scienze e lettere in Padova. - Treviso. (Villa
Saltore).
(12 luglio 1874)
PoLiTEO dott. Giorgio, Uff. ^, professore emerito di filosofia nel
R. Liceo Marco Foscarini in A^enezia. (Ss. Apostoli, fonda-
menta dei Sartori, 4805).
BEL R. ISTITT'I'O X'KNRTO IT)
(14 aprile 18811)
Carpenè prof. Antonio, Uff. D§a, dottore in chimica, socio ono-
rario della Società promotrice della popolare istruzione di
Govone, del Comizio agrario di Treviso, di Acireale e della
Società agraria di Reggio d' Emilia, membro onorario della
Società di scienze mediche in Conegliano, socio effettivo della
Società veneto-trentina di scienze naturali e corrispondente
della R. Società economica del Principato Citeriore in Salerno,
ecc. - Conegliano.
(22 giugno 1890)
Cipolla Francesco. - Verona. (Yia Stella, 21).
(24 aprile 1892)
NicoLis Enrico, Uff. opc, ■^, membro effettivo dell'Accademia
d'Agricoltura e scienze e della Commissione provinciale di
Statistica di Yerona, corrispondente della R. Accademia di
scienze, lettere ed arti di Padova, della Accademia di scienze
di New York, dell' I. R. Istituto geologico di Yienna, del
Museo cittadino e dell' I. R. Accademia degli Agiati di Rove-
reto ecc. Conservatore del 3Iiiseo civico e di quello dell'Ac-
cademia di Yerona, ecc. (Corte Quaranta).
(29 (lioembrc 1895)
Polacco avv. Yittorio, c^, socio effettivo della R. Accademia di
scienze, lettere ed arti di Padova, membro della " Interna-
tionale Yereinigung fiir vergleichende Rechtswissenschaft, und
Yolkswirtschaftslehre „ di Berlino, prof, ordinario di Diritto
civile nella R. Università di Padova. (Yia del Pero, 197).
(29 dicembi-e 1895)
Brugi Biagio, c§:, socio effettivo della R. Accademia di scienze,
lettere ed arti di Padova, socio onorario dell'Accademia Gioenia
di Catania, socio dell'Accademia Raffaello di Urbino, prof, or-
dinario di Istituzioni di diritto romano e incaricato di Intro-
duzione alle scienze giuridiche e Istituzioni di diritto civile
nella R. Università di Padova. (Yia Scalzi, 4892 C).
i6 ELENCO DEI MEMBEI E SOCI
(29 dicembre 181)5)
Yeeson Enrico, Uff. pgn, membro corrispondente della R. Acca-
demia di scienze, lettere od arti di Padova, della Imperiale
Società Agraria di Odessa, della R. Accademia di ag-ricoltura
di Torino, dell' I. R. Società ag-raria di (xorizia, della Società
agraria Istriana, membro effettivo della Imperiale Società di
acclimatazione della Rnssia, membro titolare della Società Im-
periale di economia rurale di Mosca, presidente onorario del
Museo Nazionale di sericoltura di Torino, socio onorario del-
l'Accademia di Pesaro, della Imperiale Società agraria di Tifiis,
della Società agraria di Rovereto, del Comizio agrario di Cuneo,
direttore della R. Stazione bacologica di Padova. .
(29 dicembre 1895)
Pascolato avv. Alessandro, Deputato al Parlamento Nazionale,
Gr. Uff. c§"'7 Comm. ^, Cav. della Legion d'Onore, Ufficiale
di Accademia e Ufficiale dell' Istruzione pubblica di Francia,
presidente dell' Ateneo di Venezia, socio dell' Accademia dei
Concordi di Rovigo e dell'Accademia di Udine, ff. di direttore
della R. Scuola superiore di commercio in Venezia, presidente
della (xiunta di vigilanza del R. Istituto tecnico e nautico Paolo
Sarpi di Venezia.
(29 (liceinl)rc 1895)
Levi-Catellani Enrico, '^p, membro dell'Istituto di Diritto In-
ternazionale, socio corrispondente della R. Accademia di scienze,
lettere ed arti di Padova, socio della R. Accademia Peloritana
di Messina, memliro dell'Associazione per la riforma e la co-
dificazione del Diritto delle genti sedente a Londra, prof, or-
dinario di Diritto internazionale presso la R. Università di Pa-
dova. (Via Spirito Santo, 1806).
(29 dicembre 189.5)
Crescini Vincenzo, c^^^ socio effettivo della R. Accademia di
scienze, lettere ed arti di Padova, membro del Félibrige latin
(Montpellier), prof, ordinario di Storia comparata delle lettera-
ture e delle lingue neo-latine nella R. Università di Padova.
(Via Sant'Apollonia, 433).
DEL R. ISTITUTO VENETO 17
(29 dicembre 1895)
^fASSALONGo doti. KoBERTo, d^'s iiumii1)vo della Socióté anatoniiqiie
di Parigi, della Sociótó de thérapeutique di Parigi, della So-
ciété médico-psycologique di Parigi, della Société Franeaise
d'hygiène, della Société zoologi(|iie de France, della Société
Royale des Sciences inédicales et naturelles de Bruxelles, del-
l'Academia de medicina y chirurgia de Barcellona, della So-
ciété de médecine di Parigi, della Società dei nevrologi ed alie-
nisti tedeschi, della Società Reale Italiana d'igiene, dell' Ac-
cademia medico-chirurgica di Napoli, membro onorario del-
l'Academia di medicina di Ferrara, deirAccademia medica di
Grenova, della R. Accademia medica di Roma, della Società
medico-fisica Fiorentina, della R. Accademia di medicina di
Torino, prof, pareggiato di medicina interna nella R. Univer-
sità di Padova, direttore e medico primario dell'Ospitale Mag-
giore di Verona.
(29 (licoinbr(> 1895)
Vicentini dott. Giuseppe, socio effettivo della R. Accademia di
scienze, lettere ed arti di Padova, socio corrispondente della R.
Accademia dei Fisiocricici di Siena e dell'Ateneo Veneto, prof,
ordinario di fisica sperimentale nella R. I^niversità di Padova.
(Istituto Fisico).
(2i> ^-ennaio 189())
Berchet Federico, ■^, ^l. e. '48-'49, Cav. di 1=^ classe dell'Ordine
Norvegese di S. Olaf, ingegnere architetto, accademico di me-
rito residente nell'Accademia di Belle Arti in Venezia, socio
dell'Accademia ligustica di Belle Arti, dei Georgofili di Fi-
renze, dell' Ateneo A^eneto, della R. Deputazione Veneta di
storia patria, corrispondente delUxlssociazione artistica e d'ar-
chitettura di Roma, direttore dell'Ufficio regionale pei Monu-
menti del Veneto. - Venezia. (Fondamenta dell'Arsenale, 2169).
(25 )jini'zo 1897)
CiscATO Giuseppe, socio corrispondente della R. Accademia di Pa-
dova, astronomo aggiunto nell'Osservatorio di Padova, docente
libero di Geodesia all'Università, direttore della Stazione Astro-
nomica Internazionale di Carloforte. - Padova.
ELENCO DEI MEMBEI E SOCI
(25 marzo 18971
BoEDiGA Giovanni, libero docente di geometria proiettiva e g-eo-
metria descrittiva nella E. TTniversità di Padova, prof, titolare
di matematiche nel R. Istituto Tecnico Paolo Sarpi in Venezia.
(25 Marzo 18S)7)
Landucci avv. Landò, -^ , c§:, socio effettivo della R. Accademia
di scienze, lettere ed arti di Padova, socio corrispondente della
R. Accademia Petrarca di scienze, lettere od arti di Arezzo,
della R. Accademia Raffaello d' Urbino, della R. Accademia
di scienze, lettere ed arti della Yaltiberina in Sansepolcro e
della R. Accademia di scienze e lettere Peloritana di Messina,
socio della ''International Yereiniffuno- fiii* vero-leichende Rechs-
wissenschaft und A'olkswirtlìschafslehre „ di Berlino, membro
onorario dell' Istituto di storia del diritto i-omano di Catania,
prof, ordinario di diritto romano e incaricato delFinsegnamento
della " Storia del diritto romano „ nella R. Università di Pa-
dova. (Piazza Vittorio Emanuele, 2152).
(25 marzo imi)
Tellini Achille, socio corrispondente deirAccademia de'Zelanti
di Acireale, socio ordinario dell' Accademia di Udine, prof,
di scienze naturali nel R. Istituto Tecnico di Tedine.
(22 maggio 1«'.»7)
Arrigoni Degli Oddi nob. Ettore, membro effettivo della Unione
ornitologica inglese, della Società zoologica di Francia, della
Società italiana di scienze naturali, della Società Veneto-Tren-
tina di scienze naturali, membro effettivo della Società Orni-
tologica Tedesca, socio corrispondente deirAccademia di Ve-
rona, dell' Ateneo di Bergamo, collaboratore speciale della
Inchiesta ornitologica italiana; della Rivista italiana rli scienze
naturali e del giornale italiano VArlnila^ socio onorario della
Società Colombofila fiorentina, socio corrispondente dell'Acca-
demia dei Zelanti e PP. dello Studio di Acireale, insegnante
libero di zoologia nella R. Università di Padova. (Via Tor-
ricelle, 2223).
DEL K. ISTITUTO VENETO 19
(22 maggio 1897)
Spiga- Makcatato Giovanni, c^^;, Dottore in Chimica ed in Chimica
e farmacia, inseg'nante libero di Chimica o;enera!e e di Chi-
mica farmaceutica nella R. T^niversità di Padova, Chimico
principale nella R. 3Iarina e J)irettore del Laboratorio Chi-
mico del III Dipartimento Marittimo. - Venezia. (Sanf An-
tonino, 3341).
(22 lUiiggio 1S!.)7)
Poacii Tito, i^Jj, •^, socio corrispondente della Società di aii^ri-
coltura di Reg-g-io Emilia e della Società agraria di Bologna,
socio onorario dei Comizi Ag-rari di Modena, Lendinara, Loreo,
Rovigo, Bologna, membro corrispondente nazionale della Reale
Accademia di Agricoltura di Torino, Delegato per la ricerca
e la sorveglianza della filossera nella provincia di Verona, di-
rettore del Giornale " ]j' Aijrirolfiirtt J^ci/efa „, direttore della
Cattedra ambulante di agricoltura di Verona.
(22 maggio 18')7)
BoNOME Augusto, c§:, socio corrispondente della R. Accademia
di scienze, lettere ed arti di Padova, niend)ro onorario del-
TAssociazione medica Lombarda, prof, ordinario di anatomia
patologica nella R. Liniversità di Padova. (Piazza Vittorio
Emanuele, 2674).
(22 maggio 1<S97)
Tamassia Giovanni, ^-p-^ membro effettivo della R. Deputazione di
storia patria per le provincie di Romagna, prof, ordinario di
storia del diritto italiano nella R. Lniversità di Padova. (Via
S. Fermo, 1350).
(22 maggio 1S'.)7)
Sacerdoti Adolfo, a^y-, membro effettivo dellMnstitut de droit iii-
ternational e dell' Accademia di scienze, lettere ed arti di Pa-
dova, socio corrispondente del R. Istituto Lombardo di scienze
e lettere, prof, ordinario di diritto commerciale nella R. Uni-
versità di Padova. (Via Maggiore, 1450).
20 ELENCO DEI MEMBRI E SOCI
(27 febbriiio 1898)
D'Arcais Francesco, ^^ socio corrispondente della R. Accademia
di scienze, lettere ed arti di Padova, Accademico onorario
della R. Accademia delle scienze dell'Istituto di Bologna, prof,
ordinario di calcolo infinitesimale, ed incaricato dell' insegna-
mento dell'analisi superiore nella R. università di Padova. (Yia
8. Ilaria 1 conia, 3035).
(27 l'ebbiaio IH'JS)
Pennato Papinio, o§:, decorato della medaglia d'argento a'bene-
meriti della salute pubblica, docente libero di clinica medica
propedeutica nell' Università di Padova, consigliere sanitario
provinciale, membro effettivo dell'Accademia di Udine, medico
primario direttore dell'Ospitale civile, e del Brefotrofio di Udine.
(27 febbraio 1W)8)
Zanon Giovanni Antonio, costruttore e professore di costruzione
navale, membro del Collegio decemvirale degli italiani della
Pontificia Accademia Romana di S. Tommaso d'Aquino, socio
onorario corrispondente della Società di letture e conversazioni
scientifiche di Genova, prof, titolare di macchine a vapore nel
R. Istituto nautico di Yenezia. (Dorsoduro, 299).
(27 febbraio bS',)8)
Castelnuovo Enrico, c§], prof, d'istituzioni commerciali nella R.
Scuola superiore di commercio in Yenezia.
(27 febbraio 181)8)
pREDELLi Riccardo, c^, mendn-o effettivo e tesoriere della M.
Deputazione veneta di storia pati'ia, membro corrispondente
della I. R. Accademia degli Agiati di Rovereto, socio resi-
dente dell'Ateneo veneto, archivista e docente di paleografia
ed archivistica nell'Archivio di Stato di Yenezia, membro della
R. Commissione per la pubblicazione dei documenti finanziari
della Repubblica di Yenezia.
DEL R. ISTITUTO VENETO ' 21
(24 aprile iHltS)
BiADEGO Giuseppe, c^-, dottore in filosofia, socio oorrispondente
(lolla R. Accademia di Lucca e dell' Accademia degli Agiati
di Rovereto, membro effettivo della R. Deputazione veneta di
storia patria, membro effettivo e segretario dell'Accademia di
agricoltura, scienze, lettere ed arti di Verona, meni' ro della
Commissione conservatrice dei monumenti e bibliotecario della
Comunale di Verona.
(27 novembre 181)8)
Setti Giovanni, socio corrispondente delle RR. Deputazioni di
storia patria per le provincie Modenesi e per le provincie di
Romagna e della R. Accademia Padovana di scienze, lettere
ed arti, prof, ordinario di letteratura greca nella R. Università
di Padova. (Passaggio S. Nicolò, 249).
(27 novembre 1898)
Flamini Feancesco, socio corrispondente della R. Accademia di
scienze, lettere ed arti di Padova e dell' Ateneo di scienze,
lettere ed arti di Bergamo, membro effettivo della Reale Com-
missione per i testi di lingua e del Comitato Centrale della
Società Dantesca Italiana, prof, ordinario di letteratura italiana
nella R. Università di Padova. (Piazza Vittorio Emanuele, 2688).
SOCn CORRISPONDENTI NAZIONALI
(2(> novembre IS65)
Boccakdo avv. prof. Giiiolamo, Senatore del Regno, Consigliere
di Stato, Cav. dell'Ordine civile di Savoia, Gr. Cord, og:, -^. -
Roma.
(23 gennaio 1870)
Conti Augusto, Comm. -^ , ■:^^., Cavaliere del Merito doU'Ordine
civile di Savoia, Cav. dell'Ordine della Legion d'onore di Fran-
cia, Accademico residente e arciconsolo della Crusca, socio na-
22 ELENCO DEI MEMBlil E SOCI
zionale della R. Accademia dei Lincei, accademico residente
deiristituto musicale, onorario dell' Accademia di bello arti di
Firenze, socio dell' Ateneo veneto e dell' Accademia di scienze
e lettere di Padova, ex Tenente portabandiera del II batta-
glione dei volontari fiorentini nella Campaf^na del 1848, profes-
sore di filosofia teoretica e morale del R. Istituto di studi supe-
riori in Firenze.
(23 geiiiiiiio ISIO)
CossA nob. dott. Alfonso, Comni. -J}?, C^, e dell" Ord. d'Isabella
Cattolica di Spagna, socio nazionale della Reale Accademia dei
Lincei, uno dei XL della Società italiana, vicepresidente della
Reale Accademia delle scienze di Torino, socio corrispondente
del R. Istituto Lombardo, della R. Accademia delle scienze di
Napoli e di Bologna, socio corrispondente della Reale Acca-
demia delle scienze di Berlino, socio ordinario dell'Istituto d'in-
coraggiamento alle scienze naturali di Napoli, dell'Accademia
Gioenia di scienze naturali in Catania, v della R. Accademia
di agricoltura in Torino, membro della Società imperiale mi-
neralogica di Pietroburgo, prof, di cbimica docimastica e di-
rettore della R. Scuola di applicazione per gì' ingegneri di To-
rino, nonché prof, incaricato di chimica minerale jiresso il I\.
Museo industriale italiano.
(23 gciiiiiiio ISTO)
ViLLARi Pas(^»uale, Senatore del Regno, (fr. Lft'. ^, r<^, Cav. di
Merito civile di Savoja, e dell'Ordine y^o/n- le Mrriir di Prussia,
già Ministro della pubblica istruzione, vice-presidente del Con-
siglio superiore di pubblica istruzione, socio della R. Accademia
dei Lincei di Roma, delle Reali Accademie di Napoli e Torino,
(lei (ieoi'gofili di Firenze e della Pontaniana di Napoli, socio
straordinario delle Accademie di ^lonaco e di Ungheria, socio
residente dell'Accademia della (Jrusca, socio corrispondente del-
l'Istituto Loml)ardo, Dottoi-e onorario delle rniversità di Edim-
burgo, di Halle e di Budapest, Lfficiale di pul)ldica istmzione
di Francia, prof, di storia moderna e preside della Sezione di
filosofia e filologia presso il R. Istituto di studi superiori di
Firenze.
DEL E. ISTITUTO VENETO 28
(2(5 iiiagg-io IHTl!)
NicoLUCCi (tiustiniano, Uff. ^, socio ordinario della Reale Ac-
eadeinia delle scienze e corrispondente dell' Istituto d'incoraf^-
gianiento alle scienze naturali di Napoli, socio residente del-
rAccademia Pontaniana della stessa città, uno dei XL della
Società italiana delle scienze, corrispondente delle Accademie
delle scienze di Bolog-na, Modena e dei Fisiocritici di Siena,
delle Società mediche di Roma, Napoli, Torino, Bolog-na, Fer-
rara, socio onorario fondatore della Società italiana di antro-
pologia ed etnologia, associato straniero della Società antro-
pologica di Parigi e corrispondente delle Società antropologiche
di Berlino, Lione, Bruxelles, socio ordinario della Società delle
scienze naturali e di antropologia di ]\Iosca, membro onorario
dell'Istituto antro})ologico della Gran Brettagna ed Irlanda,
della Società degli antiquari del Nord, di Copenaghen, socio ono-
rario e consigliere dell' Istituto civico di Storia Naturale di
Grosseto e del CJircolo degli aspiranti naturalisti di Napoli :
corrispondente dell'Accademia Yaldarnese del Poggio, dell'Ac-
cademia di scienze, lettere ed arti di Modena, della Società
Veneto-Trentina di scienze naturali, della Società Aretina di
scienze, lettere ed arti e dell' Istituto archeologico germanico,
R. Ispettore degli scavi e dei monumenti, prof, di antropologia
e direttore del relativo gabinetto nella R. Università di Napoli.
{22 dicembre 1872)
Cannizzaeo StanisIìAo, Senatore del Regno, Cav. dell' Ordine
civile di Savoja, Comm. rjr, Gr. Cordone d§3, prof, di chimica
generale e direttore dell'Istituto chimico nella R. Università
di Roma.
(IH big-bo iSTf))
Albini Giuseppe, Uff. ^, Comm. r^., socio corrispondente del R.
Istituto Lombai'do, socio della Società italiana delle scienze
detta dei XL, socio ordinario della R. Accademia di scienze
fisiche e matematiche di Napoli, socio ordinario della Reale
Accademia medico cbirurgica di Napoli, prof, di fisiologia e
direttore dell'Istituto fisiologico presso la R. Università di Napoli.
24 ELENCO DEI MEMBKI E SOCI
(18 luglio 1875)
Blaserna Pietro, Senatore del Kegno, Uff. ^, Gr. Uff. d^', Cav.
deirOrdine civile di Savoja, Cav. dell'Aquila rossa di Prussia
di TI'^ classe colla stella e dell'Ordino di Francesco Giuseppe
d'Austria di IP^ classe colla stella, prof, di fisica nella K. Uni-
versità di Roma.
(18 luglio 187.5)
Felici Eiccardo, ^, Gr. Uff. c^, Cav. dell'Ordine civile di Sa-
voja, uno dei Quaranta della Società italiana, socio dell' Ac-
cademia R. de' Lincei, socio corrispondente del R. Istituto Lom-
bardo di scienze e lettere, dell'Accademia delle scienze del-
l'Istituto di Bologna, della R. Accademia delle scienze di To-
rino, socio della R. Accademia Lucchese di scienze, lettere
ed arti, socio corrispondente della Società delle scienze natu-
rali di Palermo e della Società fisico-medico di Wiirzburo;,
presidente onorario della Società italiana di Fisica, membro
onorario della Società Fisica di Londra, prof, emerito di fisica
sperimentale nella R. Università di Pisa. - Spezia.
(IS luglio 187Ó)
Gemmellaro Gaetano Giorgio, Senatore del Regno, Cav. del
merito civile di Savoja, Comm. ^, (Jav. c^>:, prof, e direttore
del gabinetto di geologia e mineralogia presso la R. Università
di Palermo.
(18 luglio 1875)
Tardy prof. Placido, Comm. c§3, Gr. Uff. ^. - Firenze.
(25 iii;ir/.o 1877)
Capellini Giovanni, Senatore del Regno, Cav. dell'Ordine civile
di Savoja, Comm. •^, 3§a, Comm. con placca dell'Aquila rossa
di Prussia, Gr. Uff. dell'Ordine del Leone di Zahi-ingen, Gr.
T'ff. della Corona di Romania e dell'Ordine di S. Marino, Comm.
degli (ordini del Dannebrog di Danimarca, del Salvatore di
Grecia, della Stella polare di Svezia, dell'Ordine del merito
scientifico di San Giacomo della spada di Portogallo, Comm.
con placca dell'Ordine di San Stanislao di Russia, Dignitario
DEL li. ISTITUTO VENETO 25
dell'Ordine della Rosa del Brasile, Cav. dell'Ordine della Con-
cezione di Portog-allo, cav. dell'Ordine della Legion d'onore di
Francia, Uff. dell' Ordine del Meg-idjè, decorato delle palme
dell'Tstrnzione pnbblica di Francia, della medaglia d'oro Bene-
mcrenfi di Romania, presidente del Consiglio snperiore delle
miniere e del R. Comitato geologico, prof, e direttore dell'Isti-
tnto geologico presso la R. università di liologna.
(25 marzo 1<ST7)
D'AcHiARDi Antonio, ^^ '^0-, prof, e direttore del gabinetto di
mineralogia ed incaricato dell'insegnamento
e meteorologia nella R. Università di Pisa
mineralogia ed incaricato dell'insegnamento di geografia fisica
(26 maggio 1878)
Nac CARI Andrea, dottore in matematica, ^, Uff. c^, membro della
R. Accademia delle scienze di Torino, uno dei XL della So-
cietà italiana delle scienze, corrispondente della R. Accademia
dei Lincei in Roma, prof, di fisica sperimentale e direttore del
relativo gabinetto nella R. Università di Torino.
(\i febbraio bSTU)
Caeducci Giosuè, Senatore del Regno, Comm. ^^ Gr. Cord. c§:,
Gr. Cordone dell'Ordine di S. Marino, Comm. dell'Ordine della
Rosa del Brasile, membro delle Reali Accademie dei Lincei
e della Crusca, prof, di letteratura italiana nella R. Università
di Bologna.
{',) febliraio 18T'J)
Tacchini prof. Pietro, direttore del R. Osservatorio astronomico
del Collegio Romano e dell'annesso Museo Copernicano, della
Società degli Spettroscopisti italiani e della Società sismolo-
gica italiana. - Roma.
(U maggio 1882)
T)j'jL LuN(U) Isidoro, Comm. -^ , Uff. x^t, socio residente dclbx R.
Accademia della Crusca ed uno dei deputati alla compilazione
del Vocabolario. - Firenze.
2fi F-LENCO T)KT MEMBRI E SOCI
(14 maggio 1SS2)
Ferrerò Annibale, Senatore del Regno, Cav. dell' Ordine del
merito civile di Savoja, flr. Cord, c^'^, Gr. Uff. -^, decorato di due
medaglie d'argento e di una di bronzo al valore militare, Conim.
della Corona di Prussia, Grr. Uff. dell'Ordine di Francesco Giu-
seppe d'Austria e del merito militare Spagnuolo, T'flRciale della
Legion d'onore di Francia e dell'Accademia di Francia, insi-
gnito della gran medaglia germanica d'oro per l'arte e la scienza,
Gr. f*ord. dell' Ord. di Carlo ITI di Spagna, socio della R.
Accademia dei Ijincei, della Società italiana delle scienze, detta
dei XL, dell'Accademia l^ontaniana di Napoli, socio corrispon-
dente della Reale Accademia di scienze, lettere ed arti di Mo-
dena, socio corrispondente della R. Accademia di Bologna, socio
straniero dell'I. R. Accademia Leopoldina di Germania, del-
l'Istituto internazionale di statistica, membro corrispondente
dell'Istituto storico, etnografico e geografico del Brasile, socio della
Reale Accademia delle scienze militari di Stoccolma, socio cor-
rispondente dell' Accademia delle scienze di Madrid, Dorfor
jiir/x Jionoris cfinsti dell'Università di Glasgow e di quella di
(Cambridge, Tenente generale, ex ambasciatore a Londra, pre-
sidente della R. Commissione Italiana per la misura del grado
europeo, e vicepresidente dell'Associazione geodetica interna-
zionale. Comandante il 111 Corpo d'armata. - Milano.
(23 marzo 1884)
Bizzozero dott. Giulio, Senatore del Regno, Comm. -^, Gr. Uff.
c§3, membro del Consiglio superiore di sanità, membro delle
Reali Accademie dei Lincei e delle scienze di Torino, socio
corrispondente del R. Istituto Lombardo di scienze e lettere,
dell'Accademia delle scienze di Bologna, dell'Accademia Im-
periale Germanica, ecc. prof, e direttore del laboratorio di pa-
tologia generale nella K. Università di Torino.
(23 marzo 18H4)
BoMBicci Luigi, Comm. -^, <3-, prof, di mineralogia e direttore
del relativo Museo nella R. Università di Bologna, incaricato
anche dell'insegnamento della geologia applicata in quella R.
Scuola per gli ingegneri.
DEL R. ISTITUTO VENETO 27
(29 marzo 1884)
Carutti di Cantogno barone Domenico, Senatore del Re^no, Cav.
e Consigliere dell' Ordine civile di Savoja, Gr. Uff. -5{4, 'j^,
Gr. Cordone di più ordini cavallereschi italiani ed esteri, presi-
dente on. di Sezione di Consiglio di Stato, socio della R. Ac-
cademia dei Lincei, e della R. Accademia delle scienze di
Torino, presidente della R. Deputazione di storia patria per
le antiche provincie e la Lombardia, ecc. - Torino.
(23 iiiiir/o 1884)
Comparetti Domenico, Senatore del Regno, Cav. dell'Ordine del
merito civile di Savoja, Uff. ng:, Comm. r^t, prof, emerito della
R. Università di Pisa e del Regio Istituto superiore di Firenze.
(23 marzo 1884)
D'Ancona Alessandro, Comm. •^, Gr. Uff. c^^, socio nazionale
della R. Accademia dei Lincei, e della R. Accademia delle
scienze di Torino, corrispondente della R. Accademia della
Crusca e del R. Istituto Lombardo di scienze e lettere, prof,
di letteratura italiana nella R. Università di Pisa.
(23 marzo 1884)
Manno barone D. Antonio, Gr. Uff. -^^ Gr. Uff. c§:, Cav. d'o-
nore e dev. di Malta. - Torino.
(23 marzo 1884)
Mosso dott. Angelo, ^, Comm. o^^, prof, di fisiologia presso la
R. Università di Torino.
(23 marzo 18S4)
Targioni Tozzetti Adolfo, Comm. ^, c§:, Cav. dell'Ordine di
Leopoldo d'Austria, Cav. di II-^ classe dell'Ordine della Corona
di Prussia, membro della Commissione consultiva per la pesca
e di quella per i provvedimenti contro la filossera, socio di
varie Accademie estere e nazionali. Vicepresidente della R.
Accademia dei Georgofili, Presidente della Società entomo-
28 ELENCO DEI MEMBtóI E SOCI
logica italiana, socio nazionale della R. Accademia dei Lincei,
professore di anatomia comparata, di zoologia e direttore del
(labinetto degli animali invertebrati, del R. Istituto di studi
superiori pratici e di perfezionamento, Direttore della R. Sta-
zione di entomologia agraria in Firenze.
(28 marzo 1884)
ToMMASiNi Oreste. - Ironia.
(21 marzo 188())
Bassani dott. Francesco, ci^^, socio ordinario residente della R.
Accademia delle scienze di Napoli, membro della Società ita-
liana dei XL, deir Accademia Pontaniana e del R. Istituto
d'incoraggiamento di Napoli, corrispondente della R. Accademia
dei Lincei, della R. Accademia di scienze, lettere ed arti di
di Padova, della R. Accademia A'aldarnese del Poggio in Mon-
tevarchi, dell'Accademia di agricoltura e commercio di Verona,
dell'Accademia Gioenia di scienze naturali di Catania, dell'I.
R. Accademia degli Agiati in Rovereto e dell' I. R. Istituto
geologico di Vienna, socio onorario dell'Accademia dei Zelanti
di Acireale, professore ordinario di geologia, incaricato di pa-
leontologia e direttore del gabinetto geologico nella R. Uni-
versità di Napoli.
(21 marzo 188(5)
Dalla Vedova dott. Giuseppe, Uff. -tI^, Gr. Uff. c^^, Comm. di
altri Ordini cavallereschi esteri, membro del Consiglio supe-
riore dell' Istruzione pubblica, socio corrispondente ed onorario
di varie Accademie scientifiche e Società geografiche italiane
ed estere, professore ordinario di geografia della R. Università
di Roma.
(21 marzo 188())
GiGiiioLi Enrico Hillyer, Uff. ^, Comm. •§• e dell'Ordine di
Francesco Giuseppe d'Austria, Uff. dell' (Irdine della Rosa del
Brasile e della pnbbh"ca istruzione in Francia, Vicepresidente
della Società italiana di antropologia, socio d' onore delle So-
cietà geografiche di Roma, Londra e Berlino, di quelle orni-
BEL E. ISTITUTO VENETO 29
tologiche di Londra, Budapest e Nuova York, della E. So-
cietà d' Olanda per le Indie Neerlandesi, della Zoologica e
della Antropologica di Londra, membro corrispondente della
R. Accademia dei Georgofili, delle Società biologica di Wa-
shington, antropologiche di Parigi, Vienna e Washington, Ac-
cademico non residente della Pontaniana di Napoli, socio dei
Musei : civico di Rovereto, etnografico di Lipsia e nazionale di
Rio de Janeiro, professore ordinario e direttore del gabinetto
di zoologia e anatomia deg-li animali vertebrati nel R. Istituto
dei studi superiori, pratici e di perfezionamento in Firenze.
(21 marzo 1886)
RòiTi Antonio, Uff. ego, Cavaliere della Legion d' onore di Fran-
cia, Ufficiale dell' Ordine di Leopoldo del Belgio, professore
di fisica, direttore del relativo gabinetto e del museo degli
antichi strumenti di fisica e di astronomia nel R. Istituto di
studi superiori, pratici e di perfezionamento in Firenze, pre-
sidente della Sezione di scienze fisiche e naturali, membro del
Consiglio superiore della pubblica istruzione, presidente della
Società italiana di fisica.
(21 marzo 1886)
RuFFiNi dott. Ferdinando, Uff. ^, Comm. ^, professore di
meccanica razionale presso la R. Università di Bologna.
(U aprile 1889)
Righi Augusto, -^, d^^-, membro pensionato della R. Accademia
delle scienze in Bologna, membro corrispondente dell'Acca-
demia di scienze naturali ed economiche di Palermo, delle
Reali Accademie di Torino e di Padova, dell'Accademia di
Catania, della Società degli Spettroscopisti italiani, della So-
cietà di scienze di Mosca, della Accademia Imperiale di Pie-
troburgo e della Società di Fisica e Scienze Naturali di Gi-
nevra, membro onorario della Società Filosofica di Cambdrige,
socio Nazionale della R. Accademia dei Lincei, uno dei XL
della Società italiana delle scienze, Dottore in Filosofia honoris,
causa della Università di Gottinga, professore ordinario di
fisica nella R. Università di Boloa-na.
30 ELENCO DEI MEMBRI E SOCI
(16 giugno 1889)
Bollati di Saint-Pierre bear. Federigo Emanuele, dottore in
leggi, Comm. -5^, 0^, Consigliere d'amministrazione presso il
R. economato generale delle antiche Provincie, membro della
Eegia Deputazione sovra gli studi di storia patria per le an-
tiche Provincie Piemontesi e la Lombardia, e della Società
accademica di Aosta, corrispondente della Consulta araldica,
Yicepresidente della Commissione araldica per il Piemonte,
socio corrispondente della Società ligure di storia patria, della
Colombaria di Firenze, della K. Accademia di scienze, lettere
ed arti di Padova, della R. Deputazione di storia patria per
le Provincie della Romagna, della nuova Società per la storia
della Sicilia, della Società di storia e di archeologia di Gine-
vra, membro onorario della Società di storia della Svizzera
Romanza, dell'Accademia del Chablais e della Società Savoina
di storia e di archeologia, membro della R. Accademia delle
scienze di Torino, Soprintendente degli Archivi ])iemontesi e
direttore dell'Archivio di Stato in Torino.
(16 giugno 1889)
Cipolla co. Carlo, Uff. c§:, membro effettivo della R. Accade-
mia dello scienze e socio della R. Deputa/ione di storia patria
in Torino, membro effettivo della Regia Deputazione veneta
di storia patria, socio della Società storica Romana, socio na-
zionale della R. Accademia dei Lincei, corrispondente del-
l'Accademia delle scienze di Monaco (Baviera), di quella di
Gottinga, e della Regia Accademia di Padova, socio di quella
di Rovereto, professore di storia moderna nella Regia Uni-
versità di Torino.
(16 giugno 1889)
Donati dott. Cesare, Cav. dell' Ordine del mei-ito civile di Sa-
voia, c§o, Comm. o|:. - Roma.
(16 giugno 1889)
I^ ORNAR! sac. Tito, Comm. ^r, c§j, Cav. del merito civile di
Savoja, socio corrispondente della R. Accademia della Crusca,
ordinario della R. Accademia d' archeologia, lettere e belle
arti e Prefetto della Biblioteca nazionale di Napoli.
DEL R. ISTITUTO VENETO 31
IIB o.iuo-no IH89)
MiLLOSEViCH prof. Elia, c§:, socio oorrispon dente della R. Acca-
demia dei Lincei, Membro della Commissione Superiore me-
trica Italiana, Consigliere della Società Geografica Italiana,
astronomo del R. Osservatorio astronomico del Collegio Ro-
mano. - Roma.
(16 giugno 1889)
Paterno di Sessa dott. Emanuele, Senatore del Regno, Gr.
Uff. ^, Conim. c§:, Cav. dell' Ordine del merito civile di
Savoja, decorato della medaglia d' oro ai benemeriti della sa-
lute pubblica, professore ordinario delle applicazioni della
chimica nella R. Università di Roma.
(IG giugno 1889)
Peyeon Bernardino, Gr. ITff. -^^ Uff. o§3, professore di lettere,
membro della R. Accademia delle scienze e Bibliotecario ono-
rario della Biblioteca nazionale in Torino.
(K; giugno 1889)
PiGOEiNi dott. Luigi, Uff. ^, Comm. c^^, e di più Ordini stra-
nieri, socio della R. Accademia dei Lincei, direttore dei Musei
Kircheriano e preistorico-etnografico, professore di paletnolo-
gia presso la R. Università di Roma.
(K; giugno 1889)
Salvadori conte Tommaso, d^, Cavaliere dell' (Jrdine di S. Gia-
como del merito scientifico, letterario ed artistico ; dottore in
medicina e chirurgia, membro della R. Accademia delle scienze,
socio della R. Accademia d'Agricoltura di Torino, della Società
italiana di scienze naturali, dell'Accademia Gioenia di Catania
e di altre Società scientifiche straniere, professore di storia
naturale nel R. Liceo Cavour di Torino e vicedirettore del
Museo zoologico presso quella LTniversità.
(]() giugno 1889)
Scarabelli-Gommi Flaminj Giuseppe, Comm. •^, c^. Senatore
del Regno, membro della Società geologica italiana, socio della
32 ELENCO DEI MEMBRI E SOCI
R. Accademia dei Lincei, membro del R. Comitato geologico
italiano, Presidente del Comizio agrario, della Cassa di rispar-
mio, della Scuola pratica di agricoltura e dell' Asilo-Giardino
Principe di Napoli in Imola, R. Ispettore circondariale degli
^ scavi e monumenti, ecc.
(16 giugno 1889)
Zambaldi dott. Francesco, -ì|f, o^, e dell'Ordine del Salvatore
di Grecia, membro onorario della Società archeologica d'Atene,
socio corrispondente dell'Accademia di Padova e della Pon-
taniana di Napoli, professore di letteratura greca nella R.
Università di Pisa.
(22 giugno 1890)
Mazzoni Guido •^, o^:, dottore in lettere, socio residente e se-
gretario della R. Accademia della Crusca, socio urbano della
Colombaria di Firenze, socio della R. Commissione pei testi di
lingua, socio corrispondente della R. Accademia di scienze, let-
tere ed arti di Padova, socio onorario dell'Accademia del R.
Istituto Musicale di Firenze, dell'Accademia R. di Belle Arti
in Carrara e dell'Accademia Etrusca di Cortona, socio cor-
rispondente della R. Accademia di scienze, lettere ed arti di
Lucca, professore ordinario di lettere italiane presso il R. Isti-
tuto di studi superiori e di perfezionamento in Firenze.
(2() jiprilc 1H9H)
Abetti Antonio, c^k, dottore negli studi d' ingegnere, socio corri-
spondente dei Lincei, socio effettivo dell'Accademia eli Padova,
membro della Commissione Geodetica Italiana e della Società
degli Spettroscopisti Italiani, professore ordinario di astronomia
nel R. Istituto di Studi superiori pratici e di perfezionamento
in Firenze, Direttore del R. Osservatorio di Arcetri.
(23 febbraio 189G)
BoiTO Camillo, Gr. T"'^ff. c§a, socio onorario della Romana Acca-
demia di S. Luca e di quelle di Venezia, Torino, Bologna,
Firenze, Genova, ecc., socio corrispondente del R. Istituto Lom-
bardo di scienze e lettere, professore di architettura nella R.
Accademia di belle arti e nel R. Istituto Tecnico superiore di
Milano.
DEL K. ISTITUTO VENETO 33
(23 febbraio 1896)
Faveeo Giovanni Battista, ^, Conini. ogi, socio nazionale della
R. Accademia dei Lincei, e socio corrispondente della R. Ac-
cademia delle scienze di Torino, membro dell' " International
Statistical Institute „ , professore ordinario di strade ferrate
nella Scuola d' applicazione per gli ingegneri nella R. Univer-
sità di Roma.
(23 febbraio bSOfi)
Fekcjula Emanuele, -^V-, Conim. •^, socio ordinario residente della
R. Accademia delle scienze fisiche e matematiche di Napoli,
deir Accademia Pontaniana e del R. Istituto d' incoraggia-
mento alle scienze naturali, uno dei XL della Società italiana
delle scienze, socio nazionale della R. Accademia dei Lincei,
socio nazionale non residente della R. Accademia delle scienze
di Torino, professore ordinario di astronomia nella R. Univer-
sità di Napoli, direttore del R. Osservatorio astronomico di
Capodimonte.
(23 febl)iai() IHDi;)
Magnaghi Giovanni Battista, Cav. dell' Ordine militare di Sa-
voja, Comm. ^, Gr. I"ff. c§j, fregiato della medaglia comme-
morativa delle guerre per 1' Indipendenza, Ofificier de 1' In-
struction pnlilique de Franco, Grande (?roix de la Légion
(V honnenr, Gommendatore della Corona di Prussia, membro
della Commissione italiana per la misura del grado, socio cor-
rispondente della R. Accademia dei Lincei, socio onorario delle
Società geografiche : Italiana (Roma), Francese (Parigi), Belga
(Anversa), Ticeammiraglio nella R. Marina, comandante in
Capo della Squadra attiva.
(28 febbraio 1896)
Martello Tullio, membro del Co/xfeii (J/ii/i di Londra, dottore
collegiate e professore di economia politica e di diritto finan-
ziario nella R. Università di Bologna.
(23 febbi'aio 1896)
Parona Carlo Fabrizio, membro della R. Accademia delle
scienze di Torino, socio corrispondente (l(d H. Istituto Lom-
34 ELENCO DEI MEMBRI E SOCI
bardo di scienze e lettere, membro della E. Accademia di ajrri-
coltura di Torino, socio onorario dell'Accademia di af^ricoltura,
arti e commercio di Verona, socio corrispondente dell' Imp. R.
Istituto g'eolog'ico di A^ienna, dell' f. R. Accademia defili Agiati
di Rovereto, professore ordinario di 2,'eolog-ia nella R. Univer-
sità di Torino.
(23 febbraio 1896)
ScHiAPAEELLi prof. EiiNESTO, r§;^ direttore del R. 3Iuseo di an-
tichità. - Torino.
(22 lung-gio 18971
YivANTE avv. Cesaee, c§:, prof. emerito della R. Università di
Bologna, professore ordinario di diritto commerciale nella R.
Università di Roma.
(22 maggio 1897)
Alfani Augusto, s§i, accademico residente della Crusca, seg-re-
tario della Società Colombaria. - Firenze.
(22 niiiggio 1897)
Battelli dott. Angelo, t§;, membro della R. Accademia dei
Lincei, dell'Accademia Gioenia di scienze naturali di Catania
e dell'Accademia di scienze, lettere ed arti di Padova, profes-
sore di fisica e direttore del relativo gabinetto nella R. Uni-
versità di risa.
(22 maggio 1.S97)
Camerano Lorenzo, membro della R. Accademia delle scienze e
della R. Accademia di agricoltura di Torino, membro corri-
spondente della Società zoologica di I^ondra, del Museo civico
(li Rovereto e della Società scientifica del Chili, professore di
anatomia comparata e di zoologia e Direttore dei Musei rela-
tivi nella R. laiiversità di Torino.
(22 Jiiaggio 1897)
CiAMiciAN Giacomo, og:, socio nazionale della R. x-^ccademia dei
Lincei e della Società dei XL, socio onorario della Royal
[nstitution di Londra, professore ordina io di chimica generale
nella R. Università di Bologna.
DEL K. ISTITUTO VENETO 35
(22 maggio lHi)7)
Massaloxgo C'aro, ineinbro effettivo deirAccadeniia di ug-ricol-
tura, lettere e scienze di Verona, membro della Società Ve-
neto-Trentina di scienze naturali in Padova, vicepresidente della
Società botanica italiana in Firenze, membro della " Société
nationale des sciences naturelles et mathématiques de Cher-
bourg; „ , membro dell'Accademia medica e di scienze naturali
di Ferrara, professore ordinario di botanica, direttore dell'orto
botanico e Preside della facoltà di medicina e chirurgia della
Università di Ferrara.
(22 maggio 1897)
Panzacchi Enrico, Conmi. -^, -5^, Deputato al Parlamento, pre-
sidente della R. Accademia di belle arti, professore ordinario
di estetica e di storia dell'arte moderna nella R. Università
di Bologna.
(22 maggio 1897)
Penzig Ottone, o^, Cav. dell' Ordine dell'Aquila Rossa di Prussia,
socio onorario della Società Accademica dei Naturalisti in
Breslavia e della Nederlandsche ^laatschappij voor Tuinbouw
en Plantkunde in Amsterdam, socio corrispondente della Società
Silesiaca per la patria coltura in Breslavia, della Società di
Scienze naturali di Danzig, della Società Entomologica Sile-
siaca di Breslavia, dell'Accademia dei Georgofili in Firenze,
della Società Botanica della provincia di Brandenburg in Berlino,
della Società Nazionale di Scienze naturali e matematiche di
Cherbourg, della R. Accademia di scienze, lettere ed arti in Pa-
dova, della Sociedad ^lexicana de Historia naturai, della So-
cietà botanica di Ginevra, della R. Accademia delle scienze
dell' Istituto di Bologna, della Società economica di Chiavari,
della R. Accademia delle scienze di Torino, membro effettivo
della Società botanica Germanica, della Società Crittogamolo-
gica Italiana, della Società botanica Italiana, della Società bo-
tanica di Francia, della Società Ligustica di scienze naturali
e geografia in Genova, della R. Società Geografica Italiana
di Roma, dell' Imperiale Accademia Leopoldo-Carolina dei na-
turalisti in Halle, membro della Commissione internazionale di
Fitopatologia, prof, ordinario di botanica e direttore del R. Orto
Botanico dell'Università di Genova.
36 ELENCO DEI MEMBRI E SOCI
(22 maggio 1897)
Stringher Bonaluo, (xr. Uft". ■^, ^4^, della Corona di Prussia,
di Francesco Giuseppe d'Austria, Comin. della legion d' onore
di Francia e dell' Ordine di 8an Marino, corrispondente della
R. Accademia nazionale dei Lincei, corrispondente della R.
Accademia dei Georgofìli, ecc., membro effettivo dell' Istituto
internazionale di Statistica, gik libero docente di scienza delle
finanze e diritto finanziario, e incaricato dell' insegnamento
della legislazione comparata delle dogane nella Università di
Roma, membro del Consiglio Superiore di Statistica, Consi-
gliere di Stato. - Roma.
(22 maggio 1897)
Tizzoni Guido, c^v.^ dott. in medicina, ])eputato al Parlamento,
socio nazionale della R. Accademia dei Lincei, membro pen-
sionato della R. Accademia delle scienze di Bologna, membro
residente della Società medico-chirurgica di Bologna, socio cor-
rispondente delle Accademie di medicina di Modena, Catania,
Torino, Roma, Firenze ecc., professore e direttore del labora-
torio di patologia generale nella R. Università di Bologna.
SOCI CORRISPONDENTI ESTERI
(29 maggio 18(;2)
Alber de Glanstatten Augusto (Barone). - Trieste.
(26 novembre 1865)
MoMMSEN Teodoro, prof, di storia ed archeologia all' Università
di Berlino. - Berlino.
(19 aprile 1869)
Berthelot Marcellino, prof, di chimica al Collegio di Francia.
- Parigi.
(18 aprile 1875)
Bertrand Giuseppe, prof, di fisica generale e matematica al
Collegio di Francia. - Parigi.
DEL R. ISTITUTO VENETO 37
(9 febbraio 1879)
Fate Hervé Augusto, astronomo. ^lembro dell'Accadeniia delle
scienze dell' Istituto di Francia. - Parigi.
Hermite Carlo, prof, di algebra superiore alla Sorhoinie. - Parigi.
(20 maggio 1883)
Forster Ctuglielmo, professore di astronomia all' Università di
Berlino.
HoRTis Attilio, bibliotecario della Conmnale di Trieste.
Rendu Eugenio, Direttore della Scuola Normale di Parigi.
RiANT Paolo, archeologo. - l'arigi.
Struve Ottone, astronomo, già Direttore dell' Osservatorio im-
periale di Pulkova. - Carlsruhe.
Zittel Carlo Alfredo, prof, di paleontologia all' Università di
Monaco.
(21 marzo 188())
GiJNTHER Sigismondo, prof, di geografia (Erdkunde) alla R. Scuola
tecnica superiore in Monaco. - Baviera.
NoRDENSKioLD N. A. E., professore e direttore del Museo Reale
mineralogico in Stoccolma.
(1() giugno 1889)
BoussiNESQ Valentino, prof, di meccanica fìsica e sperimentale
alla Soi'hottiie. - Parigi.
BiJDiNGER Massimiliano, prof, di storia all' Università di Vienna.
Carruthers Guglielmo, Direttore del Dipartimento botanico nel
Museo Britannico. - Londra.
Delisle Leopoldo, membro dell'Accademia delle Iscrizioni e
Belle Lettere dell' Istituto di Francia (Amministratore gene-
rale della Biblioteca Nazionale di Parigi). - Parigi.
Fischer Teobaldo, prof, di geografia all' Università di Marburg.
Gaudry Alberto, prof, di paleontologia al Museo di storia natu-
rale di Parigi.
Gegenbaur Carlo, prof, di anatomia all' Università di Heidelberg.
KoLLiKER Alberto, prof, di anatomia all' Università di Wirzburg.
LoRioL (de) Perceval, geologo e paleontologo. - Fontenex (presso
Ginevra).
38 ELENCO DEI MEMBRI E SOCI
MussAFiA Adolfo, prof, di filosofia neo-latina alF Università di
Vienna.
OppERT (tIULIo, prof, di filologia e di archeolog-ia assira al (^ol-
legio di Francia. - Parigi.
Rado Antonio, filologo a Budapest.
RoziÈRE (de) Eugenio, membro delF Accademia delle Iscrizioni
e Belle Lettere. - Parigi.
SiMONSFELD Enrico, prof, di storia all' Università di Monaco.
SuESS Edoardo, prof, di geologia all' Università di Vienna.
Thomson Guglielmo (Barone Kelvin) prof, di filosofia naturale
all' Università di Glasgow.
(2;:) febbraio 1SÌ)())
Brown Orazio, Cultore di Storia Veneziana. - Londra (Venezia).
Dejob Carlo, prof, di storia alla Sorbonne. - Parigi.
Matr Giorgio, prof, onorario di statistica all' PTniversità di Stra-
sburgo.
Newcomb Simone, prof, di matematica e di astronomia ali" Uni-
versità di Baltimora.
Poincaré Giulio Enrico, prof, di fisica matematica alla Son/oinie.
- Parigi.
Wagner Adoi-fo, prof, di economia politica all' T/niversità di
Berlino.
(27 iiov('iiil»rc ISOS)
VmcHOW Rodolfo, prof, di amitomia patologica all' T'niversità
di Berlino.
Levasseur Emilio, prof, di demografia al Collegio di Francia. -
Parigi.
Rontgen Guglielmo Corrado, prof, di fisica all' Università di
Wiirzburg.
Klein Felice, prof, di matematica all' Università di (Jottinga.
Fischer Emilio, pi-of. di chimica all' Università di Perline.
Haeckel Emilio, prof, di zoologia all' Università di Jena.
DEL R. ISTITUTO VENETO 39
COMMiSSlOiM DEL R. ISTITUTO
CoHsif/ìio per le elezioni fòieiuKile)
MEMBKI (HK LO COMPONGONO
Presidente
C(de</ori(i ddle scienze uKtteuKtfirhe e naturali
Loreiizoiii Giuseppe j
Omboni Giovanni /
Lioy Paolo ) (eletti nel gennaio 1899)
Veronese Giuseppe i
Stefani Aristide /
Categoria delle scienze morali e lettere
Donatelli Francesco
Teza Emilio
Molmenti Pompeo ) (•'i<'tt' nel gemiiiio ih'ju)
Fogazzaro Antonio
Ferraris Carlo Francesco
Gin II fa hieniKile per hi Bihliofeca
MEMBRI CHE LA COMPONGONO
Presidente - Vicepresidente - Segretario
Vicesegretario - Amministratore e Conservatore
delle Raccolte
Lorenzoni Giuseppe
Spica Pietro
Teza Emilio /• (eletti nei marzo ISOU)
Veronese Giuseppe
Fogazzaro Antonio
40 ELENCO DEI MEMBEI E SOCI
(t//i)if(i fìieiìììaìe alle liacrolte sc/cnfifirìie
MEMI5RI CHE LA COMPONGONO
Presidente - Vicepresidente - Segretario
Aniministrator»
delle Raccolte
Vicesegretario - Amministratore e Conservatore
Lioy Paolo
Omboni Giovanni i .^ i i ww,
. , . . (eletti Ilei novembre IS-lh)
Canestrini Giovanni i
Sacca rdo Pier Andrea
Giitnfd trieiuKih' jtcr lo studio dclhi liiKjKd
e IcffcyalHrd ifal/aiKt
MEMBRI CHI-; TiA COMPON(iONO
Presidente
Morsoli n Bernardo
Molmenti Pompeo f
t;^ Ai." (eletti Ilei iU)V(!liib]'e ISIKS)
Fogazzaro Antonio
Galanti Ferdinando
Giinìta fr/e»)i(fle per hr ^forid, a r ri > eoi o gin e sfdlixfira
delle prò ri ne le venete
MI'IMBRI CHE LA COMPONGONO
Presidente
Gloria Andrea \
Favaro Antonio ' , , .. i i iu„ua
(eletti nel novembre ISitS)
Morsolin Bernardo
Ferraris Carlo Francesco
DEL R. ISTITUTO VENETO 41
Giiiiifo friciinulc pel Paiif/icoii ì^enefo •
(<'n'ffo (lair Istitdfo nel 1847)
MEMBRI OHE LA COMPONGONO
Presidente
Lorenzoni Giuseppe \
Favaro Antonio /
Gloria Andrea ^ (eletti nel novembre 1898)
Molmenti Pompeo
Pascolato Alessandro
Revisori dei ronfi de/I' I^tif/ifo
( (in)ui(di )
Veronese Giuseppe t , w. i i i ioqua
* ' *• (eletti nel liig-lio lH9y)
Spica Pietro
Consiglio Mi ni eh ( biennale)
MEMBEI CHE LO COMPONGONO
Presidente - Vicepresidente - Segretario
Vicesegretario - Amministratore e Conservatore
delle Raccolte
Veronese Giuseppe < , , .. in .. ■ iuau>
-I-I . /x 1 T^ f (eletti nclr ottobi'e 1S9S)
Ferraris Carlo Francesco
Berisori dei eonfi dell' Annnini strazio ne MinieJi
( biennali)
Lorenzoni Giuseppe ' r w, i i ^ iwu«^
'^ ^ (eletti nel dieeinlii-e 1<S'.)H)
Spica Pietro
42
ELENCO DEI MEMBEI E SOCI
INDI C K
MEMBRI E SOCI DELLE PROVINCIE VENETE E SOCI NAZIONALI
Abetti Antonio
Albini Giuseppe
Alt'ani xVug'usto
Alislian Padre Leonzio
Margar
Arrigoni degli Oddi Ettore
Bassani Francesco
Bassini Edoardo
Battelli Ang(do
Bollati Manfredo
Beltrame Giovanni
Bercliet Federico
Bercliet Guglielmo
Bernardi Enrico
Biadego (Jiuseppe
Bizzozero (ìiulio
Blaserna Pietio
Boccardo Gerolamo
Boito Camillo
Bollati di Saint-Pierre
Federico Emanuele
Bombicci Luigi
Bonatelli Francesco
Bonomo Augusto
Bordiga Giovanni
Brugi Biagio
Caccianiga Antonio
Camerano Lorenzo
Canestrini Giovanni
Cannizzaro Stanislao
Capellini Giovanni
Carducci Giosuè
Carpone Antonio
Carutti di Cantogno
Domenico
Cassani Pietro
P-
32
Castelnuovo Enrico
1>-
20
2;]
Ciamieian Giacomo
)i
34
84
Cipolla Carlo
^
30
Cipolla Francesco
„
15
14
Ciscato Giuseppe
„
17
18
Comparetti Domenico
11
27
28
Conti Augusto
,,
21
10
Cossa Alfonso
„
22
84
Crescini Vincenzo
n
16
()
D'Achiardi Antonio
n
25
4
Dalla Vedova Giuseppe
„
28
17
D'Ancona Alessandro
n
27
I
D'Arcais Fiancesco
n
20
a
De Giovanni Aeliilh;
11
(3
21
Del Lungo Tsidoi'o
'1
25
2()
De Toni Giovanni Battista
,,
11
24
Donati Cesai'e
„
30
21
Favaro Antonio
„
4
32
Favero Giovanni Battista,
)?
33
Felici Riccardo
„
24
30
Pergola Emanuele
11
33
2(i
Ferrara Francesco
•n
14
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Ferraris Carlo Fi'anc<»sco
„
10
li)
Ferrerò Annibale
„
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18
Flamini Francesco
n
21
15
Fogazzaro Antonio
■fl
10
14
Pomari Vito
n
30
34
Galanti Ferdinando
„
12
3
Gemmellaro Gaetano Giorgio
11
24
23
Giglioli Enrico Hillyer
„
28
24
Gloria Andi'ea
„
5
25
Gradenigo Pietro
11
12
15
Keller Antonio
.,
6
Lanipertico Fed(do
„
2
27
Landucci Landò
„
18
10
Levi-Catellani Enrico
16
DEL
E.
ISTITUTO VENETO
43
Lioy Paolo
P-
8
Ragnisco Pietro
p. 12
Lorenzoni (riiiscppc
•n
3
Ricci Gregorio
11 11
Luzzatfi Luigi
»
2
Righi Augusto
„ 29
Magnatili Giovanili Battista
r>
33
Ròiti Antonio
11 11
Manno Antonio
„
27
Ruffini Ferdinando
„ „
Marinelli Giovanni
^
ó
Saccardo Pier Andrea
„ ^
Martello Tullio
^
33
Sacerdoti Adolfo
,1 19
Martini Tito
n
9
Salvadori Tommaso
,1 31
Massalongo Caro
n
35
Scarabelli-Gommi Flaminj
Massalongo Roberto
il
IT
Giuseppe
11 11
Mazzoni Giudo
11
32
Scliiaparelli Ernesto
11 34
Messedaglia Angelo
»'
2
Schio (da) Almerico
11 9
Millosevicli Elia
„
31
Setti Giovanni
11 21
Molmenti Pompeo
„
10
Spica Pietro
T
Morsolin Bernai'do
11
s
Spiea Giovanni Marcatajo
„ 19
Mosso Angelo
n
27
Stefani Aristide
11 10
Naccari Andrea
n
25
Stringher Bonaldo
„ 36
Nasini Raffaello
11
12
Tacchini Pietro
11 25
Nieolis (de) Enrico
„
15
Tamassia Arrigo
,1 9
Nieolucci Giustiniano
11
23
Tamassia Giovanni
„ 19
Occioni-Bonaffons Giuseppe
n
11
Tardy Placido
„ 24
Omboni Giovanni
11
6
Targioni Tozzetti Adolfo
„ 27
Panzacchi Enrico
„
35
Tellini Achille
„ 18
Papadopoli Nicolò
11
9
Teza Emilio
. 8
Parona Carlo Fabrizio
11
33
Tizzoni Guido
,1 36
Pascolato Alessandro
„
16
Tommasini Oreste
. 28
Paterno di Sessa Emanuele
n
31
Trois Enrico Filippo
11 3
Penzig Ottone
„
35
Veronese Giuseppe
. 9
Pennato Papinio
11
20
Verson Enrico
11 16
Peyron Bernardino
„
31
Vicentini Giuseppe
,. n
Pigorini Luigi
„
„
Vi Ilari Pasquale
•>0
lì -'-J
Poggi Tito
11
19
Vivante Cesare
„ 34
Polacco Vittorio
^^
15
Zambaldi Francesco
„ 32
Politeo Gioi'gio
^
14
Zanon Giovanni Antonio
,1 20
Predelli Riccardo
„
20
SOCI CORBISPONDENTI ESTERI
Alber de Glanstatten
Berthelot Marcellino
Bertrand Giuseppe
Boussinesq Valentino
Brown Orazio
Biidinger Massimiliano
Carrutliers Guglielmo
Dejob Carlo
Delisle Leopoldo
38
38
37
De Loriol Perceval
De Rozière Eugenio
Fay(i ilervé Augusto
Fischer Emilio
Fischer Teobaldo
Forster Guglielmo
Gaudry Alberto
(ìegenbaur Carlo
Giinther Sigismomlo
p. o.
38
37
38
37
44
ELENCO DEI MEMBEI E SOCI
Haeckol Emilio
!>•
:3S
Poincaré (iiulio Enrico
). 38
Hormite Cailo
•M
Rado Antonio
, ^
Hortis Attilio
^^
Rendu Euii'cnio
, 37
Klein Felice
;w
Riiiiit Paolo
1 n
KoUiker Alberto
BT
Rontgen Guglielmo (
oii'ado ,
, 38
Levasseur Emilio
38
Simonsf'(dd Enrico
1 71
Mayr von Giorgio
„
Struve Ottone
, 37
Mommsen Teodoro
8(i
Suess Edoardo
, 38
Mussafia Adolfo
38
Thomson Guglielmo
1 17
Newcomb Simeone
„
Virchow Rodolfo
7 77
Nordenskiold N. A. E.
37
Wagner Adolfo
7 77
Opert Giulio
38
Zittel Carlo
]
j. 37
MEMBRI EFFETTIVI DELL ISTITUTO LOMBARDO
/Vr ì(/ (lasse
Ardissone Francesco
Aschieri Ferdinando
Bard(dli Giuseppe
Beltrajni Eugenio
Briosi Giovanni
Celoria Giovanni
Colombo Giuseppe
Cremona Luigi
Ferrini Rinaldo
Gabl)a Luigi
Golgi Camillo
Jung Giuseppe
rJì scicìizc itKffematiche e >ìatiir<(Ji
p. 13 Korner Guglielmo
„ ,, Maggi Leopoldo
., „ Mantegazza Paolo
,, ,, Mui'ani Oreste
„ „ Oehl Eusebio
„ „ Pavesi Pietro
„ „ Scarenzio Angelo
„ „ Schiaparelli Giovanni
„ „ Simoncelli Francesco
„ „ Taramelli Torquato
„ „ Zoja prof. Giovanni
p. 13
Pfi)' la Classe di lettere, seienze inorali e storiche
Ascoli Graziadio
Calvi Felice
Cantoni Carlo
Ceriani Antonio
Cerutti Antonio
Del Giudice Pasquale
Ferrini Contardo
Gob])i Ulisse
p. 13 Liama Vigilio
„ „ Lattes Elia
„ ,, Massarani Tulio
Negri Gaetano
., „ Piola Giuseppe
„ „ Strambio Gaetano
,, ,, Vidari Ercole
„ „ Vignoli Tito
p. 13
Commissioni del R. Istituto, p. 39
Atti dkl Realk Tstitttto Venkto di scienze, lettere ed arti.
Anno aociulcmico lHin)-',)nO - Tomo LIX - Piirtc piinin.
A D U N A N Z A 0 R 1) I N A R 1 A
DEL 29 OTTOBRE 1899
PRESIDENZA DEL M. E. LAMPERTICO
presidente
Presenti i membri effettivi : G. Bekchet, segretario ; Cassani,
vice-segretario; Loeenzoni, Trois, Belteame, Omboni, Bel-
LATi, P. Spiga, Teza, Lioy, Mastini, Veronese, Da Schio,
MoLMENTi, Stefani, Fogazzaro, Ferraris, G. B. De Toni,
OcciONi-BoNAEFONS, GALANTI, Gradenigo ; 6(1 i soci corrispoii-
denti : Polacco, Verson, Pascolato, Vicentini, F. Berchet,
Landucci, Sacerdoti, D' Arcais, Zanon, Castelnuovo, Setti.
Giustificata 1' assenza del vice-presidente De Giovanni, dei mem-
bri effettivi : Marinelli, Bernardi, A. Tamassia, Nasini e
dei soci corrispondenti: Poggi e Predelli.
Viene letto ed approvato l'Atto della precedente adunanza.
Il Presidente, comunicando la morte del socio nazionale
Comm. Cornelio Desimoni, avvenuta il 29 giugno a. e, avverte
che fu inviata, a nome dell' Istituto, una lettera di condoglianza
alla Società Ligure di storia patria della quale il Desimoni era
presidente onorario.
Annunzia indi la morte del socio estero prof. Roberto Gu-
glielmo Bunsen avvenuta il 16 agosto a. e, per la quale furono
inviate le condoglianze dell' Istituto all' Università di Heidelberg.
Si dà lettura del telegramma del Sindaco di Como in risposta
a quello spedito dalla Presidenza dell' Istituto esprimente il lutto
dell' intero Corpo scientifico per 1' incendio dell' esposizione di
elettricità.
Il Presidente quindi comunica :
a) L' invito del Circolo Artistico di Bergamo all' inaugu-
razione in Gandino, di una lapide commemorativa a Bartolomeo
46 ADUNANZA OEDINARIA
Buono, e la risposta adesiva della Presidenza alla festa comme-
morativa, per la quale venne delegata al Sindaco la rappresen-
tanza deir Istituto.
ì)) La nomina dei membri effettivi Saccardo e \)e Toni
come rappresentanti dell' Istituto nella Riunione generale della
Società Botanica Italiana tenuta a Venezia dal 9 al 14 settem-
bre a. e, in adesione all' invito che l'Istituto ricevette dalla detta
Società a parteciparvi.
e) In seguito all'invito della Commissione per l'undicesimo
centenario di Paolo Diacono, di eleggere un delegato rappresen-
tante dell' Istituto per formar parte della Commissione scientifica
per r esame e la pubblicazione degli Atti del Congresso storico,
la Presidenza annunzia che fu delegato il m. e. Morsolin.
d) Aderendo all' invito di partecipare al Congresso degli
Orientalisti in Roma, si è pregato il conte Angelo De Guber-
natis a rappresentare l' Istituto.
e) Parimenti in seguito ad invito del Municipio di Motta
di Livenza all'inaugurazione di due busti, l'uno ad Antonio Scarpa
e l'altro a Pompeo Marino Molmenti, la Presidenza dell' Istituto
pregò il Sindaco di flotta di assumere la rappresentanza dellMsti-
tuto.
Tengono presentati gli elenchi delle pubblicazioni di nuovo
acquisto e continuazioni di opere, e di quelle ricevute in dono
dal lo luglio al 29 ottobre a. e, facendosi particolare menzione
delle seguenti opere ricevute in dono :
Dal m. e. CI. Beltrame : / fpmri ìia^rosfi nel (jrdìKÌe Mistero
del Vcrìx) hiciii-iuifo - Gei^i/ Cr/sfo - \'"ki, verità, nifa. Verona,
1899, 8<'.
Dal m. e. P. A. Saccardo : Il voi. XVI della sua ( )pera :
Si//lo(/e fimgortim omnium Ji.ncNsq/ie (•(xjnitorum.
Dal s. e. G. Biadego : La dominazione Aitstriarii e il seiifi-
meiifo /)td>/dico a Verona dal 1814 ai 1847. Roma, 1899, 8'\
Dal s. e. E. Catellani : I\accidta di utopie della pace. Toi'ino,
1899, 8".
Da L. M. Billia : IJ exiijlio di S. Ayostiiìo. Note .^alle ro/i-
traddizioni di nii sistema di plosopa per decreto. Torino, 1899, 8°.
Numero nnico a ricordo di Bartolomeo Buono e Giara uni
Battista Castello. Bergamo, 1899, 4» ili.»
DEL 29 OTTOBRE 1899 47
Yenp-ono quindi lette, o presentate con verbali dichiarazioni,
le Memorie, di cui seguono i titoli, accompagnati dai brevi sunti
regolamentari :
E. F. Trois, m. e. : Stillo SrJie(/oph/I/(s Bofieri (felì' Heckel. —
"La nota che presento ha specialmente lo scopo di far conoscere
la data origliale di uno dei tre soli esemplari, che per quanto
è a mia conoscenza, furono fino ad ora presi nell'Adriatico, e che
ho potuto procurare alla collezione ittiologica dell' Istituto. „
P. Gradenigo, m. e. : Presenfazione di un niiouo tonometro
ondare.
E. Yerson, s. e. presenta una ^lemoria : S/dJo scJiìifdimeufo
lìììperfeffo del i<eme sulle razze Manche adatichc del fi/iige/lo, indi-
candone le cause e la maniera di prevenirle.
F. Berchet, s. e. : Le sale d' armi del Consir/lio dei Dieci
nel Pidazzo Ducale di Venezia. — " Sorge naturale, fra quanti
amano il nostro Palazzo Ducale e ne desiderano con amorosa
sollecitudine la conservazione, il quesito del ripristino di alcune
sue parti, quali si trovavano all' epoca della caduta della Eepub-
blica, come si ama di conservare al piìi possibile intatta la resi-
denza di un morto glorioso.
Fra questi ritorni al passato è certamente assai desiderato
il ripristino alle antiche sale d' armi del Consiglio dei Dieci per
quanto le circostanze lo rendano possibile.
Ora dacché il trasferimento della sede del R. Istituto Yeneto
di scienze, lettere ed arti dal Palazzo Ducale in questa splendida
casa degli eccellentissimi Loredani, fu la circostanza la più fa-
vorevole a questo intendimento, che io studio come si possa rag-
giungere, credo mio dovere di presentare il frutto dei miei studi
al E. Istituto, al quale ho 1' onore di appartenere, non solo per-
chè devesi alla sua condiscendenza la possibilità del ripristino,
ma eziandio pel grande amore che esso ha sempre portato ai
patri monumenti ed in ispecie al Palazzo Ducale dove ha la-
sciate tante nobili tradizioni ed onorate memorie.
Questo R. Istituto dall'anno 1848 al 1891 ebbe la sua re-
sidenza neir ultimo piano dell' angolo sud-est del Palazzo Ducale
occupando la superficie della antica torre australe, dove negli ul-
timi quattro secoli della Repubblica stettero le sale d' armi del
Consifflio dei Dieci.
48 ADUNANZA ORDINAEIA
Della torre australe del Palazzo, riedificato dall' Orseolo nel
977 — forse ancora la torre del Palazzo costruito dal Partecipazio
neirSlO ed incendiato nel 971 — di cui restano documento le
fascie marcapiani dal ponte della Pag-lia alla scala dei Censori —
nella qual torre fu ospitato V imperatore Ottone II 1' anno 998,
si occuparono diversi studiosi, e da ultimo Roberto Galli che ne
fece rilevare il perimetro al piano terreno scavando le fonda-
menta delle prio-ioni Galeotta, Giustiniana, Grandonia, Frescazoja,
Schiava e del pozzo del Cavalier, che era V entrata, con pozzo,
air appartamento del Dot^e nel sovrapposto mezzanino.
In tale occasione vennero in luce pavimenti accidentati e
depressi sotto il livello delle alte maree, fognature, basse porte,
piccoli spiragli, grandi archi ogivali di scarico ed altri particolari
di costruzione che furono consegnati in apposite ortografie ed
icnografìe, dei cui esemplari faccio omaggio al R. Istituto, senza
più oltre trattenermi sulla origine, identificazione ed uffici della
torre australe per non esorbitare dal mio assunto che intende li-
mitarsi a discorrere delle ^ Sale d' armi dell' Eccelso Consiglio
dei Dieci. „
Queste sale, dopo che cessarono dall' ufficio loro, accolsero
prima in deposito le argenterie delle chiese, confraternite e scuole
soppresse, ori, gioje e perle ; poi spogliate di tutto e ridotte a
camere nude ed imbianchite servirono sotto il primo regime
austriaco all' Ufficio di spedizione del Tribunale di Appello, poi
ancora divise in più camere e riparti servirono alla Procura
Generale del Regno d' Italia, quindi al Collegio dei Segretari di
Consiglio del Tribunale, e finalmente pel concetto, espresso nella
Sovrana Risoluzione del 23 marzo 1823, che cioè il Palazzo
Ducale, sgombrato da ogni pubblico ufficio dovesse divenire la
sede pacifica delle scienze, delle lettere e delle arti, vennero as-
segnate per residenza di questo Reale Istituto.
Lo studio pertanto che bo 1' onore di presentare per la in-
serzione negli Atti del R. Istituto comprende due parti.
La Parte P^ risguarda la storia dei locali come segue :
Origine delle sale d' armi del Consiglio dei Dieci e loro di-
sposizione nel Palazzo Ducale.
Vicende cui andarono soggette nella torresella.
Le prigioni della torresella illustrate da prigionieri notevoli.
Le discipline per la amministrazione e sorveglianza delle
sale d' armi.
DEL 29 OTTOBEE 1899 49
T lavori di manutenzione, nuovo accesso dato alle sale e
nuova porta in cedro del Libano.
Disposizione e destinazione dei locali al principio di questo
secolo.
Restauri recenti e lavori di ripristino.
La Parte II" riguarda la storia dei cinielii e delle armi
come segue :
Notizie generali. Doni, cambi, ed acquisti di armi e di cimelii.
Discipline per la loro tenuta e manutenzione decorativa e
tecnica.
Furti e dispersioni avvenute durante la Repubblica.
Disposizione dei principali oggetti nelle sale alla caduta della
Repubblica.
Sperpero cui andarono soggetti alla fine del secolo scorso ed
elenco delle cose che in queir epoca nefasta andarono disperse.
Dove ancora si conservano alcuni oggetti d'arte, cimelii ed
armi, ed elenchi di quanto, appartenente alle sale d' armi, si
conserva ancora nel Palazzo Ducale, nel R. Arsenale ed altrove.
Come potrebbesi provvedere a ricostituire le sale d' armi del
Consiglio dei Dieci, rimettendo al proprio posto ciò che avanza della
storica collezione.
A questa Memoria sono aggiunte :
La pianta delle sale d' armi colla indicazione del posto ove
erano collocati i principali oggetti alla caduta della Repubblica.
Parecchie fotografie degli oggetti principali conservati tut-
tora nel Palazzo Ducale e nel R. Arsenale.
La fotografia della muraglia della torricella, colle iscrizioni
fattevi da prigionieri che vi furono custoditi.
L' Inventario generale o nuovo registro di tutte le armi e
cose ragguardevoli delle sale d' armi del Consiglio dei Dieci com-
pilato nel 1773; e l'Atto di consegna 14 gennaio 1797, documenti
originali inediti ed importantissimi.
Ij'elenco di centoquarantacinque documenti del R. Archivio di
Stato riguardanti lo sale d'armi e che servirono allo studio presente.
11 quale assoggetto al vostro giudizio colla fiducia che il Reale
Istituto vorrà appoggiare col suo autorevole voto la proposta di
ripristino.
Che se questo non si potesse conseguire, per le gravi diffi-
coltà esposte nella presente relazione, rimarrà almeno in essa
raccolto tutto quanto si riferisce ad una istituzione, che fu fra le
50 ADUNANZA ORDINARIA
più amorosamente curate dalla Eepubblica, e che per la sua ma-
gnificenza ed i preziosi cimelii che racchiudeva era argomento di
generale ammirazione.
Girolamo Kossi nei suoi scritti ricorda, fra le più grandi im-
pressioni che ebbe nella sua gioventù, la visita fatta alle sale
d'armi del Consiglio dei X; le quali ad ogni arrivo di principi
0 di stranieri ilhistri si facevano vedere — lo attesta il 8anudo
nei suoi preziosi Diarii — come monumento della grandezza della
patria. „
E. Castelnuovo, s. e. : Ihll'arfc .^rcanr/o un (jìuntih ((li/sfa. —
Un recente libro sull'Arte di quell'eminente e pur singolare scrit-
tore che è Leone Tolstoi porge occasione al lavoro del prof. Ca-
stelnuovo. L' autore dapprima delinea i tratti caratteristici di quel
potente ingegno in cui si congiungono virtù e tendenze opposte fra
loro, indi esamina il concetto che egli ha dell'Arte quale ap-
parisce dal suo libro. Tolstoi non vuole che V Arte sia fine a se
stessa ma che abbia una meta e si atteggi così da accomunare
coir artista tutte le classi sociali anzi tutti gli individui, quahuKiue
sia il grado della loro coltura. Aiuole l'Arte inspirata dal concetto
religioso, che per lui è il Cristianesimo puro, spogliato di tutto
quanto venne trasformandolo nel corso dei secoli, ridotto insomma
alla sua semplicità primitiva; e conclude coli' aspirazione ad una
forma d'Arte che possa essere non solo intesa, ma professata da
tutti ! TI Castelnuovo espone le sue considerazioni sopra questa
maniera di pensare deirillustre scrittore, mostrando che Arte buona
e vera può essere anche quella che non ò informata ad una sola
maniera di sentire e di vedere; osservando per esempio clic gli
ideali del ^lanzoni non sono quelli del Leopardi, ma, quando mai,
a quelli del tutto opposti, e non esser perciò Arte men bella quella
dell'uno in confronto a quella dell'altro. Fa risa'tare alcune analo-
gie nel modo di sentire fra il Savonarola ed il Tolstoi, osservando
che il più intransigente non è il monaco. Conclude che nessuna
forma d'Arte può pretendere ad insignorirsi esfi ìtdvamente di
tutti gli animi.
Il m. e. V. Hpica presenta all'Istituto il sunto d'un lavoro
del dott. Cuido Cossettini Hni.lhi inilurd dei j>ìiììnììiìi)i\. \\ dott.
Cossettini, dice, è pervenuto a stabilire che la sostanza chiamata
da de Rey-Pailhade col nome di phììoflnoìt non è unica, ma un
DEL 29 OTTOBRE 1899 51
miscuglio di almeno due sostanze attive, e che una d' esse do-
tata d'azione yiduveiite nullo zolfo, non passa per filtro Cham-
berland e non è di natura diastasica, ma presenta i caratteri di
un acido nucleinico, capace di mantenere la sua azione sullo
zolfo dopo essiccazione, dopo riscaldamento a 100" e anche in pre-
senza di anestetici.
Oltre a ciò il dott. Cossettini ha potuto osservare che fa-
cendo passare per filtro Chamberland gli estratti idroalcolici con-
tenenti il pìiilotìiìoìi, si ha un filtrato esatte di organismi che,
contro le asserzioni del de Rey-Pailhade, non reagisce più con lo
zolfo e contiene un enzima capace d'essere trasportato dal fosfato
calcico precipitantesi nella soluzione e, a quanto pare, capace anche
di fare avvenire la fermentazione alcolica nelle soluzioni di glucosio.
Lo stesso m. e. P. Spica presenta pure il sunto di un lavoro
sperimentale del dott. Lino Coltnvo intorno alle cause delle in-
compatihilità farniaceuticJie osserrate tra /' esalgiìia e l'acido sati-
cilico, il mentolo, H cloratio idrato, il salolo, la rcsoreina. Di (pieste
incompatibilità, quella con 1' acido salicilico è prodotta dalla umi-
dità dell'aria ed è analoga a quella dal m. e. P. Spica dimostrata
per l'antipirina con l'acido salicilico; quella col mentolo e col sa-
lolo non sussiste a temperature inferiori a 28-29°; quelle che si
presentano con l'idrato di cloralio e con la resorcina non sono
influenzate dall' umidità o dall'aria, e sono dipendenti da un sem-
plice fenomeno di soluzione o da una combinazione molto instabile.
Terminate le letture, il Presidente ringrazia il socio ing.
Federico Berchet e dichiara che l'Istituto si associa ai suoi voti,
ed esprime il desiderio che nelle Sale d' armi, ripristinate, una
iscrizione rammenti che furono sede dell'Istituto, il quale appunto
vi ha lasciate onorate memorie.
Dopo di che l'Istituto si raccoglie in adunanza segreta, nella
quale fu approvato il conto consuntivo della Fondazione Balbi-
Yalier per 1' anno 1898, e si è data comunicazione del voto 20
settembre 1899 del Congresso degli agricoltori di Mirano, in favore
delle migliori Associazioni cooperative agrarie del Veneto.
Il Presidente
F. LAMPERTICO II Segretario
G. B E B e H j; T
Atti del Reale Istituto Veneto iji scienze, lettere ed aeti.
Anno accademico 1899-900 - Tomo LYIII - Parte prima.
(annessi)
BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
Doni ed Acquisti dal 10 luglio al 29 ottobre 1899 ('ì
A. Aloi. - Gli (KjniDìi. M(iin/(f/e teorico prativo siitl(( colti razione,
malattie e couinìercio (le</li a(/iiiiiii. — Milano, 1900, 16°, tela,
con 22 ineis. e 5 Tav. col.
*S. Arcidiacono. - Principali fenoniciii eruttici a rcenuti in Sicilia e
e nelle isole adif/centi nel semestre higlio-dicemhre 1898. —
Modena, 1899, 8°, con 2 Tav.
* Sui terremoti del 3 mayyio 18'Jil. — Catania, 1898, 8.o
*P. Baccarini. - I caratteri e la storia della flora mediterranea.
Discorso. — Catania, 1899, 8.»
*P. Baccarini e P. Cannarella. - Primo contributo alla struttura
ed alla hioloijia del Ci/nomoriiim Coccineiim. Memoria. — Ca-
tania, 1896, 4", 3 Tav.
*D, Barduzzi. - Prorrediìnenti per le stazioni termali Senesi nei
secoli XIJI e XIV., jìidddictti dalla Giunta Municipale. —
Siena, 1899, 8.»
A. Bellini. - Igiene della pelle. — Milano, 1900, 16°, tela, con
7 incis.
*G. Beltrame. - 1 tesori nascosti nel Grande Misteio del Verbo
Incarnato. Gesù Cristo. Via, veìitò e cita. — Verona, 1899, 8.°
0. Bernhard. - Gli infortunii della montagna. Manuale jrratico ad
uso degli Alpinisti, delle guide e dei portatori. T rad. di Ric-
cardo dirti. — Milano, 1900, 16o, tela, ili.
(Ij L' * indica i libri od opuscoli l'iceviiti in dono.
[2] BOLLETTINO BIBLIOGKAFICO
*G. Biadego. - Alessandro Volta ai reronesi Pietro Cassali e A.
M. Lorgna. ■— Verona, 1899, 8.°
* La dominazione Austriaca e il sentiìneiifo puhhìico a Verona
dal 1S14 al 1847. — Roma, 1899, 8.°
^'Resoconto morale della Cimca Biblioteca di Verona per V ((mio
1898. — Verona, 1899, 4.o
*L. M. Billia. - U esigi io di S. Agostino. Note sulle contraddi-
zioni di un sistem(( di plosop(( per decreto. — Torino, 1899, 8. «
L. Bonelli. - Elementi di grammatica Turca Osmanli con para-
digmi^ crestomazia e glossario. — Milano, 1899, 16°, tela.
*R. Bonfanti. - La donna di garbo di Carlo Goldoni. — Noto,
1899, 8.0
*B. Briigi. - Un(( [)((gin(( di Francesco Forti e V opera di Fran-
cesco Carrara. —
E. Budan. - L' ((malore d'((ufo(/r((fi. — Milano, 1900, 16°, tela,
con 361 fac-simili.
*S. Bullo, D. Carazzi, S. Lo Bianco, V. Vinciguerra. - Lo Hta-
gnone di Marsala. Relazione, premesso un cenno storico su-
gli studi fatti precedentemente per c((>ra di A. Figlioli. —
Marsala, 1899, 8.°
''^Numero unico a ricordo di Bartolomeo B((ono e Gioc((nni B((fti-
sta Castello. - Bergamo, 1899, 4» p., ili.
*A. Chiamenti. - / moli usciti terrestri e furiatili della jjrorin,cia
di Venezia, con cenno sull(( l\((ccolta delle chiocciole. —
Siena, 1899, 8."
*G. Ciscato. - Determinazioni di latitudine e di azimut fatte
alla Specola di Bologna nei mesi di giugno e luglio 1897. —
Venezia, 1899, 4.» — Dono della R. Commissione Geode-
tica italiana.
* Codice necrologico-liturgico del Monastero di S. indicatore o S.
Giulia in Brescia, trascritto ed illustr((to da Andrea Valen-
ti)(i, j)((bblic((to (l((ir Ateneo di Brescia. — Brescia, 1887, 4*',
fac-simili.
* Atti del 7T Congresso Medico internazionale della Loìnbardi(( e
del Veneto tenuto in Venezia nei giorni 12-13-14 settembre
1S98. Venezia, 1899, 8."
* D. Dal Lago. - Xote geologicìie sulla Vd (T Agno. — Valdagno,
1899, 8.0
*A. De Gordon. - Consideraciones sabre la voz kumana. — Ha-
bana, 1899, 8.»
DONI ED ACQUISTI ECC. [3]
*F. Durante. - Trai fato (li jKttoìogia e ferapia rJi/nirc/ica (jenerah
e speciale. Voi. TU, punt. 5.« — Roma, 1899, 8°, fig.
E))cicl<ype(ì}(t (lì Cìiimica. Supp. annuale. Anno XY, 1898-1899,
Disp. 176.
*F. Ereclia. - Temperature di Catania e dell' Etna ottenute col
metodo delle differenze. — Catania, 1899; 8.°
* Eusebio. - Concordanza dei Vangeli. Codice Queriniaìio illustrato
da Andrea Valentini, pubblicato dalT Ateneo di Brescia. —
Brescia, 1887, 8^ ^. (fac-siraili).
E. Fehling. - Fisiolocfia e patologia del pìierperio. Tnn/. del D.
S. PateUani. — Milano, 1899, 8°,%
*M. Fiorini. - ^fere terrestri e celesti di autore italiano oppure
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ATTI
DEL
REALE ISTITUTO VENETO
DI
SCIE^ZE, LETTERE ED ARTI
ANNO ACCADEMICO 1899-9tl(»
T03[0 LIX
(serie ottava - TOMO SECONDO)
PARTE SECONDA
VENEZIA
PRESSO LA SEGRETERIA DEL REALE ISTITUTO
PALAZZO LOREDAN A SANTO STEFANO
Atti del Reale Istituto Veneto ])i «(Henze, letteke j;ì) arti.
Anno accadeinico 1899-900 - Tomo LIX - Parte seconda.
LE COLLEGANZE NELLA PRATICA DEGLI AFFAP.I
E NELLA LEGISLAZIONE VENETA
DEL PROF. ADOLFO SACERDOTI, s. e.
(Adunanza 18 f/ù/f/no 1899)
Se vi furono valorosi duci prima di Af^aniennone, il cui nome
non passò nella storia per difetto di scrittori che ne tramandas-
sero le gesta, vi sono parimenti consuetudini di negozi e ordi-
namenti legislativi che passarono quasi inosservati, o non furono
adeguatamente apprezzati per ciò che non ebbero notevoli com-
mentatori, che ne facessero tema di teorie giuridiche, venute poi
a costituire la trama delle leggi più recenti. E stata questa in
tante materie la sorte del diritto veneto, il quale giace in molta
parte dimenticato negli scaffali dell'Archivio quando avrebbe titoli
insigni per esser tolto dall'obblio, e grandissimo fra gli altri quello
d'essersi mantenuto indipendente dal testo scritto delle leggi ro-
mane, nel tempo stesso in cui, per la conservata quasi immunità
dalla commistione colle popolazioni barbariche e per le non mai
interrotte ed intime corrispondenze coll'impero d'oriente, collegavasi
esso nel fatto al mondo romano assai meglio che ffli altri diritti
dell'occidente d'Europa dell'era media, e ciò anche al risveglio al-
trove del diritto romano, rappresentando lo spirito vivo del genio
di Roma di fronte alla lettera morta della codificazione giusti-
nianea (1).
(1) Vedi, a conferma deiropinione clie, ad onta di certe influenze bar-
bariche, prevalsero però (lueih? bizantine sul diritto veneto : Besta, Ap-
imnti per la storia del diritto penale nel dogado veneziano innanzi al
1232 (periodico // Filangieri, n. 5, 1H99).
2 A. SACEllDUTl (2)
È specialmente neo-li anni in prossimità del mille e nei se-
coli undecime e dodicesimo, e nel campo deg'li all'ari marittimi,
nel quale è ben noto come sorgessero, qual frutto spontaneo delle
necessità economiche, i germi piiì fecondi di tutto il diritto mer-
cantile, che sono da esplorare utilmente le fonti venete, riscon-
trandovi note originali e traccie indiscutibili di precedenza in con-
iVonto anche delle altre città italiane rispetto a più istituti e più
negozi. E quando, in seguito alle crociate, si entra nell'epoca, in
cui il diritto dei vari paesi fu particolarnuMite influito dalle leggi
canoniche antiusurarie, il diritto veneto si mantiene, anche da
questo punto di vista, lontano da ogni dannosa esagerazione, come
io provano le due leggi fondamentali in tale nuiteria del 2 set-
tembre 1328 e del 29 marzo 1359 (') e come lo prova il succes-
sivo costituirsi di tanti negozi, quali, ad esempio, i prestiti pub-
blici, senza ricorrere alle finzioni altrove usate per deludere le
proibizioni dei contratti usurari (-).
Uno dei negozi più importanti nel Medio Evo è stato la com-
menda^ sia per la sua funzione economica nelle condizioni del com-
mercio trasmarino d'allora e nello stato aifatto rudimentale in cui
trovavasi il contratto di società, sia per i tipi di pattuizioni che
successivamente si svolsero dallo stesso combinato con altri ele-
menti contrattuali. Se qualche caso sjìeciale di deposito irregolare,
unito ad elementi sociali, si riscontra anche nell(> leggi romane ed
in quelle romano-barbariche (•''), la propria connnenda marittima
però si scorge primamente solo nella fonte bizantina, probabil-
meiite dell' 8" secolo, conosciuta sotto il titolo di pseudo diritto
(1) Statiitd ìtori.'<sìì)i(/. Vciiczi;!, 1T2'>, ]». 1"JT e I.'ÌO.
(2) All'occasione dell' nitro mio sfudio di diritto veneto: L\isst-'iir<i-
zione a Venfl~ì(t, ini scriveva il rimpianto presidente della Corte d' A])-
pcdlo di Bologna, (f. B. Ridolfi, deplorando " la. mancanza d'uno studio
accurato e completo dei documenti della vita giuridica di Venezia, die
avendo agi' interessi commerciali dedicato le principali cui'e di una se-
colare e prospora esistenza, non è credibile non abbia lasciato permanenti
manifestazioni del pensiero giuridico, di cui altri popoli più anticlii ed
assai meno conosciuti hanno abbandonate incancellabili memorie „. Ora
che col pr(>3ente studio seguo il tanto autorevole eccitamento, mi è di
vivissimo rammai'ico non sia più l'insigne giurista, alla cui memoria porgo
omaggio grato e riverente.
(3) Uoldschmidt, Unicersalgeschichte des Jlcmdelisrechts, p. liO e seg.
(3) LE COLLEGANZE NELLA PttATICA ECC. 8
marittimo di Rodi (ITI, e. 17) ('), nel contratto, ivi intitolato
)(p£coxoivo)vtcc -/axà tcIoùv (società di credito per la navif^'azione). 11
credito per la navigazione, prima esercitato soltanto nella forma
del prestito a cambio marittimo, assumeva in tal guisa la forma
d'un contratto sociale, ciò che involgeva l'effetto d' un' estensione
nel rischio corso dal capitalista, aggiungendosi al rischio marittimo
quello del commercio gestito dal socio viaggiatore. Fu un passag-
gio naturale questo dal prestito a cambio marittimo alla coni menda ,
per cui lo si scorge presso tutte le genti fra cui crebbero nell'era
media la navigazione ed il traffico, a Venezia come a Pisa (-), a
Genova come a Marsiglia. E così giova quale riscontro, studiando
i documenti dei vari siti sulla commenda^ aver presenti eziandio
quelli contemporanei sul prestito a cambio marittimo (■^).
L'influenza speciale, che il diritto bizantino esercitò sul diritto
veneto dei primi secoli in più parti della materia marittima, come
ad esempio in quella dell'avaria, ebbe luogo eziandio rispetto alla
commenda, riguardo alla quale i documenti veneti sono i primi per
data fra quelli spettanti all'Europa occidentale, avendosene anche
d'anteriori al 1000 ; vengono successivamente quelli di Genova che
rimontano solo al 1155, ed ultimi quelli di Marsiglia (^).
Il vocabolo più comunemente usato a Venezia ad intitolare
il contratto è quello di coìleiiaìdia, ma fin dagli atti più antichi,
e posteriormente nelle leggi, s'indicano quali sinonimi gli appel-
lativi : commendano e rogadia (^).
(1) Goldsclmiidt, ZeAUchrift, voi. XXXV, p. 80 e 81.
(2) Il ronsUtutum «.s7/..s di Pisa (del 1160) motte di fronte (rub. XXIV,
XXV) ?i\ negotium <id proficiimn maris (cambio niarittiiuo) quello ad pro-
firn nm de mari che avrebbe il germe della commenda.
(3) Rileva il Lattes (Il diritto commerciale nella legislazione statutaria
delle ritta italiane, capo IV, nota 14) che fuori d'Italia nei secoli XIII e
XIV, mancava la partecipazione dell'incaricato del traffico agli utili, per
cui il negozio veniva semplicemente a tradursi in un mandato, ma in tale
stato di cose devesi dire che se v'era il nome, difettava però la sostanza
della rommenda.
(4) Groldschmidt, Gesrhirhte cìt. p. 258, nota 34 e le fonti ivi citate.
(5) Da rogare, derivazione analoga a quella del prerarium.
Il Lattes (op. cit. cap. IV, nota 15) nega che il vocabolo rogadia sia
sinonimo di colleganza, affermando che esso significa invece fidecommesso
ed altre analoghe istituzioni a norma degli Statuti del 1242 (I, 48 e VI,
13). Senza pei'ò contestare che il vocabolo possa avere anche avuto (inesio
4 A. SACEtlìDÓtt (4)
Farò tre partizioni nell' esame dei contratti e delle le<2;gi, e
cioè il periodo fino al 1154, nel quale si hanno nclT Europa oc-
cidentale soltanto a Venezia documenti del negozio, quello dal
1155 al 1242, anno in cui emanò la prima legge veneta sulle colle-
ganze (Libro ITI, cap. 10 e seg. degli Statuti dei Giudici di Pe-
tizione) e per ultimo quello successivo al 1242, periodo che può
intitolarsi della legislazione veneta sulla materia.
Peimo pekiodo pino al 1154
Atti di colhijdiifie anteriori al 1000 non si conservano, ma la
pratica del contratto è egualmente attestata per dichiarazioni in-
cidentali in altri atti, dove si fa richiamo al negozio in questione
come a cosa nota e radicata nell'uso degli affari. Così il Ficker (')
trascrive dal (Uxlex Trcrhaììns (-) un atto seguito a Piacenza il
25 ottobre del 976^ col quale, sotto la presidenza dell'imperatrice
Adelaide, e nel giudizio del conte palatino e di un messo reale,
viene, su domanda della dogaressa vedova di Venezia, costituito
ad essa un intendente e tutore nella persona d'un suo fidato e
riconosciuta come autentica una di lei rinunzia dal detto inten-
dente letta. La rinunziante era vedova del doge Pietro Oandiano,
e fra i beni per i quali dichiarava di non esser più mai per ac-
campare pretese, nella rappresentanza del di lei defunto marito,
in confronto del Doge e del popolo veneziano, esprime i seguenti :
" et de omni cdlegantia, rocjadla, commendatione „.
La stessa citazione incidentale si riscontra in due documenti
del secolo XI pubblicati dal Baracchi nel periodico V Aicliìcio Ve-
neto (•^)^ relativi ambedue a divisione di beni, l'uno del 1088, 24
significato, si dove rieonoscoro che gli stessi Statuti al Libro III, e. II, lo
usano esplicitaiucnto quale sinoniitio di colleganza, coiih» amiiiottono Manin
(Della Veneta Giurisprudenza) i' Fertile [Storia del diritto if (diano, voi.
IV, 640, nota 22).
(1) llrkunden zur Reiclis uiid Rochtsgeseliichte ItaUens, n. 29.
(2) Prima trasportato all'Arehivio di Stuto di Vienna, or;i esistente al-
l'Archivio di Venezia.
(3) " Le carte dcd mille e del mille cento che si trovano n(d R. Ar-
chivio notarile di Venezia trascritte da Baracclii Antonio „.
(5) LE COLLEGANZE NELLA PRATICA ECC. 5
aprile, Eialto (i) fra Orso Badoer fu Pietro, e Tron di Giovanni
suo consanguineo (Atti Capuano, prete) (■^) e l'altro del 1051, lu-
glio, Rialto, Divisioni Gradenig-o (Atti Leone Sagomino, diacono) {^).
Fra i beni divisi, gli atti suddetti hanno 1" indicazione : " veruni
etiani de roììe(/aiir/Js nxjadih, eommemhfrioniòii^. „ Il Baracchi
pubblica eziandio un atto convenzionale di colleganza e alcune
poche quietanze por l'adempimento degli obblighi portati da atti
congeneri, jna appartengono al periodo successivo al 1155, e riesce
perciò interessante, ad illustrare la priorità di Venezia rispetto a
questo negozio, dare alla luce degli atti di pattuizione o quietanza
inchiusi nel primo periodo fino al 1155, al quale corrisponde ap-
punto tale priorità. Vado lieto di aver preso cognizione di venti
documenti (^) spettanti a questo periodo dei quali dò in nota l'e-
lenco (■''), pubblicandone poi alcuni in appendice. Parecchi di tali
(1) Op. cit. (lei Ijuracclii nvìVArcIiirio Vetu'to, voi. (!, due. I.
(2) Come in generale l'ufficio notarile era esercitato allora da eccle-
siastici.
(3) Op. cit. del Baracchi e 1. cit. doc. II.
(4) Esprimo la mia viva riconoscenza al chiarissimo prof. Riccardo
Predelli, Archivista di Stato a Venezia, per l' aiuto efficacissimo presta-
tomi in queste ricerche.
(5) 1072 maggio. Jolianes subdiaconus et notarius.
1073 agosto. Dominicus clericus et notarius.
1083 luglio. Idem.
1087 febbraio. Idem.
1088 sett(^mbre. Idem.
1089 dicembre. Petrus subdiaconus et notarius.
1103 febbraio. Dominicus clericus et notarius.
1111 aprile. Petro Basilio clericus et notarius.
1112 marzo. Amicus presbiter et capellanus iolianis jnauroceno legato
et vicedomino.
1118 agosto. Jolianes presbitei- et notarius.
lliy gennaio. Petrus subdiaconus et notarius.
1120 marzo. Urso Valeressus subdiaconus et notarius.
1130 giugno. Warientus calbo presbiter et notarius.
1130 agosto. Petrus Subnulus prc^sbiter et plel)aiins ecclesie sancti
Jacobi notarius.
1132 luglio. Urso presbitei' et notarius.
1138 aprile, (lericho Michael diaconus et notarius.
1138 maggio. F'uscarus presl)iter et notarins ecclesie saiicti ]»anta-
leonis vicarius (tutti i detti documenti esistono a Veiu'zia, Archivio di
Stato, Manimorte, Pergamene S. Zaccaria, Busta 24Ì.
6 A. SACEliDOTI (6)
documenti consistono in quietanze, che non esprimono le pattui-
zioni del contratto, ma rinviano per le stesse all'atto convenzionale
(memoriale cartida). Non di meno, da alcuni, che contengono tali
pattuizioni, si può dedurre abbastanza intorno alle usanze dei tempo
riguardo alle stesse. In tal modo si rileva che, mentre generalmente
altrove nell'inizio della ronìmeìKÌd, colui, al quale veniva fatto il
fido e che impiegava la propria opera, non contribuiva alcuna
parte di capitale (^), a Venezia era invece anche in questo pri-
mo periodo contemporaneo Fuso di colìeganfie, in cui tutte e due
le parti contribuivano a formare il capitale e di cnììegantief in cui
il socio, che non agiva nel traffico in luoghi lontani (snri/is sf(ni!^)
era il solo capitalista ed il socio viaggiatore (fracfafor) conferiva
puramente il suo lavoro (-). Ed il concorrere del fracinfov nella
formazione del capitale è una nota importantissima nell' evolu-
zione del contratto, segnando il sempre maggior suo distacco dal
1139 oftobi'c. iiiarcus griiiiani lìvcsbitcr et notariiis. (Venezia. Ar-
chivio (li Stato. Porgamene di S. Giorgio Maggiore).
1150 marzo. Heynricus Longo clerievis et notarius. (Venezia. Archivio
(li Stato. Ducali ed Atti diplomatici. Busta V, f. 2).
1154 maggio. Vitalis steno presbit(!T et notarius. (Venezia. Archivio
di Stato. Manimort<!. Pergamene S. Zaccaria. Busta 24).
L'aVibondanza di documenti contrattuab negU arcliivi delle chiese e
(h'i monasteri ha per motivo le molte donazioni e hisciti ad essi fatti,
per cui natni'almonte pervenivano a. tali corpi molali i doeunKMiti giusti-
ficativi (h'i diritti loro trasmessi.
(1) Ci() a])pare anche dalla logge (hd Coitsohito del Maree. 107; vedi
Goldschmidt, (ìesrhichte eit. p. 2(ìO.
(2) N(dl'att() (hd 1073 agosto, iJourinirns ('ìericNS- elnotanns (Yi^my/Aii.
Archivio di Stato. Pergamene di S. Zaccaria. Busta 24) qui riportato nel-
l'Appendice l"* a) doc. n. 2, tutti e due i soci contribuiscono il capitale,
essendo la nu-ssa del socius stans doppia di quella del tractator ; nell'atto
(hd 1088 XngWo^ Dominicus, come sopra (Von(^zia, come sopra) (Appendice
l"- (i) doc. n. 3) il capitale è dato tutto dal .s-ow/s.s^cm.S' ; in alti-o d(d 1103
tehbraio, atti id(Mn (V(mozia, i(l(!m) il tractator conferisce ancora la metà
dell'apporto fatto dal socius stans, ciò ch(> si ripete nell'atto del 1119 gen-
naio, Petrus suhrUaconus et notarius (idem, idem) (Appendice I" a) doc.
n. 4), laddove ritorna il conferimento da parte del solo socius stans nel-
l'atto (hd 1138 maggio^ Fuscar US jjreshiter et notarius ecclesie sancti l'an-
taleonis oicarius (idem, idem) (Appendic(^ P a) doc. n. 8). Il conferimento
del socius stans era qualche volta, inv(»C(! che in danaro, in tutto od in
parte in merci (os. un atto del luglio 1132, Vrso preshiter et notarius (S.
Zaccai'ia, 24) ed nitro del bigbo 11(53 atti Vitalis Virianus (idem, idem).
(7) LE COLLEGANZE NELLA PRATICA ECC. 7
cambio marittimo (i) per avvicinarsi alla propria compagnia di
commercio (-). Non mancano poi in questo primo periodo neppure
documenti di proprie compagnie di commercio in relazione col rap-
porto di colleganza, sia perchè esisteva fra le medesime persone
una vasta comunione d'affari, ed insieme qualche colleganza per
singole negoziazioni (•'■), sia perchè ciascuno dei due soci, con re-
ciproca autonomia d'azione, come vi fossero stati due distinti rap-
porti di colleganza fra le parti, fungeva quale trartafor^ nel quale
ultimo caso veniva anzi il contratto ad intitolarsi addirittura di
compac/nia ('^). Ma se la denominazione di colleganza si applicò in
questo primo periodo, ed anche nel successivo, eziando all'ipotesi
di concorso del fradafor nella formazione del capitale, non si
usò a Venezia; all' incontro, promiscuamente coli' appellativo di
colleganza, quello di compagnia, a differenza di quanto seguiva
invece altrove rispetto alle voci commenda e sociefai<, che valevano
quali sinonimi nella pluralità dei siti (''"'')•
Quando il tracfator contribuiva nella formazione del capitale,
secondo emerge dai documenti citati alla nota 2 pag. 6, la parte
del mciìis sfaiin era il doppio di quella del tracfator. A norma pure
(1) Anche nei eiisi di apj)orto del capitale da parte del solo sodici
stans, col processo del tempo il crescere delle facoltà deU/v/r^o^or quanto
al rischio veniva adoperare sempre più ini distacco da quanto era di abi-
tudine invece nel cambio marittimo.
(2) Ciò tanto più perchè, a differenza da quanto segue nell' associa-
zione in partecipazione dei moderni Codici, in tale ipotesi il capitale ri-
sguardavasi come un fondo comune in proprietà dei consoci.
(3) Esempio atto 113H aprile, Gericho Michael dineonus et notarius
(S. Zaccaria, B. 24). Appare in tal guisa la precedenza di Venezia anche
rispetto alle compagnie (preso il vocabolo nel proprio suo senso specifico,
non quale sinonimo di colleganza), le quali altrove, sorte originariamente
per le industrie, si applicarono al commei-eio solo in data assai poste-
riore (Goldsclimidt, (rcsrhirJde cit. p. 272).
(4) Esempio atto 1138 nniggio^ Fi(snij-/(s pr:'shitrr d notarins ecclesie
sandd pantrdmnix drariii.s (S. Zaccaria, B. 24) (Appendice l*^ a) doc. n. 8),
(5) fToldschmidt, Geftdnrhte cit. p. 2(i0 e seg.
(6) Un atto dell'agosto 1179 (Jìdiamis Daniianns diaronHs et nofarins,
S. Zaccaria, B. 25) (Appendice I" ì)) doc. n. 5) clie è una vera carta so-
ciale, in eni i soci si dichiarano responsiibili dei debiti conuuii ed il li-
IJarto degli utili è fissato in i)ropoi'>;ioiie delle (iiiote rispettive di capitale,
non parla di coìlci/i/i/tid, ni;i usa in ogni .sn;i p;nt(j il \iìv,\ho]o rompa f/nia
per definire il rapporto fra le parli.
8 A. SACEEDOTI (8)
dei suddetti documenti, l'aliquota nella ripartizione degli utili era
di due terzi per il sorìii^ s/rrw.s nei casi in cui il iyarfaior era solo
socio d' opera (/), e si faceva la divisione degli stessi per metà
quando il fr<u'f(it(>r conferiva, oltre all'opera, una quota di capitale
corrispondente alla metà di quella conferita dall'altro socio. L'ali-
quota del fractafor, che conferiva solo l'opera, nei documenti delle
altre località, che sono tutti di data più recente, e in quelli po-
steriori di data della stessa Venezia, è invece soltanto del quarto,
ciò che può spiegarsi col saggio cresciuto dell'interesse usurarlo (2).
Un altro punto nel quale, come in quello della contribuzione
nel capitale, i documenti di questo primo periodo segnano un mo-
vimento progressivo dal campo del prestito a cambio marittimo a
quello della società, si è segnalato incidentalmente più indietro
(alla nota 9 pag.), e consiste nella definizione del rischio, la quale
negli atti più vecchi si determina strettamente quanto alla nave ed
al viaggio, secondo era il caso più frequente nel cambio marittimo,
e spazia invece negli atti posteriori entro limiti più vasti, colla
clausola <i foN/io invece che a viaggio, con quella sopra qn,aìunque
nave, coU'aggiunta del rischio '■// ferra a quello (//' u/are, e via di-
cendo (^).
(1) Ncll'iitto del maggio 113H (atti fusrarii.s jy^shifer et notarius, S.
Zaccaria, 24) (Appendice 1'' a) doc. n. 8) abbiamo cccozionalmento la ri-
partizione a metà degli utili, senza che il socio d'opera contribuisse al-
cuna part(^ di capitale, ma si spiega la cosa, essendo il contratto fra stretti
parenti (la suocera col genero).
(2) Tale riusciva però la proporzione anche prima a Venezia nel caso
del socio d' opt>ra che avesse conferita una quota, di capitale corrispon-
(lent{^ alla metà di quella conferita dall'altro socio, ossia il terzo del ca-
pitale complessivo, e che concorreva per la metà nel riparto, degli utili.
Anche nei documenti venirti ili cambio nuirittiino di data corrispondente
rilevasi, pur tenuto conto del diverso costo del rischio nei vari viaggi,
un progi'cssivo aumento n(dla ragion(; dell'interesse. Possono confrontarsi
fra loro in profìosito i seguenti aiti : 1095 Pe/rifs siibdiaroHus (S. Zac-
caria, 24) : 1 121J aprile Johaues Grectis (idem); 1181 agosto (Appendice I* a)
doc. n. '^)\ 1136 settembre Johanes Pascasi (S. Zaccaria, 24); 1147 agosto
Johanes Ursyidus (idem); 1154 novembre (Appendice P a) doc. n. 10;
1167 aprile Venerandits Paradisus (S. Zaccaria, 25); 1167 novembre (Ap-
pendice I* h) doc. n. 2) ed altri due della stessa data ed in atti del me-
desimo notaio (S. Zaccaria, 25).
(3) Ma, fuori di queste varianti, la formula degli atti, ed in questo
periodo e nei successivi, come si può scorgere da qualche documento di
(9) LE COLLEGANZE NELLA PEATICA ECC.
Secondo periodo dal 1155 al 1242
Rispetto a questo secondo periodo ho potuto prender cogni-
zione di ottantacinque documenti, che enumero in nota (i). Tn esso
se i documenti del contratto non sono più nell' occidente d'Europa
cambio marittimo, che si riproduce in appondicc, non ò dissiniilc dall'uno
all'altro contratto, come riguardo alle colleganze è sostanzialmente la
stossa nei documenti più vecchi ed in quelli dei tempi successivi.
(1) 1156 giugno. Johanes tuscanus presbiter et notarius.
1159 maggio, petrus da molino presbiter et notarius (i detti docu-
menti fra le Pergamene di S. Zaccaria. Busta 24).
1150 luglio. Andreas presbiter ecclesie sancti matliei plobauus et
notarius.
1153 agosto. Johanes rusticus presbiter et notarius. (Idem. Busta 40).
11(J0 aprile. Johanes tuscanus presbiter et notarius.
1161 febbraio. Johanes caucus presbiter et notarius.
1162 luglio, vitalis vivianus presbiter et notarius.
1163 febbraio. Johanes caucus presbiter et notarius.
11(57 febbraio. Julianus Dominicus diaeonus et notarius.
1167 idem. Idem, idem.
1167 novembre. Dominicus grotulo presbiter et notarius.
1168 maggio. Johanes da noale subdiaconusetnotarius. (Idem. Busta 24).
1170 gennaio. Domenicus Marileo presbiter et notarius.
1170 idem. Marinus presbiter et notarius. (Idem. Busta 40).
1170 ottobre. Marcus bolani presbiter et notarius.
1170 idem. Matheus damolino presbiter et notarius.
1170 novembre. Venerandus paradisus presbiter et notarius.
1173 ottobre. Dominicus capaldus diaeonus et notarius.
1174 maggio. Dominicus arduynus presbiter plebanus Sancti Johanis
evangelista notarius. (8. Zaccaria. Busta 24).
1178 settembre. Petrus Mayranus presbiter et notarius.
1179 agosto. Julianus Damianus diaeonus et notarius. (S. Zaccaria.
Busta 25).
1182 agosto. Jacobus lanibardus presbiter et notarius.
1183 gennaio. Bonefacius Savorninus presbiter et notarius (Perga-
mene (S. Giorgio Maggiore. Busta 28).
1184 febbraio. Matbeus damolino presbiter et notarius (S. Zaccaria
Busta 25).
1185 mai-zo. Jolianes Yenus diiiconus et notarius. (S. Zac<!aria. Busta 40).
1185 giugno. Marcus grilioni diaeonus etnotai'ius.fS. Zaccaria. Busta 24).
1190. Andreas presbiter sancti Cantiani et notaiius. (Pergamene S.
Giorgio Maggiore. Busta 28).
10 A. SACEEBOTI (10)
una specialità di Venezia, e le formule (non diverse da quelle usate
a Venezia nel periodo precedente) e le pattuizioni si presentano
sostanzialmente le stesse nelle varie località, data però la prece-
ll'JO aprile. Matheus capello prcsbitcì- plcbaims Sancti Vitalis et no-
tarius. (S. Zaccaria. Busta 25).
1190 ao-osto. Jacobus lambardus Saiiotc Sopliyc plcbaiuis picsbircr et
notar! US.
1190 agosto. Andreas presbitcr Saiicti caiitiaiii et notarius. (8. Uioi'i^no
Maggiore;. Busta 28).
1191 luglio. Wariontus calbo prcsbiter et notarius. (>S. Zaecaiiii, 2.j).
1191 ottobre. Idem, idem (Miseidlanea pergamene private. Veiic'.ia
sec. XI [ e XIII).
1192 aprile. Idem idem. (S. Zaccaria 25).
1192 idem. Jacobus lambardus Sancte sopliye plebanus presbiter et
notarius (Pei'gamene Procuratori di S. Marco de citra. Bust;i 1). ,
1192 settembre. Venerius del marius presbiter et notarius.
1193 luglio. Wido gispert diaconus et notarius.
1194 febbraio. Michael bonifacius presbiter et plebainis Sancte Marie
Jubiaiiici et notarius (S. Zaccaria, 25).
1 195 luglio. Warientus calbo presbiter et notarius (S. Griorgio Maggiore,
28).
1198 ottobre. Douìinicus suavis diaconus et notarius (S. Zaccai'ia, 25).
1202 luglio. Warientus calbo presbiter et notarius. (Misceli, pergameiu!
private sec. XII e XIII).
1201 f(djl»raio. Nicholaus Tinto idebaiuis sancti nieliolay et notarius.
1205 marzo. Jacobus lambardus Sancte So])li.ve ])lel)nnus presbiter et
notarius.
1205 agosto. Michael Bonifacius jìi'esbiter et i)lci)anus Sancte Marie
Jubianici et notarius.
120G maggio. Dominicus Superando diaconus et notarius.
1207 giugno (da contratti). Michael, come sopra, notarius.
1208 giugno. Petrus sterininus presbiter et notarius.
1208 luglio. Johanes bonus presbite)' et iH)tarius.
1208 agosto. Aloxius Joanes presbiter et notarius.
1208 agosto. Martinus lambardus presbiter (!t notarius.
1209 marzo. Marcus Semiteculo diaconus et )iotarius.
1219 luglio. Matheus tinto pi'esl)iter et notarius.
1209 luglio. Michael Bonifacius jjresbitei' et plebainis Siuicte Marie
Jubianici t^t notarius.
1209 agosto, parti Dominicus (ii'adonicns e hi moglie del doge Pietro
Ziniii. Michael Bonifacius presbiter etc.
1210 mai'zo. Johanes belengerio diaconus et notarius.
1210 agosto. Bartholomeus Sancti Pauli presldter et notnrius.
1210 agosto. Marcus lambardus presbite!' et notarius
(11) LE COLLEGANZE NELLA PRATICA ECC. 11
denza storica, si deve dire, che altrove, o furono iiii]ìortati g-li usi
di Venezia, o si attinse a quelle medesime fonti bizantine da cui
derivarono le consuetudini veneziane. Ciò che caratterizza Venezia
1211 aprile. Nieholaus tinto plcbanus sancti iiicliolay et iiotarius. (I
detti documenti fra lo pergamene di S. Zaccaria. B. '2()).
1211 luglio. Domiuicus Goorgius S.' Yeremie presbiter et uotarius
(Pi-ocuratori di S. Marco de Citra Perg."' B.« 1).
1212 luglio. Nicliolaus tinto plebauus Sancti iiiebolay et uotarius.
1213 marzo. Leonardus Vindelico presbiter et notarius.
1214 luglio. Jolianes albertus diaconus et notarius. (S. Zaccaria. 20).
1216 marzo. Johanes bonas presbiter et plebauus ecclesie Sancte Marie
uuitris domini et uotarius (Procuratori di S. Marco de Citra. Pergamene.
Busta 1).
1217 settembre, parti Gradoidco e Bembo; nessuiui sottoscrizione.
1217 settembre. Nicolaus girardus presbiter plebauus ecclesie Sancti
Moysi et notarius.
1218 maggio. Angelus Barbaro presbiter et notarius. (S. Zaccaria, 2G).
1221 marzo, petrus nanni presbiter et uotarius (Procuratori ut supra, 1).
1222 marzo, parti Dojniuicus Grradonicus e Vivabb) da Mantiui; nes-
suna sottoscrizione.
1222 aprile. Petrus sancti Angeli diaconus et notarius. ( S. Zaccaria, 26).
1222 aprile. Angelus barbaro presbiter et notai'ius. (S. Zaccaria, 28).
1223 maggio. Angelus barbaro presbiter et uotarius.
1223 idem. Idem, idem, idem (diverse le pai'ti dall' atto pi'ec<'(b'ute).
(S. Zaccaria, 26).
1223 ottobre, domiuicus caravello presbiter et uotarius. (Procuratori
etc, Perg. Busta 1).
1224 mai'zo. leonardus vendelino presbiter plebauus saneti leouardi
et notarius.
1225 marzo. Petrus Sancti Angeli presbiter et uotarius.
1225 giugno. Leouai'dus V(mdelino presbiter plebauus Sancti Leonardi
et uotarius.
1226 agosto. Angelus magno pb^bauus saucte Marie Assumpte et uo-
tarius.
1227 novejubre. Micbael Adamo Sancti cassiani presbiter et notarius.
1228 settembre, marcus pitulo piesbiter et notarius.
1230 settembre. Marcus grilioni presbiter et uotailus.
1230 idem, Idem, idem, idem (parti diiferenri dal i)re(M'(lente). (S.
Zaccaria, 26.)
1232 marzo. Nicholaus insto presbiter sancti Nicliolay et notarius
(Procuratori etc. 1).
12.32 idem. Testamento di Johaiu's Mai-tinatio de castello: emimera fra
i lieiii di.s])osti cinqua capitali posseduti in eoUeganza presso altrettanti
tf<t<-ffitore.'^.
12 A. SACERDOTI (12)
in questo periodo, e si spiega coiriiso già inveterato del negozio
e la gran mole ivi assunta dai trafKci, è la copia di tali contrat-
tazioni, le quali davano materia, come oggidì le azioni di società,
all'investita di più somme da parte d" un unico capitalista ('), il
caso frequente d'esercizio professionale da parte d'un solo tracta-
foi (^~-^) che riceveva i capitali da più soci Aiaiites e la persistenza
durante il secolo Xll, in molti casi dell'aliquota di due terzi degli
utili per il capitalista e di un terzo per il trarfator che conferiva
soltanto l'opera (^j.
1282 agosto. Lconardus Vciulcliiio prcsbitcr plcbiiiuis snncti vitalis
ot notarius. (S. Zaccaria, 27).
1235 maggio. Michael Adamo Sancti cassiani prcsbitcr et notarius.
(Misceli, pcrg. private. Venezia sec. XII e XIIIJ.
128'.) agosto. Lconardus Vendcdino pr(!sbiter plcbanus sancti vitalis et
notarius. (S. Zaccaria, 27).
Spettano a questo periodo anche i docninciiti editi dal Bai'accbi (op.
cit. inserita ntÀV Archivio Veneto; voi. 7°, doc. XXV, XXX; voi. IX, doc.
LXIV; voi. XX, doc. XC, XCI, XCIII e CV, nel qual ultimo figurano i
fratelli Marino e Mario figli del doge Orio Malipicro.
(1) Secondo si rileva alla nota precedente, il testaimuito del marzo
1232 dì Johanes Martìnatio (S. Zaccaria, 27) dispone su cinque capitali
impiegati dal testatore in colleganza presso altrettanti tntrfiifoi'es.
(2) Uno di tali professionisti è il nominato Doiìdiiicus GraiìonìrKH
clic figura in molti dei sopra elencati documenti (in 22 negli anni dal
1205 al 122()). Altri che figurano in più atti sono: MichneJ Az/jiio (tn; atti
dal 1224-1227) e Jo/uims Ai/ìho (4 atti del 1247-1253).
(8) La frequenza delle colleganze non toglieva che continuasse pa-
rallelo, conu! risulta eziandio da una not;i precedente, ancln» l'uso del
cambio marittimo, di cui si riproduce qualche atto in appendice eziandio
spettante a questo secondo periodo. L'(!S(n'cizio professionale si applicava
anche al cambio marittimo, per cui si trova ad esempio debitore il noini-
nato Romano Mat/rano in quattro documenti del novembre 11{)7 e in altii
del 1177 giugno e del 1179 luglio (S. Zaccaria. Busta 40 e 24). Così in
quegli stessi anni abbiamo debitore in quattro documenti l'c/ro da Mo-
lino (S. Zaccaria, 24, 25 e 40).
(4) Ad (>s. lU'gli atti 1170 ottobre, Marcus /io/ti/ii jtrcshifrr e/ >ii>f<n-iiis
(S. Zaccaria, 24) ; 1184 febbraio, Matìiciis (//nnoìino presbiter et notarius
(idem, 25). In quella vece l'atto 1183 gennaio, yyo>«'/Vcm/.s- Savornrniis pre-
sbiter et notarius (Pergamene S. Giorgio Maggiore. Busta 28) ha la pi'o-
porzioiu' di ^/4 e ^U. Quest'ultima, proporzione è anche in un atto del no-
vembre 1190 inserito nella raccolta citata d(d Bai-acchi [Archiria Veneto,
voi. 20, doc. XC) ed essa diviene poi la iioiinale nei documenti del secolo
XIII.
(13) liE COLLEGANZE NELLA PRATICA ECC. 18
In questo periodo sono moltissimi i casi in cui il fracfafor con-
ferisce esso pure una quota di capitale, accentuandosi così sempre
più il rapporto sociale nella funzione economica del negozio (*).
La proporzione in generale è, con. e nel periodo precedente, del
doppio di conferimento da parte del ><or>n.^ !<faii!^, coll'aliquota della
metà nel riparto degli utili. Ed acquista speciale importanza in
questo periodo la contribuzione insieme dell'uno e dell'altro socio
nella formazione del capitale per ciò che al verificarsi della stessa
ebbe inizio la registrazione pubblica (in catantkoj della rispettiva
caratura (-).
Pur non diversamente dai documenti contemporanei degli altri
luoghi, ma in modo assai più spiccato che nel periodo veneto pre-
cedente, emerge nei documenti del secondo periodo la progressiva
latitudine negli elementi del rischio, essendo i casi più frequenti
quelli di facoltà di cambiar nave e di contratti <i tempo e non a
viaggio^ ed aggiungendosi inoltre alla clausola <i tempo particolari
facoltà, come quella, del resto già in uso anche prima, di associare
il rischio di terra a quello di mare, ed altre, quale, ad esempio,
il ritorno a piacere coll'una o coli' altra campagna di navigazione
(miulua).
Terzo periodo dal 1242 in poi
Incomincia questo periodo colla prima emanazione già accen-
nata di norme legislative sulle colleganze, inchiuse negli Statuti
dei Giudici di Petizione del 1242. Tali norme non vengono ad
inaugurare un nuovo stato di cose, ma semplicemente, come era
d'abitudine a Venezia, a sanzionare le consuetudini in vi'^ore^ ele-
vando a legge quanto si praticava già nei contratti. Le trascrivo
testualmente dal Libro Terzo dei detti Statuti, accompagnandovi
alcune osservazioni.
(1) I coiifci'iiiicnti consistevano talora in earati di proprietà di navi
(os. il (Ice. n. 1. Appendice P h). È i)erciò da aggiungersi il citato docu-
mento veneto a quelli di data posteriore d'altri luoghi menzionati dal
Goldschmidt (GesrJii'rhfe cit., p. 259 nota 86 a) parimenti come esempio di
colleganze ap])licate alle carature di nave.
(2) Atto 1190 aprile, Matìieits Capello presbifer et notarius (Appendice
I"^ h) doc. n. 7) e atto 1193 luglio, Wido Gisperfo (Jiaroìi/is et n >fiirÌHS
(Appcmliee T' b) doc. n. 8).
14 A. SACEEDOTI (14)
Si quis receperit (lìiquod haòere in CoUefjantia. Gap. I.
" Si receperit quis ab aliqiio habere per Colleg-aiitiaui, fe-
ceritqiie inde cartulam (') textum cartulae servuri oportet et ad
terininum statutuin veniens rationem creditori suo faciet de ipsa
Colleg-antia, reddet auteni creditor debitori suo cartam cum se-
curitate sua „.
" Sed si contig-erit debitorem de Collegantia perdidisse, et
aliquod inde evasisse et non venerit ad terminum statutum facturus
rationem super iis, quae ovaserunt, erit rupta carta in co, quod
ovasorit nisi forte illud posuit in conuiiendatione in loco conimen-
dationis ad noiiien ci'oditoris ,,.
È evidentemente applicato il titolo di colleganza e sono date
le norme statutarie relative solo per il caso in cui il capitale sia
conferito unicamente dal soriìis starna. In tale ipotesi quanto emerge
anclie dai documenti di data precedente viene formulato a chiare
note dagli statuti ; che la colleg-anza cioè fonda un vincolo cre-
ditorio fra il i^ocius nfaux ed il tradator. Importa ciò che non
possa applicarsi a Venezia il dubbio esistente rig-uardo ad altre
località, come ad esempio riguardo a Genova (-), se, almeno fino
ad una certa epoca, la proprietà delle cose a cui si riferiva la
colleganza rimanesse del socio capitalista (s). A Yenezia, fino dai
pili vecchi documenti, quando il gerente conferiva soltanto l'opera,
il negozio rinumeva in ciò sul terreno del cambio marittimo, che
si trattava di rapporto creditorio fra le parti, non diversamente del
resto da quei casi particolari, involgenti sostanzialmente una com-
(1) Significato: carta, mstruinento ; il contratto, come ora già iioll'uso,
doveva farsi por iscritto, del pari clic il cambio luarittiiiio, e la rarfnla,
rilasciata nell'uno o nell'altro negozio dal debitore al creditore, importava
che rivestissero dessi la forma di polizza unilaterale di debito. Questa
l'orma è generale nei documenti veneti, laddove in altri luoghi essa tro-
vasi alternata colla bilaterale.
(2) Lattes (op. cit. capo IV, testo e note 21 e 22); Endemann (Siitdien
in der romanisch-ranonistiscìien Wirtkschafts iind liechtslehere voi. I, p.
369 e seg.) ; Goldschmidt (Geschtchte cit, p. 265, testo e note 103, 1()4).
(B) Nei documenti veneti non v' ha affatto menzione d' un diritto di
separazione concesso al capitalista sul fondo di traffico del fracfafor,
diritto che è riconosciuto invece dai più vecchi docunuMiti genovesi, i
quali ultimi danno così appoggio alla massima che esso capitalista con-
servassi^ la proprietà delle cose accomandate.
(15) LE COLLEGANZE NELLA i'KATIOA ECC. 15
mendd, del diritto romano, i quali rientravano, secondo si avver-
tiva pili indietro nel concetto del deposito irregolare ('). Ma il
passaggio dei beni affidati in proprietà del fnicfiifor non toglieva
che anche a Venezia vi fosse stretta subordinazione di costui al
capitalista, il che si esplicava col rigoroso obbligo di resoconto,
sul quale versa, come tosto si vedrà, il capo li degli sfdhifd, ed
al quale si riferisce eziandio il caso di scioglimento del contratto
previsto al capo I, nell'ipotesi di perdita parziale dei beni in col-
leganza. Prescrive invero il secondo alinea del capo 1, che se
nella detta ipotesi non facesse il debitore nel termine pi'efìsso il
resoconto, fosse rotta la pattuizione (]ier cui le perdite successive
cessavano di rimanere a carico del capitalista, come nel cambio
marittimo, spirato il termine assegnato allo stesso), salvo che non
avesse egli dato in connneiula ad altri il capitale residuo al nome
del creditore.
Quod qui ì'eceperif alicK.jtts ìiona, s/ve hi Rogadianì dee in
Colleganiiam i^no Ci-edifori e.rjnyiìK/f ordiiiaf'n»^ qiuf/lfcr rnrestitierit,
vendiderit et eyerlf. Capo IL
" Asserimus quomodo observari quod quilibet, qiii alicujus
liona receperit, sive in Rogadiam, sive habuerit in CoUegantia, suo
creditori seriatim exprimat, qualiter investiverit, vendiderit et qua-
liter egerit de hoc (-) quod halniit in CoUegantia vel Kogadia et
(1) Significano vcranient*' un rapporto di deposito li'icgoliii'c le espres-
sioni consueto ancfie nei più vecchi documenti veneti, eolle quali il frar-
tator dichiarava il ricevimento d'una certa somma da trafficare, (lualehe
volta determinando la specie delle merci da acquistarsi, ad es. nell' atto
dell'aprile 1190, Matheus Cd'pe-llo (S. Zaccaria, 25), oppure il ricevimento
in cumulo di nuM-ci e danaro, o anche solo di merci stimate per il loro
valore in danaro, obbligandosi a dare poi in capo al viaggio di ritorno
il capitale, ripartendosi fra i contraenti gli utili nella misura stabilita.
Delineata così la figura del contratto, non può essa svanire per la clausola
accessoria in uso che in caso di perdita parziale .s? aatem, aliquid inde
remanserit totum in te (ì\ sorins stansj venire debeat. Con questa espres-
sione invero non devesi intendere significata la proprietà sulle cose ri-
maste salve, ma solo il diritto privilegiato di pagarsi sulle stesse tino
alla concorrenza del loro valore come nel cambio marittimo.
(2) Nò in qu(^sti xtatHfd, uè in alcun atto contrattuale veneto, vi è
traccia che il trartator agisse sotto il nome del coniìnendator, come ap-
pare invece nei più vecchi documenti genovesi e sembrerebb(> cont'ei'niatn
dagli statuti di Pera (e. 211) e da quelli di Genova del 15()7 IV, <;. 43.
16 A. SACERDOTI (16)
secundum quod haec omnia seriatiin expresserit corani lege, te-
neatur por sacramentum firmare, si Creditor voluerit, et si minus
capitale dederit, dicat quare minus dat, et hoc ponatur in Brcr/ario
presenta fionum (verbale di presentazione del conto) „.
" Et si Creditor vel Haeres ejus, vel Successor in hoc casu
probate voluerit quod aliter sit, quam debitor dicat, recipiantur
probationes ejus, et si legitinie probaverit, judices procedant se-
cundum ipsas probationes, et si probare voluerit vel non potuerit,
vel non obtulerit se ad probandum, detur Sacramentum Debitori,
et hoc exceptis illis, qui naufragium passi sunt, vel etiam deprae-
dati, vel combusti, de quilnis volumus secundum consuetudinem
observari antiquam „ .
Si applicano in tal modo al concreto caso le norme generali
sulle presunzioni portate dal Prologo II, degli Hiatufa, e nelle
eventualità previste in fine del Capo i precetti che risultavano dal-
l'antica consuetudine.
De Colleyantiis quaìiter eoriDn pì-ocenfux di ridi dcheanf, et
qìiod carfuìae prò nno, et eodem riatiro (tequaìem ritjorem haheant.
Capo III.
• " Censemus quoque de collegantiis observandum, ne ille, qui
ab aliquo Pecuniam, ut cuni ipsa lucretur, acceperit, nihil in Col-
legantia mittat, sed usque ad tempora statuta cum pecunia accepta
procertans, quartam partem vel quantum in carta continebitur, sibi
teneat de proventu. Reliquas vero partes simul cum capitanea more
solito dare debeat creditori „.
" Et si quidem cartulae plures pluribus hominibus vel uni
et ab eodem factae fuerint prò uno, et eodem viatico diversis diebus,
vel mensibus, aequalem vigorem habeant cartulae in exigendo „.
" De illis vero cartulis dicimus, quae factae fuerint Venetiis,
de aliis vero cartulis, quae alibi factae fuerint, nihil dicimus in
hoc casu „.
Si escludeva con ciò che il socio d'opera contribuisse capitale
nella colleganza, abbandonando così quanto valeva nei più vecchi
documenti veneti, che ammettevano invece anche tale ipotesi nel
concetto della colleganza. Si stabilisce la misura normale del quarto
rispetto agli utili spettanti al socio d'opera. In corrispondenza col
privilegio avuto sulle cose caricate dal socio capitalista per il suo
avere, si stabilisce 1' egual grado nello stesso fra più capitalisti
(17) LE COLLEGANZE NELLA PRATICA ECC. 17
per un medesimo viao;gio, comunque le scritture di colleganza fos-
sero di data diversa, in armonia coi precetti valevoli riguardo al
cambio marittimo.
Alle norme fondamentali sulle colleganze degli sfatiita del 1242
fecero seguito disposizioni di dettaglio (ronsìlia) emanate dal Mag-
gior Consiglio negli anni dal 1262 al 1294, le quali rimasero finora
inedite, e che giova pubblicare a complemento degli statiita^ coi
quali venivano a formare un sol tutto legislativo in un'epoca in
cui è muta in proposito la legislazione degli altri siti. Con tali
Consilia si fecero delle aggiunte agli statuta e si rese imperativo
alcuno dei loro precetti, come quello che la quota degli utili spet-
tante al tractator fosse del quarto (Cons. VII, del 4 agosto 1276,
esso ed i successivamente citati esistenti a Venezia, Archivio di
Stato, Maggior Consiglio, deliberazioni Comune, I, carte 68, 69),
riguardo a cui fu inibita la pattuizione d'una minor quota. Alcuna
di tali disposizioni corrisponde all'indirizzo proibitivo della politica
economica dell'epoca, e così viene inibita la colleganza con fore-
stieri per trasportarne l'avere a Venezia (Cons. I, del 2 agosto
1272). Altre sono in relazione col carattere personalissimo degli
obblighi del socio d'opera, e coll'intento che non si frustrassero
i precetti generali dello Stato, per cui si richiedeva licenza del
Doge e Consiglio affine di poter negoziare per terra e per mare,
e cosi vien proibito di sub-commendare ad un terzo l' avere affi-
dato in colleganza, delegando ad esso terzo l'adempimento della
stipulazione (Cons. II, die XI. exeunte Julio anno 1266, Cons. Vili,
die XV. exeunte Julio 1279) e si fa inibizione al tractator, di
pattuire la colleganza sotto altrui nome (Cons. IX. del 10 luglio
1279), sotto la minaccia di pene ai contravventori. Si dichiaravano
esenti dalle norme legali sulle colleganze e dalle spese inerenti
alla regolare stipulazione delle stesse, non che dal precetto sul
minimo della quarta parte degli utili al tractator, i contratti per
importi non superiori a lire cinquanta (Cons. VI. die X. exeunte
Julio anno 1275 e VII. del 4 agosto 1276), minacciando invece
pene in caso di trasgressione quanto ai contratti per maggiore im-
porto. Si limitava a due anni la massima durata del contratto (in-
tendendo r espressione : per duas nmduas (due campagne di na-
vigazione) quale sinonimo di quella : per duos annos) e si esclu-
devano le colleganze per viaggi uscendo dal golfo col patto in-
sieme di spedire mercanzie e portarne di ritorno (Cons. III. die
XV. exeunte septembri anno 1271). Queste regole subivano alcune
18 A. SACERDOTI (18)
eccezioni, e così erano dispensati i liccioref; dalle restrizioni per
i viaggi fuori del golfo (Cons. VII), erano sottratti i traffici in
zoglU, perlis ac lapidihm dalle norme legali generali sulle colle-
ganze e in ispecie da quella sul minimo della quota del socio
d'opera negli utili, (Cons. VII) e si concedeva si potesse stipulare
la colleganza sotto altrui nome e delegarne l'adempimento nei rap-
porti di fratelli e in quelli fra padre e figli legittimi e naturali
(Cons. X. die YII. exeunte Julio anno 1279 e XI. die Y. exeunte
Julio anno idem). In seguito a breve esperienza il divieto di de-
legare l'adempimento della colleganza apparve poi nella generalità
dei casi troppo dannoso all' espansione dei traffici, per cui lo si
è soppresso col Cons. del 5 giugno 1288 (a carte 44 tergo del
libro Zaneta delle deliberazioni del Maggior Consiglio). Finalmente,
col Cons. del 27 aprile 1279 (carte 41 tergo del libro PìIohu^ delle
deliberazioni del Maggior Consiglio) si è revocata la proibizione
dei contratti per l'andata e ritorno di merci uscendo dal golfo, e
ciò per le mutate condizioni dei trasporti, prima fatti con navi che
impiegavano un anno per un solo viaggio, ed allora effettuati in-
vece con galee che compivano il tragitto in pochi mesi, prova
questa fra tante della cura con cui il legislatore veneto seguiva
lo svolgersi dei fatti del commercio.
Riepilogando i risultati di questo studio, si scorge come alla
precedenza nell'uso del contratto corrisponda a Venezia anche l'an-
tecipata evoluzione dello stesso, ad esempio nel punto che anche
il socio d' opera contribuisse alla formazione del capitale, con
che si avvicinò la comnieìKht alla propria compagnia di com-
mercio, del pari che nel fatto dell'esercizio professionale del ne-
gozio da parte di gerenti che ricevevano, in forza di contratti di-
stinti gli uni dagli altri, capitali da trafficare spettanti a molteplici
accomendanti. In un punto però è stata restìa Venezia ad inno-
vare, nella riduzione cioè dell' aliquota attribuita al socio d' opera
nel riparto degli utili, che si mantenne in più casi nella propor-
zione di un terzo a due terzi anche quando negli altri luoghi, in
relazione colla cresciuta usura dei mutui pecuniari, era solo di un
quarto a tre quarti, misura quest'ultima che le necessità econo-
miche resero poi normale anche a Venezia e che si legge eziandio
negli statuto del 1242.
Alla più rapida evoluzione della commenda a Venezia in con-
fronto degli altri luoghi fa naturalmente riscontro anche la pre-
cedenza nell'emanazione di leggi, le quali rimontano all'epoca an-
(19) LE COLLEGANZE NELLA PRATICA ECC. 19
zidetta del 1242, laddove il più vecchio documento legislativo ge-
novese, che versi in proposito, è lo statuto di Pera del secolo XIV.
E dal materiale combinato degli atti contrattuali e delle leggi ap-
pare che certi punti giuridici, su cui v'ha controversia fra gli au-
tori, i quali avevano finora davanti a se in prevalenza fonti estranee
a Venezia, trovano nelle fonti venete affatto chiara la loro solu-
zione, e che l'ordinamento del negozio non attraversò per piiì ri-
guardi a Venezia neppure quelle fasi che ha percorso altrove cor-
rispondendo fin dalle origini a quanto fu in altri siti il frutto del-
l'evoluzione progressiva dello stesso. Ciò si applica in particolare
alle materie della denominazione del contratto, del passaggio della
proprietà degli oggetti accomendati al fractator e della gestione
degli affari nel nome di costui e non in quello del capitalista.
20 A. SACERDOTI (20)
APPENDICE I«
CONTRATTI
Documenti di colleganza, (Dìtrriori (i(/ìi statufi dei V242, nofeooìi
per Vantichità o lìer a/fro mofiro espresso nelUi memoria o iìi
noto opposta ai (locitmeìtto, col raffronto di qual die documento
di compa()nia di commercio e di cambio m(rrittimo deIÌ'ej)oca
medesima.
a) Periodo fino al 1154
1). 1072 Maggio
In nomine domini dei omnipotentis. Anno ab incarnacione domini
nostri ihesu divisti millesimo septuagesimo secundo mense; madii Indi-
cione decima rivo alto plenam (^t inrevoeabilem securitatem facio ego
quidam dominicus zopiilo tilius vitalis zopulo minoris cum meis heredibus
tibi Johani baruzo filio Johanis barucio et tuis beredibus de una memo-
l'ialis cartula quam milii fecisti ubi ego iactavi deiiarios exmeratos (')
libras quinquaginta et tu ibidem iaetasti libras vigintiquinque et cum toto
isto habere ambubisti in taxegio de stives {-') in navi ubi fuit nauch-rus
h'O aurifice. Nunc autcìn cum fuisti reversus de predicto taxegio om-
nem racioneni milii in(b' fecisti iustiini et veram et de capite ac prode
per sacramentum omnia me deliberasti et sanasti amodo in antea de ca-
pite ac prode sive duplo et de quan(to) continuit in predicto memoriale
scmper securus permaneas. lt;i ut nullis difbus nullis(iue temporibus vos
iiule requirere aut cojiipellere amplius debeamus per nullum ingenium non
parvum neque magnum. Ipsum autem memoriale tibi reddidi si exemplum
de ilio aparuerit aput me voi aput aliquem hominem inane et vacuimi
persistat sine omni vigor(> et robore quia nichil indt; reniansit quod vos
amplius requirere debeamus. Quod si quoeumciue tempore de suprascrip-
tis capitulis aliquid requirere temptaverimus componere promitto cum
(1) Puri (di buona lega).
(2) Località di Grecia.
(21) LE COLLEtìANZE NELLA PRATICA ECC. 21
nieis heredibus tibi et tuis heredibus aiiri libvas quinque et hec securi-
tas ili sua firinitato periuancat.
Ego dominicus marni moa subscripsi
Ego Johanes testis subscripsi
Ego dominicus tostis subscripsi
Ego leo testis subscripsi.
Notitia testium id est
Johanes fllius petri michaelis
et dominicus frater eius
et leo filiiis dominici michaelis.
(S. T.) Ego Johanes subdiaconus et notarius compievi et roboravi.
(Venezia. ArcJdcio di Stato. Munimorte, Perdamene S. Zaccaria.
Esfere. Busta 24).
O
2). 1073 Agosto
In iioiniiic domini dei et salvatoris nostri iliesu cliristi. Anno Incar-
nacionis eiusdem r(Mlemptoris nostri millesimo septuagesimo tercio mense
Augusti Jnditione undeoima rivo alto. Accepi ego quidem Johanes lissado
de luprio cum meis heredibus In collegancia de te sevasto aurifice filio
domini trudimundo et tuis heredibus. Hoc est libras denariorum ducentas
et ego ibidem iactavi libras denariorum cwitum et de isto habere habemus
sortes duas in nave ubi nauclerus est gosmirus damolino. Qu(! omnia me-
cum portare debeo in taxegio de stives in iamdicta nave ubi suprascriptus
Gosmirus da molino nauclerus vadit. In tali vero placito nostraque stancia
ut hoc totum laborare et procertare promitto in quo melius potuero ca-
petanea salva. Prode vero quod inde dominus dederit perfictam medie-
tatem inter nos dividere debeamus sine fraudo et malo ingenio et un-
decumque aliquid acquirere potuero cum toto isto habere totum in istam
collegantiam iactare debeain. et si quod absit a mare vel a gente super
totum istud habere perditum fuerit et fuerit clarefactum nichil inde pars
parti inquirere debeamus si autem aliquid inde remanserit sicut iacta-
vimus ita participemus.
Ista collegantia sit inter nos usque duin nostre in unum conveniunt
volumptates. Quod si non observavero omnia sicut superius legitur. tunc
omnia duplo caput et prode cum meis heredibus tibi et tuis heredibus
dare et reddere promitto de terra et casa mea vel de omnibus que habere
visus fuero in hoc seculo. Signum manus suprascripti iohanis qui hec ro-
gavit fieri.
Ego Petrus testis subscripsi
Ego laurencius testis subscripsi
Ego cosmiro testis subscripsi.
Notiti a testium id est
Petrus gossoni
Laurencius scutarius
Gosmirus da molino.
(S. T.) Ego (lominicus clericus et notarius compievi et roboravi.
( Venezia. Archivio di Stato. Fergainene S. Zaccaria. Estere. Busta 24).
22 A. SACEKDOTI (22)
3). 1083 Luglio
In nomine domini dei et salvatoris nostri Ihesu cliristi. Anno ab in-
carnacione eiusdem redemptoris nostri millesimo octuagesimo tercio .
mense Julii. Indictione sexta rivo alto. Breviarium recordacionis facimus
nos quidem dominicus badovarius da spinalo, et iohanes rosus filius quon-
dam dominici rosi ambo fideiussores. et
vadimonio quod dedit dominicus florentius filius quondam dominici tlo-
rentii maureceni ad Ripaldum fratrem suum de centum libi'is denariorum
quas ipse ripaldus dedit ei. quas vero centum libras denariorum supi'a-
scriptus dominicus florentius secum portare debet in taxegio de tripoli
cum nave ubi iohanes tlieonistus nauclerus vadit. (ft predictus dominicus
florentius omne expendium de suprascriptis centum libris denariorum com-
© putare debet ad predictum ripaldum fratrem suum exccqjto sua victualia.
unde ipse dominicus florentius tale vadimonium dedit suprascripto l'ipaldo
fratri suo ut quantumcumque ipse dominicus florentius aquirere i)otuerit
cum suprascriptis centum libris denariorum duas divisiones de ipso prode
dare debet ipse dominicus ad predictum ripaldum fratrem suum. et ter-
ciam sibi habere debet. et si peccato iniinent(> a mare vel a gente super
totum istud habere perditum fuerit ; tunc ipso dominicus florentius ter-
ciam divisionem de ipsis centum libris denariorum ei refundere et dare
debet. et duas divisiones ipse ripaldus sibi computare debet. et si do-
miiius suprascriptam navim iohanis theonisti cum prosperitate venire p(!r-
miserit tunc ipse dominicus florentius iamdictas centum libras denariorum
cum duabus divisionibus de prode dare et redd(!re debet ad supi'ascriptum
ripaldum fratrcan suum. Quod si hoc ipse dominicus florcMitius non ob-
servaverit et non adimphiverit ad suprascriptuin ripaldum florentium
fratrem svium. tunc de . . . centum libras denariorum ipse dominicus
florentius dare et emendare d(;bet ad suprascriptum ripaldum fratrem suum.
Ego dominicus badovario ficdeiussor manu mea subscripsi.
Ego Johanes roso maini mea subsciipsi.
Signum manus suprascripti leonis qui misit in ipso vuadimonio et hoc
rogavit [fieri].
Ego Petrus maui'o rogatus a suprascriptis testibus ut atestetur ita testis
sum.
Ego vitalis nuiuro rogatus de suprascriti fideiussores testis subscripsi.
Ego Johanes sulmolo rogatus de suprascriti testis subscripsi.
(S. T.) Ego dominicus clericus et notarius Rogatus a suprascriptis
ambobus fideiussoribus et ab eo qui misit in ipso vuadimonio compievi et
roboravi.
(Venezia. Arrlnrio di Stato. Manimorte. Prì-gamenc S. Zaccaria.
Estere. Busta 24).
4). 1119 Gennaio
In nomine domini dei et salvatoris nostri ihesu christi. xVnno domini
millesimo centesimo nonodecimo mense .Tannarli. Indicione terciadecima
(23) LE COLLEGANZE NELLA PKATICA ECC. 23
Constantinopoli. Plonam et inrevocabilem sccuritatcm iiiitto ego quidein
(lominieus ar«licius fìlius iteinquo dominici ardicioni de eonfinio sancte
marie formose cum meis heredibus tibi quidem Johaiii mauro filio petri
mauri de eonfinio sancte marine et tuis heredibus de toto una memorialis
cartula quam tu niiclii fecisti in venecia consentiente tibi petro patri tuo.
ubi ego iactavi libras flenariorum diicentas in ista collegantia. et tu ibi
iactasti ad versum me libras denariorum centum. Que omnia tecuTii por-
tasti in taxegio de acres in nave ubi dominicus bilongus nauclerus ivit.
Et inde ire ut tibi melius adesse in omnibus partibus et de isto haberi;
fuit sortes duas. Nunc autem revertente te in constantinopoli. cum una
exempla de ipso mf^noriali te requisivi, et racionem inde michi fecisti et
de capite et prode si ve quantocumque continuit in ipsa memorialis car-
tula per omnia per sacramentum inde me deliberasti. A modo in antea
de ipsa collegantia et de ipso toto memorialis cartula per omnia inde
apud me semper securus permaneas et ipsum suprascriptum exemplum
tibi rtiddidi. sed ipsum pi'efatum memoriale^ in venecia habeo. linde amodo
in antea ipsum memoriale vel eius exemplum umquam tempore appa-
ruerit apud me vel in alia persona hominum nullum vigore nec robore
habeat in se, sed iiianc; et vacuum persistat. Quia per omnia inde a me
divisus et definitus es. Quia nichil inde remansitunde amplius te requirere
debeam. Et me vel misso ambulante in venecia in isto presente anno infra
triginta dies. tunc ipsam memorialis cartulam tibi vel a tuo misso dare
et reddere promitto. sine omni occasione. Quod si quocumque tempore
de suprascriptis omnibus capitulis aliquid requirere temptavero. et omnia
ut superius legitur non observavero ; tunc componere promitto cum meis
heredibus tibi et tuis heredibus auri libras quinque et hec securitatis car-
tula in sua maneat firmitate. Signum manus suprascripti dominici qui hec
rogavit fieri.
Ego felix testi s subscripsi
Ego Petrus testis subscripsi
Ego iohanes testis subscripsi.
Notitia testium
Felix arro
Petrus Pantaleo
Jolianes zopulo.
(S. T.) Ego Petrus subdiaconus et notarius compievi et roboravi.
(Venezia. Archivio di Stato. Manimorte. Pergamene S. Zaccaria.
Esfere. Busta 24).
5). 1131 Agosto
In nomine domini dei et salvatoris nosti'i Ihesu clu'isti. Anno domini
millesimo centesimo tricesimo primo mense Augusti Indictione nona rivo
alto. Manif(!stus sum ego quidem vivianus da molino de eonfinio sancti
eustadii cum mcds heredibus quia recepì de te quidem pinia relieta (\)
(V) Vedova.
24 A. SACEEDOTI (24)
Stefani pollani de coufiiiio saiicti irioysi cognata mea et tuis hei'edibus
libras denarioruin ducentas. Quas michi dedisti ad portanduni in taxeio
de larta 0) cum nave ubi nauclerus vadit alniericus caputincollo. unde
in tempus cmn illa mudua de navibus que a primo tempoi'e in venecia
venire debet ego vel venire vel transmittere tibi debeam per credenteni
hominem in testimonium bonorum hominum inter caput et prodem de
suprascripto tuo precio libras denarioruni ducentas quinquaginta. absque
ulla occasione, et infra triginta dies quod ipsa mudua de navibus in V(^-
iiecia intraverit tam si ego venero, quam et si suprascriptum precium
transmisero tu apagata et deliberata esse debeas de suprascriptis du-
centis quinquaginta libris denariorum absque ulla intermissione tamen in
periculo debet esse istum precium usque ad predictum terminum quod
ipse naves v(urerint in vcneciam. Quod si non observavero omnia sicut su-
perius legitur tunc omnia in duplo caput et prode cum nuMS lieredibus
tibi (;t tuis heredibus dare et componcu'e promitto de terra (!t casa mea
vel de omnibus que liabere visus fuero in hoc seculo. et inde in antea
caput et duplum prode laborare debeat de quinque sex per annuni.
Ego vivianus damolino manu mea subscripsi
Ego Petrus faletrus testis subscripsi
Ego dominicus testis subscripris
Ego vitalis longo testis subscripsi.
Notitia testium
Petrus fahitrus
dominicus tlorianus
Yitalis longo.
(S. T.) Ego Urso presbiter et notai'ius compievi et l'oboravi.
(Venezia. Arrhirio di Stato. Perdamene S. Zaccaria. Estere. Basta 24).
6). 1132 Luglio
In nomine domini dei et salvatoris nostri ihesu christi. Anno domini
millesimo centesimo tricesimo secundo mense; lulii Indietione decima rivo
alto. Plenam et inrevocabilem securitatem faeio ego quidem colomannus
bembo filins aurii bembo de confinio dojnini salvatoris cum meis here-
dibus tibi quidem marino michael de confinio sancti iuliani et tuis here-
dibus de una numiorialis cartula quam tu michi fecisti in preterito anno
in mense madii indietione nona in suro (-) de una coUegancia ubi ego
iactavi bizancios aureos bonos saracenatos triginta et cantarium unum de
cinanio canella minus rotula una et demidia. et in suro tibi dedi predictani
colleganciam et ipsos bizancios CTun predicta Ciinella tecum poi't;istiin taxeio
de constantino})()Ii et supra ipsos trigiiitii- bizancios (^uantes biziincios tu ve-
(1) Da Arta (località di Grecia).
(2) Località; incerto se sia Asso (Cefalonia, isole .Ionie) ovvero Tiro
in Siria.
(25) LE COLLEGANZE NELLA PKATICA ECC. 25
min(lass{3s ipsa canclla de tuis bizanciis dcbuisti iactare adversuiii me in ipsa
colleganeia terciam pavtem sicut per racionem eveiiisset et cum foto isto
prccio laboraro et procortaro debuisti. Ista colleganeia debuit esse inter
nos usqiie ad illud terminimi quod tu redisses de constantinopolj vel d(>
aliis partibus roiuanie in t(U'rani Jerusaleni (>t tunc luielii vel meo misso istani
pret'atam colleganciam cum vera racione dare debuisti et si me vel mmim
missum in teri'am ierusalem vel in aliis partibus non invenisses tunc
usque ad unum expletum annum istud meum liabere apud te retinere
debuisti. et ])ostea (quando ego vel meus missus istam colleganciam tibi
reqnisissemus tu miclii cum recta racione miclii illam reddere debuisti.
Nunc autem post quam in venecia reversus fuisti de tota ipsa colleganeia
michi omnem verain et iustam racionem fecisti tam de capite quam de
prode cum tota sua investicione per omnia me apagasti et deliberasti
etiam per sacramentum amodo in antea de quantocumque continetui' in
prcnlicta memorialis cartula semper ind(! securus et quietus permaneas.
de qua memorialis cartula tibi reddidi una exemphi testata et roborata.
Ipsam memorialis cartulam matrem foris veneciam illam dimisi meo misso
quod si te invenisset illam tibi dedisset et in eam colleganciam de te
recepisset quam memorialis cartulam si in mea potestate redierit ego tibi
illam reddere promitto. si vero in mea potestate non redierit ubicumque
ipsa l'uerit vel aparuerit vacua sin(> ullo vigore et robore permani^at. Quia
nicliil inde remansit unde te amplius requirere valeam. Quod si quocumque
tempore de suprascriptis omnibus capitulis aliquid requirere temptavero
componere promitto cum meis beredibus tibi et tuis lieredibus auri libras
quinque et liec securitatis cartula maneat in sua fìrmitate. Ego collo-
mannus bembo manu mea subscripsi.
Ego ugerius badovarius testis subscripsi
Ego bonus testis subscripsi
Ego henricus lantani testis subscripsi.
Notitia testium id est
Ugerius batlovarius
Bonus dandolus
Henricus lantani.
(S. T.) Ego Urso presbiter et notarius compievi et roboravi.
(Venezia. Arrhirio dì Stido. Maniutorte. Penjainene S. Za<-:'(irìa.
Estere. Busta 24).
7). 1183 Febbraio
In nomine domini dei et salvatoris nostri ihesu christi. Anno domini
millesimo centesimo tricesimo tercio mense februari indictione duodecima,
rivo alti. Plenam et irrevocabilem securitatem facio ego quideju liomodei
iacobe. de confinio sancti iacobi de luprio cum meis beredibus. tibi quidem
dominico bilongo ; de eodem confinio et tuis beredibus. de una caucionis
cartula. quam tu michi fecisti continente tantum de meo habere secundum
rationem inter nos habitam de libris denariorum nostra; monete centum
quinqua.ginta. quas tibi dedi et prestiti ad portandum in taxegio de bares
26 A. SACEEDOTI (26)
cuni piato O ubi nauclerus fuit iohancs vicnzo. tFnde proinittens pro-
inisisti ut cum roversus csses de suprascripto taxegio in vcMiccia. Quod
do premenioratis meis centum quiiKiiiagiiita libris (Icnariovuin iik^ apagiirc.
et deliberare deberes. sine aliqua intermissione ; aut aliquo interposito ca-
pitulo. et si a mare Tel a gente suprascriptum habere perditum fuisset.
et (!sset clarefactum. quod videlicet de alio tuo habere eveniret. ita et de
meo suprascripto habere deberet esse. Ha^c omnia observare et adimplere
promisisti. Quod si non observasses totuni quod superius dictuni est eo
pi'edicto modo, tunc omnia in duplo esse deberent. Nunc autem supra-
scriptas centum quinquaginta libras sane et integre michi reddidisti. et
omnem iustam et veram rationem tam de capite, et prode, quam et de
tota investitiono. sine duplo, per omnia inde me sanasti ac deliberasti.
Ipsam autem caucionis cartulam tibi reddidi. Si exemplum de ea appa-
ruerit apud me. vel apud aliquem hominem, inane et viieuum sine; vigore
et robore persistat. Ita ut nullis diebus nuUisque temporibus te inde ;ini-
plius requirere aut compeller(! debeam per nuUum ingenium parvum sive
magnum. quia nichil remansit quo te amplius rcsquirere valeam. Quod si
quocumque tempore de suprascriptis centum quinquaginta libris denai'io-
rum et predicta caucionis cartula aliquid requirere tempt;ivero. eomponere
promitto cum meis heredibus. tibi et tuis heredibus auri libras quinque (!t
hec securitatis cartula in sua firmitate permaneat.
Ego homodei iacobe manu mea subscripsi
Ego stefanus testis subscripsi
Ego dominicus testis subscripsi '
Ego Johanes rogatus testis subscripsi.
Notitia id est testes
Stefanus sagorninus
Dominicus michacd
Jolianes avolnaris.
(S. T.) Ego petrus ledi acolitus notarius compievi c^t roboravi.
(Venezia. Archivio di Stato. Ferfjaiiiene S. Zaccaria. JJuata 24).
(1) Ecco quiinto si legge in proposito nidi' opin-a : Venezia e le sue
Lagune, voi. I, p. 209, nell'articolo : " brevi cenni sulle costruzioni navali
e sulla marina dvì Veneziani dal principio alla fine della Repubblica „ :
" Piatta 0 Flato. Barca civica così denominata per aver la carena assai
larga, difficile però da immergere, quindi suscettibile a sostenere grandi
pesi senza punto sbilanciare. Olti'c all'interno sei'vizio di ti'asporto, la
piatta si è sempre adop(!rat;i, e tuttora s'iidoprii iil libo dei grossi basti-
menti da mare, togliendo cioè parte del carico onde ridui'li a minor im-
mersione, e così loro facilitare il passaggio sopra gli alti fondi che ren-
dessero malagevole la praticabilità dei nostri porti. Pensiamo anzi che
in origine sia stata questa espressamente la sua destinazione ; il nome
vuoisi derivare dal greco platijs, che in nosti'O idioma suona largo, (evi-
dentemente, come dicemmo, perchè tale appunto è la sua Ciuena. „
(27) LE COLLEGANZE NELLA rilATICA ECC. 27
<S). 1138 Maggio
In iiuiniiic (loiiiiiii dei et salvatoris nostri iliesu cliristi. Anno ab in-
carnacione einsdeni rcdeiiiptoris nostri niillesinio centesimo tricesimo oc-
tavo. Mense inadii. Indicione prima. Rivo alto. Accepi ego quidem Hen-
ricus contarenus filius quondam Jolianis contareni de confinio Sancte ma-
rine cimi meis lieredibus In collegancia de te nanque Katiiolica quondam
relieta dominici iustiniani de confinio sancti pantaleonis dilecta socera
mea et tuis lieredibus (!t successoribus libras denarioi'um mille nostre
monete, et ego nichil iactavi adversum te. Qiie omnia mecum portare
debeo i:i taxegio de acres cum navi ubi nauclerus vadit fuscarus lugnanus.
et inde in antea ubi miclii bonum esse videtur ad ambulandum. In tali
vero conveniencia ut cum hoc habere usque ad aiinos tres laborare et
procertare debeam prò ut iiielius potuero. capetanea vero salva prode
vero quod inde dominus dederit per veram medietatem Inter nos dividere
et participare debeamus sino fraude et malo ingenio. etundecumqu(i aliquid
adquirere potuero cum suprascripto habere in ista collegancia iactare
debeam. Et si quod absit a mare vel a gente totum suprascriptum habere
perditum fuerit et fuerit clarefactum nichil inde requirere debeatis Si
autem aliquid inde remans(!rit totum in te venire debeam. Ista collegancia
sit inter nos usque ad tribus aiinis sicut predictum est. Quod si non ob-
servavero omnia ut superius legitur tunc omnia in duplo capud et prode
cum meis lieredibus tibi et tuis lieredibus et successoribus dare et red-
dere promitto de terris et casis meis et de omnia que modo abeo vel que
in ant(!a acquirere visus t'uero in hoc seculo et inde in anteam capud et
prode ac duplo prode laborare debeat ad racionem de quimiiu^ sex per
annuni secundum usu patrie nostre.
Ego enricus contareno manu mea subscripsi
Ego Petrus lantani testis subscripsi
Ego stefanus lantani testis subscripsi
Ego stefanus gradonicus testis subscripsi.
(S. T.) Ego fuscarus presbiter et notarius et ecclesie sancti pantaleonis
vicarius compievi et roboravi.
(Venezia. Archivio di Stato. Manimorte. Perf/amene S. Zaccaria.
Estere. Busta 24).
0). 1150 Marzo (')
In nomine domini nostri ihesu christi. Anno domini millesimo cen-
tesimo quinquagesimo mense martii. Inditione tertia decima constanti-
nopoli. Cum r(d)us publicis pi'esidemus omnium e(juit;i,ti et iustitie legalitei'
(1) Notevole per ciò che vi figurìino i nomi di due successivamente
Dogi, Domenico Morosini e Sebastiano Ziani.
28 A. SACERDOTI (28)
previdero dobemus. Qua propter Nos quidcm Sebastiaiius ziani de con-
finio sanete iustine legatus domini nostri dominici inauroceni gloriosi ve-
netie ducis cum essemus in eonstantinopoli venit ante nostrani et honorum
hominum presentiam Henrieus iubianus de murianis et dixit quod lia-
buerat compagniam cum Raymundino donno de confinio Sancti blasii qui
defunctus erat et proclamavit se supra dominicum donnum fratrem et
comniissarium nominati Raimundiiii et dicebat quod volebat se dividere
ab eo de suprascripta compagnia,, ostendit etiam imam cartam testifica-
tionis testatam (!t roboratam. quam fecerant Marcus niaui'o de castello
et dominicus ianasi d(» confinio sancti maiiricii in preterito mense fe-
bruarii per eandeni inditionem tertiam decimam. que continebat quoniam
in hoc presenti anno in Lesf'ornies. Henrieus iubianus de murianis et Ray-
mundinus donno de confinio Sancti blasii ambo cognnti rogaverunt su-
prascriptos Marcum maurum (^t dominicum ianasi quod essent testes Inter
eos de ipsa compagnia quam fecerant ad invicem in quo compagnia
henrieus iubianus posuernt perperos novos septingentos quinquaginta octo
et Raymundinus donno posuei-at in (^adem compagnia alios perperos novos
quingentos octo. cum quibus omnibiis debebant negociai'i in omnibus par-
tibus sicut eis bonum videretur et in illorum comuni periculo. et qviiciiuid
dominus eis daret deberet dividi inter <'0s secundum bizantios. Nos vero
suprascriptam cartam testificationis audientes et intelligentes elegimus
iudices quorum nomina subscripta suiit (ini diccrent per legem quod ad
liec opus esset. dixerunt ergo ])er legem et iuditium concorditer quod
henrieus iubianus iurar(it supra dei quattuor evaiigelia omnia esse vera
que in suprascripta carta testificationis contiiicbaiitnr. Accessit itaque
henrieus iubianus et omnia iuravit (lue in suprascripta testificationis carta
continebatur esse vera. Nos igitur ex iuditio suprascriptorum iudicum damus
plenissijuam potestatem. inquirendi interpellandi. excutiendi et sicut in
suprascripta testificationis carta continetur quicquid sibi placuerit faciendi
nullo sibi honiine contradicente. Si quis autem conti'a huius nostre no-
titi(; cartam quovis ingcnio obviar(^ presumpserit vel eam corrumpere vo-
lucu'it tunc componere deboat cum suis hcrcdibus auri lihras deeem. me-
dietatem canu-re domini nostri ducis et aliam niedietateni suprascripto
henrico iubiano et suis heredibus et hoc nostre notitie carta in sua fir-
mitate permaneat.
Ego Sebastianus ziaiii legato manu nica sulìscripsi
Ego rainero dunigeorgio manu mea subscripsi
Ego dominicus gradonico manu mea subscripsi
Ego vitalis urso manu mea subscripsi.
(S. T.) Ego heynricus longo clericus et notarius compievi et roboravi.
(l'cnczùf. Arri/ìlio di SUih). Di/nt/i >'.<l Affi (liploiiiafiri. Biisfu ]', I). 2).
10). 1 154 Novembre
In nomine domini dei et salvatoris nostri ihesu chi'isti. Anno domini
millesimo centesimo quimiuagcsimo (luarto. mense Novemhris. Inditione
tercia. eonstantinopoli. plenam et irrevocabilem securitatt'in. facio ego
(29) LE COLLEGANZE NELLA PRATICA ECC. 29
quidem petnis fuscarenus do confinio saiicti pauli cuni nieis heredibus
tibi iohani faletro de confinio saneti pantaleonis et tuis heredibus de una
cautionis carta quam tu niihi fecisti eonsentiente tibi otone faletro patre
tuo in isto preterito mense ianuarii prò perperis aureis veteribus pen-
santibus quinquaginta quos apud te retinere del)uisti ad negociandum
ubicumque tibi bonuni videbatur in meo peiiculo usque ad unum annum.
et tunc miclii dare debebas suprascriptos quinquaginta perperos cuni prode
ad rationem de quattuor quinque. Nunc aut(nn tu de totis suprascriptis
perperis et eorum prode et etiam de quantocumque continetui- in ipsa
cautionis carta me appagasti ot deliberasti. Ipsam quidem cautionis cartam
tibi reddidi. Si exempluni inde alicubi apparuerit inane et vacuimi
existat per omnia. Quod si quocumque tempore de suprascriptis omnibus
capitulis aliquid requircre temptavero. tum emendare debeam cum meis
heredibus. tibi et tuis hei'cdibus. auri libras quinque et hec securitatis
carta in sua permaneat firmitate. Ego peti'us fuscareno ninnu ine;) sub-
scripsi.
Ego dominicus greco testis subscripsi
Ego p(!trus bonoaldo testis subscripsi
Ego petrus laurc^tanus testis subsci'ipsi.
(S. T.) Ego Johanes da noale subdiaconus et notiii'ius compievi ot
roboravi.
(Venezia. Arrlnrio di Stato. ManimoHe. Perdamene S. Zaccaria.
Elatere. Basta 24).
h) Periodo dal 1155 al 1242
1). 1167 Novembre
In nomine domini dei et salvatoris nostri ihesu christi. Anno domini
millesimo centesimo sexagesimo septiiuo. mense Novembris indicione
prima alexandria. Accepi ego quidem dominicus iacobe de confinio sancti
iacobe de luprio cum meis heredibus in eollegancia de te romano mai-
rano de confinio Sancte trinitatis de geminis et tuis heredibus hoc sunt
duas sortes de tua navi per bizantios perperos decem et octo et alios VII
et ego ibidem iactavi adversum te una mea sorte de ipsa suprascripta
navi per bizantios perperos YIIII et alios tres et medium cum tota su-
prascripta navi et habere ad presens ire debeo ad negociandum ut melius
poterò de liinc in taxeio de almiro (') cum suprascripta navi ubi nau-
clerus vadit bartholomeus iulianus et de inde redire debeam in constan-
tinopoli cum eadem navi in illa prima mudua ita quod aliud taxidium
mutare non debeam et infra dies quindecim postquam in constantinopoli
(1) Città delln Grecia anche al presente così nominata.
30 A. SACERDOTI (80)
inti'avcro (Iclx'iiiu per me vcl per iiieuju inissuin dare et deliberare tibi
vel tuo inisso in coiistantiuopuli totuiii (luod de sui)rascripta collegancia
til)i advenerit de capitanea et i)rode cum insta et vera racioiie sine fraude
et malo ingciiiio. Videlicet capitanerà salva prode quod inde douiinus d{\-
derit pc^r veram medietatem teeum dividere et partire debeam sine fraude
et nndecumque aliquod cum suprascripta navi et habore acquisiero totum
in ista collegancia iactarc d.'beam. Et si quod absit a mare vel a gente
totum suprascriptum habei'e perditum fuerit ita quod sit clarefactum nichil
inde pni's partim inquireic debeat. Si vero aliiiuid inde remanserit sicut
dedimus ita participf^mus. lice omnia que suprascripta sunt si tibi non
obscu'Viivero Tunc emendare debeajn cum meis liei'edibus tibi i^t tuis lie-
redibus totum suprascriptum tuum abere in duplo de terris et casis meis
(it de omnibus que abere visus i'nei'o in hoc seculo et inde in antea ipsum
caput et duplum prode laborare de quinque sex per annum. Ego domi-
nicus iacobe manu mea subscripsi.
Ego bartholomeus iuliano testis subscripsi
Ego iohanes villio testis subscripsi.
(S. T.) Ego dominicus grotulo presbiter (st notarius compievi et ro-
boravi.
(Venezia. Archivio di Stato. Pergamene S. Zaccaria. Estere. Busta 24).
2). tifi! Novembre
In nomine domini dei et salvatoris nostri ihesu christi. Anno domini
millesimo ccuitesimo sexagesimo septimo UKuase novembris indicione piima
alexandi'ia. plenam et inrevocabilem securitatem f'acio ego quidcmi Mar-
tinus atrigna de Kaprolis cum meis heredibus tibi quidem romanus mai-
rano de confinio Sanate trinitatis et tuis heredibus videlicet de una ma-
nifestacionis cartula quam tu mihi fecisti percurrente anno domini mil-
lesimo centesimo sexagesimo septimo mense iulii indicione quintadecima
coustantinopoli prò perperos aureos veteres pensantc^s ducentos quos tibi
«ledi ad negociandum allo Kitro (') cum nave ubi nauclerus vadit bar-
tholomeus iulianus et de inde ipsa navis et habere ire debet in tasegio
de alexandria in ipsa prima mudua et inde redire in coustantinopoli cum
ipsa suprascripta navi et alio tasegio mutare non debet et infra dies
viginti postquam suprascripta navis in coustantinopoli intraverit debeam
per me vel per meum missum dare; (^t deliberare tibi vel tuo misso Inter
caput et prode perperos aureos veteres pensantes ducentos otoginta sex.
Nunc vero in pati conveniencia fuimus in alexandria omnem racionem
insta (!t veram de caput et prode nec non et de quantocumque continetur
in suprascripta manifestacionis carta miclii fecisti et per omnia et in omnibus
me inde deliberasti adque sanasti, a modo in antea semper inde securus
(1) Località di Grecia.
(31) LE COLLEGANZE NELLA PRATICA ECC. 31
ot qiiietus permaneas. Quia nicliil inde r(Mnansit undc te amplius rtMiuircro
valeam. Exempla tibi redidi mater est in comendacionc^ in constantinopoli
linde promitens proniito tibi revertente nw. in constantinopoli ad ista
prima niudua infra dies quindecim tibi v(d tuo niisso dare et deliberare
tibi debeam et si dai-e tibi noluero vel non potuei'o (^t dannuni inde tibi
advenerit ita quod sit clarefactum tunc componere promito omnia in
duphmi. cum meis heredibus tibi et tais heredibus et inde in antea caput
et duplum prode laborare de quinqiie sex per annum. Quod si coeumque
tempore de suprascriptis omnibus capitulis ali(iuid requirere temptavero
componere promito cum meis lieredibus tibi et tuis lieredibus auri libras
quinque et hec securitatis carta in sua fìrmitate permaneat. Sii^num inanus
suprascripti Martini (lui hec fieri rogavit.
Ego petrus peUeGi'inus testis subscripsi
Ego leonardus mairano testis subscripsi.
(S. T.) Ego dominicus grotulo presbiter et notarius conipk>vi et ro-
boravi.
(Venezia. Archivio eli Sfato. Perr/aniene S. Zaccaria. Estere. Busta 24).
3). 1174 Maggio
In nomine domini dei et salvatoris nostri ilic^su christi. Anno domini
millesimo centesimo septuagesimo quarto mense madii Indicione septima,
rivo alto, plenam et irrevocabilem securitatem facimus nos quidem Jo-
hanes memo et dominicus memo ambo fratres filios quondam petri memo
de confinio Sancti hermacore et nostris hercnlibus tibi quidem henrico
serzi fìlio quondam venerandi serzi de confinio Sancti apollinaris et tuis
liercMlibus de illis duabos cartulis quas tu fecisti suprascripto petro memo
defuncto patri nostro quaruni una est cautionis carta facta anno domini
millesimo centesimo sexagesimo mense madii Indicione octava. quam tu
eidem patri nostro fecisti prò libris denariorum veronensium trecentis
quas ipse tibi dedit ad laborandum et procertandum cum ipsis in com-
pagnia, tali modo quod tota suprascripta sua capitanea salva (!sse debebat
prode vero quod inde dominus dedisset per veram medictatem Inter vos
dividere debebatis sine fraud(> et malo ingenio et undecumque aliquid
acquirere potuisses tam cum ipso habere quam cum alio liabcu'e vel per
quodcumque ingenio aut quocumque modo aliquid acquisisses et venisses
totuin in ipsa compagnia iactare debebas et nullum socium de supra-
scripto habere tibi mittere debebas et suprascriptum habere in domo
eiusdem patris nostri tenere d(d)ebas. et foris venecias suprascriptum
habere nee mittere nec portare debebas nisi usque ad mercatum ferarie
vel ad illa die nec propria tua debita appagare sine sua licencia et vo-
luntate et tribus vicibus in anno secum raciones facere de toto habere
suprascripte compagnie quia compagnia Inter nos esse debebat inde in
antea usque dum suprascripto patri nostro placuisset ut in ea legitur.
alia vero est cautionis (carta fac)ta anno domini millesimo centesimo
sexagesimo mens(^ aprilis Indicione octava quam tu fecisti eidem patii
nostro prò libris denariorum veronensium eentum quas til)i dedit et pre-
32 A. SACEEDOTI (32)
stitit in tuis utilitatibus peragondis. In tali vero placito quod eas apud
te rotinere dobobas ab illis Kalondis niadii quas tunc priniitus oxpecta-
batis per illani siipraseriptam indieioncni oetavani in antea usque ad unum
annuni expletum absque o prode exinde tibi persolvendo ut in ea legitur
Nunc auteni quia de quantocumquc^ continetur in suprascriptis ambabus
cautionis cartulis tam de capite quani de prode et duplum omnem iustam
et veram racionem nobis exinde fecisti et per omnia et in omnibus et
de super omnia nos inde sanasti et deliberasti etiam per sacramentum.
A modo in antea semper inde securus et quietus permaneas (quia) nicliil
inde l'emansit unde te amplia; requirere valeam. suprascripte ambo cau-
tionis (cartule tibi reddijdimus. si exemplum de eis alicubi apparuerit
inani; et vac(uum perxi)stat sine omni vigoi'e et robore. Quod si quo-
cumque tempore de suprascriptis omnibus eapitulis aliquid requirere tcMiip-
taverimus componere promittimus cum nostris bercdibus tibi et tuis he-
l'edibus auri libi'as quinque et hoc securitatis carta iniincat in sua firmitate.
Ego Johanes memo manu mea subscripsi
Ego dominicus memo manu mea subscripsi
Ego Petrus regini testis subscripsi
Ego iacobus dandulo testis subscripsi.
(S. T.) Ego Dominicus arduynus presbiter plebanus Sancti Jolianis
<;vangeliste et uotarius compievi et roboravi.
(Ve.nezia. Archino di Stato. Pergamene S. Zaccaria. Estere. B//Ma 24).
4). 1177 9 Giugno
In noniinc domini nostri iliesu cliristi. Anno domini millesimo cen-
tcisiino septuagesimo septimo. mense Junii. di(; nono intrante. Inditione
decima, rivo alto. Manifestum facio ego quidem Romanus mayranus ha-
bitator in confinio 8ancti Jolianis (ivangeliste. quia recepì cum nu'is he-
redibus de t(! petro barbani de eodein confinio et tuis lieredibus tantum
de tuo habere quod modo ego mando cum una unni nave quam navem
ego nuper fieri feci hic in rivo alto iuxta mouasterium Sancti Zacharie
supra terram dominici damiano de qua nase nauclerus vadit Johanes
(hiponte de confinio Sancti augustini bene ornata et sarciata et eh; ma-
rinariis et de; omnibus suis necessariis causis sicut consuetudo est navium
ire per mare; de jiitic in taxegio aut ad sitam (') vel ad buzeam ('^) in
istam primam muduam. ita quod aliud taxegium mutare non debeat.
Unde tunc infra duos menses postquam illuc intraverit ; debeam ego per
me vel per menni missum dare et deliberare tibi vel tuo misso in sitam
vel in buzeam ul)i primum de istis duobus locis suprascripta navis intrii-
verit bizancios aureos massamutinos (■') honos pcnisantes mille trcccntos
(1) Cauta in Africa.
(2) Bugia in Africa.
(3) Moneta fatta conian; nel secolo Xll dalla dinastia mussulmana
{SS) LE COLLEGANZE NELLA PRATICA ECC. 83
ti'iginta tres mundos extractos de doana. sino lilla dationo te in(l(^ por.h
solvente, et absque omni occasiono, aut nllis intoi-positis capitulis. Ye-
runtamen suprascriptiun tnuni liabore dobet osse in tali tuo j)oriculo maris
et gentis quali erit suprascripta navis cum toto liabere quod erit in ea
in suprascripto itinere usque ad suprascriptum terminuni ita quod sit
clarefactum ; prò malori auteni firuiitate pono tibi nexun fiducie loco pi-
gnoris totam veram et integram quintam partem de tota suprascripta mea
nave cum toto suo sarcio et incarico cum omnibus suis habentiis et per-
tinentiis ad suprascriptam quintam partem intus et foris. et ab hinc usque
ad suprascriptum tcrminum appagamenti suprascriptum tuum pignus tibi
et in tua pienissima potestate et dominio do. et te inde in tenudam pono.
sino omni reprehensione. tali tenore ut si ad suprascriptum constitutum ter-,
minum te non deliberavero de totis suprascriptis bizanciis ut suprascriptum
est. quod ex tunc in antea prò ipsis tuis totis suprascriptis bizanciis ple-
nissimam virtutem et potestatem liabere debeas sino omni reprehensione
habendi totum suprascriptum tuum pignus. ten(uadi. dandi. vendendi.
donandi et cuicumque volueris transactandi. voi quicquid inde tibi pla-
cuerit faciendi sine omni reprehensione. nullo tibi liomine contradicente.
hec autem que suprascripta sunt si non observavero ; tunc emendare de-
beam cum meis heredibus tibi et tuis heredibus totos suprascriptos tuos
bizancios massamutinos in duplum de suprascripta mea nave et sarcio
et incarico et de terris et casis meis et de omnibus que habere visus
fuero in hoc seculo. et inde in antea ipsum caput et duplum prode la-,
borent de quinque sex per annum. Ego romanus mairanus manu. mea.
Ego Vitalis baroci testis subscripsi
Ego stel'anus bragadino testis subscripsi.
(S. T.) Ego Juliauus damianus diaconus et notarius compievi et ro-
boravi.
(Venezia. Archivio di Stato. Pergamene S. Zaccaria. Estere. Busta 25).
5). 1179 Agosto
In nomine domini nostri ihesu christi. Anno domini millesimo cen-
tesimo septuagesimo nono, mense Augusti. Inditione duodecima, rivo alto.
Manifestum facio ego quidem dominicus sisinulo de confìnio Sancte Ju-
stine cum meis heredibus tibi Vitali voltani nepoti meo habitator in con-
d'Africa e Spagna degli Almoadi, chiamata anche dei Re dei Massimuti
dalla tribù dei Masmuda o dei Massimuti che era il principale suo ap-
poggio. Si distinguevano massamutini semplici e doppi, i primi corrispon-
denti a due terzi del fiorino d'oro di Firenze, cioè a lire italiane otto
(vedi Desimoni ; il Massanmtino, del Contrasto nel Giornale Ligustico
voi. XIII, p. 73 e seg. e Cressini, lettera al prof. Bolgrano nello stesso
Giornale voi. XVII, p. 394 e seg.).
34 A. SACERDOTI (34)
fillio Sancte Marie iubianici et tuis hcredibus. (luod iios (luondaiii leh-o
tempore aflfirniavimus et feeimus ambo insilimi in roniania unaiii eonipa-
^niam. In qua misimus per unuinqueiiKiue nostrum seeundiiiii (luod nos re-
cordamur aut libras de perperis auri septeni. aut perperos auri quing-entos.
et si plus de nostro liabere liaberemus illud in eadem compagnia mittere de-
bebamus salvum in terra, tamen ad laborandum in comuni utilitate istius
compagnie. Veruntameu prode inde tollero debebamus perperum unum prò
uno quoque mense ad rationem de Unaquaque libra. P]go vero permanere dc-
bebam in constantinopoli et tu in stives (') et debebam tibi mittere et reinit-
tere istud liabere de constantinopoli in stives per tcrrani etperipsos eulfos et
passaios. et tu similiter miclii de stivis in constantinopoli. potestatcnn quoque
liabere debebamus de isto liabere dare et mandare per terrain ubicumque
iiobis bonum visum fuisset. et potestatcsm liabere debebamus tollero de
liabere alterius ad nomem et proficuum atque periculum istius compagnie
ita quod nos ambo de ipso debito coeciuales debitores esse debebamus
ad appagandum et persolvendum illud. et debebat ipsa compagnia esse
inter nos ex tunc usque ad unum annum et de inde in antea quo usque
nostre voluntates in unum convenirent. Unde promittens promitto cum
meis heredibus tibi et tuis heredibus. quod iustam et veram rationem
tibi facere debeam de habere quod miclii intromissum fuit in romania de
suprascripta compagnia, aut quod inde alieni dedi. vel quod inde apud
me remansit per aliquem modum vel ingenium. quandocumque inde me
inquisieris per te vel per tuum missum ex tunc in antea infra unum
mensem. et tunc totum tibi illud persolvere debeam quod tunc inde liii-
buero sino omni IVaude. Si igitur ita non fecero et non obsei'vavero.
tunc emendare debeam cum meis heredibus tibi et tuis heredibus marcas
argenti ducentas de (luantocumque habere visus fuero in hoc seculo. Vi-
dcdicet postquam inde me inquisieris per te vel per tuum missum ex
tunc in antea infra unum mensem. Et hec manifestationis carta mani^at
in sua firmitate. preterea promittens promitto cum meis heredibus tibi
et tuis heredibus quod si a modo in antea per aliquem modum vel in-
genium inquisitus fueris a me v(d ab aliqua alia ptirsona hominum de
ali(iuo (hibito ([uod ego factum habeam vel quod facei'e debeam per su-
prascriptam compagniam. et aliquid inde appagaveris vel aliquod dannum
inde tibi advenerit clarefactum per legem et iudicium ; tunc emendare
debeam cum meis heredibus tibi et tuis hercidibus totum ipsum appaga-
mentum et dannum in duplum et hec promissionis carta maneat in sua
firmitate. Veruntamen statutum habeo tecum. quod per suprascriptam
promissionis cartam nullam proclamationem tibi facere debeam. nec ali-
quod impedimentum tibi inde facere debeam in aliquo tuo facto ante
suprascriptum appagamentum et ante suprascriptum dannum.
Ego dominicus sisinulo manu mea subscripsi
Ego lienricus scarto testis subscripsi
Ego Petrus bobizo testis subscripsi.
(1) Località della Grecia.
(35) LE COLLEGANZE NELLA PRATICA ECC. 35
(S. T.) Ego Julianus dainianus di.aconus et notarius compievi et ro-
boravi.
(Venezia. Arcldrio di Sttito. Ferumnene S. Zaccaria. Estere. Busta 25).
6). 1184, 17 Febbraio f)
In nomine domini dei et salvatoris nostri iliesu christi. Anno domini
millesimo cantesimo Octuagc^simo quarto terciodecimo die exeunte mense
februarii Inditione tercia stivis. Post securitatis cartam quam tu mibi
de super omnia fecisti. Manifestum facio ego quidem Petrus mauroceno
filius quondam Stephani mauroceno de confinio Sancti Angeli quia re-
cepì d(! te namque Vitale voltani de confinio Sancti fan-
tini dilecto cognato meo et tuis heredibus videlicet perperos paleoke-
nurgios pensantes graves ducentos quinquaginta ad libram de constan-
tinopoli. Quos totos supi'aseriptos perperos mecum ad presens investitos
de suprascripta stivi' portare; debeani in dirachio per terra, et da durachio
per mare debeam ire in veneciam cum qualicumque navi miclii bonum vi-
debitur. ita quod aliud taxegium mutare non debeam. Cum autem in ve-
neciam intravero de isto taxegio ipsa in venecia
venundare debeam secundum meum scire et posse, et quicquid nobis do-
minus dederit de suprascripta investicione . . . ad . . . debeam per
mare in corintbo. cum qualicumque nave miclii bonum videbitur videlicet
ad muduam Sancti petri vel ad muduam de mense augusti, et da supra-
scripto corintlio venire debeam per terra ad te in suprascrij)ta stive, ad
faciendum tecum racionem de omnibus supraspriptis vel da venecia per
mare venire debeam in constantinopolim cum qualicumque nave michi
bonum videbitur. vel in suprascript ) d da venecia per
mare ire debeam cum qualicumqui' nave miclii bonum videbitur. et inde
per terram ire debam in suprascripto constantinopoli. tam si pax firmata
fuerit inter veneciam et constantinopolitanum imperium. Ubicumque ve-
nero de istis suprascriptis duobus locis. in suprascripta stive vel in
constantinopoli tunc infra dies quindecim per me vel per meum missinn
tibi vel tuo ni isso rectam racionem facere debeam de toto suprascripto
capite et prode atque investicione et omnia dare et deliberare quicquid
inde tibi advenerit cum iusta et vera racione sine fraude. Capitanea
salva prode vero quod inde nobis dominns dederit. due partes de ipso
prode tibi in tua parte venire debeant. alia vero tercia pars reliqua
michi in mea parte venire debeat sine fraude et uiidccumque aliquid cum
suprascrijto habere acquisiero tot uni in ista racione iactare debeam sine
fraude. Si autem pax firmata non fuerit inter veneciam. et constantinopo-
litanum imperium debeam retinere apud me suprascriptum tuum habere.
videlicet ab ista prima pascila rcsui rctionis domini ventura per supra-
(1) Notevole per le circostanze di tatto inerenti allo stato di guerra
fra Venezia e Costantinopoli.
36 A. SACERDOTI (36)
scriptam indicionem usque ad unum iinniuri bone completum. et debeam
laborare et negociare cum suprascripto tuo haboro per mare et per terra
ubicumque michi bonuni videbitur secundum uumm scire et posse, et ad
ipsum termiuum tunc per me vel per raeum missum tibi vel tuo misso
rectam racionem facere debeam in venecia de toto suprascripto capite
et prode atque investicione et omnia dan^ et deliberare quicquid inde
tibi advenerit cum insta et vera racione sino fraude. Capitanea salva
prode vero qiiod inde nobis deus dederit due partes de ipso prode tibi
in tua parte venire debeant. et alia torcia pars reliqua michi in mea parte
venire debeat sine fraude. Veruntamen suprascriptum habere debet esse
in tuo periculo clarefacto maris et gentis per suprascriptis locis ut su-
perius legitur. Hec autem omnia que suprascripta sunt si non observa-
vero tunc emendare debeam cum meis heredibus tibi et tuis heredibus
omnia tua suprascripta in duplo de terris et casis meis et de omnibus
que habere visus fuero in hoc seculo. et inde in antea ipsum caput et
duplum prode laborent de quinque sex per annum. Signum suprascripti
Petri qui scribere scit. set causa sui itineris scribere non potuit prò se
me scribere rogavit. Ego Stephanus badovario testis subscripsi. Ego nicolao
matonno testis subscripsi. Ego Matheus damolino presbiter et notarius
compievi et roboravi.
Ego Benedictus fuscari presbiter et notarius vidi in mater ita testis
sum in filia.
Ego petrus maureceno vidi in mater testis sum in filia.
Ego bonabel dondulo vidi in mater testis sum in filia.
(S. T.) Ego Matheus damolino pr(!sbiter et notarius liane cxemplavi
eodem anno et mense atque indicione. In qua prò ut cernere potui nec
minui nec ampliavi compievi et roboravi.
(Venezia. Archivio di Stato. Pergamene S. Zaccaria. Estere. Bmta 25).
7). 1190 Aprile (0
In nomine domini nostri ihesu christi. Anno domini millesimo cente-
simo Nonagesimo. mense Aprilis. Inditione octava rivo alto. Plenam et
irrevocabilem securitatem facio Ego quidem frugerius senatori de con-
finio Sancti vitalis cum meis heredibus tibi namque petro da molino filio
quondam Gonzi da molino d(! confinio Sancti Eustadii et tuis hei'edibus
de ipsis ducentis quimquaginta libris de perpcu'is auri quos dominus Zur-
saky constantinopolitanus imperator mandavit in vimeciam i)er nostros
legatos de sunia yperperorum et iiabere atque bona que dominus Ema-
nuel bone inemoi'ie constantinopolitiinus Impei-alor intromittei'e et tolleri;
fecit hominibus venecie quando illos appjchendere fecit. Et quoniam tu
fecisti niihi unani niemorialis eartaiii pei-cui'rciite iinno domini millesimo
(1) Pur notevole per i riferimenti a lapporti internazionali.
(37) LE COLLEGANZE NELLA PEATICA ECC. 37
centesimo septuagcsimo mt'nsc novcinbris [nditioiie quarta stivis prò per-
peris aureis vetoribus pensnntibus quiiKiiiagintaqviiiKiue et tu iactasti in
eadem coUegantia alios tuos porperos auri veteres pensantes vigiliti septem
et medium cuukiuo suprascripto liabere ire debebas da ripa de sicres in
constantinopoli cum nave in quo nauelerus ibat dominicus de gregorio.
et hec et eetera ut in ea legitur. quod supraseriptuni habere tu scribere
fecisti in castastieo nostri comunis. Nunc autem quia de habere quod
continetur in supraseripta memorialis carta ad presens in ista mudua mihi
appagasti perpcros auri duos et caratos septem. videlicet de suprascriptis
ducentis quinquaginta libris de perperis auri. A modo igitur in antea de
Suprascriptis duobus perperis auri et septem caratis securus et quietus
permaneas semper Pro reliquo vero habere quod continetur in ipsa mo-
morialis carta in me reinanet cum omni suo vigore et robore. Si igitur
contra presens securitatis carta ire temptavero tunc emencUire debeam
cum meis heredibus tibi e' tuis heredibus auri libras quinque et hec se-
curitatis carta in sua firmitate permaneat.
Ego frugerius s<'natori manu mea subscripsi
Ego niatheo iuliani testis
Ego l)artliolomeus miliano testis.
Ego Matheus capello presbiter plebanus sancti Vitalis et i*5'otarius
compievi et roboravi.
^Venezia. Arrhìri') dì Stato. Ff'rf/aincne S. Zaccaria. Basta 25).
8). 1198 Luglio (M
In nomine domini dei et salvatoris nostri ihesu christi. Anno ab in-
carnacione eiusd(^m redemptoris nostri millesimo centesimo nonagesimo
tercio. mense Julii. Indicione undecima rivo alto. Plenam et irrevocabilem
securiti^tem facio ego quidem frugerius senatori quondam de equilo nunc
vero habitator in rivo alto, in confinìo Sancti vitalis cum meis heredibus
tibi namque Petro da molino filio quondam gonzi da molino de confin'o
Sancti eustadii et tuis heredibus de illis duobus perperis aureis pensantibus
et caratis quind(^cim (^t quartam. qui fuerunt di' illis perperis quos do-
minus Isaac in veneciam per nostros legatos mandavit de pensionibus
domorum de constantinopoli. scllicet per domiuicum sanudum. et Bene-
dictum grilumi. et tantum inde mihi advenit. prò illis quinquaginta quinqw:"
perperis aureis veteribus pensantibus quos de me in collegantia accepisti.
sicut continetur in una memorialis carta ({uam mihi inde fecisti. anno do-
mini millesimo centesimo septuagesimo mense novembris. Indicione quarta
stivis. et cet(!ra ut in eo legitui' quos suprascriptos quinquaginta quin-
que perperos aureos veteres pensantes tunc apud te habebas et tibi abbiti
fuerunt in romania precepto Emanuelis constantinopolitani imperatoiis
tempore quo nostros veneticos detinuit. quos eciiun suprascriptos perperos
(1) Notevole per la stessa ragione dei due precedenti.
38 A. SACERDOTI (38)
scribere fecisti in catastico nostri coniunis. linde nostri exaniinatoros sub-
tiliter considerantes tibi dederunt prò suprascriptis quinquaginta quinquc
perperis. suprascriptos duos perperos aureos voteres pensantes et caratos
quindecim. et quartani. Nunc autem quia tu suprascriptos duos perperos
et caratos decem minus quartam. quos nostri examinatores prò iamdictis
rueis perperis tibi dederunt micbi dedisti et deliberasti. Unde a modo igitur
in antea semper de illis suprascriptis duobus perperis et caratis quindecim
et quartam qui superius habentur. securus et quietus permaneas quia
nichil de suprascriptis duobus perperis et caratis decem minus quartam
remansit unde te amplius requirere valeam. Quod si quocumque tempore
de suprascriptis omnibus capitulis aliquid requii'cre temptavero componere
promitto cum meis heredibus tibi et tuis lieredibus auri libras quinque.
et b(>c securitatis carta in sua fìrniitate permaneat.
Ego Fruzerius senatori manu mea subscripsi
Ego bartholomeus miliario testis subscripsi
Ego Johanes capellexi testis subscripsi.
(S. T.) Ego Wido gisperto diaconus et notai'ius compievi et roboi'avi.
(Venezia. Archicio di Stato. Perf/diitcue S. Zaccdrid. Eiiterv. Bufitu 25).
9). 1205 Marzo
Tn nomine domini dei et salvatoris nostri Ihesu cliristi. Anno domini
millesimo ducentesimo quinto, mense Marcii, indicione octava Kivo alto.
Manif'estum facio ego quidem michael aymo de contìnio Sancti leonardi.
quia recepì cum meis heredibus de te namque Johane natale de confinio
Sancti raphaelis et tuis heredibus libras deiuiriorum venecialium quin-
quaginta. Cum quo toto suprascripto habere cum nave que dicitur spigo-
daglo in qua nauclerus vadit martinus michael ad presens ire debeam
in taxegio ubicumque compagnia eiusdem navis concordaverit. Atque cum
suprascripto habere ire et negociare debeam per mare et per terram in
omnibus ])artibus quibuscumque michi bonum videbitur. a modo in antea
usque ad muduam primi ventu7-i yberni per Indicionem nonam. Et ad
ipsum tenninum. vel si ante suprascriptum terminum. in venecia rediero.
tunc infra dies triginta postquam in venecias intravero. debeam p(u- me
vel per meum missum dare et deliberare tibi aut tuo misso hic in rivo
alto totas suprascriptas tuas libras denariorum venecialium quinquaginta
de capite, cum tribus partibus de toto prode quod inde dominus dederit
cum insta et vera ratione sine omni fraude. Reliquam vero quartam parteni
de ipso prode apud me retinere debeain. v(>rnntamen suprascriptum tuum
habere debet esse in tuo periculo maris et gentis Ita quod sit clare-
factum. hec autem que suprascripta sunt si non observavero tunc emen-
dare debeam cum meis heredibus tibi et tuis lun-edibus omnia tua su-
prascripta in duplum de terris et casis meis sive de omnilnis (|ue habere
visus fuero in hoc seculo. et Inde in antcìi i])siiiii ciipiit et duplum prode
laborent de quinque sex per annum.
(39) LE COLLEGANZE NELLA PKATICA ECC. 39
Ego Micliael iiyino maHU mea subseripsi
Ego Marcus ab . . . ex prcsbitcr maini mea subseripsi
Ego (lominicus lisi t(»stis subseripsi.
(S. T.) Ego Jacobus lambardus Sancte Sophye plebauus prosbiter et
notarius couìplevi et roboravi.
(Venezia. Archino ili Sfato. Fcryainene 8. Zaccaria. Estere. Basta 26).
10). 1208 Giugno
In nomine domini nostri iiiesu christi. Anno domini millesimo du-
eentesimo octavo mense Junii indicione undecima rivoalto. Plenam et ii*-
revocabilem securitatem facio ego Markisinus filius quondam ariberti de
laureto de continio Sancti silvestri cum meis heredibus tibi dominico gra-
donico habitatori in confinio Sancti Angeli et tuis heredibus de illa ma-
nif'estationis carta ([uam miclii fecisti hie in rivoalto anno domini millesimo
ducentesimo septimo mense Junii. Indicione decima, prò tanto de meo
ìiabere. quod fuit valens libras venecialium centum triginta quinque quas
a me recepisti et tecum portasti cum nave vocata Christiana de qua
nauclerus ivit cataldus da elusa in taxegio de hinc in alexandriam ad nego-
ciandum per terram et per aquam ubicumque tibi bonuzn visum fuisset
exinde in antea usque ad muduam pascile de resurecione tunc primo
venturam per indicionom undecimam et cetera ut in ea legitur. Nunc
autem quia tu de capite et prode, atque de quantocumque in eadem cau-
cionis carta legitui- me cum iusta et vera ratione appagasti, atque cum
sacramento deliberasti A modo igitur in antea ex inde securus et quietus
permaneas imperpetuum. Eandem vero caucionis cartam tibi reddidi. Si
exemplum inde apparuerit inane et vacuum existat per omnia. Si igitur
contra liane securitatis cartam ire temptavero. tunc emendare debeam
cum meis heredibus. tibi et tuis heredibus auri libras quinque et lu'C sv-
curitatis carta maneat in sua firmitate. Signum suprascripti Markisini qui
liec rogavit fieri.
Ego Martinus niarcuiii testis subseripsi
Ego dominicus fradcdlo testis subseripsi.
(S. T.) Ego petrus sterminus presbiter et lujtai'ius compievi et ro-
boravi.
(Venezia. ArcJiirio di Stato. Perf/auiene S. Zaccaiia. Estere. Basta 26).
11). 1210 Marzo
In nomine domini nosti'i ihesu christi. Anno domini millesimo du-
centesimo decimo mense marcii. Indicione tercia decima constantinopoli.
Committentes committimus nos quidem Filocarus navigaioso mega duca
(le constantinopoli et Grilius de foligno liabitator in constantinopoli. Vobis
namque Zacharie staniai'io de confinio Sancti Johanis evangeliste et Ma-
rino gradonico de confinio Sancti Silvestri. Videlicet tres cartas testatas
et roboratas ; una quaruni facta Anno domini millesimo ducentesimo sep-
40 A. SACEKDOTI (40)
timo mense septembris Inditioiie undecima eonstantinopoli quam nobis
fecerunt leonardus urso de contìnio Sancti Jacobi (b' hiprio et Nieobius
staniario de confinio Sancti Johanis evangeliste prò perperis aureis pen-
saatibus mille ducentis octuaginta sex. Quod totxim suprascriptum habere
tune ipsi secum portare debebant cum navi vocata Urso de qua supra-
scripta navi due partes erant nostre ; el t(M'cia pars diete navis erat sua.
In qua suprascripta suprascriptus U'onardus urso nauclerus ivit ; de bine
in taxegio de venecia. De inde vero cum eadem navi et cum supra-
scripto liabere si bonum illis videretur vel de Ancona sive de partilnis
apulie in coustantinopoli redire debebant; et cetera ut in ea legitur ;
Alia vero facta Anno domini millesimo ducentesimo septimo mense sep-
tembris sub Inditione undecima constantinopoli quam nobis fecerunt su-
prascripti leonardus urso et Nicolaus staniario ; prò veris et integris dua-
bus nostris partibus tocius unius navis que vocatur urso bene aptata l't
bene sarciata cum toto sarcio suo ; et ipsi posuerut adversvim nos in
eadem collegancia de ipsa suprascripta navi veram et integram terciajn
suam partem et hoc et cetera ut in ea legitur ; Tercia autem vero facta
Anno domini millesimo ducentesimo sexto mense octubris Inditione de-
cima tessalonices quam nobis fecit fuscari raguseo de contìnio 8anctorum
apostolorum prò perperis aureis pensantibus mille quos a nol)is ambobus
recepit in collegantia et ipse posuit in eadem collegantia alios suos per-
peros aureos pensantes quingentas ; C;'m quo toto suprascripto liabei'c la-
borare et procertare debebat per mare et per terram et ubicunniue sibi
melius videretur; exinde in antea usque ad jnuduam septembris ((ue tunc
pi'ius expectabamus per undecimam inditionem et cetera ut in ea legitur.
Has itaque suprascriptas nostras cartas vobis committimus cum omnibus
suis pbmis vigore et robore. Ut plenam virtutem et potestatem babeatis
vos ambo aut unus ex vobis in cuius numu hec presens commissionis
carta apparuerit Inquirendi. Interpellandi. placitandi. advocator(!m tol-
lendi et totum quod in eis legitur et continetur excuciendi : et securitatis
cartam ad omnia suprascripta faciendi : sicut nosmet ipsi facere debeicmus.
Ratum et firmum habebimus semper quicquid vos feceritis inde vel unus
vestrum fecerit. Si igitur contra hanc commissionis cartam ire tempta-
verimus tunc emendare debeamus cum nostris beredibus vobis et cui-
cunique vel quibuscumque cartam securitatis feceritis aut unus ex vobis
fecerit ; et vestris ac illorum beredibus et successoribus auri libras quin-
que et bec commissionis carta maneat in sua firmitate. Signum supra-
scriptoi'um Filocari navigaioso mega duce de constantinopoli et Gilii de
foligno qui bec fieri rogaverunt ; presens testis specialiter ad lioc l'ogatus
intei'fuit lanfraiicus vice comes iudex P'uristerorum (lui prò se sciiberc
rogavit.
Ego Petrus longo testis subscripsi
Ego leonardo busignago testis subscripsi
Ego Jobanes belengerio diaconus et notarius compievi et roboravi.
(S. T.) Ego Andreas eliodorus presbiter et notarius sicut vidi in matre
testis sum in filia.
(Venezia. Archinio di Stato. Penìa nwne S. Zarraria. Exfere. Basta •Jii K
(41) LE COLLEGANZE NELLA PRATICA ECC. 41
APPENDICE 1 1=1
L E (1 G I
Deliberazioni del Maggior Consiglio sulle colleganze,
ili segnito agli Statufa dei Giudici di Petizione del 1242.
a) Yenezia, Archivio di Stato, ]\Iago;ior Consiglio,
Deliberazioni, Comune I, carte 68 e 69
InCIPIUNT CONSILIA SUPER COLLEGANTIIS PERTINENCIA
I. De fonila sercanda in mercacionihus dundis ad, coUiyanciuin.
Millesimo ducentesimo Sexagesimo sccundo. Indictionc V. Die se-
eundo exeunte Julio.
Capta fuit pars quod quiciiiuciue de cetero voluerit dare mercaciones
alieni vel aliquibus in coUegantia debeant habere talem presam ex eis
CLualeni liabebat de sua comunali racione que erit empta ad denarios
grossos.
II. De colleganciis non rommittendis.
Milllesimo ducentesimo Sexagesimo sexto. Indictione nona. Die XI
exeunte Julio.
Fuit capta pai's quod aliquis de veneciis qui colegancias acceperit prò
exire ipse extra culfum non possit colegancias suas aliis committere prò
reddir(! Venecias vel remanere set ire debeant cum avere suo et suorum
colegaiitum et siquis contra fecerit cadat in pena quinti, et advocatores
coniunis teneantur eos placitare.
I]go Jobanes Magno notarius XL de mandato dominorum capitum
secunduiu quod in autentico suprascriptum reperi eonsiliuiii cancellavi.
III. De rartts rollefjanfie qifod non pos-.'^iiìf fieri pliisqi(am ad daos annos
et extra ndfum quod non dicat niittendo et remittendo.
Millesimo ducentesimo Septuagesimo primo. Indictione XV. Die XV.
exeunte Septembri.
42 A. SACEEDOTI (42)
Pars fuit capta quod in iungatur in oapitulai'i omnium notariorum
veneciarum quod non possint ncc dobeant faceic uliquam caitam d(^ col-
legantia alieni plusquam por duos annos. et non possint noe debeant fa-
cere similiter cartam de collegantia alieni qui exeat extra eulfuui que
dicat niittendo et remittendo excepto Rectoribus qui possunt facere merca-
ciones. Nota quod fuit post modum eaptum quod sicut dicit per duas niu-
duas sic dicat per duos annos.
mi. Quod caiiierarii et alij offìciales qui vadunt extra eulfuin possint
facere fieri rartas rollef/anrie ut fariunt Rertores.
Millesimo ducentesimo Sptuagesimo s(»eun(lo. Indictionc X. Die primo
May.
Capta fuit pars quod omnes homines veneciarum qui vadunt extra
culfum prò camerariis aut prò aliis officialibus prò domino duco et comuni
veneciarum possint facere cartas de collegantia sicut possunt Roctoi'os non
obstante aliquo Consilio (inod quantum in hoc sit revocatum.
V. Quod omnes neneti et qui j)ro renetis se tenent in anron non possint
facere fieri cartas de collef/anria alicui nisi j^'r nota ri uni rcnetuui de
luivere quod adducetur renecias et d'uniniuin ceneciaruut et cetera ut
infra.
Millesimo dueontosimo tSeptuiigosimo secuiido. Indictione. XV. Die
secundo Augusti. Capta fuit pars quod omnc^s veneti et <iiii prò venetis
se t(!nent in Accon non ])ossint facon; fieri cartam de colleganeia alieni
nisi per notarium venotum, et consiliarii accon scripserint se testes in
ea et in illis videi ieet (lue fìent prò lia,v(n'e quod addueeretur in venecias
in cretam in Nigropontem in coronum voi in motonum ita quod baiulus
et consiliarii por maiorem partem eornm manus ponant in cartis, (!t si
aliter facta fuerit carta non tenoat. Et si aliquis venetus et qui prò ve-
neto se tenet duxerit de ultra mare habere forinsecorum venecias per-
dere dobeat medietatom ipsius haveris voi valorom ipsius et accusator
habeat quartum do oo quod oxcuciotur et addatur in capitulari Baiuli
et consiliariorum Accon (luod tonoantnr iminiici'c si ali(inis venetus ad-
duxorit habere forinsecorum venecias <;t si inveneriiit aliiiuem adduxisse
debeant ei accipeic medietatom ipsius haveris voi valorom ipsius et ac-
cusator habeat quartum di' oo quod oxcuciotur et tenoantur eciam in-
quirero ab eis quantum habere habobunt adducondum secum et aquibus
habebunt in colleganeia, et mittant in seriptis domino duci et vieedo-
minis maris et de quanto faciunt imprcstitum. Et idem dieitur kU^ om-
nibus venetis et qui prò venetis se liabent de omnibus partibus undo v((-
nerint si adduxerint habere forinsecorum ut dietnm est et addatur in com-
missionibus omnium Roctorum (ini vadunt pi'o domino duce et comuni
veneciarum in rogiminibus extra. Hoc quod dictum est supra et si i\u:\
Consilia essent contra hoc sint revocata quantum in hoc.
(43) LE COLLEGANZE NELLA PRATICA ECC. 43
Hoc addito quod dicatur do cartis quo fient, prò havere quod ad-
duceretiir in vonocias in Crotam in Nigropontoni voi coronum voi nio-
tonuiii.
VI. De ro(/adia j^orUiuda.
Millesimo ducenitosinio Septuagcsimo quinto. Indictione torcia. Dio
XI oxeunte Julio.
Fuit capta pars quod ali(iua persona non possit noe deboat de cetoro
aliquo modo fraudi; voi (voi) ingenio portare aliquos denarios in colle-
gancia noe in Rogadia noe alio modo prò morcatizaro de quibus non fa-
ciat oxponsas sicut do aliis denariis coUegancie quos portabit set faciat
goneraliter oxponsas de oninilius do donaiiis ([uos portabit prò mercati-
zare quocumquo modo ])ortabit in pena oidinata contra illos qui contia
ordinoni vadunt. Salvo (luod possit portare morcator libi'as (luimiuaginta
intor totum. Et hoc stridotur in scalis et detur pcu- ordineui. Pars de XL.
VII. Quod nullus possit a l/ihris. L.
sirpra portare j)er more aìiquid harere in rof/adia.
Millesimo ducentosimo Septuagosinu) sexto. Indictione quarta. Die
quarto intranto Augusto.
Capta fuit pars quod nulla persona a libris. L. supra possit secuin por-
tare nec ducere per mare aliquod bavere alicuius persone in rogadia per
aliquom modum vel ingenium nisi in coUegancia ad minus cum quarta
parte prode excepto de zoglis, perlis, ae lapidibus quod nicliil dicimus.
Et si aliquis contra fecerit cadat in pena librarum. X. prò centenario de
toto ilio avere quod secum portaverit vel duxerit per mare aliter quam
in colleganeia quam ponani excutere ac exigere debeant illi qui sunt supra
mercacionibus de levante. Et quicumque accusaverit haboat terciam par-
tem tocius pene quam excusstnùnt die ti ottìeiales si per eius accusacionom
V(M"itas scietur. et terciajn partem liabeant illi qui sunt supra ilio officio,
et reliqua torcia pars roma eat in comune. Et dicti officiales teneantur
et debeant tenere in credontia qui accusaverint. Et hoc addatur in ca-
pitulari ipsorum officialium et si aliquod consilium fuerint contra hoc sit
l'ovocatum quantum in hoc. Pars. XX.
Vni. Quod aliquis non possit committere collega nriam siiam
nec. dare in commendaria.
Millesimo ducentosimo Septuagosimo nono. Indictione VII. Dio XV
infrante Julio.
Fuit capta pars quod aliqua persona non possit nec deboat aliquo modo
vel ingenio portare de veneciis aliquam colleganciam preter suam nec
mittore suam colleganciam vel alicuius in pena quinti nec in counnen-
daria dare nec recipere nec per alium modum nec possint dare in coUe-
gancia alicui por supradictum modum nec supradieta condiction(; iuib dieta
pena quinti. Et quod aliquis committere non possit colleganciam suam
44 , A. SACEEDOTI • (44)
alieni sub pena quinti et qui accusaverit aliqueiii t'acieutem eontra pre-
dieta vcl' ali(]U0(l predietovuiii liabeat iiiedietatcìn dieti (quinti si per oius
aceusacioneni veritas cognoseetur et teiieatur de eredentia. Et non possit
coneedi alicui quod possit portare nec niittere nec in commeudaria re-
cipere nec dare nee in eoUegancia dare nec quod possit aliquid facere
de predictis nisi per gratiani salvo quod propter oecasionem infirniitatis
alicuius possit concedi auctoritate maioiis consilii et addatur in capitulari
consiliariorum. et liec stridentur publice et dentur per ordinem nunc ad
presens et de eetero omni anno, et si consiliuni est eontra sit revocatmn
quantum in hoc. et quod ali(iuis non possit facere fieri cartam collegantie
super se nomine alieno in pena quinti dicti.
YllII. Quod uliqui.s hurgenHis non j^o-^sit romniittere colìeijanciaiìi siutin
alicui et ('(itera ut continet.
Millesimo dueentesimo Septuagesimo nono. Indictione septima. Die
decimo exeunte Jullio.
Capta fuit pars quod aliquis burgensis non possit nec debeat venecias
suam collegantiam mittere nec aliqua persona ipsam ducere nec aliquod
liabere in rogadiam vel in commendariam nec aliquo alio modo quani prò
recta collegantia et non possit aliquis facere fieri cartam colleganeie super
so nomine alieno. Et hee omnia fieri non possint modo aliquo vel ingenio
in pena quinti et qui accusaverit aliquem facientem eontra predicta vel
aliquod predietorum liabeat medietatem (lieti quinti si per eius accusa-
cioneui veritas cognoseetur et teneatur de eredentia. Et non possit con-
cedi alicui quod possit facere predicta vel aliquod pi'edictorum nisi per
gratiam salvo quod propter oecasionem infirmitatis alicuius possit concedi
auctoritate maioris consilii terrarum ubi erunt, et hoc stridetur publice
et detur per ordinem nunc ad presens et de cataro omni anno, et hee
debeat significari Baiulo Aceon et Nigropontis et (luche erete quod pre-
dicta faciant observari et addatur in eorum commissionibus et si consilium
est eontra sit revocatum quantum in hoc.
X. Quod patres possint facere cartas colleyancie
SHjìer se tam prò filiis lef/ittimis quaìn naturalihus.
Millesimo dueentesimo Sptuagesimo nono. Indictione septima. Die
septimo exeunte Julio.
Euit capta pars quod patres possint facere cartas de eoUegancia supra
se tam prò filiis legittimis quam prò naturalibus divisis a patre et ipsi
reeipere colleganciam et portare videlicet unam colleganciam tantum non
obstaute aliquo Consilio quod quantum in hoc sit revocatum.
XI. Quod frafer non dinsus possit portare colleganciam fratris
portando ìtnam colleganciam tantum.
Millesimo dueentesimo Septuagesimo nono. Indictione septima. Die .
quinto exeunte Julio.
(45) LE COLLEGANZE NELLA PKATICA ECC. 45
Pars capta fiiit quod non obstante Consilio de collegantiis por alios
non mittendis tVatrcs qui sunt in fraterna compagnia possint mitttsrc
colloganciani et portare unus prò alio quod sit (luantuni in hoc revoca-
tuni. portando unam oolleganciam tantum.
h) Libro Zancfa deliberazioni del Maggior Consiglio, carta 44 frrrjo.
InCIPIUNT CONSILIA AD COLLEG-ANTIAS PERTINENTIA
(Jho4 rousi/ii(iH n(ptuiH de rollef/antus alienis
non. porUmdis sit revocatunt..
1. Millesimo ducentesinio LXXXVIII, die V Juni. Capta fuit pai's
quod consilium captuni de colleganciis alienis non portandis sit l'evocatuni.
e) Libro Pilosiix (loliborazioni del Maggior Consiglio carta 41 tergo.
Carte, i-oUcf/d/ifìe fianf ita quod /utrei-r piìssit uiifti et reiin'fti.
2. Millesimo ducentesinio LXXXXIII, die XXV aprilis Cum carte
de collegantia non fi(>rent hact<Mius ita quod liaverc; eolligantium potuisset
d(>stinari et redestinari (') quia iiavigabatur cum navibus que non facie-
bant nisi unum viaticum in anno et modo navigatili' cum ga.leis que expe-
diiint viaticum in paucis mensibus. Capta t'uit pars quod de cetero pos-
sint fieri cai'te de collegantia taliter (luod bavere coUegantum possit de-
stinari et redestinari et liec possint addi in capitulari notariorum et si
consilium vel capitulare dictorum notai'ioi'um est contra sit revocatimi
quantuiu in hoc.
(Venezia. Archivio di Stato. Maggior Consilio. Deliberazioni.
Arofjaria del Comnn. Libro " Cerberus „ carte 26).
(1) Viaggio d'andata e ritorno.
(Licenziata per le stampe il .) noremhre 1899 J
Atti del Reale Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti.
Anno accademico 1899-900 - Tomo LIX - Parte seconda.
DELL' ARTE SECONDO UN GRANDE ARTISTA
MEMOEIA
DI ENRICO CASTELNUOVO, s. e.
(Adunanza del 29 ottobre 1899)
L'artista è grandissimo; uno dei maggiori del nostro tempo.
È lecito pronosticare che, quando di molte opere celebrate sarà
spento il ricordo, si ricorderanno e leggeranno ancora le sue; la
figura di lui resterà a ogni modo tra le più notevoli e originali
del secolo. È un asceta che tutto vorrebbe avvolgere e impregnare
del pensiero religioso e che nondimeno ripudia ogni Chiesa e da
ogni Chiesa sarebbe ripudiato ; è un umile che non s' arresta di-
nanzi alle affermazioni più audaci e non s'inchina dinanzi alle
riputazioni più salde ; è un mite che condanna qualunque violenza
e che pur giustifica e incoraggia qualunque ribellione passiva; è
un nobile e un ricco che tiene a vile i titoli e le ricchezze e non
ha sarcasmi che bastino per flagellar la classe a cui appartiene ;
è un atleta dell'intelligenza che ostenta di pregiar solo il lavoro
manuale ; è un glorioso che disdegna la gloria ; è un uomo infine
che suggella le sue teorie con l'esempio, e lontano dalle città po-
polose partecipa alle fatiche del contadino e dell'operaio, solo ri-
pigHando di tratto in tratto la penna per slanciar nel mondo la
sua parola d'apostolo.
A questi segni non è certo alcuno che non riconosca il conte
Leone Tolstoi.
Ora, uno degli ultimi libri del singolare scrittore tratta ex
profepiso dell'arte, e credo meriti il conto di sapere quali siano oggi
le idee di un artista par suo intorno a questa importantissima tra
le manifestazioni dell'ingegno umano. Sarò piuttosto succinto espo-
48 K. <;astelnu()V(» (2)
sitore che critico, e perchè mi preme esser breve, e perchè la
confutazione dei molti paradossi che il Tolstoi mesce ad alcune
verità luminose fu fatta magistralmente, tra gli altri, da Arturo
Graf ne\VAnf(>Io(/ia del 16 settembre 1899.
Dopo aver sottoposto a un'analisi spietata le varie teorie este-
tiche che successivamente, e anche contemporaneamente, tennero
il campo, il Tolstoi nega che l'arte possa aver per base la bellezza e
per fine il piacere ; afferma invece essere ufficio di lei l' evocare
in noi stessi un sentimento già provato e comunicarlo ad altri per
mezzo di movimenti, di linee, di colori, di suoni, d'immagini ; no-
bilissimo ufficio, egli dice, onde 1" arte è un elemento di unione
fra gli uomini, un organo vitale dell' umanità che trasporta nel
dominio del sentimento le concezioni dell'intelletto (i). Qualità di-
stintiva dell'arte vera è il contagio artistico. Non è opera d'arte
quella che non desta in noi la gioia di sentirci in comunione con
l'autore e con quelli dei nostri simili in compagnia dei quali noi
leggiamo, vediamo, ascoltiamo l'opera stessa. Quanto più il con-
tagio è forte, tanto più l'arte è vera. E il grado di questo con-
tagio dipende da tre condizioni : l'originalità, la chiarezza, la sin-
cerità. Originalità e chiarezza dell'opera, sincerità dell'artista.
Fin qui, se non fosse quella strana esclusione della bellezza
dai criteri artistici, si potrebbe applaudir di gran cuore a un lin-
guaggio alto, schietto e virile, che ha il merito di farsi intender
subito e che ci compensa delle preziosità nebulose di molti esteti
moderni. Ove l'accordo è più difficile si è nelle illazioni che l'au-
tore trae dalle sue premesse e che si riassumono in due propo-
sizioni nette, recise, categoriche, esposte a modo di assiomi. L'arte
deve sgorgare dalla coscienza religiosa del suo tempo, dev' essere
universale, cioè accessibile a tutti. E quando non adempio almeno
a una di queste condizioni è arte falsa, e quando, pure adem-
piendo alla seconda, contraddice alla prima è arte cattiva. Poteva
(1) In questo punto la teoria del Tolstoi s'accosta a quella, ch'egli
non ricorda o almeno non cita, di Alfi'cdo Fouilléo : " La toute puissance
de l'art est dans la sympathie et la sociabilité qu'il accroit. On a dit bien
dos fois que 1' art adoucit les moeurs ; poui'quoi ? C est qu' il nous rend
capables de pleurer avec ceux qui pleurent, de sourire avec ceux qui rient ;
e' est qu' il nous fait vivrò de la vie des autres. „ (Vedi l'articolo Les
trans formations de V idée inorale — Eeoue des deux mondes, 15 giugno
1889).
(3) dell' arte secondo un geande astista 49
essere arte vera l'arte dei Grreci perchè la loro estetica rispondeva
alla loro coscienza religiosa ; arte vera per la stessa ragione quella
degli antichi Ebrei e quella del JMedio Evo ; e falsa Tarte del
Rinascimento, falsa quasi tutta l'arte moderna. E l'una e l'altra
son false perchè fondate sulla teoria della bellezza e del piacere,
perchè destinate soltanto a soddisfare ai gusti delle classi supe-
riori della società. Di qui, secondo il Tolstoi, l'impoverimento della
materia artistica, limitata a ciò che può solleticar la curiosità degli
oziosi e dei ricchi ; di qui la ricerca dello strano, del singolare,
dell'inintelligibile, di qui le numerose imitazioni e contraffazioni ;
di qui il professioiìalhDìo nell'arte che favorisce la fioritura d'una
quantità d' opere nate non già da una inspirazione spontanea e
imperiosa, ma dai bisogni d'una classe che dell'arte fa il proprio
mezzo di sussistenza ; di qui infine l'influenza pervertitrice della
critica e dell' insegnamento artistico.
E ora sarà opportuno chiedersi come il Tolstoi intenda questa
coscienza religiosa eh' è la chiave di volta del suo edifizio. Essa
è, secondo lui, la concezione più alta che una data epoca e una
data società si formano del senso della vita ; è, per ogni società,
quello eh' è la corrente per un fiume ; se il fiume si svolge ciò
significa che una corrente lo spinge. E se una società vive, ciò
significa esservi una coscienza religiosa che determina le tendenze
di tutti gli uomini, ne siano essi consapevoli o no.
E quale è, pel Tolstoi, la coscienza religiosa del nostro tempo ?
E la coscienza cristiana, ma d'un cristianesimo spogliato di tutto
ciò che le Chiese vi hanno aggiunto, ricondotto alle sue origini,
alla semplice dottrina morale del suo fondatore, accettata senza
restrizioni di sorta. La coscienza religiosa del nostro tempo con-
siste (cito le parole del Tolstoi) nel riconoscere che la nostra fe-
licità materiale e spirituale, individualo e collettiva, presente e
avvenire, sta nella fratellanza di tutti gli uomini, nella loro unione
per una vita comune.... Essa è oggi il filo conduttore del lavoro
dell'umanità, che ha per fine, da una parte, la soppressione delle
barriere fisiche e morali che si oppongono all'imione degli uomini,
dall'altra il trionfo di principi comuni a tutti gì' individui, atti a
raccoglierli in una stessa fratellanza universale... Alla stregua di
siffatta coscienza religiosa noi dobbiamo valutare tutte le manife-
stazioni della nostra vita, tra cui ([nelle dell'arte, accettandole se
d'accordo con questa coscienza, rigettandole se contrarie.
Le dottrine del Tolstoi, applicate all'arte del nostro secolo.
50 E. CASTELNUOVO (4)
lo conducono a non trovar da lodare, in letteratura, che alcuni
libri di Vittore Hugo, di Dickens, di Dostojewsky, della Beecher
Stowe, della Eliot, e qualche novella di (logol, di Pouchkine e
di Maupassant, il più crudamente realista degli autori francesi ; in
pittura, che qualche quadro di Millet, di Breton, di Lhermitte, di
Defregger ; in musica poco di Weber, di Beethoven, di Chopin,
nulla dei viventi, e nemmeno dei morti da poco ; anzi di colui
che, nella mente di alcuni, occupa il massimo posto, il Wagner,
egli parla con sovrano disprezzo.
Ne tanto rigore deve attribuirsi a un concetto eccessivo che
il Tolstoi abbia di sé medesimo, quando si pensi che egli non
esita a condannare come arte cattiva, a eccezione di due brevi
opuscoli, tutta quanta 1' opera propria.
Grli è che a lui accade 1' inverso di quello che accade ai
critici eh' egli accusa di partire dal preconcetto dell' eccellenza di
certi artisti e di certe opere per costruirvi su le loro teorie.
Egli parte invece da certi canoni assoluti per ammettere o per
respingere opere e artisti. E non si cura del giudizio dei secoli,
non si cura dell' impressione che forse egli stesso ha ricevuto in
passato da alcuni capolavori ; quando non rispondono all' idea
eh' egli si è fatta dell' arte, egli li colpisce del suo anatema.
Severo coi contemporanei, non è meno severo con gli antichi.
Se Dante, Shakespeare, Raffaello, Michelangelo parvero grandi ai
loro giorni, non è una ragione perchè tali pajano ancora, ed egli
non li accetta, come non accetta Cervantes, Molière, Goethe, che
con infinite riserve e limitazioni; opere rudimentali e spesso vuote
di senso sono ai suoi occhi quelle di Sofocle, d' Euripide, di
Aristofane; non fa grazia intera che all'Iliade, all'Odissea, alla
Genesi, alle parabole dell' Evangelo, ai racconti delle fate, alle
leggende e alle canzoni popolari.
Come si vede, il Tolstoi oltre ad essere agli antipodi dai
simbolisti, dai raffinati, dai superuomini, da quelli che vorrebbero
riservar 1' arte a un cenacolo d' eletti, combatte fieramente quelli
che vogliono 1' arte fine a se stessa. Egli ripete a sazietà ch'essa
non è buona che in quanto possa essere intesa da tutti, e sia in
armonia con la coscienza religiosa del tempo, e promova i senti-
menti di fratellanza e d' amore. E questa sola sarà, secondo lui,
1' arte dell' avvenire, e questa sola dovrà essere ammessa, inco-
raggiata, diffusa. Né si perita d' affermare che tutti, nell' avve-
nire, potranno diventare artisti, perché all' arte non si domanderà
(5) dell' arte secondo un grande artista 51
più una tecnica complicata ; non lo si domanderà che la chia-
rezza, la semplicità e la sobrietà, cose che non s' acquistano con
una preparazione meccanica, ma con 1' educazione del gusto.
Quindi, sono sempre parole del Tolstoi, chiunque avrà disposizione
per un' arte potrà praticarla ed esprimer con èssa i suoi sen-
timenti.
Strane aberrazioni di un potente intelletto, il quale, infatuato
d' un sistema, e costretto a disconoscere le attitudini singolari
che r arte richiede, e s' immagina che tutti debbano essere atti
a produrla nonché ad intenderla, e non pago di voler eh' essa
non s' isoli dalla vita le prescrive 1' indirizzo e la meta, e dimen-
tica che molte fra le maggiori opere artistiche significarono piut-
tosto protesta che adesione alle tendenze dei tempi, onde non
sarebbe da maravigliarsi che, dato il trionfo completo d' una de-
mocrazia collettivista, la ribellione contro la corrente livellatrice
inspirasse dei capolavori. Ribelli furono spesso i grandi artisti, ri-
belli 0 solitari, e non si gioverebbe all' umanità chiudendo la
bocca ne ai violenti che grandeggiano nella lotta, ne ai delicati
che s'appartan dal mondo, e nel silenzio interrogano la natura e
so stessi.
A me, nel leggere il libro del Tolstoi, tornava al pensiero
un altro o^vande flagellatore dell' arte raffinata e volta al diletto
dei sensi, un Italiano morto or son quattro secoli, Girolamo
Savonarola. Non un barbaro, come a' suoi nemici piacque dipin-
gerlo, ma anch' egli un artista nutrito di filosofìa e di lettere, e
dotato di quella calda eloquenza che può scuotere un popolo
intero. Grli anatemi dello scrittore russo pajono V eco di quelli
che tuonarono un giorno dalla bocca del fiero domenicano sotto
le vòlte di Santa Maria del Fiore, e forse tra i due moralisti il
monaco non è il più intransigente e il più rigido. Una ceri-
monia come quella del hniciamenfo delle vaniià avvenuta in
Piazza della Signoria nei carnovali del 1497 e 1498 non scan-
dalizzerebbe certo il puritano di Jasnaia Poliana ; piuttosto è
probabile eh' egli non avrebbe voluto far precedere dal Gresù
bambino di Donatello la processione recantesi a compier 1' auto
da fé, e che non avrebbe permesso ai frati di San Marco di
spender V economie del convento nelF acquisto della biblioteca
dei Medici.
Che se ne deve concludere'? Questo forse in via generale:
52 E. CASTELNUOVO (6)
non esservi tendenza dello spirito umano che possa esser vinta,
nò dottrina che non risorg-a, né voce alta levatasi una volta nel
mondo a cui altre voci non rispondano traverso i secoli. Ma non
ò meno evidente la cosa opposta : che nessuna tendenza può lu-
singarsi di spazzare il campo dinanzi a se, nessuna dottrina può
pretendere al dominio incontrastato dell' anime, e nessuna voce,
per solenne e convinta che sia, può sperare di essere ascoltata
da tutti. Ciò che dovrebbe insegnare la modestia a quei critici,
tanto minori del Tolstoi, i quali di tratto in tratto bandiscono un
nuovo verbo alle genti e scomunicano chi non vi creda. Opera
vana è il voler chiudere la verità in una formula. Quanto più
rigidamente logici saranno gli svolgimenti dati alla formula stessa,
tanto più presto ce ne sarà rivelata 1' inanità prosuntuosa. I si-
stemi che meglio resistono al tempo sono quelli che si salvano
per taluna delle fortunate incoerenze che sono le valvole di si-
curezza deir umanità.
E meno che mai può chiudersi in una formula V arte. Ap-
punto perchè una delle sue caratteristiche essenziali ò la since-
rità, appunto per questo essa deve rispecchiare lo stato d' animo
dell' artista ; dev' esser quale la fanno i suoi sentimenti, i suoi
pensieri, le sue vicende, il suo modo di concepire la vita. Né
ririacomo Leopardi avrebbe potuto vedere il mondo con gli occhi
di Alessandro Manzoni, nò il ilanzoni con quelli del licopardi ;
e non pertanto 1' opera di tutti e due ò insigne opera d' arte ;
ed è tale perdi' è sincera, nò sarebbe sincera se non fosse di-
versa. La rassegnazione e la rivolta, la fede e il dubbio, la gioja
e il dolore, 1' amore e l' odio possono essere ugualmente fonte
d' inspirazioni gagliarde.
S' intende che ognuno di noi preferirà le creazioni che hanno
maggiore affinità con la sua indole e col suo ingegno ; e molti
consentiranno col Tolstoi nel dar la palma a quelle che irradiano
intorno a se un più intenso calore di simpatia umana. Nondimeno,
ciò che veramente distingue 1' opera d' arte dalle contraffazioni,
ciò che determina il coìifagio arfis^fico è quel non so che d' im-
palpabile e d' indefinibile che il Tolstoi rinnega e che si chiama
la bellezza. In lei risiede F attrazione suprema ; in lei sta il se-
greto della durata dell' opera, o della sua risurrezione, se un
capriccio del gusto o della fortuna l' aveva fatta cader nell' oblio.
Delle passioni che hanno agitato V artista, degF intenti che l' hanno
(7) dell' aete secondo un orande aetista 58
mosso si perde via via la notizia e si altera o non si cura il si-
gnificato ; consolatrice ineffabile, la bellezza rimane ed esplica
nel tempo la sua virtù suc^g-estiva. Onde la sapienza di tutte
r estetiche non vale il verso del poeta inglese John Keats :
A tliiiig of beauty is a joy for over.
(Finita (li Mdiìtpare il giorno 8 novemhre 1899)
Atti del Reale Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti.
Anno accademico 18D9-900 - Tomo LIX - Parto seconda.
NATTTRA DEL PHILOTHION
E CONTEIBUTO
ALLE CON SCENZE STLLA FERMENTAZIONE SENZA LIEVITO
(estratto di dissertazione per laurea in chimica e farmacia)
SiTNTO dell'aurore dott. Giorno C08SETTINI
SECONDA COMITNICAZIONE (1)
(pre^pnfaid dal prof. P. Spiea^ ni. e., neir Adunanza 29 offoh)-f. 1899)
Colla denominazione Philotliion venne designata una sostanza
organica, largamente diffusa in natura, dotata della proprietà di
reagire a freddo sullo zolfo per dare idrogeno solforato.
Stoeia. — Fu scoperta nel 1888 dal De Eey Pailhade (2),
il quale l' ottenne in soluzione idroalcolica, trattando il lievito di
birra fresco compresso (100 p.) con alcole a 90° (45 p.) ed acqua
addizionata di glucosio (55 p.). Si conserva il miscuglio in un
vaso ben chiuso, e dopo tre giorni, decantando il liquido sovra-
stante, si ha una soluzione giallognola limpida, di reazione leg-
germente acida, che agisce tosto a freddo sullo zolfo sviluppando
gaz solfidrico, e sull'indaco scolorandolo. — Secondo De Rey Pai-
lhade, r attività degli estratti idroalcolici del lievito per lo zolfo
(1) Vedi Atti del R. Istituto Veneto, IS1)9, achiniinzii del 2(i marzo e
pag. 815.
(^2) Vedi Memorie pi'(!sentate all'Acc. di scienze di Parigi negli anni
1888-89-94-95: Com2)t. liend., Journal de Chimie et Phanu.^ ecc.
oB (t. cossetttnt (2)
è maggioro a 85o-40o che non a zero ; perdura anche dopo fil-
trazione per filtro sterilizzatore D'Arsonval, mentre non si mani-
festa negli estratti tenuti per due ore consecutive a 70", e in
quelli che vengono, o lasciati a sé per qualche tempo, o addi-
zionati di una certa quantità di sali neutri.
11 PJi/ìdfJiiov si combinerebbe allo zolfo seguendo un' equa-
zione nella quale TH-S è uno dei fattori e agireb1»e come una
diastasi ; le sue soluzioni sterilizzate svilupperebbero acido carbonico
nel vuoto ed assorbirebbero ossigeno.
Griesmayer, nel 1889, sospettò che il Pliììofhìon fosse Tidra-
zina del Curtius, e Duclaux^ nel corrente anno, si mostrò disposto
a considerarlo come una diastasi disossidante. Non essendo per
anco stabilita la natura di questa sostanza, per consiglio del prof.
P. Spica, intrapresi il seguente :
Studio sperimentale. — Preparati gli estratti idroalcolici
dei lieviti secondo le norme date dal De Rey Pailhade, verificai
in essi i caratteri già descritti dall'autore francese : " potere ri-
ducente a freddo sullo zolfo e sull'indaco, reazione acida, attività
variabile con la temperatura, inattività dopo trascorso qualche tempo
dalla preparazione e dopo addizione di sali neutri. „ — Sperimentai
quindi il loro comportamento rispetto all'ebollizione, al modo di
agire coll'acqua ossigenata, cogli anestetici, colle sostanze velenose,
col filtro di porcellana Chamberland, istituendo anche degli esami
microscopici e delle colture.
I risultati ottenuti nelle varie esperienze più volte ripetute ne-
garono nel Fhilofliioii un'azione diastasica rispetto allo zolfo, poiché
le sue soluzioni dopo riscaldamento a 100° conservarono la loro
attività collo zolfo e coll'acqua ossigenata scomponendola; si mo-
strarono invece sempre inattive sullo zolfo e sull' indaco dopo fil-
trazione per filtro Chamberland.
II comportamento colle sostanze velenose e antisettiche (subli-
mato corrosivo a 1:20000, permanganato potassico a 1:10000, acido
fenico a 1:200, acido salicilico a 1:1000, acido solforico a 1:100, re-
sorcina a 1:100, acido cianidrico, ecc.) e cogli anestetici (cloroformio,
etere), gli esami microscopici, la sterilità delle culture diligente-
mente eseguite dal dott. G. Catterina, negarono eziandio l'inter-
vento di cellule o di batteri nel fenomeno di riduzione esercitato
dal Philothion sullo zolfo.
Stabiliti in forma siciira questi primi fatti, mi proposi di ri-
(3) NATURA DEL PHILOTHION ECC. 57
cercare un mezzo opportuno per isolare dalle sue soluzioni la so-
stanza idrogenante lo zolfo a freddo. Per tale fine ricorsi a vari
metodi (coagulazione frazionata, precipitazione con alcoole assoluto,
ecc.), finché mediante lenta evaporazione a 40° a bagno-maria degli
estratti idroalcolici esenti di cellule e di batteri, pervenni ad ot-
tenere residui giallastri, che, trattati prima con acqua e quindi
con soluzione diluita di cloruro di sodio, lasciarono una parte in-
solubile anche in alcole, che reagì a freddo coi fiori di zolfo svi-
luppando gaz solfidrico.
Caratteri della sostanza idroijeniiiite lo zolfo a freddo, otte inda
per eraporazlone dalle sue soluzioni, ecc. — È di color grigiastro,
amorfa, fioccosa, di reazione acida: riduce lo zolfo in presenza anche
di cloroformio, e dopo riscaldamento prolungato a 100° e anche
a 110°. Contiene azoto, fosforo sotto forma di residuo fosforico,
e zolfo. È insoluliile negli acidi diluiti, nell' acqua e neiralcole;
solubile negli acidi minerali a caldo, ed in un grande' eccesso di
acido acetico ; solubilissima negli alcali fissi diluiti, meno nell'am-
moniaca, meno ancora nel fosfato sodico. Dà le reazioni cromatiche
delle sostanze proteiche ; allo stato secco ed in soluzione alcalina
scolora F indaco e scompone l'acqua ossigenata. Le sue soluzioni
alcaline colorate in roseo, precipitano con cloruro di calcio, di bario,
di magnesio, con nitrato d'argento ; neutralizzate esattamente con
acido cloridrico diluitissimo danno un precipitato fioccoso grigiastro,
che si comporta come una sostanza proteica, ma che non reagisce
più collo zolfo, nò più si scioglie in eccesso di acido acetico, mentre
scolora l'indaco, e scompone l'acqua ossigenata. — Istituito uno
studio di confronto colla nucleina del lievito (Kossel, Liebermann,
CTottstein), ho trovato che questa differisce dal Pìnlotììion.^ perchè
non è dotata di potere riducente sullo zolfo, né si scioglie in ec-
cesso di acido acetico. Il carat:ere della solubilità in acido acetico
è presentato invece dall'acido nucleinico (Altman). La nucleina e
l'acido nucleinico danno le reazioni del 3Iillon e del biureto, e la
reazione xantoproteica quando sono impuri di sostanze albuminoidi ;
in tali condizioni 1' acido nucleinico contiene anche zolfo. Come la
nucleina del lievito è insolubile in eccesso di acido acetico, così la
sostanza dotata di potere riducente sullo zolfo diviene insolubile
in detto acido, quando venga ottenuta per neutralizzazione dalle
sue soluzioni alcaline. La nucleina non reagisce collo zolfo, come
collo zolfo non reagisce più la sostanza precipitata dalle sue so-
luzioni alcaline.
58 (x. COSSETTINI (4)
Altre esperienze controllano i caratteri descritti per il Pìd-
lotliioii. Esso si fissa in una forma insolubile in alcole ed in acqua
sul fosfato di calcio precipitantesi nelle sue soluzioni. Tale pre-
cipitato, trattato con potassa diluita, perde la sua azione sullo zolfo,
e lascia una soluzione, la quale si comporta come quella che si
ha sciog-liendo nell'alcali la sostanza Pìnlofìiloti ottenuta per eva-
porazione dog-li estratti idroalcolici primitivi.
Facendo passare per filtro Chamberland una data quantità
di potassa diluita, dopo filtrazione di lifiuidi alcolici contenenti
il Philothioìi, si ottiene una soluzione alcalina colorata in roseo,
che scolora l'indaco e che scompone l'acqua ossigenata ; la stessa
soluzione alcalina, neutralizzata con acido cloridrico diluito, lascia
precipitare una sostanza fioccosa avente i caratteri della nucleina,
ma come questa inattiva collo zolfo. Aggiungasi ancora che gli
estratti idroalcolici dei lieviti, divenuti inattivi dopo otto o dieci
giorni dalla preparazione, lasciauv) un deposito avente caratteri
identici a quelli della nucleina.
Poiché il Pìiiìofliioìì si ottiene in soluzione idroalcolica solo
dai lieviti vivi, bisogna anmiettere sia un prodotto elaborato dalla
vitalità delle cellule. Tale prodotto, che non ha natura diastasica
ma chimica, nel residuo dell'evaporazione dei liquidi attivi si trova
in una forma pure attiva collo zolfo ; segno evidente questo che
la sua natura intima chimica non ha subita trasformazione alcuna
durante 1' evaporazione. Relativamente alla proprietà di non scio-
gliersi più in alcole mi permetterei far osservare che il Philothioìi,,
quando passa in una forma solubile nell' alcole, si trova in uno
stato speciale, dirò, quasi stato nascente. Di più, se in realtà fosse
in una vera forma di soluzione, dovrebbe passare attraverso il filtro
Chami)erland, come per lo stesso filtro passa quando si trova in so-
luzione alcalina. - Quanto poi al fatto che il precipitato per neu-
tralizzazione non riesce più attivo con lo zolfo, farò rilevare come
il Phi/ofìùon, riottenuto da soluzioni alcaline, non si scioglie più
in eccesso di acido acetico, e si comporta come la nucleina del
lievito.
Secondo Altman la nucleina in soluzione alcalina si sdoppia nei
suoi costituenti, cioè in acido nucleinico e sostanza proteica ; pre-
cipitando por neutralizzazione cogli acidi, non si ottengono questi
prodotti di scissione, ma la nucleina stessa. La solubilità della so-
stanza ])rimitiva nell'eccesso di acido acetico è un carattere con-
forme alla natura dell' acido nucleinico, che presenta le reazioni
(5) NATUEA DEL PHILOTHION ECC. 59
del Millon e del biureto, quando si trova impuro di sostanze pro-
teiche. — Ora la sostanza idrogenante lo zolfo dà pure le rea-
zioni del Millon e del biureto, e queste, unitamente al carattere
di solubilità in acido acetico, non fanno forse pensare che col Fhi-
ìotliioii si sia dinanzi a dell'acido nucleinico e sostanza proteica ?
Ed allora questo acido nucleinico e sostanza proteica, quando si
trattano con potassa diluita, passerebbero in soluzione alcalina nel
loro stato originario ; quindi neutralizzando cogli acidi, come da
una soluzione alcalina di nucleina si ottiene la nucleina e non i
prodotti di scissione d? questa, così pare logico ammettere che
dalla soluzione alcalina del Phi/ofìiion (dato probabilmente da acido
nucleinico e sostanza proteica) si abbiano non già questi prodotti,
ma la nucleina stessa.
Ciò troverebbe appoggio nei seguenti fatti :
La nucleina è inattiva con lo zolfo ed è insolubile in acido
acetico ; il Philoihioìi non è più attivo con lo zolfo, ne più si
scioglie in eccesso di acido acetico, quando viene ottenuto per
neutralizzazione dalle sue soluzioni alcaline.
Ancora si sa come il Pìiiìofìnon nelle soluzioni idroalcoliche
si trovi in liquidi acidi. Altman scrive che l'acido nucleinico in
soluzione acida, quando si trova in presenza di sostanze proteiche,
reagisce con queste, precipitando sotto forma di composti ritenuti
come nucleine. Nei liquidi alcolici, divenuti inattivi con lo zolfo
dopo un certo tempo dalla preparazione, si trova un deposito in-
solubile in eccesso di acido acetico, solubile nella potassa diluita
ecc., che si comporta come la nucleina. — Parrebbe dunque si possa
ammettere che col lungo andare, in seno ai liquidi acidi del Plii-
lotìiion, si sia verificata la reazione di Altman, e che così il Pìii-
lothìon abbia perduta la sua attività. In qual altro modo infatti si
potrebbe spiegare la comparsa della nucleina nel deposito dei
liquidi alcolici e l'inattività di questi ^
Tutti i fisiologi sono concordi nell'ammettere che la nucleina
allo stato naturale si trovi scissa nei suoi componenti, cioè in acido
nucleinico e sostanza proteica.
CONCLUSIONI
1.0 L'azione del Fliilofliimi sullo zolfo a freddo non è di natura
diastasica.
60 G. COSSETTINl (6)
2." La trasf'onuaziono dello zolfo in H'k> è dovuta alla presenza
nei liquidi idroalcolici, dei prodotti di scissione della nu-
cleina (acido nucleinico e sostanza proteica) capaci di man-
tenere la loro azione sullo zolfo, dopo essiccazione e dopo ri-
scaldamento a 100°, anche in presenza di anestetici.
3.° I fenomeni di riduzione osservati dal Eaulin {Compf. lìeiid.
CVII, p. 445), per i quali i lieviti ed i mosti scolorano l'in-
daco, vanno probabilmente attribuiti sia alla nucleina, sia ai
prodotti di scomposizione di questa. Ija nucleina tanto allo stato
secco, come in soluzione alcalina, trasforma rapidamente Tin-
daco azzurro in indaco bianco.
APPENDICE
( *onu' appendice alle mie esperienze sulla natura d(d IMiilotliion
e come contributo alle conoscenze sulla fermentazione senza lievito,
riferirò quanto segue :
Kiterrei essere riuscito ad ottenere fermentazione alcolica
in assenza di cellule di lievito e di batterli, avendo operato nel
seg'uente modo :
Filtrai per filtro sterilizzatore (Jhamberland alcune soluzioni
idroalcoliche di Philothion, e raccolsi in un pallone sterilizzato i
liquidi filtranti, avendo cura di impedire V inquinamento di questi
da parte dell' aria atmosferica.
(Quindi con soluzioni diluite e sterilizzate di fosfato sodico e
di cloruro di calcio provocai, in seno ai liquidi idroalcolici filtrati,
la precipitazione del fosfato di calcio.
Dopo alquanto tempo con un sifone sterilizzato, precedente-
mente adattato al tappo che chiudeva il pallone, decantai i liquidi
sovrastanti al precipitato depostosi sul fondo dell' apparecchio.
y introdussi allora con tutta cura, impedendo qualsiasi causa
d'inquinamento, una soluzione sterilizzata di glucosio al 10 per 100.
Dopo due giorni, rimaste invariate le condizioni dell' espe-
rienza, cominciarono a partire delle bollicine gassose dalla solu-
zione glucosica, che più si trovava a contatto diretto col fosfato.
(7) NATURA DEL l^HILOTHION KCC. 61
Lo sviluppo gassoso, sempre lento e regolare, continuò per
vari giorni, finche i liquidi, torbidi da principio, ritornarono allo
stato di riposo. In essi non si riscontrò più presenza di glucosio.
11 valente dott. Giacomo Catterina, batteriologo, esaminati i
materiali al microscopio, ed istituite delle colture, non trovò né
batterli ne fermenti (^).
Dall' Istifiifa (li (•ìii)iìir(( fanixicciificd (Iella IL Unir('fs!f() di l'adora,
Ixnlio 1S()9.
(1) Neil' atto (li dar luogo alla pubblica/ione di questa mcmoi'ia, non
posso far a meno di rivolgere vivi ringraziamenti all' Illustre Professore
Cav. Pietro Spica, il quale con tanta scienza ed affettuosa cuia, mi largì
ammaestramenti e consigli durante le esperienze eseguite. G. C.
f Finita di stampare il (/iorno Iti ììnremhi'e ISflO)
Atti dkl Realk Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti.
Anno accademico 1899-900 - Tomo LIX - Parte seconda.
SU ALCUNE
INCOMPATIBILITÀ FARMACEUTICHE DELL' ESALGINA
(estratto dalla dissertazione presentata per la laurea
IN CHIMICA E farmacia)
Sunto dell' autore dott. LINO COLLAVO
(presentata dal prof. P. Spica, ni. e., nell'Adunanza 29 ottobre 1899)
Il Ruddinianek nella sua tabella (Joliresh. fior Pharni. 1897,
p. 285 e Ann. dr Pharm. 1896, p. 250) riportata dal " L' Orosi „
(1897, p. 88) riassume i casi di incompatibilità farmaceutiche piii
frequenti. "• Avviene spesse volte, dice " L' Orosi „ stesso, che me-
scolando vari medicamenti tra loro, la miscela diventa umida, pastosa,
0 liquida in seguito a reazioni che avvengono tra i corpi me-
scolati. „
Io studiai i casi di incompatibilità presentati dall' esalgina
con acido salicilico, salolo, mentolo, cloralio idrato, resorcina, onde
cercare di spiegare se la deliquescenza che il Ruddimanek afferma
avvenire nell' unione dell' esalgina coi detti farmaci, è dovuta ad
una reazione chimica o ad una causa fisica qualsiasi.
Le esperienze eseguite mi condussero alle seguenti conclu-
sioni :
1°. La fluidificazione che si osserva quando si uniscono intima-
mente tra loro V esalgina e 1' acido salicilico, è dovuta puramente
ad una causa fisica e cioè ad assorbimento d' acqua dall' ambiente
in cui il miscuglio delle due sostanze si trova.
Per il passaggio dallo stato solido allo stato liquido del mi-
scuglio non avviene reazione chimica di sorta perchè non fu mai
notato alcun cambiamento di temperatura e perchè, fatta a caldo
la soluzione acquosa delle due sostanze, anche dopo deliquescenza,
64 L. CULLAVO - SU ALCUNE INCOMPATIBILITÀ ECC. (2)
per raffreddamento si separa, pure adoperando grande eccesso di
esalgina, acido salicilico puro.
2^. Tra esalgina e mentolo avvengono in generale gli stessi fatti
che tra esalgina e salolo.
L' esalgina mescolata col mentolo o col salolo non cade in
deliquescenza se non ad una temperatura di 28o-29". In ambedue
questi casi, neppure per fusione a caldo, fu avvertito alcun muta-
mento chimico essendo possibile con mezzi puramente fisici, cioè
con solventi adatti, separare completamente 1" una dall' altra le
sostanze costituenti il miscuglio.
Ho. Col cloralio idrato o con la resorcina, 1' esalgina dà dei pro-
dotti fluidi. La deliquescenza si manifesta anche sottraendo i mi-
scugli air azione dell' umidità, dell' aria, ecc.
L'incompatibilità dipenderebbe in questi due casi da semplice
fenomeno di soluzione, perchè dalle esperienze fatte risulta che
r abbassamento della temperatura di fusione o di solidificazione
dei miscugli esalgina-cloralio idrato ed esalgina-resorcina, sta in
ragione diretta colla quantità di cloralio idrato o di resorcina ag-
giunta air esalgina.
Quando i miscugli, che diventano poi semplici soluzioni,
hanno raggiunta una determinata concentrazione, non potranno
mantenersi solidi alla temperatura ordinaria, ma avranno bisogno,
per solidificare, di una temperatura assai più bassa.
Neppure in questi due casi si osservò durante la fluidifica-
zione, cambiamento sensibile di temperatura.
Epperò nel caso del miscuglio esalgina-cloralio idrato se
una reazione chimica ha luogo, essa dà origine ad un composto
assai instabile, facilmente decomponibile dall' acqua e decomponi-
bile anche, se lasciato a se, alla temperatura ordinaria.
Fra esalgina e resorcina invece va esclusa ogni probabilità
di mutamento chimico, perchè dal miscuglio fluido si poterono
coi solventi ordinari separare 1' una dall' altra le sostanze stesse.
J)(tl L(tl>i)f(i torio (li cliiiiiicii fdruiaretdim della li. Università di Padova,
luf/Uo 1899.
(Finita d'i stampare il giorno Kì novembre 1S9!)J
Atti del Reale Istituto Veneto ui scienze, lettere ed arti.
Aimo accadc'iuieo IHU'J-'JOO - Tonio LIX - Parte seconda.
SULLO SCHEDOPHILUS BOTTERl DELL* HECKEL
NOTA
DI E. F. TROIS, M. E.
(Adimanzu del 2!) ottobre ISUU)
Il prof. Luigi Stalio, socio corrispondente di questo Istituto,
comunicò nel 1880 una Nota sullo Scìiedoj/hilus Batteri, Nota che
fu pubblicata nel volume TI, serie V'^ degli Atti.
Trattasi di una specie nuova di un genere non rappresen-
tato neir Adriatico (perchè il congenere Hchedophil/is mcdiimpìia-
giis, raro anche nel Mediterraneo, non figura in alcun catalogo
di pesci Adriatici).
La specie offre le migliori garanzie di perfetta determina-
zione perchè fu studiata dall' Heckel ed ammessa dall' illustre
ittiologo vivente Fr. Steinduchner.
A questo proposito nulla potrei aggiungere a quanto fu detto
con molta dottrina dal compianto socio prof. Stallo. La specie
fu scoperta dal prof. Matteo Botteri di Lesina del quale 1' Heckel
volle ricordare il nomo.
Di questo SchedophUus esiste un solo esemplare, di prove-
nienza adriatica, nel Museo di Vienna mandato dal Botteri da
Lesina.
Ho avuto la fortuna di poter procurare al Museo dell' Isti-
tuto gli avanzi, però perfettamente caratteristici di uno dei tre
soli esemplari che furono presi nell'Adriatico, per quanto è giunto
a mia conoscenza, dal 1847 ad oggi, anzi dell' esemplare stesso
già posseduto dallo Stallo
(Finita di st.ainparo il giorno 17 )iorend)re 1899)
Atti del Reale Istituto Veneto ìji scienze, lettere ed arti.
Anno accademico 1899-900 - Tomo LIX - Parte seconda.
SULLO SCHIITDLMENTO LMPERFETTO BEL SEME
NELLE RAZZE BIANCHE DEL FILUGELLO
CON PARTICOLARE RIGUARDO ALLA RAZZA CHORÉA
NOTA DEL PEOF. ENRICO VERSON, s. e.
(Adunanza del 2V ottobre 189!) J
La persistente debolezza che le razze indigene jìNve seguitano
a manifestare anche oggi in estese regioni sericole, è stata cagione
indiretta che in molti coltivatori germogliasse il felice pensiero
di rafforzarne mediante acconcia trasfusione di sangue più vivace
la tempra fatalmente infievolita, badando insieme perchè i pregi
del bozzolo antico non avessero a scapitarne in misura notevole.
E una mirabile costanza di propositi ci ha condotti in breve tempo
al definitivo trionfo degli incroci; ì quali, aumentando la gagliardia
e la resistenza del baco, hanno assicurato alla nostra industria,
oltre alla pregevolezza, anche la quantità del prodotto eh' essa
attende a lavorare.
Ma da quando gli incroci sono venuti in uso generale, e
motivi d' interesse prepotente consigliarono sempre più a prati-
carli — con esclusione di ogni diversa combinazione — fra sole
razze gialle e razze bianche, una nuova preoccupazione è soprag-
giunta a tenere sospesi gli animi dei coltivatori. Perchè i semi
di tali incroci hanno assai spesso schiudimento così imperfetto
da ridurre non solo in proporzione ragguardevole la entità delle
coltivazioni divisate, ma da lasciare molta apprensione eziandio,
se ed in quanto quella stessa causa occulta che determina nascite
del seme così manchevoli, non possa far sentire per avventura
una qualche sinistra influenza anche sui bachi realmente venuti
fuori.
68 E. VERSON (2)
Sotto questo punto di vista avevano ^ià da tempo sollevate
numerose lao-nanze le razze giapponesi bianche in genere. Ma il
male si è di gran lunga inerudito con la diffusione maggiore che
in processo di tempo è venuta prendendo nella industria degli
incroci la razza Choréa. In essa come pure nei suoi derivati si
dà non di rado il caso che le nascite mancate ammontino al 80
e al 40 '• 0 • K combinazione veramente singolare : a giudicare
dai fatti portati a nostra cognizione si sarebbe quasi indotti ad
ammettere che i danni sofferti sono tanto più gravi, quanto è
stata maggiore la dili»-enza e la timorosa sollecitudine, onde il
Don /
produttore suol curare la buona conservazione dei semi suoi.
Ora come si pratica questa buona conservazione dei semi?
Dopo r anno 1883 in cui la Stazione Bacologica di Padova
aveva resa di pubblica ragione una lunga serie di esperienze (i)
le quali, in ordine all' abbondanza e alla simultaneità delle na-
scite susseguenti, avevano dimostrata la convenienza di non spin-
gere la durata della ibernazione oltre ad una data misura, — dopo
il 1888 molti coltivatori adottarono il sistema di protrarre, quanto
maggiormente si possa, il ])rincipio della svernatura propriamente
detta, procurando allo stesso tempo che fiim allora 1' ambiente in-
torno ai semi sia mantenuto ben temperato, magari con 1' ajuto
di riscaldamento artificiale.
L' applicazione pura e semplice di un risultato sperimentale
alla pratica dev' essere certamente ritenuta logica e plausibile,
quante volte si avverino da una parte e dall' altra eguali circo-
stanze di fatto. Ma senza tener conto della facilità onde taluni,
j)er far nìeijlio, si lasciano non di rado sedurre ad esagerazioni
non sempre innocue, mi è parso pure arrischiato il voler traspor-
tare senz' altro i risultati del 1883, ottenuti con una riproduzione
giapponese verde, agli incroci bianco-gialli che attualmente ci
tengono preoccupati; il voler generalizzare insonuna a tutte le
razze del filugello indistintamente quelle leggi, che in una sola di
esse lo sperimento avea cavato fuori e messo in evidenza.
E da questo dubbio ebbero origine le nuove prove che se-
guono qui appresso, intese essenzialmente a stabilire se e quale
(1) E. Qndjdl, Influenza delle bnsse e medie temperature sulla na-
scita del seme bachi. Boll. </. JJ(frhìroltHra, IX; Anniiario della Staz.
Bacol. X.
(3) SULLO SCHIUDIMENTO IMPERFETTO DEL SEME ECC. 69
influenza debba essere attribuita alla durata relativa delle singole
fasi di conservazione sullo schiudimento dei semi di razze bianche
in genere, e di quelli di razza Choréa in particolare.
Le razze assoggettate ad esame furono nove : bianca Abruz-
zo, bianca Novi, bianca Asia minore, bianca Cinese acuminata,
bianche giapponesi di tre dift'erenti provenienze, bivoltina bianca,
Choréa. Per ogni singola di esse si ricercarono dapprima in via
comparativa gli effetti dipendenti da variazioni introdotte nella
durata della seconda e della terza fase di conservazione, siccome
quelle che più comunemente danno adito a prevenzioni sfavore-
voli. In quanto alla influenza della prima fase di conservazione,
le prove di confronto seguirono 1' anno appresso, e furono limitate
alla sola razza Choréa, la quale costituisce del resto il vero e
proprio obbiettivo finale di tutto il presente lavoro.
A. Influenza della conservazione invernale e primaverile
SULLO schiudimento DEL SEME
Adottato un mezzo perfettamente identico di conservazione per
la prima fase (estiva ed autunnale) di tutti i saggi indistintamente,
le sperienze di svernatura ebbero principio col giorno 20 novem-
bre ; e furono praticate ad una temperatura costante di -|- 2» C.
cui si esponevano i singoli lotti per durata variabile, da un mi-
nimo di 84 giorni ad un massimo di 150. Quelle relative alla
terza fase di conservazione dovevano similmente mettere in chiaro
se la durata di essa, ovvero — ciò che torna eguale nel caso
pratico — se la durata della incubazione possa a sua volta fa-
vorire 0 contrariare in misura apprezzabile il fenomeno dello
schiudimento imperfetto ; ed erano perciò disposte nel modo che
segue.
Appena estratto dalla svernatrice — dove ho detto che la
temperatura stava ferma intorno ai -\- 2" C. — ogni campione
di seme veniva diviso in due porzioni pressoché eguali : la prima
era portata di sbalzo in un ambiente scaldato a -\- 22" C. e vi
rimaneva definitivamente {covatura rapida) ; la seconda invece
veniva introdotta dapprincipio in un termostato a -j- 10" C, dopo
dieci giorni passava a temperatura di -|- 12° C. e dopo altri
dieci giorni a -j- 22" C. {corafura lenta). Avviate le nascite si
eliminavano giorno per giorno i gusci vuoti, tenendo esatto conto
70
E. VERSON
(4)
del loro numero; da ultimo, cessata og-ni apparizione di altri
bacolini, venivano segnate tutte le uova non schiuse e determi-
nato nel g-erme delle medesime lo stato di sviluppo raggiunto, in
quanto fosse rimasto affatto rudimentale o fosse proceduto fino a
piena maturanza dell' embrione. Attesi i rapporti di stretta dipen-
denza che colle^ano 1' abbondanza e la simultaneità delle nascite
alla durata della svernatura precorsa, ognuno vede le ragioni di
convenienza che impongono di prendere unitamente in considera-
zione questi due momenti, sotto il punto di vista degli effetti
diversi che cagiona la loro variabile durata.
Ogni singolo saggio contava dalle 1500 alle 2000 uova
circa; ma per facilità di confronto io riferirò tutti i dati ridotti
a valori procentuali.
Bazze h/aiìcJie a tipo indigeno
]). Novi. In seguito a svernatura di durata variabile, si ebbero le
sea'uenti modalità di nascita:
Covatura rapi(hi
1
Covi
tura le
nta
0;
Uova non
discbiuse con
(iioi'ni
a;
te
i =3
Uova non
dischiuse con
Giorni
ci
g o
"o h
o r
ci ^
te e e
bX,
2.2
di
nascita
tfl
bacolino'
formato
stria
germi-
nale
ci
ci
Doi)0 ibeiiiazion
' (li 84 giorni
94,6 1 3.1 1 2.3
15
11
1 92.4
i 3.1
4.5
< 23
1 9
Dopo ibernazioii
' (li 94 giorni
94.3 1 3.0 1 2.7
15 1
11
1 92.4
ì 4.6
3.4
29
1 6
Dopo ibernazion
' di 104
giorn
i
88.0 1 9.3 1 2.7
14 1
7
89.4
1 7.3
3.3
1 32
1 5
Dopo ib<'rnazion
' di 114
giorn
i
88.1 1 7.9 1 4.0
1 11 1
10
j 88.3
1 6.0
1 5.7
1 26
! 6
Dopo ibernazion
' di 124
giorn
i
88.0 1 6.0 I 6.0
12 1
6
1 93.0
1 5.0
2.0
1 26
1 ^^
Dopo ibeinazion
e di 134
gioii!
i
93.8 1 3.8 1 2.4
1 1^ 1
6
Il 91.3
1 5.5
1 3.2
1 25
1 6
Dopo ilxMiiazion
' di 150
giorn
i
93.0
3.6
3.4
12
1
8
1 91.4
1 4.4
1 4.2
i 24
1 5
(5) SULLO SCHIUDIMENTO IMPERFETTO DEL SEME ECC. 71
2). Ahnizzo. Yariando in eguale misura la durata della iberna-
zione si ebbero :
Covatura rapida
1
Cova
tura le
nta
rjn
_2
Uova non
dischiuso con
Giorni
_2
Uova non
dischiuse con
Giorni
"o
"o
CO
O p
1
I e
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1
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"C X
ù
J^
3; ~
'J~ e:
2
t'
— e;
'i
Dopo 84 t;-ionii
92.2 1 4.5 1 3.3
12
18
92.4
3.6
4.0
26
1 11
Dopo 94 giorni
90.4 1 3.4 1 6.2
15
1 11
89.1
5.1
5.8
30
, 7
Dopo 104 giorni
92.5 4.3 1 3.2
13
11 1
92.2
5.1
2.7
32
1 7
Dopo 114 giorni
93.4 ! 4.2 j 2.4
11
10 1
91.2
5.7
3.1
2Q
1 7
Dopo 124 giorni
93.9 !
4.2 1
1.9
11
10 1
93.7
AA
1.9
26
1 4
3). Bianca d'Asia Minore diede similmente :
Dopo 84 giorni d' ibernazione
95.7 I 3.1 ! 1.2 I 16 I 18 || 96.7 | 2.1
Dopo 94 giorni
96.5 2.4 j 1.1 I 15 ! 12 || 93.0 i 4.3
Dopo 104 giorni
96.8 I 2.4 ! 0.8 i 13 j 12 |i 93.7 i 3.8
Dopo 114 giorni
92.8 I 5.5 I 1.7 , 12 9 || 93.6 4.2
Dopo 124 giorni
96.7 I 2.8 ! 0.5 1 11 1 8 II 96.1 1 2.8
Dopo 134 gioiiii
95.6 i 3.6 1 0.8 I 11 ì 9
Dopo 150 giorni
96.5 ' 2.2 ' 1.3 ' 11 ' 7
1.2 28 I 11
2.7 ì 30
2.5 32 8
2.2 I 26
1.1 ! 26
95.8 I 3.3 I 0.9 I 25 I 6
95.1 ■ S.6 2.3 ' 24
72 E. VERSON (6)
Da queste prove con razze bianche a tijio indigeno, si pos-
sono cavare intanto certe deduzioni che per la pratica non sono
prive d' interesse.
Ohe la durata della incubazione apparisca molto maggiore
col riscaldamento lento e graduale che col rapido, ciò non può
recare meraviglia quando si consideri che la piena maturanza
dcir embrione domanda V intervento di una corta somma di calo-
rico la quale, con propinazioni più generose e più frequenti, tocca
naturalmente anche più presto la misura richiesta.
Negli esempi riferiti, la covatura si protrae da 24 a 80 giorni
se graduale, e viene ridotta ad un tempo di soli 11 a 15 giorni
quando sia spinta a grande rapidità. In un caso come nell' altro
per giunta, la incubazione si accorcia notevolmente sotto la influenza
di una svornatura prolungata che T abbia preceduta. Ma bisogna
dire che le uova portate rapidamente alla massima elevazione di
temperatura si avvantaggiano in misura assai più larga di questa
influenza, se vediamo come un divario da 84 a 124 giorni d'iber-
nazione basta appena a far risparmiare 6 giorni su trenta^ e così
una (/Hifttd parte del tempo totale occorrente per la covatura
lenta; mentre in condizioni identiche essa importa per la covatura
rapida una riduzione da K) a 11 giorni, il che equivale quasi ad
una terza parte del totale. Yiceversa è cosa bene assodata ormai,
che a svernatura di durata eguale^ la simultaneità delle nascite
è sempre maggiore con la covatura lenta che con la rapida. E
infatti prendendo a caso una qualunque fra le razze sperimen-
tate, la bianca d'Abruzzo p. e., troveremo che dopo la covatura
rapida le nascite continuano per 18 giorni di seguito se la iber-
nazione era stata di 84 giorni, e durano ancora sempre non meno
di 10 giorni anche dopo una svernatura estesa fino a 124 giorni;
quando al contrario la covatura lejita le riduce a giorni 11 nel
primo caso, e nel secondo a soli 4.
Per ciò che riguarda infine 1' abbondanza delle nascite, vale
a dire la quantità procentuale dei bachi eftettivaniente sbucati
dal guscio senza tener conto del tempo più o meno lungo che
vi impiegarono, vi sarebbe forse un leggero vantaggio in favore
della covatura rapida. Ma la dift'erenza è così poi^o accentuata
che per ora non vogliamo escludere essa possa dipender*? anche
da cause estranee fortuite, da cause sfuggite forse alle nostre
cure minuziose di mantenere eguale ambiente intorno a tutti i
saggi esperiti (medie generali di 03.3 "/o per la covatura rapida,
(7)
SULLO SCHIUDIMENTO IMPEEEETTO DEL SEME ECC.
73
contro 92.67 '^'/o per la lenta) ; e, ciò che più importa pel nostro
assunto speciale, hi <1 unita deìla ibernazione pi eceduta non mostnf
di acervi esercitato alcuna influenza, nel senso di rendere le na-
scite più numerose o più scarse.
Bazza ìilanca CJunene
Seguendo V identico metodo già descritto per le razze bianche
a tipo indigeno, si ebbero le seguenti risultanze :
Covatura rapida
Cova
tura le
nta
òS
Uova non
dischiuse con
(tÌODIÌ
li
Uova non
dischiuse con
Giorni
ci
o
§ o
J--2
"_£ Sii
(K 5; G
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■ — 'S
^ co
1
>
o
co Cj e
^.2
zi ^
et
■ — 'Zi
Dopo ihcrna/.ion
> di 84
giorni
73.2 1 7.9 1 18.9
16
1 48
1 78.2
1 12.6
9.2
i 28
1 34
Dopo iberna/.ion
■ (li 94
gioi'iii
64.8 1 15.0 1 20.2
19
1 34
1 72.2
1 21.9
5.9
1 31
1 18
Dojx) il)erna/,ioii
' (li 10
4 g-i(_)rn
i
70.1 1 12.7 1 17.2
12
1 42
1 76.5
1 17.1
6.4
1 33
i 17
Dopo il)('rna>;ion(
" di 11
4 giorn
i
64.2 1 20.3 1 15.5
14
1 38
1 76.9
1 15.5
7.6
27
1 19
Doi)0 ibcnuizioii
• di 12
4 giorn
i
71.6 1 18.7 i 9.7
15
26
1 82.4
1 11.6
6.0
1 26
1 16
Dopo ilìcniazioii
" di 13
4 gi{ìi'n
i
82.2 1 8.0 1 9.8
14
1 28
1 83.5
1 12.1
4.4
27
1 11
Do|io ihcriia./ion
• di 15
0 giori)
i
83.6 j
9.9
6.5
13
1 23
i 82.4
1 9.1
8.5
25
1 10
Premesso che i risultati di questa serie non sono rigorosa-
mente paragonabili con quelli della precedente, dal momento che
riguardano semi originari cinesi, probabilmente ancora sconvolti
ed alterati dal lungo viaggio d' importazione aj)pena superato,
bisogna convenire che, a parte qualche singolo scarto venuto
74
E. VEESON
(8)
fuori improvvisamente senza apprezzabili motivi, in generale vi si
ripetono le stesse correlazioni già notate fra la svernatura, la in-
cubazione, e la unitezza delle nascite. Hopratutto dolibiamo poi
escludere che la svernatura protratta abbia potuto cag-ionare fatali
conseguenze sulla vitalità dei germi, quando al contrario le cifre
riferite inclinerebbero a mostrare, che le nascite più abbondanti
coincidono proprio con le svernature più a lungo sostenute.
Razze bianche GiappoiteHl
1). Giapponese di provenienza incerta, riprodotta a Padova. Yi si
praticarono le seguenti determinazioni :
Covatura rapida
Covatura h
nta
M
Uova non
dischiuse con
Giorni
1
Oì
Uova non
discliiuse con
Giorni
TX
o
o o
2 .o
_ 1
1 C-
rè
ce
-^ lì
co
O
bacolino
formato
stria
germi-
nale
i 5
l- e:
rè
■ -'o
Dopo svernatura di 84 i;-iorni
87.2 1 7.6 1 5.2 j 14 | 20
1 85.5
1 10.1
4.4
27
1 11
Dopo svernatura di 94 giorni
85.7 1 7.4 1 6.9 i 15 | 12
84.3
1 9.8
5.9
28
! 7
Dopo svennitm-a di 104 gioi'ui
86.2 1 9.2 1 4.6 ì 12 1 13 '
! 81.0
; 14.3
4.7
1 30
1 6
Dopo svernatura di 114 giorni
86.2 1 10.2 1 3.6 i 11 1 12
i 82.9
1 "7.4
9.7
1 25
1 4
Dopo sviu'iiatura di 124 giorni
84.1 8.9 1 7.0 ! 11 10
j 80.7
1 10.5
8.8
1 25
1 4
Dopo svernili urn di 134 giorni
82.7 11.3 6.0 11 1 8
! 79.0
13.8
6.6
24
1 6
Dopo sveniatur;! di 150 giorni
87.5
5.2
7.3
11
8
I 74.7
13.2
12.1
1 23
1 4
2). Siìnamura riprodotta a Conegliano; se ne raccolsero le indi-
cazioni che seguono :
(9) SULLO SCHIUDIMENTO IMPEKFETTO DEL SEME ECC. 75
Covatura liipida
)rni
Cova
tura lenta
Uova non
dischiuse con
Gi(
a>
OD
_2
Uova non
dischiuse con
Giorni
O
'o s
ci "
stria
germi-
nale
d' incu-
bazione
ci
ci
C
CO
ci
>
o
bacolino
t'ormato
stria
germi-
nale
d' incu-
bazione
ci
._'o
i-rt ce
ci
Dopo svernatura di 84 giorni
89.8 ! 4.6 1 5.6 | 12 | 17
89.1
4.2
6.7
26
i 8
Dopo svernatura di 94 giorni
89.1 1 5.8 ! 5.1 1 13 ! 11 1
84.4
8.5
7.1
27
6
Dopo svernatura di 104 giorni
87.3 1 4.4 1 8.3 1 11 1 9 |
88.7
8.1 1
3.2
30
5
Dopo svernatura di 114 giorni
90.0 1 5.0 1 5.0 1 10 1 9 1
87.2
4.9 1
7.9
24
4
Dopo svernatura di 124 giorni
87.3 1
4.6
8.1
11
7 1
90.1
4.3 1
5.6 1
24
4
3). Akdziì,-^ riprodotta a Torreg-Iia ; i particolari delle nascite
sono annotati qui appresso :
Dopo 84 giorni d' ibernazione
83.8 I 7.6 I 8.6 | 14 | 16 || 85.6 j 6.1 | 8.3 | 27 | 9
Dopo 94 giorni d' ibei'iiazione
87.3 I f>.2 7.5 I 15 | 11 || 85.3 ' \ 7.3 , 7.4 | 29 { 5
Dopo 104 gioi'ni d' ibernazione
86.0 I 8.4 j 5.6 i 12 j 10 || 83.8 | 10.6 ] 5.6 | 31 | 5
Dopo 114 giorni d' ibernazione
85.8 I 9.6 I 4.6 I 11 I 9 || 88.1 | 4.2 \ 7.7 | 25 | 5
Dopo 124 giorni d' ibernazione
81.8 I 6.0 i 12.2 I 12 I 7 II 87.0 | 6.0 | 7.0 | 25 | 4
Dopo 134 gioi'iii d' ibernnzione
83.0 I 8.9 I 8.1 I 12 I 7 || 86.0 ! 7.0 | 7.0 | 25 | 4
Dopo 150 gioi'iii d' ibernazione
83.6 I 7.1 ' 9.3 ' 11 7 || 82.5 9.4 ! 8.1 | 23 ! 6
76 E. VEKSON (10)
Chi ha pratica in questo genere di esperimenti, non sarà
sorpreso di rilevare come fra le singole prove riferite si verifi-
chino talvolta certe oscillazioni di risultati, che possono importare
nelle indicazioni procentuali anche una differenza di parecchie
unità. In simili casi non rimane che ricorrere ai ralori medi i
quali, abbracciando e riunendo in sé un numero maggiore di ac-
cidenti contrari, facciano meglio e più facilmente emergere il
carattere definitivo d' un gruppo intiero di dati disgiunti. Così,
prendendo a fascio tutte le osservazioni relative ai semi che eb-
bero la svernatura limitata a 84 fino a 104 giorni da una parte,
e dall' altra tutte quelle raccolte sui semi con svernatura protratta
da 114 fino a 150 giorni, noi troveremo per le razze giapponesi
bianche assoggettate allo esperimento delle cifre inedie che ritrag-
gono attendibilità molto maggiore dal cospicuo numero di elementi
isoiati onde si compongono, e rivelano non di rado leggi generali
ben definite le quali sfuggivano prima frammezzo all' ondeggiare
sregolato delle manifestazioni particolari.
Con questo lecito artificio la covatura rapida si palesa anche
qui alquanto più efficace a determinare lo schiudimento effettivo
di un maggior numero di uova, quando lo si consideri in via
assoluta e senza tener conto del tempo lungo o breve, che le
nascite si susseguono avanti di cessare intieramente. La quantità
procentuale dei bacolini effettivamente sbucati ascende ad una
media totale di SO nei saggi trattati a covatura rapida, e ad una
media totale di 84.5 in quelli sottoposti a riscaldamento gra-
duato.
Similmente risulta una leggiera superiorità numerica nello
schiudimento delle uova die ebbero svernatura meno prolungata :
Numero ìiicdio dei hac(diìii cffeffinniicntc. shurati (hd .seme (t
Svernatura breve; e 'i Svernatura hiiin'a e
covatura lapida
■ 87 '7„
covatura lenta ^| covatui'a rapida 1 covatura lenta
85.3 "'o 'i 85.2 "/„ 83.8 "/„
restando nondimeno pressoché inalterato il rapporto già emerso
in vantaggio della covatura rapida, anche allorquando si vogliano
considerare a parte i saggi trattati con svernatura di durata breve
0 prolungata. In ordine all' abbondanza numerica delle nascite,
gli effetti di una ibernazione breve susseguita da covatura lenta
(11) SULLO SCHIUDIMENTO IMPERFETTO DEL SEME ECC. 77
(85.3 "/o) equivalg-0110 dunque a quelli di una ibernazione pro-
tratta, con rapida covatura in appresso (85.2 "/o).
Merita tuttavia di essere rilevato espressamente che se le
cifre relativo alle nascite mancate appariscono, senza ordine, ora
più basse ora più elevate, per una parte notevolmente maggiore
tale incostanza di risultati va messa a carico di quelle uova dove,
prima di morire, l'embrione aveva raggiunto un grado assai inol-
trato di sviluppo (bacolino formato). Calcolando le medie di tutti
i residui di nascita subordinatamente alla covatura più o meno
rapida cui erano stati assoggettati i rispettivi saggi di seme,
troviamo infatti che la parte costituita da germi rimasti allo stato
rudimentale rappresenta un valore quasi costante. Essa importa
il 6.8 '^0 liei semi covati con rapido innalzamento di temperatura,
ed il 7 '\ n in quelli trattati a covatura gradualo, con una differenza
quindi che può essere del tutto trascurata. L' altra parte che
concorre a formare il totale delle nascite mancate, o con altri
termini le uova morte dove il germe si era svolto fino allo stato
di maturità embrionale, queste uova variano invece più sensibil-
mente di numero. E così esse ascendono alla media del 7.2 "'o
nei semi di covatura rapida, e alla media dell' 8.4 "/o in quelli a
covatura lenta e graduale.
Se si volesseso poi considerare separatamente queste uova
morte con bacolino formato, e in rapporto con la svernatura più
0 meno protratta che alle medesime si era fatta subire, risulte-
rebliero le seguenti medie :
Naiiii'fo medio delle nuca inuiie, con (/enne allo stato di bacolino foru/ato
nei saggi a
Svernatura bri^ve o
covatura rapida
6.7 ^Vo
covatura Iciit;i
H.8 "/„
Svernatura luns'a e
covatura rapida
7.7 '",
covatura lenta
8.1 "/u
Dalle quali cifre si potrebbe arrivare a questa conclusione : che
con la covafìiì'd Icììta cioè, e a coiìdìzioìiì del resto c(/aal/, xi ha
sempre an^ lunnno iiiaf/f/iofc di (jentil che, (irridati in fondo al
loro srilappo, predifijjonfjono a renir meno sej!Z(/ potei' sbucare. Ma
die tale differenza negli effetti imputabili alle rarie modalità di
coratara aj)j)i!risce tanto pia atteniuita^ quanto è stata più liimpi
la srernalura che si eia fatta piecedere.
78
E. VEKSON
(12)
Razza hiaiica h/m/tina
Le risultiinzc dei sao-o-i praticati con semi di questa razza,
sono consegnate nelle cifre che riporto qni appresso :
Covatura rapida
1
Covatura le
nta
1^
Uova, non
discliiusc con
(jioriii
Uova non
disciiiusc con
(lioi'ni
'o
o
Uova dis
bacolino
formato
'B S-s
ce <x. fi
o o
- ci
cS
• — 'o
'^ ce
ce
O Q
O fi
1
IN
h fi
o o
I-ri ce
Dopo svcrnatura di 84 «giorni
96.0 ! 2.2 1 1.8 1 14 [ 18 ;
i 94.3
1 3.1
2.6
1 26
1 9
Dopo svcrnatura di 94 g-iorni
94.6 1 2.8 1 2.6 | 14 | 15
1 95.6
1 3.1
1.3
1 28
i 6
Dopo svcrnatura di 104 ijiorni
96.5 1 2.2 1 1.3 1 12 i 14
1 01.4
1 4.6
4.0
1 30
5
Dopo svcniiitura di 114 giorni
93.0 1 4.5 1 2.5 1 11 1 14 i
! 95.4
1 2.5
2.1
1 24
1 6
Dopo svcrnatura di 124 giorni
93.5 1 4.3 2.2 [ 11 | 8
1 91.9
1 3.0
5.1
1 24
! 6
Dopo svci'natura (ii 134 giorni
92.8 1 4.1 ! 3.1 1 11 j 9
! 90.4
1 3.5
6.1
1 24
1 4
Dopo svcrnatura di 150 giorni
92.1
3.5
4.4
1 11
1 8
1 81.2
1 4.7
14.1
1 23
1 4
Dalla g-rande abbondanza delle nascite avveratesi, è lecito
indurre che il seme di questa razza conta fra i più tolleranti; e
sotto tal punto di vista si accosta non poco alle razze indigene
che realizzano assai spesso, anche in condizioni poco favorevoli
di esperimento, schiudimenti cosi co])iosi del seme, da abbando-
nare piccolissimi residui di appena ;] o 4 "/„• Poro a differenza
delle suddette l'azze, la bivoltina qui considerata manifesta una
sensibilità davvero inaspettata per ogni soverchio prolungamento
dell' ibernazione ; e la sensibilità di essa cresce a dismisura, allor-
quando per far aprire le uova svernate si pratica un riscaldamento
(13) SULLO SCHIUDIMENTO IMPERFETTO DEL SEME ECC. 79
lento e graduale. Tanto clie con siffatto metodo la quantità pro-
centuale delle nascite precipita dal 95 all' 81, se la svernatura
da 84 giorni si estende fino a una durata di 150 giorni; mentre
applicando invece una covatura rapida, e pur lasciando eguali
tutte le altre condizioni dell'ambiente, il numero delle uova effet-
tivamente schiuse non si abbassa che dal 96 al 92 " o-
Ma vi ha un altro particolare che non dev' essere passato
sotto silenzio.
Si è visto che fra i granellini venuti meno alla destinazione
di schiudere, ve ne sono che racchiudono ancora il germe allo
stato di semplice stria, e dove la interna evoluzione ha prose-
guito invece fino al bacolino formato, arrestandosi al punto critico
che segna il passaggio dalla vita embrionale alla lai vale. Degli
uni e degli altri noi abbiamo tenuta separata nota in tutti i saggi
fin qui riportati, (^ra non è fuor di luogo 1' avvertire, per quelle
considerazioni che in seguito dovessero tornare opportune, come
nella razza bivoltina le uova contenenti un germe rudimentale
appariscono in proporzione molto più variabile, di quelle con ba-
colino formato: in apparente contraddizione dunque, con quanto
si era poco avanti osservato per le razze giapponesi annuali, dove
il numero più notevole stava da parte delle uova con embrione
maturo.
Razza CJioréti
Disposti i singoli saggi come per le razze precedenti, si rac-
colsero i dati che seiruono :
80
(14)
Covatura rapida
Covatura lenta
'1^
m
Uova non
Gif
w
Uova non
. ^
(liscliiuse con
)rni
.^
1 • ì *
(i
oi'ni
^
^
(lischuisc con
o
o
ce
2 o 1
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Jz, --Z-
^ J:
^
é
5 o
S; ~
^^
==
Dopo svcrnatura
(li 84
giorni
87.4 ! 4.3 1 8.3
12
i 14 ^
i 85.3
1 7.0
7.7
26
1 7
Dopo svcrnaUira
(li 94
j,i(ii'ni
88.8 1 6.1 1 5.1
13
1 10
! 83.3
! "7.5
9.2
28
1 3
Dopo svcrnatura
(li 104
ifiorni
87.8 1 4.4 1 7.8
11
1 9 1
1 85.8
1 7.1
7.1
1 30
1 6
Doi)0 .svcrnaturn
(li 114
ii'idrni
83.0 1 8.7 1 8.3
10
1 10
: 80.4
ì 8.8
10.8
1 24
1 7
Dopo sv<'i'naturn
(li 124
g-iorni
84.3 ! 5.3 10.4
11
1 6
1 83.9
1 6.9
9.2
1 24
1 6
Do])o svcrnatui;!
(li 134
g-ioiiii
80.2 1 \)fì 1 10.2
11
1 1
i 81.6
1 7.4
11.0
! 24
1 <3
Dopo svornntura
(li 150
giorni
76.3 i
8.3 1 15.4
11
! '^ '
1 73.3
1 12.6
14.1
22
9
In (jiiGsta serie di sag-i^-i risulta dunque a tutta evidenza che :
1), /Il ([iKiìifo (il ìi/niirro lo! aie delie uase/te, non hìipoiia sv pia
niecolfe <i (Hxiniife, la coDatìira rapida li/t ìndisnifihile preminenza
sulla leu fa (jradaata ; 2), le iiasHte diventano più scarse, ([uanfo
macigiormenfe pr<dun()afa fa la srernatura subita dai nsj)ettivl
semi; 8), (jaando cresce il numero complessivo delle uoca morte,
r aumento non va addehitato ai soli (frani con germe rudimentale
come nella razza, bianca bivoltina, oppure ai soli grani con baco-
lino formato come nelle riproduzioni giapponesi da noi osservate;
atteso che nei sae/gi con semi Cìioréa ambedue questi contingenti
vi eoncorrono in parti eguali.
Bopo tutto ci() bisog-na anunettere che i semi di razze diffe-
renti sono ben lontani dal reagire tutti in modo eguale contro
gli stimoli dell' ambiente esterno. Senza tener conto della razza
(15) SULLO iSCmUDIMENTO IMPERFETTO DEL SEME ECC. 81
bianca chinese la quale, per ragioni già in precedenza addotte,
non sembra adatta a paragoni immediati con le altro razze in
questi saggi esperite, noi vediamo che i semi indigeni ostentano
una tolleranza molto superiore a quella manifestata dai semi
di provenienza estera, per quanto riguarda almeno la seconda
fase di conservazione. Prolungando la svernatura anche fino alla
durata di 150 giorni, i bianchi indigeni non mostrano di risen-
tirsene in misura notevole mentre, al contrario, apparisce una
correlazione indubitabile fra il tempo assegnato alla ibernazione
e fra la copiosità delle nascite susseguenti, nel bivoltino, nelle
riproduzioni giapponesi e nel Choréa.
Ma siamo noi autorizzati per questo ad affermare in via as-
soluta, che il prolungamento della svernatura riesce per se stesso
specificamente dannoso a quei semi che presentano dopo V appli-
cazione di esso uno schiudimento menomato ?
Oggi io non mi sentirei di propugnare ancora una consimile
opinione.
Fino dal marzo 1897 {Boll. Mens. di Bachicoltura., pag. 33 e
seg. Padova) io avevo richiamato 1' attenzione dei coltivatori pra-
tici su certe nascite intempestive che in quell' inverno singolar-
mente mite, si erano venute numifestando in semi giapponesi e
chinesi bianchi, non meno che in moltissimi incrociamenti nei
quali essi entravano a far parte. Accennando al fatto empirico
ben noto che quei semi reagiscono con grande facilità contro
incostanze anche lievi di temperatura autunnale, contro incostanze
che le razze indigene tollerano invece senza uscire dal loro stato
d' inerzia (i), — io congetturavo come un certo numero di ovicini
più eccitabili debba acquistare allora un principio di sensibilità
al calore esterno, per quanto manchi ancora ogni idea di sver-
natura propria. S' inizia così un movimento embriogenico in molte
uova, con questa particolarità, eh' esso non avviene simultanea-
mente in tutte, bensì a distanza anche di molte settimane fra le
(1) Qut^sta tciupoi'aiicu esaltazione di sensibilità elle manifestano i
semi di determinate ruzze, va collegata senza dubbio con l' aumentata
produzione di acido carbonico che suole verificarsi nei medesimi di
autunno, in via egualmente transitoria. ( Y. Qnajut, Prodotti respiratori
delle uova del filugello dal m mento della deposizione fino a completa
svernatura. Annuii dulia li. ArrcrJe.inia d' Agri oltura di ToriìH), voi.
XLI, 1898).
82 K. VERSOK (Hi)
più pronte che entrano sul)ito in azione, e fra le meno uerrose
che esitano hingo tempo avanti di rispondere allo stimolo ricevuto.
Mn il movimento si estende e gì allarg-a man mano, se lo stimolo
non viene a cessare. Ed io scrivevo testualmente nel citato arti-
colo del '97 :
'" Se quest'anno, a diti'erenza di quanto si pratica in condi-
,, zioni ordinarie, si fosse portato il seme fin dall'ottobre a tem-
„ paratura d' ibernazione (-{- 2 a -]- 3» C), ne sarebbero rimasti
„ subito uccisi quei pochi ovicini già entrati in pieno movimento,
„ ma si sarebbero quietati senz'altro danno tutti quelli altri assai
„ più numerosi, che dalle precedenti oscillazioni termiche avevano
„ ricevuta solo una prima spinta, durando tuttavia esitanti ancora
„ tra il cedere o il resistere. Antecipando cosi la vera e propria
„ svernatura, si sarebbe andati incontro agli inconvenienti che
„ porta seco una ibernazione troppo prolung-ata; ma si salvava,
„ in quest'anno stravagantissimo, una ragg-uardevole quantità di
„ semi dal pericolo di muovere innanzi tempo. E fra i due mali
„ forse il primo non era il peggiore ,,.
Ho riportato questo passo in tutta la sua integrità, per mo-
strare che già da tempo l'ombra dei sospetti era venuta prendendo
corpo, e all'epoca autunnale si facevano risalire, non senza fon-
damento di plausibili ragioni, le cause prime onde viene deter-
minato lo schiudimento imperfetto del seme nelle razze bianche
più comunemente usate per l'incrocio con le gialle indigene.
Ma ora questo sospetto trova piena conferma nelle risultanze
degli s])erimenti comunicati più sopra.
Bisogna pur escludere in via assoluta che le grandi mortalità
del seme lamentate nella industria abbiano a dipendere da cause
inerenti alla terza fase di conservazione, se raggiungono non di
rado in pratica il 25, il 30 ed il 40 "/o : mentre in tutte le nostre
prove a covatura rapida o lenta le differenze nel quantitativo pro-
centuale delle nascite totali si limitarono all'I '^'n o poco più, quando
si ebbe l'avvertenza di accertare con diligente osservazione che
nelle uova residuate era veramente spenta ogni vitalità .
La sproporzione fra i danni così rilevanti che si verificano in
condizioni ordinarie, e quelli assai più lievi che noi nostri saggi
accompagnano le svernature di soverchia durata, consiglia a sua
volta di mettere fuori di causa anche la seconda fase di conser-
vazione.
A discarico della quale militano del resto anche altre ragioni.
(17) SULLO SCHIUDIMENTO IMPEEFETTO DEL SEME ECC. 83
Se la mortalità che ci preoccupa, fosse veramente effetto im-
mediato e specifico di una svernatura esagerata, prolungando man
mano l'azione di quest'ultima dovrebbe mutare eziandio lo stato
dei germi racchiusi entro alle uova guaste. Sicché quelle rimaste
per più breve tempo esposte all'agente nocivo (svernatura meno
lunga), ne riporterebbero solo un certo indebolimento da rendere
difficile la sgusciatura dell'embrione maturo, ma non da impedire
ancora il processo embriogenico fino ai suoi gradi più inoltrati :
e queste sarebbero le uova contenenti il bacolino morto ma già
formato. Seguitando ad influire più a lungo l'agente nocivo (sver-
natura di maggiore durata), dapprima si vedrebbe crescere allo
schiudimento il numero delle uova morte con bacolino formato.
Ma poscia, diventando sempre più insistente e prolungata l'azione
nociva, il germe finirebbe per soccombere avanti di essere messo
a covo ; e fra le uova guaste verrebbe scemando gradatamente il
numero di quelle con bacolino formato, per crescere invece pro-
gressivamente il numero di quelle con semplice stria germinale.
Ora bisogna riconoscere che in nessuna delle tante prove più
sopra ricordate, s'incontra un siffatto avvicendamento fra uova re-
siduali con germe rudimentale, o con bacolino già formato. Al con-
trario, noi abbiamo notato nei residui della razza bivoltina, delle
riproduzioni giapponesi e della Choréa, la coesistenza permanente
di uova con un genere e l'altro di contenuto : salvo che nel primo
caso resta pressoché invariato il numero dei grani con bacolino
formato e cresce invece quello dei grani con germe rudimentale,
man mano che la svernatura si prolunga ; nel secondo non cambiano
i grani con germe rudimentale, ed aumentano quelli con bacolino
quasi compito ; nel terzo diventano sempre più numerosi tanto gli
uni quanto gli altri. E questa enorme variabilità di sviluppo che
apparisce nelle uova mancate allo schiudimento, non diventa altri-
menti intelligibile che ammettendo appunto nell'uovo autunnale un
movimento embriogenico, favorito talvolta o parzialmente contrariato
dalla temperatura dell'ambiente esterno. Solo così potrà avvenire
che un uovo, entrato in azione fuori tempo, ora séguiti a svolgersi
fino a compiere un fenomeno di bivoltinismo accidentale ; ovvero che
possa essere colpito dal freddo sopraggiunto e soccombere, un em-
brione giunto quasi a maturità ; o un altro germe di sviluppo già
bene avviato ma progredito assai meno, resti egualmente ucciso
dal freddo incipiente, senza essere uscito ancora dallo stadio di
stria rudimentale : o un ultimo infine, colto dall'inverno mentre
84 E. VERSON (18)
stava iniziando un primo movimento, si acquieti subito ma con-
cepisca insieme uno stato di fiacchezza cosi grave, che in fine
alla covatura non g-li bastano le forze a perforare il guscio del-
l'uovo.
Se r applicazione sperimentale di una covatura più o meno
protratta, se le prove di ibernazione a durata variabile, se lo stato
evolutivo dei germi periti entro all'uovo, se tutto dunque cospira
a far ritenere irresponsabili dei danni che la industria lamenta,
tanto la seconda quanto la terza fase di conservazione dei semi,
non resta evidentemente che portare le indagini nel campo della
prima fase di conservazione, e cercare se ed in quanto un so-
verchio prolungamento artificiale dell'autunno possa esercitare si-
nistra influenza sullo scliiudimento del seme, in certe razze eso-
tiche bianche alle quali i nostri semai sono costretti di ricorrere,
nella preparazione degli incroci.
E poich'ò fra queste razze, la Choréa si è mostrata sempre
più delicata e più sensibile d'ogni altra, ad essa io mi sono at-
tenuto esclusivamente, in aspettazione di risultanze più decisive,
nelle esperienze che passo a descrivere qui sotto.
B. Influenza della conservazione preinvernale
SULLO SCHIUDIMENTO DEL SEME
Prima serie di prove
Seme di razza Choréa fatto discendere in ottobre man mano
fino a circa -|- 10^^ C, e mantenuto poscia in apposita custodia a
questa temperatura immutabile di -[- ^^ ^ --}- 12'^ C, fino a che
se ne prelevarono :
un saggio a) il giorno 27 dicembre,
un secondo saggio hj il giorno 10 gennaio,
ed un terzo saggio e) il giorno 21 gennaio.
Il saggio a) estratto appena dalla custodia, fu subito intro-
dotto in una svernatriee a -|- 2° C. e lasciato ivi per la durata di
55 giorni. Trascorso questo spazio di tempo, il seme fu trasferito
senza graduali preparazioni in un ambiente scaldato fra i -|- 20 e
-}-22o C, ed abbandonato nel medesimo a regolare covatura. Dopo
(19) SULLO SCHIUDIMENTO IMPERFETTO DEL SEME ECC. 85
13 giorni d'incubazione comparvero le prime spie. Seguitarono a
sbucare pochi bacolini oggi, pochi altri domani, e così via via
per 27 giorni, ma sempre in misura cosiffatta che in sole 5 gior-
nate si notarono nascite superiori al 10 'Yo del seme totale. Da
ultimo residuarono ova morte, in ragione del 5.62 "/o .
Il saggio ì)) fu egualmente fatto passare dalla custodia dove
il calore oscillava fra i -j- 10 e i -|- 12° C., in una svernatrice
raffreddata a -j- 2° C. Rimasto esposto al freddo per 55 giorni
consecutivi, fu portato senz'altro a un calore di -|- 20 a -{- 22° C,
dove, dopo 15 giorni d'incubazione, si manifestarono le prime na-
scite, per continuare poi senza interruzione altri 23 giorni. Nascite
più copiose del 10 'V,, sul seme totale, non se ne ebbero che per
5 giornate. Il residuo morto fu riscontrato nel 10.71 *"o .
Il saggio e) fu trattato in maniera affatto identica come i
due lotti precedenti, salvo che la temperatura autunnale di -|- 10
a -|- 12" C. vi era stata mantenuta intorno per tempo ancora più
esteso (fino al 21 gennaio), avanti di dare principio alla sverna-
tura propriamente detta. La incubazione ne durò 12 giorni ; le
nascite seguitarono 19 giorni prima di cessare affatto. Due soli
giorni si verificarono nascite superiori al 10 "o . Le uova accer-
tate morte furono in ragione del 16.9 '*/o !
Seconda scric di prore
Altro seme di razza Ohoréa, mantenuto a temperatura di
-{-24 a -}- 25" C. il mese di luglio e agosto: fra -{-21 e -]- 23"
il settembre; l'ottobre fra i -}- 17 e i -}- 19» C. A partire dal 1"
novembre i termometri della custodia segnarono costantemente un
calore di -[- 15 a -{-17" C. ; ed è da questo ambiente di -|- 15 a
-|- 17" C. che a regolari intervalli di tempo si prelevarono tre saggi
di seme, assoggettandoli poi ad un sistema di svernatura e di co-
vatura affatto eguale per tutti.
Il saggio (Il , rimasto fino al giorno 1 9 dicembre alla sud-
detta temperatura di -j- 15 a -]- 18" (A, venne poi esposto per 55
giorni a un freddo di -p 2" C, e covato da ultimo fra i -{- 20 e
-{- 22" ( '. In ca])o a 13 giorni d'incubazione si notarono le ])rime
spie ; le nascite trascinate per 32 giorni superarono due sole volte
il 10 "/o del seme; nel residuo scarso fu trovato il 5.05 "/(> di
ova morte.
Il saggio /^i ebbe prolungato il suo soggiorno in ambiente di
86 E. VEESON (20)
-f- 15 a --]- 17o C. fino al 10 gennaio. Nel frattempo non erano av-
venute nascite di bivoltini accidentali. E lo stesso 10 gennaio quel
seme fu introdotto nella svernatrice a -|- 2" C. per esservi tratte-
nuto 55 giorni, e venir covato in appresso al calore di -}-- 20 a
-]-22o C. Dopo 12 giorni d'incubazione ne uscirono le spie; e se-
guitarono nascite per 26 giorni senza raggiungere tuttavia in nes-
sun giorno il 10 "/o del totale. TI residuo conteneva 22.29"',, di
uova morte.
TI saggio r'i fu condannato a subire ancora più a lungo l'am-
biente di -f- 15 a -[-17" C, avanti di essere portato al freddo:
esso vi restò fino al 21 gennaio, e diede negli ultimi giorni un'ab-
bondante sbocciatura di bivoltini accidentali, verificati in misura
deirS.T "/o . Susseguita la solita svernatnra di 55 giorni a -]- 2° C,
e appresso il ritorno al calore elevato (-[- 20 a -|- 22» 0.), sbuca-
rono le prime spi(» dopo 10 giorni d'incubazione ; le nascite du-
rarono più 0 meno unite per 29 giorni, senza toccare mai il 10 *"o
del seme in un sol "iorno : le uova morte furono in rao:ione del
17.56 "o • addizionando tale quota a quella dei bivoltini acciden-
tali venuti fuori prima della svernatnra (8.7 "'(,), avremo un totale
di 20.26 "'(, , e con questo la perdita ejffettiva da conteggiarsi a
carico dello schiudimento primaverile.
Tersa serie di prove
Una certa (piantità di seme Choréa, eguale a quello impie-
gato nella prima serie di prove, fu divisa in due porzioni : por-
zione T" e porzione IT".
Scesa man mano la temperatura della custodia a -j- 20" C. in
settembre, si ebbe cura di mantenere questo calore di -]- 20° C.
fermo intorno alla porzione IT=^ di seme mediante apposito termo-
stato ; mentre la porzione T'^ fu grado a grado fatta discendere an-
cora fino a -\- lOo C, e serbata così fino al momento di passare
in svernatrice.
La porzione /", cbc durante tutta la fase j)reinvernale era ri-
masta dunque esposta a temperatura di -|- 10'^ C, diede materia
alle seguenti due esperienze :
1). Metà del suddetto seme fu portata il 10 gennaio nella
svernatrice a -f- 2° C. ; cavata dalla medesima dopo 55 giorni, fu
trasferita senz'altro in and)ient(' di -}- 20 a -j- 22» C. IjC nascite
principiate do[)o J 1 giorni d'incubazione, seguitarono per 2;> giorni
(21) SULLO SCHIUDIMENTO IMPEEFETTO DEL SEME ECC. 87
riuscendo 4 volte superiori al 10 "/o tli tutto il seme. Nel residuo
si trovarono uova morte, in ragione dell' 11.8 "/o •
2). L'altra metà rimase fino al 21 gennaio (dunque undici
giorni pili a lungo) nell'ambiente di -p 10° C. Fu svernata poscia
per 55 giorni a -\- 2° C, e covata al calore di -[- 20 a -}- 22° 0.
In capo a 12 giorni d'incubazione fecero capolino le prime spie ;
le nascite continuate per 21 giorno, raggiunsero e sorpassarono
cinque volte il 10 "/o ; le uova morte importarono il 14.66 '^/o .
La p )ì'zione IF, destinata a durare tutta la fase preinvernale
in u!i ambiente di -|- 20^ C, venne divisa egualmente in due lotti
che furono oggetto di analogo trattamento, e cioè :
1 a). Introdotto il 10 gennaio nella svernatrice a -^ 2° C,
lasciato ivi per 55 giorni, e poi sùbito a covo con un calore fra
i 20 e i 22" C Qui si ebbero le prime spie dopo 1 1 giorni d'in-
cubazione ; le nascite, stiracchiate per 34 giorni, arrivarono una
sola volta al 10 "/o di tutto il seme; la mortalità verificata fu del
23.01 f'/o .
2 ù). Il secondo lotto, tenuto ancora fino al 21 gennaio in
ambiente di --}- 20» C, mise fuori in questo frattempo il 15.1 *' o
di bivoltini accidentali ; passò poi nella svernatrice a -p 2" C. per
rimanervi 55 giorni ; ricondotto finalmente al calore di -|- 20 a
22° 0., diede i primi segni di schiudimento postinvernale, dopo
incubazione di 12 giorni. Le nascite continuarono per 30 giorni,
ma furono una sola volta superiori al 10 "/o • r)i uova morte se ne
numerarono in proporzione del 22.9 "/o ; sicché unendo questa cifra
insieme alla procentuale dei bivoltini raccolti avanti la svernatura
(15.1 " o), si arriva ad una perdita totale del 38.0 "/o !
Tutte queste prove parlano dunque con una chiarezza che
non ammette equivoci.
Stabilita una temperatura di circa -{- 10° C. per la conserva-
zione preinvernale del seme, si ebbe a verificare in quest'ultimo
una mortalità del G.62 "/o quando la svernatura propriamente detta
principiò il 27 dicembre ; ritardato il principio della svernatura al
10 gennaio, la mortalità crebbe nel seme al 10.7 "/o ; e raggiunse
il 16.9 " 0 hi quei saggi, dove il freddo non era entrato in azione
che il giorno 21 gennaio.
Modificate le condizioni dello sperimento in modo che la tem-
peratura preinvernale non scendesse mai sotto i -|- 15" ("., il nu-
88 E. VERSON (22)
mero delle uova morte restò limitato al (105 "/o , dopo una sver-
natura principiata il 19 dicembre ; indugiando con Tapplicazione
della svernatura fino al 10 gennaio, fu trovato a suo tempo il
22.29 "o di ova morte ; e le perdite salirono al 26.26 "/„ quando
si attese fino al 21 gennaio per dare corso alla svernatura.
Da ultimo sono rimaste suggellate le precedenti ricerche da
questo risultato davvero impressionante : che lo stesso seme, cioè,
conservato a un calore preinvernale di -{-10° C, presenta una
mortalità delFll.S ovvero del 14.66 "'o , a seconda che il mede-
simo fu fatto cessare col 10 gennaio, o continuato fino al 21 gen-
naio ; e che invece vi si lamentarono perdite del 23 e del 38 "'o
con un calore preinvernale di -\- 20» t'., sostenuto fino al giorno
10 gennaio nel primo caso, e nel secondo per una durata di un-
dici giorni maggiore ! . . .
Dopo ciò sarebbe un voler chiudere gli occhi alla evidenza
dei fatti, se si dubitasse ancora che lo schiudimento imperfetto
dei semi di razza Choréa è determinato da un trattamento poco
confacente alla natura dei medesimi durante la fase preinvernale.
Le sperienze surriportate renderebbero anzi sempre più ve-
rosimile la congettura, che ai danni osservati in seguito a sver-
natura soverchiamente prolungata dei semi, possa anche in altre
razze venir attribuito un certo qual nesso causale col regime se-
guito oggi più comunemente nella conservazione autunnale. Ciò
sarà meglio chiarito da apposite ricerche che non mancheranno
certo di venir presto avviate, al fine di accertare se al vago so-
spetto concepito risponda un sufficiente corredo di fatti sperimentali.
Ma ili (jHdìifo (dia razza Choréa resta arqìdsìfo fin (foì-a rJi'essa
s(>j)porf(f ina/e una eccessi ca prolungazione e mia sorerrJiia mifezza
della fase preinvernale.
A scanso di un risveglio embriogenico antecipato cui pare
essa predisponga anche maggiormente delle altre razze bianche
asiatiche, prudenza consiglierà dunque di regolare nella custodia
la temperatura autunnale per modo, che dopo la prima metà del-
l'ottobre il termometro non abbia più a salire oltre i -|- 10 ov-
vero i -|- 12" C. Per tutto ottobre e parte del susseguente no-
vembre sarà indicato di tenere fermo questo calore medio di
-f- 10^ C, il quale consente anche una più agevole difesa dalle
intemperanze in vario senso, di cui suol rendersi colpevole assai
spesso questa stagione mutevolissima (. . . si rammenti, ad esempio,
la cosidetta estadella di S. Martino ! . , .).
(23) SULLO SCHIUDIMENTO IMPERFETTO DEL SEMK ECC. 89
Ma verso la fine del novembre non si indug-i più a montare
e a mettere in azione la svernatrice. Perchè quandanche si do-
vesse confermare in seguito, che una soverchia protrazione di
svernatura riesce per se stessa, direttamente, sfavorevole ai semi,
fra i due danni che li minacciano bisognerà sceg-lierno pur sem-
pre il minore.
Padora, il l" stitonihre 1899
(Licenziata per le stampe il 17 aoreiahre 1899)
PREZZO DELLA DISPENSA
Fogli 9 V2 a cent. 25 . . . '. . L. 2.38
TipOGEAPiA Cablo Pebeabi. 1899
ATTI
DEL
REALE ISTITUTO VENETO
DI
SCIENZE, LETTERE ED ARTI
ANNO ACCADEMICO 1899-900
TOMO LIX
(SEEIE OTTAVA - TOMO SECONDO)
DISPENSA SECONDA
VENEZIA
PEESSO LA SEGRETERIA DEL REALE ISTITUTO
PALAZZO LOKEDAN A SANTO STEFANO
In esecuzione dell'art. 25 dello Statuto e dell'art. 50
del Regolamento, si dichiara che dell' opinione dei loro
scritti rispondono gli autori, che ne conservano la pro-
prietà letteraria.
INDICE
PARTE I'
Adunanza ordinaria del 26 novembre 1899 pag. 53
Bollettino bibliografico. Doni ed acquisti dal 30 ottobre al
29 novembre 1899 « [7]
PARTE II»
I). RiccoBONi. — Suir accentuazione del latino letterario. No-
tcrella pag. 91
E. Teza, ni. e. — Dei proverbi popolari in Grecia, raccolti da
Napoleone Polités. Nota „ 95
V. Beechet, s. c. — Le sale d'armi del Consiglio dei Dieci nel
Palazzo Ducale di Venezia „ 113
P. Gradenigo, m. e. — Un nuovo tonometro oculare . . „ 203
H. Nasini, ni. e. — A proposito di un recente trattato sullo
relazioni tra il potere rifrangente e la composizione
chimica dei corpi. Nota « 211
G. A. Zanon, s. c. — Resistenza dell' acqua al moto delle navi
veloci e forza motrice di esse _ 221
aUU
Atti del Reale Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti.
Anno accademico 1899-900 - Tomo LIX - Parte prima.
ADUNANZA ORDINARIA
DEL 26 NOVEMBRE 1899
PRESIDENZA DEL M. E. LAMPERTICO
presidente
Presenti i membri effettivi : G. Beechet, segretario ; Cassani, vice-
segretario ; LoEENZONi, Teois, Bellati, Teza, Lioy, Maetini,
Tamassia, Veeonese, Papadopoli, Da Schio, Molmenti, Ste-
fani, FoGAzzAEO, Feeeaeis, G. B. De Toni, Occioni-Bonaf-
rONS, Galanti, Geadenigo, Ragnisco, Ricci, Nasini ; ed i
soci corrispondenti : Nicolis, Polacco, Beugi, Pascolato,
Ceescini, Vicentini, F. Beechet, Boediga, Tellini, Bo-
nome, Saceedoti, D'Aecais, Zanon, Castelnuovo, Peedelli,
Setti, Flamini.
Giustificata l'assenza del vicepresidente De Giovanni e del m. e.
Moesolin, sulla salute del quale il Presidente offre notizie
tranquillanti.
Viene Ietto ed approvato l'Atto della precedente adunanza.
Prendendo occasione dal Verbale, nel quale è annunciata la
dolorosa perdita del socio estero Roberto Guglielmo Bunsen, il
m. e. Pietro Spica fa una breve commemorazione del chimico
illustre che fu una delle glorie scientifiche più vive del secolo
che muore, ripetendo i sentimenti di cordoglio del R. Istituto
Veneto.
Il Presidente avverte che è compiuta la pubblicazione del-
l'opera, del dott. Domenico Saccardo: Supplemento micologico alla
Flora Veneta crittogamica^ p. 1=^, I fioìghi, di Giacomo Bizzozero,
sussidiata dal R. Istituto Veneto, di cui cinquanta esemplari sono
a disposizione dei membri e soci dell' Istituto stesso.
Sono presentati gli elenchi delle pubblicazioni di nuovo ac-
54 ADUNANZA ORDINARIA
quisto e continuazioni di opere, e di quelle ricevute in dono dal
30 ottobre al 26 novembre a. e.
Dopo di ciò vengono presentate le seguenti Memorie, accom-
pagnate dai brevi sunti regolamentari ;
E. Teza, m. e. : Intorno ai proverhi greci raccolti do Na-
poleone Polités.
R. Nasini, m. e. : A proposito di un recente trattato sulle re-
lazioni tra il potere rifrangente e la composizione chimica dei corpi.
L'autore in questa Nota espone alcune osservazioni critiche ri-
guardanti il trattato del Rimbach sulle relazioni tra il potere ri-
frangente e la composizione chimica dei corpi. Il trattato del Rim-
bach è buono, ma qua e là ci sono delle inesattezze e sopra tutto
egli non ha dato la parte che loro spettava ai lavori degli ita-
liani sulla rifrazione, spesso attribuendo ad altri ciò che da questi
pei primi era stato trovato.
E. Nicolis, s. e, comunica il trovamento nella scaglia rossa
di Valpantena nel Veronese (creta superiore) di buona parte di un
teschio di Mosasauriano che riferisce al genere Mosasaurus, Cony-
beare. Questo gruppo di rettili, per la forma del loro corpo detti
da Cope Pythonomorpìm., adattatosi alla vita acquatica nei mari
della creta superiore si sarebbe estinto in quelli successivi del
terziario antico. La loro estensione orizzontale, in qualche modo,
compensa quella ristretta nel tempo, essendo appunto i resti fos-
sili dei Mosasaurìani frequenti negli cretacici superiori dell'Ameri-
ca, del Belgio, dell'Inghilterra, dei Pirenei e, recentemente, se ne
trovarono nel Nord della Francia.
È la prima volta che un rappresentante di questi grandi e
lunghi sauriani pelagici viene segnalato nei sedimenti marini
costituenti le Alpi. Egli è perciò che in una prossima seduta il
socio Nicolis presenterà la figura e la descrizione di tale forma che
arricchisce il numero dei vertebrati fossili cretacei del Yeneto.
G. A. Zanon, s. e. : Resistenza deU'accjua al moto delle navi
veloci e loro forza motrice. — Il d. cimenta la sua formula della
resistenza dell'acqua coi dati delle navi moderne più veloci e la
trova sempre buona per calcolare con essa la forza motrice pre-
sumibile per una nave da designarsi. A tal fine espone il pro-
cesso ; ma prima si intrattiene sui fenomeni che sono prodotti dal
DEL 26 NOVEMBRE 1899 55
moto di un galles^g-iante in un mezzo tranquillo e indefinito. La
sua formula si adatta anche ai velocissimi dcsfroi/ers e alle stesse
lance di belle forme ; ma per battelli di forme meno appropriate
alle grandi velocità esige una modificazione di coefficienti, che è
indicata dallo stesso e suffragata con molti dati numerici.
R. Predelli, s. e, presenta in nome della R. Deputazione
veneta di Storia patria il 2° ed ultimo volume del Dijiloniafa-
riìim mìieto-levaiit'ninm compilato dal defunto prof. Gr. M. Thomas.
Essendo questi stato s. e. dell'Istituto, il Predelli legge i cenni da
lui premessi al libro (di cui curò la stampa) sulla vita del Tho-
mas e sulle ragioni della pubblicazione. In essi è detto che il Tho-
mas nacque in Ansbach di Baviera il 12 febbraio 1817, che dopo
assolti gli studi con isplendidi risultati, quantunque meritevolissimo
d' un posto di professore universitario, dovette accontentarsi di
essere annoverato fra i docenti del Corpo reale dei cadetti, non
essendo cattolico ; che poscia fu nominato bibliotecario nella reale
Biblioteca di Monaco ; che nel 1871 ebbe la giubilazione e fu
eletto deputato a membro del Parlamento dell'Impero germanico,
come già era stato nel 1848, ove militò fra i nazionali liberali ;
che morì il 24 marzo 1887. Dice poi delle numerose sue opere
in vari campi, e sopratutto di quelle relative a Venezia (ben 47),
principale delle quali gli Urkniìdcn ziir aìteren Haìideìsund Sfa-
atsgeschi elite der Bepubìik Venediej ecc. pubblicati in 3 volumi nei
Fonfes rerum aiii^fnaeorum, e continuati col Diplomatarium ora
col suddetto volume terminato. Rende conto di quanto fu fatto
per la pubblicazione dopo la morte deirillustre autore, e con quali
criteri fu curata la stampa.
A. Scrinzi : Poesie inedite di Marino Faìieri (presentata dal
senatore N. Papadopoli, m. e., con una breve relazione a termini
dell'articolo 18 del Regolamento). — L'Autore sta preparando l'e-
dizione delle poesie di Marino Falieri. Un primo poema fu re-
centemente pubblicato da John Schmidt nel AsXxcov -ctj? bxopixTjc;
xal ì^-vrAo-^ir.fiQ 'ExatpLac; xfj? 'EXlà5o;, 1892, p. 290. Di altri due
poemi non è conosciuto che il breve riassunto, che ne dà il Krum-
bacher, GeschicJite der hfjzant'iniscìicìi Litteratu) '^ p. 820. Il prof.
Scrinzi antecipa il frutto delle sue ricerche intorno alla persona
dell'Autore eh' era finora perfettamente sconosciuto. Il Krumbacher
credeva che il nome di Marino Falieri non fosse che l'impresa di
56 ADUNANZA ORDINAEIA
un anonimo e argomentava da alcune forme linguistiche che il
poeta fosse Cretese. Già lo Schmidt aveva riconosciuto dalla lingua
che l'autore doveva essere vissuto in Creta e considerava probabile
che avesse assunto quel nome illustre per averlo udito da qualche
compaesano.
Questi due scrittori non pensarono di fare ricerche a Venezia,
ne ebbero conoscenza delle tavole genealogiche di Giannantonio
Muazzo, Cronico delle famiglie nobili venete, che " habitoronon in
Regno di Candia. „ Lo Scrinzi per varie considerazioni propone che
si debba riconoscere nel nostro poeta Marin q. Marco q. Michiel
q. Marco Falier. Queste notizie, egli dice, non sono poca cosa per
il nostro poeta, poiché almeno ne fu salvato il nome e se ne può
determinare abbastanza precisamente l'età, mentre troppo saremmo
felici se potessimo dire altrettanto di altri versificatori bizantini.
D. Riccoboni : Intorno airaccentH'izione in latino (presentata
dal prof. G. Occioni-Bonaffons, m. e., egualmente a termini del-
Tarticolo 18 del Regolamento). — Notata la immensa discrepanza
nella pronuncia del greco e del latino presso le colte nazioni si
esaminano i tre ra><> nei quali l'accentuazione in latino, propugnata
dal Corrsen discorda dalla tradizionale italiana o meglio veneta
seguita dal venerando maestro prof. Pietro Canal. Si prende a di-
mostrare che in questi tre casi la pronuncia tedesca è contraria
alla legge chiarissima dell'accentuazione latina, non si fonda sopra
ragioni intrinseche, ma sopra la sola autorità di grannnatici vis-
suti in tempo di decadenza e corruzione del latino classico per
l'intrusione di grecismi, barbarismi ed accenti stranieri. Si accenna
che anche molti dotti tedeschi rifiutano le teorie di quei gram-
matici e si conchiude che, pure rispettando la scienza germanica
in ciò che ha di certo e di grande, si può dimostrare a jìriori ed
a posteriori^ che la pronuncia latina del buon secolo si è conser-
vata meno male qui che altrove.
Terminate le letture l'Istituto si raccoglie in adunanza segreta,
nella quale il Presidente comunica che il m. e. senatore Papa-
dopoli fece la cospicua offerta di lire mille, in aggiunta alla somma
deliberata dall'Istituto, per le spese della missione veneta in Creta ;
e che altre lire cinquecento furono offerte, malgrado la tenuità
del suo bilancio, dalla Deputazione Veneta di storia patria. —
Espresse i ringraziamenti dell'Istituto e la fiducia che, col sussidio
DEL 26 NOVEMBEE 1899 57
che si attende dal Comune e dalla Provincia, possa presto inviarsi
a Creta, per raccog-liere le memorie del dominio veneto prima
della loro dispersione, l'incaricato dell'Istituto, il quale ha g-ià com-
piuto i suoi studi preliminari nell'Archivio di Venezia.
// Presidente
F. LAMPERTICO // Seuretario
Gr. BerUHET
Atti del Reale Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti.
Anno accademico 1899-900 - Tomo LVIII - Parte prima.
(annessi)
BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
Doni ed Acquisti dal 30 ottobee al 29 novembke 1899 (^ì
*J. Belletti. - Commemorazione del prof. Cesare Razzaboni. —
Bologna, 1899, 8°, fig.
Biblioteca di scienze poUticlie e amministrative. Scelta collezione
delle pia impjortanti Opere moderne italiane e straniere di
Diritto amnmiistratim e costituzionale, diretta da Attilio
Brunialti. - Voi. YIII, disp. 12.» La Giustizia amministrati i-a.
Santangelo Spoto, - La Burocrazia e il Governo parla-
mentare. ".; ,, V.
0. Di Sarwey. - La Giustizia nelV amministrazione e l'or-
dinamento hurocratico. — Torino, 1899, 8.°
*F. Capei. - // Congresso di Bologna e le onoranze ed prof. Ce-
sare Razzaboni. — Firenze, 1899, 8.» ...
*F. Cavani. - Elogio storico del prof. Cesare Razzaboni.^ — Bo-
logna, 1899, 8», ritr.
*A. Conti. - Cenni storici di Moneglia. — Genova, 1899, 8.°
G. Ferraris. - Lezioni di elettrotecnica dettate nel R. Museo in-
dustriale italiano in Torino. - Voi. 1°, Fondamenti scienti-
fici dell' elettrotecnica. — Torino, 1899, 8.»
*G. Gaeta. - Le conifere del giardino e del pmrco di Brolio. —
Firenze, 1899, 8.»
*A. Gloria. - I)eir improvvido mutare i nomi antichi delle vie. —
Padova, 1899, 8.°
(Ij L' * indica i libri od opuscoli ricevuti in dono.
(8J BOLLETTINO BIBLIOGEAEICO
*E. Guidi di Filomene. - Per la patria. Comedia pesarese in un
atto. ~ Yerona, 1899, I6.0
P. Leroy-Beaulieu. - Traité de la science des finances. - T. I<^,
Des revenus puhìics. T. 11^, Le budget et le crédit pìddic. —
Paris, 1899, 8.0
*E. Millosevich. - SuU' orbita del pjianeta Eros. — Roma, 1899,
40, fig.
*A. Muggia. - Parole in commemorazione del prof. Cesare Baz-
zaboni. — Bologna, 1899, 8.0
*A. Naccari. - Dell'influenza delle condizioni meteoriche sulla
mortalità tiella città di Torino. Nota. — Torino, 1899, 8.°
* Intorno alla resiste?iza ed alla carica residua dei dielettrici
liquidi a varie temperature. Nota. — Torino, 1899, 8.°
*T. Ortolani. - La poesia di Giuseppe Capjyarozzo. — Catania,
1899, 16.0
Y. Pareto. - Cours d' economie politique professe à V Université
de Lausanne. — Lausanne, 1896-97, 2 voi. 8.°
M. Sanuto. - I Diarii. Tomo LY, fase. 234. — Yenezia, 1899,
40 p.
*R. Scuola d' applicazione per gli ingegneri in Bologna. Anno
1899, XXII dalla fondazione. - Notizie generali. — Bolo-
gna, 1899, 8.0
*.F. Tietze. - Contributo all' acarologia d' Italia. Osservazioni sul-
r Acarofauna del litorale di Malamocco (Venezia). — Pa-
dova, 1899, 8°, 2 Tav.
* Due crani scafoidei. Idee sulla scafocefalia. — Padova, 1899, 8.»
Williamson H. D. - Gondi grammar and Vocabulary. — London,
I60, tela.
Atti del Reale Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti.
Anno accademico 1899-900 - Tomo LIX - Parte seconda.
SULL'ACCENTUAZIONE DEL LATINO LETTERARIO
NOTERELLA
DEL PROF. DANIELE RICCOBONI
(presentata dal prof. G. Occioni-fìnnaff'ons, iii. e., neìl'Adun. 26 noe. 1899)
È nota la grande differenza nella pronunzia del latino e del
greco presso le colte nazioni. E come sarebbe assurdo Tammettere
che ciascuna abbia ragione, così è probabile che la meno imper-
fetta per il greco antico sia quella dei Greci odierni e per il la-
tino la nostra. È poi un fatto che la Germania in questo è in
minore disaccordo con noi, che non sia l'Inghilterra od anche la
Francia, mentre poi nel greco si allontana affatto dai moderni.
Lasciando le sfumature diverse nel proferire vocali e consonanti,
tratterò qui dei pochi casi di discrepanza fra i Tedeschi e noi
nell'accento, che si riducono a tre: 1) vocativo dei nomi in -ius,
2) accento suU' ultima, 3) enclitiche. Come rappresentante dei Te-
deschi cito primo il Corssen che in due volumi di quasi 2000 pag.,
premiati dall' Accademia di Berlino, trattò della Pronunzia, Voca-
lismo ed Accentuazione in Latino (Lipsia, 1866-1870); e per gl'Ita-
liani è un gradito dovere quello di citare il mio venerato maestro
Pietro Canal, dal 1845 all' 1883 m. e. di questo E. Istituto; ed
il discepolo suo, il compianto Onorato Occioni, prof, già nella R.
Università di Roma. E se a premiare l' opera del Corssen, in molte
cose pregevolissima, ebbe parte, come credo, il Mommsen, è giusto
ricordare che questo Nestore dei dotti di Berlino si dichiarò am-
mirato della profonda dottrina e genialità del Canal in tutto ciò
che a Roma antica si riferisce. Ne qui si vuol giurare in cerha
mayistri ; ciò fece il Corssen ritenendo infallibili i precetti tutti dei
92 D. RICCOBONI (2)
più tardi grammatici latini, tranne questo solo, cioè di accentuare
circiìm prepos. per distinguerlo da circum sost. e sim.
Ma questi dottrinari, vissuti molto dopo A. Gelilo, quando la
lingua latina si corrompeva ogni dì piìi per l'intrusione di greci-
smi, barbarismi ed accenti stranieri, sono giudici poco autorevoli per
r accentuazione usitata da Plauto a Quintiliano. È questa la sola
che ricerchiamo, e che senza eccessivo orgoglio nazionale si può
ritenere conservata meglio qui che altrove. Yolle dunque il Corssen
provare, che si diceva al vocativo singolare Tirgili, Yaléri e non
Virgili, Valeri, come prescriveva Nigidio Figulo, contemporaneo di
Cicerone e citato da Aulo Gelilo XIII, 26. Gelilo stesso infatti,
così scrisse il Corssen, dichiara che taluno avrebbe riso udendo pro-
nunziare Virgili. E che cosa prova ciò mai? Anche oggi vi è chi
dice la rètina dell'occhio; ma il prof. Angelo Minich, p. es. di-
ceva, come si deve, rcfhia; e se vi era chi ridesse, ciò non pro-
vava nulla. Ne contro il nostro Virgili sta l'autorità di Varrone,
come si sforzò di provare il Corssen. La grafia Virgilii che Var-
rone prescriveva, non poteva riferirsi che al genitivo siiig. od al
nomin. e vocat. plurali. E di questa trovo una ragione intrinseca
e perspicua. L'I del voc. sing. risulta da ì -j- è (due tempi primi);
r 1 del plur. e del gen. sing. da i -|- ì -f- ì (tre tempi primi).
Dunque o il primo i diventa j (consonante) ed il gì fatto lungo
per posizione prende l' accento ; o resta vocale breve e 1' accento
cade sopra gì come sillaba terzultima. L' accento del vocativo
Virgili (da Virgilìè) è regolare come nel genitivo dòmini. Se poi
si ritiene la grafìa con un solo I anche nel genit. sing. e lo
si tratta, specie in poesia, come una lunga ordinaria, nulla ci
Tieta di leggere come il prof. Canal: Pompili rcgnum e Tarquini
fasces. — Per il Corssen il nostro Valeri segue 1' accentuazione
greca di "Apollon ! Ma non si avvide egli, che il suo Valeri è,
accentato contro la regola latina come il greco Perikleis? E qui
noto che lo Stolz (Grammatica latina, II voi. del 3Ianuale di An-
tichità classica di Iwan Mùller, Monaco 1890 a pag. 325 i^ 80) si
accorda col Langen, Accentuazione, pag. 113 e 625, nel sostenere
contro Corssen, Schòll ed altri il voc. Valeri di Nigidio Figulo.
L' accento siili' ultima si sarà forse usato ai tempi di Prisciano
(maestro di greco a Costantinopoli nel VI sec.) dicendo ad uso
greco Arpinàs, Mecenàs, ìllìc, illùc, prodùc, censèn, audìt (perf.o)
e simili.
^la Quintiliano (T, 3 e XTI, 10) attesta che nessun disillabo o
(3) SULL' accentuazione del latino LETTEEARIO 93
polisillabo ha 1" accento siili' ultima ed è questo che qui importa
assodare. Anche il Brugmann nel suo ammirabile Compendio,
Strassburgo, 1886, voi. I, p. 551, mette in dubbio che Arpinàs ecc.
sieno giusti nominativi latini. Essi, dico io, seguono l'accento greco
di plakoùs, -oùntos e sim.
E pure falso ciò che affermò il Corssen che l' accentuazione
Arpinas, Yirgili sia posteriore a quella di Arpinàs Virgili. Tut-
t' altro! Bónitas divenne parola neolatina : bontà, honfé assumendo
l'accento sull' r/, dov'era nel maggior numero dei casi. Anche lo
Stolz, 1. e. a pag. 319, dichiara Samnìs ecc. un'invenzione dei gram-
matici e si accorda in ciò col Langen.
Quanto alle enclitiche, il Corssen è ligio alla teoria di Servio
(fine del sec. IV) il quale scrive (ad Aen. I, 116) che confra
usimi latimmi l'enclitica fa passare l' accento siili' ultima sillaba
anche breve. Così la intendono Prisciano (VI secolo), Diomede,
Marziano Capella, Carisio, Pomponio. E sull'autorità loro il Corssen
vuole che si accentui egómet, agédum, siquando, néquando, déinde,
sùbinde, quapropter, idcirco, déorsum, exàdversum ed altre ame-
nità. Al nostro senso linguistico ed estetico ciò sembra enorme.
Tale pronunzia è una imitazione della greca ed anche mal
fatta (cfr. per es. in greco dóìos tis e non dolós tis). Anche il Brug-
mann, 1. e. p. 553, osserva che ifaqne ed utique provano che una
volta si sarà pronunciato (come noi) ùtraque e tdntane. Il Langen,
Accentuazione, p. 23, respinge la teoria di quei grammatici anche
per ragioni metriche. E ben vero non doversi confondere l' accento
delle parole colle ard del verso, ma è pur certo, che il loro mas-
simo accordo è quasi regola. Luciano Miiller, De re metrica, p. 373,
come già l' Alvaro ed altri molti, dichiara le teorie sulle enclitiche
grammaticornm inepfias, cioè pedanterie. Non vi è dunque ragione
di allontanarsi dalla regola semplice, chiara ed elegante indicata
da Quintiliano e che tutti conosciamo (i). Dunque : métoque fé) v/dis,
j)a]niaqì(e nohiìis, flumma que antiquos j^t'aeterlabentia muros, ecc.
Kispettiamo ed ammiriamo la scienza germanica nel molto che
(1) Ogni parola trisillaba o polisillaba, sia essa tale per sé, o diventi
tale per un' enclitica aggiuntavi, è sdrucciola, se la penultima è breve,
è piana, se la penultima è lunga; se poi la enclitica venisse dopo due
vocali brevi, si pi'onunzierebbe meglio s(>parata : scélérà-que ; praetéréà-
que.
94 B. fiiccoBONi - sull' accentuazione ecc. (4)
ci dà di vero e di grande, ma non rinunzianio alla nostra pro-
nunzia latina sull' autorità di tardi grammatici, cui fece velo e
la smania di teorizzare e V influsso della pronunzia greca. Se il
Whitney fosse stato ligio ai vecchi grammatici, non avremmo
così perfetta la sua stupenda grammatica dell' indiano antico. E
se anche qualche alunno di scuola pure italiana, dove regna as-
soluta la pronunzia straniera, all' udir leggere il bellissimo verso
Nulli flebilior quam tibi, Virgili
sobbalzasse strabiliato, gli diremmo con Orazio :
. . . si quid novisti l'cctius istis
Candidus iinpcrti . . .
(Finita (li staiii/parc il (lionio 7 diceiiihre 18UU}
Atti del Rkal,e Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti.
Anno accademico 1899-900 - Tomo LIX - Parte seconda.
DEI PROVERBI POPOLARI IN GRECIA
RACCOLTI DA NAPOLEONE POLITÈS
NOTA DI E. TEZA, m. e.
(Adunanza del 26 novembre 1899)
Ai proverbi, vecchia pianta, non mancano vecchi ed industri
coltivatori, non mancano i lodatori eloquenti ; ma a quando a quando
si levano anche contro a loro voci poco rispettose o troppo severe.
Ecco un uomo savio e dotto, uso a dare esempi e plauso ai rac-
coglitori delle cose popolane, uscire in queste parole : " les pro-
verbes, qu'on appella la sagesse <hs naf/ons, m'ont toujours paru
ce qu'il y a de plus sot au monde : il n'est peut-ètre pas une de
ces sentences solennelles (^) dans leur impitoyable vulgarité qui
n'ait son proverbe contraire. „ (-). Ma non cercano forse la verità
dentro alle opere ed agli affetti degli uomini? E le idee di questi
cercatori non hanno, come ogni cosa del mondo, confini? E al di
là non siede forse, se non focoso nemico, un essere nella sua pla-
cidezza discorde ? Dissentono giudizi, lodi, condanne : il maestro
(1) Chi pensi al Non omnis feri omnia tellus, vede subito come alla
mente divinatrice di Virgilio (Ecloga IV, 39) apparisca invece che Omnis
feret omnia tellus. — Come dice la Viola nella commedia (IVfc^fitA iV^t^/A^,
III, 1, 12): A sentenre is hiit a cheveril giove to agoodwit: how qiiickly
the ivrong side may he turned outward ! Il guanto di capretto si volta e
rivolta nelle mani dei prudenti e degli sventati.
(2) Les Basques et le pags hasque . . . par Julien Vinson (Paris,
1882), pag. 135. Egli sdegna i provei'bi, ma raccoglie les devineftes, les
sornettes, les phruses eiuhroaillées : e queste, nel campo popolare, non sono
certo il tìore.
96 E. TEZA (2)
inanimisce od infrena : guarda da destra o da sinistra, dall' alto o
dal basso, e gli si tramuta davanti agli occhi lo spettacolo. A noi
resta solo la parola: di dove spirasse non si vede più.
Come nei tesori aperti a tutti, così negli scrigni serrati dei
dotti ; donde esce la moneta che correrà, ma con 1' impronta del
suo formatore. Come battaglia un proverbio popolare contro al-
l' altro, così la sentenza del filosofo, o del critico, ribatte, sde-
gnandole, quelle di altra scuola. Il vederne una faccia sola è segno
di insulsaggine nello scrittore? o il comparare gli specchi che ri-
traggono le due faccie è danno all'intelletto del lettore? Bensì
e' è uno sconcio al quale non si trova rimedio. Prendete esempi
di pensatori e di artisti eccellenti : i cinque capitoli di feconde
sentenze che ci dava il Goethe, o quei granellini di sabbia d'oro che
sparse, o raccolse, nei suoi libri Nicolò Tommaseo ; dove è il vero
commento ? Quelle parole erano nate mentre 1' autore leggeva o
parlava, e non vediamo più ne il libro ne l'uomo che le eccita-
rono; erano nate, nel fondo dell'intelletto, dietro una fila fitta di
pensieri che non si legano più: non resta di un compiuto edificio
che un frammento, forse una pietra, forse polvere dell' intonaco.
Dove è dunque il commento?
A questo modo stesso nel proverbio. Di quel primo che gif
diede il corpo e l'anima non scorgiamo ne le ragioni ne le inten-
zioni : non le vediamo di qvielF altro che ne usa come di persona
viva che ragioni e combatta per lui, o di chi, raccogliendo un ca-
davere, gli dà spiriti che non aveva, e nuovo aspetto e nuove
forze.
Che se a discoprire queste prime sorgive non abbiamo più
l'arte, ci contentiamo di mettere assieme i documenti. Non ve-
diamo quando la sentenza popolana nasca, ma quando vive e quanto
dura: non rintracciamo il padre o il figliuolo o il fratello, ma chi
loro somigli, tra i famigliari o di fuori ; con viluppi che turbano
r erudito coscienzioso che vuole 1' albero genealogico, ma che ral-
legrano di molto il psicologo intento a studiare la varietà e l'unità
nel pensiero e nei sentimenti della schiatta umana. Con maggiore
speranza di buona fortuna opera sempre il raccoglitore nelle tra-
dizioni della sua propria gente ; come ne interpreta fedelmente la
parola, anche dove si smozza, meglio penetra negli intenti che
aveva e che serba; consente ai sentimenti che sono di tutti.
Pensieri che assomiglino a questi può ridestare la nuova im-
(3) DEI PEOVEKBI POPOLAEl IN GRECIA ECC. 97
presa (') alla quale si mette, ardito cavaliere, Napoleone Politès (-):
un greco al quale il suo popolo molto deve per le lunghe e frut-
tuose cure che diede ai monumenti, vivi e morti, che se ne pos-
sono raccogliere e dilucidare ; un greco che molto deve al suo
popolo, perchè nel contemplarne, spesso il primo, la fiorente poesia
egli potè rallegrare la sua vita di erudito industrioso (^).
I proverbi della antica Grecia ebbero illustratori e a casa e
fuori : restava il mettere assieme le ricerche, già bene avviate,
intorno alla Grecia dei tempi di mezzo, e a quella redenta, che
speriamo sarà redentrice di altre amiche nazioni. In questo campo la
messe intatta abbondava, e il Politès non è di quelli che si stanchino ;
così che la grande raccolta, e non dico compiuta, che non è lode
che tocchi mai a libri come codesto, la grande raccolta avrà di
molti volumi, mettendoci nell' animo le più belle speranze il primo,
uscito appena, bene nutrito nelle sue settecento pagine e che al-
letta ad un tempo chi studia la storia della parola e chi tenta ri-
dipingersi il ritratto di una nazione.
Alla erudita introduzione (i-xc) tengono dietro i Proverbi bi-
zantini (p. 1-132), e poi comincia il vero tesoro. Forse ad altri
indici si provvederà, quando Y opera sia giunta alla fine ; e forse
a un glossario ; ma intanto saviamente il Politès ordina i vari pro-
verbi e le frci!^/ proverhiaìi sotto quelle voci che vi risaltano di
pili e che ne mostrano 1' anima: e qui vedremo che cosa pensino,
consiglino e dicano i greci del fare piavo piano (agalia), dell'amore
(agape), dell' udire (akuò), del mie (halas), della verità (alétheia),
dieW ao[uila (aetos), del cavallo (alogon) e via via. Ma di tutte
queste parole pregnanti, la lista non arriva adesso che a mezzo
l'A; così che, a correre V intero abbiccì, abbiamo tempo. Bensì pos-
siamo essere sicuri che il granaio è già pieno, perchè non si fa
buona scelta, gettando ogni granellino nel suo proprio sacco, dove
(1) L' opera ha il titolo schietto di Proverbi (napo'.iicai), ma è intro-
duzione a più vasto lavoro, a Studi sulla vita e la lingua del popolo
ellenico (MsXÉxai rtepl toù piou xaì xr^c, jXóìqoyic, xgù éÀXTjvtxoù Xaoù, uuò N. F.
JloXixoD. 'Ev 'A9-Vjvais, 1899). È la quinta appendice a quella raccolta che
si chiama, onorando un savio mecenate, BIBAIO0HKH MAPASAH.
(2) Che naturalmente va letto PoUtis. Scrivano gli altri come loro
piace meglio.
(3) Ha, come di Alberto Weber diceva il Delbriick, la roraggiosa
diligenza e l'acume ])aziente.
98 E. TEZA (4)
il padrone non li abbia già pesati tutti ; riserbandosi solo di ri-
pulire, e di assettare, che non è leggera briga di certo. Dobbiamo
dunque tutti augurare al Politès lena ed alleg-ria, poiché giova
anche questa ; e servirci intanto con gratitudine di quello che fa
e che ci dà.
Ci dà, per ogni proverbio, i rimandi a quei libri greci, se
ve ne sono, che lo mostrarono già agli eruditi ; e se attinge da
fonte viva, accenna anche alla provincia, alla città, di dove la
voce popolana si fa sentire : disputa sulle intenzioni che ha, o po-
trebbe avere, il proverbiatore, e paragona spesso queste dottrine
del suo paese con quelle di altri paesi, proverbi con proverbi.
La fatica, già grande, diventa grandissima: e non è ancora
nato al mondo l'editore operoso che contenti le inquiete voglie della
critica, anche di giudici onorati. Citerò per esempio le parole del
dotto signor A. Bruckner sulla grande raccolta dei proverbi po-
lacchi di Samuele Adalberg; buon libro, diventato raro, che pare
si ristampi (/). Ma il Politès, con danno nostro, non se ne spaven-
terebbe: vedendosi crescere sotto gli occhi il manoscritto, disse a
sé stesso che meglio é nemico di bene e sperò negli aiuti che ai
volumi belli e fatti vengono da coloro che sono degni di usarne. Se
tanto sudiamo a indovinare nella sua pienezza il pensiero di un
uomo, quanto non ci tormenterà il volerlo trovare quando tanti,
ripensandolo, se lo tramutano ! E anzi nasce alle volte il dub^'io
anche dove pare che si possa allegramente fidare nella tradizione.
È sulla bocca di tutti, con un biasimo cocente al travagliato Ip-
polito, la sentenza euripidea che r/ìNra hi lìngwi ma non (jiura il
cuore (v. 612); ma si leva un vecchio interprete (^), un ingegnoso
(1) Libro dei proverbi (Ksi^ga przyslow. Warszawa, 1889-94). Il
Bruckner ne parlò, con lode piena, o con nuovi desideri neW Arehiv filr
slavische Philologie (XVIII, 193-203 : Zur slavischfn Paromiographie).
Vedi particolarmente alla pagina 199.
Parlando più sopra di aìfri indici intendevo dire che, alla fine del
libro, ci gioverebbe vedere le più importanti parole che entrano in un
proverbio e non ne mostrano, se posso dire a questo modo, il casato ;
vederle, coi rimandi opportimi. Così fece anche l' Adalberg per i polacchi;
ma ora m' accorgo che il Bruckner (p. 199, 3), se ci sarà nuova edizione,
rinunzierebbe volentieri a questa ricchezza. Faccia di più il Polìtés.
(2) Il glossatore : y] yXwaaa TTpouexsatepov xaì jrapà yvwjxvjv x'^g cppsvòg
ò|j.ci)jj.ox£v. Lingua precipitosa che nuoce sempre. Aristofane, facendone un
(5) DEI PKOVEEBI POPOLAEI IN GEECIA ECC. 99
interprete, e il giovanetto generoso va assolto; egli promise non
sapendo che cosa promettesse, ma non fallirà (i\ Acre censore,
aggiungerà di suo che, messo in salvo il greco eroe, quel verso si
canone (y.aì)-oXi-/.a)X£pov voViaac;), travia i lettori : (vedi anche il Weil nella
sua bella edizione delle sette tragedie di Euripide. Paris, 1879^, p. 48) ;
ma le sue parole resteranno, e le impronte che fecero. Così si dubiterà
della veracità greca, senza mai citare 1' 'Axxixòs ixocpxog, e la postilla di
Diogeniano che testimonio attico è sulle bocche degli uomini, e che di
lui bisogna fidarsi, tanto sono veritieri gli ateniesi {Paroemiographi
graeei, edid. Leutsch, II, 15).
(1) Il pensiero è il vero padrone ; e la brava Zenocia, onorata sposa,
contro all' usanza barbara di quella città italiana che il poeta non ci no-
mina, e contro allo svergognato prefetto, si difende col suo My mind
shall not paij this Custoni, cruel man. Vegga chi vuole un libro che
non è molto cercato tra noi, il Teatro di Beaumont e Fletcher, e, fra i
drammi che molto probabilmente [A. W. Ward 's, Hist. of engl. dram,a-
tic literature. Lond. 1875, II, 209] appartengono solo a quest'ultimo. The
Custom of the County (A. I, se. II''). — Basterà ad ogni modo quel
verso : perchè le sconcezze che allettavano scrittori e spettatori sui palchi
inglesi nel secento, non si tollerano, davanti a un banco verde, che per
cercarvi e la storia dell' arte e quella della morale : ed è peccato che la
sozza commedia, per usare le parole del Ward, sia one of the most hril-
liant of Fletcher 's effort.
Ma io cito il Fletcher per astuzia : perchè mi apre la porta ad un'al-
tra noterella che non voglio nascondere. Di Giovanni Fletcher abbiamo
anche The elder hrother : portata sul teatro dopo il 1625, cioè dopo la
morte dell' autore, ma forse prima che morisse il Galilei, la commedia
fu scritta quando viveva il grande filosofo : e ognuno sa come in quel
secolo la drammatica non cercasse lettori, ma spettatori e plaudenti udi-
tori. Carlo, un giovanetto dotto e troppo dotto, mentre padre e fratello
s' adoperano a rubarlo dei tesori di terra, è tutto intento a contemplare
quelli del cielo : e ne parla con ardore ad Andrea, al servitore. " Il toro
ha un un' orzaiuolo e e' è paura che accechi. „ " Mettetegli un anello
d' oro sul naso e guarirà „ suggerisce, forse guidato dai veterinari di
allora, il loquace compagno. " Anche la Corona di Ariadne si svia : due
stelle potenti che la reggevano, scivolarono via. „ " E voi mandatela su-
bito al Galilei, al grande stellieke italiano, e con poca fatica, darà sesto
ad ogni cosa. „ (A. II, se. 3). Invento una parola, perchè ne inventa
un' altra il Fletcher, certo con più fortuna di me : e sarà bene lasciarlo
dire a modo suo :
Send it presenti//
To Gallilaeo, the Italian star-wright :
He 'Il set it rigJit again, with little labor.
Sappiamo che, sul teatro londinese, altri fece al Galilei, e, se non
100 E. TEZA (6)
potrebbe ritradurre, con parole rinnovate ad ogni giorno, e nelle
lingue di ogni nazione.
Se a' paragoni ci lasciamo tirare dalla voglia di mostrare o
r erudizione riposta, o 1' acutezza, per ogni parolina si scrive un vo-
lume. Arrestarsi a tempo è virtù : e mi pare prudente il Politès
nella sua scelta. A due nazioni ha l'occhio molto spesso, né s'ha
da consumare il tempo a scoprirne le ragioni; ai turchi ed agli ita-
liani. La signoria può esservi stata tirani esca, ed è bene vedere
che frutto greco abbia seme straniero; dove non si debba disputare
molte volte sulla primazia. Tra gli italiani poi sono favoriti dal-
l'editore i veneziani, e anche codesto è voluto dalla storia.
Dicevo e ripeto che il serbare gius>'a misura è grande pregio.
Ma può cadere opportuno anche un capriccio; e se non ho da ci-
tarne del Politès, ne mostro senza rossore uno mio. Che cosa di-
ranno nel secolo nuovo i giapponesi vedrà la storia: correrà sulle
loro labbra un verso di Giovanni Milton insieme a un precetto
di Confucio, e Mencio darà la mano allo Schiller ; ma, nel Giappone
rimasto ori Pittale^ sarebbe strano il cercare alleanze di idee coi
figliuoli della scuola ellenica. Ad ogni modo se riscontro e' è,
giova avvertirlo ; mostrando che alla Roma dei proverbi condu-
cono tutte le strade. Ora il giapponese dirà che eiiì-scin gi-cun-nì
erro, a lui solo, l'onore di nominarlo mentre viveva, quasi sigiiore del
firmamento : e mi piace rinnovarne le testimonianze. Era morto quando
uscì il Paradiso Perduto, che lo rammenta : ed è strano che il poeta che
visitò il cieco illustre, non desideri, fatto cieco, la gloria di lui : e non
pensi che ad altri poeti, Blind Thamyris and blind Maeonides, ai quali
congiunge . . . TireHÌas and Phineiii^, propkets old {Par. lost, III, 35).
Chi non badasse all' ordine An tempi potrebbe supporre che anche
uno dei nostri aprisse le scene al pisano, leggendo nel Fastor fid > (V, 6)
di quel
cenerando Tirenio
eh' è cieco in terra e tutto vede in cielo.
Ma il Galilei vedeva, e nel cielo e sulla terra, quando il Guarini faceva
rappresentare (1585) e poi stampare (1590) la famosa poesia.
Quanto ai versi del Fletcher (nella edizione del Routledge, The
tvorks of Beaumont and Fletcher. London s. a. I, 140) si badi che stie
si scriveva in vecchio e sty s' usa adesso. 1 tedeschi hanno immagine
come la nostra (Gerstenkorn) ; i greci avevano la grandine^ e la cjran-
dinina, onde il calàzio dei nostri medici, cioè xaXàcliGv. Credo che più
comunemente nelle scuole di Grecia s'usi adesso la yi'kix'^'x.
(7) DEI PKOVEEBI POPOLARI IN GEECIA ECC. 101
zucaesu, fedele ministro a due padroni non serve (i). Come ci
accordiamo, gli uomini di laggiù e gli uomini di quassù ! Ma nos-
signori, si getta r occhio sul commento, breve e chiaro, di quel
tedesco che ci fece il regalo di un buon libro e la luce sparisce,
0 riflette altre tinte; morto uno de' suoi padroni, il galantuomo
non ne cerca un altro, entra in una vedovanza rispettosa de' suoi
doveri (-). Beato Giappone!
Dove tu voglia gettare la rete, in questo mare pescoso, farai
buona preda. Non -dì fosse bugia., si perderebbero anche le verità
(pag. 470); e Verità senza menzogna, cibo senza sale (p. 471), e
Verità non ha né salsa né gusto (id.). Così il greco: e 1' editore,
perchè non avessimo a inorgoglire a torto, ci fa subito pensare
al nostro La novella non è bella, se non e' é chi V inorpella, che
altri tramuterà in s' e' non vi .s' appella {^) e, restando a casa no-
(1) Vedi anche il Monosini (pag. 111). — I rabbini {Duhes, Rabb.
BijUmenlese. Leip. 1844, pag. 190) dicevano, con immagine viva, non
ogni uomo gode a due tavole.
(2) È astuzia anche questa perchè mi procura il piacere di rammen-
tare un libro utile, e di mandare a lui lettori intelligenti e curiosi : ed
è questo : Die Sprichworter und bildlichen Ausdn'icke der Japaniachen
Sjìrache. Gesammelt, ubersetzt und erklart con P. Ehinann. Tokyo, 1897
{Supplem. der Mittheilunoen der D. Gesell. fiir Natur- und Vólkerkunde
Ostasiens.). Il dotto tedesco ci dà, sotto 3729 numeri, una bella raccolta :
trascrive in lettere latine le voci originali, v' aggiunge i segni cinesi e
quella parte di suffissi giapponesi che guidano il lettore. La traduzione
è limpida, alla lettera : svelto e sugoso il commento. Non solo gioverà ai
paroemiographi, ma a quanti studiano il giapponese e la vita di quella
ingegnosa nazione che, mentre le altre camminano, corre precipitosa.
Proverbio che non solo dice, ma anche intende, come noi è p. es. il nu-
mero 438 : Gò-ni itte ra, gó-ni scitagae " a paese andando, al paese ti
accomoda. „ Il portare nottole ad Atene, già citato come è naturale dal-
l'Ehmann, diventa all'jamatica un Fu,ju-no juchi-uri, rendere neve d'in-
verno (n. 406). Di commento non ha bisogno il giapponese se predica che
cie-no kagami-nio cumoru, " anche della prudenza si offusca lo specchio „
(n. 222), 0 che ri-ni magireha acaru naru, " col sangue mescolandosi, si
fa rosso „ (n. 216): per vedere il perche (\g\ goniame-no ha-ghisriri{n.'^^'),
cioè del digrignare del gomame, bisogna sapere che il gomame (se non erro
hvan, in cinese) è un pesce piccolino, piccolino. Se la rana avesse denti !
Solo con questo invito f'o venire a molti la voglia del libro, e per ora
mi fermo : notando però che mutai i segni latini perchè rispondano ai
suoni nostri, non agli inglesi.
(3) Nel Monosini (p. 367), del quale toccherò più sotto : anche a'
latini ci ricoitduce il dotto toscano (pag. 340).
102 E. TEZA (8)
stra, s' aggiungerà il Fama . . . qua e veris oda/ e re falsa gamlef delle
Metamorfosi (IX, 137). — Ma non mi pare che in nessuna delle
nostre province corra un' altra sentenza, che Verità intatta non si
trova neanche nel Vangelo (p. 471); benché i greci ne usino ne
osino scherzare intorno alle cose sacre. Per questa strada poi si an-
drebbe lontani (i), e non è mio fine di trascrivere dalla raccolta
del P. quello che, a tempo e luogo, va consultato (^^).
Ai proverbi, ai più vecchi, ai più comuni cresce, se non au-
torità, la vivacità, il sapere chi ne faccia uso dei grandi; nascono
per le strade, e generosi padrini li raccattano, dando loro quasi il
proprio nome. Non muta di una sillaba, ma pare un' altro, il Cìi-
cullus non facit rnonachum se lo troviamo in una comedia dello
Shakespere {^): e s'ama dire una vieta sentenza, petrarcheggiando.
Lo spirito è pronto^ ma la carne è stanca (•*).
Noi vogliamo boschi fitti, ma poi sediamo sotto a un albero
solo, cogliamo un solo ramoscello. Queste faticose raccolte posano,
spesso, come divenute inutili, perchè il lettore, che non sia l'eru-
dito emulo e raccoglitore, legge di salto e smette presto.
Uno dei detti d' oro, sciolto dalla sua compagnia di buoni e
di tristi, luccica di più, lega più forte, ma l'uomo dotto che ha dat-
torno in folla i convitati dà a ciascuno il suo boccone, quello che
lo nutre meglio e che lo rallegra. 0 nelle cucine del popolo o in
quelle dei sapienti questi saporosi cibi si assomigliano : fanno che
si smetta presto. E quanta è la potenza di chi dice da solo !
Sulla educazione vi infilano gioielli di apottemmi d'ogni gente, di
(1) Francesco Bacone non accusa i puritani perchè avevano " pro-
nounred (jeneraììif, and unthoiit cliff'erenre, ali untruthfi unUnvful „ ? Cfr.
di R. W. Church l'eccellente vita di Bacon (London, Macmillan, 1896,
pag. 14), nell'ammirabile raccolta elio foce il Morley col titolo di FJnglish
Men of Letters.
(2) Può parere strano che sull' àyaiJ-óc; e sul!' àyallóv corrano in Grecia
così pochi proverbi (pag. 135); ma verranno forse più tardi (luoUi che
ci riconducano, se non alle parole, all' idea.
(3) TwELFTH Night 1, 5, 62 ; e il bufibne vuole farvi il commento,
la traduzione : thaf, 's as ninrh to yay r/.s / irear no motley in mij hrain.
(4) Son. in vita, CLIV, 14. — Dicova T. Tasso [Tratt. del poema
eroico, libro VI) che " dalle parole basse e volgai'i suol nascere alcuna
volta il grazioso, e da' proimrhi più che dall' altre, come nella . . . can-
zone del Petrarca {Vita, canz. IX, 34]: Un' uni il donna (jrama un dolce
amico. Mal si conosce il fico. „
(9) DEI PROVERBI POPOLARI IN GRECIA ECC. 103
Ogni età, di ogni luce: andate scegliendo, ammirando, sfilando: a
un tratto vedrete in disparte un diamante, e davanti a lui, dimen-
ticate ogni cosa; " è compiuta e generosa educazione quella che
addestra l'uomo ad operare in ogni officio della vita, di casa e di
città, nella pace e nella guerra, con giustizia; con arte, con ma-
gnanimità. „ Lo dice Giovanni Milton ('): e non pare che alcuno
possa dire di più.
A questo grosso volume fo una giunterella che non gli cresce
bellezza ma che, spero, non gliela scemerà ; in quel sacco, che
ha sempre aperta la bocca, metto un granino di più.
Dopo aver parlato di Michele Apostólès, ultimo a darci pro-
verbi popolari dell' età bizantina, poco dopo caduto Costantinopoli,
e notato che di alassimo Margiinios non ne abbiamo collezioni,
benché vi accennasse il Sathas {Neoeìl. pini. 216), il Politès con-
tinua :
]^ei due secoli corsi dopo V Apostólès., alcuni fra gli stranieri
misero assieme proverbi greci. Prima, pili antica, di queste raccolte
possiamo contare quel libro di ptroverhi veneziani che si chiama Le
DiECE TAVOLE de' PROVERBI, uscittt in lucc ttl principio del secolo
XVI, dopo il 1509, ristampata più volte, e in Torino nel 1535.
Non, ho potuto vederne ìin esemplare, ma ci assicura il Pasqualigo
(Raccolta (^) di prov. veneti, p. vìi) che " vi si trovan fram-
misti alcuni jjro verbi greci. „
(1) The Works of John. Milton^ London, Millar, 1753, nelle poche
pagine che trattano Of Education (I, 144, 11). E si può vedere anche un
altro dei libri della collezione Morleyana, eccellente anche questo, il
Milton di M. Pattison (1896, pag. 48). E vero molte volte, per dirlo con
le parole del Lazarus {Die Ethik des Judenthums. Frankf. 1899, p. 7),
che auch ivas der Einzelne vortragt ist Erfolg des Gesammtgeistes der
nur im Individuimi personliche Gestalt gewinnt ; und was in der Ge-
sammtheit leht, pragt sich in Worten oder Werken aiis, tvelche Einzelne
geschaffen haben.
(2) Nella seconda (1879), perche la prima edizione (1857-58) non citava
le Dieci Tavole. Io uso la terza (Treviso, 1882) ; e, de' proverbi che mi
accade di riferire dal vecchio libro, dirò se il Pasqualigo ne tenga conto.
Non ad accusa dell' editore, ma a difesa mia, noto che i segni, e gli
errori, non sono serbati tutti nella raccolta del Pasqualigo. Scopo mio è
104 E. TEZA (10)
Il conte C. Soranzo gliene ricopiò uno {(UjaUi agalli dice il
griego), e un'altro era citato dal Pasqualino, alla pagina 307 ; ma
forse il Polftès, maestro di acribia, vuole sapere qualcosa di più.
Quei proverbi erano stati da prima disposti in dodici fogli,
forse per appenderli ai muri, nelle scuole o nelle case, per istru-
zione, per consiglio {^). Forse sparirono; consumati anche dagli
ammiratori, come avviene spesso a questi non preziosi abbelli-
menti delle stanze popolane: forse c'è biblioteca, o fortunato pa-
drone che li possiede o ne possiede ; ma uomini prudenti si ac-
corsero per tempo del pericolo, e ne fecero un libro. Nella goffa
introduzioncella impariamo quello che ci vogliono dire gli stampatori :
pensate il disaggio che sarehhe, a chi colesse farsi faniiliai de' so-
pradetti Proverbi et sententie, a portarli in Tavole come prima erano
impressi. Per satisfar di inamorati della virtù (non senza nostro
grande fastidio) quelle grande Tavole in questa piccola forma, se-
guendo lordine del alphahetto {come potrai vedere) habiamo tradotte
et ristampate- La voce tradotte non ci confonderà: perchè si in-
tende solo di parole trasportate da un luogo ad un altro: e, fatto
il mutamento, ne uscì un librettino, di trentasei carte che si
chiude così :
Stampate in Turino, per Martino Cra-
uoto, et sui ropagni, Ala instantia
de lacohino Dolce, ats Cuni
nel anno M.D.XXXV.
a di .30. de Auosto.
T proverbi ellenici sono tre: ed ecco come ce li offre la
stampa :
di mostrare, a chi non può vederle, le vecchie pagine, senza lavarle. Il P.
dirà (pag. 289) Danari, seno e fede, no se vede ; ma le Tavole danno
Danari fenno [senno] e fé ce ne mancho chognun ere. 11 P. (828) El per-
sego voi vìn, e 'l figo aqua, e le Tavole : El persego voi el vin El figo
vuol V acqua.
Il P. non dà, e non promette, ogni cosa; non dice p. es. che (p. 112)
A V entrar Salve eegina, al magnar vita dulcedo, al pagar ad te
SUSPIRAMUS, e' è anche nelle Tavole ; ma che la prima parte della triade
manca, o fu tralasciata per rispetto.
(1) Verrebbe la voglia di credere che a Venezia si vendessero, o si
mostrassero, nella Calle dei Proverbi.
(11) DEI PKOVEEBI POPOLAEI IN GRECIA ECC. 105
(1) A GALLI A GALLI,
Dice iì Griego [e. 4].
(2) Bori vin, cafiva tei^ia.
Calo ceassi, caco chefali
Eì Griego [e. 4 v.]. Presso il Pasqual. a pag. 338.
(3) Cachi gagorastis agorasti mo
RiAS; cioè, mala cvpreda
comprctda mattieria [e. 6].
E si badi ancora al More angilla, A ìin Grego [e. 23 v.] : e a
queir altra aA^vertenza che leggiamo più innanzi [e. 26 v.] : Parie
i chrUtian se noie che idntenda, de un che parìaua Griego^ o nero
in altro lenguazo, che non se intendeua. Alla Grecia fanno pen-
sare altri luoghi : San Paulo lasso i zocholi in Candia per non
portar de quella terra uia [e. 28 v.] : In Cipro tre cose e hon
mercado a comprar 1 grosso Sai, Zucharo e P ... e, et cattiuo
a comprar menudo, pchc el costa el dopio più [e. 8 v.]. — Quei
puntolini si troverebbero, a sentire le Tavole, in abbondanza a
Messina [e. 3]. — Proverbi veneti, e sgarbati, sui greci si pos-
sono vedere presso il Pasqualigo (pag. 264).
Il Politès, i greci e quanti amano i greci ed il greco, non
hanno bisogno di facili correzioni: si contentano di sapere che nel
raro volumetto non e' è altro che giovi a codeste ricerche. Può
bensì nascere la voglia di consultare le Dieci tavole, anche nel-
r ordine nuovo che ebbero poi, per nuove ricerche, da curiosi fatte,
mandate a curiosi.
Ad altri stranieri, che greci non sieno, ha gli occhi il racco-
glitore : e anche per costoro è bene il copiare, sbagliando con la
più scrupolosa fedeltà. A proposito calla basso. Dire il Spagnuol
[e. 4]. — El spacjnol dice, eh' le meglo portare le calze rotte che
repezzà [e. 13 v.]. — Quien tiempo tiene, co tiépo se attede.
TiEMPO UIENE, QDE SARREPIENTE. El Spaguol [c. 270]. — SeNORA
beatrice. Mucho hablais, Muciio errais, cioè., molto piate., molto
errate [e. 28 v.]. — Todos nada. cioè tutto niente. Il spagniuolo
[e. 30 V.] (0.
(1) Veggo negli AUspanische Sprirhworter (Recensì). 1883, 1, 312) del
Haller (n. 262) A propòsito Fray Jarro^ e nel Refraner^) dello Sbarbi,
che non ho, vede lo stesso proverbio (Y, 61) il mio erudito ed amico
106 E. TEZA (12)
Leal desee, e feanch uolee. // Franzoso [e. 22]. — Tout
E EIEN, SENO AUOTE DEL AEGENT. FranzioSO [c. 30 V.]. — AmOE
FA MOT, AEGENT FA TOT. Dice il Francese [e. 3 v.]. — Buoena
FOT, no e mutable, El Franzoso [e. 5].
C'è poco, perchè anzi il raccoglitore non avrebbe a dare nem-
meno questi (1): protestando egli, nei versi che formano due sgra-
ziatissime ottave, che i proverbi sono
Italian tutti, che sola Italia e quella,
Qual hoggi l'altre lingue tutte abella.
Anche il cardinale Galeotto credeva non ci fossero valentuo-
consigliere, don R. J. Cuervo, il quale ingegnosamente suppone nel calla
basso s'abbia a leggere calabaza. Tutti e due poi diciamo che uè il calare
italiano, nò il callar degli spagnoli darebbero modo di spiegazione. Nel
Monosini abbiamo i riscontri aW A proposito un chiodo da carro (pag. 263).
Presso allo Sbarbi (VII. 32), e prima nel Comendador Griego f. 102,
Madrid 1619, si trova: Quien tiempo tiene y tiempo atiende, tiempo viene
que se arrepiente.
Naturalmente s'ha a leggere più sotto Todo cs nada, che forse è fram-
mento, poiché il Cuervo mi riconduce ai vecchi proverbi Todo es nada.,
sino trigo y cebada. e T. e. n. lo de este mundo, si no se endereza al
segundo.
Macho hablar, macho errar e' è anclie nei Proverbes judéo-expagnols
ree. par Foulché-Delbosc (Paris, 1895, al n. 726) ; ma donna Beatrice non
si lascia vedere.
(1) Di altri stranieri non si parla : di volo e non altro accennandosi
alla Germania. Dirà il libro che / Todeschi ha l'inzegno nele man [e. 19],
che lodeschi intendono più de quel che sano exprimere [e. 30 v.], e, con
parole oscure, Haue el Todesco [e. 17 v.]. Questo detto sta vicino a quel-
1' altro Nerba da denti, cioè, Formento e quasi supporrei si trattasse di
un fratello dell'orbo tedesco, cioè delle legnate, se possiamo vedervi Hafer.,
o che l'avena abbia i molto pregnanti significati dell' orzo. — Più vicino
nel suono è Haue, e il volgare (berlinese?) Die Haue kriegen : e si tor-
nerebbe, per altra strada, al picchiare. Quest'ultima congettura non è mia.
Poi e' è qualcosa in latino, nella lingua delle feste : Omnia noua
placent [e. 25 v.] [Cfr. Erasmi Adagia. Grata novitas : tutte e due le
formole nel Monosini, pag. 151]. Omnia p)^r pecuniam falsa sunt [e. 25 v.].
Qualis vita finis ita [e. 27]. Solus jjeregrinus in Hierusalem [e. 28] : e,
con la glossa per chi non sa di latino, Vngentem pongit. pongentem ru-
sticus ungit. che uol dire Che uilan fa carezze a chi lo ponge et menaz-
za, e porta odio a chi lo onge [e. 32 v.].
Il prov. / todeschi ha l'inzegno ecc. è citato anche dal Haller (Altspan.
Sprichw. II, 252) che lo toglie dalle Dieci Tavole, seguendo il Pasqualigo.
(13) DEI PROVERBI POPOLARI IN GRECIA ECC. 107
mini che in Italia; ma la vanità sparirebbe ad un tratto se, a testi-
monio della nostra gloria, non avessimo a citare che le Dieci tavole.
Veneti sono questi proverbi, in anima ed in corpo, nei pen-
sieri e nelle parole; si direbbero quasi veneziani, se alle volte non
si attribuisse alla città madre questo detto e quello come se gli
altri non fossero suoi. Cosi p. es. Lha dale so condif/on ì noia, pro-
verbio venetian [e. 20]. ~ Lha pia spreo. pescatori Venetiani [e. 22 v.J.
— Lacqua immarcisse i palli. Venetiani [e. 23] : forse per met-
terlo a riscontro con quello dei Visentini : Lacqua iìnìiiarcisse le
palle e i moli in [id.]. Molto si gira per le province, ma non più in là
di Bologna, di Firenze (i). El me mena la testa a cerco, proverbio
vicentino [e. 16] : L'acqua fa male, el uin fa cantare, un uilan da
Visentina [e. 23]. — Lohardia zardin del mondo [e. 20]. — Leggio
de nos, brusa da nascos. Brescian (^) [e. 22]. — Dal A al Bue,
cioè dal principio ala fin. Romagnolo [e. 12]. — 0 domenedio da
Lnola, che fa fiorir le zucche [e. 25 v.]. — El primo anno che uà
a Bologna, o lha frieue, o lha rogna. Pro scholastico [e. 14 v.].
— Una testa seza lingua ual tre quattrini. Vna con lengua ual
sei (3), Dice il Fiorentino [e. 31 v.]. — El cerca fichi in uetta,
potendoli aggiungere dal pedale. Il fiorentino [e. 13]. — E più giù:
Eie toscan. el uà in Friul, el no farà mai statuti [e. 14 v.], che
forse ebbe, o potrà avere, la sua chiosa. — ■ A paesi più nostri
che non paiano si va da un' altra banda : onde la vacca trentina
[e. 31 V.], e Tu e più fiappo che le orace [sic] de Istria [e. 31 v.].
Cito queste vecchie testimonianze, perchè sono vecchie ; e
perchè, in ciascun luogo, ciascuno prenda il suo. Anche nella sa-
tira cresce potenza il sapere che non è nata di fresco : che s'ad-
destrò da un pezzo a cavare il fuscello dagli occhi del fratello ;
onde gli epitheti de diverse nationi [e. 34], poi mutati, o dimen-
ticati, 0 cresciuti nel numero e nella sgarberia (^): ecco qui. Pi-
(1) E per caso e' è anche la Puglia ; con un detto che non capisco a
dovere, ma che trascrivo : Anna dia figlo. Il pugliese [e. 3 v.]. È forse
vieni qui figliuolo ? „ e che sugo ci sarebbe a tenerne nota ?
(2) Quello messo in bocca al bergamasco [e. 30] Trenta mones e un
ahljat etc. è dei proverbi plebei, che non usano nelle bocche pulite. Lo stesso
abbiamo da dire di un altro, che pare nato in Ravenna, e rafifrontato a
un modo usato a Treviso [e. 18 v.].
(3) Presso il Pasqualigo (pag. 271) : " Una testa co la lengua vale
'l dopio. è anche nelle X Tavole. „
(4) Strana è una distribuzione di colori che nessun pittore imiterebbe :
108 E. TEZÀ (14)
SANTiN, pem liiouo : veeonese, rauom : beessà, mangiahroda : bo-
lognese, matto : eeeeaeese, gambe marze : vaboan, picca laseno (i) :
MILANESE, sponchiarol : Visentin, gatto (^) : fioeentin, ciecho : man-
TFAN, ìmlgar : ceemonese, magia famli. Con più vivezza di os-
servatore, e come eco di storia, c'è Fiorentini inanci eì fatto, ve-
netiani sul fatto, senesi doppo et fatto [e. 36] : e, con nuovi segni
di albagia nazionale, Todeschi alla stalla, Feacesi alla cocina,
Spagnoli ala camera, Itali a ogni cosa (■'*) [e. 36].
RoMAGNUOL, d'ofjni pelo : spaunuol, Inanrho : lombardo, rosso : todesco,
negro: sohiavon, picciolo: ziìnobse, sguerzo : veneti an, ^yofe&o [e. 35 v.].
Col tempo crebbero i piccini, i negri rimbiondirono, imbrunirono i bian-
chi, e sono sparite le gobbe.
(1) Il Pasqualigo (p. 258) da altra fonte : / padoani pica l'aseno e i
veronesi lo despica per un toco de salrizza.
Qui mi allungherò un pocolino. Un detto di popolo è raccolto, fino
dal cinquecento, da un viaggiatore boemo, un cavaliere compito, che
amava dimolto, e anzi troppo, le citazioni (Liifzow's Hist. of. bohem. li-
terature. Lond. 1899, p. 328). Nei suoi Viaggi dal regno cèco a Venezia
(Cesta z Kealovstvi geského do Benatek, V Praze, 1854, I, 39), Cri-
stoforo Harant (1564-1621) rammenta ai suoi paesani il Villanos generai
telliis Paduana diablos. Sui gradi della diavoleria dei villani nel mondo
non so città dove sia bilancia da giudicarne ; ne dove sia, nelle campagne,
quell'altra che pesa i cittadini.
Cristoforo Harant, in quello stesso luogo, ci ripete il verso Muso, ntons,
Athesis, mare certos dant mihi fines. Chi guardi al suggello del vecchio
comune, (p. es. fF. Trevisan] Illustrazione d'un antico sigillo di Padova.
Parma, J800) dubitei'à se il Musone sia, nel latino tollerabile Muso o
Muson ; e se nel suggello c'è ATHES, badando alle leggi del verso, e alle
tradizioni che serbano il nome del fiume, starà col boemo, vedrà un'abbre-
viatura ; benché il Trevisan creda all'esistenza di un mostro, di un Athes
(p. 44).
Dotto editore fu l'Erben, come fu gentile poeta ; ma i boemi eruditi
che leggono i Viaggi, nella stampa che egli ci diede, dove è scritto (p. 39)
Maria Tarvisana intendano marca : e dove c'è il carro de luzefusina
(p. 38) mutino in Lizza Fusina. Forse C. Harant aveva nel suo auto-
grafo, alla slava, licze. Quanto al Carro, gli stranieri che non ne sanno
veggano le Annotazioni all' Itinerario di Marin Sanuto (Padova, 1847,
pagina ix) o rammentino che il carro trasportava uomini e cavalli da
un'acqua all'altra, con ingegno che, cresciuta la scienza e l' industria dei
dotti, diventò inutile. Il viaggio del Harant è del 1598 (Tieftrunk, Hist.
literatury ceské. V Praze, 1885, p. 75).
(2) Per errore ? Cfr. magna goti.
(3) Anche presso il Pasqualigo (pag. 264).
(15) DEI PEOVEEBI POPOLAEI IN GEECIA ECC. 109
A fonte più letteraria, anzi che a voce di popolo, accenna
nel suo latineg-giare un'altra listerella, che getta sulle sue parole
sale e pepe: Consrienfia clericonmì, fides mercaiorum, recipe me-
dicorum, malitie rusticorum, ophiiones doctorum, hladitie femina-
rum (1), efcefera notariorum, iurameta riifianorum [e. 34 v.] (2).
Minaccio, si direbbe, di trascrivere ogni cosa. Me ne trat-
tengo ; ma come resistere alla voglia di rivedere, e di ripresen-
tare, vecchi conoscenti che ci vengono incontro anche da queste pa-
gine ? C è il famoso Da chi me fido (/uardeme dio, che do chi no
tue fido, me gnardaro b~e io [e. 12], che fu ed è così spesso inter-
pretato male, quasi non si lamenti Taccusato di chi, volendo fargli
il bene, per disgrazia gli nuoce (3). Altro detto comune è 1' El
aa cercando maria per Bauenna [e. 12]: veggo citati, senz'altro,
Fra Gandentio [e. 17] e El beato Bernardino da feìUe [e. 12]: da
notare è certamente {^) il Tu me par de quei che cantaua Ugo, an-
(1) In un luogo e' è glossa che passa il segno : Dio te guai-di de cinche
F., Fame. Fiume. Feniene, cioè monegìie. Fumo. Frate, [e. 36].
(2) Forse giova a qualcuno un altro specchio di virtù e vizi nelle
nazioni ; in quelle di una volta s'intende. Tutto passa, gentilezza de Franza,
furia de Inglvilterra, fortezza de Alemagna, seno [senno] in Lóhardia,
scaltrimento in Toscana, crudeltà in Ongaria, fedeltà de milanesi, pia-
ceuolezza de piamontesi, m,agnanimità de romani, mfedelità in Turchia,
golosità in Sarracinia, latronezzi in Barharia, inuidia de frati, odio de
giudei, tradimento de puiesi [pugliesi], sdegno de schiauoni, iniquità de
albanesi, losenghe de greci, iustitia de venetiani [a mezzo il salmo e' è
il gloria] ; sopportamento de genoesi, lussuria de catellam, destrezza de
bertoni^ benignità de spagnoli, valentisia de portogcdesi., charità de bor-
gognesi., bellezza de francesi, continentia de picardi [e. 35]. So bene quanto
sarebbe facile trovare in altri libri i riscontri ; ma in questo momento,
come il lettore, ho fretta anch'io.
(3) E in questo caso la voce amico serba il suo valore. Non nego poi
che alle volte si usi con ironia (Vedi il Monosini alla pag. 136, e anche
alla pag. 159, ove c'è Vznvonc, aq;axxrj;). Ad amico, non imprudente, ma
falso pensa anche l'arabo che consiglia a guardarsi dal nemico una volta,
e mille volte da lui. (Cfr. Arabum Proverbia... Ed. Freytag, III, ^, pag.
95, e Ebu Medini Sententiae. Ed. De Dombag, 1805, n. 5).
Il Pasqualigo (p. 160), dato il in'overbio, fa questa nota che confonde :
" Così è nelle Dieci Tavole... e sotto El binato Bernardino da Feltre. „
Yero ; ma questo non vuol dire che gli sieno messe in bocca le parole,
uè se ne chiami il primo autore ; il nome del pietoso frate è citato da sé,
come a segno d'onore.
(■4) Quest'antica voce, dal veneto, dovrebbe risvegliare Pio Rajna, che
ci fece belle promesse, e che usa mantenerle.
no E. TEZA (16)
dando allo inferno [e. 31] e, per finire colle stregherie, quell'altra
sentenza che dice Ocus bocus quinquere que citi nasce matto non
guarisse me [e. 25]. Si pensa subito alle parole del buon Siebel
nel Faust: Was Herr? Er will sich unterstehen Und hier sein
Hoktisjjokus treiben? [v. 2306]. Lo Schroer, nel suo commento
(Faust von Goethe. Heilbronn, 1886, pag. 141), ci insegna che il
libro più antico che si sappia avere quella strana voce è inglese,
e del 1634, in una stampa di Londra (Hokìcs pocus junior). In
commedie inglesi del secolo passato l'ho già vista, e ne attestano
la vitalità, ma qui nel libretto veneziano le anticipiamo di un buon
secolo la fede di nascita; e chi indovina dove, sia generata davvero?
Non so dove abbia letto che i proverbi durano poco; ce ne
sono con le gambe corte, che si stancano presto, come le bugie,
ma ve ne sono, robusti e svelti, che durano un pezzo: e quella
raccoltina delle Tavole^ a guardarla, a farsela parlare, rammenta
quello che a Venezia è vivo, vivissimo da quattro secoli. Anche la
forma si mutò assai poco, anche il colore plebeo restò intatto e
pare che non desse noia al raccoglitore.
Se il Polìtès sperasse che anche la Scielta de procerhi e sen-
tenze italiani tolta da varie lingue : opera . . . tessuta da Giulio
Varrini. Venetia 1656 (i), serbi tracce del greco, non lo creda.
Da che nazione si tolga non è detto, e così si mescola il nostrano
col forestiero. Nulla gli gioverebbe il Monosini per i proverbi, o
nati tra i bizantini, o più tardi; ma per le tradizioni morali del-
l' antichità, e sopra tutto della greca, questo libro eccellente, e
sviatosi dalle mani degli eruditi, gli farebbe comodo e ad ogni
modo piacere grandissimo (2). Lo vedrà maneggiare il latino come
lingua sua, spigliato, parlando senza declamare, con una ammira-
bile esperienza di filosofi e di poeti, greci, latini, italiani e con
(1) Questa è la terza edizione. La prima, col titolo di Scuola del volgo^
ossia Scelta ecc. è veronese, del 1642.
(2) Angeli Monosinii Floris italicae linguae libri novem. Yenetiis,
1604.
Gius. Haller che vide, studiò e citò nel secondo volume dei suoi
Proverbi spagnoli tanti libri, mostra di non aver potuto scavare nella
ricca miniera del Monosini; dell'opera del quale rammenta appena il ti-
tolo (II, 20).
Di proverbi neogreci poi conosce (II, 78) solo quelli delle Griechische
Jahreszeiten (I Heft, 1873), dati fuori da Augusto Mommsen.
(17) DEI PROVEEBI POPOLARI IN GRECIA ECC. Ili
felice arte nel commettere assieme quello che se ne stava di-
scosto. Dalle tante fonti che sgorgano nel mondo lo vedrà bere
anche a quella di ApoMoì'nis Bisunfim (i); vedrà sopra tutto, con
meraviglia e con dolore, che c'è un libro che egli onora, ma spa-
ventato dal nome dell'autore. Non osa dire come Erasmo si chiami:
come testimoni, gli compariranno paroemiographi i. e. omnes qui
hactenus paroemias collegerunt, et praecipue nobis àpprjxoi; (2) : e
a questo ineffabile darà per eccellenza il titolo che è di tutti, di
paroemiographus (3); ma per modo da mettere in iscompiglio lettori
che non aprano gli occhi {^). Dottissimo è l'olandese anche per il
nostro Monosini; quell'Erasmo che non solo mette assieme i pro-
verbi, ma se ne abbellisce, per rinfrescare e riscaldare le sue scrit-
ture (5) : e noi, lodando l' uno, perdoneremo all' altro, e agli scru-
poli di troppo delicata coscienza.
(1) Come p. es. a pag. 50, alla frase " Tróvxog àyaO'cJ&v, un mar di beni,
i. inmimera bona. „
(2) Nel cataloffus auctorum, in capo al volume.
(3) E spiega così : nomen enim viri illius, doctissimi quidem^ sed re-
ligioni nostrae parum addicti^ qui Adagiorum Chiliadas collegit^ cum si-
milibus qui in hoc genere laborarimt, ita passim denoto. (Pag. 94).
(4) Ecco un esempio. Al proverbio Xuxvou àpS-évxoc; yuvYj Tiàaa vj aùxi^ il
Monosini annota: " Pessime vero interpretatur Paroemiographus, ut
animadverterunt Gralli „ [Pag. 121]. Chi sono codesti ? Il Paremiografo è
naturalmente Erasmo, al prov. Sublata lucerna etc. (anche questo è in
Apostolius, benché il Monosini non lo dica) : e la difesa delle donne è di
Enrico Stefano, nella sua edizione degli Adagi. (Io cito dalla splendida
edizione Desidera Erasmi. Opera omnia., Lugduni Bat. 1703, voi. II, col.
821). Strano è che il francese adoperi, come arma di battaglia, anche il
Farcite paucarum difftmdere crimen in omnes [Ovin. Ars am. 3, 9J, e che
il Monosini ricanti le stesse parole al prov. Nemo comatus qui non
praeciditur (p. 371) ; dandone questa ragione : Iniurium fuit illum mihi
àppyjxov tali vitio omneis mulieres italas insimulasse. Ingiusto sarebbe
stato davvero ; ma sarebbe anche ingiusto il tacere che quel proverbio
nell'opera genuina di Erasmo non c'è ; benché si legga p. es. nelle aggiunte
della edizione fiorentina (Fior. 1575, pag. 1357). Severo colle donne, Erasmo
é più severo coi maschi i quali rejiciunt in foeminas si quid ipsi deli-
raverint, come i principi muovono insanissimos bellorum tumultos, e gli
imputano al popolo (Opeka II, 689, al prov. Mulierum exitia).
(5) La voce del Herder va sentita sempre : Die gescheitesten, weisesten
und witzigsten Mànner alter Zeiten und Volker haben sich mit Sprich-
wortern hesrhdftigt und erlustigt, vom weisen Konig Salomo an bis auf
Erasmus, Baco, und wie viel Andere mehr ! Des grossen Erasmus Witz
112 E. TEZA - DEI PEOVERBI POPOLABI ECC. (18)
All' amico Politès dico, a rivederci : e perchè intendo di mo-
strare più da vicino i più rilevanti tra i detti che egli ci offre
adesso, e perchè aspettiamo con desiderio vivo i nuovi volumi. Che
il primo a ripetere (Juello che i greci del suo tempo dicevano, fosse
un veneto mi rallegra, per quanto sia stato piccino il raccoglitore ;
mi rallegra ogni segno di affettuosi congiungimenti tra le due
nazioni, laddove mi rattrista ogni ombra, se corpi non sono, che si
alza per separarci. Come nei proverbi giova vedere e rivedere lo
stesso pensiero in altre bocche, e pare più efficace quanto è mag-
giore la gloria del popolo che lo alberga, così mi lasci il Politès
chiudere con le parole che sono di tutti noi, ma che a nome di
tutti, e meglio, glielo dirà Francesco Guicciardini: Quasi tuffi e' me-
desimi proverhii o simili, benché in diverse parole, si fruovano in
ogni nazione ; e la ragione è che e' proverbi nascono dall'esperienza
0 vero osservazione delle cose, le quali in ogni luogo sono le mede-
sime 0 simili (^).
und letchte Schreibart ist aus Sprichwortern and gangharen Redarten
geschOpft. (Von ben Suhulen u. s. w. Werke, 8tempel's Ausgabe XVI,
188). Non aveva bisogno di abusarne, come lo spagnolo Blasco de flaray
nelle Cartas de Befranes ; sapeva dire a sé stesso, Acqua e non tempesta.
(1) Ricordi politici, n. XII {Opere inedite, 1857, I, 90).
(Licenziata per le stampe il 15 dicembre 1899)
Atti del Reale Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti.
Anno accademico 1899-900 - Tomo LIX - Parte seconda.
LE SALE D' ARMI DEL CONSIGLIO DEI DIECI
NEL PALAZZO DUCALE DI VENEZIA
dell'ing. federico BERCHET, s. c.
(Adunanza del 29 offohre 1899)
Sorge naturale, fra quanti ammirano il nostro Palazzo Ducale
e ne desiderano con amorosa sollecitudine la conservazione, il
quesito del ripristino di alcune sue parti, quali si trovavano al-
l' epoca della caduta della Repubblica, come appunto si ama di
conservare al più possibile intatta la residenza di un morto
glorioso.
Fra questi ritorni al passato certamente è assai desiderato
il ripristino delle antiche sale d' armi del Consiglio dei Dieci, per
quanto le circostanze lo rendano possibile.
Ora, dacché il trasferimento della sede del R. Istituto Veneto
di scienze, lettere ed arti dal Palazzo Ducale in questa splendida
" Casa in soler „ degli Eccellentissimi Loredani di S. Stefano, fu la
circostanza la più favorevole a questo intendimento, che io studiai
come si possa raggiungere, credo mio dovere di presentare il frutto
dei miei studii al R. Istituto, al quale ho l'onore di appartenere,
non solo perchè devesi alla sua condiscendenza la possibilità del
ripristino; ma eziandio pel grande amore che esso ha sempre
portato ai patrii monumenti ed in ispecie al Palazzo Ducale, dove
ha lasciato tante nobili tradizioni ed onorate memorie.
Questo R. Istituto dall' anno 1843 al 1891 ebbe la sua resi-
denza neir angolo sud-est del Palazzo Ducale occupando la super-
ficie della antica torre australe, dove negli ultimi quattro secoli
della Repubblica stettero le sale d' armi dell' Eccelso Consiglio
dei Dieci.
114 F. BERCHET (2)
Della torre australe del palazzo riedificata dall' Orseolo nel
977; forse ancora la torre del palazzo costruito da Angelo Parte-
cipazio neir 810 e incendiato nel 976, di cui restano probabile do-
cumento le fascie marcapiani dal ponte della Paglia alla scala dei
Censori, nella qual torre fu ospitato l' imperatore Ottone III l'anno
998 (^), si occuparono parecchi studiosi, e da ultimo Roberto Galli
che ne fece rilevare il perimetro al piano terreno scavando le
fondamenta delle antiche prigioni Galeotta, Giustiniana, Grandonia,
Frescazoja, Schiava, e del pozzo del Cavalier {-) che era la en-
trata con pozzo all' appartamento del cavaliere del Doge nel so-
vrapposto mezzanino.
In tale occasione vennero in luce pavimenti accidentati e
depressi sotto il livello delle alte maree, fognature, basse porte,
piccoli spiragli, grandi archi ogivali di scarico ed altri particolari
di costruzione che furono disegnati in apposite ortografie ed icno-
grafie, di un esemplare delle quali faccio omaggio al R. Istituto,
senza piii oltre trattenermi sulle origini, identificazioni ed ufficii
della torre australe, per non esorbitare dal mio assunto che in-
tende limitarsi a discorrere delle sale d' armi del Consiglio dei
Dieci.
Queste sale, dopo che cessarono dal loro ufficio e furono bar-
baramente dilapidate e saccheggiate, accolsero prima in deposito
le argenterie delle chiese, confraternite e scuole soppresse, ori,
gioje e perle, poi spogliate di tutto e ridotte a camere nude e
imbianchite servirono sotto il primo regime austriaco all' Ufficio
di spedizione del Tribunale d' appello, poi ancora divise in più
camerini e riparti servirono alla Procura generale del Regno
d' Italia, quindi al collegio dei Segretari protocollisti di Consiglio
del Tribunale (^), e finalmente, pel concetto espresso nella Sovrana
risoluzione del 23 marzo 1823 che, cioè, il Palazzo Ducale, sgom-
brato di ogni pubblico ufficio, dovesse divenire la sede pacifica
delle scienze, delle lettere e delle arti, vennero assegnate per
residenza di questo Reale Istituto.
(1) Sagorninus Chronicon venetum, Andreas Dandulus, col. 160, Sabel-
licus, Dee. I, lib. II e VI, Sansovino, Cr. Ven. p. 24.
(2) Disegno tratto dalla pianta terrena del Palazzo Ducale (1580),
Codice CCXCY, classe VII'' Marciana.
(3) Cicogna, Il forestiero f/m'dato nel rospinio appartamento dove ri-
siedeva il gabinetto della Repubblica di Venezia. Ven. 1817, pag. 18, 21.
(3) LE SAIiE d' AEMI DEL CONSIGLIO DEI DIECI 115
Lo studio pertanto che ho 1' onore di presentare per la in-
serzione negli Atti del R. Istituto comprende :
Origine delle sale d' armi del Consiglio dei Dieci, loro di-
sposizione nel Palazzo Ducale e vicende cui andarono soggette.
Discipline per la amministrazione, custodia e manutenzione
delle sale d' armi.
Furti e dispersioni avvenute durante la Repubblica.
Stato in cui le sale d' armi si trovavano al cadere della
Repubblica, ed elenco delle armi, dei trofei, dei cimelii storici ed
artistici che contenevano.
Sperpero cui andarono allora soggette.
Dove ancora si conservino parecchi oggetti d' arte, cimelii
ed armi, e quali nel Palazzo Ducale, nel Museo dell'Arsenale
ed altrove.
Restauri alle sale e lavori di ripristino, e come di recente
fu provveduto al restauro e bene avviato il ripristino dei locali.
Come potrebbesi provvedere a ricostituire le sale d' armi
rimettendo al preciso loro posto quanto avanza delle storiche
collezioni.
A questa Memoria sono aggiunte :
a). La pianta delle sale d' armi colla indicazione del posto
ove erano collocati i principali oggetti al cadere della Repubblica.
h). La fotografia della parete scritta, dell'ultimo camerotto
della torreselìa.
e). Parecchie fotografie degli oggetti principali delle sale
d'armi conservati nel Palazzo Ducale, nel R. Arsenale ed al-
trove.
d). L' Inventario generale o nuovo Registro di tutte le
armi e cose ragguardevoli delle sale d' armi del Consiglio dei
Dieci, compilato da Marcantonio Gruerra, masser alle sale d'armi,
il 23 agosto 1773; e l'Atto di consegna all'Arsenale di Venezia
24 gennaio 1799, documenti originali inediti ed importantissimi.
e). L' elenco di centocinquanta documenti del R. Ar-
chivio di Stato e di altre fonti storiche relative alle sale d'armi,
che servirono per lo studio presente, il quale assoggetto al vostro
giudizio nella fiducia che il R. Istituto vorrà appoggiare col suo
autorevole voto il proposto ripristino. Che se questo non si potesse
conseguire, per le gravi difficoltà esposte nella presente relazione,
rimarrà almeno in essa raccolto tutto quanto si riferisce ad una
istituzione che fu tra le più amorosamente curate dalla Repub-
116
F. BEECHET
(4)
blica e che per la sua magnificenza e i preziosi cimelii che rac-
chiudeva era argomento di generale ammirazione.
Girolamo Eossi nei suoi scritti ricorda fra le più grandi im-
pressioni che ebbe nella sua gioventìi, la visita fatta alle sale
delle armi del Consiglio dei Dieci, le quali aJ. og li arrivo di
principi 0 personaggi stranieri distinti si facevano vedere — lo
(5) LE SALE d' AEMI DEL CONSIGLIO DEI DIECI 117
attesta Marino Sanudo nei suoi preziosi Diarii (i) — come mo-
numento della grandezza della patria.
Le sale d' armi nel Palazzo Ducale a Venezia, fino agli
ultimi giorni della gloriosa Repubblica, si chiamavano Munifion}
del Consiglio dei Dieci, o soltanto Camera delle munitìoni, perchè
nella loro istituzione erano limitate ad un solo locale.
La prima memoria che di loro si abbia risale al 1317, quando
all' antica sala del Maggior Consiglio eretta nel 1295 suU' ala
fabbricata dallo Ziani verso il canale (-) ed ampliata verso corte
nel 1301 ("'), fu aggiunta una camera a parte sinistra della cat-
tedra del Doge per riporvi le armi del Comune (^).
Dopo che fu eretta la nuova sala attuale del Maggior Con-
siglio nel 1340, sopra quella dei Signori di notte {^)^ fu delibe-
rato il lavoro necessario per collocare le armi nel locale vicino
alla detta nuova sala del Maggior Consiglio, nel 1357 (•')•
Anche più tardi una sola era la camera qnl est saprà Qiia-
rantiam, deputata ad conserrationem armorum et alioranì rerum
GonciUi de Decem (J) e 1' entrata era per la porta che è nel-
r andedo del Maggior Consiglio (^^), mediante schala sancada (^).
Suffrago le mie affermazioni colla citazione a pie' di pagina
dei documenti storici che le confermano, parecchi dei quali dal 18
gennaio 1253 a tutto il 20 novembre 1600 sono stati pubblicati da
Giambattista De Lorenzi coadiutore della 3Iarciana in un volume
(1) Sanuto, Diarii, voi. XXYl p. 155, XXVII p. 378, XXXIX p. 87,
XL p. 177. Venezia, tip. Visentini, 1879-91), dell'autografo originale con-
servato nella Marciana.
(2) Deliberazioni Maggior Consiglio, Voi. l'ilo.-ais^ 1295, 25 febb., carte
28, Ardi. gen. di Ven.
(3) Deliberazioni Maggior Consiglio, A'^ol. M(/(jnas et Caprirorn/is,
1301, 13 luglio, carte 10, Aroh. gen. ven.
(4) Deliberazioni Maggior Consiglio, Voi. Clerirus-Cwiciis, 1317, 4
giugno, carta 96 verso. Arch. gen. di Ven.
(.5) Deliberazioni Maggior Consiglio, Voi. Spiritus, 1340, 28 die, carta
113, Ardi. gen. di Ven.
(6) Ri'gistro 4, Misti Consiglio dei Dieci, 1357, 2(i luglio, carta 60.
(7) Registro 8, Misti Consiglio dei Dieci, 1392-1407, carta 6.
(8) Registro 43, Comuni Consiglio dei Dieci, 1593, carta 138.
(d} Registro 8, Misti Consiglio dei Dieci, 1392-1407, carta 57.
118 ^. BERCHET (6)
in quarto intitolato : Monumenti per la storia del Palazzo Ducale,
Venezia, 1868, tip. del Commercio di A. Visentini, col generoso
sussidio di John Ruskin, il celebre illustratore delle Stones of
Venice, documenti che sono tutti conservati nell'Archivio gene-
rale di Yenezia ; ed altri dell' Archivio proprio del Consiglio dei
Dieci, che il Lorenzi si proponeva di pubblicare in un secondo
volume, il cui materiale inedito è conservato presso la Veneta
Deputazione di storia patria.
Oltre a queste fonti principali furono di sussidio alle mie
ricerche quanto lasciarono scritto lo Zanotto nel Palazzo Ducale,
Venezia, 1858, voi. II, parte XIX'^; il Rossi nella sua opera mano-
scritta esistente nella Biblioteca della Marciana, voi. V, pag. 179
e segg. e voi. LX, Doc. pag. 182 ; il Cicogna nel Codice ms. del
Museo Civico n.o rosso 3283 e nero 2984, fascicolo 25, e nel
Forestiero guidato nel cospicuo ap)partamento ove risiedeva il gabi-
netto della Repubblica, Venezia, 1817, pag. 21; il Sanudo nei suoi
memorabili Diarii, vero monumento storico dell'epoca sua ; il Gra-
vembroch, cod. ms. Curiosità venete sacre e profane, 1764, nello
stesso Museo Civico ; ma più di tutto la grande miniera dell'Ar-
chivio di Stato. Con queste ed altre fonti vengo mano a mano svol-
gendo la storia delle sale d'armi del Consiglio dei Dieci e lo studio
per ricostituirle, che forma oggetto della presente Memoria.
In causa del progressivo aumento delle armi e degli oggetti
raccolti si aggiunsero in seguito altri locali i quali portarono il
numero delle sale a quattro e cioè una nel piano inferiore e tre
nel piano superiore (i).
La prima sala aggiunta fu al piano inferiore, sotto la antica,
dacché nel 1399 la sala delle armi del Comune in Palazzo Du-
cale è indicata in due soleri, e le armi vi erano rinchiuse in tanti
cassoni (^).
Queste sale fino dal principio non si destinarono soltanto a
raccogliervi armi comuni, ma ebbero lo scopo di conservare ordi-
natamente disposte come in un ]\Iuseo le armi pregiate e singo-
lari e gli oggetti preziosi che pervenivano alla Signoria per acqui-
ci) Nota e al Doc. 242 pubb. dal De Lorenzi, Venezia, 1868.
(2) Registro 8, Misti Consiglio dei Dieci, 1392-1407, carta 57.
(7) LE SALE d' AEMI DEL CONSIGLIO DEI DIECI 119
sto, per dono e per bottino o trofeo di guerra, per cui col tempo
si arricchirono di tante e singolari cose preziose che il carattere
di Museo divenne prevalente, e le stesse armi si adornarono nel
modo più specioso, e si comperarono pavesi col segno Beati Marci,
corazze ed elmi per adornarle {}).
Solo più tardi, nel 1600, Venezia, sortita vittoriosa da tante
distrette e sentito più urgente il bisogno di non imbelle tutela
alle istituzioni, ricordava 1' antico invito di tener pronte le armi^
fatto dal Consiglio dei Dieci, come leggesi nel Diario Priuìi
al principio del secolo XV, a tutti i cittadini, da cui ebbero inizio
le molteplici armerie private in Venezia, e destinava una delle
sale d' armi del Consiglio esclusivamente a quelle di effettivo
combattimento, con norme particolari.
Nel frattempo alla sala in due soleri, ossia alle due sale,
r anno 1399 in febbraio (more veneto) i capi dell' Eccelso Con-
siglio dei Dieci commisero, prima nella sala " in lo primo soler
di sotto „ e poi anche nella sala superiore, di fare armadi " per
la longheza de un ladi e de laltro et in testa, de la erteza de
pe' 7 e largheza de pe' 1 1/2 . „
Questa sala aveva due finestre che naturalmente non si co-
persero cogli armadi, i quali corsero ancora '^ driedo la porta a
mano destra entrando, e sotto la schala zanchada, con portelle so-
vrazate, apribili in tutta altezza. ,, (-).
Nel 1496, poiché andavano molto aumentando le armi e gli
oggetti raccolti, fu deliberato " di adoptar per le dite munition
una sala vacua che xe de sora de la Quarantia civil, qual'è in
torresella de la banda del rio de Palazzo a la destra, non usada
ad alcun bixogno, facendovi armari et altro, come meglio et più
conveniente parerà esser a questo servitio, et adoptando la scala
che va in torresella, come meglio al Camerlengo del Consiglio dei
Dieci, chiamati i periti, in questo apparrerà. „ (•^).
La prima disposizione a tale riguardo data dal 1464 (^), pe-
rocché fino dal 1460 per evitare i pericoli ai quali potevano
incorrere le sale d' armi, il Consiglio dei Dieci aveva ristretto
(1) Registro 8, Misti Consiglio dei Dieci, 1392-1409, carte 6, 13, 19, 57.
(2) Registro 8, Misti Consiglio dei Dieci, 1392-U07, carte 5 e 56.
(3) Registro 27, Misti Consiglio dei Dieci, 1495-1498, carte 142 verso.
(4) Registro 16, Misti Consiglio dei Dieci, 1460-1466, carta 142 verso.
120 F. BEECHET (8)
r USO della torricella pei prigionieri (^), e nel 1486 preoccupan-
dosi dell' eventualità di un incendio aveva formalmente stabilito
che restando solo il carcere forte, tutti gli altri camerotti et
clausure licjnaminimi existentium in ipsa turicella deheant omnino
et quanto fieri posset celerius toli atque levari vias, sic quod omnia
loca illa reddantur in aperto (^), e che le chiavi della torresella
fossero depositate e conservate presso lo stesso Doge.
Ma come la deliberazione del 1460 era rimasta lettera morta,
e rese necessaria questa del 1486, sembra che neppur quella
del 1496 raggiungesse lo scopo, dacché continuarono le appren-
sioni pei pericoli del fuoco e le incertezze.
Nel 1507 fu nuovamente deliberato, senz' altro quod ipsa
turricella destrui debeat (=^), ma fu conservato il carcere forte.
Trovo nei preziosi Diarii del Sanuto, che in quest' anno, e
precisamente il 20 maggio 1507, " hessendo reduto el Pregadi in
Gran Consejo, accidit eh' el cazete certa gorna di piombo del
palazo, et per el chargo fo minata la torresela dove si meteva li
homeni da conto, retenuti per el Consejo dei X ; et nel cazer de
la gorna fé' gran romor, dete su taole, polvere assai, adco queli
erano in Pregadi credetero cazeseno sozo el Palazo, et si misero
a correr, chi di qua chi di là ; ma poi, visto non esser altro ritor-
nono. „ (-t).
Frattanto nel 1500 fu concesso quod poni possint in turri-
cella uhi haheant stare datisi in illa camera grandi et spaciosa
que est ibi i sette capi e governatori francigeni che furono
fatti prigionieri nel recupero di Tre viglio ("'), i quali nell' agosto
dello stesso anno 1509 furono fatti sloggiare quando fu condotto
a Yenezia e posto in torresella il 3rarchese di Mantova Giovan
Francesco II Gonzaga, preso a tradimento da quattro villani a
Isola della Scala " et fò conzà la torresela con tapezerie, coltre
d'oro etc. per el marchese, che era molto melanchonico et liavea
mal franzoso. „ ('>).
(1) Registro 16, Misti Consiglio dei Dicci, 146H-U6G, carta 14.
(2) Registro 23, Misti Consiglio dei Dieci, 1486-1487, carta 60.
(8) Registro 31, Misti Consiglio dei Dieci, 1506-1507, Ciii'ta 116.
(4) Sanuto, Diarii, voi. VII, p. 84, 85.
(5) Registro 32, Misti Consiglio dei Dieci, 150S-1.50!), carta 105.
(6) Sanuto, IHarii, voi. IX, p. 41 e 271.
(9) LE SALE d' armi DEL CONSIGLIO DEI DIECI 121
In questa prigione della torresella furono ancora custoditi
prigionieri d' importanza come :
Nicolò Guerrero, che nel giugno 1439 scrisse sulla muraglia
il suo nome, che tuttora si legge.
Luchino da Cremona, che il 31 gennaio 1458 vi scrisse il
diace patì, che leggesi ancora.
Monsignor De la Rosa capitano generale de 1' imperatore
assieme al Lichtenstein ed a Gaspare Vincer nel 1511 e 1512 (^).
Sagramoro Yisconti di Milano, 1512, che poi militò sotto la
Repubblica e morì, nella rotta di Padova, 1' ottobre del 1513 (^).
Bernardino de TAntignola spagnolo nel 1513.
Il capitano spagnolo don Alonzo Carvajal di Perero, prigione
nel 1513, scambiato poi col governatore generale il 14 ottobre (•^).
Il Cardinale Ascanio nel marzo 1514 (-i).
11 capitano Rizen, prigione col Frangipane nel 1514, fu capi-
tano di Fiume " et fo quelo che fece bruciar Mestre „ (^).
Il conte Cristoforo dei Frangipane conte di Segna, Veglia e
Modrussa capitano dell'esercito imperiale, prigioniero che aveva com-
messe molte crudeltà in Friuli " tajà dei e cava oci a 102 me-
schini vilani, fatto brusar Mestre et altro „ ; fu condotto in torre-
sella il 5 giugno 1514 ('•).
Nel gennaio 1517 si concesse a sua moglie Lang Apollonia,
sorella del cardinale Matteo Lang vescovo di Salzburg e primate
di Gurk, di visitarlo e di dormire con lui parecchie notti per
cui s' era fatto allontanare chi si trovava nella stanza del Fran-
gipane (^).
Nel 10 giugno dello stesso anno fu concesso al Frangipane
nel giorno della processione del Corpus Domini " che el possi
vederla ne la sala de la libraria sopra quel pozuol „ (^) " et così
fo mena per la sala del gran Consejo et vite per dito pergole la
procession et poi dal balcon di corte entrar la Signoria in palazzo
(1) Sanuto, Diarii, voi. XIII e XIY, passim.
(2) Idem, voi. XVII, p. 95, 187.
(3) Idem, voi. XVI p. 515, XVII 201.
(4) Idem, voi XVIII, p. 107 e 108.
(5) Idem, voi. XVIII, p. 107, 108, 261, e XX iJ^.m;».
((i) Idem, voi. XXI, p. 92, XXII, p. 154, 214, 564, XXIV, 177.
(7) Idem, XXIII, 148.
(8) Registro 41, Misti Consiglio dei Dieci, 1517-1516, carta 48.
122 r. BEECHET (10)
e finita la processione fu ricondotto immediate al suo loco con le
egualmente gì
guardie sue ordinarie e consuete (i). „ Effualmente ffli fu concesso
il 3 giugno 1518 "et andò a vederla con uno scuffion d' oro in
testa. „ (-).
Il Sanuto nota " che questo conte Cristoforo fece intagliar in
torricella che vi era stato condotto il 5 giugno 1514 et fin al 10
settembre 1518 erano stati 1552 giorni, famen vi stette anchora,
(1813 zorni) (^); che nell'ottobre 1518 tentò scappar et si trovò
al tondo, varda sul ponte over piazza, segati i feri (^); che era
tenuto preson a requisitoria del Ee Christianissimo (•'•) ; che uscì
di pregion il 6 gennaio 1819 e al 1° gennaio gli fu ancora per-
messo di dormire con sua moglie in torresella (''); e finalmente
che fu mandato a Crema per consegnarlo al maresciallo di Fran-
cia, Odetto di Foys, visconte di Lautrech, luogotenente del re in
Italia C). „
Col Frangipane, che lasciò scritto sul muro della torricella
spes mea in Beo est (^), era stato messo in prigione il 10 giugno
1514 il capitano Renier, tedesco, " ma fu levato per parole bestiai
usate. „ Questi fu poi cambiato nel 1516 col cav. Della Yolpe che
era prigioniero a Gradisca (^).
Il Sanuto ricorda pure essere stati rinchiusi in torricella,
dove non si poteva mettere alcuno senza ordine del Consiglio
dei Dieci :
Brunoro di Serego veronese di parte imperiale nel 1514^ rila-
sciato poi verso piegieria (^^).
L' arcivescovo di Candia Girolamo Landò (aprile 1519) " in-
cholpato di scientia de moneda falsa „, rimesso al giudizio ec-
clesiastico che lo assolse (i^).
(1) Sanuto, Diarii^ voi. XXIV, p. 347.
(2) Idem, voi. XXV, p. 437.
(3) Idem, voi. XXVI, p. Il, 349.
(4) Ibidem, p. 152.
(5) Ibidem, p. 181.
(6) Ibidem, p. 327.
(7) Ibidem, p. 339.
(8) Id. id.
(9) Sanuto, Diarii, voi. XVIII, p. 261, 362, voi. XX, p. 419.
(10) Idem, voi. XXII, p. 246 e 358.
(11) Idem, voi. XXVII, 139, 157, XXVIH, 135.
(11) LE SALE d'aJBMI DEL CONSIGLIO DEI DIECI 123
Il N. H. A'incenzo Baffo, rettore a Schiros, il 22 gennaio
1522 m. V. " per manzarie „ (')•
Il N. H. Paolo Nani nel novembre 1530 ; poi indiziato di
aver tentato di appiccare incendio alla torresella dove era ritenuto (2).
Contin da Martinengo " condottier venezian, per sospetto di
tradimento stette mesi 15. „ Uscì 1' 11 novembre 1533 con piegie-
ria di ducati 15 mila (•^).
Baldassare Carduzi dottore, maggio 1527, rilasciato poi verso
piegieria di ducati 1500 (^).
Il vescovo di Cesena il 7 marzo 1528, liberato il 12 maggio
essendosi riconosciuto che non aveva fatto alcun male " solum
era in inimicitia col Papa „ (5).
Si arriva così con due sale fino al 1532, nel quale anno
in causa dell' incendio successo in torresella il 2 marzo 1532
per inopinato caso, fortunatamente spento senza gravi danni, ma
non senza sospetto sul N. H. Polo Nani ivi sostenuto e che do-
veva mandarsi in esiglio perpetuo, fu preso nel Consiglio dei Dieci
con la Zonta : " di disfare li lochi de la torresella e far sale
d' armi „ ('•) e le armi che erano nella sala da basso furono por-
tate di sopra, e dove giacevano le armi furono disposte le stanze
per coloro che stavano per essere eletti a qualche carica dal
Maggior Consiglio. (^).
La spesa fu pagata dal " proveditor del Sai alla cassa della
fabbrica ducati 230 giusta polizza del mistro Antonio protho „ ('*).
Nel 1535 fu compiuta la terza sala " facta del loco „ della
torresella sull' angolo del ponte della paglia e completamente
fornita d'armi, ordinando a Brescia le compere necessarie (•^); e fu
(1) Sanuto, Diarii, voi. LV, e. 252 tergo.
(2) Registro 9, Comuni Consiglio dei Dieci, 1532, carta 106 verso.
(3) Sanuto, Diarii, voi. XXXV _pa6'6Ùn, e LIY,>p. 115, 120, 123.
(4) Idem, voi. XLV, 111.
(5) Idem, voi. XXVII, 139, 157, XXVIII, 135, LIV, p. 115, 120, 123,
XXXV, XLVII, 373, 414.
(6) Idem, voi. LVI, pag. 165.
(7) Registro 8, Comuni Consiglio dei Dieci, 1532, carta 29 verso.
(8) Registro 9, Comuni Consiglio dei Dieci, 1532, carta 106 verso
(9) Registro 11, Comuni Consiglio dei Dieci, 1535, carta 75 verso.
124 F. BEECHET (12)
addobbata " delli soi anneri, restelliere di ferro e cortine di tela
con li San Marchi d' oro come avevano le altre sale. „ (i).
Le sale delle monizioni continuarono ad essere in numero
di tre nel piano superiore, finche nel 1609 vi si aggiunse la quarta
sala al piano sottoposto che fu anche detta di A rttxt infanto perchè
conteneva armi cariche e pronte per munirne i nobiluomini del
Maggior Consiglio in caso di bisogno, mentre nelle tre sale supe-
riori si conservavano armi antiche e preziosità storiche ed arti-
stiche (-)•
Così la Camera delle moniUoni dell' Eccelso Consiglio dei
Dieci fu definitivamente stabilita nei quattro locali che si trovò
ad avere alla fine della Repubblica, tre dei quali nel piano su-
periore sono appunto quelli che furono in questo secolo adottati
per sede dell' Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti colle
suddivisioni fattevi allo scopo di ricavarne la sala per le assem-
blee e le stanze d' ufficio e di studio, restando le raccolte, la bi-
blioteca e le esposizioni disseminate in altri locali dello storico
palazzo. Il quarto locale, nel piano inferiore, è l'attuale sala Bes-
sarione della Biblioteca Marciana.
Per non trascurare ogni elemento di studio, negli archivi
della Repubblica, alla ricostituzione delle sale d' armi; giova an-
che ricordare che nel febbraio 1556 i capi del Consiglio dei
Dieci, Alvise Contarini, Cerolamo Da Lezzo e Domenico Morosini,
deliberarono che la porta per la quale dall' andito del Maggior
Consiglio si accedeva alle sale delle armi del Comeio di X fosse
munita di un " serramento decoroso et honorevole „ {^) come richie-
deva il luogo, epperciò commisero a Zuan Battista Basadonna
Console veneto nella Seria residente in Cipro che procurasse di
aver dieci tavole di cedro del monte Libano " delle più belle,
lunghe piedi dieci e grosse dita quattro. „
Il Basadonna, dopo lunghe e difficili trattative col Reveren-
(1) Registro 12, Comuni Consiglio dei Dieci, 1537-1536, carte 156,
(2) Zanotto, Palazzo dacale, voi. I, cap. XIX, p. Kió, che cita il Ma-
rinioni scrittore contemporaneo.
(3) Registro 22, Comuni Consiglio dei Dieci, 1537-3H, carte 210 e se-
guenti.
(13) LE SALE d' AEMI DEL CONSIGLIO DEI DIECI 125
dissimo Patriarca di quel monte, il quale non voleva acconsen-
tire perchè quel luogo era considerato sacro e mai era stato
tagliato, e non essendovi piìi di 25 alberi nel monte, alla perfine,
stabilita una elemosina di veneziani d' oro dieci alla chiesa pa-
triarcale del monte Libano, ed accontentato il Macademo di quel
monte con altri veneziani dieci e 4 pezze di panno rosso, potè
procurarsi le dieci tavole richieste, farle condurre coi muli dal
monte alla marina di Tripoli e colà metterle in barca e spe-
dirle alle Saline di Cipro, dove Antonio Cecchini scrivano alle
dette Saline le fece caricare sulla nave Yeniera, patron niesser
Marco Da Damian detto Tabe, e le spedì a Venezia al Provve-
ditore sopra la artiglieria, pel nolo convenuto di ducati 7 e mezzo.
Il conto reso dal console Basadonna, fra elemosina al Pa-
triarca, tributo al Macademo, regalie, mercedi, spese di viaggio a
chi trattò e fece il carico e ad un suo assistente, la mano d' opera
per r abbattimento dell'albero e la sua segatura nelle dieci tavole
delle indicate misure ed il loro trasporto alla marina, il nolo dei
mulattieri con sette muli, cioè cinque carichi ognuno di tavole, e
due di rispetto, fino a Tripoli, e da Tripoli alla marina, e loro
carico sulla nave, ammontò a veneziani d'oro da lire otto n. 42
e marchini 6 (0.
Il serramento di porta alle sale dell' armi costrutto con tanta
spesa; fu tolto dal posto quando al principio di questo secolo si
portarono nel corridojo gli scaffali della Biblioteca Marciana.
Intanto alla conservazione e sicurezza delle sale veniva prov-
veduto con ogni cura. Abbiamo deliberazioni del Senato del 1538
per fortificarne il tetto e coprirlo di piombi, del 1578 per rifarlo
ancora (^). Una più importante deliberazione fu presa nel 1569 (^).
Per dare nuovo e più maestoso ingresso alle sale, fu costruito un
muro attraverso il ripiano della scala dei Censori, ed aperta su
questo muro una porta di fronte a quella dell'anticamera del Con-
(1) Registro 22, Comuni Consiglio dei Dieci, 1555-1556, carta 210. con
5 documenti sopra le ultime tre carte non numerate.
(2) Registro 33, Comuni Consiglio dei Dieci 1577-78, carta 157.
(3) Rotatorio 27, Capi del Consiglio dei Dieci, 1568-1569, carta 190.
126 F. BEECHET (14)
siglio dei Dieci, con un breve ramo di scala conducente appunto
alle sale, le quali ebbero ad avere così due ing-ressi (').
Questa scalinata che univa il ripiano della scala dei Censori,
al piano delle sale delle munitìoni, fu costruita originariamente in
legname, per non caricare con soverchio peso la grossa trave {bor-
(lonaì) sostenente la sottoposta impalcatura ; ma solo trentadue anni
dopo si riscontrò così infracidito il legname, che il Consiglio dei
Dieci l'anno 1593 (m. v.) ai 15 di febbraio deliberava di rifarla in
pietra " anche per dignità del locho così nobile et così ben tenuto {-). „
La spesa per la nuova scala in pietra fu prevista da messer
Antonio Contin in ducati 240, lire 4 (s), ma a lavoro compiuto si
dovette aggiungere alla somma preavvisata altri ducati 322, lire 4,
soldi 1 (4). Si vede che anche ai tempi della Serenissima e sullo
scorcio del classico 1500 i conti preventivi ed i consuntivi dei la-
vori di adattamento negli edifici non andavano troppo d'accordo.
Passano i tempi e noi cambiamo con quelli, ma alcune cose restano
pur sempre eguali. In quel torno molte altre scale interne di ser-
vizio nel palazzo, che erano state originariamente costruite in legno,
probabilmente per le esigenze statiche mentre erano piantate di-
rettamente sulle impalcature dei sottoposti solai, vennero per ra-
gioni di comodità e di pericolo di incendi rifatte con gradini di
pietra, e già nel 1598 le scale che conducevano nella soffitta delle
sale d'arme che erano di legno fracido e consumato, furono rifatte
in pietra di Nanto (s) facendosi pagare, dal Camerlengo del Con-
siglio dei Dieci, ducati duecento da lire 6, soldi 4, per far le
dette scale, a Gasparo Dardani masser delle sale d'armi, coU'ob-
bligo di tener conto particolare della spesa, per presentarlo al Tri-
bunale dei Capi.
(1) Filza 11, Parti secreto Consiglio dei Dieci, 1562-1564.
(2) Registro 43, Comuni Consiglio dei Dieci, 1598, carti 168 verso.
(3) Filza 200, Parti Comuni Consiglio dei Dieci, 1593.
(4) Filza 209, Parti Comuni Consiglio dei Dieci, 1595.
Ecco il dettaglio della spesa :
" Gradini 12 lunghi piedi 7 Va a soldi 50 il piede, quaricelli 8 a lire
24 l'uno, pozapie 30 a lire 7 il piede, muri passa 7 a lire 14 al passo,
piombo libre 300 a soldi 25 la libbra. Colla mano d'opera di muratore e
tagliapietra e trasporto al piede del lavoro fa ducati 240, lire 4. „
(5) Registro 48, Comuni Consiglio dei Dieci, carta 109 verso, e filza
221,'^Parti Comuni Consiglio dei Dieci, 1598.
(15) LE SALE d' AEMI DEL CONSIGLIO DEI DIECI 127
La grossa trave {hordonaì) sostenente il muro di traverso sul
ripiano della scala dei Censori dove fu aperta la nuova porta
alle sale d'armi, col tempo ed in causa delle pioggie lentamente
filtrate per due secoli attraverso le giunzioni delle parti in ag-
getto della decorazione in pietra viva di quel lato del palazzo,
soiferse nella sua estremità verso il rivo di Canonica, per cui al
principio di questo secolo fu rinforzata questa estremità facendola
sostenere direttamente da una forte sbarra di ferro saldamente
incastrata nel muro ed a foggia di mensola protratta sotto le parti
sane del hordonaì ed a quelle fortemente assicurata.
Malgrado ciò, quando di recente, con esuberanza di esagera-
zioni e spreco di retorica, si richiamò Tattenzione del paese sulle
condizioni statiche del Palazzo Ducale, nuovi e diligentissimi esa-
mi fatti sul posto consigliarono un provvedimento più radicale. Fu
armata con 2 staffe di ghisa alle estremità e con un'arco scemo di
scarico in muratura la grossa trave che sovrasta al pie della rampa
della scala di fronte alla porta del Maggior Consiglio. All'antico hor-
donaì sotto il muro d' accesso alle sale d' armi, che colla estremità
interna poggia su questo grosso trave, fu sostituita una nuova e ro-
bustissima trave armata a sistema misto di larice e di ferro con te-
state a capsula di ghisa alle due estremità, mettendo a profitto le
varie resistenze del materiale impiegato, e vi fu involtato sopra un
grande arco parabolico di scarico, rifacendo con pietre cave il
muro tra questo e la trave armata, nel qual muro fu rimesso a
posto l'antico e decoroso contorno della storica porta.
In tale occasione fu pure rinnovata la terza trave maestra
parallela alla nuova trave armata che con questa sostiene 1' im-
piantito di tutto il pianerottolo (i).
Dopo che il Reale Istituto abbandonò nel 1891 le sale delle
armi, vennero abbattute le divisioni in cannici e legname che
erano state fatte quando furono destinate ad uffici, e si ritornarono
alla loro planimetria originaria, come mostra il tipo esistente nel-
l'Ufficio regionale (2).
(1) Quarta Relazione dell'Ufficio regionale per la conservazione dei
Monumenti del Veneto. Venezia, 1899, pag. 51-.52.
(2) Tipo I e II allegati alla perizia dell'Ufficio regionale suddetto.
Tedi il disegno a pag. 4 della presente Memoria.
128 P. BERCHET (16)
In tale occasione, furono anche ripristinati e consolidati i
contorni delle finestre ad arco acuto sopra il rivo di Canonica,
aperti e muniti di vetrate a rulli i fori che danno sul canale e
sul Molo, e accuratamente eseguita ogni necessaria riparazione. Si
mantennero al loro posto le due piccole finestre rettangolari re-
spicenti il Molo, le quali a torto si vorrebbero da taluno levare dalla
facciata ove esistono ah ant'iquo, come appunto si vedono nella
stampa del cinquecento attribuita al Durerò. Si risarcirono le
travi dei soffitti e degli impalchi delle sale, rinnovando tutte le
sansovine a cassettoncini listati. Si ripristinarono i vecchi contorni
di porta, utilizzando le antiche sagome, e si costruirono i nuovi
serramenti in armonia cogli antichi ; si rifecero i pavimenti in ter-
razzo alla veneziana (^): ed ora si sta ultimando la sistemazione del
tetto all'angolo verso il ponte della Paglia.
Conseguentemente, per tutto ciò che riguarda gli ambienti,
le sale ora perfettamente consolidate e risarcite e si trovano rimesse
nella disposizione in cui erano al cadere della Eepubblica. Manca-
no soltanto le tinte, ed alcuni lavori di compimento, fra i quali quello
per assicurare e fermare le inscrizioni che ancora rimangono sopra
quella parte di parete che formava un lato dell' ultima prigione
della torresella, iscrizioni tutte della prima metà del secolo XY,
che ricordano date, nomi, invocazioni di prigionieri, invero di dif-
ficile lettura, ma raccolte e consegnate, con artificii di luce e
pazienza infinita dal prof. Del Piccolo e dall'architetto Riva, del-
l'Ufficio regionale, nella fotografia riprodotta qui di fronte (^).
Queste iscrizioni poi, coli' ajuto del valente paleogvafo e no-
stro collega prof. Predelli, potei, per la prima volta, decifrare, e
sono le seguenti : *
1. et E mort
2. Deus qui beatum petrum Apostolum a vinculis absolutum
illesum abire fecisti famolorum tuorum in captivitate
positorum vincula solve et eos ipsius mentii
illesos abire concede .R"^
(1) Quarta Relazione dell'Ufficio regionale, p. 2J.
(2) Questa fotografia e la maggior parte delle altre riprodotte in
questa Memoria sono state con molta diligenza eseguite dall' ardi. Riva
dell' Ufficio regionale, mentre alcune sono fatte dell' Alinari ed alcune
vennero favorite dal co. Piero Foscari. I relativi clichés furono eseguiti
nello stabilimento Boia e Miola di Padova.
(17)
LE SALE D ARMI DEL CONSIGLIO DEI DIECI
129
3. Anchoy Boy///caiva
4. is capibus non occurrit
5. etiam odit
6. amor.
7. quìbus Mens a Bacione, dissensi! semper timor
aliquid intendet
Ì3t) i'. BERCHET (18)
8. Non ventiles te in omnem ventum
[Ecclesia- et non eas in omnem viam
ste] Esto firmus in via veritatis
et prosequetur verbum pacis et iusticie
9. tunc consillia saluta et advoca centra
aliud et forte prosperitas . . .
10. 1439. 9 Junii
Nicolò Guer-
rero.
11. Ag^rediare nephas et àum licet effuge crimen
dixit et ante oculos rectum pietasque pudorque
constiterat
12. . BISCE . PATI . LVCHINVS . DE . CEEMONA . 1458 . 31 . Ja»
(a ^riii><fr(i del DISCE liKpefto al ìcfforc) :
13. . felix qui potuit rerum rognoscere
causas
14. generosus
15. Quid enim Interest utrum ex honiine se convertat
quis in Belluam an hominis figura immanitatem
gerat Beline
16. Quid qui omnia recta et Honesta negligunt Punì
Modo potenciam Consequantur Non ne
idem faciunt eisdem ii qui eciam Socerum
habere volunt eum Cuius auda ...
17. Forma bonum
est fragille quantumque
acedat ad annos
fit minor
18. Secundum Jacobum Fornari
19. Non est in fil . . .
20. Marche
Le iscrizioni che stavano nelle altre pareti dei camerotti de-
moliti per adattare in passato le sale delle armi ai vari usi cui
successivamente servirono, andarono pur troppo perdute. Lo Za-
notto nella sua storia del Palazzo Ducale, ricorda che ai suoi tempi
viveva ancora chi lesse la iscrizione del Frangipane sul davanzale
della finestra del camerino che guarda sul Molo e che fu restaurato
quando ivi si insediò V Istituto, e così la riporta : " qua estroize
{rectae introise) fino terzo zoruo de setembrio del MDXVIII io
(19) LE SALE d'aKMI DEL CONSIGLIO DEI DIECI 131
Christoforo Frangipanibus chonte de Yegia, Senia et Modrusa^ et
io Apollonia chonsorte de sopradicto segnor chonte. „ (/).
La Serenissima Repubblica ebbe sempre particolare cura ge-
losa delle sale d'armi o della monition del suo Eccelso Consiglio dei
Dieci, le quali, assieme al " santuario delle zogie „ in Chiesa di San
Marco, costituivano due raccolte inestimabili per gli oggetti pre-
ziosi che contenevano. Alla custodia di queste sale nel 1536 fu no-
minato un deputato o Masser con ducati 6 al mese " per tenerle
in ordine „, e furono commesse due chiavi una da deporsi nel
cassetto di cui teneva le chiavi il Capo del Consiglio dei Dieci di
maggior età, e l'altra nel cancello dove stavano i libri e le let-
tere scerete del Consiglio.
Quando il Masser doveva accedere alle sale, le chiavi gli
erano consegnate dal Segretario del Consiglio dei Dieci, al quale
doveva restituirle lo stesso giorno perchè fossero rimesse al loro
posto, e non poteva condurre con se alcuno, salvo chi dovesse
acconciare le dette monifioni ed armi (-). Primo Masser deputato
alle sale d'armi del Consiglio dei Dieci fu Raffaele de Riva qu.
Jacobo, eletto il giorno 19 gennaio 1537.
Furono allora precisate alcune discipline per il governo delle
sale ; fu ordinato sotto vincolo di sacramento che i capi del
Consiglio dei Dieci dovessero visitarle ogni tre mesi ; che da uno
dei segretari del Maggior Consiglio assieme al Masser delle sale
d'armi si dovesse far particolare e distinto inventario di tutte le
armi e di qualunque oggetto, consegnandolo in un libro da tenersi
nella Camera dei Capi di esso Consiglio, colle annotazioni di carico
e scarico successive, o meglio, come si diceva allora, aggiungen-
dovi in calce le mutazioni ; che uno dei capi col segretario do-
vesse verificare una volta al mese se il deputato facesse il debito
suo, e fosse tenuto il cassier del Consiglio una volta almeno al
mese di esaminare e rivedere le dette monifioni, e " quello non
abbia fatto il debito suo lo debba cazzar del tutto senza alcun
respetto „; che non si potessero mostrare dette sale, se non per de-
(1) Cfr. Sanuto, Diorit, voi. XXVI, p. 13, 389, e cfr. a pag. 10 della
presente Memoria, dove è riportata altra iscrizione d(4 Frangipane oggi
perduta.
(2) Registi'O 11, Comuni Consiglio dei Dieci, 1535-1536, carte 181 e 189.
132 F. BERCHET (20)
liberazione del Consiglio dei Dieci presa con due terzi delle bal-
lotte e colla presenza dei capi di esso Consiglio (i).
Dal Masser dipendevano i quattro Proti delle varie armi, collo
stipendio di ducati 13 all'anno per ciascuno, e nell'anno 1538 al
proto spader Alvise Foscolo fu aumentato lo stipendio e portato
a ducati 2 V2 al mese (2).
Aumentando continuamente la importanza delle sale d'armi,
il loro governo fu, nel 1548, dal Consiglio dei Dieci affidato ad un
Provveditore sopra l'artiglierie, che durò in carica fino al 1589, e
furono date nuove disposizioni sulla consegna e riconsegna delle
chiavi e sui rapporti del Provveditore col Masser posto alla sua
dipendenza {^).
Agli 8 di marzo del 1598 in luogo del Provveditore sopra le
artiglierie fu eletto un Provveditore alle sale d'armi (*).
Nel 1602 al proto " frezzer et alli doi soi chompagni „ fu
aumentato il salario con ducati uno di accrescimento al mese {^).
Air 11 di marzo 1606 fu ordinata una inchiesta sui quattro
proti delle sale d' armi, che erano uno spader et armanioJ, uno
frezzer, uno haìlesirier^ et il quarto arzier, e questi vennero sosti-
tuiti con uno shioppetier, uno frezzer^ uno xpadaro, et uno arma-
ruolo. Al primo si assegnarono ducati 60 all'anno, al secondo trenta,
ed agli altri due quaranta, e per tutti si precisarono gli obblighi par-
ticolari, fra i quali è notevole pollo schiopettiere l'obbligo di tener
sempre carichi a polvere e palla gli archibugi, e di scaricarli ogni
sei mesi dalle finestre della soffitta del palazzo, e nuovamente
caricarli ("), e mantenerli sempre in pieno ordine, affinchè potessero
servire.
Nel settembre dello stesso anno fu emanato un Eegolamento
affinchè tutte le armi fossero pronte " per qualunque accidente
che nostro Signore Iddio tenga lontano „. Fu proibito 1' accesso
alle sale, senza particolare permissione del Consiglio dei Dieci, e
furono proibite mancie e hererazi. Colla stessa parte, 0 delibera-
ci) Registro 34, Coiìiuiii Consiglio dei Dicci, 1578-1579, carta 69 verso
0 seguenti.
(2) R(vgistro 12, Comuni Consiglio dei Dieci, 1537-1588, carta 173 verso.
(3) Rcgistr.) 2K, Cjinuni Consiglio doi Dieci, 1547-1548, carta 181 verso.
(4) Rossi. Ms. nella Marciana, voi. V, carta 193.
(5) Registro 52, Comuni Consiglio dei Dieci, 1602, carta 109.
(6) Registro 56, Comuni Consiglio dei Dieci, 1606, carta 32 verso.
(21) LE SALE d' AEMI DEL CONSIGLIO DEI DIECI 133
zioiie, venne stabilito il turno dell' armaruolo per riconoscere e
rivedere tutte le armi nel modo seguente :
In marzo e aprile " la sala da basso che ha la porta viciii
al Gran Consejo. „
In maggio e giugno " la sala III-^ dove ò posta la arinatura
del Ke di Francia. „
In luglio e agosto " la sala 11'^ delle corazze. ^
In settembre e ottobre " la sala I^ del Gattamelata. „
In novembre e dicembre '^ la sala che introduce air ufficio dei
Capi del Consiglio dei Dieci. „
In gennaio e febbraio " le soffitte. „
Le competenze del lavoro per le visite e riordino delle armi
furono così determinate :
Per rarmajiiolo: le corazze, armature e loro aderenze, celate,
mazze ferrate, manopole e maglie.
Per lo spadaro : le arme inastate e le arme da pugno, spade,
spadoni, frantopini (lama stretta quadrangolare alla punta ed esa-
gona verso la guardia), cortelle, scimitarre.
Pel freccerò: " archi, balestre, frezze, corde e bolzoni. „
Tanto pollo spadaro che pel freccerò furono stabiliti gli stessi
turni dell' armaruolo, affinchè tutti e tre in una volta fossero ad-
detti alla stessa sala.
L'archibusero o schioppettiero, oltre agli obblighi già detti,
doveva provedere alle pistole e terzaruoli, tenendo pronte 200
libbre di palle di varie saf/oìiic (calibro) pei terzaruoli e pistole,
25 libbre di polvere e 2 di polverino e 100 mazzi di corda da
stoppino, ed era tenuto, in ogni occorrenza e di giorno e di notte
che sentisse moto considerabile in piazza o nelle corte di Palazzo,
correr con la polvere suddetta e corda alle sale per dispensarle
conforme al bisogno (i).
I quattro proti o artefici soggetti al ^Massaro che aveva in con-
segna le sale d'armi furono nel 1736, per economia, ridotti a due (-).
Le armi vecchie o inutili o rejette si passavano spesso all'Ar-
senale e da questo si toglievano, per sostituirle, armi nuove ; e se
ne ordinarono anche a Brescia o a Bergamo (^).
(1) Registro ò6, Comuni C'Oiisii^'Uo dei Dicci, KilHì, carta MO.
(2) Rossi Manoscritti nella Mareianji, voi. FjX, docuniLMiti n. 182-11)0.
(ì)) Registro 14, Comuni Consiglio dei Dieci, 1541-42, carta 66.
134 F. BEKCHET • (22)
Nel 1535 si comprarono 400 archibugi, fiasche e corsah' 100,
celate 400, arme inastate 600 e picche di frassino 500, per la terza
sala (*).
Nel 1595, 27 settembre, si riformarono in una volta mille
celadoni ed altrettante corazze, e si comperano 500 archibugi (^).
Queste armi si mantenevano con gran cura, si doravano
archibugi, corazze, celate, fiasche e cordoni, capitelli, basi ed altre
parti della decorazione generale, a pilastri e mezze colonne ricor-
renti lungo le pareti, si rimettevano spesso a nuovo i velluti verdi,
le frangie di seta gialla e verde, i redesini e le brocche d'ottone
nelle armi inastate sopra frassino, spino o melo selvatico del bosco
del Montello o della valle di Montone, e si decoravano le cortine
di sangallo o di tela latfc^ina col San Marco in soldo e colle tre
armi dei capi e i fregi attorno dorati (•').
Oltre a queste armi, onorevolmente esposte, molte altre erano
depositate nella soffitta, e queste si adoperavano liberamente in
guerra, come si ha dalla parte presa in Consiglio dei Dieci li 28
aprile 1570 (4).
L'ultimo Massaro o deputato delle sale d'armi del Consiglio dei
Dieci fu Marcantonio Guerra. Di questo aggiungo alla presente
Memoria l'Inventario ufficiale o "Registro di tutte le armi e cose
risguardanti le sale d'armi,,, fortunatamente rinvenuto dal com-
pianto nostro collega comm. Federico Stefani, che lo donò all'Ar-
chivio di Stato, il quale molto cortesemente ne concesse al mio
Ufficio copia, tratta dall'originale e collazionata diligentemente.
L'obbligo di questi Inventari fu stabilito nel 1541 {■') ; essi
erano dalla Repubblica retribuiti e gelosamente custoditi. Nell'Ar-
chivio di Stato si conservano tuttora, oltre all'ultimo del Guerra,
tre Inventari del 1545, 1548 e 1611 (")• Nell'inventario del 1548
(1) Registro 11, Comuni Consiglio dei Dieci, 1.Ó3.5, carta 75 verso.
(2) Rossi, Manoscritti Marciana, doc. voi. LX, p. 198.
(8) Filza 51, Parti Consiglio dei Dieci, 1550, da agosto a ottobro. No-
tatorio 19, Capi Consiglio dei Dieci, 1531-1583, carta 70 A e B. Filza 288
Parti Comuni Consiglio dei Dieci, 1599, da giugno ad agosto.
(4) Registro 29, Comuni Consiglio dei Dieci, 1569-1570, carta 181 verso.
(5) Registro 14, Comuni Consiglio dei Dicci, 1.541, carta 35 verso.
(6) Inventario de le uiunition che si trovano nelle sale dell' Eccelso
(23) LE SALE b" armi DEL CONSIGLIO DEI DIECI 135
tutte le sale figurano fornite di armadi. La l" che e detta saia
del caralìo ne aveva 13, la II-'» detta delle corazze ne aveva 14,
e la 1I1=» del Re di Frcmcin 12. Anche nella soffitta erano notati
due armadi a levante e a ponente, e il camerotto era indicato
come il depositario degli scarti " in pezzi desfiti, ruseni, in fazzo,
rotti, antiqui ecc. „ L'Inventario poi fatto per cura del provveditor
alle sale nob. Zorzi Corner nel 1680 si conservava " in una scat-
tola neir armaro in camerin „ dove stava il libro M(t(/ii//!< ed
altri (1); ed al fidelissimo Grirolamo Salvoni che, per incarico del
N. H. Francesco Balbo procurator alle sale, eseguì il nuovo In-
ventario nel 1754 venne assegnata la somma di ducati centocin-
quanta per una volta tanto in dono, a testimonianza del gradi-
mento dovutogli (-).
Alla Marciana nei Doc. voi. LX, pag. 183 delle opere mano-
scritte lasciate dal Eossi vi è un elenco, che non è un'inventario,
ma dove sono ricordati i principali oggetti d'arte " con alcune
notizie tanto più importanti, egli scrisse, quanto più è difficile rin-
venire carte che parlino di queste sale „ f-^). E nel Museo Civico
si conserva una breve Relazione sugli archibugi scritta da Vitale
Yidal (^).
Allorquando missier Marcantonio Guerra compilò per l' ultima
volta il Nuovo registro di tutte le armi e cose ragguardevoli delle
sale delle armi del Consiglio dei Dieci, parecchie delle cose rag-
guardevoli che vi erano state deposte in antico non poterono es-
sere inventariate.
Già fino dal 1480 era andato smarrito il famoso libro genea-
logico dei Signori di Padova, tutto alluminato e colle imagini di-
pinte di quei Signori, bellissimo e per perfezione di pitture degno
di perpetua memoria ("•).
Consiglio dei X, H giugno 1.545. — [nvciitario de le uionitioii de lesale
del Ex. Consegliu dei X fatto per mi Michiel tSandelli, niasser de le
dite sale, 1548, cod. meinb. — [nventnrio delle aiiiii delle sale del Con-
siglio dei X, 1611. Trovasi anche nell'Archivio, la nota delle anni con-
segnate per la ripulitura, il 2 deeembre IfiOd a, Marco spader all' insegna
di S. 8eV)astiano, dal massaro Pietro Dardani.
(1) Registro 80, Comuni Consiglio dei Dieci. 1630, carta 1% verso.
(2) Busta 301, Compilazione leggi, fascicolo Palazzo Pubblico.
(3) Così il Rossi scrisse di suo pugno a pag. suddetta.
(4) Raccolta Cicogna, Cod. 3283 rosso, 2984 nero.
(5) Registro 20, Misti Consiglio dei Dieci, 1480-1482, cai-ta 78.
136
F. BEECHET
(24)
Né il Guerra fece cenno del falconetto di ferro tutto intagliato
e dorato " con il mio letto e rode argentate e dorate „ che i poveri
figli di Andrea Gritti del fu Lorenzo che fu del Serenissimo prin-
cipe offrirono alla Signoria e si trovava il 30 aprile 1576 nelle
sale delle mìmitioni, dichiarato con giuramento dal proveditore sopra
l'artiglieria, opera rarissima e molto bella; dal capo dei bombar-
dieri Zaccaria Schiavino detta opera difficilissima da farsi, e dal fon-
ditore Nicolò di Conti giudicato che con ducati 600 e più non
poteva esser fatto " ne ora si farla rispetto alla fattura g. ande et
oro che vi è stato messo aopra come se può veder „ (^). Bensì il
Guerra ricorda una spin-
garda ossia colubrina con
anima di acciajo trapa-
nata e foderata di undici
anelli ageminati in bron-
zo, sopra letto di campa-
gna in noce di montagna
guarnito in ferro, che esi-
ste oggidì nel R. Museo
deirArsenale, e della qua-
le parlo più avanti a pag.
43, e della quale sono
qui rappresentati alcuni
particolari.
E non fece il Guerra
neppur cenno del pomo
d'argento dorato in forìii((
di cuor che soleva star
in cima ad uno stendardo
turchesco, ed era stato offerto dal fedelissimo f'rancesco Dalla Croce
alla Signoria, per argento rotto, essendogli capitato dalle spoglie
avute in felice vittoria {').
Ne si può accusare il Guerra di negligenza o di trascura-
tezza nei particolari, mentre, per esempio nell'armadio con grata
(1) Registro 32, Comuni Consiglio dei Dieci, 1575-1576, carta 126. —
a, h, e, d. Filza 176, Parti Comuni Consiglio dei Dieci, 1576, 1 settembre.
(2) Registro 32, Comuni Consiglio dei Dieci, 1575-1576, carta 27. —
Filza 123, Parti Comuni Consiglio dei Dieci, 1571, da marzo a giugno.
(25) LE SALE d' armi DEL CONSIGLIO DEI DIECI 137
di ferro segnato n. 1 a sinistra nella sala seconda, notava quanto
restava delle " robbe et arme fatte presentar ai Capi del Con-
siglio dei X da Ser Paolo Lippomano fratello del q. Bailo in Co-
stantinopoli ,, ed accennava ai " due archi, un mazzo di frezze n. 24,
una grataschena; una cadena d' argento ad uso di brena o altro
da cavalo (^), che più non aveva trovati. „
Questi oggetti, come altri che indicherò poi, appartenevano
a Girolamo Lippomano cav. bailo a Costantinopoli negli ultimi
anni del secolo XYT, ed ivi, mentre era in carica, arrestato per
decreto 19 aprile 1591 del Consiglio dei Dieci come reo d'alto
tradimento, perchè imputato di rivelare i segreti di Stato, e tra-
dotto a Venezia sulla galea sopracomito Gritti. Non ebbe luogo
il processo, perchè il Lippomano si punì da se stesso. Alla vista
della sua città, si gettò in mare presso i castelli del Lido il 19
luglio 1591 ; raccolto semivivo fu portato nel monastero di S. Ni-
colò ove morì poche ore dopo (-').
Delle tre spade, anticamente riposte nella sacristia di sopra,
a S. Marco, e poi esposte nel Santuario delle zofiie che il Consiglio
dei Dieci colla parte 27 giugno 1583 (•^) ordinava fossero de-
poste nella sala delle monitioni, con annotazione della loro pro-
venienza, e fossero descritte nell'Inventario, quantunque il Guerra
non ricordi questa mutazione di posto, due si possono riconoscere
negli spadoni, senza la guardia e senza il fodero d'argento dorato
e le iscrizioni commemorative, donati alla Serenissima Repubblica
dai pontefici Nicolò V nel 1450 e Pio II nel 1463, mentre della
terza non rimane traccia alcuna. Rispetto a queste due lame degli
storici stocchi papali, duole di dover riferire che le artistiche loro
impugnature dorate furono asportate e sostituite da due simili in
legno dorato.
Il Guerra nel suo inventario nota pure che altre cose man-
cavano, e fra queste il bauletto di cristallo di rocca guarnito d'ar-
gento, nell'angolo della III'' sala segnato col n. 4, un porta freccie
d'argento e due cassette lavorate in madreperla, rubate 1' 1 1 no-
vembre 1689.
(1) Registro 41, Comuni Consiglio dei Dieci, 1590-1591, carta 230,
(2) Viaggio di un ambasciatore veneto da Venezia a Costantinopoli
nel 1591. Venezia, Visentini, 1886.
(3) Registro 37, Comuni Consiglio dei Dieci, 1583-1584, carta 20.
188 F. BEECHET (26)
Lunga ed ingrata fatica sarebbe proseguire per questa via,
ma è ancora più doloroso percorrere la più facile strada di un'altro
calvario, e constatare quanti oggetti preziosi inventariò il Guerra
nel 1 agosto 1773 ed andarono poi miseramente dispersi nella fine
del secolo scorso, dalla ladresca e pazza democrazia che sperperò
tante gloriose memorie e tanti tesori preziosi.
E di fatto furono elencati dal Cluerra nel 1778; ma non
figurano consegnati all'Arsenale nel 1799, e non si sa più dove
sieno andati a finire (i), tutti i seguenti oggetti :
N E L Ji ' ATRI U
1. Sei armature di ferro, quattro con mazze ferrate e due
senza. Nel Museo dell'Arsenale si conservano quattro mezze arma-
ture che forse erano parte di queste sei.
NELLA SALA PRIJMA
2. " Alto e nobilissimo fanale d'argento massiccio e di cristallo
di rocca donato alla Serenissima Repubblica da Nicolò Crasso
cittadino veneto, da lui ideato e fatto eseguire dai primi artefici
di Europa, con entro una tazza del medesimo cristallo e navicella
d'oro a sei lumini, il tutto unito da minutissimi lavori a vite, che
per la squisitezza del materiale e per la lunga fatica si reputa
del valore di trenta e più milla scudi. ^
Forse il Crasso fece questo munifico presente alla Signoria
pensando che potesse servirsene nelle processioni del Corpus Do-
mini, e di fatto nel 1614 venne consegnato ai procuratori di S.
Marco perchè potessero farlo accomodare nelle feste di Natale per
ornamento della stessa chiesa (^) e nel 1617 fu nuovamente con-
segnato agli stessi procuratori per collocarvi il Sangue Preziosis-
simo di N. S., nella processione delle reliquie {^) " con obbligo di
rimetterlo nella sala dopo che nella detta occasione se ne saranno
prevalsi. „
(1) Nuovo Registro di tutte le armi e cose ragguardevoli delle sale
d'armi del Consiglio dei Dieci, 23 agosto 1773. Arch. gen. in Venezia, ed
Atto di consegna 14 gennaio-7 febbraio 1799, documenti allegati alla,
presente Memoria.
(2) Registro 64, Comuni Consiglio dei Dieci, 1614, carta 149.
(3) Registro 67, Comuni Consiglio dei Dieci, 1617, carta 46.
(27)
LE SALE I) AKMI DEL CONSICtLIO DEI DIECI
139
Il Guerra nota che fu poi riposto, e pare stabilmente, nelle
sale, l'anno 1631, sotto il doge Francesco Erizzo, e elico stabil-
mente senza più adope-
rarlo , dacché , stando
esso in una nicchia e-
minente in fondo alla
prima sala, era diven-
tato tanto nero che per
lungo tempo si credette
che fosse di ebano e
restò dimenticato nell(>
sale ^luo alla metà del
secolt) XYIII, nella
quale epoca fu, dice il
Cicogna, inopinatamen-
te, scoperto (i).
Eipulito allora per
opera di Andrea Zam-
belli, orefice in calle
degli Specchieri, colla
spesa di 100 zecchini,
venne in gran parte
dorato (-).
Il Cicogna ricorda
che al cadere della Re-
pubblica questa opera
esimia venne fatta a
pezzi e ne furono vendute e convertite ad altro uso le parti più
importanti (•^).
Di questo magnifico oggetto ho potuto scavare il disegno fra
le tavole del Gravembroch nel Museo di Yenezia, e riprodurlo
neir allegata fotografia (*).
(1) Cicogna, Iscrizioni Veneziane, voi. IV, pag. 160.
(2) Cicogna, idem., pag. 161.
(3) Cicogna, idem., pag. 162.
(4:) Nella Chiesa di S. Maria e Donato di Murano sull' altare di S.
Antonio esiste un tabernacolo jonico di cristallo di rocca ed ebano co-
perto di eleganti e minute dorature con colonnine spirali, illustrato dallo
Zanetti a pag. 202 della sua Basilica di S. Donato di Murano. Venezia,
18713, il quale dice che prima esisteva nella soppressa chiesa di S. Mar-
140
F. BERCHET
(28)
3. Un lume di bronzo ad uso militare.
4. L'armatura con lo stemma in petto del N. H. Marco Tre-
visan generale, " che portò da Costantinopoli il Sangue prezioso di
N. S., per cui i suoi discendenti ebbero il privilegio di portar la
stola sopra la spalla destra. „
5. Sei delle nove armature intiere di ferro, che con quella del
Trevisan formavano le dieci armature della prima sala, e fra queste
quattro dorate, due con scudo di ferro ed una con spada dorata
al fianco, che fu del duca di Kobau generale della Repubblica.
6. Cofanetto di ebano, " nel cui piedestallo oravi un Psalterio
e su questo una loggia con sei figure e disopra un orologio da
campana, donato dal fiscale di Padova dottor Cassina ed accettato
con Decreto del Senato 1649, 24 ottobre. „
NKI.LA SALA SKOONBA
1. Lo spadone con
guardia d'argento dorato
e fodera di velluto guar-
nita in argento, lo scudo
d'acciaio istoriato, la ce-
lata lavorata in egual
modo e la corazza che
furono r armatura del
doge Sebastiano Ziani,
le quali armi si trovava-
no neirarmadio n. 8 sul
lato di mezzo della sala
IT« delle corazze, ed ora
un'autorevole voce le di-
ce nel palazzo Lnperiale
di Vienna ('). Da un di-
segno antico raccolto dal
Gravembroch ho ricava-
to la fotografia di alcuni
di questi oggetti, che è
posta qui di fronte.
tino. Alcuni pezzi sui fianchi assomigliano assai a qucHi del taiialc del
Crasso disegnati dal Gravembroch per cui ne faccio nota.
(1) Piero co. Foscari, nella Gazzetta di Venezia N. 228 (b'I 11) agosto
(29)
LE SALE D ARMI DEL CONSIGLIO DEI DIECI
141
2. Lo stendardo o fiammola da g-alera dello stesso doffe Ziani
che era sopra la scala che dalle sale superiori conduceva a quella
inferiore o degli ArcJiihug?.
3. Due statue intiere di marmo, l'una rappresentante Fran-
cesco Sforza duca di Milano, che militò al servizio della Repub-
blica e vinse nel 1439 a Verona il Piccinino capitano del Visconti,
e l'altra Bianca Maria Visconti sua moglie.
Nel Museo di Vicenza, in un locale terreno a tramontana dopo
il cortile ed a sinistra del peristilio stanno oggi due statue prove-
nienti da casa Velo, una è la statua di un condottiero, calvo e
completamente raso, con armatura e cotta di maglia, corazza colla
resta e colla sigla F. S. sopra una cinghia che gli pende dal
collo, cosciali e gambali ; l'altra muliebre molto adiposa con cuffia
e bende in testa, con abito tenuto sul davanti rialzato dalla mano
sinistra, sottomaniche strette con due rigonfi dopo il gomito e grandi
sopramaniche aperte pendenti dalle spalle. Si ritiene che queste
sieno le due statue dello Sforza e della moglie che stavano nelle
sale d'armi del Consiglio dei Dieci fra le finestre della sala 11^
delle corazze, e difatti l'ef-
figie della statua maschile
rassomiglia perfettamente
al ritratto di Francesco
Sforza tramandatoci dalla
medaglia dello Sperandio,
esistente con altre due me-
daglie del Pisanello nel
Museo del Palazzo Ducale,
la quale presenta lo Sforza
perfettamente raso ma con
capelli arrotolati alla estre-
mità e non calvo come lo
rappresentava la statua,
1S99. Ho fatto ])oi l'icciclio nel Musco di Vienna, <■ dal ilircttorc Bocheim
ebbi notizia clic ivi si conservano soltanto l'aiinatura di Scliastiaiio Ve-
nicr 1578, la corazza di Bartolomeo Coliconi J4T5, 1' (dnio di Cesare da
Napoli 1568, r armatura di IVIclchioirc Michel 1570, di Giacomo Horanzo
1599, di Roberto di Hanseveiino 1487, di Francesco Duodo 1580 e di Ago-
stino Barbarigo 1577, e che quasi tutti questi oggetti si trovano a Vienna
tino dal secolo XVI.
142 P. BERCHET (aO)
forse più tardi. Il co. Da Velo avrà probabilmente comperato ad
una delle molte aste demaniali queste due statue, che assieme ad
altre preziose memorie leg-ò in testamento al Museo di Vicenza.
4. Il piccolo fanale turco preso al Bei di Navarino dal N.
H. liunardo ^loro, nella battaglia vinta dal capitano g-enerale Fran-
cesco Morosini a dì 8 marzo 1668.
5. Uno degli stendardi di sette code, dei tre che adornavano
con bandiere turche il busto Morosini nello sfondo della II" sala
delle corazze, essendo vene soltanto due nel K. Arsenale.
6. Lo stendardo di sette code, preso da Alvise Mocenigo ca-
pitano generale nel 1651, che stava in fondo alla sala IV" degli
archibugi.
7. Armadietto con due figure di rilievo rappresentanti Adamo ed
Eva, lavorate in bosso da Alberto Durerò, posto nelle sale dall'Eoe.
Avogador Nicolò Valier il 10 settembre 1617. Questo armadietto
che era stato accomodato nel 1619 ('), pare sia stato comperato
da Consiglio Riechetti all' asta del Demanio 1857 (!), e venduto
alla contessa 8trachan Berchtold, che lo mise nel palazzo Contarini.
8. Tazza creduta d'unghia di rinoceronte di Giovanni De Me-
dici, che fu condottiero della Repubblica, posta nelle sale per De-
creto del Consiglio dei Dieci 1680, 17 maggio.
9. Le armi e cose ricuperate dal N. H. Paolo Lippomano
fratello del Bailo di Costantinopoli, delle quali si è fatto cenno più
sopra e che qui si elencano, come il Guerra le trovò e descrisse
nel suo inventario :
'i) Coltello lavorato alla agemina con manico e fodero d'agata
e con rubini n. 88 incassati nel fodero e n. 6 nel manico.
/)) Sciabola col fodero in parte dorato.
e) Scudo e braccialetto con pietre rosse e turchine.
d) Due sparamani di nervo detti ìxittipanza turcheschi.
Questi soli furono consegnati all'Arsenale li 7 febbraio 1792.
e) Mazza ferrata con pomo.
10. Tutte le corazze di ferro foderate di velluto che appar-
tennero a parecchi Serenissimi Principi, meno tre.
11. Busto in marmo di Francesco da Carrara.
12. Mezzaluna di cristallo sopra piedestallo di metallo dorato.
13. Due guglie di corniola, incassate.
(1) Registro 69, Comuni Consiglio dei Dieci, 1619, carta, 203.
(31) Le sale d' armi del consiglio dei dieci 143
14. Tracolla e fiasca con fig-ure di ottone dorato in rilievo, e
taschino da palle, posta nelle sale il 7 niag-^io 1612 dal procura-
tore Filippo Pasqualigo.
15. Fischietto di comando della Galera di Ali Piccinin corsaro
comandante le due squadre di Tunisi e Biserta prese sotto il ca-
stello della Tallona dal N. H. Antonio Capello provveditore dei-
Tarmata il 7 agosto 1638.
16. Le cose presentate dai Signori Giapponesi Tanno 1585:
a) Veste di taffetà a mezze maniche foderate di cremesin rosso.
/>) Scimitarra col fodero rimesso di radice di perla e im-
pugnatura con lamina d'oro, in parte perduta.
e) Abito di tabi bianco in forma di braghessa dipinto a
vari colori.
La foggia di questi abiti e di queste armi, può vedersi nelle
fotografie esistenti presso il Consolato giapponese a Venezia, le
quali furono ricavate dalle simili vesti ed armi, appartenenti agli
stessi ambasciatori, che sono conservate nel Museo imperiale di
Tokio in Giappone.
17. Lume di bronzo detto perpetuo.
NJILLA SALA TERZA
1. Antico studiolo di ebano, chiuso entro una grata di ferro,
che fu del cardinale patriai'ca e principe di Aquileja Giovanni
Grimani, donato da esso alla Repubblica, e descritto dal Procurator
alle sale N. H. Savorgnan, giusta la parte del Consiglio dei Dieci
27 settembre 1749.
Lo Zanotto ricorda che questo studiolo aveva :
26 pezzetti di marmo.
16 colonnette di alabastro fiorito con basi e capitelli di bronzo dorato.
12 pezzetti di lapislazzoli.
1 pezzo di grisopascio orientale quadrato.
45 bronzi.
38 cammei.
7 cammei migliori, regalati al generale Lallemand. Di tanta
ricchezza restarono soltanto :
3 bronzi e
38 cammei consegnati alla Biblioteca Marciana (') i quali ora sono
nel Museo archeologico del Palazzo Ducale.
(1) Zanotto, Palazzo Ducale, voi. II, p. XIX.
144 F. BERCHET (32)
2. La statua di bronzo con dorature rappresentante Apollo
con l'arco, donata dal N. H. Bomenigo Pasqualigo con testamento
7 marzo 1726, che stava nel mezzo dello studiolo del patriarca
Grimani. Per accomodare questo famoso studiolo nelle sale furono
dal Camerlengo del Consiglio dei Dieci date al proto Tomaso
Contin lire 916, 9, 6 (') li 2 aprile 1625.
3. Il quadro in tavola con la imagine di Nostra Signora col
bambino in braccio ed altre figure, di Palma il vecchio, lasciato
in dono alla Eepubblica dalla N. D. Marina Priuli con testamento
1 maggio 1662.
4. La nascita di N. S. del Da ponte.
5. La morte di N. S. pur del Da ponte.
6. Il quadro, con cornice profilata d'oro, col ritratto di Jacopo
Re d'Inghilterra.
7. Altro quadro col ritratto del conte di Mansfeld, i quali
quattro quadri dal n. 4 al 7 stavano sopra i quattro armadi ser-
rati di lastre a destra della porta di ingresso in questa sala III'\
L'ultimo quadro ossia il ritratto del conte di MaHsfeld as-
sieme alla sua spada fu messo nella sala per deliberazione del
Consiglio dei Dieci nel 1627 (-).
Nel Museo Civico di Padova esiste un dipinto (sala Capodi-
lista, n. 163) di 0,50 X 0,60 con cornice dorata rappresentante in
mezza figura Jacopo re d'Inghilterra con barba bionda appuntita,
giustacuore grigio con alto colletto e mantello nero, cinque giri di
grosse perle al collo, bottoni d'oro con smeraldi e cappello piumato,
cui fa riscontro altro quadro di pressoché eguali dimensioni rappre-
sentante in mezza figura un'anonimo vestito di corazza ageminata
d'oro : questi due dipinti furono legati al Museo dal conte Capo-
dilista appassionato raccoglitore di antiche memorie. Nulla prova
che sieno i due quadri qui descritti ai n. 6 e 7, ma credo non
inutile farne cenno.
8. La sciabola storiata ed ageminata con la impugnatura
d'argento donata, col proprio ritratto, dal conte di Mansfeld.
9. Lo specchio concavo sopra piedestallo di legno e sua ta-
bella in pergamena che spiega il modo d'usarlo e sua utilità.
10. Lo scrigno di ferro che stava ai piedi dell'armatura di
Enrico IV Re di Francia, in fondo a questa sala III''.
(1) Registro 75, Comuni Coiis. dei Dieci, 1625, cartu 18 verso e carta 33.
(2) Registro 76, Comuni Consiglio dei Dieci, 1627, carta 348 verso.
(33)
LE SALE D AEMI DEL CONSIGLIO DEI DIECI
145
11. Sette pome dorate turchesche.
12. Imagine di Nostra Signora alla greca, con fornitura d'ar-
gento e pietre diverse.
13. Altro quadro alla greca rappresentante il Paradiso, con
fornimenti dorati.
14. I diciasette oggetti, spade ed altre armi che furono del
ribelle Nicolò Rinaldi, giustiziato nel 1619. Questi appartenevano
a quel Nicolò Renault, avventuriere francese, coinvolto nella con-
giura del Bedmar, e impiccato.
15. La custodia di cristallo sopra piedestallo di legno dorato
e graticciola di ferro, con entro un cuore d'oro, presentata dai citta-
dini di Creta al N. H. Zorzi Morosini protettor di quella Università,
Tanno 1698, e da esso donata alla Repubblica.
16. I celadoni e busti
di ferro dorati a mordente,
mandati in dono nel 1600,
al Serenissimo principe Ma-
rino Grimani, dallo scià di
Persia Abbas il Grande,
con tavola dorata ed iscri-
zioni, meno un bracciale
ed uno scudo di canna
d'India qui riprodotti (').
17. L'armadio miniato
e lavorato con lapislazzoli
ed altre pietre contenente
la imagine di Santa Giu-
stina in memoria della vit-
toria delle Curzolari.
Questa Santa Giustina
che il Guerra attribuisco
all'Aliense ed il Rossi dice
di Palma il giovane, fu
trasportata nel palazzo Reale di Venezia, ma poi restituita al
(1) A ricordare la venuta degli ambasciatori di Persia, il Senato com-
metteva a Gabriele Cagliari il quadro esistente tuttora nella sala delle
quattro porte del Palazzo Ducale. Cfr. La Repubblica di Venezia e la
Persia^ di G. Berchet. Torino, 1865.
146 P. BERCHET (34)
Palazzo Ducale e si troverebbe nella chiesetta del doge. I/arma-
dio poi, che il Kossi dice d'ebano e madreperla, andò perduto.
18. Otto braccia di panno di velluto d'oro con sedici figure,
presentate al Collegio da un incaricato del Re di Persia e posti
nelle sale del Consiglio dei Dieci Tanno 1601 l'il giugno (^).
19. Quarantacinque sciabole turchesche guarnite d'argento.
20. Diciotto archibugi con canna damaschinata.
21. Due denti d'orco marino.
22. Lo stendardo con fiori dorati preso ai Turchi dal N. H.
procuratore Foscolo : però in luogo di questo esiste nell' Arsenale
una bandiera coli' indicazione, forse errata, che la dice presa dal-
l' ammiraglio Emo, per cui se la indicazione fosse errata questo
stendardo dovrebbe escludersi dalle cose mancanti.
23. La maggior parte dei quarantadue cangiari (handnehar) e
stili forniti d'argento, che stavano nell'armadio n. 6 nella sala III»
colle loro vagine, perchè alcuni, come dirò più avanti, sono con-
servati nel Museo dell'Arsenale.
24. I due speroni, i morsi, le staff'e e redini turchesche e
due scarpe di ferro che erano nell'armadio n. 9 in detta sala.
25. Il famoso Medagliere antico, detto Mausoleo, con cinque
figure di getto e due guglie rotte, lasciato al Consiglio dei Dieci dal
fu N. H. Piero Morosini l'anno 1683 (-'), che fu venduto al cons. Gio-
vanni Rossi, da cui passò all'ab. Pietro Pasini e quindi all' anti-
quario Dina. In questo medagliere erano pure riposte le me-
daglie d'argento lasciate al Consiglio dei Dieci dall'Eco. Cardi-
nale Zeno. La preziosa raccolta delle medaglie andò soggetta ad
un grave furto perpetrato nel 1687, per cui i'niono trafugati i mi-
gliori e più ricchi oggetti e ])rocisamente tutto lo 95 medaglie d'oro
e 1194 medaglie d'argento, più 281 medaglie di rame e malgrado
il proclama 29 novembre 1687 del Consiglio dei Dieci, pubblicato
sopra le scale di S. Marco e di Rialto, nulla si potè saperne (•^).
(1) Cerimoniali in secreta, carta 3. Cfr. Berchct, op. cit. pag. 47.
(2) Descritto da Carte Patino : Thesaurus numismaturn antiquorum
et recentiorum ex auro^ argento et aere^ ah. iU° et e.r.° D. D. Petra Maii-
roceno senatore reneto Serem'ss. JReip. lefjatìis. Venezia, lfi83.
(3) Proclaìiia pubblicato per deliberation de l'eccelso Conseglio dei
X de 29 novembre 1687 per venir in luce di quello o quelli scellerati
che hanno rubbato nel Palazzo Ducal nelle sale dell'Arme del Consiglio
dei X. Venezia, Pinelli, in 4.°
(35)
LE SALE D ARMI DEL CONSIGLIO DEI DIECI
147
Quanto rimase della raccolta fu consegnato alla Biblioteca a
dì 25 annebbiatore (15 novembre) 1797 dal Comitato di salute pub-
blica cioè 2253 medaglie e 3 statuette ed il catalogo manoscritto
col libro a stampa di Carlo Patino relativo a tale raccolta (i)_, e
quindi le dette medaglie e bronzi si notano più avanti fra gli
oggetti conservati, mentre fra i mancanti rimangono lo scrigno o
mausoleo e le preziose medaglie che, come ho detto, furono tra-
fugate nel 1687.
26. Due cofanetti lavorati a radice di perla rubati 1' 11 no-
vembre 1689.
27. Nove dei tredici canoncini di bronzo (uno era di ferro).
NELLA SALA QUARTA
1. La testa in marmo di Eccellino da Eomano il tiranno.
Solo, in tanta jattura, rimase a posto il monumento eretto dalla
Repubblica a Sebastiano ^^enier, che sta ancora sopra Finterno della
(1) Zanotto, Palazzo Ducale^ voi. II, parte XIX, p. 15.
148 F. BEECHET (86)
porta d'inj^resso delle sale d'armi, dal pianerottolo della scala dei
Censori (i). È un busto scolpito in marmo da Alessandro Vittoria
su mensola che posa sull'architrave, colla iscrizione del 1609: Se-
bastiano YeNERIO PkINCIPI InVICTISS. I NAVALI VICTOEIA AD ECHI-
NADAS ClARISS. | LeONAEDUS MoCENICUS I HTIUS ARMAMEN. PEyE-
FECT. P. C. I Anno CTOTDCYTTII.
Dietro al busto sta dipinto in tela il Leone di S. Marco an-
dante a destra.
La posizione del Monumento, benché esimio, in luogo poco
veduto e quasi riposto, e il fatto che fra i tre dog-i Venier il solo
Sebastiano non ha un monumento pubblico, appoggia il recente po-
stulato degli studi storici che la Repubblica, per le gelosie degli
alleati non raccolse frutti degni della splendida vittoria navale
delle Curzolari e non ne fu molto soddisfatta.
Rimangono ancora nel Palazzo Ducale, ma non più al posto
originario, bensì raccolti ed esposti nel Museo archeologico, questi
oggetti che figuravano nelle sale dell'armi :
1. Il busto di marmo del N. H. Girolamo Pesaro, accettato dal
Consiglio dei Dieci l'anno 1661, 15 novembre, senza la iscrizione:
HlEEON.TMI PlSAUEI QNDM JaCOBI ] MUNUS | M . D . CLXI.
Questo stava sopra la porta d'ingresso della prima sala.
2. Il busto in bronzo del N. H. Marcantonio Bragadin fu
Provveditor in Cipro, posto nelle sale d'armi per istanza dei NN.
HH. Marco e fratelli Bragadin di lui figliuoli, eolla iscrizione :
M. AnT. BeAGADENO SaLAMINAE CiPEIQ. PEEFECTUS i IN DIUCTUENA
OBSIDIONE SUSTINENDA SINGUL | ARI FOETITUDINE CLAEUS SUMMAQ.
PIETATE I ATQ. CONSTANTIA PEO CeISTI FIDE ET PRO PA | TEIA VIVENS
GLOEIOSISSIME CUTE EXUTUS | XYII AUGUSTI 3IDLXXT.
Questo stava sopra la porta di egresso della sala prima.
3. Il busto in bronzo di Sebastiano Aspetti rappresentante il
Serenissimo Sebastiano Yenier generale dell' armata 1' anno 1571,
colla seguente iscrizione, incisa in una lastra di rame fissata al
piedestallo : Sebastianus Yeneeio | Yenetae classis im | perator
QUI APUD I ECHINADAS TURCAR. | ClASSE DISIECTA OB | PRAECLARAM
YiCTO I EIAM MIEO TOTIUS | ReIPUBLICAE CONSEN | SU MERITO
POSTEA I DUX ELECTUS 1 SEPTIMO OCTOBRIS 1571.
(1) Registro 59, Comuni Consigho dei Dieci, 1G09, carta 169 verso.
(37) LE SAIiE d' AEMI DEL CONSIGLIO DEI DIECI 149
4. Il busto in bronzo di Tiziano Aspetti rappresentante Ago-
stino Barbario-o comandante nel!' anno suddetto, con la seg-uente
iscrizione, incisa in una lastra di rame fissata sul piedestallo :
AgOSTINUS BaEBADICO I TOTIUS CLASSIS LEGA | TUS QUI APUD ECHI-
NA I DAS MAXIMA IN VICTO | EIA ET CONSILIO ET SAN | GUINE PAETA
GLOEIOSIS I SIME OCCUBUIT | PaTEI^ BENEEICIUM POS j TERIS SUM-
ME PBFDENTIiE | INVICTAEQ. FOETITUDINIS | PEAECLAEUM EELIN |
QUENS EXEMPLUM | SEPTIMO OCTOBEIS 1571.
Questi due busti stavano nella terza sala dirimpetto alla porta
à" ingresso.
5. I tre busti in marmo rappresentanti Lucio Yero, Antonino
Pio, ed Antinoo, che furono trasportati dalla libreria nelle sale
d'armi il fi marzo 1(525 in occasione della venuta del Ee di Po-
lonia a Venezia (i) e stavano sopra lo studiolo del patriarca Gri-
mani nella III*^ sala, ossia in quella dell' armatura del Re di
Francia.
6. Le 2253 medaglie e 3 statuine di bronzo del medagliere
Morosini.
7. Numero 33 bronzi e 38 cammei dello studiolo del patriarca
(irimani.
8. Il disegno a penna rappresentante l'imagine di San Marco
formata di caratteri microscopici in corteccia di pistacchio, donato
da Zuane Gasparin, nel quale si legge tutto il vangelo di S.
Marco. Stava nella IIL' sala fra i due busti dell'Aspetti in un
quadro di rame dorato e cristallo coperto da cortina, e sotto v'era
altro quadretto che insegnava il modo di leggerlo.
Ed eziandio restano ancora nel Palazzo Ducale, ma non nel
Museo archeologico e non al loro posto d'origine :
A) Nella gran sala dello Scrutinio sotto l'arco trionfale de-
dicato al Peloponnesiaco ;
9. La statua mezza figura in bronzo sopra piedestallo di marmo,
del doge e capitano generale Francesco Morosini colla iscrizione :
Feancisco Maueoceno Peloponesiaco I Adhuc VIVENTI Senatus
ANNO i 1687 ; la quale statua esisteva nelle sale d'armi del Con-
siglio dei Dieci, posta in fondo alla sala IL* delle corazze e di
(1) Zanotto, Palazzo Ducale, voi. II, parte XIX, pag.
150
F. BERCHET
(38)
fronte alle finestre, come
veclesi anche nella foto-
grafia qui unita di un
quadro ora esistente nel
Museo Civico di Venezia.
E) Nel depositorio ;
10. 11 ritratto di Piero
Morosini, opera del Koni-
belli che stava sopra il
medagliere Morosini, da
lui donato alla Eepuhbli-
ca. Si trova ora in cattivo
stato nelle stanze del Cat-
taver al u. 550 d'inven-
tario.
(*) Nella chiesetta;
11. La santa (liustina
attribuita da alcuni alFA-
liense, e da altri a Palma
il giovane, quadro a olio
che stava nell'angolo nord
ovest della sala IIP' o del Pe di Francia, entro l'armadio perduto.
(39)
LE SALE D AEMI DEL CONSIGLIO DEI DIECI
151
sopra quei famosi panni di velluto d'oro donati dai persiani, che
pure sparirono.
Finalmente molti e preziosi oggetti delle spogliate sale d'armi
si trovano tuttora nel Museo del R. Arsenale marittimo di
Venezia.
In fatti dal o-iorno 14 o-ennaio 179!) fino al 7 febbraio suc-
cessivo Marcantonio Guerra ex Masser delle sale d' armi dava
in consegna alli Capi delle sale d' armi dell' Tmp. R. Arsenale
di Venezia, Antonio Barrerà
e Nicolò Cibo, quanto restava
di quella splendida raccolta
che fu onore e predilezione
della Serenissima (i).
Tra gli oggetti d' arte
e di storia che sopravvissero
alle rapine e che poterono
essere consegnati al R. Ar-
senale figurano i seguenti,
che esistevano nelle sale qui
sotto indicate, ed ora si tro-
vano nella sala superiore del
Museo del R. Arsenale di
Venezia :
Nell'atrio di accesso alle
sale :
1.° Quattro mezze ar-
mature, una delle quali collo
stemma Contarini, qui ripro-
dotta, che forse sono residui
delle sei armature che ivi
esistevano. La mezza arma-
tura Contarini porta lo stemma e la sigla ai lati : P. Z. C, le altre
hanno solo il Leone di S. Marco.
(1) Atto di consegna 14 gennaio-7 febbraio 1799, tratto dall'origi-
nale esistente indl'Archivio del Consiglio dei Dieci presso il R. Archi-
vio di Stato di Venezia, xjubblicato in fine alla presente Memoria.
152
¥. BERCHET
(40)
Esistevano poi nella sala I" detta del Grattamelata e sono
ora nel R. Arsenale :
2." Elmo di ferro o celata del secolo XIY conosciuto er-
roneamente col nome di visiera d'Attila, e visiera da cavallo.
3.° Cavallo di le-
gno con armatura di
ferro, mazza ferrata in
mano e staffe d'ottone,
in memoria di Erasmo
da Narni detto il Grat-
tamelata che militò
sotto Brazzio Montone
nelle guerre d' Italia
del 1435. Creato ge-
nerale delle genti Ve-
neziane fece notabili
acquisti per la Repub-
blica che gli eresse
una statua equestre
presso la chiesa di S.
Antonio di Padova,
bellissima fusione del
Donatello.
4.° Tre delle die-
ci armature intiere che
esistevano in questa sala, una ora su cavallo di legno, le quali sono
attribuite a Carlo Zeno, a Carlo Moro e ad Alvise Mocenigo, la
equestre.
5." La spada dello Scanderberg senza indicazione a chi
abbia appartenuto, la quale è segnata colla lettera H nella guida
del Casoni e fu riconosciuta dal Lassels che la vide nell'Arsenale
e la descrisse nel suo Voijage d' I fai ir, V0I.7II, p. 281.
Esistevano nella sala II« detta delle corazze e sono ora nel
R. Arsenale :
6.° Due corazze di ferro una foderata di broccato d'oro, che
dicesi del Doge Enrico Dandolo, e 1' altra a bottoni e lamine di
stoffa d'oro che vorrebbesi dello Ziani, e solo tre di velluto di di-
versi colori fra le tante di serenissimi principi che stavano allineate
sulla parete di questa seconda sala di fronte alla porta (v. dise-
gno a pag. 41).
(41)
LE SALE D AEMI DEL CONSiaLIO DEI DIECI
153
7.° I due spadoni dei Papi Nicolò V e Pio li ricordati più
sopra, a pag. 25, privi però delle guardie antiche, che furono sosti-
tuite con impuo-nature di legno dorate (v. disegno a pagina 42).
8." La piccola ar-
matura di ferro da fan-
ciullo con mazza ferrata
nella destra e pugnale
nella sinistra, colla se-
guente iscrizione : Fu
TROVATO NEL F A T T O
d'arme I DI Marignak
CALPESTATO | DA CA-
VALLI (v. disegno a pa-
gina 43).
9." Sei scudi ve-
neti rettangolari col
Leone in soldo.
10." Due fanali pre-
si dal Capitano Gene-
rale Francesco Moro-
sini, uno al Bei di Ci-
pro e l'altro al Bei di
Durazzo , 1' 8 marzo
1668.
11." Stendardi tur-
cheschi n. 3 ai quali
fanno riscontro le tre
bandiere turche oggi esistenti nel Museo dell' Arsenale, e quivi
descritte come segue :
I. Bandiera del sangiacco Sciarif Ali pascià presa a Lepanto
nell'anno dell' Egira 949 ('), colla iscrizione araba, che tradotta
suona così :
Non c'è altro Dio, solo Dio e Maometto suo Profetta. Corano,
cap. 48 (La Vittoria) verso Y.
In nome di Dio il misericordioso, il clemente. Noi abbiamo
aperto innanzi a te una splendida vittoria. Allah rimette a te
(1) Zauotto, Palazzo Ducale, voi. II, parte XIX, pag. 10.
154
F. BEECHET
(42)
le tue colpe passate e
le future e ti colma della
sua grazia, e ti addita il
retto sentiero, e Allah ti
farà vincere una vittoria
gloriosa, egli il quale fece
scendere la calma nei cuori
dei redenti e raddoppiare
la fede che si trova in essi.
Allah il signore degli Eser-
citi del cielo e della terra.
II e III. Due bandiere turche prese da Leone Marin ai
Turchi nel Friuli (1474).
12.0 Stendardi
da 7 code n. 2, che
stavano ai lati del
busto del Pelopon-
nesiaco.
13.0 La spin-
garda 0 falconetto di
ferro della prima me-
tà del sec. XVI so-
pra letto di campa-
gna in noce di monte
guarnito di ferro e
col fusto ornato di
lumiera coperta da
figura in bronzo, ri-
messi a rilievo ed a-
geminature d'ottone,
che il Gravembroch
ha disegnata esatta-
mente e che, fatta
p e r presentarla a 1
Turco, la tradizione
vuole opera del figlio
del Doge Cicogna (i).
(1) Zanotto, Palazzo Ducale^ voi. IT, parte XIX, p. 5, o Casoni, Guida per
V Arsenale di Venezia. Venezia, 1829, pag. 26 e 27. Vedi disegno a p. 24.
(43)
LE SALE D ARMI DEL CONSIGLIO DEI DIECI
155
Questa non concorda colla
descrizione rimastaci della
colubrina offerta dai nipoti
del Doge Gritti alla Signo-
ria, tutta ricca d' oro e
d' argento , descritta più
sopra, per cui è ovvio ri-
tener questa fra le cose pur
troppo scomparse. A que-
st'arma sta unita la ballot-
tiera con canna di ferro,
scovolin, raschiador e mi-
sura da polvere. Stava nel
mezzo della seconda sala.
14 .0 L' alabarda, o
meglio mitragliatrice, da
20 canne da fuoco dieci
più lunghe e dieci più
corte, detta anche archi-
bugio da 20 canne a vi-
cenda, fabbricata dal fe-
del Giovanni Maria Ber-
gamin presentata al Tri-
bunale dei Capi del Consiglio dei Dieci, ed accettata con Decreto
29 aprile 1622.
156
P. BERCHET
(44)
Stava a sinistra e dietro il n. 13 della detta sala:
15.0 Altro pezzo d' artiglieria, detto anche petriera, che si
carica per di dietro e fa cinque spari, sopra piedestallo di legno,
posto nelle sale li 20 aprile 1627, a destra e dietro del n. 13
simmetricamente col n. 12.
Esistevano nella sala III" detta del Re di Francia e sono
egualmente nel Museo dell'Arsenale :
16." 1j' armatura di ferro del Re di Francia Enrico lY, con
due alabarde da punta e da fuoco, e con visiera da cavallo,
mandata dal Re in dono alla Repubblica, nell'anno 1603, essendo
ambasciatore il Marino Cavalli colla iscrizione posta al di sopra
dell'armatura : Henrici IV Francia et Navar^ Regis arma
I IN TOT TANTISQ. ET PERICULIS ET VICTORIIS HOSTILI | SANGUINE
MADEPACTA IMMORTALIS EIUS GLORLZE TROPH^UM | AC VERI ET
SINCERI AMORIS ERGA REMPUB. | MONUMENTUM (l).
(1) Nelle Relazioni degli ambasciatori Veneti al Senato, Serie 11%
voi. 1°, Venezia, 1857, a pag. 28 è ricordata anche la seguente iscrizione
sotto la armatura di Enrico IV:
Monumentum vides et pignum regis in Rempublicam Venetiae hene-
volentis. Hisce armis hisce exuviis Henrici quarti Galliarum Regis in-
victissimi virtus circunidata fulminavit in Gallici victrix. Ita nunc gloria
(45)
LE SALE D ARMI DEL CONSIGLIO BEI DIECI
157
Manca la spada originaria che neg-li avvenimenti del 1797 fu
rubata.
Quest' armatura fu posta nelle sale d' armi del Consig-lio dei
Dieci nel 1604 dentro una nicchia eseguita sopra disegno dello Sca-
mozzi (1). Intorno a questa armatura ho raccolto nel R. Arsenale il
dubbio che possa essere stata sostituita con altra, nell' epoca au-
inclusa corruscai per orbem, mortalis miracnlmn grandius gratius haud
habet armamentarium M.D.C. III.
Ma di questa il (luerra non parla, ed anche oggi nel Museo dell' Arse-
nale esiste soltanto la iscrizione soprariferita che il Guerra lesse e ri-
portò nel suo inventario.
Lo specchietto del piedestallo sul quale poggia la armatura ritta in
piedi porta in una cartella barocca un'arma col leone rosso lampante a
sinistra in campo d'oro, colle lettere A. G. nccostate allo scudo.
(1) Registro 54, Comuni Consiglio dei Dieci, 1601, carte 21 e 21 verso.
158 l^ BEECHET (46)
striaca. E di fatto, confrontando la fotografìa del disegno eseguito
dal Gravembroch, che la vide sullo scorcio del secolo scorso
nelle sale d' armi del Consiglio dei Dieci, colla fotografìa eseguita
adesso dal Kiva nell'Arsenale, emergono subito dal confronto delle
due fotografie essenziali differenze nella forma e disposizione degli
ornati e nelle dorature, ma però entrambe le armature portano la
visiera traforata da quattro S opposti e la croce raggiata del Santo
Spirito colla collana sulla corazza, per cui il dubbio non può dirsi
del tutto risolto. Anzi volendo io persuadermi se l'armatura esi-
stente nel E. Arsenale fosse proprio quella donata da Enrico lY,
0 invece la regalata fosse più ricca quale appunto apparirebbe dal
disegno del Gravembroch, cercai nell' Archivio di Stato fra i di-
spacci degli ambasciatori veneti in Francia di quell'epoca, e trovai
che Angelo Badoer il 21 gennaio 1604 informava il Senato di
avere esposto al re che la repubblica " avea riposto quel ferro fra
le cose più preziose perchè passasse anche nei posteri in stimato
testimonio della sincera affetione della Maestà Sua. Mi rispose il
re, che il suo ambasciatore li scriveva di aver veduto il luoco
dove si disegna riporre la sua arma, che è fra le più ricche et
esquisite arme che habbiano, sì che lui si vergognava che fosse
riposta in luoco tale un armatura cosi vile, ma che havendo vo-
luto il sig. ambasciatore Cavalli portar seco un trofeo delle sue
vittorie passate, lui li fece dar una delle armature de' quali egli
a punto si serviva in simili occasioni, ma non già con pensiero
che quei Signori la volessero per tenerla in tanto honore, che
quando havesse pensato questo, gliene haveria mandata una più
degna. Io le dissi che poteva ben S. M. mandarne un altra più
ridia ma non più degna di quella che l'ha servita nelle sue glo-
riosissime imprese. Mi replico il Re, che rendessi alla Serenità Vo-
stra molte grafie de Thonore che la gli faceva, et che le dicessi
che in segno di quella sua afFetione, lui teneva anchora altre ar-
mature per vestirle in servizio di quella Serenissima Repubblica,
come era debito di vero gentilhuomo venetiano, di che lui si glo-
riava tanto. „ (0- L'armatura dunque non era ricca, ma il dubbio
forse può ancora sussistere.
17.0 Quattro fanali turcheschi dorati, presi nella guerra di
Creta dal Capitano Generale Zorzi Morosini.
18.0 Stendardo turchesco preso dal medesimo nella guerra
(1) Arch. di Stato. Cancelleria secreta. — Dispacci Francia, filza 32.
(47)
LE SALE D AEMI DEL CONSIGLIO DEI DIECI
159
della Morea, assieme ai fanali donati alla Repubblica da Piero e
Lorenzo Morosini fratelli di Zorzi l'anno 1616, senza la iscri-
zione commemorativa in rame dorato ; questo stava nella III<* sala
fra i fanali ed è descritto all'Arsenale conie bandiera presa ai
turchi a Corfù nel 1587.
19.0 Alcuni cang-iari (handschar) e stili forniti d'argento, l'i-
masti dai 42 ricordati più sopra fra le cose perdute.
20. 0 Un mezzo bracciale, uno scudo di canna d' India con
pietre, rimasti del dono dei Persiani, di celadoni e busti di
ferro antico dorati a mordente, pure più sopra ricordati.
21.0 fi lucchetto e la </o/z/er(i di ferro detti di Francesco da
Carrara ed altri istrumenti di tortura a lui attribuiti, che si tro-
vavano neir armadio con grata con n. 11 presso la porta della
soffitta nella sala ÌU^.
22.0 Q\[ ogo^etti che furono di un famoso ladro chiamato
Nadalin il quale subì 1' estremo supplizio :
a) Ordigno di ferro fatto a vite ;
b) Morsa ossia leva di ferro a vite ;
e) Chiave di
ferro con entro or-
digno fatto a vite
e susta interna ;
(0 Rampino
per cavar finestre
od altro.
23.0 J)^;p pr^l^.
nonoini di l)ronzo
dei tredici, compre-
so uno di ferro, più
sopra ricordati co-
me mancanti.
Esistevano fi-
nalmente nella sala
lY*^ 0 degli archi-
bugi e si trovano
ora nel Museo del-
l'Arsenale :
24.0 La focaja
0 conserva da mic-
cia di rame, opera
160 I'. BKKCHET (48)
di G. B. Comino, 1621, con fijo^ure di getto e strumenti da accen-
dere le miccie, corrispondenti al numero di duecento archibugi,
le quali si accendevano in un attimo colla percussione di un ac-
ciarino a ruota.
Fra le mobiglie e suppellettili delle sale d'armi furono con-
segnati all'Arsenale, ma più non esistono per causa di vetustà :
1.0 Quattro armadi neri serrati di lastre e profilati d' oro
lasciati alla Repubblica dal N. H. Zorzi Morosini K.'" e Proc.r
Ultimamente erano dodici armadi da corazze, elmi, alabarde ed
offffetti vari che decoravano le sale. Gli altri otto vi restarono
per alcun tempo e custodirono gli argenti delle chiese soppresse
finché in seguito andarono dispersi.
2.° Trentanove cortine di tela assortite coi ferri corrispon-
denti.
3.0 Settanta restelliere di ferro.
4.0 Yarie colonne di legno con i loro capitelli vecchi e parte
logori che adornavano le pareti delle sale, dividendole in comparti
come si vede nel quadro di casa Morosini, ora al Museo Civico,
più sopra riportato.
5.0 Yentidue mezzi archi di ferro dove stavano appoggiate
a ruota le spade e gli spadoni.
Francesco Zanotto nella sua Opera il Palazzo Ducale, voi. II,
parte XIX, dà bensì un' elenco delle cose raccolte nelle sale
d'armi, desunto dall'archivio proprio del Consiglio dei Dieci nel-
l'Archivio generale dei Frari, sezione YI", dalle memorie del
Bibliotecario Morelli, dalle carte lasciate alla Marciana da Grio.
Battista Rossi, e dalla Venezia città nobilissima e singolare del
Sansovino, ma questo elenco non solo discorda quanto a disposi-
zione dair ordine precisato dal Guerra ultimo Massaro, ma non
fa cenno di oggetti elencati dal Guerra, mentre ne nota altri
non elencati e dei quali deve essere stato prima disposto altri-
menti.
Non oso poi affermare che anche nel Museo Civico vi possano
essere armi raccolte da Teodoro Correr le quali abbiano appar-
tenuto alle sale del Consiglio dei Dieci.
Nella Notizia però delle opere d'arte e d'antichità della Rac-
colta Correr, Yincenzo Lazzari ricorda che alcune armi da pompa
e non da guerra e delle più magnifiche e colossali vi si conservano,
e queste devono aver decorato qualche atrio o armeria di non comune
importanza.
(49) LE SALE d'armi DEL CONSIGLIO DEI DIECI 161
Il Lazzari nota fra le armi da pompa delle sale d'armi del
Consiglio dei Dieci le grandi alabarde o ronconi collo stemma Tre-
visan, picche con ferri lavorati e lisci, partigiane, partigianoni,
spiedi, tridenti turcheschi, ronche, ronconi ed altro.
Scorrendo la Notizia non vi si trova cenno se le 12 alabarde
o ronconi ai n. 1314 a 1325 e li 6 ronconi di parata collo stemma
Contarini al n. 1326 a 1331 e gli altri sei dal n. 1332 al 1337
decorati da uno scudo traversato da bande senza altri segni bla-
sonici abbiano appartenuto alle sale d'armi del Consiglio dei Dieci (i).
Fra gli oggetti non indicati nell' inventario Guerra, il Zanotto
ricorda inoltre :
1.0 Un'Apollo saettatore in marmo.
2.0 Due teste di bronzo lasciate dal kav. Domenico Pasqualigo.
3.0 L' armatura di Giovanni Duodo.
4.0 I ritratti degli ambasciatori Giapponesi dipinti dal Tin-
toretto (2).
5.0 Lampada che dice trovata nel sepolcro d'Antenore a
Padova e che anche il Rossi rammenta. Qualche cosa però che
può riferirsi a questo oggetto fu veduto dal Gravembroch e da
esso disegnato nel ms. dedicato a Pietro Gradenigo, 276, XCIY.
6.0 Due archibugi, con fiasche, di Lodovico Orsini generale
di fanteria strangolato a Padova (2), una spada, un pugnale, due
pistole e due archibugi, che stavano sopra la interna porta della
IH» sala e furono cambiati di posto nel 1606 (*).
Io poi ho voluto fare uno spoglio diligente della massa delle
armi consegnate nel 1799 ai capi delle sale dell'Arsenale e farne
il confronto con quanto il Masser Guerra inventariò nel 1773
aggruppato per categorie. Da questo esame ne risultò il seguente
(1) Notizie sulle opere d'arte e d'antichità della Raccolta Correr di
di Venezia. Vincenzo Lazzari, Venezia, 1889.
(2) Ito Mancio, Naocazu Michele, Hara Martino, Nacaura Giuliano,
arrivati in Venezia nel giugno 1585. Cfr. Berchet, Sa</f/ìo sulle antiche
ambasciate giapponesi in Italia. Venezia, 1877.
(3) Rossi, Mss. alla Marciana, voi. V, p. 184 e seg.
(4) Registro 56, Comuni Consiglio dei Dieci, 1606, carta 9.
162
F. BERCHET
(5Ó)
prospetto, dove si vede che se verifìcaronsi molte sottrazioni e di-
spersioni dei cimelii preziosi, artistici e storici, altrettanto non
avvenne per le armi comuni conservate in quelle sale, delle quali
se alcune andarono disperse, e saranno state forse le più prege-
voli, la maggior parte però fu conservata e consegnata all'Arse-
nale dove ora si trova.
PROSPETTO DI PARALLELO
FRA l'inventario 1773 E LA CONSEGNA 1799
OGGETTI
Armature
Mezze armature con elmi e scudi
Celadoni con letti e schiene
Alabarde .
Brandistocchi o spiedi
Elmi e celate .
Corazze
Spadoni a due mani
Spade alla schiavona e da bordo
Mazze ferrate .
Scudi
Balestriere
Balestrini .
Archi
Turcassi
Pistole a ruota
„ all' italiana
„ a due canne
Pistoni
Fiasche da polvere
Polverini .
Archibugi a ruota
Mortaretti da bomba
Mannaje
Mannerini .
Jatagan
„ piccoli, stocchetti ecc
Verdughi (lame a quattro tagli in
Lancie
Corbette di rottami
punt
a)
Ultimo
Consegna
inventario
all' Arsenale
16
15
2
559
753
62
124
659
640
366
334
281
298
805
672
70
56
174
120
84
213
2
2
49
100
72
230
334
215
118
6
3
4
443 .
300
34
365
22
2
2
4
4
2
2
12
11
10
12
12
100
1060
9
(51) LE SALE d' AEMI DEL CONSIGLIO DEI DIECI 168
Le armi consegnate in eccedenza all' inventario erano quelle
che si trovavano nel camerotto e nelle soffitte e che, per essere
vecchie e rotte, doveano vendersi, giusta il decreto del Consiglio
dei Dieci (^) e perciò non furono dal Guerra inventariate.
Dallo stesso confronto apparisce inoltre che la sala degli
archibugi fu spogliata degli archibugi a ruota, delle spade, scudi
e fiasche da polvere che conteneva, e ciò forse in un qualche
momento di forsennato saccheggio ; e se oggidì qualche oggetto
allora depredato fu ricuperato e trovasi nelle sale del Museo del-
l'Arsenale di Venezia, certo il Masser Marcantonio Guerra non
lo consegnò nel 1799 ai Capi di quelle sale Antonio Barrerà e
Nicolò Cibo.
Invece la mancanza delle altre armi e delle 9 ceste di
rottami si riduce a ben poca cosa, e deve procedere da singole
private sottrazioni non difficili in quei giorni dolorosi.
11 nuovo Registro del Masser Marcantonio Guerra ci mette
in grado anche di conoscere come erano negli ultimi tempi della
Repubblica collocate e disposte le armi e le cose notevoli nelle
sale d' armi del Consiglio dei Dieci.
Esse erano cosi distribuite :
Neil' atrio dal pianerottolo della scala dei Censori :
Il busto in marmo di Sebastiano Yenier opera del Vittoria,
sei mezze armature di ferro.
Nella sala prima o del Gattamelata, sopra la porta d'ingresso :
La testa di Gerolamo Pesaro in marmo.
Sopra quella di egresso :
Il busto di Marc' Ant.o Bragadin in bronzo.
Nel mezzo della sala :
Il lume in bronzo ad uso militare.
Presso le finestre ai fianchi delle porte d' entrata :
La armatura di Gattamelata a cavallo.
Al fianco della porta d' uscita :
Quadro della Madonna e cassetta d'ebano del fiscale di Padova
Cassina.
(1) 1773, 23 agosto.
164
F. BEKCHET
(52)
Nella prospettiva in fondo :
Kuota di 43 pistole antiche, spada dello 8canderberg impu-
gnata da mano dorata ; il grande e prezioso fanale d' argento e
cristallo di rocca del Crasso.
In giro alle pareti :
Dieci armature fra le quali le quattro dorate, e quelle del
Duca di Rohan e del N. H. Marco Trevisan.
Nella sala seconda o delle corazze, sopra la parte di ingresso :
L' armatura da fanciullo.
Sopra la porta di egresso :
La testa in marmo di Francesco da Carrara.
Nel mezzo della sala :
La spingarda con lumiera coperta da figura in bronzo.
. Dietro ed ai lati di essa:
La alabarda da 20
canne da fuoco di G. ^L
Bergamin, o mitragliera.
Il pezzo d'artiglieria
a retro carica ed a cinque
colpi, 0 petriera.
Presso alle finestre al
fianco delle porte di en-
trata:
Armadio a grata n.
1 cogli oggetti descritti
pili sopra fra i perduti
ai n. 7, 8, 9, 14 e 15.
Al fianco della porta
d' uscita :
Armadio n. 3 cogli
oggetti descritti al n. IG.
Nella prospettiva in
fondo :
Statua di bronzo con
piedistallo di marmo del
Morosini Peloponesiaco in
nicchia drappeggiata da
bandiere turche e fian-
cheggiata da 2 code di
Pascià e da 6 alabarde.
(53) LE SALE d' AEMI DEL CONSIGLIO DEI DIECI 165
In giro alle pareti, fra mezzi pilastri con capitelli, messi a
comparto :
Armadio n. 2 a destra dell' ingresso con armi varie.
Armadio n. 8 a destra dell'uscita colle armi del Doge Ziani
e gli spadoni papali.
In alto : le corazze del Doge Dandolo e le 40 di altri serenis-
simi principi.
Tra le finestre sul rivo :
Le due statue di Francesco Sforza e Maria Visconti, i due
fanali presi dal cap. gen. Francesco Morosini e il terzo più pic-
colo preso da Leonardo Moro.
Nella sala terza del Re di Francia, sopra la porta d'ingresso :
La Madonna col l)ambiuo di Palma il vecchio.
Dirimpetto alla porta di ingresso :
Sebastiano Yenier ed Agostino Barbarigo, busti in bronzo
di Tiziano Aspetti.
Quadro di S. Marco con 1' evangelio, fra quei busti, e sotto
di esso l'Armadio n. 4.
Nel mezzo della sala :
Studiolo del patriarca ririmani.
Presso le finestre a sinistra della porta d' ingresso :
Armadio n. 5 col mausoleo delle medaglie lasciate dal Car-
dinale Zeno.
Due cassette lavorate a radice di perla.
Di fronte sotto il San Marco, Armadio con grata n. 4 con la
imagine di Nostra Signora alla greca, con fornitura d' argento e
pietre diverse, altro quadro alla greca rappresentante il Paradiso
con fornimenti dorati, ))aule di cristallo di monte guarnito d' ar-
gento, due denti d' orco marino ed altro.
Nella prospettiva di fondo :
Armatura di Enrico lY» di Francia nella nicchia archi-
tettonica, opera dello Scamozzi, e sotto di essa uno scrigno
vuoto.
In giro alle pareti, a destra della porta d' ingresso :
Quattro armadii neri serrati di lastre e profilati d' oro. So-
pra il Io la nascita di N. S. del Da Ponte, sopra il 11'^ la morte
di N. S. del Da Ponte, sopra il IH» il ritratto del Re d' Inghilterra
e S. Griorgio, sopra il lY» il ritratto del Co. di Mansfeld.
Nella parete opposta fra le finestre sopra piazzetta (verso il
molo di piazzetta) :
166
r. BEBCHET
(54)
Quattro fanali turcheschi
e lo stendardo presi dal Ca-
pitano Generale Giorgio Mo.
rosini.
T celadoni e busti di ferro
dorati, donati al Doge Marino
Grimani dal Re di Persia.
Vicino alle dette finestre :
L' armadio in lapislazzoli
con S. Giustina e sotto il panno
d'oro con 16 figure, dono dei
Re persiani.
Nella sala quarta o degli
archibugi, nel mezzo :
La focaja di rame per
niiccie.
Nella prospettiva di fondo :
Lo stendardo da 7 code dal
Capitano generale Alvise Mo-
cenigo preso ai turchi nel 1651.
Sopra la scala che va al
Maggior Consiglio :
Lo stendardo o fiammola
da galera del Doge Ziani.
Lo stendardo con fiori do-
rati preso ai turchi dal Proc.
Foscolo.
Sopra la porta che va a]
Maggior Consiglio :
Testa di marmo incassata
nel muro, detta di Ezzelino da Romano.
Attorno alle cornici di queste ; sale, i cui soppalchi erano
decorati di armi, corazze e pistole, come si vede nel quadro Mo-
rosini, giravano circa 500 fiasche da polvere ed attorno alle pa-
reti in 11 ruote e 70 rastelliere, negli armadi e fra le colonne e
pilastri, erano disposte 2016 armi da taglio e da; punta, 705 arme
da fuoco e 1209 tra elmi,'" corazze e^scudi; essendo nella sala I*
raccolti in maggior numero 'elmi ed alabarde, nella 11'^ corazze e
nella IV-' archibugi, mentre poi nella soffitta stavano accatastate
circa un migliajo e mezzo di armi di scarto destinate alla vendita,
(55) LE SALE d'aEMI DEL CONSIGLIO DEI DIECI 167
ma che pertanto non furono catalogate dal Guerra, ed è così che
colle mancanze verificate più sopra poterono esser consegnate nei
giorni 19 e 28 gennaio 1799 ai capi delle sale d'armi dell'Arse-
nale 1060 lancio, 209 fra archi e turcassi, 129 balestriere, 86
verdughi e 62 brandistocchi e spiedi, in più dell' ultimo catalogo
Guerra.
La disposizione delle cose più pregevoli nelle sale d' armi
è graficamente segnata nella pianta unita a questa Memoria (i),
più sopra riportata ; nella quale è pure segnato nella parete occi-
dentale della sala I/^ il posto occupato dall' ultimo camerotto nella
torricella dove per essere stato tolto 1' assito di legname di mo-
derna costruzione che dopo che furono demolito le grosse antiche
clausure lignaminum divideva quest'ultimo camerotto dalla I^ sala
d' armi, sono visibili le iscrizioni e memorie ivi grafite dai pri-
gionieri, delle quali ho più sopra fatto cenno e che sono rappre-
sentate dalla unita fotografia.
La presenza di questa parete scritta, ora chiaramente visibile,
fece nascere il dubbio se appunto per conservarle un po' di luce
non sia il caso di lasciare le cose come sono e di non ricostruire
il muro che tornerebbe a mettere al bujo, o quasi, quel locale.
Se non che considerando che si farebbe ofl'esa alla storia, l'Uflfì-
cio regionale è di parere che sia da proporsi il ripristino del muro
divisionale ritornando così anche alla sala I" le sue proprie di-
mensioni.
In tale ipotesi si ricostruirebbe l'antico accesso della prigione
da alcuni locali ora occupati dalla Biblioteca, e si potrebbero senza
grave sconcio non solo riaprire ma ampliare i pertugi che illu-
minavano l'ultimo camerotto della torricella, al fine di mantenere fa-
cilmente 0 almeno discretamente leggibile la parete letterata.
Sciolto questo quesito si presenta subito l'altro, di ben mag-
giore importanza e difficoltà, quello cioè sulla possibilità del ri-
pristino delle antiche sale d'armi quali si trovavano al momento
della caduta della Repùbblica.
(1) Tipo dimostrante la disposizione dei principali oggetti d'arte e
trofei nelle sale del Consiglio dei Dieci giusta l'ultimo inventario ufficiale.
108 F. BEKCHET (56)
E qui se unanime e naturale è il consenso che quelle sale
siano possibilmente ridonate alla apparenza che avevano in quel-
l'epoca, e come tali conservate con gelosa cura, del quale con-
senso si fece recentemente interprete il conte Piero Foscari, pub-
blicamente invocando " che S. E. il Ministro Baccelli dia il suo
nome e la sua potenza ministeriale in favore dell'antico Museo
dei Dieci (') „ non è però altrettanto facile il mettere in atto il
simpatico divisamente.
Bisogna intanto distinguere le armi propriamente dette da
pugno, da miccia e da ruota, dalle armature, trofei e dagli og-
getti preziosi per l'arte e la storia che le sale contenevano.
Questa seconda categoria, certo la più importante, subì grandi
e deplorevoli jatture. Sopra circa 100 articoli di collezioni e d'og-
getti preziosissimi soltanto 12 articoli si conservano nel Palazzo
Ducale, 24 si conservano all' Arsenale e tre si credono di pro-
prietà privata. E le cose mancanti sono le più pregevoli e le più
rare.
Frattanto si presenta una questione, dirò così subordinata, se
cioè il ripristino delle sale d'armi deva limitarsi alle tre sale che
erano occupate dal R. Istituto od estendersi anche alla ultima
sottoposta, sala degli archibugi, che è l'attuale sala Bessarione
della Biblioteca.
E qui la somma scarsezza degli oggetti che si potrebbero ri-
cuperare, e la stessa decorazione attuale della sala Bessarione, che
si dovrebbe alterare e manomettere per disporvi la scala di co-
municazione colle sale superiori, persuadono di limitare la proposta
al solo ripristino delle tre sale superiori cioè delle sale delle armi
antiche.
Però è vano lo illudersi. Colla poca suppellettile derivante dai
12 articoli che si conservano nel Palazzo Ducale le sale d' armi
del Consiglio dei Dieci non potrebbero nemmeno lontanamente
ricordare il passato, sarebbero una squallida larva irriconoscibile
di quello splendido Museo che si vorrebbe rievocare, e più che
testimoniare la gloria degli avi documenterebbero la nequizia dei
nepoti.
Una sola favorevole eventualità renderebbe possibile il ritorno
al Palazzo del decoro delle sale d'armi del Consiglio dei Dieci,
(1) Gazzetta di Venezia N. 228 del 19 agosto 1899.
(57) LE SALE d' AKMI DEL CONSIGLIO DEI DIECI 169
e cioè che il R. Ministero della Marina acconsentisse di restituire
alla loro antica sede i ventiquattro articoli storici ed artistici che egli
conserva nel Museo del R. Arsenale di Venezia, e di ritornare al-
tresì le armi inastate da pugno e da ruota, almeno nella quantità
che fosse sufficiente a decorare le antiche tre sale delle m uni f ioni.
Esse non sarebbero invero ripristinate, perchè resterebbero ve-
dovate della maggior parte dei cimelii preziosi che raccoglievano a
memoria dei tempi fiorenti di Venezia, ma almeno non appari-
rebbero spoglie, e raccoglierebbero quanto di meglio si è potuto
salvare dall'immane disastro della fine del secolo scorso.
Ma perchè un tale proposito, quantunque non graverebbe sul
bilancio al di là dei limiti dei lavori da farsi nel Palazzo Ducale
col provento della tassa di ingresso, abbia una qualche probabilità
di successo, non bastano certo le forze private e la iniziativa del-
l'Ufficio regionale di Venezia che ho 1' onore di presiedere, ma
occorre l'ausilio potente di altre forze assai prevalenti.
Ed io non vi nascondo egregi colleghi, che queste forze e
questo ajuto sarebbero validissimi se partissero da Voi.
Il R. Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti faccia suo
questo voto e se ne renda interprete presso i Ministeri dell'I-
struzione e della Marina. La sua autorevole voce spianerà la via,
perchè egli solo può trovar la parola che induca il Ministero
della Marina a cedere al Ministero dell'Istruzione pubblica l'onore
della custodia di tanti tesori nella loro sede originaria, a beneficio
dell'arte ed in omaggio alla storia di Venezia.
(59) F. BEECHET - LE SALE d' AEMI ECC. 171
NUOVO REGISTRO
DI TUTTE LE ARMI E COSE RIGUARDEVOLI
DELLE SALE DELL' AKMI DEL CONSIGLIO DI DIECI
ATRIO
Allabiiido di diverse sorti disposte nell'atrio e scala sessantacinque N. 65
Spontoni ai lati della Scala ventidue „ 22
Armature di ferro, con Mazze ferrate sopra la scala medesima n." quattro
ed ai lati della porta d'ingresso altre due senza mazze, in tutte sei N. 6
Ai lati della med.^<^ porta
Spade da punta alla Schiavona quattro N. 4
Spadoni a due mani otto (N. 6) „ 8
Elmi di ferro settantauno (N. 60) „ 71
Sopra la porta d' ingresso
Mezza statua di marmo con la seguente iscrizione :
Sebastiano Veneeio Peincipi
Inuictiss.'* Nauali Victoria apud Echinadas
Clariss."s Leonardus Mocenicus huius
Armamen. Prefkct P. C. Anno CIOIOCVIIII
Figurette di legno dorato rappresentanti la Fede e la Giustizia due N. 2
Ai lati della porta d' ingresso
Spade da bordo trentaquattro (N. 6) N. 34
Elmi di ferro ventisette (45) „ 27
A destra tra le finestre
Archibuso corto da ruota vecchio e pistole rotte, in tutto N. 38
Intorno V atrio stesso
Fiasche da polvere trentaotto N. 38
Scudi di legno alla rifusa, e parte disposti, trentadue „ 32
Pezzi di pietra, marmo, due (uno fu impiegato nell' archivio dal proto
Jseppi) N. 2
172 F. BERCHET (60)
SALA PRIMA
Sopra la porta d' ingresso
Testa di marmo donata dal fu N. H. (xirolamo Pesaro ; e accettata dal
Consiglio di X.ci l'anno lfi(il, 7 Novembre, con la seguente iscrizione:
HlEBONJMI PlSAURI QNDM JaCOBI
MUNUS
M.D.C.L.XI
Pistole da ruota trentadue N. 32
Alla p((rte sinistra
Pistole da ruota ventitré N. 23
Spade da bordo ventisei (23) „ 26
Xd mezzo
Lume di bronzo ad uso militare.
Alto Nobilissimo Fanale di puro argento e limpido Cristal di Monte, do-
nato alla Serenissima Repubblica da Nicolò Crasso Cittadino Vene^o
eloquentissimo ; da lui ideato, (; fatto eseguire da primi Artefici del-
l' Europa, con entro una Tazza del medesimo Cristallo, e Navicella
d'oro, e sei lumini, il tutto con maravigliosa maestria unitto da mi-
nutissimi lavori a vida ; che p(!r l'esquisitezza del jnateriale, e per
la lunga fatica, si reputa del valore di 30 e più milla scudi. Questo
servì nella Basilica di S. Marco a modo di Tal)ernacolo, e fu poi ri-
posto sopra queste Sale l'anno 1631 sotto il Poge Francesco Frizzo.
Vedi Istoria Nicolò Doglioni C.'^' 936, e Natale Conti C.^'' 6H0.
Intorno alla stessa Sala
Corazze di ferro fodrate di veiuto a colori diversi trentadue N. 32
Celate di ferro trecentoventuna „ 321
Scudi di legno cinquantanove ,i 59
Aste 0 Alabarde centosettandadue „ 172
Spadoni a due mani centoventisei „ 126
Spada alla Schiavona duegentonovantasette „ 297
Turcassi con frezze, fra quali otto dorati, quaranta „ 40
Balestre di ferro alla rinfusa settantaquattro „ 74
Armature di ferro intiere, tra le quali quattro dorate, due con scudi di
ferro, et una con Spada dorata al fianco, in tutte dieci N. 10
Quella con spada dorata fu del Duca di Roan francese General
della Repubblica la di cui spada fu posta nelle Sale d'ordine degl'Fc-
c.™' Capi del C.° di X.ci Fanno 1638, 24 Luglio,
L' altra dirimpetto nel secondo Nicchio con il Stemma in petto fu
del N. H. Marco Trevisan General, che portò da Costantinopoli il
Sangue prezioso di Nostro Signore, e per tal benemerenza godono li
di Lui discendenti il privilegio di portar la Stola sopra la Spala destra.
Elmo di ferro detto la Visiera d'Attila.
Spada, impugnata da mano di legno, dorata, detta del Scanderbech ge-
neral in Dalmazia.
(61) LE SALE d'armi DEL CONSIGLIO DEI DIECI 173
Caselle con Frezze e Bolzoni trentasei N. 36
Coltrine di Sangallo quattordici ,, 14
Sopra la porta di er/res.so
Mezza Statua di Bronzo rappresentante il fu N. H. ser Marc' Ant.° Bra-
gadin fu Prov.'' in Cipro, quale fu posta nelle Sale l'anno 1595, 24 set-
tembre per istanza delli NN. HH. ser Marco e Fratelli Bragadin di
lui figliuoli con la seguente iscrizione :
Maecus Antonius Bragadeno
Salamina Cipro Prefectus in diucturnA
obsidione substinenba, singulari fortitudine
clarus summaque pietate, atque constantia
PRO Cristi fide, et prò Patria
uiuens, gloriosissime cutk exutus
17 Augusti 1571
Balestre di ferro due N. 2
Nel soffitto della prima Sala elmi „ 46
Neir angolo sopra la srala
Cavallo di legno con armatura di ferro, mazza ferrata in mano, staffa
di ottone in memoina del fu Gattemelà che militò sotto Brazzio Mon-
tone nelle Guerre d'Italia dell'anno 1435, fatto Generale delle Genti
Veneziane. Fece notabili acquisti per la Repubblica, quale gli fece
dirizzare una Statua Equestre vicino alla chiesa di S. Antonio in Pa-
dova. Jstorico a e.**' 229 e Compendio jstorico universale del Doglioni.
Canoncino di bronzo sopra letto di Campagna.
Scudo.
Elmo.
Golziera di ferro traforata.
Martello con canna d'Archibuso.
Mazze ferrate, compresa ima più antica, sono cinque N. 5
Baston con catena e globo di ferro.
Intorno le cornici
Fiasche da polvere centoquatordici
Spolverini trentaquattro
Archi trenta
Nella prospettiva di mezzo
Pistole antiche da ruota quarantadue
A sinistra della porta d' inf/resso
Quadro con l'immagine di Nostra Signora.
Cassetta di ebano, nel Piedestallo della quale v' è un Psalterio, e sopra
questo una loggia con sei figure, e dissopra un'Orologlio da Campana,
donata dal Fiscal di Padova dottor Cassina, ed accettata con De-
creto del Senato 1649, 24 novembre.
N. 114
„ 34
„ 30
N.
46 (sic)
174 P. BEECHET (62)
SALA SECONDA
Sopra la porta (Vingresso
Piccola Armatura di ferro, con mazza ferrata nella destra e pugnai nella
sinistra e sotto la seguente iscrizione :
Fu TEOVATO NEL FATTO d'aRME
DI Marignan calpestato
DA CAVALLI
Pistole antiche da ruota n.*> venti, e Terzaruoli otto, quali furono prese
dal N. H. ser Marin Muazzo alle Barche armate della guardia di Cef-
falonia sopra una Nave Inglese l'anno 1628, e fatte poner sopra queste
Sale giusta la parte del C.° di X.ci 4 settembre 1628, et altre, in tutte
sono quaranta N. 40
Parte destra di detta Porta
Mazze ferrate fra quali una Spada antica con canna da fuoco, et altra
pure con canna similmente da fuoco impugnate da due mani di legno
dorate, e sono in tutte ventidue N. 22
A sinistra
Armario con grata di ferro segnato n." uno a chiave ed entro :
Armaretto con duo Figure di rilievo rappresentanti Adamo et Eva, e la
pianta della vita lavorate in Bosso da Alberto Duro, quali furono
portate nelle Sale dal fu Ecc.™*' Signor Avvogador Nicolò Valier
l'anno 1617, primo Settembre.
Tazza, creduta, d'ongia di rinoceronte di Giovanni di Medici fu condottier
della Repubblica, nella quale si dice venissero scoperti i Veleni, posta
in queste Sale per Decreto del C.*» di X.c' 1680, 17 Maggio.
Cortello lavorato all'Azemina con manico, e fodro d'agata e con rubini
n.*> trentaotto incassati nel fodro e n." sei nel manico (manca).
Sciabla con fodero in parte dorato.
Scudo, Brazzaletto con pietre rosse e turchine.
Sparamani di nervo detti Battipanza Turcheschi.
Mazza ferrata con pomolo, quali tutte armi furono poste sopra queste Sale
per deliberazione del C.° di X.ci 20 novembre 1591 ricuperate dal
q.™ N. H. ser Paulo Lippamano fratello del fu in allora Bailo in
Costantinopoli.
Turcassi fodrati di veluto cremese due, detti di carta dorata due et altri
di pelle rossa due, in tutti sei N. 6
Archi Turcheschi quattro „ 4
Mezzaluna di Cristallo, sopra Piedestallo di metal dorato.
Guglie di corniola incassate due „ 2
Spironi da cavallo di ottone due „ 2
Morsi et una staffa, in tutto tre „ 3
Croce dorata.
Tracolla, e Fiasca con figure di otton dorate di rilievo, e Taschino da
(63) LE SALE d'armi DEL CONSIGLIO DEI DIECI 175
balle, poste nelle Sale l'anno 1612, 7 maggio dal Provedit/ Filippo
Pasqualigo.
Fischietto del Gomito della Galera d'Ali Picinin Corsaro il quale com-
mandava alle due squadre di Tunisi e Biserta in numero di sedici
galere venute in Golfo unitamente, et ricoverate sotto il castello et
fortezza della Valona, prese tutte nel luogo med ™o dal N. H. ser
Antonio Capello 3.» allora Proved.'" dell'Armata l'anno 1638, 7 Agosto,
sotto il Dogado del Ser."»» Prin.<^ Francesco Erizzo ; consegnato dal
sudd.*" Prov/ d'armata Capello a 20 Maggio 1643 (manca).
Sotto detto Armario con grata di ferro a chiave
segnata n. 2 con li seguenti capi:
Elmo di ferro.
Scarpe di ferro due N. 2
Brazzaletto con la mano di ferro.
Pugnale con tre punte, e due piccioli, in tutti tre „ 3
Balestre due " 2
Nel mezzo
Spingardo, o sia Colonbrina, sopra letto da campagna con lumiera co-
perta da figura di Bronzo, e a piedi, Piedestallo con balla di pietra,
e ballottiera con catena di ferro, Scovolin, Raschiador, e misura da
polvere, il tutto sopra un tapetto.
Alabarda da diverse (20) Canne da fuoco sopra piedestalo di legno, fabbri-
cata da Gio, Maria Bergamin, e presentata al Tribunal de Capi del
C» di X, accettata e riposta in queste Sale per Decreto del Con-
siglio medemo 1621, 29 Aprile.
Altro pezzo d'Artigliarla, che si carica per di dietro e fa cinque sbarri
sopra Piedestallo di legno, posto nelle Sale per Commando dei Ec-
cellentissimi Signori Capi del Cons.» di X.« 1627, 20 Agosto.
In fondo alla Sala
Statua di bronzo sopra Piedestallo di Marmo del fu Doge e Cap.° Ge-
neral Francesco Morosini, e sopra la seguente iscrizione :
Francisco Mauroceno Peloponesiaco
ADHUC VIVENTI SeNATUS ANNO
1687
Cassetta dipinta con entro Spontoni.
Turcassi di legno con frezze appese alle prospettive otto N. 8
Posti nel soffitto della d.^ Sala
Stendardi Turcheschi tre N. 3
Altri simili da Sette Code tre „ 3
Intorno la Sala
Spade alla schiavona centosettantasei (169) N. 176
Spadoni da due mani ottantacinque „ 85
176 F. BERCHET (64)
Spade (la bordo quattordici N. 14
Elmi cento (120) „ 100
Corazze di ferro fodrate di veluto a vari colori fra quali due broccati
d'oro che diconsi del Doge Enrico Dandolo, ed altre d'altri Serenis-
simi Principi, in tutte trecento trentatre N. 333
Scudi di legno dorati e due di ferro venti „ 20
Sopra la porta d'egresso
Pistole da Ruota Antiche diecinove (15) N. 19
Testa di marmo fino di Francesco Carrara con Girlanda intorno di Frezze
n.** venti, e due Balestre di ferro.
A parte sinistra
Mazze ferrate, fra quali una Spada antica, e altra con canna da fuoco, e
suo battiballa, impugnate da due mani di legno dorate, in tutte
trenta N. 30
A parte destra
Armario con grata di ferro segnata N. 1 a chiave ed entro vi sono li
seguenti capi :
Spadone con guardia d' argento dorata, e fodro di veluto guarnito di
argento.
Scudo d' Azzajo istoriato.
Celata lavorata in siniil maniera e Corazza, che fu 1' armatura del Sere-
nissimo Principe Sebastiano Ziani.
Spadone con guardia e fodro d' argento dorato, donato alla Serenissima
Repubblica dal Sommo Pontefice Nicolò V, con le seguenti parole
da una parte :
NicoLAus Papa V
Anno Pontificatus sui Teetio
e dall' altra :
Anno Ceistian^ Salutis MCCCCL
Altro Spadone con guardia e fodro d'argento dorato, mandato pur in dono
alla Serenissima Repubblica dal Sommo Pontefice Pio II con le se-
guenti parole da una parte:
Plus Papa II. Anno V
PONTIF.
e dall' altra :
Anno Jncaenationis
1463
Sopra Veste di Taftà a mezze maniche fodrata di cremesin rosso.
Simitara col fodro rimesso di radice di perle, e impugnatura con lama
d' oro in parte perduta.
Abito di Tabi bianco in forma di braghessa dipinto pure a vari colori, le
quali sopradette cose, furono presentate da Signori Giaponesi nel-
l'anno 1585, e riposte in queste Sale per Decreto del Senato 28 Zu-
gno 1585.
(65) LE SALE d'armi DEL CONSIGLIO DEI DIECI 177
Pistole lunghe Francesi da due canne per una, donate dal fu N. H. ser
Anzolo Querini fu de ser Tommaso l'anno 1745 come da Termina-
zione degli Beerai Capi del C.° di X." 19 Maggio 1745 (manca) N. 2
Lume di bronzo detta perpetua.
Archihuso da ruota con canna todesca rimessa d' avorio, fìscato dal Ma-
gistrato ProYveditor Comun 1' anno 17...
Stili con impugnatura d'azzaio, e due d'argento, in tutti cinque N. 5
Pistole da ruota incassate all'antica, et una con manico di ferro quattro
N. 4
Dette da Scars(dla moderne col calzo rimesso d'avorio due (mancano) „ 2
Cortello con fodro antico.
Yerdughi con guardie dorate due „ 2
Nella 2» sala allabarde „ 104
Sotto detto Armario con grata di ferro a chiatte n. 3
vi sono li seguenti Capi :
Pistole a due canne, e due azzalini per cadauna, due di Giuseppe Fran-
zino, e quattro de la Pierre, in tutto sei (4 sole) N. 6
Carabina da due canne, e due azzalini di Lazzaro Cominazzo ; quali armi
da fuoco furono portate dal Co." Girolamo Cavazza ritornato dal ser-
tìzìo di Polonia e poste in queste Sale per Decreto 1653, 10 Gennaro
in Pregadi.
Yerdugo con guardia dorata.
In mezzo alle due Finestre
Statue intere di Marmo rappresentanti, una Francesco Sforza fu Duca di
Milano, r altra di Bianca Maria Visconti sua Consorte due N. 2
Fanno due, grandi, presi dal fu Capitan General dell'Armata M.'' Fran-
cesco Morosini K.'' e Procur.'" uno al Bei di Cipro l'anno 1668 con
la seguente iscrizione in rame dorato :
Fanno del Beì di Cipbo preso
DA M.'" Feancesco Morosini K.'' e Peoc.'"
Capitan General nella Vittoria
CONTRO Turchi, di mezza Notte a lume
DI ToRciE, LI 8 Marzo 1668
A S.** Pelaggia
L' altro al Beì di Durac, con la seguente pur iscrizione in Rame :
Fanno di Durac Beì preso
DA M.r Francesco Morosini K}' Peoc.''
E Capitan General nella Vittoria
contro Turchi, di mezza Notte, a lume
di Torcie li 8 Marzo 1668
A S.* Pelaggia
Altro picciolo Fanno in mezzo dei detti, preso dal fu N. H. ser Lunardo
Moro Proved.' d'armata al Beì di Navarin nella sud.*^ Vittoria contro
Turchi con la seguente in rame:
178 F. BEBCHET (66)
Fanno di Beì di Navarin
PRESO DA SER LuNARDO MoRO PrOVVED/
dell' Armata, nella Vittoria contro
Turchi ottenuta da M. Francesco
MoRosiNi K/ Procur.'" e Capn Q-eSal
NELLA VITTORIA CONTRO TuRCHI DI
MEZZA Notte a lume di Torcie
LI 8 Marzo 1668
S.* Pelaggia
SALA TERZA
Sopra la Porta d'Ingresso
Quadro in Tavola con l' Immagine di Nostra Signora col Bambino in
braccio, e altre figure, opera insigne del Palma Vecchio, coptuto da
cortina di seta, lasciato in dono alla Repubblica dalla Nobil Donna
Marina Friuli q.™ Girolamo rel.cia ser Ferrigo Friuli q.'" ser Piero
K.'' con suo testamento p.** Maggio 1662, con la seguente iscrizione :
Ex Marina Priol^
Testamento
P. anno M.D.C.L.X.L
A parte destra di detta Porta
Quattro Armari neri serati di lastre, e profiletto doro, lasciati alla Se-
renissima Repubb." dal fu N. H. ser Zorzi Morosini K/ e Proc.'' col
suo ritratto in tela, e soaza di legno dorato, con la seguente Iscri-
zione sopra la seconda Colonna, in rame :
Georgius Maurocenus Eques
et Divi Marcj Proc/ Crpjt^ a
turcis oppugnata, fata f^stinantia
TARDANS REPETITIS TeRRA MaRIQUE
VlCTORJS H^EC A C^SIS HOSTIBUS SPOLIA
CRUENTA Manu diripuit,
OUANTEMQUE INVEXIT IN PaTRIAM
INSTAR PERPETUI TrIUNPHI FUTURA
Nel primo segnato N. 6 a chiave
Iatagani con fodri di veluto guerniti d'argento, donati alla Repubb.* dai
Cantoni di Algeri e Tunisi l'anno 1765 per la pace conclusa con essi
li 17 xbre 1763, con la seguente iscrizione, dodici (11) N. 12
Dodici Iatagani venuti rsr
DONO ALLA RePUBB.* DALLE ReGENZE
DEI DUE Cantoni di Barbaria d'Al-
geri E Tunisi dal Serenissimo
Principe DD. Alvise Mocenigo
(67) LE SALE d' AEMI DEL CONSIGLIO DEI DIECI 179
DISPOSTI, E FATTI PASSAR AL TrIBUNAIì
DE Capi dell' eccelso Cons." di X.«
PER ESSER RIPOSTI NELLE SaLE DELL' ARMI
DEL MEDESIMO CONSIGLIO.
Yerdugo con guardia antica, impugnatura di filo d' argento.
Sciable con fornimenti d' argento dieci (queste sono rotte e sparse alla
rinfusa nell' armadio) N. 10
Manaje da taglio con guarnitura d'argento, e due da Martelina, in tutte
quattro N. 4
Ganzari e stili sortiti forniti d'argento, con sue Vazine quarantadue (24)
N. 42
Porta frezze d' argento (manca).
Sopra il medesimo
Quadro rappresentante la Nascita di Nostro Signor del Bassani.
Canoncini di bronzo sopra letto da campagna due N. 2
Nel secondo segnato N. 7 a chiave
Sciable Turchesche guarnite d' argento trenfcatre N. 33
Sopra il medesimo
Quadro rappresentante la Morte di Nostro Signore del Bassani.
Canoncini sopra letto da Campagna due N. 2
Nel terzó^ segnato N. 9 a chiave
Brazzali antichi di Azzaio due N. 2
Archibuso da più tiri (manca).
Pistole da Ruota, e due Azzalini antichi, in tutti quattro „ 4
Alicorni forniti d' argento due (mancano) „ 2
Archi di osso otto „ 8
Redini Turchesche da Cavallo due „ 2
Staffe di ferro, una dorata, tre „ 3
Turcassi di velluto tre, e tre di pelle, in tutto sei (5) „ 6
Morteretti di bronzo due „ 2
Fiasche da polvere a forma di Corno da Buffolo due „ 2
Sopra il Medesimo
Canoncini di bronzo, uno da cinque boche, 1' altro da quattro sopra letto
da campagna due N. 2
Petriera con mascolo (manca).
Quadro con soazza profilata d' oro col Ritratto del Re d' Inghilterra S.
Giorgio.
Nel quarto segnato N. 10 a chiave
Archibusi da Sciarpa con Canne damaschine dieciotto N. 18
Quadro senza soazza con Ritratto del Sig."" Co. di Mansfel donato da lui
medesimo con la sciabla fatta a Slega.
180 F. BEECHET (68)
Nel mezzo fra detti Quatt}-o Arman
Antico rinomato Studiolo di Ebano chiuso entro una gratta di ferro se-
gnata N.° 8 a chiave, e questo fu del Eminentissimo Cardinale Pa-
triarca e Principe d' Aquileja Ciiovanni Grimani, donato alla Repub-
blica con suo Testamento dell'anno . . . fornito di Carnei e figure
di bronzo antiche, il tutto spiegatamente rilevato dalla virtù del fu
Prov/ alle Sale N. H. ser Antonio Savorgnan giusta la parte del
Cons.° di X.ci 1749, 27 7mbre, e registrato nell'Inventario 1754.
In mezzo del detto Studiolo sopra Piedestallo dorato
Statua di bronzo con dorature rappresentante Apollo con l'Arco, lasciata
in dono al Cons." di X.ci dal fu N. H. ser Domenico Pasqualigo fu
de ser Vincenzo con suo Testamento 1726, 7 marzo, e posta nelle Sale
giusta la Terminazione delli Ecc.™' Capi del Cons.» di X." 1745, 22
Gennaro (m. t\) con la seguente Iscrizione :
Apollinis effigies a Dnico Pasqualigo S. U.
Decemuxris Testamento bono data
1746
Sopra il medesimo
Tre mezzi busti di pietra finissima di antico lavoro; quello di mezzo rap-
presenta un Uomo giovine coperto di pelle d'Animale allacciata alla
spalla sinistra, coronato di Edere, si crede l'effigie di Bacco, o di An-
tino favorito dell' Imperator Adriano.
A sinistra
Un Uomo col Paludamento rappresentante Antonino Pio.
A destra
Uomo con barba più lunga e capelli folti rappresentante Lucio Vero.
Sopra la seconda Colonna
Custodia di Cristallo sopra Piedestallo di legno dorato, e graticcinola di
ferro, con entro Cuor d'oro donato da Cittadini di Creta al fu N. H.
ser Zorzi Morosini Prottt'tor di quella Università l'anno 1698, e da lui
donato alla Sereniss.* Sua Patria con la seguente Iscrizione in Rame:
AUBEAM CORDIS EfFIGIEM
Grati animi significationem
A Cretensibus dono acceptam
Georgius Maurocenus sutremis
Tabulis redidit Patri^^ geminata
PtibbIìIci privatique amoris gloria
eternum duraturam
Vicino alla terza Colonna
Specchio concavo sferico sopra Piedestallo di legno, e sua Tabella in ber-
gamina, che spiega il modo di usarlo e sua utilità.
(69) liE SALE d' armi DEL CONSIGLIO DEI DIECI 181
In fondo alla Sala
Armatura di ferro del Re di Francia Enrico quarto con due Alabarde da
punta e da fuoco, e con Visiera da Cavallo, mandate in dono alla
Repubbl.'' l'anno .... essendo Ambasciator il N. H. . . . Nani con
sopra la seguente iscrizione :
Henrici quarti Francie et Na varie
Regis Arma in tot tantisque et periculis
ET Vigtorjs hostlli Sanguine madefacta
Immortalis eius glorie Tropheum AC VERI et
SINCERI AMORIS ERGA ReMPUBBLICAM MoNUMENTUM
Intorno lo detta Armatura
Balestre tre N. 3
Mazze ferrate undici m H
Manarini con canna da fuoco due „ 2
Pistole con manico da pugnai due ,, 2
(Vedi foglio inserto al dee." 24 luglio 1795 intorno alla disposizione
di dette mazzej.
A piedi della stessa
Scrigno di ferro vuoto con sue serature e chiavi fatte d' ordine degl' Ec-
ce.mi Capi l' anno 1689. Giusto V annotazione del Masser Niccolosi
1689, 20 9mbre (24 luglio d.« portato nella 1" Sala).
A parte sinistra vicino alla porta della Soffitta
(Posta su la scala della Soffitta) Corazza di ferro fodrata di Veluto con
suo Elmo e Scudo.
Armario con grata di ferro segnato n.° 11 a chiave con entro Pistole da
ruota N." 8; una Mazza ferrata, e Pistola, et un'altra con Manarin
da taglio, in tutte dieci N. 10
Ordigno di ferro fatto a vide.
Morsa, o sia leva di ferro a vide.
Chiave di ferro con entro ordigno fatto a vida.
Altro Vidon di ferro.
Ranipin per cavar finestre, Porte ed altro ; robe tutte, che furono d' un
famoso ladro detto Nadalin, che subì l'ultimo supplicio, sono in tutte
cinque N. 5
(Per decr.° 24 Luglio furono posti manerini 2, e pistolle con ma-
nico a pugnai avorio intorno l'Armatura di Enrico 4.°).
Azzalin da Ruota di ferro.
Luchetto detto di Francesco Carrara.
Grolziera di ferro.
Cassetta vecchia e rotta, con canne quattro da fuoco.
Balestra con canna d'asta, che fu trovata adosso a Z. M. Zerbinelli quale
patì l'ultimo supplicio, e posta in queste Sale l'anno 1664,30 Zugno.
Balestrini antichi due N. 2
182 F. BEKCHET (70)
Balestre con canne da fuoco, ed archi di ferro due (^) N. 2
Cassetta diìpelle con Balestra.
Canonzin sopra letto da Campagna.
Turcasso da frezze.
Sciabla storiata all'Azemina con l'impugnatura di filo d'argento, e schiena
fatta a Slega, regalata col suo Ritrato dal Signor Co. Mansfelt, e
posta in queste Sale dal Provved.^" ser Andrea da Lezze l'anno 1626,
13 Febbraro (manca) (riposta nell'armadio N.** 1 della 2.* sala per ord.*
dell'eoe." Provv.'" Dolfin 1794).
Fiasche da polvere due N. 2
Arco da balestra.
Elmi di ferro tre „ 3
Modeli d'artiglieria lasciati in dono alla Repubblica da Rinaldo Vicini
Ingegner, quali non si possono mostrar senza licenza dei Capi del
Cons.o di X.ei 1794, 5 ag."
(Mi fu consegnato dal deputato all'archivio del C." X.ci
d'ordine dell' ecc.™" dep.'" al med.™" ser Yicenzo Minotto una busta
antica di forma quadrangolare contenente un bossolo antico ritrovato
nello stesso archivio e l'ho risposto nell'armadio N. 11).
Fra le Finestre sopra la Piazzetta
Fanno Turcheschi dorati, presi nella Guerra di Creta dal fu Capitan Ge-
nal Zorzi Morosini quatro N. 4
Stendardo Turchesco preso dal medesimo, trasmessi in queste Sale dalli
N. N. H. H. ser Piero e ser Lorenzo Morosini fratelli del sudd." l'an-
no 1616, 7 marzo con sopra in Rame dorato la seguente Iscrizione:
Pr^toriarum Nauium Lateenas
Vexilum et Turgicum Ensbm Auro
MICANTEM CrETICI BeLLI EXUUIAS
A GlEORGIO MaUHOCENO DISIECTA NON
SEMEL BaRBAROEUM CLASSE DETRACTAS
Petrus, et Laurentius privatis
postlbus eefixas dono huc teansmiseee
pietate in Patria cum Fratre certantes
Corazze vecchie due (mancano) N. 2
Celadoni, e Busti di ferro dorati a mordente, antichi, mandati in dono
al Sereniss. Prencipe Marin Gi'imani da Regi Persiani l'anno . . . .
e dietro in Tavola dorata la seguente iscrizione :
Regi^ fidei amoris onoris etiam
REMOTISSIMORUM PrINCIPUM
ERGA ReMPUBBLICAM NOBILISS.™
Testimonium Persarum Regis
Marino Geimani Inclito
Venetiarum Principi
MUNUS.
(1) 30 Gennaio consegnate all'Arsenal sotto il nome di pistole.
(71) LE SALE d'aEMI DEL CONSIGLIO DEI DIECI 183
Vicino alle dette finestre
Armario miniato e lavorato con lapislazuli, e altre pietre, ed entro l'im-
magine di S." Giustina in memoria della Vittoria contro Curzolari.
Sotto il medesimo
Panno di voluto d'oro con 16 figure presentato in Collegio da un In-
caricato dal Re di Persia, e posto nelle Sale del Cons. di X.ci l'anno
1603, 11 Zugno, come dal Cerimoniale N. Ili in Seci'eta a e.** 3,
Canne da fuoco legate insieme sopra grossa Tavola, che si accendono a
michia venti N. 20
Dirimpetto alla Porta d' Ingresso
Mezze Statue di bronzo di Tiziano Aspetti rappresentanti una il fu Se-
reniss." Sebastiano Venier Greneral dell'armata l'anno 1571 con la
seguente Iscrizione: N. 2
Sebastianus Vbnebio Tenete Classis Imperato»
QUE APUD Echinadas Turcakum Classe dìsiecta
OB PRECLARAM VlCTORIAM MIRO TOTIUS ReIPUBBL.®
CONSENSU MERITO POSTEA Dux ELECTUS SEPTIMO
OCTOBRIS 1571,
L'altra del fu N. H. ser Agostin Barbarigo Comandante nell'anno
sud.*° con la seguente Iscrizione:
AuGUSTiNus Barbadico TOTIUS Classis Legatus
qui apud echinadas maxima in victoria, et
Consilio et Sanguine parta gloriosissime occubuit
Patrie benefitium postebis summe prudentie
INUICTJEQUE EORTITUDINIS PR^CLARUM RELINQUENS
EXEMPLUM SEPTIMO OcTOBRIS 1571
Fra le dette due Statue
Quadro fornito di Rame dorato, e Cristallo coperto da Cortina di Seta
con l'Imjnagine di S. Marco Evangelista formato tutto di caratteri;
e Microscopio pendente, e picciola corteccia di Pistacchio, donato al
Consiglio di X.ci dal Fedel Zuanne Gasparini l'anno 1677, nel quale
si legge tutto l'Evangelio di S. Marco medemo, e sotto, altro qua-
dretto, che insegna il modo di leggerlo.
Canoncini sopra cavalietti da campagna due N. 2
(2 Stocchetti con fornitura di ferro sono nella grata di ferro di
sotto).
Sotto l'Arco
Pomoli d' argento (di rame) dorati N.° tre ; di ottone pur dorati, con
lettere Turche quattro, sono in tutti sette N. 7
Pistola antica da Ruota.
Fiasca da polvere senza foi-niiiiciiti e lavonita a scarpello con figure.
Archi tre ì^t 3
184 V. BKKCHi-ri' (72)
Sopra hi Colonna
Quadro con l'imagine di Nostra Signora in tela e soazza dorata.
Sotto il S. Marco in Grata di ferro
Spade con guardia di ottone dorate, e lame damaschine fra quali due
pugnali con guardie di ferro, e due Spade da bordo, riposte nelle Sale
l'anno 1619, 29 Novembre dal Padavin Segretario del C.° X.', quale
disse esser state di Nicolò Rinaldi fatto morir come Ribelle, in tutte
diecisette (sono n.° 5) N. 17
Archibusi da Ruota due „ 2
Nel angolo
Armario con grata di ferro segnato N.° 4 a chiave, ed entro :
(Manca) Cassetta di banda coperta di Talco con l'immagine di Nostra
Signora alla Greca, e fornitura d'argento con pietre diverse, e di-
verse mancanti.
Altro Quadro alla Grreca rappresentante il Paradiso con fornimenti dorati.
(Manca) Bauletto di Cristal di Monte guarnito d'argento.
Scudo d'otton lavorato.
Mazza ferrata dorata.
Archi due N. 2
Turcassi con frezze due „ 2
Denti d'Orca Marina due ., 2
Sciable con fodro, e guarnitura di ottone due „ 2
Quali cose tutte furono poste nelle Sale l'anno 1612, 18 Settembre
per parte del Cons.*» di X.ci del Mese stesso.
A sinistra della porta d' Ingresso
Armario con grata di ferro segnato N.° 5 a chiave ed entro :
Mausoleo di Medaglie antiche con cinque; figure di getto antico, e due
(xuglie rotte, tutto lasciato al Cons.° di X.ci dal fu N, H. ser Piero
Morosini l'anno 1683 con sopra Quadro di tela, e Ritratto del suddetto,
con la seguente iscrizione: (0
Emula Virtus kec Fratki paruit
Petrus Maurocbnus Senator Triumphale
GeORGIJ MuNUS ^QUARE CONTENDENS LK(iAT
Patria Numismata erudita Tropheum
antiquitatis
Adde Mores Tabule. Sola donatoris
Imago tot sua signa superabit
MDCLXXXIII
Nel suddetto Mausoleo sono riposte Trecento trentailue Medaglie
d' argento lasciate al Cons.° di X.ci dall' Eminentissimo Cardinal Zen
(1) In Lib." Pub.
N.
116
TI
19
lì
68
■n
26
11
25
(73) LE SALE d' armi DEL CONSIGLIO DEI DIECI 185
che si tenevano nel Scrigno dei Depositi del Camerlengo alla Cassa
del Cons.° di X.", e per Decreto del Cons." stesso 11 Luglio 1674,
demandate al Proved.'' alle Sale allora ser Antonio Savorgnan, che
le ripose in casselle separate, secondo 1' ordine del Dominio dei Im-
peratori, giusta altro Decreto 1764, 18 7mbre. Le chiavi di questo sono
appresso il Tribunal Eccelso, e per ciò non si può render altro conto.
Cassette lavorate a Radice di perla vuote per furto seguito l'anno 1689,
11 Novembre due N. 2
Vedi Decreti 1729, 29 Luglio e 27 7bre C." di X.ci
Intorno alla Sala
Elmi di ferro cinquant'uno (N. 45) (1795, 24 Luglio Dee. C. X, 7 dai
con . . . attaccati al soffitto N. 51
Alabarde o siano Aste centosedici (38, le altre sotto il soffitto, fatto di
nuovo 1795, 3 dette sotto il soffitto)
Scudi di legno diecinove (7 detti sotto il sudd.")
Spade alla Schiavona sessantaotto (26 dette sotto il soffitto)
Spade da bordo venti sei (6 dette sotto il soffitto)
Spadoni a due mani venticinque
Turcassi con frezze nove (accresciuti sino al n.° di 22 levati dal sud."
soffitto, più dal sud.° soffitto si sono levati stocchi diecisette che sono
posti intorno la presente Sala, giusta il sud." Decreto approvativo)
N. 9
Intorno le Cornici
Fiasche da polvere, e molte a rifusa nella Sala, in tutte cento N. 100
SCALA
che conduce alla Sala dei Archibusi
Spontoni N. 40
Spadoni a due mani „ 2
Elmi di ferro quattro „ 4
Scudo dorato di legno.
Fiasche da polvere ventitre „ 23
Spade alla Francopina quattro „ 4
Archibuso da Ruota antico, con canna dorata.
Figuretta in legno dorata di S. Marco (^).
SALA QUARTA DEI ARCHIBUSI
Nel mezzo
Foghera di Rame antica con figure di getto, e strumento d'accendere le
Michie corrispondenti al N.° de Archibusi, che si conservavano a
(1) Queste cose furono disposte in altro sito sotto il P.*" ser Lorenzo
Moro.
186 F. BEECHBT ^74)
Ruota prima dell'anno .... che furono cambiati col Regimento al-
l'Arsenal per Decreto del Cons.° di X." 1645, 27 Settembre.
Intorno alla medesima
Alabarde, ed Aste di diverse sorti duecento, e sei N. 206
Elmi di ferro ottant' uno „ 81
Scudi di legno quarant' uno (20) „ 41
Fiasche da polvere sessantaotto „ 68
Turcassi con frezze quattro „ 4
Archibusi con sue corrispondenti borse per caricar da nuovo trecento-
sessantaquattro N. 364
Pistoni quattro „ 4
Pistole centotrenta (128) „ 130
Spade alla Francopina quarant'otto „ 48
In fondo alla Sala
Stendardo da Sette Code dal fu N. H. ser Alvise Moceuigo 2." Capitan
General.
QUOD CERNIS SIGNUM TuRCIO^ ClASSIS LABORUM EST
AB EgEUM INTER PUGNANDUM X JuLIJ 1651.
Imperatore Venet-s; Classis Alotsio Mocenico 2do
A Duce Nauis Aquila Aure^ JoANisfi Contar.
Gallo ui ereptum Serenissima. Repubblica
fidei obseruanciaque monumentum
Dono datum
Sopra la Scala che conduce al Maggior Consiglio
Ruota prima con Spade alla Schiavona quarantasei N. 46
Ruota 2da con scudo di legno, e Spade da punta fra quali :
Spadoni a due mani N.*> 4, sono in tutto sessant' uno „ 61
Spontoni trenta ,, 30
Stendardo, e fiamola da Galera del fu Sereniss.<> Doge Ziani.
Stendardo con fiori dorati preso a Turchi dal fu N. H. Provv.'"
Foscolo.
Cassella con balle d'Arehibuso, e fissotte
Altra Cassella con spontoni.
Pistole antiche da Ruota venti N. 20
Sopra la porta, che va al Maggior Consiglio
Spadoni a due mani trenta N. 30
Visiera da Cavallo.
Testa di marmo incassata nel Muro, detta di Ezelino da Roman Tiranno.
Si fa nota come in questo Registro non si sono considerate, ne nu-
merate le altre cose che sono sotto la Travadura, ne quelle di Soffitta
per esser vecchie e rotte ; e per dover esser esitate giusta il Decreto
del Cons." di X." 23 Agosto 1773.
(75) LE SALE d' AEMI DEL CONSIGLIO DEI DIECI 187
INVENTARIO DEI MOBILI
SALA PRIMA
Coltrine di Sangalo quatordeci N. 14
Tavolino vecchio.
SALA SECONDA
Coltrine.
Tappeto.
SALA TERZA
Coltrine di Sangalo lattesine cinque N. 5
„ di seta due „ 2
Scrittoio di Rimesso.
Poltrona di Bulgaro.
Sedile di Valuto Cremese.
Banchi dipinti.
IN SOFFITTA
Banco da Spader.
Detto da Schioppetter.
ATTO DI CONSEGNA
Consegna fatta da me Marc'Autonio Guerra ex-Masser delle Sale del-
l'Armi e casa al Lido dell' ex-Cons.° di X, per comando di S. E. R. Com-
missario Imp.** Pellegrini, e con l'intelligenza del N. H. Querini Consig.'"
del R. Imp.'" Mag.*» Cam.^, alli Capi alle Sale dell' Armi del R. Imp. Ar-
senal, Antonio Berrera e Niccolò Cibo ; come segue :
addì 14 Gennaro 1799
Alabarde, Ossian Partesane, settecento quaranta N. 740
Morse di ferro due „ 2
Morsa di legno una „ 1
Pietra da Mola una „ 1
adi 15 detto
Spadoni a due mani duecento nonantaquattro N. 294
Spade dette da bordo, Ossian Spadoncini seicentosettantadue „ 672
Ver d Ughi novantasei „ 96
Corazze, Ossian mezze corazzine coperte di raso di valuto centosessan-
tasei N. 166
188 r. BEKCHET (76)
addi 18 detto
Spingarde sopra letto ferrato da Campagna, con lumiera coperta da una
figura sopra serpe di Bronzo, con sua Ballotiera uno N. 1
Alabarda in forma di schioppo sopra Piedestallo di legno, con venti
canne da fuoco, si scaricano a michia, una N. 1
Corazze, Ossian mezze Corazzine simili alle di sopra, con tre corbette rot-
tami cento sessantaotto N. 168
Mezze armature di ferro con suoi Elmi, e scudi di legno nove ,, 9
Visiera detta di Attila Re degli Unni, una „ 1
Visiera del cavallo del suddetto Attila, una „ 1
Elmi, Ossian Celade, quattrocentoquaranta „ 440
Scudi di legno sortiti, centoventi „ 120
Pezzo d'artiglieria sopra Tavola, con venti canne da fuoco si accendono
a micchia, uno N. 1
Detto da cinque Canne da fuoco s." Piedestallo di legno si scaricano a
michia N. 1
adì 19 detto
Balestre grandi duecento sedici
Lanze duegento ottanta
Mezzi archi di ferro da colar, ove stavano appoggiate le Spade
doni ecc. ventidue
Armadi dipinti a nero con portelle di lastre quattro
Elmi grandi, Ossian Celadoni di ferro con peti e schene, due
Corbette rottami, due
adi 28 detto
Lanze, settecentoottanta
Brandistochi, centoventi
Balestre, centoventotto
Dette rotte e senza manico, settautasette
Balestroni di legno, otto „ 8
adi 30 detto
Corbette rottami, quattro N. 4
Scudi di legno, ottanta „ 80
Elmi, Ossian Celade, duecento „ 200
Mezze armature di ferro, sei „ 6
Scudo di ferro, uno „ 1
Balestre rotte, otto „ 8
Fiasche da Polvere antiche di legno, trecento „ 300
Archi di legno, cento „ 100
Turcassi con Frezze a riffusa, duecentotrenta „ 280
Resteliere di ferro, settanta „ 70
Alabarde, Ossian Partesane, tredici „ 13
Spadoni a due mani, quattro „ 4
Verdughi quattro „ 4
Brandistochi, quattro „ 4
N.
216
11
280
e
Spa-
N.
22
11
4
^^
2
11
2
N.
780
lì
120
11
128
11
77
(77) LE SALE d' armi DEL CONSIGLIO DEI DIECI 189
Armatura di ferro da fanciullo, con Mazza ferrata, e con iscrizione in
carta pecora, una N. 1
Candelieri di ferro da Terzi a 3 piedi grandi, due „ 2
Focaia, ossia Conserva da micchie per uso dei fucili a Scierpa, una „ 1
Coltrine di tela sortite, con li ferri corrispondenti, trentanove „ 39
Armatura di ferro del Re di Francia Enrico IV. ° con due alabarde da
punta e da fuoco, e con visiera da Cavallo, una N. 1
Cavallo di legno con suoi fornimenti, e sopra l'Armatura di Gattamelà,
con mazza ferrata in mano, una N. 1
Mazze di legno con code di Cavallo, insegne dei Bassa, due „ 2
Bandiere, Ossian Stendardi con iscrizione in rame, quattro „ 4
Schioppo francese a due canne, uno „ 1
Pistole a due canne, tre „ 3
Pistole a ruota in sorte, duecentoquindici „ 215
Mazze ferrate, cinquantasei ' „ 56
Lame storte, otto „ 8
Pistole italiane, centodiciotto „ 118
Schioppi a ruota, ventuno „ 21
Cassetta con quattro canne da fuoGf), una „ 1
Cassetta con piccola Balestra di ferro, una „ 1
Balestrina di ferro, una „ 1
Morteretti da bomba, due „ 2
Golsiera di ferro, e Luchetto di ferro detti del Carrara, capi due „ 2
Chiave di ferro con susta interna, una „ 1
Morsa, ossia piccola lieva di ferro, una „ 1
Ordigno di ferro fatto a vida, uno „ 1
Altro piccolo Vidon di ferro, uno „ 1
Rampin di ferro, uno „ 1
Turcassi di ferro, due „ 2
Staffe di ferro, due „ 2
Pistole con manerini, tre „ 3
Pistola con mazza ferrata, una „ 1
Canoncini di bronzo, compreso uno di ferro con i suoi letti, tredici „ 13
Fanali Turcheschi, con alcune iscrizioni in rame, sette „ 7
Iatagani guarniti di latta, con suoi fodri simili, undici „ Il
Detti piccoli senza guarniture, e senza fodri, dodici „ 12
Manaje piccole, due „ 2
Manarini, ossiano piche, due „ 2
Addi 7 Febhraro
Corazza con Elmo, e scudo di ferro istoriati, ed un Sfoco con impugna-
tura antica, tutto denominato del Doge Ziani, Capi quattro N. 4
Scudo incassato di Paglia, uno „ 1
Martello con Canna d' archibuggio, uno „ 1
Battipanza Turcheschi, due „ 2
Pezzi di ferramenta, cioè Saponi, Pai di Ferro, et altro ferro vecchio.
Carabbine lunghe di antico lavoro, due N. 2
190 F. BERCHET (t8)
Figura di Paglia con Coi'azzina, e scudo di legno, una N. l
Varie coione di legno con i suoi capitelli vecchi e parte logore.
Marcantonio Guerra ex masser delle Sale delle Armi dell'Ecc. C. X.
Antonio Berrera P.° Capo alle Sale affermo.
Nicolò Cibo, Capo alle Salette affermo.
Collazionato
A. Negri
Venezia 22 febbraio 1897.
Tratta dall'originale esistente nell' Archivio del Consiglio dei Dieci;
e la presente si accompagna al R. Ufficio Regionale per la conservazione
dei monumenti dietro suo foglio 13 con ente all'archiviale N. 540 Sez. I."
Dalla Direzione dell'Archivio di Stato
// B. Sovrintendente Direttore
F. Stefani
(79)
LE SALE d' AEMI DEL CONSIGLIO DEI DIECI
191
FONTI
1 998 Ottone III imperatore è ospitato nella Sala australe
del Palazzo Ducale — (Sagorninus, Clironicon ve-
netum. Venetiis 1765. Andreas Dandulus, Chron. ven.
in Muratori, Rerum italicarum, tom. XII, col. 260. Sa-
bellicus, Historia rerum venetiarum. Basilae 1556, D.
I, lib. II e lib. IV. Sansovino Cr. Ven. p. 24).
2 1295 Si deliberano i fondi per costruire sopra canal la nuova
25 febbraio Sala del Maggior Consiglio — (Deliberazioni del Mag-
gior Consiglio. Archivio di Stato ai Frari, voi. Pilosiis^
carta 28).
3 1296 Posta la parte di ampliare la Sala del Maggior Consi-
8 maggio glio fu preso di indugiare — (Deliberazioni Maggior
Consiglio. Archivio id. voi. Luna - Zaneta - Pilosus,
1282-1299, carta 59 verso).
4 1301 Fu deliberato di ampliare la Sala del Maggior Consiglio
14 luglio — (Deliberazioni Maggior Consiglio. Archivio id. voi.
Magnus et Capricornus^ 1299-1308, carta 16 verso).
5 1317 Fatto un locale in Sala del Maggior Consiglio nell'an-
4 giugno golo a sinistra del trono del Doge per riporvi le ar-
mi del Comune che stavano nel piano inferiore —
(Deliberazioni Maggior Consiglio. Archivio id. voi.
Clerìcus et Cìricus, 1305-1318, carta 96 verso).
6 1346 Fu decisa la costruzione della Nuova Sala del Maggior
28 dicembre Consiglio sopra quella dei Signori di notte e degli
ofifici del Cattaver — (Deliberazioni Maggior Consiglio.
Archivio id. voi. Spiritila, 1325-1349, carta 113).
7 1357 Furono collocate le armi del Comune presso la Nuova
26 luglio Sala del Maggior Consiglio — (Registro 4, Misti Con-
siglio dei Dieci, 1348-1363, carta 60, id.).
8 1392 Acquisto di lancio, mezze lancio, ronconi e pavesi da
agosto mettersi in camera " armorum supra Quarantiam ci-
vil „ — (Registro 8, Misti Consiglio dei Dieci, 1392-
1407, carta 6, id.).
9 1393 Acquisto di cento pavesi " cum signo Beati Marci „ —
26 giugno (Registro 8, Misti Consiglio dei Dieci, 1392-1407, carta
11 verso, id.).
10 1394 I Capi del Consiglio dei Dieci visitano le armi esistenti
24 giugno nella camera sopra Quarantia — (Registro 8, Misti
Consiglio dei Dieci, 1392-1407, carta 19, id.).
192
r. BEECHET
(80)
11
1395
22 ottobre
12
1399
15 ottobre
13
1399
17 dicembre
14
1400
22 gennaio
15
UOO
29 gennaio
16
1400
7 febbraio
17
1439-1458
18
1460
9 settembre
19
1464
19 novembre
20
1481
20 aprile
21
1486
8 dicembre
22
1496
9 giugno
23
1507
14 aprile
24
1507
20 maggio
25
1509
14 maggio
26
1509
20 aprile
27
1510
28
1511
Armi collocate — (Registro 8, Misti Consiglio dei Dieci,
1892-1407, carta 27 verso, ìdX
Costruzione di panerias et alias laborerias per meglio col-
locare le armi — (Registro 8, Misti Consiglio dei Dieci,
1392-1407, carta 52 verso, id.).
Costruzione di armadi pelle corazze ed altre armi prima
custodite in arcellis (cassoni) — CRegistro 8, Misti
Consiglio dei Dieci, 1392-1407, carta 56, id.).
Accordo col falegname Zanin Zaratin per lavori occor-
renti nelle sale d'armi — (Registro 8, Misti Consiglio
dei Dieci, 1392-1407, carta 57, id.).
Autorizzazione della spesa relativa — (Registro 8, Misti
Consiglio dei Dieci, 1392-1407, carta 57, id.).
Polizza di spese incontrate — (Registro 8, Misti Con-
siglio dei Dieci, 1392-1407, carta 57 verso, id.).
Le iscrizioni dei prigionieri nella parete del carcere
della torresella in Palazzo Ducale.
Restrizioni dell' uso della torricella pei carcerati —
(Registro 16, Misti Consiglio dei Dieci, 1460-1466, carta
14. Arch. di Stato).
Sala per le armi sopra la Quarantia nella torricella dalla
parte del rivo — (Registro 16, Misti Consiglio dei
Dieci, 1460-1466, carta 142 verso, id.).
Furto di un prezioso codice contenente la genealogia
coi ritratti dei Carraresi signori di Padova — (Registro
20, Misti Consiglio dei Dieci, 1480-1482, carta 78, id.).
Che nessuno possa essere carcerato in torricella, che
rimanga solo il carcere forte e tutti i camerotti e chiu-
sure di legno debbano essere tolti — (Registro 23,
Misti Consiglio dei Dieci, 1486-1487, carta 60, id.).
Altra sala aggiunta che mette alla torricella — (Re-
gistro 27, Misti Consiglio dei Dieci, 1495-1498, carta
28 verso, id.).
Ordine di distruggere la torricella — (Registro 31, Mi-
sti Consiglio dei Dieci, 1506-1507, carta 116, id.).
Timore esagerato che crollasse la torricella — (Sanuto,
DiaHi, voi. VII, p. 84, 85).
Ordine di mettere prigionieri in torricella sette capi
Francesi presi a Treviglio — (Registro 32, Misti Con-
siglio dei Dieci, 1508-1509, carta 105, id.).
Armi inutili consegnate alli Savi di terraferma — (Registro
32, Misti Consiglio dei Dieci, 1508-1509, carta 94, id.).
Il Marchese di Mantova messo nella torricella — (Dta-
rii Sanuto, voi. IX, p. 41 e 271).
Monsignor De la Rosa capitano generale dell' impera-
tore assieme al Lichtenstein ed a Gaspare Vincer
messi nella torricella — (Sanuto, Diarii, voi. XIII,
XIV, passim).
(81)
LE SALE D AEMI DEL CONSIGLIO DEI DIECI
193
29
1513
30
1514
31
1514
marzo
32
1514
33
1514
20 giugno
34
1514
15 giugno
35
1516
36
1517
37
1517
10 giugno
38
1517
10 giugno
39
1518
40
1518
16 settembre
41
1518 ottobre
42
1518
43
1519
8 gennaio
44
1519
aprile
45
1522
22 gennaio
46
1523
31 luglio
47
1523
1 agosto
48
1527
maggio
49
1528
9 marzo
Sagra moro Visconte e Bernardino de la Antignola messi
nella torricella — (Sanuto, Diarii^ voi. XXII, p. 246).
II capitano spagnolo don Alonzo Perero di Carvajal
messo nella torricella — (Sanuto, Diarii, voi. XVI,
p. 315 e XVII, 201).
Il cardinale Ascanio messo nella torricella — (Sanuto,
Diarii, voi. XVIII, p. 107, 108).
Il capitano Rizen prigione col Frangipane messo in
torricella — (Z)?V/riY Sanuto, voi. XX passim e XVIII,
p. 107, 108, 261).
Renier capitano tedesco posto in torricella — {Diarii
Sanuto, voi. XVIII, pag. 261, 362 e XX, p. 419).
Il conte Cristoforo Frangipane messo in torricella —
{Diarii Sanuto, voi. XXI, p. 92, XXII, p. 154, 214,
564 e XXIV, 177).
Brunoro di Serego veronese di parte imperiale messo
in torricella — {Diarii Sanuto, voi. XXII, p. 246, 358).
Lang Apollonia moglie a Cristoforo Frangipane ottiene
di visitarlo e di dormire con lui alcune notti —
{Diarii Sanuto, voi. XXIII, p. 148 e XXVI, p. 327).
Cristoforo Frangipane ottiene il permesso di veder la
processione del Corpus Domini dal pogginolo della
libreria — (Registro 41, Misti Consiglio dei Dieci,
1517-1518, carta 48. Id. e Diarii Sanuto cit.).
Formalità usate in tale occasione — {Diarii Sanuto,
voi. XXIV, p. 347).
Gli si concede la stessa cosa l'anno successivo — {Dia-
rii Sanuto, XXV, 437).
Fa intagliare una iscrizione in torricella e vi stette
1813 giorni — {Diarii Sanuto, voi. XXVI, p. 349).
Tentò di fuggire — {Diarii Sanuto, voi. XXVI, p. 152).
Era tenuto prigioniero a requisizione del Re Cristianis-
simo — {Diarii Sanuto, voi. XXVI, p. 181).
Uscì di prigione e fu consegnato a Crema al maresciallo
di Lautrech — {Diarii Sanuto, voi. XXVI, p. 339).
L' arcivescovo di Candia messo in torricella — {Diarii
Sanuto, voi. XVII, 139 e XVIII, 135).
Vincenzo Baffo prigioniero nella torricella — {Diarii
Sanuto, LV, p. 252).
Restauri al tetto — (Registro 46, Misti Consiglio dei
Dieci, 1523, carta 50. Archivio di Stato ai Frari).
Segue restauri al tetto — (Notatorio del Magistrato del
Sai, 1491-1529, carta 254, id.).
Baldassare Carduzi prigioniero nella t rricella — Sa-
nuto, Diarii^ XLIV, 111).
Il vescovo di Cesena messo in torricella — (Diarii
Sanuto, voi. XXVII, XXVIII, XXXV e XLVII, pas-
sim).
194
F. BEECHET
(82)
50
1530
novembre
51
1532
52
1532
28 maggio
53
1532
4: giugno
54
1532
12 dicembre
55
1533
56
1535
27 novembre
57
1535
27 novembre
58
1536
29 dicembre
59
1537
15 ottobre
60
1538
17 agosto
61
1538
26 agosto
62
1538
17 settembre
63
1539
64
1541
16 marzo
65
1541
31 maggio
66
1541
26 agosto
67
1542
25 maggio
Paolo Nani, prigioniero, tentò appiccare il fuoco alla
torricella — (Reg. 9, Comuni Cons. X, e. 106. Arch.
di Stato).
Fu preso di disfare i luoghi della torricella e far sale
d'armi — {Diarii Sanuto, voi. LVI, pag. 165).
Le arme che stavano nella sala da basso sono portate
di sopra e dove stavano le armi furono disposte sale
per le elezioni ■ — (Registro 8, Comuni Consiglio dei
Dieci, 1532, carta 29 verso. Archivio id.ì.
Spese per acconciare il luogo per le elezioni — (Regi-
stro 8, Comuni Consiglio dei Dieci, 1532, carta 32, id.).
La spesa viene pagata dal provveditore del Sai — (Re-
gistro 9, Comuni Consiglio dei Dieci, 1532, carta 106
verso, id.).
Da Martinengo condottiero veneziano messo in torri-
cella — { Diarii Sanuto, XXV pash-im^ LIV, p. 115,
^ 120, 123).
È compiuta la terza sala d'armi — (Registro 11, Co-
muni Consiglio dei Dieci, 1535, carta 75 verso. Archivio
di Stato ai Frari).
Si comperano armi per la terza sala — (Registro 11,
Comuni Consiglio dei Dieci, carta 75 verso ; e Rossi,
Mss. Doc. voi. LX, p. 193).
Custodia e manutenzione delle sale — (Registro 11, Co-
muni Consiglio dei Dieci, 1535-1536, carte 181 e 189.
Archivio id.).
Lavori di fabbro e di falegname — (Registro 12, Comuni
Consiglio dei Dieci, 1537-1538, carta 80 e 86, e filza 22,
Parti Consiglio dei Dieci, 1537, II semestre, id.).
Si ordinano gli addobbi alla terza sala — (Registro 12,
Comuni Consiglio dei Dieci, 1537-1538, carta 156, id.).
Riatto al coperto ed altri lavori — (Registro 12, Co-
muni Consiglio dei Dieci, 1537-1538, carta 159 verso, id.).
Aumento di salario al proto spader Alvise Foscolo —
(Registro 12, Comuni Consiglio dei Dieci, 1537-1538,
carta 173 verso, id.).
Riordinamento di una delle sale vecchie — (Registro
13, Comuni Consiglio dei Dieci, 1530-1540, carta 35, id.).
Acquisto d'una coracina di velluto cremisino — (Ro-
tatorio 15, Capi Consiglio dei Dieci, 1540-1542, carta
58 verso, id.).
Norme per l' inventario — (Registro 14, Comuni Con-
siglio dei Dieci, 1541, carta 35 verso, id.).
Scarto di armi inutili ed acquisto di altre nuove —
(Registro 14, Comuni Consiglio dei Dieci, carta 66, id.).
Spese di marangon e dorator per dipingere e dorare
capitelli e basi — (Registro 15, Comuni Consiglio dei
Dieci, 1542-1543, carta 27, id.).
(83)
LE SAliE D ARMI DEL CONSIGLIO DEI DIECI
195
68
1543
26 febbraio
69
1545
11 giugno
70
1545
3 settembre
71
1546
30 agosto
72
1548
73
1548
21 novembre
74
1550
8 agosto
75
1551
27 novembre
76
1551
16 dicembre
77
1552
13 gennaio
78
1552
9 aprile
79
1553
2 maggio
80
1553
15 dicembre
81
1555
29 marzo
82
1556
29 gennaio
83
1556
29 febbiaio
84 1557
7 gennaio
Spese per addobbi alle sale — (Registro 15, Comuni
Consiglio dei Dieci, 1542-1543, carta 116 verso, e filza
32, Parti Consiglio dei Dieci, 1542, II sem., id.)-
Inventario de le munition che si trovano nelle sale del-
l' eccelso Consiglio dei Dieci — (Id.).
Le chiavi da chi sieno tenute — (Registro 17, Comuni
Consiglio dei Dieci, 1545-1546, carta 68 verso, id.).
Spese per acconciar le dette sale — (Registro 17, Co-
muni Consiglio dei Dieci, 1545-1546, carta 176, id.).
Inventario de le munition de le salle de lo Ex. Con-
siglio dei X fatto per mi Micliiel Sandelli, masser de
le dite sale — (Cod. membr. id.).
Il provveditor sopra la artiglieria viene incaricato della
sopraintendenza — (Registro 28, Comuni Consiglio dei
Dieci, 1547-1548, carta 181 verso, id,).
Pagamento a vari artefici per lavori eseguiti — (Regi-
stro 19, Comuni Consiglio dei Dieci, 1549-1550, carta
137, e filza 51, Parti Comuni Consiglio dei Dieci, 1550,
da agosto a ottobre, id.).
Doratura di tre cortine col San Marco in soldo — (Ro-
tatorio 19, Capi Consiglio dei Dieci, 1551-1553, carta
70, id.).
Doratura simile di altre tre cortine — (Notatorio 19,
Capi Consiglio dei Dieci, 1.551-1553, carta 66 verso, id.).
Doi'atura simile di altre due cortine — (Notatorio 19,
Capi del Consiglio dei Dieci, carta 73 verso, id.).
Altre dorature al supplemento delle cortine della prima
sala — (Rotatorio 19, Capi del Consiglio dei Dieci,
1551-1553, carta 104, id.).
Somme assegnate per racconciature diverse — (Registro
21, Comuni Consiglio dei Dieci, 1553-1554, carta 17, id.).
Somme assegnate per altre occorrenze ed adornamento
di armi — (Registro 21, Comuni Consiglio dei Dieci,
1553-1.5.54, carta 70, id.).
Somme assegnate per altri bisogni delle sale delle mu-
nizioni — (Registro 22, Comuni Consiglio dei Dieci,
1555-1556, carta 4, id.).
Altre somme assegnate per diversi concieri ed assetta-
mento nelle stesse — (Registro 22, Comuni Consiglio
dei Dieci 1.5.5.5-15.56, carta 93, id.).
Commissione data al Console di Damasco'di acquistare
dieci tavole di cedro del Monte Libano per costruire
la nuova porta della sala e spesa incontrata — (Re-
gistro 22, Comuni Consiglio dei Dieci, 1.555-1556, carta
210 e seguenti, id.).
Altre somme destinate all' addobbo delle sale — (Regi-
stro 22, Comuni Consiglio dei Dieci, 155.5-1.556, carta
187 verso, id.).
1^6 P. BEECHET (84)
85 1561 Somme da spender in dette sale " che hanno bisogno di
5 febbraio molte cose „ — (Registro 24, Comuni Consiglio dei
Dieci, 1559-1560, carta 169, id.).
86 1564 Spese per inastare di nuovo e foderar di velluto e fran-
si maggio già circa 800 arme d'asta di più sorte — (Registro 26,
Comuni Cous. dei Dieci, 1563-1564, carta 109 verso, e
filza 90, Parti Comuni Cons. dei Dieci, 1564, marzo,
aprile e maggio, id,).
87 1567 Spese per acconciar vetri e finestre nelle dette sale —
24 gennaio (Registro 27, Comuni Consiglio dei Dieci, 1565-1566,
carta 175 verso, e filza 98, Parti Comuni Consiglio
dei Dieci, 1656 da luglio a febbraio, id.)-
88 1568 Altre racconciature alle vetrate — (Registro 28, Co-
24 settembre muni Consiglio dei Dieci, 1565-1568, carta 139 verso,
e filza 103, Parti Comuni Consiglio dei Dieci, 1568
da luglio a ottobre, id,).
89 1569 Assegnamento dei fondi per la porta ed altro — (No-
26 agosto tatorio 27, Capi Consiglio dei Dieci, 1568-1569, carta
175, verso, e filza 11, Parti secreta Consiglio dei Dieci,
1562-1564, id,).
90 1569 Spese per far nuova porta, scale od altro alle sale d'armi
19 ottobre — (Notatorio 27, Capi del Consiglio dei Dieci, 1568-
1569, carta 190, id,),
91 1570 Armi depositate nella soffitta sieno da utilizzarsi in
28 aprile occasione di guerra — (Registro 29, Comuni Consi-
glio dei Dieci, 1569-1570, carta 131 verso, id,).
92 1575 Acquisto d'un pome d'argento — (Registro 32, Comuni
31 maggio Consiglio dei Dieci, 1575-1576, carta 27, e filza 123,
Parti Comuni Consiglio dei Dieci, 1571 da marzo a
giugno, id.).
93 1576 Falcone (pezzo d'artiglieria) dorato offerto dai nipoti del
30 aprile Doge Grritti — (Registro 32, Comuni Consiglio dei
Dieci, 1575-1576, carta 126 A, B, C, D, filza 126, Parti
Comuni Consiglio dei Dieci, 1576, 1 settembre, id.).
94 1576 Armi aggiunte per riordinamento delle sale — (Regi-
30 aprile stro 32, Comuni Consiglio dei Dieci, 1575-1576, carta
126, e filza 126, Parti Comuni Consiglio dei Dieci, 1576,
I semestre, id.).
95 1578 Ristauro al coperto e prescrizione al Masser Francesco
11 giugno Dardani di rimaner a custodia durante il lavoro —
(Registro 33, Comuni Consiglio dei Dieci, 1577-1578,
carta 157, id.).
96 1579 Chi deve tener le chiavi della sala delle munizioni —
1 marzo (Registro 34, Comuni Consiglio dei Dieci, 1578-1579,
carta 69 verso e seguenti, id.).
97 1580 Pianta delle antiche prigioni terrene sotto le sale d'armi
al piano terreno — (Codice CCXCV, classe VII, Mar-
ciana, ed. Zanotto, tav. I).
1588
27
giugno
1585
28
giugno
1586
1
febbraio
1586
7
maggio
(85) LE SALE d' AEMI DEL CONSiaLIO DEI DIECI 197
98 1588 Tre spade esistenti nella sacristia della Chiesa di San
Marco vengono collocate nelle sale d'armi — (Registro
37, Comuni Consiglio dei Dieci, 1583-1584, carta 20, id.).
99 1585 Sono posti nelle sale d'armi gli oggetti presentati dagli
ambasciatori giapponesi — (Reg. Sen. Terra, id. Cfr.
Berchet, Le antiche aiiibasriate giapponesi. Venezia,
1877).
100 1586 I locali superiori alla Camera dei Capi sala non deb-
bano esser più concessi a nobili presentati — (Registro
38, Comuni Consiglio dei Dieci, 1585-1586, carta, 89,
id.).
101 1586 Fornitura d'armi e di armature dall'Arsenale e loro
riordino — (Registro 38, Comuni Consiglio dei Dieci,
1.585-1586, carta 117, id.).
102 1586 Acquisto d' archibugi e morioni dorati, a Brescia, per la
23 dicembre terza sala — (^Registro 38, Comuni Consiglio dei Dieci,
1585-1586, carta 191, e filza 165, Parti Comuni Consi-
glio dei Dieci, 1586, da dicembre a febbraio, id.).
103 1587 Commissione del Senato al Tintoretto di fare il ritratto
17 ottobre dei quattro ambasciatori giapponesi — (Registro Sen.
Terra, 57, e. 197, id.).
104 1588 Spade schiavonesche e picche ritirate dall' Arsenale —
25 maggio (Registro 39, Comuni Consiglio dei Dieci, 1587-1588
agosto, carta 155 verso, id.).
105 1589 Acquisto d'armi — (Registro 42, Comuni Consiglio dei
22 novembre Dieci, 1588, settembre 1589, carta 180 verso, id.).
106 1591 Viaggio dell'ambasciatore veneto inviato a Costantinopoli
17 luglio per arrestare il bailo Paolo Lippomano. Venezia,_tip.
Visentini, 1886.
107 1591 Le chiavi sieno tenute durante il Maggior Consiglio dal
9 ottobre Secretarlo di mese — (Registro 41, Comuni Consiglio
dei Dieci, 1590-1591, carta 217. Arch. di Stato).
108 1591 Armi ed altri oggetti offerti da Paolo Lippomano —
20 novembre (Registro 41, Comuni Consiglio dei Dieci, 1.590-1591,
carta 230, id.).
109 1592 Spese per oggetti di armamento — (Registro 41, Com.
22 gennaio Cons. dei Dieci, 1590-1591, carta 249, id.).
110 1593 Saldo conto di spese fatte per le sale d'armi e per
dorare e fornire le armi — (Registro 42, Comuni Con-
17 febbraio sigilo dei Dieci, 1592, carta 140, id.).
Ili 1593 Le sale d'armi non ijossono essere visitate senza il per-
9 marzo messo del Consiglio dei Dieci — (Registro 43, Comuni
Consiglio dei Dieci, carta 4 verso, id.).
112 1.593 Fornitura dall'Arsenale di cento archibugi a fiammola
1 dicembre — (Registro 43, Comuni Consiglio dei Dieci, 1593, carta
138, id.).
113 1593 Doratura dei detti 100 archibugi, 100 fiasche coi loro
16 dicembre cordoni e 50 celade — (Registro 43, Comuni Censi-
198
F. BEKCHET
(86)
glio dei Dieci, 1593, carta 141 verso, e filza 200, Parti
Comuni Consiglio dei Dieci, 1593, da decembre a feb-
braio, id.).
1 14 1594 Costruzione in pietra delle scale che erano di legno —
15 febbraio (Registro 43, Comuni Consiglio dei Dieci, 1593, carta
168 verso, e filza 200, Parti Comuni Consiglio dei
Dieci, 1539, da dicembre a febbraio, id.).
115 1594 Somme decretate al Massaro Dardani per spese diverse
20 giugno — (Registro 44, Comuni Consiglio dei Dieci, carta 47
verso, id.).
116 1595 Saldo di creditori per oggetti acquistati e lavori per
16 novembre le sale — (Registro 45, Comuni Consiglio dei Dieci, 1595,
carta 93, e filza 209, Parti Comuni Consiglio dei Dieci,
1595, da ottobre a novembre, id.).
117 1595 Si riformano in una volta 1000 celadoni, 1000 corazze
e si comperano 500 archibugi — (Rossi, Mss. Mar-
ciana, doc. voi. LX, pag. 173).
118 1598 Somme decretate al Masser Dardani per spese diverse
15 maggio — (Registro 48, Comuni Cons. dei Dieci, 1598, carta
27. Archivio di Stato).
119 1598 Scale che conducono alla soffitta che erano di legno
23 dicembre fatte di pietra — (Registro 48, Comuni Consiglio dei
Dieci, 1598, carta 109 verso, e filza 221, Parti Comuni
Consiglio dei Dieci, 1598, da dicembre a febbraio, id.).
120 1599 Fornitura in velluto verde, di alabarde e spiedi — (Regi-
18 giugno stro 49, Comuni Consiglio dei Dieci, 1599, carta 29
verso, e filza 233, Parti Comuni Consiglio dei Dieci,
1599, da giugno ad agosto, id.).
121 1600 Panni d'oro donati dal Re di Persia — (Cerimoniali in
Senato, carta 3. Archivio generale Veneto. Cfr. Berchet,
La Repubblica di Venezia, e la Persia. Torino, 1865).
122 1602 Aumento salario ai tre proti delle sale d'armi — (Re-
9 settembre gistro 52, Comuni Consiglio dei Dieci, 1602, carta 109.
Ar<;hivio di Stato).
123 1604 Dispaccio dell' ambasciatore in Francia Angelo Badoer
21 gennaio dove si parla dell' armatura di Enrico IV donata alla
Repubblica — (Cancelleria Secreta. Dispacci di Fran-
cia, filza 32, id.).
124 1604 Somma passata al Masser Dardani per fare il nicchio al-
27 aprile l'armatura del Re di Francia — (Registro 54, Comuni
Consiglio dei Dieci, 1604, carta 21 verso, id.).
125 1604 Spese per accomodar l'armatura del Re di Francia — (Re-
22 giugno gistro 54, Comuni Consiglio dei Dieci, 1()04, carta 41, id.).
126 1606 Cambio di posto delle armi lasciate dal sig. Ludovico
17 marzo Ursino — (Registro 56, Comuni Consiglio dei Dieci,
1606, carta 9, id.).
127 1606 Spese e forniture pelle sale d'armi. Consegna all'Arse-
17 marzo naie delle cose ed armi non necessarie alle sale —
(87)
LE SALE d' armi DEL CONSIGLIO DEI DIECI
199
128 1606
11 maggio
129 1606
■4 settembre
130
131
140
1606
1609
182 1610
19 gennaio
133 1611
16 maggio
134 1611
135 1611
16 maggio
136 1614
17 gennaio
137 1617
24 maggio
138 1620
23 giugno
139 L625
2 aprile
1625
141 1627
8 febbraio
142 1630
28 settembre
143
1631
(Registro 56, Comuni Consiglio dei Dieci, 1606, carta
11, id.).
Inchiesta suUi quattro maestri o proti alle sale — (Re-
gistro 56, Comuni Consiglio dei Dieci, 1606, carta 32
verso, id.).
Regolamento per le armi affinchè possano essere pronte
in ogni occasione — (Registro 56, Comuni Consiglio
dei Dieci, 1606, carta 80, id.).
Consegna di armi del Consiglio dei X fatta dal masser
Pietro Dandani a Marco spader a 1' insegna di S. Se-
bastiano — (Ardi. id.).
Si aggiunge la quarta sala d' armamento — (Zanotto,
Palazzo Reale, voi. II, parte XIX, p. 165, che cita il
Marinioni scrittore contemporaneo).
Si mette a posto il busto di Sebastiano Venier — (Re-
gistro 59, Comuni Consiglio dei Dieci, 1609, carta 169
verso. Archivio di Stato).
Affittasi il magazzino sopra il Lido per trarne denaro
pelle spese delle sale d'armi — (Registro 61, Consiglio
dei Dieci, 1611, carta 38 verso, id.).
Inventario delle armi nelle sale del Cons. dei X — (Ar-
chivio di Stato).
Scelta d'armi inutili da mandar alla casa dell'Arsenale
e vendita di ferri vecchi acconciando e accomodando
quelle che devono restar nelle sale — (Registro 61,
Comuni Consiglio dei Dieci, 1611, carta 39, id.).
Si fa accomodare il fanò d'argento e cristallo — (Re-
gistro 64, Comuni Consiglio dei Dieci, 1614, carta 149,
id.).
Consegna di esso fanò ai procuratori di S. Marco — (Re-
gistro 67, Comuni Cons. dei Dieci, 1617, carta 46, id.).
Spese per accomodar il quadro di Adamo ed Eva —
(Registro 69, Comuni Consiglio dei Dieci, 1619, carta
203, id.).
Spese per accomodar dentro la sala lo scrittoio d'ebano
lasciato dal Cardinale Grimani — (Registro 75, Comuni
Consiglio dei Dieci, 1625, carta 18 verso e 33, id.).
Tre busti portati nelle sale in occasione della visita del
Re di Francia — (Zanotto, Palazzo Ducale^ voi. II,
parte XIX, n. 15).
Spade e ritratti del conte Mansfeldt posti nelle sale —
— (Registro 76, Comuni Consiglio dei Dieci, 1626-27,
carta 348 verso. Archivio di Stato).
Inventario delle sale d'armi, cambio d'armi nell' Arse-
nale e disposizioni per le chiavi — (Registro 80, Co-
muni Consiglio dei Dieci, carta 196 verso, id.).
Scoperta del fanale del Crasso del quale si era persa
memoria — (Cicogna, Iscriz. Ven., voi. IV, p. 160).
200
F. BEaCHET
(88)
144
1631
145
1649
24 ottobre
146
147
J48
1683
1681
1687
29 novembre
149 ]689
18 aprile
150 1726
151 1754
23 agosto
152
160
1764
153 1773
23 agosto
154 1773
23 agosto
155 1789
156 1799
14 gennaio
157 1799
158 1799
159 1799
181"
Fu restaurato dall' orefice ZamboUi — (Cicogna, Iscriz.
Yen., voi. IV, p. 161).
Si accetta il dono del fiscal di Padova — (Decreto del
Senato, Registro Comuni Consiglio dei Dieci. Arch.
di Stato).
Carolus Patino, Thesaurus numismatum antiquorum et
recentiorum ex auro, argento et aere ah ili. d. d. Petro
Mauroceno Ser. Retp. legatus. Venezia, 1683.
Furto del medagliere Morosini — (Zanotto, Palazzo
Ducale^ voi. II, parte XIX, p. 15).
Proclama dell' Eccelso Consiglio dei X " per venir in
luce di quello o quelli scolorati che hanno rubbato
nel Palazzo Ducal nelle sale del Consiglio dei X. Ve-
nezia, Pinelli, in 4.'*
Busto del Morosini posto nelle sale — (Rossi, Mss. nella
Marciana, doc. voi. LV).
Inventario pubblicato da Vendelino Boeheim in Zeit-
scìirift filr Historische WaffenJamde, I, p. 184 e segg.
Inventario delle sale d'armi fatto da Girolamo Salvoni
e nuove discipline per la tenuta delle sale — (Com-
pilazione leggi. Fascicolo Patr. Pubbl. , busta 301.
Archivio di Stato).
Varie curiosità venete sacre e jjrofane, opera di G. Gra-
vembroch, dedicata a Pietro Gradenigo. Manoscritto
in tre volumi nel Museo Civico.
Nuovo registro di tutte le armi e cose ragguardevoli
delle sale d'armi del Consiglio dei Dieci compilato da
Marcantonio Guerra — (Archivio di Stato e da me
qui pubblicato).
Armi vecchie da togliere dal registro e da vendere —
(Ibidem).
TI fanale prezioso del Crasso andò disperso al cadere
della Repubblica — (Cicogna, Iscr. Ven., voi. IV, p. 162).
Li oggetti ed armi delle sale d'armi passano all'Arse-
nale — (Atto di consegna. Archivio di Stato qui da
me pubblicato).
Le bandiere turche passate all' Arsenale — (Zanotto,
Palazzo Ducale, voi. II, p. XIX).
La spingarda o falconetto passato all'Arsenale — (Za-
notto, Palazzo Bacale, voi. II, parte XIX, p. 6).
Distribuzione degli oggetti i)rincipali nelle sale d' armi
al momento della caduta della Repubblica — (Pianta
topografica da me eseguita colla scorta dei vecchi
inventari e descrizioni e qui riportata).
Destinazione delle sale d'armi dopo che cessarono dal
loro ufficio — (Cicogna, Il forestiero guidato nel co-
spicuo appartamento ove risiedeva il gabinetto della
Repubblica. Venezia, 1817, p. 18 a 22).
(89) LE SALE d' armi DEL CONSIGLIO DEI DIECI 201
161 1829 Casoni, Guida per V Arsenale di Venezia. Venezia, 1829.
162 1857 Barozzi e Berchet, Relazioni dee/li Stati Europei lette
al Senato dagli ambasciatori Veneziani. Serie II,
Francia. Venezia, 1857.
163 1859 Lazzari Vincenzo. Notizia delle opere d'arte e d'antichità
della Raccolta Correr di Venezia. Venezia, 1859.
164 1873 Zanetti V. La Basilica di S. Donato di Murano. Ve-
nezia, 1873.
165 1894 Le pareti delle prigioni scoperte al piano terreno della
torricella — (Tre fotografie, negli Atti dell'UfiScio re-
gionale per la conservazione dei monumenti del Ve-
neto).
166 1899 La parete dell'ultimo camerotto nella torricella — (Fo-
tografia, facsimile e traduzione delle iscrizioni, negli
Atti dell'Ufficio regionale sudd. e qui riportata).
167 1899 Distribuzione fatta delle antiche sale d'armi per ridurle
a sede dell'Istituto — (Pianta della sede dell'Istituto,
negli Atti dell'Ufficio sudd.).
168 1899 Rilievi del piano originario delle prigioni nel piano ter-
reno della torricella — (Pianta rilevata dall'Ufficio re-
gionale suddetto, Tav. II).
169 1899 Lavori fatti nell'ultimo triennio alle sale d'armi —
{Quarta Relazione deir Ufficio regionale per la conser-
vazione dei nionuinenti del Veneto. Venezia, Mut. Soc.
Comp. 1899.
170 1899 Foscari co. Pietro.
171 1899 I. R. Museo di Vienna.
(Finita di stampare il giorno 18 dicembre 1899)
Atti del Reale Istituto Veneto di scienze, letteke ed arti.
Anno accademico 1899-900 - Tomo LIX - Parte seconda.
UN NUO\0 TONOMETRO OCULARE
DEL
PEOF. PIETRO GRADENIGO, m. e.
{Adunanza (hi 29 ottobre 189'.))
Neir ultima adunanza, che precedette le vacanze autunnali,
ebbi r onore di tenervi parola, chiarissimi Signori, di un nuovo
Tonomeiro oculare (i), importante mezzo d' indagine clinica, da
me non è guari ideato, e che oggi mi pregio sottoporre al Vostro
autorevole giudizio.
È troppo noto quale e quanta importanza abbia peli' oculista
l'esatta conoscenza delle diverse modificazioni, che occorrono nella
(1) Oftalmotonometro, o meglio Piesimetro, da piésis (pressione) e
métron (misurai.
204 P. GEADENIGO (2)
tensione endoculare nelle varie forme morbose, perchè creda con-
veniente qui a lungo ragionarne.
Qualunque mutamento che sorga nel grado della tensione in
cui trovansi gli umori, racchiusi nelle membrane dell' occhio, sia
pur esso leggerissimo, così da sfuggire alla più accurata esplora-
zione digitale; va accompagnato necessariamente da una pronta
perturbazione della circolazione artero-venosa e linfatica di tutti
i tessuti dell' occhio, specie delle mirabili reti vascolari di cui
sono essenzialmente costituite le delicate sue interne membrane.
Anche le funzioni del sistema nervoso, sia specifico che tro-
fico, trovansi immediatamente subordinate al grado della endo-
pressione.
Gli accessi dolorosi che compaiono spesso improvvisi e di
somma intensità, nel decorso di vari processi morbosi, sono quasi
sempre determinati da modificazioni nel grado del tono oculare
Basta comprimere, sia pure leggermente e per un solo istante
con un dito il globo dell' occhio, anche attraverso le palpebre
per determinarvi subito moleste pìro^^sìe e fonfeni, mentre una
più valida pressione diventa causa immediata, prima della ridu-
zione del campo visivo, quindi della sospensione, anche completa,
della funzione retinale {ah ischemia).
L' ottalmoscopo infatti fa rilevare che, durante 1' aumento
della tensione; anche se in tale maniera determinato, le vene
della retina e papilla dapprima, e quindi le arterie, molto più
resistenti, presentano una manifesta modificazione nel volume e
decorso della colonna sanguigna, che può diventare intermittente
e perfino scomparire quasi del tutto.
Per nota legge idrostatica, la pressione esercitata sopra
qualsivoglia punto, si propaga colla stessa intensità sopra tutta
la superficie interna della capsula corneo-sclerale, essendo il grado
di quella la risultante del rapporto esistente fra la capacità e
resistenza delle pareti della cavità bulbare ed il suo contenuto,
r umor vitreo cioè, il cristallino, V acqueo, ed una certa massa
di sangue, spintovi dalle contrazioni del ventricolo sinistro del
cuore.
Tale endopressione però, quantunque possa ad ogni istante
venire modificata, e per le contrazioni dei muscoli intrinseci ed
estrinseci dell' occhio, nonché delle palpebre, dall'aumento e dalla
diminuzione della massa sanguigna, e dall' azione esercitata sulle
secrezioni endobulbari direttamente ed indirettamente dal sistema
(3) UN NUOVO TONOMETRO OCULAEE 205
nervoso, tuttavia noli' occhio normale si mantiene quasi immutata,
nei diversi individui e nelle diverse età, trovando nelle vie d' es-
crezione linfatica una corrispondente azione correttiva o di com-
penso.
Questi pochi ed elementari accenni, tolti alla fisiopatologia
dell' occhio, sono più che sufficienti per mettere in rilievo come
r uso d' uno strumento che possa portare un apprezzamento si-
curo del grado della pressione endoculare, e delle facili sue mo-
dificazioni, costituisca veramente un mezzo diagnostico della mas-
sima importanza, paragonabile soltanto al termometro, reso d' uso
necessario nella clinica generale.
Reca pertanto vera meraviglia e sconforto, il vedere che di
fronte al progredire e perfezionarsi dei cento mezzi d' indagine
clinica, r oftalmoiatria, che pure ha raggiunta una posizione cul-
minante fra le scienze mediche, non possa trarre partito di uno
strumento registratore esatto dell' interna tensione dell' occhio,
così che si debba ancora, per tale importante ricerca, acconten-
tarsi della esplorazione digitale, praticata attraverso le palpebre
chiuse.
Io non dirò come torni in tal modo necessariamente incerto
il giudizio sulla resistenza e la limitata elasticità delle pareti
dell' occhio, che si fonda sulla sensibilità individuale dell' estre-
mità di un dito poggiato sulle palpebre chiuse. Tutte le volte
anzi che le variazioni di una tale resistenza sieno poco accentuate,
anche allora che torna possibile paragonare nello stesso soggetto
quella dell'occhio malato con quella dell' altro occhio, che si con-
sideri sano, il criterio diagnostico che se ne voglia ricavare, deve
sempre risultare incerto, approssimativo, e diventare spesso causa
di errore nell' interpretazione del fatto patologico.
I diversi ottalmotonometri che, come dissi, furono proposti,
come, per esempio, quelli di Graefe, Hamer, Sneìleu, Sfroh di
Londra, Weber, Monili k, Landolt, Maklakoff, Fick, ed altri,
quantunque quasi tutti d' ingegnosa fattura, e teoricamente enco-
miabili, pure nella pratica non seppero trovare favore e diffusione,
onde vennero ben presto dagli inventori stessi posti in oblio.
E di tale insuccesso, già generalmente riconosciuto, non è
causa soltanto la troppo complicata struttura, di quasi tutti tali
strumenti, o la poco costante azione delle molle e delle spire,
onde sono costituiti, ma bensì la somma diflicoltà che nell' uso
incontra la loro applicazione, esatta e ferma ed in direzione per-
206 P. GEADENIGO (4)
pendicolare, sulla superficie liscia e bagnata dell' occhio, organo
dotato della massima mobilità. E tale difficoltà può dirsi non
essere stata ancora superata, sia che si abbia pensato di mante-
nere r asta esploratrice dello strumento in giusto contatto colla
parete bulbare, a mezzo di più branche di sostegno poggianti sui
tegumenti della periorbita, sia che lo strumento si volesse tenere
appeso ad un filo, o come — ciò che è peggio — si intendesse
portarlo e mantenerlo in sito dalla mano stessa di chi si accinge
a farne sperimento. In tali condizioni quindi la ricerca e la no-
zione, nel suo giusto valore, della varia resistenza offerta dalle
membrane dell' occhio, che si appalesa proporzionale alla fossetta
di depressione determinatasi nel punto ove agisce (in contatto)
lo stromento, riescono necessariamente troppo incerti e fallaci,
qualunque sia il modo di compressione che vi si eserciti, e mas-
sime se sia la mano dell' uomo che ne regoli e determini la
forza.
Molti altri fattori, quali le contrazioni delle palpebre, i mezzi
usati per la fissazione del bulbo ecc. rendono ancora più proble-
matica r indagine, la meglio condotta.
Non è quindi da meravigliare se, messi a confronto fra loro
i risultati ottenuti dai diversi sperimentatori, con un numero in-
finito di prove, ancora non si abbia potuto ottenere un' esatta
misura della tensione endoeulare fisiologica, e quindi molto meno
di quella — più importante — relativa nei diversi processi mor-
bosi, mentre è noto che le stesse ricerche praticate sugli occhi
degli animali, e nell' occhio del cadavere, a mezzo dei vari ma-
nometri, non riuscirono ad un miglioro risultato.
E fu dietro tali considerazioni eh' io credetti essere cosa non
vana adoperarmi nella ricerca d'un nuovo oftalmotonometro, d'uno
strumento che, per quanto possibile, sfuggendo alle imperfezioni
di quelli fino ad ora noti, valesse per sola (iiione lìroprio auto-
matica, a registrare in peso il valore preciso della resistenza del-
l' occhio, pure essendo di facile e sicura applicazione. Se, dopo
tante prove, purtroppo non fortunate, sia stata troppa l'arditezza
mia nel cimentarmi; me ne scusi il sommo interesse che general-
mente si accorda ad un tale desideratum.
Lo strumento che ora vi presento, venne eseguito dietro mio
disegno dal bravissimo meccanico Giuseppe Gavignato di Padova
a cui mi è doveroso qui tributare le più sincere lodi per la pre-
cisione e finitezza del lavoro.
(5)
UN NUOVO TONOMETEO OCULAEE
207
Questo tonometro consta di due parti : la bilancia, ed il
sostegno.
La prima risulta di un cilindro cavo di vetro della lunghezza
di 44 mni. circa, del diametro di una cornea umana (i). Nell'asta
di questo cilindro scorre libero un bastoncino, pure di vetro^ sottile
circa 2 mm., mantenutovi nella giusta posizione da due rotelle o
diaframmi di vetro, perforati. Questo bastoncino presenta un'estre-
mità libera leggermente convessa e levigatissima, mentre 1' altra
continua con un' asta metallica, che sorpassa di pochi centimetri
il margine del cilindro cavo. Questa asticella sostiene il piattino
della bilancia, sul quale si possono adagiare diversi pesi, e porta,
circa alla sua metà, articolato un indice od ago assai mobile,
che mediante un semplice congegno moltiplicatore, segna sopra
un arco di cerchio graduato, qualunque spostamento che avviene
neir innalzamento e nella discesa del bastoncino stesso lungo
r asse del cilindro di vetro.
I pesi di un valore diverso (1-2-5-10-20 grammi) sono
formati di piccoli dischi metallici, perforati nel centrO; così da
poter venire infilzati nell' estremità libera ed assottigliata dell'asta
(1) Il diametro di questo cilindro può essere ridotto di molto, rispar-
miandosi così una troppa divaricazione delle palpebre.
208
P. aRADENIGO
(6)
metallica che si eleva dal mezzo del piatto, in modo da restarne
impedito ogni spostamento, anche nei bruschi movimenti di late-
ralità accidentali, che possono venire originati dall' irrequietezza
del soggetto.
È da notarsi come tanto il cilindro cavo, come il bastoncino
descritti, sieno formati di vetro, acciò possano con facilità e sicu-
rezza venire disinfettati, pratica questa che non potrebbesi in al-
cun caso trascurare, dovendo lo strumento venir portato dall'uno
all' altro soggetto, e posto in diretto contatto colla superficie epi-
teliale dell' occhio in esame.
L' altra parte del mio tonometro, è formata di un robusto
supporto metallico, simile ad un ordinario porta-ìenfi da lìrova,
con stanghette a larghe branche articolate, le quali, come questo
venga inforcato nel naso, trovano vari punti d'appoggio stabile,
e sulle tempie, e nella regione retroauricolare d' ambo i lati.
In luogo delle lenti, questa specie di occhiale porta due so-
stegni, pure metallici, anulari, spostabili a volontà, in ogni senso
e resi fissi mediante un giro di vite. E ufficio di questi di soste-
nere a guisa di cintura 1' accennato cilindro-bilancia che li attra-
versa, ove voglia esser messo in contatto coll'occhio da esplorarsi.
Un esame, anche superficiale, meglio che la mia parola varrà,
lo spero, a rendere più facile 1' intelligenza di tutto che riguarda
la struttura di questo nuovo ottalmotonometro, a vero dire per
nulla voluminoso e complicato.
Dopo ciò non sarà difficile indovinarne anche il modo d' a-
zione, ed il valore dei responsi, che dalla sua applicazione pos-
sono ritrarsi, sia nell' occhio sano come nel malato.
(7) UN NUOVO T^NOMETEO OCULAEE 209
Eseguita che sia ogni più scrupolosa pratica di antisepsi ri-
guardo allo strumento, ed introdotte nel sacco congiuntivale al-
cune gocce di una soluzione leggera di cocaina, dopo 4-5 minuti
di attesa, si dà air osservando una posizione supina, e tale da
mettere il piano della faccia in posizione orizzontale.
Fella necessaria divaricazione delle palpebre, è miglior con-
siglio ricorrere ad uno dei soliti divaricatori, purché abbastanza
resistente, non potendosi fare fidanza, per tale atto, delle dita
d'un assistente, per quanto si creda bene esercitato.
Dopo ciò viene messo in sito il supporto, avvertendo che
r anello, corrispondente all' occhio posto ad esame, si trovi esat-
tamente di fronte alla porzione scoperta della sfera oculare.
In tale maniera disposta ogni cosa, torna facile V intromet-
tere neir anello di sostegno il cilindro del tonometro, in modo
che, mantenendo questo una posizione verticale, pel proprio peso,
possa poggiare esattamente con tutta la sua estremità circolare
libera e colla estremità convessa del bastoncino mobile, sulla
cornea o sulla sclera dell' occhio, di cui si intende esplorare la
resistenza (^).
Si noti che in tal momento 1' ago indicatore, mosso dal ba-
stoncino, che già tocca, anzi preme sull' occhio, deve esser con-
dotto nella posizione corrispondente alla metà dell' arco di cerchio
graduato, od in un punto segnato colla cifra 0, ed ivi fissato a
mezzo della vite, che trovasi in rapporto colla articolazione del
bastoncino stesso.
Solo dopo aver ottenuto questo grado medio, che può dirsi
di riposo della bilancia, qualunque deviazione che si determini
di uno 0 pili gradi nell' ago indicatore per aggiunta di un peso
conosciuto sulla bilancia, sarà evidentemente proporzionale alla
resistenza maggiore o minore che incontrerà il bastoncino mobile
centrale premente per deformare o meglio infossare la superficie
di contato delF occhio.
Da ripetuti esperimenti, fatti sopra occhi normali, si potè
constatare che disposto come accennai, lo strumento allo stato di
riposo, r aggiunta di un peso di grammi 10 vale a spostare di
(1) La porzione centrale della cornea, per ragione di relativa minore
resistenza, è da preferirsi, in tale esplorazione, ad ogni altro punto della
superficie oculare.
210 P. GEADENIGO - UN NUOVO TONOMETEO OCULAEE (8)
soli 2 gradi 1' ago che prima segnava lo zero. Negli occhi malati
lo stesso peso sarà insufficiente od eccessivo per ottenere un
eguale spostamento. La differenza relativa in più od in meno, da
precisarsi con pesi adatti, rappresenterà necessariamente il grado
della deviazione morbosa della tensione che si ricerca, misura
che potrà leggersi nel quadrante o nello stesso peso adoperato.
E troppo scarso il numero delle osservazioni eh' ebbi occa-
sione d' istituire con questo nuovo tonometro, perchè possa qui
riportare in appoggio di quanto esposi una sufficiente serie di
dati desunti nell' occhio sano e nel malato. Mi credo tuttavia au-
torizzato ad asserire che : le prove fatte fino ad ora diedero piena
conferma della praticità ed esattezza dei risultati, che aveva di-
ritto di attendermi da uno strumento che, esente dai diversi in-
convenienti sopraccennati, offre il vantaggio di una facile appli-
cazione e di un fermo contatto coir occhio, registrandone per
azione tutta automatica il grado di tensione ed ogni suo più
delicato mutamento.
(Finita di stampare il giorno 20 dicembre 1899)
Atti del Reale Istituto Veneto di scienze, lettebe ed arti.
Anno accademico 1899-900 - Tomo LIX - Parte seconda.
A PROPOSITO DI UN RECENTE TRATTATO
SULLE RELAZIONI TRA IL POTERE RIFRANGENTE
E LA COMPOSIZIONE CHIMICA DEI CORPI
NOTA DI R. NASINI, m. e.
(Adunanza del 26 novembre 1899)
È stato pubblicato in qiiest' anno un piccolo trattato sulle re-
lazioni tra il potere rifrangente e la composizione chimica dei
corpi. Ne è autore il dott. Rimbach, il quale si è anche occupato
con pregevoli ricerche esperimentali di argomenti che rientrano
in questo campo. Il trattatino fa parte del grande trattato sulle
relazioni tra le proprietà fìsiche e la composizione chimica dei corpi
che sotto la direzione del prof. Landolt è stato compilato da com-
petenti uomini di scienza tedeschi (i).
L'opuscoletto del dott. Rimbach compendia in modo molto
(forse troppo) succoso e chiaro tutto quello che si conosce sul po-
tere rifrangente dei corpi : è un libro assai ben fatto e viene pro-
prio a colmare una lacuna che esisteva nelle monografie che ri-
guardano la chimica fisica : è quindi vivamente da raccomandarsi.
Il Rimbach ha cercato di essere imparziale ed esatto e dà prova
quasi sempre di sana critica, non lasciandosi abbagliare da teorie
(1) Lehrbuch der physikalischen /.end theoretischen Cheinie. Dritte Ab-
theilung. Beziehungen zwiscJien physikalischen Eigenschaften und che-
mischer Zusammensetzimg der Korper, herausgegeben von D}' H. Landolt.
Braunschweig, 1898. — Sechstes Capitel. l'eber die Beziehungen zwischen
Lichtbrechung und eheinisr.hen Zusainmersetzmig der Kijrpen von Dj E.
Rimbach.
212 E. NASINI (2)
che hanno ricevuto qualche volta, sebbene non fondate, buona
accoglienza in altri manuali.
Pur troppo però egli è stato talora un po' ingiusto verso i
lavori italiani e non ha dato a questi la parte che loro spetta
storicamente o ha misconosciuto l'azione che essi hanno esercitato
nel successivo sviluppo delle idee in questo ramo della chimica
fisica. Io credo perciò non inutile di esporre alcune osservazioni
che riguardano appunto lavori miei o di miei collaboratori od al-
lievi, lavori che il dott. Rimbach ha ignorati o non ha considerati
dal giusto punto di vista.
Così a pagina 574 il Rimbach parlando delle prove a cui fu-
rono sottoposte le formule di dispersione, prove che condussero ad
abbandonare l' uso della costante A della formula del Chauchy,
ne attribuisce il merito al prof. Briihl; invece fui proprio io che
mi occupai di questo argomento nel 1884 (i) mentre il Briihl non
se ne occupò che nel 1886 (-), dopo essere stato un accanito fau-
tore di quella formula sino a quell' anno, giungendo, senza mai
citarmi, alle stesse mie conclusioni con la sola differenza che sot-
topose a' suoi calcoli un materiale esperimentale maggiore: secondo
il Rimbach io non avrei fatto altro che dimostrare come la co-
stante A assume valori diversi a seconda dei dati che si sono
utilizzati per il suo calcolo !
Un lavoro eseguito per mio consiglio dal prof. F. Zecchini (^)
viene dal Rimbach, come del rimanente da tutti quelli che ne hanno
riferito sui periodici tedeschi, capito alla rovescia. Lo Zecchini
W-' — 1 1
mettendo avanti la formula — — . — - • — non pensò mai a voler
n^ -\-2 a ^
sostenere che questa espressione dava migliori risultati delle altre,
anzi mise in rilievo che, dal punto di vista fisico, il solo che possa
servire come criterio per giudicare tra le formule che debbono
esprimere il potere rifrangente specifico, essa era assai meno esatta
(1) R. Nasini, Sulle costanti di rifrazione. — Atti della R. Accademia
dei Lincei. Memorie della classo di scienze fisiche ecc., serie 3*, voi. XIX,
anno 1884.
(2) I. W. Briihl, Experit)ientelle Friifinif/ der dlteren imd der neueren
Disiìersionsforìiieln. — Liebig' s Annalen. Bd. 236, pag. 233, anno 1886.
(3) F. Zecchini, Sojìra una nuova formula per esprimere la rifrazione
specifica dei liquidi. — Gazz. chim. italiana, t, XXV, parte II, pag. 269,
anno 1895.
(3) A PEOPOSITO DI TJN EECENTE TEATTATO ECC. 213
delle altre e quindi addirittura da rigettarsi ; ma nel tempo stesso
fece notare che per essa, molto meno ancora che per la n'^, si ri-
sentivano le particolarità costitutive : onde concluse giustamente
lo Zecchini che questo fatto non poteva assumersi in nessun modo
come argomento decisivo, e nemmeno sussidiario, in favore di una
piuttosto che di un'altra formula, come avrebbe voluto il prof. Briihl.
Sopra una questione assai importante il Eimbach mostra ve-
ramente poca conoscenza dell'argomento, dando così a divedere
di non aver consultato, come avrebbe dovuto, le memorie originali,
ma di aver letto solo i lavori tedeschi: inoltre egli è anche caduto
in una inesattezza non lieve. E noto che la rifrazione e la disper-
sione costituiscono uno dei migliori criteri per decidere sulla co-
stituzione tra i derivati allilici e propenilici isomeri del benzolo,
criterio importantissimo perchè spesso è l'unico a cui si possa ri-
correre. Tutte le volte che al nucleo benzolico si unisce un grup-
po laterale con atomi di carbonio non saturi, sieno essi oleffinici
0 aromatici e che l'unione avviene per 1' atomo di carbonio non
saturo, si hanno dei composti che non soddisfano più alle regole
del Ijandolt e del Briihl, la rifrazione molecolare trovata eccede
di molto quella calcolata, la dispersione è assai elevata: facendo
il confronto con gli isomeri in cui 1' attacco avviene invece per
un atomo di carbonio saturo si vede che per questi la rifrazione
e la dispersione sono normali. Ora il Eimbach attribuisce al-
l' Eijkman questa scoperta ; egli dice che l'Eijkman rese accetta-
bile questo modo di vedere enunciato per la prima volta e in
via del tutto ipotetica dal Gladstone. — IjO cose non stanno af-
fatto così e, ripeto, trattandosi di un argomento assai importante,
mi preme di ristabilire ancora una volta la verità. Il Gladstone (i)
espose l' idea che probabilmente l' elevato potere rifrangente dei
derivati della naftalina, dell' anetolo e di altri potesse avere la sua
origine nel fatto che 1' atomo di carbonio quando è unito per tutte
le sue valenze con atomi di carbonio doppiamente legati ha un
potere rifrangente maggiore, lo allora (-) volli sottoporre a una
prova esperimentale le vedute del Gladstone e preparai degli iso-
meri che non differissero fra di loro che per quella particolarità
(1) J. H. Gladstone, Proc. Roy. Soc. 1881, 327.
(2) R. Nasini, Sul imlore piìi elevato della rifrazione atoìiiicd (h-l car
honio. — Réiid, Acc. Lincei, voi. I, serie 4*^, gennaio 1885.
214 R- NASINI ,f(4)
di struttura, che uno contenesse un atomo di carbonio legato per
tutte e quattro le valenze od atomi di carbonio doppiamente le-
gati e l'altro no, ma che del resto ci fosse in essi lo stesso nu-
mero di legami doppi, i diversi atomi o gruppi avessero la stessa
funzione chimica e così via: trovai allo spettrometro che in realtà
le cose procedevano esattamente nel modo che l'ipotesi del Gladstone
faceva prevedere : cioè si hanno anomalie nella rifrazione mole-
colare quando nella molecola e' è uno o più di quelli atomi di
carbonio, non si hanno quando non ci sono e conclusi, poiché in
quel lavoro non aveva esaminato che derivati del benzolo a catena
laterale non satura : " Da tutti questi fatti sembra che si jìossa con
qualche certezza concludere che Vunione eli una catena non satura
al nucleo del benzolo fa aumentare notevolmente la rifrazione e la
dispersione quando tale unione avviene per V atomo di carbonio non
saturo : cqnando invece il gruppo laterale si salda al fenile per un
atomo saturo non si nota aumento alcuno : la rifrazione del com-
posto è la somma delle rifrazioni dei componenti. „ Ora è evidente
che il criterio diagnostico per stabilire quando si tratti di un de-
rivato allilico e quando di uno propenilico era trovato. L'Eijkman
quattro anni dopo (') applicò, al solito senza nemmeno citarmi,
questo criterio allo studio di molte sostanze e trovò completa-
mente confermato quanto io aveva dimostrato. Riepilogando : il
Gladstone ha il merito di avere enunciato in via ipotetica e in
modo generalissimo l' idea fondamentale (1881), io (1885) di averla
sottoposta ad una rigorosa prova esperimentale e di averne pro-
clamata r applicabilità ai derivati del benzolo a catene laterali
non sature, l'Eijkman (1889) quello di averla largamente appli-
cata, quale criterio decisivo, a molti interessanti composti. Sembra
strano che il Rimbach si sia potuto ingannare : evidentemente
egli non ha letto che le Memorie dell' Eijkman e del Briihl, il
quale ultimo in Germania si è occupato con molto estesi ed
importanti lavori della rifrazione, riassumendo anche, e non sempre
imparzialmente, la parte storica delle varie questioni. Ora il Briihl
per ragioni sue speciali da un pezzo in qua evita di nominarmi
nelle sue pubblicazioni, oppure, quando non può farne a meno,
mi chiama u. A. : così p. es. supponiamo che sopra un certo
argomento ci abbiano lavorato altri ed anche io, egli non mi cita
(lì Beri. Ber. 22, 2736, anno 188U. 23, 855, anno 181J0.
(5) A PROPOSITO DI UN RECENTE TRATTATO ECC. 215
affatto e riporta i dati defili altri e non i miei, sebbene osservati
prima, oppure i miei senza il nome : se poi si tratta di conclusioni
importanti a cui sono giunto io per il primo, allora cita tutti gli
altri e finalmente ci mette quell' u. A. che quasi sempre si riferi-
sce proprio a me solo: così nel caso speciale egli dice sempre:
Gladstone, Eijkman, u. A. Il Rimbach ha il più spesso attinto alle
Memorie del Briihl ed ignorava che nel linguaggio di questo scien-
ziato u. A. significa R. Nasini e quindi ha creduto che dopo il
Gladstone il primo che si sia occupato della questione sia stato
rEijkman. Meno male anzi che non ha attribuito la paternità di
tutto ciò al Briihl, come hanno fatto molti altri, al Bruhl che quando
io pubblicai la mia Nota così si espresse : R. Nasini versucht die
bei den Naphtalinverbindungen, den Anethol u. s. w. auftretenden
bedeutenden Differenzen zwischen beobachteten und berechneter
^lolekularbrekung in einer sonderbaren und wie mir scheint sehr
gezwungen Weise zu erklàren. — E soltanto dopo i lavori del-
l'Eijkman, i quali non potevano essere che di natura confermativa,
che il Briihl si è ricreduto !
In una inesattezza è poi caduto il Rimbach. L' ipotesi del
Gladstone, l' ho già enunciata : essa ammette che nei casi ano-
mali ci debbano essere nella molecola uno o più atomi di carbo-
nio impegnati per tutte le valenze con atomi di carbonio doppia-
mente legati ; quindi non è l' atomo di carbonio non saturo della
catena laterale, legato sempre ad un atomo di idrogeno, quello che
porta l'aumento di rifrazione, bensì queUo del nucleo che è unito
alla catena laterale non satura, così nella naftalina sono i due atomi
centrali e così via: invece il Rimbach crede che sieno gli atomi
di carbonio dirò così oleffinici che sono uniti al nucleo benzolico
quelli che portano l'aumento e in tal modo ne ammette quattro
nella naftalina, ciascuno dei quali è sempre legato per una va-
lenza coir idrogeno.
Se sia preferibile l'enunciato primitivo del Gladstone che, ge-
neralizzato, farebbe prevedere simili aumenti anche nella serie grassa
non satura (i) o quello per errore ammesso dal Rimbach e cosa da
(1) Veramente le esperienze fatte dall' Albitzki, Giornale della Soc.
chim. russa, XIX (1) 366 (1889), sul dimetilallene (CH^X^ C = C = CH^ ,
che ha potere rifrangente molecolare normale, non sarebbero favorevoli
all' applicazione della regola alla serie grassa non satura. Del rimanente
il Gladstone colla sua solita sagacia si riferì sempre a composti aromatici.
216 E. NASINI (6)
vedersi: sarebbe da credersi di no perchè mentre nell'alcool cinna-
mico ci sarebbe uno solo degli atomi del Rimbach, nella naftalina
ce ne sarebbero quattro, mentre le eccedenze non stanno nemmeno
nel rapporto di 1 a 2 e molto meno in quello di 1 a 4. Onde è che
il meglio è dire, senza preoccuparsi dei singoli atomi, come dissi
io, cioè che si ha aumento quando il nucleo benzolico si unisce
direttamente per l'atomo di carbonio non saturo a una catena la-
terale oleffinica oppure ad un altro nucleo benzolico.
È strano che il Rimbach nel quadro a pag. 610 non sappia
a chi attribuire le determinazioni spettrometriche sul paracresolato
di allile e sul fenilbutilene che furono proprio eseguite da me
quando sottoposi al controllo esperimentale le vedute del Grlad-
stone.
Sebbene il Rimbach, e di ciò gli va data lode, riconosca nel
modo il più ampio il carattere eminentemente costitutivo della ri-
frazione nella serie aromatica, nondimeno sembra accettare come
plausibile quanto affermò il Briihl che cioè le sue regole si pos-
sono applicare quando la dispersione della sostanza non supera
quella dell'alcool cinnamico e che non ci sia nella molecola un
troppo grande numero di doppi legami. Allora il mio allievo prof.
Tullio Costa (1) dimostrò che, nella serie naftalica, al nucleo fon-
damentale saldando catene laterali sature si fa diminuire la disper-
sione in modo da renderla minore di quella dell'alcool cinnami-
co, ma nel tempo stesso aumentano le divergenze tra i valori trovati
per le rifrazioni molecolari e quelli calcolati colle regole del Briihl!
Lo strano è che il Rimbach, in una nota a pie di pagina, parla
di un lavoro del Walden in cui questi osservò ciò che tanto prima
aveva visto il Costa, cosicché è costretto a mettere in diffidenza
contro le regole del Briihl, dicendo che un' applicazione troppo
meccanica di quella che riguarda i limiti della dispersione non
sarebbe a proposito. Quanto all'altra basta osservare che mentre
le pretese leggi del Briihl non si applicano affatto all'anetolo, in
cui ci sono quattro doppi legami, si applicano invece al dibenzile
in cui ve ne sono dieci.
Sopra un altro punto il dott. Rimbach non si è espresso molto
(1) T, Costa, Sulle correlazioni tra il potere rifrangente ed il potere
dispersivo dei derivati aromatici a catene laterali sature. — Gazzetta chi-
mica italiana, t. XIX, pag. ilH, anno 1889.
(7) A PEOPOSITO DI UN EECENTE TEATTATO ECC. 217
esplicitamente. È ormai un fatto bene accertato ed ammesso da
tutti, anche dal Bruhl, che vi sono spesso degli aumenti nella
rifrazione che non possono prevedersi con le nostre formule di
struttura e che si verificano quando due gruppi fortemente rifran-
genti veno-ono a colleearsi direttamente uno coli' altro : il caso con-
siderato più sopra non sarebbe che uno speciale di questi a
cui alludo.
Ora spesso si attribuisce ad altri di aver messo in rilievo
questo fatto che merita assai di essere ancora studiato: potrebbe
darsi che l'aumento o esaltamento nel potere rifrangente fosse
una funzione più o meno complicata della rifrazione e della di-
spersione dei gruppi che si uniscono e della loro differenza: il
poter stabilire una tale funzione sarebbe a mio credere uno dei
risultati più importanti che si potessero sperare in questo campo.
Io fui il primo, ne di ciò parla il Rimbach, che misi in evidenza
un simile fatto nel lavoro che eseguii col signor Alberto Scala:
Sulla rifrazione molecolare dei solfocianati, degli isosolfocianati e
del tiofene {^): in esso così noi ci esprimiamo : " In questa combi-
nazione (solfocianafo di fenile) V imione del gruppo S=C=N,
dotato di forte potere rifrangente^ produce, diremo così, un esalta-
mento della rifrangibilità: questo fenomeno è assai analogo all'altro,
messo in rilievo da uno di noi, dell' aumento di rifrazione quando
al gruppo benzolico si unisce una catena laterale non satura e per
un atomo di carbonio non saturo. „ E su questo argomento ritor-
nai nel lavoro da me fatto col Carrara (2): Sul potere rifrangente
dell'ossigeno^ dello zolfo e dell' azoto nei nuclei eterociclici^ lavoro
che avrebbe meritato, credo, che il dott. Rimbach lo avesse letto :
allora non si sarebbe limitato a citarlo in una nota a pie di
pagina.
Interessante sarebbe stato se il Rimbach avesse detto qualche
cosa sul come si introdusse lo studio della dispersione in questo
ordine di ricerche : egli ne attribuisce tutto il merito al Bruhl, il
quale invece per molti e molti anni sostenne essere essa una pro-
prietà non soggetta a regole certe e manifestarsi piuttosto come
causa perturbatrice rispetto alle leggi riguardanti la rifrazione : fu
(1) R. Nasini e A. Scala. — Rend. R. Acc. Lincei, anno 1880, pag.
617.
(2) Gazzetta chimica italiana, t. XXIV, p. I, pag. 256, anno 1894.
218 R. NASINI (8)
il Gladstone pel primo che asserì trattarsi di una proprietà altret-
tanto importante quanto la rifrazione : egli disse (i): " la rifrazione
e la dispersione della luce dipendono tutte e due dalla costituzione
atomica, un elemento avendo il suo potere rifrangente e disper-
sivo proprio che porta con so nei composti „ e stabilì oltre agli
equivalenti di rifrazione anche quelli di dispersione. Credo poi di
essere stato il primo io dopo il Gladstone a prevedere quanto utile
sarebbe stato il suo impiego per decidere sulle particolarità strut-
turali. Nel 1887 io scriveva (-): " Sembra a me che, la dispersione
sia ima costante, dirò così, assai più sensibile che la rifrazione spe-
cifica e come tale si risente ptiìi, e varia quindi piiii, per certe pic-
cole differenze di composizione e di struttura chimica di cui non
risente Viìifiuenza la rifrazione specifica : che la dispersione debba
mettersi da parte per ciò solo non credo : mi sembra che sarebbe
lo stesso che chiamare poco giusta una bilancia perchè trabocca anche
per la differenza di un milligrammo e giusta un'' altra perchè il
suo equilibrio non è turbato anche quando su l'uno dei piattelli si
aggiungano uno o due grammi. „ E questo per combattere quanto
con grande violenza asseriva il Brùhl : " La dispjersione non sta in
7iessun rapporto né col potere rifrangente delle sostanze ne colla
loro costituzione chimica ,, (^). Soltanto nel 1891 il Briihl si ricre-
dette ed anzi coi suoi pregevoli lavori ha mostrato quanto util-
mente la dispersione possa servire a risolvere dei problemi strut-
turali.
Tralascio di accennare ad altre dimenticanze o inesattezze del
Rimbach, come quella di avere attribuito ad altri Y osservazione
riguardante 1' elevato potere rifrangente delle animine feniliche ;
il Rimbach ha avuto il torto, che di rado solevano avere gli scien-
ziati tedeschi, di essere un po' troppo parziale per i lavori usciti in
Germania e, quanto ai lavori stranieri, di non avere avuto, a quello
che sembra, quasi mai sott'occhio gli originali.
(1) Archives des Sciences de Genève, 3, t. XVI, pag. 192, anno 1986.
(2) R. Nasini, Sidla rifrazione molecolare delle sostanze organiche
dotate di forte potere dispersii^o. — Rend. Lincei. Classe di scienze fi-
siche ecc., voi. Ili, I*, pag. 165, anno 1887.
(3) I. W. Brulli, Untersiicìinmfen ilber die Molekular refraction or-
ganischen ftiissiger Korpen von grossem Farbenzerstreccungs vennogen.
— Liebig's Annalen. Bd. 235, pag. 1, anno 1886. La frase citata si trova
a pag. 104.
(9) A PROPOSITO 1)1 UN RECENTE TRATTATO ECC. 219
Ma queste piccole mende non tolgono che il trattato del Rim-
bach non sia buono e che non sia da consigliarsi ed io sono ben
lieto, anche se non vengo citato o se si attribuisce ad altri quel
poco che ho fatto io, che in esso tutto quanto io ho sostenuto per
anni ed anni, contro alle opinioni allora prevalenti, venga sostan-
zialmente accettato e riconosciuto come giusto, come lo fu già dal-
rOstwald nel suo celebre Manuale di chimica generale.
Padova, agosto 1899
(Finita di stampare il (jiorno 26 dicembre 1899)
Atti del Reale Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti.
Anno accademico 1899-900 - Tomo LIX - Parte seconda.
RESISTENZA DELL'ACQUA
AL MOTO DELLE NAVI VELOCI
E FORZA MOTRICE DI ESSE
DEL PROF. G. A. Z A N (ì N, s. e.
(Adunanza del 26 novembre 1899)
Prima che s' incominciassero a costruire le famose torpedi-
niere del Thornycroft, e sono già più di venticinque anni, si dis-
putava se un battello potesse essere spinto alla velocità, con la
quale è trascinato un convoglio celere di strada ferrata. E chi
affermava la possibilità, e chi no ; giacche a taluni pareva incon-
cepibile che in un mezzo tanto resistente, quant'è l'acqua, potesse
una nave correre come una locomotiva. Nella questione poi en-
trava qualche altra ragione, oltre quella della resistenza ; che
dalla feoricd delie forme eì' (lìuhi si desumeva dover la nave avere
una certa lunghezza di prora e di poppa, che fosse relativa alla
richiesta velocità ; e però si concludeva che le piccole navi non
potevano esser rapidamente mosse, perchè mancanti di lunghezza
assoluta sufficiente.
Ma proprio in quel torno di tempo vennero i fatti a smen-
tire le vaghe speculazioni ; e la torpedine Whithead Luppù, lunga
soltanto metri 4,34, si vide acquistare la velocità di miglia 10 ^j^
all' ora ; e i signori Thornycroft, Ohurch Wharf, Chiswick costrui-
rono per il servizio governativo dell' India un piroscafo lungo
soltanto metri 26,45, il quale percorse in media, contro corrente
e a seconda^ miglia 24,61 all'ora. Lo stesso sig. Thornycroft nel-
r anno 1873 costruì la sua torpediniera lunga appena 20 metri,
con un dislocamento di tonnellate 16, la quale filò ben 14 nodi
e mezzo con la potenze indicata di 90 cavalli ; e da quel tempo
222 G. A, ZANON (2)
in poi si vide un progresso da fare strabiliare lo studioso, che
non vedeva le cose se non da un lato.
Ora nel mio scritto : Appendice alla teoria delle linee d'acqua
russelliane, pubblicato nella Rivisfa marittima (i), è dimostrato
che la velocità della nave cresce sempre con la forza motrice, e
che quindi basta poter applicare la forza al bastimento per farlo
camminare anche a velocità molto grandi. In secondo luogo è
accennato che la mia teorica delle linee d'acqua a forma d'on-
da (-) non istabilisce una determinata lunghezza di nave per
renderla capace di una data velocità, ma soltanto un determinato
rapporto fra la lunghezza e la larghezza per avere la velocità ri-
cJiiesta col minimo valore di forza motrice, ossia con la minima
resistenza dell' acqua. Di che consegue che la stessa nave possa
acquistare velocità maggiore, ma con resistenza maggiore della
minima. TI progresso quindi della velocità dei moderni basti-
menti era ivi affermato con teoriche bene fondate ; e ai nostri
giorni vedemmo appunto le grandi navi e i piccoli battelli di
mare solcare le onde con la velocità dei convogli celeri di strada
ferrata.
Infatti noi ammiriamo quei colossi che sono il Kaiser Wilhelm
der Grosse del Nord deutschen Lloyd, che filò, dicesi, nodi 22,5
alle prove, il (^impania e il Lucania della Cunard, che filarono
25 nodi alle prove, e vedremo l' immane Oceauic della AVhite
Star Line, varato il 14 gennaio di quest' anno, il quale dovrà
avere la velocità di 24 miglia all'ora, ma che probabilmente non
sarà secondo a nessuno dei precedenti (^). Che più ? Accanto ai
colossi noi vediamo i moderni destroyers, ossia cacciatorpedinieri,
i quali, come il Forhan, raggiunsero i 33 nodi, che sono più che
61 chilometri allora! ('). E qui si tratta di piccoli scafi, che spo-
(1) Roma, anno VII, 1874, fase. X, ottobi'c
(2) Memoria apologetica flclle linee (Varqìta a forma d'onfht. — fìi-
riMa marittima. Firenze, 1871, maggio.
(3) La Rivista marittiina doU'ottobi'e 1899 dice che VOceanic in set-
tembre fece il primo viaggio fra l' Inghilterra e il Nord America e che
filò 22 nodi con soli 25000 cavalli indicati ; ma non dice a quale immer-
sione. Se questa fosse 1' ordinaria, forse VOceanic, coi suoi 45000 cavalli,
arriverebbe ai 30 nodi, o poco meno.
(4) lj\ilbatross, costruito da J. I. Tliornycroft e C, nelle prove di
velocità fatte il 7 marzo 1899 a Maplin con vento e corrente favorevoli
(3) RESISTENZA DKLl' ACQUA ECC. 223
stano soltanto 300 tonnellate d' acqua ed hanno la forza indicata
di macchina di 6000 cavalli e soltanto il Forban ne ha 10000 ;
mentre 1' Oceanie ha un dislocamento di 28500 tonnellate, o se
vogliamo 30000, con una potenza di macchine di 45000 earnìli
indi cai i !
Questi sono veri prodigi dell' arte navale e meccanica, ma
non impreveduti, come già dissi ; talché la sola incertezza di
rimunerazione industriale, la sola difficoltà di accesso ai porti e
ai continenti, il solo ostacolo all' applicazione della forza motrice
ai battelli trattengono costruttori, armatori, società di navigazione
e Stali nell'andar avanti. E se ammirabili sono gli effetti fin qui
ottenuti, non meno meraviglioso è aver preveduto 1' accordo fra
la potenza motrice e la resistenza che incontrano le navi al loro
moto. Ben è vero che 1' equazione fra le due forze non è una
formula dedotta esclusivamente a priori con l'analisi matematica,
giacche troppo arduo è il problema di 3Ieccanica e d' Idrodina-
mica ; ben è vero che nella pratica si ottiene soltanto una solu-
zione approssimativa e che questa soluzione si ebbe col procedere
passo innanzi passo ; ma non è men vero che i lisultati sieno
splendidi e inauditi da qualche decina d' anni fa.
Or come si arriva a stabilire, sia pure per approssimazione,
la forza motrice di una nave che debba avere una certa velocità?
Il celebre William Fronde, seguito poscia dal non meno illustre
suo figlio Eoberto, tagliò corto nelle teoriche, non senza però
raggiunse la velocità di nodi 34,286. Con mare tempestoso e con vento a
raffiche, la cui velocità variava dalle 20 alle 30 miglia all'ora, si fecero
altre corse, che diedero una velocità media di nodi 32,294, (^Rivista Ma-
rittima^ maggio, 1899). Ma v' ha di più ; che ormai il destroyer Vtper
raggiunse i 37 nodi, che sono 68 chilometri e mezzo all' ora, e si spera
di arrivare ai 40 nodi. Gli inventori già sognano 50 e 60 nodi per ga-
reggiare in tutto con le locomotive ; ma devono fare il conto, più che
con le motrici, col propulsatore ; giacché l'elica a grande velocità spazza
l'acqua, rimanendo spazio vuoto nel mezzo del vortice. Questa escava-
zione dell' acqua (cavitation of the water) si fa sempre maggiore, finche
annulla saltuariamente la propulsione ; il perchè dovette il Parson gio-
varsi di piccole eliche multiple per evitarla con la sua motrice rotativa
a turbina, che fa perfino 2200 giri al minuto. E per questo che con l'a-
dozione di tale motrice, o di consimili, si rende necessario ridurre la
velocità al propulsatore, perdendo così i vantaggi di semplicità, di minor
peso e di minore ingombro delle macchine rotative.
224 G. A. ZANON (4)
seguire i lumi ch'esse danno allo stesso sperimentatore, e costruì
all' Ammiragliato inglese una vasca per provare la resistenza che
incontrano modelli nell' acqua mossi a veìocifà corn'Hjx))! denti (i)
a quelle, che si vogliono nelle navi simili ad essi. Con ciò egli
dedusse la resistenza dell' acqua al moto del bastimento, ricor-
rendo al principio della similifudrue rhìematira o dei mommenti,
stabilito dal Newton e applicato già dal Reech. Di tal guisa,
fatto il disegno della nave, e provato il modello nella vasca, dalla
resistenza dell' acqua al moto di questo, si deduce quella della
nave e la necessaria forza motrice per imprimerle la richiesta
velocità.
Le grandi Marine da guerra ormai seguono questa via, e così
pure qualche grande stabilimento mercantile ; tuttavia per fare il
disegno della nave occorre conoscere i coefficienti del dislocamento,
che producono i pesi dell' apparato motore e degli approvvigio-
namenti, oltre quelli dello scafo e dell' armamento. Ora i coeffi-
cienti relativi alla macchina si possono stabilire con regole che
dieno direttamente la forza motrice, dato il tipo di nave, o la
resistenza dell' acqua e dell' aria al moto della nave tipica. Gli
esperimenti nella vasca sul modello della nave da costruirsi ser-
vono meglio a verificare l'esattezza del conto fatto a jrriori.
Un modo molto usitato per determinare la forza indicata della
macchina di un bastimento tipico, o già disegnato^ è quello pro-
posto dal Kirk, e consiste nel calcolare per approssimazione la
superficie della carena, eguagliandola a quella di un solido avente
prora e poppa a prisma triangolare e mezzania parallelepipeda.
T metri quadrati della superficie laterale e del fondo di questo so-
lido si moltiplicano per 0,55, se il bastimento ha forme o mac-
chine comuni, 0 per 0,433 per navi di belle forme e di macchine
eccellenti. Con ciò si ha il numero probabile di cavalli-vapore agli
stantuffi, ossia la forza indicata in cavalli per ispingere la nave
alla velocità di dieci nodi ; e per avere quella occorrente a velocità
maggiori, si fa la proporzione con i cubi delle velocità. Ma un
(1) Per resistenze proporzionali al quadrato delle volocit.à si ha la
corrispondenza alle radici quadrate delle dimensioni omologhe. Allora la
I esistenza della nave, tolta la parte dell'attrito, è eguale a quella del
modello (scemata dell'attrito) moltiplicata per il cubo del rapporto di si-
militudiiu!, cioè del rapporto delle dimcnisioni omologhe.
(5) EESISTENZA DELl' ACQUA ECC. 225
tale processo dà buoni risultati solo per velocità limitate, e il suo
empirismo è una desolazione della teorica della resistenza dei mezzi,
giacché con esso non si sa che questo, cioè che il lavoro motore
delle navi, entro certi limiti di velocità, varia coi cubi della ve-
locità stessa, 0 in altri termini che la resistenza dei mezzi varia
come il quadrato della velocità. Ma questa ragione non è sempre
tale ; e però il processo è dubbioso e non vale certo per tutti i casi.
Del resto, molti autori tentarono di istituire una teorica della
resistenza dell' acqua al moto delle navi e ne dedussero formule
per calcolare la forza motrice. Al mio scopo basta citare il Bour-
ffois, che discusse le antiche teoriche e gii antichi esperimenti, e
poscia ne formulò di sue proprie, riferendole a prove fatte su navi,
battelli e lance, come si legge nella grande Monografia di lui (i).
In Inghilterra cominciò negli studi moderni lo Scott Russell e fu
seguito dal Rankiiie e dal Fronde. Questi autori, eccetto l'ultimo,
diedero formule empiriche della resistenza dell'acqua ed oltre a
ciò studiarono il moto stesso del liquido circostante la nave (^).
Il Russell, abbattendo le antiche teoriche sulla resistenza del-
l'acqua e sul solido di minima resistenza, propose le forme (ronchi
per ìinee d'acqNa delle navi e per contorni di sezioni verticali lon-
gitudinali a poppa ; ma non dimostrò analiticamente che tali forme
fossero quelle di minima resistenza. Io invece rintracciai col cal-
colo (•') la traiettoria di una particella d'acqua, che scorre sempre
nel medesimo piano orizzontale per passare da una direzione pri-
mitiva ad una parallela a questa, per poi arrivare di nuovo ad essa
con la velocità iniziale, ma col minimo spostamento laterale dap-
prima e col più libero cannnino dappoi. Questa traiettoria è la ìhmi
(l'acqua rnì^selìiaiia, formata da una sinusoide sul davanti e da una
trocoide, ossia cicloide accorciata od allungata, al di dietro. La
mia teorica inoltre stabilì che la massima larghezza della linea
d'acqua è sul mezzo della lunghezza e che esiste un rapporto fra
la larghezza e la lunghezza per ogni velocità. Solo nelle piccole
navi è permesso di portare a poppa del mezzo la sezione maestra,
affinchè la prora sia adattata a maggiore velocità.
(1) Mcmoire sur la resistance de l'eaii. Paris, Artlius-Bcrtrand.
C2) The modem system of naval Architecture hij Jolm Sr.(jtt Russell.
— SJiip. BnihliìKj theoriral a)ìd praclical di Maequoni liankine, od altri.
[jò) Memoria ap(jl(j(jetica sopra citata.
226 G. A. ZANON (6)
8e un battello quindi fosse costruito con queste l'ntee d'acqua
(ossia contorni delle sezioni orizzontali di carena) e avesse il pro-
prio rapporto fra la lunghezza e la larghezza per la velocità pre-
fissa, non incontrerebbe da parte dell'acqua a questa velocità, o a
velocità minore di essa, che la sola resistenza d' attrito. Questo
stesso battello, però, mosso che fosse a maggiore velocità di quella
relativa al rapporto fra la sua lunghezza e la sua larghezza, incon-
trerebbe maggiore resistenza di quella d'attrito, giacche le parti-
celle d'acqua sarebbero respinte dalla prora e non rimarrebbero
costantemente sulla trocoide di poppa e nel piano primitivo, perchè
si avrebbe un rigurgito a prora e una cìiiamata a poppa con ge-
nerazione di onde e di moti disordinati di correntelle e vorticetti
intorno alla carena.
Egli è dunque un caso particolare quello che la nave in-
contri la sola resistenza d'attrito dell'acqua anche con le forme
russellesche, le quali pur sono le vere forme di minima resistenza;
e però tanto meno si avvererebbe quel caso con le ueoidi e con
le cignoirli del Rankine e del Fronde (>) e con le curve del Si-
monot (-), che sono forme dipendenti da un solido generatore arbi-
trario e da un principio d'Idrodinamica che non si avvera in pratica,
talché non si formano quelle curve equipotenziali. Le ìist^oHeoidi
degli autori suddetti non sono perciò le vere linee di corrente o
i veri filetti attornianti il corpo (■') ; ma curve ottenute per puro
esercizio grafico ed analitico, senza riguardo ai disturbi del moto
delle particelle liquide, che sono quelli i quali distruggono il pa-
ra/ìpìiiìmo degli strati e il contornamento del solido generatore,
abbia esso per base anche una lissoneoide, oppure una vera linea
di corrente. Infatti; mentre il filetto di corrente, che avesse questa
figura, avrebbe già moto permanente; preso invece come base del
solido generatore, dovrebbe principiare a sviare i filetti e a cagio-
nare quei disturbi che non hanno moto permanente. Il fenomeno
fisico, se non si contempli il vero moto, come io stabilii nella teo-
rica delle linee d'acqua di minima resistenza, non dà quei filetti
(1) Phì'ìosophical transactions of the Eoi/al Sonetij, 1864, part II,
p. 369 e altrove.
(2) J. Pollard et A. Dudebont, Tìiéorìe du navire^ tome IIF, pag. 16.
(3) Vedi la mia Nota : Forme d' onda nell' Ateneo ocneto, nov.-dic.
1893. Venezia.
(7) RESISTENZA DELL' ACQUA ECC. 227
(ìi coì-renfe, ma movimenti complicatissimi col crescere della velo-
cità, sconvolgendosi l'acqua con vortici, correntelle e onde, che al-
terano la stratificazione e la disposizione delle particelle liquide.
Quelle correntelle e quei vortici fanno vedere che vi ha dispersione
di forza viva per variazione permanente di velocità del fluido e
quindi si ha una maggiore resistenza, che è detta appunto resi-
stenza dei vortici. Di qui avviene che si abbia un potenziale mu-
tabile con la superficie liquida involgente il solido generatore al
limite del disturbo ; superficie, però, che non si può determinare,
e che qui sempre dipende dal solido arbitrario. Ma in ogni modo
si trascura la viscosità del liquido in questo problema, la quale
cangia le condizioni ; come accade nella propagazione in profondità
del moto ondoso del mare. Altre, dunque, sono le forme geome-
triche dei filetti di corrente, ed altre sono le forme fisiche. Ed ecco
che le neoidi in generale sono profittevoli tutt'al più quando hanno
forme appropriate alla nave, le quali non sono scelte che ad occhio.
E per ciò che dissi, le equazioni del moto di un fluido continuo e
incompressibile fanno difetto, tanto più che a poppa danno forme
eguali a (juelle di prora con un solido generatore simmetrico, il che
non può essere, come si scorge nella mia teorica delle linee d'acqua
di minima resistenza.
Quindi è che le forme neoidi non fanno risentire la sola re-
sistenza d'attrito dell'acqua e si allontanano da questa resistenza
ancor più delle forme d'onda fatte con rapporti di lunghezza e lar-
ghezza inadeguati alla velocità. D'altronde qual è quel battello, o
quella nave, che sia costruita con questo forme? e però dee dirsi che
nessun galleggiante incontri soltanto la resistenza d'attrito nel suo
moto, per quanto poco sia maggiore la sua resistenza totale. Che
se il Russell, il Rankine e il Froude stabilirono il principio che
si ha la sola resistenza d'attrito fra l'acqua e la superficie bagnata,
allorquando una linea d'acqua fa restituire a poppa l'energia spesa
a prora, e la massa abbandona l'estremità posteriore con la stessa
velocità e direzione che aveva all'estremità anteriore, questo prin-
cipio è vero nei tubi, che soddisfanno alle poste condizioni, e nei
filetti di corrente con moto permanente ; ma non già in una linea
d'acqua di nave, se non è conformata ad hoc^ e se la velocità non
è quella che corrisponde al rapporto fra la lunghezza e la larghezza.
Ora la forma ad hoc è la sola forma d'onda, che fa scorrere la
particella d'acqua lungo la prora e lungo la poppa ; perchè è il-
logico stabilire come linee di minima resistenza quelle che assu-
228 G- A. ZANON (8)
mono fatte le forine che .s/ (le^^iderdiio (') per un processo geo-
metrico puro, che non dà lo scorrimento nel modo richiesto, e però
fa disperdere forza viva.
Quindi è che tutte le navi e tutti i natanti, in genere, in-
contrano nel loro moto nell'acqua una resistenza maggiore di quella
di attrito ; e il di più può essere trascurabile, o può essere molto
grande, seoondo la velocità a cui sono spinti ; giacché a maggiori
velocità il mezzo è disturbato maggiormente dal moto del corpo.
In generale, nel suo moto nell'acqua un galleggiante la scavalca,
cacciandone sotto di se. Esso ancora la divide con la sua estremità
anteriore e con i suoi fianchi prodieri ; la rigurgita a prora, for-
mandosi sul davanti un rialzo di livello od onda solitaria per dis-
formazione della massa, e la richiama a poppa dal disotto e ai
suoi fianchi e al di dietro, formandosi quivi un avvallamento a
onda ncmj)itrice. Ma oltreché diformare la massa fluida, il gal-
leggiante anche la disordina con vortici e correntelle ; giacche,
liquida com'è, scorrono facilmente le sue particelle per inerzia nel
moto loro impresso dalla spinta ricevuta dallo scafo ; ond'è che
l'acqua, nelle stesse parti, che sono diformate a modo dei corpi
plastici, è sconvolta. Fra le diformazioni poi si devono considerare
le ondo divergenti e trasversali, che sono generate a prora e a
poppa. A principio del moto si generano più onde successive di-
vergenti ; ma col crescere delia velocità Tonda anteriore si fa mag-
giore e invade sempre più la prora e nascono le onde trasversali.
In fine a grande velocità, relativamente alla lunghezza del bat-
tello, prodomina un'onda sola divergente a prora, di quelle che
le sono aderenti, e le onde trasversali anteriori si sovrappongono
a (juelle posteriori, avendosi il unissimo di resistenza quando coin-
cidono le loro creste ed un minimo (puindo le creste delle onde
di prora coincidono con le gole dello onde naturali di poppa. Queste
stesse onde trasversali nei piccoli scafi mossi a grande velocità si
riducono anche ad una sola, sul pendio posteriore della quale infine
s'adagia il battello ; e quando le onde sono grandi rispetto alla
lunghezza dello scafo, questo è sollevato, oltreché impoppato. A
principio, invece, e fino ad una certa velocità, lo scafo s'immerge
maggiormente, e ciò dipende dalle coppie, vale a dire dal valore,
(1) La frase è degli autori Pollard e Dudeboiit doU' opera citata, a
proposito delle forme trovate dal Simonot. Vedi la mia Nota sopracitata.
(9) RESISTENZA DELl' ACQUA ECC. 229
dalla direzione e dal punto d'applicazione della risultante della
resistenza dell'acqua rispetto alla lunghezza e al momento di sta-
bilità longitudinale del battello.
E perciò tutto il peso e la stessa grandezza assoluta della
lunghezza, oltreché la grandezza relativa, e la forma dello scafo
influiscono suU' assetto di esso e sul valore della resistenza del-
l'acqua a data velocità ; per modo che bastimenti grandi, mossi a
velocità eguali di piccoli sopportano minore resistenza relativamente,
perchè le onde e il cangiamento d'assetto sono meno rilevanti. Di
qui ancora si ha un valore di lunghezza di nave relativo alla
velocità, per il quale la resistenza dell'acqua è un minimo, perchè
le onde si susseguono in modo da non avere sovrapposizione di
sistemi, e meno ancora sovrapposizione di creste d'onda della stessa
specie. Questo minimo però non è la minima resistenza data as-
solutamente dalla forma appropriata ; ma la minima fra i valori
ch'essa assume nel dato scafo relativamente alla velocità. La lun-
ghezza totale dunque dello scafo, e quella delle sue estremità o
steìatìj influisce molto sulla resistenza totale dell'acqua, e importa
di notare qui il fatto.
Quando poi il battello è spinto da un propulsatore applicato
alla carena, questo dà un (iKìiiento speciale della resistenza del-
l' acqua. Le ruote ai fianchi della nave generano due correnti e
onde trasversali, che aumentano la resistenza d' attrito e respin-
gono r onda riempitrice, che va a sostenere la poppa. Così pure
r elica in nicchia richiama acqua dai fianchi, accrescendo l'attrito
e r avvallamento, e respinge 1' onda e la corrente riempitrice, sì
da dare talora un grande rigurgito a poppa. Le eliche gemelle
anch' esse richiamano acqua dai fianchi e respingono la corrente
di .se/rr, ma meno dell'elica unica. Questa poi, giacendo in nicchia,
sbatte r acqua contro il dritto del timone, d' onde un altro au-
mento di resistenza, specialmente se la nave è di legno, perchè
allora il dritto è molto grosso.
Fare la teorica di tutti questi moti dell' acqua per un bat-
tello qualsiasi è certamente impossibile ; tanto più, in quanto che
cangiano le condizioni della stessa nave con il variare della ve-
locità. Di fatto la difformazione della massa liquida, il numero e
la grandezza delle onde superficiali, le correntelle e i vortici che si
formano attorno la nave dipendono dalla velocità, così che ad ogni
valore speciale di questa si abbia un caso particolare della legge
incognita del disturbo dell' acqua. Perciò sembra impossibile di
230 G. A. ZANON (10)
avere una formula generale della resistenza dell'acqua alla carena,
con la quale poi calcolare la forza motrice di ogni battello a ogni
velocità. E di fatto a velocità piccole la resistenza varia per i
galleggianti come il quadrato della velocità ; per velocità medie
essa varia come il cubo, mentre per le grandi velocità la resistenza
si trova che varia secondo una potenza anche minore della seconda,
riferita alla carena iniziale (i).
Ma, venendo al fatto mio, devo dire che in passato (-) io
ebbi il desiderio di formulare la resistenza dell' acqua al moto
delle navi, almeno per i bastimenti di mare propriamente detti e
per forme loro e proporzioni più convenienti, ritenendo il mezzo
indefinito, tranquillo e senza correnti sue proprie. Mi parve allora
che la formula del sig. Bourgois (•■) dovesse prestarsi più che
altre, perchè partiva da buoni principii teorici. P]ssa è
nella quale B^ è la parte immersa della sezione maestra del ba-
(11 Per i desfro/jers si trovò che la resistenza totah» varia come il
quadrato della velocità tino a 11 nodi ; come il cubo fino a Ifi nodi ; come
3,3 da 18 a 20 nodi. Ma poi diminuisce, siccliè a 22 nodi varia come 2,7;
a 25 nodi come 2, e fino a 80 nodi come la resistenza d' attrito, la quale
è proporzionalo ad una potenza minore della seconda della velocità,
quando si comprende tutta la resistenza laterale, che implicn anche la
viscosità del liquido.
La resistenza poi dovuta alla formazione di ond(^ varia conu; il qua-
drato della velocità fino a 11 nodi ; come il cubo fino a circa 13 nodi,
come 4 a 14 nodi e mezzo, e come 5 e più a 18 nodi. Di qui la ragione
diminuisce ed è 2 a 24 nodi e discende ancora. Da ciò si inferisce che
oltre nodi 24 o 25 si può aumentare la velocità con l'esistenza a minor
grado di essa.
Ora gli esperimenti di R. Froude sono fatti per due navi simili : per
un destroìjer di 300 tonnellate, lungo ni. 65, e per un incrociatore di
14300 tonn. di dislocamento e lungo m.233. I 25 nodi del cacciatorpedi-
niere si farebbero con una resistenza di grado eguale a quella dell' in-
crociatore mosso a 47 nodi e mezzo. Nel primo la resistenza d' attrito a
12 nodi sarebbe 80 ^/o della totale ; a 16 nodi 70 "/o ; a 20 nodi un po'
meno di 50 "/o ; a 30 nodi il 45 ",o . Nel secondo a 12 nodi sarebbe 90 "/o ;
a 16 nodi 85 % ; a 20 nodi 80 "/o ; a 23 nodi più del 70 "/o {Eivista ma-
rittima, novembre 1899). Notisi che questi rapporti non sono generali,
giacché influiscono molto sui valori anche le forme degli scafi.
(2) Ajyììendice alla teoria delle linee d'acqua russelliane^ seconda i>arte.
(8) Mémoire sur la resistance de l'eau, p. 26.
(11) RESISTENZA DELL' ACQUA ECC. 231
stimento galleggiante in acqua tranquilla ; / la larghezza massima
in carena ; S la superfine ridotta della carena, proiettando i suoi
elementi sulla direzione del moto, cioè
S = p^ cos I
essendo I^ la superficie bagnata della carena e I l'angolo dei suoi
elementi con la direzione del moto della nave ; K, , Ko -, K3 , K4
quattro coefficienti empirici e Y la velocità del moto. Il primo
termine rappresenta la resistenza diretta dell' acqua sotto il piano
di galleggiamento della nave, cioè la pressione esercitata dall'acqua
nella direzione dpi moto ; il secondo termine dà la resistenza di-
retta prodotta dalla intumescenza dell' acqua sul davanti e dallo
avvallamento sul di dietro ; il terzo termine esprime la resistenza
di coesione fra le particelle d'acque smosse e in fine il quarto ter-
mine dà la resistenza di attrito dell'acqua sulla carena, ma ridotta
alla direzione del moto. La somma poi del terzo e del quarto ter-
mine dà la resistenza laterale 0 radente.
Senonchè questa formula non vale per tutti i bastimenti ; che
ogni tipo di nave richiede con essa coefficienti suoi propri, come
può vedersi nella Monografia del Bourgois (1), ed io voleva invece
una formula sola con coefficienti costanti per poter con essa cal-
colare a priori la forza motrice. Sposata la forma della espressione
del Bourgois, perchè mi soddisfacevano i principii, dovetti però
mutare qualche cosa in essa al mio intento, il che feci con ripe-
tute prove e con lunghi e numerosissimi calcoli {'^).
La formula da me stabilita (^) coi dati sperimentali, che sono
accennati nello scritto citato, per carene pulite e fasciate di rame, è
(I) R = 52'^g-,25 A,,v'sen\i
+ 18 ,75 Ir^sen^.i
+ 0 ,073 L%
4- 0 ,227 rSw^
essendo A,,^ l'area immersa della sezione maestra ; L la lunghezza
della carena al galleggiamento ; / la larghezza massima ; /• il rap-
ii) Pag. 197.
(2) Appendice alla teoria delle linee d'acqua, ecc.
(3) Nel Prontuario per l'inr/ef/nere navale del Cignoni, pubblicato dal-
l' Hoepli, la mia formula tu alterata.
232 G. A. ZANON (12)
porto fra la immersione media e la larghezza ; i l'angolo medio
d'incidenza, o piuttosto l'angolo medio formato dagli elementi delle
linee d'acqua col piano diametrale longitudinale, ma ottenuto sem-
plicemente con un triangolo rettangolo avente per cateti la lun-
ghezza della prora fino alla massima sezione trasversale e la semi
larghezza massima al galleggiamento. 8 poi, come nella formula
del Bourgois, è la superfìcie sfregata ridoffa^ computata per ap-
prossimazione con la sua formula
S = 0,62 L(/ -f 2p)
essendo p l'immersione media della nave proposta. Per carene di
metallo dipinto, poi, il coefficiente del quarto termine deve essere
maggiore di un decimo.
Anche nella mia formula (F) il primo termine dovrebbe rap-
presentare la resistenza diretta dell'acqua alla carena ; il secondo
termine la resistenza diretta prodotta dalla intumescenza sul da-
vanti e dall'avvallamento al di dietro, talché l'angolo / dovrebbe
contemplare anche le forme di poppa; il terzo termine dovrebbe
rappresentare la resistenza di viscosità del liquido e il quarto infine
la resistenza di attrito esterno per lo sfregamento della carena.
La discussione di questa formula si trova nel luogo citato, e
qui non convien ripeterla ; solo accenno ad una dimanda che al-
lora io mi feci : " Forse il terzo termine si appropriò parte della
resistenza del primo '? Forse per la coesione è insufficiente nelle
navi calcolarla con la superficie sfregata ridotta e converrebbe in-
trodurre nel termine anche la sezione maestra ? „ Questa dimanda
io mi feci per il grande valore trovato del coefficiente del terzo
termine, valore maggiormente accresciuto in causa del fattore L"^
in luogo di S . Io allora chiudeva col dire : " Checche ne sia, è
certo, per le moltissime prove da me fatte, che senza del valore
da me trovato e senza la forma data da me al terzo termine della
coesione era inutile provare il conciliare i casi più disparati della
resistenza. „
E la ragione c'è ; imperocché lo sconvolgimento dell' acqua,
non solo implica la resistenza di coesione delle particelle, ossia la
viscosità 0 attrito interno dell'acqua, ma anche quella che dà il
lavoro di formazione d'onde e di diformazione della massa. Questo
lavoro è proporzionale al peso dell'acqua smossa e alla velocità
del movimento, e la massa smossa è funzione del quadrato delle
dimensioni omologhe del corpo in moto e almeno della velocità di
(13) EESISTENZA DELl' ACQUA ECC. 238
esso ; laonde il lavoro è proporzionale al quadrato delle dimensioni
omologhe del corpo e per lo meno al quadrato della velocità di que-
sto. Perciò la resistenza dell'acqua dovuta alla formazione di onde
è proporzionale al quadrato delle dimensioni omologhe del corpo e
almeno alla velocità lineare del moto di esso, come appunto la re-
sistenza d'attrito interno o di viscosità. Ora il terzo termine della
mia formula, dacché ha questa espressione, non solo rappresenta la
resistenza di coesione o di viscosità dell'acqua, ma anche quella di
formazione delle onde e in generale di sconvolgimento di massa
e di diformazione ; talché completa la resistenza di taglio e di
scavalcamento dell' acqua, che il primo termine non dà intiera-
mente, e la resistenza dovuta al rigurgito sulla prora e alla chia-
mata alla poppa, che pure il secondo termine non rappresenta che
nella parte detta resistenza (lireiftì, cioè pressione dell'acqua di-
sturbata al pelo. Questi due primi termini hanno un valore pic-
colo in causa della quarta potenza del seno dell'angolo medio ;
potenza che in nessun modo potè essere ridotta neppure alla se-
conda, che la teorica newtoniana darebbe nel primo termine. La
piccolezza del valore del primo termine della formula è confermata
però dal fatto sperimentale, che mostra esser poco il valore della
resistenza cagionata dalla formazione di vortici e di correntelle
irregolari ; vortici e correntelle che si formano appunto per la
divisione e per lo scavalcamento dell'acqua fatto dalla prora ; ma
che si generano ancora per cattiva forma della poppa, tanto che
W. Fronde ebbe a dire che nuocono pia le grosse code che i
grossi nasi (^). E perciò che nel calcolare l'angolo d'incidenza i si
dovrebbe avere riguardo anche alla poppa, come dissi, trattandosi
di bastimenti già disegnati ; io però lasciai il solo valore corri-
spondente alla prora, per non allungare la formula con la scissione
del secondo termine.
Per ciò poi che dissi più sopra, il terzo termine della mia
formula si appropria veramente, ossia completa il secondo ed anche
il primo, per modo che, se chiamiamo resisfenza laterale o radente
la resistenza d'attrito e di viscosità dell'acqua, la rimanente resi-
stenza diretta sarebbe data, non soltanto dal primo e dal secondo
termine, ma anche in parte dal terzo, perchè anche in questo si
trova una pressione dell'acqua direttamente contraria al moto, in
(.1) Ciò può dirsi a velocità niodorate.
234 «. A. ZANON (14)
causa della resistenza opposta alla diformazione della massa e allo
smovimento di essa. Quanto a quella che dicesi resistenza late-
rale, essendo essa composta della resistenza di sfre<^amento del-
l'acqua contro la superficie bagnata di carena ed anche dalla re-
sistenza di viscosità, cioè di scorrimento delle particelle liquide
cagionate dalle correntelle prodotte dallo sfregamento medesimo,
essa ha la sua espressione nel quarto termine, che bene rappre-
senta la resistenza di puro sfregamento, e in parte nel terzo ter-
mine stesso. Ma questo terzo termine certamente contiene, non
soltanto la resistenza di formazione di onde e di diformazione della
massa e la resistenza di viscosità per le cctrrentelle di sfregamento,
ma anche la rimanente parte di resistenza di attrito interno di
tutta la massa ondosa. Sono così tre parti di resistenza, che hanno
simile espressione e che perciò sono riunite in un solo termine, ma
contemperate da un solo coefficiente empirico, il quale le legò as-
sieme perchè tale. Certamente per la teorica sarebbe stato bene
vedere separate tutte le parti della resistenza ; ma la formula sa-
rebbe stata allora troppo complessa e d' altronde nella determina-
zione dei coefficienti empirici non si sarebbe ottenuta la riparti-
zione esatta.
Perciò la formula della resistenza dell'acqua esprime in totale
il valore ; ma i singoli termini non danno separatamente tutte le
parti della resistenza. Il che non è necessario per l'uso pratico
della formula, in quanto che il problema che s'impone il costrut-
tore è di determinare con la resistenza dei mezzi la forza occor-
rente a muovere alla richiesta velocità la nave che ei vuol di-
segnare, per avere i dati necessari a calcolarne le dimensioni. Or
a questo fine basta avere il totale della resistenza dei mezzi e
non le singole parti.
Senonchè la mia formula dà soltanto la resistenza dell'acqua
alla carena, che si avrebbe con una trazione o spinta della nave
senza propulsatore agente sull'acqua. Essa è chiamata anche re-
sistenza netta ; mentre i propulsatori applicati alla nave in carena
cagionano come vedemmo un aumenfo di resistenza. Perciò è ne-
cessario trovare la resistenza aimientafa e a tal fine l'aumento ca-
gionato dal propulsatore si può esprimere con una parte della re-
sistenza netta.
Ora da esperimenti fatti si deduce che l'elica in nicchia può
dare un aumento di resistenza di 20 fino a 45 per cento ; che le
eliche gemelle danno un aumento del 20 e del 24 per cento. Nel
(15) RESISTENZA DELL* ACQUA ECC. 235
Livadia^ Yacht imperiale russo a tre eliche a poppa si ebbe un
aumento di resistenza di 20 per cento. I dritti poi di legno danno
un aumento deirS e del 10 per cento (').
Infine per completare la resistenza dei mezzi bisogna aggiun-
gere alla resistenza totale dell'acqua la resistenza dell'aria sul-
l'opera morta. Ora nei bastimenti a vela variava il valore della
resistenza dell'aria da O'^s-^20 a 0''8-,40 come coefficienti di A„j v^ .
Il Fronde invece diede una regola generale, ed è di moltiplicare i
metri quadrati di proiezione dell'opera morta e dell' attrezzatura
sul Trasversale per il quadrato della velocità della nave in metri
al minuto secondo e per 0*'o-,09, ad aria tranquilla.
Con ciò dunque si può stimare per approssimazione la resi-
stenza totale dei mezzi al moto delle navi, e con questi criteri io
voglio ora cimentar la mia formula coi dati di navi moderne, delle
quali è nota la forza indicata e la velocità. Questa forza indicata
moltiplicata per il rendimento organico, ossia quello della macchina ;
per il rendimento del propulsatore relativo al taglio dell'acqua e
al suo attrito e dispersione di forza viva, e per il coefificiente di
riduzione corrispondente all' aumento di resistenza, dà la forza
neffa^ che, ridotta in chilogrammetri al minuto secondo e divisa
per la velocità della nave in metri, dà la resistenza totale netta
dei mezzi alla carena come fosse senza propulsatore. Viceversa la
resistenza calcolata con la formula, aumentata di quanto s'accresce
per il propulsatore e della resistenza dell'aria, quando si molti-
plica per la velocità della nave in metri al minuto secondo, dà il
lavoro effettivo del propulsatore. Diviso questo lavoro per 75 chi-
logrammetri, si hanno i cavalli di forza effettiva di propulsione,
che divisa per il rendimento proprio del propulsatore (cioè quello
relativo soltanto al taglio dell'acqua e al suo attrito e alla sua di-
spersione di forza viva) e per il rendimento organico dà la forza
indicata (2).
(1) Vedi il White, Ma/iìtale di Arcliifcttitra navale^ 0 l'opera citata
del Pollard e del Diidebont.
(2) Dalla Rivista Huirittiina del luglio 1897 prendo l'esompio di un
piroscafo transatlantico a velocità moderata, com'è il Centro America
della Società Veloce costruito dall' Oderò. Tale nave è lunga m. HO;
larga m. 12,20 : alta m. 8,40 ; ha un dislocamento di tonn. 5200 e una ve-
locità di nodi 14,5 con una potenza indicata di cavalli 3600. Occorren-
domi l'immersione media, dato che di spesso manca e che i pcMÙodici
236 G. A. ZANON (16)
Ora i risiiltamenti riportati in nota dimostrano che la mia
formula si presta molto bene al calcolo approssimativo della forza
motrice delle navi moderne più veloci, oltre di quelle che devono
esibiscono differentemente per lo stesso piroscafo, secondo i viaggi e
fors'anco per errore, io la stimai m. 6,00, e così l'area della parte im-
mersa della sezione maestra A,jj = (JB'"'-' e la superficie sfregata ridotta,
secondo la formula del Bourgois S = 1650'"-. L' angolo medio d'incidenza
dell' acqua, costruito con la semi-lunghezza e la semi-larghezza massima,
riesce dato da senz = 0,111 ; inoltre /• = 0,492 cbe è il rapporto fra l'im-
mersione media e la larghezza. La velocità di nodi 14,5 corrisponde a
metri 7,46 al minato secondo, essendo il miglio marino m. 1851,85, che
dà metri 0,5144 al minuto secondo per ogni miglio all'ora.
Ciò posto il primo termine della mia formula dà :
52kg., 25 A^^ r- sen^ i =- 28k'g.,73
Il secondo termine . . . 18 , 75 / r^ sen*. -i = 106 ,27
Il tei-zo termine .... 0 ,073 L' r = 6589 ,42
T, ,,.(... 0 ,227 r^v- = 10257 ,64
Il quarto termme , , , ,. -
( aumento del 10 /„ per cai'cna (Upinta = 1025 ,76
Quindi R = 18007 ,81.
La resistenza dell'aria, secondo le regole dcd Fronde, supposto il ba-
stimento alto sopra acqua m. 3,50, con la larghezza di m. 12,20 (e con ciò
intendo compresa l'attrezzatura), è
12n\2 X 3™,5 X 55,65 X Okg.,09 = 213kg.,8B
e però la rei^istenza netta totale dei mezzi al cannnino è
R,^ = 18221kg.,67
Supposto elle l'elica unica dia un aumento di l'esistenza del 40",',,, la
resistenza aumentata dell'acqua è
252lO"*g-,93
e con quella (bdl'aria
25424kg-,79.
Il lavoro resistente al minuto secondo è
25424kg.,79 X 7'»,46 = 189668kg.,9.
Ora il propulsatore, a prc^scindere dall'aumento di resistenza, può ren-
dere 0,80 e la macchina 0,85 ; e però il lavoro sullo stantuffo è
278925kg.
cioè cavalli da 75 chilogi'ammetri
3719
mentre la forza indicata vera del piroscafo è
3600 cavalli.
La bella approssimazione non fu da me cercata, ma venne dalla bontà
(17) RESISTENZA DELL' ACQUA ECC. 237
possedere velocità moderata. Osservisi però che l'accordo fu tro-
vato con attribuire alla macchina e al propulsatore i migliori ren-
dimenti ; cosa naturale per bastimenti moderni. Ma con rendimenti
(Iella formula e dai buoni dati, e l'eguaglianza si avrebbe con un rendi-
mento finale di 0,70, in luogo di 0,68, come può essere.
Prendiamo un altro esempio classico : quello dei due grandi piroscafi
il Campania e il Lucania della Compagnia Cunard. I dati sono quelli of-
ferti dal Macchinista navale^ aprile 1899, che li prese da una Memoria
del sig. L. De Cliasseloup-Laubat letta alla Société cV eneo lira gement pour
l'industrie nationale di Parigi.
L =- 182"\88 ; l = 19"\81 ; p^ = 8'",23 ; velocità alle prove nodi 25,18 ;
F . = 30000 cavalli, dislocamento 18000 tonn.
La immersione media p,^^ = 8",23 fu indicata dai costruttori ed è da
ritenersi quella delle prove ; ma in navigazione i due piroscafi pescarono
di più : S"",!!: il Lucania e 8",91 il Campania.
L'area immersa della sezione maestra io la stimo m' 116,7 ; la super-
ficie sfregata ridotta 4:112°^^46; t'==12"\95; sen.i= 0,108; /• = 0,415.
Con ciò
52kg., 25 A^ v\ sen\ i = 177kg-,65
18 , 75 ? «* sen*. i = 1462 ,50
0 ,073 L'^ V = 31616 ,30
0 ,227 rSi)- = 64969 ,30
aumento del 10 "/o per carena dipinta = 6496 ,93
R= 104722 ,68.
La resistenza dell' aria si può ritenere 1800'^S- e però la resistenza
netta dei mezzi 106522^8-
Se riteniamo che le eliche gemelle dieno un aumento di resistenza
del 24 °/o , la resistenza aumentata dell'acqua è
129855kg-
e con quella dell'aria
131655kg.
Il lavoro resistente al propulsatore al minuto secondo è
131655kg. X 12'",95 = 1704933^8-
E supponendo che il rendimento del propulsatore per solo taglio
dell'acqua e attrito e dispersione di forza viva sia 0,80 e quello organico
sia 0,90, per l'eccellenza delle macelline, il lavoro motore allo stantuffo è
2367824kg.
cioè
31571 cavalli,
mentre la potenza indicata di questi piroscafi si dà di
30000 cavalli.
Del resto mi piace qui far notare che applicata la mia formula al-
238 G. A. ZANON (18)
minori si troverebbero valori della resistenza dell'acqua minori dì
quelli dati dalla formula.
Non solo però essa si presta per navi propriamente dette ; che
in qualche caso si addatta anche a battelli minori e perfino a
qualche lancia. Così essa s'attaglia bene alla torpediniera citata a
principio, che è delle più piccole, e ad una lancia di soli 9 metri
di lunghezza mossa con 14 cavalli indicati alla velocità di 9 nodi.
Ma ciò che è più mirabile si è che la formula (T) dà una resi-
stenza dell' acqua che è 0,978, cioè eguale all' incirca di quella
calcolata coi migliori rendimenti per il (ìestrotjer " Cygnet „, co-
struito dal Thornycroft, i dati del quale io riporto dalla Rivista
ìnarittima, giugno-luglio 1899.
Lunghezza m. 64 ; larghezza m. 5^94 ; immersione m. 2,19 ;
dislocamento tonn. 315 ; forza indicata 5400 cavalli ; velocità di
V Oceanie, essa dà a divedere che coi 45000 cavalli indicati esso raggiun-
gerà la velocità del Campania e del Lucania, benché sia disegnato per
soli 24 nodi, e il conto mio sia fatto sulla stragrande immersione media
(li 9™,90, ch'io trovo nella Rivista marittima del febbraio 1899. Con im-
mersione minoro della data, 1' Oceanie arriverà a filare più che 25 nodi,
se non nascono inconvenienti, cioè se i rendimenti sieno dei migliori. Ora
non è meraviglia che anche questa gran nave superi le previsioni, come
avvenne per gli altri due piroscafi sopra citati, ed è perciò che la mia
formula, la quale fa prevedere questo fatto e dà buoni valori, si dimostra
opportuna al suo fine, che è di dare la resistenza netta dell'acqua al
moto delle navi propriamente dette, sieno a ruote, sieno ad elica.
Le altre dimensioni dell' Oceanie sono : lunghezza massima 214™,92 ;
lunghezza fra le perpendicolari 208"\78 ; larghezza massima 20'",73 ; al-
tezza di puntale 14™,93 ; dislocamento tonn. 28500 ;p(!so dello scafo 11000
tonn. (Ibidem).
Io faccio A^ = 184'"- ; S = 524r)>»^ ; sen i = 0,09 ; r = 0,477.
Knche "^ev W Kaiser ^]'ilhel Dì der Grosse la mia formula fa prevedere
ch'esso deve aver avuto a principio una velocità superiore a nodi 22,5. —
Nel primo viaggio fatto quattro mesi più tardi soltanto dal varo, che av-
venne il 4 maggio 1898, la nave fece senza prove la traversata da Stettino
a Bremerhaven e poscia subito partiva per New York {Il macchinista na-
vale, luglio 1899). Le sue dimensioni sono : lunghezza m. 197,50 ; ma per il
calcolo L = 190'",50 ; / = 20°\10 ; ^j^ = 8,53 al dislocamento di 20100 ton-
nellata; Fj- = 28000 cavalli alla velocità di nodi 22,5; sen i = 0,105 ;
r = 0,424 ; A^ = 154™'- ; S = 4389™^ . Nel primo viaggio l'immersione fu
soltanto m. 7,78 ; la velocità massima nodi 23,5 e la forza indicata 26012 cav.
In queste condizioni la mia formula dà F^- =^ 26600 con A^ = 140™' ;
S = 4300™-' ; D = 15000 tonn. (y).
(19) RESISTENZA DELL' ACQUA ECC. 239
contratto nodi 80. Alle prove qnesto caccia-foì'pcdinierl filò in media
nodi 30,3 con 394 rivoluzioni al minuto ; e in sei corse sul miglio
misurato filò in media nodi 30,36 con 395 giri. Io poi stimai il
valore di A,„ in 9'"-,l e quello di S in 409^2^5 ; sen i = 0,093,
ed essendo r = 0,368 il rapporto — . Il rendimento organico fu
da me preso eguale a 0,9 ; quello proprio dei propulsatori 0,8
e il coefficiente di riduzione per 1' aumento di resistenza pure
0;8.
Questo fatto, sebben mostri la bontà della formula, è però sin-
golare, perchè p. e. le controtorpediniere, le torpediniere da mare,
da costa e da porti, e le lance mosse a grande velocità si trovano
in condizioni particolari. In questi casi i fenomeni si esaltano per
la grande velocità relativamente alla lunghezza dello scafo, sì che
onde e vortici e correntelle disordinate sono assai grandi, e l'at-
trito esterno muta anch'esso nei suoi fattori. Il problema quindi
riesce complicatissimo, massimamente nelle lance, cangiando di
molto r impoppamento e 1' immersione; talché le funzioni A^^^ ed
S non sono più quelle della formula. In tai casi le formule non
valgono, 0 almeno per ognuno ne occorre una con coefficienti va-
levoli soltanto entro certi limiti, perchè cangiano le intensità delle
forze, come vedemmo.
Se, ciò nulla ostante, prendesse vaghezza di avere una for-
mula della resistenza dell' acqua anche per questi casi, ma entro
certi li ni iti non troppo estesi di velocità per ognuno, bisognerebbe
far uso ancora dei valori iniziali di A,,^ e di S , come pure delle
dimensioni principali, benché non fossero più in atto ; ed è ciò
ch'io feci per la lancia e per le torpediniere testò citati. Ora, es-
sendosi così trovati buoni valori della resistenza dell'acqua con la
formula (I), vuol dire ch'essa è valevole anche per questi scafi
veloci.
Accade però che non tutti s'adattino ; anzi che la maggior
parte non sia retta da essa ; ma questo si ha perchè le loro forme
e i rapporti fra le loro dimensioni non sono i migliori, se nei
casi citati la formula vale. E di fatto le forme e quei rapporti in-
fluiscono moltissimo sui fenomeni di disturbo delle acque e lo fanno
esaltare anche a velocità moderata. Ritengasi dunque che la for-
mula (I) vale per le forme e rapporti migliori ; ma che, se si vuole
adattare ad ogni scafo, bisogna modificarla secondo i casi. Ben
si vede però che allora si ha una grande mutabilità di coefficienti.
240 G. A. ZANON (20)
in causa della disparità di condizioni ('). Ora, essendo i vortici,
le correntelle disordinate e le onde che ingrandiscono in tali casi,
si vede che sono i tre pri i termini della formula (1) che ven-
(1) Io faccio vedere qui le modificazioni che in qualche caso bisogna
fare alla formula (I).
Prendo dapprima un altro destro ij tv : il Marakumo costruito dal Thor-
nycroft. Esso è lungo 64™ ; largo S'^jOS, ed ha una immersione media di
1"\72 ; una forza indicata di 5900 cavalli alla velocità di nodi 30,5 e un
dislocamento di 300 tonn. Ritenendo A^ := 7'"'^ all'incirca ; S -— 372'"'^ ; un
angolo medio d'incidenza delle linee d'acqua il cui sen = 0,093 ; /• — 0,289,
una resistenza dell'aria = A^ v'^ X Oks-,1 ; un rendimento di macchina di
0,9; di propulsatore 0,8 e un aumento di resistenza di 24'*/u, o ciò che
è lo stesso un coefficiente di riduzione — ;— =0,8 del rendimento st(>sso ;
1,24
aumentando l'attrito di ' i,, per la carena dipinta, io trovai che si ottiene
la forza indicata richiesta dalla velocità suddetta coll'applicare la for-
mula (I) nella quale però i tre primi termini sieno moltiplicati per il fat-
tore comune 1,842.
Il tipo Candore costruito dalla ditta Ansaldo è una controtorpediniera,
che arrivò alla velocità di nodi 26,3 con la forza indicata di 2400 ca-
valli. Essa è lunga 47™; larga m. 5,56, con una imiuersione media di m.
1,59 ; e un dislocamento di 136 tonn. Supposto qui A^ = 6™-,2 ed S = 255™'-';
sen 1 = 0,117, ed essendo r = 0,286 ; la l'esistenza dell'aria come prima, e
così pure i rendimenti delle macchine e dei propulsatori, si ottiene la stessa
forza indicata coll'usare la mia formula, ma moltiplicando i tre primi ter-
mini soltanto per 1,52. Lo stesso coefficiente all'incirca cioè 1,563 è ba-
stevole per ottenere la forza indicata della torpediniera di I" classe n. 216,
per la difesa delle coste della Francia, che è ad una sola elica con una
forza indicala di 1500 cavalli alla velocità di 25 nodi, e un dislocamento
di 86 tonn. Questa torpediniera è lunga m. 37,50; larga m. 4,06; ha una
immersione media di 1™,20; A^ = 3'"-,38 ed io stimo S --= 150™- ; il ren-
dimento di macchina 0.90; quello dell'elica 0,80 e l'aumento di resistenza
il 40°/(, , oppure il coefficiente di liduzione del rendimento — — =0,7.
1,40
Inoltre y = 0,3 e sen « = 0,108 .
La torpediniera da porti Melpomene, lunga m. 1'-); larga m. 2,25 ; im-
mersa m. 0,755 con una forza indicata di cavalli 169,8 alla velocità di 17
nodi e un dislocamento di tonn. 13,45, esige il coefficiente per i tre primi
termini della mia formula 1,584 per trovari; la stessa foi'za indicata, sup-
posti i rendimenti come prima e ritenendo S = 44™-, sen / = 0.117 e la re-
sistenza dell'aria come nei casi antecedenti ed essendo
>■ = 0,335; A^ = 1™-,135 .
Infine per la piccola torpediniera Tliornycroft da me annunciata a
principio, i tre primi teruiini della foruiula dovrebbero essere moltiplicati
(21) RESISTENZA DELL' ACQUA ECC. 241
gono alterati, potendo il quarto rimanere com'è, per non compli-
care r espressione, benché probabilmente varii anche V attrito
esterno, quando cangiano le altre condizioni.
La possibilità di raggruppare tutti gli scafi considerati, pic-
coli e grandi, di forme buone, o non del tutto soddisfacenti, a
velocità moderate ed anche elevate, con una sola formula, la
quale dia la resistenza netta dell' acqua in un mezzo indefinito,
si scorge dai coefìScienti riportati in nota, e così la formula, em-
pirica sempre, si ottiene dalla (1) moltiplicando i tre primi termini
di questa per un fattore comune a dipendente dalle forme delle
carene e dai rapporti fra le loro dimensioni. Nei casi considerati
esso varia alFincirca di 2 e di 1 per torpediniere piccole e grandi,
compresi i velocissimi destroi/ers ; e di 3,50 e di 1 per le lance
veloci grandi e piccole. Ma il valore corrispondente al caso par-
ticolare bisogna stabilirlo per analogia a un tipo simile allo scafo
che si considera.
per 0,89, essendo L = 20 ; / = 2™,30 ; p^ = 0"\80 ; D = IGtonn- ; F^ = 90 cav.;
A^ = i'"-30 ; S = 48"^^36 ; sen t — 0,115 ; r = 0,348 .
Per le lance trovai valori disparatissimi. Così per una grande lancia
(li 12"', 30 mossa alla velocità di 8,5 nodi bisognerebbe moltiplicare i tre
piimi termini della formula per 2,00, per avere la forza indicata data dal
fatto. Gli altri dati sono : l = 3"\012 ; p^ = 0,6825 ; D = 15 tonn.,767 ;
A^ — l"'-,975 ; Fi = 36 cavalli ; sen t = 0,238 ; r= 0,226 .
Per una lancia di 9"\15 mossa alla velocità di nodi 9 basta moltipli-
care i tre primi termini della formula per 0,98 che è circa l'unità, sì che
la formula dà la resistenza pressoché esatta e piuttosto esuberante. La
lancia è di legno e fasciata di rame. Essa è larga m. 2.15 ; immersa in
media 0"\75. Il suo dislocamento è 3tonn.j8; A^ = 0'"-,760 ; F,- =14 cav.;
sen t = 0,227 ; r = 0,352 .
Invece per una lancia di legno lunga 7'",60 mossa alla velocità di 8
nodi bisognerebbe moltiplicare i tre primi termini della formula per 1,48.
Questa è larga m. 1,95 ; immersa in media 0"',67 ; D=2tonn-,83 ; A^ — 0'"-,59 ;
F; = 12 cav.; sen i = 0,25; r = 0,343 . E per una lancia di 6"\70 mossa alla
velocità di nodi 6,2 il fattore sarebbe 3,50, usando però sempre i massimi
rendimenti di macchina e di propidsatore, cioè 0,90 per rendimento or-
ganico e 0,80 per rendimento proprio dell' elica e 0,7 per suo coefficiente
di riduzione, che corrisponde al 40 "/o di aumento di resistenza.
Se invece nell' ultimo caso si usa un rendimento organico di 0,8 il
fattore dei tre primi termini della formula è 3,084. Quest'ultima lancia è
larga m. 1,73 ; è immersa in media 0"',73 ; il dislocamento è tonn. 2,635 ;
A^ = 0"'^646 ; F,- = 8cav.,5 ; sen i --= 0,25 ; /• -= 0,422 .
242
G. A. ZANON
(22)
La formula, quindi, della pura resistenza dell'acqua alle ca-
rene per tutti i casi considerati e in un mezzo indefinito sarebbe
(II) E = 52»'S-,25 aA.jr^sen^. ^•
+ 18 ,75 a/t'4 sen-t. i
-j- 0 ,073aL2v
-j- 0 ,227 rSr^
la quale per le navi propriamente dette e in qualche caso di bat-
telli minori di buone forme si riduce alla (I), essendo allora a := 1 .
Deve notarsi poi che in queste formule il coefficiente 52'^s-,25
è relativo all'acqua di mare alla densità media, essendo eguale
a . L" altro coefficiente 0,227 è relativo a carene pulite
fasciate di rame, così che per quelle pulite di metallo dipinto bi-
sogna accrescerlo del 10 "/o , come accennai. Con le diverse acque
devono variare anche gli altri coefficienti, ma qui si riguardano
soltanto i bastimenti di mare in condizioni medie e d' altronde
fanno difetto le esperienze in altri casi (').
In ogni modo la formula della resistenza dell'acqua serve più
(1) So si desidera di conoscere per i galleggianti esaminati il valore
del coefiìcionto K^ (alle velocità magyioyi eoììipidate) nella forniula
esso è il seguente :
Per
il Centro Aìnerira (I fornuila)
K,=
=. 4kg
•,91
TI
Cainjjctnia „
n
4
22
TI
Kaiser Wilhehìi der Grosse
„
4
,64
„
Oceanie „
„
4
,73
n
destroyer Cijgnet „
„
6
,46
•n
„ Maralcumo (II formula)
»
9
,13
TI
Candore „
^
G
,66
Per
la torpediniera francese ^
„
7
,79
„ Thornycroft (I formula)
„
6
,42
„ Melpomene (Il formula)
j,
8
,74
Per
la lancia di 12'",80 „
11
7
,24
„ 9 ,15 (I fornmla)
„
7
,02
„ 7 ,60 (II formula)
n
10
,97
6 ,70
„
15
,23
V è poi la velocità per la quale K, è un minimo, e si trova nel solito
modo.
(23) RESISTENZA DELl' ACQUA ECC. 243
che altro per determinare il coefficiente del dislocamento della
nave, che produce la forza indicata occorrente alle macchine per
muovere alla prefissa velocità il bastimento da disegnare, al fine
di dedurre poscia quei coefficienti del dislocamento stesso, che ac-
cennai a principio. A quest'uopo si stabilisce per ogni specie di
battello un tipo con dimensioni e forme opportune. Con questo tipo
si calcola la resistenza dell' acqua alla velocità richiesta con la
formula, aggiungendovi l'aumento cagionato dal propulsatore ap-
applicato alla carena e, se il bastimento è di ferro dipinto, anche
aumentando il coefficiente d'attrito esterno, in confronto di quello
della formula, che vale per carene fasciate di rame. Infine si ag-
giunge la resistenza dell' aria all' opera morta e all' attrezzatura.
La resistenza totale in chilogrammi si moltiplica per la velocità
in metri al minuto secondo e così si ha il lavoro del propulsatore,
il quale si riduce allo stantuffo dividendolo per il rendimento puro
del propulsatore e per il rendimento organico. Questo lavoro mo-
tore poi si traduce in cavalli, che sono la presumibile forza in-
dicata del tipo alla velocità data. Divisa la forza calcolata per il
dislocamento del tipo si ha il coefficiente richiesto.
Con la forza indicata del tipo si calcolano i pesi dell' appa-
rato e degli approvvigionamenti ed anche questi pesi si dividono
per il dislocamento del tipo, per avere i coefficienti da applicarsi
alla nave da disegnare. Egli è con questi coefficienti e con quelli
del peso dello scafo e dell'armamento che infine si calcola il di-
slocamento del battello da costruirsi. Da questo dislocamento si
deducono le dimensioni della carena mediante i coefficienti di finez-
za; e collo stesso dislocamento si calcola la forza indicata pre-
sunta, moltiplicandolo per il coefficiente dedotto dal tipo. Se poi
si possedè la vasca Fronde, si fa il modello del bastimento dise-
gnato e con esso si fanno gli esperimenti per verificare la resi-
stenza dell'acqua.
Per ogni tipo di nave inoltre il costruttore può costruirsi una
grafica, la quale dia i coefficienti del dislocamento, che producono
la forza allo stantuffo, come indicai nella mia Memoria : Modo di
descrivere una linea d'acqua di data equazione in una carena di
data capacità^ in nota {Rivista marittima. Eoma, febbraio 1878).
Venezia, 12 ac/osto 1899.
(Licenziata per le stampe il 5 gennaio 1900)
PREZZO DELLA DISPENSA
Fogli 10 Vi a cent. 25 L. 2.56
TiPOGBAFiA Caelo Feeeaei. 1900
ATTI
DEL
REALE ISTITUTO VENETO
DI
SCIENZE, LETTEEE ED AKTI
AMO ACCADEMICO 1899-900
TOII[0 LIX
(serie ottava - TOMO SECONDO)
DISPENSA TERZA
VENEZIA
PRESSO LA SEGRETERIA DEL REALE ISTITUTO
PALAZZO LOREDANA SANTO STEFANO
In esecuzione dell'art. 25 dello Statuto e dell'art. 50
del Regolamento, si dichiara che dell' opinione dei loro
scritti rispondono gli autori, che ne conservano la pro-
prietà letteraria.
INDICE
PARTE 1^
Adunanza ordinaria del 30 dicembre 1899 pag. 59
Bollettino bibliografico. Doni ed acquisti dal 27 novembre al
30 dicembre 1899 „ [i^]
_/PAETE 11*^
A. Dall' Acqua. — Ricerche sulle congruenze di curve in una
varietà qualunque a tre dimensioni. Comunicazione . pag. 245
A. ScRiNZL — Poesie inedite di Marino Falieri. Nota . . „ 253
C. F. Feeraeis, m. e. — Gli inscritti nelle Università e negli
Istituti superiori del Regno nel sessennio scolastico
dal 1893-94 al 1898-99. Nota « 265
P. LiOY, m. e. — Alleanze zoologiche „ 287
R. Salvadori. — Analisi del gas della emanazione sviluppatasi
a Mestre il 17 novembre 1899. Nota . . . . „ 295
G. BiADBGO, s. c. — Un maestro di grammatica amico del Pe-
trarca. Aggiunta e correzione „ 299
Atti del Reale Istituto Veneto di scienze, letteke ed akti.
Anno accademico 1899-900 - Tomo LIX - Parte prima.
ADUNANZA ORDINARIA
DEL 30 DECEMBRE 1899
PRESIDENZA DEL M. E. LAMPERTICO
PEESIDENTE
Presenti i membri effettivi : De Giovanni, vice-presidente ; G. Bee-
CHET, segretario ; Cassani, vice-segretario ; Loeenzoni, Trois,
Bellati, P. Spiga, Teza, Liot, Maetini, Tamassia, Vero-
nese, Papadopoli, Da Schio, Molmenti, Stefani, Fogaz-
zaro, Feeeaeis, G. B.De Toni, Occioni-Bonapfons, Galanti,
Gradenigo, Ragnisco, Ricci, Nasini ; ed i soci corrispon-
denti : Polacco, Levi-Catellani, Vicentini, Bordiga, Lan-
Ducci, Areigoni Degli Oddi, G. Spiga, Zanon, Castelnuovo,
Peedelli, Biadego.
Assistono all'adunanza anche il socio nazionale Ciamician di Bolo-
gna ed il prof. Piuti dell' Università di Napoli.
Data lettura dell'Atto della precedente adunanza, il m. e. P.
Spica prende la parola per esprimere il suo desiderio che ven-
gano messe a processo verbale le parole colle quali annunziò la
deplorevole perdita dell' eminente chimico Bunsen, locchè venne
eseguito.
Il Presidente giustifica l'assenza dei mm. ee. Favaro e Gloria
e dei ss. ce. F. Berchet e Sacerdoti.
Indi annunzia la morte del m. e. prof. cav. sac. Bernardo
Morsolin avvenuta in Vicenza il 14 del corrente mese alle ore
2 V^j avvertendo che la Presidenza dell'Istituto, appena ricevette
il triste annunzio, si affrettò a spedire un telegramma di condo-
glianza alla famiglia del defunto e con altro telegramma incari-
cava il m. e. Lioy di rappresentare il Corpo scientifico ai funerali
associandosi ai colleirhi vicentini.
60 ADUNANZA ORDINARIA
La dolorosa perdita fu pure auuunziata al Reale Ministero
della istruzione pubblica ed ai principali Corpi accademici del
Regno. — La Presidenza dell'Istituto ricevette un telegramma di
ringraziamento dalla famio-lia dell'illustre estinto e ricevette inoltre
lettere di condoglianza dal ^linistero della istruzione pubblica, da
S. E. il Patriarca di Venezia, dal R. Crinnasio Liceo Pigafctta di
Vicenza, dal R. Istituto di Studi superiori di Firenze, dal R. Gin-
nasio Liceo Cesare Beccaria di Milano, dall'Università di Came-
rino ; e biglietti di condoglianza dal R. Prefetto di A^enezia, dalla
Società Romana di Storia patria, dalla R. Accademia delle scienze
di Torino, dai soci nazionali Conti e Manno, dall' Università di
Perugia, dai fratelli Treves di Milano. Avverte inoltre che il col-
lega defunto sarà, a suo tempo, commemorato dal m. e. Fogazzaro.
Il m. e. Molmenti prende la parola per mandare un saluto
alla memoria del compianto collega Alorsolin, delle patrie venete
memorie storiche, valente raccoglitore ed illustratore, che seppe
congiungere allo ardente amore degli studi, l'amore non meno
ardente alla gloria del nostro paese.
Il Presidente comunica che l'istituto ottenne dal R. Mini-
stero dei lavori i)ubblici il viaggio gratuito per ferrovia da Ve-
rona a Brindisi pel suo inviato a Creta, prof. Gerola, e dal R.
Ministero degli affari esteri la riduzione del 50 "o sul viaggio
marittimo da Brindisi a Candia ed il passaporto speciale e la com-
mendatizia al R. Agent( nell'isola pel suddetto inviato ; ed inol-
tre una lettera commendatizia dal direttore della R. Scuola di
Archeologia dell'Università di Roma per il prof. Halbherr, e che
il ])rof. Gerola partirà fra pochi giorni per la sua missione.
Il Presidente rende noti anche gli accordi presi fra i Mi-
nistri del Tesoro e della Istruzione pubblica, e il Sindaco di Ve-
nezia, esso Presidente e i Deputati della Provincia, relativamente
al trasporto della Biblioteca Nazionale, e aggiunge che sarà pre-
sentato alla Camera, quanto prima, il relativo ])rogetto di legge.
Vengono poi presentati gli elenchi delle pubblicazioni acqui-
state e di quelle ottenute in dono dopo l'ultima adunanza.
Il Presidente comunica inoltre che parecchi soci nazionali ed
esteri inviarono ringraziamenti per le pubblicazioni dell' Istituto
inviate loro a cominciare dal tomo I" della serie Vili" degli Atti.
Sono quindi presentate le seguenti Memorie, accompagnate
dai brevi sunti regolamentari :
BEL 80 DECEMBRE 1899 61
A. FavarO; ni. e. : Due Jeffere inedite di Giiidohaldo del Monte
a Giacomo Conta riiù. — È noto che Gaidobaldo del Monte, con-
temporaneo di Galileo, contribuì coi suoi studi ai progressi della
meccanica e sali in grande onore. -- L'importanza di queste let-
tere viene messa in luco dal prof. Favaro e vengono esse a co-
stituire un' appendice alla sua precedente pubblicazione : Delle
Meccaniche lette da Galileo in Padova.
P. Lioy, m. e. : Diplonhfzia zoolof/ìca. — L' A. espone le varie
alleanze che la scienza va studiando nei rapporti con l'uomo fra
esseri utili nella lotta per la vita ed esseri nocivi, e come in queste
ricerche sia più difficile orientarsi che nei labirinti della politica.
Spiando tra viluppi di complicate correlazioni e d'antagonismi si
arriva anche in esse ad accorgersi del bisogno d'una sagace di-
plomazia la quale conduca ad opporre tra potenza e potenza forza
alla forza.
Prima di tutto bisogna saper distinguere gli amici dai ne-
mici, e non badare a ciò soltanto che si legge nei libri, ma in-
vestigando direttamente. Con l' osservazione diretta appare esa-
geratissima la protezione che vorrebbe accordarsi agli uccelli in-
settivori ; ciò è dimostrato dalla distinzione che essi fanno pre-
valente di insetti carnivori e non erbivori. Espone recenti scoperte
sull'azione esercitata da minuscoli esseri e dai funghi entomoftori
a danno di insetti nocivi. E conclude :
" Può ormai ben dirsi che l'uomo, dall'epoca in cui si è sparso
incivilito nel mondo, divenne un nuovo agente geologico ; mutò
le faune e le flore, tagliò istmi, congiunse oceani, perforò mon-
tagne. Adesso estende la sua alta sovranità sul mondo degli es-
seri inferiori e degli invisibili. Vaccini e sieri immunizzatori non
sono infatti che alleanze nelle quali la difesa è affidata al nemico
posto di fronte al nemico ; essi rappresentano episodi artifiziali
della grande legge per cui l'equilibrio dei viventi si mantiene con
la reciproca distruzione, agiscono come nei nostri globuli sanguigni
i fagociti vigili e sempre pronti a impadronirsi dei batteri omi-
cidi e ad annientarli, vincendoli ogni volta che fanno a tempo
d'impedirne la diffusione delle tossine.
*' Così mentre spiriti miopi osano proclamare la bancarotta della
scienza, questa sventola la sua bandiera trionfante su infinite mol-
titudini delle quali erano ignote l'esistenza e la forza, scopre vite
e amori e lotte in ogni goccia d'acqua, in ogni bolla d'aria, in ogni
6Z ADUNANZA OEDINARIA
stilla di sangue, in ogni atomo, e tratti dal mistero i nuovi es-
seri, dopo d'averli conosciuti protagonisti di terribili drammi, vuole
farseli schiavi. E siccome le idee di piccolezza e di grandezza
sono soltanto relative, il tentativo di asservire la potenza dei pic-
coli, a vantaggio dell'uomo, rappresenta nella storia dell'umanità
il riflesso dell'antico trionfo a cui sino da epoche preistoriche giun-
sero i proavi, con l'addomesticamento dei liberi vertebrati selvatici
e con la coltivazione delle spontanee piante utili. „
C. F. Ferraris, m. e., presenta la Statistica degli inscritti nelìe
Università e negli Istituti siipenori del Regno nel sessennio scola-
stico dal 1893-94 al 1898-99, accompagnata da ampia illustra-
zione. Pone in evidenza il fatto della diminuzione degli inscritti
nell'ultimo anno scolastico, indicando per quali studi esso si è prin-
cipalmente presentato : esamina le cifre relative ai singoli ordini
di studi e indica i motivi delle variazioni che esse presentano ;
infine studia largamente il concorso degli inscritti alle quattro Fa-
coltà classiche nelle varie regioni, ed espone le cause probabili
determinanti le cospicue differenze, che si riscontrano confrontando
una regione coll'altra.
V. Polacco, s. e: Note Sìille perizie civili coìnpa rate alle pe-
nali. — L' A. deplora in massima il soverchio distacco che in molti
istituti si nota fra processo civile e processo penale, e il vantaggio
notevole che ritrarrebbe la scienza del Diritto giudiziario ricon-
ducendo fra loro maggiore armonia, il che tuttavia non signifi-
cherebbe un ritorno allo stato arcaico di un unico rito per tutti
i giudizi. A titolo di saggio segnala parecchie differenze fra le
perizie civili e le penali, e ne sostiene la assoluta irrazionalità.
A. Pascolato, s. e. : Costituzione e legislazione a Venezia nel
1848 e 1849. P. I.» — L' A. ha creduto che non fosse senza in-
teresso il raccogliere e il coordinare sotto l'aspetto giuridico gli
atti dei vari governi che si succedettero a Venezia durante quei
diciassette mesi, ebaminare i passaggi e le trasmissioni del potere,
e le forme del reggimento, descrivere la vita e l'azione delle due
Assemblee ch'ebbe Venezia in quel tempo, notare infine e com-
mentare i provvedimenti con cui si modificò o si corresse, là dove
parve più necessario e più urgente, la legislazione austriaca che
rimaneva in vigore.
" Nella commemorazione, che abbiamo celebrato, del cinquan-
BEL 30 DECEMBRE 1899 63
tesimo anniversario di quel periodo storico, si parlò dei fatti po-
litici e dei guerreschi : si ricordarono lo virtù e gli eroismi : i sa-
crificii del sangue e quelli, non meno merilorì e più difficili, degli
averi. — Parvemi degno di evocazione anche il ricordo dell'opera
legislativa e statutaria degli uomini che diressero quella rivoluzione.
" Ora, mi affretto a dirlo : questa specie di regesto degli atti
costituzionali e legislativi di quell'epoca memoranda, è pieno di
ammaestramenti e di conforti : anch'esso concorre a dimostrare che
Venezia, destandosi dal lungo sonno della servitù, era già matura
per la vita libera, e che i suoi reggitori, ammirabili così per
l'audacia come per la prudenza, supplivano colla larga coltura, e,
più ancora, coll'istinto felice all'esperienza che, sotto un governo
dispotico ed oppressore, non avevano potuto acquistare.
" Questa prima parte del mio studio si riferisce al periodo che
va dal 22 marzo 1848 fino al 4 luglio, cioè fino al voto dell'As-
semblea per la fusione col Piemonte. „
Gr. Biadego, s. e. : Un maestro di grammatica amico del Pe-
trarca. Aggiunta e correzione. — L'autore dimostra che l'epitaffio
scolpito sulla tomba di Mastino II della Scala è di Rinaldo Ca-
valchini da Yillafranca, famigliare della corte Scaligera ; e dà
notizia di un documento sincrono riguardante il figlio di Fran-
cesco Petrarca, che nel 1352 era canonico a Verona.
A. Dall'Acqua : Bicerche suite congruenze di curre in una va-
rietà qualunque a tre dimensioni (presentata dal prof. G. Ricci,
m. e., con una breve relazione a termini dell'articolo 18 del Re-
golamento). — In essa l'Autore estende ai sistemi di linee nor-
mali alle linee di una congruenza data e tracciate in una varietà
qualunque a tre dimensioni, i concetti fondamentali della teoria
delle linee tracciate sopra una superficie, ed ottiene risultati in
gran parte nuovi ed interessanti. È notevole principalmente il punto
di vista, al quale l'Autore si pone per lo studio della superfìcie
media della congruenza e il metodo facile ed elegante, col quale
riesce a stabilirne la equazione.
R. Salvatori : Analisi del gas della emanazione sviluppatasi
a Mestre il 17 no remore 1899 (presentata dal prof. R. Nasini,
m. e., a termini dell'art. 18 del Regolamento). — Il gas ha la
seguente composizione : anidride carbonica 4.22, idrogeno solforato
0.13 ; idrocarburi pesanti 0.54 ; metano 88^708 ; azoto 6.40.
64 ADUNANZA ORDINARIA DEL 30 DECEMBRE 1899
Terminata V adunanza pubblica l' Istituto si raccolse in adu-
nanza segreta, nella quale fu eletta una commissione composta dei
mm. ee. De Giovanni, Lioy, Bonome, Canestrini per proporre un
programma per lo studio della malaria, e nominate le giunte per
l'esame dei concorsi Balbi Yalier e Cavalli.
// Presidente
F. LAMPERTICO
Il Seffretario
G. Berchet
Atti dkl Rkali; Istituto Vmneto di sc'iexzk, m;ttkke kd arti.
Anno acondoniico 181)94)00 - Tomo IjYIII - Pjir'c pi'iiii;!.
( AXNKSSl)
BOLLETTINO BIBLIOGRAFJCO
Doni ed Acquisti dal 27 novembre al 30 dicembre 1899 (^ì
C. Alassia. - Gconiefria e fr/f/()ii()itiefn'(( della sfera. — Milano,
1900, 16", leg. tela, con 34 incis.
C. F. Beach. — A Treatise oìì the fair of Motaìpolìes an<ì in-
dnsfria/ fnisfs c/.s (aìmiatstered in Engìand a>id in the Utii-
ted States of America. — St. Lonis, 1898, 8°, pelle.
G. Bragagnolo. - Storia di Frauria dai tempi più remoti ai
nostri giorni. — Milano, 1900, 16°, \eg. tela.
*A. Chiamenti. - La festa degli alberi. Utilità dell' alherieoìt uva.
Conferenza. — Chiofjgia, 1899, 8.o
E. Corazzini. - Storia della Marina militare e rommereiale. Yol.
1 a 5 con Atlante. — Catania, 1892, 8.° Firenze, 1894-96.
Torino, 1898.
*A. Cossa. - Carlo Friedel. Commemorazione. — Torino, 1899,8.°
*A. \y Ancona. - i\el primo anniversario della morte di Giulia
ir Ancona, Vili dicembre 1^09. — Pisa, 1899, 8.°
*A. De Gordon y de Acosta. - Declaremos en Cnha^ guerra a la
t ubere ulosis. — Habana, 1899, 8.»
*C'. Dejob. - Le saldai dans la littérature Francaise au XVIII'
siede. - Paris, 1899, 8.»
*Le jnif da>is la comédie au XVIIF siede. - Paris, 1899, 8.°
B. Dinaro. - Jl montatore di macchine. Opera arricchita di oltre
2Ò0 esempi pr<(tici e problemi risolti. — Milano, 1900, 16°^
leff. tela, ili.
(Ij L' * indica i libri od opuscoli ricevuti in dono.
[lOj BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
L. Franchi. - Codici e leggi del Regno d' Italia accuratamente
riscontrati sul testo ufficiale^ corredati di richiami e coordi-
nati. Yol. II, Leggi usuali. P. 2'*»^, dalla voce : Laghi pub-
blici, alla voce : Volture catastali, con Appendice. — Mila-
no; 1899, 160, pelle.
* Galilei Galileo (Le Opere di). Edizione nazionale sotto gli a>i-
spicii di Sua Maestà il Re d' Italia. Voi. IX. — Firenze,
1899, 4.0
Dono del R. Ministero della Istruzione pubblica.
*E. Guidi Di Filomeno. - El giorne de Nadèl. Comedia pjesarese
in un atto. — Yerona, 1899, 16.°
0. Nazari. - / dialetti italici. Grammatica, iscrizioni, versione,
lessico. — Milano, 1900, 16», leg. tela.
*E. Ninni. - Sopjra lo scheletro di un uccello mostruoso. — Sie-
na, 1899, 4°, Tav.
*C. F. Parona. - Contribuzione alla conoscenza delle ammoniti
liasiche di Lombardia. P. l'S 2», 3*^. — Genève, 1897-98,
40, Tav.
* Nuore osservazioni sopra la fauna e V età degli Mrati con
Posidonomya alpina nei Sette Comuni. — Pisa, 1895, 4o,
Tav.
* Note sui Cefalopodi terziari del Piemonte. — Pisa, 1898, 4o,
Tav.
* Descrizione di alcune ammoniti del Neocomiano veneto. —
Pisa, 1897, 40, Tav.
*C. F. Parona e G. Banarelli. — Stir la Faune de ddlovien
inferieur (Chanasien) de Savoie. — Chambéry, 1895, 80,
Tav.
E. Pascal. - Repertorio di matematiche superiori (Definizioni,
formale, teoremi, cenni bibliografici). II, Geometria. — Mi-
lano, 1900, I60, leg. tela.
*P. Spica. - Clhimica medico-farmaceutica e tossicologica. Voi. 2o,
Chimica organica. Fase. 6.0 — Feltre, 1899, 8.0
*T. Tonimasina. - Sur la constatation de la fluorescence de l' a-
luminium et du magnésium dans l'eau et daus Vcdcool sous
V action des courants de la bobine d' induction. — Paris,
1899, 4.0
*G. Torri. - Teoria delle riassicurazioni. — Padova, 1884, 8.0
Atti del Rkale Istituto Veneto di scienze, letteke ed arti.
Anno accademico 1899-900 - Tomo LIX - Parte seconda.
RICERCHE SULLE CONGRUENZE DI CURVE
IN UNA VARIETÀ QUALUNQUE A TRE DIMENSIONI (')
COMUNICAZIONE
DI AURELIO DALL'ACQUA
(presentata dal prof. G. Birri, ni. e., nell'Adunanza 30 dicembre 1899)
In uno spazio qualunque S , data una congruenza normale di
curve, il sistema delle sue traiettorie ortogonali giace sopra una
famiglia di superfici, stratificanti in certo modo lo spazio. Se con-
sideriamo, come è sempre possibile, la nostra varietà S , immersa
in uno spazio piano 2j , con un numero sufficiente di dimensioni,
queste superfici ammettono un piano (in S) tangente, che è tan-
gente alle linee del sistema, e una normale (pure in 2j) tangente
ad S , che è normale alle linee medesime. Tra le infinite linee
di queste superfici, abbiamo le linee asintotiche, le linee di cur-
vatura, e, corrispondentemente a queste, le curvature principali,
media, e totale, ecc.
In generale invece, se la congruenza non è normale, le sue
traiettorie ortogonali non giaceranno sopra superfici, ma strieranno
ancora, in modo particolare e determinato, lo spazio S ; ammet-
teranno in ogni punto un piano (in '^) tangente comune, e una
normale comune, tangente ad S .
(1) Per le notazioni usate in questa Nota, e per gli elementi del Cal-
colo differenziale assolato., v. le opere del Ricci, e in particolare : Dei
sistemi di congruenze ortogonali in una varietà gtcalì/ngue. — Memorie
dei Lincei (Classe di scienze fisiche, mat. e nat.), s. V% voi. IL
246 A. dall' acqfa (2)
Poi che tra la congruenza data e il sistema delle sue traiet-
torie ortogonali esiste corrispondenza univoca, potremo assumere
(come è noto per le congruenze normali), quale sistema coordinato
dell'uno, quello dell' altra ; e potremo definire analogamente, tra
le linee di questo sistenia di traiettorie^ che io chiamo complesso
ortogonale^ o semplicemente, quando non ne venga ambiguità; com-
plesso^ delle linee asintotiche e delle linee di curvatura, ed esten-
dervi i concetti di curvatura, noti nel caso delle congruenze
normali.
Questo modo di aggruppare le congruenze, ci dà alcune ele-
ganti interpretazioni geometriche di quegli invarianti a tre indici
[ihnòì ^^ cui il Ricci ha dato delle interpretazioni cinematiche.
Il Y-wj?; {p=^ 1 2) (^) rappresenta la curvatura della ])roie-
zione della ^^ , sul piano tangente al complesso X ; ossia la cìirva-
tura tangenziale della X^^ sul complesso.
Il — "^zpp 1 è la curvatura della proiezione della X^j , sul piano
ad essa tangente e normale al complesso 1 , cioè la curvatura nor-
male.
Possiamo così leggere nella
che " La somma delle curvature normali di due congruenze or-
togonali sopra un complesso, è costante intorno ad un punto. „
Chiamando poi geodetiche di un complesso quelle congruenze
del complesso, per cui è nulla identicamente la variazione prima
dell'integrale
t, 1/ dt di
(dove .S;j è l'arco della 1/, appartenente al complesso X) abbiamo
che " Sono geodetiche di un complesso quelle linee, la cui cur-
vatura tangenziale è nulla. „
Considerando l'invariante
(1) Qui e in seguito, diamo le espi'essioni relative al complesso X ;
quelle relative a Xj e X^ si ottengono da queste, ponendo X = X;, , ed ese-
guendo una conveniente rotazione degli indici.
(3) RICERCHE SULLE CONGRUENZE DI CURVE ECC. 247
il cui annullarsi caratterizza le congruenze normali, invariante cui
daremo il nome di anormalifà della cong-ruenza o del complesso
ortogonale ad essa, possiamo interpretare l'equazione
data dal Eicci per le congruenze ortogonali canoniche : " Le con-
gruenze ortogonali canoniche hanno egual anormalità. „
E abbiamo anche : " Le curvature normali sopra un complesso,
sono massime o minime lungo le linee ortogonali canoniche, ed
eguali lungo le bisettrici di queste „ ; per cui l'equazione carat-
teristica di queste ultime linee è
tòU — T322 = 0
Sono feconde di risultati interessanti, la considerazione dei
f<(sci di congruenze sopra i complessi (sistemi, sopra i complessi,
di congruenze, che incontrano sotto angolo costante una congruenza
data), e quella delle stelle (doppia infinitcà, nello spazio, di con-
gruenze, che formano con due congruenze ortogonali arbitrarie
angoli costanti).
Anzitutto, a ciascun fascio corrisponde univocamente un si-
stema semplice, definito dalla
?12 I ., = 2,. ).i I ,,, X.^'''
che si può considerare come suo sistema coordinato ; e abbiamo
qui, come sulle superfici, dalla
?12|r = ?'l2|rH- t^r
che " La differenza dei sistemi coordinati di due fasci, è uguale
alla derivata dell'angolo, sotto cui due congruenze qualunque dei
due fasci si tagliano. „
(1) Il sistema £<'='> è definito dalK^ relazioni
248 A. dall' acqua (4)
Dalla considerazione delle
da
e
abbiamo, che " La somma dei quadrati delle curvature tangenziali
di due cong'ruenze ortogonali di un complesso, è costante intorno
ad un punto, per le congruenze di un medesimo fascio „ ; e da
questo : " Tutte le congruenze di un fascio sono geodetiche del
complesso, se tali sono due qualunque ortogonali di esse. „
Ma più d' ogni altra cosa fecondi, e per gli interessanti raf-
fronti colla teoria delle superfici, e per le importanti verità nuove
e interpretazioni di espressioni e formole note, sono i concetti di
linee di curvatura e di linee asintotiche sui complessi.
Anzitutto diremo (issoriafo ad una "Xj , quella congruenza la
cui tangente coincide in ogni punto coU'intersezione dei piani tan-
genti al complesso in quel punto, e in uno vicinissimo della )^t
stessa. Diremo poi asintotica ogni congruenza, associata a se stessa.
E necessario notare però, che non v' ha reciprocità nelF associa-
zione, se non nel caso che sia la X normale ; le linee associate
sono allora le coniugate delle superfici ortogonali a y. .
Chiamiamo ìinee di curratuni quelle, le cui normali (normali
al complesso) s'incontrano. Le curvature normali delle linee di
curvatura si diranno cun'/ttiire principali e carraturfr media
H =: - Y (Tsii + T..2) = - Y ^r. ^'<"' \s
la loro semisomma, e il loro prodotto cin-ratura totale
1
K = Y311 T322 — T312 T:^21 = ^ ^r. ^''"*' '^rs
dove r/A<' '*' è il complemento algebrico delF elemento X^, nel de-
terminante ("Xii Xoo >^33) (0 •
Abbiamo intanto, che " Fra gli infiniti complessi cui una con-
(1) Facciamo notare che le espressioni di A, li e K sono indipen-
denti dalla scelta delle Xj , X., .
(5) EICEECHE SULLE CONGRUENZE DI CURVE ECC. 249
griienza appartiene, se essa è di linee di curvatura per uno, è
tale anche per quello ortogonale ad esso „ (0-
Nel caso che una li risulti di linee di curvatura per i com-
plessi 1.2 > "^ ì abbiamo
Al =:A2 + A3
e ne deduciamo una importante generalizzazione di un teorema
del Dupin, completato dal Darboux (Darboux, Lecons sur la fhéorie
generale des surfaces, voi. Il, p. 263) : " Se due complessi si ta-
gliano ortogonalmente, ed hanno una stessa congruenza di linee
di curvatura, la anormalità di questa è uguale alla somma delle
anormalità dei complessi dati. „
Relativamente alle linee asintotiche, abbiamo che " La loro
curvatura normale è nulla. „ Esse hanno per bisettrici le linee
ortogonali canoniche. Ricercando l'angolo a che formano tra loro
le asintotiche abbiamo
A2 — K
te:2 a =
H^
e ne ricaviamo, che " Le asintotiche di un complesso sono reali
distinte, reali coincidenti o imaginarie, secondo che il quadrato
della anormalità, è maggiore, uguale o minore, della curvatura
totale. „ Agli estremi deirarco della \ , lungo cui esse sono reali,
daremo il nome (come per le congruenze rettilinee) di punti limiti :
e alle superfici da essi generate di super/lei limiti. Le loro equa-
zioni sono
A d: |/k"= 0
Nei punti limiti le asintotiche sono coincidenti, e tangenti alla
linea di una delle congruenze ortogonali canoniche. Possiamo quindi
osservare che spostandoci dall'uno all'altro dei punti limiti, le linee
asintotiche si staccano dalle linee d'una delle congruenze orto-
gonali canoniche, per avvicinarsi e sovrapporsi lungo una linea
dell' altra, allontanandosi così fra loro di un angolo eguale e ti .
(1) A questo teorema possiamo dare la forma : " Se per una curva
si fa passare una rigata, avente le generatrici normali alla curva, essa
sarà 0 no sviluppabile, insieme colla rigata ortogonale, e similmente ge-
nerata. „
250 A. dall' acqua (6)
Il punto in cui la distanza angolare delle asintotiche è media
I = — Tc , chiameremo punto medio, e il luogo di questi punti
super fi re media.
E abbiamo qui un interessante teorema : " Nei punti medi
di una congruenza, è nulla la curvatura media del complesso or-
togonale alla congruenza. „ Questo teorema è importante assai,
perchè ci dà modo di porre sotto forma semplice ed elegante, Fe-
quazione della superfice media di una congruenza ; cioè
Riguardo alle superfici medie, abbiamo ancora che la loro
teoria è posta in correlazione con quella delle superfici minime,
dal teorema dimostrato dal Guichard (^) per una classe molto par-
ticolare di congruenze : " La superfice media di una congruenza
se è ortogonale alla congruenza, è una superfice minima. „
Lo studio dei punti limiti di X, consideiati come estremi del
segmento lungo cui le asintotiche sono reali, induce naturalmente
alla ricerca degli estremi dell'arco di X , lungo cui sono reali le
linee di curvatura : li chiameremo punti estremi ; le superfici da
essi generate
superfici estreme. In essi le linee di curvatura e le curvature
principali coincidono.
E notevole il caso dalle congruenze rettilinee, in cui non esi-
stono punti estremi, bensì raggi estremi, e le superfici estreme
si riducono ad una rigata.
E ritornando alle stelle di congruenze che abbiamo prima de-
finite, dalla
(dove a^^f^ = cost, è il coseno dell'angolo delle X'^ , X^^) abbiamo :
'' La somma delle anormalità di tre congruenze ortogonali è co-
stante per una medesima stella. „
DaUa
(1) Guichard, Sur une classe particulière de congruences des droites.
— Comptes Rendus de l'Academie des Sciences. Giugno 1891.
(7) EICEECHE SULLE CONGRUENZE DI CURVE ECC. 251
^ La somma dei quadrati delle curvature medie dei complessi or-
togonali a tre congruenze ortogonali, è costante per una medesima
stella. „
Scende da questo: " Se tre congruenze ortogonali hanno nulla
la curvatura media del loro complesso ortogonale, la ha pur nulla
ogni congruenza, che con esse giaccia in una stella. „ Ed anche :
" Se tre congruenze ortogonali sono geodetiche, ogni congruenza
appartenente alla stella da esse determinata, ha la curvatura media
del suo complesso ortogonale, nulla. „ Infatti dalla
^unh = 0
deriva
E a proposito di congruenze geodetiche, dalla
- + 2AH = 0
ricaviamo, che " se esse ammettono una superfice normale, sono
normali. „
E passiamo alle congruenze isotrope. — La condizione di
isotropia, data dal Levi (i) sotto la forma
T312 + T321=0
T311 — T322 = 0
si può scrivere
A2 -j- H2 — K = 0
In essa leggiamo, che per queste congruenze " il quadrato
dell' anormalità, è uguale alla curvatura totale del complesso or-
togonale, diminuita del quadrato della curvatura media. „
Possiamo generalizzare un importante teorema, dovuto al
Levi : " Ogni congruenza isotropa, si può in infiniti modi riguar-
dare come risultante dalle intersezioni di due famiglie di super-
fici, che si incontrano sotto angolo costante. „
(X) Sulle congruenze di curve. Nota di T. Levi-Civita. — Rendiconti
dei Lincei^ voi. Vili, 1° sem., serie 5", fase, ó.»
252 A. dall' acqua - kicekche sulle congruenze ecc. (8)
E se supponiamo che queste congruenze siano anche geo-
detiche, abbiamo il teorema, enunciato dal Eibaucour (i) per le
rettilinee dello spazio ordinario : " La superfice media di una con-
gruenza geodetica isotropa, corrisponde alla ipersfera per orto-
gonalità di elementi. „
Terminiamo questo rapido riassunto, con una interessante in-
terpretazione della formola
data dal Ricci (Mem. cit. pag. ultima) : " Se una famiglia di su-
perfici isoterme, ha le traiettorie ortogonali geodetiche, essa risulta
di superfici di curvatura media costante. „
Questi i risultamenti ottenuti da' miei studi, condotti per una
via; a mio credere, nuova : alcuni mi paiono di una vera impor-
tanza, ma specialmente l'equazione delle superfici medie, che si
presenta con straordinaria semplicità ; semplicità che se difficil-
mente era raggiungibile con un indirizzo di ricerche diverso, era
addirittura impossibile con metodi, che non fossero quelli del cal-
colo differenziale assoluto.
(1) Ribaucour, Èfiide de?i elasso'i'de.'^. — Mémoires coitr.ìnnéx par l'Ara-
demie de Belgiqiie, t. 44", 1881.
(Finita di stampare il (jiorno 8 (gennaio 1900)
Atti del Reale Istituto Veneto di scienze, letteke ed akti.
Anno accademico 1899-900 - Tomo LIX - Parte seconda.
POESIE INEDITE DI MARINO FALIERI
NOTA DEL PROF. ANGELO SCRINZI
(presentata dal Sen. N. Papadopoli, di. (?., neW adun. 20 noremhre 1899)
Poesie greche d'un autore che si chiama Marino Falieri sono
di per se stesse troppo aite a destare la curiosità d'un Veneziano,
perchè la mia attenzione non fosse richiamata a studiare l' opera
ancora in gran parte inedita di questo autore pochissimo noto. Mi
propongo di pubblicare l'edizione completa delle poesie del Falieri ;
intanto sommetto al giudizio dei dotti il frutto delle mie ricerche
intorno al poeta stesso.
Il primo a parlare delle poesie di M. Falieri fu Emilio Le-
grand (i). Egli nel dare l'elenco delle poesie contenute nel Codice
Ambrosiano Y. 89, p. sup. (-), ricorda sub f) (^) :
" Pièce sans titre, mais semblant un frayment d'un ijoème
sur Marino Fallerò. Nous citerons le commencemeut et la fin('i):
(1) E. Logrand, BihliotMque (/rergìie ruìgaire, v. II (Paris, 1881). In-
trodurtion^ pag. LIX ss.
(2) È un volume grande in 8° (la prima metà è a stampa e la se-
conda metà è manoscritta) del sec. XVI, e comprende una miscellanea
di poesie greche volgari.
(3) Legrand, op. cit. p. LXII.
(4) Mantengo per ora il testo e la grafia dati dal Legrand.
254 A. SCRINZi (à)
'AYaTCt[j.£V£ [Jiou àSeXipè yXoxóxaxó y.ou xepr]
EÒpcaxw aTi&lv aè Tilr^ywas X7)c; 0-Xi'j»t? xò iJ.a.y^'xitpi
xal àrcstv xf;(; xu)(Y]? ò xpo'/bc, rj^y^ioz va ai y^pvsc
xal aòxà xà alooxe yopYto ;j,è Tc);ca aTrouSrj va Tiépvr]
5 p-s TC£{)'u;v.cà Sóo Yp'^;-'-;-'-^'^^ "^o^ )rpo)axfj f^ cptXtà (jlou
xóva XTjV tMv'/jiVjV xàSeXcpoù va auy-Trovf] xapStà [xou
w? èosTià IxEAuói^yjxsv •/] pófjta xoO <I)a)a£po'j
282 xà(plvxYj xoO [jicaàp Mapf), xoO TiaXaioù xoO yipou.
Ce fragment se compose de 282 vers et ne présente pas beau-
coup d' intérèt. „
E sub g) (') :
" 'laxopca xal ovstpo xoù sÙYSveaxàxou à^yovxoc, xupiou (2) Ma-
pc'vGu OaXtlpou . Kal okou B-wpfjC; ^<^'X[j.[j.!x 0 y.cXfj Oa^.tspo;, xal ottou
■9'tj)p7,5 M [J^rìkfi -fi Mópa, xal OkOu A ;xyjXf^ fj 'AO-oOaa >al ouou ■d'copfjg
n [Jty]Xf^ 1^ no^oùXa
Ttóv cpaji.eXv'^xwv àh^k^oì xyjC, 'Epwxoxpaxtai;
y.O(.d-i<:c, s^AK^r] [j.s Tccxpc'at^ xixitxi f'kuy.iac. cc.xiot.;.
vaTis'jxouv àuò tiÓtIov xoui; àiMoc xat tiovsjj.Ivoi
òtaTià; y.È; TiapeTtóvEatv eaxovxa? [iui^rjayivoc
5 stxtc; èYÓVY] npòc, è'jiv xal Treaa [iui^caixévoc:
ài)->ao? tÌQ XYjV xÀ'i'vrjV (JLOU xal 7iapa7LOV£[i£VOi;
X£ty.£pt[7-vai5 xoù Tcóoi'ou [jiou xóaa tcoO [7,£axoxiaav
Y^avàv 7ro7.alc xal Suvaxàc: £^5 ;j.''ov [j.ixtzoy.'.[j.'i fsca
xal oavrj [JLOU axòv urcv^b^JLOu xfjXi)-£ xò pti^r|XÓy.oi)
Voici niaiiitenant les derniers vers :
691 'A. ^(ovixi'jz xal [ià?,£ eòw xt]V ylpa aou xal \xó<3t
O. {jL£xà yapà; av xà^v: yj^tiòt. xal 7iX£cóx£px ;7.ou 5(Tja£
(1) Legrand, op. oit. pag.
(2) Sic ! La foima coTiiuno sarebbe y.-jpoù.
(3) POESIE INEDITE DI MAKINO FALIEEI 255
tivéyw ao'j npCoxa axòv Xptaxc-v xal axr^v Kupà xoO xóa[7,ou
waxe va uàpirj xyjv !^o)7^v xo'jx'/jv ó f)-avaxóc; [j.o'j
vaTXOxpaxù) xòv tcóO-ov y.ac: xepsòv xal àyaTicyivov
696 y.à \H)m xal aTiò asvaoo) xò xàaeae Suayivov.
La fin iiìanque dans le manuscrit et il n'y a 2:uère lieu de
la regrettev, car ce dialogue ne présente qn'un intérèt mediocre.
Le morceau coniprend 696 vers. „
La not'zia soinniaria data dal Legrand fu corretta ed allar-
gata dal Krumbacher (■), il quale avendo ripreso in esame il Cod.
Ambr. Y. 89, p. sup., riconobbe per primo che la prima poesia
(/" del Legrand) nel manoscritto adespota, non è (ila un poenui
su Manno Fa/ieri^ ma è invece appunto un poema di lui. Egli
diede inoltre il contenuto dei due poemi. Più tardi John Schmitt
fece conoscere un nuovo manoscritto (-), che comprende le poesie
del Falier, e ne trasse la fine del poema incompleto nel Cod.
Ambros. Y. 89, p. sup. (•'), e pubblicò inoltre dallo stesso mano-
scritto (') un poema adespoto, ma dovuto certamente al Falieri,
come dimostrano lo stile e la lingua [^). Del Falieri sono proba-
bilmente altre poesie erotiche contenute nel Cod. Neap. UT, B. 27
da f. 118 a f. 121 e a f. 124 v. ('■).
II.
L'opera di Marino Falieri, se per il contenuto poetico è poco
importante, è però notevole, perchè se ne può fissare, con grande
approssimazione, Tetà e perchè ne conosciamo l'autore. Né questo
(1) K. Ki'umbacht'i', GescliichW dei' bijzi(nti>iisrlten Litteratur. Er^to
Autiage, p. 408.
(2) Cod. Neapol. Ili, B. 27.
(3) Nel Cod. Neapol. eit. esso porta il titolo loTopia xoù <l>a?vXL£pou.
La parte mancante nell'Ambr. coiiipronde 22 versi, sicché il poema ha in
tutto versi 718.
(4) Cod. Neap. B. 27, f. 121 v.-12-t r.
(5) Johu Schmitt, ^oly]\i.'x àvéxSoTO -oò Maptvou «l'aX'.ipr;, in AsÀtóov Tf;g
ioTopixyjj xat ètì-voXoyix'^; 'Etocipiag xTy; ^EÀXaòoc, IV (1892), p. 291 ss.
(6) Un terzo codice che contiene la I'' poesia del Falieri è il Vallicidl.
C. 46, f. 411-424 (ctV. Krumbacher, (jexcìiìrìdc der hijz. Litterutiir^ IT' Au-
flage, p. 820j col titolo noi-/)iia xoO s'jysvcaxatou àpj^ovccg jiiaèp Mapó <ì>aÀ'.£pou.
256 A. scRiNzi (4)
è poca cosa, perchè ben si reputerebbero felici i bizantinologi se
potessero sapere almeno altrettanto di molti poeti della letteratura
bizantina. Eiservandomi di trattare del contenuto dei poemi del
Falieri, quando potrò intraprenderne la stampa, antecipo qui il ri-
sultato delle mie ricerche intorno all'autore.
Il Legrand (/) non si curò di ricercare chi fosse l'autore dei
poemi compresi nell'Ambr. Y. 89, sup. anzi erroneamente credette
che il primo poema riguardasse Marino Falieri, ma non fosse già
a lui dovuto. Il Krumbacher (-) s'accontenta di ritenere che il
nome del famoso doge non sia che l'impresa di un anonimo, il
quale, per alcune forme dialettali, si palesa Cretese. Lo Schmitt {^)
si domanda se il Nostro era uscito dalla famiglia del Doge o se
aveva assunto il nome " àizò xavivoc Eaxouaxò oóvisxvo xaO-wc; auvspatve
xóxe? ; -b Ssuiepo e^vat tcoVj TtiiVavÓTSpo. „ Lo ritiene dunque più pro-
babilmente come un pseudonimo e, pur riconoscendo dalle forme
linguistiche, che il poeta dovette vivere in Creta, pensa eh' egli
non fosse già un Veneto, ma schietto Greco, conile s'appalesa nelle
idee {^).
Questa affermazione dello Schmitt è, a mio giudizio, molto
arrischiata. Già lo stesso Schmitt più innanzi è costretto a rico-
noscere che allora in Creta ogni persona mezzanamente colta ca-
piva e parlava l'italiano, anzi pensa che il Nostro avesse dinanzi
agli occhi, insieme con altri modelli greci, anche qualche modello
italiano. Aggiunge di non voler ricercare se il concetto di Amore
nelle poesie del Falieri derivi da quello di Esiodo e di Anacreonte
0 non più tosto sia ritornato in Grecia dopo lungo vagare su ter-
reno italico da Vergilio a Petrarca (s). Però l'allegoria e la de-
(1) Legrand, op. cit. p. LXII.
(2) K. Krumbacher, GescMchte der hyz. Liti. I*" Aufl. p. 409, IP Anfl.
p. 821 : " Ueber die Porson des Verfassers ist niclits bekannt : vielleicht
ist dor berillimte venezianische Naine nur Aushangcschild eines Anony-
mus. „
(8) John Schmitt, 1. e. p. 294.
(4) Schmitt, ibid. " Aèv cpadvsxa'. va rjxav Bsvsxóc:, àXXà axèg i^isc; xou
5ìij(vsi awaxòg Tcoiiatoc. „
(5) Schmitt, ibid. p. 301. " Fià xojpa 5èv ègsxa^oiae àv ó "Epwxag xoO
^aX'.épvj y.KxaYsxa!, pvjxòxc à7i:ò xòv "Epwxa xoQ 'Ha'.ó5oo, y\ xa>.r,x£pa xoù 'Ava-
-/.péovxoc;, vi àv sxaiis xà sTitaxpó-^;'.» xoò axr/v 'EÀXa5a ó Amor, uaxspa àTiò \òz%
yupiap-axa oxò ixaÀ-.xò s5aq:o5, à.iio xb BcpYiX-.o axòv IIsxpcépxY]. „ Tutto questo
(5) POESIE INEDITE DI MAKINO FALIEEI 257
scrizione di Sogni è soggetto comune a tutto il Medievo anche
bizantino, come appare dall' "Atcóxotios e dalla Tó;j.a i)-pr]V7jTcxv') di
IIcxaTÓpoc;.
Non essendo ancora pubblicati gli altri due poemi del Falieri,
accenno qui brevemente al contenuto del poema pubblicato dallo
Schmitt, dal quale io credo sia facile dimostrare la dipendenza
di esso da quel ciclo di idee cavalleresche intorno all' Amore, ai
Castelli d'Amore ecc., le quali ispirarono molti poemi occidentali,
e fra altri VAinorosa Visione del Boccaccio (').
Il poeta addormentato sogna di vedere una donna (la Donna
del ])oeta) accompagnata da un bambino armato di arco e di freccio
bagnate di sangue proveniente dal cuore umano
V. 19 oleq èE, ai[j.oi.xoc, xapScài; [x' è'pàvrjaav ox' fjaav.
I due siedono sul letto del poeta. La donna ordina al bam-
bino di tirare una saetta. Il poeta per lo spavento si desta (o
meglio crede d'essersi destato) e si rivolge alla donna chiedendole
chi sia il suo compagno. Ella gli dice che è Amore. Egli corre a
fargli riverenza, tutto tremante. Amore, ridendo, narra d'essere
stato mandato dal Primo Amore
V. 54 àuè xòv IIpwxov "Epo)xa ai aàv à-KoaxcCk^ivoc,
e poi racconta come la ragazza (del poeta) si sia presentata nel
Castello d'Amore dinanzi al Primo Amore
tratto è riportato dal Krimibacher, Geschtchte der hyz. Litt. p. 821 : " Die
hier sich lebhaft aufdràngende Frage, ob der Vorstellungskreis der Lie-
besbiirg, des Eros u. s. w. direkt aus dem Altgriechischen stamine, oder
ob Amor nacli ali seineu Wandlungen von Vergil bis Petrarca von itali-
sehem Bodeii nach Griechenland zuriickgekehrt sei, muss gegenwàrtig nodi
als eine offene betrachtet werdeii. „
(l) Intorno all' intlueiiza della letteratura cavalleresca occidentale
sulla letteratura neo-ellenica cfr. Gidel, Études sur la littérature grecque
moderne. Imitatiuns en grec de nos romans de chevalerie depuis le XII
siede. Paris, 1866 ; sopratutto i capitoli 27-55. Cfr. anche R. Nicolai, Ge-
srhirJde der nengriech. Litteratur. Leipzig, 1876, p. 76 : " Eine besondere
Pflege fand die romantische Diehtung vornelimlich auf Kreta, Rhodos
etc. . . . Diese durch die Abcnteuer der abendlandischen Ritterwelt ge-
weckte literarisclic Thatigkeit . . . wcitcrhin vermittelt durch Italica,
Venedig uiid Coifu iind dureh die Pocsien von j5ofrr/cao. Pulci, Boiardo
etc
258 A. scEiNzi (6)
V. 67 aòxecv' fi xópY] fjpO-e <\)oC. axrjv 'Epwxoxpaxta
■K y]upe xòv IIpcoxov "Epwxa \i' oìaiv xyjv auvxpocpta
per lagnarsi; perchè essendo essa isc itta pure fra i servi d'Amore
da sedici anni, perchè innamorata d'un giovane egregio, il quale
pareva pure che l'amasse veracemente, ora lo vede darsi ad altri
amori. Se questo è il volere del Primo Amore, glielo dica per-
chè ella lo sappia e possa piangere la sua sorte. Il Primo Amore
la consola, rassicurandola intorno all'amore del suo diletto. Il poeta
s'allieta al racconto, s'accosta a lei e sta per baciarla (M, quando
vien bussato alla porta. Il poeta corre ad aprire, entra la Moira,
che augura ai due
V. 113 ^wr], X'^?^ '^'^'' T^^^^'' 'collìri vàyexe.
In quel mentre si mette a cantare il gallo, il poeta si sveglia
e gli sfugge l'amorosa visione.
Egli invano grida
V. 119 a; xo'.;7.rj9-(ì) [j.e xo'jxyjv xyjv òI'K'Xoc.
\iri va Y^P^''^Ti 'c^vstpo . xixoio y.'y^h 5àv soSa (-)
egli non vede più la Moira né la ragazza che già teneva stretta
fra le sue braccia e si sfoga in lamenti, finendo con esortazioni
ai giovani innamorati
V. 129 Aomòv xò ^^ya xò cppr/xòv "Epwxa va xt;7.0'j;/.e
yx àXko 5èv e/w va aà; tcò) axrj p'';7,a ttoO otyoOy.at.
Io non intendo qui esaminare più minutamente i singoli passi
del poemetto, ma anche da questo breve riassunto mi pare giusti-
ficata r idea di riconnetterlo al ciclo delle poesie occidentali, pro-
(1) Cfr. Boccaccio, IJ Amorosa Vinionc, cap. XLIX v. 40 ss.
(2) Cfr. Boccaccio, ibid. v. 66 ss.
Oiniè, dicendo, ove son io stato
Con tanta gioia ? Ora fosse piaciuto
A Dio, eh' io non mi fossi mai svegliato,
E in cotal gioia sempre sare' suto :
Ancor mi fora leggiero il dormire,
Se più tal don mi fosse conceduto.
(?) POESIE INEDITE DI MAEINO FALIEEI 25^
venzali, francesi, italiane, dovute all'influenza cavalleresca (i). Ed
anche lo Schmitt aveva riconosciuto che il v. 108 :
'Al àv r^aouv <pfóvi[jLOc; ttote, xwpa tò %-i\t'.c, Ssc^ec
corrisponde al Dantesco
Qui si pana la tua nobilitato.
III.
Gli autori, che trattarono finora di queste poesie, non si
curarono di ricercare notizie intorno all' autore, poiché persuasi
naturalmente che non fosse qui questione del Doge Falier, furono
senz' altro condotti a credere, che sotto quel nome si celasse un
anonimo. Io invece sapendo che un ramo della famiglia Falier
abitò per secoli nell' isola di Candia, e che molti altri originari
veneti si resero benemeriti della letteratura neoellenica (-) e più
specialmente della letteratura cretese (-^l, pensai di ricercare se
(1) Così aveva riconosciuto il carattere del poemetto già lo Schmitt ;
cfr. op. cit. pag. 300 : " io 'Epwxóy.aaxpo xocì yj 'EpcoxoxpaTta sìva', y.aS-toc; cf ai-
vexai, xò Chàteau d'amour xwv raÀÀcov xai npojBévx^àXcov. „ Intorno ali' in-
fluenza esercitata da Venezia per la diffusione delle ideo cavalleresche
in Creta vedi le osservazioni del riavvdpYjg, ITspì 'Epwxoxp-Ixoo xaì xoù ttoiy;-
xoO aùxoù. 'Atì-. 1889, p. 25 ss.
(2) Mi basti qui ricordare l'autore del poema 'Epwxóxp'.xo;, Vincenzo
Cornaro di Sitia, il quale fu dal Kopavjj chiamato o "0|j.i';po; x-^; yuòaix^S
cptXoXoYtag. Pei'ò l'eruditissimo Satlias nel giornale 'Eaxóa del 2 giugno 1885,
n. 492, espresse i suoi dubbi riguardo alla possibilità che r'EptoTóxptxos
sia stato scritto da un 'Evsxóxpvjc, riducendo quasi a nulla la parte avuta
dal Cornaro nella redazione del poema e scrivendo " à Sé Kopvàpog àv-
x'-Ypoc'^ag r/ xac èÀacfpò):; 5'.aaxsodaag xò TipwxóxuTiov TipoasS-Yiy.s xvjv sv xsÀs'. (xoù
TioiTjijiaxoc;) Si^Àcoaiv aùxoù. „ Nel n. 592 del 1 maggio 1888 pure dell' 'Eaxia
il Sathas, mantenendo in generale queste sue osservazioni, chiama T'Epto-
xóxp'.xos una " 'A9-Yìvar/.7]v ÈTioTiouav. „ Tutto questo però non regge, come
fu dimostrato dagli studi del Fiavvapvi; nell' opera citata nella nota seg.
(3) Cfr. Fiavvocpr^c;, IIspL 'Epwxcxpixou xaì xoù tioitjxoù aùxoù. sv 'A9-Yjva'.g
1889, pag. 25 " [iéya si \iy\ xò TzXeìaxov |ispo; xwv sYxa{)-£axa,u.£V(ov 'Evsxcbv sl^ov
TJSvj èxxp7jx'.a^)•■^ xaxà XTjv yXwaaav. Aia xòv Xóyov xoùxov àTravx&iisv sv xot; -4:1X0X0-
Ytxols Xsi'l^dvoig XYj; xóxs sv.oyrfC, -oXXob^ "WkXr^vixc, auyypacpel; 'IxaXixà òvó|iaxa
cpspovxaj. „ E in nota continua : " ToloOtol IxaXojvoii.oi KpTjXYjg aijyypa-4;Et;
xaL XóytOL àva-^épovxai oùx òXiyo;, w; Xóyou X^P-'^ ^ r.o'kbc, <!>,': ayxiaxoc (ftpav-
260 A. SCEINZI (8)
intorno all'epoca, alla quale ci riconducono i poemetti del Nostro
vivesse in Candia un discendente della famiglia Falier col nome
di Marino, al quale quindi sia da attribuire con tutta probabilità
queste povere poesie.
È noto come le genealog-ie delle famiglie nobili Veneziane
residenti in Candia sieno state compilate con grandissima diligenza
dal N. H. Giannantonio Muazzo (i), col titolo " Cronico delle fa-
miglie Nobili Venete che habitarono in Regno di Candia o man-
date in colonia o capitate con altre occasioni sino al tempo che
il Regno stesso passò sotto il Dominio dei Turchi, con le discen-
denze di quelle che ripatriate in detto tempo s' attrovano tuttora
in Venezia, 1670 „ (^).
x^saxoc) Tlópxoc, 'Aiappóa'-o; rpaòsvtyoj, Mapivo; Tl^ocvs^ nTrouviaX-^c;, Md5t,iJ.cc;
Mo'jpY^óv'.oc, Mopt^lvo; Vj Mopo^ìvor, axoÀàp)(y); sv 'HpaxÀsiw, xy.i tioXXoì àXXoi. „
Qui vuol essere ricordato anche Girolamo Donato ohe fu Duca di
Candia nel 1508 e che un poeta contemporaneo, MavóXYj iy-ÀccPou, loda
per eloquenza nel poemetto intitolato : 'H aujicpopà tyjs KprjxTjj èv f,(; ylyo-
vsv Toù lisydÀou aetaixoù (sic)
V. 97 et/aiiEV Souxav \ xòv y.a'.pòv rspa)VU|JLOV Tovdòo
5day.a?.o Xéyw pY/Xopav, xai t' o'^oiid. xou àSoj.
Cfr. Wagner, Carnima (jraera medii aevi, 1874, p. 56. Di Girolamo Do-
nato è una bellissima lettera diretta a Pietro Contariui, nella quale de-
scrive eifìcacemente il terremoto. Cfr. Flaminius Cornelius, Creta Sacra^
IT, p. 408. Per la Apolof/ia del Pontificato Romano, scritta dal Donato
in greco e più tardi volta in latino, cfr. Flaminius Cornelius, Creta Sa-
cra, 11, p. 400; Agostini, Istoria degli .scrittori veneziani, II, p. 217. Qui
andrebbe ricordato anche Alvise Lollini di nobile famiglia abitante in
Creta morto nel 1626 vescovo di Belluno; cfr. Flaminius Cornelius, Cre^a
Sacra^ II, 441 ss. Egli durante la lunga .assenza dalla patria, torna sem-
pre col pensiero e col desiderio all' isola dalle cento città :
Salve iuventae cìiara a nutrix meae
Superba centuni Creta claris urhihus
(Aloysii Lollini, Carminmn Libri IV. Venetiis, MDCLV, p. 25). Altrove
si lagna del fato
qui neyat Gortynios
Nobis penates, Adrianos dat libens
Priscae unde c/entis satiip.simu.s' primordia
(ibid. p. 155). Contro i calunniatori della sua patria isola stampò un'A-
pologia col titolo : Heneto-Creta.
(1) Vedi intorno al Muazzo : Foscarini, Letteratura veneziana, Padova,
1752, pag. 331, nota 318 ; E. Cicogna, Iscrizioni veneziane. III, p. 391 ss.
(2) L' autografo è nella Biblioteca Bertoliana di Vicenza in due vo-
(9) POESIE INEDITE DI MAEINO FALIEEI 261
Io mi valg-0 della copia conservata al Museo Civico Correr
fra i Mss. Cicog-na sotto il numero 2883 (3662) {^). Ora a pag;. 138 v.
è l'albero genealogico della famiglia Falier, che comincia col doge
Yitale e che qui riporto solo per il ramo che ci interessa :
Vidale Falier, doge 1084
I
Anzolo Proc.''
Piero A.
Questo andò in Candia, i cui discondenti si vedono qui all'incontro (pag.
139 r.) negli Arbori portati in giudizio l'anno 1573. Si chiamano di Candia.
lumi segnati G. 1, 11, 6-7, colà pervenuto per dono dei sigg. Fedele e
Domenico fratelli Lampertico. La scrittura infatti, da me riscontrata, è
siniilissima a quella di altri autografi del Muazzo. Per la storia di questo
autografo è da vedere la seguente Nota apposta al Cod. Marc. Class. YII,
n. 196, il quale da pag. 259 r. comprende il Cronico del Muazzo :
" Il manoscritto autentico del quale (Muazzo) tutto di suo pugno si
ritrova appresso al N. H. Andrea Cappello fu q.'" Girolamo, fu q.'" Zuanne
Procur. (la S. Lunardo. Copiato da me Pietro Foscarini fu q.*" Z. Antonio
fu q.'" Piero fu q.'" Antonio l'anno 1711 nel mese di Xbre. „
Più sotto è una nota di E. Cicogna, die continua così :
" e l'originale ch'era dal Cappello posseduto, è ora (1852), se non
isbaglio, con altri autografi del Muazzo nella Biblioteca della Regia Città
di Bassano. „ Il sig. Giovanni Crivellar! assistente presso la Biblioteca
Comunale di Bassano, pregato da me, gentilmente mi comunicò, non esser
vero che colà sia conservato il Cronico autografo del Muazzo, poiché solo
una parte della biblioteca Cappello pervenne a quella Civica Biblioteca
mentre il rimanente finì nella Bertoliana di Vicenza. E invero il Ms. della
Bertoliana proviene dalla casa Cappello in Castigliano (B^issano), secondo
una notizia che debbo alla cortesia del Senatore Fedele Lampertico, al
quale mi pregio presentare qui pubblici ringraziamenti.
(1) Do le indicazioni delle copie da me consultate :
Yicenza. Bibl. Bertoliana. Ms. G, l, 11, 6. Ms. cartaceo del sec. XVII.
Tratta della famiglia Falier da pag. 89 v. a 91 r.
Vicenza. Bibl. Bertoliana. Ms. G, 1, 11,7, non numerato. È una copia
abbreviata del precedente.
Venezia. Bibl. Marciana. Ital. CI. VII, 196, da carta 259 r. Copia di
Antonio Foscarini, 1711.
Venezia. Bibl. Marciana. Ital. CI. VII, 124.
Venezia. Museo Civico Correr, Mss. Cicogna, 2883 (3662). Copia au-
tenticata dal Notaio di Veglia Girolamo Gori, 30 aprile 1788.
Venezia. Museo Civico Correr, Mss. Cicogna, 2884 (3663). Copia auten-
262 A. SCEINZI (10)
E a pag. 139 r. :
A.
Piero Falicr q.'" Vidal,
OA'cro q.™ Anzolo Proc.'' detto di Candia
1
Marco
I
Mieli iel
1
Marco
Marin Miclii(d
Fi'ancesco feiinii, femm. fomiii. feiiiin.
feimii. Marin
Zuanne
Questo è I' ultimo morto in Candia per la cui morte si apperse il caso a
favore delli Falieri di Venezia, nacque però Littiggio tra 8er Francesco
Fallar q.™ Zuanne q.™ P^'rancesco et Ser Marco Corner q.™ Michiel Figlio
di una Fallerà q.™ Marin q."' Marco q.™ Michiel, ma prevalse il Falier,
et questo andò in Candia, hebbe il Possesso de Beni, et i suoi Posteri
fino alla terza generazion li godeva, sino che i Turchi ruppero i Fidei-
couiissi a forza di Scimitarra.
Noi abbiamo quindi trovato nella genealogia dei Falier di
Candia due Marini. Io credo che si possa e deva senz' altro ri-
tenere che uno de' due sia veramente l'autore delle poesie che ci
occupano. È vero che lo stesso Muazzo scrisse (^) : " S'attrovorno
al tempo della Guerra (cioè tra 1645 e il 1669) molti non Nobili
(Falier) habbitanti in Candia, quali vivevano civilmente, et erano
residui di quelli a'quali per la Ribellione 1364 fu levata la No-
biltà et i beni, condannati et tag-lizati, et alcuni di essi passarono
doppo la perdita della Patria ad habbitare in Venezia. „ Però se
ticata dallo stesso Notaio Gori, Veglia, BO gennaio 1787 /nore veneto. È
una riduzione del precedente, senza cioè le notizie storiche.
(1) Muazzo, Cronico ecc. Mss. Cicogna, 2883 (3662), p. 136 v.
(11) POESIE INEDITE DI MARINO EALIEEI 263
noi prestiamo fede all'intestazione del poema g) del Legrand, 'Ioto-
pta xac ovstpo toO sòyevsaxàxou ap)(ovxos xupt'ou Maptvou
OaXtépou ed anche alla chiusa del primo poemetto f) del Legrand,
V. 281 1^ pt'y.a xoO OaXtspou
xàcpévxTj xoù [v-taàp Mapl xoO TcaXatoO xoO y^po'J (0?
facilmente ci persuadiamo che l'autore era nobile, anzi feudatario,
come si devono interpretare le parole eùyevéoxaxo; àp)(cov (-). Inoltre
il nome Marino che è relativamente comune nella famiglia Falier,
secondo l'abituale perpetuarsi dei nomi nelle famiglie nobili, è meno
frequentemente adoperato presso altre famiglie. Io credo quindi
che il nostro poeta sia da identificare con uno dei due Marini so-
pradetti. Tutto invero vale a giustificare la mia asserzione. La
lunghissima permanenza in Candia (per 4 generazioni nei ri-
guardi del primo Marino di Marco, rispettivamente di 6 genera-
zioni per Clarino di Francesco) loro permetteva la perfetta co-
noscenza della lingua greca e più specialmente del dialetto cre-
tese, mentre, d'altro canto, le relazioni continue con la patria e
quindi colle letterature occidentali li facevano accessibili alle idee
cavalleresche intorno all'Amore, ai Castelli d'Amore ecc., che ap-
paiono anche nelle poesie del Nostro.
Crederei poi che si possa con grande probabilità avventu-
rarsi a scegliere fra i due Marini. Marin di Frane, sposò nel 1496 (3)
D. Cecilia Falier, dovette quindi fiorire nella I'^ metà del secolo
decimosesto ; Marin di Marco invece sposò nel 1408 D. Fiorenza
Zen (*) di Ser Piero, e morì (•^) nel 1446. Ora almeno due ma-
noscritti che comprendono le poesie del FaUeri sono dalla P' metà
(1 ) Questo poemetto nel Yallicelliano C. 46 ha pure il titolo : n&ivjiia
xoù EÙYSveaxàxot) 'dpyovioc, jiiaèp Mapl <i>aXispoo.
(2) I feudi dei Falier in Creta appartenevano nel sec. XIII al Se-
stiere di Santi Apostoli, come appare dai Catastica Feudormn, Archivio
del Duca di Candia, Mappa VII. 1. nel R. Archivio di Stato di Venezia.
Cfr. E. Gerland, Das Archiv des Herzoys von Kandia. Strassburg, 1899,
p. 79.
(3) Marco Barbaro, Genealogie nobili venete. Museo Civico Correr,
Mss. Cicogna, 512, voi. III. p. 241 v.
(4) Barbaro, ibid. p. 242 v.
(5) Barbaro, Genealoffie. Museo Civico Correr, Mss. Cicogna, 547, p.
157 V.
264 A. SCRINZI - POESIE INEDITE DI MARINO FALIEEI (12)
del secolo XVI (^). Ma perchè si possa pensare alla diffusione
ed alla trasmissione letteraria di questi poemetti, è ragionevole
presupporre uno spazio di tempo abbastanza lungo. Io quindi pro-
pongo di riconoscere come autore delle poesie Marino q.™ Marco
q."^' ]\Iichiel q."^ Marco q.™ Piero Falieri, il quale abitava nel 1434
nella città di Candia e possedeva un villaggio di nome Isiago,
in cui erano più di 70 famiglie e un monastero di 40 monaci di
religione greca ortodossa, officiato da due preti greci, per la suc-
cessione dei quali ebbe a rivolgersi al Senato di Venezia, come
sappiamo da un documento (^).
( 1 ) Cod. Ambros. Y. 81), p. sup. Cfr. Krunibacher, Geschichfe der hi/z.
Liti.' p. 820 e Legrand, BibUothèque gr. vulg. II, p. LX ; Cod. Neapol. Ili,
B. 27. Cfr. Schmitt in AsXxiov T^g lax. 'Exaipiag, 1892, p. 291.
(2) R. Archivio di Stato di Venezia. Senato, Misti, Reg. 59, p. 55 v.
[1434] Die X. Junii. Quod concedat viro nobili ser Marino Faletro
quoniUmi ser Marci habitatori Candide quod cum habeat unum suum
Casale vocatum de Isiago in quo habitant LXX familiae et ultra, et etiani
in dicto Casali sit unum Monasterium, in quo habitant 40 Moniales, et
in eo soliti erant stare duo presbiteri Greci, qui mortui sunt, propter quo-
rum mortem divina officia celebrari nequeunt. Quidam Georgius Cuta-
gioti filius quondam prothopape Manoli Cutagioti, et quidam alius Geor-
gius etiam Cutagioti tìlius pape Michali possint examinari in locis nostris,
et reperti sufficientes, ordinari papates sive presbiteri secundum morem
Grecoium prò officiando ipsam Ecclesiam et in Casali predicto mini-
strando ecclesiastica sacramenta et mandetur Regimini Crete, quod de
hiic causa bene se debeat informare, et si sic esse repererit, permittat
fieri quod requiritur.
De Parte — 16
De Non — 48
Non sinceri — 15.
(Licenziata per le stampe il IS yennaio 1900)
Atti del Realk Istituto Vrneto di scienze, lettere ed artl
Anno accademico 1899-900 - Tomo LIX - Parte seconda.
GLI INSCRITTI NELLE UNIVERSITÀ
E NEGLI ISTITUTI SUPERIORI DEL REGNO
NEL SESSENNIO SCOLASTICO DAL 1893-94 AL 1808-99
NOTA
DEL PUOI'. CARLO F. FERRARIS, m. e.
(Adummza dd 30 dicnithre 1800)
La statistica degli inscritti, studenti ed uditori, nelle Università
e negli Istituti superiori del Regno, che ora presento, abbraccia un
intiero sessenio scolastico dal 1893-94 al 1898-99. Il materiale
ne fu tratto dal Bollettino ufficiale del Ministero della pubblica
istruzione, dagli Annuari delle Università e degli Istituti, e da in-
formazioni procuratemi direttamente dalle rispettive direzioni e
segreterie, dalle quali ottenni anche schiarimenti e correzioni per
le notizie tratte dalle altre fonti ricordate.
La statistica comprende le Università, gli Istituti superiori e
le Scuole, che sono legalmente pareggiate a quelle pei diplomi
che conferiscono, e rappresenta il concorso al momento della chiu-
sura delle inscrizioni, cioè nei primi mesi dell'anno scolastico.
Gli enti considerati dipendono dal Ministero della pubblica
istruzione, tranne le Università libere, e le due Scuole superiori
di agricoltura di Milano e di Portici dipendenti dal Ministero di
agricoltura, industria e commercio : ed ho comprese queste Scuole,
perchè esse hanno, per effetto del R. Decreto 16 settembre 1896,
n. 441, ordinamenti identici a quelli della Scuola agraria annessa
alla R. Università di Pisa, e dal 1892 (pel R. Decreto 3 luglio
1892, n. 373) rilasciano, come questa, il diploma di dottore in
scienze agrarie, cosicché sono di fatto istituti di istruzione supe-
266 e. r. FEEEAiiis (2)
riore propriamente detta e forse non è lontano il giorno in cui
verranno anche legalmente a farne parte, collegandosi organica-
mente, come la scuola di Pisa, a qualche Università o a qualche
Istituto superiore.
Quali scopi mi sia proposto con questa statistica voglio farlo
noto, riportando in parte quanto scrissi nello scorso anno. Essi sono
tre :
1", rendere le notizie comparabili da istituto ad istituto, per-
chè è notorio che non tutti risultano degli stessi elementi. Alcune
Università hanno quattro Facoltà (anzi quella di Napoli ne ha
cinque, essendo ivi distinta la Facoltà di matematica da quella di
scienze fisiche e naturali), altre tre, altre due, altre una sola. Al-
cune hanno annesse scuole di ingegneria, di veterinaria e di agraria,
le quali in altre sedi sono autonome o in tutto e per tutto o solo
amministrativamente, cioè conservando qualche legame didattico
e disciplinare col maggior istituto, e così via dicendo. Inoltre que-
ste stesse scuole non sono costituite tutte in modo eguale ; ad
esempio la Scuola di applicazione di Torino ha tre sezioni : in-
gegneria civile, ingegneria industriale, architettura ; mentre quelle
di Bologna, di Eonia, di Napoli e di Palermo hanno la prima e
la terza, quella di Padova soltanto la prima. Quindi è scorretto
comparare senz' altro le cifre da istituto ad istituto, e perciò ho
voluto presentarle distribuite in modo da rendere agevoli e sicuri
i confronti ;
2", fornire un criterio per giudicare dell'importanza (esclusa
quella didattica, che qui non è in questione, tutti essendo pari da
tale aspetto) dei singoli istituti. Sarebbe certamente fallace voler
misurare tale importanza alla sola stregua del numero dei discenti
che vi si agglomerano, ma questo è pure un elemento per valu-
tarla, specialmente perchè l'entità del numero degli inscritti di-
versifica i bisogni : l'ampiezza dei locali, il numero delle cattedre
(ad esempio^ per eventuali duplicazioni), la copia del materiale,
variano o dovrebbero variare secondo quel numero, senza contare
poi che il lasciar senza titolare certi insegnamenti fondamentali
arreca nelle Facoltà numerose per discenti maggior danno che nelle
altre ; così pure alcuni insegnamenti complementari, ma pur uti-
lissimi per l'alta coltura, non dovrebbero mancare in istituti molto
frequentati ;
3°, riconoscere, nelle oscillazioni del numero degli inscritti,
le tendenze, sia generali verso l'istruzione superiore; sia speciali
(3)
GLI INSCEITTI NELLE UNIVEESTTA ECC.
267
verso determinati ordini di studi superiori ; e su questi punti spe-
cialmente bramo volgere l'attenzione eolla seguente breve illustra-
zione dei prospetti.
Confrontiamo per prima cosa il concorso agli studi superiori,
cioè il numero degli inscritti, col numero degli abitanti. Siccome
la cifra effettiva della popolazione presa per base è quella cal-
colata dalla nostra Direzione generale di Statistica pel 31 dicem-
bre di ciascun anno, e la cifra effettiva degli inscritti è, come di-
cemmo, quella trovata al momento della chiusura delle iscrizioni,
la quale avviene di regola nel dicembre (le iscrizioni nei mesi
successivi danno uno scarso contingente ed hanno carattere ec-
cezionale), così le cifre si corrispondono cronologicamente e si
possono legittimamente confrontare le une colle altre. Ne risulta
il seguente prospetto :
Popolazione calcolata
al 31 dicembre
anno 1 cifre elletlivc
inscritti
anuo scolasi. | cifro ollellivc
Inscritti
per
100,000
abitanti
189.-5
30 724 319
1893-94
21870
71,2
i894
30 913 036
1894-95
23 257
75,2
1895
31 101 762
1895-96
24 123
77,6
1896
31 290 490
1896-97
25 321
80,9
1897
31 479 217
1897-98
25 598
81,3
1898
31 667 946
1898-99
25 519
80,6
Si scorge agevolmente dalle cifre proporzionali come il nu-
mero degli inscritti sia cresciuto in misura più rapida che non il
numero degli abitanti fino all'anno scolastico 1897-98 : poi de-
crebbe, diguisachè la cifra dell'anno scolastico 1898-99 è inferiore
non soltanto a quella dell'anno scolastico precedente, ma anche a
quella dell'anno scolastico 189G-97.
Ci si rivela dunque un fatto notevole : la popolazione ha for-
nito, nell'anno scolastico 1898-99, un minor numero di candidati
268
e. ¥. FEREAEIS
(4)
agli studi superiori, che non nei due anni scolastici precedenti :
così possiamo considerare quell'evento come sintomo di una ten-
denza nella popolazione diversa da quella prevalsa per lo innanzi.
E che questa tendenza esista ci è confermato anche dall'esame
delle cifre degli inscritti contenute e confrontate fra di loro nel
seguente prospetto:
Anno
scolastico
Numero
degli
inscritti
Aumento in confronto
coli' anno scolastico
1893-94
assoluto I relativo
Aumento -f-
0 diminuzione -
in confronto
coir anno
scolastico
precedente
1893-94
1894-95
1895-96
1896-97
1897-98
1898-99
21870
23257
24123
25321
25598
25519
—
100,0
1387
106,3
2253
110.3
3451
115,8
3728
117,0
3649
116.7
-r 1387
4- 866
-f 1198
-f 277
— 79
Il numero degli inscritti nell'anno scolastico 1898-99, se fu
ancora assai maggiore di quello dell'anno 1898-94, ed anche, ben-
ché in minor misura, degli anni seguenti fino al 1896-97, pre-
sentò invece una diminuzione rispetto all'anno precedente, il 1897-
1898. Già l'anno scolastico 1897-98 segnava un rallentamento nel
crescere progressivo degli inscritti : nel 1898-99 il rallentamento
si convertì in diminuzione. È poca cosa, trattandosi di appena 79
individui su 25519 inscritti : ma combinato coll'altro fatto pur ora
avvertito, può ben considerarsi come non trascurabile manifesta-
zione di un convincimento, che sembra ornai divenuto generale,
essere cioè soverchio il concorso agli studi superiori e realmente
in eccesso rispetto alla misura in cui è sentito nel nostro paese
il bisogno di professionisti liberali o almeno di certe categorie di
tali professionisti. E vedremo che il miglioramento è qualitativa-
mente assai pili importante, che non appaia da quelle cifre.
Il prospetto, che ora segue, ci mostra in che modo si è di-
stribuita la popolazione scolastica nei vari ordini di studi.
(5)
GLI INSCEITTI NELLE UNIVERSITÀ ECC.
269
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1
270 e. F. FEKEABIS (6)
La diminuzione del 1898-99 rispetto al 1897-98 fu cospicua
negli studi di g-iurisprudenza (225), di notariato e pei procuratori
(24), di medicina e chirurgia (214), di scienze matematiche — sia
per la laurea in matematica (49), sia per il primo biennio di in-
gegneria (13), — di lettere e filosofia (66), del triennio di inge-
gneria nelle scuole di applicazione (90) : e una leggiera differenza
in meno si ritrova anche per le scienze fisiche (3). Quindi la di-
minuzione si avverò specialmente nella massima parte degli studi
che portano ai supremi gradi accademici : sommando insieme le
relative cifre, si arriva al non piccolo totale di 084 : e così il
movimento di discesa appare, negli studi prima troppo afi'ollati,
assai più forte che non lasciasse supporre la cifra complessiva
della diminuzione ricavata dal precedente prospetto.
Ne questo miglioramento qualitativo, reale ed efficace, nella
distribuzione della popolazione scolastica è perturbato dall' essere
in aumento il concorso agli studi di chimica pura (20) e di chi-
mica e farmacia (71), e pei diplomi professionali, cioè ostetricia (77)^
farmacia (325), medicina veterinaria (HO). Anzi devesi dire il
contrario. Infatti i cultori della chimica pura, oltreché nell' inse-
gnamento, possono trovar impiego nelle industrie ed è quindi de-
siderabile che ne cresca il numero in proporzione all'incremento
industriale del paese. Gli studiosi di chimica e farmacia sono alla
loro volta in gran parte persone^ che, pur volendo attendere alla
professione farmaceutica, si numiscono di coltura piìi estesa ed
anche di un titolo, che li faccia superare nella gara della concor-
renza i farmacisti muniti di semplice diploma professionale ; e così,
dopo la laurea, contribuiscono a tener alta la dignità della profes-
sione, portano nei rispettivi comuni maggior corredo di cogni-
zioni chimiche, che possono diffondere (e questo giova in particolar
modo nei comuni rurali per le applicazioni nell' agricoltura), ed
infine si aprono la via ad eventuale impiego nelle fabbriche di
prodotti chimico-farmaceutici. Il crescente numero poi degli aspi-
ranti ai ricordati diplomi professionali di ostetricia, farmacia e ve-
terinaria, è conseguenza di un bisogno effettivamente sentito :
in molti comuni, particolarmente nei rurali, quei professionisti
scarseggiano ancora, e su tal punto l'applicazione della legge sul-
l'igiene pubblica del 22 dicembre 1888, n. 5849, non è ancora
compiuta: quindi perchè in tale parte, come è da augurarsi, la
legge possa produrre, come in altri rami ha già prodotto, piena-
mente i suoi benefici effetti, occorre appunto che gli Istituti su-
(7) (ILI INSCRITTI NELLE UNIVERSITÀ ECO 271
periori forniscano un copioso e ben istruito personale di levatrici,
(li farmacisti e di veterinarii.
Due soli punti neri, del resto assai lievi, ci offre il ])rospetto:
un aumento negli inscritti per le scienze naturali (20), una dimi-
nuzione neg-li inscritti per l'agraria (24). Dovrebbe essere proprio
tutto il contrario ! Perchè, mentre i buoni e sapienti cultori e
maestri delle discipline agrarie scarseggiano, sovrabbondano i cul-
tori e maestri delle scienze naturali ; questi poi possono trovar
impiego soltanto nell' insegnamento, mentre quelli hanno aperta
dinanzi anche la larga strada degli impieghi nelle aziende agrarie,
ora in continuo perfezionamento. Siccome però le cifre del ses-
sennio confrontate le une colle altre lasciano scorgere, che l'au-
mento degli inscritti per le scienze naturali tende a rallentarsi
(quello del 1898-99 è inferiore all'aumento verificatosi negli anni
precedenti), mentre la diminuzione degli inscritti per le scienze
agrarie avvenne soltanto nell' ultimo biennio dopo un precedente
assai rapido aumento, così non è improbabile che le cose si mani-
festino in un modo diverso e più soddisfacente nell'avvenire.
Abbiamo visto come gli inscritti nelle scuole di ingegneria
siano scemati notevolmente se si considerano in totale. Però, sic-
come nelle scuole d'ingegneria si attende ad un triplice ordine
di studi, è bene analizzare meglio il fenomeno, per il che il ma-
teriale ci è fornito dal seguente prospetto :
, . . . , . . Aumeuto 4- o diiii. —
Inscritti \^»o Aulo Auuo Addo nell'anno scoi. 1898-99
i^,il ,i;.>l<,..,.. ,i; scolastico scolastico scolastico scolastico ìj, fAnlmnln pnll'annn
Ingegnere civile . . 816
ingegnere industriale -Ilo
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41
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Totale 124S 1338 1401 134() — 98
La diminuzione duu(]ue si è verificata per gli aspiranti ai
diplomi di ingegnere civile e di architetto, mentre invece gli aspi-
ranti al diploma di ingegnere industriale sono in continuo au-
mento. Ed è bene che così sia. Gli ingegneri civili e gli archi-
tetti sovrabbondano, ne ad occuparli tutti basta il movimento edi-
lizio delle grandi città, tantopiù essendosi rallentati i lavori pub-
blici in generale e in ispecie le costruzioni ferroviarie e i lavori
catastali. Invece gli ingegneri industriali cominciano ad essere assai
272 ■ e. F. FEEEAEIS (8)
ricercati ; essi sono altrettante forze scientifiche, le quali contribui-
ranno ad accelerare il perfezionamento (leirai!,ì'icoltura e lo sviluppo
dell'industria nel nostro paese, che di entramlie le cose sente ne-
cessità imperiosa.
Ho poi voluto tentare, come negli scorsi anni, ma ora con
mao-giore larghezza, una ricerca sul concorso ai singoli ordini di
studi secondo le regioni. Il dato statistico fornisce, se non altro,
un sintomo delle diverse tendenze regionali e qualche elemento
per lo studio dell' influenza che gli altri fenomeni sociali e gli
ordinamenti scolastici possono esercitare sulla coltura intellettuale.
La cifra della popolazione presa per base è quella calcolata
dalla nostra Direzione generale della Statistica pel 81 dicembre
1898.
Limitai l'indagine : 1°, alle quattro Facoltà classiche, perchè
sono meglio distri])uite sul territorio nazionale ed hanno carattere
precipuamente scientifico ; restano escluse quindi le Scuole di In-
gegneria, di Yeterinaria, di Agraria, di Farmacia, di Notariato,
di Ostetricia, vuoi autonome, vuoi annesse alle Università ; le Scuole
dei tre primi ordini di studi sono molto disugualmente ripartite
e non permettono confronti regionali ; tutte poi soddisfano princi-
palmente a bisogni pratici ; 2», agli inscritti nel triennio scolastico
1896-97, 1897-98 e 1898-99 : il comprendervi gli anni anteriori
avrebbe resa l'indagine molto faticosa senza alcuna sensibile va-
riazione nei risultati.
Ilo diviso il paese in cinque parti : 1", lf(ili(( seitentrionale,
con sei istituti, le Università di Genova, di Padova, di Pavia, di
Torino, l'Accademia scientifico-letteraria di Milano e l'Istituto tec-
nico superiore (soltanto per gli inscritti nella scuola preparatoria,
corrispondente al primo biennio della Facoltà universitaria di
scienze matematiche, e nella sezione normale per la fisica, chimica
e scienze naturali) pure di Milano ; 2", Italia ceiifrale, con dodici
istituti, le Università di Bologna, Macerata, Modena, Parma, Pisa,
Koma, Siena, Camerino, Ferrara, Perugia, Urbino e l'Istituto su-
periore di Firenze ; 8", Italia meridionale continentale, colla sola,
ma grande Università di Napoli ; 4", Sicilia, con tre istituti, le
Università di Catania, Messina e Palermo ; 5°, Sardci/zta^ con due
istituti, le Università di Cagliari e di Sassari.
(9)
GLI INSCEITTI NELLE UNIVERSITÀ ECC.
273
Avverto che pel dato sulla popolazione ho compreso nell'Italia
centrale anche l'Abruzzo (non il Molise), cioè le tre provinole di
Aquila, Chieti e Teramo, che ormai profittano più degli istituti
delle altre proviiicie confinanti che non di quelli di Napoli (Vedi
il prospetto a pag. 10).
Dal prospetto risulta che quanto al concorso nei singoli or-
dini di studi ed in proporzione al numero rispettivo degli abitanti
le cinque grandi regioni si dispongono nel seguente modo :
Numero
d'ordine
Facoltà
di
Giurisprudenza
Facoltà
di Medicina
e Chirurgia
Facoltà
di Scienze
matematiche,
fìsiche
e naturali
Facoltà
di Lettere
e Filosofia
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Sardegna
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Le cause che determinarono la varia misura regionale del con-
corso sono molteplici. Cercherò di indicarne taluna che mi sembra
possa considerarsi come più certa.
1.0 Italia settentrionale. Il concorso alle Facoltà giuridica e
medica, che è il minimo del RegnO; vi è rallentato dal maggior
progresso agricolo, industriale, commerciale, il quale permette a
molti di volgersi alle professioni economiche pratiche ed alle li-
berali di carattere tecnico (i numerosi allievi delle grandi scuole
di ingegneria di Torino e di Milano, che da sole tengono più
della metà di tutti gli allievi ingegneri, sono in maggioranza set-
tentrionali). Siccome a queste professioni gli studi di scienze ma-
tematiche, fisiche e naturali si congiungono con più stretto vin-
colo, così vediamo, a differenza delle due Facoltà accennate, assai
cospicuo nella regione il concorso alla Facoltà di scienze, al quale,
come pure a quello (però assai più basso) della Facoltà di lettere e
filosofia, contribuisce, specialmente nelle provincie venete, un forte
contingente di futuri insegnanti. Importante e caratteristico è il
274
e. F. FEEKAEIS
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(11) GLI INSCEITTI NELLE UNIVEESITÀ ECC. 275
fatto che agli studi g-iuridici la cifra di concorso è veramente
esigua: che la maggior coltura e ricchezza sieno un freno allo
spirito litigioso e distolgano da quegli studi, i cui cultori devono
in gran parte volgersi all'esercizio dell'avvocatura ? Il minor con-
corso agli studi medico-chirurgici può anche spiegarsi col fatto
che i comuni della regione sono già abbastanza forniti di perso-
nale sanitario. Inoltre occorre tener presenti due circostanze : la
popolazione non è soverchiamente agglomerata, ma neppure so-
verchiamente sparsa, quindi non sono troppi i centri o le frazioni
locali : i molti e buoni mezzi di comunicazione rendono meno sen-
tito in generale il bisogno di aver professionisti legali e medici
distribuiti in tutti tali centri o frazioni locali : e tutto ciò confe-
risce a scemare il numero di quei professionisti.
2." Italia centrale. Qui troviamo i massimi del Eegno per le
Facoltà di giurisprudenza, di scienze matematiche, fisiche e na-
turali e di lettere e filosofia, e il secondo posto, ma con cifra assai
alta, per la Facoltà medica. Si sarebbe disposti a riferire questo
fatto ad una causa, che chiamerò artificiale, il grande numero di
istituti, i quali colla loro vicinanza allettano gli abitanti agli studi
superiori. E tale circostanza ha certamente molta influenza, ma
non le attribuisco efficacia preponderante, perchè, almeno per le
Facoltà giuridica e medica, anche la regione meridionale conti-
nentale ha cifre molto elevate, benché conti una sola Università.
È inoltre notevole come il concorso, così cospicuo, sia equamente
distribuito fra tutti gli ordini di studi. Crederei quindi che, oltre
al numero grande degli istituti, conferisca a quel risultato innanzi
tutto la natura delFingegno di quelle popolazioni, che mostra at-
titudini molto svariate e si piega duttilmente alle varie discipline.
Si aggiungono parecchie altre circostanze : vi è la capitale, che
attira molti agli studi anche da altre regioni ed ha nel suo seno
stesso un gran numero di giovani, come ad esempio i figli di im-
piegati e di appartenenti agli alti corpi legislativi ed amministra-
tivi dello Stato, i quali per la tradizione familiare si volgono in
gran parte agli studi superiori, per entrare poi anch'essi negli im-
pieghi e, in ogni caso, per esercitare professioni liberali ; vi è il
preponderare in tutta la regione della ricchezza agricola, che non
soltanto distoglie dagli studi superiori teorici meno degli interessi
industriali e commerciali, come avviene nell'Italia superiore, ma anzi
vi spinge largamente, perchè in generale i maggiori proprietarii
fondiai'ii prendono il titolo accademico, benché lo considerino solo
276 e. F. FERRARIS (12)
come ornamento o preparazione alle cariche pubbliche locali e po-
litiche, ed i proprietarii medii congiungono l'esercizio professionale
alla cura della propria azienda ag-raria : vi è la popolazione meno
agglomerata che non nell' Italia superiore e nella meridionale, ed
essa quindi richiede maggior copia di professionisti per soddisfare ai
bisogni dei più numerosi e sparsi centri locali : vi è un impulso tra-
dizionale verso la coltura intellettuale, che, soffocato dai passati
governi almeno in molta parte della regione, va ora maggiormente
esplicandosi e ricupera rapidamente il tempo perduto ; vi è infine
qualche istituto che ha speciali cause di concorso, come l'Università
di Pisa per la scuola normale, ove vengono anche da altre regioni
studenti per le Facoltà di scienze e di lettere.
8.0 Ifalia meridionale (■oiiiinentaìe. Le eccezionali agevolezze
e il copioso materiale, che l'Università di Napoli presenta per gli
stwdi medici, vi hau sempre tenuto molto alto per questi il con-
corso, a cui contribuiscono anche provincie non napoletane ; ne è
a trascurarsi, che la professione medica procura in quella regione
notevoli guadagni, e non vi è ancora in adeguata misura sod-
disfatto il bisogno di personale sanitario in molti comuni, ove le
condizioni igieniche sono infelici ed alte le cifre della mortalità,
specialmente per malattie infettive. Alla Facoltà giuridica guidano
pure speciali circostanze : una tendenza tradizionale, e non del tutto
socialmente proficua, della popolazione agli studi legali, il pre-
stigio e i lucri dell'avvocatura, il preponderare della grande pro-
prietà agricola, i cui possessori scelgono la laurea più facile e più
utile in pari tempo come avviamento alla vita amministrativa lo-
cale, alla politica ed alla diplomazia. Invece meno viva è la ten-
denza agli studi di scienze matematiche, fisiche e naturali, forse
perchè meno attiva vi è la vita economica, a cui quelli si rianno-
dano, e forse perchè meno in genere adatti alle qualità dell' in-
gegno meridionale. Sorprende però lo scarso concorso agli studi
filosofici e letterarii, a cui invece l'ingegno meridionale è così pro-
penso ; ma forse alquanti cultori regionali di essi si recano in altre
Università o dell'Italia centrale o della Sicilia.
4.0 Sicilia. Qui cooperano più cause a determinare il cospicuo
concorso : il numero relativamente grande degli istituti, la densa
popolazione e l'agglomeramento suo nelle città e sulle coste tirrena
e ionica, ove esistono le Università, il prevalere della proprietà
agricola, specialmente della grande, che agisce nel modo già sopra
indicato. È pure notevole come il concorso sia uniformemente di-
(13) GLI mSCEITTI NELLE UNIVEESITÀ ECC. 277
stribuito fra i varii ordini di studi, fatto che già notammo pel-
r Italia centrale ; e anche pella Sicilia concorre a tale risultato,
oltre al numero degli istituti, che sono tutti completi colle quattro
Facoltà classiche, anche la natura dell'ingegno che, senza presentare
attitudini eccezionali, si piega e volge con buon successo alle varie
discipline. Esiste per verità un fatto che perturba alquanto la ma-
nifestazione normale del concorso regionale agli studi, perchè un
certo numero di giovani siciliani preferisce per gli studi medici
l'Università di Napoli a quelle dell'isola, cosicché alle Facoltà me-
diche di Messina e Catania il concorso è stazionario ed a quella di
Palermo è in forte diminuzione; viceversa una corrente di studiosi
delle altre materie dalle Calabrie varca lo Stretto e frequenta le
Università siciliane della costa jonica. Queste circostanze influiscono
certamente a deprimere la cifra totale regionale del concorso alla
Facoltà medica, mentre ingrossano le cifre delle altre tre Facoltà:
qumdi normalmente la prima dovrebbe apparire alquanto più alta,
più basse invece le altre. Ma la proporzione del duplice fatto
non è tale da togliere valore alle osservazioni generali poco in-
nanzi formulate. Inoltre, siccome senza l'elemento calabrese il con-
corso alla Facoltà giuridica sarebbe minore, così appare che l'in-
gegno siciliano è meno del napoletano proclive agli studi giuridici.
E pure considerando come ingrossate dall' elemento calabrese le
cifre della Facoltà di scienze e della Facoltà di lettere e filosofia,
tuttavia esse sono così superiori (quasi del doppio) a quelle del-
l' Italia meridionale continentale, da lasciar supporre nell'ingegno
siciliano in confronto del napoletano una maggior tendenza verso
le scienze matematiche, fisiche e naturali, ed anche verso gli studi
letterari, ai quali forse sospinge l' ambiente, così ricco di grandi
memorie e mirabili monumenti dell'Antichità classica e del Medio
Evo arabo e normanno.
5.'^ Sardegna. Qui le condizioni sono alquanto anormali. Nel-
l'isola manca la Facoltà di lettere e filosofia : ve ne è una sola,
ed assai monca, di scienze matematiche, fisiche e naturali ; è quindi
naturale che i pochi studiosi dati dalla scarsa popolazione si vol-
gano di preferenza ai due ordini di studi, i giuridici e i medici,
che soli sono costituiti in modo soddisfacente. Si aggiunga che la
tradizione chiama non pochi studiosi sul continente, il che non
permette di trarre dalle cifre relative all'isola un giudizio alquanto
sicuro sulle locali tendenze verso l'alta coltura.
Mi sarebbe assai gradito se altri più esperto di me e mi-
278 e. F. PEERAKIS - GLI INSCRITTI ECC. (14)
gliore conoscitore delle varie regioni prese singolarmente volesse
confermare, completare, correggere, confntare, se occorra, le opi-
nioni che mi son permesso di esprimere a s])iegazione delle cifre.
Dalle cifre complessive per tutto il Eegno risulta che, fatte
le proporzioni a centomila abitanti, il concorso è di 20.21 inscritti
per la Facoltà di giurisprudenza, di 21.54 per quella di medicina
e chirurgia, di 8.02 per quella di scienze matematiche, fisiche e
naturali, di 5.08 per quella di lettere e filosofia. Tali cifre non
sono però compa* abili fra loro, perchè, durando il corso nella Fa-
coltà medica un sessennio, mentre nelle altre dura soltanto un
quadriennio, si aduna naturalmente nella prima maggior copia di
inscritti. Per rendere le cifre comparabili, bisogna ridurre di un
terzo, cioè a 14.36, quella per la Facoltà medica : ed allora si
può conchiudere che il massimo concorso si riscontra pegli studi
giuridici (20.21), poi vengono gli studi medici (14.36), poi gli
studi fisico-matematici (8.02), e infine gli studi filosofico-letterarii
(5.08) ; le cifre così rispecchiano e riassumono le varie tendenze
e i varii impulsi derivanti dalle condizioni e dai bisogni indivi-
duali e sociali sopra esposti.
Seguono le tavole particolareggiate, nelle quali, sotto il nome
generico di Facoltà, sono comprese anche le sezioni degli Istituti
e delle Scuole superiori corrispondenti alle Facoltà universitarie,
perchè vi si impartiscono gli stessi insegnamenti e si conferiscono
gli stessi gradi accademici.
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7
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13. Pisa ....
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14. Roma . . .
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15. Sassari . . .
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16. Siena. . . .
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11
17. Torino . . .
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631
632
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72
67
73
64
50
46
II. U.MVERSITÀ
LIUERE
1. Camerino .
81
84
45
59
40
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2. Ferrara . .
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3. Perugia . .
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4. Urbino . . .
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24
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—
—
-
1
IH. Scuole
CNIVERSITARIE
ANNESSE AI LICEI
1. Aquila . . .
—
—
_
_
_
_
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3
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2. Bari ....
—
—
—
—
—
—
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12
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3. Catanzaro .
—
—
—
—
—
—
15
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6
18
25
IV._ Scuole
w Notariato
1. Firenze . .
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-
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LAUREA IN MEDICINA
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Inscritti neir
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2. Cagliari . .
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5. Messina . .
134
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123
123
127
48
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48
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48
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7. Napoli . . .
1893
1988
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1815
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1768
333
219
303
212
2i9
210
8. Padova . .
336
384
389
412
419
418
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79
89
121
130
122
9. Palermo . .
261
323
360
374
360
468
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74
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59
57
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10. Parma . . .
206
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171
155
150
144
63
56
69
63
44
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11. Pavia . . .
503
530
521
534
519
501
75
76
72
84
96
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12. Pisa ....
215
225
232
243
214
217
37
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34
40
45
32
13. Roma . . .
503
564
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524
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81
108
106
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99
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14. Sassari . . .
47
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65
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61
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2
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15. Siena. . . .
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16. Torino . . .
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741
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117
139
118
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II. R. ISTIT.SUP.
DI Firenze .
290
286
288
316
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264
67
72
60
55
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HI. Univ. libere
1. Camerino .
33
44
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65
49
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2. Ferrara . .
14
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13
15
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16
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3. Perugia . .
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25
18
24
31
30
31
4. Urbino . .
—
—
-
—
—
—
21
19
31
33
28
39
IV. Scuole univ.
1. Aquila . . .
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_
_
_
20
21
13
21
18
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2. Bari ....
—
—
—
32
30
25
21
12
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3. Catanzaro .
—
—
-
-
—
—
7
11
5
4
3
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V. R. Scuole
DI Ostetricia
1. Milano . . .
_
226
219
236
226
252
259
2. Novara e
Vercelli . .
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52
55
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55
50
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3. Venezia . .
Totale
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(19)
GLI INSCRITTI NELLE UNIVERSITÀ ECC.
283
lY. Facoltà di Scienze mafemcitiche, fisiche e iKifiiro/i
Prospetto r
nscritt
1 noli' anno se
olastico
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I. R. Università
1. Bologna
2. Cagliari
3. Catania
4. Genova
5. Messina
6. Modena
7. Napoli
8. Padova
9. Palornio
10. i'anna
11. Pavia
12. Pisa
13. Roma
14. Torino
II. R. Istituto superiore di
Firenze
III. R. ISTIT. TECN. superiore
m Milano
IV. UxiVERSITÀ LIBERE
1. Ferrara
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Totale
di cut uditoi-i
286
233
266
192
168
20
22
15
18
16
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172
194
175
193
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204
189
237
236
251
235
259
366
349
334
340
335
42
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25
31
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(20)
Y. Facoltà (li Scienzp mafcniafichr, fisi die e naiìirali
Prospetto 2°
Insoi'itti neir anno scolastico
g, -i^ / pei' hiurea in matcnia-
S i \ tica
per ingegneria (1° bien-
nio (li Facoltà) . . .
Scienze fisiche
Scienze chimiche (per laurc^a
in chimica pura) ....
Scienze naturali
Totale
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1. Regie Uxivkrsità
1. Bologna
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94
81
81
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65
2. Catania
79
72
79
76
57
55
3. Genova
58
60
56
50
44
51
4. Messina
m
63
58
57
45
34
5. Napoli
208
228
215
266
241
244
6. Padova
175
187
211
210
184
152
7. Palermo
46
57
80
80
114
81
8. Pavia
32
41
45
52
44
36
9. Pisa
81
88
88
83
74
61
10. Roma
256
260
208
236
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194
217
209
212
188
173
11. Torino
212
II. R. Istituti Superioki
1. Istituto sup. (li Firenze .
165
170
153
140
137
124
2. Accademia scientifico-let-
teraria di Milano . . .
Tot;ile
92
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67
(21)
GLI IXSCHITM XELLE UNIVERSITÀ ECC.
VII. ScimÌK di Farmac/ii
285
PKK I.Al'KK
inscritti noli' anno seolastico
l'EK llirLCJMA PRIl
Inscritti noli' aiin(
i. ItKCUK
l'xiVKRSITÀ
1. Bologna . .
2. Cagliari . .
3. Catania . .
4. Genova . .
5. Messina . .
6. Aioilfna . .
7. Xaiiuli . . .
8. Padova . .
9. Palermo . .
io. Parma . . .
H. Pavia . . .
12. l'isa ....
13. Roma . . .
14. .Sassari . . .
15. Siena ....
16. Torino . . .
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111 I''lltH.\ZK. .
HI. Univ. LIBERE
1. ("ainerino .
2. Ferrara . .
3. i'erngia . .
4. l'rl)ino . , .
IV. SCUULK
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1. Acinila . . .
2. ISari ....
3. Catanzaro .
Totale
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13
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2SU I'. F. FEIiliAHIS - GLI INSCRITTI NELLK UNIVERSITÀ ECC. (2L')
Vili. Scuole sperhil! di Tii(/C(/iierìa, Veterbuìria ed Agraria, nuUmome ari iiiiiiesxe aììe Viiicci:iit(i
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264
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114
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112
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134
230
143
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355
149
218
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4) Sraion
(21 Sezio
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[. Scuole hi in(^K(;xehia
A. R. Istit. tecn. di Milano (M
(con 3 sezioni) (-)
1*. R. Scnole di Applicazione :
1. Torino (aut. con 3 spz.) (-) . .
2. a) Bologna (aut. con 2 sez.) (■')
ft) Napoli (iti.)
r) Roma (id.l
3. aj Padova (univ. con 1 sez. I(')
bj Palermo (id. con 2 sez.) ('' ) .
C. Primo anno della Scttola nelle
R. Università di :
a) Genova
b) Pavia
<■) Pisa
Totale
i/i mi ìiillfori
il. 8(.:U(iLK
III Medicina VKTi-.iìiNAiti\
1. aj Milano (autonoma) . . .
W Napoli (id.l . . .
rj Torino (id.) . . .
2. «^Bologna (universitaria)
bJ Modena
r) Parnni
dj Pisa
B. Libere :
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(id.l
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(iil.l
Totale
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III. Sl^UOLE DI AtìHAlìIA
A. Universitarie :
a) Pisa (regia)
i^ Perugia (libera)
JB. Autonome ;
«v» Milano (regia)
''>PertJci (iil.i
105
181
132
140
232
174
191
44
58
105
T<»ialc
'/ aiìitnri
iascritli nel liicuuìo prcparaloiio o nulla sraie
ia iiidiislriiile e di arcliilettufa, — (3) Sezioni
civile
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73
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—
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132
225
139
152
39
59
155
66
302
41
Atti del Reale Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti.
Anno accademico 1899-900 - Tomo LIX - Parte seconda.
ALLEANZE ZOOLOGICHE
PAOLO LIOY, M. E.
(Adunanza <h'l :>() (/irembre 1899)
Tutti lamentiamo che le ore liete nei campi siano spesso turbate,
oltre che dalle solite intemperie, da piccoli malfattori, i quali con
periodiche comparse tra le feste primaverili si affollano a posti di
combattimento. Contro a peronospore, a oidi, a diaspidi, in agguato
contro a vigneti e a gelsi, fa mestieri prepararsi alla difesa con
soffietti e con pompe che ai magazzini rustici danno aspetto di
ambulanze chirurgiche. Bruchi, chiocciole e altri roditori di radici,
di foglie, di fiori, mandano all'assalto avanguardie fameliche : sugli
agrumeti appaiono appena visibili i vermiccioli giallognoli delle
cocciniglie che fatte adulte si sceverano in maschi forniti d' ali,
di zampine, di lunghe antenne, e in femmine sprovviste d' ali,
sovente anche d'occhi e di piedi, e armate di lunghi rostri che
configgono sui rami.
Sudici brulicami di afidi si addensano sui giovani rampolli
dei meli, dei pruni, dei ciliegi, sui cespi dei carciofi, dei fagioli,
dei poponi, danneggiando nelle diverse stagioni i freschi bottoni
di rosa, e deturpando più tardi fino i pomposi crisantemi predi-
letti ora dalla moda come nell'arte i versi dei simbolisti e dei
decadenti. Gli afidi, come tutti sanno, sono formati da famiglie
verdognole o brune o bianchicce, tra le quali in primavera e in
estate spuntano solamente le femmine vergini prive d'ali e gene-
ratrici d' altre vergini vivipare, cosi da poter ciascuna in pochi
mesi dare nascita a bilioni di pronipoti. Soltanto verso l'autunno
appajono come alati amorini i maschi, e con essi le vere madri
288 p. LioT (2)
che fecondate nascondono le ova tra le grinze delle foglie e dei
rami.
Sui traici delle viti, fra i grappoli nascenti, s'annidano con-
quistatoli i piccoli bacherelli delle cochilidi, i quali poi all' avvi-
cinarsi della vendemmia attaccheranno gli acini d'uva. Altri bruchi
accorrono a invadere i meli e a spogliarli, finche poi quando non ne
restino che rami nudi, alcuni penzolando come funamboli da fili di
seta scendono per buttarsi ad altro bottino, o coprono l'albero di
tende cineree donde più tardi da bozzoletti candidi sgusciano le
iponomeute, farfalUne argentee, picchiettate di punti neri e ge-
neratrici d'ova che custodite sotto le cortecce ripeteranno lo scempio
nella nuova annata.
Meno male che nei laboratori di crittogamia e di entomolo-
gia agraria, a Roma, a Torino, a Firenze, a Pavia, a Portici, si
studiano come da provvide vedette le mosse dei piccoli vandali. A
Portici, Antonio Berlese pubblica appositi bollettini di guerra, e
invita chiunque a spedirgli coi malfattori le foglie, i semi, le frutta
guaste, offrendo consigli, istruzioni, ricette ; i suoi rimedi sono rac-
comandati sino in America da C. L. Marlatt nelle Xofes oh In-
secf/cides^ e per gli agrumeti ne è diffusa la fama dal nostro mezzo-
giorno alla Spagna e alla Grecia.
Le irrorazioni, gli strofinamenti, gli schiacciamenti, i raschia-
menti col guanto di Sabatier, offrono contro alle miriadi di questi
piccoli nemici mezzi di distruzione nìunericamente assai più effi-
caci di quelli inventati per le battaglie tra uomini e uomini. Per
rendere queste ultime meno micidiali disputarono tanto i diplo-
matici riuniti all'Aja e senza trovarsi d'accordo ! Nel campo della
biologia è assai più formidabile il nemico pel numero. E nella
guerra spesso vi si corre innanzi alla cieca, distruggendo coi
nemici gli amici.
Ci stanno schierate intorno infinite genti (come le chiamava
Omero) appena visibili, o invisibili come le scariche dei fucili a
polvere senza fumo, genti che nella zuffa per vivere rappresentano
intorno a noi il heUum omnium confra omnes, e che combattono di-
sputandosi il banchetto della vita, divorandosi reciprocamente, cer-
cando alloggio e nutrimento nelle viscere gli uni degli altri. Divisi
in turbe fameliche invadono 1' aria, il terriccio, ogni pianta, dal
fungo alla quercia, ogni provvista dell' uomo, dal grano al mo-
sto, alle carni, alle frutta. Spadroneggiano nelle case, succhiano
il sangue, disturbano i sonni, dispensano i contagi, tormentano
(3) ALLEANZE ZOOLOGICHE 289
gli armenti, viaggiano di giorno e di notte, e dovunque sono in-
tenti a sfamarsi, a generare, a perpetuarsi gli uni alle spese
degli altri.
*
Nei profondi meandri della vita universale è assai più diffi-
cile orientarsi che negl'intricati labirinti della politica; pure anche
in essi, spiando tra viluppi di complicate correlazioni e d'anta-
gonismi, si arriva ad accorgersi del bisogno d' una sagace diplo-
mazia, la quale conduca a cercare alleanze nel mondo pigmeo per
opporre tra potenza e potenza forza alla forza.
Guai a voler considerare tutti i numerosissimi popoli lillipu-
ziani quali nostri nemici. Si sa bene che molti compiono la mis-
sione di necrofori sbarazzando e ridonando alla vita universale le
spoglie abbandonate dalla morte. Altri si fanno vindici delle deva-
stazioni di predoni, o a turbe infinite vagano da corolla a corolla,
aiutando l'avvicinarsi di stami e pistilli, o portando e dispensando
le polveri fecondatrici. Il vecchio Scopoli prima e poi IMacquart
descrissero tutta una Flora entomofila, poi Federico Delpino con
la dicogamia vegetale penetrò nei misteri più intimi fra gli alati
pronubi e le nozze floreali.
Ma quante sorprese in queste ricerche, e quanti anelli d'im-
pensate parentele ! Sono cose notissime ai naturalisti, ma è sempre
utile diffonderne la conoscenza fra gli agricoltori e gli amici dei
campi. T naturalisti sanno, per esempio, che Darwin fece giu-
stamente risalire la fecondazione propizia nelle viole e nei trifogli
alle pecchie, le quali succhiando il miele da fiore a fiore recano
di qua e di là i pollini ; ma dei nidi sotterranei di codeste pecchie
sono ghiottissimi i topi campagnoli, e quando questi si moltiplicano
le pecchie diventano rare, restandone sterili in grande numero i
fiori non più visitati. Quale protettore può allora soccorrere le
nozze incompiute ? L'eroe di Raiberti, il gatto, eterno nemico dei
roditori. Ma altre protettrici possono a loro volta favorire Tester-
minio dei topi, e sono le tenere allevatrici dei gatti le eroine del
romanzo della signora Marlitt, le vecchie zitelle, rese così, mal-
grado dei loro scrupoli, ajutatrici degli amori dei fiori.
Yere collane di anelli intrecciati !
E a non tener conto d'uno di cotali anelli, la più accorta di-
plomazia zoologica non si raccapezzerebbe più, o perdendo la bus-
290 p. LioY (4)
sola intopperebbe in equivoci madornali. Un bel discorrere, per
esempio, della convenienza assoluta di proteggere i cantori alati
dei boschi : la protezione è utile è buona anche per pietoso senso
educativo nella tutela dei nidi, e dovrebbe esercitarsi nei valichi
alpini ove le uccellande distruggono carovane intere di pennuti
emigranti ; ma leggi troppo severe, che impedissero la propaga-
zione di tutti codesti pretesi innocenti, infliggerebbero peggiori
disfatte ai campi, agli orti, ai boschi, ai vigneti.
Piccola caccia è infatti quella che danno gli uccelli agi' in-
setti erbivori, e caccia grossa quella che essi danno agi' insetti
carnivori ; gli uccelli insettivori (e al momento dei nidi anche al-
cuni granivori, come le passere) distruggono truppe d'insettacci
nocivi, ma ne distruggono anche di utili. E questi sono peggio
esposti ai colpi di becco, poiché non vivono rimpiattati, come gli
altri, sotto a cortecce o a foglie, ma volano all'aperto, girano, si
lasciano vedere e colpire assai più che non accada ai tranquilli
vegetariani. Infatti, come dimostrò il prof. Camerano, nello sto-
maco degli uccelli insettivori si trovano resti sempre prevalenti
d'insetti carnivori.
Un po' di spiedo non può fare che bene, dicevo una volta
ai miei amici Torelli e Marsh, mentre l'uno fecondo apostolo d'ogni
opera buona, l'altro, autore del bellissimo libro Man and Nature^
invocavano per gli uccelli tutele esagerate. E ora davvero non v'è
più naturalista, che non abbia studiato soltanto sui libri, il quale
non giudichi illusoria la fede nella pretesa utilità agricola degli
uccelli insettivori. Achille Griffini ne scrisse recentemente una
confutazione completa (/ naturali ausiliari del colticatore, Torino,
1899\
Contro ai ditteri malarici che hanno larve acquatiche si in-
voca la moltiplicazione delle larve acquatiche delle libellule, o
quella dei ditisci e degli idrofili, grossi coleotteri che possono chia-
marsi i pescicani degli stagni. In Germania i guardiani delle fore-
ste si addestrano a favorire la moltiplicazione degli icneumonidi,
delle tachinarie e di altri piccoli insettucci volanti, i quali fanno
stragi dei peggiori bruchi marioli dei boschi. Negli Stati Uniti il
dott. Howard coltiva e aiuta la moltiplicazione di coleotteri (No-
vius card/nalis) distruttori d' altri insetti nocivi agli agrumenti,
riuscì a difiFonderne in California, e ne spedì in Portogallo dove il
ministero d' agricoltura si propone di propagarli.
(5) ALLEANZE ZOOLOGICHE 291
OflFrono alleanze preziose anche i più infimi animalucci invi-
sibili 0 appena visibili a occhio nudo. Tali sono i trombidi, minu-
scoli acari, molti dei quali, adulti, stanno rimpiattati sotto a pietre,
sotto a tronchi d'alberi, fra muschi o sull'erba ; le larve vi aspet-
tano l'occasione propizia per scegliersi alloggi viventi su libellule,
su ragni, su afidi, su mosche. Una specie, già osservata in Italia, dal
Trentino a Civitavecchia, si attacca alle zanzare e ben merita
d'essere spiata per vedere se favorita dalle stagioni possa entrare
benefica in scena nel dramma doloroso del quale adesso gli ano-
feli sono giudicati protagonisti.
Vero che fra gli acari parecchi hanno pure pessima fama,
non solo per le sconce malattie delle quali furono denunziati attori
a Francesco Eedi da Cosimo Buonuomo e da Giacinto Cestoni (e
forse assai prima da Santa Ildegarda badessa nel monastero di
Rupertsberg), ma perchè attaccano cani, cavalli, polli, e perchè
anche nella Campagna Romana inoculano nei bovi la febbre detta
del Texas coi ripicefali ora ivi determinati dalla sig."-^ Foa.
Le larve d'una specie di trombidio conosciuta volgarmente
coi nomi di pulce rossa, di rouget, di bète d'aout, d' aoute, si ag-
grappano talvolta anche al vestito di chi passeggiando sull'erba
è costretto dall' acre prurito ad accorgersi di averle pigliate. Si
fissano sulla pelle con uncini aderenti ai peli : fin dodici ne trovò
Dumeril alla base d'un capello di bimbo.
Anche fra le umili piante crittogame parecchie che si mol-
tiplicano a nostro vantaggio meriterebbero protezione non meno
attiva della guerra con cui ne combattiamo altre nocive. Ve ne
ha tra le entomoftore che soffocano cattivi insetti avvolgendoli in
vegetazioni mortifere ; le isarie ammazzano vespe e maggiolini,
le empuse producono morìe nei falansteri ove gli afidi alternano
le interminabili generazioni virginee e nuziali, altre uccidono i
bruchi verdi delle bianche farfalle dei cavoli, altre, come s'è visto
intorno a Roma, appestano le schiere fameliche delle locuste.
Pochi anni or sono altre specie di empuse (E. ni lisca' e niu-
scivora) ingenerarono nelle mosche una vera epidemia che ho de-
scritta negli Atti della Società Italiana di Scienze Naturali ; le
nostre moleste commensali e inquilino ne morivano a frotte, en-
fiate, invischiate sulle pareti, sulle mense, sui vetri. Una specie.
292 p. LiOT (6)
VEmpusa culicis, vive parassita sulle zanzare e fu osservata anche
nei dintorni di Roma. Perroncito scoprì nelle larve e nelle forme
alate degli anofeli le varie fasi di una micosi intestinale prodotta
da una specie di oscillane^ micosi che in poco tempo uccide le
zanzare avvelenatrici. E magari se insieme coi trombidi le em-
puse e le oscillarie potessero pullulare feconde così da portare
la pestilenza nelle piccole furie notturne.
Una volta Y umanità sofferente domandava ai regni animale
e vegetale rimedi fantastici. 8ino dai tempi di Ovidio si chie-
devano filtri amorosi alle cantaridi, e in giorni non lontani il dott.
Groneweld ne espiò la prova nelle prigioni di Newgate. Le ceneri
delle zanzare erano raccomandate nel secolo duodecimo per guarire
l'empetigine. Fama antichissima di flebotome salvatrici accompagnò
sino a noi le mignatte delle quali Orazio diceva
non missurte cutem nisi plcn» cruore.
Soltanto da pochi anni il loro mestiere è in ribasso: imputate d'es-
sere propinatrici d' infezioni (veggasi il recente studio del dott.
Caterina) finiranno probabilmente con diventare arcaiche come le
lancette dei salassatori.
Si mendicavano farmachi sino da unguenti di lucertole e da
brodi di vipere, e appena adesso va scomparendo dall'uso l'elet-
tuario famoso che, composto dai medici di Mitridate e perfezionato
da Andromaco medico di Nerone, giunse a noi col nome di Te-
riaca. Esso nella sua composizione, fra gli antidoti proclamati salu-
tari anche contro al veleno delle vipere, conteneva succhi estratti
da carni di vipere.
Ora, anche contro il morso delle vipere si cerca V immunità
nel vaccino ; e nel vaccino estratto da che fonte ? Da agarici, da
ammaniti, da tartufi, e da altri funghi mangerecci o venefici. Il
dott. Phisalix {Comptes rendus de la Soc. Bioì. Dee. '98) in più
di duecento esperienze su conigli e su porcellini d'India vide i vac-
cinati tollerare dosi mortali di veleno viperino, e morirne i non
vaccinati.
Può ormai ben dirsi che l'uomo, dall'epoca in cui si è sparso
incivilito nel mondo, divenne un nuovo an:ente ffeoloffico : mutò
(7) ALLEANZE ZOOLOGICHE 298
le faune e le flore, tagliò istmi, congiunse oceani, perforò mon-
tagne. Adesso estende la sua alta sovranità sul mondo degli es-
seri inferiori e degli invisibili. Vaccini e sieri immunizzatori non
sono infatti che alleanze nelle quali la difesa è affidata al nemico
posto di fronte al nemico ; essi rappresentano episodi artifiziali
della grande legge per cui l'equilibrio dei viventi si mantiene con
la reciproca distruzione, agiscono come nei nostri globuli sanguigni
i fagociti vigili e sempre pronti a impadronirsi dei batteri omi-
cidi e a annientarli, vincendoli ogni volta che fanno a tempo
d'impedirne la diffusione delle tossine.
Così mentre spiriti miopi osano proclamare la bancarotta della
scienza, questa sventola la sua bandiera trionfante su infinite mol-
titudini delle quali erano ignote l'esistenza e la forza, scopre vite
e amori e lotte in ogni goccia d'acqua, in ogni bolla d'aria, in ogni
stilla di sangue, in ogni atomo, e tratti dal mistero i nuovi es-
seri, dopo d'averli conosciuti protagonisti di terribili drammi, vuole
farseli schiavi. E siccome le idee di piccolezza e di grandezza
sono soltanto relative, il tentativo di asservire la potenza dei pic-
coli, a vantaggio dell'uomo, rappresenta nella storia dell'umanità
il riflesso dell'antico trionfo a cui sino da epoche preistoriche giun-
sero i proavi, con l'addomesticamento dei liberi vertebrati selvatici
e con la coltivazione delle spontanee piante utili.
(Finita di stampare il giorno 22 (jennaio 1900)
Atti dkl Rkalk Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti.
Anno accademico 189t)-900 - Tomo LIX - Parte seconda.
ANALISI DEL GAS
DELLA
EMANAZIONE SVILUPPATASI A MESTRE IL 17 NOVEMBRE 1891)
NOTA DI ROBERTO SALVADOR!
(ijresmtiitd dai prof. li. Nasini, ni. e., neìì'Adttntnizt/ SO (Itceinhrt' 1S09)
Durante la perforazione di un pozzo tubulare, nel cortile
annesso alla fabbrica di saponi della ditta Salviatti e C' poco
distante dalla stazione ferroviaria di Mestre, il 17 novembre,
quando la trivella era giunta alla profondità di 44 m. si videro
alcune bolle gassose svilupparsi dal pozzo e la pompa per aspi-
rare l'acqua non faceva alcun sforzo per sollevare l'acqua stessa;
quando la trivella raggiunse i 46 m. di profondità, cominciò con
un forte sibilo uno sviluppo abbondantissimo di gas, che, proba-
bilmente per imprudenza degli operai, si accese in una grande
fiammata. — Vani furono i tentativi per soffocare il getto gasso-
so, che tutto veniva rimandato all' aria all' altezza di parecchi
metri. Si calcola che la pressione colla quale usciva il gas insieme
a sabbia e fango fosse più di due atmosfere.
Dopo 18 ore di furia, il fuoco fu spento, ma continuò ener-
gico il getto gassoso. Il pozzo allora fu chiuso da un tampone di
legno, cacciato a forza entro il foro, e questo a sua volta fu
chiuso con una testata di ferro avente quattro fori laterali, dai
quali, malgrado tutto, usciva forte un soffio di gas con una pres-
sione di circa due metri di colonna d' acqua.
La raccolta del gas per l'analisi non offrì perciò nessuna dif-
ficoltà ; applicai ad uno dei quattro fori (chiusi gli altri da tappi di
legno) una cannella di legno attraversata da un tubicino di vetro
che, per mezzo di un tubo di gomma, comunicava con i soliti
296 R. SALVADORT (2)
tubi Bunson per la raccolta dei gas. La raccolta fu fatta a sjio-
stamento d'aria e, data la forte pressione del gas, fu assai rapida.
Le estremità dei tubi di vetro vennero chiuse da pezzi forati
di caucciìi a pareti grosse, stretti da niorsette a vite, e, per mag-
gior sicurezza, si aggiunse un pezzo di bacchetta di veti'O.
Chiusa r estremità libera e contemporaneamente quella che
era in comunicazione col tubo di gomma adduttore del gas, questo
per la sua pressione gonfiò così il tubo di gomma da farlo scoppiare.
Il gas raccolto si trovava così entro i tubi sotto una discreta
pressione tanto che il riempimento degli eudiometri per 1' analisi
fu pure cosa semplice, poiché bastò allentare le viti delle morsette,
tenendo 1' estremità del tubo sotto il mercurio e sotto la bocca
dell'eudiometro, perchè il gas uscisse vincendo la colonna di mer-
curio che gli sovrastava.
Il gas tale e quale brucia con una fiamma poco luminosa e
con tutti i caratteri della fiamma del metano. Fiutato alla sorgente
tramanda un odore che gli abitanti del luogo chiamano di mariiiH,
fondo di laguna, e che ricorda l'odore del gas di Salsomaggiore.
Dell'idrogeno solforato malamente si avverte l'odore, e l'a-
cetato di piombo annerisce dopo qualche tempo che il gas ha
gorgogliato attraverso alla soluzione.
Colla potassa si ha un piccolo assorbimento, indicando questo
una piccola quantità di anidride carbonica.
Il fosforo non dà fumi bianchi in una atmosfera del gas na-
turale, onde mancanza di ossigeno.
L' acido solforico fumante assorbe assai poco di questo gas,
perciò presenza di piccole quantità di idrocarburi pesanti.
L' analisi quantitativa volumetrica fu fatta coi soliti meto<li
di Hempel e di Bunsen. Col metodo di Hempel si fece solo l'a-
nalisi della parte assorbibile, col metodo di Bunsen anche quella
per combustione.
Dai numeri ottenuti si rileva che 100 volumi del gas con-
tengono :
Anidride carbonica . . 4,22
Idrogeno solforato . . . 0,18
Idrocarburi pesanti . . 0,54
Metano 88,708
Azoto 6,40
99,998
(3) ANALISI DEL GAS DELLA EMANAZIONE ECC. 297
Da ciò si vede che il gas è quasi tutto metano e certamente
proveniente dal sedimento torbifero di cui è formato in gran parte
il sottosuolo del territorio veneto.
F<„ìom. Istituto di CMmica generale ddlu Li. Università.
Novembre 1899.
(Unita di stainparr il (/ionio 24 gennuio 1900)
Atti del Reale Istituto Veneto di scienze, letteee ed arti.
Anno accademico 1899-900 - Tomo LIX - Parte seconda.
UN MAESTRO DI GRAMMATICA AMICO DEL PETRARCA
AGGIUNTA E COEREZIONE
DI GIUSEPPE BIADEGO, s. e.
(Adunanza del 30 dicembre 1899)
I.
l' epitaffio di mastino II DELLA SCALA
Il monumento di Mastino II della Scala morto il 3 giugno
1351 reca il seguente epitaffio :
Scaligera de gente fui : celebi:ique ferebar
Nomine Mastinus ; claras dominabar in urbes.
Me dominum Verona sunm me Brixia vidit
Parmaque cum Luca cum Feltro Marchia tota.
Jura dabam populis equo libramine nostris
Omnibus et fidei Christi sine sorde sequtor.
Ocubui primo post annos mille trecentos
Et decies quinque lux ibat tercia Junii (').
Sulla attestazione di un codice vicentino, cartaceo, della se-
conda metà del secolo XIV, contenente 1' historia del Ferreto,
Carlo Cipolla attribuiva il riferito epitaffio a Einaldo da Villa-
franca (-). Io, sulla fede dell'egregio collega prof. Bernardo Morsolin,
(Ij Cfr. LiTTA, Scaligeri^ che dà il facsimile riscontrato uguale al
marmo.
(2) C. Cipolla e A. Manno, Indici sistematici di due cronache vuira-
toriane. Torino, 1884, p. XVII I, n. 5.
300 G. BIADEGO (2)
di cui doÌDbiamo lamentare la recente gravissima perdita, che fu da
me pregato di riscontrare la notizia sul codice, credetti poter ne-
gare la paternità dell' epitaffio a Rinaldo e darla ad un ignoto
maestro Antonio ('). Il fatto è che il Cipolla aveva letto bene ;
e l'epitaffio è realmente nel codice vicentino attribuito al gram-
matico veronese. Ecco le due didascalie del codice riferitemi dal
Morsolin medesimo che riconobbe il suo primo errore di lettura :
tanto quella dell'epitaffio a Cangrande, da me pubblicata inesat-
tamente, quanto quella dell'epitaffio a Mastino :
1.0 Epitaphimn magìùfici (lomlni Caiiisgrandis de la Scala pi imi
per magistritm Raynaldinum de vili af ranella gramaUce prof essorem.
2.° Epitapìiium magnifici et potentis doniiìii domini Mastini
de la Scala per antedicfiim magistrum.
Rinaldo Cavalchini da Yillafranca è quindi, secondo il codice
vicentino, l'autore dell'epitaffio a Mastino IL Altre fonti che con-
fermino la notizia non conosco; ma ninna testimonianza discorde
neanche la pone in dubbio ; e in questo caso è ragionevole am-
metterla, poiché ha tutte le apparenze della verità. Ciò anzi mi
dà occasione di rilevare una circostanza non avvertita prima, cioè
che Rinaldo da Yillafranca fu certo tra i faniigliari della corte
Scaligera.
Le magnificenze dei Signori della Scala, specialmente negli
anni in cui Cangrande tenne il governo della città di Verona e
delle Provincie da lui conquistate, sono note. Oltre i guerrieri e
gli artisti, anche i letterati e gli scienziati trovarono la più larga
ospitalità e il massimo favore. Dante sta innanzi e sopra tutti ;
poi vengono Ferreto Vicentino, Immanuele (liudeo, Fazio degli
liberti, un fisico Egidio, un chirurgo Bonmartino, un Benintendi
astrologo, un maestro di grammatica Nicolò, e Bonzo d'Alessandria
segretario di Cangrande e autore d'una enciclopedia storico-let-
teraria (-). (ruglielmo da Pastrengo, intimo di Francesco Petrarca,
giudice e uomo di lettere dottissimo, fu adoperato indelicati uffici
da Cangrande ; e Mastino e Alboino, che avevano sulla coscienza
l'uccisione del vescovo Bartolomeo, e volevano confermata la si-
gnoria (li Parma, lo mandarono due volte nunzio a Benedetto XII
in Avignone. Gidino da Sommacampagna fiorì sotto Mastino II e
(,1) Atti (lei R. Ist. Yen., tomo 58, parte li, 2o2, n. 2.
(21 CtV. (i. BiAUEGO, Dante e gli Scaligeri. Venezia, 189'j.
(3) UN MAESTEO DI GRAMMATICA AMICO DEL PETEAECA 301
lo cantò in una delle sue ballate ; fu fattore di Cansignorio, e ad
Antonio della Scala dedicò il suo trattato dei Kitmi volgari (i).
E Einaldo, autore dei due epitaffi per Cangrande e per Mastino
II, che furono scolpiti sui monumenti eretti dalla casa Scaligera,
si può considerare come l'elogiatore ufficiale dei due morti illustri ;
si può, in altre parole, ritenere ch'egli abbia eseguito un incarico
avuto dalla famiglia stessa. Nato certamente non dopo il 1290 e
probabilmente qualche anno prima, egli, che non volle mai allon-
tanarsi da Verona, vide affermarsi la signoria con Alberto I ; vis-
suto fin oltre il 1362, potè assistere al rapido decadimento della
potenza Scaligera che nel nome di Cangrande era giunta al mas-
simo splendore.
IL
IL CANONICO GIOVANNI PETRARCA
Parlando del canonico Griovanni Petrarca, affidato alle cure
di Rinaldo da Yillafranca, dissi di non aver trovato tra le carte
veronesi nessun ricordo sincrono. Oggi non posso più dire così, in
grazia d'un documento dell'Archivio Capitolare di Verona. Il 20
luglio 1352, " in claustro Canonico Verone „, Azzolino Malaspina
e Giovanni Pefracho canonici di Verona, allo scopo di scambie-
volmente permutare le loro prebende, le rinunciarono all'arciprete
Giovanni ed al Capitolo Canonicale ; cioè il Malaspina rinunciò
la prebenda di Marcellise, il Pefracho quella di Poiane, tutt'e due
nella provincia Veronese. Ai 23 dello stesso mese il suddetto ar-
ciprete Giovanni commise al canonico Laute da Prato di porre il
Malaspina in tenuta della prebenda di Poiane, ed il Pefracho di
quella di Marcellise. Per il Malaspina la commissione venne ese-
guita il giorno stesso. Ai 10 d'agosto il detto Laute da Prato pose
dominimi Johannem Pefraccho canonicum Ver. in tenuta di una
pezza di terra aratoria ed ortiva in A^erona, iuxta sancfnm Pefriim
in CasfeJIo Ver. ef prope sancfum Johannem iti Valle per il be-
neficio 0 prebenda canonicale de Marcerisio (Marcellise) a nome
(1) Scipione Maffei, Verona illustrata. Ver. 1731. Scrittori veronesi,
II, 113-121.
302 G. BIADEGO - UN MAESTEO DI GRAMMATICA ECC. (4)
di essa pezza e di tutti gli altri possessi spettanti a quella pre-
benda (^).
La paternità in questo documento non è indicata ; ma non
può sorgere il dubbio che non si tratti del figlio di Francesco
Petrarca. Il Petrarca scriveva a Rinaldo raccomandandogli Gio-
vanni il 9 giugno 1352 ; il documento, di cui diedi il riassunto,
è del 20 luglio dello stesso anno ; il che significa che già fino
dal giugno del 1352 Giovanni Petrarca era entrato in possesso
del canonicato concessogli da Cangrande IL
Verona, 14 dicembre 1899.
(1) Ardi. Capitolare di Verona. Oliverii de Nuptiis Capit. .scribe Ada
ab anno 1349 usque ad annum 1356, e. 125-127. Il documento mi fu in-
dicato dal sig. Gaetano Da Re, assai colto della storia locale e valente
paleografo, addetto all'Archivio Comunale di Verona.
(Finita di stampare il giorno 24 (jennaio 1900)
PREZZO DELLA DISPENSA
Fogli 4 V2 a cent. 25 . . . . . L. 1.12
TiPOGEAEiA Cablo Fekrari. 1900
ATTI
DEL
REALE ISTITUTO VENETO
DI
SCIENZE, LETTEEE ED AETI
AMO ACCADEMICO 1899-900
TOliEO LIX
(SEEIE OTTAVA - TOMO SECONDO)
DISPENSA QUARTA
YENEZIA
PEESSO LA SEGEETERIA DEL BEALE ISTITUTO
PALAZZO LOREDAN A SANTO STEFANO
In esecuzione dell'art. 25 dello Statuto e dell'art. 50
del Regolamento, si dichiara che dell' opinione dei loro
scritti rispondono gli autori, che ne conservano la pro-
prietà letteraria.
INDICE
PARTE I^
Adunanza ordinaria del 4 febbraio 1900 pag. 66
Bollettino bibliografico. Doni ed acquisti dal 31 dicembre 1899
al 4 febbraio 1900 « [U]
Elenco delle Pubblicazioni periodiche pervenute al R. Istituto
Veneto di scienze, lettere ed arti per dono, per cam-
bio o per acquisto „ [15]
PARTE II»
A. Fa VARO, m. e. — Due lettere inedite di Guidobaldo Del
Monte a Giacomo Contarini pag. 303
V. Polacco, s. c. — Note sulle perizie civili comparate alle
penali „ 313
s
Atti del Reale Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti.
Anno accademico 1899-900 - Tonio LIX - Parte prima.
ADUNANZA ORDINARIA
DEL 4 FEBBRAIO 1900
PRESIDENZA DEL M. E. LAMPERTICO
presidente
Presenti i membri effettivi : De Giovanni, vice-presidente ; G. Bbr-
CHET, segretario ; Cassani, vice-segretario ; Lorenzoni, Trois,
Bellati, Bonatelli, Liot, Martini, Veronese, Papadopoli,
Da Schio, Stefani, G. B.De Toni, Occioni-Bonaefons, Ga-
lanti, Gradenigo, Ragnisco, Ricci, Nasini ; ed i soci cor-
rispondenti: Polacco, Brugi, Pascolato, Bordiga, Pennato,
Zanon, Castelnuovo, Predelli, Flamini.
Giustificata Y assenza dei mm. ee. : Bernardi, Canestrini, Bel-
trame, Favaro, Saccardo, Gloria, Marinelli, Omboni, P.
Spica, Teza, Molmenti, Fogazzaro ; e dei soci corrispon-
denti : F. Berchet, Vicentini, Landucci, Poggi.
Viene letto ed approvato l'Atto della precedente adunanza.
Il Presidente annuncia la morte del m. e. pensionato prof,
cav. Antonio Keller, avvenuta in Padova il 30 gennaio, comuni-
cando che la Presidenza dell' Istituto informata telegraficamente
dalla famiglia spedì subito a questa un telegramma di condo-
glianza e con altro telegramma delegò il vicepresidente prof,
comm. Achille De Giovanni a rappresentare, insieme ai col-
leghi di Padova, il Corpo accademico ai funerali. — Diede
pure notizia della grave perdita al R. Ministero della pubblica
istruzione. Inviò una lettera di condoglianza al Rettorato della
R. Università di Padova. Partecipò il grave lutto a tutti i mem-
bri e soci dell' Istituto come pure ai Corpi scientifici italiani ed
alle Autorità cittadine di Padova e di Venezia, i quali tutti man-
darono le loro condoglianze.
Partecipa inoltre la morte del s. e. delle provincie venete sena-
66 ADUNANZA ORDINARIA
tore Francesco Ferrara avvenuta in Venezia il 29 gennaio alle ore
9 V2- — La Presidenza dell'Istituto appena fu consapevole della
grave perdita, si affrettò ad inviare alla famiglia dell'illustre estinto
una lettera di condoglianza. Ai funerali l'Istituto fu rappresentato
dal suo Segretario.
Dopo queste comunicazioni della Presidenza, il s. e. Enrico
Castelnuovo chiede la parola per rammentare un'altra perdita fatta
nell'illustre John Kuskin, che fu entusiasta della nostra Venezia,
e la cui perdita riesce grave all' Inghilterra ed all' arte. Invita
quindi l'Istituto ad una dimostrazione di condoglianza. — Il Pre-
sidente interpretando il voto unanime dell'Istituto, dichiara che
trasmetterà all'Università di Oxford le condoglianze.
Il Presidente indi partecipa la Nota del R. Ministero della
istruzione pubblica, colla quale informa l'Istituto che, allo scopo
di maggiormente facilitare al prof. Gerola il suo scientifico man-
dato all'isola di Creta, scrisse al Ministero degli affari Esteri af-
finchè il R. Console alla Canea sia ufficialmente informato dello
scopo della missione di lui, per dargli quel morale ed efficace ap-
poggio che gli potesse essere necessario. — La Presidenza del-
l'Istituto non mancò di ringraziare il R. Ministero.
Aggiunge che la Presidenza della R. Scuola d'Archeologia in
Roma fece omaggio all' Istituto di cinque esemplari della Rela-
zione che il prof. Halbherr le inviò sopra i primi risultati ottenuti
dalla Missione archeologica italiana in Creta. Avverte infine che
il prof. Gerola comunicò all'Istituto, per lettera, il suo arrivo in
Candia nel giorno 19 gennaio.
Il Presidente inoltre partecipa che il Ministero anche in pen-
denza dell' approvazione del progetto di legge sul trasporto della
biblioteca Marciana, ha già disposto di un fondo per sopperire alle
prime spese.
Vengono quindi presentati gli elenchi delle pubblicazioni di
nuovo acquisto e dei doni dopo l'ultima adunanza, facendo speciale
menzione :
1.0 del dono del comm. avv. Guglielmo Berchet, segretario
dell'Istituto : il Bollettino della Società Geografica Giappo7iese (The
Tokio cjeographical society)^ dall'istituzione (1890) a tutto il 1899,
promettendo di donare la continuazione.
Annual return of the Foreign trade of the empire of Japan.
Tokio, 1891-99, 8 voi.
DEL 4 FEBBRAIO 1900 67
Third Annudl report of flie Minister of education. 1875,
2 voi.
2.0 del 111. e. Saccardo : 9 sue pubblicazioni di argomento bo-
tanico.
3.0 del m. e. G. B. De Toni : il voi. VI della sua opera Sil-
loge Aìgarimi omnium hiicusque cognitarum.
4.0 del s. e. F. Berchet: IV" Reìazione (1896-1898) dell/ Uf-
ficio regionale per la conservazione dei monumenti del Veneto.
5.0 del s. e. P. Pennato : Le cerebropatie spastiche infantili.
Udine, 1899, 8.o
6.0 del socio nazionale O. Penzig : 7 sue pubblicazioni d'ar-
gomento botanico.
7.0 del R. Ministero dei Lavori pubblici : Atti della Commis-
sione per Vautonomia del porto di Genova.
Dopo di ciò vengono presentate le seguenti Memorie, accom-
pagnate dai brevi sunti regolamentari :
E. Teza, ni. e. : Cose armene.
W m. e. N. Papadopoli legge una breve memoria in cui di-
mostra come nel 1515 a Venezia e nel 1518 a Cipro, con punzoni
forniti dalla zecca della dominante, fossero battuti denari di mistura
detti Carzie e ciò per ordine del Consiglio dei Dieci. Siccome fin
qui non si conoscevano se non le Carzie per Cipro, emesse dal 1553 in
poi, coi nomi dei dogi che si succedettero da M. Ant. Trevisan sino
a P. Loredan, egli crede di poter riconoscere le monetine ordinate
e coniate nel 1515 e 1518 in certi denari anonimi pubblicati nel
1872 da P. Lambros e da lui attribuiti ai re di Cipro e particolar-
mente a Pietro I e Pietro IL Esse recano da un lato il leone ram-
pante e l'iscrizione S • DE • CHIPRE, e dall'altro la croce accan-
tonata da quattro crocette coli' iscrizione S " DE • lERVZALEM .
Il Papadopoli le ritiene invece posteriori all'epoca dei re : la man-
canza di ogni segno, o titolo reale gli fa credere che sieno state
fabbricate quando il trono dei Lusignano era occupato dai veneziani
ed interpreta la lettera S come iniziale di Signum o stemma.
Il prof. P. Ragnisco, m. e., presenta un lavoro sul Pentimento:
e lo considera prima sotto l'aspetto psicologico, analizzandone gli
elementi costitutivi, e deducendo quali sieno i necessari requisiti,
perchè quello abbia i suoi effetti ; poi viene alla trattazione del
'68 ADUNANZA ORDINALA
pentimento morale : e qui esamina la coscienza morale nella sua
molteplice forma secondo lo svolgimento della persona morale, da
cui deduce le varie ragioni del pentimento ; e dalla gradazione del
pentimento arriva al punto più alto di esso, che è l'onore della
persona umana.
E. Nicolis, s. e. : Terrazzi e formazioni diluviali in rapporto
col bacino del Garda. — L'Autore continuando le sue ricerche sul-
l'origine e sull'età del lago di Garda presenta questa breve me-
moria e la riassume con le seguenti parole : " Dico per ultimo
non essere ancora giunto il momento per arrivare a conclusioni con
materiale vagliato dalla critica e dal tempo ; basterà intanto aver
dimostrato l'esistenza dì una corrente fluviale, ora scomparsa, ter-
razzante longitudinalmente i terreni di trasporto della valle e che
adesso fiancheggiano la riviera veronese ; lavoro che non poteva
effettuare l'ondeggiamento del lago così bene espresso nei solchi
che incidono la roccia riverasca trasversalmente ; aggiungendo inoltre
l'altra verisimile dimostrazione della concomitanza dell'abbassamento
della catena del Baldo con i franamenti, scoscendimenti e scorri-
menti di porzioni della stessa, avvenuti durante i periodi inter-
glaciali. „
Dott. P. PennatO; s. e. : Coìmderazioni sulla morf'olo(jia del
torace. — La ricerca dei diametri antero-posteriore e trasverso serve
alla miglior conoscenza morfologica del torace. Questi diametri de-
vono essere studiati in relazione agli altri dati morfologici. T)a nu-
merosissime osservazioni risulta che nei sani il diametro antero-
posteriore superiore è eguale o quasi alla linea iugulo-xifoide, nei
tubercolosi è di minore, nei cardiopatici di eccessivo sviluppo.
Contrariamente alle osservazioni di Gabrilowitch, si può affermare
che il torace tubercoloso è per lo più appiattito. Lo studio dei
diametri del torace contribuisce in armonia alle altre ricerche an-
tropometriche, alla indagine sulla patogenesi.
Il Vicepresidente De Giovanni a proposito di questa lettura di-
ce: " Non voleva domandare la parola per un tal quale senso di
modestia, perchè il dott. Pennato ha ranunentato la mia scuola ; ma
ho poi pensato che ne va di mezzo il bravo collega che ha letto —
il dott. Pennato — sopra un argomento di non lieve importanza scien-
tifica. Egli ha voluto dimostrare per qual via si debba far pro-
gredire la scienza della patogenesi, abbandonando le ricerche teori-
DEL 4 FEBBKAIO 1900 69
che delle cause esterne, e indagando quanto in ogni corpo la mor-
bilità si informi alla propria condizione morfologica ; accennando così
a quegli elementi di geometria che si vedono presiedere alle orga-
nizzazioni delle forme organiche animali. „
Il m. e. Q. B. de Toni presenta una memoria del sig. Achille
Forti col titolo: Contribuzioni diatomologiche, IV. Contributo alla dia-
tomologia del Friìili., riassumendo il contenuto della memoria stessa.
Il Forti illustra alcuni saggi di funghi lacustri della regione friu-
lana, comunicatigli dai prof. 0. Marinelli ed A. Lorenzi. L'autore
segnala nel suo lavoro parecchie specie le quali sono da aggiun-
gere alla flora crittogamica veneta ; per ciascheduna specie stu-
diata viene data la distribuzione geografica nel Yeneto, ed il la-
voro è accompagnato da una indicazione accurata delle fonti biblio-
grafiche concernenti la flora diatomologica della regione veneta.
Dott. Gr. Pacher e dott. L. Finazzi : Sull'attrito interno dei
liquidi isolanti in un campo elettrico costante. — Gli autori stu-
diando diversi dielettrici liquidi sottoposti all' azione di un campo
elettrico costante, non trovano che questo abbia azione sensibile
sul valore dell'attrito interno dei liquidi stessi.
Il m. e. De Toni fece poi questa breve comunicazione a voce
sopra uno studio del prof. Giusto Pasqualis : Intorno ad una serie
di antisettici trascurati. Applicazione di essi alla disinfezione del-
l'acqua potahile e delle verdure che si manf/irmo crude : " Recenti
esperienze di bacteriologia hanno dimostrato che gli acidi organici
naturali : formico, acetico, tartarico, citrico, lattico ecc., sono an-
tisettici molto energici, tali da rivaleggiare in molti casi cogli
antisettici più usati e ritenuti i più eflftcaci.
" Parve dunque al prof. Pasqualis potersi trarre, fra le molte
possibili, due utilissime applicazioni di questa virtù degli acidi,
rimasta quasi oscura e affatto trascurata fino ad ora : e cioè alla
disinfezione delle acque potabili e delle verdure che si mangiano
crude — entrambi questi mezzi assai frequenti di trasmissione
d' infezioni, specie del tifo e del choléra.
" Alla disinfezione dell'acqua si presta benissimo l'acido tar-
tarico. Ha constatato che 1' acido tartarico, anche nella dose te-
nuissima del 3 per mille, sterilizza completamente un' acqua in-
quinata di tifo dopo un'ora. L' acido tartarico può quindi venire
facilmente eliminato dall'acqua aggiungendo a questa la quantità
70 ADUNANZA ORDINARIA DEL 4 FEBBRAIO 1900
equivalente di carbonato di calcio precipitato. L'acqua riacquista
per tal modo il suo sapore normale e la composizione chimica di
essa non subisce alcun cambiamento apprezzabile né, tanto meno,
dannoso. Il processo ha anche il vantaggio di essere molto pratico
ed economico.
" La sterilizzazione delle verdure si può ottenere tenendole im-
merse prima di cibarsene per qualche tempo in un bagno di quello
stesso acido acetico che d' ordinario serve a condirle, o di acido
tartarico. Questi acidi al 3 per cento sterilizzano completamente le
insalate dai germi del choléra in 5 minuti e dai germi tifogeni
in 20 minuti.
" E con queste, dal Pasqualis citate ad esempio e descritte, è
appena inaugurata la serie delle applicazioni possibili degli acidi
organici, i quali, non degnati fin qui di attenzione per idee aprio-
ristiche come antisettici, stanno di fatto nel novero degli antisettici
potentissimi e torneranno presto, per fondate ragioni, un prezioso
ausiliario dell'igiene generale e domestica. „
Terminata 1' adunanza pubblica l'Istituto si raccolse in adu-
nanza segreta, nella quale :
Fu proposto il conferimento della pensione accademica vacante
per la morte del m. e. ab. Bernardo Morsolin, al membro effettivo
Paolo Lioy.
Fu nominato membro effettivo in luogo del defunto Morsolin
il socio corrispondente Vittorio Polacco.
Fu approvato, sopra relazione dei revisori, il Conto consun-
tivo 1899 e il Preventivo 1900 della Fondazione Minich.
Dopo di che 1' adunanza venne sciolta.
// Premiente
F. LAMPERTICO
// Segretario
G. Berchet
Atti del Reale Istituto Veneto di scienze, letteee ed arti.
Anno accademico 1899-900 - Tomo LVIII - Parte prima.
(annessi)
BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
Doni ed Acquisti dal 31 dicembre 1899 al 4 febbeaio 1900 (0
* Annnal return of the Foreign frode of the empire of Jcqmn. —
Tokio, 1891-1899, 8 voi.
Dono del m. e. segretario G. Berchet.
*F. Berchet. - IV" Bela zio ne (1896- 18 V8) dell' Uficio regionale
per la conservazione dei monumenti del Veneto. — Venezia,
1899, 8.0
Biblioteca di scienze politiche e amministrative. ^' Serie. Scelta
collezione delle piìi importanti Opere moderne italiane e stra-
niere di Diritto amministrativo e costituzionale, diretta da
Attilio Brunialti. - Voi. VITI, disp. 13» e 14'\ La Giusti-
zia am ministra tira.
Santangelo 3poto. - La Burocrazia e il Governo parla-
mentare.
0. Di Sarwey. - La Giustizia nelV amministrazione e l'or-
dinamento burocratico. — Torino, 1899, 8.»
* Bollettino della Società geografica giapponese. The Tokio geogra-
phical society. (Dall' istituzione della Società (1890) a tutto
il 1899).
Dono del m. e. segretario G. Berchet.
*L. Bombicci. - Sulla Cubosilicite e sulla sua p)Osizione tassono-
mica nella serie delle varietà di silice anidra e idrata. Me-
moria. — Bologna, 1899, 4°, ili. tav.
(Ij L' * indica i libri od opuscoli ricevuti in dono.
[12] BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
*L. Bombicci. - Nufrve considerazioni sulla probabilità che talune
anomalie di formai nei cristalli, dipeìtdano da durct'oH nio-
vimenti negli spazi naturalmente cristalligeni. — Bologna,
1899, 4°, con una Tav.
*C. Bullo. - Dei movimenti insurrezionali del Veneto sotto il do-
minio napoleonico e specialmeute del brigantaggio politico del
1809. — Venezia, 1899, 8.o
* Commissione per 1' autonomia del porto di Genova nominata con
Decreto di S. E. il Ministro dei Lavori pubblici in data 8
febbraio 1899 e presieduta dal senatore G. Boccardo. - Atti
della Commissione. — Roma, 1899, 4.°
Dono del R. Ministero dei Lavori pubblici.
* Consorzio per gli spari contro la grandine, in Conegliano. - Re-
lazione della rappresentanza. — Conegliano, 1899, 8.o
*J. B. De-Toni. - Sylloge Algarum omnium hucusque cognitarum.
Yol. IV, Florideae. Sectio II, Familiae I-JV. Fol. 25. —
Patavii, 1900, 8.°
*F. Foffano. - Due documenti Goldoniani. — Venezia, 1899, 8.°
*R. Gavagnin. - La Legge secondo un grande poeta italiano.
(Breve commento al principio). — Venezia, 1900, 8.»
*G. Ghellini. - Grandine e spari. Il nostro Consorzio e il Con-
gresso di Cascdmonf errato. — Conegliano, 1899, 8.°
*E. Guidi Di Filomeno. - La natura coìidàna. Comedia pesarese
in un atto. — Verona, 1900, 16.»
*F. Halbherr. - Lavori eseguiti in Creta dalla Missione archeo-
logica italiana dal 9 giugno al 9 novembre 1899. Relazione.
— Roma, 1899, 8.»
*G. Hellmann. - Regenhrrte der Provinz Ostpreussen. — Berlin,
1900, 8o, con carta.
A. HofFa. - Atlante ed elementi di tecnica, delle fasciature e de-
gli apparecchi per medici e studenti. Tradtizione del doti. V.
Duccheschi. — Milano, 1899, 8°, tela. Atlante con 253 fig.
su 128 tavole.
P. Lefert. - La pratica giornaliera del medico-cldrurgo. Tradu-
zione italiana per cura del dott. Luigi Bufalini. — Mila-
no, 1899, 16°, tela.
*S. Lussana. - Alessandro Volta e la pila nel secolo decimonono.
Discorso. — Siena, 1899, 8.o
* Influenza della pressione sulla resistenza elettrica dei metalli.
Ricerche sperimentali. — Pisa, 1899, 8.»
DONI ED ACQUISTI ECC. [13j
*E. Mìllosevich. - SuìV orbita di (433) Eros in base alle osserva-
zioni degli anni 1898-99. Nota. — Vienna, 1899, 4.o
*G. Naccari. - La grande macchia solare del settembre ed ottobre
1898 e le macchie solari in generale. — Venezia, 1899, 8.°
* Effemeridi del Sole e della Luna calcolate per V anno 1900
(ultimo del secolo decimonono). — Venezia, 1899, 8.°
*L. Padoan. - Per la citazione di Luigi Carrer fra i traduttori
di Fedro. — Piacenza, 1899, 8.o
*P. Pennato e G. Berghinz. - Le cerebropatie spastiche infantili.
— Udine, 1899, 8°, ili.
*0. Penzig. - Flora popolare Ligure. Primo contributo allo studio
dei nomi volgari delle piante in Ligaria. — Genova, 1897,
8.0
*/ prodotti vegetali del mercato di Buitenzorg (Giava). —
Genova, 1898, 8.o
* Onoranze a Marcello Malpnghi. — Genova, 1898, 8», con
una tav.
*AmalIospora, nuovo genere di tuberculariee. — Genova, 1898,
8o, con una tav.
* Ueber Javanische Phalloideen. — Leide, 1899, 8», con 10 tav.
* Sopirà una nuova specie di Prosopis dell' America meridionale.
— Genova, 1899, 8°, con una tav.
*0. Penzig et P. A. Saccardo. - Diagnoses fungorum novorum in
insula Java collectorum. Series I, IL — Genova, 1897-98,
8.0
*Peradon et Dumas. - La m ed ecine nouvelle. Le nouveau vitalisme
(Lois de la rie) ses trois agents : dynamodermie, magnétoria,
vitalisme. Etudes et résumé des théories de la Méd ecine noti-
velie. — Paris, 1899, 16.o
*T. Poggi. — Le Cattedre ambulanti di agricoltura in Italia.
2a ediz. — Roma, 1899, 8.o
*F. Ruffini. - Linee radicali e punti radicali. Nota. — Bologna,
1900, 8.0
*P. A. Saccardo et 0. Penzig. - Diagnoses fungorum novorum in
insula Java collectorum. Serie prima, Series secunda. —
Genova, 1897-98, 8.o
*P. A. Saccardo. - Fungi aliquot Brasilienses phyllogeni. — Bru-
xelles, 1896, 8.0
* Di tre autografi Malpighiani neW Orto botanico di Padova,
Lettera. — Firenze, 1898, 8.o
[14] BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
*P. A. Saccardo. - Pontedera Giulio. Biografia. Bibliografia delle
opere. Bibliografia biografica e critica. — Padova, 1898, 16.°
*lSulla 2nà antica pabblicazione di Plantae exicatae. Nota. ■ — ■
1899, 8.0
* Giovanni Girolamo Zannichelli. Cenni. — Genova, 1898, 8",
oon ritr.
* Francesco Ambinosi. Cenni biografici. — Padova, 1898, 8^, ritr.
*P. A. Saccardo e F. Cavara. - ^ 2\d)erculina Sbrozzii,, nov. spec.
parassita delle foglie di Vinca Major L. — 1899, 8», una
tav.
*G. Sangiorgio. - I primi contorni di una storia commerciale del
Mediterraneo. — Roma, 1900, 8° gr.
M. Sanuto. - / Diarii. Tomo LV, fase. 236.
*Third Annual report of tJie Minister of educatiou. — Tokio,
1875; 2 volumi.
Dono del m. e. segretario G. Berchet.
*M. Tono. - Annuario astro-meteorologico con effemeridi nautiche
per l'anno 1900 (Anno XVII]). — Yenezia, 1899, 8.°
*C. Trentinaglia. - Il primo anno di vita di un Circolo d' armi.
Relazione del Circolo schermistico De Col. —Venezia, 1900,
16.0
*S. Vecchi. - f)ulle figure complete determinate da un numero
qualunque di punti o da un menerò qualunque di tangenti
di una conica e sulle loro correlative nello spazio. Nota. —
Parma, 1899, 4o, con Tav.
* Saggio di un disegno polarlmetrico (Esercizio di geometria
descrittira). Nota. — Parma, 1899, 4", con Tav.
*E. Vecchiato. - I Cavalieri della Bepubblica Veneta. — Padova,
1900, 8.0
Zoologica. Original-Abhandlungcn aus dem Gesammtgebiete der
Zoologie. Herausgegeben von D.*' R. Leuckart und B!' C.
Chun. - Heft 22. Dentscìilands Hydrachiriden von D.^ B.
Piersig. — Stuttgart, 1897-1900, 4o, mit 51 Tafeln.
Heft 24. Studien fd)er pxtzifische Spo^igien von D.^ Johannes
Thiele. II Theil. mit 5 Tafeln. - Heft 28, Elfter Bard, Vierte
Lieferung. Otto Miltz, Das Auge der Polyphemiden, mit 4
color. Tafeln. — Stuttgart, 1899, 4.o
Atti del Reale Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti.
Anno accademico 1899-900 - Tonio LIX - Parto prima.
(annessi)
ELENCO DELLE PUBBLICAZIONI PERIODICHE
PERVENUTE AL R. ISTITUTO YeNETO DI SCIENZE, LETTERE ED ARTI
PER DONO, PER CAMBIO O PER ACQUISTO (l)
PUBBLICAZIONI ITALIANE CHE CONTINUANO
* Bergamo. — Ateneo di scienze, lettere ed arti in Bergamo.
Atti dell' Ateneo di scienze, lettere ed arti in Bergamo.
Dal volume 1°, anno 1875, al volume XIV, anno 1897-98 (manca
il volume VII).
*BoLOGNA. — Società medico-chirurgica e Scuola medica di Bo-
logna.
Bollettino delle scienze mediche pidMicato per cura della So-
cietà medico-chirurgica e della Scuola medica di Bologna.
Dall' anno XI, serie II-'', volume Vili (anno 1839) fino all'anno
LXX, serie VII, volume X (anno 1899) — Dell' anno XI (1839),
serie II**, volume Vili esistono solo i fascicoli 44, 45, 46, 48 —
Dell' anno LVII (1886), serie VI", volume XVII mancano i fasci-
coli 1, 2, 3, 4 ; del volume XVIII manca il fascicolo 5 — Dell'anno
LIX (1888), serie VI% volume XXI mancano i fascicoli 3, 4, 5, 6 ;
del volume XXII mancano i fascicoli 1, 2, 3, 4 — Dell'anno LXI
(1890), serie VI% volume 1° manca il fascicolo 11 — Dell' anno
(1) L' asterisco * indica cambio.
La crocetta latina f indica acquisto.
Le pubblicazioni che non sono precedute da segno alcuno per-
vengono in dono.
[16] ELENCO DELLE PUBBLICAZIONI PERIODICHE
LXIY (1893), serie YI1% volume IV mancano i fascicoli 11, 12 —
Dell' anno LXVI (1895), serie YII-"', volume VI manca il fascicolo
3 _ Dell'anno LXVII (1896), serie Vll^ volume VII mancano i
fascicoli 1, 4, 5, 9 — Dell' anno LXIX (1898), serie VII^ volume
IX mancano i fascicoli 5, 6 — Indice alfabetico dei primi dodici
volumi della terza serie (1848) — Indice alfabetico degli ultimi
dodici volumi della terza serie (1854) — Indice alfabetico dei
ventiquattro volumi della quarta serie, annate 1854-65 (1867).
* Bologna. — R. Accademia delle scienze dell'Istituto di Bologna.
Memorie deììa B. Accddemia delle scienze deìV Ixfiinio di Bo-
lo g?i a.
Serie P, dal tomo 1°, anno 1850, al tomo XII, anno 1861 —
Serie II", dal tomo 1°, anno 1862, al tomo X, anno 1870 (manca
il tomo V) — Serie HI", dal tomo 1°, anno 1871, al timo X,
anno 1879 ; indice del decennio — Serie IV", dal tomo 1°, anno
1880, al tomo X, anno 1889 (del tomo X esistono solo i fascicoli
1, 2) — Serie V*, dall' anno 1890 in poi ; esistono solo i tomi III,
IV, V, VI, ed i fascicoli 1, 2 del tomo VII, anno 1898.
Bendiconto delle Sessioni della B. Accademia delle scienze
dell' Istituto di Bologna.
Dall' anno 1837-38 all' anno 1897-98 ; mancano i fascicoli degli
anni 1880-81, 1884-85, 1889-90, 1890-91, 1891-92, il fascicolo 1 del-
l' anno 1896-97, ed il fascicolo 1 dell' anno 1897-98.
* Brescia. — Ateneo di Brescia.
Commentari dell' Ateneo di Brescia.
Esistono le seguenti annate: 1812, 1820, 1821, 1822, 1823, 1840,
1841, 1842, 1844, 1845-46, 1847, 1848-50, 1852-57, 1858-61, 1862-64,
1865-67, 1868-69, 1870-73, 1874, 1875, 1876, 1877, 1878, 1879, 1880,
1881, 1882, 1883, 1884, 1885, 1886, 1887, 1888, 1889, 1890, 1891, 1892,
1893, 1894, 1895, 1896.
* Catania. — Accademia Gioenia di scienze naturali in Catania.
Bollettino delle sedute dell'Accademia Gioenia di scienze na-
turali in Catania.
Nuova serie, dal fascicolo 1, anno 1889, al fascicolo 59, anno 1899
— Mancano i fascicoli 30, 31, 34, 35, 37, 44, 45.
Atti dell'Accademia Gioenia di scienze naturali in Catania.
Serie 1% dal tomo 1° fino al tomo XX (mancano i due tomi
XIII e XV) — Serie II», dal tomo 1° fino al tomo XX — Serie
111% dal tomo I" al tomo XX — Serie IV% dal tomo 1° al tomo
XI (1898).
PEEVENUTE AL R. ISTITUTO VENETO ECC. [17]
*CoNEGLiANO. — R. Scuola di viticoltura ed enologia, e Comizio
agrario di Conegliano.
La Rivista, periodico quindicinale, organo della B. Scuola di
riticoltura ed enologia, e del Comizio di Conegliano.
Serie IV^ (lairanno 1° (1895) all'anno V (18'J9) — Manca il n.
14 dell'anno HI (1897).
La Riinsta fa seguito alla Rivista di vitiroltiira ed enologia di
Conegliano prima, e della Nuova Rassegna dopo.
EsTE. — R. Ispettorato pei monumenti e scavi dei Mandamenti
di Conselve, Este, Monselice e Montagnana.
Notizie di archeologia , arte e storia.
Anno I" (1899) dal numero 2 al numero 10.
* Firenze. — R. Istituto di studi superiori pratici e di perfezio-
namento.
Pubblicazioni del R. Istituto di studi superiori pratici e di
perfezio7iam ento.
Sezione di scienze fisiche e naturali — Sezione di medicina e
chirurgia — Sezione di filosofia e filologia — Accademia orientale
— Collezione scolastica — R. Osservatorio di Arcetri, dal fascicolo
1 al fascicolo 9.
* Firenze. — Lo Sperimentale. Archivio di biologia.
Anno XXXIII (1879), dal fascicolo 7 al fascicolo 12, fino al-
l'anno LII (1898) — Dell' anno XLV, 1892, manca il fascicolo 2,
Memorie Originali.
* Firenze. — Accademia medico-fisica Fiorentina.
La Settimana Medica. Organo dell' Accademia medico-fisica
Fiorentina.
Dall' anno L, 1896, all' anno LUI, 1899 — Dell' anno L, 1896,
mancano i numeri 50 e 52.
+FiRENZE. — Giornale di erudizione, corrispondenza letteraria,
artistica e scientifica.
Anno 1° (anno 1886), dal n. 1 al n. 24 (manca il n. 4) — Dal
volume 1° (anno 1889) al volume VII (anni 1897-98), ogni volume
consta di ventiquattro numeri ed è completo — Dei volumi IV,
V, VI, mancano gli indici ed i frontespizi.
[18] ELENCO DELLE PUBBLICAZIONI PERIODICHE
* Firenze. — Società Entomologica Italiana,
Bullettino della Società. Enfomolugica Italìaìia.
Dall'anno XVI (1884) all' anno XXX (1898) — Manca l' anno
XXVII (1895).
* Firenze. — Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze.
Bollettino delle Pubblicazioni Italiane ricevute per diritto di
stamina.
Dall'anno 1886 all'anno 1898 — Mancanze : Anno 1888, il fasci-
colo E dell'indice — Anno 1889, i fascicoli 7, 8, 9 dell' indice —
Anno 1890, il n. 102 ed il fascicolo G dell' indice — Anno 1894, il
n. 211 — Anno 1895, i n.' 217, 219 ed il fascicolo F dell'indice —
Anno 1897, i n.' 266, 278.
* Firenze. — Eeale Accademia economico agraria dei George-
fili di Firenze.
Atti della Reale Accademia economico agraria dei Georgofili
di Firenze.
Dal volume XXII (anno 1844) al volume XXXI (anno 1853)
— Nuova serie, dal volume 1° (anno 1853) al volume XIV (anno
1867) — Serie IV^ dal volume Vili (anno 1885) al volume XXI
(anno 1898) — Rendiconto anno 1851-54.
Il volume XXVIII (anno 1850) arriva alla pagina 335 — Del
volume XXIX (anno 1851) manca la dispensa 111* — Nuova serie,
del volume XII (anno 1865) esiste solo la I* dispensa che va fino
alla pagina 104 — Del volume XIV (anno 1867) esiste solo la
dispensa I" che ha le pagine LXVI, 80 — Serie IV**, del volume
Vili (anno 1885) manca la dispensa I."
* Firenze. — E. Accademia della Crusca.
Atti della R. Accademia della Crusca.
Adunanza Pubblica dall'anno 1874 all'anno 1899.
* Firenze. — Collegio degli architetti ed ingegneri in Firenze.
Atti del Collegio degli architetti ed ingegneri in Firenze.
Anno II, 1877, fascicolo 1°, manca il fascicolo II — Anno III,
1878, fascicolo 1°, manca il fascicolo II — Anno IV, 1879, fasci-
colo I", manca il fascicolo II — Dall'anno V, 1880, all'anno XXI,
1896, segue completo.
PERVENUTE AL E. ISTITUTO VENETO ECC. [19]
* Firenze. — R. Deputazione Toscana di storia patria.
Archivio Storico Italiano, fondato da G. P. Vieusseux e con-
tinuato a cura della R. Deputazione Toscana di storia 2Mtria.
Serio I**, dal tomo 1° (1842) al tomo XVI compreso (manca la
parte I* del tomo XVI), con 9 appendici — Serie 11% dal tomo I
(1855) al tomo XII (18!50) — Tomo XIII, col Giornale degli Archivi
Toscani che va dall'anno 1857 all'anno 1863 — Serie IIP, dal tomo
1° (1865) al tomo XXVI (1877) — Serie IV% dal tomo 1° (1878) al
tomo XX (1887) — Serie V% dal tomo I" (1888) al tomo XXII
(1898) — Indici dall'anno 1842 all'anno 1877.
Archivio Storico Italiano, fondato da G. P. Vieusseux e con-
tinuato a cura della E. Deputazione Toscana di storia patria.
Indice tripartito della IV' serie.
Volumi venti, anni 1878-1887 (pubblicato nell'anno 1891).
* Genova. — E. Università di Genova.
Bollettino dei Musei di Zoologia e Anatomia Comparata.
Dal n. 1 (anno 1892) al n. 78 (anno 1898).
* Genova. — Società di letture e conversazioni scientifiche di
Genova.
Effemeridi.
Dall'anno I", 1870, all'anno IV, 1875 — Nuova serie, volume 1°,
dal n. 1 al n. 12, volume II dal n. 1 al n. 6.
Giornale.
Dall'anno 1° (1877) all'anno XI (1897) — Dell'anno V, 1881, man-
cano i fascicoli VII ed VIII.
Ateneo Ligure. Rassegna mensile.
Dall' anno XII, 1889, all' aiuio XIV, 1891 — Dell'anno XIII, 1890,
esistono i fascicoli da aprile a settembre — Dell'anno XIV, 1891,
esistono i fascicoli da gennaio a marzo e da luglio a settembre.
Bollettino.
Aimo XV, 1892.
Giornale.
Dall'anno XVI, 1894, all'anno XX, 1898 — Dell'anno XVI,
1894, numca il fascicolo IV.
[20] ELENCO DELLE PUBBLICAZIONI PERIODICHE
* Genova. — Società Ligure di storia patria.
Atti della Società Ligure di stona i^atria.
Dal volume 1°,- 1858, al Volume XXIX, 181)8 (mancano il fasci-
colo 2 del volume XXI, 1889, ed il fascicolo 2 del volume XXII,
1890).
*LiV0EN0. — Periodico di matematica per V insegnamento secon-
dario. Organo dell' Associazione " Mathesis. „
Dall' anno XII, 1897, all' anno XIV, 1899, fascicolo VI.
Suiyplemento al Periodico dì matematica.
Anno I», 1898, fascicoli da 1 a 6 — Anno II, 1898-99, fascicoli
da 1 a 9.
* Lucca. — Reale Accademia Lucchese di scienze, lettere ed arti.
Atti della Beale Accademia Lncchese di scienze, lettere ed arti.
Dal tomo XVIII, anno 1868, al tomo XXIX, anno 1898.
* Messina. — R. Accademia Peloritana.
Atti della R. Accademia Peloritana.
Anno Vili (1892-93), anno IX (1S94-95), anno XIII (1898-99).
+M1LAN0. — Annali di farmacoterapia e chimica.
Dall'anno 1852 (volume XIV della serie IH") fino all'anno 1898 —
Del volume LXV (1877) manca il fascicolo 4 — Del volume LXVIII
(1879) manca il fascicolo 1 — Del volume 1° della serie IV'' (1885)
manca il fascicolo 8 — Dell' anno 1898 mancano i fascicoli 6 e 12.
* Milano. — R. Osservatorio astronomico di Brera.
Pubblicazioni varie d'astronomia.
Dal n. 1 al n. 38.
Osservazioni meteorologiche col riassìinto composto sulle me-
desime.
Anni 1884-1885-1886-1887-1888-1889-1890-1892-1894-1895-1896-
1897-1898.
* Milano. — Reale Istituto Lombardo di scienze e lettere.
Giornale dell' J. F. Istituto Lombardo di scienze, lettere ed
arti (in 8°).
Dal tomo 1°, anno 1841, al tomo V, anno 1845.
PERVENUTE AL R. ISTITUTO VENETO ECC. [21]
* Milano. — Eeale Istituto Lombardo di scienze e lettere.
Giornaìe deìV I. R. Istituto Lornhardo di scienze, lettere ed
arti, e Bihìioteca Italiana., compilata da vari dotti nazionali
e stranieri (in 8^).
Dal fascicolo 1°, pubblicato l'S luglio 1841, al fascicolo IIL,
pubblicato il 18 agosto 1847.
Giornale dell' I. E. Istituto Loruhardo di scienze, lettere ed
arti, e Biblioteca Italia?ia (in 4°).
Nuova serie : dal fascicolo 1°, pubblicato il 9 ottobre 1847, al
fascicolo LIV, pubblicato il 28 settembre 1857.
Atti del F. Istituto Lomhardo di scienze, lettere ed arti.
Volume 1°, anno 1860 — Volume II, anni 1860-61.
Rendiconti : Classe di Lettere e Scienze morali e politiche.
Dal volume 1°, anno 1864, al volume IV, anno 1867.
Rendiconti : Classe di Scienze matematiche e naturali.
Dal volume 1°, anno 1864, al volume IV, anno 1867.
Rc(/ol(nneiito del R. Istituto Lomhardo di scienze, lettere ed
arti.
Solenni Adunanze del R. Istituto Lombardo di scienze, lettere
ed arti.
Dall'anno 1803 all'anno 1868.
Rendiconti.
Serie II*: dal volume 1°, anno 1868, al volume XXXII, anno
1899 — Del volume XXVIII, anno 1895, mancano i fascicoli III
e XVIII.
Memorie dell' I. R. Istituto Lombardo di scienze, lettere ed
arti.
Dal volume I", anno 1843, al volume IX, anno 1863.
Memorie del R. Istituto Lombardo di scienze e lettere (serie
III'^.
Classe di Lettere e Scienze morati e politiche : dal volume X,
anno 1867, al volume XXI, anno 1899 — Classe di Scienze mate-
matiche e naturali: dal volume X, anno 1807, al volume XVIII,
anno 1809 — (Della Classe di Lettere e Scienze inorali e politiche
manca il fascicolo II del volunu; XII, anno 1872 — Della Classe
[22J ELENCO DELLE PUBBLICAZIONI PEEIODICHE
di Scienze matematiche e naturali inaiicano i tre primi fascicoli
del volume XII, anni 1872-73, ed i fascicoli IV e VI del volume
XVIII, anni 1896-1899).
* Milano. — Eeale Istituto Lombardo di scienze e lettere.
Annuario del E. Istituto Lombardo di scienze e lettere.
Anni 1804-1866.
Indice generale dei io cori dalla fondazione all' anno 1888 per
autori e per materie (pubblicato neH' anno 1891).
* Milano. — Fondazione scientifica Gagnola.
Atti della Fondazione scientifica Gagnola dalla sua istituzione
in poi.
Dal volume 1° (1856) al Volume XVI (1897-98)— Manca il vo-
lume XII (anni 1893-94).
+M1LAN0. — Natura ed Arte. Periodico quindicinale illustrato.
Dall'anno I (1891-92) all'anno VII! (1898-99).
* Milano. — // Politecnico.
Giornale dell' ingegnere architetto cidi e ed industriale.
Dall'anno XI (1863) all'anno XLVIl (1899) — Mancano i fasci-
coli di marzo 1894 (anno XLII), e novembre, dicembre 1897 (anno
XLV).
* Milano. — Società storica Lombarda.
Archivio storico Loinfianlo. (ìiornale della Società storica Lom-
barda.
Seri<' II-\ dal fascicolo XXI (1889) n\ fascicolo XL (1893) —
Serie 1II^ dal fascicolo I'> (1894) al fascicolo XVIll (1898) —Manca
il fascicolo XV della serie IH», anno 1897 — Indice 1874-1883.
* Milano. — Società Italiana di scienze naturali e Museo civico
di storia naturale.
Atti della Società Italiana di scienze naturali e del Museo
civico di storia naturale.
Dal volume 1° (1855) al volume XXXA^I (1899)— Del volume
XXXV, anno 1895, esistono solo i fascicoli 1 e 2 — Del volume
PERVENUTE AL E. ISTITUTO VENETO ECC. [23j
XXXVI, anno 1897, osistoiio solo i fascicoli 3 o 4 — Del volume
XXXVII, anno 18U7-99, esistono solo i fascicoli 1 a 4.
*MiLANO. — Società Italiana di scienze naturali e Museo civico
di storia naturale.
Memorie della Sociefà ItaììaìKi di scienze naturctìi.
1865, tomo I", dal n. 1 al n. 10 — 1860-67, tomo II, dal n. 1 al
n. 10 — 1867-71, tomo III, dal n. 2 al n. 5 — 1871, tomo IV, dal
n. 1 al n. 5 (manca il n. 4).
+M1LAN0. — Reale Società Italiana d' igiene.
Giornale della Beale Società Italiana d' igiene.
Dal volume 1°, anno 1° (1879), al volume XX, anno XX (1898).
+M1LAN0. — Bihlio(jrap(i Italiano. Bollettino delle pubblicazioni
italiane ricevute per diritto di stampa.
Anno 1898, volume XXXII, dal numero 1 al numero 24 ■ —
Anno 1899, volume XXXIII, dal numero 1 al numero 24.
* Modena. — Reale Accademia di scienze, lettere ed arti.
Memorie della R. Accademia di scienze, lettere ed arti in
Modena.
Serie l^ dal tomo 1° (1833) al tomo XX (1882) — Serie IP dal
tomo 1° (1883) al tomo XII, p. I^ (1896).
* Modena. — Le Stazioni sperimentali agrarie italiane. Organo
delle Stazioni agrarie e dei Laboratori di chimica agraria
del Regno.
Dal volume XVIII (anno 1890) al volume XXXII (anno 1899)
— Del volume XXIX, anno 1896, manca il fascicolo 12 — Il vo-
lume XXX, anno 1897, arriva fino al fascicolo IX.
+M0DENA. — Archivio Giuridico " Filipìpo Serafini „.
Dal volume II, anno 1868, al volume XV, anno 1875 — Man-
cano : del volume VI, il fascicolo 4, e del volume VII, i fascicoli
5-6 — Nuova serie, dal volume I" (LX dell'intera collezione),
anno 1898, al volume III (LXII dell' intera collezione), anno 1899
— (La pubblicazione fu cominciata a Bologna, seguì poi a Pisa,
e continua attualmente a Modena).
[24J ELENCO DELLE PUBBLICAZIONI PEEIODICHE
Murano. — La Voce di Mitrano. Pcricdico polUko industriale
ebdomadario. Periodico 2>(>poìare e industriale. Giornale del-
l' industria vetraria.
Dall'anno 1° (1867) all'anno XXXIII (1809) — Dell'anno IX
(1875) mancano i nunicri 15, 17, 18 — Dell'anno XXIY (1890)
manca il numero 18 — Dell'anno XXVII (1893) mancano i nu-
meri 5, 9 — Dell'anno XXVIIF (1894) mancano i numeri 2, 14
— Dell'anno XXIX (1895) mancano i numeri 7, 8, 12, 14.
* Napoli. - Società Reale di Napoli.
lì. Accademia di arclieohxjia, lettere e belle arti.
Atti.
Dall'anno II (186(5) all'anno XVIII (1896-97) — Mancano il
volume VII, anni 1874-75, ed i volumi XlII-XlVeXV dall'anno
1887 all'anno 1890.
Rendiconto.
Dall'anno VI (1892) all'anno XII (1898) — Dell'anno V"[ (1892)
mancano i mesi di asosto-settembre-ottobre — Dell'anno X (1896)
mancano i fascicoli dei mesi da nprile ad ottobre.
E. Accademia delle scienze fisiche e m(ttera(dicìie.
Atti.
Serie I^dal volume I" (anno 18(')o) al volume IX (anno 1882) —
Serie 11^ dal volume 1° (anno 1888) al volume IX (anno 1899).
Rendiconto.
Dall' anno 1862 all' anno 1898 — Dell' anno 1897 mancano i fa-
scicoli di agosto, settembre, ottobre — Dell' anno 1898 manca il
fascicolo di dicembre.
Annuario.
Dall' anno 1870 all' anno 1888.
R. Accademia di scienze morali e poiiticlie.
Atti.
Dall'anno XIX (1885) all'anno XXVII (1894-95).
Rendiconto.
Dall'anno II (1862) all'anno XXXVI (1897) — Dell'anno II
(1862) mancano i mesi di aprile, maggio, giugno — Dell'anno TU
(18()4) mancano i m(>si da nuiggio a settembre — Dell'anno IV
(1865) mancano i mesi da luglio a dicembre — Dell'anno V (1866)
PERVENUTE AL E. ISTITUTO VENETO ECC. [25J
mancano i mesi ili ottobre e novembre. — Dell'anno VI (1867)
mancano i mesi da luglio a dicembre — Dell'anno IX (1870) man-
cano i mesi da aprile a giugno — Mancano gli anni dal XIV al
XXIII — Dell'anno XXV (1886) mancano i mesi di gennaio e da
giugno in poi — Dell'anno XXVI (1887) mancano i mesi da luglio
a dicembre — Dell' anno XXVIII (1889) mancano i mesi da gen-
naio ad aprile.
* Napoli. — Eeale Istituto d' incoraggiamento di Napoli.
Atti del Beale Istituto (V ineorafigiamento di Napoli.
Serie 11% dal tomo 1°, anno 1864, al tomo XVII, anno 1881 —
Serie 111% dal volume P, anno 1882, al volume V, anno 1886 —
Serie IV% dal volume V, anno 1892, al volume XI, anno 1898.
Relazione.
Anni 1868-1869-1872-1873-1875-1877-1878-1879.
Cenno istonro del lùi.ì( JiV.'ivic (F ina icc'c^ic nì(nio di Napoli.
Napoli. — Accademia Pontoniana.
Atti dell' Accademia Pontoniana.
Volume XIX, anno 1889 — Volume XX, anno 1890— Volume
XXIII, anno 1893 — Volume XXIV, anno 1894 — Volume XXV
anno 1895 — Volume XXVI, anno 1896.
Indice di tutti i volumi degli Atti della Società e dell' Acca-
demia Pontoniana pubblicati dal 1810 al 1890.
Per la solenne commemorazione in Passano del centenario di
G. Brocchi. Offerta dell' Accademia Pontoniana.
* Padova. — R. Accademia di scienze, lettere ed arti in Padova.
Atti e Memorie della B. Accademia di scienze, lettere ed arti
in Padova.
Nuova serie, dal volume 1°, anno 1884-85, al volume XIV, anno
1897-98.
Nuovi Saggi della I. B. Accademia dì scienze, lettere ed arti
in Padova.
Volume VII, paite P e II", anno 1857 — Volume VIII, parte
I* e 11^, anno 1868.
[26] ELENCO DELLE PUBBLICAZIONI PERIODICHE
*Padova. — E. Accademia, di scienze, lettere ed arti in Padova.
Rivista periodica dei lavori delia I. lì. Accademia di scienze,
lettere ed. arti in Pad ora.
Dal volume 1°, fascicolo 1°, trimestre primo e secondo del 1851-
1852, al volume IX, fascicolo XX, trimestre terzo e quarto del
1860-61 — Manca il fascicolo XXI, volume X, trimestre primo e
secondo del 1862 — Dal fascicolo XXII, volume X, trimestre
terzo e quarto del 1862, al fascicolo XXYI, volume XIII, trime-
stre terzo e quarto del 1863-64 — Mancano i fascicoli da XXVII
a XXX, formanti i volumi XIY e XY, che comprendono i tri-
mestri delle annate 1864-65 e 1865-66 — Dal volume XYI, fasci-
colo XXXI, trimestre I" e II del 1866-67, al volume XXI, fasci-
colo XL, trimestre primo e secondo del 1871-72. — Mancano i
fascicoli dal XLI, volume XXI, trimestre primo e secondo del
1871-72, al L, volume XXYII, trimestre primo e secondo del 1877
— Dal volume XXYII, fascicolo LI, trimestre terzo e quarto del
1877, al volume XXIX, fascicolo LIY, trimestre primo e secondo
del 1878-79 — Mancano i fascicoli LY, volume XXIX, trimestre
terzo e quarto del 1878-79, e LA'^I, volume XXX, trimestre primo
e secondo del 1880 — Dal volume XXX, fascicolo LYII, trime-
stre terzo e quarto del 1880, al volume XXXIII, fascicolo LXII,
trimestre primo e secondo del 1882-83.
Padova. — Museo Civico di Padova.
Bollettino del Museo Civico di Padova.
Anno 1°, 1898, dal numero 1 al numero 12, con un supplemento
al numero 4 — Anno II, 1899, dal numero 1 al numero 12.
Padova. ■ — Bollettino niensile di ha citi coltura.
Serie III'': anno III, 1897, dal numero 1 al numero 12 — Anno
lY, 1898, dal numero 1 al numero 12.
* Padova. — Lr/ Nuova Nota risia. Passcf/na consacrata allo studio
delle atgìie. Eedattore e proprietario G. B. dott. De T(rìii.
Serie I*, anno 1890, aprile, giugno, agosto, ottobre — Serie 11%
anno 1891, gennaio, marzo — Serie 111% anno 1892, gennaio, aprile
— Serie IY% anno 1893, gennaio, maggio — Serie Y% anno 1894,
gennaio, aprile • — Serie YI'', anno 1895, gennaio, aprile — ■ Serie
YIII", anno 1897, luglio, novembre — Serie IX-% anno 1898, gen-
naio, aprile, luglio, settembre — Sei-ie X", anno 1899, gennaio,
aprile,
PERVENUTE AL E. ISTITUTO VENETO ECC. [27]
Padova. — BoUetfiììo di Eniomoìcxjhi ngìrtrìa e Patologia vege-
tale.
Dall'anno IV, 1897, numero 11, all'anno VI, 1899 — Manca il
mese di ottobre 1899, numero 10.
*Padova. — Società Yeneto-Trentina di scienze naturali residente
in Padova.
Atti detta Società Ynieto-Treììtiixt di scienze natnrcdi residente
in Padova.
Dal volume I", giugno 1872, al volume V, anno 1877.
* Paleemo. — E. Accademia di scienze, lettere e belle arti di
Palermo.
Atti della B. Accademia di scienze, lettere e belle arti di Pa-
lermo.
Nuova serie, dal volume 1°, anno 1845, al volume X, anno 1888
(manca il volume VI) — Serie IH'', dal volume 1°, anno 1891, al
volume IV, anno 1896.
Ballettino della B. Accademia di scienze, lettere e Ielle arti
di PalertHo.
Anno 1°, 1884, dal numero 1 al numero 3 — Anno II, 1885, dal
numero 1 al numero 6 — Anno III, 1886, dal numero 1 al nu-
mero 3, numero 6 — Anno IV, 1887, dal numero 1 al numero 6
— Anno V, 1888, dal numero 2 al numero 6 — Anno VI, 1889,
dal numero 1 al numero 6 — Anno VII, 1890, dal numero 1 al
numero 6 — Anno VIII, 1891, numeri 1 e 2 — Anno IX, 1892,
dal numero 1 al numero 3.
*Paleemo. — Circolo Matematico di Palermo.
Bendiconti del Circolo Matematico di Palermo.
Dal tomo 1°, anno 1884, al tomo XII, anno 1898.
Annuario del Circolo Mcttematico di Palermo.
Anni 1890-1896-1898.
* Paleemo. — // Circolo Giuridico. Bi vista di legislazione e giu-
risprudenza.
Serie II"», volume XX, anno 1889 — Serie III», volume XXI,
anno 1890 (manca la dispensa VIII*^) — Volume XXII, anno 1891
[28J ELENCO DEIiLE PUBBLICAZIONI PEEIODICHE
(esistono solo le dispenso I'' e VII'^) — Volume XXIII, anno 1892
(esiste solo la dispensa IX'') — Volume XXIV, anno 1893 (esiste
solo r indice) — Volume XXV, anno 1894 (manca la dispensa I")
— Dal volume XXVI, anno 1895, al vohune XXIX, anno 1898,
completo.
* Palermo. — Società di scienze naturali ed economiche di Pa-
lermo.
Giornale di scienze naturali ed economiche, pubblicato j^er cura
della Società di scienze naturali ed economicìte di Palermo.
Dal volume 1°, anno 1866, al volume XXI, anno 1896 — Manca
il volume XVIII.
+Palermo. — Annales de geologie et jìaleontologie.
Livraison 1, anno 1886, a livraison 27, anno 1899.
* Palermo. — Collegio degli ingegneri e degli architetti in Pa-
lermo.
Atti del Collegio degli ingegneri e degli arcJiitetti in Palermo.
Dall' anno 1° (1878) all'anno XXI (1898) — Dell'anno IV (1881)
esiste solo il 1° fascicolo — Mancano completamente gli anni V
(1882), VII (1884), XIX (1896) — Dell' anno VI (1883) mancano i
fascicoli I*» e II — Dell' anno XVIII (1895) esiste solo il fasci-
colo I.»
+Pavia. — Bollettino scientifico redatto da L. Maggi, G. Zoja ed
A. De Giovanni.
Dall' anno 1° (1879) continua fino a tutto 1' anno XX (1898) ;
manca solo il numero 3 dell' ;inno V (1883).
* Perugia. — Università libera di Perugia.
Annali dell' iJniversità libera di Perugia. Facoltà di medicina
e chirurgia.
Anno 1°, 1885-86, volume I« — Anno II, 1886-87, volume 1°
(manca la parte I*) — Anno II, 1886-87, volume II (esiste solo
la parte I") — Anno III, 1887-88, volume II (esistono solo le di-
spense III'' e IV" — Anno IV, 1888-89, volume 1° completo.
Facoltà giuridica.
Anno P, 1885-86, volume II — Anno II, 1886-87, volume II —
Anno III, 1887-88, volume II (dalla pagina 75 alla fine) — Anno
IV, 1888-89, volume II.
PERVENUTE AL E. ISTITUTO VENETO ECC. [29J
* Perugia. — Unhersità libera di Perugia.
PuhhUcazioììi perifxìichc dcUit Facoltà di <jìì(ì '.yj ì vdaiza.
Nuova serie, dal volume 1°, anno 1891, al volume Y, anno 1M)5
(mancano solo i due fascicoli IV del volume 1°, r.rr.o li-91, e 11
del volume II, anno 1892) — Del volume YI, anno 181T), esiste
solo il fascicolo lY — Yolume YII, anno 1897, completo. — Yo-
hnne YIII, anno 1898, fascicoli 1° e li.
Facoltà di medicina. Atti e Rendiconti dell' Accademia medico
chirurgica di Perugia.
Yolume 1°, anno 1889, completo — Nei volumi 11 e III, anni
1890, 1891, manca il 1° fascicolo — Dal volume lY al volume X,
anni 1892-98, seguono completi — Yolume XI, anno 1899, fasci-
colo I.''
Perugia. — Eegia Deputazione di storia patria per 1' Umbria.
Bollettino della Regia Deputazione di storia patria per l'Umbria.
Dal volume P, anno 1°, 1895, al volume lY, anno lY, 1898.
*PiSA. Società Italiana di fisica.
Il Nuovo Cimento. Periodico fondato da C. Matteucci e R.
Piria, continuato da R. Felici, A. Battelli, V. Volterra.
Organo della Società Italiana di fisica.
Dal tomo 1°, anno 1855, al tomo XXYIII, anno 1867 — Serie
II": dal tomo 1°, anno 1869, al tomp XII, anno 1874 — (Del to-
mo X, anno 1873, manca da pagina 125 alla fine) — Serie IH" :
dal tomo XIX, anno 1886, al tomo XXIY, anno 1888, e dal tomo
XXIX, anno 1891, al tomo XXXYI, anno 1894 — Serie lY" :
dal tomo I", anno 1895, al tomo IX, anno 1899.
* Pisa. . — Università Toscane.
Annali delle Università Toscane. Parte prima : Scienze noolo-
giche. Parte seconda : Scienze cosmologiche.
Dal tomo 1", anno 1846, al tomo XX, anno 1896, incluso —
Manca il tomo XIX.
*PiSA. — R. Scuola normale superiore di Pisa.
Annali della R. Scuola normale superiore di Pisa. Filosofia e
filologia.
Dal volume I«>, anno 1873, al volume XIII, anno 1899 — Man-
cano i volumi YIII, IX, X.
[30J ELENCO DELLE PUBBLICAZIONI PERIODICHE
*PiSA. — E. Scuola normale superiore di Pisa.
Annali della R. Scuola nonnalc superiore di Pisa. Scienze fi-
siche e matemaliche.
Dal volume I**, anno 1871, al volume VII, anno 1895.
+PiSA. — Istituto agrario nella E. Università di Pisa.
U Agricoltura, Italiana. Periodico quindicinale.
Dall'anno 1°, 1874, all'anno XXIV, 1898, compreso — Mancano
i due fascicoli del maggio 1894, annata XX" del Giornale.
*PiSA. — Società Toscana di scienze naturali, residente in Pisa.
Atti della Società Toscana di scienze naturali, residente in Pisa.
Memorie.
Dal volume I"*, anno 1875, al volume XVI, anno 1898.
Pi ocessi verbali.
Anno 1877, adunanza marzo 14, maggio (ì, luglio 1, novembre
18 — Volume 1°, anni 1878-79, completo — Volume II, anni
1879-80-81, completo — Volume III, anni 1881-82-83, manca da
pagina 197 a pagina 272 — Volume IV, anni 1883-84-85, manca
dalla pagina 147 alla pagina 166 — Volume V, anni 1885-86-87,
completo — Volume VI, anni 1887-88-89, inanca da pagina 72 a
pagina 104 — Volume VII, anni 1889-90-91, manca da pagina 81
a pagina 128 — Volume Vili, anni 1891-92-93, arriva alla pagina
231 — Volume IX, anni 1894-95, arriva alla pagina 241 — Volu-
me X, anni 1895-96-97, comincia con la pagina 121 — Volume
XI, anni 1897-98, esiste solo la relazione dell' adunanza 28 no-
vembre 1897 — Volume XII, anno 1898, si trovano solo le reda-
zioni dello due adunanze 13 marzo e 1 maggio.
* Portici. — E. Scuola superiore d' agricoltura in Portici.
Annuario della R. Scuola superiore d' agricoltura in Portici.
Dal volume I*', anno 1878, al volunie VII, fascicolo I", anno
1897 — Manca il fascicolo IV del volume III, anno 1883, e del
volume V esistono quattro fascicoli.
*EoMA. — Ministero dell'Istruzione pubblica.
Bollettino Ufficiale.
Dall' anno 1876 all' anno 1899 incluso.
PERVENUTE AL R. ISTITUTO VENETO ECC. [31j
*RoMA. — Ministero dell' Istruzione pubblica.
Stato del Personale.
Anni 1874-75, 1876-82, 1884-87, 1888, 181)0.
*RoMA. — Ministero di Agricoltura, industria e commercio. Dire-
zione generale della Statistica.
Statistica delle cause di morte — Statistica delle confraternite
— Elenco delle Società di mutuo soccorso — Statistica Giudizia-
ria civile e commerciale — Bilanci Comunali — Annali di Stati-
stica — Statistica Giudiziaria penale — Statistica degli scioperi
avvenuti nell'industria e nell'agricoltura — Statistica della Stam-
pa periodica — Statistica dell'Istruzione elementare — Statistica
delle Biblioteche — Popolazione. Movimento dello Stato Civile —
Casse di risparmio — Statistica dei Brefotrofi — Statistica delle
Società cooperative — Statistica delle Banche popolari — Stati-
stica delle Tasse e Diritti Comunali — Bilanci Provinciali — Sta-
tistica degli elettori amministrativi e degli elettori politici — Cen-
simento della Popolazione. Proporzione degli analfabeti classificati
per età e confronto col censimento precedente — Annuario stati-
stico Italiano — Notizie sulle condizioni demografiche, edilizie ed
amministrative di alcune grandi città italiane ed estere — Stati-
stica dell' assistenza dell' infanzia abbandonata — Statistica della
emigrazione Italiana e confronti coll'emigrazione degli altri Stati
d'Europa per l'America e per l'Australia — Statistica dell' Istru-
zione superiore — Statistica delle Elezioni generali politiche —
Statistica del Commercio speciale d'importazione e di esportazio-
ne — Movimento commerciale del Regno d' Italia — Movimento
della Navigazione — Istruzione secondaria e superiore, e Con-
vitti maschili e femminili.
Roma. — Bullettino del vulcanismo italiano e di geodinamica
generale.
Dall' anno 1°, 1874, all' anno XX, 1897.
*RoMA. — Ministero delle Finanze. Direzione generale delle Ga-
belle.
Bollettino di Legislazione e Statistica doganale e commerciale
— Tabella indicante i valori delle merci per le statistiche com-
merciali — Relazione sull'Amministrazione delle Gabelle.
*RoMA. — Ministero di Agricoltura, industria e commercio. Di-
visione Credito e Previdenza.
Bollettino di notizie sul Credito e la Previdenza.
[32] ELENCO DELLE PUBBLICAZIONI PEEIODICHE
*EoMA. — Ministero di Agriooltura, industria e commercio. Dire-
zione dell' industria e del commercio.
Annali dell' industria e del commercio.
*RoMA. — Bureau Central de Statistique du Eoyaume d'Italie.
Statistique Internafionale des Caisses d' Epargne.
*RoMA. — Direzione generale della Statistica.
Statistique Internationale des Banques d' Emission.
Statistica delle Opere Pie.
*RoMA. — Accademia di Conferenze storico-giuridiche.
Studi e Documeììti di Storia e Diritto.
Dall'anno 1°, 1880, all'anno XX, 1899 — Manca il fascicolo III
dell'anno XIII, 1892.
*RoMA. — Rivista Militare Italiana.
Dall'anno XXXIX (1894) all'anno XLIV (1899) compreso.
*RoMA. — Rivista di Artiglieria e Genio.
Dall'anno 1885 all'anno 1899 (mancano : il fascicolo del mese di
novembre dell'anno 1891, ed il fascicolo del mese di dicembre
dell'anno 1898) — Indice Generale staccato.
+RoMA. — • La Cultura, di Ruggero Bonghi.
Dall'anno 1°, 1882, fino all'anno XVII, 1899 — Manca il numero
14 del volume V,. anno 1884 ; e mancano i numeri 13-14 del vo-
lume IX, anno VII, 1887 — Della Nuora Serie manca il numero
9 dell'anno 1°, 1891 ; l'anno V, 1895, arriva fino al numero 29 (5
agosto) ; l'anno 1896 esiste dal 1° maggio al 1° dicembre.
*RoMA. — Società Geografica Italiana.
Bollettino.
Dall'anno 1868 (primo della pubblicazione) all'anno 1899 — Man-
cano i seguenti fascicoli : dicembre dell'anno 1878, giugno e luglio
deli' anno 1894.
PEEVENUTE AL E. ISTITUTO VENETO ECC. [33]
*EoMA. — Società Geografica Italiana.
Memorie.
Volume r, anno 1878, parte 1% II'', III'' — Volume II, anno
1880, parte li" — Volume III, anno 1881 — Volume IV, anno 1890
— Volume V, anno 1895, parte I" e II" — Volume VI, anno 1896,
parte I" e II" — Volume VII, anno 1897, parte I" e li" — Vo-
lume Vili, anno 1898, parte I" eli".
Suppìemento alle pubblicazioni della Società Geografica Italia-
na (Yolunie Vili delle Memorie). — Elenco generale dei
Soci al 1" marzo 1898.
+RoMA. — Minerva. Rivista delle Riviste.
Dal volume 1°, anno 1891, al volume XVIII, anno 1899.
+RoMA. — Nuova Antologia. Rivista di scienze, lettere ed arti.
Serie I", dal volume I", anno 1866, al volume XXX, anno 1875
(manca il volume XXVI, anno 1874) — Serie II", dal volume 1°,
anno 1876, al volume LIV, anno 1885. — Serie III", dal volume
1°, anno 1886, al volume LX, anno 1895 — Serie IV", dal volu-
me LXI, anno 1896, al volume LXXVIII, anno 1898.
Indice Generale della I" serie.
*RoMA. — R. Accademia dei Lincei.
Atti della R. Accademia, dei Lincei. Memorie della Classe di
Scienze fisiche, matematiche e naturali.
Serie III" ; dal volume 1°, anno 1877-78, al volume XIX, anno
1883-84 (il volume VI, anno 1879-80, arriva alla pagina 446) —
Serie IV" ; dal volume 1°, anno 1885, al volume VII, anno 1890
— Serie V" ; volume I", anno 1894, e volume II, anno 1897.
Atti della R. Accademia, dei Lincei. Classe di Scienze morali,
storiche e filologiche. Parte F', Memorie. Parte II", Notizie
degli Scavi.
Serie III"; dal volume P, anno 1876-77, al volume XIII, anno
1883-84 (il volume IV, anno 1879-80, arriva a pagina 616) — Serie
IV" ; dal volume P, anno 1884, al volume X, anno 1?93 (il vo-
lume V arriva a pagina 305, ed il volume VII arriva a pagina
376) — Serie V" ; dal volume P, anno 1894, al volume VI, anno
1898.
[34] ELENCO DELLE PUBBLICAZIONI PERIODICHE
*RoMA. — R. Accademia dei Lincei.
Atti delia B. Accademia dei Lincei. Rendiconto dell' adunanza
solenne.
Dall' anno 1892 all' anno 1899.
Rendiconti della R. Accademia dei Lincei. Classe di scienze
morali^ storiche e filolofjiche.
Serie V'' : dal volume I", anno 1893, al volume VII, anno 1898.
Atti della R. Accademia dei Lincei. Rendiconti. Cl(tsse di
scienze fìsiche, "tnatematiche e naturali.
Serie V : dal volume 1°, anno 1892, al volume VII, anno 1898
— Manca il fascicolo 10 del II semestre del volume V, anno 1896.
Annuario della R. Accademia dei Lincei.
Anni 1884-1887-1888-1893-1894-1895-1896-1897-1898-1899.
Atti della R. Accademici dei Lincei.
Tomo XXIV, anno XXIV (1870-71) — Tomo XXV, anno XXV
(1871-72) — Tomo XXVI, anno XXVI < 1872-73) — Del tomo
XXV, anno XXV, 1871-72, manca da pagina 163 a pagina 338, lo
relazioni delle sessioni IV", V** e VI'' — Serie IP: dal volume;
I", anno 1873-74, al volume VII, anno 1875-76.
Transunti.
Serie IIP: dal volume 1°, anni 1876-77, al volume Vili, anni
1883-84.
*RoMA. — Accademia Pontificia dei Nuovi Lincei.
Atti dell' Accademia Pontifìcia dei Nuoci Lincei, compilati dal
Secjretario.
Tomo III, anno III, 1849-50 — Volume V, anno V, 1852 (manca
la sessione I") — Volume VI, anno VI, 1852-53 (esistono le prime
cinque scissioni) — Volume VII, anno VII, 1853-54 (esiste solo la
VI» sessione) — Tomo VIII, anno VIII, 1854-55 — Tomo IX,
anno IX, 1855-56 — Volume X, anno X, 1856-57 (esistono solo
le sessioni IV% V'', VIP) — Tomo XI, anno XI, 1857-58 — Tomo
XII, anno XII, 1858-59 (esistono solo le sessioni 1% 11% VP) —
Tomo XIII, anno XIII, 1859-60 — Tomo XIV, anno XIV, 1860-61
(esistono solo le sessioni I" e IP) — Tomo XV, anno XV, 1861-62
(esistono solo le sessioni P e II") — Volume XVI, anno XVI,
1862-63 (manca la P sessione) — Tomo XVII, anno XVII, 1863-
64 — Tomo XIX, anno XIX, 1865-66 — Tomo XXI, anno XXI,
PERVENUTE AL R. ISTITUTO VENETO ECC. [35J
1868 — Tomo XXV, anno XXV, 1871-72 — Tomo XXVI, anno
XXVI, 1872-78 — Tomo XXVITI, anno XXVIII, 1874-75 — To-
mo XXX, anno XXX, 1876-77 — Tomo XXXII, anno XXXII,
1878-79 — TomoXXXIV, anno XXXIV, 1880-81 — Tomo XXXVI,
anno XXXVI, 1882-83 — Tomo XXXVII, anno XXXVII, J883-
1884 — Tomo XXXVIII, anno XXXVHI, 1884-85 ~ Tomo XXXIX,
anno XXXIX, 1885-86 — Tomo XL, anno XL, 1886-87 — Tomo
XLI, anno XLI, 1887-88 — Tomo XLII, anno XLII, 1888-89 —
Tomo XLIII, anno XLIII, 1889-90 — Tomo XLIV, anno XLIV,
1890-91 — Tomo XLV, anno XLV, 1891-92 — Tomo XLVI, anno
XLVI, 1892-93 — Temo XLVII, anno XLVII, 1893-94 — Tomo
XLVIII, anno XLVI li, 1894-95 — Tomo XLIX, anno XLIX,
1895-96 — Tomo L, anno L, 1896-97 (esistono solo le primo sei
sessioni) — Tomo LI, anno LI, 1897-08 (esistono le prime sette
sessioni).
*RoMA. — Accademia Pontifìcia dei Nuovi Lincei.
Memorie delia Poufificia Accademia dei Nuoci Lincei (Serie
iniziata per ordine della S. T). N. S. Papa Leone XIII).
Dal volume P, anno 1887, al volume XIII, anno 1897 (manca
il volume XII, anno 1896).
Puòbìicazicne in scdices.ìno.
Anno XXXII, 1879, sessioni da 4'' a 7" — Anno XXXIIL
1879-80, sessioni 1% 2-"-, 3-% 4-% 6", 7-'^ — Anno XXXIV, 1880-81,
sessioni l^ 3% 4% 5% C'' — Anno XXXV, 1881-82, sessioni da 1*
a 6^ — Anno XXXVI, 1882-83, sessioni da 1'* a 11'' — Anno
XXXVII, 1883-84, sessioni 1% 2-\ da 4^ a 8'^ — Anno XXXVIII,
1884-85, sessioni da 2*^ a 7* — Anno XXXIX, 1885-86, sessioni da
la a 7*^ — Anno XL, 1886-87, sessioni 1-% 2^ 4'', 6-'' — Anno XLI,
1887-88, sessioni da 1» a H^ — Anno XLII, 1888-89, sessioni da
1^ a 7^
*RoMA. Società deg-li Ine^eo-neri ed Architetti Italiani.
Affi del Coììe<iio dcyìi Iii<je(jHeri ed Airìiifefii in Roma.
Dall'anno IV, 1880, all'anno IX, 1885 — L'anno VII, 1883,
arriva tino alla pagina 100.
Aìiaaìi della Sociefà degli IiH/rf/iieri e dajli Avrhifeffi Ifaliani.
Dall'anno 1°, 1886, all'anno XIII, 1888.
Ball elfi HO.
Anno 1°, 1893, dal numero 1 al numero 20 (maìioa il numero 3)
— Anno II, 1894, numero i.
[36] ELENCO DELLE PUBBLICAZIONI PERIODICHE
*RoMA. — Società degli Ingegneri ed Architetti Italiani.
Ann uà rio delia Società (hyli In (/((/neri e (/e(jli Arclii tetti Ita-
liani.
Anni 1887-1888-1889.
Cataì()(j(> della hihiioteca.
Anno 1890.
+RoMA. — U Econonrit^ta d' Italia. Bat<sr(/ì!a settimanale e Bol-
lettino quotidiano. Economia, finanze, lanca, industria, com-
mercio, ferrovie, statistica, assicurazioni.
Dall' anno XX, 1887, all' anno XXXI, 1898 — Mancano i nu-
meri 22 e 46 dell' anno XXVIII, 1895, il numero 48 dell' anno
XXIX, 1896, ed il numero 47 dell'anno XXX, 1897.
Bollettino (juofidiano dell' Economista d' Ital;(f.
Seri(> II", anno XXYl, 1893 : coiniiìcia col numero 28, e man-
cano i numeri 33, 36, 58, 100, 202, 261, 265, 271 — Anno XXVIl,
1894 : mancano i numeri 59, 97, 1:.3, 188, 216, 241, 248 — Anno
XXVIII, 1895 : mancano i numei i 10, 46, 80, 157, 164, 204, 209,
229 — Anno XXIX, 1896: mancano i numeri 89, 217, 240 — Anno
XXX, 1897 : mancano i numeri 127, 130, 134, 142, 237 — Anno
XXXI, 1898: mancano i numeri 1, 39, 82. 210, 225.
*RoMA. — Gazzetta ('Idmica Italiana.
Dall'anno IX, 1879, all'anno XXVIII, 1898.
Appendice alla Gazzetta Chimica Italiana.
Volume r, anno 1883 —Volume II, anno 1884 — Volume III,
anno 1885 — Volume IV, anno 1886 — Volume V, anno 1887 —
Volume VI, anno 1888.
*RoMA. — R. Comitato geologico d' Italia.
Bollettino del E. (\)mitato (jeohxjico d' Italia.
Dal volume P, anno 1870, al volume XXIX, anno 1898 — (Il
Bollettino si divide in tre serie : la prima serie va fino all' anno
1879, la seconda serie comprende le annate 1880 a 1889, la terza
serie comincia con 1' anno 1890).
*RoMA. — Ministero dell' Interno. Sanità pubblica.
Bollettino sanitario.
Dall' anno 1888 all' anno 1899 — Mancanze : mese di marzo
1888; mese di gennaio 1889; mesi di maggio, giugno, agosto 1892;
mesi di luglio, agosto 1898; mese di decembi'e 189G ; l' intera an-
nata 1897.
PERVENUTE AL R. ISTITUTO VENETO ECC. [37J
*RoMA. — R. Società Romana di storia patria.
Arrhitio delia B. Società Bomana di storin patria.
Dal volume XIV, anno 1891, al volume XXI, anno 1898 —
Mancano i fascicoli 3, 4 del volume XV, anno 1892, ed i fascicoli
3, 4 del volume XIX, anno 1896.
*RoMA. — Institut international de statistique.
Bulìetin de /' Institut interìiafional de statistique.
Dal volume 1°, anno 1886, al volume X, anno 1897 — Mancano
il fascicolo II del volume V, anno 1890, ed il fascicolo 1° del
volume IX, anno 1896.
*RoMA. — Ministero degli aft'ari esteri.
Boi letti HO Consoìare.
Dal volume V, anno 1868, al volume XXIII. anno 1887 — Manca
il fascicolo IX del volume XX, settembre 18&4.
Boìletfììio del Mfiristero degli affari esteri.
Dall'anno 1888 all'anno 1898 — Dell'anno 1888, parte l'% vo-
lume II, manca il fascicolo IV, ottobre — Dell' anno 1895, man-
cano i numeri generali 47, 48, 67 — Dell' anno 1896 mancano i
numeri generali 89, 91, 94,
*RoMA. — Istituto d'igiene sperimentale dell'I niversità di Roma.
Aììnaìi dell' Istituto d' igiene sperimentale dell' Università di
Boma.
Serie I^ : volume II, a;ino 1890 — Nuova serie : dal volume li
anno 1892, al volume Vili, anno 1898.
Roma. — Comune di Roma.
Quadri di Statistica sanitaria puhblicati dall' l'fficio d' igiene.
Supplemento mensile al Bollettino ebdomadario, demografico^
nieteorico.
Anno II, 1899.
*RoMA. — L' Elettricista. Birista ìueusile di elettrotecnica.
Dall'anno l», 1892, all'anno Vili, 1899.
* Rovigo. — // Pole.^ine Agricolo. (Ho male d' agricoltura pratica.
Bollcttiiu) deUa (\itfedr(( ambulante d'agricoltura della Pro-
[38] ELENCO DELLE PUBBLICAZIONI PERIODICHE
vincia di Roingo, delle Associazioni agrarie del Basso Pole-
sine e dell' Alto Polesine, del Comizio ayrario e del Deposito
governativo di macchine agricole di Rovigo.
Dall' anno T°, 1886-87, all' anno XII, 1898 — Dell' anr.o IX,
manca il numero 5, 1° dicembre 1895.
* Salerno. — R. Società economica e Comizio agrario.
Il Picentino. Giornale della B. Società economica ed Organo
del Comìzio agrario di Salerno.
Dall' anno VII, 1864, all' anno XL, 1898 — Dell' anno X, 1867,
manca il fascicolo d' agosto — Dell' anno XIX, 1876, mancano i
fascicoli di maggio, giugno e luglio — Dell'anno XXI, 1878, man-
cano i fascicoli di marzo od ottobre — Dell' anno XXII, 1879,
mancano i fascicoli di febbraio ed agosto — Dell' anno XXIII,
1880- manca il fascicolo di dicembre — Dell' anno XXV, 1882,
mancano i fascicoli di maggio, giugno e settembre — Dell' anno
XXVI, 1883. manca il fascicolo di marzo — Manca l'intero anno
XXXVIII, 1896.
* Siena. — Bollettino dei naturalista collettore, aìlevatore, coltiva-
tore, acclimatatore e Rivista Itfdiana di scienze naturali.
Dall'anno IX, 1889, all'anno XVIII, 1898 — Dell'anno XI,
1891, mancano i fascicoli 3 e 6 — Dell' anno XII. 1892, mancano
i fascicoli di dicembre.
* Torino. — Rivista Storie/ It< diana.
Dall' anno 1°, 1884, all' anno XII, 1895 — Xuova serie : dal vo-
lume 1°. anno XIII, 1896, al volume IH, anno XV, 1898.
* Torino. — E. Accademia delle scienze di Torino.
Memorie della R. Accademia delle scienze di Torino.
Serie II", tomo IV, anno 1842 — Tomo XI, anno 1851 — Dal
tomo XIX, anno 1861, al tomo XLVIII, anno 1899 (mancano i
tomi XXXVI-XXXVIII-XXXIX-XL).
Atti della R. Accademia delle scienze di Torino.
Dal volume 1°, anno 1865-66, al volume XXXIII, anno 1897-98
— :Manca la F dispensa d(d vohune XXVI, anno 1890-91.
Miscellanea.
Dall'anno 1859 all'anno 1878.
PERVENUTE AL E. ISTITUTO VENETO ECC. [39]
*ToRiNO. — R. Osservatorio astronomico di Torino.
Osservazioni meieorohxjicìie fatte all' Osscrratorio della 7?. Vni-
versità di Torino.
Dall'anno 1888, all'anno 1897.
* Torino. — Società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino.
Atti della Società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino.
Dal fascicolo I, anno 1868, al fascicolo 35 della serie completa
degli Atti, anno XXIX, 1895 — (La Società dalla sua fondazione,
anno 1868, fino all' anno 1888, porta il titolo di : Società degli In-
gegneri e degli Indi/striali di Torino.
Catalogo della Bihroteca (pubblicato nelF anno 1893).
Statuto della Società degli Ingegneri e degli Industriali in
Torino (pubblicato neir anno 1872).
* Torino. — Osservatorio centrale del R. Collegio Carlo Alberto
in Moncalieri.
Bollettino mensuale, pidMicato per cura dell' Osserratorio cen-
trale del B. Collegio Carlo Alberto in. Moncalieri.
Dal volume 111, anno 1867-68, al volume XV, anno 1879-80 -
Del volume V, anno 1869-70, manca il numero 5 — Del volume
VI, anno 1870-71, mancano i numeri 4, 5, 8, 9, 10, 12 — Del vo-
lume VII, anno 1871-72, manca il numero 1 — Del volume Vili,
anno 1873, mancano i numeri 5, 8 — Del volume IX, anno 1873-
1874, mancano i numeri 1, 2, 3, 5 — Del volume XI, anno 1875-
1876, manca il numero 11 — Serie II**: dal volume 1°, anno 1881,
al volume XVIII, anno 1898 — Del volume IV, anno 1883-84,
mancano i numeri 4, 5, 6, 7 — Del volume XV, anno 1895, man-
cano i numeri 9, 10.
* Torino. — E. Accademia di medicina.
Giornale della B. Accademia di medicina di Terrina.
Serie IP : dall'anno IX, 1856, volume XXV, all'anno XX, 1865,
volume LIV — Dall' anno XIII, 1859, mancano i fascicoli del 15
maggio e del 31 ottobre — Mancano gli anni 1860-1861-1862-1863
— Serie III'': dal volume P, anno 1866, al volume XLII, anno
1894 — Del volumt! Ili, anno 1867, manca il fascicolo del 30
aprile — Del volume Vili, anno 1869, nianca il fascicolo del 31
[40J ELENCO DELLE PUBBLICAZIONI PEKIODICHE
(ìiccnibre — Del volume IX, anno 1870, mancano i fascicoli del
20 settembre e del 31 dicembre — Del volume XI, anno 1872,
manca il frontespizio — Del volume XV, anno 1874, mancano i
fascicoli dal 31 gennaio al 10 aprile inclusi — Dei volumi XVII
e XVIII, anno 1875, mancano gli indici — Del volume XXVII,
anno 1880, manca il fascicolo di gennaio — Del volume XXIX,
anno 1881, manca il fascicolo di settembre — Del volume XXX,
anno 1882, manca l' indice — Del volume XL, anno 1892, man-
cano i fascicoli di maggio e giugno — Serie IV'': dal volume 1°,
anno 1895, al volume IV, anno 1898 — Del volume 1°, anno 1895,
mancano i fascicoli di marzo ed aprile.
*ToiiiNO. — R. Accademia di medicina.
Atti della Società mefìico chinirgiea di Torino.
Volume 1°, anno 1844 — Volume II, anno 1846 — Volume V,
anno 1869 — Volume VI, anno 1882-84.
Rapporto dello Conitnixsione sui lavori presentati al Concorso
Riberi.
Concorso III, anni 1868-69-70.
* Torino. — Cosmos. Conìnìiicazioni sui prò;/ ressi jiià recenti e
notevoli della (jeo(jrapa e delle scienze affini.
Dal volume 1°, anno 1873, al volume XII, anno 1894-95 — Del
volume XI L, anno 1894-96, mancano i fascicoli XI, XII.
*ToEiNO. — Il Nuoro Risorgimento. Periodico di filosofia, scienza
dell' educazione e studi sociali.
Dal volume I", anno 1890-91, al volume Vili, anno 1898 — Del
volume I ', anno 1890-91, numcano i numeri VI, Vili, IX, X, XI
— Del volume Vili, anno 1898, mancano i numeri XI, XII.
* Torino. — R. Università di Torino.
Bollettino dei Musei di zoologia ed anatomia compan/ta della
R. Università di Torino.
Dal volume J". anno 1886, al volume XllI, anno 1898 — Del
volume VII, anno 1892, mancano i numeri 130. 131 — Del volume
XII, anno 1897, manca il numero 304.
* Udine. — Accademia di Udine.
Atti dell' Accademia di Udine.
Biennio 1867-68 — Serie II« : dal volume 11. anni 1869-72. al vo-
lume IX, anni 1890-93 - Serie III'': dal volume V\ anno 189:5-94,
al volume V, anno 1897-98.
PERVENUTE AL K. ISTITUTO VENETO ECC. [41]
* Udine. — Accademia di Udine.
Rendiconfi dell' Accademia di Udine.
Triennio 1872-75 — (Continua nel Bollettino dell' Associazione
agraria Friulana).
Annuario Statistico per la Provincia di Udine. Pubblica zione
dell' Accademia Udinese di scienze, lettere ed, arti.
Dall'anno 1°, 1876, all'anno lY, 1889.
*Udine. — Associazione agraria Friulana.
Bollettino dell' Associazione agraria Friidana.
Dall'anno Y, 1860, all'anno XYL 1871 — Nuova serie : dal vo-
lume I'\ anno 1873, al volume V, anno 1877 — Serie III'' : dal vo-
lume 1°, anno 1878, al volume VI, anno 1883 — Del volume II,
anno 1879, mancano i numeri 36-38, l'indice ed il frontespizio —
L'indice ed il frontespizio mancano ai volumi III, IV, V, VI —
Al volume V, anno 1882, manca il numero 47 — Serie IV* : dal
volume P, anno 1884, al volume XV, anno 1898 — Del volume
I", anno 1884, manca il frontespizio ed il numero 22.
Pubblicazioni varie.
Valle di Pompei. — Il Rosurio e la Nuova Pompei. Periodico
mensuale.
Dall'anno VII, 1890, all'anno XV, 1898 — L'anno VII, 1890, co-*
mincia dal quaderno VI — Dell' anno Vili, 1891, manca il qua-
derno III — Dell'anno IX, 1892, mancano i quaderni IV e V.
Yalle di Pompei. — Valle di Pompei. A vantaggio della Nuova
Opera pei figli dei carcerati.
Anno II, 1892, numeri 2, 3, 4, 7, 10, 11, 12 — Anno III, 1893,
numeri da 1 a 10 — Anno IV, 1894, numeri da 1 a 10 — Anno
V, 1895, numeri 1, 2, 5, 6, 7 — Anno VI, 1896, numeri da 1 a 12
— Anno VII, 1897, numeri da 1 a 5 — Anno Vili, 1898.
Valle di Pompei. — Santuario pontificio di Pompei.
Calendario del Santuario pontifìcio di Pompei, a vantaggio delle
orfanelle e dei figli dei carcrrafi, in Valle di Pompei.
Anni: 1895, 1896, 1897.
[42J ELENCO DELLE PUBBLICAZIONI PERIODICHE
*yENEZiA. — Ateneo A'^eiieto.
Esercitazioni scicnfip'rhr e leiicrarie.
Dal Tomo P, anno 1827, al tomo VII, anno 1860.
L' Ateneo Veneto. Rivista bimestrale di scienze, lettere ed arti.
Dall'anno 1864 all'anno 1898 — Mancano i fascicoli di marzo,
aprile dell'anno 1896.
* Venezia. — R. Deputazione Yeneta sopra gli studi di storia
patria.
Archivio Veneto. Fiibblicazione periodica della R. Deputazione
Veneta sopra gli studi di storia patria.
Dal tomo VI, anno 1873, al tomo XL, anno 1890 — Mancano :
del tomo VI la parte IK anno 1873, del tomo XXX VI 11 la parte
I", anno 1889, del tomo XXXIX la, parte 1% anno 1890.
Nuovo Archivio Veneto. Fabblicazione periodica della R. De-
putazione Veneta di storia patria.
Dal tomo 1°, anno 1891, al tomo XVI, anno 1898 — Del tomo
III, anno 1892, manca la parte Ih — Manca il tomo IV, anno
1892 -- Del tomo V, anno 1893, manca la parte P — Manca il
tomo VII, anno 1893 — Del tomo Vili, anno 1894, manca la parte
l'^ — Del tomo IX, anno 1895, nuìnca la parte l'' — Del tomo XI,
anno 1896, manca la parte 11'^ — Del tomo XII, anno 1896, manca
la parte II'' — Del tomo XVI, anno 1898, manca la partc^ I^
+Yenezia. — Giornale per servire ai progressi della patologia e
della, materia medica.
Serie P : dall'anno 1834, tomo 1°, fascicolo \\ all'anno 1841,
tomo XV, fascicolo 48 — Serie IP : dall'anno 1842, tomo P, fa-
scicolo 1°, all'anno 1848, tomo XIII, fascicolo LXXIII — Mancano
i fascicoli II, VII, XIII, XVII, XVIII, XXII, XXIII, XLIII,
XLIX, LII, LUI, LIV
Giornale Veneto di scienze ìtìcdiclie.
Serie IP: dal tomo IX, anno 1857, al tomo XXIII, anno 1864
— Serie IIP: dal tomo 1°, anno 1864, al tomo XXIX, anno 1878
— Manca il fascicolo di gennaio degli anni 1871, tomo XIV, e
1875 tomo XXII — Serie IV": tomo 1°, da gennaio a giugno
dell'anno 1879.
PERVENUTE AL E. ISTITUTO VENETO ECC. [43]
+Yenezia. — liivìsta Veneta di scienze mediche. Organo della
Scuola medica dell' Uin'rcrsità di Padova^ degli Ospitali, delle
Associazioni mediche del Veneto e dell' Associazione medica
Triestina.
Dall'anno 1°, 1884, tomo F, all'anno XV, 1898, tomo XXVIII
— Mancano i fascicoli : novembre 1891, anno VILI, tomo XV, feb-
braio 1892, anno IX, tomo XVI, mapgio 1893, anno X, tomo XVIII,
30 ottobre 1895, anno XII, tomo XX III.
+Yenezia. — Notarisia. Coni menta ri uni jdnjcidogicuni. Iti rista tri-
mestrale consacrata (dio stadio delle (dgJie.
Dall'anno 1°, 1886, all'anno V, 1890 Manca il numero 5, 1°
dell'anno II, 1897.
Neptunia. Rivista Italiana di pesca ed aqnicultnra marina,
furiale, lacustre.
Dall'anno 1°, 1891, all'anno XIII (Serio Notarisia-Neptunia) 1898
— Mancano i fascicoli di novembre e dicembre 1892, anno II
— Dell'anno VI, 1896, esistono le puntate da gennaio ad agosto ;
due supplementi dei mesi di giugno e luglio, e della parte speciale
per illustrare la Regione lagunare Veneta, i numeri da 1 a 6.
*Venezia. — Annuario astro-mcteorologico con effemeridi nautiche.
Dall'anno 1°, 1883, all'anno XVII, 1899 ~ Mancano : l'anno IV,
1886, l'anno VI, 1888, l'anno IX, 1891, l'anno X, 1892, l'anno XII,
1894, l'anno XIV, 1896.
Venezia. — Camera di commercio ed arti di Venezia.
Dall'anno 1°, 1861, all'anno XXXIV, 1893.
*Venezia. — Berne Bazmarep.
Dall'anno 1856, all'anno 1871 (manca il numero 11 dell'anno 1862)
— Dall'anno 1877 all'anno 1898 — L'anno 1877 comincia dalla
pagina 195.
Venezia. — Municipio di Venezia. Ufficio di Statistica.
Rassegna statistica trimestrale del Comune di Venezia.
Dall'anno XX, 1891, secondo trimestre, all'anno XXVII, 1898
— Manca il secondo trimestre dell' anno XXV, 1896.
[44] ELENCO DELLE PUBBLICAZIONI PERIODICHE
*Verona. — Accademia di Yerona. Agricoltura, scienze, lettere,
arti e commercio.
Memorie dell' Accademia di Verona. Agricoltura, scienze, let-
tere, arti e commercio.
Volume XL, anno 1862 — Serie II": dal volume XLI, anno 1862,
al volume LVII, anno 1881 — Del volume LUI esiste solo il fa-
scicolo 1° — Del volume LIV esiste solo il fascicolo II — Serie
III» : dal volume LVIII, anno 1882, al volume LXXII, anno 1896
— Mancano i volumi LXVII e LXVIII ed il fascicolo primo del
volume LXIX, anni 1891-93.
* Vicenza. — Accademia Olimpica di Vicenza.
Accademia Olimpica. Sezione I", Agricoltura.
Anno 18 J7, da pagina 1 a pagina 87 — Manca da pagina 17 a
pagina 20 incluse — Rapporto della Commissione Accademica in-
torno al sistema di Bigattiera Pollini.
Atti dell' Accademia Olimpica di Vicenza.
Dall'anno 1871, volume 1°, all'anno 1895, volume XXIX — Del
volume III, anno 1873, mancano le pagine da 273 a 320 incluse,
del primo semestre — Dell'anno 1878 manca il 1° semestre.
Atti del Reale Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti.
Anno accademico 1899-900 - Tomo LIX - Parte seconda.
DUE LETTERE INEDITE
DI
GUIDOBALDO DEL MONTE
A
GIACOMO CONTARINI
pubblicate ed illustrate
DAL psop. ANTONIO FAVARO, m. e.
(Adunanza del 30 dicembre 1899)
Nella occasione di dare in luce il testo delle Meccaniche lette
da Galileo in Padova nell'anno 1594 (i), ho voluto prendere in
esame varii trattati intorno alle medesime materie, de' quali si può
(1) Delle Meccaniche lette in Padova l'unno 1594 da Galileo Galilei
per la prima volta pubblicate ed illustrate da Antonio Fa varo. (Me-
morie del E. Istituto Veneto di scienze^ lettere ed arti, voi. XXVI, n.° 5).
Venezia, tip. Ferrari, 1899. — Intorno ad un inedito e sconosciuto trat-
tato di Meccaniche di Galileo Galilei nell'Archivio di S. A. il Principe
di Thurn-Taxis in Ratisbona. Notizie di Antonio Favaro. (Abhandlungen
zur Geschichte der Mathematik. Neuntes Heft. Supplement zum vierund-
vierzigster Jahrgang der Zeitschrift fiir Mathematik und Phìjsik, pag.
97-104). Leipzig, Druck und Verlag von B. G. Teubner, 1899. — Poste-
riormente a tali pubblicazioni sono stato informato dal Ch.'"^ D.^' Emilio
Wohlwill che nel volume miscellaneo dei manoscritti matematici della
Stadtbibliothek di Amburgo segnato col n.° 200 e che appartenne già al
matematico amburghese Tassius mancato ai vivi nel 1654, è contenuta,
seconda fra tredici scritture costituenti il volume, e senza nome d'autore,
una trattazione " Delle Macchine „ la quale riproduce essenzialmente; il
medesimo testo da noi dato alla luce.
H04 A. FAVARrt (2)
supporre ch'eg-li avesse notizia ; e fra i primi avendo richiamata
la mia attenzione il Liher Mechanknrum del Marchese Guidobaldo
del Monte, ne scorsi ambedue le edizioni e la traduzione italiana
di Filippo Pif^afetta. In uno degli esemplari di quest'ultima, pos-
seduti dalla Biblioteca Nazionale Marciana, e precisamente in quello
che porta la segnatura " 19628 (XIII, 3) „ fra le carte 101 e
102 trovai intercalate sei carte manoscritte, le quali contengono
copia di due lettere indirizzate da Guidobaldo del Monte a Gia-
como Contarini, 1' una sotto il dì 9 ottobre 1580, Faltra dei 18
dicembre 1580, completamente inedite e che rispondono ad alcuni
quesiti suggeriti al Contarini dalla lettura del Liher MecJidìi /cornili.
Quantunque questo esemplare non porti alcun segno esteriore di
avere appartenuto al Contarini, tuttavia è fuor di dubbio che fu
tra i libri da lui posseduti, tanto più che, dal confronto del ca-
rattere delle copie suindicate con quello di alcune lettere scritte
e firmate dal Contarini, risulta con tutta sicurezza che la trascri-
zione delle lettere, le quali richiamarono la nostra attenzione, è di
tutto suo pugno.
Chi sia stato Guidobaldo del Monte e qual posto nella storia
della scienza occupino i suoi numerosi lavori non è qui il luogo
di ripetere, ci contenteremo pertanto di notare come l'argomento
al quale si riferiscono le due lettere da noi rinvenute sia proprio
uno di quelli intorno ai quali egli maggiormente si affaticò ed ai
cui progressi più efficacemente contribuì nel citato suo libro. Che
se anche le cose divulgate già per le stampe non ricevono dalle
lettere in quistione notevole incremento, ci parve che alcune con-
siderazioni generali in esse contenute e certi particolari concer-
nenti le esperienze eseguite e le avvertenze suggerite nel ripeterle
e nel verificarne i risultati le rendessero abbastanza interessanti
da meritare che fossero fatte di pubblica ragione.
Ma se il parlare del mittente potrebbe essere stimato superfluo,
altrettanto ci sembra non sia l'aggiungere qualche notizia intorno
al destinatario.
Giacomo Contarini, patrizio veneto, al quale Guidobaldo del
Monte indirizza le duo lettere, parte indubbiamente di più volu-
minoso carteggio scambiato fra i due valentuomini, è persona non
del tutto sconosciuta ai cultori di storia scientifica ; ed il poco che
se ne sa lascia il desiderio d'una maggiore conoscenza dell'azione
scientifica da lui spiegata. Di lui leggiamo : " Giacomo Contarini
da S. Samuello nel 1572 fu deputato alla guardia et fortificationi
(3) DUE LETTERE INEDITE ECC. 305
del porto di S. Nicolò di Lido, per sospetto deirarinata turca, et
nel 1574 fu uno degli eletti per gli allestimenti da farsi per la
venuta di Henrieo III re di Francia a Yenetia, dal quale (ca-
vando balla d'oro in Consiglio) fu nominato di Pregadi. Fu gen-
tiluomo studiosissimo della historia, in modo che con notevolissima
spesa pose insieme quasi tutte le liistorie stampate e manoscritte,
non pure universali, ma etiandio particolari delle Città con molti
altri volumi di tutte le scienze, ed oltre di ciò un maraviglioso
ammasso di istrumenti matematici ed altre cose di pittura, scul-
tura et architettura con copiosi scritti e compositioni sue proprie.
Al medesimo fu dal Senato appoggiata la cura dell'inventione delle
pitture da esser dipinte nel Salone del Gran Consiglio. „ (/). Sap-
piamo inoltre eh' egli conobbe e praticò Giovanni Battista Porta
quando questi fu a Venezia, e lo assistè nella costruzione di certo
specchio parabolico (^). Non è quindi maraviglia ch'egli fosse più
tardi tra i primi a stringere amichevoli relazioni con Galileo, che
anzi lo conobbe fin dalla prima gita che questi fece a Yenezia (•''),
e cooperò alla elezione di lui a Lettore di matematica nello Studio
di Padova. Nò ci pare fuor di luogo la ipotesi che il Contarini
stesso, uno dei tre Provveditori all' Arsenale, abbia dischiuso al
suo novello amico quel grande emporio, ch'era stato cantato da
(1) // (kimpidoglio Veneto in cui si karma l'armi, V opinine, la serie
de gV huoìinni illustri, et gl'arbori della maggior parte delle Famiglie,
rosi estinte come viventi tanto cittadine quanto forastiere che hanno go-
duto 0 che godono della Nobiltà Patritia di Venetia. Fatica di Girolamo
Alessandro Capellari Yivaro Vicentino. Codice Mss. della Biblioteca
Marciana contrassegnato Cod. XVIII della CI. VII, It. — Intorno a questo
personaggio medesimo era stata annunziata dal prof. Frakcesco BpmLAN
la pubblicazione d'un volume in 8° di pag. 150 circa col titolo : " Glorie
veneziane mal conosciute. Giacomo Contarini^ Senatore. Secolo XVI. „
(2) Già. Battista Della Porta e il Cardinale Litigi d'Este. Notizie e
documenti per cura di Giuseppe Campori. Modena, tip. di Carlo Vin-
cenzi, 1872, liag. 22.
(3) Questo sendjra risultare dalla lettera del Contarini a Galileo
dei 22 dicembre 1592 (Bibl. Naz. di Firenze. Mss. Gal., Par. I, tomo VI,
car. 17) ; pare anzi che a Galileo avessero, per la lettura matematica
dello Studio di Padova, pensato Giacomo Contarini e Benedetto Zorzi
poco dopo la morte del Moletti e prima che Galileo fosse eletto alla
lettura di Pisa. Cfr. la lettera di Benedetto Zorzi a Baccio Valori data
da Venezia sotto il dì 2 dicembre 158D (Bibl. Naz. di Firenze. Filza Ri-
nuccini, 27).
306 A. FAVAEO (4)
Dante e che Galileo stesso ricorda nelle prime linee dei Dialoglii
delle Nuove Scienze. Di queste amichevoli relazioni rimase, do-
cmnento bellissimo, un quesito che il Contarini medesimo propose
nel marzo 1593 a Galileo col mezzo del comune amico Gio. Vin-
cenzio Pinelli, intorno alla azione dei remi, essendogli sorto dubbio
che un remo appoggiato sul vivo della galera, cioè sullo stesso
suo fianco, producesse maggiore o minor effetto di quello appog-
giato fuori del fianco stesso, cioè posato sopra una armatura esterna:
alla soluzione proposta da Galileo replicava il Contarini con os-
servazioni che ne palesano la profonda conoscenza delle cose ma-
rinaresche ed il fine criterio (i).
Ricorre nelle due lettere, che qui appresso vedono per la prima
volta la luce, ripetutamente menzione di Giulio Savorgnan, il ce-
lebre capitano e scienziato al quale appunto venne da Filippo
Pigafetta dedicata la versione italiana del Lil>er Mechanirorum,
e che è una cara conoscenza degli studiosi di storia delle mate-
matiche, poiché è quello stesso che " per ischerzare con Nicolò
Tartaglia, persona a' suoi tempi molto stimata in questa professione
et che si dilettava di andare solvendo questioni sottili di Media-
nica et di Mathematica, et ne'suoi dialoghi introduceva a favellare
personaggi grandi, et alcuna fiata gli faceva dire qualche cosa, di
cui essi prendevano nota „ il Savorgnano " gliene propose forse
quaranta, mechaniche quasi tutte et difficili, alcune delle quali egli
provò di solvere, delle altre si scusò con dire che a ciascheduna
di loro sarebbe stato mestieri un volume intero, come si legge
ne' suoi libri stampati della Nuova Scientia. „ (-).
(1) Galileo Galilei e lo Studio di l'adora per Antonio Favako. Voi.
II. Firenze, successori Le Monnier, 1883, pag. 160-1()5.
(2) La Nona Hcientia di Nicolò TaktaCtLia, con una gionta al terzo
Libro. In Vinegia, per Curtio Troiano de i Navò, M.D.LXII, nella car.
27"- (Ielle appendici.
(5) DUE LETTEKE INEDITE ECC. 307
All' Ill.™o sig.'''' Giac.° Coiitarini sig.' mio Coli.»
111.™» sig.»' mio oss.'"''
La sua m'ha dato grandissimo contento in veder che ella tiene me-
moria di me suo servitore ; mi dispiace però che la sia stata travagliata
dal male così lungamente. Mi rincresce ancora ch'io non fui presente
quando V. S. 111.™'' era dal Sig.'" Giulio Savorgnano, sì per esser in quella
dolcissima conversatione, come anche perchè so che haveria imparato
molte cose, in particolare sopra le machine, sopra le quali V. S. III.'"''
m' invita a voler dir il mio parere circa la esperienza e la dimostratione.
Sopra le quali discorrendo brevemente la deve sapere che prima che io
habbia scritto cosa alcuna sopra le mechaniche, mai (per non far errore)
ho voluto determinar cosa alcuna per minima che ella sia, se prima io
non vedeva con effetto che la esperienza si confrontasse apunto con la
demostratione, e di ogni minima cosa ne ho fatto la sua esperienza, dove
ho anco fatto una libra la quale mi mostra verissimamente che havendo
il centro nel mezzo di essa, mossa la libra dove si vuole, sta ferma dove
la si lascia, come dice la 4.*" propositione (de libra) nel mio libro delle
mechaniche, che è cosa che dà fastidio a molti che non 1' hanno saputa
far materiiilmente. In somma questa è cosa sicurissima, che la pratica
con la theorica vanno sempre insieme, né si discostano punto l'una dal-
l'altra ; et di più le dico che la dimostratione mi ha insegnato assai come
si hanno da far l'esperienze, sopra le quali per chiarirsi bene bisogna
considerar molte cose : 1° che gli instrumenti siano piccoli più presto che
grandi, come, per essempio, le taglie con le sue girelle, che se fusse pos-
sibile di farle di ottone con li sui assi di ferro, sotili sotiii; et che le gi-
relle siano benissimo tornite, le quali non baiassero attorn'agli assi, ma
però che girassero con un soffio se fosse possibile, questo sarebbe be-
nissimo, perchè le taglie grandi, che sono atte a levar gran pesi, non
sono così buone a chiarirsi delle minutezze, sì come si mostra, con es-
sempio chiaro, nelle bilancie, che, per chiarirsi d'ogni minutia, bisogna
tuor quelle picoline da pesar li scudi et non quelle di legno grande, che
si pesano cose grosse, come carne et simili, se ben tutte sono giuste (*).
(1) Ricorrono a qucisto proposito alla mente le acute considerazioni
del Taktaglia (Quesiti et inventioni, ecc. In Venetia, per Nicolo de
Bascarini, MDLIIII, car. 78 t).
308 A. FAVAEO (6)
Hora, fatto questo, circa il mio libro è d'avvertire una cosa molto prin-
cipale la quale ha fatto ingannare molti circa le esperienze, che è ch'io
fo gran differenza dalla forza che sostiene un peso e da la forza che lo
move. Come, per essempio, nella terza propositione de Trorlea, dove dice :
Se la fune sarà menata per due girelle etc, che all'hora la potenza che
sostiene sarà la metà manco del peso. Questo l'esperienza gle lo mostra
giustissimamente in qu(!sto modo. La metta in alto le taglie come sta la
figura di detta S.^ propositione e la metta in A un peso di sei libre et
in N vi attachi un peso di 3 libre, il quale farà l'offitio della potenza,
senza dubio la trovava che staranno fermi, et questo è quanto alla schietta
proportione ; ma perchè in atto pratico in questo caso la taglia di sotto
dove è attacato il peso, ancor ella ha gravità, però bisogna pesar la taglia
et il peso insieme, e la metà del tutto metter in JV^: come se, per es-
sempio, il peso con la taglia pesaranno 7 libre, bisogna in N attacarvi
3 libre et \ .> , sì come io avertisco a carte 101 nella seconda facia, dove
in qualche caso bisognerebbe considerar ancora la gravità delle funi, la
quale in quc^sto caso si può tralasciare, massime nelle taglie picoline, per
adoperarsi spaghi et cordicelle sotili, et in questo modo le 8 libre et Va
in JV^ et le 7 in ^ staranno f(»rme, perchè le 3 libre Va ii^ JV^ non hanno
forza di mover le sette in A, nò queste di mover le 3 '/.j in N: come
dimostra la 19.*^ propositione del medesimo trattato de Trorlea.
Perhaver adunque la potenza cognita, (luando io i)arlo e che (Xwo (po-
tentia siistmens) se ha da intender che l'habbi tanta forza che la faci star
il peso immobile, cioè sospeso e non più, (> non come hanno creduto alcuni,
che questa forza babbi da mover il p(!so, perchè la sua forza et il suo va-
lore è solo bastante a sosten(U'e e non a mover il peso, e così si ha da
intendere sempre (juesto termine (potentia sustinens)^ sì come s'intende
chiaramente dal corollario della prima propositione de Trorlea'^ et se la
considerarà ne i problemi che sono nel libro, ne i quali io propongo de
mover i pesi, all'hora io fo la potenza sempre maggiore di quella che so-
stiene, et in (questo modo gli riusciranno benissimo tutte le esperienze ;
e così bisognava fare per trovar la giustezza e la proportion che ha la
forza con i pesi, perchè, stando nel medesimo essempio, se lo 3 libre; e
\'o in N sostentano il peso in A , la- ragion vuole, se in N si metterà un
peso maggiore di 3 libre e Va i ^^^^ questo sc^nza dubio mova il peso di
3 in ^ ; ma questo che move poi esser 4 libre, 5, 6, 10, 20, 100 libre e
così in infinito, e però non se ne può dar regola cei'ta. È ben vero, et in
questo la materia fa qualche ressistenza, che se sopra le 3 libre e '\, poste
in N se gli aggiongesse un peso di minima gravità, come un gran di
miglio, all'hora, se b(Mi saranno più di 3 '/._, , non per questo moveranno
le 7 in ^ ; e questo ne è causa la materia, la qual vuol la parte sua ancor
lei, e quanto sono più grandi in materia tanto più ressiste, sì come si prova
tutto il giorno nelle libre che, per picele e giuste che le siano e che hab-
bino pesi da tutte due le bande eguali e giusti, non di meno a un di
loro se gli potrà metter sopra (^t aggiunger un peso di tanto poco mo-
mento, come un minimo pezzolino di carta che la bilancia starà senza
andar giù da detta parte, né per questo la bilancia sai'à falsa: dove è
da considerare che la ressistenza che fa la materia lo fa quando si hanno
(7)
DUE LETTERE INEDITE ECC.
309
(la mov(U' i pesi e non quando se hanno da sostenere solamente, perchè
all'hora l'instrumento non si move né gira : e con queste considerationi
la trovar.à siMupre che l'esperienza e la demostrationc ainhii'anno semi)re
insieme.
Quanto poi alh^ due diaiande elle V. S. Ili.'"''' mi ha scritto, la prima
ha due capi : il primo che tutti gli strumenti di ruote che passano tre
rochelli e due ruote sono inutili per la sua tardità : il secondo capo è
che quelli che ne hanno manco sono deholi e di poca forza.
Quanto al primo capo dico che è vero che sono tardi, non di meno
hanno questo vantaggio che con poca forza moveno grandissimi pesi et
per questo rispetto non sono da sprezzare, sì come raconta Papo che Ar-
chimede ne haveva fatto uno <li cinque ruote con i suoi rochelli, acciò
che pochissima forza movesse grandissimo peso.
Circa il secondo capo dico clu* quelli hanno manco forza di quei
primi, ma hanno poi questo di buono, che movono più presto, e però a
mio giuditio tutte due queste sorte di machine sono buone, perchè quando
si hanno pesi smisurati e che bisogni moverli con poca forza, il primo
modo sarà buono ; quando poi li pesi non saranno tanto
grandi si potrà far con manco ruote per mover più presto
et per non perder tempo ; ma però qui è da considerare che
non si può dar regola ferma circa tali instrumenti, perchè
si può far che una ruota sola faccia il medesimo e preciso
eifetto come se fussero due, 3, 4 con i suoi rochelli e più,
come si può cavar facilmente dalle cose che ho detto nel-
l'asse in peritrochio.
Circa la 2."' dimanda dove dice che le taglie da sei ro-
telle sono di buona forza e godibili, è vero ; la dice poi che
non gli riesce la proportione da uno a 6, ma da uno a -i :
questo me ne maraviglio, perchè io ne ho fatta la esperien-
za più volte, e se la tornarà a far l'esperienza con quelle
conditioni che ho detto di sopra, e l'accomodarà le taglie in
questo modo che è qui dissegnato, s' el peso in A con la
taglia di sotto pesarà 12 libre, attacando in B due libre,
dico che queste due sustentaranno le 12 infallibilmente, e
sarà la proportion de uno a 6, e questo dico che sostentarà
ma non moverà.
La mi farà favore, se non restarà satisfatta di (guanto
le ho detto di sopra, a farmene moto perchè non mancare
di dirle quel più clie stimare atto a poterla contentar»;, se
ben mi par d'haver detto troppo, che bavero fastidito V. S.
111."'-'', eh' el tutto ho fatto per ubidirla ; che se io non ba-
vero saputo farmi intender, mi chiarirò meglio quanto com-
porta il mio poco sapere, pregandola a darmi aviso come le
reusciranno le esperienze fatte nel modo che ho detto di
sopra, e di scriverlo ancora al sig. Giulio Savorgnano al
quale V. S. III.™'"^ mi favorirà, se la me gli raccomanderà et
raccordarà per suo atfetionatissimo servitore e gli bascierà
le mani in mio nome.
V,^
310 A. FAVARO (8)
Circa Papo io credo che quelli che si troYano siano tutti scorrettis-
simi, intendo però che quello che è nella libraria Vaticana del Papa è
assai corretto, con il quale V. S. Ili,™* lo potrà far incontrare.
Non voglio esser più lungo, che pur troppo sono stato, la prego che
la mi tenghi per servitore suo affetionatissimo et mi commandi Lascian-
doli le mani. Che Dio la contenti.
Di Pesaro, alli 9 d'ottobre del 1580.
Di V. S. 111.™'^
Aff.«o ser.'-''
Guido Baldo de Marchesi del Monte.
IL
All' 111.'"" sig. Giacomo Contarini sig.'' mio Coll.°
111.'"» sig.'' mio oss.»"»
Mi rincresce che bora ch'(d sig.'' Giulio Savorgnano si ritrova in Ve-
netia di non vi esser ancor io, acciò tutti insieme ci potessimo chiarir
delli effetti delle Machine, che, a dir il vero, io non so da che si nasca
questa diversità di esperienze, perchè io di nuovo ho fatto tutte le espe-
rienze con le taglie, et in fatti trovo che nel sostenere la esperienza mi
torna per a punto con la dimostratione, e non vi è difterenza nessuna,
però io gli domando per gratia che la faci di nuovo due sole esperienze
con le taglie, secondo che stanno questi disegni che gli mando, e la cerchi
di pesar li pesi con una stadiera esquisita, et l'avertisca di legar le corde
come sta nel dissegno, e poi la mi faci gratia d'avvisarmi come gli rie-
sce : perchè io l'ho provato molte volte e mi riesce per l'apunto giustissi-
mamente, essendo che nel sustenere non è possibile che la materia facci
resistentia ; nel movere sì bene, et è quella che V. S. 111.'"" mi ha scritto,
cioè del semidiametro dell'asse al semidiametro della girella, come dice
Aristotele nelle Questioni Mecaniche. Io poi gli mandai quel dissegno nel-
l'altra mia con quelle girelle che non erano pari, perchè in quel modo
le corde vengono sempre a esser fra loro paralelle, che ancor che nella
pratica non si faci, non dimeno serve assai nelle demostrationi, sì come
ho fatto nel libro, e chi le facesse anco così in pratica non sarebbe se
non buono ; la mi favorisca adunque di far queste due sole esperienze et
di avisarmi come gli riescano, perchè a me riescono benissimo, e ne ho
fatto l'esperienza pesando li pesi in due muodi, cioè con la stadiera e
con le bilancio, e mi torna benissimo ogni cosa, e di questo principal-
(9)
BUE LETTERE INEDITE ECC.
311
mente desidero clie ne restiamo d'accordo, delle altre cose ci accorda-
remo senza altro. Perchè V. S. IH.""* dice benissimo che dell'instrumento
che dice Papo d'Archimede che è tanto tardo che è quasi inutile, la qual
cosa è vera per le cose ordinarie, ma per tirar grandissimi pesi saria
Taglia di sojjra
che va attaccata
Taglia di sotto
KI\
24
se il peso insieme con la taglia di sotto
pesasse 24 libre et un capo della corda
sia legata alla taglia di sotto, poste 8
libre in A, questi pesi staranno fermi.
se il peso insieme con la taglia di sotto
pesan 24 libre et un capo della corda
sia legata alla taglia di sopra, poste in
A C) libre, questi pesi staranno fermi.
312 A. FAVARÓ - DUE LETTERE INEDITE ECC. (10)
buono, che è quello che Archimede disse : " Da rnihi ubi consistam, et
terram movebo „ dove si vede che egli lo fece per cose straordinarie ;
ma per poter adoperar gli instrumenti ordinariamente, V. 8. IH.™* ha con-
siderato benissimo che aggiungendo le taglie alle ruote et alli rochelli
si farà ciò che si vuole, sì come si usa di adoperar le taglie et gli argani
insieme. È ben vero che avendo V. S. 111.'"" gli instrumenti fatti, la gli
potrà adoperare come ella vuole, senza astringersi di adoperar, poniani
caso, le rote con li suoi assi in una cosa et le taglie in un altra, perchè
quel peso che ella moverà con le ruote et rochelli con l'istessa forza et
ristesse tempo moverà anco il medesimo peso con le taglie, e così degli
altri, massime che tutti gli instrumenti, fuori del cuneo, hanno in sé tanta
virtù (sì come io ho dimostrato nel libro) che un dato peso per grande
che sia, può esser mosso da una data potenza per picola che sia : è ben
vero che la diversità de i siti farà forse che uno si accomodarà meglio
dell'altro.
Circa la Coclea mi rallegro che V. S. IH."'* babbi trovato un altro
modo di trovar la forza, et, per quel che posso considerare, credo che
sia bello et buono ; ma io non intendo troppo bene alcune cose, perchè
la mi scrive queste precise parole : " Piglissi il diametro del maschio
della vite et riportisi nel cilindro sopra il quale si fabriea la vite, et poi
si vedrà in quella altezza del diametro quanti circoli del verme entrano,
et a questo modo etc. „ nelle quali parole io non so come mi fare a veder
quanti circoli del verme entrano nel diametro del maschio : la mi farà
somma gratia di mandarmene un esscmpio con li numeri, acciò io possa
intender la ragion che mette V. S. 111.""* acciò si possa venir in cogni-
tione della demostratione e riddurla alla leva, sì come credo che di già
V. S. 111.™* deve haver fatto.
Non voglio esser più lungo, che pur troppo la devo impedir circa le
sue occupationi, pur non voglio restar di pregarla che la mi favorisca
di provar con le taglie li dui modi detti di sopra, et me ne dia aviso,
che lo riceverò per favor singularissimo, pregandola con questo fine a
basciar le mani al sig. Giulio Savorgnano, sì come faccio a V. S. 111.""* et.
mi tenghi in sua gratia. Che Dio la contenti.
Di Pesaro, alli IH di X.bre 1580.
Di V. S. 111.™*
Aff.o'o ser.'""
Guido Baldo de Marchesi del Monte.
(Lìrenriafa per te stin>ipe il 0 febhr((io 1900)
Atti del Reale Istituto Venp:to m scienze, lettere ed arti.
Anno accademico 1899-900 - Tomo LIX - Parte seconda.
NOTE SULLE PERIZIE CIVILI
C03IPARATE ALLE PENALI
DEL PBOF. VITTORIO POLACCO, s. e.
(Adunanza 30 dicembre 1899)
1. — È cosa oggimai ben nota che il processo evolutivo di
specificazione come si manifesta nel mondo fisico così governa i
fenomeni della vita sociale, ed alla specificazione ognora crescente
dei fenomeni tien dietro quella delle discipline in cui lo scibile
umano via via si riparte. L' uno si decompone nel variO; dalla
massa iniziale semplice e indistinta vengono staccandosi entità
sempre più complesse e distinte, si passa in una parola, per dirla
con lo Spencer (i), dall'omogeneità incoerente alla eterogeneità
coerente. A questa legge soggiace pertanto anche il mondo giu-
ridico, 0 si consideri il Diritto in sé e per se, o si seguano la
genesi e lo sviluppo dei vari rami della Giurisprudenza. — Se-
nonchè nei fenomeni sociali in genere e nei giuridici in ispecie
il descritto processo può essere violentato dalla ingerenza pertur-
batrice della volontà umana, la quale per un tempo più o meno
lungo riesca o a ritardarne il corso o viceversa ad imprimervi
un impulso eccessivo. L'opera del legislatore o della scienza, per
dire soltanto di questa seconda ipotesi che qui ci interessa, può
spingere la specificazione oltre i suoi naturali confini; ed ecco
allora giungere il momento in cui par necessario tornare indietro,
per ristabilire, in conformità alla comune loro origine, il giusto
(1) Spencer, I primi princìpii, traduz. it. (Milano, Duniolard, 1888),
pag. 274.
314 V. POLACCO (2)
equilibrio tra le sing-ole parti, assurte col tempo a vita troppo in-
dipendente ed autonoma. L' hegeliano potrebbe anche in ciò con-
statare il ritmo famoso della tesi, della antitesi, della sintesi, la
quale ultima è conciliazione e ritorno alla unità originaria.
È forse così, per recare un esempio, che si spieg-a l'odierna
tendenza a fondere gli istituti civili e i commerciali sotto un'iden-
tica disciplina : dall'unico tronco del Diritto privato si diramarono
già, e fu notevole progresso e specificazione assai provvida, il civile
ed il commerciale, ma poi l'esagerata differenziazione ha fatto
sorgere fra l'uno e l'altro, in moltissimi punti senza adeguati mo-
tivi, dissonanze tanto stridenti, da lasciar comprendere, seppur non
la si giustifichi del tutto, la reazione unificatrice che attualmente
in questo campo si spiega.
2. — Or bene, io credo che qualche cosa di simile debba
avverarsi in ordine al Diritto giudiziario.
Che in origine unico sia il rito per qualunque genero di cause
non pare strano a chi pensi che la distinzione fra materie penali
e civili è il prodotto di uno stadio di civiltà avanzato. Neil' in-
fanzia dei popoli il delitto non si presenta che come una fonte
di obbligazione che il reo adempirà o col soggiacere alla privata
vendetta o con una composizione a danaro che ne tenga le veci,
come d'altra parto le private obbligazioni contrattuali ricevono
sanzione sotto titolo di pena per la loro inosservanza. Come pos-
sibile dunque in allora una diversità di rito dall'un caso all'al-
tro ? Confusi assieme i due concetti di pena e di risarcimento dei
danni, che è come dire ignorata nel Diritto materiale o sostan-
tivo (per usare la ormai classica espressione del Bentham) la di-
stinzione fra il civile ed il penale, vien da se che non la si possa
riscontrare nemmeno nel Diritto formale o adiettivo, salvo che trat-
tisi di crimine considerato qual sacrilegio ('). Tutto ciò si com-
(1) Veggasi in proposito G. Richakd, La discussion judiciaire et
Vétat de Droit in Berne philosoph. de la France et de l'étranger, XlX
année (1894) (pag. 478-500), pag. 480. E per ciò che riguarda in partico-
lare l' antico Diritto germanico cfr., fra tanti : Sohm, Der Process der
Lex Salica {Weimar, Bohlau, 1867), Beilage II, pag. 223 ; Bethmann-Holl-
WKG, Ber Civtlprozess des gem. Rerhts, IV Ed., Der germanisch-roma-
nische Ck'vilprozess un Mtttelalter, I. Bd. (Bonn, Marcus, 1868), §§ 11 e
(3) NOTE SULLE PERIZIE CIVILI ECC. 315
prende anche se si adotti qnella più recente concezione sulla parte
che storicamente compete alla Procedura nello sviluppo del Diritto,
secondo la quale essa avrebbe avuto in origine un posto prepon-
derante sullo stesso Diritto materiale, quasi fosse lo stampo che
prima si venne preparando per versarvi poi dentro i singoli diritti
considerati solo come oggetti di possibili litigi (i). Nessuna neces-
sità infatti di predisporre stampi diversi per rapporti giuridici che
si configuravano identici.
In seguito la legge della specificazione si fa strada^ e deli-
mitate le due sfere del civile e del criminale, se ne scindono al-
tresì le rispettive procedure (^). Ma anche qui progredendo si finì,
s'io non m'inganno, col trasmodare. Il processo civile e il processo
penale, questi figli gemelli di un'unica idea, la Giustizia cioè nella
pratica sua attuazione, vollero, fattisi adulti, sciogliersi da ogni
legame fra loro, e, battendo ciascuno di per se la sua via, adot-
tarono non di rado criteri disparati e persino contradditori pur
dove la identità del fine consiglierebbe uniformità d' indirizzo.
Io non contesto, intendiamoci, la ragion d'essere di questi due
grandi rami del Diritto giudiziario. Che in buona parte diverso
abbia ad essere fra altro il loro sistema probatorio, è evidente sol
segg., pag. 23 e segg. ; Beunner, Deutsche Rechtsgeschichte, II Bd. (Leip-
zig, DuTicker-Humblot 1892, in Binding, Si/stematisrhes Handhucìi der
deutsch. BecJdsw. II Abth., I Th., II Bd.), § 97, pag. 328 e seg. ; Fertile,
Storia del Diritto italiano^ voi. VI, parte I, § 205 (2" ediz., Torino, Unione
1899), pag. 1 e gli altri ivi citati nella nota 1.
(1) Concezione genialmente svolta, fra altri, in piìi luoghi delle loro
opere dallo Spencer e dal Sumner Maine. Basti citare di quest' ultimo
il capitolo XI dei famosi litudes sur l' ancien Droit et la coutunie 2^>'i-
mitice (traci, de l'amjlais, Paris, Tliorin, 1884, pag. 489-529), dove a pag.
526 con espressioni scultorie scrive : " Durant l'enfance des cours judi-
ciaires, le droit des actions exerce un tei ascendant, que le droit sub-
stantif paraìt tout au plus filtrer lentement entre les interstices de la
procedure. „
(2) Badisi che non intendiamo con ciò di dire clie vi abbia perfetto
sincronismo nei due sviluppi differenziali, del Diritto da un lato e del
Processo dall'altro. È noto infatti come per un certo tempo 1' originaria
impronta del processo civile perduri quale nota saliente nel giudizio pe-
nale, il che spiega il lungo prevalere in quest'ultimo del sistema accusa-
torio puro. Cfr. Glaser, Handb. des Strafprozesses, I Bd. (Leipzig, Dun-
cker-Humblot, 1883, in Binding, cit. Handb. d. deutsch. Rechtsw. IX Abth.
IV Th., I Bd.) § IV, pag. 20.
316 V. roLACCO (4)
che si pensi alla possibilità di prove precostituite, che ò regola in
materia civile, eccezione in penale ; e ciò solo basterebbe a dare
a ciascuna delle due procedure una fisonomia sua propria, dacché
giustamente fu detto che la prova è il centro di gravità d'ogni
atto del processo (i). Ma non così sottoscriverei ad occhi chiusi
al principio tanto ripetuto da costituire oramai un luogo comune,
che cioè scopo del giudizio penale è di scovrire la verità mate-
riale 0 reale, mentre il civile debba accontentarsi di una verità
formale, parendo conforme a ragione che il giudice si disinteressi
completamente del modo onde le parti contendenti trattano i loro
privati negozi, e dell'ambito entro cui reputano opportuno di con-
tenere l'istruzione della causa ('-).
Questa affermazione ed altre simili nascondono nella loro as-
solutezza un preconcetto, che non cessa a sua volta di essere er-
roneo, 0 per lo meno esagerato, solo perchè universalmente ac-
colto. Nel magisterio penale, si pensa, sono in giuoco i più alti
interessi sociali, perchè è la collettività tutta quanta che si ri-
sente del turbato ordine giuridico e per ripristinarlo reagisce,
nel Diritto privato invece è questione soltanto di interessi parti-
colari, cioè del mio e del tuo. — Frasi fatte, io rispondo, delle
quali troppo spesso si abusa. — A parte che in fine questo mio
e questo tuo rappresentano, per così esprimermi, la proiezione
della personalità umana nell'ordine dei beni (•^), si dimontica tutta
(1) Beusa, Codice di procedura 2)cnale norrcj/cse (Torino, Bocca, 1900),
liagionaììiento ecc. pag. XVIll. E il Bentham lasciò scritto: " L'art de
la procedure n'est ossentielleincnt que l'art d'administrer les preuves. „
Tratte des preuves judiciaires^ Liv. I, Cli. I, in Oeuvres de J. Bentham,
T. II (3.*^ édit. Bruxelles, Hauman 1840), pag. 242. Finalmente, por citar-
ne uno ancora, il Bordeaux, Philosopliie de la procedure civile (Evreux,
Hérissey 1857), pag. 31, dico della procedura ch'essa "on la plupart de ses
parties, n'est qu(i l'art de disposer et de produire Ics prouves. „
(2) Bene a questo proposito il Manpredini riassumo il pensiero di
quei giuristi tedeschi, che vorrebbero sostituire nella procedura civile
il sistema dell' investigazione a quello dell' attuazione^ scrivendo : " Il
rito civile non è un torneo giudiziario, nel quale il giudice non abbia
altro da fare* che osservare dall'alto la lotta o di dare alla fine il premio
al vincitore, mix è piuttosto la forma con la quale lo Stato concede al-
l'offeso diritto protezione (h1 aiuto. „ {Il processo civile e le riforme, Pa-
dova, Sacchetto, 1885), Gap. XVITI, n. 253, pag. 147.
(3Ì Olti-odichr ItoM fu (h'tfo (anche qui dalla scienza germanica) che
(5) NOTE SULLE PERIZIE CIVILI ECC. 317
quella infinita serie di rapporti civili in cui è direttamente inte-
ressato l'ordine pubblico e che rappresentano i cardini fondamen-
tali della società e dello Stato. Apriamo il Codice civile : vi tro-
veremo tutto il primo libro consacrato al Diritto delle persone,
ai rapporti di cittadinanza e di famiglia, a quei rapporti sui quali
per dichiarazione del legislatore stesso (i) non sono consentite
transazioni, non è possibile compromesso di sorta. Altrove si tratta
bensì di diritti privati e forse esclusivamente patrimoniali, ma che
presuppongono come lor causa un'azione delittuosa espressamente
contemplata dal Codice penale. E tuttavia è in sede civile sol-
tanto che se ne tratta, o perchè il reato sia di azione privata e
l'ofleso non intenda esperirla, o perchè l'azione penale sia estinta.
È un coniuge che chiede la separazione per causa di adulterio o
di eccessi, sevizie, minacele, ingiurie gravi (art. 150 Cod. civ.),
è un figlio naturale che esperisce l'indagine della paternità basan-
dosi sul ratto 0 sullo stupro, i due soli casi in cui presso di noi
la si ammette (art. 189 Cod. civ.), è intervenuta supposizione o
sostituzione di parto, ed è dimostrando cosiffatti reati che si agisce
dinanzi al fòro civile per rettificare uno stato apparente di filia-
zione legittima (art. 174 Cod. civ.); siamo in tema di successione
ereditaria, e si vuol farne dichiarare indegno chi l'aveva raccolta
dopo di avere volontariamente ucciso o tentato di uccidere la per-
sona della cui eredità si tratta, e ciò, badisi bene, può farsi se-
condo il vigente Codice civile senz'uopo che previamente sia in-
tervenuta condanna penale dell'indegno, il quale potrebbe essere
morto prima che si fosse contro di lui esaurita e forse nemmeno
incoata l'azione penale (art. 725 Cod. civ., confr. coU'art. 727 del
Cod. frane), e similmente si dica ove si tratti di ritorre al dona-
tario le cose donategli per talune di quelle cause d'ingratitudine
puj'c iillora ciò che esige protezione e rioonosoiineiito non è il diritto
privato di A o di B, ma l'idea giuridica per sé. Cfr. Manfredini, Op.
cit., n. 255, pag. 148. Ma sovrattutto acuta è l'osservazione seguente del
GrLASER, Oli. e Vol. cit., pag. 18 nota 3, che, per essere al giudice civile
interdetto di integrare l'attività delle parti, " ist allerdings voni Stand-
punkt des Richters die Feststellung der Wahrheit ein zut'àlliges Resultai
des Civilprozesses, nicht aher dem Gesetzgeher gegeniiher, der vermeint
den Partet'en die MogUchkeit zìi hieten die Feststellung der Wahrheit da-
durch zìi erwirken^ dass ste dem Richter die nòthigen Beìveisedarhieten.,,
(1) Cfr. Art. 8 Cod. proc. civ.
318 V. POLACCO (6)
che il Codice civile contempla (art. 1081). — L'onore delle per-
sone, la pace e il decoro delle famiglie, la memoria sacra dei
defunti sono pur gravemente interessati in simili cause di natura
civile, per lo meno quanto lo possano essere in un giudizio pe-
nale per un reato semplicemente colposo o per un duello, certo
poi assai più che se ricorra una di quelle semplici contravvenzioni,
a cui è pure consacrato tutto un libro del Codice penale vigente.
Che più ? Sempre che trattisi dei già menzionati delitti di sop-
pressione di stato r azione penale non può per la nostra legisla-
zione nemmeno promuoversi se non dopo che sia intervenuta sen-
tenza definitiva del giudice civile sulla questione di stato (art.
32 Cod. proc. penale). Norma questa suscettibile certo di cri-
tiche (1), ma che intanto dimostra, se non altro allo stato del
nostro Diritto positivo, quanto azzardato nella sua generalità sia
il comun vezzo di non ravvisare nei giudizi civili altro che con-
flitti di natura patrimoniale, ai quali la collettività sociale possa
assistere indifferente. E taccio della incertezza di confini che in
taluni argomenti si presenta fra i due diversi campi, come se vo-
gliasi delimitare il dolo civile e il dolo penale (-), taccio final-
mente della oggi ampliata sfera dei reati per cui non si agisce
che a querela di parte, ampliamento nel quale qualche criminalista
pur eminente ravvisa un progresso (•^), ma che intanto, anche per la
facoltà della remissione che vi è inerente, commette più volte all'ar-
bitrio individuale l'inizio o la prosecuzione della funzion punitiva.
(1) Veggansi, fra i più recenti, Tuozzi, La prerjhidizialttà delle que-
stioni di stato in penale (dalla pubblicazione pel 50° anno d'insegnamento
di Enrico Pessina, Napoli, Trani 1899), e Manzini, Le questioni pregiu-
diziali di Diritto ririle, roinmerciale ed amministrati co nel processo pe-
nale (Firenze, Cammelli 1899), pag. 132-211.
(2) Mi basti rinviare su questo punto alla dottissima nota 1, pag. 9-10
del Chironi, La roljja nel Diritto civile^ Colpa contrattuale, 2*^ edizione
(Torino, Bocca, 1897). E in tema pure di responsabilità, non per dolo ma
per colpa, chi non ricorda qui le notissime dispute sidla colpa penale o
civile in ordine agli infortuni sul lavoro ? E le recentissime oscillazioni
della giurisprudenza sulla natura penale o civile delle sanzioni contro i
ritardi ferroviari, troncate finalmente, pochi giorni or sono, nel primo
senso da apposita legge ? Gli esempi potrebbero così moltiplicarsi.
(8) Così, per esempio, lo Stoppato, Le form<dità della remissione' e
i loro limiti (dalla pulìlilicazione pel 50" anno d' insegnamento di Enrico
Pessina, Napoli, Trani 1899), passim, e specialmente ai ii.' J e 2, pag. 8-7.
(7) NOTE SULLE PERIZIE CIVILI ECC. 319
Evidente per tutto ciò come convenga in molti casi presidiare
di identiche od almeno analoghe guarentigie di forma entrambe
le qualità di giudizi, riaccostando la procedura civile e la penale,
quali specie di un unico genere, sotto l'impero di quella logica giu-
diziaria che è pur sempre la stossa, qualunque sia la natura del
diritto da attuare.
3. — Fra i tanti istituti del Diritto giudiziario, ai quali po-
trebbero applicarsi i principi sinora esposti, ho trascelto, a titolo
più che altro di saggio, quello delle perizie. Segnalerò appunto
le dissonanze che presentano in proposito le due procedure, e, ri-
levando ciò che di buono o di difettoso l'una e l'altra presentano,
tenterò dimostrare come sarebbe possibile sistemare tale materia
in modo razionalmente uniforme.
4. — Ogni sentenza, si sa bene, rappresenta la conclusione
di un sillogismo, di cui la proposizione maggiore è la legge, la
minore il fatto intorno a cui si discute. La maggiore presuppone
cognizioni tecniche, ma di tecnica giuridica, e quindi tali che il
giudice deve da sé possedere (iìira norif curia) ^ la minore, oltre
a constatazioni di mero fatto, può esigere anch'essa per il suo ac-
certamento cognizioni speciali, ma attinenti ad una determinata
arte o scienza di natura non istrettamente giuridica, e quindi tali
da doversi tutto all'opposto presumere ignorate dai giusdicienti (i).
Soccorrono allora i periti, il cui ufficio dunque è il medesimo in
qualsivoglia giudizio ; essi cioè non sono, come sostengono alcuni,
testimoni stù (jencris, ma piuttosto organi ausiliari del Magistrato (-).
(1) Tantoché bene osserva il Fkamarino dei Malatesta, La logica
delie prove in criminale, Voi. Il (Torino, Unione 1895), pag. 257-2.58, che,
se accidontahnento un giudice penale possieda simili cognizioni extra-
legali per effetto di sua cultui-a speciale, non potrà tuttavia fare a meno
di ricorrere alla perizia, e ciò in omaggio al principio altrove svolto dallo
stesso Autore nella citata opera (voi. I, pag. 38-i^9) della socialità del
convincimento, com'egli la chiama.
(2) Né a ciò contraddice quanto col Framarino abbiamo ammesso
nella nota che precede, mentr'egli invece ne trae come naturai corollario
(loc. cit.) che i periti non possono dirsi consulenti del giudice, dal mo-
mento ch'egli individualmente potvehhe non averne bisogno. Ond'è cli'ei
parla invece di una tediinonianza peritica. Se ò vero, io gli oppojigo, ciò
320 V. POLACCO (8)
E come l'ufficio, così è naturale sia identico in ogni causa il va-
lore della perizia. Una legislazione come la nostra, la quale non
intenda vincolare l'autorità giudiziaria ai peritali responsi, adotterà
ch'egli sostiene, che cioè : " la giustizia, per giovare alla società, non
basta che sia giustizia ; deve soprattutto apparir tale ; e non può apparir
tale una giustizia punitrice che si fondi in una certezza esclusivamente
individuale „ (nel che si sostanzia la socialità del convincimento), ne
viene che il perito conserverà pur sempre il carattere di organo ausiliare
o consulente del magistrato^ appunto perchè ciò che questi per avventura
sappia come uomo si presume iuris et de iure che ignori nella sua veste
di (jiadice. Fra i criminalisti nostri l'idea che il perito sia un testimone
è pur sostenuta dal Lucchini, Elementi di prored. penale (Firenze, Bar-
bera, 1895), n. 142, pag. 158-159, il quale lo qualifica testimone improprio,
come altri Io dicono invece testimone istrutto o eccezionale (veggasene
la citazione in Stoppato, La perizia scientifica nel processo penale^ estr.
dalla Rie. penale, voi. XLY-XLVI (Torino, Unione 1897), n. 2, pag. 9).
Coiili'a lo stesso Stoppato ibid. ed altri ivi citati, fra cui notevolissimo
il Mittermaiee, Teoì'ia della prova nel processo penale (trad. Ambrosoli,
Milano, Sanvito 1858), Gap. XXVI, pag. 228 e segg. Del resto per l'in-
tento del presente lavoro a me non interessa tanto il precisare la natura
dell'ufficio peritale, quanto il porre in rilievo l'identità di tale ufficio in
civile e in criminale. Il che in verità risulta dal fatto che le stesse que-
stioni, se cioè il perito sia un teste sai generis, o un ausiliare, o un de-
legato del giudice e simili, le troviamo agitate e dai criminalisti e dai
cultori della Procedura civile. Mi limito ad accennare fra i nostri, come
il più recente e specialista sulla teoria delle prove, il Lessona, Teoria
delle prore nel Diritto giudiziario civile italiano, voi. IV (Firenze, Cam-
melli 1899), n. 405 e segg., pag. 403 e segg., e i molti che cita, ai quali
aggiungo Bordeaux, Op. cit., pag. 550, Boncenne, Théorie de la proce-
dure civile, t. IV (Paris, Videcoq 1842), pag. 471 e segg., Fitting, Der
Reichs-Civilprocess {!" Aufl., Berlin, Guttentag, 1890), § 65, pag. 42 e
segg., Plan(;k, Lehrhuch des deutsch. Civilprozessrechts, II Bd. (Miinzen,
Beck 1896 in Seydel, Lehrbiicher des deutsch. Recìits), § 122, pag. 267
e segg., che dà la teoria da noi sostenuta come oggi dominante, mentre
un tempo prevaleva quella di considerare i periti come testimoni speciali,
Trutter, Das oesterr. Civilprocessrecht (Wien, Perles 1897), § 114, pag.
448-449, Schmidt, LeJirh. des deutsch. Civilprozessrerhts (Leipzig, Duncker
u. Humblot, 1898), § 89, pag. 502 e segg., secondo il quah» i periti hanno
alcunché dei testi, ma stanno più di essi in rapporto stretto col giudice,
di cui sono aiuti : e con questa duplice lor veste cerca spiegare le varie
norme della vigente Procedura civile tedesca. Ma sovra tutti va citato
in prova della unicità della funzione peritale, sia civile o penale il giu-
dizio, il BoxNiER, Traité theor. et prat. des preuves en Droit civil et en
Droit criminel (2'' édit., Paris, Durand 1852), n.^ 80, 81, pag. 81-83. E si
(9) NOTE SULLE PERIZIE CIVILI ECC. 321
dunque tale principio così in materia civile come in materia pe-
nale ('). Ma qui subito cominciano le nostre meraviglie se dalla
norma positiva di legge passiamo al giudizio che ne danno ri-
spettivamente i cultori del Diritto giudiziario civile da un lato ed
i criminalisti dall'altro. Salvo rare eccezioni, i primi vi fanno buon
viso in omaggio al libero convincimento dei giudici (-), mentre
invece per gli altri è argomento di vive dispute e di svariate pro-
poste, fra le quali radicale quella di istituire speciali giurì tecnici,
dal cui pronunciato il giudice del diritto non potrebbe più dipar-
tirsi {^). Non è mio ufficio l'addentrarmi nell' esame di siffatte pro-
capisce, dal monieiito che universalmente si ammette potersi anche in
civile la perizia ordinare d'ufficio, il che non è della prova testimoniale.
(1) Cfr. art. 270 Cod. proc. civ. e art. 498 Cod. proc. pen., pei giu-
dizi dinanzi alle Assise e inoltre dottinna e giurisprudenza concordi per
gli altri giudizi penali.
(2) Io non sono riuscito a trovare altri censori dell'art. 270 Cod. proc.
civ., oltre il Patkrnò Castello Di Bicocca, SnW art. 270 del Cod. di
proc. civ.., in AntoIo(/ia giuridica, IV, pag. 743-760. Il Lessona vi aggiun-
ge il Filippi, Manuale di med. legale^ pag. 48. Non è poi vero quanto il
Paterno afferma (pag. 744-745) che il Mattirolo difenda l'art. 270 senza
tentare di darne alcuna spiegazione razionale. Basti leggere ciò che l'illu-
stre procedurista torinese ha scritto al n. 1059 del voi. II del suo Trat-
tato di Dir. yìud. cii\ it. (4-^ ediz., Torino, Bocca, 1894), pag. 887-888.
Agli altri strenui difensori del principio dell' art. 270, ricordati dal Pa-
terno, aggiungo, p(U' limitarmi ai nostri, Mortara, Manuale della pro-
cedura civile., voi. I (2*^ ediz., Torino, Unione 1897), n. 367, pag. 270 e
Lessona, Op. e Voi. cit.., n. 409, pag. 409 e segg.
(3) Oltre agli antesignani della scuola penale cosid(ìtta positiva e
specialmente al Ferri, Sociologia criudnale i'ò^ ediz., Torino, Bocca 1892),
pag. 630, segnalo, fra i più recenti fautori del giurì pe'ritico, il Frama-
RiNO, Op. cit., voi. II, pag. 259 e 273 e il De Giuli, v.° Prova penale., n.
58, pag. 537-538 nella Enciclopedia giuridica italiana, voi. XIII, parte IV
(Milano, Soc. ed. libr. 1899). Si sa come altri cercherebbero il rimedio in
un diverso sistema di nomina dei periti (v. infra, § 5, testo e 1* nota). E
finalmente alcuni, fra cui recentissimo il Ruiz, Le perizie nei procedimenti
penali in La Giustizia penale, V (1899), (col. 418-427 e col. 450-458) cre-
dono che l'ancora di salvezza consisterebbe nell'ammettere il contraddi-
torio fra i periti cosidetti d'accusa e di difesa già nello stadio istruttorio,
n. 6, col. 424 e segg., dopo di che condanna il Ruiz (n. 7, col. 449-451)
l'odierna libertà di apprezzamento dei responsi peritali lasciata al giu-
dice penale, trovando assurda la massima che egli abbia ad essere il
perito dei periti, dal momento che ad essi è ricorso attesa la propria
ignoranza sulle questioni tecniebe loro sottoposte. Al principio del con-
322 V. POLACCO (10)
poste; ini sia permesso soltanto di ricordare con singoiar compia-
cenza fra g-li scienziati che vi apportarono il lume delle critiche
loro ricerche tre nomi cari all'Ateneo padovano, il professore Fer-
dinando Coletti, che nel 1879 ne formò oggetto di elegante
Memoria all'Accademia di Padova, il professore Akrigo Tamassia,
che con la solita genialità e dottrina fra noi ne discorse, dopo di
averne trattato a lungo nella Ricista Penale^ finalmente il profes-
sore Alessandro Stoppato, che pure in quest'ultima dettò sulla
perizia scientifica nel processo penale uno dei migliori suoi studi (i).
— Senza prendere qui partito per questa o quella soluzione, io
mi domando semplicemente perchè mai tanto scalpore nell'un campo
e tanto quietismo nell'altro? Se gli uni, ad esempio, si riliellano
vedendo in tema di imputabilità penale contraddetta eventualmente
dal giudice una perizia psichiatrica che la ammetta o la escluda,
sarà giusto che gli altri rimangano per contrario indiff'erenti quando
si pronunci o si neghi la interdizione di una persona per asserita
infermità di mente, a dispetto di un contrario peritale avviso ? —
Ecco dunque un primo punto in cui piacerebbe veder i cultori
delle due procedure camminare un po' più di conserva.
5. — Viene spontaneo da questo argomento il passaggio a
quello del numero dei periti e del loro sistema di nomina (-).
tradditorio fra periti penali si ispira in Francia il progetto Gruppi, già
votato nel giugno 1899 dalla Camera dei Deputati ed ora pendente al
Senato : veggasene resoconto in Jiii-ista i^enale dell' ottobre 1899, pag.
409-410.
(1) Coletti, Siiìhi perizia nei giudizii penali, in Rivista periodica
dei lavori della R. Accademia di scienze, lettere ed arti in Padova, voi.
XXIX (Padova, Randi 1879), pag. 37-52 ; A. Tamassia, / medici periti,
negli Atti del R. Istituto Veneto, t. IX, serie VII, (1897-98), pag. 69-75,
e prima Le perizie medico-legali in Palia, in Rivista penale, voi. X (^1879),
fase. 5 e 6 ; A. Stoppato, Op. cit.
(2) La colleganza di questo argomento con quello trattato nel § pre-
cedente risulta da ciò, che agli inconvenienti dianzi lamentati, oltreché
a quelli di cui si dirà nel paragrafo attuale, molti credono si apporte-
rebbe rimedio con un diverso sistema di nomina dei periti penali. Così,
p. es., il CoLKTTi (loc cit., pag. 50) vorrebbe sottratta all'accusa e alla
difesa ed affidata al solo Presidente la scelta delle persone tecniche più
capaci ed oneste. " Ed allora „, egli scrive, " i periti sentendosi pari al-
l'altezza del loro mandato e puri d'ogni compiacenza servilo, proferireb-
(11) NOTE SULLE PERIZIE CIVILI ECC. 823
Nelle controversie civili la legge vuole che la perìzia si affidi ad
una 0 tre persone secondochè sia stabilito dalle parti o ordinato
dall'autorità giudiziaria, e che la nomina dei periti si faccia con
ordinanza o con sentenza del magistrato se le parti non siansi
precedentemente accordate sovr'essa. " Tenne per tal modo respinto,
così il PiSANELLi nella sua Kelazione, quel sistema che era prevalso
in alcune legislazioni o consuetudini forensi, per cui ciascuna delle
parti nominava un perito sul quale poteva contare, e ciascun pe-
rito era così chiamato a sostenere l'interesse del suo mandante.
I due periti si riunivano non per illuminarsi colle rispettive os-
servazioni, ma piuttosto per far constare dell' opposizione del loro
avviso. Quindi la necessità di un terzo perito nominato dall' au-
torità giudiziaria, il quale operava nuovamente coi primi nomina-
ti, e soltanto allora la relazione della perizia poteva essere con-
chiusa a pluralità di voti. La nomina dei periti in numero dispari
e fatta d'uffizio, quando le parti non siansi precedentemente concor-
date sulla scelta dei medesimi, conchiudeva il Ministro, esclude gli
inconvenienti e le spese che traeva seco quel sistema. „ (i).
Ma ecco poi il legislatore dimenticare queste savie norme nel
regolar la perizia in materia penale, quasi non si trattasse del
medesimo oggetto e di uno stromento processuale avente sempre
e dovunque 1' identico fine. Nello stadio istruttorio è il giudice che
chiama, ove occorra, i periti, di regola in numero non minore di
due (art. 152 Cod. proc. pen.) ; al dibattimento poi i periti pos-
sono venire prodotti, senza necessità di previo accordo sulle per-
sone, e dal Pubblico Ministero e dalla parte civile e dall' im-
putato. Di qui molte volte lo spettacolo poco edificante di un
bere liberamente e pacatamente un parere^ che, senza essere imperativo,
sarebbe autorevolissimo sempre e nel maggior numero dei casi dai giu-
dici rispettato. „ La scelta incensurabile dei periti penali affidata al Pre-
sidente era pure uno dei fondamentali principi ispiratori del noto Pro-
getto del Ministro Costa del 1897, contro cui veggansi però le osserva-
zioni dello Stoppato, Op. cit., § 4, nota 7 a pag. 19-20, di A. Tamassia,
cit. lettura all'Istituto, e di una elaborata Relazione della Società Lan-
c.isiana degli Osjìedcdi di lioma dal titolo : U ordinamento dei medici
periti in Itcdia e le sue riforme., pag. Il e seg. (senza indicazione del luogo
ed anno di stampa).
(,1) Relazione ministeriale sul Progetto del C)d. di proc. civ.^ in Gian-
zana, Cod. di proc. eie. del Regno d' Italia, ecc. IV (Torino, Unione
1889), n. 235, pag. 118.
324 V. POLACCO (12)
vero pugilato fra periti cosidetti d'accusa e periti di difesa, dal
quale esce nelle aule giudiziarie straziata la dignità della scienza
e scombuiate ancor più nella niente del giudice quelle cognizioni
tecniche che la perizia avrebbe dovuto schiarare.
L'ingiustificata differenza fra le due procedure fu pure av-
vertita in questa parte dall'illustre Mancini, allora Ministro Guar-
dasigilli, nel rispondere il 14 aprile 1877 ad una interpellanza del
deputato Eighi relativa all' istituzione dei manicomi penali in
Italia (^), e circa un ventennio dopo il Ministro Calenda, entrando
nel medesimo ordine di idee, di conformare cioè il sistema penale
al civile, proponeva che si togliesse al Pubblico Ministero ed alle
parti la facoltà di indicare lionìiìiafirnmeufe per il dibattimento
nuovi periti, che dovrebbero essere scelti dal Presidente traen-
doli di regola da un apposito Albo (-). Sarebbe poi questo rimedio
(1) Atti pnrlai)ie)itart, Camera dei deputati, Legislat. XIII, Sessione
1876-77, voi. Ili, pag. 2459 e seg. È prezzo dell'opera riferire testualmente
le parole del Mancini : " Ben è vero che il sistema in vigore ]))'esso di
noi delle perizie medico-legali nelle materie penali è ben lontano dal
fornire le garentie desiderabili dalla giustizia e dall'innocenza ; e quando
rivedremo il nostro codice di procedura, meriterà di essere riesaminato
e riformato. A convincerne può bastare una sola osservazione. Nelle ma-
terie civili i periti danno parimenti un semplice parere che non vincola
i giudici ; nondimeno le persone d(>i periti debbono raccogliere il con-
senso e la fiducia delle parti fra le (inali si agita il litigio, e, se queste
non cadono di accordo sulla scelta di ciascuno dei periti, il giudice è in
libertà di scegliere e nominare le persone dei periti. Ora perchè non si
farà altrettanto ned procedimenti penali, allorché [e qui, noto, è il solito
pregiudizio cln; fa capolino] si tratta non solamente di decidere della so-
stanza, ma della libertà, dell' onore, forse della vita dei cittadini ? Se il
P. M. e l'imputato si accordassero nella scelta di determinati periti, non
vi sarebbe difficoltà ; ma quando essi non sono d'accordo, perchè i periti
non potranno essere scelti d'ufficio dal Magistrato, con impedire all'una
e all'altra delle parti interessate di chiamare da periti avanti la Corte
persone di esclusiva loro scelta e fiducia ? Io non accuso alcuno, né credo
frequente il caso in cui prevalga in alcuni periti il desiderio di surro-
gare il criterio della parzialità, per sostenere l'una o l'altra delle parti,
da cui ricevettero il mandato, al criterio della schietta verità e della
giustizia ; ma al certo, signori, la tentazione è grande. „ E seguita lo-
dando il modo onde questo servizio trovavasi organizzato in Grermania
e specialmente ntdla Prussia.
(,2) Art. 4-7 del Progetto presentato dal Calenda al Senato il 13
luglio 1895 sotto il titolo : " Disposizioni relative alle ordinanze del giù-
(13) NOTE SULLE PEKIZIE CIVILI ECC. 325
efficace contro il tanto deplorato inconveniente ? Ne dubito, ma ciò
che intanto mi bastava rilevare, per i modesti fini della presente
lettura, è questa resipiscenza verificatasi anche nelle alte sfere
legislative sopra un dualismo di sistema rituale in tale parte affatto
inesplicabile.
Sul numero dei periti mi si permetta ancora un legjs^iero ap-
punto. — Perchè, mentre possono essere in numero pari in penale,
ed anzi lo debbono normalmente nel periodo istruttorio, esigere
invece la disparità in civile ? Questa esigenza della disparità si
capisce quando trattasi di affidare a degli arbitri la decisione di
una controversia, perchè siamo allora di fronte ad un vero col-
legio giudicante, in seno al quale deve potersi formare una mag-
gioranza che decida, ma la cosa non ha senso riguardo ai periti,
il cui voto, come vedemmo, è meramente consultivo, tantoché mentre
un lodo arbitrale come è proprio di qualsiasi sentenza, non enunzia
il parere di una eventuale minoranza discorde, il contrario avviene
trattandosi di un collegio peritale, perchè il giudice può ben ri-
manere convinto dalle ragioni di un solo perito dissenziente meglio
che da quelle di cento altri fra di loro concordi ('). Non aderirei
dice istruttore e della Cara, di consiglio, alle liste dei testimoni e dei
periti e alle norme del pubblico giudizio „ e Relazione che lo precede,
pag. 4 (Legislat. XIX, 1* Sess. Senato, Documenti, n. 41). Quanto al già
ricordato e tramontato Progetto Costa sui periti giudiziari, gli va rico-
nosciuto almeno il merito di aver dettato norme per il modo di nomina
dei periti tanto nei giudizi civili, quanto nei penali.
(1) Pare impossibile che i legislatori in generale non veggano quanto
di arbitrario vi abbia in qualsiasi determinazione di numero riguardo
ai periti. Così p. es. il Codice di procedura civile francese (art. 303) esige
tre periti, salvochè le parti consentano si faccia la perizia da un solo. 11
Gaksonnet, Tratte théor. et prat. de j)>'oré(hire, t. IH (2'' édit., Paris,
Larose-Forcel 1899), § 867, pag. 96-97, loda siffatta norma, ma per ragioni
in verità assai deboli. Egli dice : " Ne nommer qu'un expert qui deciderà
sans contradiction ni contròie, c'est donner trop de pouvoir à une seule
personne ; en nommer deux, c'est risquer de mettre le tribunal en pré-
sence de deux opinions opposées et souvent de poids égal, entre lesquels
il lui sera difficile de choisir ; en nommer plus de trois, c'est grossir
inutilement les frais du procès et provoquer des affirmations contradic-
toires qui apporteront aux juges plus d'embarras que de lumières. Aussi
le principe est-il que l'expertise se fera par trois experts, le troisième
départageant, au besoin, les deux autres et formant aver J'xn d'evx uve
iiiajorifé sur ìaquclìe le juyement pourra s'ajìpwjer. „ Parrai si perda
326 V. POLACCO (14)
alla proposta senza ragione restrittiva contenuta nel questionario
emanato dal Ministro di Grazia e Giustizia Ferraris con circo-
lare del 20 novembre 1891 e contenente varie riforme al Codice
di procedura civile, che cioè di regola non possa ne proporsi dalle
parti, uè disporsi dall'autorità giudiziaria, altro che un solo perito (').
L'udire vari pareri, purché disinteressati, potrà meglio concorrere
a formare il convincimento del giudice, così poche sono le scienze
e nelle varie scienze così pochi i punti su cui sia possibile un'unico
responso avente matematica certezza. — Si provvederà dunque
a sufficienza, sintantoché al voto peritale si conservi semplice valor
così di vista il carattere meramente consultivo dei voti peritali. L'argo-
mento p. es. del Gaesonnet contro il perito unico non vale, appunto
perchè egli non giudicherebbe definitivamente ed uno solo veramente
capace può bastare ad illiiininare il giudice, senz'uopo che altri due, forse
mediocri, vi si aggiungano. Senza di che non si capirebbe che si con-
sentisse la nomina di un sol perito nemmeno se concordata fra le parti.
E poi non vi contrasta in Francia l'opinione di gran lunga dominante
nella giurisprudenza, come lo dichiara lo stesso Garsonnet (§ 867, pag.
99) che possa il Tribunale nominare anche un solo perito se la perizia
(facoltativa) sia ordinata d'ufficio anziché chiesta dalle parti ? E così si
dica quando a giustificare l'esigenza dei tre periti il detto Autore invoca
la possibilità che si formi una maggioranza. Di arbitrio eventualmente
imbarazzante pecca ugualmente il volere dite periti come regola in penale;
esigenza che va riprovata perchè possibile causa di ritardi anche se li-
mitata, com'è nel citato Progetto francese Gruppi (art. 5) al caso in cui
sia ignota la persona del delinquente od egli siasi posto in fuga (Cfr.
Marcy, Des expertises en matière pénale in La France Judiciaire del 22
luglio 1899 (Année XXIII), pag. 213 e segg.). E tornando alla procedura
civile nostra, perchè mentre il Tribunale può d'ufficio ordinare una perizia
affidandola ad un collegio di tre^ il pretore non deve poterne nominare
che uno (art. -1:28), salvochè (Mattieolo, Op. cit.^ voi. Ili (Torino, Boc-
ca, 1895), n. 642, pag. 541, nota 3, e Mortara, Op. e voi. rit., n. 494, pag.
351) ci sia il consenso delle parti ? La ragione del risparmio di spese nei
minori giudizi non basta a spiegarlo, se a chiarire la questione tecnica,
eventualmente intricatissima, sia necessario pel giudice l'aiuto di più per-
sone competenti. Insomma sempre e in penale e in civile si dovrebbe la-
sciare al giudice facoltà di chiamare d' ufficio (o alle parti di produrre)
uno 0 più periti, in numero pari o dispari secondochè le circostanze richie-
dono.
(1) Conforme il Gargiulo, Riforme speciali al Cod. di proe. ciò.
(estr. dalla Gazzetta Dritto e Giurisprudenza. Napoli, Corrado, 1892),
pag. 63-()4. €oaiJra La Rosa, Pensieri su, possibili riforme al Cod. di
proc. civ. in Antologia rjiuridica di Catania del 18'<?2, pag. 92.
(15) NOTE SULLE l'EKlZIE CIVILI ECC. 327
consultivo, eliminando e in penale e in civile ogni requisito di
parità 0 disparità nel numero.
6. — Altro strano disposto del nostro Codice di procedura
civile, ricalcato in questa parte sul francese, è quello che si legge
nel lo capoverso dell'art. 264. In caso di divergenza di vedute
si esprimano pure i motivi delle diverse opinioni, ma guai ad
indicare il nome dei periti che le hanno emesse ! — Si censura da
molti questa norma diametralmente opposta a quella di parecchie
legislazioni estere, fra cui prima e notevolissima la ginevrina ('),
e da ogni parte si ripete col Boncenne ch'essa ha tutta l'aria
di un vecchio brandello di procedura secreta cucito addosso ai
nostri codici, in perfetto disaccordo colle nostre idee di pubblicità ('^).
Ma da ninno si avverte, ch'io mi sappia, l'incoerenza in cui
il legislatore cadde inoltre così statuendo, dal momento che nel
fòro penale invece chi deve giudicare conosce quali siano i so-
stenitori delle singole opinioni peritali per quanto disparate e con-
tradditorie fra loro. Come si è cercato di giustificare quel precetto
della legge civile ? Udiamo anche qui il Pisanelli : " Quando si
pensi, egli dice, che talvolta la potenza dei nomi è lenocinlo per
accreditare false opinioni, devesi concludere che giova togliere anche
(1) Art, 224 del Codice ginevrino del 29 sett. 1819 e sovr' esso Bel-
LOT, Loi de la 2)yocédiire civile du canton de Genève etc. (4" édit. Genève,
Cherbuliez 1877), sul Tit. XVI, pag. 83-84. Aggiungasi il nuovo Regola-
mento di 'procedura civile austriaco del l*' agosto 1895, §§ 361 e 362.
(2) Boncenne, Oj). e voi. cit.^ pag. 487. Fra i nostri è favorevole al
principio adottato dal nostro Codice processuale il Mattirolo, Op. cit.^
voi. II, n. 1017, pag, 8.58-859 ; propendono invece pel sistema ginevrino-
austriaco il MoRTARA, Op. e voi. cit.., n. 376, pag. 275, ed il Lessona, Op.
e voi. cit.., n. 500, nota 4, pag. 524. In Francia apertamente si schiei'ano
in favore di esso, oltre al citato Boncenne, il RectNard, De Vorganisation
judiciaire et de la jjrocéd. civile en France (Pai-is, Durand, 1855), n. 482,
pag. 384, e il Selioman, Quelles sont au 2>oint de vue juridigue et au
point de vue philosophique les réformes dont notre Procéd. civ. est su-
^ce2ìtihle (Reims, Regnier, 1855), pag. 202, il quale ultimo però male ar-
gomenta partendo dall'itlea che il divieto di manifestarsi nelle separate
loro opinioni miri a non esporre questo o quel perito a risentimenti o
recriminazioni dell'una o dell'altra parte contendente, mentri! invece fu
posto (v. nota successiva) solo in riguardo alla possibile influenza sul-
l'animo del giudice.
328 V. POLACCO (16)
questa specie di seduzione al criterio del giudice. „ (i). Ma allora
perchè non temerlo, ugualmente e più, questo lenocinlo nei giu-
dizi penali, dove ha tanta parte d'influenza, specialmente suH'animo
dei giurati, l'aureola che circonda qualche perito illustre o Tahilità
oratoria con la quale all'uno piìi che all'altro riesce di smerciar
la sua scienza ? Curiosissima poi un'ulteriore incoerenza, in cui,
senza avvedersene, lo stesso legislatore civile è caduto, ammet-
tendo, sull'esempio del codice di Ginevra (art. 224), che, ricevuta
la relazione dai periti, il giudice possa poi chiamarli per otte-
nere sovr'essa degli schiarimenti. Dove se ne va allora il segreto
sulle persone da cui i pareri individuali derivano ? La legislazione
francese è almeno più conseguente, che se la perizia, per oscurità,
ambiguità, o simili, non sia tale da persuadere il giudice, a lui
non resta che ordinarne una nuova, con quale spreco però di
danaro e di tempo ninno v'ha che noi vegga. Ad evitare simile
spreco si adottò da noi quell'utile temperamento, ma intanto, come
non di rado avviene a chi si appiglia ai rattoppi e alle mezze mi-
sure, si venne a distruggere con una mano ciò che si era creato
con l'altra {^).
Coordinare anche in ciò il Diritto giudiziario civile col pe-
nale non parrà, io spero, soverchia esigenza.
7. — Una relazione scritta è l'epilogo necessario delle ope-
razioni peritali dinanzi ai tribunali civili : nuova differenza in con-
fronto ai giudizi penali, dove pur si ammette perizia verbale, ma su
ciò passo oltre, pur manifestando il voto che, secondo la varia en-
tità dei punti da dilucidarsi e la qualità delle perizie, le quali,
anziché una data scienza, possono concernere un' arte o mestiere
esercitato forse da persona analfabeta, anche il giudice civile pre-
stabilisca volta per volta se occorra o no la relazione in iscritto {^).
(1) Cfr. la citata raccolta: del Gianzana, voi. IV, n. 285), pag. 120.
(2) Arbitraria credo ropinione del Lessona (Op. e voi. cif., n. 500,
pag. 525) che, ad evitare la patente incoerenza, interpreta l'art. 269 Cod.
proc. civ., nel senso che i periti possano chiamarsi in t^nudizio a dare
esplicazioni orali solo se sono stati concordi.
(3) Non si tratterebbe in fine che di generabzzare ciò clie già la
vigente procedui-a civile ammette trattandosi di pei'izia dinanzi ai pre-
tori (art. 428, ultimo comma (Jod. proc. civ.). E perchè infatti ilistinguere
a tale riguardo le cause di competcMiza collegiale da (luelle sottoposte a
(17) NOTE SULLE PERIZIE CIVILI ECC. 329
8. — Lasciando da parte anche altre discutibili differenze,
come quelle riguardanti la capacità a fungere da periti nell' una
e nell'altra specie di giudizi (0, nii preme piuttosto soffermarmi
sopra un ultimo punto della maggior rilevanza.
L' accettare il peritale ufficio è una semplice facoltà, non un
obbligo se siamo dinanzi al magistrato civile ; ne occorre che, ono-
rato di tale incarico, io dia le ragioni del mio rifiuto; che anzi non
sono tenuto nemmeno a rispondere, bastando il semplice fatto di
non presentarmi nel giorno fissatomi dal giudice per il giuramento.
E ciò non soltanto se la perizia ha luogo su domanda di parte,
ma anche se è ordinata d'ufficio, e persino in quei casi (e ve n'ha
pure più d' uno) in cui è la legge stessa che la prescrive. Pro-
vassi io a fare altrettanto ove 1' opera mia fosse richiesta in un
giudizio penale ! Oltre al sopportare le spese e i danni, sarei pu-
giudice unico ? L'oralità del responso peritale è posta come regola dal-
l'art. 221 del cit. Codice ginevrino pel caso in cui " l'objet de l'expertise
est de nature à ce que les expcrts puissont iuimédiatenient donnor leur
avis „ ; in caso diverso deciderà il giudice (conchiiide il successivo art.
222) se la relazione dovrà essere verbale o scritta. Del che veggasi la
motivazione, come sempre notevole, in Bellot, Op. cit., pag. 82-83. Contro
il sistema ginevrino leggasi quanto sta scritto nella cit. Relazione Pi-
fianelli (in Ctia:nzaxa, loc. cit., n. 288, pag. 119). E taccio della dottrina,
limitandomi a ricordare lo speciale voto del Reonaed, Op. cit.., n. 483,
pag. 385-387. che vorrebbe accordata al giudice civile la facoltà di or-
dinare la relazione orale o qudla scritta solo trattandosi di cause non
suscettibili di appello. L'oralità della perizia come regola è posta dal §
357 del vigente Eer/ol. di proc. cii\ austriaco (Cfr. Tkuttee, 0^). cit., §
114, pag. 452) ed implicitamente daW Ordina mento di lìroc. civ. germanico
del 20 maggio 1898, in quanto al § 411 (identico al § 376 dt^dl'Ord. proc.
civ. germanico del 30 gennaio 1877) dice : "" Se è ordinata, una, perizia
scritta., il perito dovrà deporre ecc. „
(1) Poiché infatti e per la perizia penale (Cod. proc. pen., art. 153 e
285 e segg.) e per quella civile ordinata d'ufficio (Cod. proc. civ., art.
254) si fa richiamo alle norme di capacità dettate per i testimoni, dovrei
addentrarmi in una questione estranea al presente lavoro, se cioè si pos-
sano dire giustificate le differenze fra la capacità a testimoniare in civile
e la capacità a testimoniare in penale. E dalla capacità passando alla
ricusazione dei periti, perchè di questa si parla in civile, accogliendo pre-
cisamente quegli stessi motivi che legittimano la ricusazione dei giudici
(Cod. proc. civ., art. 254, 2° e 3<^ comma) e tacerne in penale, dovechè
per i giudici è giustamente ammessa in entrambe le specie di giudizi
la rlcusabilità per le identiche cause (Cod. proc. pen., art. 746)?
S30 V. POLACCO (18)
nito con ammenda o con multa (art. 292 C. p. p.) e potrei incor-
rere nientemeno che nella detenzione sino a sei mesi se mi fossi
fatto esimere dal comparire allegando un falso pretesto (art. 159
Cod. proc. pen. comb. coli' art. 210 Cod. pen.) (i).
A sosteg-no del principio adottato in materia civile si dice
che al perito non comparso c'è pur sempre la possibilità di so-
stituirne un'altro, scelto fra i tanti che professano la medesima
scienza od arte (-), nia quest'argomento non varrebbe in penale
uo-ualmente ? Tanto è ciò vero che noi lo troviamo proprio invo-
cato da parecchi autorevoli criminalisti in Francia ed in Gfermania
per sottrarre ad ogni sanzione (in mancanza colà di un testo che
esplicitamente la contempli) 1' ingiustificata contumacia del perito
penale (^). Una ragione forse più plausibile si potrebbe arrecare
(1) E so, dopo essorsi impegnato, col prestar giuramento, il perito
civile si rifiniti di eseguire l'incarico, incorrerà nelle pene sancite dall'art.
210 Cod. pon. ? Lo afferma senz'altro il Lessona, Op. e rol. cit., n. 476,
pag. 500. Non si propongono invece la questione i penalisti. Essa meri-
terebbe in verità un largo svoigimento. Certo la generalità dei termini
dell'art. 210 Cod. pen., parrebbe appoggiare l'affermativa. Ma può d'altro
canto parer discutibile l'applicabilità del Codice penale, tuttoché poste-
riore di data, visto che quello di procedura civile dice soltanto che in
simil cas " il perito ^?//ò essere condannato alle spese e al risarcimento
dei danni „, non più. Le ragioni per cui taluno, ad es., il Maino, crede
che al caso di un teste che si rifiuti di deporre in materia civile sia tut-
tora applicabile l'art. 239 Cod. proc. civ., punto abrogato dall'art. 2J0
Cod. pen. (Maino, Conim. al Cod. pen. it., parte I* (Verona, Tedeschi
1893), n. 1034, pag. 611-612), non sarebbero per avventura bene invocate
anche qui ? Che se poi 1' art. 210 Cod. pen. si ritenga, col Lessona, ap-
plicabile al caso, non si potrà non rilevare la grave incoerenza in cui il
legislatore sarebbe caduto passando dalla massima arrendevolezza per il
perito civile che non accetta il giudiziale incarico ad un tanto rigore
per quello che, dopo averlo accettato, non lo compie.
(2) Cfr. Lessona, Op. e voi. nt.^ n. 476, pag. 499. Evidentemente men
che mai posso accogliere quanto, accennando alle differenti disposizioni
in argomento dei due codici (di proc. civile e di proc. penale), scrive
l'illustre Mattirolo, Op. cit.., voi. II, n. 900, nota 1, pag. 840, che cioè esse
" sono giustificate dal diverso interesse, privato e pubblico, che si trova
impegnato negli uni e negli -altri giudizi. „ Tutto il presente lavoro è di-
retto proprio ad oppugnare simile argomentazione.
(3) Cfr., p. OS., Faustin-Hélie, Teoria del Cod. di proc. pen. (tradu-
zione Sampolo, Palermo, Pedone-Lauriel, 1880), voi. II, § 366, II, pag.
548, dove combatte chi argomenterebbe per analogia dalla sanzione fis-
(19) NOTE SULLE PERIZIE CIVILI ECC. 331
osservando che, ove trattisi di reato, può in taluni casi riuscire
pericoloso ogni indugio, scomparendone le traccie sulle quali urge
conoscere il peritale avviso (i). Pur tuttavia io insisterei nel par-
tito di non far differenze, confortato altresì dall'esempio di legis-
lazioni straniere che vogliono obbligatoria V assunzione della pe-
rizia anche nei giudizi civili (-). Possono pure in essi presentarsi
casi di urgenza, e il disconoscerlo sarebbe pur sempre un riflesso
di quel preconcetto sulla costante diversa entità d' interesse so-
ciale fra le due specie di giudizi, che ho cercato più innanzi di
combattere o di ridurre per lo meno nei suoi giusti limiti. Ma
vi ha poi un più alto e generale concetto che condanna ogni di-
stinzione in proposito, ed è l'obbligo che, per solidarietà civile,
deve incombere a tutti i consociati di prestare l'opera propria, sem-
prechè nelle forme legali richiesta per contribuire all'amministra-
zione della giustizia. Non è pur questo il motivo per cui soggiace
saia dal Code d' in^tructìon rrimìneìlc (art. 80) contro il teste che non
ottemperi alla citazione; Mittermaikk, Op. cit.^ Gap. XXVIII, n. VII,
pag. 251, che fa la questione in ordine solo ai periti che non siano no-
minati tali dallo Stato per quella data specie di oggetti, mentre per quelli
ufficialmente patentati riconosce l'obbligo di prestarsi. Veggansi pure gli
altri citati dal Saluto, ConiDiento al Cod. di proc. pen., voi. II, (3" ediz.
Torino, Bocca, 1882), n. 660, pag. 341-342.
(1) Cfr. Saluto, loc. cit.
(2) Così, p. es., l'art. 220 capov. del Codice ginevrino del 1819 punisce
il rifiuto ad assumere la perizia come il rifiuto a deporre come teste,
escluso soltanto il carcere. Il vigente Ordinaniento della proc. civile te-
desco del 1898 agli art.' 407 e 409 (identici agli art. 372, 374 del prece-
dente Ordinamento del 1877) obbliga a prestarsi, e punisce in caso di non
comparizione o rifiuto, chi è nominato perito " quando egli è pubblica-
mente incaricato delle perizie della specie richiesta, o quando esercita
jmhhlican lente a scopo di lucro la scienza, l'arte o il mestiere la cui co-
noscenza è p>^^sup>posta dalla perizia^ o quando egli è pubblicamente au-
torizzato ad esercitarle. „ Ora poiché il caso che ho trascritto in corsivo
è quello normalissimo, ben si può diro che per quella legislazione l'ob-
bligatorietà della perizia è la regola. Nello stesso senso veggasi il nuovo
Regolamento di jìrocedura civile austriaco del 1895 ai §§ 353, 354. Tanto
più tranquillamente poi potevasi rendere obbligatoria fra noi l'accetta-
zione della funzione peritale, dacché l'art. 259 del Cod. proc. civ. ha at-
tribuito ai periti il diritto di esigere il previo deposito delle spese, e ciò
in seguito alle osservazioni fatte in seno della Commissione di coordi-
namento, verbale n. 21, seduta 17 maggio 1875, n. 3, in Gtianzana, cit.
voi. V, pag. 173-174.
332 V. POLACCO (20)
il pena chi rifiuti di deporre quale testimonio tanto nelle cause
penali quanto anche in quelle puramente civili '? (i). E non vi ha
inoltre contraddizione nell'ammettere, come universalmente si fa,
che la stessa Procedura civile sia un ramo del Diritto pubblico e
non del privato, in quanto mira a guarantire anch'essa^ come la
penale, le forme di esplicazione di uno dei poteri sovrani, il poter
giudiziario (2), e il permettere d'altra parte a chicchessia di ri-
fiutare il proprio concorso, tuttoché debitamente interpellato dal-
l'autorità competente ?
8. — Giunto al termine del mio dire, mi sia permesso di
ricordare le solenni parole che il Poetalis pronunziava nella se-
duta del 20 giugno 1840 dell'Accademia delle scienze morali e
politiche di Francia, nel riferire intorno ad un concorso sul tema
della ricerca della verità dei fatti nei dibattimenti giudiziari. " Una
luminosa applicazione, egli disse, dei principi d'una sana filosofia
all'organizzazione giudiziaria e all'istruzione dei processi civili e
criminali sarebbe un grande passo fatto nell'interesse dell' ordine
sociale. Col manifestarne lo spirito e farne conoscei'e i motivi essa
legittimerebbe agli occhi di tutti quelle forme e quei termini, sal-
vaguardie tutelari della sicurezza delle persone e dei beni, così
spesso male compresi e qualche volta così incomprensibili in causa
dell'abuso mostruoso che se ne è fatto , ricondurrebbe
così verso il loro scopo e semplificherebbe nelle loro vie e Funa
e l'altra procedura, dimostrando che esse non sono in fine che
una serie d' operazioni dirette a mettere in chiara luce tutti gli
elementi di decisione, la cui conoscenza è necessaria al giudice
perch'ei possa, statuendo secondo il Diritto, rendere a ciascuno ciò
che gli spetta. ,, (^). Questa sana filosofia che il Poetalis invo-
(1) Art. 1G2, 292 Cod. proc. pen., art. 210 Cod. pen., art. 239 Cod.
proc. civ.
(2) Fra i nostri non saprei addurre contro questa universale conce-
zione del Diritto giudiziario civile altro scrittore veramente autorevole
oltre F. S. Bianchi, Corso di Cod. civ. it., voi. I, Principii generali
sulle leggi (Torino, Unione, 1888), n. 8, pag. 24-25.
(3) PoRTALis, Rapport sur les mémoires adressées à V Académie pour
concourir au prix sur la guestion de la recherche de la vérité des faits
dans les débats judiciaires, lu dans la séance du 20 juin 1840 (Sect.
(21) NOTE SULLE PEEIZIE CIVILI ECC. 333
cava, e in ispecie la logica che ne è tanta parte, non e appunto
e non può essere che una, senza distinzione di cause. Procedura
civile e procedura penale sono infine parti integranti di un iden-
tico organismo, e, se alle differenze necessariamente richieste dalla
specifica loro funzione il legislatore altre di suo arbitrio ne ag-
giunga, ne uscirà rafforzato il volgare pregiudizio che nella pro-
cedura ravvisa un capriccioso affastellamento di forme, e ne fa,
come più volte si è detto, la cenerentola delle scienze giuridiche (i),
se pure non è più esatto affermare che le tolga del tutto carat-
tere e dignità di scienza.
Con r esempio tratto dalla materia dei periti io non mi pro-
poneva che di raffermare queste verità così semplici e tuttavia
tanto spesso obliate, felice se mi sarà riuscito di recare al tema
dei rapporti fra le due Procedure un contributo modesto, ma non
del tutto superfluo.
de Ugislat. et de jurisjìrud.) in Mémoires de V Académie roijale des Sciences
morales et poUtiques de l'Institni de France^ t. Ili, pag. 455-484.
(1) Proprio con questa osprossionc di cenerentola dogli studi giuri-
dici lamentano il poco conto in cui volgarmente si tiene la scienza del
Diritto giudiziario il Manfeedini, in ordino alla Procedura civile (Pro-
gramma del corso di Dir. r/iud., Yol. I (Padova, Sacchetto 1884), n. 2,
pag. 7), ed ora il Tuozzi riguardo alla Procedura penale (Lettera aperta
al eh. prof. Gabba in Fóro penale del 1° die. 1899, anno VII, pag. 212.
(Finita di stampare il giorno 12 febbraio 1900)
PREZZO DELLA DISPENSA
Fogli 4 1/4 a cent. 25 . . . . . L. 1.06
Tipografia Cablo Feerari. 1900
NOV So 1302
ATTI
DEL
REALE ISTITUTO VENETO
DI
SCIENZE, LETTEEE ED AETI
AMO ACCADEMICO 1899-900
TOil[0 LIX
(serie ottava - TOMO SECONDO)
DISPENSA QUINTA
VENEZIA
PiiESSO LA SEtìRETEIilA DEL EEALE ISTITUTO
PALAZZO LOREUAN A SANTO STEFANO
In esecuzione dell'ai't. 25 dello Statuto e dell'art. 50
del Regolamento, si dichiava che dell' opinione dei loro
scritti rispondono gli autori, che ne conservano la pro-
prietà letteraria.
INDICE
PAETE I'^^
Adunanza ordinaria del 25 febbraio 1900 pag. 71
Bollettino bibliografico. Doni ed acquisti dal 5 al 25 febbraio
1900 „ [45]
PARTE 11'^
P. Pennato, s. c. — Considerazioni sulla morfologia del torace pag. 335
P. Ragnisco, m. e. — Il pentimento. Memoria . . . . „ 341
A. Favar», m. e. — Raffaello Caverni. Nota commemorativa . „ 377
E. NicoLis, s. e. — Terrazzi e formazioni diluviali in rapporto
col bacino del Garda „ 381
G. Pachee e L. Finazzi. — Sull'attrito interno dei liquidi iso-
lanti in un campo elettrico costante. Nota . . . „ 389
r. BoNATELLi, m. e. — Alcune osservazioni intorno al " Siste-
ma di Filosofia y, di Guglielmo Wundt .
B. Beugi, s. c. — Senso giuridico romano e senso moderno di
legalità. Nota
A. FoETi. — Contribuzioni diatomologiclie (IV) .
R. MassajjOngo, s. c. — Epatismo e nevropatia. Memoria
403
425
441
471
^
Atti del Reale Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti.
Anno aocademico 1899-900 - Tomo LIX - Parte prima.
ADUNANZA ORDINARIA
DEL 25 FEBBRAIO 1900
PRESIDENZA DEL PROF. CAV. GIUSEPPE LORENZONI
MEMBRO effettivo ANZIANO
Presenti i membri effettivi : G. Beechet, segretario ; Cassani, vice-
segretario ; Teois, Favabo, Omboni, Bonatelli, P. Spiga,
Teza, Maetini, A. Tamassia, Veeonese, Papadopoli, Da
Schio, Molmenti, Stefani, Foc4^azzajro, Gr. B. De Toni, Oc-
CIONI-BONAFEONS, GrALANTI, GeADENI&O, RaGNISCO, NaSINI,
Polacco; ed i soci corrispondenti: Beugi, Pascolato, Levi-
Oatellani, F. Beechet, Boediga, Landucci, Aeeigoni De-
gli Oddi, G. Spica, D' Aecais, Zanon, Castelnuovo, Pee-
DELLi, Setti. — Assiste all' adunanza anche il socio corri-
spondente nazionale Ciamician.
Giustificata 1' assenza dei mm. ee. : Lampeetico, presidente ; De
Giovanni, vice-presidente ; Beenaedi, Beltrame, Saccaedo,
Gloeia, Maeinelli, Bellati, Liot ; e del socio corrispon-
dente Poggi.
Viene letto ed approvato l'Atto della precedente adunanza.
Il Presidente partecipa la Nota del R. Ministero della istru-
zione pubblica informante che venne approvata l'elezione del s. e.
Polacco a membro effettivo non pensionato.
Annuncia quindi la morte del m. e. pensionato prof. comm.
Giovanni Canestrini, avvenuta in Padova il 14 febbraio, ed ag-
giunge che la Presidenza dell'Istituto incaricò il s. e. Polacco di
presentare le condoghanze del Corpo scientifico alla famiglia del-
l' illustre estinto, mentre il m. e. Lorenzoni veniva incaricato di
rappresentare l'Istituto, insieme ai colleghi di Padova, ai funerali.
La Presidenza inviò pure una lettera di condoglianze alla
R. Università di Padova e comunicò il o-rave lutto al R. Ministero
72 ADUNANZA OEDINARIA
ed ai principali Corpi scientifici del Regno. Si ricevettero condo-
glianze dal R. Prefetto di Venezia, del R. Istituto Lombardo di
scienze e lettere e dalla R. Stazione Agraria di Modena.
Comunica quindi la lettera di condoglianza del R. Ministero
della istruzione pubblica per la morte dal m. e. Keller, e quella
dell' Università di Oxford in ringraziamento alle condoglianze del-
l' Istituto per la morte del prof. John Ruskin.
Partecipa la morte del prof, senatore Eugenio Beltrami, av-
venuta in Roma il 18 febbraio, ed annuncia che l'Istituto inviò una
lettera di condoglianza alla vedova dell'illustre matematico ed alla
Reale Accademia dei Lincei, e che ai funerali intervenne il Pre-
sidente dell'Istituto. — Dopo questa comunicazione il vicesegre-
tario Cassani chiede la parola per commemorare così l'insigne geo-
metra :
" Chiarissimi Colleghi
" Un doloroso addio al geometra insigne, in nome della scienza
cui venne testò rapito, e tutto il nostro rimpianto del cortese per-
duto amico !
" La vita di Eugenio Beltrami si svolse, in parte fra noi, e
forse, più che alla sua nativa Cremona, vincoli di sangue, di af-
finità, di memorie, il tenevano legato alla città nostra ove ebbero
cominciamento i suoi primi studi elementari. Figlio di madre
veneziana, la nob. signora Elisa Barozzi, congiunto in matrimonio
colla signora Amalia Pedrocco, che gli fu amorosissima compagna,
pure veneziana, e la cui famiglia risiedeva in Venezia, si aveva
la compiacenza di vederlo fra noi, durante una gran parte delle
vacanze.
" Parlare degnamente delle sue molte opere matematiche, spetta
a chi dovrà tesserne il funebre elogio ; ma sebbene le mie parole
non possano aggiungere una sola fronda alla verde corona che
gli cinge la fronte, non posso trattenermi dal rammentare che
alla Geometria infinitesimale, all'alta Meccanica, ed alla Fisica
matematica, colla potenza del suo ingegno e la sua instancabile
operosità, porse larghissimo contributo. Fra i molti lavori di Geo-
metria infinitesimale, qualcuno anche di non piccola mole, va,
senza dubbio, ricordato quel suo ammirabile Saygio d'interpreta-
zione di Geometria non euclidea pubblicato nel Giornale matematico
di Napoli nel 1868. In esso, l'Autore, senza pronunciarsi fra le
DEL 25 FEBBRAIO 1900 73
tre Geometrie, intorno alle quali lavoravano valenti matematici,
specialmente stranieri, mostrò che anche restando nel campo eu-
clideo dove si ammette che la retta possieda un solo punto al-
l' infinito, si trova una superficie sopra la quale sussistono tutte
le proprietà del piano di Lobatschewschi. Facendo uso di coor-
dinate curvilinee gaussiane, scoperse il Beltrami questa superficie,
naturahuente allo stato flessibile, cioè capace di assumere infinite
forme, senza mai diventare un piano, e senza poter comportare
una retta, qualunque fosse la forma assunta da essa superficie. Le
geodesiche, funzionanti da rette, sono esprimibili con equazioni di
1° g-rado in coordinate curvilinee, come le rette euclidee, come
i circoli massimi della sfera, in coordinate sferiche, e data una
geodesica sulla superficie in discorso, ed un punto esterno ad
essa linea, si possono condurre da quel punto alla g-eodesica due
geodesiche parallele, come sul piano astratto di Lobatschewschi. Il
Beltrami chiamò questa superficie pseudosfera per quella proprietà
che ha in comune colla sfera, che è la curvatura costante ; ma
negativa invece che positiva.
" Questa geniale concezione del prof. Beltrami, parmi che da se
sola valga a costituirgli un titolo d'imperitura memoria. Nò tacerò
dell' altro più ampio lavoro analogo. Sulle varietà ad n rariahil?\
di eiirpafura costanfe^ e di quell'altro lodatissimo e citato sovente
da geometri italiani e stranieri intorno ai parametri diff'erenziali ;
nò voglio passare sotto silenzio le due Memorie: liifonio alla
flessione delle sìiperflrie ri(/afe, e Sulla teoria generale delle sn-
perflrie^ presentate nel 18G5 al nostro Ateneo di Yenezia, del
quale era socio corrispondente. Le memorie di Fisica matematica,
e quella di Idrodinamica analitica, che ebbe altissima lode, fanno
fede del suo ingegno potente e della sua dottrina profonda.
" Soltanto le grandi opere dei poeti e degli artisti passano
intere alla posterità. La gloria immortale degli scienziati emi-
nenti è legata ad alcuni punti notevoli degli scritti loro. Chi
leggerel)be oggidì le opere di Archimede e di Cartesio ove non
fosse per accertare un punto di critica scientifica, o di storia della
scienza ? ^\o\{\ certamente sonvi punti salienti nelle opere del
Beltrami, ma io porto opinione che il suo Saggio d' interpretazio-
ne della geometria non euclidea^ passerà tutto intero ai secoli
venturi.
" Il merito incontestabile del Beltrami fu riconosciuto quasi
subito : ottenne onorificenze e distinzioni, ma effli non cercò nò
74 ADUNANZA OEDINAKIA
le une né altre; le accettò senza orgoglio, ed anche senza quella
ostentata modestia che è manifestazione di un orgoglio mal celato.
" Semplice e schietto nei modi, sempre, fino all' ultimo giorno
della sua vita, fu prodigo d'illuminati consigli a chi ne avea d'uopo
senza darsi l'aria di maestro, sebbene fosse veramente maestro dei
maestri. Era ricercatissimo, anche dai non scienziati, che traevano
immenso diletto della sua conversazione piacevole ed amena, dalla
quale si rilevava, la sua vasta coltura artistica e letteraria.
" Fra le arti predilesse la musica che coltivò sempre fino da'
suoi più teneri anni, sotto la direzione, prima della stessa sua
madre, donna d'alto intelletto e di non comune cultura, indi del
maestro Ponchielli, ed eseguiva maestrevolmente, al piano, i capo-
lavori di Bach, di Mendelssohn, di Schumann.
" Ed oggi che questa preziosa esistenza è chiusa, sentiamo con
profonda ammirazione, che uno spirito dei più eletti è passato ac-
canto a noi, visse della nostra istessa vita ed ha raggiunto il seg-
gio che gli spetta, in quella pleiade di valorosi ingegni fra i quali
brillano di luce innnortale Jacobi, Clebsch, Rieniann, Brioschi.
'"' Ma mentre contempliamo questo nuovo fulgido astro del cielo
della scienza, una mesta voce ne richiama al perduto amico, e
non cessa di ripeterci in cuore : Non lo vedremo più ! „
Il Presidente annunzia quindi la morte del barone comm. Gau-
denzio Claretta, Direttore della classe di scienze morali della R.
Accademia delle scienze di Torino, alla quale fu inviata a nome
dell'Istituto una lettera di condoglianza.
Comunica la Nota del R. Ministero della istruzione pubblica
in risposta alla comunicazione fattagli dal R. Istituto della me-
moria del s. e. Federico Berchet : Le S(t/e d'armi del Coit^iglio
dei X, colla quale lo stesso Ministero informa di avere offii5Ìato
il Ministro della Marina per ottenere dal R. Arsenale la ricon-
segna di que' cimelii che esistevano in Palazzo Ducale.
Partecipa la lettera del prof. Gerola da Candia in data del 8
corrente, relativa all'inizio dei lavori della ^lissione archeologica in
Creta.
Comunica infine 1' invito (hdla Facoltà delle scienze della R.
Università di Roma ad una sottoscrizione per onorale la memoria
del prof. Eugenio Beltrami, e quello del C^omitato Leopardiano
alla sottoscrizione per un ricoi'do lìiarmoreo a (fiacomo Tjeo])ar-
di in Fuorigrotta (Napoli), avvertendosi 1' istituto che per l' una
DEL 25 FEBBEAIO 1900 75
e r altra sottoscrizione le schede si trovano presso la Segre-
teria.
Yeno-ono qnindi presentati gli elenchi delle opere di nnovo
acquisto e dei doni pervenuti alla Biblioteca dopo l'ultima adu-
nanza, con speciale menzione dei seguenti omaggi :
1.0 Cari Sutter : Fra Giovanni da Vicenza e VAUeluja del
1233, traduzione dal tedesco di Maria, Geìda e Olga Da Schio.
— Dono del m. e. A. Da Schio.
2.0 Quattro pubblicazioni d' argomento zoologico del s. e.
Arrigoni Degli Oddi.
3.0 Bibliografia Cai'ìoaìherfiana del s. e. naz. Domenico Ca-
rutti.
4.0 Indici e Catalogi. I Codici Palatini delia li. Biblioteca
Nazionale di Firenze^ voi. II, fase. 60, pubblicati dal R. Ministero
della Istruzione pubblica.
5.0 La fauna dei calcari rossi e grigi del Monte Clopsavon
nella Carnia occidentale, del prof. A. Tommasi.
6.0 Atti del Collegio degli Ingegneri e degli Architetti della
provincia di Novara. Voi. lo, anni 1898-1899.
7.0 La heneficenza di ricovero a Venezia nel passato e nei
nostri tempi, pubblicato dalla Congregazione di Carità.
Dopo di che vengono presentate e lette le seguenti Memorie,
accompagnate dai brevi sunti regolamentari :
A. Favaro, m. e., commemora brevemente Tab. Raffaello Ca-
verni, con particolare accenno alla differenza fra il lavoro del Ca-
verni che fu premiato dall' Istituto e quello invece che fu dal-
l' autore stampato.
F. Bonatelli, m. e. : Alenile osservazioni intorno al " Sistema di
filosofia „ di G. ÌVundt. — L' A. dopo aver dato un'idea sommaria
del sistema di filosofia del Wundt prende in esame alcuni punti
speciali di esso sistema e in particolare quelle dottrine che ri-
sguardano la natura e l'origine del pensiero, il fatto del conoscere
e la natura dell'anima.
Il pensiero per il Wundt non ha altra origine che il primi-
tivo istinto 0 impulso animale che è comune a tutti gli organismi
viventi anche elementarissimi e la conoscenza non è se non il
pensiero congiunto colla persuasione della realità del suo obbietto.
76 ADUNANZA ORDINARIA
In quanto all'anima egli combatte con tutte le possibili obbiezioni
il concetto ch'ella sia una sostanza, facendola in cambio una cosa
sola col tutt' insieme de' fatti psichici.
Il Bonatelli critica codeste dottrine sforzandosi di mostrare
che il pensiero è una funzione sui generis, che la conoscenza non
merita questo nome se non è obbiettiva e che la natura propria
de'fatti psichici e massima la coscienza della nostra identità per-
sonale richiedono assolutamente una sostanza spirituale.
G. B. De Toni, m. e., presenta una Memoria redatta in col-
laborazione col sig. Achille Forti, col titolo : Contrihnfo alla cono-
scenza del plancton del lago Vetfer, riferendo brevemente sul con-
tenuto della Memoria stessa. Trattasi dell'analisi microscopica di
quattro campioni di plancton raccolti nel luglio 1899 dagli autori
nel lago Yetter presso Jonkoping. Sono premesse alcune notizie
generali sul plancton lacustre e sulle caratteristiche che quest' ul-
timo ha nel Vetter. E poi data la bibliografia sui lavori che ri-
guardano la flora lacustre svedese e quindi la indicazione delle
specie, dando per ciascheduna i particolari della distribuzione
geografica.
B. Brugi, s. e. : Senso giuridico romano e senso moderno di
legalità. — L' A. fa un confronto tra il modo in cui intendevano la
norma giuridica i Romani senza esagerazioni di logica formale,
pieghevole, mobile, e, il nostro senso di legalità che la pretende
fissa e immutabile, a costo di sacrificare anche i bisogni della vita
reale.
Mostra come presso i Romani gli atti in frode della legge
potevan esser tollerati dal magistrato assai più difìficilmente che
dal nostro giudice. Ricorda alcune delle usuali frodi della legge,
specialmente quella del puro matrimonio religioso senza il civile
prendendo qui in esame i due recenti progetti Finocchiaro e Donasi.
Ct. Spica, s. e. : Xotizie e considerazioni siiJlc recenti es/tlosioni
avvenute nel Dinamitificio di .ir'gliaìia. — L'A. dà sommariamente
l' idea dei siti dove avvennero le esplosioni e fa notare la specie
e la quantità di esplosivo che cagionò il diìrastro; esamina (|uindi
gli eff'etti avuti per le potenti esplosioni e fa rilevare, in base
alle considerazioni che si poterono fare per la triste esperienza,
come le dinamiti in genere siano resistenti alle pili forti commo-
zioni atmosferiche. Passa quindi ad esaminare le cause probabili
DEL 25 FEBBRAIO 1900 77
che poterono determinare le esplolioni e, dopo d'avere constatato
la poco opportuna ubicazione dei depositi, parla degli inconvenienti
riscontrati neiraudauiento della f'aMiricazione, cose tutte che non
dovrebbero sfuggire alle Autorità e ohe forse non si lamenterebbero
se in Italia esistesse, come in [ngliilterra, un Ispettoiw'o (h'(j!( e-
splosiiu.
R. Massalongo, s. e. : Epatì.^mo e Nerropatia :
"1.0 Le croniche malattie di fegato si accompagnano in via
affatto eccezionale a turbe dell'innervazione periferica o centrale ;
" 2.0 Certe nevrosi e mielopatie recentemente descritte e con-
siderate come espressioni della toxomia epatica, non sono giu-
stificate ne dalla clinica, nò dall' anatomia patologica, ne dalla
esperimentazione ;
" 3.0 II coma epatico, transitorio o terminale; che non infre-
quentemente si osserva negli ultimi periodi delle malattie epatiche,
non presenta nessuna caratteristica speciale, né può differenziarsi
dal coma di altre toxemie ;
" 4.0 Quali fenomeni nervosi speciali nelle malattie epatiche
non restano perciò che il prurito cutaneo, certi stati ipocondriaci
e l'emeralopia, di solito quando esiste contemporanea l'itterizia;
" 5.° La nota influenza delle malattie epatiche sullo stato dei
reni, la quasi costanza dell'alterazione di questi organi in queste
circostanze, non giustificano l'esistenza di una toxemia epatica, ma
piuttosto di una toxemia epato-renale ;
" 6.0 I fenomeni nervosi e psichici considerati quali espres-
sioni della toxemia epatica, non sarebbero ne più frequenti, ne
differenti da quelli di altre autointossicazioni le quali, in via generale,
non determinano i fenomeni nevropatici o psichici senza una pre-
disposizione individuale ;
" 7.0 Le alterazioni degli elementi nervosi osservate nella co-
lemia e neir insufficienza epatica sperimentali, non differiscono
da quelle dei comuni stati toxo-infettivi e di altre toxemie, altera-
zioni degli elementi nervosi spesso transitorie, non costanti, la cui
presenza e gravità non stanno sempre in diretto rapporto col quadro
sintomatico e che probabilmente nella loro reazione istologica non
rappresentano che l'ultima espressione dei disordini nutritivi del
neurone sotto l'influenza dei prodotti toxo-infettivi ;
" 8.0 I fenomeni di autointossicazione nel nostro organismo sono
molto complessi. La sintomatologia della lesione di un organo non
78 ADUNANZA ORDINAEIA DEL 25 FEBBRAIO 1900
è mai esclusiva, né indipendente ; malattie locali nello stretto senso
della parola non esistono. Le tendenze attuali di voler troppo spe-
cializzare, col creare nuove entità e nuovi quadri morbosi, traspor-
tando con troppo entusiasmo al letto dell'ammalato i dati di labora-
torio, sono addirittura esagerate, facendo spesso dimenticare l'antica
e sempre giovane sentenza : " consensus imiiii, consenfentia omnia. „
T. Boggio : lìiteyrazione delV equazione A"-' A- = 0 in una co-
rona cireolare ed in un strato sferico (presentata dal prof. F.
D'Arcais, s. e, a termini dell'art. 18 del Regolamento). — Di
questo argomento si occuparono anche 1' Almansi, il Volterra, il
Levi-Civita, il Lauricella, lo stesso D'Arcais ed altri.
V. Brocchi : // Padovanino (presentata dal connn. P. Lioy,
m. e., a termini dell'art. 18 del Regolamento). — L'Autore offre
nel presente lavoro un accurato esame di tutte le opere di questo
celeberrimo pittore nato a Padova nel 1590 il cui vero nome era
Alessandro A'arotari. Linamorato dell' arte di Tiziano ne copiava
le tele, fu detto, con tal perfezione da non poter distinguere le
copie dagli originali che egli cercava e copiava da per tutto.
Mostra l'autore che il merito del Padovaniiio non deve cer-
carsi nelle sue pitture religiose ; ma che tanto in queste come
nelle profane è scorrotto nel disegno, mal consigliato nelle tinte
specialmente del cielo, ma inimitabile nella riproduzione delle carni
e delle forme muliebri, sole cose accurate dei suoi quadri, man-
canti, del resto, d'anima e di vita. Questo lavoro riflette Venezia
nel 600 e la sua storia, non disgiunta da quella dell'arte nella
evoluzione della civile società.
Terminata l'adunanza pubblica l'Istituto si raccolse in adu-
nanza segreta nella quale vennero conferite ai membri effettivi
Tito Martini e Arrigo, Tamas^ia le due pensioni accademiche rimaste
vacanti per la morte dei mm. ee. Keller e Canestrini.
Venne pure stabilito che il tema pel concorso Querini 1903
sia d'argomento appartenente alle scieuze fisiche e naturali, e
quello della fondazione Cavalli 1902 alla piibblica moiale.
Dopo di che l'adunanza venne disciolta.
[l Presidente
F. LAMPERTICO
// Seejretario
G. Bekchet
Atti del Reale Istituto Veneto di scienze, letteee ed arti.
Anno accademico 1899-900 - Tomo LVIII - Parte prima.
(annessi)
BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
Doni ed Acquisti dal 5 al 25 febbeaio 1900 {^)
*E. Arrigoni Degli Oddi. - Materiali per una fauna ornifologica
Veronese, con ìioie rìì Vittorio Dal Nero. — Venezia, Mi-
lano, 1899, 8.0
* Relazione sul IV Congresso internazionale di zoologia tenutosi
in Cambridge neW agosto 1898. — Venezia, 1899, 8.»
*U aquila rapax (Temm.) ed il Buteo deserto rum (I)aud.) per
la prima volta osservati in Italia. — Siena, 1899; 4.»
*0n the Occiìrence of Nordmann's Prati u col e (Glareola mela-
noptera) in Itahj. — 1899, 8.»
* Atti del Collegio degli Ingegneri e degli Architetti della p>rovin-
cia di Novara. Voi. ì, anni 1898-1899. — Novara, 1899 8.o
*G. Biadego. - Dante e gli Scaligeri. Discorso letto nelVadunanza
solenne della B. Deputazione Veneta di storia patria il giorno
5 novembre 1899. — Venezia, 1899, 8.»
*Gr. Boffito. - PeìcJiè fu, condannato al fuoco V astrologo Cecco
d' Ascoli? — Roma, 1900, 4.o
*D. Carutti. - Bibliografìa Carloalbertiana (pel cinquantesinio an-
niversario della morte del Re magnanimo). — Torino, 1899,
4.0
*G. B. Cisotti. - La Giustizia negli Abruzzi neW anno 1899. Di-
scorso. — Aquila, 1900, 8.o
* Congregazione di Carità di Venezia. - La beneficenza di ricovero
(1) L' * indica i libri od opuscoli ricevuti in dono.
[46] BOLLETTINO BIBLIOGEAFICO
a Venezia nel ija^safo e nei nostri tempi. Bicordo per l'anno
1900. — Venezia, 1900, 8.o
*G. B. De Toni. - Frammenti Vinciani. IV, Osservazioni di Leo-
nardo intorno ai fenomeni di capillarità. — Padova, 1900,
8.0
Fauna und flora des golfes von Neapel und der angrenzenden
meeresabschnitte. Herausgegehen von der Zoologischen station
zu Neapel. 25^ Monographie : Asterocheriden, von D.'' Wi-
lhelm Giesbrecht. — Berlin, 1899, 4°, mit 11 tafeln.
*Laband. - Carlo F. Ferraris. La nozione scientifica del Dicen-
tramento amministrativo. Becensione. — Freiburg, 1899, 8.»
*Ministero della Pubblica Istruzione. - Ludici e catalogìii. IV,
I Codici Palatini della B. Biblioteca Nazionale Centrale di
Firenze. Voi. II, fase. 6.o — Eoma, 1899, 8.o
*Municipio di Venezia. Ufficio d' igiene. - U igiene stradale in
Venezia. Note del dott. B. Virante. — Venezia, 1900, 8.o
*P. A. Saccardo. - Di Domenico Vandelli e della jxirte eh' ebbe
lo Studio Padovano nella riforma dell' istruzione superiore
del Portogallo nel settecento. — Padova^ 1900, 8.»
M. Sanuto. - / Diarii. Tomo LVI, fase. 237.
*G. 0. Sars. - An Account of the Cru.stacea of Nortvay. Voi. 2»,
p. I-XII. Voi. 30, p. I-IV. — Bergen, 1897-99, 8°, tav.
Pubblicazione e dono del Bergen Museum.
*C. Sutter. - Fra Giovanni da Vicenza e V Allehija del 1233.
Traduzione dal tedesco di Maria, Gelda e Olga Da Schio,
con alcune note e aggiunte dell' autore e quattro eliotipie. —
Vicenza, 1900, 8.°
Dono del m. e. A. Da Schio.
*L. Tiepolo. - Disposizioni per la conservazione della Laguna di
Venezia. Belazione alla Camera dei Deputati, seduta del 19
dicembre 1899. — Roma, 1899, 4.o
*A. Tommasi. - La fauna dei calcari rossi e grigi del Monte
Clapsavon nella Carnia occidentale. — Pisa, 1899, 4», con
tav.
*E. Wohlwill. - Die Entdeckung der Parabelform der Wurflinie.
Atti del Reale Istituto Veneto di scienze, letteke ed aeti.
Anno accademico 1899-900 - Tomo LIX - Parte seconda.
CONSIDERAZIONI
SULLA MORFOLOGIA DEL TORACE
DEL DOTT. P. PENNATO, s. e.
(Adunanza del 4 febbraio 1900)
Nell'osservare e descrivere la forma del torace, di solito ci
limitiamo a ricercare con metodo scolastico a quale delle classiche
forme tipiche (quadrata, conica, cilindrica carenata ecc.) corrisponda
il caso che studiamo. Eppure questo assai spesso non troviamo
conforme ad uno di quei tipi, e proviamo l'imbarazzo di definirlo.
Un g-rande soccorso all'esattezza descrittiva portano le misurazioni:
gli studii morfologici chela scuola di Padova da tanto tempo diffonde,
hanno dato a queste ricerche la maggior precisione, e fornito dedu-
zioni per la patogenesi, che come è noto sono raccolte nella Mor-
fologia del corpo umano (/).
In seguito e come appendice a questi studi, a me è sembrato
che potrebbe pure servire alla conoscenza morfologica del torace,
e quindi contribuire alla conoscenza della patogenesi, la determina-
zione dei diametri del torace antero-posteriore e trasverso. Oltre al-
l'ampiezza del torace, quale si ha dalla circonferenza massima, ed
oltre la sua altezza, torna opportuno tener conto anche dello sviluppo
del petto nel senso antero-posteriore e trasverso.
In alcuni soggetti il torace si presenta schiacciato dall' avanti
all'indietro in modo impressionante, e in questi individui, anche se
per avventura la circonferenza massima non è in un limite di
manifesta inferiorità, sta in quel fatto dello schiacciamento del
(1) (U. Hoèpli, 1891) De Giovanni, Morfologia del corpo umano.
336 P. PENNATO (2)
petto una difettosa conformazione, che tradisce una predisposizione
morbosa, o si accorda con una malattia già in evoluzione.
Il fatto opposto dell'eccessivo sviluppo nel senso anteroposteriore
si osserva pure frequentemente in altre predisposizioni morbose. E
nelle mie ricerche sui diametri del torace mi sono proposto di
studiare colla maggior esattezza i rapporti che essi hanno colle
altre misurazioni nei casi di salute e di malattia.
Con apposito compasso ho preso due diametri trasversi e due
antero-posteriori. Il trasverso superiore all'altezza del cavo ascellare,
l'inferiore all' altezza dell' inserzione dell' appendice ensiforme al
corpo dello sterno, ambidue sulla linea ascellare mediana. Il diametro
sterno vertebrale superiore all'altezza dell'incisura giugulare dello
sterno, e precisamente tra questo e l'apofisi spinosa vertebrale che
vi corrisponde in direzione orizzontale. Il diametro sterno vertebrale
inferiore tra il punto d'inserzione sternale dell'appendice ensiforme
e la corrispondente apofisi spinosa vertebrale. Questi diametri cor-
rispondono, i superiori alla parte più alta del torace un po' più sotto
dell'apice polmonare, gli inferiori un po' al di sopra delle basi dei
polmoni.
Con una semplice ispezione si possono fare deduzioni sullo
sviluppo in grossezza del torace, ma la misurazione dimostra esat-
tamente il rapporto che essa ha con le altre misurazioni nel caso
che si studia e rendè quindi più facile il paragone con altri casi.
Io mi limito qui a riferire i risultati della ricerca sui diametri
del torace di individui sani e senza tara ereditaria — di individui
tubercolosi — di individui cardiopatici. Riferisco un solo esempio
per ciascuna di queste varietà morfologiche, scegliendo a caso dalla
mia raccolta di individui di eguale altezza :
tubercoloso
altezza ...... 1.62
circonferenza del torace . . .0.78
altezza del torace (linea iugulo-xifoide) 0.16
diametro sterno vertebrale superiore 0.14
diametro sterno vertebrale inferiore. 0.17
diametro trasverso superiore . . 0.21
diametro trasverso inferiore . .0.25
Da un gran numero di osservazioni io posso dedurre per quel
che riguarda i diametri del torace, che nei sani il diametro sterno
sano
cardiaco
1.62
1.62
0.84
0.96
0.15
0.17
0.15
0.19
0.20
0.26
0.24
0.22
0.27
0.28 .
(3) CONSIDERAZIONI SULLA MORFOLOGIA DEL TORACE 337
vertebrale è eguale o quasi eguale all'altezza dello sterno, ed è
circa tre qu^irti del diametro sterno vertebrale inferiore. E pre-
scindendo d(i speciali deformità dovute a rachitismo o ad altre
condizioni, si trova che il torace dell'uomo sano sta tra due estremi,
uno dei quali è costituito da difetto, l'altro da eccesso di sviluppo ;
il torace con inferiorità di sviluppo è quello dei tubercolosi, il
torace a sviluppo eccessivo è quello dei cardiaci.
Questa classificazione deve intendersi fatta in un senso piut-
tosto lato ; così per esempio considera non solo il tubercoloso che
presenta dei fatti obbiettivi in atto, ma anche il tubercoloso la-
tente e quello che ha già avuto manifestazioni tubercolari pas-
sate a guarigione. In tutti questi le note morfologiche presentano
caratteri di difettoso sviluppo. Interessanti tra le ricerche sulle
tubercolosi guarite sono quelle provenienti da reperti anatomici
nei quali la tubercolosi si presenta come lontano accidente mor-
boso superato da molti anni, e testimoniato soltanto da induri-
menti cretificati degli apici polmonari, o dei gangli bronchiali.
Eiporto di questi casi i seguenti :
F. Albina d'anni 36 venuta a morte per cachessia pellagrosa e
malarica. Nel reperto necroscopico oltre le localizzazioni intesti-
nali e renali di queste discrasie, trovammo una antica tubercolosi
degli apici (cretificazioni circoscritte da sclerosi). Le misurazioni
in questo caso diedero i seguenti risultati :
Altezza 1,52; circonferenza del torace 78; linea iugulo-xifoide
14,5 ; linea xifo-pubica 39 ; linea xifo-ombellicale 24 ; diametro
sterno vertebrale superiore 1 4 ; diametro sterno vertebrale infe-
riore 20 ; diametro trasverso superiore 20 ; diametro trasverso in-
feriore 24.
In questo caso non troviamo quel manifesto difetto nello svi-
luppo del torace che è proprio dei tubercolosi. Se ne potrebbe
dedurre che l'arresto della malattia fu influenzato dalle felici con-
dizioni della combinazione morfologica. E consimile sarebbe que-
st' altro caso che riguarda una donna morta ad 86 anni per ram-
mollimento cerebrale. Come testimonio dell' antica tubercolosi, tro-
vammo due grossi gangli bronchiali cretificati. Le note morfolo-
giche erano le seguenti :
Altezza 1,48 ; circonferenza massima del torace 74 ; linea
iugulo-xifoide 15 ; linea xifo-pubica 30 ; linea xifo-ombellicale 14;
diametro sterno vertebrale superiore 14 ; sterno vertebrale infe-
riore 16 ; diametro trasverso superiore 17 ; inferiore 22.
388 P. PENNATO (4)
Ma in altri casi di tubercolosi riscontrata soltanto alla ne-
croscopia, le note morfologiche sono quelle proprie della tuberco-
losi. Così nella seguente osservazione che si riferisce ad un sog-
getto morto a 48 anni per psicopatia. Alla necroscopia si tro-
varono cretificazioni con ispessimenti fibrosi agli apici polmonari
da antica tubercolosi. Le misurazioni diedero i seguenti risultati :
Altezza 1,78; circonferenza massima del torace 80; linea iugu-
lo-xifoide 1 7 ; linea xifo-pubica 35 ; xifo-ombellicale 20 ; diame-
tro sterno vertebrale superiore 14 ; diametro sterno vertebrale
inferiore 20; diametro trasverso superiore 20; trasverso inferiore 25.
In questo caso le note morfologiche proprie dei tubercolosi
sono evidenti. Se ne dovrebbe dedurre che la malattia si è arre-
stata anche malgrado le infelici condizioni morfologiche : ma questo
uè contraddice a' corollari della morfologia, ne importa sfiducia
nelle ricerche antropometriche, essendo molte e varie le condizioni
per cui un processo tubercolare va ad arrestarsi e a guarire.
Lo sviluppo meschino dei diametri del torace si accorda colle
altre note morfologiche proprie di questi soggetti. Sono individui
con torace deficente (circonferenza massima minore di metà del-
l'altezza) con arti esageratamente sviluj)pati, e muscoli sottili, e
conformemente a queste condizioni v'è un generale languore nelle
funzioni trofiche, stasi linfatiche ecc.
Abbiamo detto essere in questi soggetti il diametro antero-
posteriore in meno felici rapporti di sviluppo in confronto di quanto
si osserva nei sani. Per la ristrettezza del diametro antero-poste-
riore si ha il torace appiattito, che tanto frequentemente riscon-
triamo nei tubercolosi. Dato un torace appiattito la condizione più
sfavorevole è quella in cui anche il diametro trasverso ò di scarso
sviluppo, e in cui il diametro trasverso superiore ò quasi eguale
all'inferiore (torace cilindrico). A questo proposito giova il con-
fronto dei seguenti due casi. Il primo appartiene ad una donna
di anni 50 sempre sana, morta per infezione pneumococcica (pneu-
monite-meningite) senza che neanche la necroscopia dimostrasse
alcun segno di tubercolosi latente od antica. Il secondo caso si
riferisce ad una ragazza di 20 anni (di eguale statura) affetta da
tubercolosi polmonare ed ossea:
caso primo
caso secondo
. 1.56
1.56
80
71
14.5
14
36
34
20
20
15
12
19
17
20
18
25
19 .
(5) CONSIDERAZIONI SULLA MORFOLOGIA DEL TORACE ;B39
altezza
circonferenza del torace
linea iugulo-xifoide
linea xifo-pubica .
linea xifo-ombellicale .
sterno vertebrale superiore
sterno vertebrale inferiore
trasverso superiore
trasverso inferiore
Io devo qui ricordare uno studio di Gabrilowitch (i) secondo
le ricerche del quale non sarebbe vero che i tubercolosi presen-
tano il torace appiattito. Egli ha studiato 31 individui sani in
condizioni molto simili di età, di statura di abitudini, senza tare
ereditarie, e studiò pure 22 tubercolosi nei quali lo stadio della
malattia, 1' età, le abitudini di vita erano simili. Ricercando i
rapporti tra le varie misure in questi soggetti venne fra altre
conclusioni a questa, che il diametro antero-posteriore sarebbe in
confronto del trasverso, sviluppato nei tubercolosi più che nei sani.
I risultati delle mie ricerche sono affatto contrari a quelli di
Gabrilowitch che forse ha considerato casi speciali e in numero
limitato. Del resto è un fatto di osservazione comune la frequenza
del torace piatto nei tubercolosi.
In quesii il torace è in generale deficente di sviluppo e lo
è anche nei diametri. Invece in altri soggetti si trova 1' errore
morfologico opposto, cioè lo sviluppo eccessivo. Sono individui a
grosso e corto collo, di colorito vivace, con ricco pannicolo adiposo
e muscolatura gagliarda. Il loro grosso torace racchiude ampi
polmoni e un sistema cardiovascolare molto sviluppato, con pre-
dominio del cuore sinistro e dell' aorta. In essi le esagerazioni
dietetiche e gli abusi in genere della vita, a cui sono tratti da
questa stessa rigogliosità della costituzione, conducono gradata-
mente in prima a fatti di alterata funzionalità del centro circo-
latorio, e poi all' evoluzione di vere cardiopatie, alle varie forme
di cardiopatie cui si ascrive un' origine arteriosa.
(1) Gabi'ilowitch, Beitrag zur Kentniss der wichtigsten Korpermasse
bei Phtisikern ecc. In Beri Klin Woch. 1899, 21.
340 P. PENNATO - CONSIDEEAZIONI ECC. (6)
Le note morfologiche in questi casi sono tanto più significa-
tive in quanto che sulla guida di esse, ben prima che si sviluppi
la malattia, se ne possono segnalare le predisposizioni. E tra que-
ste note morfologiche e in stretta relazione con esse, sono quelle
relative a' diametri del torace.
(Finita di stampare il giorno 28 febbraio 1900)
Atti del Rkale Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti.
Anno accademico 1899-900 - Tomo LIX - Parte seconda.
IL PENTIMENTO
MEMOKIA
DEL PROF. PIETRO RAGNISCO, m. e.
(Adunanza del 4 febbraio 1900)
Quale differenza tra un uomo selvaggio, un delinquente sfac-
ciato e lo stato di coscienza di Macbeth !
L'ambizione fa pervenire quest'ultimo al delitto : unico fla-
gello gli rimane quello della propria coscienza : piglia le sembianze
di Banquo, e si presenta così vivo e terribile agli occhi del corpo,
come gli era nella fantasia. Meravigliosa scena, dice lo Zumbini,
in cui r uomo parla a sua moglie meno di ciò che ha fatto, che
di ciò che ha colpito lui stesso, meno della morte da lui data
agli altri, che della morte del suo proprio sonno. Macbeth porta l'in-
ferno dentro di se, l'inferno della sua coscienza e delle sue vi-
sioni (1). Ma che distanza dai cannibali che furono nostri antenati,
dagli australiani che ammazzano gli uomini per ungersi del grasso
umano le loro scarpe (-), dai delinquenti che sono nelle nostre
prigioni, ove non apparisce mai sull' orizzonte della coscienza e
della loro faccia la rugiada del dolore dei loro misfatti ! Eppure
sono anche questi nostri fratelli, come è somigliante la scimmia ed
un Darwin. E che meraviglia tra un cretino ed un Goethe per
(1) Pag. 81 e 93. Zumbini, Studi di letteratura straniera. 1893.
(2) Vedi Letourneau, L'évolution de la morale, pag. 79 e seg.
342 P. EAGNISCO (2)
l'intelligenza, se noi abbiamo il dovere morale e religioso di con-
siderare i delinqnenti come nostri fratelli ? E se è un fatto, che noi
amiamo più un cane, un canarino di un mostro umano, pur tut-
tavolta siamo obligati, nostro malgrado anche, di riconoscere la
nostra parentela coi delinquenti. Qui è il caso che la ragione ci
dice ciò che è, e che dovrebbe essere, ad onta che non vogliamo
per la ripugnanza della nostra volontà.
Un altro fatto da considerare è questo : che il pentimento è
del tutto spontaneo e li'' ero, non iscende cioè nel tempio sacro
della nostra persona colla forza, colla pena, colla intimidazione (^).
Cristo stesso messo in croce fra due ladroni per maggiormente umi-
liarlo, non si è pentito del suo operato : anzi ha implorato per-
dono ai suoi nemici perchè non sapevano ciò che facevano. E
Silvio Spaventa messo alla catena coi delinquenti non si è pentito
degli atti generosi della tentata rivoluzione contro il Borbone : anzi
per quanta ripugnanza avessero quei martiri di essere uguagliati ai
malfattori, istruivano costoro sul dovere e sulle innnorali azioni.
Ed oltre a ciò, vi è anche la gioia della trasgressione di una legge
iniqua ; lo che è il trionfo di un uomo sulla società per una mo-
rale a lei incognita, e che si trova nei grandi riformatori, o spu-
tati dalla folla, o messi in croce, o gittati sul rogo senza punto
alterarsi nelle loro sante convinzioni. E si chiama martirio appunto
per questo, perchè non vi è pentimento nell'anima sacrificata dalla
turba, anzi vi è la serenità della giusta convinzione. Questi due
fatti ci adducono all'esame del pentimento nel suo aspetto psico-
logico in prima, e poi nel suo valore etico.
IL
Nel pentimento l'azione immorale è spesso ripiodotta nella
fantasia, come se si fosse nel momento di farla, ma con questa
diversità : che quando è stata fatta l'azione immorale, la passione
(1) Va (la sé elle il pentimento che trattiamo, è specificamente mo-
rale, quantunque esso è generico per se : mi pento p. e. di avere speso
male il mio danaro per avere assistito ad una cattiva rappresentazione
a teatro.
(3) IL PENTIMENTO 343
è stata pienamente soddisfatta ; invece quando essa è riprodotta
nella fantasia come fu fatta, la passione tace, perchè è stata già
contentata. Per l'ammutolirsi della passione, essa è giudicata ob-
biettivamente, come suol dirsi, ossia lo spirito la giudica per la sua
stima reale. In seguito di ciò mentre prima l'azione immorale ci
ha dato piacere, dopo per il giudizio equo ci apporta dispiacere.
Ma qui però non avviene nissun accontentamento eguale al desi-
derio di aver compiuta una morale azione, e di averlo soddisfatto.
Ci è solo il dispiacere di aver fatto il male, cioè una coscienza
del fatto che ci opprime, ed un desiderio del suo allontanamento,
vale a dire, desideriamo che non sia avvenuto ciò che è presente
a noi nella rappresentazione dell' azione riprodotta. Oltre a ciò
avviene come un disprezzo di noi stessi, un odio contro noi me-
desimi (1), per cui pare che Y io di prima sia tutto diverso da
quello del di poi : e quindi è facile credere che in questa diversità
di coscienza, il passato sia quasi cancellato dal presente stato di
coscienza. Invece è al contrario : come quando desideriamo di
essere un altro che abbiamo visto felice più di noi medesimi, non
vogliamo perdere il nostro /o, essendo totalmente 1' altro che è
felice, smettendo; annichilando la propria coscienza, ma deside-
riamo r altrui stato in quanto si unisce al nostro ; così il penti-
mento è caro a noi stessi, perchè è quello che ci conserva nella
nostra identità personale, nel doppio stato di un passato e di un
presente per quanto diversi. In questa continuità di coscienza nelle
due fasi della vita interamente diverse non vi è ancora un ef-
fettivo realizzamento di natura da uno stato all' altro, dal vizio
che reca dolore alla virtù che reca godimento. È un solo prin-
cipiare, per cui si è altro da quel di prima : è il piacere di aver
quasi conseguita la felicità che non avevamo, che ci invita ad ope-
rare diversamente, come un prenunzio del nostro stato cambiato.
Ma la qualità morale del pentimento, osserva lo Stern, è, che è
un dispiacere per l'azione immorale realmente commessa e pos-
(1) Quest'odio contro se stosso nel pentimento non è sfuggito al Main-
lànder, seguace di Schopenhauer ; ma è per lui un maraviglioso stato che
precede la negazione del volere per mezzo del lume dell'intelligenza, la
quale serve solo a farci conoscere che il non essere è migliore dell'essere ;
questa è la più grande cultura dello spirito. Perciò paragona quest'odio
ad una notte primaverile sciroccale in cui si aprono i bottoni dei fiori.
Vedi pag. 222 Die philosopìiie der Erlosimg. Ber. 1876.
344 I*. RAGNISCO (4)
sibilmente rappresentata morale nel pentito, per cui la tendenza
morale è idealmente contentata in quanto avviene anche un chie-
dere scusa : epperò adduce, o spinge al morale non in quanto vi
è la intenzione semplice di un momento, ma la intenzione perdu-
rante di fare azioni morali positive (i). Così solamente può essere
registrato come sentimento morale. Ma come dal dire al fare ci
è il mare, così dalla ideale intenzione alla realizzazione della mo-
rale azione v' è un gran tratto di tempo. E se dalla azione im-
morale commessa al pentimento di essa è richiesto quel tempo
in cui la ragione piglia il dominio sulla passione ; tanto mag-
gior tempo è richiesto perchè si passi dalla intenzione della mo-
rale azione all' adempimento della medesima (2). Imperocché la
(1) Pag. 366, cap. IV. Critische Grundlegiing der Ethik als positiver
Wissenschaft, von dr. med. W, Stern prae. Arzt in Berlin, 1897.
(2) Per esempio : quanto tempo ci è voluto perchè l'Alfieri arrivasse
ad un vero ravvedimento, ed alla vera liberazione, pag. 157, XV, Vita, 1823,
da quella signora di Torino che tu la terza rete amorosa della sua vita !
Si dovette ammalare lui e lei : poi incominciò a stendere la sì/a Cleo-
patra. Allontanatosene, e giunto la sera a Novara, saettato tutto il giorno
da quella sguaiatissima passione " ecco che il pentimento, il dolore e la
viltà mi muovono un sì feroce assalto al cuore, che fattasi omai vana
ogni ragione, sordo al vero, repentinamente mi cangio „ pag. 155. E torna
di nuovo a Torino. Poi si taglia una treccia dei suoi rossissimi capelli,
per avere un impedimento a mostrarsi così tosone. Scrive il sonetto : Ho
vinto alfin, lo manda al Padre Paciaudi, che lo incoraggia, lodando il
sonetto, alla carriera poetica : si fa legare nella sua seggiola per impedire
se stesso dal poter fuggire di casa e ritornare al suo carcere, pag. 161.
Il solo Elia che era il legatore, era a parte di questo segreto, e lo scio-
glieva quando gli era passato quell'accesso di furiosa imbecillità. A poco
a poco scrivendo s'infiammava da se stesso del bellissimo ed altissimo
amor di gloria pag. 166. Il Paciaudi lo incoraggia e lo corregge : vi sono
pensieri grandi, affetti ben maneggiati, caratteri nobilmente sostenuti,
gli dice, nella Cleopatra. Fin tanto che dopo le due rappresentazioni tea-
trali dei suoi primi lavori gli entra la febbre dell'amore della gloria, pag.
180. Si tratta di anni per avere effetto il pentimento.
Porterò un altro esempio, ma di altro genere di tendenze, non della
gloria, come l'Alfieri, ma di misticismo, come S. Agostino. Quello che chia-
mano grazia divina, quando S. Agostino si prosternò sotto una pianta di
fico e versò torrenti di lacrime, questo pentimento si spiega da se, na-
turalmente, per mezzo di un nuovo lento determinismo. Bisogna ricono-
scere che S. Agostino era arrivato all'incontentabilità degli stessi piaceri
sensuali, per cui la natura stessa dei piaceri operò più miracoli della
(5) IL PENTIMENTO 345
passione che ci ha spinto al male, se ha avuto un po' di tregua,
in cui la ragione illumina la mente del fallo commesso, questa
tregua può essere molto facilmente un riposo perchè ripigli mag-
gior forza la passione stessa. Perchè non si può spiegare diversa-
mente come avviene lo sfai prò ratione poìuntaa {^), anche quando
avviene il pentimento. La volontà qui, in questo caso, è la stessa
passione che comanda ancora, dopo la sosta del pentimento. Il
quale accennando solo al desiderio incompleto ancora di volere
operare diversamente, non dà certamente il perfetto affidamento
dell'assicurazione dell'opera morale posteriore.
Il pentimento dello Schopenhauer è di tutt'altra natura. Esso
è freddo e gelido come la conoscenza : e come la vera conoscenza
che egli vagheggia è la nullità della vita, così il pentimento as-
soluto, cioè il dolore di coscienza o di conoscenza vera è un pen-
timento fatale da cui non vi è via di redimersi. Il passato non
appartiene più al pentito, dice lui, perchè è una manifestazione
del volere, ossia di una necessità che non più lo tocca. Così la
conoscenza tardiva è quella che ci fa conoscere l'irremediabile
dolore cui è condannata la nostra vita. E un dolore simile a chi
ha scritto un libro senza le conoscenze complete che doveva sa-
stessa divinità, in lui. Desideroso di sapere non trova noW Ortensio che
leggeva, tutto quello che desiderava. Poi la conoscenza di S. Ambrogio
di cui ammira la castità, gli è un esempio vivo. La lettura dei libri di
Platone e specialmente dei neoplatonici lo accende alla sapienza, perdio
questi libri lo secondavano nella tendenza mistica che era in quel tempo
una scintilla nell'anima sua, come la gloria nell'Alfieri. Poi la lettura di
S. Paolo lo infiamma vieppiù al misticismo. Finalmente la visita di Pon-
tiziano che gli parla di S. Antonio quando era in casa con Alipio : si ral-
legra con lui che legge l'epistola di S. Paolo, gli parla della fecondità
dell'eremo che egli ignorava : allora leggendo a caso le parole di S. Paolo
" diamoci a Gesù e lasciamo le orgie e le ebbrezze „ avviene veramente
la sua conversione dopo un pentimento lungo, lungo, intramezzato da
spessi ritorni alla vita voluttuosa. Poca efficacia, io credo, ebbero le la-
crime e le preghiere di S. Monica, alle quali era pur troppo assuefatto.
Vedi uno scritto del Segrè nella Nuora Antolor/ia^ da cui ho attinto queste
notizie.
(1) "Io non sapeva allora, ma provava per esperienza quel profondo
ed elegante bel detto del nostro maestro d'amore il Petrarca :
Che chi discerné^ è vinto do rlii ruolc. „
Cosi l'Alfiei'i.
346 P. KAGNISCO (6)
pere, ma che non poteva sapere. Così avviene che la conoscenza
è l'unica fonte del pentimento. Ma disting-ue un pentimento (Ge-
wissensangst) fatale che è inutile perchè è una necessità da cui
non c'è via di sottrarsi, mediante appunto la compiuta conoscenza,
ed un pentimento (Eeue) relativo che deriva dalla mancata co-
noscenza dei mezzi, o dalla mancanza di valutazione dei motivi
fatti dalla ragione. Ma sì l'uno che l'altro pentimento non è ef-
ficace a nissun miglioramento. Che il primo non sia tale, è ben
chiaro perchè in ultima analisi questo volere è il volere per vi-
vere che si deve negare colla verginità, cioè colla negazione del
volere. Il valore dell'intelligenza è il togliere il volere, in quanto
si arriva a conoscere che il non essere è migliore dell'essere :
questa è la più grande cultura dello spirito (^). È questo il primo
pentimento di conoscenza. Ma neppure il secondo è valevole, per-
chè è da attribuirsi la colpa alla mancata conoscenza dei mezzi.
Per Schopenhauer non v' è la volontà coli' inclinazione, colla pas-
sione che ad onta della chiara conoscenza si oppone al dovere.
Il volere è impeccabile : lo sbaglio è dell'intelletto. È vero che
confessa subito dopo (-) che la veemenza del volere ha impedito
la funzione della ragione nella scelta dei mezzi : ma la dice
causa mediata, non immediata dell'errore. La ragione ha fatto ciò
che non è secondo il volere, cioè secondo il carattere il quale è
intrasformabile. Ma v'ò sempre l'attenuante per essa, perchè ha
operato senza riflessione. La vendetta, la collera consigliano l' as-
sassinio : dopo che è stato compiuto, viene la compassione che
solleva la voce e parla come avrebbe dovuto parlare prima, se la
si fosse lasciata parlare. Queste azioni, dice, nascono da debolezza
d'intelletto che si è lasciato sopraffare dal volere senza tenere
innanzi il motivo (^'). Così spunta il pentimento, il quale si ap-
(1) Come S. Agostino nel De Itoiio roììiiKjaU dice: ufinmn oDuies hoc
rellent, ab omni ronrulntii abstùirre, multo n'/iiis Dei eivitas coiiipleretur.
(2) La distanza è dalla pag. 681 alla pag. 682 del II voi. libro IV,
cap. 17. Lipsia, 1873.
(3) A pag. 681 dice che la ragione ha presentato il motivo contrario
in ahstracto, quando si è sotto la passione, senza che essa ragione sia
appoggiata da una forte fantasia ohe pi'esenta il vero valore di esso
in immagine : a pag. 34i) del I libro lia detto che senza l'itl.essione si è
lino determinato non (hi un motivo ehini'amente conoseiuto ii> (ilis/r/icfn,
ma da un motivo di presentii impressione così forte (die non si è potuto
(7) IL PENTIMENTO 347
palesa ogni volta con un voler far bene per l'avvenire, per quanto
è posmhile : ma queste sono segrete apparenti frette, sono azioni
ponderate, per cui noi inganniamo noi stessi. Nulla dunque di
bene dal pentimento, perchè esso è uno sbaglio di ragione, non
uno sbaglio di volere che non si può mutare secondo lo Scho-
penhauer : e uno sbaglio anche, necessario perchè la conoscenza
non adegua perfettamente il volere. E a che giova questo penti-
mento, se non ad accrescere tormenti senza via di uscirne ? La
Chiesa ha fatto, quasi con un tocca e sana, un abuso del. penti-
mento : ma Schopenhauer non ne fa nissun uso per l'etica, di-
chiarandolo una illusione (i) : ma nel mentre lo ritiene un dolore,
non sa leggere in quello nissuna nota di riparazione per la vita
morale. Giusta è la osservazione del Mainliinder che la parte più
debole di Schopenhauer è il carattere acquistato : locchè è il tutto
della morale e dell'educazione. E se pure si vuole accordargli che
è falso che la virtù si possa insegnare, a cui contrappom^ sempre
il celle non discifur ; pur tuttavolta il problema dell' educazione
non può aver luogo nelle sue pagine. Egli osserva che le prediche
non giovano alla morale : sia pure ; ma gli si può dire che neanche
le sue fredde teorie filosofiche giovano a sollevare l'animo a più
alti ideali mercè il nobile dolore del pentimento.
Il potere operare diversamente cui accenna il pentimento, è
un vero volere incompiuto, fin tanto opera ancora il dominio della
passione. Il vero volere concreto e reale è la sola passione che
padroneggia. Il volere senza potere, cioè senza la forza che sog-
gioga la passione, è un mero possibile che resta inefficace, sin
tanto non si è ben preparati col dominio della passione a far trion-
fare la ragione. Questo è quello che non vedono grindeterministi,
che dal pentimento argomentano la esistenza della libertà. La li-
bertà anche nel pentimento non è, né più, né meno di quella che
è la nostra natura : e la nostra natura è quella che ha fatto real-
adoporare la ragione. Tu sostanza, cerea tutti i modi per mostrare la ne-
cessità e la inutilità del pentimento, al punto da volere che la voce del
pentimento avesse parlato prima, e non dopo l'azione commes a. Ed al-
lora, dove sussisterebbe la forza del pentimento?
(l) "Dodi ist zu bemerk(;n, dass man, um sich selbst yu tàuschen, sich
scheinbare Uebereilungen vorbereitet, die eigentlicli heimlich ùberlegtc;
Handlungen sind. Denn wir betriigen. und sclimeicheln Nioninnden durcli
so teine Kunstgriffe, als uns selbst „ p;ig. 350, IV lil»i'o, pi'imo vobimc.
348 P- RAGNISCO (8)
mente il male ; e liberarsi dal male non può senza che essa sia
rifatta totalmente diversa da quella che fu. Bisogna che cambino
in noi i nostri sentimenti, i nostri impulsi : bisogna cioè che da
un determinismo passato si passi ad un determinismo nuovo (i).
L'indeterminato non opera : e tale è la sola e pura ragione che
ci illumina nel pentimento senza riformare, anche per poco tempo,
la nostra corrotta natura. Il volere reale è sempre la nostra na-
tura : il volere astratto è quello che si crede che sia onnipotente.
Chi ha scritto un libro, dopo che ne ha letto altri che trattano
lo stesso argomento, si avvede del suo errore, si pente di averlo
scritto. Ma è il caso che egli con quelle cognizioni che aveva, non
poteva scrivere diversamente Ma se il pentimento di averlo scritto
è qualche cosa, non dà ancora affidamento certo di saperne scri-
vere un altro perfetto ; il pentimento del male operato non dà nis-
suna certezza di vero emendamento senza la rinnovazione della
nostra natura mercè l'esercizio della virtù, cioè la educazione, la
migliore istruzione e la disciplina (-).
(1) Sotto altra forma combina colle mie ideo lo Ziegler. Il principale
motivo in tutte le nostre azioni che si sottrae al nostro sguardo ed è incon-
scio nel fatto, è precisamente l'abitudine. Operiamo in più dei casi come
dalla gioventù siamo stati abituati ed esercitati : la somma di tutte le
nostre abitudini ed esercizi!, delle disposizioni acquistate e capacità, di
tutte le rappresentazioni divenute facili, di tutte le massime è entrata
nel nostro carattere ; il quale è il prodotto di ciò che siamo da natura,
di ciò che l'educazione, le circostanze, la società ha fatto di noi. Non è
contraddizione nissuna qui. Ogni operare pone un fondamento per una
abitudine, lascia uua disposizione che fa più facile del primo il secondo
operare... Tutto questo ò possibile solo nel terreno deterministico : l'uomo
opera secondo il suo carattere e solo eccezionalmente, se vi è un penti-
mento con potente sentimento, può rompere la forza dell' abitudine ed
operare contro il carattere. Di qui la possibilità di cambiar carattere e
la difficoltà di una radicale trasformazione : ma non si è mai un tutt'altro:
anche nel nuovo Paolo si cela il vecchio Saul, in Cristo il giudeo, nel-
l'apostolo il rabbino e farisaico zelante. Pag. 67. SittUches Setn, und
SittUches Werden, 1890.
(2) Lo Zuccante a pag. 34, La morale utilitaria dello Stuart Mill,
Milano 1899, colla sua solita fina analisi osserva che il rimorso è per il
Mill un dolore, una pena, uno stato passivo dell'anima, mentre pei mo-
ralisti kantiani è uno stato attivo, una rivolta, una specie di vittoria della
volontà libera su ciò che l'avea un istante prostrata.
Ma che cosa è questa volontà pentita, si può conoscere dall'esempio del
Petrarca nel suo aeijreto^ che è la confessione di se stesso. Il Petrarca
(9) IL PENTIMENTO 349
Da ciò si rilevano due conclusioni. La prima è, che il pen-
timento in punto di morte non può avere valore etico per raf^ione
psicologica. Imperocché oltre che può provenire dallo stato di agonia,
0 megUo è confuso collo stato di agonia in cui si trova il peccatore,
perde tutto il suo valore morale mancando per necessità nello stato
in cui si trova il moribondo, tutti quei requisiti che possono dare
affidamento al pentimento. Manca la chiara conoscenza del male
operato, ed anche la ferma intenzione di emendamento. E se l'as-
soluzione del peccato è mal data pel semplice pentimento in vita,
conosceva bene se stesso, ed attribuisce alla debolezza della sua volontcà
il veggio il meglio ed al peggiore mi oppiglio. Il Segrò lia bene osser-
vato nella Nuova Antologia del 1" ottobre 1899 che né nell'ambizione, ne
nell'avidità delle ricchezze, nò sopratutto nella lussuria il Petrarca ha
forza di potersi dominare. Specialmente nei suoi amori, mentre li con-
danna nel profondo dell'anima, vi si abbandona nel ritrovo delle Avi-
gnonesi. Domanda a Dio la continenza : ma a Valchiusa s'impiglia nel-
l'amore di quella da cui ebbe la figlia, Francesca. Dopo i 40 anni gli ri-
masero le stesse tendenze : a 50 anni aveva le più acri tentazioni, e non
ha il coraggio di confessare i propri figli, come Agostino, nota il Segrè.
I suoi intenti verso Laura non sono platonici, quantunque questa non si
lascia vincere dalle sue carezze. Il loro amore è una castità lasciva. Ad
Arquà pianta lauri, simboli della sua passione : fa propositi, ma ha di-
mandato permesso alla sua coscienza di tornare alla vanità mondana :
neppure nella morte, dice il Segrè, può gridare vittoria sulle sue passioni.
II Segrè spiega bene che le ragioni di questo fatto nel Petrarca sono
l'Umanesimo ed il Paganesimo di clie non si poteva spogliare. Soggiungo
una cosa : la conciliazione tra i due mondi, il naturale ed il sopranna-
turale, ha generato sempre la fiacchezza degli animi : ed è propria di
chi non ha fede nell'uno, o nell'altro. Senza fede non ci è quell'impulso
che è il caratteristico nel mondo morale. L'Umanesimo era travagliato
da questa conciliazione. Questa perplessità si trova anche nei più grandi
del Risorgimento : non eccettuo nemmeno il Bruno. Come è possibile
spogliarsi incontanente del vecchio uomo e foggiarsi al nuovo ? Ora questa
che è una necessità psicologica, im fato morale dell'uomo è ciò che si
chiama volontà, che gli antichi dissero natura, di cui l'individuo è un
necessario efietto. Veggasi perciò dall'esempio del Petrarca, quanto poco
affidamento morale dà il pentimento in quelle anime che sono nate, cre-
sciute ed educate nei tempi che corrono la loro vita. Ci vuole un nuovo
determinismo, che se alle volte lo si può comprendere, non sempre lo
si può creare, né in noi, né negli altri interamente nuovo. L'uomo non
crea spesso spesso l'avvenire morale con tutte le maraviglie della onni-
potenza della sua volontà. Lo si aspetta, lo si desidera : ma qualche volta
egli deve restare nella cerchia della fatalità dei tempi suoi.
350 P. RAGNISCO (10)
non potendo avvenire remenclamento se non coU'esercizio e colla
disciplina dell' animo che deve trasformarsi, è nna vera irrisione,
se è data nel punto di morte, allorché l'animo è incapace di far pro-
positi nuovi. In tal modo il pentimento è più una forma esteriore
priva affatto dell'elemento intenzionale, è una vera cerimonia esterna,
una forma che si addimanda sacramento senza 1' essenza e la so-
stanza interna dell'animo (').
Una condizione indispensabile del pentimento è che il pen-
tito duri in vita perchè possa avvenire quella trasformazione psi-
colof^ica di un io che si sostituisce all' io passato. E questa manca
colla vicina morte, per cui non solo la riparazione del male fatto
verso g-li altri non è più possibile, ma sopratutto non può succedere
quel ravvedimento che richiede la più chiara conoscenza del prò
prio stato (-). Che direste di chi ha rubato in vita, ed in punto
di morte fa elemosina larga e lascia ai poveri la sua proprietà ?
(1) Chi ablna fatto ben rib'vare tutta, (lucsta parte (U'bobi del sacra-
mento della penitenza, è stato Abelardo il primo. Egli osserva che il do-
lore dell'animo per aver pocearo o viene dall'amor di Dio ed è fruttuoso,
0 dal danno ed è senza frutto : questo è il ])entimento dei dannati, di
quelli che nel momento di perdere la vita si pentono dei loro falli, e
piangono per paura della pena, accusando lo usure, le rapine, le oppres-
sioni dei poveri. E se si consiglia di restituire ciò che hanno preso, ri-
spondono : di che vivrà la mia casa r' Ma i preti promettono una vana
sicurezza, comprando messe che non hanno mai (/ratis^ per la messa un
danaro, per un servizio annuale, 40: non consigliano di restituire la roba,
ma di offrirla in sacrifizio. Yedi Remusat, pag. 468, volume 2.
(2) Ci vuole non solo la continuità, ma anche l'unità di coscienza
per il pentimento. Quel contrasto tra due anime, tra ragione e senso, tra
dovere ed inclina-'.ione, tra carne e spirito importa che sia in noi uua
intima divisione di due partiti, locchè forma uno stato penoso : cioè vi
sono desideri che si contrastano. Non già un subbietto che è vinto ed
un altro che trionfa, ma l' istesso io che è vincitore e vinto, che sorbisce
con avidità il bicchiere del piacere, e sente l'amaro dolore, sferzato dalle
furie del pentimento, nota lo Zicgler : in altri termini, ci vuole un rife-
rimento all'avvenire per potere essere altro, e questo altro sono io stesso.
Vedi oltre lo Ziegler, cap. 7, Das GefUhl, 1899, anche Ardigò, L'unità della
coscienza^ 1898. Da tutto ciò si rileva che la fortezza e vivacità dello spi-
rito deve essere somma ed energica nel pentimento ; locchè non è pos-
sibile trovarsi in chi sta per morire. Per la indissolubile relazione tra il
corpo sano e le azioni psichiche morali la fortezza dello spirito può esser
fonte di continuità di coscienza, e la vivacità può dai'e la unità di co-
scienza.
(11) IL PENTIMENTO 351
Questo non è pentimento : si è simile a chi lascia la preda per-
chè il carabiniere lo insegue ; il timore dell' inferno lo spinge a
donare quello che ha tolto agli altri. Ma il pentimento più usuale
è quello di confessare la verità in punto di morte. Non sono rari
i casi di malvagi che in fin di vita rivelano ai sacerdoti di essere
essi stati gli autori di misfatti, per cui altri innocenti furono con-
dannati. Per questi è da dire " meglio tardi, che mai. „ Ma nem-
meno in essi y' è il pentimento : v' è lo spavento ed il terrore
deir inferno che li costringe a dire la verità, come un testimone
che depone il falso prima ; ma messo a confronto con altri che
l'hanno veduto, si ricrede per il timore della pena da subire. E
certo che manca la dignità della persona nel falso testimone : ma
se la Chiesa negasse l'assoluzione in questi casi in punto di morte,
qualche cosa guadagnerebbe la moralità pubblica. E dovrebbe ne-
garla, appunto perchè manca il pentimento, cioè quello stato psi-
cologico, per cui solo essendo in vita e continuando a vivere si
può avere affidamento di un cambiamento avvenire. E se manca
l'avvenire della vita in cui si fonda la essenza del pentimento,
l'assoluzione è infruttuosa, perchè data senza pentimento. La mo-
ralità del pentimento è solo in quanto esso è un mezzo che può
servire all'indirizzo nuovo per l'avvenire. L'etica guarda l'avvenire,
non il passato : e se vede il passato, è per poter meglio vedere
l'avvenire, osserva l'Hoffding (i). E lo Stern molto acutamente
osserva che il dispiacere per la cattiva azione nel pentito non è
morale sentimento il quale è il risultato di buona azione, ma con-
siste neir allontanare dalla sua rappresentazione il fatto che de-
prime : e tutto ciò è ancora anetico (-). La qualità morale del
pentimento è, che è un dispiacere che nello spirito del pentito si
riferisce ad una possibile rappresentata azione per cui è conten-
tato l'impulso morale. Ora la vita è quella che dà ragione a questa
possibile azione che si vuol fare ; è perciò la condizione indispen-
sabile della qualità morale del pentimento.
La seconda cosa che voglio rilevare, è che non si può dare
(1) Pag. 86, V. Die Freiheit des Wiìlens.
(2) Dice anetico sentimento la compassione verso il povero sino a
che non lo solleviamo con aziono : morale poi, quando realmente lo sol-
leviamo dalla miseria, pag. 360, e così anche il pentimento è anetico sin-
ché rinuiue come dispiacere : è morale quando ci spinge ad azione morale.
352 P. KAGNISCO (12)
ne un pentimento ne un peccato che si dice contro lo Spirito
santo. Questi peccati, dice lo Scavini, sono quelli che hanno la
maggiore deformità, e più difficilmente vengono perdonati : ed av-
vengono quando per disprezzo si tolgono quei mezzi, coi quali
l'uomo si può astenere dai peccati (i). Fra questi vi è l'impugnare
la verità conosciuta (^). Ora ciò è psicologicamente impossibile :
cioè non è possibile operare contro una determinata e compiuta
persuasione, se non v'è già un'altra tendenza la quale oscura ed
impedisce il retto operare. Uno non si lascia persuadere sin tanto
che v'è una passione, per cui la persuasione non può avere il suo
effetto. Come può sussistere altrimenti un tale volere ? Domanda
l'Huffding (^). Chi non si lascia consigliare, chi niente vuol sen-
tire, niente vedere per difendere i suoi vizii, non lo si può aiuta-
re, diceva Lutero. Ma se per caso riconosce ancora qualche ragione,
non riconosce la verità che i suoi avversari conoscono. Qui v'è an-
cora qualche cosa di buono, soggiunge l'Hòffding. j\Ia il non co-
noscere nessuna verità, è la vera stoltezza ; è ciò che si chiama
mentecattagine. Questo stato esclude qualunque responsabilità, e
quindi qualunque colpa. Né è possibile il ravvedimento di quello
che si è fatto, e quindi non apparisce mai il pentimento. Ma se
la stolidezza non fa colpa, l'errore della scienza è innocente, e
su questa base è fondata la libertà di opinione. La Chiesa ha
dunque stabilito questo peccato per suo utile proprio : ma il pro-
gresso degli studii della verità lo ha reso insussistente. L'autore
di questa dottrina posta a difesa della Chiesa è S. Tonnnaso (^).
(1) Libro I, p. 767.
(2) Agnitae veritatia impiKjnafio^ ovvero ea animi perversità.^ quae
contra veritatem evidenter cognitam obcluraf/tr. Ibid. Col progresso della
morale dovremmo avere altri pentimenti, di cui non vi è ombra nella
nostra coscienza, come vedremo ; ma per ora cerchiamo di purgarla da
questa specie di pentimenti che non lianno base psicologica.
(3) Pag. 96, Das ethisch Base.
(4) Nella Rassegna nazionale del 16 dicembre 1898 A. Gr. Corrieri
dice a pag. 720 : Kant dopo la critica della R. P. spaventato dalla mi-
seria in cui l'estremo dubbio delle ipotesi, delle deduzioni lo aveva piom-
bato, lo obbligarono ad espiare il temerario peccato, sconfessando tutto
se stesso con lagrime imperiture nella Critica della. Ragion pratica, p]
di Cristofaro Bonavino dice che dopo la propaganda razionalista, dedi-
candovi un' attività meccanica enorme, accumulando il suo lavoro a ca-
(13) IL PENTIMENTO 353
Lutero dice che prima di essere dottore, non aveva mai creduto
che questo peccato esisteva nel mondo. E l'Hoffding soggiunge,
che Lutero come dottore più che essere un grande agitatore, era
un migUore psicologo.
Il pentimento considerato dal lato psichico ci potrebbe offrire
osservazioni sulla natura individuale, o sul temperamento, come suol
dirsi. Le nature melanconiche hanno, o soffrono pentimenti più forti
di quello che realmente dovrebbero essere. Quelle allegre più difficil-
mente si commuovono : come i temperamenti incostanti molto presto
si pentono e molto facilmente si dimenticano dei loro propositi. E
molto facile passare dal pianto al riso in certe nature. Epperò le la-
grime non sempre sono un segno sicuro di vero pentimento. L'uso
poi di adoperare certi vestiti speciali ai peccatori pentiti, che indicano
la umiltà, deriva da questa ragione psichica della depressione del-
l'animo dopo il peccato, e dalla manifestazione dello stato d'animo
del pentito. E la Chiesa è rimasta fedele a questo costume col-
l'adoperare i paramenti sacerdotali diversi secondo gli avvenimenti
che celebra nei giorni feriali e nelle feste. Certo è che l'uomo si veste
secondo il suo stato d'animo : e come è impossibile ad uno che ha
avuto una sventura, vestire abiti sfarzosi, così nella stessa giornata
secondo l'umore si adoperano vestiti diversi.
IH.
Nel considerare il pentimento nel suo valore morale ci si pre-
sentano alcune osservazioni degne di studio. Ed in prima il pen-
timento non è proprio di ogni persona umana, ma di quella sola
taste, dieci anni or sono, annunziò che era stanco di trovarsi in j^eecato
mortale.
Io credo che questo peccato contro lo Spirito santo, cioè l'oppugnare
la verità conosciuta, sostenuta da S. Tommaso, sia il nido da cui è sorta
l'infallilnlità del papa. La Chiesa crede il possesso della verità essere suo
esclusivo patrimonio, e per non farsi discutere nelle sue affermazioni, pro-
pone già il peccato nella discussione. Curiosa e strana contraddizione !
la quale sta in ciò che il papa è peccabile, e lo si assoggetta alla con-
fessione, mentre lo si afferma infallibile, e si escludono i suoi donimi dalla
discussione. Si vede che alla Cliiesa torna più utile l'infallibilità, anzi che
la impeccabilità. Ma se la storia smentisce l'impeccabilità nei papi, il pro-
gresso della scienza ha messo in fuga la infallibilità dei medesimi.
354 !*• RAGNISCO (14)
che ha una coscienza morale, e secondo il grado di questa stessa
coscienza. Se la vita non è fatta per l'etica, ma questa è fatta
per quella, è naturale che ci possono essere uomini senza penti-
mento. La morale è un desiderio che sia per tutti : ma è un fatto
che non è per tutti. Per vivere è necessario che ci sia la pena
per la riorganizzazione del dritto, ma non è necessario che ci sia
il pentimento per riordinare la coscienza nel compimento del do-
vere morale. Per questo ci vuole una coscienza morale ben nu-
trita di sani principii e ben educata con esercizio pratico di virtù.
La coscienza morale non si ha da natura, ma si acquista, non è
un dono, ma è una virtù, non si ha bella e fatta, ma si fa e si
ottiene colFarte morale informata a sani precetti. Essa è come un
tesoro, ma che non si ha perchè gli altri l'hanno nascosto e noi
lo si ritrova, ma è tesoro che noi stessi ci prepariamo colla fa-
tica della educazione morale propria. Quello che nella coscienza
si mette, questo e non altro vi si trova. Però non si può negare
che qualche cosa si rinviene nella coscienza morale individuale
secondo il grado della famiglia, e secondo lo sviluppo della società.
La famiglia e la società sono due coefficienti morali che si trovano
per eredità trasfusi nella coscienza individuale : sono germi di per-
fezione, ma che richiedono di essere coltivati e sviluppati mercè
l'educazione. La coscienza morale è un miscuglio di tanti detriti
familiari e sociali, i quali si possono svecchiare, od invecchiare : e
tutto ciò forma la denutrizione o nutrizione della coscienza, potendo
o spegnersi, o ravvivarsi quel fuoco e luce che è guida delle nostre
azioni. 11 vero nutrimento della coscienza morale è costituito dal-
l'ideale che si aggiunge al reale. L'ideale è base dello svolgimento
della persona nel valore morale. Se manca 1' ideale, la coscienza
morale muore : se la realtà soffoca la idealità, l'uomo è addivenuto
un animale, la ottusità ed indifferenza della coscienza ci abbassa,
finiscono i sospiri e le speranze, lo stimolo dell'operare etico si è
spento : nissun avvenire innanzi a noi.
Secondo lo Spencer il pentimento che è un fattore altissimo
e potente dell'etica, avrebbe quasi nissun valore. Imperocché il
sentimento morale avrebbe ragione d'essere solo nel contrasto che
vi è tra il dovere e la costrizione. E poiché ogni esercizio tende
a togliere le difficoltà che si trovano nel volere, così nella vita
etica bisogna accettare che a poco a poco si debba venire ad or-
ganizzarsi la morale col retto operare, in modo che non ci sia
più sentimento morale, perchè vi è perfetta armonia tra l' istinto
(15) IL PENTIMENTO 355
deiruoino, ed il benessere della specie. Anche S. Paolo ha detto
che per il giusto non vi è legge. Ma tutto questo è di una veduta
molto limitata. L'umana natura è rottoposta ad un lento, nui co-
stante mutamento, il quale designa un progresso (osserva a pag.
69, lY, l'Hoffding). E questo progresso adduce a nuovo ideale ed
a nuovi compiti ; l'ideale si solleverà sempre più alto, se crediamo
di avere conseguito la sua fine. E sempre e quando assorgerà un
nuovo ideale per l'indefinito progresso della natura umana, il pen-
timento ci sarà sempre come leva potente che ci sostiene nel con-
seguimento di questo più alto ideale. Ci potranno essere relazioni
etiche che noi non possiamo nemmeno oggidì capire a quale fi-
nezza di moralità possano giungere per la nostra grossolana etica
maniera : ed il pentimento di tutta diversa natura da quello che
oggi si manifesta nella coscienza, sarà la futura guida che sostiene
le creature piìi perfette a raggiungere questo g-rado di finezza
morale. Che se la vita fisica si può reggere senza ideali, la sparizione
di questi è la sparizione della vita etica. La vita etica è una
lotta : andare avanti è solamente vivere moralmente : la sola aff'er-
mazione del giusto è già un combattimento. Ci è aperta una strada
sola senza conoscere la sua fine : in questa non bisogna mai fer-
marsi : perchè il fermarsi della coscienza morale designa la sua
morte.
Ecco ritrovata l'origine del pentimento, il contrasto tra il reale
e l'ideale, tra il fatto compiuto e l'idealità del dovere da essere
attuato. Cosa che non si può trovare comunemente, perchè il pen-
timento è una delicatezza della coscienza morale, è una raffina-
tezza d'animo, è 1' indice di un sentimento morale perfezionato
nella persona. Io non credo perciò al pentimento del cane di Ro-
manes ('). La morale degli animali in genere può dirsi verso quella
(1) Ecco il racconto. Questo cane aveva rubato una volta in vita.
Avendo fame, prese dalla tavola una costata, e la portò sul canapè. Il
Romanos fece finta di non aver visto. Rimase il cane diviso tra il desi-
derio (li soddisfare la fame ed il sentimento del dovere: questo ultimo
vinse ed il cane depose ai suoi piedi la preda, e si nascose sotto il ca-
napè da cui non fu più possibile di farlo uscire fuori anche con tutte le
carezze, le quali gli produssero sul viso un'aria di contritione veramente
comica (sic). Il cane non ora stato mai battuto ; è perciò un esempio di
sviluppo di coscienza, e di sentimenti senza parlare : un grado simile, come
si trova nei selvaggi, negli idioti e sordoumti senza educazioiu^. Il Le-
356 l'. KAGNISCO (16)
degli uomini, come una vera mimica rispetto alla verità e realtà
della coscienza umana.
Se noi analizziamo più minutamente il pentimento, ovvero
perchè ci sia questo contrasto tra il reale e l'ideale, troviamo che
l'azione deve essere non solo come presente per mezzo del ricordo
di essa, ma che sia misurata secondo lo scopo in genere cui deve
essere diretta ogni azione della vita. Certo è che questo scopo ci
deve essere con cui giudicare l' azione fatta. Si potrà discutere
quale è questo scopo, se è vero o falso ; tutto ciò è opera di filo-
sofia ; e la scienza non inventa, ma cerca quello che è. Bisogna
dunque che la coscienza morale di un individuo sia ricca di prin-
cipii coi quali giudica se stesso : e questa perfezione non si trova in
tutti gli uomini e molto meno negli animali. L'educazione morale
è interiore : è la formazione e nutrizione della coscienza, è una vera
creazione della persona umana. Ed in questa nuova creatura avviene
il pentimento. È la piccola scintilla da cui emana la rinnovazione
dell'uomo e della società. Pare impossibile ! Il divario tra i fatti morali
ed i fatti fisici è questo, che questi sono la regola della verità, quelli
invece sono la via della moralità. L'esperienza per i fatti fisici è
la medesima e si ripete, pei fatti morali è diversa e non si ri-
pete quasi mai. L'esperienza nei fatti morali non è rigida, ma è
studiata ed elaborata per il progresso morale. L'esperienza nella
morale è il male o l'ombra del male che deve essere corretto ed
emendato dall'agente morale : per cui ci vuole una ricostruzione,
0 riforma della coscienza morale. Così la storia addiventa vera
maestra della vita, se vi è chi ricostruisce la vita (') : non già
un copiatore puro e semplice dei fatti morali. Per costui la storia
è una pura e semplice narrazione senza intendimento del valore
tourneau commentando quest'esempio a pag. 52 della Evol. della morale
dice, che si tratta di un animale ben educato coll'essere stato commensale
col padrone, si tratta di vergogna, di sofferenza morale acuì si dà il nome
di riiiiomo. Osservo solo che se per il sentimento del dovere ci vuole una
lunga educazione avuta dagli altri e poi propria, come ebbe questo cane
la scienza infusa? La leviamo agli uomini, e sta bene: ma la diamo agli
animali ! No dunque.
(1) Certamente la storia non ha per fine l'educazione morale : ma è
la morale che trae frutti da essa, rassicurando le sue teorie sopra fatti
individuali e sociali. La storia dei mali della vita e delle virtù degli
uomini serve a qualcosa nella morale.
(17) IL PENTIMENTO 357
morale delle azioni. L'ideale sorge appunto dalla considerazione
del fatto morale gik avvenuto per la correzione della coscienza
umana. La vita morale perciò è un continuo pentimento, ossia
una sempre nuova costituzione di propositi fatti sugli emendamenti
di se stesso. Noi dobbiamo esaurire Terrore, dice Schiller, prima
di giungere alla tranquilla saggezza : e difatti la terra che gira
intorno al sole, la terra che è rotonda si può dire che portano in
noi la coscienza dell'errore dei nostri padri, che la terra era fissa
e che era piana. Ma il bene non si opera se non per il previo
male. Se non esiste il bene innocente, esso reclama la preesistenza
del male, ed una coscienza del male stesso quando il bene si com-
pie : ed il pentimento è quello che ci fa acquistare la vera co-
scienza del bene : è la riflessione sulle proprie colpe per raddriz-
zare la nostra natura nella via della virtìi. E l'errore riflessivo
della nostra volontà. Solo così la morale vita non si ferma mai
non solo, ma cammina innanzi illuminata dalla face della ragione,
la quale è una continua osservazione e riflessione sul migliora-
mento di se medesimo. Si dice che la vita è animata da scopi :
ora questi sono vari e molteplici, e come tali se accontentano per
un giorno il desiderio, domani non valgono più. Colla ricerca degli
scopi, noi aggrandiamo sempre la cerchia dei desideri per conse-
guire uno scopo più alto perchè più morale. In questa via non
è dato mai fermarsi. Ed il pentimento segna una sosta per prender
maggior lena per l'avvenire. E perciò il massimo fattore segreto
ed interno della vita morale, è l'elemento il più nascosto del pro-
gresso morale, è il germe della nuova vita individuale e sociale,
è l'indice dell'usufrutto della esperienza individuale o sopra se
stesso, 0 sopra gli altri.
E che ciò sia vero, lo prova il variare della ragione del pen-
timento attraverso la storia morale dell'individuo. La prima origine
del pentimento è il castigo, come il primo motivo per cui si compie
un dovere è per la ricompensa. Tutto questo è pedagogico nel
campo morale : come il fanciullo, lo s' invita a fare il bene per il
premio, così lo si allontana dal male colla pena. La prima forma
del pentimento deriva dal castigo ; è il regno della forza esteriore
che comanda. Il bene non si è principiato a fare che coU'autorità
sorretta dalla forza. E se la società civile è fornita della forza,
la società religiosa essendone priva, si è munita della persuasione
di un' altra vita in cui ci sarà ricompensa e castigo, ma eterni.
Ne io saprei dire chi delle due abbia maggiormente contribuito
358 r. RAGNisco (18)
all'avanzamento della morale, la società civile, ovvero la religiosa.
Sono entrambi i mezzi che adoperano per l'educazione, pedago-
gici, ovvero infantili, proprii ad uno stato primitivo della moralità.
E il magistrato ed il prete sono detti sacerdoti della umanità ci-
vile, perchè entrambi comminano la pena alla trasgressione della
legge. Quindi è che la funzione della pena o si trova nella stessa
persona, ovvero in due le quali ora vanno d'accordo, ora in op-
posizione. Certo è che la forza fu benefattrice della moralità dei
popoli, non meno della fede nella giustizia punitrice nell'altra vita.
E quanto più troviamo bassa l'origine della moralità, tanto più
risorge potente il fattore di essa nell'uso della forza; come nell'ef-
ficacia del bene umano si deve annoverare la persuasione del giu-
dizio universale nella fine del mondo. La Chiesa e lo Stato sono
stati lenti nella sostituzione della forza e della pena alla verità
del bene da compiere per se stesso. E con ragione, perchè sono
le masse da educare, non il fiore degli eletti uomini. Essi si sono
condotti come un vecchio maestro che per la tema di scuotere la
disciplina nella scuola, si serve delle antiche usanze che qualche
cosa di bene fecero in altri tempi e non della voce della persua-
sione la quale non sempre arriva a portare frutti sani nella mag-
gior parte degli scolari.
Sono ancor fresche le prime origini del pentimento tanto nella
Chiesa, come presso la società civile. Fa meraviglia che Tertul-
liano e S. Cipriano si godano nel descrivere i loro persecutori di-
vorati dalle fiamme nelFinferno : e se presso S. Agostino e S.
Tommaso questa rabbia è mitigata, pure essi non mancano di
esporre un contrasto tra i tormentati e quelli che godono la grazia
divina : la santità non patisce danno dai dannati, si dice ('). Pro-
(1) "Il mondo degli dei, dico l'Uoffding, pag. 356, è dotato di quelle
proprietà che sussistono come le più alte nella coscienza umana, È chiaro
perciò che come gli uomini a poco a poco addivenivano migliori, ed i
costumi più dolci, anche il carattere degli dei si rendeva più placido. Al
posto della crudeltà e ferocia entra l'amore e la misericordia degli dei.
La storia delle religioni ci dimostra la progressiva umanizzazione dei
dommi e del culto. „ Ma con ciò non s'intende che le religioni potranno
eliminare uno dei dommi opposto all'altro. " La colpa e la grazia, il cielo
e l'inferno, la santità e la dannazione dipendono dal sentimento del finito
che si vuole allargare nell'infinito. La paura e la sicurezza, la schiavitù
e la libertà, la strettezza e l'ampiezza, il piccolo ed il grande li sentiamo
(19) IL PENTIMENTO 359
gredito il sentimento deirumanità, si sono mitigati gli animi, ma
è rimasto ancora un residuo di barbarie presso il popolo, in cui
la fantasia si sfoga nel dipingere le pene dei dannati. E del pari
Torigine. prima della pena è la vendetta sociale, od una reazione
al dritto offeso. Ci vuole tempo, perchè il legislatore si spogli di
questo risentimento, di cui è il rappresentante. I codici penali sono
la manifestazione delle modificazioni di questo risentimento. E se
oggi sono abolite le torture, i roghi, e le battiture, siamo ancora
lontani dalhi placidità e dalla temperanza nel trattare il delinquente.
Qui apro una breve parentesi. Nelle Ricordanze della mia vita
di Luigi Settembrini, libro che leggo spesso nelle vacanze autun-
nali, sta scritto così : " 0 voi che fate le leggi e giudicate
„ gli uomini, rispondetemi : prima che costoro (i delinquenti) fos-
„ sero caduti nel delitto, che avete fatto voi per essi ? dopo che
„ questi sciagurati hanno commesso il delitto, voi che avete fatto
„ per correggerli ? pane e lavoro sono elementi di ogni educa-
„ zione : il lavoro cangia gli uomini, come appiana i monti e ri-
„ colma il mare. Dopo una lunga espiazione, dopo che una voce
„ saggia e cristiana avrà fatto loro conoscere l'orrore del delitto
„ commesso, e fatto sentire il rimorso, voi gli togliete la speranza
„ consolatrice, uccideteli piuttosto, ma non gli lasciate la vita senza
„ speranza, senza il frutto del pentimento „ (i). L'etica non è più
oggi, come una volta, imbacuccata nell'interno della coscienza, ov-
vero prigione nei cancelli del confessionale : essa fa oggi sentire
la sua voce in tutte le questioni sociali, il progresso delle quali
è il riverbero, ovvero la consonanza col progresso della umana
moralità. E la moralità non è confinata nella periferia della co-
scienza, quasi che l'uomo fosse diviso in interno ed esterno, ma
circonda il dritto stesso col manto elevato morale. E se lo scopo
della pena è la riorganizzazione del dritto offeso, locchè è un do-
vere giuridico morale, non può trascurare il miglioramento del de-
linquente, che è esigenza eminentemente morale. L'individuo deve
essere educato perchè appartiene alla società : e tanto più è ne-
in ogni momento della nostra finitudine : e così anche nel sublime, dalla
depressione alla sollevazione, dal dispiacere nel piacere stesso, noi ci tro-
viamo in mia opposizione che la portiamo dalla terra per fino in cielo. „
Vedi pag. 195, Das Gefiihl di Ziegler.
(1) S. Stefano, 3 febbraio 1851, pag. 279.
300 P. EAGNISCO (20)
cessarla rediicazioue; se è uno sviato. Noi curiamo più la peda-
gogia delFuomo sano, anzi che quella dell'uomo delinquente : allo
stesso modo come se avessimo più a cuore la medicina verso
l'uomo sano, anzi che verso l'ammalato. Dove il carattere deve
essere corretto e domato, la pedagogia è ora inabile. La pena
serve oggi per finire il delinquente, e quando essa è espletata,
allora precisamente muore l'individuo. Quale influenza esercita sul
volere la pena ? questo è l'ignoto alla pedagogia ; e non ci è la
pedagogia criminale. Ci manca, dice l'Hofi'ding, la psicologia della
pena, e la pedagogia della medesima (i). È troppo facile dichia-
rare il delinquente immigliorabile; ma ciò rivela la nostra igno-
ranza pedagogica e psichica del condannato. Come un generale
dà il comando a mille soldati, così usiamo la pena per i delin-
quenti. Oppure li dichiariamo ammalati tutti, e quindi vogliamo
che il carcere sia convertito in ospedale. La malattia morale ci è,
ma manca la diagnosi psichica e la pedagogica cura (-). Certa-
mente il Lombroso ha aperto ai giuristi gli occhi, indicando una
via nuova nella estimazione del crimine : ma gli scolari suoi, come
è facile, esagerano (^). Ma è pur vero che se entriamo nelle pri-
gioni, subito dopo ne scappiamo ; analizziamo il loro cervello, ma
non conosciamo le loro immorali qualità. Bisogna convivere coi
(1) Pag. 454, Die Strafgewalt des States^ XXXIX.
(2) Mi piace ciò che ha detto il Payot a pag. 612, decembre 1899, nella
R. Fh. Egli non nega un l'ondo ereditario, ma dichiarare collo Schope-
nhauer il cattivo simile al serpente che non perde il veleno nelle borse,
si dà prova che non si sono mai osservati i fanciulli. La preponderanza
ereditaria senza l'educazione s' impone con una orientazione nella vita
psicologica: si avrebbe uno sviluppo unilaterale ; come l'orgoglio, la lus-
suria, la vanità. Ma salvo i nevropatici ed impotenti, l'educazione può
rendere deboli le forti tendenze ereditarie, o viceversa. Tempo e pazi(;nza
ci vuole. Se ci è un po' di energia, se è giovane l'educando, molto si può
sperare. Nella unità di carattere vi è una moltiplicità di appetiti, di
idee, e di tendenze : e si può o modificare qualcuno di questi elementi
isolatamente e così si rompe la sintesi, ovvero istituire in questi elementi
nuo'vi legami, e da ciò nasce sempre una modificazione nuova. La stima
esatta del fondo di energia dell'educando è necessaria per fissare ciò che
può sperare l'educazione da lui.
(3) Non ci è una formola che ci istruisca nel decidere dove sia il
limite tra la conoscenza di se stesso, del passato, e l'ammalato seme di
ciò che non può essere altrimenti ; questa è una delle più difficili questioni
della vita, dice l'HiJffding.
(21) IL PENTIMENTO 361
delinquenti per conoscerli. Che si direbbe di un educatore, che
non convive coi convittori ?
Ad ogni modo sta innanzi a noi, alla società, questo fallo, di
che non abbiamo ancora rimorso. Si è procurata mai, e con quali
mezzi adatti e giusti, la necessaria conoscenza di se stesso nel
delinquente ? E se per caso v' è in lui un germe di pentimento,
continuato e duraturo per lunghi anni, cioè che v'è in lui una
potenzialità morale che vorrebbe estendersi, e non può, una vi-
talità morale che vorrebbe operare, e che è impedita : poco si cerca
di coltivarlo e dì espanderlo coi mezzi educativi morali che pos-
sono garantire l'operare civile del delinquente nella società. Siamo
perciò con questi fatti : la Chiesa fa troppo abuso del pentimento
istantaneo, o breve : la società poco tiene conto del lungo penti-
mento del condannato. E può avvenire che il sacerdote assolve un
condannato dopo il pentimento, e lo Stato lo tiene in carcere.
Quale dissidio tra Tinterno della coscienza e l'esterno della sociale
morale ! Collo studio sopra i delinquenti noi abbiamo creata una
cattedra per istruirci, e sta bene : ma questa società malvagia ha
dritto di avere più che una gelida scienza, un santo uomo sociale,
di cui non trovo ne un tipo, ne un esempio, la cui magica pa-
rola ammollisce i cuori, acceso dalla fede e carità che se muove
i monti, commuove anche il cuore dell' empio, come diceva il
Settembrini.
Il pentimento attraverso le varie fasi della pena sia civile che
religiosa è l'ultimo a comparire, perchè suppone una delicatezza
di coscienza per mezzo di principii elevati che informano l'animo
del pentito. Ma pure un principio di esso esiste, sebbene non sia
prettamente nobile ed elevato. TI pentimento è passato dall'inferno
alla collera di Dio ; da questa all'onore di Dio di Calvino, e final-
mente all'amor di Dio di Abelardo. Siamo ancor lontani dal dolore
per il dovere mancato, ovvero dall' autopentimento, come potrebbe
dirsi. Ma come si passa dall'eteronomia all'autonomia nella vita
morale di una eletta persona la quale è abituata ad obbedire a
tutte le regole morali e perciò la sua persona s' è trasformata in
un carattere costante della vita morale : così può avvenire un elevato
pentimento di aver mancato al dovere solo, perchè si è sviluppato
questo altissimo senso della vita morale. In fondo al pentimento si
trova sempre un germe di orgoglio noV)ilissimo, di elevatezza di
sentimenti, di alto sentire della propria persona. Perciò questo
pentimento non abbatte uè stermina la moralità del sentimento.
362 P. EAGNISCO (22)
ma è la prova della più grande vitalità di essa. Chi non sente,
è morto : e chi si pente, vive, e dà segno di vita morale ele-
vata. Le anime orgogliose e cupide di un g-rande ideale morale
sono soggette più facilmente a questo dolore, per cui quasi si di-
sprezza la gente intorno di noi che non lo avverte, e che vive
come massa in un più basso loco di moralità. Queste anime ane-
lano la riorganizzazione del proprio onore, scaduto per un atto
immorale commesso. Sono anime inquiete, di alto sentire, che non
si accontentano deiresteriorità dell'azione, ma solo del suo valore
interno. Ma g-li eletti nella vita morale sono rare eccezionalità di
persone : in queste solo avviene che il pentimento lungi dall'av-
vilire e fiaccare l' animo, lo nobilita, perchè lo eleva a punti di
sentimenti così alti, che esso comparisce nella sua piccola luce
della sua coscienza morale, come un faro che mentre pare di spe-
gnersi, si ravviva subito ed illumina il bujo della sua coscienza.
Così avviene in quest'anima di retto sentire che il dimandar scusa
e perdono non è una umiliazione, come ordinariamente si crede,
ma una elevata riconoscenza del proprio errore, anzi una cancel-
lazione delle proprie sviste, ed un riorganizzamento della sua per-
sonalità. Se la eletta società fosse di questi tipi di moralità, al-
lora sarebbe evitato il duello. Ma pur troppo gli uomini sono com-
posti diversamente. L' inno al dovere elevato da Kant è rimasto
come una voce nel deserto. Non solo non tutti, ma nemmeno la
maggior parte degli uomini può arrivare al senso nobilissimo di
moralità. Ijasciamo questi ideali troppo alti che sono per la poesia
della scienza, ed atteniamoci alla vita reale, il cui studio è tanto
più giovevole agli uomini. Ed è qui che viene la domanda : come
si passa dal pentimento eteronomo al pentimento autonomo, ov-
vero come si passa dal basso pentimento alla cima della perfe-
zione del pentimento elevato e nobile di un'alta persona morale?
Fra la pena che è esteriore ed il pentimento che è interno
ci è di mezzo il disonore, o la vergogna che offende la stima na-
turale di se stesso, od il sentimento dell' onore, come si dice. È
questo il punto più delicato della persona umana la quale vive in
mezzo alla società. Questa si può dire il vero teatro delle azioni
umane, le quali sono giudicate, e stimate secondo un valore tutto
proprio. Non è possibile che il carattere di un individuo non si
rivoli colle manifestazioni delle azioni. Si è creduto alla inviola-
bilità della persona interna più del necessario, perchè sin tanto che
questa persona nulla fa, non è soggetta all'apprezzamento che la
(23) IL PENTIMENTO 363
società deve fare sul suo contO; poiché 1' individuo è pur parte
essenziale della società. La vergogna che l'opinione pubblica in-
fligge ai suoi membri, è moralmente piìi che la pena civile, e
meno del pentimento di coscienza, come civilmente è meno della
pena stessa. Come l'opinione pubblica è mediana tra il dritto e
la morale ; così la vergogna che accompagna l'azione immorale, è
un veicolo per avere il sentimento del disonore, e per risvegliare
la forza morale del pentimento nella coscienza. La pena civile
come esterna poco tocca il sentimento della persona : questo è
scosso ed eccitato più dalla vergogna, sino ad arrivare al penti-
mento morale che si fonda sulla coscienza morale che ha guada-
gnata la dignità della persona nel cammino della moralità. Il dritto
della opinione pubblica è sacro ed inviolabile, come è indipendente
il dritto della magistratura, come è inviolabile il dritto di coscienza
morale. Ma la storia non registra che violazioni di tutti e tre
questi dritti. L'opinione pubblica è il solo magistrato che giudica
le azioni dal lato esterno che si approssima all'interno. Non è l'esame
rigido del magistrato civile, né il giudizio imparziale della propria
coscienza ; ma la stima esteriore, se pur si vuole, di un fatto nel-
l'interesse sociale. I criteri sono diversi da quelli che regolano la
pena, ed il pentimento. Più mutabili e variabili secondo i mo-
menti, essi formano oggi il fondamento della stampa che ne è la
espressione (i). Se il sentimento dell'onore ci alimenta nella vita
(1) Alla magistratura che nell'apertura dell'anno giuridico notando l'ac-
crescimento dei delinquenti incolpa la scuola, dalla quale richiede l'educa-
zione che non può dare, perché la scuola é direttamente istruttiva, ed in-
direttamentt^ educativa, posso fare osservare che l'educazione dell'indivi-
duo è il risultato della famiglia, della milizia, della religione e (hdlo stato,
e meno di tutto, della scuola. Ma più di tutto massimo coefficiente di edu-
cazione di un paese è la stampa, la quale è generalmente affidata a per-
sone che sono state incapaci di arrivare ad una professione. E mentre ad
ogni esercizio di professione pubblica si cerca l'attestato di moralità, a
chi invece esercita la delicata funzione di direttore della opinione pub-
blica nulla si domanda, né esame, né valore morale della sua persona.
L'insensibile, ma persistente goccia d'acqua, arriva a spaccare anche il
granito: non è mestieri che io ricordi questo detto.
Certo é che la pubblica opinione ha lo stesso valore nella società
del risveglio del sentimento d'onore nella scuola : e come questo ultimo
é leva potente pei' elevare l'animo (bdl'uomo ad educare la mente, così
la polizia morale mantenuta dalla, stampa, sehltiii' non lia limiti definiti.
364 V. EAtìNisco (24)
morale e civile e ci spinge a superare gli ostacoli al bene, la ver-
gogna è una pena quasi morale che è efficace nelle anime adorne
di delicatezza morale. L'opinione non è cosa indiiFerente, ma ele-
mento necessario di vita cittadina, essa ci spinge a sacrifizii non
solo, ma anche ad ipocrisia. Il tracotante si frena per la diffama-
zione : non è tanto la pena, ma la vergogna della pena che ci allon-
tana dal male. La prostituta ed il mariuolo aspettano la notte per
uscire di casa. Si può dire che nella pena è misurata l'azione nel
valore obbiettivo, nel pentimento il giudizio è tutto interiore, mentre
nella ver^og-na l'azione è stimata nel valore obbiettivo e subbiet-
tivo. Dalla vergogna si passa al pentimento.
La persona umana designa tutto il merito o demerito che uno
si è acquistato coli' esercizio della virtù, o del vizio. E la qua-
lità morale di cui è insignito l' individuo. La natura non ci dà
che la potenzialità di essere demonio, o dio : spetta al lavoro mo-
rale educativo di esserlo realmente. Ma il lavoro morale è gra-
duato, come ogni potenza, alla forza morale : e l'attingere dap-
principio nella carriera morale un ideale altissimo è cosi impos-
sibile, come che un fanciullo faccia uno sforzo erculeo [^). Perciò
quando è sostenuta da persone probe, luorali, intelligenti e colte esercita
una ediieazioue morale, raffina i costumi e alla volte risparmia l'uso della
pena. Il mercato degli applausi, o delle contumelie, gli onori mal dati,
le decorazioni partigiane ammutoliscono il sentimento d'onore, spuntano
l'onta della vergogna. Si dice che la scuola serve per la vita. Ma se ci
è una differenza nel livello morale tra la opinione pubblica e la scuola,
il seme della educazione dell'alunno è caduto sulla sterile^ pietra, non già
sulla terra feconda.
(1) heggo neW Action Socialiste di Jean Jaurés, Paris 1899, pag. 155,
che madama Kergomard tra i consigli dati sull'insegnamento della mo-
rale nelle scuole primarie osserva che i maestri riducono i precetti di
morale all'utilità, mentre l'anima del fanciullo è più sensibile alle ragioni
del sentimento ed alle nobili emozioni di coscienza. Nel raccomandare
la nettezza del corpo si paragoni l'anima ad un bel fiore che non si mette
in un vaso sporco. Non dite, non siate ghiottoni perchè vi farà male, ma
perchè vi mancherà la prontezza di spirito e la lucidità di pensare: non
mentite perchè non siete più creduti, ma l'uomo che i.ega mutila se stesso:
e così di tutti i doveri bisogna dare les raisons les x>lH'S ìuiutes, celles
qui font le micii.r sentir la f/randeìir de l'hoiiime. Il consiglio è lodevole,
ma dipende dal tatto pedagogico del maestro, e dal grado di sentimento
di onore che hanno gli scolai'i avuto dalla famiglia. Chi può, ne faccia
tesoro.
(25) IL PENTIMENTO 365
la persona può operare o per evitare la pena, o la vergogna,
ovvero per la stima che ha di se stessa. 3Ia arrivare ad operare
il bene per se stesso, significa che la persona ha la stima della
legge per se : è un grado in cui il subhiettivo e l'obbiettivo non
si distinguono più : cioè l'ideale si è identificato colla nostra na-
tura. Qui la stima di se e la stima della legge è lo stesso, per-
chè il bene nasce dall'interno di noi stessi, è addivenuto una cosa
necessaria : come non si distingue più il necessario dal libero, così
nemmeno la persona umana e la stima che essa ha della legge,
perchè il se stesso è addivenuto la legge stessa. Ed è ragionevole
che come lo sviluppo morale della persona umana non è niente
di fisso e di stabile, così nemmeno l'ideale della legge non è ve-
nuto dal cielo, perchè è umano anche esso, e quindi storico. Solo
nella disarmonia tra l'ideale scopo e la nostra persona avviene il
pentimento per se stesso, ossia il dispiacere perchè la nostra per-
sona non ha raggiunto l'ideale, per cui resta moralmente disono-
rata la nostra persona. Ma per sentire questo disonore, bisogna
essere già buoni, cioè la nostra persona è già addivenuta buona
per l'incorporamento della legge con se stessa. Nella gradazione
degli ideali e nella gradazione dello sviluppo morale della nostra
persona, se avviene una diseguaglianza, per cui la nostra natura
resta al disotto dell'ideale, nasce il pentimento, ossia quella dol-
cezza di dolore che è caratteristica di elevatezza e di squisitezza
di sentimento morale.
L'onore della personalità perduta è l'unica e vera sorgente
del pentimento. La quale si sviluppa mediante la virtù: un leggiero
fallo è una macchia in questo purissimo cristallo della coscienza.
Il pentimento è la riconoscenza dell'offesa fatta alla nostra per-
sona da noi medesimi, ed il mezzo per purificarla in quanto ci
è il dispiacere dell'offesa fatta a noi stessi. Questo dispiacere è la
vera pena che non ci umilia, ma ci rialza e risolleva dall'abbatti-
mento del vizio. E l'indice sicuro della riabilitazione. La vergogna,
essendo innanzi alla società esposta la nostra figura, ci umilia perchè
ci pone nel disprezzo di tutti. Solo il pentimento rialza la nostra
persona, perchè il dispiacere della mancanza del dovere è la prova
chiara che il sentimento dell'onore non è ottuso, ma si è ravvivato
nel pentimento. Perciò nel vero pentimento vi è la reintegrazione
dell' onore della nostra persona. Ma la via è lunga per arrivare
ad averlo : perchè suppone una rieducazione della nostra vita.
Uopo che Amleto ha scoperto la coscienza di sua madre;
366 P. EAGNISCO (26)
questa dice : " 0 Amleto, tu mi hai spaccato il cuore ; ed egli ri-
sponde con queste parole : Oh ! getta via da te la parte cattiva
di esso, e vivi pura coU'altra metà. „ E questa una bella frase
poetica, ma che manca di senso della realtà. La facilità di ria-
bilitarsi moralmente col pentimento deriva anche dal modo come
sì è educati dalla Chiesa cattolica al sacramento della penitenza.
La facilità di credere al pentimento colla confessione orale delle
proprie colpe, e colla penitenza che è creduta un mezzo di espiare
i peccati, colle preghiere, coi digiuni e colle elemosine, ha fatto
si che si è trascurato la parte moralmente nobile del medesimo.
Anche qui io non avrei difficoltà di dire che il sacramento della
penitenza, come notai nella preghiera, è etico preparativo, ma non
etico definitivo. Yale a dire, che siccome in questo sacramento si
bada alla collera di Dio, ed alla riconciliazione con Dio dopo il pec-
cato commesso, tutto questo è fatto esterno alla intrinseca virtù del
pentimento. La stessa espiazione della colpa è piuttosto un fatto
giuridico : e se è etico, è tale in quanto essa è un mezzo per non
cadere nei peccati passati. L'ideale del pentimento che secondo noi
è l'onore perduto della dignità di se medesimo, è l'indice di una
perfezione cui è pervenuta la persona umana : è cosa rara, e sola
degna del più alto grado della moralità. Ci sono peccati di anime
pure che nessuno può stimare col criterio comune del confessore :
epperò non si possono confessare. Ma se il Cristianesimo è per le
masse, è naturale che la confessione è etica preparativa, non etica
definitiva. Che sia indispensabile un medico che abbia la cura delle
anime volgari, è ben chiaro: non è la confessione orale, ma il
consiglio per regolarsi nella vita morale è necessario al popolo.
Ma chi è arrivato allo stato del vero pentimento, è salito molto
più alto nel campo morale, perchè ci è tutta la garanzia della
emendazione della vita. E ciò che si appella la grazia divina per
l'amministrazione del sacramento, significa che nel pentimento è
avvenuta la crisi di un parto per cui si emette una nuova nostra
natura rinnovata e rieducata mercè la correzione di se stesso. Cer-
tamente sarebbe ingratitudine rivoltarsi contro la Chiesa che come
buona madre ci educò colla lea del padre buono : ma se si può
salire più avanti, e passare dal pentimento eteronomo al penti-
mento autonomo, noi non abbiamo voltate le spalle alla Chiesa.
Peggio è per lei, se non ci accoglie nel suo seno, (resù aveva ri-
guardato il fariseismo come impedimento vero al regno di Dio,
perchè aveva detto che non l'adempimento alle leggi ci fa figli
(27) IL PENTIMENTO 367
di Dio, ma la purità deirintenzione. Ora la intenzione è costituita
dal motivo del pentimento, che è fondato sull'onore. Il cattoli-
cismo è rimasto esteriore, mentre Calvino ripone la retta inten-
zione nell'abnegazione di noi stessi : rinunciare al proprio volere
ed aver g-li occhi all'onore solo di Dio. Sostituiamo all'onore di Dio
l'onore della nostra persona, ed in esso troviamo il fondamento
moderno come del dovere, così del pentimento. L'onore della per-
sona è facile a dirlo, ma difficilissimo a conseguirlo. Richiede un
sentimento di se stesso sviluppato, senza di che nulla si fa di bene :
una fiducia in se stesso misurata, senza di che il volere è debole.
L'onore nell'atto che richiede uno sviluppo della persona, esige
anche che nissuna attenzione sia voltata verso se stesso. Se per
poco voltiamo la considerazione all'immagine che il nostro io fa
nella coscienza degli altri, allora degenera nell' ambizione, e tutto
riducesi ad esterno apparire, alla gloria esterna, alla quale è stata
opposta la umiltà, la quale non è punto una virtù, salvo quando
la si intende come modestia. La umiltà ha avuto grande lode solo
come reazione, nota l'Hoffindig, all'eccessivo e sconfinato amor di
se. Ora è tanto difficile potersi elevare la persona al retto, onore,
ed alla giusta dignità di se stesso, come è difficile temperare
l'egoismo innato colle relazioni sociali. L'umiltà è come un sacri-
fizio sciocco : esiste pure il sacrifizio, ma non è più il volgare sa-
crifizio di una volta. L'onore perciò della propria persona è così
elevato, che qualunque cosa l'appanna. Ed è qui che trova un
fondamento infinito il pentimento, perchè non vi è cosa anche
fatta bene che non abbia qualche che, che offende 1' elevatezza
morale cui è pervenuta la persona. È proprio di quelle anime che
trovano sempre da osservare nella coscienza che desiderano retta,
e che quasi mai possono conseguire (i). Eassomiglia non alla
scienza baldanzosa che dà la ricetta con qualche principio per
(1) Lo Ziegler dice qualche cosa di simile, quando osserva che come
lo stato sano di salute non si avverte, è latente, così il bene morale che
è divenuto abitudine, è appena cosciente. Solo il male parla chiaramente
e distintamente : e quanto più fini sentimenti ha un uomo ed è più mo-
ralmente educato, tanto più sente con dolore le trasgressioni ed è tor-
mentata la sua coscienza: onde si può alfermare il paradosso: il buono
soffre nella sua coscienza più del eattivo, pag. 108, Sittlirhes Sein^ imd
Sittlirhes Werden, T. Ziegler, 8trassb. 1890. E pag. 175, 76, Das Geflìhhìe-
hen in Einzelnen. Das Geftthì, 1890,. Lipsia,
368 P. RAGNISCO (28)
ogni sapere, e per tutto il sapere, ma a quella riservata e sobria
che nessun passo fa nelle afFerniazioni senza una svariata prova
degli esperimenti : ne per questo superbisce, anzi più modesta si
tiene nelle conclusioni.
Chi è arrivato all'alto sentimento del proprio onore, non ha bi-
sogno ne di confessione ne di espiazione della colpa. Egli rassomiglia
a quello scolaro che dopo aver passato la vita sotto un maestro,
non ne ha più bisogno, perchè è al caso di studiare da se e di
vedere i proprii errori. E spesso è il caso che lo scolaro superi
anche il maestro. Così è della moralità del pen timento verso
il sacramento della penitenza della Chiesa. L'onore della propria
persona è il punto più alto cui si può pervenire nella vita morale.
La dignità di se stesso è il rispetto che abbiamo a noi stessi,
alla nostra persona. E siccome per pervenire a questo grado
altissimo di noi stessi ci vuole una preparazione di vita morale,
ci vuole la scuola propria della virtù, alla quale passiamo dopo
essere stati alla scuola impartita dagli altri che ci sono mae-
stri nella stessa virtù, così non ò dato a tutti pervenire a questa
delicatezza di coscienza ('). Sono quelle anime fine di educazione
morale e di sentimenti squisiti di virtù, a cui tutto comparisce
rozzo. Rozzo lo Stato colla pena, rozza la Chiesa col sacramento
della penitenza, rozzo l'istesso ambiente sociale ove la virtù è ac-
compagnata dairafFascinahte gloria. E queste anime sono facili al
pentimento che non si trova nel comune degli uomini. Ci è una
gradazione di coscienza morale, tra chi l'ha perfettamente ottusa
e sorda ad ogni sorta di dovere, e tra chi 1' ha così squisita e
delicata nel più elevato senso del dovere. C è l'assenza di penti-
mento come nei bruti, c'è il pentimento soffocato come nei delin-
quenti, e' è il pentimento effimero, come il mangiar carne il venerdì,
(1) Nessuno dirà ohe io cada nello stosso principio kantian , sebbene
sia tanto ad esso vicino. Perchè nello sviluppo morale della persona umana
vi è una gradazione che cozza coll'assoluto formale ed astratto principio
di Kant. Non è il rispetto della legge, ma l' onore della persona cui si
è pervenuto mediante la legge, questa è vera autonomia di volere. E
trattandosi di alto sentimento, esso è il fondarne to del fine pentimento
di disonore della personalità morale. E l'imputazione e la responsabilità
sono la valutazione morale, apprezzativa della persona secondo il grado
cui è pervenuta. Ci è il ììnnùinini ed il )iiariiiium, secondo la deficienza
e la crescenza morale della persona.
(29) IL PENTIMENTO 369
il buddista per avere schiacciato un serpente : il pentimento fon-
dato sul male realmente fatto. Ci è il pentimento delicato di chi
si marita la seconda volta, ci è il pentimento dissimulato per non
farsi vedere umiliato davanti alla società : ci è il pentimento alto
e nobile di chi non ha fatto il bene per la patria,, o di chi non
si è opposto al vizio vigente nella società. E una gradazione di
pentimento che è l'espressione della gradazione della coscienza,
la quale designa la qualità morale dell'individuo, e questa varia
secondo la educazione, la perfezione, la sensibilità, secondo il ca-
rattere. La Chiesa qualche cosa ha detto nella differenza tra pre-
cetto e merito : ma è sempre una idea pedagogica, esteriore cioè, alla
coscienza questa differenza, la quale sparisce innanzi alle anime
elette. E come oggi per un selvaggio risparmiare la vita al nemico
è un merito, mentre per Tuonio civile è un elementare dovere ;
così vi sarà chi chiama l' operaio alla partecipazione degli utili,
oltre il salario che oggi gli è riconosciuto di debito ('). La per-
fezione della coscienza morale non ha termine fisso : ciò che gli
altri chiamano un sacrificio, può essere per un' anima elevata un
puro senso di semplice dovere. Si può avere il pentimento di
questo dovere che per la popolare etica è riconosciuto come un
singolare merito.
Ma a che giova, si può dimandare, questo pentimento così
segreto ed intimo che nessuno osserva e che passa trascurato nella
(1) Uno dei martiri napoletani del 17'J9 prima di salire il patibolo,
invitato a pentirsi, disse : sì, mi pento di non aver fatto quanto poteva
contro i nemici della patria. Quello che manca a noi italiani, è l'oppor-
tuno, non il tardivo pentimento della menzogna. Il dire la verità solo
in punto di morte, dopo essere vissuto tutta la vita nel mendacio,
è nel costumo di molti, colla speranza dalla Chiesa del facile perdono.
Anzi, si tiene più conto del pentimento della vita libidinosa in cui si fa
male a se stesso, e non del pentimento della menzogna, in cui danneg-
giamo l'onore nostro e del nostro simile. Dal registro dei pentimenti umani
si argomenta quanto siamo ancora indietro nella morale civile. Esso però
è troppo scarso : manca il pentimento di non dare al lavoratore ore per
le funzioni religiose, ed educative, manca il pentimento di aver messo
creature al mondo senza padre, o di aver generato figli degenerati : ci è
ancora la differenza tra il pentimento di avere ucciso il nostro simile, e
quello indifferente di aver chiusa la porta in faccia al famelico, o di aver
defloi'ata una ragazza. Ci è ancora la diffcn'enza tra il netìnneiii. laedeela,
soggiunta : ìihìho omnes quantum potes Jucci.
370 r. RAGNisco [HO)
società? Che cosa sono queste piccole anime così perfette nel mare
della storia degli uomini ? Ma : c'è il pericolo che noi sopraffatti
dalla sociologia, in cui non contano che le masse morali, dobbiamo
perdere di vista gli uomini che sono nella vita sociale sopratutto
i veri fattori del progresso morale ? È il caso che la scienza stessa
che pretende di essere esatta, manca alla esattezza dei fatti perchè
nella gonfiezza e nella superbia delle idee trascura ciò che a lei pare
cosa da sprezzarsi? Questo è proprio il caso, che S. Paolo dice:
scientia inflat. Ma prendiamo la cosa da un punto di vista giusto.
In natura non esiste il pentimento, perchè essa non ha scopo,
non sentimento né volere, non odio né amore ('). Come la natura
è rozza e grezza ed acquista stima e valore per il nostro lavoro, così
la natura umana è imperfetta per se stessa ed ha bisogno per essere
valutata nella morale del lavoro morale educativo. La forza educativa
non sta nello sviluppare solo secondando la nostra natura, ma il più
delle volte sta nel combattere le inclinazioni al male. E così quando
si dice che fondamento della legge è la nostra natura, è per modo
di dire : ma dalla natura avuta al carattere morale che è la vera
seconda natura riformata, ci corre un abisso. È solo il lavoro mo-
rale di educazione eteronoma e poi autonoma ciò che dà prezzo,
0 stima a noi stessi. Ma il lavoro morale non è bello e facile e
trovato. La via della perfezione è un continuo tentare e ritentare
di prove per renderci migliori. Noi abbiamo dimenticato, o negato
la parte più vitale del bene, la quale consiste nel male operato
e che reca dolore per migliorare l'individuo, o la società. Ed il
pentimento è il frutto del male operato ; e solo con esso possiamo
davvero contrastare il male. L' esperienza morale è il male rico-
nosciuto che ci ha arrecato dolore e c'indica la via non vaga ed
incerta, ma sicura e vera del bene da volere. Non è come l'espe-
rienza fisica che ci dice quello che è ; ma è quella che ci prova
quello che dovrà essere per mezzo di quello che fu diversamente.
Ed in questo punto sta l'energia della vera nuova moralità. Alla
verità si accede mercè la preparazione dell'errore: e l'acquisto
della virtù cosciente e libera non si raggiunge senza il dolore del
(1) Si potrebbe sollevare la questione, se la legge inorale ha fonda-
meuto nella natura esterna, ovvero nell'uomo ? Nel primo caso, dove il
male, dove il dolore, dove il pentimento V In caso diverso, la natura è
un semplice paragone della legge, e non ne è il fondamento.
(81) IL PENTIMENTO 371
male fatto. Ora alla massa non è necessario questo pentimento,
perchè non può essa raggiungere la perfezione morale. I^a massa
vive non per l'etica: vive solo, e basta ciò clie le serve alla vita;
alla massa basta al più un'etica minima e con quella può tirare
innanzi. Essa ha bisogno di chi le mostri la via della perfezione, e
la migliori. E le anime elette sono appunto quelle che operano e
vivono per il suo miglioramento. Sono quelle luci che illuminano
la sua coscienza e la spingono nella via del progresso. La società
può pur sussistere colla morte del pungolo della coscienza, vi-
vendo sotto i colpi dei castighi e delle pene : e voglio anche con-
cedere che possa tirare avanti colla opinione pubblica che tributa
onore e vergogna a chi merita. Ma se finisce la coscienza morale,
la società è come un uomo senza cervello. Dove i fili nervosi vanno
a complicarsi, ad addensarsi nella vita, a rannodarsi dopo essere
sparsi per tutto il corpo, è li precisamente. Ora il pentimento è
il termometro del calore morale, della vita altamente etica della
società, è il segreto misuratore dei sentimenti più nobili ed elevati.
I fili sociali sono i legami morali sparsi in questo corpo per cui
si avvincolano gli uomini come dentro una rete nervosa. Le vi-
brazioni, le scosse morali se non hanno un centro in cui si ri-
percuotono, sono moti esteriori, sono parole che non nascono dal-
l'affetto e non si riverberano nel cuore dell'altro uomo. E come
la parola è un segno senza significato se non nasce dall'affetto,
così e non altrimenti sono le leggi sociali, le massime morali se
non riannodano gli uomini nel vincolo sociale. Ed il pentimento
designa l' intensità della forza morale che esiste nella società. E
quello che indica la lotta tra il bene ed il male a quale grado si
è elevata nella coscienza morale. La quale sarebbe vuota di con-
tenuto senza questo continuo e nobile contrasto a cui siamo chia-
mati durante il progresso della vita morale. Spegnere il penti-
mento vale annullare la coscienza morale : e senza questa luce la
società è caduta nelle tenebre e nella confusione. Anzi, se ben si
consideri il pentimento come dolore, come angoscia di un solo
uomo, e non di tutti, è per se stesso una virtù, la quale non sus-
siste senza soffrire. Ma l'effetto, ed il benefizio di questa virtù, di
questo malessere, va tutta a benefizio della società ed ha valore
per l'individuo appunto, in quanto questo dolore morale serve a
lei più che a lui. Imperocché è desso uno spiraglio di luce che
ci fa chiaro nelle tenebre e ci dirige a migliore destino.
Noi siamo ancora sotto l'impressione di due maniere false di
372 P. EAGNISCO (32)
considerare l'etica : una di riguardarla solo rispetto alla divinità a
cui la nostra coscienza solamente deve render conto : l'altra è che
dove non ci è la forza che ci può costringere, ogni relazione mo-
rale è sparita. TI vero è che Tuomo e un individuo nel medium
sociale, e come egli tutto riceve da esso, così tutto dà ad esso :
cioè se egli vive per la società, tutto quello che fa, ad essa si
riferisce, ed in essa si riversa.
Ora lo sciupo di quelle forze che potevano servire al van-
taggio del progresso individuale e sociale viene innanzi alla disa-
mina della coscienza solo in alcune anime ben educate e però
elette. Indipendentemente dalla divinità e dalla società che non
sempre puniscono, si può avere pentimento di non aver fatto il
bene, così come lo esigeva il grado di perfezione della natura
di un individuo. E questo pentimento se migliora l' individuo, è
naturale che il suo miglioramento si riferisce alla società in mezzo
a cui vive.
Noi possiamo migliorare la morale cattolica nei principi nuovi
e più umani che diamo ad essa, o piìi razionali, come si vuol dire ;
ma non possiamo distruggere la coscienza morale. L'onore della
creatura umana per la somiglianza colla divinità, potrà essere so-
stituito dall'onore e rispettabilità della nostra persona morale : ma
solo in quanto fa il bene e si pente di non aver fatto quel bene
che esigeva il grado di onore a cui è pervenuta mercè l'educa-
zione morale. Ma se cancelliamo totalmente la voce della coscienza
morale che ci obbliga, solo per il gusto di aver levata dinnanzi a
noi la divinità, dove andiamo a parare ? Diciamo che Dio non è
il bene, ma il bene ci è però : diciamo che il pentimento non ha
ragione per il castigo, ma la virtù morale del pentimento è e sarà
sempre un tesoro nascosto nell'anima viva della società che mercè
questo dolore rinsavisce e si migliora. La scienza più equilibrata
potrà stabilire il bene umano, o sociale in luogo del bene divino ;
e se il pentimento degli anacoreti è per acquistare la gloria futura,
il pentimento dell'uomo moderno sarà per la stima che ha di se
stesso, per Tenore della propria persona. Ma cangiando la ragione
di un fatto, non si deve distruggere la dignità e la bontà di esso.
E poi, in morale come nell'arte, vale molto più il fare che il dire,
perchè il fare è la verità del dire. Ne Cristo si poteva dire di
essere la verità, se non avesse prima fatto ciò che aveva detto.
Il concetto della redenzione è stato sbagliato dalla Chiesa per
l'appropriazione dei meriti di Cristo al cristiano : ma sta, ed è su-
(33) IL PENTIMENrO 373
premamente morale la redenzione quotidiana dell'umana società
civile mercè il pentimento individuale che è il vero fattore del
miglioramento lento, insensibile, ma non meno reale, della società.
I razionalisti non trovano la via di accettare Gesù come redentore
degli uomini. A noi pare chiara la cosa. Se Gesù non si è mai
pentito, ha richiamato gli uomini al pentimento, inculcando loro
la penitenza che ne è la manifestazione, e richiamandoli alla co-
scienza dei loro peccati. E di qui che comincia la redenzione, non
dal sacrifizio esterno, di cui Gesù stesso è stato vittima. Gesù è
redentore non perchè redense realmente in fatto Tumanità, ma
perchè la pone nella via di redimersi da se stessa mercè la co-
scienza delle colpe (i). Ciò che il Cristianesimo dice come fatto,
questo è vero in fieri : perciò Gesù è vero redentore, ma reden-
tore di quella gente, di quel popolo, di cui richiama la coscienza
delle colpe che avevano commesso.
IV.
Lo scopo di questo scritto è chiaro. Noi non siamo entrati
in nessuna discussione filosofica, perchè desideriamo con questo ar-
gomento migliorare, per quanto è possibile, la condotta umana.
Abbiamo considerato il pentimento sotto l'aspetto psicologico nei
vari suoi momenti della intenzione e dell'azione, e sotto l'aspetto
morale nella gradazione dello svolgimento della coscienza morale,
perchè i due aspetti s'intrecciano tra loro. E ci siamo imbattuti
nella Chiesa che troppo inconsideratamente assolve dal male chi
si mostra pentito, ovvero dice di pentirsi, mentre la via dal pen-
timento all' operare rettamente è molto lunga, e non si compie
(1) La colpa e la grazia, la penitenza e la redenzione, l'appello al
volere e la rinuncia al potere, la umana disperazione ed il divino aiuto,
la divisione dalla realtà e la posizione di un supremo ideale morale, questi
sono i pi'imi pensieri cristiani che congiungono la religione e la morale
in una indivisibile unità. Pag. 2, Introduzione alla storia dell'etica cri-
stiana di T. Ziegler, 1866. Nei Dolori della ciniltà ho spiegato il concetto
della grazia come si deve intendere : qui è venuta in campo la questione
della redenzione.
374 P. KAGNISCO (34)
così facilmente e prestamente come è uso presso i cristiani. Ma
se vi è un eccesso nella Chiesa, vi è un difetto grave nella so-
cietà criminale ove il pentimento non ha nissun valore per la
redenzione del condannato. La società qui punisce solo per punire,
esercita un dritto senza considerare che la radice del medesimo
è puramente morale, cioè in quanto il delinquente deve esser messo
nella condizione di essere un membro malato che deve risanare.
L'abolizione della pena capitale è un bel poco rispetto alla man-
canza della riabilitazione del delinquente mercè un lungo e severo
ravvedimento. Ma questo fatto così mostruoso che si esercita verso
il delinquente; deriva da un errore morale, in cui vive la società,
cioè la disistima del pentimento per se stesso. E si è trattato per-
ciò di far vedere che il vero autopentimento è la caratteristica
del rialzamento della dignità personale. Yale a dire, che il fon-
damento sul quale sussiste la nobiltà del pentimento, deriva dalla
coscienza del sentimento del vero onore della persona umana, di-
gnità che si acquista mercè la elaborazione morale della virtù, e
che è troppo difficile rinvenire comunemente. L' uomo col penti-
mento non si umilia, non si degrada, non si abbassa, come si
crede, ma si risolleva, si rialza sopra se stesso, perchè rico-
nosce le proprie aberrazioni : e come chi riconosce il proprio er-
rore, ha coscienza della verità, e si è aggrandita la sua mente ;
così, e non diversamente, chi si pente del proprio fallo, ha sol-
levata la sua persona facendola acquistare una dignità che prima
non aveva. La sua coscienza morale si è amplificata, si è perfe-
zionata, si è nobilitata. Ora questo fatto psicologico e morale non
ha nessuna stima nella società ; e senza ragione. Perchè V u-
miliazione che la società infligge al pentito, deriva dall'idea as-
sociata del perdono ; mentre perdono non vi è, dove la persona
stessa che ha mal fatto, ha il dolore di esso che è l'indice della
vitalità morale della sua coscienza. Il perdono deriva dall' este-
riorità della legge, dalla persona esteriore che comanda : loc-
chè non esiste nella morale razionale, cioè nella coscienza auto-
noma morale, dove chi comanda è la stessa ragione a cui è dolce
e caro l'obbedire. E se obbedire alla ragione propria è una ele-
vatezza dello spirito : perchè mai obbedire alla voce della co-
scienza fattasi viva mercè il pentimento, è una umiliazione ?
Nel fatto interno del pentimento non ci è che la coscienza
morale che fa sentire la sua voce per la conoscenza del male :
ci può essere l'obblio del male dopo del tempo ; ma non il per-
(35) IL PENTIMENTO 375
dono di esso, perchè nessuno domanda perdono a se stesso : e se
ci è la penitenza inclusa nel pentimento, non può aver luogo il
perdono nell'atto che si espia la colpa mercè il pentimento stesso.
Il perdono è come l'abbreviazione della colpa, mentre nel penti-
mento questa sussiste e non si cancella, se non con un altro atto
che la rimargina per dir così, ma non l'annulla. Oltre di che, il
perdono si merita, quando non si sa quello che si fa : si perdona
un ragazzo, un imbecille, un ignorante, ed è giusto : ma quando
si sa quello che si è fatto, o ci è la pena per il riorganizzamento
dello squilibrio sociale, ovvero ci è il ravvedimento che non ha
bisogno di perdono, perchè con quello si entra di dritto nel regno
morale, e col perdono si vorrebbe fare entrare per grazia, che è
superflua, inutile, sino al punto che il pentito la rigetta a tutto
dritto.
Ed è in questa voce così viva della coscienza che noi ripo-
niamo una forza energica della potenzialità morale dell' individuo,
che è come una piccola luce vivissima che irraggia alito morale
nelle tenebre del male : è la piccola scintilla inestinguibile nella
eletta coscienza umana che ha la forza di cambiare e di rinnovare
l'individuo, e con lui la società che lo circonda. Di questa sola voce
del pentimento possiamo con tutta certezza dire, che fin tanto essa
apparisce nell' orizzonte delle coscienze umane, la coscienza morale
dell'umanità non si oscurerà nelle tenebre del male, vale a dire,
che l'umanità vivrà moralmente, e non morrà nell'obblio del male.
Lux in tenebris lucei.
(Finita di stampare il giorno 3 marzo 1900)
Atti del Reale Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti.
Anno accademico 1899-900 - Tomo LIX - Parte seconda.
RAFFAELLO CAVERNI
NOTA COMMEMOEATIVA
DEL PEOF. ANTONIO FAVARO, m. e.
(Adunanza del 25 febbraio 1900)
Non appartenne all' Istituto, ma il suo nome vi fu accolto,
or sono dieci anni, con plauso, come quello del vincitore d' uno
dei nostri maggiori e più solenni concorsi scientifici : ecco perchè
all'unanime compianto, che si levò a deplorare la immatura di-
partita dell' Ab. Raffaello Caverni, credo debba unirsi anche la
voce nostra.
Ancor prima che la vittoria da lui conseguita, e prima che
la pubblicazione del lavoro che gliela valse^ lo avessero reso uni-
versalmente noto, egli era ben conosciuto ed apprezzato nella sua
Toscana. Alcuni studi filosofici, con i quali aveva esordito pale-
sandosi pensatore indipendente, gli avevano procurato ammonizioni
non scevre da minaccio da parte dell' autorità ecclesiastica ; e
questo fu assai verosimilmente il motivo per cui la morte, che lo
ha colto dopo varcato il duodecimo lustro, lo trovò ancora modesto
priore d'una modestissima parrocchia nei dintorni di Firenze. Non
se ne doleva tuttavia, poiché la cura delle poche anime a lui af-
fidate gli consentiva piena libertà di occuparsi degli studi, i quali
volse tutti alla filosofia naturale che per qualche tempo aveva
anche professata.
Nella sua Fisica Dantesca, nelle Ricreazioni scientifiche, in
quegli scritti nei quali, sotto i titoli: U estate in montagna, Fra
il verde e i fiori, Con gli occhi per terra, con la forma più sma-
gliante e la più soda dottrina, prese a volgarizzare nozioni di fisica,
di botanica e di mineralogia, un obiettivo principale aveva egli
378 A. FAVAEO (2)
però pur sempre in mira, quello cioè di illustrare la Scuola Ga-
lileiana, per conseguire il qual fine s'era già mostrato fornito di
ottima preparazione nell' aureo libretto, degno di tanto maggiore
fortuna, nel quale prese a risolvere ed a spiegare i Problemi
naturali proposti da Galileo e dai maggiori fra i suoi discepoli.
Ma il concorso aperto dall'Istituto nostro per una Storia del
metodo sperimentate in Italia, secondo le disposizioni testamentarie
del defunto avvocato Giovanni Tommasoni, doveva, esempio ahimè
troppo raro, offrirgli occasione ed incentivo a raccogliere tutte le
sue forze per cimentarvisi degnamente. Per lunghi anni fu visto
il modesto ed esile priore scendere quasi quotidianamente a Fi-
renze, e sprofondarsi nello studio di tutta intera la raccolta dei
cosiddetti Manoscritti Galileiani, la quale in più che trecento volumi
parte dagli anteriori a Galileo, comprende quasi tutte le scritture
del Grande le quali pervennero insino noi, quelle di alcuni con-
temporanei, di tutti i discepoli, e giunge fino alla infausta chiusura
dell'Accademia del Cimento.
Dato il termine per la scadenza del concorso, troppo breve
per l'amplissimo quadro che il Caverni s'era proposto di tracciare,
non ebbe agio a presentarvisi la prima volta : ma non essendosi
allora aggiudicato il premio, potè prendervi parte quando il con-
corso fu rinnovato ; e ciò fece con quel lavoro di proporzioni
colossali, del quale sarebbe soverchio il parlare, poiché una minuta
analisi ne è consegnata nei nostri Atti. In quella analisi, la quale
conchiudeva per il premio che fu infatti conferito dall' Istituto,
non si passavano tuttavia sotto silenzio alcune mende, dovute in
parte al difetto di cognizione delle fonti straniere, ma soprattutto
a certi preconcetti nella interpretazione dei documenti ; la quale
non si stimò sempre scrupolosamente conforme alla sana critica
ed al rigore storico, per modo che egli fosse, fra le altre, condotto a
raffigurarsi un Galileo non vero, né come uomo, uè come scienziato.
Siffatti appunti, opportunamente esemplificati ed applicati, non
trovarono grazia appresso 1' autore ; il quale anzi, all' atto della
stampa, rincarò la dose nei luoghi indicatigli : e se ciò sia avve-
nuto con vantaggio dell'opera, lo dicano le critiche dello Schiapa-
relli e le censure del Wohlwill e del Tannery, per non nominare
che questi tre insigni cultori degli studi di storia scientifica.
Perchè, e questo soprattutto convien porre in piena luce, i
cinque volumi che della Storia del metodo sperimentale in Italia
furono dal Caverni pubblicati, assai poco in generale e niente in
(3) RAITAELLO CAVEENI 379
molti particolari hanno che fare col lavoro che fu sottoposto al
giudizio dell'Istituto e da esso premiato. A pubblicazione compiuta,
avrei stimato mio strettissimo dovere, come relatore della Giunta
che esaminò i lavori presentati a quel concorso, di porre questo
fatto in piena evidenza, e ne avevo già ripetutamente manifestata
la intenzione al nostro Segretario ; ma la tomba che s' è anzi
tempo dischiusa per lui ha cancellato dalla mia memoria il triste
ricordo delle ingiustificate recriminazioni e dei poco benevoli giu-
dizi, non lasciandovi altro che il rimpianto profondo e sincero del
suo grandissimo sapere e delle doti altissime della sua mente.
Ed invero, qualunque siano le critiche e le censure che po-
tranno muoversi all'opera monumentale di Raffaello Caverni, essa
resterà pur sempre la piìi ricca raccolta di materiali per la storia
della Scuola Galileiana, la quale da nessun altro prima di lui era
stata tanto ampiamente e dottamente illustrata.
(Finita di stampare il giorno 5 marzo 1900)
Atti del Realk Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti.
Anno accademico 181)9-900 - Tomo LIX - Parte seconda.
TERRAZZI E FORMAZIONI DILUVIALI
IN RAPPORTO COL BACINO DEL GARDA
DI ENRICO NICOLIS, s. e.
(Adunanza del 4 febbraio 1900)
Già da tempo, d' amichevole intesa coli' egregio collega ed
amico prof. A. Cozzaglio, che soggiorna sulla riva bresciana del
Benaco, si va osservando e si nota, ciascuno specialmente nella ri-
spettiva regione, quanto può contribuire a renderne palese l'origine
e l'età, ed entrambi pubblicammo già alcuni studi di dettaglio in-
torno all'argomento.
Queste staccate pubblicazioni, destinate ad essere piìi tardi
riassunte e comparate in un lavoro d'insieme, appunto continue-
remo, a profitto della ricerca obbiettiva, per provocare la discus-
sione e, più tardi, arrivare a conclusioni con materia vagliata
dalla critica e dal tempo.
I più antichi fenomeni diluviali, anzi toccanti probabilmente
lo scorcio dell'epoca terziaria, si presentano con differenti fisono-
nomie e, più di tutto, all'ingiro ed in trasverso alla grande catena
del Baldo, collegati intimamente con i movimenti di dislocazione
e con lo sprofondamento a N. W. da essa subito, come lo dimo-
strerebbe la tettonica ed i suoi rapporti con la plastica del bacino
gardense.
La forma dei detriti, la loro disposizione meccanica, compo-
sizione litologica e modellamento esterno indicano bensì le origini,
i modi, i mezzi di trasporto e le forze che li rimaneggiarono ; ma
riesce difficile lo stabilire l'ordine naturale di successione dei fatti,
trattandosi e di resti di gradini di valle, verosimilmente preesi-
stenti al lago, e di massicci formanti addirittura colline che per-
382 E. NiroLis - (2)
corsero lunghe traiettorie, e di morene, che dettero il materiale a
terreni di seconda formazione, e di coni di deiezione, e di enormi
cumuli di detriti di falda, e di accatastamenti di rovine grosse
ed angolose che si stendono o si sottendono, si giustappongono, si
incastrano, si innestano, ovvero riescono interstratificati od em-
briciati gli uni fra gli altri, in modo che il riferimento cronologico
o di successione dei differenti giacimenti, in concomitanza con le
fasi genetiche dell' attuale lago, riesce un faticoso problema alla
risoluzione del quale spero non sia inutile il presente contributo.
Terrazzi. — Devo in primo luogo menzionare, e credo sia
nozione nuova, i residui di bene definiti terrazzi che, a qualche
metro di altezza, fiancheggiano, a brevissima distanza, la riviera
veronese del Benaco, a Castelletto a m. 12 a 15 sopra il pelo or-
dinario del lago ; indi, più bassi, presso Cassone fino oltre Mal-
cesine e talora con indizi di continuazione nelle erette valli tra-
sversali del Baldo.
La corrente fluviale terrazzante scomparsa, esercitò, per quanto
ora si può vedere, l'incisione e l'erosione, specialmente sul ven-
taglio dei grandi ed antichi coni di dejezione, talché i terrazzi ri-
sultarono composti in gran parte di minuti elementi angolosi, tolti
alle rocce, lì sopra, in posto, oppure di ghiajetta stratificata, con
assenza di ciottoli striati o di provenienza alpina, quasi sempre
fortemente cementati e talora a componenti così minuti, da somi-
gliare alla porzione grossolana della melassa costituente la collina
di Ceole, fra Riva ed Arco, che il prof. Penk riconobbe quale un
cono di dejezione sublacuale del primo periodo interglaciale {^).
Se sieno questi terrazzi (che, al contrario di quelli della parallela
valle dell'Adige, non si presentano più come gradini incisi nel
materiale di riempimento della valle, ma piuttosto soltanto quali
testimoni di una corrente fluviale terrazzante la base dei conoidi)
anteglaciali od interglaciali, non ho argomenti esaurienti per sta-
bilirlo, abbenchè appaia significante la circostanza che mancano
(od almeno non ve ne riscontrai), di ciottolame alpino, ed ancora
che non ne vidi né di ferrettizzati né di franti, e benché la man-
canza della sopraossidazione e la loro coesione sia forse dovuta al-
l'essere rimasti, per lungo periodo, sommersi. Inoltre, l'aver essi
(1) Cozzaglio A. / paesaggi prealpini. Torino, 1899.
(3) TEEEAZZI E FORMAZIONI DILUVIALI ECC. 383
mantenuta la loro forma non esclude che possano aver sopportate
le invasioni glaciali, perchè sappiamo ad esempio, dall'importante
lavoro del prof. Heim (i), che la triplice glaciazione, nel lago di
Zurigo, non riuscì a modificare l'acutezza di quelle terrazze pre-
lacuali e preglaciali, quantunque scolpite nell'erodibilissima molassa.
Commisurando la pendenza delle terrazze da Castelletto a Mal-
cesine è da credersi che la loro continuazione a N, fra Riva ed
Arco, sia seppellita in quel grande ammasso di fine materiale, pro-
babilmente neo-glaciale, che, su detto spazio, ha riempito il lago
— così come restava interrito nella sua estremità a valle, cioè
nella, ora detta. Lugana (Lucus).
Anco il più basso gradino, eroso nella roccia liasica, del pro-
montorio di 8. Vigilio, il quale, così proteso, offriva ostacolo ad una
forte corrente, specialmente proveniente dalla valle dell'Adige at-
tivo (-), potrebbe collegarsi cogli anzidetti terrazzi, composti di
materiali di trasporto, mantenendosi, in tal caso, ancor meglio in-
clinato verso le Alpi il loro profilo. Ed il pensiero, condotto dalla
morfologia esterna, si volge ad interpretare quali capi saldi di un
più antico terrazzamento, operato da fiumane aventi il fondo di
valle assai elevato e digradante, gli scaglionati ripiani del Monte
Brè (Capo di S. Vigilio, lias-giura) a 310, 205, 173 e 90 m. s.
m. ed il pianoro conglomeratico di Albisano a 309 m. Nella deter-
minazione dell'età dei terrazzi di Castelletto-Cassone-Malcesine ecc.
va tenuta eziandio nel debito conto la sumentovata collina di Ceole
(fra Riva ed Arco, nella cosidetta Busa di Riva) elevata circa 50 m.
sul pelo medio del lago, considerata quale un cono o delta di fine
sabbia, tolta dalle dolomiti dei bacini del Varone o del Sarca ed
ivi fluitata e deposta, sotto le acque del lago, nel più antico periodo
interglaciale ; come lo prova il profilo, lì presso, continuato in alto
con la morena ferrettizzata ricoperta da ceppo alluvionale ecc. ;
sottogiacendo alla melassa dolomitica ciottoli alpini, dovuti, è da
ritenersi, allo sfacelo delle morene antiche del Sarca.
Così, se i terrazzi in argomento sono preglaciali, durante il
diluvium antico in correlazione all'abbassamento della catena del
Baldo, causante le rovine che vado a passare in rassegna, dovet-
(1) Heim A. Die Entsteìiun</ der Alpinen Kmid-Heen. Geologische
Naehlese. Zurigo, 1894.
(2) Nicolis E. Sì((/li antichi comi del fiume Adiye. Roma, 1H98.
384 E. NicoLis (4)
tero scendere sott'acqua ed appunto nel tempo che veniva deposto il
cono di Ceole ; indi entrambe le formazioni, calando le acque, di-
ventarono subaeree.
Scorrimenfi e frane diìneial/. — Quest'ordine di fenomeni si
collega ancor più evidentemente ai movimenti della grande ed ele-
vata catena del Baldo ed all'origine dell'ampio bacino che bagna
tutto il suo piede occidentale. Già ebbi in parecchie occasioni
modo di render note le mie supposizioni intorno alla provenienza
di alcune colline, isole, promontori ed apparenti salti digressivi,
fìancheggianti il Baldo dal lato del lago od, in parte, ammantan-
tilo, come, p. e. il M. Brione, le isole Trimellon e del Gallo, il
Capo e l'isola del Sogno, il Castello di Malcesine, la digressione
cretacea di Torri, lo Scoglio Stella ecc., che appariscono staccati o
scivolati dalla menzionata montagna dalla quale ora sono in buona
parte, divisi ; ordine — per adoperare un' espressione che ha fatto
il suo tempo — di cataclismi che da alcuni anni vado citando,
che, indipendentemente da me ravvisava anche il Cozzaglio, e che
ora, su grande scala, vengono elevati a teorica, con buoni argo-
menti, dal prof. Schardt (^).
Egli, lo Schardt, sostiene nientemeno essere le prealpi Ro-
mande in massa scivolate dalle alte regioni alpine, percorrendo una
traiettoria di oltre 60 kilom. e le denomina roccie esotiche, espres-
sione che io pure da molto tempo adoperai parlando di roccie non
in posto ('').
Altrettanto, ma in più modeste proporzioni e con percorso
solo di 10 a 12 kilom. sembrommi, fino dal 1887, si potesse dire
per il grande ammasso di marne di Porcino e Gamberon, che rav-
visai essere scivolato dal Baldo Centrale giù giù sul fondo della
valle del Tasso, presso Caprino Veronese (=^).
Riguardo all' epoca durante la quale accadere questi scorri-
ci) H. Schardt, Lt'>i regions e.roiiqiies fhi rersant Nord des Alpes
Snisses. Lausanne, 1898.
(2) Per gentile invio dell'Autore in questi giorni, fine gennaio 1900,
lucevo la pubblicazione del sig. E. Haug, Les regions dites exotiques ecc.,
che combatte la ipotesi dello scorrimento delle prealpi Romando propu-
gnata dallo Schardt e da Lugeon.
(3) Nicolis E. Le Maine di Porn'no ecc. Affi del R. Istituto Vcnrto.
Venezia, 1887.
(5) TEEKAZZI E FOEMAZIONI DILUVIALI ECC. 385
menti è facile ammettere sia la diluviale o quaternaria antica, ma
converrà altresì precisarne V età. Nello stato attuale delle mie
cognizioni non posso che affermare un fatto analogo, dal quale
tuttavia è possibile trarre un riferimento cronologico : ed è che un
grandissimo massiccio del M. Moscai (calcare d' IncafiR, strati di
Schio) seppellito nella morena intermedia della Tal Sorda di Bar-
dolino (/) e che si va ora smascherando, pare proprio sia poggiato
su quel banco più antico di loess bruno ed in questo caso, se fuvvi
scorrimento, esso dovette avvenire durante la più antica età inter-
glaciale. Inoltre alcuni contatti con le morene del neo-glaciale la-
sciano credere che le menzionate roccie esotiche fossero già nel-
l'attuale posto — eccetto forse quelle di Porcino — prima del-
l'ultima invasione dei ghiacci.
La grande frana di roccia locale liasica, angolosa, distribuita a
conoide dalla bassa costa alla falda del grande sperone meridionale
baldense, detto M. Brè (il quale fantasticamente s' innalza dietro
l'incantevole ed ospitale Maniere di Scaveaghe dei marchesi Car-
lotti da Garda, dove albergano grazia, filantropia e cultura nelle
loro più elevate manifestazioni, coronandolo, per chi 1' osserva dal
lago, in modo cotanto pittoresco) dovrebbe essere più antica delle
morene ultime che mascherano le alte pareti e la sommità di detta
montagna, la quale, appunto dopo aver data tanta parte di se
stessa al suo piede, venne così mirabilmente — ed in modo
istruttivo — lisciata, levigata, striata e morbidamente solcata in
direzione orizzontale come si vede nei tratti smascherati. In fatto
lo sfacelo morenico, in qualche punto, mostrasi sovrapposto alla
frana, la quale, in altra parte, è giustapposta al terreno morenico.
Eiesce ancor più sproporzionata alla mole del colle, che per poco
meno di metà altezza ne è rivestito, ed alle cause attuali, la somma
di grossi rottami con gli angoli nient'aflFatto smussati, scoscesi dal
M. Kocca di Garda, il quale, assieme al M. Moscai, si può con-
siderare come l'estremo punto meridionale staccato della sinclinale
del Baldo, non avendo, almeno per ora, dati sufficienti per dedurre
essere, anche tali due isolati monti mio-oligocenici, esotici. Nella
Rocca l'arrotondamento, da ritenersi dovuto alle forze della fiumara
atesina, con alto fondo di valle, anteglaciale od interglaciale ed
(1) Nicolis E. Triplice esfcììMonc gluriale ecc. Atti del E. Istituto
Veneto. Venezia, 1809,
386 E. NicoLis (6)
a quelle del ghiacciaio ultimo, sembra sia stato preceduto dallo
scoscendimento, il quale, all'apice, è frammisto a materiali alpini
ed a lato vi è posata la morena neo-glaciale.
Questa immensa massa mobile con i suoi componenti non ce-
mentati ed aventi patina di antichità, riesci ad uno stabile ada-
giamento, quale meglio non potrebbe essere. In fatto il suo per-
fetto equilibrio consente, entro essa, l'apertura, su differenti piani,
di parecchi vasti e lunghi vani, usati come cantine ; sono i rinomati
Canevini di Garda, serbanti durevolmente l'abbondante e buono pro-
dotto enologico della regione.
I Canevini, chiusi esternamente da porte, sono solo in parte
internamente rivestiti da intonaco ; la parete di fondo, porzione
di quelle laterali ed il pavimento vengono per lo più mantenute
senza coesione, cioè nello stato naturale, perchè così soffia l'aria
fredda circolante nei vasti interstizi e che si scambia coll'aria
esterna. Tali soffi; facilmente spiegabili, assieme alla circostanza
che alcuni buchi del pavimento permettono l'introduzione di ciot-
toli scomparenti entro l'incoerente massa, danno materia parecchia
alla fantasia dei terrazzani.
II rovinio eccezionale, punto spiegabile senza eccezionali mezzi,
continua enorme a traverso la nostra massima montagna, accom-
pagnando il passo di Nago-Loppio alla valle dell' Adige, che anzi
diede origine a quel lago, occupante il fondo della valle ; sco-
scendimento quivi pure innestato e collegato colle recenti morene
e col loro talus.
Ho descritto in altri lavori il grande franamento adagiato sullo
scosceso versante orientale del Baldo meridionale, che forma 1' alta
parete destra della valle del Tasso, tutto di materiale locale, an-
goloso e ceppoide ; alcune colline, fra cui quella che sopporta il
paesello di Pazzon, restarono così costituite. 11 carattere diluviale
di queste frane riescirebbe dimostrato specialmente per il colle-
gamento con la ferrettizzazione, tanto sviluppata nel tronco di N.
della valle di Caprino che, in confronto del tronco S, non restava
agghiacciato. Anzi, avendo avuta la gradita occasione di parlare
intorno a questo scoscendimento col chiaro geologo ing. A. Stella,
udii che egli pure lo ascrive al diluvium^ cioè ad un equivalente
dei terreni a facies glaciale.
Lembi del piano generale dihmale ferretfizzato fra le Morene.
— Tratti del piano ferrettizzato, restato immune dall'agghiaccia-
(7) TERRAZZI E FORMAZIONI DILUVIALI ECC. 387
mento, mantenentisi d' un color giallo-rosseggiante per sopraossida-
zione e, come nella pianura diluviale sottoposta al neo-morenico
coll'immediato substrato di ghiaia calcare stratificata, se ne vedono,
con sorpresa, fra i rilievi morenici, p. e. presso S. Giorgio in Salici,
Palù di Bardolino-Lazise e, specialmente, ad E. poco lungi da Pe-
schiera e Pacengo, a Praja, Prajetta e dintorni (102 a 107 m, s. m.)
aventi un regolare e poco profondo strato acquifero interno, com-
portantesi come quello della grande pianura diluviale ; attorno a
questi spazi ferrettizzati posano e si innalzano le scarpe dei colli
neo-morenici.
Intercalazioni nei terreni neo-morenici. — Termino queste
note col rimarcare che l' ultima estensione glaciale lasciò nel piccolo
anfiteatro morenico di Garda rimarchevoli tracce delle sue singolari
soste ; in valle Volpara, in quella di Marciaga e meglio che altrove
nella valle Tesina o dei Molini l'erosione mette in mostra sezioni
di morene con manifeste intercalazioni di alluvioni fluvio-glaciali,
sovente conglomeratiche ; queste alluvioni non sarebbero da inter-
pretarsi quali depositi interglaciali, ma piuttosto, come si esprime
il celebre glacialista prof. Penk, interstadiari. Rivelano fasi di ri-
tirata lontana e di arresto del solo ultimo agghiacciamento.
Non sarebbe tuttavia da confondersi quanto è in mostra nell'an-
zinominata valle Volpara, dove entro la morena (interstratificata
come si disse) sbrecciata o meglio sventrata dal torrente, andava
ad embriciarsi il cono di deiezione del versante orientale del M.
Brè, in modo da simulare due morene sovrapposte al franamento
che, secondo il mio avviso, sarebbe alluviale.
Dirò per ultimo non essere ancora giunto il momento, come
premisi, di azzardare conclusioni, richiedenti indagini estese, par-
ticolareggiate e raccordamenti. Basterà intanto aver contribuito a
dimostrare l'esistenza di una corrente fluviale^ ora scomparsa, che
terrazzava longitudinalmente i terreni di trasporto della valle e che
ora fiancheggiano la riviera veronese ; lavoro che non poteva eff'et-
tuare l'ondeggiamento del lago, così bene espresso nei solchi che
incidono trasversalmente la roccia riverasca, aggiungendo inoltre
la dimostrazione verosimile della concomitanza dell' abbassamento
della catena del Baldo con i franamenti, scoscendimenti e scorri-
menti di porzioni della stessa, in buona parte avvenuti durante i
periodi interglaciali.
Verona, fjennaio 1900.
(Finita di stampare il [/torno 5 marzo 1900)
Atti del Reale Istituto Veneto bi scienze, lettere ed arti.
Anno accademico 1899-900 - Tomo LIX - Parte seconda.
SULL'ATTRITO INTERNO DEI LIQUIDI ISOLANTI
m UN CAMPO ELETTRICO COSTANTE 0)
NOTA DEL DOTT. G. PACHER e del dott. L. FINAZZI
(presentata dal ])rof- G. Vicentini, s. <\, neW Adunanza. 4 febbraio 1900)
1). È ancora una questione dibattuta se l' attrito interno dei
liquidi isolanti subisca o no una variazione, allorché questi ven-
gono introdotti in un campo elettrico costante.
Le prime esperienze su tale argomento furono eseguite nel
1885 da W. Konig (2), il quale misurò il coefficente di attrito
del solfuro di carbonio facendolo effluire da un tubo capillare
posto tra due piatti metallici, che fungevano da armature di con-
densatore. — I valori che egli trovò a condensatore carico non
furono sensibilmente diversi da quelli ottenuti a condensatore sca-
rico ; da ciò egli dedusse che un campo elettrico non esercitava
alcuna azione sull' attrito interno del liquido studiato.
La differenza di potenziale delle armature, a condensatore
carico, era di circa 13000 volta ; la loro distanza variava da cm.
0,75 a 1.
I tubi di efflusso adoperati furono due, uno cilindrico, l'altro
a sezione ellittica. Durante le esperienze la temperatura oscillò
tra i 19° e i 16°,! ; nelle misure fatte successivamente a conden-
satore scarico e carico essa non conservò quella costanza che sa-
rebbe stata richiesta per un ottimo andamento delle ricerche intra-
prese.
(1) Lavoro eseguito nell' Istituto di Fisica della R. Università di
Padova.
(2) Wiedemann Annalen, 1885, voi. 25, pag. 618.
B90 G. PACHER E L. FINAZZI (2)
TI Konig- tentò anche di fare delle misure col metodo dei
dischi oscillanti, dei quali poneva uno al suolo, 1' altro in comu-
nicazione con una delle armature di un condensatore ; ma la di-
sposizione non servì, perchè quando il condensatore era carico i
dischi non si mantenevano nelle stesse condizioni di equilibrio di
quando era scarico.
Nel 1896 W. Duff (0; dubitando che 1' esito negativo delle
ricerche del Konig- dipendesse dal non avere questi sperimentato
in buone condizioni di temperatura, istituì delle nuove indagini
cercando sopratutto di mettersi al coperto dalle variazioni di tem-
peratura (-).
All'uopo egli adottò la seg-uente disposizione : Prese una cas-
setta parallelepipeda di vetro alta centimetri 60, lunga cm. 30,
e larga cm. 2, e incollò sulla regione di mezzo di due faccie op-
poste (quelle di maggiori dimensioni) due fogli eguali di stagnola,
ciascuno di altezza eguale a metà di quella della cassetta ; riempì
quindi la cassetta col liquido che voleva studiare.
In tal modo realizzò un condensatore a liquido che nella sua
parte superiore e in quella inferiore, per tratti di altezza eguale
ad un quarto della sua altezza totale, era sprovvisto di armature.
Attraverso al liquido egli faceva cadere delle goccie di mer-
curio, e notava i tempi T] e T2 che queste goccie impiegavano
a percorrere rispettivamente il tratto posto tra le armature e quello
scoperto.
Se il campo elettrico esercitava una qualche azione sull' at-
trito interno del liquido, si dovea avere che, secondo che si spe-
rimentava a condensatore scarico 0 a condensatore carico, il rap-
T
porto — dovea assumere valori diversi. Il termine T^ di questo
-L 2
rapporto consta evidentemente di due parti di cui una viene de-
terminata prima di Ti e V altra dopo ; in tal modo nella deter-
(1) The Phìjsical Beriew, 1896, pag. 23-38.
(2) Nella rivista bibliografica che precede la parte sperimentale del
suo lavoro, il Duff attribuisce al Pagliani (Acc. Tornio^ 20, p. 6bó, 1886)
ed al Noack {ÌViedeniann Ann. 27, p. 289, 1886) degli studi, con risultato
negativo, sulla viscosità dei dielettrici sotto I' azione di un campo elet-
trico. — È d' uopo far notare che i due fisici sopracitati non si sono mai
occupati di detto argomento. La citazione errata del Duff è stata tolta
diìW HandÒNch der Pliysik del Winkelmann (\ ol. I, pag. 593) in cui due
numeri di citazione posti in calce di pagina sono stati scambiati di posto.
(3) sull' attrito inteeno dei liquidi ecc. 391
minazione del rapporto, viene eliminato 1" eflPetto di una costante
variazione di temperatura.
Il primo liquido studiato dal DufF fu la glicerina, la quale
pur non essendo un buon isolante, avea però il vantaggio di pos-
sedere una grande viscosità e di rendere piccola quindi la velo-
cità di caduta delle goccie di mercurio ; poscia egli sottopose a
esperienza V olio di castoro e F olio pesante di paraffina.
I risultati ottenuti colla glicerina furono dapprincipio nega-
tivi ; in seguito essendo state aumentate le cure e le precauzioni
nello sperimentare, il Duff potè conchiudere per un piccolo au-
mento di viscosità ; allo stesso risultato giunse per Y olio di ca-
storo ; per l'olio pesante di paraffina trovò invece una diminuzione
di viscosità. — In alcune esperienze sostituì alle goccie cadenti
di mercurio, dei pallini piombo, o delle perle di porcellana, collo
stesso esito. — Il condensatore era caricato per mezzo di una
macchina ad influenza, mantenuta in rotazione con moto uniforme.
Come valore approssimato della differenza di potenziale delle ar-
mature, il Duff dà la media lunghezza della scintilla tra le sfere
terminali della macchina a influenza ; questa lunghezza nelle dif-
ferenti serie di misure fu fatta variare da cm. 1 a 3,5. — La
variazione di temperatura del liquido contenuto nel condensatore,
nelle singole esperienze non fu mai inferiore a 0^.3 ; per qual-
cuna arrivò a lo.Ol.
La variazione di viscosità riscontrata per i liquidi suaccen-
nati potrebbe dipendere da cause diverse da quella di un'azione
diretta del campo elettrico, p. e. da una variazione di tempera-
tura dovuta alla carica e scarica del condensatore, o dal fatto
che le goccie di mercurio, a condensatore carico, si deformano
nella direzione delle linee di forza, oppure non cadono verti-
calmente. Il Duff, dopo aver esaminate queste cause ad una
ad una, le esclude tutte e finisce col conchiudere che le varia-
zioni di viscosità osservate sono dovute esclusivamente all' azione
del campo.
A parer nostro queste affermazioni sono troppo recise, e avreb-
bero richiesto prima di essere formulate, un numero maggiore di
esperienze : diffatti le variazioni di viscosità osservate, special-
mente quelle dell'olio pesante di paraffina, sono tutte dello stesso
ordine di grandezza degli errori di osservazione, ed inoltre i valori
T
trovati per il rapporto — nelle singole serie di esperienze sono
T2
392 G. PACHEE E L. EINAZZI (4)
molto discordi tra loro, il che non permette di accettare con piena
fiducia le conclusioni del sig-. Duff (i).
Nel 1897 il Quincke (-) constatò un aumento della viscosità dei
dielettrici in un campo elettrico costante sperimentando nella se-
guente maniera : Sospese per mezzo di fili di seta ad una delle
estremità del giogo di una bilancia una sfera di una sostanza so-
lida coibente (crown, flint, quarzo, spato calcare) del diametro di
un centimetro, e la fece oscillare tra le armature di un conden-
satore costituito da due dischi di ottone nichelato posti entro una
vaschetta di vetro piena del liquido da studiare.
I dischi venivano riuniti coi poli di una batteria di accumu-
latori 0 colle armature di una batteria di Leida. — Egli osservò
che le oscillazioni della bilancia, a condensatore carico, subivano
uno smorzamento più forte che a condensatore scarico, e da questo
conchiuse che i liquidi sottoposti a esperienza subivano per azione
del campo un forte aumento di viscosità.
I liquidi studiati furono l'etere, il solfuro di carbonio, 1' olio
(1) Per giustificare questo nostro apprezzaiiieiito credianio opportuno
citare i risultati trovati dal Duff per le due sei'ie di misure relative al-
l' olio pesante di paj'affina.
Egli trova che le diiferenze tra i valori del l'appoi'to — a condcMisa-
tore carico e scarico sono, i)er le due serie, le seguenti :
I" serie II* serie
+ 0,0006 +(),()()] 4
-1-0,0015 —0,0015
— 0,004S + 0.0014
+ 0,0011) —0,0031
— 0,0024 — 0,0028
— 0,0009 + 0,0003
— 0,0025
Media— 0,0008 +0,0012
Media —0.0007.
Da questi risultati, tenuto conto che per 1' olio di castoro avea otte-
nuti valori un po' più rimarchevoli che, secondo lui, erano sufficienti a
dimostrare una variazione di viscosità, crede; poter conchiudere che esiste
una diminuzione di attrito interno per 1' olio di paraffina. — A noi sem-
bra che ciò sia azzardato un po' troppo.
(2) Wiedeinann Annalen^ 1897, voi. 62, pag. 1.
(5) sull' attrito interno dei liquidi ecc. 393
di trementina, il benzolo, ed una miscela di solfuro di carbonio e
di olio di trementina. Il massimo effetto fu riscontrato per l'etere.
— La differenza di potenziale dei dischi fu fatta variare da 0
a 9036 volta ; la loro distanza variò da 1,5 a 3 centimetri. — Le
conclusioni cui giunse il sig. Quincke furono le seguenti :
1°). Lo smorzamento delle oscillazioni delle sfere, sia che
queste oscillino perpendicolarmente che parallelamente alle linee
di forza, è tanto più forte quanto più grande è la carica del con-
densatore.
2°). La differenza dei decrementi logaritmici delle oscilla-
zioni a condensatore carico e scarico è una misura dell' aumento
di viscosità del liquido nel campo elettrico.
3°). La viscosità elettrica (i), perpendicolarmente alle linee di
forza, è proporzionale a
P
K-
a
in cui K è la costante dielettrica del liquido, P è la differenza
di potenziale, ed a la distanza delle armature del condensatore.
4°). La viscosità elettrica, parallelamente alle linee di forza,
è da 1,5 a 6 volte più piccola di quella che si manifesta perpen-
dicolarmente alle linee stesse.
Come si vede le conclusioni del sig. Quincke sono molto det-
tagliate, e sarebbero esaurienti se contro il metodo di misura da
lui adottato non fossero state sollevate delle obbiezioni. In primo
luogo, come il Quincke stesso ha posto in rilievo, lo smorzamento
delle oscillazioni delle sfere in seno al liquido, dipende oltre che
dalla viscosità del liquido, dal movimento vorticoso che si produce
nel liquido per azione del campo elettrico (-) e dalle correnti di
convezione. Inoltre come il sig. Schaufelberger (^) ha fatto notare,
colla disposizione sopradescritta, a condensatore carico, durante le
oscillazioni della sfera coibente, interviene il fenomeno di isteresi
dielettrica, il quale se non in tutto, è in gran parte causa dell' ele-
vato smorzamento.
(1) Il Quincke chiama " ciarosità elettrica „ di un liquido rauiiieiito
di viscosità che esso subisce per azione del campo elettrico.
(2) Vedi Quincke, il iedemann Annalen, 1896, voi. .^9, pa<?. 417.
(3) Wiedrmann Ann. Voi. 65, 1898, pag. 635.
394
G. PACHER E L. EINAZZI
(6)
A^^iung-asi che, non essendo le sfere nò i liquidi adoprati iso-
lanti perfetti, non è escluso che si generino nel liquido e nelle sfere
delle deboli correnti elettriche le quali durante le oscillazioni agi-
scono pure come causa di smorzamento {^).
Queste ultime obbiezioni si potrebbero rivolgere anche alle
misure del DufF, dato che esista l'aumento di viscosità da lui ri-
scontrato per la glicerina e l'olio di castoro.
2). In vista dei risultati contrad-
ditori finora ottenuti dai sopracitati
sperimentatori, e delle obbiezioni che
si possono muovere alle conclusioni
del Duff e del Quincke, afPermanti la
esistenza di una variazione della visco-
sità, ci è parso opportuno di istituire
una nuova serie di ricerche onde de-
cidere se la suaccennata variazione
esista 0 no.
Abbiamo cercato di metterci nelle
migliori condizioni di esperienza che
ci è stato possibile, e ci siamo stu-
diati di operare a temperatura costante
entro il decimo di grado.
11 metodo da noi adoperato è
quello di efflusso attraverso a tubi
capillari.
L' apparecchio di cui abbiamo
fatto uso è rappresentato nella figura
qui accanto.
Esso consta di due condensatori ci-
lindrici a liquido D ed E , formati cia-
scuno da due tubi di vetro saldati alla
fiamma coassialmente uno dentro l'altro
(le saldature sono segnate nella figura
(1) Vedi H. Hertz {Wiedemann Ann. 1881, voi. 18, p. 2(i(i); A. Hoyd-
weiller, Verhandl. d. Phjfsih. GeseUsrh. zìi Berlin, Hi, p. il'i-P)!), 1897 ; E.
R. V. Schweidler, Wien. Siiz. 10(3, p. 026-32, 1897.
(7) sull' attkito interno dei liquidi ecc. 395
colle lettere (j e /f), e disposti verticalmente. Il tubo esterno ha un
diametro di mm. 9,6 ed è ricoperto da un fog-lio di stagnola che
funge da armatura esterna. Il tubo interno ha un diametro di
mm. 6,8 ; esso è chiuso all' estremità inferiore ed è riempito di
mercurio che funge da armatura interna ; un filo di platino pesca
nel mercurio ed esce all' esterno passando attraverso un lungo
tappo di paraffina fissato alla bocca del tubo. Il tratto dei conden-
satori corrispondente alle armature, è lungo 20 centimetri ; la di-
stanza tra le armature medesime è di mm. 2,2. — La intercape-
dine fra i due tubi è larga mm. 0,2 ; attraverso di essa si fa cir-
colare il liquido che si vuole studiare. Le due armature esterne
sono riunite insieme, e così pure le interne.
I due condensatori comunicano inferiormente tra loro per mezzo
di un tubo t , e superiormente sono in comunicazione l'uno, D, con
un serbatoio di vetro a tre bolle A, B, C, delle quali la più alta
è sormontata da un imbuto munito di robinetto, l'altro E con un
secondo serbatoio di vetro F che è situato tra i due condensatori,
più in basso delle tre bolle. — In corrispondenza delle strozzature
« , h ^ e, r/, ?, che separano le bolle tra loro, e della strozzatura
f situata alla base del serbatoio F (nel punto in cui è saldato il
tubo che congiunge detto serbatoio con E) sono incisi tutto in giro
sul vetro coll'acido fluoridrico dei sottili solchi che servono da li-
nee di riferimento.
La capacità del serbatoio F è stata scelta un po' maggiore
della somma delle capacità delle bolle A , B , C .
Per riempire l'apparecchio col liquido da studiare si procedeva
nel seguente modo : Si versava dapprima il liquido nel serbatoio
F , quindi per mezzo di una macchina pneumatica si produceva
una aspirazione dalla parte di G ; il liquido veniva allora richia-
mato verso le bolle attraverso la parte capillare dei condensatori.
— Durante questo movimento del liquido, si inclinava opportuna-
mente l'apparecchio in modo che le bolle d' aria, che si trovavano
entro i condensatori, venissero scacciate fuori ; non riuscendo subito
a ciò, si faceva scorrere il liquido in verso opposto, producendo
una aspirazione dalla parte di L e si ripeteva l'operazione finché ogni
traccia di aria era scomparsa.
La quantità di liquido che ad ogni serie di misure si intro-
duceva nell'apparecchio era tale che portando la superficie libera del
ramo A , B , C , a sfiorare la tacca di riferimento a sovrastante
al robinetto R , l'altra superficie libera arrivava in F alla linea /*.
396 &, PACHEE E L. EINAZZI (8)
Per eseguire una esperienza a condensatore scarico, si co-
minciava col mettere le armature del condensatore in comunica-
zione col suolo ; poscia si aspirava il liquido per G fino a condurlo
alla linea di riferimento r/ , e si chiudeva il robinetto R ; in queste
condizioni il livello inferiore del liquido dovea coincidere con f .
Se ciò non avea luogo, il che avveniva spesso quando si operava
con liquidi molto volatili come l'etere, si aggiungeva in F con una
sottile pipetta quella piccola quantità di liquido che era necessaria
perchè quella condizione fosse soddisfatta. — Dopo ciò si apriva
il robinetto E, ed il liquido obbedendo all'azione della gravità
scendeva in F , circolando nei tubi capillari. — Si osservava a
distanza con un cannocchiale il movimento di discesa del menisco
e si notavano, col mezzo di un cronografo munito di indici a
scatto (le cui indicazioni venivano confrontate con quelle di un
pendolo di precisione), i tempi di passaggio del menisco per due
linee determinate di riferimento. — (Queste linee variavano a seconda
della viscosità del liquido ; per liquidi dotati di grande viscosità
erano le due prime h^ e, per quelli di piccola viscosità le due estre-
me b ed «• ; in generale esse si sceglievano in modo che la durata
di efflusso non superasse i venti minuti e non fosse inferiore ai dieci.
Quando si voleva sperimentare a condensatore carico, si poneva
prima l'armatura esterna de' nostri condensatori a liquido a terra
e quella interna la si faceva comunicare coU'armatura interna di
una batteria di tre grandi bottiglie di Leida riunite per superficie,
delle quali l'altra armatura era al suolo ; poi si operava come nel
caso precedente.
La carica delle bottiglie veniva effettuata da una macchina
di-Yoss che era mantenuta in moto uniforme danna piccola tur-
bina ad acqua. — 11 potenziale della armatura interna della bat-
teria veniva misurato per mezzo di un elettrometro di liraun co-
struito nella officina di questo Istituto e da noi accuratamente gra-
duato misurando le deviazioni dell'ago corrispondenti a detcrminate
distanze esplosive fra due sfere di noto diametro.
Per eseguire questa graduazione ci siamo serviti di un ottimo
spinterometro a vite micrometrica, dotato di due coppie di sfere
di ottone aventi l'una il diametro di 1 cm., e l'altra il diametro
di 2 cm., e abbiamo fatto uso delle tabelle del Paschen (').
(,1) Wiedciaann Aniialcn. 1889, voi. ."57, p. (j9.
(9) sull' attbito inteeno dei liquidi ecc. 397
Per mantenere costante il potenziale della batteria durante
le singole esperienze abbiamo ricorso ad un artifizio già adottato
dall'Abraham e Lemoine (i) : abbiamo armato cioè i poli della mac-
china di due punte, tra le quali si produceva un effluvio perma-
nente ; uno dei poli l'abbiamo posto al suolo, l'altro l'abbiamo messo
in comunicazione coli' armatura interna della nostra batteria col-
l'intermezzo di un mediocre conduttore (funicella imbevuta di pa-
raffina). — Eegolando opportunemente la distanza delle punte, siamo
riusciti, sperimentando a circa 6000 volta, a mantenere immobile
l'ago dell'elettrometro, per tutto il tempo di ogni misura.
Le esperienze a condensatore scarico venivano alternate con
quelle a condensatore carico.
Al principio ed alla fine di ogni esperienza si leggeva la tem-
peratura di un termometro di Geissler a quinti di grado centesimale
sospeso tra i due condensatori D ed E .
Le nostre misure furono eseguite in un grande laboratorio di
questo Istituto, avente le dimensioni di m. 14 X 10 X ^ •
Prima di accingerci al lavoro abbiamo studiato per alcuni
giorni l'andamento giornaliero della temperatura, ed abbiamo scelto
per sperimentare solfando quelle ore nelle quali la temperatura
subiva le minime variazioni. — Con questa precauzione ci fu pos-
sibile eseguire tutte le nostre serie di esperienze a temperatura
costante entro il decimo di grado.
I liquidi da noi studiati furono : l'acqua distillata, 1' alcool
etilico, l'etere, il benzolo, l'olio di trementina, ed il solfuro di car-
bonio, vale a dire tutti i liquidi studiati già dal Quincke e dal
Kònig, più l'acqua distillata che, dato il suo grande potere indut-
tivo specifico, dovea presentare, se fosse valida la legge del Quincke,
una grande variazione di viscosità per 1' azione del campo elet-
trico.
Avremmo voluto eseguire anche una serie di esperienze coi
liquidi adoperati dal Duff, ma non ci fu possibile pel momento.
Per ogni liquido abbiamo eseguito dieci misure, cinque a con-
densatore scarico e cinque a condensatore carico.
Nelle seguenti tabelle sono raccolti i valori che abbiamo tro-
vati. In ognuna di esse sono notate le temperature iniziali, finali
e medie e le durate di efflusso relative alle singole esperienze, e
(1) Journal de Fhua. 1895, voi. IV, serie 111% p. 466.
398
G. PACETEE E L. PINAZZI
(10)
sono calcolati in fine i valori medi delle temperature e delle du-
rate di efflusso.
Nell'ultima colonna sono scritti i valori della differenza di po-
tenziale delle armature e della durata della serie ; inoltre è in-
dicato da quali bolle si è fatto effluire il liquido.
Data la piccola distanza che e3Ìste tra le armature (nini. 2,2),
la intensità del campo elettrico in seno al quale è avvenuto l'ef-
flusso dei liquidi è, per la differenza di potenziale da noi adoperata
(5900 volta), mag-g-iore di quelle del Kunig e del Quincke. — Come
si può verificare dalle tabelle, le esperienze furono tutte eseguite
in ottime condizioni di temperatura, e 1' errore medio delle osser-
vazioni è molto piccolo.
i~ a
O Ol
Condensatore scarico Condensatore carico
Temperatura
?°}' I lÌQale I media
ziale I I
Durala '
di i
elllusso
Temperatura
^•^1' liliale I media
zia le I
Durata
di
elllusso
Osservazioni
ACQl
\i DISTILLATA
1
13°.80
13°.80
13^80
9S-3A
—
—
—
—
2
—
—
—
—
13''.80
13''.85
13".82
983^.2
3
13.85
13.90
13.87
983.0
—
—
-
—
4
—
—
—
—
13.90
13.95
13.92
982.0
5
13.95
13.95
13.95
981.5
—
—
—
—
6
—
—
—
—
13.95
13 .90
13.92
982.0
7
13.90
13.90
13.90
981.6
—
—
—
—
8
—
—
—
—
13.90
13.90
13.90
982.0
9
13.90
13.90
13.90
982.0
—
~
—
—
LO
~
—
13.88
982.2
13.90
13.90
13.90
13.89
982 .0
982.2
Valore
medio
Valore
medio
Nelle esperienze
a condensatore
carico 1 a diffe-
renza di poten-
zialo tra le ar-
mature è di 5900
volta.
La serie delle 10
esperienze fu e-
seguitain tre ore
0 venti minuti
Il li(iuido è efflui-
to dalle due bolle
superiori A e B.
(11)
sull' attrito interno dei liquidi ecc.
399
Condensatore scarico
Condensatore carico
Osservazioni
Temperatura
"^V 1 linaio media
ziale 1
Durata
di
efflusso
Temperatura
^"1" duale ! media
ziale 1
Durata
di
el'llusso
ALCOOL ETILICO
1
le^'.eo
le'.as
16*'.62
1035'.0
—
—
—
2
3
16 .70
16.70
16.70
1034 .8
16°.70
16.70
16".70
1035°.0
A condensatore
carico 1 a difi'e-
renza di poten-
4
5
16.70
16.75
16.72
1033 .0
16.70
16.70
16.70
1034 .0
ziale tra le ar-
mature è di 5900
volta.
6
—
—
—
—
16.70
16.70
16.70
1034 .6
La serie fu ese-
7
16.70
16.65
16.62
1034 .4
—
—
—
—
guita in tre ore e
quaranta minuti.
8
—
—
—
—
16.60
16.60
16.60
1034.8
9
10
16.60
16.60
16.60
16.65
1035 .0
1034 .4
16.60
16.70
16.65
16.67
1034 .4
1034 .56
L'efflusso è avve-
nuto dalla bolla
di mezzo C.
Valore medio
Valore medio
ETERE
1
16%0
16*'.40
16.40
737 !o
—
—
—
—
2
3
4
5
16.50
16.40
16.40
16.40
16.45
16.40
736 .5
736.8
16°.40
16.50
lO^SO
16 .40
16°.45
16.45
136.0
736.5
A condensatore
carico 1 a diife-J
ronza di poten-
ziale tra, le ar-
mature è di 5900
volta.
6
—
—
—
—
16.40
16.40
16.40
736.4
La serie fu ese-
7
16.40
16.40
16.40
736.6
—
—
—
—
guita in tre ore
e dieci minuti.
8
—
~
—
~
16.40
16.40
16.40
737.0
9 .
10
16.40
16.45
16.42
736.4
16.45
16.40
16 A'i
736 .5
11 liquido è ettiui-
to d a tutte 1 e
bolle A, B, C.
Valore
medio
16.41
736 .m
Valore
medio
16.42
736 .48
400
a. PACHER E L. FINAZZI
(12)
O)
,^
CD
T3
(^
;h
m
O
O-
*— '
OJ
o
„ '
!^
■7^
Condensatore scarico
Durata
di
'.''V finalo media efflusso
ziale I I
Temperatura
Condensatore cai'ico
Temperatura ^"^f^
?°)" I finale media efflusso
ziale ! I
'sscrvazioni
BENZOLO
1
0
16.2
O
16.2
16''.20
641.2
_
_
2
—
—
—
—
16''.20
16''.2
16''.20
64l'.5
3
IO .2
16.1
16.15
642.0
—
—
—
—
4
—
—
—
—
16.15
16.20
16.17
641.8
5
16.2
16.1
16.15
642.0
—
—
—
6
—
—
—
—
16.10
16 .10
16.10
642.4
7
16.15
16.15
16.15
642.0
—
—
—
—
8
—
—
—
-
16.15
16.15
16.15
642.2
9
16.15
16.18
16.16
642.0
—
—
—
—
10
—
—
16.16
641 .84
16.20
16.20
16.20
16.16
641.6
Valore
medio
Valore
medio
641 .90
La differenza di
potenziale tra le
armature a con
densatore carico
è di 5900 volta.
La serie fu ese
guita in due ore
(i cinquanta mi
nuti.
L' efflusso del li-
(luido è avvenu-
to dalle due bol-
le superiori.
OLIO Df TREMENTINA
0 0 0
1
15.15
15.30
15.22
1208 .0
—
—
—
—
2
—
—
—
—
is'.so
15''.25
15".27
1207'.0
3
15.25
15.30
15.27
1207 .2
—
—
—
4
—
—
—
—
15 .35
15 .35
15 .35
1206 .8
5
15 .35
15 .35
15 .35 1207 .0
—
—
—
—
6
—
—
— —
15 .35
15 .35
15 .35
1207 .4
7
15 .35
15.30
15 .32 1207 .8,
1
—
—
—
—
8
—
—
—
15.30
15.30
15.30
1208 .2
9
15.30
15.30
15.30
1208 .0
—
—
—
—
[0
—
—
—
—
15.35
15.30
15.32
15.32
1207 .5
Valore
medio
15.29
1207 .6
Valore
medio
1207 .38
La differenza di
potenziale tra le
armature del
condensai ore,
quando è carico,
(' di 5900 volta.
Il liquido effluii
dalla bolla di
mozzo B.
La serie fu ese-
guita in quattro
ore e quindici
minuti.
(13)
SULL ATTRITO INTERNO DEI LIQUIDI ECC.
401
Condensatore scarico
Durata
— v \ m i- uura
■£< Temperatura j"
Z:,s, ?"!" I lìuale I media efllusso
Condensatore carico
Tenipei-atura ^""^^'^
i'i',' ( fiuale [media eldiisso
ziale I I
Osserva/ioni
1
2
3
4
5
6
7
8
9
14°.80
14''.80
14.80
14.75
14.80
14.80
14.80
14.80
14.75
14.80
0
—
—
Valore
medio
SOLFURO DI CARBONIO
14*^.80 607 !o
14.77
607.2
14 .80 607 .4
14 .80 607 .5
14.77
14.79
607.6
14.80
14.80
14.75 14.75
14.80
14.80
14 .80 14 .75
14.80
14.80
607 .34 ; Valore medio
—
—
14°.80
607^.0
14.75
608.0
14.80
607.4
14.77
608.0
14.80
607.5
14.78
607 .58
La differenza di
potenziale tra le
armature del
condensatore ca
rico è di 5900
volta.
La serie venne
compiuta in due
ore e trenta mi-
nuti.
Il liquido effluì da
tutte le bolle.
Dall'esame delle precedenti tabelle risulta che, per tutti i liquidi
da noi studiati, i valori medi delle durate di efflusso a condensatore
scarico, differiscono da quelli di efflusso a condensatore carico per
grandezze che cadono nel campo degli errori di osservazione.
Dalle nostre esperienze siamo quindi condotti a conchiudere
che :
" Contrariamente ai risultati ottenuti dal Diiff e dal Quincke,
„ i liquidi isolanti sottoposti alVazione di un campo elettrico non
„ subiscono alcuna sensibile variazione della loro viscosità. „
Si potrebbe osservare che anche colla disposizione da noi adot-
tata interviene il fenomeno di isteresi dielettrica, il quale avrebbe do-
vuto avere per effetto di aumentare, durante l'azione del campo
402 G. PACHER E L. PINAZZI - SULl' ATTRITO ECC. (14)
elettrico, la durata di efflusso dei liquidi ; dato però il grande ac-
cordo che esiste tra i valori delle durate di efflusso a condensatore
scarico e carico, siamo condotti a credere che nelle nostre condizioni
di esperienza, detto fenomeno non ha esercitato alcuna azione ap-
prezzabile.
(Licenzicda per le stampe il 6 marzo 1900)
Atti del Reale Istituto Veneto di scienze, lettere et) arti.
Anno accademico 1899-900 - Tomo LIX - Parte seconda.
ALCUNE OSSERVAZIONI
liNTORNO AL «SISTEMA DI FILOSOFIA»
DI GUGLIELMO WUNDT
DEL PEOF. FRANCESCO BONATELLI, m. e.
(Ad/manza del 25 fehhfaio lt)()0)
Da un pezzo in qua si viene ripetendo che il tempo dei si-
stemi filosofici è passato per sempre e il pensiero filosofico, che
pure si ostina a sopravvivere alle nenie funebri che credevano a-
verlo collocato nell'eterno riposo accanto all'alchimia, all'astrologia,
alla geomanzia e ad altri fantastici aborti del passato, deve per
lo più contentarsi di far capolino qua e là per le lacune, che le
scienze sperimentali tutte lasciano aperte. Ed ecco che inaspetta-
tamente pochi anni fa (^) scappa fuori un tedesco con un poderoso
e ponderoso lavoro che porta in fronte il titolo proibito : S/stoNa
di filosofia • anzi in breve tempo alla prima succede una seconda
edizione (-).
Né si tratta di qualche arretrato moroso, di qualche laudator
temporis acti, come di tanto in tanto se ne veggono apparire e
fanno sul pubblico 1' effetto medesimo di certi vecchi ostinati
che indossano gli abiti dei nostri nonni. Lo scrittore, a cui ac-
cenno, è un uomo modernissimo, uscito dai laboratori sperimentali,
un uomo che è partito dalla fisiologia per arrivare alla psicofisica,
alla logica, all'etica, alla metafisica, è Guglielmo Wundt. Il che
non toglie ch'egli pure, malgrado la fama grandissima di cui gode,
(1) 1889.
(2) 1897.
404 F. BONATELLI (2)
non abbia provocato nella platea qualche zitto e qualche ironico
risolino. Tanta è la forza del pregiudizio.
Ma r intenzione mia non è d'esporre sommariamente il con-
tenuto di quell'opera o di farne la critica. Sarebbe fors'anche un
po' tardi dopo quasi undici anni dacché ha veduto la luce e le
recensioni che ne furono fatte su per le riviste filosofiche d'Europa.
Io voglio soltanto istituire alcune considerazioni sopra qualche par-
ticolare dottrina dell'autore e massime sur un punto, a cui pare
ch'egli tenga in modo speciale tanto da farne quasi il perno, in-
torno al quale buona parte del suo sistema s' aggira.
Qualche cosa tuttavia dovrò pur dire circa l'indirizzo gene-
rale di questo e circa le linee capitali dell' edifizio che 1' autore
ha voluto innalzare.
Il fondamento della metafisica (scriveva egli stesso nella pre-
fazione alla prima edizione) è 1' esperienza ; il metodo di essa è
quello medesimo delle scienze particolari, cioè il collegamento dei
fatti secondo il principio di ragione e conseguenza. Le scienze
sperimentali non possono risolvere il problema, che ciascuna si
propone, se non col sussidio di certe ipotesi o presupposizioni, che
non sono date empiricamente ; tocca alla filosofia, prendendo le
mosse da tutti codesti elementi ipotetici, di sottoporli al sindacato
della loffica, metterli in accordo tra di loro e riunirli in un tutto
esente da contraddizioni.
Intesa la filosofia in questo senso prenderà il nome di filo-
sofia scientifica, e siccome ella ha il suo fondamento nelle singole
scienze, così in queste devono già trovarsi preparati tutti i problemi,
che quella avrà a trattare ; anzi i più svariati tentativi per risol-
vere i problemi filosofici si iniziano, per quanto in un rispetto li-
mitato e senza tener conto delle condizioni generali della cono-
scenza, nelle scienze particolari (i). In questo riguardo merita di
essere riportata testualmente un' espressione dell' A. che espone
una grande verità da molti a" giorni nostri disconosciuta. " Quando
anche „ scrive (-) " si riuscisse a sbandire la metafisica dalla fi-
losofia, essa probabilmente non scomparirebbe dalle singole scienze. „
Non entrerò nella classificazione che FA. fa delle scienze par-
ticolari e nella sua partizione della filosofia, perchè sebbene a
(1) Sì/sfetn der Philosophì'e^ ediz. 2", pag. 18.
(2) Ibid. pag. 33.
(3) ALCUNE OSSERVAZIONI ECC. 405
tutti non parranno immuni da gravi difficoltà, massime la prima,
pure si possono anche accettare senza che perciò nessuna questione
essenziale ne veng-a pregiudicata. E d'altra parte il mio intento
essendo solamente di esaminare qualche punto particolare della
sua dottrina, sarehbe inopportuno eh' io m' indugiassi su queste
generalità ; se qualche osservazione dovrò fare sul disegno gene-
rale dell'opera, la riserbo a quando se ne presenterà l'occasione.
La prima sezione tratta del pensiero, delle sue forme e delle sue
leggi ; è una preparazione psicologica e logica alla teorica della
conoscenza o epistemologia che voglia dirsi ; la quale alla sua
volta prepara la via alla metafisica cioè alla filosofia della natura
e a quella dello spirito.
Ora qui incontro alla bella prima una discussione sulla na-
tura del pensare, che io credo pecchi nelle fondamenta. Egli si
sforza di dare una definizione del pensiero e questa parrebbe a
prima vista accettabile, se non fosse che le osservazioni di cui la
circonda e i principi psicologici da cui la svolge pare a me le tol-
gano ogni valore. Il pensare è determinato, a suo dire^ da tre
caratteri, i quali così riuniti lo definiscono ; esso è un'attività sub-
biettiva, autocosciente e riferente (i).
Si crederebbe che l'A. venisse cosi a confermare una volta
di più quel concetto, che a modo d' un filo d' oro si prosegue in
tutta la storia della filosofia, il concetto, vo' dire, d'una funzione
sul generis, la mentalità, che si stacca dalla sensibilità e le si
contrappone, collocando il pensiero a un'altezza, da cui, spettatore
impassibile, contempla il finito e l'infinito. Invece è tutt'altro ! Il
fatto psichico, dagli infimi a' piìi alti, in fondo, è per lui uno solo,
di cui rappresentazione, sentimento e volere non sono che tre
differenti aspetti ; dalla prevalenza in ogni caso d' uno di questi
sugli altri due il fatto unico prende 1' uno o 1' altro nome ; ma
ogni rappresentazione è nel tempo stesso sentimento e volere, ogni
sentimento è volere e rappresentazione e così via. Il pensiero non
è una funzione che si sovrapponga a quelle, anzi non è se non
(1) Traduco così il hezieìiend del tedesco ; se adoperassi la voce re-
lativo, per fuggire il neologismo, temerei di falsare il senso, perchè relativo
non è quello che pone la relazione (hezirhf) ma che è posto in relazione.
Anche per il Lotze l'essenza del pensiero consiste nel riferire, cioè an-
dare da una cosa a un'altra o così porre la relazione.
406 P. BONATELLI (4)
il loro insieme e " l'attivitcà pensante non contiene assolutamente
nulla che in quelle non possa risolversi „ (i).
E questa dottrina enunciata così sul principio è confermata
verso la fine dell'opera, dove si legge : " Neil' hfinfo (o impulito,
Trich), processo fondamentale che si riscontra in tutti i gradi
della vita psichica, sono contenuti tutti gli elementi che ricom-
paiono nei processi coscienti superiori e questi possono derivarsi
completamente dal collegamento e dalla differenziazione degli istinti
{Triehé) „ (^). I processi psichici dall'infimo al supremo sono in tutto
e per tutto omogenei e questa omogeneità fa sì che le funzioni
spirituali più alte si possono spiegare come uno svolgimento dalle
inferiori (•^).
Ma se il pensare non è che rappresentazione, sentimento e
volere e queste tre funzioni alla loro volta non sono che il triplice
aspetto dell' istinto originario, che è l'infimo stadio di vita psichica
dell' organismo elementare, donde procede quello che è il carattere
distintivo essenziale del pensiero cioè 1' affermazione ? il verbo
delle mente '? Badiamo che anche qui non accada ciò che tante
volte è avvenuto in certe pretese analisi, le quali per risolvere un
processo in dati elementi prestabiliti tacevano, sottintendendolo o in-
troducevano surrettiziamente sotto altro nome, quell'elemento pro-
prio che costituisce la natura peculiare del processo medesimo.
Ecco per es. quello che il Wundt scrive in proposito : " Il pen-
siero dunque non è punto un fatto speciale che s' aggiunga a
quegli altri „ (int. rappresentazione, sentimento, volere) " bensì
tuttociò ch'esso ha di particolare non può consistere in altro che
nella maniera, in cui quegli elementi universali della coscienza si
collegano in esso „ (^).
Ora chi non vede che la natura propria del pensiero è tutta
contenuta in questa co)icienz(f, introdotta qui quasi di soppiatto ?
So bene che alla voce coscienza molti (tra cui anche il Wundt)
attribuiscono un significato tanto ampio, che la sua etimologia da
scire scomparisce del tutto ; ma so ancora che in tal caso non è
più legittimo l'uso che si continua a farne là dove quel termine
(1) Pag. 36.
(2) Pag. 589.
(3) Ibid.
(4) Pag. 36.
(5) ALCUNE OSSEKVAZIONI ECC. 407
riprende il suo sig'nificato primitivo. Gli ò come nella famosa sta-
tua del Condillac, della quale, dopo averla supposta dotata di
nuU'altro che d'una sensazione olfattiva, si diceva poi che allora
ella si crederebbe un odore. Quasiché una semplice sensazione
d'odore fosse perciò anche capace d'affermare l'esistenza d'un Io.
Ora la coscienza {Bewasstsein) per il nostro filosofo non è
se non l'espressione astratta dell'esistenza d'un fatto psichico;
attività psichica, di qualunque c^onere e di qualunque g-rado, e
attività cosciente per lui sono sinonimi (0- E che d'altra parte la
coscienza, intesa in questo senso, non implichi per lui un grado
qualsiasi d'attività intellettiva in qualsiasi ordine, per quanto in-
fimo, della scala animale (nel qual caso s' intenderebbe almeno
come una tale attività potesse per via di successivi e fortunati
svolgimenti pervenire a quell' altezza a cui giunge nell' uomo),
ne porge prova non dubbia un luogo (-) che qui riassumiamo. A
falsare il concetto della coscienza, scrive, hanno contribuito due
errori, l'uno dei quali è l'avere scambiata la coscienza col sapere^
l'altro l'avere immedesimato il concetto generale della coscienza
con quello più particolare di autocoscienza {SelhsfbeirHssfsein, co-
scienza di se stesso). Se pertanto, dico io, la coscienza che s 'i-
dentifica con qualsiasi fatto psichico non implica un sapere^ a che
servirebbe ella rispetto allo spiegare l'origine del pensiero '? 0 non
è egli patente che questo termine una volta è adoperato in un
senso e l'altra in un'altro ? E cosi tutta la dottrina si fondamenta
sopra un equivoco (^).
Se invece si riconoscesse una buona volta l'opportunità anzi
direi necessità di designare i due concetti, pur così differenti,
con due differenti espressioni (\), cesserebbe il pericolo di vederli
perpotuanu'nte scambiati e confusi tra di loro e sopratutto di ve-
dere falsata l'interpretazione dei fatti per la indebita sostituzione
dell'uno all'altro.
(1) Pag. 559, sgg.
(2) Pag. 559-60.
(3) V. la nota A neirAppcndicc
(4) Il Baklwin (se la memoria, non nringaiina) si servo a tal uopo
del termine coscienza animale a denotare la pura psicliicità, cliiauiundo
in cambio coscienza semplicemente o coscienza in senso proprio quella che
involge un sapere e che è dell'uomo solo. Io per conto mio preferisco ri-
serbare la voce coscienza per quella che è propriamente tale e designare
quell'altra coU'espressione aUimlifà psichica.
408 r. BONATELLI (6)
A meglio chiarire la dottrina del Wundt circa la natura de'fatti
intellettivi, gioverà riferire le definizioni ch'egli dà in un altro luogo
dell'attenzione, del pensare e del conoscere. " L'attenzione è (^) l'ap-
prensione volontaria „ (o arbitraria, ìriìll'iìrlkh) " d'un contenuto
sperimentale. ,, " Il pensare (-) è un'attenzione rivolta a più oggetti „
(Ietterai, contenuti) " i quali nel tempo stesso vengono messi in rela-
zione tra di loro. „ Donde il carattere che vedemmo più sopra assegnato
al pensiero d'essere un'attività riferente. Finalmente " il conoscere (3)
è un pensare congiunto con la persuasione che la contenenza del
pensiero è reale. „ E qui già parecchie riflessioni si presentano
da sé. E proprio vero che 1' attenzione sia sempre volontaria o
arbitraria ? Non è vero piuttosto che molte volte, nonché sia vo-
lontaria, è provocata nostro malgrado ? O ammetteremo in noi
per tali casi due voleri, uno che vuole percepire l'oggetto e l'altro
che non vorrebbe, con la prevalenza del primo ? 0 ricorreremo
a un' altra spiegazione e considerando che quando 1' attenzione
sembra provocata, senza il concorso della volontà o anche a mal-
grado di (|uesta, dalla natura dell' oggetto, vuol dire che questo
ci aff'etta vivamente, che ha per noi un interesse, ne conchiuderemo
che questo interesse, sia di piacere, sia di sorpresa, sia di terrore,
equivale a un volere ? Può darsi che quest' ultima sia 1' opinione
del Wundt, dacché sembra dal tutt' insieme delle sue espressioni
che per lui ogni elemento emoziona/e o affettivo s' identifichi con
un volere. Ma anche su questo punto dobbiamo fare le più espli-
cite riserve, perocché il termine rolere (malgrado 1' estensione il-
limitata che pretese dargli lo Schopenhauer che lo fa sinonimo
di forza o d'impulso) ha pure un uso sancito da secoli e pel quale
significa un decreto, una decisione pratica cosciente, non già un
semplice moto appetitivo.
In quanto all'attenzione rivolta a più oggetti mettendoli così
in relazione tra di loro, che dovrebbe costituire il pensare, io credo
che la ragione di questo concetto debba cercarsi nella forma del
giudizio che é 1' espressione propria del pensiero e la quale do-
manda un soggetto e un predicato. Ma contro questa dottrina si
possono fare due osservazioni. Primo che il giudizio, se nella sua
(1) Pag. 70.
(2) Ibid.
(3) Pag. 86.
(7) ALCUNE OSSEKVAZIONI ECC. 409
compitezza loo^ica richiede due concetti più 1' affermazione della
loro relazione da predicato a subbietto, che è la copula, nel pri-
missimo stadio, da cui si svolge, non contiene che una sola rap-
sentazione, la quale è affermata come tale e niente più.
Un siffatto giudizio non è esprimibile in parole, perchè la
parola significherebbe pur sempre una classificazione o denomina-
zione del percepito e però in ultima analisi il dato sperimentale
più la subassunzione di esso sotto un concetto ; solo possiamo,
benché impropriamente, rappresentarlo con la formola : questo è
questo. Una forma di giudizio già più svolta, ma che pure s' ac-
costa a questo primitivo, è quella significata dai verbi impersonali,
come piove^ tuona ^ fa caldo., ecc. Dove sono qui i due oggetti, tra
cui è divisa l'attenzione e che bisognerebbero per avere il pensiero ?
L'altra osservazione che abbiamo da fare è questa, che assai
volte l'attenzione è rivolta a due oggetti ad un tempo, senza che
perciò sia il caso di parlare di pensiero. 0 diremo che pensi
un animale, quando per es. la sua attenzione sia provocata con-
temporaneamente 0 in immediata successione da un rumore im-
provviso e dall' apparire d'una vivissima luce ?
Del resto una cosa che colpisce il lettore di quest' opera è
che l'A. sembra sforzarsi di conciliare due indirizzi tra loro repu-
gnanti, cioè da un lato mantenersi sul terreno dello sperimenta-
lismo sensistico e dall'altro innalzarsi alle più ardue altezze della
speculazione. Il che apparisce chiaro massimamente nella sua epi-
stemologia. Abbiamo veduto com'egli pretenda far uscire il pensiero
dall' impulso o istinto {Trieì)) primitivo comune a ogni essere
vivente e come codesto pensiero diventi per lui conoscenza quando
vi s'aggiunga la persuasione della realtà del suo oggetto. Lasciamo
andare ch'egli non ci dice in nessun luogo donde e come sorga
una siffatta persuasione, né qual .sia il criterio della sua legittimità ;
quando non si voglia dire che e' la suppone data originariamente
insieme con qualsivoglia contenenza della rappresentazione. Ma
direni noi che basti, perché s'abbia una cognizione, che l'oggetto
sia creduto reale ? 0 non si richiederà che sia tale davvero ? Ben
so che mi si potrebbe rispondere che già non è possibile andare
più in là d' una tale persuasione e che il pretendere di più in-
volgerebbe una contraddizione, cioè un pensiero che andasse di
là da se stesso, un pensiero che, essendo in possesso della verità,
giudicasse se medesimo e decidesse se la sua persuasione è fondata
0 infondata.
410 F. BONATELLI (8)
Al che rispondo che non c'è via di mezzo ; o riconoscere un
pensiero che ha la piena certezza della verità (dico d'una qualche
verità) o professare l'assoluto scetticismo.
In quanto alla speranza di vedere quandochessia da una co-
noscenza, che non sia vera conoscenza, ma illusione, per via di
progressive rettificazioni e trasformazioni uscire una conoscenza
che meriti davvero questo nome, confesso che mi pare essa me-
desima un'illusione e nulla più.
L'A. distinf^ue, come altri hanno fatto e giustamente, per mio
avviso, tre ordini di conoscenze; quello ch'egli dice delia percezione
(che io preferisco chiamare della conoscenza popolare) che domina
nella vita pratica ; quello dell'intelligenza, che è proprio delle
scienze singole, e quello della ragione ossia del conoscere filoso-
fico. Egli avverte per altro che queste varie maniere di conoscenza
non sono rigorosamente divise, ma che si compenetrano e s'in-
trecciano variamente ; il che ])ure è verissimo.
In ciascuno poi di questi stadi del conoscere, e non solamente
nel secondo e nel terzo, il pensiero esercita una continua critica
sui dati sperimentali, come sui prodotti del pensare antecedente ;
ma quella del primo grado resta nel campo delle parvenze sen-
sibili, quella del secondo non oltrepassa il campo dei concetti,
quella del terzo sale alle idee.
Ma quello che a me pare essenziale di notare è che in ogni
grado ci possono essere delle vere conoscenze (e non sono aff'atto
conoscenze se non sono vere) a patto che non si oltrepassi colla
affermazione la realtà. Così se un uomo, pognamo, che non abbia
mai veduto specchi né udito parlarne, scorgendo in uno specchio
la propria immagine, crede che là entro ci sia un altr'uomo, questa
non è una conoscenza di nessun grado è un errore. 8e una la-
vandaia stendendo al sole un pannolino bagnato e ritirandolo poi
asciutto crede che l'acqua che lo inzuppava sia scomparsa, è nel
vero e però conosce ; ma se" crede per di più che il sole l'abbia
annientata, non ha in questo una conoscenza, sì un errore.
Il principio gnoseologico del Wundt, se non prendo abbaglio,
si riassume in questo, che originariamente il subbietto, la rappre-
sentazione e la contenenza di questa formano un unico tutto, in
cui dati esterni e reazione interna sono indissolubilmente fusi in-
sieme. E siccome questo complesso è un fatto reale, così qui ci
sarebbe implicita l'obbiettività della conoscenza. Si danno tuttavia
de' casi sincjoli (per es. le rappresentazioni della fantasia) nei quali
(9) ALCUNE OSSERVAZIONI ECC. 411
de' motivi stringenti ci obbligano a negare la realtà dell' oggetto
rappresentato ; ma sarebbe un errore se da questi casi, per una
illegittima estensione, si pretendesse infirmare il valore d'ogni rap-
presentazione e attribuire questa in ogni caso al subbietto. La
subbiettività essere l'eccezione, non la regola e doversi in cambio
ritenere sempre come obbiettiva la conoscenza ogniqualvolta non
s'incontrino ragioni decisive per escluderla (^).
Ma codesta obbiettività originaria è poi tale davvero ? In un
fatto complesso, in cui un'azione esteriore e una reazione interna
sono indissolubilmente miste e confuse, dov' è V obbiettività ? E
un puro fatto, mentre Tobbiettività non esiste se non di fronte a
un atto di conoscenza. E d'altra parte se nel fatto stesso entrano
indubbiamente degli elementi subbiettivi, che giova eh' esso pro-
duca irresistibilmente l'apparenza d'un' obbiettività?
Nella filosofia, scrive a proposito l' A., era prevalsa questa
norma, che ogni fatto debbasi considerare come dubbio e non
accordargli piena adesione se non quando si trovino ragioni suf-
ficienti da ciò. Invece la conoscenza scientifica segue la regola con-
traria, per cui ogni dato sperimentale s' ha a considerare come
vero e fornito delle proprietà, che nell'intuizione gli competono, fi-
nattantochè non s'incontrino delle ragioni che obblighino a rinun-
ciare a una tale supposizione. A questo metodo l' A. attribuisce
la sicurezza dei risultati, onde le scienze fruiscono.
Ma qui pare a me che l'A. dimentichi una cosa, cioè che
le scienze, almeno quelle che si comprendono sotto l' appellativo
generico di scienze della natura, in ragione del loro medesimo
oggetto, non trascendono la cerchia del fenomeno o, come anche
usa dire, del modo sensibile, la cui relativa verità da nessuno è
messa in dubbio. E la sicurezza dei loro risultati arriva per l'ap-
punto fin dove arriva l'ordine fenomenico e non più in là. Appena
esse tentino di varcare questo limite, tutti i vantaggi, onde go-
devano in quanto rimanevano in codesto campo, cessano issofatto ;
esse diventano filosofia e come tali danno di cozzo contro le dif-
ficoltà da cui la filosofia è circondata.
Né con ciò voglio dire che tra il mondo fenomenico e quello
della realtà in se non ci siano comunicazioni e trapassi ; onde a
ragione il AVundt in più d'un luogo osserva che ponendo questo
(1) Pag. DH-y.
412 r. BONATELLI (10)
distacco assoluto sarebbe troncata ogni via per tornare dal sub-
bietto airobbietto ; dico bensì che il seguire questi indizi, il tener
dietro ai cunicoli, per così chiamarli, che mettono in comunica-
zione i due mondi, non è opera che spetti a veruna scienza singola,
sì solamente alla filosofia. Ma è vano sperare che questo ella possa
fare seguitando i metodi di quelle scienze, che, chiuse nell'ordine
de' fenomeni, ne studiano le relazioni, le leggi, le forme generali.
E se noi le neghiamo il possesso d'alcuni principi a priori^ certi
in se stessi e assoluti (i quali poi in fondo costituiscono la ragione
obbiettiva, mentre la ragione subbiettivamente presa non è che
l'incondizionato riconoscimento di quelli), noi le abbiamo sottratto
l'unico strumento, con cui è possibile penetrare nell' in s<\ cioè
nell'obbiettività assoluta.
Molte questioni che si agitano nella psicologia e particolar-
mente nella dottrina della conoscenza derivano, per mio avviso,
da una confusione o vogliam dire dal non aver distinto due fatti
e due concetti, che ad onta d' un' esteriore analogia sono profon-
damente differenti. Tali sono i concetti dell' esferioi ìfà e dell' ob-
hieiUntà. La prima non è che una relazione spaziale, che è data
implicitamente nella rappresentazione sensibile e specialmente in
quelle della vista e del tatto. In particolare ove trattisi della
esteriorità delle cose rispetto al percipiente si usa dare il nome
di proiezìoìie al processo psichico da cui emana una siffatta este-
riorità. In questo senso si dice che 1' uomo e del pari il bruto
proiettano fuori di se le immagini visive e tattili, e anche le acu-
stiche, le olfattive, ecc., che, in quanto processi psicofisici generati
nel subbietto medesimo, modificazioni sue, non potrebbero essere
se non in lui stesso. Accadrebbe così nella percezione di quello
che dicesi mondo esterno quel medesimo che accade nel sogno,
un'apparenza cioè, una fantasn agoria che fa apparire fuori di noi
ciò che in realta fa parte di noi stessi. Di veramente esterno in
tal caso, non ci sarebbe che o nulla affatto, come il più delle volte
nel sogno (concetto che mena a un idealismo subbiettivo, anzi a
un assoluto solipsismo), o soltanto le cause sconosciute, che ope-
rando su di noi producono quella fantasmagoria.
Ma illusoria che sia o reale 1' esteriorità è sempre un dato
della rappresentazione, dal momento che questa ha il carattere
spaziale e che il corpo medesimo percipiente fa parte della rap-
presentazione totale.
Da queste osservazioni risulta immediatamente che l'esterio-
(11) ALCUNE OSSEKVAZIONI ECC. 413
rità non può esser tutt' uno eoli' obbiettività, nò la proiezione tut-
t' uno colFol^biettivazione.
Che cosa richiede invece l'obbiettività ? Essa è la distinzione
del conosciuto dal conoscente e 1' opposizione di quello a questo.
Non si tratta qui d'un fuori o dentro (metafore e simboli attinti
a' rapporti spaziali), ma d'una distinzione reale ; la conoscenza è
obbiettiva quando il suo oggetto è per se stesso quello che è, in-
dipendentemente dall' atto conoscitivo. E ho detto : " dall' atto
conoscitivo ,, anziché " dal conoscente „, perchè può essere ob-
biettiva anche una conoscenza che si riferisce al subbietto, bastando
a ciò che il conosciuto sia quale si mostra nella conoscenza indi-
pendentemente dall'atto per cui è conosciuto.
Concepita in tal modo la natura dell' obbiettività (e non si
può concepirla altrimenti senza svisare affatto^ anzi senza distrug-
gere la conoscenza), il sistema tolemaico p. es. e il sistema coper-
nicano, in quanto sono puramente sistemi astronomici, stanno
perfettamente allo stesso livello in quanto alla questione dell' ob-
biettività, la quale per sua natura è filosofica e non può essere
risoluta da nessuna delle singole scienze.
Ciò posto, se per fondamentare la conoscenza si parte come
da un dato dall'obbiettività (che in effetto non è se non esteriorità
0 proiezione) della rappresentazione sensibile, senz'altro appoggio,
troppo temo si fabbrichi sull'arena.
Ma quello a cui il Wundt pare ci tenga sopratutto è di ne-
gare la sostanzialità dell' anima, tanto ci torna sopra moltissime
volte e ogni occasione gli è buona per ribadire questo chiodo.
Anche nella sua Logica^ pubblicata vent'anni or sono, egli con-
sacra un capitolo (che è intitolato '' l'applicazione del concetto di
sostanza all'esperienza interna „) a combattere l'idea d'una sostanza
spirituale, conchiudendo che l'esperienza interna accenna bensì a
un sostrato sostanziale, ma questo non essere da cercarsi nel campo
de' fatti psichici, sibbene solamente in quello de' processi psico-
fisici. Il che vuol dire non potersi trattar d'altro che della sostanza
materiale dell' organismo. E aggiunge che a tal uopo il concetto
della sostanza materiale deve essere integrato in guisa da renderlo
acconcio a servire nel tempo stesso di base ai processi psichici (').
" Una tale integrazione consiste nel supporre che agli elementi
CI) Pag. 489.
414 F. BONATELLI (12)
sostanziali „ (intendi dell' organismo) " competa una qualità psi-
chica „ (1). Il concetto dell' A. ò qui addirittura materialistico,
perchè malgrado quell'aggiunta della qualità psichica (che accen-
nerebbe più presto a un monismo bilaterale) i fatti psichici sono
fatti procedere pur sempre da un sostrato materiale (^).
Questa dottrina brevemente esposta nella parte epistemologica
di quel trattato, nel S/sfema dì fiìosofio assume una posizione pre-
dominante, quantunque nelle ultime e supreme conclusioni della
metafisica l'A. sembri più che al materialismo accennare a una
maniera di panpsichismo o animismo universale. Ma di questo toc-
cheremo forse in un altro scritto ; per ora quello che crediamo più
necessario è di esaminare in se stessa e un poco più addentro
l'idea wundiana dell'anima non sostanziale. '
Nel cap. UT, della sezione IH, ^ d (^), V autore incomincia
coU'osservare che la natura medesima del fatto psichico vieta che
per esso si cerchi una pro])ria sostanza. Il dato innnediato della
percezione interna non è qui riferito a un oggetto che gli si con-
trapponga, anzi è considerato in se stesso ; non può quindi essere
interpretato come la manifestazione (Erscheinung) d'un essere dif-
ferente dalla manifestazione medesima. Pertanto la contraddizione,
che sorge tra il concetto di sostanza e quello di causa, qui non
può essere conciliata. L'anima infatti dovrebbe essere ad un tempo
permanente (cioè immutabile) e mutabile. Permanente in quanto
sostanza, mutabile in quanto causalità. Tutti i tentativi che si fanno
per risolvere questa contraddizione finiscono o col ridurre la per-
manenza a un mero nome, sotto il quale si nasconde un cangia-
mento incessante di proprietà, o, come nella psicologia erbartiana,
col ridurre tutta la vita psichica ad un puro gioco di relazioni
estrinseche, il (juale non ha veruu intimo legame colla natura del-
l'anima. A questi infelici risultamenti conduce il voler applicare
il concetto di sostanza a un campo a cui non è per se stesso ap-
plicabile. Infatti la base di questa nozione è il concetto della cosa
(der J)in(/òr(/r/ff'), cioè dell'oggetto dato nella rappresentazione, il
(1) Pag. 4^1).
(2) Nei GrundziUje d. plu/sinloi/iscÌK'» Psijrhologie (Leizig, 1874) l'A.,
accennato al quesito metafisico della sostanza anima, ne lascia in dubbio
la solu/ionc, dichiarando per altro essere possibile che la psicologia al
termine del suo lavoro sia condotta a questo conci'tto (pag. D).
(3) Pag. 277.
(13) ALCUNE OSSEEVAZIONI ECC. 415
quale p;ih si mostra empiricamente come un qi(i(/ relativamente
costante, a diflFerenza delle mutazioni eh' esso produce nell' altre
cose. Ma applicato al subbietto conoscente il concetto di sostanza
si distrugge inevitabilmente da se medesimo. L'anima dunque non
è una sostanza distinta dall'accadere psichico, bensì non è nient'altro
che questo stesso accadere.
Contro questo ragionamento io osservo in primo luogo non
esser vero che l'unica base del concetto di sostanza sia la cosa
empiricamente data, in altre parole un corpo sensibilmente percepito.
Il concetto di sostanza, come apparisce anche dal termine
aristotelico oÙGia, deriva da quello di esistenza, come contrapposto
alle nozioni di qualità, d'azione e passione e così via, in una pa-
rola al concetto di accidente, cioè di tuttociò che non può esistere
se non in altra cosa. Ora è ben vero che la prima comparita
psicologica della nozione d'esistenza avviene nella percezione este-
riore, per cui esse è = percepì ; sicché dapprima esiste per noi
soltanto quello che entra nella cerchia della percezione attuale e
dappoi allargandosi sempre più diventa ciò che è oggetto d'una
percezione possibile. Ma questa può dirsi l'origine esteriore ; il
concetto dell'esistenza ha pure un'altra origine interiore e questa
consiste in ciò, che il percipiente ha Y immediata apprensione di
se e della sua vita di sensazioni, piaceri, dolori, desideri e così
via. Donde nasce che a concepii'e e interpretare le cose esterne
l'uomo adopera anzitutto quel che ha sperimentato in se stesso; sicché
in origine a tutte le cose viene attribuita una vita interna analoga
alla nostra. Ma siccome l'esperienza ben presto ci ammaestra che
questa interpretazione, mitologica o antropomorfica che voglia dirsi,
in troppi casi conduce ad assurdi, così mano mano che le mani-
festazioni esteriori non permettono più 1' applicazione dell' intero
concetto della nostra personalità, questo per poter servire a tal
uopo deve essere via via sfrondato (^), a dir così, di tutte quelle
determinazioni che non si adattano ai fenomeni esterni. Dagli altri
uomini si passa agli animali superiori, da questi agli inferiori poi
alle piante, poi a" corpi inanimati, tantoché della pienezza della
(1) L'Ueberweg, che svolse questa dottrina nella sua Logica e altrove,
usa in questo senso il participio depotenzirt (v. Sistem d. Logik 1868,
pag, 78 sgg.). Anche il Lotze applica questo concetto all' interpretazione
della natura in qualclie luogo del suo Microcosmo.
416 F. BONATELLI (14)
nostra vita non resta applicabile se non il nudo e astratto con-
cetto di sussistenza e d'attività. La sostanza, che così s'attribuisce
ai corpi esterni si riduce all'esistenza in sé, che è l'ultimo residuo
del pieno concetto di noi medesimi.
Ma c'è di più e di meglio. Se la nozione di fenomeno, di
parvenza, di manifestazione è il contrapposto di quella di sostanza,
tuttociò che si potrà risolvere in fenomeni, sarà perciò stesso il
contrario d'una sostanza. Ora le cose esteriori sotto un certo aspetto
si possono risolvere in fenomeni ; il che è tanto vero che sono
sorti in varie riprese dei sistemi filosofici, i quali hanno interpre-
tato in questo senso tutta la natura esteriore. Ma, quello che non
potrà mai essere risoluto in fenomeni è il percipiente stesso, quello
a cui i fenomeni appariscono.
Uno può pensare che tutto quello che si mostra fuori di lui
sia mera parvenza, un sogno dell' Io ; ma non può in nessun modo
supporre che egli medesimo sia una cosa non sussistente in se,
sibbene una parvenza che si mostri ad altri. Anche il mio stesso
corpo io potrei concepirlo come una mia rappresentazione e nul-
l'altro, non mai io medesimo che ho questa rappresentazione. Il
pensante (e dico con intenzione il pensante, non già il pensiero)
è dunque prima e in un certo senso sola sostanza a se stesso.
Come mai dunque si dirà che la nozione di sostanza non è ap-
plicabile all'esperienza interna, all'anima ? Se l' Io sostanza è il
tipo di tutte le sostanze che concepiamo fuori di noi ?
Qui per altro, acciò le mie parole non siano tratte a conse-
guenze, che sono lontane dal mio pensiero, sarà bene ch'io ag-
giunga alcune considerazioni.
La prima è che la realtà del mondo esterno, benché non sia
data con quella immediata e assoluta evidenza con cui si annuncia
quella dell'esistenza interiore, ha per se ragioni sufficienti per non
dubitarne, tra le quali basti qui rammentare il principio di cau-
salità e la coerenza logico-matematica di tutto il mondo fenomenico.
La seconda risguarda la precedente mia distinzione tra il
pensiero e il pensante. E per verità il pensiero, in quanto atto
transeunte, può alla sua volta essere considerato come fenomeno.
Ma fenomeno per chi ? Se non per il pensante ? E che cos' è il
pensante se non quell'identico che permane sotto il flusso del di-
venire psichico, quell'identico di cui abbiamo coscienza e pel quale
i singoli atti medesimi di coscienza, i singoli pensieri che si suc-
cedono nel tempo, vengono immediatamente riconosciuti come
(15) ALCUNE OSSEEVAZIONI ECC. 417
nostri y Queiridcntico, ton^liendo il quale diventerebbe assolutamente
impossibile, noncbè un lung-o rag-ionamento, ma il più semplice
giudizio ? I*erocchè, a quel modo che un giudizio sarebbe impos-
sibile se il sog-getto di questo fosse pensato da un uomo e il pre-
dicato da un altro, così avverrebbe del pari se una parte fosse
pensata da un atto di coscienza, da un atto pensativo, e l' altra
parte fosse pensata da un altro atto di coscienza, da un altro pen-
siero, qualora tali atti non procedessero da un identico subbietto.
Ne mi si dica che a tal uopo sia sufficiente la continuità (i)
tra un atto di coscienza e quelli che seguono (sul qual punto do-
vremo tornare in seguito) ; perchè la continuità, seppur fosse di-
mostrabile in modo assoluto, non sarebbe ancora identità e sempre
e poi sempre una parte del pensato spetterebbe a una porzione
di siffatto flusso continuo e un' altra parte a un' altra, cosicché a
nessuna riuscirebbe mai possibile la sintesi delle parti stesse, a
quel modo che 1' acqua che scorre sotto il ponte in questo mo-
mento, benché il flusso non sia interrotto, non sarà mai quella
stessa ch'era passata un momento prima né quella che passerà
dopo. Quello dunque che non può mai e poi mai risolversi in fe-
nomeni non é r atto cogitativo, ma il subbietto a cui quest'atto
inerisce e però la sostanza spirituale. Yeggasi pertanto se sia ac-
cettabile la dottrina del Wundt, che dichiara non potersi appli-
care il concetto di sostanza all'esperienza interiore, mentre invece
qui e qui principalissimamente ha la sua legittima e indubitabile
applicazione.
A confortare indirettamente la sua tesi l'A. ricorre anche alla
storia. Secondo lui la nozione dell'anima come sostanza semplice
è affatto moderna e venne a prevalere primamente sotto l'influsso
della filosofia cartesiana. Il concetto aristotelico dell' anima, che
dominò nella psicologia fino al principio della filosofia moderna,
essere tutt'altra cosa ; Aristotele nell' anima concepita come en-
telechia del corpo vivente ravvisava una forza finale, non già una
sostanza (-).
Ora qui sono da notarsi due cose : 1.^ che ad onta delle in-
certezze che tuttora regnano nell' interpretazione della dottrina
(1) L'unità della e scienza (scrivo il Wundt a pag. 296) non è che
il colloganiento dell'accadere ysieliico.
(2) Pag. 295.
418 P. BONATELLI (16)
aristotelica su questo punto, ad onta delle espressioni in appa-
renza decisive d'alcuni luoghi del De Anima., che non sembra per-
mettano d'applicare il nome di sostanza se non al sinolo, al com-
posto cioè di forma e materia, altre espressioni e altri luoghi con-
cedono anche di sostenere la sentenza contraria. Infatti, senza dire
che pili d'una volta egli dà il nome di oùa^'a anche airanima per
sé presa, in un luogo dice per es. che T intelletto, in confronto
della vita, del moto e del senso, sembra essere un altro genere
d'anima e questa sola separabile (dal corpo) come reterno dal cor-
ruttibile (^). Altrove del medesimo intelletto scrive essere il solo
(genere d'anima o parte d'anima) che sopravviene da fuori ed è
divino (^).
2.0 Che qualunque fosse il genuino pensiero dello stagirita in
tale argomento, la filosofia scolastica e specie S. Tommaso, sia cre-
dendo d'interpretare rettamente il maestro, sia correggendolo dove
non era conciliabile colla dottrina del cristianesimo, insegnarono
esplicitamente che l'anima è una sostanza, anzi ch'essa è l'unica
tra le forme naturali che può sussistere anche separatamente dalla
materia {^). Ciò posto come si può dire che il concetto dell' anima
sostanza è afi'atto moderno e incomincia ad apparire colla filosofia
cartesiana ? Si dirà forse che il nuovo consiste non nella sostan-
zialità, sibbene nella semplicità ? Senza fallo se la semplicità s'a-
vesse a intendere nel senso che le attribuiva lo Herbart, ne Ari-
stotele, uè gli scolastici e nemmeno i cartesiani e i leibniziani si
diranno avere attribuito alla sostanza anima la semplicità, perchè
in un tal significato nessuno l'avrebbe attribuita nemmeno a Dio,
che pure tutti insegnano essere per essenza sua semplicissimo. La
semplicità può essere intesa in più sensi ; in senso relativo essa
esclude soltanto quella moltiplicità, per la quale gli elementi pos-
sono assumere la denominazione stessa dell'intero. Così un sasso
non ò semplice, perchè può decomporsi in parti, ciascuna delle
quali alla sua volta è sasso. Un circolo invece è semplice in quanto
non si può scomporre in due o più circoli ; ma non è assoluta-
mente semplice, dacché può scomporsi in due o più figure mentre
è pur esso una figura. Un corpo umano è semplice relativamente,
(1) De An. 1. II, e. II, 10.
(2) De gen. et corr. II, 3.
(3) S. Tommaso, Siimiii. Th. P. I, Qua?st. LXXV, art. 2, o Quaìst.
LXXV, art. 1.
(17) ALCUNE OSSERVAZIONI ECC.
419
perchè non si compone di due o più parti, ciascuna delle quali
sia un corpo umano, ma non è tale assolutamente, perchè si può
scomporre in parti che pure sono corpi. Una molecola è semplice
in quanto o^li elementi onde risulta, separatamente, non hanno i
caratteri della molecola stessa ; non è semplice in quanto gli atomi
che la compongono sono pure materia. Di qui è chiaro che l'anima
è semplice come sostanza, perchè non si compone di più anime,
che siano pure sostanze. E del resto per gli scolastici ogni forma,
solo perchè tale, è semplice ('). Ma ciò non vieta che accolga in
sé una pluralità di potenze, di atti, di modi.
Tuttociò dimostra quanto poco conchiudano le obbiezioni che
il Wundt solleva contro la sostanzialità dell'anima, desumendole
dalla contraddizione in cui verrebbe a trovarsi, in quanto semplice,
con la pluralità e la ricchezza della sua vita interiore (^). E ve-
rissimo che l'ipotesi erbartiana annichila assolutamente ogni ac-
cadere psichico, tantoché le rapjjresentazioni (Vorstellungen), che
per lui sarebbero l'unico fatto psichico, in realtà non sono che i
singoli atti di resistenza (■^) che 1' anima immutabile oppone ai
cangiamenti, che le verrebbero imposti dall'organismo, se non fos-
sero impossibili. Ondechè l' accadere psichico si riduce a una re-
duta arruhntole (eine zufa/Jif/e Aimchi), ossia l' apprensione di
quello che accadrebbe se l'accadere per l'assoluta semplicità o im-
mutabilità dell'anima non fosse impossibile. In questa ipotesi, ma
solo in questa, è vero che il concetto dell' anima sostanza resta
affatto ozioso e superfluo e nulla conferisce in quanto alla spiega-
zione dei fatti. ^la la metafìsica erbartiana non è che una di
quelle Spitzfindigkeifai^ di quegli abusi della logica, a cui com-
pete il nome di sofismi.
Una nuova obbiezione contro la sostanzialità dell' anima il
nostro A. la desume da questo, che la sostanza, a suo dire, non
è attiva, anzi per usare la sua parola propria è il principio asso-
lutamente inoperoso {^) ; ragione per cui egli la contrappone al
volere, che è il principio assoluta mente operoso. Ora che il volere
sia attivo, operoso, è indubitabile, anzi è 1' azione, 1' operazione
(1) Cfr. Mercier, Psycìwloyie, 5éme ed. pag. 476-7.
(2) Cfr. pag. 365.
(3) Selhsterìialtung, conservazione di sé, quindi resistenza alla mu-
tazione.
(4) Dar absolut unthdtige Princip.
420 F. BONATELLI (18)
stossa. Ma perciò appunto che è l'attività, l'operazione, esso non
è r operante, come nessuno dirà che la visione, 1' atto del vedere,
sia il veggente o che la percossa sia il percuotente. Dice il
AYundt (1) che l'unità, che si riscontra ne'vari atti volitivi e che
consiste nella loro connessione confinua, viene a torto ipostatizzata
in un' entità che sussista indipendentemente da quelli, senza che
si possa nemmeno indicare che cosa sia finalmente quello che sus-
siste e permane, dal momento che tutte le attività che si attri-
buiscono a quella sostanza non perdurano, ma si mutano (-).
Ora se i sostenitori dell' anima sostanziale fanno un' ipostasi
illegittima dell' unità dei fatti psichici e in particolare degli atti
intellettivi, non sarà molto più strano e illegittimo ipostatizzare
il volere stesso, l'attività ? E qui giovi rammentare ciò che s' è
detto più su circa l'unità della coscienza. Anche l'unità dei voleri
è molto più della loro connessione ; ella suppone necessariamente
l'identità del volente. Senza questa identità ciascun atto volitivo
per quanto possa essere collegato cogli altri, è una cosa a se,
come avverrebbe se ciascuno a])partenesse a un differente indi-
viduo. Per la qual ragione i voleri di molti uomini, quand'anche
eguali nella loro contenenza e provocati dagli stessi moventi, for-
mano un'unità collettiva, una somma dunque di voleri, non mai
un volere unico in senso proprio. Cosicché il volere, anziché po-
tersi sostituire alla sostanza nella funzione di centro reale dei
fatti psichici; domanda esso medesimo una sostanza di cui sia l'o-
perazione.
Non senza meraviglia poi, lo confesso, ho veduto il Wundt
accampare contro il dualismo che, secondo ch'egli s'esprime, di-
vide la realtà in un essere maferiale e un essere spirituale^ la vec-
chia e arrugginita difficoltà del non potersi intendere come due
sostanze, essenzialmente differenti, possano operare l'una suU' al-
tra (^). Quasiché noi si conoscesse in che modo una sostanza operi
sur un'altra quando siano della stessa specie ! Noi non possiamo
in nessun caso andare al di là del fatto che l'esperienza ci pre-
senta ; il come ci é ignoto. Questa é dunque un'obbiezione da la-
sciarsi a quella filosofia superficiale, che confonde le abitudini as-
(1) Pag. 421.
(2) NicJit beharren sondern wej:ìi><eln.
(.^.) Pag. 558.
(19) ALCUNE OSSERVAZIONI ECC. 421
sociative della rappresentazione sensata coi procedimenti del pen-
siero e s' immagina d' essere penetrata nei profondi enimmi dei-
Tessere qnando non fa che ripercorrere la serie delle parvenze.
Maggior meraviglia ancora desterà nei lettori un altro asserto
del Wundt che si legge verso la fine dell'opera (/). Si è creduto,
egli scrive, che con un medesimo concetto, con quello cioè del-
l'anima sostanza, si potesse e render ragione dell'unità empirica
della coscienza e appagare il desiderio della propria conservazione,
che trascende i confini d'ogni possibile esperienza ; mentre è cosa
evidente che un concetto non può bastare a esigenze cotanto dif-
ferenti (^). Quasiché un'idea patisca qualche deterioramento o si
frusti servendosene.
Il nostro stupore poi raggiunge il colmo allorché leggiamo (•^)
che la sostanzialità dell' anima nuoce alla vera idea dell' immor-
talità, come quella che non potrebbe darci se non una durata in-
definita senza coscienza e senza relazione collo svolgimento morale.
Quale idea l'A. si faccia della immortalità confesso di non essere
arrivato a intenderlo, perché quando mette il piede su questo ter-
reno, come su quello della religione e della divinità, ci troviamo
come avvolti in una nube. Al nostro grossolano buon senso par-
rebbe che la prima condizione dell'immortalità dovesse essere l'esi-
stenza. Ma forse c'inganneremo.
Acciò per altro non si dica che io vengo frugando nell'opera
del AVundt, solamente per pescarvi qualche dottrina da criticare,
voglio citar qui un passo tanto più degno di nota e d' approva-
zione quanto più recisamente si oppone a certe dottrine care ai
seguaci della psicologia sperimentale.
Parlando del parallelismo psicofisico (^) e lasciando alle fu-
ture indagini anatomiche di scoprire se nei centri cerebrali esistano
certe vie di comunicazione che ora non si conoscono, inguisaché
anche i processi psichici più complicati abbiano nell'organismo il
loro corrispondente, egli osserva che quand'anche s'arrivasse alla
(1) Piig. 67J.
(2) Riporto lo parole testuali, acciò non si creda eh' io ne abbia al-
terato comunque siasi il significato voltandob; in italiano. " Dass ein Be-
grifi so ganz verschiedenen Vorderungen nicht zu geniigen vermag, ist
eigentlich selbstverstandig. „
(3) Pag. 672.
(4) Pag. 602.
422 F. BONATELLI (20)
scoperta di siffatti intermediari, questa non servirebbe ne punto
ne poco a rendere intelligibile la struttura psichica (com'egli scrive
con energica metafora) di quei processi psichici complicati. Peroc-
ché anche ne'processi più semplici ed elementari la corrispondenza
che si riscontra tra i due ordini di fatti non permette che gli uni
si deducano dagli altri. Dai processi cerebrali molecolari non è
possibile dedurre se non tutt'al più altri processi molecolari, che
siano collegati coi primi a tenore dei principi della causalità na-
turale. E parimenti da' processi elementari psichici non si possono
dedurre se non formazioni (Gehiìde) psichiche più complesse, con
cui quelli siano collegati secondo leggi psicologiche, che vogliono
essere giudicate dietro i principi della causalità psichica. Ma da
uno di questi campi dell'esperienza spiegare l'altro in maniera in-
telligibile è un'impossibilità appunto per ciò che non ci sono dei
principi speciali di causalità psicofisica e non ci possono essere
attesa la relazione, in cui la forma subbiettiva e immediata della
conoscenza sta con ki forma obbiettiva e mediata ('). L' A. qui
parla chiaro, mi sembra, e se lo tengano per detto coloro che
sperano di scoprire quandochessia col coltello anatomico o col mi-
croscopio 0 con l'analisi chimica come si formi il pensiero o come
si generi il sentimento. L'esperienza, secondo il Wundt, potrebbe
rappresentarsi (quest'immagine è mia, ma, se non m'inganno, do-
vrebbe esprimere a capello il suo concetto) con una superficie,
di cui l'una faccia è l'esperienza interna, l'altra l'esterna, ma dal-
l'una all'altra è assolutamente impedito il trapasso. A me per altro
parrebbe più semplice ancora se si dicesse che i due ordini di
fatti differiscono tra di loro in modo assoluto e però, non potendosi
mai risolvere gli uni negli altri, è sbarrata la via a chi volesse
gli uni dagli altri spiegare.
(1) Pag. 603.
(21) ALCUNE OSSEEV AZIONI ECC. 423
APPENDICE
A). Il Wundt dopo d'avere esplicitamente dichiarato che co-
scienza e fatto psichico sono sinonimi, il che implica, come egli me-
desimo riconosco, che un fatto psichico qualsiasi incosciente è una
contraddizione in termini, è poi costretto dai fatti ad ammettere : 1°,
che la coscienza può avere differenti gradi di chiarezza (pag. 563-4)
e 2o, che si danno delle sensazioni non avvertite e che pure si
debbono riconoscere come reali, perchè altrimenti i fatti riusci-
rebbero inesplicabili (pag. 566-7). Perciò (non volendo contraddire
al principio da lui propugnato che fatto psichico e fatto di co-
scienza è tutt'uno) dice che sono accompagnate da una coscienza
oscura.
Dove io osservo : a), che se la coscienza non è che l'esistenza
del fatto psichico, è assurdo che possa essere più o meno chiara.
Una cosa non può esistere più o meno, bensì può esistere una
cosa maggiore o minore. Onde a ragione il Lotze in qualche luogo
del suo Microcosmo afferma che quando la consapevolezza d'una
data rappresentazione sembra oscurarsi, si tratta invece dello scom-
parire dalla coscienza di alcune parti di essa, dunque d'una di-
minuzione non della chiarezza, ma della contenenza della rappre-
sentazione. Insomma se fatto psichico vuol dire fatto cosciente,
un fatto psichico accompagnato da una coscienza oscura sarebbe
un fatto psichico pressoché non psichico, un fatto reale quasi del
tutto irreale.
ò), Il Wundt dice che certe sensazioni non sono da noi av-
vertite, eppure siamo forzati a riconoscere che hanno realmente
avuto luogo perchè la loro presenza ha determinato un fatto che
senza di esse non poteva prodursi. Giustissimo. Ma si badi al suo
ragionamento che segue. Egli dice : se sono state reali, dunque devo-
no essere state coscienti, perchè altrimenti non sarebbero state reali.
Come ? non avete ammesso che passarono assolutamente inavvertite ?
Sì, risponde implicitamente FA. ; ma siccome io sostengo che fatto
psichico equivale a fatto cosciente, dunque sia che ne abbiamo o
non ne abbiamo avuto coscienza, devono essere state accompa-
gnate dalla coscienza, senza della quale sarebbero state un bel
nulla. Ma in tal modo si può dimostrare tutto quello che si vuole.
Una cosa ancora merita d'essere notata a questo proposito, cioè
424 F. BONATELLI - ALCUNE OSSERVAZIONI ECC. (22)
come l'A. si serva qui d'un argomento che da lui non ci saremmo
mai aspettati. Siccome, scrive egli, talvolta quello di cui nell'atto
del suo prodursi avemmo una così oscura coscienza (e vuol dire
quello che passò affatto inavvertito) apparisce in seguito nella
piena chiarezza della coscienza, così è giocoforza ammettere che
o poco 0 molto era cosciente anche prima.
Ora egli nega risolutamente che in noi esistano reaìiter
quelle che i psicologi sogliono chiamare rappresentazioni oscurate
(nel linguaggio erbartiano rappresentazioni al di sotto della soglia
della coscienza), considerando queste e simili espressioni come un
linguaggio figurato e nulla più, che può adoperarsi innocuamente
solo a patto che sappiasi che non è se non un modo d'espri-
mersi per denotare la possibilità o la disposizione che perdura in
noi ad avere un' altra volta quelle medesime rappresentazioni senza
che ci bisogni l'impressione d'un agente esteriore.
Ma se si applica a queste così dette rappresentazioni oscu-
rate 0 latenti il precedente ragionamento, non si dovrebbe dire
che dal momento che tali rappresentazioni possono quandochessia
riapparire nella luce della coscienza, dunque erano ed erano co-
scienti anche prima sebbene avvolte nel buio ?
(Finita di .stampava il f/iorno 10 marzo 1900)
Atti del Reale Istituto Veneto di scienze, letteee ed arti.
Anno accademico 1899-900 - Tomo LIX - Parte seconda.
SENSO GIURIDICO ROMANO
E SENSO MODERNO DI LEGALITÀ
NOTA
DEL PROF. BIAGIO BRUGI, s. e.
CON SPECIALE EIGUAEDO A DUE RECENTI PROGETTI
SUL matrimonio CELEBRATO COL SOLO RITO RELIGIOSO
(Adunanza del 25 febbraio 1900)
Summum ius, stimma iniuria
Cic, De off. I, 11.
Ius summum., summa est malitia
Terant., Heaut. IV, 4, v. 48.
Non è raro che persone colte e anche giuristi e sociologi
attribuiscano tuttora al diritto romano, o come pregio o come difetto,
il somigliare esso ad una specie d'inflessibile matematica, ad una
logica tagliente e rigida. Ma i veri romanisti hanno già da un pezzo
abbandonato queste idee che son poi quelle, in gran parte, dei
filosofi della scuola del diritto naturale. Certamente i romani erano
legalitari, passi la parola di moda ; tutta la storia delle loro ten-
tate 0 eseguite riforme sociali e politiche ne è una prova lam-
pante. Cicerone, quando nelle sue orazioni inneggia al diritto ci-
vile ('), non fa il retore, ma dice cose sentite a concittadini che
le sentono. Aveva ben ragione uno dei miei maestri, il Bruns (-),
di segnare, con poche ma sicure linee, l'indole della norma di
(1) Es. prò Caec, 25, 70-72, 74-75.
(2) Gesch. u. Quell. des r. R. § 2 (in Holtz., Enr. I, 5 ed. Leipz. 1890),
p. 99-100.
426 B, BEUGI (2)
diritto in Roma come affermantesi obiettivamente (sebben scatu-
rita dagli individui) e in modo che a tutti sovrasta, vuoi per mezzo
di legge 0 consuetudine, vuoi mediante magistrati, giureconsulti,
imperatori. Per noi pure la norma di diritto è obiettiva e impe-
rante a tutti, ma è assai più impersonale che presso i romani, e
nel rapporto in cui si concepisce col magistrato e con lo stesso
legislatore corre grande differenza tra il senso giuridico loro e il
nostro senso di legalità. Dico giuridico l'uno, di legalità V altro
deliberatamente.
Il romano aveva pochi precetti di vere leggi, molte norme di
diritto ; ma la consapevolezza della loro origine diversa si affie-
voliva a poco a poco e scompariva poi vedendosi tutte egualmente
applicate nel tribunale senza che sempre durasse il bisogno di
giustificarle quando non scendevano da fonte legislativa (^). La
giurisprudenza scientifica aveva forza creatrice ; ma, più che una
logica formale, seguiva i bisogni della vita e al crogiuolo di questa
saggiava la reguìa itiris condannando le mere filiazioni dialet-
tiche (^). E come la vita sociale procede senza combinazioni in-
tieramente logiche (•^), così non di rado il diritto romano è stato
illogico nel combinare il nuovo col vecchio, nel mutare senza di-
struggere. Ma noi ci eravamo ridotti così feticisti della logica che
sono state necessarie le sferzate dello Jhering prima di persua-
derci che i romani, nel diritto almeno, lo erano assai meno di noi.
E anche quando seguirono la logica, è quella corrispondente ai
bisogni del loro tempo, non una logica assoluta che renda im-
possibile costruire le dottrine in un altro modo (^). Una delle più
interessanti pagine della storia medioevale dei dogmi del diritto
(1) Tal(! procosso psicologico e giuridico ad un tempo (> spiegato e-
gregiamente per le obbligazioni naturali dal Frenzel, Ueber die Ent-
stehung des r. Rechtshei/r. nati(r(dis ohligatio (Leipzig, 1897) ; i\ su questa
monografia cfr. la mia nota in Atti e ni etti, della r. acr. di se. l. a. in
Padova, XIV (1898), p. 79-84.
(2) Cfr. 1. 1 D. de E. I. 50, 17.
(3) L'idea è genialmente dimostrata dall'Ardigò, Opere filosof. I, p. 17
sg. Ili, p. 439-447. Cfr. la mia analisi negli Atti dì questo Ist, T. IX, s.
VII (1897-98), p. 840-47.
(4) Cfr. Jhering, Geist des r. Re'Ms, IV, § 59 (spec. p. 308-312 della 3
ediz.). Ma si vegga già in Delbriick, Die Uebernahme fremd. Schulden
(Berlin, 1853), p. 7, un biasimo della teoria del diritto che si pone in
contrasto col bisogno della vita reale.
(3) SENSO aiTJRIDICO ROMANO ECC. 427
narra il dissidio fra legisti e canonisti : l'avversione di quelli verso
questi si manifesta anzitutto nell'accusa dei primi che i canonisti
fanno licito lor libito con dottrine illogiche e capricciose (^). La
rag-ione vera è che son diverse dalle romane o date per romane
dai legisti. Se la logica romana aveva fissato il principio semel
heres semper heres si gridava, ad esempio, allo scandalo quando
si ammettesse un primo ed un successivo erede ! Eppure i ca-
nonisti non facevano assai spesso che preparare il diritto odierno.
E prima che scendesse in lizza il Corpus iuris canonici contro il
Corpus iuris civilis, i patrioti romanisti bollavano col marchio della
barbarie, della illogicità, dell'assurdità il diritto degli invasori del-
l' Impero (-). Eppure di loro, come nella lingua, così nelle con-
suetudini e leggi nostre restavan traccie durature.
Quando verso la fine del secolo XY le dottrine dei legisti e
dei canonisti si confondono insieme e ne esce fuori a poco a poco
un diritto comune, il senso moderno di legalità si forma nell'esa-
gerato rispetto alle opiniones commimes, presumendosi persino in
dolo il giudice che le abbandona (•'^) ! Ma un forte appoggio alla
nostra esagerata convinzione della logicità della norma di legge
doveva venire di là d'onde scaturì appunto la ribellione alle an-
tiche leggi ; voglio dire dalla scuola del diritto naturale che, sal-
vando in parte il gius romano quale ratio scripta, ci abituò a con-
siderare le norme legali come un razionale sistema di relazioni
così astratte quanto quelle della matematica. Ed è interessante
vedere come oggi pure v' è chi propone il quesito se si debba
lasciare il compito del rinnovare al legislatore (vuoi nella forma
della consuetudine, vuoi della legge) il quale interviene quasi
(1) Già nella Sniniiia de matrimmio di Vacarlo (pubblicata dal Mait-
land nella Laio Quatedij Review del 1897, ed a parte, London, 1898),
leggiamo, § 28 in t'., che un' opinione et rationi congruit et iuri ciinli^
perchè risponde al diritto romano. E nel § 16 chiama le leggi canoniche
'pleriun.que iniitiìcs. Chi sfoglia 1 legisti del periodo dei glossatori e in
parte dei post-glossatori trova, come luogo comune, questo biasimo del
diritto canonico.
(2) La forinola di Odofredo che la legge longobarda non sia lex nec
ratio non pure rimonta a Bulgaro (cfr. Tamassla, Odofredo (Boi. 1894),
p. 133, n. 2), ma alle Question. de tur. suhtil. I, 15, 16 che il Fitting pub-
blicò (Berlin, 1894) ed attribuì ad Irnorio.
(3) E si veda cornea lo stesso Alclat., Aurens praesumpt. tract. praes.
41, 7, combatta qui timidamente.
428 B. BRUGI (4)
sempre senza metodo e accidentalmente, sottostando ai bisogni che
premono, o se non convenga piuttosto che dei giuristi dotati d' un
sufficiente spirito d'analisi e di sintesi dian mano alla costituzione
d'un vasto sistema di relazioni giuridiche possibili senza riguardo
alla loro esistenza o non esistenza di fatto ; e si decide per questa
seconda via {^). Intanto con sì fatta brama delle complete costru-
zioni nuove si grida da varie parti e con diverso scopo contro le
riforme parziali, che sono spesso le sole possibili. E non è raro
che quando la necessità le impone, scopriamo volentieri che pec-
cano contro la logica di tutta la nostra legislazione.
Un rilevante contrasto fra i romani e noi spicca pure per
conseguenza nel volere più o meno la rigidità della norma giu-
ridica. Giorgio Hegel (-) scrisse : " Noi troviamo la massima prosa
dello spirito nell'arte etrusca... e vediamo inoltre la stessa prosa
nello sviluppo del diritto romano e della romana religione. Noi
dobbiamo la origine e lo svolgimento del dritto positivo all' intel-
letto non libero, privo di spirito e cuore, proprio al mondo ro-
mano. Abbiamo già visto come nell'Oriente le relazioni in sé morali
ed etiche vi siano comandi giuridici : perfino presso i Greci la co-
stumanza era un dritto legale ; e perciò la costituzione dipendeva
intieramente dalle costumanze e dalla maniera di sentirla ; e non
avea ancora in sé la fermezza a fronte del variabile Interno e
della particolare subbiettività ; i Romani compirono cotesta grande
distinzione e trovarono un principio di dritto tale che fosse esterno,
cioè indipendente dal modo di sentirla e senza cuore... I Romani
ne sono stati vittima, perchè viveano in quello ; ma gli Altri hanno
acquistato la libertà dello spirito... Lo spirito, il cuore, il modo di
sentirla, la religione non debbono più paventare di venire avvi-
luppati da queir astratto giuridico intelletto. „ Il grande filosofo
era in errore : la norma giuridica romana si piegava, come la
nostra e assai più^ per conformarsi " al variabile Interno „ e basta
ricordare le belle distinzioni giuridiche derivate dalla hotia et mala
fides, dal dolus, dalla culpa nei suoi gradi. E la infamia non fu
un criterio morale invocato a rinvigorire la sanzione del diritto ?
(1) Roguin, Etude de science jiirid. pure^ la règie du droit (Lausanne,
1889), p. 15, e su questo libro v. l' interessante resoconto del Brocher,
Revue gén. du droit^ de la legisl. XIV, (1890), p. 244-252.
(2) Filosof. della storia, trad. Novelli (Napoli, 1864), p. 287.
(5) SENSO GIUEIDICO KOMANO ECC. 429
Intieri instituti, conio il matrimonio libero, entrano nel diritto ro-
mano, in modo che funzionano bene o male secondo " il modo
di sentirla „ degli individui. Se gli " Altri „ avessero sempre
" la libertà dello spirito „ dei romani del periodo classico del
diritto, certe questioni oggi non sorgerebbero neppure. Forse una
massima decemvirale o ascritta almeno per tradizione alle XII
tavole (poniamo : ufi ìingun nuncupassit ita iìis esfo) può rappre-
sentare ai nostri occhi il verbo di un " astratto giuridico intel-
letto. „ Ma quella massima, per continuare l'esempio, si venne
poi determinando e specificando mediante il concreto intelletto giu-
ridico dei pretori nell' esame dei motivi per i quali la dichiara-
zione può discordare dalla volontà. E così accadde di tutte le altre.
Il pericolo che la norma di legge ci avviluppi come un astratto
intelletto giuridico, mescolando insieme il buono e il cattivo^ è mag-
giore oggi che presso i romani. Noi, sia con commissioni legisla-
tive permanenti in uso in qualche Stato, sia con ispettori per leggi
speciali, sia con private società di dotti, vogliamo riparare al con-
trasto tra la fissità della legge e V onda dei bisogni nuovi, come
anche scoprire le imperfezioni e lacune di quella rimpetto ai bisogni
trascurati già al momento in cui fu promulgata. Ma, V opera di
rinnovamento e completamento è oggi difficile e lenta, tanto per
gli scrupoli delle combinazioni logiche, quanto per l'istesso mo-
nopolio, chiamiamolo così, del potere legislativo. E non possiamo
lamentarcene, perchè deriva dal nostro modo di sentire ; dalla
nostra politica costituzione ; dalla triste e lunga esperienza di ar-
bitrii di principi e di caste, di decidenti, di tribunali (sia detto
senza offesa di alcuni) in cui tutto si temeva, persino Tequità. Si
capisce come ai dì nostri si sia anche dubitato se i giudici po-
tessero far la interpretazione logica del diritto ! A Roma il ma-
gistrato interprete del diritto era in ben altra posizione non pure
per la iiiris dictio, ma per 1' imperiìim ; magistrato, legislatore (è
un'esagerazione, da cui si può depurare il vero, che uscì spon-
tanea dal baldo intelletto di un mio scolare in Sicilia) poteva prov-
vedere insieme ad applicare, supplire, corregger la legge. Non è
ne più ne meno del vero dire il pretore romano vim. vox hiriii. (').
Con tale magistratura il pericolo hegeliano di essere avviluppati
da un astratto intelletto giuridico, era venuto mono. Io non ri-
(1) L. 1, § 1, 1. 8 D. de hoit. et iur. 1, 1.
430 B. BRUGI (6)
peterò che la consuetudine, il modo di sentire del popolo pene-
travano di continuo nel diritto tutt'altro che fisso, mediante di lui.
Il quale, padrone del processo, non soltanto riconosceva diritti, ac-
cordando azioni, ma distruggeva per equità le conseguenze giuri-
diche di taluni atti. Più tardi vediamo non di rado esser pronte
normali azioni dove un tempo si manifestò questo benefico arbitrio
pretorio. È il trionfo del concreto; del caso speciale, del trattare
diversamente quantità disuguali. Più tardi il profano crederà con-
seguenze d' un archetipo le premesso storiche e lente del sistema
da noi costruito per astrazione. E quando si chiude il periodo epico
del pretore, ne assume le funzioni l'imperatore, sommo giudice e
legislatore ad un tempo, col presidio del consistorium (i). A molti
imperatori romani il biasimo delle genti civili ; di pochi può la-
gnarsi il diritto privato. In questa condizione di cose il senso giu-
ridico romano si maturò in modo assai diverso dal nostro. A quella
ffuisa che i giureconsulti avevano le loro correzioni ìifiìifath causa
delle dottrine troppo rigide, il popolo sapeva che il magistrato
poteva temperare la legge e non ci vedeva alcun pericolo. Diritti
importantissimi, come quello agli alimenti tra parenti; erano stati
riconosciuti per pura opera del magistrato e importantissimi in-
stituti, come in parte quelli risguardanti il suolo provinciale, erano
stati regolati in via amministrativa. Il nostro senso di legalità è
urtato se si può neanche supporre che in qualche punto sia scossa
la norma della legge; o che il magistrato debba supplirla; e questo
senso è oggi più dei giuristi, o almeno delle persone colte, che del
popolo. È vero che spesso le così dette dottrine scalzano gli ar-
ticoli del codice civile o vi si sovrappongono ; ma il lavoro è quasi
inavvertito o, imponendocelo la necessità, se ne tace. Intanto, ed
è una conseguenza fatale della odierna costituzione politica, mai
non fu sì vero come oggi il proverbio : fatta la legge, trovato l'in-
ganno. I ristretti poteri del magistrato odierno nell' interpretarla
come norma rigida, invariabile, e soltanto se ricorrano quelle cir-
costanze ivi precisamente presupposte, lo rendono spesso impotente
rimpetto alla fraiis legis. A me sembra che tutte le difficoltà dei
romanisti nel costruire la dottrina della fraus ìegi furia (-) derivino
(1) Nella Nov. 105, e. 2 in f. rinipcratoro cliiaiiia so stosso ìe.r ani-
mata (vójjtog s|j,4;uxog).
(2) Cfr. una recente revisiono dol Nc-ff, Beib'ac'je zar Lehrc con dcr
fraus legi farta in der Digesfeu (Berlin, 181)5).
(7) SENSO GIUEIDICO EOMANO ECC. 431
dall'aver creduto che i testi romani la foriiioliiio per g-iudici del
tipo nostro, mentre era buona piuttosto per magistrati di tipo ro-
mano. Non è quella og-g-i una semplice dottrina della interpreta-
zione ; ma piuttosto un capitolo di scienza della legislazione. Le
fonti, è vero, ci offrono una specie di definizione legale della frau^
ìe(jis ; ma come semplice canone d'interpretazione e applicazione
della legge può prenderla soltanto chi si contenta dei passi nel
modo in cui i compilatori li staccarono dal loro nesso originario
nelle opere stralciate. Paolo insegnava : contro Ie(/em ptclf, qui id
facit quod lex prohihet, in frdudem vero, qui salvis verbis legitt sen-
fenfìam eius cireumvenit (i). Ulpiano : fra^is ìegi fif, uhi qw)d feri
noìiiif, fieri aiifenì non vetnit, id fif : et quod dif^tat prjxòv àvib
OiOLVolixc., hoc distat fratis ab eo, q/wd cottfra lerjem fit (-). Mi sembra
molto buona la via presa dal Neff (^) di considerare questi fram-
menti secondo il loro significato originario ; e credo che si possa
trarre da ciò un vantaggio maggiore di quello che ne trae. Egli
vuole infatti concludere, a ragione, che ne Paolo, nò Ulpiano eb-
bero in animo con quelle poche parole, staccate dal loro contesto,
di dare una definizione qualsiasi o dei canoni generali ; eran piut-
tosto osservazioni accessorie fatte nel decidere di un caso singolo,
le quali dai compilatori sono state innalzate al dubbio onore di
una definizione.
Il fr. di Paolo deriva dal suo ìiher xingahiris od lecjem Cin-
cioni^ il fr. di XTlpiano dal quarto libro del suo commentario al-
l'Editto. Anche senza esagerare la genuinità delle iscrizioni, se ne
può indurre che il primo contemplava un caso in cui si voleva
frodare la te.r Cincia^ il secondo verosimilmente quei patti privati
che violano una legge (^). Sì nell'uno come nell'altro caso si tace
delle conseguenze à.Q\V((gere in fraudem legis perchè quei giure-
(1) L. 29 D. de lerj. 1, 3. Uno stesso principio si applica por la inter-
pretazione degli stessi atti stricti iur'is osservando : liKtfjìs; res, qitant rerha
intuemla sunt (1. 41, § 1 D. de tur. dot. 23, 3). ,
('2) L. 30 D. de leu. 1, 3. Concorda in sostanzi! con questo fr. e col prece-
dente una cost. di Teodosio e Valontiniaao (1. 5 0. de ley. 1, 14) senza
usare la parola frau^ come tecnica. Vi è nondimeno la finale: «ec yjogwas
inser-tas legibus eoitabit, qui se cantra turi^ sententiam sreeva lìreroyatiim
verborum fraudolenter exeusat.
(3Ì O. e. p. 22.
(4) Cfr. Lenel, Paìinuen. Utpiau., 243 ; Neff, o. e. p. 22.
432 B. BRu&i (8)
consulti non avevano in animo di esporre una teoria generale. Le
conseguenze son diverse secondo il fatto (nullità dell' atto, non si
evitano le pene (es. p. 7 n. 2) ecc.) ; ne qui occorreva rilevarle.
Essi poi sapevano ben noti a ognuno i poteri del magistrato e come
questi se ne sarebbe valso in tutti i casi nei quali, dirò col Neff (^),
il fatto è tale che non corrisponde alle circostanze presupposte
dalle parole della legge (verha Icfjh), ma corrisponde a quelle cui
mira il suo vero senso (sententia legis). Il ricordo che l'autore fa
del principio famoso snre ìefjes non hoc est, verha eorum tenere
sed vim ac potestatetn è pure opportuno. Ma si deve aggiungere
che per noi ò quasi un principio scolastico, mentre pei romani
corrispondeva pienamente al tipo di magistrato lor proprio (2). Fra
la scuola e la pratica la corrispondenza era completa. Ne con le
nostre formolo, che vorrebbero spiegare ogni caso di fraìiA legi
facta secondo il diritto romano, giungiamo a comprendere tutti gli
aspetti e i modi in cui quel magistrato attuava la seìitcntltt leg/'s,
e direi quasi il contenuto morale di essa. Terrebbe desiderio di
conchiudere che il fine senso giuridico voleva pieghevole la norma
di diritto sì che, abbracciando tutte le multiformi circostanze di
fatto, non potesse mai venir meno al proprio scopo.
Un esempio chiarissimo se ne ha nel regolamento dei parta.
L'ordine giuridico romano non ammetteva come valide se non ta-
lune tipiche convenzioni. Che cosa doveva avvenire delle pattui-
zioni prive dei caratteri legali ? Tenerle per inesistenti, risponde-
rebbe senz' altro un giurista tanto moderno che non avesse mai
udito verbo di dritto romano. Ma chi si era fidato della parola
altrui dev'esser del tutto negletto ? Chi manca di parola deve tran-
quillamente invocare il rigore dei diritto per coprire la propria
slealtà ? La norma di legge, parla chiaro, continuerebbe il suddetto
giurista ; è di ordine pubblico che domini sempre su tutto e tutti.
Invece noi vediamo il pretore romano rompere la ferrea giuridica
necessità e riconoscere che è turpe mancar di parola sotto 1' u-
sbergo del rigore del diritto. Quindi la exccjifio pacti (•') a favore
di chi, contro il patto, sia convenuto in giudizio.
(1) 0. e. p. 23.
{;!) II principio è di Celso (» lo accenna là dove sembra trattasse della
interpretazione delle leggi. CtV. 1. IT, IS T). de Icfj. 1, ?>.
(3) Cfr. le mie Islittu. di dir. priv. f/iiis/. 11, § '.H.
(9) SENSO GIURIDICO EOMANO ECC. 433
Un altro esempio è pure interessante. Un principio romano
di alta importanza morale vietava le donazioni fra coniugi volendo
regola del coiiHorf/unì loro il mutuo affetto, non 1' interesse. Na-
turalmente il principio, come legato a tutta la dottrina giuridica
della famiglia, non poteva imperare se non ricorrendo un valido
matrimonio. Ne viene come logica conseguenza che nelle unioni
illegali non soltanto vi è un fatto più o meno turpe, ma il danno
si accresce perchè l'amore è d'ordinario in esse più violento e lo
turpitudini giovano spesso a far sì che l'una parte giunga impu-
nemente a spogliar l'altra di tutta la sua sostanza (i). Come si
condusse dinanzi a questa logica conseguenza il buon senso giu-
ridico romano? Ulpiano (■^) ci narra: Viàedmìii^, inter quofi. siint
prohih/'fae donafioiic^. et quidem si matrimoniìim morihus legihusque
nostrk coui'tat, donatio non valehit : ergo s' senatoris fiìia libertino
contra senatus consuUum nupserit, ve! provinciaìis muHer ei, qui
pvovinciam regit vel qui ibi meret, contra mandata, valebit donatio,
quia, nuptiae non surtt. sed fax ììoii. est eas donationes ratas esse,
ne melior sif condicio eonmi qui deìiquenmt. Appare qui il trionfo
della morale ; il rapporto di fatto doveva affermarsi, secondo i giu-
reconsulti, contro la logica giuridica formale. Se non che segue il
giureconsulto : dirus tamen Severus in t/berta Pontii Pauìini se-
natoris contra statuit, quia non erat affectione u.roris habifa, sed
magis concubinae. L'imperatore torna al rigore della legge ammet-
tendo la validità della donazione. Ma si noti che si tratta del con-
cubinato, e in specie di quello del patrono con la liberta, che ha
caratteri tutti speciali e dove 1' autorità del primo può esser già
un ritegno all' avidità della donna. E vero che anche posterior-
mente la legislazione e la dottrina greco-romana intesero il caso
come applicazione di una regola generale. Le donazioni, si disse,
sono proibite fra i coniugi tanto nei matrimoni validi come ne-
gl' invalidi ; ma non è vietato di donare alla concubina (•^). Se non
che dove fu ravvisato un pericolo nelle donazioni tra l'uomo e la
donna uniti in concubinato, non mancò un altro imperatore di te-
nere la via contraria a quella di Severo. Si ancillam nummis tuis
(1) Cfr. egregiamente il Pothier, Tr. de donai, entre-vifs., sect. I, § VI
(Omrr. Bruxelles, 1831, V, p. 7), e VII, p. 277.
(2) L. 8, § 1 D. de don. inter rir. et uxor. 24, 1.
(3) Bas. 30, 1, 3, ed ivi l'interessante scolio où jióvov.
434 B. BEUGI (10)
coDiparafam esse, rcscrive xVntoniiio (') al soldato Marco, pniesidl
jìirjoinekie jn'ohaiwrJs doìiationlsqìie cdiisd focarìde taae nomine in-
strumenfuìn enqifionis esse rotìscr'ìhtum, eirin iiì)i rcsfiiiii /'tt'jrhif.
nam licet cessante iure matrinionii donafio jierficl potaerit, nìilifes
tamen mens a focariis suis hnc ratione fctisque (iduìafionihus spo-
lidri nolo. Si può arg'omentare che cosi 1' imperatore vuole seguita
quella interpretazione della senfeniia legis o^ àhh mo.^Wo, quell'at-
tuazione del suo scopo morale, alla quale alludeva Ulpiano. Anche
qui si è voluto scorgere un ius particolare in odio alle focariae
dei soldati ; ma esse eran donne al cui matrimonio ostava un im-
pedimento giuridico se fossero della provincia in cui risiedeva la
legione (-). E assurdo trovare un grado di bassezza o di perverti-
mento maggiore in queste focariae che nelle altre concubine. Si
noti anzi che Ulpiano allude anche al caso del soldato che vuol
sposare donna della provincia in cui egli milita (rei prorincialis
mulier ci.... (pii ibi merei). Antonino applicava il diritto classico
0 almeno le tendenze della giurisprudenza (-^^ Forse il pretore già
dava modo di rescindere sì fatte donazioni ? Nei Basilici il re-
scritto di Antonino è riprodotto sì che non dà un senso chiaro.
Nel diritto consuetudinario francese ('), come nel diritto sta-
tutario italiano, il divieto fu accolto in modo generale per le do-
nazioni fra i concubinari ("') ; e la nostra antica giurisprudenza
sembra averlo inteso in quel senso. Il De Luca dice qaodaìtDiìodo
antiquato il divieto ai militari di donare alla concubina (') ; ma
la Rota romana riconosce tanto un generale divieto di donazioni
iìifcr amasium et amasiam (^) come pel miJcs riguardo alla concubi-
na; la proibizione si estende appunto, de iure canonico, aàpayanos {^).
(1) L. 2 C. de don. Inter vir. et u.r. 5, 16.
(2) Confr. le inw cit. I.stit. II, § 109 f.
(3) Il responso di Papiniano (I. 31, pr. D. r/e rZow. 39, 5) sulla validità
della donazione alla concubina è conforme al rescritto di Severo, ossia al
diritto di quel tempo (Costa, Papiniano., IV (Bologna, 1H99), p. 193, n. 15) ;
e si vede che era inteso in modo generale.
(4) Loisel, Instit. ro/it. 127 : " Donatioii cn mariage ni ooneulìinat ne
vaut. „ Cfr. sopra p. 9 n. 1.
(5) Cfr. Fertile, Storia del dir. it. TV (2 ed. Torino, 1S93), 5^ lòH, p. 5S7.
(6) De donat. (Theatr. VII, 1} Sa di ma don. 85.
(7) Per la massima generale v. »S'. A'. lìoiit. Dee. re", in couip. red.
II (Medio). 1730), p. 136, Rubr. Donatio farta inter amasium et amasiaiìì.
(8) S. R. Bom. Dee. ree. a I. B. Compagno sei, P. XIX, T. II, (Ven. 1697)
(11) SENSO GIUEIDICO EOMANO ECC. 435
Oo-o-i un ramo di letteratura o-iuridiea niedioevale come quello
delle famose cautelae, così opportune per frodare la leg-ge, non po-
trebbe più fiorire. Ma le frodi della legge non sono perciò meno
frequenti ! Si possono guardare con occhio pietoso quelle cagionate
dalla oppressione fiscale dello Stato poiché per necessità è grave
e ciascuno poi, come fu argutamente osservato (i), crede di pa-
gare più di ciò che deve. Ma altre frodi della legge fanno vera-
mente dubitare se sia buono il nostro preteso senso di legalità.
Io non entrerò qui nelle belle questioni, ultimamente sorte e stu-
diate con largo corredo di dottrina, a proposito di compagnie stra-
niere delle quali si asserisce che si costituivano "come società civili,
profittando di alcune incertezze della giurisprudenza circa Tindole
delle società civili, per sottrarsi alle leggi commerciali del paese
loro e d'Italia e tener segrete le loro operazioni e guadagni (-). „
Desidero piuttosto intrattenermi suU' altra frode del celebrare il
matrimonio religioso senza il civile. Due recenti disegni di legge
hanno cercato porvi rimedio : l'uno del Ministro di grazia, giustizia
e culti Finocchiaro, presentato alla camera vitalizia il 27 aprile
1899 e accompagnato già da favorevole relazione dell'ufficio cen-
trale di essa (•^) ; 1' altro del Ministro Bonasi presentato alla stessa
camera il 21 novembre 1899, a cui si è mostrato contrario quel-
l'ufficio centrale in apposita relazione (^).
Non presumo di precorrere le discussioni che nasceranno nel-
r alta camera ; nondimeno con quella libertà d'esame che conviene
ad uno studioso modesto, ma sincero e imparziale (in un argo-
mento dove troppo l'odio di parte si sfrena) dirò il mio modesto
parere. Se il diritto romano (che giovani e freschi sociologi pro-
cedenti, ut ita (Hcanì, con la scure e con l'ascia chiamano ammasso
D. 652, n. li, 12. Anche il Sabelli, S/tDima dir. traci. § Do wa^«'o, n. 18, pre-
suppone vigente il principio del divieto ai milttes di donare alle concu-
bine, accennando alla eccezione se quelli siano j)rincipi.
(1) Holtzendorff, IVesen und Werth der off. Meinunq (Miinch. 1879),
P. 71.
(2) Parole dell'egregio prof. avv. 0. Luchini a p. 2 della sua splen-
dida memoria: La causa del 'popolo di Firenze in appello contro la comp.
del Gaz (Firenze, 10 dicembre 1898). E che dire delle cessioni di porta-
foglio mascherate, por sfuggire al fisco, in mandati ad esigere ?
(3) Atti pari. Senato del Regno. Lcf/isl. XX, 2 Sess. 1808-99 n." 62,
62 yl, urgenza.
(4) Atti cit. 3 Sess. u." 2, 2 A.
436 B. BEUGI (12)
di ruderi intorno a cui si affannano scheletriti commentatori) non
mi ha tolto il buon senso, sembrami che la celebrazione del ma-
trimonio religioso senza il civile sia il più tipico esempio moderno
di frous h^ji farfa. E frode riguardo agli obblighi verso i figli e la
donna : riguardo al divieto di concluder nozze a chi è vincolato da
precedente matrimonio ; riguardo al godimento di lucri e pensioni
dipendente da condizione di celibato o vedovanza ; riguardo al divieto
di donare fra coniugi. Oggi in quest'ultimo caso non vi sono più
neppure le opportune restrizioni riguardo al concubinato. Ho ri-
levato sopra la differenza tra il magistrato romano e il giudice
nostro, fra il senso giuridico antico e il senso moderno di legalità,
E son persuaso che niun giudice potrebbe oggi parificare i figli
nati da puro matrimonio religioso a quelli nati da matrimonio
legittimo. Ma ardirei dubitare che egualmente sia costretto a di-
sconoscere l'efficacia di un puro matrimonio religioso in altri casi.
Se non che si è generalmente di contrario avviso ; il legislatore
pare deciso a intervenire, e ne ha l'obbligo. Non soltanto il di-
fetto d' indipendenza, di carattere, di coraggio fanno crescere le
leggi di occasione, come nota il Neff (') ; sono gli stessi scarsi
poteri del giudice nostro e le tendenze dell'odierno spirito di le-
galità. Poniamo dunque il nostro impersonale legislatore al luogo
del personale magistrato romano, signore dell'interpretazione ; e
vediamo se vuol ravvisare nel puro matrimonio religioso una frinix
legis. Troviamo tutti i progetti di legge concordi nel riconoscerla
e colpirla in un punto : gli sposi che si uniscono col solo rito re-
ligioso si considerano aver celebrato il matrimonio civile, poiché
dovrebbero perdere immediatamente qualsiasi utilità o diritto che
per legge o per disposizione dell'uomo dipenda dallo stato di ce-
libato 0 di vedovanza. Ma il disaccordo comincia poi. Il ^linistro
Bonasi nella sua relazione premessa al proprio progetto esprime
con tutta precisione l'idea che ormai coloro che si uniscono col
puro rito religioso non sono " mossi da ideali religiosi o da in-
fluenza di Chiesa, ma avendo speciali ragioni per evitare Tuna o
l'altra delle conseguenze del matrimonio civile e pur decisi al-
l'unione coniugale, si astengono da esso, servendosi della forma
religiosa per coonestare la pro[>ria unione, cui rifuggirebbero di
lasciare la nuda apparenza di concubinato. „ Meglio non si potrebbe
(1) 0. e. p. 75.
(13) SENSO GIUEIDICO ROMANO ECC. 437
indicare la fraus legis. E quasi ti fanno sovvenire di testi romani
le parole : " chi pretende di contrarre un matrimonio senza ri-
vestirlo della necessaria legalità, omette di fare quello che do-
vrebbe fare ; e può il legislatore chiamarlo responsabile di omis-
sione. „ Per giungere all'intento il progetto Finocchiaro voleva,
con la minaccia di multe e decadenza dai lucri ricordati, imporre
agli sposi e allo stesso ministro di qualunque culto, con minaccia
di multa, la precedenza del matrimonio civile sul religioso ; il pro-
getto Bonasi dichiara obbligatoria la celebrazione del matrimonio
civile prima o dopo del rito religioso, commina poi una multa e
la ricordata decadenza ai coniugi che nei quaranta giorni succes-
sivi al matrimonio religioso omettono di celebrare il civile; non
imponendo al ministro di qualunque culto altro obbligo che di
partecipare per scritto all'ufficio dolio stato civile del luogo l'av-
venuta celebrazione con tutte le indicazioni relative agli sposi, sal-
vochò non gli sia consegnato un regolare certificato dell'avvenuta
celebrazione del matrimonio civile.
Il problema è dei più gravi poiché in sostanza e con 1' uno
e con l'altro progetto, malgrado le multe, si è tutt'altro che sicuri
di conseguire lo scopo. Si noti poi (come giustamente osservava
l'episcopato veneto) (') che i ministri del culto ebraico o prote-
stante si trovano qui in una condizione del tutto diversa da quella
del sacerdote cattolico secondo i canoni del concilio di Trento. La
scissura avviene proprio rimpetto a quella religione che lo statuto
dichiara religione dello Stato e che è della quasi totalità degl'ita-
liani. Che il culto non sia rigorosamente seguito da tutti, poco
importa ; la famiglia presso di noi, o per tradizione, o per con-
vinzione, 0 por sentimento, o per canone di educazione, è cattolica.
D'altra parte che lo Stato abbia tutto il diritto di regolare le con-
seguenze civili degli atti religiosi è fuori di dubbio ; la formola
cavourriana, buona per un determinato momento, è perniciosa a
chi si ostinasse a tenerla come assoluta espressione di un rigido
confine tra Chiesa e Stato che vivono insieme e tuttodì si toccano
sullo stesso territorio e nelle istesse persone le quali non si pos-
sono dimezzare. Anche il sacerdote cattolico è, e dev'essere, un
cittadino. Nondimeno prudenza politica e rispetto alle generali
(1) Nella petizione al Sonato unita alla rolazioiio senatoria sul pro-
getto Finocchiaro,
438 B. bructI (14)
convinzioni possono qui far preferire la via indiretta del progetto
Bonasi a (i[uella del progetto Finocchiaro. Si ricordi che allo Stato
spetta il dovere di tutelare la libertà delle ribellioni individuali
ai dogmi e alle tradizioni ; ma grincombe pur l' obbligo di non
offendere, sin dove è possibile, i sentimenti della maggioranza. Se
il matrimonio è un sacramento per quella religione la quale è re-
ligione dello Stato, possiamo noi vincolare, in qualsiasi modo, il
sacerdote a delle modalità nell'amministrare i sacramenti ? Tanto
più deve dubitarne chi, al pari di me, vuol la Chiesa aliena del
tutto da cose temporali. E possiamo imporre all' individuo una
priorità del contratto sul sacramento ? Egli ne sia giudice, purché
non si sottragga al matrimonio civile. Noi che esageriamo nella
logica delle leggi vorremmo abbandonarla qui, per fare altrettanti
martiri dei sacerdoti, i quali messi nel bivio fra il loro dovere ec-
clesiastico e un articolo di legge, preferiranno certo il primo, come
prevede la petizione dell'episcopato veneto ? I martiri son sempre
pericolosi.
Ecco ora le principali obiezioni dell'ufficio centrale del Se-
nato al progetto Bonasi :
a) Non si può, dall'aver concluso il matrimonio religioso,
trarre argomento per imporre l'obbligo di contrarre quell' atto di
matrimonio che la legge civile unicamente riconosce e considera
fonte di diritti e doveri.
b) Il progetto chiama matrimonio illegale " fatto, cioè, con-
trariamente alla Ìeg2^e un atto che giuridicamente non esiste. „
r) Il progetto offende il principio che il matrimonio dev'es-
sere atto spontaneo e libero.
(/) (ir impedimenti al matrimonio civile non corrispondono
del tutto agi' impedimenti del diritto canonico ; la dispensa reale
verrebbe a dipendere dalla dispensa dell'autorità ecclesiastica.
e) Le sanzioni scritte nel disegno di legge possono, secondo
i casi, colj)ire un incolpevole o rimaner vane o essere indifferen-
temente subite. Non basta la decadenza dai lucri a chi non ne
perde restando celibe o vedovo ; sfugge sempre ad altre conse-
guenze civili del matrimonio, e gli basta. L'ammenda fra le 50 e
le 1000 lire riescirà meschina.
Io rendo omas'o^io ao-li alti intendimenti civili dell'ufficio cen-
trale e riconosco insieme che il progetto Bonasi potrà essere com-
pletato e migliorato. Non mi pare che meriti tutti gli anatemi, i
quali gli sono stati scagliati dalla parte nostra, quando si coor-
(15) SENSO aiUEIBICO ROMANO ECC. 439
dilli a un sistema di freni più completo. Ecco tutto. E giacche re-
lazioni e progetti mostrano che si vuole piuttosto prevenire il male
che punire chi trasgredì, sarebbe forse meglio non discostarci da
una via che togliesse qualsiasi irragionevole motivo alla celebrazione
di un puro matrimonio religioso. E si dovrebbe, cioè, considerarlo
totalmente dal legislatore quale atto conchiuso in fraìidom Ie</is, in
modo che i coniugi non fossero mai sottratti agli oneri del matri-
monio e alle conseguenze civili, senza poterne però trarre i van-
taggi, nò poter far valere diritti di patria potestà, di successione
legittima ecc. La poligamia sarebbe evitata ; la prole resterebbe il-
legittima ; ma gli obblighi verso di essa spingerebbero a preferire
la via piana, alla via torta, egualmente e più penosa. E converrebbe
a quest'intento modificare il divieto di ricerca della paternità e dar
qualche valore al concubinato )tìore uxorio, come era stato proposto
nel progetto che il Gian turco presentò alla Camera dei deputati il 21
gennaio 1892 e il 1» febbraio 1893 e che purtroppo è dimenticato !
Cosi la obiezione che Tatto del matrimonio religioso giuridica-
mente non esiste (obiezione per altro scopo fatta anche nella pe-
tizione dell'episcopato veneto) non avrebbe importanza. Per atto
ili fnmdem hgis ve n' è ad esuberanza (i) ; ed è più che bastante
per indurne la volontà di contrarre matrimonio. Non fu dichiarata
dinanzi a un autorevole testimone ? 0 che forse in diritto ha im-
portanza, potrei dire, soltanto una confessione giudiziale ?
Evitiamo più che sia possibile il H/inìnuDìì ius e gli scrupoli
della logica giuridica formale, che io già prevedo destarsi contro
di me ! Si può continuare a dire non esistente un atto che per la
religione dello Stato e la coscienza popolare (tutti i relatori ne
sono convinti) distingue le mille miglia il matrimonio dal concu-
binato? La discrepanza fra il diritto civile e il canonico non è sì
grande come si crede e qui molto si può attendere dalla stessa, au-
torità ecclesiastica, che si e mostrata propensa a render impossi-
bile la celebrazione del matrimonio religioso senza il civile. D'al-
tra parte lo Stato potrà vegliare ad occhi aperti, e farà bene, che
(I) E si vedo conio nella stessa Rola ione Ingliilleri sul progotto Fi-
noceliiaro si considera la celebrazione del solo matrimonio religioso come
'' violazione del procotto legislativo che impone a tutti i cittadini l' ob-
bligo di far procedere il matrimonio civile al religioso. „ Dumiue 1' atto
esiste.
440 B. BRUGI - SENSO GIURIDICO ROMANO ECC. (16)
il sacerdote (no, non vo' dir sacerdote, l'uomo di parte) o nella stam-
pa 0 dal pergamo ecciti, direttamente o indirettamente, a violare,
0 vituperi leggi dello Stato, compresa quella che impone l'obbligo
del matrimonio civile. ]\Ia spero non accadrà. La nostra prudenza,
che s'inspira alla politica dei legisti medioevali, precursori obliati
0 derisi delle moderne dottrine sui rapporti fra Chiesa e Stato (i),
sarà ricambiata, spero, da altrettanta prudenza. E autorità civile
e autorità religiosa avranno contribuito al benessere sociale. Di
lotte ne abbiamo anche troppe, e a tutti riesciranno nocive !
Infine perchè non si tenga meno in pregio il matrimonio ci-
vile, dal momento che col religioso già se ne avrebbero alcune
principali conseguenze (es. gli alimenti) che possono appagare l'uno
0 l'altro coniuge o ambedue, e non si sopporti a cuor leggero la
pena, io crederei che dovesse esser cresciuta e potesse anche venir
adattata alla specialità dei trasgressori (detenzione, interdizione dai
pubblici uffici, perdita dell' elettorato e della eleggibilità^ delle
patenti di esercizio ecc.). Oltre la multa, non mancano mezzi di
minacciare danni morali e pecuniari ai contravventori. Inoltre io
vorrei che il concetto di seduzione si allargasse sino a compren-
dere la possibilità di colpire anche le unioni con donne maggio-
renni, se lo scopo criminoso fu raggiunto col matrimonio cele-
brato soltanto in Chiesa.
Dissi liberamente. Ho errato ? Si ricordi la bella massima dei
glossatori opinio mayistyi pì'ohaì)iìis f(tnfi(nì: ed io non sono nep-
pure un maestro.
(1) Cfr. sull'indipendenza spirituale del pontefice e sul rispetto ai
canoni le belle teorie di quell' ardito sostenitore dei diritti dello Stato,
che fu Cino da Pistoia. Chiappelli, Vita e op. giiir. di Gino da Pist.
(Pist. 1889), p. 120, 130.
(Licenziata per le stampe il 19 marzo 1900)
Atti del Reale Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti.
Anno accademico 1899-900 - Tomo LIX - Parte seconda.
CONTRIBUZIONI DIATOMOLOGICHE (IV)
DI
ACHILLE FORTI
(presentate dal prof. G. B. De Toni, m. e., nell'Adunanza, 4 febbraio 1900)
CONTEIBUTO ALLA DIATOMOLOGIA DEL FeIULI
La limnologia Friulana, grazie all' iniziativa di molti e va-
lenti scienziati, possiede già una ricca bibliografia la quale però
è rivolta in modo precipuo ad illustrare la parte fisica e geogra-
fico-geologica dei laghi stessi.
La parte biologica anche ebbe uno sviluppo sufficiente dal
lato zoologico cui si sono applicati i prof. P. Pavesi (i), A. Sen-
na (^) ed A. Lorenzi (^), il quale ultimo eseguì anche ricerche ac-
curate sulle fanerogame neritiche (4) ; ma le Alghe generalmente
(1) P. Pavesi, Sulla fauna pelagica nei laghi italiani. 2 part. Milano,
1879, 8.°
Id. Altra serie di ricerche sulla fauna pelagica dei laghi italiani.
Padova, 1883, 8.»
(2) Senna A. Escursione zoologica a due laghi friulani. Firenze, 1890.
(3) Lorenzi A. La fauna dei laghi del Friuli. Nota preventiva. —
" In Alto „ 1897.
Id. Il lago di Ospedaletto in Friuli. — " In Alto „ 1897.
Id. Esistenza d' una fauna profonda nel lago di Gavazzo. — "In
Alto,, 1896.
Id. Una visita al lago di Cima Corso. — " In Alto „ 1896.
(4) Lorenzi A. Osservazioni sulla vegetazione del lago di Gavazzo. —
" In Alto „ 1897.
Id. Intorno ai limiti altimetrici dei fenomeni fisici e biologici. —
" In Alto „ 1899.
Id. La vegetazione lacustre. — Riv. geogr. it. 1899, S.°
442 A. POETI (2)
non furono mai prese in considerazione. Alghe friulane sono elen-
cate in un opuscolo di Francesco Del Torre (i) che determinò le
forme dei fiumi e dei fossati nel distretto di Cividale. Un piccolo
elenco di Diatomee è stato fornito dal prof. CI. B. De Toni nel
lavoro geografieo-morfologico sul lago di Gavazzo del dott. Olinto
Marinelli (-), elenco che 1' autore riferisce anche nella recensione
del lavoro stesso eseguita per il suo Periodico (•^). — Di recente
poi apparvero negli Atti dell' Accademia di Udine uno scritto del
prof. Ettore De Toni in cui sono enumerate varie alghe (^) e nel
giornale " In Alto „ un lavoro del dott. Arrigo Lorenzi (•'») conte-
nente un piccolo elenco di Myxophyceae e Bacillarieae determi-
nate e ripuhblicate da me nel Bullettino della Società Botanica
Italiana ('■).
I materiali per il presente studio mi sono stati forniti dal
prof. Olinto Marinelli e dal dott. Arrigo Lorenzi ; il primo mi
diede due saggi di fanghiglie bentoniche raccolte nel lago di Ga-
vazzo, nel punto più profondo (m. 38), negli anni 1894 e 1896 ;
il dott. Lorenzi mi inviò campioni neritici di varie stazioni lacu-
stri del Friuli, dei quali in questo luogo non ne analizzo che due,
raccolti nel lago di Gavazzo ed uno nel lago di Mediana.
I saggi bentonici sono fanghiglie argillose di colore isabellino
chiaro se asciutti, poco più scuro se bagnati ; sono poveri di so-
stanza organica, ma abbastanza ricchi di Bacillariee.
Essi sono sufficientemente caratteristici perchè contengono
p. es. Campylodìscus noricus Ehr., Fragiìuria construens Ehr. ed
altre forme bentoniche. Nel primo di questi saggi ho trovato 42
specie delle quali tre nuove per il Veneto, cioè : Epifhemni gra-
nulata Kuetz. che ho ritrovato anche nel Veronese sopra alcune
Cladophora raccolte in due stagni fuori di città presso porta Vit-
toria ; Navicula scutelìoìdeii- W. Sm. trovata per la prima volta in
(1) Del Torre F. Lo crittogame raccolte o studiate nel distretto di
Cividale. Udine, 1890, 8.»
(2) Marinelli 0. Studi sul lago di Gavazzo in Friuli. — Boll. Soc.
geogr. it. 1894, 8."
(3) In " Nuova Notarisia „ anno 1895, pag. 53-54.
(4) De Toni E. Note sulla flora e fauna Veneta e Trentina. — Atti
dell' Acc. di Udine, ser. IP, voi. V, 1898, 8."
(5) Lorenzi A. La palude di Solinibcrgo in Friuli. — " In Alto „ 1899.
(6) Forti Ach. Il gen. Stiyonema in Italia. — Boll. Soc, bot. it. 1899.
(3) CONTEIBITZIONI DIATOMOLOGICHE (iv) 443
Italia nel lago di Bracciano dal dott. M. Lanzi (i) ; infine Navi-
cuìa (Phifi.) stauroptera Grun. Neil' altro campione ho trovato
solamente 34 forme tutte già rinvenute nella A'enezia.
I saggi neritici del lago di Gavazzo furono raccolti 1' uno ad
Interneppo, l'altro a Simpiago. — Il primo è formato dalla pa-
tina raschiata sui ciottoli della sponda, che è in gran parte costi-
tuita da piccole diatomee peduncolate cui sono frammisti trico-
mi di Oscilhdoria linìosa Vauch.
L' altro è formato di fusti di Gharaceae su cui erano fissate
molte Diatomee stipitate ed in mezzo ai quali erano impigliate
forme libero-vaganti.
II saggio raccolto nel lago di Mediana è formato essenzial-
mente da colonie di una Croococcacea la Aphanothece stagnina
(Spreng.) A. Br. che costituisce uno strato verde-olivastro. Fra
una cellula e l'altra stanno piccole Bacillariee, parte fissate, parte
semoventi.
Nel primo dunque, il più copioso di Bacillariee, si trovano
54 forme di Diatomee di cui tre nuove per la Venezia e sono :
Gomphonema acuminatum var. pusillum Grun., Naricala (Pimi.)
Termes Ehr. e Navicuìa Tuscula (Ehr.) Grun. che ho segna-
lato per i laghi di Caldonazzo e Levico nel Trentino nell' altra
serie di questi lavori (-), ed infine Navkula (Diploneis) Manieri
Cleve che, per quanto mi consta, è specie nuova per l' Italia. —
Nel secondo che invece è il meno abbondante ho trovate n.» 28
forme di cui due non mai rinvenute nella Venezia, cioè : Cym-
helìa (Cocc.) gracilis Ehr. var. ìaevis H. L. Sm. e Cyrnheììa (Cocc.)
leptoceras (Ehr.) Kuetz. Neil' ultimo poi ho trovate n.o 38 specie
di cui una sola nuova per il Veneto, il Gompltoìiema nionfanum
(Schum.) Grun. Non è stata ancora rinvenuta nel Veneto la Sii-
riraya robusta Ehr. che ho osservato contemporaneamente in tutti
due i saggi neritici del lago di Gavazzo. Per brevità indicherò
con I e II rispettivamente i saggi bentonici e con III, IV e V
i neritici presi in considerazione in questo lavoro. In conclusione
sono n.o 95 le forme rinvenute in tutti cinque i saggi di cui 16
solamente ffià rinvenute nel Friuli da G. B. De Toni e F. Del Torre.
(1) Lanzi M. Le diatomee raccolte nel lago di Bracciano. — Atti
Acc. P. N. Line. 1883.
(2) Forti Aeh. Contribuzioni diatomologiclu^, I-III. — Atti R. Ist.
Ven. tomo LVllI, II, 18'J9, 8.»
444 A. FOETI (4)
Elenco sistematico (i)
*1. Amphora oraìis, Kuetz. (1833). Kuetz. Kies. pag. 107, Tab.
Y, fig. 35-39, A. Schm. Atl. Tab. XXYI, % 106-111, De
Toni, Syll. II, pag. 411, FI. Alg. Yen. Y, pag. 67.
Distribuzione nei saggi. — Nel I, II, III e Y.
(1) Lo forme astoriseato sono state già rinvenute nel Friuli.
BIBLIOGRAFIA
De Toni G. B. et Levi D. De Algis nonnullis praecipue Diatomaceis
inter Nymphaeaceas Horti Botanici Patavini. — Malpighia, anno 1, fase.
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De 'Toni G. B. c-X Levi D. Contributiones ad plija^ologiani italicam.
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Paoletti J. Diatomaeeae nonnuUae pliycologiae Venetae addendae. —
Notarisia, anno I, fase. IV. Venezia, 1886, 8.°
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Nuovo Giornale botanico italiano, voi. XIX, n. 2. Firenze, aprile 1887,
8" ; e Notarisia, anno II, fase. I, pag. 870. Venezia, 1887, 8.°
De Toni G. B. et Levi D. Liste des algues trouvées dans h» tube
digestif d' un tétard. — Bull. Soc. bot. de Lyon, 1888, 8.»
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sia, anno IV, fase. Ili, pag. 775. Venezia, 1889, 8.°
Levi D. Elenchi di diatomee rinvenute nel tubo digerente d'animali
acquatici. I. — Notarisia, anno IV, fase. IV. Venezia, 1889, 8."
De Toni G. B. Prima contribuzione diatomologica sul lago di Alle-
ghe. — Bull. Soc. bot. it. Anno XXI, 1, pag. 126. Firenze, 1889, 8.°
Del Torre F. Le crittogame raccolte e studiate nel distretto di Ci-
vidale. Udine, 1890, tip. Cooperativa, 8."
De Toni G. B. Sulla Navicula aponina Kuetz. e sui generi Brachy-
sira Kuetz. e Libellus Cleve. — Atti del R. Ist. Veneto, tomo I, serie
VII.» Venezia, 1890, 8.»
Levi Morenos D. Nuovi materiali per la diatomologia veneta. —
Atti R, Ist. Yen. Voi. I, serie VII.'' Venezia, 1890, 8.«
De Toni G. B. et Levi D. Miscellanea phycologica, series I et IL —
Nuova Notarisia, anno II, fase. III. Padova, 1892, 8.°
De Ioni G. B., Bullo G. S. e Paoletti G. Alcune notizie sul lago di
Arquà-Petrarca. — Atti R. Ist. Yen, Tomo III, serie VII." Venezia, 1894.
Garbini A. Contributo allo studio delle spongille italiane. — Atti
(5) CONTRIBUZIONI DIATOMOLOGICHE (iv) 445
Disfrihiizì'oìie r/eografìca nella Venezia. — Acquari del K.
Orto botanico di Padova (De Toni e Levi). Tubo digerente
di girini di rana a Conegliano (De Toni e Levi). Fossi di
Cividale (Del Torre). Lago di Alleghe (E. e G. B. De Toni).
Larve di Friganea raccolte negli stagneti del Piave a Sotto-
castello (Levi). Lago di Arquà Petrarca (De Toni). Lago di
Gavazzo (De Toni). Fiume Tartaro in simbiosi con Ephydatki
fluriatiHs, Lieb. (Garbini). Lago di Garda (Kirchner, Garbini
e Forti). Stagno Tecchi in Yalpantena (Forti). Laghi di Ne-
grisola e S. Croce e stagno Botteon (Forti).
2. Amphora affiniSj Kuetz. 1844. Kuefz. Kies. pag. 107, Tab. XXX,
fig. m, A. Schm. Atl. Tab. XXX, fig. 66, De Toni, Syll. II,
pag. 112.
Distribuzione nei saggi. — Nel I, II e III.
Disfrihìfzione geografica nella Venezia. — Stagno Tecchi
e sorgente di Sominavalle (Forti). Lago di Negrisola (Forti).
doli' Aec. di agr. arti e comm. di Verona, voi. LXX, serie III.'^ Verona,
1894, 8.»
Gorhini A. Osservazioni biologiclie intorno alle acque freaticlie ve-
ronesi (AccLuedotto e pozzi). Verona, Franchini, 1896, 8."
Garbini A. Diatomee bentoniche del lago di Garda. — Atti Acc. di
agr. arti e comm. di Verona, voi. LXXIII, serie IIP, fase. II, 1897, pag.
65. Verona, 1897, 8.°
Forti A. Diatomee di Valpantena. — Atti R. Ist. Veneto se. lett. a.
Tomo IX, serie VI['% 1897-98, pag. 1051. Venezia, 1898, 8.»
Garbini A. Alghe neritielie del lago di Garda. — Nuova Xotarisia,
serie X, fase. I. Padova, 1898, 8.»
Garbini A. Ancora sulle diatomee bentoniche del lago di Garda. —
Atti Acc. agr. s. 1. arti e comm. di Verona, voi. LXXIV, serie III", fase.
I. Verona, 1898, 8.°
Forti A. Contributo alla conoscenza della florula ficologica veronese.
— Nuova Notarisia, serie IX% fase. IV, Padova, 1898, S*' grande.
De Toni G. B. e Levi I). Flora algologiea della Venezia. Parte V%
Le Bacillariee (Diatomee) per G. B. De Toni. — Atti del R. Ist. Ven.
se. 1. arti, tomo Vili, serie VIP, 1896-97. Venezia, 1898, 8.°
Forti A. Contributo 2° alla florula ficologica veronese. — Nuova
Notarisia, serie X.% fase. II. Padova, 1899, 8° grande.
Kirchner 0. Florula phycologiea Benacensis. — Atti del Civico fia-
sco di Rovereto. Rovereto, 1899, 8.°
Forti A. Diatomee dell' antico corso plavense. Saggi neritici raccolti
dal prof. E. De Toni nell'autunno 1896. — Nuova Notarisia, 1899. Pa-
dova, 1899, 8^ grande, con 8 tavole ed una carta.
446 A. FORTI (6)
3. Amphom Pcdicii.lus (Kuetz. 1844), Grun. 1875. Knetz. Kies.
pag. 80, Tab. V, fig. 8, e VI, fig. 7, A. Schm. Atl. Tab.
XXVI, fig. 99, De Toni, Syll. II, pag. 412.
Distribuzione nei !^a(/(/i. — Nel I e III.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Lago di Garda
(Garbini, Kirchiier). Lago di Negrisola (Forti).
4. Cymbella Ehrenbergii, Kuetz. 1844. Kiietz. Kies. pag. 79, Tab.
VI, fig. II, A. Schm. Atl. Tab. IX, fig. 6-9, Tab. LXXI, fig.
74, De Toni, Syll. II, pag. 349, FI. alg. Ven. pag. 64.
Distribuzione nei saggi. — Nel I, II e III.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Acquari del R.
Orto bot. di Padova (De Toni e Levi). Tubo digerente di
Friganea raccolti negli stagnoli del Piave a Sottocastello (Levi).
Lago di Alleghe (De Toni). Acque del Cividalese (Del Torre).
Lago di Garda (Garbini). Lago di Negrisola (Forti).
5. Cgtnbella niicrocephala, Grun. 1880. V. Hck. Syn. pag. 63, Tab.
Ili, fig. 36-39, De Toni, Syll. II, pag. 3.53.
Distribuzione nei saggi. — Nel IV.
Distribazione geografica nella Venezia. — Benaco (Garbini,
Kirchner). Laghi di S. Croce, Restello e Negrisola (Forti).
6. Cymhella (Cocconema) graciUs, Ehr. 1838, var. leris, H. L. Sni.
Diat. Sp. typ. quo tempore. V. Hck. Syn. pag. 62, Tab. Ili,
fig. 7, A. Schm. Atl. Tab. X, fig. 23, De Toni, Syll. II, pag.
352.
Distribuzione nei saggi. — Nel IV.
Distribuzione geografica neUa Veìiezia. — Nuova.
7. Cgmbelki (Cocconema) cymbiformis (Kuetz. 1833), de Bréb.
1855 = Cgnibella variabilis, Heib. 1863, prò parte. A. Scìtm.
Atl. Tab. IX, fig. 76-79, Tab. X, fig. 13, 27a, De Toni, Syll.
II, pag. 363, FI. Alg. Ven. V, pag. 61.
Distribuzione nei saggi. — Nel I, IV e V.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Sulle foglie delle
Nymphaeaceae negli acquari dell'Orto botanico Padovano (De
Toni e Levi). Lago di Arquà Petrarca (De Toni). Lago di
Garda (Garbini, Kirchner). Adige (Forti). Laghi S. Croce, Re-
stello e Negrisola, stagno Botteon e stagno nel bacino del
lago Restello (Forti).
7.''^* Cymbella (Cocc.) cyììibiforìuix, var. j)((rr((, AV. Sni. 1853. W.
Sm. Brit. Diat. I, pag. 76, fig. 222, A. Srìnn. Atl. Tab. X,
fig. 14-15, De Toni, Syll. II, pag. 364.
(7) CONTRIBUZIONI DIATOMOLOGICHE (iv) 447
Disfrihiizione nei saggi. — Nel II.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Stagno Botteon,
lago Restello, di S. Croce e di Negrisola (Forti).
8. Cymhella (Cocc.) helvetica., Kuetz. 1844. Knetz. Kies. pag. 79,
Tab. VI, fig. 13, A. Sclnn. Atl. Tab. X, fig. 18.r e 21, Uè
Toni, Syll. II, pag. 366.
Distribuzione nei saggi. — Nel lY.
Disfrihiizione geografica nella Venezia. — Lago di Garda
(Garbini, Kirchner, Forti). Laghi di S. Croce e Restello, stagno
Botteon (Forti).
9. Cgmhella (Vocconema) lanceolata (Ehr. 1838), Kirchn. 1878. J.
Bnni, Diat. AIp. et du .Tura, pag. 57, Tab. Ili, fig. 10, A.
Schnì. Atl. Tab. X, fig. 8-10, Tab. LXXII, fig. 22-25, De
Toni, Syll. II, pag. 362, FI. Alg. Yen. Y, pag. 62.
Distribuzione nei saggi. — Nel III e Y.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Acquari del R. Orto
bot. di Padova (De Toni e Levi). Lago di Alleghe (De Toni).
Tubo digerente di larve di Friganea raccolta negli stagneti
del Piave presso Sottocastello (Levi) e di girini a Conegliano
(De Toni e Levi). Lago di Garda (Kirchner, Garbini). Laghi
di S. Croce, di Restello e di Negrisola, stagno Botteon (Forti).
10. Cgmhella (Cocc.) gastroides, Kuetz. 1844. Knetz. Kies. pag.
73, Tab. YI, fig. 4.h, V. Hck. Syn. pag. 63, Tab. II, fig. 8,
De Toni, Syll. II, pag. 361, FI.' Alg. Yen. Y, pag. 62.
Disfrihiizione nei saggi. — Nel lY e Y.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Fanghiglia del
torrente Monticano presso Conegliano (De Toni e Levi). Lago
di Arquà Petrarca (De Toni). Lago di Garda (Garbini e Kir-
chner). Laghi di S. Croce, Restello e Negrisola, stagno nel
bacino del lago Restello (Forti).
11. CymbeUa (Cocc.) leptocera>^ (Ehr. 1838); Rab. 1853. R<tb.
Suessw. Diat. Tab. YII, fig. 14, V. Hck. Syn. pag. 62, Tab.
Ili, fig. 24, De Toni, Syll. II, pag. 353.
Distribuzione nei saggi. — Nel lY.
Distribuzione geogràfica, nella Venezia. — Nuova.
12. Cgmbella (Cocconcma) affììiis, Kuetz. 1844. Kuetz. Kies. pag.
80, Tab. YI, fig. 15, A. Schm. Atl. Tab. IX, fig. 29, 38,
Tab. LXXII, fig. 28-29, De Toni, Syll. II, pag. 352, FI.
.Vlg. Yen. Y, pag. 63.
Distribuzione nei saggi. — Nel lY e Y.
448 A. roETi (8)
Distribuzione f/eografica nella Venezia. — In una fontana
in città a Belluno (Levi). Lago di Arquà Petrarca (De Toni).
Lago di Grarda (Garbini). Stagno Tecchi in Yalpantena (Forti).
Laghi di S. Croce e Restello, stagno Botteon (Forti).
13. Cipnbella (Encyonema) <jracilis., Rab. 1853. Rab. Suessw. pag.
25, Tab. X, suppl. fig.'l, A. Schm. Atl. Tab. LXXII, fig. 20,
21, Tab. X, fig. 36-37, 39-40, De Toni, Syll. II, pag. 373.
Distribuzione nei saggi. — Nel I.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Lago di Garda
(Garbini). Laghi di S. Croce e di Negrisola (Forti).
14. Cgmhella (Encgon.) ventricosum, Ag. 1827. W. Sm. Brit. I,
Tab. II, fig. 23, V. Hck. Syn. pag. 65, Tab. Ili, fig. 14, De
Toni, Syll. II, pag. 373, FI.' Yen. Y, fig. 69, Bizz. FI. Yen.
Critt. II, pag. 51.
Distribuzione nei saggi. — In tutti cinque.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Nelle acque dolci
a Follina nel Trevisano e nel lago di Alleghe nel Bellunese
(De Toni). Negli acquari dell' Orto botanico di Padova (De
Toni e Levi). In un tubo digerente d'un girino di rana a
Conegliano e nel torrente Monticano (De Toni e Levi). A Bel-
luno (Levi). Adige (Forti). Benaco (Kirchner, Garbini e Forti).
Laghi di S. Croce, Restello e Negrisola, stagno Botteon (Forti).
15. Cijmhella (Encgonema) c(fespitosa, Kuetz. 1849. ir. Sm. Brit.
II, pag. 68, Tab. LY, fig. 346, A. Schm. Atl. Tab. X, fig.
67-58, 60-62, De Toni, Syll. II, pag. 372.
Distribuzione nei saggi. — In tutti meno il II.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Lago di Garda
(Kirchner, Garbini). Laghi di S. Croce e di Negrisola, stagno
Botteon (Forti).
16. Navicula (Stauroneis) anceps, Ehr. 1838. Kuetz. Kies. pag. 105,
Tab. XXIX, fig. 4, V. Hck. Syn. pag. 68-69, Tab. lY, fig.
2-3, De Toni, Syll. II, pag. 211.
Distribuzione nei saggi. — • Nel III.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Stagno Tecchi in
Yalpantena (Forti). Lago di Garda (Kirchner, Garbini). Lago
di Negrisola (Forti).
17. Navicula (Fleurostauron) Smithii, (Bréb. 1855). Grun. 1860.
V. Hck. Syn. Tab. lY, fig. 10, Grun. Ueb. neue und ung.
bek. Arten. pag. 564, Tab. lY, fig. 16, De Toni, Syll. II,
pag. 223, sub. Pleurostauro legumine (Ehr.), Rab.
(9) CONTEIBUZIONI DIATOMOLOGICHE (iv) 449
Bhtr ih lezione nei saggi. — Nel III.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Nuova.
18. Navicula (Piinmlaria) Tennes, Ehr, 1840. V. Hck. Syn. pag.
80, Tab. VI, fig. 10-11, A. Schm. Atl. Tab. XLV, fig. 52-53,
70, Be Toni, Syll. II, pag. 32.
Distribuzione nei saggi. — Nel III.
Distribuzione geografi va nella Venezia. — Nuova.
19. Navicida (Pimi.) mesolepta, Ehr. 1840. Kuetz. Kies. pag. 101,
Tab. XXVIII, fig. 73, Tab. XXX, fig. 34, A. Schm. Atl.
Tab. XLV, fig. 52-53, 70, De Toni, Syll. II, pag. 32.
Distribuzione nei saggi. — Nel III.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Tubo digerente
di larva di Friganea raccolta nelle acque del Piave a Lam-
bioi (Levi). Lago di Negrisola (Forti).
20. Naricula (Pinnularia) stauroptera, Grun. 1860. 6^yv/«. in Wien.
Verhdl. der zool. bot. Ges. pag. 516, Tab. II, fig. 18, A. Scimi.
Atl. Tab. XLIV, fig. 39-41, De Toni, Syll. II, pag. 25.
Distribuzione nei saggi. — Nel I.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Nuova.
21. Navicula (Pinn.) bicapitata, Lag. 1873. V. Hck. Syn. pag. 78,
Tab. VI, fig. 14, De Toni, Syll. II, pag. 27.
Distribuzione nei saggi. — Nel III.
Distribuzione geografica nella, Venezia. — Lago di Negri-
sola (Forti).
*22. Navicula (Pinnularia) piridis (Nitzsch, 1817), Kuetz. 1844.
Kuetz. Kies. pag. 97, Tab. IV, fig. 18, Tab. XXX, fig. 12,
A. Schm. Atl. Tab. XLIT, fig. 11-14, De Toni, Syll. II, pag. 11.
Distribuzione nei saggi. — Nel II e III.
Distribuzione geografica nella Venezia. — - In un fosso fuori
Porta Po tello a Padova (Paoletti). Lago di Gavazzo (De Toni).
Tubo digerente di una larva di Friganea nelle acque del Piave
a Lambioi (Levi). Stagno Tecchi e sorgente di Sommavalle in
Valpantena (Forti). Lago di Garda (Kirchner, Garbini). Lago
di S. Croce, di Restello e di Negrisola e stagno Botteon (Forti).
22.^^^ Navicula (Pinn.) viridis, \a,r. commutata, Grun. 1881. Clere,
Nav. pag. 91, Grun. ap. A. Schm. Atl. Tab. V, fig. 6, De
Toni, Syll. Il, pag. 11.
Distribuzione nei saggi. — Nel V.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Laghi di S. Croce
e Negrisola, stagno iij^I bacino del lago Restello (Forti).
450 A. FOETI (10)
23. Navicula (Pimi.) maw)\ Kuetz (1833). Knefz. Kies. pag. 97,
Tab. IV, %. 19-21, A. Mini. Atl. Tab. XLY, fig. 8, De
Toni, Syll. II, pag. 10, FI. Alg. Yen. Y, pag. 22.
Distribuzione nei saggi. — Nel III e lY.
Disfrihuzione geognificci nella Venezia. — Sulle foglie delle
Ninfeacee del R. Orto bot. di Padova (De Toni e Levi).
Nel tubo gastrico di un girino di rana a Conegliano (De
Toni e Levi). Lago di Grarda (Kirchner, Garbini). Lago di
Negrisola, stagno di Botteon (Forti).
*24 Navieuìa radiosa, Kuetz. 1844. Kuetz. Kies. pag. 91, Tab.
lY, fig. 23, A. Schm. Atl. Tab. XLYII, fig. 50-52, De Toni,
Syll. II, pag. 37, FI. Alg. Yen. Y, pag. 25.
Distribuzione nei saggi. — In tutti.
Diiitrihìizione geografica nella Venezia. — Foglie delle Nin-
feacee negli acquari del R. Orto botanico Padovano (De
Toni, Levi). Tubi gastro-enterici dei girini di rana raccolti a
Conegliano (De Toni e Levi). A Belluno (Levi). Lago di Ospe-
daletto (De Toni). Adige (Forti). Lago di Garda (Kircbner,
Garbini e Forti). Laghi di S. Croce, Restello e Negrisola,
stagno Botteon (Forti).
24.^'' Xarir ala xidiosa, var. arata (W. Sm. 1853), Grun. 1860.
ir. Sm. Brit. I, pag. 56, Tab. XYTIT, fig. 171, De Toni,
Syll. II, pag. 42.
Distribuzione nei saggi. — In tutti.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Lago di Garda
(Garbini). Laghi di S. Croce, Restello e Negrisola, stagno
Botteon (Forti).
24.*'^'" Navicula radiosa, var. tendi a, de Bréb. 1849. V. Hck. Syn.
pag. 84, Tab. YII, fig. 21-22, De Toni, Syll. pag. 42.
Distribuzione nei saggi. — Nel lY.
Distribuzione geografica nel Veneto. — Sorgente di Soni-
mavalle in Yalpantena (Forti). Laghi di S. Croce, Restello
e di Negrisola, stagno Botteon (Forti).
25. Navicula cryptocephala, Kuetz. 1844. Kuetz. Kies. pag. 95,
Tab. Ili, fig. 23, V. Hck. Syn. pag. 84, Tab. YIII, fig. 1 e
3, De Toni, Syll. II, pag. 46, FI. Alg. Yen. Y, pag. 26.
Distribuzione nei saggi. — In tutti.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Lago di Alleghe,
di Arquà Petrarca (De Toni). A Belluno (Levi Morenos).
Stagno Tecchi, sorgente Zorzi, in Yalpantena (Forti). Benaco
(11) CONTRIBUZIONI DIATOMOLOGICHE (iv) 451
(Kircliner, Garbini e Forti). Lago di S. Croce e di Negrisola,
stagno Botteon (Forti).
26. XnvìcuJa Gasfruni, Ehr. 1843. Ktietz. Kies. pag. 94. Tab.
XXTin, fig. 562, De Toni, Syll. II, pag. 53.
DiMrihimone nei saggi. — Nel \.
Distribuzione geografica neìla Venezia. — Laghi Eestello
e di Negrisola (Forti).
27. Navicala hmceo/afa (C. Ag. 1827? Kg. 1833), A. Schni. 1875.
Kuetz. Kies. pag. 94, Tab. XXX, fig. 48, A. Schm. Mi. Tab.
XLYII, fig. 49, De Toni, Syll. II, pag. 57.
Distribuzione nei saggi. — Nel IH.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Stagno Tecchi e
sorgente Zorzi in Talpantena (Forti). Lago di Garda (Kir-
chner, Garbini, Forti). Laghi di S. Croce e di Negrisola, ru-
scello alla frana di Nove (Forti).
28. Navicula Placentula (Ehr. 1843), Kuetz. 1844. Kuetz. Kies.
pag. 94, Tab. XXYIII, fig. 37, T^ HcL Syn. Tab. YIII, fig.
26, De Toni, Syll. II, pag. 55.
Distribuzione nei saggi. — Nel I.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Lago di Garda
(Kirchner).
29. NacicaJa anglica, Ralfs, 1861. Bruii, Diat. Alp. et du J. pag.
74, Tab. Vili, fig. 14, De Toni, Syll. II, pag. 56.
Distribuzione nei saggi. — Nel lY.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Fra le Ninfeacee
nel R. Orto botanico di Padova (De Toni, Levi). Tubo di-
gerente di girini di rana esculenta provenienti da Conegliano
(De Toni, Levi). Lago di Negrisola (Forti).
30. Navicula (Diploneis) ovalis, Hilse, 1861. JV. Sm. Brit. I, pag.
48, Tab. XYII, fig. 153, De Toni, Syll. II, pag. 89.
Distribuzione nei saggi. — Nel I.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Lago di Negrisola.
31. Navicula (DipUmeis) Manieri, Brun. 1879. Diat. des A. et du
Jura, pag. 77, Tab. I, fig. 18, De Toni, Syll. II, pag. 178.
Distribuzione nei saggi. — Nel III.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Nuova, e nuova
pure, per quanto mi sembra, per l'Italia. — J. Brun la no-
tifica primo, trovata nel lago Lemano ; Cleve poi nella sua
Monografia delle rafidec la sognala per il lago Yetter nella
Svezia.
452 A. FORTI (12)
*32. NiU'icuJa (DìploneU) elliptica., Kuetz. 1844. Kuetz. Kies. pag.
98, Tab. XXX, fig. 55, A. Schm. Atl. Tab. YII, fig. 29-32,
De Toni, SylI. II, pag. 89, FI. Alg. Yen. Y, pag. 28.
Distribuzione nei saggi. — In tutti meno che nel TU.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Lago di AUeghe
(De Toni). Lago d'Arquà (De Toni). Nei fossi del Cividalese
(Del Torre). Lago di Garda (Kirchner, Garbini). Lago di S.
Croce e di Negrisola, stagno Botteon, ruscello discendente
dalla frana di Nove (Forti). Sorgente di Sommavalle in Yal-
pantena (Forti).
33. Navicula (Dipìonels) scuteVoides, W. Sm. 1857. Grim. in Wien.
Yerh. 1860, pag. 533, Tab. Ili, fig. 15, A. Schm. Atl. Tab.
YI, fig. 34, De Toni, Syll. II, pag. 133.
Distribuzione nei saggi. — Nel I.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Nuova.
34. Navicuhf Tuscula, Ehr. 1840. V. Hck. pag. 95, Tab. X, fig.
14, Kuetz. Kies. pag. 10(3, Tab. XXI, fig. 9, De Toni, Syll.
II, pag. 113.
Distribuzione nei saggi. — Nel III.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Nuova.
35. Navicula Pupula, Kuetz. 1844. Kuetz. Kies. pag. 93, Tab.
XXX, fig. 40, V. Hck. Syn. pag. 100, Tab. XIII, fig. 15-lfi,
De Toni, Syll. H, pag. 162, FI. Alg. Yen. V, pag. 36.
Distribuzione nei saggi. — Nel I, III e Y.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Lago di Arquà
Petrarca (De Toni). Stagno Tecchi in Yalpantena (Forti).
Lago di Garda (Kirchner, Garbini). Stagno Botteon e lago
Restello (Forti).
36. Naricula cuspidata, Kuetz. 1844. Kuetz. Kies. pag. 94, Tab.
Ili, fig. 24, W. Sm. Brit. I, pag. 47, Tab. Ili, fig. 24, De
Toni, Syll. Il, pag. 136, FI. Alg. Yen. Y, pag. 35.
Distribuzione nei saggi. — Nel IH.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Stagno Tecchi
in Yalpantena (Forti). Lago di Garda (Garbini). Lago di Ne-
grisola (Forti).
37. Navicula (Caloneis) limosa, Kuetz. 1844. Brun, Diat. Alp. et
du Jura, pag. 73, Tab. LIT, fig. 12, V. Hck. Syn. pag. 103,
Tab. XII, fig. 18, De Toni, Syll, II, pag. 147, FI. Alg. Yen.
A^ (sub. N. Silicula Ehr.), pag. 32.
Distribuzione nei saggi. — Nel I e IL
(13) CONTEIBUZIONI DIATOMOLOGICHE (iv) 45S
Distriìmzione f/eo(/r((fie(f nella Venezia. — Acque dolci a lento
corso presso Follina nel Trevigiano (E. e G. B. De Toni).
Nelle larve di Friganea a Belluno (Levi). Lago di Arquà (De
Toni). Lago di Garda (Kirchner, Garbini). Laghi di S. Croce
e Restello, stagno liotteon (Forti).
3y bis ]\\(c/rnla linìosa, var. gihheni'a, Kuetz. 1844. Knetz. Kies.
pag. 101, Tab. TU, fig. 50, W. Sm. Brit. I, pag. 51, Tab.
XVII, fig. 160, De Toni, Syll. II, pag. 148, FI. Alg. Yen.
pag. 32, sub. iV. Silicula.
Distribuzione nei saggi. — Nel I.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Lago di S. Croce
(Forti).
38. Navicula (Neidium) amphigomphus. Ehr. 1843. Kuetz. Kies.
pag. 93, Tab. XXVIII, fig. 50-41, A. Schm. Atl. Tab. XLIX,
fig. 9, De Toni, Syll. II, pag. 154.
Distribuzione nei saggi. — Nel I e III.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Lago di Garda
(Garbini, Kirchner). Lago di Negrisola (Forti).
39. Navicula (Neidium) producta, W. Sm. 1853. W. Sm. Brit. I,
pag. 51, Tab. XVII, fig. 144, A. Schm. Atl. Tab. XLIX, fig.
37-39, De Toni, Syll. II, pag. 154.
Distribuzione nei saggi. — Nel III.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Sorgente Zorzi
in Valpantena (Forti). Lago di Negrisola (Forti).
40. Na incula (Neidium) affinis, Ehr. 1842. Kuetz. Kies. pag. 95,
Tab. XXVIII, fig. 65, Tab. XXX, fig. 45-46, A. S-hm. Atl.
Tab. XLIX, fig. 4-5, De Toni, Syll. II, pag. 155.
Distribuzione nei saggi. — Nel III.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Lago di Garda
(Garbini, Kirchner).
41. Navicula (Frustulia) vulgaris (Thw. 1847), De Toni, 1891.
W. Sm. Brit. II, pag. 70, Tab. LVI, fig. 351, De Toni, Syll.
II, pag. 280.
Distribuzione nei saggi. — Nel I.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Foglie delle Nin-
feacee negli acquari dell'Orto botanico di Padova (De Toni).
Tubi digerenti di girini di rana a Conegliano (De Toni e
Levi). Lago di Arquà (De Toni). Lago di Garda '^Forti). Laghi
di S. Croce e Negrisola (Forti).
*42. Pleurosigma (Ggrosigma) attenuatum (Kuetz. 1833), W. Sm.
454 A. FORTI (14)
1853. Kuetz. Kies pa,i?. 102, Tab. lY, %. 28, W.Sm. Brit.
I, pag. 68, Tab. XXII, fig. 216, X>e Tow/, Hyll. II, pag. 249.
Distribuzione nei saggi. — In tutti meno che nel IV.
■ ■ Distribuzione geografica nella Venezia. — In una fontana
ai giardini pubblici di Venezia (D. Levi-Morenos). Fossi del
Cividalese (Uel Torre). Lago di Gavazzo (De Toni). Lago di
Garda (Kirchner, Garbini). Laghi di 8. Croce e di Negrisola
(Forti).
43. Gomphonema constricfum, Ehr. 1830. Kuetz. Kies. pag. 86,
Tab. XIII, fig. I, 1-3 e IV, W. Sin. Brit. I, pag. 78, Tab.
XXVIII, fig. 236, De Toni, Syll. Il, pag. 421, FI. Alg. Ven.
V, pag. 71.
Distribuzione nei saggi. — Nel III e nel V.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Nelle acque dolci
del Veneto senza indicazione di località precisa (Bizzozzero).
Sulle Vaucheria e sulle Ninfeacee nei fossati e negli acquari
del regio Orto botanico di Padova (De Toni e Levi). Nei tubi
digerenti di girini raccolti presso Gonegliano (De Toni e
Levi). Laghi di AUeghe e di Arquà (De Toni). Lago di
Garda (Garbini, Kirchner). Laghi di S. Croce, Restello e di
Negrisola, stagni Botteon e nel bacino del lago Restello (Forti).
43.*'"* Gontphonema constrictum, var. capitai um, Ehr. 1838. Kuetz.
Kies. pag. 86; Tab. XVI, fig. II, et Tab. XXI, fig. XIII, W.
Sm. Brit. I, pag. 80, Tab. XXVIII, fig. 237, De Toni, Syll.
II, pag. 422.
Distribuzione nei saggi. ■ — • Nel I.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Tubo gastro-en-
terico di larva di una Friganea raccolta nelle acque del Piave
a Lambioi (Levi). Lago di Garda (Kirchner, Garbini).
*44. Gompìionema acuminatum, Ehr. 1838. Kuetz. Kies. pag. 86,
Tab. XIII, fig. I, 7 e IV, W. Sm. Brit. I, pag. 79, Tab.
XXVIII, fig. 238a a, b, De Toni, Syll. II, pag. 423.
Distribuzione nei saggi. — Nel III e IV.
Distribuzione geografica nella- Venezia. — Sulle Vaucheria
nei fossi dell'Orto botanico Padovano (De Toni e Levi). Nei
fossi dei dintorni del distretto di Cividale (Del Torre). Lago
di Arquà (De Toni). In simbiosi sullo spongiario Epìiydatia
fiuviatilis Lieb. nel fiume Tartaro a Gazzo (Garbini). Stagno
Tecchi in Valpantena (Forti). Lago di Garda (Garbini, Kirch-
ner). Laghi di Restello e di Negrisola (Forti).
(15) CONTRIBUZIONI DIATOMOLOGICHE (iv) 455
44.'''^ Gomplionenìd acuminatuni, var. hificeps, H. Y. H. V. Hrk.
Syn. pag. 86 Tab. XXIII, fig-. 17, Cleve, Nav. pag. 184.
Disfi ih HS/'oiie nei >^(f !/(/>'■ — Nel I.
Disti ihu.zione (ipofirapra ìtrìht Veìiczia. — Stagno Teechi e
sorgente Zorzi in Valpantena, stagno Botteon, laghi Kestello
e (li Negl'isola (Forti).
44."^'" Gomph. ((cuminaium, var. pusilliim, Grun. 1880. V. Hcìc. Syn.
Tab. XXIII, fig. 19, deve, Nav. pag. 184.
Distribuzione nei saggi. — Nel III.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Nuova.
45. Gomphonema mnnfnnum (Schum. 1862), Grun. 1880. V. Hrk.
Syn. pag. 124, Tab. XXIII, fig. 33-36, Cleve, Nav. pag. 184
(sub G. subcìavato).
Distribuzione nei saggi. — Nel Y.
Distribuzione geografica netta Venezia. — Nuova.
46. Gomphonema intricatnm, Kuetz. 1844. V. TIck. Syn. pag. 126,
Tab. XXIY, fig. 28-29, De Toni, SylI. II, pag. 428.
Distribuzione nei saggi. — Nel I, lY e Y.
Distribuzione geografica netta Venezia. — In un fosso a Co-
negliano (Levi). Lago di Garda (Garbini, Kirchner). Laghi di
S. Croce, Restello e di Negrisola (Forti).
47. Gompjlionema Vibrio, Ehr. 1843. Kaetz. Kies. pag. 87, Tab.
XXIX, fig. 85, V. Hck. Syn. Tab. XXIY, fig. 26-27.
Distribuzione nei saggi. — Nel lY.
Distribuzione geografica nelta Venezia. — Lago di Garda
(Kirchner). Stagno nel bacino del lago Restello (Forti).
48. Gomphonema pulvinatwn, A. Br. ap. Rab. 1853. i?«è. Suessw.
diat. pag. 58, Tab. YIII, fig. 16, V. Hck. Syn. Tab. XXIY,
fig. 32-33 (sub. G. intricato), De Toni, Syll. II, pag. 427
(sub. G. dichotliomo) .
Distribuzione nei saggi. — Nel III e Y.
Distribuzione geografica nelta Venezia. — Nuova.
49. Gomphonema parrutnm (Kuetz. 1844), Grun. 1880. Kuetz.
Kies. pag. 83, Tab. XXX, fig. 63, V. Hck. Syn. pag. 125,
Tab. XXY, fig. 9, De Toni, Syll. II, pag. 429.
Distribuzione nei saggi. — Nel lY e Y.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Lago di Garda
(Kirchner, Garbini). Stagno nel bacino del lago Restello (Forti).
50. AcJmantJtes (Aclirtantliidiìim) fiexella, Bréb. 1849. Kuetz. Kies.
pag. 80, Tab. lY, fig. 14, IF. Sm. Brit. I, pag. 21, Tab. Ili,
fi^. 23; De Toni, Syll. Il, pa^. 488.
456 A. FORTI (16)
Distribuzione nei saggi. — Nel Y.
Distribuzione geografica netta Venezia. — Lago di Garda
(Kirchner, Garbini). Lago di S. Croce (Forti).
51. Achnanthes (Microneis) minutissima^ Kuetz. 1833. Kuetz. Kies.
pag. 75, Tab. XIII, fig. II, e Tab. XIY, fig. IV, 2i, Tab.
XXI, fig. 2, W. Sm. Brit. II, Tab. Ili, fig. 30, De Toni,
Syll. II, pag. 484, FI. Alg. Yen. Y, pag. 84.
Distribuzione nei saggi. — Nel III e lY.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Sulle cloroficee
filamentose delle aeque dolci presso Yenezia (Zanardini). Nel
tubo digerente di girini presso Conegliano (De Toni e Levi).
Tubo digerente di larve di Friganea raccolte negli stagneti
del Piave a Sottocastello (Levi). Stagno Tecchi e sorgente
Zorzi in Yalpantena (Forti). Terme d'Abano (De Toni). Lago
di Garda (Kirchner, Forti). Laghi di S. Croce, Restello e di
Negrisola, stagno Botteon e nel bacino del lago Restello, ru-
scello della frana di Nove (Forti).
52. Achnanthes exiliSj Kuetz. 1833. Kuetz. Kies. pag. 76, Tab.
XXI, fig. 4, W. Sm. Brit. II, pag. 29-30, Tab. XXXYII,
fig. 303 e 303 (i. De Toni, Syll. II, pag. 483, FI. Alg. Yen.
Y, pag. 83.
Distribuzione nei saggi. — Nel lY.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Tubi digerenti di
girini di rana raccolti presso Conegliano (De Toni e Levi).
Sorgente di Sommavalle in Yalpantena (Forti). Tubo digerente
di larva di Friganea raccolta negli stagni del Piave presso
Sottocastello (Levi). Adige' su Cladophora glomerata (Lin.),
Kuetz. (Forti). Nel tubo intestinale di una Trygon violacea, Cuv.
pescata nell' Adriatico (De Toni). Lago di Garda (Garbini,
Kirchner). Laghi di S. Croce, Restello e di Negrisola, stagno
Botteon (Forti).
53. Cocconeìs Placentula, Ehr. 1838. Kuetz. Kies. pag. 133, Tab.
XXYIII, fig. 13, A. Schm. Atl. Tab. CXCII, fig. 38-51, Tab.
CXCI, fig. 1, De Toni, Syll. II, pag. 454.
Distribuzione nei saggi. — Nel III e lY.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Negli acquari e
fossati dell'Orto botanico di Padova (De Toni e Levi). Lago
di Arquà (De Toni). Acquedotto veronese (? Garbini). In sim-
biosi con la spongilla Ephgdatia fiiunatUis, Liebk. nel fiume
Tartaro a Gazzo nel Veronese (Garbini !). Nel tubo digerente
(17) CONTKIBUZIONI DIATOMOLOGICHE (iv) 457
di una larva di Friganea raccolta nelle acque del Piave a
Lambioi (Levi). Acque sorg-enti in Yaldonega nella provincia
di Verona (Forti). Adige (Forti). Lago di Garda (Kirchner,
Garbini e Forti). Laghi di Restello e di Negrisola, stagni
Botteon e nel bacino del lago Restello, ruscello discendente
dalla frana di Nove (Forti).
54. Cocroneis Pedieiihis, Ehr. 1838. Kuetz. Kies. pag. 71, Tab. V,
fig. IX, 1, A. HcJwì. Atl. Tab. CXCII, fig. 56, 58-63, De
Toni, Syll. II, pag. 452, FI. Alg. Yen. V, pag. 58.
Distribuzione nei saggi. — Nel HI.
Distribuzione geografica nella Venezia,. — - Sulle Ninfeacee
e nei fossati dell'Orto botanico Padovano (De Toni e Levi).
Lago di Alleghe (E. e G. B. De Toni). Lago di Arqucà (De
Toni !). Tubo digerente di larva di Friganea raccolta negli
stagneti del Piave a Sottocastello (Levi). Adige, sulle fronde
di Cladopìiora glomerata (Lin.), Kuetz. che vive sulle pale
dei mulini (Forti). Lago di Garda (Kirchner, Garbini). Laghi
di Negrisola e Restello, stagno nel bacino del lago Restello,
ruscello discendente dalla frana di Nove (Forti).
55. Epitiiemia turgida (Ehr. 1830), Kuetz. 1844. Kuetz. Kies. pag,
34, Tab. V, fig. 14, Grun. in Wien. Yerh. 1872, p. 324, Tab.
YI, fig. 2, De Toni, Syll. II, pag. 778, FI. Alg. Yen. Y, p. 143.
Distribuzione nei saggi. — ■ Nel I.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Nei fossi del Ci-
vidalese (Del Torres Lago di Alleghe (E. e G. De Toni).
Lago di Garda (Garbini).
56. Epithemia granili aia, Kuetz. 1844. Kuetz. Kies. pag. 35, Tab.
Y, fig. 20, W. Sm. Brit. I, Tab. I, fig. 6, De Toni, Syll. II,
pag. 778.
Distì'ibuzione nei saggi. — Nel I.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Nuova.
57. Epithemia alpestris (W. Sm. 1853), Grun. 1862. W. Sm. Brit.
I, Tab. I, fig. 7, Grun. in AYien. Yerh. 1862, pag. 329, Tab.
Ili, fig. 28, De Toni, Syll. II, pag. 783.
Distribuzione nei saggi. — Comune nel IL
Distribuzione geografica nella Venezia. — Belluno, nel tubo
gastrico di Friganea raccolta nel Piave (Levi).
58. Epithemia Argus (Ehr. 1843), Kuetz. 1844. Kuetz. Kies. pag.
35, Tab. XXIX, fig. 55, V. Hch. Syn. pag. 139, Tab. XXI,
fig. 15-17, De Toni, Syll. II, pag. 782, FI. Alg. Yen. Y, p. 144.
458 A. FORTI (18)
Distribuzione nei saggi. — Nel III, IV e Y.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Lago di Garda
(Kirchner, Garbini e Forti). Laghi di 8. Croce, Kestello e
di Negrisola.
59. Epitliemia Sorex, Kuetz. 1844. Kuetz. Kies. pag-. 33, Tab. Y,
fig. XII, 5 ah e, W. Sm. Brit. I, pag. 13, Tab. I, fig. 9, De
Toni, Syll. II, pag. 782, FI. Alg. Yen. Y, pag. 143.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Lago di Arqiià
Petrarca (De Toni). Su piante acquatiche e nei tubi digerenti
di larve di Friganea presso Belluno (Levi). Lago di Arquà
(De Toni). Lago di Garda (Garbini). Lago di S. Croce (Forti).
60. Bhopalodia gihberula (Ehr. 1841), O. Muell. 1896. V. ILI:
Syn. pag. 140, Kuetz. Kies. pag. 35, Tab. XXX, fig. 6, De
Toni, Syll. II, pag. 786, FI. Alg. Yen. Y, pag. 146.
Distribuzione nei saggi. — Kel I.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Terme d'Abano
(De Toni e Levi).
61. Bhopalodia ventricosa (Grun. 1880), 0. Miill. 1896. F. Hck.
Syn. pag. 139, Tab. XXXII, fig. 1-2, Kuetz. Kies. pag. 36,
Tab. lY, fig. 22, De Toni, Syll. pag. 781, FI. Alg. Yen. p. 144.
Disfribuzioue geografica nella Venezia. — Lago di Garda
(Kirchner, Garbini).
*62. Bhopalodia gibba, (Ehr. 1896), 0. Miill. 1896. Kuetz. Kies.
pag. 35, Tab. lY, fig. 22, W. Sm. Brit. I, pag. 15, Tab. I,
fig. 14, De Toni, Syll. II, pag. 780, FI. Alg. Yen. Y, pag. 144.
Distribuzione nei saggi. — Nel lY e Y.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Nei fossati dei
dintorni del distretto di Cividale (Del Torre). Lago di Garda
(Kirchner, Garbini). Lago di S. Croce (Forti).
63. Eunotia (Himantidium) pectinalis (Dillw. 1798), Rab. 1868.
Kuetz. Kies. pag. 39, Tab. XYI, fig. XI, W. Sm. Brit. II,
pag. 12, Tab. XXX, fig. 280, De Toni, Syll. II, pag. 793.
Distribuzione nei saggi. — Nel III e Y.
Distribuzione geografica nella Venezia. ■ — Lago di Garda
(Kirchner, Garbini). Lago di S. Croce (Forti). In simbiosi su
Ephgdatia fluriatilis, Liebk. nel fiume Tartaro nel Yeronese
(Garbini).
64. Eunotia (Him.) Arcus, Ehr. 1838. Kuetz. Kies. pag. 39, Tab.
Y, fig. XXII e XXIII, Tab. XY, fig. II, TT^ Sm. Brit. II,
pag. 13, Tab. XXXIII, fig. 283, De Toni, Syll. II, pag. 790.
(19) CONTRIBUZIONI DIATOMOLOGIOHE (iv) 459
Distribuzione nei saggi. — Nel II.
Distribtizione geografica nella Venezia. — Lago di Garda
(Kirchner, Garbini). Lago di S. Croce (Forti).
64:.^'^ Eimotia (Him.) Arem, var. hidens, Elir. 1853. V. Hck. Syn.
pag. 142, Tab. XXXIY, fìg. 7, W. Sui. Brit. I, pag. 13,
Tab. XXXIII, fig. 284, De Toni, Syll. II, pag. 791.
Distribuzione nei saggi. — Nel I e IL
Distribuzione geografica nella Venezia. -^ Lago di Negrisola
(Forti).
65. Eunbtia gracilis (Ehr. 1843), Rab. 1868. V. Hck. Syn. pag.
142, Tab. XXXIII, fig. 1-2, Kuetz. Kies. pag. 40, Tab. XXIX,
fig. 40, De Toni, Syll. IT, pag. 791.
Distribuzione nei saggi. — Nel I e V.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Lago di Garda
(Garbini).
*66. Sgnedra Ulna (Nitzsch, 1817), Ehr. 1838. Kuetz. Kies. pag.
66, Tab. XXX, fig. 28, T^^, Hck. Syn. pag. 150, Tab. XXXVIII,
fig. 7, De Toni, SyU. II, pag. 653, FI. Alg. Yen. Y, pag. 121.
Distribuzione nei saggi. — Nel I e Y.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Acquari dell'Orto
botanico di Padova (De Toni e Levi). Tubo digerente di girini
di rana raccolti a Conegliano (De Toni e Levi). Lago di Al-
leghe (E. e G. B. De Toni). Nei fossi e nei fiumi del Civi-
dalese (Del Torre). Lago di Arquà (G. B. De Toni). Tubi
digerenti di larve di Friganea raccolti nel Piave presso Bel-
luno (Levi). Acquedotto ed acque freatiche veronesi (Garbini).
Stagno Tecchi, sorgente Zorzi e sorgente di Sonnnavalle in
Yalpantena (Forti). Lago di Garda (Garbini, Kirchner). Laghi
Restello e di Negrisola, stagno Botteon (Forti).
*66.*''*' Sgnedra Ulna, var. oxgrhyncus (Kuetz. 1844), Y. Hck. 1880.
Kuetz. Kies. pag. 66, Tab. XIY, fig. YIII, 2, IX-XI, V. Hck.
Syn. pag. 651, Tab. XXXIX, fig. la. De Toni, Syll. II, p. 654.
Distribuzione nei saggi. — Nel I.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Nei fossi e nei
fiumi del Cividalese (Del Torre). Lago di Garda (Garbini,
Kirchner).
66.**'^ Sgnedra Ulna, var. longissima (AY. Sm. 1853), Grun. 1860.
V. Hck. Syn. pag. 151, Tab. LYIII, fig. 3, W. Sm. Brit. I,
pag. 72, Tab. XII, fig. 95, De Toni, Syll. II, pag. 654, FI.
Alg. Yen. Y, pag. 122.
460 A. FOETI (20)
Distribuzione nei saggi. — Nel I e III.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Acquari dclFOrto
botanico Padovano (De Toni e Levi). Lag-o di Garda (Kirch-
ner, Garbini). Lag-bi Kestello e di Negrisola, stagno I)Otteon
(Forti).
67. Sgnedra delicatissiMa, W. Sni. 1853. W. Sin. Brit. I, pag-.
72, Tab. XII, fig. 94, V. HcJr. Syn. pag. 151, Tab. XXXIX,
fig. 7, De Toni, Syll. II, pag. 123, FI. Alg. Yen. Y, p. 121.
Distribuzione nei saggi. — Nel III e Y.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Stagno Tecchi
in Yalpantena (Forti). Laghi di S. Croce e Restello (Forti).
08. Fragilaria rirescens, Ralfs, 1861. Grun.'m Wien. Yerh. 1862,
pag. 373, Tab. YIT, fig. 5, W. Sm. Brit. II, pag. 22, Tab.
XXXY, fig. 297, De Toni, Syll. II, pag. 681, FI. Alg. Yen.
Y, pag. 127.
Distribuzione nei saggi. — Nel Y.
. Distribuzione geografica nella Venezia. — Tra le Ninfeacee
negli acquari del R. Orto botanico Padovano (De Toni e Levi).
Nel tubo digerente di girini di rana a Conegliano (De Toni
e Levi). Adige, promiscuamente alla var. exigua, nel plancton,
ed impigliata tra le fronde di CladojtJtora glomerata (Lin.),
Kuetz. ed i filamenti di Bang/a atropnr purea (Dillw.), Ag.
aderenti alle pale dei mulini (Forti). Lago di Garda (Kir-
chner).
69. Fragilaria Crotonensis (Edw....), Kitt. 1869. V. Hck. Syn. pag.
156, Brun. Diat. A. et J. pag. 109, Tab. Y, fig. 30, Tab. IX,
fig. 27, De Toni, Syll. II, pag. 683.
Distribuzione nei saggi. — Nel Y.
Distribiizione geografica nella Venezia. — Lago di Garda
(Kirchuer, Garbini).
70. Fragilaria mutabilis, Ehr. 1833. lùietz. Kies. Tab. XXI, fig.
20, Brun, Diat. Alp. et du Jura, pag. 119, Tab. lY, fig. 11,
De Toni, Syll. II, pag. 689.
Distribuzione dei saggi. — Nel II, III e Y.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Lago di Alleghe
(E. e G. B. De Toni). Stagno Botteon e nel bacino del lago
Restello (Forti).
71. Fragilaria Harrissonii (W. Sm. 1855), Grun. 1862. W. Sm.
Brit. II, pag. 17, Tab. XXXIY, fig. 290, Knetz. Kies. pag.
45, Tab. XXI, fig. 20, De Toni, Syll. II, pag. 639.
(21) CONTEIBUZIONI DIATOMOLOGICHE (iv) 461
Disfrihiizione nei saggi. — Nel I, II e V.
Distribuziotie geografica nella Venezia. — Acquari dell'Orto
botanico di Padova (De Toni e Levi).
72. Fnigilaria comtruens, Ehr. 1841. W. Sm. Brit. IT, pag. 17,
Tab. XXXIV, pag. 17, Bnm, Diat. A. et du J. pag. 119,
Tab. lY, fig. 11, Kuefz. Kies. Tab. XXI, fig, XX, De To7ii,
Syll. II, pag. 689.
Distrihuzione nei saggi. — In tutti cinque.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Adige (Forti).
Lago di Garda (Garbini). Lago di Negrisola (Forti).
72. bis Fragilaria consfruens, var. venter, Ehr. 1840. Grun. in Wien
Yerh. pag. 371, V. HcL Syn. pag. 156, Tab. XLV; fig. 26,
De Toni, Syll. II, pag. 689.
Distribuzione nei saggi. — In tutti meno il lY.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Lago di Negri-
sola (Forti).
72."''" Fraglia ria roìì^trneìì^, var. binari is, Ehr. 1840. Kuetz. Kies.
pag. 100, Tab. Ili, fig. XXXY, W. Sm. Brit. Il, pag. 17,
Tab. XXXIY, fig. 291 [i. De Toni, Syll. II, pag. 689.
Distribuzione nei saggi. — Comune nel II.
Distrilmzione geografica nella Venezia. — Lago di Negri-
sola (Forti).
73. Denticnkt frigida., Kuetz. 1844. Knctz. Kies. pag. 43, Tab.
XYII, fig. YII, Bnm, Diat. A. et du .1. pag. 113, Tab. Ili,
fig. 36, De Toni, Syll. II, pag. 559.
Distribuzione nei saggi. — Nel II, III e lY.
Distrihuzione geografica nella Venezia. — Lago di Alleghe
(E. e G. B. De Toni). Lago di Garda (Kirchner, Garbini).
74. Diatoìna nilg(/re, Bory de Saint Yincent, 1828. Kuetz. Kies.
pag. 47, Tab. XYII, fig. 15, 1-4, W. Sin. Brit. II, pag. 39,
Tab. XL, fig. 309, De Toni, Syll. II, pag. 635.
Distribuzioni nei saggi. — Nel III.
Distrihuzione geografica nella Venezia. — Adige (Forti).
Lago di Garda (Kirchner, Garbini).
*75. Diatoma (Odontidium) hiemale (Lyngb. 1819), Heib. 1869,
incl. var. nicnodon. Kuetz. Kies. pag. 44, Tab. XYII, fig. 1,
Gran, in \Vien Yerh. 1862, pag. 357, De Toni, Syll. II, pag.
115, PI. Alg. A^en. pag. 115.
Distrihuzione nei saggi. — Nel III e Y.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Lago di Alleghe
462 A. FORTI (22)
e ad xV^'ordo (E. e G. B. Do Toni). Acquari del K. Orto
botanico di Padova (De Toni e Levi). Nel Natisone (F. del
Torre). Nel Piave presso Belluno (E. e G. B. De Toni). Adige
(Forti). Lago di Garda (Kirchner, Garbini). Laghi di Restello
e di Negrisola, stagno Botteon e nel bacino del lago Kestello
(Forti).
76. Ctjmafopleìira eJlipfica, De Bréb. 1882. Kiictz, Kies. pag. 44,
Tab. Ili, fig. LX, W. Hm. Bi-it. II, pag. 36, Tab. X; fig. 80,
De Toni, Syll. II, pag. 598; FI. Alg. A'en. Y, pag. 108.
Dii^tnhìizione nei saggi. — Nel I II e lY.
Disfìihìizione geograpca nella Venezia. — Nei fossi dei din-
torni di Cividale (Del Torre). Lago di Gavazzo (De Toni).
Negli acquari dell' Orto botanico Padovano (De Toni, Levi).
Lago di Arquà (De Toni). Lago di Garda (Kirchner, Garbini).
Laghi di S. Croce e di Negrisola (Forti).
77. CgnHffo/)le/ira ajricuìafa, AY. Sm. 1855. ir. Sni. Brit. I, pag.
37, Tab. X, fig. 79, Brnn, Diat. Alpes et du J. pag. 97, De
Toni, Syll. II, pag. 600, FI. Alg. Yen. pag. 110.
Didrihuzione nei saggi. — Nel IL
Disfyihuzione geografica nella Venezia. — In un girino di
rana a Conegliano (G. B. De Toni e Levi). Acquari del-
l'Orto botanico Padovano (De Toni e Levi). Nel fango del
Piave presso Belluno (E. e G. B. De Toni). Lago di S. Croce
e di Negrisola (Forti).
*78. ([/jìnafopleìii'it Hole((, AY. Sni. 1855. Kiwfz. Kies. pag. 60,
Tab. ITI, fig. 61, Biun, Diat. Alp. et J. pag. 97, Tab. I,
fig. 10, De Toni, Syll. II, pag. 109.
Distribuzione nei saggi. — Nel III.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Nei fossi del R.
Orto botanico di Padova, nel fiume Piave presso Belluno, nei
girini di rana a Conegliano (De Toni). Nei fossi dei dintorni
di Cividale (Del Torre). Lago di Arquà (De Toni). Lago di
Garda (Kirchner, Garl)ini). l^aghi di S. Croce e di Negrisola,
stagno nel bacino d(d lago Rcstello (Forti).
79. Nifzsclii(f (ILiìitzfycliia) a)nj)hioxis^¥A\Y. 1848. 7i?/p^^. Kies. pag.
36, Tab. XXIX, fig. 44, W. Sm. Brit. I, pag. 40, Tab. XIII,
fig. 105, De Toni, Syll. II, pag. 561, FI. Alg. Yen. Y, pag.
102.
Distribuzione nei saggi. — Nel Y.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Tra le ninfeacee
(23) CONTRIBUZIONI DIATOMOLOGICHE (iv) 463
neo-li acquari dell'Orto l)otanico di Padova, nei girini di rana
a Conegliano (De Toni e Levi). Stagno Tecchi e sorgente
di Sommavalle (Forti). Lago di Garda (Kirchner). Lago di
Negrisola e stagno Botteon (Forti).
80. Nitzachia (Tnjbì io lìdia) anyustata, AY. Sm. 1853. W. Sm. Brit.
I, pag. 36, Tab. XXX, fig. 262, Gnm, in Wien Yerh. 1862,
pag. 554-5, De Toni, Syll. II, pag. 500.
Distribuzione nei saggi. — Eara nel I.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Sulle Yaucheria
nei fossati dell' Orto botanico Padovano (De Toni e Levi).
Lago ài Garda (Kirchner). Lago di Negrisola (Forti).
*81. Nitzschia sigmoidea (Nitzsch, 1819), 0. Ag. 1834. Grun. Wien
Yerh. 1862, pag. 572, W. Sm. Brit. I, pag. 39-40, Tab. XIII,
fig. HO, De Toni, Syll. II, pag. 535.
Distribuzione nei saggi. — Nel IL
Distribuzione geografica nella Venezia. — Tra le Ninfeacee
e sulle Vaucherie nell'Orto botanico di Padova, nei girini di rana
a Conegliano (De Toni e Levi). Tubo digerente di larva di
Friganea raccolta nelle acque del Piave a Lambioi (Levi). Nei
fossati dei dintorni di Cividale (Del Torre). Lago di Garda
(Kirchner, Garbini). Lago di Negrisola (Forti).
82. Nitzschia lincaris, W. Sm. 1855, var. fenuis (W. Sm. 1855),
Grun. 1862. Grun. in Wien. Yerh. 1862, pag. 576, W. Sm.
Brit. I, pag. 40, Tab. XIII, fig. Ili, De Toni, Syll. II, pag. 536.
Distribuzione nei saggi. — Nel HI.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Stagno Tecchi
in Yalpantena (Forti). Lago di Garda (Kirchner). Laghi Re-
stello e di Negrisola, stagno Botteon e nel bacino del lago Re-
stello (Forti).
83. XitzscJiia amjjhibia, Grun. 1862. Grun. in AYien. Yerhandl.
1862, pag. 574, Tab. XII, fig. 23, V. Hck. Syn. pag. 184,
Tab. LXYIII, fig. 15-17.
Distribuzioìte nei saggi. — Nel \.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Stagno Tecchi
in Yalpantena (Forti).
84. Nitzschia Ftustulum (Kuetz. 1844), Grun. 1877. Kuetz. Kies.
pag. 63, Tab. XXX, fig. 40, V. Hck. Syn. pag. 184, Tab.
LXYIII, fig. 28-29, De Toni, Syll. II, pag. 543.
Distribuzione nei saggi. -— Nel III.
Distribuzione geografica nella Venezia. - — Nuova.
464 A. FORTI (24)
*85. Suriraya hiseriata (Ehr. 1838), De Bréb. 1855. V. Hck. Syn.
pag. 186, Tab. LXXII, fig. 1-2, Kuetz. Kies. Tab. VII, fig;.
X e Tab. XXYIII, fìg. 29.
Distribuzione nei saggi. — Nel I, II e III.
Dlsfribnzione geografica nella Venezia. — Tra le Ninfeacee
negli acquari del r. Orto botanico di Padova (De Toni e Le-
vi). Nei fossati del Cividalese (Del Torre). Lago di Alleghe
(E. e G. B. De Toni). Lago di Garda (Kirchner, Garbini).
*86. Suriraya splendida (Ehr. 1838), Kuetz. 1844. Kuetz. Kies.
pag. 62, Tab. VII, fig. I, III e lY in parte, A. Schm. Atl.
Tab. XXIII, fig. 42-44 e 47, De Toni, Syll. II, pag. 571,
FI. Alg. Yen. Y; pag. 106.
Distribuzione nei saggi. — Nel IL
Distribuzione geografica nella Venezia. — Fossati a Belluno
(Levi). Larva di Friganea raccolta nel Piave a Lambioi (Levi).
Lago di Gavazzo (De Toni). Nel Cividalese (Del Torre). Lago
di Garda (Garbini).
87. Suriraya robusta, Ehr. 1840. IV. Sw. Brit. I, pag. 32, Tab.
YIII, fig. 63, V. Hck. Syn. pag. 187, Tab. LXXI, fig. 1-2.
Distribuzione dei saggi. — Nel HI e lY.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Nuova.
88. Campylodisc/us Noricus, Ehr. 1841. Kuetz. Kies. pag. 59; A.
Schm. Tab. LY, fig. 8, De Toni, Syll. II, pag. 627, FI. Alg.
Yen. Y, pag. 111.
Distribuzione nei saggi. — Nel I, II e III.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Lago di Arquà
(De Toni). In un girino di rana a Belhmo (Levi). Nel tubo di-
gerente d'una larva di Friganea raccolta a Lambioi nelle
acque del Piave (Levi). Lago di Garda (Kirchner, Garbini).
Stagno Botteoii e lago di Negrisola (Forti).
89. Melosira (Lysigonium) varians, Ag. 1830. Kuetz. Kies. pag.
54, Tab. II, fig. XI-6, W. Sm. Brit. II, pag. 57-58, Tab.
LI, fig. 332, De Toni, Syll. Il, pag. 1329, FI. Alg. Yen. Y,
pag. 155.
Distribuzione nei saggi. — Nel III.
Distribuziotie geografica nella Venezia. — Tra le Ninfeacee
negli acquari dell'Orto botanico Padovano (De Toni e Levi).
Nei girini di rana a Conegliano (De Toni e Levi). Lago di
Arquà (De Toni). Adige (Forti). In simbiosi su Epliydatia
fiuriatilis (Liebk.). Nel fiume Tartaro nel Yeronese (Garbini).
(25) CONTRIBUZIONI DIATOMOLOGICHE (iv) 465
Lago di Garda (Kirchner, Garbini). Laghi di Negrisola e Re-
stello, stagno nel bacino del lago Restello e ruscello della
frana di Nove (Forti).
90. Melosixf (ortJiosìra) arenaria, Moore... Kiietz. Kies. pag. 55,
Tab. XXI, fig. XXYII, 0. Muelì. in Pringsh. Jahrb. XIY, 2,
1883, pag. 231-290, Tab. XIV, De Toni, Syll. II, pag. 1338,
FI. Alg. Y, pag. 157.
Distribuzione nei saggi. — Nel III.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Nel lago d'Arquà
(De Toni). Lago di Garda (Kirchner, Garbini).
91. Cydotella (Lindavia) radiosa (Grun. 1880), Schuett 1899. V.
Hck. Syn. pag. 214, Tab. XCII, fig. 23, De Toni, Syll. II,
pag. 1353.
Distribuzione nei saggi. — Nel I, II e V.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Lago di Garda
(Garbini, Kirchner). Laghi di Negrisola, di S. Croce e Re-
stello (Forti).
92. Cyclotella antiqua, W. Sm. 1855. V. Hck. Syn. pag. 214, Tab.
XCII, fig. 1, W. Sm. Brit. I, pag. 28, Tab. V, fig. 49, De
Toni, Syll. II, pag. 1352.
Distribuzione nei saggi. — Nel I, II e lY.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Lago di Garda
(Kirchner, Garbini). Lago di Negrisola (Forti).
*93. Cgclotella operculafa, C. Ag. 1827. Kuetz. Kies. pag. 50, Tab.
I, fig. 1-15, W. Sm. Brit. I, pag. 28, Tab. Y, fig. 48, De
Toni, Syll. II, pag. 1354, FI. Alg. Yen. Y, pag. 160.
Distribuzione nei saggi. ■ — Nei primi due.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Nei fossi a Co-
negliano (Levi). Lago di Arquà (De Toni). Lago di Ga-
vazzo (De Toni). Lago di Garda (Kirchner, Garbini). Lago
di S. Croce e ruscello discendente dalla frana di Nove (Forti).
*94. Cgclotella Kuetzingiana, Thw. 1847. V. Hck. Syn. pag. 214,
Tab. XCIY, fig. 1, 4, 6, W. Sm. Brit. I, pag. 27, Tab. Y,
fig. 47, De Toni, Syll. II, pag. 1354, FI. Alg. Yen. Y, pag.
161.
Distribuzione nei saggi. — Nel II, III e Y.
Distribuzione geografica nella Venezia. — Lago di Alleghe
(E. e G. B. De Toni). Lago di Arquà (De Toni). Tubo dige-
rente di una larva di Friganea raccolta negli stagneti del
Piave a Sottocastello (Levi). Nelle acque dei dintorni del Ci-
466 A. FORTI (26)
vidalese (Del Torre). Lago di Garda (Kirchner, Garbini).
Laghi di S. Croce e di Neg-risola (Forti).
95. Cyclofella Menef/hìniana, Kiietz. 1844. Kmtz. Kies. pag. 50,
Tab. I, fig-. 1-152, F. Hck. Syn. pag. 214, Tab. XCIU, fig.
22-24, De Toni, Syll. II, pag. 1354, FI. Alg. Yen. V, pag.
160.
Diì^tribuzione nel saijgi. — Nel V.
Distribuzione (/eografica nelli Venezia. — Già indicata inde-
terminatamente dal Bizzozzero per ì laghi e gli stagni d' acqua
dolce. — Sarebbe la prima stazione ben definita per il Ve-
neto dunque si può calcolare come nuova.
(27)
CONTRIBUZIONI DIATOMOLOGICHE (iv)
407
INDICE ALFABETICO DELLE SPECIE (']
p
O
NOME DELLA SPECIE
I
SA(
II
. G I ( )
mi IV
1
V
1
ArÌDXìnthes (Acini.) flexelìa Bréb. .
+
2
Aehnanthes (Micr.) exilis Kuetz. ,
4-
3
Arhnanthes (Micr.) minutissima Kuetz
4-
+
4
Amphora ofpnis Kuetz. .
+
-f
+
5
Aììtphora oralis Kuetz. .
+
+
+
4-
6
Ampìiora Pedimltis (Kuetz.^ Grun.
+
+
7
Caiiipfjlodiscus noricus Elir. .
+
-f
+
8
Cocconets Flarenf/tìa Klir.
+
+
9
Cocconeis Pediruìus Ehr. .
+
10
Ci/cìotella antiqua W. Sin.
+
+
-f
il
Cij dot ella Kuetzingiana Thw. .
+
+
4-
12
Ci/clotella Meneghiniana Kuetz.
4-
13
Cydotella operculata Ag..
+
4-
14
Ci/dot ella (Lindavia) radiosa (Gruu.) ^
^tt.
+
+
4-
15
C//mat02)leui-a apirulata W. Sm.
+
16
Cgmatopleura ellipfira de Bréb.
+
+
+
17
Cgmatopleura Solea W. Sm. .
-f-
18
Ci/mbella (Core.) affìnis Kuetz.
+
4-
19
Ci/mhdla (Enc.) raespitosa Kuetz..
-f-
+
+
4-
20
('umbella (Cocc.) ri/iìihifonins (Kuetz.)
var. parva
Bréb
4-
+
4-
4-
21
Cijiìibella Eìirenhergii Kuetz. .
+
+
+
22
Cf/mbella (Cocc.) gastroides Kuetz.
+
+
*23
Ct/inbella (Cocc.) f/racilis Ehr. var. laei
' L. Sm. . . ' .
is H
+
24
Ci/iiihella (Enc.) gracilis (Ehr.'?) Rab.
+
25
CgmbeUa (Cocc.) helvetica Kuetz. .
-f-
26
Cijnihdla (Cocc) lanceolata Ehr. .
+
4-
*21
C glabella, (Cocc.) leptoceras (Ehr.) Kuet
z.
+
(1) Le forme asterisoate sono nuove per il Veneto.
468
A. FORTI
(28)
NOME DELLA SPECIE
28
29
30
31
32
33
34
*35
36
37
38
39
40
41
42
43
44
45
46
47
48
1=49
50
51
52
53
54
55
50
Cilììììtilhi niicrorephalci Grrun. .
CymbelUi (Enc.) rentn'cosa Kuotz. .
Denticida frigida Kiietz. .
Diafonia (Odont.) ìneinale (Lyiigb.) Il
Diafoina culgare Bory
Epithemia alpestris (W. Sin.) Grun.
Epithemia Argus (Elir.) Kuotz.
Epithemia granulata Kiictz. .
Epithemia Sorex Kuotz. .
Epithemia turgida (Ehr.) Kuotz. .
Euriotia (Him.) Arras Ehr. .
v;ii'. hideus Elir. ....
Eutiotia (Hiììi.) gracili^ (Elir.) Hai).
Eimotia (Him.) pedi>uili.-< (Dillw.) Kab
Eragilaria ronstruens Elir.
var. Venter Grun.
vai', hinodin Grun.
Eragilaria Crotoxen.sis (Edw.) Kitt.
Eragilaria Jfarri.ssonii (W. Sin.) Grun
Eragilaria ìuatabili^i (W, Sin.) Grun.
Eragilaria riresrens Ralfs.
(ìomphoiiema acumiìxilum Ehr.
var. latirep.s Ehr.
var. 2yn'<ill>i»' Grun. .
(jompIii)iH'iu(( c(Histrictam Ehr.
var. rapifatum Ehr. .
Gomphonema intricatarii Knotz.
Gomplunieiua ijio/ifauum (Sclinm.) (Jrun
(romphonema parrai a jh (Kuotz.) Ginn.
Gomphonema puh-inatum A. I>r.
Gonqihonema Vibrio Elir.
Meiosi ra (Orthosira) arenaria Mooro
Melosira (Lgsigoniam) rarians Ag.
Narinda (Neidium.) affinis Ehr.
Caricala ( Ncidiain) atiiphiguiiiphas Ehi
.SAGGIO
I I II UHI IVI V
+
+
+
+
+
+
+
+
+
4-
-f
+
+
-f
+
+
+
4-
+
+
+
+
+
+
H-
4
+
+
(29)
CONTEIBUZIONI DIATOMOLOGICHE (iv)
469
3d
p
o
NOME DELLA SPECIE
l
SAC
II
IGIO
III, IVI V
1 1
57
Navirula (Stauroneis) anreps Ehr.
+
58
Nanenla anglica Ralfs
+
59
Navicala (Pinnularia) hirupitaia Lags.
+
60
Narinila crijptocepliala Kiietz.
+
-f
-f
+
+
61
Navivula cuspùlata Kuetz
+
62
Navicìda (Dipi.) elUpUca Kiietz. .
+
+
-h
+
63
Nanrula GaMrutn Ehr
+
64
Navicala lanceolata Kuetz
+
65
Navirula (Caloneis) limosa Kuetz.
var. f/ibberala Grun
f
+
+
J-
1
66
Navicala (Pinnalaria) ììiaior Kuetz.
+
+
*67
Navicala (Diploneis) Maaleri Cleve
+
68
Navicala (Pinnalaria.) mesolepta Ehr. .
+
69
Navicala (Diploneis) ovalis Hilso .
+
70
Navicala Placenfala Ehr. ....
+
71
Navicala (Neidiam) prodacta W. Sin. .
+
12
Navicala Papilla Kuetz
-h
+
+
73
Navicala radiosa Kuetz. .....
+
+
4-
+
+
var. a caia W. Sui
+
+
+
4-
+
var. tenella de Bréb
-f
*74
Navicala (Diploneis) scatelloides Grrun.
+
75
Navicala (Plearostauron) Smithii Ehr..
+
*76
Navicula (Pinnalaria) stauroptera Grun.
+
*77
Navicala (Pinnularia) Termes Ehr.
+
=!-78
Navicala Pascala (Ehr.) Grun.
+
79
Navicala (Pinnalaria) viridis (Nitzsch) Elir.
var. commutata Grun
+
+
-f
80
Navicala (Frastalia) vulgaris (Thw.) D. T. .
+
81
Nitzschia ampliihia Grun
+
82
Nitzschia (Hantzschia) amphioxis Grun.
4-
83
Nitzschia (Trì/hlionella) angastata W. Sm. .
+
84
Nitzschia Frasi ala m (Kuetz.) Grun.
4-
85
Nitzschia linearis W. Sni. var. tennis (W.
Sm.) Gr
-f
86
Nitzschia sigmoidea (Nitzscli) Grun.
+
470
A. FORTI - CONTRIBUZIONI DIATOMOLOGIf'HE (iv)
(30)
SAGGIO
O
NOME DELLA SPECIE
I
II
III IV V
^
87
Pìeuri)si(jma attenitatuiit (Kiiotz.) W. Sin.
+
+
+
+
88
Rhnprdixlia (jihha (Kuetz.) 0. M. .
+
+
89
Bhopalodia f/ibberula (Ehr.) 0. M.
+
90
Rltopalodia ventricosa (Grun.) 0. M.
+
+
-1-
91
Siiriraya hiseriata (Ehr.) de Bréb.
+
+
+
92
Sìtrirai/a splendida (Er.) Kuetz.
+
*93
Suri rat/ a robusta Ehr.
+
-i-
94
SijìU'dra Ulna (Nitzscli) Elir. .
var. (>.r//rrh//>i^hus (Kg.) V, Ilck.
var. longissitna (W. Sin.) Gr. .
+
+
+
4-
95
Sijnedra delicatissima W. Sm.
+
+
Total(
• N.^
42
34
54
28
38
(Finita di stampare il giorno 20 marzo 1900)
Atti del Reale Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti.
Anno accademico 1899-900 - Tomo LIX - Parte seconda.
EPATISMO E NEVROPATIA
MEMORIA
DEL PROF. ROBERTO MASSALONGO, s. e.
(Adunanza del 25 febbraio 1900)
L'antichissima opinione sui rapporti delle malattie di fegato
col sistema nervoso, col cervello in modo speciale, basata sui con-
cetti della medicina umorale, non poteva che rivivere e rifiorire
oggi dopo gli importanti progressi nel campo della fisiologia e della
patologia, dopo i nuovi acquisti nella conoscenza delle autointos-
sicazioni.
Nelle epoche trascorse, alla bile diffusa nel sangue e negli
umori si attribuivano tutti i fenomeni nervosi nel decorso di di-
sturbi 0 malattie dell'epate, perchè si considerava come esclusiva
funzione di quest'organo la secrezione della bile.
Ma oggidì molto più complessa devesi considerare la funzione
0 meglio le funzioni del fegato nel nostro organismo. La biligenesi*
non è che uno dei tanti prodotti dell'officina epatica a cui le ce-
lebri ricerche della scuola francese da Claudio Bernard a Bouchard
aggiunsero la funzione glicogenica, la funzione urogenica ed infine
quella depurativa, svelenante.
Per l'importanza adunque della ghiandola epatica, per i rap-
porti già noti fra autointossicazioni e nevropatie, era naturale ve-
nisse negli studiosi il desiderio di ricercare quali turbe all'inner-
vazione periferica e centrale potesse dar origine l' alterazione, il
disordine nella funzione del fegato, se esistevano, in una parola,
nevropatie ab hepate ìoeso.
Infatti non si fecero attendere osservazioni di questo genere,
esempi di ejjato-toxemie nervose.
472 R. MASSALONGO (2)
Ed ecco comparso all'orizzonte medico un nuovo capitolo di
Patologa ch'io amo intitolare : " Epatismo e necropatia. „
*
* *
Per disturbi nervosi di origine epatica si devono intendere
quei fenomeni nervosi che sono prodotti dal fegato e non trovano
altra spiegazione fuori di quest'organo. Bisogna perciò guardarsi
dal prendere per un rapporto una semplice coincidenza e consi-
derare di origine epatica un fenomeno nervoso per il solo fatto
di essersi presentato in un sofferente di fegato ; così un' emorragia
cerebrale in un cirrotico, o fenomeni cerebrali durante un' infezione
in cui anche la ghiandola epatica è alterata, o fenomeni deliranti
in un alcoolizzato col fegato in stato di sclerosi interstiziale ecc.
Anche però in queste medesime circostanze è arduo poter esclu-
dere, in modo assoluto, un'influenza dell'alterata funzione epatica
sulla fisionomia, sulla durata ecc. dei fenomeni nervosi contempo-
ranei.
Ma questo non basta. Bisogna vedere ancora se V autointos-
sicazione è di esclusiva origine epatica e se la causa che ha al-
terato il fegato non abbia influito direttamente su altri organi, sul
cervello, sul rene ecc.
Ne si devono considerare sempre di origine epatica i sin-
tomi nervosi terminali che precedono la fine degli ammalati di
fegato, dovendo nel fattispecie tener calcolo della inanizione e della
sua diretta influenza perturbatrice sulla funzionalità e costituzione
anatomica degli elementi dell'asse cerebro-spinale.
Tutte queste riflessioni dimostrano all'evidenza quanto difficile
e arduo dev'essere il nostro compito prima di pronunciarsi sui
rapporti fra epatismo e nevropatia e come rigorosissime debbano
essere le nostre ricerche, la nostra critica al letto dell'ammalato.
Concludendo, perchè si possa parlare con fondamento di fe-
nomeni nervosi di origine epatica, occorre che questi sieno legati
a sintomi ed a lesioni epatiche indiscutibili, che il fegato sia am-
malato senza complicazioni e condizioni morbose in altri organi e
che non si possa incriminare altra causa per razionalmente inter-
pretarli.
Entriamo nel cuore del nostro soggetto e vediamo se la clinica
osservazione convalida queste premesse.
(3) EPATISMO E NEVROPATIA 473
*
L'attenzione sui disturbi nervosi di origine epatica, epafo-fo-
xernia nervosa, è del tutto recente (1892), ma limitato è fino ad
ora il materiale clinico, patologico e sperimentale. Ad ogni modo
è sufficiente per formarsi un'idea abbastanza chiara di questo nuovo
capitolo di patologia generale, tanto più che l'argomento si presta
a riflessioni retrospettive nel vasto campo della casuistica epa-
tologica.
Fra gli accidenti nervosi gravi che vennero attribuiti a ma-
lattie dell'organo epatico, figurano in prima linea il coma (i) (tran-
sitorio 0 terminale), Vepilessìa ('^), Veclampsia (•'*), le roìiviihioìit, i
tremori (^) ecc. e poi anche ncrrosi e mieìopatie^ fenomeni ner-
vosi osservati di preferenza nel corso delle cirrosi epatiche e del-
l'ittero grave.
TI coma epaik-o veniie osservato isolatamente od associato ad
altri fenomeni nervosi, quali paralisi o contratture, con non infre-
quenti sintomi bulbari, come accessi di apnea con contemporanea
tachicardia parossistica, tachicardia che farebbe contrasto colla bra-
dicardia degli itterici. Oltre l'esistenza di un' afi'ozione cronica di
fegato (cirrosi, ittero grave) si vorrebbero segni differenziali fra il
coma epatico ed il coma terminale di altre toximie, la midriasi
in contrapposto alla miosi del coma uremico e V i(,nihilinuria in con-
trasto coll'acetonuria del coma diabetico e l'albuminuria del coma
uremico.
Ma è facile convincersi come questi segni non possano né de-
vano essere considerati come differenziali. Se è frequente la miosi
nell'avvelenamento uremico non vi è eccezionale la midriasi. Così
l'urubilinuria se è frequente osservarla nelle epatopatie, non è dif-
ficile rinvenirla in altre autointossicazioni, prima fra tutte quella
di origine intestinale. Ne maggior valore diagnostico può avere
l'albuminuria, fenomeno non costante nella stessa uremia e tutt'al-
(1) L. L(!vy, Thhe de F<(Hs, 1896.
(2) H. Day, In Murehison trad. Cìjr, 1878, png. 503.
(3) Mya, Lo SperimetiUdr, t. XLVir, 1893 e Withla, Diddi» jonr. of
ined se. 1893.
(4) Levy, 1. e.
474 R. MASSALONGO (4)
tro che raro in croniche affezioni epatiche. Un eguale giudizio
merita la tachicardia e la bradipnea osservate tanto nel coma epatico
come nel coma transitorio o terminale dell'uremia e del diabete;
l'età dei soggetti, le condizioni del cuore, lo stato del sistema ar-
teriale, valgono solo ad interpretare questi avvenimenti nei singoli
casi.
Il coma è un quadro sintomatico press'a poco identico nei
differenti stati di avanzato avvelenamento organico, sia per veleni
esogeni che per veleni endogeni. E il risentimento di tutto l'or-
ganismo, del sistema nervoso in modo specialissimo, risentimento
che prelude la fine (coma terminale) o minaccia quest'esito (coma
transitorio), avvenimento frequente nelle più svariate condizioni
patologiche, quando direttamente od indirettamente si sospendono
le funzioni di più organi o di tutti gli organi depuratori. Ma nel
caso speciale, per la correlazione funzionale dei vari organi, è
sempre difficile stabilire se i fenomeni comatosi sono l'effetto del-
l'insufficienza epatica, della renale, della intestinale, ovvero dell'in-
sufficienza cutanea e respiratoria.
Il quadro sintomatologico che abbiamo l'abitudine di chiamare
" coma „, non è l'espressione di un fatto unico e subordinato, ma
di più fatti morbosi contemporanei; il coma è sempre un fenomeno
complesso.
Come può escludersi l'influenza del fegato nel coma diabetico,
l'influenza del rene in questo e nel coma epatico ?
Oltre il coma epatico vennero descritte convulsioni transitorie
0 ternìinaìi di origine epatica, turbe nervose prodotte da malattie
diverse dell'epate, col quadro più comune dell'eclampsia in donne
e bambini e dell'epilessia negli adulti.
Ed ecco tosto create l'epilessia e J'erlampsia epatiche.
L' eclampsia epatica troverebbe appoggio nella teoria epatica
dell'eclampsia delle gravide (Pilliet-Bouffe), una delle tante teoriche
proposte per interpretare questo quadro sintomatico.
L'illustre nostro collega prof. Mya (') di Firenze avrebbe fin
(1) Mya, I. e.
(5) EPATISMO E NEVROPATIA 475
dal 1893 pubblicata la storia di due osservazioni di eclampsia in-
fantile mortale, malattia convulsiva, secondo la sua opinione, su-
bordinata, nei due bambini in questione, ad alterazioni epatiche.
Nella prima osservazione (bambina di 13 mesi, rachitica), oltre le
alterazioni di una colite abbastanza g-rave, trovò il feg-ato in istato
di avanzatissima deg-enerazione grassosa ; nella seconda osserva-
vazione (bambina di 7 anni, pure rachitica), l'eclampsia con vio-
lenti convulsioni venne in campo in seguito alla cloroformizzazione
durante un'operazione di osteotomia ; anche in questo caso all'au-
topsia, l'illustre pediatra di Firenze, vide il fegato rimpicciolito ed
in via di degenerazione grassosa diffusa a tutto l'organo. T reni
nei due casi vennero trovati normali. Ma è facile escludere ad-
dirittura che questi organi non abbiano portato il loro contributo
alla forma convulsiva eclamptica, coll'organo epatico cosi profon-
damente degenerato ? La morte rapidissima avrà certamente im-
pedito il manifestarsi di lesioni renali rilevabili, ma non è egli
possibile forse l'insufficienza funzionale di questi organi, soste-
nuta, non rare volte, da spasmo vascolare ?
Senza dubbio alcuno queste due osservazioni del prof. Mya
fanno seriamente riflettere, ma non sono abbastanza dimostrative
per convincere, tanto più che non vennero confermate da reperti
anatomici precedenti o successivi.
I due altri casi di eclampsia epatica osservati da Witla e
Gombault, non sostengono nemmeno la critica.
Quanto frequente dovrebbe essere allora questa sindrome con-
vulsiva nella ricca casuistica epatologica !
Oscurissima è ancora la patogenesi e fisiopatologia dell'eclamp-
sia infantile e delle gravide ; oltreché alterazioni epatiche, vennero
descritte lesioni renali, lesioni cerebrali isolate od associate, senza
però che tutte queste lesioni presentino nulla di speciale, carat-
teristico e costante.
Per r eclampsia delle gravide gode ancora favore la teoria
fetale.
Non è egli forse inopportuno ed errato voler concludere sul-
l'origine dell'eclampsia in un dato caso, con questo materiale mul-
tiforme ed incoerente ?
Henry Day (') parla ancora di epile^^ìiia ejxitica ; attribuisce
(1) Day, 1. e.
476 R. MASSALONGÒ (6)
la forma convulsiva nel suo caso alla congestione epatica riscon-
trata all'autopsia. Come è possibile basare delle conclusioni sopra
un fenomeno patolog^ico così banale com'è la congestione del
fegato ? La sua frequenza al tavolo anatomico nelle più diverse
autopsie, l'assenza od eccezionalità di lesioni epatiche nelle epilessie,
bastano a togliere ogni valore a questa coincidenza, a questa iso-
lata osservazione, tutt'altro che rigorosa, sulla quale il dott. Day
vorrebbe basare l'origine epatica dell'epilessia nel caso in questione.
Anche qui, si noti, non è fatto alcun cenno dello stato dei reni.
Ma procediamo più avanti.
Lèopold Levy (') nella sua pregevolissima Tesi di dottorato
si crede autorizzato descrivere un tremore d'origine epatica^ esteso
ai due arti superiori, tremore transitorio apparso due volte in un
etilico e saturnino dell'età di 70 anni, ammalato di cirrosi epatica.
La complessità della fenomenologia, la molteplicità dei momenti
etiologici, per loro natura tutti capaci di generare tremori, ci ob-
bligano negare ogni valore a questa osservazione ed al voluto
rapporto fra il tremore e la contemporanea epatopatia.
Ne i concetti dell' autointossicazione epatica ed i possibili rap-
porti fra questa ed il sistema nervoso si arrestano a questo punto
ed ai casi suddescritti.
Teissier (2) e Pierret ed il loro allievo Bronnerth (•^) dichia-
rarono esplicitamente aver trovato degli elementi per sostenere
l'origine epatica, in alcuni soggetti, di forme croniche sistematiche
dell'asse cerebro-spinale e di nevrosi e descrissero senz'altro xmaf as-
ma lociimofrice ed un' atrofia ninseoìare progressiva di origine epa-
tica^ nonché la malattia di Parkinson, ed il gozzo esoftalmico pure
di origine epMtica.
Ma mi affretto a dichiararlo, anche queste osservazioni dei
medici di Lione non sono niente aflPatto dimostrative, ne resistono
alla critica. L'atassia dei movimenti, 1' abolizione dei riflessi, il
segno di Argyll-Robertson osservati nel periodo terminale di una
cirrosi epatica, non sono certo sufficienti ad istituirò la diagnosi di
tabe dorsale. Ne venne, in questo caso, fatta l' autopsia.
E razionale considerare invece questi fenomeni da parte del
(1) L. Levy, 1. e.
(2) Teissier, Assoc. fnnir. Ar. scienrcs. Paris, 1889.
(8) Bronnerth, Thhe de Lyon, 1891.
(7) EPATISMO E NEVEOPATIA 477
sistema nervoso, come sintomi atassici non eccezionali negli ultimi
periodi di croniche organopatie. Che se l'esame anatomico avesse
pur dimostrato in questo paziente, le lesioni spinali della tabe
dorsale, sarebbe stato illogico, dopo quanto sappiamo sulla fisio-
patologia di questa mielopatia, l'attribuirne l'origine alla malattia
epatica.
Un eguale valore ha per noi l' altra osservazione di atrofia
muscolare progressiva. Anche in questo caso non venne praticata
l'autopsia, ne è fatto cenno dell' esame elettrico; dello stato dei
riflessi e delle sensibilità.
Ma, ammessa pure, se si vuole, l'esistenza dell'atrofia muscolare
progressiva in questo cirrotico, non sarebbe più giustificato con-
siderarla come una semplice coincidenza '? I^a casuistica delle
malattie di fegato e delle amiotrofie sono là per dimostrarlo.
Ne maggior favore raccoglie l'osservazione del prof. Tessier
di paralisi agitante d'origine epatica successiva a coliche epatiche.
Il dolore intenso in un predisposto, come un' emozione violenta,
può essere il punto di partenza del morbo di Parckinson ; è ric-
chissima la letteratura a questo riguardo.
Lo stesso ragionamento vale per interpretare 1' osservazione
del dott. Bronnerth di malattia di Basedoss sviluppatasi pure dopo
un accesso di colica epatica e dopo forti dispiaceri. Anche qui il
dolore fisico e morale non operò che come semplice agente pro-
vocatore.
E notisi che in tutte queste osservazioni di nevropatie epatiche
non è tenuto il dovuto calcolo dei precedenti dei soggetti, della
predisposizione nevropatica.
L' epatismo dal dominio della nevrologia è penetrato ancora
in quello della psichiatria. Levy (0 e Charrin (^) riportano osser-
vazioni (li delirio transitorio o terminale d'origine epatica e Klip-
pel (=^) vorrebbe anzi di esclusiva origine epatica alcuni deliri degli
(1) L. Levy, 1. e.
(2) Charrin, Soc. de Biolof/ie, 1892.
(3) Klippel, Ann. Méd. pst/ch. 1894.
'478 E. MASSALONGO (8)
alcoolizzati, nò si perita creare nnafoJNa ppafica; Joffroiy(0 descrisse
in appresso un caso di pseudo-paralisi generale epatica.
Come per le nevropatie, non si può negare che malattie del
fegato, che l'insufficienza della sua funzione, possano influire sulla
fisonomia, sul decorso di deliri e di frenosi in individui predisposti,
e che la follia degli alcoolizzati subisca pure un'influenza per la
contemporanea alterazione etilica del fegato. j\[a nient' altro ; si
aggiunga che questa follia epatica non presenta nulla di caratte-
ristico, nò si dimostra con una personalità propria.
Le cause prossime incolpate nella genesi del disturbo mentale,
non potrebbero avere altro valore, come si esprime giustamente
Cullerre (-), che quello di una goccia d'acqua che fa traboccare
il bicchiere.
Ecco l'inventario del patrimonio di questo nuovo capitolo di
patologia : " Epatismo e Nevropatia. „
Malgrado questa risposta negativa della clinica, vediamo ora
come possano succedere questi fenomeni di autointossicazione e
successivo risentimento nervoso per alterazione epatica.
Lasciando ora da parte a quali sostanze più che ad altre
(parvolina, idrocollidina, ossibetalina, metilgadinina, neurina, mu-
scarina, acido carbamico ecc.) debbansi attribuire i fenomeni tossici,
lasciando pure da parte di determinare quale o quali malattie del
fegato dispongano a questo avvelenamento e quali delle molteplici
funzioni dell' organo epatico, diminuite o distrutte, conducano a
questo avvenimento, basterà considerare questo processo patologico
nel suo insieme, nelle linee generali.
E per risolvere questo problema non possiamo rivolgersi ancora
che alla clinica.
Cosa insegna la medica esperienza al letto dei numerosi am-
malati di fegato ? Essa dimostra prima di tutto la rarità di sintomi
di autointossicazione, di sintomi nervosi, nelle epatopatie croniche
pure e la loro maggiore frequenza quando i reni, e ciò succede
spesso, sono contemporaneamente compromessi.
(1) Joffroiy, Sor. nx'd. ile Hòp. 1896.
(2) Cullerre, Arrh. de Neurologie, 1898.
(9) EPATISMO E NEVEOPATIA 479
In via generale i fenomeni di autointossicazione, non possono
comparire a reni sani e regolarmente funzionanti. È conosciuta la
facilità e prontezza colla quale i reni eliminano gli elementi ete-
rogenei disciolti nel plasma sanguigno. Basta che i reni vengano
meno al loro compito, sia per semplice deficienza funzionale, sia
per alterazioni materiali, che tosto i fenomeni nervosi di autoin-
tossicazione entrano in scena, con maggiore o minore frequenza
ed intensità a seconda della predisposizione individuale.
Occupandomi da molti anni clinicamente ed anatomicamente
dell' influenza delle malattie del fegato sullo stato dei reni, ho
potuto vedere, che quasi sempre negli itteri cronici, nelle cirrosi
epatiche atrofiche ed ipertrofiche venute al tavolo anatomico, i
reni erano più o meno alterati per lesioni epiteliali ed anche in-
terstiziali. L'esperimentazione ancora ha dimostrato come i principi
anormali che si eliminano colle orine nel decorso di affezioni epa-
tiche, sieno tossici per i reni.
Adunque non è più di fievr apatie da epatismo che si deve
parlare, ma di ne r rapati e da taxemia epata-renale.
Compulsando la ricca casuistica di malattie di fegato in 15
anni di pratica ospitaliera, ho potuto rilevare come tutta la sin-
tomalogia nervosa si riduceva a fenomeni comatosi terminali, a
qualche fenomeno convulsivo o delirante e come questi fenomeni
nervosi negli stadi avanzati delle malattie di fegato, non avevano
nulla di caratteristico, di speciale da poterli distinguere da quelli
osservati in altre autointossicazioni.
*
* *
Non bisogna mai dimenticare che i fenomeni di autointossi-
cazione del nostro organismo sono molto complessi e devono essere
considerati nel loro insieme e non con idee unilaterali fornite dal
laboratorio.
Di più Tesperimentazione (Malfi e Antinori, La Franca-Cannizzo)
non darebbe appoggio a questa individualità, alla nevropatia di
origine epatica. Nella colemia sperimentale col mezzo della legatura
del coledoco, come nella insufficienza epatica sperimentale ottenuta
colla legatura dell'arteria epatica, le alterazioni più o meno ma-
nifeste negli elementi nervosi non differiscono da quelle osservate
negli stati toxo-infettivi, in altre autointossicazioni, fra le quali
l'uremia, alterazioni degli elementi nervosi che non corrispondono
480 R. MASSALONGO (10)
sempre alla presenza, g-rado e forma dei fenomeni nervosi osservati
durante la vita ; questi poi, negli animali in esperimento, si ri-
ducevano a sintomi comatosi ed a qualche convulsione.
Per cui la sintomatologia nervosa nelle malattie di fegato
resta limitata a quanto e' insegnarono i vecchi medici, a quanto
c'insegna la quotidiana esperienza, cioè al priinto cutaneo^ all' ifwore
melanconico^ agli sfati ipocoìbdriaci edalla emeralopia o nictambUopia.
Questi fenomeni nervosi però si presentano di solito quando esiste
contemporaneamente itterizia ; il prurito e l'emerelopia infatti ven-
gono spiegati il primo, coU'azione diretta dei principi biliari sulle
estremità nervose della cute, la seconda per X inquinamento di
questi stessi principi degli umori dell'occhio e degli elementi retinici.
Le malattie acute e croniche di fegato adunque non hanno
nessun requisito superiore ad altre organopatie nel determinare o
meglio provocare, in predisposti, turbe dell' innervazione. Questa
conclusione però non esclude che nello studio patogenetico delle
malattie nervose, non si debba ricercare con diligenza come si
compiono nell'organismo le funzioni degli organi più importanti,
il fegato compreso ; se queste funzioni alterate non sono capaci
di produrre per proprio conto una sindrome nervosa, potranno senza
dubbio influire sul decorso e sulla fisionomia del quadro sintomatico.
*
I portati dell'esperimentazione hanno senza dubbio illuminato
di nuova luce la patogenesi dei grandi processi morbosi ed hanno
fatto progredire con passi da gigante la medica patologia.
Ma l'esperimentazione, le ricerche di laboratorio non devono
imporsi con dispotismo al letto dell'ammalato. L'organismo animale
è un complesso di organi e di funzioni tutte indirizzate ad un
unico scopo, la conservazione dell'individuo. La sofferenza di un
organo è sofferenza dell'organismo intero. Le malattie locali, nello
stretto senso della parola, non esistono ; dal momento che 1' alte-
razione è manifesta, tutto l'organismo in qualche maniera vi par-
tecipa.
(11) EPATISMO E NEVROPATIA 481
Questa specializzazione di malattie e di sintomi, questa moderna
tendenza alla creazione di nuove forme morbose, è senza dubbio
di grave danno alla clinica ed alla terapia.
*
Da quanto son venuto esponendo mi credo autorizzato poter
concludere :
1.0 Le croniche malattie di fegato si accompagnano in via
affatto eccezionale a turbe dell'innervazione periferica o centrale ;
2.0 Certe nevrosi e mielopatie recentemente descritte e con-
siderate come espressioni della toxemia epatica, non sono giu-
stificate ne dalla clinica, ne dall' anatomia patologica, ne dalla
esperimentazione ;
3.0 II coma epatico, transitorio o terminale; che non infre-
quentemente si osserva negli ultimi periodi delle malattie epatiche,
non presenta nessuna caratteristica speciale, né può differenziarsi
dal coma di altre toxemie ;
4.0 Quali fenomeni nervosi speciali nelle malattie epatiche
non restano perciò che il prurito cutaneo, certi stati ipocondriaci
e l'emeralopia, di solito quando esiste contemporanea l'itterizia;
5.° La nota influenza delle malattie epatiche sullo stato dei
reni, la quasi costanza dell'alterazione di questi organi in queste
circostanze, non giustificano l'esistenza di una toxemia epatica, ma
piuttosto di una toxemia epato-renale ;
6.0 I fenomeni nervosi e psichici considerati quali espres-
sioni della toxemia epatica, non sarebbero ne più frequenti, ne
differenti da quelli di altre autointossicazioni le quali, in via generale,
non determinano i fenomeni nevropatici o psichici senza una pre-
disposizione individuale ;
7.0 Le alterazioni degli elementi nervosi osservate nella co-
lemia e nell' insufficienza epatica sperimentali, non differiscono
da quelle dei comuni stati toxo-infettivi e di altre toxemie, altera-
zioni degli elementi nervosi spesso transitorie, non costanti, la cui
presenza e gravità non stanno sempre in diretto rapporto col quadro
sintomatico e che probabilmente nella loro reazione istologica non
rappresentano che l'ultima espressione dei disordini nutritivi del
neurone sotto l'influenza dei prodotti toxo-infettivi ;
8.0 I fenomeni di autointossicazione nel nostro organismo sono
482 E. MASSALONGO - EPATISMO E NEVEOPATIA (12)
molto complessi. La sintomatologia della lesione di un organo non
è mai esclusiva, ne indipendente ; malattie locali nello stretto senso
della parola non esistono. Le tendenze attuali di voler troppo spe-
cializzare, col creare nuove entità e nuovi quadri morbosi, traspor-
tando con troppo entusiasmo al letto dell'ammalato i dati di labora-
torio, sono addirittura esagerate, facendo spesso dimenticare l'antica
e sempre giovane sentenza : " ronsensus umis, consenfentia omnia. „
(Finita di stampare il giorno 26 marzo 1900)
PEEZZO DELLA DISPENSA
Fogli 10 a cent. 25 L. 2.50
TipoGEAFiA Cablo Feeeaei. 1900
^■^ ■ •■a?
n.i ATTI
DEL
REALE ISTITUTO VENETO
DI
SCIENZE, LETTERE ED ARTI
AMO ACCADEMICO 1899-900
T0]»[0 LIX
(serie ottava - TOMO SECONDO)
DISPENSA SESTA
VENEZIA
PEESSO LA SEGRETERIA DEL REALE ISTITUTO
PALAZZO LOKEDAN A SANTO STEFANO
In esecuzione dell'art. 25 dello Statuto e dell'art. 50
del Regolamento, si dichiara che dell' opinione dei loro
scritti rispondono gli autori, che ne conservano la pro-
prietà letteraria.
INDICE
PARTE I»
Adunanza ordinaria del 25 marzo 1900 pag. 79
Bollettino bibliografico. Doni ed acquisti dal 2B febbraio al 25
marzo 1900 „ [47]
PARTE Iia
G. Pas(ìualis. — Di una serie di antisettici trascurati. Applica-
zione di essi alla disinfezione dell'acqua potabile e delle
verdure che si mangiano crude. Nota pag. 483
T. Bonnio. — Integrazione dell' equazione A-A- = 0 in una co-
rona circolare e in uno strato sferico. Nota. . . „ 497
Gr. Spi(!a, s. c. — Notizie e considerazioni sulle recenti esplo-
sioni avvenute nel Dinamitificio di Avigliana . . „ 509
Y. Brocchi. — Il Padovanino „ 519
G. B. De Toni, m. e. ed A. Forti. — Contributo alla cono-
scenza del plancton del lago Vetter. Memoria . . „ 537
G. BiADEfiO, s. e. — Alessandro Volta a Ginevra nel 1787 . „ 563
E. Teza, m. e. — Cose armène. Appunti „ 569
Atti del Realk Istituto Veneto di sciknze, lettere eh arti.
Anno accademico 1899-900 - Tomo LtX - Parte prima.
ADUNANZA ORDINARIA
DEL 25 MARZO 1900
PRESIDENZA DEL M. E. LAMPERTICO
presidente
Presenti i membri effettivi : De Giovanni, vice-presidente ; G.
Bekchet, segretario ; Cassani, vice-segretario; Loeenzoni,
Teois, Saccaedo, Gloeia, Omboni, Bellati, Bonatelli, P.
Spiga, Teza, Liot, Mastini, A. Tamassia, Veeonese, Papa-
DOPOLi, Da Schio, Molmenti, Stefani, Feeeaeis, G. B. De
Toni, Occioni-Bonaffons, Galanti, Geadenigo, Ragnisco,
Ricci, Nasini, Polacco ; ed i soci corrispondenti : Nicolis,
Beugi, Levi-Catellani, Ceescini, F. Beechet, Boediga^
Aeeigoni Degli Oddi^ G. Spiga, BonomE; Saceedoti, Zanon,
Castelnuovo, Peedelli.
Letto ed approvato 1' Atto della precedente adunanza, giu-
stificata l'assenza del m. e. Beltrame e dei ss. ce. Biadego e Pa-
scolato; il Presidente presenta all'Adunanza il conte Géza Kuun,
magnate d'Ungheria, storico ed orientalista, membro dell'Accade-
mia di Buda-Pest, accompagnando la presentazione con parole o-
norevoli all'indirizzo del valente accademico, ed invitando l'Istituto,
che annuisce di buon grado, a fargli decorosa accoglienza.
Il conte Géza Kuun, ringraziando, dichiara che la compia-
cenza ch'egli prova quando tocca i confini d'Italia, va crescendo
sempre di mano in mano che s'addentra nel bel paese e vi respira
l'aura serena, che il suo spirito si rallegra in seno all' artistica
città di Venezia, e si eleva potendo sedere nel consesso dei suoi
scienziati.
Il Presidente risponde, ringraziando a sua volta e facendo
plauso all'affratellamento delle nazioni in seno alla scienza.
80 ADUNANZA OKDINARIA
Indi il Presidente annunzia che S. M. con Decreto del 15 feb-
braio p. p. approvò la deliberazione presa dall'Istituto, colla quale
venne conferita la pensione accademica, resa vacante per la morte
del prof. Morsolin, al m. e. comm. nob. Lioy.
Annunzia quindi le condoglianze pervenute all'Istituto per la
morte del prof. Canestrini : dal R. Ministero della P. L, da quello
d'Agricoltura, Industria e Commercio e dall'Accademia Lucchese di
scienze, lettere ed arti. Comunica poscia la lettera di ringrazia-
mento della vedova del prof. Beltrami, in risposta alle condoglianze
inviatele dal R. Istituto per la morte dell' illustre suo marito, ed
aggiunge : " l'Istituto non avrebbe potuto sopportare in silenzio il
dolore d'una sì grave perdita per la scienza, ed a me stesso riesce
penoso il silenzio. Io conobbi il Beltrami da poco tempo, eppure
avevo già concepita per lui, che ne era ben degno, un' affezione
così viva che la sua dipartita mi fu dolorosa, come se la nostra
conoscenza datasse da un'epoca molto piìi lontana. „
Seguita il Presidente, avvertendo che furono inviate lettere
di condoglianza al collega Lioy per la dolorosa perdita di sua
moglie.
Annunzia quindi la morte del prof, senatore Lorenzo Bruno,
socio decano della R. Accademia di medicina di Torino, avvertendo
che alla detta Accademia la Presidenza inviò lettera di condoglianza.
Comunica indi la morte dell'avvocato Arsenio Crespellani socio
della R. Accademia di scienze, lettere ed arti in Modena, alla
quale fu inviata lettera di condoglianza.
Annunzia che fu inviato un telegramma di adesione, ed una
lettera al sig. Paolo Mazzoleni di Sebenico, pregandolo di rappre-
sentare r Istituto alle solenni onoranze tributate all' illustre prof.
Roberto De-Yisiani per il primo centenario dalla sua nascita, alle
quali onoranze era stato invitato l'Istituto dal C-omitato di Sebenico
costituitosi a tal uopo. Fu risposto al telegramma con una lettera
di ringraziamento.
Comunica la circolare del Comitato per un ricordo monu-
mentale nel palazzo Foscari a Francesco Ferrara.
Partecipa la lettera del prof. Gerola in data 8 corrente da
Candia, colla quale s'informa l'Istituto dei lavori da esso professore
eseguiti fin qui sui monumenti veneziani in quell' isola.
Vengono infine presentati gli elenchi delle pubblicazioni ac-
quistate e di quelle ricevute in dono dopo l'ultima adunanza^ facendo
speciale menzione dei seg-uenti doni :
DEL 25 MAKZO 1900 Sì
A. Stefani : Commemorazione del prof. Filippo Lussaua letta
nell'Aula Magna della li. Università di Padova il giorno 18 gen-
naio 1900. Padova, 1900, 8.o
G. Setti : Una nuova pagina di Menandro (The Orgrliynchua
papgri, n. CCXI). Padova, 1900, 8.»
T. Pogc^i : Le concimaje a macerato/o. Casale 1900, 16/'
R. Massalongo : // fahag'smi) moderno. Milano, 1900, 8."
G. V. Schiaparelli : Osservazioni astronomiche e fisicJie stdla
topografia e costituzione del pianeta Marte fatte nella Specola Beale
di Brera in Milano coli' equatoriale di Merz-Rapsold (18 pollici)
durante V opposizione del 1888. Roma, 1899, 4^, con tav.
Atti della Società per gli studi della malaria. Yol. I. Roma,
1899, 8o, con 14 tav.
Nel primo centenario dalla morte di Lazzaro Spallanzani.
Relazione delie onoranze a Reggio^ a Scandiano e in altre città.
Yol. II, 1899. Reggio-Emilia, 1900, 8.o
Ministero dei lavori pubblici : / pagamenti fatti dallo Stato
per opere pid)hHche negli esercizi finanziari dal 1862 al 1897-98.
Relazione comjiilata in occasione della Esposizione universale di
Parigi dell' anno 1900. Roma, 1900, volumi 3 in f."
Tengono quindi presentate e lette le seguenti Memorie :
E. Teza, m. e. : Breve comunicazione intorno all'origine del
titolo Crusca detto all'Accademia omonima.
E. Nicolis, s. e. : Resti di Mosasauriano nella scaglia (creta-
ceo superiore) di Valpantena veronese. — L'A. dopo aver fatta la
storia dei resti di Mosasauriano, dei quali fornisce la figura, e di
avere descritto il giacimento che li ingloba, che è la scaglia rossa
superiore, ne presenta la diagnosi dalla quale risulta che le parti
conservate consistono in : porzioni posteriori del mascellare supe-
riore sinistro e del corrispondente mascellare inferiore, chiusi, con
1 rispettivi denti che si incontrano ad incastro ; porzione posteriore
del mascellare inferiore destro spostato ; tratto dell' arco jugale ;
cinque denti del pterigoideo spostato. Così ai resti di vertebrati fos-
sili della scaglia rossa del veneto, che si passano in rassegna, va
aggiunto anche un rappresentante di questa famiglia di rettili pela-
gici, per la prima volta segnalata nelle Alpi, e che visse, per quanto
ora si sa, nei soli mari geologici dell'età Seno-Daniana.
82 ADUNANZA ORDINARIA
E. Levi-Catellani, s. e. : L'opera del Wachter nel diritto in-
terna zional e privato. — Scopo della memoria è asse^^nare al ^\^achter
il posto che gli compete accanto al Savigny nello sviluppo mo-
derno del diritto internazionale privato e dimostrare che la dottrina
del Wachter non è, come parrebbe da talune di lui premesse,
quella della territorialità delle leggi.
G. Biadego, s. e. : Alessandro Volta a Ginerra nel 1787. — L'A.
comincia dalla prima visita a Ginevra nell'autunno del 1777, quando
fece il suo primo giro nella Svizzera, colla compagnia del Yenini,
matematico e naturalista^ del Visconti Francesco, dilettante di scienze
naturali e del conte Giov. Batt. Giovio, studioso di letteratura e
di filosofia. La descrizione del suo primo viaggio sì arresta a Zu-
rigo e venne completata dal nipote Zanino Tolta.
A Ginevra il Volta tornò nel 1781, ma vi si fermò poco. Ri-
vide Ginevra nel 1787 e vi si portò per conferire col De Saussure
che egli aveva conosciuto nel 1777 e col quale era stato sempre
in corrispondenza. In una lettera diretta ad un suo fratello, in data
15 settembre 1787, il Volta parla del suo felice viaggio e delle
gradite impressioni provate alla vista dei luoghi circostanti, delle
usanze, dei costumi ecc. Accenna alle sue conferenze scientifiche col
De Saussure e cogli altri scienziati, mostrandosi d'eccellente umore
e tracciando il piano de' suoi futuri passatempi. Questa lettera è ri-
portata per intero nel lavoro del s. e. Biadego, ove sono rammentati
i dotti coi quali ebbe a far conoscenza il Volta. L'A. si ferma spe-
cialmente sull'avvenente madama Rollan, nata Pellissari; d'origine
italiana, nella cui casa convenivano i più illustri scienziati d'allora.
C. Massalongo, s. e. : Sopra uìì interessantissimo raso di de-
forma zione ipertrofica dell'infiorescenza della vite: — L'A. fa co-
noscere una singolare deformazione ipertrofica del grappolo di vite,
rilevando come la mostruosità sia rarissima per questa pianta, es-
sendoché finora ne sarebbero stati segnalati solo tre casi, i quali
però differirebbero da quello in questo luogo descritto. Relativa-
mente all'etiologia di tale mostruosità l'A., per analogia con simili
alterazioni, le quali sopra altre piante sono il prodotto di acari,
ritiene come assai probabile che essa sia di natura parassitaria
e che per ciò si deva ascrivere fra gli acarocecidii.
A. Scrinzi : Un sarcofago arcaico antropoide della Collezione
Boldà (memoria presentata dal prof. G. Occioni-Bonaffons m. e. a
DEL 25 MAEZO 1900 83
termini dell'art. 18 del Regolamento). — L'Autore studia il fram-
mento di un sarcofago antropomorfo, conservato nel cortile del pa-
lazzo Boldìi, già Bembo, a S. Maria Nova di questa città. Il mo-
numento era prima collocato sopra la riva d'approdo, a destra del
palazzo Bembo. L'esposizione in un luogo di diffìcile accesso aveva
tenuto occulto il frammento agli studiosi, mentre l'importanza ne
è grande e sotto varii aspetti.
Accenna l'Autore alla trasformazione del tipo del sarcofago
fino alla forma antropomorfa, derivata dalla credenza egiziana nella
sopravvivenza di una seconda forma dell' essere dopo la morte.
Dall'arte egiziana il concetto di dare figura umana al sarcofago
passò all'arte fenicia, che lo trasportò poi in tutti i paesi dove i
Fenicii ebbero fattorie. Anche in Cipro : e invero gli scavi del
Cesnola arricchirono la scienza di molti simili monumenti. E poiché
l'arte di Cipro sentì l'influenza anche dell' arte assira da un lato
e dell' arte greca arcaica dall' altro, nei varii sarcofagi si distin-
guono, specialmente nella protome, i riflessi degli originali assiri
e greci.
L'Autore analizzando il sarcofago Boldù, lo attribuisce a Cipro
e vi nota l'influenza dell'arte greca arcaica e lo giudica della fine
del secolo \l av. Cristo. Il monumento quindi è il più antico
frammento di scultura in Venezia.
Non c'è alcuna notizia intorno la provenienza di esso. Però
quando si consideri che era conservato nel palazzo che fu di Gian
Matteo Bembo, nipote del cardinale e dotto uomo e presidente
dell'Accademia degli Uniti, è ragionevole la supposizione che Gian
Matteo Bembo, il quale fu capitano a Cipro nel 1546 e fece colà
scavi che condussero a ritrovare la pretesa tomba di Tenere (come
ricordano alcnni cronisti) abbia in quell'occasione, o durante il suo
reggimento; rinvenuto anche il sarcofago, da lui, per venerazione
dell'antichità e per ricordo, qui a Venezia trasportato.
Prima che terminasse la pubblica adunanza il m. e. Ragni-
sco ricordò colle seguenti parole il compianto socio nazionale del-
l'Istituto comm. sac. Vito Pomari :
" Ho conosciuto Vito Pomari nell' aprile del 1860, quando
giovine affatto feci il concorso di filosofia per esperimenti nella Uni-
versità di Napoli : di quella commissione egli era il Presidente. Io fui
a lui affezionato, perchè da lui ebbi trasfuso il pieno ardore agli studi
filosofici, rimasi attratto dalla sua beiranima in corpo sottile ed
84 ADUNANZA ORDINARIA DEL 25 MARZO 1900
alto, piena di grazia e di amabilità, che inspirava amore alla sua
gentile persona. Poi mi divisi da lui nell'indirizzo del pensiero
filosofico, ma ciò non ha mai impedito la mia piena stima ed affetto
a tanta virtù nel suo gentil corpo racchiusa. Ed ora che è spento,
mi sento obbligato ad esprimere a questo Consesso la sua concor-
dia della mente, 1' armonia del suo ingegno, la grazia della sua
persona, espressa nella venustà del suo dire : onde è vero di lui,
ora come allora quando lo conobbi, ciò che Cicerone disse della
sapienza : m/ì-'thiìes ainores excifahaf sui ! „
Terminata 1" adunanza pubblica, l'Istituto si raccolse in adu-
nanza segreta, nella quale procedette alla nomina di due membri
effettivi, prof. cav. Enrico Yerson, prof. Giuseppe Vicentini, e di
due soci corrispondenti; prof. cav. Achille Loria, prof. cav. Achille
Breda, e delegò alla Presidenza la nomina delle Commissioni per
la scelta dei temi pei concorsi scientifici di Fondazione Querini
e Cavalli da bandirsi nell' adunanza solenne dell' anno 1900.
[l Presifhnff
F. LAMPERTICO
Il SeyreUtrio
Cjt. B e r c h e t
Atti del Reale Istituto Veneto m scienze, lettere ed arti.
Anno accademico 1899-900 - Tomo LVIII - Parte prima.
(annessi)
BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
Doni ed Acquisti dal 26 febbraio al 25 maezo 1900 (^ì
Annuario scientìfico ed industriale diretto dal dott. Arnoldo Usi-
gli. Anno XXXYI, 1899. — Milano, 1900, 8°, con 42 incisioni.
* Atti del IV Congresso meteorologico Italiano promosso dalla So-
cietà Meteorologica Italiana, tenuto a Torino dal 12 al 15 set-
tembre 1898. — Torino, 1899, 16.°
* Atti della Società per gli studi della malaria. Voi. I. — • Roma,
1899, 80, con 14 tav.
*G. Cavazzani. - Simpatectomia del plesso utero-ora rico. — Milano,
1899, 8.0
*La simpatectomia addominale nelle forme isteroidi. — Eoina,
1899, 8.0
* La cura della forma grave della nevralgia del trigemino colla
resezione del ganglio simpatico cervicale superiore. — Vene-
zia, 1900, 8.0
*A. Cliiamenti. - Contribuzione allo studio della Malacofauna A-
driatica. Nota sulla- famiglia delle veneride, e delle petrico-
lide. — Siena, 1900, 8.o
*E. D'Ovidio. - Eugenio Beltrami. Commemorazione alla B. Acca-
demia delle scienze di Torino. — Torino, 1900, 8.o
Nuova Enciclopedia di chimica scientifica^ tecnologica e industriale
diretta dal dott. Icilio Guareschi. — Torino, 1900, disp.
1-16.
(Ij L' * indica i libri od opuscoli riceruti in dono.
[48] BOLLETTINO BIBLIOGBAFICO
*E. Guidi di Filomeno. - Spòsa e sacerdotessa. Comedia pesarese
in un atto. — Verona, 1900, 16.°
S. Giinther. - Handhuch der Geophysik. — Stuttgart, 1897, 1899,
2 Yol. in 8.0
E, Livi. - Antropometria. — Milano, 1900, 16", tela (con 33 incis.).
A. Manzoni. - Scritti postumi pubblicati da Pietro Brambilla a
cara di Gioranni Sforza. Yol. I. — Milano, 1900, 8.»
*R. Massalongo. - Il tabaj/isnìo moderno. — Milano, 1900, 8."
*3Iinistero dei Lavori pubblici. Ragioneria Centrale. - I pagamenti
fatti dallo Stato per opere puhblicìie negli esercizi finanziari
dal 1862 al 1897-98. Relazione compilata in occasione della
Esposizione unire rsale di Parigi dell' anno 1900. — Roma,
1900, voi. 3 in f.o
M. Miiller. - Tlie si.r sgstems of Tnd/an Philosophg. — London,
1899, 8.0
*A. Naccari. - Intorno alle ano)nalie termiche dei climi di Torino,
Milano e Venezia. — Torino, 1900, 4."
* Nel primo centenario della morte di Lazzaro Spallanzani. Bela-
zione delle onoranze a Reggio^ a Scandiano e in altre città.
Omaggi. Voi. II, 1899. — Reggio-Emilia, 1900, 8."
Palaeontograpliia Italica. Memorie di Paleontologia pubblicate per
cura del prof. Mario Can.arari. Voi. V, 1899. — Pisa, 1900,
4», con tav.
*G. Pasqualis. - Sperimenti e Note di Bacologia. Annate '98 e
'99. — Vittorio, 1900, 8.»
*T. Poggi. - Le concimqje a m.acerato}o (con tarole disegnate in
collaborazione col dott. Dante Castagnetti) . — ■ Casale, 1900,
16.0
La Rassegna Nazionale. Anno XXII (Voi. CXI della Collezione).
1 gennaio- 1 marzo 1900.
*G. Rossetti. - La scienza pratica, ossia la vera sorgente della
febbre, della tubercolosi, del tifo, ecc. Il perchè la scienza
medica non è positiva. 1» ediz. — • Torino, 1899, 8.»
*G. V. Schiaparelli. - Osservazioni astronomiche e fisiche sulla to-
pografia e costituzione del pianeta Marte, fatte nella specola
Reale di Brera in Milano, coli' equatoriale di Merz-Repsold
(18 pollici) durante ropposizione del 1888. Memoria 6." —
Roma, 1899, 4°, con tav.
*G. Setti. - Una nuora pagina di Menandro (The Oxgrhynchus
papyri, n. CCXI). — Padova, 1900, 8.°
DONI VA) ACQUISTI KCC. |4n|
*A. Stefani. - ('ommt'wonizioìie del ptof. Filipjxf JjHs.<((ti>i, h'tfri
tie/ì' Aula M(ff/H(i (Ioli a R. flniverslfà di Padove if <jiorno
2N (jennaio VJOO. — Padova, 1900, S."
*T. Tominasina. - ^iir hi rrUtdlìiiiaflon tt/<'f((//ì(/iu> jxir fninxjxirf
('Ipctrique do rorfd/itK mófdiix dairs remi distillóe. — Paris,
1900, 4.0
Atti del Reale Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti.
Anno accademico 1899-900 - Tomo LIX - Parte seconda.
DI UlNA SERIE DI ANTISETTICI TRASCURATI
APPLICAZIONE DI ESSI ALLA DISINEEZIONE DELL' ACQFA POTABILE
E DELLE VERDUEE CHE SI MANGIANO CRUDE
NOTA DEL PROF. GIUSTO PASQUALI»
(presentata dai prof. P. A. Saceardo, m. e., nell'Adunanza 25 marzo 1900)
Narra il Manzoni che Renzo " passando al tempo della peste
per Monza davanti a una bottog-a aperta dove e' era dei pani in
mostra, ne chiese due per non rimanere sprovvisto in ogni caso.
TI fornaio gli intimò di non entrare e gli porse sur una piccola
pala una soodelletta con entro acqui ed aceto, dicendogli che but-
tasse h i denari ; e fatto questo con certe molle gli porse 1' uiio
dopo Taltro i due pani che Renzo si mise uno per tasca. „
G. B. Cappello nel suo Lrssìco Farmaceidico Chimico., edito
a Venezia nel 1727^ dice dell'aceto che "giova alle febbri ardenti
correggendo la putredine o sia la fermentazione e malignità degli
umori. Preserva dalla peste spesso odorandolo e bagnandone le
tempie e le dita ed anche bevendone ogni mattina un cucchiaro. „
" L'acido pirolignico „ scrive più recentemente il Chiapperò
{Enciclopedia Chimica del Selmi, voi. I, pag-. 90) " è lodato come
eccellente antisettico ed impiegato con qualche successo in lozioni
nei cancri e nelle piaghe di cattiva indole. Il cedriìun di cui fa-
cevano uso gli antichi per imbalsamare i cadaveri, con ogni pro-
babilità, non era altro che acido pirolignico greggio, cioè il prodotto
acquoso ed acido di peculiari legni. „ Però soggiunge : " in questo
caso i poteri antisettici dipendono specialmente dal fenolo e dal
creosoto che si trovano nel prodotto greggio. „
Al giorno d'oggi non si può quasi parlare di antisettici senza
484 G. PASQUALIS (2)
che la mente corra spontanea alle sostanze fortemente corrosive :
ai sali dei metalli pesanti, con alla testa il cloruro mercurico ; agli
alcoli semplici o sostituiti della serie aromatica : tipo il fenolo
od acido fenico ; agli ossidanti energici : esempi il cloro, V acqua
ossigenata, i permanganati ecc.
Seguendo questo concetto, la febbrile attività di molti speri-
mentatori si diresse a ricercare antisettici nuovi negli ordini di quelli
già noti, nella speranza di trovarne altri più efficaci o più van-
taggiosi in determinati casi. Così le serie si arricchirono di specie
strane, dai nomi eterocliti e spesso empirici ; per citarne alcune :
dell' ossicianuro di mercurio, del solfofenato di rame, del protar-
golo, del jodanitolo, dell' eugenoforme, del solveolo, del sanatolo,
del scintolo, del verde malachite, del violetto metile, ecc. ecc.
mentre non si comprende per quali ragioni, e in quali casi, tali
materie, sebbene attive, possano meritare di essere preferite alle
congeneri, già entrate nell'uso.
Gli acidi organici naturali furono invece lasciati da parte :
tanto a priori pareva inverosimile potessero avere per se un'azione
degna di nota. La precauzione del fornaio del Manzoni faceva
sorridere per la sua ingenuità e il Chiapperò poteva ammettere
che l'aceto preservasse i cadaveri dalla putrefazione, ma solo alla
condizione di contenere dei fenoli.
Le modernissime ricerche bacteriologiche hanno però fatto
giustizia di queste idee aprioristiche.
Ugo Schulz, citato dall' Oscar Low {Natiìrliches System der
Giftoivirkungen^ pag. 33), aveva notato fin dal '75 che l'acido for-
mico al 2,5 per mille impedisce la putrefazione della gelatina,
al 0,5 per mille la fermentazione dello zucchero e alla diluzione
tenuissima del 0,00 per mille lo sviluppo di molti bacteri pato-
geni. Erlenmeyer constatava poco dopo che l'acido meconico era
altrettanto energico dell'acido formico.
Tali osservazioni rimasero nell' oblio fino a quando il Pick
ebbe notato {Chem. Cent. Blatt, 92, II, pag. 725) che nell'acqua
mista all' uguale volume di vino, i bacilli del tifo muoiono entro
24 ore, e gli spirilli del cholera entro una mezz' ora.
Quasi contemporaneamente il Friedrich {C/icm. Cent. Blatt, 92,
II, pag. 925) scopriva che gli spirilli del cholera muoiono in poche
ore sulla superficie del taglio delle frutta acidule : sulla polpa
delle ciliege in 3 ore, su quella dei limoni in 5 ore, dell'uva ri-
bes entro un'ora ecc. ecc. Riferiva pure aver veduto morire detti
(3) DI UNA SEEIE DI ANTISETTICI TRASCUEATI 485
spirilli nella birra in 3 ore, nel vino rosso in 15 e nel sidro in
20 minuti.
Più tardi il Pik ('93, Archivio Igiene^ Vienna, voi. 19, pag. 51),
posto che il vino e le frutta agiscono per la loro acidità, sperimen-
tava l'azione delle soluzioni di acidi puri sui bacilli e constatava
che gli acidi acetico, lattico, tartarico e citrico in soluzione al 2
per 1000 uccidono gli spirilli del cholera in 5 minuti. I bacilli
del tifo risultarono più resistenti : tuttavia con soluzioni al 2 *'/o
di acido formico, acetico, tartarico e citrico, anche questi bacilli
morivano rispettivamente entro 5, 10, 15 e 45 minuti.
Laser, più tardi ancora, studiò l'azione degli acidi organici sui
bacilli della difterite e trovò che una soluzione di acido citrico
al 5 *'/o li uccide in 4 minuti {Htig. Bmìdschan, 1896, n. 3).
Haukin, da ultimo, estese il medesimo studio ai bacilli della
peste e trovò che vengono uccisi in cinque minuti dall'acido ace-
tico al 7 per mille e dall' acido lattico al 3 per mille {Cent. h.
f. Bacter. 1898, voi. 23, pag. 594). La vecchia intuizione ebbe
un' altra volta la conferma del metodo sperimentale nuovo.
Se ci facciamo poi a confrontare l'azione di questi antisettici
naturali, con quella degli antisettici più in voga, c'è da rimanere
sorpresi al vedere come talvolta quelli superino questi in efficacia.
Una soluzione di clorato di rame al 5 "/o, uccide, per esempio,
i bacilli del tifo appena dopo un' ora (•) ; l'acido borico al 4 %
appena dopo 40 minuti (-) ; 1' ipoclorito di soda al 5 % appena
dopo 22 minuti (s) ; l'acido fenico al 0,5 o/o dopo due ore, e gli
acidi formico, acetico, tartarico e citrico al 2 "/o in soli 5, 10, 15
e 45 minuti.
I bacilli della difterite muoiono nel cloruro di calce al 5 "^/o
dopo 20 minuti {^) ; nella formalina al 5 "^/o in 10 minuti (^) ; in
un ambiente contenente V anidride solforosa di 60 gr. di solfo per
metro cubo dopo 24 ore ('') ; e nell'acido citrico al 5 "^o in soli
4 minuti !
(1) Green, ZeUsrhr. f. Hijijiene, 1893, Bd. 13, p. 195.
(2) Simonetta, Atti Comj. Intent. Igiena Bndipest, 1894, p. 190,
(3) Vincent, Ann. Ist. Pasteur, 1895, n. 1.
(4) Loffler, Deut. Med. Worh. srhr., 1891, n. 10.
(.5) Ascoli, Gì'orn. B. Sor. If/ieue, 1894, n. 7.
(6) Thoinot, Ann. List. Pasteur, 1895, n. 1.
486 G. PASCiUALIS (4)
Gli spirilli del cholera rec^gono al clorato di rame al 5 "/o per
un'ora (i) ; all' acido borico al 3 "/o per 11 g-iorni (-) ; al 5 ^lo di
cloruro di calce per 15 minuti (■^) ; all' 1 "/o di acido fenico (3)
per 30 minuti, e al 2 p. 1000 di acidi acetico, tartarico o latti-
co per soli 5 minuti !
I bacilli della peste muoiono nell' acido fenico al 5 % dopo
10 minuti (4) ; neir 1 "/o di cloruro di calce in mezz'ora (i) ; mentre
neir 1 'Vo di acido formico muoiono dopo 5 minuti, e cosi nel 7 per
mille di acido acetico e nel 3 per mille di acido lattico !
Gli acidi organici naturali la cedono sempre in efficacia al
sublimato e all' acqua ossigenata ; talvolta stanno sotto, ma talora
superano in azione gli acidi minerali forti, 1' acido fenico e gli
altri antisettici più o meno artificiali e artificiosi ; ma chi non vede
in tutti i casi, anche quando 1' efficacia non è massima, il van-
taggio degli acidi naturali, che è quello di poter andare, come
vanno facilmente, per le mani di tutti e di poter esser applicati
anche direttamente sul corpo unumo e perfino ingeriti, laddove gli
altri antisettici costituiscono un grave pericolo e deve anzi spesso
per questo esserne sorvegliato attentamente o a dirittura proscritto
r uso ?
Fa meraviglia che 1' uso di quegli antisettici, che si direbbe
natura provvida abbia messo in mano all'uomo per sua difesa, sia
stato talmente negletto fin qui !
*
* *
Sarebbe assai utile e urgente estendere lo studio dell' azione
degli acidi naturali sopra tutti i microorganismi patogeni noti e
credo non mancherebbero casi nei (piali potrebl>e tornare molto
efficace l'applicazione di essi nella pratica ; p. e. : per la disinfe-
zione delle ferite, pel lavaggio della bocca e in genere delle mu-
cose esposte a pericolo d' infezione, per la lavatura delle mani e
degli oggetti sospetti di contatti infetti ecc. ecc.
(1) Green (loco citiito).
(2) Simonetta (loco citato).
(S) Vincent (loco citato).
(4) Ahcl, f\'))fhì. f. Ba/dei: IS'JT, li. d. 21, n. i;i-l4. - Veg-gasi Do-
nato OttuliMiglii, / Batteri p(ii(i(jeni in i-apiiDi-lo <ii lìisiirfcftdnti. l'ahclle
pratiche. Turino, Rosenberg e Seliier.
(5) DI UNA SERIE DI ANTISETTICI TEASCURATI 487
Intanto io ho studiato di trarne profitto per la sterilizzazione
dell' acqua potahile e delle verdure che si mangiano crude.
Non occorre addurre qui argomenti per dimostrare che l'acqua
potabile è un mezzo assai frequente di trasmissione del tifo e del
cholera. I processi fin qui proposti per depurare l'acqua da pos-
sibili inquinamenti patogeni sono innumerevoli : molti si basano
sulla filtrazione, altri sull'uso della calce, del ferro metallico e dei
suoi sali, dell' allume, del cloruro di rame (Kronke), dell' ipoclo-
rito di calcio (Traube), del permanganato potassico (Chincandard
e SchipilofP), del carbone, della corrente elettrica uscente per e-
lettrodi di ferro ; altri sulla ebullizione e perfino sulla distillazione.
Ma in generale si può dire : che la filtrazione non è un mezzo
sicuro per la eliminazione di tutti i microbi ; che i processi chi-
mici accennati hanno di rado un' azione antisettica sufficiente e
modificano spesso dannosamente la composizione dell' acqua ; che
la ebullizione, per essere assolutamente efficace, ha l'inconveniente
di dover essere portata colla pressione fino alla temperatura di
120''; cosa impossibile nella pratica domestica : oltreché 1' acqua
bollita diventa più pesante allo stomaco per la perdita dei gas
che teneva disciolti. Della distillazione merita appena far cenno,
tanto è evidente che l'applicazione di questo metodo non può es-
sere che limitatissima.
Fra tanti, non venne però proposto alcun metodo basato sull'a-
zione microbicida degli acidi.
Perciò ho creduto fosse prezzo dell'opera l' esaminare se fra
gli acidi riconosciuti attivi ve ne fosse qualcuno da potersi util-
mente applicare allo scopo : pel suo tenue costo, per la facilità
di eliminarlo dall' acqua, onde riaverla pura, e di ricuperarlo poi
indefinitamente per le successive operazioni per modo di ridurre
il costo del processo al minimo.
L'acido che soddisfa meglio d'ogni altro a queste condizioni
è r acido tartarico.
Dati i risultati delle sperienze del Pick e del Friedrick,
dianzi accennati, sarebbe stat.» quasi superfluo sperimentare di
nuovo se 1' acido tartarico giovi a risanare un' acqua inquinata.
Nondimeno prima di studiare la questione dal lato chimico ho
creduto utile ristudiarla dal lato bacteriologico, allo scopo di de-
terminare quale fosse la dose minima dell' acido necessaria ad
ottenere l'effetto in un tempo discretamente breve. Ebbi in ciò il
prezioso aiuto dell'opera del dott. Bombioci primo assistente alla
488 G. PASQUALTS (6)
Cattedra di anatomia patologica della R. Università di Padova. Ed
ecco i risultati delle nostre sperienze :
Disinfezione deìVacqua inquinata di tifo. — In un pallone con-
tenente 1 litro di acqua sterilizzata, si è versato V-' cmc. di cultura
pura di tifo in brodo, e successivamente una soluzione concentrata
di 2 gr. di acido tartarico. Immediatamente dopo si è eseguita
una cultura piatta per conoscere il numero dei germi contenuto
nel pallone subito dopo 1' infezione.
Trascorso un tempo di ^/o, 1, 2, 3 ore si sono eseguite nuove
piastre usando per esse la stessa quantità di materiale e lo stesso
procedimento che per la prima, onde poter istituire tra di loro
un confronto. Contemporaneamente alle piastre si eseguivano delle
culture in brodo Loffler. In tal modo si veniva a conoscere per
mezzo delle piastre la rapidità e la proporzione con cui il numero
dei germi andava diminuendo, mentre per mezzo delle culture in
brodo si giudicava quando la disinfezione dell' acqua fosse stata
completa.
Tanto nel far le piastre quanto i trapianti in brodo abbiamo
dovuto evitare l'inconveniente dell' inquinamento del mezzo di nu-
trizione per parte della soluzione antisettica, ciò che abbiamo ot-
tenuto eseguendo prima un trasporto di 5 anse in un tubo d'acqua
ammoniacale, e da questo di nuovo un trapianto di 5 anse nel-
l'agar liquido o nel brodo.
Il risultato ottenuto da questo esperimento fu il seguente :
1'' piastra 500 colonie ^=^ Cultura in brodo -j-
2'i „ dopo 1/2 ora 20 „ = „ „ -\-
'-'' ri lì ^ n '^ ri n ;> |
4"' 2 ore '^ ^ -4-
•^'^ 7ì jy 'J ti '"'^ ji '^^ n » "T~
Rimane dimostrato da questa esperienza che il potere anti-
settico dell'acido tartarico .al 2 p. mille è molto forte, e che dopo
la l'I mezz'ora d'azione rimane distrutto un numero rilevantissimo
di germi ; il numero delle colonie che è di 500 nella prima piastra
scende subito a 20 nella seconda e diminuisce ancora nelle altre.
La diminuzione però non è proporzionale ai vari temjìi di azione
del liquido, vale a dire che nel primo momento essa è rapida ed
energica, negli ultimi è lenta ed incompleta, e 1' effetto si è che
2'i
;>
dopo Vi d'ora
12
3a
w
„ 1 '2 ora
5
4a
V
„ ^U d'ora
5
5»
»
„ 1 ora
0
(7) DI UNA SEKIE DI ANTISETTICI TKASCUKATI 489
anche dopo parecchie ore d'azione rimane sempre qualche germe
superstite, capace di dare svikippo nelle culture liquide.
Prova e.^erjtiifa coH'acido tartarico ai 3 per miììe. — Nello stesso
pallone contenente 1 litro d'acqua sterilizzata fu introdotto di nuovo
1/2 cmc. di cultura di tifo, più una soluzione concentrata di gr. 3
di acido tartarico. Il risultato fu il seguente :
1* piastra 700 colonie = Cultura in brodo -|-
7 11 VI ~\
■! ìì V ~|
1? — » V I
Come si vede, le cifre si accostano su per giù a quelle del-
l'esperimento precedente ; se non che a questo titolo la diminuzione
dei germi avviene in tempo molto minore e dojxj un'ora la steri-
lizzazione è completa.
Una terza prova fu eseguita coir acido tartarico ed 4 per mille.,
ma il vantaggio a confronto di quella al 3 p. mille non fu molto
notevole. La conclusione che si può trarre da queste esperienze
è che l'acido tartarico s'è dimostrato un antisettico attivissimo per
la disinfezione dell' acqua inquinata di tifo ; però per le ragioni
accennate della forte resistenza di qualche individuo tra i germi
tifogeni bisogna ammettere che per ottenere la sterilità completa
dell' acqua la soluzione al 2 "^/oo è troppo debole^ bisogna ricor-
rere a quella al 3 *'/oo prolungando il contatto per almeno 1 ora.
Abbiamo creduto superfluo controllare l'azione antisettica del-
l' acido tartarico nell'acqua rispetto agli spinili del cholera essendo
dimostrato che sopra di questi gli acidi in genere hanno un'azione
dieci volte più energica e pronta di quella che spiegano sui ba-
cilli del tifo.
Del resto la questione del tempo necessario per la sterilizza-
zione completa dell'acqua sulle nostre sperienze è tutta secondaria.
Nulla vieta che per maggiore sicurezza l'azione dell'acido sull'acqua
duri oltre una e per parecchie ore. Ciò che importa sia assodato
è che l'acido tartarico abbia veramente, come ha in quantità anche
tenue, un'azione antisettica energica e completa.
490 G. PASQUALIS (8)
L'acqua contenente il 3 "/oo t^i acido tartarico può beversi
come tale. E una bibita acidula assai grata al palato e dissetante.
Non occorre dimostrare che una dose così tenue di acido tartarico
è innocua quando si pensi che il vino ordinario contiene una per-
centuale di acido tartarico assai mao-o-iore. Chi non amasse il sa-
pore acido può mascherarlo aggiungendo all' acqua una piccola
quantità di zucchero e ne otterrà una limonata assai gustosa ed
igienica.
Ma volendo riavere l'acqua allo stato di purezza ò pure fa-
cilissimo il mezzo ; basta saturare l'acido tartarico che fu aggiunto
all'acqua, dopo tre quattro o più ore, colla quantità equivalente di
carbonato di calcio precipitato.
I pesi molecolari dell'acido tartarico e del carbonato di calcio
stanno nel rapporto semplicissimo di 150 : 100, ossia di 3 : 2. Ba-
sterà quindi aggiungere per ogni litro di acqua acidulata al 3 "Zoo
gr. 2 di carbonato di calcio, agitare per bene e lasciar riposare
il liquido. Succede una lieve effervescenza e in breve tempo
cominciano a raccogliersi sulle pareti del recipiente ciuffi di bel-
lissimi cristalli bianchi aghiformi di tartrato di calcio che poco a
poco cadono al fondo lasciando il liquido perfettamente limpido,
tanto che riesce facile separarlo dal deposito colla semplice de-
cantazione 0 mediante un sifone.
Avendo cura di proporzionare esattamente gli ingredienti secon-
do i loro pesi molecolari l'acqua riacquista per tale trattamento il
suo perfetto sapore normale e guadagna anzi una speciale freschezza
ed un gusto piacevole, frizzante per l'acido carbonico che vi rimane
disciolto. L'acqua cosi trattata ha una reazione perfettamente neu-
tra ; portata all' ebuUizione wni intorbido ; la sua durezza non
subisce differenze apprezzabili, aiccome il tartrato di calcio è uno
dei corpi più insolubili che si onoscano. Secondo Mohr una parte
di tartrato di calcio neutro esigerebbe per disciogliersi 6265 parti
di acqua e quindi in un litro se ne discioglierebbero appena gr. 0.159.
Ecco qualche saggio di confronto fra un' acqua normale e la
medesima acqua sottoposta al trattamento descritto :
Acqua di fonte normale; OaO determinato coli' ossalato am-
mouico e quindi col permanganato potassico, per litro gr. 0.112.
(9) DI UNA SEEIE DI ANTISETTICI TKASCUEATI 491
Medesima acqua trattata con 2 gr. per litro di acido tartarico
e quindi con gr. 1.38, Co-''Ca-CaO, p. litro g-r. 0.122.
Medesima acqua trattata con 3 gr. p. litro di acido tartarico
e quindi con gr. 2.66, CO^Ca-CaO, p. litro gr. 0.118.
Eccedendo invece nella aggiunta di CO"Ca l'acqua acquista
un sapore terroso e intorhida colia ehiilliz/one.
Un saggio come i precedenti indicò CaO, p. litro gr. 0.224.
Ho creduto pur utile ricercare quanto rimanesse disciolto nello
acque soggettate al trattamento di acido tartarico in forma di sale
di calce. Adottai per tale ricerca il metodo al permanganato po-
tassico come si usa per la determinazione delle materie organiche
nelle acque, avendo cura di misurare prima la forza della soluzione
del permanganato con una soluzione nota di acido tartarico puro.
E trovai tanto nel saggio al 2 "/oo come in quello al 4 '^ oo colla
corrispondente quantità di CO-''Ca : acido tartarico combinato, per
litro gr. 0.116, corrispondenti a tartatro di calcio neutro, gr. 0.145.
Ai gr. 0.145 di tartrato di calcio corrisponde CaO, gr. 0.043 ;
quindi nell'acqua trattata con 2 °/oo acido tartarico e 1.33 "^/oo di
CO-^Ca, la quale segnava CaO totale, gr. 0.122, avremmo :
CaO in forma di tartrato . . . gr. 0.043
CaO „ n bicarbonato, solfato ecc. „ 0.079
Totale gr. 0.122
Ne consegue che la quantità di tartrato che rimane disciolto
neir acqua per effetto del trattamento non può dar pensiero, visto
che Tacido tartarico è innocuo, non solo, ma che ne rimane nel-
r acqua tanto poco che non basta nemmeno a saturare tutta la
calce normalmente contenutavi.
Rimane la questione del tornaconto economico del processo,
condizione indispensabile perchè possa entrare nella pratica. Eb-
bene, io non esito a dire che il metodo dell'acido tartarico non è
punto più costoso della ebuUizione, quando questa ultima venga
spinta alla temperatura necessaria e pel tempo voluto onde riesca
di uguale efficacia.
Infatti la sterilizzazione di 100 litri d' acqua esigono :
Acido tartarico gr. 300 a L. 3 il chil. . . . L. 0.90
Car])oiiato di calcio precip. gr. 200 a L. 0.70 il chil. „ 0.14
Totale L. 1.04
492 G. PASQUALTS (10)
Ma da questa spesa deve sottrarsi il valore del tartrato di
calcio dal quale si può ricavare nuovamente con somma facilità
r acido tartarico per le successive operazioni, colla sola spesa di
una quantità equivalente di acido solforico. Dando al tartrato di
calcio il solo valore di L. 1 il chil. si avrebbero a diminuzione
di spesa :
Tartrato di calcio gr. 370 a L. 1 il chil. L. 0.37 ;
Quindi spesa lorda come sopra . . . Ij. 1.04
Valore del tartrato di calcio residuo . . „ 0.37
Costo netto della sterilizzazione per ettolitro L. 0.67
La ebullizione fatta in grande con apparecchi appositi a ca-
lore di carbone costa un po' meno, ma nella pratica domestica,
eseguita su piccola quantità, con fornelli impropri od a calore di
legna può costare anche di più, con tutti i difetti e gli inconve-
nienti dell' operazione dianzi accennati.
Se r attenzione degli igienisti s'è rivolta e torna sempre a
rivolgersi di preferenza all'acqua potabile come mezzo di trasmis-
sione d' infezioni, non mi pare siasi rivolta quanto merita ad un
mezzo d' infezione forse più frequente dell'acqua stessa, vo' dire
alle verdure che si mangiano crude. Oggi 1' uso di concimare i
campi, i prati e gli orti colle dejczioni umane è divenuto gene-
ralissimo e se da un lato quest'uso può divenire cagione d' inqui-
namento delle acque potabili, pel displuvio che si riversa nelle
sorgenti, essa può divenire cagione più frequente ancora e più
diretta d' infezione per 1' inquinamento di quegli alimenti che si
traggono dal suolo stesso concimato e che si recano alla bocca
dopo un semplice e non sempre ben accurato lavaggio.
Ora data V azione antisettica degli acidi organici, chi potrel)be
immaginare un mezzo più utile e più pratico per sterilizzare le
verdure che non sia quello di porlo dopo averle ben lavate con
acqua in un bagno opportunamente allungato di quegli stessi acidi
che d'ordinario servono a condirle ?
Si sa dalle sperienze sopra citate che il bacillo della tifoide
muore nell'acido acetico al 2 p. cento in 5 a 10 minuti e Io spi-
(11) DI UNA SERIE DI ANTISETTICI TRASCURATI 493
rillo (lei cholera in 5 minuti nello stesso acido alla diluzione te-
nuissinia del 2 per mille.
Il dott. Bombicci ed io abbiamo voluto controllare codeste
cifre anche nel caso speciale delle verdure infette. Ci siamo però
limitati a stabilire quanto bastava pel nostro assunto, e cioè il
tempo necessario a che le foglie infette immerse nel liquido anti-
settico di data concentrazione fossero sterilizzate per modo di non
dar luog-o a sviluppo dei batteri patogeni nel brodo. Allo scopo
necessitava però sterilizzare preventivamente ben bene le foglie da
ogni specie di germi, patogeni o no, i quali avendo potuto sfug-
gire per la loro resistenza specifica all'azione dell' antisettico da
studiarsi nella soluzione voluta, avrebbero quindi, moltiplicandosi
a loro volta nel brodo, mascherata la eventuale presenza del ba-
cillo che era oggetto dei nostri studi, mettendoci così nella im-
possibilità di escluderlo con sicurezza.
A togliere questa difficoltà il nostro primo pensiero, fu quello
di lavare preventivamente le foglie colla soluzione all' 1 p. 1000
di sublimato ; ma ci nacque il dubbio che il sublimato potesse pe-
netrare neir interno delle cellule e quindi diffondere nuovamente
all'esterno dopo l'infezione artificiale, aggiugendo così la sua azione
a quella dell' antisettico che volevamo studiare. Decidemmo quindi
di ricorrere ad un altro mezzo : a quello cioè di sterilizzare pre-
ventivamente le foglie da ogni germe collo stesso agente del quale
volevamo poi sperimentare l'azione specifica, ma adoperato a dose
fortissima e per un tempo lungo. Lavando quindi le foglie con
molta acqua sterilizzata, anche nel dubbio che l' antisettico non
fosse stato tutto esportato, la quantità rimasta non avrebbe potuto
alterare che per una quantità infinitesima la concentrazione della
soluzione da sperimentarsi.
Prendemmo dunque delle foglie di insalata ; le lavammo bene
con acqua comune e le ponemmo quindi in bagni d'acido acetico
e tartarico al venti per cento, lasciandole immerse per due ore.
Era per lo meno assai probabile che i germi comuni sarebbero
stati distrutti. Dopo il bagno le foglie non sembravano minimamente
disorganizzate ; soltanto la clorofilla divenne rossa e si disciolse
in parte. Le lavammo quindi con acqua sterilizzata abbondante,
le strisciammo per infettarle coi germi specifici su culture di tifo
e di cholera e le immergemmo poi nuovamente in soluzioni al
2 e al 3 % di acido acetico e di acido tartarico. A distanza di
5, 10, 15, 20 e 30 minuti togliemmo con pinzetta sterilizzata un
494 G. PASQUALIS (12)
brandello di foglia da ciascun bagno ; lo sciaquamnio brevemente
in acqua sterilizzata ammoniacale, quindi in acqua pura e lo im-
mergemmo da ultimo nel brodo Loffler.
I risultati sono riassunti nel seguente specchietto dove il segno
-|- indica che il bacillo era ancor vivo e il segno — ch'era stato
distrutto.
Acido acetico Acido tartarico
90/ 00/ 90/ q 0/
^ lo O /,) ^ lo o /„
Spirilli del cholera
Dopo 5 minuti
—
—
—
—
BacUli di Eberth
Dopo 5 minuti
+
+
+
+
. 10 .
+
+
+
+
« 15 .
+ +
+ +
+ +
- +
. 20 „
— —
— —
— —
— —
„ 30 „
— —
— —
— —
— — ■
Traducendo i risultati in termini ne consegue che le foglie
inquinato di cholera si dimostrarono perfettamente storili fino dopo
i primi cinque minuti di immersione negli acidi acetico e tartarico
al 2 *^/o . Le foglie inquinate di tifo risultarono tutte sterili tanto
nell'acido acetico come nel tartarico al 2 "/O solo dopo venti minuti.
Il brodo di coltura rimase nei saggi negativi perfettamente limpido :
prova che anche i germi comuni erano stati distrutti. Nella pratica
può dunque ritenersi, anche per eccesso di precauzione, che l'immer-
sione delle verdure in soluzioni di acido acetico 0 tartarico al 3 ^/q
per una mezz'ora sia più che sufficiente per togliere ogni sospetto
di inquinamento delle verdure crude da germi colerigeni 0 tifogeni
come se fossero state sottoposte alla cottura.
Quanti pericoli si possono scongiurare con un così semplice
mezzo ! Trenta grammi di acido acetico 0 tartarico del commercio
per litro di acqua rappresentano una spesa non maggiore di 10
centesimi. Può servire allo scopo anche 1' aceto comune, ma in
questo caso 1' espediente è più costoso, perchè il buon aceto di
vino è caro e contiene appena il 10 "/o di acido acetico, cosicché
per avere un bagno sicuramente efficace necessiterebbe mescolare
ad un litro d'acqua almeno un bicchiere di aceto ben forte. Però
giova notare che i bagni acidi, tutt'al più un po' rafforzati, pos-
sono servire per due e più volte.
(13) DI UNA SERIE DI ANTISETTICI TRASCURATI 495
Ciò che parrà strano è che gli acidi abbiano sui germi stem-
perati nell'acqua un' azione microbicida assai maggiore di quella
che spiegano sugli stessi germi attaccati alle verdure. Infatti mentre
l'acido tartarico sterilizza l'acqua anche impiegato nella tenue dose
del 3 per mille, per sterilizzare le verdure in un tempo di poco
pili breve ha bisogno di essere impiegato nella dose del 3 per cento.
Ma parrà meno strano quando si consideri che i germi nell' acqua
sono isolati dimodoché nessuno di essi può sfuggire all'azione im-
mediata dell' antisettico che li circonda tutto all' intorno, mentre
sui solidi inquinati formano grumi i quali per quanto appena vi-
sibili ad occhio nudo od armato di lente contengono tuttavia gran
numero di germi ed allora quelli che si trovano alla periferia del
grumo fanno scudo ai centrali contro l'azione del liquido. Spesso
anche il contatto dei grumi col liquido è impedito da bollicine
d'aria o di grasso. Avviene così anche nell'aria : talvolta si vedono
operare miracoli da antisettici volatili su germi sospesi nel pul-
viscolo atmosferico mentre gli stessi antisettici sugli stessi germi
aQ-Homerati sus-li offofetti hanno un' azione insignificante.
Ad ogni modo, tenuto qualsivoglia conto delle notate differenze,
rimane assodato che gli acidi organici solubili della serie grassa,
non degnati fin qui di attenzione, per idee aprioristiche, come an-
tisettici, stanno di fatto nel novero degli antisettici potentissimi ;
e torneranno presto, io non dubito, per fondate ragioni, un prezioso
ausiliario dell' igiene generale e domestica.
Vittorio^ gennaio 1900.
(Finita di stampare il giorno 28 marzo 1900)
Atti dkl Realk Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti.
Anno accademico 1899-900 - Tomo LIX - Parte seconda.
INTEGRAZIONE DELL'EQUAZIONE A^A^ =; 0
IN UNA CORONA CIRCOLARE E IN UNO STRATO SFERICO
NOTA DEL DOTT. TOMMASO BOGGIO
ASSISTENTE NELLA R. UNIVERSITÀ DI TORINO
(presentata dal prof. F. D'Arcais, s. e, nell'Adunanza 25 febbraio 1900)
Consideriamo il campo piano limitato da due circonferenze
concentriche 0 , Ci di raggi R , Ri . Si tratta di costruire una fun-
zione., regolare colle sue derivate., che verifichi in ogni punto di questo
campo l'equazione A^ A^ = 0 e che sui contorni C , Ci assuma in-
sieme alla sua derivata normale valori dati.
Il primo ad occuparsi di tal problema fu il Venske (i) il quale
indicò un metodo (non completamente rigoroso però) per risolvere
questo problema. Tal metodo fu reso rigoroso dal dott. Almansi {^)
e dal prof. D'Arcais {^) mediante l'aggiunta di un termine opportuno.
Nel metodo esposto dal dott. Almansi si incontrano certi de-
terminanti che egli dimostra essere diversi da 0 affinchè la solu-
zione del problema sia rigorosa. Se poi si vogliono determinare
effettivamente i valori delle incognite del problema, cioè dei
(1) Venske, Zur Integration der Gleichung AA?^ = 0 , ecc. — (Nach-
richten di Gottinga, a. 1891).
(2) Almansi, SulV integrazione dell'equazione A2/i = o . — (Annali di
Matematica ; serie III, tomo II, a. 1898).
(3) D'Arcais, La seconda funzione di Green pel campo piano limi-
tato da. due circonferenze concentriche. — (Atti del R. Istituto Veneto
di scienze, lettere ed arti, tomo IX, serie VII, a. 1898).
498 T. BOGGIO (2)
coefficienti delle serie adoperate, si devono risolvere vari sistemi
di 4 equazioni con 4 incognite il che porta a calcoli piuttosto lun-
ghi. Però con opportuni cambiamenti delle incognite (il che equi-
vale poi ad un cambiamento della formola di partenza) si possono
mettere quei sistemi d' equazioni sotto una forma tale che da essi
si possono ottenere facilmente le incognite, evitando contempora-
neamente la considerazione di quei determinanti.
A tale scopo invece di porre
(1) (I) r=r >■-' rj) _|- ^^ _|_ (r/ COS Q -\- Ò SCU 0) i log T ,
come fa Ting. Almansi, si ponga:
O = (r2 — R->) '\, -f (r2 — Ri2) cp _^ (a cos 0 -f /> sen 0) r log r ,
0, ciò che fa lo stesso,
O = r-^ (^\) -\- rr>) _|- (— R2 ,\, — R^2 .^) _^ (^ COS 0 -f Z* SCU 0) V log V .
Ciò equivale a mettere nella (1) in luogo di 'j* , e 9 rispet-
tivamente 4* 4~ ? 6 — ^' 'l' — ^i' ? ? facendo le sostituzioni cor-
rispondenti nei sistemi d'equazioni trovati dall'ing. Almansi essi si
riducono ad una forma semplice, dalla quale è facile dedurre i
risultati dianzi accennati.
II.
Trattiamo ora la questione analoga per lo strato sferico S li-
mitato da due superficie sferiche concentriche a , aj di raggi R , Ri
ove Ri >• R .
1. Conviene anzitutto risolvere il seguente
Peoblema : Determinare la funzione armonica in S e che as-
sume su o , ai due date successioni di valori che siipiwrremo svilup-
pahili in serie di funzioni sferiche.
Ricordiamo perciò che se P„, (,r, //, z) è un polinomio armonico
omogeneo di grado m e si fa la trasformazione in coordinate polari
X = r cos 0
y = r sen 0 cos <p
z = f sen 0 sen 9
(3) INTEGRAZIONE DELL' EQUAZIONE A-A^ = 0 ECC. 499
si può scrivere :
Prn i-r , // , 2) = r'« X„ (cp , 6) ,
la funzione X,,,(?, 6) si elice funzione sferica d'ordine m , e si ha {^)
V
s=0
(1) X,„ (9 , 6) = 2j ^^'^ ^°^ ^ '^ + '^« ^®" ''' '^^ ^''
ove le a e le [i sono 2w-|-l costanti arbitrarie ed U^^, è la fun-
zione data dalla formola :
U,„, -- sen' 0 (cos"'-^' 6 -f K% cos^"-^-^' 0 -f . . .) ,
ove le costanti K^ sono date dall'equazione :
, (:m — s) (m — s — 1) . . . {m — s — 2k -f 1)
K 2H = (~ 1)' 2^^ • A; ! (2w —1) (2m — 3) . . . (2m — 2A- + 1) '
il 1° indice w di U„,, indica il grado complessivo di U,,,^ in sen 0
e cos 9 ed il 2° indice s indica l'esponente di sen 9 in U,,^, .
Ciò posto consideriamo la funzione :
»7=oo ;i=m.
jn=0 n=0
(2) A'-, ?, f^)=X S ]\^>nnr'''+;~^^^^^^^^^^
ove le a , a' , [i , [:i' sono costanti a determinarsi ; è facile vedere
che è armonica ; inoltre se si vuole che sulle superfìcie sferiche
a , ai assuma le successioni date di valori :
m:=oo »=w
F(? . ^) = ^ X ((fmn COS )ì'^ -f ò,,,, sen ;//^) U,«„ (2)
m=0 «=0
Fi(? , 9) = V y (r/^^^^, cos HO + //,,,, sen ;/ p) Lr,„ ,
m=0 M=0
(1) Frischavif, Vorìeiotngeji Ubar Krcis-itnil Ktujf'l-FìOìiiìonenreìhen^
(Teubner, Leipzig ; a. 1897).
(2) Lo svihippo (li una funziono F (r , fi) in scn-ic di funzioni sfericlie
è pvecisamentf ([U'-sto, ovo b_' a e le ìt sono costanti. CtV. Friscliauf, l^or-
lesungen^ ecc.
500 T. BOGGIO (4)
basta porre le equazioni :
dalle quali si possono ricavare le incognite a , a' [i , [i' ; perciò la
funzione data dalla (2) è quella che risolve il problema proposto.
2. Ora veniamo alla questione accennata in principio, e che
consiste nella risoluzione del
Problema : Determinare nello spazio S ìa funzione Inarmonica
O, (he su a, aj assume insieme alla siat derivata normale interna
V quattro successioni date di vedovi, clic snppovvemo svihqìpahili in
serie di funzioni sferiche.
E noto che questo problema non ha più di una soluzione.
Siano :
m=cci n=m
(3)
<E>r=.R = IjZj i^mn cos w:^ -f B,,,, sen n'i^) U,„,
m=0 n=0
<5r=R, = /j }j (-^'m» cos ^^-f -f- B',,,,senw-f) U,„^
(^7) =S S (^-« ^^' '''^ + ^mn sen /»9) U^
»n=oo n=m
le quattro successioni di valori ora dette.
Poniamo :
(4) O = (;-' - RrO 4;^ + (/-^ - R2) Y ,
ove le funzioni armoniche 'ji', '];" sono date dalle formole :
m=co w=m , ^
'^ =/j 2j /P«"'""' + '^}j cos/r-p-l- ([i,,„ r'"-f- -^1 sen wcp ^ U,„„
jn=0 n=^0
m.=co n=m fi' /,'<•
'^" = y. ^.!k '•'"+'^VosMO+(r >- + ^)sen.'JlU,
*n=0 n=0
in imi le a e le b sono costanti a determinarsi.
(5)
(5) INTEGRAZIONE DELL' EQUAZIONE 1^1- = 0 ECC. 501
È facile vedere che si ha :
A2A2O = 0 .
Inoltre :
<I'^R = (E^'-R^)'K,-R
sostituendo a '\)', '\>" i loro valori, poi confrontando colle serie (3),
si ricavano i seguenti sistemi d' equazioni fra le costanti a deter-
minarsi :
/ '^'" \
(R\ - m (<,, E,- + ^--^1 =a:,„
-2E,(a ,„E.-+ ^-(E^-E^O("^^L R:'^-- iT.,. )-
-2E,(a;;„E,- + ^) = A_
(m = 0,l,2, . . .) ,
e sistemi analoghi hanno luogo per le costanti [i .
Eliminiamo a',,,„ dalla 3'^ equazione ed cc]^^^^ dalla 4'^, si ot-
tengono le equazioni :
/ <^'^ \
{2m + 1) (E^- E-^) E— a„, + 2E (<,, E'" + — ^-) =
^mH ^'^'"" 1e2 — E^', E /
1E2 — E^',
(6)
-la =
mn
- 2Ei (a,„„ E,"' + j^) - (2/;^ -fi) (E^^^E^O E,"
/ 2Ei w + l\
= -^r.1 + A -" (e^'i — E^^ ~ E, / '
502 T. BOGGIO (6)
chiamiamo, per brevità^ ?,„„ , Q,„„ i secondi membri, poi elimi-
niamo a].^'^^ dalla 1» di queste equazioni ed a',^„ dalla 2"-, allora
queste equazioni diventano :
"" Ri'"'+i ~ '"" (R^ — R-') R'" H
(7) \ /Ri'Hi R'M (R^i — R^O Ri"'~'
- 2 \^^ - ^..] ^.nn - (2^^^ + 1) ^:Zh %
ma
Q,,.^ 2R,
-1 "T" ^-H" /-D2
R"Hl -T ---»» (JJ2 _ Jj2j) Rj'"f 1
Il determinante di queste equazioni vale :
(2m + 1)^ (R2 — R2i)2 /R'«+i R^»«\ /Rj^+i R"^
/R'"+i Ri™\ /Ri™+i R'" \
"^ ^ \Ri"'+i ~ R^j \R"^+i ~ r7"/
R2 R2^ ^ " \Ri"'+i R'" / \R'Hi R/»/ '
se potesse esser 0 dovrebbe essere :
<«) ì'r^ =(j) +y -2-(»=0,l,2,...).
Supponiamo anzitutto w = 0 ; l'equazione precedente diventa:
(R^'i — 'R-^y R, R
ossia :
da cui
onde
4R2R2i ~R ' Ri
1 /Ri R \2 /Ri R
rm+Ri/'^'R +Ri/^-^ '
Ri R
f+r;-2|=»'
Ri R
r'+r;'"^ '
T>
poniamo — =^- x , V equazione precedente diventa :
R
1
(7) INTEGEAZIONE DELL' EQUAZIONE A-A- = 0 ECC. 503
cioè :
(,T- 1)^ = 0,
onde ce =^ ì, cioè Ri = R , la qual cosa è assurda perchè è Ri ^R ;
così è dimostrato che per m =: 0 la relazione (8) non può sussistere.
Supponiamo ora w = 1 , 2 , 3 , . . .
La (8) può ancora scriversi :
2m-\-l 2m+ì
2w + 1 /Ri R \ /R,\ 2 /R
2 \R Ri/ \R / \Ri
e ponendo ancora ~ :zz: x diventa
R
2m + 1 /
1\
2m+l
2»w-fl
-*' -
_ — —
= x -' —
X 2
2 \
xl
equazione che dovrebbe esser soddisfatta per un valore di m mag-
giore di 0 e per un valore di x maggiore di 1. Per dimostrare che
ciò è impossibile basta dare ad m un valore determinato e mo-
strare che per valori di ,r maggiori di 1 il 1» membro dell'equa-
zione precedente è sempre minore del 2° membro.
Poiché per j:^ ^ 1 si annullano entrambi i membri, qualunque
sia m , basta provare che crescendo x la derivata del 1° membro
è sempre minore della derivata del 2°, cioè :
2m-)- 1 / 1 \ 2w-[- 1
2 \ ' ^2
i+rj^— 17-1^ ' +^
2m— 1 2m-f-8,
2
od ancora
da cui :
1 2m+l 2»i-[-l
X -\- — <::, X - -\- X 2^
2(rt-|-l/ 2w— 1 \ / 2m— 1 \
X -^ \x -^ —l)<::x\x~—l) ,
2m— 1
e sopprimendo la quantità positiva ./• - — 1 :
2m+l
•y* 2 *:: — ^Y*
cioè :
504 T. BOGGIO (8)
2rn-\-3
X -' > 1 ,
che è evidentemente vera, poiché .r "> 1 .
Quindi per m = 0 , ì ,2 . . . . non esiste nessun valore di — -
R
che verifichi la ;8) ; perciò si conclude che dalle (7) si possono
ricavare a,,j„ , a^^^ ; quindi dalle (6) si ricavano poi a'j„„ , ed
a^^^ . In tal guisa son calcolate le costanti che compariscono nel
2° membro della formola (4) la quale quindi dà l'espressione ge-
nerale delle funzioni O che soddisfano alle condizioni del problema.
3. Essendo risolto il problema per lo strato sferico, si può dire,
in virtù di un teorema del prof. Levi-Civita (i) esteso dal prof.
Volterra (-), che il problema è pure risolto per lo spazio 8 limitato
da due superficie sferiche a , a^ che non si tagliano (cioè per lo
spazio compreso fra esse od esterno ad entrambe).
Infatti se 0 , Oi sono i centri delle due superficie sferiche
a , Gì ; A , B , Ai , B) le loro intersezioni colla retta OOi , le coppie
AB , ed A] Bi non si separano perchè a , a^ non hanno punti co-
muni, quindi vi è una coppia reale P , Pi di punti che separa
armonicamente la coppia AB e la coppia Ai Bi ; e tale coppia PPi
cade fuori di S . Ciò posto prendendo ad es. P come centro di una
inversione (per raggi vettori reciproci) le superficie sferiche a , Cj
si trasformano in due altre a' , a'i che, come è facile vedere, sono
concentriche, e lo spazio S compreso tra a , a^ si muta nello strato
sferico S' compreso tra o^ , o\ .
Presa l'origine delle coordinate in P le formole di inversione
(supposto eguale ad 1 il modulo) sono :
X ij z
da cui
(1) Levi-Civita, Sopra ima trasfoniinzìone in se stessa dell' equazio-
ne A A == 0. — (Atti del R. Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti ;
2 2
tomo IX, serie VII, a. 1898).
(2) Yohovra, S/flfc f/fi>:ioiii pttJianiionir/tr. — lAlfi del R. Istituto Ve-
neto, ecc.; toiriu LVIl, a. 181)i)).
(9) INTEGRAZIONE DELL' EQUAZIONE A-'A^ = 0 ECC. 505
(1') - dx'-^ + d,/-^ + dz'-^ = '-^ ;
e se la funzione O (.r , ^ , 2^) è biarmonica, anche la funzione :
ix' if z' \
(2) 4>'(y,y',/) = /4.(^,;-, -)
è biarmonica (rispetto alle variabili ,/ , \j , z^ . Quindi se si vuole
determinare la funzione O, biarmonica in S e tale che sui con-
torni a , 01 sia :
converrà eseguire la trasformazione (1) , (2) ; in tal modo ci si tro-
verà ricondotti al problema trattato nel n. precedente, giacche la
funzione ^' [x ^ y\ z'^ data dalla (2) sarà regolare nello spazio S'
trasformato di S (e che è uno strato sferico come si dimostrò) e,
come si disse prima, sarà pure biarmonica.
Sulle saperficie sferiche concentriche a', q\ che limitano S'
si avrà poi :
O' — r' 9 ,
e dalla (!') :
dn = /2 dìi ,
onde:
ao' a(/a)) a/ '^
a>^' dn c)n r
che danno appunto i valori di ^V e della sua derivata normale ai
contorni a', <i\ dello strato sferico S' . La determinazione di O' si
fa col metodo esposto nel n. precedente ; la (2) ripassando alle va-
riabili X , 1/ , z dà poi subito il valore della funzione O .
Con un procedimento analogo si può risolvere il problema
corrispondente per le funzioni poliarmoniche di un ordine n qua-
lunque ; basta perciò partire da una formola analoga alla (4), ma
di un tipo più generale.
506 T. BOGGIO (10)
4. Il prof. Y. Volterra nella Nota citata ha dimostrato che
se si ha una funzione in-armonica u di n variabili Xi , x^ , ... , x„j
e si fa V inversione per raggi vettori reciproci
Xi I n
{a) x\ =- , \)-^ = 2^- x^ ; ? = 1 , 2 , . . . , w
u
la funzione u' r= ^„^_^ sarà ancora n\-armonica rispetto alle va-
riabili x\ , ^^"'2 , • . . , Jc'n •
Ora dimostreremo un teorema che, in un certo senso, è Tin-
yerso del precedente.
Cerchiamo perciò la più generale trasformazione :
(a) x\ = x\ (.Ti , xo, . . . , x„) , (?• = 1 , 2 , . . . , w)
U (./' 1 , X 2 1 • • • 1 'f n) =^ ^ V-'l •> ^2 1 • ■ ■ ■) •^n) U {Xi , X-2 ., • ■ • i ^n)
che muta un integrale n, dell'equazione A^'" = 0 in un integrale
n 32
li deir equazione corrispondente A'^'" = 0 , ove A-' =-- ^S,- - — ; ,
n d-
A''- ::= ^,. - — - . Dimostreremo che le (a) si riducono alle ia) e che
1 s*-»^ ^
1
Poniamo perciò :
n 9 x^ 9 ,r.
e SI avrà :
e in generale :
n 92 II
A'-' II' = ^ a — - — 4- [IJ ,
1 ""ri -".s-i
l'I "2*2 ,vj ' ili
ove, per brevità, si è indicato con \2m — 1| il complesso deiter
che contengono derivate di n' di
Poiché si ha u' =^ \u , ne risulta
mini che contengono derivate di n' di ordine minore di 2ììì
9"" u' 9^'" u
9.r e?,
ri "^ Si • • • ' r ■' s
c'Xy. c'Xf,_ . . . c',r^. c'x CX^_ ex,. . . . ex,, ex
(11) INTEGRAZIONE DELL' EtiUAZIONE A^A- = 0 ECC. 507
onde sostituendo :
A'^
'-"'?/,'=:a2] n a ...a . - — r ;^ -4-[2/// — 11.
' t'i Si'" ' >',a ' Sul
Se ora si vuole che A'^'" «' si annulli insieme con A^'" u
bisogna che il secondo membro diflerisca soltanto per un fattore
da
m 3-2 \m IH ni \ d-'" u
la n
(ai + a, 4- ... -f a,„ = m) .
Ne risulta quindi identicamente :
(3) [2m— 1] = 0 ;
1
assumendo poi il fattore sotto la forma 7777, si ha :
a,. „ (7,. o • . . ff,.
^riSir,s,...r„,s„, -r^Si -r,s, ■ • • r.nS.a 3^. 9_^. _ _ _ ^x,. dx,
■1 ' 1 -^1 ' III s,
1 m ni ! 9^'" u
V
H^'" 0 "^ ai ! a. ! ... a,„ ! 3x2^^ a.r2a, . . . a.r2an '
1 2 n
Eguagliando i coefficienti delle medesime derivate si ricava
tosto :
1
f'rr == ^2 ^ ^'r. = ^ , {r "^ s ; r , S = ì , 2 , . . . , il) ',
da queste equazioni è facile dedurre :
dXi dXi
onde
TT2 — - a / r= 1 2 ti)
(4) S^- dxj^ = W S, dx^ .
Se ora il numero delle variabili è maggiore di 2 questa for-
mola mostra senz' al;ro che la trasformazione (a) è una inversio-
ne per raggi vettori reciproci. Assumendo le formole dell' inver-
1
sione sotto la forma (a) si ha H = — . Considerando poi la (3)
508 T. BOGGIO - INTEGRAZIONE ECC. (12)
ed esprimendo che i termini che contengono derivate di u di or-
dine 2m — 1 sono identicamente nulli si ottengono n equazioni
dalle quali è facile dedurre che (per funzioni w-armoniche di n
1
variabili) la forma più generale della funzione X è X = ^,^,_,„ .
Se invece il numero delle variabili è 2, la (4) mostra che la
trasformazione (a) è conforme ; ricorrendo poi alla (3) ed espri-
mendo che i termini che contengono derivate di u di ordine
2w — 1 sono identicamente nulli è facile dedurre X = H"'~^ .
Considerando poi ancora nella (3) che i termini che contengono
derivate di u di ordine minore di 2w — 1 si può concludere che
11
H = — -—, = — , onde la trasformazione (a) è una inversione
per raggi vettori reciproci e inoltre la forma più generale della
1
funzione X è X =i — — .
Così la proposizione enunciata è completamente stabilita.
(^Finita di stampare il (/iorno 2 aprile 1900)
Atti dkl Reale Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti.
Anno accademico 1899-900 - Tomo LIX - Parte seconda.
NOTIZIE E CONSIDERAZIONI
SULLE RECENTI ESPLOSIONI
AVVENUTE NEL DINAMITIFICIO DI AVIGLIANA {')
DEL uoTT. GIOVANNI SPIGA, s. e.
(Adunanza 25 febbraio 1900)
Le terribili esplosioni di dinamite avvenute il 16 gennaio
decorso nella fabbrica Nobel di Avigliana danno non pochi argo-
menti di studio, ond'è che io, che potei due giorni dopo del disastro
trovarmi sul sito, constatare gli effetti ed indagare sulle circostanze
relative alle cause possibili che poterono determinare le esplosioni,
ho creduto utile di raccogliere tutte le notizie più importanti, che
ora espongo nella presente mia comunicazione.
Dai primi giorni delFanno il Dinamitificio era in lavoro per
la preparazione di una grossa commessa di dinamite-gelatina speciale
che aveva ordinato 1' Impresa per il traforo del Sempione e la fab-
bricazione procedeva, per quanto con una certa intensità, regolar-
mente.
(1) Il Dinamitificio Nobel si trova a 25 chilometri da Torino, a de-
stra della Dora Riparia, sulla linea ferroviaria Torino-Modane, situato
parte in piano e parte in collina. Esso fu impiantato nel 1872, da una
Società anonima, esclusivamente per la fabbricazione della dinamite ; ma
ora, oltre agli acidi solforico e nitrico, necessarii per la fabbricazione
della nitroglicerina, vi si fabbricano anche : cotone collodio, gelatine
esplosive, fulmicotone, balistite, lanite, concimi minerali, solfato di soda,
acido cloridrico, acido carbonico liquido, anidride solforosa liquida, sol-
fati di ferro, di rame e di magnesia, nitrati di piombo ed ammoniaca,
nitrito e bisolfito di sodio.
510 G. SPIGA (2)
L'esplosivo che si preparava era fatto da una miscela di 83
parti di nitroglicerina e 5 di cotone collodio, che si faceva gela-
tinizzare con l'aiuto del calore (circa 60° e.) ed alla quale veniva
in seguito aggiunta un'altra miscela di 9 parti di nitrato di soda
con 8 di cellulosa di legno secca e polverizzata, facendo del tutto
una pasta che si rendeva omogenea lavorandola a mano. Detta
pasta, in blocchi di circa 10 chilogrammi per uno, veniva in seguito
portata in altri riparti, dove se ne facevano con stampi a vite delle
cartuccie che alla loro volta, mano mano, passavano in altri casotti
per essere impaccate in scatole, poscia incassate ed inviate quindi,
per mezzo di una piccola ferrovia funiculare, ai magazzini di de-
posito situati alla parte superiore della collina.
Tutti i locali adibiti per la lavorazione della dinamite erano
costruiti in legno e protetti ciascuno da robuste trincee che sor-
montavano i tetti. Il laboratorio dove si eseguivano gl'impasti di
sopra accennati, detto in termine tecnico semi-francese del petri-
nag(j/o, non era il solo destinato a quest' ufficio; infatti esso era
distinto col ìiumero uno per distinguerlo da altro attiguo indicato
col numero due, dove non si lavorava e che era chiuso. In esso
laboratorio oltre gì' impasti, che si facevano in sei madie di
piombo a doppio Tondo disposte tre per parte presso due pareti
vicine e che erano capaci di essere scaldate per mezzo di vapore
d'acqua che si faceva arrivare a piacere nello spazio che restava fra
i due fondi, veniva pure eseguito l'ultimo lavaggio e quindi la filtra-
zione su cloruro sodico della nitroglicerina, la quale arrivava da
una tubulatura speciale di piombo che finiva con un rubinetto di
ebonite, proveniente dall'apparecchio di preparazione situato in altro
edifizio soprastante nella direzione dei magazzini di deposito.
Il 16 gennaio il lavoro era proceduto regolarmente per tutta
la giornata, l'apparecchio di preparazione aveva finito di funzionare
e l'ultima nitroglicerina era stata inviata al laboratorio del petri-
naggio dove in cinque madie erano in corso gli ultimi impasti da
cento chilogrammi 1' uno, mentre in un recipiente di guttaperca
indurita, posto sopra una bilancia a bilico, erano rimasti 28 chilo-
grammi di nitroglicerina, già filtrata e pronta per essere mescolata al
cotone collodio corrispondente che si aspettava dal deposito, e nel
filtro gli ultimi residui. Persona che fu lì verso le ore 15.25' as-
sicura che in tre madie si era già eseguita la miscela della ge-
latina con il miscuglio di nitrato di soda e cellulosa e che in due
ancora quest'ultimo non si era messo, ma che la gelatina di ni-
(3) NOTIZIE E CONSIDEKAZIONI ECC. 511
troglicerina e collodio era fatta, come assicura di avere constatato
il peso della nitrog'licerina libera (28 kg-.) e di avere visto il
maschio del rubinetto della nitroglicerina già tirato fuori di posto,
come doveva farsi per procedere alla pulizia.
Lì dentro lavoravano in quel momento sei operai ed eravi
anche un sotto-brig-adiere delle guardie di finanza che doveva con-
trollare il peso di tutta la pasta che si produceva, giacché su
questa viene applicata la tassa governativa di fabbricazione.
Alle ore 15.85' in questo locale avvenne la prima fortissima
esplosione alla quale, immediatamente dopo, ne seguirono delle altre
formidabili ai magazzini che, da gente rimasta incolume che si tro-
vava lì presso, furono avvertite distintamente per i loro intervalli mi-
nimi successivi paragonabili a quelli che si hanno per lo sparo di
una serie di mortaretti messi in fila o meglio per gli spari conti-
nui di una mitragliera. A queste tremende esplosioni, alla distanza di
circa dieci minuti, durante il qual tempo si vide sulla collina un
vivissimo incendio, ne successe un'altra fortissima anch'essa de-
terminatasi lì presso, in un sito che da lontano potè anche essere
designato. Dopo avvennero altri incendi parziali, ma nessun' altra
esplosione, onde dei coraggiosi con una pompa si spinsero fin sul
luogo ove ancora bruciava del materiale e spensero il fuoco.
Questa, nella maggiore brevità, è l'esposizione dell'accaduto ;
ma quali stragi, quali danni non arrecarono tali esplosioni !
Tralasciando dal dire del terrore provato da quanti si tro-
vavano nello Stabilimento e sbattuti per terra o a distanze, più
0 meno malconci, feriti o no, specialmente per la projezione dei
vetri per lo più polverizzati, o per corpi più o meno pesanti, più
0 meno eterogenei, stati trasportati per aria per effetto delle esplo-
sioni e ricaduti tutt'attorno, o per volte, finestre, j)orte cadute giù
0 sconquassate, per casotti demoliti, ecco quali furono gli effetti
principali di tali esplosioni.
Il petrinaggio numero uno, del quale si è parlato innanzi,
sparì del tutto ed al suo posto non restò che una buca profonda.
1 forti terrapieni che lo circondavano sono rimasti, ma alla parte
interna si sono arrotondati pigliando l'aspetto di un cratere ; gli
alberi robusti che vi erano impiantati attorno per fortificarlo ora sono
spariti. Del legname che costituiva l'edifizio, degli apparecchi di
piombo e di tutto il materiale che vi esisteva dentro, dei sette
individui che vi si trovavano al momento dell'esplosione, non si
512 G- SPIGA (4)
sono rinvenuti che pochi avanzi, più o meno grossi, caduti a di-
stanze varie, cioè da pochi metri a qualche chilometro (').
Tutt'attorno gli altri laboratori sono stati danneggiati o de-
moliti, ma in nessuno di essi, dove c'erano quantità non indiffe-
renti di dinamite, sono avvenute esplosioni. A me fu dato di ve-
dere in tutte le cartuccierie ancora la dinamite-gelatina sui banchi
da lavoro, dove si trovava al momento dell'esplosione pronta per
la preparazione delle cartuccie, e su di essa conficcati pezzi di
vetro, di legno o d'altro che erano stati lì fortemente projettati.
Su di un banco tutto un intero apparato di ferro che serviva per
confezionare le cartuccie, stato svelto per la forza dell'esplosione,
caduto sulla pasta esplosiva vi si era conficcato in massima parte
senza determinarne lo scoppio ! — Altrove erano state sbattute
per terra e disperse delle cartuccie pronte per essere impaccate,
0 venute fuori da casse già chiuse che si erano squarciate per
effetto dell' esplosione, eppure in nessun posto si verificarono de-
tonazioni !
Presso i magazzini di deposito, dove avvennero le fortissime
e ripetute esplosioni, che, come dissi avanti, erano situati verso la
sommità della collina, gli effetti di distruzione sono stati immensi ;
ma insieme a tali effetti si sono constatati dei casi veramente
strani d'incolumità di grandi masse d'esplosivi che a pochi metri
di distanza non subirono la minima avaria.
Detti magazzini, di piccole dimensioni e costruiti in legno,
erano una ventina, situati su tre linee parallele ed erano affon-
dati completamente nel terreno in modo da restare isolati uno dal-
l'altro per mezzo di forti terrapieni. Essi contenevano circa 32000
chilogrammi di dinamiti di varie specie ed in uno si conservavano
216 chilogrammi d' inneschi di fulmicotone. Lì presso, ma un po'
piìi in su e meglio riparati per la loro posizione, vi erano diversi
magazzini militari che contenevano circa altri 8000 chilogrammi
di dinamite ed in basso, in un sito molto più esposto, un casotto
contenente quasi un milione di capsule detonanti di fulminato di
(1) Triste spettacolo offrì ai primi visitatori l'avanzo di un corpo umano
costituito da una parte delle spalle con le duo braccia, le quali furono
trovate strette ad un tronco d' albero incontrato nella corsa, e che ha
fatto pensare all'istinto di salvezza che forse animò ancorn per un mo-
mento quel misero resto di un corpo dilaniato.
(5) NOTIZIE E CONSIDEEAZIONI ECC. 513
mercurio. Dippiù all'aperto si aveva un mucchio di 118 casse,
pronte a partire, contenenti ognuna 25 chilogrammi di dinamite
ed in cima alla funiculare altre 24 di dette casse, che dovevano
essere trasportate ai magazzini per mezzo di un piccolo carro che
veniva spinto a mano da due uomini lungo una piccola ferrovia
situata sui terrapieni.
Dopo le esplosioni, di tutti i magazzini posti sulle tre linee
nessuno ne fu più trovato ; molti erano esplosi, come si poteva
rilevare dalle immense buche praticate nel suolo che nell'insieme
davano l'idea di tanti piccoli crateri, alcuni furono sotterrati, altri
sconquassati completamente e frantumate pure le casse con la
dinamite che si trovò sparsa, non esplosa, e finalmente alcuni pochi,
fra i quali quello contenente il fulmicotone, erano stati distrutti
dal fuoco, per come potè vedersi da lontano e constatarsi poi dai
resti brucciaticci di quei pochi alberi che non furono completa-
mente divelti e trasportati dalla forza delle esplosioni in frantumi
a distanze.
Le 118 casse di cui innanzi, non furono piìi trovate, invece
le 24 sul piazzale superiore della funiculare restarono, un po' sfa-
sciate, al loro posto.
I magazzini militari, chC; come dissi, erano piìi in alto, eb-
bero atterrate le porte e furono più o meno danneggiati, ma
l'esplosivo non risentì danno di sorta.
II casotto contenente le capsule detonanti di fulminato di
mercurio rovinò in parte, la porta venne sfondata e la serratura
d'ottone, lanciata all'interno, aveva rotto talune scatole e schiacciato
delle capsule detonanti che non avevano esploso !
Presso tutti questi depositi e sulla linea funiculare sei operai
trovarono la morte ; ma pure diversi altri, due militari in sentinella,
un carrettiere ed un cavallo, che stavano a qualche diecina di
metri di distanza dai centri d'esplosione rimasero incolumi o più
0 meno malconci per essere stati solamente s1)attuti per terra.
Per le ricerche che in seguito, con tutta la cura, si fecero
per il ricupero della dinamite dispersa, sotterrata o rimasta fra i
rottami delle casse, se ne poterono raccogliere parecchie tonnellate,
ond'ò che fatti i conti appi'ossimativi si è potuto giudicare che
l'esplosivo distrutto ammontò a circa 18000 chilogrammi dei quali
solo una piccola parte bruciò.
(Ili effetti locali delle esplosioni che, come dissi avanti, furo-
no grandissimi, a guardar bene però non si sono giudicati cor-
514 G. SPIGA (6)
rispondenti a quelli che avrebbero dovuto ottenersi se tutta la di-
namite avesse esercitato liberamente la sua forza esplosiva, che
sarebbe stata presso a poco parag'onabile a quella che avrebbero
dato, esplodendo, 60 e più tonnellate di polvere nera ordinaria,
ond' è che deve ammettersi che detta forza dovette essere di
molto ridotta per effetto di ostacoli incontrati che valsero ad an-
nullarne una buona parte.
Senza dubbio infatti Timballagg-io prima, i casotti di legno
dopo, gli spessi terrapieni, ed infine la grande massa di alberi che
su questi erano piantati e che più non si trovarono, debbono avere
diminuito in modo considerevole l'azione distruggente.
Da questo dunque bisogna ancora una volta riconoscere l'im-
menso servizio che vengono a rendere le trincee ed i ripari, che
si costruiscono attorno ai de])Ositi di esplosivi, nei casi di scoppi,
e che nell'evento di Avigliana, oltre ad attenuarne i danni ma-
teriali, valsero a salvare da certa morte tutte quelle persone che,
pure essendosi trovate a poca distanza, non erano però direttamente
esposte. Questa stessa considerazione deve farsi per il caso del-
l'esplosione àeìjìefrinagf/k), dove, oltre alla dinamite in lavorazione,
c'era anche della nitroglicerina libera, la quale esercitò l'assoluta
rovina solo nei limiti del terrapieno.
Un'altra considerazione che la triste esperienza ci fa fare,
dandoci argomenti di sicurezza per l'avvenire, si è che al di là dei
centri d' esplosione qualunque quantità di dinamite, imballata o
sciolta, non ò capace di esplodere per le sole commozioni dell'aria,
siano esse fortissime come quelle che si ebbero ad Avighana, le quali,
come dissi, valsero a danneggiare tutto rompendo e sminuzzando
anche dentro le case, mobili, porte, travi ecc. Infatti non si potrebbe
diversamente spiegare come tutta la dinamite che si trovava nei
diversi laboratori e quella che nei nuigazzini di deposito fu an-
cora ricuperata poco lontano dai grandi centri d'esplosione, senza
ammettere l'inattitudine della dinamite ad esplodere anche sotto
l'influenza di urti così potenti manifestantisi contemporaneamente
su tutta la massa. Questa considerazione ci porta anche a dovere
escludere che le esplosioni avvenute ai magazzini siano state de-
tcrminate dalla fortissima counuozione atmosferica prodottasi per
l'esplosione al pefrinru/f/io.
Anche per il caso delle capsule detonanti di fulminato di
mercurio si potrebbe fino a un certo punto cominciare a fare la
stessa supposizione, ma trattandosi di un fatto isolato sarà sempre
(7) NOTIZIE E CONSIDEKAZIONI ECC. 515
più prudente non azzardare il o-iudizio, specialmente che si tratta
di un esplosivo di tutt'altra natura.
Passando ora alla ricerca delle cause che poterono determinare
le esplosioni e cominciando da quella che portò la distruzione del
petrinaygio^ ecco quali sarebbero le principali ipotesi ammissibili :
1.0 Decomposizione di nitrog-licerina all'atto deg-li impasti per
essere rimasta instabile per non accurati lavag-gi.
2.° Elevamento straordinario di temperatura in qualche madia
per mancata avvertenza nel regolare il vapore.
3.0 Produzione in uno dei miscugli di qualche reazione chi-
mica provocata da impurezze contenute neg-Fingredienti.
4.0 Presenza, in qualcuno degli ingredienti, di granelli di si-
lice 0 altri corpi duri capaci di produrre all'atto dell'impasto sfre-
gamento, 0 presenza di qualche capocchia di fiammero.
5.0 Scoppio di qualche goccia di nitroglicerina rimasta inos-
servata nel rubinetto che si puliva.
6.0 Qualche attrito od urto per caduta di un corpo duro sulla
nitroglicerina libera che e' era nel recipiente di guttaperca, o nel
filtro dove ne erano rimasti dei residui, o su qualche goccia ca-
duta forse sul pavimento.
Naturalmente tutte queste ipotesi sono buone per essere prese
in considerazione, ma se per talune dobbiamo ammettere meno
probabilità, come per la prima, vista la grande cura che si è sempre
tenuta per la preparazione e per i lavaggi della nitroglicerina, per
tali altre invece si deve ritenere una probabilità maggiore. Così
per esempio io ritengo la quarta ipotesi come una delle più am-
missibili, giacché la presenza di granelli di silice o altri corpi duri
nella polvere di cellulosa del legno che il Dinamitificio acquistava
in commercio non è delle meno probabili né delle meno frequenti.
Per le esplosioni avvenute ai magazzini, essendo stata eli-
minata per le considerazioni fatte avanti, la possibilità che esse
siano avvenute per effetto delle grandi commozioni, sismica ed
atmosferica, prodotte dalla esplosione del petrinag(/io, a meno che
non si ammettesse la presenza, in mezzo ai pacchi di dinamite
incassata, di cartuccie in istato di decomposizione, la qual cosa è
assai poco ptobabile, non resta che l'ipotesi che esse siano state
prodotte per la caduta di materiali incandescenti o fortemente ri-
scaldati sui mao-azzini stessi o sulle casse che stavano fuori o su
516 G. spiCA (8)
quelle che vi si trasportavano. Infatti materiali di tutti i generi
furono lanciati per la prima esplosione intorno per un raggio gran-
dissimo e fra questi materiali, da tenersi in considerazione più spe-
ciale, furono dei grandi pezzi di piombo, più o meno arrotondati,
più 0 meno fusi che si trovarono dappertutto nel Dinamitificio e
fuori fino alla distanza di qualche chilometro.
Gr incendi successivi di altri magazzini e l'esplosione del-
l'ultimo che fu visto saltare, si spiegano facilmente per le proje-
zioni provenienti dai primi magazzini esplosi ed ai quali si tro-
vavano contigui.
Ed ora, dopo il disastro, vengono le considerazioni d' ordine
di sicurezza che erano sfuggite prima a chi aveva il dovere d'in-
vigilare e che ora la dolorosa esperienza fa subito risaltare a prima
vista.
Prescindendo dal dire come la fabbrica di dinamite in Avi-
gliana si trovi ora fuori posto perchè circondata tutt'attorno da un
cumulo di altre fabbriche, dove vengono quotidianamente occupati
centinaia di operai, si affaccia la domanda del perchè depositi di
esplosivi di sì grande portata si biano potuti permettere lì dove si
fanno le più pericolose preparazioni, mentre per se stessi non of-
frirebbero, se messi al sicuro, che un pericolo relativo, e tanto più
questa domanda viene naturale quando si pensa che 1' apparecchio
di preparazione della nitroglicerina, che ebbe a saltare già in
passato diverse altre volte, è ancora più prossimo ai magazzini che
non il laboratorio del petrinaggio ora distrutto e dove non avven-
nero prima altre esplosioni. Egualmente non si può lasciare di
considerare come sia stato sempre imprudente il permettere che
in uno stesso locale, come era quello del petrinaggio, si eseguissero
il lavaggio, la filtrazione e l'impasto della nitroglicerina, opera-
zioni tutte pericolosissime e che messe insieme sommano le pro-
babilità delle esplosioni. Nel caso speciale poi in cui si lavorava
nel fatale giorno 16, c'è anche da osservare che il lavoro proce-
deva assai intensamente e che se invece si fosse pensato di ri-
partirlo fra i due petrinaggi forse l'esplosione non sarebbe avvenuta
o, per lo meno, le conseguenze non sarebbero state tanto dolorose
e disastrose.
La responsabilità di questo, però, piuttosto che nella Società
Dinamite-Nobel deve ricercarsi altrove. Nelle industrie, di tutto si
fa calcolo e, potendosi evitare ogni maggiore spesa, stando sempre
nei limiti concessi dai regolamenti emanati dalle Autorità, si prò-
(9) NOTIZIE E CONSIDEIIAZIONI ECC. 517
cura sempre la più stretta economia. Incombe al Governo il dovere
d'invigilare continuamente su questo genere d'industrie e se oltre
ai regolamenti esistesse in Italia un Ispettorato per gli esplosivi,
come e' è in Inghilterra, forse tante cose all'atto pratico non sa-
rebbero permesse e molte disgrazie del genere di quella di Avi-
gliana non avverrebbero.
(Finita di stamiìare il giorno 5 aprile 1900)
Atti del Realp: Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti.
Anno accademico 1899-900 - Tomo LIX - Parte seconda.
1 L P A 1) 0 V A N 1 N 0
DI
VIRGILIO BROCCHI
(presentata dal comm. P. Lioij, in. e., neW Adunanza 25 febbraio 1000)
Quando, per la magnifica liberalità di un prelato, magnifi-
cenza ben disgraziata per l'Italia, i Baccanali famosissimi di Tiziano
furon portati, oltre il mare, in Ispagna, il buon Marco Boschini si
consolava della perdita grave e dolorosa, pensando come a Venezia
almeno restasse la copia lodata delle dipinture stupende. Ed in
quel suo curioso libro de La carta del Navegar Pittoresco, che
egli secentisticamente intitolava : " Dialogo tra un Senator venetian
deletante, e un professor de Pittura, sotto nome de Eselenza e de
Compare., compartìo in oto venti con i quali la Nave Venetiana
vien conduta in l'alto Mar de la Pitnra, come assoluta dominante
de quelo, a confusion de cld non intende el bossolo de la calamita „
ammaestrava che la copia dei lavori tizianeschi
è della perfetta e degna man.
Anzi del Vice-Autor (cusì el se chiama)
Glie corse a Roma, inamorà per fama
A far ste copie, quel grande Padoan.
Basta che un Alessandro el se chiamasse
In la pittura, e de tal nome degno !
E in colorito pratico e in disegno.
Mai fu chi Tician megio imitasse !
E ben da vero Alessandro Varotari doveva lusingarsi di pos-
sedere il colorito e il disegno del Maestro e di esser padrone
dell'arte magica del Cadorino, se osò, ai tre di Tiziano, aggiun-
520 V. BROCCHI (2)
gere di sua mano un quarto Baccanale in cui volle rappresentare
un trionfo di Yonere, tra Tritoni e Nereidi.
Ben il soggetto doveva tentare il lascivo pittore, che si com-
piacque di esercitare la licenziosità del pennello procace sulle
ignudo carni di Euridice, di Proserpina, di Cleopatra e di Lucrezia :
poi che sommo egli riusciva veramente nel fissare sulla tela le
grassoccie carni rosee e vellutate ! Tanto più il mitologico argo-
mento doveva sorridere alla mente del Padovanino, cui troppo
oramai si rimproverava di saper solo copiare, poi che, per esso,
egli poteva affermare la sua abilità di inventore e di pittore originale.
Yeramente Alessandro Yarotari, ne gli artisti che egli cono-
sceva, teneva gran fatto a questo vanto della originalità. Dopo i
fulgori luminosi che avevano illuminato tutto il cielo Yeneziano di
porpora e d'oro, bisognava rassegnarsi ad assistere al prevaler delle
ombre grigie : e qual nota mai ai sonori poemi giocondi del Ye-
cellio, di Giorgione, del Tintoretto, del Bassano, di Paolo Yeronese,
potevano aggiungere le esili voci di un Yarotari, di uno Zanchi
0 di un Liberi ?
Nulla di meglio a fare che lo studio paziente e minuto
delle opere di quei grandi che li avevano preceduti, che lo sforzo
di capire quella libera arte, audace e feconda, e dominatrice, non
per continuarla o svilupparla, ma per riprodurre leziosamente, per
strappare un secreto di tavolozza o di tecnica a chi secreti non
aveva mai nascosti. Tutto al più i poveri pittori potevano sperare
di scoprire una nuova ricetta, o di adattare al gusto decorativo
del tempo le nobili figure, animate già sulle tele famose, e i
grandi quadri che non potevano capire entro la stanza del sena-
tore gottoso, 0 nel salotto elegante della dama pretenziosa.
E come il più grande fra i pittori veneziani delfetà dell' oro
era, o appariva, Tiziano Yecellio, come quegli che più si avvici-
nava, forte e sano, al gusto degli uomini frolli del secento, era
naturale che ad esso, più che agli altri sommi, tendesse lo sforzo
degli imitatori. Chi avre!)be potuto intendere la sottile arte e l'a-
nima preziosa di Gfiorgio Barbarelli, che tanto piacque ad Enrico
Heine ?
Così Alessandro Yarotari fece del Yecelli il suo Dio e Signore.
Studia gli affreschi di Tiziano a Padova e li copia : studia e copia
a Yenezia le numerose opere del maestro ; le studia e copia, do-
vunque le può trovare ; e, come dicemmo, corre fino a Roma, per
riprodurre sulla tela i Baccanali famosi. Ma per quanto profonda
(3) IL PADOVANINO 521
e dominatrice 1' ammirazione per l'arte sovrana di Tiziano, essa
non poteva limitare 1' imitazione del Padovanino. Questi pittori
del secento hanno il bisogno di conciliare scuole e maniere, quasi
per la pretesa di trovar cose nuove accoppiando cose disparate :
lo dicano per tutti quei fortunati artisti che furono i Carracci e i
loro discepoli che, con altra tempra, ed intelletto, e potenza, spin-
sero l'eccletismo fino ad unire Raffaello e Tiziano e il A'^eronese
e il Correggio e Michelangelo.
Fino a questo punto non poteva giungere il Varotari : ma
egli aveva bisogno di introdurre nel quadro il gusto decorativo
proprio del suo tempo, le architetture sontuose, e l'audacia degli
scorci : e tutto ciò credè di poter derivare solo da Paolo Veronese.
E per vedere come egli intendesse di conciliare e di unire
le due maniere, basta gettare uno sguardo sull'enorme tela delle
Nozze di Cuna troppo lodata, e troppo vicina, ohimè ! in quella
magnifica sala dell' Accademia di Venezia, alla Cena stupenda
di Paolo Veronese.
Del resto alla imitazione del Caliari egli era spinto anche
dal padre Dario, architetto e pittore, che da Verona si era tra-
sferito a Padova, dove aveva dato saggio della sua arte, imitando
il grande concittadino nei dipinti di S. Martino a Volta di Bru-
segana e di Praglia, cui Giannantonio Moschini ricorda. A Padova,
dove egli era nato nel 1590, due anni dopo la morte del Veronese,
e pochi anni innanzi che si spegnesse la nobile vita di Jacopo
da Ponte e del Tintoretto, ultimi superstiti della schiera gloriosa,
Alessandro Varotari inizia i suoi studi, sotto la guida forse del
padre, e li continua poi a Venezia, dove si reca verso il 1614.
Studiare voleva dire copiare, in tutti quei paesi in cui durava
potente la tradizione di una grande e gloriosa scuola : solamente
là dove questa tradizione mancava, o si riferiva ad un passato
troppo lontano per incatenare od asservire la schiera degli artisti
nuovi, fu possibile un tentativo di rivoluzione o di rigenerazione
dell'arte. Così, mentre a Venezia trionfa la pittura sensuale, che
si compiace di bellezze grassoccie e procaci, e di atteggiamenti
coreografici, arte gonfia, boriosa, farraginosa e senza anima, che
deriva, specialmente, dal nipote del grande Jacopo Palma : e a
Roma impongono il loro dominio l'arte leziosa del cavalier d'Ar-
pino, e la soldatesca e brutale di Michelangelo da Caravaggio,
per i quali ha pur tante lodi il cavalier Marino ; mentre in tutta
Italia perdono l'anima e il sentimento le madonne soavi derivate
522 V. BROCCHI (4)
da Raffaello e i putti del Correggio, o si contorcono, in ridicole
pose da acrobati, i giganti figlioli del Buonarroti, a Napoli si tenta
la rivoluzione, e a Bologna si inizia un movimento di riforma,
che segna come il glorioso e splendido tramonto infocato del sole
dell' arte italiana.
A Napoli tra Massimo Stanzione, Andrea Vaccaro e Luca
Giordano, pittore prepotente, tempestoso e disordinato, che si com-
piaceva di accumulare le difficoltà per vincerle alla brava, in un
attimo, e che amava l'audacia degli scorci e il rossiccio colorito,
come di mattone bruciato, e gli azzurri accoppiati, sorgeva Sal-
vatore Rosa, possentemente originale, tenebroso come un poeta
nordico, che, rifuggendo dalle vuote convenzionalità frivole, si ispi-
rava alle selvagge foreste dagli alberi squarciati, alle solitudini,
alle scene tenebrose della guerra e della congiura, al furore del-
l'uragano. Certo a Salvator Rosa toccò, per la pittura, ciò che un
secolo dopo circa avvenne per le lettere a Melchiorre Cesarotti che,
volendo sfuggire alle leziosaggini dell' Arcadia pastorale italiana,
cadde nella terribilità dell' Arcadia scozzese : ma, per quanto il
Rosa sia manierato e barrocco, è sempre una ribelle anima fiera,
che dice la cruda e dura verità, con i versi, con il pennello, con
le satire sulla Guerra e la Invidia., e con il quadro ([(}\V Aìl('(j()ria
delia Fortuna.
A Bologna i tre Carracci gettano le basi dell' Accademia,
dalla quale, per ripetere la vecchia frase di Paolo Costa, uscirono
gli artisti; come gli eroi greci dal cavallo di Troia.
Ed essi stessi, e l'Albani che sospira le graziose Anacreon-
tiche, e il Guercino che si compiace dei colori tenebrosi, e stampa
sulle tele religiose la propria personalità viva, dominatrice : e il
languido Guido Reni che vuole il vanto della espressione ; e il
candido Domenichino che dipinge anima e sentimento e grazia,
quasi in se nutrisse lo spirito del Correggio e quello di Raffaello ;
tutti insieme, togliendo il meglio dalle varie scuole dell'età d'oro,
sapientemente eccletici, tentano come la sintesi di quanto innanzi
a loro gloriosamente si era fatto.
Ma a Yenezia, il soffio di questa tentata rigenerazione non
poteva giungere subito ; ne l' intese da prima il Padovanino che,
negli anni della giovinezza, avrebbe certo considerato come una
profanazione ogni tentativo di unire V arte del suo Tiziano con
quella di Raffaello e del Correggio, sebbene anche il giovane
Palma (pur non fondendo ancora i vari stili) andasse indeciso
(5) IL PADOVANINO 523
dal Tintoretto al Sanzio e dal Veronese a Michelangelo. Ma più
tardi anche a Venezia si sentì l'influenza della riforma Carraccesca ;
ma come questa non era riforma interna, derivata da ricerche, da
studi personali, ma solamente importata, avvenne che piuttosto di
accettare il metodo nuovo, questi pittori Veneziani imitarono adi-
rittura la maniera di alcuno di quegli artisti derivati dai Car-
racci, che avesse avuto una fisonomia più violenta od esagerata.
Così, per scegliere un solo esempio, basta dare uno sguardo
al Santo Diacono che ricupera la vista, per vedere come il Varotari
tentasse di imitare il Quercino. Nella tela colpisce la forma mo-
numentale della composizione : il gesto del santo, coperto dai so-
lenni abiti talari; rigido e largo (contrastante cogli svolazzi della
veste dell'angelo che addita verso l'alto), è teatrale e freddo nella
divozione. Il capo, levato verso il cielo, pare appoggiato all' ala
dell'Angelo ; ma l'occhio, aperto alla luce dalla grazia del Signore,
diffonde sul volto dell'asceta un' espressione di compunta ricono-
scenza. L' Angelo, sospeso suU' ali semiaperte, rigido nel volto e -
nel gesto, richiama ancor più da vicino, nel disegno e nel colore,
la maniera del Barbieri.
Ma intanto imperava Tiziano : ed il Varotari continuò ad imi-
tare e a copiare, finché non credè di potersi dare alla composizione
originale e propria. Ma pare che un' affinità misteriosa lo unisse
a Palma il giovane, che tenne fino al 1628 incontrastato il do-
minio della pittura Veneziana, e cui Gian Battista Marino lodava
neW Adone come degno di contendere la palma al Ve.onese e al
Vecellio. E così intima era questa affinità, che l'arte del Varotari
si può considerare come la continuazione di quella del Palma, sì
che talvolta si resta in dubbio a quale dei due autori un quadro
appartenga. Così, per esempio, chi studiasse la Lucrezia che è nel
corridoio che congiunge la sala di Paris Bordone, con la stanza
della rresenfazioneal tempio di Tiziano, nell'Accademia di Venezia,
si domanderebbe certo, se non piuttosto al Palma che al Pado-
vanino, quell'immagine di donna si debba attribuire. Questo avviene
certo di rado, che le figure muliebri del Varotari, ed i nudi spe-
cialmente, sono così caratteristici, portano così netta l'impronta del
pittore, che si riconoscono a colpo d'occhio : ma ciò non vuol dire
che la vicinanza con il Palma non duri e che, di tratto in tratto,
non si riveli evidente, come in quella dolce figura del Cristo un po'
trasoo-nato delle Nozze di ('aiia, che richiama subito il Gesù dell' II-
timo Giudizio che, per il palazzo ducale, dipinse il Giovane Palma.
524 V. BROCCHI (6)
L'arte del Padovanino, dicemmo, ha una impronta cosi par-
ticolare che d' un tratto si riconosce : ma si deve intendere che
di questa arte personale e caratteristica non tutte le tele del Va-
rotari sono improntate : che talvolta si resta in dubbio se una
pala di altare, o un quadro religioso possano realmente attribuirsi
al pittore di Padova, cui lo assegnano i cataloghi e le guide : e
se non soccorresse qualche nudo di putto roseo sospeso, grassoccio,
neir azzurro sporco del cielo, o la pompa di un abito dovizioso,
che chiuda le opulenti forme di una madonna o di una matrona
pregante, si sarebbe tentati di affermare che qua'che pittore, molto
ma molto mediocre, abbia usurpato il nome di Alessandro Yarotari.
Quasi tutte le tele religiose del Padovanino, anzi, presentano
i difetti più grossolani e visibili : manchevolezza del disegno ; non
bene intesi gli scorci ; colorito opaco, forse per il prevalere dei
toni oscuri, cresciuti ed alterati : e le figure senza espressione si
guardano come non vedessero, in pose immobili, più simili a disegni
di statuario che di pittore. Egli, il pittore gaio e giocondo delle
carni, non era fatto per le opache tele che dovessero ornare gli
oscuri altari, affastellati e barocchi, delle chiese del secento ! Certo
talvolta egli riesce men peggio, come quando, nella Chiesa di
Sant'Andrea a Bergamo, pinge tre storie del Hanto, ornandole di
paesaggi e di gaie architetture ; ma è sempre vuota e declamatoria
quest'arte di sacra ornamentazione, e invano forse cercheremmo,
tra le numerosissime tele che il Lanzi, lo Zanetti, il Meschini, il
Pietrucci e il Boschini ricordano, un quadro che corrisponda alla
antica fama del pittore Padovano.
Giannantonio Moschini loda, ad esempio, la tavola della hi-
creduUtà di San Tomm^o che, nella Chiesa degli Eremitani di
Padova, porta l'anno KUO. Orbene, nello sfondo opaco, sono come
attacsate le volgari figure, fredde, impacciate, tracciate con disegno
scorrettissimo. E la caligine del colore, la mancanza della fusione
nei contorni, che pure è così caratteristica del Padovanino, la con-
venzionalità dei manti e delle vesti, danno al quadi'o una insanabile
impronta di vacuità inetta e banale.
Nò di troppo migliori sono il Srm Loìpììzo Martire della
chiesa di S. Francesco, nò la Verdine della sacristia del Duomo,
nò la Vcrfiiiìr e i Santi Benedetto e Gerolamo della scuola del
Hanto, sempre a Padova: e neppure i quadri che il Pietrucci, e
il Boschini nelle Miniere della jtittnra Veneziana^ notano nelle
chiese di Venezia. Tutti ricordano nel colore, e nel disegno, e
(7) IL PADOVANINO 525
nella maniera, più o meno da presso, l'altro quadro della Madre
dei Zebedei dei Carmini a Padova. Anche qui, la banalitcà della
composizione, la cattiva distribuzione dei piani che fa apparire
affastellate disordinatamente le figure del Cristo e degli Apostoli,
nel rigido gesto teatrale : anche qui le solite scorrezioni del disegno
e la convenzionalità delle pieghe nei panneggiamenti. La madre
dei Zebedei, certo, s'impone subito all'attenzione ; ma forse, più
per la pompa dell'abbigliamento, che non per altro : e gli angio-
letti, sorreggenti a volo una croce, che pone come una macchia
rossa, stridente nel quadro, ricordano sì, nei nudi, il beli' impasto
della carne caratteristico del Padovanino, ma prosentano un disegno
estremamente scorretto.
Se le opere, diremo così, religiose del Yarotari sole ci fossero
rimaste, e quelle figure morte e senza sentimento, non ci potremmo
spiegare la larga fama di cui andò, per il secento, glorioso il nome
del Padovanino, uè la diffusione dei suo quadri per 1' Italia. Il
buon Marco Boschini, in quella sua Carta del Navegar pittorico,
quasi a riunire tutte le lodi attribuite al pittore di Padova, e ad
esprimere il massimo vanto, chiamava il Yarotari, senza ombra
di un ironico sorriso che in lui potremmo sospettare, il Rodomonte
della pittura :
Se sa olii (■ il Piulojin, chi ò il Yarotari,
L'ha fatto in la pittura e monti e mari.
Capì ! L'è un Rodomonte in t'cl mostier !
Un Rodomonte senza muscoli e senza impeto, fuor di dul)bio :
ma, non per nulla, le sue opere escii'ono dal Yeneto, e furono
cercate dalla Gralleria del Louvre, che possiede Venere e Attiore,
dall' imperiale pinacoteca di Yienna che vanta, fra gli altri, il
quadro deWAdaftcra^ dalla galleria Borghese, che serba, a Roma,
un'altra Venere, dall'Accademia di Yenezia, che si adorna di varie
tele della più alta importanza, fra le quali le Nozze di Catta e
la Parabola delle Vergini : e ancora furon cercate dalle più ce-
lebri pinacoteche di Firenze, di Milano e di Modena (O- E che
veramente grande fosse la fama del Padovanino, lo dimostra il
(1) Gli Uffici possiedono il (luadro Ltfrezia con Sesto: Va Galleriii di
Modena Ln Sposalizio di S. Caterina, e (luella di ^Milano La hattufitia
per cui i Camotcsi fuc/arono i Nonnanni per miracolo di M. V.
526 V. BROCCHI (8)
fatto che, quando nel 1665 Dario Yarotari fece dono dell'auto-
ritratto del padre al Municipio di Padova, i Deputati deliberarono
di far menzione, nei loro atti, del dono, e che sotto il quadro,
appeso nella sala delle adunanze, fosse iscritta una epigrafe, ad
esprimere la riconoscenza dei cittadini. Nò si deve tacere che
molte delle opere del pittore Padovano furono riprodotte, e diffuse
con la incisione, non solo per opera del figlio suo Dario, che fu
medico, pittore ed incisore : ma ancora per opera di Folo che
incise, a 1' acquaforte. Venere e Amore del Louvre, e, per non
dire di molti, per opera del Rosaspina che ritrasse l' Amore e
Psiche^ e di Caterina Patina che, fra le sue Pitture scelte e di-
chiarate, pose la grande tela delle Nozze di Cana.
Questa fama non era dovuta, certo, ai quadri di carattere re-
ligioso, declamatori e vacui, si come il gesuitismo imperante ; ma
alle opere che, meglio lusingando la floscia concupiscenza dell'età
ìnvecshiata, richiamavano in vita le lascive figure dell' Olimpo, o
le donne della storia romana, o le ambigue scene religiose e im-
pudiche della mitologia biblica.
Già tutta r arte italiana, da qualche tempo, pareva essersi
spossata nello sforzo di illustrare le istorie della Bibbia o della
vita di Santi, prima che Guido Reni; il Guercino e il Domeni-
chino infondessero pensiero, forza ed anima alle figure pie. Ed i
Carracci stessi, e i loro scolari specialmente, si compiacquero (se
non si voglia far eccezione per l'Albani, innamorato dei dolci cori
di bimbi) di soggetti sacri, forse per la influenza della reazione
cattolica, inimica livida delle libere forme. Ma a Yenezia la vita
era ancora gioconda, per quanto assediata dalla solennità delle
pompe e dal barocchismo della invadente ipocrisia : e pur che un
sottil velo coprisse le ignudo forme muliebri, o il panneggiamento
del manto mostrasse di celare le membra evidenti, ciascuno sor-
rideva, compiacendosi delle Yeneri, delle Susanne, delle bacchi-
che figlie di Lot, delle Lucrezie, delle Cleopatre morenti, o
della moglie di Putifarro inseguente la fuga di Giuseppe virtuoso.
Così le serene ignudo forme di Iniziano, del T'orreggio erano cento
voho ])iù caste di queste figure secentistiche! Trionfava il Cavalier
Marino anche nelle tele dei pittori, e proj)rio la sua Yenere si
rispecchiava nelle tele del Liberi, siccome i suoi contrasti di amore
trovavano un' eco nei quadri del Padovanino. L' Amore e P^icJhe
del Yarotari non è che la raffigurazione dei versi dell'Adone (canto
lY, 166):
(9) IL PADOVANINO 527
Desto in un tratto, io mi risento e salto
Fuor della cuccia, ed ella a me s'apprende :
M'abbraccia i fianchi e, con vezzoso assalto.
Per vietarmi il partir, pugna e contende.
Così si vede che 1' Orfeo marinesco ispirò l'altro quadro del
Padovanino, Orfeo ed Euridice^ dell'Accademia di Yenezia.
OrfeO; il capo ricciuto siccome Apollo, piegato in avanti, trat-
tiene con le braccia il corpo ignudo di Euridice, che già volgesi
e fugge. Una fiera posa ai piedi del musico fascinatore, e guarda.
Fulgido il nudo della donna grassoccia nella dolcissima morbidezza
dei contorni sfumanti ! Splendido il fulgore del pulito ventre e del-
l'opulento seno ricolmo, per quanto siano oggi cresciuti gli oscuri
delle ombre ! e invero si pensa che le carni cedano e illividiscano
sotto la stretta di Orfeo. Ma il movimento non è rappresentato,
per quanto il mantello si gonfi, svolazzando in trite pieghe, dietro
le spalle del cantore, sebbene Euridice levi il destro piede e la
gamba, per fuggire. Orfeo non parla : e la Donna che, pur vol-
gendo il viso, non sa ancora staccare le braccia dall' amato, che
la trattiene, è fredda e senza passione, e non li dice i versi che
suggerisce Gian Battista Marino :
Già men vo, rimanti in pace.
Caro sposo :
Che più stringi ombra fugace
Spirto ignudo ?
Non sperar più nel tuo mondo
Rivedermi
Ch' io men vo nel cupo fondo
D' Acheronte.
Grande amore nutriva il Padovanino per questi contrasti di
amore, che corrispondono, meglio che agli idilli marineschi, alle
hlszarrie acatdetììt'rJie, tanto care ai letterati veneziani del seccnto,
e meglio ancora agli Silipril Oniiaìi di (fian Francesco Loredano,
che della Accddciniu dr<//i IiH'otfiiitJ (U'a stato fondatore e principe!
Quante volte il buon A^arotari non ripeterà lo stesso soggetto degli
amanti che trattengono la donna desiata, che fugge o resiste ; o il
nmtivo della donna lasciva, ebe si aggrappa alle vesti deiruomo,
che spregia l'invito alla voluttà !
Così egli raffigura Psiche ed Amore, come la moglie di Putì-
528 V. BROCCHI (10)
farre e Giuseppe ; e Orfeo ed Euridice, come Plutone e Proserpina.
Solo, la donna Egizia ò molto più al)bondevole, nelle grasse membra
morbide e sanguigne, di Psiche : e Plutone, portando fra le braccia
Proserpina ignuda che non si dibatte, verso il cocchio gnidato da
un brutto genietto, dispiega lo sforzo dei suoi muscoli che, per
la prima volta, si contraggono, e artificiosamente risaltano per il
pennello del Varotari.
Imperocché il Padovanino non ebbe, come molti pittori del
suo tempo, che guardavano a ^[ichelangelo come a maestro, il gusto
della forza esagerata, che si dispiega nella violenta contrazione
dei muscoli ; come molti pittori che, invece di sodi muscoli possenti,
dipinsero vesciche gonfie e ignobili. Ma suo amore e delizia furono
le carni muliebri bionde e vellutate, le abbondevoli carni morbid e
e grasse, che fulgessero rosee sotto i riflessi delle capigliature ac-
cese 0 languide ; che splendessero del pallor della perla, sotto
l'abbondanza della chioma nera. E questa è la caratteristica del
Padovanino: cosichè è impossibile non riconoscere le sue donne,
quando una se ne sia ammirata.
Il Yarotari conosceva la sua straordinaria forza di rappre-
sentare il nudo, e se ne compiacque così, che parve tutto sa-
crificare a questa abilità : ed i volti, le veste pompose di seta,
ornate di oro e di pietre preziose e di fibbie e di fermagli, non
furono per lui che il mezzo di dar risalto alle magnifiche carni
ignude. Certo la pittura del secento non è pudica : perfino il can-
dido Domenichino si compiace di rappresentare audacemente nudo
il possente busto, il seno di santa Agata, nella bella tela della
Galleria Mansi di Lucca: ma la santa leva il volto dolente in alto,
e sul suo viso appare il segno del pudore, e V espressione di un
alto spirito religioso : e questa espressione ci vieta di soffermarci
troppo, a considerare la nudità del busto virginale.
Ma nelle tele del Padovanino non c'è uè anima, né spirito ;
tutto richiama l'attenzione su'le figure ignude, come Proserpina,
e Psiche, ed Euridice e la moglie di Putifarro (i veli leggeri e
trasparenti nulla nascondono allo sguardo^ o molto meno che sa-
rebbe stato necessario coperte, come la Cleopatra di Vicenza,
la Giuditta e la figura della Vanità., e 1' Adultera del museo di
Padova, e persino le Vere/ini buone e le Vergini male, e persino
alcune delle figure muliebri, trionfanti nella grande tela delle Nozze
di (Jana.
Per giudicare dell'arte del Padovanino, non bisogna certo sof
(11) IL PADOVANINO 529
fermarsi a tutti i quadri che portano il suo nome ; ne è cosa molto
difficile distinguere l'opera di lui da quella degli imitatori^, di sua
sorella Chiara, per esempio, o di Dario suo figlio, o di G. Battista
Rossi, e di Giulio Carpioni e di Angelo Leoni, e di Bartolomeo
Scaligeri che gli furono discepoli. Così chi guardasse, anche rapi-
damente, quella piccola tela del Museo di Padova che rappresenta
la Donna dal viso filettato di rosso, che porta sul piatto la testa
del Martire, levando le sottili braccia rigide, nei contorni decisi,
si accorgerebbe subito, come essa non sia opera di Alessandro
y arotar i cui viene attribuita.
Le figure muliebri del Padovanino non vogliono essere confuse:
sono donne in cui trionfa la bestialità del sangue e dell'adipe; e
la morbida carne ariosa. Tale è bene Euridice^ e meglio ancora,
forse, la figura della Vanità^ che si conserva in quella sala del
Museo padovano, fatta celebre e preziosa dallo stupendo quadro del
Romanino, e dalla tela di G. Battista Tiepolo. La Donna, ignuda
quasi sino al busto, inchina leggermente la ferina testa stupida
verso l'omero ; solleva il sinistro braccio rotondo e trattiene, con
la destra mano, l'opulenza del seno, roseo, enorme, che rigurgita,
come un fiume di carne, sotto la pressione del braccio. Ella guarda
nello specchio la propria formosità : e le sta accanto, monito forse,
una vecchia grinzosa. Ora, quando un raggio di sole scende nella
stanza, si resta stupefatti innanzi a quel nudo meraviglioso, mira-
colo vero : la carne rosea, nella sua abbondanza, è soda, è sana,
è trionfante : è come viva e ariosa e luminosa ; sotto la pelle
bionda e vellutata, si indovina il fluire violento del giovine sangue;
avido di piacere. Non è il volto che parla, ma il busto, ma il seno :
la donna non ha cervello, ma adipe e sangue.
Meno formosa è la C!eop:ifr<( del Museo di Vicenza : ma anche
meno povera di espressione. Ella è seduta quasi sopra le vesti
che le son cadute intorno ai fianchi, e appoggia il capo biondo e la
stanca testa morente all'indietro : fra le poppe regali, e sulla carne
già pallida, ma ancor fremente, rosseggia la puntura dell'aspide,
che Cleopatra stringe nella bianca mano pendula, esangue.
E così tutte le donne e i fanciulli teneri, e gli angioli del
Padovanino colpiscono tosto l' attenzione, per il morbido stile in
cui sono condotti. Quasi mai sono i muscoli pronunciati ; ma le
carni sono tondeggianti, e ammorbidite per la sfumatura dei con-
torni, e sono vivificate dal sangue e trasparenti e ariose, per il
segreto proprio al Padovanino, che consisteva in un certo suo im-
530 V. BROCCHI (12)
pasto speciale. Piuttosto che con il filettare di rosso le carni, con
il lineare di color vermiglio le g-iunture delle membra (come crede
l'illustre prof. Andrea Moschetti), maniera che si nota solo nei peg-
giori lavori del pittore di Padova, e in quelli di qualche imitatore,
Alessandro Yarotari pare mirasse ad ottenere l'effetto con un im-
pasto molto denso di incarnato, a strati lentamente sovrapposti,
sul quale conduceva una leggera tinta verdolina trasparente. E
questa maniera vedesi anche nelVAuforìf ratto di cui parla il Mo-
schetti, ma è evidente in ispecial modo neW Euridice e nella Moglie
di Patifarre.
Ma trovata, per così dire, la specialità, il Yarotari non si
preoccupò di niente altro che di applicare la sua ricetta, quanto
più di frequente e largamente gli fosse possibile.
Perchè le carni vivessero e palpitassero, e ben risaltassero
dagli sfondi e dagli abiti pomposi, egli rinunziava a tutte le altre
virtù pittoriche : perciò i suoi quadri non si possono considerare
che come opere decorative. Del resto era la malattia di questo pom-
poso secento quella di sottoporre tutto all' utile immediato della
ornamentazione ! Non più la scultura, fine a se stessa, dà le no-
bili composizioni che non patiscono di essere ad altre confrontate,
0 d' esser mosse dai piedistalli, ove lo statuario le aveva collocate
ad esprimere un'idea o un sentimento ; ma diventa un'altra volta
ancelhi dell' Architettura : e benché il Bernini, nobilissimo artefice,
avesse aggiunto alla statuaria il vanto della espressione che le
mancava, essa non giova più se non a creare le ninfe, e i tritoni,
ed i mostri, e le divinità fluviali, che sorridono e s' inseguono
intorno al bacino marmoreo di una fontana, ornamento squisito
di un viale principesco, o a muovere, in gesti teatrali, le grandiose
figure, che coronino i cornicioni delle chiese o le mensole degli
altari, o ad animare leggiadre pallide figurine, che spiino, di tra
le piante preziose, dalle monumentali scalee dei palazzi regali.
Cosi la pittura volle servire alla sapienza della ornamentazione,
ed ottenne quel certo effetto di colore e di luce, che giovasse ad
un'opera decorativa, senza cur.irsi della perfezione del disegno, e
della espressione, e della correttezza delie composizioni, degli scorci,
della prospettiva.
Ed essenzialmente decorative sono le figure animate dal pen-
nello di Alessandro Yarotari : in tutte si nota l' artificiosità dei
manti e delle vesti cadenti nei partiti convenzionali delle pieghe
trite, e lo scorcio non bene inteso, e il disegno aftVettato.
(13) IL PADOVANINO 531
E le donne pompose nell'abbigliamento, dalle carni opulente,
sono nel volto senza espressione e senza anima : volgari figure di
fruttivendolo e di lavandaie, istupidite dal trionfo assoluto del
sangue e della carne, che tutte si rassomigliano come fossero de-
rivate da un unico modello. Non v' ha un lampo d' intelligenza
nella Giuditta chiusa nell'abito prezioso, come in un astuccio di
diamanti, che impugna la spada fatale ad Oloferne, ne nelle Ver-
gini buone che si risvegliano, con le lampade accese, all' arrivo
dello Sposo : e neppure un fremito di sensualità nel volto della
Moglie di Putifarre o di Psiche : così sono fredde e mute Euridice
e Proserpina : non mostrano affanno, né angoscia, ne terrore.
E come puerile la rappresentazione del movimento ! Tra figura
e figura non circola l'aria, ciascuna di esse è come unita allo sfondo
nero del quadro.
Ma r aria entra nelle carni che sfavillano di sole e di luce,
che vivono di una vita propria, affatto indipendente da tutto il resto :
come se quelle membra fossero meravigliosi studi, accademie di
un pittore abilissimo che dovessero servire ad un grande quadro
eccellente.
Ed il Padovanino, che, come dicemmo, conosceva questa sua
eccellenza, così che aveva finito con il crearsi quasi una ricetta
che egli applicava, nello stesso modo, quanto più largamente gli
fosse possibile, cercava di disporre le sue composizioni così, che
in esse avessero il primo posto e il più importante le figure mulie-
bri, le quali amava nudare audacemente in quei soggetti preferiti
dai pittori del tempo, come quelli che univano 1' elemento sacro
al profano, e che facevano perdonare, per la pietà del concetto,
l'esecuzione punto casta e religiosa. Quando egli dipinge 1' Adul-
tera davanti al Redentore^ non si preoccupa né della folla rumo-
reggiante, né di Gesù, ma (mentre anche nei pittori a lui più
vicini e meno scrupolosi, che tentarono lo stesso soggetto, come
il Tintoretto, il Morone, e Bonifacio Veronese, il Cristo apparisce
nobilmente maestoso e pietoso, e su di esso concentrasi l'attenzione)
egli accarezza la donna adultera in modo che ella apparisce, quasi,
come la sola vera figura del quadro. Il Cristo, gli ebrei, i ma-
nigoldi che si affollano addosso alla donna, sono volgari figure
oscure, non finite, appena segnate : ma la donna é forse la più
dolce figura che il pennello del Varotari abbia creato. Ella inchina
leggermente la dolce testa bruna, con espressione di pudore e di
rassegnazione, sul seno ignudo : cento volte più pudica di tutte
532 V. BROCCHI (14)
le vergini del Padovanino, sebbene non celi la nudità delle braccia
e del petto. Cento volte più pudica delle fanciulle che egli di-
pinse nel grande ovale, che doveva ornare un soffitto, sopra il
soggetto che ha tentato oggi 1' anima mistica di Aristide Sartorio,
La panihoìa delle Vetuilni. Qual differenza tra le esili fanciulle che
si avanzano pianamente, pietose o maligne, verso il limitare dello
Sposo, nel trittico del pittore romano, e le fanciulle create da
Alessandro Yarotari !
Le vergini si sono assopite nell'attesa : è il momento, quando
si fa un grido : " Ecco lo sposo viene, uscitegli incontro „ : e le
fanciulle buone si destano e levano la lampada accesa, verso lo
sposo che viene dall'alto, sopra un volo di Angeli, tra fulgori di
luce ; e le fanciulle male o invano domandano olio per le proprie
lampade, o ancora giacciono addormentate sui gradini della scala.
Ma le une e le altre non sono le pure fanciulle che ignorano
1' amore, sono donne a cui nulla è rimasto celato delle passioni
umane ; ostentano matronali 1' opulenza delle braccia e del seno
giunonico, tutto libero nel sonno, o appena trattenuto e compresso
dai gradini della scalea : si assomio-liano audaci e voluttuose.
Ma il quadro a cui è meglio legata la fama di Alessandro
Varotari è la gran tela delle Nozze di Cuna che egli pinse nel
1622 per San Giovanni Verdara di Padova, e che ora posa alto,
in quello splendido salone dell' Accademia Veneziana che è ful-
gido per le opere del Tintoretto e del Veronese, specialmente per
l'immensa tela del Convito dello stesso Paolo Caliari. Rappresentò
qui il Padovanino il miracolo della trasformazione dell' acqua in
vino, per la quale Chri^fm mMiifestnint glorkiin suam in Cuna Ga-
lilew, e pose nel lavoro l'estrema possa di sua arte. Forse egli aveva
consciamente osato venire al confronto di Paolo, gareggiando con
lui, e la fortuna stranamente volle le tele dell' uno e dell' altro
porre vicine, perchè più facile e pronto venisse il giudizio. E
proprio questo confronto è la disgrazia del quadro di Alessandro
Varotari, poiché le sue figure, per quanto ingigantite, e gonfiate,
e accumulate, sono vane in cospetto delle figure, animate mera-
vigliosamente dal pennello del Veronese : e la tela del Padovanino
così piena di figure, rappresentante uomini che portano piatti, o
si curvano sulle anfore già colme di liquore miracoloso, o porgono
la mano, e travasano il vino ; rappresentante donne ed uomini
che si volgono al Cristo calmo e radioso, e suonatori che toccano
gli strumenti, sembra raffiguri una adunanza simposiaca ad un
(15) Ili PADOVANINO 533
tratto, per virtù di incantamento, pietrificata : tanto sono fredde,
statuarie quelle figure, paragonate alla possente animazione che
regna nelF opera di Paolo Caliari, in cui ogni persona, i ban-
chettanti; i servi, i valletti, gli spettatori si muovono e parlano,
occupando tutta la scena, così ben disposti e armonizzanti con
la ricca e leggera architettura.
Nel Padovanino tutto si è appesantito e si è fatto gelido :
grave è la chiesa del fondo, la scala e la loggia di destra, pesan-
tissime le due colonne rotonde e liscie che chiudon la scena a
sinistra: sono pesanti perfino i cipressetti acuti, tanto sono uniti
ed immobili.
E a questo carattere di immobilità ancora contribuisce 1' ar-
tificiosa distribuzione delle persone in tre gruppi : nel mezzo la
mensa imbandita e i banchettanti; a sinistra i servi; a destra i
musici ; divisione cosi netta che Caterina Patina, nella riproduzione
che ella diede della tela, credette di far meglio risaltare, dispo-
nendo ciascun gruppo, sotto una volta dell' arcata, con la quale
ella incornicia la sua brutta riproduzione delle Nozze di Cana.
Siedono intorno ai tre lati della mensa i convitati : ad un
angolo il Cristo dolce e pacato^ nel volto aureolato ; a lui si
china la madre in dolce atto, quasi implorando ; ed intorno intorno
siedono gli uomini e le donne in abbigliamenti pomposi, ostentando
l'audacia delle braccia e del seno nudo.
Diritta, innanzi al quarto lato della mensa, sorge giunonica
una grande figura di donna biondissima, che sembra tutto oscu-
rare e dominare, con la possente persona. Ella è immota, nò mostra
intiero il volto : ma appariscono le rotonde pingui spalle, nudate
giù giù, quasi fino ai fianchi, e le braccia poderose. Le anche e
parte del busto sono avvolte in ricchissimi panni di seta : e i ca-
pelli biondi, come di lino pettinato, ritorti in mille treccioline
insieme annodate, risplendono di pietre e di perle. La figura del
Cristo, il gruppo dei sonatori si dimenticano, scompaiono dinanzi a
questa dominatrice, colossale figura di femina, a cui rispondono
le altre donne sedute, come ella giunoniche e fredde, e robuste,
dalla fronte stretta, dal turgido seno roseo, non trattenuto dai bu-
sti gioiellati, ferine, coperte di seta, di vellutO; di oro e di pie-
tre preziose, quali erano le dame Veneziane del secento descritte
da Pompeo Molmenti, o le signore di Padova, a cui il consiglio
del Comune doveva, nel 1619, solo tre anni avanti che il Ya-
rotari terminasse il suo quadro, proibir d'indossare drappi d' oro.
534 V. BEOCCHI (16)
e ricami, e pelli (V animali, e di adornarsi di eccessivi ornamenti
preziosi, per evitar la totale desolazione ed csfernnìtio della mag-
gior parte delle ftnìiglie, come Andrea Gloria ci insegna.
A destra del quadro posano i sonatori, aggruppati intorno al
clavicembalo, intenti al magistero de! loro strumento, nei quali
sono rappresentati alcuni dei sommi artisti della scuola veneziana.
Forse il Varotari volle anche qui imitare Paolo Yeronese che
dipinse i più celebri pittori veneziani riuniti ad un concerto, in
modo forse che lo strumento da ciascuno toccato rappresentasse
la speciale virtù della sua arte. Tiziano suona il contrabasso, il
Caliari la viola, Tintoretto il violino, il Bassano il flauto : così,
secondo il presidente Des Brosses, il Yeronese volle alludere " al
fuoco brillante del suo pennello, alla scienza profonda ed alla
esecuzione lenta e saggia di Tiziano, alla rapidità del Tintoretto
e alla soavità del Bassano. „
lì Yarotari non ebbe forse V intenzione simbolica del suo
maestro, e dipinse, nei suonatori della (/'cna, ancora Giorgione,
Tiziano, Paolo Yeronese, sé stesso.
Ed egli Alessandro Yarotari, nella piena forza dei suoi trenta
anni, rovescia leggermente indietro il capo leonino, su cui ondeggia
la ricciuta chioma prolissa : e baldo esercita l'archetto sul violino,
e baldo guarda fieramente, come egli volesse animare le figure
già create del suo pennello, guarda la giunonica donna che domina
la gran tela, come la personificazione della sua arte che si com-
piace delle vesti damascate, seriche, ricche d'oro, delle pelli, delle
pietre preziose, delle membra possenti, dei pingui corpi, sui quali
le dita lasciano una bianca impronta alla pressione, dei nudi seni
ricolmi e turgidi, delle bionde carni vellutate, rosee, in cui circola
l'aria, e luminose.
Così egli guarda altiero, spensierato : egli è il gaudente epi-
cureo e giocondo che gode la vita e la forza : quanto diff*erente
dal freddo vecchio filosofo, che ci appare neìV Anto rifratto del Museo
Civico di Padova !
Nella piccola tela, vero zibaldone di erudito secentista, il Pa-
dovanino ritrasse se stesso quasi di profilo : grigi i capelli, i baffi,
il pizzo ; chiuso nel vestito nero, ornato di pelliccia di martore,
e di risvolti di velo bianco ; pensoso in mezzo a tanti simboli, nello
stretto spazio affastellati da vero declamatore che vuol far pompa
di sapienza e di dottrina.
0 meglio il giovane baldo delle Nozze di Cana gaudioso
(17) IL PADOVANINO 535
pittore trionfante nella schiera degli artisti veneziani che si chia-
mano Contarini, Tiberio Tinelli, Farabosco, Belletti, Antonio Zan-
chi, Ridolfi, Pietro della Vecchia, e Liberi : non glorioso, ne pieno
di grazia e di energia come pare ad Arsene Houssaye : ma in-
namorato veramente del bello romantico, retore e vuoto, magni-
fico, pomposo e confuso, come un poeta o un novelliere dell' età
sua !
(Finita di stampare il yiorno 7 aprile WOO)
Atti dkl Reale Istituto Veneto di scienze, lettere ed akti.
Anno accademico 1899-900 - Tomo LIX - Parto seconda.
CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DEL PLANCTON
DEL LAGO VETTER
MEMORIA
DI G. B. DE TONI, M. E., ED ACHILLE FORTI
(Adunanza del 25 febbraio 1900)
" Ou sait fori peu de clioses sur la flore
algologiquo des lacs „ — R. Chodat.
Neil' ultima settimana del lug-lio 1899, durante un viag-gio
compiuto assieme all' amico Roberto Roberti nella penisola Scan-
dinava, dove ci traeva il desiderio di visitare a Lund il nestore
dei ficologi, quel G. G. Agardh al quale tanto è debitrice la scienza
sistematica delle alghe, noi ci siamo trattenuti alcuni giorni nella
piccola città di Jonkoping costruita sulle sponde del bellissimo lago
Vetter, che in ampiezza tiene il secondo posto tra i bacini lacustri
della Svezia (i).
Una sì vasta distesa d'acqua, nella cui massa pullulano e si
riproducono miriadi e miriadi d'organismi di svariatissime forme,
non poteva non attrarci ad investigare, sia pure con gli scarsi
mezzi che avevamo allora a nostra disposizione, qualcheduna delle
particolarità biologiche in quanto appunto concerneva gli organismi
lacustri, limitando le osservazioni alla specialità da noi a preferenza
coltivata.
La scelta dei materiali da raccogliersi nel lago Vetter poteva
(1) Cfr. G. Marinelli, La Terra, voi. II, p. 1077. Milano, Vallanli, in H.»
538 G. B. DE TONI EI) A. FOETI (2)
cadere su una delle tre regioni già stabilite dall'illustre limnologo
F. A. Forel, cioè : sulla regione litorale o di sponda caratterizzata
d' ordinario dalla presenza di Fanerogame diverse, di Caracee, di
Muschi e di Alghe verdi cespugliose (dadoforo, Ulotricacee ecc.);
sulla regione profonda o, come si denomina oggidì, bentonica dove
crescono in abbondanza organismi diversi e tra questi specialmente
le Diatomee ('); infine sulla regione limnetica o pelagica, vale a dire
sulla massa libera dell'acqua.
Poco poteva riuscirci giovevole la raccolta di piante litoranee
ne' pressi di Junk()ping, tenuto conto della ristrettezza che avrebbe
avuto la zona di sponda da noi esplorata ; ne era per noi possibile,
mancando di acconci strumenti, il procurarci saggi del fango tolto
dalle maggiori profondità del lago. Dovemmo accontentarci adunque
di prelevare, mediante una reticella Amberg, campioni della su-
perficie ed a pochissima profondità dal pelo dell' acqua.
Tenemmo riguardo alla classificazione seguita da C. Schroter (2)
il quale ha suddiviso i componenti della intiera fiora lacustre in tre
associazioni a seconda della stazione, del modo di vita e degli a-
dattamenti :
j)}u/t()henf]i().'< 0 flora del fondo, a sua volta suddivisa in flora littorale
e flora profonda (con vegetali viventi sia emersi che sonmiersi,
ma sempre affìssi al fondo) ;
phijtojiìeHMon 0 flora galleggiante (data dal complesso di piante cre-
scenti liberamente nell'acqua ed atte alla vita aerea, come le
Lemna, la IL/ib-ocJMris, ecc.) ; e
pìiytoplancton 0 flora natante (composta da organismi vegetali
liberi ed atti solo alla vera vita acquatica).
In questo lavoro noi diamo il rendiconto dei materiali costi-
tuenti il plancton. Di quest'ultimo fu pescato il primo saggio alla
superficie del Vetter presso Jihikciping dalle ore 10 alle 10,10 con
la temperatura esterna di 26" C. e quella degli strati superficiali
(1) Uno (li noi ha fatto conoscere la esistenza di una Floridea {Hil-
denhrantia riviilaris (Liebm.) Ag.) nel fondo del lago di Garda. Cfr. A.
Forti, Contributo 2° alla conoscenza della florida flvologica Veronese
(Nuova Notarisia, X, 1899, p. 86-89).
(2) C. Schroter, Die Schireheflora unserer Seen (Das Fhutoplankton).
(Neujahrsblatt herausg. von der Naturf. Ges. auf das Jahr 1897. Ziirich,
1896, Ziircher & Furrer, 4°).
(3) CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA ECC. 539
clell'acqua di 18° C; il secondo saggio venne raccolto lungo una
linea percorrente da est ad ovest il lago a circa un chilometro
dal porto di Jonkoping dalle ore 11,15 alle 11,30 con la tempe-
ratura esterna di 28° e superficiale di 16o ; il terzo campione fu
prelevato con la reticella ritornando verso Jonk()ping dalle ore 12,40
alle 12,52 ; il quarto saggio venne raccolto al largo dalle 10,55
alle 11,10. Tutti questi materiali, conservati nella soluzione di for-
molo, verranno illustrati più oltre, premettendo ora alcune conside-
razioni generali sul plancton e sui caratteri di quest' ultimo nel
lago Vetter.
Lo studio degli organismi facenti parte del plancton, dei
planctonti come propone chiamarli lo Schroter (') o dei plancto-
nobii come converrebbe meglio denominarli, è oltremodo interessante
ed in questi ultimi anni, auspici tra noi Pietro Pavesi e Francesco
Castracane, viene coltivato con diligenza anche in Italia, perchè
come dalla cognizione precisa della flora e della fauna delle acque
molto vantaggio attende la industria della piscicoltura, così per la
conoscenza delle diverse specie di planctonobii progredisce di giorno
in giorno la scienza biologica.
Sotto quest' ultimo rispetto può ricordarsi infatti, che gli or-
ganismi planctonici viventi nelle acque dolci sono forniti di peculiari
adattamenti per mantenersi alla superficie dell' acqua (^), adatta-
menti i quali hanno rapporto o con la forma dell'intiero individuo,
0 con la aggregazione di più individui in colonie, o con lo sviluppo
di bolle gasose intracellulari, o con la presenza di speciali appendici,
0 con altre singolarità degne di essere poste in luce. A mo' d'e-
sempio, il Botryacoccna Braunii Kuetz., trovato in Italia per la prima
volta planctonico nel lago di Arquà Petrarca da uno di noi (^) e
poscia in altri laghi dell'Italia settentrionale dal Kirchner e dal
Garbini (^) è costituito da una aggregazione di cellule immerse
(1) Schroter, 1. e. p. 10.
(2) Cfr. De Toni Gr. B. Su alcuni tipi morfologici del Plancton vege-
tale ci' acqua dolce (Giorn. ital. di pesca e acquicoltura, II, 1898, n. 4,
p. 101-103).
(3) Cfr. De Toni G. B., Bullo G. S. e Paoletti G. Alcune notizie sul
lago di Arquà-Petrarca (Atti R. Ist. Ven. ser. VII, tomo III, 1892,
pag. 1177).
(4) A. Garbini, Intorno al 2)lancton dei laghi di Mantova, p. 20 (Ac-
cad. di Verona, voi. LXXIV, fase. Ili, 1899, con ricca bibliografia a
pag. 51-60).
540 G. B. DE TONI ED A. FORTI (4)
in una massa o^elatiniforme, che, secondo il Kirchner, è riccamente
imbevuta di grasso e secondo il Chodat consterebbe anzi soltanto
di sostanza oleosa ; da tale impregnamento di sostanza grassa viene,
si capisce, facilitato il galleggiamento della colonia, della quale
il materiale grasso, come già constatò il Chodat (') e noi confer-
mammo con le nostre osservazioni sul plancton del Vetter, assume
in certi casi una tinta speciale rossa.
Del pari è importante la presenza di bolle gasose, che giovano
ad alleggerire le cellule dei planctonobii ed a mantenerle alla
superficie dell'acqua (-). In altri casi ad agevolare il galleggiamento
degli organismi planctonici contribuiscono gli aumenti di volume,
le complicazioni della superficie del corpo, sia per il formarsi di
processi più o meno lunghi come in molte Diatomee, nella Acan-
thosphcera Zachariasii Lemm., nella Golenkinia radiata Chod., nelle
specie dei generi Richtenella Lemm., Lagerheimia (De Toni) Chod.,
Franreki Lemm., Pht^fJieììos Frenz., Chodatella Lemm., Schroedena
Lennii., sia per genesi di colonie per divisione continuata come in
parecchie Diatomee e Cloroficee. Certi planctonobii poi, forniti di
organi proprii di locomozione (Yolvocacee, Peridiniacee ecc.) co-
stituiscono quel gruppo biologico che Haeckel ha limitato con Tepiteto
di necton., includendovi tutti gli organismi attivamente natanti.
I limnologi, tenuto conto della morfologia dei planctonobii,
hanno tentato di classificare i planctonobii stessi in categorie. Li
tale ordine di studi si rese benemerito B. Schrcider (^) il quale
propose sei tipi morfologici cui corrispondono i seguenti nomi as-
segnati più tardi dal (rarbini (^) e dall'Istvanffi ('>) :
(lì R. Chodat, Etudes de biologie Inaifitre. Nouvelles remarques sur
la flore pélagtque .superfirielle des lars siiisfies et fnfncais, pag. 57 sgg.
(Bull, de l'Herbior Boissior, tome VI, n. 1, janvier 18S)8).
(2) Cfr. Klebahn H. Gasparuolen, Ein Bestandfheil der Zellen der
tvasserhliitebildenden Phijrochromareen (Flora, 80 Band, 189())- Per la bi-
bliografia dei Flos-aqiiw^ cfr. De Toni G. B., Sulla comparsa di un Flos-
aquie a Galliera Veneta (Atti del R. Istituto Veneto, ser. VII, tomo V,
1894, pag. 1529-1531).
(3) Br. Schroeder, Ueber das Plankton der Ocler. (Berichte der deut-
schen botan. Gesellsch. XV, 1897, p. 482 sgg.).
(4) Garbini, op. cit. p. 46.
(5) G. von Istvanffi, Kryptogamen-Flora des Balatonsees und seiner
Nehengewàsser, p. 18-19 (Resultate der wiss. Erforsch. des Balatonsees.
Wien, 1898, Hòlzel, 4°).
(5) CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA ECC. 541
I. Timpaììoirli di Garbini o tipo a tamburo {T)'()ìiimcìf>jpus
di Schròder).
Comprende alghe composte di due valve le quali si adattano
internandosi Tuna nell'altra a mo' delle due metà di una scatola
a forma di cilindro.
Nel Yetter non mancano rappresentanti di questo primo tipo,
avendo noi trovato la Melosira (/rannlafa e Mei. tHn-ians^ la Cij-
cloteUa (Linda ria) radiosa.
II. Desmoidi di Garbini o tipo a nastro {Bandti/piis di Schròder,
DesniopIancfoN di Istvanffi).
Comprende alghe nelle quali i singoli individui lineari od un
po' fusoidei sono uniti per i margini laterali sia del tutto, sia solo
in parte o talvolta anche a zig-zag. Nel Yetter abbiamo parecchi
rappresentanti di questo secondo tipo, ad esempio le Tahelìaria,
la Fragiìaiia capiirina Desm., la Fra(jilaria crofoìieììsis (Edw.).
III. Asteroidi di Garbini o tipo a stella {Sfernti/pus di Schròder,
Crenìastopìancfon di Istvanffi).
Questo tipo è caratterizzato da planctonobii i cui individui
portano appendici a disposizione radiale ovvero sono aggregati a
mo' di raggi. Nel Yetter abbiamo come rappresentanti le due specie
di AsterioneJfa^ ed a nostro vedere gli Stanrasfriinì.
TV. Atracfoidi di Garbini o tipo a fuso {Spiiideìfi/piis di Schròder,
Raphidopìanctoìi di Istvanffi).
Comprendonsi in questo tipo i planctonobii foggiati a fuso,
diritti od arcuati, di raro torti a spirale, solitarii ovvero congiunti
in serie. Ne sono bellissimi rappresentanti nel Yetter la Sì/nedra
delicatissima Grun., il BapJiidimn polìjmorphnm Fres., i Cìosterium.
Y. Discoidi di Garbini o tipo a disco {Srìieibeiiti/piis di Schrò-
der, Scaphopìanctoii di Istvanffi in gran parte).
Questo tipo racchiude alghe lenticolari od ellissoidali, spesso
riunite in numero vario formando dei veri ceiiobii talvolta lacunosi
0 setigeri. Nel Yetter questo tipo è rappresentato ad esempio da
Attheia Zachariasii Brun, dalle specie di Scenedesmus e di Pe-
diastrum (queste forse ticolimnetiche (')), dal Meristno/)edium fe-
lurisKiiinnii Lomiii.
(1) Veggansi i dubbi espn^ssi dal (Tarhiiii, op. cit. p. 44, contro l'opi-
iiioiic (li C. Apstein [Das Siisf<wa^serplancton. Kicl et Lcip/i^-, ISlXi) il quale
ritiene i Pediastrtmi formo eulimnetiche.
542 G. B. DE TONI ED A. FORTI (6)
YI. Sferoidi, di Garbini o tipo a sfera (Si>]ia'r()idf//j>ni< di
Schrikler).
A questo tipo vengono ascritti planctonobii con cellule più
0 meno globose, le quali sono aggregate in colonie massiccie o
cave neirinterno. Tra le specie da noi trovate nel Vetter rappre-
sentano questo tipo, a mo' d'esempio, Coeìasfrum, microporum Naeg.
e C. pulchrum Schmidle, i Coelosphcerium, la Clafhì-ocijsfi)^ ccruginosa
Henfr., la Gomphospluvria larusfris Chodat.
Questi sei tipi dello Schroder abbracciano le forme che il
limnologo ora citato considera dotate di movimento passivo (passiv
sdnvehende Algen) cioè quelle forme che vengono da Istvanffi (')
incluse nel Morpìio-, Colla-, Hidro-, e Pìdijdiphtncion, e che il
Garbini (-) denomina allo cinetiche^ per distinguerle dagli organismi
provveduti di organi speciali per la locomozione {arfio sriitvehende
Algeri di Schroder, Neidioplandon, di Istvanffi, aufocineficìie di
Garbini) formanti il già ricordato nedon dello Haeckel.
Ora nel lago Yetter non mancano neppure planctonobii dei tipi
non difPerenziati dallo Schr(")der. Infatti se noi consideriamo altre
categorie proposte da Istvanffi, troviamo rappresentante del Colla-
plandon cioè di quel gruppo caratterizzato dalla gelificazione del
tallo, una specie di Tetraspora (•'). E forse a questo tipo possono
ascrìversi, insieme alla Spiroggra longata (Yauch.) Kuetz., alcune
Desmidiacea? (^).
I due sottotipi dell' Hidroplandoìi, di Istvanffi (e per Hidro-
plandon quest'ultimo botanico intende i planctonobii i quali diminui-
scono il loro peso specifico mediante trasformazione di sostanza)
trovansi rappresentati pure nel Yetter : dell' Elaioj)landon (con
produzione di sostanza oleosa) è tipo il Bofrgocorcu,^ Braunii Kuetz. ;
(1) Istvanttì, op. cit. p. 18.
(2) Garbini, op. cit. p. 4().
(3) La Tetraspora ojlindri'-a (Wnlil.) Ag. venne raccolta neritica nel
Vetter nel 1870 dall'illustre dott. O. Nordstedt. Cfr. Wittrock et Nordstedt,
Alg(P aquiP dalcis ersi reati f, n. 55.
(4) Su ([Ucsto argomento veggansi le ititcressaiiti ineMiorie di G. Klebs:
Ueher die Organisatioìi der G allerte bei einifjen Ahjen iind tlayellafni
(Unters. a. d. Bot. Inst. zu Tiibingen, II, 2, 18S()) e Ueì)er Beìref/Hììi/ inid
Sddeiitdjilil/iNf/ der Desinidioceen (Biologische (/cntralhlatt, V, unni. 12,
1885).
(7) CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA ECC. 543
del Gasoplandon (con formazione di gas (i) ) è tipo la Anahcena
Flos-Aquce Bréb,
Infine se prendasi a considerare il necton^ di questo eziandio
abbondano le forme nel Vetter segnalando tra esse in prima linea
i Dinoflagellati, i Peridiniei, la Eudorina elegans Ehr., la Pandorina
Monim Bory ed il Volrox minor Stein.
* *
La florida ficologica dei laghi esistenti nella Svezia ò stata
l'obietto di studi fino dalla prima metà del secolo decimottavo, ma
le notizie che se ne ricavano dalle opere di Linneo (-) sono ge-
nerali e quelle del successivo secolo, fornite da Wahlenberg (•^) e
da Sommerffìlt (^), sono troppo vaghe per tenerne conto, se si
eccettuino due specie {Nosfor pruniforìt/e e liivHlari(( e)i(//D/(f>f()/ì(t
var. crfeiisa [= Chaetopìiora end iv/a'fo/ /'(>]) indicate dal Wahlenberg
per il lago Màlaren e Conferm (Cladojjhora) Aegaf/ropiìa notata
dallo stesso botanico per il lago detto Ekebysjo.
Alcune indicazioni più precise trovansi nelle opere di 0. Agardh;
questo illustre botanico (•'•) descrive parecchie specie, ad esempio
Bitìhochaete sefhjera del lago detto Grarsjon, Confcrvn (= Cladopìtoni)
glomerafa e Conferva (= CladopJiorfi) Ae(/(/(/r(>j)/l<i, comuni nei
laghi, Zijgnenia gracile nei laghi della AVestmannia, Osci/Jaforia
limosa [j princeps nel Màlaren, Oscillatoria crispa nel lago ad
Haga presso Stoccolma, Oscillatoria fontinalis nei laghi. Oscillatoria
distorta nel Miilaren e nei laghi della Selandia, Scgtoiicma {Mgo-
cJiroHS L-ar.) ocellatum nel lago detto Hundsjon e var. inundatum
in laghi senza indicazione e così pure Diatoma (= Desmidium)
(1) Sulla natura di questi gas (amine) cfr. R. Chodat, Etudes de Bio-
logie lacustre (Bull, de l'Herb. Boissier, V-VI, 1897-1898).
(2) Linnaeus C. Flora scerira exhihenfi jdantas per regnum Svec.im
crescentes. Stockholmiae, 1745, Salvius, 8."
(3) Wahlenberg G. Flora ups(diensis enumerons plantas cirra Upsa-
liam sponte crescente^. Upsalia», 1820, R. Acad. Typogr. 8."
(4) Sonunerfelt 8. C. Supplementum Florce lapponicre quani edidit
DJ GeorgÌHS Wahlenberg. Christiania;, 1826, typis Borgianis et Grondahl-
ianis, 8."
(5) Agardh C. Sgnopsis Algariim Srondiiiariir. LuikUi», MDCf/CXVFI,
ex offic. Berlingiana, 16.°
544 G. B. DE TONI ED A. PORTI (8)
Strartzii^ Gloionema parado.rnnì, ]i(ffìyirJiospcrnnim i\;(/Hm, Drapar-
nnldia gìomerata, Cìnviopliofa eh(jaiìs^ infine il sopra menzionato
Nostoc pruni forme del lago Malaren e in un lago a Drangsered
nell'Alandia.
In altra opera, edita sette anni dopo (i), lo stesso C Agardh,
aggiunge altre specie lacustri della Svezia : ^rhizonema lacìisfre
(nel lago Miilaren), P<(ìmeììa (jlohosa, Erìiiite/ht AcJiar/i^ Nosfoc
F/os-aqH(ìP, Riimlana Pisiini (nel lago ^lalaren pr. Stoccolma), CIm'-
topJior(t endivla'folia e var rrasKa^ Drapaìitaldiit triinis var. p,;-
niciìì(tt(( (nel lago Malaren), Zijrpiema currafiini (nel lago Malaren),
Conferva ornata (nel lago Malaren). Poco interessanti sono le due
specie del lago Malaren {Schizonema lacustre e Gloionema globi ferum)
che lo stesso Agardh descrive in altra memoria (^), alle quali due
specie deve implicitamente aggiungersi la Taì/elìnfid ftocraJosa
(Diatoma floerufoxam). Altre indicazioni si trovano registrate in o-
pere generali, ad esempio per il lago detto di Soderbys)() due
Diatomee [Finniiìaria Kefriiigeiisi^ Ehr. e Staiiroiieis staiii'oplieiia
Ehr.) dal Eabenhorst (■^), per questo ed altri laghi svedesi alcune
specie da uno di noi (■*) e da Kirchner e Schroter {^).
A queste prime notizie generali, riguardanti le alghe lacustri
della Svezia, hanno fatto seguito contribuzioni più precise e perciò
assai meglio utili per trarne profitto nella distribuzione geografica
delle specie da noi trovate nel plancton del Yetter, contribuzioni
pubblicate da 0. Borge ('=), Astrid e V. T. Cleve ("), G. Lager-
(1) Agardh C. Sijsteiiia Algandii. Luiida>, 1824, literis Berlingianis, 16.°
(2) Agardh C A. Conspei/ts critirus Didiomareariun, pag. 17, 31.
Lundae, MDCCCXXX, litteris Berlingianis, 8."
(3) Rabcnliorst L. Flora Europaa Alf/., voi. 1, p. 213, 24.'). Lipsia^, 18()4.
(4) Do Toni J. B. Sf/IJof/e Aluaruiii, voi. I-IV. Patavii, 18S;)-1',H)0,
Typ. Seminari!, 8."
(5) Kirchner O. et Scliroto- C. Die Veyctation des Bodensees. Liiidau
i. B., 1896, Stettner, 8.»
(6) Borgo 0. Bidrag fili Kdnncdomen om Sverigei^ ChloropJn/llojdi//-
ceer. Il Chlorophf/llophgre^n aiix Falbi/gilen in Ventergothoid (Bihiiiig till
K. Svonska Vot.-Akad. Handlingar Band 21, Afd. 1 li, n. 6. Stockholiii, 18',)')).
Borgo 0. Algologiskd Notiser. 3. Z/ir Kointniss der Verhreit/ingsweise
der Algen (Botaniska Notiser, 1897, p. 210).
Borgo O. SrhivcdìsrJics Si'ìssìrf/sscrjihiidiioi/ (Botaniska Notisor, 1900,
p. 1-26, Taf. 1).
(7) Clove P. T. Srrj/slt'a of/i Xorslai I)i(ifoni(/ré;'r [Oei'vcrs. af K. 8v.
Vet. Akad. Forhandl. 1868, n. 3, p. 213-239, Taf. IV).
(9) CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA ECC. 545
heim (i\ (). Nordstedt {'^), W. Schmidle {^\ A. Luth©r (4), Y. B.
Wittrock {'') e F. Trybom {'').
Cleve P. T. S//i>opsis of the Nacindoid Diatoms (K. Svenska Vot.
Akad. Handl. Band 2(), n. 2, 181)4, Band 27, n. 3, 1895).
Cleve A. Notes on the phmkton of nome lakes in Lule LappiìKirk,
Sweden (Oefvers. af K. Vet.-Akad. Forliandl. 1899, n. 8, p. 825-835).
(1) Lagerheim G. Bidray tilt Kiinnedoiiien oin Stockholmstrakti'.n><
Pediastréer, Protococracéer orh Palnndlaréer (Oefvers. af K. Sv. Vet.
Akad. Foi-liandl. 1882, n. 2).
Lagerheim G. Bidra;/ tìll Sreriges Ahjfìora (Oefvers. af K. Sv. Vet.
Akad. Fòrhandl. 1883, n. 2, p. 37-78, Taf. I).
Lagerheim G. Ueher Phaeothainnio)/, eiiie neiie Gattung unter den
Siisnoasseralgen (Bihang till K. Sv. Vet. Akad. Handlingar, Band 9, 1884,
n. 19).
Lagerlieim G. Aìgoìogiska Bùìnig. I. Contrihutions aìgoìogiques à
la fiore de la Suède (Botaniska Notiser, 1886, IL p. 44-50).
(2) Nordstedt O. Saiiiiiianstdllning af de Skandinariskd Lokalerna
fór Myxophyceoi hormogoniece (Botaniska Notiser, 1897, p. 137-152).
Nordstedt 0. Algologiska Smàsaker. 5. Qiielques mots sur la Sfapfìa
Chodat (Boraniska Notiser, 1891), p. 267-269).
Nordstedt 0. De Algifiet CVtararm (Act. Univers. Lundens. toni. XVI.
Lundee, 1880, p. 11 [Xanthidium acanthophoniiiì Nordst.].
(3) Schmidle W. Ueber einige von Knut Bohlin in Pite Lappimo-k
und Vesterhotten gesaiiiiiìelte Sdssivasseralgen (Bihang till K. Sv. Vet.-
Akad. Handl. Band 24, Afd. Ili, n. 8, 1898, 3 Taf.).
(4) Luther A. Ueber Cldorosacciis^ eine nene Gattang der Siissiras-
seralgen, nehst einigen Bemerknngen znr Sgsteiìiatik renrandter Algen
(Bihang till K. Svenska Vet.-Akad. Handlingar Band 24, Afd. Ili, 1899,
n. 13).
(5) Wittrock V. B. De Anabaena. Holmia?, 1882, Norstedt et f., 8.°
Wittrock V. B. Dispositio Oedogoniaceartaii Si(ecicaru))t (Oefvers, af
K. Vet. Akad. Fòrhandl. 1870, n. 3, p. 119-144, Taf. I) ; cfr. De Toni J.
B. Sgll. I, p. 54-55.
Wittrock \. B. Oedogoniacew norw in Snecia leda' (Botaniska No-
tiser 1872, n. 1).
(6) Trybom F. Lggnern jeiide Siind.yon, Stensjdn^ orh St. Swansjon i
Elfsborgs orh Hidlitnds Idn (Medd. fr. K. Landtbruksstyrelsen, n. 2.
Stockholm, 1895, 36 pp., 1 Karte).
Trybom F. Sjodrna Nieìi orh Hralen i Jonkopings Idn (Ibidem, n. 8.
Norrkoping, 1895, 30 pp., 1 Karte).
Trybom F. Sjon Bìiiììì i Jnnkii/iii/gs /(Vw (Ibidem, n. 1. Norrkoping, 1896,
27 pp.).
Trybom F. Ringsjon i M<diiiìdu(s Idn, dess Natiirforhallanden orh
Fiske (Ibidem, n. 4, Stockholm IS93, pp. 48, 1 Karte).
546 G. B. DE TONI ED A. FORTI (10)
Fra tutti questi lavori che illustrano alghe rinvenute in laghi
svedesi, solo uno del Nordstedt ricorda per il lago Yetter la Sfapfia
cylindrica Chodat (Tefrai^pora cyìindrica (Wahlenb.) Ag.) pubbli-
cata nella importantissima collozione di Wittrock e Nordstedt (i)
nella quale sono edite parecchie alghe dei laghi svedesi e tra esse,
neritica nel Yetter, la Hormiscia sonata. Aggiungasi che il Cleve,
nella sua classica opera sulle forme naviculoidi diatomacee, cita
specificatamente due Bacillariee bentoniche del Yetter {DijiJoiieìs
Manieri (Brun) Cleve e X(ivìeiiì(f ohìiqiKi Greg.) sicché può affer-
marsi che il presente nostro contributo, costituisce la prima, benché
modesta, illustrazione di materiali planctonici di questo lago (-).
ENUMERAZIONE SISTEMATICA
SYNGENETICAE
Gen. 1. I)i)w/)yi/on, Ehr. 1838.
1. Dìnoììri/on njlindricuìn Tinliof in Zoolog. Anzciger, 1883, piig. fiòf) ;
Fauna der Alpincn Se(>n in Naturliist. Ges. Graubiindens, 1887 ; Das
Flagellatengeuus Dinobrt/on, Zool. Anz. 1890, n. 343 ; Chodat, Etudes
de biologie lacustre in Bull, de l'Herbier Boissier, IV sér., V fase.,
1897, pag. 305-307.
Questa specie fu segnalata per la prima volta nel 18(S3 dal-
rimhof nel lago di Bourget. Fu rinvenuta poscia dal prof. Roberto
Chodat nei laghi di Ginevra, Annecy, Bienne, Zurigo, Thoune e
Waalenstadt ; quest' ultimo limnologo la descrisse e la figurò di
nuovo in un modo schematico ma esatto. Noi la abbiamo rinvenuta
Trybom F. Sjon Noinmcn i Jiinkopinf/s Jan (Ibidem, n. 2, Stockliolm
1899, hi pp., 1 karte).
(1) Wittrock V. B. et Nordstedt O. Alf/(t' aqiae (ìidn's e.rsiccata> pnv-
cipue Scandinavicw qiais (idjcrtis aìf/ift uni ri nix rìdoropliijlldceia et pìiy-
cochromaceis distrihuerimt etc. Upsalia^, 1877 se(i.
(2) Al congresso botanico italiano tenuto in Venezia nel settembre
1899 abbiamo presentato, per acquistare diritto di priorità, una nota pre-
liminare sulla tlora pelagica dei V(!tter. Cfr. D(! Toni G. B. e Forti A.
Cimtrihìtto (dia fiora petar/iro dei Vefter (Boll. Soc. bot.ital. 1899, p. 177-179).
(11) CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA ECC. 547
solamente nel I e IV sag-gio ossia in quelli meno discosti dalla
riva del lago Yetter in bellissime, ma rare, colonie.
2. Dinohrj/on dirergens Imhof Weitere Mittheil. iibor die pelag. Fauna
(Icr Siiswasserbeckeu in Zool. Anzoiger, 1884, pag. 325 ; Das Flagel-
Latengenus Dmohri/on^ ZooL Anz., 1800, n. 343 ; Chodat, loc. cit.
Senza dubbio è la specie più diffusa e più frequente dei J)i-
nohryon lacustri. È stata ritrovata infatti oltreché dall'Imhof e dal
Chodat nei laghi della Svizzera, nei bacini dello Holstein da Za-
charias, Apstein, Lemmermann, Klebhan, Strodtmann e Seligo,
nei Laghi deiritalia superiore dallo stesso Imhof (1. di Garda e di
Pusiano), da Imhof e Chodat (1. di Varese e di Lugano), da Garbini
(Lario e Benaco) ; in Russia da Ivanoff (lago Bologoje). Di solito
si mostra prevalente sulle specie congeneri anche nell'analisi quan-
titativa del plancton. Poche volte soltanto R. Chodat trovò in
maggior numero D. ci/Jindrìnmì nel Lemano e D. thi/rsoideum
nel lago di Aiguebelette. Anche nel Vetter abbiamo rinvenuto il
Diiiohri/on divergens assai frequente in colonie grandi in tutti e
quattro i campioni e nel III e IV prevalente su tutti gli altri
planctonobii.
3. Binohryon stipitatum Stein, Organ. der Infusionsth. Ili, 1883; Apstein,
Das Siisswasserplankton, 1896, pag. 148-149, fig. 44 ; Boiyje, Schwed.
Siisswasserplankton, 1900, p. 13.
Questa specie nei laghi dello Holstein contende la prevalenza
al Dynohryon divergens Imhof ; vi fu ritrovata da Apstein, Zacha-
rias, Klebhan, Lemmermann, Seligo e Strodtmann ; R. Lauterborn
la raccolse pure nelle acque del Reno presso Ludwigshafen ; Imhof
e Chodat la rinvennero nei laghi di Bourget, Joux e Brenets, Ae-
geri, Zurigo, Lugano, Amberg nel Katzensee, Ivanoff nel plancton
del lago Bologoje. In Italia fu trovata nel plancton del Garda
dal prof. Garbini. Borge il quale segnala questa specie nel plan-
cton del lago detto " Valloxensee „ in Isvezia, dà come distribu-
zione geografica, oltre al Vetter (che cita dietro i risultati di una
nostra nota preventiva) (') la Finlandia, la Russia, la Germania,
(1) De Toni (j. B. e Forti A. Contributo alla conoscenza della fiora
pelagica del Vetter (Boll. Soc bot. ital. loc. cit.).
548 , G. B. 1)E TONI ED A. FORTI (12)
la Svizzera, la Savoia e l'Italia settentrionale. Nel Vetter non l'ab-
biamo riscontrata che una sola volta e dubbiosamente (I campione).
3 bis. Dinohnjon stipitaiuDi Stein var. lacustris Chod. Et. de biologie la-
custre, 1897, pag. 305 sgg.
Questa forma fu rinvenuta dal prof. Chodat nei lag-hi di Gi-
nevra, Aiguebelette, Annecy, Bienne, Zouj2; e Greifen. Si distingue
in modo abbastanza netto dal tipo perchè la campanula non ha
il peduncolo emerfj;ente dalla campanula che precede. È forma
molto rara ma, come il Dipiohrinii njliìxlricHm, si trova sempre in
colonie bene sviluppate. La abbiamo rinvenuta nei primi due cam-
pioni, mentre Dhioòrf/oH r//ì/>i(h ieunì sta nel I e nel TV.
4. J)ìiii/ì)r//()ii Ihijrsoiif Clini Chodat, J^tudes de biologie lacustre, 18tJ7, pag.
307-308.
Questa specie fu scoperta in numero stragrande nel lago di
Aiguebelette dal Chodat il quale la trovò anche nei laghi di Joux
e Brenets, di Greifen, di Aegeri, di Zurigo e di Lugano. Nel lago
di Zurigo in un campione raccolto nel luglio 1899 in una gita
fatta in compagnia del prof. C. Schròter abbiamo riscontrato anche
noi abbondantissimo questo Diiiohrijoii. Nel lago Yetter questa
specie si trova ben di rado e la abbiamo rinvenuta solo due volte
nel IV saggio.
PERIDINIEAE
Gen. 2. Peridinimn (Ehr. 1832), Stein 1883.
5. PeriiliniKin tahidatiiui {VAw. 1832) Clap. et Lachiii. Etudes sur Ics In-
f'usoires et les Rhizopodes, Meni, de l' inst. nat. Grénevois, toin. V,
1858 ; Stein, Org. d. Infus. Ili, 2, t. XI, f. '.)-18 ; Klebs, Org. ein. Flagell.
p. 119, t. II, f. 22-24, 28; R. S. Bergh Organisnnis der Cilioflagella-
ten in Morpli. Jahrb. Bd. 7, 2, 1881, pag. 241, fig. 37-38; S ■hillinf/,
Die Susswasscr-Pcridiniccn in Flora, 1891, lift. Ili, pag. (>9. Tal). Ili,
tig. 20; Srhroeter, Die Sehwcbeflora imsorer 8een in Neujarshl. der
Naturi". Gres., 1867, pag. 28, Tal), fig. 71 a, h ; Lei-ander in Acta Soc.
prò Fauna et Plora Fennica, voi. Xll, n. 2, 1895, p. 51 ; Bori/e, Schwed.
Siisswasserplankton, 1900, p. 13.
A. J. Schilling afferma, e crediamo a ragione, contendere
questa Peridiniea pei- diffusione il primato a Gleìiodinium àìictum
(13) CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA ECC. 549
Ehr. fra le specie di afiqiia dolce ed infatti essa fu raccolta in
quasi tutti i laghi dello Holstein, della Svizzera, della Francia e
dell'Italia superiore. In Isvezia la abbiamo rinvenuta abbastanza
frequente nel Yetter in tutti quattro i campioni. Dopo di noi la
trovò nel plancton del lago detto " Valloxensee „ il Borge che la
segnala come planctonica anche per la lutlandia, Boemia, Austria,
America settentrionale ed Australia.
Cren. 3. Ceratìwìì (Schranck 1793), Stein 1883.
6. Ceratilo)! hir/oidmella (0. Fr. Muli. 1773) Schrank, 1793, Ber{/h E. S.
Ice. cit„ pag. 217, fig. 12 ; SrhiUmr/^ Ice. cit., pag. 78-79, Tab. Ili, fig. 7 ;
Schroter, Ice. cit., pag. 25-27, fig. 2, et Tab. fig. 61-68 ; Borge, Schwed.
Siisswassorplankton, 1900, p. 13.
C. Schroter dice essere quest'alga assai comune nel plancton
dei laghi ; J. Schilling afferma invece tale forma non ritrovarsi
così frequente come sarebbe p. es. Peridimum tahuìatum ma sog-
giunge rinvenirsi più spesso negli stagni vasti. Tale apparente
contraddizione dei due esimii Autori resta in parte spiegata col
fatto che come già osservò R. Chodat (i) i laghi dello Holstein
hanno un carattere molto più stagnale che non i bacini svizzeri.
Deducendo quindi : per la vita di Cerafium hirundinella occorre
un lago, un lago grande e profondo ed allora si troverà anche
molto comune. Nel mese di luglio infatti lo abbiamo riscontrato
molto comune nel lago Yetter (tutti i saggi) nonché in quello di
Zurigo. In quanto poi alla sua distribuzione geografica è molto
estesa perchè fu rinvenuto nei laghi della Germania, della Svizzera
e dell'Italia superiore. Fu segnalato in Norvegia da Huitfeldt-
Kaas (-) e nei laghi del Caucaso da Schmidle (='). Non manca,
come osserva il dott. Borge, che ne segnala la presenza nel lago
di Yalloxen, di Medtkogs, di Tafvel ecc. in Finlandia, Francia o-
rientale, Boemia, Austria, Ungheria, Turchia, America boreale e
Australia.
(1) R. Chodat, Etudes de Biologie lacustre, pag. 28-29 (Bull, do l'Herb.
Boissier, tomo VI, n. 1, 1898, pag. 50-51).
(2) H. Huitfeldt-Kaas, Plankton in nonvegischen Binnenseen (Bio-
log. Centralbiatt, XVII, 1898, n. 17, p. 628).
(3) W. Schmidle, Algen aus den Hochseen des Kankasiis^ p. 6, Titìis, 1897.
550 a. B. DE TONI ED A. FORTI (14)
7. Ceratinm cornutum (Ehr.) Perty, Zur Kenntn. kleinst. Lebensf. u. s.
w. Bern 1862 ; Bergh R. .S'., loc. cit., pag. 217, fig. 9-11 ; Schilling^
loc. cit. pag. 78, Tab. I, fig. 8-22, Tab. Il, fig. 21-28, Tab. Ili, fig. 26.
Questa specie sostituisce la precedente nei bacini acquei più
ristretti ; è perciò che non si trova di solito mai elencata fra i
planctonobii dei g-randi lag-hi mentre si rinviene ed abbastanza fre-
quente, come afferma anche lo Schilling, negli stagni dove sta fra
le ramificazioni delle Cìiara tappezzanti la regione più profonda.
Il dott. Seligo la rinvenne nei laghi dello Holstein dove era raro
il Ceratium lìirundineìla 0. F. Muli. Nella Svizzera fu rinvenuta
questa specie dai sigg. Heuscher ed Asper nei laghi di Schwendi (C.*^
di S.t Gallen), da Amberg nel Katzensee. Nel Vetter è rarissima ;
la abbiamo potuta vedere una sola volta, nel primo campione.
Gen. 4. Ghnodiuium (Ehr. 1833), Stein 1883.
8. Glenodinium Pulvisculus (Ehr. 1833) Stein, Organ. d. Infusionthiere,
III Bd., 1883 ; Kirchner et Blurhnumn, Die Mikr. Ptianzon- und Thier-
welt des Suesswassors, II Th., 1886 ; Schiìli/ìf/, loc. cit., pag. 66-67.
Lo Schilling osserva come questa piccola specie prediliga le
acque di torbiera ed infatti fu sempre indicata in piccoli bacini. E.
Lemmermann la segnalò per il Grossteich in Sassonia, Garbini per
il Lago Superiore di Mantova, Amberg pel Katzensee. La abbiamo
riscontrata una sola volta nel primo campione, cioè nel più neritico.
9. Glenodinium pusillnm Pénard, Péridiniacées du Leman (Soc. hot. de
Genève 1891) ; Srltroter, Die Schwebefl. uns. Seen, p. 28, Tab. f. 69 a, ft, e.
È una specie alquanto diffusa nei laghi ed in particolar modo
nei bacini svizzeri e francesi dove fu rinvenuta la prima volta
nel 1891 dal Pénard nel lago Lemano. Chodat, Schròter ed Am-
berg la ritrovarono in seguito in parecchi altri laghi della Svizzera.
Nel Yetter la abbiamo ritrovata comune nel I e II saggio.
BACILLARIEAE
Gen. 5. Attheya, West 1860.
10. Attheya Zachariasii J. Brun, Zwei neue Diatomeen aus Plon, For-
schungsberichte aus der biolog. Station zu Plon Theil 2, 1894 ; Apstein
C. Das Suesswasserplankton, pag. 148, fig. 36 ; Schroder E. Atteya,
(15) CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA ECC. 551
Rhizosolenia und andere Planktonorganisineim Teiche tlesBotanischeii
Gartens zu Bieslau, Ber. der Deutschen bot. Ges. Bd. XV, Hft. 7, p. 367,
1897 ; Barge, Schwed. Siisswasserplankton, l'JOO, p. 13.
È forma eminentemente planctonica e ricorda le forme pela-
giche marine. Fu rinvenuta nel 1894 nel Grosser Ploner See dal
diatomoloo-o svizzero J. 13run in materiali raccolti da 0. Zacharias
che aveva già descritto questa specie nell'anno precedente (•). In
seguito fu rinvenuta nel laghetto dell'orto botanico di Breslavia e
nel potamoplancton dell'Oder da B. Schroder ; in quello del Reno
presso Ludwigshafen da R. Lauterborn ; nel Grr. AVusterwitzsee da
Seligo. È nota nel plancton della Norvegia (Helmboe, Huitfeldt-
Kaas), della Russia per il lago Bologoje (Ivanoffj. Non fu ancora
ritrovata prima che da noi, a quanto sappiamo, ne in Isvezia dove
la segnala teste per il " Yalloxensee „ il dott. 0. Borge, ne in Ita-
lia. Nel Vetter l'abbiamo rinvenuta una sola volta nel I campione.
Gen. 6. Melosira, Ag. 1824.
11. Melosira (Ortìiosira) granulata (Ehr. 1842) Ralfs in Pritchard Infus.
pag. 820, 1861; V. Heurck, Synopsis, pag. 200, Tab. LXXXVII, fig. 10-12;
W. Smith, Brit. Diat. II, pag. 62, Tab. LUI, fig. 339 ; De Toni, Sylloge
Algarum II (Bacillarieai), pag. 1334.
È una specie assai polimorfa ed adattabile ai più disparati
generi di vita. Si trova infatti nel plancton lacustre ed è addirit-
tura gregaria nel potamoplancton ad esempio nell'Oder (B. Schroder)
e nell'Elba (Forti). Costituisce, si può dire, quasi per intero il ben-
thos ossia il limo di molti laghi come si verifica nel fondo del lago
di Alice in Piemonte e di Nemi nel Lazio ; fatto che viene pure
confermato in molti depositi fossili d'origine lacustre come p. es.
in quello di Kamcrun nell'Africa meridionale (Forti) e nella marga
del deposito del laghetto Garag in Fajum (Ehrenberg). Nei laghi
europei è stata rinvenuta si può dire quasi in tutti sia bentonica
che neritica ; planctonica in molti. Il dott. O. Mùller rinvenne nel
plancton del Miiggelsee delle quantità addirittura enormi di questa
(1) 0. Zacharias in Forschungshertchte der Biol. Station aus Plon /,
1893, pag. 38. Cfr. Castracaiie. F. Nuovo tipi) di Rhizosolenia e note cri-
tiche sui generi Rhizosolenia e Attheya (Atti Accad. pont. N. Lincei, L,
1897, p. 53).
552 G. B. DE TONI ED A. FOKTI (16)
specie. Cleve trovò questa forma (') neritica e planctonica nel La-
doga. R. Chodat la ritrovò nei laghi di Joux et Brenets, Amberg nel
Katzensee, Héribaud nei laghi di Ménet e Crégut. Non manca nel
lago Bajkal (Gutwinski). In Italia non è stata ancora segnalata nel
plancton. Ehrenberg segnalò la presenza di questa specie nel lago
Ega nel Brasile e Briggs nel lago Michigan ed Huron. Fu trovata
pure nel lago Wakatipu nella Nuova Zelanda^ in Siberia e Norve-
gia. Borge ne segnala la presenza nei laghi detti Yalloxensee, Tre-
horningensee, Tafvelsee in Isvezia e neirAl'vafjilrden. Nel Yetter
non l'abbiamo trovata altro che nel primo campione e non comune.
12. Melosira (Lf/si(/onii(iiij rarians, Kg. 1830, Conspcotus eriticus Diato-
macearun, pag. 64 ; Kuetz. Kieselsch. Bac. Tab. II, fig. X, 1-6 ; V.
Hck. Synopsis des Diat. Belg., pag. 198, Tab. LXXXV, tìg. 10-11,
14-15; De Toni, Syll. II, p. 1829.
Come, e forse ancor piìi della forma precedente, questa è dif-
fusissima in tutte le acque dolci. Sulla fine d'autunno ed al principio
d' inverno quando le foglie disseccate cadono negli stagni dove
restano galleggianti si vedono le catene di M. varians aderire
come barbe dal lato rivolto verso il fondo. Si trova egualmente
comune in tutte le acque ; neritica nei laghi e nei fiumi, bentonica,
nel plancton lacustre e fluviale quantunque non sia ritenuta come
forma eulimnetica. Fu rinvenuta nella fiora pelagica dei bacini
dello Holstein da Zacharias ed Apstein (Dobersdofersee, Plònersee,
Selentersee, Ratzeburgersee) durante il periodo di tutto un anno.
E. Lemmermann la osservò ripetutamente in molti laghetti della
Sassonia ed Héribaud della Alvernia ; Kirchner e Schròter nel
lago di Costanza ; Chodat nei laghi di Nantua; di Sylaus, di Morat
in Isvizzera, Maggiore e di Varese in Italia ; Kirchner nel lago
di Garda presso riva di Trento ; G. de Istvanffi nel plancton del
lago di Balaton in Ungheria. Essa fu osservata anche in America
dal Briggs. Nei nostri campioni ò rara e l'abbiamo trovata sola-
mente nel primo.
Ripetiamo però che quantunque questa forma non si possa
annoverare fra le alghe planctoniche più frequenti pure è non solo
diffusissima ma caratterizza la flora diatomologica degli stagni in
varie epoche dell' anno.
(1) The Diatoms of Finìamh. Acta soc. prò FI. et Fauna Fenn. VIII,
n. 2. Helsingfors, 1891.
(17) CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA ECC. 553
Gen. 7. Limhnna, Schutt 1899.
13, Lindavia radiosa (Grun.) Schuott, Ein neues Mittel der Coloniebil-
dung bei Diatoineen und seine systeniatische Bedentung, in Bor.
der Deutschen Bot. Ges. anno 1899, XVII, 6 ; Cyrlotella comia (Ehr.)
Kuetz. var. radiosa Grun. in Van Heurck^ Syn., pag. 21-1, Tab. XCII,
fig. 16-22, 1880 ; De Toni, Syll. II, pag. 1353.
A. Grunow trovava questa forma a Lara, ma subito dopo fu tro-
vata comunissima nel plancton dei laghi. Kirchner e 8chùtt la raccol-
sero di frequente nel lago di Costanza ; Scliroter nel lago di Zurigo
insieme ad una varietà che chiamò qmtdrijtuìcfd ; Klebhan e Lem-
mermann nelGrosser Plònersee; 0. Muellernel Mùggelsee; Kirchner
nei laghi di Thoune, Yierwaldstattersee e Baldeggersee ; Kirchner
e Garbini nel lago di Garda ; Chodat nei laghi di Nantua, Bienne,
Zoug, Aegeri, Lugano, Thoune ; Belloc nei laghi di Oò ed Espingo
nei Pirenei ; Cleve nel Ladoga ; Helmboe nei laghi della Norvegia
meridionale. Solo dall'anno scorso il prof. Schutt staccò il gen.
Lindavia dall'antico Cyclotclìa basandosi specialmente sul modo
differente dalle congeneri che tiene questa specie nel costituirsi
in colonia come si può infatti vedere benissimo dall' illustrazione
di Schroeter (i) e Kirchner ; costituzione che permette a questa
diatomea l'allocinetismo ; atto che è anche comune ad altre specie
formanti colonie a tipo asteroide. Qui nel Yetter non siamo stati
capaci di rinvenir mai una bella colonia perche L. radiosa si trovava
sempre in individui staccati e punto frequenti e solamente nel
primo campione.
Gen. 8. Cymatopleura^ W. Sm. 1851.
14. Cjjmatopleura Solca (Bréb. 1838) W. Sm. in Annals of Nat. History,
1851, pag. 12, tab. Ili, fig. 9 ; V. Heiurk, 8yn. tab. LV, fig. 5-7 ;
De Toni, Syll. Il, pag. 599.
Questa specie non si potrebbe veramente dire tipicamente
limnetica quantunque si trovi spesso nel plancton d'acqua dolce.
Forse questo accade in grazia della sua forma appiattita che si
presta perciò al trasporto di essa per mezzo dell'onda. Nei plancton
(1) Schroeter et Kirchner, Die Vegetation des Bodensees, Tab. fig. 7.
554 G. B. DE TONI ED A. EOETI (18)
fluviali, come abbiamo potuto osservare nell'Elba e nell'Adige, essa
si rinviene oltremodo frequente, ma si riscontra addirittura gregaria
nel feùfre organique ; è frequente pure nei piccoli laghi ; infatti
E. Lemmermann la riconobbe in qualcuno dei bacini della Sassonia
(Palaisteich e Zwingerteich in Dresda, Grossteich presso Baselitz).
Nei grandi laghi si trova ma meno comune : Imhof la rinvenne nel
lago di Zurigo; Klebhan e Lemmermann nel lago di Plon; 0. Muel-
ler nel Mùggelsee. Kirchner e Schròter la segnano come neritica
e bentonica nel lago di Costanza ma non la hanno rinvenuta nel
plancton. Anche R. Chodat la trova in alcuni laghi svizzeri e sa-
voiardi, di Nantua, d'Annecy, di Bienne^ di Costanza, Kirchner nel
Benaco, Cleve nel Ladoga^ Istvanffi nel Balaton^ Héribaud nel lago
della Crégut^ Belloc in quel d' EstagneaU; Briggs nel Michigan.
Nel Vetter è rarissima e l'abbiamo rinvenuta solo nel I campione.
Gen. 9. Asferioìielhi, Hass. 1856.
15. Asterionella formosa Hass. The Diat. in the water supplied to the in-
habitants of London, Microsc. examination of the water, 1856 ; V. Srn.
Brit. Diat. Il, pag. 81 ; De Toni, Syll. II, pag. 678 ; Barge, Schwod.
Siisswasserphinkton, 1900, p. 11.
Come la seguente congenere e uno dei tipici planctonobii
asteroidi delle acque dolci ; non diff'erisce da jhferionella graciìlima
che per la forma più tozza e breve e per l'ingrossamento agli apici.
Appunto per la somiglianza venne spesso confusa con quella e,
quantnnque debba essere diffusissima, pure si trova citata non
molto frequentemente dagli Autori. Ad esempio, Belloc la nota
nel Iago d'Aureilhau sul litorale della Guascogna, Héribaud in al-
cuni laghi del Puy-de-Dòme ; O. E. Imhof nei laghi di Zurigo e
Ginevra ; Kirchner e Schroeter la riferiscono per il lago di Costanza
insieme alla var. graciìlima., ma ne danno riunita la letteratura avver-
tendo anch'essi la confusione nata, quantunque Heiberg C) ne abbia
data una descrizione dettagliata e stabilito con esattezza le differenze ;
Cleve la segna frequente nel Ladoga. Secondo Briggs esiste nel
lago Michigan. Borge la indica nel plancton dell'isola Muli, della
Norvegia meridionale, di parecchi laghi della Svezia ecc. Nel Vetter
(1) Hoiberg P. A. C. Conspedus criticus Diafomacearun Danicarun,
6 tabb., 8.« Kjobenhavn, 1863.
(19) CONTEIBUTO ALLA CONOSCENZA ECC. 555
non è molto frequente e 1' abbiamo rinvenuta soltanto nel primo
campione e nell'ultimo.
16. Asterionella (jrarillima (Hantzsch) Heib. Consp. crii. Diat. pag. 68,
Tab. VI, fig. 19, 1863 ; V. Hrk. Syn. pag. 155, Tav. LI, fig. 22 ; De Toni,
Syll. II, pag. 678.
Come dunque abbiamo già avvertito questa bella specie è
fra le più caratteristiche del limnoplancton. Particolarmente nella
stagione primaverile e nel principio d'estate essa prolifera in modo
tale da formare alle volte da se sola l'intera massa del plancton ;
è stata riscontrara in tutti i laghi; dagli italiani ai norvegesi (i),
dai norvegesi agli americani, dagli americani agli asiatici, ai
russi, agli ungheresi, dagli ungheresi agli africani. Nel Yetter
l'abbiamo trovata frequente in tutti e quattro i campioni. In set-
tembre ed ottobre; epoca che corrisponde al nìinimìim di diatomee
nel plancton, spesse volte si trovano i frustoli vuoti nel benthos.
Gen. 10. Fr(i(/ìJaria, Lyngb. 1819.
17. FragihiHa crotonensis (Edwards) Kitton in Science Gossip. 1869, pa-
gina 110, fig. 81 ; 0. Meara, Irisli Diatonis, pag. 283 ; Casiranme, Diat.
del Lago di Como, pag. 12, Tab. VI, fig. 1 = Nitzsrìna Perten, J. Brun,
Diat. del Alpos et du Jura. pag. 109, Tab. V. fig. 30, Tab. IX, fig. 27 ;
De Toni, Syll. II, pag. 683 ; Sijnedra crotonensis, Kitt. in Barge, Schwed.
Siisswasserplankton, 1900, p. 12.
Come A. graciìlhna per i planctonobii asteroidi, Fragilaria
vrotonensia per i desmoidi, si può considerare come forma tipica.
Le Desmidiee a nastro ed a catena sono forme piuttosto infrequenti,
anzi mancano nel plancton di alto lago mentre invece le belle
colonie di questa diatomea in certe giornate si trovano dalla sponda
all'alto lago frequenti al punto da intorbidare l'acqua. Come per
Asterioneìla (jracilìiina la distribuzione geografica di questa specie
è vastissima ; si trova in tutti i plancton lacustri e fluviali d'Eu-
ropa. Il Briggs la nota pel lago ^Michigan. Nel Yetter anche
l'abbiamo rinvenuta frequente, specie nel primo campione di cui
si può dire costituisca i due terzi in peso. Il Borge, dopo di noi.
(1) Hintfcldt-Kaas, Ice. cit.
556 a. B. DE TONI ED A. FORTI (20)
la segnala nella Svezia per i laghi detti " Valloxensee „ e " Tre-
horningensee „.
18. Fragilaria capucina Desin. Crypt. de France, Ed. I, n. 453, 1825 ;
V. Hrk. Syn., pag. 156, Tab. XLV, fig. 2 ; De Toni, Syll. II, pag. 688 ;
Borge, Schwed. Susswasserplankton, 1900, p. 11.
Quantunque sufficientemente diffusa nel plancton, pure è molto
più rara della specie precedente ; è più comune invece nel plancton
fluviale ove contende la prevalenza a F. f/rescoii^ e M. (Orfh.)
(jnmn.lafa. Fu riscontrata nei laghi americani (Briggs) e nel Bajkal
(Gutwinski). In Europa è stata rinvenuta nei laghi della Germania
settentrionale e del Riesengebirg e in alcuni del litorale della
Guascogna nonché dell' Alvernia, dei Pirenei e dei Yosgi, della
Norvegia australe, nel Platten, nel I^adoga, nel Garda, nel Lario e
nel Yerbano, ed in moltissimi dei laghi della Svizzera. È una
specie eminentemente polimorfa e passa quasi per gradi alle di-
mensioni di Fr((<j. ('n)to)K'iis/!<. Nei nostri campioni del A'etter si
trova in esemplari brevi poco frequente e soltanto nel primo.
Gen. 11. rahe/laria, Ehr. 1839.
19. Tahelìarid fenestrata (Lyngl). 1819) Kuotz. Kics. Bac, pag. 127, Tab.
XVII, %. XVII, Tub. XVIII, fig. ir, e tav. XXX, fig. 73; W. Sm.
Brit. Diat. II,pag. 46, Tab. XLIII, tìg. 317; De Toni.SjW. II, p. 748;
Borr/e, Sclnved. Siisswasserplankton, 1900, p. 12 ; e var. asterionelloides
Gran. V. Hck. Syn. Tab. LII, fig. 9 ; Schroter, Die ìSchwebetìora uns.
Seen, Tab. figg. 34-48 ; e var. intermedia Grun. in V. JTrl\ Syn. Tab. LII,
fig. 6-8; De Toni, Syll. II, pag. 743.
Questa diatomea spesse volte si trova in masse enormi nel
plancton. L'autunno scorso per esempio nel lago di Zurigo le acque
furono addirittura tinte in rosso da miliardi di questi esseri mi-
croscopici ('). Come le specie precedenti fu ritrovata in tutte le
sue forme nel limnoplancton di ogni regione d' Europa e sempre
frequentissimamente. Nel Yotter abbiamo rinvenute gregarie la
varietà tipica e la var. asf('rioiie//<)/(/f's del Grunow in tutti (juattro
i campioni, la var. ìnterniedid invece molto più rara e solamente
(1) Cfr. Cari Schrotcr, Das" Hiirniinilcrltliil „ ini Ziirir/isce. Ziivchcr
None Zcitung, 1899.
(21) CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA ECC. 557
nei primi due campioni. La var. asterioneìlonìes è segnalata in
pochi luoghi quantunque debba essere assai diffusa anch'essa. La
prima volta fu segnalata per il Haslefjord in Norvegia (i) e di
recente in molti laghi norvegesi (Helmboe) ; fu trovata in seguito
dallo Schroter nei laghi di Zurigo e Ginevra ed in questi ultimi
giorni nella Svezia settentrionale in alcuni laghetti del Lule Lapp-
mark dalla Sig.''^^ D.-^ Astrid Cleve (-) la quale descrive anche una
var. (/eti/CNfata a tipo asteroide la quale presenta in tutto le carat-
teristiche della var. (tsferioiiello/des eccetto che mostra una infles-
sione ad angolo di circa 120° che le conferisce un aspetto tutto
particolare. In conclusione Fragllaria crotonensis, Tahellaria foc-
culosa e le sue varietà, ed Asferioneìla gracilìima si possono
ritenere tra i più diffusi e caratteristici organismi del plancton
d'acqua dolce.
20. T((l><'ll<iria flore iih)s<( (WoXh 1800) Ivuetz. Kies. Bac. pag. 127, Tab. XVII,
fìg. XVI, 1844 ; W. Sin. Brit. II, pag. 45, Tab. XLIII, fig. 316 ; De
Toni, Syll. II, pag. 744 ; Borge^ Schwed. Siisswasserplankton, 1900, p. 13.
Come Fiagilarìa capucina rispetto F. crotonensis, così T. floe-
cuìosa sta a T. fenestrata per diffusione e per frequenza. Anche
essa come F. capucina, è stata segnata per i laghi della Germania
settentrionale, della Svizzera, del Riesengebirge, dell'Alvernia, dei
Yosgi, della Norvegia australe, della Baviera, dell'Austria setten-
trionale, dei Pirenei e d' Italia, per il Ladoga, il Balaton e re-
centissimamente per alcuni laghetti nel Lule Lappmark nella Svezia
boreale. Il Borge la segnala per i laghi svedesi detti " Valloxensee „
e " Badstutransket. „ Il Dickie la segnala per i laghi dell' Hima-
laya. Nel Vetter si trova abbastanza comune nei saggi I, II e IV
nelle tipiche colonie a spezzata. Molto più e molto meglio della
specie precedente, (|uesta si trova neritica e bentonica, fatto assai
facilmente spiegabile considerando la forma molto più tozza e le
pareti dei frustoli in proporzione molto più spesse le quali perciò
(1) Secondo il lìorgc {Schwed. Siiss/pas.serjdanHo/t, 1900, p. 12) questa
specie è stata trovata planctonica nella Prussia occidentale e nella Sas-
sonia. Lo stesso autore la segnala per i laghi detti Valtoxensee, Bodar-
nesee, Treìiorningensee.
(2) Astrid Cleve, Notes on the plankton of some lalìes in Lule Lappmark,
Sweden. Oefvers. af Kongl. Vet. Ak. Fòrhandingar, 1899, n. 8. Stockliolra.
558 G. B. DE TONI ED A. FORTI (22)
aumentando il peso specifico dell'organismo ne rendono più diffìcile
il trasporto passivo. Di più T. flocni/osa non ha mai la forma
asteroide ed ogni segmento delle catene consta sempre di più in-
dividui strettamente congiunti fra loro i quali congiurano perciò a
rendere sempre meno leggero l'organismo. Qualcosa di simile av-
viene fra Fragilaria capucinn e F. crotonensis, in quest' ultima
infatti la maggiore larghezza delle colonie nastriformi e le appendici
assottigliate offrono requisiti migliori per l'allocinetismo.
Gen. 12. S/pi.edra, Ehr. 1830.
21. SijHednt dcUratissima, W. 8in. 1853, Brit. Diat. I, pag. 72, Tab. XII,
fig. 94 ; Gnin. in V. Heiirck, Diat, du Belgique, pag, 151, Tab. XXXIX,
fig. 7 ; Ap'^tein, Siìsswasserplancton, pag. 142, fig. 34 ; De Toni, Syll.
II, p. 656.
E una forma molto diffusa; si trova pelagica e neritica, epi-
fita e libero-vagante. E stata notificata per varie località. Apstein
la trovò nel Dobersdorfersee e nel Grosser Plònersee nello Holstein;
Lemmermann in parecchi laghetti e stagni Sassoni ; Kirchner e
Schròter nel Iago di Costanza. Nel Muggelsee fu segnalata da 0.
MùUer ; nel lago di Zurigo da Schròter e Kirchner e di Baldegg
da Kirchner, di Annecy, di Bienne, di Zug, di Greifen, di Waa-
lenstadt, di Brienz, di Costanza, di Varese e Maggiore da Chodat,
nel lago di Madie da Héribaud. Nel Vetter non è mai frequente
ma l'abbiamo rinvenuta in tre su quattro campioni, nel I, nel II
e nel IV,
Gen. 13, No nenia, Bory 1826.
22. NaricHla (Neidimn) amphtf/omphns Ehr. Ueber die Verbreitung der
niikroaoop, Organismen in Asien und Australien, Monatsber. der Ber-
lincr Akademie, 1842, pag. 187 ; V. Hck. pag. 194, Tab. XIII, fig. 2 ;
De, Toni, Syll. II, pag. 154.
È forma ticolimnetica quantunque sia libero-vagante ; si trova
comunemente neritica e bentonica. P. T. Cleve (i) la dice rinve-
(1) Cleve P. T. St/nopsis of the Naviciiloid Diatoiits. Kongl. Sv. Vct.
Ak. Handlingar, Bd. XXVI, n. 2, 1&94, e Bd. XXVII, n. 3, 189(), 4.o 8tock-
holm, 1895-97.
(23) CONTEIBUTO ALLA CONOSCENZA ECC. 559
nuta nelle acque dolci della Groenlandia, dello Spitzberg, della
Svezia, Finlandia, Belgio, Grermania, Svizzera; America del Nord
e del Sud, cui aggiungiamo : dell' Inghilterra e dell' Italia e del
lago Pachabicha in Asia. Nel III saggio.
23. Navicuìa pusiUa W. Sin. Brit. Diat. I, pag. 52, Tab. XVII, fig. 145 ;
V. Hcl: Syn. pag. 99, Tab. XI, fig. 17 ; CI ere, Syn. of Nav. Diat. II,
pag. 41 ; De Toni. Syll. II, p. 129.
Anche questa, come la precedente, è forma ticolimnetica quan-
tunque come quella abbia un'area di diffusione geografica vastis-
sima sia in acqua dolce che subsalsa. P. T. Ole ve la dice trovata
dallo Spitzberg all'Inghilterra, dall'America boreale a Jenissey ed
alle isole Bahama^ dal Surinam alla Tasmania. Nel I campione.
24. Nariciila (StauronetsJ anreps Ehr. Americ, 1843, pag. 134, Tab. 2,
fig. 18 ; W. Sm. Brit. Diat. I, pag. 60, Tab. XIX, fig. 190 ; Clere, Nav.
Diat. I, pag. 147 ; De Toni, Syll. II, p. 211.
Ticolimnetica ; d' acqua dolce, molto polimorfa, si trova in
ogni acqua sia corrente che stagnante in tutto il mondo ed in
tutto il tempo dell' anno spesso copiosa. Nel plancton come tutte
le Raphideae è accidentale. Nel II campione.
Gen. 14. Cymbella, Ag. 1830.
25. C/jìiìbeìla (Cocconenia) lanceolata (Ehr. 1838) Kirchn. Alg. von Sehle-
sien, pag. 188 ; ir. Sm. Biit. Diat. Tab. XXIII, fig. 219 ; De Toni,
Syll. II, pag. 362.
Anche, a maggior forza delle forme precedenti che vivono
libero-natanti, questa specie e le seguenti si trovano rarissime, anzi
accidentali, nel plancton.
Cymheìla lanreolata Ehr. vive epifita sui corpi sommersi vivi
e morti fissata ad essi col mezzo di un pedicello che porta uno
0 due individui. E necessario quindi che Tonda oltreché vincere
la resistenza che oppone un corpo di un peso specifico abbastanza
rilevante, essendoché le Raphideee hanno frustoli relativamente
molto grossi, vinca la resistenza opposta dai pedicelli rompendoli.
A dimostrare poi la presenza non naturale di questi microfiti nel
plancton, valga anche il fatto averne noi riscontrati ripetute volte
individui vuoti e cioè morti.
500 G. B. DE TONI ED A. EOKTl (24)
Con ogni evidenza questo accade perchè i frustoli vengono
strappati dall' onda che li travolge in guisa che essi possono es-
sere poi raccolti in mezzo al plancton. Nel Vetter abbiamo trovato
solo due frustoli ; l'uno ancor vivo nel primo saggio, l'altro vuoto
nel terzo saggio.
26. Cymhella (Corconema) ci/mhiformis (Kuetz. 1833) Bréb. Alg. Falaise,
pag. 49, Tab. VII ; V. Hrl: Syu. pag. 64, Tab. Il, fig. 11 ; De Toni,
Syll. II, pag. 363.
Ticolimnetica come la prima ed al pari di essa, epifita. Nel
Vetter 1' abbiamo rinvenuta nel primo campione una sola volta.
Si è già accennato al modo di aderire che hanno questi organismi
al loro supporto che, come si disse, può essere animale (arti,
sacchi ovarici ecc. di Entomostraci, più raramente sui Rotiferi),
vegetale, ed anche morto. Ora non si tratta di un vero parassi-
tismo; questo si prova con due ragioni: 1.° 11 pedicello aderisce
debolmente all'ospite e non stabilisce per aderire nessuna lesione
0 suzione all'ospite stesso. 2.» Il trovare che spesso individui di
specie pedicellate vivono benissimo libero-vaganti e magari ancora
con parte del pedicello attaccato. Si può dare però il caso in cui
tale relazione abbia a riuscire di antibiosi ; questo avviene prin-
cipalmente quando l'ospite è un vegetale e la riproduzione delle
diatomee epifite è molto rapida per modo che gli individui adden-
sandosi presso agli individui vengano ad intercettare la luce e
quindi ad impedire 1' assimilazione del carbonio da parte della
pianta clorofillosa che serve da matrice. Ricordiamo di aver rac-
colto sulle pale dei mulini d'Adige presso Verona una fronda di
Cladophora (/fmnerata Kuetz. sovraccarica di Rìioicosphenia curvata
Grun. e di Cijmheìla Cìjnìb/form/H Ehr. L' esemplare della cloroficea
in questione era veramente florido nei punti dove la luce poteva
agire direttamente sulla clorofilla ed invece nelle plaghe dove le
Diatomee erano aderenti a ciuffi e fiocchi compatti si notava l'as-
sottigliamento e perfino la morte delle cellule. Al contrario dove
gli individui erano in piccolo numero, tanto il plasma che i clo-
roplasti erano intatti.
27. Cijmhella {Enc-j/onema) ventricosa Ag. Conspect. Ci'it. Diatoiuoarum I,
pag. 9, 1827; V. Heurck, Syn. Diat. du Belgique, pag 66, Tab. III,
fig. 17 ; De Toni, Syll. II, p. 873.
Cymhella (Encyonema) ventricosa non è alga planctonica ed
(25) CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA ECC. 501
anche nei saggi nostri si trova per la stessa ragione e con la stessa
freqnenza delle prenominate congeneri (nel solo primo campione
ed una volta solamente). E una diatomea che si riunisce entro
teche cilindroidi mucose che aderiscono fortemente ai corpi som-
mersi t'ormando dogli strati in forma di ciuffi di color bruno-ocraceo
caratteristico allo Bacillariee ; sono comuni specialmente nelle acque
a rapido corso e (luindi aderenti ai ciottoli del fondo nei fiumi,
nei ruscelli ecc.
Questa specie ha una distribuzione geografica estesissima ;
essa fu rinvenuta sia nelle acque dolci che submarine sempre gre-
o-aria ncdle suaccennate colonie e frammista ad altre alghe filiformi.
[Continua]
Atti del Reale Istituto Veneto di scienze^ letteee ed arti.
Anno accademico 1899-900 - Tomo LIX - Parte seconda.
ALESSANDRO VOLTA A GINEVRA NEL 1787
COMUNICAZIONE
DI GIUSEPPE BL^DEGO, s. e.
(Adunanza del 25 marzo 1900)
Alessandro Volta visitò Ginevra nell'antunno del 1777, quan-
do fece il suo primo g-iro nella Svizzera. Di questo viaggio da
lui detto letterario lasciò ricordo in una relazione in data del
15 ottobre 1779, indirizzata al conte Carlo di Firmian, ministro
plenipotenziario in Lombardia. Il Volta ebbe a compagni l'abate
Francesco Venini ex-somasco, matematico e naturalista, il conte
Francesco Visconti, dilettante di scienze naturali e il conte Gio-
vanni Battista Giovio, studioso di letteratura e di filosofia. La de-
scrizione del viaggio si ferma a Zurigo (i). Alla lacuna supplì il
nipote Zanino Volta nel capitolo XIII del suo studio biografico
sul suo illustre antenato. Il Volta conobbe nel 1777 molti scien-
ziati, il Senebier, il De Saussure, il Bonnet, il Bitaubé, il Vernes
e il De Lue. Fu a render omaggio al Voltaire nella sua villa di
Ferney. L'occhio osservatore e lo spirito artistico non si limitavano
alla contemplazione delle bellezze naturali, alle visite dei gabinetti;
il grande fisico sapeva notare altre bellezze ; e registrava infatti
(1) A. Volta, Relazione di un suo viaggio letterario nella Svizzera^
ora per la i;/7/y/a volta 2}ii'bblicata in occasione delle faustissime nozze
Stahilini- Reina (edit. C. Zardetti). Milano, soc. tip. dei classici italiani,
1827. Intorno a questa relazione cfr. la lettera di Zanino Volta a Mi-
chele Stefano De Rossi, sugli scritti del Volta in rapporto colla scienza
del vulcanismo (Arch. Storico Lombardo^ I, 224-31). E cfr. anche : Corradi,
Storia della Università di Pavia. Pavia, 1877, III, 401.
564 6. BIABEGO (2)
che Ginevra presentava sotto gli alti caseggiati della sua parte
più bassa botteghe di legno molto meno piacevoli all'apparenza
che le eleganti dame, di cui formicolavano le vie (').
A Ginevra Alessandro Yolta ritornò nell'autunno del 1781 ;
ma fu visita breve, perchè altri paesi non ancora veduti lo atten-
devano. Dal settembre del 1781 alla fine dell'ottobre del 1782 esali
visitò la Germania, le Fiandre, l'Olanda, la Francia, l'Inghilterra (-).
Ginevra la vide la terza volta nel settembre del 1787. Scopo
del viaggio fu quello appunto (come lasciò scritto egli stesso) di
conferire lungamente a voce col De Saussure, col quale, dopo la
conoscenza fattane nel 1777, era stato in continua corrispondenza.
Una lettera del Volta medesimo, che trovasi a stampa, diretta al
fratello arcidiacono, con la data di " Syon 7 settembre 1787 „,
ci informa della prima parte del viaggio. Partito da Como la mat-
tina del 3 settembre, per Varese, Laveno, Intra e Marguzzo giunse
a Domodossola, ove noleggiò i cavalli fino a Syon. Ripreso il viaggio
la mattina del giorno 5, arrivò il giorno stesso a Sempione ; il
giorno dopo, superato il culmine della salita, discese a Briga, donde
proseguì per Tortman ; e il giorno 7 giunse a Syon (^). Un'altra
lettera, pur questa diretta al fratello, ma inedita, ci dà notizia del
suo soggiorno a Ginevra. Eccola :
Ginevra li 15 7bre 1787.
Cariss.'"" fratello
Mi volete più frequente nello scrivere ? Ecco già la terza let-
tera, e non sono che tre giorni dall'ultima scritta al fratello do-
menicano da Losanna. Ora finalmente sono a Ginevra, dove arrivai
l'altr'ieri un'ora prima di sera. Che bella giornata e che bel viaggio
è stato mai da quella a questa città ! Li 36 migli lunghi che vi
sono (non come quelli del nostro lago di Como) si fanno sempre
costeggiando il lago, non in riva affatto, ma attraverso vigne,
campi, e frutteti bellissimi, per uno stradone piano, sodo, largo e
(1) Zanino Volta, Alessandro Volta, stridio. Milano, Civelli, 1875,
p. 190.
(2) Zanino Volta, Alessandro Volta e V Unicersità di Pavia dal
1778 al 1799; in Arch. stor. Lombardo, serie 3", fase. 24, 31 die. 1899,
p. 405-11.
(3) A. Volta, Lettere inedite. Pesaro, tip. Nobili, 1834, p. 103-6.
(3) ALESSANDRO VOLTA A GINEVEA NEL 1787 565
capace di tre o quattro carrozze di fronte. Quante ville poi a-
mene, quanti paesi si passano, quanti casini si scorgono su pel
dolce pendio di quelli; non dirò già colline, ma piani inclinati !
Molti di tali paesi che si passano han nome di città, e non se lo
demeritano, Morge, liolìe, Nj/on, Versoix. Dall'altra parte del lago
non vi son più che colline, i grandi monti si son lasciati indietro.
Finalmente il lago si ristringe ; ma dove è più ristretto ha an-
cora due in tre migli di larghezza, fuori che assai vicino a Ginevra,
dove è minore, ma per farvi tanto più bella comparsa i due bordi
seminati di ville, casini, passeggi, giardini. Nulla vi dirò di Gi-
nevra, che non ò bella nell' interno, dove però ha aria di città
grande, con fabbriche di pietra altissime, e diversi bei palazzi,
massime verso il gran passeggio e i bastioni. Il gran passeggio
d'alberi superiore e inferiore dentro in città ha una vista bellis-
sima verso l'ingresso della Francia e della Savoia ; ma più estesa
ancora l'hanno i bastioni superiori. La città fuori di due gran con-
trade una detta del Rodano, l'altra strada bassa, è tutta in collina
con strade erte ma ben selciate e varie assai larghe. Si vive nelle
case de' Signori con molta pulizia e gentilezze. Ieri sono stato a
pranzo da una certa madama Rollar molto avvenente : erano sedici
i commensali, e quattro le dame forestiere ; e fu tavola benissimo
servita all'usanza di Parigi. Mi condusse in questa casa, dove al
dopo pranzo sopravvennero altre ed altre dame e signori, M.i" De
Saussure, signor ricco egli medesimo, il quale avrà oggi grossa
compagnia a pranzo ; ed io sono degli invitati. Abbiam cominciate
le nostre conferenze che saranno frequenti e lunghe nelle due set-
timane circa, che resterò qui, non solo con lui, ma con diversi
altri Fisici, Chimici e Naturalisti, parte de' quali conosco e parte
conoscerò. Farò poi alcune corse nelle vicine ville, che sono de-
liziose. Intanto s' avvicina il tempo di ritornarmene a Como, e
quello della villeggiatura ; la quale a pensar benC; mi è parso che
potrebbe farsi da noi anche quest' anno a Camperà, anziché a
Lazzate, dove non ci sarà compagnia alcuna il mese d'ottobre, e
pel novembre devo io partire. A Camperà almeno avremo i nostri
preti che sfogheranno Breviario e tarrocchi, e vuoteran bicchieri ;
e il dopo pranzo arrampicheremo su pe' monti tra i ricci delle
castagne, i rovi e i sterpi : la sera poi all'angolo del fuoco di cu-
cina conterò io (altro padre Inzaghi) i gran pericoli corsi in terra
e in mare.
Vi scriverò il tempo preciso quando sarò per ritornare, acciò
566 G. BIADEGO (4)
se mai vi venisse vog-lia di veder Torino e ritornare meco indie-
tro, prendiate le misure giuste per arrivarvi al tempo eh' io vi
giungerò. Sorto per finir di veder la città e alcuni altri bei casini
e passeggi al di fuori, giacché il tempo non può esser più bello.
Addio, conservatevi sano e amatemi.
Yostro aff.mo
Fratello Alessandeo (i).
Zanino Yolta nel suo ultimo lavoro riferisce alcune note di
viaggio del suo illustre avo riguardante il soggiorno di lui a Gri-
nevra nel 1787 (^). La lettera qui pubblicata viene a completare
e a illustrare quelle note. A Gfinevra nel 1787 il grande fisico,
oltre il De Saussure, rivide il Bonnet, il De Lue, il Senebier co-
conosciuti la prima volta nel 1777 ; strinse nuove amicizie, col
fisico Pictet, col matematico Trembley, che molti anni prima era
stato a Pavia, coi chimici Bottini, Tingry, col fisico Sage^ col fi-
sico chimico e naturalista Gosse, col Necker, nipote del famoso
Necker già ministro di Francia, dilettante di fisica e di chimica,
col Deodati oriundo lucchese, bibliotecario della Eepubblica, col
Zimmerman di Brunswick, naturalista, e con l'artista Paul direttore
del giornale settimanale che si pubblicava a Ginevra.
Alessandro Volta stette a Ginevra quindici giorni, dal 13 al
28 di settembre ; ed ebbe la opportunità di visitare le piccole, ma
ridenti città, Eolie, Morges, Versoix e Nyon, che fanno corona al
lago di Ginevra. Fu precisamente a Rollo dove villeggiava, che ri-
vide il Senebier. Eolie era sulla fine del secolo scorso il centro,
durante l'estate, d'una scelta società di Ginevrini. Ma la nota più
dolce della dimora a Ginevra fu senza dubbio Vavvenenie madama
Bollar che amava raccogliere nella sua casa, intorno alla sua ta-
vola parigina, scienziati illustri come il De Saussure e il Volta.
Chi era quella che il Volta chiama madayna Rollar ? Conviene
anzitutto rettificare il nome in Bolaz ; essa si chiamava Angelica
Enrichetta Pellissari di Ginevra; moglie di Giorgio Alessandro Eo-
(1) L' autografo si conserva nella Biblioteca Comunale di Verona
" Autografoteca Scolari. „ L' indirizzo è il seguente : " AH' 111."'" Sig.''<^
Sig. P.ron Col.mo il sig. Ai'cidiacono Don Luigi Yolta. Milano per Como. „
(2) Z. Volta, ^. Volta e l' Università di Pavia, in Ardi. Stor. Lom-
bardo cit. p. 433.
(5) ALESSANDEO VOLTA A GINEVRA NEL 1787 567
laz, signore di Rosey. La famiglia Eolaz, che possedeva la signoria
di Rosey, piccolo castello situato presso la città di Rolle (cantone
di Yaud) non era ginevrina. La signoria Rosey o Rosay era giunta
per eredità nella famiglia Rolaz, alla metà del secolo XVIL Quanto
alla famiglia Pellissari, essa era oriunda delFItalia : ed abitò ora a
Chiavenna, ora a Vicenza (^). Alcuni rami, al tempo della rifornia,
in causa delle lotte religiose, si stabilirono a Ginevra verso la fine
del decimosesto secolo. Il ramo, al quale apparteneva madama
Rolaz, avea preso fissa dimora a Grinevra col nobile Nicola Pellissari
che a Ginevra morì il 21 settembre 1572. Un suo nipote, il nobile
Giorgio Pellissari, ebbe in Francia alte cariche nell'amministrazione
della marina e sposò Maddalena Bibaud conosciuta nella storia
letteraria di Francia per esser stata in relazione con molti poeti
e scrittori del secolo XYII, tra i quali va ricordato l'accademico
Paolo Pellisson Fontanier (-). Giorgio Pellissari e Maddalena Bibaud
ebbero quattro figli, tra i quali un Bartolomeo. Con questo la fami-
glia Pellissari, che si era con Giorgio stabilita in Francia, fissò
nuovamente la sua dimora a Ginevra. Bartolomeo sposò nel 1693
una ginevrina, Renata Burlamacchi, discendente di famiglia ita-
liana e precisamente originaria di Lucca, anche questa rifugiatasi
nella Svizzera al tempo della riforma (^). Tra i loro figli il nobile
Isacco Giorgio Pellissari, nato a Ginevra nel 1698, morto nel 1760,
sposò Andriana de Portes figlia del generale de Portes al servizio
del re di Sardegna ; ed ebbe due figlie, una delle quali è TAn-
gelica Enrichetta ricordata dal Volta (^). La famiglia Pellissari,
ora estinta, gode ancor fama a Ginevra d'esser stata sempre assai
ospitale e cultrice e fautrice d' ogni manifestazione scientifica e
(1) I. B. (j. Galiffe, Le refur/e it alien de Genève aux A'F/™« et
XVIl-^^ sièrles: Genève, 1881, p. 142.
(2) L. Petit de Julleville, Histoire de la langue et de la littéra-
tiire frangais des origines à 1900. Paris, Colin, 1897, IV, 178-9.
(3) Galiffe, Le refuge, etc. p. 152.
(4) Galiffe, Notices généalogiques sur leu fannlles genevoises. Genève,
1836, III, 368 ; e Martignier et de Crousaz, Dictionnaire histortque du
Canton de Vaud. Lausanne, 1867. Devo le notizie sui Pellissari e i Rolaz
contenute in queste due opere (eh' io non ho potuto consultare diretta-
mente) alla cortesia dei signori Carlo Dufour e H. V. Aubort conserva-
tori (Iella Biblioteca pubblica di Ginevra, ai quali mando i miei più vivi
ringraziamenti.
G. BIADEGO - ALESSANDRO VOLTA ECC. (^)
letteraria. Madama Rolaz avea, quindi tradizioni di famiglia e aveva
sangue italiano nelle vene ; era naturale che Alessandro Volta do-
vesse trovar presso di lei un'accoglienza gentile, degna dell'illustre
scienziato ohe portava, alto, il nome italiano in terra, straniera.
Verona, 19 marzo 1900.
(Finita di .stampare ti giorno 14 aprile 1900)
Atti del Reale Istituto Veneto m scienze, lettere ed arti.
Anno accademico 1899-900 - Tomo LIX - Parte seconda.
COSE ARMENE
Appunti di E. TEZA, m. e.
(Adunanza del 4 febbraio 1900)
I.
Mentre la storia, la severa giudicatrice, cammina, davanti a
lei corre, dietro a lei si trascina, e le svolazza d'intorno, un'umile
ancella che parla e grida con la voce di popolo : commenta, in-
dovina, travisa, secondo i tempi e le voglie ; e giova darle amo-
revolmente gli orecchi. Coi piedi nell' occidente, voltiamo per un
istante gli occhi a levante.
Dei legami che strinsero, nei secoli andati, il popolo di san
Marco a quello dell'Illuminatore, Venezia all'Armenia, scrisse, con
affetto che addoppiandosi si rafforza, il padre Leonzio Alishan.
È legame anche il gareggiare dei mercanti, nell' avida e vigile
gelosia ; ma altri nodi annoda, con la mano creatrice, la poesia ; la
poesia che non s'impaurisce al ceffo degli stradieri, che paga le
gabelle ai confini con la moneta che le fantasie coniano e diffon-
dono in eterno. Forse, inventando, indovina.
Suona spesso il nome d'Armenia nelle leggende cavalleresche
dell'età di mezzo: e, più che dagli altri, imparano i cantori italiani
a ripeterlo dai francesi. Chi s' appaga di una sola testimonianza
legga le geste di Ugo Ciapetta (^), per chiamarlo con nome dan-
tesco ; senta che voci risvegliassero nel trecento, per le terre al di
(1) Les anciens poetes de la France. Hugues Capet, chanson do gcste
pubi, par M. le M.»^ de la Grange. Paris, 1864.
570 E. TEZA (2)
là della Loira. A soccorso del re di Parigi, contro alle animose
schiere dei borgognoni, accorrono due vigorosi guerrieri, un vene-
ziano ed un armeno ; due giovanetti amici che il messaggero in-
vocante difesa trova appunto sulle lagune nella cifé souffissant
(v. 1084) :
Là fu Droguez, ly enfez, qui le ciier of dolhint
Et Beumz, rois de Tarse, fieus Melinm le frane (v. 1086) ;
quegli, figliuolo di Amerigo e nipote della Biancofiore, la regina
francese, questi venuto coi suoi ventimila soldati
De Torse et d'Ernienie^ qui ìy fu apendant (v. 1089).
Chi li senta chiamarsi del nome dolce di fratelli sa bene co-
me la vecchia poesia ne abbellisca gli amici provati ; e tanto che,
alle volte, anche se il braccio armato s' alzi per ferire il cuore,
od abbattere all' oppositore la testa, diventa fratello (') perfino il
nemico ; bensì vera sorella^ e dolce amica è la sposa fedele e forte,
come r ammiri negli atti e nelle parole di Guiborc (-). Fratelli
di sangue potrebbero bensì parere quei due se Buovo, come Dro-
gone, fosse cugino alla figliuola della Biancofiore e di re Luigi,
alla bella Maria (-^j; ma, volendo stare ad occhi aperti su queste
parentele, che non sono scritte sul libro d'oro nò di un archivio
di principi, ne di un battistero di sacerdoti, diremo che i due
prodi sono cognati {^).
(1) Come Olivieri: Et disf a Fierahras '' Frere, car deseendés. „
(FiERABRAs, Paris 1869, v. lóKi). Per caso, a questo luogo, il provenzale
non Ila Vaniiro: E dts a Ferahras " Per dieu^nr demlatz „ (Fierabras,
Berlin, 1829, v. 1709).
(2) A lei si rivolge il conte Guglielmo : Dame Guiborc, bete suear,
douce arnie (Aliscans, Paris, 1870, v. 193ti).
(8) Infatti all' editore sfugge di dire, nel suo .wiiimaire : donnez-lui
jìour femine vitre file, ma causine Marie; laddove il testo mette ra-
gionevolmente queste parole in bocca a Drogonc^ : Donne l;/ vostre file,
ina cousine, à mouillier, v. 4116.
(4) Il testo francese può lasciarlo indovinare : chiaro Io afferma in-
vece la tradizione germanica, la quale rampolla da un albero cresciuto
accanto a quell'altro. Infatti, nel Hu(4schapler, Buovo (che vi ha il nome
di Benedici, figliuolo di Melimi s) sposò Flora, la sorella di Drogon (per
errore chiamato in molti luoghi Dragan). Cfr. Die deutschen Volksbit-
CHER CxESAMMELT VON K. iSiMRocK. Frcinkf. 1856, IX, 454. 456).
(3) COSE ARMENE 571
Combattono e vincono ; poi tornano a Venezia, dove festanti
e amorose gli attendono le due spose ; e poiché s'apprestano, non
mai stanchi di guerre e di trofei, a battere alla Mecca saraceni e
jjagani, la riconoscenza dei francesi offre loro trentamila buoni sol-
dati ; ed avendo Ugo Ciapetta, nei giocondi e fecondi trastulli del-
la sua giovinezza, trovata nuova moglie per ogni angolo di ogni
terra, si uniscono con loro sei dei nove suoi figliuoli d' amore.
Una gesta è finita e un' altra comincerebbe ; se non che il novel-
liere è roco e spossato, e se ne sbriga con poche sfilate dei sonanti
suoi alessandrini.
Che cosa vogliono i due valorosi compagni ? Cercano Clar-
vus (1), un fratello di Melinus, e non c'è bisogno di sudare nelle
corse, perchè eccolo minaccioso, colle molte sue navi, e alzata al-
l' aria 1' ensaingne de Mahon, dinanzi a Venisse^ ìe cité de renon
(v. 6214).
Grande fu, un giovedì, sopra il mare la battaglia : più fiera
mischia non fu mai vista : i cristiani percuotono, con ardore, con
furore : tutta cade la hafomeria (-). Drogone, l'ardito, colpisce il
soldano : i pochi che scampano balzano nell' acque insanguinate :
grida si levano, tutto è morte : ma, coi suoi, riesce a fuggire, a
forza di venti e di vele, Brandom^ e, il figliuolo del re saraceno.
Ahi come è dolorosa la vittoria ! periti nell' aspra zuffa ventimila
guerrieri, veneziani, armeni, tarsiani, francesi ! Dieux ìeur face
merchi !
E tengono dietro le feste. Saramonda cerca ansiosa Buovo il
figlio suo. Flora lo sposo ; mentre al lauto banchetto Drogone
viene narrando le onorate fatiche che durarono tutti, a soccorso
del re di Francia, e ofPre premio di ricche terre ai bastardi che
le rifiutano, solo desiderosi del vecchio padre e del suolo natio.
Drogone intanto governa Venezia in pace, non tradito che
dai troppo trascurati cronisti : e Buovo, ricco re, ritorna al suo
(1) Il tedesco, almeno nella ristampa moderna, dice Clarius (p. 453) :
è bastardo di Sansone, natogli in pagania, battezzato e ricaduto poi nella
setta dei nemici. Quel Sansone orleanese aveva già conquistato il reame
di Ungheria,
(2) Userò, sclierzando, una voce che si trova alle volte nei libri di
Provenza (p. es. Fieeabeas, v. 4284). I francesi dicono malioniìnerie
(FiERAB. V. 4311, 5153); un italiano di quei tempi avrebbe forse osato
parlare di Maroneria o di Maeonaie.
572 K. TEZA (4)
paese con la consorte dal chiaro viso, con la gente di sua stirpe, e
non è, nelle memorie dell'istoria, più fortunato del suo antico fra-
tello d' armi {^).
Venezia è adesso, perchè ogni città d' Italia è 1' Italia, più
possente : più derelitta è l'Armenia. Se nella parola dei poeti fosse
voce di lieta profezia, o altrove ricoverandosi, o cadendo per sem-
pre un insanguinato vessillo, i cognati unirebbero i cuori e le
spade.
II.
Questa è poesia di laici, di soldati : forse brandi la spada
colui che canta, certo la impugnano domani parecchi dei tanti che
stanno a cerchio, che riscaldano le memorie e le speranze. Yol-
giamoci per un momento alla poesia dei conventi ; anche qui la
voce dell' uomo passa viva da un'anima ad un' anima ; infervora
e consola : altre battaglie, altre armi, altri conquisti. Alla fio-
rita ghirlanda delle sacre tradizioni dell' oriente cristiano strappo
una fogliolina : chi la vuole tutta quanta, eccola là, piena di
sugo e di verde, nel suo colore armeno (-) : a chi si contenta che
io la imiti nella cera di casa mia, e me la ritinga all' italiana,
sarò riconoscente. Dai milioni di libri tirare a se un solo lettore
è miracolo : ed è giusto che sia miracolo dei veri libri.
Intorno a coloro che trovarono il Monte del Paradiso
e che, giunti alla radice, videro.
Ai tempi del signore Nersete, clajese, luminoso maestro di
armeni, e pontefice, sei consenzienti fratelli andarono alla parte
di oriente per sei anni, implorando dal Signore ad ogni ora in
(1) Benché vorrebbe sperarlo il march. De la Grange che pubblicò
VHugues Capet (p. xlix) : Ce que dit notre poete de Beuve voi de Tarse
pourrait hien renfermer une allusion à des événements aìors récents.
Geoifroi de Paris, dans sa rronique métrique, ouvrage de la première niot-
tié du XIV siede, dit som l'an 1306 : Gel an pist le roy d'Ermenie |
Au BOY DE Tarsse grant AIE | Encontre les paiennes henz etc.
(2) Varkh srboz' h'aranz'. / Venetik, 1855, I, 348. Non dico altro
intorno a queste vecchie tradizioni annone, dovendo altrove parlarne
più a hingo.
(5) COSE ARMENE 573
preghiere di giungere essi ai sicuri campi del Paradiso, presso
alla radice del monte. Ed incontrarono un monte terribile e, sei
anni andarono per quella salita : ora spirava loro odore di im-
mortalità, e nierayigliati se ne empirono e si invigorirono. 3Ia
uno di loro dice : me ne ritornerò e narrerò al mondo queste
impareggiate delizie. Dicono a lui : sai tu (*), ma noi qui resteremo.
E andossene solitario colui per molti travagli, e annunziava il
campo veduto tutto fiorente e di immortale olezzo, che è al pie'
del Paradiso. E, sentendo, incredibile dicevano quello che veniva
raccontato da lui. Egli, come vide che a nessuno faceva prò, e
per conto dei fratelli da' quali s'era diviso, e privatosi di quel
campo fragrante piaiigeva sconsolato e nuU'altro diceva : ne ces-
sante dalle lagrime lo vide nessuno finché, consumata l'orbita (^)
dell'occhio, glielo offuscavano le lagrime.
E [a lui] andando, codesto raccontarono al grande maestro
Nersete : ed egli, chiamato a se quel solitario, chiese da lui con
iscongiuro le cagioni delle lagrime che non cessando e a più non
posso versava. E dice : sei fratelli andammo per sei anni alla
parte di oriente e incontrammo un monte, sul quale andammo
sette anni allo insù : ora vi spirava odore ineffabile e ne bevemmo
meravigliati, dimenticando ogni cura, e che fossimo in corpo. —
E comparso un angelo del Signore disse : il Paradiso di sopra a
questo monte se ne sta, e viene di là l'olezzo: ferniatevi qui fino
al terminare del mondo e al giorno del giudizio, e [allora] entra-
tevi ; e da ora in poi ]ion vi stringono pene del corpo, non fame,
né sete, né morbo, né morte. E dico io : orsù andiamo, diciamo alla
terra quello che vedemmo e udimmo e [gli uomini] ne avranno
prò : ma quelli non vollero. Ed io venendo narrai e come no-
velle le reputano : e perché lasciai i fratelli miei e il frutto delle
mie fatiche, cessare non posso dal piangere.
E questo iscrisse il santo Nersete, nel mezzo alla testimo-
nianza di [quei] fatti, e predicava a tutti.
Il commento che facessi adesso, gettato appena l'occhio sul
libro armeno, sarebbe più corto che la tradizione non meriti e che
io non voglia. Riserbo dunque ogni cosa o per me, o per chi voglia
(1) Du (jidfx. È il aù ò'Itj fU'l vangelo: pc)is((ri in dircblìc il Diodati.
(2) Zk((p akau nora.
574 E. TEZA (6)
o^oderne : e intanto rimando ad uno scritto del sic;nor Ed. Coli,
intorno al Pann/iso ferrcsfre (/(nitesco (Firenze, 1897) che può e
soddisfare molti curiosi ed altri invogliare (i).
III.
L'avidità dei mercanti, Tinquieto braccio dei soldati, 1' ardi-
mento dei navigatori riaccostano i lontani, versandovi oro e sangue ;
ma e' è conquisto, non macchiato di brutture, anche degli inna-
morati delle cose nuove, che lontano guardano nello spazio, e
lontano nel tempo gettano un raggio che non si spenge, finche
ne duri nei libri la memoria.
Quello che nelF ottocento è proficuo traffico di molti e me-
diocri e miseri intelletti, era nel trecento singolare pregio di pochi,
ne cupidi, nò pigri : serbavano gli annali, e i (jiornit//\ delle cose,
delle grandi e delle piccine, nella chiesa e nella città, nelle arti
di pace e nei maneggi di guerra, nei confini di una repubblica
0 di un regno, quanto pareva stendersi il mondo. Ne allargava
i confini la vivacità dell'occhio, la intensità del volere, l'aiuto del
caso ; ma di questi soccorsi non profittava, di quell'acume non go-
deva che il volere, onde più meritata a quei fortunati e forti è
la lode e la riconoscenza. Anche per quelle parti che più squi-
sito esame trovò manchevoli od errate, il sospetto risvegliò la prima
guida, e bisogna tenerne conto : sospetti potrebbe risvegliare anche
adesso, o scavare la verità, di nuovo sepolta sotto migliaia di vo-
lumi, una voce lontana e una mano.
Dall'Italia all'Armenia la voce è lontana e forse ci illude ;
ma bisogna sentirla : e ad ogni modo va lodato Giovanni Villani
che, nella quiete e nei tumulti della sua Firenze, arresta e poi
svolge la penna anche alle notizie pellegrine che venivano da ol-
tremare, registrando i fatti degli e un ini : li rammentava nell' ul-
tima caduta, non conoscendone o indovinandone la potenza antica,
ma perchè; dopo le crociate, dei bai bari di una volta erano, in-
(1) Mi spiace che, per uno scorso di penna, i v(>rsi francesi di una
leggenda (pag. 144) sieno detti provenzali.
(7) COSE AllMENK 575
sieme agli arabi ed ai turchi, i più noti. Non veggo che nelle cro-
nache del Villani si attingesse nell'oriente fra i dotti, e amo qui
di registrare pochi versi a riscontro delle notizie che ci dà di
Cilicia, nella sua istoria, il p. Michele Ciamcianz {^) ; e ognuno
vedrà che questa mia è un' astuzia, poco sottile, per dipingere non
tanto i tempi e gli uomini di quella costiera quanto lo stile di
uno scrittore che non siamo usi a contemplare nella sua pienezza.
Prendo le mosse dagli ultimi anni di Leone quinto. Anche
nelle tradizioni di chiesa l'amore alla nazione divampa con forza
in oriente : lo straniero, benché sottile giudice, pare inetto e pro-
tervo : somiglia al tristo anche il buono ; e non è mai atto uè di
prudenza uè di pietà vera l'agitare le coscienze. L'unità è germe
che di dentro si svolge in questa pianta viva di un popolo che
da sé pensa e sente, prega e canta. Con libertà discorre, da fe-
dele armeno, il p. Michele : se getta acute frecce, da frecce acute
vedeva trafitti molti de' suoi ; ne la teologia usò in nessun tempo
essere scuola di placidi sentimenti e di affettuose parole. E scusa
a tutti l'aversi fatto un ritratto della verità, e quello adorare, in
ogni altra immagine vedendo idolo profano e sozzo da abbattere.
[1337J Ma ecco giungere nuovamente dimolte bande di egi-
ziani nella Cilicia : e re Leone, non essendo presto a far nulla,
venne ad un forte castello : e visto che di giorno in giorno sca-
deva quella terra, sotto la spada e la schiavitù, spedì messaggeri
a Mejlik Nasr e da lui chiese con istanza riconciliarsi nella pace.
Spedì messaggeri anche Nasr e fece risposta : " non accetto punto,
dice, la tua richiesta se con giuramento tu non mi prometta non
fare più mai uè ambascerie né corrispondenze con le nazioni di
ponente. „ Leone re, perché alle strette, dovette giurare sopra il
santo vangelo davanti ai messi dell'emiro ; e da allora per quasi
tre anni il paese riposò.
[1339] Ma poiché Leone re cominciò di nuovo a fare segrete
corrispondenze col santo Padre, e con altri degli occidentali, e se
ne accorse l'emiro egiziano, molto se ne adirò : e mandò eserciti
di sedici mille cavalieri a mettere in preda la Cilicia. Giuntivi
costoro, operarono guasti assai, e distrussero dal fondamento se-
U) Che trascriverei, come sono uso a ridare i sei,nii armeni, Cumi-eanz' .
576 E. TEZA (8)
dici borgate : poi, raccolto il bottino, se ne dipartirono. Da allora
non potè più Leone fare apertamente ambasciate agli occidentali e
solo, per mezzo di latini, annunziò in secreto al Papa il suo pe-
ricolo, chiedendone aiuto.
[1340J Facendosi codesto, cadde discordia tra i principi ed i
vescovi, ed ancora tra il re e Jacopo il patriarca ; poiché una metà
di loro insisteva non si facesse punto corrispondenza con gli oc-
cidentali : " che ecco, dicevano, per questa ragione fummo di-
strutti „ : e una metà a ciò contrastava. Prendendo forza code-
sta disputa, e sorgendo anche altre varie provocazioni da uomini
calunniatori, s'aggravò il fatto tra re e patriarca : e più e più ri-
scaldandovisi, questi fece rimproveri al re, e lo minacciò, onde
istizzito il re lo cacciò dal seggio della sua signoria, dopo che era
rimasto nel patriarcato quattordici anni.
[1841] Mechitar, detto pure don Mèchik, dalla provincia di
Jerenciach, dal villaggio di Khér'ni ('), sedette patriarca in luogo
di Jacopo. Nei giorni di lui in grande diffusione si vedevano gli
IJnitori [e quali fossero, vedi al capitolo 40 del libro Yo]. Loro capo
fu Giovanni, dottore chernese, discepolo di Isaia, dottore neciese.
Questi, come portato in alto da buoni pensieri, molti vi eccitava
e vi sollevava, e, quasi scoperta novella miniera, fondò una no-
vella compagnia, presala dall'ordine di san Domenico. Aumentando
il numero di costorO; e tentando essi di guidare la nazione, mos-
sero confusione indicibile ; che dispregiando ogni rito di armeni,
e contando per nulli i loro sacramenti del battesimo e della con-
fermazione, come pure 1' ordine del sacerdozio, s' adoperarono a
battezzare di nuovo ed a cresinuire gli armeni e un'altra volta ad
imporre le mani sui loro preti : e costrinsero tutti a tramutare i
propri riti in quelli dei latini, voltandosi alla latinità ; onde forte
tumulto vi nacque contro loro, in mezzo alla nazione, per ogni
luogo : e non poco tempo durò. Ma già non durarono costoro, per-
chè via via indebolendosi diminuirono ; e nei giorni nostri del tutto
disparvero, e divennero come quelli che non sono.
Accadde a' giorni di Mechitar il patriarca che loro si ac-
costarono due, quasi zelanti servitori del demonio ; de' quali l'uno
era chiamato Nersete Palienz, o Nersete Paghun, come fosse ve-
(1) Il Saint-Martin {Méinoires hist. et géogr. P. 1819, I, 505) scrive
K'herna^ rille de taprorince (VÉrendrìiag. — Klir'ni fa, nel gon. Khr'nas
(da leggere kììernù).
(9) COSE ARMENE 577
SCOVO di Urmia, e l'altro Simeone Pèk, detto vescovo di Garin :
questi in isconipiglio misero la pace della nazione colle loro eresie,
onde furono cacciati dagli armeni. Simeone fuggì in Cipro e al-
trove fuggì Nersete.
[1841] Come udì Nersete che Mechitar sedeva sul trono pa-
triarcale, in gran fretta venne a lui, perchè sperava voltarlo alla
parte sua ; ma Mechitar il patriarca, esaminate le opere e le pa-
role di lui, che già da principio conosceva, lo allontanò con ana-
temi dalla comunione della chiesa, come calpestatore di ogni legge.
Irritato da codesto, andò alla città di Avignone, dove sedeva allora
il santo Padre Benedetto [XTI] e calunniava la nazione armena
con gravissime e maliziose parole, sforzandosi mostrare che sono
gli armeni pieni di errori : e le stesse cose aveva scritto già prima,
concorde con lui, anche Simeone. Stavano a quel tempo in queste
parti alcuni dell'ordine degli Unitori, tra quali alcuni latini igno-
ranti che si vantavano essere esperti delle [cose] orientali. Tutti
questi, sotto la guida di Nersete, composero discorsi fantastici e
bugiardi, e tutto raccolsero in un libricciuolo, mettendovi in prin-
cipio i cento e diecisette errori della chiesa armena : poi lo of-
frirono al santo Padre, e questi lo mandò, insieme con una let-
tera, a Mechitar il patriarca, ed a re Leone.
[1342] Allora grande concilio si riunì di vescovi, di dottori,
e di preti nella città di Sis, e misero in disputa tutte le calunnie che
stavano in quel libricciuolo : poi scrissero una per una le risposte
in opposizione, chiaramente mostrando che quei discorsi sono baie
di intelletti pervertiti e scempiaggini di delatori e di sicofanti.
Messa ogni cosa in iscritto la spedirono al santo Padre che, leg-
gendo, fu lieto assai. Ma in quell'anno, prima che il concilio si
adunasse, re Leone morì, stato nella signoria ventun' anno.
(Parte YI, capitolo XXIY). — [1342] Giovanni Pajl, che è
detto anche Civan, quegli al quale posero nome Costantino terzo,
nipote del re di Cipro, latino di padre ed armeno di madre, nato
di Zablun figliuola di Leone III, fratello di Guido Serghis (i) (che
abbiamo già rammentato nel capo precedente) fu scelto ed unto
re degli armeni in luogo di Leone Y, poiché Leone non aveva
figliuolo, ne fratello. Questo Giovanni re era dappoco, e riottoso,
e sprezzatore della nazione armena ; il quale, audace in opere jn-
ll) Più usato è dir Sargis (cioè Sarghis) al nostro Sergio.
578 E. TEZA (10)
dejs^ne, molto fece da spiacere a' principi e ai suoi soldati : tra-
sformò ancora la sua reggia in modo sconcio, abietto, ed egli se ne
stava punto sollecito ad aver cura del suo popolo.
Oltre a tutto questo mandò ordine severo che tutti, rinun-
ziato all'armenità, si diportassero alla occidentale in ogni cosa. A
questo suo fatto, non più tollerandolo i soldati armeni, si levarono
contro a lui e lo ammazzarono, poi che egli era stato nel regno
un anno.
[134B] Guidone, il quale e si chiama Ghidon, ed anche Siirghès
0 Sergio, fratello di Giovanni Civan, che governava la terra di
Achaja, per consiglio dei principi armeni invitato, sedette re in
luogo del fratello suo (i). Come udirono gli egiziani [e i babilonesi]
lui regnare, ed anche il decadere della signoria armena, nuova-
mente facendo leva corsero a rapire il paese di Cilicia. Guidone,
trovatosi male preparato, e non potendo a nessun modo loro re-
sistere, si diede alla fuga e si ricoverò in una rocca (-). / nemici
perietrafi dentro tilla ferra molti danni ri fecero, ma poi se ne
andarono.
[1344J E al venire dell'altro anno soppraggiunsero tristi sche-
rani e fecero aspre percosse nella Cilicia ; ne e' era chi uscisse
contro a loro, a combattere con ordine ; che i principi armeni,
che si trovavano nella terra di Cilicia, erano scorati e stanchi, nò
avevano fidanza nel re loro, ma come se a straniero guardassero,
lo detestavano ; e per di più, in discordia tra loro ed in ispecie
per causa del loro dissentire nelle cose della religione, senza posa
litigavano e battagliavano : e parecchi tra loro di giorno in giorno
si dispersero via dal paese, e in luogo loro parenti latini dei re
armeni signoreggiavano per le città e per i castelli (■^). Onde
(1) [Colta allora la opportunità il Cantacuzeno, conio egli stesso rac-
conta (libro III, capo 49), si dirizzò all'Acaja e si insignorì della terra di
Guidone; ma dopo qualche anno, esso Cantacuzeno, rinunciato all'im-
pero, monacò ed ebbe il nome di Griosafatti»].
(2) [e mandò messaggeri a papa Clemente (sesto), con istanza invo-
cando gli procurasse soccorso. Il papa indirizzò quegli ambasciatori a
Filippo (VI) re dei francesi e ad Eduardo (III) re dogli inglesi ; ma ben-
ché (luesti promettessero a parole dimolte, nell'opera non fecero nulla,
perchè stavano guerreggiando tra so, come a lungo scrive RenaldoJ.
(3) [Di nuovo mandò Guidone ambasciatori al papa, e invocando aiuto,
promettendo mostrare ogni cura per conservare soggetti e concordi in
(11) COSE ARMENE 579
neirarrrescers} e ììioliipìicnrd elei latineg giani i cominciò re Guidone
a costringere con violenza hi nazione a condursi in tuffo alla la-
tina (1).
Ciò vedendo, altri fra i principi ammonivano Guidone e lo
eccitavano a serbarsi guardiano della nazione e ad averne cura,
fermo al suo posto, non ad altre cose ricorrendo, delle quali non
erano pratici : in memoria recandogli la morte del fratello che,
per il suo procedere a questo modo, era stato ammazzato. Ma poi,
al vedere lai fatto caparbio, e come gli disprezzava si levarono
contro a lui, e appunto come il fratello suo lo trucidarono, stato nel
regno due anni.
Questo è il racconto che il p. Michele compendiò nel 1811,
sfrondando il libro che con maggiore copia di fatti, di giudizi, di
parole, aveva compito molti anni prima. Per mettere a riscontro
l'arte usata dal mechitariano nel doppio suo ufficio, lascio vedere,
per quello che riguarda il regno di Guido, che cosa si trovi o
manchi nell'opera minore e nella maggiore (-).
ogni cosa gli armeni con la chiesa di Roma. Sorissegli il papa risposta,
lodandone; gli sforzi e " se, gli dice, del tutto tarai sparire dal tuo regno
gli errori, dei quali senza posa alcuni fanno accuse davanti a me, spe-
riamo nel Signore che senza cessare ci resti la visita di Dio, e la nostra. „
E, come è scritto nell'istoria di Nersete Palienz, il papa promise dare,
di anno in anno, dodici mila ducati d'oro, e mille cavalieri : e fino a
tanto che sentì stare l'Armenia ferma nella lealtà, adempì la sua promessa.
Erano sorti in quel tempo in occidente alcuni eretici monaci, chia-
mati i Fraticelli, che s'armavano incontro alla potestà spirituale del santo
Padre, e dicevano " è cessata la signoria sacra della sedia apostolica ed
in noi trapassò per volontà di Dio „ ecc. ecc. Alcuni di loi'o venuti in
oriente, nell'Armenia maggiore e nella Persia, cominciarono a seminare
anche colà le loro eresie e si consigliava a cacciarli via. Avuta notizia
di ciò il sommo pontefice Clemente scrisse una lettera di ammonimento
in Armenia maggiore ai vescovi, e a' dottori, e a monaci, e a' principi
civili, dove, dopo lodata la fedele sottomissione alla sede di Roma, gli
esorta a guardarsi dagli eresiarchi. Le stesse cose scrisse anche a tutti gli
altri orientali e diede loro facoltà, se bisogno ci fosse, di punire, con giu-
dizio civile, quei satelliti del demonio].
(1) [Dopo di ciò nel crescere novellamente del commercio di lettere
col santo Padre e insieme fatte maggiori le esortazioni di re Guidone,
molti tra gli armeni, che abitavano la Cilicia, da allora in poi in ogni
cosa cominciaroìio a vivere latinamente e a costringervi gli altri].
(2) Di questa sono le frasi chiuse in parentesi riquadre, di quella i
580 E. TEZA (12)
Anche il nome del re, nome germanico nelle origini, e diffuso
per opera del latino, si oscura un pocolino nelle tradizioni di
oriente. Restano assieme i due aspetti che ce lo presentano di
Guido e di Guidone (/), e quanto all' iniziale non è chiara testi-
monianza il vederne la lettera nello scritto (-) : poi, crescendo le
difficoltà, il sire Guido, le sire (rìi/de, parve tramutato aimenia-
mente e dal padre Michele riaccostato al Sergio dell'occidente (•^).
Feci una lunga girata per venire al nostro Villani, ed ecco
come il fiorentino mostra Tuomo e le sue parentele, costringendoci
a nuove ricerche :
(Lihro Xri, capo XL). — ''Nel detto anno 1844 11 re d'Er-
minia, il quale avea per moglie la figliuola del prenze di Taranto
luoghi stampati in corsivo. — CtV. Piifiiuifhinn Haj()z\ i Vanitile, 1786,
voi. Ili, pag. 348, e Chrarhc'aìì p itni.^ì Ven. 1811, pag. 8(i4. — Di questo
ultimo libro, cioè del compendio, c'è anche una versione inglese, fatta
(la un armeno nell'India, e che non gira molto nelle librerie di Europa :
Hifìtorij of Annenia b// p. Mì'-Jiael Cliaiuirh^ fraushifcfì !>// Johannes
Avdall. Calcutta, 1827 (Vedi nel volume II, da pag. 294 e seg.). Questa
traduzione che muove più libera, meno servile della mia, ne è. appunto
per questo, migliore ; ma io volevo mostrare come scrive il p. Michele,
quanto la varietà delle due lingue, e le al)itudini letterarie delle due na-
zioni lo permettono.
(1) Che, per altre ragioni, a noi suona così sgradito. Rammento il
dolore di un dotto amico mio perchè un valente latinista, un altro amico,
voleva in un lieto giorno di nozze scrivergli lieti versi ad Guidoneiii.
(2) Se leggiamo all' occidentale si avrà Cuidon, (Jhidon [ma a pag.
825 dice Chiìdon], (7/«V/ ; se all'orientale (rìiifon, Chiton {(rhiifon, p. 32ó],
Khit ; ma forse sono da mescolare le due maniere di trasei'izione, e lag-
giù usavano dire Guidon o Ghid.
Il Civan non è che il Juan de' francesi, come si sentiva sulle coste
di Cilicia.
(8) Le parole del p. Michele ( III, 825, 32) sono : " E quando morì la
moglie di (hiitone, senza figliuoli, egli prese la figliuola di Siirf/liianos^
uomo d'oriente ; donde anch'esso Guitone è chiamato Siirfjhés nella Storia
del Cantacuzeno. „
Notò da un pezzo il piccolo errore il Brosset (Hist. du Bas-empire
PAR Lkbau. Par. 1886, voi. XX, pag. ^AO) : "" Sù-[/his n'est point derive de
Sirghianne, mais la représentation en (jrec da mot Gn//, précède du titre
onorifique sir. — L'Avdall (II, 298) dice Hurnamed Si/rr/ius or Sarkies.
Quauto a Zablan^ cioè Isabella, sappiamo che è la sorella di Hethun
III (Lebean, XX, 510).
(18) COSE AEMENR 581
e della Morea, e nipote del re Roberto, per amore della moglie,
si dilettava coi baroni e cavalieri latini, che più gli piaceva i loro
costumi che quegli degli Ermini, e quanta buona gente di ponente
capitava in sua corte gli riteneva a suo soldo, chi a cavallo, chi
a piedi ; per la qual cosa i baroni ermini per invidia ordinarono
tradimento e uccisono il detto loro re. E ancora ci ebbe, e fu
grande cagione della sua morte, che il papa per suoi collegati gli
avea promesso sussidio e aiuto alla difensione de' saracini e "ì re di
Francia più tempo dinanzi prese la croce e promise di passare
oltremare al conquisto della terra santa, e ciascuno de' detti si-
gnori tennono al continuo in vana speranza il detto re d' Erminia
e i suoi baroni e ciascuno gli fallì, cioè il papa e il re di Fran-
cia, e' saracini corsono tre volte l'Erminia con grande danno del
paese ; e peiò i baroni del paese si sdegnarono contro al detto re
e l'uccisono. „ ^
Il quadro, sotto questa mano, rimuta non solo il disegno, ma
il colorito ; ne è facile il dire che lineamenti ritragga al vivo. Qui
la moglie ha parte negli eccitamenti, che non si vedeva : e lo zelo
di chiesa parrebbe meno ardente di quello che muove gli affetti
dei cortigiani. E chi è quella donna ? Anche il p. Leonzio Alishan,
dando sulla bilancia il peso del suo giudizio, benché appena lo
accenni, vede in lei la figliuola di uno dei grandi fra i bizantini ('),
e il Villani invece vorrebbe si cercasse nella stirpe feconda degli
angiovini. Quel nipote di re Roberto deve essere Filippo, e come
lo dicevano allora, 1° di Sicilia, principe di Taranto e di Achaja,
uno dei figliuoli, e propriamente il quarto, di Carlo IL Se dessimo
retta solamente a Tristano Caraccioli nei suoi opuscoli (-), si toc-
cherebbe il segno, perchè egli afferma che ex fìì/ahiis prima fiiif
EE&iNA Armeniae, secHuda Giiaìterii Brennae Afhennrmn ducis ;
laddove, se ricorriamo ad altre autorità, e citerò solo il p. Ansel-
mo (3) ed il Ducange, da quel primo letto Filippo ebbe tre figliuole,
ma nessuna che andasse in Cilicia : Margherita sposa, come ve-
(1) Nell'opera sua detta Sisuan (Veii. 1885, pag. 543^) : " Ki o Kit...
morto il 17 nov. 13M. Sua moglie N. N., figliuola di Sir Sian, principe
greco. „
(2) Opuscuìa historica : in Muratori S. R. Ital. XXII, 109.
(3) Histoire généalogique. Paris, 1726^, I, 507 e seg.
582 E. TEZA (14)
demmo, Gualtieri VI di Brienne, Bianca passa alle nozze di Rai-
mondo-Berengario di Arrag-ona, e l'ultima, la Maria, non ha marito.
C è poi anche un secondo letto : s' accordano le tre autorità a
citare Margherita, che sposa Eduardo di Scozia e, morto lui, Fran-
cesco de Beaux, e un' altra Maria che non arriva a nozze : ma
così il p. Anselmo come il Ducange aggiungono Giovanna, detta
Irene da' Greci, che sposa re Leone I e poi Leone II di Cipro.
E dove è la moglie di Guido ? (i) Chi errava, in questi intrecci
delle due famiglie ? Giovanni Villani o irli altri annalisti ?
IV.
(Quando un libro scritto nell'armeno popolare manchi di brio,
di rapidità, di forza, lo scrittore ostinato o il poco esperto lettore
ci rispondono che la colpa va tutta gettata sulla lingua : quel po-
vero volgare non sa fare di più. Se la casa non si regge, o se
non rallegra l'occhio di chi guarda, s'hanno a biasimare i mattoni !
Con le allegre conversazioni che, sgorgando libere e piene
le parole di tutti dalla bocca di un solo, si fanno ad una tavola
di amici, non si compone la scena solenne di un dramma ; coi
battibecchi attorno ai patti della pigione non si fa l'arringa focosa
di un oratore ; con le placide chiacchiere dei promessi sposi non
si intuona un inno all'Amore. Ma la scena, l'arringa, l'inno delle
stesse parole si appagano, le intrecciano senza smozzarle, a quelle
membra stesse che paiono morte danno la vita.
Deve r intrecciatore avere per la sua ghirlanda fiori di colore
vario, di varia forma, ma di una sola freschezza ; non può alla
rosa che s' apre agli olezzi legare le viole appassite, al gambo
vivo di un garofano accostare il fil di ferro, fasciato in un foglio-
lino verde, che regge una ingannatrice gardenia di cencio. Deve
(4) Il nome non ingannerà certo un disattento lettore di alberi ge-
nealogici. Roberto figlio di Filippo, e che sarebbe fratello di quella donna
che veniamo cercando, sposa (come dice il p. Anselmo, 1. e.) Marie de
Bourbon, veuve de Guy de Lezifjnen . . . fils ahié de Iluf/ues IV voij de
Chìjpre.
(15) COSE ARMENE 583
chi scrive aver le chiavi, non arrugginite, del suo tesoro ; ma che sia
tesoro ad un tempo di suo padre, di suo fratello, del suo figliuo-
lo : e tutta questa ricchezza di parole, che vestono ogni pensiero,
se la chiami lingua, dialetto, parlata, come vorrà, purché gergo
non sia, purché ne usi con libertà, ma senza corromperla. Ogni
pianta che va nei libri uscì da quel vivaio, gettò radice e gettò
rami : se foglie cadono, somigliano a voce che si spegne nel corso
lontano delle sue ondate, e poi rigermogliano piene di succhio e di
colore, come voce che all' altra fa eco con lo stesso vigore, riper-
cotendo lo stesso pensiero.
L'armeno non è un mostro : è creatura sane le membra e le
giunture, ordinato all' opera umana, manifestando l'energia che è
dentro alla sua anima. Può, come altri, innamorarsi della gloria,
cercar di porre nei monumenti che durano il suo suggello : può la
lingua nuova avviare a nuova letteratura. Che se egli ha un padre
illustre, vecchio che fu già nuovo nel mondo, può con riverenza
imitarne ogni virtù addormentando la sua ; fare il passo dove vede
l'orma fitta, volgere l'occhio, Y orecchio, la mano dove furono ri-
volti, ridestare la voce che non è più, ripensare gli stessi pensieri.
Ma rispetta gli altri chi non rispetta se stesso ? Se e' è amore
umile di figliuoli che custodiscono l'eredità, non c'è fecondo affetto
di padri che s'affidano nell'operosità delle generazioni crescenti?
Non si dica che 1' armeno non può, se gli armeni possono.
L'intelletto ingenera e nutrisce, spinge e guida le letterature : dove
è sano e rigoglioso, ha opera rapida, veemente, continua : dove
fiacco, fiacca : dove ammali a mezza la vita, la infetta tutta quanta
e, morendo, l'ammazza. E l'intelletto artefice che, non solo affila e
lucida lo stromento, ma se lo batte a' suoi bisogni in sull' incu-
dine ; ne usa e ne abusa : e mostra pazzia quando, magnano im-
provvido, si impunta a lisciare il ferro colle pialle del legnaiolo.
S'alzi l'uomo, esca il libro : non ardiranno chiamarsi maestri,
e saranno davvero i maestri. Se ad Eccemiazine, l'eccemiazinese
sarà il fiorentino della buona letteratura ; se a Costantinopoli, il co-
stantinopolitano : la parlata di oriente o di occidente, ma tutta,
senza perdere il suo, senza sciuparla con brutti miscugli, senza
accettare regali che paiano cresciuta ricchezza, e con onesta cura
degli insegnamenti che vengono dalle lettere nazionali dei secoli
andati. Deve essere nodo che collega, non catena che prema : ed
è questa l'impresa più aspra per lo scrittore, savio nell'ardimento,
584 E. TEZA (16)
e franco cavaliere dell'onorando signore. I frondosi tronchi latini
non aduggino le pianticelle che si colgono liete al sole nei campi
novali di Firenze ; il gigante aiccano non prostri, con la voce mi-
nacciando, con la clava percotendo, una stirpe che rinnovi le glorie
antiche.
Dicevo che l'armeno non è un mostro : aggiungo adesso che
non abbiamo a tramutarlo in un mostro. Se stai disputando se giovi
dire io come in Toscana, )ne come in Romagna, mi come parlano
nel veneto, o anzi jó come usano i ladini di Udine, non darai
forma al tuo pensiero che duri. Se il canto omerico può sviarti,
coi paragoni e coi canoni che se ne derivano, assicurati che del
canto cantato la prima volta tu non sai più nulla ; e aggiungi
che da Omero non rampolla la letteratura greca che usi studiare
in Eschilo ed in Platone, ma un'altra, una sorella maggiore d'anni
e minore di forza, che muore presto coi pronipoti. Se rinnovi il
dubbio interrogatore per 1' epica di Francia, che l'ebbe e la per-
dette, ti si rinnovano le stesse risposte. Gli ibridi portano forse
molto peso e durano assai, ma non figliano. E l'inglese ? dici tu,
infervorito nella tenzone : e il persiano ? e il malese ? e il turco
degli osmanidi che abbiamo, noi armeni, tanto vicino ? Il miracolo
avviene nelle cose degli uomini, se non si fa in quelle di natura,
ma non c'è mago che lo evochi, che ne segni il codice nelle buie
sue cifre, che lo prepari, lo accompagni con gli incantesimi : e
noi qui discorriamo del lento e ordinato procedere che una scuola
di letteratura può ideare, degli spiriti che possono assicurarle la
vita : senza dire che, tolti via gli strani innesti, quello che c'è di
germanico nell'inglese, di ariaco nel persiano, di oceanino nel ma-
lese, di tàtaro nel turco, sgorga da una sorgiva sola ; senza dire
che, a dare a Cesare ogni minima particella che sia di Cesare, ogni
lingua per quanto grassa si spolpa e anche l' aiccano, si fa min-
gherlino da fare pietà.
Chi spera nella tirannia del tempo, è furbo cortigiano, perchè
di certo il suo padrone è strapotente. Dai una tinterella al sasso
nuovo, e scalpelli via la buccia al sasso antico ; arrotondisci quello
che, usandone, il popolo smussò e lisciò ; spunti quello che par
aspro ; gli imitatori ti fanno ressa intorno : il lettore dimentica oggi
una particellina delle parole che gli parevano tutte sue, e domani
ve ne appiccica un'altra ; cammina, non più guardando dove va,
ma donde viene : prende il vezzo di questi travolgimenti, gli in-
(17) COSE ARMENE 585
tende un poco meglio, e si prova a farsene le sue delizie. Anche
di qui si può, non lo nego, andare a Roma ; bensì con pericoli,
e spedati, e forse non si imbrocca, arrivando, una porta, ma s'ha
innanzi un' alto muro al quale bisogna girare attorno. Se e' è la
strada maestra, perchè abbandonarla ?
Al popolo, sta bene ; ma all'attenzione ed alla memoria di che
popolo mandavano i loro pensieri Epitteto, Francesco Guicciardini,
e il Bacone ? A quanti, in mezzo al popolo, cantavano Alceo, Ti-
bullo, il Petrarca ? A chi si mostravano, visti da tutti, capiti davvero,
Filottete od Edipo, re Macbeth od Otello ? Le lettere stanno su,
su : per chi vola o almeno guarda nell'alto. Alla plebe parlate la
lingua che è sua, e non disputerete : a quella ingentilita nella col-
tura di fresco, o per lunga tradizione di sangue, apprestate quei
libri che invano cercate negli archivi e che giacciono inerti nel vostro
cervello ; datele con l'arte che ha dentro a se puntelli di stabilità
e ruote di accrescimento. I precetti, i dibattiti, gli esempi giovano
poco assai, se non guastano. C'è sotterra (per tornare di nuovo ai
regni di natura) un germe che non vedi, che uscendo improvviso,
e mutandosi, salirà nell'alto ; ma se vi rastrelli, vi pesti, vi vanghi,
si spezzerà, si diradicherà con tuo danno.
Intanto se lo studio dell'aiccano, anzi che sorreggere e rin-
francare la nuova letteratura la imbastardisce, è meglio che continui
r opera tutta sua, che non dà i frutti che si vorrebbero, ma che
altri ne dà. Serbino per i dotti i dotti, con fervore e con amore,
imitando con intelligente servitù, la lingua degli antichi : si vegga,
si senta, levata di sepolcro, come vispa giovanetta, nelle prose am-
mirabili del p. Arsenio Bagratuni.
E Dante ? come tradurlo, se i nostri di oriente, inesperti delle
leggi che guidarono il ragionare e 1' immaginare, la parola ed il
canto dell'occidente, vogliono farsene prò, per l'intelletto e per il
cuore ? Per conquistare le poesia dantesca, nella sua pienezza, per
modo da volare con lui quando vola, e di attaccarsegli quando si
sprofonda, bisogna che la lingua che tiene dietro a quella di lui
sia addestrata all'agilità ed alla gagliardia in lunghe prove : non
può su questo modello fare i suoi sforzi, i tentativi, addestrandosi.
Yero è che c'è da obiettare. Librò duro è la Scrittura ; duro nel-
l'ebraico, duro nel greco che non vi fa tentativi da novellino, e
anzi li rifa da prudente, il quale non ischivi le ardue imprese :
inesperti di molto, vi si affaticarono goti, sloveni ed armeni. Ma la
586 E. TEZA (18)
scrittura ò la santa: viene da una nazione, va ad una nazione:
e questa le si g-etta incontro per foggiarvi le sue proprie parole
su quelle antiche ed oscure, e oscure le restano, da meditare, da
mettervi dentro la luce ed il fuoco. La Commedia è libro divino
di un'altra chiesa, di cittadini, di uomini del trecento, di italiani ;
non può essere la Bibbia nò d' indiani, nò di cinesi. Da lei non
verrà letteratura nuova a stranieri, ma questi a lei si volgeranno
maturati, pensando, parlando, scrivendo. Ecco perchò il volgare
armeno, uno dei volgari armeni, che oggi passano o dalle bocche
0 dalle carte alle carte, non regge forse a tanta impresa : quello
che è solenne, recondito nella parola dotta da santuario, da corte,
da scuola, non si ripercote tutto quanto nella voce di piazza : l'ar-
caico, con le sue asprezze, scompare nella lisciatura e nel rigoglio
della o^ioventù : non e' ò arte che metta in luogo del marmo la
calce viva.
I sogni e le profezie dei critici contano poco. Sono intenti a
disciogliere, a disfare perchè I' occhio meglio vegga le particelle
minute, e la mano le soppesi meglio ; ma sanno che, se non ò dei
prudenti il nutrire troppo vive speranze, non è dei prudenti la
soverchia paura. Ne viene che ogni opera che è segno di forza,
rallegra : e nel conquisto che gli orientali tentano delle vecchie
ricchezze d'occidente, quali che sieno le armi che adoprano, sap-
piamo che non le sperdono, ma crescono loro il pregio. Gareggino
gli emoli, anche per i canti dell' Allighieri, con 1' arpa antica e
con la nuova, e cantando ; chi vince, vince per sempre.
Ma nella lingua di Narsete, con una prosa di numero vario, di
sapiente congegno, si darà armonia che appaghi : le parole schiette
e piane dell'armeno si adageranno su quelle piane e schiette del
fiorentino ; quelle più discoste dalla consuetudine, anche nel tre-
cento, troveranno adeguata corrispondenza ; si rivedranno i due
colori, il popolano e il signorile, maestrevolmente congiunti ; e se
la vita di terra che si specchia nella prima cantica meno agiterà
gli spiriti nell'oriente sotto due guide possenti (perchè diventerebbe
maestro autorevole anche il traduttore) si alzeranno con più fervore,
e più intentamente, gli sguardi nel cielo (^).
(1) I nostri vecchi dicovano errnini ed Erminia, imitando, in parte,
1' ermeni dei tuiclii. Anninio è nei Reali di Francia, e popolare per un
pezzo. Noi, che seguiamo la tradizione latina, s'avrebbe a dire la lingua
(19) COSE ARMENE 587
Dai versi si comincia, dai versi si finisca. Santi ci sono che
non si predicano che per le chiese, ne s'invocano che nelle case
divote ; ma santi abbiamo che colgono due corone, nella vita re-
ligiosa e nella civile, con opere insieme da fedeli cristiani e da
buoni cittadini. Uno di questi è Mechitar il sebastino : e di un
poemetto che da poco uscì dalla penna di un giovane mechitaria-
no, dò le prime strofe che rispecchino con semplice stile i versi
semplici dell' originale. Il p. Arsenio Ghazikean si tenne all'ar-
meno moderno, non volle infiorare le tradizioni, e sopra tutto si
propose di far onore al primo padre di una nobile famiglia di
eruditi maestri e di instancabili scrittori (i).
In Sebastia nasceva un uomo grande
r anno millesecensettantasei ;
in tutta Armenia il nome suo si spande
ed a lui sacro questi versi miei.
Lo chiamaron Maniic, ossia il Donzello,
Pietro il suo babbo e Sàcrisda la mamma ;
dell' ignoranza egli sarà il flagello,
e della fede accenderà la fiamma.
Somiglia a nardo o zafferano in fiore
che dei dolenti Tanima conforti;
pare la rosa che, in soave odore,
leggiadre grazie in ogni loco apporti.
Non conta ancor cinqu'anni il bel fanciullo
che agli studi già volge il suo talento;
armenia : badando ancora clie se armeno avesse vita vera sonerebbe ar-
meno e non armèno. Oramai ci siamo sviati ; ma è male che i letterati,
anzi i linguaioli di mestiere, si lascino spesso uscire di bocca e di penna
un anitenoplo (per ariitemofilo) che fa scorrerie, rubando, sopra terra
greca.
(1) Mrhithar, grez' h. Arsén Ghazikean. Venedik, 1900. Sono 535
quartine, divise in diciotto riposi che possiamo dire i canti del poema.
Prima che l'avessimo nel librettino, si leggeva nel giornale ( Bazììiarép).
588 E. TEZA (20)
non c'è festa di bimbo nò trastullo
che mai lo freni dal severo intento.
Si meraviglia il sacerdote assai;
che insegnava al focoso giovanetto :
sì pronto ingegno non ha visto mai,
e lo tien caro con paterno affetto.
0 padre santo che educasti in seno
colui che educherà la patria mia,
e che a scienza guiderà 1' armeno,
benedetto il tuo nome al mondo sia !
Oh te beato inver, poi che ti tocca
lieto sentir che l' abbicci balbetta,
compitando, queir uom dalla cui bocca
fiumi di miele la sua patria aspetta.
Oh te beato, che in quel casto cuore
susciti fuoco, verso il cielo, ardente,
e il seme seminasti che non muore,
che porti i frutti della viva mente.
Già del culto di Dio sboccia e fiorisce
amore in petto al tenero bambino :
all'alba e' corre in chiesa e non ambisce
che di sentir il FIAT, verbo divino.
Cantici sacri e sacre melodie
lo fan schiavo, ne avvampano lo zelo,
ne fan volar, per inusate vie,
lo spirto, tra le nubi, su nel cielo.
Le delicate labbra egli apre intanto,
e dice a' genitori : " M' ascoltate ;
quando sono in età, voglio soltanto
fuggir dal mondo e voglio farmi frate. „
Fu scritto quindi in cielo, tutto in fe«ta,
del garzone il purissimo desio :
da lontano il Masis crolla la testa
dal lungo sonno desto, in atto pio :
e lacrime di gioia dalle scosse
bianche falde pioveano a mille a mille :
le ceneri de' padri, entro alle fosse,
s'agitavan nei campi e per le ville.
Ma dove volgi il piede, o giovinetto,
cosi veloce ? a quale estranio lido ?
(21) COSE ARMENE 589
e come fuggi dal paterno affetto,
pulcino tolto al tepido suo nido ?
Dice : " Pari a Griovanni il precursore
menar vo' i giorni dentro alla romita
sede : e gli angioli santi a tutte l' ore
mi serviran, mi nutriran, la vita.
E dove siete voi, angioli santi,
che al fanciullo non è cibo recato ?
Ye', la fame lo stringe e, a voi davanti,
attende in una grotta inginocchiato.
Ecco fa sera : il sole lento lento
dietro a' monti nel mar tuffa le ruote.
Non vedete del misero il tormento,
e rigargli le lagrime le gote ?
Deh torna, torna dalla tua mammina
che a braccia aperte attende e s'addolora :
deh torna, torna ; nella tua cucina
c'è caldo cibo e un cuore che t'adora.
Messaggeri ti cercano all' intorno :
torna con loro ; gli angeli son questi :
torna gli altri a nutrir la notte e '1 giorno,
che han fame e porgi lor cibi celesti.
(Finito di siampafi' il (jiorno 18 aprile 1900)
p]RRATA-CORRIGE
A pag. 93, linea 32, iiiMuogo^di praeterlabeìtiia leggasi subterlahentia
„ 37, „ „ praetéréà- „ pròspera-
ERRATA-CORRIGE
A pa<j. 322 s/ sostituiscano te lince 3" e 4'' con le frequenti :
loro ricerche tre nomi cari al Fòro ed all' Ateneo padovano, il
Senatore Coletti, che nel 1879 ne formò oggetto di elegante
PREZZO DELLA DISPENSA
Fogli 7 1/2 a cent. 25 L. 1.88
TiPoaRAPiA Caelo Feeeaei. 1900
3 2044 106 307 572
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