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Full text of "Atti del Reale Istituto veneto di scienze, lettere ed arti"

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ATTI 

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R  E  A  LE    ISTITUTO    V  E  N  E  T  0 

DI 

SCIENZE,    LETTERE   ED    ARTI 


TOMO  LIX 

(SEEIE    OTTAVA    -    TOMO    SECONDO) 


ATTI 


DEL 


REALE   ISTITUTO  VENETO 


DI 


SCIENZE,  LETTERE  ED  ARTI 


ANNO  ACCADEMICO  1899-9(M) 


T0]\[0  LIX 

(serie     ottava     -    TOMO     SECONDO) 

PARTE    PRIMA 


VENEZIA 

PRESSO    LA    SEGRETERIA    DEL    REALE    ISTITUTO 
PALAZZO    LOREDAN    A    SANTO    STEFANO 


JUN  12  1800 


ATTI 


DEL 


REALE  ISTITUTO  VENETO 


DI 


SCIENZE,  LETTERE  ED  ARTI 


ANNO  ACCADEMICO  1899-900 


ro]\ro  Lix 

(SEKIE     OTTAVA     -    TOMO     SE-C  ONDO  ) 

DISPENSA    PRIMA 


"VENEZIA 

PRESSO    LA    SEGRETERIA    DEL    REALE    ISTITUTO 
PALAZZO    LOREDAN    A    SANTO    STKFANO 


In  esecuzione  dell'art.  25  dello  Statuto  e  dell'art.  50 
del  Regolamento,  si  dichiara  che  dell'  opinione  dei  loro 
scritti  rispondono  gli  autori,  che  ne  conservano  la  pro- 
prietà letteraria. 


INDICE 


PAETE     l'I 

Elenco  cl(;i  Membri  e  Soci    del   R.  Istituto  Veneto    di   scienze, 

lettere  ed  arti pag.       1 

Adunanza  ordinaria  del  29  ottobre  1899 ,,4:5 

Bollettino  bibliografico.    Doni    ed    acquisti    dal  10  luglio   al  29 

ottobre  1899 „       [1] 

PAETE    II '^ 

A.  Sacerdoti,  s.  c.  —  Le  colleganze  nella  pratica    degli    affari 

e  nella  legislazione  veneta pag.      1 

E.  Castelnt:ov(),  s.  c,  —  Dell'  arte  secondo  un  grande    artista. 

Memoria „       47 

G.  CossETTixi.  —  Natura  del  pliiiuthion  e  contributo  alle  co- 
i  oseenze  sulla  fermentazione  senza  lierito.  Seconda 
comunicazione    .        . „       55 

L.  Collavo.  —  Su  alcune  incompatibilità  farmaceutiche  del- 
l' esalgina „       63 

E.  F.  Trois,  m.  e.^    -  Sullo    Scliedopliiln^    Botteri   dell' Ileckel. 

Nota „       65 

E.  Vebson,  s.  c.  —  Sullo  sehiudimento  impeifetto  tlel  seme  nelle 
razze  bianche  del  filugello,  con  particolare  riguardo 
alla  razza  Choréa.  Nota ,,67 


JU       .      .900 


Atti  del  Reale  Istituto  Veneto  di  scienze,  lettere  ed  aeti. 
Anno  accademico  1899-900  -  Tomo  LIX  -  Parte  prima. 


ELENCO  DEI  MEMBRI  E  SOCI 


R.    ISTITUTO  VENETO   DI  SCIENZE,    LETTERE  EU  ARTI 


ANNO   ACCADEMICO    1899-900 


PRESIDENTE 

Fedele  Lampeetico 
(R.  Decreto  IB  novembre  1898) 

VICEPRESIDENTE 

Achille  De  Giovanni 
(R.  Decreto  18  novembre  1898) 

SEGRETARIO 

Guglielmo  Beechet 
(R.  Decreto  20  gennaio  1898) 

vicesegretario 

Pieteo   Oassani 

(lì.  Decreto  Bl  marzo  1898J 

amministratore 

Eneico  Filippo  Teois 

(R.  Decreto  '2G  agosto  18-.'(;) 


ELENCO    DEI    MEMBEI    E    SOCI 


MEMBRI    EFFETTIVI    (•) 

(21  gennaio  1855  --  6  ottobre  18()4)  (-) 

Messedaglia  Angelo,  Senatore  del  Reg-no,  Cav.  dell'  Ordine  del 
merito  civile  di  8avoja,  Gr.  Uff.  ^,  Gr.  Croce  d§i,  socio  nazionale 
e  vicepresidente  della  R.  Accademia  dei  Lincei,  vicepresidente 
della  Commissione  censuaria  centrale  del  Catasto  del  Regno, 
professore  emerito  della  R.  Università  di  Padova,  ed  ora  pro- 
fessore ordinario  di  economia  politica,  incaricato  della  statistica 
nella  R.  Università  di  Roma,  presidente  della  Commissione 
di  statistica  giudiziaria,  membro  del  Consiglio  superiore  di 
statistica,  membro  del  Consiglio  del  Contenzioso  diplomatico, 
ecc. 

(C)  —  6  ottobre  1864  —  2  luglio  1890) 

Lampebtico  Fedele,  dottore  nelle  leggi,  Senatore  del  Regno, 
Cavaliere  dell'  Ordine  del  merito  civile  di  Havoja,  Gr.  Uff. 
dell'  Ordine  dei  Ss.  Maurizio  e  Lazzaro  e  dell'  Ordine  della 
Corona  d'  Italia  ;  membro  dell'  Istituto  Storico  Italiano,  socio 
nazionale  della  R.  Accademia  dei  Lincei,  socio  corrispondente 
dell'Accademia  della  Crusca,  ecc.,  socio  onorario  dell'  Istituto 
Statistico  Internazionale,  dottore  nelle  leggi,  //owor/.s-  ('<(ns(/,  del- 
l' Università  di  Dublino.  -  Vicenza.  (Corso  Principe  Umberto, 
2338). 

(22  novembre  1868  —  6  aprile  1872  —  16  dicembre  1883) 

LuzzATTi  Luigi,  Cav.  dell'  Ordine  del  merito  civile  di  Savoja,  Cav. 
Gr.  Croce  decorato  del  Gr.  Cordone  dell'  Ordine  della  Corona 
d'  Italia  e  dell'  Ordine  Mauriziano,  Gr.  Croce  decorato  del  Gr. 
Cordone  della  Le":ion  d'  Onore  e  Gr.  Uff.  dell'  Ordine  di  Leo- 


(1)  11  segno  ^  indica  1' Oidine  (b-i  8s.  JMaiiiiziu  e  Lazzaro;  il  se- 
gno ^  l'Ordine  della  Corona  d'Italia. 

(2)  La  prima  data  si  rifVirisce  alla  elezione  a  socio  corrispondente  ; 
la  seconda  al  Decreto  di  nomina  a  membro  (ifFetavo  ;  la  terza  a  quello 
del  conferimento  della  pensione  accademica. 

(3)  Nominato  direttamente  membro  effettivo. 


DEL    R.    ISTITUTO    VENETO  Ò 

poldo  del  Belgio,  Gr.  Croce  dell'  Ordine  di  Francesco  Giu- 
seppe d'Austria  e  dell'Aquila  Eossa  di  I"  classe  di  Prussia, 
C*omni.  dell'  (ardine  del  Cristo  di  Portogallo,  ecc.  ecc.  ;  già  due 
volte  Ministro  del  Tesoro,  e  Ministro  delle  Finanze  e  delle 
Poste,  deputato  al  Parlamento,  membro  della  P.  Accademia 
dei  Lincei,  membro  effettivo  dell'  Istituto  di  Francia  (Accade- 
mia delle  scienze  morali  e  politiche),  professore  di  diritto 
costituzionale  nella  R.  Università  di  Poma. 

(26  maggio  1872  —  13  (iiceiubro  1877  —  17  febbraio  1881) 

LoRENZoNi  Giuseppe,  ^,  Uff".  '^Y-^  socio  nazionale  della  R.  Acca- 
demia dei  Lincei,  socio  nazionale  della  Società  italiana  delle 
scienze  detta  dei  Quaranta,  socio  ordinario  della  R.  Accademia 
di  scienze,  lettere  ed  arti  in  Padova,  socio  corrispondente  della 
R.  Accademia  di  Torino,  socio  corrispondente  della  R.  Acca- 
demia di  scienze,  ed  arti  di  Modena,  membro  della  Société 
Imperiale  des  naturalistes  de  ^Moscou,  ecc.,  prof,  ordinario  di 
astronomia  e  direttore  dell'  Osservatorio  astronomico  nella  R. 
Università  di  Padova.  (Osservatorio  astronomico,  2366). 

(12  luglio  1874  —  11   iiprilc  1878  -  27  iigosto  1883) 

Teois  Enrico  Filippo,  ego,  membro  della  Commissione  provinciale 
di  viticoltura  ed  enologia,  socio  dell'Accademia  di  microscopia 
del  Belgio  e  dell'Ateneo  Yeneto,  conservatore  e  custode  delle 
raccolte  scientifiche  e  della  Esposizione  industriale  di  questo 
R.  Istituto.  -  Venezia.  (8an  Luca,  Rio  terrà  degli  Assassini, 
3702). 

(26  febbiaio  1871  —  7  luglio  1878  —  15  febbraio  1885) 

Bernardi  Enrico,  c§^,  socio  effettivo  della  R.  Accademia  di  scienze, 
lettere  ed  arti  di  Padova,  prof,  di  macchine  agricole,  idrauli- 
che e  termiche  ed  incaricato  dell'  insegnamento  della  mecca- 
nica applicata  nella  R.  Università  di  Padova.  (Agli  Eremitani, 
Via  8.  Bartolomeo,  3153). 

(2fi  diocnibrc  1869  —  7  luglio  1878  —  5  gennaio  181)0) 

Canestrini  Giovanni,  ^,  Comm.  c^,  membro  estero,  della  Società 
zoologica  di  Londra,  socio  corrispondente    della  Accademia  di 


4  ELENCO    DEI    MEMBKI    E    SOCI 

scienze  dell'  Istituto  di  Bologna,  membro  della  Commissione 
consultiva  per  la  pesca  e  di  quella  superiore  per  la  fillossera, 
delegato  governativo  per  la  ricerca  della  fillossera  nella  pro- 
vincia di  Padova,  prof,  di  /oologia,  anatomia  e  fisiologia  com- 
parate presso  la  R.  Università  di  Padova.  (Piazza  Forzate,  1506). 

(20  inag-gio  1878  —  17  febbi-aio  18S1  —  15  febbraio  1885) 

Beltrame  sac.  Ctiovanni,  ex  missionario  deirAfrica  centrale, 
Comm.  c^,  membro  d'  onore  della  Società  geografica  italiana, 
membro  dell'Accademia  d'  agricoltura,  arti  e  commercio  di 
Yerona,  prof,  emerito  di  storia  e  geografia  nella  E.  Scuola 
normale  femminile,  prof,  emerito  della  Scuola  normale  ma- 
schile provinciale  pareggiata,  nonché  ex  direttore  spirituale 
dell'  Orfanotrofio  femminile  in  Verona  e  superiore  dell'  Istituto 
Mazza.  (A  ia  Mazza,   16). 

CJ  febbraio  1879  —  2U  maggio  1881  —  21  maggio  1885) 

Favaro  nob.  Antonio,  ^ ,  Comm.  o^^ ,  Cav.  della  Legion  d'  onore. 
Uff.  della  pubblica  istruzione  di  Francia,  ecc.  Membro  eff'et- 
tivo  della  E.  Deputazione  veneta  sopra  gli  studi  di  storia  pa- 
tria e  di  quella  per  le  provincie  di  Eomagna,  socio  ordinario 
della  E.  Accademia  di  Padova,  onorario  dell'Ateneo  di  Ber- 
gamo, della  Società  Coppernicana  di  Thorn  e  della  Società  delle 
scienze  del  Messico,  socio  straniero  della  Società  Olandese 
delle  scienze  di  Haiiem,  corrispondente  di  parecchie  altre 
Accademie  italiane  ed  estere,  direttore  della  edizione  nazio- 
nale delle  Opere  di  Galileo  Galilei  sotto  gli  auspici  di  S.  M. 
il  Ee  d'  Italia;  prof,  ordinario  di  statica  grafica,  incaricato  di 
geometria  proiettiva,  già  di  analisi  infinitesimale,  e  libero  do- 
cente di  storia  delle  matematiche  nella  E.  Università  di 
Padova.  (Via  Zitelle,  3656). 

(1)  frbbraio  1879  —  29  maggio  1881  —  7  febbraio  1892) 

Saccaiìuo  dott.  PiERANDREA,  -^ ,  l^fF.  #,  membro  della  E.  Ac- 
cademia delle  scienze  di  Torino,  della  E.  Accademia  delle 
scienze  di  Bologna,  della  E.  Accademia  di  scienze,  lettere  ed 
arti  di  Padova,  dell'Accademia  Pontaniana  di  Napoli,  della 
Società    micologica  di  Francia,  della  Società    crittogamologica 


DEL    1{.    ISTITUTO    VENETO  O 

italiana,  dell'Ateneo  Veneto,  deirAccadeniia  dei  Concordi  di 
Rovigo,  dell'Ateneo  di  Treviso,  della  Società  del  Museo  in 
Rovereto,  della  Società  veneto-trentina  di  scienze  naturali  in 
Padova,  della  Società  botanica  italiana  in  Firenze,  della  Società 
Imperiale  dei  naturalisti  di  Mosca,  della  R.  Società  delle  scienze 
e  lettere  di  Goteborg  (Svezia),  della  R.  Società  botanica  del 
Belgio  residente  a  Bruxelles,  della  Società  Belga  di  microsco- 
pia in  Bruxelles,  della  Società  botanica  di  Lione,  della  Società 
botanica  di  Germania  residente  in  Berlino,  della  R.  Società 
botanica  di  Ratisbona,  della  Società  botanica  di  Francia  resi- 
dente in  Parigi,  della  Società  Slesiana  in  Breslavia,  della  I.  R. 
Società  zoologico-botanica  di  Vienna,  della  Società  delle  scienze 
naturali  di  Briinn,  dell'Accademia  delle  scienze  naturali  e  ma- 
tematiche di  Cherbourg,  dell'Accademia  delle  scienze  di  Ca- 
lifornia in  S.  Francisco,  della  Società  degli  studi  naturali 
"  Giuseppe  Ragazzoni  „  in  Brescia,  della  Società  italiana  di 
scienze  naturali  in  Milano,  della  Società  entomologica  di  Fi- 
renze, della  Società  bibliografica  italiana  in  Milano,  ecc.,  prof, 
ordinario  di  botanica  e  direttore  del  R.  Orto  botanico  presso 
la  R.  Università  di  Padova.  (Orto  botanico,  2C25). 

(9  febbraio  1879  —  27  agosto  1883  —  13  marzo  1892) 

Gloeia  Andeea,  Uff.  -^,  Comm.  c§o,  socio  ordinario  dell'Acca- 
demia di  Padova,  onorario  dell'Ateneo  di  Bergamo,  corrispon- 
dente di  altri  Atenei,  Accademie,  prof,  ordinario  di  paleografia 
nella  R.  Università,  direttore  emerito  del  Museo  civico  di 
Padova,  ecc.  (Via  S.  Eufemia,  2983). 

(10  aprile  1881  —  IH  (liceiiibrc  1883  —  13  marzo  1892) 

Marinelli  Giovanni,  Comm.  ^,  c^^,  membro  effettivo  della  R. 
Accademia  dei  Georgofili  di  Firenze,  Ufficiale  d' istruzione 
pubblica  di  Francia,  membro  onorario  della  Società  geogra- 
fica Olandese,  della  Société  de  Topographie  de  France,  del- 
l'Accademia degli  Agiati  di  Rovereto,  della  Deputazione  ve- 
neta di  storia  patria,  del'la  Società  alpina  delle  Giulie,  del- 
l'Accademia  scientifica  e  letteraria  di  Udine  e  di  quella  di 
Padova,  membro  corrispondente  e  consigliere  della  Società 
geografica  italiana,  della  Società  geografica  di  Berlino,  di 
quella  di  ^Monaco,  della  R.  Accademia  delle   scienze  di  Torino 


b  ELENCO    DEI    MEMBRI    E    SOCI 

e  deir Ateneo  Yeneto,  presidente  della  Società  di  studi  oleo- 
grafici e  coloniali  in  Firenze  e  della  Società  alpina  friulana, 
vice-presidente  della  Società  antropologica  italiana,  membro 
della  Commissione  Internazionale  dei  Ghiacciai,  del  Consiglio 
direttivo  dell'Associazione  meteorologica  italiana,  ecc.,  ex  de- 
putato al  Parlamento  Nazionale,  prof,  di  geografia  nel  K. 
Istituto  di  studi  superiori  e  di  perfezionamento  e  nel  E.  Isti- 
tuto di  scienze  sociali  in  Firenze.  (Piazza  d'Azeglio,   12   his). 

(14  maggio  1881  —  15  fclibiaio  1885  —  29  giugno  1893) 
De  Giovanni  prof.  Achille,  llff.  •^,  Comm.  c§:,  Gr.  Croce  della 
Rosa  del  Brasile,  Gr.  Cordone  del  ^legidjè,  socio  di  varie  Ac- 
cademie nazionali  ed  estere,  prof,  e  direttore  dell'  Istituto  di 
clinica  medica  generale  della  R.  Università  di  Padova.  (Via 
della  Gatta,  979). 

{2(}  (liccinbrc  1869  —  21  maggio  1885  —  -4  gennaio  1894) 

Omboni  Giovanni,  Comm.  c^--,  socio  effettivo  delle  Società  geolo- 
giche d'  Italia,  di  Francia  e  del  Belgio,  della  Società  Italiana 
di  scienze  naturali,  della  Società  toscana  di  scienze  naturali, 
della  Società  antropologica  italiana,  ecc.,  socio  corrispondente 
dell'  I.  R.  Istituto  geologico  austriaco,  delle  Accademie  delle 
scienze  di  Bologna  e  Palermo,  della  Società  dei  Naturalisti 
di  Mosca,  ecc.,  prof,  di  geologia  nella  R.  Università  di  Padova. 
(Via  Torresino,  2334  A). 

(8  luglio  1880  —  3  dicembre  1885  —  4  gennaio  1894") 

Bellati  conte  dott.  Manfredo,  d^,  socio  eff'ettivo  e  segretario  per 
le  scienze  della  R.  Accademia  di  scienze,  lettere  ed  arti  in 
Padova,  prof,  di  fisica  tecnica  e  direttore  della  R.  Scuola  di 
applicazione  per  gì'  Ingegneri  nella  R.  Università  di  Padova. 
(Via  Piazza  del  Santo,  2f)13). 

(28  maggio  1862  —  17  ?iiaggio  1H88  —  (i  fehhraio   1896) 

Keller  dott.  Antonio,  Uff".  -^,  c§i,  socio  dell'Accademia  di  Pa- 
dova, socio  onorario  delle  RR.  Accademie  di  agricoltura  di 
Torino  e  Verona,  dell'Accademia  di  veterinaria  di  Torino,  del- 
l'Ateneo Veneto,  della    Società  di  acclimatazione  di  Palermo, 


DEL    R.    ISTITUTO    VENETO  7 

di  quella  cV  incorao-giamento  in  Padova,  dell'Accademia  Olim- 
pica di  Vicenza  e  dei  Concordi  di  Rovigo,  della  Società  agraria 
di  Reggio  neir  Emilia,  del  Comizio  agrario  di  Torino,  socio 
corrispondente  delle  IL  RR.  Società  agrarie  di  Vienna  e  di 
Grratz,  ecc.,  prof,  di  agraria  e  stima  dei  poderi  nella  R.  Uni- 
versità di  Padova.  (Corso  A'ittorio  Emanuele,  2123). 

(20  maggio  1883  —  18  agosto  1888  —  14  febbraio  1897Ì 

BoNATELLi  Feancesco,  Cav.  deir  Ordine  del  merito  civile  di  Savoja, 
-5J*,  Uff.  c§i,  socio  nazionale  della  R.  Accademia  dei  Lincei, 
socio  effettivo  della  Società  R.  di  Napoli,  dell'Accademia  di 
scienze,  lettere  ed  arti  di  Padova,  socio  corrispondente  del- 
l'Accademia Reale  delle  scienze  di  Torino,  dell'Ateneo  veneto, 
effettivo  dell'Ateneo  di  Brescia  e  dell'Accademia  Urbinate, 
prof,  di  filosofìa  teoretica  nella  R.  Università  di  Padova.  (Ri- 
viera S.  Benedetto,  5095). 

(10  aprile  18 Si  —  .5  gennaio  181)0  —  20  maggio  181)7) 

Spiga  Pietro,  dottore  nelle  scienze  fisico-chimiche  ed  in  chimica 
e  farmacia,  r.§:,  socio  effettivo  e  presidente  della  R.  Accade- 
mia di  scienze,  lettere  ed  arti  di  Padova,  membro  della  So- 
cietà chimica  di  Berlino  e  della  Società  di  scienze  naturali 
ed  economiche  di  l*alermo,  presidente  onorario  dell'Associa- 
zione farmaceutica  universitaria  di  Padova  e  della  Federa- 
zione fra  le  Associazioni  farmaceutiche  universitarie  italiane, 
socio  onorario  delle  Associazioni  chimico-farmaceutiche  Llmbra 
e  Pavese,  membro  della  R.  Commissione  per  1'  accertamento 
dei  reati  di  veneficio,  prof,  ordinario  di  chimica  farmaceutica 
e  tossicologica,  docente  in  chimica  bromatologica  e  direttore 
della  Scuola  di  farmacia  nella  R.  l'niversità  di  Padova.  (Via 
Ospitale  Civile,  Istituto  chimico-farmaceutico). 

(8  luglio  1880  —  2  luglio  181J0  —  20  maggio  1897) 

Berchet  Guglielmo,  dottore  nelle  leggi,  Comm.  cgi,  Comm.  -r^, 
Cav.  del  S.  M.  O.  di  Malta,  Cav,  della  Legion  d'  onore  di 
Francia,  Comm.  dell'  Ordine  di  Francesco  Giuseppe  e  del- 
l' Ordine  imperiale  giapponese  del  sole  levante,  Cav.  del  Leone 
e  Sole  di  Persia,  decorato  della  grande  medaglia  d'  oro  di  L» 


e  ELENCO    DEI    MEMBRI    E    SOCI 

classe  per  le  scienze  e  lettere  da  8.  M.  l' Imperatore  di  Ger- 
mania, socio  degli  Atenei  di  Venezia,  Milano,  Treviso  e  Bas- 
sano,  delle  Accademie  di  Modena  e  di  Rovigo  e  della  Società 
ligure  di  storia  patria,  membro  dell'  Istituto  storico  di  Francia 
ed  onorario  delle  Società  geografiche  di  Vienna  e  Tokio,  mem- 
bro effettivo  del  Consiglio  superiore  degli  Archivi,  corrispon- 
dente della  Consulta  araldica,  membro  della  Commissione  reale 
per  la  pubblicazione  dei  documenti  finanziari  della  Repubblica 
veneta.  Presidente  della  R.  Deputazione  A'eneta  di  Storia  patria, 
Presidente  dell'  Ospizio  Marino  Veneto,  e  Presidente  della 
Commissione  araldica  per  le  provincie  venete.  -  Venezia.  (S. 
Maria  Formosa,  Calle  del  Dose). 

(17  novcnibre  1889  —  20  luglio  18U1  —  9  dicembre  1897) 
(Socio  corrispondente  dell'  Islilulo  Lombaido  (4  febb.  1869)  ) 

Teza  Emilio,  Comm.  r§:,  dottore  honoris  raum  dell'  Università 
di  Pest,  socio  nazionale  dell'Accademia  dei  Lincei,  socio  effet- 
tivo della  R.  Accademia  di  Padova,  socio  onorario  del  Panuissos 
di  Atene,  socio  corrispondente  dell'Accademia  della  Crusca, 
della  Società  Geografica  di  Roma,  dell'Ateneo  Veneto,  del- 
l'Accademia Reale  di  Berlino,  dell'Accademia  Reale  di  Pest, 
dell'Accademia  di  Storia  a  Madrid,  della  Società  Letteraria  di 
Finlandia,  della  Società  Finno-Ugrica  di  Helsingfors,  dell'  isti- 
tuto Reale  dell'  India  Olandese,  delle  Società  Orientali  d' Italia 
e  di  Germania,  delle  Società  di  Storia  patria  a  Bologna  e  a 
Roma,  prof,  di  sànscrito  e  di  grammatica  comparata  delle  lin- 
gue classiche  nella  R.  Università  di  Padova.  (Via  Zattere,  639). 

(9  febbraio  1879  —  7  febbraio  1892  —  9  febbraio  1899) 

MoESOLiN  sac.  Beenardo,  ^,  socio  dell'Accademia  Olimpica  di 
Vicenza,  della  R.  Accademia  di  Padova  e  degli  Atenei  di  Vene- 
zia e  di  Passano,  membro  effettivo  della  R.  Deputazione  di 
storia  patria  per  le  provincie  venete,  Preside  del  R.  Liceo 
Pigafetta.  -  Vicenza.  (Via  Canove,  presso  il  Teatro  Olimpico, 
959). 

(22  noveiii1)ro  18(58  —  13  marzo  1892) 

LioY  nob.  Paolo,  Comm.  c§-.,  Uff.  ^,  ex  deputato  al  Parlamento, 
membro  del  Consiglio  superiore  dell'  istruzione  pubblica.  -  Vi- 
cenza. (S.  Michele,  1995). 


DEL    R.    ISTITUTO    VENETO  d 

(23  marzo  1884  —  13  marzo  1892) 

Maetini  Tito,  c^,  membro  effettivo  dell'Ateneo  di  A^enezia  e 
della  Società  veneto-trentina  di  scienze  naturali  residente  in 
Padova,  socio  corrispondente  della  R.  Accademia  dei  George- 
fili  e  della  Colombaria  di  Firenze,  prof,  ordinario  di  matema- 
tiche nella  R.  Scuola  superiore  di  commercio  e  prof,  titolare 
di  fisica  e  chimica  nel  U.  Liceo  Marco  Foscarini  di  Venezia. 
(S.  Felice,  calle  Pali,  3842). 

(23  marzo  1884  —  31  marzo  1892) 

Tamassia  dott.  Arrigo,  '§:,  prof,  ordinario  di  medicina  legale 
sperimentale  nella  R.  Università  di  Padova.  (Via  S.  Pro- 
sdocimo,  5041). 

(23  marzo  1884  —  4  dioombre  1892) 

Veronese  Giuseppe,  c§:,  socio  nazionale  dell'Accademia  Reale 
dei  Lincei,  membro  della  Società  Italiana  delle  scienze  (detta 
dei  XL),  socio  ordinario  della  R.  Accademia  di  Padova,  non- 
ché dell'Ateneo  veneto,  deputato  al  Parlamento  Nazionale, 
prof,  di  geometria  analitica  e  incaricato  di  geometria  superiore 
presso  la  R.  Liniversità  di  Padova.  (Via  dell'Agnello,  3791). 

(23  marzo  1885  —  fi  agosto  1893) 

Papadopoli  conte  Nicolò,  Senatore  del  Regno,  Comm.  -^,  Gr. 
LTfP.  :>5?^,  Ufficiale  onorario  di  cavalleria,  presidente  della  Società 
numismatica  italiana,  membro  onorario  della  R.  Società  nu- 
mismatica di  Bruxelles,  Accademico  di  merito  residente  della 
R.  Accademia  di  belle  arti,  socio  residente  dell'Ateneo  veneto, 
presidente  del  Consiglio  direttivo  della  Scuola  superiore  di 
commercio  in  Venezia,  presidente  del  Consiglio  direttivo  della 
Scuola  d'  arte  applicata  alle  industrie  in  Venezia.  (S.  Apolli- 
nare, 1364). 

(10  aprilo  1881  —  3  febbraio  1895) 

Schio  (da)  Almerico,  presidente  dell'Accademia  Olimpica  di 
Vicenza  e  direttore  dell'  l'fficio  meteorologico.  (Corso  Principe 
Umberto,  873). 


10  ELENCO    BEI    MEMBRI    E    SOCI 

(24:  maggio  1885  —  3  agosto  1805) 

Cassani  Pietro,  dottore  in  matematica,  d|:,  socio  deo^li  Atenei  di 
Venezia  e  Treviso,  dell'Accademia  dei  Concordi  di  Rovigo, 
dell'Accademia  di  Bovolenta  e  socio  non  residente  del  Circolo 
matematico  di  Palermo,  prof,  di  matematica  nel  R.  Istitnto 
tecnico  Paolo  Sarpi  in  A^enezia.  (S.  Martino^  Campo  della  Tana, 
2160). 

(U  aprilo  1889  —  2  febbraio  1896) 

MoLMENTi  Pompeo,  deputato  al  Parlamento  Nazionale,  presidente 
della  R.  Accademia  di  belle  arti  di  Venezia.  (8.  Toma,  2811). 

(22  giugno  1890  —  23  febbraio  1896) 

Bassini  dott.  Eboarbo,  Uff.  -ìfr,  prof,  ordinario  di  clinica  e  me- 
dicina operativa  nella  R.  Università  di  Padova.  (Via  S.  Mas- 
simo, 3002). 

(24  aprilo  1892  —  8  aprib"  1897) 

Stefani  Aristibe,  c§3,  membro  onorario  dell'Accademia  medico- 
chirurgica di  Ferrara^  socio  effettivo  dell'Accademia  di  scienze, 
lettere  ed  arti  di  Padova,  socio  corrispondente  della  Società 
medico-chirurgica  di  Bologna  e  delle  Accademie  Virgiliana  di 
Mantova  e  medica  di  Perugia,  membro  onorario  dell'Accade- 
mia Olimpica  di  Vicenza,  prof,  ordinario  di  fisiologia  presso 
la  R.  Università  di  Padova.  (Via  S.  Maria  Iconia,  3046). 

(14  aprile  1889  —  8  aprile  1897) 

Fogazzaro  dott.  Antonio,  Senatore  del  Regno,  ^,  Comm.  c§3.  - 
Vicenza.  (Ai  Carmini,  132). 

(16  giugno  1889  —  4  luglio  1897) 

Ferraris  Carlo  Francesco,  Comm.  -^,  Connn.  ^,  Comm.  del- 
l' Ordine  della  Stella  polare  di  Svezia,  ex  deputato  al  Parla- 
mento Nazionale,  socio  nazionale  della  R.  Accademia  dei  Lincei, 
socio  effettivo  della  R.  Accademia  di  scienze,  lettere  ed  arti 
di  Padova,  membro  del  Consiglio  superiore  della  pubblica 
istruzione  e  della  Giunta  dello  stesso,   del  Consiglio  superiore 


DEL    R.    ISTITUTO    VENETO  11 

di  Statistica  e  del  Consiglio  della  Previdenza,  membro  onora- 
rio della  Società  Svizzera  di  Statistica  e  della  Reale  Società 
Inglese  di  Statistica,  prof,  ordinario  di  Scienza  dell'Ammini- 
strazione e  Diritto  amministrativo  e  incaricato  di  Statistica 
nella  R.  Università  di  Padova.  (Yia  S.  Luca,   1653). 

(24:  aprilo  1892  —  4  luglio  1897) 

De  Toni  Ctiovanni  Battista,  dottore  in  scienze  naturali  ed  in 
chimica,  laureato  dell'  Istituto  (Accademia  delle  scienze)  di 
Parigi,  già  prof,  di  Botanica  e  direttore  del  R.  Orto  botanico 
dell'  Università  di  Parma,  membro  onorario  della  Società  Reale 
di  Microscopia  di  Londra  e  della  Società  Linneana  della  Nuova 
Galles  del  Sud  in  Sydney,  membro  effettivo  della  Società 
Imperiale  dei  naturalisti  in  Mosca,  socio  perpetuo  effettivo 
della  Società  botanica  italiana  in  Firenze,  della  Società  vene- 
to-trentina di  scienze  naturali  in  Padova,  della  Società  bota- 
nica tedesca  in  Berlino,  della  Società  francese  di  botanica  di 
Courrensan,  socio  corrispondente  della  Accademia  Reale  delle 
scienze  in  Lisbona,  dell'I.  R.  Accademia  degli  Agiati  in  Ro- 
vereto, della  Società  dei  naturalisti  russi  in  Kiew  della  So- 
cietà danese  di  botanica  in  Copenhagen,  della  Società  bota- 
nica di  Lione,  dell'Accademia  Romana  dei  Nuovi  Lincei,  della 
Società  del  Museo  civico  di  Rovereto,  della  Società  italiana 
dei  chimici  analisti  di  Pavia,  della  Società  di  scienze  mediche 
e  naturali  in  Griessen,  della  Società  di  scienze  matematiche  e 
naturali  in  Cherbourg,  delegato  dal  R.  Ministero  delle  Finanze 
per  lo  studio  delle  malattie  crittogamiche  dei  tabacchi,  mem- 
bro della  Commissione  internazionale  di  fitopatologia,  libero 
insegnante  di  botanica  generale  presso  la  R.  Università  di 
Padova.  (Isola  S.  Giacomo,  4539). 

(24  maggio  1885  -    9  dicembre  1897) 

OcciONi-BoNAEFONS  GIUSEPPE,  dottorc  in  filosofia,  ^,  d§:,  socio 
onorario  dell'Accademia  di  LTdine  e  della  Minerva  di  Trieste, 
socio  residente  e  vicepresidente  per  le  lettere  dell'Ateneo  veneto, 
membro  effettivo  e  segretario  della  R.  Deputazione  veneta  di 
storia  patria,  socio  corrispondente  dell'Accademia  dei  Concordi 
di  Rovigo  e  della  Colombaria  di  Firenze,  membro  della  Com- 
missione Reale  per    la   pubblicazione  dei  documenti  finanziari 


12  ELENCO    1>EI    MEMBRI    E    SOCI 

della  Kepublica  veneta,  condirettore  dei  periodici  Nuoro  Arcìù- 
fìo  Veneto  e  Ateneo  Veneto,  prof,  titolare  di  storia  e  geogra- 
fia e  bibliotecario  presso  il  R.  Liceo  Marco  Polo  di  Venezia. 
(Campo  S.  Maria  del  Gio-lio,  2494). 

(21   marzo   l<SS(i  —  \)  dieeiiibrc  1S<)7) 

Galanti  prof.  Ferdinando,  Uff.  -^ ,  Comm.  c(^,  socio  corrispon- 
dente deg-li  Atenei  di  Venezia  e  di  Treviso,  delle  Accademie 
di  Padova,  Urbino  e  Rovigo,  socio  d'  onore  del  R.  Istituto  di 
belle  arti  di  Venezia,  della  Società  di  geografia  di  Lisbona, 
preside  del  R.  Ginnasio  Liceo  Tito  Livio  e  libero  docente 
della  R.  Università  di  Padova.  (Via  del  Santo,  3905). 

(Ki  giugno  18H9  —  20  f(4)l)i-iiio  189H) 

Gradenigo  conte  dott.  Pietro,  d§^,  socio  di  varie  Accademie,  prof, 
ordinario  di  oftalmojatria  e  di  clinica  oculistica  presso  la  R. 
Università  di  Padova.  (A"ia  S.  Francesco,  4002). 

(23  aprile  1H93     -    li)  maggio  189H) 

Ragnisco  Pietro,  -tJ*,  Uff.  t^,  già  prof,  ordinario  di  storia  della 
filosofia  nella  R.  LTniversità  di  Palermo,  socio  effettivo  dell'Ac- 
cademia di  Padova,  prof,  ordinario  di  etica  ed  incaricato  della 
pedagogia  nella  Università  di  Padova.  (Via  Selciato  del  Santo, 
4318). 

(24  aprile  1892  —  18  gennaio  1899) 

Ricci  Gregorio,  socio  corrispondente  della  R.  Accademia  dei  Lin- 
cei, prof,  di  algebra  complementare,  incaricato  di  fisica  mate- 
matica e  docente  di  geometria  differenziale  nella  R.  Università 
di  Padova.  (Piazza  Vittorio  Emanuele  II,  2839). 

(23  aprile  1893  --  9  api'ilo   1899) 

Nasini  nob.  Raffaello,  c§:,  •^,  socio  corrispondente  nazionale 
della  R.  Accademia  dei  Lincei,  socio  corrispondente  della  R. 
Accademia  delle  scienze  di  Padova,  membro  corrispondente 
della  Associazione  Britannica  pel  progresso  delle  scienze,  mem- 
bro onorario  della  Royal  Institution  della  Gran  Britannia,  prof. 


DEL    il.    ISTITUTO    VENETO 


13 


ordinario  di  chimica  generale  e  docente  di  chimica  fisica  nella 
K.  Università  di  Padova.  (Yia  Portici  Alti,  Istituto  di  Chimica 
generale). 


"  1  membri  effettivi  del  R.  Istituto  Lombardo  di  scienze  e  lettere 
sono  di  diritto  aggregati  all'  Istituto  Veneto,  e  nelle  adunanze  sono 
pareggiati  ai  membri  effettivi  di  questo,  escluso  soltanto  il  diritto 
di  voto.,,  (Art.  120  del  llt'gulaiiieiito  inti'rno). 


ATTUALI  MEMBRI  EFFETTIVI  DELL'ISTITUTO  LOMBARDO 


Por  la  Classe  di  scienze  inateinaticlie  e  naturali 


SCHIAPAEELLI    iug.    GIOVANNI 

Man TEG AZZA  prof.  Paolo 
Cremona  prof.  Luioi 
Colombo  prof.  Giuseppe 
Feeeini  prof.  Rinaldo 
Celoria  prof.   Giovanni 
Beltrami  prof.  Eugenio 
Maggi  prof.  Leopoldo 
Taeamelli  prof.  Torquato 
KoENEE  prof.  Guglielmo 
Golgi  prof.  Camillo 


Aedissone  prof.  Feancesco 
Pavesi  prof.  Pieteo 
Baedelli  prof.  Giuseppe 
Gabba  prof.  Luigi 
Oehl  prof.  Eugenio 
Jung  prof.  Giuseppe 
Beiosi  prof.  Giovanni 
Scaeenzio  prof.  Angelo 
Mueani  prof.  Oeeste 
AscHiEBi  prof.  Feedinando 
Zo.TA  prof.  Giovanni 


Per  la  Classe?  di  lettere,  scienze  morali  e  storiche 


Ceriani  mons.  dott.  Antonio 
Ascoli  prof.  Geaziadio 
Steambio  prof.  Gaetano 
Lattes  prof.  Elia 
Ceeuti  ab.  dott.  Antonio 
PiOLA  nob.  Giuseppe 
Cantoni  prof.  Caelo 
Massaeani  dott.  Tullo 
ViDARi  prof.  Ercole 


YiGNOLi  prof.  Tito 
Inama  prof.  Vigilio 
Del  Giudice  prof.  Pasquale 
Gobbi  prof.  Ulisse 
Negri  dott.  Gaetano 
Ferrini  prof.  Contardo 
Calvi  nob.  dott.  Felice 
SiMONCELLi  prof.  Francesco 


14  ELENCO    DEI    MEMBEI    E    SOCI 


MEMBRO    ONORARIO 

(2H  tVblirnio  IH'JH) 

Alishan  Padre  Leonzio  Marciar,  Cav.  di  3"  grado  di  "  Médji- 
dié  „  di  4"  g-rado  di  ''  (  )siuaiiié  „ ,  socio  onorario  della  So- 
cietà Asiatica  italiana,  delle  Società  archeolof^iche  Imperiali 
di  Mosca  e  di  Pietrobnrg-o,  nfficiale  dell'  "  Acadéniie  des 
Sciences  et  lettres  „  di  Parigi,  dottore  onorario  della  Facoltà 
di  Filosofia  dell'  Università  di  Jena,  Vicario  Generale  della 
Cono-re<razione  Mechitarista  di   S.   Lazzaro.   -  Venezia. 


SOCI  CORRISPONDENTI  DELLE  PROVINCIE  VENETE 

(Ki  aprile   l<S!)t)) 

Ferrara  Francesco,  già  professore  di  economia  politica  e  Mini- 
stro delle  finanze,  Senatore  del  Regno,  Cavaliere  dell'Ordine 
del  merito  civile  di  Savoja,  Cr.  Croce  ^,  Comni.  aga,  socio 
nazionale  della  R.  Accademia  dei  Lincei,  Uff.  della  Rosa  del 
Brasile,  direttore  della  R.  Scnola  superiore  di  connnercio  in 
Venezia,  ecc.  (S.  Polo,  palazzo  Tiepolo). 

(26  febbraio  1871) 

Caccianiga  Antonio,  ^,  Comm.  ^i^' ,  cittadino  onorario  della 
città  di  Torino,  socio  onorario  della  R.  Deputazione  veneta  di 
Storia  patria,  socio  degli  Atenei  di  Venezia  e  Treviso  e  della 
R.  Accademia  di  scienze  e  lettere  in  Padova.  -  Treviso.  (Villa 
Saltore). 

(12  luglio  1874) 

PoLiTEO  dott.  Giorgio,  Uff.  ^,  professore  emerito  di  filosofia  nel 
R.  Liceo  Marco  Foscarini  in  A^enezia.  (Ss.  Apostoli,  fonda- 
menta dei  Sartori,  4805). 


BEL    R.    ISTITT'I'O    X'KNRTO  IT) 

(14  aprile  18811) 

Carpenè  prof.  Antonio,  Uff.  D§a,  dottore  in  chimica,  socio  ono- 
rario della  Società  promotrice  della  popolare  istruzione  di 
Govone,  del  Comizio  agrario  di  Treviso,  di  Acireale  e  della 
Società  agraria  di  Reggio  d'  Emilia,  membro  onorario  della 
Società  di  scienze  mediche  in  Conegliano,  socio  effettivo  della 
Società  veneto-trentina  di  scienze  naturali  e  corrispondente 
della  R.  Società  economica  del  Principato  Citeriore  in  Salerno, 
ecc.  -  Conegliano. 

(22  giugno  1890) 
Cipolla  Francesco.  -  Verona.  (Yia  Stella,  21). 

(24  aprile  1892) 

NicoLis  Enrico,  Uff.  opc,  ■^,  membro  effettivo  dell'Accademia 
d'Agricoltura  e  scienze  e  della  Commissione  provinciale  di 
Statistica  di  Yerona,  corrispondente  della  R.  Accademia  di 
scienze,  lettere  ed  arti  di  Padova,  della  Accademia  di  scienze 
di  New  York,  dell'  I.  R.  Istituto  geologico  di  Yienna,  del 
Museo  cittadino  e  dell'  I.  R.  Accademia  degli  Agiati  di  Rove- 
reto ecc.  Conservatore  del  3Iiiseo  civico  e  di  quello  dell'Ac- 
cademia di  Yerona,  ecc.  (Corte  Quaranta). 

(29  (lioembrc  1895) 

Polacco  avv.  Yittorio,  c^,  socio  effettivo  della  R.  Accademia  di 
scienze,  lettere  ed  arti  di  Padova,  membro  della  "  Interna- 
tionale Yereinigung  fiir  vergleichende  Rechtswissenschaft,  und 
Yolkswirtschaftslehre  „  di  Berlino,  prof,  ordinario  di  Diritto 
civile  nella  R.  Università  di  Padova.  (Yia  del  Pero,   197). 

(29  dicembi-e  1895) 

Brugi  Biagio,  c§:,  socio  effettivo  della  R.  Accademia  di  scienze, 
lettere  ed  arti  di  Padova,  socio  onorario  dell'Accademia  Gioenia 
di  Catania,  socio  dell'Accademia  Raffaello  di  Urbino,  prof,  or- 
dinario di  Istituzioni  di  diritto  romano  e  incaricato  di  Intro- 
duzione alle  scienze  giuridiche  e  Istituzioni  di  diritto  civile 
nella  R.  Università  di  Padova.  (Yia  Scalzi,  4892   C). 


i6  ELENCO    DEI    MEMBEI    E    SOCI 

(29  dicembre  181)5) 

Yeeson  Enrico,  Uff.  pgn,  membro  corrispondente  della  R.  Acca- 
demia di  scienze,  lettere  od  arti  di  Padova,  della  Imperiale 
Società  Agraria  di  Odessa,  della  R.  Accademia  di  ag-ricoltura 
di  Torino,  dell'  I.  R.  Società  ag-raria  di  (xorizia,  della  Società 
agraria  Istriana,  membro  effettivo  della  Imperiale  Società  di 
acclimatazione  della  Rnssia,  membro  titolare  della  Società  Im- 
periale di  economia  rurale  di  Mosca,  presidente  onorario  del 
Museo  Nazionale  di  sericoltura  di  Torino,  socio  onorario  del- 
l'Accademia di  Pesaro,  della  Imperiale  Società  agraria  di  Tifiis, 
della  Società  agraria  di  Rovereto,  del  Comizio  agrario  di  Cuneo, 
direttore  della  R.  Stazione  bacologica  di  Padova.  . 

(29  dicembre  1895) 

Pascolato  avv.  Alessandro,  Deputato  al  Parlamento  Nazionale, 
Gr.  Uff.  c§"'7  Comm.  ^,  Cav.  della  Legion  d'Onore,  Ufficiale 
di  Accademia  e  Ufficiale  dell'  Istruzione  pubblica  di  Francia, 
presidente  dell'  Ateneo  di  Venezia,  socio  dell'  Accademia  dei 
Concordi  di  Rovigo  e  dell'Accademia  di  Udine,  ff.  di  direttore 
della  R.  Scuola  superiore  di  commercio  in  Venezia,  presidente 
della  (xiunta  di  vigilanza  del  R.  Istituto  tecnico  e  nautico  Paolo 
Sarpi  di  Venezia. 

(29  (liceinl)rc   1895) 

Levi-Catellani  Enrico,  '^p,  membro  dell'Istituto  di  Diritto  In- 
ternazionale, socio  corrispondente  della  R.  Accademia  di  scienze, 
lettere  ed  arti  di  Padova,  socio  della  R.  Accademia  Peloritana 
di  Messina,  memliro  dell'Associazione  per  la  riforma  e  la  co- 
dificazione del  Diritto  delle  genti  sedente  a  Londra,  prof,  or- 
dinario di  Diritto  internazionale  presso  la  R.  Università  di  Pa- 
dova. (Via  Spirito  Santo,   1806). 

(29  dicembre  189.5) 

Crescini  Vincenzo,  c^^^  socio  effettivo  della  R.  Accademia  di 
scienze,  lettere  ed  arti  di  Padova,  membro  del  Félibrige  latin 
(Montpellier),  prof,  ordinario  di  Storia  comparata  delle  lettera- 
ture e  delle  lingue  neo-latine  nella  R.  Università  di  Padova. 
(Via  Sant'Apollonia,  433). 


DEL    R.    ISTITUTO    VENETO  17 

(29  dicembre  1895) 

^fASSALONGo  doti.  KoBERTo,  d^'s  iiumii1)vo  della  Socióté  anatoniiqiie 
di  Parigi,  della  Sociótó  de  thérapeutique  di  Parigi,  della  So- 
ciété  médico-psycologique  di  Parigi,  della  Société  Franeaise 
d'hygiène,  della  Société  zoologi(|iie  de  France,  della  Société 
Royale  des  Sciences  inédicales  et  naturelles  de  Bruxelles,  del- 
l'Academia  de  medicina  y  chirurgia  de  Barcellona,  della  So- 
ciété de  médecine  di  Parigi,  della  Società  dei  nevrologi  ed  alie- 
nisti tedeschi,  della  Società  Reale  Italiana  d'igiene,  dell'  Ac- 
cademia medico-chirurgica  di  Napoli,  membro  onorario  del- 
l'Academia  di  medicina  di  Ferrara,  deirAccademia  medica  di 
Grenova,  della  R.  Accademia  medica  di  Roma,  della  Società 
medico-fisica  Fiorentina,  della  R.  Accademia  di  medicina  di 
Torino,  prof,  pareggiato  di  medicina  interna  nella  R.  Univer- 
sità di  Padova,  direttore  e  medico  primario  dell'Ospitale  Mag- 
giore di  Verona. 

(29  (licoinbr(>  1895) 

Vicentini  dott.  Giuseppe,  socio  effettivo  della  R.  Accademia  di 
scienze,  lettere  ed  arti  di  Padova,  socio  corrispondente  della  R. 
Accademia  dei  Fisiocricici  di  Siena  e  dell'Ateneo  Veneto,  prof, 
ordinario  di  fisica  sperimentale  nella  R.  I^niversità  di  Padova. 
(Istituto  Fisico). 

(2i>  ^-ennaio  189()) 

Berchet  Federico,  ■^,  ^l.  e.  '48-'49,  Cav.  di  1=^  classe  dell'Ordine 
Norvegese  di  S.  Olaf,  ingegnere  architetto,  accademico  di  me- 
rito residente  nell'Accademia  di  Belle  Arti  in  Venezia,  socio 
dell'Accademia  ligustica  di  Belle  Arti,  dei  Georgofili  di  Fi- 
renze, dell'  Ateneo  A^eneto,  della  R.  Deputazione  Veneta  di 
storia  patria,  corrispondente  delUxlssociazione  artistica  e  d'ar- 
chitettura di  Roma,  direttore  dell'Ufficio  regionale  pei  Monu- 
menti del  Veneto.  -  Venezia.  (Fondamenta  dell'Arsenale,  2169). 

(25  )jini'zo  1897) 

CiscATO  Giuseppe,  socio  corrispondente  della  R.  Accademia  di  Pa- 
dova, astronomo  aggiunto  nell'Osservatorio  di  Padova,  docente 
libero  di  Geodesia  all'Università,  direttore  della  Stazione  Astro- 
nomica Internazionale  di  Carloforte.  -  Padova. 


ELENCO    DEI    MEMBEI    E    SOCI 


(25  marzo  18971 


BoEDiGA  Giovanni,  libero  docente  di  geometria  proiettiva  e  g-eo- 
metria  descrittiva  nella  E.  TTniversità  di  Padova,  prof,  titolare 
di  matematiche  nel  R.  Istituto  Tecnico  Paolo  Sarpi  in  Venezia. 

(25  Marzo  18S)7) 

Landucci  avv.  Landò,  -^ ,  c§:,  socio  effettivo  della  R.  Accademia 
di  scienze,  lettere  ed  arti  di  Padova,  socio  corrispondente  della 
R.  Accademia  Petrarca  di  scienze,  lettere  od  arti  di  Arezzo, 
della  R.  Accademia  Raffaello  d'  Urbino,  della  R.  Accademia 
di  scienze,  lettere  ed  arti  della  Yaltiberina  in  Sansepolcro  e 
della  R.  Accademia  di  scienze  e  lettere  Peloritana  di  Messina, 
socio  della  ''International  Yereiniffuno-  fiii*  vero-leichende  Rechs- 
wissenschaft  und  A'olkswirtlìschafslehre  „  di  Berlino,  membro 
onorario  dell'  Istituto  di  storia  del  diritto  i-omano  di  Catania, 
prof,  ordinario  di  diritto  romano  e  incaricato  delFinsegnamento 
della  "  Storia  del  diritto  romano  „  nella  R.  Università  di  Pa- 
dova.   (Piazza    Vittorio    Emanuele,  2152). 

(25  marzo  imi) 

Tellini  Achille,  socio  corrispondente  deirAccademia  de'Zelanti 
di  Acireale,  socio  ordinario  dell'  Accademia  di  Udine,  prof, 
di  scienze  naturali  nel  R.  Istituto  Tecnico  di  Tedine. 

(22  maggio  1«'.»7) 

Arrigoni  Degli  Oddi  nob.  Ettore,  membro  effettivo  della  Unione 
ornitologica  inglese,  della  Società  zoologica  di  Francia,  della 
Società  italiana  di  scienze  naturali,  della  Società  Veneto-Tren- 
tina di  scienze  naturali,  membro  effettivo  della  Società  Orni- 
tologica Tedesca,  socio  corrispondente  deirAccademia  di  Ve- 
rona, dell'  Ateneo  di  Bergamo,  collaboratore  speciale  della 
Inchiesta  ornitologica  italiana;  della  Rivista  italiana  rli  scienze 
naturali  e  del  giornale  italiano  VArlnila^  socio  onorario  della 
Società  Colombofila  fiorentina,  socio  corrispondente  dell'Acca- 
demia dei  Zelanti  e  PP.  dello  Studio  di  Acireale,  insegnante 
libero  di  zoologia  nella  R.  Università  di  Padova.  (Via  Tor- 
ricelle,  2223). 


DEL    K.    ISTITUTO    VENETO  19 

(22  maggio  1897) 

Spiga- Makcatato  Giovanni,  c^^;,  Dottore  in  Chimica  ed  in  Chimica 
e  farmacia,  inseg'nante  libero  di  Chimica  o;enera!e  e  di  Chi- 
mica farmaceutica  nella  R.  T^niversità  di  Padova,  Chimico 
principale  nella  R.  3Iarina  e  J)irettore  del  Laboratorio  Chi- 
mico del  III  Dipartimento  Marittimo.  -  Venezia.  (Sanf  An- 
tonino, 3341). 

(22  lUiiggio  1S!.)7) 

Poacii  Tito,  i^Jj,  •^,  socio  corrispondente  della  Società  di  aii^ri- 
coltura  di  Reg-g-io  Emilia  e  della  Società  agraria  di  Bologna, 
socio  onorario  dei  Comizi  Ag-rari  di  Modena,  Lendinara,  Loreo, 
Rovigo,  Bologna,  membro  corrispondente  nazionale  della  Reale 
Accademia  di  Agricoltura  di  Torino,  Delegato  per  la  ricerca 
e  la  sorveglianza  della  filossera  nella  provincia  di  Verona,  di- 
rettore del  Giornale  "  ]j'  Aijrirolfiirtt  J^ci/efa  „,  direttore  della 
Cattedra  ambulante  di  agricoltura  di  Verona. 

(22  maggio  18')7) 

BoNOME  Augusto,  c§:,  socio  corrispondente  della  R.  Accademia 
di  scienze,  lettere  ed  arti  di  Padova,  niend)ro  onorario  del- 
TAssociazione  medica  Lombarda,  prof,  ordinario  di  anatomia 
patologica  nella  R.  Liniversità  di  Padova.  (Piazza  Vittorio 
Emanuele,  2674). 

(22  maggio  1<S97) 

Tamassia  Giovanni,  ^-p-^  membro  effettivo  della  R.  Deputazione  di 
storia  patria  per  le  provincie  di  Romagna,  prof,  ordinario  di 
storia  del  diritto  italiano  nella  R.  Lniversità  di  Padova.  (Via 
S.  Fermo,   1350). 

(22  maggio  1S'.)7) 

Sacerdoti  Adolfo,  a^y-,  membro  effettivo  dellMnstitut  de  droit  iii- 
ternational  e  dell' Accademia  di  scienze,  lettere  ed  arti  di  Pa- 
dova, socio  corrispondente  del  R.  Istituto  Lombardo  di  scienze 
e  lettere,  prof,  ordinario  di  diritto  commerciale  nella  R.  Uni- 
versità di  Padova.  (Via  Maggiore,   1450). 


20  ELENCO    DEI    MEMBRI    E    SOCI 

(27  febbriiio  1898) 

D'Arcais  Francesco,  ^^  socio  corrispondente  della  R.  Accademia 
di  scienze,  lettere  ed  arti  di  Padova,  Accademico  onorario 
della  R.  Accademia  delle  scienze  dell'Istituto  di  Bologna,  prof, 
ordinario  di  calcolo  infinitesimale,  ed  incaricato  dell'  insegna- 
mento dell'analisi  superiore  nella  R.  università  di  Padova.  (Yia 
8.  Ilaria  1  conia,  3035). 

(27  l'ebbiaio  IH'JS) 

Pennato  Papinio,  o§:,  decorato  della  medaglia  d'argento  a'bene- 
meriti  della  salute  pubblica,  docente  libero  di  clinica  medica 
propedeutica  nell'  Università  di  Padova,  consigliere  sanitario 
provinciale,  membro  effettivo  dell'Accademia  di  Udine,  medico 
primario  direttore  dell'Ospitale  civile,  e  del  Brefotrofio  di  Udine. 

(27  febbraio  1W)8) 

Zanon  Giovanni  Antonio,  costruttore  e  professore  di  costruzione 
navale,  membro  del  Collegio  decemvirale  degli  italiani  della 
Pontificia  Accademia  Romana  di  S.  Tommaso  d'Aquino,  socio 
onorario  corrispondente  della  Società  di  letture  e  conversazioni 
scientifiche  di  Genova,  prof,  titolare  di  macchine  a  vapore  nel 
R.  Istituto  nautico  di  Yenezia.  (Dorsoduro,  299). 

(27  febbraio  bS',)8) 

Castelnuovo  Enrico,  c§],  prof,  d'istituzioni  commerciali  nella  R. 
Scuola  superiore  di  commercio  in  Yenezia. 

(27  febbraio   181)8) 

pREDELLi  Riccardo,  c^,  mendn-o  effettivo  e  tesoriere  della  M. 
Deputazione  veneta  di  storia  pati'ia,  membro  corrispondente 
della  I.  R.  Accademia  degli  Agiati  di  Rovereto,  socio  resi- 
dente dell'Ateneo  veneto,  archivista  e  docente  di  paleografia 
ed  archivistica  nell'Archivio  di  Stato  di  Yenezia,  membro  della 
R.  Commissione  per  la  pubblicazione  dei  documenti  finanziari 
della  Repubblica  di  Yenezia. 


DEL    R.    ISTITUTO    VENETO  '  21 

(24  aprile  iHltS) 

BiADEGO  Giuseppe,  c^-,  dottore  in  filosofia,  socio  oorrispondente 
(lolla  R.  Accademia  di  Lucca  e  dell'  Accademia  degli  Agiati 
di  Rovereto,  membro  effettivo  della  R.  Deputazione  veneta  di 
storia  patria,  membro  effettivo  e  segretario  dell'Accademia  di 
agricoltura,  scienze,  lettere  ed  arti  di  Verona,  meni'  ro  della 
Commissione  conservatrice  dei  monumenti  e  bibliotecario  della 
Comunale  di  Verona. 

(27  novembre  181)8) 

Setti  Giovanni,  socio  corrispondente  delle  RR.  Deputazioni  di 
storia  patria  per  le  provincie  Modenesi  e  per  le  provincie  di 
Romagna  e  della  R.  Accademia  Padovana  di  scienze,  lettere 
ed  arti,  prof,  ordinario  di  letteratura  greca  nella  R.  Università 
di  Padova.  (Passaggio  S.  Nicolò,  249). 

(27  novembre  1898) 

Flamini  Feancesco,  socio  corrispondente  della  R.  Accademia  di 
scienze,  lettere  ed  arti  di  Padova  e  dell'  Ateneo  di  scienze, 
lettere  ed  arti  di  Bergamo,  membro  effettivo  della  Reale  Com- 
missione per  i  testi  di  lingua  e  del  Comitato  Centrale  della 
Società  Dantesca  Italiana,  prof,  ordinario  di  letteratura  italiana 
nella  R.  Università  di  Padova.  (Piazza  Vittorio  Emanuele,  2688). 


SOCn  CORRISPONDENTI  NAZIONALI 

(2(>  novembre  IS65) 

Boccakdo  avv.  prof.  Giiiolamo,  Senatore  del  Regno,  Consigliere 
di  Stato,  Cav.  dell'Ordine  civile  di  Savoia,  Gr.  Cord,  og:,  -^.  - 
Roma. 

(23  gennaio  1870) 

Conti  Augusto,  Comm.  -^ ,  ■:^^.,  Cavaliere  del  Merito  doU'Ordine 
civile  di  Savoia,  Cav.  dell'Ordine  della  Legion  d'onore  di  Fran- 
cia, Accademico   residente  e  arciconsolo  della  Crusca,  socio  na- 


22  ELENCO    DEI    MEMBlil    E    SOCI 

zionale  della  R.  Accademia  dei  Lincei,  accademico  residente 
deiristituto  musicale,  onorario  dell'  Accademia  di  bello  arti  di 
Firenze,  socio  dell'  Ateneo  veneto  e  dell' Accademia  di  scienze 
e  lettere  di  Padova,  ex  Tenente  portabandiera  del  II  batta- 
glione dei  volontari  fiorentini  nella  Campaf^na  del  1848,  profes- 
sore di  filosofia  teoretica  e  morale  del  R.  Istituto  di  studi  supe- 
riori in  Firenze. 

(23  geiiiiiiio  ISIO) 

CossA  nob.  dott.  Alfonso,  Comni.  -J}?,  C^,  e  dell"  Ord.  d'Isabella 
Cattolica  di  Spagna,  socio  nazionale  della  Reale  Accademia  dei 
Lincei,  uno  dei  XL  della  Società  italiana,  vicepresidente  della 
Reale  Accademia  delle  scienze  di  Torino,  socio  corrispondente 
del  R.  Istituto  Lombardo,  della  R.  Accademia  delle  scienze  di 
Napoli  e  di  Bologna,  socio  corrispondente  della  Reale  Acca- 
demia delle  scienze  di  Berlino,  socio  ordinario  dell'Istituto  d'in- 
coraggiamento alle  scienze  naturali  di  Napoli,  dell'Accademia 
Gioenia  di  scienze  naturali  in  Catania,  v  della  R.  Accademia 
di  agricoltura  in  Torino,  membro  della  Società  imperiale  mi- 
neralogica di  Pietroburgo,  prof,  di  cbimica  docimastica  e  di- 
rettore della  R.  Scuola  di  applicazione  per  gì'  ingegneri  di  To- 
rino, nonché  prof,  incaricato  di  chimica  minerale  jiresso  il  I\. 
Museo  industriale   italiano. 

(23  gciiiiiiio  ISTO) 

ViLLARi  Pas(^»uale,  Senatore  del  Regno,  (fr.  Lft'.  ^,  r<^,  Cav.  di 
Merito  civile  di  Savoja,  e  dell'Ordine  y^o/n-  le  Mrriir  di  Prussia, 
già  Ministro  della  pubblica  istruzione,  vice-presidente  del  Con- 
siglio superiore  di  pubblica  istruzione,  socio  della  R.  Accademia 
dei  Lincei  di  Roma,  delle  Reali  Accademie  di  Napoli  e  Torino, 
(lei  (ieoi'gofili  di  Firenze  e  della  Pontaniana  di  Napoli,  socio 
straordinario  delle  Accademie  di  ^lonaco  e  di  Ungheria,  socio 
residente  dell'Accademia  della  (Jrusca,  socio  corrispondente  del- 
l'Istituto Loml)ardo,  Dottoi-e  onorario  delle  rniversità  di  Edim- 
burgo, di  Halle  e  di  Budapest,  Lfficiale  di  pul)ldica  istmzione 
di  Francia,  prof,  di  storia  moderna  e  preside  della  Sezione  di 
filosofia  e  filologia  presso  il  R.  Istituto  di  studi  superiori  di 
Firenze. 


DEL    E.    ISTITUTO    VENETO  28 


(2(5  iiiagg-io  IHTl!) 


NicoLUCCi  (tiustiniano,  Uff.  ^,  socio  ordinario  della  Reale  Ac- 
eadeinia  delle  scienze  e  corrispondente  dell' Istituto  d'incoraf^- 
gianiento  alle  scienze  naturali  di  Napoli,  socio  residente  del- 
rAccademia  Pontaniana  della  stessa  città,  uno  dei  XL  della 
Società  italiana  delle  scienze,  corrispondente  delle  Accademie 
delle  scienze  di  Bolog-na,  Modena  e  dei  Fisiocritici  di  Siena, 
delle  Società  mediche  di  Roma,  Napoli,  Torino,  Bolog-na,  Fer- 
rara, socio  onorario  fondatore  della  Società  italiana  di  antro- 
pologia ed  etnologia,  associato  straniero  della  Società  antro- 
pologica di  Parigi  e  corrispondente  delle  Società  antropologiche 
di  Berlino,  Lione,  Bruxelles,  socio  ordinario  della  Società  delle 
scienze  naturali  e  di  antropologia  di  ]\Iosca,  membro  onorario 
dell'Istituto  antro})ologico  della  Gran  Brettagna  ed  Irlanda, 
della  Società  degli  antiquari  del  Nord,  di  Copenaghen,  socio  ono- 
rario e  consigliere  dell'  Istituto  civico  di  Storia  Naturale  di 
Grosseto  e  del  CJircolo  degli  aspiranti  naturalisti  di  Napoli  : 
corrispondente  dell'Accademia  Yaldarnese  del  Poggio,  dell'Ac- 
cademia di  scienze,  lettere  ed  arti  di  Modena,  della  Società 
Veneto-Trentina  di  scienze  naturali,  della  Società  Aretina  di 
scienze,  lettere  ed  arti  e  dell'  Istituto  archeologico  germanico, 
R.  Ispettore  degli  scavi  e  dei  monumenti,  prof,  di  antropologia 
e  direttore  del  relativo  gabinetto  nella  R.  Università  di  Napoli. 

{22  dicembre  1872) 

Cannizzaeo  StanisIìAo,  Senatore  del  Regno,  Cav.  dell'  Ordine 
civile  di  Savoja,  Comm.  rjr,  Gr.  Cordone  d§3,  prof,  di  chimica 
generale  e  direttore  dell'Istituto  chimico  nella  R.  Università 
di  Roma. 

(IH  big-bo   iSTf)) 

Albini  Giuseppe,  Uff.  ^,  Comm.  r^.,  socio  corrispondente  del  R. 
Istituto  Lombai'do,  socio  della  Società  italiana  delle  scienze 
detta  dei  XL,  socio  ordinario  della  R.  Accademia  di  scienze 
fisiche  e  matematiche  di  Napoli,  socio  ordinario  della  Reale 
Accademia  medico  cbirurgica  di  Napoli,  prof,  di  fisiologia  e 
direttore  dell'Istituto  fisiologico  presso  la  R.  Università  di  Napoli. 


24  ELENCO    DEI    MEMBKI    E    SOCI 

(18  luglio  1875) 

Blaserna  Pietro,  Senatore  del  Kegno,  Uff.  ^,  Gr.  Uff.  d^',  Cav. 
deirOrdine  civile  di  Savoja,  Cav.  dell'Aquila  rossa  di  Prussia 
di  TI'^  classe  colla  stella  e  dell'Ordino  di  Francesco  Giuseppe 
d'Austria  di  IP^  classe  colla  stella,  prof,  di  fisica  nella  K.  Uni- 
versità di  Roma. 

(18  luglio  187.5) 

Felici  Eiccardo,  ^,  Gr.  Uff.  c^,  Cav.  dell'Ordine  civile  di  Sa- 
voja, uno  dei  Quaranta  della  Società  italiana,  socio  dell'  Ac- 
cademia R.  de'  Lincei,  socio  corrispondente  del  R.  Istituto  Lom- 
bardo di  scienze  e  lettere,  dell'Accademia  delle  scienze  del- 
l'Istituto di  Bologna,  della  R.  Accademia  delle  scienze  di  To- 
rino, socio  della  R.  Accademia  Lucchese  di  scienze,  lettere 
ed  arti,  socio  corrispondente  della  Società  delle  scienze  natu- 
rali di  Palermo  e  della  Società  fisico-medico  di  Wiirzburo;, 
presidente  onorario  della  Società  italiana  di  Fisica,  membro 
onorario  della  Società  Fisica  di  Londra,  prof,  emerito  di  fisica 
sperimentale  nella  R.  Università  di  Pisa.   -   Spezia. 

(IS  luglio  187Ó) 

Gemmellaro  Gaetano  Giorgio,  Senatore  del  Regno,  Cav.  del 
merito  civile  di  Savoja,  Comm.  ^,  (Jav.  c^>:,  prof,  e  direttore 
del  gabinetto  di  geologia  e  mineralogia  presso  la  R.  Università 
di  Palermo. 

(18  luglio  1875) 
Tardy  prof.  Placido,  Comm.  c§3,  Gr.  Uff.  ^.  -  Firenze. 

(25  iii;ir/.o  1877) 

Capellini  Giovanni,  Senatore  del  Regno,  Cav.  dell'Ordine  civile 
di  Savoja,  Comm.  •^,  3§a,  Comm.  con  placca  dell'Aquila  rossa 
di  Prussia,  Gr.  Uff.  dell'Ordine  del  Leone  di  Zahi-ingen,  Gr. 
T'ff.  della  Corona  di  Romania  e  dell'Ordine  di  S.  Marino,  Comm. 
degli  (ordini  del  Dannebrog  di  Danimarca,  del  Salvatore  di 
Grecia,  della  Stella  polare  di  Svezia,  dell'Ordine  del  merito 
scientifico  di  San  Giacomo  della  spada  di  Portogallo,  Comm. 
con  placca  dell'Ordine  di  San  Stanislao  di  Russia,  Dignitario 


DEL    li.    ISTITUTO    VENETO  25 

dell'Ordine  della  Rosa  del  Brasile,  Cav.  dell'Ordine  della  Con- 
cezione di  Portog-allo,  cav.  dell'Ordine  della  Legion  d'onore  di 
Francia,  Uff.  dell'  Ordine  del  Meg-idjè,  decorato  delle  palme 
dell'Tstrnzione  pnbblica  di  Francia,  della  medaglia  d'oro  Bene- 
mcrenfi  di  Romania,  presidente  del  Consiglio  snperiore  delle 
miniere  e  del  R.  Comitato  geologico,  prof,  e  direttore  dell'Isti- 
tnto  geologico  presso  la  R.    università  di  liologna. 

(25  marzo  1<ST7) 


D'AcHiARDi  Antonio,  ^^  '^0-,  prof,    e  direttore  del  gabinetto    di 
mineralogia  ed  incaricato  dell'insegnamento 
e  meteorologia  nella  R.  Università  di  Pisa 


mineralogia  ed  incaricato  dell'insegnamento  di  geografia  fisica 


(26  maggio  1878) 

Nac CARI  Andrea,  dottore  in  matematica,  ^,  Uff.  c^,  membro  della 
R.  Accademia  delle  scienze  di  Torino,  uno  dei  XL  della  So- 
cietà italiana  delle  scienze,  corrispondente  della  R.  Accademia 
dei  Lincei  in  Roma,  prof,  di  fisica  sperimentale  e  direttore  del 
relativo  gabinetto  nella  R.   Università  di  Torino. 

(\i  febbraio  bSTU) 

Caeducci  Giosuè,  Senatore  del  Regno,  Comm.  ^^  Gr.  Cord.  c§:, 
Gr.  Cordone  dell'Ordine  di  S.  Marino,  Comm.  dell'Ordine  della 
Rosa  del  Brasile,  membro  delle  Reali  Accademie  dei  Lincei 
e  della  Crusca,  prof,  di  letteratura  italiana  nella  R.  Università 
di  Bologna. 

{',)  febliraio  18T'J) 

Tacchini  prof.  Pietro,  direttore  del  R.  Osservatorio  astronomico 
del  Collegio  Romano  e  dell'annesso  Museo  Copernicano,  della 
Società  degli  Spettroscopisti  italiani  e  della  Società  sismolo- 
gica italiana.  -  Roma. 

(U  maggio  1882) 

T)j'jL  LuN(U)  Isidoro,  Comm.  -^ ,  Uff.  x^t,  socio  residente  dclbx  R. 
Accademia  della  Crusca  ed  uno  dei  deputati  alla  compilazione 
del  Vocabolario.  -  Firenze. 


2fi  F-LENCO    T)KT    MEMBRI    E    SOCI 

(14  maggio  1SS2) 

Ferrerò  Annibale,  Senatore  del  Regno,  Cav.  dell'  Ordine  del 
merito  civile  di  Savoja,  flr.  Cord,  c^'^,  Gr.  Uff.  -^,  decorato  di  due 
medaglie  d'argento  e  di  una  di  bronzo  al  valore  militare,  Conim. 
della  Corona  di  Prussia,  Grr.  Uff.  dell'Ordine  di  Francesco  Giu- 
seppe d'Austria  e  del  merito  militare  Spagnuolo,  T'flRciale  della 
Legion  d'onore  di  Francia  e  dell'Accademia  di  Francia,  insi- 
gnito della  gran  medaglia  germanica  d'oro  per  l'arte  e  la  scienza, 
Gr.  f*ord.  dell'  Ord.  di  Carlo  ITI  di  Spagna,  socio  della  R. 
Accademia  dei  Ijincei,  della  Società  italiana  delle  scienze,  detta 
dei  XL,  dell'Accademia  l^ontaniana  di  Napoli,  socio  corrispon- 
dente della  Reale  Accademia  di  scienze,  lettere  ed  arti  di  Mo- 
dena, socio  corrispondente  della  R.  Accademia  di  Bologna,  socio 
straniero  dell'I.  R.  Accademia  Leopoldina  di  Germania,  del- 
l'Istituto internazionale  di  statistica,  membro  corrispondente 
dell'Istituto  storico,  etnografico  e  geografico  del  Brasile,  socio  della 
Reale  Accademia  delle  scienze  militari  di  Stoccolma,  socio  cor- 
rispondente dell'  Accademia  delle  scienze  di  Madrid,  Dorfor 
jiir/x  Jionoris  cfinsti  dell'Università  di  Glasgow  e  di  quella  di 
(Cambridge,  Tenente  generale,  ex  ambasciatore  a  Londra,  pre- 
sidente della  R.  Commissione  Italiana  per  la  misura  del  grado 
europeo,  e  vicepresidente  dell'Associazione  geodetica  interna- 
zionale. Comandante  il   111  Corpo  d'armata.  -  Milano. 

(23  marzo  1884) 

Bizzozero  dott.  Giulio,  Senatore  del  Regno,  Comm.  -^,  Gr.  Uff. 
c§3,  membro  del  Consiglio  superiore  di  sanità,  membro  delle 
Reali  Accademie  dei  Lincei  e  delle  scienze  di  Torino,  socio 
corrispondente  del  R.  Istituto  Lombardo  di  scienze  e  lettere, 
dell'Accademia  delle  scienze  di  Bologna,  dell'Accademia  Im- 
periale Germanica,  ecc.  prof,  e  direttore  del  laboratorio  di  pa- 
tologia generale  nella   K.   Università  di  Torino. 

(23  marzo  18H4) 

BoMBicci  Luigi,  Comm.  -^,  <3-,  prof,  di  mineralogia  e  direttore 
del  relativo  Museo  nella  R.  Università  di  Bologna,  incaricato 
anche  dell'insegnamento  della  geologia  applicata  in  quella  R. 
Scuola  per  gli  ingegneri. 


DEL    R.    ISTITUTO    VENETO  27 

(29  marzo  1884) 

Carutti  di  Cantogno  barone  Domenico,  Senatore  del  Re^no,  Cav. 
e  Consigliere  dell'  Ordine  civile  di  Savoja,  Gr.  Uff.  -5{4,  'j^, 
Gr.  Cordone  di  più  ordini  cavallereschi  italiani  ed  esteri,  presi- 
dente on.  di  Sezione  di  Consiglio  di  Stato,  socio  della  R.  Ac- 
cademia dei  Lincei,  e  della  R.  Accademia  delle  scienze  di 
Torino,  presidente  della  R.  Deputazione  di  storia  patria  per 
le  antiche  provincie  e  la  Lombardia,  ecc.  -  Torino. 

(23  iiiiir/o  1884) 

Comparetti  Domenico,  Senatore  del  Regno,  Cav.  dell'Ordine  del 
merito  civile  di  Savoja,  Uff.  ng:,  Comm.  r^t,  prof,  emerito  della 
R.  Università  di  Pisa  e  del  Regio  Istituto  superiore  di  Firenze. 

(23  marzo  1884) 

D'Ancona  Alessandro,  Comm.  •^,  Gr.  Uff.  c^^,  socio  nazionale 
della  R.  Accademia  dei  Lincei,  e  della  R.  Accademia  delle 
scienze  di  Torino,  corrispondente  della  R.  Accademia  della 
Crusca  e  del  R.  Istituto  Lombardo  di  scienze  e  lettere,  prof, 
di  letteratura  italiana  nella  R.  Università  di  Pisa. 

(23  marzo  1884) 

Manno  barone  D.  Antonio,  Gr.  Uff.  -^^  Gr.  Uff.  c§:,  Cav.  d'o- 
nore e  dev.  di  Malta.  -  Torino. 

(23  marzo  1884) 

Mosso  dott.  Angelo,  ^,  Comm.  o^^,  prof,  di  fisiologia  presso  la 
R.   Università  di  Torino. 

(23  marzo  18S4) 

Targioni  Tozzetti  Adolfo,  Comm.  ^,  c§:,  Cav.  dell'Ordine  di 
Leopoldo  d'Austria,  Cav.  di  II-^  classe  dell'Ordine  della  Corona 
di  Prussia,  membro  della  Commissione  consultiva  per  la  pesca 
e  di  quella  per  i  provvedimenti  contro  la  filossera,  socio  di 
varie  Accademie  estere  e  nazionali.  Vicepresidente  della  R. 
Accademia    dei  Georgofili,    Presidente    della    Società  entomo- 


28  ELENCO    DEI    MEMBtóI    E    SOCI 

logica  italiana,  socio  nazionale  della  R.  Accademia  dei  Lincei, 
professore  di  anatomia  comparata,  di  zoologia  e  direttore  del 
(labinetto  degli  animali  invertebrati,  del  R.  Istituto  di  studi 
superiori  pratici  e  di  perfezionamento,  Direttore  della  R.  Sta- 
zione di  entomologia  agraria  in  Firenze. 

(28  marzo  1884) 
ToMMASiNi  Oreste.  -  Ironia. 

(21  marzo  188()) 

Bassani  dott.  Francesco,  ci^^,  socio  ordinario  residente  della  R. 
Accademia  delle  scienze  di  Napoli,  membro  della  Società  ita- 
liana dei  XL,  deir Accademia  Pontaniana  e  del  R.  Istituto 
d'incoraggiamento  di  Napoli,  corrispondente  della  R.  Accademia 
dei  Lincei,  della  R.  Accademia  di  scienze,  lettere  ed  arti  di 
di  Padova,  della  R.  Accademia  A'aldarnese  del  Poggio  in  Mon- 
tevarchi, dell'Accademia  di  agricoltura  e  commercio  di  Verona, 
dell'Accademia  Gioenia  di  scienze  naturali  di  Catania,  dell'I. 
R.  Accademia  degli  Agiati  in  Rovereto  e  dell'  I.  R.  Istituto 
geologico  di  Vienna,  socio  onorario  dell'Accademia  dei  Zelanti 
di  Acireale,  professore  ordinario  di  geologia,  incaricato  di  pa- 
leontologia e  direttore  del  gabinetto  geologico  nella  R.  Uni- 
versità di  Napoli. 

(21  marzo  188(5) 

Dalla  Vedova  dott.  Giuseppe,  Uff.  -tI^,  Gr.  Uff.  c^^,  Comm.  di 
altri  Ordini  cavallereschi  esteri,  membro  del  Consiglio  supe- 
riore dell'  Istruzione  pubblica,  socio  corrispondente  ed  onorario 
di  varie  Accademie  scientifiche  e  Società  geografiche  italiane 
ed  estere,  professore  ordinario  di  geografia  della  R.  Università 
di  Roma. 

(21  marzo  188()) 

GiGiiioLi  Enrico  Hillyer,  Uff.  ^,  Comm.  •§•  e  dell'Ordine  di 
Francesco  Giuseppe  d'Austria,  Uff.  dell'  (Irdine  della  Rosa  del 
Brasile  e  della  pnbbh"ca  istruzione  in  Francia,  Vicepresidente 
della  Società  italiana  di  antropologia,  socio  d'  onore  delle  So- 
cietà geografiche  di  Roma,  Londra  e  Berlino,  di  quelle  orni- 


BEL    E.    ISTITUTO    VENETO  29 

tologiche  di  Londra,  Budapest  e  Nuova  York,  della  E.  So- 
cietà d'  Olanda  per  le  Indie  Neerlandesi,  della  Zoologica  e 
della  Antropologica  di  Londra,  membro  corrispondente  della 
R.  Accademia  dei  Georgofili,  delle  Società  biologica  di  Wa- 
shington, antropologiche  di  Parigi,  Vienna  e  Washington,  Ac- 
cademico non  residente  della  Pontaniana  di  Napoli,  socio  dei 
Musei  :  civico  di  Rovereto,  etnografico  di  Lipsia  e  nazionale  di 
Rio  de  Janeiro,  professore  ordinario  e  direttore  del  gabinetto 
di  zoologia  e  anatomia  deg-li  animali  vertebrati  nel  R.  Istituto 
dei  studi  superiori,  pratici  e  di  perfezionamento  in  Firenze. 

(21  marzo  1886) 

RòiTi  Antonio,  Uff.  ego,  Cavaliere  della  Legion  d'  onore  di  Fran- 
cia, Ufficiale  dell'  Ordine  di  Leopoldo  del  Belgio,  professore 
di  fisica,  direttore  del  relativo  gabinetto  e  del  museo  degli 
antichi  strumenti  di  fisica  e  di  astronomia  nel  R.  Istituto  di 
studi  superiori,  pratici  e  di  perfezionamento  in  Firenze,  pre- 
sidente della  Sezione  di  scienze  fisiche  e  naturali,  membro  del 
Consiglio  superiore  della  pubblica  istruzione,  presidente  della 
Società  italiana  di  fisica. 

(21  marzo  1886) 

RuFFiNi  dott.  Ferdinando,  Uff.  ^,  Comm.  ^,  professore  di 
meccanica  razionale  presso  la  R.  Università  di  Bologna. 

(U  aprile  1889) 

Righi  Augusto,  -^,  d^^-,  membro  pensionato  della  R.  Accademia 
delle  scienze  in  Bologna,  membro  corrispondente  dell'Acca- 
demia di  scienze  naturali  ed  economiche  di  Palermo,  delle 
Reali  Accademie  di  Torino  e  di  Padova,  dell'Accademia  di 
Catania,  della  Società  degli  Spettroscopisti  italiani,  della  So- 
cietà di  scienze  di  Mosca,  della  Accademia  Imperiale  di  Pie- 
troburgo e  della  Società  di  Fisica  e  Scienze  Naturali  di  Gi- 
nevra, membro  onorario  della  Società  Filosofica  di  Cambdrige, 
socio  Nazionale  della  R.  Accademia  dei  Lincei,  uno  dei  XL 
della  Società  italiana  delle  scienze,  Dottore  in  Filosofia  honoris, 
causa  della  Università  di  Gottinga,  professore  ordinario  di 
fisica  nella  R.  Università  di  Boloa-na. 


30  ELENCO    DEI    MEMBRI    E    SOCI 

(16  giugno    1889) 

Bollati  di  Saint-Pierre  bear.  Federigo  Emanuele,  dottore  in 
leggi,  Comm.  -5^,  0^,  Consigliere  d'amministrazione  presso  il 
R.  economato  generale  delle  antiche  Provincie,  membro  della 
Eegia  Deputazione  sovra  gli  studi  di  storia  patria  per  le  an- 
tiche Provincie  Piemontesi  e  la  Lombardia,  e  della  Società 
accademica  di  Aosta,  corrispondente  della  Consulta  araldica, 
Yicepresidente  della  Commissione  araldica  per  il  Piemonte, 
socio  corrispondente  della  Società  ligure  di  storia  patria,  della 
Colombaria  di  Firenze,  della  K.  Accademia  di  scienze,  lettere 
ed  arti  di  Padova,  della  R.  Deputazione  di  storia  patria  per 
le  Provincie  della  Romagna,  della  nuova  Società  per  la  storia 
della  Sicilia,  della  Società  di  storia  e  di  archeologia  di  Gine- 
vra, membro  onorario  della  Società  di  storia  della  Svizzera 
Romanza,  dell'Accademia  del  Chablais  e  della  Società  Savoina 
di  storia  e  di  archeologia,  membro  della  R.  Accademia  delle 
scienze  di  Torino,  Soprintendente  degli  Archivi  ])iemontesi  e 
direttore  dell'Archivio  di  Stato  in  Torino. 

(16  giugno    1889) 

Cipolla  co.  Carlo,  Uff.  c§:,  membro  effettivo  della  R.  Accade- 
mia dello  scienze  e  socio  della  R.  Deputa/ione  di  storia  patria 
in  Torino,  membro  effettivo  della  Regia  Deputazione  veneta 
di  storia  patria,  socio  della  Società  storica  Romana,  socio  na- 
zionale della  R.  Accademia  dei  Lincei,  corrispondente  del- 
l'Accademia delle  scienze  di  Monaco  (Baviera),  di  quella  di 
Gottinga,  e  della  Regia  Accademia  di  Padova,  socio  di  quella 
di  Rovereto,  professore  di  storia  moderna  nella  Regia  Uni- 
versità di  Torino. 

(16  giugno   1889) 

Donati  dott.  Cesare,  Cav.  dell'  Ordine  del  mei-ito  civile  di  Sa- 
voia, c§o,  Comm.  o|:.  -  Roma. 

(16  giugno   1889) 

I^ ORNAR!  sac.  Tito,  Comm.  ^r,  c§j,  Cav.  del  merito  civile  di 
Savoja,  socio  corrispondente  della  R.  Accademia  della  Crusca, 
ordinario  della  R.  Accademia  d'  archeologia,  lettere  e  belle 
arti  e  Prefetto  della  Biblioteca  nazionale  di  Napoli. 


DEL    R.    ISTITUTO    VENETO  31 

IIB   o.iuo-no    IH89) 

MiLLOSEViCH  prof.  Elia,  c§:,  socio  oorrispon dente  della  R.  Acca- 
demia dei  Lincei,  Membro  della  Commissione  Superiore  me- 
trica Italiana,  Consigliere  della  Società  Geografica  Italiana, 
astronomo  del  R.  Osservatorio  astronomico  del  Collegio  Ro- 
mano. -  Roma. 

(16  giugno    1889) 

Paterno  di  Sessa  dott.  Emanuele,  Senatore  del  Regno,  Gr. 
Uff.  ^,  Conim.  c§:,  Cav.  dell'  Ordine  del  merito  civile  di 
Savoja,  decorato  della  medaglia  d' oro  ai  benemeriti  della  sa- 
lute pubblica,  professore  ordinario  delle  applicazioni  della 
chimica  nella  R.  Università  di  Roma. 

(IG   giugno    1889) 

Peyeon  Bernardino,  Gr.  ITff.  -^^  Uff.  o§3,  professore  di  lettere, 
membro  della  R.  Accademia  delle  scienze  e  Bibliotecario  ono- 
rario della  Biblioteca  nazionale  in  Torino. 

(K;  giugno    1889) 

PiGOEiNi  dott.  Luigi,  Uff.  ^,  Comm.  c^^,  e  di  più  Ordini  stra- 
nieri, socio  della  R.  Accademia  dei  Lincei,  direttore  dei  Musei 
Kircheriano  e  preistorico-etnografico,  professore  di  paletnolo- 
gia presso  la  R.  Università  di  Roma. 

(K;  giugno    1889) 

Salvadori  conte  Tommaso,  d^,  Cavaliere  dell'  (Jrdine  di  S.  Gia- 
como del  merito  scientifico,  letterario  ed  artistico  ;  dottore  in 
medicina  e  chirurgia,  membro  della  R.  Accademia  delle  scienze, 
socio  della  R.  Accademia  d'Agricoltura  di  Torino,  della  Società 
italiana  di  scienze  naturali,  dell'Accademia  Gioenia  di  Catania 
e  di  altre  Società  scientifiche  straniere,  professore  di  storia 
naturale  nel  R.  Liceo  Cavour  di  Torino  e  vicedirettore  del 
Museo  zoologico  presso  quella  LTniversità. 

(]()  giugno    1889) 

Scarabelli-Gommi  Flaminj  Giuseppe,  Comm.  •^,  c^.  Senatore 
del  Regno,  membro  della  Società  geologica  italiana,  socio  della 


32  ELENCO    DEI    MEMBRI    E    SOCI 

R.  Accademia  dei  Lincei,  membro  del  R.  Comitato  geologico 
italiano,  Presidente  del  Comizio  agrario,  della  Cassa  di  rispar- 
mio, della  Scuola  pratica  di  agricoltura  e  dell' Asilo-Giardino 
Principe  di  Napoli  in  Imola,  R.  Ispettore  circondariale  degli 
^     scavi  e  monumenti,  ecc. 

(16  giugno   1889) 

Zambaldi  dott.  Francesco,  -ì|f,  o^,  e  dell'Ordine  del  Salvatore 
di  Grecia,  membro  onorario  della  Società  archeologica  d'Atene, 
socio  corrispondente  dell'Accademia  di  Padova  e  della  Pon- 
taniana  di  Napoli,  professore  di  letteratura  greca  nella  R. 
Università  di  Pisa. 

(22  giugno    1890) 

Mazzoni  Guido  •^,  o^:,  dottore  in  lettere,  socio  residente  e  se- 
gretario della  R.  Accademia  della  Crusca,  socio  urbano  della 
Colombaria  di  Firenze,  socio  della  R.  Commissione  pei  testi  di 
lingua,  socio  corrispondente  della  R.  Accademia  di  scienze,  let- 
tere ed  arti  di  Padova,  socio  onorario  dell'Accademia  del  R. 
Istituto  Musicale  di  Firenze,  dell'Accademia  R.  di  Belle  Arti 
in  Carrara  e  dell'Accademia  Etrusca  di  Cortona,  socio  cor- 
rispondente della  R.  Accademia  di  scienze,  lettere  ed  arti  di 
Lucca,  professore  ordinario  di  lettere  italiane  presso  il  R.  Isti- 
tuto di  studi  superiori   e  di   perfezionamento  in  Firenze. 

(2()  jiprilc   1H9H) 

Abetti  Antonio,  c^k,  dottore  negli  studi  d'  ingegnere,  socio  corri- 
spondente dei  Lincei,  socio  effettivo  dell'Accademia  eli  Padova, 
membro  della  Commissione  Geodetica  Italiana  e  della  Società 
degli  Spettroscopisti  Italiani,  professore  ordinario  di  astronomia 
nel  R.  Istituto  di  Studi  superiori  pratici  e  di  perfezionamento 
in  Firenze,  Direttore  del  R.  Osservatorio  di  Arcetri. 

(23  febbraio  189G) 

BoiTO  Camillo,  Gr.  T"'^ff.  c§a,  socio  onorario  della  Romana  Acca- 
demia di  S.  Luca  e  di  quelle  di  Venezia,  Torino,  Bologna, 
Firenze,  Genova,  ecc.,  socio  corrispondente  del  R.  Istituto  Lom- 
bardo di  scienze  e  lettere,  professore  di  architettura  nella  R. 
Accademia  di  belle  arti  e  nel  R.  Istituto  Tecnico  superiore  di 
Milano. 


DEL    K.    ISTITUTO    VENETO  33 

(23  febbraio  1896) 

Faveeo  Giovanni  Battista,  ^,  Conini.  ogi,  socio  nazionale  della 
R.  Accademia  dei  Lincei,  e  socio  corrispondente  della  R.  Ac- 
cademia delle  scienze  di  Torino,  membro  dell'  "  International 
Statistical  Institute  „ ,  professore  ordinario  di  strade  ferrate 
nella  Scuola  d'  applicazione  per  gli  ingegneri  nella  R.  Univer- 
sità di  Roma. 

(23  febbraio  bSOfi) 

Fekcjula  Emanuele,  -^V-,  Conim.  •^,  socio  ordinario  residente  della 
R.  Accademia  delle  scienze  fisiche  e  matematiche  di  Napoli, 
deir  Accademia  Pontaniana  e  del  R.  Istituto  d' incoraggia- 
mento alle  scienze  naturali,  uno  dei  XL  della  Società  italiana 
delle  scienze,  socio  nazionale  della  R.  Accademia  dei  Lincei, 
socio  nazionale  non  residente  della  R.  Accademia  delle  scienze 
di  Torino,  professore  ordinario  di  astronomia  nella  R.  Univer- 
sità di  Napoli,  direttore  del  R.  Osservatorio  astronomico  di 
Capodimonte. 

(23  febl)iai()    IHDi;) 

Magnaghi  Giovanni  Battista,  Cav.  dell'  Ordine  militare  di  Sa- 
voja,  Comm.  ^,  Gr.  I"ff.  c§j,  fregiato  della  medaglia  comme- 
morativa delle  guerre  per  1'  Indipendenza,  Ofificier  de  1'  In- 
struction  pnlilique  de  Franco,  Grande  (?roix  de  la  Légion 
(V  honnenr,  Gommendatore  della  Corona  di  Prussia,  membro 
della  Commissione  italiana  per  la  misura  del  grado,  socio  cor- 
rispondente della  R.  Accademia  dei  Lincei,  socio  onorario  delle 
Società  geografiche  :  Italiana  (Roma),  Francese  (Parigi),  Belga 
(Anversa),  Ticeammiraglio  nella  R.  Marina,  comandante  in 
Capo  della  Squadra  attiva. 

(28  febbraio  1896) 

Martello  Tullio,  membro  del  Co/xfeii  (J/ii/i  di  Londra,  dottore 
collegiate  e  professore  di  economia  politica  e  di  diritto  finan- 
ziario nella  R.  Università  di  Bologna. 

(23  febbi'aio  1896) 

Parona  Carlo  Fabrizio,  membro  della  R.  Accademia  delle 
scienze    di    Torino,  socio  corrispondente    (l(d   H.    Istituto  Lom- 


34  ELENCO    DEI    MEMBRI    E    SOCI 

bardo  di  scienze  e  lettere,  membro  della  E.  Accademia  di  ajrri- 
coltura  di  Torino,  socio  onorario  dell'Accademia  di  af^ricoltura, 
arti  e  commercio  di  Verona,  socio  corrispondente  dell'  Imp.  R. 
Istituto  g'eolog'ico  di  A^ienna,  dell'  f.  R.  Accademia  defili  Agiati 
di  Rovereto,  professore  ordinario  di  2,'eolog-ia  nella  R.  Univer- 
sità di  Torino. 

(23  febbraio  1896) 

ScHiAPAEELLi  prof.  EiiNESTO,  r§;^  direttore  del  R.  3Iuseo  di  an- 
tichità. -  Torino. 

(22  lung-gio  18971 

YivANTE  avv.  Cesaee,  c§:,  prof.  emerito  della  R.  Università  di 
Bologna,  professore  ordinario  di  diritto  commerciale  nella  R. 
Università  di  Roma. 

(22  maggio  1897) 

Alfani  Augusto,  s§i,  accademico  residente  della  Crusca,  seg-re- 
tario  della  Società  Colombaria.  -  Firenze. 

(22  niiiggio  1897) 

Battelli  dott.  Angelo,  t§;,  membro  della  R.  Accademia  dei 
Lincei,  dell'Accademia  Gioenia  di  scienze  naturali  di  Catania 
e  dell'Accademia  di  scienze,  lettere  ed  arti  di  Padova,  profes- 
sore di  fisica  e  direttore  del  relativo  gabinetto  nella  R.  Uni- 
versità di  risa. 

(22  maggio  1.S97) 

Camerano  Lorenzo,  membro  della  R.  Accademia  delle  scienze  e 
della  R.  Accademia  di  agricoltura  di  Torino,  membro  corri- 
spondente della  Società  zoologica  di  I^ondra,  del  Museo  civico 
(li  Rovereto  e  della  Società  scientifica  del  Chili,  professore  di 
anatomia  comparata  e  di  zoologia  e  Direttore  dei  Musei  rela- 
tivi nella  R.  laiiversità  di  Torino. 

(22  Jiiaggio  1897) 

CiAMiciAN  Giacomo,  og:,  socio  nazionale  della  R.  x-^ccademia  dei 
Lincei  e  della  Società  dei  XL,  socio  onorario  della  Royal 
[nstitution  di  Londra,  professore  ordina  io  di  chimica  generale 
nella  R.  Università  di  Bologna. 


DEL    K.    ISTITUTO    VENETO  35 

(22  maggio  lHi)7) 

Massaloxgo  C'aro,  ineinbro  effettivo  deirAccadeniia  di  ug-ricol- 
tura,  lettere  e  scienze  di  Verona,  membro  della  Società  Ve- 
neto-Trentina di  scienze  naturali  in  Padova,  vicepresidente  della 
Società  botanica  italiana  in  Firenze,  membro  della  "  Société 
nationale  des  sciences  naturelles  et  mathématiques  de  Cher- 
bourg;  „  ,  membro  dell'Accademia  medica  e  di  scienze  naturali 
di  Ferrara,  professore  ordinario  di  botanica,  direttore  dell'orto 
botanico  e  Preside  della  facoltà  di  medicina  e  chirurgia  della 
Università  di  Ferrara. 

(22  maggio  1897) 

Panzacchi  Enrico,  Conmi.  -^,  -5^,  Deputato  al  Parlamento,  pre- 
sidente della  R.  Accademia  di  belle  arti,  professore  ordinario 
di  estetica  e  di  storia  dell'arte  moderna  nella  R.  Università 
di  Bologna. 

(22  maggio  1897) 

Penzig  Ottone,  o^,  Cav.  dell'  Ordine  dell'Aquila  Rossa  di  Prussia, 
socio  onorario  della  Società  Accademica  dei  Naturalisti  in 
Breslavia  e  della  Nederlandsche  ^laatschappij  voor  Tuinbouw 
en  Plantkunde  in  Amsterdam,  socio  corrispondente  della  Società 
Silesiaca  per  la  patria  coltura  in  Breslavia,  della  Società  di 
Scienze  naturali  di  Danzig,  della  Società  Entomologica  Sile- 
siaca di  Breslavia,  dell'Accademia  dei  Georgofili  in  Firenze, 
della  Società  Botanica  della  provincia  di  Brandenburg  in  Berlino, 
della  Società  Nazionale  di  Scienze  naturali  e  matematiche  di 
Cherbourg,  della  R.  Accademia  di  scienze,  lettere  ed  arti  in  Pa- 
dova, della  Sociedad  ^lexicana  de  Historia  naturai,  della  So- 
cietà botanica  di  Ginevra,  della  R.  Accademia  delle  scienze 
dell'  Istituto  di  Bologna,  della  Società  economica  di  Chiavari, 
della  R.  Accademia  delle  scienze  di  Torino,  membro  effettivo 
della  Società  botanica  Germanica,  della  Società  Crittogamolo- 
gica  Italiana,  della  Società  botanica  Italiana,  della  Società  bo- 
tanica di  Francia,  della  Società  Ligustica  di  scienze  naturali 
e  geografia  in  Genova,  della  R.  Società  Geografica  Italiana 
di  Roma,  dell'  Imperiale  Accademia  Leopoldo-Carolina  dei  na- 
turalisti in  Halle,  membro  della  Commissione  internazionale  di 
Fitopatologia,  prof,  ordinario  di  botanica  e  direttore  del  R.  Orto 
Botanico  dell'Università  di   Genova. 


36  ELENCO    DEI    MEMBRI    E    SOCI 

(22  maggio  1897) 

Stringher  Bonaluo,  (xr.  Uft".  ■^,  ^4^,  della  Corona  di  Prussia, 
di  Francesco  Giuseppe  d'Austria,  Comin.  della  legion  d'  onore 
di  Francia  e  dell'  Ordine  di  8an  Marino,  corrispondente  della 
R.  Accademia  nazionale  dei  Lincei,  corrispondente  della  R. 
Accademia  dei  Georgofìli,  ecc.,  membro  effettivo  dell'  Istituto 
internazionale  di  Statistica,  gik  libero  docente  di  scienza  delle 
finanze  e  diritto  finanziario,  e  incaricato  dell'  insegnamento 
della  legislazione  comparata  delle  dogane  nella  Università  di 
Roma,  membro  del  Consiglio  Superiore  di  Statistica,  Consi- 
gliere di  Stato.  -  Roma. 

(22  maggio  1897) 

Tizzoni  Guido,  c^v.^  dott.  in  medicina,  ])eputato  al  Parlamento, 
socio  nazionale  della  R.  Accademia  dei  Lincei,  membro  pen- 
sionato della  R.  Accademia  delle  scienze  di  Bologna,  membro 
residente  della  Società  medico-chirurgica  di  Bologna,  socio  cor- 
rispondente delle  Accademie  di  medicina  di  Modena,  Catania, 
Torino,  Roma,  Firenze  ecc.,  professore  e  direttore  del  labora- 
torio di  patologia  generale  nella  R.  Università  di  Bologna. 


SOCI  CORRISPONDENTI  ESTERI 

(29  maggio   18(;2) 
Alber  de  Glanstatten  Augusto  (Barone).  -  Trieste. 

(26  novembre   1865) 

MoMMSEN  Teodoro,  prof,  di  storia  ed    archeologia  all'  Università 
di  Berlino.   -  Berlino. 

(19  aprile  1869) 

Berthelot  Marcellino,  prof,  di  chimica  al  Collegio  di  Francia. 
-  Parigi. 

(18  aprile  1875) 

Bertrand    Giuseppe,    prof,    di    fisica    generale  e  matematica    al 
Collegio  di  Francia.  -  Parigi. 


DEL    R.    ISTITUTO    VENETO  37 


(9  febbraio  1879) 


Fate  Hervé  Augusto,  astronomo.   ^lembro  dell'Accadeniia  delle 

scienze  dell'  Istituto  di  Francia.  -  Parigi. 
Hermite  Carlo,  prof,  di  algebra  superiore  alla  Sorhoinie.  -  Parigi. 


(20  maggio  1883) 

Forster  Ctuglielmo,  professore  di  astronomia  all'  Università  di 
Berlino. 

HoRTis  Attilio,  bibliotecario  della  Conmnale  di  Trieste. 

Rendu  Eugenio,  Direttore  della  Scuola  Normale  di  Parigi. 

RiANT  Paolo,  archeologo.  -  l'arigi. 

Struve  Ottone,  astronomo,  già  Direttore  dell'  Osservatorio  im- 
periale di  Pulkova.  -  Carlsruhe. 

Zittel  Carlo  Alfredo,  prof,  di  paleontologia  all'  Università  di 
Monaco. 

(21  marzo  188()) 

GiJNTHER  Sigismondo,  prof,  di  geografia  (Erdkunde)  alla  R.  Scuola 

tecnica  superiore  in  Monaco.  -  Baviera. 
NoRDENSKioLD  N.  A.  E.,  professore  e  direttore  del  Museo    Reale 

mineralogico  in  Stoccolma. 

(1()  giugno   1889) 

BoussiNESQ  Valentino,  prof,  di  meccanica  fìsica  e  sperimentale 
alla  Soi'hottiie.  -  Parigi. 

BiJDiNGER  Massimiliano,  prof,  di  storia  all'  Università  di  Vienna. 

Carruthers  Guglielmo,  Direttore  del  Dipartimento  botanico  nel 
Museo  Britannico.  -  Londra. 

Delisle  Leopoldo,  membro  dell'Accademia  delle  Iscrizioni  e 
Belle  Lettere  dell'  Istituto  di  Francia  (Amministratore  gene- 
rale della  Biblioteca  Nazionale  di  Parigi).  -  Parigi. 

Fischer  Teobaldo,  prof,  di  geografia  all'  Università  di  Marburg. 

Gaudry  Alberto,  prof,  di  paleontologia  al  Museo  di  storia  natu- 
rale di  Parigi. 

Gegenbaur  Carlo,  prof,  di  anatomia  all'  Università  di  Heidelberg. 

KoLLiKER  Alberto,  prof,  di  anatomia  all'  Università  di  Wirzburg. 

LoRioL  (de)  Perceval,  geologo  e  paleontologo.  -  Fontenex  (presso 
Ginevra). 


38  ELENCO    DEI    MEMBRI    E    SOCI 

MussAFiA  Adolfo,  prof,    di    filosofia    neo-latina  alF  Università  di 

Vienna. 
OppERT  (tIULIo,  prof,   di  filologia  e  di    archeolog-ia  assira  al  (^ol- 

legio  di  Francia.   -  Parigi. 
Rado  Antonio,  filologo  a  Budapest. 
RoziÈRE  (de)  Eugenio,  membro    delF Accademia    delle    Iscrizioni 

e  Belle  Lettere.  -  Parigi. 
SiMONSFELD  Enrico,  prof,  di  storia  all'  Università  di  Monaco. 
SuESS  Edoardo,  prof,  di  geologia  all'  Università  di  Vienna. 
Thomson  Guglielmo    (Barone  Kelvin)    prof,  di  filosofia  naturale 

all'  Università  di  Glasgow. 

(2;:)  febbraio  1SÌ)()) 

Brown  Orazio,  Cultore  di  Storia  Veneziana.  -  Londra  (Venezia). 

Dejob  Carlo,  prof,  di  storia  alla  Sorbonne.  -  Parigi. 

Matr  Giorgio,  prof,  onorario  di  statistica  all'  PTniversità  di  Stra- 
sburgo. 

Newcomb  Simone,  prof,  di  matematica  e  di  astronomia  ali"  Uni- 
versità di  Baltimora. 

Poincaré  Giulio  Enrico,  prof,  di  fisica  matematica  alla  Son/oinie. 
-  Parigi. 

Wagner  Adoi-fo,  prof,  di  economia  politica  all'  T/niversità  di 
Berlino. 

(27  iiov('iiil»rc   ISOS) 

VmcHOW  Rodolfo,  prof,    di    amitomia    patologica  all'  T'niversità 

di  Berlino. 
Levasseur  Emilio,  prof,   di   demografia  al  Collegio  di  Francia.   - 

Parigi. 
Rontgen  Guglielmo  Corrado,    prof,    di    fisica  all'  Università  di 

Wiirzburg. 
Klein  Felice,   prof,   di   matematica  all'  Università   di   (Jottinga. 
Fischer  Emilio,  pi-of.   di  chimica  all'  Università  di   Perline. 
Haeckel  Emilio,  prof,   di  zoologia  all'  Università  di  Jena. 


DEL    R.    ISTITUTO    VENETO  39 


COMMiSSlOiM  DEL  R.  ISTITUTO 


CoHsif/ìio  per  le  elezioni  fòieiuKile) 

MEMBKI     (HK    LO    COMPONGONO 

Presidente 

C(de</ori(i  ddle  scienze  uKtteuKtfirhe  e  naturali 

Loreiizoiii  Giuseppe  j 

Omboni  Giovanni  / 

Lioy   Paolo  )     (eletti  nel  gennaio  1899) 

Veronese  Giuseppe  i 

Stefani  Aristide  / 

Categoria  delle  scienze  morali  e  lettere 

Donatelli  Francesco 

Teza  Emilio 

Molmenti  Pompeo  )    (•'i<'tt'  nel  gemiiiio  ih'ju) 

Fogazzaro  Antonio 

Ferraris  Carlo  Francesco 


Gin  II  fa  hieniKile  per  hi  Bihliofeca 

MEMBRI    CHE    LA    COMPONGONO 

Presidente  -  Vicepresidente  -  Segretario 

Vicesegretario  -  Amministratore  e  Conservatore 

delle  Raccolte 

Lorenzoni  Giuseppe 
Spica  Pietro 

Teza   Emilio  /•     (eletti  nei  marzo   ISOU) 

Veronese  Giuseppe 
Fogazzaro  Antonio 


40  ELENCO    DEI    MEMBEI    E    SOCI 


(t//i)if(i   fìieiìììaìe  alle  liacrolte  sc/cnfifirìie 


MEMI5RI    CHE    LA    COMPONGONO 


Presidente  -  Vicepresidente  -  Segretario 

Aniministrator» 

delle  Raccolte 


Vicesegretario  -  Amministratore  e  Conservatore 


Lioy  Paolo 

Omboni  Giovanni  i  .^       i  i      ww, 

.     ,        .  .  (eletti   Ilei   novembre   IS-lh) 

Canestrini  Giovanni  i 

Sacca rdo  Pier  Andrea 


Giitnfd   trieiuKih'  jtcr  lo  studio  dclhi   liiKjKd 
e   IcffcyalHrd   ifal/aiKt 

MEMBRI    CHI-;    TiA    COMPON(iONO 

Presidente 

Morsoli n  Bernardo 
Molmenti  Pompeo  f 

t;^  Ai."  (eletti   Ilei    iU)V(!liib]'e    ISIKS) 

Fogazzaro  Antonio 
Galanti  Ferdinando 


Giinìta  fr/e»)i(fle  per  hr  ^forid,  a r ri > eoi o gin  e  sfdlixfira 
delle  prò  ri  ne  le  venete 

MI'IMBRI     CHE    LA    COMPONGONO 

Presidente 

Gloria  Andrea  \ 

Favaro  Antonio  '    ,  ,  ..       i  i      iu„ua 

(eletti    nel    novembre    ISitS) 

Morsolin  Bernardo 
Ferraris  Carlo  Francesco 


DEL    R.    ISTITUTO    VENETO  41 

Giiiiifo  friciinulc  pel   Paiif/icoii    ì^enefo  • 

(<'n'ffo    (lair  Istitdfo    nel    1847) 

MEMBRI  OHE  LA  COMPONGONO 

Presidente 

Lorenzoni  Giuseppe  \ 

Favaro  Antonio  / 

Gloria   Andrea  ^     (eletti  nel  novembre  1898) 

Molmenti  Pompeo 
Pascolato  Alessandro 


Revisori  dei  ronfi  de/I'  I^tif/ifo 
(  (in)ui(di  ) 


Veronese  Giuseppe  t    ,  w.      i  i    i     ioqua 

*  '  *•     (eletti   nel    liig-lio   lH9y) 


Spica  Pietro 


Consiglio    Mi  ni  eh    (  biennale) 


MEMBEI  CHE  LO  COMPONGONO 

Presidente  -  Vicepresidente  -  Segretario 

Vicesegretario  -  Amministratore  e  Conservatore 

delle  Raccolte 

Veronese  Giuseppe  <    ,  ,  ..      in  ..  ■      iuau> 

-I-I  .       /x      1       T^  f     (eletti    nclr  ottobi'e   1S9S) 

Ferraris  Carlo  Francesco 


Berisori  dei  eonfi  dell'  Annnini  strazio  ne  MinieJi 
(  biennali) 

Lorenzoni  Giuseppe  '    r  w,      i   i       ^      iwu«^ 

'^  ^  (eletti   nel  dieeinlii-e   1<S'.)H) 


Spica  Pietro 


42 


ELENCO    DEI    MEMBEI    E    SOCI 


INDI C  K 


MEMBRI   E    SOCI   DELLE    PROVINCIE   VENETE   E    SOCI   NAZIONALI 


Abetti  Antonio 
Albini  Giuseppe 
Alt'ani  xVug'usto 
Alislian  Padre  Leonzio 

Margar 
Arrigoni  degli  Oddi  Ettore 
Bassani  Francesco 
Bassini  Edoardo 
Battelli  Ang(do 
Bollati  Manfredo 
Beltrame  Giovanni 
Bercliet  Federico 
Bercliet  Guglielmo 
Bernardi  Enrico 
Biadego  (Jiuseppe 
Bizzozero  (ìiulio 
Blaserna  Pietio 
Boccardo  Gerolamo 
Boito  Camillo 
Bollati  di  Saint-Pierre 

Federico  Emanuele 
Bombicci  Luigi 
Bonatelli  Francesco 
Bonomo  Augusto 
Bordiga  Giovanni 
Brugi  Biagio 
Caccianiga  Antonio 
Camerano  Lorenzo 
Canestrini  Giovanni 
Cannizzaro  Stanislao 
Capellini  Giovanni 
Carducci  Giosuè 
Carpone  Antonio 
Carutti  di  Cantogno 

Domenico 
Cassani  Pietro 


P- 


32 

Castelnuovo  Enrico 

1>- 

20 

2;] 

Ciamieian  Giacomo 

)i 

34 

84 

Cipolla  Carlo 

^ 

30 

Cipolla  Francesco 

„ 

15 

14 

Ciscato  Giuseppe 

„ 

17 

18 

Comparetti  Domenico 

11 

27 

28 

Conti  Augusto 

,, 

21 

10 

Cossa  Alfonso 

„ 

22 

84 

Crescini  Vincenzo 

n 

16 

() 

D'Achiardi  Antonio 

n 

25 

4 

Dalla  Vedova  Giuseppe 

„ 

28 

17 

D'Ancona  Alessandro 

n 

27 

I 

D'Arcais  Fiancesco 

n 

20 

a 

De  Giovanni  Aeliilh; 

11 

(3 

21 

Del  Lungo  Tsidoi'o 

'1 

25 

2() 

De  Toni  Giovanni  Battista 

,, 

11 

24 

Donati  Cesai'e 

„ 

30 

21 

Favaro  Antonio 

„ 

4 

32 

Favero  Giovanni  Battista, 

)? 

33 

Felici  Riccardo 

„ 

24 

30 

Pergola  Emanuele 

11 

33 

2(i 

Ferrara  Francesco 

•n 

14 

7 

Ferraris  Carlo  Fi'anc<»sco 

„ 

10 

li) 

Ferrerò  Annibale 

„ 

2(i 

18 

Flamini  Francesco 

n 

21 

15 

Fogazzaro  Antonio 

■fl 

10 

14 

Pomari  Vito 

n 

30 

34 

Galanti  Ferdinando 

„ 

12 

3 

Gemmellaro  Gaetano  Giorgio 

11 

24 

23 

Giglioli  Enrico  Hillyer 

„ 

28 

24 

Gloria  Andi'ea 

„ 

5 

25 

Gradenigo  Pietro 

11 

12 

15 

Keller  Antonio 

., 

6 

Lanipertico  Fed(do 

„ 

2 

27 

Landucci  Landò 

„ 

18 

10 

Levi-Catellani  Enrico 

16 

DEL 

E. 

ISTITUTO    VENETO 

43 

Lioy  Paolo 

P- 

8 

Ragnisco  Pietro 

p.    12 

Lorenzoni  (riiiscppc 

•n 

3 

Ricci  Gregorio 

11      11 

Luzzatfi  Luigi 

» 

2 

Righi  Augusto 

„     29 

Magnatili  Giovanili  Battista 

r> 

33 

Ròiti  Antonio 

11      11 

Manno  Antonio 

„ 

27 

Ruffini  Ferdinando 

„      „ 

Marinelli  Giovanni 

^ 

ó 

Saccardo  Pier  Andrea 

„       ^ 

Martello  Tullio 

^ 

33 

Sacerdoti  Adolfo 

,1     19 

Martini  Tito 

n 

9 

Salvadori  Tommaso 

,1     31 

Massalongo  Caro 

n 

35 

Scarabelli-Gommi  Flaminj 

Massalongo  Roberto 

il 

IT 

Giuseppe 

11      11 

Mazzoni  Giudo 

11 

32 

Scliiaparelli  Ernesto 

11     34 

Messedaglia  Angelo 

»' 

2 

Schio  (da)  Almerico 

11       9 

Millosevicli  Elia 

„ 

31 

Setti  Giovanni 

11     21 

Molmenti  Pompeo 

„ 

10 

Spica  Pietro 

T 

Morsolin  Bernai'do 

11 

s 

Spiea  Giovanni  Marcatajo 

„     19 

Mosso  Angelo 

n 

27 

Stefani  Aristide 

11     10 

Naccari  Andrea 

n 

25 

Stringher  Bonaldo 

„     36 

Nasini  Raffaello 

11 

12 

Tacchini  Pietro 

11     25 

Nieolis  (de)  Enrico 

„ 

15 

Tamassia  Arrigo 

,1       9 

Nieolucci  Giustiniano 

11 

23 

Tamassia  Giovanni 

„     19 

Occioni-Bonaffons  Giuseppe 

n 

11 

Tardy  Placido 

„     24 

Omboni  Giovanni 

11 

6 

Targioni  Tozzetti  Adolfo 

„     27 

Panzacchi  Enrico 

„ 

35 

Tellini  Achille 

„     18 

Papadopoli  Nicolò 

11 

9 

Teza  Emilio 

.       8 

Parona  Carlo  Fabrizio 

11 

33 

Tizzoni  Guido 

,1     36 

Pascolato  Alessandro 

„ 

16 

Tommasini  Oreste 

.     28 

Paterno  di  Sessa  Emanuele 

n 

31 

Trois  Enrico  Filippo 

11       3 

Penzig  Ottone 

„ 

35 

Veronese  Giuseppe 

.       9 

Pennato  Papinio 

11 

20 

Verson  Enrico 

11     16 

Peyron  Bernardino 

„ 

31 

Vicentini  Giuseppe 

,.    n 

Pigorini  Luigi 

„ 

„ 

Vi  Ilari  Pasquale 

•>0 

lì       -'-J 

Poggi  Tito 

11 

19 

Vivante  Cesare 

„     34 

Polacco  Vittorio 

^^ 

15 

Zambaldi  Francesco 

„     32 

Politeo  Gioi'gio 

^ 

14 

Zanon  Giovanni  Antonio 

,1     20 

Predelli  Riccardo 

„ 

20 

SOCI   CORBISPONDENTI   ESTERI 


Alber  de  Glanstatten 
Berthelot  Marcellino 
Bertrand  Giuseppe 
Boussinesq  Valentino 
Brown  Orazio 
Biidinger  Massimiliano 
Carrutliers  Guglielmo 
Dejob  Carlo 
Delisle  Leopoldo 


38 


38 
37 


De  Loriol  Perceval 
De  Rozière  Eugenio 
Fay(i  ilervé  Augusto 
Fischer  Emilio 
Fischer  Teobaldo 
Forster  Guglielmo 
Gaudry  Alberto 
(ìegenbaur  Carlo 
Giinther  Sigismomlo 


p.  o. 
38 
37 
38 
37 


44 


ELENCO    DEI    MEMBEI    E    SOCI 


Haeckol  Emilio 

!>• 

:3S 

Poincaré  (iiulio  Enrico 

).    38 

Hormite  Cailo 

•M 

Rado  Antonio 

,      ^ 

Hortis  Attilio 

^^ 

Rendu   Euii'cnio 

,     37 

Klein  Felice 

;w 

Riiiiit  Paolo 

1         n 

KoUiker  Alberto 

BT 

Rontgen  Guglielmo  ( 

oii'ado     , 

,     38 

Levasseur  Emilio 

38 

Simonsf'(dd  Enrico 

1            71 

Mayr  von  Giorgio 

„ 

Struve  Ottone 

,     37 

Mommsen  Teodoro 

8(i 

Suess  Edoardo 

,     38 

Mussafia  Adolfo 

38 

Thomson  Guglielmo 

1             17 

Newcomb  Simeone 

„ 

Virchow  Rodolfo 

7             77 

Nordenskiold  N.  A.  E. 

37 

Wagner  Adolfo 

7            77 

Opert  Giulio 

38 

Zittel  Carlo 

] 

j.    37 

MEMBRI    EFFETTIVI   DELL   ISTITUTO    LOMBARDO 


/Vr  ì(/   (lasse 


Ardissone  Francesco 
Aschieri  Ferdinando 
Bard(dli  Giuseppe 
Beltrajni  Eugenio 
Briosi  Giovanni 
Celoria  Giovanni 
Colombo  Giuseppe 
Cremona  Luigi 
Ferrini  Rinaldo 
Gabl)a  Luigi 
Golgi  Camillo 
Jung  Giuseppe 


rJì  scicìizc  itKffematiche  e  >ìatiir<(Ji 

p.  13  Korner  Guglielmo 

„  ,,  Maggi  Leopoldo 

.,  „  Mantegazza  Paolo 

,,  ,,  Mui'ani  Oreste 

„  „  Oehl  Eusebio 

„  „  Pavesi  Pietro 

„  „  Scarenzio  Angelo 

„  „  Schiaparelli  Giovanni 

„  „  Simoncelli  Francesco 

„  „  Taramelli  Torquato 

„  „  Zoja  prof.  Giovanni 


p.    13 


Pfi)'  la  Classe  di  lettere,  seienze  inorali  e  storiche 


Ascoli  Graziadio 
Calvi  Felice 
Cantoni  Carlo 
Ceriani  Antonio 
Cerutti  Antonio 
Del  Giudice  Pasquale 
Ferrini  Contardo 
Gob])i  Ulisse 


p.  13  Liama  Vigilio 

„  „  Lattes  Elia 

„  ,,  Massarani  Tulio 

Negri  Gaetano 

.,  „  Piola  Giuseppe 

„  „  Strambio  Gaetano 

,,  ,,  Vidari  Ercole 

„  „  Vignoli  Tito 


p.    13 


Commissioni  del  R.  Istituto,  p.  39 


Atti  dkl  Realk  Tstitttto  Venkto  di  scienze,  lettere  ed   arti. 
Anno  aociulcmico  lHin)-',)nO  -  Tomo  LIX  -  Piirtc  piinin. 


A  D  U  N  A  N  Z  A    0  R  1)  I  N  A  R  1  A 
DEL  29  OTTOBRE  1899 


PRESIDENZA  DEL  M.  E.  LAMPERTICO 

presidente 

Presenti  i  membri  effettivi  :  G.  Bekchet,  segretario  ;  Cassani, 
vice-segretario;  Loeenzoni,  Trois,  Belteame,  Omboni,  Bel- 
LATi,  P.  Spiga,  Teza,  Lioy,  Mastini,  Veronese,  Da  Schio, 
MoLMENTi,  Stefani,  Fogazzaro,  Ferraris,  G.  B.  De  Toni, 
OcciONi-BoNAEFONS,  GALANTI,  Gradenigo  ;  6(1  i  soci  corrispoii- 
denti  :  Polacco,  Verson,  Pascolato,  Vicentini,  F.  Berchet, 
Landucci,  Sacerdoti,  D' Arcais,  Zanon,  Castelnuovo,  Setti. 

Giustificata  1'  assenza  del  vice-presidente  De  Giovanni,  dei  mem- 
bri effettivi  :  Marinelli,  Bernardi,  A.  Tamassia,  Nasini  e 
dei  soci  corrispondenti:  Poggi  e  Predelli. 

Viene  letto  ed  approvato  l'Atto  della  precedente  adunanza. 

Il  Presidente,  comunicando  la  morte  del  socio  nazionale 
Comm.  Cornelio  Desimoni,  avvenuta  il  29  giugno  a.  e,  avverte 
che  fu  inviata,  a  nome  dell'  Istituto,  una  lettera  di  condoglianza 
alla  Società  Ligure  di  storia  patria  della  quale  il  Desimoni  era 
presidente  onorario. 

Annunzia  indi  la  morte  del  socio  estero  prof.  Roberto  Gu- 
glielmo Bunsen  avvenuta  il  16  agosto  a.  e,  per  la  quale  furono 
inviate  le  condoglianze  dell'  Istituto  all'  Università  di  Heidelberg. 

Si  dà  lettura  del  telegramma  del  Sindaco  di  Como  in  risposta 
a  quello  spedito  dalla  Presidenza  dell'  Istituto  esprimente  il  lutto 
dell'  intero  Corpo  scientifico  per  1'  incendio  dell'  esposizione  di 
elettricità. 

Il  Presidente  quindi  comunica  : 

a)  L' invito  del  Circolo    Artistico  di  Bergamo    all'  inaugu- 
razione in  Gandino,  di  una  lapide    commemorativa    a  Bartolomeo 


46  ADUNANZA    OEDINARIA 

Buono,  e  la  risposta  adesiva  della  Presidenza  alla  festa  comme- 
morativa, per  la  quale  venne  delegata  al  Sindaco  la  rappresen- 
tanza deir  Istituto. 

ì))  La  nomina  dei  membri  effettivi  Saccardo  e  \)e  Toni 
come  rappresentanti  dell'  Istituto  nella  Riunione  generale  della 
Società  Botanica  Italiana  tenuta  a  Venezia  dal  9  al  14  settem- 
bre a.  e,  in  adesione  all'  invito  che  l'Istituto  ricevette  dalla  detta 
Società  a  parteciparvi. 

e)  In  seguito  all'invito  della  Commissione  per  l'undicesimo 
centenario  di  Paolo  Diacono,  di  eleggere  un  delegato  rappresen- 
tante dell'  Istituto  per  formar  parte  della  Commissione  scientifica 
per  r  esame  e  la  pubblicazione  degli  Atti  del  Congresso  storico, 
la  Presidenza  annunzia  che  fu  delegato  il  m.  e.  Morsolin. 

d)  Aderendo  all'  invito  di  partecipare  al  Congresso  degli 
Orientalisti  in  Roma,  si  è  pregato  il  conte  Angelo  De  Guber- 
natis  a  rappresentare  l' Istituto. 

e)  Parimenti  in  seguito  ad  invito  del  Municipio  di  Motta 
di  Livenza  all'inaugurazione  di  due  busti,  l'uno  ad  Antonio  Scarpa 
e  l'altro  a  Pompeo  Marino  Molmenti,  la  Presidenza  dell'  Istituto 
pregò  il  Sindaco  di  flotta  di  assumere  la  rappresentanza  dellMsti- 
tuto. 

Tengono  presentati  gli  elenchi  delle  pubblicazioni  di  nuovo 
acquisto  e  continuazioni  di  opere,  e  di  quelle  ricevute  in  dono 
dal  lo  luglio  al  29  ottobre  a.  e,  facendosi  particolare  menzione 
delle    seguenti   opere  ricevute  in  dono  : 

Dal  m.  e.  CI.  Beltrame  :  /  fpmri  ìia^rosfi  nel  (jrdìKÌe  Mistero 
del  Vcrìx)  hiciii-iuifo  -  Gei^i/  Cr/sfo  -  \'"ki,  verità,  nifa.  Verona, 
1899,  8<'. 

Dal  m.  e.  P.  A.  Saccardo  :  Il  voi.  XVI  della  sua  (  )pera  : 
Si//lo(/e  fimgortim  omnium  Ji.ncNsq/ie  (•(xjnitorum. 

Dal  s.  e.  G.  Biadego  :  La  dominazione  Aitstriarii  e  il  seiifi- 
meiifo  /)td>/dico  a    Verona  dal  1814  ai  1847.  Roma,   1899,  8'\ 

Dal  s.  e.  E.  Catellani  :  I\accidta  di  utopie  della  pace.  Toi'ino, 
1899,  8". 

Da  L.  M.  Billia  :  IJ  exiijlio  di  S.  Ayostiiìo.  Note  .^alle  ro/i- 
traddizioni  di  nii  sistema  di  plosopa  per  decreto.  Torino,  1899,  8°. 

Numero  nnico  a  ricordo  di  Bartolomeo  Buono  e  Giara  uni 
Battista  Castello.  Bergamo,   1899,  4»  ili.» 


DEL    29    OTTOBRE    1899  47 

Yenp-ono  quindi  lette,  o  presentate  con  verbali  dichiarazioni, 
le  Memorie,  di  cui  seguono  i  titoli,  accompagnati  dai  brevi  sunti 
regolamentari  : 

E.  F.  Trois,  m.  e.  :  Stillo  SrJie(/oph/I/(s  Bofieri  (felì'  Heckel.  — 
"La  nota  che  presento  ha  specialmente  lo  scopo  di  far  conoscere 
la  data  origliale  di  uno  dei  tre  soli  esemplari,  che  per  quanto 
è  a  mia  conoscenza,  furono  fino  ad  ora  presi  nell'Adriatico,  e  che 
ho  potuto  procurare  alla  collezione  ittiologica  dell'  Istituto.  „ 

P.  Gradenigo,  m.  e.  :  Presenfazione  di  un  niiouo  tonometro 
ondare. 

E.  Yerson,  s.  e.  presenta  una  ^lemoria  :  S/dJo  scJiìifdimeufo 
lìììperfeffo  del  i<eme  sulle  razze  Manche  adatichc  del  fi/iige/lo,  indi- 
candone le  cause  e  la  maniera  di  prevenirle. 

F.  Berchet,  s.  e.  :  Le  sale  d' armi  del  Consir/lio  dei  Dieci 
nel  Pidazzo  Ducale  di  Venezia.  —  "  Sorge  naturale,  fra  quanti 
amano  il  nostro  Palazzo  Ducale  e  ne  desiderano  con  amorosa 
sollecitudine  la  conservazione,  il  quesito  del  ripristino  di  alcune 
sue  parti,  quali  si  trovavano  all'  epoca  della  caduta  della  Eepub- 
blica,  come  si  ama  di  conservare  al  piìi  possibile  intatta  la  resi- 
denza di  un  morto  glorioso. 

Fra  questi  ritorni  al  passato  è  certamente  assai  desiderato 
il  ripristino  alle  antiche  sale  d'  armi  del  Consiglio  dei  Dieci  per 
quanto  le  circostanze  lo  rendano  possibile. 

Ora  dacché  il  trasferimento  della  sede  del  R.  Istituto  Yeneto 
di  scienze,  lettere  ed  arti  dal  Palazzo  Ducale  in  questa  splendida 
casa  degli  eccellentissimi  Loredani,  fu  la  circostanza  la  più  fa- 
vorevole a  questo  intendimento,  che  io  studio  come  si  possa  rag- 
giungere, credo  mio  dovere  di  presentare  il  frutto  dei  miei  studi 
al  E.  Istituto,  al  quale  ho  1'  onore  di  appartenere,  non  solo  per- 
chè devesi  alla  sua  condiscendenza  la  possibilità  del  ripristino, 
ma  eziandio  pel  grande  amore  che  esso  ha  sempre  portato  ai 
patri  monumenti  ed  in  ispecie  al  Palazzo  Ducale  dove  ha  la- 
sciate tante  nobili  tradizioni  ed  onorate  memorie. 

Questo  R.  Istituto  dall'anno  1848  al  1891  ebbe  la  sua  re- 
sidenza neir  ultimo  piano  dell'  angolo  sud-est  del  Palazzo  Ducale 
occupando  la  superficie  della  antica  torre  australe,  dove  negli  ul- 
timi quattro  secoli  della  Repubblica  stettero  le  sale  d'  armi  del 
Consifflio  dei  Dieci. 


48  ADUNANZA    ORDINAEIA 

Della  torre  australe  del  Palazzo,  riedificato  dall'  Orseolo  nel 
977  —  forse  ancora  la  torre  del  Palazzo  costruito  dal  Partecipazio 
neirSlO  ed  incendiato  nel  971  —  di  cui  restano  documento  le 
fascie  marcapiani  dal  ponte  della  Pag-lia  alla  scala  dei  Censori  — 
nella  qual  torre  fu  ospitato  V  imperatore  Ottone  II  1'  anno  998, 
si  occuparono  diversi  studiosi,  e  da  ultimo  Roberto  Galli  che  ne 
fece  rilevare  il  perimetro  al  piano  terreno  scavando  le  fonda- 
menta delle  prio-ioni  Galeotta,  Giustiniana,  Grandonia,  Frescazoja, 
Schiava  e  del  pozzo  del  Cavalier,  che  era  V  entrata,  con  pozzo, 
air  appartamento  del  Dot^e  nel  sovrapposto  mezzanino. 

In  tale  occasione  vennero  in  luce  pavimenti  accidentati  e 
depressi  sotto  il  livello  delle  alte  maree,  fognature,  basse  porte, 
piccoli  spiragli,  grandi  archi  ogivali  di  scarico  ed  altri  particolari 
di  costruzione  che  furono  consegnati  in  apposite  ortografie  ed 
icnografìe,  dei  cui  esemplari  faccio  omaggio  al  R.  Istituto,  senza 
più  oltre  trattenermi  sulla  origine,  identificazione  ed  uffici  della 
torre  australe  per  non  esorbitare  dal  mio  assunto  che  intende  li- 
mitarsi a  discorrere  delle  ^  Sale  d'  armi  dell'  Eccelso  Consiglio 
dei  Dieci.  „ 

Queste  sale,  dopo  che  cessarono  dall'  ufficio  loro,  accolsero 
prima  in  deposito  le  argenterie  delle  chiese,  confraternite  e  scuole 
soppresse,  ori,  gioje  e  perle  ;  poi  spogliate  di  tutto  e  ridotte  a 
camere  nude  ed  imbianchite  servirono  sotto  il  primo  regime 
austriaco  all'  Ufficio  di  spedizione  del  Tribunale  di  Appello,  poi 
ancora  divise  in  più  camere  e  riparti  servirono  alla  Procura 
Generale  del  Regno  d'  Italia,  quindi  al  Collegio  dei  Segretari  di 
Consiglio  del  Tribunale,  e  finalmente  pel  concetto,  espresso  nella 
Sovrana  Risoluzione  del  23  marzo  1823,  che  cioè  il  Palazzo 
Ducale,  sgombrato  da  ogni  pubblico  ufficio  dovesse  divenire  la 
sede  pacifica  delle  scienze,  delle  lettere  e  delle  arti,  vennero  as- 
segnate per  residenza  di  questo  Reale  Istituto. 

Lo  studio  pertanto  che  bo  1'  onore  di  presentare  per  la  in- 
serzione negli  Atti  del  R.  Istituto  comprende  due  parti. 

La  Parte  P^  risguarda  la  storia  dei  locali  come  segue  : 

Origine  delle  sale  d'  armi  del  Consiglio  dei  Dieci  e  loro  di- 
sposizione nel  Palazzo  Ducale. 

Vicende  cui  andarono  soggette  nella  torresella. 

Le  prigioni  della  torresella  illustrate    da   prigionieri  notevoli. 

Le  discipline  per  la  amministrazione  e  sorveglianza  delle 
sale  d'  armi. 


DEL    29    OTTOBEE    1899  49 

T  lavori  di  manutenzione,  nuovo  accesso  dato  alle  sale  e 
nuova  porta  in  cedro  del  Libano. 

Disposizione  e  destinazione  dei  locali  al  principio  di  questo 
secolo. 

Restauri  recenti  e  lavori  di  ripristino. 

La  Parte  II"  riguarda  la  storia  dei  cinielii  e  delle  armi 
come  segue  : 

Notizie  generali.  Doni,  cambi,  ed  acquisti  di  armi  e  di  cimelii. 

Discipline  per  la  loro  tenuta  e  manutenzione  decorativa  e 
tecnica. 

Furti  e  dispersioni  avvenute  durante  la  Repubblica. 

Disposizione  dei  principali  oggetti  nelle  sale  alla  caduta  della 
Repubblica. 

Sperpero  cui  andarono  soggetti  alla  fine  del  secolo  scorso  ed 
elenco  delle  cose  che  in  queir  epoca  nefasta  andarono  disperse. 

Dove  ancora  si  conservano  alcuni  oggetti  d'arte,  cimelii  ed 
armi,  ed  elenchi  di  quanto,  appartenente  alle  sale  d'  armi,  si 
conserva  ancora  nel  Palazzo  Ducale,  nel  R.  Arsenale  ed  altrove. 

Come  potrebbesi  provvedere  a  ricostituire  le  sale  d'  armi  del 
Consiglio  dei  Dieci,  rimettendo  al  proprio  posto  ciò  che  avanza  della 
storica  collezione. 

A  questa  Memoria  sono  aggiunte  : 

La  pianta  delle  sale  d'  armi  colla  indicazione  del  posto  ove 
erano  collocati  i  principali  oggetti  alla  caduta  della  Repubblica. 

Parecchie  fotografie  degli  oggetti  principali  conservati  tut- 
tora nel  Palazzo  Ducale  e  nel  R.  Arsenale. 

La  fotografia  della  muraglia  della  torricella,  colle  iscrizioni 
fattevi  da  prigionieri  che  vi  furono   custoditi. 

L'  Inventario  generale  o  nuovo  registro  di  tutte  le  armi  e 
cose  ragguardevoli  delle  sale  d'  armi  del  Consiglio  dei  Dieci  com- 
pilato nel  1773;  e  l'Atto  di  consegna  14  gennaio  1797,  documenti 
originali  inediti  ed  importantissimi. 

Ij'elenco  di  centoquarantacinque  documenti  del  R.  Archivio  di 
Stato  riguardanti  lo  sale  d'armi  e  che  servirono  allo  studio  presente. 

11  quale  assoggetto  al  vostro  giudizio  colla  fiducia  che  il  Reale 
Istituto  vorrà  appoggiare  col  suo  autorevole  voto  la  proposta  di 
ripristino. 

Che  se  questo  non  si  potesse  conseguire,  per  le  gravi  diffi- 
coltà esposte  nella  presente  relazione,  rimarrà  almeno  in  essa 
raccolto  tutto  quanto  si  riferisce  ad  una  istituzione,  che  fu  fra  le 


50  ADUNANZA    ORDINARIA 

più  amorosamente  curate  dalla  Eepubblica,  e  che  per  la  sua  ma- 
gnificenza ed  i  preziosi  cimelii  che  racchiudeva  era  argomento  di 
generale  ammirazione. 

Girolamo  Kossi  nei  suoi  scritti  ricorda,  fra  le  più  grandi  im- 
pressioni che  ebbe  nella  sua  gioventù,  la  visita  fatta  alle  sale 
d'armi  del  Consiglio  dei  X;  le  quali  ad  ogni  arrivo  di  principi 
0  di  stranieri  ilhistri  si  facevano  vedere  —  lo  attesta  il  8anudo 
nei  suoi  preziosi  Diarii  —  come  monumento  della  grandezza  della 
patria.  „ 

E.  Castelnuovo,  s.  e.  :  Ihll'arfc  .^rcanr/o  un  (jìuntih  ((li/sfa.  — 
Un  recente  libro  sull'Arte  di  quell'eminente  e  pur  singolare  scrit- 
tore che  è  Leone  Tolstoi  porge  occasione  al  lavoro  del  prof.  Ca- 
stelnuovo. L'  autore  dapprima  delinea  i  tratti  caratteristici  di  quel 
potente  ingegno  in  cui  si  congiungono  virtù  e  tendenze  opposte  fra 
loro,  indi  esamina  il  concetto  che  egli  ha  dell'Arte  quale  ap- 
parisce dal  suo  libro.  Tolstoi  non  vuole  che  V  Arte  sia  fine  a  se 
stessa  ma  che  abbia  una  meta  e  si  atteggi  così  da  accomunare 
coir  artista  tutte  le  classi  sociali  anzi  tutti  gli  individui,  quahuKiue 
sia  il  grado  della  loro  coltura.  Aiuole  l'Arte  inspirata  dal  concetto 
religioso,  che  per  lui  è  il  Cristianesimo  puro,  spogliato  di  tutto 
quanto  venne  trasformandolo  nel  corso  dei  secoli,  ridotto  insomma 
alla  sua  semplicità  primitiva;  e  conclude  coli' aspirazione  ad  una 
forma  d'Arte  che  possa  essere  non  solo  intesa,  ma  professata  da 
tutti  !  TI  Castelnuovo  espone  le  sue  considerazioni  sopra  questa 
maniera  di  pensare  deirillustre  scrittore,  mostrando  che  Arte  buona 
e  vera  può  essere  anche  quella  che  non  ò  informata  ad  una  sola 
maniera  di  sentire  e  di  vedere;  osservando  per  esempio  clic  gli 
ideali  del  ^lanzoni  non  sono  quelli  del  Leopardi,  ma,  quando  mai, 
a  quelli  del  tutto  opposti,  e  non  esser  perciò  Arte  men  bella  quella 
dell'uno  in  confronto  a  quella  dell'altro.  Fa  risa'tare  alcune  analo- 
gie nel  modo  di  sentire  fra  il  Savonarola  ed  il  Tolstoi,  osservando 
che  il  più  intransigente  non  è  il  monaco.  Conclude  che  nessuna 
forma  d'Arte  può  pretendere  ad  insignorirsi  esfi ìtdvamente  di 
tutti  gli  animi. 

Il  m.  e.  V.  Hpica  presenta  all'Istituto  il  sunto  d'un  lavoro 
del  dott.  Cuido  Cossettini  Hni.lhi  inilurd  dei  j>ìiììnììiìi)i\.  \\  dott. 
Cossettini,  dice,  è  pervenuto  a  stabilire  che  la  sostanza  chiamata 
da  de  Rey-Pailhade  col   nome    di  phììoflnoìt  non  è  unica,  ma  un 


DEL    29    OTTOBRE    1899  51 

miscuglio  di  almeno  due  sostanze  attive,  e  che  una  d'  esse  do- 
tata d'azione  yiduveiite  nullo  zolfo,  non  passa  per  filtro  Cham- 
berland  e  non  è  di  natura  diastasica,  ma  presenta  i  caratteri  di 
un  acido  nucleinico,  capace  di  mantenere  la  sua  azione  sullo 
zolfo  dopo  essiccazione,  dopo  riscaldamento  a  100"  e  anche  in  pre- 
senza di  anestetici. 

Oltre  a  ciò  il  dott.  Cossettini  ha  potuto  osservare  che  fa- 
cendo passare  per  filtro  Chamberland  gli  estratti  idroalcolici  con- 
tenenti il  pìiilotìiìoìi,  si  ha  un  filtrato  esatte  di  organismi  che, 
contro  le  asserzioni  del  de  Rey-Pailhade,  non  reagisce  più  con  lo 
zolfo  e  contiene  un  enzima  capace  d'essere  trasportato  dal  fosfato 
calcico  precipitantesi  nella  soluzione  e,  a  quanto  pare,  capace  anche 
di  fare  avvenire  la  fermentazione  alcolica  nelle  soluzioni  di  glucosio. 

Lo  stesso  m.  e.  P.  Spica  presenta  pure  il  sunto  di  un  lavoro 
sperimentale  del  dott.  Lino  Coltnvo  intorno  alle  cause  delle  in- 
compatihilità  farniaceuticJie  osserrate  tra  /'  esalgiìia  e  l'acido  sati- 
cilico,  il  mentolo,  H  cloratio  idrato,  il  salolo,  la  rcsoreina.  Di  (pieste 
incompatibilità,  quella  con  1'  acido  salicilico  è  prodotta  dalla  umi- 
dità dell'aria  ed  è  analoga  a  quella  dal  m.  e.  P.  Spica  dimostrata 
per  l'antipirina  con  l'acido  salicilico;  quella  col  mentolo  e  col  sa- 
lolo non  sussiste  a  temperature  inferiori  a  28-29°;  quelle  che  si 
presentano  con  l'idrato  di  cloralio  e  con  la  resorcina  non  sono 
influenzate  dall'  umidità  o  dall'aria,  e  sono  dipendenti  da  un  sem- 
plice fenomeno  di  soluzione  o  da  una  combinazione  molto  instabile. 

Terminate  le  letture,  il  Presidente  ringrazia  il  socio  ing. 
Federico  Berchet  e  dichiara  che  l'Istituto  si  associa  ai  suoi  voti, 
ed  esprime  il  desiderio  che  nelle  Sale  d'  armi,  ripristinate,  una 
iscrizione  rammenti  che  furono  sede  dell'Istituto,  il  quale  appunto 
vi  ha  lasciate  onorate  memorie. 

Dopo  di  che  l'Istituto  si  raccoglie  in  adunanza  segreta,  nella 
quale  fu  approvato  il  conto  consuntivo  della  Fondazione  Balbi- 
Yalier  per  1'  anno  1898,  e  si  è  data  comunicazione  del  voto  20 
settembre  1899  del  Congresso  degli  agricoltori  di  Mirano,  in  favore 
delle  migliori  Associazioni  cooperative  agrarie  del  Veneto. 

Il  Presidente 
F.  LAMPERTICO  II  Segretario 

G.    B  E  B  e  H  j;  T 


Atti  del  Reale  Istituto  Veneto  iji  scienze,  lettere  ed  aeti. 
Anno  accademico  1899-900  -  Tomo  LYIII  -  Parte  prima. 

(annessi) 


BOLLETTINO   BIBLIOGRAFICO 
Doni  ed  Acquisti  dal  10  luglio  al  29  ottobre  1899  ('ì 


A.  Aloi.  -  Gli  (KjniDìi.  M(iin/(f/e  teorico  prativo  siitl((  colti  razione, 
malattie  e  couinìercio  (le</li  a(/iiiiiii.  —  Milano,  1900,  16°,  tela, 
con  22  ineis.  e  5  Tav.  col. 

*S.  Arcidiacono.  -  Principali  fenoniciii  eruttici  a rcenuti  in  Sicilia  e 
e  nelle  isole  adif/centi  nel  semestre  higlio-dicemhre    1898.  — 
Modena,   1899,  8°,  con  2  Tav. 
*  Sui  terremoti  del  3  mayyio  18'Jil.  —  Catania,   1898,  8.o 

*P.  Baccarini.  -  I  caratteri  e  la  storia  della  flora  mediterranea. 
Discorso.  —  Catania,   1899,  8.» 

*P.  Baccarini  e  P.  Cannarella.  -  Primo  contributo  alla  struttura 
ed  alla  hioloijia  del  Ci/nomoriiim  Coccineiim.  Memoria.  —  Ca- 
tania,  1896,  4",  3  Tav. 

*D,  Barduzzi.  -    Prorrediìnenti  per  le  stazioni  termali  Senesi    nei 
secoli  XIJI  e  XIV.,  jìidddictti  dalla    Giunta  Municipale.  — 
Siena,  1899,  8.» 
A.  Bellini.  -  Igiene  della  pelle.    —  Milano,   1900,   16°,  tela,  con 
7  incis. 

*G.  Beltrame.  -  1  tesori  nascosti  nel  Grande   Misteio    del     Verbo 
Incarnato.  Gesù  Cristo.  Via,  veìitò  e  cita.  —  Verona,  1899,  8.° 
0.   Bernhard.   -  Gli  infortunii  della  montagna.  Manuale  jrratico  ad 
uso  degli  Alpinisti,  delle  guide  e  dei  portatori.  T rad.  di  Ric- 
cardo dirti.  —  Milano,  1900,  16o,  tela,  ili. 


(Ij  L'  *  indica  i  libri  od  opuscoli  l'iceviiti  in  dono. 


[2]  BOLLETTINO    BIBLIOGKAFICO 

*G.  Biadego.  -  Alessandro    Volta  ai  reronesi  Pietro  Cassali    e  A. 

M.  Lorgna.  ■—  Verona,   1899,  8.° 
*  La  dominazione  Austriaca  e  il  sentiìneiifo  puhhìico  a    Verona 

dal   1S14  al  1847.  —  Roma,   1899,  8.° 
^'Resoconto  morale  della  Cimca  Biblioteca  di     Verona   per    V ((mio 

1898.  —  Verona,   1899,  4.o 

*L.  M.  Billia.  -  U  esigi  io  di  S.  Agostino.  Note  sulle  contraddi- 
zioni di  un  sistem((  di  plosop((  per  decreto.  —  Torino,  1899,  8. « 
L.  Bonelli.  -  Elementi  di  grammatica  Turca  Osmanli  con  para- 
digmi^ crestomazia  e  glossario.  —  Milano,  1899,   16°,  tela. 

*R.  Bonfanti.  -  La    donna  di   garbo    di  Carlo  Goldoni.  —   Noto, 

1899,  8.0 

*B.  Briigi.  -  Un((  [)((gin((  di  Francesco  Forti  e  V opera  di  Fran- 
cesco Carrara.  — 

E.  Budan.  -  L' ((malore  d'((ufo(/r((fi.  —  Milano,    1900,   16°,  tela, 
con  361  fac-simili. 

*S.  Bullo,  D.  Carazzi,  S.  Lo  Bianco,  V.  Vinciguerra.  -  Lo  Hta- 
gnone  di  Marsala.  Relazione,  premesso  un  cenno  storico  su- 
gli studi  fatti  precedentemente  per  c((>ra  di  A.  Figlioli.  — 
Marsala,   1899,  8.° 

''^Numero  unico  a  ricordo  di  Bartolomeo  B((ono  e  Gioc((nni  B((fti- 
sta  Castello.    -  Bergamo,   1899,  4»  p.,  ili. 

*A.  Chiamenti.  -  /  moli  usciti  terrestri  e  furiatili  della  jjrorin,cia 
di  Venezia,  con  cenno  sull((  l\((ccolta  delle  chiocciole.  — 
Siena,   1899,  8." 

*G.  Ciscato.  -  Determinazioni  di  latitudine  e  di  azimut  fatte 
alla  Specola  di  Bologna  nei  mesi  di  giugno  e  luglio  1897.  — 
Venezia,  1899,  4.»  —  Dono  della  R.  Commissione  Geode- 
tica italiana. 

*  Codice  necrologico-liturgico  del  Monastero  di   S.    indicatore    o    S. 

Giulia  in  Brescia,  trascritto  ed  illustr((to  da  Andrea  Valen- 
ti)(i,  j)((bblic((to  (l((ir Ateneo  di  Brescia.  —  Brescia,  1887,  4*', 
fac-simili. 

*  Atti  del   7T  Congresso  Medico  internazionale  della  Loìnbardi((   e 

del  Veneto  tenuto  in  Venezia  nei  giorni  12-13-14  settembre 
1S98.         Venezia,  1899,  8." 

*  D.  Dal  Lago.  -  Xote  geologicìie  sulla    Vd  (T  Agno.  —  Valdagno, 

1899,  8.0 
*A.  De  Gordon.  -    Consideraciones  sabre  la  voz  kumana.  —    Ha- 
bana,  1899,  8.» 


DONI    ED    ACQUISTI    ECC.  [3] 

*F.  Durante.  -    Trai  fato  (li  jKttoìogia  e  ferapia  rJi/nirc/ica  (jenerah 

e  speciale.  Voi.   TU,  punt.  5.«  —   Roma,   1899,  8°,  fig. 

E))cicl<ype(ì}(t  (lì   Cìiimica.  Supp.  annuale.  Anno  XY,    1898-1899, 

Disp.   176. 

*F.  Ereclia.  -   Temperature  di  Catania    e    dell' Etna    ottenute    col 

metodo  delle  differenze.  —  Catania,   1899;  8.° 
*  Eusebio.   -   Concordanza  dei    Vangeli.  Codice  Queriniaìio  illustrato 
da  Andrea    Valentini,  pubblicato  dalT  Ateneo  di  Brescia.   — 
Brescia,   1887,  8^  ^.  (fac-siraili). 
E.  Fehling.  -  Fisiolocfia  e  patologia  del  pìierperio.   Tnn/.    del  D. 
S.   PateUani.   —  Milano,  1899,  8°,% 
*M.  Fiorini.  -   ^fere  terrestri  e  celesti  di    autore    italiano    oppure 
fatte  0  consercate  in  Italia.  —  Roma,   1898,  8.° 
L.  Franchi.  -  Leggi  sulle    tasse    di    registro  e  bollo.  — •    Milano, 
1899,  160,  tela. 
Legge  sui  lucori  pubblici.   —  Milano,   1899,   16°,  tela. 
I.   Ghersi.   -   Metodi  facili  per  risolcere  i   problemi   di    geoìnetria 
elementare.   —   villano,   1900,  16°,  tela,  con  200  problemi  ri- 
solti e  126  incisioni. 
*E.  Guidi  Di  Filomeno.  -  U  innocent.  Comedia  pesarese  in  un  atto. 

—  A'erona,  1899,  16.° 

*J.  Hjort,  0.  Nordgaard,  H.  H.  Gran.  -  Report  on  Norregian  marine 
inrcstigatious  1895-97.  —  Bergen,  1899,  4.° 
E.  Hofmann.  -  Atlante  di  medicina  legale.  Traduzione  con  ri- 
chiami alla  legislazione  italiana  del  dott.  Cesare  Biondi.,  ed 
una  prefazione  del  doti.  A.  Sereri.  -  Milano,  1889,  8°,  tela. 
Atlante  con  194  figure  su  50  tavole. 

*C.  Huygens.   -   Oeurres  comnlètes  publiées  pjar  la  Socicté  Hollan- 
daise  des  sciences.  Tome  YIII.«   Correspondance  1676-1684. 

—  La  Haye,  1899,  4°,  ili. 

*R.  Ispettorato  pei  monumenti  e  scavi  dei  Mandamenti  di  Con- 
selve, Este,  Monselice  e  Montagnana.  -  Notizie  di  archelogia^ 
arte  e  storia  comunicate  dal  li.  Ispettore  prof.  Alessandro 
Prosdocimi.  Anno  I,  gennaio-giugno  1899.  —  Este,  1899, 
8.0 
C.  Jakob.  -  Atlante  del  sistema  nerroso  nello  stato  sano  e  nel  pa- 
tologico. Pref.  del  dott.  Ad.  r.  Sii  iimjjell.  Trad.  dei  dott.  A. 
Clerici  ed  E.  Medea.  —  Milano,   1899,  8°,  ili. 

*F.   Lampertico.  -  In  memoria  del  Card.   Agostino  Bausa.   —  Fi- 
renze,  1899,  8°,  ritr. 


[4]  BOLLETTINO    BIBLIOORAFICO 

P.  Lefert.  -  La  pratica  giornaliera  Dermatologica  e  Sifi.lograpA-a. 
Trad.  ital.  per  cura  del    dott.    Luigi    Bufalini.  —  Milano, 

1899,  160,  tela. 

La  j^ratica  giornaliera  delle  malattie  della  laringe^  del  naso   e 
delle  orecchie.   Trad.  it.  di  L.  Bufai  ini.    —    Milano,    1899, 
16»,  tela. 
La  pratica  giornaliera  delle  malattie  delle   rie   urinarie.    Trad. 

it.  di  L.  Bufai  ini.  —  :\Iilano.   1899,   16",  tela. 
La  pratica  giornaliera  delle  nniJattie   della  hocca  e    dei    denti. 
Trad.  ital.  di  L.  Bufalini.  —  Milano,   1899,   16"  tela. 
*A.  Licitra.  -   Studio  su.  la   cita  e  su  le  opere  di  Gioranni  liattista 
Odierna,  astronoìuo-matematico  e  naturalista  ragusano.  —  Ra- 
gusa,  1899,  8." 
A.  Martin,  R.   Kosmann,  (1.  Orthmann,  ]\I.  8anger,    P.    Wentle- 
ler.   -    Le  malattie  delle  tube.    Traduzione   it<iliaìia    per    cura 
del  dott.   (riuseppe   Trovati.^  con  ])rcfazione  del  pr<rf.   L.   Ac- 
conci. —  Milano,   1895,  8^,  con  79  fig-.  e  3  Tav.  croinolit. 
*A.  Mascari.  -   Hulla  frequenza  e  distribuzione  in  latitudine  delle 
macchie  solari  osservate  al  R.  Osserratorio  Astropsiro  di  Ca- 
tania nel  1898.  —  Catania,  1899,  4." 
*  Sulle  jjrotuberanzc  solai,'  ossercate  al   11.   (Jsserratorio    di  Ca- 
tania nell'anno  1898.  ~  Catania,   1899,  4." 
*C   Mazier.  -   Note  ed  appunti  sulla  nuora  legge  approrafa  in  Se- 
nato nella  tornata  del  1(>  giugno  1^99.  —  Venezia,  1899,  8.» 
*F.  Minucci.  -   Analisi  cìiimira.   Appunti.   —  Napoli,   1899,  8." 
R.   Minutti.   —  //  traduttore  tedesco.,  ossia  compendio    delle  prin- 
cipali difficoltà  grammaticali  della  lingua  tedesca.  —  Milano^ 

1900,  tela. 

*  Museo  (TI)   Bresciano  illustrato.  —  Brescia,  1838,   Yol.  TT,  1874, 
4." 
T.  Nenci.  -   /  hffclii  da  seta,  ."f  edizione  con   note  ed  agg.  di  Fran- 
cesco Nenci.   —  Milano,  1900,   16",  ili. 
*A.  0'  Brien.    -  Presidriitial  addres  oii    (\d>ofs    lanfall.    —   To- 
ronto,  1897,  8." 
P.   Parise.   -   M'inualc  di  orfofreuìa  per  reducazione  dei  fanciulli 
frenastenici  o  deficienti  (idioti^  imbecilli,  f((rdin,  ecc.).  —  Mi- 
lano,  1899,  16"  tela. 
G.  Pedretti.   -   Manuale  dell'  automobilista   e  (ruida  del  ììu-ccauico 
conduttore  d' automobili.  —  Milano,   1899,  tela,  ili. 
*T^  l^oggi-  -  ^"  coltivazione  del  vigneto  in  pianura.  —  8." 


DONI    ED    ACQUISTI    ECC.  [5] 

*T.  Portai.  -  Le  origines  de  la  ine  et  la  pcdéonfologie.  Paleontologie 
xrientifique  et  paleontologie  pliilosophnpie.  —  Paris,  1898,  8.» 

*L.  Pullé.  -  Penna  e  spada.  Memorie  patrie  di  Armi,  di  Lettere 
e  di  Teatri.  ~  Milano,  1899,  8.» 

*Y.  Reina.  -  Determinazioni  di  latitudine  e  di  azimut  eseguite  nel 
1898  nei  punti  Monte  Mario,  Monte  Caro,  Fiumicino.  —  Fi- 
renze, 1899,  4.0 

*A.  Ricco.  -  Biassunto  della  sismografia  del  terremoto  (^alahro- 
Siculo  del  16  novembre  1894.  —  Roma,  1899,  4." 

*  Terremoto  di  Grecia  del  22  gennaio  1899.  —  Catania,  1899,  8.« 
^^A.  Ricco,  T.  Zona  e  G.  Saija.  -  Calcolo  preliminare  della  diffe- 
renza di  longitudine  tra  Catania  e  Palermo  e  determinazione 
delle  anomalie  di  gravità  in   Catania.  —  Catania,  1899,  4.» 

"^A.  Roiti.  -  Elementi  di  pica.  Yol.  I»,  p.  2.=^  —  Firenze,  1899,  8." 
R.  Ronchetti.  -  Mannaie  per  i  dilettanti  di  pittura  ad  olio,  acqua- 
rello e  miniatura  (paesaggio,  figura  e  pori).  —  Milano,  1900, 
160,  tela,  ili. 

*P.  A.  Saccardo.  -  Sglloge  fungorum  omniuìu  Irucuscpie  coguito- 
rum.  Voi.  XYI.  Supjjlementum  universale,  Pars  /T"  aucto- 
rilms  P.  A.  Saccardo  et  P.   Sydon.  —  Patavii,  1899,  8.o 

*  La  Iconoteca  dei  Botanici  tiel  B.  Istituto  botanico  di  Padova. 

—  Genova,  1899,  8." 
Sanuto  Marino.  -  /  Diarii.    Tomo  LIY,  fase.  231.    T.  LV,  fase. 

232-233. 
*F.  Schupfer.  -  Per  la  conservazione  della    Laguna    di    Venezia. 

Discorsi  al  Senato.  —  Roma,   1899,  8.o 
*M.    Stossich.    -    Appmnti    di  elmintologia.  —  Trieste,    1899,  8o, 

con  1  tav. 

*  La  sezione  degli  echinostomi.  Nota.  —  Trieste,  1899,  8.o 

*  Lo  smembra merUo  dei  brachycoelium.  Nota.  —  Trieste,  1899,  8.o 

*  Strongglidae.  Lavoro  monografico.  —  Trieste,  1899,  8.o 
*G.  Tietze.  -  La  pila  di   Volta  ed  i  progressi    dell'  elettricità.  — 

Venezia,   1899,  8.o 
C.  Trivero.  -  Classifi.cazione  delle  scienze.  —  Milano,  1899,  16»,  tela. 

*T.  Tommasina.  -  Sur  un  curieux  jdicnomène  d'  adii  ère nce  des  li- 
mailles  métalliques  sous  l'action  du  courant  clectrique.  — 
Paris,  1899,  4»,  Tav. 

*U.  Ugolini.  -  Nota  prreliminare  sulla  fi<rra  degli  anfiteatri  more- 
nici del  Bresciano,  con  speciale  riguardo  al  problema  delle 
glaciazioni.  —  Brescia,  1899,  8.o 


[0]  BOLLETTINO    BIBLIOGRAFICO 

*V.  Ugolini.  -  Secondo  c/curo  di  jiìtuitc  ìiììocc  o  rare  del  Brescnt- 
no.  —  Brescia,   1899,  8.° 
*  Nota  di  specie  e  ranefà  nuore  di  piante  [leì    Veneto  e  semina- 
tamente pei  Padovano.  —  Genova,  1898,  8." 

*E.  Università  di  Sassari.-  Animavi  jier  (//i  anni  18f^S-84  aJ  ^Rf^- 
89,  1890-91  al  '98-99. 

Notizie  storiche  della  Università  di  Sassari  raccolte  da  Fa- 
squale  Tota.  —  Genova,  1866,  8." 

A  Sua  Ecc.  il  Ministro  della  pubblica  istruzione  e  all'on. 
Commissione  parlamentare  per  V  esame  del  progetto  di  legge 
per  l'istruzione  superiore.  C.  Dettovi,  Rett.  dell' Un.  G.  Ma- 
riotti,  Sindaco  di  Sassari,  P.  Demurtas,  Pres.  del  Consiglio 
jjroinnciale.  A.  Viantelli,  Pres.  della  Deputazione  pyrorinciale. 
—  Sassari,  1899,  8.o 
G.  YacchelUi.  -  Le  costruzioni  in  calcestruzzo  ed  in  cemento  ar- 
mato. —  ]\[ilano,   1900,  16",  tela,  con  210  fìg.  nel  testo. 

* FìOioconto  morale  della  (Tiunta  sulV  Amministrazione  del  Comune 
di  Venezia  nei  riguardi  del  Conto  Consuntivo  1899  e  dei 
precedenti.  —  Venezia,  1899,  8.o 

*E.  Yerson.  -  Un'  affezione  parassitaria  del  plvgello  non  <lescritta 
ancora.  —  Padova,   1399,  8°^  1   Tav. 

*A.  Yismara.  -   Rime  e  Sciolti.  —  Milano,  1899,   16." 


ATTI 


DEL 


REALE   ISTITUTO  VENETO 


DI 


SCIE^ZE,  LETTERE  ED   ARTI 


ANNO  ACCADEMICO  1899-9tl(» 


T03[0  LIX 

(serie     ottava     -    TOMO     SECONDO) 

PARTE    SECONDA 


VENEZIA 

PRESSO    LA    SEGRETERIA    DEL    REALE    ISTITUTO 
PALAZZO    LOREDAN    A   SANTO    STEFANO 


Atti  del  Reale  Istituto  Veneto  ])i  «(Henze,  letteke  j;ì)  arti. 
Anno  accadeinico  1899-900  -  Tomo  LIX  -  Parte  seconda. 


LE  COLLEGANZE  NELLA  PRATICA  DEGLI   AFFAP.I 
E  NELLA  LEGISLAZIONE  VENETA 

DEL    PROF.    ADOLFO    SACERDOTI,    s.    e. 

(Adunanza  18  f/ù/f/no  1899) 


Se  vi  furono  valorosi  duci  prima  di  Af^aniennone,  il  cui  nome 
non  passò  nella  storia  per  difetto  di  scrittori  che  ne  tramandas- 
sero le  gesta,  vi  sono  parimenti  consuetudini  di  negozi  e  ordi- 
namenti legislativi  che  passarono  quasi  inosservati,  o  non  furono 
adeguatamente  apprezzati  per  ciò  che  non  ebbero  notevoli  com- 
mentatori, che  ne  facessero  tema  di  teorie  giuridiche,  venute  poi 
a  costituire  la  trama  delle  leggi  più  recenti.  E  stata  questa  in 
tante  materie  la  sorte  del  diritto  veneto,  il  quale  giace  in  molta 
parte  dimenticato  negli  scaffali  dell'Archivio  quando  avrebbe  titoli 
insigni  per  esser  tolto  dall'obblio,  e  grandissimo  fra  gli  altri  quello 
d'essersi  mantenuto  indipendente  dal  testo  scritto  delle  leggi  ro- 
mane, nel  tempo  stesso  in  cui,  per  la  conservata  quasi  immunità 
dalla  commistione  colle  popolazioni  barbariche  e  per  le  non  mai 
interrotte  ed  intime  corrispondenze  coll'impero  d'oriente,  collegavasi 
esso  nel  fatto  al  mondo  romano  assai  meglio  che  ffli  altri  diritti 
dell'occidente  d'Europa  dell'era  media,  e  ciò  anche  al  risveglio  al- 
trove del  diritto  romano,  rappresentando  lo  spirito  vivo  del  genio 
di  Roma  di  fronte  alla  lettera  morta  della  codificazione  giusti- 
nianea (1). 


(1)  Vedi,  a  conferma  deiropinione  clie,  ad  onta  di  certe  influenze  bar- 
bariche, prevalsero  però  (lueih?  bizantine  sul  diritto  veneto  :  Besta,  Ap- 
imnti  per  la  storia  del  diritto  penale  nel  dogado  veneziano  innanzi  al 
1232  (periodico  //  Filangieri,  n.  5,  1H99). 


2  A.    SACEllDUTl  (2) 

È  specialmente  neo-li  anni  in  prossimità  del  mille  e  nei  se- 
coli undecime  e  dodicesimo,  e  nel  campo  deg'li  all'ari  marittimi, 
nel  quale  è  ben  noto  come  sorgessero,  qual  frutto  spontaneo  delle 
necessità  economiche,  i  germi  piiì  fecondi  di  tutto  il  diritto  mer- 
cantile, che  sono  da  esplorare  utilmente  le  fonti  venete,  riscon- 
trandovi note  originali  e  traccie  indiscutibili  di  precedenza  in  con- 
iVonto  anche  delle  altre  città  italiane  rispetto  a  più  istituti  e  più 
negozi.  E  quando,  in  seguito  alle  crociate,  si  entra  nell'epoca,  in 
cui  il  diritto  dei  vari  paesi  fu  particolarnuMite  influito  dalle  leggi 
canoniche  antiusurarie,  il  diritto  veneto  si  mantiene,  anche  da 
questo  punto  di  vista,  lontano  da  ogni  dannosa  esagerazione,  come 
io  provano  le  due  leggi  fondamentali  in  tale  nuiteria  del  2  set- 
tembre 1328  e  del  29  marzo  1359  (')  e  come  lo  prova  il  succes- 
sivo costituirsi  di  tanti  negozi,  quali,  ad  esempio,  i  prestiti  pub- 
blici, senza  ricorrere  alle  finzioni  altrove  usate  per  deludere  le 
proibizioni  dei  contratti  usurari  (-). 

Uno  dei  negozi  più  importanti  nel  Medio  Evo  è  stato  la  com- 
menda^ sia  per  la  sua  funzione  economica  nelle  condizioni  del  com- 
mercio trasmarino  d'allora  e  nello  stato  aifatto  rudimentale  in  cui 
trovavasi  il  contratto  di  società,  sia  per  i  tipi  di  pattuizioni  che 
successivamente  si  svolsero  dallo  stesso  combinato  con  altri  ele- 
menti contrattuali.  Se  qualche  caso  sjìeciale  di  deposito  irregolare, 
unito  ad  elementi  sociali,  si  riscontra  anche  nell(>  leggi  romane  ed 
in  quelle  romano-barbariche  (•''),  la  propria  connnenda  marittima 
però  si  scorge  primamente  solo  nella  fonte  bizantina,  probabil- 
meiite  dell'  8"  secolo,    conosciuta  sotto  il    titolo  di    pseudo   diritto 


(1)  Statiitd  ìtori.'<sìì)i(/.  Vciiczi;!,   1T2'>,  ]».   1"JT   e   I.'ÌO. 

(2)  All'occasione  dell' nitro  mio  sfudio  di  diritto  veneto:  L\isst-'iir<i- 
zione  a  Venfl~ì(t,  ini  scriveva  il  rimpianto  presidente  della  Corte  d' A])- 
pcdlo  di  Bologna,  (f.  B.  Ridolfi,  deplorando  "  la.  mancanza  d'uno  studio 
accurato  e  completo  dei  documenti  della  vita  giuridica  di  Venezia,  die 
avendo  agi'  interessi  commerciali  dedicato  le  principali  cui'e  di  una  se- 
colare e  prospora  esistenza,  non  è  credibile  non  abbia  lasciato  permanenti 
manifestazioni  del  pensiero  giuridico,  di  cui  altri  popoli  più  anticlii  ed 
assai  meno  conosciuti  hanno  abbandonate  incancellabili  memorie  „.  Ora 
che  col  pr(>3ente  studio  seguo  il  tanto  autorevole  eccitamento,  mi  è  di 
vivissimo  rammai'ico  non  sia  più  l'insigne  giurista,  alla  cui  memoria  porgo 
omaggio  grato  e  riverente. 

(3)  Uoldschmidt,    Unicersalgeschichte  des  Jlcmdelisrechts,  p.  liO  e  seg. 


(3)  LE    COLLEGANZE    NELLA    PttATICA    ECC.  8 

marittimo  di  Rodi  (ITI,  e.  17)  ('),  nel  contratto,  ivi  intitolato 
)(p£coxoivo)vtcc  -/axà  tcIoùv  (società  di  credito  per  la  navif^'azione).  11 
credito  per  la  navigazione,  prima  esercitato  soltanto  nella  forma 
del  prestito  a  cambio  marittimo,  assumeva  in  tal  guisa  la  forma 
d'un  contratto  sociale,  ciò  che  involgeva  l'effetto  d'  un'  estensione 
nel  rischio  corso  dal  capitalista,  aggiungendosi  al  rischio  marittimo 
quello  del  commercio  gestito  dal  socio  viaggiatore.  Fu  un  passag- 
gio naturale  questo  dal  prestito  a  cambio  marittimo  alla  coni  menda , 
per  cui  lo  si  scorge  presso  tutte  le  genti  fra  cui  crebbero  nell'era 
media  la  navigazione  ed  il  traffico,  a  Venezia  come  a  Pisa  (-),  a 
Genova  come  a  Marsiglia.  E  così  giova  quale  riscontro,  studiando 
i  documenti  dei  vari  siti  sulla  commenda^  aver  presenti  eziandio 
quelli  contemporanei  sul  prestito  a  cambio  marittimo  (■^). 

L'influenza  speciale,  che  il  diritto  bizantino  esercitò  sul  diritto 
veneto  dei  primi  secoli  in  più  parti  della  materia  marittima,  come 
ad  esempio  in  quella  dell'avaria,  ebbe  luogo  eziandio  rispetto  alla 
commenda,  riguardo  alla  quale  i  documenti  veneti  sono  i  primi  per 
data  fra  quelli  spettanti  all'Europa  occidentale,  avendosene  anche 
d'anteriori  al  1000  ;  vengono  successivamente  quelli  di  Genova  che 
rimontano  solo  al  1155,  ed  ultimi  quelli  di  Marsiglia  (^). 

Il  vocabolo  più  comunemente  usato  a  Venezia  ad  intitolare 
il  contratto  è  quello  di  coìleiiaìdia,  ma  fin  dagli  atti  più  antichi, 
e  posteriormente  nelle  leggi,  s'indicano  quali  sinonimi  gli  appel- 
lativi :  commendano  e  rogadia  (^). 


(1)  Goldsclmiidt,  ZeAUchrift,  voi.  XXXV,  p.  80  e  81. 

(2)  Il  ronsUtutum  «.s7/..s  di  Pisa  (del  1160)  motte  di  fronte  (rub.  XXIV, 
XXV)  ?i\  negotium  <id  proficiimn  maris  (cambio  niarittiiuo)  quello  ad  pro- 
firn  nm  de  mari  che  avrebbe  il  germe  della  commenda. 

(3)  Rileva  il  Lattes  (Il  diritto  commerciale  nella  legislazione  statutaria 
delle  ritta  italiane,  capo  IV,  nota  14)  che  fuori  d'Italia  nei  secoli  XIII  e 
XIV,  mancava  la  partecipazione  dell'incaricato  del  traffico  agli  utili,  per 
cui  il  negozio  veniva  semplicemente  a  tradursi  in  un  mandato,  ma  in  tale 
stato  di  cose  devesi  dire  che  se  v'era  il  nome,  difettava  però  la  sostanza 
della  rommenda. 

(4)  Groldschmidt,  Gesrhirhte  cìt.  p.  258,  nota  34  e  le  fonti  ivi  citate. 

(5)  Da  rogare,  derivazione  analoga  a  quella  del  prerarium. 

Il  Lattes  (op.  cit.  cap.  IV,  nota  15)  nega  che  il  vocabolo  rogadia  sia 
sinonimo  di  colleganza,  affermando  che  esso  significa  invece  fidecommesso 
ed  altre  analoghe  istituzioni  a  norma  degli  Statuti  del  1242  (I,  48  e  VI, 
13).  Senza  pei'ò  contestare  che  il  vocabolo  possa  avere  anche  avuto  (inesio 


4  A.    SACEtlìDÓtt  (4) 

Farò  tre  partizioni  nell'  esame  dei  contratti  e  delle  le<2;gi,  e 
cioè  il  periodo  fino  al  1154,  nel  quale  si  hanno  nclT  Europa  oc- 
cidentale soltanto  a  Venezia  documenti  del  negozio,  quello  dal 
1155  al  1242,  anno  in  cui  emanò  la  prima  legge  veneta  sulle  colle- 
ganze (Libro  ITI,  cap.  10  e  seg.  degli  Statuti  dei  Giudici  di  Pe- 
tizione) e  per  ultimo  quello  successivo  al  1242,  periodo  che  può 
intitolarsi  della  legislazione  veneta  sulla  materia. 


Peimo  pekiodo  pino  al  1154 

Atti  di  colhijdiifie  anteriori  al  1000  non  si  conservano,  ma  la 
pratica  del  contratto  è  egualmente  attestata  per  dichiarazioni  in- 
cidentali in  altri  atti,  dove  si  fa  richiamo  al  negozio  in  questione 
come  a  cosa  nota  e  radicata  nell'uso  degli  affari.  Così  il  Ficker  (') 
trascrive  dal  (Uxlex  Trcrhaììns  (-)  un  atto  seguito  a  Piacenza  il 
25  ottobre  del  976^  col  quale,  sotto  la  presidenza  dell'imperatrice 
Adelaide,  e  nel  giudizio  del  conte  palatino  e  di  un  messo  reale, 
viene,  su  domanda  della  dogaressa  vedova  di  Venezia,  costituito 
ad  essa  un  intendente  e  tutore  nella  persona  d'un  suo  fidato  e 
riconosciuta  come  autentica  una  di  lei  rinunzia  dal  detto  inten- 
dente letta.  La  rinunziante  era  vedova  del  doge  Pietro  Oandiano, 
e  fra  i  beni  per  i  quali  dichiarava  di  non  esser  più  mai  per  ac- 
campare pretese,  nella  rappresentanza  del  di  lei  defunto  marito, 
in  confronto  del  Doge  e  del  popolo  veneziano,  esprime  i  seguenti  : 
"  et  de  omni  cdlegantia,  rocjadla,  commendatione  „. 

La  stessa  citazione  incidentale  si  riscontra  in  due  documenti 
del  secolo  XI  pubblicati  dal  Baracchi  nel  periodico  V Aicliìcio  Ve- 
neto (•^)^  relativi  ambedue  a  divisione  di  beni,  l'uno  del  1088,  24 


significato,  si  dove  rieonoscoro  che  gli  stessi  Statuti  al  Libro  III,  e.  II,  lo 
usano  esplicitaiucnto  quale  sinoniitio  di  colleganza,  coiih»  amiiiottono  Manin 
(Della  Veneta  Giurisprudenza)  i'  Fertile  [Storia  del  diritto  if (diano,  voi. 
IV,  640,  nota  22). 

(1)  llrkunden  zur  Reiclis  uiid  Rochtsgeseliichte  ItaUens,  n.  29. 

(2)  Prima  trasportato  all'Arehivio  di  Stuto  di  Vienna,  or;i  esistente  al- 
l'Archivio di  Venezia. 

(3)  "  Le  carte  dcd  mille  e  del   mille  cento  che  si  trovano  n(d  R.  Ar- 
chivio notarile  di  Venezia  trascritte  da  Baracclii  Antonio  „. 


(5)  LE  COLLEGANZE  NELLA  PRATICA  ECC.  5 

aprile,  Eialto  (i)  fra  Orso  Badoer  fu  Pietro,  e  Tron  di  Giovanni 
suo  consanguineo  (Atti  Capuano,  prete)  (■^)  e  l'altro  del  1051,  lu- 
glio, Rialto,  Divisioni  Gradenig-o  (Atti  Leone  Sagomino,  diacono)  {^). 
Fra  i  beni  divisi,  gli  atti  suddetti  hanno  1"  indicazione  :  "  veruni 
etiani  de  roììe(/aiir/Js  nxjadih,  eommemhfrioniòii^.  „  Il  Baracchi 
pubblica  eziandio  un  atto  convenzionale  di  colleganza  e  alcune 
poche  quietanze  por  l'adempimento  degli  obblighi  portati  da  atti 
congeneri,  jna  appartengono  al  periodo  successivo  al  1155,  e  riesce 
perciò  interessante,  ad  illustrare  la  priorità  di  Venezia  rispetto  a 
questo  negozio,  dare  alla  luce  degli  atti  di  pattuizione  o  quietanza 
inchiusi  nel  primo  periodo  fino  al  1155,  al  quale  corrisponde  ap- 
punto tale  priorità.  Vado  lieto  di  aver  preso  cognizione  di  venti 
documenti  (^)  spettanti  a  questo  periodo  dei  quali  dò  in  nota  l'e- 
lenco (■''),  pubblicandone  poi  alcuni  in  appendice.  Parecchi  di  tali 


(1)  Op.  cit.  (lei  Ijuracclii  nvìVArcIiirio    Vetu'to,  voi.  (!,  due.  I. 

(2)  Come  in  generale  l'ufficio  notarile  era  esercitato  allora  da  eccle- 
siastici. 

(3)  Op.  cit.  del  Baracchi  e  1.  cit.  doc.  II. 

(4)  Esprimo  la  mia  viva  riconoscenza  al  chiarissimo  prof.  Riccardo 
Predelli,  Archivista  di  Stato  a  Venezia,  per  l'  aiuto  efficacissimo  presta- 
tomi in  queste  ricerche. 

(5)  1072  maggio.  Jolianes  subdiaconus  et  notarius. 
1073  agosto.  Dominicus  clericus  et  notarius. 
1083  luglio.  Idem. 

1087  febbraio.  Idem. 

1088  sett(^mbre.  Idem. 

1089  dicembre.  Petrus  subdiaconus  et  notarius. 
1103  febbraio.  Dominicus  clericus  et  notarius. 

1111  aprile.  Petro  Basilio  clericus  et  notarius. 

1112  marzo.  Amicus  presbiter  et  capellanus  iolianis  jnauroceno  legato 
et  vicedomino. 

1118  agosto.  Jolianes  presbitei-  et  notarius. 

lliy  gennaio.  Petrus  subdiaconus  et  notarius. 

1120  marzo.  Urso  Valeressus  subdiaconus  et  notarius. 

1130  giugno.  Warientus  calbo  presbiter  et  notarius. 

1130  agosto.  Petrus  Subnulus  prc^sbiter  et  plel)aiins  ecclesie  sancti 
Jacobi  notarius. 

1132  luglio.  Urso  presbitei'  et  notarius. 

1138  aprile,  (lericho  Michael  diaconus  et  notarius. 

1138  maggio.  F'uscarus  presl)iter  et  notarins  ecclesie  saiicti  ]»anta- 
leonis  vicarius  (tutti  i  detti  documenti  esistono  a  Veiu'zia,  Archivio  di 
Stato,    Manimorte,    Pergamene  S.  Zaccaria,  Busta  24Ì. 


6  A.    SACEliDOTI  (6) 

documenti  consistono  in  quietanze,  che  non  esprimono  le  pattui- 
zioni del  contratto,  ma  rinviano  per  le  stesse  all'atto  convenzionale 
(memoriale  cartida).  Non  di  meno,  da  alcuni,  che  contengono  tali 
pattuizioni,  si  può  dedurre  abbastanza  intorno  alle  usanze  dei  tempo 
riguardo  alle  stesse.  In  tal  modo  si  rileva  che,  mentre  generalmente 
altrove  nell'inizio  della  ronìmeìKÌd,  colui,  al  quale  veniva  fatto  il 
fido  e  che  impiegava  la  propria  opera,  non  contribuiva  alcuna 
parte  di  capitale  (^),  a  Venezia  era  invece  anche  in  questo  pri- 
mo periodo  contemporaneo  Fuso  di  colìeganfie,  in  cui  tutte  e  due 
le  parti  contribuivano  a  formare  il  capitale  e  di  cnììegantief  in  cui 
il  socio,  che  non  agiva  nel  traffico  in  luoghi  lontani  (snri/is  sf(ni!^) 
era  il  solo  capitalista  ed  il  socio  viaggiatore  (fracfafor)  conferiva 
puramente  il  suo  lavoro  (-).  Ed  il  concorrere  del  fracinfov  nella 
formazione  del  capitale  è  una  nota  importantissima  nell'  evolu- 
zione del  contratto,  segnando  il  sempre  maggior  suo  distacco  dal 


1139  oftobi'c.  iiiarcus  griiiiani  lìvcsbitcr  et  notariiis.  (Venezia.  Ar- 
chivio (li  Stato.  Porgamene  di  S.  Giorgio  Maggiore). 

1150  marzo.  Heynricus  Longo  clerievis  et  notarius.  (Venezia.  Archivio 
(li  Stato.  Ducali  ed  Atti  diplomatici.  Busta  V,  f.  2). 

1154  maggio.  Vitalis  steno  presbit(!T  et  notarius.  (Venezia.  Archivio 
di  Stato.  Manimort<!.  Pergamene  S.  Zaccaria.  Busta  24). 

L'aVibondanza  di  documenti  contrattuab  negU  arcliivi  delle  chiese  e 
(h'i  monasteri  ha  per  motivo  le  molte  donazioni  e  hisciti  ad  essi  fatti, 
per  cui  natni'almonte  pervenivano  a.  tali  corpi  molali  i  doeunKMiti  giusti- 
ficativi (h'i  diritti  loro  trasmessi. 

(1)  Ci()  a])pare  anche  dalla  logge  (hd  Coitsohito  del  Maree.  107;  vedi 
Goldschmidt,  (ìesrhichte  eit.  p.  2(ìO. 

(2)  N(dl'att()  (hd  1073  agosto,  iJourinirns  ('ìericNS-  elnotanns  (Yi^my/Aii. 
Archivio  di  Stato.  Pergamene  di  S.  Zaccaria.  Busta  24)  qui  riportato  nel- 
l'Appendice l"*  a)  doc.  n.  2,  tutti  e  due  i  soci  contribuiscono  il  capitale, 
essendo  la  nu-ssa  del  socius  stans  doppia  di  quella  del  tractator  ;  nell'atto 
(hd  1088  XngWo^  Dominicus,  come  sopra  (Von(^zia,  come  sopra)  (Appendice 
l"-  (i)  doc.  n.  3)  il  capitale  è  dato  tutto  dal  .s-ow/s.s^cm.S' ;  in  alti-o  d(d  1103 
tehbraio,  atti  id(Mn  (V(mozia,  i(l(!m)  il  tractator  conferisce  ancora  la  metà 
dell'apporto  fatto  dal  socius  stans,  ciò  ch(>  si  ripete  nell'atto  del  1119  gen- 
naio, Petrus  suhrUaconus  et  notarius  (idem,  idem)  (Appendice  I"  a)  doc. 
n.  4),  laddove  ritorna  il  conferimento  da  parte  del  solo  socius  stans  nel- 
l'atto (hd  1138  maggio^  Fuscar US  jjreshiter  et  notarius  ecclesie  sancti  l'an- 
taleonis  oicarius  (idem,  idem)  (Appendic(^  P  a)  doc.  n.  8).  Il  conferimento 
del  socius  stans  era  qualche  volta,  inv(»C(!  che  in  danaro,  in  tutto  od  in 
parte  in  merci  (os.  un  atto  del  luglio  1132,  Vrso  preshiter  et  notarius  (S. 
Zaccai'ia,  24)  ed  nitro  del  bigbo  11(53  atti    Vitalis  Virianus  (idem,  idem). 


(7)  LE  COLLEGANZE  NELLA  PRATICA  ECC.  7 

cambio  marittimo  (i)  per  avvicinarsi  alla  propria  compagnia  di 
commercio  (-).  Non  mancano  poi  in  questo  primo  periodo  neppure 
documenti  di  proprie  compagnie  di  commercio  in  relazione  col  rap- 
porto di  colleganza,  sia  perchè  esisteva  fra  le  medesime  persone 
una  vasta  comunione  d'affari,  ed  insieme  qualche  colleganza  per 
singole  negoziazioni  (•'■),  sia  perchè  ciascuno  dei  due  soci,  con  re- 
ciproca autonomia  d'azione,  come  vi  fossero  stati  due  distinti  rap- 
porti di  colleganza  fra  le  parti,  fungeva  quale  trartafor^  nel  quale 
ultimo  caso  veniva  anzi  il  contratto  ad  intitolarsi  addirittura  di 
compac/nia  ('^).  Ma  se  la  denominazione  di  colleganza  si  applicò  in 
questo  primo  periodo,  ed  anche  nel  successivo,  eziando  all'ipotesi 
di  concorso  del  fradafor  nella  formazione  del  capitale,  non  si 
usò  a  Venezia;  all'  incontro,  promiscuamente  coli'  appellativo  di 
colleganza,  quello  di  compagnia,  a  differenza  di  quanto  seguiva 
invece  altrove  rispetto  alle  voci  commenda  e  sociefai<,  che  valevano 
quali  sinonimi  nella  pluralità  dei  siti  (''"'')• 

Quando  il  tracfator  contribuiva  nella  formazione  del  capitale, 
secondo  emerge  dai  documenti  citati  alla  nota  2  pag.  6,  la  parte 
del  mciìis  sfaiin  era  il  doppio  di  quella  del  tracfator.  A  norma  pure 


(1)  Anche  nei  eiisi  di  apj)orto  del  capitale  da  parte  del  solo  sodici 
stans,  col  processo  del  tempo  il  crescere  delle  facoltà  deU/v/r^o^or  quanto 
al  rischio  veniva  adoperare  sempre  più  ini  distacco  da  quanto  era  di  abi- 
tudine invece  nel  cambio  marittimo. 

(2)  Ciò  tanto  più  perchè,  a  differenza  da  quanto  segue  nell'  associa- 
zione in  partecipazione  dei  moderni  Codici,  in  tale  ipotesi  il  capitale  ri- 
sguardavasi  come  un  fondo  comune  in  proprietà  dei  consoci. 

(3)  Esempio  atto  113H  aprile,  Gericho  Michael  dineonus  et  notarius 
(S.  Zaccaria,  B.  24).  Appare  in  tal  guisa  la  precedenza  di  Venezia  anche 
rispetto  alle  compagnie  (preso  il  vocabolo  nel  proprio  suo  senso  specifico, 
non  quale  sinonimo  di  colleganza),  le  quali  altrove,  sorte  originariamente 
per  le  industrie,  si  applicarono  al  commei-eio  solo  in  data  assai  poste- 
riore (Goldsclimidt,  (rcsrhirJde  cit.  p.  272). 

(4)  Esempio  atto  1138  nniggio^  Fi(snij-/(s  pr:'shitrr  d  notarins  ecclesie 
sandd  pantrdmnix  drariii.s  (S.  Zaccaria,  B.  24)  (Appendice  l*^  a)  doc.  n.  8), 

(5)  fToldschmidt,  Geftdnrhte  cit.  p.  2(i0  e  seg. 

(6)  Un  atto  dell'agosto  1179  (Jìdiamis  Daniianns  diaronHs  et  nofarins, 
S.  Zaccaria,  B.  25)  (Appendice  I"  ì))  doc.  n.  5)  clie  è  una  vera  carta  so- 
ciale, in  eni  i  soci  si  dichiarano  responsiibili  dei  debiti  conuuii  ed  il  li- 
IJarto  degli  utili  è  fissato  in  i)ropoi'>;ioiie  delle  (iiiote  rispettive  di  capitale, 
non  parla  di  coìlci/i/i/tid,  ni;i  usa  in  ogni  .sn;i  p;nt(j  il  \iìv,\ho]o  rompa f/nia 
per  definire  il  rapporto  fra  le  parli. 


8  A.    SACEEDOTI  (8) 

dei  suddetti  documenti,  l'aliquota  nella  ripartizione  degli  utili  era 
di  due  terzi  per  il  sorìii^  s/rrw.s  nei  casi  in  cui  il  iyarfaior  era  solo 
socio  d'  opera  (/),  e  si  faceva  la  divisione  degli  stessi  per  metà 
quando  il  fr<u'f(it(>r  conferiva,  oltre  all'opera,  una  quota  di  capitale 
corrispondente  alla  metà  di  quella  conferita  dall'altro  socio.  L'ali- 
quota del  fractafor,  che  conferiva  solo  l'opera,  nei  documenti  delle 
altre  località,  che  sono  tutti  di  data  più  recente,  e  in  quelli  po- 
steriori di  data  della  stessa  Venezia,  è  invece  soltanto  del  quarto, 
ciò  che  può  spiegarsi  col  saggio  cresciuto  dell'interesse  usurarlo  (2). 
Un  altro  punto  nel  quale,  come  in  quello  della  contribuzione 
nel  capitale,  i  documenti  di  questo  primo  periodo  segnano  un  mo- 
vimento progressivo  dal  campo  del  prestito  a  cambio  marittimo  a 
quello  della  società,  si  è  segnalato  incidentalmente  più  indietro 
(alla  nota  9  pag.),  e  consiste  nella  definizione  del  rischio,  la  quale 
negli  atti  più  vecchi  si  determina  strettamente  quanto  alla  nave  ed 
al  viaggio,  secondo  era  il  caso  più  frequente  nel  cambio  marittimo, 
e  spazia  invece  negli  atti  posteriori  entro  limiti  più  vasti,  colla 
clausola  <i  foN/io  invece  che  a  viaggio,  con  quella  sopra  qn,aìunque 
nave,  coU'aggiunta  del  rischio  '■//  ferra  a  quello  (//'  u/are,  e  via  di- 
cendo (^). 


(1)  Ncll'iitto  del  maggio  113H  (atti  fusrarii.s  jy^shifer  et  notarius,  S. 
Zaccaria,  24)  (Appendice  1''  a)  doc.  n.  8)  abbiamo  cccozionalmento  la  ri- 
partizione a  metà  degli  utili,  senza  che  il  socio  d'opera  contribuisse  al- 
cuna part(^  di  capitale,  ma  si  spiega  la  cosa,  essendo  il  contratto  fra  stretti 
parenti  (la  suocera  col  genero). 

(2)  Tale  riusciva  però  la  proporzione  anche  prima  a  Venezia  nel  caso 
del  socio  d'  opt>ra  che  avesse  conferita  una  quota,  di  capitale  corrispon- 
(lent{^  alla  metà  di  quella  conferita  dall'altro  socio,  ossia  il  terzo  del  ca- 
pitale complessivo,  e  che  concorreva  per  la  metà  nel  riparto,  degli  utili. 
Anche  nei  documenti  venirti  ili  cambio  nuirittiino  di  data  corrispondente 
rilevasi,  pur  tenuto  conto  del  diverso  costo  del  rischio  nei  vari  viaggi, 
un  progi'cssivo  aumento  n(dla  ragion(;  dell'interesse.  Possono  confrontarsi 
fra  loro  in  profìosito  i  seguenti  aiti  :  1095  Pe/rifs  siibdiaroHus  (S.  Zac- 
caria, 24)  :  1 121J  aprile  Johaues  Grectis  (idem);  1181  agosto  (Appendice  I*  a) 
doc.  n.  '^)\  1136  settembre  Johanes  Pascasi  (S.  Zaccaria,  24);  1147  agosto 
Johanes  Ursyidus  (idem);  1154  novembre  (Appendice  P  a)  doc.  n.  10; 
1167  aprile  Venerandits  Paradisus  (S.  Zaccaria,  25);  1167  novembre  (Ap- 
pendice I*  h)  doc.  n.  2)  ed  altri  due  della  stessa  data  ed  in  atti  del  me- 
desimo notaio  (S.  Zaccaria,  25). 

(3)  Ma,  fuori  di  queste  varianti,  la  formula  degli  atti,  ed  in  questo 
periodo  e  nei  successivi,  come  si  può  scorgere  da  qualche  documento  di 


(9)  LE  COLLEGANZE  NELLA  PEATICA  ECC. 


Secondo  periodo  dal  1155  al  1242 

Rispetto  a  questo  secondo  periodo  ho  potuto  prender  cogni- 
zione di  ottantacinque  documenti,  che  enumero  in  nota  (i).  Tn  esso 
se  i  documenti  del  contratto  non  sono  più  nell'  occidente  d'Europa 


cambio  marittimo,  che  si  riproduce  in  appondicc,    non  ò  dissiniilc  dall'uno 
all'altro    contratto,  come    riguardo  alle    colleganze    è   sostanzialmente    la 
stossa  nei  documenti  più  vecchi  ed  in  quelli  dei  tempi  successivi. 
(1)  1156  giugno.  Johanes  tuscanus  presbiter  et  notarius. 

1159  maggio,    petrus  da  molino  presbiter  et   notarius    (i  detti    docu- 
menti fra  le  Pergamene  di  S.  Zaccaria.  Busta  24). 

1150  luglio.    Andreas    presbiter    ecclesie    sancti    matliei    plobauus  et 
notarius. 

1153  agosto.  Johanes  rusticus  presbiter  et  notarius.  (Idem.  Busta  40). 

11(J0  aprile.  Johanes  tuscanus  presbiter  et  notarius. 

1161  febbraio.  Johanes  caucus  presbiter  et  notarius. 

1162  luglio,  vitalis  vivianus  presbiter  et  notarius. 

1163  febbraio.  Johanes  caucus  presbiter  et  notarius. 
11(57  febbraio.  Julianus  Dominicus  diaeonus  et  notarius. 
1167  idem.  Idem,  idem. 

1167  novembre.  Dominicus  grotulo  presbiter  et  notarius. 

1168  maggio.  Johanes  da  noale  subdiaconusetnotarius.  (Idem.  Busta 24). 
1170  gennaio.  Domenicus  Marileo  presbiter  et  notarius. 

1170  idem.  Marinus  presbiter  et  notarius.  (Idem.  Busta  40). 

1170  ottobre.  Marcus  bolani  presbiter  et  notarius. 

1170  idem.  Matheus  damolino  presbiter  et  notarius. 

1170  novembre.  Venerandus  paradisus  presbiter  et   notarius. 

1173  ottobre.  Dominicus  capaldus  diaeonus  et  notarius. 

1174  maggio.  Dominicus  arduynus  presbiter  plebanus  Sancti  Johanis 
evangelista  notarius.  (8.  Zaccaria.  Busta  24). 

1178  settembre.  Petrus  Mayranus  presbiter  et  notarius. 

1179  agosto.    Julianus  Damianus  diaeonus    et   notarius.    (S.  Zaccaria. 
Busta  25). 

1182  agosto.  Jacobus  lanibardus  presbiter  et  notarius. 

1183  gennaio.    Bonefacius  Savorninus    presbiter    et    notarius    (Perga- 
mene (S.  Giorgio  Maggiore.  Busta  28). 

1184  febbraio.  Matbeus  damolino    presbiter    et  notarius    (S.  Zaccaria 
Busta  25). 

1185  mai-zo.  Jolianes  Yenus  diiiconus  et  notarius.  (S.  Zac<!aria.  Busta  40). 
1185  giugno.  Marcus  grilioni  diaeonus  etnotai'ius.fS.  Zaccaria.  Busta 24). 
1190.  Andreas    presbiter  sancti    Cantiani    et  notaiius.  (Pergamene  S. 

Giorgio  Maggiore.  Busta  28). 


10  A.    SACEEBOTI  (10) 

una  specialità  di  Venezia,  e  le  formule  (non  diverse  da  quelle  usate 
a  Venezia  nel  periodo  precedente)  e  le  pattuizioni  si  presentano 
sostanzialmente  le  stesse  nelle  varie  località,  data  però  la  prece- 


ll'JO  aprile.  Matheus  capello  prcsbitcì-  plcbaims  Sancti  Vitalis  et  no- 
tarius.  (S.  Zaccaria.  Busta  25). 

1190  ao-osto.  Jacobus  lambardus  Saiiotc  Sopliyc  plcbaiuis  picsbircr  et 
notar!  US. 

1190  agosto.  Andreas  presbitcr  Saiicti  caiitiaiii  et  notarius.  (8.  Uioi'i^no 
Maggiore;.  Busta  28). 

1191  luglio.  Wariontus  calbo  prcsbiter  et  notarius.  (>S.  Zaecaiiii,  2.j). 

1191  ottobre.  Idem,  idem  (Miseidlanea  pergamene  private.  Veiic'.ia 
sec.  XI  [  e  XIII). 

1192  aprile.  Idem  idem.  (S.  Zaccaria  25). 

1192  idem.  Jacobus  lambardus  Sancte  sopliye  plebanus  presbiter  et 
notarius  (Pei'gamene  Procuratori  di  S.  Marco  de  citra.  Bust;i  1).   , 

1192  settembre.    Venerius  del  marius    presbiter  et  notarius. 

1193  luglio.  Wido  gispert  diaconus  et  notarius. 

1194  febbraio.  Michael  bonifacius  presbiter  et  plebainis  Sancte  Marie 
Jubiaiiici  et  notarius  (S.  Zaccaria,  25). 

1 195  luglio.  Warientus  calbo  presbiter  et  notarius  (S.  Griorgio  Maggiore, 
28). 

1198  ottobre.  Douìinicus  suavis  diaconus  et  notarius  (S.  Zaccai'ia,  25). 

1202  luglio.  Warientus  calbo  presbiter  et  notarius.  (Misceli,  pergameiu! 
private  sec.  XII  e  XIII). 

1201  f(djl»raio.  Nicholaus  Tinto  idebaiuis  sancti   nieliolay  et    notarius. 

1205  marzo.  Jacobus  lambardus  Sancte  So])li.ve  ])lel)nnus  presbiter  et 
notarius. 

1205  agosto.  Michael  Bonifacius  jìi'esbiter  et  i)lci)anus  Sancte  Marie 
Jubianici  et  notarius. 

120G  maggio.  Dominicus  Superando  diaconus  et  notarius. 

1207  giugno  (da  contratti).  Michael,  come  sopra,  notarius. 

1208  giugno.  Petrus  sterininus  presbiter  et  notarius. 
1208  luglio.  Johanes  bonus  presbite)'  et  iH)tarius. 
1208  agosto.  Aloxius  Joanes  presbiter  et  notarius. 

1208  agosto.  Martinus  lambardus  presbiter  (!t  notarius. 

1209  marzo.  Marcus  Semiteculo  diaconus  et  )iotarius. 
1219  luglio.  Matheus  tinto  pi'esl)iter  et  notarius. 

1209  luglio.  Michael  Bonifacius  jjresbitei'  et  plebainis  Siuicte  Marie 
Jubianici  t^t  notarius. 

1209  agosto,  parti  Dominicus  (ii'adonicns  e  hi  moglie  del  doge  Pietro 
Ziniii.  Michael  Bonifacius  presbiter  etc. 

1210  mai'zo.  Johanes  belengerio  diaconus  et  notarius. 

1210  agosto.  Bartholomeus  Sancti  Pauli  presldter  et  notnrius. 
1210  agosto.  Marcus  lambardus  presbite!'  et  notarius 


(11)  LE  COLLEGANZE  NELLA  PRATICA  ECC.  11 

denza  storica,  si  deve  dire,  che  altrove,  o  furono  iiii]ìortati  g-li  usi 
di  Venezia,  o  si  attinse  a  quelle  medesime  fonti  bizantine  da  cui 
derivarono  le  consuetudini  veneziane.  Ciò  che  caratterizza  Venezia 


1211  aprile.  Nieholaus  tinto  plcbanus  sancti  iiicliolay  et  iiotarius.  (I 
detti  documenti  fra  lo  pergamene  di  S.  Zaccaria.  B.  '2()). 

1211  luglio.  Domiuicus  Goorgius  S.'  Yeremie  presbiter  et  uotarius 
(Pi-ocuratori  di  S.  Marco  de  Citra  Perg."'  B.«  1). 

1212  luglio.  Nicliolaus  tinto  plebauus  Sancti  iiiebolay  et  uotarius. 

1213  marzo.  Leonardus  Vindelico  presbiter  et  notarius. 

1214  luglio.  Jolianes  albertus  diaconus  et  notarius.  (S.  Zaccaria.  20). 

1216  marzo.  Johanes  bonas  presbiter  et  plebauus  ecclesie  Sancte  Marie 
uuitris  domini  et  uotarius  (Procuratori  di  S.  Marco  de  Citra.  Pergamene. 
Busta  1). 

1217  settembre,  parti  Gradoidco  e  Bembo;  nessuiui  sottoscrizione. 

1217  settembre.  Nicolaus  girardus  presbiter  plebauus  ecclesie  Sancti 
Moysi  et  notarius. 

1218  maggio.  Angelus  Barbaro  presbiter  et  notarius.  (S.  Zaccaria,  2G). 

1221  marzo,  petrus  nanni  presbiter  et  uotarius  (Procuratori  ut  supra,  1). 

1222  marzo,  parti  Dojniuicus  Grradonicus  e  Vivabb)  da  Mantiui;  nes- 
suna sottoscrizione. 

1222  aprile. Petrus  sancti  Angeli  diaconus  et  notarius.  (  S.  Zaccaria,  26). 

1222  aprile.  Angelus  barbaro  presbiter  et  notai'ius.  (S.  Zaccaria,  28). 

1223  maggio.  Angelus  barbaro  presbiter  et  uotarius. 

1223  idem.  Idem,  idem,  idem  (diverse  le  pai'ti  dall'  atto  pi'ec<'(b'ute). 
(S.  Zaccaria,  26). 

1223  ottobre,  domiuicus  caravello  presbiter  et  uotarius.  (Procuratori 
etc,  Perg.  Busta  1). 

1224  mai'zo.  leonardus  vendelino  presbiter  plebauus  saneti  leouardi 
et  notarius. 

1225  marzo.  Petrus  Sancti  Angeli  presbiter  et  uotarius. 

1225  giugno.  Leouai'dus  V(mdelino  presbiter  plebauus  Sancti  Leonardi 
et  uotarius. 

1226  agosto.  Angelus  magno  pb^bauus  saucte  Marie  Assumpte  et  uo- 
tarius. 

1227  novejubre.  Micbael  Adamo  Sancti  cassiani  presbiter  et  notarius. 

1228  settembre,  marcus  pitulo  piesbiter  et  notarius. 
1230  settembre.  Marcus  grilioni  presbiter  et  uotailus. 

1230  idem,  Idem,  idem,  idem  (parti  diiferenri  dal  i)re(M'(lente).  (S. 
Zaccaria,  26.) 

1232  marzo.  Nicholaus  insto  presbiter  sancti  Nicliolay  et  notarius 
(Procuratori  etc.  1). 

12.32  idem.  Testamento  di  Johaiu's  Mai-tinatio  de  castello:  emimera  fra 
i  lieiii  di.s])osti  cinqua  capitali  posseduti  in  eoUeganza  presso  altrettanti 
tf<t<-ffitore.'^. 


12  A.    SACERDOTI  (12) 

in  questo  periodo,  e  si  spiega  coiriiso  già  inveterato  del  negozio 
e  la  gran  mole  ivi  assunta  dai  trafKci,  è  la  copia  di  tali  contrat- 
tazioni, le  quali  davano  materia,  come  oggidì  le  azioni  di  società, 
all'investita  di  più  somme  da  parte  d"  un  unico  capitalista  ('),  il 
caso  frequente  d'esercizio  professionale  da  parte  d'un  solo  tracta- 
foi  (^~-^)  che  riceveva  i  capitali  da  più  soci  Aiaiites  e  la  persistenza 
durante  il  secolo  Xll,  in  molti  casi  dell'aliquota  di  due  terzi  degli 
utili  per  il  capitalista  e  di  un  terzo  per  il  trarfator  che  conferiva 
soltanto  l'opera  (^j. 


1282  agosto.  Lconardus  Vciulcliiio  prcsbitcr  plcbiiiuis  snncti  vitalis 
ot  notarius.  (S.  Zaccaria,  27). 

1235  maggio.  Michael  Adamo  Sancti  cassiani  prcsbitcr  et  notarius. 
(Misceli,  pcrg.  private.  Venezia  sec.  XII  e  XIIIJ. 

128'.)  agosto.  Lconardus  Vendcdino  pr(!sbiter  plcbanus  sancti  vitalis  et 
notarius.  (S.  Zaccaria,  27). 

Spettano  a  questo  periodo  anche  i  docninciiti  editi  dal  Bai'accbi  (op. 
cit.  inserita  ntÀV  Archivio  Veneto;  voi.  7°,  doc.  XXV,  XXX;  voi.  IX,  doc. 
LXIV;  voi.  XX,  doc.  XC,  XCI,  XCIII  e  CV,  nel  qual  ultimo  figurano  i 
fratelli  Marino  e  Mario  figli  del  doge  Orio  Malipicro. 

(1)  Secondo  si  rileva  alla  nota  precedente,  il  testaimuito  del  marzo 
1232  dì  Johanes  Martìnatio  (S.  Zaccaria,  27)  dispone  su  cinque  capitali 
impiegati  dal  testatore  in  colleganza  presso  altrettanti  tntrfiifoi'es. 

(2)  Uno  di  tali  professionisti  è  il  nominato  Doiìdiiicus  GraiìonìrKH 
clic  figura  in  molti  dei  sopra  elencati  documenti  (in  22  negli  anni  dal 
1205  al  122()).  Altri  che  figurano  in  più  atti  sono:  MichneJ  Az/jiio  (tn;  atti 
dal  1224-1227)  e  Jo/uims  Ai/ìho  (4  atti  del  1247-1253). 

(8)  La  frequenza  delle  colleganze  non  toglieva  che  continuasse  pa- 
rallelo, conu!  risulta  eziandio  da  una  not;i  precedente,  ancln»  l'uso  del 
cambio  marittimo,  di  cui  si  riproduce  qualche  atto  in  appendice  eziandio 
spettante  a  questo  secondo  periodo.  L'(!S(n'cizio  professionale  si  applicava 
anche  al  cambio  marittimo,  per  cui  si  trova  ad  esempio  debitore  il  noini- 
nato  Romano  Mat/rano  in  quattro  documenti  del  novembre  11{)7  e  in  altii 
del  1177  giugno  e  del  1179  luglio  (S.  Zaccaria.  Busta  40  e  24).  Così  in 
quegli  stessi  anni  abbiamo  debitore  in  quattro  documenti  l'c/ro  da  Mo- 
lino (S.  Zaccaria,  24,  25  e  40). 

(4)  Ad  (>s.  lU'gli  atti  1170  ottobre,  Marcus  /io/ti/ii  jtrcshifrr  e/  >ii>f<n-iiis 
(S.  Zaccaria,  24)  ;  1184  febbraio,  Matìiciis  (//nnoìino  presbiter  et  notarius 
(idem,  25).  In  quella  vece  l'atto  1183  gennaio,  yyo>«'/Vcm/.s-  Savornrniis  pre- 
sbiter et  notarius  (Pergamene  S.  Giorgio  Maggiore.  Busta  28)  ha  la  pi'o- 
porzioiu'  di  ^/4  e  ^U.  Quest'ultima,  proporzione  è  anche  in  un  atto  del  no- 
vembre 1190  inserito  nella  raccolta  citata  d(d  Bai-acchi  [Archiria  Veneto, 
voi.  20,  doc.  XC)  ed  essa  diviene  poi  la  iioiinale  nei  documenti  del  secolo 
XIII. 


(13)  liE    COLLEGANZE    NELLA   PRATICA    ECC.  18 

In  questo  periodo  sono  moltissimi  i  casi  in  cui  il  fracfafor  con- 
ferisce esso  pure  una  quota  di  capitale,  accentuandosi  così  sempre 
più  il  rapporto  sociale  nella  funzione  economica  del  negozio  (*). 
La  proporzione  in  generale  è,  con. e  nel  periodo  precedente,  del 
doppio  di  conferimento  da  parte  del  ><or>n.^  !<faii!^,  coll'aliquota  della 
metà  nel  riparto  degli  utili.  Ed  acquista  speciale  importanza  in 
questo  periodo  la  contribuzione  insieme  dell'uno  e  dell'altro  socio 
nella  formazione  del  capitale  per  ciò  che  al  verificarsi  della  stessa 
ebbe  inizio  la  registrazione  pubblica  (in  catantkoj  della  rispettiva 
caratura  (-). 

Pur  non  diversamente  dai  documenti  contemporanei  degli  altri 
luoghi,  ma  in  modo  assai  più  spiccato  che  nel  periodo  veneto  pre- 
cedente, emerge  nei  documenti  del  secondo  periodo  la  progressiva 
latitudine  negli  elementi  del  rischio,  essendo  i  casi  più  frequenti 
quelli  di  facoltà  di  cambiar  nave  e  di  contratti  <i  tempo  e  non  a 
viaggio^  ed  aggiungendosi  inoltre  alla  clausola  <i  tempo  particolari 
facoltà,  come  quella,  del  resto  già  in  uso  anche  prima,  di  associare 
il  rischio  di  terra  a  quello  di  mare,  ed  altre,  quale,  ad  esempio, 
il  ritorno  a  piacere  coll'una  o  coli'  altra  campagna  di  navigazione 
(miulua). 

Terzo  periodo  dal  1242  in  poi 

Incomincia  questo  periodo  colla  prima  emanazione  già  accen- 
nata di  norme  legislative  sulle  colleganze,  inchiuse  negli  Statuti 
dei  Giudici  di  Petizione  del  1242.  Tali  norme  non  vengono  ad 
inaugurare  un  nuovo  stato  di  cose,  ma  semplicemente,  come  era 
d'abitudine  a  Venezia,  a  sanzionare  le  consuetudini  in  vi'^ore^  ele- 
vando a  legge  quanto  si  praticava  già  nei  contratti.  Le  trascrivo 
testualmente  dal  Libro  Terzo  dei  detti  Statuti,  accompagnandovi 
alcune  osservazioni. 


(1)  I  coiifci'iiiicnti  consistevano  talora  in  earati  di  proprietà  di  navi 
(os.  il  (Ice.  n.  1.  Appendice  P  h).  È  i)erciò  da  aggiungersi  il  citato  docu- 
mento veneto  a  quelli  di  data  posteriore  d'altri  luoghi  menzionati  dal 
Goldschmidt  (GesrJii'rhfe  cit.,  p.  259  nota  86  a)  parimenti  come  esempio  di 
colleganze  ap])licate  alle  carature  di  nave. 

(2)  Atto  1190  aprile,  Matìieits  Capello  presbifer  et  notarius  (Appendice 
I"^  h)  doc.  n.  7)  e  atto  1193  luglio,  Wido  Gisperfo  (Jiaroìi/is  et  n  >fiirÌHS 
(Appcmliee  T'  b)  doc.  n.  8). 


14  A.    SACEEDOTI  (14) 

Si  quis  receperit  (lìiquod  haòere  in   CoUefjantia.  Gap.  I. 

"  Si  receperit  quis  ab  aliqiio  habere  per  Colleg-aiitiaui,  fe- 
ceritqiie  inde  cartulam  (')  textum  cartulae  servuri  oportet  et  ad 
terininum  statutuin  veniens  rationem  creditori  suo  faciet  de  ipsa 
Colleg-antia,  reddet  auteni  creditor  debitori  suo  cartam  cum  se- 
curitate  sua   „. 

"  Sed  si  contig-erit  debitorem  de  Collegantia  perdidisse,  et 
aliquod  inde  evasisse  et  non  venerit  ad  terminum  statutum  facturus 
rationem  super  iis,  quae  ovaserunt,  erit  rupta  carta  in  co,  quod 
ovasorit  nisi  forte  illud  posuit  in  conuiiendatione  in  loco  conimen- 
dationis  ad  noiiien  ci'oditoris   ,,. 

È  evidentemente  applicato  il  titolo  di  colleganza  e  sono  date 
le  norme  statutarie  relative  solo  per  il  caso  in  cui  il  capitale  sia 
conferito  unicamente  dal  soriìis  starna.  In  tale  ipotesi  quanto  emerge 
anclie  dai  documenti  di  data  precedente  viene  formulato  a  chiare 
note  dagli  statuti  ;  che  la  colleg-anza  cioè  fonda  un  vincolo  cre- 
ditorio fra  il  i^ocius  nfaux  ed  il  tradator.  Importa  ciò  che  non 
possa  applicarsi  a  Venezia  il  dubbio  esistente  rig-uardo  ad  altre 
località,  come  ad  esempio  riguardo  a  Genova  (-),  se,  almeno  fino 
ad  una  certa  epoca,  la  proprietà  delle  cose  a  cui  si  riferiva  la 
colleganza  rimanesse  del  socio  capitalista  (s).  A  Yenezia,  fino  dai 
pili  vecchi  documenti,  quando  il  gerente  conferiva  soltanto  l'opera, 
il  negozio  rinumeva  in  ciò  sul  terreno  del  cambio  marittimo,  che 
si  trattava  di  rapporto  creditorio  fra  le  parti,  non  diversamente  del 
resto  da  quei  casi  particolari,  involgenti  sostanzialmente  una  com- 


(1)  Significato:  carta,  mstruinento  ;  il  contratto,  come  ora  già  iioll'uso, 
doveva  farsi  por  iscritto,  del  pari  clic  il  cambio  luarittiiiio,  e  la  rarfnla, 
rilasciata  nell'uno  o  nell'altro  negozio  dal  debitore  al  creditore,  importava 
che  rivestissero  dessi  la  forma  di  polizza  unilaterale  di  debito.  Questa 
l'orma  è  generale  nei  documenti  veneti,  laddove  in  altri  luoghi  essa  tro- 
vasi alternata  colla  bilaterale. 

(2)  Lattes  (op.  cit.  capo  IV,  testo  e  note  21  e  22);  Endemann  (Siitdien 
in  der  romanisch-ranonistiscìien  Wirtkschafts  iind  liechtslehere  voi.  I,  p. 
369  e  seg.)  ;  Goldschmidt  (Geschtchte  cit,  p.  265,  testo  e  note  103,  1()4). 

(B)  Nei  documenti  veneti  non  v'  ha  affatto  menzione  d' un  diritto  di 
separazione  concesso  al  capitalista  sul  fondo  di  traffico  del  fracfafor, 
diritto  che  è  riconosciuto  invece  dai  più  vecchi  docunuMiti  genovesi,  i 
quali  ultimi  danno  così  appoggio  alla  massima  che  esso  capitalista  con- 
servassi^ la  proprietà  delle  cose  accomandate. 


(15)  LE    COLLEGANZE    NELLA    i'KATIOA    ECC.  15 

mendd,  del  diritto  romano,  i  quali  rientravano,  secondo  si  avver- 
tiva pili  indietro  nel  concetto  del  deposito  irregolare  (').  Ma  il 
passaggio  dei  beni  affidati  in  proprietà  del  fnicfiifor  non  toglieva 
che  anche  a  Venezia  vi  fosse  stretta  subordinazione  di  costui  al 
capitalista,  il  che  si  esplicava  col  rigoroso  obbligo  di  resoconto, 
sul  quale  versa,  come  tosto  si  vedrà,  il  capo  li  degli  sfdhifd,  ed 
al  quale  si  riferisce  eziandio  il  caso  di  scioglimento  del  contratto 
previsto  al  capo  I,  nell'ipotesi  di  perdita  parziale  dei  beni  in  col- 
leganza. Prescrive  invero  il  secondo  alinea  del  capo  1,  che  se 
nella  detta  ipotesi  non  facesse  il  debitore  nel  termine  pi'efìsso  il 
resoconto,  fosse  rotta  la  pattuizione  (]ier  cui  le  perdite  successive 
cessavano  di  rimanere  a  carico  del  capitalista,  come  nel  cambio 
marittimo,  spirato  il  termine  assegnato  allo  stesso),  salvo  che  non 
avesse  egli  dato  in  connneiula  ad  altri  il  capitale  residuo  al  nome 
del  creditore. 

Quod  qui  ì'eceperif  alicK.jtts  ìiona,  s/ve  hi  Rogadianì  dee  in 
Colleganiiam  i^no  Ci-edifori  e.rjnyiìK/f  ordiiiaf'n»^  qiuf/lfcr  rnrestitierit, 
vendiderit  et  eyerlf.  Capo  IL 

"  Asserimus  quomodo  observari  quod  quilibet,  qiii  alicujus 
liona  receperit,  sive  in  Rogadiam,  sive  habuerit  in  CoUegantia,  suo 
creditori  seriatim  exprimat,  qualiter  investiverit,  vendiderit  et  qua- 
liter  egerit  de  hoc  (-)  quod  halniit  in  CoUegantia  vel  Kogadia  et 


(1)  Significano  vcranient*'  un  rapporto  di  deposito  li'icgoliii'c  le  espres- 
sioni consueto  ancfie  nei  più  vecchi  documenti  veneti,  eolle  quali  il  frar- 
tator  dichiarava  il  ricevimento  d'una  certa  somma  da  trafficare,  (lualehe 
volta  determinando  la  specie  delle  merci  da  acquistarsi,  ad  es.  nell'  atto 
dell'aprile  1190,  Matheus  Cd'pe-llo  (S.  Zaccaria,  25),  oppure  il  ricevimento 
in  cumulo  di  nuM-ci  e  danaro,  o  anche  solo  di  merci  stimate  per  il  loro 
valore  in  danaro,  obbligandosi  a  dare  poi  in  capo  al  viaggio  di  ritorno 
il  capitale,  ripartendosi  fra  i  contraenti  gli  utili  nella  misura  stabilita. 
Delineata  così  la  figura  del  contratto,  non  può  essa  svanire  per  la  clausola 
accessoria  in  uso  che  in  caso  di  perdita  parziale  .s?  aatem,  aliquid  inde 
remanserit  totum  in  te  (ì\  sorins  stansj  venire  debeat.  Con  questa  espres- 
sione invero  non  devesi  intendere  significata  la  proprietà  sulle  cose  ri- 
maste salve,  ma  solo  il  diritto  privilegiato  di  pagarsi  sulle  stesse  tino 
alla  concorrenza  del  loro  valore  come  nel  cambio  marittimo. 

(2)  Nò  in  qu(^sti  xtatHfd,  uè  in  alcun  atto  contrattuale  veneto,  vi  è 
traccia  che  il  trartator  agisse  sotto  il  nome  del  coniìnendator,  come  ap- 
pare invece  nei  più  vecchi  documenti  genovesi  e  sembrerebb(>  cont'ei'niatn 
dagli  statuti  di  Pera  (e.  211)  e  da  quelli  di  Genova  del  15()7  IV,   <;.  43. 


16  A.    SACERDOTI  (16) 

secundum  quod  haec  omnia  seriatiin  expresserit  corani  lege,  te- 
neatur  por  sacramentum  firmare,  si  Creditor  voluerit,  et  si  minus 
capitale  dederit,  dicat  quare  minus  dat,  et  hoc  ponatur  in  Brcr/ario 
presenta fionum  (verbale  di  presentazione  del  conto)  „. 

"  Et  si  Creditor  vel  Haeres  ejus,  vel  Successor  in  hoc  casu 
probate  voluerit  quod  aliter  sit,  quam  debitor  dicat,  recipiantur 
probationes  ejus,  et  si  legitinie  probaverit,  judices  procedant  se- 
cundum ipsas  probationes,  et  si  probare  voluerit  vel  non  potuerit, 
vel  non  obtulerit  se  ad  probandum,  detur  Sacramentum  Debitori, 
et  hoc  exceptis  illis,  qui  naufragium  passi  sunt,  vel  etiam  deprae- 
dati,  vel  combusti,  de  quilnis  volumus  secundum  consuetudinem 
observari   antiquam  „ . 

Si  applicano  in  tal  modo  al  concreto  caso  le  norme  generali 
sulle  presunzioni  portate  dal  Prologo  II,  degli  Hiatufa,  e  nelle 
eventualità  previste  in  fine  del  Capo  i  precetti  che  risultavano  dal- 
l'antica consuetudine. 

De  Colleyantiis  quaìiter  eoriDn  pì-ocenfux  di  ridi  dcheanf,  et 
qìiod  carfuìae  prò  nno,  et  eodem  riatiro  (tequaìem  ritjorem  haheant. 

Capo  III. 
•  "  Censemus  quoque  de  collegantiis  observandum,  ne  ille,  qui 
ab  aliquo  Pecuniam,  ut  cuni  ipsa  lucretur,  acceperit,  nihil  in  Col- 
legantia  mittat,  sed  usque  ad  tempora  statuta  cum  pecunia  accepta 
procertans,  quartam  partem  vel  quantum  in  carta  continebitur,  sibi 
teneat  de  proventu.  Reliquas  vero  partes  simul  cum  capitanea  more 
solito  dare  debeat  creditori   „. 

"  Et  si  quidem  cartulae  plures  pluribus  hominibus  vel  uni 
et  ab  eodem  factae  fuerint  prò  uno,  et  eodem  viatico  diversis  diebus, 
vel  mensibus,  aequalem  vigorem  habeant  cartulae   in  exigendo  „. 

"  De  illis  vero  cartulis  dicimus,  quae  factae  fuerint  Venetiis, 
de  aliis  vero  cartulis,  quae  alibi  factae  fuerint,  nihil  dicimus  in 
hoc  casu  „. 

Si  escludeva  con  ciò  che  il  socio  d'opera  contribuisse  capitale 
nella  colleganza,  abbandonando  così  quanto  valeva  nei  più  vecchi 
documenti  veneti,  che  ammettevano  invece  anche  tale  ipotesi  nel 
concetto  della  colleganza.  Si  stabilisce  la  misura  normale  del  quarto 
rispetto  agli  utili  spettanti  al  socio  d'opera.  In  corrispondenza  col 
privilegio  avuto  sulle  cose  caricate  dal  socio  capitalista  per  il  suo 
avere,  si  stabilisce  1'  egual  grado  nello    stesso    fra  più    capitalisti 


(17)  LE  COLLEGANZE  NELLA  PRATICA  ECC.  17 

per  un  medesimo  viao;gio,  comunque  le  scritture  di  colleganza  fos- 
sero di  data  diversa,  in  armonia  coi  precetti  valevoli  riguardo  al 
cambio  marittimo. 

Alle  norme  fondamentali  sulle  colleganze  degli  sfatiita  del  1242 
fecero  seguito  disposizioni  di  dettaglio  (ronsìlia)  emanate  dal  Mag- 
gior Consiglio  negli  anni  dal  1262  al  1294,  le  quali  rimasero  finora 
inedite,  e  che  giova  pubblicare  a  complemento  degli  statiita^  coi 
quali  venivano  a  formare  un  sol  tutto  legislativo  in  un'epoca  in 
cui  è  muta  in  proposito  la  legislazione  degli  altri  siti.  Con  tali 
Consilia  si  fecero  delle  aggiunte  agli  statuta  e  si  rese  imperativo 
alcuno  dei  loro  precetti,  come  quello  che  la  quota  degli  utili  spet- 
tante al  tractator  fosse  del  quarto  (Cons.  VII,  del  4  agosto  1276, 
esso  ed  i  successivamente  citati  esistenti  a  Venezia,  Archivio  di 
Stato,  Maggior  Consiglio,  deliberazioni  Comune,  I,  carte  68,  69), 
riguardo  a  cui  fu  inibita  la  pattuizione  d'una  minor  quota.  Alcuna 
di  tali  disposizioni  corrisponde  all'indirizzo  proibitivo  della  politica 
economica  dell'epoca,  e  così  viene  inibita  la  colleganza  con  fore- 
stieri per  trasportarne  l'avere  a  Venezia  (Cons.  I,  del  2  agosto 
1272).  Altre  sono  in  relazione  col  carattere  personalissimo  degli 
obblighi  del  socio  d'opera,  e  coll'intento  che  non  si  frustrassero 
i  precetti  generali  dello  Stato,  per  cui  si  richiedeva  licenza  del 
Doge  e  Consiglio  affine  di  poter  negoziare  per  terra  e  per  mare, 
e  cosi  vien  proibito  di  sub-commendare  ad  un  terzo  l' avere  affi- 
dato in  colleganza,  delegando  ad  esso  terzo  l'adempimento  della 
stipulazione  (Cons.  II,  die  XI.  exeunte  Julio  anno  1266,  Cons.  Vili, 
die  XV.  exeunte  Julio  1279)  e  si  fa  inibizione  al  tractator,  di 
pattuire  la  colleganza  sotto  altrui  nome  (Cons.  IX.  del  10  luglio 
1279),  sotto  la  minaccia  di  pene  ai  contravventori.  Si  dichiaravano 
esenti  dalle  norme  legali  sulle  colleganze  e  dalle  spese  inerenti 
alla  regolare  stipulazione  delle  stesse,  non  che  dal  precetto  sul 
minimo  della  quarta  parte  degli  utili  al  tractator,  i  contratti  per 
importi  non  superiori  a  lire  cinquanta  (Cons.  VI.  die  X.  exeunte 
Julio  anno  1275  e  VII.  del  4  agosto  1276),  minacciando  invece 
pene  in  caso  di  trasgressione  quanto  ai  contratti  per  maggiore  im- 
porto. Si  limitava  a  due  anni  la  massima  durata  del  contratto  (in- 
tendendo r  espressione  :  per  duas  nmduas  (due  campagne  di  na- 
vigazione) quale  sinonimo  di  quella  :  per  duos  annos)  e  si  esclu- 
devano le  colleganze  per  viaggi  uscendo  dal  golfo  col  patto  in- 
sieme di  spedire  mercanzie  e  portarne  di  ritorno  (Cons.  III.  die 
XV.  exeunte  septembri  anno  1271).  Queste  regole  subivano  alcune 


18  A.    SACERDOTI  (18) 

eccezioni,  e  così  erano  dispensati  i  liccioref;  dalle  restrizioni  per 
i  viaggi  fuori  del  golfo  (Cons.  VII),  erano  sottratti  i  traffici  in 
zoglU,  perlis  ac  lapidihm  dalle  norme  legali  generali  sulle  colle- 
ganze e  in  ispecie  da  quella  sul  minimo  della  quota  del  socio 
d'opera  negli  utili,  (Cons.  VII)  e  si  concedeva  si  potesse  stipulare 
la  colleganza  sotto  altrui  nome  e  delegarne  l'adempimento  nei  rap- 
porti di  fratelli  e  in  quelli  fra  padre  e  figli  legittimi  e  naturali 
(Cons.  X.  die  YII.  exeunte  Julio  anno  1279  e  XI.  die  Y.  exeunte 
Julio  anno  idem).  In  seguito  a  breve  esperienza  il  divieto  di  de- 
legare l'adempimento  della  colleganza  apparve  poi  nella  generalità 
dei  casi  troppo  dannoso  all'  espansione  dei  traffici,  per  cui  lo  si 
è  soppresso  col  Cons.  del  5  giugno  1288  (a  carte  44  tergo  del 
libro  Zaneta  delle  deliberazioni  del  Maggior  Consiglio).  Finalmente, 
col  Cons.  del  27  aprile  1279  (carte  41  tergo  del  libro  PìIohu^  delle 
deliberazioni  del  Maggior  Consiglio)  si  è  revocata  la  proibizione 
dei  contratti  per  l'andata  e  ritorno  di  merci  uscendo  dal  golfo,  e 
ciò  per  le  mutate  condizioni  dei  trasporti,  prima  fatti  con  navi  che 
impiegavano  un  anno  per  un  solo  viaggio,  ed  allora  effettuati  in- 
vece con  galee  che  compivano  il  tragitto  in  pochi  mesi,  prova 
questa  fra  tante  della  cura  con  cui  il  legislatore  veneto  seguiva 
lo  svolgersi  dei  fatti  del  commercio. 

Riepilogando  i  risultati  di  questo  studio,  si  scorge  come  alla 
precedenza  nell'uso  del  contratto  corrisponda  a  Venezia  anche  l'an- 
tecipata  evoluzione  dello  stesso,  ad  esempio  nel  punto  che  anche 
il  socio  d'  opera  contribuisse  alla  formazione  del  capitale,  con 
che  si  avvicinò  la  comnieìKht  alla  propria  compagnia  di  com- 
mercio, del  pari  che  nel  fatto  dell'esercizio  professionale  del  ne- 
gozio da  parte  di  gerenti  che  ricevevano,  in  forza  di  contratti  di- 
stinti gli  uni  dagli  altri,  capitali  da  trafficare  spettanti  a  molteplici 
accomendanti.  In  un  punto  però  è  stata  restìa  Venezia  ad  inno- 
vare, nella  riduzione  cioè  dell'  aliquota  attribuita  al  socio  d'  opera 
nel  riparto  degli  utili,  che  si  mantenne  in  più  casi  nella  propor- 
zione di  un  terzo  a  due  terzi  anche  quando  negli  altri  luoghi,  in 
relazione  colla  cresciuta  usura  dei  mutui  pecuniari,  era  solo  di  un 
quarto  a  tre  quarti,  misura  quest'ultima  che  le  necessità  econo- 
miche resero  poi  normale  anche  a  Venezia  e  che  si  legge  eziandio 
negli  statuto  del  1242. 

Alla  più  rapida  evoluzione  della  commenda  a  Venezia  in  con- 
fronto degli  altri  luoghi  fa  naturalmente  riscontro  anche  la  pre- 
cedenza nell'emanazione  di  leggi,  le  quali  rimontano  all'epoca  an- 


(19)  LE  COLLEGANZE  NELLA  PRATICA  ECC.  19 

zidetta  del  1242,  laddove  il  più  vecchio  documento  legislativo  ge- 
novese, che  versi  in  proposito,  è  lo  statuto  di  Pera  del  secolo  XIV. 
E  dal  materiale  combinato  degli  atti  contrattuali  e  delle  leggi  ap- 
pare che  certi  punti  giuridici,  su  cui  v'ha  controversia  fra  gli  au- 
tori, i  quali  avevano  finora  davanti  a  se  in  prevalenza  fonti  estranee 
a  Venezia,  trovano  nelle  fonti  venete  affatto  chiara  la  loro  solu- 
zione, e  che  l'ordinamento  del  negozio  non  attraversò  per  piiì  ri- 
guardi a  Venezia  neppure  quelle  fasi  che  ha  percorso  altrove  cor- 
rispondendo fin  dalle  origini  a  quanto  fu  in  altri  siti  il  frutto  del- 
l'evoluzione progressiva  dello  stesso.  Ciò  si  applica  in  particolare 
alle  materie  della  denominazione  del  contratto,  del  passaggio  della 
proprietà  degli  oggetti  accomendati  al  fractator  e  della  gestione 
degli  affari  nel  nome  di  costui  e  non  in  quello  del  capitalista. 


20  A.    SACERDOTI  (20) 


APPENDICE    I« 


CONTRATTI 

Documenti  di  colleganza,  (Dìtrriori  (i(/ìi  statufi  dei  V242,  nofeooìi 
per  Vantichità  o  lìer  a/fro  mofiro  espresso  nelUi  memoria  o  iìi 
noto  opposta  ai  (locitmeìtto,  col  raffronto  di  qual die  documento 
di  compa()nia  di  commercio  e  di  cambio  m(rrittimo  deIÌ'ej)oca 
medesima. 

a)  Periodo  fino  al   1154 

1).    1072  Maggio 

In  nomine  domini  dei  omnipotentis.  Anno  ab  incarnacione  domini 
nostri  ihesu  divisti  millesimo  septuagesimo  secundo  mense;  madii  Indi- 
cione  decima  rivo  alto  plenam  (^t  inrevoeabilem  securitatem  facio  ego 
quidam  dominicus  zopiilo  tilius  vitalis  zopulo  minoris  cum  meis  heredibus 
tibi  Johani  baruzo  filio  Johanis  barucio  et  tuis  beredibus  de  una  memo- 
l'ialis  cartula  quam  milii  fecisti  ubi  ego  iactavi  deiiarios  exmeratos  (') 
libras  quinquaginta  et  tu  ibidem  iaetasti  libras  vigintiquinque  et  cum  toto 
isto  habere  ambubisti  in  taxegio  de  stives  {-')  in  navi  ubi  fuit  nauch-rus 
h'O  aurifice.  Nunc  autcìn  cum  fuisti  reversus  de  predicto  taxegio  om- 
nem  racioneni  milii  in(b'  fecisti  iustiini  et  veram  et  de  capite  ac  prode 
per  sacramentum  omnia  me  deliberasti  et  sanasti  amodo  in  antea  de  ca- 
pite ac  prode  sive  duplo  et  de  quan(to)  continuit  in  predicto  memoriale 
scmper  securus  permaneas.  lt;i  ut  nullis  difbus  nullis(iue  temporibus  vos 
iiule  requirere  aut  cojiipellere  amplius  debeamus  per  nullum  ingenium  non 
parvum  neque  magnum.  Ipsum  autem  memoriale  tibi  reddidi  si  exemplum 
de  ilio  aparuerit  aput  me  voi  aput  aliquem  hominem  inane  et  vacuimi 
persistat  sine  omni  vigor(>  et  robore  quia  nichil  indt;  reniansit  quod  vos 
amplius  requirere  debeamus.  Quod  si  quoeumciue  tempore  de  suprascrip- 
tis   capitulis  aliquid  requirere    temptaverimus    componere    promitto  cum 


(1)  Puri  (di  buona  lega). 

(2)  Località  di  Grecia. 


(21)  LE    COLLEtìANZE    NELLA    PRATICA    ECC.  21 

nieis  heredibus   tibi  et  tuis   heredibus  aiiri  libvas  quinque  et  hec  securi- 
tas  ili  sua  firinitato  periuancat. 

Ego  dominicus  marni  moa  subscripsi 

Ego  Johanes  testis  subscripsi 

Ego  dominicus  tostis  subscripsi 

Ego  leo  testis  subscripsi. 

Notitia  testium  id  est 
Johanes  fllius  petri  michaelis 
et  dominicus  frater  eius 
et  leo  filiiis  dominici  michaelis. 

(S.  T.)  Ego  Johanes  subdiaconus  et  notarius  compievi  et  roboravi. 

(Venezia.   ArcJdcio    di   Stato.    Munimorte,  Perdamene    S.   Zaccaria. 
Esfere.  Busta  24). 

O 

2).     1073  Agosto 

In  iioiniiic  domini  dei  et  salvatoris  nostri  iliesu  cliristi.  Anno  Incar- 
nacionis  eiusdem  r(Mlemptoris  nostri  millesimo  septuagesimo  tercio  mense 
Augusti  Jnditione  undeoima  rivo  alto.  Accepi  ego  quidem  Johanes  lissado 
de  luprio  cum  meis  heredibus  In  collegancia  de  te  sevasto  aurifice  filio 
domini  trudimundo  et  tuis  heredibus.  Hoc  est  libras  denariorum  ducentas 
et  ego  ibidem  iactavi  libras  denariorum  cwitum  et  de  isto  habere  habemus 
sortes  duas  in  nave  ubi  nauclerus  est  gosmirus  damolino.  Qu(!  omnia  me- 
cum  portare  debeo  in  taxegio  de  stives  in  iamdicta  nave  ubi  suprascriptus 
Gosmirus  da  molino  nauclerus  vadit.  In  tali  vero  placito  nostraque  stancia 
ut  hoc  totum  laborare  et  procertare  promitto  in  quo  melius  potuero  ca- 
petanea  salva.  Prode  vero  quod  inde  dominus  dederit  perfictam  medie- 
tatem  inter  nos  dividere  debeamus  sine  fraudo  et  malo  ingenio  et  un- 
decumque  aliquid  acquirere  potuero  cum  toto  isto  habere  totum  in  istam 
collegantiam  iactare  debeain.  et  si  quod  absit  a  mare  vel  a  gente  super 
totum  istud  habere  perditum  fuerit  et  fuerit  clarefactum  nichil  inde  pars 
parti  inquirere  debeamus  si  autem  aliquid  inde  remanserit  sicut  iacta- 
vimus  ita  participemus. 

Ista  collegantia  sit  inter  nos  usque  duin  nostre  in  unum  conveniunt 
volumptates.  Quod  si  non  observavero  omnia  sicut  superius  legitur.  tunc 
omnia  duplo  caput  et  prode  cum  meis  heredibus  tibi  et  tuis  heredibus 
dare  et  reddere  promitto  de  terra  et  casa  mea  vel  de  omnibus  que  habere 
visus  fuero  in  hoc  seculo.  Signum  manus  suprascripti  iohanis  qui  hec  ro- 
gavit  fieri. 

Ego  Petrus  testis  subscripsi 

Ego  laurencius  testis  subscripsi 

Ego  cosmiro  testis  subscripsi. 

Notiti  a  testium  id  est 
Petrus  gossoni 
Laurencius  scutarius 
Gosmirus  da  molino. 

(S.  T.)  Ego  (lominicus  clericus  et  notarius  compievi  et  roboravi. 

(  Venezia.  Archivio  di  Stato.  Fergainene  S.  Zaccaria.  Estere.  Busta  24). 


22  A.    SACEKDOTI  (22) 

3).     1083  Luglio 

In  nomine  domini  dei  et  salvatoris  nostri  Ihesu  cliristi.  Anno  ab  in- 
carnacione  eiusdem  redemptoris  nostri  millesimo  octuagesimo  tercio . 
mense  Julii.  Indictione  sexta  rivo  alto.  Breviarium  recordacionis  facimus 
nos  quidem  dominicus  badovarius  da  spinalo,  et  iohanes  rosus  filius  quon- 
dam dominici  rosi  ambo  fideiussores.  et 

vadimonio  quod  dedit  dominicus  florentius  filius  quondam  dominici  tlo- 
rentii  maureceni  ad  Ripaldum  fratrem  suum  de  centum  libi'is  denariorum 
quas  ipse  ripaldus  dedit  ei.  quas  vero  centum  libras  denariorum  supi'a- 
scriptus  dominicus  florentius  secum  portare  debet  in  taxegio  de  tripoli 
cum  nave  ubi  iohanes  tlieonistus  nauclerus  vadit.  (ft  predictus  dominicus 
florentius  omne  expendium  de  suprascriptis  centum  libris  denariorum  com- 
©  putare  debet  ad  predictum  ripaldum  fratrem  suum  exccqjto  sua  victualia. 
unde  ipse  dominicus  florentius  tale  vadimonium  dedit  suprascripto  l'ipaldo 
fratri  suo  ut  quantumcumque  ipse  dominicus  florentius  aquirere  i)otuerit 
cum  suprascriptis  centum  libris  denariorum  duas  divisiones  de  ipso  prode 
dare  debet  ipse  dominicus  ad  predictum  ripaldum  fratrem  suum.  et  ter- 
ciam  sibi  habere  debet.  et  si  peccato  iniinent(>  a  mare  vel  a  gente  super 
totum  istud  habere  perditum  fuerit  ;  tunc  ipso  dominicus  florentius  ter- 
ciam  divisionem  de  ipsis  centum  libris  denariorum  ei  refundere  et  dare 
debet.  et  duas  divisiones  ipse  ripaldus  sibi  computare  debet.  et  si  do- 
miiius  suprascriptam  navim  iohanis  theonisti  cum  prosperitate  venire  p(!r- 
miserit  tunc  ipse  dominicus  florentius  iamdictas  centum  libras  denariorum 
cum  duabus  divisionibus  de  prode  dare  et  redd(!re  debet  ad  supi'ascriptum 
ripaldum  fratrcan  suum.  Quod  si  hoc  ipse  dominicus  florcMitius  non  ob- 
servaverit  et  non  adimphiverit  ad  suprascriptuin  ripaldum  florentium 
fratrem  svium.  tunc  de  .  .  .  centum  libras  denariorum  ipse  dominicus 
florentius  dare  et  emendare  d(;bet  ad  suprascriptum  ripaldum  fratrem  suum. 

Ego  dominicus  badovario  ficdeiussor  manu  mea  subscripsi. 

Ego  Johanes    roso  maini  mea  subsciipsi. 

Signum  manus  suprascripti  leonis  qui  misit  in  ipso  vuadimonio  et  hoc 
rogavit  [fieri]. 

Ego  Petrus  maui'o  rogatus  a  suprascriptis  testibus  ut  atestetur  ita  testis 
sum. 

Ego  vitalis  nuiuro  rogatus  de  suprascriti  fideiussores  testis  subscripsi. 

Ego  Johanes  sulmolo  rogatus  de  suprascriti  testis  subscripsi. 

(S.  T.)  Ego  dominicus  clericus  et  notarius  Rogatus  a  suprascriptis 
ambobus  fideiussoribus  et  ab  eo  qui  misit  in  ipso  vuadimonio  compievi  et 
roboravi. 

(Venezia.    Arrlnrio    di   Stato.   Manimorte.    Prì-gamenc  S.  Zaccaria. 
Estere.  Busta  24). 

4).    1119  Gennaio 

In  nomine  domini  dei  et  salvatoris  nostri  ihesu  christi.  xVnno  domini 
millesimo  centesimo  nonodecimo  mense  .Tannarli.  Indicione  terciadecima 


(23)  LE  COLLEGANZE  NELLA  PKATICA  ECC.  23 

Constantinopoli.  Plonam  et  inrevocabilem  sccuritatcm  iiiitto  ego  quidein 
(lominieus  ar«licius  fìlius  iteinquo  dominici  ardicioni  de  eonfinio  sancte 
marie  formose  cum  meis  heredibus  tibi  quidem  Johaiii  mauro  filio  petri 
mauri  de  eonfinio  sancte  marine  et  tuis  heredibus  de  toto  una  memorialis 
cartula  quam  tu  niiclii  fecisti  in  venecia  consentiente  tibi  petro  patri  tuo. 
ubi  ego  iactavi  libras  flenariorum  diicentas  in  ista  collegantia.  et  tu  ibi 
iactasti  ad  versum  me  libras  denariorum  centum.  Que  omnia  tecuTii  por- 
tasti in  taxegio  de  acres  in  nave  ubi  dominicus  bilongus  nauclerus  ivit. 
Et  inde  ire  ut  tibi  melius  adesse  in  omnibus  partibus  et  de  isto  haberi; 
fuit  sortes  duas.  Nunc  autem  revertente  te  in  constantinopoli.  cum  una 
exempla  de  ipso  mf^noriali  te  requisivi,  et  racionem  inde  michi  fecisti  et 
de  capite  et  prode  si  ve  quantocumque  continuit  in  ipsa  memorialis  car- 
tula per  omnia  per  sacramentum  inde  me  deliberasti.  A  modo  in  antea 
de  ipsa  collegantia  et  de  ipso  toto  memorialis  cartula  per  omnia  inde 
apud  me  semper  securus  permaneas  et  ipsum  suprascriptum  exemplum 
tibi  rtiddidi.  sed  ipsum  pi'efatum  memoriale^  in  venecia  habeo.  linde  amodo 
in  antea  ipsum  memoriale  vel  eius  exemplum  umquam  tempore  appa- 
ruerit  apud  me  vel  in  alia  persona  hominum  nullum  vigore  nec  robore 
habeat  in  se,  sed  iiianc;  et  vacuum  persistat.  Quia  per  omnia  inde  a  me 
divisus  et  definitus  es.  Quia  nichil  inde  remansitunde  amplius  te  requirere 
debeam.  Et  me  vel  misso  ambulante  in  venecia  in  isto  presente  anno  infra 
triginta  dies.  tunc  ipsam  memorialis  cartulam  tibi  vel  a  tuo  misso  dare 
et  reddere  promitto.  sine  omni  occasione.  Quod  si  quocumque  tempore 
de  suprascriptis  omnibus  capitulis  aliquid  requirere  temptavero.  et  omnia 
ut  superius  legitur  non  observavero  ;  tunc  componere  promitto  cum  meis 
heredibus  tibi  et  tuis  heredibus  auri  libras  quinque  et  hec  securitatis  car- 
tula in  sua  maneat  firmitate.  Signum  manus  suprascripti  dominici  qui  hec 
rogavit  fieri. 

Ego  felix  testi s  subscripsi 
Ego  Petrus  testis  subscripsi 
Ego  iohanes  testis  subscripsi. 

Notitia  testium 
Felix  arro 
Petrus  Pantaleo 
Jolianes  zopulo. 
(S.  T.)  Ego  Petrus  subdiaconus  et  notarius  compievi  et  roboravi. 

(Venezia.    Archivio  di   Stato.    Manimorte.    Pergamene   S.    Zaccaria. 
Esfere.  Busta  24). 

5).     1131  Agosto 

In  nomine  domini  dei  et  salvatoris  nosti'i  Ihesu  clu'isti.  Anno  domini 
millesimo  centesimo  tricesimo  primo  mense  Augusti  Indictione  nona  rivo 
alto.  Manif(!stus  sum  ego  quidem  vivianus  da  molino  de  eonfinio  sancti 
eustadii  cum    mcds  heredibus  quia    recepì  de  te  quidem  pinia   relieta  (\) 


(V)  Vedova. 


24  A.    SACEEDOTI  (24) 

Stefani  pollani  de  coufiiiio  saiicti  irioysi  cognata  mea  et  tuis  hei'edibus 
libras  denarioruin  ducentas.  Quas  michi  dedisti  ad  portanduni  in  taxeio 
de  larta  0)  cum  nave  ubi  nauclerus  vadit  alniericus  caputincollo.  unde 
in  tempus  cmn  illa  mudua  de  navibus  que  a  primo  tempoi'e  in  venecia 
venire  debet  ego  vel  venire  vel  transmittere  tibi  debeam  per  credenteni 
hominem  in  testimonium  bonorum  hominum  inter  caput  et  prodem  de 
suprascripto  tuo  precio  libras  denarioruni  ducentas  quinquaginta.  absque 
ulla  occasione,  et  infra  triginta  dies  quod  ipsa  mudua  de  navibus  in  V(^- 
iiecia  intraverit  tam  si  ego  venero,  quam  et  si  suprascriptum  precium 
transmisero  tu  apagata  et  deliberata  esse  debeas  de  suprascriptis  du- 
centis  quinquaginta  libris  denariorum  absque  ulla  intermissione  tamen  in 
periculo  debet  esse  istum  precium  usque  ad  predictum  terminum  quod 
ipse  naves  v(urerint  in  vcneciam.  Quod  si  non  observavero  omnia  sicut  su- 
perius  legitur  tunc  omnia  in  duplo  caput  et  prode  cum  nuMS  lieredibus 
tibi  (;t  tuis  heredibus  dare  et  componcu'e  promitto  de  terra  (!t  casa  mea 
vel  de  omnibus  que  liabere  visus  fuero  in  hoc  seculo.  et  inde  in  antea 
caput  et  duplum  prode  laborare  debeat  de  quinque  sex  per  annuni. 

Ego  vivianus  damolino  manu  mea  subscripsi 

Ego  Petrus  faletrus  testis  subscripsi 

Ego  dominicus  testis  subscripris 

Ego  vitalis  longo  testis  subscripsi. 

Notitia  testium 
Petrus  fahitrus 
dominicus  tlorianus 
Yitalis  longo. 

(S.  T.)  Ego  Urso  presbiter  et  notai'ius  compievi  et  l'oboravi. 

(Venezia.  Arrhirio  di  Stato.  Perdamene  S.  Zaccaria.  Estere.  Basta  24). 

6).     1132  Luglio 

In  nomine  domini  dei  et  salvatoris  nostri  ihesu  christi.  Anno  domini 
millesimo  centesimo  tricesimo  secundo  mense;  lulii  Indietione  decima  rivo 
alto.  Plenam  et  inrevocabilem  securitatem  faeio  ego  quidem  colomannus 
bembo  filins  aurii  bembo  de  confinio  dojnini  salvatoris  cum  meis  here- 
dibus tibi  quidem  marino  michael  de  confinio  sancti  iuliani  et  tuis  here- 
dibus de  una  numiorialis  cartula  quam  tu  michi  fecisti  in  preterito  anno 
in  mense  madii  indietione  nona  in  suro  (-)  de  una  coUegancia  ubi  ego 
iactavi  bizancios  aureos  bonos  saracenatos  triginta  et  cantarium  unum  de 
cinanio  canella  minus  rotula  una  et  demidia.  et  in  suro  tibi  dedi  predictani 
colleganciam  et  ipsos  bizancios  CTun  predicta  Ciinella  tecum  poi't;istiin  taxeio 
de  constantino})()Ii  et  supra  ipsos  trigiiitii-  bizancios  (^uantes  biziincios  tu  ve- 


(1)  Da  Arta  (località  di  Grecia). 

(2)  Località;  incerto  se  sia  Asso  (Cefalonia,  isole  .Ionie)  ovvero  Tiro 
in  Siria. 


(25)  LE  COLLEGANZE  NELLA  PKATICA  ECC.  25 

min(lass{3s  ipsa  canclla  de  tuis  bizanciis  dcbuisti  iactare  adversuiii  me  in  ipsa 
colleganeia  terciam  pavtem  sicut  per  racionem  eveiiisset  et  cum  foto  isto 
prccio  laboraro  et  procortaro  debuisti.  Ista  colleganeia  debuit  esse  inter 
nos  usqiie  ad  illud  terminimi  quod  tu  redisses  de  constantinopolj  vel  d(> 
aliis  partibus  roiuanie  in  t(U'rani  Jerusaleni  (>t  tunc  luielii  vel  meo  misso  istani 
pret'atam  colleganciam  cum  vera  racione  dare  debuisti  et  si  me  vel  mmim 
missum  in  teri'am  ierusalem  vel  in  aliis  partibus  non  invenisses  tunc 
usque  ad  unum  expletum  annum  istud  meum  liabere  apud  te  retinere 
debuisti.  et  ])ostea  (quando  ego  vel  meus  missus  istam  colleganciam  tibi 
reqnisissemus  tu  miclii  cum  recta  racione  miclii  illam  reddere  debuisti. 
Nunc  autem  post  quam  in  venecia  reversus  fuisti  de  tota  ipsa  colleganeia 
michi  omnem  verain  et  iustam  racionem  fecisti  tam  de  capite  quam  de 
prode  cum  tota  sua  investicione  per  omnia  me  apagasti  et  deliberasti 
etiam  per  sacramentum  amodo  in  antea  de  quantocumque  continetui'  in 
prcnlicta  memorialis  cartula  semper  ind(!  securus  et  quietus  permaneas. 
de  qua  memorialis  cartula  tibi  reddidi  una  exemphi  testata  et  roborata. 
Ipsam  memorialis  cartulam  matrem  foris  veneciam  illam  dimisi  meo  misso 
quod  si  te  invenisset  illam  tibi  dedisset  et  in  eam  colleganciam  de  te 
recepisset  quam  memorialis  cartulam  si  in  mea  potestate  redierit  ego  tibi 
illam  reddere  promitto.  si  vero  in  mea  potestate  non  redierit  ubicumque 
ipsa  l'uerit  vel  aparuerit  vacua  sin(>  ullo  vigore  et  robore  permani^at.  Quia 
nicliil  inde  remansit  unde  te  amplius  requirere  valeam.  Quod  si  quocumque 
tempore  de  suprascriptis  omnibus  capitulis  aliquid  requirere  temptavero 
componere  promitto  cum  meis  beredibus  tibi  et  tuis  lieredibus  auri  libras 
quinque  et  liec  securitatis  cartula  maneat  in  sua  fìrmitate.  Ego  collo- 
mannus  bembo  manu  mea  subscripsi. 

Ego  ugerius  badovarius  testis  subscripsi 

Ego  bonus  testis  subscripsi 

Ego  henricus  lantani  testis  subscripsi. 

Notitia  testium  id  est 
Ugerius  batlovarius 
Bonus  dandolus 
Henricus  lantani. 
(S.  T.)  Ego  Urso  presbiter  et  notarius  compievi  et  roboravi. 

(Venezia.    Arrhirio    dì    Stido.    Maniutorte.  Penjainene    S.  Za<-:'(irìa. 
Estere.  Busta  24). 

7).     1183  Febbraio 

In  nomine  domini  dei  et  salvatoris  nostri  ihesu  christi.  Anno  domini 
millesimo  centesimo  tricesimo  tercio  mense  februari  indictione  duodecima, 
rivo  alti.  Plenam  et  irrevocabilem  securitatem  facio  ego  quideju  liomodei 
iacobe.  de  confinio  sancti  iacobi  de  luprio  cum  meis  beredibus.  tibi  quidem 
dominico  bilongo  ;  de  eodem  confinio  et  tuis  beredibus.  de  una  caucionis 
cartula.  quam  tu  michi  fecisti  continente  tantum  de  meo  habere  secundum 
rationem  inter  nos  habitam  de  libris  denariorum  nostra;  monete  centum 
quinqua.ginta.  quas  tibi  dedi  et  prestiti  ad  portandum  in  taxegio  de  bares 


26  A.    SACEEDOTI  (26) 

cuni  piato  O  ubi  nauclerus  fuit  iohancs  vicnzo.  tFnde  proinittens  pro- 
inisisti  ut  cum  roversus  csses  de  suprascripto  taxegio  in  vcMiccia.  Quod 
do  premenioratis  meis  centum  quiiKiiiagiiita  libris  (Icnariovuin  iik^  apagiirc. 
et  deliberare  deberes.  sine  aliqua  intermissione  ;  aut  aliquo  interposito  ca- 
pitulo.  et  si  a  mare  Tel  a  gente  suprascriptum  habere  perditum  fuisset. 
et  (!sset  clarefactum.  quod  videlicet  de  alio  tuo  habere  eveniret.  ita  et  de 
meo  suprascripto  habere  deberet  esse.  Ha^c  omnia  observare  et  adimplere 
promisisti.  Quod  si  non  observasses  totuni  quod  superius  dictuni  est  eo 
pi'edicto  modo,  tunc  omnia  in  duplo  esse  deberent.  Nunc  autem  supra- 
scriptas  centum  quinquaginta  libras  sane  et  integre  michi  reddidisti.  et 
omnem  iustam  et  veram  rationem  tam  de  capite,  et  prode,  quam  et  de 
tota  investitiono.  sine  duplo,  per  omnia  inde  me  sanasti  ac  deliberasti. 
Ipsam  autem  caucionis  cartulam  tibi  reddidi.  Si  exemplum  de  ea  appa- 
ruerit  apud  me.  vel  apud  aliquem  hominem,  inane  et  viieuum  sine;  vigore 
et  robore  persistat.  Ita  ut  nullis  diebus  nuUisque  temporibus  te  inde  ;ini- 
plius  requirere  aut  compeller(!  debeam  per  nuUum  ingenium  parvum  sive 
magnum.  quia  nichil  remansit  quo  te  amplius  rcsquirere  valeam.  Quod  si 
quocumque  tempore  de  suprascriptis  centum  quinquaginta  libris  denai'io- 
rum  et  predicta  caucionis  cartula  aliquid  requirere  tempt;ivero.  eomponere 
promitto  cum  meis  heredibus.  tibi  et  tuis  heredibus  auri  libras  quinque  (!t 
hec  securitatis  cartula  in  sua  firmitate  permaneat. 

Ego  homodei  iacobe  manu  mea  subscripsi 

Ego  stefanus  testis  subscripsi 

Ego  dominicus  testis  subscripsi  ' 

Ego  Johanes  rogatus  testis  subscripsi. 

Notitia  id  est  testes 
Stefanus  sagorninus 
Dominicus  michacd 
Jolianes  avolnaris. 

(S.  T.)  Ego  petrus  ledi  acolitus  notarius  compievi  c^t  roboravi. 

(Venezia.  Archivio  di  Stato.  Ferfjaiiiene  S.  Zaccaria.  JJuata  24). 


(1)  Ecco  quiinto  si  legge  in  proposito  nidi'  opin-a  :  Venezia  e  le  sue 
Lagune,  voi.  I,  p.  209,  nell'articolo  :  "  brevi  cenni  sulle  costruzioni  navali 
e  sulla  marina  dvì  Veneziani  dal  principio  alla  fine  della  Repubblica  „  : 
"  Piatta  0  Flato.  Barca  civica  così  denominata  per  aver  la  carena  assai 
larga,  difficile  però  da  immergere,  quindi  suscettibile  a  sostenere  grandi 
pesi  senza  punto  sbilanciare.  Olti'c  all'interno  sei'vizio  di  ti'asporto,  la 
piatta  si  è  sempre  adop(!rat;i,  e  tuttora  s'iidoprii  iil  libo  dei  grossi  basti- 
menti da  mare,  togliendo  cioè  parte  del  carico  onde  ridui'li  a  minor  im- 
mersione, e  così  loro  facilitare  il  passaggio  sopra  gli  alti  fondi  che  ren- 
dessero malagevole  la  praticabilità  dei  nostri  porti.  Pensiamo  anzi  che 
in  origine  sia  stata  questa  espressamente  la  sua  destinazione  ;  il  nome 
vuoisi  derivare  dal  greco  platijs,  che  in  nosti'O  idioma  suona  largo,  (evi- 
dentemente, come  dicemmo,  perchè  tale  appunto  è  la  sua  Ciuena.  „ 


(27)  LE    COLLEGANZE    NELLA    rilATICA    ECC.  27 


<S).     1138  Maggio 

In  iiuiniiic  (loiiiiiii  dei  et  salvatoris  nostri  iliesu  cliristi.  Anno  ab  in- 
carnacione  einsdeni  rcdeiiiptoris  nostri  niillesinio  centesimo  tricesimo  oc- 
tavo.  Mense  inadii.  Indicione  prima.  Rivo  alto.  Accepi  ego  quidem  Hen- 
ricus  contarenus  filius  quondam  Jolianis  contareni  de  confinio  Sancte  ma- 
rine cimi  meis  lieredibus  In  collegancia  de  te  nanque  Katiiolica  quondam 
relieta  dominici  iustiniani  de  confinio  sancti  pantaleonis  dilecta  socera 
mea  et  tuis  lieredibus  (!t  successoribus  libras  denarioi'um  mille  nostre 
monete,  et  ego  nichil  iactavi  adversum  te.  Qiie  omnia  mecum  portare 
debeo  i:i  taxegio  de  acres  cum  navi  ubi  nauclerus  vadit  fuscarus  lugnanus. 
et  inde  in  antea  ubi  miclii  bonum  esse  videtur  ad  ambulandum.  In  tali 
vero  conveniencia  ut  cum  hoc  habere  usque  ad  aiinos  tres  laborare  et 
procertare  debeam  prò  ut  iiielius  potuero.  capetanea  vero  salva  prode 
vero  quod  inde  dominus  dederit  per  veram  medietatem  Inter  nos  dividere 
et  participare  debeamus  sino  fraude  et  malo  ingenio.  etundecumqu(i  aliquid 
adquirere  potuero  cum  suprascripto  habere  in  ista  collegancia  iactare 
debeam.  Et  si  quod  absit  a  mare  vel  a  gente  totum  suprascriptum  habere 
perditum  fuerit  et  fuerit  clarefactum  nichil  inde  requirere  debeatis  Si 
autem  aliquid  inde  remans(!rit  totum  in  te  venire  debeam.  Ista  collegancia 
sit  inter  nos  usque  ad  tribus  aiinis  sicut  predictum  est.  Quod  si  non  ob- 
servavero  omnia  ut  superius  legitur  tunc  omnia  in  duplo  capud  et  prode 
cum  meis  lieredibus  tibi  et  tuis  lieredibus  et  successoribus  dare  et  red- 
dere  promitto  de  terris  et  casis  meis  et  de  omnia  que  modo  abeo  vel  que 
in  ant(!a  acquirere  visus  t'uero  in  hoc  seculo  et  inde  in  anteam  capud  et 
prode  ac  duplo  prode  laborare  debeat  ad  racionem  de  quimiiu^  sex  per 
annuni  secundum  usu  patrie  nostre. 

Ego  enricus  contareno  manu  mea  subscripsi 

Ego  Petrus  lantani  testis  subscripsi 

Ego  stefanus  lantani  testis  subscripsi 

Ego  stefanus  gradonicus  testis  subscripsi. 

(S.  T.)  Ego  fuscarus  presbiter  et  notarius  et  ecclesie  sancti  pantaleonis 
vicarius  compievi  et  roboravi. 

(Venezia.    Archivio    di   Stato.    Manimorte.    Perf/amene    S.  Zaccaria. 
Estere.  Busta  24). 


0).     1150  Marzo  (') 

In  nomine  domini  nostri  ihesu  christi.  Anno  domini  millesimo  cen- 
tesimo quinquagesimo  mense  martii.  Inditione  tertia  decima  constanti- 
nopoli.  Cum  r(d)us  publicis  pi'esidemus  omnium  e(juit;i,ti  et  iustitie  legalitei' 


(1)  Notevole  per  ciò  che  vi  figurìino  i  nomi  di  due  successivamente 
Dogi,  Domenico  Morosini  e  Sebastiano  Ziani. 


28  A.    SACERDOTI  (28) 

previdero  dobemus.  Qua  propter  Nos  quidcm  Sebastiaiius  ziani  de  con- 
finio  sanete  iustine  legatus  domini  nostri  dominici  inauroceni  gloriosi  ve- 
netie  ducis  cum  essemus  in  eonstantinopoli  venit  ante  nostrani  et  honorum 
hominum  presentiam  Henrieus  iubianus  de  murianis  et  dixit  quod  lia- 
buerat  compagniam  cum  Raymundino  donno  de  confinio  Sancti  blasii  qui 
defunctus  erat  et  proclamavit  se  supra  dominicum  donnum  fratrem  et 
comniissarium  nominati  Raimundiiii  et  dicebat  quod  volebat  se  dividere 
ab  eo  de  suprascripta  compagnia,,  ostendit  etiam  imam  cartam  testifica- 
tionis  testatam  (!t  roboratam.  quam  fecerant  Marcus  niaui'o  de  castello 
et  dominicus  ianasi  d(»  confinio  sancti  maiiricii  in  preterito  mense  fe- 
bruarii  per  eandeni  inditionem  tertiam  decimam.  que  continebat  quoniam 
in  hoc  presenti  anno  in  Lesf'ornies.  Henrieus  iubianus  de  murianis  et  Ray- 
mundinus  donno  de  confinio  Sancti  blasii  ambo  cognnti  rogaverunt  su- 
prascriptos  Marcum  maurum  (^t  dominicum  ianasi  quod  essent  testes  Inter 
eos  de  ipsa  compagnia  quam  fecerant  ad  invicem  in  quo  compagnia 
henrieus  iubianus  posuernt  perperos  novos  septingentos  quinquaginta  octo 
et  Raymundinus  donno  posuei-at  in  (^adem  compagnia  alios  perperos  novos 
quingentos  octo.  cum  quibus  omnibiis  debebant  negociai'i  in  omnibus  par- 
tibus  sicut  eis  bonum  videretur  et  in  illorum  comuni  periculo.  et  qviiciiuid 
dominus  eis  daret  deberet  dividi  inter  <'0s  secundum  bizantios.  Nos  vero 
suprascriptam  cartam  testificationis  audientes  et  intelligentes  elegimus 
iudices  quorum  nomina  subscripta  suiit  (ini  diccrent  per  legem  quod  ad 
liec  opus  esset.  dixerunt  ergo  ])er  legem  et  iuditium  concorditer  quod 
henrieus  iubianus  iurar(it  supra  dei  quattuor  evaiigelia  omnia  esse  vera 
que  in  suprascripta  carta  testificationis  contiiicbaiitnr.  Accessit  itaque 
henrieus  iubianus  et  omnia  iuravit  (lue  in  suprascripta  testificationis  carta 
continebatur  esse  vera.  Nos  igitur  ex  iuditio  suprascriptorum  iudicum  damus 
plenissijuam  potestatem.  inquirendi  interpellandi.  excutiendi  et  sicut  in 
suprascripta  testificationis  carta  continetur  quicquid  sibi  placuerit  faciendi 
nullo  sibi  honiine  contradicente.  Si  quis  autem  conti'a  huius  nostre  no- 
titi(;  cartam  quovis  ingcnio  obviar(^  presumpserit  vel  eam  corrumpere  vo- 
lucu'it  tunc  componere  deboat  cum  suis  hcrcdibus  auri  lihras  deeem.  me- 
dietatem  canu-re  domini  nostri  ducis  et  aliam  niedietateni  suprascripto 
henrico  iubiano  et  suis  heredibus  et  hoc  nostre  notitie  carta  in  sua  fir- 
mitate  permaneat. 

Ego  Sebastianus  ziaiii  legato  manu  nica  sulìscripsi 

Ego  rainero  dunigeorgio  manu  mea  subscripsi 

Ego  dominicus  gradonico  manu  mea  subscripsi 

Ego  vitalis  urso  manu  mea  subscripsi. 

(S.  T.)  Ego  heynricus  longo  clericus  et  notarius  compievi  et  roboravi. 

(l'cnczùf.  Arri/ìlio  di  SUih).  Di/nt/i  >'.<l  Affi  (liploiiiafiri.  Biisfu  ]',  I).  2). 

10).     1 154  Novembre 

In  nomine  domini  dei  et  salvatoris  nostri  ihesu  chi'isti.  Anno  domini 
millesimo  centesimo  quimiuagcsimo  (luarto.  mense  Novemhris.  Inditione 
tercia.    eonstantinopoli.  plenam    et  irrevocabilem    securitatt'in.    facio    ego 


(29)  LE  COLLEGANZE  NELLA  PRATICA  ECC.  29 

quidem  petnis  fuscarenus  do  confinio  saiicti  pauli  cuni  nieis  heredibus 
tibi  iohani  faletro  de  confinio  saneti  pantaleonis  et  tuis  heredibus  de  una 
cautionis  carta  quam  tu  niihi  fecisti  eonsentiente  tibi  otone  faletro  patre 
tuo  in  isto  preterito  mense  ianuarii  prò  perperis  aureis  veteribus  pen- 
santibus  quinquaginta  quos  apud  te  retinere  del)uisti  ad  negociandum 
ubicumque  tibi  bonuni  videbatur  in  meo  peiiculo  usque  ad  unum  annum. 
et  tunc  miclii  dare  debebas  suprascriptos  quinquaginta  perperos  cuni  prode 
ad  rationem  de  quattuor  quinque.  Nunc  aut(nn  tu  de  totis  suprascriptis 
perperis  et  eorum  prode  et  etiam  de  quantocumque  continetui-  in  ipsa 
cautionis  carta  me  appagasti  ot  deliberasti.  Ipsam  quidem  cautionis  cartam 
tibi  reddidi.  Si  exempluni  inde  alicubi  apparuerit  inane  et  vacuimi 
existat  per  omnia.  Quod  si  quocumque  tempore  de  suprascriptis  omnibus 
capitulis  aliquid  requircre  temptavero.  tum  emendare  debeam  cum  meis 
heredibus.  tibi  et  tuis  hei'cdibus.  auri  libras  quinque  et  hec  securitatis 
carta  in  sua  permaneat  firmitate.  Ego  peti'us  fuscareno  ninnu  ine;)  sub- 
scripsi. 

Ego  dominicus  greco  testis  subscripsi 

Ego  p(!trus  bonoaldo  testis  subscripsi 

Ego  petrus  laurc^tanus  testis  subsci'ipsi. 

(S.  T.)  Ego  Johanes  da  noale  subdiaconus  et  notiii'ius  compievi  ot 
roboravi. 

(Venezia.    Arrlnrio    di   Stato.    ManimoHe.   Perdamene    S.  Zaccaria. 
Elatere.  Basta  24). 


h)  Periodo  dal  1155  al  1242 

1).     1167  Novembre 

In  nomine  domini  dei  et  salvatoris  nostri  ihesu  christi.  Anno  domini 
millesimo  centesimo  sexagesimo  septiiuo.  mense  Novembris  indicione 
prima  alexandria.  Accepi  ego  quidem  dominicus  iacobe  de  confinio  sancti 
iacobe  de  luprio  cum  meis  heredibus  in  eollegancia  de  te  romano  mai- 
rano  de  confinio  Sancte  trinitatis  de  geminis  et  tuis  heredibus  hoc  sunt 
duas  sortes  de  tua  navi  per  bizantios  perperos  decem  et  octo  et  alios  VII 
et  ego  ibidem  iactavi  adversum  te  una  mea  sorte  de  ipsa  suprascripta 
navi  per  bizantios  perperos  YIIII  et  alios  tres  et  medium  cum  tota  su- 
prascripta navi  et  habere  ad  presens  ire  debeo  ad  negociandum  ut  melius 
poterò  de  liinc  in  taxeio  de  almiro  (')  cum  suprascripta  navi  ubi  nau- 
clerus  vadit  bartholomeus  iulianus  et  de  inde  redire  debeam  in  constan- 
tinopoli  cum  eadem  navi  in  illa  prima  mudua  ita  quod  aliud  taxidium 
mutare  non  debeam  et  infra  dies  quindecim  postquam  in  constantinopoli 


(1)  Città  delln  Grecia  anche  al  presente  così  nominata. 


30  A.    SACERDOTI  (80) 

inti'avcro  (Iclx'iiiu  per  me  vcl  per  iiieuju  inissuin  dare  et  deliberare  tibi 
vel  tuo  inisso  in  coiistantiuopuli  totuiii  (luod  de  sui)rascripta  collegancia 
til)i  advenerit  de  capitanea  et  i)rode  cum  insta  et  vera  racioiie  sine  fraude 
et  malo  ingciiiio.  Videlicet  capitanerà  salva  prode  quod  inde  douiinus  d{\- 
derit  pc^r  veram  medietatem  teeum  dividere  et  partire  debeam  sine  fraude 
et  nndecumque  aliquod  cum  suprascripta  navi  et  habore  acquisiero  totum 
in  ista  collegancia  iactarc  d.'beam.  Et  si  quod  absit  a  mare  vel  a  gente 
totum  suprascriptum  habei'e  perditum  fuerit  ita  quod  sit  clarefactum  nichil 
inde  pni's  partim  inquireic  debeat.  Si  vero  aliiiuid  inde  remanserit  sicut 
dedimus  ita  participf^mus.  lice  omnia  que  suprascripta  sunt  si  tibi  non 
obscu'Viivero  Tunc  emendare  debeajn  cum  meis  liei'edibus  tibi  i^t  tuis  lie- 
redibus  totum  suprascriptum  tuum  abere  in  duplo  de  terris  et  casis  meis 
(it  de  omnibus  que  abere  visus  i'nei'o  in  hoc  seculo  et  inde  in  antea  ipsum 
caput  et  duplum  prode  laborare  de  quinque  sex  per  annum.  Ego  domi- 
nicus  iacobe  manu  mea  subscripsi. 

Ego  bartholomeus  iuliano  testis  subscripsi 

Ego  iohanes  villio  testis  subscripsi. 

(S.  T.)  Ego  dominicus  grotulo  presbiter  (st  notarius  compievi  et  ro- 
boravi. 

(Venezia.  Archivio  di  Stato.  Pergamene  S.  Zaccaria.  Estere.  Busta  24). 

2).     tifi!  Novembre 

In  nomine  domini  dei  et  salvatoris  nostri  ihesu  christi.  Anno  domini 
millesimo  ccuitesimo  sexagesimo  septimo  UKuase  novembris  indicione  piima 
alexandi'ia.  plenam  et  inrevocabilem  securitatem  f'acio  ego  quidcmi  Mar- 
tinus  atrigna  de  Kaprolis  cum  meis  heredibus  tibi  quidem  romanus  mai- 
rano  de  confinio  Sanate  trinitatis  et  tuis  heredibus  videlicet  de  una  ma- 
nifestacionis  cartula  quam  tu  mihi  fecisti  percurrente  anno  domini  mil- 
lesimo centesimo  sexagesimo  septimo  mense  iulii  indicione  quintadecima 
coustantinopoli  prò  perperos  aureos  veteres  pensantc^s  ducentos  quos  tibi 
«ledi  ad  negociandum  allo  Kitro  (')  cum  nave  ubi  nauclerus  vadit  bar- 
tholomeus iulianus  et  de  inde  ipsa  navis  et  habere  ire  debet  in  tasegio 
de  alexandria  in  ipsa  prima  mudua  et  inde  redire  in  coustantinopoli  cum 
ipsa  suprascripta  navi  et  alio  tasegio  mutare  non  debet  et  infra  dies 
viginti  postquam  suprascripta  navis  in  coustantinopoli  intraverit  debeam 
per  me  vel  per  meum  missum  dare;  (^t  deliberare  tibi  vel  tuo  misso  Inter 
caput  et  prode  perperos  aureos  veteres  pensantes  ducentos  otoginta  sex. 
Nunc  vero  in  pati  conveniencia  fuimus  in  alexandria  omnem  racionem 
insta  (!t  veram  de  caput  et  prode  nec  non  et  de  quantocumque  continetur 
in  suprascripta  manifestacionis  carta  miclii  fecisti  et  per  omnia  et  in  omnibus 
me  inde  deliberasti  adque  sanasti,  a  modo  in  antea  semper  inde  securus 


(1)  Località  di  Grecia. 


(31)  LE  COLLEGANZE  NELLA  PRATICA  ECC.  31 

ot  qiiietus  permaneas.  Quia  nicliil  inde  r(Mnansit  undc  te  amplius  rtMiuircro 
valeam.  Exempla  tibi  redidi  mater  est  in  comendacionc^  in  constantinopoli 
linde  promitens  proniito  tibi  revertente  nw.  in  constantinopoli  ad  ista 
prima  niudua  infra  dies  quindecim  tibi  v(d  tuo  niisso  dare  et  deliberare 
tibi  debeam  et  si  dai-e  tibi  noluero  vel  non  potuei'o  (^t  dannuni  inde  tibi 
advenerit  ita  quod  sit  clarefactum  tunc  componere  promito  omnia  in 
duphmi.  cum  meis  heredibus  tibi  et  tais  heredibus  et  inde  in  antea  caput 
et  duplum  prode  laborare  de  quinqiie  sex  per  annum.  Quod  si  coeumque 
tempore  de  suprascriptis  omnibus  capitulis  ali(iuid  requirere  temptavero 
componere  promito  cum  meis  lieredibus  tibi  et  tuis  lieredibus  auri  libras 
quinque  et  hec  securitatis  carta  in  sua  fìrmitate  permaneat.  Sii^num  inanus 
suprascripti  Martini  (lui  hec  fieri  rogavit. 

Ego  petrus  peUeGi'inus  testis  subscripsi 

Ego  leonardus  mairano  testis  subscripsi. 

(S.  T.)  Ego  dominicus  grotulo  presbiter  et  notarius  conipk>vi  et  ro- 
boravi. 

(Venezia.  Archivio  eli  Sfato.  Perr/aniene  S.  Zaccaria.  Estere.  Busta  24). 

3).     1174  Maggio 

In  nomine  domini  dei  et  salvatoris  nostri  ilic^su  christi.  Anno  domini 
millesimo  centesimo  septuagesimo  quarto  mense  madii  Indicione  septima, 
rivo  alto,  plenam  et  irrevocabilem  securitatem  facimus  nos  quidem  Jo- 
hanes  memo  et  dominicus  memo  ambo  fratres  filios  quondam  petri  memo 
de  confinio  Sancti  hermacore  et  nostris  hercnlibus  tibi  quidem  henrico 
serzi  fìlio  quondam  venerandi  serzi  de  confinio  Sancti  apollinaris  et  tuis 
liercMlibus  de  illis  duabos  cartulis  quas  tu  fecisti  suprascripto  petro  memo 
defuncto  patri  nostro  quaruni  una  est  cautionis  carta  facta  anno  domini 
millesimo  centesimo  sexagesimo  mense  madii  Indicione  octava.  quam  tu 
eidem  patri  nostro  fecisti  prò  libris  denariorum  veronensium  trecentis 
quas  ipse  tibi  dedit  ad  laborandum  et  procertandum  cum  ipsis  in  com- 
pagnia, tali  modo  quod  tota  suprascripta  sua  capitanea  salva  (!sse  debebat 
prode  vero  quod  inde  dominus  dedisset  per  veram  medictatem  Inter  vos 
dividere  debebatis  sine  fraud(>  et  malo  ingenio  et  undecumque  aliquid 
acquirere  potuisses  tam  cum  ipso  habere  quam  cum  alio  liabcu'e  vel  per 
quodcumque  ingenio  aut  quocumque  modo  aliquid  acquisisses  et  venisses 
totuin  in  ipsa  compagnia  iactare  debebas  et  nullum  socium  de  supra- 
scripto habere  tibi  mittere  debebas  et  suprascriptum  habere  in  domo 
eiusdem  patris  nostri  tenere  d(d)ebas.  et  foris  venecias  suprascriptum 
habere  nee  mittere  nec  portare  debebas  nisi  usque  ad  mercatum  ferarie 
vel  ad  illa  die  nec  propria  tua  debita  appagare  sine  sua  licencia  et  vo- 
luntate  et  tribus  vicibus  in  anno  secum  raciones  facere  de  toto  habere 
suprascripte  compagnie  quia  compagnia  Inter  nos  esse  debebat  inde  in 
antea  usque  dum  suprascripto  patri  nostro  placuisset  ut  in  ea  legitur. 
alia  vero  est  cautionis  (carta  fac)ta  anno  domini  millesimo  centesimo 
sexagesimo  mens(^  aprilis  Indicione  octava  quam  tu  fecisti  eidem  patii 
nostro  prò  libris  denariorum  veronensium  eentum  quas  til)i  dedit  et  pre- 


32  A.    SACEEDOTI  (32) 

stitit  in  tuis  utilitatibus  peragondis.  In  tali  vero  placito  quod  eas  apud 
te  rotinere  dobobas  ab  illis  Kalondis  niadii  quas  tunc  priniitus  oxpecta- 
batis  per  illani  siipraseriptam  indieioncni  oetavani  in  antea  usque  ad  unum 
annuni  expletum  absque  o  prode  exinde  tibi  persolvendo  ut  in  ea  legitur 
Nunc  auteni  quia  de  quantocumquc^  continetur  in  suprascriptis  ambabus 
cautionis  cartulis  tam  de  capite  quani  de  prode  et  duplum  omnem  iustam 
et  veram  racionem  nobis  exinde  fecisti  et  per  omnia  et  in  omnibus  et 
de  super  omnia  nos  inde  sanasti  et  deliberasti  etiam  per  sacramentum. 
A  modo  in  antea  semper  inde  securus  et  quietus  permaneas  (quia)  nicliil 
inde  l'emansit  unde  te  amplia;  requirere  valeam.  suprascripte  ambo  cau- 
tionis (cartule  tibi  reddijdimus.  si  exemplum  de  eis  alicubi  apparuerit 
inani;  et  vac(uum  perxi)stat  sine  omni  vigoi'e  et  robore.  Quod  si  quo- 
cumque  tempore  de  suprascriptis  omnibus  eapitulis  aliquid  requirere  tcMiip- 
taverimus  componere  promittimus  cum  nostris  bercdibus  tibi  et  tuis  he- 
l'edibus  auri  libi'as  quinque  et  hoc  securitatis  carta  iniincat  in  sua  firmitate. 

Ego  Johanes  memo  manu  mea  subscripsi 

Ego  dominicus  memo  manu  mea  subscripsi 

Ego  Petrus  regini  testis  subscripsi 

Ego  iacobus  dandulo  testis  subscripsi. 

(S.  T.)  Ego  Dominicus  arduynus  presbiter  plebanus  Sancti  Jolianis 
<;vangeliste  et  uotarius  compievi  et  roboravi. 

(Ve.nezia.  Archino  di  Stato.  Pergamene  S.  Zaccaria.  Estere.  B//Ma  24). 

4).     1177  9  Giugno 

In  noniinc  domini  nostri  iliesu  cliristi.  Anno  domini  millesimo  cen- 
tcisiino  septuagesimo  septimo.  mense  Junii.  di(;  nono  intrante.  Inditione 
decima,  rivo  alto.  Manifestum  facio  ego  quidem  Romanus  mayranus  ha- 
bitator  in  confinio  8ancti  Jolianis  (ivangeliste.  quia  recepì  cum  nu'is  he- 
redibus  de  t(!  petro  barbani  de  eodein  confinio  et  tuis  lieredibus  tantum 
de  tuo  habere  quod  modo  ego  mando  cum  una  unni  nave  quam  navem 
ego  nuper  fieri  feci  hic  in  rivo  alto  iuxta  mouasterium  Sancti  Zacharie 
supra  terram  dominici  damiano  de  qua  nase  nauclerus  vadit  Johanes 
(hiponte  de  confinio  Sancti  augustini  bene  ornata  et  sarciata  et  eh;  ma- 
rinariis  et  de;  omnibus  suis  necessariis  causis  sicut  consuetudo  est  navium 
ire  per  mare;  de  jiitic  in  taxegio  aut  ad  sitam  (')  vel  ad  buzeam  ('^)  in 
istam  primam  muduam.  ita  quod  aliud  taxegium  mutare  non  debeat. 
Unde  tunc  infra  duos  menses  postquam  illuc  intraverit  ;  debeam  ego  per 
me  vel  per  menni  missum  dare  et  deliberare  tibi  vel  tuo  misso  in  sitam 
vel  in  buzeam  ul)i  primum  de  istis  duobus  locis  suprascripta  navis  intrii- 
verit  bizancios  aureos  massamutinos  (■')  honos  pcnisantes  mille    trcccntos 


(1)  Cauta  in  Africa. 

(2)  Bugia  in  Africa. 

(3)  Moneta  fatta  conian;  nel  secolo  Xll    dalla  dinastia    mussulmana 


{SS)  LE  COLLEGANZE  NELLA  PRATICA  ECC.  83 

ti'iginta  tres  mundos  extractos  de  doana.  sino  lilla  dationo  te  in(l(^  por.h 
solvente,  et  absque  omni  occasiono,  aut  nllis  intoi-positis  capitulis.  Ye- 
runtamen  suprascriptiun  tnuni  liabore  dobet  osse  in  tali  tuo  j)oriculo  maris 
et  gentis  quali  erit  suprascripta  navis  cum  toto  liabere  quod  erit  in  ea 
in  suprascripto  itinere  usque  ad  suprascriptum  terminuni  ita  quod  sit 
clarefactum  ;  prò  malori  auteni  firuiitate  pono  tibi  nexun  fiducie  loco  pi- 
gnoris  totam  veram  et  integram  quintam  partem  de  tota  suprascripta  mea 
nave  cum  toto  suo  sarcio  et  incarico  cum  omnibus  suis  habentiis  et  per- 
tinentiis  ad  suprascriptam  quintam  partem  intus  et  foris.  et  ab  hinc  usque 
ad  suprascriptum  tcrminum  appagamenti  suprascriptum  tuum  pignus  tibi 
et  in  tua  pienissima  potestate  et  dominio  do.  et  te  inde  in  tenudam  pono. 
sino  omni  reprehensione.  tali  tenore  ut  si  ad  suprascriptum  constitutum  ter-, 
minum  te  non  deliberavero  de  totis  suprascriptis  bizanciis  ut  suprascriptum 
est.  quod  ex  tunc  in  antea  prò  ipsis  tuis  totis  suprascriptis  bizanciis  ple- 
nissimam  virtutem  et  potestatem  liabere  debeas  sino  omni  reprehensione 
habendi  totum  suprascriptum  tuum  pignus.  ten(uadi.  dandi.  vendendi. 
donandi  et  cuicumque  volueris  transactandi.  voi  quicquid  inde  tibi  pla- 
cuerit  faciendi  sine  omni  reprehensione.  nullo  tibi  liomine  contradicente. 
hec  autem  que  suprascripta  sunt  si  non  observavero  ;  tunc  emendare  de- 
beam  cum  meis  heredibus  tibi  et  tuis  heredibus  totos  suprascriptos  tuos 
bizancios  massamutinos  in  duplum  de  suprascripta  mea  nave  et  sarcio 
et  incarico  et  de  terris  et  casis  meis  et  de  omnibus  que  habere  visus 
fuero  in  hoc  seculo.  et  inde  in  antea  ipsum  caput  et  duplum  prode  la-, 
borent  de  quinque  sex  per  annum.  Ego  romanus  mairanus  manu.  mea. 

Ego  Vitalis  baroci  testis  subscripsi 

Ego  stel'anus  bragadino  testis  subscripsi. 

(S.  T.)  Ego  Juliauus  damianus  diaconus  et  notarius  compievi  et  ro- 
boravi. 

(Venezia.  Archivio  di  Stato.  Pergamene  S.  Zaccaria.  Estere.  Busta  25). 

5).    1179  Agosto 

In  nomine  domini  nostri  ihesu  christi.  Anno  domini  millesimo  cen- 
tesimo septuagesimo  nono,  mense  Augusti.  Inditione  duodecima,  rivo  alto. 
Manifestum  facio  ego  quidem  dominicus  sisinulo  de  confìnio  Sancte  Ju- 
stine  cum  meis  heredibus  tibi  Vitali  voltani  nepoti  meo  habitator  in  con- 


d'Africa  e  Spagna  degli  Almoadi,  chiamata  anche  dei  Re  dei  Massimuti 
dalla  tribù  dei  Masmuda  o  dei  Massimuti  che  era  il  principale  suo  ap- 
poggio. Si  distinguevano  massamutini  semplici  e  doppi,  i  primi  corrispon- 
denti a  due  terzi  del  fiorino  d'oro  di  Firenze,  cioè  a  lire  italiane  otto 
(vedi  Desimoni  ;  il  Massanmtino,  del  Contrasto  nel  Giornale  Ligustico 
voi.  XIII,  p.  73  e  seg.  e  Cressini,  lettera  al  prof.  Bolgrano  nello  stesso 
Giornale  voi.  XVII,  p.  394  e  seg.). 


34  A.    SACERDOTI  (34) 

fillio  Sancte  Marie  iubianici  et  tuis  hcredibus.  (luod  iios  (luondaiii  leh-o 
tempore  aflfirniavimus  et  feeimus  ambo  insilimi  in  roniania  unaiii  eonipa- 
^niam.  In  qua  misimus  per  unuinqueiiKiue  nostrum  seeundiiiii  (luod  nos  re- 
cordamur  aut  libras  de  perperis  auri  septeni.  aut  perperos  auri  quing-entos. 
et  si  plus  de  nostro  liabere  liaberemus  illud  in  eadem  compagnia  mittere  de- 
bebamus  salvum  in  terra,  tamen  ad  laborandum  in  comuni  utilitate  istius 
compagnie.  Veruntameu  prode  inde  tollero  debebamus  perperum  unum  prò 
uno  quoque  mense  ad  rationem  de  Unaquaque  libra.  P]go  vero  permanere  dc- 
bebam  in  constantinopoli  et  tu  in  stives  (')  et  debebam  tibi  mittere  et  reinit- 
tere  istud  liabere  de  constantinopoli  in  stives  per  tcrrani  etperipsos  eulfos  et 
passaios.  et  tu  similiter  miclii  de  stivis  in  constantinopoli.  potestatcnn  quoque 
liabere  debebamus  de  isto  liabere  dare  et  mandare  per  terrain  ubicumque 
iiobis  bonum  visum  fuisset.  et  potestatcsm  liabere  debebamus  tollero  de 
liabere  alterius  ad  nomem  et  proficuum  atque  periculum  istius  compagnie 
ita  quod  nos  ambo  de  ipso  debito  coeciuales  debitores  esse  debebamus 
ad  appagandum  et  persolvendum  illud.  et  debebat  ipsa  compagnia  esse 
inter  nos  ex  tunc  usque  ad  unum  annum  et  de  inde  in  antea  quo  usque 
nostre  voluntates  in  unum  convenirent.  Unde  promittens  promitto  cum 
meis  heredibus  tibi  et  tuis  heredibus.  quod  iustam  et  veram  rationem 
tibi  facere  debeam  de  habere  quod  miclii  intromissum  fuit  in  romania  de 
suprascripta  compagnia,  aut  quod  inde  alieni  dedi.  vel  quod  inde  apud 
me  remansit  per  aliquem  modum  vel  ingenium.  quandocumque  inde  me 
inquisieris  per  te  vel  per  tuum  missum  ex  tunc  in  antea  infra  unum 
mensem.  et  tunc  totum  tibi  illud  persolvere  debeam  quod  tunc  inde  liii- 
buero  sino  omni  IVaude.  Si  igitur  ita  non  fecero  et  non  obsei'vavero. 
tunc  emendare  debeam  cum  meis  heredibus  tibi  et  tuis  heredibus  marcas 
argenti  ducentas  de  (luantocumque  habere  visus  fuero  in  hoc  seculo.  Vi- 
dcdicet  postquam  inde  me  inquisieris  per  te  vel  per  tuum  missum  ex 
tunc  in  antea  infra  unum  mensem.  Et  hec  manifestationis  carta  mani^at 
in  sua  firmitate.  preterea  promittens  promitto  cum  meis  heredibus  tibi 
et  tuis  heredibus  quod  si  a  modo  in  antea  per  aliquem  modum  vel  in- 
genium inquisitus  fueris  a  me  v(d  ab  aliqua  alia  ptirsona  hominum  de 
ali(iuo  (hibito  ([uod  ego  factum  habeam  vel  quod  facei'e  debeam  per  su- 
prascriptam  compagniam.  et  aliquid  inde  appagaveris  vel  aliquod  dannum 
inde  tibi  advenerit  clarefactum  per  legem  et  iudicium  ;  tunc  emendare 
debeam  cum  meis  heredibus  tibi  et  tuis  hercidibus  totum  ipsum  appaga- 
mentum  et  dannum  in  duplum  et  hec  promissionis  carta  maneat  in  sua 
firmitate.  Veruntamen  statutum  habeo  tecum.  quod  per  suprascriptam 
promissionis  cartam  nullam  proclamationem  tibi  facere  debeam.  nec  ali- 
quod impedimentum  tibi  inde  facere  debeam  in  aliquo  tuo  facto  ante 
suprascriptum  appagamentum  et  ante  suprascriptum  dannum. 

Ego  dominicus  sisinulo  manu  mea  subscripsi 

Ego  lienricus  scarto  testis  subscripsi 

Ego  Petrus  bobizo  testis  subscripsi. 


(1)  Località  della  Grecia. 


(35)  LE  COLLEGANZE  NELLA  PRATICA  ECC.  35 

(S.  T.)  Ego  Julianus  dainianus  di.aconus  et  notarius  compievi  et  ro- 
boravi. 

(Venezia.  Arcldrio  di  Sttito.  Ferumnene  S.  Zaccaria.  Estere.  Busta  25). 


6).     1184,  17  Febbraio  f) 

In  nomine  domini  dei  et  salvatoris  nostri  iliesu  christi.  Anno  domini 
millesimo  cantesimo  Octuagc^simo  quarto  terciodecimo  die  exeunte  mense 
februarii  Inditione  tercia  stivis.  Post  securitatis  cartam  quam  tu  mibi 
de  super  omnia  fecisti.  Manifestum  facio  ego  quidem  Petrus  mauroceno 
filius  quondam  Stephani  mauroceno  de  confinio  Sancti  Angeli  quia  re- 
cepì   d(!  te  namque  Vitale  voltani  de  confinio  Sancti  fan- 
tini dilecto  cognato  meo  et  tuis  heredibus  videlicet  perperos  paleoke- 
nurgios  pensantes  graves  ducentos  quinquaginta  ad  libram  de  constan- 
tinopoli.  Quos  totos  supi'aseriptos  perperos  mecum  ad  presens  investitos 
de  suprascripta  stivi'  portare;  debeani  in  dirachio  per  terra,  et  da  durachio 
per  mare  debeam  ire  in  veneciam  cum  qualicumque  navi  miclii  bonum  vi- 
debitur.  ita  quod  aliud  taxegium  mutare  non  debeam.  Cum  autem  in  ve- 
neciam intravero    de  isto  taxegio  ipsa in  venecia 

venundare  debeam  secundum  meum  scire  et  posse,  et  quicquid  nobis  do- 
minus  dederit  de  suprascripta  investicione  .  .  .  ad  .  .  .  debeam  per 
mare  in  corintbo.  cum  qualicumque  nave  miclii  bonum  videbitur  videlicet 
ad  muduam  Sancti  petri  vel  ad  muduam  de  mense  augusti,  et  da  supra- 
scripto  corintlio  venire  debeam  per  terra  ad  te  in  suprascrij)ta  stive,  ad 
faciendum  tecum  racionem  de  omnibus  supraspriptis  vel  da  venecia  per 
mare  venire    debeam    in    constantinopolim  cum  qualicumque  nave  michi 

bonum  videbitur.  vel    in  suprascript  )  d da  venecia   per 

mare  ire  debeam  cum  qualicumqui'  nave  miclii  bonum  videbitur.  et  inde 
per  terram  ire  debam  in  suprascripto  constantinopoli.  tam  si  pax  firmata 
fuerit  inter  veneciam  et  constantinopolitanum  imperium.  Ubicumque  ve- 
nero de  istis  suprascriptis  duobus  locis.  in  suprascripta  stive  vel  in 
constantinopoli  tunc  infra  dies  quindecim  per  me  vel  per  meum  missinn 
tibi  vel  tuo  ni  isso  rectam  racionem  facere  debeam  de  toto  suprascripto 
capite  et  prode  atque  investicione  et  omnia  dare  et  deliberare  quicquid 
inde  tibi  advenerit  cum  iusta  et  vera  racione  sine  fraude.  Capitanea 
salva  prode  vero  quod  inde  nobis  dominns  dederit.  due  partes  de  ipso 
prode  tibi  in  tua  parte  venire  debeant.  alia  vero  tercia  pars  reliqua 
michi  in  mea  parte  venire  debeat  sine  fraude  et  uiidccumque  aliquid  cum 
suprascrijto  habere  acquisiero  tot  uni  in  ista  racione  iactare  debeam  sine 
fraude.  Si  autem  pax  firmata  non  fuerit  inter  veneciam.  et  constantinopo- 
litanum imperium  debeam  retinere  apud  me  suprascriptum  tuum  habere. 
videlicet    ab  ista  prima    pascila  rcsui  rctionis    domini  ventura  per  supra- 


(1)  Notevole  per  le  circostanze  di  tatto  inerenti  allo  stato  di  guerra 
fra  Venezia  e  Costantinopoli. 


36  A.    SACERDOTI  (36) 

scriptam  indicionem  usque  ad  unum  iinniuri  bone  completum.  et  debeam 
laborare  et  negociare  cum  suprascripto  tuo  haboro  per  mare  et  per  terra 
ubicumque  michi  bonuni  videbitur  secundum  uumm  scire  et  posse,  et  ad 
ipsum  termiuum  tunc  per  me  vel  per  raeum  missum  tibi  vel  tuo  misso 
rectam  racionem  facere  debeam  in  venecia  de  toto  suprascripto  capite 
et  prode  atque  investicione  et  omnia  dan^  et  deliberare  quicquid  inde 
tibi  advenerit  cum  insta  et  vera  racione  sino  fraude.  Capitanea  salva 
prode  vero  qiiod  inde  nobis  deus  dederit  due  partes  de  ipso  prode  tibi 
in  tua  parte  venire  debeant.  et  alia  torcia  pars  reliqua  michi  in  mea  parte 
venire  debeat  sine  fraude.  Veruntamen  suprascriptum  habere  debet  esse 
in  tuo  periculo  clarefacto  maris  et  gentis  per  suprascriptis  locis  ut  su- 
perius  legitur.  Hec  autem  omnia  que  suprascripta  sunt  si  non  observa- 
vero  tunc  emendare  debeam  cum  meis  heredibus  tibi  et  tuis  heredibus 
omnia  tua  suprascripta  in  duplo  de  terris  et  casis  meis  et  de  omnibus 
que  habere  visus  fuero  in  hoc  seculo.  et  inde  in  antea  ipsum  caput  et 
duplum  prode  laborent  de  quinque  sex  per  annum.  Signum  suprascripti 
Petri  qui  scribere  scit.  set  causa  sui  itineris  scribere  non  potuit  prò  se 
me  scribere  rogavit.  Ego  Stephanus  badovario  testis  subscripsi.  Ego  nicolao 
matonno  testis  subscripsi.  Ego  Matheus  damolino  presbiter  et  notarius 
compievi  et  roboravi. 

Ego  Benedictus  fuscari  presbiter  et  notarius  vidi  in  mater  ita  testis 
sum  in  filia. 

Ego  petrus  maureceno  vidi  in  mater  testis  sum  in  filia. 

Ego  bonabel  dondulo  vidi  in  mater  testis  sum  in  filia. 

(S.  T.)  Ego  Matheus  damolino  pr(!sbiter  et  notarius  liane  cxemplavi 
eodem  anno  et  mense  atque  indicione.  In  qua  prò  ut  cernere  potui  nec 
minui  nec  ampliavi  compievi  et  roboravi. 

(Venezia.  Archivio  di  Stato.  Pergamene  S.  Zaccaria.  Estere.  Bmta  25). 

7).     1190  Aprile  (0 

In  nomine  domini  nostri  ihesu  christi.  Anno  domini  millesimo  cente- 
simo Nonagesimo.  mense  Aprilis.  Inditione  octava  rivo  alto.  Plenam  et 
irrevocabilem  securitatem  facio  Ego  quidem  frugerius  senatori  de  con- 
finio  Sancti  vitalis  cum  meis  heredibus  tibi  namque  petro  da  molino  filio 
quondam  Gonzi  da  molino  d(!  confinio  Sancti  Eustadii  et  tuis  hei'edibus 
de  ipsis  ducentis  quimquaginta  libris  de  perpcu'is  auri  quos  dominus  Zur- 
saky  constantinopolitanus  imperator  mandavit  in  vimeciam  i)er  nostros 
legatos  de  sunia  yperperorum  et  iiabere  atque  bona  que  dominus  Ema- 
nuel bone  inemoi'ie  constantinopolitiinus  Impei-alor  intromittei'e  et  tolleri; 
fecit  hominibus  venecie  quando  illos  appjchendere  fecit.  Et  quoniam  tu 
fecisti  niihi  unani   niemorialis  eartaiii   pei-cui'rciite  iinno  domini   millesimo 


(1)  Pur  notevole  per  i  riferimenti  a  lapporti  internazionali. 


(37)  LE  COLLEGANZE  NELLA  PEATICA  ECC.  37 

centesimo  septuagcsimo  mt'nsc  novcinbris  [nditioiie  quarta  stivis  prò  per- 
peris  aureis  vetoribus  pensnntibus  quiiKiiiagintaqviiiKiue  et  tu  iactasti  in 
eadem  coUegantia  alios  tuos  porperos  auri  veteres  pensantes  vigiliti  septem 
et  medium  cuukiuo  suprascripto  liabere  ire  debebas  da  ripa  de  sicres  in 
constantinopoli  cum  nave  in  quo  nauelerus  ibat  dominicus  de  gregorio. 
et  hec  et  eetera  ut  in  ea  legitur.  quod  supraseriptuni  habere  tu  scribere 
fecisti  in  castastieo  nostri  comunis.  Nunc  autem  quia  de  habere  quod 
continetur  in  supraseripta  memorialis  carta  ad  presens  in  ista  mudua  mihi 
appagasti  perpcros  auri  duos  et  caratos  septem.  videlicet  de  suprascriptis 
ducentis  quinquaginta  libris  de  perperis  auri.  A  modo  igitur  in  antea  de 
Suprascriptis  duobus  perperis  auri  et  septem  caratis  securus  et  quietus 
permaneas  semper  Pro  reliquo  vero  habere  quod  continetur  in  ipsa  mo- 
morialis  carta  in  me  reinanet  cum  omni  suo  vigore  et  robore.  Si  igitur 
contra  presens  securitatis  carta  ire  temptavero  tunc  emencUire  debeam 
cum  meis  heredibus  tibi  e'  tuis  heredibus  auri  libras  quinque  et  hec  se- 
curitatis  carta  in  sua  firmitate  permaneat. 

Ego  frugerius  s<'natori  manu  mea  subscripsi 

Ego  niatheo  iuliani  testis 

Ego  l)artliolomeus  miliano  testis. 

Ego  Matheus  capello  presbiter  plebanus  sancti  Vitalis  et  i*5'otarius 
compievi  et  roboravi. 

^Venezia.  Arrhìri')  dì  Stato.  Ff'rf/aincne  S.  Zaccaria.  Basta  25). 

8).     1198  Luglio  (M 

In  nomine  domini  dei  et  salvatoris  nostri  ihesu  christi.  Anno  ab  in- 
carnacione  eiusd(^m  redemptoris  nostri  millesimo  centesimo  nonagesimo 
tercio.  mense  Julii.  Indicione  undecima  rivo  alto.  Plenam  et  irrevocabilem 
securiti^tem  facio  ego  quidem  frugerius  senatori  quondam  de  equilo  nunc 
vero  habitator  in  rivo  alto,  in  confinìo  Sancti  vitalis  cum  meis  heredibus 
tibi  namque  Petro  da  molino  filio  quondam  gonzi  da  molino  de  confin'o 
Sancti  eustadii  et  tuis  heredibus  de  illis  duobus  perperis  aureis  pensantibus 
et  caratis  quind(^cim  (^t  quartam.  qui  fuerunt  di'  illis  perperis  quos  do- 
minus  Isaac  in  veneciam  per  nostros  legatos  mandavit  de  pensionibus 
domorum  de  constantinopoli.  scllicet  per  domiuicum  sanudum.  et  Bene- 
dictum  grilumi.  et  tantum  inde  mihi  advenit.  prò  illis  quinquaginta  quinqw:" 
perperis  aureis  veteribus  pensantibus  quos  de  me  in  collegantia  accepisti. 
sicut  continetur  in  una  memorialis  carta  ({uam  mihi  inde  fecisti.  anno  do- 
mini millesimo  centesimo  septuagesimo  mense  novembris.  Indicione  quarta 
stivis.  et  cet(!ra  ut  in  eo  legitui'  quos  suprascriptos  quinquaginta  quin- 
que perperos  aureos  veteres  pensantes  tunc  apud  te  habebas  et  tibi  abbiti 
fuerunt  in  romania  precepto  Emanuelis  constantinopolitani  imperatoiis 
tempore  quo  nostros  veneticos  detinuit.  quos  eciiun  suprascriptos  perperos 


(1)  Notevole  per  la  stessa  ragione  dei  due  precedenti. 


38  A.    SACERDOTI  (38) 

scribere  fecisti  in  catastico  nostri  coniunis.  linde  nostri  exaniinatoros  sub- 
tiliter  considerantes  tibi  dederunt  prò  suprascriptis  quinquaginta  quinquc 
perperis.  suprascriptos  duos  perperos  aureos  voteres  pensantes  et  caratos 
quindecim.  et  quartani.  Nunc  autem  quia  tu  suprascriptos  duos  perperos 
et  caratos  decem  minus  quartam.  quos  nostri  examinatores  prò  iamdictis 
rueis  perperis  tibi  dederunt  micbi  dedisti  et  deliberasti.  Unde  a  modo  igitur 
in  antea  semper  de  illis  suprascriptis  duobus  perperis  et  caratis  quindecim 
et  quartam  qui  superius  habentur.  securus  et  quietus  permaneas  quia 
nichil  de  suprascriptis  duobus  perperis  et  caratis  decem  minus  quartam 
remansit  unde  te  amplius  requirere  valeam.  Quod  si  quocumque  tempore 
de  suprascriptis  omnibus  capitulis  aliquid  requii'cre  temptavero  componere 
promitto  cum  meis  heredibus  tibi  et  tuis  lieredibus  auri  libras  quinque. 
et  b(>c  securitatis  carta  in  sua  fìrniitate  permaneat. 

Ego  Fruzerius  senatori  manu  mea  subscripsi 

Ego  bartholomeus  miliario  testis  subscripsi 

Ego  Johanes  capellexi  testis  subscripsi. 

(S.  T.)  Ego  Wido  gisperto  diaconus  et  notai'ius  compievi  et  roboi'avi. 

(Venezia.  Archicio  di  Stato.  Perf/diitcue  S.  Zaccdrid.  Eiiterv.  Bufitu  25). 


9).     1205  Marzo 

Tn  nomine  domini  dei  et  salvatoris  nostri  Ihesu  cliristi.  Anno  domini 
millesimo  ducentesimo  quinto,  mense  Marcii,  indicione  octava  Kivo  alto. 
Manif'estum  facio  ego  quidem  michael  aymo  de  contìnio  Sancti  leonardi. 
quia  recepì  cum  meis  heredibus  de  te  namque  Johane  natale  de  confinio 
Sancti  raphaelis  et  tuis  heredibus  libras  deiuiriorum  venecialium  quin- 
quaginta. Cum  quo  toto  suprascripto  habere  cum  nave  que  dicitur  spigo- 
daglo  in  qua  nauclerus  vadit  martinus  michael  ad  presens  ire  debeam 
in  taxegio  ubicumque  compagnia  eiusdem  navis  concordaverit.  Atque  cum 
suprascripto  habere  ire  et  negociare  debeam  per  mare  et  per  terram  in 
omnibus  ])artibus  quibuscumque  michi  bonum  videbitur.  a  modo  in  antea 
usque  ad  muduam  primi  ventu7-i  yberni  per  Indicionem  nonam.  Et  ad 
ipsum  tenninum.  vel  si  ante  suprascriptum  terminum.  in  venecia  rediero. 
tunc  infra  dies  triginta  postquam  in  venecias  intravero.  debeam  p(u-  me 
vel  per  meum  missum  dare  et  deliberare  tibi  aut  tuo  misso  hic  in  rivo 
alto  totas  suprascriptas  tuas  libras  denariorum  venecialium  quinquaginta 
de  capite,  cum  tribus  partibus  de  toto  prode  quod  inde  dominus  dederit 
cum  insta  et  vera  ratione  sine  omni  fraude.  Reliquam  vero  quartam  parteni 
de  ipso  prode  apud  me  retinere  debeain.  v(>rnntamen  suprascriptum  tuum 
habere  debet  esse  in  tuo  periculo  maris  et  gentis  Ita  quod  sit  clare- 
factum.  hec  autem  que  suprascripta  sunt  si  non  observavero  tunc  emen- 
dare debeam  cum  meis  heredibus  tibi  et  tuis  lun-edibus  omnia  tua  su- 
prascripta in  duplum  de  terris  et  casis  meis  sive  de  omnilnis  (|ue  habere 
visus  fuero  in  hoc  seculo.  et  Inde  in  antcìi  i])siiiii  ciipiit  et  duplum  prode 
laborent  de  quinque  sex  per  annum. 


(39)  LE  COLLEGANZE  NELLA  PKATICA  ECC.  39 

Ego  Micliael  iiyino  maHU  mea  subseripsi 
Ego  Marcus  ab  .  .  .  ex  prcsbitcr  maini  mea  subseripsi 
Ego  (lominicus  lisi  t(»stis  subseripsi. 

(S.  T.)  Ego  Jacobus  lambardus  Sancte  Sophye  plebauus  prosbiter  et 
notarius  couìplevi  et  roboravi. 

(Venezia.  Archino  ili  Sfato.  Fcryainene  8.  Zaccaria.  Estere.  Basta  26). 

10).     1208  Giugno 

In  nomine  domini  nostri  iiiesu  christi.  Anno  domini  millesimo  du- 
eentesimo  octavo  mense  Junii  indicione  undecima  rivoalto.  Plenam  et  ii*- 
revocabilem  securitatem  facio  ego  Markisinus  filius  quondam  ariberti  de 
laureto  de  continio  Sancti  silvestri  cum  meis  heredibus  tibi  dominico  gra- 
donico  habitatori  in  confinio  Sancti  Angeli  et  tuis  heredibus  de  illa  ma- 
nif'estationis  carta  ([uam  miclii  fecisti  hie  in  rivoalto  anno  domini  millesimo 
ducentesimo  septimo  mense  Junii.  Indicione  decima,  prò  tanto  de  meo 
ìiabere.  quod  fuit  valens  libras  venecialium  centum  triginta  quinque  quas 
a  me  recepisti  et  tecum  portasti  cum  nave  vocata  Christiana  de  qua 
nauclerus  ivit  cataldus  da  elusa  in  taxegio  de  hinc  in  alexandriam  ad  nego- 
ciandum  per  terram  et  per  aquam  ubicumque  tibi  bonuzn  visum  fuisset 
exinde  in  antea  usque  ad  muduam  pascile  de  resurecione  tunc  primo 
venturam  per  indicionom  undecimam  et  cetera  ut  in  ea  legitur.  Nunc 
autem  quia  tu  de  capite  et  prode,  atque  de  quantocumque  in  eadem  cau- 
cionis  carta  legitui-  me  cum  iusta  et  vera  ratione  appagasti,  atque  cum 
sacramento  deliberasti  A  modo  igitur  in  antea  ex  inde  securus  et  quietus 
permaneas  imperpetuum.  Eandem  vero  caucionis  cartam  tibi  reddidi.  Si 
exemplum  inde  apparuerit  inane  et  vacuum  existat  per  omnia.  Si  igitur 
contra  liane  securitatis  cartam  ire  temptavero.  tunc  emendare  debeam 
cum  meis  heredibus.  tibi  et  tuis  heredibus  auri  libras  quinque  et  lu'C  sv- 
curitatis  carta  maneat  in  sua  firmitate.  Signum  suprascripti  Markisini  qui 
liec  rogavit  fieri. 

Ego  Martinus  niarcuiii  testis  subseripsi 

Ego  dominicus  fradcdlo  testis  subseripsi. 

(S.  T.)  Ego  petrus  sterminus  presbiter  et  lujtai'ius  compievi  et  ro- 
boravi. 

(Venezia.  ArcJiirio  di  Stato.  Perf/auiene  S.  Zaccaiia.  Estere.  Basta  26). 

11).     1210  Marzo 

In  nomine  domini  nosti'i  ihesu  christi.  Anno  domini  millesimo  du- 
centesimo decimo  mense  marcii.  Indicione  tercia  decima  constantinopoli. 
Committentes  committimus  nos  quidem  Filocarus  navigaioso  mega  duca 
(le  constantinopoli  et  Grilius  de  foligno  liabitator  in  constantinopoli.  Vobis 
namque  Zacharie  staniai'io  de  confinio  Sancti  Johanis  evangeliste  et  Ma- 
rino gradonico  de  confinio  Sancti  Silvestri.  Videlicet  tres  cartas  testatas 
et  roboratas  ;  una  quaruni  facta  Anno  domini  millesimo  ducentesimo  sep- 


40  A.    SACEKDOTI  (40) 

timo  mense  septembris  Inditioiie  undecima  eonstantinopoli  quam  nobis 
fecerunt  leonardus  urso  de  contìnio  Sancti  Jacobi  (b'  hiprio  et  Nieobius 
staniario  de  confinio  Sancti  Johanis  evangeliste  prò  perperis  aureis  pen- 
saatibus  mille  ducentis  octuaginta  sex.  Quod  totxim  suprascriptum  habere 
tune  ipsi  secum  portare  debebant  cum  navi  vocata  Urso  de  qua  supra- 
scripta  navi  due  partes  erant  nostre  ;  el  t(M'cia  pars  diete  navis  erat  sua. 
In  qua  suprascripta  suprascriptus  U'onardus  urso  nauclerus  ivit  ;  de  bine 
in  taxegio  de  venecia.  De  inde  vero  cum  eadem  navi  et  cum  supra- 
scripto  liabere  si  bonum  illis  videretur  vel  de  Ancona  sive  de  partilnis 
apulie  in  coustantinopoli  redire  debebant;  et  cetera  ut  in  ea  legitur  ; 
Alia  vero  facta  Anno  domini  millesimo  ducentesimo  septimo  mense  sep- 
tembris sub  Inditione  undecima  constantinopoli  quam  nobis  fecerunt  su- 
prascripti  leonardus  urso  et  Nicolaus  staniario  ;  prò  veris  et  integris  dua- 
bus  nostris  partibus  tocius  unius  navis  que  vocatur  urso  bene  aptata  l't 
bene  sarciata  cum  toto  sarcio  suo  ;  et  ipsi  posuerut  adversvim  nos  in 
eadem  collegancia  de  ipsa  suprascripta  navi  veram  et  integram  terciajn 
suam  partem  et  hoc  et  cetera  ut  in  ea  legitur  ;  Tercia  autem  vero  facta 
Anno  domini  millesimo  ducentesimo  sexto  mense  octubris  Inditione  de- 
cima tessalonices  quam  nobis  fecit  fuscari  raguseo  de  contìnio  8anctorum 
apostolorum  prò  perperis  aureis  pensantibus  mille  quos  a  nol)is  ambobus 
recepit  in  collegantia  et  ipse  posuit  in  eadem  collegantia  alios  suos  per- 
peros  aureos  pensantes  quingentas  ;  C;'m  quo  toto  suprascripto  liabei'c  la- 
borare  et  procertare  debebat  per  mare  et  per  terram  et  ubicunniue  sibi 
melius  videretur;  exinde  in  antea  usque  ad  jnuduam  septembris  ((ue  tunc 
pi'ius  expectabamus  per  undecimam  inditionem  et  cetera  ut  in  ea  legitur. 
Has  itaque  suprascriptas  nostras  cartas  vobis  committimus  cum  omnibus 
suis  pbmis  vigore  et  robore.  Ut  plenam  virtutem  et  potestatem  babeatis 
vos  ambo  aut  unus  ex  vobis  in  cuius  numu  hec  presens  commissionis 
carta  apparuerit  Inquirendi.  Interpellandi.  placitandi.  advocator(!m  tol- 
lendi  et  totum  quod  in  eis  legitur  et  continetur  excuciendi  :  et  securitatis 
cartam  ad  omnia  suprascripta  faciendi  :  sicut  nosmet  ipsi  facere  debeicmus. 
Ratum  et  firmum  habebimus  semper  quicquid  vos  feceritis  inde  vel  unus 
vestrum  fecerit.  Si  igitur  contra  hanc  commissionis  cartam  ire  tempta- 
verimus  tunc  emendare  debeamus  cum  nostris  beredibus  vobis  et  cui- 
cunique  vel  quibuscumque  cartam  securitatis  feceritis  aut  unus  ex  vobis 
fecerit  ;  et  vestris  ac  illorum  beredibus  et  successoribus  auri  libras  quin- 
que  et  bec  commissionis  carta  maneat  in  sua  firmitate.  Signum  supra- 
scriptoi'um  Filocari  navigaioso  mega  duce  de  constantinopoli  et  Gilii  de 
foligno  qui  bec  fieri  rogaverunt  ;  presens  testis  specialiter  ad  lioc  l'ogatus 
intei'fuit  lanfraiicus  vice  comes  iudex  P'uristerorum  (lui  prò  se  sciiberc 
rogavit. 

Ego  Petrus  longo  testis  subscripsi 

Ego  leonardo  busignago  testis  subscripsi 

Ego  Jobanes  belengerio  diaconus  et  notarius  compievi  et  roboravi. 

(S.  T.)  Ego  Andreas  eliodorus  presbiter  et  notarius  sicut  vidi  in  matre 
testis  sum  in  filia. 

(Venezia.  Archinio  di  Stato.  Penìa nwne  S.  Zarraria.  Exfere.  Basta  •Jii  K 


(41)  LE  COLLEGANZE  NELLA  PRATICA  ECC.  41 


APPENDICE    1 1=1 


L  E  (1  G  I 

Deliberazioni  del  Maggior  Consiglio  sulle  colleganze, 
ili  segnito  agli  Statufa  dei  Giudici  di  Petizione  del  1242. 

a)  Yenezia,  Archivio  di  Stato,  ]\Iago;ior  Consiglio, 
Deliberazioni,  Comune  I,  carte  68  e  69 

InCIPIUNT    CONSILIA    SUPER   COLLEGANTIIS    PERTINENCIA 

I.  De  fonila  sercanda  in  mercacionihus  dundis  ad,  coUiyanciuin. 

Millesimo  ducentesimo  Sexagesimo  sccundo.  Indictionc  V.  Die  se- 
eundo  exeunte  Julio. 

Capta  fuit  pars  quod  quiciiiuciue  de  cetero  voluerit  dare  mercaciones 
alieni  vel  aliquibus  in  coUegantia  debeant  habere  talem  presam  ex  eis 
CLualeni  liabebat  de  sua  comunali  racione  que  erit  empta  ad  denarios 
grossos. 

II.  De  colleganciis  non  rommittendis. 

Milllesimo  ducentesimo  Sexagesimo  sexto.  Indictione  nona.  Die  XI 
exeunte  Julio. 

Fuit  capta  pai's  quod  aliquis  de  veneciis  qui  colegancias  acceperit  prò 
exire  ipse  extra  culfum  non  possit  colegancias  suas  aliis  committere  prò 
reddir(!  Venecias  vel  remanere  set  ire  debeant  cum  avere  suo  et  suorum 
colegaiitum  et  siquis  contra  fecerit  cadat  in  pena  quinti,  et  advocatores 
coniunis  teneantur  eos  placitare. 

I]go  Jobanes  Magno  notarius  XL  de  mandato  dominorum  capitum 
secunduiu  quod   in  autentico  suprascriptum  reperi  eonsiliuiii  cancellavi. 

III.  De  rartts  rollefjanfie  qifod  non  pos-.'^iiìf  fieri  pliisqi(am  ad  daos  annos 
et  extra  ndfum  quod  non  dicat  niittendo  et  remittendo. 

Millesimo  ducentesimo  Septuagesimo  primo.  Indictione  XV.  Die  XV. 
exeunte  Septembri. 


42  A.    SACEEDOTI  (42) 

Pars  fuit  capta  quod  in  iungatur  in  oapitulai'i  omnium  notariorum 
veneciarum  quod  non  possint  ncc  dobeant  faceic  uliquam  caitam  d(^  col- 
legantia  alieni  plusquam  por  duos  annos.  et  non  possint  noe  debeant  fa- 
cere  similiter  cartam  de  collegantia  alieni  qui  exeat  extra  eulfuui  que 
dicat  niittendo  et  remittendo  excepto  Rectoribus  qui  possunt  facere  merca- 
ciones.  Nota  quod  fuit  post  modum  eaptum  quod  sicut  dicit  per  duas  niu- 
duas  sic  dicat  per  duos  annos. 


mi.  Quod    caiiierarii  et  alij    offìciales   qui  vadunt  extra  eulfuin  possint 
facere  fieri  rartas  rollef/anrie  ut  fariunt  Rertores. 

Millesimo  ducentesimo  Sptuagesimo  s(»eun(lo.  Indictionc  X.  Die  primo 
May. 

Capta  fuit  pars  quod  omnes  homines  veneciarum  qui  vadunt  extra 
culfum  prò  camerariis  aut  prò  aliis  officialibus  prò  domino  duco  et  comuni 
veneciarum  possint  facere  cartas  de  collegantia  sicut  possunt  Roctoi'os  non 
obstante  aliquo  Consilio  (inod  quantum  in  hoc  sit  revocatum. 


V.  Quod  omnes  neneti  et  qui  j)ro  renetis  se  tenent  in  anron  non  possint 
facere  fieri  cartas  de  collef/anria  alicui  nisi  j^'r  nota  ri  uni  rcnetuui  de 
luivere  quod  adducetur  renecias  et  d'uniniuin  ceneciaruut  et  cetera  ut 
infra. 

Millesimo  dueontosimo  tSeptuiigosimo  secuiido.  Indictione.  XV.  Die 
secundo  Augusti.  Capta  fuit  pars  quod  omnc^s  veneti  et  <iiii  prò  venetis 
se  t(!nent  in  Accon  non  ])ossint  facon;  fieri  cartam  de  colleganeia  alieni 
nisi  per  notarium  venotum,  et  consiliarii  accon  scripserint  se  testes  in 
ea  et  in  illis  videi ieet  (lue  fìent  prò  lia,v(n'e  quod  addueeretur  in  venecias 
in  cretam  in  Nigropontem  in  coronum  voi  in  motonum  ita  quod  baiulus 
et  consiliarii  por  maiorem  partem  eornm  manus  ponant  in  cartis,  (!t  si 
aliter  facta  fuerit  carta  non  tenoat.  Et  si  aliquis  venetus  et  qui  prò  ve- 
neto se  tenet  duxerit  de  ultra  mare  habere  forinsecorum  venecias  per- 
dere dobeat  medietatom  ipsius  haveris  voi  valorom  ipsius  et  accusator 
habeat  quartum  do  oo  quod  oxcuciotur  et  addatur  in  capitulari  Baiuli 
et  consiliariorum  Accon  (luod  tonoantnr  iminiici'c  si  ali(inis  venetus  ad- 
duxorit  habere  forinsecorum  venecias  <;t  si  inveneriiit  aliiiuem  adduxisse 
debeant  ei  accipeic  medietatom  ipsius  haveris  voi  valorom  ipsius  et  ac- 
cusator habeat  quartum  di'  oo  quod  oxcuciotur  et  tenoantur  eciam  in- 
quirero  ab  eis  quantum  habere  habobunt  adducondum  secum  et  aquibus 
habebunt  in  colleganeia,  et  mittant  in  seriptis  domino  duci  et  vieedo- 
minis  maris  et  de  quanto  faciunt  imprcstitum.  Et  idem  dieitur  kU^  om- 
nibus venetis  et  qui  prò  venetis  se  liabent  de  omnibus  partibus  undo  v((- 
nerint  si  adduxerint  habere  forinsecorum  ut  dietnm  est  et  addatur  in  com- 
missionibus  omnium  Roctorum  (ini  vadunt  pi'o  domino  duce  et  comuni 
veneciarum  in  rogiminibus  extra.  Hoc  quod  dictum  est  supra  et  si  i\u:\ 
Consilia    essent  contra  hoc  sint  revocata  quantum  in  hoc. 


(43)  LE  COLLEGANZE  NELLA  PRATICA  ECC.  43 

Hoc  addito  quod  dicatur  do  cartis  quo  fient,  prò  havere  quod  ad- 
duceretiir  in  vonocias  in  Crotam  in  Nigropontoni  voi  coronum  voi  nio- 
tonuiii. 

VI.  De  ro(/adia  j^orUiuda. 

Millesimo  ducenitosinio  Septuagcsimo  quinto.  Indictione  torcia.  Dio 
XI  oxeunte  Julio. 

Fuit  capta  pars  quod  ali(iua  persona  non  possit  noe  deboat  de  cetoro 
aliquo  modo  fraudi;  voi  (voi)  ingenio  portare  aliquos  denarios  in  colle- 
gancia  noe  in  Rogadia  noe  alio  modo  prò  morcatizaro  de  quibus  non  fa- 
ciat  oxponsas  sicut  do  aliis  denariis  coUegancie  quos  portabit  set  faciat 
goneraliter  oxponsas  de  oninilius  do  donaiiis  ([uos  portabit  prò  mercati- 
zare  quocumquo  modo  ])ortabit  in  pena  oidinata  contra  illos  qui  contia 
ordinoni  vadunt.  Salvo  (luod  possit  portare  morcator  libi'as  (luimiuaginta 
intor  totum.  Et  hoc  stridotur  in  scalis  et  detur  pcu-  ordineui.  Pars  de  XL. 

VII.  Quod  nullus  possit  a  l/ihris.  L. 
sirpra  portare  j)er  more  aìiquid  harere  in  rof/adia. 

Millesimo  ducentosimo  Septuagosinu)  sexto.  Indictione  quarta.  Die 
quarto  intranto  Augusto. 

Capta  fuit  pars  quod  nulla  persona  a  libris.  L.  supra  possit  secuin  por- 
tare nec  ducere  per  mare  aliquod  bavere  alicuius  persone  in  rogadia  per 
aliquom  modum  vel  ingenium  nisi  in  coUegancia  ad  minus  cum  quarta 
parte  prode  excepto  de  zoglis,  perlis,  ae  lapidibus  quod  nicliil  dicimus. 
Et  si  aliquis  contra  fecerit  cadat  in  pena  librarum.  X.  prò  centenario  de 
toto  ilio  avere  quod  secum  portaverit  vel  duxerit  per  mare  aliter  quam 
in  colleganeia  quam  ponani  excutere  ac  exigere  debeant  illi  qui  sunt  supra 
mercacionibus  de  levante.  Et  quicumque  accusaverit  haboat  terciam  par- 
tem  tocius  pene  quam  excusstnùnt  die  ti  ottìeiales  si  per  eius  accusacionom 
V(M"itas  scietur.  et  terciajn  partem  liabeant  illi  qui  sunt  supra  ilio  officio, 
et  reliqua  torcia  pars  roma  eat  in  comune.  Et  dicti  officiales  teneantur 
et  debeant  tenere  in  credontia  qui  accusaverint.  Et  hoc  addatur  in  ca- 
pitulari  ipsorum  officialium  et  si  aliquod  consilium  fuerint  contra  hoc  sit 
l'ovocatum  quantum  in  hoc.  Pars.  XX. 

Vni.  Quod  aliquis  non  possit  committere  collega nriam  siiam 
nec.  dare  in  commendaria. 

Millesimo  ducentosimo  Septuagosimo  nono.  Indictione  VII.  Dio  XV 
infrante  Julio. 

Fuit  capta  pars  quod  aliqua  persona  non  possit  nec  deboat  aliquo  modo 
vel  ingenio  portare  de  veneciis  aliquam  colleganciam  preter  suam  nec 
mittore  suam  colleganciam  vel  alicuius  in  pena  quinti  nec  in  counnen- 
daria  dare  nec  recipere  nec  per  alium  modum  nec  possint  dare  in  coUe- 
gancia alicui  por  supradictum  modum  nec  supradieta  condiction(;  iuib  dieta 
pena  quinti.    Et  quod  aliquis    committere    non  possit  colleganciam    suam 


44  ,  A.    SACEEDOTI  •  (44) 

alieni  sub  pena  quinti  et  qui  accusaverit  aliqueiii  t'acieutem  eontra  pre- 
dieta  vcl' ali(]U0(l  predietovuiii  liabeat  iiiedietatcìn  dieti  (quinti  si  per  oius 
aceusacioneni  veritas  cognoseetur  et  teiieatur  de  eredentia.  Et  non  possit 
coneedi  alicui  quod  possit  portare  nec  niittere  nec  in  commeudaria  re- 
cipere  nec  dare  nee  in  eoUegancia  dare  nec  quod  possit  aliquid  facere 
de  predictis  nisi  per  gratiani  salvo  quod  propter  oecasionem  infirniitatis 
alicuius  possit  concedi  auctoritate  maioiis  consilii  et  addatur  in  capitulari 
consiliariorum.  et  liec  stridentur  publice  et  dentur  per  ordinem  nunc  ad 
presens  et  de  eetero  omni  anno,  et  si  consiliuni  est  eontra  sit  revocatmn 
quantum  in  hoc.  et  quod  ali(iuis  non  possit  facere  fieri  cartam  collegantie 
super  se  nomine  alieno  in  pena  quinti  dicti. 

YllII.  Quod  uliqui.s  hurgenHis  non  j^o-^sit  romniittere  colìeijanciaiìi  siutin 
alicui  et  ('(itera  ut  continet. 

Millesimo  dueentesimo  Septuagesimo  nono.  Indictione  septima.  Die 
decimo  exeunte  Jullio. 

Capta  fuit  pars  quod  aliquis  burgensis  non  possit  nec  debeat  venecias 
suam  collegantiam  mittere  nec  aliqua  persona  ipsam  ducere  nec  aliquod 
liabere  in  rogadiam  vel  in  commendariam  nec  aliquo  alio  modo  quani  prò 
recta  collegantia  et  non  possit  aliquis  facere  fieri  cartam  colleganeie  super 
so  nomine  alieno.  Et  hee  omnia  fieri  non  possint  modo  aliquo  vel  ingenio 
in  pena  quinti  et  qui  accusaverit  aliquem  facientem  eontra  predicta  vel 
aliquod  predietorum  liabeat  medietatem  (lieti  quinti  si  per  eius  accusa- 
cioneui  veritas  cognoseetur  et  teneatur  de  eredentia.  Et  non  possit  con- 
cedi alicui  quod  possit  facere  predicta  vel  aliquod  pi'edictorum  nisi  per 
gratiam  salvo  quod  propter  oecasionem  infirmitatis  alicuius  possit  concedi 
auctoritate  maioris  consilii  terrarum  ubi  erunt,  et  hoc  stridetur  publice 
et  detur  per  ordinem  nunc  ad  presens  et  de  cataro  omni  anno,  et  hee 
debeat  significari  Baiulo  Aceon  et  Nigropontis  et  (luche  erete  quod  pre- 
dicta faciant  observari  et  addatur  in  eorum  commissionibus  et  si  consilium 
est  eontra  sit  revocatum  quantum  in  hoc. 

X.  Quod  patres  possint  facere  cartas  colleyancie 
SHjìer  se  tam  prò   filiis  lef/ittimis  quaìn  naturalihus. 

Millesimo  dueentesimo  Sptuagesimo  nono.  Indictione  septima.  Die 
septimo  exeunte  Julio. 

Euit  capta  pars  quod  patres  possint  facere  cartas  de  eoUegancia  supra 
se  tam  prò  filiis  legittimis  quam  prò  naturalibus  divisis  a  patre  et  ipsi 
reeipere  colleganciam  et  portare  videlicet  unam  colleganciam  tantum  non 
obstaute  aliquo  Consilio  quod  quantum  in  hoc  sit  revocatum. 

XI.  Quod  frafer  non  dinsus  possit  portare  colleganciam  fratris 
portando  ìtnam  colleganciam  tantum. 

Millesimo  dueentesimo  Septuagesimo  nono.  Indictione  septima.  Die . 
quinto  exeunte  Julio. 


(45)  LE  COLLEGANZE  NELLA  PKATICA  ECC.  45 

Pars  capta  fiiit  quod  non  obstante  Consilio  de  collegantiis  por  alios 
non  mittendis  tVatrcs  qui  sunt  in  fraterna  compagnia  possint  mitttsrc 
colloganciani  et  portare  unus  prò  alio  quod  sit  (luantuni  in  hoc  revoca- 
tuni.  portando  unam  oolleganciam  tantum. 


h)  Libro  Zancfa  deliberazioni  del  Maggior  Consiglio,  carta  44  frrrjo. 

InCIPIUNT   CONSILIA   AD    COLLEG-ANTIAS    PERTINENTIA 

(Jho4  rousi/ii(iH  n(ptuiH  de  rollef/antus  alienis 
non.  porUmdis  sit  revocatunt.. 

1.  Millesimo    ducentesinio  LXXXVIII,    die  V  Juni.    Capta  fuit   pai's 
quod  consilium  captuni  de  colleganciis  alienis  non  portandis  sit  l'evocatuni. 


e)  Libro  Pilosiix  (loliborazioni  del  Maggior  Consiglio  carta  41  tergo. 

Carte,  i-oUcf/d/ifìe  fianf  ita  quod  /utrei-r  piìssit  uiifti  et  reiin'fti. 

2.  Millesimo  ducentesinio  LXXXXIII,  die  XXV  aprilis  Cum  carte 
de  collegantia  non  fi(>rent  hact<Mius  ita  quod  liaverc;  eolligantium  potuisset 
d(>stinari  et  redestinari  (')  quia  iiavigabatur  cum  navibus  que  non  facie- 
bant  nisi  unum  viaticum  in  anno  et  modo  navigatili'  cum  ga.leis  que  expe- 
diiint  viaticum  in  paucis  mensibus.  Capta  t'uit  pars  quod  de  cetero  pos- 
sint  fieri  cai'te  de  collegantia  taliter  (luod  bavere  coUegantum  possit  de- 
stinari  et  redestinari  et  liec  possint  addi  in  capitulari  notariorum  et  si 
consilium  vel  capitulare  dictorum  notai'ioi'um  est  contra  sit  revocatimi 
quantuiu  in  hoc. 

(Venezia.  Archivio  di  Stato.  Maggior  Consilio.  Deliberazioni. 
Arofjaria  del  Comnn.  Libro  "  Cerberus  „  carte  26). 


(1)  Viaggio  d'andata  e  ritorno. 


(Licenziata  per  le  stampe  il  .)  noremhre  1899 J 


Atti  del  Reale  Istituto  Veneto  di  scienze,  lettere  ed  arti. 
Anno  accademico  1899-900  -  Tomo  LIX  -  Parte  seconda. 


DELL'  ARTE  SECONDO  UN  GRANDE  ARTISTA 

MEMOEIA 

DI  ENRICO  CASTELNUOVO,  s.  e. 
(Adunanza  del  29  ottobre  1899) 


L'artista  è  grandissimo;  uno  dei  maggiori  del  nostro  tempo. 
È  lecito  pronosticare  che,  quando  di  molte  opere  celebrate  sarà 
spento  il  ricordo,  si  ricorderanno  e  leggeranno  ancora  le  sue;  la 
figura  di  lui  resterà  a  ogni  modo  tra  le  più  notevoli  e  originali 
del  secolo.  È  un  asceta  che  tutto  vorrebbe  avvolgere  e  impregnare 
del  pensiero  religioso  e  che  nondimeno  ripudia  ogni  Chiesa  e  da 
ogni  Chiesa  sarebbe  ripudiato  ;  è  un  umile  che  non  s'  arresta  di- 
nanzi alle  affermazioni  più  audaci  e  non  s'inchina  dinanzi  alle 
riputazioni  più  salde  ;  è  un  mite  che  condanna  qualunque  violenza 
e  che  pur  giustifica  e  incoraggia  qualunque  ribellione  passiva;  è 
un  nobile  e  un  ricco  che  tiene  a  vile  i  titoli  e  le  ricchezze  e  non 
ha  sarcasmi  che  bastino  per  flagellar  la  classe  a  cui  appartiene  ; 
è  un  atleta  dell'intelligenza  che  ostenta  di  pregiar  solo  il  lavoro 
manuale  ;  è  un  glorioso  che  disdegna  la  gloria  ;  è  un  uomo  infine 
che  suggella  le  sue  teorie  con  l'esempio,  e  lontano  dalle  città  po- 
polose partecipa  alle  fatiche  del  contadino  e  dell'operaio,  solo  ri- 
pigHando  di  tratto  in  tratto  la  penna  per  slanciar  nel  mondo  la 
sua  parola  d'apostolo. 

A  questi  segni  non  è  certo  alcuno  che  non  riconosca  il  conte 
Leone  Tolstoi. 

Ora,  uno  degli  ultimi  libri  del  singolare  scrittore  tratta  ex 
profepiso  dell'arte,  e  credo  meriti  il  conto  di  sapere  quali  siano  oggi 
le  idee  di  un  artista  par  suo  intorno  a  questa  importantissima  tra 
le  manifestazioni  dell'ingegno  umano.  Sarò  piuttosto  succinto  espo- 


48  K.  <;astelnu()V(»  (2) 

sitore  che  critico,  e  perchè  mi  preme  esser  breve,  e  perchè  la 
confutazione  dei  molti  paradossi  che  il  Tolstoi  mesce  ad  alcune 
verità  luminose  fu  fatta  magistralmente,  tra  gli  altri,  da  Arturo 
Graf  ne\VAnf(>Io(/ia  del  16  settembre  1899. 

Dopo  aver  sottoposto  a  un'analisi  spietata  le  varie  teorie  este- 
tiche che  successivamente,  e  anche  contemporaneamente,  tennero 
il  campo,  il  Tolstoi  nega  che  l'arte  possa  aver  per  base  la  bellezza  e 
per  fine  il  piacere  ;  afferma  invece  essere  ufficio  di  lei  l' evocare 
in  noi  stessi  un  sentimento  già  provato  e  comunicarlo  ad  altri  per 
mezzo  di  movimenti,  di  linee,  di  colori,  di  suoni,  d'immagini  ;  no- 
bilissimo ufficio,  egli  dice,  onde  1"  arte  è  un  elemento  di  unione 
fra  gli  uomini,  un  organo  vitale  dell'  umanità  che  trasporta  nel 
dominio  del  sentimento  le  concezioni  dell'intelletto  (i).  Qualità  di- 
stintiva dell'arte  vera  è  il  contagio  artistico.  Non  è  opera  d'arte 
quella  che  non  desta  in  noi  la  gioia  di  sentirci  in  comunione  con 
l'autore  e  con  quelli  dei  nostri  simili  in  compagnia  dei  quali  noi 
leggiamo,  vediamo,  ascoltiamo  l'opera  stessa.  Quanto  più  il  con- 
tagio è  forte,  tanto  più  l'arte  è  vera.  E  il  grado  di  questo  con- 
tagio dipende  da  tre  condizioni  :  l'originalità,  la  chiarezza,  la  sin- 
cerità. Originalità  e  chiarezza  dell'opera,  sincerità  dell'artista. 

Fin  qui,  se  non  fosse  quella  strana  esclusione  della  bellezza 
dai  criteri  artistici,  si  potrebbe  applaudir  di  gran  cuore  a  un  lin- 
guaggio alto,  schietto  e  virile,  che  ha  il  merito  di  farsi  intender 
subito  e  che  ci  compensa  delle  preziosità  nebulose  di  molti  esteti 
moderni.  Ove  l'accordo  è  più  difficile  si  è  nelle  illazioni  che  l'au- 
tore trae  dalle  sue  premesse  e  che  si  riassumono  in  due  propo- 
sizioni nette,  recise,  categoriche,  esposte  a  modo  di  assiomi.  L'arte 
deve  sgorgare  dalla  coscienza  religiosa  del  suo  tempo,  dev'  essere 
universale,  cioè  accessibile  a  tutti.  E  quando  non  adempio  almeno 
a  una  di  queste  condizioni  è  arte  falsa,  e  quando,  pure  adem- 
piendo alla  seconda,  contraddice  alla  prima  è  arte  cattiva.  Poteva 


(1)  In  questo  punto  la  teoria  del  Tolstoi  s'accosta  a  quella,  ch'egli 
non  ricorda  o  almeno  non  cita,  di  Alfi'cdo  Fouilléo  :  "  La  toute  puissance 
de  l'art  est  dans  la  sympathie  et  la  sociabilité  qu'il  accroit.  On  a  dit  bien 
dos  fois  que  1'  art  adoucit  les  moeurs  ;  poui'quoi  ?  C  est  qu'  il  nous  rend 
capables  de  pleurer  avec  ceux  qui  pleurent,  de  sourire  avec  ceux  qui  rient  ; 
e'  est  qu'  il  nous  fait  vivrò  de  la  vie  des  autres.  „  (Vedi  l'articolo  Les 
trans formations  de  V  idée  inorale  —  Eeoue  des  deux  mondes,  15  giugno 
1889). 


(3)  dell'  arte  secondo  un  geande  astista  49 

essere  arte  vera  l'arte  dei  Grreci  perchè  la  loro  estetica  rispondeva 
alla  loro  coscienza  religiosa  ;  arte  vera  per  la  stessa  ragione  quella 
degli  antichi  Ebrei  e  quella  del  JMedio  Evo  ;  e  falsa  Tarte  del 
Rinascimento,  falsa  quasi  tutta  l'arte  moderna.  E  l'una  e  l'altra 
son  false  perchè  fondate  sulla  teoria  della  bellezza  e  del  piacere, 
perchè  destinate  soltanto  a  soddisfare  ai  gusti  delle  classi  supe- 
riori della  società.  Di  qui,  secondo  il  Tolstoi,  l'impoverimento  della 
materia  artistica,  limitata  a  ciò  che  può  solleticar  la  curiosità  degli 
oziosi  e  dei  ricchi  ;  di  qui  la  ricerca  dello  strano,  del  singolare, 
dell'inintelligibile,  di  qui  le  numerose  imitazioni  e  contraffazioni  ; 
di  qui  il  professioiìalhDìo  nell'arte  che  favorisce  la  fioritura  d'una 
quantità  d'  opere  nate  non  già  da  una  inspirazione  spontanea  e 
imperiosa,  ma  dai  bisogni  d'una  classe  che  dell'arte  fa  il  proprio 
mezzo  di  sussistenza  ;  di  qui  infine  l'influenza  pervertitrice  della 
critica  e  dell'  insegnamento  artistico. 

E  ora  sarà  opportuno  chiedersi  come  il  Tolstoi  intenda  questa 
coscienza  religiosa  eh'  è  la  chiave  di  volta  del  suo  edifizio.  Essa 
è,  secondo  lui,  la  concezione  più  alta  che  una  data  epoca  e  una 
data  società  si  formano  del  senso  della  vita  ;  è,  per  ogni  società, 
quello  eh'  è  la  corrente  per  un  fiume  ;  se  il  fiume  si  svolge  ciò 
significa  che  una  corrente  lo  spinge.  E  se  una  società  vive,  ciò 
significa  esservi  una  coscienza  religiosa  che  determina  le  tendenze 
di  tutti  gli  uomini,  ne  siano  essi  consapevoli  o  no. 

E  quale  è,  pel  Tolstoi,  la  coscienza  religiosa  del  nostro  tempo  ? 
E  la  coscienza  cristiana,  ma  d'un  cristianesimo  spogliato  di  tutto 
ciò  che  le  Chiese  vi  hanno  aggiunto,  ricondotto  alle  sue  origini, 
alla  semplice  dottrina  morale  del  suo  fondatore,  accettata  senza 
restrizioni  di  sorta.  La  coscienza  religiosa  del  nostro  tempo  con- 
siste (cito  le  parole  del  Tolstoi)  nel  riconoscere  che  la  nostra  fe- 
licità materiale  e  spirituale,  individualo  e  collettiva,  presente  e 
avvenire,  sta  nella  fratellanza  di  tutti  gli  uomini,  nella  loro  unione 
per  una  vita  comune....  Essa  è  oggi  il  filo  conduttore  del  lavoro 
dell'umanità,  che  ha  per  fine,  da  una  parte,  la  soppressione  delle 
barriere  fisiche  e  morali  che  si  oppongono  all'imione  degli  uomini, 
dall'altra  il  trionfo  di  principi  comuni  a  tutti  gì'  individui,  atti  a 
raccoglierli  in  una  stessa  fratellanza  universale...  Alla  stregua  di 
siffatta  coscienza  religiosa  noi  dobbiamo  valutare  tutte  le  manife- 
stazioni della  nostra  vita,  tra  cui  ([nelle  dell'arte,  accettandole  se 
d'accordo  con  questa  coscienza,  rigettandole  se  contrarie. 

Le  dottrine  del  Tolstoi,    applicate  all'arte   del   nostro  secolo. 


50  E.    CASTELNUOVO  (4) 

lo  conducono  a  non  trovar  da  lodare,  in  letteratura,  che  alcuni 
libri  di  Vittore  Hugo,  di  Dickens,  di  Dostojewsky,  della  Beecher 
Stowe,  della  Eliot,  e  qualche  novella  di  (logol,  di  Pouchkine  e 
di  Maupassant,  il  più  crudamente  realista  degli  autori  francesi  ;  in 
pittura,  che  qualche  quadro  di  Millet,  di  Breton,  di  Lhermitte,  di 
Defregger  ;  in  musica  poco  di  Weber,  di  Beethoven,  di  Chopin, 
nulla  dei  viventi,  e  nemmeno  dei  morti  da  poco  ;  anzi  di  colui 
che,  nella  mente  di  alcuni,  occupa  il  massimo  posto,  il  Wagner, 
egli  parla  con  sovrano  disprezzo. 

Ne  tanto  rigore  deve  attribuirsi  a  un  concetto  eccessivo  che 
il  Tolstoi  abbia  di  sé  medesimo,  quando  si  pensi  che  egli  non 
esita  a  condannare  come  arte  cattiva,  a  eccezione  di  due  brevi 
opuscoli,  tutta  quanta  1'  opera  propria. 

Grli  è  che  a  lui  accade  1'  inverso  di  quello  che  accade  ai 
critici  eh'  egli  accusa  di  partire  dal  preconcetto  dell'  eccellenza  di 
certi  artisti  e  di  certe  opere  per  costruirvi  su  le  loro  teorie. 
Egli  parte  invece  da  certi  canoni  assoluti  per  ammettere  o  per 
respingere  opere  e  artisti.  E  non  si  cura  del  giudizio  dei  secoli, 
non  si  cura  dell'  impressione  che  forse  egli  stesso  ha  ricevuto  in 
passato  da  alcuni  capolavori  ;  quando  non  rispondono  all'  idea 
eh'  egli  si  è  fatta  dell'  arte,  egli  li  colpisce  del  suo  anatema. 
Severo  coi  contemporanei,  non  è  meno  severo  con  gli  antichi. 
Se  Dante,  Shakespeare,  Raffaello,  Michelangelo  parvero  grandi  ai 
loro  giorni,  non  è  una  ragione  perchè  tali  pajano  ancora,  ed  egli 
non  li  accetta,  come  non  accetta  Cervantes,  Molière,  Goethe,  che 
con  infinite  riserve  e  limitazioni;  opere  rudimentali  e  spesso  vuote 
di  senso  sono  ai  suoi  occhi  quelle  di  Sofocle,  d' Euripide,  di 
Aristofane;  non  fa  grazia  intera  che  all'Iliade,  all'Odissea,  alla 
Genesi,  alle  parabole  dell'  Evangelo,  ai  racconti  delle  fate,  alle 
leggende  e  alle  canzoni  popolari. 

Come  si  vede,  il  Tolstoi  oltre  ad  essere  agli  antipodi  dai 
simbolisti,  dai  raffinati,  dai  superuomini,  da  quelli  che  vorrebbero 
riservar  1'  arte  a  un  cenacolo  d'  eletti,  combatte  fieramente  quelli 
che  vogliono  1'  arte  fine  a  se  stessa.  Egli  ripete  a  sazietà  ch'essa 
non  è  buona  che  in  quanto  possa  essere  intesa  da  tutti,  e  sia  in 
armonia  con  la  coscienza  religiosa  del  tempo,  e  promova  i  senti- 
menti di  fratellanza  e  d'  amore.  E  questa  sola  sarà,  secondo  lui, 
1'  arte  dell'  avvenire,  e  questa  sola  dovrà  essere  ammessa,  inco- 
raggiata, diffusa.  Né  si  perita  d'  affermare  che  tutti,  nell'  avve- 
nire, potranno  diventare  artisti,  perché  all'  arte  non  si  domanderà 


(5)  dell'  arte  secondo  un  grande  artista  51 

più  una  tecnica  complicata  ;  non  lo  si  domanderà  che  la  chia- 
rezza, la  semplicità  e  la  sobrietà,  cose  che  non  s'  acquistano  con 
una  preparazione  meccanica,  ma  con  1'  educazione  del  gusto. 
Quindi,  sono  sempre  parole  del  Tolstoi,  chiunque  avrà  disposizione 
per  un'  arte  potrà  praticarla  ed  esprimer  con  èssa  i  suoi  sen- 
timenti. 

Strane  aberrazioni  di  un  potente  intelletto,  il  quale,  infatuato 
d'  un  sistema,  e  costretto  a  disconoscere  le  attitudini  singolari 
che  r  arte  richiede,  e  s'  immagina  che  tutti  debbano  essere  atti 
a  produrla  nonché  ad  intenderla,  e  non  pago  di  voler  eh'  essa 
non  s'  isoli  dalla  vita  le  prescrive  1'  indirizzo  e  la  meta,  e  dimen- 
tica che  molte  fra  le  maggiori  opere  artistiche  significarono  piut- 
tosto protesta  che  adesione  alle  tendenze  dei  tempi,  onde  non 
sarebbe  da  maravigliarsi  che,  dato  il  trionfo  completo  d'  una  de- 
mocrazia collettivista,  la  ribellione  contro  la  corrente  livellatrice 
inspirasse  dei  capolavori.  Ribelli  furono  spesso  i  grandi  artisti,  ri- 
belli 0  solitari,  e  non  si  gioverebbe  all'  umanità  chiudendo  la 
bocca  ne  ai  violenti  che  grandeggiano  nella  lotta,  ne  ai  delicati 
che  s'appartan  dal  mondo,  e  nel  silenzio  interrogano  la  natura  e 
so  stessi. 

A  me,  nel  leggere  il  libro  del  Tolstoi,  tornava  al  pensiero 
un  altro  o^vande  flagellatore  dell'  arte  raffinata  e  volta  al  diletto 
dei  sensi,  un  Italiano  morto  or  son  quattro  secoli,  Girolamo 
Savonarola.  Non  un  barbaro,  come  a'  suoi  nemici  piacque  dipin- 
gerlo, ma  anch'  egli  un  artista  nutrito  di  filosofìa  e  di  lettere,  e 
dotato  di  quella  calda  eloquenza  che  può  scuotere  un  popolo 
intero.  Grli  anatemi  dello  scrittore  russo  pajono  V  eco  di  quelli 
che  tuonarono  un  giorno  dalla  bocca  del  fiero  domenicano  sotto 
le  vòlte  di  Santa  Maria  del  Fiore,  e  forse  tra  i  due  moralisti  il 
monaco  non  è  il  più  intransigente  e  il  più  rigido.  Una  ceri- 
monia come  quella  del  hniciamenfo  delle  vaniià  avvenuta  in 
Piazza  della  Signoria  nei  carnovali  del  1497  e  1498  non  scan- 
dalizzerebbe certo  il  puritano  di  Jasnaia  Poliana  ;  piuttosto  è 
probabile  eh'  egli  non  avrebbe  voluto  far  precedere  dal  Gresù 
bambino  di  Donatello  la  processione  recantesi  a  compier  1'  auto 
da  fé,  e  che  non  avrebbe  permesso  ai  frati  di  San  Marco  di 
spender  V  economie  del  convento  nelF  acquisto  della  biblioteca 
dei  Medici. 

Che    se    ne  deve  concludere'?  Questo  forse  in  via  generale: 


52  E.    CASTELNUOVO  (6) 

non  esservi  tendenza  dello  spirito  umano  che  possa  esser  vinta, 
nò  dottrina  che  non  risorg-a,  né  voce  alta  levatasi  una  volta  nel 
mondo  a  cui  altre  voci  non  rispondano  traverso  i  secoli.  Ma  non 
ò  meno  evidente  la  cosa  opposta  :  che  nessuna  tendenza  può  lu- 
singarsi di  spazzare  il  campo  dinanzi  a  se,  nessuna  dottrina  può 
pretendere  al  dominio  incontrastato  dell'  anime,  e  nessuna  voce, 
per  solenne  e  convinta  che  sia,  può  sperare  di  essere  ascoltata 
da  tutti.  Ciò  che  dovrebbe  insegnare  la  modestia  a  quei  critici, 
tanto  minori  del  Tolstoi,  i  quali  di  tratto  in  tratto  bandiscono  un 
nuovo  verbo  alle  genti  e  scomunicano  chi  non  vi  creda.  Opera 
vana  è  il  voler  chiudere  la  verità  in  una  formula.  Quanto  più 
rigidamente  logici  saranno  gli  svolgimenti  dati  alla  formula  stessa, 
tanto  più  presto  ce  ne  sarà  rivelata  1'  inanità  prosuntuosa.  I  si- 
stemi che  meglio  resistono  al  tempo  sono  quelli  che  si  salvano 
per  taluna  delle  fortunate  incoerenze  che  sono  le  valvole  di  si- 
curezza deir  umanità. 

E  meno  che  mai  può  chiudersi  in  una  formula  V  arte.  Ap- 
punto perchè  una  delle  sue  caratteristiche  essenziali  ò  la  since- 
rità, appunto  per  questo  essa  deve  rispecchiare  lo  stato  d' animo 
dell'  artista  ;  dev'  esser  quale  la  fanno  i  suoi  sentimenti,  i  suoi 
pensieri,  le  sue  vicende,  il  suo  modo  di  concepire  la  vita.  Né 
ririacomo  Leopardi  avrebbe  potuto  vedere  il  mondo  con  gli  occhi 
di  Alessandro  Manzoni,  nò  il  ilanzoni  con  quelli  del  licopardi  ; 
e  non  pertanto  1'  opera  di  tutti  e  due  ò  insigne  opera  d'  arte  ; 
ed  è  tale  perdi'  è  sincera,  nò  sarebbe  sincera  se  non  fosse  di- 
versa. La  rassegnazione  e  la  rivolta,  la  fede  e  il  dubbio,  la  gioja 
e  il  dolore,  1'  amore  e  l'  odio  possono  essere  ugualmente  fonte 
d'  inspirazioni  gagliarde. 

S'  intende  che  ognuno  di  noi  preferirà  le  creazioni  che  hanno 
maggiore  affinità  con  la  sua  indole  e  col  suo  ingegno  ;  e  molti 
consentiranno  col  Tolstoi  nel  dar  la  palma  a  quelle  che  irradiano 
intorno  a  se  un  più  intenso  calore  di  simpatia  umana.  Nondimeno, 
ciò  che  veramente  distingue  1'  opera  d'  arte  dalle  contraffazioni, 
ciò  che  determina  il  coìifagio  arfis^fico  è  quel  non  so  che  d'  im- 
palpabile e  d'  indefinibile  che  il  Tolstoi  rinnega  e  che  si  chiama 
la  bellezza.  In  lei  risiede  F  attrazione  suprema  ;  in  lei  sta  il  se- 
greto della  durata  dell'  opera,  o  della  sua  risurrezione,  se  un 
capriccio  del  gusto  o  della  fortuna  l'  aveva  fatta  cader  nell'  oblio. 
Delle  passioni  che  hanno  agitato  V  artista,  degF  intenti  che  l'  hanno 


(7)  dell'  aete  secondo  un  orande  aetista  58 

mosso  si  perde  via  via  la  notizia  e  si  altera  o  non  si  cura  il  si- 
gnificato ;  consolatrice  ineffabile,  la  bellezza  rimane  ed  esplica 
nel  tempo  la  sua  virtù  suc^g-estiva.  Onde  la  sapienza  di  tutte 
r  estetiche  non  vale  il  verso  del  poeta  inglese  John  Keats  : 

A  tliiiig  of  beauty  is  a  joy  for   over. 


(Finita  (li  Mdiìtpare  il  giorno  8  novemhre  1899) 


Atti  del  Reale  Istituto  Veneto  di  scienze,  lettere  ed  arti. 
Anno  accademico  18D9-900  -  Tomo  LIX  -  Parto  seconda. 


NATTTRA    DEL   PHILOTHION 

E    CONTEIBUTO 

ALLE  CON  SCENZE  STLLA  FERMENTAZIONE  SENZA  LIEVITO 

(estratto  di  dissertazione  per  laurea  in  chimica  e  farmacia) 

SiTNTO  dell'aurore  dott.    Giorno  C08SETTINI 

SECONDA    COMITNICAZIONE    (1) 
(pre^pnfaid  dal  prof.  P.  Spiea^  ni.  e.,  neir Adunanza  29  offoh)-f.  1899) 


Colla  denominazione  Philotliion  venne  designata  una  sostanza 
organica,  largamente  diffusa  in  natura,  dotata  della  proprietà  di 
reagire  a  freddo  sullo  zolfo  per  dare  idrogeno  solforato. 

Stoeia.  —  Fu  scoperta  nel  1888  dal  De  Eey  Pailhade  (2), 
il  quale  l' ottenne  in  soluzione  idroalcolica,  trattando  il  lievito  di 
birra  fresco  compresso  (100  p.)  con  alcole  a  90°  (45  p.)  ed  acqua 
addizionata  di  glucosio  (55  p.).  Si  conserva  il  miscuglio  in  un 
vaso  ben  chiuso,  e  dopo  tre  giorni,  decantando  il  liquido  sovra- 
stante, si  ha  una  soluzione  giallognola  limpida,  di  reazione  leg- 
germente acida,  che  agisce  tosto  a  freddo  sullo  zolfo  sviluppando 
gaz  solfidrico,  e  sull'indaco  scolorandolo.  —  Secondo  De  Rey  Pai- 
lhade, r  attività  degli    estratti  idroalcolici  del  lievito    per  lo  zolfo 


(1)  Vedi  Atti  del  R.  Istituto  Veneto,  IS1)9,  achiniinzii  del  2(i  marzo  e 
pag.  815. 

(^2)  Vedi  Memorie  pi'(!sentate  all'Acc.  di  scienze  di  Parigi  negli  anni 
1888-89-94-95:  Com2)t.  liend.,  Journal  de  Chimie  et  Phanu.^  ecc. 


oB  (t.   cossetttnt  (2) 

è  maggioro  a  85o-40o  che  non  a  zero  ;  perdura  anche  dopo  fil- 
trazione per  filtro  sterilizzatore  D'Arsonval,  mentre  non  si  mani- 
festa negli  estratti  tenuti  per  due  ore  consecutive  a  70",  e  in 
quelli  che  vengono,  o  lasciati  a  sé  per  qualche  tempo,  o  addi- 
zionati di  una  certa  quantità   di  sali  neutri. 

11  PJi/ìdfJiiov  si  combinerebbe  allo  zolfo  seguendo  un'  equa- 
zione nella  quale  TH-S  è  uno  dei  fattori  e  agireb1»e  come  una 
diastasi  ;  le  sue  soluzioni  sterilizzate  svilupperebbero  acido  carbonico 
nel  vuoto  ed  assorbirebbero  ossigeno. 

Griesmayer,  nel  1889,  sospettò  che  il  Pliììofhìon  fosse  Tidra- 
zina  del  Curtius,  e  Duclaux^  nel  corrente  anno,  si  mostrò  disposto 
a  considerarlo  come  una  diastasi  disossidante.  Non  essendo  per 
anco  stabilita  la  natura  di  questa  sostanza,  per  consiglio  del  prof. 
P.  Spica,  intrapresi  il  seguente  : 

Studio  sperimentale.  —  Preparati  gli  estratti  idroalcolici 
dei  lieviti  secondo  le  norme  date  dal  De  Rey  Pailhade,  verificai 
in  essi  i  caratteri  già  descritti  dall'autore  francese  :  "  potere  ri- 
ducente a  freddo  sullo  zolfo  e  sull'indaco,  reazione  acida,  attività 
variabile  con  la  temperatura,  inattività  dopo  trascorso  qualche  tempo 
dalla  preparazione  e  dopo  addizione  di  sali  neutri.  „  —  Sperimentai 
quindi  il  loro  comportamento  rispetto  all'ebollizione,  al  modo  di 
agire  coll'acqua  ossigenata,  cogli  anestetici,  colle  sostanze  velenose, 
col  filtro  di  porcellana  Chamberland,  istituendo  anche  degli  esami 
microscopici  e  delle  colture. 

I  risultati  ottenuti  nelle  varie  esperienze  più  volte  ripetute  ne- 
garono nel  Fhilofliioii  un'azione  diastasica  rispetto  allo  zolfo,  poiché 
le  sue  soluzioni  dopo  riscaldamento  a  100°  conservarono  la  loro 
attività  collo  zolfo  e  coll'acqua  ossigenata  scomponendola;  si  mo- 
strarono invece  sempre  inattive  sullo  zolfo  e  sull'  indaco  dopo  fil- 
trazione per  filtro   Chamberland. 

II  comportamento  colle  sostanze  velenose  e  antisettiche  (subli- 
mato corrosivo  a  1:20000,  permanganato  potassico  a  1:10000,  acido 
fenico  a  1:200,  acido  salicilico  a  1:1000,  acido  solforico  a  1:100,  re- 
sorcina a  1:100,  acido  cianidrico,  ecc.)  e  cogli  anestetici  (cloroformio, 
etere),  gli  esami  microscopici,  la  sterilità  delle  culture  diligente- 
mente eseguite  dal  dott.  G.  Catterina,  negarono  eziandio  l'inter- 
vento di  cellule  o  di  batteri  nel  fenomeno  di  riduzione  esercitato 
dal  Philothion  sullo  zolfo. 

Stabiliti  in  forma  siciira  questi  primi  fatti,  mi  proposi  di  ri- 


(3)  NATURA    DEL    PHILOTHION    ECC.  57 

cercare  un  mezzo  opportuno  per  isolare  dalle  sue  soluzioni  la  so- 
stanza idrogenante  lo  zolfo  a  freddo.  Per  tale  fine  ricorsi  a  vari 
metodi  (coagulazione  frazionata,  precipitazione  con  alcoole  assoluto, 
ecc.),  finché  mediante  lenta  evaporazione  a  40°  a  bagno-maria  degli 
estratti  idroalcolici  esenti  di  cellule  e  di  batteri,  pervenni  ad  ot- 
tenere residui  giallastri,  che,  trattati  prima  con  acqua  e  quindi 
con  soluzione  diluita  di  cloruro  di  sodio,  lasciarono  una  parte  in- 
solubile anche  in  alcole,  che  reagì  a  freddo  coi  fiori  di  zolfo  svi- 
luppando gaz  solfidrico. 

Caratteri  della  sostanza  idroijeniiiite  lo  zolfo  a  freddo,  otte  inda 
per  eraporazlone  dalle  sue  soluzioni,  ecc.  —  È  di  color  grigiastro, 
amorfa,  fioccosa,  di  reazione  acida:  riduce  lo  zolfo  in  presenza  anche 
di  cloroformio,  e  dopo  riscaldamento  prolungato  a  100°  e  anche 
a  110°.  Contiene  azoto,  fosforo  sotto  forma  di  residuo  fosforico, 
e  zolfo.  È  insoluliile  negli  acidi  diluiti,  nell'  acqua  e  neiralcole; 
solubile  negli  acidi  minerali  a  caldo,  ed  in  un  grande'  eccesso  di 
acido  acetico  ;  solubilissima  negli  alcali  fissi  diluiti,  meno  nell'am- 
moniaca, meno  ancora  nel  fosfato  sodico.  Dà  le  reazioni  cromatiche 
delle  sostanze  proteiche  ;  allo  stato  secco  ed  in  soluzione  alcalina 
scolora  F  indaco  e  scompone  l'acqua  ossigenata.  Le  sue  soluzioni 
alcaline  colorate  in  roseo,  precipitano  con  cloruro  di  calcio,  di  bario, 
di  magnesio,  con  nitrato  d'argento  ;  neutralizzate  esattamente  con 
acido  cloridrico  diluitissimo  danno  un  precipitato  fioccoso  grigiastro, 
che  si  comporta  come  una  sostanza  proteica,  ma  che  non  reagisce 
più  collo  zolfo,  nò  più  si  scioglie  in  eccesso  di  acido  acetico,  mentre 
scolora  l'indaco,  e  scompone  l'acqua  ossigenata.  —  Istituito  uno 
studio  di  confronto  colla  nucleina  del  lievito  (Kossel,  Liebermann, 
CTottstein),  ho  trovato  che  questa  differisce  dal  Pìnlotììion.^  perchè 
non  è  dotata  di  potere  riducente  sullo  zolfo,  né  si  scioglie  in  ec- 
cesso di  acido  acetico.  Il  carat:ere  della  solubilità  in  acido  acetico 
è  presentato  invece  dall'acido  nucleinico  (Altman).  La  nucleina  e 
l'acido  nucleinico  danno  le  reazioni  del  3Iillon  e  del  biureto,  e  la 
reazione  xantoproteica  quando  sono  impuri  di  sostanze  albuminoidi  ; 
in  tali  condizioni  1'  acido  nucleinico  contiene  anche  zolfo.  Come  la 
nucleina  del  lievito  è  insolubile  in  eccesso  di  acido  acetico,  così  la 
sostanza  dotata  di  potere  riducente  sullo  zolfo  diviene  insolubile 
in  detto  acido,  quando  venga  ottenuta  per  neutralizzazione  dalle 
sue  soluzioni  alcaline.  La  nucleina  non  reagisce  collo  zolfo,  come 
collo  zolfo  non  reagisce  più  la  sostanza  precipitata  dalle  sue  so- 
luzioni alcaline. 


58  (x.    COSSETTINI  (4) 

Altre  esperienze  controllano  i  caratteri  descritti  per  il  Pìd- 
lotliioii.  Esso  si  fissa  in  una  forma  insolubile  in  alcole  ed  in  acqua 
sul  fosfato  di  calcio  precipitantesi  nelle  sue  soluzioni.  Tale  pre- 
cipitato, trattato  con  potassa  diluita,  perde  la  sua  azione  sullo  zolfo, 
e  lascia  una  soluzione,  la  quale  si  comporta  come  quella  che  si 
ha  sciog-liendo  nell'alcali  la  sostanza  Pìnlofìiloti  ottenuta  per  eva- 
porazione dog-li  estratti  idroalcolici  primitivi. 

Facendo  passare  per  filtro  Chamberland  una  data  quantità 
di  potassa  diluita,  dopo  filtrazione  di  lifiuidi  alcolici  contenenti 
il  Philothioìi,  si  ottiene  una  soluzione  alcalina  colorata  in  roseo, 
che  scolora  l'indaco  e  che  scompone  l'acqua  ossigenata  ;  la  stessa 
soluzione  alcalina,  neutralizzata  con  acido  cloridrico  diluito,  lascia 
precipitare  una  sostanza  fioccosa  avente  i  caratteri  della  nucleina, 
ma  come  questa  inattiva  collo  zolfo.  Aggiungasi  ancora  che  gli 
estratti  idroalcolici  dei  lieviti,  divenuti  inattivi  dopo  otto  o  dieci 
giorni  dalla  preparazione,  lasciauv)  un  deposito  avente  caratteri 
identici  a  quelli  della  nucleina. 

Poiché  il  Pìiiìofliioìì  si  ottiene  in  soluzione  idroalcolica  solo 
dai  lieviti  vivi,  bisogna  anmiettere  sia  un  prodotto  elaborato  dalla 
vitalità  delle  cellule.  Tale  prodotto,  che  non  ha  natura  diastasica 
ma  chimica,  nel  residuo  dell'evaporazione  dei  liquidi  attivi  si  trova 
in  una  forma  pure  attiva  collo  zolfo  ;  segno  evidente  questo  che 
la  sua  natura  intima  chimica  non  ha  subita  trasformazione  alcuna 
durante  1'  evaporazione.  Relativamente  alla  proprietà  di  non  scio- 
gliersi più  in  alcole  mi  permetterei  far  osservare  che  il  Philothioìi,, 
quando  passa  in  una  forma  solubile  nell'  alcole,  si  trova  in  uno 
stato  speciale,  dirò,  quasi  stato  nascente.  Di  più,  se  in  realtà  fosse 
in  una  vera  forma  di  soluzione,  dovrebbe  passare  attraverso  il  filtro 
Chami)erland,  come  per  lo  stesso  filtro  passa  quando  si  trova  in  so- 
luzione alcalina.  -  Quanto  poi  al  fatto  che  il  precipitato  per  neu- 
tralizzazione non  riesce  più  attivo  con  lo  zolfo,  farò  rilevare  come 
il  Phi/ofìùon,  riottenuto  da  soluzioni  alcaline,  non  si  scioglie  più 
in  eccesso  di  acido  acetico,  e  si  comporta  come  la  nucleina  del 
lievito. 

Secondo  Altman  la  nucleina  in  soluzione  alcalina  si  sdoppia  nei 
suoi  costituenti,  cioè  in  acido  nucleinico  e  sostanza  proteica  ;  pre- 
cipitando por  neutralizzazione  cogli  acidi,  non  si  ottengono  questi 
prodotti  di  scissione,  ma  la  nucleina  stessa.  La  solubilità  della  so- 
stanza ])rimitiva  nell'eccesso  di  acido  acetico  è  un  carattere  con- 
forme alla  natura    dell'  acido  nucleinico,  che  presenta  le  reazioni 


(5)  NATUEA    DEL    PHILOTHION    ECC.  59 

del  Millon  e  del  biureto,  quando  si  trova  impuro  di  sostanze  pro- 
teiche. —  Ora  la  sostanza  idrogenante  lo  zolfo  dà  pure  le  rea- 
zioni del  Millon  e  del  biureto,  e  queste,  unitamente  al  carattere 
di  solubilità  in  acido  acetico,  non  fanno  forse  pensare  che  col  Fhi- 
ìotliioii  si  sia  dinanzi  a  dell'acido  nucleinico  e  sostanza  proteica  ? 
Ed  allora  questo  acido  nucleinico  e  sostanza  proteica,  quando  si 
trattano  con  potassa  diluita,  passerebbero  in  soluzione  alcalina  nel 
loro  stato  originario  ;  quindi  neutralizzando  cogli  acidi,  come  da 
una  soluzione  alcalina  di  nucleina  si  ottiene  la  nucleina  e  non  i 
prodotti  di  scissione  d?  questa,  così  pare  logico  ammettere  che 
dalla  soluzione  alcalina  del  Phi/ofìiion  (dato  probabilmente  da  acido 
nucleinico  e  sostanza  proteica)  si  abbiano  non  già  questi  prodotti, 
ma  la  nucleina  stessa. 

Ciò  troverebbe  appoggio  nei  seguenti  fatti  : 

La  nucleina  è  inattiva  con  lo  zolfo  ed  è  insolubile  in  acido 
acetico  ;  il  Philoihioìi  non  è  più  attivo  con  lo  zolfo,  ne  più  si 
scioglie  in  eccesso  di  acido  acetico,  quando  viene  ottenuto  per 
neutralizzazione  dalle  sue  soluzioni  alcaline. 

Ancora  si  sa  come  il  Pìiiìofìnon  nelle  soluzioni  idroalcoliche 
si  trovi  in  liquidi  acidi.  Altman  scrive  che  l'acido  nucleinico  in 
soluzione  acida,  quando  si  trova  in  presenza  di  sostanze  proteiche, 
reagisce  con  queste,  precipitando  sotto  forma  di  composti  ritenuti 
come  nucleine.  Nei  liquidi  alcolici,  divenuti  inattivi  con  lo  zolfo 
dopo  un  certo  tempo  dalla  preparazione,  si  trova  un  deposito  in- 
solubile in  eccesso  di  acido  acetico,  solubile  nella  potassa  diluita 
ecc.,  che  si  comporta  come  la  nucleina.  —  Parrebbe  dunque  si  possa 
ammettere  che  col  lungo  andare,  in  seno  ai  liquidi  acidi  del  Plii- 
lotìiion,  si  sia  verificata  la  reazione  di  Altman,  e  che  così  il  Pìii- 
lothìon  abbia  perduta  la  sua  attività.  In  qual  altro  modo  infatti  si 
potrebbe  spiegare  la  comparsa  della  nucleina  nel  deposito  dei 
liquidi  alcolici  e  l'inattività  di  questi  ^ 

Tutti  i  fisiologi  sono  concordi  nell'ammettere  che  la  nucleina 
allo  stato  naturale  si  trovi  scissa  nei  suoi  componenti,  cioè  in  acido 
nucleinico  e  sostanza  proteica. 


CONCLUSIONI 

1.0  L'azione  del   Fliilofliimi  sullo  zolfo  a  freddo  non  è  di    natura 
diastasica. 


60  G.     COSSETTINl  (6) 

2."  La  trasf'onuaziono  dello  zolfo  in  H'k>  è  dovuta  alla  presenza 
nei  liquidi  idroalcolici,  dei  prodotti  di  scissione  della  nu- 
cleina (acido  nucleinico  e  sostanza  proteica)  capaci  di  man- 
tenere la  loro  azione  sullo  zolfo,  dopo  essiccazione  e  dopo  ri- 
scaldamento a  100°,  anche  in  presenza  di  anestetici. 

3.°  I  fenomeni  di  riduzione  osservati  dal  Eaulin  {Compf.  lìeiid. 
CVII,  p.  445),  per  i  quali  i  lieviti  ed  i  mosti  scolorano  l'in- 
daco, vanno  probabilmente  attribuiti  sia  alla  nucleina,  sia  ai 
prodotti  di  scomposizione  di  questa.  Ija  nucleina  tanto  allo  stato 
secco,  come  in  soluzione  alcalina,  trasforma  rapidamente  Tin- 
daco  azzurro  in  indaco  bianco. 


APPENDICE 


(  *onu'  appendice  alle  mie  esperienze  sulla  natura  d(d  IMiilotliion 
e  come  contributo  alle  conoscenze  sulla  fermentazione  senza  lievito, 
riferirò  quanto  segue  : 

Kiterrei  essere  riuscito  ad  ottenere  fermentazione  alcolica 
in  assenza  di  cellule  di  lievito  e  di  batterli,  avendo  operato  nel 
seg'uente  modo  : 

Filtrai  per  filtro  sterilizzatore  (Jhamberland  alcune  soluzioni 
idroalcoliche  di  Philothion,  e  raccolsi  in  un  pallone  sterilizzato  i 
liquidi  filtranti,  avendo  cura  di  impedire  V  inquinamento  di  questi 
da  parte  dell'  aria  atmosferica. 

(Quindi  con  soluzioni  diluite  e  sterilizzate  di  fosfato  sodico  e 
di  cloruro  di  calcio  provocai,  in  seno  ai  liquidi  idroalcolici  filtrati, 
la  precipitazione  del  fosfato  di  calcio. 

Dopo  alquanto  tempo  con  un  sifone  sterilizzato,  precedente- 
mente adattato  al  tappo  che  chiudeva  il  pallone,  decantai  i  liquidi 
sovrastanti  al  precipitato  depostosi  sul  fondo  dell'  apparecchio. 

y  introdussi  allora  con  tutta  cura,  impedendo  qualsiasi  causa 
d'inquinamento,  una  soluzione  sterilizzata  di  glucosio  al  10  per  100. 

Dopo  due  giorni,  rimaste  invariate  le  condizioni  dell'  espe- 
rienza, cominciarono  a  partire  delle  bollicine  gassose  dalla  solu- 
zione glucosica,  che  più  si  trovava  a  contatto  diretto  col  fosfato. 


(7)  NATURA    DEL    l^HILOTHION    KCC.  61 

Lo  sviluppo  gassoso,  sempre  lento  e  regolare,  continuò  per 
vari  giorni,  finche  i  liquidi,  torbidi  da  principio,  ritornarono  allo 
stato  di  riposo.  In  essi  non  si  riscontrò  più  presenza  di  glucosio. 

11  valente  dott.  Giacomo  Catterina,  batteriologo,  esaminati  i 
materiali  al  microscopio,  ed  istituite  delle  colture,  non  trovò  né 
batterli  ne  fermenti  (^). 

Dall'  Istifiifa  (li  (•ìii)iìir((   fanixicciificd  (Iella    IL    Unir('fs!f()   di  l'adora, 

Ixnlio   1S()9. 


(1)  Neil'  atto  (li  dar  luogo  alla  pubblica/ione  di  questa  mcmoi'ia,  non 
posso  far  a  meno  di  rivolgere  vivi  ringraziamenti  all'  Illustre  Professore 
Cav.  Pietro  Spica,  il  quale  con  tanta  scienza  ed  affettuosa  cuia,  mi  largì 
ammaestramenti  e  consigli  durante  le  esperienze  eseguite.  G.  C. 


f Finita  di  stampare  il  (/iorno    Iti  ììnremhi'e    ISflO) 


Atti  dkl  Realk  Istituto  Veneto  di  scienze,  lettere  ed  arti. 
Anno  accademico  1899-900  -  Tomo  LIX  -  Parte   seconda. 


SU    ALCUNE 
INCOMPATIBILITÀ    FARMACEUTICHE    DELL'  ESALGINA 

(estratto  dalla  dissertazione  presentata  per  la  laurea 

IN    CHIMICA   E   farmacia) 

Sunto  dell'  autore  dott.  LINO  COLLAVO 

(presentata  dal  prof.  P.  Spica,  ni.  e.,  nell'Adunanza  29  ottobre  1899) 


Il  Ruddinianek  nella  sua  tabella  (Joliresh.  fior  Pharni.  1897, 
p.  285  e  Ann.  dr  Pharm.  1896,  p.  250)  riportata  dal  "  L'  Orosi  „ 
(1897,  p.  88)  riassume  i  casi  di  incompatibilità  farmaceutiche  piii 
frequenti.  "•  Avviene  spesse  volte,  dice  "  L' Orosi  „  stesso,  che  me- 
scolando vari  medicamenti  tra  loro,  la  miscela  diventa  umida,  pastosa, 
0  liquida  in  seguito  a  reazioni  che  avvengono  tra  i  corpi  me- 
scolati.  „ 

Io  studiai  i  casi  di  incompatibilità  presentati  dall'  esalgina 
con  acido  salicilico,  salolo,  mentolo,  cloralio  idrato,  resorcina,  onde 
cercare  di  spiegare  se  la  deliquescenza  che  il  Ruddimanek  afferma 
avvenire  nell'  unione  dell'  esalgina  coi  detti  farmaci,  è  dovuta  ad 
una  reazione  chimica  o  ad  una  causa  fisica  qualsiasi. 

Le  esperienze  eseguite  mi  condussero  alle  seguenti  conclu- 
sioni : 

1°.  La  fluidificazione  che  si  osserva  quando  si  uniscono  intima- 
mente tra  loro  V  esalgina  e  1'  acido  salicilico,  è  dovuta  puramente 
ad  una  causa  fisica  e  cioè  ad  assorbimento  d'  acqua  dall'  ambiente 
in  cui  il  miscuglio  delle  due  sostanze  si  trova. 

Per  il  passaggio  dallo  stato  solido  allo  stato  liquido  del  mi- 
scuglio non  avviene  reazione  chimica  di  sorta  perchè  non  fu  mai 
notato  alcun  cambiamento  di  temperatura  e  perchè,  fatta  a  caldo 
la  soluzione  acquosa  delle  due  sostanze,  anche  dopo  deliquescenza, 


64  L.    CULLAVO    -    SU    ALCUNE    INCOMPATIBILITÀ    ECC.  (2) 

per  raffreddamento  si  separa,  pure  adoperando  grande  eccesso  di 
esalgina,  acido  salicilico  puro. 

2^.  Tra  esalgina  e  mentolo  avvengono  in  generale  gli  stessi  fatti 
che  tra  esalgina  e  salolo. 

L'  esalgina  mescolata  col  mentolo  o  col  salolo  non  cade  in 
deliquescenza  se  non  ad  una  temperatura  di  28o-29".  In  ambedue 
questi  casi,  neppure  per  fusione  a  caldo,  fu  avvertito  alcun  muta- 
mento chimico  essendo  possibile  con  mezzi  puramente  fisici,  cioè 
con  solventi  adatti,  separare  completamente  1"  una  dall'  altra  le 
sostanze  costituenti  il  miscuglio. 

Ho.  Col  cloralio  idrato  o  con  la  resorcina,  1'  esalgina  dà  dei  pro- 
dotti fluidi.  La  deliquescenza  si  manifesta  anche  sottraendo  i  mi- 
scugli   air  azione    dell'  umidità,    dell'  aria,  ecc. 

L'incompatibilità  dipenderebbe  in  questi  due  casi  da  semplice 
fenomeno  di  soluzione,  perchè  dalle  esperienze  fatte  risulta  che 
r  abbassamento  della  temperatura  di  fusione  o  di  solidificazione 
dei  miscugli  esalgina-cloralio  idrato  ed  esalgina-resorcina,  sta  in 
ragione  diretta  colla  quantità  di  cloralio  idrato  o  di  resorcina  ag- 
giunta air  esalgina. 

Quando  i  miscugli,  che  diventano  poi  semplici  soluzioni, 
hanno  raggiunta  una  determinata  concentrazione,  non  potranno 
mantenersi  solidi  alla  temperatura  ordinaria,  ma  avranno  bisogno, 
per  solidificare,  di  una  temperatura  assai  più  bassa. 

Neppure  in  questi  due  casi  si  osservò  durante  la  fluidifica- 
zione, cambiamento  sensibile  di  temperatura. 

Epperò  nel  caso  del  miscuglio  esalgina-cloralio  idrato  se 
una  reazione  chimica  ha  luogo,  essa  dà  origine  ad  un  composto 
assai  instabile,  facilmente  decomponibile  dall'  acqua  e  decomponi- 
bile anche,  se  lasciato  a  se,  alla  temperatura  ordinaria. 

Fra  esalgina  e  resorcina  invece  va  esclusa  ogni  probabilità 
di  mutamento  chimico,  perchè  dal  miscuglio  fluido  si  poterono 
coi  solventi  ordinari  separare  1'  una  dall'  altra  le  sostanze  stesse. 

J)(tl  L(tl>i)f(i torio  (li  cliiiiiicii  fdruiaretdim  della  li.  Università  di  Padova, 

luf/Uo  1899. 


(Finita  d'i  stampare  il  giorno  Kì  novembre  1S9!)J 


Atti  del  Reale  Istituto  Veneto    ui  scienze,  lettere  ed  arti. 
Aimo  accadc'iuieo  IHU'J-'JOO  -  Tonio  LIX  -  Parte  seconda. 


SULLO  SCHEDOPHILUS  BOTTERl    DELL*  HECKEL 

NOTA 

DI  E.  F.  TROIS,  M.  E. 

(Adimanzu  del  2!)  ottobre  ISUU) 


Il  prof.  Luigi  Stalio,  socio  corrispondente  di  questo  Istituto, 
comunicò  nel  1880  una  Nota  sullo  Scìiedoj/hilus  Batteri,  Nota  che 
fu  pubblicata  nel  volume  TI,  serie  V'^  degli  Atti. 

Trattasi  di  una  specie  nuova  di  un  genere  non  rappresen- 
tato neir  Adriatico  (perchè  il  congenere  Hchedophil/is  mcdiimpìia- 
giis,  raro  anche  nel  Mediterraneo,  non  figura  in  alcun  catalogo 
di  pesci  Adriatici). 

La  specie  offre  le  migliori  garanzie  di  perfetta  determina- 
zione perchè  fu  studiata  dall'  Heckel  ed  ammessa  dall'  illustre 
ittiologo  vivente  Fr.  Steinduchner. 

A  questo  proposito  nulla  potrei  aggiungere  a  quanto  fu  detto 
con  molta  dottrina  dal  compianto  socio  prof.  Stallo.  La  specie 
fu  scoperta  dal  prof.  Matteo  Botteri  di  Lesina  del  quale  1'  Heckel 
volle  ricordare  il  nomo. 

Di  questo  SchedophUus  esiste  un  solo  esemplare,  di  prove- 
nienza adriatica,  nel  Museo  di  Vienna  mandato  dal  Botteri  da 
Lesina. 

Ho  avuto  la  fortuna  di  poter  procurare  al  Museo  dell'  Isti- 
tuto gli  avanzi,  però  perfettamente  caratteristici  di  uno  dei  tre 
soli  esemplari  che  furono  presi  nell'Adriatico,  per  quanto  è  giunto 
a  mia  conoscenza,  dal  1847  ad  oggi,  anzi  dell'  esemplare  stesso 
già  posseduto  dallo  Stallo 


(Finita  di  st.ainparo  il  giorno   17  )iorend)re  1899) 


Atti  del  Reale  Istituto  Veneto  ìji  scienze,  lettere  ed  arti. 
Anno  accademico  1899-900  -  Tomo  LIX  -  Parte  seconda. 


SULLO  SCHIITDLMENTO  LMPERFETTO  BEL  SEME 
NELLE  RAZZE  BIANCHE  DEL  FILUGELLO 

CON   PARTICOLARE   RIGUARDO    ALLA   RAZZA  CHORÉA 

NOTA  DEL  PEOF.  ENRICO  VERSON,  s.  e. 
(Adunanza  del  2V  ottobre  189!) J 


La  persistente  debolezza  che  le  razze  indigene  jìNve  seguitano 
a  manifestare  anche  oggi  in  estese  regioni  sericole,  è  stata  cagione 
indiretta  che  in  molti  coltivatori  germogliasse  il  felice  pensiero 
di  rafforzarne  mediante  acconcia  trasfusione  di  sangue  più  vivace 
la  tempra  fatalmente  infievolita,  badando  insieme  perchè  i  pregi 
del  bozzolo  antico  non  avessero  a  scapitarne  in  misura  notevole. 
E  una  mirabile  costanza  di  propositi  ci  ha  condotti  in  breve  tempo 
al  definitivo  trionfo  degli  incroci;  ì  quali,  aumentando  la  gagliardia 
e  la  resistenza  del  baco,  hanno  assicurato  alla  nostra  industria, 
oltre  alla  pregevolezza,  anche  la  quantità  del  prodotto  eh'  essa 
attende  a  lavorare. 

Ma  da  quando  gli  incroci  sono  venuti  in  uso  generale,  e 
motivi  d'  interesse  prepotente  consigliarono  sempre  più  a  prati- 
carli —  con  esclusione  di  ogni  diversa  combinazione  —  fra  sole 
razze  gialle  e  razze  bianche,  una  nuova  preoccupazione  è  soprag- 
giunta a  tenere  sospesi  gli  animi  dei  coltivatori.  Perchè  i  semi 
di  tali  incroci  hanno  assai  spesso  schiudimento  così  imperfetto 
da  ridurre  non  solo  in  proporzione  ragguardevole  la  entità  delle 
coltivazioni  divisate,  ma  da  lasciare  molta  apprensione  eziandio, 
se  ed  in  quanto  quella  stessa  causa  occulta  che  determina  nascite 
del  seme  così  manchevoli,  non  possa  far  sentire  per  avventura 
una  qualche  sinistra  influenza  anche  sui  bachi  realmente  venuti 
fuori. 


68  E.    VERSON  (2) 

Sotto  questo  punto  di  vista  avevano  ^ià  da  tempo  sollevate 
numerose  lao-nanze  le  razze  giapponesi  bianche  in  genere.  Ma  il 
male  si  è  di  gran  lunga  inerudito  con  la  diffusione  maggiore  che 
in  processo  di  tempo  è  venuta  prendendo  nella  industria  degli 
incroci  la  razza  Choréa.  In  essa  come  pure  nei  suoi  derivati  si 
dà  non  di  rado  il  caso  che  le  nascite  mancate  ammontino  al  80 
e  al  40  '•  0  •  K  combinazione  veramente  singolare  :  a  giudicare 
dai  fatti  portati  a  nostra  cognizione  si  sarebbe  quasi  indotti  ad 
ammettere  che  i  danni  sofferti  sono  tanto  più  gravi,  quanto  è 
stata    maggiore    la    dili»-enza  e  la  timorosa    sollecitudine,  onde  il 

Don  / 

produttore  suol  curare  la  buona  conservazione  dei  semi  suoi. 

Ora  come  si  pratica  questa  buona  conservazione  dei  semi? 

Dopo  r  anno  1883  in  cui  la  Stazione  Bacologica  di  Padova 
aveva  resa  di  pubblica  ragione  una  lunga  serie  di  esperienze  (i) 
le  quali,  in  ordine  all'  abbondanza  e  alla  simultaneità  delle  na- 
scite susseguenti,  avevano  dimostrata  la  convenienza  di  non  spin- 
gere la  durata  della  ibernazione  oltre  ad  una  data  misura,  —  dopo 
il  1888  molti  coltivatori  adottarono  il  sistema  di  protrarre,  quanto 
maggiormente  si  possa,  il  ])rincipio  della  svernatura  propriamente 
detta,  procurando  allo  stesso  tempo  che  fiim  allora  1'  ambiente  in- 
torno ai  semi  sia  mantenuto  ben  temperato,  magari  con  1'  ajuto 
di  riscaldamento  artificiale. 

L'  applicazione  pura  e  semplice  di  un  risultato  sperimentale 
alla  pratica  dev'  essere  certamente  ritenuta  logica  e  plausibile, 
quante  volte  si  avverino  da  una  parte  e  dall'  altra  eguali  circo- 
stanze di  fatto.  Ma  senza  tener  conto  della  facilità  onde  taluni, 
j)er  far  nìeijlio,  si  lasciano  non  di  rado  sedurre  ad  esagerazioni 
non  sempre  innocue,  mi  è  parso  pure  arrischiato  il  voler  traspor- 
tare senz'  altro  i  risultati  del  1883,  ottenuti  con  una  riproduzione 
giapponese  verde,  agli  incroci  bianco-gialli  che  attualmente  ci 
tengono  preoccupati;  il  voler  generalizzare  insonuna  a  tutte  le 
razze  del  filugello  indistintamente  quelle  leggi,  che  in  una  sola  di 
esse  lo  sperimento  avea  cavato  fuori  e  messo  in  evidenza. 

E  da  questo  dubbio  ebbero  origine  le  nuove  prove  che  se- 
guono qui  appresso,  intese    essenzialmente  a  stabilire   se  e  quale 


(1)  E.  Qndjdl,  Influenza  delle  bnsse  e  medie  temperature  sulla  na- 
scita del  seme  bachi.  Boll.  </.  JJ(frhìroltHra,  IX;  Anniiario  della  Staz. 
Bacol.  X. 


(3)  SULLO    SCHIUDIMENTO    IMPERFETTO    DEL    SEME    ECC.  69 

influenza  debba  essere  attribuita  alla  durata  relativa  delle  singole 
fasi  di  conservazione  sullo  schiudimento  dei  semi  di  razze  bianche 
in  genere,  e  di  quelli  di  razza  Choréa  in  particolare. 

Le  razze  assoggettate  ad  esame  furono  nove  :  bianca  Abruz- 
zo, bianca  Novi,  bianca  Asia  minore,  bianca  Cinese  acuminata, 
bianche  giapponesi  di  tre  dift'erenti  provenienze,  bivoltina  bianca, 
Choréa.  Per  ogni  singola  di  esse  si  ricercarono  dapprima  in  via 
comparativa  gli  effetti  dipendenti  da  variazioni  introdotte  nella 
durata  della  seconda  e  della  terza  fase  di  conservazione,  siccome 
quelle  che  più  comunemente  danno  adito  a  prevenzioni  sfavore- 
voli. In  quanto  alla  influenza  della  prima  fase  di  conservazione, 
le  prove  di  confronto  seguirono  1'  anno  appresso,  e  furono  limitate 
alla  sola  razza  Choréa,  la  quale  costituisce  del  resto  il  vero  e 
proprio  obbiettivo  finale  di  tutto  il  presente  lavoro. 


A.  Influenza  della  conservazione  invernale  e    primaverile 

SULLO    schiudimento    DEL    SEME 

Adottato  un  mezzo  perfettamente  identico  di  conservazione  per 
la  prima  fase  (estiva  ed  autunnale)  di  tutti  i  saggi  indistintamente, 
le  sperienze  di  svernatura  ebbero  principio  col  giorno  20  novem- 
bre ;  e  furono  praticate  ad  una  temperatura  costante  di  -|-  2»  C. 
cui  si  esponevano  i  singoli  lotti  per  durata  variabile,  da  un  mi- 
nimo di  84  giorni  ad  un  massimo  di  150.  Quelle  relative  alla 
terza  fase  di  conservazione  dovevano  similmente  mettere  in  chiaro 
se  la  durata  di  essa,  ovvero  —  ciò  che  torna  eguale  nel  caso 
pratico  —  se  la  durata  della  incubazione  possa  a  sua  volta  fa- 
vorire 0  contrariare  in  misura  apprezzabile  il  fenomeno  dello 
schiudimento  imperfetto  ;  ed  erano  perciò  disposte  nel  modo  che 
segue. 

Appena  estratto  dalla  svernatrice  —  dove  ho  detto  che  la 
temperatura  stava  ferma  intorno  ai  -\-  2"  C.  —  ogni  campione 
di  seme  veniva  diviso  in  due  porzioni  pressoché  eguali  :  la  prima 
era  portata  di  sbalzo  in  un  ambiente  scaldato  a  -\-  22"  C.  e  vi 
rimaneva  definitivamente  {covatura  rapida)  ;  la  seconda  invece 
veniva  introdotta  dapprincipio  in  un  termostato  a  -j-  10"  C,  dopo 
dieci  giorni  passava  a  temperatura  di  -|-  12°  C.  e  dopo  altri 
dieci  giorni  a  -j-  22"  C.  {corafura  lenta).  Avviate  le  nascite  si 
eliminavano  giorno  per  giorno  i  gusci  vuoti,  tenendo  esatto  conto 


70 


E.    VERSON 


(4) 


del  loro  numero;  da  ultimo,  cessata  og-ni  apparizione  di  altri 
bacolini,  venivano  segnate  tutte  le  uova  non  schiuse  e  determi- 
nato nel  g-erme  delle  medesime  lo  stato  di  sviluppo  raggiunto,  in 
quanto  fosse  rimasto  affatto  rudimentale  o  fosse  proceduto  fino  a 
piena  maturanza  dell'  embrione.  Attesi  i  rapporti  di  stretta  dipen- 
denza che  colle^ano  1'  abbondanza  e  la  simultaneità  delle  nascite 
alla  durata  della  svernatura  precorsa,  ognuno  vede  le  ragioni  di 
convenienza  che  impongono  di  prendere  unitamente  in  considera- 
zione questi  due  momenti,  sotto  il  punto  di  vista  degli  effetti 
diversi  che  cagiona  la  loro  variabile  durata. 

Ogni  singolo  saggio  contava  dalle  1500  alle  2000  uova 
circa;  ma  per  facilità  di  confronto  io  riferirò  tutti  i  dati  ridotti 
a  valori  procentuali. 

Bazze  h/aiìcJie  a  tipo  indigeno 

]).   Novi.  In  seguito  a  svernatura  di   durata  variabile,  si  ebbero  le 
sea'uenti  modalità   di  nascita: 


Covatura  rapi(hi 

1 

Covi 

tura  le 

nta 

0; 

Uova  non 
discbiuse  con 

(iioi'ni 

a; 

te 

i            =3 

Uova  non 
dischiuse  con 

Giorni 

ci 

g  o 

"o  h 
o  r 
ci  ^ 

te    e    e 
bX, 

2.2 

di 
nascita 

tfl 

bacolino' 
formato 

stria 
germi- 
nale 

ci 

ci 

Doi)0  ibeiiiazion 

'  (li  84  giorni 

94,6    1     3.1     1     2.3 

15 

11 

1     92.4 

i    3.1 

4.5 

<     23 

1      9 

Dopo  ibernazioii 

'  (li  94  giorni 

94.3    1     3.0    1     2.7 

15     1 

11 

1     92.4 

ì    4.6 

3.4 

29 

1      6 

Dopo  ibernazion 

'  di  104 

giorn 

i 

88.0    1     9.3    1     2.7 

14     1 

7 

89.4 

1    7.3 

3.3 

1     32 

1      5 

Dopo  ib<'rnazion 

'  di  114 

giorn 

i 

88.1     1     7.9    1     4.0 

1     11     1 

10 

j     88.3 

1    6.0 

1     5.7 

1     26 

!      6 

Dopo  ibernazion 

'  di  124 

giorn 

i 

88.0    1     6.0    I     6.0 

12      1 

6 

1     93.0 

1    5.0 

2.0 

1     26 

1      ^^ 

Dopo  ibeinazion 

e  di   134 

gioii! 

i 

93.8    1     3.8    1     2.4 

1      1^      1 

6 

Il     91.3 

1    5.5 

1     3.2 

1     25 

1      6 

Dopo  ilxMiiazion 

'  di  150 

giorn 

i 

93.0 

3.6 

3.4 

12 

1 

8 

1     91.4 

1    4.4 

1     4.2 

i     24 

1      5 

(5)  SULLO    SCHIUDIMENTO    IMPERFETTO    DEL    SEME    ECC.  71 

2).  Ahnizzo.  Yariando  in  eguale  misura    la  durata  della    iberna- 
zione si  ebbero  : 


Covatura  rapida 

1 

Cova 

tura  le 

nta 

rjn 
_2 

Uova  non 
dischiuso  con 

Giorni 

_2 

Uova  non 
dischiuse  con 

Giorni 

"o 

"o 

CO 

O    p 

1 

I    e 

s 

.2 

'='  o 

1 

1    li 

^ 

-^ 

.^  •-■  -. 

^  e 

^ 

e  ^ 

-^  '"^ 

^  e 

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_ 

•^  X 

.^  3  _:; 

o  o 

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'p^    X 

•  —  s  _2 

«  o 

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> 

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o  g 

-C  ?  2 

•--  'n 

"C    X 

ù 

J^ 

3;  ~ 

'J~  e: 

2 

t' 

—  e; 

'i 

Dopo  84  t;-ionii 

92.2    1     4.5    1     3.3 

12 

18 

92.4 

3.6 

4.0 

26 

1  11 

Dopo  94  giorni 

90.4    1     3.4    1     6.2 

15 

1    11 

89.1 

5.1 

5.8 

30 

,      7 

Dopo  104  giorni 

92.5         4.3    1     3.2 

13 

11     1 

92.2 

5.1 

2.7 

32 

1      7 

Dopo  114  giorni 

93.4    !     4.2    j     2.4 

11 

10     1 

91.2 

5.7 

3.1 

2Q 

1      7 

Dopo  124  giorni 

93.9    ! 

4.2    1 

1.9 

11 

10     1 

93.7 

AA 

1.9 

26 

1      4 

3).  Bianca  d'Asia  Minore  diede  similmente  : 

Dopo  84  giorni  d' ibernazione 

95.7  I     3.1     !      1.2    I     16     I    18     ||     96.7     |    2.1 

Dopo  94  giorni 
96.5         2.4    j     1.1     I     15     !     12     ||     93.0     i    4.3 

Dopo  104  giorni 

96.8  I     2.4    !     0.8    i      13     j     12     |i     93.7     i    3.8 

Dopo  114  giorni 
92.8    I     5.5    I      1.7    ,     12  9     ||     93.6         4.2 

Dopo  124  giorni 
96.7    I     2.8    !     0.5    1      11     1      8     II     96.1      1    2.8 


Dopo  134  gioiiii 
95.6    i     3.6    1     0.8    I      11      ì      9 

Dopo  150  giorni 
96.5    '     2.2    '     1.3    '     11      '      7 


1.2         28     I     11 


2.7     ì      30 


2.5  32  8 


2.2    I     26 


1.1     !     26 


95.8     I    3.3    I     0.9    I     25     I      6 


95.1      ■    S.6         2.3    '     24 


72  E.    VERSON  (6) 

Da  queste  prove  con  razze  bianche  a  tijio  indigeno,  si  pos- 
sono cavare  intanto  certe  deduzioni  che  per  la  pratica  non  sono 
prive  d'  interesse. 

Ohe  la  durata  della  incubazione  apparisca  molto  maggiore 
col  riscaldamento  lento  e  graduale  che  col  rapido,  ciò  non  può 
recare  meraviglia  quando  si  consideri  che  la  piena  maturanza 
dcir  embrione  domanda  V  intervento  di  una  corta  somma  di  calo- 
rico la  quale,  con  propinazioni  più  generose  e  più  frequenti,  tocca 
naturalmente  anche  più  presto  la  misura  richiesta. 

Negli  esempi  riferiti,  la  covatura  si  protrae  da  24  a  80  giorni 
se  graduale,  e  viene  ridotta  ad  un  tempo  di  soli  11  a  15  giorni 
quando  sia  spinta  a  grande  rapidità.  In  un  caso  come  nell'  altro 
per  giunta,  la  incubazione  si  accorcia  notevolmente  sotto  la  influenza 
di  una  svornatura  prolungata  che  T  abbia  preceduta.  Ma  bisogna 
dire  che  le  uova  portate  rapidamente  alla  massima  elevazione  di 
temperatura  si  avvantaggiano  in  misura  assai  più  larga  di  questa 
influenza,  se  vediamo  come  un  divario  da  84  a  124  giorni  d'iber- 
nazione basta  appena  a  far  risparmiare  6  giorni  su  trenta^  e  così 
una  (/Hifttd  parte  del  tempo  totale  occorrente  per  la  covatura 
lenta;  mentre  in  condizioni  identiche  essa  importa  per  la  covatura 
rapida  una  riduzione  da  K)  a  11  giorni,  il  che  equivale  quasi  ad 
una  terza  parte  del  totale.  Yiceversa  è  cosa  bene  assodata  ormai, 
che  a  svernatura  di  durata  eguale^  la  simultaneità  delle  nascite 
è  sempre  maggiore  con  la  covatura  lenta  che  con  la  rapida.  E 
infatti  prendendo  a  caso  una  qualunque  fra  le  razze  sperimen- 
tate, la  bianca  d'Abruzzo  p.  e.,  troveremo  che  dopo  la  covatura 
rapida  le  nascite  continuano  per  18  giorni  di  seguito  se  la  iber- 
nazione era  stata  di  84  giorni,  e  durano  ancora  sempre  non  meno 
di  10  giorni  anche  dopo  una  svernatura  estesa  fino  a  124  giorni; 
quando  al  contrario  la  covatura  lejita  le  riduce  a  giorni  11  nel 
primo  caso,  e  nel  secondo  a  soli  4. 

Per  ciò  che  riguarda  infine  1'  abbondanza  delle  nascite,  vale 
a  dire  la  quantità  procentuale  dei  bachi  eftettivaniente  sbucati 
dal  guscio  senza  tener  conto  del  tempo  più  o  meno  lungo  che 
vi  impiegarono,  vi  sarebbe  forse  un  leggero  vantaggio  in  favore 
della  covatura  rapida.  Ma  la  dift'erenza  è  così  poi^o  accentuata 
che  per  ora  non  vogliamo  escludere  essa  possa  dipender*?  anche 
da  cause  estranee  fortuite,  da  cause  sfuggite  forse  alle  nostre 
cure  minuziose  di  mantenere  eguale  ambiente  intorno  a  tutti  i 
saggi  esperiti  (medie  generali   di  03.3  "/o  per  la  covatura  rapida, 


(7) 


SULLO    SCHIUDIMENTO    IMPEEEETTO    DEL    SEME    ECC. 


73 


contro  92.67  '^'/o  per  la  lenta)  ;  e,  ciò  che  più  importa  pel  nostro 
assunto  speciale,  hi  <1  unita  deìla  ibernazione  pi  eceduta  non  mostnf 
di  acervi  esercitato  alcuna  influenza,  nel  senso  di  rendere  le  na- 
scite più  numerose  o  più  scarse. 

Bazza  ìilanca   CJunene 

Seguendo  V  identico  metodo  già  descritto  per  le  razze  bianche 
a  tipo  indigeno,  si  ebbero  le  seguenti  risultanze  : 


Covatura  rapida 

Cova 

tura  le 

nta 

òS 

Uova  non 
dischiuse  con 

(tÌODIÌ 

li 

Uova  non 
dischiuse  con 

Giorni 

ci 
o 

§  o 
J--2 

"_£  Sii 

(K   5;  G 

.S's 

C5 

■  —  'S 

^    co 

1 

> 
o 

co    Cj    e 

^.2 
zi  ^ 

et 

■  —  'Zi 

Dopo  ihcrna/.ion 

>  di  84 

giorni 

73.2    1     7.9    1   18.9 

16 

1    48 

1     78.2 

1  12.6 

9.2 

i     28 

1    34 

Dopo  iberna/.ion 

■  (li  94 

gioi'iii 

64.8    1    15.0    1   20.2 

19 

1    34 

1     72.2 

1  21.9 

5.9 

1     31 

1     18 

Dojx)  il)erna/,ioii 

'  (li  10 

4  g-i(_)rn 

i 

70.1     1    12.7    1   17.2 

12 

1    42 

1     76.5 

1  17.1 

6.4 

1     33 

i     17 

Dopo  il)('rna>;ion( 

"  di  11 

4  giorn 

i 

64.2    1   20.3    1    15.5 

14 

1    38 

1     76.9 

1  15.5 

7.6 

27 

1    19 

Doi)0  ibcnuizioii 

•  di  12 

4  giorn 

i 

71.6    1    18.7    i     9.7 

15 

26 

1     82.4 

1  11.6 

6.0 

1     26 

1    16 

Dopo  ilìcniazioii 

"  di  13 

4  gi{ìi'n 

i 

82.2    1     8.0    1     9.8 

14 

1    28 

1     83.5 

1  12.1 

4.4 

27 

1    11 

Do|io  ihcriia./ion 

•  di  15 

0  giori) 

i 

83.6     j 

9.9 

6.5 

13 

1    23 

i     82.4 

1    9.1 

8.5 

25 

1     10 

Premesso  che  i  risultati  di  questa  serie  non  sono  rigorosa- 
mente paragonabili  con  quelli  della  precedente,  dal  momento  che 
riguardano  semi  originari  cinesi,  probabilmente  ancora  sconvolti 
ed  alterati  dal  lungo  viaggio  d'  importazione  aj)pena  superato, 
bisogna    convenire    che,   a  parte    qualche    singolo    scarto     venuto 


74 


E.    VEESON 


(8) 


fuori  improvvisamente  senza  apprezzabili  motivi,  in  generale  vi  si 
ripetono  le  stesse  correlazioni  già  notate  fra  la  svernatura,  la  in- 
cubazione, e  la  unitezza  delle  nascite.  Hopratutto  dolibiamo  poi 
escludere  che  la  svernatura  protratta  abbia  potuto  cag-ionare  fatali 
conseguenze  sulla  vitalità  dei  germi,  quando  al  contrario  le  cifre 
riferite  inclinerebbero  a  mostrare,  che  le  nascite  più  abbondanti 
coincidono  proprio  con  le  svernature  più  a  lungo  sostenute. 

Razze  bianche  GiappoiteHl 

1).   Giapponese  di  provenienza  incerta,  riprodotta  a  Padova.  Yi  si 
praticarono  le  seguenti  determinazioni  : 


Covatura  rapida 

Covatura  h 

nta 

M 

Uova  non 
dischiuse  con 

Giorni 

1 

Oì 

Uova  non 
discliiuse  con 

Giorni 

TX 

o 

o  o 

2  .o 

_  1 

1     C- 

rè 

ce 

-^        lì 

co 

O 

bacolino 
formato 

stria 
germi- 
nale 

i  5 

l-     e: 

rè 
■  -'o 

Dopo  svernatura  di  84  i;-iorni 

87.2    1     7.6    1     5.2    j     14     |    20 

1     85.5 

1  10.1 

4.4 

27 

1    11 

Dopo  svernatura  di  94  giorni 

85.7    1     7.4    1     6.9    i     15     |    12 

84.3 

1    9.8 

5.9 

28 

!     7 

Dopo  svennitm-a   di   104  gioi'ui 

86.2    1     9.2    1     4.6    ì     12     1    13     ' 

!     81.0 

;  14.3 

4.7 

1     30 

1      6 

Dopo  svernatura  di  114  giorni 

86.2    1   10.2    1     3.6    i     11     1     12 

i    82.9 

1    "7.4 

9.7 

1     25 

1      4 

Dopo  sviu'iiatura  di  124  giorni 

84.1         8.9    1     7.0    !      11          10 

j     80.7 

1  10.5 

8.8 

1     25 

1      4 

Dopo  svernili urn   di  134  giorni 

82.7        11.3          6.0          11      1      8 

!     79.0 

13.8 

6.6 

24 

1      6 

Dopo  sveniatur;!   di    150  giorni 

87.5 

5.2 

7.3 

11 

8 

I     74.7 

13.2 

12.1 

1     23 

1      4 

2).   Siìnamura  riprodotta  a  Conegliano;    se    ne  raccolsero  le  indi- 


cazioni che  seguono  : 


(9)  SULLO    SCHIUDIMENTO    IMPEKFETTO    DEL    SEME    ECC.  75 


Covatura  liipida 

)rni 

Cova 

tura   lenta 

Uova  non 
dischiuse  con 

Gi( 

a> 

OD 
_2 

Uova  non 
dischiuse  con 

Giorni 

O 

'o  s 

ci   " 

stria 
germi- 
nale 

d' incu- 
bazione 

ci 

ci 
C 

CO 

ci 

> 

o 

bacolino 
t'ormato 

stria 
germi- 
nale 

d' incu- 
bazione 

ci 

._'o 
i-rt   ce 

ci 

Dopo  svernatura  di  84  giorni 

89.8    !     4.6    1     5.6    |     12     |     17 

89.1 

4.2 

6.7 

26 

i      8 

Dopo  svernatura  di  94  giorni 

89.1    1     5.8    !     5.1    1     13     !    11     1 

84.4 

8.5 

7.1 

27 

6 

Dopo  svernatura  di  104  giorni 

87.3    1     4.4    1     8.3    1     11     1      9     | 

88.7 

8.1     1 

3.2 

30 

5 

Dopo  svernatura  di  114  giorni 

90.0    1     5.0    1     5.0    1     10     1      9     1 

87.2 

4.9    1 

7.9 

24 

4 

Dopo  svernatura  di  124  giorni 

87.3    1 

4.6 

8.1 

11 

7     1 

90.1 

4.3    1 

5.6    1 

24 

4 

3).  Akdziì,-^    riprodotta    a    Torreg-Iia  ;    i    particolari    delle    nascite 
sono  annotati  qui  appresso  : 


Dopo  84  giorni  d' ibernazione 
83.8    I     7.6    I     8.6    |      14     |     16     ||     85.6     j    6.1     |     8.3    |     27     |      9 

Dopo  94  giorni  d'  ibei'iiazione 
87.3    I     f>.2         7.5    I     15     |     11     ||     85.3    '  \    7.3    ,     7.4    |     29     {      5 

Dopo  104  gioi'ni  d' ibernazione 
86.0    I     8.4    j     5.6    i      12     j     10     ||     83.8     |  10.6    ]     5.6    |     31     |      5 

Dopo  114  giorni  d' ibernazione 

85.8    I     9.6    I     4.6    I      11      I      9     ||     88.1     |    4.2    \     7.7    |     25     |      5 

Dopo  124  giorni  d'  ibernazione 
81.8    I     6.0    i   12.2    I      12     I      7     II     87.0     |    6.0    |     7.0    |     25     |      4 

Dopo  134  gioi'iii  d'  ibernnzione 
83.0    I     8.9    I     8.1    I     12     I      7     ||     86.0     !    7.0    |     7.0    |     25     |      4 

Dopo  150  gioi'iii  d'  ibernazione 
83.6    I     7.1     '     9.3    '     11  7     ||     82.5         9.4    !     8.1     |     23     !      6 


76  E.    VEKSON  (10) 

Chi  ha  pratica  in  questo  genere  di  esperimenti,  non  sarà 
sorpreso  di  rilevare  come  fra  le  singole  prove  riferite  si  verifi- 
chino talvolta  certe  oscillazioni  di  risultati,  che  possono  importare 
nelle  indicazioni  procentuali  anche  una  differenza  di  parecchie 
unità.  In  simili  casi  non  rimane  che  ricorrere  ai  ralori  medi  i 
quali,  abbracciando  e  riunendo  in  sé  un  numero  maggiore  di  ac- 
cidenti contrari,  facciano  meglio  e  più  facilmente  emergere  il 
carattere  definitivo  d'  un  gruppo  intiero  di  dati  disgiunti.  Così, 
prendendo  a  fascio  tutte  le  osservazioni  relative  ai  semi  che  eb- 
bero la  svernatura  limitata  a  84  fino  a  104  giorni  da  una  parte, 
e  dall'  altra  tutte  quelle  raccolte  sui  semi  con  svernatura  protratta 
da  114  fino  a  150  giorni,  noi  troveremo  per  le  razze  giapponesi 
bianche  assoggettate  allo  esperimento  delle  cifre  inedie  che  ritrag- 
gono attendibilità  molto  maggiore  dal  cospicuo  numero  di  elementi 
isoiati  onde  si  compongono,  e  rivelano  non  di  rado  leggi  generali 
ben  definite  le  quali  sfuggivano  prima  frammezzo  all'  ondeggiare 
sregolato  delle  manifestazioni  particolari. 

Con  questo  lecito  artificio  la  covatura  rapida  si  palesa  anche 
qui  alquanto  più  efficace  a  determinare  lo  schiudimento  effettivo 
di  un  maggior  numero  di  uova,  quando  lo  si  consideri  in  via 
assoluta  e  senza  tener  conto  del  tempo  lungo  o  breve,  che  le 
nascite  si  susseguono  avanti  di  cessare  intieramente.  La  quantità 
procentuale  dei  bacolini  effettivamente  sbucati  ascende  ad  una 
media  totale  di  SO  nei  saggi  trattati  a  covatura  rapida,  e  ad  una 
media  totale  di  84.5  in  quelli  sottoposti  a  riscaldamento  gra- 
duato. 

Similmente  risulta  una  leggiera  superiorità  numerica  nello 
schiudimento  delle  uova  die  ebbero  svernatura  meno  prolungata  : 

Numero  ìiicdio  dei  hac(diìii  cffeffinniicntc.  shurati  (hd  .seme  (t 
Svernatura  breve;  e  'i  Svernatura  hiiin'a  e 


covatura  lapida 

■      87  '7„ 


covatura  lenta    ^|     covatui'a  rapida     1   covatura    lenta 

85.3  "'o  'i  85.2  "/„  83.8  "/„ 


restando  nondimeno  pressoché  inalterato  il  rapporto  già  emerso 
in  vantaggio  della  covatura  rapida,  anche  allorquando  si  vogliano 
considerare  a  parte  i  saggi  trattati  con  svernatura  di  durata  breve 
0  prolungata.  In  ordine  all'  abbondanza  numerica  delle  nascite, 
gli  effetti  di  una  ibernazione  breve    susseguita  da  covatura  lenta 


(11)  SULLO    SCHIUDIMENTO    IMPERFETTO    DEL    SEME    ECC.  77 

(85.3  "/o)  equivalg-0110  dunque  a  quelli  di  una  ibernazione  pro- 
tratta, con  rapida  covatura  in  appresso  (85.2  "/o). 

Merita  tuttavia  di  essere  rilevato  espressamente  che  se  le 
cifre  relativo  alle  nascite  mancate  appariscono,  senza  ordine,  ora 
più  basse  ora  più  elevate,  per  una  parte  notevolmente  maggiore 
tale  incostanza  di  risultati  va  messa  a  carico  di  quelle  uova  dove, 
prima  di  morire,  l'embrione  aveva  raggiunto  un  grado  assai  inol- 
trato di  sviluppo  (bacolino  formato).  Calcolando  le  medie  di  tutti 
i  residui  di  nascita  subordinatamente  alla  covatura  più  o  meno 
rapida  cui  erano  stati  assoggettati  i  rispettivi  saggi  di  seme, 
troviamo  infatti  che  la  parte  costituita  da  germi  rimasti  allo  stato 
rudimentale  rappresenta  un  valore  quasi  costante.  Essa  importa 
il  6.8  '^0  liei  semi  covati  con  rapido  innalzamento  di  temperatura, 
ed  il  7  '\  n  in  quelli  trattati  a  covatura  gradualo,  con  una  differenza 
quindi  che  può  essere  del  tutto  trascurata.  L'  altra  parte  che 
concorre  a  formare  il  totale  delle  nascite  mancate,  o  con  altri 
termini  le  uova  morte  dove  il  germe  si  era  svolto  fino  allo  stato 
di  maturità  embrionale,  queste  uova  variano  invece  più  sensibil- 
mente di  numero.  E  così  esse  ascendono  alla  media  del  7.2  "'o 
nei  semi  di  covatura  rapida,  e  alla  media  dell'  8.4  "/o  in  quelli  a 
covatura  lenta  e  graduale. 

Se  si  volesseso  poi  considerare  separatamente  queste  uova 
morte  con  bacolino  formato,  e  in  rapporto  con  la  svernatura  più 
0  meno  protratta  che  alle  medesime  si  era  fatta  subire,  risulte- 
rebliero  le  seguenti  medie  : 

Naiiii'fo  medio  delle  nuca  inuiie,  con  (/enne  allo  stato  di  bacolino  foru/ato 

nei  saggi  a 


Svernatura  bri^ve   o 


covatura  rapida 

6.7  ^Vo 


covatura  Iciit;i 

H.8  "/„ 


Svernatura  luns'a  e 


covatura  rapida 

7.7  '", 


covatura   lenta 

8.1   "/u 


Dalle  quali  cifre  si  potrebbe    arrivare  a  questa   conclusione  :  che 

con  la  covafìiì'd  Icììta  cioè,  e  a  coiìdìzioìiì  del  resto  c(/aal/,  xi  ha 
sempre  an^  lunnno  iiiaf/f/iofc  di  (jentil  che,  (irridati  in  fondo  al 
loro  srilappo,  predifijjonfjono  a  renir  meno  sej!Z(/  potei'  sbucare.  Ma 
die  tale  differenza  negli  effetti  imputabili  alle  rarie  modalità  di 
coratara  aj)j)i!risce  tanto  pia  atteniuita^  quanto  è  stata  più  liimpi 
la   srernalura   che  si  eia  fatta  piecedere. 


78 


E.    VEKSON 


(12) 


Razza  hiaiica  h/m/tina 

Le  risultiinzc    dei    sao-o-i  praticati  con  semi  di  questa  razza, 
sono  consegnate  nelle  cifre  che  riporto  qni  appresso  : 


Covatura  rapida 

1 

Covatura  le 

nta 

1^ 

Uova,  non 
discliiusc  con 

(jioriii 

Uova  non 
disciiiusc  con 

(lioi'ni 

'o 

o 

Uova  dis 

bacolino 
formato 

'B  S-s 

ce     <x.     fi 

o  o 

-     ci 

cS 

•  —  'o 
'^    ce 

ce 

O    Q 

O    fi 

1 

IN 

h  fi 
o  o 

I-ri    ce 

Dopo  svcrnatura  di  84  «giorni 

96.0    !     2.2    1     1.8    1     14     [     18     ; 

i     94.3 

1    3.1 

2.6 

1     26 

1      9 

Dopo  svcrnatura  di  94  g-iorni 

94.6    1     2.8    1     2.6    |     14     |     15 

1     95.6 

1    3.1 

1.3 

1     28 

i      6 

Dopo  svcrnatura  di  104  ijiorni 

96.5    1     2.2    1     1.3    1     12     i    14 

1     01.4 

1    4.6 

4.0 

1     30 

5 

Dopo  svcniiitura  di  114  giorni 

93.0    1     4.5    1     2.5    1     11     1     14     i 

!     95.4 

1    2.5 

2.1 

1     24 

1      6 

Dopo  svcrnatura  di  124  giorni 

93.5    1     4.3         2.2    [     11     |      8 

1     91.9 

1    3.0 

5.1 

1     24 

!     6 

Dopo  svci'natura  (ii  134  giorni 

92.8    1     4.1     !     3.1     1     11     j      9 

!     90.4 

1    3.5 

6.1 

1     24 

1      4 

Dopo  svcrnatura  di  150  giorni 

92.1 

3.5 

4.4 

1               11 

1      8 

1     81.2 

1    4.7 

14.1 

1     23 

1      4 

Dalla  g-rande  abbondanza  delle  nascite  avveratesi,  è  lecito 
indurre  che  il  seme  di  questa  razza  conta  fra  i  più  tolleranti;  e 
sotto  tal  punto  di  vista  si  accosta  non  poco  alle  razze  indigene 
che  realizzano  assai  spesso,  anche  in  condizioni  poco  favorevoli 
di  esperimento,  schiudimenti  cosi  co])iosi  del  seme,  da  abbando- 
nare piccolissimi  residui  di  appena  ;]  o  4  "/„•  Poro  a  differenza 
delle  suddette  l'azze,  la  bivoltina  qui  considerata  manifesta  una 
sensibilità  davvero  inaspettata  per  ogni  soverchio  prolungamento 
dell'  ibernazione  ;  e  la  sensibilità  di  essa  cresce  a  dismisura,  allor- 
quando per  far  aprire  le  uova  svernate  si  pratica  un  riscaldamento 


(13)  SULLO    SCHIUDIMENTO    IMPERFETTO    DEL    SEME    ECC.  79 

lento  e  graduale.  Tanto  clie  con  siffatto  metodo  la  quantità  pro- 
centuale  delle  nascite  precipita  dal  95  all'  81,  se  la  svernatura 
da  84  giorni  si  estende  fino  a  una  durata  di  150  giorni;  mentre 
applicando  invece  una  covatura  rapida,  e  pur  lasciando  eguali 
tutte  le  altre  condizioni  dell'ambiente,  il  numero  delle  uova  effet- 
tivamente schiuse  non  si  abbassa  che  dal  96  al  92  "  o- 

Ma  vi  ha  un  altro  particolare  che  non  dev'  essere  passato 
sotto  silenzio. 

Si  è  visto  che  fra  i  granellini  venuti  meno  alla  destinazione 
di  schiudere,  ve  ne  sono  che  racchiudono  ancora  il  germe  allo 
stato  di  semplice  stria,  e  dove  la  interna  evoluzione  ha  prose- 
guito invece  fino  al  bacolino  formato,  arrestandosi  al  punto  critico 
che  segna  il  passaggio  dalla  vita  embrionale  alla  lai  vale.  Degli 
uni  e  degli  altri  noi  abbiamo  tenuta  separata  nota  in  tutti  i  saggi 
fin  qui  riportati,  (^ra  non  è  fuor  di  luogo  1'  avvertire,  per  quelle 
considerazioni  che  in  seguito  dovessero  tornare  opportune,  come 
nella  razza  bivoltina  le  uova  contenenti  un  germe  rudimentale 
appariscono  in  proporzione  molto  più  variabile,  di  quelle  con  ba- 
colino formato:  in  apparente  contraddizione  dunque,  con  quanto 
si  era  poco  avanti  osservato  per  le  razze  giapponesi  annuali,  dove 
il  numero  più  notevole  stava  da  parte  delle  uova  con  embrione 
maturo. 

Razza  CJioréti 

Disposti  i  singoli  saggi  come  per  le  razze  precedenti,  si  rac- 
colsero i  dati  che  seiruono  : 


80 


(14) 


Covatura  rapida 

Covatura  lenta 

'1^ 

m 

Uova  non 

Gif 

w 

Uova  non 

.  ^ 

(liscliiuse  con 

)rni 

.^ 

1  •     ì  * 

(i 

oi'ni 

^ 

^ 

(lischuisc  con 

o 

o 

ce 

2  o         1 

l>  2 

cS 

ce 

2  o 

1 

1    o 

1        '^ 

'^ 

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2.2 

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P 

Jz,  --Z- 

^  J: 

^ 

é 

5  o 

S;  ~ 

^^ 

== 

Dopo  svcrnatura 

(li  84 

giorni 

87.4    !     4.3    1     8.3 

12 

i     14     ^ 

i     85.3 

1    7.0 

7.7 

26 

1                7 

Dopo  svcrnaUira 

(li  94 

j,i(ii'ni 

88.8    1     6.1     1     5.1 

13 

1     10 

!     83.3 

!   "7.5 

9.2 

28 

1      3 

Dopo  svcrnatura 

(li  104 

ifiorni 

87.8    1     4.4    1     7.8 

11 

1      9     1 

1     85.8 

1    7.1 

7.1 

1     30 

1      6 

Doi)0  .svcrnaturn 

(li  114 

ii'idrni 

83.0    1     8.7    1     8.3 

10 

1     10 

:     80.4 

ì    8.8 

10.8 

1     24 

1      7 

Dopo  sv<'i'naturn 

(li  124 

g-iorni 

84.3    !     5.3        10.4 

11 

1      6 

1     83.9 

1    6.9 

9.2 

1     24 

1      6 

Do])o  svcrnatui;! 

(li  134 

g-ioiiii 

80.2     1     \)fì    1    10.2 

11 

1      1 

i     81.6 

1    7.4 

11.0 

!     24 

1      <3 

Dopo  svornntura 

(li  150 

giorni 

76.3    i 

8.3    1   15.4 

11 

!     '^    ' 

1    73.3 

1  12.6 

14.1 

22 

9 

In  (jiiGsta  serie  di  sag-i^-i  risulta  dunque  a  tutta  evidenza  che  : 
1),  /Il  ([iKiìifo  (il  ìi/niirro  lo! aie  delie  uase/te,  non  hìipoiia  sv  pia 
niecolfe  <i  (Hxiniife,  la  coDatìira  rapida  li/t  ìndisnifihile  preminenza 
sulla  leu  fa  (jradaata  ;  2),  le  iiasHte  diventano  più  scarse,  ([uanfo 
macigiormenfe  pr<dun()afa  fa  la  srernatura  subita  dai  nsj)ettivl 
semi;  8),  (jaando  cresce  il  numero  complessivo  delle  uoca  morte, 
r  aumento  non  va  addehitato  ai  soli  (frani  con  germe  rudimentale 
come  nella  razza,  bianca  bivoltina,  oppure  ai  soli  grani  con  baco- 
lino  formato  come  nelle  riproduzioni  giapponesi  da  noi  osservate; 
atteso  che  nei  sae/gi  con  semi  Cìioréa  ambedue  questi  contingenti 
vi  eoncorrono   in  parti  eguali. 


Bopo  tutto  ci()  bisog-na  anunettere  che  i  semi  di  razze  diffe- 
renti sono  ben  lontani  dal  reagire  tutti  in  modo  eguale  contro 
gli  stimoli    dell'  ambiente  esterno.  Senza    tener  conto  della  razza 


(15)  SULLO    iSCmUDIMENTO    IMPERFETTO    DEL    SEME    ECC.  81 

bianca  chinese  la  quale,  per  ragioni  già  in  precedenza  addotte, 
non  sembra  adatta  a  paragoni  immediati  con  le  altro  razze  in 
questi  saggi  esperite,  noi  vediamo  che  i  semi  indigeni  ostentano 
una  tolleranza  molto  superiore  a  quella  manifestata  dai  semi 
di  provenienza  estera,  per  quanto  riguarda  almeno  la  seconda 
fase  di  conservazione.  Prolungando  la  svernatura  anche  fino  alla 
durata  di  150  giorni,  i  bianchi  indigeni  non  mostrano  di  risen- 
tirsene in  misura  notevole  mentre,  al  contrario,  apparisce  una 
correlazione  indubitabile  fra  il  tempo  assegnato  alla  ibernazione 
e  fra  la  copiosità  delle  nascite  susseguenti,  nel  bivoltino,  nelle 
riproduzioni  giapponesi  e  nel  Choréa. 

Ma  siamo  noi  autorizzati  per  questo  ad  affermare  in  via  as- 
soluta, che  il  prolungamento  della  svernatura  riesce  per  se  stesso 
specificamente  dannoso  a  quei  semi  che  presentano  dopo  V  appli- 
cazione di  esso  uno  schiudimento  menomato  ? 

Oggi  io  non  mi  sentirei  di  propugnare  ancora  una  consimile 
opinione. 

Fino  dal  marzo  1897  {Boll.  Mens.  di  Bachicoltura.,  pag.  33  e 
seg.  Padova)  io  avevo  richiamato  1'  attenzione  dei  coltivatori  pra- 
tici su  certe  nascite  intempestive  che  in  quell'  inverno  singolar- 
mente mite,  si  erano  venute  numifestando  in  semi  giapponesi  e 
chinesi  bianchi,  non  meno  che  in  moltissimi  incrociamenti  nei 
quali  essi  entravano  a  far  parte.  Accennando  al  fatto  empirico 
ben  noto  che  quei  semi  reagiscono  con  grande  facilità  contro 
incostanze  anche  lievi  di  temperatura  autunnale,  contro  incostanze 
che  le  razze  indigene  tollerano  invece  senza  uscire  dal  loro  stato 
d'  inerzia  (i),  —  io  congetturavo  come  un  certo  numero  di  ovicini 
più  eccitabili  debba  acquistare  allora  un  principio  di  sensibilità 
al  calore  esterno,  per  quanto  manchi  ancora  ogni  idea  di  sver- 
natura propria.  S' inizia  così  un  movimento  embriogenico  in  molte 
uova,  con  questa  particolarità,  eh'  esso  non  avviene  simultanea- 
mente in  tutte,  bensì  a  distanza  anche  di  molte  settimane  fra  le 


(1)  Qut^sta  tciupoi'aiicu  esaltazione  di  sensibilità  elle  manifestano  i 
semi  di  determinate  ruzze,  va  collegata  senza  dubbio  con  l' aumentata 
produzione  di  acido  carbonico  che  suole  verificarsi  nei  medesimi  di 
autunno,  in  via  egualmente  transitoria.  (  Y.  Qnajut,  Prodotti  respiratori 
delle  uova  del  filugello  dal  m  mento  della  deposizione  fino  a  completa 
svernatura.  Annuii  dulia  li.  ArrcrJe.inia  d' Agri  oltura  di  ToriìH),  voi. 
XLI,  1898). 


82  K.    VERSOK  (Hi) 

più  pronte  che  entrano  sul)ito  in  azione,  e  fra  le  meno  uerrose 
che  esitano  hingo  tempo  avanti  di  rispondere  allo  stimolo  ricevuto. 
Mn  il  movimento  si  estende  e  gì  allarg-a  man  mano,  se  lo  stimolo 
non  viene  a  cessare.  Ed  io  scrivevo  testualmente  nel  citato  arti- 
colo del  '97  : 

'"  Se  quest'anno,  a  diti'erenza  di  quanto  si  pratica  in  condi- 
,,  zioni  ordinarie,  si  fosse  portato  il  seme  fin  dall'ottobre  a  tem- 
„  paratura  d'  ibernazione  (-{-  2  a  -]-  3»  C),  ne  sarebbero  rimasti 
„  subito  uccisi  quei  pochi  ovicini  già  entrati  in  pieno  movimento, 
„  ma  si  sarebbero  quietati  senz'altro  danno  tutti  quelli  altri  assai 
„  più  numerosi,  che  dalle  precedenti  oscillazioni  termiche  avevano 
„  ricevuta  solo  una  prima  spinta,  durando  tuttavia  esitanti  ancora 
„  tra  il  cedere  o  il  resistere.  Antecipando  cosi  la  vera  e  propria 
„  svernatura,  si  sarebbe  andati  incontro  agli  inconvenienti  che 
„  porta  seco  una  ibernazione  troppo  prolung-ata;  ma  si  salvava, 
„  in  quest'anno  stravagantissimo,  una  ragg-uardevole  quantità  di 
„  semi  dal  pericolo  di  muovere  innanzi  tempo.  E  fra  i  due  mali 
„  forse  il  primo  non  era  il  peggiore    ,,. 

Ho  riportato  questo  passo  in  tutta  la  sua  integrità,  per  mo- 
strare che  già  da  tempo  l'ombra  dei  sospetti  era  venuta  prendendo 
corpo,  e  all'epoca  autunnale  si  facevano  risalire,  non  senza  fon- 
damento di  plausibili  ragioni,  le  cause  prime  onde  viene  deter- 
minato lo  schiudimento  imperfetto  del  seme  nelle  razze  bianche 
più  comunemente  usate  per  l'incrocio  con  le  gialle  indigene. 

Ma  ora  questo  sospetto  trova  piena  conferma  nelle  risultanze 
degli  s])erimenti  comunicati  più  sopra. 

Bisogna  pur  escludere  in  via  assoluta  che  le  grandi  mortalità 
del  seme  lamentate  nella  industria  abbiano  a  dipendere  da  cause 
inerenti  alla  terza  fase  di  conservazione,  se  raggiungono  non  di 
rado  in  pratica  il  25,  il  30  ed  il  40  "/o  :  mentre  in  tutte  le  nostre 
prove  a  covatura  rapida  o  lenta  le  differenze  nel  quantitativo  pro- 
centuale  delle  nascite  totali  si  limitarono  all'I  '^'n  o  poco  più,  quando 
si  ebbe  l'avvertenza  di  accertare  con  diligente  osservazione  che 
nelle  uova  residuate  era  veramente  spenta  ogni  vitalità . 

La  sproporzione  fra  i  danni  così  rilevanti  che  si  verificano  in 
condizioni  ordinarie,  e  quelli  assai  più  lievi  che  noi  nostri  saggi 
accompagnano  le  svernature  di  soverchia  durata,  consiglia  a  sua 
volta  di  mettere  fuori  di  causa  anche  la  seconda  fase  di  conser- 
vazione. 

A  discarico  della  quale  militano  del  resto  anche  altre  ragioni. 


(17)  SULLO    SCHIUDIMENTO    IMPEEFETTO    DEL    SEME    ECC.  83 

Se  la  mortalità  che  ci  preoccupa,  fosse  veramente  effetto  im- 
mediato e  specifico  di  una  svernatura  esagerata,  prolungando  man 
mano  l'azione  di  quest'ultima  dovrebbe  mutare  eziandio  lo  stato 
dei  germi  racchiusi  entro  alle  uova  guaste.  Sicché  quelle  rimaste 
per  più  breve  tempo  esposte  all'agente  nocivo  (svernatura  meno 
lunga),  ne  riporterebbero  solo  un  certo  indebolimento  da  rendere 
difficile  la  sgusciatura  dell'embrione  maturo,  ma  non  da  impedire 
ancora  il  processo  embriogenico  fino  ai  suoi  gradi  più  inoltrati  : 
e  queste  sarebbero  le  uova  contenenti  il  bacolino  morto  ma  già 
formato.  Seguitando  ad  influire  più  a  lungo  l'agente  nocivo  (sver- 
natura di  maggiore  durata),  dapprima  si  vedrebbe  crescere  allo 
schiudimento  il  numero  delle  uova  morte  con  bacolino  formato. 
Ma  poscia,  diventando  sempre  più  insistente  e  prolungata  l'azione 
nociva,  il  germe  finirebbe  per  soccombere  avanti  di  essere  messo 
a  covo  ;  e  fra  le  uova  guaste  verrebbe  scemando  gradatamente  il 
numero  di  quelle  con  bacolino  formato,  per  crescere  invece  pro- 
gressivamente il  numero  di  quelle  con  semplice  stria  germinale. 

Ora  bisogna  riconoscere  che  in  nessuna  delle  tante  prove  più 
sopra  ricordate,  s'incontra  un  siffatto  avvicendamento  fra  uova  re- 
siduali con  germe  rudimentale,  o  con  bacolino  già  formato.  Al  con- 
trario, noi  abbiamo  notato  nei  residui  della  razza  bivoltina,  delle 
riproduzioni  giapponesi  e  della  Choréa,  la  coesistenza  permanente 
di  uova  con  un  genere  e  l'altro  di  contenuto  :  salvo  che  nel  primo 
caso  resta  pressoché  invariato  il  numero  dei  grani  con  bacolino 
formato  e  cresce  invece  quello  dei  grani  con  germe  rudimentale, 
man  mano  che  la  svernatura  si  prolunga  ;  nel  secondo  non  cambiano 
i  grani  con  germe  rudimentale,  ed  aumentano  quelli  con  bacolino 
quasi  compito  ;  nel  terzo  diventano  sempre  più  numerosi  tanto  gli 
uni  quanto  gli  altri.  E  questa  enorme  variabilità  di  sviluppo  che 
apparisce  nelle  uova  mancate  allo  schiudimento,  non  diventa  altri- 
menti intelligibile  che  ammettendo  appunto  nell'uovo  autunnale  un 
movimento  embriogenico,  favorito  talvolta  o  parzialmente  contrariato 
dalla  temperatura  dell'ambiente  esterno.  Solo  così  potrà  avvenire 
che  un  uovo,  entrato  in  azione  fuori  tempo,  ora  séguiti  a  svolgersi 
fino  a  compiere  un  fenomeno  di  bivoltinismo  accidentale  ;  ovvero  che 
possa  essere  colpito  dal  freddo  sopraggiunto  e  soccombere,  un  em- 
brione giunto  quasi  a  maturità  ;  o  un  altro  germe  di  sviluppo  già 
bene  avviato  ma  progredito  assai  meno,  resti  egualmente  ucciso 
dal  freddo  incipiente,  senza  essere  uscito  ancora  dallo  stadio  di 
stria   rudimentale  :  o  un    ultimo   infine,  colto  dall'inverno    mentre 


84  E.    VERSON  (18) 

stava  iniziando  un  primo  movimento,  si  acquieti  subito  ma  con- 
cepisca insieme  uno  stato  di  fiacchezza  cosi  grave,  che  in  fine 
alla  covatura  non  g-li  bastano  le  forze  a  perforare  il  guscio  del- 
l'uovo. 

Se  r  applicazione  sperimentale  di  una  covatura  più  o  meno 
protratta,  se  le  prove  di  ibernazione  a  durata  variabile,  se  lo  stato 
evolutivo  dei  germi  periti  entro  all'uovo,  se  tutto  dunque  cospira 
a  far  ritenere  irresponsabili  dei  danni  che  la  industria  lamenta, 
tanto  la  seconda  quanto  la  terza  fase  di  conservazione  dei  semi, 
non  resta  evidentemente  che  portare  le  indagini  nel  campo  della 
prima  fase  di  conservazione,  e  cercare  se  ed  in  quanto  un  so- 
verchio prolungamento  artificiale  dell'autunno  possa  esercitare  si- 
nistra influenza  sullo  scliiudimento  del  seme,  in  certe  razze  eso- 
tiche bianche  alle  quali  i  nostri  semai  sono  costretti  di  ricorrere, 
nella  preparazione  degli  incroci. 

E  poich'ò  fra  queste  razze,  la  Choréa  si  è  mostrata  sempre 
più  delicata  e  più  sensibile  d'ogni  altra,  ad  essa  io  mi  sono  at- 
tenuto esclusivamente,  in  aspettazione  di  risultanze  più  decisive, 
nelle  esperienze  che  passo  a  descrivere  qui  sotto. 


B.  Influenza  della  conservazione  preinvernale 

SULLO    SCHIUDIMENTO    DEL    SEME 

Prima  serie  di  prove 

Seme  di  razza  Choréa  fatto  discendere  in  ottobre  man  mano 
fino  a  circa  -|-  10^^  C,  e  mantenuto  poscia  in  apposita  custodia  a 
questa  temperatura  immutabile  di  -[- ^^  ^  --}- 12'^  C,  fino  a  che 
se  ne  prelevarono  : 

un  saggio  a)  il  giorno  27  dicembre, 

un  secondo  saggio  hj  il  giorno   10  gennaio, 

ed  un  terzo  saggio  e)  il  giorno  21   gennaio. 

Il  saggio  a)  estratto  appena  dalla  custodia,  fu  subito  intro- 
dotto in  una  svernatriee  a  -|-  2°  C.  e  lasciato  ivi  per  la  durata  di 
55  giorni.  Trascorso  questo  spazio  di  tempo,  il  seme  fu  trasferito 
senza  graduali  preparazioni  in  un  ambiente  scaldato  fra  i  -|-  20  e 
-}-22o  C,   ed  abbandonato  nel  medesimo  a  regolare  covatura.  Dopo 


(19)  SULLO    SCHIUDIMENTO    IMPERFETTO    DEL    SEME    ECC.  85 

13  giorni  d'incubazione  comparvero  le  prime  spie.  Seguitarono  a 
sbucare  pochi  bacolini  oggi,  pochi  altri  domani,  e  così  via  via 
per  27  giorni,  ma  sempre  in  misura  cosiffatta  che  in  sole  5  gior- 
nate si  notarono  nascite  superiori  al  10  'Yo  del  seme  totale.  Da 
ultimo  residuarono  ova  morte,  in  ragione  del   5.62  "/o  . 

Il  saggio  ì))  fu  egualmente  fatto  passare  dalla  custodia  dove 
il  calore  oscillava  fra  i  -j-  10  e  i  -|-  12°  C.,  in  una  svernatrice 
raffreddata  a  -j-  2°  C.  Rimasto  esposto  al  freddo  per  55  giorni 
consecutivi,  fu  portato  senz'altro  a  un  calore  di  -|-  20  a  -{-  22°  C, 
dove,  dopo  15  giorni  d'incubazione,  si  manifestarono  le  prime  na- 
scite, per  continuare  poi  senza  interruzione  altri  23  giorni.  Nascite 
più  copiose  del  10  'V,,  sul  seme  totale,  non  se  ne  ebbero  che  per 
5  giornate.  Il  residuo  morto  fu  riscontrato  nel  10.71  *"o  . 

Il  saggio  e)  fu  trattato  in  maniera  affatto  identica  come  i 
due  lotti  precedenti,  salvo  che  la  temperatura  autunnale  di  -|-  10 
a  -|-  12"  C.  vi  era  stata  mantenuta  intorno  per  tempo  ancora  più 
esteso  (fino  al  21  gennaio),  avanti  di  dare  principio  alla  sverna- 
tura  propriamente  detta.  La  incubazione  ne  durò  12  giorni  ;  le 
nascite  seguitarono  19  giorni  prima  di  cessare  affatto.  Due  soli 
giorni  si  verificarono  nascite  superiori  al  10  "o  .  Le  uova  accer- 
tate morte  furono  in  ragione  del  16.9  '*/o  ! 

Seconda  scric  di  prore 

Altro  seme  di  razza  Ohoréa,  mantenuto  a  temperatura  di 
-{-24  a  -}- 25"  C.  il  mese  di  luglio  e  agosto:  fra  -{-21  e  -]- 23" 
il  settembre;  l'ottobre  fra  i  -}-  17  e  i  -}-  19»  C.  A  partire  dal  1" 
novembre  i  termometri  della  custodia  segnarono  costantemente  un 
calore  di  -[-  15  a  -{-17"  C.  ;  ed  è  da  questo  ambiente  di  -|-  15  a 
-|-  17"  C.  che  a  regolari  intervalli  di  tempo  si  prelevarono  tre  saggi 
di  seme,  assoggettandoli  poi  ad  un  sistema  di  svernatura  e  di  co- 
vatura affatto  eguale  per  tutti. 

Il  saggio  (Il  ,  rimasto  fino  al  giorno  1 9  dicembre  alla  sud- 
detta temperatura  di  -j-  15  a  -]-  18"  (A,  venne  poi  esposto  per  55 
giorni  a  un  freddo  di  -p  2"  C,  e  covato  da  ultimo  fra  i  -{-  20  e 
-{- 22"  ( '.  In  ca])o  a  13  giorni  d'incubazione  si  notarono  le  ])rime 
spie  ;  le  nascite  trascinate  per  32  giorni  superarono  due  sole  volte 
il  10  "/o  del  seme;  nel  residuo  scarso  fu  trovato  il  5.05  "/(>  di 
ova  morte. 

Il  saggio  /^i   ebbe  prolungato  il  suo  soggiorno  in   ambiente  di 


86  E.    VEESON  (20) 

-f-  15  a  --]-  17o  C.  fino  al  10  gennaio.  Nel  frattempo  non  erano  av- 
venute nascite  di  bivoltini  accidentali.  E  lo  stesso  10  gennaio  quel 
seme  fu  introdotto  nella  svernatrice  a  -|-  2"  C.  per  esservi  tratte- 
nuto 55  giorni,  e  venir  covato  in  appresso  al  calore  di  -}--  20  a 
-]-22o  C.  Dopo  12  giorni  d'incubazione  ne  uscirono  le  spie;  e  se- 
guitarono nascite  per  26  giorni  senza  raggiungere  tuttavia  in  nes- 
sun giorno  il  10  "/o  del  totale.  TI  residuo  conteneva  22.29"',,  di 
uova  morte. 

TI  saggio  r'i  fu  condannato  a  subire  ancora  più  a  lungo  l'am- 
biente di  -f-  15  a  -[-17"  C,  avanti  di  essere  portato  al  freddo: 
esso  vi  restò  fino  al  21  gennaio,  e  diede  negli  ultimi  giorni  un'ab- 
bondante sbocciatura  di  bivoltini  accidentali,  verificati  in  misura 
deirS.T  "/o  .  Susseguita  la  solita  svernatnra  di  55  giorni  a  -]-  2°  C, 
e  appresso  il  ritorno  al  calore  elevato  (-[-  20  a  -|-  22»  0.),  sbuca- 
rono le  prime  spi(»  dopo  10  giorni  d'incubazione  ;  le  nascite  du- 
rarono più  0  meno  unite  per  29  giorni,  senza  toccare  mai  il  10  *"o 
del  seme  in  un  sol  "iorno  :  le  uova  morte  furono  in  rao:ione  del 
17.56  "o  •  addizionando  tale  quota  a  quella  dei  bivoltini  acciden- 
tali venuti  fuori  prima  della  svernatnra  (8.7  "'(,),  avremo  un  totale 
di  20.26  "'(,  ,  e  con  questo  la  perdita  ejffettiva  da  conteggiarsi  a 
carico  dello  schiudimento  primaverile. 

Tersa  serie  di  prove 

Una  certa  (piantità  di  seme  Choréa,  eguale  a  quello  impie- 
gato nella  prima  serie  di  prove,  fu  divisa  in  due  porzioni  :  por- 
zione T"  e  porzione  IT". 

Scesa  man  mano  la  temperatura  della  custodia  a  -j-  20"  C.  in 
settembre,  si  ebbe  cura  di  mantenere  questo  calore  di  -]-  20°  C. 
fermo  intorno  alla  porzione  IT=^  di  seme  mediante  apposito  termo- 
stato ;  mentre  la  porzione  T'^  fu  grado  a  grado  fatta  discendere  an- 
cora fino  a  -\-  lOo  C,  e  serbata  così  fino  al  momento  di  passare 
in  svernatrice. 

La  porzione  /",  cbc  durante  tutta  la  fase  j)reinvernale  era  ri- 
masta dunque  esposta  a  temperatura  di  -|-  10'^  C,  diede  materia 
alle  seguenti  due  esperienze  : 

1).  Metà  del  suddetto  seme  fu  portata  il  10  gennaio  nella 
svernatrice  a  -f-  2°  C.  ;  cavata  dalla  medesima  dopo  55  giorni,  fu 
trasferita  senz'altro  in  and)ient('  di  -}-  20  a  -j-  22»  C.  IjC  nascite 
principiate  do[)o   J  1  giorni  d'incubazione,  seguitarono  per  2;>  giorni 


(21)  SULLO    SCHIUDIMENTO    IMPEEFETTO    DEL    SEME    ECC.  87 

riuscendo  4  volte  superiori  al  10  "/o  tli  tutto  il  seme.  Nel  residuo 
si  trovarono  uova  morte,  in  ragione  dell'  11.8  "/o  • 

2).  L'altra  metà  rimase  fino  al  21  gennaio  (dunque  undici 
giorni  pili  a  lungo)  nell'ambiente  di  -p  10°  C.  Fu  svernata  poscia 
per  55  giorni  a  -\-  2°  C,  e  covata  al  calore  di  -[-  20  a  -}-  22°  0. 
In  capo  a  12  giorni  d'incubazione  fecero  capolino  le  prime  spie  ; 
le  nascite  continuate  per  21  giorno,  raggiunsero  e  sorpassarono 
cinque  volte  il   10  "/o  ;  le  uova  morte  importarono  il  14.66  '^/o  . 

La  p  )ì'zione  IF,  destinata  a  durare  tutta  la  fase  preinvernale 
in  u!i  ambiente  di  -|-  20^  C,  venne  divisa  egualmente  in  due  lotti 
che  furono  oggetto  di  analogo  trattamento,  e  cioè  : 

1  a).  Introdotto  il  10  gennaio  nella  svernatrice  a  -^  2°  C, 
lasciato  ivi  per  55  giorni,  e  poi  sùbito  a  covo  con  un  calore  fra 
i  20  e  i  22"  C  Qui  si  ebbero  le  prime  spie  dopo  1 1  giorni  d'in- 
cubazione ;  le  nascite,  stiracchiate  per  34  giorni,  arrivarono  una 
sola  volta  al  10  "/o  di  tutto  il  seme;  la  mortalità  verificata  fu  del 
23.01  f'/o . 

2  ù).  Il  secondo  lotto,  tenuto  ancora  fino  al  21  gennaio  in 
ambiente  di  --}- 20»  C,  mise  fuori  in  questo  frattempo  il  15.1  *' o 
di  bivoltini  accidentali  ;  passò  poi  nella  svernatrice  a  -p  2"  C.  per 
rimanervi  55  giorni  ;  ricondotto  finalmente  al  calore  di  -|-  20  a 
22°  0.,  diede  i  primi  segni  di  schiudimento  postinvernale,  dopo 
incubazione  di  12  giorni.  Le  nascite  continuarono  per  30  giorni, 
ma  furono  una  sola  volta  superiori  al  10  "/o  •  r)i  uova  morte  se  ne 
numerarono  in  proporzione  del  22.9  "/o  ;  sicché  unendo  questa  cifra 
insieme  alla  procentuale  dei  bivoltini  raccolti  avanti  la  svernatura 
(15.1  "  o),  si  arriva  ad  una  perdita  totale  del  38.0  "/o  ! 


Tutte  queste  prove  parlano  dunque  con  una  chiarezza  che 
non  ammette   equivoci. 

Stabilita  una  temperatura  di  circa  -{-  10°  C.  per  la  conserva- 
zione preinvernale  del  seme,  si  ebbe  a  verificare  in  quest'ultimo 
una  mortalità  del  G.62  "/o  quando  la  svernatura  propriamente  detta 
principiò  il  27  dicembre  ;  ritardato  il  principio  della  svernatura  al 
10  gennaio,  la  mortalità  crebbe  nel  seme  al  10.7  "/o  ;  e  raggiunse 
il  16.9  "  0  hi  quei  saggi,  dove  il  freddo  non  era  entrato  in  azione 
che  il  giorno  21   gennaio. 

Modificate  le  condizioni  dello  sperimento  in  modo  che  la  tem- 
peratura preinvernale  non  scendesse  mai  sotto  i  -|-  15"  (".,  il  nu- 


88  E.    VERSON  (22) 

mero  delle  uova  morte  restò  limitato  al  (105  "/o  ,  dopo  una  sver- 
natura  principiata  il  19  dicembre  ;  indugiando  con  Tapplicazione 
della  svernatura  fino  al  10  gennaio,  fu  trovato  a  suo  tempo  il 
22.29  "o  di  ova  morte  ;  e  le  perdite  salirono  al  26.26  "/„  quando 
si  attese  fino  al  21   gennaio  per  dare  corso  alla  svernatura. 

Da  ultimo  sono  rimaste  suggellate  le  precedenti  ricerche  da 
questo  risultato  davvero  impressionante  :  che  lo  stesso  seme,  cioè, 
conservato  a  un  calore  preinvernale  di  -{-10°  C,  presenta  una 
mortalità  delFll.S  ovvero  del  14.66  "'o  ,  a  seconda  che  il  mede- 
simo fu  fatto  cessare  col  10  gennaio,  o  continuato  fino  al  21  gen- 
naio ;  e  che  invece  vi  si  lamentarono  perdite  del  23  e  del  38  "'o 
con  un  calore  preinvernale  di  -\-  20»  t'.,  sostenuto  fino  al  giorno 
10  gennaio  nel  primo  caso,  e  nel  secondo  per  una  durata  di  un- 
dici  giorni  maggiore  !  .  .  . 

Dopo  ciò  sarebbe  un  voler  chiudere  gli  occhi  alla  evidenza 
dei  fatti,  se  si  dubitasse  ancora  che  lo  schiudimento  imperfetto 
dei  semi  di  razza  Choréa  è  determinato  da  un  trattamento  poco 
confacente    alla  natura  dei  medesimi   durante  la  fase  preinvernale. 

Le  sperienze  surriportate  renderebbero  anzi  sempre  più  ve- 
rosimile la  congettura,  che  ai  danni  osservati  in  seguito  a  sver- 
natura soverchiamente  prolungata  dei  semi,  possa  anche  in  altre 
razze  venir  attribuito  un  certo  qual  nesso  causale  col  regime  se- 
guito oggi  più  comunemente  nella  conservazione  autunnale.  Ciò 
sarà  meglio  chiarito  da  apposite  ricerche  che  non  mancheranno 
certo  di  venir  presto  avviate,  al  fine  di  accertare  se  al  vago  so- 
spetto concepito  risponda  un  sufficiente  corredo  di  fatti  sperimentali. 

Ma  ili  (jHdìifo  (dia  razza  Choréa  resta  arqìdsìfo  fin  (foì-a  rJi'essa 
s(>j)porf(f  ina/e  una  eccessi ca prolungazione  e  mia  sorerrJiia  mifezza 
della  fase  preinvernale. 

A  scanso  di  un  risveglio  embriogenico  antecipato  cui  pare 
essa  predisponga  anche  maggiormente  delle  altre  razze  bianche 
asiatiche,  prudenza  consiglierà  dunque  di  regolare  nella  custodia 
la  temperatura  autunnale  per  modo,  che  dopo  la  prima  metà  del- 
l'ottobre il  termometro  non  abbia  più  a  salire  oltre  i  -|-  10  ov- 
vero i  -|-  12"  C.  Per  tutto  ottobre  e  parte  del  susseguente  no- 
vembre sarà  indicato  di  tenere  fermo  questo  calore  medio  di 
-f-  10^  C,  il  quale  consente  anche  una  più  agevole  difesa  dalle 
intemperanze  in  vario  senso,  di  cui  suol  rendersi  colpevole  assai 
spesso  questa  stagione  mutevolissima  (.  .  .  si  rammenti,  ad  esempio, 
la  cosidetta  estadella  di  S.  Martino  ! .  ,  .). 


(23)  SULLO    SCHIUDIMENTO    IMPERFETTO    DEL    SEMK    ECC.  89 

Ma  verso  la  fine  del  novembre  non  si  indug-i  più  a  montare 
e  a  mettere  in  azione  la  svernatrice.  Perchè  quandanche  si  do- 
vesse confermare  in  seguito,  che  una  soverchia  protrazione  di 
svernatura  riesce  per  se  stessa,  direttamente,  sfavorevole  ai  semi, 
fra  i  due  danni  che  li  minacciano  bisognerà  sceg-lierno  pur  sem- 
pre il  minore. 

Padora,  il  l"  stitonihre  1899 


(Licenziata  per  le  stampe  il  17  aoreiahre  1899) 


PREZZO  DELLA  DISPENSA 

Fogli  9  V2  a  cent.  25    .         .         .         '.         .         L.  2.38 


TipOGEAPiA  Cablo  Pebeabi.  1899 


ATTI 


DEL 


REALE  ISTITUTO  VENETO 


DI 


SCIENZE,  LETTERE  ED  ARTI 


ANNO  ACCADEMICO  1899-900 


TOMO  LIX 

(SEEIE     OTTAVA    -    TOMO     SECONDO) 

DISPENSA    SECONDA 


VENEZIA 

PEESSO    LA    SEGRETERIA    DEL    REALE    ISTITUTO 
PALAZZO    LOKEDAN   A    SANTO    STEFANO 


In  esecuzione  dell'art.  25  dello  Statuto  e  dell'art.  50 
del  Regolamento,  si  dichiara  che  dell'  opinione  dei  loro 
scritti  rispondono  gli  autori,  che  ne  conservano  la  pro- 
prietà letteraria. 


INDICE 


PARTE     I' 


Adunanza  ordinaria  del  26  novembre  1899 pag.    53 

Bollettino   bibliografico.   Doni    ed   acquisti    dal    30   ottobre   al 

29  novembre  1899 «       [7] 

PARTE    II» 

I).  RiccoBONi.  —  Suir  accentuazione  del   latino  letterario.   No- 

tcrella pag.     91 

E.  Teza,  ni.  e.  —  Dei  proverbi  popolari  in  Grecia,  raccolti    da 

Napoleone  Polités.  Nota „       95 

V.  Beechet,  s.  c.  —  Le  sale  d'armi  del  Consiglio  dei  Dieci  nel 

Palazzo  Ducale  di  Venezia „      113 

P.  Gradenigo,  m.  e.  —  Un  nuovo  tonometro  oculare         .        .      „     203 

H.  Nasini,  ni.  e.  —  A  proposito  di  un  recente  trattato  sullo 
relazioni  tra  il  potere  rifrangente  e  la  composizione 
chimica  dei  corpi.  Nota «     211 

G.  A.  Zanon,  s.  c.  —  Resistenza  dell'  acqua  al  moto  delle  navi 

veloci  e  forza  motrice  di  esse _     221 


aUU 


Atti  del  Reale  Istituto  Veneto  di  scienze,  lettere  ed  arti. 
Anno  accademico  1899-900  -  Tomo  LIX  -  Parte  prima. 


ADUNANZA    ORDINARIA 
DEL  26  NOVEMBRE  1899 


PRESIDENZA  DEL  M.  E.  LAMPERTICO 

presidente 

Presenti  i  membri  effettivi  :  G.  Beechet,  segretario  ;  Cassani,  vice- 
segretario ;  LoEENZONi,  Teois,  Bellati,  Teza,  Lioy,  Maetini, 
Tamassia,  Veeonese,  Papadopoli,  Da  Schio,  Molmenti,  Ste- 
fani, FoGAzzAEO,  Feeeaeis,  G.  B.  De  Toni,  Occioni-Bonaf- 
rONS,  Galanti,  Geadenigo,  Ragnisco,  Ricci,  Nasini  ;  ed  i 
soci  corrispondenti  :  Nicolis,  Polacco,  Beugi,  Pascolato, 
Ceescini,  Vicentini,  F.  Beechet,  Boediga,  Tellini,  Bo- 
nome,  Saceedoti,  D'Aecais,  Zanon,  Castelnuovo,  Peedelli, 
Setti,  Flamini. 

Giustificata  l'assenza  del  vicepresidente  De  Giovanni  e  del  m.  e. 
Moesolin,  sulla  salute  del  quale  il  Presidente  offre  notizie 
tranquillanti. 

Viene  Ietto  ed  approvato  l'Atto  della  precedente  adunanza. 

Prendendo  occasione  dal  Verbale,  nel  quale  è  annunciata  la 
dolorosa  perdita  del  socio  estero  Roberto  Guglielmo  Bunsen,  il 
m.  e.  Pietro  Spica  fa  una  breve  commemorazione  del  chimico 
illustre  che  fu  una  delle  glorie  scientifiche  più  vive  del  secolo 
che  muore,  ripetendo  i  sentimenti  di  cordoglio  del  R.  Istituto 
Veneto. 

Il  Presidente  avverte  che  è  compiuta  la  pubblicazione  del- 
l'opera, del  dott.  Domenico  Saccardo:  Supplemento  micologico  alla 
Flora  Veneta  crittogamica^  p.  1=^,  I  fioìghi,  di  Giacomo  Bizzozero, 
sussidiata  dal  R.  Istituto  Veneto,  di  cui  cinquanta  esemplari  sono 
a  disposizione  dei  membri  e  soci  dell'  Istituto  stesso. 

Sono  presentati   gli  elenchi  delle   pubblicazioni  di  nuovo  ac- 


54  ADUNANZA    ORDINARIA 

quisto  e  continuazioni  di  opere,    e  di  quelle  ricevute  in  dono  dal 
30  ottobre  al  26  novembre  a.  e. 

Dopo  di  ciò  vengono  presentate  le  seguenti  Memorie,  accom- 
pagnate dai  brevi  sunti  regolamentari  ; 

E.  Teza,  m.  e.  :  Intorno  ai  proverhi  greci  raccolti  do  Na- 
poleone Polités. 

R.  Nasini,  m.  e.  :  A  proposito  di  un  recente  trattato  sulle  re- 
lazioni tra  il  potere  rifrangente  e  la  composizione  chimica  dei  corpi. 
L'autore  in  questa  Nota  espone  alcune  osservazioni  critiche  ri- 
guardanti il  trattato  del  Rimbach  sulle  relazioni  tra  il  potere  ri- 
frangente e  la  composizione  chimica  dei  corpi.  Il  trattato  del  Rim- 
bach è  buono,  ma  qua  e  là  ci  sono  delle  inesattezze  e  sopra  tutto 
egli  non  ha  dato  la  parte  che  loro  spettava  ai  lavori  degli  ita- 
liani sulla  rifrazione,  spesso  attribuendo  ad  altri  ciò  che  da  questi 
pei  primi  era  stato  trovato. 

E.  Nicolis,  s.  e,  comunica  il  trovamento  nella  scaglia  rossa 
di  Valpantena  nel  Veronese  (creta  superiore)  di  buona  parte  di  un 
teschio  di  Mosasauriano  che  riferisce  al  genere  Mosasaurus,  Cony- 
beare.  Questo  gruppo  di  rettili,  per  la  forma  del  loro  corpo  detti 
da  Cope  Pythonomorpìm.,  adattatosi  alla  vita  acquatica  nei  mari 
della  creta  superiore  si  sarebbe  estinto  in  quelli  successivi  del 
terziario  antico.  La  loro  estensione  orizzontale,  in  qualche  modo, 
compensa  quella  ristretta  nel  tempo,  essendo  appunto  i  resti  fos- 
sili dei  Mosasaurìani  frequenti  negli  cretacici  superiori  dell'Ameri- 
ca, del  Belgio,  dell'Inghilterra,  dei  Pirenei  e,  recentemente,  se  ne 
trovarono  nel  Nord  della  Francia. 

È  la  prima  volta  che  un  rappresentante  di  questi  grandi  e 
lunghi  sauriani  pelagici  viene  segnalato  nei  sedimenti  marini 
costituenti  le  Alpi.  Egli  è  perciò  che  in  una  prossima  seduta  il 
socio  Nicolis  presenterà  la  figura  e  la  descrizione  di  tale  forma  che 
arricchisce  il  numero  dei  vertebrati  fossili  cretacei   del  Yeneto. 

G.  A.  Zanon,  s.  e.  :  Resistenza  deU'accjua  al  moto  delle  navi 
veloci  e  loro  forza  motrice.  —  Il  d.  cimenta  la  sua  formula  della 
resistenza  dell'acqua  coi  dati  delle  navi  moderne  più  veloci  e  la 
trova  sempre  buona  per  calcolare  con  essa  la  forza  motrice  pre- 
sumibile per  una  nave  da  designarsi.  A  tal  fine  espone  il  pro- 
cesso ;  ma  prima  si  intrattiene  sui  fenomeni  che  sono  prodotti  dal 


DEL    26    NOVEMBRE    1899  55 

moto  di  un  galles^g-iante  in  un  mezzo  tranquillo  e  indefinito.  La 
sua  formula  si  adatta  anche  ai  velocissimi  dcsfroi/ers  e  alle  stesse 
lance  di  belle  forme  ;  ma  per  battelli  di  forme  meno  appropriate 
alle  grandi  velocità  esige  una  modificazione  di  coefficienti,  che  è 
indicata  dallo  stesso  e   suffragata  con  molti  dati  numerici. 

R.  Predelli,  s.  e,  presenta  in  nome  della  R.  Deputazione 
veneta  di  Storia  patria  il  2°  ed  ultimo  volume  del  Dijiloniafa- 
riìim  mìieto-levaiit'ninm  compilato  dal  defunto  prof.  Gr.  M.  Thomas. 
Essendo  questi  stato  s.  e.  dell'Istituto,  il  Predelli  legge  i  cenni  da 
lui  premessi  al  libro  (di  cui  curò  la  stampa)  sulla  vita  del  Tho- 
mas e  sulle  ragioni  della  pubblicazione.  In  essi  è  detto  che  il  Tho- 
mas nacque  in  Ansbach  di  Baviera  il  12  febbraio  1817,  che  dopo 
assolti  gli  studi  con  isplendidi  risultati,  quantunque  meritevolissimo 
d'  un  posto  di  professore  universitario,  dovette  accontentarsi  di 
essere  annoverato  fra  i  docenti  del  Corpo  reale  dei  cadetti,  non 
essendo  cattolico  ;  che  poscia  fu  nominato  bibliotecario  nella  reale 
Biblioteca  di  Monaco  ;  che  nel  1871  ebbe  la  giubilazione  e  fu 
eletto  deputato  a  membro  del  Parlamento  dell'Impero  germanico, 
come  già  era  stato  nel  1848,  ove  militò  fra  i  nazionali  liberali  ; 
che  morì  il  24  marzo  1887.  Dice  poi  delle  numerose  sue  opere 
in  vari  campi,  e  sopratutto  di  quelle  relative  a  Venezia  (ben  47), 
principale  delle  quali  gli  Urkniìdcn  ziir  aìteren  Haìideìsund  Sfa- 
atsgeschi elite  der  Bepubìik  Venediej  ecc.  pubblicati  in  3  volumi  nei 
Fonfes  rerum  aiii^fnaeorum,  e  continuati  col  Diplomatarium  ora 
col  suddetto  volume  terminato.  Rende  conto  di  quanto  fu  fatto 
per  la  pubblicazione  dopo  la  morte  deirillustre  autore,  e  con  quali 
criteri  fu  curata  la  stampa. 

A.  Scrinzi  :  Poesie  inedite  di  Marino  Faìieri  (presentata  dal 
senatore  N.  Papadopoli,  m.  e.,  con  una  breve  relazione  a  termini 
dell'articolo  18  del  Regolamento).  —  L'Autore  sta  preparando  l'e- 
dizione delle  poesie  di  Marino  Falieri.  Un  primo  poema  fu  re- 
centemente pubblicato  da  John  Schmidt  nel  AsXxcov  -ctj?  bxopixTjc; 
xal  ì^-vrAo-^ir.fiQ  'ExatpLac;  xfj?  'EXlà5o;,  1892,  p.  290.  Di  altri  due 
poemi  non  è  conosciuto  che  il  breve  riassunto,  che  ne  dà  il  Krum- 
bacher,  GeschicJite  der  hfjzant'iniscìicìi  Litteratu)  '^  p.  820.  Il  prof. 
Scrinzi  antecipa  il  frutto  delle  sue  ricerche  intorno  alla  persona 
dell'Autore  eh'  era  finora  perfettamente  sconosciuto.  Il  Krumbacher 
credeva  che  il  nome  di  Marino  Falieri  non  fosse  che  l'impresa  di 


56  ADUNANZA    ORDINAEIA 

un  anonimo  e  argomentava  da  alcune  forme  linguistiche  che  il 
poeta  fosse  Cretese.  Già  lo  Schmidt  aveva  riconosciuto  dalla  lingua 
che  l'autore  doveva  essere  vissuto  in  Creta  e  considerava  probabile 
che  avesse  assunto  quel  nome  illustre  per  averlo  udito  da  qualche 
compaesano. 

Questi  due  scrittori  non  pensarono  di  fare  ricerche  a  Venezia, 
ne  ebbero  conoscenza  delle  tavole  genealogiche  di  Giannantonio 
Muazzo,  Cronico  delle  famiglie  nobili  venete,  che  "  habitoronon  in 
Regno  di  Candia.  „  Lo  Scrinzi  per  varie  considerazioni  propone  che 
si  debba  riconoscere  nel  nostro  poeta  Marin  q.  Marco  q.  Michiel 
q.  Marco  Falier.  Queste  notizie,  egli  dice,  non  sono  poca  cosa  per 
il  nostro  poeta,  poiché  almeno  ne  fu  salvato  il  nome  e  se  ne  può 
determinare  abbastanza  precisamente  l'età,  mentre  troppo  saremmo 
felici  se  potessimo  dire  altrettanto  di  altri  versificatori  bizantini. 

D.  Riccoboni  :  Intorno  airaccentH'izione  in  latino  (presentata 
dal  prof.  G.  Occioni-Bonaffons,  m.  e.,  egualmente  a  termini  del- 
Tarticolo  18  del  Regolamento).  —  Notata  la  immensa  discrepanza 
nella  pronuncia  del  greco  e  del  latino  presso  le  colte  nazioni  si 
esaminano  i  tre  ra><>  nei  quali  l'accentuazione  in  latino,  propugnata 
dal  Corrsen  discorda  dalla  tradizionale  italiana  o  meglio  veneta 
seguita  dal  venerando  maestro  prof.  Pietro  Canal.  Si  prende  a  di- 
mostrare che  in  questi  tre  casi  la  pronuncia  tedesca  è  contraria 
alla  legge  chiarissima  dell'accentuazione  latina,  non  si  fonda  sopra 
ragioni  intrinseche,  ma  sopra  la  sola  autorità  di  grannnatici  vis- 
suti in  tempo  di  decadenza  e  corruzione  del  latino  classico  per 
l'intrusione  di  grecismi,  barbarismi  ed  accenti  stranieri.  Si  accenna 
che  anche  molti  dotti  tedeschi  rifiutano  le  teorie  di  quei  gram- 
matici e  si  conchiude  che,  pure  rispettando  la  scienza  germanica 
in  ciò  che  ha  di  certo  e  di  grande,  si  può  dimostrare  a  jìriori  ed 
a  posteriori^  che  la  pronuncia  latina  del  buon  secolo  si  è  conser- 
vata meno  male  qui  che  altrove. 

Terminate  le  letture  l'Istituto  si  raccoglie  in  adunanza  segreta, 
nella  quale  il  Presidente  comunica  che  il  m.  e.  senatore  Papa- 
dopoli  fece  la  cospicua  offerta  di  lire  mille,  in  aggiunta  alla  somma 
deliberata  dall'Istituto,  per  le  spese  della  missione  veneta  in  Creta  ; 
e  che  altre  lire  cinquecento  furono  offerte,  malgrado  la  tenuità 
del  suo  bilancio,  dalla  Deputazione  Veneta  di  storia  patria.  — 
Espresse  i  ringraziamenti  dell'Istituto  e  la  fiducia  che,  col  sussidio 


DEL    26    NOVEMBEE    1899  57 

che  si  attende  dal  Comune  e  dalla  Provincia,  possa  presto  inviarsi 
a  Creta,  per  raccog-liere  le  memorie  del  dominio  veneto  prima 
della  loro  dispersione,  l'incaricato  dell'Istituto,  il  quale  ha  g-ià  com- 
piuto i  suoi  studi  preliminari  nell'Archivio  di  Venezia. 

//  Presidente 
F.    LAMPERTICO  //  Seuretario 

Gr.     BerUHET 


Atti  del  Reale  Istituto  Veneto  di  scienze,  lettere  ed  arti. 
Anno  accademico  1899-900  -  Tomo  LVIII  -  Parte  prima. 

(annessi) 


BOLLETTINO    BIBLIOGRAFICO 

Doni  ed  Acquisti  dal  30  ottobee  al  29  novembke  1899  (^ì 


*J.  Belletti.  -  Commemorazione  del  prof.  Cesare  Razzaboni.  — 
Bologna,  1899,  8°,  fig. 
Biblioteca  di  scienze  poUticlie  e  amministrative.  Scelta  collezione 
delle  pia  impjortanti  Opere  moderne  italiane  e  straniere  di 
Diritto  amnmiistratim  e  costituzionale,  diretta  da  Attilio 
Brunialti.  -  Voi.  YIII,  disp.  12.»  La  Giustizia  amministrati i-a. 
Santangelo  Spoto,  -  La  Burocrazia  e  il  Governo  parla- 
mentare. ".;     ,,  V. 

0.  Di  Sarwey.  -  La  Giustizia  nelV amministrazione  e  l'or- 
dinamento hurocratico.  —  Torino,   1899,  8.° 

*F.  Capei.  -  //  Congresso  di  Bologna  e  le  onoranze  ed  prof.  Ce- 
sare Razzaboni.  —  Firenze,   1899,  8.»  ... 

*F.  Cavani.  -  Elogio  storico  del  prof.  Cesare  Razzaboni.^ —    Bo- 
logna, 1899,  8»,  ritr. 

*A.  Conti.  -  Cenni  storici  di  Moneglia.  —  Genova,  1899,  8.° 
G.  Ferraris.  -  Lezioni  di  elettrotecnica  dettate  nel  R.  Museo  in- 
dustriale italiano  in   Torino.  -    Voi.  1°,  Fondamenti  scienti- 
fici dell'  elettrotecnica.  —  Torino,   1899,  8.» 

*G.  Gaeta.  -  Le  conifere  del  giardino  e  del  pmrco  di  Brolio.    — 
Firenze,  1899,  8.» 

*A.  Gloria.  -  I)eir improvvido  mutare  i  nomi  antichi  delle  vie.  — 
Padova,   1899,  8.° 


(Ij  L'  *  indica  i  libri  od  opuscoli  ricevuti  in  dono. 


(8J  BOLLETTINO    BIBLIOGEAEICO 

*E.  Guidi  di  Filomene.  -  Per  la  patria.  Comedia  pesarese  in  un 

atto.  ~  Yerona,  1899,  I6.0 
P.  Leroy-Beaulieu.  -   Traité  de  la  science  des  finances.   -    T.  I<^, 

Des  revenus  puhìics.  T.  11^,  Le  budget  et  le  crédit  pìddic.  — 

Paris,  1899,  8.0 
*E.  Millosevich.  -  SuU' orbita  del  pjianeta  Eros.   —  Roma,   1899, 

40,  fig. 
*A.  Muggia.  -  Parole  in  commemorazione    del  prof.  Cesare    Baz- 

zaboni.  —  Bologna,  1899,  8.0 
*A.  Naccari.  -    Dell'influenza    delle    condizioni    meteoriche    sulla 

mortalità  tiella  città  di  Torino.  Nota.  —  Torino,  1899,  8.° 

*  Intorno  alla  resiste?iza  ed  alla  carica  residua    dei    dielettrici 

liquidi  a  varie  temperature.  Nota.  —  Torino,  1899,  8.° 
*T.  Ortolani.  -  La  poesia  di  Giuseppe    Capjyarozzo.    —    Catania, 
1899,  16.0 
Y.  Pareto.  -   Cours  d'  economie  politique  professe  à    V  Université 

de  Lausanne.  —  Lausanne,  1896-97,  2  voi.  8.° 
M.  Sanuto.  -  I  Diarii.  Tomo  LY,  fase.  234.  —  Yenezia,  1899, 
40  p. 
*R.  Scuola  d'  applicazione  per  gli    ingegneri    in    Bologna.    Anno 
1899,  XXII  dalla  fondazione.  -  Notizie  generali.    —    Bolo- 
gna,  1899,  8.0 
*.F.  Tietze.  -  Contributo  all'  acarologia  d' Italia.   Osservazioni  sul- 
r  Acarofauna  del  litorale  di  Malamocco  (Venezia).   —    Pa- 
dova, 1899,  8°,  2  Tav. 

*  Due  crani  scafoidei.  Idee  sulla  scafocefalia.  —  Padova,  1899,  8.» 
Williamson  H.  D.  -  Gondi  grammar  and  Vocabulary.  —  London, 

I60,  tela. 


Atti  del  Reale  Istituto  Veneto  di  scienze,  lettere  ed  arti. 
Anno  accademico  1899-900  -  Tomo  LIX  -  Parte  seconda. 


SULL'ACCENTUAZIONE  DEL  LATINO  LETTERARIO 

NOTERELLA 

DEL  PROF.  DANIELE  RICCOBONI 

(presentata  dal  prof.  G.  Occioni-fìnnaff'ons,  iii.  e.,  neìl'Adun.  26  noe.  1899) 


È  nota  la  grande  differenza  nella  pronunzia  del  latino  e  del 
greco  presso  le  colte  nazioni.  E  come  sarebbe  assurdo  Tammettere 
che  ciascuna  abbia  ragione,  così  è  probabile  che  la  meno  imper- 
fetta per  il  greco  antico  sia  quella  dei  Greci  odierni  e  per  il  la- 
tino la  nostra.  È  poi  un  fatto  che  la  Germania  in  questo  è  in 
minore  disaccordo  con  noi,  che  non  sia  l'Inghilterra  od  anche  la 
Francia,  mentre  poi  nel  greco  si  allontana  affatto  dai  moderni. 
Lasciando  le  sfumature  diverse  nel  proferire  vocali  e  consonanti, 
tratterò  qui  dei  pochi  casi  di  discrepanza  fra  i  Tedeschi  e  noi 
nell'accento,  che  si  riducono  a  tre:  1)  vocativo  dei  nomi  in  -ius, 
2)  accento  suU'  ultima,  3)  enclitiche.  Come  rappresentante  dei  Te- 
deschi cito  primo  il  Corssen  che  in  due  volumi  di  quasi  2000  pag., 
premiati  dall'  Accademia  di  Berlino,  trattò  della  Pronunzia,  Voca- 
lismo ed  Accentuazione  in  Latino  (Lipsia,  1866-1870);  e  per  gl'Ita- 
liani è  un  gradito  dovere  quello  di  citare  il  mio  venerato  maestro 
Pietro  Canal,  dal  1845  all'  1883  m.  e.  di  questo  E.  Istituto;  ed 
il  discepolo  suo,  il  compianto  Onorato  Occioni,  prof,  già  nella  R. 
Università  di  Roma.  E  se  a  premiare  l' opera  del  Corssen,  in  molte 
cose  pregevolissima,  ebbe  parte,  come  credo,  il  Mommsen,  è  giusto 
ricordare  che  questo  Nestore  dei  dotti  di  Berlino  si  dichiarò  am- 
mirato della  profonda  dottrina  e  genialità  del  Canal  in  tutto  ciò 
che  a  Roma  antica  si  riferisce.  Ne  qui  si  vuol  giurare  in  cerha 
mayistri  ;  ciò  fece  il  Corssen  ritenendo  infallibili  i  precetti  tutti  dei 


92  D.    RICCOBONI  (2) 

più  tardi  grammatici  latini,  tranne  questo  solo,  cioè    di  accentuare 
circiìm  prepos.  per  distinguerlo  da  circum  sost.  e  sim. 

Ma  questi  dottrinari,  vissuti  molto  dopo  A.  Gelilo,  quando  la 
lingua  latina  si  corrompeva  ogni  dì  piìi  per  l'intrusione  di  greci- 
smi, barbarismi  ed  accenti  stranieri,  sono  giudici  poco  autorevoli  per 
r  accentuazione  usitata  da  Plauto  a  Quintiliano.  È  questa  la  sola 
che  ricerchiamo,  e  che  senza  eccessivo  orgoglio  nazionale  si  può 
ritenere  conservata  meglio  qui  che  altrove.  Yolle  dunque  il  Corssen 
provare,  che  si  diceva  al  vocativo  singolare  Tirgili,  Yaléri  e  non 
Virgili,  Valeri,  come  prescriveva  Nigidio  Figulo,  contemporaneo  di 
Cicerone  e  citato  da  Aulo  Gelilo  XIII,  26.  Gelilo  stesso  infatti, 
così  scrisse  il  Corssen,  dichiara  che  taluno  avrebbe  riso  udendo  pro- 
nunziare Virgili.  E  che  cosa  prova  ciò  mai?  Anche  oggi  vi  è  chi 
dice  la  rètina  dell'occhio;  ma  il  prof.  Angelo  Minich,  p.  es.  di- 
ceva, come  si  deve,  rcfhia;  e  se  vi  era  chi  ridesse,  ciò  non  pro- 
vava nulla.  Ne  contro  il  nostro  Virgili  sta  l'autorità  di  Varrone, 
come  si  sforzò  di  provare  il  Corssen.  La  grafia  Virgilii  che  Var- 
rone prescriveva,  non  poteva  riferirsi  che  al  genitivo  siiig.  od  al 
nomin.  e  vocat.  plurali.  E  di  questa  trovo  una  ragione  intrinseca 
e  perspicua.  L'I  del  voc.  sing.  risulta  da  ì -j- è  (due  tempi  primi); 
r  1  del  plur.  e  del  gen.  sing.  da  i  -|-  ì  -f-  ì  (tre  tempi  primi). 
Dunque  o  il  primo  i  diventa  j  (consonante)  ed  il  gì  fatto  lungo 
per  posizione  prende  l' accento  ;  o  resta  vocale  breve  e  1'  accento 
cade  sopra  gì  come  sillaba  terzultima.  L'  accento  del  vocativo 
Virgili  (da  Virgilìè)  è  regolare  come  nel  genitivo  dòmini.  Se  poi 
si  ritiene  la  grafìa  con  un  solo  I  anche  nel  genit.  sing.  e  lo 
si  tratta,  specie  in  poesia,  come  una  lunga  ordinaria,  nulla  ci 
Tieta  di  leggere  come  il  prof.  Canal:  Pompili  rcgnum  e  Tarquini 
fasces.  —  Per  il  Corssen  il  nostro  Valeri  segue  1'  accentuazione 
greca  di  "Apollon  !  Ma  non  si  avvide  egli,  che  il  suo  Valeri  è, 
accentato  contro  la  regola  latina  come  il  greco  Perikleis?  E  qui 
noto  che  lo  Stolz  (Grammatica  latina,  II  voi.  del  3Ianuale  di  An- 
tichità classica  di  Iwan  Mùller,  Monaco  1890  a  pag.  325  i^  80)  si 
accorda  col  Langen,  Accentuazione,  pag.  113  e  625,  nel  sostenere 
contro  Corssen,  Schòll  ed  altri  il  voc.  Valeri  di  Nigidio  Figulo. 

L'  accento  siili'  ultima  si  sarà  forse  usato  ai  tempi  di  Prisciano 
(maestro  di  greco  a  Costantinopoli  nel  VI  sec.)  dicendo  ad  uso 
greco  Arpinàs,  Mecenàs,  ìllìc,  illùc,  prodùc,  censèn,  audìt  (perf.o) 
e  simili. 

^la  Quintiliano  (T,  3  e  XTI,  10)  attesta  che  nessun  disillabo  o 


(3)        SULL'  accentuazione  del  latino  LETTEEARIO        93 

polisillabo  ha  1"  accento  siili'  ultima  ed  è  questo  che  qui  importa 
assodare.  Anche  il  Brugmann  nel  suo  ammirabile  Compendio, 
Strassburgo,  1886,  voi.  I,  p.  551,  mette  in  dubbio  che  Arpinàs  ecc. 
sieno  giusti  nominativi  latini.  Essi,  dico  io,  seguono  l'accento  greco 
di  plakoùs,  -oùntos  e  sim. 

E  pure  falso  ciò  che  affermò  il  Corssen  che  l' accentuazione 
Arpinas,  Yirgili  sia  posteriore  a  quella  di  Arpinàs  Virgili.  Tut- 
t' altro!  Bónitas  divenne  parola  neolatina  :  bontà,  honfé  assumendo 
l'accento  sull' r/,  dov'era  nel  maggior  numero  dei  casi.  Anche  lo 
Stolz,  1.  e.  a  pag.  319,  dichiara  Samnìs  ecc.  un'invenzione  dei  gram- 
matici e  si  accorda  in  ciò  col  Langen. 

Quanto  alle  enclitiche,  il  Corssen  è  ligio  alla  teoria  di  Servio 
(fine  del  sec.  IV)  il  quale  scrive  (ad  Aen.  I,  116)  che  confra 
usimi  latimmi  l'enclitica  fa  passare  l' accento  siili'  ultima  sillaba 
anche  breve.  Così  la  intendono  Prisciano  (VI  secolo),  Diomede, 
Marziano  Capella,  Carisio,  Pomponio.  E  sull'autorità  loro  il  Corssen 
vuole  che  si  accentui  egómet,  agédum,  siquando,  néquando,  déinde, 
sùbinde,  quapropter,  idcirco,  déorsum,  exàdversum  ed  altre  ame- 
nità. Al  nostro  senso  linguistico  ed  estetico  ciò  sembra  enorme. 

Tale  pronunzia  è  una  imitazione  della  greca  ed  anche  mal 
fatta  (cfr.  per  es.  in  greco  dóìos  tis  e  non  dolós  tis).  Anche  il  Brug- 
mann, 1.  e.  p.  553,  osserva  che  ifaqne  ed  utique  provano  che  una 
volta  si  sarà  pronunciato  (come  noi)  ùtraque  e  tdntane.  Il  Langen, 
Accentuazione,  p.  23,  respinge  la  teoria  di  quei  grammatici  anche 
per  ragioni  metriche.  E  ben  vero  non  doversi  confondere  l' accento 
delle  parole  colle  ard  del  verso,  ma  è  pur  certo,  che  il  loro  mas- 
simo accordo  è  quasi  regola.  Luciano  Miiller,  De  re  metrica,  p.  373, 
come  già  l' Alvaro  ed  altri  molti,  dichiara  le  teorie  sulle  enclitiche 
grammaticornm  inepfias,  cioè  pedanterie.  Non  vi  è  dunque  ragione 
di  allontanarsi  dalla  regola  semplice,  chiara  ed  elegante  indicata 
da  Quintiliano  e  che  tutti  conosciamo  (i).  Dunque  :  métoque  fé)  v/dis, 
j)a]niaqì(e  nohiìis,  flumma  que  antiquos  j^t'aeterlabentia  muros,  ecc. 
Kispettiamo  ed  ammiriamo  la  scienza  germanica    nel    molto    che 


(1)  Ogni  parola  trisillaba  o  polisillaba,  sia  essa  tale  per  sé,  o  diventi 
tale  per  un'  enclitica  aggiuntavi,  è  sdrucciola,  se  la  penultima  è  breve, 
è  piana,  se  la  penultima  è  lunga;  se  poi  la  enclitica  venisse  dopo  due 
vocali  brevi,  si  pi'onunzierebbe  meglio  s(>parata  :  scélérà-que  ;  praetéréà- 
que. 


94  B.  fiiccoBONi  -  sull'  accentuazione  ecc.  (4) 

ci  dà  di  vero  e  di  grande,  ma  non  rinunzianio  alla  nostra  pro- 
nunzia latina  sull'  autorità  di  tardi  grammatici,  cui  fece  velo  e 
la  smania  di  teorizzare  e  V  influsso  della  pronunzia  greca.  Se  il 
Whitney  fosse  stato  ligio  ai  vecchi  grammatici,  non  avremmo 
così  perfetta  la  sua  stupenda  grammatica  dell'  indiano  antico.  E 
se  anche  qualche  alunno  di  scuola  pure  italiana,  dove  regna  as- 
soluta la  pronunzia  straniera,  all'  udir  leggere  il  bellissimo  verso 

Nulli  flebilior  quam  tibi,  Virgili 

sobbalzasse  strabiliato,  gli  diremmo  con  Orazio  : 

.     .     .     si  quid  novisti  l'cctius  istis 
Candidus  iinpcrti     .     .     . 


(Finita  (li  staiii/parc  il  (lionio  7  diceiiihre  18UU} 


Atti  del  Rkal,e  Istituto  Veneto  di  scienze,  lettere  ed  arti. 
Anno  accademico  1899-900  -  Tomo  LIX  -  Parte  seconda. 


DEI    PROVERBI    POPOLARI    IN    GRECIA 
RACCOLTI   DA   NAPOLEONE   POLITÈS 

NOTA  DI  E.  TEZA,  m.  e. 

(Adunanza  del  26  novembre  1899) 


Ai  proverbi,  vecchia  pianta,  non  mancano  vecchi  ed  industri 
coltivatori,  non  mancano  i  lodatori  eloquenti  ;  ma  a  quando  a  quando 
si  levano  anche  contro  a  loro  voci  poco  rispettose  o  troppo  severe. 
Ecco  un  uomo  savio  e  dotto,  uso  a  dare  esempi  e  plauso  ai  rac- 
coglitori delle  cose  popolane,  uscire  in  queste  parole  :  "  les  pro- 
verbes,  qu'on  appella  la  sagesse  <hs  naf/ons,  m'ont  toujours  paru 
ce  qu'il  y  a  de  plus  sot  au  monde  :  il  n'est  peut-ètre  pas  une  de 
ces  sentences  solennelles  (^)  dans  leur  impitoyable  vulgarité  qui 
n'ait  son  proverbe  contraire.  „  (-).  Ma  non  cercano  forse  la  verità 
dentro  alle  opere  ed  agli  affetti  degli  uomini?  E  le  idee  di  questi 
cercatori  non  hanno,  come  ogni  cosa  del  mondo,  confini?  E  al  di 
là  non  siede  forse,  se  non  focoso  nemico,  un  essere  nella  sua  pla- 
cidezza discorde  ?  Dissentono   giudizi,  lodi,   condanne  :    il  maestro 


(1)  Chi  pensi  al  Non  omnis  feri  omnia  tellus,  vede  subito  come  alla 
mente  divinatrice  di  Virgilio  (Ecloga  IV,  39)  apparisca  invece  che  Omnis 
feret  omnia  tellus.  —  Come  dice  la  Viola  nella  commedia  (IVfc^fitA  iV^t^/A^, 
III,  1,  12):  A  sentenre  is  hiit  a  cheveril  giove  to  agoodwit:  how  qiiickly 
the  ivrong  side  may  he  turned  outward  !  Il  guanto  di  capretto  si  volta  e 
rivolta  nelle  mani  dei  prudenti  e  degli  sventati. 

(2)  Les  Basques  et  le  pags  hasque  .  .  .  par  Julien  Vinson  (Paris, 
1882),  pag.  135.  Egli  sdegna  i  provei'bi,  ma  raccoglie  les  devineftes,  les 
sornettes,  les  phruses  eiuhroaillées  :  e  queste,  nel  campo  popolare,  non  sono 
certo  il  tìore. 


96  E.    TEZA  (2) 

inanimisce  od  infrena  :  guarda  da  destra  o  da  sinistra,  dall'  alto  o 
dal  basso,  e  gli  si  tramuta  davanti  agli  occhi  lo  spettacolo.  A  noi 
resta  solo  la  parola:  di  dove  spirasse  non  si  vede  più. 

Come  nei  tesori  aperti  a  tutti,  così  negli  scrigni  serrati  dei 
dotti  ;  donde  esce  la  moneta  che  correrà,  ma  con  1'  impronta  del 
suo  formatore.  Come  battaglia  un  proverbio  popolare  contro  al- 
l' altro,  così  la  sentenza  del  filosofo,  o  del  critico,  ribatte,  sde- 
gnandole, quelle  di  altra  scuola.  Il  vederne  una  faccia  sola  è  segno 
di  insulsaggine  nello  scrittore?  o  il  comparare  gli  specchi  che  ri- 
traggono le  due  faccie  è  danno  all'intelletto  del  lettore?  Bensì 
e'  è  uno  sconcio  al  quale  non  si  trova  rimedio.  Prendete  esempi 
di  pensatori  e  di  artisti  eccellenti  :  i  cinque  capitoli  di  feconde 
sentenze  che  ci  dava  il  Goethe,  o  quei  granellini  di  sabbia  d'oro  che 
sparse,  o  raccolse,  nei  suoi  libri  Nicolò  Tommaseo  ;  dove  è  il  vero 
commento  ?  Quelle  parole  erano  nate  mentre  1'  autore  leggeva  o 
parlava,  e  non  vediamo  più  ne  il  libro  ne  l'uomo  che  le  eccita- 
rono; erano  nate,  nel  fondo  dell'intelletto,  dietro  una  fila  fitta  di 
pensieri  che  non  si  legano  più:  non  resta  di  un  compiuto  edificio 
che  un  frammento,  forse  una  pietra,  forse  polvere  dell'  intonaco. 
Dove  è  dunque  il  commento? 

A  questo  modo  stesso  nel  proverbio.  Di  quel  primo  che  gif 
diede  il  corpo  e  l'anima  non  scorgiamo  ne  le  ragioni  ne  le  inten- 
zioni :  non  le  vediamo  di  qvielF  altro  che  ne  usa  come  di  persona 
viva  che  ragioni  e  combatta  per  lui,  o  di  chi,  raccogliendo  un  ca- 
davere, gli  dà  spiriti  che  non  aveva,  e  nuovo  aspetto  e  nuove 
forze. 

Che  se  a  discoprire  queste  prime  sorgive  non  abbiamo  più 
l'arte,  ci  contentiamo  di  mettere  assieme  i  documenti.  Non  ve- 
diamo quando  la  sentenza  popolana  nasca,  ma  quando  vive  e  quanto 
dura:  non  rintracciamo  il  padre  o  il  figliuolo  o  il  fratello,  ma  chi 
loro  somigli,  tra  i  famigliari  o  di  fuori  ;  con  viluppi  che  turbano 
r  erudito  coscienzioso  che  vuole  1'  albero  genealogico,  ma  che  ral- 
legrano di  molto  il  psicologo  intento  a  studiare  la  varietà  e  l'unità 
nel  pensiero  e  nei  sentimenti  della  schiatta  umana.  Con  maggiore 
speranza  di  buona  fortuna  opera  sempre  il  raccoglitore  nelle  tra- 
dizioni della  sua  propria  gente  ;  come  ne  interpreta  fedelmente  la 
parola,  anche  dove  si  smozza,  meglio  penetra  negli  intenti  che 
aveva  e  che  serba;  consente  ai  sentimenti  che  sono  di  tutti. 

Pensieri  che  assomiglino  a  questi  può  ridestare  la  nuova  im- 


(3)  DEI    PEOVEKBI    POPOLAEl    IN    GRECIA    ECC.  97 

presa  (')  alla  quale  si  mette,  ardito  cavaliere,  Napoleone  Politès  (-): 
un  greco  al  quale  il  suo  popolo  molto  deve  per  le  lunghe  e  frut- 
tuose cure  che  diede  ai  monumenti,  vivi  e  morti,  che  se  ne  pos- 
sono raccogliere  e  dilucidare  ;  un  greco  che  molto  deve  al  suo 
popolo,  perchè  nel  contemplarne,  spesso  il  primo,  la  fiorente  poesia 
egli  potè  rallegrare  la  sua  vita  di  erudito  industrioso  (^). 

I  proverbi  della  antica  Grecia  ebbero  illustratori  e  a  casa  e 
fuori  :  restava  il  mettere  assieme  le  ricerche,  già  bene  avviate, 
intorno  alla  Grecia  dei  tempi  di  mezzo,  e  a  quella  redenta,  che 
speriamo  sarà  redentrice  di  altre  amiche  nazioni.  In  questo  campo  la 
messe  intatta  abbondava,  e  il  Politès  non  è  di  quelli  che  si  stanchino  ; 
così  che  la  grande  raccolta,  e  non  dico  compiuta,  che  non  è  lode 
che  tocchi  mai  a  libri  come  codesto,  la  grande  raccolta  avrà  di 
molti  volumi,  mettendoci  nell'  animo  le  più  belle  speranze  il  primo, 
uscito  appena,  bene  nutrito  nelle  sue  settecento  pagine  e  che  al- 
letta ad  un  tempo  chi  studia  la  storia  della  parola  e  chi  tenta  ri- 
dipingersi il  ritratto  di  una  nazione. 

Alla  erudita  introduzione  (i-xc)  tengono  dietro  i  Proverbi  bi- 
zantini (p.  1-132),  e  poi  comincia  il  vero  tesoro.  Forse  ad  altri 
indici  si  provvederà,  quando  Y  opera  sia  giunta  alla  fine  ;  e  forse 
a  un  glossario  ;  ma  intanto  saviamente  il  Politès  ordina  i  vari  pro- 
verbi e  le  frci!^/  proverhiaìi  sotto  quelle  voci  che  vi  risaltano  di 
pili  e  che  ne  mostrano  1'  anima:  e  qui  vedremo  che  cosa  pensino, 
consiglino  e  dicano  i  greci  del  fare  piavo  piano  (agalia),  dell'amore 
(agape),  dell'  udire  (akuò),  del  mie  (halas),  della  verità  (alétheia), 
dieW  ao[uila  (aetos),  del  cavallo  (alogon)  e  via  via.  Ma  di  tutte 
queste  parole  pregnanti,  la  lista  non  arriva  adesso  che  a  mezzo 
l'A;  così  che,  a  correre  V  intero  abbiccì,  abbiamo  tempo.  Bensì  pos- 
siamo essere  sicuri  che  il  granaio  è  già  pieno,  perchè  non  si  fa 
buona  scelta,  gettando  ogni  granellino  nel  suo  proprio  sacco,  dove 


(1)  L'  opera  ha  il  titolo  schietto  di  Proverbi  (napo'.iicai),  ma  è  intro- 
duzione a  più  vasto  lavoro,  a  Studi  sulla  vita  e  la  lingua  del  popolo 
ellenico  (MsXÉxai  rtepl  toù  piou  xaì  xr^c,  jXóìqoyic,  xgù  éÀXTjvtxoù  Xaoù,  uuò  N.  F. 
JloXixoD.  'Ev  'A9-Vjvais,  1899).  È  la  quinta  appendice  a  quella  raccolta  che 
si  chiama,  onorando  un  savio  mecenate,  BIBAIO0HKH  MAPASAH. 

(2)  Che  naturalmente  va  letto  PoUtis.  Scrivano  gli  altri  come  loro 
piace  meglio. 

(3)  Ha,  come  di  Alberto  Weber  diceva  il  Delbriick,  la  roraggiosa 
diligenza  e  l'acume  ])aziente. 


98  E.    TEZA  (4) 

il  padrone  non  li  abbia  già  pesati  tutti  ;  riserbandosi  solo  di  ri- 
pulire, e  di  assettare,  che  non  è  leggera  briga  di  certo.  Dobbiamo 
dunque  tutti  augurare  al  Politès  lena  ed  alleg-ria,  poiché  giova 
anche  questa  ;  e  servirci  intanto  con  gratitudine  di  quello  che  fa 
e  che  ci  dà. 

Ci  dà,  per  ogni  proverbio,  i  rimandi  a  quei  libri  greci,  se 
ve  ne  sono,  che  lo  mostrarono  già  agli  eruditi  ;  e  se  attinge  da 
fonte  viva,  accenna  anche  alla  provincia,  alla  città,  di  dove  la 
voce  popolana  si  fa  sentire  :  disputa  sulle  intenzioni  che  ha,  o  po- 
trebbe avere,  il  proverbiatore,  e  paragona  spesso  queste  dottrine 
del  suo  paese  con   quelle  di  altri  paesi,   proverbi  con  proverbi. 

La  fatica,  già  grande,  diventa  grandissima:  e  non  è  ancora 
nato  al  mondo  l'editore  operoso  che  contenti  le  inquiete  voglie  della 
critica,  anche  di  giudici  onorati.  Citerò  per  esempio  le  parole  del 
dotto  signor  A.  Bruckner  sulla  grande  raccolta  dei  proverbi  po- 
lacchi di  Samuele  Adalberg;  buon  libro,  diventato  raro,  che  pare 
si  ristampi  (/).  Ma  il  Politès,  con  danno  nostro,  non  se  ne  spaven- 
terebbe: vedendosi  crescere  sotto  gli  occhi  il  manoscritto,  disse  a 
sé  stesso  che  meglio  é  nemico  di  bene  e  sperò  negli  aiuti  che  ai 
volumi  belli  e  fatti  vengono  da  coloro  che  sono  degni  di  usarne.  Se 
tanto  sudiamo  a  indovinare  nella  sua  pienezza  il  pensiero  di  un 
uomo,  quanto  non  ci  tormenterà  il  volerlo  trovare  quando  tanti, 
ripensandolo,  se  lo  tramutano  !  E  anzi  nasce  alle  volte  il  dub^'io 
anche  dove  pare  che  si  possa  allegramente  fidare  nella  tradizione. 
È  sulla  bocca  di  tutti,  con  un  biasimo  cocente  al  travagliato  Ip- 
polito, la  sentenza  euripidea  che  r/ìNra  hi  lìngwi  ma  non  (jiura  il 
cuore  (v.  612);  ma  si  leva  un  vecchio  interprete  (^),  un  ingegnoso 


(1)  Libro  dei  proverbi  (Ksi^ga  przyslow.  Warszawa,  1889-94).  Il 
Bruckner  ne  parlò,  con  lode  piena,  o  con  nuovi  desideri  neW Arehiv  filr 
slavische  Philologie  (XVIII,  193-203  :  Zur  slavischfn  Paromiographie). 
Vedi  particolarmente  alla  pagina  199. 

Parlando  più  sopra  di  aìfri  indici  intendevo  dire  che,  alla  fine  del 
libro,  ci  gioverebbe  vedere  le  più  importanti  parole  che  entrano  in  un 
proverbio  e  non  ne  mostrano,  se  posso  dire  a  questo  modo,  il  casato  ; 
vederle,  coi  rimandi  opportimi.  Così  fece  anche  l' Adalberg  per  i  polacchi; 
ma  ora  m'  accorgo  che  il  Bruckner  (p.  199,  3),  se  ci  sarà  nuova  edizione, 
rinunzierebbe  volentieri  a  questa  ricchezza.  Faccia  di  più  il  Polìtés. 

(2)  Il  glossatore  :  y]  yXwaaa  TTpouexsatepov  xaì  jrapà  yvwjxvjv  x'^g  cppsvòg 
ò|j.ci)jj.ox£v.  Lingua  precipitosa  che  nuoce  sempre.  Aristofane,  facendone  un 


(5)  DEI   PKOVEEBI    POPOLAEI    IN    GEECIA    ECC.  99 

interprete,  e  il  giovanetto  generoso  va  assolto;  egli  promise  non 
sapendo  che  cosa  promettesse,  ma  non  fallirà  (i\  Acre  censore, 
aggiungerà  di  suo  che,  messo  in  salvo  il  greco  eroe,  quel  verso  si 


canone  (y.aì)-oXi-/.a)X£pov  voViaac;),  travia  i  lettori  :  (vedi  anche  il  Weil  nella 
sua  bella  edizione  delle  sette  tragedie  di  Euripide.  Paris,  1879^,  p.  48)  ; 
ma  le  sue  parole  resteranno,  e  le  impronte  che  fecero.  Così  si  dubiterà 
della  veracità  greca,  senza  mai  citare  1'  'Axxixòs  ixocpxog,  e  la  postilla  di 
Diogeniano  che  testimonio  attico  è  sulle  bocche  degli  uomini,  e  che  di 
lui  bisogna  fidarsi,  tanto  sono  veritieri  gli  ateniesi  {Paroemiographi 
graeei,  edid.  Leutsch,  II,  15). 

(1)  Il  pensiero  è  il  vero  padrone  ;  e  la  brava  Zenocia,  onorata  sposa, 
contro  all'  usanza  barbara  di  quella  città  italiana  che  il  poeta  non  ci  no- 
mina, e  contro  allo  svergognato  prefetto,  si  difende  col  suo  My  mind 
shall  not  paij  this  Custoni,  cruel  man.  Vegga  chi  vuole  un  libro  che 
non  è  molto  cercato  tra  noi,  il  Teatro  di  Beaumont  e  Fletcher,  e,  fra  i 
drammi  che  molto  probabilmente  [A.  W.  Ward  's,  Hist.  of  engl.  dram,a- 
tic  literature.  Lond.  1875,  II,  209]  appartengono  solo  a  quest'ultimo.  The 
Custom  of  the  County  (A.  I,  se.  II'').  —  Basterà  ad  ogni  modo  quel 
verso  :  perchè  le  sconcezze  che  allettavano  scrittori  e  spettatori  sui  palchi 
inglesi  nel  secento,  non  si  tollerano,  davanti  a  un  banco  verde,  che  per 
cercarvi  e  la  storia  dell'  arte  e  quella  della  morale  :  ed  è  peccato  che  la 
sozza  commedia,  per  usare  le  parole  del  Ward,  sia  one  of  the  most  hril- 
liant  of  Fletcher  's  effort. 

Ma  io  cito  il  Fletcher  per  astuzia  :  perchè  mi  apre  la  porta  ad  un'al- 
tra noterella  che  non  voglio  nascondere.  Di  Giovanni  Fletcher  abbiamo 
anche  The  elder  hrother  :  portata  sul  teatro  dopo  il  1625,  cioè  dopo  la 
morte  dell'  autore,  ma  forse  prima  che  morisse  il  Galilei,  la  commedia 
fu  scritta  quando  viveva  il  grande  filosofo  :  e  ognuno  sa  come  in  quel 
secolo  la  drammatica  non  cercasse  lettori,  ma  spettatori  e  plaudenti  udi- 
tori. Carlo,  un  giovanetto  dotto  e  troppo  dotto,  mentre  padre  e  fratello 
s'  adoperano  a  rubarlo  dei  tesori  di  terra,  è  tutto  intento  a  contemplare 
quelli  del  cielo  :  e  ne  parla  con  ardore  ad  Andrea,  al  servitore.  "  Il  toro 
ha  un  un'  orzaiuolo  e  e'  è  paura  che  accechi.  „  "  Mettetegli  un  anello 
d' oro  sul  naso  e  guarirà  „  suggerisce,  forse  guidato  dai  veterinari  di 
allora,  il  loquace  compagno.  "  Anche  la  Corona  di  Ariadne  si  svia  :  due 
stelle  potenti  che  la  reggevano,  scivolarono  via.  „  "  E  voi  mandatela  su- 
bito al  Galilei,  al  grande  stellieke  italiano,  e  con  poca  fatica,  darà  sesto 
ad  ogni  cosa.  „  (A.  II,  se.  3).  Invento  una  parola,  perchè  ne  inventa 
un'  altra  il  Fletcher,  certo  con  più  fortuna  di  me  :  e  sarà  bene  lasciarlo 
dire  a  modo  suo  : 

Send  it  presenti// 
To  Gallilaeo,  the  Italian  star-wright  : 
He  'Il  set  it  rigJit  again,  with  little  labor. 

Sappiamo  che,  sul  teatro  londinese,  altri  fece    al  Galilei,    e,    se   non 


100  E.    TEZA  (6) 

potrebbe  ritradurre,  con  parole  rinnovate  ad  ogni  giorno,  e  nelle 
lingue  di  ogni  nazione. 

Se  a'  paragoni  ci  lasciamo  tirare  dalla  voglia  di  mostrare  o 
r  erudizione  riposta,  o  1'  acutezza,  per  ogni  parolina  si  scrive  un  vo- 
lume. Arrestarsi  a  tempo  è  virtù  :  e  mi  pare  prudente  il  Politès 
nella  sua  scelta.  A  due  nazioni  ha  l'occhio  molto  spesso,  né  s'ha 
da  consumare  il  tempo  a  scoprirne  le  ragioni;  ai  turchi  ed  agli  ita- 
liani. La  signoria  può  esservi  stata  tirani  esca,  ed  è  bene  vedere 
che  frutto  greco  abbia  seme  straniero;  dove  non  si  debba  disputare 
molte  volte  sulla  primazia.  Tra  gli  italiani  poi  sono  favoriti  dal- 
l'editore i  veneziani,  e  anche  codesto  è  voluto  dalla  storia. 

Dicevo  e  ripeto  che  il  serbare  gius>'a  misura  è  grande  pregio. 
Ma  può  cadere  opportuno  anche  un  capriccio;  e  se  non  ho  da  ci- 
tarne del  Politès,  ne  mostro  senza  rossore  uno  mio.  Che  cosa  di- 
ranno nel  secolo  nuovo  i  giapponesi  vedrà  la  storia:  correrà  sulle 
loro  labbra  un  verso  di  Giovanni  Milton  insieme  a  un  precetto 
di  Confucio,  e  Mencio  darà  la  mano  allo  Schiller  ;  ma,  nel  Giappone 
rimasto  ori  Pittale^  sarebbe  strano  il  cercare  alleanze  di  idee  coi 
figliuoli  della  scuola  ellenica.  Ad  ogni  modo  se  riscontro  e'  è, 
giova  avvertirlo  ;  mostrando  che  alla  Roma  dei  proverbi  condu- 
cono tutte  le  strade.  Ora  il  giapponese  dirà  che  eiiì-scin  gi-cun-nì 


erro,  a  lui  solo,  l'onore  di  nominarlo  mentre  viveva,  quasi  sigiiore  del 
firmamento  :  e  mi  piace  rinnovarne  le  testimonianze.  Era  morto  quando 
uscì  il  Paradiso  Perduto,  che  lo  rammenta  :  ed  è  strano  che  il  poeta  che 
visitò  il  cieco  illustre,  non  desideri,  fatto  cieco,  la  gloria  di  lui  :  e  non 
pensi  che  ad  altri  poeti,  Blind  Thamyris  and  blind  Maeonides,  ai  quali 
congiunge  .  .  .   TireHÌas  and  Phineiii^,  propkets  old  {Par.  lost,  III,  35). 

Chi  non  badasse  all'  ordine  An  tempi  potrebbe  supporre  che  anche 
uno  dei  nostri  aprisse  le  scene  al  pisano,  leggendo  nel  Fastor  fid  >  (V,  6) 
di  quel 

cenerando  Tirenio 
eh'  è  cieco  in  terra  e  tutto  vede  in  cielo. 

Ma  il  Galilei  vedeva,  e  nel  cielo  e  sulla  terra,  quando  il  Guarini  faceva 
rappresentare  (1585)  e  poi  stampare  (1590)  la  famosa  poesia. 

Quanto  ai  versi  del  Fletcher  (nella  edizione  del  Routledge,  The 
tvorks  of  Beaumont  and  Fletcher.  London  s.  a.  I,  140)  si  badi  che  stie 
si  scriveva  in  vecchio  e  sty  s'  usa  adesso.  1  tedeschi  hanno  immagine 
come  la  nostra  (Gerstenkorn)  ;  i  greci  avevano  la  grandine^  e  la  cjran- 
dinina,  onde  il  calàzio  dei  nostri  medici,  cioè  xaXàcliGv.  Credo  che  più 
comunemente  nelle  scuole  di  Grecia  s'usi  adesso  la  yi'kix'^'x. 


(7)  DEI  PKOVEEBI  POPOLARI  IN  GEECIA  ECC.  101 

zucaesu,  fedele  ministro  a  due  padroni  non  serve  (i).  Come  ci 
accordiamo,  gli  uomini  di  laggiù  e  gli  uomini  di  quassù  !  Ma  nos- 
signori, si  getta  r  occhio  sul  commento,  breve  e  chiaro,  di  quel 
tedesco  che  ci  fece  il  regalo  di  un  buon  libro  e  la  luce  sparisce, 
0  riflette  altre  tinte;  morto  uno  de' suoi  padroni,  il  galantuomo 
non  ne  cerca  un  altro,  entra  in  una  vedovanza  rispettosa  de'  suoi 
doveri  (-).  Beato  Giappone! 

Dove  tu  voglia  gettare  la  rete,  in  questo  mare  pescoso,  farai 
buona  preda.  Non  -dì  fosse  bugia.,  si  perderebbero  anche  le  verità 
(pag.  470);  e  Verità  senza  menzogna,  cibo  senza  sale  (p.  471),  e 
Verità  non  ha  né  salsa  né  gusto  (id.).  Così  il  greco:  e  1'  editore, 
perchè  non  avessimo  a  inorgoglire  a  torto,  ci  fa  subito  pensare 
al  nostro  La  novella  non  è  bella,  se  non  e'  é  chi  V  inorpella,  che 
altri  tramuterà  in  s'  e'  non  vi  .s'  appella  {^)  e,  restando  a  casa  no- 


(1)  Vedi  anche  il  Monosini  (pag.  111).  —  I  rabbini  {Duhes,  Rabb. 
BijUmenlese.  Leip.  1844,  pag.  190)  dicevano,  con  immagine  viva,  non 
ogni  uomo  gode  a  due  tavole. 

(2)  È  astuzia  anche  questa  perchè  mi  procura  il  piacere  di  rammen- 
tare un  libro  utile,  e  di  mandare  a  lui  lettori  intelligenti  e  curiosi  :  ed 
è  questo  :  Die  Sprichworter  und  bildlichen  Ausdn'icke  der  Japaniachen 
Sjìrache.  Gesammelt,  ubersetzt  und  erklart  con  P.  Ehinann.  Tokyo,  1897 
{Supplem.  der  Mittheilunoen  der  D.  Gesell.  fiir  Natur-  und  Vólkerkunde 
Ostasiens.).  Il  dotto  tedesco  ci  dà,  sotto  3729  numeri,  una  bella  raccolta  : 
trascrive  in  lettere  latine  le  voci  originali,  v'  aggiunge  i  segni  cinesi  e 
quella  parte  di  suffissi  giapponesi  che  guidano  il  lettore.  La  traduzione 
è  limpida,  alla  lettera  :  svelto  e  sugoso  il  commento.  Non  solo  gioverà  ai 
paroemiographi,  ma  a  quanti  studiano  il  giapponese  e  la  vita  di  quella 
ingegnosa  nazione  che,  mentre  le  altre  camminano,  corre  precipitosa. 
Proverbio  che  non  solo  dice,  ma  anche  intende,  come  noi  è  p.  es.  il  nu- 
mero 438  :  Gò-ni  itte  ra,  gó-ni  scitagae  "  a  paese  andando,  al  paese  ti 
accomoda.  „  Il  portare  nottole  ad  Atene,  già  citato  come  è  naturale  dal- 
l'Ehmann,  diventa  all'jamatica  un  Fu,ju-no  juchi-uri,  rendere  neve  d'in- 
verno (n.  406).  Di  commento  non  ha  bisogno  il  giapponese  se  predica  che 
cie-no  kagami-nio  cumoru,  "  anche  della  prudenza  si  offusca  lo  specchio  „ 
(n.  222),  0  che  ri-ni  magireha  acaru  naru,  "  col  sangue  mescolandosi,  si 
fa  rosso  „  (n.  216):  per  vedere  il  perche  (\g\  goniame-no  ha-ghisriri{n.'^^'), 
cioè  del  digrignare  del  gomame,  bisogna  sapere  che  il  gomame  (se  non  erro 
hvan,  in  cinese)  è  un  pesce  piccolino,  piccolino.  Se  la  rana  avesse  denti  ! 

Solo  con  questo  invito  f'o  venire  a  molti  la  voglia  del  libro,  e  per  ora 
mi  fermo  :  notando  però  che  mutai  i  segni  latini  perchè  rispondano  ai 
suoni  nostri,  non  agli  inglesi. 

(3)  Nel  Monosini  (p.  367),  del  quale  toccherò  più  sotto  :  anche  a' 
latini  ci  ricoitduce  il  dotto  toscano  (pag.  340). 


102  E.    TEZA  (8) 

stra,  s'  aggiungerà  il  Fama  .  .  .  qua  e  veris  oda/ e  re  falsa  gamlef  delle 
Metamorfosi  (IX,  137).  —  Ma  non  mi  pare  che  in  nessuna  delle 
nostre  province  corra  un'  altra  sentenza,  che  Verità  intatta  non  si 
trova  neanche  nel  Vangelo  (p.  471);  benché  i  greci  ne  usino  ne 
osino  scherzare  intorno  alle  cose  sacre.  Per  questa  strada  poi  si  an- 
drebbe lontani  (i),  e  non  è  mio  fine  di  trascrivere  dalla  raccolta 
del  P.  quello  che,  a  tempo  e  luogo,  va  consultato  (^^). 

Ai  proverbi,  ai  più  vecchi,  ai  più  comuni  cresce,  se  non  au- 
torità, la  vivacità,  il  sapere  chi  ne  faccia  uso  dei  grandi;  nascono 
per  le  strade,  e  generosi  padrini  li  raccattano,  dando  loro  quasi  il 
proprio  nome.  Non  muta  di  una  sillaba,  ma  pare  un'  altro,  il  Cìi- 
cullus  non  facit  rnonachum  se  lo  troviamo  in  una  comedia  dello 
Shakespere  {^):  e  s'ama  dire  una  vieta  sentenza,  petrarcheggiando. 
Lo  spirito  è  pronto^  ma  la  carne  è  stanca  (•*). 

Noi  vogliamo  boschi  fitti,  ma  poi  sediamo  sotto  a  un  albero 
solo,  cogliamo  un  solo  ramoscello.  Queste  faticose  raccolte  posano, 
spesso,  come  divenute  inutili,  perchè  il  lettore,  che  non  sia  l'eru- 
dito emulo  e  raccoglitore,  legge  di  salto  e  smette  presto. 

Uno  dei  detti  d'  oro,  sciolto  dalla  sua  compagnia  di  buoni  e 
di  tristi,  luccica  di  più,  lega  più  forte,  ma  l'uomo  dotto  che  ha  dat- 
torno in  folla  i  convitati  dà  a  ciascuno  il  suo  boccone,  quello  che 
lo  nutre  meglio  e  che  lo  rallegra.  0  nelle  cucine  del  popolo  o  in 
quelle  dei  sapienti  questi  saporosi  cibi  si  assomigliano  :  fanno  che 
si  smetta  presto.  E  quanta  è  la  potenza  di  chi  dice  da  solo  ! 
Sulla  educazione  vi  infilano  gioielli  di  apottemmi  d'ogni  gente,  di 


(1)  Francesco  Bacone  non  accusa  i  puritani  perchè  avevano  "  pro- 
nounred  (jeneraììif,  and  unthoiit  cliff'erenre,  ali  untruthfi  unUnvful  „  ?  Cfr. 
di  R.  W.  Church  l'eccellente  vita  di  Bacon  (London,  Macmillan,  1896, 
pag.  14),  nell'ammirabile  raccolta  elio  foce  il  Morley  col  titolo  di  FJnglish 
Men  of  Letters. 

(2)  Può  parere  strano  che  sull'  àyaiJ-óc;  e  sul!'  àyallóv  corrano  in  Grecia 
così  pochi  proverbi  (pag.  135);  ma  verranno  forse  più  tardi  (luoUi  che 
ci  riconducano,  se  non  alle  parole,  all'  idea. 

(3)  TwELFTH  Night  1,  5,  62  ;  e  il  bufibne  vuole  farvi  il  commento, 
la  traduzione  :  thaf,  's  as  ninrh  to  yay  r/.s  /  irear  no  motley  in  mij  hrain. 

(4)  Son.  in  vita,  CLIV,  14.  —  Dicova  T.  Tasso  [Tratt.  del  poema 
eroico,  libro  VI)  che  "  dalle  parole  basse  e  volgai'i  suol  nascere  alcuna 
volta  il  grazioso,  e  da'  proimrhi  più  che  dall'  altre,  come  nella  .  .  .  can- 
zone del  Petrarca  {Vita,  canz.  IX,  34]:  Un'  uni  il  donna  (jrama  un  dolce 
amico.  Mal  si  conosce  il  fico.  „ 


(9)  DEI    PROVERBI    POPOLARI    IN    GRECIA    ECC.  103 

Ogni  età,  di  ogni  luce:  andate  scegliendo,  ammirando,  sfilando:  a 
un  tratto  vedrete  in  disparte  un  diamante,  e  davanti  a  lui,  dimen- 
ticate ogni  cosa;  "  è  compiuta  e  generosa  educazione  quella  che 
addestra  l'uomo  ad  operare  in  ogni  officio  della  vita,  di  casa  e  di 
città,  nella  pace  e  nella  guerra,  con  giustizia;  con  arte,  con  ma- 
gnanimità. „  Lo  dice  Giovanni  Milton  ('):  e  non  pare  che  alcuno 
possa  dire  di  più. 


A  questo  grosso  volume  fo  una  giunterella  che  non  gli  cresce 
bellezza  ma  che,  spero,  non  gliela  scemerà  ;  in  quel  sacco,  che 
ha  sempre  aperta  la  bocca,  metto  un  granino  di  più. 

Dopo  aver  parlato  di  Michele  Apostólès,  ultimo  a  darci  pro- 
verbi popolari  dell'  età  bizantina,  poco  dopo  caduto  Costantinopoli, 
e  notato  che  di  alassimo  Margiinios  non  ne  abbiamo  collezioni, 
benché  vi  accennasse  il  Sathas  {Neoeìl.  pini.  216),  il  Politès  con- 
tinua : 

]^ei  due  secoli  corsi  dopo  V  Apostólès.,  alcuni  fra  gli  stranieri 
misero  assieme  proverbi  greci.  Prima,  pili  antica,  di  queste  raccolte 
possiamo  contare  quel  libro  di  ptroverhi  veneziani  che  si  chiama  Le 
DiECE  TAVOLE  de'  PROVERBI,  uscittt  in  lucc  ttl  principio  del  secolo 
XVI,  dopo  il  1509,  ristampata  più  volte,  e  in  Torino  nel  1535. 
Non,  ho  potuto  vederne  ìin  esemplare,  ma  ci  assicura  il  Pasqualigo 
(Raccolta  (^)  di  prov.  veneti,  p.  vìi)  che  "  vi  si  trovan  fram- 
misti alcuni  jjro  verbi  greci.   „ 


(1)  The  Works  of  John.  Milton^  London,  Millar,  1753,  nelle  poche 
pagine  che  trattano  Of  Education  (I,  144,  11).  E  si  può  vedere  anche  un 
altro  dei  libri  della  collezione  Morleyana,  eccellente  anche  questo,  il 
Milton  di  M.  Pattison  (1896,  pag.  48).  E  vero  molte  volte,  per  dirlo  con 
le  parole  del  Lazarus  {Die  Ethik  des  Judenthums.  Frankf.  1899,  p.  7), 
che  auch  ivas  der  Einzelne  vortragt  ist  Erfolg  des  Gesammtgeistes  der 
nur  im  Individuimi  personliche  Gestalt  gewinnt  ;  und  was  in  der  Ge- 
sammtheit  leht,  pragt  sich  in  Worten  oder  Werken  aiis,  tvelche  Einzelne 
geschaffen  haben. 

(2)  Nella  seconda  (1879),  perche  la  prima  edizione  (1857-58)  non  citava 
le  Dieci  Tavole.  Io  uso  la  terza  (Treviso,  1882)  ;  e,  de'  proverbi  che  mi 
accade  di  riferire  dal  vecchio  libro,  dirò  se  il  Pasqualigo  ne  tenga  conto. 

Non  ad  accusa  dell'  editore,  ma  a  difesa  mia,  noto  che  i  segni,  e  gli 
errori,  non  sono  serbati  tutti  nella  raccolta  del  Pasqualigo.  Scopo  mio  è 


104  E.    TEZA  (10) 

Il  conte  C.  Soranzo  gliene  ricopiò  uno  {(UjaUi  agalli  dice  il 
griego),  e  un'altro  era  citato  dal  Pasqualino,  alla  pagina  307  ;  ma 
forse  il  Polftès,  maestro  di  acribia,  vuole  sapere  qualcosa  di  più. 

Quei  proverbi  erano  stati  da  prima  disposti  in  dodici  fogli, 
forse  per  appenderli  ai  muri,  nelle  scuole  o  nelle  case,  per  istru- 
zione, per  consiglio  {^).  Forse  sparirono;  consumati  anche  dagli 
ammiratori,  come  avviene  spesso  a  questi  non  preziosi  abbelli- 
menti delle  stanze  popolane:  forse  c'è  biblioteca,  o  fortunato  pa- 
drone che  li  possiede  o  ne  possiede  ;  ma  uomini  prudenti  si  ac- 
corsero per  tempo  del  pericolo,  e  ne  fecero  un  libro.  Nella  goffa 
introduzioncella  impariamo  quello  che  ci  vogliono  dire  gli  stampatori  : 
pensate  il  disaggio  che  sarehhe,  a  chi  colesse  farsi  faniiliai  de' so- 
pradetti Proverbi  et  sententie,  a  portarli  in  Tavole  come  prima  erano 
impressi.  Per  satisfar  di  inamorati  della  virtù  (non  senza  nostro 
grande  fastidio)  quelle  grande  Tavole  in  questa  piccola  forma,  se- 
guendo lordine  del  alphahetto  {come  potrai  vedere)  habiamo  tradotte 
et  ristampate-  La  voce  tradotte  non  ci  confonderà:  perchè  si  in- 
tende solo  di  parole  trasportate  da  un  luogo  ad  un  altro:  e,  fatto 
il  mutamento,  ne  uscì  un  librettino,  di  trentasei  carte  che  si 
chiude  così  : 

Stampate  in  Turino,  per  Martino  Cra- 

uoto,  et  sui  ropagni,  Ala  instantia 

de  lacohino  Dolce,  ats  Cuni 

nel  anno  M.D.XXXV. 

a  di  .30.  de  Auosto. 

T  proverbi  ellenici  sono  tre:  ed  ecco  come  ce  li  offre  la 
stampa  : 


di  mostrare,  a  chi  non  può  vederle,  le  vecchie  pagine,  senza  lavarle.  Il  P. 
dirà  (pag.  289)  Danari,  seno  e  fede,  no  se  vede  ;  ma  le  Tavole  danno 
Danari  fenno  [senno]  e  fé  ce  ne  mancho  chognun  ere.  11  P.  (828)  El  per- 
sego  voi  vìn,  e  'l  figo  aqua,  e  le  Tavole  :  El  persego  voi  el  vin  El  figo 
vuol  V  acqua. 

Il  P.  non  dà,  e  non  promette,  ogni  cosa;  non  dice  p.  es.  che  (p.  112) 
A  V  entrar  Salve  eegina,  al  magnar  vita  dulcedo,  al  pagar  ad  te 
SUSPIRAMUS,  e'  è  anche  nelle  Tavole  ;  ma  che  la  prima  parte  della  triade 
manca,  o  fu  tralasciata  per  rispetto. 

(1)  Verrebbe  la  voglia  di  credere  che  a  Venezia  si  vendessero,  o  si 
mostrassero,  nella  Calle  dei  Proverbi. 


(11)  DEI  PKOVEEBI  POPOLAEI  IN  GRECIA  ECC.  105 

(1)  A  GALLI  A  GALLI, 

Dice  iì  Griego  [e.  4]. 

(2)  Bori  vin,  cafiva  tei^ia. 
Calo  ceassi,  caco  chefali 

Eì  Griego  [e.  4  v.].  Presso  il  Pasqual.  a  pag.  338. 

(3)  Cachi  gagorastis  agorasti  mo 
RiAS;  cioè,  mala  cvpreda 
comprctda  mattieria  [e.   6]. 

E  si  badi  ancora  al  More  angilla,  A  ìin  Grego  [e.  23  v.]  :  e  a 
queir  altra  aA^vertenza  che  leggiamo  più  innanzi  [e.  26  v.]  :  Parie 
i  chrUtian  se  noie  che  idntenda,  de  un  che  parìaua  Griego^  o  nero 
in  altro  lenguazo,  che  non  se  intendeua.  Alla  Grecia  fanno  pen- 
sare altri  luoghi  :  San  Paulo  lasso  i  zocholi  in  Candia  per  non 
portar  de  quella  terra  uia  [e.  28  v.]  :  In  Cipro  tre  cose  e  hon 
mercado  a  comprar  1  grosso  Sai,  Zucharo  e  P  ...  e,  et  cattiuo 
a  comprar  menudo,  pchc  el  costa  el  dopio  più  [e.  8  v.].  —  Quei 
puntolini  si  troverebbero,  a  sentire  le  Tavole,  in  abbondanza  a 
Messina  [e.  3].  —  Proverbi  veneti,  e  sgarbati,  sui  greci  si  pos- 
sono vedere  presso  il  Pasqualigo  (pag.  264). 

Il  Politès,  i  greci  e  quanti  amano  i  greci  ed  il  greco,  non 
hanno  bisogno  di  facili  correzioni:  si  contentano  di  sapere  che  nel 
raro  volumetto  non  e'  è  altro  che  giovi  a  codeste  ricerche.  Può 
bensì  nascere  la  voglia  di  consultare  le  Dieci  tavole,  anche  nel- 
r  ordine  nuovo  che  ebbero  poi,  per  nuove  ricerche,  da  curiosi  fatte, 
mandate  a  curiosi. 

Ad  altri  stranieri,  che  greci  non  sieno,  ha  gli  occhi  il  racco- 
glitore :  e  anche  per  costoro  è  bene  il  copiare,  sbagliando  con  la 
più  scrupolosa  fedeltà.  A  proposito  calla  basso.  Dire  il  Spagnuol 
[e.  4].  —  El  spacjnol  dice,  eh'  le  meglo  portare  le  calze  rotte  che 
repezzà  [e.  13  v.].  —  Quien  tiempo  tiene,  co  tiépo  se  attede. 

TiEMPO    UIENE,    QDE    SARREPIENTE.    El  Spaguol  [c.  270].  —   SeNORA 

beatrice.  Mucho  hablais,  Muciio  errais,  cioè.,  molto  piate.,  molto 
errate  [e.  28  v.].  —  Todos  nada.  cioè  tutto  niente.  Il  spagniuolo 
[e.  30  V.]  (0. 


(1)  Veggo  negli  AUspanische  Sprirhworter  (Recensì).  1883, 1,  312)  del 
Haller  (n.  262)  A  propòsito  Fray  Jarro^  e  nel  Refraner^)  dello  Sbarbi, 
che  non    ho,  vede   lo  stesso   proverbio  (Y,  61)   il  mio  erudito  ed    amico 


106  E.    TEZA  (12) 

Leal  desee,  e  feanch  uolee.  //  Franzoso  [e.  22].  —  Tout 

E    EIEN,    SENO    AUOTE    DEL    AEGENT.    FranzioSO    [c.  30  V.].    —    AmOE 

FA  MOT,  AEGENT  FA  TOT.  Dice  il  Francese   [e.  3  v.].  —   Buoena 
FOT,  no  e  mutable,  El  Franzoso  [e.  5]. 

C'è  poco,  perchè  anzi  il  raccoglitore  non  avrebbe  a  dare  nem- 
meno questi  (1):  protestando  egli,  nei  versi  che  formano  due  sgra- 
ziatissime  ottave,  che  i  proverbi  sono 

Italian  tutti,  che  sola  Italia  e  quella, 
Qual  hoggi  l'altre  lingue  tutte  abella. 

Anche  il  cardinale  Galeotto  credeva  non  ci  fossero  valentuo- 


consigliere,  don  R.  J.  Cuervo,  il  quale  ingegnosamente  suppone  nel  calla 
basso  s'abbia  a  leggere  calabaza.  Tutti  e  due  poi  diciamo  che  uè  il  calare 
italiano,  nò  il  callar  degli  spagnoli  darebbero  modo  di  spiegazione.  Nel 
Monosini  abbiamo  i  riscontri  aW  A  proposito  un  chiodo  da  carro  (pag.  263). 

Presso  allo  Sbarbi  (VII.  32),  e  prima  nel  Comendador  Griego  f.  102, 
Madrid  1619,  si  trova:  Quien  tiempo  tiene  y  tiempo  atiende,  tiempo  viene 
que  se  arrepiente. 

Naturalmente  s'ha  a  leggere  più  sotto  Todo  cs  nada,  che  forse  è  fram- 
mento, poiché  il  Cuervo  mi  riconduce  ai  vecchi  proverbi  Todo  es  nada., 
sino  trigo  y  cebada.  e  T.  e.  n.  lo  de  este  mundo,  si  no  se  endereza  al 
segundo. 

Macho  hablar,  macho  errar  e'  è  anclie  nei  Proverbes  judéo-expagnols 
ree.  par  Foulché-Delbosc  (Paris,  1895,  al  n.  726)  ;  ma  donna  Beatrice  non 
si  lascia  vedere. 

(1)  Di  altri  stranieri  non  si  parla  :  di  volo  e  non  altro  accennandosi 
alla  Germania.  Dirà  il  libro  che  /  Todeschi  ha  l'inzegno  nele  man  [e.  19], 
che  lodeschi  intendono  più  de  quel  che  sano  exprimere  [e.  30  v.],  e,  con 
parole  oscure,  Haue  el  Todesco  [e.  17  v.].  Questo  detto  sta  vicino  a  quel- 
1'  altro  Nerba  da  denti,  cioè,  Formento  e  quasi  supporrei  si  trattasse  di 
un  fratello  dell'orbo  tedesco,  cioè  delle  legnate,  se  possiamo  vedervi  Hafer., 
o  che  l'avena  abbia  i  molto  pregnanti  significati  dell' orzo.  —  Più  vicino 
nel  suono  è  Haue,  e  il  volgare  (berlinese?)  Die  Haue  kriegen  :  e  si  tor- 
nerebbe, per  altra  strada,  al  picchiare.  Quest'ultima  congettura  non  è  mia. 

Poi  e'  è  qualcosa  in  latino,  nella  lingua  delle  feste  :  Omnia  noua 
placent  [e.  25  v.]  [Cfr.  Erasmi  Adagia.  Grata  novitas  :  tutte  e  due  le 
formole  nel  Monosini,  pag.  151].  Omnia  p)^r  pecuniam  falsa  sunt  [e.  25  v.]. 
Qualis  vita  finis  ita  [e.  27].  Solus  jjeregrinus  in  Hierusalem  [e.  28]  :  e, 
con  la  glossa  per  chi  non  sa  di  latino,  Vngentem  pongit.  pongentem  ru- 
sticus  ungit.  che  uol  dire  Che  uilan  fa  carezze  a  chi  lo  ponge  et  menaz- 
za,  e  porta  odio  a  chi  lo  onge  [e.  32  v.]. 

Il  prov.  /  todeschi  ha  l'inzegno  ecc.  è  citato  anche  dal  Haller  (Altspan. 
Sprichw.  II,  252)  che  lo  toglie  dalle  Dieci  Tavole,  seguendo  il  Pasqualigo. 


(13)  DEI    PROVERBI    POPOLARI    IN    GRECIA    ECC.  107 

mini  che  in  Italia;  ma  la  vanità  sparirebbe  ad  un  tratto  se,  a  testi- 
monio della  nostra  gloria,  non  avessimo  a  citare  che  le  Dieci  tavole. 
Veneti  sono  questi  proverbi,  in  anima  ed  in  corpo,  nei  pen- 
sieri e  nelle  parole;  si  direbbero  quasi  veneziani,  se  alle  volte  non 
si  attribuisse  alla  città  madre  questo  detto  e  quello  come  se  gli 
altri  non  fossero  suoi.  Cosi  p.  es.  Lha  dale  so  condif/on  ì  noia,  pro- 
verbio venetian  [e.  20].  ~  Lha  pia  spreo.  pescatori  Venetiani  [e.  22  v.J. 

—  Lacqua  immarcisse  i  palli.  Venetiani  [e.  23]  :  forse  per  met- 
terlo a  riscontro  con  quello  dei  Visentini  :  Lacqua  iìnìiiarcisse  le 
palle  e  i  moli  in  [id.].  Molto  si  gira  per  le  province,  ma  non  più  in  là 
di  Bologna,  di  Firenze  (i).  El  me  mena  la  testa  a  cerco,  proverbio 
vicentino  [e.  16]  :  L'acqua  fa  male,  el  uin  fa  cantare,  un  uilan  da 
Visentina  [e.  23].  —  Lohardia  zardin  del  mondo  [e.  20].  —  Leggio 
de  nos,  brusa  da  nascos.  Brescian  (^)  [e.  22].  —  Dal  A  al  Bue, 
cioè  dal  principio  ala  fin.  Romagnolo  [e.  12].  —  0  domenedio  da 
Lnola,  che  fa  fiorir  le  zucche  [e.  25  v.].  —  El  primo  anno  che  uà 
a  Bologna,   o  lha  frieue,  o  lha    rogna.   Pro   scholastico   [e.   14  v.]. 

—  Una  testa  seza  lingua  ual  tre  quattrini.  Vna  con  lengua  ual 
sei  (3),  Dice  il  Fiorentino  [e.  31  v.].  —  El  cerca  fichi  in  uetta, 
potendoli  aggiungere  dal  pedale.  Il  fiorentino  [e.  13].  —  E  più  giù: 
Eie  toscan.  el  uà  in  Friul,  el  no  farà  mai  statuti  [e.  14  v.],  che 
forse  ebbe,  o  potrà  avere,  la  sua  chiosa.  — ■  A  paesi  più  nostri 
che  non  paiano  si  va  da  un'  altra  banda  :  onde  la  vacca  trentina 
[e.  31   V.],  e   Tu  e  più  fiappo  che  le  orace  [sic]  de  Istria  [e.  31  v.]. 

Cito  queste  vecchie  testimonianze,  perchè  sono  vecchie  ;  e 
perchè,  in  ciascun  luogo,  ciascuno  prenda  il  suo.  Anche  nella  sa- 
tira cresce  potenza  il  sapere  che  non  è  nata  di  fresco  :  che  s'ad- 
destrò da  un  pezzo  a  cavare  il  fuscello  dagli  occhi  del  fratello  ; 
onde  gli  epitheti  de  diverse  nationi  [e.  34],  poi  mutati,  o  dimen- 
ticati, 0  cresciuti  nel  numero  e  nella  sgarberia  (^):  ecco  qui.  Pi- 


(1)  E  per  caso  e'  è  anche  la  Puglia  ;  con  un  detto  che  non  capisco  a 
dovere,  ma  che  trascrivo  :  Anna    dia  figlo.  Il  pugliese  [e.  3  v.].  È   forse 

vieni  qui  figliuolo  ?  „  e  che  sugo  ci  sarebbe  a  tenerne  nota  ? 

(2)  Quello  messo  in  bocca  al  bergamasco  [e.  30]  Trenta  mones  e  un 
ahljat  etc.  è  dei  proverbi  plebei,  che  non  usano  nelle  bocche  pulite.  Lo  stesso 
abbiamo  da  dire  di  un  altro,  che  pare  nato  in  Ravenna,  e  rafifrontato  a 
un  modo  usato  a  Treviso  [e.  18  v.]. 

(3)  Presso  il  Pasqualigo  (pag.  271)  :  "  Una  testa  co  la  lengua  vale 
'l  dopio.  è  anche  nelle  X  Tavole.  „ 

(4)  Strana  è  una  distribuzione  di  colori  che  nessun  pittore  imiterebbe  : 


108  E.    TEZÀ  (14) 

SANTiN,  pem  liiouo  :  veeonese,  rauom  :  beessà,  mangiahroda  :  bo- 
lognese, matto  :  eeeeaeese,  gambe  marze  :  vaboan,  picca  laseno  (i)  : 
MILANESE,  sponchiarol  :  Visentin,  gatto  (^)  :  fioeentin,  ciecho  :  man- 
TFAN,  ìmlgar  :  ceemonese,  magia  famli.  Con  più  vivezza  di  os- 
servatore, e  come  eco  di  storia,  c'è  Fiorentini  inanci  eì  fatto,  ve- 
netiani  sul  fatto,  senesi  doppo  et  fatto  [e.  36]  :  e,  con  nuovi  segni 
di  albagia  nazionale,  Todeschi  alla  stalla,  Feacesi  alla  cocina, 
Spagnoli  ala  camera,  Itali  a  ogni  cosa  (■'*)  [e.  36]. 


RoMAGNUOL,  d'ofjni  pelo  :  spaunuol,  Inanrho  :  lombardo,  rosso  :  todesco, 
negro:  sohiavon,  picciolo:  ziìnobse,  sguerzo  :  veneti  an,  ^yofe&o  [e.  35  v.]. 
Col  tempo  crebbero  i  piccini,  i  negri  rimbiondirono,  imbrunirono  i  bian- 
chi, e  sono  sparite  le  gobbe. 

(1)  Il  Pasqualigo  (p.  258)  da  altra  fonte  :  /  padoani  pica  l'aseno  e  i 
veronesi  lo  despica  per  un  toco  de  salrizza. 

Qui  mi  allungherò  un  pocolino.  Un  detto  di  popolo  è  raccolto,  fino 
dal  cinquecento,  da  un  viaggiatore  boemo,  un  cavaliere  compito,  che 
amava  dimolto,  e  anzi  troppo,  le  citazioni  (Liifzow's  Hist.  of.  bohem.  li- 
terature.  Lond.  1899,  p.  328).  Nei  suoi  Viaggi  dal  regno  cèco  a  Venezia 
(Cesta  z  Kealovstvi  geského  do  Benatek,  V  Praze,  1854,  I,  39),  Cri- 
stoforo Harant  (1564-1621)  rammenta  ai  suoi  paesani  il  Villanos  generai 
telliis  Paduana  diablos.  Sui  gradi  della  diavoleria  dei  villani  nel  mondo 
non  so  città  dove  sia  bilancia  da  giudicarne  ;  ne  dove  sia,  nelle  campagne, 
quell'altra  che  pesa  i  cittadini. 

Cristoforo  Harant,  in  quello  stesso  luogo,  ci  ripete  il  verso  Muso,  ntons, 
Athesis,  mare  certos  dant  mihi  fines.  Chi  guardi  al  suggello  del  vecchio 
comune,  (p.  es.  fF.  Trevisan]  Illustrazione  d'un  antico  sigillo  di  Padova. 
Parma,  J800)  dubitei'à  se  il  Musone  sia,  nel  latino  tollerabile  Muso  o 
Muson  ;  e  se  nel  suggello  c'è  ATHES,  badando  alle  leggi  del  verso,  e  alle 
tradizioni  che  serbano  il  nome  del  fiume,  starà  col  boemo,  vedrà  un'abbre- 
viatura ;  benché  il  Trevisan  creda  all'esistenza  di  un  mostro,  di  un  Athes 
(p.  44). 

Dotto  editore  fu  l'Erben,  come  fu  gentile  poeta  ;  ma  i  boemi  eruditi 
che  leggono  i  Viaggi,  nella  stampa  che  egli  ci  diede,  dove  è  scritto  (p.  39) 
Maria  Tarvisana  intendano  marca  :  e  dove  c'è  il  carro  de  luzefusina 
(p.  38)  mutino  in  Lizza  Fusina.  Forse  C.  Harant  aveva  nel  suo  auto- 
grafo, alla  slava,  licze.  Quanto  al  Carro,  gli  stranieri  che  non  ne  sanno 
veggano  le  Annotazioni  all'  Itinerario  di  Marin  Sanuto  (Padova,  1847, 
pagina  ix)  o  rammentino  che  il  carro  trasportava  uomini  e  cavalli  da 
un'acqua  all'altra,  con  ingegno  che,  cresciuta  la  scienza  e  l' industria  dei 
dotti,  diventò  inutile.  Il  viaggio  del  Harant  è  del  1598  (Tieftrunk,  Hist. 
literatury  ceské.  V  Praze,  1885,  p.  75). 

(2)  Per  errore  ?  Cfr.  magna  goti. 

(3)  Anche  presso  il  Pasqualigo  (pag.  264). 


(15)  DEI    PEOVEEBI    POPOLAEI    IN    GEECIA    ECC.  109 

A  fonte  più  letteraria,  anzi  che  a  voce  di  popolo,  accenna 
nel  suo  latineg-giare  un'altra  listerella,  che  getta  sulle  sue  parole 
sale  e  pepe:  Consrienfia  clericonmì,  fides  mercaiorum,  recipe  me- 
dicorum,  malitie  rusticorum,  ophiiones  doctorum,  hladitie  femina- 
rum  (1),   efcefera  notariorum,  iurameta  riifianorum  [e.  34  v.]  (2). 

Minaccio,  si  direbbe,  di  trascrivere  ogni  cosa.  Me  ne  trat- 
tengo ;  ma  come  resistere  alla  voglia  di  rivedere,  e  di  ripresen- 
tare, vecchi  conoscenti  che  ci  vengono  incontro  anche  da  queste  pa- 
gine ?  C  è  il  famoso  Da  chi  me  fido  (/uardeme  dio,  che  do  chi  no 
tue  fido,  me  gnardaro  b~e  io  [e.  12],  che  fu  ed  è  così  spesso  inter- 
pretato male,  quasi  non  si  lamenti  Taccusato  di  chi,  volendo  fargli 
il  bene,  per  disgrazia  gli  nuoce  (3).  Altro  detto  comune  è  1'  El 
aa  cercando  maria  per  Bauenna  [e.  12]:  veggo  citati,  senz'altro, 
Fra  Gandentio  [e.  17]  e  El  beato  Bernardino  da  feìUe  [e.  12]:  da 
notare  è  certamente  {^)  il  Tu  me  par  de  quei  che  cantaua    Ugo,  an- 


(1)  In  un  luogo  e'  è  glossa  che  passa  il  segno  :  Dio  te  guai-di  de  cinche 
F.,  Fame.  Fiume.  Feniene,  cioè  monegìie.  Fumo.  Frate,  [e.  36]. 

(2)  Forse  giova  a  qualcuno  un  altro  specchio  di  virtù  e  vizi  nelle 
nazioni  ;  in  quelle  di  una  volta  s'intende.  Tutto  passa,  gentilezza  de  Franza, 
furia  de  Inglvilterra,  fortezza  de  Alemagna,  seno  [senno]  in  Lóhardia, 
scaltrimento  in  Toscana,  crudeltà  in  Ongaria,  fedeltà  de  milanesi,  pia- 
ceuolezza  de  piamontesi,  m,agnanimità  de  romani,  mfedelità  in  Turchia, 
golosità  in  Sarracinia,  latronezzi  in  Barharia,  inuidia  de  frati,  odio  de 
giudei,  tradimento  de  puiesi  [pugliesi],  sdegno  de  schiauoni,  iniquità  de 
albanesi,  losenghe  de  greci,  iustitia  de  venetiani  [a  mezzo  il  salmo  e'  è 
il  gloria]  ;  sopportamento  de  genoesi,  lussuria  de  catellam,  destrezza  de 
bertoni^  benignità  de  spagnoli,  valentisia  de  portogcdesi.,  charità  de  bor- 
gognesi.,  bellezza  de  francesi,  continentia  de  picardi  [e.  35].  So  bene  quanto 
sarebbe  facile  trovare  in  altri  libri  i  riscontri  ;  ma  in  questo  momento, 
come  il  lettore,  ho  fretta  anch'io. 

(3)  E  in  questo  caso  la  voce  amico  serba  il  suo  valore.  Non  nego  poi 
che  alle  volte  si  usi  con  ironia  (Vedi  il  Monosini  alla  pag.  136,  e  anche 
alla  pag.  159,  ove  c'è  Vznvonc,  aq;axxrj;).  Ad  amico,  non  imprudente,  ma 
falso  pensa  anche  l'arabo  che  consiglia  a  guardarsi  dal  nemico  una  volta, 
e  mille  volte  da  lui.  (Cfr.  Arabum  Proverbia...  Ed.  Freytag,  III,  ^,  pag. 
95,  e  Ebu  Medini  Sententiae.  Ed.  De  Dombag,  1805,  n.  5). 

Il  Pasqualigo  (p.  160),  dato  il  in'overbio,  fa  questa  nota  che  confonde  : 
"  Così  è  nelle  Dieci  Tavole...  e  sotto  El  binato  Bernardino  da  Feltre.  „ 
Yero  ;  ma  questo  non  vuol  dire  che  gli  sieno  messe  in  bocca  le  parole, 
uè  se  ne  chiami  il  primo  autore  ;  il  nome  del  pietoso  frate  è  citato  da  sé, 
come  a  segno  d'onore. 

(■4)  Quest'antica  voce,  dal  veneto,  dovrebbe  risvegliare  Pio  Rajna,  che 
ci  fece  belle  promesse,  e  che  usa  mantenerle. 


no  E.    TEZA  (16) 

dando  allo  inferno  [e.  31]  e,  per  finire  colle  stregherie,  quell'altra 
sentenza  che  dice  Ocus  bocus  quinquere  que  citi  nasce  matto  non 
guarisse  me  [e.  25].  Si  pensa  subito  alle  parole  del  buon  Siebel 
nel  Faust:  Was  Herr?  Er  will  sich  unterstehen  Und  hier  sein 
Hoktisjjokus  treiben?  [v.  2306].  Lo  Schroer,  nel  suo  commento 
(Faust  von  Goethe.  Heilbronn,  1886,  pag.  141),  ci  insegna  che  il 
libro  più  antico  che  si  sappia  avere  quella  strana  voce  è  inglese, 
e  del  1634,  in  una  stampa  di  Londra  (Hokìcs  pocus  junior).  In 
commedie  inglesi  del  secolo  passato  l'ho  già  vista,  e  ne  attestano 
la  vitalità,  ma  qui  nel  libretto  veneziano  le  anticipiamo  di  un  buon 
secolo  la  fede  di  nascita;  e  chi  indovina  dove, sia  generata  davvero? 

Non  so  dove  abbia  letto  che  i  proverbi  durano  poco;  ce  ne 
sono  con  le  gambe  corte,  che  si  stancano  presto,  come  le  bugie, 
ma  ve  ne  sono,  robusti  e  svelti,  che  durano  un  pezzo:  e  quella 
raccoltina  delle  Tavole^  a  guardarla,  a  farsela  parlare,  rammenta 
quello  che  a  Venezia  è  vivo,  vivissimo  da  quattro  secoli.  Anche  la 
forma  si  mutò  assai  poco,  anche  il  colore  plebeo  restò  intatto  e 
pare  che  non  desse  noia  al  raccoglitore. 

Se  il  Polìtès  sperasse  che  anche  la  Scielta  de  procerhi  e  sen- 
tenze italiani  tolta  da  varie  lingue  :  opera  .  .  .  tessuta  da  Giulio 
Varrini.  Venetia  1656  (i),  serbi  tracce  del  greco,  non  lo  creda. 
Da  che  nazione  si  tolga  non  è  detto,  e  così  si  mescola  il  nostrano 
col  forestiero.  Nulla  gli  gioverebbe  il  Monosini  per  i  proverbi,  o 
nati  tra  i  bizantini,  o  più  tardi;  ma  per  le  tradizioni  morali  del- 
l' antichità,  e  sopra  tutto  della  greca,  questo  libro  eccellente,  e 
sviatosi  dalle  mani  degli  eruditi,  gli  farebbe  comodo  e  ad  ogni 
modo  piacere  grandissimo  (2).  Lo  vedrà  maneggiare  il  latino  come 
lingua  sua,  spigliato,  parlando  senza  declamare,  con  una  ammira- 
bile esperienza  di  filosofi  e  di  poeti,  greci,  latini,    italiani    e    con 


(1)  Questa  è  la  terza  edizione.  La  prima,  col  titolo  di  Scuola  del  volgo^ 
ossia  Scelta  ecc.  è  veronese,  del  1642. 

(2)  Angeli  Monosinii  Floris  italicae  linguae  libri  novem.  Yenetiis, 
1604. 

Gius.  Haller  che  vide,  studiò  e  citò  nel  secondo  volume  dei  suoi 
Proverbi  spagnoli  tanti  libri,  mostra  di  non  aver  potuto  scavare  nella 
ricca  miniera  del  Monosini;  dell'opera  del  quale  rammenta  appena  il  ti- 
tolo (II,  20). 

Di  proverbi  neogreci  poi  conosce  (II,  78)  solo  quelli  delle  Griechische 
Jahreszeiten  (I  Heft,  1873),  dati  fuori  da  Augusto  Mommsen. 


(17)  DEI    PROVEEBI    POPOLARI    IN    GRECIA   ECC.  Ili 

felice  arte  nel  commettere  assieme  quello  che  se  ne  stava  di- 
scosto. Dalle  tante  fonti  che  sgorgano  nel  mondo  lo  vedrà  bere 
anche  a  quella  di  ApoMoì'nis  Bisunfim  (i);  vedrà  sopra  tutto,  con 
meraviglia  e  con  dolore,  che  c'è  un  libro  che  egli  onora,  ma  spa- 
ventato dal  nome  dell'autore.  Non  osa  dire  come  Erasmo  si  chiami: 
come  testimoni,  gli  compariranno  paroemiographi  i.  e.  omnes  qui 
hactenus  paroemias  collegerunt,  et  praecipue  nobis  àpprjxoi;  (2)  :  e 
a  questo  ineffabile  darà  per  eccellenza  il  titolo  che  è  di  tutti,  di 
paroemiographus  (3);  ma  per  modo  da  mettere  in  iscompiglio  lettori 
che  non  aprano  gli  occhi  {^).  Dottissimo  è  l'olandese  anche  per  il 
nostro  Monosini;  quell'Erasmo  che  non  solo  mette  assieme  i  pro- 
verbi, ma  se  ne  abbellisce,  per  rinfrescare  e  riscaldare  le  sue  scrit- 
ture (5)  :  e  noi,  lodando  l' uno,  perdoneremo  all'  altro,  e  agli  scru- 
poli di  troppo  delicata  coscienza. 


(1)  Come  p.  es.  a  pag.  50,  alla  frase  "  Tróvxog  àyaO'cJ&v,  un  mar  di  beni, 
i.  inmimera  bona.  „ 

(2)  Nel  cataloffus  auctorum,  in  capo  al  volume. 

(3)  E  spiega  così  :  nomen  enim  viri  illius,  doctissimi  quidem^  sed  re- 
ligioni nostrae  parum  addicti^  qui  Adagiorum  Chiliadas  collegit^  cum  si- 
milibus  qui  in  hoc  genere  laborarimt,  ita  passim  denoto.  (Pag.  94). 

(4)  Ecco  un  esempio.  Al  proverbio  Xuxvou  àpS-évxoc;  yuvYj  Tiàaa  vj  aùxi^  il 
Monosini  annota:  "  Pessime  vero  interpretatur  Paroemiographus,  ut 
animadverterunt  Gralli  „  [Pag.  121].  Chi  sono  codesti  ?  Il  Paremiografo  è 
naturalmente  Erasmo,  al  prov.  Sublata  lucerna  etc.  (anche  questo  è  in 
Apostolius,  benché  il  Monosini  non  lo  dica)  :  e  la  difesa  delle  donne  è  di 
Enrico  Stefano,  nella  sua  edizione  degli  Adagi.  (Io  cito  dalla  splendida 
edizione  Desidera  Erasmi.  Opera  omnia.,  Lugduni  Bat.  1703,  voi.  II,  col. 
821).  Strano  è  che  il  francese  adoperi,  come  arma  di  battaglia,  anche  il 
Farcite  paucarum  difftmdere  crimen  in  omnes  [Ovin.  Ars  am.  3,  9J,  e  che 
il  Monosini  ricanti  le  stesse  parole  al  prov.  Nemo  comatus  qui  non 
praeciditur  (p.  371)  ;  dandone  questa  ragione  :  Iniurium  fuit  illum  mihi 
àppyjxov  tali  vitio  omneis  mulieres  italas  insimulasse.  Ingiusto  sarebbe 
stato  davvero  ;  ma  sarebbe  anche  ingiusto  il  tacere  che  quel  proverbio 
nell'opera  genuina  di  Erasmo  non  c'è  ;  benché  si  legga  p.  es.  nelle  aggiunte 
della  edizione  fiorentina  (Fior.  1575,  pag.  1357).  Severo  colle  donne,  Erasmo 
é  più  severo  coi  maschi  i  quali  rejiciunt  in  foeminas  si  quid  ipsi  deli- 
raverint,  come  i  principi  muovono  insanissimos  bellorum  tumultos,  e  gli 
imputano   al  popolo  (Opeka   II,  689,    al  prov.   Mulierum  exitia). 

(5)  La  voce  del  Herder  va  sentita  sempre  :  Die  gescheitesten,  weisesten 
und  witzigsten  Mànner  alter  Zeiten  und  Volker  haben  sich  mit  Sprich- 
wortern  hesrhdftigt  und  erlustigt,  vom  weisen  Konig  Salomo  an  bis  auf 
Erasmus,   Baco,  und  wie  viel  Andere  mehr  !  Des  grossen  Erasmus  Witz 


112  E.  TEZA  -  DEI  PEOVERBI  POPOLABI  ECC.  (18) 

All'  amico  Politès  dico,  a  rivederci  :  e  perchè  intendo  di  mo- 
strare più  da  vicino  i  più  rilevanti  tra  i  detti  che  egli  ci  offre 
adesso,  e  perchè  aspettiamo  con  desiderio  vivo  i  nuovi  volumi.  Che 
il  primo  a  ripetere  (Juello  che  i  greci  del  suo  tempo  dicevano,  fosse 
un  veneto  mi  rallegra,  per  quanto  sia  stato  piccino  il  raccoglitore  ; 
mi  rallegra  ogni  segno  di  affettuosi  congiungimenti  tra  le  due 
nazioni,  laddove  mi  rattrista  ogni  ombra,  se  corpi  non  sono,  che  si 
alza  per  separarci.  Come  nei  proverbi  giova  vedere  e  rivedere  lo 
stesso  pensiero  in  altre  bocche,  e  pare  più  efficace  quanto  è  mag- 
giore la  gloria  del  popolo  che  lo  alberga,  così  mi  lasci  il  Politès 
chiudere  con  le  parole  che  sono  di  tutti  noi,  ma  che  a  nome  di 
tutti,  e  meglio,  glielo  dirà  Francesco  Guicciardini:  Quasi  tuffi  e'  me- 
desimi proverhii  o  simili,  benché  in  diverse  parole,  si  fruovano  in 
ogni  nazione  ;  e  la  ragione  è  che  e'  proverbi  nascono  dall'esperienza 
0  vero  osservazione  delle  cose,  le  quali  in  ogni  luogo  sono  le  mede- 
sime 0  simili  (^). 


und  letchte  Schreibart  ist  aus  Sprichwortern  and  gangharen  Redarten 
geschOpft.  (Von  ben  Suhulen  u.  s.  w.  Werke,  8tempel's  Ausgabe  XVI, 
188).  Non  aveva  bisogno  di  abusarne,  come  lo  spagnolo  Blasco  de  flaray 
nelle  Cartas  de  Befranes  ;  sapeva  dire  a  sé  stesso,  Acqua  e  non  tempesta. 
(1)  Ricordi  politici,  n.  XII  {Opere  inedite,  1857,  I,  90). 


(Licenziata  per  le  stampe  il  15  dicembre  1899) 


Atti  del  Reale  Istituto  Veneto    di  scienze,  lettere  ed  arti. 
Anno  accademico  1899-900  -  Tomo  LIX  -  Parte  seconda. 


LE  SALE  D'  ARMI  DEL  CONSIGLIO  DEI  DIECI 

NEL   PALAZZO   DUCALE   DI   VENEZIA 

dell'ing.    federico    BERCHET,    s.  c. 
(Adunanza  del  29  offohre  1899) 


Sorge  naturale,  fra  quanti  ammirano  il  nostro  Palazzo  Ducale 
e  ne  desiderano  con  amorosa  sollecitudine  la  conservazione,  il 
quesito  del  ripristino  di  alcune  sue  parti,  quali  si  trovavano  al- 
l' epoca  della  caduta  della  Repubblica,  come  appunto  si  ama  di 
conservare  al  più  possibile  intatta  la  residenza  di  un  morto 
glorioso. 

Fra  questi  ritorni  al  passato  certamente  è  assai  desiderato 
il  ripristino  delle  antiche  sale  d'  armi  del  Consiglio  dei  Dieci,  per 
quanto  le  circostanze  lo  rendano  possibile. 

Ora,  dacché  il  trasferimento  della  sede  del  R.  Istituto  Veneto 
di  scienze,  lettere  ed  arti  dal  Palazzo  Ducale  in  questa  splendida 
"  Casa  in  soler  „  degli  Eccellentissimi  Loredani  di  S.  Stefano,  fu  la 
circostanza  la  più  favorevole  a  questo  intendimento,  che  io  studiai 
come  si  possa  raggiungere,  credo  mio  dovere  di  presentare  il  frutto 
dei  miei  studii  al  R.  Istituto,  al  quale  ho  l'onore  di  appartenere, 
non  solo  perchè  devesi  alla  sua  condiscendenza  la  possibilità  del 
ripristino;  ma  eziandio  pel  grande  amore  che  esso  ha  sempre 
portato  ai  patrii  monumenti  ed  in  ispecie  al  Palazzo  Ducale,  dove 
ha  lasciato  tante  nobili  tradizioni  ed  onorate  memorie. 

Questo  R.  Istituto  dall'  anno  1843  al  1891  ebbe  la  sua  resi- 
denza neir  angolo  sud-est  del  Palazzo  Ducale  occupando  la  super- 
ficie della  antica  torre  australe,  dove  negli  ultimi  quattro  secoli 
della  Repubblica  stettero  le  sale  d'  armi  dell'  Eccelso  Consiglio 
dei  Dieci. 


114  F.    BERCHET  (2) 

Della  torre  australe  del  palazzo  riedificata  dall'  Orseolo  nel 
977;  forse  ancora  la  torre  del  palazzo  costruito  da  Angelo  Parte- 
cipazio  neir  810  e  incendiato  nel  976,  di  cui  restano  probabile  do- 
cumento le  fascie  marcapiani  dal  ponte  della  Paglia  alla  scala  dei 
Censori,  nella  qual  torre  fu  ospitato  l' imperatore  Ottone  III  l'anno 
998  (^),  si  occuparono  parecchi  studiosi,  e  da  ultimo  Roberto  Galli 
che  ne  fece  rilevare  il  perimetro  al  piano  terreno  scavando  le 
fondamenta  delle  antiche  prigioni  Galeotta,  Giustiniana,  Grandonia, 
Frescazoja,  Schiava,  e  del  pozzo  del  Cavalier  {-)  che  era  la  en- 
trata con  pozzo  all'  appartamento  del  cavaliere  del  Doge  nel  so- 
vrapposto mezzanino. 

In  tale  occasione  vennero  in  luce  pavimenti  accidentati  e 
depressi  sotto  il  livello  delle  alte  maree,  fognature,  basse  porte, 
piccoli  spiragli,  grandi  archi  ogivali  di  scarico  ed  altri  particolari 
di  costruzione  che  furono  disegnati  in  apposite  ortografie  ed  icno- 
grafie, di  un  esemplare  delle  quali  faccio  omaggio  al  R.  Istituto, 
senza  piii  oltre  trattenermi  sulle  origini,  identificazioni  ed  ufficii 
della  torre  australe,  per  non  esorbitare  dal  mio  assunto  che  in- 
tende limitarsi  a  discorrere  delle  sale  d'  armi  del  Consiglio  dei 
Dieci. 

Queste  sale,  dopo  che  cessarono  dal  loro  ufficio  e  furono  bar- 
baramente dilapidate  e  saccheggiate,  accolsero  prima  in  deposito 
le  argenterie  delle  chiese,  confraternite  e  scuole  soppresse,  ori, 
gioje  e  perle,  poi  spogliate  di  tutto  e  ridotte  a  camere  nude  e 
imbianchite  servirono  sotto  il  primo  regime  austriaco  all'  Ufficio 
di  spedizione  del  Tribunale  d'  appello,  poi  ancora  divise  in  più 
camerini  e  riparti  servirono  alla  Procura  generale  del  Regno 
d' Italia,  quindi  al  collegio  dei  Segretari  protocollisti  di  Consiglio 
del  Tribunale  (^),  e  finalmente,  pel  concetto  espresso  nella  Sovrana 
risoluzione  del  23  marzo  1823  che,  cioè,  il  Palazzo  Ducale,  sgom- 
brato di  ogni  pubblico  ufficio,  dovesse  divenire  la  sede  pacifica 
delle  scienze,  delle  lettere  e  delle  arti,  vennero  assegnate  per 
residenza  di  questo  Reale  Istituto. 


(1)  Sagorninus  Chronicon  venetum,  Andreas  Dandulus,  col.  160,  Sabel- 
licus,  Dee.  I,  lib.  II  e  VI,  Sansovino,  Cr.  Ven.  p.  24. 

(2)  Disegno    tratto    dalla   pianta   terrena  del  Palazzo  Ducale  (1580), 
Codice  CCXCY,  classe  VII''  Marciana. 

(3)  Cicogna,  Il  forestiero  f/m'dato  nel  rospinio  appartamento  dove  ri- 
siedeva il  gabinetto  della  Repubblica  di  Venezia.  Ven.  1817,  pag.  18,  21. 


(3)  LE    SAIiE    d' AEMI    DEL    CONSIGLIO    DEI    DIECI  115 

Lo  studio  pertanto  che  ho  1'  onore  di  presentare  per  la  in- 
serzione negli  Atti  del  R.  Istituto  comprende  : 

Origine  delle  sale  d'  armi  del  Consiglio  dei  Dieci,  loro  di- 
sposizione nel  Palazzo  Ducale  e  vicende  cui  andarono  soggette. 

Discipline  per  la  amministrazione,  custodia  e  manutenzione 
delle  sale  d'  armi. 

Furti  e  dispersioni  avvenute  durante  la  Repubblica. 

Stato  in  cui  le  sale  d'  armi  si  trovavano  al  cadere  della 
Repubblica,  ed  elenco  delle  armi,  dei  trofei,  dei  cimelii  storici  ed 
artistici  che  contenevano. 

Sperpero  cui  andarono  allora  soggette. 

Dove  ancora  si  conservino  parecchi  oggetti  d'  arte,  cimelii 
ed  armi,  e  quali  nel  Palazzo  Ducale,  nel  Museo  dell'Arsenale 
ed  altrove. 

Restauri  alle  sale  e  lavori  di  ripristino,  e  come  di  recente 
fu    provveduto  al    restauro  e  bene  avviato  il  ripristino  dei  locali. 

Come  potrebbesi  provvedere  a  ricostituire  le  sale  d'  armi 
rimettendo  al  preciso  loro  posto  quanto  avanza  delle  storiche 
collezioni. 

A  questa  Memoria  sono  aggiunte  : 

a).  La  pianta  delle  sale  d'  armi  colla  indicazione  del  posto 
ove  erano  collocati  i  principali  oggetti  al  cadere  della  Repubblica. 
h).  La  fotografia  della  parete  scritta,  dell'ultimo  camerotto 
della  torreselìa. 

e).  Parecchie  fotografie  degli  oggetti  principali  delle  sale 
d'armi  conservati  nel  Palazzo  Ducale,  nel  R.  Arsenale  ed  al- 
trove. 

d).  L' Inventario  generale  o  nuovo  Registro  di  tutte  le 
armi  e  cose  ragguardevoli  delle  sale  d'  armi  del  Consiglio  dei 
Dieci,  compilato  da  Marcantonio  Gruerra,  masser  alle  sale  d'armi, 
il  23  agosto  1773;  e  l'Atto  di  consegna  all'Arsenale  di  Venezia 
24  gennaio  1799,  documenti  originali  inediti  ed  importantissimi. 
e).  L'  elenco  di  centocinquanta  documenti  del  R.  Ar- 
chivio di  Stato  e  di  altre  fonti  storiche  relative  alle  sale  d'armi, 
che  servirono  per  lo  studio  presente,  il  quale  assoggetto  al  vostro 
giudizio  nella  fiducia  che  il  R.  Istituto  vorrà  appoggiare  col  suo 
autorevole  voto  il  proposto  ripristino.  Che  se  questo  non  si  potesse 
conseguire,  per  le  gravi  difficoltà  esposte  nella  presente  relazione, 
rimarrà  almeno  in  essa  raccolto  tutto  quanto  si  riferisce  ad  una 
istituzione  che  fu  tra  le  più    amorosamente    curate    dalla  Repub- 


116 


F.    BEECHET 


(4) 


blica  e  che  per  la  sua  magnificenza  e  i  preziosi  cimelii  che  rac- 
chiudeva era  argomento  di  generale  ammirazione. 

Girolamo  Eossi  nei  suoi  scritti  ricorda  fra  le  più  grandi  im- 
pressioni   che    ebbe    nella    sua    gioventìi,  la  visita  fatta  alle  sale 


delle    armi    del    Consiglio    dei    Dieci,    le  quali  aJ.  og  li  arrivo  di 
principi  0  personaggi    stranieri    distinti  si  facevano   vedere  —  lo 


(5)  LE    SALE    d'  AEMI    DEL    CONSIGLIO    DEI    DIECI  117 

attesta    Marino   Sanudo   nei  suoi  preziosi  Diarii  (i)  —  come  mo- 
numento della  grandezza  della  patria. 


Le  sale  d'  armi  nel  Palazzo  Ducale  a  Venezia,  fino  agli 
ultimi  giorni  della  gloriosa  Repubblica,  si  chiamavano  Munifion} 
del  Consiglio  dei  Dieci,  o  soltanto  Camera  delle  munitìoni,  perchè 
nella  loro  istituzione  erano  limitate  ad  un  solo  locale. 

La  prima  memoria  che  di  loro  si  abbia  risale  al  1317,  quando 
all'  antica  sala  del  Maggior  Consiglio  eretta  nel  1295  suU'  ala 
fabbricata  dallo  Ziani  verso  il  canale  (-)  ed  ampliata  verso  corte 
nel  1301  ("'),  fu  aggiunta  una  camera  a  parte  sinistra  della  cat- 
tedra del  Doge  per  riporvi  le  armi  del  Comune  (^). 

Dopo  che  fu  eretta  la  nuova  sala  attuale  del  Maggior  Con- 
siglio nel  1340,  sopra  quella  dei  Signori  di  notte  {^)^  fu  delibe- 
rato il  lavoro  necessario  per  collocare  le  armi  nel  locale  vicino 
alla  detta  nuova  sala  del  Maggior  Consiglio,  nel  1357  (•')• 

Anche  più  tardi  una  sola  era  la  camera  qnl  est  saprà  Qiia- 
rantiam,  deputata  ad  conserrationem  armorum  et  alioranì  rerum 
GonciUi  de  Decem  (J)  e  1'  entrata  era  per  la  porta  che  è  nel- 
r  andedo  del  Maggior  Consiglio  (^^),  mediante    schala  sancada  (^). 

Suffrago  le  mie  affermazioni  colla  citazione  a  pie'  di  pagina 
dei  documenti  storici  che  le  confermano,  parecchi  dei  quali  dal  18 
gennaio  1253  a  tutto  il  20  novembre  1600  sono  stati  pubblicati  da 
Giambattista  De  Lorenzi  coadiutore  della  3Iarciana  in  un  volume 


(1)  Sanuto,  Diarii,  voi.  XXYl  p.  155,  XXVII  p.  378,  XXXIX  p.  87, 
XL  p.  177.  Venezia,  tip.  Visentini,  1879-91),  dell'autografo  originale  con- 
servato nella  Marciana. 

(2)  Deliberazioni  Maggior  Consiglio,  Voi.  l'ilo.-ais^  1295,  25  febb.,  carte 
28,  Ardi.  gen.  di  Ven. 

(3)  Deliberazioni  Maggior  Consiglio,  A'^ol.  M(/(jnas  et  Caprirorn/is, 
1301,  13  luglio,  carte  10,  Aroh.  gen.  ven. 

(4)  Deliberazioni  Maggior  Consiglio,  Voi.  Clerirus-Cwiciis,  1317,  4 
giugno,  carta  96  verso.  Arch.  gen.  di  Ven. 

(.5)  Deliberazioni  Maggior  Consiglio,  Voi.  Spiritus,  1340,  28  die,  carta 
113,  Ardi.  gen.  di  Ven. 

(6)  Ri'gistro  4,  Misti  Consiglio  dei  Dieci,  1357,  2(i  luglio,  carta  60. 

(7)  Registro  8,  Misti  Consiglio  dei  Dieci,  1392-1407,  carta  6. 

(8)  Registro  43,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1593,  carta  138. 
(d}  Registro  8,  Misti  Consiglio  dei  Dieci,  1392-1407,  carta  57. 


118  ^.    BERCHET  (6) 

in  quarto  intitolato  :  Monumenti  per  la  storia  del  Palazzo  Ducale, 
Venezia,  1868,  tip.  del  Commercio  di  A.  Visentini,  col  generoso 
sussidio  di  John  Ruskin,  il  celebre  illustratore  delle  Stones  of 
Venice,  documenti  che  sono  tutti  conservati  nell'Archivio  gene- 
rale di  Yenezia  ;  ed  altri  dell'  Archivio  proprio  del  Consiglio  dei 
Dieci,  che  il  Lorenzi  si  proponeva  di  pubblicare  in  un  secondo 
volume,  il  cui  materiale  inedito  è  conservato  presso  la  Veneta 
Deputazione  di  storia  patria. 

Oltre  a  queste  fonti  principali  furono  di  sussidio  alle  mie 
ricerche  quanto  lasciarono  scritto  lo  Zanotto  nel  Palazzo  Ducale, 
Venezia,  1858,  voi.  II,  parte  XIX'^;  il  Rossi  nella  sua  opera  mano- 
scritta esistente  nella  Biblioteca  della  Marciana,  voi.  V,  pag.  179 
e  segg.  e  voi.  LX,  Doc.  pag.  182  ;  il  Cicogna  nel  Codice  ms.  del 
Museo  Civico  n.o  rosso  3283  e  nero  2984,  fascicolo  25,  e  nel 
Forestiero  guidato  nel  cospicuo  ap)partamento  ove  risiedeva  il  gabi- 
netto della  Repubblica,  Venezia,  1817,  pag.  21;  il  Sanudo  nei  suoi 
memorabili  Diarii,  vero  monumento  storico  dell'epoca  sua  ;  il  Gra- 
vembroch,  cod.  ms.  Curiosità  venete  sacre  e  profane,  1764,  nello 
stesso  Museo  Civico  ;  ma  più  di  tutto  la  grande  miniera  dell'Ar- 
chivio di  Stato.  Con  queste  ed  altre  fonti  vengo  mano  a  mano  svol- 
gendo la  storia  delle  sale  d'armi  del  Consiglio  dei  Dieci  e  lo  studio 
per  ricostituirle,  che  forma  oggetto  della  presente  Memoria. 

In  causa  del  progressivo  aumento  delle  armi  e  degli  oggetti 
raccolti  si  aggiunsero  in  seguito  altri  locali  i  quali  portarono  il 
numero  delle  sale  a  quattro  e  cioè  una  nel  piano  inferiore  e  tre 
nel  piano  superiore  (i). 

La  prima  sala  aggiunta  fu  al  piano  inferiore,  sotto  la  antica, 
dacché  nel  1399  la  sala  delle  armi  del  Comune  in  Palazzo  Du- 
cale è  indicata  in  due  soleri,  e  le  armi  vi  erano  rinchiuse  in  tanti 
cassoni  (^). 

Queste  sale  fino  dal  principio  non  si  destinarono  soltanto  a 
raccogliervi  armi  comuni,  ma  ebbero  lo  scopo  di  conservare  ordi- 
natamente disposte  come  in  un  ]\Iuseo  le  armi  pregiate  e  singo- 
lari e  gli  oggetti  preziosi  che  pervenivano  alla  Signoria  per  acqui- 


ci) Nota  e  al  Doc.  242  pubb.  dal  De  Lorenzi,  Venezia,  1868. 
(2)  Registro  8,  Misti  Consiglio  dei  Dieci,  1392-1407,  carta  57. 


(7)  LE    SALE   d' AEMI    DEL    CONSIGLIO    DEI    DIECI  119 

sto,  per  dono  e  per  bottino  o  trofeo  di  guerra,  per  cui  col  tempo 
si  arricchirono  di  tante  e  singolari  cose  preziose  che  il  carattere 
di  Museo  divenne  prevalente,  e  le  stesse  armi  si  adornarono  nel 
modo  più  specioso,  e  si  comperarono  pavesi  col  segno  Beati  Marci, 
corazze  ed  elmi  per  adornarle  {}). 

Solo  più  tardi,  nel  1600,  Venezia,  sortita  vittoriosa  da  tante 
distrette  e  sentito  più  urgente  il  bisogno  di  non  imbelle  tutela 
alle  istituzioni,  ricordava  1'  antico  invito  di  tener  pronte  le  armi^ 
fatto  dal  Consiglio  dei  Dieci,  come  leggesi  nel  Diario  Priuìi 
al  principio  del  secolo  XV,  a  tutti  i  cittadini,  da  cui  ebbero  inizio 
le  molteplici  armerie  private  in  Venezia,  e  destinava  una  delle 
sale  d'  armi  del  Consiglio  esclusivamente  a  quelle  di  effettivo 
combattimento,  con  norme  particolari. 

Nel  frattempo  alla  sala  in  due  soleri,  ossia  alle  due  sale, 
r  anno  1399  in  febbraio  (more  veneto)  i  capi  dell'  Eccelso  Con- 
siglio dei  Dieci  commisero,  prima  nella  sala  "  in  lo  primo  soler 
di  sotto  „  e  poi  anche  nella  sala  superiore,  di  fare  armadi  "  per 
la  longheza  de  un  ladi  e  de  laltro  et  in  testa,  de  la  erteza  de 
pe'   7  e  largheza  de  pe'    1  1/2 .  „ 

Questa  sala  aveva  due  finestre  che  naturalmente  non  si  co- 
persero cogli  armadi,  i  quali  corsero  ancora  '^  driedo  la  porta  a 
mano  destra  entrando,  e  sotto  la  schala  zanchada,  con  portelle  so- 
vrazate,  apribili  in  tutta  altezza.  ,,  (-). 

Nel  1496,  poiché  andavano  molto  aumentando  le  armi  e  gli 
oggetti  raccolti,  fu  deliberato  "  di  adoptar  per  le  dite  munition 
una  sala  vacua  che  xe  de  sora  de  la  Quarantia  civil,  qual'è  in 
torresella  de  la  banda  del  rio  de  Palazzo  a  la  destra,  non  usada 
ad  alcun  bixogno,  facendovi  armari  et  altro,  come  meglio  et  più 
conveniente  parerà  esser  a  questo  servitio,  et  adoptando  la  scala 
che  va  in  torresella,  come  meglio  al  Camerlengo  del  Consiglio  dei 
Dieci,  chiamati  i  periti,  in  questo  apparrerà.  „  (•^). 

La  prima  disposizione  a  tale  riguardo  data  dal  1464  (^),  pe- 
rocché fino  dal  1460  per  evitare  i  pericoli  ai  quali  potevano 
incorrere    le    sale    d'  armi,  il    Consiglio  dei  Dieci  aveva   ristretto 


(1)  Registro  8,  Misti  Consiglio  dei  Dieci,  1392-1409,  carte  6,  13, 19,  57. 

(2)  Registro  8,  Misti  Consiglio  dei  Dieci,  1392-U07,  carte  5  e  56. 

(3)  Registro  27,  Misti  Consiglio  dei  Dieci,  1495-1498,  carte  142  verso. 

(4)  Registro  16,  Misti  Consiglio  dei  Dieci,  1460-1466,  carta  142  verso. 


120  F.    BEECHET  (8) 

r  USO  della  torricella  pei  prigionieri  (^),  e  nel  1486  preoccupan- 
dosi dell'  eventualità  di  un  incendio  aveva  formalmente  stabilito 
che  restando  solo  il  carcere  forte,  tutti  gli  altri  camerotti  et 
clausure  licjnaminimi  existentium  in  ipsa  turicella  deheant  omnino 
et  quanto  fieri  posset  celerius  toli  atque  levari  vias,  sic  quod  omnia 
loca  illa  reddantur  in  aperto  (^),  e  che  le  chiavi  della  torresella 
fossero  depositate  e  conservate  presso  lo  stesso  Doge. 

Ma  come  la  deliberazione  del  1460  era  rimasta  lettera  morta, 
e  rese  necessaria  questa  del  1486,  sembra  che  neppur  quella 
del  1496  raggiungesse  lo  scopo,  dacché  continuarono  le  appren- 
sioni pei  pericoli  del  fuoco  e  le  incertezze. 

Nel  1507  fu  nuovamente  deliberato,  senz'  altro  quod  ipsa 
turricella  destrui  debeat  (=^),  ma  fu  conservato  il  carcere  forte. 

Trovo  nei  preziosi  Diarii  del  Sanuto,  che  in  quest'  anno,  e 
precisamente  il  20  maggio  1507,  "  hessendo  reduto  el  Pregadi  in 
Gran  Consejo,  accidit  eh'  el  cazete  certa  gorna  di  piombo  del 
palazo,  et  per  el  chargo  fo  minata  la  torresela  dove  si  meteva  li 
homeni  da  conto,  retenuti  per  el  Consejo  dei  X  ;  et  nel  cazer  de 
la  gorna  fé'  gran  romor,  dete  su  taole,  polvere  assai,  adco  queli 
erano  in  Pregadi  credetero  cazeseno  sozo  el  Palazo,  et  si  misero 
a  correr,  chi  di  qua  chi  di  là  ;  ma  poi,  visto  non  esser  altro  ritor- 
nono.  „  (-t). 

Frattanto  nel  1500  fu  concesso  quod  poni  possint  in  turri- 
cella uhi  haheant  stare  datisi  in  illa  camera  grandi  et  spaciosa 
que  est  ibi  i  sette  capi  e  governatori  francigeni  che  furono 
fatti  prigionieri  nel  recupero  di  Tre  viglio  ("'),  i  quali  nell'  agosto 
dello  stesso  anno  1509  furono  fatti  sloggiare  quando  fu  condotto 
a  Yenezia  e  posto  in  torresella  il  3rarchese  di  Mantova  Giovan 
Francesco  II  Gonzaga,  preso  a  tradimento  da  quattro  villani  a 
Isola  della  Scala  "  et  fò  conzà  la  torresela  con  tapezerie,  coltre 
d'oro  etc.  per  el  marchese,  che  era  molto  melanchonico  et  liavea 
mal  franzoso.   „  ('>). 


(1)  Registro  16,  Misti  Consiglio  dei  Dicci,  146H-U6G,  carta  14. 

(2)  Registro  23,  Misti  Consiglio  dei  Dieci,  1486-1487,  carta  60. 
(8)  Registro  31,  Misti  Consiglio  dei  Dieci,  1506-1507,  Ciii'ta  116. 

(4)  Sanuto,  Diarii,  voi.  VII,  p.  84,  85. 

(5)  Registro  32,  Misti  Consiglio  dei  Dieci,  150S-1.50!),  carta  105. 

(6)  Sanuto,  IHarii,  voi.  IX,  p.  41  e  271. 


(9)  LE    SALE    d'  armi    DEL    CONSIGLIO    DEI    DIECI  121 

In  questa  prigione  della  torresella  furono  ancora  custoditi 
prigionieri  d' importanza  come  : 

Nicolò  Guerrero,  che  nel  giugno  1439  scrisse  sulla  muraglia 
il  suo  nome,  che  tuttora  si  legge. 

Luchino  da  Cremona,  che  il  31  gennaio  1458  vi  scrisse  il 
diace  patì,  che  leggesi  ancora. 

Monsignor  De  la  Rosa  capitano  generale  de  1'  imperatore 
assieme  al  Lichtenstein  ed  a  Gaspare  Vincer  nel  1511  e  1512  (^). 

Sagramoro  Yisconti  di  Milano,  1512,  che  poi  militò  sotto  la 
Repubblica  e  morì,  nella  rotta  di  Padova,  1'  ottobre  del  1513  (^). 

Bernardino  de  TAntignola  spagnolo  nel  1513. 

Il  capitano  spagnolo  don  Alonzo  Carvajal  di  Perero,  prigione 
nel  1513,  scambiato  poi  col  governatore  generale  il  14  ottobre  (•^). 

Il  Cardinale  Ascanio  nel  marzo  1514  (-i). 

11  capitano  Rizen,  prigione  col  Frangipane  nel  1514,  fu  capi- 
tano di  Fiume  "  et  fo  quelo  che  fece  bruciar  Mestre  „  (^). 

Il  conte  Cristoforo  dei  Frangipane  conte  di  Segna,  Veglia  e 
Modrussa  capitano  dell'esercito  imperiale,  prigioniero  che  aveva  com- 
messe molte  crudeltà  in  Friuli  "  tajà  dei  e  cava  oci  a  102  me- 
schini vilani,  fatto  brusar  Mestre  et  altro  „  ;  fu  condotto  in  torre- 
sella  il  5  giugno  1514  ('•). 

Nel  gennaio  1517  si  concesse  a  sua  moglie  Lang  Apollonia, 
sorella  del  cardinale  Matteo  Lang  vescovo  di  Salzburg  e  primate 
di  Gurk,  di  visitarlo  e  di  dormire  con  lui  parecchie  notti  per 
cui  s'  era  fatto  allontanare  chi  si  trovava  nella  stanza  del  Fran- 
gipane (^). 

Nel  10  giugno  dello  stesso  anno  fu  concesso  al  Frangipane 
nel  giorno  della  processione  del  Corpus  Domini  "  che  el  possi 
vederla  ne  la  sala  de  la  libraria  sopra  quel  pozuol  „  (^)  "  et  così 
fo  mena  per  la  sala  del  gran  Consejo  et  vite  per  dito  pergole  la 
procession  et  poi  dal  balcon  di  corte  entrar  la  Signoria  in  palazzo 


(1)  Sanuto,  Diarii,  voi.  XIII  e  XIY,  passim. 

(2)  Idem,  voi.  XVII,  p.  95,  187. 

(3)  Idem,  voi.  XVI  p.  515,  XVII  201. 

(4)  Idem,  voi  XVIII,  p.  107  e  108. 

(5)  Idem,  voi.  XVIII,  p.  107,  108,  261,  e  XX  iJ^.m;». 

((i)  Idem,  voi.  XXI,  p.  92,  XXII,  p.  154,  214,  564,  XXIV,  177. 

(7)  Idem,  XXIII,  148. 

(8)  Registro  41,  Misti  Consiglio  dei  Dieci,  1517-1516,  carta  48. 


122  r.    BEECHET  (10) 


e  finita  la  processione  fu  ricondotto  immediate  al  suo  loco  con  le 

egualmente  gì 


guardie  sue  ordinarie  e  consuete  (i).  „  Effualmente  ffli  fu  concesso 


il  3  giugno  1518  "et  andò  a  vederla  con  uno  scuffion  d'  oro  in 
testa.   „   (-). 

Il  Sanuto  nota  "  che  questo  conte  Cristoforo  fece  intagliar  in 
torricella  che  vi  era  stato  condotto  il  5  giugno  1514  et  fin  al  10 
settembre  1518  erano  stati  1552  giorni,  famen  vi  stette  anchora, 
(1813  zorni)  (^);  che  nell'ottobre  1518  tentò  scappar  et  si  trovò 
al  tondo,  varda  sul  ponte  over  piazza,  segati  i  feri  (^);  che  era 
tenuto  preson  a  requisitoria  del  Ee  Christianissimo  (•'•)  ;  che  uscì 
di  pregion  il  6  gennaio  1819  e  al  1°  gennaio  gli  fu  ancora  per- 
messo di  dormire  con  sua  moglie  in  torresella  ('');  e  finalmente 
che  fu  mandato  a  Crema  per  consegnarlo  al  maresciallo  di  Fran- 
cia, Odetto  di  Foys,  visconte  di  Lautrech,  luogotenente  del  re  in 
Italia  C).  „ 

Col  Frangipane,  che  lasciò  scritto  sul  muro  della  torricella 
spes  mea  in  Beo  est  (^),  era  stato  messo  in  prigione  il  10  giugno 
1514  il  capitano  Renier,  tedesco,  "  ma  fu  levato  per  parole  bestiai 
usate.  „  Questi  fu  poi  cambiato  nel  1516  col  cav.  Della  Yolpe  che 
era  prigioniero  a  Gradisca  (^). 

Il  Sanuto  ricorda  pure  essere  stati  rinchiusi  in  torricella, 
dove  non  si  poteva  mettere  alcuno  senza  ordine  del  Consiglio 
dei  Dieci  : 

Brunoro  di  Serego  veronese  di  parte  imperiale  nel  1514^  rila- 
sciato poi  verso  piegieria  (^^). 

L'  arcivescovo  di  Candia  Girolamo  Landò  (aprile  1519)  "  in- 
cholpato  di  scientia  de  moneda  falsa  „,  rimesso  al  giudizio  ec- 
clesiastico che  lo  assolse  (i^). 


(1)  Sanuto,  Diarii^  voi.  XXIV,  p.  347. 

(2)  Idem,  voi.  XXV,  p.  437. 

(3)  Idem,  voi.  XXVI,  p.  Il,  349. 

(4)  Ibidem,  p.  152. 

(5)  Ibidem,  p.  181. 

(6)  Ibidem,  p.  327. 

(7)  Ibidem,  p.  339. 

(8)  Id.  id. 

(9)  Sanuto,  Diarii,  voi.  XVIII,  p.  261,  362,  voi.  XX,  p.  419. 

(10)  Idem,  voi.  XXII,  p.  246  e  358. 

(11)  Idem,  voi.  XXVII,  139,  157,  XXVIH,  135. 


(11)  LE    SALE    d'aJBMI    DEL    CONSIGLIO    DEI    DIECI  123 

Il  N.  H.  A'incenzo  Baffo,  rettore  a  Schiros,  il  22  gennaio 
1522  m.  V.   "  per  manzarie  „  (')• 

Il  N.  H.  Paolo  Nani  nel  novembre  1530  ;  poi  indiziato  di 
aver  tentato  di  appiccare  incendio  alla  torresella  dove  era  ritenuto  (2). 

Contin  da  Martinengo  "  condottier  venezian,  per  sospetto  di 
tradimento  stette  mesi  15.  „  Uscì  1'  11  novembre  1533  con  piegie- 
ria  di  ducati  15  mila  (•^). 

Baldassare  Carduzi  dottore,  maggio  1527,  rilasciato  poi  verso 
piegieria  di  ducati  1500  (^). 

Il  vescovo  di  Cesena  il  7  marzo  1528,  liberato  il  12  maggio 
essendosi  riconosciuto  che  non  aveva  fatto  alcun  male  "  solum 
era  in  inimicitia  col  Papa  „   (5). 


Si  arriva  così  con  due  sale  fino  al  1532,  nel  quale  anno 
in  causa  dell'  incendio  successo  in  torresella  il  2  marzo  1532 
per  inopinato  caso,  fortunatamente  spento  senza  gravi  danni,  ma 
non  senza  sospetto  sul  N.  H.  Polo  Nani  ivi  sostenuto  e  che  do- 
veva mandarsi  in  esiglio  perpetuo,  fu  preso  nel  Consiglio  dei  Dieci 
con  la  Zonta  :  "  di  disfare  li  lochi  de  la  torresella  e  far  sale 
d'  armi  „  ('•)  e  le  armi  che  erano  nella  sala  da  basso  furono  por- 
tate di  sopra,  e  dove  giacevano  le  armi  furono  disposte  le  stanze 
per  coloro  che  stavano  per  essere  eletti  a  qualche  carica  dal 
Maggior  Consiglio.  (^). 

La  spesa  fu  pagata  dal  "  proveditor  del  Sai  alla  cassa  della 
fabbrica  ducati  230  giusta  polizza  del  mistro  Antonio  protho  „  ('*). 

Nel  1535  fu  compiuta  la  terza  sala  "  facta  del  loco  „  della 
torresella  sull'  angolo  del  ponte  della  paglia  e  completamente 
fornita  d'armi,  ordinando  a  Brescia  le  compere  necessarie  (•^);  e  fu 


(1)  Sanuto,  Diarii,  voi.  LV,  e.  252  tergo. 

(2)  Registro  9,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1532,  carta  106  verso. 

(3)  Sanuto,  Diarii,  voi.  XXXV  _pa6'6Ùn,  e  LIY,>p.  115,  120,  123. 

(4)  Idem,  voi.  XLV,   111. 

(5)  Idem,  voi.  XXVII,  139,  157,  XXVIII,  135,  LIV,  p.  115,  120,  123, 
XXXV,  XLVII,  373,  414. 

(6)  Idem,  voi.  LVI,  pag.  165. 

(7)  Registro  8,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1532,  carta  29  verso. 

(8)  Registro  9,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1532,  carta  106  verso 

(9)  Registro  11,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1535,  carta  75  verso. 


124  F.    BEECHET  (12) 

addobbata  "  delli  soi  anneri,  restelliere  di  ferro  e  cortine  di  tela 
con  li  San  Marchi  d'  oro  come  avevano  le  altre  sale.   „  (i). 

Le  sale  delle  monizioni  continuarono  ad  essere  in  numero 
di  tre  nel  piano  superiore,  finche  nel  1609  vi  si  aggiunse  la  quarta 
sala  al  piano  sottoposto  che  fu  anche  detta  di  A rttxt infanto  perchè 
conteneva  armi  cariche  e  pronte  per  munirne  i  nobiluomini  del 
Maggior  Consiglio  in  caso  di  bisogno,  mentre  nelle  tre  sale  supe- 
riori si  conservavano  armi  antiche  e  preziosità  storiche  ed  arti- 
stiche (-)• 

Così  la  Camera  delle  moniUoni  dell'  Eccelso  Consiglio  dei 
Dieci  fu  definitivamente  stabilita  nei  quattro  locali  che  si  trovò 
ad  avere  alla  fine  della  Repubblica,  tre  dei  quali  nel  piano  su- 
periore sono  appunto  quelli  che  furono  in  questo  secolo  adottati 
per  sede  dell'  Istituto  Veneto  di  scienze,  lettere  ed  arti  colle 
suddivisioni  fattevi  allo  scopo  di  ricavarne  la  sala  per  le  assem- 
blee e  le  stanze  d'  ufficio  e  di  studio,  restando  le  raccolte,  la  bi- 
blioteca e  le  esposizioni  disseminate  in  altri  locali  dello  storico 
palazzo.  Il  quarto  locale,  nel  piano  inferiore,  è  l'attuale  sala  Bes- 
sarione  della  Biblioteca  Marciana. 


Per  non  trascurare  ogni  elemento  di  studio,  negli  archivi 
della  Repubblica,  alla  ricostituzione  delle  sale  d'  armi;  giova  an- 
che ricordare  che  nel  febbraio  1556  i  capi  del  Consiglio  dei 
Dieci,  Alvise  Contarini,  Cerolamo  Da  Lezzo  e  Domenico  Morosini, 
deliberarono  che  la  porta  per  la  quale  dall'  andito  del  Maggior 
Consiglio  si  accedeva  alle  sale  delle  armi  del  Comeio  di  X  fosse 
munita  di  un  "  serramento  decoroso  et  honorevole  „  {^)  come  richie- 
deva il  luogo,  epperciò  commisero  a  Zuan  Battista  Basadonna 
Console  veneto  nella  Seria  residente  in  Cipro  che  procurasse  di 
aver  dieci  tavole  di  cedro  del  monte  Libano  "  delle  più  belle, 
lunghe  piedi  dieci  e  grosse  dita  quattro.  „ 

Il  Basadonna,  dopo  lunghe  e  difficili  trattative  col  Reveren- 


(1)  Registro  12,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1537-1536,  carte  156, 

(2)  Zanotto,  Palazzo  dacale,  voi.  I,  cap.  XIX,  p.  Kió,  che  cita  il  Ma- 
rinioni  scrittore  contemporaneo. 

(3)  Registro  22,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,   1537-3H,  carte  210  e  se- 
guenti. 


(13)  LE    SALE    d'  AEMI    DEL    CONSIGLIO    DEI    DIECI  125 

dissimo  Patriarca  di  quel  monte,  il  quale  non  voleva  acconsen- 
tire perchè  quel  luogo  era  considerato  sacro  e  mai  era  stato 
tagliato,  e  non  essendovi  piìi  di  25  alberi  nel  monte,  alla  perfine, 
stabilita  una  elemosina  di  veneziani  d'  oro  dieci  alla  chiesa  pa- 
triarcale del  monte  Libano,  ed  accontentato  il  Macademo  di  quel 
monte  con  altri  veneziani  dieci  e  4  pezze  di  panno  rosso,  potè 
procurarsi  le  dieci  tavole  richieste,  farle  condurre  coi  muli  dal 
monte  alla  marina  di  Tripoli  e  colà  metterle  in  barca  e  spe- 
dirle alle  Saline  di  Cipro,  dove  Antonio  Cecchini  scrivano  alle 
dette  Saline  le  fece  caricare  sulla  nave  Yeniera,  patron  niesser 
Marco  Da  Damian  detto  Tabe,  e  le  spedì  a  Venezia  al  Provve- 
ditore sopra  la  artiglieria,  pel  nolo  convenuto  di  ducati  7  e  mezzo. 

Il  conto  reso  dal  console  Basadonna,  fra  elemosina  al  Pa- 
triarca, tributo  al  Macademo,  regalie,  mercedi,  spese  di  viaggio  a 
chi  trattò  e  fece  il  carico  e  ad  un  suo  assistente,  la  mano  d'  opera 
per  r  abbattimento  dell'albero  e  la  sua  segatura  nelle  dieci  tavole 
delle  indicate  misure  ed  il  loro  trasporto  alla  marina,  il  nolo  dei 
mulattieri  con  sette  muli,  cioè  cinque  carichi  ognuno  di  tavole,  e 
due  di  rispetto,  fino  a  Tripoli,  e  da  Tripoli  alla  marina,  e  loro 
carico  sulla  nave,  ammontò  a  veneziani  d'oro  da  lire  otto  n.  42 
e  marchini  6  (0. 

Il  serramento  di  porta  alle  sale  dell'  armi  costrutto  con  tanta 
spesa;  fu  tolto  dal  posto  quando  al  principio  di  questo  secolo  si 
portarono  nel  corridojo  gli  scaffali  della  Biblioteca  Marciana. 


Intanto  alla  conservazione  e  sicurezza  delle  sale  veniva  prov- 
veduto con  ogni  cura.  Abbiamo  deliberazioni  del  Senato  del  1538 
per  fortificarne  il  tetto  e  coprirlo  di  piombi,  del  1578  per  rifarlo 
ancora  (^).  Una  più  importante  deliberazione  fu  presa  nel  1569  (^). 
Per  dare  nuovo  e  più  maestoso  ingresso  alle  sale,  fu  costruito  un 
muro  attraverso  il  ripiano  della  scala  dei  Censori,  ed  aperta  su 
questo  muro  una  porta  di  fronte  a  quella  dell'anticamera  del  Con- 


(1)  Registro  22,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1555-1556,  carta  210.  con 
5  documenti  sopra  le  ultime  tre  carte  non  numerate. 

(2)  Registro  33,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci  1577-78,  carta  157. 

(3)  Rotatorio  27,  Capi  del  Consiglio  dei  Dieci,    1568-1569,  carta  190. 


126  F.    BEECHET  (14) 

siglio  dei  Dieci,  con  un  breve  ramo  di  scala  conducente  appunto 
alle  sale,  le  quali  ebbero  ad  avere  così  due  ing-ressi  ('). 

Questa  scalinata  che  univa  il  ripiano  della  scala  dei  Censori, 
al  piano  delle  sale  delle  munitìoni,  fu  costruita  originariamente  in 
legname,  per  non  caricare  con  soverchio  peso  la  grossa  trave  {bor- 
(lonaì)  sostenente  la  sottoposta  impalcatura  ;  ma  solo  trentadue  anni 
dopo  si  riscontrò  così  infracidito  il  legname,  che  il  Consiglio  dei 
Dieci  l'anno  1593  (m.  v.)  ai  15  di  febbraio  deliberava  di  rifarla  in 
pietra  "  anche  per  dignità  del  locho  così  nobile  et  così  ben  tenuto  {-).  „ 
La  spesa  per  la  nuova  scala  in  pietra  fu  prevista  da  messer 
Antonio  Contin  in  ducati  240,  lire  4  (s),  ma  a  lavoro  compiuto  si 
dovette  aggiungere  alla  somma  preavvisata  altri  ducati  322,  lire  4, 
soldi  1  (4).  Si  vede  che  anche  ai  tempi  della  Serenissima  e  sullo 
scorcio  del  classico  1500  i  conti  preventivi  ed  i  consuntivi  dei  la- 
vori di  adattamento  negli  edifici  non  andavano  troppo  d'accordo. 
Passano  i  tempi  e  noi  cambiamo  con  quelli,  ma  alcune  cose  restano 
pur  sempre  eguali.  In  quel  torno  molte  altre  scale  interne  di  ser- 
vizio nel  palazzo,  che  erano  state  originariamente  costruite  in  legno, 
probabilmente  per  le  esigenze  statiche  mentre  erano  piantate  di- 
rettamente sulle  impalcature  dei  sottoposti  solai,  vennero  per  ra- 
gioni di  comodità  e  di  pericolo  di  incendi  rifatte  con  gradini  di 
pietra,  e  già  nel  1598  le  scale  che  conducevano  nella  soffitta  delle 
sale  d'arme  che  erano  di  legno  fracido  e  consumato,  furono  rifatte 
in  pietra  di  Nanto  (s)  facendosi  pagare,  dal  Camerlengo  del  Con- 
siglio dei  Dieci,  ducati  duecento  da  lire  6,  soldi  4,  per  far  le 
dette  scale,  a  Gasparo  Dardani  masser  delle  sale  d'armi,  coU'ob- 
bligo  di  tener  conto  particolare  della  spesa,  per  presentarlo  al  Tri- 
bunale dei  Capi. 


(1)  Filza  11,  Parti  secreto  Consiglio  dei  Dieci,  1562-1564. 

(2)  Registro  43,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1598,  carti  168  verso. 

(3)  Filza  200,  Parti  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1593. 

(4)  Filza  209,  Parti  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1595. 
Ecco  il  dettaglio  della  spesa  : 

"  Gradini  12  lunghi  piedi  7  Va  a  soldi  50  il  piede,  quaricelli  8  a  lire 
24  l'uno,  pozapie  30  a  lire  7  il  piede,  muri  passa  7  a  lire  14  al  passo, 
piombo  libre  300  a  soldi  25  la  libbra.  Colla  mano  d'opera  di  muratore  e 
tagliapietra  e  trasporto  al  piede  del  lavoro  fa  ducati  240,  lire  4.  „ 

(5)  Registro  48,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  carta  109  verso,  e  filza 
221,'^Parti  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1598. 


(15)  LE    SALE    d'  AEMI    DEL    CONSIGLIO    DEI    DIECI  127 

La  grossa  trave  {hordonaì)  sostenente  il  muro  di  traverso  sul 
ripiano  della  scala  dei  Censori  dove  fu  aperta  la  nuova  porta 
alle  sale  d'armi,  col  tempo  ed  in  causa  delle  pioggie  lentamente 
filtrate  per  due  secoli  attraverso  le  giunzioni  delle  parti  in  ag- 
getto della  decorazione  in  pietra  viva  di  quel  lato  del  palazzo, 
soiferse  nella  sua  estremità  verso  il  rivo  di  Canonica,  per  cui  al 
principio  di  questo  secolo  fu  rinforzata  questa  estremità  facendola 
sostenere  direttamente  da  una  forte  sbarra  di  ferro  saldamente 
incastrata  nel  muro  ed  a  foggia  di  mensola  protratta  sotto  le  parti 
sane  del  hordonaì  ed  a  quelle    fortemente  assicurata. 

Malgrado  ciò,  quando  di  recente,  con  esuberanza  di  esagera- 
zioni e  spreco  di  retorica,  si  richiamò  Tattenzione  del  paese  sulle 
condizioni  statiche  del  Palazzo  Ducale,  nuovi  e  diligentissimi  esa- 
mi fatti  sul  posto  consigliarono  un  provvedimento  più  radicale.  Fu 
armata  con  2  staffe  di  ghisa  alle  estremità  e  con  un'arco  scemo  di 
scarico  in  muratura  la  grossa  trave  che  sovrasta  al  pie  della  rampa 
della  scala  di  fronte  alla  porta  del  Maggior  Consiglio.  All'antico  hor- 
donaì  sotto  il  muro  d'  accesso  alle  sale  d'  armi,  che  colla  estremità 
interna  poggia  su  questo  grosso  trave,  fu  sostituita  una  nuova  e  ro- 
bustissima trave  armata  a  sistema  misto  di  larice  e  di  ferro  con  te- 
state a  capsula  di  ghisa  alle  due  estremità,  mettendo  a  profitto  le 
varie  resistenze  del  materiale  impiegato,  e  vi  fu  involtato  sopra  un 
grande  arco  parabolico  di  scarico,  rifacendo  con  pietre  cave  il 
muro  tra  questo  e  la  trave  armata,  nel  qual  muro  fu  rimesso  a 
posto  l'antico  e  decoroso  contorno  della  storica  porta. 

In  tale  occasione  fu  pure  rinnovata  la  terza  trave  maestra 
parallela  alla  nuova  trave  armata  che  con  questa  sostiene  1'  im- 
piantito di  tutto  il  pianerottolo  (i). 

Dopo  che  il  Reale  Istituto  abbandonò  nel  1891  le  sale  delle 
armi,  vennero  abbattute  le  divisioni  in  cannici  e  legname  che 
erano  state  fatte  quando  furono  destinate  ad  uffici,  e  si  ritornarono 
alla  loro  planimetria  originaria,  come  mostra  il  tipo  esistente  nel- 
l'Ufficio regionale  (2). 


(1)  Quarta  Relazione  dell'Ufficio  regionale  per  la  conservazione    dei 
Monumenti  del  Veneto.  Venezia,  1899,  pag.  51-.52. 

(2)  Tipo  I    e  II  allegati    alla  perizia    dell'Ufficio  regionale  suddetto. 
Tedi  il  disegno  a  pag.  4  della  presente  Memoria. 


128  P.    BERCHET  (16) 

In  tale  occasione,  furono  anche  ripristinati  e  consolidati  i 
contorni  delle  finestre  ad  arco  acuto  sopra  il  rivo  di  Canonica, 
aperti  e  muniti  di  vetrate  a  rulli  i  fori  che  danno  sul  canale  e 
sul  Molo,  e  accuratamente  eseguita  ogni  necessaria  riparazione.  Si 
mantennero  al  loro  posto  le  due  piccole  finestre  rettangolari  re- 
spicenti  il  Molo,  le  quali  a  torto  si  vorrebbero  da  taluno  levare  dalla 
facciata  ove  esistono  ah  ant'iquo,  come  appunto  si  vedono  nella 
stampa  del  cinquecento  attribuita  al  Durerò.  Si  risarcirono  le 
travi  dei  soffitti  e  degli  impalchi  delle  sale,  rinnovando  tutte  le 
sansovine  a  cassettoncini  listati.  Si  ripristinarono  i  vecchi  contorni 
di  porta,  utilizzando  le  antiche  sagome,  e  si  costruirono  i  nuovi 
serramenti  in  armonia  cogli  antichi  ;  si  rifecero  i  pavimenti  in  ter- 
razzo alla  veneziana  (^):  ed  ora  si  sta  ultimando  la  sistemazione  del 
tetto  all'angolo  verso  il  ponte  della  Paglia. 

Conseguentemente,  per  tutto  ciò  che  riguarda  gli  ambienti, 
le  sale  ora  perfettamente  consolidate  e  risarcite  e  si  trovano  rimesse 
nella  disposizione  in  cui  erano  al  cadere  della  Eepubblica.  Manca- 
no soltanto  le  tinte,  ed  alcuni  lavori  di  compimento,  fra  i  quali  quello 
per  assicurare  e  fermare  le  inscrizioni  che  ancora  rimangono  sopra 
quella  parte  di  parete  che  formava  un  lato  dell'  ultima  prigione 
della  torresella,  iscrizioni  tutte  della  prima  metà  del  secolo  XY, 
che  ricordano  date,  nomi,  invocazioni  di  prigionieri,  invero  di  dif- 
ficile lettura,  ma  raccolte  e  consegnate,  con  artificii  di  luce  e 
pazienza  infinita  dal  prof.  Del  Piccolo  e  dall'architetto  Riva,  del- 
l'Ufficio regionale,  nella  fotografia  riprodotta  qui  di  fronte  (^). 

Queste  iscrizioni  poi,  coli'  ajuto  del  valente  paleogvafo  e  no- 
stro collega  prof.  Predelli,  potei,  per  la  prima  volta,  decifrare,  e 
sono  le  seguenti  :  * 

1.  et  E  mort 

2.  Deus  qui  beatum  petrum  Apostolum  a  vinculis  absolutum 
illesum  abire  fecisti  famolorum  tuorum  in  captivitate 
positorum  vincula  solve  et  eos  ipsius  mentii 

illesos  abire  concede  .R"^ 


(1)  Quarta  Relazione  dell'Ufficio  regionale,  p.  2J. 

(2)  Questa  fotografia  e  la  maggior  parte  delle  altre  riprodotte  in 
questa  Memoria  sono  state  con  molta  diligenza  eseguite  dall'  ardi.  Riva 
dell'  Ufficio  regionale,  mentre  alcune  sono  fatte  dell'  Alinari  ed  alcune 
vennero  favorite  dal  co.  Piero  Foscari.  I  relativi  clichés  furono  eseguiti 
nello  stabilimento  Boia  e  Miola  di  Padova. 


(17) 


LE    SALE    D    ARMI    DEL    CONSIGLIO    DEI    DIECI 


129 


3.  Anchoy  Boy///caiva 

4.  is  capibus  non  occurrit 

5.  etiam  odit 


6.  amor. 

7.  quìbus  Mens  a  Bacione,  dissensi!  semper  timor 
aliquid  intendet 


Ì3t)  i'.    BERCHET  (18) 

8.  Non  ventiles  te  in  omnem   ventum 
[Ecclesia-     et  non  eas  in  omnem  viam 

ste]  Esto  firmus  in  via  veritatis 

et  prosequetur  verbum  pacis  et  iusticie 

9.  tunc  consillia  saluta  et  advoca  centra 
aliud  et  forte  prosperitas  .  .  . 

10.  1439.  9  Junii 
Nicolò  Guer- 
rero. 

11.  Ag^rediare  nephas  et  àum  licet  effuge  crimen 
dixit  et  ante  oculos  rectum  pietasque  pudorque 
constiterat 

12.  .  BISCE  .  PATI  .  LVCHINVS  .  DE  .  CEEMONA  .  1458  .  31  .  Ja» 

(a  ^riii><fr(i  del  DISCE   liKpefto  al  ìcfforc)  : 

13.  .  felix  qui  potuit  rerum  rognoscere 
causas 

14.  generosus 

15.  Quid  enim  Interest  utrum  ex  honiine  se  convertat 
quis  in  Belluam  an  hominis  figura  immanitatem 
gerat  Beline 

16.  Quid  qui  omnia  recta  et  Honesta  negligunt  Punì 
Modo  potenciam  Consequantur  Non  ne 
idem  faciunt  eisdem  ii  qui  eciam  Socerum 
habere  volunt  eum  Cuius  auda  ... 

17.  Forma  bonum 

est  fragille  quantumque 
acedat  ad  annos 
fit  minor 

18.  Secundum  Jacobum  Fornari 

19.  Non  est  in  fil  .  .   . 

20.  Marche 

Le  iscrizioni  che  stavano  nelle  altre  pareti  dei  camerotti  de- 
moliti per  adattare  in  passato  le  sale  delle  armi  ai  vari  usi  cui 
successivamente  servirono,  andarono  pur  troppo  perdute.  Lo  Za- 
notto  nella  sua  storia  del  Palazzo  Ducale,  ricorda  che  ai  suoi  tempi 
viveva  ancora  chi  lesse  la  iscrizione  del  Frangipane  sul  davanzale 
della  finestra  del  camerino  che  guarda  sul  Molo  e  che  fu  restaurato 
quando  ivi  si  insediò  V  Istituto,  e  così  la  riporta  :  "  qua  estroize 
{rectae  introise)   fino  terzo    zoruo  de    setembrio    del  MDXVIII  io 


(19)  LE    SALE    d'aKMI    DEL    CONSIGLIO    DEI    DIECI  131 

Christoforo  Frangipanibus  chonte  de  Yegia,  Senia  et  Modrusa^  et 
io  Apollonia  chonsorte  de  sopradicto  segnor  chonte.  „  (/). 


La  Serenissima  Repubblica  ebbe  sempre  particolare  cura  ge- 
losa delle  sale  d'armi  o  della  monition  del  suo  Eccelso  Consiglio  dei 
Dieci,  le  quali,  assieme  al  "  santuario  delle  zogie  „  in  Chiesa  di  San 
Marco,  costituivano  due  raccolte  inestimabili  per  gli  oggetti  pre- 
ziosi che  contenevano.  Alla  custodia  di  queste  sale  nel  1536  fu  no- 
minato un  deputato  o  Masser  con  ducati  6  al  mese  "  per  tenerle 
in  ordine  „,  e  furono  commesse  due  chiavi  una  da  deporsi  nel 
cassetto  di  cui  teneva  le  chiavi  il  Capo  del  Consiglio  dei  Dieci  di 
maggior  età,  e  l'altra  nel  cancello  dove  stavano  i  libri  e  le  let- 
tere scerete  del  Consiglio. 

Quando  il  Masser  doveva  accedere  alle  sale,  le  chiavi  gli 
erano  consegnate  dal  Segretario  del  Consiglio  dei  Dieci,  al  quale 
doveva  restituirle  lo  stesso  giorno  perchè  fossero  rimesse  al  loro 
posto,  e  non  poteva  condurre  con  se  alcuno,  salvo  chi  dovesse 
acconciare  le  dette  monifioni  ed  armi  (-).  Primo  Masser  deputato 
alle  sale  d'armi  del  Consiglio  dei  Dieci  fu  Raffaele  de  Riva  qu. 
Jacobo,  eletto  il  giorno  19  gennaio  1537. 

Furono  allora  precisate  alcune  discipline  per  il  governo  delle 
sale  ;  fu  ordinato  sotto  vincolo  di  sacramento  che  i  capi  del 
Consiglio  dei  Dieci  dovessero  visitarle  ogni  tre  mesi  ;  che  da  uno 
dei  segretari  del  Maggior  Consiglio  assieme  al  Masser  delle  sale 
d'armi  si  dovesse  far  particolare  e  distinto  inventario  di  tutte  le 
armi  e  di  qualunque  oggetto,  consegnandolo  in  un  libro  da  tenersi 
nella  Camera  dei  Capi  di  esso  Consiglio,  colle  annotazioni  di  carico 
e  scarico  successive,  o  meglio,  come  si  diceva  allora,  aggiungen- 
dovi in  calce  le  mutazioni  ;  che  uno  dei  capi  col  segretario  do- 
vesse verificare  una  volta  al  mese  se  il  deputato  facesse  il  debito 
suo,  e  fosse  tenuto  il  cassier  del  Consiglio  una  volta  almeno  al 
mese  di  esaminare  e  rivedere  le  dette  monifioni,  e  "  quello  non 
abbia  fatto  il  debito  suo  lo  debba  cazzar  del  tutto  senza  alcun 
respetto  „;  che  non  si  potessero  mostrare  dette  sale,  se  non  per  de- 


(1)  Cfr.  Sanuto,  Diorit,  voi.  XXVI,  p.  13,  389,  e  cfr.  a  pag.  10  della 
presente  Memoria,  dove  è  riportata  altra  iscrizione  d(4  Frangipane  oggi 
perduta. 

(2)  Registi'O  11,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1535-1536,  carte  181  e  189. 


132  F.    BERCHET  (20) 

liberazione  del  Consiglio  dei  Dieci  presa  con  due  terzi  delle  bal- 
lotte e  colla  presenza  dei  capi  di  esso  Consiglio  (i). 

Dal  Masser  dipendevano  i  quattro  Proti  delle  varie  armi,  collo 
stipendio  di  ducati  13  all'anno  per  ciascuno,  e  nell'anno  1538  al 
proto  spader  Alvise  Foscolo  fu  aumentato  lo  stipendio  e  portato 
a  ducati  2  V2  al  mese  (2). 

Aumentando  continuamente  la  importanza  delle  sale  d'armi, 
il  loro  governo  fu,  nel  1548,  dal  Consiglio  dei  Dieci  affidato  ad  un 
Provveditore  sopra  l'artiglierie,  che  durò  in  carica  fino  al  1589,  e 
furono  date  nuove  disposizioni  sulla  consegna  e  riconsegna  delle 
chiavi  e  sui  rapporti  del  Provveditore  col  Masser  posto  alla  sua 
dipendenza  {^). 

Agli  8  di  marzo  del  1598  in  luogo  del  Provveditore  sopra  le 
artiglierie  fu  eletto  un  Provveditore  alle  sale  d'armi  (*). 

Nel  1602  al  proto  "  frezzer  et  alli  doi  soi  chompagni  „  fu 
aumentato  il  salario  con  ducati  uno  di  accrescimento  al  mese  {^). 

Air  11  di  marzo  1606  fu  ordinata  una  inchiesta  sui  quattro 
proti  delle  sale  d'  armi,  che  erano  uno  spader  et  armanioJ,  uno 
frezzer,  uno  haìlesirier^  et  il  quarto  arzier,  e  questi  vennero  sosti- 
tuiti con  uno  shioppetier,  uno  frezzer^  uno  xpadaro,  et  uno  arma- 
ruolo.  Al  primo  si  assegnarono  ducati  60  all'anno,  al  secondo  trenta, 
ed  agli  altri  due  quaranta,  e  per  tutti  si  precisarono  gli  obblighi  par- 
ticolari, fra  i  quali  è  notevole  pollo  schiopettiere  l'obbligo  di  tener 
sempre  carichi  a  polvere  e  palla  gli  archibugi,  e  di  scaricarli  ogni 
sei  mesi  dalle  finestre  della  soffitta  del  palazzo,  e  nuovamente 
caricarli  ("),  e  mantenerli  sempre  in  pieno  ordine,  affinchè  potessero 
servire. 

Nel  settembre  dello  stesso  anno  fu  emanato  un  Eegolamento 
affinchè  tutte  le  armi  fossero  pronte  "  per  qualunque  accidente 
che  nostro  Signore  Iddio  tenga  lontano  „.  Fu  proibito  1'  accesso 
alle  sale,  senza  particolare  permissione  del  Consiglio  dei  Dieci,  e 
furono  proibite  mancie  e  hererazi.  Colla  stessa  parte,    0  delibera- 


ci) Registro  34,  Coiìiuiii  Consiglio  dei  Dicci,  1578-1579,  carta  69  verso 
0  seguenti. 

(2)  R(vgistro  12,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1537-1588,  carta  173  verso. 

(3)  Rcgistr.)  2K,  Cjinuni  Consiglio  doi  Dieci,  1547-1548,  carta  181  verso. 

(4)  Rossi.  Ms.  nella  Marciana,  voi.  V,  carta  193. 

(5)  Registro  52,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1602,  carta  109. 

(6)  Registro  56,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1606,  carta  32  verso. 


(21)  LE    SALE    d'  AEMI    DEL    CONSIGLIO    DEI    DIECI  133 

zioiie,    venne  stabilito    il  turno  dell'  armaruolo  per    riconoscere  e 
rivedere  tutte  le  armi  nel  modo  seguente  : 

In  marzo  e  aprile  "  la  sala  da  basso  che  ha  la  porta  viciii 
al  Gran  Consejo.    „ 

In  maggio  e  giugno  "  la  sala  III-^  dove  ò  posta  la  arinatura 
del  Ke  di  Francia.  „ 

In  luglio  e  agosto  "  la  sala  11'^  delle  corazze.  ^ 

In  settembre  e  ottobre  "  la  sala  I^  del  Gattamelata.  „ 

In  novembre  e  dicembre  '^  la  sala  che  introduce  air  ufficio  dei 
Capi  del  Consiglio  dei  Dieci.  „ 

In  gennaio  e  febbraio   "  le  soffitte.  „ 

Le  competenze  del  lavoro  per  le  visite  e  riordino  delle  armi 
furono  così   determinate  : 

Per  rarmajiiolo:  le  corazze,  armature  e  loro  aderenze,  celate, 
mazze  ferrate,  manopole  e  maglie. 

Per  lo  spadaro  :  le  arme  inastate  e  le  arme  da  pugno,  spade, 
spadoni,  frantopini  (lama  stretta  quadrangolare  alla  punta  ed  esa- 
gona  verso  la  guardia),  cortelle,  scimitarre. 

Pel  freccerò:   "  archi,  balestre,  frezze,  corde  e  bolzoni.   „ 

Tanto  pollo  spadaro  che  pel  freccerò  furono  stabiliti  gli  stessi 
turni  dell'  armaruolo,  affinchè  tutti  e  tre  in  una  volta  fossero  ad- 
detti alla  stessa  sala. 

L'archibusero  o  schioppettiero,  oltre  agli  obblighi  già  detti, 
doveva  provedere  alle  pistole  e  terzaruoli,  tenendo  pronte  200 
libbre  di  palle  di  varie  saf/oìiic  (calibro)  pei  terzaruoli  e  pistole, 
25  libbre  di  polvere  e  2  di  polverino  e  100  mazzi  di  corda  da 
stoppino,  ed  era  tenuto,  in  ogni  occorrenza  e  di  giorno  e  di  notte 
che  sentisse  moto  considerabile  in  piazza  o  nelle  corte  di  Palazzo, 
correr  con  la  polvere  suddetta  e  corda  alle  sale  per  dispensarle 
conforme  al  bisogno  (i). 

I  quattro  proti  o  artefici  soggetti  al  ^Massaro  che  aveva  in  con- 
segna le  sale  d'armi  furono  nel  1736,  per  economia,  ridotti  a  due  (-). 

Le  armi  vecchie  o  inutili  o  rejette  si  passavano  spesso  all'Ar- 
senale e  da  questo  si  toglievano,  per  sostituirle,  armi  nuove  ;  e  se 
ne  ordinarono  anche  a  Brescia  o  a  Bergamo  (^). 


(1)  Registro  ò6,  Comuni  C'Oiisii^'Uo  dei   Dicci,   KilHì,  carta  MO. 

(2)  Rossi  Manoscritti  nella  Mareianji,  voi.  FjX,  docuniLMiti  n.  182-11)0. 
(ì))  Registro  14,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1541-42,  carta  66. 


134  F.    BEKCHET  •  (22) 

Nel  1535  si  comprarono  400  archibugi,  fiasche  e  corsah'  100, 
celate  400,  arme  inastate  600  e  picche  di  frassino  500,  per  la  terza 
sala  (*). 

Nel  1595,  27  settembre,  si  riformarono  in  una  volta  mille 
celadoni  ed  altrettante  corazze,  e  si  comperano  500  archibugi  (^). 

Queste  armi  si  mantenevano  con  gran  cura,  si  doravano 
archibugi,  corazze,  celate,  fiasche  e  cordoni,  capitelli,  basi  ed  altre 
parti  della  decorazione  generale,  a  pilastri  e  mezze  colonne  ricor- 
renti lungo  le  pareti,  si  rimettevano  spesso  a  nuovo  i  velluti  verdi, 
le  frangie  di  seta  gialla  e  verde,  i  redesini  e  le  brocche  d'ottone 
nelle  armi  inastate  sopra  frassino,  spino  o  melo  selvatico  del  bosco 
del  Montello  o  della  valle  di  Montone,  e  si  decoravano  le  cortine 
di  sangallo  o  di  tela  latfc^ina  col  San  Marco  in  soldo  e  colle  tre 
armi  dei  capi  e  i  fregi  attorno  dorati  (•'). 

Oltre  a  queste  armi,  onorevolmente  esposte,  molte  altre  erano 
depositate  nella  soffitta,  e  queste  si  adoperavano  liberamente  in 
guerra,  come  si  ha  dalla  parte  presa  in  Consiglio  dei  Dieci  li  28 
aprile  1570  (4). 

L'ultimo  Massaro  o  deputato  delle  sale  d'armi  del  Consiglio  dei 
Dieci  fu  Marcantonio  Guerra.  Di  questo  aggiungo  alla  presente 
Memoria  l'Inventario  ufficiale  o  "Registro  di  tutte  le  armi  e  cose 
risguardanti  le  sale  d'armi,,,  fortunatamente  rinvenuto  dal  com- 
pianto nostro  collega  comm.  Federico  Stefani,  che  lo  donò  all'Ar- 
chivio di  Stato,  il  quale  molto  cortesemente  ne  concesse  al  mio 
Ufficio  copia,  tratta  dall'originale  e  collazionata  diligentemente. 

L'obbligo  di  questi  Inventari  fu  stabilito  nel  1541  {■')  ;  essi 
erano  dalla  Repubblica  retribuiti  e  gelosamente  custoditi.  Nell'Ar- 
chivio di  Stato  si  conservano  tuttora,  oltre  all'ultimo  del  Guerra, 
tre  Inventari  del  1545,  1548  e  1611  (")•  Nell'inventario  del  1548 


(1)  Registro  11,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1.Ó3.5,  carta  75  verso. 

(2)  Rossi,  Manoscritti  Marciana,  doc.  voi.  LX,  p.  198. 

(8)  Filza  51,  Parti  Consiglio  dei  Dieci,  1550,  da  agosto  a  ottobro.  No- 
tatorio  19,  Capi  Consiglio  dei  Dieci,  1531-1583,  carta  70  A  e  B.  Filza  288 
Parti  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1599,  da  giugno  ad  agosto. 

(4)  Registro  29,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1569-1570,  carta  181  verso. 

(5)  Registro  14,  Comuni  Consiglio  dei  Dicci,  1.541,  carta  35  verso. 

(6)  Inventario  de  le  uiunition  che  si  trovano  nelle  sale  dell'  Eccelso 


(23)  LE    SALE    b"  armi    DEL    CONSIGLIO    DEI    DIECI  135 

tutte  le  sale  figurano  fornite  di  armadi.  La  l"  che  e  detta  saia 
del  caralìo  ne  aveva  13,  la  II-'»  detta  delle  corazze  ne  aveva  14, 
e  la  1I1=»  del  Re  di  Frcmcin  12.  Anche  nella  soffitta  erano  notati 
due  armadi  a  levante  e  a  ponente,  e  il  camerotto  era  indicato 
come  il  depositario  degli  scarti  "  in  pezzi  desfiti,  ruseni,  in  fazzo, 
rotti,  antiqui  ecc.  „  L'Inventario  poi  fatto  per  cura  del  provveditor 
alle  sale  nob.  Zorzi  Corner  nel  1680  si  conservava  "  in  una  scat- 
tola  neir  armaro  in  camerin  „  dove  stava  il  libro  M(t(/ii//!<  ed 
altri  (1);  ed  al  fidelissimo  Grirolamo  Salvoni  che,  per  incarico  del 
N.  H.  Francesco  Balbo  procurator  alle  sale,  eseguì  il  nuovo  In- 
ventario nel  1754  venne  assegnata  la  somma  di  ducati  centocin- 
quanta per  una  volta  tanto  in  dono,  a  testimonianza  del  gradi- 
mento dovutogli  (-). 

Alla  Marciana  nei  Doc.  voi.  LX,  pag.  183  delle  opere  mano- 
scritte lasciate  dal  Eossi  vi  è  un  elenco,  che  non  è  un'inventario, 
ma  dove  sono  ricordati  i  principali  oggetti  d'arte  "  con  alcune 
notizie  tanto  più  importanti,  egli  scrisse,  quanto  più  è  difficile  rin- 
venire carte  che  parlino  di  queste  sale  „  f-^).  E  nel  Museo  Civico 
si  conserva  una  breve  Relazione  sugli  archibugi  scritta  da  Vitale 
Yidal  (^). 

Allorquando  missier  Marcantonio  Guerra  compilò  per  l' ultima 
volta  il  Nuovo  registro  di  tutte  le  armi  e  cose  ragguardevoli  delle 
sale  delle  armi  del  Consiglio  dei  Dieci,  parecchie  delle  cose  rag- 
guardevoli che  vi  erano  state  deposte  in  antico  non  poterono  es- 
sere inventariate. 

Già  fino  dal  1480  era  andato  smarrito  il  famoso  libro  genea- 
logico dei  Signori  di  Padova,  tutto  alluminato  e  colle  imagini  di- 
pinte di  quei  Signori,  bellissimo  e  per  perfezione  di  pitture  degno 
di  perpetua  memoria  ("•). 


Consiglio  dei  X,  H  giugno  1.545.  —  [nvciitario  de  le  uionitioii  de  lesale 
del  Ex.  Consegliu  dei  X  fatto  per  mi  Michiel  tSandelli,  niasser  de  le 
dite  sale,  1548,  cod.  meinb.  —  [nventnrio  delle  aiiiii  delle  sale  del  Con- 
siglio dei  X,  1611.  Trovasi  anche  nell'Archivio,  la  nota  delle  anni  con- 
segnate per  la  ripulitura,  il  2  deeembre  IfiOd  a,  Marco  spader  all'  insegna 
di  S.  8eV)astiano,  dal  massaro  Pietro  Dardani. 

(1)  Registro  80,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci.  1630,  carta  1%  verso. 

(2)  Busta  301,  Compilazione  leggi,  fascicolo  Palazzo  Pubblico. 

(3)  Così  il  Rossi  scrisse  di  suo  pugno  a  pag.  suddetta. 

(4)  Raccolta  Cicogna,  Cod.  3283  rosso,  2984  nero. 

(5)  Registro  20,  Misti  Consiglio  dei  Dieci,  1480-1482,  cai-ta  78. 


136 


F.    BEECHET 


(24) 


Né  il  Guerra  fece  cenno  del  falconetto  di  ferro  tutto  intagliato 
e  dorato  "  con  il  mio  letto  e  rode  argentate  e  dorate  „  che  i  poveri 
figli  di  Andrea  Gritti  del  fu  Lorenzo  che  fu  del  Serenissimo  prin- 
cipe offrirono  alla  Signoria  e  si  trovava  il  30  aprile  1576  nelle 
sale  delle  mìmitioni,  dichiarato  con  giuramento  dal  proveditore  sopra 
l'artiglieria,  opera  rarissima  e  molto  bella;  dal  capo  dei  bombar- 
dieri Zaccaria  Schiavino  detta  opera  difficilissima  da  farsi,  e  dal  fon- 
ditore Nicolò  di  Conti  giudicato  che  con  ducati  600  e  più  non 
poteva  esser  fatto  "  ne  ora  si  farla  rispetto  alla  fattura  g.  ande  et 
oro  che  vi  è  stato  messo  aopra  come  se  può  veder  „  (^).  Bensì  il 
Guerra  ricorda  una  spin- 
garda ossia  colubrina  con 
anima  di  acciajo  trapa- 
nata e  foderata  di  undici 
anelli  ageminati  in  bron- 
zo, sopra  letto  di  campa- 
gna in  noce  di  montagna 
guarnito  in  ferro,  che  esi- 
ste oggidì  nel  R.  Museo 
deirArsenale,  e  della  qua- 
le parlo  più  avanti  a  pag. 
43,  e  della  quale  sono 
qui  rappresentati  alcuni 
particolari. 

E  non  fece  il  Guerra 
neppur  cenno  del  pomo 
d'argento  dorato  in  forìii(( 
di  cuor  che  soleva  star 
in  cima  ad  uno  stendardo 

turchesco,  ed  era  stato  offerto  dal  fedelissimo  f'rancesco  Dalla  Croce 
alla  Signoria,  per  argento  rotto,  essendogli  capitato  dalle  spoglie 
avute  in  felice  vittoria  {'). 

Ne  si  può    accusare  il  Guerra  di    negligenza  o   di  trascura- 
tezza nei   particolari,  mentre,  per  esempio  nell'armadio  con  grata 


(1)  Registro  32,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1575-1576,  carta  126.  — 
a,  h,  e,  d.  Filza  176,  Parti  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1576,  1  settembre. 

(2)  Registro  32,    Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1575-1576,  carta    27.  — 
Filza  123,  Parti  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1571,  da  marzo  a  giugno. 


(25)  LE    SALE    d'  armi    DEL    CONSIGLIO    DEI    DIECI  137 

di  ferro  segnato  n.  1  a  sinistra  nella  sala  seconda,  notava  quanto 
restava  delle  "  robbe  et  arme  fatte  presentar  ai  Capi  del  Con- 
siglio dei  X  da  Ser  Paolo  Lippomano  fratello  del  q.  Bailo  in  Co- 
stantinopoli ,,  ed  accennava  ai  "  due  archi,  un  mazzo  di  frezze  n.  24, 
una  grataschena;  una  cadena  d'  argento  ad  uso  di  brena  o  altro 
da  cavalo  (^),  che  più  non  aveva  trovati.   „ 

Questi  oggetti,  come  altri  che  indicherò  poi,  appartenevano 
a  Girolamo  Lippomano  cav.  bailo  a  Costantinopoli  negli  ultimi 
anni  del  secolo  XYT,  ed  ivi,  mentre  era  in  carica,  arrestato  per 
decreto  19  aprile  1591  del  Consiglio  dei  Dieci  come  reo  d'alto 
tradimento,  perchè  imputato  di  rivelare  i  segreti  di  Stato,  e  tra- 
dotto a  Venezia  sulla  galea  sopracomito  Gritti.  Non  ebbe  luogo 
il  processo,  perchè  il  Lippomano  si  punì  da  se  stesso.  Alla  vista 
della  sua  città,  si  gettò  in  mare  presso  i  castelli  del  Lido  il  19 
luglio  1591  ;  raccolto  semivivo  fu  portato  nel  monastero  di  S.  Ni- 
colò ove  morì  poche  ore  dopo  (-'). 

Delle  tre  spade,  anticamente  riposte  nella  sacristia  di  sopra, 
a  S.  Marco,  e  poi  esposte  nel  Santuario  delle  zofiie  che  il  Consiglio 
dei  Dieci  colla  parte  27  giugno  1583  (•^)  ordinava  fossero  de- 
poste nella  sala  delle  monitioni,  con  annotazione  della  loro  pro- 
venienza, e  fossero  descritte  nell'Inventario,  quantunque  il  Guerra 
non  ricordi  questa  mutazione  di  posto,  due  si  possono  riconoscere 
negli  spadoni,  senza  la  guardia  e  senza  il  fodero  d'argento  dorato 
e  le  iscrizioni  commemorative,  donati  alla  Serenissima  Repubblica 
dai  pontefici  Nicolò  V  nel  1450  e  Pio  II  nel  1463,  mentre  della 
terza  non  rimane  traccia  alcuna.  Rispetto  a  queste  due  lame  degli 
storici  stocchi  papali,  duole  di  dover  riferire  che  le  artistiche  loro 
impugnature  dorate  furono  asportate  e  sostituite  da  due  simili  in 
legno  dorato. 

Il  Guerra  nel  suo  inventario  nota  pure  che  altre  cose  man- 
cavano, e  fra  queste  il  bauletto  di  cristallo  di  rocca  guarnito  d'ar- 
gento, nell'angolo  della  III''  sala  segnato  col  n.  4,  un  porta  freccie 
d'argento  e  due  cassette  lavorate  in  madreperla,  rubate  1'  1 1  no- 
vembre 1689. 


(1)  Registro  41,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1590-1591,  carta  230, 

(2)  Viaggio  di  un  ambasciatore  veneto  da   Venezia  a   Costantinopoli 
nel  1591.  Venezia,  Visentini,  1886. 

(3)  Registro  37,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1583-1584,  carta  20. 


188  F.    BEECHET  (26) 

Lunga  ed  ingrata  fatica  sarebbe  proseguire  per  questa  via, 
ma  è  ancora  più  doloroso  percorrere  la  più  facile  strada  di  un'altro 
calvario,  e  constatare  quanti  oggetti  preziosi  inventariò  il  Guerra 
nel  1  agosto  1773  ed  andarono  poi  miseramente  dispersi  nella  fine 
del  secolo  scorso,  dalla  ladresca  e  pazza  democrazia  che  sperperò 
tante  gloriose  memorie  e  tanti  tesori  preziosi. 

E  di  fatto  furono  elencati  dal  Cluerra  nel  1778;  ma  non 
figurano  consegnati  all'Arsenale  nel  1799,  e  non  si  sa  più  dove 
sieno  andati  a  finire  (i),  tutti  i  seguenti  oggetti  : 

N  E  L  Ji  '    ATRI  U 

1.  Sei  armature  di  ferro,  quattro  con  mazze  ferrate  e  due 
senza.  Nel  Museo  dell'Arsenale  si  conservano  quattro  mezze  arma- 
ture che  forse  erano  parte  di  queste  sei. 

NELLA   SALA   PRIJMA 

2.  "  Alto  e  nobilissimo  fanale  d'argento  massiccio  e  di  cristallo 
di  rocca  donato  alla  Serenissima  Repubblica  da  Nicolò  Crasso 
cittadino  veneto,  da  lui  ideato  e  fatto  eseguire  dai  primi  artefici 
di  Europa,  con  entro  una  tazza  del  medesimo  cristallo  e  navicella 
d'oro  a  sei  lumini,  il  tutto  unito  da  minutissimi  lavori  a  vite,  che 
per  la  squisitezza  del  materiale  e  per  la  lunga  fatica  si  reputa 
del  valore  di  trenta  e  più  milla  scudi.   ^ 

Forse  il  Crasso  fece  questo  munifico  presente  alla  Signoria 
pensando  che  potesse  servirsene  nelle  processioni  del  Corpus  Do- 
mini, e  di  fatto  nel  1614  venne  consegnato  ai  procuratori  di  S. 
Marco  perchè  potessero  farlo  accomodare  nelle  feste  di  Natale  per 
ornamento  della  stessa  chiesa  (^)  e  nel  1617  fu  nuovamente  con- 
segnato agli  stessi  procuratori  per  collocarvi  il  Sangue  Preziosis- 
simo di  N.  S.,  nella  processione  delle  reliquie  {^)  "  con  obbligo  di 
rimetterlo  nella  sala  dopo  che  nella  detta  occasione  se  ne  saranno 
prevalsi.  „ 


(1)  Nuovo  Registro  di  tutte  le  armi  e  cose  ragguardevoli  delle  sale 
d'armi  del  Consiglio  dei  Dieci,  23  agosto  1773.  Arch.  gen.  in  Venezia,  ed 
Atto  di  consegna  14  gennaio-7  febbraio  1799,  documenti  allegati  alla, 
presente  Memoria. 

(2)  Registro  64,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1614,  carta  149. 

(3)  Registro  67,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1617,  carta  46. 


(27) 


LE    SALE   I)    AKMI    DEL    CONSICtLIO    DEI    DIECI 


139 


Il  Guerra  nota  che  fu  poi  riposto,  e  pare  stabilmente,  nelle 
sale,  l'anno  1631,  sotto  il  doge  Francesco  Erizzo,  e  elico  stabil- 
mente senza  più  adope- 
rarlo ,  dacché ,  stando 
esso  in  una  nicchia  e- 
minente  in  fondo  alla 
prima  sala,  era  diven- 
tato tanto  nero  che  per 
lungo  tempo  si  credette 
che  fosse  di  ebano  e 
restò  dimenticato  nell(> 
sale  ^luo  alla  metà  del 
secolt)  XYIII,  nella 
quale  epoca  fu,  dice  il 
Cicogna,  inopinatamen- 
te, scoperto  (i). 

Eipulito  allora  per 
opera  di  Andrea  Zam- 
belli,  orefice  in  calle 
degli  Specchieri,  colla 
spesa  di  100  zecchini, 
venne  in  gran  parte 
dorato  (-). 

Il  Cicogna  ricorda 
che  al  cadere  della  Re- 
pubblica questa  opera 
esimia    venne    fatta    a 

pezzi  e  ne  furono  vendute  e  convertite  ad  altro  uso   le  parti  più 
importanti  (•^). 

Di  questo  magnifico  oggetto  ho  potuto  scavare  il  disegno  fra 
le  tavole  del  Gravembroch  nel  Museo  di  Yenezia,  e  riprodurlo 
neir  allegata  fotografia  (*). 


(1)  Cicogna,  Iscrizioni  Veneziane,  voi.  IV,  pag.  160. 

(2)  Cicogna,  idem.,  pag.  161. 

(3)  Cicogna,  idem.,  pag.  162. 

(4:)  Nella  Chiesa  di  S.  Maria  e  Donato  di  Murano  sull'  altare  di  S. 
Antonio  esiste  un  tabernacolo  jonico  di  cristallo  di  rocca  ed  ebano  co- 
perto di  eleganti  e  minute  dorature  con  colonnine  spirali,  illustrato  dallo 
Zanetti  a  pag.  202  della  sua  Basilica  di  S.  Donato  di  Murano.  Venezia, 
18713,  il  quale  dice  che  prima  esisteva  nella   soppressa  chiesa  di  S.  Mar- 


140 


F.    BERCHET 


(28) 


3.  Un  lume  di  bronzo  ad  uso  militare. 

4.  L'armatura  con  lo  stemma  in  petto  del  N.  H.  Marco  Tre- 
visan  generale,  "  che  portò  da  Costantinopoli  il  Sangue  prezioso  di 
N.  S.,  per  cui  i  suoi  discendenti  ebbero  il  privilegio  di  portar  la 
stola  sopra  la  spalla  destra.  „ 

5.  Sei  delle  nove  armature  intiere  di  ferro,  che  con  quella  del 
Trevisan  formavano  le  dieci  armature  della  prima  sala,  e  fra  queste 
quattro  dorate,  due  con  scudo  di  ferro  ed  una  con  spada  dorata 
al   fianco,  che  fu   del  duca  di   Kobau    generale  della   Repubblica. 

6.  Cofanetto  di  ebano,  "  nel  cui  piedestallo  oravi  un  Psalterio 
e  su  questo  una  loggia  con  sei  figure  e  disopra  un  orologio  da 
campana,  donato  dal  fiscale  di  Padova  dottor  Cassina  ed  accettato 
con  Decreto  del  Senato  1649,  24  ottobre.  „ 


NKI.LA    SALA    SKOONBA 


1.  Lo  spadone  con 
guardia  d'argento  dorato 
e  fodera  di  velluto  guar- 
nita in  argento,  lo  scudo 
d'acciaio  istoriato,  la  ce- 
lata lavorata  in  egual 
modo  e  la  corazza  che 
furono  r  armatura  del 
doge  Sebastiano  Ziani, 
le  quali  armi  si  trovava- 
no neirarmadio  n.  8  sul 
lato  di  mezzo  della  sala 
IT«  delle  corazze,  ed  ora 
un'autorevole  voce  le  di- 
ce nel  palazzo  Lnperiale 
di  Vienna  (').  Da  un  di- 
segno antico  raccolto  dal 
Gravembroch  ho  ricava- 
to la  fotografia  di  alcuni 
di  questi  oggetti,  che  è 
posta  qui  di  fronte. 


tino.    Alcuni  pezzi    sui  fianchi  assomigliano   assai  a  qucHi  del  taiialc  del 
Crasso   disegnati  dal  Gravembroch  per  cui  ne  faccio  nota. 

(1)  Piero  co.  Foscari,  nella  Gazzetta  di  Venezia  N.  228  (b'I  11)  agosto 


(29) 


LE    SALE    D    ARMI    DEL    CONSIGLIO    DEI    DIECI 


141 


2.  Lo  stendardo  o  fiammola  da  g-alera  dello  stesso  doffe  Ziani 
che  era  sopra  la  scala  che  dalle  sale  superiori  conduceva  a  quella 
inferiore  o  degli  ArcJiihug?. 

3.  Due  statue  intiere  di  marmo,  l'una  rappresentante  Fran- 
cesco Sforza  duca  di  Milano,  che  militò  al  servizio  della  Repub- 
blica e  vinse  nel  1439  a  Verona  il  Piccinino  capitano  del  Visconti, 
e  l'altra  Bianca  Maria  Visconti  sua  moglie. 

Nel  Museo  di  Vicenza,  in  un  locale  terreno  a  tramontana  dopo 
il  cortile  ed  a  sinistra  del  peristilio  stanno  oggi  due  statue  prove- 
nienti da  casa  Velo,  una  è  la  statua  di  un  condottiero,  calvo  e 
completamente  raso,  con  armatura  e  cotta  di  maglia,  corazza  colla 
resta  e  colla  sigla  F.  S.  sopra  una  cinghia  che  gli  pende  dal 
collo,  cosciali  e  gambali  ;  l'altra  muliebre  molto  adiposa  con  cuffia 
e  bende  in  testa,  con  abito  tenuto  sul  davanti  rialzato  dalla  mano 
sinistra,  sottomaniche  strette  con  due  rigonfi  dopo  il  gomito  e  grandi 
sopramaniche  aperte  pendenti  dalle  spalle.  Si  ritiene  che  queste 
sieno  le  due  statue  dello  Sforza  e  della  moglie  che  stavano  nelle 
sale  d'armi  del  Consiglio  dei  Dieci  fra  le  finestre  della  sala  11^ 
delle  corazze,  e  difatti  l'ef- 
figie della  statua  maschile 
rassomiglia  perfettamente 
al  ritratto  di  Francesco 
Sforza  tramandatoci  dalla 
medaglia  dello  Sperandio, 
esistente  con  altre  due  me- 
daglie del  Pisanello  nel 
Museo  del  Palazzo  Ducale, 
la  quale  presenta  lo  Sforza 
perfettamente  raso  ma  con 
capelli  arrotolati  alla  estre- 
mità e  non  calvo  come  lo 
rappresentava    la    statua, 


1S99.  Ho  fatto  ])oi  l'icciclio  nel  Musco  di  Vienna,  <■  dal  ilircttorc  Bocheim 
ebbi  notizia  clic  ivi  si  conservano  soltanto  l'aiinatura  di  Scliastiaiio  Ve- 
nicr  1578,  la  corazza  di  Bartolomeo  Coliconi  J4T5,  1' (dnio  di  Cesare  da 
Napoli  1568,  r  armatura  di  IVIclchioirc  Michel  1570,  di  Giacomo  Horanzo 
1599,  di  Roberto  di  Hanseveiino  1487,  di  Francesco  Duodo  1580  e  di  Ago- 
stino Barbarigo  1577,  e  che  quasi  tutti  questi  oggetti  si  trovano  a  Vienna 
tino  dal  secolo  XVI. 


142  P.    BERCHET  (aO) 

forse  più  tardi.  Il  co.  Da  Velo  avrà  probabilmente  comperato  ad 
una  delle  molte  aste  demaniali  queste  due  statue,  che  assieme  ad 
altre    preziose  memorie  leg-ò  in  testamento  al  Museo  di  Vicenza. 

4.  Il  piccolo  fanale  turco  preso  al  Bei  di  Navarino  dal  N. 
H.  liunardo  ^loro,  nella  battaglia  vinta  dal  capitano  g-enerale  Fran- 
cesco Morosini  a  dì  8  marzo   1668. 

5.  Uno  degli  stendardi  di  sette  code,  dei  tre  che  adornavano 
con  bandiere  turche  il  busto  Morosini  nello  sfondo  della  II"  sala 
delle  corazze,  essendo  vene  soltanto  due  nel  K.  Arsenale. 

6.  Lo  stendardo  di  sette  code,  preso  da  Alvise  Mocenigo  ca- 
pitano generale  nel  1651,  che  stava  in  fondo  alla  sala  IV"  degli 
archibugi. 

7.  Armadietto  con  due  figure  di  rilievo  rappresentanti  Adamo  ed 
Eva,  lavorate  in  bosso  da  Alberto  Durerò,  posto  nelle  sale  dall'Eoe. 
Avogador  Nicolò  Valier  il  10  settembre  1617.  Questo  armadietto 
che  era  stato  accomodato  nel  1619  ('),  pare  sia  stato  comperato 
da  Consiglio  Riechetti  all'  asta  del  Demanio  1857  (!),  e  venduto 
alla  contessa  8trachan  Berchtold,  che  lo  mise  nel  palazzo  Contarini. 

8.  Tazza  creduta  d'unghia  di  rinoceronte  di  Giovanni  De  Me- 
dici, che  fu  condottiero  della  Repubblica,  posta  nelle  sale  per  De- 
creto del  Consiglio  dei  Dieci  1680,  17  maggio. 

9.  Le  armi  e  cose  ricuperate  dal  N.  H.  Paolo  Lippomano 
fratello  del  Bailo  di  Costantinopoli,  delle  quali  si  è  fatto  cenno  più 
sopra  e  che  qui  si  elencano,  come  il  Guerra  le  trovò  e  descrisse 
nel  suo  inventario  : 

'i)  Coltello  lavorato  alla  agemina  con  manico  e  fodero  d'agata 
e  con  rubini   n.  88   incassati   nel  fodero  e  n.   6  nel  manico. 
/))  Sciabola  col  fodero  in  parte  dorato. 
e)  Scudo  e  braccialetto  con  pietre  rosse  e  turchine. 

d)  Due    sparamani    di   nervo  detti    ìxittipanza    turcheschi. 
Questi  soli  furono  consegnati  all'Arsenale  li  7  febbraio   1792. 

e)  Mazza  ferrata  con  pomo. 

10.  Tutte  le  corazze  di  ferro  foderate  di  velluto  che  appar- 
tennero a  parecchi  Serenissimi  Principi,  meno  tre. 

11.  Busto  in  marmo  di  Francesco  da  Carrara. 

12.  Mezzaluna  di  cristallo  sopra  piedestallo  di  metallo  dorato. 

13.  Due  guglie  di  corniola,  incassate. 


(1)  Registro  69,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1619,  carta,  203. 


(31)  Le  sale  d'  armi  del  consiglio  dei  dieci  143 

14.  Tracolla  e  fiasca  con  fig-ure  di  ottone  dorato  in  rilievo,  e 
taschino  da  palle,  posta  nelle  sale  il  7  niag-^io  1612  dal  procura- 
tore Filippo  Pasqualigo. 

15.  Fischietto  di  comando  della  Galera  di  Ali  Piccinin  corsaro 
comandante  le  due  squadre  di  Tunisi  e  Biserta  prese  sotto  il  ca- 
stello della  Tallona  dal  N.  H.  Antonio  Capello  provveditore  dei- 
Tarmata  il  7  agosto  1638. 

16.  Le  cose  presentate  dai  Signori  Giapponesi  Tanno  1585: 
a)  Veste  di  taffetà  a  mezze  maniche  foderate  di  cremesin  rosso. 
/>)  Scimitarra  col    fodero    rimesso  di  radice  di  perla  e    im- 
pugnatura con  lamina  d'oro,  in  parte  perduta. 

e)  Abito  di    tabi  bianco    in    forma    di  braghessa    dipinto   a 
vari  colori. 

La  foggia  di  questi  abiti  e  di  queste  armi,  può  vedersi  nelle 
fotografie  esistenti  presso  il  Consolato  giapponese  a  Venezia,  le 
quali  furono  ricavate  dalle  simili  vesti  ed  armi,  appartenenti  agli 
stessi  ambasciatori,  che  sono  conservate  nel  Museo  imperiale  di 
Tokio  in  Giappone. 

17.  Lume  di  bronzo  detto  perpetuo. 

NJILLA    SALA    TERZA 

1.  Antico  studiolo  di  ebano,  chiuso  entro  una  grata  di  ferro, 
che  fu  del  cardinale  patriai'ca  e  principe  di  Aquileja  Giovanni 
Grimani,  donato  da  esso  alla  Repubblica,  e  descritto  dal  Procurator 
alle  sale  N.  H.  Savorgnan,  giusta  la  parte  del  Consiglio  dei  Dieci 
27  settembre  1749. 

Lo  Zanotto  ricorda  che  questo  studiolo  aveva  : 
26  pezzetti  di  marmo. 

16  colonnette  di  alabastro  fiorito  con  basi  e  capitelli  di  bronzo  dorato. 
12  pezzetti  di  lapislazzoli. 

1   pezzo  di  grisopascio  orientale  quadrato. 
45  bronzi. 
38  cammei. 
7  cammei  migliori,    regalati  al    generale    Lallemand.    Di    tanta 

ricchezza  restarono  soltanto  : 
3  bronzi  e 
38  cammei  consegnati  alla  Biblioteca  Marciana  (')  i  quali  ora  sono 
nel  Museo  archeologico  del  Palazzo  Ducale. 


(1)  Zanotto,  Palazzo  Ducale,  voi.  II,  p.  XIX. 


144  F.    BERCHET  (32) 

2.  La  statua  di  bronzo  con  dorature  rappresentante  Apollo 
con  l'arco,  donata  dal  N.  H.  Bomenigo  Pasqualigo  con  testamento 
7  marzo  1726,  che  stava  nel  mezzo  dello  studiolo  del  patriarca 
Grimani.  Per  accomodare  questo  famoso  studiolo  nelle  sale  furono 
dal  Camerlengo  del  Consiglio  dei  Dieci  date  al  proto  Tomaso 
Contin  lire    916,  9,  6  (')   li  2  aprile  1625. 

3.  Il  quadro  in  tavola  con  la  imagine  di  Nostra  Signora  col 
bambino  in  braccio  ed  altre  figure,  di  Palma  il  vecchio,  lasciato 
in  dono  alla  Eepubblica  dalla  N.  D.  Marina  Priuli  con  testamento 
1  maggio  1662. 

4.  La  nascita  di  N.  S.  del  Da  ponte. 

5.  La  morte  di  N.  S.  pur  del  Da  ponte. 

6.  Il  quadro,  con  cornice  profilata  d'oro,  col  ritratto  di  Jacopo 
Re  d'Inghilterra. 

7.  Altro  quadro  col  ritratto  del  conte  di  Mansfeld,  i  quali 
quattro  quadri  dal  n.  4  al  7  stavano  sopra  i  quattro  armadi  ser- 
rati di  lastre  a  destra  della  porta  di  ingresso  in  questa  sala  III'\ 

L'ultimo  quadro  ossia  il  ritratto  del  conte  di  MaHsfeld  as- 
sieme alla  sua  spada  fu  messo  nella  sala  per  deliberazione  del 
Consiglio  dei  Dieci  nel  1627  (-). 

Nel  Museo  Civico  di  Padova  esiste  un  dipinto  (sala  Capodi- 
lista,  n.  163)  di  0,50  X  0,60  con  cornice  dorata  rappresentante  in 
mezza  figura  Jacopo  re  d'Inghilterra  con  barba  bionda  appuntita, 
giustacuore  grigio  con  alto  colletto  e  mantello  nero,  cinque  giri  di 
grosse  perle  al  collo,  bottoni  d'oro  con  smeraldi  e  cappello  piumato, 
cui  fa  riscontro  altro  quadro  di  pressoché  eguali  dimensioni  rappre- 
sentante in  mezza  figura  un'anonimo  vestito  di  corazza  ageminata 
d'oro  :  questi  due  dipinti  furono  legati  al  Museo  dal  conte  Capo- 
dilista  appassionato  raccoglitore  di  antiche  memorie.  Nulla  prova 
che  sieno  i  due  quadri  qui  descritti  ai  n.  6  e  7,  ma  credo  non 
inutile  farne  cenno. 

8.  La  sciabola  storiata  ed  ageminata  con  la  impugnatura 
d'argento    donata,  col   proprio  ritratto,  dal  conte  di  Mansfeld. 

9.  Lo  specchio  concavo  sopra  piedestallo  di  legno  e  sua  ta- 
bella in  pergamena  che  spiega  il  modo  d'usarlo  e  sua  utilità. 

10.  Lo  scrigno  di  ferro  che  stava  ai  piedi  dell'armatura  di 
Enrico  IV  Re  di  Francia,  in  fondo  a  questa  sala  III''. 


(1)  Registro  75,  Comuni  Coiis.  dei  Dieci,  1625,  cartu  18  verso  e  carta  33. 

(2)  Registro  76,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1627,  carta  348  verso. 


(33) 


LE    SALE    D    AEMI    DEL    CONSIGLIO    DEI    DIECI 


145 


11.  Sette  pome  dorate  turchesche. 

12.  Imagine  di  Nostra  Signora  alla  greca,  con  fornitura  d'ar- 
gento e  pietre  diverse. 

13.  Altro  quadro  alla  greca  rappresentante  il  Paradiso,  con 
fornimenti  dorati. 

14.  I  diciasette  oggetti,  spade  ed  altre  armi  che  furono  del 
ribelle  Nicolò  Rinaldi,  giustiziato  nel  1619.  Questi  appartenevano 
a  quel  Nicolò  Renault,  avventuriere  francese,  coinvolto  nella  con- 
giura del  Bedmar,  e  impiccato. 

15.  La  custodia  di  cristallo  sopra  piedestallo  di  legno  dorato 
e  graticciola  di  ferro,  con  entro  un  cuore  d'oro,  presentata  dai  citta- 
dini di  Creta  al  N.  H.  Zorzi  Morosini  protettor  di  quella  Università, 
Tanno   1698,  e  da  esso  donata  alla  Repubblica. 

16.  I  celadoni  e  busti 


di  ferro  dorati  a  mordente, 
mandati  in  dono  nel  1600, 
al  Serenissimo  principe  Ma- 
rino Grimani,  dallo  scià  di 
Persia  Abbas  il  Grande, 
con  tavola  dorata  ed  iscri- 
zioni, meno  un  bracciale 
ed  uno  scudo  di  canna 
d'India  qui  riprodotti  ('). 

17.  L'armadio  miniato 
e  lavorato  con  lapislazzoli 
ed  altre  pietre  contenente 
la  imagine  di  Santa  Giu- 
stina in  memoria  della  vit- 
toria delle  Curzolari. 

Questa  Santa  Giustina 
che  il  Guerra  attribuisco 
all'Aliense  ed  il  Rossi  dice 
di  Palma  il  giovane,  fu 
trasportata    nel   palazzo    Reale    di  Venezia,    ma  poi  restituita    al 


(1)  A  ricordare  la  venuta  degli  ambasciatori  di  Persia,  il  Senato  com- 
metteva a  Gabriele  Cagliari  il  quadro  esistente  tuttora  nella  sala  delle 
quattro  porte  del  Palazzo  Ducale.  Cfr.  La  Repubblica  di  Venezia  e  la 
Persia^  di  G.  Berchet.  Torino,  1865. 


146  P.    BERCHET  (34) 

Palazzo  Ducale   e  si  troverebbe  nella  chiesetta  del  doge.  I/arma- 
dio  poi,  che  il  Kossi  dice  d'ebano  e  madreperla,  andò  perduto. 

18.  Otto  braccia  di  panno  di  velluto  d'oro  con  sedici  figure, 
presentate  al  Collegio  da  un  incaricato  del  Re  di  Persia  e  posti 
nelle  sale  del  Consiglio  dei  Dieci  Tanno  1601   l'il  giugno  (^). 

19.  Quarantacinque  sciabole  turchesche  guarnite  d'argento. 

20.  Diciotto  archibugi  con  canna  damaschinata. 

21.  Due  denti  d'orco  marino. 

22.  Lo  stendardo  con  fiori  dorati  preso  ai  Turchi  dal  N.  H. 
procuratore  Foscolo  :  però  in  luogo  di  questo  esiste  nell'  Arsenale 
una  bandiera  coli'  indicazione,  forse  errata,  che  la  dice  presa  dal- 
l' ammiraglio  Emo,  per  cui  se  la  indicazione  fosse  errata  questo 
stendardo  dovrebbe  escludersi  dalle  cose  mancanti. 

23.  La  maggior  parte  dei  quarantadue  cangiari  (handnehar)  e 
stili  forniti  d'argento,  che  stavano  nell'armadio  n.  6  nella  sala  III» 
colle  loro  vagine,  perchè  alcuni,  come  dirò  più  avanti,  sono  con- 
servati nel  Museo  dell'Arsenale. 

24.  I  due  speroni,  i  morsi,  le  staff'e  e  redini  turchesche  e 
due  scarpe  di  ferro  che  erano  nell'armadio  n.  9  in  detta  sala. 

25.  Il  famoso  Medagliere  antico,  detto  Mausoleo,  con  cinque 
figure  di  getto  e  due  guglie  rotte,  lasciato  al  Consiglio  dei  Dieci  dal 
fu  N.  H.  Piero  Morosini  l'anno  1683  (-'),  che  fu  venduto  al  cons.  Gio- 
vanni Rossi,  da  cui  passò  all'ab.  Pietro  Pasini  e  quindi  all'  anti- 
quario Dina.  In  questo  medagliere  erano  pure  riposte  le  me- 
daglie d'argento  lasciate  al  Consiglio  dei  Dieci  dall'Eco.  Cardi- 
nale Zeno.  La  preziosa  raccolta  delle  medaglie  andò  soggetta  ad 
un  grave  furto  perpetrato  nel  1687,  per  cui  i'niono  trafugati  i  mi- 
gliori e  più  ricchi  oggetti  e  ])rocisamente  tutto  lo  95  medaglie  d'oro 
e  1194  medaglie  d'argento,  più  281  medaglie  di  rame  e  malgrado 
il  proclama  29  novembre  1687  del  Consiglio  dei  Dieci,  pubblicato 
sopra  le  scale  di  S.    Marco  e  di  Rialto,  nulla  si  potè  saperne  (•^). 


(1)  Cerimoniali  in  secreta,  carta  3.  Cfr.  Berchct,  op.  cit.  pag.  47. 

(2)  Descritto  da  Carte  Patino  :  Thesaurus  numismaturn  antiquorum 
et  recentiorum  ex  auro^  argento  et  aere^  ah.  iU°  et  e.r.°  D.  D.  Petra  Maii- 
roceno  senatore  reneto  Serem'ss.  JReip.  lefjatìis.  Venezia,  lfi83. 

(3)  Proclaìiia  pubblicato  per  deliberation  de  l'eccelso  Conseglio  dei 
X  de  29  novembre  1687  per  venir  in  luce  di  quello  o  quelli  scellerati 
che  hanno  rubbato  nel  Palazzo  Ducal  nelle  sale  dell'Arme  del  Consiglio 
dei  X.  Venezia,  Pinelli,  in  4.° 


(35) 


LE    SALE   D    ARMI    DEL    CONSIGLIO    DEI    DIECI 


147 


Quanto  rimase  della  raccolta  fu  consegnato  alla  Biblioteca  a 
dì  25  annebbiatore  (15  novembre)  1797  dal  Comitato  di  salute  pub- 
blica cioè  2253  medaglie  e  3  statuette  ed  il  catalogo  manoscritto 
col  libro  a  stampa  di  Carlo  Patino  relativo  a  tale  raccolta  (i)_,  e 
quindi  le  dette  medaglie  e  bronzi  si  notano  più  avanti  fra  gli 
oggetti  conservati,  mentre  fra  i  mancanti  rimangono  lo  scrigno  o 
mausoleo  e  le  preziose  medaglie  che,  come  ho  detto,  furono  tra- 
fugate nel  1687. 

26.  Due  cofanetti  lavorati  a  radice  di  perla  rubati  1'  11  no- 
vembre 1689. 

27.  Nove  dei  tredici  canoncini  di  bronzo  (uno  era  di  ferro). 

NELLA    SALA    QUARTA 

1.  La  testa  in  marmo  di  Eccellino  da  Eomano  il  tiranno. 

Solo,  in  tanta  jattura,  rimase  a  posto  il  monumento  eretto  dalla 
Repubblica  a  Sebastiano  ^^enier,  che  sta  ancora  sopra  Finterno  della 


(1)  Zanotto,  Palazzo  Ducale^  voi.  II,  parte  XIX,  p.  15. 


148  F.    BEECHET  (86) 

porta  d'inj^resso  delle  sale  d'armi,  dal  pianerottolo  della  scala  dei 
Censori  (i).  È  un  busto  scolpito  in  marmo  da  Alessandro  Vittoria 
su  mensola  che  posa  sull'architrave,  colla  iscrizione  del  1609:  Se- 
bastiano YeNERIO  PkINCIPI  InVICTISS.  I  NAVALI  VICTOEIA  AD  ECHI- 
NADAS    ClARISS.    |   LeONAEDUS    MoCENICUS    I   HTIUS    ARMAMEN.    PEyE- 

FECT.  P.  C.  I  Anno  CTOTDCYTTII. 

Dietro  al  busto  sta  dipinto  in  tela  il  Leone  di  S.  Marco  an- 
dante a  destra. 

La  posizione  del  Monumento,  benché  esimio,  in  luogo  poco 
veduto  e  quasi  riposto,  e  il  fatto  che  fra  i  tre  dog-i  Venier  il  solo 
Sebastiano  non  ha  un  monumento  pubblico,  appoggia  il  recente  po- 
stulato degli  studi  storici  che  la  Repubblica,  per  le  gelosie  degli 
alleati  non  raccolse  frutti  degni  della  splendida  vittoria  navale 
delle  Curzolari   e  non  ne  fu  molto  soddisfatta. 

Rimangono  ancora  nel  Palazzo  Ducale,  ma  non  più  al  posto 
originario,  bensì  raccolti  ed  esposti  nel  Museo  archeologico,  questi 
oggetti  che  figuravano  nelle  sale  dell'armi  : 

1.  Il  busto  di  marmo  del  N.  H.  Girolamo  Pesaro,  accettato  dal 
Consiglio  dei  Dieci  l'anno   1661,   15  novembre,  senza  la  iscrizione: 

HlEEON.TMI    PlSAUEI    QNDM    JaCOBI    ]    MUNUS    |    M  .  D  .  CLXI. 

Questo  stava  sopra  la  porta  d'ingresso  della  prima  sala. 

2.  Il  busto  in  bronzo  del  N.  H.  Marcantonio  Bragadin  fu 
Provveditor  in  Cipro,  posto  nelle  sale  d'armi  per  istanza  dei  NN. 
HH.   Marco  e    fratelli    Bragadin     di  lui   figliuoli,  eolla  iscrizione  : 

M.  AnT.  BeAGADENO  SaLAMINAE  CiPEIQ.  PEEFECTUS  i  IN  DIUCTUENA 
OBSIDIONE  SUSTINENDA  SINGUL  |  ARI  FOETITUDINE  CLAEUS  SUMMAQ. 
PIETATE  I  ATQ.  CONSTANTIA  PEO  CeISTI  FIDE  ET  PRO  PA  |  TEIA  VIVENS 
GLOEIOSISSIME  CUTE  EXUTUS    |   XYII  AUGUSTI  3IDLXXT. 

Questo  stava  sopra  la  porta  di  egresso  della  sala  prima. 

3.  Il  busto  in  bronzo  di  Sebastiano  Aspetti  rappresentante  il 
Serenissimo  Sebastiano  Yenier  generale  dell' armata  1' anno  1571, 
colla  seguente  iscrizione,  incisa  in  una  lastra  di  rame  fissata  al 
piedestallo  :  Sebastianus  Yeneeio  |  Yenetae  classis  im  |  perator 

QUI  APUD  I  ECHINADAS  TURCAR.  |  ClASSE  DISIECTA  OB  |  PRAECLARAM 
YiCTO  I  EIAM  MIEO  TOTIUS  |  ReIPUBLICAE  CONSEN  |  SU  MERITO 
POSTEA   I   DUX    ELECTUS   1   SEPTIMO    OCTOBRIS    1571. 


(1)  Registro  59,  Comuni  Consigho  dei  Dieci,  1G09,  carta  169  verso. 


(37)  LE    SAIiE    d'  AEMI    DEL    CONSIGLIO    DEI    DIECI  149 

4.  Il  busto  in  bronzo  di  Tiziano  Aspetti  rappresentante  Ago- 
stino Barbario-o  comandante  nel!'  anno  suddetto,  con  la  seg-uente 
iscrizione,    incisa    in  una  lastra    di    rame  fissata    sul    piedestallo  : 

AgOSTINUS  BaEBADICO  I  TOTIUS  CLASSIS  LEGA  |  TUS  QUI  APUD  ECHI- 
NA  I  DAS  MAXIMA  IN  VICTO  |  EIA  ET  CONSILIO  ET  SAN  |  GUINE  PAETA 
GLOEIOSIS  I  SIME  OCCUBUIT  |  PaTEI^  BENEEICIUM  POS  j  TERIS  SUM- 
ME  PBFDENTIiE  |  INVICTAEQ.  FOETITUDINIS  |  PEAECLAEUM  EELIN  | 
QUENS    EXEMPLUM   |    SEPTIMO    OCTOBEIS    1571. 

Questi  due  busti  stavano  nella  terza  sala  dirimpetto  alla  porta 
à"  ingresso. 

5.  I  tre  busti  in  marmo  rappresentanti  Lucio  Yero,  Antonino 
Pio,  ed  Antinoo,  che  furono  trasportati  dalla  libreria  nelle  sale 
d'armi  il  fi  marzo  1(525  in  occasione  della  venuta  del  Ee  di  Po- 
lonia a  Venezia  (i)  e  stavano  sopra  lo  studiolo  del  patriarca  Gri- 
mani  nella  III*^  sala,  ossia  in  quella  dell'  armatura  del  Re  di 
Francia. 

6.  Le  2253  medaglie  e  3  statuine  di  bronzo  del  medagliere 
Morosini. 

7.  Numero  33  bronzi  e  38  cammei  dello  studiolo  del  patriarca 
(irimani. 

8.  Il  disegno  a  penna  rappresentante  l'imagine  di  San  Marco 
formata  di  caratteri  microscopici  in  corteccia  di  pistacchio,  donato 
da  Zuane  Gasparin,  nel  quale  si  legge  tutto  il  vangelo  di  S. 
Marco.  Stava  nella  IIL'  sala  fra  i  due  busti  dell'Aspetti  in  un 
quadro  di  rame  dorato  e  cristallo  coperto  da  cortina,  e  sotto  v'era 
altro  quadretto  che  insegnava  il  modo    di  leggerlo. 

Ed  eziandio  restano  ancora  nel  Palazzo  Ducale,  ma  non  nel 
Museo  archeologico  e  non  al  loro  posto  d'origine  : 

A)  Nella  gran  sala  dello  Scrutinio  sotto  l'arco  trionfale  de- 
dicato al  Peloponnesiaco  ; 

9.  La  statua  mezza  figura  in  bronzo  sopra  piedestallo  di  marmo, 
del  doge  e  capitano  generale  Francesco  Morosini  colla  iscrizione  : 
Feancisco  Maueoceno  Peloponesiaco  I  Adhuc  VIVENTI  Senatus 
ANNO  i  1687  ;  la  quale  statua  esisteva  nelle  sale  d'armi  del  Con- 
siglio dei  Dieci,    posta  in  fondo  alla   sala   IL*   delle  corazze   e    di 


(1)  Zanotto,  Palazzo  Ducale,  voi.   II,  parte  XIX,  pag. 


150 


F.    BERCHET 


(38) 


fronte  alle  finestre,  come 
veclesi  anche  nella  foto- 
grafia qui  unita  di  un 
quadro  ora  esistente  nel 
Museo  Civico  di  Venezia. 
E)  Nel  depositorio  ; 

10.  11  ritratto  di  Piero 
Morosini,  opera  del  Koni- 
belli  che  stava  sopra  il 
medagliere  Morosini,  da 
lui  donato  alla  Eepuhbli- 
ca.  Si  trova  ora  in  cattivo 
stato  nelle  stanze  del  Cat- 
taver  al  u.  550  d'inven- 
tario. 

(*)  Nella  chiesetta; 

11.  La  santa  (liustina 
attribuita  da  alcuni  alFA- 
liense,  e  da  altri  a  Palma 
il  giovane,  quadro  a  olio 
che  stava  nell'angolo  nord 


ovest  della  sala  IIP'  o  del  Pe  di  Francia,  entro  l'armadio  perduto. 


(39) 


LE    SALE    D   AEMI    DEL    CONSIGLIO    DEI    DIECI 


151 


sopra  quei  famosi   panni  di  velluto  d'oro  donati  dai  persiani,   che 
pure  sparirono. 

Finalmente  molti  e  preziosi  oggetti  delle  spogliate  sale  d'armi 
si  trovano  tuttora  nel  Museo  del  R.  Arsenale  marittimo  di 
Venezia. 

In  fatti  dal  o-iorno  14  o-ennaio  179!)  fino  al  7  febbraio  suc- 
cessivo  Marcantonio  Guerra  ex  Masser  delle  sale  d'  armi  dava 
in  consegna  alli  Capi  delle  sale  d'  armi  dell'  Tmp.  R.  Arsenale 
di  Venezia,  Antonio  Barrerà 
e  Nicolò  Cibo,  quanto  restava 
di  quella  splendida  raccolta 
che  fu  onore  e  predilezione 
della  Serenissima  (i). 

Tra  gli  oggetti  d'  arte 
e  di  storia  che  sopravvissero 
alle  rapine  e  che  poterono 
essere  consegnati  al  R.  Ar- 
senale figurano  i  seguenti, 
che  esistevano  nelle  sale  qui 
sotto  indicate,  ed  ora  si  tro- 
vano nella  sala  superiore  del 
Museo  del  R.  Arsenale  di 
Venezia  : 

Nell'atrio  di  accesso  alle 
sale  : 

1.°  Quattro  mezze  ar- 
mature, una  delle  quali  collo 
stemma  Contarini,  qui  ripro- 
dotta, che  forse  sono  residui 
delle  sei  armature  che  ivi 
esistevano.  La  mezza  arma- 
tura Contarini  porta  lo  stemma  e  la  sigla  ai  lati  :  P.  Z.  C,  le  altre 
hanno  solo  il  Leone  di  S.   Marco. 


(1)  Atto  di  consegna  14  gennaio-7  febbraio  1799,  tratto  dall'origi- 
nale esistente  indl'Archivio  del  Consiglio  dei  Dieci  presso  il  R.  Archi- 
vio di  Stato  di  Venezia,  xjubblicato  in  fine  alla  presente  Memoria. 


152 


¥.    BERCHET 


(40) 


Esistevano  poi  nella  sala  I"  detta  del  Grattamelata  e  sono 
ora  nel  R.  Arsenale  : 

2."  Elmo  di  ferro  o  celata  del  secolo  XIY  conosciuto  er- 
roneamente col  nome  di  visiera  d'Attila,  e  visiera  da  cavallo. 

3.°  Cavallo  di  le- 
gno con  armatura  di 
ferro,  mazza  ferrata  in 
mano  e  staffe  d'ottone, 
in  memoria  di  Erasmo 
da  Narni  detto  il  Grat- 
tamelata che  militò 
sotto  Brazzio  Montone 
nelle  guerre  d'  Italia 
del  1435.  Creato  ge- 
nerale delle  genti  Ve- 
neziane fece  notabili 
acquisti  per  la  Repub- 
blica che  gli  eresse 
una  statua  equestre 
presso  la  chiesa  di  S. 
Antonio  di  Padova, 
bellissima  fusione  del 
Donatello. 

4.°  Tre  delle  die- 
ci armature  intiere  che 
esistevano  in  questa  sala,  una  ora  su  cavallo  di  legno,  le  quali  sono 
attribuite  a  Carlo  Zeno,  a  Carlo  Moro  e  ad  Alvise  Mocenigo,  la 
equestre. 

5."  La  spada  dello  Scanderberg  senza  indicazione  a  chi 
abbia  appartenuto,  la  quale  è  segnata  colla  lettera  H  nella  guida 
del  Casoni  e  fu  riconosciuta  dal  Lassels  che  la  vide  nell'Arsenale 
e  la  descrisse  nel  suo  Voijage  d'  I  fai  ir,  V0I.7II,  p.  281. 

Esistevano  nella  sala  II«  detta  delle  corazze  e  sono  ora  nel 
R.  Arsenale  : 

6.°  Due  corazze  di  ferro  una  foderata  di  broccato  d'oro,  che 
dicesi  del  Doge  Enrico  Dandolo,  e  1'  altra  a  bottoni  e  lamine  di 
stoffa  d'oro  che  vorrebbesi  dello  Ziani,  e  solo  tre  di  velluto  di  di- 
versi colori  fra  le  tante  di  serenissimi  principi  che  stavano  allineate 
sulla  parete  di  questa  seconda  sala  di  fronte  alla  porta  (v.  dise- 
gno a  pag.  41). 


(41) 


LE    SALE    D    AEMI    DEL    CONSiaLIO    DEI    DIECI 


153 


7.°  I  due  spadoni  dei  Papi  Nicolò  V  e  Pio  li  ricordati  più 
sopra,  a  pag.  25,  privi  però  delle  guardie  antiche,  che  furono  sosti- 
tuite con    impuo-nature  di  legno  dorate    (v.    disegno  a  pagina  42). 

8."  La  piccola  ar- 
matura di  ferro  da  fan- 
ciullo con  mazza  ferrata 
nella  destra  e  pugnale 
nella  sinistra,  colla  se- 
guente   iscrizione  :    Fu 

TROVATO     NEL      F  A  T  T  O 

d'arme  I  DI  Marignak 

CALPESTATO  |  DA  CA- 
VALLI (v.  disegno  a  pa- 
gina 43). 

9."  Sei  scudi  ve- 
neti rettangolari  col 
Leone  in  soldo. 

10."  Due  fanali  pre- 
si dal  Capitano  Gene- 
rale Francesco  Moro- 
sini,  uno  al  Bei  di  Ci- 
pro e  l'altro  al  Bei  di 
Durazzo ,  1'  8  marzo 
1668. 

11."  Stendardi  tur- 
cheschi  n.  3  ai  quali 
fanno    riscontro    le    tre 

bandiere  turche    oggi    esistenti  nel  Museo  dell'  Arsenale,    e  quivi 
descritte   come  segue  : 

I.  Bandiera  del  sangiacco  Sciarif  Ali  pascià  presa  a  Lepanto 
nell'anno  dell'  Egira  949  ('),  colla  iscrizione  araba,  che  tradotta 
suona  così  : 

Non  c'è  altro  Dio,  solo  Dio  e  Maometto  suo  Profetta.  Corano, 
cap.  48  (La  Vittoria)  verso  Y. 

In    nome  di  Dio    il  misericordioso,  il  clemente.  Noi  abbiamo 
aperto  innanzi   a    te    una  splendida   vittoria.    Allah  rimette  a  te 


(1)  Zauotto,  Palazzo  Ducale,  voi.  II,  parte  XIX,  pag.  10. 


154 


F.    BEECHET 


(42) 


le  tue  colpe  passate  e 
le  future  e  ti  colma  della 
sua  grazia,  e  ti  addita  il 
retto  sentiero,  e  Allah  ti 
farà  vincere  una  vittoria 
gloriosa,  egli  il  quale  fece 
scendere  la  calma  nei  cuori 
dei  redenti  e  raddoppiare 
la  fede  che  si  trova  in  essi. 
Allah  il  signore  degli  Eser- 
citi del  cielo  e  della  terra. 

II   e   III.  Due  bandiere    turche    prese  da  Leone    Marin  ai 
Turchi    nel    Friuli  (1474). 

12.0  Stendardi 
da  7  code  n.  2,  che 
stavano  ai  lati  del 
busto  del  Pelopon- 
nesiaco. 

13.0  La  spin- 
garda 0  falconetto  di 
ferro  della  prima  me- 
tà del  sec.  XVI  so- 
pra letto  di  campa- 
gna in  noce  di  monte 
guarnito  di  ferro  e 
col  fusto  ornato  di 
lumiera  coperta  da 
figura  in  bronzo,  ri- 
messi a  rilievo  ed  a- 
geminature  d'ottone, 
che  il  Gravembroch 
ha  disegnata  esatta- 
mente e  che,  fatta 
p  e  r  presentarla  a  1 
Turco,  la  tradizione 
vuole  opera  del  figlio 
del  Doge  Cicogna  (i). 


(1)  Zanotto,  Palazzo  Ducale^  voi.  IT,  parte  XIX,  p.  5,  o  Casoni,  Guida  per 
V  Arsenale  di  Venezia.  Venezia,  1829,  pag.  26  e  27.  Vedi  disegno  a  p.  24. 


(43) 


LE    SALE    D    ARMI    DEL    CONSIGLIO    DEI    DIECI 


155 


Questa  non  concorda  colla 
descrizione  rimastaci  della 
colubrina  offerta  dai  nipoti 
del  Doge  Gritti  alla  Signo- 
ria, tutta  ricca  d'  oro  e 
d'  argento ,  descritta  più 
sopra,  per  cui  è  ovvio  ri- 
tener questa  fra  le  cose  pur 
troppo  scomparse.  A  que- 
st'arma sta  unita  la  ballot- 
tiera  con  canna  di  ferro, 
scovolin,  raschiador  e  mi- 
sura da  polvere.  Stava  nel 
mezzo  della  seconda  sala. 
14  .0  L'  alabarda,  o 
meglio  mitragliatrice,  da 
20  canne  da  fuoco  dieci 
più  lunghe  e  dieci  più 
corte,  detta  anche  archi- 
bugio da  20  canne  a  vi- 
cenda, fabbricata  dal  fe- 
del  Giovanni  Maria  Ber- 
gamin  presentata  al  Tri- 
bunale dei  Capi  del  Consiglio  dei  Dieci,  ed  accettata  con  Decreto 
29  aprile   1622. 


156 


P.    BERCHET 


(44) 


Stava  a  sinistra  e  dietro   il  n.   13  della  detta  sala: 
15.0  Altro    pezzo    d'  artiglieria,  detto  anche  petriera,    che  si 
carica  per  di  dietro  e  fa  cinque  spari,  sopra  piedestallo  di  legno, 
posto  nelle  sale    li    20  aprile   1627,    a  destra  e  dietro  del    n.   13 
simmetricamente  col  n.    12. 


Esistevano  nella  sala  III"  detta  del  Re  di  Francia  e  sono 
egualmente  nel  Museo  dell'Arsenale  : 

16."  1j'  armatura  di  ferro  del  Re  di  Francia  Enrico  lY,  con 
due  alabarde  da  punta  e  da  fuoco,  e  con  visiera  da  cavallo, 
mandata  dal  Re  in  dono  alla  Repubblica,  nell'anno  1603,  essendo 
ambasciatore  il  Marino  Cavalli  colla  iscrizione  posta  al  di  sopra 
dell'armatura  :  Henrici  IV    Francia    et  Navar^    Regis    arma 

I  IN  TOT  TANTISQ.  ET  PERICULIS  ET  VICTORIIS  HOSTILI  |  SANGUINE 
MADEPACTA  IMMORTALIS  EIUS  GLORLZE  TROPH^UM  |  AC  VERI  ET 
SINCERI    AMORIS    ERGA    REMPUB.    |    MONUMENTUM    (l). 


(1)  Nelle  Relazioni  degli  ambasciatori  Veneti  al  Senato,  Serie  11% 
voi.  1°,  Venezia,  1857,  a  pag.  28  è  ricordata  anche  la  seguente  iscrizione 
sotto  la  armatura  di  Enrico  IV: 

Monumentum  vides  et  pignum  regis  in  Rempublicam  Venetiae  hene- 
volentis.  Hisce  armis  hisce  exuviis  Henrici  quarti  Galliarum  Regis  in- 
victissimi  virtus  circunidata  fulminavit  in  Gallici  victrix.  Ita  nunc  gloria 


(45) 


LE    SALE    D    ARMI    DEL    CONSIGLIO    BEI    DIECI 


157 


Manca  la  spada  originaria  che  neg-li  avvenimenti  del  1797  fu 
rubata. 

Quest'  armatura  fu  posta  nelle  sale  d'  armi  del  Consig-lio  dei 
Dieci  nel  1604  dentro  una  nicchia  eseguita  sopra  disegno  dello  Sca- 


mozzi  (1).  Intorno  a  questa  armatura  ho  raccolto  nel  R.  Arsenale  il 
dubbio  che  possa  essere  stata  sostituita  con  altra,  nell'  epoca  au- 


inclusa  corruscai  per  orbem,  mortalis  miracnlmn  grandius  gratius  haud 
habet  armamentarium  M.D.C. III. 

Ma  di  questa  il  (luerra  non  parla,  ed  anche  oggi  nel  Museo  dell'  Arse- 
nale esiste  soltanto  la  iscrizione  soprariferita  che  il  Guerra  lesse  e  ri- 
portò nel  suo  inventario. 

Lo  specchietto  del  piedestallo  sul  quale  poggia  la  armatura  ritta  in 
piedi  porta  in  una  cartella  barocca  un'arma  col  leone  rosso  lampante  a 
sinistra  in  campo  d'oro,  colle  lettere  A.  G.  nccostate  allo  scudo. 

(1)  Registro  54,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1601,  carte  21  e  21  verso. 


158  l^   BEECHET  (46) 

striaca.  E  di  fatto,  confrontando  la  fotografìa  del  disegno  eseguito 
dal    Gravembroch,    che    la   vide   sullo    scorcio    del    secolo    scorso 
nelle  sale  d'  armi  del  Consiglio  dei  Dieci,  colla  fotografìa  eseguita 
adesso  dal  Kiva  nell'Arsenale,  emergono  subito  dal  confronto  delle 
due  fotografie  essenziali  differenze  nella  forma  e  disposizione  degli 
ornati  e  nelle  dorature,   ma  però  entrambe  le  armature  portano  la 
visiera  traforata  da  quattro  S  opposti  e  la  croce  raggiata  del  Santo 
Spirito  colla  collana  sulla  corazza,  per  cui  il  dubbio  non  può  dirsi 
del  tutto   risolto.  Anzi  volendo  io  persuadermi  se  l'armatura   esi- 
stente nel  E.  Arsenale  fosse  proprio  quella  donata  da  Enrico  lY, 
0  invece  la  regalata  fosse  più  ricca  quale  appunto  apparirebbe  dal 
disegno  del  Gravembroch,  cercai  nell'  Archivio    di  Stato  fra  i  di- 
spacci degli  ambasciatori  veneti  in  Francia  di  quell'epoca,  e  trovai 
che  Angelo  Badoer  il   21   gennaio    1604  informava    il  Senato    di 
avere  esposto  al  re  che  la  repubblica  "  avea  riposto  quel  ferro  fra 
le  cose  più  preziose  perchè  passasse  anche  nei  posteri  in  stimato 
testimonio  della  sincera  affetione  della  Maestà  Sua.  Mi  rispose  il 
re,  che    il  suo  ambasciatore    li  scriveva    di  aver  veduto  il    luoco 
dove    si  disegna  riporre  la  sua  arma,  che  è  fra  le    più  ricche  et 
esquisite  arme  che  habbiano,  sì  che  lui  si  vergognava  che    fosse 
riposta  in  luoco  tale  un  armatura  cosi  vile,  ma  che  havendo    vo- 
luto   il  sig.   ambasciatore  Cavalli  portar  seco  un  trofeo  delle    sue 
vittorie  passate,   lui  li  fece  dar  una  delle  armature  de'  quali  egli 
a  punto    si  serviva  in  simili   occasioni,   ma  non  già    con  pensiero 
che  quei    Signori  la  volessero    per  tenerla    in  tanto  honore,    che 
quando  havesse  pensato  questo,  gliene  haveria  mandata  una    più 
degna.  Io    le  dissi   che  poteva  ben   S.   M.   mandarne    un  altra  più 
ridia  ma  non  più  degna  di  quella   che  l'ha  servita  nelle  sue  glo- 
riosissime imprese.   Mi  replico  il  Re,  che  rendessi  alla  Serenità  Vo- 
stra molte  grafie  de  Thonore  che  la  gli  faceva,  et  che  le  dicessi 
che  in  segno  di   quella  sua  afFetione,  lui  teneva  anchora  altre  ar- 
mature per  vestirle  in  servizio  di  quella  Serenissima  Repubblica, 
come  era  debito  di  vero  gentilhuomo  venetiano,  di  che  lui  si  glo- 
riava tanto.  „  (0-  L'armatura  dunque  non  era  ricca,  ma  il  dubbio 
forse  può  ancora  sussistere. 

17.0  Quattro    fanali    turcheschi  dorati,    presi  nella  guerra  di 
Creta  dal  Capitano  Generale  Zorzi  Morosini. 

18.0  Stendardo    turchesco    preso  dal    medesimo  nella  guerra 


(1)  Arch.  di  Stato.  Cancelleria  secreta.  —  Dispacci  Francia,  filza  32. 


(47) 


LE    SALE    D    AEMI    DEL    CONSIGLIO    DEI    DIECI 


159 


della  Morea,  assieme  ai  fanali  donati  alla  Repubblica  da  Piero  e 
Lorenzo  Morosini  fratelli  di  Zorzi  l'anno  1616,  senza  la  iscri- 
zione commemorativa  in  rame  dorato  ;  questo  stava  nella  III<*  sala 
fra  i  fanali  ed  è  descritto  all'Arsenale  conie  bandiera  presa  ai 
turchi  a  Corfù  nel  1587. 

19.0  Alcuni  cang-iari  (handschar)  e  stili  forniti  d'argento,  l'i- 
masti  dai  42  ricordati  più  sopra  fra  le  cose  perdute. 

20. 0  Un  mezzo  bracciale,  uno  scudo  di  canna  d' India  con 
pietre,  rimasti  del  dono  dei  Persiani,  di  celadoni  e  busti  di 
ferro  antico  dorati  a  mordente,  pure  più  sopra  ricordati. 

21.0  fi  lucchetto  e  la  </o/z/er(i  di  ferro  detti  di  Francesco  da 
Carrara  ed  altri  istrumenti  di  tortura  a  lui  attribuiti,  che  si  tro- 
vavano neir  armadio  con  grata  con  n.  11  presso  la  porta  della 
soffitta  nella  sala  ÌU^. 

22.0  Q\[  ogo^etti  che  furono  di  un  famoso  ladro  chiamato 
Nadalin  il  quale  subì  1'  estremo  supplizio  : 

a)  Ordigno  di  ferro  fatto  a  vite  ; 

b)  Morsa  ossia  leva  di  ferro  a  vite  ; 
e)  Chiave  di 

ferro  con  entro  or- 
digno fatto  a  vite 
e  susta  interna  ; 

(0  Rampino 
per  cavar  finestre 
od  altro. 

23.0      J)^;p      pr^l^. 

nonoini  di  l)ronzo 
dei  tredici,  compre- 
so uno  di  ferro,  più 
sopra  ricordati  co- 
me mancanti. 

Esistevano  fi- 
nalmente nella  sala 
lY*^  0  degli  archi- 
bugi e  si  trovano 
ora  nel  Museo  del- 
l'Arsenale : 

24.0  La  focaja 
0  conserva  da  mic- 
cia di  rame,   opera 


160  I'.    BKKCHET  (48) 

di  G.  B.  Comino,  1621,  con  fijo^ure  di  getto  e  strumenti  da  accen- 
dere le  miccie,  corrispondenti  al  numero  di  duecento  archibugi, 
le  quali  si  accendevano  in  un  attimo  colla  percussione  di  un  ac- 
ciarino   a  ruota. 

Fra  le  mobiglie  e  suppellettili  delle  sale  d'armi  furono  con- 
segnati all'Arsenale,  ma  più  non  esistono  per  causa  di  vetustà  : 

1.0  Quattro  armadi  neri  serrati  di  lastre  e  profilati  d'  oro 
lasciati  alla  Repubblica  dal  N.  H.  Zorzi  Morosini  K.'"  e  Proc.r 
Ultimamente  erano  dodici  armadi  da  corazze,  elmi,  alabarde  ed 
offffetti  vari  che  decoravano  le  sale.  Gli  altri  otto  vi  restarono 
per  alcun  tempo  e  custodirono  gli  argenti  delle  chiese  soppresse 
finché  in  seguito  andarono  dispersi. 

2.°  Trentanove  cortine  di  tela  assortite  coi  ferri  corrispon- 
denti. 

3.0  Settanta  restelliere  di  ferro. 

4.0  Yarie  colonne  di  legno  con  i  loro  capitelli  vecchi  e  parte 
logori  che  adornavano  le  pareti  delle  sale,  dividendole  in  comparti 
come  si  vede  nel  quadro  di  casa  Morosini,  ora  al  Museo  Civico, 
più  sopra  riportato. 

5.0  Yentidue  mezzi  archi  di  ferro  dove  stavano  appoggiate 
a  ruota  le  spade  e  gli  spadoni. 

Francesco  Zanotto  nella  sua  Opera  il  Palazzo  Ducale,  voi.  II, 
parte  XIX,  dà  bensì  un'  elenco  delle  cose  raccolte  nelle  sale 
d'armi,  desunto  dall'archivio  proprio  del  Consiglio  dei  Dieci  nel- 
l'Archivio generale  dei  Frari,  sezione  YI",  dalle  memorie  del 
Bibliotecario  Morelli,  dalle  carte  lasciate  alla  Marciana  da  Grio. 
Battista  Rossi,  e  dalla  Venezia  città  nobilissima  e  singolare  del 
Sansovino,  ma  questo  elenco  non  solo  discorda  quanto  a  disposi- 
zione dair  ordine  precisato  dal  Guerra  ultimo  Massaro,  ma  non 
fa  cenno  di  oggetti  elencati  dal  Guerra,  mentre  ne  nota  altri 
non  elencati  e  dei  quali  deve  essere  stato  prima  disposto  altri- 
menti. 

Non  oso  poi  affermare  che  anche  nel  Museo  Civico  vi  possano 
essere  armi  raccolte  da  Teodoro  Correr  le  quali  abbiano  appar- 
tenuto alle  sale  del  Consiglio  dei  Dieci. 

Nella  Notizia  però  delle  opere  d'arte  e  d'antichità  della  Rac- 
colta Correr,  Yincenzo  Lazzari  ricorda  che  alcune  armi  da  pompa 
e  non  da  guerra  e  delle  più  magnifiche  e  colossali  vi  si  conservano, 
e  queste  devono  aver  decorato  qualche  atrio  o  armeria  di  non  comune 
importanza. 


(49)  LE    SALE    d'armi    DEL    CONSIGLIO    DEI    DIECI  161 

Il  Lazzari  nota  fra  le  armi  da  pompa  delle  sale  d'armi  del 
Consiglio  dei  Dieci  le  grandi  alabarde  o  ronconi  collo  stemma  Tre- 
visan,  picche  con  ferri  lavorati  e  lisci,  partigiane,  partigianoni, 
spiedi,  tridenti  turcheschi,  ronche,  ronconi  ed  altro. 

Scorrendo  la  Notizia  non  vi  si  trova  cenno  se  le  12  alabarde 
o  ronconi  ai  n.  1314  a  1325  e  li  6  ronconi  di  parata  collo  stemma 
Contarini  al  n.  1326  a  1331  e  gli  altri  sei  dal  n.  1332  al  1337 
decorati  da  uno  scudo  traversato  da  bande  senza  altri  segni  bla- 
sonici abbiano  appartenuto  alle  sale  d'armi  del  Consiglio  dei  Dieci  (i). 

Fra  gli  oggetti  non  indicati  nell'  inventario  Guerra,  il  Zanotto 
ricorda  inoltre  : 

1.0  Un'Apollo  saettatore  in  marmo. 

2.0  Due  teste  di  bronzo  lasciate  dal  kav.  Domenico  Pasqualigo. 

3.0  L'  armatura  di  Giovanni  Duodo. 

4.0  I  ritratti  degli  ambasciatori  Giapponesi  dipinti  dal  Tin- 
toretto  (2). 

5.0  Lampada  che  dice  trovata  nel  sepolcro  d'Antenore  a 
Padova  e  che  anche  il  Rossi  rammenta.  Qualche  cosa  però  che 
può  riferirsi  a  questo  oggetto  fu  veduto  dal  Gravembroch  e  da 
esso  disegnato  nel  ms.  dedicato  a  Pietro  Gradenigo,  276,  XCIY. 

6.0  Due  archibugi,  con  fiasche,  di  Lodovico  Orsini  generale 
di  fanteria  strangolato  a  Padova  (2),  una  spada,  un  pugnale,  due 
pistole  e  due  archibugi,  che  stavano  sopra  la  interna  porta  della 
IH»  sala  e  furono  cambiati  di  posto  nel  1606  (*). 


Io  poi  ho  voluto  fare  uno  spoglio  diligente  della  massa  delle 
armi  consegnate  nel  1799  ai  capi  delle  sale  dell'Arsenale  e  farne 
il  confronto  con  quanto  il  Masser  Guerra  inventariò  nel  1773 
aggruppato  per  categorie.  Da  questo  esame  ne  risultò  il  seguente 


(1)  Notizie  sulle  opere  d'arte  e  d'antichità  della  Raccolta  Correr  di 
di  Venezia.  Vincenzo  Lazzari,  Venezia,  1889. 

(2)  Ito  Mancio,  Naocazu  Michele,  Hara  Martino,  Nacaura  Giuliano, 
arrivati  in  Venezia  nel  giugno  1585.  Cfr.  Berchet,  Sa</f/ìo  sulle  antiche 
ambasciate  giapponesi  in  Italia.  Venezia,  1877. 

(3)  Rossi,  Mss.  alla  Marciana,  voi.  V,  p.  184  e  seg. 

(4)  Registro  56,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1606,  carta  9. 


162 


F.    BERCHET 


(5Ó) 


prospetto,  dove  si  vede  che  se  verifìcaronsi  molte  sottrazioni  e  di- 
spersioni dei  cimelii  preziosi,  artistici  e  storici,  altrettanto  non 
avvenne  per  le  armi  comuni  conservate  in  quelle  sale,  delle  quali 
se  alcune  andarono  disperse,  e  saranno  state  forse  le  più  prege- 
voli, la  maggior  parte  però  fu  conservata  e  consegnata  all'Arse- 
nale dove  ora  si  trova. 


PROSPETTO   DI   PARALLELO 

FRA    l'inventario    1773    E    LA    CONSEGNA    1799 


OGGETTI 

Armature 

Mezze  armature  con  elmi  e  scudi 

Celadoni  con  letti  e  schiene 

Alabarde     . 

Brandistocchi  o  spiedi 

Elmi  e  celate    . 

Corazze 

Spadoni  a  due  mani 

Spade  alla  schiavona  e  da  bordo 

Mazze  ferrate     . 

Scudi 

Balestriere 

Balestrini  . 

Archi 

Turcassi 

Pistole  a  ruota 

„       all'  italiana 

„       a  due  canne 
Pistoni 

Fiasche  da  polvere 
Polverini    . 
Archibugi  a  ruota 
Mortaretti  da  bomba 
Mannaje 
Mannerini  . 
Jatagan 

„        piccoli,  stocchetti  ecc 
Verdughi  (lame  a  quattro  tagli  in 
Lancie 
Corbette  di  rottami 


punt 


a) 


Ultimo 

Consegna 

inventario 

all'  Arsenale 

16 

15 

2 

559 

753 

62 

124 

659 

640 

366 

334 

281 

298 

805 

672 

70 

56 

174 

120 

84 

213 

2 

2 

49 

100 

72 

230 

334 

215 
118 

6 

3 

4 

443  . 

300 

34 

365 

22 

2 

2 

4 

4 

2 

2 

12 

11 

10 

12 

12 

100 

1060 

9 

(51)  LE    SALE   d'  AEMI    DEL    CONSIGLIO    DEI    DIECI  168 

Le  armi  consegnate  in  eccedenza  all'  inventario  erano  quelle 
che  si  trovavano  nel  camerotto  e  nelle  soffitte  e  che,  per  essere 
vecchie  e  rotte,  doveano  vendersi,  giusta  il  decreto  del  Consiglio 
dei  Dieci  (^)  e  perciò  non  furono  dal  Guerra  inventariate. 

Dallo  stesso  confronto  apparisce  inoltre  che  la  sala  degli 
archibugi  fu  spogliata  degli  archibugi  a  ruota,  delle  spade,  scudi 
e  fiasche  da  polvere  che  conteneva,  e  ciò  forse  in  un  qualche 
momento  di  forsennato  saccheggio  ;  e  se  oggidì  qualche  oggetto 
allora  depredato  fu  ricuperato  e  trovasi  nelle  sale  del  Museo  del- 
l'Arsenale di  Venezia,  certo  il  Masser  Marcantonio  Guerra  non 
lo  consegnò  nel  1799  ai  Capi  di  quelle  sale  Antonio  Barrerà  e 
Nicolò  Cibo. 

Invece  la  mancanza  delle  altre  armi  e  delle  9  ceste  di 
rottami  si  riduce  a  ben  poca  cosa,  e  deve  procedere  da  singole 
private  sottrazioni  non  difficili  in  quei  giorni  dolorosi. 


11  nuovo  Registro    del  Masser    Marcantonio  Guerra  ci  mette 
in  grado  anche  di  conoscere  come  erano  negli  ultimi  tempi  della 
Repubblica    collocate  e  disposte  le  armi  e  le  cose    notevoli  nelle 
sale  d'  armi  del  Consiglio  dei  Dieci. 
Esse  erano  cosi  distribuite  : 
Neil'  atrio  dal  pianerottolo  della  scala  dei  Censori  : 

Il  busto    in  marmo  di  Sebastiano  Yenier  opera  del  Vittoria, 
sei  mezze  armature  di  ferro. 

Nella  sala  prima  o  del  Gattamelata,  sopra  la  porta  d'ingresso  : 

La  testa  di  Gerolamo  Pesaro  in  marmo. 
Sopra  quella  di  egresso  : 

Il  busto  di  Marc' Ant.o  Bragadin  in  bronzo. 
Nel  mezzo  della  sala  : 

Il  lume  in  bronzo  ad  uso  militare. 
Presso  le  finestre  ai  fianchi  delle  porte  d'  entrata  : 

La  armatura  di  Gattamelata  a  cavallo. 
Al  fianco  della  porta   d'  uscita  : 

Quadro  della  Madonna  e  cassetta  d'ebano  del  fiscale  di  Padova 
Cassina. 


(1)  1773,  23  agosto. 


164 


F.    BEKCHET 


(52) 


Nella  prospettiva  in  fondo  : 

Kuota  di  43  pistole  antiche,  spada  dello   8canderberg  impu- 
gnata da  mano  dorata  ;    il  grande  e  prezioso  fanale  d'  argento   e 
cristallo  di  rocca  del  Crasso. 
In  giro  alle  pareti  : 

Dieci  armature  fra  le  quali    le  quattro    dorate,    e  quelle  del 
Duca  di  Rohan  e  del  N.  H.  Marco  Trevisan. 

Nella  sala  seconda  o  delle  corazze,  sopra  la  parte  di  ingresso  : 

L'  armatura  da  fanciullo. 
Sopra  la  porta  di  egresso  : 

La  testa  in  marmo  di  Francesco  da  Carrara. 
Nel  mezzo  della  sala  : 

La  spingarda  con  lumiera  coperta  da  figura  in  bronzo. 
.    Dietro  ed  ai  lati  di  essa: 

La  alabarda  da  20 
canne  da  fuoco  di  G.  ^L 
Bergamin,    o  mitragliera. 

Il  pezzo  d'artiglieria 
a  retro  carica  ed  a  cinque 
colpi,  0  petriera. 

Presso  alle  finestre  al 
fianco  delle  porte  di  en- 
trata: 

Armadio  a  grata  n. 
1  cogli  oggetti  descritti 
pili  sopra  fra  i  perduti 
ai  n.   7,  8,  9,   14  e  15. 

Al  fianco  della  porta 
d'  uscita  : 

Armadio    n.  3  cogli 
oggetti  descritti  al  n.  IG. 
Nella    prospettiva    in 
fondo  : 

Statua  di  bronzo  con 
piedistallo  di  marmo  del 
Morosini  Peloponesiaco  in 
nicchia  drappeggiata  da 
bandiere  turche  e  fian- 
cheggiata da  2  code  di 
Pascià  e  da  6  alabarde. 


(53)  LE    SALE    d'  AEMI    DEL    CONSIGLIO    DEI    DIECI  165 

In    giro    alle    pareti,  fra    mezzi    pilastri    con  capitelli,  messi  a 
comparto  : 

Armadio  n.  2  a  destra  dell'  ingresso  con  armi  varie. 
Armadio  n.  8  a  destra  dell'uscita  colle  armi  del  Doge  Ziani 
e  gli  spadoni  papali. 

In  alto  :  le  corazze  del  Doge  Dandolo  e  le  40  di  altri  serenis- 
simi principi. 

Tra  le  finestre  sul  rivo  : 

Le  due  statue  di  Francesco  Sforza  e  Maria  Visconti,  i  due 
fanali  presi  dal  cap.  gen.  Francesco  Morosini  e  il  terzo  più  pic- 
colo preso  da  Leonardo  Moro. 

Nella  sala  terza  del  Re  di  Francia,  sopra  la  porta  d'ingresso  : 

La  Madonna  col  l)ambiuo  di  Palma  il  vecchio. 
Dirimpetto  alla  porta  di  ingresso  : 

Sebastiano  Yenier  ed  Agostino  Barbarigo,  busti  in  bronzo 
di  Tiziano  Aspetti. 

Quadro  di  S.  Marco    con  1'  evangelio,  fra  quei  busti,  e  sotto 
di  esso  l'Armadio  n.  4. 
Nel  mezzo  della  sala  : 

Studiolo  del  patriarca  ririmani. 
Presso  le  finestre  a  sinistra  della  porta  d'  ingresso  : 

Armadio  n.  5  col  mausoleo  delle  medaglie  lasciate  dal  Car- 
dinale Zeno. 

Due  cassette  lavorate  a  radice  di  perla. 
Di  fronte  sotto  il  San  Marco,  Armadio  con  grata  n.  4  con  la 
imagine  di  Nostra  Signora  alla  greca,  con  fornitura  d'  argento  e 
pietre  diverse,  altro  quadro  alla  greca  rappresentante  il  Paradiso 
con  fornimenti  dorati,  ))aule  di  cristallo  di  monte  guarnito  d'  ar- 
gento, due  denti  d'  orco  marino  ed  altro. 
Nella  prospettiva  di  fondo  : 

Armatura  di  Enrico  lY»  di  Francia  nella  nicchia  archi- 
tettonica, opera  dello  Scamozzi,  e  sotto  di  essa  uno  scrigno 
vuoto. 

In  giro  alle  pareti,  a  destra  della  porta  d'  ingresso  : 

Quattro  armadii  neri  serrati  di  lastre  e  profilati  d'  oro.  So- 
pra il  Io  la  nascita  di  N.  S.  del  Da  Ponte,  sopra  il  11'^  la  morte 
di  N.  S.  del  Da  Ponte,  sopra  il  IH»  il  ritratto  del  Re  d' Inghilterra 
e  S.  Griorgio,  sopra  il  lY»  il  ritratto  del  Co.  di  Mansfeld. 

Nella    parete    opposta    fra    le  finestre  sopra  piazzetta  (verso  il 
molo  di  piazzetta)  : 


166 


r.    BEBCHET 


(54) 


Quattro  fanali  turcheschi 
e  lo  stendardo  presi  dal  Ca- 
pitano Generale  Giorgio  Mo. 
rosini. 

T  celadoni  e  busti  di  ferro 
dorati,  donati  al  Doge  Marino 
Grimani  dal  Re  di  Persia. 
Vicino  alle  dette  finestre  : 

L'  armadio  in  lapislazzoli 
con  S.  Giustina  e  sotto  il  panno 
d'oro  con  16  figure,  dono  dei 
Re  persiani. 

Nella    sala    quarta    o    degli 
archibugi,  nel  mezzo  : 

La  focaja  di  rame  per 
niiccie. 

Nella  prospettiva  di  fondo  : 

Lo  stendardo  da  7  code  dal 

Capitano  generale    Alvise  Mo- 

cenigo  preso  ai  turchi  nel  1651. 

Sopra    la    scala    che    va   al 

Maggior  Consiglio  : 

Lo  stendardo  o  fiammola 
da  galera  del  Doge  Ziani. 

Lo  stendardo  con  fiori  do- 
rati preso  ai  turchi  dal  Proc. 
Foscolo. 

Sopra    la    porta    che    va  a] 
Maggior  Consiglio  : 

Testa  di  marmo  incassata 
nel  muro,    detta  di  Ezzelino  da  Romano. 

Attorno  alle  cornici  di  queste  ;  sale,  i  cui  soppalchi  erano 
decorati  di  armi,  corazze  e  pistole,  come  si  vede  nel  quadro  Mo- 
rosini,  giravano  circa  500  fiasche  da  polvere  ed  attorno  alle  pa- 
reti in  11  ruote  e  70  rastelliere,  negli  armadi  e  fra  le  colonne  e 
pilastri,  erano  disposte  2016  armi  da  taglio  e  da;  punta,  705  arme 
da  fuoco  e  1209  tra  elmi,'"  corazze  e^scudi;  essendo  nella  sala  I* 
raccolti  in  maggior  numero 'elmi  ed  alabarde,  nella  11'^  corazze  e 
nella  IV-'  archibugi,  mentre  poi  nella  soffitta  stavano  accatastate 
circa  un  migliajo  e  mezzo  di  armi  di  scarto  destinate  alla  vendita, 


(55)  LE    SALE    d'aEMI    DEL    CONSIGLIO    DEI    DIECI  167 

ma  che  pertanto  non  furono  catalogate  dal  Guerra,  ed  è  così  che 
colle  mancanze  verificate  più  sopra  poterono  esser  consegnate  nei 
giorni  19  e  28  gennaio  1799  ai  capi  delle  sale  d'armi  dell'Arse- 
nale 1060  lancio,  209  fra  archi  e  turcassi,  129  balestriere,  86 
verdughi  e  62  brandistocchi  e  spiedi,  in  più  dell'  ultimo  catalogo 
Guerra. 

La  disposizione  delle  cose  più  pregevoli  nelle  sale  d'  armi 
è  graficamente  segnata  nella  pianta  unita  a  questa  Memoria  (i), 
più  sopra  riportata  ;  nella  quale  è  pure  segnato  nella  parete  occi- 
dentale della  sala  I/^  il  posto  occupato  dall'  ultimo  camerotto  nella 
torricella  dove  per  essere  stato  tolto  1'  assito  di  legname  di  mo- 
derna costruzione  che  dopo  che  furono  demolito  le  grosse  antiche 
clausure  lignaminum  divideva  quest'ultimo  camerotto  dalla  I^  sala 
d'  armi,  sono  visibili  le  iscrizioni  e  memorie  ivi  grafite  dai  pri- 
gionieri, delle  quali  ho  più  sopra  fatto  cenno  e  che  sono  rappre- 
sentate dalla  unita  fotografia. 

La  presenza  di  questa  parete  scritta,  ora  chiaramente  visibile, 
fece  nascere  il  dubbio  se  appunto  per  conservarle  un  po'  di  luce 
non  sia  il  caso  di  lasciare  le  cose  come  sono  e  di  non  ricostruire 
il  muro  che  tornerebbe  a  mettere  al  bujo,  o  quasi,  quel  locale. 
Se  non  che  considerando  che  si  farebbe  ofl'esa  alla  storia,  l'Uflfì- 
cio  regionale  è  di  parere  che  sia  da  proporsi  il  ripristino  del  muro 
divisionale  ritornando  così  anche  alla  sala  I"  le  sue  proprie  di- 
mensioni. 

In  tale  ipotesi  si  ricostruirebbe  l'antico  accesso  della  prigione 
da  alcuni  locali  ora  occupati  dalla  Biblioteca,  e  si  potrebbero  senza 
grave  sconcio  non  solo  riaprire  ma  ampliare  i  pertugi  che  illu- 
minavano l'ultimo  camerotto  della  torricella,  al  fine  di  mantenere  fa- 
cilmente 0  almeno  discretamente  leggibile  la  parete  letterata. 


Sciolto  questo  quesito  si  presenta  subito  l'altro,  di  ben  mag- 
giore importanza  e  difficoltà,  quello  cioè  sulla  possibilità  del  ri- 
pristino delle  antiche  sale  d'armi  quali  si  trovavano  al  momento 
della  caduta  della  Repùbblica. 


(1)  Tipo  dimostrante    la  disposizione    dei  principali    oggetti   d'arte  e 
trofei  nelle  sale  del  Consiglio  dei  Dieci  giusta  l'ultimo  inventario  ufficiale. 


108  F.    BEKCHET  (56) 

E  qui  se  unanime  e  naturale  è  il  consenso  che  quelle  sale 
siano  possibilmente  ridonate  alla  apparenza  che  avevano  in  quel- 
l'epoca, e  come  tali  conservate  con  gelosa  cura,  del  quale  con- 
senso si  fece  recentemente  interprete  il  conte  Piero  Foscari,  pub- 
blicamente invocando  "  che  S.  E.  il  Ministro  Baccelli  dia  il  suo 
nome  e  la  sua  potenza  ministeriale  in  favore  dell'antico  Museo 
dei  Dieci  (')  „  non  è  però  altrettanto  facile  il  mettere  in  atto  il 
simpatico  divisamente. 

Bisogna  intanto  distinguere  le  armi  propriamente  dette  da 
pugno,  da  miccia  e  da  ruota,  dalle  armature,  trofei  e  dagli  og- 
getti preziosi  per  l'arte  e  la  storia  che  le  sale  contenevano. 

Questa  seconda  categoria,  certo  la  più  importante,  subì  grandi 
e  deplorevoli  jatture.  Sopra  circa  100  articoli  di  collezioni  e  d'og- 
getti preziosissimi  soltanto  12  articoli  si  conservano  nel  Palazzo 
Ducale,  24  si  conservano  all'  Arsenale  e  tre  si  credono  di  pro- 
prietà privata.  E  le  cose  mancanti  sono  le  più  pregevoli  e  le  più 
rare. 

Frattanto  si  presenta  una  questione,  dirò  così  subordinata,  se 
cioè  il  ripristino  delle  sale  d'armi  deva  limitarsi  alle  tre  sale  che 
erano  occupate  dal  R.  Istituto  od  estendersi  anche  alla  ultima 
sottoposta,  sala  degli  archibugi,  che  è  l'attuale  sala  Bessarione 
della  Biblioteca. 

E  qui  la  somma  scarsezza  degli  oggetti  che  si  potrebbero  ri- 
cuperare, e  la  stessa  decorazione  attuale  della  sala  Bessarione,  che 
si  dovrebbe  alterare  e  manomettere  per  disporvi  la  scala  di  co- 
municazione colle  sale  superiori,  persuadono  di  limitare  la  proposta 
al  solo  ripristino  delle  tre  sale  superiori  cioè  delle  sale  delle  armi 
antiche. 

Però  è  vano  lo  illudersi.  Colla  poca  suppellettile  derivante  dai 
12  articoli  che  si  conservano  nel  Palazzo  Ducale  le  sale  d'  armi 
del  Consiglio  dei  Dieci  non  potrebbero  nemmeno  lontanamente 
ricordare  il  passato,  sarebbero  una  squallida  larva  irriconoscibile 
di  quello  splendido  Museo  che  si  vorrebbe  rievocare,  e  più  che 
testimoniare  la  gloria  degli  avi  documenterebbero  la  nequizia  dei 
nepoti. 

Una  sola  favorevole  eventualità  renderebbe  possibile  il  ritorno 
al  Palazzo    del  decoro  delle  sale  d'armi  del  Consiglio    dei  Dieci, 


(1)  Gazzetta  di  Venezia  N.  228  del  19  agosto  1899. 


(57)  LE    SALE    d'  AKMI    DEL    CONSIGLIO    DEI    DIECI  169 

e  cioè  che  il  R.  Ministero  della  Marina  acconsentisse  di  restituire 
alla  loro  antica  sede  i  ventiquattro  articoli  storici  ed  artistici  che  egli 
conserva  nel  Museo  del  R.  Arsenale  di  Venezia,  e  di  ritornare  al- 
tresì le  armi  inastate  da  pugno  e  da  ruota,  almeno  nella  quantità 
che  fosse  sufficiente  a  decorare  le  antiche  tre  sale  delle  m  uni f ioni. 

Esse  non  sarebbero  invero  ripristinate,  perchè  resterebbero  ve- 
dovate della  maggior  parte  dei  cimelii  preziosi  che  raccoglievano  a 
memoria  dei  tempi  fiorenti  di  Venezia,  ma  almeno  non  appari- 
rebbero spoglie,  e  raccoglierebbero  quanto  di  meglio  si  è  potuto 
salvare  dall'immane  disastro  della  fine  del  secolo  scorso. 

Ma  perchè  un  tale  proposito,  quantunque  non  graverebbe  sul 
bilancio  al  di  là  dei  limiti  dei  lavori  da  farsi  nel  Palazzo  Ducale 
col  provento  della  tassa  di  ingresso,  abbia  una  qualche  probabilità 
di  successo,  non  bastano  certo  le  forze  private  e  la  iniziativa  del- 
l'Ufficio regionale  di  Venezia  che  ho  1'  onore  di  presiedere,  ma 
occorre  l'ausilio  potente  di  altre  forze  assai  prevalenti. 

Ed  io  non  vi  nascondo  egregi  colleghi,  che  queste  forze  e 
questo  ajuto  sarebbero  validissimi  se  partissero  da  Voi. 

Il  R.  Istituto  Veneto  di  scienze,  lettere  ed  arti  faccia  suo 
questo  voto  e  se  ne  renda  interprete  presso  i  Ministeri  dell'I- 
struzione e  della  Marina.  La  sua  autorevole  voce  spianerà  la  via, 
perchè  egli  solo  può  trovar  la  parola  che  induca  il  Ministero 
della  Marina  a  cedere  al  Ministero  dell'Istruzione  pubblica  l'onore 
della  custodia  di  tanti  tesori  nella  loro  sede  originaria,  a  beneficio 
dell'arte  ed  in  omaggio  alla  storia  di  Venezia. 


(59)  F.    BEECHET    -    LE    SALE    d'  AEMI    ECC.  171 


NUOVO  REGISTRO 
DI   TUTTE   LE   ARMI   E   COSE   RIGUARDEVOLI 

DELLE    SALE    DELL'  AKMI    DEL    CONSIGLIO    DI    DIECI 


ATRIO 


Allabiiido  di  diverse  sorti  disposte  nell'atrio  e  scala  sessantacinque    N.  65 

Spontoni  ai  lati  della  Scala  ventidue  „    22 

Armature  di  ferro,  con  Mazze  ferrate  sopra  la  scala  medesima  n."  quattro 

ed  ai  lati  della  porta  d'ingresso  altre  due  senza  mazze,  in  tutte  sei  N.     6 

Ai  lati  della  med.^<^  porta 

Spade  da  punta  alla  Schiavona  quattro  N.     4 

Spadoni  a  due  mani  otto  (N.  6)  „      8 

Elmi  di  ferro  settantauno  (N.  60)  „    71 

Sopra  la  porta  d'  ingresso 

Mezza  statua  di  marmo  con  la  seguente  iscrizione  : 

Sebastiano  Veneeio  Peincipi 
Inuictiss.'*  Nauali  Victoria  apud  Echinadas 

Clariss."s  Leonardus  Mocenicus  huius 
Armamen.    Prefkct   P.    C.   Anno   CIOIOCVIIII 

Figurette  di  legno  dorato  rappresentanti  la  Fede  e  la  Giustizia  due  N.     2 

Ai  lati  della  porta  d' ingresso 

Spade  da  bordo  trentaquattro  (N.  6)  N.  34 

Elmi  di  ferro  ventisette  (45)  „   27 

A  destra  tra  le  finestre 
Archibuso  corto  da  ruota  vecchio  e  pistole  rotte,  in  tutto  N.  38 

Intorno  V  atrio  stesso 

Fiasche  da  polvere  trentaotto  N.  38 

Scudi  di  legno  alla  rifusa,  e  parte  disposti,  trentadue                           „   32 

Pezzi  di   pietra,  marmo,  due  (uno  fu    impiegato    nell'  archivio  dal  proto 

Jseppi)  N.    2 


172  F.    BERCHET  (60) 

SALA    PRIMA 

Sopra  la  porta  d'  ingresso 

Testa  di  marmo  donata  dal  fu  N.  H.  (xirolamo  Pesaro  ;  e  accettata  dal 
Consiglio  di  X.ci  l'anno  lfi(il,  7  Novembre,  con  la  seguente  iscrizione: 

HlEBONJMI   PlSAURI    QNDM    JaCOBI 

MUNUS 

M.D.C.L.XI 

Pistole  da  ruota  trentadue  N.  32 

Alla  p((rte  sinistra 
Pistole  da  ruota  ventitré  N.  23 

Spade  da  bordo  ventisei  (23)  „   26 

Xd  mezzo 

Lume  di  bronzo  ad  uso  militare. 

Alto  Nobilissimo  Fanale  di  puro  argento  e  limpido  Cristal  di  Monte,  do- 
nato alla  Serenissima  Repubblica  da  Nicolò  Crasso  Cittadino  Vene^o 
eloquentissimo  ;  da  lui  ideato,  (;  fatto  eseguire  da  primi  Artefici  del- 
l' Europa,  con  entro  una  Tazza  del  medesimo  Cristallo,  e  Navicella 
d'oro,  e  sei  lumini,  il  tutto  con  maravigliosa  maestria  unitto  da  mi- 
nutissimi lavori  a  vida  ;  che  p(!r  l'esquisitezza  del  jnateriale,  e  per 
la  lunga  fatica,  si  reputa  del  valore  di  30  e  più  milla  scudi.  Questo 
servì  nella  Basilica  di  S.  Marco  a  modo  di  Tal)ernacolo,  e  fu  poi  ri- 
posto sopra  queste  Sale  l'anno  1631  sotto  il  Poge  Francesco  Frizzo. 
Vedi  Istoria  Nicolò  Doglioni  C.'^'  936,  e  Natale  Conti  C.^''  6H0. 

Intorno  alla  stessa  Sala 

Corazze  di  ferro  fodrate  di  veiuto  a  colori   diversi  trentadue  N.     32 

Celate  di  ferro  trecentoventuna  „    321 

Scudi  di  legno  cinquantanove  ,i     59 

Aste  0  Alabarde  centosettandadue  „    172 

Spadoni  a  due  mani  centoventisei  „    126 

Spada  alla  Schiavona  duegentonovantasette  „    297 

Turcassi  con  frezze,  fra  quali  otto  dorati,  quaranta  „     40 

Balestre  di  ferro  alla  rinfusa  settantaquattro  „      74 

Armature  di  ferro  intiere,  tra  le  quali  quattro  dorate,  due  con  scudi    di 

ferro,  et  una  con  Spada  dorata  al  fianco,  in  tutte  dieci  N.     10 

Quella    con    spada    dorata   fu  del  Duca   di  Roan  francese  General 

della  Repubblica  la  di  cui  spada  fu  posta  nelle  Sale  d'ordine  degl'Fc- 

c.™'  Capi  del  C.°  di  X.ci  Fanno  1638,  24  Luglio, 

L'  altra  dirimpetto  nel  secondo  Nicchio  con  il  Stemma  in  petto  fu 

del  N.  H.  Marco    Trevisan  General,  che    portò    da    Costantinopoli   il 

Sangue  prezioso  di  Nostro  Signore,  e  per  tal  benemerenza  godono  li 

di  Lui  discendenti  il  privilegio  di  portar  la  Stola  sopra  la  Spala  destra. 

Elmo  di  ferro  detto  la  Visiera  d'Attila. 

Spada,  impugnata  da  mano  di  legno,  dorata,  detta  del  Scanderbech  ge- 
neral in  Dalmazia. 


(61)  LE    SALE    d'armi    DEL    CONSIGLIO    DEI    DIECI  173 

Caselle  con  Frezze  e  Bolzoni   trentasei  N.  36 

Coltrine  di  Sangallo  quattordici  ,,    14 

Sopra  la  porta  di  er/res.so 

Mezza  Statua  di  Bronzo  rappresentante  il  fu  N.  H.  ser  Marc' Ant.°  Bra- 
gadin  fu  Prov.''  in  Cipro,  quale  fu  posta  nelle  Sale  l'anno  1595,  24  set- 
tembre per  istanza  delli  NN.  HH.  ser  Marco  e  Fratelli  Bragadin  di 
lui  figliuoli  con  la  seguente  iscrizione  : 

Maecus  Antonius  Bragadeno 

Salamina  Cipro  Prefectus  in  diucturnA 

obsidione   substinenba,  singulari   fortitudine 

clarus  summaque  pietate,  atque  constantia 

PRO  Cristi  fide,  et  prò  Patria 

uiuens,  gloriosissime  cutk  exutus 

17  Augusti  1571 

Balestre  di  ferro  due  N.    2 

Nel  soffitto  della  prima  Sala  elmi  „    46 

Neir  angolo  sopra  la  srala 

Cavallo  di  legno  con  armatura  di  ferro,  mazza  ferrata  in  mano,  staffa 
di  ottone  in  memoina  del  fu  Gattemelà  che  militò  sotto  Brazzio  Mon- 
tone nelle  Guerre  d'Italia  dell'anno  1435,  fatto  Generale  delle  Genti 
Veneziane.  Fece  notabili  acquisti  per  la  Repubblica,  quale  gli  fece 
dirizzare  una  Statua  Equestre  vicino  alla  chiesa  di  S.  Antonio  in  Pa- 
dova. Jstorico  a  e.**' 229  e  Compendio  jstorico  universale  del  Doglioni. 

Canoncino  di  bronzo  sopra  letto  di  Campagna. 

Scudo. 

Elmo. 

Golziera  di  ferro  traforata. 

Martello  con  canna  d'Archibuso. 

Mazze  ferrate,  compresa  ima  più  antica,  sono  cinque  N.      5 

Baston  con  catena  e  globo  di  ferro. 

Intorno  le  cornici 

Fiasche  da  polvere  centoquatordici 
Spolverini  trentaquattro 
Archi  trenta 

Nella  prospettiva  di  mezzo 
Pistole  antiche  da  ruota  quarantadue 

A  sinistra  della  porta  d'  inf/resso 

Quadro  con  l'immagine  di  Nostra  Signora. 

Cassetta  di  ebano,  nel  Piedestallo  della  quale  v'  è  un  Psalterio,  e  sopra 
questo  una  loggia  con  sei  figure,  e  dissopra  un'Orologlio  da  Campana, 
donata  dal  Fiscal  di  Padova  dottor  Cassina,  ed  accettata  con  De- 
creto del  Senato  1649,  24  novembre. 


N.  114 

„     34 

„      30 

N. 

46  (sic) 

174  P.    BEECHET  (62) 

SALA  SECONDA 

Sopra  la  porta  (Vingresso 

Piccola  Armatura  di  ferro,  con  mazza  ferrata  nella  destra  e  pugnai  nella 
sinistra  e  sotto  la  seguente  iscrizione  : 

Fu   TEOVATO    NEL   FATTO    d'aRME 

DI  Marignan  calpestato 

DA   CAVALLI 

Pistole  antiche  da  ruota  n.*>  venti,  e  Terzaruoli  otto,  quali  furono  prese 
dal  N.  H.  ser  Marin  Muazzo  alle  Barche  armate  della  guardia  di  Cef- 
falonia  sopra  una  Nave  Inglese  l'anno  1628,  e  fatte  poner  sopra  queste 
Sale  giusta  la  parte  del  C.°  di  X.ci  4  settembre  1628,  et  altre,  in  tutte 
sono  quaranta  N.    40 

Parte  destra  di  detta  Porta 

Mazze  ferrate  fra  quali  una  Spada  antica  con  canna  da  fuoco,  et  altra 
pure  con  canna  similmente  da  fuoco  impugnate  da  due  mani  di  legno 
dorate,  e  sono  in  tutte  ventidue  N.    22 

A  sinistra 

Armario  con  grata  di  ferro  segnato  n."  uno  a  chiave  ed  entro  : 
Armaretto  con  duo  Figure  di  rilievo  rappresentanti  Adamo  et  Eva,  e  la 

pianta    della  vita  lavorate    in  Bosso  da  Alberto    Duro,  quali    furono 

portate  nelle    Sale  dal  fu  Ecc.™*'    Signor   Avvogador   Nicolò    Valier 

l'anno  1617,  primo  Settembre. 
Tazza,  creduta,  d'ongia  di  rinoceronte  di  Giovanni  di  Medici  fu  condottier 

della  Repubblica,  nella  quale  si  dice  venissero  scoperti  i  Veleni,  posta 

in  queste  Sale  per  Decreto  del  C.*»  di  X.c'  1680,  17  Maggio. 
Cortello  lavorato  all'Azemina  con  manico,  e  fodro    d'agata  e  con  rubini 

n.*>  trentaotto  incassati  nel  fodro  e  n."  sei  nel  manico  (manca). 
Sciabla  con  fodero  in  parte  dorato. 
Scudo,  Brazzaletto  con  pietre  rosse  e  turchine. 
Sparamani  di  nervo  detti  Battipanza  Turcheschi. 
Mazza  ferrata  con  pomolo,  quali  tutte  armi  furono  poste  sopra  queste  Sale 

per  deliberazione    del   C.°  di    X.ci  20  novembre    1591  ricuperate    dal 

q.™  N.  H.  ser   Paulo   Lippamano    fratello    del  fu  in  allora  Bailo   in 

Costantinopoli. 
Turcassi  fodrati  di  veluto  cremese  due,  detti  di  carta  dorata  due  et  altri 

di  pelle  rossa  due,  in  tutti  sei  N.      6 

Archi  Turcheschi  quattro  „       4 

Mezzaluna  di  Cristallo,  sopra  Piedestallo  di  metal  dorato. 
Guglie  di  corniola  incassate  due  „       2 

Spironi  da  cavallo  di  ottone  due  „       2 

Morsi  et  una  staffa,  in  tutto  tre  „       3 

Croce  dorata. 
Tracolla,   e  Fiasca  con  figure    di  otton  dorate  di  rilievo,    e  Taschino  da 


(63)  LE    SALE    d'armi    DEL    CONSIGLIO    DEI    DIECI  175 

balle,  poste  nelle  Sale  l'anno  1612,  7  maggio  dal  Provedit/  Filippo 
Pasqualigo. 
Fischietto  del  Gomito  della  Galera  d'Ali  Picinin  Corsaro  il  quale  com- 
mandava alle  due  squadre  di  Tunisi  e  Biserta  in  numero  di  sedici 
galere  venute  in  Golfo  unitamente,  et  ricoverate  sotto  il  castello  et 
fortezza  della  Valona,  prese  tutte  nel  luogo  med  ™o  dal  N.  H.  ser 
Antonio  Capello  3.»  allora  Proved.'"  dell'Armata  l'anno  1638,  7  Agosto, 
sotto  il  Dogado  del  Ser."»»  Prin.<^  Francesco  Erizzo  ;  consegnato  dal 
sudd.*"  Prov/   d'armata  Capello  a  20  Maggio  1643  (manca). 

Sotto  detto  Armario  con  grata  di  ferro  a  chiave 
segnata  n.  2  con  li  seguenti  capi: 
Elmo  di  ferro. 

Scarpe  di  ferro  due  N.      2 

Brazzaletto  con  la  mano  di  ferro. 

Pugnale  con  tre  punte,  e  due  piccioli,  in  tutti  tre  „       3 

Balestre  due  "       2 

Nel  mezzo 

Spingardo,  o  sia  Colonbrina,  sopra  letto  da  campagna  con  lumiera  co- 
perta da  figura  di  Bronzo,  e  a  piedi,  Piedestallo  con  balla  di  pietra, 
e  ballottiera  con  catena  di  ferro,  Scovolin,  Raschiador,  e  misura  da 
polvere,  il  tutto  sopra  un   tapetto. 

Alabarda  da  diverse  (20)  Canne  da  fuoco  sopra  piedestalo  di  legno,  fabbri- 
cata da  Gio,  Maria  Bergamin,  e  presentata  al  Tribunal  de  Capi  del 
C»  di  X,  accettata  e  riposta  in  queste  Sale  per  Decreto  del  Con- 
siglio medemo  1621,  29  Aprile. 

Altro  pezzo  d'Artigliarla,  che  si  carica  per  di  dietro  e  fa  cinque  sbarri 
sopra  Piedestallo  di  legno,  posto  nelle  Sale  per  Commando  dei  Ec- 
cellentissimi Signori  Capi  del  Cons.»  di  X.«  1627,  20  Agosto. 

In  fondo  alla  Sala 

Statua  di  bronzo  sopra  Piedestallo  di  Marmo  del  fu  Doge  e  Cap.°  Ge- 
neral Francesco  Morosini,  e  sopra  la  seguente  iscrizione  : 

Francisco  Mauroceno  Peloponesiaco 

ADHUC   VIVENTI   SeNATUS   ANNO 

1687 
Cassetta  dipinta  con  entro  Spontoni. 
Turcassi  di  legno  con  frezze  appese  alle  prospettive  otto  N.       8 

Posti  nel  soffitto  della  d.^  Sala 

Stendardi  Turcheschi  tre  N.       3 

Altri  simili  da  Sette  Code  tre  „       3 

Intorno  la  Sala 

Spade  alla  schiavona  centosettantasei  (169)  N.  176 

Spadoni  da  due  mani  ottantacinque  „     85 


176  F.    BERCHET  (64) 

Spade  (la  bordo  quattordici  N.    14 

Elmi  cento  (120)  „    100 

Corazze  di  ferro  fodrate  di  veluto  a  vari  colori  fra    quali    due    broccati 
d'oro  che  diconsi  del  Doge  Enrico  Dandolo,  ed  altre  d'altri  Serenis- 
simi Principi,  in  tutte  trecento  trentatre  N.  333 
Scudi  di  legno  dorati  e  due  di  ferro  venti  „      20 

Sopra  la  porta  d'egresso 

Pistole  da  Ruota  Antiche  diecinove  (15)  N.     19 

Testa  di  marmo  fino  di  Francesco  Carrara  con  Girlanda  intorno  di  Frezze 
n.**  venti,  e  due  Balestre  di  ferro. 

A  parte  sinistra 

Mazze  ferrate,  fra  quali  una  Spada  antica,  e  altra  con  canna  da  fuoco,  e 
suo  battiballa,  impugnate  da  due  mani  di  legno  dorate,  in  tutte 
trenta  N.     30 

A  parte  destra 

Armario    con    grata   di  ferro  segnata  N.  1  a  chiave    ed  entro  vi  sono  li 

seguenti  capi  : 
Spadone  con  guardia  d' argento  dorata,  e    fodro    di    veluto    guarnito    di 

argento. 
Scudo  d'  Azzajo  istoriato. 

Celata  lavorata  in  siniil  maniera  e  Corazza,  che  fu  1'  armatura  del  Sere- 
nissimo Principe  Sebastiano  Ziani. 
Spadone  con  guardia  e  fodro  d'  argento  dorato,  donato  alla    Serenissima 
Repubblica  dal  Sommo  Pontefice  Nicolò  V,    con  le  seguenti  parole 
da  una  parte  : 

NicoLAus  Papa  V 
Anno  Pontificatus  sui  Teetio 
e  dall'  altra  : 

Anno  Ceistian^  Salutis  MCCCCL 

Altro  Spadone  con  guardia  e  fodro  d'argento  dorato,  mandato  pur  in  dono 
alla  Serenissima  Repubblica  dal  Sommo  Pontefice  Pio  II  con  le  se- 
guenti parole  da  una  parte: 

Plus  Papa  II.  Anno  V 

PONTIF. 

e  dall'  altra  : 

Anno  Jncaenationis 
1463 

Sopra  Veste  di  Taftà  a  mezze  maniche  fodrata  di  cremesin  rosso. 

Simitara  col  fodro  rimesso  di  radice  di  perle,  e  impugnatura  con  lama 
d'  oro  in  parte  perduta. 

Abito  di  Tabi  bianco  in  forma  di  braghessa  dipinto  pure  a  vari  colori,  le 
quali  sopradette  cose,  furono  presentate  da  Signori  Giaponesi  nel- 
l'anno 1585,  e  riposte  in  queste  Sale  per  Decreto  del  Senato  28  Zu- 
gno  1585. 


(65)  LE    SALE    d'armi    DEL    CONSIGLIO    DEI    DIECI  177 

Pistole  lunghe  Francesi  da  due  canne  per  una,  donate  dal  fu  N.  H.  ser 
Anzolo  Querini  fu  de  ser  Tommaso  l'anno  1745  come  da  Termina- 
zione degli  Beerai  Capi  del  C.°  di  X."  19  Maggio  1745  (manca)  N.       2 

Lume  di  bronzo  detta  perpetua. 

Archihuso  da  ruota  con  canna  todesca  rimessa  d'  avorio,  fìscato  dal  Ma- 
gistrato ProYveditor  Comun  1'  anno  17... 

Stili  con  impugnatura  d'azzaio,  e  due  d'argento,  in  tutti  cinque        N.       5 

Pistole  da  ruota  incassate  all'antica,  et  una  con  manico  di  ferro  quattro 

N.      4 

Dette  da  Scars(dla  moderne  col  calzo  rimesso  d'avorio  due  (mancano)   „        2 

Cortello  con  fodro  antico. 

Yerdughi  con  guardie  dorate  due  „       2 

Nella  2»  sala  allabarde  „    104 

Sotto  detto  Armario  con  grata  di  ferro  a  chiatte  n.  3 
vi  sono  li  seguenti  Capi  : 

Pistole  a  due  canne,  e  due  azzalini  per  cadauna,  due  di  Giuseppe  Fran- 
zino,  e  quattro  de  la  Pierre,  in  tutto  sei  (4  sole)  N.       6 

Carabina  da  due  canne,  e  due  azzalini  di  Lazzaro  Cominazzo  ;  quali  armi 
da  fuoco  furono  portate  dal  Co."  Girolamo  Cavazza  ritornato  dal  ser- 
tìzìo  di  Polonia  e  poste  in  queste  Sale  per  Decreto  1653,  10  Gennaro 
in  Pregadi. 

Yerdugo  con  guardia  dorata. 

In  mezzo  alle  due  Finestre 

Statue  intere  di  Marmo  rappresentanti,  una  Francesco  Sforza  fu  Duca  di 
Milano,  r  altra  di  Bianca  Maria  Visconti  sua  Consorte  due       N.       2 

Fanno  due,  grandi,  presi  dal  fu  Capitan  General  dell'Armata  M.''  Fran- 
cesco Morosini  K.''  e  Procur.'"  uno  al  Bei  di  Cipro  l'anno  1668  con 
la  seguente  iscrizione  in  rame  dorato  : 

Fanno  del  Beì  di  Cipbo  preso 
DA  M.'"  Feancesco  Morosini  K.''  e  Peoc.'" 

Capitan  General  nella  Vittoria 

CONTRO  Turchi,  di  mezza  Notte  a  lume 

DI  ToRciE,  LI  8  Marzo  1668 

A  S.**  Pelaggia 

L'  altro  al  Beì  di  Durac,  con  la  seguente  pur  iscrizione  in  Rame  : 

Fanno  di  Durac  Beì  preso 

DA  M.r  Francesco  Morosini  K}'  Peoc.'' 

E  Capitan  General  nella  Vittoria 

contro   Turchi,   di   mezza   Notte,  a  lume 

di  Torcie  li  8  Marzo  1668 

A  S.*  Pelaggia 

Altro  picciolo  Fanno  in  mezzo  dei  detti,  preso  dal  fu  N.  H.  ser  Lunardo 
Moro  Proved.'  d'armata  al  Beì  di  Navarin  nella  sud.*^  Vittoria  contro 
Turchi  con  la  seguente  in  rame: 


178  F.    BEBCHET  (66) 

Fanno  di  Beì  di  Navarin 

PRESO     DA     SER     LuNARDO     MoRO     PrOVVED/ 

dell'  Armata,  nella  Vittoria  contro 

Turchi  ottenuta  da  M.  Francesco 
MoRosiNi   K/   Procur.'"  e   Capn   Q-eSal 

NELLA   VITTORIA   CONTRO    TuRCHI   DI 

MEZZA  Notte  a  lume  di  Torcie 

LI  8  Marzo  1668 

S.*  Pelaggia 


SALA   TERZA 

Sopra  la  Porta  d'Ingresso 

Quadro  in  Tavola  con  l' Immagine  di  Nostra  Signora  col  Bambino  in 
braccio,  e  altre  figure,  opera  insigne  del  Palma  Vecchio,  coptuto  da 
cortina  di  seta,  lasciato  in  dono  alla  Repubblica  dalla  Nobil  Donna 
Marina  Friuli  q.™  Girolamo  rel.cia  ser  Ferrigo  Friuli  q.'"  ser  Piero 
K.''  con  suo  testamento  p.**  Maggio  1662,  con  la  seguente  iscrizione  : 

Ex  Marina  Priol^ 

Testamento 
P.   anno    M.D.C.L.X.L 

A  parte  destra  di  detta  Porta 

Quattro  Armari  neri  serati  di  lastre,  e  profiletto  doro,  lasciati  alla  Se- 
renissima Repubb."  dal  fu  N.  H.  ser  Zorzi  Morosini  K/  e  Proc.''  col 
suo  ritratto  in  tela,  e  soaza  di  legno  dorato,  con  la  seguente  Iscri- 
zione sopra  la  seconda  Colonna,  in  rame  : 

Georgius  Maurocenus  Eques 

et  Divi  Marcj  Proc/  Crpjt^   a 

turcis  oppugnata,  fata  f^stinantia 

TARDANS   REPETITIS    TeRRA   MaRIQUE 
VlCTORJS    H^EC     A    C^SIS     HOSTIBUS     SPOLIA 

CRUENTA  Manu  diripuit, 

OUANTEMQUE   INVEXIT   IN   PaTRIAM 
INSTAR     PERPETUI     TrIUNPHI     FUTURA 

Nel  primo  segnato  N.  6  a  chiave 

Iatagani  con  fodri  di  veluto  guerniti  d'argento,  donati  alla  Repubb.*  dai 
Cantoni  di  Algeri  e  Tunisi  l'anno  1765  per  la  pace  conclusa  con  essi 
li  17  xbre  1763,  con  la  seguente  iscrizione,  dodici  (11)  N.     12 

Dodici  Iatagani  venuti  rsr 

DONO   ALLA  RePUBB.*   DALLE   ReGENZE 

DEI  DUE   Cantoni   di   Barbaria   d'Al- 
geri E  Tunisi  dal  Serenissimo 
Principe   DD.   Alvise   Mocenigo 


(67)  LE    SALE    d'  AEMI    DEL    CONSIGLIO    DEI    DIECI  179 

DISPOSTI,   E   FATTI  PASSAR   AL    TrIBUNAIì 

DE  Capi  dell'  eccelso  Cons."  di  X.« 

PER     ESSER     RIPOSTI    NELLE     SaLE     DELL'  ARMI 
DEL   MEDESIMO    CONSIGLIO. 

Yerdugo  con  guardia  antica,  impugnatura  di  filo  d'  argento. 

Sciable  con  fornimenti  d'  argento   dieci  (queste  sono   rotte  e  sparse  alla 

rinfusa  nell'  armadio)  N.     10 

Manaje  da  taglio  con  guarnitura  d'argento,  e  due  da  Martelina, in  tutte 

quattro  N.      4 

Ganzari  e  stili  sortiti  forniti  d'argento,  con  sue  Vazine  quarantadue  (24) 

N.    42 
Porta  frezze  d'  argento  (manca). 

Sopra  il  medesimo 
Quadro  rappresentante  la  Nascita  di  Nostro  Signor  del  Bassani. 
Canoncini  di  bronzo  sopra  letto  da  campagna  due  N.      2 

Nel  secondo  segnato  N.  7  a  chiave 
Sciable  Turchesche  guarnite  d'  argento  trenfcatre  N.    33 

Sopra  il  medesimo 
Quadro  rappresentante  la  Morte  di  Nostro  Signore  del  Bassani. 
Canoncini  sopra  letto  da  Campagna  due  N.      2 

Nel  terzó^ segnato  N.  9  a  chiave 

Brazzali  antichi  di  Azzaio  due  N.  2 
Archibuso  da  più  tiri  (manca). 

Pistole  da  Ruota,  e  due  Azzalini  antichi,  in  tutti  quattro  „  4 

Alicorni  forniti  d' argento  due  (mancano)  „  2 

Archi  di  osso  otto  „  8 

Redini  Turchesche  da  Cavallo  due  „  2 

Staffe  di  ferro,  una  dorata,  tre  „  3 

Turcassi  di  velluto  tre,  e  tre  di  pelle,  in  tutto  sei  (5)  „  6 

Morteretti  di  bronzo  due  „  2 

Fiasche  da  polvere  a  forma  di  Corno  da  Buffolo  due  „  2 

Sopra  il  Medesimo 

Canoncini  di  bronzo,  uno  da  cinque  boche,  1'  altro  da  quattro  sopra  letto 
da  campagna  due  N.      2 

Petriera  con  mascolo  (manca). 

Quadro  con  soazza  profilata  d'  oro  col  Ritratto  del  Re  d' Inghilterra  S. 
Giorgio. 

Nel  quarto  segnato  N.  10  a  chiave 

Archibusi  da  Sciarpa  con  Canne  damaschine  dieciotto  N.    18 

Quadro  senza  soazza  con  Ritratto  del  Sig.""  Co.  di  Mansfel  donato  da  lui 
medesimo  con  la  sciabla  fatta  a  Slega. 


180  F.    BEECHET  (68) 

Nel  mezzo  fra  detti  Quatt}-o  Arman 

Antico  rinomato  Studiolo  di  Ebano  chiuso  entro  una  gratta  di  ferro  se- 
gnata N.°  8  a  chiave,  e  questo  fu  del  Eminentissimo  Cardinale  Pa- 
triarca e  Principe  d'  Aquileja  Ciiovanni  Grimani,  donato  alla  Repub- 
blica con  suo  Testamento  dell'anno  .  .  .  fornito  di  Carnei  e  figure 
di  bronzo  antiche,  il  tutto  spiegatamente  rilevato  dalla  virtù  del  fu 
Prov/  alle  Sale  N.  H.  ser  Antonio  Savorgnan  giusta  la  parte  del 
Cons.°  di  X.ci    1749,  27  7mbre,  e  registrato  nell'Inventario  1754. 

In  mezzo  del  detto  Studiolo  sopra  Piedestallo  dorato 

Statua  di  bronzo  con  dorature  rappresentante  Apollo  con  l'Arco,  lasciata 
in  dono  al  Cons."  di  X.ci  dal  fu  N.  H.  ser  Domenico  Pasqualigo  fu 
de  ser  Vincenzo  con  suo  Testamento  1726,  7  marzo,  e  posta  nelle  Sale 
giusta  la  Terminazione  delli  Ecc.™'  Capi  del  Cons.»  di  X."  1745,  22 
Gennaro  (m.  t\)  con  la  seguente  Iscrizione  : 

Apollinis  effigies  a  Dnico  Pasqualigo  S.  U. 

Decemuxris  Testamento  bono  data 

1746 

Sopra  il  medesimo 
Tre  mezzi  busti  di  pietra  finissima  di  antico  lavoro;  quello  di  mezzo  rap- 
presenta un  Uomo  giovine  coperto  di  pelle  d'Animale  allacciata  alla 
spalla  sinistra,  coronato  di  Edere,  si  crede  l'effigie  di  Bacco,  o  di  An- 
tino  favorito  dell'  Imperator  Adriano. 

A  sinistra 
Un  Uomo  col  Paludamento  rappresentante  Antonino  Pio. 

A  destra 
Uomo  con  barba  più  lunga  e  capelli  folti  rappresentante  Lucio  Vero. 

Sopra  la  seconda  Colonna 

Custodia  di  Cristallo  sopra  Piedestallo  di  legno   dorato,  e  graticcinola  di 

ferro,  con  entro  Cuor  d'oro  donato  da  Cittadini  di  Creta  al  fu  N.  H. 

ser  Zorzi  Morosini  Prottt'tor  di  quella  Università  l'anno  1698,  e  da  lui 

donato  alla  Sereniss.*  Sua  Patria  con  la  seguente  Iscrizione  in  Rame: 

AUBEAM   CORDIS   EfFIGIEM 

Grati  animi  significationem 

A   Cretensibus   dono   acceptam 

Georgius  Maurocenus  sutremis 

Tabulis  redidit  Patri^^  geminata 

PtibbIìIci   privatique   amoris   gloria 

eternum  duraturam 

Vicino  alla  terza  Colonna 
Specchio  concavo  sferico  sopra  Piedestallo  di  legno,  e  sua  Tabella  in  ber- 
gamina,  che  spiega  il  modo  di  usarlo  e  sua  utilità. 


(69)  liE    SALE    d'  armi    DEL    CONSIGLIO    DEI    DIECI  181 

In  fondo  alla  Sala 

Armatura  di  ferro  del  Re  di  Francia  Enrico  quarto  con  due  Alabarde  da 
punta  e  da  fuoco,  e  con  Visiera  da  Cavallo,  mandate  in  dono  alla 
Repubbl.''  l'anno  ....  essendo  Ambasciator  il  N.  H.  .  .  .  Nani  con 
sopra  la  seguente  iscrizione  : 

Henrici  quarti  Francie  et  Na varie 

Regis  Arma  in  tot  tantisque  et  periculis 

ET  Vigtorjs  hostlli  Sanguine  madefacta 

Immortalis  eius  glorie  Tropheum  AC  VERI  et 

SINCERI   AMORIS   ERGA   ReMPUBBLICAM   MoNUMENTUM 

Intorno  lo  detta  Armatura 

Balestre  tre  N.  3 

Mazze  ferrate  undici  m  H 

Manarini  con  canna  da  fuoco  due  „  2 

Pistole  con  manico  da  pugnai  due  ,,  2 
(Vedi  foglio  inserto  al  dee."  24  luglio  1795  intorno  alla  disposizione 
di  dette  mazzej. 

A  piedi  della  stessa 

Scrigno  di  ferro  vuoto  con  sue  serature  e  chiavi  fatte  d'  ordine  degl'  Ec- 
ce.mi  Capi  l' anno  1689.  Giusto  V  annotazione  del  Masser  Niccolosi 
1689,  20  9mbre  (24  luglio  d.«  portato  nella  1"  Sala). 

A  parte  sinistra  vicino  alla  porta  della  Soffitta 

(Posta  su  la  scala  della  Soffitta)  Corazza  di  ferro  fodrata  di  Veluto  con 
suo  Elmo  e  Scudo. 

Armario  con  grata  di  ferro  segnato  n.°  11  a  chiave  con  entro  Pistole  da 
ruota  N."  8;  una  Mazza  ferrata,  e  Pistola,  et  un'altra  con  Manarin 
da  taglio,  in  tutte  dieci  N.     10 

Ordigno  di  ferro  fatto  a  vide. 

Morsa,  o  sia  leva  di  ferro  a  vide. 

Chiave  di  ferro  con  entro  ordigno  fatto  a  vida. 

Altro  Vidon  di  ferro. 

Ranipin  per  cavar  finestre,  Porte  ed  altro  ;  robe  tutte,  che  furono  d'  un 
famoso  ladro  detto  Nadalin,  che  subì  l'ultimo  supplicio,  sono  in  tutte 
cinque  N.       5 

(Per  decr.°  24  Luglio  furono  posti  manerini  2,  e  pistolle  con  ma- 
nico a  pugnai  avorio  intorno  l'Armatura  di  Enrico  4.°). 

Azzalin  da  Ruota  di  ferro. 

Luchetto  detto  di  Francesco  Carrara. 

Grolziera  di  ferro. 

Cassetta  vecchia  e  rotta,  con  canne  quattro  da  fuoco. 

Balestra  con  canna  d'asta,  che  fu  trovata  adosso  a  Z.  M.  Zerbinelli  quale 
patì  l'ultimo  supplicio,  e  posta  in  queste  Sale  l'anno  1664,30  Zugno. 

Balestrini  antichi  due  N.      2 


182  F.    BEKCHET  (70) 

Balestre  con  canne  da  fuoco,  ed  archi  di  ferro  due  (^)  N.       2 

Cassetta  diìpelle  con  Balestra. 

Canonzin  sopra  letto  da  Campagna. 

Turcasso  da  frezze. 

Sciabla  storiata  all'Azemina  con  l'impugnatura  di  filo  d'argento,  e  schiena 
fatta  a  Slega,  regalata  col  suo  Ritrato  dal  Signor  Co.  Mansfelt,  e 
posta  in  queste  Sale  dal  Provved.^"  ser  Andrea  da  Lezze  l'anno  1626, 
13  Febbraro  (manca)  (riposta  nell'armadio  N.**  1  della  2.*  sala  per  ord.* 
dell'eoe."  Provv.'"  Dolfin  1794). 

Fiasche  da  polvere  due  N.      2 

Arco  da  balestra. 

Elmi  di  ferro  tre  „       3 

Modeli  d'artiglieria  lasciati  in  dono  alla  Repubblica  da  Rinaldo  Vicini 
Ingegner,  quali  non  si  possono  mostrar  senza  licenza  dei  Capi  del 
Cons.o  di  X.ei  1794,  5  ag." 

(Mi  fu    consegnato    dal    deputato    all'archivio    del  C."  X.ci 

d'ordine  dell' ecc.™"  dep.'"  al  med.™"  ser  Yicenzo  Minotto  una  busta 
antica  di  forma  quadrangolare  contenente  un  bossolo  antico  ritrovato 
nello  stesso  archivio  e  l'ho  risposto  nell'armadio  N.  11). 

Fra  le  Finestre  sopra  la  Piazzetta 
Fanno  Turcheschi  dorati,  presi  nella  Guerra  di  Creta  dal  fu  Capitan  Ge- 
nal  Zorzi  Morosini  quatro  N.      4 

Stendardo  Turchesco  preso  dal  medesimo,  trasmessi  in  queste  Sale   dalli 
N.  N.  H.  H.  ser  Piero  e  ser  Lorenzo  Morosini  fratelli  del  sudd."  l'an- 
no 1616,  7  marzo  con  sopra  in  Rame  dorato  la  seguente  Iscrizione: 
Pr^toriarum  Nauium  Lateenas 
Vexilum  et  Turgicum  Ensbm  Auro 

MICANTEM    CrETICI   BeLLI   EXUUIAS 

A   GlEORGIO   MaUHOCENO    DISIECTA  NON 

SEMEL    BaRBAROEUM     CLASSE     DETRACTAS 

Petrus,  et  Laurentius  privatis 

postlbus  eefixas  dono  huc  teansmiseee 

pietate  in  Patria  cum  Fratre  certantes 

Corazze  vecchie  due  (mancano)  N.      2 

Celadoni,  e  Busti  di  ferro  dorati  a   mordente,  antichi,    mandati  in    dono 

al  Sereniss.  Prencipe  Marin  Gi'imani  da  Regi  Persiani    l'anno  .  .  .  . 

e  dietro  in  Tavola  dorata  la  seguente  iscrizione  : 
Regi^  fidei  amoris  onoris  etiam 

REMOTISSIMORUM   PrINCIPUM 
ERGA     ReMPUBBLICAM     NOBILISS.™ 

Testimonium  Persarum  Regis 

Marino  Geimani  Inclito 

Venetiarum  Principi 

MUNUS. 


(1)  30  Gennaio  consegnate  all'Arsenal  sotto  il  nome  di  pistole. 


(71)  LE    SALE    d'aEMI   DEL    CONSIGLIO    DEI    DIECI  183 

Vicino  alle  dette  finestre 

Armario  miniato  e  lavorato  con  lapislazuli,  e  altre  pietre,  ed  entro  l'im- 
magine di  S."  Giustina  in  memoria  della  Vittoria  contro  Curzolari. 

Sotto  il  medesimo 

Panno  di  voluto  d'oro  con  16  figure  presentato  in  Collegio  da  un  In- 
caricato dal  Re  di  Persia,  e  posto  nelle  Sale  del  Cons.  di  X.ci  l'anno 
1603,  11  Zugno,  come  dal  Cerimoniale  N.  Ili  in  Seci'eta  a  e.**  3, 

Canne  da  fuoco  legate  insieme  sopra  grossa  Tavola,  che  si  accendono  a 
michia  venti  N.    20 

Dirimpetto  alla  Porta  d' Ingresso 

Mezze  Statue  di  bronzo  di  Tiziano  Aspetti  rappresentanti  una  il  fu  Se- 
reniss."  Sebastiano  Venier  Greneral  dell'armata  l'anno  1571  con  la 
seguente  Iscrizione:  N.      2 

Sebastianus  Vbnebio  Tenete  Classis  Imperato» 
QUE  APUD  Echinadas  Turcakum  Classe  dìsiecta 

OB     PRECLARAM     VlCTORIAM     MIRO     TOTIUS     ReIPUBBL.® 

CONSENSU  MERITO   POSTEA   Dux   ELECTUS    SEPTIMO 

OCTOBRIS    1571, 

L'altra  del  fu  N.  H.  ser  Agostin  Barbarigo    Comandante    nell'anno 
sud.*°  con  la  seguente  Iscrizione: 

AuGUSTiNus  Barbadico  TOTIUS  Classis  Legatus 

qui  apud  echinadas  maxima  in  victoria,  et 

Consilio  et  Sanguine  parta  gloriosissime  occubuit 

Patrie  benefitium  postebis  summe  prudentie 

INUICTJEQUE   EORTITUDINIS    PR^CLARUM   RELINQUENS 
EXEMPLUM   SEPTIMO    OcTOBRIS    1571 

Fra  le  dette  due  Statue 

Quadro  fornito  di  Rame  dorato,  e  Cristallo  coperto  da  Cortina  di  Seta 
con  l'Imjnagine  di  S.  Marco  Evangelista  formato  tutto  di  caratteri; 
e  Microscopio  pendente,  e  picciola  corteccia  di  Pistacchio,  donato  al 
Consiglio  di  X.ci  dal  Fedel  Zuanne  Gasparini  l'anno  1677,  nel  quale 
si  legge  tutto  l'Evangelio  di  S.  Marco  medemo,  e  sotto,  altro  qua- 
dretto, che  insegna  il  modo  di  leggerlo. 

Canoncini  sopra  cavalietti  da  campagna  due  N.       2 

(2  Stocchetti  con  fornitura  di  ferro  sono  nella  grata  di  ferro  di 
sotto). 

Sotto  l'Arco 

Pomoli  d' argento  (di  rame)  dorati  N.°  tre  ;  di  ottone  pur  dorati,  con 
lettere  Turche  quattro,  sono  in  tutti  sette  N.       7 

Pistola  antica  da  Ruota. 

Fiasca  da  polvere  senza  foi-niiiiciiti  e  lavonita  a  scarpello  con  figure. 
Archi  tre  ì^t      3 


184  V.  BKKCHi-ri'  (72) 

Sopra  hi   Colonna 
Quadro  con  l'imagine  di  Nostra  Signora  in  tela  e  soazza  dorata. 

Sotto  il  S.  Marco  in  Grata  di  ferro 

Spade  con  guardia  di  ottone  dorate,  e  lame  damaschine  fra  quali  due 
pugnali  con  guardie  di  ferro,  e  due  Spade  da  bordo,  riposte  nelle  Sale 
l'anno  1619,  29  Novembre  dal  Padavin  Segretario  del  C.°  X.',  quale 
disse  esser  state  di  Nicolò  Rinaldi  fatto  morir  come  Ribelle,  in  tutte 
diecisette  (sono  n.°  5)  N.     17 

Archibusi  da  Ruota  due  „       2 

Nel  angolo 

Armario  con  grata  di  ferro  segnato  N.°  4  a  chiave,  ed  entro  : 
(Manca)  Cassetta  di  banda  coperta  di  Talco  con    l'immagine    di    Nostra 
Signora  alla  Greca,    e  fornitura  d'argento    con  pietre   diverse,   e  di- 
verse mancanti. 
Altro  Quadro  alla  Grreca  rappresentante  il  Paradiso  con  fornimenti  dorati. 
(Manca)  Bauletto  di  Cristal  di  Monte  guarnito  d'argento. 
Scudo  d'otton  lavorato. 
Mazza  ferrata  dorata. 

Archi  due  N.      2 

Turcassi  con  frezze  due  „       2 

Denti  d'Orca  Marina  due  .,       2 

Sciable  con  fodro,  e  guarnitura  di  ottone  due  „       2 

Quali  cose  tutte  furono  poste  nelle  Sale  l'anno  1612,  18  Settembre 
per  parte  del  Cons.*»  di  X.ci  del  Mese  stesso. 

A  sinistra  della  porta  d' Ingresso 

Armario  con  grata  di  ferro  segnato  N.°  5  a  chiave  ed  entro  : 
Mausoleo  di  Medaglie  antiche  con  cinque;  figure  di   getto  antico,    e    due 
(xuglie  rotte,  tutto  lasciato  al  Cons.°  di   X.ci  dal  fu  N,  H.  ser  Piero 
Morosini  l'anno  1683  con  sopra  Quadro  di  tela,  e  Ritratto  del  suddetto, 
con  la  seguente  iscrizione:  (0 

Emula  Virtus  kec  Fratki  paruit 
Petrus  Maurocbnus  Senator  Triumphale 

GeORGIJ     MuNUS     ^QUARE     CONTENDENS     LK(iAT 

Patria  Numismata  erudita  Tropheum 

antiquitatis 

Adde  Mores  Tabule.  Sola  donatoris 

Imago  tot  sua  signa  superabit 

MDCLXXXIII 

Nel  suddetto  Mausoleo  sono  riposte  Trecento  trentailue    Medaglie 
d'  argento  lasciate  al  Cons.°  di  X.ci  dall'  Eminentissimo  Cardinal  Zen 


(1)  In  Lib."  Pub. 


N. 

116 

TI 

19 

lì 

68 

■n 

26 

11 

25 

(73)  LE    SALE    d'  armi    DEL    CONSIGLIO    DEI    DIECI  185 

che  si  tenevano  nel  Scrigno  dei  Depositi  del  Camerlengo  alla  Cassa 
del  Cons.°  di  X.",  e  per  Decreto  del  Cons."  stesso  11  Luglio  1674, 
demandate  al  Proved.''  alle  Sale  allora  ser  Antonio  Savorgnan,  che 
le  ripose  in  casselle  separate,  secondo  1'  ordine  del  Dominio  dei  Im- 
peratori, giusta  altro  Decreto  1764,  18  7mbre.  Le  chiavi  di  questo  sono 
appresso  il  Tribunal  Eccelso,  e  per  ciò  non  si  può  render  altro  conto. 
Cassette  lavorate  a  Radice  di  perla  vuote  per  furto  seguito  l'anno  1689, 
11  Novembre  due  N.       2 

Vedi  Decreti  1729,  29  Luglio  e  27  7bre  C."  di  X.ci 

Intorno  alla  Sala 

Elmi  di  ferro  cinquant'uno  (N.  45)  (1795,  24  Luglio  Dee.  C.  X,  7  dai 
con  . . .  attaccati  al  soffitto  N.    51 

Alabarde  o  siano  Aste  centosedici  (38,  le  altre  sotto  il  soffitto,  fatto  di 
nuovo  1795,  3  dette  sotto  il  soffitto) 

Scudi  di  legno  diecinove  (7  detti  sotto  il  sudd.") 

Spade  alla  Schiavona  sessantaotto  (26  dette  sotto  il  soffitto) 

Spade  da  bordo  venti  sei  (6  dette  sotto  il  soffitto) 

Spadoni  a  due  mani  venticinque 

Turcassi  con  frezze  nove  (accresciuti  sino  al  n.°  di  22  levati  dal  sud." 
soffitto,  più  dal  sud.°  soffitto  si  sono  levati  stocchi  diecisette  che  sono 
posti   intorno  la  presente  Sala,  giusta  il  sud."  Decreto  approvativo) 

N.      9 
Intorno  le  Cornici 

Fiasche  da  polvere,  e  molte  a  rifusa  nella  Sala,  in  tutte  cento        N.  100 

SCALA 

che  conduce  alla  Sala  dei  Archibusi 
Spontoni  N.      40 

Spadoni  a  due  mani  „       2 

Elmi  di  ferro  quattro  „       4 

Scudo  dorato  di  legno. 

Fiasche  da  polvere  ventitre  „     23 

Spade  alla  Francopina  quattro  „       4 

Archibuso  da  Ruota  antico,  con  canna  dorata. 
Figuretta  in  legno  dorata  di  S.  Marco  (^). 

SALA  QUARTA  DEI  ARCHIBUSI 

Nel  mezzo 

Foghera  di  Rame  antica  con  figure  di  getto,  e  strumento  d'accendere  le 
Michie  corrispondenti  al  N.°  de   Archibusi,    che   si   conservavano    a 


(1)  Queste  cose  furono  disposte  in  altro  sito  sotto  il  P.*"  ser  Lorenzo 
Moro. 


186  F.    BEECHBT  ^74) 

Ruota  prima  dell'anno  ....  che  furono  cambiati  col  Regimento  al- 
l'Arsenal  per  Decreto  del  Cons.°  di  X."  1645,  27  Settembre. 

Intorno  alla  medesima 

Alabarde,  ed  Aste  di  diverse  sorti  duecento,  e  sei                            N.  206 

Elmi  di  ferro  ottant'  uno  „     81 

Scudi  di  legno  quarant'  uno  (20)  „     41 

Fiasche  da  polvere  sessantaotto  „     68 

Turcassi  con  frezze  quattro  „       4 
Archibusi  con  sue  corrispondenti  borse  per  caricar    da   nuovo    trecento- 

sessantaquattro  N.  364 

Pistoni  quattro  „       4 

Pistole  centotrenta  (128)  „    130 

Spade  alla  Francopina  quarant'otto  „     48 

In  fondo  alla  Sala 

Stendardo  da  Sette  Code  dal  fu  N.  H.  ser  Alvise  Moceuigo  2."   Capitan 
General. 

QUOD   CERNIS   SIGNUM   TuRCIO^    ClASSIS   LABORUM   EST 
AB   EgEUM   INTER   PUGNANDUM   X   JuLIJ    1651. 

Imperatore   Venet-s;   Classis   Alotsio    Mocenico   2do 

A  Duce  Nauis  Aquila  Aure^  JoANisfi  Contar. 

Gallo  ui  ereptum  Serenissima.  Repubblica 

fidei  obseruanciaque  monumentum 

Dono  datum 

Sopra  la  Scala  che  conduce  al  Maggior  Consiglio 

Ruota  prima  con  Spade  alla  Schiavona  quarantasei  N.    46 

Ruota  2da  con  scudo  di  legno,  e  Spade  da  punta  fra  quali  : 
Spadoni  a  due  mani  N.*>  4,  sono  in  tutto  sessant'  uno  „      61 

Spontoni  trenta  ,,     30 

Stendardo,  e  fiamola  da  Galera  del  fu  Sereniss.<>  Doge  Ziani. 

Stendardo  con  fiori  dorati  preso  a  Turchi  dal  fu  N.  H.  Provv.'" 

Foscolo. 
Cassella  con  balle  d'Arehibuso,  e  fissotte 
Altra  Cassella  con  spontoni. 
Pistole  antiche  da  Ruota  venti  N.    20 

Sopra  la  porta,  che  va  al  Maggior  Consiglio 

Spadoni  a  due  mani  trenta  N.    30 

Visiera  da  Cavallo. 

Testa  di  marmo  incassata  nel  Muro,  detta  di  Ezelino  da  Roman  Tiranno. 
Si  fa  nota  come  in  questo  Registro  non  si  sono  considerate,  ne  nu- 
merate le  altre  cose  che  sono  sotto  la  Travadura,  ne  quelle  di  Soffitta 
per  esser  vecchie  e  rotte  ;  e  per  dover  esser  esitate  giusta  il  Decreto 
del  Cons."  di  X."  23  Agosto  1773. 


(75)  LE    SALE   d'  AEMI    DEL    CONSIGLIO    DEI    DIECI  187 

INVENTARIO  DEI  MOBILI 

SALA  PRIMA 

Coltrine  di  Sangalo  quatordeci  N.     14 

Tavolino  vecchio. 

SALA  SECONDA 
Coltrine. 
Tappeto. 

SALA  TERZA 

Coltrine  di  Sangalo  lattesine  cinque  N.      5 

„        di  seta  due  „       2 

Scrittoio  di  Rimesso. 
Poltrona  di  Bulgaro. 
Sedile  di  Valuto  Cremese. 
Banchi  dipinti. 

IN   SOFFITTA 

Banco  da  Spader. 
Detto  da  Schioppetter. 


ATTO    DI    CONSEGNA 


Consegna  fatta  da  me  Marc'Autonio  Guerra  ex-Masser  delle  Sale  del- 
l'Armi e  casa  al  Lido  dell' ex-Cons.°  di  X,  per  comando  di  S.  E.  R.  Com- 
missario Imp.**  Pellegrini,  e  con  l'intelligenza  del  N.  H.  Querini  Consig.'" 
del  R.  Imp.'"  Mag.*»  Cam.^,  alli  Capi  alle  Sale  dell'  Armi  del  R.  Imp.  Ar- 
senal,  Antonio  Berrera  e  Niccolò  Cibo  ;  come  segue  : 

addì  14  Gennaro  1799 

Alabarde,  Ossian  Partesane,  settecento  quaranta                                 N.  740 

Morse  di  ferro  due  „       2 

Morsa  di  legno  una  „       1 

Pietra  da  Mola  una  „       1 

adi  15  detto 

Spadoni  a  due  mani  duecento  nonantaquattro  N.  294 

Spade  dette  da  bordo,  Ossian  Spadoncini  seicentosettantadue  „   672 

Ver d Ughi  novantasei  „     96 

Corazze,  Ossian  mezze  corazzine  coperte  di  raso    di   valuto   centosessan- 

tasei  N.  166 


188                                                    r.   BEKCHET  (76) 

addi  18  detto 

Spingarde  sopra  letto  ferrato  da  Campagna,  con  lumiera  coperta  da  una 
figura  sopra  serpe  di  Bronzo,  con  sua  Ballotiera  uno  N.  1 
Alabarda  in  forma  di    schioppo    sopra   Piedestallo    di  legno,    con    venti 
canne  da  fuoco,  si  scaricano  a  michia,  una  N.  1 
Corazze,  Ossian  mezze  Corazzine  simili  alle  di  sopra,  con  tre  corbette  rot- 
tami cento  sessantaotto  N.  168 
Mezze  armature  di  ferro  con  suoi  Elmi,  e  scudi  di  legno  nove        ,,  9 
Visiera  detta  di  Attila  Re  degli  Unni,  una  „  1 
Visiera  del  cavallo  del  suddetto  Attila,  una  „  1 
Elmi,  Ossian  Celade,  quattrocentoquaranta  „  440 
Scudi  di  legno  sortiti,  centoventi  „  120 
Pezzo  d'artiglieria  sopra  Tavola,  con  venti  canne  da  fuoco  si  accendono 
a  micchia,  uno  N.  1 
Detto  da  cinque  Canne  da  fuoco  s."  Piedestallo  di  legno  si    scaricano    a 
michia  N.  1 

adì  19  detto 

Balestre  grandi  duecento  sedici 

Lanze  duegento  ottanta 

Mezzi  archi  di  ferro  da  colar,  ove  stavano   appoggiate  le  Spade 

doni  ecc.  ventidue 
Armadi  dipinti  a  nero  con  portelle  di  lastre  quattro 
Elmi  grandi,  Ossian  Celadoni  di  ferro  con  peti    e  schene,  due 
Corbette  rottami,  due 

adi  28  detto 

Lanze,  settecentoottanta 

Brandistochi,  centoventi 

Balestre,  centoventotto 

Dette  rotte  e  senza  manico,  settautasette 

Balestroni  di  legno,  otto  „  8 

adi  30  detto 

Corbette  rottami,  quattro  N.  4 

Scudi  di  legno,  ottanta  „  80 

Elmi,  Ossian  Celade,  duecento  „  200 

Mezze  armature  di  ferro,  sei  „  6 

Scudo  di  ferro,  uno  „  1 

Balestre  rotte,  otto  „  8 

Fiasche  da  Polvere  antiche  di  legno,  trecento  „  300 

Archi  di  legno,  cento  „  100 

Turcassi  con  Frezze  a  riffusa,  duecentotrenta  „  280 

Resteliere  di  ferro,  settanta  „  70 

Alabarde,  Ossian  Partesane,  tredici  „  13 

Spadoni  a  due  mani,  quattro  „  4 

Verdughi  quattro  „  4 

Brandistochi,  quattro  „  4 


N. 

216 

11 

280 

e 

Spa- 

N. 

22 

11 

4 

^^ 

2 

11 

2 

N. 

780 

lì 

120 

11 

128 

11 

77 

(77)                     LE    SALE    d'  armi    DEL    CONSIGLIO    DEI    DIECI  189 

Armatura  di  ferro  da  fanciullo,   con    Mazza  ferrata,    e    con  iscrizione  in 

carta  pecora,  una  N.  1 

Candelieri  di   ferro  da  Terzi  a  3  piedi  grandi,  due  „  2 

Focaia,  ossia  Conserva  da  micchie  per  uso  dei  fucili  a  Scierpa,  una     „  1 

Coltrine  di  tela  sortite,  con  li  ferri  corrispondenti,  trentanove  „  39 
Armatura  di  ferro  del  Re  di  Francia  Enrico  IV. °  con    due    alabarde  da 

punta  e  da  fuoco,  e  con  visiera  da  Cavallo,  una  N.  1 

Cavallo  di  legno  con  suoi  fornimenti,  e  sopra  l'Armatura  di  Gattamelà, 

con  mazza  ferrata  in  mano,  una  N.  1 

Mazze  di  legno  con  code  di  Cavallo,  insegne  dei  Bassa,  due  „  2 

Bandiere,  Ossian  Stendardi  con  iscrizione  in  rame,  quattro  „  4 

Schioppo  francese  a  due  canne,  uno  „  1 

Pistole  a  due  canne,  tre  „  3 

Pistole  a  ruota  in  sorte,  duecentoquindici  „  215 

Mazze  ferrate,  cinquantasei                                           '  „  56 

Lame  storte,  otto  „  8 

Pistole  italiane,  centodiciotto  „  118 

Schioppi  a  ruota,  ventuno  „  21 

Cassetta  con  quattro  canne  da  fuoGf),  una  „  1 

Cassetta  con  piccola  Balestra  di  ferro,  una  „  1 

Balestrina  di  ferro,  una  „  1 

Morteretti  da  bomba,  due  „  2 

Golsiera  di  ferro,  e  Luchetto  di  ferro  detti  del  Carrara,  capi  due  „  2 

Chiave  di  ferro  con  susta  interna,  una  „  1 

Morsa,  ossia  piccola  lieva  di  ferro,  una  „  1 

Ordigno  di  ferro  fatto  a  vida,  uno  „  1 

Altro  piccolo  Vidon  di  ferro,  uno  „  1 

Rampin  di  ferro,  uno  „  1 

Turcassi  di  ferro,  due  „  2 

Staffe  di  ferro,  due  „  2 

Pistole  con  manerini,  tre  „  3 

Pistola  con  mazza  ferrata,  una  „  1 

Canoncini  di  bronzo,  compreso  uno  di  ferro  con  i  suoi  letti,  tredici     „  13 

Fanali  Turcheschi,  con  alcune  iscrizioni  in  rame,  sette  „  7 

Iatagani  guarniti  di  latta,  con  suoi  fodri  simili,  undici  „  Il 

Detti  piccoli  senza  guarniture,  e  senza  fodri,  dodici  „  12 

Manaje  piccole,  due  „  2 

Manarini,  ossiano  piche,  due  „  2 

Addi  7  Febhraro 

Corazza  con  Elmo,  e  scudo  di  ferro  istoriati,  ed  un  Sfoco  con  impugna- 
tura antica,  tutto  denominato  del  Doge  Ziani,  Capi  quattro  N.  4 
Scudo  incassato  di  Paglia,  uno  „  1 
Martello  con  Canna  d' archibuggio,  uno  „  1 
Battipanza  Turcheschi,  due  „  2 
Pezzi  di  ferramenta,  cioè  Saponi,  Pai  di  Ferro,  et  altro  ferro  vecchio. 
Carabbine  lunghe  di  antico  lavoro,  due  N.  2 


190  F.    BERCHET  (t8) 

Figura  di  Paglia  con  Coi'azzina,  e  scudo  di  legno,  una  N.      l 

Varie  coione  di  legno  con  i  suoi  capitelli  vecchi  e  parte  logore. 

Marcantonio  Guerra  ex  masser  delle  Sale  delle  Armi  dell'Ecc.  C.  X. 
Antonio  Berrera  P.°  Capo  alle  Sale  affermo. 
Nicolò  Cibo,  Capo  alle  Salette  affermo. 


Collazionato 
A.  Negri 

Venezia  22  febbraio  1897. 

Tratta  dall'originale  esistente  nell' Archivio  del  Consiglio  dei  Dieci; 
e  la  presente  si  accompagna  al  R.  Ufficio  Regionale  per  la  conservazione 
dei  monumenti  dietro  suo  foglio  13  con  ente  all'archiviale  N.  540  Sez.  I." 

Dalla  Direzione  dell'Archivio  di  Stato 

//  B.  Sovrintendente  Direttore 
F.  Stefani 


(79) 


LE    SALE    d'  AEMI    DEL    CONSIGLIO    DEI    DIECI 


191 


FONTI 


1  998  Ottone  III  imperatore    è   ospitato   nella   Sala   australe 

del  Palazzo  Ducale  —  (Sagorninus,  Clironicon  ve- 
netum.  Venetiis  1765.  Andreas  Dandulus,  Chron.  ven. 
in  Muratori,  Rerum  italicarum,  tom.  XII,  col.  260.  Sa- 
bellicus,  Historia  rerum  venetiarum.  Basilae  1556,  D. 
I,  lib.  II  e  lib.  IV.  Sansovino  Cr.  Ven.  p.  24). 

2  1295  Si  deliberano  i  fondi  per  costruire  sopra  canal  la  nuova 

25  febbraio        Sala  del  Maggior  Consiglio  —  (Deliberazioni  del  Mag- 

gior Consiglio.  Archivio  di  Stato  ai  Frari,  voi.  Pilosiis^ 
carta  28). 

3  1296  Posta  la  parte  di  ampliare  la  Sala  del   Maggior  Consi- 
8  maggio         glio  fu  preso  di  indugiare  —  (Deliberazioni   Maggior 

Consiglio.  Archivio  id.  voi.  Luna  -  Zaneta  -  Pilosus, 
1282-1299,  carta  59  verso). 

4  1301  Fu  deliberato  di  ampliare  la  Sala  del  Maggior  Consiglio 
14  luglio  —  (Deliberazioni  Maggior  Consiglio.  Archivio  id.  voi. 

Magnus  et   Capricornus^    1299-1308,    carta    16  verso). 

5  1317  Fatto  un  locale  in  Sala  del  Maggior   Consiglio  nell'an- 
4  giugno         golo  a  sinistra  del  trono  del  Doge  per  riporvi  le  ar- 
mi del   Comune   che    stavano  nel  piano  inferiore    — 
(Deliberazioni    Maggior   Consiglio.   Archivio    id.   voi. 
Clerìcus  et  Cìricus,  1305-1318,  carta  96  verso). 

6  1346  Fu  decisa  la  costruzione  della  Nuova  Sala  del  Maggior 
28  dicembre       Consiglio  sopra  quella  dei  Signori   di    notte    e    degli 

ofifici  del  Cattaver  —  (Deliberazioni  Maggior  Consiglio. 
Archivio  id.   voi.   Spiritila,    1325-1349,  carta  113). 

7  1357  Furono  collocate  le  armi  del  Comune  presso  la  Nuova 
26  luglio         Sala  del  Maggior  Consiglio  —  (Registro  4,  Misti  Con- 
siglio dei  Dieci,  1348-1363,  carta  60,  id.). 

8  1392  Acquisto  di  lancio,  mezze  lancio,  ronconi    e    pavesi    da 
agosto  mettersi  in  camera  "  armorum  supra  Quarantiam   ci- 

vil  „  —  (Registro  8,  Misti  Consiglio  dei  Dieci,  1392- 
1407,  carta  6,  id.). 

9  1393  Acquisto  di  cento  pavesi    "  cum  signo  Beati  Marci  „  — 

26  giugno         (Registro  8,  Misti  Consiglio  dei  Dieci,  1392-1407,  carta 

11  verso,  id.). 
10  1394  I  Capi  del  Consiglio  dei  Dieci  visitano  le  armi  esistenti 

24  giugno  nella  camera  sopra  Quarantia   —   (Registro    8,    Misti 

Consiglio  dei  Dieci,  1392-1407,  carta  19,   id.). 


192 


r.    BEECHET 


(80) 


11 

1395 

22  ottobre 

12 

1399 

15  ottobre 

13 

1399 

17  dicembre 

14 

1400 

22  gennaio 

15 

UOO 

29  gennaio 

16 

1400 

7  febbraio 

17 

1439-1458 

18 

1460 

9  settembre 

19 

1464 

19  novembre 

20 

1481 

20  aprile 

21 

1486 

8  dicembre 

22 

1496 

9  giugno 

23 

1507 

14  aprile 

24 

1507 

20  maggio 

25 

1509 

14  maggio 

26 

1509 

20  aprile 

27 

1510 

28 

1511 

Armi  collocate  —  (Registro  8,  Misti  Consiglio  dei  Dieci, 
1892-1407,  carta  27  verso,  ìdX 

Costruzione  di  panerias  et  alias  laborerias  per  meglio  col- 
locare le  armi —  (Registro  8,  Misti  Consiglio  dei  Dieci, 
1392-1407,  carta  52  verso,  id.). 

Costruzione  di  armadi  pelle  corazze  ed  altre  armi  prima 
custodite  in  arcellis  (cassoni)  —  CRegistro  8,  Misti 
Consiglio  dei  Dieci,  1392-1407,  carta  56,  id.). 

Accordo  col  falegname  Zanin  Zaratin  per  lavori  occor- 
renti nelle  sale  d'armi  —  (Registro  8,  Misti  Consiglio 
dei  Dieci,  1392-1407,  carta  57,  id.). 

Autorizzazione  della  spesa  relativa  —  (Registro  8,  Misti 
Consiglio  dei  Dieci,  1392-1407,  carta  57,  id.). 

Polizza  di  spese  incontrate  —  (Registro  8,  Misti  Con- 
siglio dei  Dieci,  1392-1407,  carta   57   verso,  id.). 

Le  iscrizioni  dei  prigionieri  nella  parete  del  carcere 
della  torresella  in  Palazzo  Ducale. 

Restrizioni  dell'  uso  della  torricella  pei  carcerati  — 
(Registro  16,  Misti  Consiglio  dei  Dieci,  1460-1466,  carta 
14.  Arch.  di  Stato). 

Sala  per  le  armi  sopra  la  Quarantia  nella  torricella  dalla 
parte  del  rivo  —  (Registro  16,  Misti  Consiglio  dei 
Dieci,  1460-1466,  carta  142    verso,  id.). 

Furto  di  un  prezioso  codice  contenente  la  genealogia 
coi  ritratti  dei  Carraresi  signori  di  Padova  —  (Registro 
20,  Misti  Consiglio  dei  Dieci,  1480-1482,  carta  78,  id.). 

Che  nessuno  possa  essere  carcerato  in  torricella,  che 
rimanga  solo  il  carcere  forte  e  tutti  i  camerotti  e  chiu- 
sure di  legno  debbano  essere  tolti  —  (Registro  23, 
Misti  Consiglio  dei  Dieci,  1486-1487,  carta   60,    id.). 

Altra  sala  aggiunta  che  mette  alla  torricella  —  (Re- 
gistro 27,  Misti  Consiglio  dei  Dieci,  1495-1498,  carta 
28  verso,  id.). 

Ordine  di  distruggere  la  torricella  —  (Registro  31,  Mi- 
sti Consiglio  dei  Dieci,  1506-1507,  carta  116,  id.). 

Timore  esagerato  che  crollasse  la  torricella  —  (Sanuto, 
DiaHi,  voi.  VII,  p.  84,  85). 

Ordine  di  mettere  prigionieri  in  torricella  sette  capi 
Francesi  presi  a  Treviglio  —  (Registro  32,  Misti  Con- 
siglio dei  Dieci,  1508-1509,  carta  105,  id.). 

Armi  inutili  consegnate  alli  Savi  di  terraferma — (Registro 

32,  Misti  Consiglio  dei  Dieci,  1508-1509,  carta  94,  id.). 
Il  Marchese  di  Mantova  messo  nella  torricella  —  (Dta- 

rii  Sanuto,  voi.  IX,  p.  41  e  271). 
Monsignor  De  la  Rosa  capitano    generale    dell'  impera- 
tore assieme  al    Lichtenstein    ed    a    Gaspare    Vincer 
messi  nella  torricella  —    (Sanuto,   Diarii,   voi.  XIII, 
XIV,  passim). 


(81) 


LE    SALE    D    AEMI    DEL    CONSIGLIO    DEI    DIECI 


193 


29 

1513 

30 

1514 

31 

1514 

marzo 

32 

1514 

33 

1514 

20  giugno 

34 

1514 

15  giugno 

35 

1516 

36 

1517 

37 

1517 

10  giugno 

38 

1517 

10  giugno 

39 

1518 

40 

1518 

16  settembre 

41 

1518  ottobre 

42 

1518 

43 

1519 

8  gennaio 

44 

1519 

aprile 

45 

1522 

22  gennaio 

46 

1523 

31  luglio 

47 

1523 

1   agosto 

48 

1527 

maggio 

49 

1528 

9  marzo 

Sagra  moro  Visconte  e  Bernardino  de  la  Antignola  messi 
nella  torricella  —  (Sanuto,  Diarii^  voi.  XXII,  p.  246). 

II  capitano  spagnolo  don  Alonzo  Perero  di  Carvajal 
messo  nella  torricella  —  (Sanuto,  Diarii,  voi.  XVI, 
p.  315  e  XVII,  201). 

Il  cardinale  Ascanio  messo  nella  torricella  —  (Sanuto, 
Diarii,  voi.  XVIII,  p.  107,  108). 

Il  capitano  Rizen  prigione  col  Frangipane  messo  in 
torricella  —  (Z)?V/riY  Sanuto,  voi.  XX  passim  e  XVIII, 
p.  107,  108,  261). 

Renier  capitano  tedesco  posto  in  torricella  —  {Diarii 
Sanuto,  voi.  XVIII,  pag.  261,  362  e  XX,  p.  419). 

Il  conte  Cristoforo  Frangipane  messo  in  torricella  — 
{Diarii  Sanuto,  voi.  XXI,  p.  92,  XXII,  p.  154,  214, 
564  e  XXIV,  177). 

Brunoro  di  Serego  veronese  di  parte  imperiale  messo 
in  torricella  —  {Diarii  Sanuto,  voi.  XXII,  p.  246,  358). 

Lang  Apollonia  moglie  a  Cristoforo  Frangipane  ottiene 
di  visitarlo  e  di  dormire  con  lui  alcune  notti  — 
{Diarii  Sanuto,  voi.  XXIII,  p.  148  e  XXVI,  p.  327). 

Cristoforo  Frangipane  ottiene  il  permesso  di  veder  la 
processione  del  Corpus  Domini  dal  pogginolo  della 
libreria  —  (Registro  41,  Misti  Consiglio  dei  Dieci, 
1517-1518,  carta  48.  Id.  e  Diarii  Sanuto  cit.). 

Formalità  usate  in  tale  occasione  —  {Diarii  Sanuto, 
voi.  XXIV,  p.  347). 

Gli  si  concede  la  stessa  cosa  l'anno  successivo  —  {Dia- 
rii Sanuto,  XXV,  437). 

Fa  intagliare  una  iscrizione  in  torricella  e  vi  stette 
1813  giorni  —  {Diarii  Sanuto,  voi.  XXVI,  p.  349). 

Tentò  di  fuggire  —  {Diarii  Sanuto,  voi.  XXVI,  p.  152). 

Era  tenuto  prigioniero  a  requisizione  del  Re  Cristianis- 
simo —  {Diarii  Sanuto,  voi.  XXVI,  p.  181). 

Uscì  di  prigione  e  fu  consegnato  a  Crema  al  maresciallo 
di  Lautrech  —  {Diarii  Sanuto,  voi.  XXVI,  p.  339). 

L'  arcivescovo  di  Candia  messo  in  torricella  —  {Diarii 
Sanuto,  voi.  XVII,  139  e  XVIII,  135). 

Vincenzo  Baffo  prigioniero  nella  torricella  —  {Diarii 
Sanuto,  LV,  p.  252). 

Restauri  al  tetto  —  (Registro  46,  Misti  Consiglio  dei 
Dieci,  1523,  carta  50.  Archivio  di  Stato  ai  Frari). 

Segue  restauri  al  tetto  —  (Notatorio  del  Magistrato  del 
Sai,  1491-1529,  carta  254,  id.). 

Baldassare  Carduzi  prigioniero  nella  t  rricella  —  Sa- 
nuto, Diarii^  XLIV,  111). 

Il  vescovo  di  Cesena  messo  in  torricella  —  (Diarii 
Sanuto,  voi.  XXVII,  XXVIII,  XXXV  e  XLVII,  pas- 
sim). 


194 


F.    BEECHET 


(82) 


50 

1530 

novembre 

51 

1532 

52 

1532 

28  maggio 

53 

1532 

4:  giugno 

54 

1532 

12  dicembre 

55 


1533 


56 

1535 

27  novembre 

57 

1535 

27  novembre 

58 

1536 

29  dicembre 

59 

1537 

15  ottobre 

60 

1538 

17  agosto 

61 

1538 

26  agosto 

62 

1538 

17  settembre 

63 

1539 

64 

1541 

16  marzo 

65 

1541 

31  maggio 

66 

1541 

26  agosto 

67 

1542 

25  maggio 

Paolo  Nani,  prigioniero,  tentò  appiccare  il  fuoco  alla 
torricella  —  (Reg.  9,  Comuni  Cons.  X,  e.  106.  Arch. 
di  Stato). 

Fu  preso  di  disfare  i  luoghi  della  torricella  e  far  sale 
d'armi  —  {Diarii  Sanuto,  voi.  LVI,  pag.  165). 

Le  arme  che  stavano  nella  sala  da  basso  sono  portate 
di  sopra  e  dove  stavano  le  armi  furono  disposte  sale 
per  le  elezioni  ■ —  (Registro  8,  Comuni  Consiglio  dei 
Dieci,  1532,  carta  29  verso.  Archivio  id.ì. 

Spese  per  acconciare  il  luogo  per  le  elezioni  —  (Regi- 
stro 8,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1532,  carta  32,  id.). 

La  spesa  viene  pagata  dal  provveditore  del  Sai  —  (Re- 
gistro 9,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1532,  carta  106 
verso,  id.). 

Da  Martinengo  condottiero  veneziano  messo  in  torri- 
cella  —  { Diarii  Sanuto,    XXV    pash-im^  LIV,  p.  115, 

^  120,  123). 

È  compiuta  la  terza  sala  d'armi  —  (Registro  11,  Co- 
muni Consiglio  dei  Dieci,  1535,  carta  75  verso.  Archivio 
di  Stato  ai  Frari). 

Si  comperano  armi  per  la  terza  sala  —  (Registro  11, 
Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  carta  75  verso  ;  e  Rossi, 
Mss.  Doc.  voi.  LX,  p.  193). 

Custodia  e  manutenzione  delle  sale  —  (Registro  11,  Co- 
muni Consiglio  dei  Dieci,  1535-1536,  carte  181  e  189. 
Archivio  id.). 

Lavori  di  fabbro  e  di  falegname  —  (Registro  12,  Comuni 
Consiglio  dei  Dieci,  1537-1538,  carta  80  e  86,  e  filza  22, 
Parti  Consiglio  dei  Dieci,  1537,  II  semestre,  id.). 

Si  ordinano  gli  addobbi  alla  terza  sala  —  (Registro  12, 
Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1537-1538,  carta  156,  id.). 

Riatto  al  coperto  ed  altri  lavori  —  (Registro  12,  Co- 
muni Consiglio  dei  Dieci,  1537-1538,  carta  159  verso,  id.). 

Aumento  di  salario  al  proto  spader  Alvise  Foscolo  — 
(Registro  12,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1537-1538, 
carta  173  verso,  id.). 

Riordinamento  di  una  delle  sale  vecchie  —  (Registro 
13,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1530-1540,  carta  35,  id.). 

Acquisto  d'una  coracina  di  velluto  cremisino  —  (Ro- 
tatorio 15,  Capi  Consiglio  dei  Dieci,  1540-1542,  carta 
58   verso,  id.). 

Norme  per  l' inventario  —  (Registro  14,  Comuni  Con- 
siglio dei    Dieci,  1541,  carta  35  verso,  id.). 

Scarto  di  armi  inutili  ed  acquisto  di  altre  nuove  — 
(Registro  14,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  carta  66,  id.). 

Spese  di  marangon  e  dorator  per  dipingere  e  dorare 
capitelli  e  basi  —  (Registro  15,  Comuni  Consiglio  dei 
Dieci,  1542-1543,  carta  27,  id.). 


(83) 


LE    SAliE    D    ARMI    DEL    CONSIGLIO    DEI    DIECI 


195 


68 

1543 

26  febbraio 

69 

1545 

11  giugno 

70 

1545 

3  settembre 

71 

1546 

30  agosto 

72 

1548 

73 

1548 

21  novembre 

74 

1550 

8  agosto 

75 

1551 

27  novembre 

76 

1551 

16  dicembre 

77 

1552 

13  gennaio 

78 

1552 

9  aprile 

79 

1553 

2  maggio 

80 

1553 

15  dicembre 

81 

1555 

29  marzo 

82 

1556 

29  gennaio 

83 

1556 

29  febbiaio 

84  1557 

7  gennaio 


Spese  per  addobbi  alle  sale  —  (Registro  15,  Comuni 
Consiglio  dei  Dieci,  1542-1543,  carta  116  verso,  e  filza 
32,  Parti  Consiglio  dei  Dieci,  1542,  II  sem.,  id.)- 

Inventario  de  le  munition  che  si  trovano  nelle  sale  del- 
l' eccelso  Consiglio  dei  Dieci  —  (Id.). 

Le  chiavi  da  chi  sieno  tenute  —  (Registro  17,  Comuni 
Consiglio  dei  Dieci,  1545-1546,  carta  68  verso,  id.). 

Spese  per  acconciar  le  dette  sale  —  (Registro  17,  Co- 
muni   Consiglio  dei  Dieci,  1545-1546,    carta   176,  id.). 

Inventario  de  le  munition  de  le  salle  de  lo  Ex.  Con- 
siglio dei  X  fatto  per  mi  Micliiel  Sandelli,  masser  de 
le  dite  sale  —  (Cod.  membr.  id.). 

Il  provveditor  sopra  la  artiglieria  viene  incaricato  della 
sopraintendenza  —  (Registro  28,  Comuni  Consiglio  dei 
Dieci,  1547-1548,  carta  181  verso,  id,). 

Pagamento  a  vari  artefici  per  lavori  eseguiti  —  (Regi- 
stro 19,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1549-1550,  carta 
137,  e  filza  51,  Parti  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1550, 
da  agosto  a  ottobre,  id.). 

Doratura  di  tre  cortine  col  San  Marco  in  soldo  —  (Ro- 
tatorio 19,  Capi  Consiglio  dei  Dieci,  1551-1553,  carta 
70,  id.). 

Doratura  simile  di  altre  tre  cortine  —  (Notatorio  19, 
Capi  Consiglio  dei  Dieci,  1.551-1553,  carta  66  verso,  id.). 

Doi'atura  simile  di  altre  due  cortine  —  (Notatorio  19, 
Capi  del  Consiglio  dei  Dieci,  carta  73  verso,  id.). 

Altre  dorature  al  supplemento  delle  cortine  della  prima 
sala  —  (Rotatorio  19,  Capi  del  Consiglio  dei  Dieci, 
1551-1553,  carta  104,  id.). 

Somme  assegnate  per  racconciature  diverse  —  (Registro 
21,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1553-1554,  carta  17,  id.). 

Somme  assegnate  per  altre  occorrenze  ed  adornamento 
di  armi  —  (Registro  21,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci, 
1553-1.5.54,  carta  70,  id.). 

Somme  assegnate  per  altri  bisogni  delle  sale  delle  mu- 
nizioni —  (Registro  22,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci, 
1555-1556,  carta  4,  id.). 

Altre  somme  assegnate  per  diversi  concieri  ed  assetta- 
mento nelle  stesse  —  (Registro  22,  Comuni  Consiglio 
dei  Dieci  1.5.5.5-15.56,  carta  93,  id.). 

Commissione  data  al  Console  di  Damasco'di  acquistare 
dieci  tavole  di  cedro  del  Monte  Libano  per  costruire 
la  nuova  porta  della  sala  e  spesa  incontrata  —  (Re- 
gistro 22,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1.555-1556,  carta 
210  e  seguenti,  id.). 

Altre  somme  destinate  all'  addobbo  delle  sale  —  (Regi- 
stro 22,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  155.5-1.556,  carta 
187    verso,  id.). 


1^6  P.    BEECHET  (84) 

85  1561  Somme  da  spender  in  dette  sale  "  che  hanno  bisogno  di 
5  febbraio         molte  cose  „  —   (Registro   24,  Comuni  Consiglio   dei 

Dieci,  1559-1560,  carta  169,  id.). 

86  1564  Spese  per  inastare  di  nuovo  e  foderar  di  velluto  e  fran- 
si maggio         già  circa  800  arme  d'asta  di  più  sorte  —  (Registro  26, 

Comuni  Cous.  dei  Dieci,  1563-1564,  carta  109  verso,  e 
filza  90,  Parti  Comuni  Cons.  dei  Dieci,  1564,  marzo, 
aprile  e  maggio,  id,). 

87  1567  Spese  per  acconciar  vetri  e  finestre  nelle  dette  sale  — 
24  gennaio       (Registro  27,  Comuni  Consiglio    dei  Dieci,     1565-1566, 

carta  175  verso,  e  filza  98,  Parti  Comuni  Consiglio 
dei  Dieci,  1656  da  luglio  a  febbraio,  id.)- 

88  1568  Altre  racconciature  alle    vetrate    —   (Registro    28,    Co- 
24  settembre     muni  Consiglio  dei  Dieci,  1565-1568,  carta    139  verso, 

e  filza  103,  Parti  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1568 
da  luglio  a  ottobre,  id,). 

89  1569  Assegnamento  dei  fondi  per  la  porta  ed  altro  —  (No- 
26  agosto  tatorio  27,  Capi  Consiglio  dei  Dieci,  1568-1569,  carta 

175,  verso,  e  filza  11,  Parti  secreta  Consiglio  dei  Dieci, 
1562-1564,  id,). 

90  1569  Spese  per  far  nuova  porta,  scale  od  altro  alle  sale  d'armi 
19  ottobre        —  (Notatorio  27,  Capi  del  Consiglio  dei  Dieci,    1568- 

1569,  carta  190,  id,), 

91  1570  Armi  depositate    nella    soffitta    sieno    da   utilizzarsi    in 
28  aprile  occasione  di  guerra  —  (Registro  29,    Comuni    Consi- 
glio dei    Dieci,  1569-1570,  carta    131   verso,   id,). 

92  1575  Acquisto  d'un  pome  d'argento  —  (Registro  32,  Comuni 
31  maggio         Consiglio    dei  Dieci,  1575-1576,   carta  27,  e    filza   123, 

Parti  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1571  da  marzo  a 
giugno,  id.). 

93  1576  Falcone  (pezzo  d'artiglieria)  dorato  offerto  dai  nipoti  del 
30  aprile  Doge  Grritti  —  (Registro  32,    Comuni    Consiglio    dei 

Dieci,  1575-1576,  carta  126  A,  B,  C,  D,  filza  126,  Parti 
Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1576,  1  settembre,  id.). 

94  1576  Armi  aggiunte  per  riordinamento  delle  sale   —   (Regi- 
30  aprile  stro  32,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1575-1576,  carta 

126,  e  filza  126,  Parti  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1576, 
I  semestre,  id.). 

95  1578  Ristauro  al  coperto  e  prescrizione  al  Masser  Francesco 
11  giugno         Dardani  di  rimaner  a  custodia  durante    il    lavoro  — 

(Registro  33,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1577-1578, 
carta  157,  id.). 

96  1579  Chi  deve  tener  le  chiavi  della  sala  delle    munizioni  — 
1  marzo  (Registro  34,  Comuni  Consiglio  dei    Dieci,  1578-1579, 

carta  69  verso  e  seguenti,  id.). 

97  1580  Pianta  delle  antiche  prigioni  terrene  sotto  le  sale  d'armi 

al  piano  terreno  —  (Codice  CCXCV,  classe  VII,  Mar- 
ciana, ed.  Zanotto,  tav.  I). 


1588 

27 

giugno 

1585 

28 

giugno 

1586 

1 

febbraio 

1586 

7 

maggio 

(85)  LE    SALE    d'  AEMI    DEL    CONSiaLIO    DEI    DIECI  197 

98  1588  Tre  spade  esistenti  nella  sacristia  della  Chiesa  di  San 
Marco  vengono  collocate  nelle  sale  d'armi  —  (Registro 

37,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1583-1584,  carta  20,  id.). 

99  1585  Sono  posti  nelle  sale  d'armi  gli  oggetti  presentati  dagli 
ambasciatori  giapponesi  —  (Reg.  Sen.  Terra,  id.  Cfr. 
Berchet,  Le  antiche  aiiibasriate  giapponesi.  Venezia, 
1877). 

100  1586  I  locali  superiori  alla  Camera  dei  Capi    sala   non    deb- 
bano esser  più  concessi  a  nobili  presentati  —  (Registro 

38,  Comuni   Consiglio  dei  Dieci,  1585-1586,  carta,  89, 

id.). 

101  1586  Fornitura  d'armi  e  di  armature    dall'Arsenale    e   loro 
riordino  —  (Registro  38,  Comuni  Consiglio  dei   Dieci, 

1.585-1586,  carta  117,  id.). 

102  1586  Acquisto  d'  archibugi  e  morioni  dorati,  a  Brescia,  per  la 
23  dicembre      terza  sala  —  (^Registro  38,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci, 

1585-1586,  carta  191,  e  filza  165,  Parti  Comuni  Consi- 
glio dei  Dieci,  1586,  da  dicembre  a  febbraio,  id.). 

103  1587  Commissione  del  Senato  al  Tintoretto  di  fare  il  ritratto 
17  ottobre        dei  quattro  ambasciatori  giapponesi  —  (Registro  Sen. 

Terra,  57,  e.  197,  id.). 

104  1588  Spade  schiavonesche  e  picche  ritirate  dall'  Arsenale  — 
25  maggio       (Registro  39,  Comuni  Consiglio  dei   Dieci,    1587-1588 

agosto,  carta  155  verso,  id.). 

105  1589  Acquisto  d'armi  —  (Registro  42,  Comuni  Consiglio  dei 
22  novembre      Dieci,  1588,  settembre  1589,  carta  180  verso,  id.). 

106  1591  Viaggio  dell'ambasciatore  veneto  inviato  a  Costantinopoli 
17  luglio         per  arrestare  il  bailo  Paolo  Lippomano.  Venezia,_tip. 

Visentini,  1886. 

107  1591  Le  chiavi  sieno  tenute  durante  il  Maggior  Consiglio  dal 
9  ottobre         Secretarlo  di  mese  —  (Registro  41,  Comuni  Consiglio 

dei  Dieci,  1590-1591,  carta  217.  Arch.  di  Stato). 

108  1591  Armi  ed  altri  oggetti  offerti    da   Paolo   Lippomano  — 
20  novembre      (Registro  41,  Comuni  Consiglio  dei   Dieci,    1.590-1591, 

carta  230,  id.). 

109  1592  Spese  per  oggetti  di  armamento  —  (Registro  41,    Com. 
22  gennaio        Cons.   dei  Dieci,  1590-1591,  carta  249,  id.). 

110  1593  Saldo    conto    di   spese  fatte  per   le    sale   d'armi   e  per 

dorare  e  fornire  le  armi  —  (Registro  42,  Comuni  Con- 
17  febbraio       sigilo  dei  Dieci,  1592,  carta  140,  id.). 
Ili  1593  Le  sale  d'armi  non  ijossono  essere  visitate  senza  il  per- 

9  marzo  messo  del  Consiglio  dei  Dieci  —  (Registro  43,  Comuni 

Consiglio  dei  Dieci,  carta  4  verso,  id.). 

112  1.593  Fornitura  dall'Arsenale  di  cento  archibugi  a  fiammola 
1  dicembre      —  (Registro  43,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1593,  carta 

138,  id.). 

113  1593  Doratura  dei    detti    100  archibugi,  100  fiasche  coi  loro 
16  dicembre      cordoni  e  50  celade  —  (Registro    43,    Comuni    Censi- 


198 


F.    BEKCHET 


(86) 


glio  dei  Dieci,  1593,  carta  141  verso,  e  filza  200,  Parti 
Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1593,  da  decembre  a  feb- 
braio, id.). 

1 14  1594  Costruzione  in  pietra  delle  scale  che  erano  di  legno  — 
15  febbraio       (Registro  43,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1593,  carta 

168  verso,  e  filza  200,  Parti  Comuni  Consiglio  dei 
Dieci,  1539,  da  dicembre  a  febbraio,  id.). 

115  1594  Somme  decretate  al  Massaro  Dardani  per  spese  diverse 

20  giugno  —  (Registro  44,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  carta  47 

verso,  id.). 

116  1595  Saldo    di  creditori    per  oggetti  acquistati    e    lavori  per 
16  novembre      le  sale  —  (Registro  45,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1595, 

carta  93,  e  filza  209,  Parti  Comuni  Consiglio  dei  Dieci, 
1595,  da  ottobre  a  novembre,  id.). 

117  1595  Si  riformano  in  una  volta  1000  celadoni,    1000    corazze 

e  si  comperano  500  archibugi  —  (Rossi,  Mss.  Mar- 
ciana, doc.  voi.  LX,  pag.  173). 

118  1598  Somme  decretate  al  Masser  Dardani  per  spese   diverse 
15  maggio        —  (Registro  48,  Comuni  Cons.   dei  Dieci,  1598,  carta 

27.  Archivio  di  Stato). 

119  1598  Scale  che  conducono  alla    soffitta    che    erano    di    legno 
23  dicembre     fatte    di  pietra  —  (Registro  48,  Comuni  Consiglio  dei 

Dieci,  1598,  carta  109  verso,  e  filza  221,  Parti  Comuni 
Consiglio  dei  Dieci,  1598,  da  dicembre  a  febbraio,  id.). 

120  1599  Fornitura  in  velluto  verde,  di  alabarde  e  spiedi  —  (Regi- 
18  giugno  stro  49,  Comuni  Consiglio  dei    Dieci,  1599,    carta   29 

verso,  e  filza  233,  Parti  Comuni  Consiglio  dei  Dieci, 
1599,  da  giugno  ad  agosto,  id.). 

121  1600  Panni  d'oro  donati  dal  Re  di  Persia  —  (Cerimoniali  in 

Senato,  carta  3.  Archivio  generale  Veneto.  Cfr.  Berchet, 
La  Repubblica  di  Venezia,  e  la  Persia.  Torino,  1865). 

122  1602  Aumento  salario  ai  tre  proti  delle  sale  d'armi  —    (Re- 
9  settembre       gistro  52,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1602,  carta  109. 

Ar<;hivio  di  Stato). 

123  1604  Dispaccio  dell'  ambasciatore  in  Francia  Angelo  Badoer 

21  gennaio        dove  si  parla  dell'  armatura  di  Enrico  IV  donata  alla 

Repubblica  —  (Cancelleria  Secreta.  Dispacci  di  Fran- 
cia, filza  32,  id.). 

124  1604  Somma  passata  al  Masser  Dardani  per  fare  il  nicchio  al- 
27  aprile  l'armatura  del  Re  di  Francia  —  (Registro  54,  Comuni 

Consiglio  dei  Dieci,  1604,  carta  21  verso,  id.). 

125  1604  Spese  per  accomodar  l'armatura  del  Re  di  Francia  —  (Re- 

22  giugno         gistro  54,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1()04,  carta  41,  id.). 

126  1606  Cambio  di  posto  delle   armi  lasciate  dal   sig.  Ludovico 
17  marzo         Ursino  —  (Registro  56,  Comuni  Consiglio    dei  Dieci, 

1606,  carta  9,  id.). 

127  1606  Spese  e  forniture  pelle  sale  d'armi.  Consegna   all'Arse- 
17  marzo         naie  delle  cose  ed  armi  non  necessarie   alle   sale  — 


(87) 


LE    SALE    d'  armi    DEL    CONSIGLIO    DEI    DIECI 


199 


128  1606 

11  maggio 

129  1606 

■4  settembre 


130 


131 


140 


1606 


1609 


182  1610 

19  gennaio 

133  1611 

16  maggio 

134  1611 

135  1611 

16  maggio 


136  1614 

17  gennaio 

137  1617 
24  maggio 

138  1620 
23  giugno 

139  L625 

2  aprile 


1625 


141  1627 

8  febbraio 

142  1630 

28  settembre 


143 


1631 


(Registro  56,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1606,  carta 
11,  id.). 

Inchiesta  suUi  quattro  maestri  o  proti  alle  sale  —  (Re- 
gistro 56,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1606,  carta  32 
verso,  id.). 

Regolamento  per  le  armi  affinchè  possano  essere  pronte 
in  ogni  occasione  —  (Registro  56,  Comuni  Consiglio 
dei  Dieci,  1606,  carta  80,  id.). 

Consegna  di  armi  del  Consiglio  dei  X  fatta  dal  masser 
Pietro  Dandani  a  Marco  spader  a  1'  insegna  di  S.  Se- 
bastiano —  (Ardi.  id.). 

Si  aggiunge  la  quarta  sala  d'  armamento  —  (Zanotto, 
Palazzo  Reale,  voi.  II,  parte  XIX,  p.  165,  che  cita  il 
Marinioni  scrittore  contemporaneo). 

Si  mette  a  posto  il  busto  di  Sebastiano  Venier  —  (Re- 
gistro 59,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1609,  carta  169 
verso.  Archivio  di  Stato). 

Affittasi  il  magazzino  sopra  il  Lido  per  trarne  denaro 
pelle  spese  delle  sale  d'armi  —  (Registro  61,  Consiglio 
dei  Dieci,  1611,  carta  38  verso,  id.). 

Inventario  delle  armi  nelle  sale  del  Cons.  dei  X  —  (Ar- 
chivio di  Stato). 

Scelta  d'armi  inutili  da  mandar  alla  casa  dell'Arsenale 
e  vendita  di  ferri  vecchi  acconciando  e  accomodando 
quelle  che  devono  restar  nelle  sale  —  (Registro  61, 
Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1611,  carta  39,  id.). 

Si  fa  accomodare  il  fanò  d'argento  e  cristallo  —  (Re- 
gistro 64,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1614,  carta  149, 

id.). 

Consegna  di  esso  fanò  ai  procuratori  di  S.  Marco  —  (Re- 
gistro 67,  Comuni  Cons.  dei  Dieci,  1617,  carta  46,  id.). 

Spese  per  accomodar  il  quadro  di  Adamo  ed  Eva  — 
(Registro  69,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1619,  carta 
203,  id.). 

Spese  per  accomodar  dentro  la  sala  lo  scrittoio  d'ebano 
lasciato  dal  Cardinale  Grimani  —  (Registro  75,  Comuni 
Consiglio  dei  Dieci,    1625,    carta    18   verso  e   33,  id.). 

Tre  busti  portati  nelle  sale  in  occasione  della  visita  del 
Re  di  Francia  —  (Zanotto,  Palazzo  Ducale^  voi.  II, 
parte  XIX,  n.  15). 

Spade  e  ritratti  del  conte  Mansfeldt  posti  nelle  sale  — 
—  (Registro  76,  Comuni  Consiglio  dei  Dieci,  1626-27, 
carta  348  verso.  Archivio  di  Stato). 

Inventario  delle  sale  d'armi,  cambio  d'armi  nell'  Arse- 
nale e  disposizioni  per  le  chiavi  —  (Registro  80,  Co- 
muni Consiglio  dei  Dieci,  carta  196    verso,  id.). 

Scoperta  del  fanale  del  Crasso  del  quale  si  era  persa 
memoria  —  (Cicogna,  Iscriz.  Ven.,  voi.  IV,  p.  160). 


200 


F.   BEaCHET 


(88) 


144 

1631 

145 

1649 

24  ottobre 

146 

147 

J48 


1683 


1681 


1687 
29  novembre 


149  ]689 

18  aprile 

150  1726 

151  1754 
23  agosto 


152 


160 


1764 


153  1773 

23  agosto 


154  1773 

23  agosto 

155  1789 

156  1799 

14  gennaio 

157  1799 

158  1799 

159  1799 


181" 


Fu  restaurato  dall'  orefice  ZamboUi  —  (Cicogna,  Iscriz. 
Yen.,  voi.  IV,  p.  161). 

Si  accetta  il  dono  del  fiscal  di  Padova  —  (Decreto  del 
Senato,  Registro  Comuni  Consiglio  dei  Dieci.  Arch. 
di  Stato). 

Carolus  Patino,  Thesaurus  numismatum  antiquorum  et 
recentiorum  ex  auro,  argento  et  aere  ah  ili.  d.  d.  Petro 
Mauroceno  Ser.  Retp.  legatus.  Venezia,  1683. 

Furto  del  medagliere  Morosini  —  (Zanotto,  Palazzo 
Ducale^  voi.  II,  parte  XIX,  p.  15). 

Proclama  dell'  Eccelso  Consiglio  dei  X  "  per  venir  in 
luce  di  quello  o  quelli  scolorati  che  hanno  rubbato 
nel  Palazzo  Ducal  nelle  sale  del  Consiglio  dei  X.  Ve- 
nezia, Pinelli,  in  4.'* 

Busto  del  Morosini  posto  nelle  sale  —  (Rossi,  Mss.  nella 
Marciana,  doc.  voi.  LV). 

Inventario  pubblicato  da  Vendelino  Boeheim  in  Zeit- 
scìirift  filr  Historische  WaffenJamde,  I,  p.  184  e  segg. 

Inventario  delle  sale  d'armi  fatto  da  Girolamo  Salvoni 
e  nuove  discipline  per  la  tenuta  delle  sale  —  (Com- 
pilazione leggi.  Fascicolo  Patr.  Pubbl. ,  busta  301. 
Archivio  di  Stato). 

Varie  curiosità  venete  sacre  e  jjrofane,  opera  di  G.  Gra- 
vembroch,  dedicata  a  Pietro  Gradenigo.  Manoscritto 
in  tre  volumi  nel  Museo  Civico. 

Nuovo  registro  di  tutte  le  armi  e  cose  ragguardevoli 
delle  sale  d'armi  del  Consiglio  dei  Dieci  compilato  da 
Marcantonio  Guerra  —  (Archivio  di  Stato  e  da  me 
qui  pubblicato). 

Armi  vecchie  da  togliere  dal  registro  e  da  vendere  — 
(Ibidem). 

TI  fanale  prezioso  del  Crasso  andò  disperso  al  cadere 
della  Repubblica  —  (Cicogna,  Iscr.  Ven.,  voi.  IV,  p.  162). 

Li  oggetti  ed  armi  delle  sale  d'armi  passano  all'Arse- 
nale —  (Atto  di  consegna.  Archivio  di  Stato  qui  da 
me  pubblicato). 

Le  bandiere  turche  passate  all'  Arsenale  —  (Zanotto, 
Palazzo  Ducale,  voi.  II,  p.  XIX). 

La  spingarda  o  falconetto  passato  all'Arsenale  —  (Za- 
notto, Palazzo  Bacale,  voi.  II,  parte    XIX,  p.  6). 

Distribuzione  degli  oggetti  i)rincipali  nelle  sale  d'  armi 
al  momento  della  caduta  della  Repubblica  —  (Pianta 
topografica  da  me  eseguita  colla  scorta  dei  vecchi 
inventari  e  descrizioni  e  qui  riportata). 

Destinazione  delle  sale  d'armi  dopo  che  cessarono  dal 
loro  ufficio  —  (Cicogna,  Il  forestiero  guidato  nel  co- 
spicuo appartamento  ove  risiedeva  il  gabinetto  della 
Repubblica.  Venezia,  1817,  p.  18  a  22). 


(89)  LE    SALE    d'  armi    DEL    CONSIGLIO    DEI    DIECI  201 

161  1829  Casoni,  Guida  per  V Arsenale  di  Venezia.  Venezia,  1829. 

162  1857  Barozzi  e  Berchet,  Relazioni  dee/li  Stati  Europei   lette 

al  Senato  dagli  ambasciatori  Veneziani.  Serie  II, 
Francia.  Venezia,  1857. 

163  1859  Lazzari  Vincenzo.  Notizia  delle  opere  d'arte  e  d'antichità 

della  Raccolta  Correr  di  Venezia.  Venezia,  1859. 

164  1873  Zanetti  V.  La  Basilica  di  S.  Donato  di  Murano.  Ve- 

nezia, 1873. 

165  1894  Le  pareti  delle  prigioni  scoperte  al  piano  terreno  della 

torricella  —  (Tre  fotografie,  negli  Atti  dell'UfiScio  re- 
gionale per  la  conservazione  dei  monumenti  del  Ve- 
neto). 

166  1899  La  parete  dell'ultimo  camerotto  nella  torricella — (Fo- 

tografia, facsimile  e  traduzione  delle  iscrizioni,  negli 
Atti  dell'Ufficio  regionale  sudd.  e  qui  riportata). 

167  1899  Distribuzione  fatta  delle  antiche  sale  d'armi  per  ridurle 

a  sede  dell'Istituto  —  (Pianta  della  sede  dell'Istituto, 
negli  Atti  dell'Ufficio  sudd.). 

168  1899  Rilievi  del  piano  originario  delle  prigioni  nel  piano  ter- 

reno della  torricella  —  (Pianta  rilevata  dall'Ufficio  re- 
gionale suddetto,  Tav.  II). 

169  1899  Lavori    fatti    nell'ultimo    triennio  alle    sale   d'armi   — 

{Quarta  Relazione  deir  Ufficio  regionale  per  la  conser- 
vazione dei  nionuinenti  del  Veneto.  Venezia,  Mut.  Soc. 
Comp.  1899. 

170  1899  Foscari  co.  Pietro. 

171  1899  I.  R.  Museo  di  Vienna. 


(Finita  di  stampare  il  giorno  18  dicembre  1899) 


Atti  del  Reale  Istituto  Veneto  di  scienze,  letteke  ed  arti. 
Anno  accademico  1899-900  -  Tomo  LIX  -  Parte  seconda. 


UN    NUO\0    TONOMETRO    OCULARE 


DEL 


PEOF.  PIETRO  GRADENIGO,  m.  e. 

{Adunanza  (hi  29  ottobre  189'.)) 


Neir  ultima  adunanza,  che  precedette  le  vacanze  autunnali, 
ebbi  r  onore  di  tenervi  parola,  chiarissimi  Signori,  di  un  nuovo 
Tonomeiro  oculare  (i),  importante  mezzo  d'  indagine  clinica,  da 
me  non  è  guari  ideato,  e  che  oggi  mi  pregio  sottoporre  al  Vostro 


autorevole  giudizio. 


È  troppo  noto  quale  e  quanta  importanza  abbia  peli'  oculista 
l'esatta  conoscenza  delle  diverse   modificazioni,  che  occorrono  nella 


(1)  Oftalmotonometro,  o  meglio    Piesimetro,    da    piésis   (pressione)  e 
métron  (misurai. 


204  P.    GEADENIGO  (2) 

tensione  endoculare  nelle  varie  forme  morbose,  perchè  creda  con- 
veniente qui  a  lungo  ragionarne. 

Qualunque  mutamento  che  sorga  nel  grado  della  tensione  in 
cui  trovansi  gli  umori,  racchiusi  nelle  membrane  dell'  occhio,  sia 
pur  esso  leggerissimo,  così  da  sfuggire  alla  più  accurata  esplora- 
zione digitale;  va  accompagnato  necessariamente  da  una  pronta 
perturbazione  della  circolazione  artero-venosa  e  linfatica  di  tutti 
i  tessuti  dell'  occhio,  specie  delle  mirabili  reti  vascolari  di  cui 
sono  essenzialmente  costituite  le  delicate  sue  interne  membrane. 

Anche  le  funzioni  del  sistema  nervoso,  sia  specifico  che  tro- 
fico, trovansi  immediatamente  subordinate  al  grado  della  endo- 
pressione. 

Gli  accessi  dolorosi  che  compaiono  spesso  improvvisi  e  di 
somma  intensità,  nel  decorso  di  vari  processi  morbosi,  sono  quasi 
sempre  determinati  da  modificazioni  nel  grado  del  tono  oculare 
Basta  comprimere,  sia  pure  leggermente  e  per  un  solo  istante 
con  un  dito  il  globo  dell'  occhio,  anche  attraverso  le  palpebre 
per  determinarvi  subito  moleste  pìro^^sìe  e  fonfeni,  mentre  una 
più  valida  pressione  diventa  causa  immediata,  prima  della  ridu- 
zione del  campo  visivo,  quindi  della  sospensione,  anche  completa, 
della  funzione  retinale  {ah  ischemia). 

L'  ottalmoscopo  infatti  fa  rilevare  che,  durante  1'  aumento 
della  tensione;  anche  se  in  tale  maniera  determinato,  le  vene 
della  retina  e  papilla  dapprima,  e  quindi  le  arterie,  molto  più 
resistenti,  presentano  una  manifesta  modificazione  nel  volume  e 
decorso  della  colonna  sanguigna,  che  può  diventare  intermittente 
e  perfino  scomparire  quasi  del  tutto. 

Per  nota  legge  idrostatica,  la  pressione  esercitata  sopra 
qualsivoglia  punto,  si  propaga  colla  stessa  intensità  sopra  tutta 
la  superficie  interna  della  capsula  corneo-sclerale,  essendo  il  grado 
di  quella  la  risultante  del  rapporto  esistente  fra  la  capacità  e 
resistenza  delle  pareti  della  cavità  bulbare  ed  il  suo  contenuto, 
r  umor  vitreo  cioè,  il  cristallino,  V  acqueo,  ed  una  certa  massa 
di  sangue,  spintovi  dalle  contrazioni  del  ventricolo  sinistro  del 
cuore. 

Tale  endopressione  però,  quantunque  possa  ad  ogni  istante 
venire  modificata,  e  per  le  contrazioni  dei  muscoli  intrinseci  ed 
estrinseci  dell'  occhio,  nonché  delle  palpebre,  dall'aumento  e  dalla 
diminuzione  della  massa  sanguigna,  e  dall'  azione  esercitata  sulle 
secrezioni  endobulbari  direttamente  ed  indirettamente  dal  sistema 


(3)  UN    NUOVO    TONOMETRO    OCULAEE  205 

nervoso,  tuttavia  noli'  occhio  normale  si  mantiene  quasi  immutata, 
nei  diversi  individui  e  nelle  diverse  età,  trovando  nelle  vie  d'  es- 
crezione linfatica  una  corrispondente  azione  correttiva  o  di  com- 
penso. 

Questi  pochi  ed  elementari  accenni,  tolti  alla  fisiopatologia 
dell'  occhio,  sono  più  che  sufficienti  per  mettere  in  rilievo  come 
r  uso  d'  uno  strumento  che  possa  portare  un  apprezzamento  si- 
curo del  grado  della  pressione  endoculare,  e  delle  facili  sue  mo- 
dificazioni, costituisca  veramente  un  mezzo  diagnostico  della  mas- 
sima importanza,  paragonabile  soltanto  al  termometro,  reso  d'  uso 
necessario  nella  clinica  generale. 

Reca  pertanto  vera  meraviglia  e  sconforto,  il  vedere  che  di 
fronte  al  progredire  e  perfezionarsi  dei  cento  mezzi  d' indagine 
clinica,  r  oftalmoiatria,  che  pure  ha  raggiunta  una  posizione  cul- 
minante fra  le  scienze  mediche,  non  possa  trarre  partito  di  uno 
strumento  registratore  esatto  dell'  interna  tensione  dell'  occhio, 
così  che  si  debba  ancora,  per  tale  importante  ricerca,  acconten- 
tarsi della  esplorazione  digitale,  praticata  attraverso  le  palpebre 
chiuse. 

Io  non  dirò  come  torni  in  tal  modo  necessariamente  incerto 
il  giudizio  sulla  resistenza  e  la  limitata  elasticità  delle  pareti 
dell'  occhio,  che  si  fonda  sulla  sensibilità  individuale  dell'  estre- 
mità di  un  dito  poggiato  sulle  palpebre  chiuse.  Tutte  le  volte 
anzi  che  le  variazioni  di  una  tale  resistenza  sieno  poco  accentuate, 
anche  allora  che  torna  possibile  paragonare  nello  stesso  soggetto 
quella  dell'occhio  malato  con  quella  dell'  altro  occhio,  che  si  con- 
sideri sano,  il  criterio  diagnostico  che  se  ne  voglia  ricavare,  deve 
sempre  risultare  incerto,  approssimativo,  e  diventare  spesso  causa 
di  errore  nell'  interpretazione  del  fatto  patologico. 

I  diversi  ottalmotonometri  che,  come  dissi,  furono  proposti, 
come,  per  esempio,  quelli  di  Graefe,  Hamer,  Sneìleu,  Sfroh  di 
Londra,  Weber,  Monili k,  Landolt,  Maklakoff,  Fick,  ed  altri, 
quantunque  quasi  tutti  d'  ingegnosa  fattura,  e  teoricamente  enco- 
miabili, pure  nella  pratica  non  seppero  trovare  favore  e  diffusione, 
onde  vennero  ben  presto  dagli  inventori  stessi  posti  in  oblio. 

E  di  tale  insuccesso,  già  generalmente  riconosciuto,  non  è 
causa  soltanto  la  troppo  complicata  struttura,  di  quasi  tutti  tali 
strumenti,  o  la  poco  costante  azione  delle  molle  e  delle  spire, 
onde  sono  costituiti,  ma  bensì  la  somma  diflicoltà  che  nell'  uso 
incontra  la  loro  applicazione,  esatta  e  ferma  ed  in  direzione  per- 


206  P.    GEADENIGO  (4) 

pendicolare,  sulla  superficie  liscia  e  bagnata  dell'  occhio,  organo 
dotato  della  massima  mobilità.  E  tale  difficoltà  può  dirsi  non 
essere  stata  ancora  superata,  sia  che  si  abbia  pensato  di  mante- 
nere r  asta  esploratrice  dello  strumento  in  giusto  contatto  colla 
parete  bulbare,  a  mezzo  di  più  branche  di  sostegno  poggianti  sui 
tegumenti  della  periorbita,  sia  che  lo  strumento  si  volesse  tenere 
appeso  ad  un  filo,  o  come  —  ciò  che  è  peggio  —  si  intendesse 
portarlo  e  mantenerlo  in  sito  dalla  mano  stessa  di  chi  si  accinge 
a  farne  sperimento.  In  tali  condizioni  quindi  la  ricerca  e  la  no- 
zione, nel  suo  giusto  valore,  della  varia  resistenza  offerta  dalle 
membrane  dell'  occhio,  che  si  appalesa  proporzionale  alla  fossetta 
di  depressione  determinatasi  nel  punto  ove  agisce  (in  contatto) 
lo  stromento,  riescono  necessariamente  troppo  incerti  e  fallaci, 
qualunque  sia  il  modo  di  compressione  che  vi  si  eserciti,  e  mas- 
sime se  sia  la  mano  dell'  uomo  che  ne  regoli  e  determini  la 
forza. 

Molti  altri  fattori,  quali  le  contrazioni  delle  palpebre,  i  mezzi 
usati  per  la  fissazione  del  bulbo  ecc.  rendono  ancora  più  proble- 
matica r  indagine,  la  meglio  condotta. 

Non  è  quindi  da  meravigliare  se,  messi  a  confronto  fra  loro 
i  risultati  ottenuti  dai  diversi  sperimentatori,  con  un  numero  in- 
finito di  prove,  ancora  non  si  abbia  potuto  ottenere  un'  esatta 
misura  della  tensione  endoeulare  fisiologica,  e  quindi  molto  meno 
di  quella  —  più  importante  —  relativa  nei  diversi  processi  mor- 
bosi, mentre  è  noto  che  le  stesse  ricerche  praticate  sugli  occhi 
degli  animali,  e  nell'  occhio  del  cadavere,  a  mezzo  dei  vari  ma- 
nometri, non  riuscirono  ad  un  miglioro  risultato. 

E  fu  dietro  tali  considerazioni  eh'  io  credetti  essere  cosa  non 
vana  adoperarmi  nella  ricerca  d'un  nuovo  oftalmotonometro,  d'uno 
strumento  che,  per  quanto  possibile,  sfuggendo  alle  imperfezioni 
di  quelli  fino  ad  ora  noti,  valesse  per  sola  (iiione  lìroprio  auto- 
matica, a  registrare  in  peso  il  valore  preciso  della  resistenza  del- 
l' occhio,  pure  essendo  di  facile  e  sicura  applicazione.  Se,  dopo 
tante  prove,  purtroppo  non  fortunate,  sia  stata  troppa  l'arditezza 
mia  nel  cimentarmi;  me  ne  scusi  il  sommo  interesse  che  general- 
mente si  accorda  ad  un  tale  desideratum. 

Lo  strumento  che  ora  vi  presento,  venne  eseguito  dietro  mio 
disegno  dal  bravissimo  meccanico  Giuseppe  Gavignato  di  Padova 
a  cui  mi  è  doveroso  qui  tributare  le  più  sincere  lodi  per  la  pre- 
cisione e  finitezza  del  lavoro. 


(5) 


UN    NUOVO    TONOMETEO    OCULAEE 


207 


Questo  tonometro  consta  di  due  parti  :  la  bilancia,  ed  il 
sostegno. 

La  prima  risulta  di  un  cilindro  cavo  di  vetro  della  lunghezza 
di  44  mni.  circa,  del  diametro  di  una  cornea  umana  (i).  Nell'asta 


di  questo  cilindro  scorre  libero  un  bastoncino,  pure  di  vetro^  sottile 
circa  2  mm.,  mantenutovi  nella  giusta  posizione  da  due  rotelle  o 
diaframmi  di  vetro,  perforati.  Questo  bastoncino  presenta  un'estre- 
mità libera  leggermente  convessa  e  levigatissima,  mentre  1'  altra 
continua  con  un'  asta  metallica,  che  sorpassa  di  pochi  centimetri 
il  margine  del  cilindro  cavo.  Questa  asticella  sostiene  il  piattino 
della  bilancia,  sul  quale  si  possono  adagiare  diversi  pesi,  e  porta, 
circa  alla  sua  metà,  articolato  un  indice  od  ago  assai  mobile, 
che  mediante  un  semplice  congegno  moltiplicatore,  segna  sopra 
un  arco  di  cerchio  graduato,  qualunque  spostamento  che  avviene 
neir  innalzamento  e  nella  discesa  del  bastoncino  stesso  lungo 
r  asse  del  cilindro  di  vetro. 

I  pesi  di  un  valore  diverso  (1-2-5-10-20  grammi)  sono 
formati  di  piccoli  dischi  metallici,  perforati  nel  centrO;  così  da 
poter  venire  infilzati  nell'  estremità  libera  ed  assottigliata  dell'asta 


(1)  Il  diametro  di  questo  cilindro  può  essere  ridotto  di  molto,  rispar- 
miandosi così  una  troppa  divaricazione  delle  palpebre. 


208 


P.    aRADENIGO 


(6) 


metallica  che  si  eleva  dal  mezzo  del  piatto,  in  modo  da  restarne 
impedito  ogni  spostamento,  anche  nei  bruschi  movimenti  di  late- 
ralità  accidentali,  che  possono  venire  originati  dall'  irrequietezza 
del  soggetto. 

È  da  notarsi  come  tanto  il  cilindro  cavo,  come  il  bastoncino 
descritti,  sieno  formati  di  vetro,  acciò  possano  con  facilità  e  sicu- 
rezza venire  disinfettati,  pratica  questa  che  non  potrebbesi  in  al- 
cun caso  trascurare,  dovendo  lo  strumento  venir  portato  dall'uno 
all'  altro  soggetto,  e  posto  in  diretto  contatto  colla  superficie  epi- 
teliale dell'  occhio  in  esame. 

L'  altra  parte  del  mio  tonometro,  è  formata  di  un  robusto 
supporto   metallico,    simile    ad  un  ordinario    porta-ìenfi  da  lìrova, 


con  stanghette  a  larghe  branche  articolate,  le  quali,  come  questo 
venga  inforcato  nel  naso,  trovano  vari  punti  d'appoggio  stabile, 
e    sulle    tempie,    e    nella    regione  retroauricolare  d'  ambo  i  lati. 

In  luogo  delle  lenti,  questa  specie  di  occhiale  porta  due  so- 
stegni, pure  metallici,  anulari,  spostabili  a  volontà,  in  ogni  senso 
e  resi  fissi  mediante  un  giro  di  vite.  E  ufficio  di  questi  di  soste- 
nere a  guisa  di  cintura  1'  accennato  cilindro-bilancia  che  li  attra- 
versa, ove  voglia  esser  messo  in  contatto  coll'occhio  da  esplorarsi. 

Un  esame,  anche  superficiale,  meglio  che  la  mia  parola  varrà, 
lo  spero,  a  rendere  più  facile  1'  intelligenza  di  tutto  che  riguarda 
la  struttura  di  questo  nuovo  ottalmotonometro,  a  vero  dire  per 
nulla  voluminoso  e  complicato. 

Dopo  ciò  non  sarà  difficile  indovinarne  anche  il  modo  d'  a- 
zione,  ed  il  valore  dei  responsi,  che  dalla  sua  applicazione  pos- 
sono ritrarsi,  sia  nell'  occhio  sano  come  nel  malato. 


(7)  UN    NUOVO    T^NOMETEO    OCULAEE  209 

Eseguita  che  sia  ogni  più  scrupolosa  pratica  di  antisepsi  ri- 
guardo allo  strumento,  ed  introdotte  nel  sacco  congiuntivale  al- 
cune gocce  di  una  soluzione  leggera  di  cocaina,  dopo  4-5  minuti 
di  attesa,  si  dà  air  osservando  una  posizione  supina,  e  tale  da 
mettere  il  piano  della  faccia  in  posizione  orizzontale. 

Fella  necessaria  divaricazione  delle  palpebre,  è  miglior  con- 
siglio ricorrere  ad  uno  dei  soliti  divaricatori,  purché  abbastanza 
resistente,  non  potendosi  fare  fidanza,  per  tale  atto,  delle  dita 
d'un  assistente,  per  quanto  si  creda  bene  esercitato. 

Dopo  ciò  viene  messo  in  sito  il  supporto,  avvertendo  che 
r  anello,  corrispondente  all'  occhio  posto  ad  esame,  si  trovi  esat- 
tamente di  fronte  alla  porzione  scoperta  della  sfera  oculare. 

In  tale  maniera  disposta  ogni  cosa,  torna  facile  V  intromet- 
tere neir  anello  di  sostegno  il  cilindro  del  tonometro,  in  modo 
che,  mantenendo  questo  una  posizione  verticale,  pel  proprio  peso, 
possa  poggiare  esattamente  con  tutta  la  sua  estremità  circolare 
libera  e  colla  estremità  convessa  del  bastoncino  mobile,  sulla 
cornea  o  sulla  sclera  dell'  occhio,  di  cui  si  intende  esplorare  la 
resistenza  (^). 

Si  noti  che  in  tal  momento  1'  ago  indicatore,  mosso  dal  ba- 
stoncino, che  già  tocca,  anzi  preme  sull'  occhio,  deve  esser  con- 
dotto nella  posizione  corrispondente  alla  metà  dell'  arco  di  cerchio 
graduato,  od  in  un  punto  segnato  colla  cifra  0,  ed  ivi  fissato  a 
mezzo  della  vite,  che  trovasi  in  rapporto  colla  articolazione  del 
bastoncino  stesso. 

Solo  dopo  aver  ottenuto  questo  grado  medio,  che  può  dirsi 
di  riposo  della  bilancia,  qualunque  deviazione  che  si  determini 
di  uno  0  pili  gradi  nell'  ago  indicatore  per  aggiunta  di  un  peso 
conosciuto  sulla  bilancia,  sarà  evidentemente  proporzionale  alla 
resistenza  maggiore  o  minore  che  incontrerà  il  bastoncino  mobile 
centrale  premente  per  deformare  o  meglio  infossare  la  superficie 
di  contato  delF  occhio. 

Da  ripetuti  esperimenti,  fatti  sopra  occhi  normali,  si  potè 
constatare  che  disposto  come  accennai,  lo  strumento  allo  stato  di 
riposo,  r  aggiunta    di    un    peso  di  grammi  10  vale  a  spostare  di 


(1)  La  porzione  centrale  della  cornea,  per  ragione  di  relativa  minore 
resistenza,  è  da  preferirsi,  in  tale  esplorazione,  ad  ogni  altro  punto  della 
superficie  oculare. 


210      P.  GEADENIGO  -  UN  NUOVO  TONOMETEO  OCULAEE      (8) 

soli  2  gradi  1'  ago  che  prima  segnava  lo  zero.  Negli  occhi  malati 
lo  stesso  peso  sarà  insufficiente  od  eccessivo  per  ottenere  un 
eguale  spostamento.  La  differenza  relativa  in  più  od  in  meno,  da 
precisarsi  con  pesi  adatti,  rappresenterà  necessariamente  il  grado 
della  deviazione  morbosa  della  tensione  che  si  ricerca,  misura 
che  potrà  leggersi  nel  quadrante  o  nello  stesso  peso  adoperato. 

E  troppo  scarso  il  numero  delle  osservazioni  eh'  ebbi  occa- 
sione d'  istituire  con  questo  nuovo  tonometro,  perchè  possa  qui 
riportare  in  appoggio  di  quanto  esposi  una  sufficiente  serie  di 
dati  desunti  nell'  occhio  sano  e  nel  malato.  Mi  credo  tuttavia  au- 
torizzato ad  asserire  che  :  le  prove  fatte  fino  ad  ora  diedero  piena 
conferma  della  praticità  ed  esattezza  dei  risultati,  che  aveva  di- 
ritto di  attendermi  da  uno  strumento  che,  esente  dai  diversi  in- 
convenienti sopraccennati,  offre  il  vantaggio  di  una  facile  appli- 
cazione e  di  un  fermo  contatto  coir  occhio,  registrandone  per 
azione  tutta  automatica  il  grado  di  tensione  ed  ogni  suo  più 
delicato  mutamento. 


(Finita  di  stampare  il  giorno  20  dicembre  1899) 


Atti  del  Reale  Istituto  Veneto    di  scienze,  lettebe  ed  arti. 
Anno  accademico  1899-900  -  Tomo  LIX  -  Parte  seconda. 


A  PROPOSITO  DI  UN  RECENTE  TRATTATO 

SULLE    RELAZIONI    TRA    IL    POTERE    RIFRANGENTE 

E   LA    COMPOSIZIONE    CHIMICA   DEI   CORPI 

NOTA  DI  R.  NASINI,  m.  e. 
(Adunanza  del  26  novembre  1899) 


È  stato  pubblicato  in  qiiest'  anno  un  piccolo  trattato  sulle  re- 
lazioni tra  il  potere  rifrangente  e  la  composizione  chimica  dei 
corpi.  Ne  è  autore  il  dott.  Rimbach,  il  quale  si  è  anche  occupato 
con  pregevoli  ricerche  esperimentali  di  argomenti  che  rientrano 
in  questo  campo.  Il  trattatino  fa  parte  del  grande  trattato  sulle 
relazioni  tra  le  proprietà  fìsiche  e  la  composizione  chimica  dei  corpi 
che  sotto  la  direzione  del  prof.  Landolt  è  stato  compilato  da  com- 
petenti uomini  di  scienza  tedeschi  (i). 

L'opuscoletto  del  dott.  Rimbach  compendia  in  modo  molto 
(forse  troppo)  succoso  e  chiaro  tutto  quello  che  si  conosce  sul  po- 
tere rifrangente  dei  corpi  :  è  un  libro  assai  ben  fatto  e  viene  pro- 
prio a  colmare  una  lacuna  che  esisteva  nelle  monografie  che  ri- 
guardano la  chimica  fisica  :  è  quindi  vivamente  da  raccomandarsi. 
Il  Rimbach  ha  cercato  di  essere  imparziale  ed  esatto  e  dà  prova 
quasi  sempre  di  sana  critica,  non  lasciandosi  abbagliare  da  teorie 


(1)  Lehrbuch  der  physikalischen  /.end  theoretischen  Cheinie.  Dritte  Ab- 
theilung.  Beziehungen  zwiscJien  physikalischen  Eigenschaften  und  che- 
mischer  Zusammensetzimg  der  Korper,  herausgegeben  von  D}'  H.  Landolt. 
Braunschweig,  1898.  —  Sechstes  Capitel.  l'eber  die  Beziehungen  zwischen 
Lichtbrechung  und  eheinisr.hen  Zusainmersetzmig  der  Kijrpen  von  Dj  E. 
Rimbach. 


212  E.    NASINI  (2) 

che  hanno  ricevuto  qualche  volta,  sebbene  non  fondate,  buona 
accoglienza  in  altri  manuali. 

Pur  troppo  però  egli  è  stato  talora  un  po'  ingiusto  verso  i 
lavori  italiani  e  non  ha  dato  a  questi  la  parte  che  loro  spetta 
storicamente  o  ha  misconosciuto  l'azione  che  essi  hanno  esercitato 
nel  successivo  sviluppo  delle  idee  in  questo  ramo  della  chimica 
fisica.  Io  credo  perciò  non  inutile  di  esporre  alcune  osservazioni 
che  riguardano  appunto  lavori  miei  o  di  miei  collaboratori  od  al- 
lievi, lavori  che  il  dott.  Rimbach  ha  ignorati  o  non  ha  considerati 
dal  giusto  punto  di  vista. 

Così  a  pagina  574  il  Rimbach  parlando  delle  prove  a  cui  fu- 
rono sottoposte  le  formule  di  dispersione,  prove  che  condussero  ad 
abbandonare  l' uso  della  costante  A  della  formula  del  Chauchy, 
ne  attribuisce  il  merito  al  prof.  Briihl;  invece  fui  proprio  io  che 
mi  occupai  di  questo  argomento  nel  1884  (i)  mentre  il  Briihl  non 
se  ne  occupò  che  nel  1886  (-),  dopo  essere  stato  un  accanito  fau- 
tore di  quella  formula  sino  a  quell'  anno,  giungendo,  senza  mai 
citarmi,  alle  stesse  mie  conclusioni  con  la  sola  differenza  che  sot- 
topose a' suoi  calcoli  un  materiale  esperimentale  maggiore:  secondo 
il  Rimbach  io  non  avrei  fatto  altro  che  dimostrare  come  la  co- 
stante A  assume  valori  diversi  a  seconda  dei  dati  che  si  sono 
utilizzati  per  il  suo  calcolo  ! 

Un  lavoro  eseguito  per  mio  consiglio  dal  prof.  F.  Zecchini  (^) 
viene  dal  Rimbach,  come  del  rimanente  da  tutti  quelli  che  ne  hanno 
riferito  sui    periodici  tedeschi,    capito  alla  rovescia.    Lo    Zecchini 

W-'  —  1       1 

mettendo  avanti  la  formula    — — . — -  •  —    non    pensò  mai   a    voler 

n^  -\-2      a  ^ 

sostenere  che  questa  espressione  dava  migliori  risultati  delle  altre, 
anzi  mise  in  rilievo  che,  dal  punto  di  vista  fisico,  il  solo  che  possa 
servire  come  criterio  per  giudicare  tra  le  formule  che  debbono 
esprimere  il  potere  rifrangente  specifico,  essa  era  assai  meno  esatta 


(1)  R.  Nasini,  Sulle  costanti  di  rifrazione.  —  Atti  della  R.  Accademia 
dei  Lincei.  Memorie  della  classo  di  scienze  fisiche  ecc.,  serie  3*,  voi.  XIX, 
anno  1884. 

(2)  I.  W.  Briihl,  Experit)ientelle  Friifinif/  der  dlteren  imd  der  neueren 
Disiìersionsforìiieln.  —  Liebig'  s  Annalen.  Bd.  236,  pag.  233,  anno  1886. 

(3)  F.  Zecchini,  Sojìra  una  nuova  formula  per  esprimere  la  rifrazione 
specifica  dei  liquidi.  —  Gazz.  chim.  italiana,  t,  XXV,  parte  II,  pag.  269, 
anno  1895. 


(3)  A    PEOPOSITO    DI    TJN    EECENTE    TEATTATO    ECC.  213 

delle  altre  e  quindi  addirittura  da  rigettarsi  ;  ma  nel  tempo  stesso 
fece  notare  che  per  essa,  molto  meno  ancora  che  per  la  n'^,  si  ri- 
sentivano le  particolarità  costitutive  :  onde  concluse  giustamente 
lo  Zecchini  che  questo  fatto  non  poteva  assumersi  in  nessun  modo 
come  argomento  decisivo,  e  nemmeno  sussidiario,  in  favore  di  una 
piuttosto  che  di  un'altra  formula,  come  avrebbe  voluto  il  prof.  Briihl. 
Sopra  una  questione  assai  importante  il  Eimbach  mostra  ve- 
ramente poca  conoscenza  dell'argomento,  dando  così  a  divedere 
di  non  aver  consultato,  come  avrebbe  dovuto,  le  memorie  originali, 
ma  di  aver  letto  solo  i  lavori  tedeschi:  inoltre  egli  è  anche  caduto 
in  una  inesattezza  non  lieve.  E  noto  che  la  rifrazione  e  la  disper- 
sione costituiscono  uno  dei  migliori  criteri  per  decidere  sulla  co- 
stituzione tra  i  derivati  allilici  e  propenilici  isomeri  del  benzolo, 
criterio  importantissimo  perchè  spesso  è  l'unico  a  cui  si  possa  ri- 
correre. Tutte  le  volte  che  al  nucleo  benzolico  si  unisce  un  grup- 
po laterale  con  atomi  di  carbonio  non  saturi,  sieno  essi  oleffinici 
0  aromatici  e  che  l'unione  avviene  per  1'  atomo  di  carbonio  non 
saturo,  si  hanno  dei  composti  che  non  soddisfano  più  alle  regole 
del  Ijandolt  e  del  Briihl,  la  rifrazione  molecolare  trovata  eccede 
di  molto  quella  calcolata,  la  dispersione  è  assai  elevata:  facendo 
il  confronto  con  gli  isomeri  in  cui  1'  attacco  avviene  invece  per 
un  atomo  di  carbonio  saturo  si  vede  che  per  questi  la  rifrazione 
e  la  dispersione  sono  normali.  Ora  il  Eimbach  attribuisce  al- 
l' Eijkman  questa  scoperta  ;  egli  dice  che  l'Eijkman  rese  accetta- 
bile questo  modo  di  vedere  enunciato  per  la  prima  volta  e  in 
via  del  tutto  ipotetica  dal  Gladstone.  —  IjO  cose  non  stanno  af- 
fatto così  e,  ripeto,  trattandosi  di  un  argomento  assai  importante, 
mi  preme  di  ristabilire  ancora  una  volta  la  verità.  Il  Gladstone  (i) 
espose  l' idea  che  probabilmente  l' elevato  potere  rifrangente  dei 
derivati  della  naftalina,  dell' anetolo  e  di  altri  potesse  avere  la  sua 
origine  nel  fatto  che  1'  atomo  di  carbonio  quando  è  unito  per  tutte 
le  sue  valenze  con  atomi  di  carbonio  doppiamente  legati  ha  un 
potere  rifrangente  maggiore,  lo  allora  (-)  volli  sottoporre  a  una 
prova  esperimentale  le  vedute  del  Gladstone  e  preparai  degli  iso- 
meri che  non  differissero  fra  di  loro  che  per    quella    particolarità 


(1)  J.  H.  Gladstone,  Proc.  Roy.  Soc.  1881,  327. 

(2)  R.  Nasini,  Sul  imlore piìi  elevato  della  rifrazione  atoìiiicd  (h-l  car 
honio.  —  Réiid,  Acc.  Lincei,  voi.  I,  serie  4*^,  gennaio  1885. 


214  R-    NASINI  ,f(4) 

di  struttura,  che  uno  contenesse  un  atomo  di  carbonio  legato  per 
tutte  e  quattro  le  valenze  od  atomi  di  carbonio  doppiamente  le- 
gati e  l'altro  no,  ma  che  del  resto  ci  fosse  in  essi  lo  stesso  nu- 
mero di  legami  doppi,  i  diversi  atomi  o  gruppi  avessero  la  stessa 
funzione  chimica  e  così  via:  trovai  allo  spettrometro  che  in  realtà 
le  cose  procedevano  esattamente  nel  modo  che  l'ipotesi  del  Gladstone 
faceva  prevedere  :  cioè  si  hanno  anomalie  nella  rifrazione  mole- 
colare quando  nella  molecola  e'  è  uno  o  più  di  quelli  atomi  di 
carbonio,  non  si  hanno  quando  non  ci  sono  e  conclusi,  poiché  in 
quel  lavoro  non  aveva  esaminato  che  derivati  del  benzolo  a  catena 
laterale  non  satura  :  "  Da  tutti  questi  fatti  sembra  che  si  jìossa  con 
qualche  certezza  concludere  che  Vunione  eli  una  catena  non  satura 
al  nucleo  del  benzolo  fa  aumentare  notevolmente  la  rifrazione  e  la 
dispersione  quando  tale  unione  avviene  per  V  atomo  di  carbonio  non 
saturo  :  cqnando  invece  il  gruppo  laterale  si  salda  al  fenile  per  un 
atomo  saturo  non  si  nota  aumento  alcuno  :  la  rifrazione  del  com- 
posto è  la  somma  delle  rifrazioni  dei  componenti.  „  Ora  è  evidente 
che  il  criterio  diagnostico  per  stabilire  quando  si  tratti  di  un  de- 
rivato allilico  e  quando  di  uno  propenilico  era  trovato.  L'Eijkman 
quattro  anni  dopo  (')  applicò,  al  solito  senza  nemmeno  citarmi, 
questo  criterio  allo  studio  di  molte  sostanze  e  trovò  completa- 
mente confermato  quanto  io  aveva  dimostrato.  Riepilogando  :  il 
Gladstone  ha  il  merito  di  avere  enunciato  in  via  ipotetica  e  in 
modo  generalissimo  l' idea  fondamentale  (1881),  io  (1885)  di  averla 
sottoposta  ad  una  rigorosa  prova  esperimentale  e  di  averne  pro- 
clamata r  applicabilità  ai  derivati  del  benzolo  a  catene  laterali 
non  sature,  l'Eijkman  (1889)  quello  di  averla  largamente  appli- 
cata, quale  criterio  decisivo,  a  molti  interessanti  composti.  Sembra 
strano  che  il  Rimbach  si  sia  potuto  ingannare  :  evidentemente 
egli  non  ha  letto  che  le  Memorie  dell'  Eijkman  e  del  Briihl,  il 
quale  ultimo  in  Germania  si  è  occupato  con  molto  estesi  ed 
importanti  lavori  della  rifrazione,  riassumendo  anche,  e  non  sempre 
imparzialmente,  la  parte  storica  delle  varie  questioni.  Ora  il  Briihl 
per  ragioni  sue  speciali  da  un  pezzo  in  qua  evita  di  nominarmi 
nelle  sue  pubblicazioni,  oppure,  quando  non  può  farne  a  meno, 
mi  chiama  u.  A.  :  così  p.  es.  supponiamo  che  sopra  un  certo 
argomento  ci  abbiano  lavorato  altri  ed  anche  io,  egli  non  mi  cita 


(lì  Beri.  Ber.  22,  2736,  anno  188U.  23,  855,  anno  181J0. 


(5)         A  PROPOSITO  DI  UN  RECENTE  TRATTATO  ECC.        215 

affatto  e  riporta  i  dati  defili  altri  e  non  i  miei,  sebbene  osservati 
prima,  oppure  i  miei  senza  il  nome  :  se  poi  si  tratta  di  conclusioni 
importanti  a  cui  sono  giunto  io  per  il  primo,  allora  cita  tutti  gli 
altri  e  finalmente  ci  mette  quell'  u.  A.  che  quasi  sempre  si  riferi- 
sce proprio  a  me  solo:  così  nel  caso  speciale  egli  dice  sempre: 
Gladstone,  Eijkman,  u.  A.  Il  Rimbach  ha  il  più  spesso  attinto  alle 
Memorie  del  Briihl  ed  ignorava  che  nel  linguaggio  di  questo  scien- 
ziato u.  A.  significa  R.  Nasini  e  quindi  ha  creduto  che  dopo  il 
Gladstone  il  primo  che  si  sia  occupato  della  questione  sia  stato 
rEijkman.  Meno  male  anzi  che  non  ha  attribuito  la  paternità  di 
tutto  ciò  al  Briihl,  come  hanno  fatto  molti  altri,  al  Bruhl  che  quando 
io  pubblicai  la  mia  Nota  così  si  espresse  :  R.  Nasini  versucht  die 
bei  den  Naphtalinverbindungen,  den  Anethol  u.  s.  w.  auftretenden 
bedeutenden  Differenzen  zwischen  beobachteten  und  berechneter 
^lolekularbrekung  in  einer  sonderbaren  und  wie  mir  scheint  sehr 
gezwungen  Weise  zu  erklàren.  —  E  soltanto  dopo  i  lavori  del- 
l'Eijkman,  i  quali  non  potevano  essere  che  di  natura  confermativa, 
che  il  Briihl  si  è  ricreduto  ! 

In  una  inesattezza  è  poi  caduto  il  Rimbach.  L'  ipotesi  del 
Gladstone,  l' ho  già  enunciata  :  essa  ammette  che  nei  casi  ano- 
mali ci  debbano  essere  nella  molecola  uno  o  più  atomi  di  carbo- 
nio impegnati  per  tutte  le  valenze  con  atomi  di  carbonio  doppia- 
mente legati  ;  quindi  non  è  l' atomo  di  carbonio  non  saturo  della 
catena  laterale,  legato  sempre  ad  un  atomo  di  idrogeno,  quello  che 
porta  l'aumento  di  rifrazione,  bensì  queUo  del  nucleo  che  è  unito 
alla  catena  laterale  non  satura,  così  nella  naftalina  sono  i  due  atomi 
centrali  e  così  via:  invece  il  Rimbach  crede  che  sieno  gli  atomi 
di  carbonio  dirò  così  oleffinici  che  sono  uniti  al  nucleo  benzolico 
quelli  che  portano  l'aumento  e  in  tal  modo  ne  ammette  quattro 
nella  naftalina,  ciascuno  dei  quali  è  sempre  legato  per  una  va- 
lenza coir  idrogeno. 

Se  sia  preferibile  l'enunciato  primitivo  del  Gladstone  che,  ge- 
neralizzato, farebbe  prevedere  simili  aumenti  anche  nella  serie  grassa 
non  satura  (i)  o  quello  per  errore  ammesso  dal  Rimbach  e  cosa  da 


(1)  Veramente  le  esperienze  fatte  dall'  Albitzki,  Giornale  della  Soc. 
chim.  russa,  XIX  (1)  366  (1889),  sul  dimetilallene  (CH^X^  C  =  C  =  CH^ , 
che  ha  potere  rifrangente  molecolare  normale,  non  sarebbero  favorevoli 
all'  applicazione  della  regola  alla  serie  grassa  non  satura.  Del  rimanente 
il  Gladstone  colla  sua  solita  sagacia  si  riferì  sempre  a  composti  aromatici. 


216  E.    NASINI  (6) 

vedersi:  sarebbe  da  credersi  di  no  perchè  mentre  nell'alcool  cinna- 
mico ci  sarebbe  uno  solo  degli  atomi  del  Rimbach,  nella  naftalina 
ce  ne  sarebbero  quattro,  mentre  le  eccedenze  non  stanno  nemmeno 
nel  rapporto  di  1  a  2  e  molto  meno  in  quello  di  1  a  4.  Onde  è  che 
il  meglio  è  dire,  senza  preoccuparsi  dei  singoli  atomi,  come  dissi 
io,  cioè  che  si  ha  aumento  quando  il  nucleo  benzolico  si  unisce 
direttamente  per  l'atomo  di  carbonio  non  saturo  a  una  catena  la- 
terale oleffinica  oppure  ad  un  altro  nucleo  benzolico. 

È  strano  che  il  Rimbach  nel  quadro  a  pag.  610  non  sappia 
a  chi  attribuire  le  determinazioni  spettrometriche  sul  paracresolato 
di  allile  e  sul  fenilbutilene  che  furono  proprio  eseguite  da  me 
quando  sottoposi  al  controllo  esperimentale  le  vedute  del  Grlad- 
stone. 

Sebbene  il  Rimbach,  e  di  ciò  gli  va  data  lode,  riconosca  nel 
modo  il  più  ampio  il  carattere  eminentemente  costitutivo  della  ri- 
frazione nella  serie  aromatica,  nondimeno  sembra  accettare  come 
plausibile  quanto  affermò  il  Briihl  che  cioè  le  sue  regole  si  pos- 
sono applicare  quando  la  dispersione  della  sostanza  non  supera 
quella  dell'alcool  cinnamico  e  che  non  ci  sia  nella  molecola  un 
troppo  grande  numero  di  doppi  legami.  Allora  il  mio  allievo  prof. 
Tullio  Costa  (1)  dimostrò  che,  nella  serie  naftalica,  al  nucleo  fon- 
damentale saldando  catene  laterali  sature  si  fa  diminuire  la  disper- 
sione in  modo  da  renderla  minore  di  quella  dell'alcool  cinnami- 
co, ma  nel  tempo  stesso  aumentano  le  divergenze  tra  i  valori  trovati 
per  le  rifrazioni  molecolari  e  quelli  calcolati  colle  regole  del  Briihl! 
Lo  strano  è  che  il  Rimbach,  in  una  nota  a  pie  di  pagina,  parla 
di  un  lavoro  del  Walden  in  cui  questi  osservò  ciò  che  tanto  prima 
aveva  visto  il  Costa,  cosicché  è  costretto  a  mettere  in  diffidenza 
contro  le  regole  del  Briihl,  dicendo  che  un'  applicazione  troppo 
meccanica  di  quella  che  riguarda  i  limiti  della  dispersione  non 
sarebbe  a  proposito.  Quanto  all'altra  basta  osservare  che  mentre 
le  pretese  leggi  del  Briihl  non  si  applicano  affatto  all'anetolo,  in 
cui  ci  sono  quattro  doppi  legami,  si  applicano  invece  al  dibenzile 
in  cui  ve  ne  sono  dieci. 

Sopra  un  altro  punto  il  dott.  Rimbach  non  si  è  espresso  molto 


(1)  T,  Costa,  Sulle  correlazioni  tra  il  potere  rifrangente  ed  il  potere 
dispersivo  dei  derivati  aromatici  a  catene  laterali  sature.  —  Gazzetta  chi- 
mica italiana,  t.  XIX,  pag.  ilH,  anno  1889. 


(7)         A  PEOPOSITO  DI  UN  EECENTE  TEATTATO  ECC.        217 

esplicitamente.  È  ormai  un  fatto  bene  accertato  ed  ammesso  da 
tutti,  anche  dal  Bruhl,  che  vi  sono  spesso  degli  aumenti  nella 
rifrazione  che  non  possono  prevedersi  con  le  nostre  formule  di 
struttura  e  che  si  verificano  quando  due  gruppi  fortemente  rifran- 
genti veno-ono  a  colleearsi  direttamente  uno  coli' altro  :  il  caso  con- 
siderato  più  sopra  non  sarebbe  che  uno  speciale  di  questi  a 
cui  alludo. 

Ora  spesso  si  attribuisce  ad  altri  di  aver  messo  in  rilievo 
questo  fatto  che  merita  assai  di  essere  ancora  studiato:  potrebbe 
darsi  che  l'aumento  o  esaltamento  nel  potere  rifrangente  fosse 
una  funzione  più  o  meno  complicata  della  rifrazione  e  della  di- 
spersione dei  gruppi  che  si  uniscono  e  della  loro  differenza:  il 
poter  stabilire  una  tale  funzione  sarebbe  a  mio  credere  uno  dei 
risultati  più  importanti  che  si  potessero  sperare  in  questo  campo. 
Io  fui  il  primo,  ne  di  ciò  parla  il  Rimbach,  che  misi  in  evidenza 
un  simile  fatto  nel  lavoro  che  eseguii  col  signor  Alberto  Scala: 
Sulla  rifrazione  molecolare  dei  solfocianati,  degli  isosolfocianati  e 
del  tiofene  {^):  in  esso  così  noi  ci  esprimiamo  :  "  In  questa  combi- 
nazione (solfocianafo  di  fenile)  V imione  del  gruppo  S=C=N, 
dotato  di  forte  potere  rifrangente^  produce,  diremo  così,  un  esalta- 
mento della  rifrangibilità:  questo  fenomeno  è  assai  analogo  all'altro, 
messo  in  rilievo  da  uno  di  noi,  dell'  aumento  di  rifrazione  quando 
al  gruppo  benzolico  si  unisce  una  catena  laterale  non  satura  e  per 
un  atomo  di  carbonio  non  saturo.  „  E  su  questo  argomento  ritor- 
nai nel  lavoro  da  me  fatto  col  Carrara  (2):  Sul  potere  rifrangente 
dell'ossigeno^  dello  zolfo  e  dell'  azoto  nei  nuclei  eterociclici^  lavoro 
che  avrebbe  meritato,  credo,  che  il  dott.  Rimbach  lo  avesse  letto  : 
allora  non  si  sarebbe  limitato  a  citarlo  in  una  nota  a  pie  di 
pagina. 

Interessante  sarebbe  stato  se  il  Rimbach  avesse  detto  qualche 
cosa  sul  come  si  introdusse  lo  studio  della  dispersione  in  questo 
ordine  di  ricerche  :  egli  ne  attribuisce  tutto  il  merito  al  Bruhl,  il 
quale  invece  per  molti  e  molti  anni  sostenne  essere  essa  una  pro- 
prietà non  soggetta  a  regole  certe  e  manifestarsi  piuttosto  come 
causa  perturbatrice  rispetto  alle  leggi  riguardanti  la  rifrazione  :  fu 


(1)  R.    Nasini  e  A.  Scala.  —   Rend.  R.  Acc.  Lincei,  anno  1880,    pag. 
617. 

(2)  Gazzetta  chimica  italiana,  t.  XXIV,  p.  I,  pag.  256,  anno  1894. 


218  R.    NASINI  (8) 

il  Gladstone  pel  primo  che  asserì  trattarsi  di  una  proprietà  altret- 
tanto importante  quanto  la  rifrazione  :  egli  disse  (i):  "  la  rifrazione 
e  la  dispersione  della  luce  dipendono  tutte  e  due  dalla  costituzione 
atomica,  un  elemento  avendo  il  suo  potere  rifrangente  e  disper- 
sivo proprio  che  porta  con  so  nei  composti  „  e  stabilì  oltre  agli 
equivalenti  di  rifrazione  anche  quelli  di  dispersione.  Credo  poi  di 
essere  stato  il  primo  io  dopo  il  Gladstone  a  prevedere  quanto  utile 
sarebbe  stato  il  suo  impiego  per  decidere  sulle  particolarità  strut- 
turali. Nel  1887  io  scriveva  (-):  "  Sembra  a  me  che,  la  dispersione 
sia  ima  costante,  dirò  così,  assai  più  sensibile  che  la  rifrazione  spe- 
cifica e  come  tale  si  risente  ptiìi,  e  varia  quindi  piiii,  per  certe  pic- 
cole differenze  di  composizione  e  di  struttura  chimica  di  cui  non 
risente  Viìifiuenza  la  rifrazione  specifica  :  che  la  dispersione  debba 
mettersi  da  parte  per  ciò  solo  non  credo  :  mi  sembra  che  sarebbe 
lo  stesso  che  chiamare  poco  giusta  una  bilancia  perchè  trabocca  anche 
per  la  differenza  di  un  milligrammo  e  giusta  un''  altra  perchè  il 
suo  equilibrio  non  è  turbato  anche  quando  su  l'uno  dei  piattelli  si 
aggiungano  uno  o  due  grammi.  „  E  questo  per  combattere  quanto 
con  grande  violenza  asseriva  il  Brùhl  :  "  La  dispjersione  non  sta  in 
7iessun  rapporto  né  col  potere  rifrangente  delle  sostanze  ne  colla 
loro  costituzione  chimica  ,,  (^).  Soltanto  nel  1891  il  Briihl  si  ricre- 
dette ed  anzi  coi  suoi  pregevoli  lavori  ha  mostrato  quanto  util- 
mente la  dispersione  possa  servire  a  risolvere  dei  problemi  strut- 
turali. 

Tralascio  di  accennare  ad  altre  dimenticanze  o  inesattezze  del 
Rimbach,  come  quella  di  avere  attribuito  ad  altri  Y  osservazione 
riguardante  1'  elevato  potere  rifrangente  delle  animine  feniliche  ; 
il  Rimbach  ha  avuto  il  torto,  che  di  rado  solevano  avere  gli  scien- 
ziati tedeschi,  di  essere  un  po'  troppo  parziale  per  i  lavori  usciti  in 
Germania  e,  quanto  ai  lavori  stranieri,  di  non  avere  avuto,  a  quello 
che  sembra,  quasi  mai  sott'occhio  gli  originali. 


(1)  Archives  des  Sciences  de  Genève,  3,  t.  XVI,  pag.  192,  anno  1986. 

(2)  R.  Nasini,  Sidla  rifrazione  molecolare  delle  sostanze  organiche 
dotate  di  forte  potere  dispersii^o.  —  Rend.  Lincei.  Classe  di  scienze  fi- 
siche ecc.,  voi.  Ili,  I*,  pag.   165,  anno   1887. 

(3)  I.  W.  Brulli,  Untersiicìinmfen  ilber  die  Molekular  refraction  or- 
ganischen  ftiissiger  Korpen  von  grossem  Farbenzerstreccungs  vennogen. 
—  Liebig's  Annalen.  Bd.  235,  pag.  1,  anno  1886.  La  frase  citata  si  trova 
a  pag.  104. 


(9)         A  PROPOSITO  1)1  UN  RECENTE  TRATTATO  ECC.        219 

Ma  queste  piccole  mende  non  tolgono  che  il  trattato  del  Rim- 
bach  non  sia  buono  e  che  non  sia  da  consigliarsi  ed  io  sono  ben 
lieto,  anche  se  non  vengo  citato  o  se  si  attribuisce  ad  altri  quel 
poco  che  ho  fatto  io,  che  in  esso  tutto  quanto  io  ho  sostenuto  per 
anni  ed  anni,  contro  alle  opinioni  allora  prevalenti,  venga  sostan- 
zialmente accettato  e  riconosciuto  come  giusto,  come  lo  fu  già  dal- 
rOstwald    nel  suo  celebre  Manuale  di  chimica  generale. 

Padova,  agosto  1899 


(Finita  di  stampare  il  (jiorno  26  dicembre  1899) 


Atti  del  Reale  Istituto  Veneto  di  scienze,  lettere  ed  arti. 
Anno  accademico  1899-900  -  Tomo  LIX  -  Parte  seconda. 


RESISTENZA    DELL'ACQUA 
AL    MOTO    DELLE    NAVI    VELOCI 

E  FORZA  MOTRICE  DI  ESSE 

DEL  PROF.    G.    A.    Z  A  N  (ì  N,    s.   e. 
(Adunanza  del  26  novembre  1899) 


Prima  che  s'  incominciassero  a  costruire  le  famose  torpedi- 
niere del  Thornycroft,  e  sono  già  più  di  venticinque  anni,  si  dis- 
putava se  un  battello  potesse  essere  spinto  alla  velocità,  con  la 
quale  è  trascinato  un  convoglio  celere  di  strada  ferrata.  E  chi 
affermava  la  possibilità,  e  chi  no  ;  giacche  a  taluni  pareva  incon- 
cepibile che  in  un  mezzo  tanto  resistente,  quant'è  l'acqua,  potesse 
una  nave  correre  come  una  locomotiva.  Nella  questione  poi  en- 
trava qualche  altra  ragione,  oltre  quella  della  resistenza  ;  che 
dalla  feoricd  delie  forme  eì'  (lìuhi  si  desumeva  dover  la  nave  avere 
una  certa  lunghezza  di  prora  e  di  poppa,  che  fosse  relativa  alla 
richiesta  velocità  ;  e  però  si  concludeva  che  le  piccole  navi  non 
potevano  esser  rapidamente  mosse,  perchè  mancanti  di  lunghezza 
assoluta  sufficiente. 

Ma  proprio  in  quel  torno  di  tempo  vennero  i  fatti  a  smen- 
tire le  vaghe  speculazioni  ;  e  la  torpedine  Whithead  Luppù,  lunga 
soltanto  metri  4,34,  si  vide  acquistare  la  velocità  di  miglia  10  ^j^ 
all'  ora  ;  e  i  signori  Thornycroft,  Ohurch  Wharf,  Chiswick  costrui- 
rono per  il  servizio  governativo  dell'  India  un  piroscafo  lungo 
soltanto  metri  26,45,  il  quale  percorse  in  media,  contro  corrente 
e  a  seconda^  miglia  24,61  all'ora.  Lo  stesso  sig.  Thornycroft  nel- 
r  anno  1873  costruì  la  sua  torpediniera  lunga  appena  20  metri, 
con  un  dislocamento  di  tonnellate  16,  la  quale  filò  ben  14  nodi 
e  mezzo  con  la  potenze  indicata  di  90  cavalli  ;  e  da  quel  tempo 


222  G.    A,    ZANON  (2) 

in  poi  si  vide  un  progresso  da  fare  strabiliare  lo  studioso,  che 
non  vedeva  le  cose  se  non  da  un  lato. 

Ora  nel  mio  scritto  :  Appendice  alla  teoria  delle  linee  d'acqua 
russelliane,  pubblicato  nella  Rivisfa  marittima  (i),  è  dimostrato 
che  la  velocità  della  nave  cresce  sempre  con  la  forza  motrice,  e 
che  quindi  basta  poter  applicare  la  forza  al  bastimento  per  farlo 
camminare  anche  a  velocità  molto  grandi.  In  secondo  luogo  è 
accennato  che  la  mia  teorica  delle  linee  d'acqua  a  forma  d'on- 
da (-)  non  istabilisce  una  determinata  lunghezza  di  nave  per 
renderla  capace  di  una  data  velocità,  ma  soltanto  un  determinato 
rapporto  fra  la  lunghezza  e  la  larghezza  per  avere  la  velocità  ri- 
cJiiesta  col  minimo  valore  di  forza  motrice,  ossia  con  la  minima 
resistenza  dell'  acqua.  Di  che  consegue  che  la  stessa  nave  possa 
acquistare  velocità  maggiore,  ma  con  resistenza  maggiore  della 
minima.  TI  progresso  quindi  della  velocità  dei  moderni  basti- 
menti era  ivi  affermato  con  teoriche  bene  fondate  ;  e  ai  nostri 
giorni  vedemmo  appunto  le  grandi  navi  e  i  piccoli  battelli  di 
mare  solcare  le  onde  con  la  velocità  dei  convogli  celeri  di  strada 
ferrata. 

Infatti  noi  ammiriamo  quei  colossi  che  sono  il  Kaiser  Wilhelm 
der  Grosse  del  Nord  deutschen  Lloyd,  che  filò,  dicesi,  nodi  22,5 
alle  prove,  il  (^impania  e  il  Lucania  della  Cunard,  che  filarono 
25  nodi  alle  prove,  e  vedremo  l' immane  Oceauic  della  AVhite 
Star  Line,  varato  il  14  gennaio  di  quest'  anno,  il  quale  dovrà 
avere  la  velocità  di  24  miglia  all'ora,  ma  che  probabilmente  non 
sarà  secondo  a  nessuno  dei  precedenti  (^).  Che  più  ?  Accanto  ai 
colossi  noi  vediamo  i  moderni  destroyers,  ossia  cacciatorpedinieri, 
i  quali,  come  il  Forhan,  raggiunsero  i  33  nodi,  che  sono  più  che 
61    chilometri  allora!  (').  E  qui  si  tratta  di  piccoli  scafi,  che  spo- 


(1)  Roma,  anno  VII,  1874,  fase.  X,  ottobi'c 

(2)  Memoria  apologetica  flclle  linee  (Varqìta  a  forma  d'onfht.  —  fìi- 
riMa  marittima.  Firenze,  1871,  maggio. 

(3)  La  Rivista  marittiina  doU'ottobi'e  1899  dice  che  VOceanic  in  set- 
tembre fece  il  primo  viaggio  fra  l' Inghilterra  e  il  Nord  America  e  che 
filò  22  nodi  con  soli  25000  cavalli  indicati  ;  ma  non  dice  a  quale  immer- 
sione. Se  questa  fosse  1'  ordinaria,  forse  VOceanic,  coi  suoi  45000  cavalli, 
arriverebbe  ai  30  nodi,  o  poco  meno. 

(4)  lj\ilbatross,  costruito  da  J.  I.  Tliornycroft  e  C,  nelle  prove  di 
velocità  fatte  il  7  marzo  1899  a  Maplin  con  vento  e  corrente    favorevoli 


(3)  RESISTENZA  DKLl'  ACQUA  ECC.  223 

stano  soltanto  300  tonnellate  d'  acqua  ed  hanno  la  forza  indicata 
di  macchina  di  6000  cavalli  e  soltanto  il  Forban  ne  ha  10000  ; 
mentre  1'  Oceanie  ha  un  dislocamento  di  28500  tonnellate,  o  se 
vogliamo  30000,  con  una  potenza  di  macchine  di  45000  earnìli 
indi  cai  i  ! 

Questi  sono  veri  prodigi  dell'  arte  navale  e  meccanica,  ma 
non  impreveduti,  come  già  dissi  ;  talché  la  sola  incertezza  di 
rimunerazione  industriale,  la  sola  difficoltà  di  accesso  ai  porti  e 
ai  continenti,  il  solo  ostacolo  all'  applicazione  della  forza  motrice 
ai  battelli  trattengono  costruttori,  armatori,  società  di  navigazione 
e  Stali  nell'andar  avanti.  E  se  ammirabili  sono  gli  effetti  fin  qui 
ottenuti,  non  meno  meraviglioso  è  aver  preveduto  1'  accordo  fra 
la  potenza  motrice  e  la  resistenza  che  incontrano  le  navi  al  loro 
moto.  Ben  è  vero  che  1'  equazione  fra  le  due  forze  non  è  una 
formula  dedotta  esclusivamente  a  priori  con  l'analisi  matematica, 
giacche  troppo  arduo  è  il  problema  di  3Ieccanica  e  d'  Idrodina- 
mica ;  ben  è  vero  che  nella  pratica  si  ottiene  soltanto  una  solu- 
zione approssimativa  e  che  questa  soluzione  si  ebbe  col  procedere 
passo  innanzi  passo  ;  ma  non  è  men  vero  che  i  lisultati  sieno 
splendidi  e  inauditi  da  qualche  decina  d'  anni  fa. 

Or  come  si  arriva  a  stabilire,  sia  pure  per  approssimazione, 
la  forza  motrice  di  una  nave  che  debba  avere  una  certa  velocità? 
Il  celebre  William  Fronde,  seguito  poscia  dal  non  meno  illustre 
suo  figlio  Eoberto,  tagliò  corto    nelle    teoriche,    non    senza    però 


raggiunse  la  velocità  di  nodi  34,286.  Con  mare  tempestoso  e  con  vento  a 
raffiche,  la  cui  velocità  variava  dalle  20  alle  30  miglia  all'ora,  si  fecero 
altre  corse,  che  diedero  una  velocità  media  di  nodi  32,294,  (^Rivista  Ma- 
rittima^ maggio,  1899).  Ma  v'  ha  di  più  ;  che  ormai  il  destroyer  Vtper 
raggiunse  i  37  nodi,  che  sono  68  chilometri  e  mezzo  all'  ora,  e  si  spera 
di  arrivare  ai  40  nodi.  Gli  inventori  già  sognano  50  e  60  nodi  per  ga- 
reggiare in  tutto  con  le  locomotive  ;  ma  devono  fare  il  conto,  più  che 
con  le  motrici,  col  propulsatore  ;  giacché  l'elica  a  grande  velocità  spazza 
l'acqua,  rimanendo  spazio  vuoto  nel  mezzo  del  vortice.  Questa  escava- 
zione dell'  acqua  (cavitation  of  the  water)  si  fa  sempre  maggiore,  finche 
annulla  saltuariamente  la  propulsione  ;  il  perchè  dovette  il  Parson  gio- 
varsi di  piccole  eliche  multiple  per  evitarla  con  la  sua  motrice  rotativa 
a  turbina,  che  fa  perfino  2200  giri  al  minuto.  E  per  questo  che  con  l'a- 
dozione di  tale  motrice,  o  di  consimili,  si  rende  necessario  ridurre  la 
velocità  al  propulsatore,  perdendo  così  i  vantaggi  di  semplicità,  di  minor 
peso  e  di  minore  ingombro  delle  macchine  rotative. 


224  G.    A.    ZANON  (4) 

seguire  i  lumi  ch'esse  danno  allo  stesso  sperimentatore,  e  costruì 
all'  Ammiragliato  inglese  una  vasca  per  provare  la  resistenza  che 
incontrano  modelli  nell'  acqua  mossi  a  veìocifà  corn'Hjx))! denti  (i) 
a  quelle,  che  si  vogliono  nelle  navi  simili  ad  essi.  Con  ciò  egli 
dedusse  la  resistenza  dell'  acqua  al  moto  del  bastimento,  ricor- 
rendo al  principio  della  similifudrue  rhìematira  o  dei  mommenti, 
stabilito  dal  Newton  e  applicato  già  dal  Reech.  Di  tal  guisa, 
fatto  il  disegno  della  nave,  e  provato  il  modello  nella  vasca,  dalla 
resistenza  dell'  acqua  al  moto  di  questo,  si  deduce  quella  della 
nave  e  la  necessaria  forza  motrice  per  imprimerle  la  richiesta 
velocità. 

Le  grandi  Marine  da  guerra  ormai  seguono  questa  via,  e  così 
pure  qualche  grande  stabilimento  mercantile  ;  tuttavia  per  fare  il 
disegno  della  nave  occorre  conoscere  i  coefficienti  del  dislocamento, 
che  producono  i  pesi  dell'  apparato  motore  e  degli  approvvigio- 
namenti, oltre  quelli  dello  scafo  e  dell'  armamento.  Ora  i  coeffi- 
cienti relativi  alla  macchina  si  possono  stabilire  con  regole  che 
dieno  direttamente  la  forza  motrice,  dato  il  tipo  di  nave,  o  la 
resistenza  dell'  acqua  e  dell'  aria  al  moto  della  nave  tipica.  Gli 
esperimenti  nella  vasca  sul  modello  della  nave  da  costruirsi  ser- 
vono meglio  a  verificare  l'esattezza  del  conto  fatto  a  jrriori. 

Un  modo  molto  usitato  per  determinare  la  forza  indicata  della 
macchina  di  un  bastimento  tipico,  o  già  disegnato^  è  quello  pro- 
posto dal  Kirk,  e  consiste  nel  calcolare  per  approssimazione  la 
superficie  della  carena,  eguagliandola  a  quella  di  un  solido  avente 
prora  e  poppa  a  prisma  triangolare  e  mezzania  parallelepipeda. 
T  metri  quadrati  della  superficie  laterale  e  del  fondo  di  questo  so- 
lido si  moltiplicano  per  0,55,  se  il  bastimento  ha  forme  o  mac- 
chine comuni,  0  per  0,433  per  navi  di  belle  forme  e  di  macchine 
eccellenti.  Con  ciò  si  ha  il  numero  probabile  di  cavalli-vapore  agli 
stantuffi,  ossia  la  forza  indicata  in  cavalli  per  ispingere  la  nave 
alla  velocità  di  dieci  nodi  ;  e  per  avere  quella  occorrente  a  velocità 
maggiori,  si    fa  la  proporzione    con  i  cubi    delle  velocità.    Ma  un 


(1)  Per  resistenze  proporzionali  al  quadrato  delle  volocit.à  si  ha  la 
corrispondenza  alle  radici  quadrate  delle  dimensioni  omologhe.  Allora  la 
I esistenza  della  nave,  tolta  la  parte  dell'attrito,  è  eguale  a  quella  del 
modello  (scemata  dell'attrito)  moltiplicata  per  il  cubo  del  rapporto  di  si- 
militudiiu!,  cioè  del  rapporto  delle  dimcnisioni  omologhe. 


(5)  EESISTENZA  DELl'  ACQUA  ECC.  225 

tale  processo  dà  buoni  risultati  solo  per  velocità  limitate,  e  il  suo 
empirismo  è  una  desolazione  della  teorica  della  resistenza  dei  mezzi, 
giacché  con  esso  non  si  sa  che  questo,  cioè  che  il  lavoro  motore 
delle  navi,  entro  certi  limiti  di  velocità,  varia  coi  cubi  della  ve- 
locità stessa,  0  in  altri  termini  che  la  resistenza  dei  mezzi  varia 
come  il  quadrato  della  velocità.  Ma  questa  ragione  non  è  sempre 
tale  ;  e  però  il  processo  è  dubbioso  e  non  vale  certo  per  tutti  i  casi. 

Del  resto,  molti  autori  tentarono  di  istituire  una  teorica  della 
resistenza  dell'  acqua  al  moto  delle  navi  e  ne  dedussero  formule 
per  calcolare  la  forza  motrice.  Al  mio  scopo  basta  citare  il  Bour- 
ffois,  che  discusse  le  antiche  teoriche  e  gii  antichi  esperimenti,  e 
poscia  ne  formulò  di  sue  proprie,  riferendole  a  prove  fatte  su  navi, 
battelli  e  lance,  come  si  legge  nella  grande  Monografia  di  lui  (i). 
In  Inghilterra  cominciò  negli  studi  moderni  lo  Scott  Russell  e  fu 
seguito  dal  Rankiiie  e  dal  Fronde.  Questi  autori,  eccetto  l'ultimo, 
diedero  formule  empiriche  della  resistenza  dell'acqua  ed  oltre  a 
ciò  studiarono  il  moto  stesso  del  liquido  circostante  la  nave  (^). 

Il  Russell,  abbattendo  le  antiche  teoriche  sulla  resistenza  del- 
l'acqua e  sul  solido  di  minima  resistenza,  propose  le  forme  (ronchi 
per  ìinee  d'acqNa  delle  navi  e  per  contorni  di  sezioni  verticali  lon- 
gitudinali a  poppa  ;  ma  non  dimostrò  analiticamente  che  tali  forme 
fossero  quelle  di  minima  resistenza.  Io  invece  rintracciai  col  cal- 
colo (•')  la  traiettoria  di  una  particella  d'acqua,  che  scorre  sempre 
nel  medesimo  piano  orizzontale  per  passare  da  una  direzione  pri- 
mitiva ad  una  parallela  a  questa,  per  poi  arrivare  di  nuovo  ad  essa 
con  la  velocità  iniziale,  ma  col  minimo  spostamento  laterale  dap- 
prima e  col  più  libero  cannnino  dappoi.  Questa  traiettoria  è  la  ìhmi 
(l'acqua  rnì^selìiaiia,  formata  da  una  sinusoide  sul  davanti  e  da  una 
trocoide,  ossia  cicloide  accorciata  od  allungata,  al  di  dietro.  La 
mia  teorica  inoltre  stabilì  che  la  massima  larghezza  della  linea 
d'acqua  è  sul  mezzo  della  lunghezza  e  che  esiste  un  rapporto  fra 
la  larghezza  e  la  lunghezza  per  ogni  velocità.  Solo  nelle  piccole 
navi  è  permesso  di  portare  a  poppa  del  mezzo  la  sezione  maestra, 
affinchè  la  prora  sia  adattata  a  maggiore  velocità. 


(1)  Mcmoire  sur  la  resistance  de  l'eaii.  Paris,  Artlius-Bcrtrand. 
C2)  The  modem  system  of  naval  Architecture  hij  Jolm  Sr.(jtt  Russell. 
—  SJiip.  BnihliìKj  theoriral  a)ìd praclical  di  Maequoni  liankine,  od  altri. 
[jò)  Memoria  ap(jl(j(jetica  sopra  citata. 


226  G.    A.    ZANON  (6) 

8e  un  battello  quindi  fosse  costruito  con  queste  l'ntee  d'acqua 
(ossia  contorni  delle  sezioni  orizzontali  di  carena)  e  avesse  il  pro- 
prio rapporto  fra  la  lunghezza  e  la  larghezza  per  la  velocità  pre- 
fissa, non  incontrerebbe  da  parte  dell'acqua  a  questa  velocità,  o  a 
velocità  minore  di  essa,  che  la  sola  resistenza  d'  attrito.  Questo 
stesso  battello,  però,  mosso  che  fosse  a  maggiore  velocità  di  quella 
relativa  al  rapporto  fra  la  sua  lunghezza  e  la  sua  larghezza,  incon- 
trerebbe maggiore  resistenza  di  quella  d'attrito,  giacche  le  parti- 
celle d'acqua  sarebbero  respinte  dalla  prora  e  non  rimarrebbero 
costantemente  sulla  trocoide  di  poppa  e  nel  piano  primitivo,  perchè 
si  avrebbe  un  rigurgito  a  prora  e  una  cìiiamata  a  poppa  con  ge- 
nerazione di  onde  e  di  moti  disordinati  di  correntelle  e  vorticetti 
intorno  alla  carena. 

Egli  è  dunque  un  caso  particolare  quello  che  la  nave  in- 
contri la  sola  resistenza  d'attrito  dell'acqua  anche  con  le  forme 
russellesche,  le  quali  pur  sono  le  vere  forme  di  minima  resistenza; 
e  però  tanto  meno  si  avvererebbe  quel  caso  con  le  ueoidi  e  con 
le  cignoirli  del  Rankine  e  del  Fronde  (>)  e  con  le  curve  del  Si- 
monot  (-),  che  sono  forme  dipendenti  da  un  solido  generatore  arbi- 
trario e  da  un  principio  d'Idrodinamica  che  non  si  avvera  in  pratica, 
talché  non  si  formano  quelle  curve  equipotenziali.  Le  ìist^oHeoidi 
degli  autori  suddetti  non  sono  perciò  le  vere  linee  di  corrente  o 
i  veri  filetti  attornianti  il  corpo  (■')  ;  ma  curve  ottenute  per  puro 
esercizio  grafico  ed  analitico,  senza  riguardo  ai  disturbi  del  moto 
delle  particelle  liquide,  che  sono  quelli  i  quali  distruggono  il  pa- 
ra/ìpìiiìmo  degli  strati  e  il  contornamento  del  solido  generatore, 
abbia  esso  per  base  anche  una  lissoneoide,  oppure  una  vera  linea 
di  corrente.  Infatti;  mentre  il  filetto  di  corrente,  che  avesse  questa 
figura,  avrebbe  già  moto  permanente;  preso  invece  come  base  del 
solido  generatore,  dovrebbe  principiare  a  sviare  i  filetti  e  a  cagio- 
nare quei  disturbi  che  non  hanno  moto  permanente.  Il  fenomeno 
fisico,  se  non  si  contempli  il  vero  moto,  come  io  stabilii  nella  teo- 
rica delle  linee  d'acqua  di  minima  resistenza,  non  dà  quei  filetti 


(1)  Phì'ìosophical    transactions  of  the  Eoi/al  Sonetij,    1864,    part    II, 
p.  369  e  altrove. 

(2)  J.  Pollard  et  A.  Dudebont,   Tìiéorìe  du  navire^  tome  IIF,  pag.  16. 

(3)  Vedi  la    mia  Nota  :  Forme  d'  onda    nell'  Ateneo  ocneto,  nov.-dic. 
1893.  Venezia. 


(7)  RESISTENZA  DELL'  ACQUA  ECC.  227 

(ìi  coì-renfe,  ma  movimenti  complicatissimi  col  crescere  della  velo- 
cità, sconvolgendosi  l'acqua  con  vortici,  correntelle  e  onde,  che  al- 
terano la  stratificazione  e  la  disposizione  delle  particelle  liquide. 
Quelle  correntelle  e  quei  vortici  fanno  vedere  che  vi  ha  dispersione 
di  forza  viva  per  variazione  permanente  di  velocità  del  fluido  e 
quindi  si  ha  una  maggiore  resistenza,  che  è  detta  appunto  resi- 
stenza dei  vortici.  Di  qui  avviene  che  si  abbia  un  potenziale  mu- 
tabile con  la  superficie  liquida  involgente  il  solido  generatore  al 
limite  del  disturbo  ;  superficie,  però,  che  non  si  può  determinare, 
e  che  qui  sempre  dipende  dal  solido  arbitrario.  Ma  in  ogni  modo 
si  trascura  la  viscosità  del  liquido  in  questo  problema,  la  quale 
cangia  le  condizioni  ;  come  accade  nella  propagazione  in  profondità 
del  moto  ondoso  del  mare.  Altre,  dunque,  sono  le  forme  geome- 
triche dei  filetti  di  corrente,  ed  altre  sono  le  forme  fisiche.  Ed  ecco 
che  le  neoidi  in  generale  sono  profittevoli  tutt'al  più  quando  hanno 
forme  appropriate  alla  nave,  le  quali  non  sono  scelte  che  ad  occhio. 
E  per  ciò  che  dissi,  le  equazioni  del  moto  di  un  fluido  continuo  e 
incompressibile  fanno  difetto,  tanto  più  che  a  poppa  danno  forme 
eguali  a  (juelle  di  prora  con  un  solido  generatore  simmetrico,  il  che 
non  può  essere,  come  si  scorge  nella  mia  teorica  delle  linee  d'acqua 
di  minima  resistenza. 

Quindi  è  che  le  forme  neoidi  non  fanno  risentire  la  sola  re- 
sistenza d'attrito  dell'acqua  e  si  allontanano  da  questa  resistenza 
ancor  più  delle  forme  d'onda  fatte  con  rapporti  di  lunghezza  e  lar- 
ghezza inadeguati  alla  velocità.  D'altronde  qual  è  quel  battello,  o 
quella  nave,  che  sia  costruita  con  questo  forme?  e  però  dee  dirsi  che 
nessun  galleggiante  incontri  soltanto  la  resistenza  d'attrito  nel  suo 
moto,  per  quanto  poco  sia  maggiore  la  sua  resistenza  totale.  Che 
se  il  Russell,  il  Rankine  e  il  Froude  stabilirono  il  principio  che 
si  ha  la  sola  resistenza  d'attrito  fra  l'acqua  e  la  superficie  bagnata, 
allorquando  una  linea  d'acqua  fa  restituire  a  poppa  l'energia  spesa 
a  prora,  e  la  massa  abbandona  l'estremità  posteriore  con  la  stessa 
velocità  e  direzione  che  aveva  all'estremità  anteriore,  questo  prin- 
cipio è  vero  nei  tubi,  che  soddisfanno  alle  poste  condizioni,  e  nei 
filetti  di  corrente  con  moto  permanente  ;  ma  non  già  in  una  linea 
d'acqua  di  nave,  se  non  è  conformata  ad  hoc^  e  se  la  velocità  non 
è  quella  che  corrisponde  al  rapporto  fra  la  lunghezza  e  la  larghezza. 
Ora  la  forma  ad  hoc  è  la  sola  forma  d'onda,  che  fa  scorrere  la 
particella  d'acqua  lungo  la  prora  e  lungo  la  poppa  ;  perchè  è  il- 
logico stabilire  come  linee  di  minima  resistenza  quelle   che  assu- 


228  G-    A.    ZANON  (8) 

mono  fatte  le  forine  che  .s/  (le^^iderdiio  (')  per  un  processo  geo- 
metrico puro,  che  non  dà  lo  scorrimento  nel  modo  richiesto,  e  però 
fa  disperdere  forza  viva. 

Quindi  è  che  tutte  le  navi  e  tutti  i  natanti,  in  genere,  in- 
contrano nel  loro  moto  nell'acqua  una  resistenza  maggiore  di  quella 
di  attrito  ;  e  il  di  più  può  essere  trascurabile,  o  può  essere  molto 
grande,  seoondo  la  velocità  a  cui  sono  spinti  ;  giacché  a  maggiori 
velocità  il  mezzo  è  disturbato  maggiormente  dal  moto  del  corpo. 
In  generale,  nel  suo  moto  nell'acqua  un  galleggiante  la  scavalca, 
cacciandone  sotto  di  se.  Esso  ancora  la  divide  con  la  sua  estremità 
anteriore  e  con  i  suoi  fianchi  prodieri  ;  la  rigurgita  a  prora,  for- 
mandosi sul  davanti  un  rialzo  di  livello  od  onda  solitaria  per  dis- 
formazione della  massa,  e  la  richiama  a  poppa  dal  disotto  e  ai 
suoi  fianchi  e  al  di  dietro,  formandosi  quivi  un  avvallamento  a 
onda  ncmj)itrice.  Ma  oltreché  diformare  la  massa  fluida,  il  gal- 
leggiante anche  la  disordina  con  vortici  e  correntelle  ;  giacche, 
liquida  com'è,  scorrono  facilmente  le  sue  particelle  per  inerzia  nel 
moto  loro  impresso  dalla  spinta  ricevuta  dallo  scafo  ;  ond'è  che 
l'acqua,  nelle  stesse  parti,  che  sono  diformate  a  modo  dei  corpi 
plastici,  è  sconvolta.  Fra  le  diformazioni  poi  si  devono  considerare 
le  ondo  divergenti  e  trasversali,  che  sono  generate  a  prora  e  a 
poppa.  A  principio  del  moto  si  generano  più  onde  successive  di- 
vergenti ;  ma  col  crescere  delia  velocità  Tonda  anteriore  si  fa  mag- 
giore e  invade  sempre  più  la  prora  e  nascono  le  onde  trasversali. 
In  fine  a  grande  velocità,  relativamente  alla  lunghezza  del  bat- 
tello, prodomina  un'onda  sola  divergente  a  prora,  di  quelle  che 
le  sono  aderenti,  e  le  onde  trasversali  anteriori  si  sovrappongono 
a  (juelle  posteriori,  avendosi  il  unissimo  di  resistenza  quando  coin- 
cidono le  loro  creste  ed  un  minimo  (puindo  le  creste  delle  onde 
di  prora  coincidono  con  le  gole  dello  onde  naturali  di  poppa.  Queste 
stesse  onde  trasversali  nei  piccoli  scafi  mossi  a  grande  velocità  si 
riducono  anche  ad  una  sola,  sul  pendio  posteriore  della  quale  infine 
s'adagia  il  battello  ;  e  quando  le  onde  sono  grandi  rispetto  alla 
lunghezza  dello  scafo,  questo  è  sollevato,  oltreché  impoppato.  A 
principio,  invece,  e  fino  ad  una  certa  velocità,  lo  scafo  s'immerge 
maggiormente,  e  ciò  dipende  dalle  coppie,  vale  a  dire  dal  valore, 


(1)  La  frase    è  degli  autori  Pollard  e  Dudeboiit  doU' opera  citata,  a 
proposito  delle  forme  trovate  dal  Simonot.  Vedi  la  mia  Nota  sopracitata. 


(9)  RESISTENZA  DELl'  ACQUA  ECC.  229 

dalla  direzione  e  dal  punto  d'applicazione  della  risultante  della 
resistenza  dell'acqua  rispetto  alla  lunghezza  e  al  momento  di  sta- 
bilità longitudinale  del  battello. 

E  perciò  tutto  il  peso  e  la  stessa  grandezza  assoluta  della 
lunghezza,  oltreché  la  grandezza  relativa,  e  la  forma  dello  scafo 
influiscono  suU'  assetto  di  esso  e  sul  valore  della  resistenza  del- 
l'acqua a  data  velocità  ;  per  modo  che  bastimenti  grandi,  mossi  a 
velocità  eguali  di  piccoli  sopportano  minore  resistenza  relativamente, 
perchè  le  onde  e  il  cangiamento  d'assetto  sono  meno  rilevanti.  Di 
qui  ancora  si  ha  un  valore  di  lunghezza  di  nave  relativo  alla 
velocità,  per  il  quale  la  resistenza  dell'acqua  è  un  minimo,  perchè 
le  onde  si  susseguono  in  modo  da  non  avere  sovrapposizione  di 
sistemi,  e  meno  ancora  sovrapposizione  di  creste  d'onda  della  stessa 
specie.  Questo  minimo  però  non  è  la  minima  resistenza  data  as- 
solutamente dalla  forma  appropriata  ;  ma  la  minima  fra  i  valori 
ch'essa  assume  nel  dato  scafo  relativamente  alla  velocità.  La  lun- 
ghezza totale  dunque  dello  scafo,  e  quella  delle  sue  estremità  o 
steìatìj  influisce  molto  sulla  resistenza  totale  dell'acqua,  e  importa 
di  notare  qui  il  fatto. 

Quando  poi  il  battello  è  spinto  da  un  propulsatore  applicato 
alla  carena,  questo  dà  un  (iKìiiento  speciale  della  resistenza  del- 
l' acqua.  Le  ruote  ai  fianchi  della  nave  generano  due  correnti  e 
onde  trasversali,  che  aumentano  la  resistenza  d'  attrito  e  respin- 
gono r  onda  riempitrice,  che  va  a  sostenere  la  poppa.  Così  pure 
r  elica  in  nicchia  richiama  acqua  dai  fianchi,  accrescendo  l'attrito 
e  r  avvallamento,  e  respinge  1'  onda  e  la  corrente  riempitrice,  sì 
da  dare  talora  un  grande  rigurgito  a  poppa.  Le  eliche  gemelle 
anch'  esse  richiamano  acqua  dai  fianchi  e  respingono  la  corrente 
di  .se/rr,  ma  meno  dell'elica  unica.  Questa  poi,  giacendo  in  nicchia, 
sbatte  r  acqua  contro  il  dritto  del  timone,  d'  onde  un  altro  au- 
mento di  resistenza,  specialmente  se  la  nave  è  di  legno,  perchè 
allora  il  dritto  è  molto  grosso. 

Fare  la  teorica  di  tutti  questi  moti  dell'  acqua  per  un  bat- 
tello qualsiasi  è  certamente  impossibile  ;  tanto  più,  in  quanto  che 
cangiano  le  condizioni  della  stessa  nave  con  il  variare  della  ve- 
locità. Di  fatto  la  difformazione  della  massa  liquida,  il  numero  e 
la  grandezza  delle  onde  superficiali,  le  correntelle  e  i  vortici  che  si 
formano  attorno  la  nave  dipendono  dalla  velocità,  così  che  ad  ogni 
valore  speciale  di  questa  si  abbia  un  caso  particolare  della  legge 
incognita  del  disturbo  dell'  acqua.    Perciò    sembra    impossibile  di 


230  G.    A.    ZANON  (10) 

avere  una  formula  generale  della  resistenza  dell'acqua  alla  carena, 
con  la  quale  poi  calcolare  la  forza  motrice  di  ogni  battello  a  ogni 
velocità.  E  di  fatto  a  velocità  piccole  la  resistenza  varia  per  i 
galleggianti  come  il  quadrato  della  velocità  ;  per  velocità  medie 
essa  varia  come  il  cubo,  mentre  per  le  grandi  velocità  la  resistenza 
si  trova  che  varia  secondo  una  potenza  anche  minore  della  seconda, 
riferita  alla  carena  iniziale  (i). 

Ma,  venendo  al  fatto  mio,  devo  dire  che  in  passato  (-)  io 
ebbi  il  desiderio  di  formulare  la  resistenza  dell'  acqua  al  moto 
delle  navi,  almeno  per  i  bastimenti  di  mare  propriamente  detti  e 
per  forme  loro  e  proporzioni  più  convenienti,  ritenendo  il  mezzo 
indefinito,  tranquillo  e  senza  correnti  sue  proprie.  Mi  parve  allora 
che  la  formula  del  sig.  Bourgois  (•■)  dovesse  prestarsi  più  che 
altre,  perchè  partiva  da  buoni  principii  teorici.  P]ssa  è 

nella  quale  B^  è  la  parte  immersa  della  sezione  maestra  del  ba- 


(11  Per  i  desfro/jers  si  trovò  che  la  resistenza  totah»  varia  come  il 
quadrato  della  velocità  tino  a  11  nodi  ;  come  il  cubo  fino  a  Ifi  nodi  ;  come 
3,3  da  18  a  20  nodi.  Ma  poi  diminuisce,  siccliè  a  22  nodi  varia  come  2,7; 
a  25  nodi  come  2,  e  fino  a  80  nodi  come  la  resistenza  d'  attrito,  la  quale 
è  proporzionalo  ad  una  potenza  minore  della  seconda  della  velocità, 
quando  si  comprende  tutta  la  resistenza  laterale,  che  implicn  anche  la 
viscosità  del  liquido. 

La  resistenza  poi  dovuta  alla  formazione  di  ond(^  varia  conu;  il  qua- 
drato della  velocità  fino  a  11  nodi  ;  come  il  cubo  fino  a  circa  13  nodi, 
come  4  a  14  nodi  e  mezzo,  e  come  5  e  più  a  18  nodi.  Di  qui  la  ragione 
diminuisce  ed  è  2  a  24  nodi  e  discende  ancora.  Da  ciò  si  inferisce  che 
oltre  nodi  24  o  25  si  può  aumentare  la  velocità  con  l'esistenza  a  minor 
grado  di  essa. 

Ora  gli  esperimenti  di  R.  Froude  sono  fatti  per  due  navi  simili  :  per 
un  destroìjer  di  300  tonnellate,  lungo  ni.  65,  e  per  un  incrociatore  di 
14300  tonn.  di  dislocamento  e  lungo  m.233.  I  25  nodi  del  cacciatorpedi- 
niere si  farebbero  con  una  resistenza  di  grado  eguale  a  quella  dell'  in- 
crociatore mosso  a  47  nodi  e  mezzo.  Nel  primo  la  resistenza  d'  attrito  a 
12  nodi  sarebbe  80  ^/o  della  totale  ;  a  16  nodi  70  "/o  ;  a  20  nodi  un  po' 
meno  di  50  "/o  ;  a  30  nodi  il  45  ",o .  Nel  secondo  a  12  nodi  sarebbe  90  "/o  ; 
a  16  nodi  85  %  ;  a  20  nodi  80  "/o  ;  a  23  nodi  più  del  70  "/o  {Eivista  ma- 
rittima, novembre  1899).  Notisi  che  questi  rapporti  non  sono  generali, 
giacché  influiscono  molto  sui  valori  anche  le  forme  degli  scafi. 

(2)  Ajyììendice  alla  teoria  delle  linee  d'acqua  russelliane^  seconda  i>arte. 

(8)  Mémoire  sur  la  resistance  de  l'eau,  p.  26. 


(11)  RESISTENZA  DELL'  ACQUA  ECC.  231 

stimento  galleggiante  in  acqua  tranquilla  ;  /  la  larghezza  massima 
in  carena  ;  S  la  superfine  ridotta  della  carena,  proiettando  i  suoi 
elementi  sulla  direzione  del  moto,  cioè 

S  =  p^  cos  I 

essendo  I^  la  superficie  bagnata  della  carena  e  I  l'angolo  dei  suoi 
elementi  con  la  direzione  del  moto  della  nave  ;  K,  ,  Ko  -,  K3 ,  K4 
quattro  coefficienti  empirici  e  Y  la  velocità  del  moto.  Il  primo 
termine  rappresenta  la  resistenza  diretta  dell'  acqua  sotto  il  piano 
di  galleggiamento  della  nave,  cioè  la  pressione  esercitata  dall'acqua 
nella  direzione  dpi  moto  ;  il  secondo  termine  dà  la  resistenza  di- 
retta prodotta  dalla  intumescenza  dell'  acqua  sul  davanti  e  dallo 
avvallamento  sul  di  dietro  ;  il  terzo  termine  esprime  la  resistenza 
di  coesione  fra  le  particelle  d'acque  smosse  e  in  fine  il  quarto  ter- 
mine dà  la  resistenza  di  attrito  dell'acqua  sulla  carena,  ma  ridotta 
alla  direzione  del  moto.  La  somma  poi  del  terzo  e  del  quarto  ter- 
mine dà  la  resistenza  laterale  0  radente. 

Senonchè  questa  formula  non  vale  per  tutti  i  bastimenti  ;  che 
ogni  tipo  di  nave  richiede  con  essa  coefficienti  suoi  propri,  come 
può  vedersi  nella  Monografia  del  Bourgois  (1),  ed  io  voleva  invece 
una  formula  sola  con  coefficienti  costanti  per  poter  con  essa  cal- 
colare a  priori  la  forza  motrice.  Sposata  la  forma  della  espressione 
del  Bourgois,  perchè  mi  soddisfacevano  i  principii,  dovetti  però 
mutare  qualche  cosa  in  essa  al  mio  intento,  il  che  feci  con  ripe- 
tute prove  e  con  lunghi  e  numerosissimi  calcoli  {'^). 

La  formula  da  me  stabilita  (^)  coi  dati  sperimentali,  che  sono 
accennati  nello  scritto  citato,  per  carene  pulite  e  fasciate  di  rame,  è 

(I)  R  =  52'^g-,25    A,,v'sen\i 

+  18     ,75    Ir^sen^.i 
+    0     ,073  L% 

4-    0     ,227  rSw^ 

essendo  A,,^  l'area  immersa  della  sezione  maestra  ;  L  la  lunghezza 
della  carena  al  galleggiamento  ;  /  la  larghezza  massima  ;  /•  il  rap- 


ii) Pag.  197. 

(2)  Appendice  alla  teoria  delle  linee  d'acqua,  ecc. 

(3)  Nel  Prontuario  per  l'inr/ef/nere  navale  del  Cignoni,  pubblicato  dal- 
l' Hoepli,  la  mia  formula  tu  alterata. 


232  G.    A.    ZANON  (12) 

porto  fra  la  immersione  media  e  la  larghezza  ;  i  l'angolo  medio 
d'incidenza,  o  piuttosto  l'angolo  medio  formato  dagli  elementi  delle 
linee  d'acqua  col  piano  diametrale  longitudinale,  ma  ottenuto  sem- 
plicemente con  un  triangolo  rettangolo  avente  per  cateti  la  lun- 
ghezza della  prora  fino  alla  massima  sezione  trasversale  e  la  semi 
larghezza  massima  al  galleggiamento.  8  poi,  come  nella  formula 
del  Bourgois,  è  la  superfìcie  sfregata  ridoffa^  computata  per  ap- 
prossimazione con  la  sua  formula 

S  =  0,62  L(/  -f  2p) 

essendo  p  l'immersione  media  della  nave  proposta.  Per  carene  di 
metallo  dipinto,  poi,  il  coefficiente  del  quarto  termine  deve  essere 
maggiore  di  un  decimo. 

Anche  nella  mia  formula  (F)  il  primo  termine  dovrebbe  rap- 
presentare la  resistenza  diretta  dell'acqua  alla  carena  ;  il  secondo 
termine  la  resistenza  diretta  prodotta  dalla  intumescenza  sul  da- 
vanti e  dall'avvallamento  al  di  dietro,  talché  l'angolo  /  dovrebbe 
contemplare  anche  le  forme  di  poppa;  il  terzo  termine  dovrebbe 
rappresentare  la  resistenza  di  viscosità  del  liquido  e  il  quarto  infine 
la  resistenza  di  attrito  esterno  per  lo  sfregamento  della  carena. 

La  discussione  di  questa  formula  si  trova  nel  luogo  citato,  e 
qui  non  convien  ripeterla  ;  solo  accenno  ad  una  dimanda  che  al- 
lora io  mi  feci  :  "  Forse  il  terzo  termine  si  appropriò  parte  della 
resistenza  del  primo  '?  Forse  per  la  coesione  è  insufficiente  nelle 
navi  calcolarla  con  la  superficie  sfregata  ridotta  e  converrebbe  in- 
trodurre nel  termine  anche  la  sezione  maestra  ?  „  Questa  dimanda 
io  mi  feci  per  il  grande  valore  trovato  del  coefficiente  del  terzo 
termine,  valore  maggiormente  accresciuto  in  causa  del  fattore  L"^ 
in  luogo  di  S  .  Io  allora  chiudeva  col  dire  :  "  Checche  ne  sia,  è 
certo,  per  le  moltissime  prove  da  me  fatte,  che  senza  del  valore 
da  me  trovato  e  senza  la  forma  data  da  me  al  terzo  termine  della 
coesione  era  inutile  provare  il  conciliare  i  casi  più  disparati  della 
resistenza.   „ 

E  la  ragione  c'è  ;  imperocché  lo  sconvolgimento  dell'  acqua, 
non  solo  implica  la  resistenza  di  coesione  delle  particelle,  ossia  la 
viscosità  0  attrito  interno  dell'acqua,  ma  anche  quella  che  dà  il 
lavoro  di  formazione  d'onde  e  di  diformazione  della  massa.  Questo 
lavoro  è  proporzionale  al  peso  dell'acqua  smossa  e  alla  velocità 
del  movimento,  e  la  massa  smossa  è  funzione  del  quadrato  delle 
dimensioni  omologhe  del  corpo  in  moto  e  almeno  della  velocità  di 


(13)  EESISTENZA  DELl'  ACQUA  ECC.  238 

esso  ;  laonde  il  lavoro  è  proporzionale  al  quadrato  delle  dimensioni 
omologhe  del  corpo  e  per  lo  meno  al  quadrato  della  velocità  di  que- 
sto. Perciò  la  resistenza  dell'acqua  dovuta  alla  formazione  di  onde 
è  proporzionale  al  quadrato  delle  dimensioni  omologhe  del  corpo  e 
almeno  alla  velocità  lineare  del  moto  di  esso,  come  appunto  la  re- 
sistenza d'attrito  interno  o  di  viscosità.  Ora  il  terzo  termine  della 
mia  formula,  dacché  ha  questa  espressione,  non  solo  rappresenta  la 
resistenza  di  coesione  o  di  viscosità  dell'acqua,  ma  anche  quella  di 
formazione  delle  onde  e  in  generale  di  sconvolgimento  di  massa 
e  di  diformazione  ;  talché  completa  la  resistenza  di  taglio  e  di 
scavalcamento  dell'  acqua,  che  il  primo  termine  non  dà  intiera- 
mente, e  la  resistenza  dovuta  al  rigurgito  sulla  prora  e  alla  chia- 
mata alla  poppa,  che  pure  il  secondo  termine  non  rappresenta  che 
nella  parte  detta  resistenza  (lireiftì,  cioè  pressione  dell'acqua  di- 
sturbata al  pelo.  Questi  due  primi  termini  hanno  un  valore  pic- 
colo in  causa  della  quarta  potenza  del  seno  dell'angolo  medio  ; 
potenza  che  in  nessun  modo  potè  essere  ridotta  neppure  alla  se- 
conda, che  la  teorica  newtoniana  darebbe  nel  primo  termine.  La 
piccolezza  del  valore  del  primo  termine  della  formula  è  confermata 
però  dal  fatto  sperimentale,  che  mostra  esser  poco  il  valore  della 
resistenza  cagionata  dalla  formazione  di  vortici  e  di  correntelle 
irregolari  ;  vortici  e  correntelle  che  si  formano  appunto  per  la 
divisione  e  per  lo  scavalcamento  dell'acqua  fatto  dalla  prora  ;  ma 
che  si  generano  ancora  per  cattiva  forma  della  poppa,  tanto  che 
W.  Fronde  ebbe  a  dire  che  nuocono  pia  le  grosse  code  che  i 
grossi  nasi  (^).  E  perciò  che  nel  calcolare  l'angolo  d'incidenza  i  si 
dovrebbe  avere  riguardo  anche  alla  poppa,  come  dissi,  trattandosi 
di  bastimenti  già  disegnati  ;  io  però  lasciai  il  solo  valore  corri- 
spondente alla  prora,  per  non  allungare  la  formula  con  la  scissione 
del  secondo  termine. 

Per  ciò  poi  che  dissi  più  sopra,  il  terzo  termine  della  mia 
formula  si  appropria  veramente,  ossia  completa  il  secondo  ed  anche 
il  primo,  per  modo  che,  se  chiamiamo  resisfenza  laterale  o  radente 
la  resistenza  d'attrito  e  di  viscosità  dell'acqua,  la  rimanente  resi- 
stenza diretta  sarebbe  data,  non  soltanto  dal  primo  e  dal  secondo 
termine,  ma  anche  in  parte  dal  terzo,  perchè  anche  in  questo  si 
trova  una  pressione  dell'acqua  direttamente  contraria  al  moto,  in 


(.1)  Ciò  può  dirsi  a  velocità  niodorate. 


234  «.    A.    ZANON  (14) 

causa  della  resistenza  opposta  alla  diformazione  della  massa  e  allo 
smovimento  di  essa.  Quanto  a  quella  che  dicesi  resistenza  late- 
rale, essendo  essa  composta  della  resistenza  di  sfre<^amento  del- 
l'acqua contro  la  superficie  bagnata  di  carena  ed  anche  dalla  re- 
sistenza di  viscosità,  cioè  di  scorrimento  delle  particelle  liquide 
cagionate  dalle  correntelle  prodotte  dallo  sfregamento  medesimo, 
essa  ha  la  sua  espressione  nel  quarto  termine,  che  bene  rappre- 
senta la  resistenza  di  puro  sfregamento,  e  in  parte  nel  terzo  ter- 
mine stesso.  Ma  questo  terzo  termine  certamente  contiene,  non 
soltanto  la  resistenza  di  formazione  di  onde  e  di  diformazione  della 
massa  e  la  resistenza  di  viscosità  per  le  cctrrentelle  di  sfregamento, 
ma  anche  la  rimanente  parte  di  resistenza  di  attrito  interno  di 
tutta  la  massa  ondosa.  Sono  così  tre  parti  di  resistenza,  che  hanno 
simile  espressione  e  che  perciò  sono  riunite  in  un  solo  termine,  ma 
contemperate  da  un  solo  coefficiente  empirico,  il  quale  le  legò  as- 
sieme perchè  tale.  Certamente  per  la  teorica  sarebbe  stato  bene 
vedere  separate  tutte  le  parti  della  resistenza  ;  ma  la  formula  sa- 
rebbe stata  allora  troppo  complessa  e  d'  altronde  nella  determina- 
zione dei  coefficienti  empirici  non  si  sarebbe  ottenuta  la  riparti- 
zione esatta. 

Perciò  la  formula  della  resistenza  dell'acqua  esprime  in  totale 
il  valore  ;  ma  i  singoli  termini  non  danno  separatamente  tutte  le 
parti  della  resistenza.  Il  che  non  è  necessario  per  l'uso  pratico 
della  formula,  in  quanto  che  il  problema  che  s'impone  il  costrut- 
tore è  di  determinare  con  la  resistenza  dei  mezzi  la  forza  occor- 
rente a  muovere  alla  richiesta  velocità  la  nave  che  ei  vuol  di- 
segnare, per  avere  i  dati  necessari  a  calcolarne  le  dimensioni.  Or 
a  questo  fine  basta  avere  il  totale  della  resistenza  dei  mezzi  e 
non  le  singole  parti. 

Senonchè  la  mia  formula  dà  soltanto  la  resistenza  dell'acqua 
alla  carena,  che  si  avrebbe  con  una  trazione  o  spinta  della  nave 
senza  propulsatore  agente  sull'acqua.  Essa  è  chiamata  anche  re- 
sistenza netta  ;  mentre  i  propulsatori  applicati  alla  nave  in  carena 
cagionano  come  vedemmo  un  aumenfo  di  resistenza.  Perciò  è  ne- 
cessario trovare  la  resistenza  aimientafa  e  a  tal  fine  l'aumento  ca- 
gionato dal  propulsatore  si  può  esprimere  con  una  parte  della  re- 
sistenza netta. 

Ora  da  esperimenti  fatti  si  deduce  che  l'elica  in  nicchia  può 
dare  un  aumento  di  resistenza  di  20  fino  a  45  per  cento  ;  che  le 
eliche  gemelle  danno  un  aumento  del  20  e  del  24  per  cento.  Nel 


(15)  RESISTENZA  DELL*  ACQUA  ECC.  235 

Livadia^  Yacht  imperiale  russo  a  tre  eliche  a  poppa  si  ebbe  un 
aumento  di  resistenza  di  20  per  cento.  I  dritti  poi  di  legno  danno 
un  aumento  deirS  e  del  10  per  cento  ('). 

Infine  per  completare  la  resistenza  dei  mezzi  bisogna  aggiun- 
gere alla  resistenza  totale  dell'acqua  la  resistenza  dell'aria  sul- 
l'opera morta.  Ora  nei  bastimenti  a  vela  variava  il  valore  della 
resistenza  dell'aria  da  O'^s-^20  a  0''8-,40  come  coefficienti  di  A„j  v^  . 
Il  Fronde  invece  diede  una  regola  generale,  ed  è  di  moltiplicare  i 
metri  quadrati  di  proiezione  dell'opera  morta  e  dell'  attrezzatura 
sul  Trasversale  per  il  quadrato  della  velocità  della  nave  in  metri 
al  minuto  secondo  e  per  0*'o-,09,  ad  aria  tranquilla. 

Con  ciò  dunque  si  può  stimare  per  approssimazione  la  resi- 
stenza totale  dei  mezzi  al  moto  delle  navi,  e  con  questi  criteri  io 
voglio  ora  cimentar  la  mia  formula  coi  dati  di  navi  moderne,  delle 
quali  è  nota  la  forza  indicata  e  la  velocità.  Questa  forza  indicata 
moltiplicata  per  il  rendimento  organico,  ossia  quello  della  macchina  ; 
per  il  rendimento  del  propulsatore  relativo  al  taglio  dell'acqua  e 
al  suo  attrito  e  dispersione  di  forza  viva,  e  per  il  coefificiente  di 
riduzione  corrispondente  all'  aumento  di  resistenza,  dà  la  forza 
neffa^  che,  ridotta  in  chilogrammetri  al  minuto  secondo  e  divisa 
per  la  velocità  della  nave  in  metri,  dà  la  resistenza  totale  netta 
dei  mezzi  alla  carena  come  fosse  senza  propulsatore.  Viceversa  la 
resistenza  calcolata  con  la  formula,  aumentata  di  quanto  s'accresce 
per  il  propulsatore  e  della  resistenza  dell'aria,  quando  si  molti- 
plica per  la  velocità  della  nave  in  metri  al  minuto  secondo,  dà  il 
lavoro  effettivo  del  propulsatore.  Diviso  questo  lavoro  per  75  chi- 
logrammetri, si  hanno  i  cavalli  di  forza  effettiva  di  propulsione, 
che  divisa  per  il  rendimento  proprio  del  propulsatore  (cioè  quello 
relativo  soltanto  al  taglio  dell'acqua  e  al  suo  attrito  e  alla  sua  di- 
spersione di  forza  viva)  e  per  il  rendimento  organico  dà  la  forza 
indicata  (2). 


(1)  Vedi  il  White,  Ma/iìtale  di  Arcliifcttitra  navale^  0  l'opera  citata 
del  Pollard  e  del  Diidebont. 

(2)  Dalla  Rivista  Huirittiina  del  luglio  1897  prendo  l'esompio  di  un 
piroscafo  transatlantico  a  velocità  moderata,  com'è  il  Centro  America 
della  Società  Veloce  costruito  dall' Oderò.  Tale  nave  è  lunga  m.  HO; 
larga  m.  12,20  :  alta  m.  8,40  ;  ha  un  dislocamento  di  tonn.  5200  e  una  ve- 
locità di  nodi  14,5  con  una  potenza  indicata  di  cavalli  3600.  Occorren- 
domi   l'immersione  media,    dato  che    di  spesso    manca  e  che  i   pcMÙodici 


236  G.    A.    ZANON  (16) 

Ora  i  risiiltamenti  riportati  in  nota  dimostrano  che  la  mia 
formula  si  presta  molto  bene  al  calcolo  approssimativo  della  forza 
motrice  delle  navi  moderne  più  veloci,  oltre  di  quelle  che  devono 


esibiscono  differentemente  per  lo  stesso  piroscafo,  secondo  i  viaggi  e 
fors'anco  per  errore,  io  la  stimai  m.  6,00,  e  così  l'area  della  parte  im- 
mersa della  sezione  maestra  A,jj  =  (JB'"'-'  e  la  superficie  sfregata  ridotta, 
secondo  la  formula  del  Bourgois  S  =  1650'"-.  L'  angolo  medio  d'incidenza 
dell'  acqua,  costruito  con  la  semi-lunghezza  e  la  semi-larghezza  massima, 
riesce  dato  da  senz  =  0,111  ;  inoltre  /•  =  0,492  cbe  è  il  rapporto  fra  l'im- 
mersione media  e  la  larghezza.  La  velocità  di  nodi  14,5  corrisponde  a 
metri  7,46  al  minato  secondo,  essendo  il  miglio  marino  m.  1851,85,  che 
dà  metri  0,5144  al  minuto  secondo  per  ogni  miglio  all'ora. 
Ciò  posto  il  primo  termine  della  mia  formula  dà  : 

52kg.,  25  A^^  r-  sen^  i  =-  28k'g.,73 
Il  secondo  termine  .  .  .  18  ,  75  /  r^  sen*.  -i  =  106  ,27 
Il  tei-zo  termine  ....  0     ,073  L' r  =     6589     ,42 

T,  ,,.(...  0     ,227  r^v-  =  10257     ,64 

Il  quarto  termme  ,  ,         ,  ,.   - 

(  aumento  del  10  /„  per  cai'cna  (Upinta  =     1025     ,76 

Quindi  R  =  18007     ,81. 

La  resistenza  dell'aria,  secondo  le  regole  dcd  Fronde,  supposto  il  ba- 
stimento alto  sopra  acqua  m.  3,50,  con  la  larghezza  di  m.  12,20  (e  con  ciò 
intendo  compresa  l'attrezzatura),  è 

12n\2  X  3™,5  X  55,65  X  Okg.,09  =  213kg.,8B 
e  però  la  rei^istenza  netta  totale  dei   mezzi  al  cannnino  è 

R,^  =  18221kg.,67 

Supposto  elle  l'elica  unica  dia  un  aumento  di  l'esistenza  del  40",',,,  la 
resistenza  aumentata  dell'acqua  è 

252lO"*g-,93 
e  con  quella  (bdl'aria 

25424kg-,79. 

Il  lavoro  resistente  al  minuto  secondo  è 

25424kg.,79  X  7'»,46  =  189668kg.,9. 

Ora  il  propulsatore,  a  prc^scindere  dall'aumento  di  resistenza,  può  ren- 
dere 0,80  e  la  macchina  0,85  ;  e  però  il  lavoro  sullo  stantuffo  è 

278925kg. 

cioè  cavalli  da  75  chilogi'ammetri 

3719 

mentre  la  forza  indicata  vera  del  piroscafo  è 

3600  cavalli. 

La  bella  approssimazione  non  fu  da  me  cercata,  ma  venne  dalla  bontà 


(17)  RESISTENZA  DELL'  ACQUA  ECC.  237 

possedere  velocità  moderata.  Osservisi  però  che  l'accordo  fu  tro- 
vato con  attribuire  alla  macchina  e  al  propulsatore  i  migliori  ren- 
dimenti ;  cosa  naturale  per  bastimenti  moderni.  Ma  con  rendimenti 


(Iella  formula  e  dai  buoni  dati,  e  l'eguaglianza  si  avrebbe  con  un  rendi- 
mento finale  di  0,70,  in  luogo  di  0,68,  come  può  essere. 

Prendiamo  un  altro  esempio  classico  :  quello  dei  due  grandi  piroscafi 
il  Campania  e  il  Lucania  della  Compagnia  Cunard.  I  dati  sono  quelli  of- 
ferti dal  Macchinista  navale^  aprile  1899,  che  li  prese  da  una  Memoria 
del  sig.  L.  De  Cliasseloup-Laubat  letta  alla  Société  cV  eneo  lira  gement  pour 
l'industrie  nationale  di  Parigi. 

L  =-  182"\88  ;  l  =  19"\81  ;  p^  =  8'",23  ;  velocità  alle  prove  nodi  25,18  ; 
F .  =  30000  cavalli,  dislocamento  18000  tonn. 

La  immersione  media  p,^^  =  8",23  fu  indicata  dai  costruttori  ed  è  da 
ritenersi  quella  delle  prove  ;  ma  in  navigazione  i  due  piroscafi  pescarono 
di  più  :  S"",!!:  il  Lucania  e  8",91  il  Campania. 

L'area  immersa  della  sezione  maestra  io  la  stimo  m'  116,7  ;  la  super- 
ficie sfregata  ridotta  4:112°^^46;  t'==12"\95;  sen.i=  0,108;  /•  =  0,415. 

Con  ciò 

52kg.,  25  A^  v\  sen\  i  =        177kg-,65 

18     ,  75  ?  «*  sen*.  i        =  1462  ,50 

0    ,073  L'^  V                 =  31616  ,30 

0     ,227  rSi)-               =  64969  ,30 

aumento  del  10  "/o  per  carena  dipinta  =  6496  ,93 


R=  104722     ,68. 

La  resistenza  dell'  aria  si  può  ritenere  1800'^S-  e  però  la  resistenza 
netta  dei  mezzi  106522^8- 

Se  riteniamo  che  le  eliche  gemelle  dieno  un  aumento  di  resistenza 
del  24  °/o ,  la  resistenza  aumentata  dell'acqua  è 

129855kg- 
e  con  quella  dell'aria 

131655kg. 

Il  lavoro  resistente  al  propulsatore  al  minuto  secondo  è 
131655kg.  X  12'",95  =  1704933^8- 

E  supponendo  che  il  rendimento  del  propulsatore  per  solo  taglio 
dell'acqua  e  attrito  e  dispersione  di  forza  viva  sia  0,80  e  quello  organico 
sia  0,90,  per  l'eccellenza  delle  macelline,  il  lavoro  motore  allo  stantuffo  è 

2367824kg. 
cioè 

31571  cavalli, 

mentre  la  potenza  indicata  di  questi  piroscafi  si  dà  di 

30000  cavalli. 

Del  resto   mi  piace  qui  far  notare  che  applicata  la  mia  formula   al- 


238  G.    A.    ZANON  (18) 

minori  si  troverebbero  valori  della  resistenza  dell'acqua  minori  dì 
quelli  dati  dalla  formula. 

Non  solo  però  essa  si  presta  per  navi  propriamente  dette  ;  che 
in  qualche  caso  si  addatta  anche  a  battelli  minori  e  perfino  a 
qualche  lancia.  Così  essa  s'attaglia  bene  alla  torpediniera  citata  a 
principio,  che  è  delle  più  piccole,  e  ad  una  lancia  di  soli  9  metri 
di  lunghezza  mossa  con  14  cavalli  indicati  alla  velocità  di  9  nodi. 
Ma  ciò  che  è  più  mirabile  si  è  che  la  formula  (T)  dà  una  resi- 
stenza dell'  acqua  che  è  0,978,  cioè  eguale  all'  incirca  di  quella 
calcolata  coi  migliori  rendimenti  per  il  (ìestrotjer  "  Cygnet  „,  co- 
struito dal  Thornycroft,  i  dati  del  quale  io  riporto  dalla  Rivista 
ìnarittima,  giugno-luglio  1899. 

Lunghezza  m.  64  ;  larghezza  m.  5^94  ;  immersione  m.  2,19  ; 
dislocamento    tonn.  315  ;  forza  indicata  5400  cavalli  ;    velocità  di 


V Oceanie,  essa  dà  a  divedere  che  coi  45000  cavalli  indicati  esso  raggiun- 
gerà la  velocità  del  Campania  e  del  Lucania,  benché  sia  disegnato  per 
soli  24  nodi,  e  il  conto  mio  sia  fatto  sulla  stragrande  immersione  media 
(li  9™,90,  ch'io  trovo  nella  Rivista  marittima  del  febbraio  1899.  Con  im- 
mersione minoro  della  data,  1'  Oceanie  arriverà  a  filare  più  che  25  nodi, 
se  non  nascono  inconvenienti,  cioè  se  i  rendimenti  sieno  dei  migliori.  Ora 
non  è  meraviglia  che  anche  questa  gran  nave  superi  le  previsioni,  come 
avvenne  per  gli  altri  due  piroscafi  sopra  citati,  ed  è  perciò  che  la  mia 
formula,  la  quale  fa  prevedere  questo  fatto  e  dà  buoni  valori,  si  dimostra 
opportuna  al  suo  fine,  che  è  di  dare  la  resistenza  netta  dell'acqua  al 
moto  delle  navi  propriamente  dette,  sieno  a  ruote,  sieno  ad  elica. 

Le  altre  dimensioni  dell'  Oceanie  sono  :  lunghezza  massima  214™,92  ; 
lunghezza  fra  le  perpendicolari  208"\78  ;  larghezza  massima  20'",73  ;  al- 
tezza di  puntale  14™,93  ;  dislocamento  tonn.  28500  ;p(!so  dello  scafo  11000 
tonn.  (Ibidem). 

Io  faccio  A^  =  184'"-  ;  S  =  524r)>»^  ;  sen  i  =  0,09  ;  r  =  0,477. 

Knche  "^ev  W  Kaiser  ^]'ilhel Dì  der  Grosse  la  mia  formula  fa  prevedere 
ch'esso  deve  aver  avuto  a  principio  una  velocità  superiore  a  nodi  22,5.  — 
Nel  primo  viaggio  fatto  quattro  mesi  più  tardi  soltanto  dal  varo,  che  av- 
venne il  4  maggio  1898,  la  nave  fece  senza  prove  la  traversata  da  Stettino 
a  Bremerhaven  e  poscia  subito  partiva  per  New  York  {Il  macchinista  na- 
vale, luglio  1899).  Le  sue  dimensioni  sono  :  lunghezza  m.  197,50  ;  ma  per  il 
calcolo  L  =  190'",50  ;  /  =  20°\10  ;  ^j^  =  8,53  al  dislocamento  di  20100  ton- 
nellata; Fj-  =  28000  cavalli  alla  velocità  di  nodi  22,5;  sen  i  =  0,105  ; 
r  =  0,424  ;  A^  =  154™'-  ;  S  =  4389™^ .  Nel  primo  viaggio  l'immersione  fu 
soltanto  m.  7,78  ;  la  velocità  massima  nodi  23,5  e  la  forza  indicata  26012  cav. 
In  queste  condizioni  la  mia  formula  dà  F^-  =^  26600  con  A^  =  140™'  ; 
S  =  4300™-'  ;  D  =  15000  tonn.  (y). 


(19)  RESISTENZA  DELL'  ACQUA  ECC.  239 

contratto  nodi  80.  Alle  prove  qnesto  caccia-foì'pcdinierl  filò  in  media 
nodi  30,3  con  394  rivoluzioni  al  minuto  ;  e  in  sei  corse  sul  miglio 
misurato  filò  in  media  nodi  30,36  con  395  giri.  Io  poi  stimai  il 
valore  di  A,„  in  9'"-,l   e  quello  di  S  in   409^2^5  ;   sen  i  =  0,093, 

ed  essendo  r  =  0,368   il  rapporto  —  .  Il   rendimento   organico  fu 

da  me  preso  eguale  a  0,9  ;  quello  proprio  dei  propulsatori  0,8 
e  il    coefficiente    di    riduzione    per    1'  aumento  di  resistenza  pure 

0;8. 

Questo  fatto,  sebben  mostri  la  bontà  della  formula,  è  però  sin- 
golare, perchè  p.  e.  le  controtorpediniere,  le  torpediniere  da  mare, 
da  costa  e  da  porti,  e  le  lance  mosse  a  grande  velocità  si  trovano 
in  condizioni  particolari.  In  questi  casi  i  fenomeni  si  esaltano  per 
la  grande  velocità  relativamente  alla  lunghezza  dello  scafo,  sì  che 
onde  e  vortici  e  correntelle  disordinate  sono  assai  grandi,  e  l'at- 
trito esterno  muta  anch'esso  nei  suoi  fattori.  Il  problema  quindi 
riesce  complicatissimo,  massimamente  nelle  lance,  cangiando  di 
molto  r  impoppamento  e  1'  immersione;  talché  le  funzioni  A^^^  ed 
S  non  sono  più  quelle  della  formula.  In  tai  casi  le  formule  non 
valgono,  0  almeno  per  ognuno  ne  occorre  una  con  coefficienti  va- 
levoli soltanto  entro  certi  limiti,  perchè  cangiano  le  intensità  delle 
forze,  come  vedemmo. 

Se,  ciò  nulla  ostante,  prendesse  vaghezza  di  avere  una  for- 
mula della  resistenza  dell'  acqua  anche  per  questi  casi,  ma  entro 
certi  li  ni  iti  non  troppo  estesi  di  velocità  per  ognuno,  bisognerebbe 
far  uso  ancora  dei  valori  iniziali  di  A,,^  e  di  S  ,  come  pure  delle 
dimensioni  principali,  benché  non  fossero  più  in  atto  ;  ed  è  ciò 
ch'io  feci  per  la  lancia  e  per  le  torpediniere  testò  citati.  Ora,  es- 
sendosi così  trovati  buoni  valori  della  resistenza  dell'acqua  con  la 
formula  (I),  vuol  dire  ch'essa  è  valevole  anche  per  questi  scafi 
veloci. 

Accade  però  che  non  tutti  s'adattino  ;  anzi  che  la  maggior 
parte  non  sia  retta  da  essa  ;  ma  questo  si  ha  perchè  le  loro  forme 
e  i  rapporti  fra  le  loro  dimensioni  non  sono  i  migliori,  se  nei 
casi  citati  la  formula  vale.  E  di  fatto  le  forme  e  quei  rapporti  in- 
fluiscono moltissimo  sui  fenomeni  di  disturbo  delle  acque  e  lo  fanno 
esaltare  anche  a  velocità  moderata.  Ritengasi  dunque  che  la  for- 
mula (I)  vale  per  le  forme  e  rapporti  migliori  ;  ma  che,  se  si  vuole 
adattare  ad  ogni  scafo,  bisogna  modificarla  secondo  i  casi.  Ben 
si  vede  però  che  allora  si  ha  una  grande  mutabilità  di  coefficienti. 


240  G.    A.    ZANON  (20) 

in  causa  della  disparità  di  condizioni  (').  Ora,  essendo  i  vortici, 
le  correntelle  disordinate  e  le  onde  che  ingrandiscono  in  tali  casi, 
si  vede  che  sono  i  tre  pri    i  termini  della  formula    (1)    che  ven- 


(1)  Io  faccio  vedere  qui  le  modificazioni  che  in  qualche  caso  bisogna 
fare  alla  formula  (I). 

Prendo  dapprima  un  altro  destro ij tv  :  il  Marakumo  costruito  dal  Thor- 
nycroft.  Esso  è  lungo  64™  ;  largo  S'^jOS,  ed  ha  una  immersione  media  di 
1"\72  ;  una  forza  indicata  di  5900  cavalli  alla  velocità  di  nodi  30,5  e  un 
dislocamento  di  300  tonn.  Ritenendo  A^  :=  7'"'^  all'incirca  ;  S  -—  372'"'^  ;  un 
angolo  medio  d'incidenza  delle  linee  d'acqua  il  cui  sen  =  0,093  ;  /•  —  0,289, 
una  resistenza  dell'aria  =  A^  v'^  X  Oks-,1  ;  un  rendimento  di  macchina  di 
0,9;  di  propulsatore  0,8  e  un  aumento  di  resistenza    di  24'*/u,  o  ciò   che 

è  lo  stesso  un  coefficiente  di  riduzione  — ;— =0,8  del  rendimento  st(>sso  ; 

1,24 

aumentando  l'attrito  di  '  i,,  per  la  carena  dipinta,  io  trovai  che  si  ottiene 
la  forza  indicata  richiesta  dalla  velocità  suddetta  coll'applicare  la  for- 
mula (I)  nella  quale  però  i  tre  primi  termini  sieno  moltiplicati  per  il  fat- 
tore comune  1,842. 

Il  tipo  Candore  costruito  dalla  ditta  Ansaldo  è  una  controtorpediniera, 
che  arrivò  alla  velocità  di  nodi  26,3  con  la  forza  indicata  di  2400  ca- 
valli. Essa  è  lunga  47™;  larga  m.  5,56,  con  una  imiuersione  media  di  m. 
1,59  ;  e  un  dislocamento  di  136  tonn.  Supposto  qui  A^  =  6™-,2  ed  S  =  255™'-'; 
sen  1  =  0,117,  ed  essendo  r  =  0,286  ;  la  l'esistenza  dell'aria  come  prima,  e 
così  pure  i  rendimenti  delle  macchine  e  dei  propulsatori,  si  ottiene  la  stessa 
forza  indicata  coll'usare  la  mia  formula,  ma  moltiplicando  i  tre  primi  ter- 
mini soltanto  per  1,52.  Lo  stesso  coefficiente  all'incirca  cioè  1,563  è  ba- 
stevole per  ottenere  la  forza  indicata  della  torpediniera  di  I"  classe  n.  216, 
per  la  difesa  delle  coste  della  Francia,  che  è  ad  una  sola  elica  con  una 
forza  indicala  di  1500  cavalli  alla  velocità  di  25  nodi,  e  un  dislocamento 
di  86  tonn.  Questa  torpediniera  è  lunga  m.  37,50;  larga  m.  4,06;  ha  una 
immersione  media  di  1™,20;  A^  =  3'"-,38  ed  io  stimo  S --=  150™- ;  il  ren- 
dimento di  macchina  0.90;  quello  dell'elica  0,80  e  l'aumento  di  resistenza 

il  40°/(, ,  oppure  il  coefficiente   di  liduzione    del    rendimento    — —  =0,7. 

1,40 

Inoltre  y  =  0,3  e  sen  «  =  0,108  . 

La  torpediniera  da  porti  Melpomene,  lunga  m.  1'-);  larga  m.  2,25  ;  im- 
mersa m.  0,755  con  una  forza  indicata  di  cavalli  169,8  alla  velocità  di  17 
nodi  e  un  dislocamento  di  tonn.  13,45,  esige  il  coefficiente  per  i  tre  primi 
termini  della  mia  formula  1,584  per  trovari;  la  stessa  foi'za  indicata,  sup- 
posti i  rendimenti  come  prima  e  ritenendo  S  =  44™-,  sen /  =  0.117  e  la  re- 
sistenza dell'aria  come  nei  casi  antecedenti  ed  essendo 

>■  =  0,335;  A^  =  1™-,135  . 

Infine  per  la  piccola  torpediniera  Tliornycroft  da  me  annunciata  a 
principio,  i  tre  primi  teruiini  della  foruiula  dovrebbero  essere  moltiplicati 


(21)  RESISTENZA  DELL'  ACQUA  ECC.  241 

gono  alterati,  potendo  il  quarto  rimanere  com'è,  per  non  compli- 
care r  espressione,  benché  probabilmente  varii  anche  V  attrito 
esterno,  quando  cangiano  le  altre  condizioni. 

La  possibilità  di  raggruppare  tutti  gli  scafi  considerati,  pic- 
coli e  grandi,  di  forme  buone,  o  non  del  tutto  soddisfacenti,  a 
velocità  moderate  ed  anche  elevate,  con  una  sola  formula,  la 
quale  dia  la  resistenza  netta  dell'  acqua  in  un  mezzo  indefinito, 
si  scorge  dai  coefìScienti  riportati  in  nota,  e  così  la  formula,  em- 
pirica sempre,  si  ottiene  dalla  (1)  moltiplicando  i  tre  primi  termini 
di  questa  per  un  fattore  comune  a  dipendente  dalle  forme  delle 
carene  e  dai  rapporti  fra  le  loro  dimensioni.  Nei  casi  considerati 
esso  varia  alFincirca  di  2  e  di  1  per  torpediniere  piccole  e  grandi, 
compresi  i  velocissimi  destroi/ers  ;  e  di  3,50  e  di  1  per  le  lance 
veloci  grandi  e  piccole.  Ma  il  valore  corrispondente  al  caso  par- 
ticolare bisogna  stabilirlo  per  analogia  a  un  tipo  simile  allo  scafo 
che  si  considera. 


per  0,89,  essendo  L  =  20  ;  /  =  2™,30  ;  p^  =  0"\80  ;  D  =  IGtonn-  ;  F^  =  90  cav.; 
A^  =  i'"-30  ;  S  =  48"^^36  ;  sen  t  —  0,115  ;  r  =  0,348  . 

Per  le  lance  trovai  valori  disparatissimi.  Così  per  una  grande  lancia 
(li  12"', 30  mossa  alla  velocità  di  8,5  nodi  bisognerebbe  moltiplicare  i  tre 
piimi  termini  della  formula  per  2,00,  per  avere  la  forza  indicata  data  dal 
fatto.  Gli  altri  dati  sono  :  l  =  3"\012  ;  p^  =  0,6825  ;  D  =  15  tonn.,767  ; 
A^  —  l"'-,975  ;  Fi  =  36    cavalli  ;  sen  t  =  0,238  ;  r=  0,226  . 

Per  una  lancia  di  9"\15  mossa  alla  velocità  di  nodi  9  basta  moltipli- 
care i  tre  primi  termini  della  formula  per  0,98  che  è  circa  l'unità,  sì  che 
la  formula  dà  la  resistenza  pressoché  esatta  e  piuttosto  esuberante.  La 
lancia  è  di  legno  e  fasciata  di  rame.  Essa  è  larga  m.  2.15  ;  immersa  in 
media  0"\75.  Il  suo  dislocamento  è  3tonn.j8;  A^  =  0'"-,760  ;  F,- =14  cav.; 
sen  t  =  0,227  ;  r  =  0,352  . 

Invece  per  una  lancia  di  legno  lunga  7'",60  mossa  alla  velocità  di  8 
nodi  bisognerebbe  moltiplicare  i  tre  primi  termini  della  formula  per  1,48. 
Questa  è  larga  m.  1,95  ;  immersa  in  media  0"',67  ;  D=2tonn-,83  ;  A^  —  0'"-,59  ; 
F;  =  12  cav.;  sen  i  =  0,25;  r  =  0,343  .  E  per  una  lancia  di  6"\70  mossa  alla 
velocità  di  nodi  6,2  il  fattore  sarebbe  3,50,  usando  però  sempre  i  massimi 
rendimenti  di  macchina  e  di  propidsatore,  cioè  0,90  per  rendimento  or- 
ganico e  0,80  per  rendimento  proprio  dell'  elica  e  0,7  per  suo  coefficiente 
di  riduzione,  che  corrisponde  al  40  "/o  di  aumento  di  resistenza. 

Se  invece  nell'  ultimo  caso  si  usa  un  rendimento  organico  di  0,8  il 
fattore  dei  tre  primi  termini  della  formula  è  3,084.  Quest'ultima  lancia  è 
larga  m.  1,73  ;  è  immersa  in  media  0"',73  ;  il  dislocamento  è  tonn.  2,635  ; 
A^  =  0"'^646  ;  F,-  =  8cav.,5  ;  sen  i  --=  0,25  ;  /•  -=  0,422  . 


242 


G.    A.    ZANON 


(22) 


La  formula,  quindi,  della  pura  resistenza  dell'acqua  alle  ca- 
rene per  tutti  i  casi  considerati  e  in  un  mezzo  indefinito  sarebbe 

(II)  E  =  52»'S-,25    aA.jr^sen^.  ^• 

+  18     ,75    a/t'4  sen-t.  i 
-j-    0     ,073aL2v 

-j-    0     ,227  rSr^ 

la  quale  per  le  navi  propriamente  dette  e  in  qualche  caso  di  bat- 
telli minori  di  buone  forme  si  riduce  alla  (I),  essendo  allora  a  :=  1  . 
Deve  notarsi  poi  che  in  queste  formule  il  coefficiente  52'^s-,25 
è  relativo    all'acqua  di  mare  alla  densità  media,    essendo   eguale 

a  .  L"  altro  coefficiente    0,227  è  relativo    a  carene    pulite 

fasciate  di  rame,  così  che  per  quelle  pulite  di  metallo  dipinto  bi- 
sogna accrescerlo  del  10  "/o  ,  come  accennai.  Con  le  diverse  acque 
devono  variare  anche  gli  altri  coefficienti,  ma  qui  si  riguardano 
soltanto  i  bastimenti  di  mare  in  condizioni  medie  e  d'  altronde 
fanno  difetto  le  esperienze  in  altri  casi  ('). 

In  ogni  modo  la  formula  della  resistenza  dell'acqua  serve  più 


(1)  So  si  desidera  di  conoscere  per  i  galleggianti  esaminati  il  valore 
del  coefiìcionto  K^  (alle  velocità  magyioyi  eoììipidate)  nella  forniula 

esso  è  il  seguente  : 


Per 

il  Centro  Aìnerira                      (I  fornuila) 

K,= 

=.    4kg 

•,91 

TI 

Cainjjctnia                                           „ 

n 

4 

22 

TI 

Kaiser  Wilhehìi  der  Grosse 

„ 

4 

,64 

„ 

Oceanie                                              „ 

„ 

4 

,73 

n 

destroyer  Cijgnet                               „ 

„ 

6 

,46 

•n 

„          Maralcumo  (II  formula) 

» 

9 

,13 

TI 

Candore                                 „ 

^ 

G 

,66 

Per 

la  torpediniera  francese           ^ 

„ 

7 

,79 

„                 Thornycroft  (I  formula) 

„ 

6 

,42 

„                  Melpomene  (Il  formula) 

j, 

8 

,74 

Per 

la  lancia  di  12'",80                          „ 

11 

7 

,24 

„             9   ,15  (I  fornmla) 

„ 

7 

,02 

„             7  ,60  (II  formula) 

n 

10 

,97 

6  ,70 

„ 

15 

,23 

V  è  poi  la  velocità  per  la  quale  K,  è  un  minimo,  e  si  trova  nel  solito 
modo. 


(23)  RESISTENZA  DELl'  ACQUA  ECC.  243 

che  altro  per  determinare  il  coefficiente  del  dislocamento  della 
nave,  che  produce  la  forza  indicata  occorrente  alle  macchine  per 
muovere  alla  prefissa  velocità  il  bastimento  da  disegnare,  al  fine 
di  dedurre  poscia  quei  coefficienti  del  dislocamento  stesso,  che  ac- 
cennai a  principio.  A  quest'uopo  si  stabilisce  per  ogni  specie  di 
battello  un  tipo  con  dimensioni  e  forme  opportune.  Con  questo  tipo 
si  calcola  la  resistenza  dell'  acqua  alla  velocità  richiesta  con  la 
formula,  aggiungendovi  l'aumento  cagionato  dal  propulsatore  ap- 
applicato  alla  carena  e,  se  il  bastimento  è  di  ferro  dipinto,  anche 
aumentando  il  coefficiente  d'attrito  esterno,  in  confronto  di  quello 
della  formula,  che  vale  per  carene  fasciate  di  rame.  Infine  si  ag- 
giunge la  resistenza  dell'  aria  all'  opera  morta  e  all'  attrezzatura. 
La  resistenza  totale  in  chilogrammi  si  moltiplica  per  la  velocità 
in  metri  al  minuto  secondo  e  così  si  ha  il  lavoro  del  propulsatore, 
il  quale  si  riduce  allo  stantuffo  dividendolo  per  il  rendimento  puro 
del  propulsatore  e  per  il  rendimento  organico.  Questo  lavoro  mo- 
tore poi  si  traduce  in  cavalli,  che  sono  la  presumibile  forza  in- 
dicata del  tipo  alla  velocità  data.  Divisa  la  forza  calcolata  per  il 
dislocamento  del  tipo  si  ha  il  coefficiente  richiesto. 

Con  la  forza  indicata  del  tipo  si  calcolano  i  pesi  dell'  appa- 
rato e  degli  approvvigionamenti  ed  anche  questi  pesi  si  dividono 
per  il  dislocamento  del  tipo,  per  avere  i  coefficienti  da  applicarsi 
alla  nave  da  disegnare.  Egli  è  con  questi  coefficienti  e  con  quelli 
del  peso  dello  scafo  e  dell'armamento  che  infine  si  calcola  il  di- 
slocamento del  battello  da  costruirsi.  Da  questo  dislocamento  si 
deducono  le  dimensioni  della  carena  mediante  i  coefficienti  di  finez- 
za; e  collo  stesso  dislocamento  si  calcola  la  forza  indicata  pre- 
sunta, moltiplicandolo  per  il  coefficiente  dedotto  dal  tipo.  Se  poi 
si  possedè  la  vasca  Fronde,  si  fa  il  modello  del  bastimento  dise- 
gnato e  con  esso  si  fanno  gli  esperimenti  per  verificare  la  resi- 
stenza dell'acqua. 

Per  ogni  tipo  di  nave  inoltre  il  costruttore  può  costruirsi  una 
grafica,  la  quale  dia  i  coefficienti  del  dislocamento,  che  producono 
la  forza  allo  stantuffo,  come  indicai  nella  mia  Memoria  :  Modo  di 
descrivere  una  linea  d'acqua  di  data  equazione  in  una  carena  di 
data  capacità^  in  nota  {Rivista  marittima.  Eoma,  febbraio    1878). 

Venezia,  12  ac/osto  1899. 

(Licenziata  per  le  stampe  il  5  gennaio  1900) 


PREZZO  DELLA  DISPENSA 
Fogli  10  Vi  a  cent.  25 L.  2.56 


TiPOGBAFiA  Caelo  Feeeaei.  1900 


ATTI 


DEL 


REALE  ISTITUTO  VENETO 


DI 


SCIENZE,  LETTEEE  ED  AKTI 


AMO  ACCADEMICO  1899-900 


TOII[0  LIX 

(serie     ottava    -    TOMO     SECONDO) 

DISPENSA    TERZA 


VENEZIA 

PRESSO    LA    SEGRETERIA   DEL    REALE    ISTITUTO 
PALAZZO    LOREDANA   SANTO    STEFANO 


In  esecuzione  dell'art.  25  dello  Statuto  e  dell'art.  50 
del  Regolamento,  si  dichiara  che  dell'  opinione  dei  loro 
scritti  rispondono  gli  autori,  che  ne  conservano  la  pro- 
prietà letteraria. 


INDICE 


PARTE     1^ 

Adunanza  ordinaria  del  30  dicembre  1899 pag.    59 

Bollettino   bibliografico.   Doni    ed    acquisti  dal  27  novembre  al 

30  dicembre  1899 „      [i^] 

_/PAETE    11*^ 

A.  Dall'  Acqua.  —  Ricerche  sulle  congruenze  di  curve  in  una 

varietà  qualunque  a  tre  dimensioni.  Comunicazione    .  pag.  245 
A.  ScRiNZL  —  Poesie  inedite  di  Marino  Falieri.  Nota        .        .     „     253 
C.  F.  Feeraeis,  m.  e.  —  Gli  inscritti  nelle  Università   e    negli 
Istituti  superiori  del   Regno   nel   sessennio   scolastico 

dal  1893-94  al  1898-99.  Nota «     265 

P.  LiOY,  m.  e.  —  Alleanze  zoologiche „     287 

R.  Salvadori.  —  Analisi  del  gas  della  emanazione  sviluppatasi 

a  Mestre  il  17  novembre  1899.  Nota      .        .        .        .     „     295 
G.  BiADBGO,  s.  c.  —  Un  maestro  di  grammatica  amico  del  Pe- 
trarca. Aggiunta  e  correzione „     299 


Atti  del  Reale  Istituto  Veneto  di  scienze,  letteke   ed  akti. 
Anno  accademico  1899-900  -  Tomo  LIX  -  Parte  prima. 


ADUNANZA    ORDINARIA 
DEL  30  DECEMBRE  1899 


PRESIDENZA  DEL  M.  E.  LAMPERTICO 

PEESIDENTE 

Presenti  i  membri  effettivi  :  De  Giovanni,  vice-presidente  ;  G.  Bee- 
CHET,  segretario  ;  Cassani,  vice-segretario  ;  Loeenzoni,  Trois, 
Bellati,  P.  Spiga,  Teza,  Liot,  Maetini,  Tamassia,  Vero- 
nese, Papadopoli,  Da  Schio,  Molmenti,  Stefani,  Fogaz- 
zaro, Feeeaeis,  G.  B.De  Toni,  Occioni-Bonapfons,  Galanti, 
Gradenigo,  Ragnisco,  Ricci,  Nasini  ;  ed  i  soci  corrispon- 
denti :  Polacco,  Levi-Catellani,  Vicentini,  Bordiga,  Lan- 
Ducci,  Areigoni  Degli  Oddi,  G.  Spiga,  Zanon,  Castelnuovo, 
Peedelli,  Biadego. 

Assistono  all'adunanza  anche  il  socio  nazionale  Ciamician  di  Bolo- 
gna ed  il  prof.  Piuti  dell'  Università  di  Napoli. 

Data  lettura  dell'Atto  della  precedente  adunanza,  il  m.  e.  P. 
Spica  prende  la  parola  per  esprimere  il  suo  desiderio  che  ven- 
gano messe  a  processo  verbale  le  parole  colle  quali  annunziò  la 
deplorevole  perdita  dell'  eminente  chimico  Bunsen,  locchè  venne 
eseguito. 

Il  Presidente  giustifica  l'assenza  dei  mm.  ee.  Favaro  e  Gloria 
e  dei  ss.  ce.  F.  Berchet  e  Sacerdoti. 

Indi  annunzia  la  morte  del  m.  e.  prof.  cav.  sac.  Bernardo 
Morsolin  avvenuta  in  Vicenza  il  14  del  corrente  mese  alle  ore 
2  V^j  avvertendo  che  la  Presidenza  dell'Istituto,  appena  ricevette 
il  triste  annunzio,  si  affrettò  a  spedire  un  telegramma  di  condo- 
glianza alla  famiglia  del  defunto  e  con  altro  telegramma  incari- 
cava il  m.  e.  Lioy  di  rappresentare  il  Corpo  scientifico  ai  funerali 
associandosi  ai  colleirhi  vicentini. 


60  ADUNANZA    ORDINARIA 

La  dolorosa  perdita  fu  pure  auuunziata  al  Reale  Ministero 
della  istruzione  pubblica  ed  ai  principali  Corpi  accademici  del 
Regno.  —  La  Presidenza  dell'Istituto  ricevette  un  telegramma  di 
ringraziamento  dalla  famio-lia  dell'illustre  estinto  e  ricevette  inoltre 
lettere  di  condoglianza  dal  ^linistero  della  istruzione  pubblica,  da 
S.  E.  il  Patriarca  di  Venezia,  dal  R.  Crinnasio  Liceo  Pigafctta  di 
Vicenza,  dal  R.  Istituto  di  Studi  superiori  di  Firenze,  dal  R.  Gin- 
nasio Liceo  Cesare  Beccaria  di  Milano,  dall'Università  di  Came- 
rino ;  e  biglietti  di  condoglianza  dal  R.  Prefetto  di  A^enezia,  dalla 
Società  Romana  di  Storia  patria,  dalla  R.  Accademia  delle  scienze 
di  Torino,  dai  soci  nazionali  Conti  e  Manno,  dall'  Università  di 
Perugia,  dai  fratelli  Treves  di  Milano.  Avverte  inoltre  che  il  col- 
lega defunto  sarà,  a  suo  tempo,  commemorato  dal  m.  e.  Fogazzaro. 
Il  m.  e.  Molmenti  prende  la  parola  per  mandare  un  saluto 
alla  memoria  del  compianto  collega  Alorsolin,  delle  patrie  venete 
memorie  storiche,  valente  raccoglitore  ed  illustratore,  che  seppe 
congiungere  allo  ardente  amore  degli  studi,  l'amore  non  meno 
ardente  alla  gloria  del  nostro  paese. 

Il  Presidente  comunica  che  l'istituto  ottenne  dal  R.  Mini- 
stero dei  lavori  i)ubblici  il  viaggio  gratuito  per  ferrovia  da  Ve- 
rona a  Brindisi  pel  suo  inviato  a  Creta,  prof.  Gerola,  e  dal  R. 
Ministero  degli  affari  esteri  la  riduzione  del  50  "o  sul  viaggio 
marittimo  da  Brindisi  a  Candia  ed  il  passaporto  speciale  e  la  com- 
mendatizia al  R.  Agent(  nell'isola  pel  suddetto  inviato  ;  ed  inol- 
tre una  lettera  commendatizia  dal  direttore  della  R.  Scuola  di 
Archeologia  dell'Università  di  Roma  per  il  prof.  Halbherr,  e  che 
il  ])rof.   Gerola  partirà  fra  pochi  giorni  per  la  sua  missione. 

Il  Presidente  rende  noti  anche  gli  accordi  presi  fra  i  Mi- 
nistri del  Tesoro  e  della  Istruzione  pubblica,  e  il  Sindaco  di  Ve- 
nezia, esso  Presidente  e  i  Deputati  della  Provincia,  relativamente 
al  trasporto  della  Biblioteca  Nazionale,  e  aggiunge  che  sarà  pre- 
sentato alla  Camera,  quanto  prima,  il  relativo  ])rogetto  di  legge. 
Vengono  poi  presentati  gli  elenchi  delle  pubblicazioni  acqui- 
state e  di  quelle  ottenute  in  dono  dopo  l'ultima  adunanza. 

Il  Presidente  comunica  inoltre  che  parecchi  soci  nazionali  ed 

esteri    inviarono    ringraziamenti   per    le  pubblicazioni  dell'  Istituto 

inviate  loro  a  cominciare  dal  tomo  I"  della  serie  Vili"  degli  Atti. 

Sono  quindi  presentate   le  seguenti    Memorie,    accompagnate 

dai  brevi  sunti  regolamentari  : 


BEL    80    DECEMBRE    1899  61 

A.  FavarO;  ni.  e.  :  Due  Jeffere  inedite  di  Giiidohaldo  del  Monte 
a  Giacomo  Conta riiù.  —  È  noto  che  Gaidobaldo  del  Monte,  con- 
temporaneo di  Galileo,  contribuì  coi  suoi  studi  ai  progressi  della 
meccanica  e  sali  in  grande  onore.  --  L'importanza  di  queste  let- 
tere viene  messa  in  luco  dal  prof.  Favaro  e  vengono  esse  a  co- 
stituire un'  appendice  alla  sua  precedente  pubblicazione  :  Delle 
Meccaniche  lette  da  Galileo  in  Padova. 

P.  Lioy,  m.  e.  :  Diplonhfzia  zoolof/ìca.  —  L'  A.  espone  le  varie 
alleanze  che  la  scienza  va  studiando  nei  rapporti  con  l'uomo  fra 
esseri  utili  nella  lotta  per  la  vita  ed  esseri  nocivi,  e  come  in  queste 
ricerche  sia  più  difficile  orientarsi  che  nei  labirinti  della  politica. 
Spiando  tra  viluppi  di  complicate  correlazioni  e  d'antagonismi  si 
arriva  anche  in  esse  ad  accorgersi  del  bisogno  d'una  sagace  di- 
plomazia la  quale  conduca  ad  opporre  tra  potenza  e  potenza  forza 
alla  forza. 

Prima  di  tutto  bisogna  saper  distinguere  gli  amici  dai  ne- 
mici, e  non  badare  a  ciò  soltanto  che  si  legge  nei  libri,  ma  in- 
vestigando direttamente.  Con  l' osservazione  diretta  appare  esa- 
geratissima  la  protezione  che  vorrebbe  accordarsi  agli  uccelli  in- 
settivori ;  ciò  è  dimostrato  dalla  distinzione  che  essi  fanno  pre- 
valente di  insetti  carnivori  e  non  erbivori.  Espone  recenti  scoperte 
sull'azione  esercitata  da  minuscoli  esseri  e  dai  funghi  entomoftori 
a  danno  di  insetti  nocivi.  E  conclude  : 

"  Può  ormai  ben  dirsi  che  l'uomo,  dall'epoca  in  cui  si  è  sparso 
incivilito  nel  mondo,  divenne  un  nuovo  agente  geologico  ;  mutò 
le  faune  e  le  flore,  tagliò  istmi,  congiunse  oceani,  perforò  mon- 
tagne. Adesso  estende  la  sua  alta  sovranità  sul  mondo  degli  es- 
seri inferiori  e  degli  invisibili.  Vaccini  e  sieri  immunizzatori  non 
sono  infatti  che  alleanze  nelle  quali  la  difesa  è  affidata  al  nemico 
posto  di  fronte  al  nemico  ;  essi  rappresentano  episodi  artifiziali 
della  grande  legge  per  cui  l'equilibrio  dei  viventi  si  mantiene  con 
la  reciproca  distruzione,  agiscono  come  nei  nostri  globuli  sanguigni 
i  fagociti  vigili  e  sempre  pronti  a  impadronirsi  dei  batteri  omi- 
cidi e  ad  annientarli,  vincendoli  ogni  volta  che  fanno  a  tempo 
d'impedirne  la  diffusione  delle  tossine. 

*'  Così  mentre  spiriti  miopi  osano  proclamare  la  bancarotta  della 
scienza,  questa  sventola  la  sua  bandiera  trionfante  su  infinite  mol- 
titudini delle  quali  erano  ignote  l'esistenza  e  la  forza,  scopre  vite 
e  amori  e  lotte  in  ogni  goccia  d'acqua,  in  ogni  bolla  d'aria,  in  ogni 


6Z  ADUNANZA    OEDINARIA 

stilla  di  sangue,  in  ogni  atomo,  e  tratti  dal  mistero  i  nuovi  es- 
seri, dopo  d'averli  conosciuti  protagonisti  di  terribili  drammi,  vuole 
farseli  schiavi.  E  siccome  le  idee  di  piccolezza  e  di  grandezza 
sono  soltanto  relative,  il  tentativo  di  asservire  la  potenza  dei  pic- 
coli, a  vantaggio  dell'uomo,  rappresenta  nella  storia  dell'umanità 
il  riflesso  dell'antico  trionfo  a  cui  sino  da  epoche  preistoriche  giun- 
sero i  proavi,  con  l'addomesticamento  dei  liberi  vertebrati  selvatici 
e  con  la  coltivazione  delle  spontanee  piante  utili.  „ 

C.  F.  Ferraris,  m.  e.,  presenta  la  Statistica  degli  inscritti  nelìe 
Università  e  negli  Istituti  siipenori  del  Regno  nel  sessennio  scola- 
stico dal  1893-94  al  1898-99,  accompagnata  da  ampia  illustra- 
zione. Pone  in  evidenza  il  fatto  della  diminuzione  degli  inscritti 
nell'ultimo  anno  scolastico,  indicando  per  quali  studi  esso  si  è  prin- 
cipalmente presentato  :  esamina  le  cifre  relative  ai  singoli  ordini 
di  studi  e  indica  i  motivi  delle  variazioni  che  esse  presentano  ; 
infine  studia  largamente  il  concorso  degli  inscritti  alle  quattro  Fa- 
coltà classiche  nelle  varie  regioni,  ed  espone  le  cause  probabili 
determinanti  le  cospicue  differenze,  che  si  riscontrano  confrontando 
una  regione  coll'altra. 

V.  Polacco,  s.  e:  Note  Sìille  perizie  civili  coìnpa  rate  alle  pe- 
nali. —  L'  A.  deplora  in  massima  il  soverchio  distacco  che  in  molti 
istituti  si  nota  fra  processo  civile  e  processo  penale,  e  il  vantaggio 
notevole  che  ritrarrebbe  la  scienza  del  Diritto  giudiziario  ricon- 
ducendo fra  loro  maggiore  armonia,  il  che  tuttavia  non  signifi- 
cherebbe un  ritorno  allo  stato  arcaico  di  un  unico  rito  per  tutti 
i  giudizi.  A  titolo  di  saggio  segnala  parecchie  differenze  fra  le 
perizie  civili  e  le  penali,  e  ne  sostiene  la  assoluta  irrazionalità. 

A.  Pascolato,  s.  e.  :  Costituzione  e  legislazione  a  Venezia  nel 
1848  e  1849.  P.  I.»  —  L'  A.  ha  creduto  che  non  fosse  senza  in- 
teresso il  raccogliere  e  il  coordinare  sotto  l'aspetto  giuridico  gli 
atti  dei  vari  governi  che  si  succedettero  a  Venezia  durante  quei 
diciassette  mesi,  ebaminare  i  passaggi  e  le  trasmissioni  del  potere, 
e  le  forme  del  reggimento,  descrivere  la  vita  e  l'azione  delle  due 
Assemblee  ch'ebbe  Venezia  in  quel  tempo,  notare  infine  e  com- 
mentare i  provvedimenti  con  cui  si  modificò  o  si  corresse,  là  dove 
parve  più  necessario  e  più  urgente,  la  legislazione  austriaca  che 
rimaneva  in  vigore. 

"  Nella  commemorazione,  che  abbiamo  celebrato,  del  cinquan- 


BEL    30    DECEMBRE    1899  63 

tesimo  anniversario  di  quel  periodo  storico,  si  parlò  dei  fatti  po- 
litici e  dei  guerreschi  :  si  ricordarono  lo  virtù  e  gli  eroismi  :  i  sa- 
crificii  del  sangue  e  quelli,  non  meno  merilorì  e  più  difficili,  degli 
averi.  —  Parvemi  degno  di  evocazione  anche  il  ricordo  dell'opera 
legislativa  e  statutaria  degli  uomini  che  diressero  quella  rivoluzione. 

"  Ora,  mi  affretto  a  dirlo  :  questa  specie  di  regesto  degli  atti 
costituzionali  e  legislativi  di  quell'epoca  memoranda,  è  pieno  di 
ammaestramenti  e  di  conforti  :  anch'esso  concorre  a  dimostrare  che 
Venezia,  destandosi  dal  lungo  sonno  della  servitù,  era  già  matura 
per  la  vita  libera,  e  che  i  suoi  reggitori,  ammirabili  così  per 
l'audacia  come  per  la  prudenza,  supplivano  colla  larga  coltura,  e, 
più  ancora,  coll'istinto  felice  all'esperienza  che,  sotto  un  governo 
dispotico  ed  oppressore,  non  avevano  potuto  acquistare. 

"  Questa  prima  parte  del  mio  studio  si  riferisce  al  periodo  che 
va  dal  22  marzo  1848  fino  al  4  luglio,  cioè  fino  al  voto  dell'As- 
semblea per  la  fusione  col  Piemonte.  „ 

Gr.  Biadego,  s.  e.  :  Un  maestro  di  grammatica  amico  del  Pe- 
trarca. Aggiunta  e  correzione.  —  L'autore  dimostra  che  l'epitaffio 
scolpito  sulla  tomba  di  Mastino  II  della  Scala  è  di  Rinaldo  Ca- 
valchini  da  Yillafranca,  famigliare  della  corte  Scaligera  ;  e  dà 
notizia  di  un  documento  sincrono  riguardante  il  figlio  di  Fran- 
cesco Petrarca,  che  nel  1352  era  canonico  a  Verona. 

A.  Dall'Acqua  :  Bicerche  suite  congruenze  di  curre  in  una  va- 
rietà qualunque  a  tre  dimensioni  (presentata  dal  prof.  G.  Ricci, 
m.  e.,  con  una  breve  relazione  a  termini  dell'articolo  18  del  Re- 
golamento). —  In  essa  l'Autore  estende  ai  sistemi  di  linee  nor- 
mali alle  linee  di  una  congruenza  data  e  tracciate  in  una  varietà 
qualunque  a  tre  dimensioni,  i  concetti  fondamentali  della  teoria 
delle  linee  tracciate  sopra  una  superficie,  ed  ottiene  risultati  in 
gran  parte  nuovi  ed  interessanti.  È  notevole  principalmente  il  punto 
di  vista,  al  quale  l'Autore  si  pone  per  lo  studio  della  superfìcie 
media  della  congruenza  e  il  metodo  facile  ed  elegante,  col  quale 
riesce  a  stabilirne  la  equazione. 

R.  Salvatori  :  Analisi  del  gas  della  emanazione  sviluppatasi 
a  Mestre  il  17  no  remore  1899  (presentata  dal  prof.  R.  Nasini, 
m.  e.,  a  termini  dell'art.  18  del  Regolamento).  —  Il  gas  ha  la 
seguente  composizione  :  anidride  carbonica  4.22,  idrogeno  solforato 
0.13  ;  idrocarburi  pesanti  0.54  ;  metano  88^708  ;  azoto  6.40. 


64       ADUNANZA  ORDINARIA  DEL  30  DECEMBRE  1899 

Terminata  V  adunanza  pubblica  l' Istituto  si  raccolse  in  adu- 
nanza segreta,  nella  quale  fu  eletta  una  commissione  composta  dei 
mm.  ee.  De  Giovanni,  Lioy,  Bonome,  Canestrini  per  proporre  un 
programma  per  lo  studio  della  malaria,  e  nominate  le  giunte  per 
l'esame  dei  concorsi  Balbi  Yalier  e  Cavalli. 


//  Presidente 
F.   LAMPERTICO 


Il  Seffretario 
G.   Berchet 


Atti  dkl  Rkali;  Istituto  Vmneto  di  sc'iexzk,  m;ttkke  kd   arti. 
Anno  acondoniico  181)94)00  -  Tomo  IjYIII  -  Pjir'c  pi'iiii;!. 

(  AXNKSSl) 


BOLLETTINO   BIBLIOGRAFJCO 

Doni  ed  Acquisti  dal  27  novembre  al  30  dicembre  1899  (^ì 


C.  Alassia.   -   Gconiefria  e  fr/f/()ii()itiefn'((  della  sfera.    —    Milano, 

1900,   16",  leg.  tela,  con  34  incis. 
C.  F.  Beach.  —  A   Treatise  oìì  the  fair  of  Motaìpolìes    an<ì    in- 
dnsfria/  fnisfs  c/.s  (aìmiatstered  in   Engìand  a>id  in  the  Utii- 
ted  States  of  America.  —  St.  Lonis,   1898,  8°,  pelle. 
G.  Bragagnolo.   -   Storia  di    Frauria    dai    tempi    più    remoti    ai 
nostri  giorni.  —  Milano,  1900,   16°,  \eg.  tela. 
*A.  Chiamenti.   -  La  festa  degli  alberi.    Utilità  dell'  alherieoìt uva. 
Conferenza.  —  Chiofjgia,  1899,  8.o 
E.   Corazzini.  -   Storia  della  Marina  militare  e  rommereiale.  Yol. 
1   a  5  con  Atlante.  —  Catania,  1892,  8.°  Firenze,   1894-96. 
Torino,   1898. 
*A.   Cossa.  -   Carlo  Friedel.  Commemorazione.  —  Torino,  1899,8.° 
*A.  \y  Ancona.   -   i\el  primo  anniversario  della    morte    di    Giulia 

ir  Ancona,    Vili  dicembre  1^09.  —  Pisa,   1899,  8.° 
*A.  De  Gordon  y  de  Acosta.  -  Declaremos  en  Cnha^  guerra  a  la 

t ubere ulosis.   —  Habana,   1899,  8.» 
*C'.  Dejob.   -   Le  saldai  dans  la  littérature  Francaise  au  XVIII' 
siede.  -  Paris,  1899,  8.» 
*Le  jnif  da>is  la  comédie  au  XVIIF  siede.  -  Paris,  1899,  8.° 
B.  Dinaro.   -  Jl  montatore  di  macchine.   Opera  arricchita  di  oltre 
2Ò0  esempi  pr<(tici  e  problemi  risolti.   —   Milano,  1900,   16°^ 
leff.   tela,  ili. 


(Ij  L'  *  indica  i  libri  od  opuscoli  ricevuti  in  dono. 


[lOj  BOLLETTINO    BIBLIOGRAFICO 

L.  Franchi.  -  Codici  e  leggi  del  Regno  d' Italia  accuratamente 
riscontrati  sul  testo  ufficiale^  corredati  di  richiami  e  coordi- 
nati. Yol.  II,  Leggi  usuali.  P.  2'*»^,  dalla  voce  :  Laghi  pub- 
blici, alla  voce  :  Volture  catastali,  con  Appendice.  —  Mila- 
no; 1899,  160,  pelle. 

*  Galilei  Galileo  (Le  Opere  di).  Edizione  nazionale  sotto  gli  a>i- 
spicii  di  Sua  Maestà  il  Re  d' Italia.  Voi.  IX.  —  Firenze, 
1899,  4.0 

Dono  del  R.  Ministero  della  Istruzione  pubblica. 

*E.  Guidi  Di  Filomeno.  -  El  giorne  de  Nadèl.  Comedia  pjesarese 
in  un  atto.  —  Yerona,  1899,   16.° 
0.  Nazari.  -  /  dialetti  italici.    Grammatica,    iscrizioni,    versione, 
lessico.  —  Milano,   1900,  16»,  leg.  tela. 

*E.  Ninni.  -  Sopjra  lo  scheletro  di  un  uccello  mostruoso.  —  Sie- 
na, 1899,  4°,  Tav. 

*C.  F.  Parona.  -  Contribuzione  alla  conoscenza  delle  ammoniti 
liasiche  di  Lombardia.  P.  l'S  2»,  3*^.  —  Genève,  1897-98, 
40,  Tav. 

*  Nuore  osservazioni  sopra  la  fauna  e    V  età    degli    Mrati    con 

Posidonomya  alpina  nei  Sette  Comuni.    —    Pisa,    1895,  4o, 
Tav. 

*  Note  sui  Cefalopodi  terziari  del  Piemonte.  —  Pisa,  1898,  4o, 

Tav. 

*  Descrizione  di  alcune  ammoniti    del    Neocomiano    veneto.    — 

Pisa,  1897,  40,  Tav. 

*C.  F.  Parona  e  G.  Banarelli.  —  Stir  la  Faune  de  ddlovien 
inferieur  (Chanasien)  de  Savoie.  —  Chambéry,  1895,  80, 
Tav. 
E.  Pascal.  -  Repertorio  di  matematiche  superiori  (Definizioni, 
formale,  teoremi,  cenni  bibliografici).  II,  Geometria.  —  Mi- 
lano,  1900,   I60,  leg.  tela. 

*P.  Spica.  -  Clhimica  medico-farmaceutica  e  tossicologica.  Voi.  2o, 
Chimica  organica.  Fase.  6.0  —  Feltre,   1899,  8.0 

*T.  Tonimasina.  -  Sur  la  constatation  de  la  fluorescence  de  l' a- 
luminium  et  du  magnésium  dans  l'eau  et  daus  Vcdcool  sous 
V  action  des  courants  de  la  bobine  d' induction.  —  Paris, 
1899,  4.0 

*G.  Torri.  -   Teoria  delle  riassicurazioni.  —  Padova,  1884,  8.0 


Atti  del  Rkale  Istituto  Veneto  di  scienze,  letteke  ed  arti. 
Anno  accademico  1899-900  -  Tomo  LIX  -  Parte  seconda. 


RICERCHE  SULLE  CONGRUENZE  DI  CURVE 
IN   UNA   VARIETÀ    QUALUNQUE   A   TRE   DIMENSIONI   (') 

COMUNICAZIONE 

DI    AURELIO    DALL'ACQUA 

(presentata  dal  prof.  G.  Birri,  ni.  e.,  nell'Adunanza  30  dicembre  1899) 


In  uno  spazio  qualunque  S  ,  data  una  congruenza  normale  di 
curve,  il  sistema  delle  sue  traiettorie  ortogonali  giace  sopra  una 
famiglia  di  superfici,  stratificanti  in  certo  modo  lo  spazio.  Se  con- 
sideriamo, come  è  sempre  possibile,  la  nostra  varietà  S  ,  immersa 
in  uno  spazio  piano  2j  ,  con  un  numero  sufficiente  di  dimensioni, 
queste  superfici  ammettono  un  piano  (in  S)  tangente,  che  è  tan- 
gente alle  linee  del  sistema,  e  una  normale  (pure  in  2j)  tangente 
ad  S  ,  che  è  normale  alle  linee  medesime.  Tra  le  infinite  linee 
di  queste  superfici,  abbiamo  le  linee  asintotiche,  le  linee  di  cur- 
vatura, e,  corrispondentemente  a  queste,  le  curvature  principali, 
media,  e  totale,    ecc. 

In  generale  invece,  se  la  congruenza  non  è  normale,  le  sue 
traiettorie  ortogonali  non  giaceranno  sopra  superfici,  ma  strieranno 
ancora,  in  modo  particolare  e  determinato,  lo  spazio  S  ;  ammet- 
teranno in  ogni  punto  un  piano  (in  '^)  tangente  comune,  e  una 
normale  comune,  tangente  ad  S  . 


(1)  Per  le  notazioni  usate  in  questa  Nota,  e  per  gli  elementi  del  Cal- 
colo differenziale  assolato.,  v.  le  opere  del  Ricci,  e  in  particolare  :  Dei 
sistemi  di  congruenze  ortogonali  in  una  varietà  gtcalì/ngue.  —  Memorie 
dei  Lincei  (Classe  di  scienze  fisiche,  mat.  e  nat.),  s.  V%  voi.  IL 


246  A.  dall'  acqfa  (2) 

Poi  che  tra  la  congruenza  data  e  il  sistema  delle  sue  traiet- 
torie ortogonali  esiste  corrispondenza  univoca,  potremo  assumere 
(come  è  noto  per  le  congruenze  normali),  quale  sistema  coordinato 
dell'uno,  quello  dell'  altra  ;  e  potremo  definire  analogamente,  tra 
le  linee  di  questo  sistenia  di  traiettorie^  che  io  chiamo  complesso 
ortogonale^  o  semplicemente,  quando  non  ne  venga  ambiguità;  com- 
plesso^ delle  linee  asintotiche  e  delle  linee  di  curvatura,  ed  esten- 
dervi i  concetti  di  curvatura,  noti  nel  caso  delle  congruenze 
normali. 

Questo  modo  di  aggruppare  le  congruenze,  ci  dà  alcune  ele- 
ganti interpretazioni  geometriche  di  quegli  invarianti  a  tre  indici 
[ihnòì  ^^  cui  il  Ricci  ha  dato  delle  interpretazioni  cinematiche. 

Il  Y-wj?;  {p=^  1  2)  (^)  rappresenta  la  curvatura  della  ])roie- 
zione  della  ^^  ,  sul  piano  tangente  al  complesso  X  ;  ossia  la  cìirva- 
tura  tangenziale  della  X^^  sul  complesso. 

Il  —  "^zpp  1  è  la  curvatura  della  proiezione  della  X^j ,  sul  piano 
ad  essa  tangente  e  normale  al  complesso  1 ,  cioè  la  curvatura  nor- 
male. 

Possiamo  così  leggere  nella 

che  "  La  somma  delle  curvature  normali  di  due  congruenze    or- 
togonali sopra  un  complesso,  è  costante  intorno  ad  un  punto.  „ 

Chiamando  poi  geodetiche  di  un  complesso  quelle  congruenze 
del  complesso,  per  cui  è  nulla  identicamente  la  variazione  prima 
dell'integrale 


t,      1/  dt    di 


(dove  .S;j  è  l'arco  della   1/,  appartenente  al  complesso  X)  abbiamo 
che   "  Sono  geodetiche  di  un  complesso  quelle  linee,  la  cui   cur- 
vatura tangenziale  è  nulla.   „ 
Considerando  l'invariante 


(1)  Qui  e  in  seguito,  diamo  le  espi'essioni  relative  al  complesso  X  ; 
quelle  relative  a  Xj  e  X^  si  ottengono  da  queste,  ponendo  X  =  X;, ,  ed  ese- 
guendo una  conveniente  rotazione  degli  indici. 


(3)  RICERCHE    SULLE    CONGRUENZE    DI    CURVE    ECC.  247 

il  cui  annullarsi  caratterizza  le  congruenze  normali,  invariante  cui 
daremo  il  nome  di  anormalifà  della  cong-ruenza  o  del  complesso 
ortogonale  ad  essa,  possiamo  interpretare  l'equazione 

data  dal  Eicci  per  le  congruenze  ortogonali  canoniche  :  "  Le  con- 
gruenze ortogonali  canoniche  hanno  egual  anormalità.   „ 

E  abbiamo  anche  :  "  Le  curvature  normali  sopra  un  complesso, 
sono  massime  o  minime  lungo  le  linee  ortogonali  canoniche,  ed 
eguali  lungo  le  bisettrici  di  queste  „  ;  per  cui  l'equazione  carat- 
teristica di  queste  ultime  linee  è 

tòU  —  T322  =  0 

Sono  feconde  di  risultati  interessanti,  la  considerazione  dei 
f<(sci  di  congruenze  sopra  i  complessi  (sistemi,  sopra  i  complessi, 
di  congruenze,  che  incontrano  sotto  angolo  costante  una  congruenza 
data),  e  quella  delle  stelle  (doppia  infinitcà,  nello  spazio,  di  con- 
gruenze, che  formano  con  due  congruenze  ortogonali  arbitrarie 
angoli  costanti). 

Anzitutto,  a  ciascun  fascio  corrisponde  univocamente  un  si- 
stema semplice,  definito  dalla 

?12  I  .,  =  2,.  ).i  I  ,,,  X.^''' 

che  si  può  considerare  come  suo  sistema  coordinato  ;  e  abbiamo 
qui,  come  sulle  superfici,  dalla 

?12|r  =  ?'l2|rH-  t^r 

che  "  La  differenza  dei  sistemi  coordinati  di  due  fasci,  è  uguale 
alla  derivata  dell'angolo,  sotto  cui  due  congruenze  qualunque  dei 
due  fasci  si  tagliano.   „ 


(1)  Il  sistema  £<'='>  è  definito  dalK^  relazioni 


248  A.  dall'  acqua  (4) 

Dalla  considerazione  delle 

da 

e 

abbiamo,  che  "  La  somma  dei  quadrati  delle  curvature  tangenziali 
di  due  cong'ruenze  ortogonali  di  un  complesso,  è  costante  intorno 
ad  un  punto,  per  le  congruenze  di  un  medesimo  fascio  „  ;  e  da 
questo  :  "  Tutte  le  congruenze  di  un  fascio  sono  geodetiche  del 
complesso,  se  tali  sono  due  qualunque  ortogonali  di  esse.   „ 

Ma  più  d' ogni  altra  cosa  fecondi,  e  per  gli  interessanti  raf- 
fronti colla  teoria  delle  superfici,  e  per  le  importanti  verità  nuove 
e  interpretazioni  di  espressioni  e  formole  note,  sono  i  concetti  di 
linee  di  curvatura  e  di  linee  asintotiche  sui  complessi. 

Anzitutto  diremo  (issoriafo  ad  una  "Xj  ,  quella  congruenza  la 
cui  tangente  coincide  in  ogni  punto  coU'intersezione  dei  piani  tan- 
genti al  complesso  in  quel  punto,  e  in  uno  vicinissimo  della  )^t 
stessa.  Diremo  poi  asintotica  ogni  congruenza,  associata  a  se  stessa. 
E  necessario  notare  però,  che  non  v'  ha  reciprocità  nelF  associa- 
zione, se  non  nel  caso  che  sia  la  X  normale  ;  le  linee  associate 
sono  allora  le  coniugate  delle  superfici  ortogonali  a  y.  . 

Chiamiamo  ìinee  di  curratuni  quelle,  le  cui  normali  (normali 
al  complesso)  s'incontrano.  Le  curvature  normali  delle  linee  di 
curvatura  si  diranno  cun'/ttiire  principali  e  carraturfr   media 

H  =:  -  Y  (Tsii  +  T..2)  =  -  Y  ^r.  ^'<"'  \s 

la  loro  semisomma,  e  il  loro  prodotto  cin-ratura   totale 

1 

K  =  Y311  T322  —  T312  T:^21  =  ^    ^r.  ^''"*'  '^rs 

dove  r/A<' '*'  è  il  complemento  algebrico  delF  elemento  X^,  nel  de- 
terminante   ("Xii    Xoo    >^33)    (0  • 

Abbiamo  intanto,  che  "  Fra  gli  infiniti  complessi  cui  una  con- 


(1)  Facciamo  notare  che  le  espressioni  di    A,  li  e  K    sono  indipen- 
denti dalla  scelta  delle  Xj ,  X., . 


(5)  EICEECHE    SULLE    CONGRUENZE    DI    CURVE    ECC.  249 

griienza  appartiene,  se  essa  è  di  linee  di  curvatura  per  uno,  è 
tale  anche  per  quello  ortogonale  ad  esso  „  (0- 

Nel  caso  che  una  li  risulti  di  linee  di  curvatura  per  i  com- 
plessi 1.2  >  "^  ì  abbiamo 

Al  =:A2  +  A3 

e  ne  deduciamo  una  importante  generalizzazione  di  un  teorema 
del  Dupin,  completato  dal  Darboux  (Darboux,  Lecons  sur  la  fhéorie 
generale  des  surfaces,  voi.  Il,  p.  263)  :  "  Se  due  complessi  si  ta- 
gliano ortogonalmente,  ed  hanno  una  stessa  congruenza  di  linee 
di  curvatura,  la  anormalità  di  questa  è  uguale  alla  somma  delle 
anormalità  dei  complessi  dati.   „ 

Relativamente  alle  linee  asintotiche,  abbiamo  che  "  La  loro 
curvatura  normale  è  nulla.  „  Esse  hanno  per  bisettrici  le  linee 
ortogonali  canoniche.  Ricercando  l'angolo  a  che  formano  tra  loro 
le  asintotiche  abbiamo 

A2  — K 


te:2  a  = 


H^ 


e  ne  ricaviamo,  che  "  Le  asintotiche  di  un  complesso  sono  reali 
distinte,  reali  coincidenti  o  imaginarie,  secondo  che  il  quadrato 
della  anormalità,  è  maggiore,  uguale  o  minore,  della  curvatura 
totale.  „  Agli  estremi  deirarco  della  \ ,  lungo  cui  esse  sono  reali, 
daremo  il  nome  (come  per  le  congruenze  rettilinee)  di  punti  limiti  : 
e  alle  superfici  da  essi  generate  di  super/lei  limiti.  Le  loro  equa- 
zioni sono 

A  d:  |/k"=  0 

Nei  punti  limiti  le  asintotiche  sono  coincidenti,  e  tangenti  alla 
linea  di  una  delle  congruenze  ortogonali  canoniche.  Possiamo  quindi 
osservare  che  spostandoci  dall'uno  all'altro  dei  punti  limiti,  le  linee 
asintotiche  si  staccano  dalle  linee  d'una  delle  congruenze  orto- 
gonali canoniche,  per  avvicinarsi  e  sovrapporsi  lungo  una  linea 
dell'  altra,  allontanandosi  così  fra  loro  di  un  angolo  eguale   e  ti  . 


(1)  A  questo  teorema  possiamo  dare  la  forma  :  "  Se  per  una  curva 
si  fa  passare  una  rigata,  avente  le  generatrici  normali  alla  curva,  essa 
sarà  0  no  sviluppabile,  insieme  colla  rigata  ortogonale,  e  similmente  ge- 
nerata. „ 


250  A.  dall'  acqua  (6) 

Il  punto  in  cui  la  distanza  angolare  delle  asintotiche  è  media 
I  =  —  Tc     ,  chiameremo  punto  medio,  e  il  luogo  di  questi   punti 

super  fi  re  media. 

E  abbiamo  qui  un  interessante  teorema  :  "  Nei  punti  medi 
di  una  congruenza,  è  nulla  la  curvatura  media  del  complesso  or- 
togonale alla  congruenza.  „  Questo  teorema  è  importante  assai, 
perchè  ci  dà  modo  di  porre  sotto  forma  semplice  ed  elegante,  Fe- 
quazione  della  superfice  media  di  una  congruenza  ;  cioè 

Riguardo  alle  superfici  medie,  abbiamo  ancora  che  la  loro 
teoria  è  posta  in  correlazione  con  quella  delle  superfici  minime, 
dal  teorema  dimostrato  dal  Guichard  (^)  per  una  classe  molto  par- 
ticolare di  congruenze  :  "  La  superfice  media  di  una  congruenza 
se  è  ortogonale  alla  congruenza,  è  una  superfice  minima.   „ 

Lo  studio  dei  punti  limiti  di  X,  consideiati  come  estremi  del 
segmento  lungo  cui  le  asintotiche  sono  reali,  induce  naturalmente 
alla  ricerca  degli  estremi  dell'arco  di  X  ,  lungo  cui  sono  reali  le 
linee  di  curvatura  :  li  chiameremo  punti  estremi  ;  le  superfici  da 
essi  generate 

superfici  estreme.  In  essi  le  linee  di  curvatura  e  le  curvature 
principali  coincidono. 

E  notevole  il  caso  dalle  congruenze  rettilinee,  in  cui  non  esi- 
stono punti  estremi,  bensì  raggi  estremi,  e  le  superfici  estreme 
si  riducono  ad  una  rigata. 

E  ritornando  alle  stelle  di  congruenze  che  abbiamo  prima  de- 
finite, dalla 

(dove  a^^f^  =  cost,  è  il  coseno  dell'angolo  delle  X'^  ,  X^^)  abbiamo  : 
''   La  somma  delle  anormalità  di  tre  congruenze  ortogonali  è  co- 
stante per  una  medesima  stella.  „ 
DaUa 


(1)  Guichard,  Sur  une  classe  particulière  de  congruences  des  droites. 
—  Comptes  Rendus  de  l'Academie  des  Sciences.  Giugno  1891. 


(7)  EICEECHE    SULLE    CONGRUENZE    DI    CURVE    ECC.  251 

^  La  somma  dei  quadrati  delle  curvature  medie  dei  complessi  or- 
togonali a  tre  congruenze  ortogonali,  è  costante  per  una  medesima 
stella.   „ 

Scende  da  questo:  "  Se  tre  congruenze  ortogonali  hanno  nulla 
la  curvatura  media  del  loro  complesso  ortogonale,  la  ha  pur  nulla 
ogni  congruenza,  che  con  esse  giaccia  in  una  stella.  „  Ed  anche  : 
"  Se  tre  congruenze  ortogonali  sono  geodetiche,  ogni  congruenza 
appartenente  alla  stella  da  esse  determinata,  ha  la  curvatura  media 
del  suo  complesso  ortogonale,  nulla.   „  Infatti  dalla 

^unh  =  0 
deriva 

E  a  proposito  di  congruenze  geodetiche,  dalla 

-  +  2AH  =  0 

ricaviamo,  che  "  se  esse  ammettono  una  superfice  normale,  sono 
normali.   „ 

E  passiamo  alle  congruenze  isotrope.  —  La  condizione  di 
isotropia,  data  dal  Levi  (i)  sotto  la  forma 

T312  +  T321=0 
T311  —  T322  =  0 

si  può  scrivere 

A2  -j-  H2  —  K  =  0 

In  essa  leggiamo,  che  per  queste  congruenze  "  il  quadrato 
dell'  anormalità,  è  uguale  alla  curvatura  totale  del  complesso  or- 
togonale, diminuita  del  quadrato  della  curvatura  media.   „ 

Possiamo  generalizzare  un  importante  teorema,  dovuto  al 
Levi  :  "  Ogni  congruenza  isotropa,  si  può  in  infiniti  modi  riguar- 
dare come  risultante  dalle  intersezioni  di  due  famiglie  di  super- 
fici,  che  si  incontrano  sotto  angolo  costante.  „ 


(X)  Sulle  congruenze  di  curve.  Nota  di  T.  Levi-Civita.  —  Rendiconti 
dei  Lincei^  voi.  Vili,  1°  sem.,  serie  5",  fase,  ó.» 


252      A.  dall'  acqua  -  kicekche  sulle  congruenze  ecc.       (8) 

E  se  supponiamo  che  queste  congruenze  siano  anche  geo- 
detiche, abbiamo  il  teorema,  enunciato  dal  Eibaucour  (i)  per  le 
rettilinee  dello  spazio  ordinario  :  "  La  superfice  media  di  una  con- 
gruenza geodetica  isotropa,  corrisponde  alla  ipersfera  per  orto- 
gonalità di  elementi.   „ 

Terminiamo  questo  rapido  riassunto,  con  una  interessante  in- 
terpretazione della  formola 

data  dal  Ricci  (Mem.  cit.  pag.  ultima)  :  "  Se  una  famiglia  di  su- 
perfici  isoterme,  ha  le  traiettorie  ortogonali  geodetiche,  essa  risulta 
di  superfici  di  curvatura  media  costante.   „ 

Questi  i  risultamenti  ottenuti  da'  miei  studi,  condotti  per  una 
via;  a  mio  credere,  nuova  :  alcuni  mi  paiono  di  una  vera  impor- 
tanza, ma  specialmente  l'equazione  delle  superfici  medie,  che  si 
presenta  con  straordinaria  semplicità  ;  semplicità  che  se  difficil- 
mente era  raggiungibile  con  un  indirizzo  di  ricerche  diverso,  era 
addirittura  impossibile  con  metodi,  che  non  fossero  quelli  del  cal- 
colo differenziale  assoluto. 


(1)  Ribaucour,  Èfiide  de?i  elasso'i'de.'^.  —  Mémoires  coitr.ìnnéx  par  l'Ara- 
demie  de  Belgiqiie,  t.  44",  1881. 


(Finita  di  stampare  il  (jiorno  8  (gennaio  1900) 


Atti  del  Reale  Istituto  Veneto  di  scienze,  letteke  ed  akti. 
Anno  accademico  1899-900  -  Tomo  LIX  -  Parte  seconda. 


POESIE  INEDITE  DI  MARINO  FALIERI 

NOTA  DEL  PROF.  ANGELO  SCRINZI 

(presentata  dal  Sen.  N.  Papadopoli,  di.  (?.,  neW  adun.  20  noremhre  1899) 


Poesie  greche  d'un  autore  che  si  chiama  Marino  Falieri  sono 
di  per  se  stesse  troppo  aite  a  destare  la  curiosità  d'un  Veneziano, 
perchè  la  mia  attenzione  non  fosse  richiamata  a  studiare  l' opera 
ancora  in  gran  parte  inedita  di  questo  autore  pochissimo  noto.  Mi 
propongo  di  pubblicare  l'edizione  completa  delle  poesie  del  Falieri  ; 
intanto  sommetto  al  giudizio  dei  dotti  il  frutto  delle  mie  ricerche 
intorno  al  poeta  stesso. 


Il  primo  a  parlare  delle  poesie  di  M.  Falieri  fu  Emilio  Le- 
grand  (i).  Egli  nel  dare  l'elenco  delle  poesie  contenute  nel  Codice 
Ambrosiano  Y.  89,  p.  sup.  (-),  ricorda  sub  f)  (^)  : 

"  Pièce  sans  titre,  mais  semblant  un  frayment  d'un  ijoème 
sur  Marino  Fallerò.  Nous  citerons  le  commencemeut  et  la  fin('i): 


(1)  E.  Logrand,  BihliotMque  (/rergìie  ruìgaire,  v.  II  (Paris,  1881).  In- 
trodurtion^  pag.  LIX  ss. 

(2)  È  un  volume  grande  in  8°  (la  prima  metà  è  a  stampa  e  la  se- 
conda metà  è  manoscritta)  del  sec.  XVI,  e  comprende  una  miscellanea 
di  poesie  greche  volgari. 

(3)  Legrand,  op.  cit.  p.  LXII. 

(4)  Mantengo  per  ora  il  testo  e  la  grafia  dati  dal  Legrand. 


254  A.    SCRINZi  (à) 

'AYaTCt[j.£V£  [Jiou  àSeXipè  yXoxóxaxó  y.ou  xepr] 

EÒpcaxw  aTi&lv  aè  Tilr^ywas  X7)c;  0-Xi'j»t?  xò  iJ.a.y^'xitpi 
xal  àrcstv  xf;(;  xu)(Y]?  ò  xpo'/bc,  rj^y^ioz  va  ai  y^pvsc 
xal  aòxà  xà  alooxe  yopYto  ;j,è  Tc);ca  aTrouSrj  va  Tiépvr] 
5  p-s  TC£{)'u;v.cà  Sóo  Yp'^;-'-;-'-^'^^  "^o^  )rpo)axfj  f^  cptXtà  (jlou 

xóva  XTjV  tMv'/jiVjV  xàSeXcpoù  va  auy-Trovf]  xapStà  [xou 


w?  èosTià  IxEAuói^yjxsv  •/]  pófjta  xoO  <I)a)a£po'j 

282  xà(plvxYj  xoO  [jicaàp  Mapf),  xoO  TiaXaioù  xoO  yipou. 

Ce  fragment  se  compose  de  282  vers  et  ne  présente  pas  beau- 
coup  d' intérèt.   „ 
E  sub  g)  (')  : 

"  'laxopca  xal  ovstpo  xoù  sÙYSveaxàxou  à^yovxoc,  xupiou  (2)  Ma- 
pc'vGu  OaXtlpou  .  Kal  okou  B-wpfjC;  ^<^'X[j.[j.!x  0  y.cXfj  Oa^.tspo;,  xal  ottou 
■9'tj)p7,5  M  [J^rìkfi  -fi  Mópa,  xal  OkOu  A  ;xyjXf^  fj  'AO-oOaa  >al  ouou  ■d'copfjg 
n  [Jty]Xf^  1^  no^oùXa 

Ttóv  cpaji.eXv'^xwv  àh^k^oì  xyjC,  'Epwxoxpaxtai; 

y.O(.d-i<:c,  s^AK^r]   [j.s  Tccxpc'at^  xixitxi   f'kuy.iac.   cc.xiot.;. 
vaTis'jxouv  àuò  tiÓtIov  xoui;  àiMoc  xat  tiovsjj.Ivoi 
òtaTià;  y.È;  TiapeTtóvEatv  eaxovxa?  [iui^rjayivoc 
5  stxtc;  èYÓVY]  npòc,  è'jiv  xal  Treaa  [iui^caixévoc: 

ài)->ao?  tÌQ  XYjV  xÀ'i'vrjV  (JLOU  xal  7iapa7LOV£[i£VOi; 
X£ty.£pt[7-vai5  xoù  Tcóoi'ou  [jiou  xóaa  tcoO  [7,£axoxiaav 
Y^avàv  7ro7.alc  xal  Suvaxàc:  £^5  ;j.''ov  [j.ixtzoy.'.[j.'i fsca 
xal  oavrj  [JLOU  axòv  urcv^b^JLOu  xfjXi)-£  xò  pti^r|XÓy.oi) 


Voici  niaiiitenant  les  derniers  vers  : 

691      'A.  ^(ovixi'jz  xal  [ià?,£  eòw  xt]V  ylpa  aou  xal  \xó<3t 

O.  {jL£xà  yapà;  av  xà^v:  yj^tiòt.  xal  7iX£cóx£px  ;7.ou  5(Tja£ 


(1)  Legrand,  op.  oit.  pag. 

(2)  Sic  !  La  foima  coTiiuno  sarebbe  y.-jpoù. 


(3)  POESIE    INEDITE    DI    MAKINO    FALIEEI  255 

tivéyw  ao'j  npCoxa   axòv  Xptaxc-v  xal  axr^v  Kupà  xoO  xóa[7,ou 
waxe  va  uàpirj  xyjv  !^o)7^v  xo'jx'/jv  ó  f)-avaxóc;  [j.o'j 
vaTXOxpaxù)  xòv  tcóO-ov  y.ac:  xepsòv  xal  àyaTicyivov 
696  y.à  \H)m  xal  aTiò  asvaoo)  xò  xàaeae  Suayivov. 

La  fin  iiìanque  dans  le  manuscrit  et  il  n'y  a  2:uère  lieu  de 
la  regrettev,  car  ce  dialogue  ne  présente  qn'un  intérèt  mediocre. 
Le  morceau  coniprend  696  vers.   „ 

La  not'zia  soinniaria  data  dal  Legrand  fu  corretta  ed  allar- 
gata dal  Krumbacher  (■),  il  quale  avendo  ripreso  in  esame  il  Cod. 
Ambr.  Y.  89,  p.  sup.,  riconobbe  per  primo  che  la  prima  poesia 
(/"  del  Legrand)  nel  manoscritto  adespota,  non  è  (ila  un  poenui 
su  Manno  Fa/ieri^  ma  è  invece  appunto  un  poema  di  lui.  Egli 
diede  inoltre  il  contenuto  dei  due  poemi.  Più  tardi  John  Schmitt 
fece  conoscere  un  nuovo  manoscritto  (-),  che  comprende  le  poesie 
del  Falier,  e  ne  trasse  la  fine  del  poema  incompleto  nel  Cod. 
Ambros.  Y.  89,  p.  sup.  (•'),  e  pubblicò  inoltre  dallo  stesso  mano- 
scritto (')  un  poema  adespoto,  ma  dovuto  certamente  al  Falieri, 
come  dimostrano  lo  stile  e  la  lingua  [^).  Del  Falieri  sono  proba- 
bilmente altre  poesie  erotiche  contenute  nel  Cod.  Neap.  UT,  B.  27 
da  f.   118  a  f.   121   e  a  f.   124  v.  ('■). 


II. 


L'opera  di  Marino  Falieri,  se  per  il  contenuto  poetico  è  poco 
importante,  è  però  notevole,  perchè  se  ne  può  fissare,  con  grande 
approssimazione,  Tetà  e  perchè  ne  conosciamo  l'autore.  Né  questo 


(1)  K.  Ki'umbacht'i',  GescliichW  dei'  bijzi(nti>iisrlten  Litteratur.  Er^to 
Autiage,  p.  408. 

(2)  Cod.  Neapol.  Ili,  B.  27. 

(3)  Nel  Cod.  Neapol.  eit.  esso  porta  il  titolo  loTopia  xoù  <l>a?vXL£pou. 
La  parte  mancante  nell'Ambr.  coiiipronde  22  versi,  sicché  il  poema  ha  in 
tutto  versi  718. 

(4)  Cod.  Neap.  B.  27,  f.  121  v.-12-t  r. 

(5)  Johu  Schmitt,  ^oly]\i.'x  àvéxSoTO  -oò  Maptvou  «l'aX'.ipr;,  in  AsÀtóov  Tf;g 
ioTopixyjj  xat  ètì-voXoyix'^;  'Etocipiag  xTy;  ^EÀXaòoc,  IV  (1892),  p.  291  ss. 

(6)  Un  terzo  codice  che  contiene  la  I''  poesia  del  Falieri  è  il  Vallicidl. 
C.  46,  f.  411-424  (ctV.  Krumbacher,  (jexcìiìrìdc  der  hijz.  Litterutiir^  IT'  Au- 
flage,  p.  820j  col  titolo  noi-/)iia  xoO  s'jysvcaxatou  àpj^ovccg  jiiaèp  Mapó  <ì>aÀ'.£pou. 


256  A.  scRiNzi  (4) 

è  poca  cosa,  perchè  ben  si  reputerebbero  felici  i  bizantinologi  se 
potessero  sapere  almeno  altrettanto  di  molti  poeti  della  letteratura 
bizantina.  Eiservandomi  di  trattare  del  contenuto  dei  poemi  del 
Falieri,  quando  potrò  intraprenderne  la  stampa,  antecipo  qui  il  ri- 
sultato delle  mie  ricerche  intorno  all'autore. 

Il  Legrand  (/)  non  si  curò  di  ricercare  chi  fosse  l'autore  dei 
poemi  compresi  nell'Ambr.  Y.  89,  sup.  anzi  erroneamente  credette 
che  il  primo  poema  riguardasse  Marino  Falieri,  ma  non  fosse  già 
a  lui  dovuto.  Il  Krumbacher  (-)  s'accontenta  di  ritenere  che  il 
nome  del  famoso  doge  non  sia  che  l'impresa  di  un  anonimo,  il 
quale,  per  alcune  forme  dialettali,  si  palesa  Cretese.  Lo  Schmitt  {^) 
si  domanda  se  il  Nostro  era  uscito  dalla  famiglia  del  Doge  o  se 
aveva  assunto  il  nome  "  àizò  xavivoc  Eaxouaxò  oóvisxvo  xaO-wc;  auvspatve 
xóxe?  ;  -b  Ssuiepo  e^vat  tcoVj  TtiiVavÓTSpo.  „  Lo  ritiene  dunque  più  pro- 
babilmente come  un  pseudonimo  e,  pur  riconoscendo  dalle  forme 
linguistiche,  che  il  poeta  dovette  vivere  in  Creta,  pensa  eh'  egli 
non  fosse  già  un  Veneto,  ma  schietto  Greco,  conile  s'appalesa  nelle 
idee  {^). 

Questa  affermazione  dello  Schmitt  è,  a  mio  giudizio,  molto 
arrischiata.  Già  lo  stesso  Schmitt  più  innanzi  è  costretto  a  rico- 
noscere che  allora  in  Creta  ogni  persona  mezzanamente  colta  ca- 
piva e  parlava  l'italiano,  anzi  pensa  che  il  Nostro  avesse  dinanzi 
agli  occhi,  insieme  con  altri  modelli  greci,  anche  qualche  modello 
italiano.  Aggiunge  di  non  voler  ricercare  se  il  concetto  di  Amore 
nelle  poesie  del  Falieri  derivi  da  quello  di  Esiodo  e  di  Anacreonte 
0  non  più  tosto  sia  ritornato  in  Grecia  dopo  lungo  vagare  su  ter- 
reno italico  da  Vergilio  a  Petrarca  (s).  Però  l'allegoria    e  la  de- 


(1)  Legrand,  op.  cit.  p.  LXII. 

(2)  K.  Krumbacher,  GescMchte  der  hyz.  Liti.  I*"  Aufl.  p.  409,  IP  Anfl. 
p.  821  :  "  Ueber  die  Porson  des  Verfassers  ist  niclits  bekannt  :  vielleicht 
ist  dor  berillimte  venezianische  Naine  nur  Aushangcschild  eines  Anony- 
mus.  „ 

(8)  John  Schmitt,  1.  e.  p.  294. 

(4)  Schmitt,  ibid.  "  Aèv  cpadvsxa'.  va  rjxav  Bsvsxóc:,  àXXà  axèg  i^isc;  xou 
5ìij(vsi  awaxòg  Tcoiiatoc.  „ 

(5)  Schmitt,  ibid.  p.  301.  "  Fià  xojpa  5èv  ègsxa^oiae  àv  ó  "Epwxag  xoO 
^aX'.épvj  y.KxaYsxa!,  pvjxòxc  à7i:ò  xòv  "Epwxa  xoQ  'Ha'.ó5oo,  y\  xa>.r,x£pa  xoù  'Ava- 
-/.péovxoc;,  vi  àv  sxaiis  xà  sTitaxpó-^;'.»  xoò  axr/v  'EÀXa5a  ó  Amor,  uaxspa  àTiò  \òz% 
yupiap-axa  oxò  ixaÀ-.xò  s5aq:o5,  à.iio  xb   BcpYiX-.o  axòv  IIsxpcépxY].   „   Tutto  questo 


(5)  POESIE    INEDITE    DI    MAKINO    FALIEEI  257 

scrizione  di  Sogni  è  soggetto  comune  a  tutto  il  Medievo  anche 
bizantino,  come  appare  dall'  "Atcóxotios  e  dalla  Tó;j.a  i)-pr]V7jTcxv')  di 
IIcxaTÓpoc;. 

Non  essendo  ancora  pubblicati  gli  altri  due  poemi  del  Falieri, 
accenno  qui  brevemente  al  contenuto  del  poema  pubblicato  dallo 
Schmitt,  dal  quale  io  credo  sia  facile  dimostrare  la  dipendenza 
di  esso  da  quel  ciclo  di  idee  cavalleresche  intorno  all'  Amore,  ai 
Castelli  d'Amore  ecc.,  le  quali  ispirarono  molti  poemi  occidentali, 
e  fra  altri  VAinorosa    Visione  del  Boccaccio  ('). 

Il  poeta  addormentato  sogna  di  vedere  una  donna  (la  Donna 
del  ])oeta)  accompagnata  da  un  bambino  armato  di  arco  e  di  freccio 
bagnate  di  sangue  proveniente  dal  cuore  umano 

V.   19         oleq  èE,  ai[j.oi.xoc,  xapScài;  [x'  è'pàvrjaav  ox'  fjaav. 

I  due  siedono  sul  letto  del  poeta.  La  donna  ordina  al  bam- 
bino di  tirare  una  saetta.  Il  poeta  per  lo  spavento  si  desta  (o 
meglio  crede  d'essersi  destato)  e  si  rivolge  alla  donna  chiedendole 
chi  sia  il  suo  compagno.  Ella  gli  dice  che  è  Amore.  Egli  corre  a 
fargli  riverenza,  tutto  tremante.  Amore,  ridendo,  narra  d'essere 
stato  mandato  dal  Primo  Amore 

V.   54         àuè  xòv  IIpwxov  "Epo)xa  ai  aàv  à-KoaxcCk^ivoc, 

e  poi  racconta  come  la  ragazza  (del  poeta)  si  sia  presentata  nel 
Castello  d'Amore  dinanzi  al  Primo  Amore 


tratto  è  riportato  dal  Krimibacher,  Geschtchte  der  hyz.  Litt.  p.  821  :  "  Die 
hier  sich  lebhaft  aufdràngende  Frage,  ob  der  Vorstellungskreis  der  Lie- 
besbiirg,  des  Eros  u.  s.  w.  direkt  aus  dem  Altgriechischen  stamine,  oder 
ob  Amor  nacli  ali  seineu  Wandlungen  von  Vergil  bis  Petrarca  von  itali- 
sehem  Bodeii  nach  Griechenland  zuriickgekehrt  sei,  muss  gegenwàrtig  nodi 
als  eine  offene  betrachtet  werdeii.  „ 

(l)  Intorno  all'  intlueiiza  della  letteratura  cavalleresca  occidentale 
sulla  letteratura  neo-ellenica  cfr.  Gidel,  Études  sur  la  littérature  grecque 
moderne.  Imitatiuns  en  grec  de  nos  romans  de  chevalerie  depuis  le  XII 
siede.  Paris,  1866  ;  sopratutto  i  capitoli  27-55.  Cfr.  anche  R.  Nicolai,  Ge- 
srhirJde  der  nengriech.  Litteratur.  Leipzig,  1876,  p.  76  :  "  Eine  besondere 
Pflege  fand  die  romantische  Diehtung  vornelimlich  auf  Kreta,  Rhodos 
etc.  .  .  .  Diese  durch  die  Abcnteuer  der  abendlandischen  Ritterwelt  ge- 
weckte  literarisclic  Thatigkeit  .  .  .  wcitcrhin  vermittelt  durch  Italica, 
Venedig  uiid  Coifu  iind  dureh  die  Pocsien  von  j5ofrr/cao.  Pulci,  Boiardo 
etc 


258  A.  scEiNzi  (6) 

V.   67  aòxecv'  fi  xópY]  fjpO-e  <\)oC.  axrjv  'Epwxoxpaxta 

■K  y]upe  xòv  IIpcoxov  "Epwxa  \i'  oìaiv  xyjv  auvxpocpta 

per  lagnarsi;  perchè  essendo  essa  isc  itta  pure  fra  i  servi  d'Amore 
da  sedici  anni,  perchè  innamorata  d'un  giovane  egregio,  il  quale 
pareva  pure  che  l'amasse  veracemente,  ora  lo  vede  darsi  ad  altri 
amori.  Se  questo  è  il  volere  del  Primo  Amore,  glielo  dica  per- 
chè ella  lo  sappia  e  possa  piangere  la  sua  sorte.  Il  Primo  Amore 
la  consola,  rassicurandola  intorno  all'amore  del  suo  diletto.  Il  poeta 
s'allieta  al  racconto,  s'accosta  a  lei  e  sta  per  baciarla  (M,  quando 
vien  bussato  alla  porta.  Il  poeta  corre  ad  aprire,  entra  la  Moira, 
che  augura  ai  due 

V.   113       ^wr],  X'^?^  '^'^''  T^^^^''  'collìri  vàyexe. 

In  quel  mentre  si  mette  a  cantare  il  gallo,  il  poeta  si  sveglia 
e  gli  sfugge  l'amorosa  visione. 
Egli  invano  grida 

V.   119  a;  xo'.;7.rj9-(ì)  [j.e  xo'jxyjv  xyjv  òI'K'Xoc. 

\iri  va  Y^P^''^Ti  'c^vstpo  .  xixoio  y.'y^h  5àv  soSa  (-) 

egli  non  vede  più  la  Moira  né  la  ragazza  che  già  teneva  stretta 
fra  le  sue  braccia  e  si  sfoga  in  lamenti,  finendo  con  esortazioni 
ai  giovani  innamorati 

V.   129       Aomòv  xò  ^^ya  xò  cppr/xòv  "Epwxa  va  xt;7.0'j;/.e 

yx  àXko  5èv  e/w  va  aà;  tcò)  axrj  p'';7,a  ttoO  otyoOy.at. 

Io  non  intendo  qui  esaminare  più  minutamente  i  singoli  passi 
del  poemetto,  ma  anche  da  questo  breve  riassunto  mi  pare  giusti- 
ficata r  idea  di  riconnetterlo  al  ciclo  delle  poesie  occidentali,  pro- 


(1)  Cfr.  Boccaccio,  IJ Amorosa   Vinionc,  cap.  XLIX  v.  40  ss. 

(2)  Cfr.  Boccaccio,  ibid.  v.  66  ss. 

Oiniè,  dicendo,  ove  son  io  stato 

Con  tanta  gioia  ?  Ora  fosse  piaciuto 

A  Dio,  eh'  io  non  mi  fossi  mai  svegliato, 

E  in  cotal  gioia  sempre  sare'  suto  : 

Ancor  mi  fora  leggiero  il  dormire, 
Se  più  tal  don  mi  fosse  conceduto. 


(?)  POESIE    INEDITE    DI    MAEINO    FALIEEI  25^ 

venzali,   francesi,  italiane,  dovute  all'influenza  cavalleresca  (i).  Ed 
anche  lo  Schmitt  aveva  riconosciuto  che  il  v.   108  : 

'Al  àv  r^aouv  <pfóvi[jLOc;  ttote,  xwpa  tò  %-i\t'.c,  Ssc^ec 

corrisponde  al  Dantesco 

Qui  si  pana  la  tua  nobilitato. 


III. 


Gli  autori,  che  trattarono  finora  di  queste  poesie,  non  si 
curarono  di  ricercare  notizie  intorno  all'  autore,  poiché  persuasi 
naturalmente  che  non  fosse  qui  questione  del  Doge  Falier,  furono 
senz'  altro  condotti  a  credere,  che  sotto  quel  nome  si  celasse  un 
anonimo.  Io  invece  sapendo  che  un  ramo  della  famiglia  Falier 
abitò  per  secoli  nell'  isola  di  Candia,  e  che  molti  altri  originari 
veneti  si  resero  benemeriti  della  letteratura  neoellenica  (-)  e  più 
specialmente  della    letteratura    cretese    (-^l,    pensai  di  ricercare  se 


(1)  Così  aveva  riconosciuto  il  carattere  del  poemetto  già  lo  Schmitt  ; 
cfr.  op.  cit.  pag.  300  :  "  io  'Epwxóy.aaxpo  xocì  yj  'EpcoxoxpaTta  sìva',  y.aS-toc;  cf  ai- 
vexai,  xò  Chàteau  d'amour  xwv  raÀÀcov  xai  npojBévx^àXcov.  „  Intorno  ali'  in- 
fluenza esercitata  da  Venezia  per  la  diffusione  delle  ideo  cavalleresche 
in  Creta  vedi  le  osservazioni  del  riavvdpYjg,  ITspì  'Epwxoxp-Ixoo  xaì  xoù  ttoiy;- 
xoO  aùxoù.  'Atì-.  1889,  p.  25  ss. 

(2)  Mi  basti  qui  ricordare  l'autore  del  poema  'Epwxóxp'.xo;,  Vincenzo 
Cornaro  di  Sitia,  il  quale  fu  dal  Kopavjj  chiamato  o  "0|j.i';po;  x-^;  yuòaix^S 
cptXoXoYtag.  Pei'ò  l'eruditissimo  Satlias  nel  giornale  'Eaxóa  del  2  giugno  1885, 
n.  492,  espresse  i  suoi  dubbi  riguardo  alla  possibilità  che  r'EptoTóxptxos 
sia  stato  scritto  da  un  'Evsxóxpvjc,  riducendo  quasi  a  nulla  la  parte  avuta 
dal  Cornaro  nella  redazione  del  poema  e  scrivendo  "  à  Sé  Kopvàpog  àv- 
x'-Ypoc'^ag  r/  xac  èÀacfpò):;  5'.aaxsodaag  xò  TipwxóxuTiov  TipoasS-Yiy.s  xvjv  sv  xsÀs'.  (xoù 
TioiTjijiaxoc;)  Si^Àcoaiv  aùxoù.  „  Nel  n.  592  del  1  maggio  1888  pure  dell'  'Eaxia 
il  Sathas,  mantenendo  in  generale  queste  sue  osservazioni,  chiama  T'Epto- 
xóxp'.xos  una  "  'A9-Yìvar/.7]v  ÈTioTiouav.  „  Tutto  questo  però  non  regge,  come 
fu  dimostrato  dagli  studi  del  Fiavvapvi;  nell'  opera  citata  nella  nota  seg. 

(3)  Cfr.  Fiavvocpr^c;,  IIspL  'Epwxcxpixou  xaì  xoù  tioitjxoù  aùxoù.  sv  'A9-Yjva'.g 
1889,  pag.  25  "  [iéya  si  \iy\  xò  TzXeìaxov  |ispo;  xwv  sYxa{)-£axa,u.£V(ov  'Evsxcbv  sl^ov 
TJSvj  èxxp7jx'.a^)•■^  xaxà  XTjv  yXwaaav.  Aia  xòv  Xóyov  xoùxov  àTravx&iisv  sv  xot;  -4:1X0X0- 
Ytxols  Xsi'l^dvoig  XYj;  xóxs  sv.oyrfC,  -oXXob^  "WkXr^vixc,  auyypacpel;  'IxaXixà  òvó|iaxa 
cpspovxaj.  „  E  in  nota  continua  :  "  ToloOtol  IxaXojvoii.oi  KpTjXYjg  aijyypa-4;Et; 
xaL  XóytOL  àva-^épovxai   oùx  òXiyo;,  w;  Xóyou  X^P-'^  ^  r.o'kbc,    <!>,':  ayxiaxoc    (ftpav- 


260  A.    SCEINZI  (8) 

intorno  all'epoca,  alla  quale  ci  riconducono  i  poemetti  del  Nostro 
vivesse  in  Candia  un  discendente  della  famiglia  Falier  col  nome 
di  Marino,  al  quale  quindi  sia  da  attribuire  con  tutta  probabilità 
queste  povere  poesie. 

È  noto  come  le  genealog-ie  delle  famiglie  nobili  Veneziane 
residenti  in  Candia  sieno  state  compilate  con  grandissima  diligenza 
dal  N.  H.  Giannantonio  Muazzo  (i),  col  titolo  "  Cronico  delle  fa- 
miglie Nobili  Venete  che  habitarono  in  Regno  di  Candia  o  man- 
date in  colonia  o  capitate  con  altre  occasioni  sino  al  tempo  che 
il  Regno  stesso  passò  sotto  il  Dominio  dei  Turchi,  con  le  discen- 
denze di  quelle  che  ripatriate  in  detto  tempo  s' attrovano  tuttora 
in  Venezia,   1670   „  (^). 


x^saxoc)  Tlópxoc,  'Aiappóa'-o;  rpaòsvtyoj,  Mapivo;  Tl^ocvs^  nTrouviaX-^c;,  Md5t,iJ.cc; 
Mo'jpY^óv'.oc,  Mopt^lvo;  Vj  Mopo^ìvor,  axoÀàp)(y);  sv  'HpaxÀsiw,  xy.i  tioXXoì  àXXoi.  „ 
Qui  vuol  essere  ricordato  anche  Girolamo  Donato  ohe  fu  Duca  di 
Candia  nel  1508  e  che  un  poeta  contemporaneo,  MavóXYj  iy-ÀccPou,  loda 
per  eloquenza  nel  poemetto  intitolato  :  'H  aujicpopà  tyjs  KprjxTjj  èv  f,(;  ylyo- 
vsv  Toù  lisydÀou  aetaixoù  (sic) 

V.  97  et/aiiEV  Souxav  \  xòv  y.a'.pòv  rspa)VU|JLOV  Tovdòo 

5day.a?.o  Xéyw  pY/Xopav,  xai  t'  o'^oiid.  xou  àSoj. 

Cfr.  Wagner,  Carnima  (jraera  medii  aevi,  1874,  p.  56.  Di  Girolamo  Do- 
nato è  una  bellissima  lettera  diretta  a  Pietro  Contariui,  nella  quale  de- 
scrive eifìcacemente  il  terremoto.  Cfr.  Flaminius  Cornelius,  Creta  Sacra^ 
IT,  p.  408.  Per  la  Apolof/ia  del  Pontificato  Romano,  scritta  dal  Donato 
in  greco  e  più  tardi  volta  in  latino,  cfr.  Flaminius  Cornelius,  Creta  Sa- 
cra, 11,  p.  400;  Agostini,  Istoria  degli  .scrittori  veneziani,  II,  p.  217.  Qui 
andrebbe  ricordato  anche  Alvise  Lollini  di  nobile  famiglia  abitante  in 
Creta  morto  nel  1626  vescovo  di  Belluno;  cfr.  Flaminius  Cornelius,  Cre^a 
Sacra^  II,  441  ss.  Egli  durante  la  lunga  .assenza  dalla  patria,  torna  sem- 
pre col  pensiero  e  col  desiderio  all'  isola  dalle  cento  città  : 

Salve  iuventae  cìiara  a  nutrix  meae 

Superba  centuni  Creta  claris  urhihus 

(Aloysii  Lollini,  Carminmn  Libri  IV.  Venetiis,  MDCLV,  p.  25).  Altrove 

si  lagna  del  fato 

qui  neyat  Gortynios 
Nobis  penates,  Adrianos  dat  libens 
Priscae  unde  c/entis  satiip.simu.s'  primordia 

(ibid.  p.  155).  Contro  i  calunniatori  della  sua  patria  isola  stampò  un'A- 
pologia col  titolo  :  Heneto-Creta. 

(1)  Vedi  intorno  al  Muazzo  :  Foscarini,  Letteratura  veneziana,  Padova, 
1752,  pag.  331,  nota  318  ;  E.  Cicogna,  Iscrizioni  veneziane.  III,  p.  391  ss. 

(2)  L'  autografo  è  nella  Biblioteca  Bertoliana   di  Vicenza  in  due  vo- 


(9)  POESIE    INEDITE    DI    MAEINO    FALIEEI  261 

Io  mi  valg-0  della  copia  conservata  al  Museo  Civico  Correr 
fra  i  Mss.  Cicog-na  sotto  il  numero  2883  (3662)  {^).  Ora  a  pag;.  138  v. 
è  l'albero  genealogico  della  famiglia  Falier,  che  comincia  col  doge 
Yitale  e  che  qui  riporto  solo  per  il  ramo  che  ci  interessa  : 

Vidale  Falier,  doge  1084 

I 
Anzolo  Proc.'' 


Piero   A. 

Questo  andò  in  Candia,  i  cui  discondenti  si  vedono  qui  all'incontro  (pag. 
139  r.)  negli  Arbori  portati  in  giudizio  l'anno  1573.  Si  chiamano  di  Candia. 


lumi  segnati  G.  1,  11,  6-7,  colà  pervenuto  per  dono  dei  sigg.  Fedele  e 
Domenico  fratelli  Lampertico.  La  scrittura  infatti,  da  me  riscontrata,  è 
siniilissima  a  quella  di  altri  autografi  del  Muazzo.  Per  la  storia  di  questo 
autografo  è  da  vedere  la  seguente  Nota  apposta  al  Cod.  Marc.  Class.  YII, 
n.  196,  il  quale  da  pag.  259  r.  comprende  il  Cronico  del  Muazzo  : 

"  Il  manoscritto  autentico  del  quale  (Muazzo)  tutto  di  suo  pugno  si 
ritrova  appresso  al  N.  H.  Andrea  Cappello  fu  q.'"  Girolamo,  fu  q.'"  Zuanne 
Procur.  (la  S.  Lunardo.  Copiato  da  me  Pietro  Foscarini  fu  q.*"  Z.  Antonio 
fu  q.'"  Piero  fu  q.'"  Antonio  l'anno  1711  nel  mese  di  Xbre.  „ 

Più  sotto  è  una  nota  di  E.  Cicogna,  die  continua  così  : 

"  e  l'originale  ch'era  dal  Cappello  posseduto,  è  ora  (1852),  se  non 
isbaglio,  con  altri  autografi  del  Muazzo  nella  Biblioteca  della  Regia  Città 
di  Bassano.  „  Il  sig.  Giovanni  Crivellar!  assistente  presso  la  Biblioteca 
Comunale  di  Bassano,  pregato  da  me,  gentilmente  mi  comunicò,  non  esser 
vero  che  colà  sia  conservato  il  Cronico  autografo  del  Muazzo,  poiché  solo 
una  parte  della  biblioteca  Cappello  pervenne  a  quella  Civica  Biblioteca 
mentre  il  rimanente  finì  nella  Bertoliana  di  Vicenza.  E  invero  il  Ms.  della 
Bertoliana  proviene  dalla  casa  Cappello  in  Castigliano  (B^issano),  secondo 
una  notizia  che  debbo  alla  cortesia  del  Senatore  Fedele  Lampertico,  al 
quale  mi  pregio  presentare  qui  pubblici  ringraziamenti. 

(1)  Do  le  indicazioni  delle  copie  da  me  consultate  : 

Yicenza.  Bibl.  Bertoliana.  Ms.  G,  l,  11,  6.  Ms.  cartaceo  del  sec.  XVII. 
Tratta  della  famiglia  Falier  da  pag.  89  v.  a  91  r. 

Vicenza.  Bibl.  Bertoliana.  Ms.  G,  1,  11,7,  non  numerato.  È  una  copia 
abbreviata  del  precedente. 

Venezia.  Bibl.  Marciana.  Ital.  CI.  VII,  196,  da  carta  259  r.  Copia  di 
Antonio  Foscarini,  1711. 

Venezia.  Bibl.  Marciana.  Ital.  CI.  VII,  124. 

Venezia.  Museo  Civico  Correr,  Mss.  Cicogna,  2883  (3662).  Copia  au- 
tenticata dal  Notaio  di  Veglia  Girolamo  Gori,  30  aprile  1788. 

Venezia.  Museo  Civico  Correr,  Mss.  Cicogna,  2884  (3663).  Copia  auten- 


262  A.    SCEINZI  (10) 

E  a  pag.   139  r.  : 

A. 

Piero  Falicr  q.'"  Vidal, 
OA'cro  q.™  Anzolo  Proc.''  detto  di  Candia 

1 
Marco 

I 
Mieli  iel 

1 
Marco 


Marin        Miclii(d 


Fi'ancesco        feiinii,        femm.        fomiii.         feiiiin. 


feimii.        Marin 


Zuanne 


Questo  è  I'  ultimo  morto  in  Candia  per  la  cui  morte  si  apperse  il  caso  a 
favore  delli  Falieri  di  Venezia,  nacque  però  Littiggio  tra  8er  Francesco 
Fallar  q.™  Zuanne  q.™  P^'rancesco  et  Ser  Marco  Corner  q.™  Michiel  Figlio 
di  una  Fallerà  q.™  Marin  q."'  Marco  q.™  Michiel,  ma  prevalse  il  Falier, 
et  questo  andò  in  Candia,  hebbe  il  Possesso  de  Beni,  et  i  suoi  Posteri 
fino  alla  terza  generazion  li  godeva,  sino  che  i  Turchi  ruppero  i  Fidei- 
couiissi  a  forza  di  Scimitarra. 

Noi  abbiamo  quindi  trovato  nella  genealogia  dei  Falier  di 
Candia  due  Marini.  Io  credo  che  si  possa  e  deva  senz'  altro  ri- 
tenere che  uno  de'  due  sia  veramente  l'autore  delle  poesie  che  ci 
occupano.  È  vero  che  lo  stesso  Muazzo  scrisse  (^)  :  "  S'attrovorno 
al  tempo  della  Guerra  (cioè  tra  1645  e  il  1669)  molti  non  Nobili 
(Falier)  habbitanti  in  Candia,  quali  vivevano  civilmente,  et  erano 
residui  di  quelli  a'quali  per  la  Ribellione  1364  fu  levata  la  No- 
biltà et  i  beni,  condannati  et  tag-lizati,  et  alcuni  di  essi  passarono 
doppo  la  perdita  della  Patria  ad  habbitare  in  Venezia.  „  Però  se 


ticata  dallo  stesso  Notaio  Gori,  Veglia,  BO  gennaio  1787    /nore  veneto.   È 
una  riduzione  del  precedente,  senza  cioè  le  notizie  storiche. 

(1)  Muazzo,  Cronico  ecc.  Mss.  Cicogna,  2883  (3662),  p.  136  v. 


(11)  POESIE    INEDITE    DI    MARINO    EALIEEI  263 

noi  prestiamo  fede  all'intestazione  del  poema  g)  del  Legrand,  'Ioto- 

pta  xac  ovstpo  toO  sòyevsaxàxou  ap)(ovxos  xupt'ou  Maptvou 
OaXtépou  ed  anche  alla  chiusa  del  primo  poemetto  f)  del  Legrand, 

V.  281  1^  pt'y.a  xoO  OaXtspou 

xàcpévxTj  xoù  [v-taàp  Mapl  xoO  TcaXatoO  xoO  y^po'J  (0? 

facilmente  ci  persuadiamo  che  l'autore  era  nobile,  anzi  feudatario, 
come  si  devono  interpretare  le  parole  eùyevéoxaxo;  àp)(cov  (-).  Inoltre 
il  nome  Marino  che  è  relativamente  comune  nella  famiglia  Falier, 
secondo  l'abituale  perpetuarsi  dei  nomi  nelle  famiglie  nobili,  è  meno 
frequentemente  adoperato  presso  altre  famiglie.  Io  credo  quindi 
che  il  nostro  poeta  sia  da  identificare  con  uno  dei  due  Marini  so- 
pradetti. Tutto  invero  vale  a  giustificare  la  mia  asserzione.  La 
lunghissima  permanenza  in  Candia  (per  4  generazioni  nei  ri- 
guardi del  primo  Marino  di  Marco,  rispettivamente  di  6  genera- 
zioni per  Clarino  di  Francesco)  loro  permetteva  la  perfetta  co- 
noscenza della  lingua  greca  e  più  specialmente  del  dialetto  cre- 
tese, mentre,  d'altro  canto,  le  relazioni  continue  con  la  patria  e 
quindi  colle  letterature  occidentali  li  facevano  accessibili  alle  idee 
cavalleresche  intorno  all'Amore,  ai  Castelli  d'Amore  ecc.,  che  ap- 
paiono anche  nelle  poesie  del  Nostro. 

Crederei  poi  che  si  possa  con  grande  probabilità  avventu- 
rarsi a  scegliere  fra  i  due  Marini.  Marin  di  Frane,  sposò  nel  1496  (3) 
D.  Cecilia  Falier,  dovette  quindi  fiorire  nella  I'^  metà  del  secolo 
decimosesto  ;  Marin  di  Marco  invece  sposò  nel  1408  D.  Fiorenza 
Zen  (*)  di  Ser  Piero,  e  morì  (•^)  nel  1446.  Ora  almeno  due  ma- 
noscritti che  comprendono  le  poesie   del  FaUeri  sono  dalla  P'  metà 


(1  )  Questo  poemetto  nel  Yallicelliano  C.  46  ha  pure  il  titolo  :  n&ivjiia 
xoù  EÙYSveaxàxot)   'dpyovioc,  jiiaèp  Mapl  <i>aXispoo. 

(2)  I  feudi  dei  Falier  in  Creta  appartenevano  nel  sec.  XIII  al  Se- 
stiere di  Santi  Apostoli,  come  appare  dai  Catastica  Feudormn,  Archivio 
del  Duca  di  Candia,  Mappa  VII.  1.  nel  R.  Archivio  di  Stato  di  Venezia. 
Cfr.  E.  Gerland,  Das  Archiv  des  Herzoys  von  Kandia.  Strassburg,  1899, 
p.  79. 

(3)  Marco  Barbaro,  Genealogie  nobili  venete.  Museo  Civico  Correr, 
Mss.  Cicogna,  512,  voi.  III.  p.  241  v. 

(4)  Barbaro,  ibid.  p.  242  v. 

(5)  Barbaro,  Genealoffie.  Museo  Civico  Correr,  Mss.  Cicogna,  547,  p. 
157  V. 


264  A.    SCRINZI    -    POESIE    INEDITE    DI    MARINO    FALIEEI  (12) 

del  secolo  XVI  (^).  Ma  perchè  si  possa  pensare  alla  diffusione 
ed  alla  trasmissione  letteraria  di  questi  poemetti,  è  ragionevole 
presupporre  uno  spazio  di  tempo  abbastanza  lungo.  Io  quindi  pro- 
pongo di  riconoscere  come  autore  delle  poesie  Marino  q.™  Marco 
q."^'  ]\Iichiel  q."^  Marco  q.™  Piero  Falieri,  il  quale  abitava  nel  1434 
nella  città  di  Candia  e  possedeva  un  villaggio  di  nome  Isiago, 
in  cui  erano  più  di  70  famiglie  e  un  monastero  di  40  monaci  di 
religione  greca  ortodossa,  officiato  da  due  preti  greci,  per  la  suc- 
cessione dei  quali  ebbe  a  rivolgersi  al  Senato  di  Venezia,  come 
sappiamo  da  un  documento  (^). 


(  1  )  Cod.  Ambros.  Y.  81),  p.  sup.  Cfr.  Krunibacher,  Geschichfe  der  hi/z. 
Liti.'  p.  820  e  Legrand,  BibUothèque  gr.  vulg.  II,  p.  LX  ;  Cod.  Neapol.  Ili, 
B.  27.  Cfr.  Schmitt  in  AsXxiov  T^g  lax.  'Exaipiag,  1892,  p.  291. 

(2)  R.  Archivio  di  Stato  di  Venezia.  Senato,  Misti,  Reg.  59,  p.  55  v. 

[1434]  Die  X.  Junii.  Quod  concedat  viro  nobili  ser  Marino  Faletro 
quoniUmi  ser  Marci  habitatori  Candide  quod  cum  habeat  unum  suum 
Casale  vocatum  de  Isiago  in  quo  habitant  LXX  familiae  et  ultra,  et  etiani 
in  dicto  Casali  sit  unum  Monasterium,  in  quo  habitant  40  Moniales,  et 
in  eo  soliti  erant  stare  duo  presbiteri  Greci,  qui  mortui  sunt,  propter  quo- 
rum mortem  divina  officia  celebrari  nequeunt.  Quidam  Georgius  Cuta- 
gioti  filius  quondam  prothopape  Manoli  Cutagioti,  et  quidam  alius  Geor- 
gius etiam  Cutagioti  tìlius  pape  Michali  possint  examinari  in  locis  nostris, 
et  reperti  sufficientes,  ordinari  papates  sive  presbiteri  secundum  morem 
Grecoium  prò  officiando  ipsam  Ecclesiam  et  in  Casali  predicto  mini- 
strando ecclesiastica  sacramenta  et  mandetur  Regimini  Crete,  quod  de 
hiic  causa  bene  se  debeat  informare,  et  si  sic  esse  repererit,  permittat 
fieri  quod  requiritur. 
De  Parte  —  16 
De  Non  —  48 
Non  sinceri  —  15. 


(Licenziata  per  le  stampe  il  IS  yennaio  1900) 


Atti  del  Realk  Istituto  Vrneto  di  scienze,  lettere  ed  artl 
Anno  accademico  1899-900  -  Tomo  LIX  -  Parte  seconda. 


GLI  INSCRITTI  NELLE  UNIVERSITÀ 
E    NEGLI    ISTITUTI    SUPERIORI    DEL    REGNO 

NEL  SESSENNIO  SCOLASTICO  DAL  1893-94  AL  1808-99 

NOTA 

DEL  PUOI'.  CARLO  F.  FERRARIS,  m.  e. 

(Adummza  dd  30  dicnithre  1800) 


La  statistica  degli  inscritti,  studenti  ed  uditori,  nelle  Università 
e  negli  Istituti  superiori  del  Regno,  che  ora  presento,  abbraccia  un 
intiero  sessenio  scolastico  dal  1893-94  al  1898-99.  Il  materiale 
ne  fu  tratto  dal  Bollettino  ufficiale  del  Ministero  della  pubblica 
istruzione,  dagli  Annuari  delle  Università  e  degli  Istituti,  e  da  in- 
formazioni procuratemi  direttamente  dalle  rispettive  direzioni  e 
segreterie,  dalle  quali  ottenni  anche  schiarimenti  e  correzioni  per 
le  notizie  tratte  dalle  altre  fonti  ricordate. 

La  statistica  comprende  le  Università,  gli  Istituti  superiori  e 
le  Scuole,  che  sono  legalmente  pareggiate  a  quelle  pei  diplomi 
che  conferiscono,  e  rappresenta  il  concorso  al  momento  della  chiu- 
sura delle  inscrizioni,  cioè  nei  primi  mesi  dell'anno  scolastico. 

Gli  enti  considerati  dipendono  dal  Ministero  della  pubblica 
istruzione,  tranne  le  Università  libere,  e  le  due  Scuole  superiori 
di  agricoltura  di  Milano  e  di  Portici  dipendenti  dal  Ministero  di 
agricoltura,  industria  e  commercio  :  ed  ho  comprese  queste  Scuole, 
perchè  esse  hanno,  per  effetto  del  R.  Decreto  16  settembre  1896, 
n.  441,  ordinamenti  identici  a  quelli  della  Scuola  agraria  annessa 
alla  R.  Università  di  Pisa,  e  dal  1892  (pel  R.  Decreto  3  luglio 
1892,  n.  373)  rilasciano,  come  questa,  il  diploma  di  dottore  in 
scienze  agrarie,  cosicché  sono  di  fatto  istituti  di  istruzione  supe- 


266  e.  r.  FEEEAiiis  (2) 

riore  propriamente  detta  e  forse  non  è  lontano  il  giorno  in  cui 
verranno  anche  legalmente  a  farne  parte,  collegandosi  organica- 
mente, come  la  scuola  di  Pisa,  a  qualche  Università  o  a  qualche 
Istituto  superiore. 

Quali  scopi  mi  sia  proposto  con  questa  statistica  voglio  farlo 
noto,  riportando  in  parte  quanto  scrissi  nello  scorso  anno.  Essi  sono 
tre  : 

1",  rendere  le  notizie  comparabili  da  istituto  ad  istituto,  per- 
chè è  notorio  che  non  tutti  risultano  degli  stessi  elementi.  Alcune 
Università  hanno  quattro  Facoltà  (anzi  quella  di  Napoli  ne  ha 
cinque,  essendo  ivi  distinta  la  Facoltà  di  matematica  da  quella  di 
scienze  fisiche  e  naturali),  altre  tre,  altre  due,  altre  una  sola.  Al- 
cune hanno  annesse  scuole  di  ingegneria,  di  veterinaria  e  di  agraria, 
le  quali  in  altre  sedi  sono  autonome  o  in  tutto  e  per  tutto  o  solo 
amministrativamente,  cioè  conservando  qualche  legame  didattico 
e  disciplinare  col  maggior  istituto,  e  così  via  dicendo.  Inoltre  que- 
ste stesse  scuole  non  sono  costituite  tutte  in  modo  eguale  ;  ad 
esempio  la  Scuola  di  applicazione  di  Torino  ha  tre  sezioni  :  in- 
gegneria civile,  ingegneria  industriale,  architettura  ;  mentre  quelle 
di  Bologna,  di  Eonia,  di  Napoli  e  di  Palermo  hanno  la  prima  e 
la  terza,  quella  di  Padova  soltanto  la  prima.  Quindi  è  scorretto 
comparare  senz'  altro  le  cifre  da  istituto  ad  istituto,  e  perciò  ho 
voluto  presentarle  distribuite  in  modo  da  rendere  agevoli  e  sicuri 
i  confronti  ; 

2",  fornire  un  criterio  per  giudicare  dell'importanza  (esclusa 
quella  didattica,  che  qui  non  è  in  questione,  tutti  essendo  pari  da 
tale  aspetto)  dei  singoli  istituti.  Sarebbe  certamente  fallace  voler 
misurare  tale  importanza  alla  sola  stregua  del  numero  dei  discenti 
che  vi  si  agglomerano,  ma  questo  è  pure  un  elemento  per  valu- 
tarla, specialmente  perchè  l'entità  del  numero  degli  inscritti  di- 
versifica i  bisogni  :  l'ampiezza  dei  locali,  il  numero  delle  cattedre 
(ad  esempio^  per  eventuali  duplicazioni),  la  copia  del  materiale, 
variano  o  dovrebbero  variare  secondo  quel  numero,  senza  contare 
poi  che  il  lasciar  senza  titolare  certi  insegnamenti  fondamentali 
arreca  nelle  Facoltà  numerose  per  discenti  maggior  danno  che  nelle 
altre  ;  così  pure  alcuni  insegnamenti  complementari,  ma  pur  uti- 
lissimi per  l'alta  coltura,  non  dovrebbero  mancare  in  istituti  molto 
frequentati  ; 

3°,  riconoscere,  nelle  oscillazioni  del  numero  degli  inscritti, 
le  tendenze,  sia  generali  verso  l'istruzione  superiore;    sia  speciali 


(3) 


GLI    INSCEITTI    NELLE    UNIVEESTTA    ECC. 


267 


verso  determinati  ordini  di  studi  superiori  ;  e  su  questi  punti  spe- 
cialmente bramo  volgere  l'attenzione  eolla  seguente  breve  illustra- 
zione dei  prospetti. 


Confrontiamo  per  prima  cosa  il  concorso  agli  studi  superiori, 
cioè  il  numero  degli  inscritti,  col  numero  degli  abitanti.  Siccome 
la  cifra  effettiva  della  popolazione  presa  per  base  è  quella  cal- 
colata dalla  nostra  Direzione  generale  di  Statistica  pel  31  dicem- 
bre di  ciascun  anno,  e  la  cifra  effettiva  degli  inscritti  è,  come  di- 
cemmo, quella  trovata  al  momento  della  chiusura  delle  iscrizioni, 
la  quale  avviene  di  regola  nel  dicembre  (le  iscrizioni  nei  mesi 
successivi  danno  uno  scarso  contingente  ed  hanno  carattere  ec- 
cezionale), così  le  cifre  si  corrispondono  cronologicamente  e  si 
possono  legittimamente  confrontare  le  une  colle  altre.  Ne  risulta 
il  seguente  prospetto  : 


Popolazione   calcolata 
al  31  dicembre 
anno       1    cifre  elletlivc 

inscritti 
anuo  scolasi.  | cifro  ollellivc 

Inscritti 

per 
100,000 
abitanti 

189.-5 

30  724  319 

1893-94 

21870 

71,2 

i894 

30  913  036 

1894-95 

23  257 

75,2 

1895 

31  101  762 

1895-96 

24  123 

77,6 

1896 

31  290  490 

1896-97 

25  321 

80,9 

1897 

31  479  217 

1897-98 

25  598 

81,3 

1898 

31  667  946 

1898-99 

25  519 

80,6 

Si  scorge  agevolmente  dalle  cifre  proporzionali  come  il  nu- 
mero degli  inscritti  sia  cresciuto  in  misura  più  rapida  che  non  il 
numero  degli  abitanti  fino  all'anno  scolastico  1897-98  :  poi  de- 
crebbe, diguisachè  la  cifra  dell'anno  scolastico  1898-99  è  inferiore 
non  soltanto  a  quella  dell'anno  scolastico  precedente,  ma  anche  a 
quella  dell'anno  scolastico  189G-97. 

Ci  si  rivela  dunque  un  fatto  notevole  :  la  popolazione  ha  for- 
nito, nell'anno  scolastico    1898-99,  un  minor  numero  di  candidati 


268 


e.    ¥.    FEREAEIS 


(4) 


agli  studi  superiori,  che  non  nei  due  anni  scolastici  precedenti  : 
così  possiamo  considerare  quell'evento  come  sintomo  di  una  ten- 
denza nella  popolazione  diversa  da  quella  prevalsa  per  lo  innanzi. 
E  che  questa  tendenza  esista  ci  è  confermato  anche  dall'esame 
delle  cifre  degli  inscritti  contenute  e  confrontate  fra  di  loro  nel 
seguente  prospetto: 


Anno 
scolastico 


Numero 

degli 
inscritti 


Aumento  in  confronto 

coli'  anno  scolastico 

1893-94 

assoluto    I    relativo 


Aumento  -f- 

0  diminuzione  - 

in  confronto 

coir  anno 

scolastico 

precedente 


1893-94 
1894-95 
1895-96 
1896-97 
1897-98 
1898-99 


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23257 
24123 
25321 
25598 
25519 


— 

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106,3 

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110.3 

3451 

115,8 

3728 

117,0 

3649 

116.7 

-r  1387 
4-  866 
-f  1198 
-f  277 
—      79 


Il  numero  degli  inscritti  nell'anno  scolastico  1898-99,  se  fu 
ancora  assai  maggiore  di  quello  dell'anno  1898-94,  ed  anche,  ben- 
ché in  minor  misura,  degli  anni  seguenti  fino  al  1896-97,  pre- 
sentò invece  una  diminuzione  rispetto  all'anno  precedente,  il  1897- 
1898.  Già  l'anno  scolastico  1897-98  segnava  un  rallentamento  nel 
crescere  progressivo  degli  inscritti  :  nel  1898-99  il  rallentamento 
si  convertì  in  diminuzione.  È  poca  cosa,  trattandosi  di  appena  79 
individui  su  25519  inscritti  :  ma  combinato  coll'altro  fatto  pur  ora 
avvertito,  può  ben  considerarsi  come  non  trascurabile  manifesta- 
zione di  un  convincimento,  che  sembra  ornai  divenuto  generale, 
essere  cioè  soverchio  il  concorso  agli  studi  superiori  e  realmente 
in  eccesso  rispetto  alla  misura  in  cui  è  sentito  nel  nostro  paese 
il  bisogno  di  professionisti  liberali  o  almeno  di  certe  categorie  di 
tali  professionisti.  E  vedremo  che  il  miglioramento  è  qualitativa- 
mente assai  pili  importante,  che  non  appaia  da  quelle  cifre. 

Il  prospetto,  che  ora  segue,  ci  mostra  in  che  modo  si  è  di- 
stribuita la  popolazione  scolastica  nei  vari   ordini  di  studi. 


(5) 


GLI    INSCEITTI    NELLE    UNIVERSITÀ    ECC. 


269 


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270  e.    F.    FEKEABIS  (6) 

La  diminuzione  del  1898-99  rispetto  al  1897-98  fu  cospicua 
negli  studi  di  g-iurisprudenza  (225),  di  notariato  e  pei  procuratori 
(24),  di  medicina  e  chirurgia  (214),  di  scienze  matematiche  —  sia 
per  la  laurea  in  matematica  (49),  sia  per  il  primo  biennio  di  in- 
gegneria (13),  —  di  lettere  e  filosofia  (66),  del  triennio  di  inge- 
gneria nelle  scuole  di  applicazione  (90)  :  e  una  leggiera  differenza 
in  meno  si  ritrova  anche  per  le  scienze  fisiche  (3).  Quindi  la  di- 
minuzione si  avverò  specialmente  nella  massima  parte  degli  studi 
che  portano  ai  supremi  gradi  accademici  :  sommando  insieme  le 
relative  cifre,  si  arriva  al  non  piccolo  totale  di  084  :  e  così  il 
movimento  di  discesa  appare,  negli  studi  prima  troppo  afi'ollati, 
assai  più  forte  che  non  lasciasse  supporre  la  cifra  complessiva 
della  diminuzione  ricavata  dal  precedente  prospetto. 

Ne  questo  miglioramento  qualitativo,  reale  ed  efficace,  nella 
distribuzione  della  popolazione  scolastica  è  perturbato  dall'  essere 
in  aumento  il  concorso  agli  studi  di  chimica  pura  (20)  e  di  chi- 
mica e  farmacia  (71),  e  pei  diplomi  professionali,  cioè  ostetricia  (77)^ 
farmacia  (325),  medicina  veterinaria  (HO).  Anzi  devesi  dire  il 
contrario.  Infatti  i  cultori  della  chimica  pura,  oltreché  nell'  inse- 
gnamento, possono  trovar  impiego  nelle  industrie  ed  è  quindi  de- 
siderabile che  ne  cresca  il  numero  in  proporzione  all'incremento 
industriale  del  paese.  Gli  studiosi  di  chimica  e  farmacia  sono  alla 
loro  volta  in  gran  parte  persone^  che,  pur  volendo  attendere  alla 
professione  farmaceutica,  si  numiscono  di  coltura  piìi  estesa  ed 
anche  di  un  titolo,  che  li  faccia  superare  nella  gara  della  concor- 
renza i  farmacisti  muniti  di  semplice  diploma  professionale  ;  e  così, 
dopo  la  laurea,  contribuiscono  a  tener  alta  la  dignità  della  profes- 
sione, portano  nei  rispettivi  comuni  maggior  corredo  di  cogni- 
zioni chimiche,  che  possono  diffondere  (e  questo  giova  in  particolar 
modo  nei  comuni  rurali  per  le  applicazioni  nell'  agricoltura),  ed 
infine  si  aprono  la  via  ad  eventuale  impiego  nelle  fabbriche  di 
prodotti  chimico-farmaceutici.  Il  crescente  numero  poi  degli  aspi- 
ranti ai  ricordati  diplomi  professionali  di  ostetricia,  farmacia  e  ve- 
terinaria, è  conseguenza  di  un  bisogno  effettivamente  sentito  : 
in  molti  comuni,  particolarmente  nei  rurali,  quei  professionisti 
scarseggiano  ancora,  e  su  tal  punto  l'applicazione  della  legge  sul- 
l'igiene pubblica  del  22  dicembre  1888,  n.  5849,  non  è  ancora 
compiuta:  quindi  perchè  in  tale  parte,  come  è  da  augurarsi,  la 
legge  possa  produrre,  come  in  altri  rami  ha  già  prodotto,  piena- 
mente  i  suoi  benefici  effetti,  occorre  appunto  che  gli   Istituti   su- 


(7)  (ILI    INSCRITTI    NELLE    UNIVERSITÀ    ECO  271 

periori  forniscano  un  copioso  e  ben  istruito  personale  di  levatrici, 
(li  farmacisti  e  di  veterinarii. 

Due  soli  punti  neri,  del  resto  assai  lievi,  ci  offre  il  ])rospetto: 
un  aumento  negli  inscritti  per  le  scienze  naturali  (20),  una  dimi- 
nuzione neg-li  inscritti  per  l'agraria  (24).  Dovrebbe  essere  proprio 
tutto  il  contrario  !  Perchè,  mentre  i  buoni  e  sapienti  cultori  e 
maestri  delle  discipline  agrarie  scarseggiano,  sovrabbondano  i  cul- 
tori e  maestri  delle  scienze  naturali  ;  questi  poi  possono  trovar 
impiego  soltanto  nell'  insegnamento,  mentre  quelli  hanno  aperta 
dinanzi  anche  la  larga  strada  degli  impieghi  nelle  aziende  agrarie, 
ora  in  continuo  perfezionamento.  Siccome  però  le  cifre  del  ses- 
sennio confrontate  le  une  colle  altre  lasciano  scorgere,  che  l'au- 
mento degli  inscritti  per  le  scienze  naturali  tende  a  rallentarsi 
(quello  del  1898-99  è  inferiore  all'aumento  verificatosi  negli  anni 
precedenti),  mentre  la  diminuzione  degli  inscritti  per  le  scienze 
agrarie  avvenne  soltanto  nell'  ultimo  biennio  dopo  un  precedente 
assai  rapido  aumento,  così  non  è  improbabile  che  le  cose  si  mani- 
festino in  un  modo  diverso  e  più  soddisfacente  nell'avvenire. 

Abbiamo  visto  come  gli  inscritti  nelle  scuole  di  ingegneria 
siano  scemati  notevolmente  se  si  considerano  in  totale.  Però,  sic- 
come nelle  scuole  d'ingegneria  si  attende  ad  un  triplice  ordine 
di  studi,  è  bene  analizzare  meglio  il  fenomeno,  per  il  che  il  ma- 
teriale ci  è  fornito  dal  seguente  prospetto  : 


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Inscritti  \^»o  Aulo  Auuo  Addo        nell'anno  scoi.  1898-99 

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La  diminuzione  duu(]ue  si  è  verificata  per  gli  aspiranti  ai 
diplomi  di  ingegnere  civile  e  di  architetto,  mentre  invece  gli  aspi- 
ranti al  diploma  di  ingegnere  industriale  sono  in  continuo  au- 
mento. Ed  è  bene  che  così  sia.  Gli  ingegneri  civili  e  gli  archi- 
tetti sovrabbondano,  ne  ad  occuparli  tutti  basta  il  movimento  edi- 
lizio delle  grandi  città,  tantopiù  essendosi  rallentati  i  lavori  pub- 
blici in  generale  e  in  ispecie  le  costruzioni  ferroviarie  e  i  lavori 
catastali.  Invece  gli  ingegneri  industriali  cominciano  ad  essere  assai 


272  ■  e.    F.    FEEEAEIS  (8) 

ricercati  ;  essi  sono  altrettante  forze  scientifiche,  le  quali  contribui- 
ranno ad  accelerare  il  perfezionamento  (leirai!,ì'icoltura  e  lo  sviluppo 
dell'industria  nel  nostro  paese,  che  di  entramlie  le  cose  sente  ne- 
cessità imperiosa. 


Ho  poi  voluto  tentare,  come  negli  scorsi  anni,  ma  ora  con 
mao-giore  larghezza,  una  ricerca  sul  concorso  ai  singoli  ordini  di 
studi  secondo  le  regioni.  Il  dato  statistico  fornisce,  se  non  altro, 
un  sintomo  delle  diverse  tendenze  regionali  e  qualche  elemento 
per  lo  studio  dell'  influenza  che  gli  altri  fenomeni  sociali  e  gli 
ordinamenti  scolastici  possono  esercitare  sulla  coltura  intellettuale. 

La  cifra  della  popolazione  presa  per  base  è  quella  calcolata 
dalla  nostra  Direzione  generale  della  Statistica  pel  81  dicembre 
1898. 

Limitai  l'indagine  :  1°,  alle  quattro  Facoltà  classiche,  perchè 
sono  meglio  distri])uite  sul  territorio  nazionale  ed  hanno  carattere 
precipuamente  scientifico  ;  restano  escluse  quindi  le  Scuole  di  In- 
gegneria, di  Yeterinaria,  di  Agraria,  di  Farmacia,  di  Notariato, 
di  Ostetricia,  vuoi  autonome,  vuoi  annesse  alle  Università  ;  le  Scuole 
dei  tre  primi  ordini  di  studi  sono  molto  disugualmente  ripartite 
e  non  permettono  confronti  regionali  ;  tutte  poi  soddisfano  princi- 
palmente a  bisogni  pratici  ;  2»,  agli  inscritti  nel  triennio  scolastico 
1896-97,  1897-98  e  1898-99  :  il  comprendervi  gli  anni  anteriori 
avrebbe  resa  l'indagine  molto  faticosa  senza  alcuna  sensibile  va- 
riazione nei  risultati. 

Ilo  diviso  il  paese  in  cinque  parti  :  1",  lf(ili((  seitentrionale, 
con  sei  istituti,  le  Università  di  Genova,  di  Padova,  di  Pavia,  di 
Torino,  l'Accademia  scientifico-letteraria  di  Milano  e  l'Istituto  tec- 
nico superiore  (soltanto  per  gli  inscritti  nella  scuola  preparatoria, 
corrispondente  al  primo  biennio  della  Facoltà  universitaria  di 
scienze  matematiche,  e  nella  sezione  normale  per  la  fisica,  chimica 
e  scienze  naturali)  pure  di  Milano  ;  2",  Italia  ceiifrale,  con  dodici 
istituti,  le  Università  di  Bologna,  Macerata,  Modena,  Parma,  Pisa, 
Koma,  Siena,  Camerino,  Ferrara,  Perugia,  Urbino  e  l'Istituto  su- 
periore di  Firenze  ;  8",  Italia  meridionale  continentale,  colla  sola, 
ma  grande  Università  di  Napoli  ;  4",  Sicilia,  con  tre  istituti,  le 
Università  di  Catania,  Messina  e  Palermo  ;  5°,  Sardci/zta^  con  due 
istituti,  le  Università  di  Cagliari  e  di  Sassari. 


(9) 


GLI    INSCEITTI    NELLE    UNIVERSITÀ   ECC. 


273 


Avverto  che  pel  dato  sulla  popolazione  ho  compreso  nell'Italia 
centrale  anche  l'Abruzzo  (non  il  Molise),  cioè  le  tre  provinole  di 
Aquila,  Chieti  e  Teramo,  che  ormai  profittano  più  degli  istituti 
delle  altre  proviiicie  confinanti  che  non  di  quelli  di  Napoli  (Vedi 
il  prospetto  a  pag.   10). 

Dal  prospetto  risulta  che  quanto  al  concorso  nei  singoli  or- 
dini di  studi  ed  in  proporzione  al  numero  rispettivo  degli  abitanti 
le  cinque  grandi  regioni  si  dispongono  nel  seguente  modo  : 


Numero 
d'ordine 

Facoltà 

di 

Giurisprudenza 

Facoltà 
di  Medicina 

e  Chirurgia 

Facoltà 

di  Scienze 

matematiche, 

fìsiche 

e  naturali 

Facoltà 
di  Lettere 
e  Filosofia 

1°  posto 

Italia  centrale 

Italia  merid. 

Italia  centrale 

Italia  centrale 

2°      „ 

Italia  merid. 

Italia  centrale 

Italia   settentr. 

Sicilia 

3"      „ 

Sicilia 

Sardegna 

Sicilia 

Italia  settentr. 

4°      „ 

Sardegna 

Sicilia 

Italia  merid. 

Italia  merid. 

5°      „ 

Italia   settentr. 

Italia  settentr. 

Sardegna 

— 

Le  cause  che  determinarono  la  varia  misura  regionale  del  con- 
corso sono  molteplici.  Cercherò  di  indicarne  taluna  che  mi  sembra 
possa  considerarsi  come  più  certa. 

1.0  Italia  settentrionale.  Il  concorso  alle  Facoltà  giuridica  e 
medica,  che  è  il  minimo  del  RegnO;  vi  è  rallentato  dal  maggior 
progresso  agricolo,  industriale,  commerciale,  il  quale  permette  a 
molti  di  volgersi  alle  professioni  economiche  pratiche  ed  alle  li- 
berali di  carattere  tecnico  (i  numerosi  allievi  delle  grandi  scuole 
di  ingegneria  di  Torino  e  di  Milano,  che  da  sole  tengono  più 
della  metà  di  tutti  gli  allievi  ingegneri,  sono  in  maggioranza  set- 
tentrionali). Siccome  a  queste  professioni  gli  studi  di  scienze  ma- 
tematiche, fisiche  e  naturali  si  congiungono  con  più  stretto  vin- 
colo, così  vediamo,  a  differenza  delle  due  Facoltà  accennate,  assai 
cospicuo  nella  regione  il  concorso  alla  Facoltà  di  scienze,  al  quale, 
come  pure  a  quello  (però  assai  più  basso)  della  Facoltà  di  lettere  e 
filosofia,  contribuisce,  specialmente  nelle  provincie  venete,  un  forte 
contingente    di  futuri  insegnanti.  Importante  e  caratteristico    è  il 


274 


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(11)  GLI    INSCEITTI    NELLE    UNIVEESITÀ    ECC.  275 

fatto  che  agli  studi  g-iuridici  la  cifra  di  concorso  è  veramente 
esigua:  che  la  maggior  coltura  e  ricchezza  sieno  un  freno  allo 
spirito  litigioso  e  distolgano  da  quegli  studi,  i  cui  cultori  devono 
in  gran  parte  volgersi  all'esercizio  dell'avvocatura  ?  Il  minor  con- 
corso agli  studi  medico-chirurgici  può  anche  spiegarsi  col  fatto 
che  i  comuni  della  regione  sono  già  abbastanza  forniti  di  perso- 
nale sanitario.  Inoltre  occorre  tener  presenti  due  circostanze  :  la 
popolazione  non  è  soverchiamente  agglomerata,  ma  neppure  so- 
verchiamente sparsa,  quindi  non  sono  troppi  i  centri  o  le  frazioni 
locali  :  i  molti  e  buoni  mezzi  di  comunicazione  rendono  meno  sen- 
tito in  generale  il  bisogno  di  aver  professionisti  legali  e  medici 
distribuiti  in  tutti  tali  centri  o  frazioni  locali  :  e  tutto  ciò  confe- 
risce a  scemare  il  numero  di  quei  professionisti. 

2."  Italia  centrale.  Qui  troviamo  i  massimi  del  Eegno  per  le 
Facoltà  di  giurisprudenza,  di  scienze  matematiche,  fisiche  e  na- 
turali e  di  lettere  e  filosofia,  e  il  secondo  posto,  ma  con  cifra  assai 
alta,  per  la  Facoltà  medica.  Si  sarebbe  disposti  a  riferire  questo 
fatto  ad  una  causa,  che  chiamerò  artificiale,  il  grande  numero  di 
istituti,  i  quali  colla  loro  vicinanza  allettano  gli  abitanti  agli  studi 
superiori.  E  tale  circostanza  ha  certamente  molta  influenza,  ma 
non  le  attribuisco  efficacia  preponderante,  perchè,  almeno  per  le 
Facoltà  giuridica  e  medica,  anche  la  regione  meridionale  conti- 
nentale ha  cifre  molto  elevate,  benché  conti  una  sola  Università. 
È  inoltre  notevole  come  il  concorso,  così  cospicuo,  sia  equamente 
distribuito  fra  tutti  gli  ordini  di  studi.  Crederei  quindi  che,  oltre 
al  numero  grande  degli  istituti,  conferisca  a  quel  risultato  innanzi 
tutto  la  natura  delFingegno  di  quelle  popolazioni,  che  mostra  at- 
titudini molto  svariate  e  si  piega  duttilmente  alle  varie  discipline. 
Si  aggiungono  parecchie  altre  circostanze  :  vi  è  la  capitale,  che 
attira  molti  agli  studi  anche  da  altre  regioni  ed  ha  nel  suo  seno 
stesso  un  gran  numero  di  giovani,  come  ad  esempio  i  figli  di  im- 
piegati e  di  appartenenti  agli  alti  corpi  legislativi  ed  amministra- 
tivi dello  Stato,  i  quali  per  la  tradizione  familiare  si  volgono  in 
gran  parte  agli  studi  superiori,  per  entrare  poi  anch'essi  negli  im- 
pieghi e,  in  ogni  caso,  per  esercitare  professioni  liberali  ;  vi  è  il 
preponderare  in  tutta  la  regione  della  ricchezza  agricola,  che  non 
soltanto  distoglie  dagli  studi  superiori  teorici  meno  degli  interessi 
industriali  e  commerciali,  come  avviene  nell'Italia  superiore,  ma  anzi 
vi  spinge  largamente,  perchè  in  generale  i  maggiori  proprietarii 
fondiai'ii  prendono  il  titolo  accademico,  benché  lo  considerino  solo 


276  e.    F.    FERRARIS  (12) 

come  ornamento  o  preparazione  alle  cariche  pubbliche  locali  e  po- 
litiche, ed  i  proprietarii  medii  congiungono  l'esercizio  professionale 
alla  cura  della  propria  azienda  ag-raria  :  vi  è  la  popolazione  meno 
agglomerata  che  non  nell'  Italia  superiore  e  nella  meridionale,  ed 
essa  quindi  richiede  maggior  copia  di  professionisti  per  soddisfare  ai 
bisogni  dei  più  numerosi  e  sparsi  centri  locali  :  vi  è  un  impulso  tra- 
dizionale verso  la  coltura  intellettuale,  che,  soffocato  dai  passati 
governi  almeno  in  molta  parte  della  regione,  va  ora  maggiormente 
esplicandosi  e  ricupera  rapidamente  il  tempo  perduto  ;  vi  è  infine 
qualche  istituto  che  ha  speciali  cause  di  concorso,  come  l'Università 
di  Pisa  per  la  scuola  normale,  ove  vengono  anche  da  altre  regioni 
studenti  per  le  Facoltà  di  scienze  e  di  lettere. 

8.0  Ifalia  meridionale  (■oiiiinentaìe.  Le  eccezionali  agevolezze 
e  il  copioso  materiale,  che  l'Università  di  Napoli  presenta  per  gli 
stwdi  medici,  vi  hau  sempre  tenuto  molto  alto  per  questi  il  con- 
corso, a  cui  contribuiscono  anche  provincie  non  napoletane  ;  ne  è 
a  trascurarsi,  che  la  professione  medica  procura  in  quella  regione 
notevoli  guadagni,  e  non  vi  è  ancora  in  adeguata  misura  sod- 
disfatto il  bisogno  di  personale  sanitario  in  molti  comuni,  ove  le 
condizioni  igieniche  sono  infelici  ed  alte  le  cifre  della  mortalità, 
specialmente  per  malattie  infettive.  Alla  Facoltà  giuridica  guidano 
pure  speciali  circostanze  :  una  tendenza  tradizionale,  e  non  del  tutto 
socialmente  proficua,  della  popolazione  agli  studi  legali,  il  pre- 
stigio e  i  lucri  dell'avvocatura,  il  preponderare  della  grande  pro- 
prietà agricola,  i  cui  possessori  scelgono  la  laurea  più  facile  e  più 
utile  in  pari  tempo  come  avviamento  alla  vita  amministrativa  lo- 
cale, alla  politica  ed  alla  diplomazia.  Invece  meno  viva  è  la  ten- 
denza agli  studi  di  scienze  matematiche,  fisiche  e  naturali,  forse 
perchè  meno  attiva  vi  è  la  vita  economica,  a  cui  quelli  si  rianno- 
dano, e  forse  perchè  meno  in  genere  adatti  alle  qualità  dell'  in- 
gegno meridionale.  Sorprende  però  lo  scarso  concorso  agli  studi 
filosofici  e  letterarii,  a  cui  invece  l'ingegno  meridionale  è  così  pro- 
penso ;  ma  forse  alquanti  cultori  regionali  di  essi  si  recano  in  altre 
Università  o  dell'Italia  centrale  o  della  Sicilia. 

4.0  Sicilia.  Qui  cooperano  più  cause  a  determinare  il  cospicuo 
concorso  :  il  numero  relativamente  grande  degli  istituti,  la  densa 
popolazione  e  l'agglomeramento  suo  nelle  città  e  sulle  coste  tirrena 
e  ionica,  ove  esistono  le  Università,  il  prevalere  della  proprietà 
agricola,  specialmente  della  grande,  che  agisce  nel  modo  già  sopra 
indicato.  È  pure  notevole  come  il  concorso  sia  uniformemente  di- 


(13)  GLI    mSCEITTI    NELLE    UNIVEESITÀ    ECC.  277 

stribuito  fra  i  varii  ordini  di  studi,  fatto  che  già  notammo  pel- 
r  Italia  centrale  ;  e  anche  pella  Sicilia  concorre  a  tale  risultato, 
oltre  al  numero  degli  istituti,  che  sono  tutti  completi  colle  quattro 
Facoltà  classiche,  anche  la  natura  dell'ingegno  che,  senza  presentare 
attitudini  eccezionali,  si  piega  e  volge  con  buon  successo  alle  varie 
discipline.  Esiste  per  verità  un  fatto  che  perturba  alquanto  la  ma- 
nifestazione normale  del  concorso  regionale  agli  studi,  perchè  un 
certo  numero  di  giovani  siciliani  preferisce  per  gli  studi  medici 
l'Università  di  Napoli  a  quelle  dell'isola,  cosicché  alle  Facoltà  me- 
diche di  Messina  e  Catania  il  concorso  è  stazionario  ed  a  quella  di 
Palermo  è  in  forte  diminuzione;  viceversa  una  corrente  di  studiosi 
delle  altre  materie  dalle  Calabrie  varca  lo  Stretto  e  frequenta  le 
Università  siciliane  della  costa  jonica.  Queste  circostanze  influiscono 
certamente  a  deprimere  la  cifra  totale  regionale  del  concorso  alla 
Facoltà  medica,  mentre  ingrossano  le  cifre  delle  altre  tre  Facoltà: 
qumdi  normalmente  la  prima  dovrebbe  apparire  alquanto  più  alta, 
più  basse  invece  le  altre.  Ma  la  proporzione  del  duplice  fatto 
non  è  tale  da  togliere  valore  alle  osservazioni  generali  poco  in- 
nanzi formulate.  Inoltre,  siccome  senza  l'elemento  calabrese  il  con- 
corso alla  Facoltà  giuridica  sarebbe  minore,  così  appare  che  l'in- 
gegno siciliano  è  meno  del  napoletano  proclive  agli  studi  giuridici. 
E  pure  considerando  come  ingrossate  dall'  elemento  calabrese  le 
cifre  della  Facoltà  di  scienze  e  della  Facoltà  di  lettere  e  filosofia, 
tuttavia  esse  sono  così  superiori  (quasi  del  doppio)  a  quelle  del- 
l' Italia  meridionale  continentale,  da  lasciar  supporre  nell'ingegno 
siciliano  in  confronto  del  napoletano  una  maggior  tendenza  verso 
le  scienze  matematiche,  fisiche  e  naturali,  ed  anche  verso  gli  studi 
letterari,  ai  quali  forse  sospinge  l' ambiente,  così  ricco  di  grandi 
memorie  e  mirabili  monumenti  dell'Antichità  classica  e  del  Medio 
Evo  arabo  e  normanno. 

5.'^  Sardegna.  Qui  le  condizioni  sono  alquanto  anormali.  Nel- 
l'isola manca  la  Facoltà  di  lettere  e  filosofia  :  ve  ne  è  una  sola, 
ed  assai  monca,  di  scienze  matematiche,  fisiche  e  naturali  ;  è  quindi 
naturale  che  i  pochi  studiosi  dati  dalla  scarsa  popolazione  si  vol- 
gano di  preferenza  ai  due  ordini  di  studi,  i  giuridici  e  i  medici, 
che  soli  sono  costituiti  in  modo  soddisfacente.  Si  aggiunga  che  la 
tradizione  chiama  non  pochi  studiosi  sul  continente,  il  che  non 
permette  di  trarre  dalle  cifre  relative  all'isola  un  giudizio  alquanto 
sicuro  sulle  locali  tendenze  verso  l'alta  coltura. 

Mi  sarebbe    assai  gradito  se  altri    più  esperto  di  me  e    mi- 


278  e.    F.    PEERAKIS    -    GLI    INSCRITTI    ECC.  (14) 

gliore  conoscitore  delle  varie  regioni  prese  singolarmente  volesse 
confermare,  completare,  correggere,  confntare,  se  occorra,  le  opi- 
nioni che  mi  son  permesso  di  esprimere  a  s])iegazione  delle  cifre. 
Dalle  cifre  complessive  per  tutto  il  Eegno  risulta  che,  fatte 
le  proporzioni  a  centomila  abitanti,  il  concorso  è  di  20.21  inscritti 
per  la  Facoltà  di  giurisprudenza,  di  21.54  per  quella  di  medicina 
e  chirurgia,  di  8.02  per  quella  di  scienze  matematiche,  fisiche  e 
naturali,  di  5.08  per  quella  di  lettere  e  filosofia.  Tali  cifre  non 
sono  però  compa*  abili  fra  loro,  perchè,  durando  il  corso  nella  Fa- 
coltà medica  un  sessennio,  mentre  nelle  altre  dura  soltanto  un 
quadriennio,  si  aduna  naturalmente  nella  prima  maggior  copia  di 
inscritti.  Per  rendere  le  cifre  comparabili,  bisogna  ridurre  di  un 
terzo,  cioè  a  14.36,  quella  per  la  Facoltà  medica  :  ed  allora  si 
può  conchiudere  che  il  massimo  concorso  si  riscontra  pegli  studi 
giuridici  (20.21),  poi  vengono  gli  studi  medici  (14.36),  poi  gli 
studi  fisico-matematici  (8.02),  e  infine  gli  studi  filosofico-letterarii 
(5.08)  ;  le  cifre  così  rispecchiano  e  riassumono  le  varie  tendenze 
e  i  varii  impulsi  derivanti  dalle  condizioni  e  dai  bisogni  indivi- 
duali e  sociali  sopra  esposti. 


Seguono  le  tavole  particolareggiate,  nelle  quali,  sotto  il  nome 
generico  di  Facoltà,  sono  comprese  anche  le  sezioni  degli  Istituti 
e  delle  Scuole  superiori  corrispondenti  alle  Facoltà  universitarie, 
perchè  vi  si  impartiscono  gli  stessi  insegnamenti  e  si  conferiscono 
gli  stessi  gradi  accademici. 


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nell'anno  scolastico  1898-110 

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scolastico  1803-94           1 

(17)  e.    F.    FEBHAHIS    -    UI.I    INSCRITTI    NEIìLB    UNIVERSITÀ    ECC.  281 

li.    Fiinillà  ili  (r/iirh/ii  iKh'H2(i  e   Sriiiila  ili   Ni>tfiiii(tii 


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li    PROCURATORE 

1 

iiseritt 

neir  anno  se 

jlastii'O 

Inscritti 

leir  anno  scolastic 

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1.  Kkuik 

Università 

1.  Bologna  .  . 

337 

344 

331 

329 

307 

285 

19 

13 

17 

24 

25 

19 

2.  Cagliari  .  . 

90 

85 

90 

83 

81 

79 

7 

14 

14 

12 

20 

11 

3.  Catania   .  . 

285 

265 

267 

262 

235 

224 

94 

96 

72 

82 

73 

64 

4.  Genova   .  . 

454 

437 

374 

325 

296 

293 

53 

52 

38 

44 

44 

37 

5.  Mai-oiata    . 

190 

302 

347 

287 

240 

173 

6 

8 

22 

26 

24 

15 

6.   .Messina  .  . 

162 

151 

150 

153 

140 

131 

46 

47 

38 

42 

44 

33 

7.   ìlodi'iiii   .  . 

106 

106 

92 

89 

76 

80 

1 

1 

3 

5 

5 

1 

8.  Napoli  .  .  . 

1572 

1787 

1724 

1519 

1664 

1595 

262 

256 

189 

198 

164 

144 

9.  Padova    .  . 

307 

322 

32f< 

336 

339 

305 

28 

31 

15 

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16 

9 

10.  Pal.Tirio  .  . 

335 

371 

395 

361 

380 

467 

36 

53 

63 

40 

47 

42 

11.  Panna  .  .  . 

96 

107 

98 

106 

88 

71 

6 

3 

5 

4 

5 

7 

i2.  Pavia 

232 

209 

238 

249 

214 

229 

15 

8 

15 

12 

7 

13 

13.  Pisa    .... 

217 

212 

225 

203 

200 

202 

18 

14 

10 

3 

6 

7 

14.  Roma    .  .  . 

840 

818 

796 

723 

672 

646 

49 

52 

57 

46 

41 

45 

15.  Sassari  .  .  . 

80 

77 

60 

63 

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55 

3 

1 

3 

5 

4 

— 

16.  Siena.  .  .  . 

79 

72 

87 

95 

87 

89 

5 

14 

13 

4 

11 

11 

17.  Torino  .  .  . 

658 

632 

631 

632 

632 

631 

72 

67 

73 

64 

50 

46 

II.    U.MVERSITÀ 

LIUERE 

1.  Camerino  . 

81 

84 

45 

59 

40 

32 

3 

7 

4 

8 

2 

1 

2.  Ferrara  .  . 

28 

23 

26 

22 

22 

23 

2 

1 

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1 

1 

— 

3.  Perugia  .  . 

78 

70 

71 

72 

83 

59 

3 

4 

6 

7 

10 

8 

4.  Urbino  .  .  . 

61 

39 

24 

28 

24 

21 

- 

— 

— 

- 

1 

IH.  Scuole 

CNIVERSITARIE 

ANNESSE  AI  LICEI 

1.  Aquila  .  .  . 

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13 

14 

3 

4 

2 

6 

2.  Bari    .... 

— 

— 

— 

— 

— 

— 

16 

20 

21 

19 

12 

10 

3.  Catanzaro  . 

— 

— 

— 

— 

— 

— 

15 

12 

6 

6 

18 

25 

IV._  Scuole 

w   Notariato 

1.  Firenze    .  . 
Totìtle 

- 

- 

- 

- 

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55 

41 

50 

26 

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13 

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III.  Focoìiù   ili  Meiliciiia  e  Cli/niii/iii  e  Smolli  ili  (hteti/ciii 


(18) 


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LAUREA    IN    MEDICINA 

E    CHIRURUIA 

VV.K    DIl'I.OMA 

DI    ].E\ 

ATRICE 

Inscritti  neir 

anno  scoliistic 

, 

1 

Inscritt 

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I.  R.  Università 

i.  Bologna  .  . 

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438 

453 

445 

477 

461 

96 

86 

86 

76 

86 

79 

2.  Cagliari  .  . 

81 

90 

91 

88 

68 

62 

6 

7 

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7 

7 

3.  Catania.  .  . 

215 

187 

203 

218 

212 

205 

45 

42 

45 

66 

78 

71 

4.  {.'.■nova.  .  . 

360 

355 

334 

315 

298 

301 

59 

63 

60 

76 

70 

65 

5.  Messina  .  . 

134 

141 

122 

123 

123 

127 

48 

43 

48 

46 

48 

46 

6.  ilodena   .  . 

158 

156 

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189 

204 

173 

18 

20 

20 

18 

17 

9 

7.  Napoli  .  .  . 

1893 

1988 

1076 

1815 

1895 

1768 

333 

219 

303 

212 

2i9 

210 

8.  Padova   .  . 

336 

384 

389 

412 

419 

418 

80 

79 

89 

121 

130 

122 

9.  Palermo  .  . 

261 

323 

360 

374 

360 

468 

80 

74 

66 

59 

57 

65 

10.  Parma  .  .  . 

206 

183 

171 

155 

150 

144 

63 

56 

69 

63 

44 

47 

11.  Pavia    .  .  . 

503 

530 

521 

534 

519 

501 

75 

76 

72 

84 

96 

105 

12.  Pisa   .... 

215 

225 

232 

243 

214 

217 

37 

41 

34 

40 

45 

32 

13.  Roma    .  .  . 

503 

564 

580 

524 

541 

430 

81 

108 

106 

90 

99 

72 

14.  Sassari .  .  . 

47 

51 

65 

66 

61 

57 

2 

1 

3 

7 

4 

1 

15.  Siena.  .  .  . 

93 

94 

103 

94 

92 

95 

14 

22 

30 

26 

23 

19 

16.  Torino  .  .  . 

809 

791 

756 

741 

728 

696 

120 

151 

117 

139 

118 

119 

II.  R.  ISTIT.SUP. 

DI  Firenze    . 

290 

286 

288 

316 

283 

264 

67 

72 

60 

55 

51 

51 

HI.  Univ.  libere 

1.  Camerino  . 

33 

44 

54 

65 

49 

54 

_ 

__ 

2.  Ferrara   .  . 

14 

13 

13 

13 

15 

16 

8 



16 

16 

22 

25 

3.  Perugia  .  . 

40 

35 

41 

57 

73 

64 

25 

18 

24 

31 

30 

31 

4.  Urbino    .  . 

— 

— 

- 

— 

— 

— 

21 

19 

31 

33 

28 

39 

IV.  Scuole  univ. 

1.  Aquila .  .  . 

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_ 

_ 

_ 

_ 

20 

21 

13 

21 

18 

19 

2.  Bari    .... 

— 

— 





— 



32 

30 

25 

21 

12 

6 

3.  Catanzaro  . 

— 

— 

- 

- 

— 

— 

7 

11 

5 

4 

3 

9 

V.  R.  Scuole 

DI  Ostetricia 

1.  Milano  .  .  . 



_ 

226 

219 

236 

226 

252 

259 

2.   Novara    e 

Vercelli    .  . 

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— 

-- 



_ 



52 

55 

62 

55 

50 

52 

3.  Venezia  .  . 
Totale 

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— 

— 

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(19) 


GLI    INSCRITTI    NELLE    UNIVERSITÀ    ECC. 


283 


lY.  Facoltà  di  Scienze  mafemcitiche,  fisiche  e  iKifiiro/i 
Prospetto  r 


nscritt 

1  noli'  anno  se 

olastico 

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I.  R.  Università 

1.  Bologna 

2.  Cagliari 

3.  Catania 

4.  Genova     

5.  Messina 

6.  Modena 

7.  Napoli 

8.  Padova 

9.  Palornio 

10.  i'anna 

11.  Pavia 

12.  Pisa 

13.  Roma 

14.  Torino 

II.  R.  Istituto  superiore  di 
Firenze    

III.  R.  ISTIT.    TECN.  superiore 

m  Milano 

IV.   UxiVERSITÀ  LIBERE 

1.  Ferrara 

'•^.  Urbino 

Totale 

di  cut  uditoi-i 


286 

233 

266 

192 

168 

20 

22 

15 

18 

16 

92 

89 

87 

73 

66 

122 

113 

116 

100 

108 

89 

98 

76 

73 

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25 

20 

23 

26 

18 

255 

401 

383 

ÒQ2 

336 

243 

229 

223 

210 

236 

96 

90 

101 

98 

166 

65 

58 

54 

51 

49 

168 

164 

190 

172 

194 

175 

193 

230 

204 

189 

237 

236 

251 

235 

259 

366 

349 

334 

340 

335 

42 

34 

39 

25 

31 

208 

185 

177 

168 

164 

21 

15 

16 

15 

10 

— 

— 

— 

— 

— 

95  IO 

ÌS20 

35SI 

9399 

«40? 

12 

lo 

20 

22 

31 

160 

13 

43 

90 

40 

23 

407 

195 

135 

38 

154 

162 

180 

300 

24 
172 

18 
3 


SS 


284 


e.    r.    FERKAEIS 


(20) 


Y.    Facoltà  (li  Scienzp  mafcniafichr,  fisi  die  e  naiìirali 
Prospetto  2° 


Insoi'itti  neir  anno  scolastico 


g,  -i^  /  pei'    hiurea    in   matcnia- 
S  i  \    tica 

per  ingegneria  (1°  bien- 
nio (li  Facoltà)     .     .     . 

Scienze  fisiche 

Scienze  chimiche  (per  laurc^a 
in  chimica  pura)      .... 

Scienze  naturali 


Totale 


521 

570 

828 

548 

483 

1172 

1185 

1032 

1300 

1486 

127 

130 

168 

117 

89 

234 

208 

175 

88 

80 

456 

436 

378 

339 

269 

«."•IO 

*5«» 

*2.>8 1 

«»»« 

«401 

366 

1426 

70 

69 
226 

9159 


VI.  Facoltà  di  Lettere  e  Filosofia 


[nscritti  neir  anno  scolastico 

05 

00 

o 

co 

IO 

^ 

Oi 

c& 

C5 

05 

a> 

Ci 

00 

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05 

05 

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Ol 

Oi 

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00 

00 

00 

00 

00 

00 

■tH 

tH 

.^H 

"^ 

-^ 

•^H 

1.  Regie  Uxivkrsità 

1.  Bologna 

103 

94 

81 

81 

77 

65 

2.  Catania 

79 

72 

79 

76 

57 

55 

3.  Genova 

58 

60 

56 

50 

44 

51 

4.  Messina 

m 

63 

58 

57 

45 

34 

5.  Napoli 

208 

228 

215 

266 

241 

244 

6.  Padova 

175 

187 

211 

210 

184 

152 

7.  Palermo 

46 

57 

80 

80 

114 

81 

8.  Pavia 

32 

41 

45 

52 

44 

36 

9.  Pisa 

81 

88 

88 

83 

74 

61 

10.  Roma 

256 

260 
208 

236 
211 

194 
217 

209 
212 

188 
173 

11.  Torino 

212 

II.  R.  Istituti  Superioki 

1.  Istituto  sup.  (li  Firenze    . 

165 

170 

153 

140 

137 

124 

2.  Accademia  scientifico-let- 

teraria di  Milano      .     .     . 
Tot;ile 

92 

111 

100 

96 

77 

61 

1593 

i«;39 

leis 

1C02 

1515 

13%5 

di  cut  lalitori 

G8 

62 

75 

85 

100 

67 

(21) 


GLI    IXSCHITM    XELLE    UNIVERSITÀ    ECC. 

VII.   ScimÌK  di  Farmac/ii 


285 


PKK    I.Al'KK 


inscritti  noli' anno  seolastico 


l'EK    llirLCJMA     PRIl 


Inscritti    noli'  aiin( 


i.    ItKCUK 
l'xiVKRSITÀ 

1.  Bologna  .  . 

2.  Cagliari  .  . 

3.  Catania   .  . 

4.  Genova    .  . 

5.  Messina  .  . 

6.  Aioilfna   .  . 

7.  Xaiiuli  .  .  . 

8.  Padova    .  . 

9.  Palermo  .  . 
io.  Parma  .  .  . 
H.  Pavia     .  .  . 

12.  l'isa    .... 

13.  Roma    .  .  . 

14.  .Sassari  .  .  . 

15.  Siena  .... 

16.  Torino  .  .  . 

li.   K.   Istituto 

111    I''lltH.\ZK.    . 

HI.  Univ.  LIBERE 

1.  ("ainerino  . 

2.  Ferrara    .  . 

3.  i'erngia   .  . 

4.  l'rl)ino  .  ,  . 

IV.   SCUULK 
l'.MVKHSriARli; 

1.  Acinila  .  .  . 

2.  ISari    .... 

3.  Catanzaro  . 

Totale 

'//  r„i  mìitori 


17 

10 

6 

8 

32 

27 

1 

3 

25 

17 

38 

33 

12 

11 

9 

8 

51 

41 

9 

7 

8 

7 

48 

42 

11 

6 

S«9 

3 


166 

122 

26 

28 

163 

143 

156 

139 

77 

.57 

79 

82 

566 

558 

182 

145 

159 

182 

74 

69 

310 

225 

58 

56 

137 

111 

20 

16 

29 

29 

328 

285 

44 

42 

78 

58 

28 

25 

107 

HO 

44 

4a 

54 

40 

54 

50 

61 

61 

»oo«» 

»C95 

17 

120 
22 
114 
118 
47 
71 
552 
152 
280 
64 
189 
46 
113 
16 
29 
243 


100 
13 
107 
145 


559 
130 
239 
61 
156 
42 
91 
25 
12 


62 

68 

25 

21 

85 

89 

37 

31 

47 

51 

50 

27 

62 

47 

US!» 

3»n2 

^4 

40 

2SU  I'.    F.    FEIiliAHIS    -    GLI    INSCRITTI    NELLK    UNIVERSITÀ    ECC.  (2L') 

Vili.     Scuole  sperhil!  di  Tii(/C(/iierìa,    Veterbuìria  ed  Agraria,  nuUmome  ari  iiiiiiesxe  aììe    Viiicci:iit(i 


[nsovitti  neir  anno  scolasti 


1 

3 

-r 

•^ 

'^ 

'^ 

^ 

lolalo 

Tolalf 

Totale 

Totali! 

264 

264 

237 

246 

399 
113 

151 
117 
79 

381 
114 
237 
173 
112 
80 

366 
134 
230 
143 

128 
82 

355 
149 
218 
144 
122 
56 

8 
24 
4 

2 
35 
3 

7 
26 
3 

27 
24 

l»7» 

IC 

i401 

i 

l»5K 

1346 

125 

204 
102 
142 
36 
46 
95 

100 
177 
87 
IH 
30 
33 
49 

88 
163 
91 
99 
28 
23 
28 

71 
165 
76 
97 

27 
26 
28 

41 

47 

35 
42 

19 
38 

n 

29 

sas 

«64 

H 

57? 

3 

S»» 

158 
33 

187 

172 

142 

67 
55 

53 
47 

43 
48 

42 
44 

31» 

889 

Hi 

3!) 

28S 

e  V.  — 
4)  Sraion 

(21  Sezio 

i  di  ing 

.a.na 

[.  Scuole  hi  in(^K(;xehia 

A.  R.  Istit.  tecn.  di  Milano  (M 

(con  3  sezioni)  (-) 

1*.  R.  Scnole  di  Applicazione  : 

1.  Torino  (aut.  con  3  spz.)  (-)  .  . 

2.  a)  Bologna  (aut.  con  2  sez.)  (■') 
ft)  Napoli  (iti.) 

r)  Roma  (id.l 

3.  aj  Padova  (univ.  con  1  sez. I(') 
bj  Palermo  (id.  con  2  sez.)  ('' )    . 

C.  Primo  anno  della  Scttola  nelle 
R.  Università  di  : 

a)  Genova 

b)  Pavia 

<■)  Pisa    

Totale 

i/i  mi  ìiillfori 

il.  8(.:U(iLK 
III  Medicina  VKTi-.iìiNAiti\ 


1.  aj  Milano  (autonoma) .  .  . 
W  Napoli  (id.l  .  .  . 
rj  Torino        (id.)         .  .  . 

2.  «^Bologna  (universitaria) 


bJ  Modena 
r)  Parnni 
dj  Pisa 
B.  Libere  : 
oj  Camerino 
hj  Perugia 


lid.i 
(id.l 
lid.) 

(id.l 
(iil.l 


Totale 

1-  inliluri 


III.    Sl^UOLE    DI    AtìHAlìIA 

A.  Universitarie  : 

a)  Pisa  (regia)   

i^  Perugia  (libera) 

JB.  Autonome  ; 

«v»  Milano  (regia) 

''>PertJci  (iil.i 


105 
181 
132 


140 
232 
174 
191 
44 
58 
105 


T<»ialc 

'/  aiìitnri 


iascritli  nel  liicuuìo  prcparaloiio  o  nulla  sraie 
ia  iiidiislriiile  e  di  arcliilettufa,  —  (3)  Sezioni 


civile 

iuduit. 

tot  ima 

73 

145 

7 

2H 

250 

5 

H7 

4 

198 

- 

132 

— 

— 

97 

— 

— 

64 

— 

1 

5 

28 

— 

— 

1 

— 

19 

»S« 

S»5 

— 

— 

— 

132 
97 
65 


VI 


132 
225 

139 
152 
39 
59 


155 
66 


302 

41 


Atti  del  Reale  Istituto  Veneto    di  scienze,  lettere  ed  arti. 
Anno  accademico  1899-900  -  Tomo  LIX  -  Parte  seconda. 


ALLEANZE    ZOOLOGICHE 


PAOLO    LIOY,    M.  E. 

(Adunanza  <h'l  :>()  (/irembre  1899) 


Tutti  lamentiamo  che  le  ore  liete  nei  campi  siano  spesso  turbate, 
oltre  che  dalle  solite  intemperie,  da  piccoli  malfattori,  i  quali  con 
periodiche  comparse  tra  le  feste  primaverili  si  affollano  a  posti  di 
combattimento.  Contro  a  peronospore,  a  oidi,  a  diaspidi,  in  agguato 
contro  a  vigneti  e  a  gelsi,  fa  mestieri  prepararsi  alla  difesa  con 
soffietti  e  con  pompe  che  ai  magazzini  rustici  danno  aspetto  di 
ambulanze  chirurgiche.  Bruchi,  chiocciole  e  altri  roditori  di  radici, 
di  foglie,  di  fiori,  mandano  all'assalto  avanguardie  fameliche  :  sugli 
agrumeti  appaiono  appena  visibili  i  vermiccioli  giallognoli  delle 
cocciniglie  che  fatte  adulte  si  sceverano  in  maschi  forniti  d'  ali, 
di  zampine,  di  lunghe  antenne,  e  in  femmine  sprovviste  d'  ali, 
sovente  anche  d'occhi  e  di  piedi,  e  armate  di  lunghi  rostri  che 
configgono  sui  rami. 

Sudici  brulicami  di  afidi  si  addensano  sui  giovani  rampolli 
dei  meli,  dei  pruni,  dei  ciliegi,  sui  cespi  dei  carciofi,  dei  fagioli, 
dei  poponi,  danneggiando  nelle  diverse  stagioni  i  freschi  bottoni 
di  rosa,  e  deturpando  più  tardi  fino  i  pomposi  crisantemi  predi- 
letti ora  dalla  moda  come  nell'arte  i  versi  dei  simbolisti  e  dei 
decadenti.  Gli  afidi,  come  tutti  sanno,  sono  formati  da  famiglie 
verdognole  o  brune  o  bianchicce,  tra  le  quali  in  primavera  e  in 
estate  spuntano  solamente  le  femmine  vergini  prive  d'ali  e  gene- 
ratrici d'  altre  vergini  vivipare,  cosi  da  poter  ciascuna  in  pochi 
mesi  dare  nascita  a  bilioni  di  pronipoti.  Soltanto  verso  l'autunno 
appajono  come  alati  amorini   i  maschi,  e  con  essi    le  vere  madri 


288  p.  LioT  (2) 

che  fecondate  nascondono  le  ova  tra  le  grinze  delle  foglie  e  dei 
rami. 

Sui  traici  delle  viti,  fra  i  grappoli  nascenti,  s'annidano  con- 
quistatoli i  piccoli  bacherelli  delle  cochilidi,  i  quali  poi  all'  avvi- 
cinarsi della  vendemmia  attaccheranno  gli  acini  d'uva.  Altri  bruchi 
accorrono  a  invadere  i  meli  e  a  spogliarli,  finche  poi  quando  non  ne 
restino  che  rami  nudi,  alcuni  penzolando  come  funamboli  da  fili  di 
seta  scendono  per  buttarsi  ad  altro  bottino,  o  coprono  l'albero  di 
tende  cineree  donde  più  tardi  da  bozzoletti  candidi  sgusciano  le 
iponomeute,  farfalUne  argentee,  picchiettate  di  punti  neri  e  ge- 
neratrici d'ova  che  custodite  sotto  le  cortecce  ripeteranno  lo  scempio 
nella  nuova  annata. 

Meno  male  che  nei  laboratori  di  crittogamia  e  di  entomolo- 
gia agraria,  a  Roma,  a  Torino,  a  Firenze,  a  Pavia,  a  Portici,  si 
studiano  come  da  provvide  vedette  le  mosse  dei  piccoli  vandali.  A 
Portici,  Antonio  Berlese  pubblica  appositi  bollettini  di  guerra,  e 
invita  chiunque  a  spedirgli  coi  malfattori  le  foglie,  i  semi,  le  frutta 
guaste,  offrendo  consigli,  istruzioni,  ricette  ;  i  suoi  rimedi  sono  rac- 
comandati sino  in  America  da  C.  L.  Marlatt  nelle  Xofes  oh  In- 
secf/cides^  e  per  gli  agrumeti  ne  è  diffusa  la  fama  dal  nostro  mezzo- 
giorno alla  Spagna  e  alla  Grecia. 

Le  irrorazioni,  gli  strofinamenti,  gli  schiacciamenti,  i  raschia- 
menti col  guanto  di  Sabatier,  offrono  contro  alle  miriadi  di  questi 
piccoli  nemici  mezzi  di  distruzione  nìunericamente  assai  più  effi- 
caci di  quelli  inventati  per  le  battaglie  tra  uomini  e  uomini.  Per 
rendere  queste  ultime  meno  micidiali  disputarono  tanto  i  diplo- 
matici riuniti  all'Aja  e  senza  trovarsi  d'accordo  !  Nel  campo  della 
biologia  è  assai  più  formidabile  il  nemico  pel  numero.  E  nella 
guerra  spesso  vi  si  corre  innanzi  alla  cieca,  distruggendo  coi 
nemici  gli  amici. 

Ci  stanno  schierate  intorno  infinite  genti  (come  le  chiamava 
Omero)  appena  visibili,  o  invisibili  come  le  scariche  dei  fucili  a 
polvere  senza  fumo,  genti  che  nella  zuffa  per  vivere  rappresentano 
intorno  a  noi  il  heUum  omnium  confra  omnes,  e  che  combattono  di- 
sputandosi il  banchetto  della  vita,  divorandosi  reciprocamente,  cer- 
cando alloggio  e  nutrimento  nelle  viscere  gli  uni  degli  altri.  Divisi 
in  turbe  fameliche  invadono  1'  aria,  il  terriccio,  ogni  pianta,  dal 
fungo  alla  quercia,  ogni  provvista  dell'  uomo,  dal  grano  al  mo- 
sto, alle  carni,  alle  frutta.  Spadroneggiano  nelle  case,  succhiano 
il  sangue,    disturbano    i  sonni,  dispensano    i    contagi,    tormentano 


(3)  ALLEANZE    ZOOLOGICHE  289 

gli  armenti,  viaggiano  di  giorno  e  di  notte,  e  dovunque  sono  in- 
tenti a  sfamarsi,  a  generare,  a  perpetuarsi  gli  uni  alle  spese 
degli  altri. 

* 

Nei  profondi  meandri  della  vita  universale  è  assai  più  diffi- 
cile orientarsi  che  negl'intricati  labirinti  della  politica;  pure  anche 
in  essi,  spiando  tra  viluppi  di  complicate  correlazioni  e  d'anta- 
gonismi, si  arriva  ad  accorgersi  del  bisogno  d'  una  sagace  diplo- 
mazia, la  quale  conduca  a  cercare  alleanze  nel  mondo  pigmeo  per 
opporre  tra  potenza  e  potenza  forza  alla  forza. 

Guai  a  voler  considerare  tutti  i  numerosissimi  popoli  lillipu- 
ziani quali  nostri  nemici.  Si  sa  bene  che  molti  compiono  la  mis- 
sione di  necrofori  sbarazzando  e  ridonando  alla  vita  universale  le 
spoglie  abbandonate  dalla  morte.  Altri  si  fanno  vindici  delle  deva- 
stazioni di  predoni,  o  a  turbe  infinite  vagano  da  corolla  a  corolla, 
aiutando  l'avvicinarsi  di  stami  e  pistilli,  o  portando  e  dispensando 
le  polveri  fecondatrici.  Il  vecchio  Scopoli  prima  e  poi  IMacquart 
descrissero  tutta  una  Flora  entomofila,  poi  Federico  Delpino  con 
la  dicogamia  vegetale  penetrò  nei  misteri  più  intimi  fra  gli  alati 
pronubi  e  le  nozze  floreali. 

Ma  quante  sorprese  in  queste  ricerche,  e  quanti  anelli  d'im- 
pensate parentele  !  Sono  cose  notissime  ai  naturalisti,  ma  è  sempre 
utile  diffonderne  la  conoscenza  fra  gli  agricoltori  e  gli  amici  dei 
campi.  T  naturalisti  sanno,  per  esempio,  che  Darwin  fece  giu- 
stamente risalire  la  fecondazione  propizia  nelle  viole  e  nei  trifogli 
alle  pecchie,  le  quali  succhiando  il  miele  da  fiore  a  fiore  recano 
di  qua  e  di  là  i  pollini  ;  ma  dei  nidi  sotterranei  di  codeste  pecchie 
sono  ghiottissimi  i  topi  campagnoli,  e  quando  questi  si  moltiplicano 
le  pecchie  diventano  rare,  restandone  sterili  in  grande  numero  i 
fiori  non  più  visitati.  Quale  protettore  può  allora  soccorrere  le 
nozze  incompiute  ?  L'eroe  di  Raiberti,  il  gatto,  eterno  nemico  dei 
roditori.  Ma  altre  protettrici  possono  a  loro  volta  favorire  Tester- 
minio  dei  topi,  e  sono  le  tenere  allevatrici  dei  gatti  le  eroine  del 
romanzo  della  signora  Marlitt,  le  vecchie  zitelle,  rese  così,  mal- 
grado dei  loro  scrupoli,  ajutatrici  degli  amori  dei  fiori. 

Yere  collane  di  anelli  intrecciati  ! 

E  a  non  tener  conto  d'uno  di  cotali  anelli,  la  più  accorta  di- 
plomazia zoologica  non  si  raccapezzerebbe  più,  o  perdendo    la  bus- 


290  p.  LioY  (4) 

sola  intopperebbe  in  equivoci  madornali.  Un  bel  discorrere,  per 
esempio,  della  convenienza  assoluta  di  proteggere  i  cantori  alati 
dei  boschi  :  la  protezione  è  utile  è  buona  anche  per  pietoso  senso 
educativo  nella  tutela  dei  nidi,  e  dovrebbe  esercitarsi  nei  valichi 
alpini  ove  le  uccellande  distruggono  carovane  intere  di  pennuti 
emigranti  ;  ma  leggi  troppo  severe,  che  impedissero  la  propaga- 
zione di  tutti  codesti  pretesi  innocenti,  infliggerebbero  peggiori 
disfatte  ai  campi,  agli  orti,  ai  boschi,   ai  vigneti. 

Piccola  caccia  è  infatti  quella  che  danno  gli  uccelli  agi'  in- 
setti erbivori,  e  caccia  grossa  quella  che  essi  danno  agi'  insetti 
carnivori  ;  gli  uccelli  insettivori  (e  al  momento  dei  nidi  anche  al- 
cuni granivori,  come  le  passere)  distruggono  truppe  d'insettacci 
nocivi,  ma  ne  distruggono  anche  di  utili.  E  questi  sono  peggio 
esposti  ai  colpi  di  becco,  poiché  non  vivono  rimpiattati,  come  gli 
altri,  sotto  a  cortecce  o  a  foglie,  ma  volano  all'aperto,  girano,  si 
lasciano  vedere  e  colpire  assai  più  che  non  accada  ai  tranquilli 
vegetariani.  Infatti,  come  dimostrò  il  prof.  Camerano,  nello  sto- 
maco degli  uccelli  insettivori  si  trovano  resti  sempre  prevalenti 
d'insetti  carnivori. 

Un  po'  di  spiedo  non  può  fare  che  bene,  dicevo  una  volta 
ai  miei  amici  Torelli  e  Marsh,  mentre  l'uno  fecondo  apostolo  d'ogni 
opera  buona,  l'altro,  autore  del  bellissimo  libro  Man  and  Nature^ 
invocavano  per  gli  uccelli  tutele  esagerate.  E  ora  davvero  non  v'è 
più  naturalista,  che  non  abbia  studiato  soltanto  sui  libri,  il  quale 
non  giudichi  illusoria  la  fede  nella  pretesa  utilità  agricola  degli 
uccelli  insettivori.  Achille  Griffini  ne  scrisse  recentemente  una 
confutazione  completa  (/  naturali  ausiliari  del  colticatore,  Torino, 
1899\ 

Contro  ai  ditteri  malarici  che  hanno  larve  acquatiche  si  in- 
voca la  moltiplicazione  delle  larve  acquatiche  delle  libellule,  o 
quella  dei  ditisci  e  degli  idrofili,  grossi  coleotteri  che  possono  chia- 
marsi i  pescicani  degli  stagni.  In  Germania  i  guardiani  delle  fore- 
ste si  addestrano  a  favorire  la  moltiplicazione  degli  icneumonidi, 
delle  tachinarie  e  di  altri  piccoli  insettucci  volanti,  i  quali  fanno 
stragi  dei  peggiori  bruchi  marioli  dei  boschi.  Negli  Stati  Uniti  il 
dott.  Howard  coltiva  e  aiuta  la  moltiplicazione  di  coleotteri  (No- 
vius  card/nalis)  distruttori  d'  altri  insetti  nocivi  agli  agrumenti, 
riuscì  a  difiFonderne  in  California,  e  ne  spedì  in  Portogallo  dove  il 
ministero  d' agricoltura  si  propone  di  propagarli. 


(5)  ALLEANZE    ZOOLOGICHE  291 


OflFrono  alleanze  preziose  anche  i  più  infimi  animalucci  invi- 
sibili 0  appena  visibili  a  occhio  nudo.  Tali  sono  i  trombidi,  minu- 
scoli acari,  molti  dei  quali,  adulti,  stanno  rimpiattati  sotto  a  pietre, 
sotto  a  tronchi  d'alberi,  fra  muschi  o  sull'erba  ;  le  larve  vi  aspet- 
tano l'occasione  propizia  per  scegliersi  alloggi  viventi  su  libellule, 
su  ragni,  su  afidi,  su  mosche.  Una  specie,  già  osservata  in  Italia,  dal 
Trentino  a  Civitavecchia,  si  attacca  alle  zanzare  e  ben  merita 
d'essere  spiata  per  vedere  se  favorita  dalle  stagioni  possa  entrare 
benefica  in  scena  nel  dramma  doloroso  del  quale  adesso  gli  ano- 
feli sono  giudicati  protagonisti. 

Vero  che  fra  gli  acari  parecchi  hanno  pure  pessima  fama, 
non  solo  per  le  sconce  malattie  delle  quali  furono  denunziati  attori 
a  Francesco  Eedi  da  Cosimo  Buonuomo  e  da  Giacinto  Cestoni  (e 
forse  assai  prima  da  Santa  Ildegarda  badessa  nel  monastero  di 
Rupertsberg),  ma  perchè  attaccano  cani,  cavalli,  polli,  e  perchè 
anche  nella  Campagna  Romana  inoculano  nei  bovi  la  febbre  detta 
del  Texas  coi  ripicefali  ora  ivi  determinati  dalla  sig."-^  Foa. 

Le  larve  d'una  specie  di  trombidio  conosciuta  volgarmente 
coi  nomi  di  pulce  rossa,  di  rouget,  di  bète  d'aout,  d'  aoute,  si  ag- 
grappano talvolta  anche  al  vestito  di  chi  passeggiando  sull'erba 
è  costretto  dall'  acre  prurito  ad  accorgersi  di  averle  pigliate.  Si 
fissano  sulla  pelle  con  uncini  aderenti  ai  peli  :  fin  dodici  ne  trovò 
Dumeril  alla  base  d'un  capello  di  bimbo. 

Anche  fra  le  umili  piante  crittogame  parecchie  che  si  mol- 
tiplicano a  nostro  vantaggio  meriterebbero  protezione  non  meno 
attiva  della  guerra  con  cui  ne  combattiamo  altre  nocive.  Ve  ne 
ha  tra  le  entomoftore  che  soffocano  cattivi  insetti  avvolgendoli  in 
vegetazioni  mortifere  ;  le  isarie  ammazzano  vespe  e  maggiolini, 
le  empuse  producono  morìe  nei  falansteri  ove  gli  afidi  alternano 
le  interminabili  generazioni  virginee  e  nuziali,  altre  uccidono  i 
bruchi  verdi  delle  bianche  farfalle  dei  cavoli,  altre,  come  s'è  visto 
intorno  a  Roma,  appestano  le  schiere  fameliche  delle  locuste. 

Pochi  anni  or  sono  altre  specie  di  empuse  (E.  ni  lisca'  e  niu- 
scivora)  ingenerarono  nelle  mosche  una  vera  epidemia  che  ho  de- 
scritta negli  Atti  della  Società  Italiana  di  Scienze  Naturali  ;  le 
nostre  moleste  commensali  e  inquilino  ne  morivano  a  frotte,  en- 
fiate, invischiate  sulle  pareti,  sulle  mense,  sui  vetri.  Una  specie. 


292  p.  LiOT  (6) 

VEmpusa  culicis,  vive  parassita  sulle  zanzare  e  fu  osservata  anche 
nei  dintorni  di  Roma.  Perroncito  scoprì  nelle  larve  e  nelle  forme 
alate  degli  anofeli  le  varie  fasi  di  una  micosi  intestinale  prodotta 
da  una  specie  di  oscillane^  micosi  che  in  poco  tempo  uccide  le 
zanzare  avvelenatrici.  E  magari  se  insieme  coi  trombidi  le  em- 
puse  e  le  oscillarie  potessero  pullulare  feconde  così  da  portare 
la  pestilenza    nelle  piccole  furie  notturne. 


Una  volta  Y  umanità  sofferente  domandava  ai  regni  animale 
e  vegetale  rimedi  fantastici.  8ino  dai  tempi  di  Ovidio  si  chie- 
devano filtri  amorosi  alle  cantaridi,  e  in  giorni  non  lontani  il  dott. 
Groneweld  ne  espiò  la  prova  nelle  prigioni  di  Newgate.  Le  ceneri 
delle  zanzare  erano  raccomandate  nel  secolo  duodecimo  per  guarire 
l'empetigine.  Fama  antichissima  di  flebotome  salvatrici  accompagnò 
sino  a  noi  le  mignatte  delle  quali  Orazio  diceva 

non  missurte  cutem  nisi  plcn»  cruore. 

Soltanto  da  pochi  anni  il  loro  mestiere  è  in  ribasso:  imputate  d'es- 
sere propinatrici  d'  infezioni  (veggasi  il  recente  studio  del  dott. 
Caterina)  finiranno  probabilmente  con  diventare  arcaiche  come  le 
lancette    dei   salassatori. 

Si  mendicavano  farmachi  sino  da  unguenti  di  lucertole  e  da 
brodi  di  vipere,  e  appena  adesso  va  scomparendo  dall'uso  l'elet- 
tuario  famoso  che,  composto  dai  medici  di  Mitridate  e  perfezionato 
da  Andromaco  medico  di  Nerone,  giunse  a  noi  col  nome  di  Te- 
riaca. Esso  nella  sua  composizione,  fra  gli  antidoti  proclamati  salu- 
tari anche  contro  al  veleno  delle  vipere,  conteneva  succhi  estratti 
da  carni   di  vipere. 

Ora,  anche  contro  il  morso  delle  vipere  si  cerca  V  immunità 
nel  vaccino  ;  e  nel  vaccino  estratto  da  che  fonte  ?  Da  agarici,  da 
ammaniti,  da  tartufi,  e  da  altri  funghi  mangerecci  o  venefici.  Il 
dott.  Phisalix  {Comptes  rendus  de  la  Soc.  Bioì.  Dee.  '98)  in  più 
di  duecento  esperienze  su  conigli  e  su  porcellini  d'India  vide  i  vac- 
cinati tollerare  dosi  mortali  di  veleno  viperino,  e  morirne  i  non 
vaccinati. 

Può  ormai  ben  dirsi  che  l'uomo,  dall'epoca  in  cui  si  è  sparso 
incivilito    nel  mondo,  divenne    un  nuovo  an:ente  ffeoloffico  :   mutò 


(7)  ALLEANZE    ZOOLOGICHE  298 

le  faune  e  le  flore,  tagliò  istmi,  congiunse  oceani,  perforò  mon- 
tagne. Adesso  estende  la  sua  alta  sovranità  sul  mondo  degli  es- 
seri inferiori  e  degli  invisibili.  Vaccini  e  sieri  immunizzatori  non 
sono  infatti  che  alleanze  nelle  quali  la  difesa  è  affidata  al  nemico 
posto  di  fronte  al  nemico  ;  essi  rappresentano  episodi  artifiziali 
della  grande  legge  per  cui  l'equilibrio  dei  viventi  si  mantiene  con 
la  reciproca  distruzione,  agiscono  come  nei  nostri  globuli  sanguigni 
i  fagociti  vigili  e  sempre  pronti  a  impadronirsi  dei  batteri  omi- 
cidi e  a  annientarli,  vincendoli  ogni  volta  che  fanno  a  tempo 
d'impedirne  la  diffusione  delle  tossine. 

Così  mentre  spiriti  miopi  osano  proclamare  la  bancarotta  della 
scienza,  questa  sventola  la  sua  bandiera  trionfante  su  infinite  mol- 
titudini delle  quali  erano  ignote  l'esistenza  e  la  forza,  scopre  vite 
e  amori  e  lotte  in  ogni  goccia  d'acqua,  in  ogni  bolla  d'aria,  in  ogni 
stilla  di  sangue,  in  ogni  atomo,  e  tratti  dal  mistero  i  nuovi  es- 
seri, dopo  d'averli  conosciuti  protagonisti  di  terribili  drammi,  vuole 
farseli  schiavi.  E  siccome  le  idee  di  piccolezza  e  di  grandezza 
sono  soltanto  relative,  il  tentativo  di  asservire  la  potenza  dei  pic- 
coli, a  vantaggio  dell'uomo,  rappresenta  nella  storia  dell'umanità 
il  riflesso  dell'antico  trionfo  a  cui  sino  da  epoche  preistoriche  giun- 
sero i  proavi,  con  l'addomesticamento  dei  liberi  vertebrati  selvatici 
e  con  la  coltivazione  delle  spontanee  piante  utili. 


(Finita  di  stampare  il  giorno  22  (jennaio  1900) 


Atti  dkl  Rkalk  Istituto  Veneto  di  scienze,  lettere  ed  arti. 
Anno  accademico  189t)-900  -  Tomo  LIX  -  Parte   seconda. 


ANALISI    DEL    GAS 

DELLA 

EMANAZIONE  SVILUPPATASI  A  MESTRE  IL  17  NOVEMBRE  1891) 
NOTA  DI  ROBERTO  SALVADOR! 

(ijresmtiitd  dai  prof.  li.  Nasini,  ni.  e.,  neìì'Adttntnizt/  SO  (Itceinhrt'  1S09) 


Durante  la  perforazione  di  un  pozzo  tubulare,  nel  cortile 
annesso  alla  fabbrica  di  saponi  della  ditta  Salviatti  e  C'  poco 
distante  dalla  stazione  ferroviaria  di  Mestre,  il  17  novembre, 
quando  la  trivella  era  giunta  alla  profondità  di  44  m.  si  videro 
alcune  bolle  gassose  svilupparsi  dal  pozzo  e  la  pompa  per  aspi- 
rare l'acqua  non  faceva  alcun  sforzo  per  sollevare  l'acqua  stessa; 
quando  la  trivella  raggiunse  i  46  m.  di  profondità,  cominciò  con 
un  forte  sibilo  uno  sviluppo  abbondantissimo  di  gas,  che,  proba- 
bilmente per  imprudenza  degli  operai,  si  accese  in  una  grande 
fiammata.  —  Vani  furono  i  tentativi  per  soffocare  il  getto  gasso- 
so, che  tutto  veniva  rimandato  all'  aria  all'  altezza  di  parecchi 
metri.  Si  calcola  che  la  pressione  colla  quale  usciva  il  gas  insieme 
a  sabbia  e  fango  fosse  più  di  due  atmosfere. 

Dopo  18  ore  di  furia,  il  fuoco  fu  spento,  ma  continuò  ener- 
gico il  getto  gassoso.  Il  pozzo  allora  fu  chiuso  da  un  tampone  di 
legno,  cacciato  a  forza  entro  il  foro,  e  questo  a  sua  volta  fu 
chiuso  con  una  testata  di  ferro  avente  quattro  fori  laterali,  dai 
quali,  malgrado  tutto,  usciva  forte  un  soffio  di  gas  con  una  pres- 
sione di  circa  due  metri  di  colonna  d'  acqua. 

La  raccolta  del  gas  per  l'analisi  non  offrì  perciò  nessuna  dif- 
ficoltà ;  applicai  ad  uno  dei  quattro  fori  (chiusi  gli  altri  da  tappi  di 
legno)  una  cannella  di  legno  attraversata  da  un  tubicino  di  vetro 
che,  per  mezzo  di  un  tubo  di    gomma,    comunicava    con    i    soliti 


296  R.    SALVADORT  (2) 

tubi  Bunson  per  la  raccolta  dei  gas.  La  raccolta  fu  fatta  a  sjio- 
stamento  d'aria  e,  data  la  forte  pressione  del  gas,  fu  assai  rapida. 

Le  estremità  dei  tubi  di  vetro  vennero  chiuse  da  pezzi  forati 
di  caucciìi  a  pareti  grosse,  stretti  da  niorsette  a  vite,  e,  per  mag- 
gior sicurezza,  si  aggiunse  un  pezzo  di   bacchetta  di  veti'O. 

Chiusa  r  estremità  libera  e  contemporaneamente  quella  che 
era  in  comunicazione  col  tubo  di  gomma  adduttore  del  gas,  questo 
per  la  sua  pressione  gonfiò  così  il  tubo  di  gomma  da  farlo  scoppiare. 

Il  gas  raccolto  si  trovava  così  entro  i  tubi  sotto  una  discreta 
pressione  tanto  che  il  riempimento  degli  eudiometri  per  1'  analisi 
fu  pure  cosa  semplice,  poiché  bastò  allentare  le  viti  delle  morsette, 
tenendo  1'  estremità  del  tubo  sotto  il  mercurio  e  sotto  la  bocca 
dell'eudiometro,  perchè  il  gas  uscisse  vincendo  la  colonna  di  mer- 
curio che  gli  sovrastava. 

Il  gas  tale  e  quale  brucia  con  una  fiamma  poco  luminosa  e 
con  tutti  i  caratteri  della  fiamma  del  metano.  Fiutato  alla  sorgente 
tramanda  un  odore  che  gli  abitanti  del  luogo  chiamano  di  mariiiH, 
fondo  di  laguna,  e  che  ricorda  l'odore  del  gas  di  Salsomaggiore. 

Dell'idrogeno  solforato  malamente  si  avverte  l'odore,  e  l'a- 
cetato di  piombo  annerisce  dopo  qualche  tempo  che  il  gas  ha 
gorgogliato  attraverso  alla  soluzione. 

Colla  potassa  si  ha  un  piccolo  assorbimento,  indicando  questo 
una  piccola  quantità  di  anidride  carbonica. 

Il  fosforo  non  dà  fumi  bianchi  in  una  atmosfera  del  gas  na- 
turale, onde  mancanza  di  ossigeno. 

L'  acido  solforico  fumante  assorbe  assai  poco  di  questo  gas, 
perciò  presenza  di   piccole  quantità  di  idrocarburi  pesanti. 

L'  analisi  quantitativa  volumetrica  fu  fatta  coi  soliti  meto<li 
di  Hempel  e  di  Bunsen.  Col  metodo  di  Hempel  si  fece  solo  l'a- 
nalisi della  parte  assorbibile,  col  metodo  di  Bunsen  anche  quella 
per  combustione. 

Dai  numeri  ottenuti  si  rileva  che  100  volumi  del  gas  con- 
tengono : 

Anidride  carbonica          .         .  4,22 

Idrogeno  solforato  .          .          .  0,18 

Idrocarburi  pesanti          .          .  0,54 

Metano 88,708 

Azoto 6,40 

99,998 


(3)  ANALISI    DEL    GAS    DELLA    EMANAZIONE    ECC.  297 

Da  ciò  si  vede  che  il  gas  è  quasi  tutto  metano  e  certamente 
proveniente  dal  sedimento  torbifero  di  cui  è  formato  in  gran  parte 
il  sottosuolo  del  territorio  veneto. 

F<„ìom.  Istituto  di  CMmica  generale  ddlu  Li.  Università. 
Novembre  1899. 


(Unita  di  stainparr  il  (/ionio  24  gennuio  1900) 


Atti  del  Reale  Istituto  Veneto  di  scienze,  letteee  ed  arti. 
Anno  accademico  1899-900  -  Tomo  LIX  -  Parte  seconda. 


UN  MAESTRO  DI  GRAMMATICA  AMICO  DEL  PETRARCA 

AGGIUNTA   E    COEREZIONE 

DI    GIUSEPPE    BIADEGO,    s.  e. 
(Adunanza  del  30  dicembre  1899) 


I. 

l'  epitaffio    di    mastino    II    DELLA    SCALA 

Il  monumento  di  Mastino  II  della  Scala  morto  il  3  giugno 
1351   reca  il  seguente  epitaffio  : 

Scaligera  de  gente  fui  :  celebi:ique  ferebar 
Nomine  Mastinus  ;  claras  dominabar  in  urbes. 
Me  dominum  Verona  sunm  me  Brixia  vidit 
Parmaque  cum  Luca  cum  Feltro  Marchia  tota. 
Jura  dabam  populis  equo  libramine  nostris 
Omnibus  et  fidei  Christi  sine  sorde  sequtor. 
Ocubui  primo  post  annos  mille  trecentos 
Et  decies  quinque  lux  ibat  tercia  Junii  ('). 

Sulla  attestazione  di  un  codice  vicentino,  cartaceo,  della  se- 
conda metà  del  secolo  XIV,  contenente  1'  historia  del  Ferreto, 
Carlo  Cipolla  attribuiva  il  riferito  epitaffio  a  Einaldo  da  Villa- 
franca  (-).  Io,  sulla  fede  dell'egregio  collega  prof.  Bernardo  Morsolin, 


(Ij  Cfr.  LiTTA,  Scaligeri^  che  dà  il  facsimile  riscontrato  uguale  al 
marmo. 

(2)  C.  Cipolla  e  A.  Manno,  Indici  sistematici  di  due  cronache  vuira- 
toriane.  Torino,  1884,  p.  XVII I,  n.  5. 


300  G.    BIADEGO  (2) 

di  cui  doÌDbiamo  lamentare  la  recente  gravissima  perdita,  che  fu  da 
me  pregato  di  riscontrare  la  notizia  sul  codice,  credetti  poter  ne- 
gare la  paternità  dell'  epitaffio  a  Rinaldo  e  darla  ad  un  ignoto 
maestro  Antonio  (').  Il  fatto  è  che  il  Cipolla  aveva  letto  bene  ; 
e  l'epitaffio  è  realmente  nel  codice  vicentino  attribuito  al  gram- 
matico veronese.  Ecco  le  due  didascalie  del  codice  riferitemi  dal 
Morsolin  medesimo  che  riconobbe  il  suo  primo  errore  di  lettura  : 
tanto  quella  dell'epitaffio  a  Cangrande,  da  me  pubblicata  inesat- 
tamente, quanto  quella  dell'epitaffio  a  Mastino  : 

1.0  Epitaphimn  magìùfici  (lomlni  Caiiisgrandis  de  la  Scala  pi  imi 
per  magistritm  Raynaldinum  de  vili af ranella gramaUce prof essorem. 

2.°  Epitapìiium  magnifici  et  potentis  doniiìii  domini  Mastini 
de  la  Scala  per  antedicfiim  magistrum. 

Rinaldo  Cavalchini  da  Yillafranca  è  quindi,  secondo  il  codice 
vicentino,  l'autore  dell'epitaffio  a  Mastino  IL  Altre  fonti  che  con- 
fermino la  notizia  non  conosco;  ma  ninna  testimonianza  discorde 
neanche  la  pone  in  dubbio  ;  e  in  questo  caso  è  ragionevole  am- 
metterla, poiché  ha  tutte  le  apparenze  della  verità.  Ciò  anzi  mi 
dà  occasione  di  rilevare  una  circostanza  non  avvertita  prima,  cioè 
che  Rinaldo  da  Yillafranca  fu  certo  tra  i  faniigliari  della  corte 
Scaligera. 

Le  magnificenze  dei  Signori  della  Scala,  specialmente  negli 
anni  in  cui  Cangrande  tenne  il  governo  della  città  di  Verona  e 
delle  Provincie  da  lui  conquistate,  sono  note.  Oltre  i  guerrieri  e 
gli  artisti,  anche  i  letterati  e  gli  scienziati  trovarono  la  più  larga 
ospitalità  e  il  massimo  favore.  Dante  sta  innanzi  e  sopra  tutti  ; 
poi  vengono  Ferreto  Vicentino,  Immanuele  (liudeo,  Fazio  degli 
liberti,  un  fisico  Egidio,  un  chirurgo  Bonmartino,  un  Benintendi 
astrologo,  un  maestro  di  grammatica  Nicolò,  e  Bonzo  d'Alessandria 
segretario  di  Cangrande  e  autore  d'una  enciclopedia  storico-let- 
teraria (-).  (ruglielmo  da  Pastrengo,  intimo  di  Francesco  Petrarca, 
giudice  e  uomo  di  lettere  dottissimo,  fu  adoperato  indelicati  uffici 
da  Cangrande  ;  e  Mastino  e  Alboino,  che  avevano  sulla  coscienza 
l'uccisione  del  vescovo  Bartolomeo,  e  volevano  confermata  la  si- 
gnoria (li  Parma,  lo  mandarono  due  volte  nunzio  a  Benedetto  XII 
in  Avignone.   Gidino  da  Sommacampagna  fiorì  sotto  Mastino  II  e 


(,1)  Atti  (lei  R.  Ist.  Yen.,  tomo  58,  parte  li,  2o2,  n.  2. 

(21  CtV.  (i.  BiAUEGO,  Dante  e  gli  Scaligeri.  Venezia,  189'j. 


(3)  UN    MAESTEO    DI    GRAMMATICA    AMICO    DEL    PETEAECA  301 

lo  cantò  in  una  delle  sue  ballate  ;  fu  fattore  di  Cansignorio,  e  ad 
Antonio  della  Scala  dedicò  il  suo  trattato  dei  Kitmi  volgari  (i). 
E  Einaldo,  autore  dei  due  epitaffi  per  Cangrande  e  per  Mastino 
II,  che  furono  scolpiti  sui  monumenti  eretti  dalla  casa  Scaligera, 
si  può  considerare  come  l'elogiatore  ufficiale  dei  due  morti  illustri  ; 
si  può,  in  altre  parole,  ritenere  ch'egli  abbia  eseguito  un  incarico 
avuto  dalla  famiglia  stessa.  Nato  certamente  non  dopo  il  1290  e 
probabilmente  qualche  anno  prima,  egli,  che  non  volle  mai  allon- 
tanarsi da  Verona,  vide  affermarsi  la  signoria  con  Alberto  I  ;  vis- 
suto fin  oltre  il  1362,  potè  assistere  al  rapido  decadimento  della 
potenza  Scaligera  che  nel  nome  di  Cangrande  era  giunta  al  mas- 
simo splendore. 


IL 

IL    CANONICO    GIOVANNI    PETRARCA 

Parlando  del  canonico  Griovanni  Petrarca,  affidato  alle  cure 
di  Rinaldo  da  Yillafranca,  dissi  di  non  aver  trovato  tra  le  carte 
veronesi  nessun  ricordo  sincrono.  Oggi  non  posso  più  dire  così,  in 
grazia  d'un  documento  dell'Archivio  Capitolare  di  Verona.  Il  20 
luglio  1352,  "  in  claustro  Canonico  Verone  „,  Azzolino  Malaspina 
e  Giovanni  Pefracho  canonici  di  Verona,  allo  scopo  di  scambie- 
volmente permutare  le  loro  prebende,  le  rinunciarono  all'arciprete 
Giovanni  ed  al  Capitolo  Canonicale  ;  cioè  il  Malaspina  rinunciò 
la  prebenda  di  Marcellise,  il  Pefracho  quella  di  Poiane,  tutt'e  due 
nella  provincia  Veronese.  Ai  23  dello  stesso  mese  il  suddetto  ar- 
ciprete Giovanni  commise  al  canonico  Laute  da  Prato  di  porre  il 
Malaspina  in  tenuta  della  prebenda  di  Poiane,  ed  il  Pefracho  di 
quella  di  Marcellise.  Per  il  Malaspina  la  commissione  venne  ese- 
guita il  giorno  stesso.  Ai  10  d'agosto  il  detto  Laute  da  Prato  pose 
dominimi  Johannem  Pefraccho  canonicum  Ver.  in  tenuta  di  una 
pezza  di  terra  aratoria  ed  ortiva  in  A^erona,  iuxta  sancfnm  Pefriim 
in  CasfeJIo  Ver.  ef  prope  sancfum  Johannem  iti  Valle  per  il  be- 
neficio   0  prebenda  canonicale  de  Marcerisio  (Marcellise)  a   nome 


(1)  Scipione  Maffei,  Verona  illustrata.  Ver.  1731.  Scrittori  veronesi, 
II,  113-121. 


302  G.    BIADEGO    -    UN    MAESTEO    DI    GRAMMATICA    ECC.  (4) 

di  essa  pezza  e  di  tutti  gli  altri  possessi  spettanti   a  quella   pre- 
benda (^). 

La  paternità  in  questo  documento  non  è  indicata  ;  ma  non 
può  sorgere  il  dubbio  che  non  si  tratti  del  figlio  di  Francesco 
Petrarca.  Il  Petrarca  scriveva  a  Rinaldo  raccomandandogli  Gio- 
vanni il  9  giugno  1352  ;  il  documento,  di  cui  diedi  il  riassunto, 
è  del  20  luglio  dello  stesso  anno  ;  il  che  significa  che  già  fino 
dal  giugno  del  1352  Giovanni  Petrarca  era  entrato  in  possesso 
del  canonicato  concessogli  da  Cangrande  IL 

Verona,  14  dicembre  1899. 


(1)  Ardi.  Capitolare  di  Verona.  Oliverii  de  Nuptiis  Capit.  .scribe  Ada 
ab  anno  1349  usque  ad  annum  1356,  e.  125-127.  Il  documento  mi  fu  in- 
dicato dal  sig.  Gaetano  Da  Re,  assai  colto  della  storia  locale  e  valente 
paleografo,  addetto  all'Archivio  Comunale  di  Verona. 


(Finita  di  stampare  il  giorno  24  (jennaio  1900) 


PREZZO  DELLA  DISPENSA 
Fogli  4  V2  a  cent.  25    .         .         .         .         .        L.  1.12 


TiPOGEAEiA  Cablo  Fekrari.  1900 


ATTI 


DEL 


REALE  ISTITUTO  VENETO 


DI 


SCIENZE,  LETTEEE  ED  AETI 


AMO  ACCADEMICO  1899-900 


TOliEO  LIX 

(SEEIE     OTTAVA     -    TOMO     SECONDO) 

DISPENSA    QUARTA 


YENEZIA 

PEESSO    LA    SEGEETERIA    DEL   BEALE   ISTITUTO 
PALAZZO    LOREDAN   A    SANTO    STEFANO 


In  esecuzione  dell'art.  25  dello  Statuto  e  dell'art.  50 
del  Regolamento,  si  dichiara  che  dell'  opinione  dei  loro 
scritti  rispondono  gli  autori,  che  ne  conservano  la  pro- 
prietà letteraria. 


INDICE 


PARTE     I^ 

Adunanza  ordinaria  del  4  febbraio  1900 pag.    66 

Bollettino   bibliografico.  Doni  ed  acquisti  dal  31  dicembre  1899 

al  4  febbraio  1900 «     [U] 

Elenco  delle  Pubblicazioni  periodiche  pervenute  al  R.  Istituto 
Veneto  di  scienze,  lettere  ed  arti  per  dono,  per  cam- 
bio o  per  acquisto „     [15] 

PARTE    II» 

A.  Fa  VARO,  m.  e.  —   Due   lettere   inedite   di   Guidobaldo   Del 

Monte  a  Giacomo  Contarini pag.  303 

V.  Polacco,  s.  c.  —  Note   sulle   perizie    civili   comparate   alle 

penali „      313 


s 


Atti  del  Reale  Istituto  Veneto  di  scienze,  lettere   ed  arti. 
Anno  accademico  1899-900  -  Tonio  LIX  -  Parte  prima. 


ADUNANZA    ORDINARIA 
DEL  4  FEBBRAIO  1900 


PRESIDENZA  DEL  M.  E.  LAMPERTICO 

presidente 

Presenti  i  membri  effettivi  :  De  Giovanni,  vice-presidente  ;  G.  Bbr- 
CHET,  segretario  ;  Cassani,  vice-segretario  ;  Lorenzoni,  Trois, 
Bellati,  Bonatelli,  Liot,  Martini,  Veronese,  Papadopoli, 
Da  Schio,  Stefani,  G.  B.De  Toni,  Occioni-Bonaefons,  Ga- 
lanti, Gradenigo,  Ragnisco,  Ricci,  Nasini  ;  ed  i  soci  cor- 
rispondenti: Polacco,  Brugi,  Pascolato,  Bordiga,  Pennato, 
Zanon,  Castelnuovo,  Predelli,  Flamini. 

Giustificata  Y  assenza  dei  mm.  ee.  :  Bernardi,  Canestrini,  Bel- 
trame, Favaro,  Saccardo,  Gloria,  Marinelli,  Omboni,  P. 
Spica,  Teza,  Molmenti,  Fogazzaro  ;  e  dei  soci  corrispon- 
denti :  F.  Berchet,  Vicentini,  Landucci,  Poggi. 

Viene  letto  ed  approvato  l'Atto  della  precedente  adunanza. 

Il  Presidente  annuncia  la  morte  del  m.  e.  pensionato  prof, 
cav.  Antonio  Keller,  avvenuta  in  Padova  il  30  gennaio,  comuni- 
cando che  la  Presidenza  dell'  Istituto  informata  telegraficamente 
dalla  famiglia  spedì  subito  a  questa  un  telegramma  di  condo- 
glianza e  con  altro  telegramma  delegò  il  vicepresidente  prof, 
comm.  Achille  De  Giovanni  a  rappresentare,  insieme  ai  col- 
leghi di  Padova,  il  Corpo  accademico  ai  funerali.  —  Diede 
pure  notizia  della  grave  perdita  al  R.  Ministero  della  pubblica 
istruzione.  Inviò  una  lettera  di  condoglianza  al  Rettorato  della 
R.  Università  di  Padova.  Partecipò  il  grave  lutto  a  tutti  i  mem- 
bri e  soci  dell'  Istituto  come  pure  ai  Corpi  scientifici  italiani  ed 
alle  Autorità  cittadine  di  Padova  e  di  Venezia,  i  quali  tutti  man- 
darono le  loro  condoglianze. 

Partecipa  inoltre  la  morte  del  s.  e.  delle  provincie  venete  sena- 


66  ADUNANZA    ORDINARIA 

tore  Francesco  Ferrara  avvenuta  in  Venezia  il  29  gennaio  alle  ore 
9  V2-  —  La  Presidenza  dell'Istituto  appena  fu  consapevole  della 
grave  perdita,  si  affrettò  ad  inviare  alla  famiglia  dell'illustre  estinto 
una  lettera  di  condoglianza.  Ai  funerali  l'Istituto  fu  rappresentato 
dal  suo  Segretario. 

Dopo  queste  comunicazioni  della  Presidenza,  il  s.  e.  Enrico 
Castelnuovo  chiede  la  parola  per  rammentare  un'altra  perdita  fatta 
nell'illustre  John  Kuskin,  che  fu  entusiasta  della  nostra  Venezia, 
e  la  cui  perdita  riesce  grave  all'  Inghilterra  ed  all'  arte.  Invita 
quindi  l'Istituto  ad  una  dimostrazione  di  condoglianza.  —  Il  Pre- 
sidente interpretando  il  voto  unanime  dell'Istituto,  dichiara  che 
trasmetterà  all'Università  di  Oxford  le  condoglianze. 

Il  Presidente  indi  partecipa  la  Nota  del  R.  Ministero  della 
istruzione  pubblica,  colla  quale  informa  l'Istituto  che,  allo  scopo 
di  maggiormente  facilitare  al  prof.  Gerola  il  suo  scientifico  man- 
dato all'isola  di  Creta,  scrisse  al  Ministero  degli  affari  Esteri  af- 
finchè il  R.  Console  alla  Canea  sia  ufficialmente  informato  dello 
scopo  della  missione  di  lui,  per  dargli  quel  morale  ed  efficace  ap- 
poggio che  gli  potesse  essere  necessario.  —  La  Presidenza  del- 
l'Istituto non  mancò  di  ringraziare  il  R.  Ministero. 

Aggiunge  che  la  Presidenza  della  R.  Scuola  d'Archeologia  in 
Roma  fece  omaggio  all'  Istituto  di  cinque  esemplari  della  Rela- 
zione che  il  prof.  Halbherr  le  inviò  sopra  i  primi  risultati  ottenuti 
dalla  Missione  archeologica  italiana  in  Creta.  Avverte  infine  che 
il  prof.  Gerola  comunicò  all'Istituto,  per  lettera,  il  suo  arrivo  in 
Candia  nel  giorno  19  gennaio. 

Il  Presidente  inoltre  partecipa  che  il  Ministero  anche  in  pen- 
denza dell'  approvazione  del  progetto  di  legge  sul  trasporto  della 
biblioteca  Marciana,  ha  già  disposto  di  un  fondo  per  sopperire  alle 
prime  spese. 

Vengono  quindi  presentati  gli  elenchi  delle  pubblicazioni  di 
nuovo  acquisto  e  dei  doni  dopo  l'ultima  adunanza,  facendo  speciale 
menzione  : 

1.0  del  dono  del  comm.  avv.  Guglielmo  Berchet,  segretario 
dell'Istituto  :  il  Bollettino  della  Società  Geografica  Giappo7iese  (The 
Tokio  cjeographical  society)^  dall'istituzione  (1890)  a  tutto  il  1899, 
promettendo  di  donare  la  continuazione. 

Annual  return  of  the  Foreign  trade  of  the  empire  of  Japan. 
Tokio,  1891-99,  8  voi. 


DEL    4    FEBBRAIO    1900  67 

Third  Annudl  report  of  flie  Minister  of  education.  1875, 
2  voi. 

2.0  del  111.  e.  Saccardo  :  9  sue  pubblicazioni  di  argomento  bo- 
tanico. 

3.0  del  m.  e.  G.  B.  De  Toni  :  il  voi.  VI  della  sua  opera  Sil- 
loge Aìgarimi  omnium  hiicusque  cognitarum. 

4.0  del  s.  e.  F.  Berchet:  IV"  Reìazione  (1896-1898)  dell/ Uf- 
ficio regionale  per  la  conservazione  dei  monumenti  del   Veneto. 

5.0  del  s.  e.  P.  Pennato  :  Le  cerebropatie  spastiche  infantili. 
Udine,  1899,  8.o 

6.0  del  socio  nazionale  O.  Penzig  :  7  sue  pubblicazioni  d'ar- 
gomento botanico. 

7.0  del  R.  Ministero  dei  Lavori  pubblici  :  Atti  della  Commis- 
sione per  Vautonomia  del  porto  di  Genova. 

Dopo  di  ciò  vengono  presentate  le  seguenti  Memorie,  accom- 
pagnate dai  brevi  sunti  regolamentari  : 

E.  Teza,  ni.  e.  :   Cose  armene. 

W  m.  e.  N.  Papadopoli  legge  una  breve  memoria  in  cui  di- 
mostra come  nel  1515  a  Venezia  e  nel  1518  a  Cipro,  con  punzoni 
forniti  dalla  zecca  della  dominante,  fossero  battuti  denari  di  mistura 
detti  Carzie  e  ciò  per  ordine  del  Consiglio  dei  Dieci.  Siccome  fin 
qui  non  si  conoscevano  se  non  le  Carzie  per  Cipro,  emesse  dal  1553  in 
poi,  coi  nomi  dei  dogi  che  si  succedettero  da  M.  Ant.  Trevisan  sino 
a  P.  Loredan,  egli  crede  di  poter  riconoscere  le  monetine  ordinate 
e  coniate  nel  1515  e  1518  in  certi  denari  anonimi  pubblicati  nel 
1872  da  P.  Lambros  e  da  lui  attribuiti  ai  re  di  Cipro  e  particolar- 
mente a  Pietro  I  e  Pietro  IL  Esse  recano  da  un  lato  il  leone  ram- 
pante e  l'iscrizione  S  •  DE  •  CHIPRE,  e  dall'altro  la  croce  accan- 
tonata da  quattro  crocette  coli'  iscrizione  S  "  DE  •  lERVZALEM  . 
Il  Papadopoli  le  ritiene  invece  posteriori  all'epoca  dei  re  :  la  man- 
canza di  ogni  segno,  o  titolo  reale  gli  fa  credere  che  sieno  state 
fabbricate  quando  il  trono  dei  Lusignano  era  occupato  dai  veneziani 
ed  interpreta  la  lettera  S  come  iniziale  di  Signum  o  stemma. 

Il  prof.  P.  Ragnisco,  m.  e.,  presenta  un  lavoro  sul  Pentimento: 
e  lo  considera  prima  sotto  l'aspetto  psicologico,  analizzandone  gli 
elementi  costitutivi,  e  deducendo  quali  sieno  i  necessari  requisiti, 
perchè  quello    abbia  i  suoi  effetti  ;  poi  viene  alla  trattazione    del 


'68  ADUNANZA    ORDINALA 

pentimento  morale  :  e  qui  esamina  la  coscienza  morale  nella  sua 
molteplice  forma  secondo  lo  svolgimento  della  persona  morale,  da 
cui  deduce  le  varie  ragioni  del  pentimento  ;  e  dalla  gradazione  del 
pentimento  arriva  al  punto  più  alto  di  esso,  che  è  l'onore  della 
persona  umana. 

E.  Nicolis,  s.  e.  :  Terrazzi  e  formazioni  diluviali  in  rapporto 
col  bacino  del  Garda.  —  L'Autore  continuando  le  sue  ricerche  sul- 
l'origine e  sull'età  del  lago  di  Garda  presenta  questa  breve  me- 
moria e  la  riassume  con  le  seguenti  parole  :  "  Dico  per  ultimo 
non  essere  ancora  giunto  il  momento  per  arrivare  a  conclusioni  con 
materiale  vagliato  dalla  critica  e  dal  tempo  ;  basterà  intanto  aver 
dimostrato  l'esistenza  dì  una  corrente  fluviale,  ora  scomparsa,  ter- 
razzante longitudinalmente  i  terreni  di  trasporto  della  valle  e  che 
adesso  fiancheggiano  la  riviera  veronese  ;  lavoro  che  non  poteva 
effettuare  l'ondeggiamento  del  lago  così  bene  espresso  nei  solchi 
che  incidono  la  roccia  riverasca  trasversalmente  ;  aggiungendo  inoltre 
l'altra  verisimile  dimostrazione  della  concomitanza  dell'abbassamento 
della  catena  del  Baldo  con  i  franamenti,  scoscendimenti  e  scorri- 
menti di  porzioni  della  stessa,  avvenuti  durante  i  periodi  inter- 
glaciali.  „ 

Dott.  P.  PennatO;  s.  e.  :  Coìmderazioni  sulla  morf'olo(jia  del 
torace.  —  La  ricerca  dei  diametri  antero-posteriore  e  trasverso  serve 
alla  miglior  conoscenza  morfologica  del  torace.  Questi  diametri  de- 
vono essere  studiati  in  relazione  agli  altri  dati  morfologici.  T)a  nu- 
merosissime osservazioni  risulta  che  nei  sani  il  diametro  antero- 
posteriore  superiore  è  eguale  o  quasi  alla  linea  iugulo-xifoide,  nei 
tubercolosi  è  di  minore,  nei  cardiopatici  di  eccessivo  sviluppo. 
Contrariamente  alle  osservazioni  di  Gabrilowitch,  si  può  affermare 
che  il  torace  tubercoloso  è  per  lo  più  appiattito.  Lo  studio  dei 
diametri  del  torace  contribuisce  in  armonia  alle  altre  ricerche  an- 
tropometriche, alla  indagine  sulla  patogenesi. 

Il  Vicepresidente  De  Giovanni  a  proposito  di  questa  lettura  di- 
ce: "  Non  voleva  domandare  la  parola  per  un  tal  quale  senso  di 
modestia,  perchè  il  dott.  Pennato  ha  ranunentato  la  mia  scuola  ;  ma 
ho  poi  pensato  che  ne  va  di  mezzo  il  bravo  collega  che  ha  letto  — 
il  dott.  Pennato  —  sopra  un  argomento  di  non  lieve  importanza  scien- 
tifica. Egli  ha  voluto  dimostrare  per  qual  via  si  debba  far  pro- 
gredire la  scienza  della  patogenesi,  abbandonando  le  ricerche  teori- 


DEL    4    FEBBKAIO    1900  69 

che  delle  cause  esterne,  e  indagando  quanto  in  ogni  corpo  la  mor- 
bilità si  informi  alla  propria  condizione  morfologica  ;  accennando  così 
a  quegli  elementi  di  geometria  che  si  vedono  presiedere  alle  orga- 
nizzazioni delle  forme  organiche  animali.   „ 

Il  m.  e.  Q.  B.  de  Toni  presenta  una  memoria  del  sig.  Achille 
Forti  col  titolo:  Contribuzioni  diatomologiche, IV.  Contributo  alla  dia- 
tomologia  del  Friìili.,  riassumendo  il  contenuto  della  memoria  stessa. 
Il  Forti  illustra  alcuni  saggi  di  funghi  lacustri  della  regione  friu- 
lana, comunicatigli  dai  prof.  0.  Marinelli  ed  A.  Lorenzi.  L'autore 
segnala  nel  suo  lavoro  parecchie  specie  le  quali  sono  da  aggiun- 
gere alla  flora  crittogamica  veneta  ;  per  ciascheduna  specie  stu- 
diata viene  data  la  distribuzione  geografica  nel  Yeneto,  ed  il  la- 
voro è  accompagnato  da  una  indicazione  accurata  delle  fonti  biblio- 
grafiche concernenti  la  flora  diatomologica  della  regione  veneta. 

Dott.  Gr.  Pacher  e  dott.  L.  Finazzi  :  Sull'attrito  interno  dei 
liquidi  isolanti  in  un  campo  elettrico  costante.  —  Gli  autori  stu- 
diando diversi  dielettrici  liquidi  sottoposti  all'  azione  di  un  campo 
elettrico  costante,  non  trovano  che  questo  abbia  azione  sensibile 
sul  valore  dell'attrito  interno  dei  liquidi  stessi. 

Il  m.  e.  De  Toni  fece  poi  questa  breve  comunicazione  a  voce 
sopra  uno  studio  del  prof.  Giusto  Pasqualis  :  Intorno  ad  una  serie 
di  antisettici  trascurati.  Applicazione  di  essi  alla  disinfezione  del- 
l'acqua  potahile  e  delle  verdure  che  si  manf/irmo  crude  :  "  Recenti 
esperienze  di  bacteriologia  hanno  dimostrato  che  gli  acidi  organici 
naturali  :  formico,  acetico,  tartarico,  citrico,  lattico  ecc.,  sono  an- 
tisettici molto  energici,  tali  da  rivaleggiare  in  molti  casi  cogli 
antisettici  più  usati  e  ritenuti  i  più  eflftcaci. 

"  Parve  dunque  al  prof.  Pasqualis  potersi  trarre,  fra  le  molte 
possibili,  due  utilissime  applicazioni  di  questa  virtù  degli  acidi, 
rimasta  quasi  oscura  e  affatto  trascurata  fino  ad  ora  :  e  cioè  alla 
disinfezione  delle  acque  potabili  e  delle  verdure  che  si  mangiano 
crude  —  entrambi  questi  mezzi  assai  frequenti  di  trasmissione 
d' infezioni,  specie  del  tifo  e  del  choléra. 

"  Alla  disinfezione  dell'acqua  si  presta  benissimo  l'acido  tar- 
tarico. Ha  constatato  che  1'  acido  tartarico,  anche  nella  dose  te- 
nuissima  del  3  per  mille,  sterilizza  completamente  un'  acqua  in- 
quinata di  tifo  dopo  un'ora.  L'  acido  tartarico  può  quindi  venire 
facilmente  eliminato   dall'acqua  aggiungendo  a  questa  la  quantità 


70  ADUNANZA    ORDINARIA    DEL    4    FEBBRAIO    1900 

equivalente  di  carbonato  di  calcio  precipitato.  L'acqua  riacquista 
per  tal  modo  il  suo  sapore  normale  e  la  composizione  chimica  di 
essa  non  subisce  alcun  cambiamento  apprezzabile  né,  tanto  meno, 
dannoso.  Il  processo  ha  anche  il  vantaggio  di  essere  molto  pratico 
ed  economico. 

"  La  sterilizzazione  delle  verdure  si  può  ottenere  tenendole  im- 
merse prima  di  cibarsene  per  qualche  tempo  in  un  bagno  di  quello 
stesso  acido  acetico  che  d'  ordinario  serve  a  condirle,  o  di  acido 
tartarico.  Questi  acidi  al  3  per  cento  sterilizzano  completamente  le 
insalate  dai  germi  del  choléra  in  5  minuti  e  dai  germi  tifogeni 
in  20  minuti. 

"  E  con  queste,  dal  Pasqualis  citate  ad  esempio  e  descritte,  è 
appena  inaugurata  la  serie  delle  applicazioni  possibili  degli  acidi 
organici,  i  quali,  non  degnati  fin  qui  di  attenzione  per  idee  aprio- 
ristiche come  antisettici,  stanno  di  fatto  nel  novero  degli  antisettici 
potentissimi  e  torneranno  presto,  per  fondate  ragioni,  un  prezioso 
ausiliario  dell'igiene  generale  e  domestica.  „ 

Terminata  1'  adunanza  pubblica  l'Istituto  si  raccolse  in  adu- 
nanza segreta,  nella  quale  : 

Fu  proposto  il  conferimento  della  pensione  accademica  vacante 
per  la  morte  del  m.  e.  ab.  Bernardo  Morsolin,  al  membro  effettivo 
Paolo  Lioy. 

Fu  nominato  membro  effettivo  in  luogo  del  defunto  Morsolin 
il  socio  corrispondente  Vittorio  Polacco. 

Fu  approvato,  sopra  relazione  dei  revisori,  il  Conto  consun- 
tivo 1899  e  il  Preventivo  1900  della  Fondazione  Minich. 

Dopo  di  che  1'  adunanza  venne  sciolta. 


//  Premiente 
F.   LAMPERTICO 


//  Segretario 
G.   Berchet 


Atti  del  Reale  Istituto  Veneto  di  scienze,  letteee  ed  arti. 
Anno  accademico  1899-900  -  Tomo  LVIII  -  Parte  prima. 

(annessi) 


BOLLETTINO   BIBLIOGRAFICO 

Doni  ed  Acquisti  dal  31  dicembre  1899  al  4  febbeaio  1900  (0 


*  Annnal  return  of  the  Foreign  frode  of  the  empire  of  Jcqmn.  — 

Tokio,  1891-1899,  8  voi. 

Dono  del  m.  e.  segretario  G.  Berchet. 
*F.  Berchet.  -  IV"  Bela  zio  ne  (1896- 18  V8)  dell'  Uficio  regionale 
per  la  conservazione  dei  monumenti  del  Veneto.  —  Venezia, 
1899,  8.0 
Biblioteca  di  scienze  politiche  e  amministrative.  ^'  Serie.  Scelta 
collezione  delle  piìi  importanti  Opere  moderne  italiane  e  stra- 
niere di  Diritto  amministrativo  e  costituzionale,  diretta  da 
Attilio  Brunialti.  -  Voi.  VITI,  disp.  13»  e  14'\  La  Giusti- 
zia am  ministra  tira. 

Santangelo  3poto.  -  La  Burocrazia  e   il    Governo   parla- 
mentare. 

0.  Di  Sarwey.  -  La  Giustizia  nelV amministrazione  e  l'or- 
dinamento  burocratico.  —  Torino,   1899,  8.» 

*  Bollettino  della  Società  geografica  giapponese.   The  Tokio  geogra- 

phical  society.  (Dall'  istituzione  della  Società  (1890)   a  tutto 
il  1899). 

Dono  del  m.  e.  segretario  G.  Berchet. 
*L.  Bombicci.  -  Sulla  Cubosilicite  e  sulla  sua   p)Osizione    tassono- 
mica nella  serie  delle  varietà  di  silice  anidra  e  idrata.  Me- 
moria. —  Bologna,  1899,  4°,  ili.  tav. 


(Ij  L'  *  indica  i  libri  od  opuscoli  ricevuti  in  dono. 


[12]  BOLLETTINO    BIBLIOGRAFICO 

*L.  Bombicci.  -  Nufrve  considerazioni  sulla  probabilità  che  talune 
anomalie  di  formai  nei  cristalli,  dipeìtdano  da  durct'oH  nio- 
vimenti    negli    spazi   naturalmente  cristalligeni.  —  Bologna, 

1899,  4°,    con  una  Tav. 

*C.  Bullo.  -  Dei  movimenti  insurrezionali  del  Veneto  sotto  il  do- 
minio napoleonico  e  specialmeute  del  brigantaggio  politico  del 
1809.  —  Venezia,  1899,  8.o 

*  Commissione  per  1'  autonomia  del  porto  di  Genova  nominata  con 

Decreto  di  S.  E.  il  Ministro  dei  Lavori  pubblici  in  data  8 
febbraio  1899  e  presieduta  dal  senatore  G.  Boccardo.  -  Atti 
della  Commissione.  —  Roma,   1899,  4.° 

Dono  del  R.  Ministero  dei  Lavori  pubblici. 

*  Consorzio  per  gli  spari  contro  la  grandine,  in  Conegliano.  -  Re- 

lazione della  rappresentanza.  —  Conegliano,  1899,  8.o 

*J.  B.  De-Toni.  -  Sylloge  Algarum  omnium  hucusque  cognitarum. 
Yol.  IV,  Florideae.  Sectio  II,  Familiae  I-JV.  Fol.  25.  — 
Patavii,  1900,  8.° 

*F.  Foffano.  -  Due  documenti  Goldoniani.  —  Venezia,  1899,  8.° 

*R.  Gavagnin.  -  La  Legge  secondo  un  grande  poeta  italiano. 
(Breve  commento  al  principio).  —  Venezia,  1900,  8.» 

*G.  Ghellini.  -  Grandine  e  spari.  Il  nostro  Consorzio  e  il  Con- 
gresso di  Cascdmonf errato.  —   Conegliano,  1899,  8.° 

*E.  Guidi  Di  Filomeno.  -  La  natura  coìidàna.  Comedia  pesarese 
in  un  atto.  —  Verona,  1900,  16.» 

*F.  Halbherr.  -  Lavori  eseguiti  in  Creta  dalla  Missione  archeo- 
logica italiana  dal  9  giugno  al  9  novembre  1899.  Relazione. 
—  Roma,  1899,  8.» 

*G.  Hellmann.  -  Regenhrrte  der  Provinz  Ostpreussen.  —   Berlin, 

1900,  8o,  con  carta. 

A.  HofFa.  -  Atlante  ed  elementi  di  tecnica,  delle  fasciature  e  de- 
gli apparecchi  per  medici  e  studenti.  Tradtizione  del  doti.  V. 
Duccheschi.  —  Milano,  1899,  8°,  tela.  Atlante  con  253  fig. 
su  128  tavole. 

P.  Lefert.  -  La  pratica  giornaliera  del  medico-cldrurgo.  Tradu- 
zione italiana  per  cura  del  dott.  Luigi  Bufalini.  —  Mila- 
no, 1899,  16°,  tela. 
*S.  Lussana.  -  Alessandro  Volta  e  la  pila  nel  secolo  decimonono. 
Discorso.  —  Siena,  1899,  8.o 
*  Influenza  della  pressione  sulla  resistenza  elettrica  dei  metalli. 
Ricerche  sperimentali.  —  Pisa,  1899,  8.» 


DONI    ED    ACQUISTI    ECC.  [13j 

*E.  Mìllosevich.  -  SuìV  orbita  di  (433)  Eros  in  base  alle  osserva- 
zioni degli  anni  1898-99.   Nota.  —  Vienna,   1899,  4.o 

*G.  Naccari.  -  La  grande  macchia  solare  del  settembre  ed  ottobre 
1898  e  le  macchie  solari  in  generale.  —  Venezia,  1899,  8.° 

*  Effemeridi  del  Sole  e  della  Luna  calcolate  per  V  anno    1900 

(ultimo  del  secolo  decimonono).  —  Venezia,  1899,  8.° 
*L.  Padoan.  -  Per  la  citazione  di  Luigi  Carrer  fra  i   traduttori 

di  Fedro.  —  Piacenza,  1899,  8.o 
*P.  Pennato  e  G.  Berghinz.  -  Le  cerebropatie  spastiche  infantili. 

—  Udine,  1899,  8°,  ili. 

*0.  Penzig.  -  Flora  popolare  Ligure.  Primo  contributo  allo  studio 
dei  nomi  volgari  delle  piante  in  Ligaria.  —  Genova,  1897, 
8.0 
*/  prodotti  vegetali  del    mercato    di    Buitenzorg    (Giava).    — 
Genova,  1898,  8.o 

*  Onoranze  a  Marcello  Malpnghi.    —    Genova,    1898,    8»,    con 

una  tav. 
*AmalIospora,  nuovo  genere  di  tuberculariee.  —  Genova,  1898, 
8o,  con  una  tav. 

*  Ueber  Javanische  Phalloideen.  —  Leide,  1899,  8»,  con  10  tav. 

*  Sopirà  una  nuova  specie  di  Prosopis  dell' America  meridionale. 

—  Genova,  1899,  8°,  con  una  tav. 

*0.  Penzig  et  P.  A.  Saccardo.  -  Diagnoses  fungorum  novorum  in 
insula  Java  collectorum.  Series  I,  IL  —  Genova,  1897-98, 
8.0 

*Peradon  et  Dumas.  -  La  m  ed  ecine  nouvelle.  Le  nouveau  vitalisme 
(Lois  de  la  rie)  ses  trois  agents  :  dynamodermie,  magnétoria, 
vitalisme.  Etudes  et  résumé  des  théories  de  la  Méd ecine  noti- 
velie.  —  Paris,  1899,   16.o 

*T.  Poggi.  —  Le  Cattedre  ambulanti  di  agricoltura  in  Italia. 
2a  ediz.  —  Roma,  1899,  8.o 

*F.  Ruffini.  -  Linee  radicali  e  punti  radicali.  Nota.  —  Bologna, 
1900,  8.0 

*P.  A.  Saccardo  et  0.  Penzig.  -  Diagnoses  fungorum  novorum  in 
insula  Java  collectorum.  Serie  prima,  Series  secunda.  — 
Genova,  1897-98,  8.o 

*P.  A.  Saccardo.  -  Fungi  aliquot  Brasilienses  phyllogeni.  —  Bru- 
xelles, 1896,  8.0 

*  Di  tre  autografi  Malpighiani  neW  Orto  botanico    di    Padova, 

Lettera.   —  Firenze,   1898,  8.o 


[14]  BOLLETTINO    BIBLIOGRAFICO 

*P.  A.  Saccardo.  -  Pontedera  Giulio.  Biografia.  Bibliografia  delle 

opere.  Bibliografia  biografica  e  critica.  —  Padova,  1898,  16.° 

*lSulla  2nà  antica  pabblicazione  di  Plantae  exicatae.  Nota.  ■ — ■ 

1899,  8.0 

*  Giovanni  Girolamo  Zannichelli.  Cenni.  —  Genova,  1898,  8", 

oon  ritr. 

*  Francesco  Ambinosi.  Cenni  biografici.  —  Padova,  1898,  8^,  ritr. 
*P.  A.  Saccardo  e  F.  Cavara.  -  ^  2\d)erculina  Sbrozzii,,  nov.  spec. 

parassita  delle  foglie  di   Vinca  Major  L.  —   1899,  8»,   una 

tav. 
*G.  Sangiorgio.  -  I  primi  contorni  di  una  storia  commerciale  del 

Mediterraneo.  —  Roma,  1900,  8°  gr. 
M.  Sanuto.  -  /  Diarii.  Tomo  LV,  fase.  236. 
*Third    Annual    report    of  tJie    Minister  of  educatiou.  —  Tokio, 

1875;  2  volumi. 

Dono  del  m.  e.  segretario  G.  Berchet. 
*M.  Tono.  -  Annuario  astro-meteorologico  con  effemeridi   nautiche 

per  l'anno  1900  (Anno  XVII]).  —  Yenezia,  1899,  8.° 
*C.  Trentinaglia.  -  Il  primo  anno  di  vita  di  un  Circolo    d'  armi. 

Relazione  del  Circolo  schermistico  De  Col.  —Venezia,  1900, 

16.0 
*S.  Vecchi.  -  f)ulle  figure   complete    determinate    da    un    numero 

qualunque  di  punti  o  da  un  menerò  qualunque  di    tangenti 

di  una  conica  e  sulle  loro  correlative  nello  spazio.  Nota.  — 

Parma,   1899,  4o,  con  Tav. 

*  Saggio  di  un  disegno  polarlmetrico    (Esercizio    di    geometria 

descrittira).  Nota.  —  Parma,  1899,  4",  con  Tav. 
*E.  Vecchiato.  -  I  Cavalieri  della  Bepubblica   Veneta.  —  Padova, 

1900,  8.0 

Zoologica.  Original-Abhandlungcn  aus  dem  Gesammtgebiete  der 
Zoologie.  Herausgegeben  von  D.*'  R.  Leuckart  und  B!'  C. 
Chun.  -  Heft  22.  Dentscìilands  Hydrachiriden  von  D.^  B. 
Piersig.  —  Stuttgart,   1897-1900,  4o,  mit  51  Tafeln. 

Heft  24.  Studien  fd)er  pxtzifische  Spo^igien  von  D.^  Johannes 
Thiele.  II  Theil.  mit  5  Tafeln.  -  Heft  28,  Elfter  Bard,  Vierte 
Lieferung.  Otto  Miltz,  Das  Auge  der  Polyphemiden,  mit  4 
color.  Tafeln.  —  Stuttgart,  1899,  4.o 


Atti  del  Reale  Istituto  Veneto  di  scienze,  lettere  ed  arti. 
Anno  accademico  1899-900  -  Tonio  LIX  -  Parto  prima. 

(annessi) 


ELENCO  DELLE  PUBBLICAZIONI  PERIODICHE 

PERVENUTE    AL    R.    ISTITUTO    YeNETO    DI  SCIENZE,  LETTERE  ED  ARTI 
PER    DONO,    PER    CAMBIO    O    PER    ACQUISTO    (l) 


PUBBLICAZIONI   ITALIANE   CHE    CONTINUANO 

*  Bergamo.  —  Ateneo  di  scienze,  lettere  ed  arti  in  Bergamo. 
Atti  dell'  Ateneo  di  scienze,  lettere  ed  arti  in  Bergamo. 

Dal  volume  1°,  anno  1875,  al  volume  XIV,  anno  1897-98  (manca 
il  volume  VII). 

*BoLOGNA.  —  Società  medico-chirurgica  e   Scuola  medica  di  Bo- 
logna. 

Bollettino    delle   scienze  mediche  pidMicato  per  cura  della  So- 
cietà   medico-chirurgica   e  della    Scuola    medica  di  Bologna. 

Dall'  anno  XI,  serie  II-'',  volume  Vili  (anno  1839)  fino  all'anno 
LXX,  serie  VII,  volume  X  (anno  1899)  —  Dell'  anno  XI  (1839), 
serie  II**,  volume  Vili  esistono  solo  i  fascicoli  44,  45,  46,  48  — 
Dell'  anno  LVII  (1886),  serie  VI",  volume  XVII  mancano  i  fasci- 
coli 1,  2,  3,  4  ;  del  volume  XVIII  manca  il  fascicolo  5  —  Dell'anno 
LIX  (1888),  serie  VI%  volume  XXI  mancano  i  fascicoli  3,  4,  5,  6  ; 
del  volume  XXII  mancano  i  fascicoli  1,  2,  3,  4  —  Dell'anno  LXI 
(1890),  serie  VI%  volume  1°  manca  il    fascicolo    11    —   Dell'  anno 


(1)  L'  asterisco  *  indica  cambio. 

La  crocetta  latina  f  indica  acquisto. 

Le  pubblicazioni  che  non  sono  precedute   da   segno    alcuno    per- 
vengono in  dono. 


[16]  ELENCO    DELLE    PUBBLICAZIONI    PERIODICHE 

LXIY  (1893),  serie  YI1%  volume  IV  mancano  i  fascicoli  11,  12  — 
Dell'  anno  LXVI  (1895),  serie  YII-"',  volume  VI  manca  il  fascicolo 
3  _  Dell'anno  LXVII  (1896),  serie  Vll^  volume  VII  mancano  i 
fascicoli  1,  4,  5,  9  —  Dell'  anno  LXIX  (1898),  serie  VII^  volume 
IX  mancano  i  fascicoli  5,  6  —  Indice  alfabetico  dei  primi  dodici 
volumi  della  terza  serie  (1848)  —  Indice  alfabetico  degli  ultimi 
dodici  volumi  della  terza  serie  (1854)  —  Indice  alfabetico  dei 
ventiquattro   volumi    della    quarta  serie,  annate  1854-65  (1867). 

*  Bologna.  —  R.  Accademia  delle  scienze  dell'Istituto  di  Bologna. 

Memorie  deììa  B.  Accddemia  delle  scienze  deìV  Ixfiinio   di  Bo- 
lo g?i  a. 

Serie  P,  dal  tomo  1°,  anno  1850,  al    tomo    XII,    anno    1861    — 
Serie  II",  dal  tomo  1°,  anno  1862,  al   tomo  X,    anno  1870  (manca 
il  tomo  V)    —    Serie    HI",    dal  tomo  1°,    anno    1871,    al   timo  X, 
anno  1879  ;  indice  del  decennio  —  Serie  IV",  dal  tomo    1°,    anno 

1880,  al  tomo  X,  anno  1889  (del  tomo  X  esistono  solo  i  fascicoli 
1,  2)  —  Serie  V*,  dall'  anno  1890  in  poi  ;  esistono  solo  i  tomi  III, 
IV,  V,  VI,  ed  i  fascicoli  1,  2  del  tomo  VII,  anno  1898. 

Bendiconto    delle    Sessioni    della    B.   Accademia    delle    scienze 

dell'  Istituto  di  Bologna. 

Dall'  anno  1837-38  all'  anno  1897-98  ;  mancano  i  fascicoli  degli 
anni  1880-81,  1884-85,  1889-90,  1890-91,  1891-92,  il  fascicolo  1  del- 
l' anno  1896-97,  ed  il  fascicolo  1  dell'  anno  1897-98. 

*  Brescia.  —  Ateneo  di  Brescia. 

Commentari  dell'  Ateneo  di  Brescia. 

Esistono  le  seguenti  annate:  1812,  1820,  1821,  1822,  1823,  1840, 
1841,  1842,  1844,  1845-46,  1847,  1848-50,  1852-57,  1858-61,  1862-64, 
1865-67,  1868-69,  1870-73,  1874,  1875,  1876,  1877,  1878,   1879,    1880, 

1881,  1882,  1883,  1884,  1885,  1886,  1887,  1888,  1889,  1890,  1891,  1892, 
1893,  1894,  1895,  1896. 

*  Catania.  —  Accademia  Gioenia  di  scienze  naturali  in  Catania. 

Bollettino  delle    sedute    dell'Accademia  Gioenia  di  scienze   na- 
turali in  Catania. 

Nuova  serie,  dal  fascicolo  1,  anno  1889,  al  fascicolo  59,  anno  1899 
—  Mancano  i  fascicoli  30,  31,  34,  35,  37,  44,  45. 

Atti  dell'Accademia  Gioenia  di  scienze  naturali  in  Catania. 

Serie  1%  dal  tomo  1°  fino  al  tomo  XX  (mancano  i  due  tomi 
XIII  e  XV)  —  Serie  II»,  dal  tomo  1°  fino  al  tomo  XX  —  Serie 
111%  dal  tomo  I"  al  tomo  XX  —  Serie  IV%  dal  tomo  1°  al  tomo 
XI  (1898). 


PEEVENUTE    AL    R.    ISTITUTO    VENETO    ECC.  [17] 

*CoNEGLiANO.  —  R.  Scuola  di  viticoltura  ed  enologia,  e  Comizio 
agrario  di  Conegliano. 

La  Rivista,  periodico  quindicinale,  organo  della   B.   Scuola    di 
riticoltura  ed  enologia,  e  del  Comizio  di  Conegliano. 

Serie  IV^  (lairanno  1°  (1895)  all'anno  V  (18'J9)  —  Manca  il  n. 
14  dell'anno  HI  (1897). 

La  Riinsta  fa  seguito  alla  Rivista  di  vitiroltiira  ed  enologia  di 
Conegliano  prima,  e  della  Nuova  Rassegna  dopo. 

EsTE.  —  R.  Ispettorato  pei  monumenti  e  scavi  dei  Mandamenti 
di  Conselve,  Este,  Monselice  e  Montagnana. 

Notizie  di  archeologia ,  arte  e  storia. 

Anno  I"  (1899)  dal  numero  2  al  numero  10. 

*  Firenze.  —  R.  Istituto  di  studi  superiori  pratici  e   di  perfezio- 

namento. 
Pubblicazioni   del  R.  Istituto    di    studi    superiori   pratici  e  di 
perfezio7iam  ento. 

Sezione  di  scienze  fisiche  e  naturali  —  Sezione  di  medicina  e 
chirurgia  —  Sezione  di  filosofia  e  filologia  —  Accademia  orientale 
—  Collezione  scolastica  —  R.  Osservatorio  di  Arcetri,  dal  fascicolo 
1  al  fascicolo  9. 

*  Firenze.  —  Lo  Sperimentale.  Archivio  di  biologia. 

Anno  XXXIII  (1879),  dal  fascicolo  7  al  fascicolo  12,  fino  al- 
l'anno LII  (1898)  —  Dell'  anno  XLV,  1892,  manca  il  fascicolo  2, 
Memorie  Originali. 

*  Firenze.  —  Accademia  medico-fisica  Fiorentina. 

La    Settimana    Medica.    Organo    dell'  Accademia   medico-fisica 
Fiorentina. 

Dall'  anno  L,  1896,  all'  anno  LUI,  1899  —  Dell'  anno  L,  1896, 
mancano  i  numeri  50  e  52. 

+FiRENZE.  —  Giornale    di    erudizione,    corrispondenza    letteraria, 
artistica  e  scientifica. 

Anno  1°  (anno  1886),  dal  n.  1  al  n.  24  (manca  il  n.  4)  —  Dal 
volume  1°  (anno  1889)  al  volume  VII  (anni  1897-98),  ogni  volume 
consta  di  ventiquattro  numeri  ed  è  completo  —  Dei  volumi  IV, 
V,  VI,  mancano  gli  indici  ed  i  frontespizi. 


[18]  ELENCO   DELLE    PUBBLICAZIONI    PERIODICHE 

*  Firenze.  —  Società  Entomologica  Italiana, 

Bullettino  della  Società.  Enfomolugica  Italìaìia. 

Dall'anno  XVI  (1884)  all'  anno  XXX  (1898)  —  Manca  l' anno 
XXVII  (1895). 

*  Firenze.  —  Biblioteca  Nazionale  Centrale  di  Firenze. 

Bollettino    delle  Pubblicazioni  Italiane  ricevute   per  diritto    di 
stamina. 

Dall'anno  1886  all'anno  1898  —  Mancanze  :  Anno  1888,  il  fasci- 
colo E  dell'indice  —  Anno  1889,  i  fascicoli  7,  8,  9  dell'  indice  — 
Anno  1890,  il  n.  102  ed  il  fascicolo  G  dell'  indice  —  Anno  1894,  il 
n.  211  —  Anno  1895,  i  n.'  217,  219  ed  il  fascicolo  F  dell'indice  — 
Anno  1897,  i  n.'  266,  278. 

*  Firenze.  —    Eeale  Accademia  economico    agraria    dei   George- 

fili  di  Firenze. 

Atti  della  Reale  Accademia  economico    agraria    dei    Georgofili 
di  Firenze. 

Dal  volume  XXII  (anno  1844)  al  volume  XXXI  (anno  1853) 
—  Nuova  serie,  dal  volume  1°  (anno  1853)  al  volume  XIV  (anno 
1867)  —  Serie  IV^  dal  volume  Vili  (anno  1885)  al  volume  XXI 
(anno  1898)  —  Rendiconto  anno  1851-54. 

Il  volume  XXVIII  (anno  1850)  arriva  alla  pagina  335  —  Del 
volume  XXIX  (anno  1851)  manca  la  dispensa  111*  —  Nuova  serie, 
del  volume  XII  (anno  1865)  esiste  solo  la  I*  dispensa  che  va  fino 
alla  pagina  104  —  Del  volume  XIV  (anno  1867)  esiste  solo  la 
dispensa  I"  che  ha  le  pagine  LXVI,  80  —  Serie  IV**,  del  volume 
Vili  (anno  1885)  manca  la  dispensa  I." 

*  Firenze.  —  E.  Accademia  della  Crusca. 

Atti  della  R.  Accademia  della  Crusca. 

Adunanza  Pubblica  dall'anno  1874  all'anno  1899. 

*  Firenze.  —    Collegio  degli  architetti  ed  ingegneri   in   Firenze. 

Atti  del  Collegio  degli  architetti  ed  ingegneri  in  Firenze. 

Anno  II,  1877,  fascicolo  1°,  manca  il  fascicolo  II  —  Anno  III, 
1878,  fascicolo  1°,  manca  il  fascicolo  II  —  Anno  IV,  1879,  fasci- 
colo I",  manca  il  fascicolo  II  —  Dall'anno  V,  1880,  all'anno  XXI, 
1896,  segue  completo. 


PERVENUTE    AL    E.    ISTITUTO    VENETO    ECC.  [19] 

*  Firenze.  —  R.  Deputazione  Toscana  di  storia  patria. 

Archivio  Storico  Italiano,  fondato  da  G.  P.  Vieusseux  e  con- 
tinuato a  cura  della  R.  Deputazione  Toscana  di  storia  2Mtria. 

Serio  I**,  dal  tomo  1°  (1842)  al  tomo  XVI  compreso  (manca  la 
parte  I*  del  tomo  XVI),  con  9  appendici  —  Serie  11%  dal  tomo  I 
(1855)  al  tomo  XII  (18!50)  —  Tomo  XIII,  col  Giornale  degli  Archivi 
Toscani  che  va  dall'anno  1857  all'anno  1863  —  Serie  IIP,  dal  tomo 
1°  (1865)  al  tomo  XXVI  (1877)  —  Serie  IV%  dal  tomo  1°  (1878)  al 
tomo  XX  (1887)  —  Serie  V%  dal  tomo  I"  (1888)  al  tomo  XXII 
(1898)  —  Indici  dall'anno  1842  all'anno  1877. 

Archivio  Storico  Italiano,  fondato  da  G.  P.  Vieusseux  e  con- 
tinuato a  cura  della  E.  Deputazione  Toscana  di  storia  patria. 
Indice  tripartito  della  IV'  serie. 

Volumi  venti,  anni  1878-1887  (pubblicato  nell'anno  1891). 

*  Genova.  —  E.  Università  di  Genova. 

Bollettino  dei  Musei  di  Zoologia  e  Anatomia   Comparata. 
Dal  n.  1  (anno  1892)  al  n.  78  (anno  1898). 

*  Genova.  —    Società    di   letture    e  conversazioni    scientifiche  di 

Genova. 

Effemeridi. 

Dall'anno  I",  1870,  all'anno  IV,  1875  —  Nuova  serie,  volume  1°, 
dal  n.  1  al  n.  12,  volume  II  dal  n.  1  al  n.  6. 

Giornale. 

Dall'anno  1°  (1877)  all'anno  XI  (1897)  —  Dell'anno  V,  1881,  man- 
cano i  fascicoli  VII  ed  VIII. 

Ateneo  Ligure.  Rassegna  mensile. 

Dall'  anno  XII,  1889,  all'  aiuio  XIV,  1891  —  Dell'anno  XIII,  1890, 
esistono  i  fascicoli  da  aprile  a  settembre  —  Dell'anno  XIV,  1891, 
esistono  i  fascicoli  da  gennaio  a  marzo  e  da  luglio  a  settembre. 

Bollettino. 

Aimo  XV,  1892. 

Giornale. 

Dall'anno  XVI,  1894,  all'anno  XX,  1898  —  Dell'anno  XVI, 
1894,  numca  il  fascicolo  IV. 


[20]  ELENCO    DELLE    PUBBLICAZIONI    PERIODICHE 

*  Genova.  —  Società  Ligure  di  storia  patria. 

Atti  della  Società  Ligure  di  stona  i^atria. 

Dal  volume  1°,- 1858,  al  Volume  XXIX,  181)8  (mancano  il  fasci- 
colo 2  del  volume  XXI,  1889,  ed  il  fascicolo  2  del  volume  XXII, 

1890). 

*LiV0EN0.   —   Periodico  di  matematica  per   V  insegnamento   secon- 
dario.  Organo  dell'  Associazione  "  Mathesis.  „ 

Dall'  anno  XII,  1897,  all'  anno  XIV,  1899,  fascicolo  VI. 
Suiyplemento  al  Periodico  dì  matematica. 

Anno  I»,  1898,  fascicoli  da  1  a  6  —  Anno  II,  1898-99,  fascicoli 
da  1  a  9. 

*  Lucca.  —  Reale  Accademia  Lucchese  di  scienze,  lettere  ed  arti. 

Atti  della  Beale  Accademia  Lncchese  di  scienze,  lettere  ed  arti. 
Dal  tomo  XVIII,  anno  1868,  al  tomo  XXIX,  anno  1898. 

*  Messina.  —  R.  Accademia  Peloritana. 

Atti  della  R.  Accademia  Peloritana. 

Anno  Vili  (1892-93),  anno  IX  (1S94-95),  anno  XIII  (1898-99). 

+M1LAN0.    —   Annali  di  farmacoterapia  e  chimica. 

Dall'anno  1852  (volume  XIV  della  serie  IH")  fino  all'anno  1898  — 
Del  volume  LXV  (1877)  manca  il  fascicolo  4  —  Del  volume  LXVIII 
(1879)  manca  il  fascicolo  1  —  Del  volume  1°  della  serie  IV''  (1885) 
manca  il  fascicolo  8  —  Dell'  anno  1898  mancano  i  fascicoli  6  e  12. 

*  Milano.  —  R.  Osservatorio  astronomico  di  Brera. 

Pubblicazioni  varie  d'astronomia. 
Dal  n.  1  al  n.  38. 

Osservazioni    meteorologiche    col    riassìinto    composto   sulle    me- 
desime. 

Anni  1884-1885-1886-1887-1888-1889-1890-1892-1894-1895-1896- 
1897-1898. 

*  Milano.  —  Reale  Istituto  Lombardo  di  scienze  e  lettere. 

Giornale  dell'  J.  F.  Istituto  Lombardo    di    scienze,    lettere    ed 
arti  (in  8°). 

Dal  tomo  1°,  anno  1841,  al  tomo  V,  anno  1845. 


PERVENUTE    AL    R.    ISTITUTO    VENETO    ECC.  [21] 

*  Milano.  —  Eeale  Istituto  Lombardo  di  scienze  e  lettere. 

Giornaìe  deìV  I.  R.  Istituto  Lornhardo  di  scienze,  lettere  ed 
arti,  e  Bihìioteca  Italiana.,  compilata  da  vari  dotti  nazionali 
e  stranieri  (in  8^). 

Dal  fascicolo  1°,  pubblicato  l'S  luglio  1841,  al  fascicolo  IIL, 
pubblicato  il  18  agosto  1847. 

Giornale  dell'  I.  E.  Istituto  Loruhardo  di  scienze,  lettere  ed 
arti,  e  Biblioteca  Italia?ia  (in  4°). 

Nuova  serie  :  dal  fascicolo  1°,  pubblicato  il  9  ottobre  1847,  al 
fascicolo  LIV,  pubblicato  il  28  settembre  1857. 

Atti  del  F.  Istituto  Lomhardo  di  scienze,  lettere  ed  arti. 
Volume  1°,  anno  1860  —  Volume  II,  anni  1860-61. 

Rendiconti  :  Classe  di  Lettere  e  Scienze  morali  e  politiche. 
Dal  volume  1°,  anno  1864,  al  volume  IV,  anno  1867. 

Rendiconti  :  Classe  di  Scienze  matematiche  e  naturali. 
Dal  volume  1°,  anno  1864,  al  volume  IV,  anno  1867. 

Rc(/ol(nneiito  del  R.  Istituto  Lomhardo  di  scienze,  lettere  ed 
arti. 

Solenni  Adunanze  del  R.  Istituto  Lombardo  di  scienze,  lettere 
ed  arti. 

Dall'anno  1803  all'anno  1868. 

Rendiconti. 

Serie  II*:  dal  volume  1°,  anno  1868,  al  volume  XXXII,  anno 
1899  —  Del  volume  XXVIII,  anno  1895,  mancano  i  fascicoli  III 
e  XVIII. 

Memorie  dell'  I.  R.  Istituto  Lombardo  di  scienze,  lettere  ed 
arti. 

Dal  volume  I",  anno  1843,  al  volume  IX,  anno  1863. 

Memorie  del  R.  Istituto  Lombardo  di  scienze  e  lettere  (serie 
III'^. 

Classe  di  Lettere  e  Scienze  morati  e  politiche  :  dal  volume  X, 
anno  1867,  al  volume  XXI,  anno  1899  —  Classe  di  Scienze  mate- 
matiche e  naturali:  dal  volume  X,  anno  1807,  al  volume  XVIII, 
anno  1809  —  (Della  Classe  di  Lettere  e  Scienze  inorali  e  politiche 
manca  il  fascicolo  II  del  volunu;  XII,  anno  1872  —  Della  Classe 


[22J  ELENCO    DELLE    PUBBLICAZIONI    PEEIODICHE 

di  Scienze  matematiche  e  naturali  inaiicano  i  tre  primi  fascicoli 
del  volume  XII,  anni  1872-73,  ed  i  fascicoli  IV  e  VI  del  volume 
XVIII,  anni  1896-1899). 

*  Milano.  —  Eeale  Istituto  Lombardo  di  scienze  e  lettere. 

Annuario  del  E.  Istituto  Lombardo  di  scienze  e  lettere. 
Anni  1804-1866. 

Indice  generale  dei  io  cori  dalla  fondazione  all'  anno  1888  per 
autori  e  per  materie  (pubblicato  neH'  anno   1891). 

*  Milano.  —  Fondazione  scientifica  Gagnola. 

Atti  della  Fondazione  scientifica  Gagnola  dalla  sua  istituzione 
in  poi. 

Dal  volume  1°  (1856)  al  Volume  XVI  (1897-98)—  Manca  il  vo- 
lume XII  (anni  1893-94). 

+M1LAN0.   —   Natura  ed  Arte.    Periodico  quindicinale  illustrato. 
Dall'anno  I  (1891-92)  all'anno  VII!  (1898-99). 

*  Milano.  —  //  Politecnico. 

Giornale  dell'  ingegnere  architetto   cidi  e  ed  industriale. 

Dall'anno  XI  (1863)  all'anno  XLVIl  (1899)  —  Mancano  i  fasci- 
coli di  marzo  1894  (anno  XLII),  e  novembre,  dicembre  1897  (anno 
XLV). 

*  Milano.  —  Società  storica  Lombarda. 

Archivio  storico  Loinfianlo.   (ìiornale  della  Società  storica  Lom- 
barda. 

Seri<'  II-\  dal  fascicolo  XXI  (1889)  n\  fascicolo  XL  (1893)  — 
Serie  1II^  dal  fascicolo  I'>  (1894)  al  fascicolo  XVIll  (1898)  —Manca 
il  fascicolo  XV  della  serie  IH»,  anno  1897  —  Indice  1874-1883. 

*  Milano.  —  Società  Italiana  di  scienze  naturali  e    Museo  civico 

di  storia  naturale. 
Atti  della  Società    Italiana    di  scienze    naturali    e  del  Museo 
civico  di  storia  naturale. 

Dal  volume  1°  (1855)  al  volume  XXXA^I  (1899)— Del  volume 
XXXV,  anno  1895,  esistono  solo  i  fascicoli  1  e  2  —  Del   volume 


PERVENUTE    AL    E.    ISTITUTO    VENETO    ECC.  [23j 

XXXVI,  anno  1897,  osistoiio  solo  i  fascicoli  3  o  4  —  Del  volume 

XXXVII,  anno  18U7-99,  esistono  solo  i  fascicoli   1  a  4. 

*MiLANO.  —   Società  Italiana  di  scienze  naturali  e    Museo  civico 
di  storia  naturale. 

Memorie  della  Sociefà  ItaììaìKi  di  scienze  naturctìi. 

1865,  tomo  I",  dal  n.  1  al  n.  10  —  1860-67,  tomo  II,  dal  n.  1  al 
n.  10  —  1867-71,  tomo  III,  dal  n.  2  al  n.  5  —  1871,  tomo  IV,  dal 
n.  1  al  n.  5  (manca  il  n.  4). 

+M1LAN0.  —  Reale  Società  Italiana  d'  igiene. 
Giornale  della  Beale  Società  Italiana  d'  igiene. 

Dal  volume  1°,  anno  1°  (1879),  al  volume  XX,  anno  XX  (1898). 

+M1LAN0.   —   Bihlio(jrap(i  Italiano.    Bollettino    delle   pubblicazioni 
italiane  ricevute  per  diritto  di  stampa. 

Anno  1898,  volume  XXXII,  dal  numero  1  al  numero  24  ■ — 
Anno  1899,  volume  XXXIII,  dal  numero  1  al  numero  24. 

*  Modena.  —  Reale  Accademia  di  scienze,  lettere  ed  arti. 

Memorie    della    R.  Accademia    di    scienze,    lettere    ed    arti  in 
Modena. 

Serie  l^  dal  tomo  1°  (1833)  al  tomo  XX  (1882)  —  Serie  IP  dal 
tomo  1°  (1883)  al  tomo  XII,  p.  I^  (1896). 

*  Modena.  —  Le  Stazioni    sperimentali    agrarie  italiane.    Organo 

delle  Stazioni    agrarie  e  dei    Laboratori  di  chimica  agraria 
del  Regno. 

Dal  volume  XVIII  (anno  1890)  al  volume  XXXII   (anno  1899) 

—  Del  volume  XXIX,  anno  1896,  manca  il  fascicolo  12  —  Il  vo- 
lume XXX,  anno  1897,  arriva  fino  al  fascicolo  IX. 

+M0DENA.  —  Archivio   Giuridico   "  Filipìpo  Serafini  „. 

Dal  volume  II,  anno  1868,  al  volume  XV,  anno  1875  —  Man- 
cano :  del  volume  VI,  il  fascicolo  4,  e  del  volume  VII,  i  fascicoli 
5-6  —  Nuova  serie,  dal  volume  I"  (LX  dell'intera  collezione), 
anno  1898,  al  volume  III  (LXII  dell' intera  collezione),  anno  1899 

—  (La  pubblicazione  fu  cominciata  a  Bologna,    seguì  poi  a  Pisa, 
e  continua  attualmente  a  Modena). 


[24J  ELENCO    DELLE    PUBBLICAZIONI    PEEIODICHE 

Murano.  —  La  Voce  di  Mitrano.  Pcricdico  polUko  industriale 
ebdomadario.  Periodico  2>(>poìare  e  industriale.  Giornale  del- 
l' industria  vetraria. 

Dall'anno  1°  (1867)  all'anno  XXXIII  (1809)  —  Dell'anno  IX 
(1875)  mancano  i  nunicri  15,  17,  18  —  Dell'anno  XXIY  (1890) 
manca  il  numero  18  —  Dell'anno  XXVII  (1893)  mancano  i  nu- 
meri 5,  9  —  Dell'anno  XXVIIF  (1894)  mancano  i  numeri  2,  14 
—  Dell'anno  XXIX  (1895)  mancano  i  numeri  7,  8,  12,  14. 

*  Napoli.  -     Società  Reale  di  Napoli. 

lì.  Accademia  di  arclieohxjia,  lettere  e  belle  arti. 
Atti. 

Dall'anno  II  (186(5)  all'anno  XVIII  (1896-97)  —  Mancano  il 
volume  VII,  anni  1874-75,  ed  i  volumi  XlII-XlVeXV  dall'anno 
1887  all'anno  1890. 

Rendiconto. 

Dall'anno  VI  (1892)  all'anno  XII  (1898)  —  Dell'anno  V"[  (1892) 
mancano  i  mesi  di  asosto-settembre-ottobre  —  Dell'anno  X  (1896) 
mancano  i  fascicoli  dei  mesi  da  nprile  ad  ottobre. 

E.   Accademia   delle  scienze  fisiche  e  m(ttera(dicìie. 

Atti. 

Serie  I^dal  volume  I"  (anno  18(')o)  al  volume  IX  (anno  1882)  — 
Serie  11^  dal  volume  1°  (anno  1888)  al  volume  IX  (anno  1899). 

Rendiconto. 

Dall'  anno  1862  all'  anno  1898  —  Dell'  anno  1897  mancano  i  fa- 
scicoli di  agosto,  settembre,  ottobre  —  Dell'  anno  1898  manca  il 
fascicolo  di  dicembre. 

Annuario. 

Dall'  anno  1870  all'  anno  1888. 

R.  Accademia  di  scienze  morali  e  poiiticlie. 
Atti. 

Dall'anno  XIX  (1885)  all'anno  XXVII  (1894-95). 

Rendiconto. 

Dall'anno  II  (1862)  all'anno  XXXVI  (1897)  —  Dell'anno  II 
(1862)  mancano  i  mesi  di  aprile,  maggio,  giugno  —  Dell'anno  TU 
(18()4)  mancano  i  m(>si  da  nuiggio  a  settembre  —  Dell'anno  IV 
(1865)  mancano  i  mesi  da  luglio  a  dicembre — Dell'anno  V  (1866) 


PERVENUTE    AL    E.    ISTITUTO    VENETO    ECC.  [25J 

mancano  i  mesi  ili  ottobre  e  novembre.  —  Dell'anno  VI  (1867) 
mancano  i  mesi  da  luglio  a  dicembre  —  Dell'anno  IX  (1870)  man- 
cano i  mesi  da  aprile  a  giugno  —  Mancano  gli  anni  dal  XIV  al 
XXIII  —  Dell'anno  XXV  (1886)  mancano  i  mesi  di  gennaio  e  da 
giugno  in  poi  —  Dell'anno  XXVI  (1887)  mancano  i  mesi  da  luglio 
a  dicembre  —  Dell'  anno  XXVIII  (1889)  mancano  i  mesi  da  gen- 
naio ad  aprile. 

*  Napoli.  —  Eeale  Istituto  d'  incoraggiamento  di  Napoli. 

Atti  del  Beale  Istituto  (V  ineorafigiamento  di  Napoli. 

Serie  11%  dal  tomo  1°,  anno  1864,  al  tomo  XVII,  anno  1881  — 
Serie  111%  dal  volume  P,  anno  1882,  al  volume  V,  anno  1886  — 
Serie  IV%  dal  volume  V,  anno  1892,  al  volume  XI,  anno  1898. 

Relazione. 

Anni  1868-1869-1872-1873-1875-1877-1878-1879. 

Cenno  istonro  del    lùi.ì(   JiV.'ivic    (F  ina  icc'c^ic  nì(nio  di  Napoli. 

Napoli.  —  Accademia  Pontoniana. 

Atti  dell'  Accademia  Pontoniana. 

Volume  XIX,  anno  1889  —  Volume  XX,  anno  1890— Volume 
XXIII,  anno  1893  —  Volume  XXIV,  anno  1894  —  Volume   XXV 
anno  1895  —  Volume  XXVI,  anno  1896. 

Indice  di  tutti  i  volumi  degli  Atti  della  Società  e    dell'  Acca- 
demia Pontoniana  pubblicati  dal  1810  al  1890. 

Per  la  solenne  commemorazione  in  Passano  del    centenario    di 
G.  Brocchi.   Offerta  dell'  Accademia  Pontoniana. 

*  Padova.  —  R.  Accademia  di  scienze,  lettere  ed  arti  in  Padova. 

Atti  e  Memorie  della  B.  Accademia  di  scienze,  lettere  ed  arti 
in  Padova. 

Nuova  serie,  dal  volume  1°,  anno  1884-85,  al  volume  XIV,  anno 
1897-98. 

Nuovi  Saggi  della  I.  B.  Accademia  dì  scienze,    lettere  ed  arti 
in  Padova. 

Volume  VII,  paite  P  e  II",  anno  1857  —  Volume  VIII,  parte 
I*  e  11^,  anno  1868. 


[26]  ELENCO    DELLE    PUBBLICAZIONI    PERIODICHE 

*Padova.  —  E.  Accademia,  di  scienze,  lettere  ed  arti  in  Padova. 

Rivista  periodica  dei  lavori  delia  I.  lì.  Accademia  di    scienze, 
lettere  ed.  arti  in  Pad  ora. 

Dal  volume  1°,  fascicolo  1°,  trimestre  primo  e  secondo  del  1851- 
1852,  al  volume  IX,  fascicolo  XX,  trimestre  terzo  e  quarto  del 
1860-61  —  Manca  il  fascicolo  XXI,  volume  X,  trimestre  primo  e 
secondo  del  1862  —  Dal  fascicolo  XXII,  volume  X,  trimestre 
terzo  e  quarto  del  1862,  al  fascicolo  XXYI,  volume  XIII,  trime- 
stre terzo  e  quarto  del  1863-64  —  Mancano  i  fascicoli  da  XXVII 
a  XXX,  formanti  i  volumi  XIY  e  XY,  che  comprendono  i  tri- 
mestri delle  annate  1864-65  e  1865-66  —  Dal  volume  XYI,  fasci- 
colo XXXI,  trimestre  I"  e  II  del  1866-67,  al  volume  XXI,  fasci- 
colo XL,  trimestre  primo  e  secondo  del  1871-72.  —  Mancano  i 
fascicoli  dal  XLI,  volume  XXI,  trimestre  primo  e  secondo  del 
1871-72,  al  L,  volume  XXYII,  trimestre  primo  e  secondo  del  1877 

—  Dal  volume  XXYII,  fascicolo  LI,  trimestre  terzo  e  quarto  del 
1877,  al  volume  XXIX,  fascicolo  LIY,  trimestre  primo  e  secondo 
del  1878-79  —  Mancano  i  fascicoli  LY,  volume  XXIX,  trimestre 
terzo  e  quarto  del  1878-79,  e  LA'^I,  volume  XXX,  trimestre  primo 
e  secondo  del  1880  —  Dal  volume  XXX,  fascicolo  LYII,  trime- 
stre terzo  e  quarto  del  1880,  al  volume  XXXIII,  fascicolo  LXII, 
trimestre  primo  e  secondo  del  1882-83. 

Padova.   —  Museo  Civico  di  Padova. 

Bollettino  del  Museo  Civico  di  Padova. 

Anno  1°,  1898,  dal  numero  1  al  numero  12,  con  un  supplemento 
al  numero  4  —  Anno  II,  1899,  dal  numero  1  al  numero  12. 

Padova.  ■ —  Bollettino  niensile  di  ha  citi  coltura. 

Serie  III'':  anno  III,  1897,  dal  numero  1  al  numero  12 —  Anno 
lY,  1898,  dal  numero  1  al  numero  12. 

*  Padova.   —   Lr/  Nuova  Nota  risia.  Passcf/na  consacrata  allo  studio 
delle  atgìie.  Eedattore  e  proprietario  G.  B.  dott.  De  T(rìii. 

Serie  I*,  anno  1890,  aprile,  giugno,  agosto,  ottobre  —  Serie  11% 
anno  1891,  gennaio,  marzo  —  Serie  111%  anno  1892,  gennaio,  aprile 

—  Serie  IY%  anno  1893,  gennaio,  maggio  —  Serie  Y%  anno  1894, 
gennaio,  aprile  • —  Serie  YI'',  anno  1895,  gennaio,  aprile  — ■  Serie 
YIII",  anno  1897,  luglio,  novembre  —  Serie  IX-%  anno  1898,  gen- 
naio, aprile,  luglio,  settembre  —  Sei-ie  X",  anno  1899,  gennaio, 
aprile, 


PERVENUTE    AL    E.    ISTITUTO    VENETO    ECC.  [27] 

Padova.  —  BoUetfiììo  di  Eniomoìcxjhi  ngìrtrìa  e  Patologia   vege- 
tale. 

Dall'anno  IV,  1897,  numero  11,  all'anno  VI,  1899  —  Manca  il 
mese  di  ottobre  1899,  numero  10. 

*Padova.  —  Società  Yeneto-Trentina  di  scienze  naturali  residente 
in  Padova. 

Atti  detta   Società    Ynieto-Treììtiixt  di  scienze  natnrcdi  residente 
in  Padova. 

Dal  volume  I",  giugno  1872,  al  volume  V,  anno  1877. 

*  Paleemo.  —  E.  Accademia  di  scienze,    lettere    e    belle  arti  di 

Palermo. 
Atti  della  B.  Accademia  di  scienze,  lettere  e  belle  arti  di  Pa- 
lermo. 

Nuova  serie,  dal  volume  1°,  anno  1845,  al  volume  X,  anno  1888 
(manca  il  volume  VI)  —  Serie  IH'',  dal  volume  1°,  anno  1891,  al 
volume  IV,  anno   1896. 

Ballettino  della  B.  Accademia  di    scienze,    lettere  e  Ielle    arti 
di  PalertHo. 

Anno  1°,  1884,  dal  numero  1  al  numero  3  —  Anno  II,  1885,  dal 
numero  1  al  numero  6  —  Anno  III,  1886,  dal  numero  1  al  nu- 
mero 3,  numero  6  —  Anno  IV,  1887,  dal  numero  1  al  numero  6 
—  Anno  V,  1888,  dal  numero  2  al  numero  6  —  Anno  VI,  1889, 
dal  numero  1  al  numero  6  —  Anno  VII,  1890,  dal  numero  1  al 
numero  6  —  Anno  VIII,  1891,  numeri  1  e  2  —  Anno  IX,  1892, 
dal  numero  1  al  numero  3. 

*Paleemo.  —  Circolo  Matematico  di  Palermo. 
Bendiconti  del  Circolo  Matematico  di  Palermo. 
Dal  tomo  1°,  anno  1884,  al  tomo  XII,  anno  1898. 

Annuario  del  Circolo  Mcttematico  di  Palermo. 
Anni  1890-1896-1898. 

*  Paleemo.  —  //  Circolo  Giuridico.  Bi vista  di  legislazione  e  giu- 

risprudenza. 

Serie  II"»,  volume  XX,  anno  1889  —  Serie  III»,  volume  XXI, 
anno  1890  (manca  la  dispensa  VIII*^)  —  Volume  XXII,  anno  1891 


[28J  ELENCO    DEIiLE    PUBBLICAZIONI    PEEIODICHE 

(esistono  solo  le  dispenso  I''  e  VII'^)  —  Volume  XXIII,  anno  1892 
(esiste  solo  la  dispensa  IX'')  —  Volume  XXIV,  anno  1893  (esiste 
solo  r  indice)  —  Volume  XXV,  anno  1894  (manca  la  dispensa  I") 
—  Dal  volume  XXVI,  anno  1895,  al  vohune  XXIX,  anno  1898, 
completo. 

*  Palermo.   —  Società  di  scienze  naturali  ed  economiche    di  Pa- 

lermo. 
Giornale  di  scienze  naturali  ed  economiche,  pubblicato  j^er  cura 
della  Società  di  scienze  naturali  ed  economicìte  di  Palermo. 

Dal  volume  1°,  anno  1866,  al  volume  XXI,  anno  1896  —  Manca 
il  volume  XVIII. 

+Palermo.  —  Annales  de  geologie  et  jìaleontologie. 

Livraison  1,  anno  1886,  a  livraison  27,  anno  1899. 

*  Palermo.  —  Collegio  degli  ingegneri  e  degli    architetti  in  Pa- 

lermo. 
Atti  del  Collegio  degli  ingegneri  e  degli  arcJiitetti  in  Palermo. 

Dall'  anno  1°  (1878)  all'anno  XXI  (1898)  —  Dell'anno  IV  (1881) 
esiste  solo  il  1°  fascicolo  —  Mancano  completamente  gli  anni  V 
(1882),  VII  (1884),  XIX  (1896)  —  Dell'  anno  VI  (1883)  mancano  i 
fascicoli  I*»  e  II  —  Dell'  anno  XVIII  (1895)  esiste  solo  il  fasci- 
colo I.» 

+Pavia.  —  Bollettino  scientifico  redatto  da  L.  Maggi,  G.  Zoja  ed 

A.  De  Giovanni. 

Dall'  anno  1°  (1879)  continua  fino  a  tutto  1'  anno  XX  (1898)  ; 
manca  solo  il  numero  3  dell' ;inno  V  (1883). 

*  Perugia.  —  Università  libera  di  Perugia. 

Annali  dell'  iJniversità  libera  di  Perugia.  Facoltà  di  medicina 

e  chirurgia. 

Anno  1°,  1885-86,  volume  I«  —  Anno  II,  1886-87,  volume  1° 
(manca  la  parte  I*)  —  Anno  II,  1886-87,  volume  II  (esiste  solo 
la  parte  I")  —  Anno  III,  1887-88,  volume  II  (esistono  solo  le  di- 
spense III''  e  IV"  —  Anno  IV,  1888-89,  volume  1°  completo. 

Facoltà  giuridica. 

Anno  P,  1885-86,  volume  II  —  Anno  II,  1886-87,  volume  II  — 
Anno  III,  1887-88,  volume  II  (dalla  pagina  75  alla  fine)  —  Anno 
IV,  1888-89,  volume  II. 


PERVENUTE    AL    E.    ISTITUTO    VENETO    ECC.  [29J 

*  Perugia.  —  Unhersità  libera  di  Perugia. 

PuhhUcazioììi  perifxìichc  dcUit  Facoltà  di  <jìì(ì  '.yj  ì  vdaiza. 

Nuova  serie,  dal  volume  1°,  anno  1891,  al  volume  Y,  anno  1M)5 
(mancano  solo  i  due  fascicoli  IV  del  volume  1°,  r.rr.o  li-91,  e  11 
del  volume  II,  anno  1892)  —  Del  volume  YI,  anno  181T),  esiste 
solo  il  fascicolo  lY  —  Yolume  YII,  anno  1897,  completo.  —  Yo- 
hnne  YIII,  anno  1898,  fascicoli  1°  e  li. 

Facoltà  di  medicina.  Atti  e  Rendiconti  dell'  Accademia  medico 
chirurgica  di  Perugia. 

Yolume  1°,  anno  1889,  completo  —  Nei  volumi  11  e  III,  anni 
1890,  1891,  manca  il  1°  fascicolo  —  Dal  volume  lY  al  volume  X, 
anni  1892-98,  seguono  completi  —  Yolume  XI,  anno  1899,  fasci- 
colo I.'' 

Perugia.  —  Eegia  Deputazione  di  storia  patria  per  1'  Umbria. 
Bollettino  della  Regia  Deputazione  di  storia  patria  per  l'Umbria. 
Dal  volume  P,  anno  1°,  1895,  al  volume  lY,  anno  lY,  1898. 

*PiSA.  Società  Italiana  di  fisica. 

Il  Nuovo  Cimento.  Periodico  fondato  da  C.  Matteucci  e  R. 
Piria,  continuato  da  R.  Felici,  A.  Battelli,  V.  Volterra. 
Organo  della  Società  Italiana  di  fisica. 

Dal  tomo  1°,  anno  1855,  al  tomo  XXYIII,  anno  1867  —  Serie 
II":  dal  tomo  1°,  anno  1869,  al  tomp  XII,  anno  1874  —  (Del  to- 
mo X,  anno  1873,  manca  da  pagina  125  alla  fine)  —  Serie  IH"  : 
dal  tomo  XIX,  anno  1886,  al  tomo  XXIY,  anno  1888,  e  dal  tomo 
XXIX,  anno  1891,  al  tomo  XXXYI,  anno  1894  —  Serie  lY"  : 
dal    tomo  I",  anno  1895,    al  tomo  IX,  anno  1899. 

*  Pisa.  .  —  Università  Toscane. 

Annali  delle  Università  Toscane.  Parte  prima  :  Scienze  noolo- 
giche.  Parte  seconda  :  Scienze  cosmologiche. 

Dal  tomo  1",  anno  1846,  al  tomo  XX,  anno  1896,  incluso  — 
Manca  il  tomo  XIX. 

*PiSA.  —  R.  Scuola  normale  superiore  di  Pisa. 

Annali  della  R.   Scuola  normale  superiore  di  Pisa.  Filosofia  e 

filologia. 

Dal  volume  I«>,  anno  1873,  al  volume  XIII,  anno  1899  —  Man- 
cano i  volumi  YIII,  IX,  X. 


[30J  ELENCO    DELLE    PUBBLICAZIONI    PERIODICHE 

*PiSA.  —  E.  Scuola  normale  superiore  di  Pisa. 

Annali  della  R.   Scuola  nonnalc  superiore  di  Pisa.   Scienze  fi- 
siche e  matemaliche. 

Dal  volume  I**,  anno  1871,  al  volume  VII,  anno  1895. 

+PiSA.  —  Istituto  agrario  nella  E.  Università  di  Pisa. 
U  Agricoltura,  Italiana.  Periodico  quindicinale. 

Dall'anno  1°,  1874,  all'anno  XXIV,  1898,  compreso  —  Mancano 
i  due  fascicoli  del  maggio  1894,  annata  XX"  del  Giornale. 

*PiSA.  —  Società  Toscana  di  scienze  naturali,  residente  in  Pisa. 

Atti  della  Società  Toscana  di  scienze  naturali,  residente  in  Pisa. 
Memorie. 

Dal  volume  I"*,  anno  1875,  al  volume  XVI,  anno  1898. 

Pi  ocessi  verbali. 

Anno  1877,  adunanza  marzo  14,  maggio  (ì,  luglio  1,  novembre 
18  —  Volume  1°,  anni  1878-79,  completo  —  Volume  II,  anni 
1879-80-81,  completo  —  Volume  III,  anni  1881-82-83,  manca  da 
pagina  197  a  pagina  272  —  Volume  IV,  anni  1883-84-85,  manca 
dalla  pagina  147  alla  pagina  166  —  Volume  V,  anni  1885-86-87, 
completo  —  Volume  VI,  anni  1887-88-89,  inanca  da  pagina  72  a 
pagina  104  —  Volume  VII,  anni  1889-90-91,  manca  da  pagina  81 
a  pagina  128  —  Volume  Vili,  anni  1891-92-93,  arriva  alla  pagina 
231  —  Volume  IX,  anni  1894-95,  arriva  alla  pagina  241  —  Volu- 
me X,  anni  1895-96-97,  comincia  con  la  pagina  121  —  Volume 
XI,  anni  1897-98,  esiste  solo  la  relazione  dell'  adunanza  28  no- 
vembre 1897  —  Volume  XII,  anno  1898,  si  trovano  solo  le  reda- 
zioni dello  due  adunanze  13  marzo  e  1  maggio. 

*  Portici.  —  E.  Scuola  superiore  d'  agricoltura  in  Portici. 

Annuario  della  R.   Scuola  superiore  d' agricoltura  in  Portici. 

Dal  volume  I*',  anno  1878,  al  volunie  VII,  fascicolo  I",  anno 
1897  —  Manca  il  fascicolo  IV  del  volume  III,  anno  1883,  e  del 
volume  V  esistono  quattro  fascicoli. 

*EoMA.  —  Ministero  dell'Istruzione  pubblica. 
Bollettino   Ufficiale. 

Dall'  anno  1876  all'  anno  1899  incluso. 


PERVENUTE    AL    R.    ISTITUTO    VENETO    ECC.  [31j 

*RoMA.   —   Ministero  dell'  Istruzione  pubblica. 
Stato  del  Personale. 

Anni  1874-75,  1876-82,  1884-87,  1888,  181)0. 

*RoMA.  —  Ministero  di  Agricoltura,  industria  e  commercio.  Dire- 
zione generale  della  Statistica. 

Statistica  delle  cause  di  morte  —  Statistica  delle  confraternite 

—  Elenco  delle  Società  di  mutuo  soccorso  —  Statistica  Giudizia- 
ria civile  e  commerciale  —  Bilanci  Comunali  —  Annali  di  Stati- 
stica —  Statistica  Giudiziaria  penale  —  Statistica  degli  scioperi 
avvenuti  nell'industria  e  nell'agricoltura  —  Statistica  della  Stam- 
pa periodica  —  Statistica  dell'Istruzione  elementare  —  Statistica 
delle  Biblioteche  —  Popolazione.  Movimento  dello  Stato  Civile  — 
Casse  di  risparmio  —  Statistica  dei  Brefotrofi  —  Statistica  delle 
Società  cooperative  —  Statistica  delle  Banche  popolari  —  Stati- 
stica delle  Tasse  e  Diritti  Comunali  — Bilanci  Provinciali  —  Sta- 
tistica degli  elettori  amministrativi  e  degli  elettori  politici  —  Cen- 
simento della  Popolazione.  Proporzione  degli  analfabeti  classificati 
per  età  e  confronto  col  censimento  precedente  —  Annuario  stati- 
stico Italiano  —  Notizie  sulle  condizioni  demografiche,  edilizie  ed 
amministrative  di  alcune  grandi  città  italiane  ed  estere  —  Stati- 
stica dell'  assistenza  dell'  infanzia  abbandonata  —  Statistica  della 
emigrazione  Italiana  e  confronti  coll'emigrazione  degli  altri  Stati 
d'Europa  per  l'America  e  per  l'Australia  —  Statistica  dell'  Istru- 
zione superiore  —  Statistica  delle  Elezioni  generali  politiche  — 
Statistica  del  Commercio  speciale  d'importazione  e  di  esportazio- 
ne —  Movimento  commerciale  del  Regno  d' Italia  —  Movimento 
della  Navigazione  —  Istruzione  secondaria  e  superiore,  e  Con- 
vitti maschili    e    femminili. 

Roma.  —  Bullettino  del  vulcanismo    italiano    e    di    geodinamica 
generale. 

Dall'  anno  1°,  1874,  all'  anno  XX,  1897. 

*RoMA.  —  Ministero  delle  Finanze.  Direzione  generale  delle  Ga- 
belle. 

Bollettino  di  Legislazione  e  Statistica  doganale   e  commerciale 

—  Tabella  indicante  i  valori  delle  merci  per  le  statistiche  com- 
merciali —  Relazione  sull'Amministrazione  delle  Gabelle. 

*RoMA.  —  Ministero  di  Agricoltura,  industria  e  commercio.    Di- 
visione Credito  e  Previdenza. 
Bollettino  di  notizie  sul  Credito  e  la  Previdenza. 


[32]  ELENCO    DELLE    PUBBLICAZIONI    PEEIODICHE 

*EoMA.  —  Ministero  di  Agriooltura,  industria  e  commercio.  Dire- 
zione dell'  industria  e  del  commercio. 

Annali  dell'  industria  e  del  commercio. 


*RoMA.  —  Bureau  Central  de  Statistique  du  Eoyaume  d'Italie. 
Statistique  Internafionale  des  Caisses  d' Epargne. 

*RoMA.  —  Direzione  generale  della  Statistica. 

Statistique  Internationale  des  Banques  d' Emission. 
Statistica  delle  Opere  Pie. 

*RoMA.  —  Accademia  di  Conferenze  storico-giuridiche. 

Studi  e  Documeììti  di  Storia  e  Diritto. 

Dall'anno  1°,  1880,  all'anno  XX,  1899  —  Manca  il  fascicolo  III 
dell'anno  XIII,  1892. 

*RoMA.  —  Rivista  Militare  Italiana. 

Dall'anno  XXXIX  (1894)  all'anno  XLIV  (1899)  compreso. 

*RoMA.  —  Rivista  di  Artiglieria  e  Genio. 

Dall'anno  1885  all'anno  1899  (mancano  :  il  fascicolo  del  mese  di 
novembre  dell'anno  1891,  ed  il  fascicolo  del  mese  di  dicembre 
dell'anno  1898)  —  Indice  Generale  staccato. 

+RoMA.   — •  La  Cultura,  di  Ruggero  Bonghi. 

Dall'anno  1°,  1882,  fino  all'anno  XVII,  1899  —  Manca  il  numero 
14  del  volume  V,.  anno  1884  ;  e  mancano  i  numeri  13-14  del  vo- 
lume IX,  anno  VII,  1887  —  Della  Nuora  Serie  manca  il  numero 
9  dell'anno  1°,  1891  ;  l'anno  V,  1895,  arriva  fino  al  numero  29  (5 
agosto)  ;  l'anno  1896  esiste  dal  1°  maggio  al  1°  dicembre. 


*RoMA.  —  Società  Geografica  Italiana. 

Bollettino. 

Dall'anno  1868  (primo  della  pubblicazione)  all'anno  1899  —  Man- 
cano i  seguenti  fascicoli  :  dicembre  dell'anno  1878,  giugno  e  luglio 
deli'  anno  1894. 


PEEVENUTE    AL    E.    ISTITUTO    VENETO    ECC.  [33] 

*EoMA.  —   Società  Geografica  Italiana. 

Memorie. 

Volume  r,  anno  1878,  parte  1%  II'',  III''  —  Volume  II,  anno 
1880,  parte  li"  —  Volume  III,  anno  1881  —  Volume  IV,  anno  1890 
—  Volume  V,  anno  1895,  parte  I"  e  II"  —  Volume  VI,  anno  1896, 
parte  I"  e  II"  —  Volume  VII,  anno  1897,  parte  I"  e  li"  —  Vo- 
lume Vili,  anno   1898,  parte  I"  eli". 

Suppìemento  alle  pubblicazioni  della  Società  Geografica  Italia- 
na (Yolunie  Vili  delle  Memorie).  —  Elenco  generale  dei 
Soci  al  1"  marzo  1898. 

+RoMA.   —  Minerva.  Rivista  delle  Riviste. 

Dal  volume  1°,  anno  1891,  al  volume  XVIII,  anno  1899. 

+RoMA.  —  Nuova  Antologia.  Rivista  di  scienze,  lettere  ed  arti. 

Serie  I",  dal  volume  I",  anno  1866,  al  volume  XXX,  anno  1875 
(manca  il  volume  XXVI,  anno  1874)  —  Serie  II",  dal  volume  1°, 
anno  1876,  al  volume  LIV,  anno  1885.  —  Serie  III",  dal  volume 
1°,  anno  1886,  al  volume  LX,  anno  1895  —  Serie  IV",  dal  volu- 
me LXI,    anno    1896,  al  volume  LXXVIII,  anno  1898. 

Indice  Generale  della  I"  serie. 

*RoMA.  —  R.  Accademia  dei  Lincei. 

Atti  della  R.  Accademia,  dei  Lincei.  Memorie  della  Classe  di 
Scienze  fisiche,  matematiche  e  naturali. 

Serie  III"  ;  dal  volume  1°,  anno  1877-78,  al  volume  XIX,  anno 
1883-84  (il  volume  VI,  anno  1879-80,  arriva  alla  pagina  446)  — 
Serie  IV"  ;  dal  volume  1°,  anno  1885,  al  volume  VII,  anno  1890 
—  Serie  V"  ;  volume  I",  anno  1894,  e  volume  II,  anno  1897. 

Atti  della  R.  Accademia,  dei  Lincei.  Classe  di  Scienze  morali, 
storiche  e  filologiche.  Parte  F',  Memorie.  Parte  II",  Notizie 
degli  Scavi. 

Serie  III";  dal  volume  P,  anno  1876-77,  al  volume  XIII,  anno 
1883-84  (il  volume  IV,  anno  1879-80,  arriva  a  pagina  616)  —  Serie 
IV"  ;  dal  volume  P,  anno  1884,  al  volume  X,  anno  1?93  (il  vo- 
lume V  arriva  a  pagina  305,  ed  il  volume  VII  arriva  a  pagina 
376)  —  Serie  V"  ;  dal  volume  P,  anno  1894,  al  volume  VI,  anno 
1898. 


[34]  ELENCO    DELLE    PUBBLICAZIONI    PERIODICHE 

*RoMA.  —  R.  Accademia  dei  Lincei. 

Atti  delia  B.  Accademia  dei  Lincei.  Rendiconto  dell'  adunanza 
solenne. 

Dall'  anno  1892  all'  anno  1899. 

Rendiconti  della  R.  Accademia  dei  Lincei.    Classe    di    scienze 
morali^  storiche  e  filolofjiche. 

Serie  V''  :  dal  volume  I",  anno  1893,  al  volume  VII,  anno  1898. 

Atti    della    R.    Accademia    dei    Lincei.    Rendiconti.    Cl(tsse  di 
scienze  fìsiche,  "tnatematiche  e  naturali. 

Serie  V  :  dal  volume  1°,  anno  1892,  al  volume  VII,  anno  1898 
—  Manca  il  fascicolo  10  del  II  semestre  del  volume  V,  anno  1896. 

Annuario  della  R.  Accademia  dei  Lincei. 

Anni  1884-1887-1888-1893-1894-1895-1896-1897-1898-1899. 

Atti  della  R.  Accademici  dei  Lincei. 

Tomo  XXIV,  anno  XXIV  (1870-71)  —  Tomo  XXV,  anno  XXV 
(1871-72)  —  Tomo  XXVI,  anno  XXVI  <  1872-73)  —  Del  tomo 
XXV,  anno  XXV,  1871-72,  manca  da  pagina  163  a  pagina  338,  lo 
relazioni  delle  sessioni  IV",  V**  e  VI''  —  Serie  IP:  dal  volume; 
I",  anno  1873-74,  al  volume  VII,  anno   1875-76. 

Transunti. 

Serie  IIP:  dal  volume  1°,  anni  1876-77,  al  volume  Vili,  anni 
1883-84. 

*RoMA.  —  Accademia  Pontificia  dei  Nuovi  Lincei. 

Atti  dell'  Accademia  Pontifìcia  dei  Nuoci  Lincei,  compilati  dal 
Secjretario. 

Tomo  III,  anno  III,  1849-50  —  Volume  V,  anno  V,  1852  (manca 
la  sessione  I")  —  Volume  VI,  anno  VI,  1852-53  (esistono  le  prime 
cinque  scissioni)  —  Volume  VII,  anno  VII,  1853-54  (esiste  solo  la 
VI»  sessione)  —  Tomo  VIII,  anno  VIII,  1854-55  —  Tomo  IX, 
anno  IX,  1855-56  —  Volume  X,  anno  X,  1856-57  (esistono  solo 
le  sessioni  IV%  V'',  VIP)  —  Tomo  XI,  anno  XI,  1857-58  —  Tomo 
XII,  anno  XII,  1858-59  (esistono  solo  le  sessioni  1%  11%  VP)  — 
Tomo  XIII,  anno  XIII,  1859-60  —  Tomo  XIV,  anno  XIV,  1860-61 
(esistono  solo  le  sessioni  I"  e  IP)  —  Tomo  XV,  anno  XV,  1861-62 
(esistono  solo  le  sessioni  P  e  II")  —  Volume  XVI,  anno  XVI, 
1862-63  (manca  la  P  sessione)  —  Tomo  XVII,  anno  XVII,  1863- 
64  —  Tomo  XIX,  anno  XIX,  1865-66  —  Tomo  XXI,  anno  XXI, 


PERVENUTE    AL    R.    ISTITUTO    VENETO    ECC.  [35J 

1868  —  Tomo  XXV,  anno  XXV,  1871-72  —  Tomo  XXVI,  anno 
XXVI,  1872-78  —  Tomo  XXVITI,  anno  XXVIII,  1874-75  —  To- 
mo XXX,  anno  XXX,  1876-77  —  Tomo  XXXII,  anno  XXXII, 
1878-79  —  TomoXXXIV,  anno  XXXIV,  1880-81  — Tomo  XXXVI, 
anno  XXXVI,  1882-83  —  Tomo  XXXVII,  anno  XXXVII,  J883- 
1884  —  Tomo  XXXVIII,  anno  XXXVHI,  1884-85  ~  Tomo  XXXIX, 
anno  XXXIX,  1885-86  —  Tomo  XL,  anno  XL,  1886-87  —  Tomo 
XLI,  anno  XLI,  1887-88  —  Tomo  XLII,  anno  XLII,  1888-89  — 
Tomo  XLIII,  anno  XLIII,  1889-90  —  Tomo  XLIV,  anno  XLIV, 
1890-91  —  Tomo  XLV,  anno  XLV,  1891-92  —  Tomo  XLVI,  anno 
XLVI,  1892-93  —  Temo  XLVII,  anno  XLVII,  1893-94  —  Tomo 
XLVIII,  anno  XLVI  li,  1894-95  —  Tomo  XLIX,  anno  XLIX, 
1895-96  —  Tomo  L,  anno  L,  1896-97  (esistono  solo  le  primo  sei 
sessioni)  —  Tomo  LI,  anno  LI,  1897-08  (esistono  le  prime  sette 
sessioni). 

*RoMA.   —  Accademia  Pontifìcia  dei  Nuovi  Lincei. 

Memorie  delia  Poufificia  Accademia  dei    Nuoci    Lincei    (Serie 
iniziata  per  ordine  della  S.  T).  N.  S.  Papa  Leone  XIII). 

Dal  volume  P,  anno  1887,  al  volume  XIII,  anno  1897  (manca 
il  volume  XII,  anno  1896). 

Puòbìicazicne  in  scdices.ìno. 

Anno  XXXII,  1879,  sessioni  da  4''  a  7"  —  Anno  XXXIIL 
1879-80,  sessioni  1%  2-"-,  3-%  4-%  6",  7-'^  —  Anno  XXXIV,  1880-81, 
sessioni  l^  3%  4%  5%  C''  —  Anno  XXXV,  1881-82,  sessioni  da  1* 
a  6^  —  Anno  XXXVI,  1882-83,  sessioni  da  1'*  a  11''  —  Anno 
XXXVII,  1883-84,  sessioni  1%  2-\  da  4^  a  8'^  —  Anno  XXXVIII, 
1884-85,  sessioni  da  2*^  a  7*  —  Anno  XXXIX,  1885-86,  sessioni  da 
la  a  7*^  —  Anno  XL,  1886-87,  sessioni  1-%  2^  4'',  6-''  —  Anno  XLI, 
1887-88,  sessioni  da  1»  a  H^  —  Anno  XLII,  1888-89,  sessioni  da 
1^  a  7^ 

*RoMA.  Società  deg-li  Ine^eo-neri  ed  Architetti  Italiani. 

Affi  del  Coììe<iio  dcyìi  Iii<je(jHeri  ed  Airìiifefii  in  Roma. 

Dall'anno  IV,  1880,  all'anno  IX,  1885  —  L'anno  VII,  1883, 
arriva  tino  alla  pagina  100. 

Aìiaaìi  della  Sociefà  degli  IiH/rf/iieri  e  dajli  Avrhifeffi  Ifaliani. 
Dall'anno  1°,  1886,  all'anno  XIII,  1888. 

Ball  elfi  HO. 

Anno  1°,  1893,  dal  numero  1  al  numero  20  (maìioa  il  numero  3) 
—  Anno  II,  1894,  numero  i. 


[36]  ELENCO    DELLE    PUBBLICAZIONI     PERIODICHE 

*RoMA.  —   Società  degli  Ingegneri  ed  Architetti  Italiani. 

Ann  uà  rio  delia   Società  (hyli  In  (/((/neri  e  (/e(jli  Arclii  tetti   Ita- 
liani. 

Anni  1887-1888-1889. 

Cataì()(j(>  della   hihiioteca. 
Anno  1890. 

+RoMA.  —  U  Econonrit^ta  d' Italia.  Bat<sr(/ì!a  settimanale  e  Bol- 
lettino quotidiano.  Economia,  finanze,  lanca,  industria,  com- 
mercio, ferrovie,  statistica,  assicurazioni. 

Dall'  anno  XX,  1887,  all'  anno  XXXI,  1898  —  Mancano  i  nu- 
meri 22  e  46  dell'  anno  XXVIII,    1895,    il    numero    48    dell'  anno 

XXIX,  1896,  ed  il  numero  47  dell'anno  XXX,  1897. 

Bollettino  (juofidiano  dell'  Economista  d'  Ital;(f. 

Seri(>  II",  anno  XXYl,  1893  :  coiniiìcia  col  numero  28,  e  man- 
cano i  numeri  33,  36,  58,  100,  202,  261,  265,  271  —  Anno  XXVIl, 
1894  :  mancano  i  numeri  59,  97,  1:.3,  188,  216,  241,  248  —  Anno 
XXVIII,  1895  :  mancano  i  numei  i  10,  46,  80,  157,  164,  204,  209, 
229  —  Anno  XXIX,  1896:  mancano  i  numeri  89,  217,  240  —  Anno 

XXX,  1897  :  mancano  i  numeri  127,  130,  134,  142,    237    —    Anno 

XXXI,  1898:  mancano  i  numeri  1,  39,  82.  210,  225. 

*RoMA.   —   Gazzetta   ('Idmica  Italiana. 

Dall'anno  IX,  1879,  all'anno  XXVIII,  1898. 

Appendice  alla  Gazzetta  Chimica  Italiana. 

Volume  r,  anno  1883  —Volume  II,  anno  1884  —  Volume  III, 
anno  1885  —  Volume  IV,  anno  1886  —  Volume  V,  anno  1887  — 
Volume  VI,  anno  1888. 

*RoMA.  —  R.  Comitato  geologico  d' Italia. 

Bollettino  del  E.   (\)mitato  (jeohxjico  d' Italia. 

Dal  volume  P,  anno  1870,  al  volume  XXIX,  anno  1898  —  (Il 
Bollettino  si  divide  in  tre  serie  :  la  prima  serie  va  fino  all'  anno 
1879,  la  seconda  serie  comprende  le  annate  1880  a  1889,  la  terza 
serie  comincia  con  1'  anno  1890). 

*RoMA.  —  Ministero  dell'  Interno.  Sanità  pubblica. 
Bollettino  sanitario. 

Dall'  anno  1888  all'  anno  1899  —  Mancanze  :  mese  di  marzo 
1888;  mese  di  gennaio  1889;  mesi  di  maggio,  giugno,  agosto  1892; 
mesi  di  luglio,  agosto  1898;  mese  di  decembi'e  189G  ;  l' intera  an- 
nata 1897. 


PERVENUTE    AL    R.    ISTITUTO    VENETO    ECC.  [37J 

*RoMA.  —  R.  Società  Romana  di  storia  patria. 

Arrhitio  delia  B.   Società  Bomana   di  storin  patria. 

Dal  volume  XIV,  anno  1891,  al  volume  XXI,  anno  1898  — 
Mancano  i  fascicoli  3,  4  del  volume  XV,  anno  1892,  ed  i  fascicoli 
3,  4  del  volume  XIX,  anno  1896. 

*RoMA.  —  Institut  international  de  statistique. 

Bulìetin  de  /'  Institut  interìiafional  de  statistique. 

Dal  volume  1°,  anno  1886,  al  volume  X,  anno  1897  —  Mancano 
il  fascicolo  II  del  volume  V,  anno  1890,  ed  il  fascicolo  1°  del 
volume  IX,  anno  1896. 

*RoMA.  —  Ministero  degli  aft'ari  esteri. 
Boi  letti  HO  Consoìare. 

Dal  volume  V,  anno  1868,  al  volume  XXIII.  anno  1887  —  Manca 
il  fascicolo  IX  del  volume  XX,  settembre  18&4. 

Boìletfììio   del  Mfiristero  degli  affari  esteri. 

Dall'anno  1888  all'anno  1898  —  Dell'anno  1888,  parte  l'%  vo- 
lume II,  manca  il  fascicolo  IV,  ottobre  —  Dell'  anno  1895,  man- 
cano i  numeri  generali  47,  48,  67  —  Dell'  anno  1896  mancano  i 
numeri  generali  89,  91,  94, 

*RoMA.  —  Istituto  d'igiene  sperimentale  dell'I  niversità  di  Roma. 
Aììnaìi  dell'  Istituto  d'  igiene    sperimentale    dell'  Università    di 
Boma. 

Serie  I^  :  volume  II,  a;ino  1890  —  Nuova  serie  :  dal  volume  li 
anno  1892,  al  volume  Vili,  anno  1898. 

Roma.  —  Comune  di  Roma. 

Quadri  di  Statistica  sanitaria  puhblicati  dall'  l'fficio  d'  igiene. 
Supplemento  mensile  al  Bollettino  ebdomadario,  demografico^ 
nieteorico. 

Anno  II,  1899. 

*RoMA.   —   L'  Elettricista.  Birista   ìueusile  di  elettrotecnica. 
Dall'anno  l»,  1892,  all'anno  Vili,  1899. 

*  Rovigo.   —   //   Pole.^ine  Agricolo.   (Ho male  d'  agricoltura  pratica. 
Bollcttiiu)  deUa  (\itfedr((  ambulante  d'agricoltura  della  Pro- 


[38]  ELENCO    DELLE    PUBBLICAZIONI    PERIODICHE 

vincia  di  Roingo,  delle  Associazioni  agrarie  del  Basso  Pole- 
sine e  dell'  Alto  Polesine,  del  Comizio  ayrario  e  del  Deposito 
governativo  di  macchine  agricole  di  Rovigo. 

Dall'  anno  T°,  1886-87,  all'  anno  XII,  1898  —  Dell'  anr.o  IX, 
manca  il  numero  5,  1°  dicembre  1895. 

*  Salerno.  —  R.  Società  economica  e  Comizio  agrario. 

Il  Picentino.   Giornale  della  B.   Società   economica    ed    Organo 
del  Comìzio  agrario  di  Salerno. 

Dall'  anno  VII,  1864,  all'  anno  XL,  1898  —  Dell'  anno  X,  1867, 
manca  il  fascicolo  d'  agosto  —  Dell'  anno  XIX,  1876,  mancano  i 
fascicoli  di  maggio,  giugno  e  luglio  —  Dell'anno  XXI,  1878,  man- 
cano i  fascicoli  di  marzo  od  ottobre  —  Dell'  anno  XXII,  1879, 
mancano  i  fascicoli  di  febbraio  ed  agosto  —  Dell'  anno  XXIII, 
1880-  manca  il  fascicolo  di  dicembre  —  Dell'  anno  XXV,  1882, 
mancano  i  fascicoli  di  maggio,  giugno  e  settembre  —  Dell'  anno 
XXVI,  1883.  manca  il  fascicolo  di  marzo  —  Manca  l'intero  anno 
XXXVIII,  1896. 

*  Siena.  —  Bollettino  dei  naturalista  collettore,  aìlevatore,  coltiva- 

tore, acclimatatore  e  Rivista  Itfdiana  di  scienze  naturali. 

Dall'anno  IX,  1889,  all'anno  XVIII,  1898  —  Dell'anno  XI, 
1891,  mancano  i  fascicoli  3  e  6  —  Dell'  anno  XII.  1892,  mancano 
i  fascicoli  di  dicembre. 

*  Torino.  —  Rivista  Storie/  It<  diana. 

Dall'  anno  1°,  1884,  all'  anno  XII,  1895  —  Xuova  serie  :  dal  vo- 
lume 1°.  anno  XIII,  1896,  al  volume  IH,  anno  XV,  1898. 

*  Torino.  —  E.  Accademia  delle  scienze  di  Torino. 

Memorie  della  R.  Accademia  delle  scienze  di   Torino. 

Serie  II",  tomo  IV,  anno  1842  —  Tomo  XI,  anno  1851  —  Dal 
tomo  XIX,  anno  1861,  al  tomo  XLVIII,  anno  1899  (mancano  i 
tomi  XXXVI-XXXVIII-XXXIX-XL). 

Atti  della  R.  Accademia  delle  scienze  di  Torino. 

Dal  volume  1°,  anno  1865-66,  al  volume  XXXIII,  anno  1897-98 
—  :Manca  la  F  dispensa  d(d  vohune  XXVI,  anno  1890-91. 

Miscellanea. 

Dall'anno  1859  all'anno  1878. 


PERVENUTE    AL    E.    ISTITUTO    VENETO    ECC.  [39] 

*ToRiNO.   —  R.  Osservatorio  astronomico  di  Torino. 

Osservazioni  meieorohxjicìie  fatte  all'  Osscrratorio  della  7?.  Vni- 
versità  di  Torino. 

Dall'anno  1888,  all'anno  1897. 

*  Torino.  —   Società  degli  Ingegneri  e  degli  Architetti  in  Torino. 

Atti  della   Società  degli  Ingegneri  e  degli  Architetti  in  Torino. 

Dal  fascicolo  I,  anno  1868,  al  fascicolo  35  della  serie  completa 
degli  Atti,  anno  XXIX,  1895  —  (La  Società  dalla  sua  fondazione, 
anno  1868,  fino  all'  anno  1888,  porta  il  titolo  di  :  Società  degli  In- 
gegneri e  degli  Indi/striali  di  Torino. 

Catalogo  della  Bihroteca  (pubblicato  nelF  anno  1893). 

Statuto  della   Società  degli    Ingegneri    e    degli    Industriali    in 
Torino  (pubblicato  neir  anno  1872). 


*  Torino.  —  Osservatorio  centrale  del  R.  Collegio  Carlo   Alberto 
in  Moncalieri. 

Bollettino  mensuale,  pidMicato  per  cura  dell'  Osserratorio  cen- 
trale del  B.   Collegio  Carlo  Alberto  in.  Moncalieri. 

Dal  volume  111,  anno  1867-68,  al  volume  XV,  anno  1879-80  - 
Del  volume  V,  anno  1869-70,  manca  il  numero  5  —  Del  volume 
VI,  anno  1870-71,  mancano  i  numeri  4,  5,  8,  9,  10,  12  —  Del  vo- 
lume VII,  anno  1871-72,  manca  il  numero  1  —  Del  volume  Vili, 
anno  1873,  mancano  i  numeri  5,  8  —  Del  volume  IX,  anno  1873- 
1874,  mancano  i  numeri  1,  2,  3,  5  —  Del  volume  XI,  anno  1875- 
1876,  manca  il  numero  11  —  Serie  II**:  dal  volume  1°,  anno  1881, 
al  volume  XVIII,  anno  1898  —  Del  volume  IV,  anno  1883-84, 
mancano  i  numeri  4,  5,  6,  7  —  Del  volume  XV,  anno  1895,  man- 
cano i  numeri  9,  10. 


*  Torino.  —  E.  Accademia  di  medicina. 

Giornale  della  B.  Accademia  di  medicina  di  Terrina. 

Serie  IP  :  dall'anno  IX,  1856,  volume  XXV,  all'anno  XX,  1865, 
volume  LIV  —  Dall'  anno  XIII,  1859,  mancano  i  fascicoli  del  15 
maggio  e  del  31  ottobre  —  Mancano  gli  anni  1860-1861-1862-1863 
—  Serie  III'':  dal  volume  P,  anno  1866,  al  volume  XLII,  anno 
1894  —  Del  volumt!  Ili,  anno  1867,  manca  il  fascicolo  del  30 
aprile  —  Del  volume  Vili,  anno  1869,  nianca  il  fascicolo  del   31 


[40J  ELENCO    DELLE    PUBBLICAZIONI    PEKIODICHE 

(ìiccnibre  —  Del  volume  IX,  anno  1870,  mancano  i  fascicoli  del 
20  settembre  e  del  31  dicembre  —  Del  volume  XI,  anno  1872, 
manca  il  frontespizio  —  Del  volume  XV,  anno  1874,  mancano  i 
fascicoli  dal  31  gennaio  al  10  aprile  inclusi  —  Dei  volumi  XVII 
e  XVIII,  anno  1875,  mancano  gli  indici  —  Del  volume  XXVII, 
anno  1880,  manca  il  fascicolo  di  gennaio  —  Del  volume  XXIX, 
anno  1881,  manca  il  fascicolo  di  settembre  —  Del  volume  XXX, 
anno  1882,  manca  l' indice  —  Del  volume  XL,  anno  1892,  man- 
cano i  fascicoli  di  maggio  e  giugno  —  Serie  IV'':  dal  volume  1°, 
anno  1895,  al  volume  IV,  anno  1898  —  Del  volume  1°,  anno  1895, 
mancano  i  fascicoli  di  marzo  ed  aprile. 

*ToiiiNO.   —  R.  Accademia  di  medicina. 

Atti  della  Società  mefìico  chinirgiea  di  Torino. 

Volume  1°,  anno  1844  —  Volume  II,  anno  1846  —  Volume  V, 
anno  1869  —  Volume  VI,  anno  1882-84. 

Rapporto  dello   Conitnixsione  sui  lavori  presentati    al    Concorso 
Riberi. 

Concorso  III,  anni  1868-69-70. 

*  Torino.   —   Cosmos.   Conìnìiicazioni  sui   prò;/ ressi   jiià    recenti    e 

notevoli  della  (jeo(jrapa  e  delle  scienze  affini. 

Dal  volume  1°,  anno  1873,  al  volume  XII,  anno  1894-95  —  Del 
volume  XI L,  anno  1894-96,  mancano  i  fascicoli  XI,  XII. 

*ToEiNO.  —  Il  Nuoro  Risorgimento.  Periodico  di  filosofia,  scienza 
dell'  educazione  e  studi  sociali. 

Dal  volume  I",  anno  1890-91,  al  volume  Vili,  anno  1898  —  Del 
volume  I  ',  anno  1890-91,  numcano  i  numeri  VI,  Vili,  IX,  X,  XI 
—  Del  volume  Vili,  anno  1898,  mancano  i  numeri  XI,  XII. 

*  Torino.  —  R.  Università  di  Torino. 

Bollettino  dei  Musei  di  zoologia  ed  anatomia  compan/ta    della 
R.    Università  di   Torino. 

Dal  volume  J".  anno  1886,  al  volume  XllI,  anno  1898  —  Del 
volume  VII,  anno  1892,  mancano  i  numeri  130.  131  —  Del  volume 
XII,  anno  1897,  manca  il  numero  304. 

*  Udine.  —  Accademia  di  Udine. 

Atti  dell'  Accademia  di    Udine. 

Biennio  1867-68  —  Serie  II«  :  dal  volume  11.  anni  1869-72.  al  vo- 
lume IX,  anni  1890-93  -  Serie  III'':  dal  volume  V\  anno  189:5-94, 
al  volume  V,  anno  1897-98. 


PERVENUTE    AL    K.    ISTITUTO    VENETO    ECC.  [41] 

*  Udine.  —  Accademia  di  Udine. 

Rendiconfi  dell'  Accademia  di    Udine. 

Triennio  1872-75  —  (Continua  nel  Bollettino  dell'  Associazione 
agraria  Friulana). 

Annuario  Statistico  per  la  Provincia  di   Udine.    Pubblica zione 
dell'  Accademia    Udinese  di  scienze,  lettere  ed,  arti. 

Dall'anno  1°,  1876,  all'anno  lY,  1889. 

*Udine.  —  Associazione  agraria   Friulana. 

Bollettino  dell'  Associazione  agraria  Friidana. 

Dall'anno  Y,  1860,  all'anno  XYL  1871  —  Nuova  serie  :  dal  vo- 
lume I'\  anno  1873,  al  volume  V,  anno  1877  —  Serie  III''  :  dal  vo- 
lume 1°,  anno  1878,  al  volume  VI,  anno  1883  —  Del  volume  II, 
anno  1879,  mancano  i  numeri  36-38,  l'indice  ed  il  frontespizio  — 
L'indice  ed  il  frontespizio  mancano  ai  volumi  III,  IV,  V,  VI  — 
Al  volume  V,  anno  1882,  manca  il  numero  47  —  Serie  IV*  :  dal 
volume  P,  anno  1884,  al  volume  XV,  anno  1898  —  Del  volume 
I",  anno  1884,  manca  il  frontespizio  ed  il  numero  22. 

Pubblicazioni  varie. 

Valle  di  Pompei.  —  Il  Rosurio  e  la  Nuova  Pompei.  Periodico 
mensuale. 

Dall'anno  VII,  1890,  all'anno  XV,  1898  —  L'anno  VII,  1890,  co-* 
mincia  dal  quaderno  VI  —  Dell'  anno  Vili,  1891,  manca  il  qua- 
derno III  —  Dell'anno  IX,  1892,  mancano  i  quaderni  IV  e  V. 

Yalle  di  Pompei.  —    Valle  di  Pompei.  A  vantaggio  della  Nuova 
Opera  pei  figli  dei  carcerati. 

Anno  II,  1892,  numeri  2,  3,  4,  7,  10,  11,  12  —  Anno  III,  1893, 
numeri  da  1  a  10  —  Anno  IV,  1894,  numeri  da  1  a  10  —  Anno 
V,  1895,  numeri  1,  2,  5,  6,  7  —  Anno  VI,  1896,  numeri  da  1  a  12 
—  Anno  VII,  1897,  numeri  da  1  a  5  —  Anno  Vili,  1898. 

Valle  di  Pompei.  —  Santuario  pontificio  di  Pompei. 

Calendario  del  Santuario  pontifìcio  di  Pompei,  a  vantaggio  delle 
orfanelle  e  dei  figli  dei  carcrrafi,   in    Valle  di   Pompei. 

Anni:  1895,  1896,  1897. 


[42J  ELENCO    DELLE    PUBBLICAZIONI    PERIODICHE 

*yENEZiA.   —  Ateneo  A'^eiieto. 

Esercitazioni  scicnfip'rhr  e  leiicrarie. 

Dal  Tomo  P,  anno  1827,  al  tomo  VII,  anno  1860. 

L'  Ateneo    Veneto.  Rivista  bimestrale  di  scienze,  lettere  ed  arti. 

Dall'anno  1864  all'anno  1898    —    Mancano  i  fascicoli  di  marzo, 
aprile  dell'anno  1896. 


*  Venezia.  —  R.  Deputazione  Yeneta  sopra    gli    studi    di    storia 
patria. 

Archivio    Veneto.  Fiibblicazione  periodica  della  R.  Deputazione 
Veneta  sopra  gli  studi  di  storia  patria. 

Dal  tomo  VI,  anno  1873,  al  tomo  XL,  anno  1890  —  Mancano  : 
del  tomo  VI  la  parte  IK  anno  1873,  del  tomo  XXX VI  11  la  parte 
I",  anno  1889,  del  tomo  XXXIX  la,  parte  1%  anno  1890. 

Nuovo  Archivio    Veneto.   Fabblicazione  periodica    della    R.  De- 
putazione  Veneta  di  storia  patria. 

Dal  tomo  1°,  anno  1891,  al  tomo  XVI,  anno  1898  —  Del  tomo 
III,  anno  1892,  manca  la  parte  Ih  —  Manca  il  tomo  IV,  anno 
1892  --  Del  tomo  V,  anno  1893,  manca  la  parte  P  —  Manca  il 
tomo  VII,  anno  1893 — Del  tomo  Vili,  anno  1894,  manca  la  parte 
l'^  — Del  tomo  IX,  anno  1895,  nuìnca  la  parte  l''  —  Del  tomo  XI, 
anno  1896,  manca  la  parte  11'^  —  Del  tomo  XII,  anno  1896,  manca 
la  parte  II''  —  Del  tomo  XVI,  anno  1898,  manca  la  partc^  I^ 

+Yenezia.   —   Giornale  per  servire  ai  progressi  della  patologia    e 
della,  materia  medica. 

Serie  P  :  dall'anno  1834,  tomo  1°,  fascicolo  \\  all'anno  1841, 
tomo  XV,  fascicolo  48  —  Serie  IP  :  dall'anno  1842,  tomo  P,  fa- 
scicolo 1°,  all'anno  1848,  tomo  XIII,  fascicolo  LXXIII  —  Mancano 
i  fascicoli  II,  VII,  XIII,  XVII,  XVIII,  XXII,  XXIII,  XLIII, 
XLIX,  LII,  LUI,  LIV 

Giornale    Veneto  di  scienze  ìtìcdiclie. 

Serie  IP:    dal  tomo  IX,  anno  1857,  al  tomo  XXIII,  anno  1864 

—  Serie  IIP:  dal  tomo  1°,  anno  1864,  al  tomo  XXIX,  anno  1878 

—  Manca  il  fascicolo  di  gennaio  degli  anni  1871,  tomo  XIV,  e 
1875  tomo  XXII  —  Serie  IV":  tomo  1°,  da  gennaio  a  giugno 
dell'anno  1879. 


PERVENUTE    AL    E.    ISTITUTO    VENETO    ECC.  [43] 

+Yenezia.  —  liivìsta  Veneta  di  scienze  mediche.  Organo  della 
Scuola  medica  dell' Uin'rcrsità  di  Padova^  degli  Ospitali,  delle 
Associazioni  mediche  del  Veneto  e  dell'  Associazione  medica 
Triestina. 

Dall'anno  1°,  1884,  tomo    F,  all'anno  XV,    1898,  tomo   XXVIII 

—  Mancano  i  fascicoli  :  novembre  1891,  anno  VILI,  tomo  XV,  feb- 
braio 1892,  anno  IX,  tomo  XVI,  mapgio  1893,  anno  X,  tomo  XVIII, 
30  ottobre  1895,  anno  XII,  tomo  XX III. 

+Yenezia.  —  Notarisia.  Coni  menta  ri  uni  jdnjcidogicuni.  Iti  rista  tri- 
mestrale consacrata  (dio  stadio  delle  (dgJie. 

Dall'anno  1°,  1886,  all'anno  V,  1890  Manca  il  numero  5,  1° 
dell'anno  II,  1897. 

Neptunia.  Rivista  Italiana    di   pesca    ed    aqnicultnra    marina, 
furiale,  lacustre. 

Dall'anno  1°,  1891,  all'anno  XIII  (Serio  Notarisia-Neptunia)  1898 

—  Mancano    i  fascicoli  di    novembre    e    dicembre  1892,    anno    II 

—  Dell'anno  VI,  1896,  esistono  le  puntate  da  gennaio  ad  agosto  ; 
due  supplementi  dei  mesi  di  giugno  e  luglio,  e  della  parte  speciale 
per  illustrare  la  Regione  lagunare  Veneta,  i  numeri  da  1  a  6. 

*Venezia.   —  Annuario  astro-mcteorologico  con  effemeridi  nautiche. 

Dall'anno  1°,  1883,  all'anno  XVII,  1899  ~  Mancano  :  l'anno  IV, 
1886,  l'anno  VI,  1888,  l'anno  IX,  1891,  l'anno  X,  1892,  l'anno  XII, 
1894,  l'anno  XIV,  1896. 

Venezia.  —  Camera  di  commercio  ed  arti  di  Venezia. 
Dall'anno  1°,  1861,  all'anno  XXXIV,  1893. 

*Venezia.  —  Berne  Bazmarep. 

Dall'anno  1856,  all'anno  1871  (manca  il  numero  11  dell'anno  1862) 

—  Dall'anno  1877  all'anno  1898  —  L'anno  1877  comincia  dalla 
pagina  195. 

Venezia.  —  Municipio  di  Venezia.  Ufficio  di  Statistica. 

Rassegna  statistica  trimestrale  del  Comune  di   Venezia. 

Dall'anno  XX,  1891,  secondo  trimestre,  all'anno  XXVII,    1898 

—  Manca  il  secondo  trimestre  dell'  anno  XXV,  1896. 


[44]  ELENCO    DELLE    PUBBLICAZIONI    PERIODICHE 

*Verona.  —  Accademia  di  Yerona.  Agricoltura,  scienze,  lettere, 
arti  e  commercio. 

Memorie  dell'  Accademia  di   Verona.  Agricoltura,    scienze,    let- 
tere, arti  e  commercio. 

Volume  XL,  anno  1862  —  Serie  II":  dal  volume  XLI,  anno  1862, 
al  volume  LVII,  anno  1881  —  Del  volume  LUI  esiste  solo  il  fa- 
scicolo 1°  —  Del  volume  LIV  esiste  solo  il  fascicolo  II  —  Serie 
III»  :  dal  volume  LVIII,  anno  1882,  al  volume  LXXII,  anno  1896 
—  Mancano  i  volumi  LXVII  e  LXVIII  ed  il  fascicolo  primo  del 
volume  LXIX,  anni  1891-93. 

*  Vicenza.  —  Accademia  Olimpica  di  Vicenza. 
Accademia  Olimpica.  Sezione  I",  Agricoltura. 

Anno  18  J7,  da  pagina  1  a  pagina  87  —  Manca  da  pagina  17  a 
pagina  20  incluse  —  Rapporto  della  Commissione  Accademica  in- 
torno al  sistema  di  Bigattiera  Pollini. 

Atti  dell'  Accademia  Olimpica  di   Vicenza. 

Dall'anno  1871,  volume  1°,  all'anno  1895,  volume  XXIX  —  Del 
volume  III,  anno  1873,  mancano  le  pagine  da  273  a  320  incluse, 
del  primo  semestre  —  Dell'anno  1878  manca  il  1°  semestre. 


Atti  del  Reale  Istituto  Veneto  di  scienze,  lettere  ed  arti. 
Anno  accademico  1899-900  -  Tomo  LIX  -  Parte  seconda. 


DUE   LETTERE   INEDITE 

DI 

GUIDOBALDO    DEL    MONTE 

A 

GIACOMO    CONTARINI 

pubblicate  ed  illustrate 

DAL    psop.    ANTONIO    FAVARO,    m.    e. 

(Adunanza  del  30  dicembre  1899) 


Nella  occasione  di  dare  in  luce  il  testo  delle  Meccaniche  lette 
da  Galileo  in  Padova  nell'anno  1594  (i),  ho  voluto  prendere  in 
esame  varii  trattati  intorno  alle  medesime  materie,  de' quali  si  può 


(1)  Delle  Meccaniche  lette  in  Padova  l'unno  1594  da  Galileo  Galilei 
per  la  prima  volta  pubblicate  ed  illustrate  da  Antonio  Fa  varo.  (Me- 
morie del  E.  Istituto  Veneto  di  scienze^  lettere  ed  arti,  voi.  XXVI,  n.°  5). 
Venezia,  tip.  Ferrari,  1899.  —  Intorno  ad  un  inedito  e  sconosciuto  trat- 
tato di  Meccaniche  di  Galileo  Galilei  nell'Archivio  di  S.  A.  il  Principe 
di  Thurn-Taxis  in  Ratisbona.  Notizie  di  Antonio  Favaro.  (Abhandlungen 
zur  Geschichte  der  Mathematik.  Neuntes  Heft.  Supplement  zum  vierund- 
vierzigster  Jahrgang  der  Zeitschrift  fiir  Mathematik  und  Phìjsik,  pag. 
97-104).  Leipzig,  Druck  und  Verlag  von  B.  G.  Teubner,  1899.  —  Poste- 
riormente a  tali  pubblicazioni  sono  stato  informato  dal  Ch.'"^  D.^'  Emilio 
Wohlwill  che  nel  volume  miscellaneo  dei  manoscritti  matematici  della 
Stadtbibliothek  di  Amburgo  segnato  col  n.°  200  e  che  appartenne  già  al 
matematico  amburghese  Tassius  mancato  ai  vivi  nel  1654,  è  contenuta, 
seconda  fra  tredici  scritture  costituenti  il  volume,  e  senza  nome  d'autore, 
una  trattazione  "  Delle  Macchine  „  la  quale  riproduce  essenzialmente;  il 
medesimo  testo  da  noi  dato  alla  luce. 


H04  A.    FAVARrt  (2) 

supporre  ch'eg-li  avesse  notizia  ;  e  fra  i  primi  avendo  richiamata 
la  mia  attenzione  il  Liher  Mechanknrum  del  Marchese  Guidobaldo 
del  Monte,  ne  scorsi  ambedue  le  edizioni  e  la  traduzione  italiana 
di  Filippo  Pif^afetta.  In  uno  degli  esemplari  di  quest'ultima,  pos- 
seduti dalla  Biblioteca  Nazionale  Marciana,  e  precisamente  in  quello 
che  porta  la  segnatura  "  19628  (XIII,  3)  „  fra  le  carte  101  e 
102  trovai  intercalate  sei  carte  manoscritte,  le  quali  contengono 
copia  di  due  lettere  indirizzate  da  Guidobaldo  del  Monte  a  Gia- 
como Contarini,  1'  una  sotto  il  dì  9  ottobre  1580,  Faltra  dei  18 
dicembre  1580,  completamente  inedite  e  che  rispondono  ad  alcuni 
quesiti  suggeriti  al  Contarini  dalla  lettura  del  Liher  MecJidìi /cornili. 
Quantunque  questo  esemplare  non  porti  alcun  segno  esteriore  di 
avere  appartenuto  al  Contarini,  tuttavia  è  fuor  di  dubbio  che  fu 
tra  i  libri  da  lui  posseduti,  tanto  più  che,  dal  confronto  del  ca- 
rattere delle  copie  suindicate  con  quello  di  alcune  lettere  scritte 
e  firmate  dal  Contarini,  risulta  con  tutta  sicurezza  che  la  trascri- 
zione delle  lettere,  le  quali  richiamarono  la  nostra  attenzione,  è  di 
tutto  suo  pugno. 

Chi  sia  stato  Guidobaldo  del  Monte  e  qual  posto  nella  storia 
della  scienza  occupino  i  suoi  numerosi  lavori  non  è  qui  il  luogo 
di  ripetere,  ci  contenteremo  pertanto  di  notare  come  l'argomento 
al  quale  si  riferiscono  le  due  lettere  da  noi  rinvenute  sia  proprio 
uno  di  quelli  intorno  ai  quali  egli  maggiormente  si  affaticò  ed  ai 
cui  progressi  più  efficacemente  contribuì  nel  citato  suo  libro.  Che 
se  anche  le  cose  divulgate  già  per  le  stampe  non  ricevono  dalle 
lettere  in  quistione  notevole  incremento,  ci  parve  che  alcune  con- 
siderazioni generali  in  esse  contenute  e  certi  particolari  concer- 
nenti le  esperienze  eseguite  e  le  avvertenze  suggerite  nel  ripeterle 
e  nel  verificarne  i  risultati  le  rendessero  abbastanza  interessanti 
da  meritare  che  fossero  fatte  di  pubblica  ragione. 

Ma  se  il  parlare  del  mittente  potrebbe  essere  stimato  superfluo, 
altrettanto  ci  sembra  non  sia  l'aggiungere  qualche  notizia  intorno 
al  destinatario. 

Giacomo  Contarini,  patrizio  veneto,  al  quale  Guidobaldo  del 
Monte  indirizza  le  duo  lettere,  parte  indubbiamente  di  più  volu- 
minoso carteggio  scambiato  fra  i  due  valentuomini,  è  persona  non 
del  tutto  sconosciuta  ai  cultori  di  storia  scientifica  ;  ed  il  poco  che 
se  ne  sa  lascia  il  desiderio  d'una  maggiore  conoscenza  dell'azione 
scientifica  da  lui  spiegata.  Di  lui  leggiamo  :  "  Giacomo  Contarini 
da  S.  Samuello  nel  1572  fu  deputato  alla  guardia  et  fortificationi 


(3)  DUE    LETTERE    INEDITE    ECC.  305 

del  porto  di  S.  Nicolò  di  Lido,  per  sospetto  deirarinata  turca,  et 
nel  1574  fu  uno  degli  eletti  per  gli  allestimenti  da  farsi  per  la 
venuta  di  Henrieo  III  re  di  Francia  a  Yenetia,  dal  quale  (ca- 
vando balla  d'oro  in  Consiglio)  fu  nominato  di  Pregadi.  Fu  gen- 
tiluomo studiosissimo  della  historia,  in  modo  che  con  notevolissima 
spesa  pose  insieme  quasi  tutte  le  liistorie  stampate  e  manoscritte, 
non  pure  universali,  ma  etiandio  particolari  delle  Città  con  molti 
altri  volumi  di  tutte  le  scienze,  ed  oltre  di  ciò  un  maraviglioso 
ammasso  di  istrumenti  matematici  ed  altre  cose  di  pittura,  scul- 
tura et  architettura  con  copiosi  scritti  e  compositioni  sue  proprie. 
Al  medesimo  fu  dal  Senato  appoggiata  la  cura  dell'inventione  delle 
pitture  da  esser  dipinte  nel  Salone  del  Gran  Consiglio.  „  (/).  Sap- 
piamo inoltre  eh'  egli  conobbe  e  praticò  Giovanni  Battista  Porta 
quando  questi  fu  a  Venezia,  e  lo  assistè  nella  costruzione  di  certo 
specchio  parabolico  (^).  Non  è  quindi  maraviglia  ch'egli  fosse  più 
tardi  tra  i  primi  a  stringere  amichevoli  relazioni  con  Galileo,  che 
anzi  lo  conobbe  fin  dalla  prima  gita  che  questi  fece  a  Yenezia  (•''), 
e  cooperò  alla  elezione  di  lui  a  Lettore  di  matematica  nello  Studio 
di  Padova.  Nò  ci  pare  fuor  di  luogo  la  ipotesi  che  il  Contarini 
stesso,  uno  dei  tre  Provveditori  all'  Arsenale,  abbia  dischiuso  al 
suo  novello    amico  quel  grande  emporio,  ch'era  stato  cantato    da 


(1)  //  (kimpidoglio  Veneto  in  cui  si  karma  l'armi,  V opinine,  la  serie 
de  gV  huoìinni  illustri,  et  gl'arbori  della  maggior  parte  delle  Famiglie, 
rosi  estinte  come  viventi  tanto  cittadine  quanto  forastiere  che  hanno  go- 
duto 0  che  godono  della  Nobiltà  Patritia  di  Venetia.  Fatica  di  Girolamo 
Alessandro  Capellari  Yivaro  Vicentino.  Codice  Mss.  della  Biblioteca 
Marciana  contrassegnato  Cod.  XVIII  della  CI.  VII,  It.  —  Intorno  a  questo 
personaggio  medesimo  era  stata  annunziata  dal  prof.  Frakcesco  BpmLAN 
la  pubblicazione  d'un  volume  in  8°  di  pag.  150  circa  col  titolo  :  "  Glorie 
veneziane  mal  conosciute.  Giacomo  Contarini^  Senatore.  Secolo  XVI.  „ 

(2)  Già.  Battista  Della  Porta  e  il  Cardinale  Litigi  d'Este.  Notizie  e 
documenti  per  cura  di  Giuseppe  Campori.  Modena,  tip.  di  Carlo  Vin- 
cenzi, 1872,  liag.  22. 

(3)  Questo  sendjra  risultare  dalla  lettera  del  Contarini  a  Galileo 
dei  22  dicembre  1592  (Bibl.  Naz.  di  Firenze.  Mss.  Gal.,  Par.  I,  tomo  VI, 
car.  17)  ;  pare  anzi  che  a  Galileo  avessero,  per  la  lettura  matematica 
dello  Studio  di  Padova,  pensato  Giacomo  Contarini  e  Benedetto  Zorzi 
poco  dopo  la  morte  del  Moletti  e  prima  che  Galileo  fosse  eletto  alla 
lettura  di  Pisa.  Cfr.  la  lettera  di  Benedetto  Zorzi  a  Baccio  Valori  data 
da  Venezia  sotto  il  dì  2  dicembre  158D  (Bibl.  Naz.  di  Firenze.  Filza  Ri- 
nuccini,  27). 


306  A.    FAVAEO  (4) 

Dante  e  che  Galileo  stesso  ricorda  nelle  prime  linee  dei  Dialoglii 
delle  Nuove  Scienze.  Di  queste  amichevoli  relazioni  rimase,  do- 
cmnento  bellissimo,  un  quesito  che  il  Contarini  medesimo  propose 
nel  marzo  1593  a  Galileo  col  mezzo  del  comune  amico  Gio.  Vin- 
cenzio Pinelli,  intorno  alla  azione  dei  remi,  essendogli  sorto  dubbio 
che  un  remo  appoggiato  sul  vivo  della  galera,  cioè  sullo  stesso 
suo  fianco,  producesse  maggiore  o  minor  effetto  di  quello  appog- 
giato fuori  del  fianco  stesso,  cioè  posato  sopra  una  armatura  esterna: 
alla  soluzione  proposta  da  Galileo  replicava  il  Contarini  con  os- 
servazioni che  ne  palesano  la  profonda  conoscenza  delle  cose  ma- 
rinaresche ed  il  fine  criterio  (i). 

Ricorre  nelle  due  lettere,  che  qui  appresso  vedono  per  la  prima 
volta  la  luce,  ripetutamente  menzione  di  Giulio  Savorgnan,  il  ce- 
lebre capitano  e  scienziato  al  quale  appunto  venne  da  Filippo 
Pigafetta  dedicata  la  versione  italiana  del  Lil>er  Mechanirorum, 
e  che  è  una  cara  conoscenza  degli  studiosi  di  storia  delle  mate- 
matiche, poiché  è  quello  stesso  che  "  per  ischerzare  con  Nicolò 
Tartaglia,  persona  a' suoi  tempi  molto  stimata  in  questa  professione 
et  che  si  dilettava  di  andare  solvendo  questioni  sottili  di  Media- 
nica et  di  Mathematica,  et  ne'suoi  dialoghi  introduceva  a  favellare 
personaggi  grandi,  et  alcuna  fiata  gli  faceva  dire  qualche  cosa,  di 
cui  essi  prendevano  nota  „  il  Savorgnano  "  gliene  propose  forse 
quaranta,  mechaniche  quasi  tutte  et  difficili,  alcune  delle  quali  egli 
provò  di  solvere,  delle  altre  si  scusò  con  dire  che  a  ciascheduna 
di  loro  sarebbe  stato  mestieri  un  volume  intero,  come  si  legge 
ne'  suoi  libri  stampati  della  Nuova  Scientia.  „  (-). 


(1)  Galileo  Galilei  e  lo  Studio  di  l'adora  per  Antonio  Favako.  Voi. 
II.  Firenze,  successori  Le  Monnier,  1883,  pag.  160-1()5. 

(2)  La  Nona  Hcientia  di  Nicolò  TaktaCtLia,  con  una  gionta  al  terzo 
Libro.  In  Vinegia,  per  Curtio  Troiano  de  i  Navò,  M.D.LXII,  nella  car. 
27"-  (Ielle  appendici. 


(5)  DUE  LETTEKE  INEDITE  ECC.  307 


All'  Ill.™o  sig.''''  Giac.°  Coiitarini  sig.'  mio  Coli.» 


111.™»  sig.»'  mio  oss.'"'' 

La  sua  m'ha  dato  grandissimo  contento  in  veder  che  ella  tiene  me- 
moria di  me  suo  servitore  ;  mi  dispiace  però  che  la  sia  stata  travagliata 
dal  male  così  lungamente.  Mi  rincresce  ancora  ch'io  non  fui  presente 
quando  V.  S.  111.™''  era  dal  Sig.'"  Giulio  Savorgnano,  sì  per  esser  in  quella 
dolcissima  conversatione,  come  anche  perchè  so  che  haveria  imparato 
molte  cose,  in  particolare  sopra  le  machine,  sopra  le  quali  V.  S.  III.'"'' 
m' invita  a  voler  dir  il  mio  parere  circa  la  esperienza  e  la  dimostratione. 
Sopra  le  quali  discorrendo  brevemente  la  deve  sapere  che  prima  che  io 
habbia  scritto  cosa  alcuna  sopra  le  mechaniche,  mai  (per  non  far  errore) 
ho  voluto  determinar  cosa  alcuna  per  minima  che  ella  sia,  se  prima  io 
non  vedeva  con  effetto  che  la  esperienza  si  confrontasse  apunto  con  la 
demostratione,  e  di  ogni  minima  cosa  ne  ho  fatto  la  sua  esperienza,  dove 
ho  anco  fatto  una  libra  la  quale  mi  mostra  verissimamente  che  havendo 
il  centro  nel  mezzo  di  essa,  mossa  la  libra  dove  si  vuole,  sta  ferma  dove 
la  si  lascia,  come  dice  la  4.*"  propositione  (de  libra)  nel  mio  libro  delle 
mechaniche,  che  è  cosa  che  dà  fastidio  a  molti  che  non  1'  hanno  saputa 
far  materiiilmente.  In  somma  questa  è  cosa  sicurissima,  che  la  pratica 
con  la  theorica  vanno  sempre  insieme,  né  si  discostano  punto  l'una  dal- 
l'altra ;  et  di  più  le  dico  che  la  dimostratione  mi  ha  insegnato  assai  come 
si  hanno  da  far  l'esperienze,  sopra  le  quali  per  chiarirsi  bene  bisogna 
considerar  molte  cose  :  1°  che  gli  instrumenti  siano  piccoli  più  presto  che 
grandi,  come,  per  essempio,  le  taglie  con  le  sue  girelle,  che  se  fusse  pos- 
sibile di  farle  di  ottone  con  li  sui  assi  di  ferro,  sotili  sotiii;  et  che  le  gi- 
relle siano  benissimo  tornite,  le  quali  non  baiassero  attorn'agli  assi,  ma 
però  che  girassero  con  un  soffio  se  fosse  possibile,  questo  sarebbe  be- 
nissimo, perchè  le  taglie  grandi,  che  sono  atte  a  levar  gran  pesi,  non 
sono  così  buone  a  chiarirsi  delle  minutezze,  sì  come  si  mostra,  con  es- 
sempio chiaro,  nelle  bilancie,  che,  per  chiarirsi  d'ogni  minutia,  bisogna 
tuor  quelle  picoline  da  pesar  li  scudi  et  non  quelle  di  legno  grande,  che 
si  pesano  cose  grosse,  come  carne  et  simili,  se  ben  tutte  sono  giuste  (*). 


(1)  Ricorrono  a  qucisto  proposito  alla  mente  le  acute  considerazioni 
del  Taktaglia  (Quesiti  et  inventioni,  ecc.  In  Venetia,  per  Nicolo  de 
Bascarini,  MDLIIII,  car.  78  t). 


308  A.    FAVAEO  (6) 

Hora,  fatto  questo,  circa  il  mio  libro  è  d'avvertire  una  cosa  molto  prin- 
cipale la  quale  ha  fatto  ingannare  molti  circa  le  esperienze,  che  è  ch'io 
fo  gran  differenza  dalla  forza  che  sostiene  un  peso  e  da  la  forza  che  lo 
move.  Come,  per  essempio,  nella  terza  propositione  de  Trorlea,  dove  dice  : 
Se  la  fune  sarà  menata  per  due  girelle  etc,  che  all'hora  la  potenza  che 
sostiene  sarà  la  metà  manco  del  peso.  Questo  l'esperienza  gle  lo  mostra 
giustissimamente  in  qu(!sto  modo.  La  metta  in  alto  le  taglie  come  sta  la 
figura  di  detta  S.^  propositione  e  la  metta  in  A  un  peso  di  sei  libre  et 
in  N  vi  attachi  un  peso  di  3  libre,  il  quale  farà  l'offitio  della  potenza, 
senza  dubio  la  trovava  che  staranno  fermi,  et  questo  è  quanto  alla  schietta 
proportione  ;  ma  perchè  in  atto  pratico  in  questo  caso  la  taglia  di  sotto 
dove  è  attacato  il  peso,  ancor  ella  ha  gravità,  però  bisogna  pesar  la  taglia 
et  il  peso  insieme,  e  la  metà  del  tutto  metter  in  JV^:  come  se,  per  es- 
sempio, il  peso  con  la  taglia  pesaranno  7  libre,  bisogna  in  N  attacarvi 
3  libre  et  \  .> ,  sì  come  io  avertisco  a  carte  101  nella  seconda  facia,  dove 
in  qualche  caso  bisognerebbe  considerar  ancora  la  gravità  delle  funi,  la 
quale  in  quc^sto  caso  si  può  tralasciare,  massime  nelle  taglie  picoline,  per 
adoperarsi  spaghi  et  cordicelle  sotili,  et  in  questo  modo  le  8  libre  et  Va 
in  JV^  et  le  7  in  ^  staranno  f(»rme,  perchè  le  3  libre  Va  ii^  JV^  non  hanno 
forza  di  mover  le  sette  in  A,  nò  queste  di  mover  le  3  '/.j  in  N:  come 
dimostra  la  19.*^  propositione  del  medesimo  trattato  de  Trorlea. 

Perhaver  adunque  la  potenza  cognita,  (luando  io  i)arlo  e  che  (Xwo  (po- 
tentia  siistmens)  se  ha  da  intender  che  l'habbi  tanta  forza  che  la  faci  star 
il  peso  immobile,  cioè  sospeso  e  non  più,  (>  non  come  hanno  creduto  alcuni, 
che  questa  forza  babbi  da  mover  il  p(!so,  perchè  la  sua  forza  et  il  suo  va- 
lore è  solo  bastante  a  sosten(U'e  e  non  a  mover  il  peso,  e  così  si  ha  da 
intendere  sempre  (juesto  termine  (potentia  sustinens)^  sì  come  s'intende 
chiaramente  dal  corollario  della  prima  propositione  de  Trorlea'^  et  se  la 
considerarà  ne  i  problemi  che  sono  nel  libro,  ne  i  quali  io  propongo  de 
mover  i  pesi,  all'hora  io  fo  la  potenza  sempre  maggiore  di  quella  che  so- 
stiene, et  in  (questo  modo  gli  riusciranno  benissimo  tutte  le  esperienze  ; 
e  così  bisognava  fare  per  trovar  la  giustezza  e  la  proportion  che  ha  la 
forza  con  i  pesi,  perchè,  stando  nel  medesimo  essempio,  se  lo  3  libre;  e 
\'o  in  N  sostentano  il  peso  in  A  ,  la-  ragion  vuole,  se  in  N  si  metterà  un 
peso  maggiore  di  3  libre  e  Va  i  ^^^^  questo  sc^nza  dubio  mova  il  peso  di 
3  in  ^  ;  ma  questo  che  move  poi  esser  4  libre,  5,  6,  10,  20,  100  libre  e 
così  in  infinito,  e  però  non  se  ne  può  dar  regola  cei'ta.  È  ben  vero,  et  in 
questo  la  materia  fa  qualche  ressistenza,  che  se  sopra  le  3  libre  e  '\,  poste 
in  N  se  gli  aggiongesse  un  peso  di  minima  gravità,  come  un  gran  di 
miglio,  all'hora,  se  b(Mi  saranno  più  di  3  '/._, ,  non  per  questo  moveranno 
le  7  in  ^  ;  e  questo  ne  è  causa  la  materia,  la  qual  vuol  la  parte  sua  ancor 
lei,  e  quanto  sono  più  grandi  in  materia  tanto  più  ressiste,  sì  come  si  prova 
tutto  il  giorno  nelle  libre  che,  per  picele  e  giuste  che  le  siano  e  che  hab- 
bino  pesi  da  tutte  due  le  bande  eguali  e  giusti,  non  di  meno  a  un  di 
loro  se  gli  potrà  metter  sopra  (^t  aggiunger  un  peso  di  tanto  poco  mo- 
mento, come  un  minimo  pezzolino  di  carta  che  la  bilancia  starà  senza 
andar  giù  da  detta  parte,  né  per  questo  la  bilancia  sai'à  falsa:  dove  è 
da  considerare  che  la  ressistenza  che  fa  la  materia  lo  fa  quando  si  hanno 


(7) 


DUE    LETTERE    INEDITE    ECC. 


309 


(la  mov(U'  i  pesi  e  non  quando  se  hanno  da  sostenere  solamente,  perchè 
all'hora  l'instrumento  non  si  move  né  gira  :  e  con  queste  considerationi 
la  trovar.à  siMupre  che  l'esperienza  e  la  demostrationc  ainhii'anno  semi)re 
insieme. 

Quanto  poi  alh^  due  diaiande  elle  V.  S.  Ili.'"'''  mi  ha  scritto,  la  prima 
ha  due  capi  :  il  primo  che  tutti  gli  strumenti  di  ruote  che  passano  tre 
rochelli  e  due  ruote  sono  inutili  per  la  sua  tardità  :  il  secondo  capo  è 
che  quelli  che  ne  hanno  manco  sono  deholi  e  di  poca  forza. 

Quanto  al  primo  capo  dico  che  è  vero  che  sono  tardi,  non  di  meno 
hanno  questo  vantaggio  che  con  poca  forza  moveno  grandissimi  pesi  et 
per  questo  rispetto  non  sono  da  sprezzare,  sì  come  raconta  Papo  che  Ar- 
chimede ne  haveva  fatto  uno  <li  cinque  ruote  con  i  suoi  rochelli,  acciò 
che  pochissima  forza  movesse  grandissimo  peso. 

Circa  il  secondo  capo  dico  clu*  quelli  hanno  manco  forza  di  quei 
primi,  ma  hanno  poi  questo  di  buono,  che  movono  più  presto,  e  però  a 
mio  giuditio  tutte  due  queste  sorte  di  machine  sono  buone,  perchè  quando 
si  hanno  pesi  smisurati  e  che  bisogni  moverli  con  poca  forza,  il  primo 
modo  sarà  buono  ;  quando  poi  li  pesi  non  saranno  tanto 
grandi  si  potrà  far  con  manco  ruote  per  mover  più  presto 
et  per  non  perder  tempo  ;  ma  però  qui  è  da  considerare  che 
non  si  può  dar  regola  ferma  circa  tali  instrumenti,  perchè 
si  può  far  che  una  ruota  sola  faccia  il  medesimo  e  preciso 
eifetto  come  se  fussero  due,  3,  4  con  i  suoi  rochelli  e  più, 
come  si  può  cavar  facilmente  dalle  cose  che  ho  detto  nel- 
l'asse in  peritrochio. 

Circa  la  2."'  dimanda  dove  dice  che  le  taglie  da  sei  ro- 
telle sono  di  buona  forza  e  godibili,  è  vero  ;  la  dice  poi  che 
non  gli  riesce  la  proportione  da  uno  a  6,  ma  da  uno  a  -i  : 
questo  me  ne  maraviglio,  perchè  io  ne  ho  fatta  la  esperien- 
za più  volte,  e  se  la  tornarà  a  far  l'esperienza  con  quelle 
conditioni  che  ho  detto  di  sopra,  e  l'accomodarà  le  taglie  in 
questo  modo  che  è  qui  dissegnato,  s'  el  peso  in  A  con  la 
taglia  di  sotto  pesarà  12  libre,  attacando  in  B  due  libre, 
dico  che  queste  due  sustentaranno  le  12  infallibilmente,  e 
sarà  la  proportion  de  uno  a  6,  e  questo  dico  che  sostentarà 
ma  non  moverà. 

La  mi  farà  favore,  se  non  restarà  satisfatta  di  (guanto 
le  ho  detto  di  sopra,  a  farmene  moto  perchè  non  mancare 
di  dirle  quel  più  clie  stimare  atto  a  poterla  contentar»;,  se 
ben  mi  par  d'haver  detto  troppo,  che  bavero  fastidito  V.  S. 
111."'-'',  eh'  el  tutto  ho  fatto  per  ubidirla  ;  che  se  io  non  ba- 
vero saputo  farmi  intender,  mi  chiarirò  meglio  quanto  com- 
porta il  mio  poco  sapere,  pregandola  a  darmi  aviso  come  le 
reusciranno  le  esperienze  fatte  nel  modo  che  ho  detto  di 
sopra,  e  di  scriverlo  ancora  al  sig.  Giulio  Savorgnano  al 
quale  V.  S.  III.™'"^  mi  favorirà,  se  la  me  gli  raccomanderà  et 
raccordarà  per  suo  atfetionatissimo  servitore  e  gli  bascierà 
le    mani  in  mio  nome. 


V,^ 


310  A.    FAVARO  (8) 

Circa  Papo  io  credo  che  quelli  che  si  troYano  siano  tutti  scorrettis- 
simi, intendo  però  che  quello  che  è  nella  libraria  Vaticana  del  Papa  è 
assai  corretto,  con  il  quale  V.  S.  Ili,™*  lo  potrà  far  incontrare. 

Non  voglio  esser  più  lungo,  che  pur  troppo  sono  stato,  la  prego  che 
la  mi  tenghi  per  servitore  suo  affetionatissimo  et  mi  commandi  Lascian- 
doli le  mani.  Che  Dio  la  contenti. 

Di  Pesaro,  alli  9  d'ottobre  del  1580. 

Di  V.  S.  111.™'^ 

Aff.«o  ser.'-'' 

Guido  Baldo  de  Marchesi  del  Monte. 


IL 


All'  111.'""  sig.  Giacomo  Contarini  sig.''  mio  Coll.° 

111.'"»  sig.''  mio  oss.»"» 

Mi  rincresce  che  bora  ch'(d  sig.''  Giulio  Savorgnano  si  ritrova  in  Ve- 
netia  di  non  vi  esser  ancor  io,  acciò  tutti  insieme  ci  potessimo  chiarir 
delli  effetti  delle  Machine,  che,  a  dir  il  vero,  io  non  so  da  che  si  nasca 
questa  diversità  di  esperienze,  perchè  io  di  nuovo  ho  fatto  tutte  le  espe- 
rienze con  le  taglie,  et  in  fatti  trovo  che  nel  sostenere  la  esperienza  mi 
torna  per  a  punto  con  la  dimostratione,  e  non  vi  è  difterenza  nessuna, 
però  io  gli  domando  per  gratia  che  la  faci  di  nuovo  due  sole  esperienze 
con  le  taglie,  secondo  che  stanno  questi  disegni  che  gli  mando,  e  la  cerchi 
di  pesar  li  pesi  con  una  stadiera  esquisita,  et  l'avertisca  di  legar  le  corde 
come  sta  nel  dissegno,  e  poi  la  mi  faci  gratia  d'avvisarmi  come  gli  rie- 
sce :  perchè  io  l'ho  provato  molte  volte  e  mi  riesce  per  l'apunto  giustissi- 
mamente, essendo  che  nel  sustenere  non  è  possibile  che  la  materia  facci 
resistentia  ;  nel  movere  sì  bene,  et  è  quella  che  V.  S.  111.'""  mi  ha  scritto, 
cioè  del  semidiametro  dell'asse  al  semidiametro  della  girella,  come  dice 
Aristotele  nelle  Questioni  Mecaniche.  Io  poi  gli  mandai  quel  dissegno  nel- 
l'altra mia  con  quelle  girelle  che  non  erano  pari,  perchè  in  quel  modo 
le  corde  vengono  sempre  a  esser  fra  loro  paralelle,  che  ancor  che  nella 
pratica  non  si  faci,  non  dimeno  serve  assai  nelle  demostrationi,  sì  come 
ho  fatto  nel  libro,  e  chi  le  facesse  anco  così  in  pratica  non  sarebbe  se 
non  buono  ;  la  mi  favorisca  adunque  di  far  queste  due  sole  esperienze  et 
di  avisarmi  come  gli  riescano,  perchè  a  me  riescono  benissimo,  e  ne  ho 
fatto  l'esperienza  pesando  li  pesi  in  due  muodi,  cioè  con  la  stadiera  e 
con  le  bilancio,   e  mi  torna   benissimo  ogni  cosa,  e    di  questo  principal- 


(9) 


BUE  LETTERE  INEDITE  ECC. 


311 


mente  desidero  clie  ne  restiamo  d'accordo,  delle  altre  cose  ci  accorda- 
remo  senza  altro.  Perchè  V.  S.  IH.""*  dice  benissimo  che  dell'instrumento 
che  dice  Papo  d'Archimede  che  è  tanto  tardo  che  è  quasi  inutile,  la  qual 
cosa  è  vera   per  le  cose  ordinarie,    ma  per   tirar  grandissimi   pesi   saria 


Taglia  di  sojjra 
che  va  attaccata 


Taglia  di  sotto 


KI\ 


24 


se  il  peso  insieme  con  la  taglia  di  sotto 
pesasse  24  libre  et  un  capo  della  corda 
sia  legata  alla  taglia  di  sotto,  poste  8 
libre  in  A,  questi  pesi  staranno  fermi. 


se  il  peso  insieme  con  la  taglia  di  sotto 
pesan  24  libre  et  un  capo  della  corda 
sia  legata  alla  taglia  di  sopra,  poste  in 
A  C)  libre,  questi  pesi  staranno  fermi. 


312  A.    FAVARÓ    -    DUE    LETTERE    INEDITE    ECC.  (10) 

buono,  che  è  quello  che  Archimede  disse  :  "  Da  rnihi  ubi  consistam,  et 
terram  movebo  „  dove  si  vede  che  egli  lo  fece  per  cose  straordinarie  ; 
ma  per  poter  adoperar  gli  instrumenti  ordinariamente,  V.  8.  IH.™*  ha  con- 
siderato benissimo  che  aggiungendo  le  taglie  alle  ruote  et  alli  rochelli 
si  farà  ciò  che  si  vuole,  sì  come  si  usa  di  adoperar  le  taglie  et  gli  argani 
insieme.  È  ben  vero  che  avendo  V.  S.  111.'""  gli  instrumenti  fatti,  la  gli 
potrà  adoperare  come  ella  vuole,  senza  astringersi  di  adoperar,  poniani 
caso,  le  rote  con  li  suoi  assi  in  una  cosa  et  le  taglie  in  un  altra,  perchè 
quel  peso  che  ella  moverà  con  le  ruote  et  rochelli  con  l'istessa  forza  et 
ristesse  tempo  moverà  anco  il  medesimo  peso  con  le  taglie,  e  così  degli 
altri,  massime  che  tutti  gli  instrumenti,  fuori  del  cuneo,  hanno  in  sé  tanta 
virtù  (sì  come  io  ho  dimostrato  nel  libro)  che  un  dato  peso  per  grande 
che  sia,  può  esser  mosso  da  una  data  potenza  per  picola  che  sia  :  è  ben 
vero  che  la  diversità  de  i  siti  farà  forse  che  uno  si  accomodarà  meglio 
dell'altro. 

Circa  la  Coclea  mi  rallegro  che  V.  S.  IH."'*  babbi  trovato  un  altro 
modo  di  trovar  la  forza,  et,  per  quel  che  posso  considerare,  credo  che 
sia  bello  et  buono  ;  ma  io  non  intendo  troppo  bene  alcune  cose,  perchè 
la  mi  scrive  queste  precise  parole  :  "  Piglissi  il  diametro  del  maschio 
della  vite  et  riportisi  nel  cilindro  sopra  il  quale  si  fabriea  la  vite,  et  poi 
si  vedrà  in  quella  altezza  del  diametro  quanti  circoli  del  verme  entrano, 
et  a  questo  modo  etc.  „  nelle  quali  parole  io  non  so  come  mi  fare  a  veder 
quanti  circoli  del  verme  entrano  nel  diametro  del  maschio  :  la  mi  farà 
somma  gratia  di  mandarmene  un  esscmpio  con  li  numeri,  acciò  io  possa 
intender  la  ragion  che  mette  V.  S.  111.""*  acciò  si  possa  venir  in  cogni- 
tione  della  demostratione  e  riddurla  alla  leva,  sì  come  credo  che  di  già 
V.  S.  111.™*  deve  haver  fatto. 

Non  voglio  esser  più  lungo,  che  pur  troppo  la  devo  impedir  circa  le 
sue  occupationi,  pur  non  voglio  restar  di  pregarla  che  la  mi  favorisca 
di  provar  con  le  taglie  li  dui  modi  detti  di  sopra,  et  me  ne  dia  aviso, 
che  lo  riceverò  per  favor  singularissimo,  pregandola  con  questo  fine  a 
basciar  le  mani  al  sig.  Giulio  Savorgnano,  sì  come  faccio  a  V.  S.  111.""*  et. 
mi  tenghi  in  sua  gratia.  Che  Dio  la  contenti. 

Di  Pesaro,  alli  IH  di  X.bre  1580. 

Di  V.  S.  111.™* 

Aff.o'o  ser.'"" 

Guido  Baldo  de  Marchesi  del  Monte. 


(Lìrenriafa  per  te  stin>ipe  il  0  febhr((io  1900) 


Atti  del  Reale  Istituto  Venp:to  m  scienze,  lettere  ed  arti. 
Anno  accademico  1899-900  -  Tomo  LIX  -  Parte  seconda. 


NOTE    SULLE    PERIZIE    CIVILI 
C03IPARATE    ALLE    PENALI 

DEL  PBOF.  VITTORIO  POLACCO,  s.  e. 

(Adunanza  30  dicembre  1899) 


1.  —  È  cosa  oggimai  ben  nota  che  il  processo  evolutivo  di 
specificazione  come  si  manifesta  nel  mondo  fisico  così  governa  i 
fenomeni  della  vita  sociale,  ed  alla  specificazione  ognora  crescente 
dei  fenomeni  tien  dietro  quella  delle  discipline  in  cui  lo  scibile 
umano  via  via  si  riparte.  L'  uno  si  decompone  nel  variO;  dalla 
massa  iniziale  semplice  e  indistinta  vengono  staccandosi  entità 
sempre  più  complesse  e  distinte,  si  passa  in  una  parola,  per  dirla 
con  lo  Spencer  (i),  dall'omogeneità  incoerente  alla  eterogeneità 
coerente.  A  questa  legge  soggiace  pertanto  anche  il  mondo  giu- 
ridico, 0  si  consideri  il  Diritto  in  sé  e  per  se,  o  si  seguano  la 
genesi  e  lo  sviluppo  dei  vari  rami  della  Giurisprudenza.  —  Se- 
nonchè  nei  fenomeni  sociali  in  genere  e  nei  giuridici  in  ispecie 
il  descritto  processo  può  essere  violentato  dalla  ingerenza  pertur- 
batrice della  volontà  umana,  la  quale  per  un  tempo  più  o  meno 
lungo  riesca  o  a  ritardarne  il  corso  o  viceversa  ad  imprimervi 
un  impulso  eccessivo.  L'opera  del  legislatore  o  della  scienza,  per 
dire  soltanto  di  questa  seconda  ipotesi  che  qui  ci  interessa,  può 
spingere  la  specificazione  oltre  i  suoi  naturali  confini;  ed  ecco 
allora  giungere  il  momento  in  cui  par  necessario  tornare  indietro, 
per   ristabilire,    in  conformità    alla  comune  loro   origine,  il  giusto 


(1)  Spencer,  I  primi  princìpii,  traduz.  it.  (Milano,  Duniolard,  1888), 
pag.  274. 


314  V.  POLACCO  (2) 

equilibrio  tra  le  sing-ole  parti,  assurte  col  tempo  a  vita  troppo  in- 
dipendente ed  autonoma.  L'  hegeliano  potrebbe  anche  in  ciò  con- 
statare il  ritmo  famoso  della  tesi,  della  antitesi,  della  sintesi,  la 
quale  ultima  è  conciliazione  e  ritorno  alla  unità  originaria. 

È  forse  così,  per  recare  un  esempio,  che  si  spieg-a  l'odierna 
tendenza  a  fondere  gli  istituti  civili  e  i  commerciali  sotto  un'iden- 
tica disciplina  :  dall'unico  tronco  del  Diritto  privato  si  diramarono 
già,  e  fu  notevole  progresso  e  specificazione  assai  provvida,  il  civile 
ed  il  commerciale,  ma  poi  l'esagerata  differenziazione  ha  fatto 
sorgere  fra  l'uno  e  l'altro,  in  moltissimi  punti  senza  adeguati  mo- 
tivi, dissonanze  tanto  stridenti,  da  lasciar  comprendere,  seppur  non 
la  si  giustifichi  del  tutto,  la  reazione  unificatrice  che  attualmente 
in  questo  campo  si  spiega. 

2.  —  Or  bene,  io  credo  che  qualche  cosa  di  simile  debba 
avverarsi  in  ordine  al  Diritto  giudiziario. 

Che  in  origine  unico  sia  il  rito  per  qualunque  genero  di  cause 
non  pare  strano  a  chi  pensi  che  la  distinzione  fra  materie  penali 
e  civili  è  il  prodotto  di  uno  stadio  di  civiltà  avanzato.  Neil'  in- 
fanzia dei  popoli  il  delitto  non  si  presenta  che  come  una  fonte 
di  obbligazione  che  il  reo  adempirà  o  col  soggiacere  alla  privata 
vendetta  o  con  una  composizione  a  danaro  che  ne  tenga  le  veci, 
come  d'altra  parto  le  private  obbligazioni  contrattuali  ricevono 
sanzione  sotto  titolo  di  pena  per  la  loro  inosservanza.  Come  pos- 
sibile dunque  in  allora  una  diversità  di  rito  dall'un  caso  all'al- 
tro ?  Confusi  assieme  i  due  concetti  di  pena  e  di  risarcimento  dei 
danni,  che  è  come  dire  ignorata  nel  Diritto  materiale  o  sostan- 
tivo (per  usare  la  ormai  classica  espressione  del  Bentham)  la  di- 
stinzione fra  il  civile  ed  il  penale,  vien  da  se  che  non  la  si  possa 
riscontrare  nemmeno  nel  Diritto  formale  o  adiettivo,  salvo  che  trat- 
tisi di  crimine  considerato  qual  sacrilegio  (').        Tutto  ciò  si  com- 


(1)  Veggasi  in  proposito  G.  Richakd,  La  discussion  judiciaire  et 
Vétat  de  Droit  in  Berne  philosoph.  de  la  France  et  de  l'étranger,  XlX 
année  (1894)  (pag.  478-500),  pag.  480.  E  per  ciò  che  riguarda  in  partico- 
lare l' antico  Diritto  germanico  cfr.,  fra  tanti  :  Sohm,  Der  Process  der 
Lex  Salica  {Weimar,  Bohlau,  1867),  Beilage  II,  pag.  223  ;  Bethmann-Holl- 
WKG,  Ber  Civtlprozess  des  gem.  Rerhts,  IV  Ed.,  Der  germanisch-roma- 
nische  Ck'vilprozess  un  Mtttelalter,  I.  Bd.  (Bonn,  Marcus,  1868),    §§  11   e 


(3)  NOTE    SULLE    PERIZIE    CIVILI    ECC.  315 

prende  anche  se  si  adotti  qnella  più  recente  concezione  sulla  parte 
che  storicamente  compete  alla  Procedura  nello  sviluppo  del  Diritto, 
secondo  la  quale  essa  avrebbe  avuto  in  origine  un  posto  prepon- 
derante sullo  stesso  Diritto  materiale,  quasi  fosse  lo  stampo  che 
prima  si  venne  preparando  per  versarvi  poi  dentro  i  singoli  diritti 
considerati  solo  come  oggetti  di  possibili  litigi  (i).  Nessuna  neces- 
sità infatti  di  predisporre  stampi  diversi  per  rapporti  giuridici  che 
si  configuravano  identici. 

In  seguito  la  legge  della  specificazione  si  fa  strada^  e  deli- 
mitate le  due  sfere  del  civile  e  del  criminale,  se  ne  scindono  al- 
tresì le  rispettive  procedure  (^).  Ma  anche  qui  progredendo  si  finì, 
s'io  non  m'inganno,  col  trasmodare.  Il  processo  civile  e  il  processo 
penale,  questi  figli  gemelli  di  un'unica  idea,  la  Giustizia  cioè  nella 
pratica  sua  attuazione,  vollero,  fattisi  adulti,  sciogliersi  da  ogni 
legame  fra  loro,  e,  battendo  ciascuno  di  per  se  la  sua  via,  adot- 
tarono non  di  rado  criteri  disparati  e  persino  contradditori  pur 
dove  la  identità  del  fine  consiglierebbe  uniformità  d' indirizzo. 

Io  non  contesto,  intendiamoci,  la  ragion  d'essere  di  questi  due 
grandi  rami  del  Diritto  giudiziario.  Che  in  buona  parte  diverso 
abbia  ad  essere  fra  altro  il  loro  sistema  probatorio,  è  evidente  sol 


segg.,  pag.  23  e  segg.  ;  Beunner,  Deutsche  Rechtsgeschichte,  II  Bd.  (Leip- 
zig, DuTicker-Humblot  1892,  in  Binding,  Si/stematisrhes  Handhucìi  der 
deutsch.  BecJdsw.  II  Abth.,  I  Th.,  II  Bd.),  §  97,  pag.  328  e  seg.  ;  Fertile, 
Storia  del  Diritto  italiano^  voi.  VI,  parte  I,  §  205  (2"  ediz.,  Torino,  Unione 
1899),  pag.  1  e  gli  altri  ivi  citati  nella  nota  1. 

(1)  Concezione  genialmente  svolta,  fra  altri,  in  piìi  luoghi  delle  loro 
opere  dallo  Spencer  e  dal  Sumner  Maine.  Basti  citare  di  quest'  ultimo 
il  capitolo  XI  dei  famosi  litudes  sur  l' ancien  Droit  et  la  coutunie  2^>'i- 
mitice  (traci,  de  l'amjlais,  Paris,  Tliorin,  1884,  pag.  489-529),  dove  a  pag. 
526  con  espressioni  scultorie  scrive  :  "  Durant  l'enfance  des  cours  judi- 
ciaires,  le  droit  des  actions  exerce  un  tei  ascendant,  que  le  droit  sub- 
stantif  paraìt  tout  au  plus  filtrer  lentement  entre  les  interstices  de  la 
procedure.  „ 

(2)  Badisi  che  non  intendiamo  con  ciò  di  dire  clie  vi  abbia  perfetto 
sincronismo  nei  due  sviluppi  differenziali,  del  Diritto  da  un  lato  e  del 
Processo  dall'altro.  È  noto  infatti  come  per  un  certo  tempo  1'  originaria 
impronta  del  processo  civile  perduri  quale  nota  saliente  nel  giudizio  pe- 
nale, il  che  spiega  il  lungo  prevalere  in  quest'ultimo  del  sistema  accusa- 
torio puro.  Cfr.  Glaser,  Handb.  des  Strafprozesses,  I  Bd.  (Leipzig,  Dun- 
cker-Humblot,  1883,  in  Binding,  cit.  Handb.  d.  deutsch.  Rechtsw.  IX  Abth. 
IV  Th.,  I  Bd.)  §  IV,  pag.  20. 


316  V.  roLACCO  (4) 

che  si  pensi  alla  possibilità  di  prove  precostituite,  che  ò  regola  in 
materia  civile,  eccezione  in  penale  ;  e  ciò  solo  basterebbe  a  dare 
a  ciascuna  delle  due  procedure  una  fisonomia  sua  propria,  dacché 
giustamente  fu  detto  che  la  prova  è  il  centro  di  gravità  d'ogni 
atto  del  processo  (i).  Ma  non  così  sottoscriverei  ad  occhi  chiusi 
al  principio  tanto  ripetuto  da  costituire  oramai  un  luogo  comune, 
che  cioè  scopo  del  giudizio  penale  è  di  scovrire  la  verità  mate- 
riale 0  reale,  mentre  il  civile  debba  accontentarsi  di  una  verità 
formale,  parendo  conforme  a  ragione  che  il  giudice  si  disinteressi 
completamente  del  modo  onde  le  parti  contendenti  trattano  i  loro 
privati  negozi,  e  dell'ambito  entro  cui  reputano  opportuno  di  con- 
tenere l'istruzione  della  causa  ('-). 

Questa  affermazione  ed  altre  simili  nascondono  nella  loro  as- 
solutezza un  preconcetto,  che  non  cessa  a  sua  volta  di  essere  er- 
roneo, 0  per  lo  meno  esagerato,  solo  perchè  universalmente  ac- 
colto. Nel  magisterio  penale,  si  pensa,  sono  in  giuoco  i  più  alti 
interessi  sociali,  perchè  è  la  collettività  tutta  quanta  che  si  ri- 
sente del  turbato  ordine  giuridico  e  per  ripristinarlo  reagisce, 
nel  Diritto  privato  invece  è  questione  soltanto  di  interessi  parti- 
colari, cioè  del  mio  e  del  tuo.  —  Frasi  fatte,  io  rispondo,  delle 
quali  troppo  spesso  si  abusa.  —  A  parte  che  in  fine  questo  mio 
e  questo  tuo  rappresentano,  per  così  esprimermi,  la  proiezione 
della  personalità  umana  nell'ordine  dei  beni  (•^),  si  dimontica  tutta 


(1)  Beusa,  Codice  di  procedura 2)cnale  norrcj/cse  (Torino,  Bocca,  1900), 
liagionaììiento  ecc.  pag.  XVIll.  E  il  Bentham  lasciò  scritto:  "  L'art  de 
la  procedure  n'est  ossentielleincnt  que  l'art  d'administrer  les  preuves.  „ 
Tratte  des preuves  judiciaires^  Liv.  I,  Cli.  I,  in  Oeuvres  de  J.  Bentham, 
T.  II  (3.*^  édit.  Bruxelles,  Hauman  1840),  pag.  242.  Finalmente,  por  citar- 
ne uno  ancora,  il  Bordeaux,  Philosopliie  de  la  procedure  civile  (Evreux, 
Hérissey  1857),  pag.  31,  dico  della  procedura  ch'essa  "on  la  plupart  de  ses 
parties,  n'est  qu(i  l'art  de  disposer  et  de  produire  Ics  prouves.  „ 

(2)  Bene  a  questo  proposito  il  Manpredini  riassumo  il  pensiero  di 
quei  giuristi  tedeschi,  che  vorrebbero  sostituire  nella  procedura  civile 
il  sistema  dell'  investigazione  a  quello  dell'  attuazione^  scrivendo  :  "  Il 
rito  civile  non  è  un  torneo  giudiziario,  nel  quale  il  giudice  non  abbia 
altro  da  fare*  che  osservare  dall'alto  la  lotta  o  di  dare  alla  fine  il  premio 
al  vincitore,  mix  è  piuttosto  la  forma  con  la  quale  lo  Stato  concede  al- 
l'offeso diritto  protezione  (h1  aiuto.  „  {Il  processo  civile  e  le  riforme,  Pa- 
dova, Sacchetto,  1885),  Gap.  XVITI,  n.  253,  pag.  147. 

(3Ì  Olti-odichr  ItoM   fu  (h'tfo  (anche  qui  dalla  scienza  germanica)  che 


(5)  NOTE    SULLE    PERIZIE    CIVILI    ECC.  317 

quella  infinita  serie  di  rapporti  civili  in  cui  è  direttamente  inte- 
ressato l'ordine  pubblico  e  che  rappresentano  i  cardini  fondamen- 
tali della  società  e  dello  Stato.  Apriamo  il  Codice  civile  :  vi  tro- 
veremo tutto  il  primo  libro  consacrato  al  Diritto  delle  persone, 
ai  rapporti  di  cittadinanza  e  di  famiglia,  a  quei  rapporti  sui  quali 
per  dichiarazione  del  legislatore  stesso  (i)  non  sono  consentite 
transazioni,  non  è  possibile  compromesso  di  sorta.  Altrove  si  tratta 
bensì  di  diritti  privati  e  forse  esclusivamente  patrimoniali,  ma  che 
presuppongono  come  lor  causa  un'azione  delittuosa  espressamente 
contemplata  dal  Codice  penale.  E  tuttavia  è  in  sede  civile  sol- 
tanto che  se  ne  tratta,  o  perchè  il  reato  sia  di  azione  privata  e 
l'ofleso  non  intenda  esperirla,  o  perchè  l'azione  penale  sia  estinta. 
È  un  coniuge  che  chiede  la  separazione  per  causa  di  adulterio  o 
di  eccessi,  sevizie,  minacele,  ingiurie  gravi  (art.  150  Cod.  civ.), 
è  un  figlio  naturale  che  esperisce  l'indagine  della  paternità  basan- 
dosi sul  ratto  0  sullo  stupro,  i  due  soli  casi  in  cui  presso  di  noi 
la  si  ammette  (art.  189  Cod.  civ.),  è  intervenuta  supposizione  o 
sostituzione  di  parto,  ed  è  dimostrando  cosiffatti  reati  che  si  agisce 
dinanzi  al  fòro  civile  per  rettificare  uno  stato  apparente  di  filia- 
zione legittima  (art.  174  Cod.  civ.);  siamo  in  tema  di  successione 
ereditaria,  e  si  vuol  farne  dichiarare  indegno  chi  l'aveva  raccolta 
dopo  di  avere  volontariamente  ucciso  o  tentato  di  uccidere  la  per- 
sona della  cui  eredità  si  tratta,  e  ciò,  badisi  bene,  può  farsi  se- 
condo il  vigente  Codice  civile  senz'uopo  che  previamente  sia  in- 
tervenuta condanna  penale  dell'indegno,  il  quale  potrebbe  essere 
morto  prima  che  si  fosse  contro  di  lui  esaurita  e  forse  nemmeno 
incoata  l'azione  penale  (art.  725  Cod.  civ.,  confr.  coU'art.  727  del 
Cod.  frane),  e  similmente  si  dica  ove  si  tratti  di  ritorre  al  dona- 
tario le  cose  donategli  per  talune  di  quelle  cause  d'ingratitudine 


puj'c  iillora  ciò  che  esige  protezione  e  rioonosoiineiito  non  è  il  diritto 
privato  di  A  o  di  B,  ma  l'idea  giuridica  per  sé.  Cfr.  Manfredini,  Op. 
cit.,  n.  255,  pag.  148.  Ma  sovrattutto  acuta  è  l'osservazione  seguente  del 
GrLASER,  Oli.  e  Vol.  cit.,  pag.  18  nota  3,  che,  per  essere  al  giudice  civile 
interdetto  di  integrare  l'attività  delle  parti,  "  ist  allerdings  voni  Stand- 
punkt  des  Richters  die  Feststellung  der  Wahrheit  ein  zut'àlliges  Resultai 
des  Civilprozesses,  nicht  aher  dem  Gesetzgeher  gegeniiher,  der  vermeint 
den  Partet'en  die  MogUchkeit  zìi  hieten  die  Feststellung  der  Wahrheit  da- 
durch  zìi  erwirken^  dass  ste  dem  Richter  die  nòthigen  Beìveisedarhieten.,, 
(1)  Cfr.  Art.  8  Cod.  proc.  civ. 


318  V.  POLACCO  (6) 

che  il  Codice  civile  contempla  (art.  1081).  —  L'onore  delle  per- 
sone, la  pace  e  il  decoro  delle  famiglie,  la  memoria  sacra  dei 
defunti  sono  pur  gravemente  interessati  in  simili  cause  di  natura 
civile,  per  lo  meno  quanto  lo  possano  essere  in  un  giudizio  pe- 
nale per  un  reato  semplicemente  colposo  o  per  un  duello,  certo 
poi  assai  più  che  se  ricorra  una  di  quelle  semplici  contravvenzioni, 
a  cui  è  pure  consacrato  tutto  un  libro  del  Codice  penale  vigente. 
Che  più  ?  Sempre  che  trattisi  dei  già  menzionati  delitti  di  sop- 
pressione di  stato  r  azione  penale  non  può  per  la  nostra  legisla- 
zione nemmeno  promuoversi  se  non  dopo  che  sia  intervenuta  sen- 
tenza definitiva  del  giudice  civile  sulla  questione  di  stato  (art. 
32  Cod.  proc.  penale).  Norma  questa  suscettibile  certo  di  cri- 
tiche (1),  ma  che  intanto  dimostra,  se  non  altro  allo  stato  del 
nostro  Diritto  positivo,  quanto  azzardato  nella  sua  generalità  sia 
il  comun  vezzo  di  non  ravvisare  nei  giudizi  civili  altro  che  con- 
flitti di  natura  patrimoniale,  ai  quali  la  collettività  sociale  possa 
assistere  indifferente.  E  taccio  della  incertezza  di  confini  che  in 
taluni  argomenti  si  presenta  fra  i  due  diversi  campi,  come  se  vo- 
gliasi delimitare  il  dolo  civile  e  il  dolo  penale  (-),  taccio  final- 
mente della  oggi  ampliata  sfera  dei  reati  per  cui  non  si  agisce 
che  a  querela  di  parte,  ampliamento  nel  quale  qualche  criminalista 
pur  eminente  ravvisa  un  progresso  (•^),  ma  che  intanto,  anche  per  la 
facoltà  della  remissione  che  vi  è  inerente,  commette  più  volte  all'ar- 
bitrio individuale  l'inizio  o  la  prosecuzione  della  funzion  punitiva. 


(1)  Veggansi,  fra  i  più  recenti,  Tuozzi,  La  prerjhidizialttà  delle  que- 
stioni di  stato  in  penale  (dalla  pubblicazione  pel  50°  anno  d'insegnamento 
di  Enrico  Pessina,  Napoli,  Trani  1899),  e  Manzini,  Le  questioni  pregiu- 
diziali di  Diritto  ririle,  roinmerciale  ed  amministrati  co  nel  processo  pe- 
nale (Firenze,  Cammelli  1899),  pag.  132-211. 

(2)  Mi  basti  rinviare  su  questo  punto  alla  dottissima  nota  1,  pag.  9-10 
del  Chironi,  La  roljja  nel  Diritto  civile^  Colpa  contrattuale,  2*^  edizione 
(Torino,  Bocca,  1897).  E  in  tema  pure  di  responsabilità,  non  per  dolo  ma 
per  colpa,  chi  non  ricorda  qui  le  notissime  dispute  sidla  colpa  penale  o 
civile  in  ordine  agli  infortuni  sul  lavoro  ?  E  le  recentissime  oscillazioni 
della  giurisprudenza  sulla  natura  penale  o  civile  delle  sanzioni  contro  i 
ritardi  ferroviari,  troncate  finalmente,  pochi  giorni  or  sono,  nel  primo 
senso  da  apposita  legge  ?  Gli  esempi  potrebbero  così  moltiplicarsi. 

(8)  Così,  per  esempio,  lo  Stoppato,  Le  form<dità  della  remissione'  e 
i  loro  limiti  (dalla  pulìlilicazione  pel  50"  anno  d'  insegnamento  di  Enrico 
Pessina,  Napoli,  Trani  1899),  passim,  e  specialmente  ai  ii.'  J  e  2,  pag.  8-7. 


(7)  NOTE    SULLE    PERIZIE    CIVILI    ECC.  319 

Evidente  per  tutto  ciò  come  convenga  in  molti  casi  presidiare 
di  identiche  od  almeno  analoghe  guarentigie  di  forma  entrambe 
le  qualità  di  giudizi,  riaccostando  la  procedura  civile  e  la  penale, 
quali  specie  di  un  unico  genere,  sotto  l'impero  di  quella  logica  giu- 
diziaria che  è  pur  sempre  la  stossa,  qualunque  sia  la  natura  del 
diritto  da  attuare. 

3.  —  Fra  i  tanti  istituti  del  Diritto  giudiziario,  ai  quali  po- 
trebbero applicarsi  i  principi  sinora  esposti,  ho  trascelto,  a  titolo 
più  che  altro  di  saggio,  quello  delle  perizie.  Segnalerò  appunto 
le  dissonanze  che  presentano  in  proposito  le  due  procedure,  e,  ri- 
levando ciò  che  di  buono  o  di  difettoso  l'una  e  l'altra  presentano, 
tenterò  dimostrare  come  sarebbe  possibile  sistemare  tale  materia 
in  modo  razionalmente  uniforme. 

4.  —  Ogni  sentenza,  si  sa  bene,  rappresenta  la  conclusione 
di  un  sillogismo,  di  cui  la  proposizione  maggiore  è  la  legge,  la 
minore  il  fatto  intorno  a  cui  si  discute.  La  maggiore  presuppone 
cognizioni  tecniche,  ma  di  tecnica  giuridica,  e  quindi  tali  che  il 
giudice  deve  da  sé  possedere  (iìira  norif  curia) ^  la  minore,  oltre 
a  constatazioni  di  mero  fatto,  può  esigere  anch'essa  per  il  suo  ac- 
certamento cognizioni  speciali,  ma  attinenti  ad  una  determinata 
arte  o  scienza  di  natura  non  istrettamente  giuridica,  e  quindi  tali 
da  doversi  tutto  all'opposto  presumere  ignorate  dai  giusdicienti  (i). 
Soccorrono  allora  i  periti,  il  cui  ufficio  dunque  è  il  medesimo  in 
qualsivoglia  giudizio  ;  essi  cioè  non  sono,  come  sostengono  alcuni, 
testimoni  stù  (jencris,  ma  piuttosto  organi  ausiliari  del  Magistrato  (-). 


(1)  Tantoché  bene  osserva  il  Fkamarino  dei  Malatesta,  La  logica 
delie  prove  in  criminale,  Voi.  Il  (Torino,  Unione  1895),  pag.  257-2.58,  che, 
se  accidontahnento  un  giudice  penale  possieda  simili  cognizioni  extra- 
legali  per  effetto  di  sua  cultui-a  speciale,  non  potrà  tuttavia  fare  a  meno 
di  ricorrere  alla  perizia,  e  ciò  in  omaggio  al  principio  altrove  svolto  dallo 
stesso  Autore  nella  citata  opera  (voi.  I,  pag.  38-i^9)  della  socialità  del 
convincimento,  com'egli  la  chiama. 

(2)  Né  a  ciò  contraddice  quanto  col  Framarino  abbiamo  ammesso 
nella  nota  che  precede,  mentr'egli  invece  ne  trae  come  naturai  corollario 
(loc.  cit.)  che  i  periti  non  possono  dirsi  consulenti  del  giudice,  dal  mo- 
mento ch'egli  individualmente  potvehhe  non  averne  bisogno.  Ond'è  cli'ei 
parla  invece  di  una  tediinonianza  peritica.  Se  ò  vero,  io  gli  oppojigo,  ciò 


320  V.  POLACCO  (8) 

E  come  l'ufficio,  così  è  naturale  sia  identico  in  ogni  causa  il  va- 
lore della  perizia.  Una  legislazione  come  la  nostra,  la  quale  non 
intenda  vincolare  l'autorità  giudiziaria  ai  peritali  responsi,  adotterà 


ch'egli  sostiene,  che  cioè  :  "  la  giustizia,  per  giovare  alla  società,  non 
basta  che  sia  giustizia  ;  deve  soprattutto  apparir  tale  ;  e  non  può  apparir 
tale  una  giustizia  punitrice  che  si  fondi  in  una  certezza  esclusivamente 
individuale  „  (nel  che  si  sostanzia  la  socialità  del  convincimento),  ne 
viene  che  il  perito  conserverà  pur  sempre  il  carattere  di  organo  ausiliare 
o  consulente  del  magistrato^  appunto  perchè  ciò  che  questi  per  avventura 
sappia  come  uomo  si  presume  iuris  et  de  iure  che  ignori  nella  sua  veste 
di  (jiadice.  Fra  i  criminalisti  nostri  l'idea  che  il  perito  sia  un  testimone 
è  pur  sostenuta  dal  Lucchini,  Elementi  di  prored.  penale  (Firenze,  Bar- 
bera, 1895),  n.  142,  pag.  158-159,  il  quale  lo  qualifica  testimone  improprio, 
come  altri  Io  dicono  invece  testimone  istrutto  o  eccezionale  (veggasene 
la  citazione  in  Stoppato,  La  perizia  scientifica  nel  processo  penale^  estr. 
dalla  Rie.  penale,  voi.  XLY-XLVI  (Torino,  Unione  1897),  n.  2,  pag.  9). 
Coiili'a  lo  stesso  Stoppato  ibid.  ed  altri  ivi  citati,  fra  cui  notevolissimo 
il  Mittermaiee,  Teoì'ia  della  prova  nel  processo  penale  (trad.  Ambrosoli, 
Milano,  Sanvito  1858),  Gap.  XXVI,  pag.  228  e  segg.  Del  resto  per  l'in- 
tento del  presente  lavoro  a  me  non  interessa  tanto  il  precisare  la  natura 
dell'ufficio  peritale,  quanto  il  porre  in  rilievo  l'identità  di  tale  ufficio  in 
civile  e  in  criminale.  Il  che  in  verità  risulta  dal  fatto  che  le  stesse  que- 
stioni, se  cioè  il  perito  sia  un  teste  sai  generis,  o  un  ausiliare,  o  un  de- 
legato del  giudice  e  simili,  le  troviamo  agitate  e  dai  criminalisti  e  dai 
cultori  della  Procedura  civile.  Mi  limito  ad  accennare  fra  i  nostri,  come 
il  più  recente  e  specialista  sulla  teoria  delle  prove,  il  Lessona,  Teoria 
delle  prore  nel  Diritto  giudiziario  civile  italiano,  voi.  IV  (Firenze,  Cam- 
melli 1899),  n.  405  e  segg.,  pag.  403  e  segg.,  e  i  molti  che  cita,  ai  quali 
aggiungo  Bordeaux,  Op.  cit.,  pag.  550,  Boncenne,  Théorie  de  la  proce- 
dure civile,  t.  IV  (Paris,  Videcoq  1842),  pag.  471  e  segg.,  Fitting,  Der 
Reichs-Civilprocess  {!"  Aufl.,  Berlin,  Guttentag,  1890),  §  65,  pag.  42  e 
segg.,  Plan(;k,  Lehrhuch  des  deutsch.  Civilprozessrechts,  II  Bd.  (Miinzen, 
Beck  1896  in  Seydel,  Lehrbiicher  des  deutsch.  Recìits),  §  122,  pag.  267 
e  segg.,  che  dà  la  teoria  da  noi  sostenuta  come  oggi  dominante,  mentre 
un  tempo  prevaleva  quella  di  considerare  i  periti  come  testimoni  speciali, 
Trutter,  Das  oesterr.  Civilprocessrecht  (Wien,  Perles  1897),  §  114,  pag. 
448-449,  Schmidt,  LeJirh.  des  deutsch.  Civilprozessrerhts  (Leipzig,  Duncker 
u.  Humblot,  1898),  §  89,  pag.  502  e  segg.,  secondo  il  quah»  i  periti  hanno 
alcunché  dei  testi,  ma  stanno  più  di  essi  in  rapporto  stretto  col  giudice, 
di  cui  sono  aiuti  :  e  con  questa  duplice  lor  veste  cerca  spiegare  le  varie 
norme  della  vigente  Procedura  civile  tedesca.  Ma  sovra  tutti  va  citato 
in  prova  della  unicità  della  funzione  peritale,  sia  civile  o  penale  il  giu- 
dizio, il  BoxNiER,  Traité  theor.  et  prat.  des  preuves  en  Droit  civil  et  en 
Droit  criminel  (2''  édit.,  Paris,  Durand   1852),  n.^  80,  81,  pag.  81-83.  E  si 


(9)  NOTE    SULLE    PERIZIE    CIVILI    ECC.  321 

dunque  tale  principio  così  in  materia  civile  come  in  materia  pe- 
nale (').  Ma  qui  subito  cominciano  le  nostre  meraviglie  se  dalla 
norma  positiva  di  legge  passiamo  al  giudizio  che  ne  danno  ri- 
spettivamente i  cultori  del  Diritto  giudiziario  civile  da  un  lato  ed 
i  criminalisti  dall'altro.  Salvo  rare  eccezioni,  i  primi  vi  fanno  buon 
viso  in  omaggio  al  libero  convincimento  dei  giudici  (-),  mentre 
invece  per  gli  altri  è  argomento  di  vive  dispute  e  di  svariate  pro- 
poste, fra  le  quali  radicale  quella  di  istituire  speciali  giurì  tecnici, 
dal  cui  pronunciato  il  giudice  del  diritto  non  potrebbe  più  dipar- 
tirsi {^).  Non  è  mio  ufficio  l'addentrarmi  nell'  esame  di  siffatte  pro- 


capisce,    dal  monieiito  che  universalmente    si  ammette    potersi   anche  in 
civile  la  perizia  ordinare  d'ufficio,  il  che  non  è  della  prova  testimoniale. 

(1)  Cfr.  art.  270  Cod.  proc.  civ.  e  art.  498  Cod.  proc.  pen.,  pei  giu- 
dizi dinanzi  alle  Assise  e  inoltre  dottinna  e  giurisprudenza  concordi  per 
gli  altri  giudizi  penali. 

(2)  Io  non  sono  riuscito  a  trovare  altri  censori  dell'art.  270  Cod.  proc. 
civ.,  oltre  il  Patkrnò  Castello  Di  Bicocca,  SnW  art.  270  del  Cod.  di 
proc.  civ..,  in  AntoIo(/ia  giuridica,  IV,  pag.  743-760.  Il  Lessona  vi  aggiun- 
ge il  Filippi,  Manuale  di  med.  legale^  pag.  48.  Non  è  poi  vero  quanto  il 
Paterno  afferma  (pag.  744-745)  che  il  Mattirolo  difenda  l'art.  270  senza 
tentare  di  darne  alcuna  spiegazione  razionale.  Basti  leggere  ciò  che  l'illu- 
stre procedurista  torinese  ha  scritto  al  n.  1059  del  voi.  II  del  suo  Trat- 
tato di  Dir.  yìud.  cii\  it.  (4-^  ediz.,  Torino,  Bocca,  1894),  pag.  887-888. 
Agli  altri  strenui  difensori  del  principio  dell'  art.  270,  ricordati  dal  Pa- 
terno, aggiungo,  p(U'  limitarmi  ai  nostri,  Mortara,  Manuale  della  pro- 
cedura civile.,  voi.  I  (2*^  ediz.,  Torino,  Unione  1897),  n.  367,  pag.  270  e 
Lessona,  Op.  e  Voi.    cit..,  n.  409,  pag.  409  e  segg. 

(3)  Oltre  agli  antesignani  della  scuola  penale  cosid(ìtta  positiva  e 
specialmente  al  Ferri,  Sociologia  criudnale  i'ò^  ediz.,  Torino,  Bocca  1892), 
pag.  630,  segnalo,  fra  i  più  recenti  fautori  del  giurì  pe'ritico,  il  Frama- 
RiNO,  Op.  cit.,  voi.  II,  pag.  259  e  273  e  il  De  Giuli,  v.°  Prova  penale.,  n. 
58,  pag.  537-538  nella  Enciclopedia  giuridica  italiana,  voi.  XIII,  parte  IV 
(Milano,  Soc.  ed.  libr.  1899).  Si  sa  come  altri  cercherebbero  il  rimedio  in 
un  diverso  sistema  di  nomina  dei  periti  (v.  infra,  §  5,  testo  e  1*  nota).  E 
finalmente  alcuni,  fra  cui  recentissimo  il  Ruiz,  Le  perizie  nei  procedimenti 
penali  in  La  Giustizia  penale,  V  (1899),  (col.  418-427  e  col.  450-458)  cre- 
dono che  l'ancora  di  salvezza  consisterebbe  nell'ammettere  il  contraddi- 
torio fra  i  periti  cosidetti  d'accusa  e  di  difesa  già  nello  stadio  istruttorio, 
n.  6,  col.  424  e  segg.,  dopo  di  che  condanna  il  Ruiz  (n.  7,  col.  449-451) 
l'odierna  libertà  di  apprezzamento  dei  responsi  peritali  lasciata  al  giu- 
dice penale,  trovando  assurda  la  massima  che  egli  abbia  ad  essere  il 
perito  dei  periti,  dal  momento  che  ad  essi  è  ricorso  attesa  la  propria 
ignoranza  sulle  questioni  tecniebe  loro  sottoposte.  Al  principio  del   con- 


322  V.  POLACCO  (10) 

poste;  ini  sia  permesso  soltanto  di  ricordare  con  singoiar  compia- 
cenza fra  g-li  scienziati  che  vi  apportarono  il  lume  delle  critiche 
loro  ricerche  tre  nomi  cari  all'Ateneo  padovano,  il  professore  Fer- 
dinando Coletti,  che  nel  1879  ne  formò  oggetto  di  elegante 
Memoria  all'Accademia  di  Padova,  il  professore  Akrigo  Tamassia, 
che  con  la  solita  genialità  e  dottrina  fra  noi  ne  discorse,  dopo  di 
averne  trattato  a  lungo  nella  Ricista  Penale^  finalmente  il  profes- 
sore Alessandro  Stoppato,  che  pure  in  quest'ultima  dettò  sulla 
perizia  scientifica  nel  processo  penale  uno  dei  migliori  suoi  studi  (i). 
—  Senza  prendere  qui  partito  per  questa  o  quella  soluzione,  io 
mi  domando  semplicemente  perchè  mai  tanto  scalpore  nell'un  campo 
e  tanto  quietismo  nell'altro?  Se  gli  uni,  ad  esempio,  si  riliellano 
vedendo  in  tema  di  imputabilità  penale  contraddetta  eventualmente 
dal  giudice  una  perizia  psichiatrica  che  la  ammetta  o  la  escluda, 
sarà  giusto  che  gli  altri  rimangano  per  contrario  indiff'erenti  quando 
si  pronunci  o  si  neghi  la  interdizione  di  una  persona  per  asserita 
infermità  di  mente,  a  dispetto  di  un  contrario  peritale  avviso  ?  — 
Ecco  dunque  un  primo  punto  in  cui  piacerebbe  veder  i  cultori 
delle  due  procedure  camminare  un  po'  più  di  conserva. 

5.  —    Viene  spontaneo    da  questo  argomento    il  passaggio  a 
quello    del  numero  dei    periti  e  del    loro  sistema    di   nomina  (-). 


tradditorio  fra  periti  penali  si  ispira  in  Francia  il  progetto  Gruppi,  già 
votato  nel  giugno  1899  dalla  Camera  dei  Deputati  ed  ora  pendente  al 
Senato  :  veggasene  resoconto  in  Jiii-ista  i^enale  dell'  ottobre  1899,  pag. 
409-410. 

(1)  Coletti,  Siiìhi  perizia  nei  giudizii  penali,  in  Rivista  periodica 
dei  lavori  della  R.  Accademia  di  scienze,  lettere  ed  arti  in  Padova,  voi. 
XXIX  (Padova,  Randi  1879),  pag.  37-52  ;  A.  Tamassia,  /  medici  periti, 
negli  Atti  del  R.  Istituto  Veneto,  t.  IX,  serie  VII,  (1897-98),  pag.  69-75, 
e  prima  Le  perizie  medico-legali  in  Palia,  in  Rivista  penale,  voi.  X  (^1879), 
fase.  5  e  6  ;  A.  Stoppato,  Op.  cit. 

(2)  La  colleganza  di  questo  argomento  con  quello  trattato  nel  §  pre- 
cedente risulta  da  ciò,  che  agli  inconvenienti  dianzi  lamentati,  oltreché 
a  quelli  di  cui  si  dirà  nel  paragrafo  attuale,  molti  credono  si  apporte- 
rebbe rimedio  con  un  diverso  sistema  di  nomina  dei  periti  penali.  Così, 
p.  es.,  il  CoLKTTi  (loc  cit.,  pag.  50)  vorrebbe  sottratta  all'accusa  e  alla 
difesa  ed  affidata  al  solo  Presidente  la  scelta  delle  persone  tecniche  più 
capaci  ed  oneste.  "  Ed  allora  „,  egli  scrive,  "  i  periti  sentendosi  pari  al- 
l'altezza del  loro  mandato  e  puri  d'ogni  compiacenza  servilo,  proferireb- 


(11)  NOTE    SULLE    PERIZIE    CIVILI    ECC.  823 

Nelle  controversie  civili  la  legge  vuole  che  la  perìzia  si  affidi  ad 
una  0  tre  persone  secondochè  sia  stabilito  dalle  parti  o  ordinato 
dall'autorità  giudiziaria,  e  che  la  nomina  dei  periti  si  faccia  con 
ordinanza  o  con  sentenza  del  magistrato  se  le  parti  non  siansi 
precedentemente  accordate  sovr'essa.  "  Tenne  per  tal  modo  respinto, 
così  il  PiSANELLi  nella  sua  Kelazione,  quel  sistema  che  era  prevalso 
in  alcune  legislazioni  o  consuetudini  forensi,  per  cui  ciascuna  delle 
parti  nominava  un  perito  sul  quale  poteva  contare,  e  ciascun  pe- 
rito era  così  chiamato  a  sostenere  l'interesse  del  suo  mandante. 
I  due  periti  si  riunivano  non  per  illuminarsi  colle  rispettive  os- 
servazioni, ma  piuttosto  per  far  constare  dell'  opposizione  del  loro 
avviso.  Quindi  la  necessità  di  un  terzo  perito  nominato  dall'  au- 
torità giudiziaria,  il  quale  operava  nuovamente  coi  primi  nomina- 
ti, e  soltanto  allora  la  relazione  della  perizia  poteva  essere  con- 
chiusa a  pluralità  di  voti.  La  nomina  dei  periti  in  numero  dispari 
e  fatta  d'uffizio,  quando  le  parti  non  siansi  precedentemente  concor- 
date sulla  scelta  dei  medesimi,  conchiudeva  il  Ministro,  esclude  gli 
inconvenienti  e  le  spese  che  traeva  seco  quel  sistema.  „  (i). 

Ma  ecco  poi  il  legislatore  dimenticare  queste  savie  norme  nel 
regolar  la  perizia  in  materia  penale,  quasi  non  si  trattasse  del 
medesimo  oggetto  e  di  uno  stromento  processuale  avente  sempre 
e  dovunque  1'  identico  fine.  Nello  stadio  istruttorio  è  il  giudice  che 
chiama,  ove  occorra,  i  periti,  di  regola  in  numero  non  minore  di 
due  (art.  152  Cod.  proc.  pen.)  ;  al  dibattimento  poi  i  periti  pos- 
sono venire  prodotti,  senza  necessità  di  previo  accordo  sulle  per- 
sone, e  dal  Pubblico  Ministero  e  dalla  parte  civile  e  dall'  im- 
putato.   Di    qui    molte    volte    lo    spettacolo  poco  edificante   di  un 


bere  liberamente  e  pacatamente  un  parere^  che,  senza  essere  imperativo, 
sarebbe  autorevolissimo  sempre  e  nel  maggior  numero  dei  casi  dai  giu- 
dici rispettato.  „  La  scelta  incensurabile  dei  periti  penali  affidata  al  Pre- 
sidente era  pure  uno  dei  fondamentali  principi  ispiratori  del  noto  Pro- 
getto del  Ministro  Costa  del  1897,  contro  cui  veggansi  però  le  osserva- 
zioni dello  Stoppato,  Op.  cit.,  §  4,  nota  7  a  pag.  19-20,  di  A.  Tamassia, 
cit.  lettura  all'Istituto,  e  di  una  elaborata  Relazione  della  Società  Lan- 
c.isiana  degli  Osjìedcdi  di  lioma  dal  titolo  :  U  ordinamento  dei  medici 
periti  in  Itcdia  e  le  sue  riforme.,  pag.  Il  e  seg.  (senza  indicazione  del  luogo 
ed  anno  di  stampa). 

(,1)  Relazione  ministeriale  sul  Progetto  del  C)d.  di  proc.  civ.^  in  Gian- 
zana,  Cod.  di  proc.  eie.  del  Regno  d'  Italia,  ecc.  IV  (Torino,  Unione 
1889),  n.  235,  pag.  118. 


324  V.  POLACCO  (12) 

vero  pugilato  fra  periti  cosidetti  d'accusa  e  periti  di  difesa,  dal 
quale  esce  nelle  aule  giudiziarie  straziata  la  dignità  della  scienza 
e  scombuiate  ancor  più  nella  niente  del  giudice  quelle  cognizioni 
tecniche  che  la  perizia  avrebbe  dovuto  schiarare. 

L'ingiustificata  differenza  fra  le  due  procedure  fu  pure  av- 
vertita in  questa  parte  dall'illustre  Mancini,  allora  Ministro  Guar- 
dasigilli, nel  rispondere  il  14  aprile  1877  ad  una  interpellanza  del 
deputato  Eighi  relativa  all'  istituzione  dei  manicomi  penali  in 
Italia  (^),  e  circa  un  ventennio  dopo  il  Ministro  Calenda,  entrando 
nel  medesimo  ordine  di  idee,  di  conformare  cioè  il  sistema  penale 
al  civile,  proponeva  che  si  togliesse  al  Pubblico  Ministero  ed  alle 
parti  la  facoltà  di  indicare  lionìiìiafirnmeufe  per  il  dibattimento 
nuovi  periti,  che  dovrebbero  essere  scelti  dal  Presidente  traen- 
doli  di  regola  da  un  apposito  Albo  (-).  Sarebbe  poi  questo  rimedio 


(1)  Atti  pnrlai)ie)itart,  Camera  dei  deputati,  Legislat.  XIII,  Sessione 
1876-77,  voi.  Ili,  pag.  2459  e  seg.  È  prezzo  dell'opera  riferire  testualmente 
le  parole  del  Mancini  :  "  Ben  è  vero  che  il  sistema  in  vigore  ]))'esso  di 
noi  delle  perizie  medico-legali  nelle  materie  penali  è  ben  lontano  dal 
fornire  le  garentie  desiderabili  dalla  giustizia  e  dall'innocenza  ;  e  quando 
rivedremo  il  nostro  codice  di  procedura,  meriterà  di  essere  riesaminato 
e  riformato.  A  convincerne  può  bastare  una  sola  osservazione.  Nelle  ma- 
terie civili  i  periti  danno  parimenti  un  semplice  parere  che  non  vincola 
i  giudici  ;  nondimeno  le  persone  d(>i  periti  debbono  raccogliere  il  con- 
senso e  la  fiducia  delle  parti  fra  le  (inali  si  agita  il  litigio,  e,  se  queste 
non  cadono  di  accordo  sulla  scelta  di  ciascuno  dei  periti,  il  giudice  è  in 
libertà  di  scegliere  e  nominare  le  persone  dei  periti.  Ora  perchè  non  si 
farà  altrettanto  ned  procedimenti  penali,  allorché  [e  qui,  noto,  è  il  solito 
pregiudizio  cln;  fa  capolino]  si  tratta  non  solamente  di  decidere  della  so- 
stanza, ma  della  libertà,  dell'  onore,  forse  della  vita  dei  cittadini  ?  Se  il 
P.  M.  e  l'imputato  si  accordassero  nella  scelta  di  determinati  periti,  non 
vi  sarebbe  difficoltà  ;  ma  quando  essi  non  sono  d'accordo,  perchè  i  periti 
non  potranno  essere  scelti  d'ufficio  dal  Magistrato,  con  impedire  all'una 
e  all'altra  delle  parti  interessate  di  chiamare  da  periti  avanti  la  Corte 
persone  di  esclusiva  loro  scelta  e  fiducia  ?  Io  non  accuso  alcuno,  né  credo 
frequente  il  caso  in  cui  prevalga  in  alcuni  periti  il  desiderio  di  surro- 
gare il  criterio  della  parzialità,  per  sostenere  l'una  o  l'altra  delle  parti, 
da  cui  ricevettero  il  mandato,  al  criterio  della  schietta  verità  e  della 
giustizia  ;  ma  al  certo,  signori,  la  tentazione  è  grande.  „  E  seguita  lo- 
dando il  modo  onde  questo  servizio  trovavasi  organizzato  in  Grermania 
e  specialmente  ntdla  Prussia. 

(,2)  Art.  4-7  del  Progetto  presentato  dal  Calenda  al  Senato  il  13 
luglio  1895  sotto  il  titolo  :  "  Disposizioni  relative  alle  ordinanze  del  giù- 


(13)  NOTE    SULLE    PEKIZIE    CIVILI    ECC.  325 

efficace  contro  il  tanto  deplorato  inconveniente  ?  Ne  dubito,  ma  ciò 
che  intanto  mi  bastava  rilevare,  per  i  modesti  fini  della  presente 
lettura,  è  questa  resipiscenza  verificatasi  anche  nelle  alte  sfere 
legislative  sopra  un  dualismo  di  sistema  rituale  in  tale  parte  affatto 
inesplicabile. 

Sul  numero  dei  periti  mi  si  permetta  ancora  un  legjs^iero  ap- 
punto. —  Perchè,  mentre  possono  essere  in  numero  pari  in  penale, 
ed  anzi  lo  debbono  normalmente  nel  periodo  istruttorio,  esigere 
invece  la  disparità  in  civile  ?  Questa  esigenza  della  disparità  si 
capisce  quando  trattasi  di  affidare  a  degli  arbitri  la  decisione  di 
una  controversia,  perchè  siamo  allora  di  fronte  ad  un  vero  col- 
legio giudicante,  in  seno  al  quale  deve  potersi  formare  una  mag- 
gioranza che  decida,  ma  la  cosa  non  ha  senso  riguardo  ai  periti, 
il  cui  voto,  come  vedemmo,  è  meramente  consultivo,  tantoché  mentre 
un  lodo  arbitrale  come  è  proprio  di  qualsiasi  sentenza,  non  enunzia 
il  parere  di  una  eventuale  minoranza  discorde,  il  contrario  avviene 
trattandosi  di  un  collegio  peritale,  perchè  il  giudice  può  ben  ri- 
manere convinto  dalle  ragioni  di  un  solo  perito  dissenziente  meglio 
che  da  quelle  di  cento  altri  fra  di  loro  concordi  (').  Non  aderirei 


dice  istruttore  e  della  Cara,  di  consiglio,  alle  liste  dei  testimoni  e  dei 
periti  e  alle  norme  del  pubblico  giudizio  „  e  Relazione  che  lo  precede, 
pag.  4  (Legislat.  XIX,  1*  Sess.  Senato,  Documenti,  n.  41).  Quanto  al  già 
ricordato  e  tramontato  Progetto  Costa  sui  periti  giudiziari,  gli  va  rico- 
nosciuto almeno  il  merito  di  aver  dettato  norme  per  il  modo  di  nomina 
dei  periti  tanto  nei  giudizi  civili,  quanto  nei  penali. 

(1)  Pare  impossibile  che  i  legislatori  in  generale  non  veggano  quanto 
di  arbitrario  vi  abbia  in  qualsiasi  determinazione  di  numero  riguardo 
ai  periti.  Così  p.  es.  il  Codice  di  procedura  civile  francese  (art.  303)  esige 
tre  periti,  salvochè  le  parti  consentano  si  faccia  la  perizia  da  un  solo.  11 
Gaksonnet,  Tratte  théor.  et  prat.  de  j)>'oré(hire,  t.  IH  (2''  édit.,  Paris, 
Larose-Forcel  1899),  §  867,  pag.  96-97,  loda  siffatta  norma,  ma  per  ragioni 
in  verità  assai  deboli.  Egli  dice  :  "  Ne  nommer  qu'un  expert  qui  deciderà 
sans  contradiction  ni  contròie,  c'est  donner  trop  de  pouvoir  à  une  seule 
personne  ;  en  nommer  deux,  c'est  risquer  de  mettre  le  tribunal  en  pré- 
sence  de  deux  opinions  opposées  et  souvent  de  poids  égal,  entre  lesquels 
il  lui  sera  difficile  de  choisir  ;  en  nommer  plus  de  trois,  c'est  grossir 
inutilement  les  frais  du  procès  et  provoquer  des  affirmations  contradic- 
toires  qui  apporteront  aux  juges  plus  d'embarras  que  de  lumières.  Aussi 
le  principe  est-il  que  l'expertise  se  fera  par  trois  experts,  le  troisième 
départageant,  au  besoin,  les  deux  autres  et  formant  aver  J'xn  d'evx  uve 
iiiajorifé    sur  ìaquclìe    le  juyement  pourra  s'ajìpwjer.  „    Parrai  si    perda 


326  V.  POLACCO  (14) 

alla  proposta  senza  ragione  restrittiva  contenuta  nel  questionario 
emanato  dal  Ministro  di  Grazia  e  Giustizia  Ferraris  con  circo- 
lare del  20  novembre  1891  e  contenente  varie  riforme  al  Codice 
di  procedura  civile,  che  cioè  di  regola  non  possa  ne  proporsi  dalle 
parti,  uè  disporsi  dall'autorità  giudiziaria,  altro  che  un  solo  perito  ('). 
L'udire  vari  pareri,  purché  disinteressati,  potrà  meglio  concorrere 
a  formare  il  convincimento  del  giudice,  così  poche  sono  le  scienze 
e  nelle  varie  scienze  così  pochi  i  punti  su  cui  sia  possibile  un'unico 
responso  avente  matematica  certezza.  —  Si  provvederà  dunque 
a  sufficienza,  sintantoché  al  voto  peritale  si  conservi  semplice  valor 


così  di  vista  il  carattere  meramente  consultivo  dei  voti  peritali.  L'argo- 
mento p.  es.  del  Gaesonnet  contro  il  perito  unico  non  vale,  appunto 
perchè  egli  non  giudicherebbe  definitivamente  ed  uno  solo  veramente 
capace  può  bastare  ad  illiiininare  il  giudice,  senz'uopo  che  altri  due,  forse 
mediocri,  vi  si  aggiungano.  Senza  di  che  non  si  capirebbe  che  si  con- 
sentisse la  nomina  di  un  sol  perito  nemmeno  se  concordata  fra  le  parti. 
E  poi  non  vi  contrasta  in  Francia  l'opinione  di  gran  lunga  dominante 
nella  giurisprudenza,  come  lo  dichiara  lo  stesso  Garsonnet  (§  867,  pag. 
99)  che  possa  il  Tribunale  nominare  anche  un  solo  perito  se  la  perizia 
(facoltativa)  sia  ordinata  d'ufficio  anziché  chiesta  dalle  parti  ?  E  così  si 
dica  quando  a  giustificare  l'esigenza  dei  tre  periti  il  detto  Autore  invoca 
la  possibilità  che  si  formi  una  maggioranza.  Di  arbitrio  eventualmente 
imbarazzante  pecca  ugualmente  il  volere  dite  periti  come  regola  in  penale; 
esigenza  che  va  riprovata  perchè  possibile  causa  di  ritardi  anche  se  li- 
mitata, com'è  nel  citato  Progetto  francese  Gruppi  (art.  5)  al  caso  in  cui 
sia  ignota  la  persona  del  delinquente  od  egli  siasi  posto  in  fuga  (Cfr. 
Marcy,  Des  expertises  en  matière  pénale  in  La  France  Judiciaire  del  22 
luglio  1899  (Année  XXIII),  pag.  213  e  segg.).  E  tornando  alla  procedura 
civile  nostra,  perchè  mentre  il  Tribunale  può  d'ufficio  ordinare  una  perizia 
affidandola  ad  un  collegio  di  tre^  il  pretore  non  deve  poterne  nominare 
che  uno  (art.  -1:28),  salvochè  (Mattieolo,  Op.  cit.^  voi.  Ili  (Torino,  Boc- 
ca, 1895),  n.  642,  pag.  541,  nota  3,  e  Mortara,  Op.  e  voi.  rit.,  n.  494,  pag. 
351)  ci  sia  il  consenso  delle  parti  ?  La  ragione  del  risparmio  di  spese  nei 
minori  giudizi  non  basta  a  spiegarlo,  se  a  chiarire  la  questione  tecnica, 
eventualmente  intricatissima,  sia  necessario  pel  giudice  l'aiuto  di  più  per- 
sone competenti.  Insomma  sempre  e  in  penale  e  in  civile  si  dovrebbe  la- 
sciare al  giudice  facoltà  di  chiamare  d'  ufficio  (o  alle  parti  di  produrre) 
uno  0  più  periti,  in  numero  pari  o  dispari  secondochè  le  circostanze  richie- 
dono. 

(1)  Conforme  il  Gargiulo,  Riforme  speciali  al  Cod.  di  proe.  ciò. 
(estr.  dalla  Gazzetta  Dritto  e  Giurisprudenza.  Napoli,  Corrado,  1892), 
pag.  63-()4.  €oaiJra  La  Rosa,  Pensieri  su,  possibili  riforme  al  Cod.  di 
proc.  civ.  in  Antologia  rjiuridica  di  Catania  del  18'<?2,  pag.  92. 


(15)  NOTE    SULLE    l'EKlZIE    CIVILI    ECC.  327 

consultivo,    eliminando  e  in  penale    e  in  civile    ogni  requisito  di 
parità  0  disparità  nel  numero. 

6.  —  Altro  strano  disposto  del  nostro  Codice  di  procedura 
civile,  ricalcato  in  questa  parte  sul  francese,  è  quello  che  si  legge 
nel  lo  capoverso  dell'art.  264.  In  caso  di  divergenza  di  vedute 
si  esprimano  pure  i  motivi  delle  diverse  opinioni,  ma  guai  ad 
indicare  il  nome  dei  periti  che  le  hanno  emesse  !  —  Si  censura  da 
molti  questa  norma  diametralmente  opposta  a  quella  di  parecchie 
legislazioni  estere,  fra  cui  prima  e  notevolissima  la  ginevrina  ('), 
e  da  ogni  parte  si  ripete  col  Boncenne  ch'essa  ha  tutta  l'aria 
di  un  vecchio  brandello  di  procedura  secreta  cucito  addosso  ai 
nostri  codici,  in  perfetto  disaccordo  colle  nostre  idee  di  pubblicità  ('^). 

Ma  da  ninno  si  avverte,  ch'io  mi  sappia,  l'incoerenza  in  cui 
il  legislatore  cadde  inoltre  così  statuendo,  dal  momento  che  nel 
fòro  penale  invece  chi  deve  giudicare  conosce  quali  siano  i  so- 
stenitori delle  singole  opinioni  peritali  per  quanto  disparate  e  con- 
tradditorie fra  loro.  Come  si  è  cercato  di  giustificare  quel  precetto 
della  legge  civile  ?  Udiamo  anche  qui  il  Pisanelli  :  "  Quando  si 
pensi,  egli  dice,  che  talvolta  la  potenza  dei  nomi  è  lenocinlo  per 
accreditare  false  opinioni,  devesi  concludere  che  giova  togliere  anche 


(1)  Art,  224  del  Codice  ginevrino  del  29  sett.  1819  e  sovr'  esso  Bel- 
LOT,  Loi  de  la 2)yocédiire  civile  du  canton  de  Genève  etc.  (4"  édit.  Genève, 
Cherbuliez  1877),  sul  Tit.  XVI,  pag.  83-84.  Aggiungasi  il  nuovo  Regola- 
mento di   'procedura    civile  austriaco  del  l*'  agosto  1895,  §§  361  e  362. 

(2)  Boncenne,  Oj).  e  voi.  cit.^  pag.  487.  Fra  i  nostri  è  favorevole  al 
principio  adottato  dal  nostro  Codice  processuale  il  Mattirolo,  Op.  cit.^ 
voi.  II,  n.  1017,  pag,  8.58-859  ;  propendono  invece  pel  sistema  ginevrino- 
austriaco  il  MoRTARA,  Op.  e  voi.  cit..,  n.  376,  pag.  275,  ed  il  Lessona,  Op. 
e  voi.  cit..,  n.  500,  nota  4,  pag.  524.  In  Francia  apertamente  si  schiei'ano 
in  favore  di  esso,  oltre  al  citato  Boncenne,  il  RectNard,  De  Vorganisation 
judiciaire  et  de  la  jjrocéd.  civile  en  France  (Pai-is,  Durand,  1855),  n.  482, 
pag.  384,  e  il  Selioman,  Quelles  sont  au  2>oint  de  vue  juridigue  et  au 
point  de  vue  philosophique  les  réformes  dont  notre  Procéd.  civ.  est  su- 
^ce2ìtihle  (Reims,  Regnier,  1855),  pag.  202,  il  quale  ultimo  però  male  ar- 
gomenta partendo  dall'itlea  che  il  divieto  di  manifestarsi  nelle  separate 
loro  opinioni  miri  a  non  esporre  questo  o  quel  perito  a  risentimenti  o 
recriminazioni  dell'una  o  dell'altra  parte  contendente,  mentri!  invece  fu 
posto  (v.  nota  successiva)  solo  in  riguardo  alla  possibile  influenza  sul- 
l'animo del  giudice. 


328  V.  POLACCO  (16) 

questa  specie  di  seduzione  al  criterio  del  giudice.  „  (i).  Ma  allora 
perchè  non  temerlo,  ugualmente  e  più,  questo  lenocinlo  nei  giu- 
dizi penali,  dove  ha  tanta  parte  d'influenza,  specialmente  suH'animo 
dei  giurati,  l'aureola  che  circonda  qualche  perito  illustre  o  Tahilità 
oratoria  con  la  quale  all'uno  piìi  che  all'altro  riesce  di  smerciar 
la  sua  scienza  ?  Curiosissima  poi  un'ulteriore  incoerenza,  in  cui, 
senza  avvedersene,  lo  stesso  legislatore  civile  è  caduto,  ammet- 
tendo, sull'esempio  del  codice  di  Ginevra  (art.  224),  che,  ricevuta 
la  relazione  dai  periti,  il  giudice  possa  poi  chiamarli  per  otte- 
nere sovr'essa  degli  schiarimenti.  Dove  se  ne  va  allora  il  segreto 
sulle  persone  da  cui  i  pareri  individuali  derivano  ?  La  legislazione 
francese  è  almeno  più  conseguente,  che  se  la  perizia,  per  oscurità, 
ambiguità,  o  simili,  non  sia  tale  da  persuadere  il  giudice,  a  lui 
non  resta  che  ordinarne  una  nuova,  con  quale  spreco  però  di 
danaro  e  di  tempo  ninno  v'ha  che  noi  vegga.  Ad  evitare  simile 
spreco  si  adottò  da  noi  quell'utile  temperamento,  ma  intanto,  come 
non  di  rado  avviene  a  chi  si  appiglia  ai  rattoppi  e  alle  mezze  mi- 
sure, si  venne  a  distruggere  con  una  mano  ciò  che  si  era  creato 
con  l'altra  {^). 

Coordinare  anche  in  ciò  il  Diritto  giudiziario  civile  col  pe- 
nale non  parrà,  io  spero,  soverchia  esigenza. 

7.  —  Una  relazione  scritta  è  l'epilogo  necessario  delle  ope- 
razioni peritali  dinanzi  ai  tribunali  civili  :  nuova  differenza  in  con- 
fronto ai  giudizi  penali,  dove  pur  si  ammette  perizia  verbale,  ma  su 
ciò  passo  oltre,  pur  manifestando  il  voto  che,  secondo  la  varia  en- 
tità dei  punti  da  dilucidarsi  e  la  qualità  delle  perizie,  le  quali, 
anziché  una  data  scienza,  possono  concernere  un'  arte  o  mestiere 
esercitato  forse  da  persona  analfabeta,  anche  il  giudice  civile  pre- 
stabilisca volta  per  volta  se  occorra  o  no  la  relazione  in  iscritto  {^). 


(1)  Cfr.  la  citata  raccolta:  del  Gianzana,  voi.  IV,  n.  285),  pag.  120. 

(2)  Arbitraria  credo  ropinione  del  Lessona  (Op.  e  voi.  cif.,  n.  500, 
pag.  525)  che,  ad  evitare  la  patente  incoerenza,  interpreta  l'art.  269  Cod. 
proc.  civ.,  nel  senso  che  i  periti  possano  chiamarsi  in  t^nudizio  a  dare 
esplicazioni  orali  solo  se  sono  stati  concordi. 

(3)  Non  si  tratterebbe  in  fine  che  di  generabzzare  ciò  clie  già  la 
vigente  procedui-a  civile  ammette  trattandosi  di  pei'izia  dinanzi  ai  pre- 
tori (art.  428,  ultimo  comma  (Jod.  proc.  civ.).  E  perchè  infatti  ilistinguere 
a  tale  riguardo  le  cause  di  competcMiza  collegiale  da  (luelle  sottoposte  a 


(17)  NOTE    SULLE    PERIZIE    CIVILI    ECC.  329 

8.  —  Lasciando  da  parte  anche  altre  discutibili  differenze, 
come  quelle  riguardanti  la  capacità  a  fungere  da  periti  nell'  una 
e  nell'altra  specie  di  giudizi  (0,  nii  preme  piuttosto  soffermarmi 
sopra  un  ultimo  punto  della  maggior  rilevanza. 

L'  accettare  il  peritale  ufficio  è  una  semplice  facoltà,  non  un 
obbligo  se  siamo  dinanzi  al  magistrato  civile  ;  ne  occorre  che,  ono- 
rato di  tale  incarico,  io  dia  le  ragioni  del  mio  rifiuto;  che  anzi  non 
sono  tenuto  nemmeno  a  rispondere,  bastando  il  semplice  fatto  di 
non  presentarmi  nel  giorno  fissatomi  dal  giudice  per  il  giuramento. 
E  ciò  non  soltanto  se  la  perizia  ha  luogo  su  domanda  di  parte, 
ma  anche  se  è  ordinata  d'ufficio,  e  persino  in  quei  casi  (e  ve  n'ha 
pure  più  d' uno)  in  cui  è  la  legge  stessa  che  la  prescrive.  Pro- 
vassi io  a  fare  altrettanto  ove  1'  opera  mia  fosse  richiesta  in  un 
giudizio  penale  !   Oltre  al  sopportare  le  spese  e  i  danni,  sarei  pu- 


giudice  unico  ?  L'oralità  del  responso  peritale  è  posta  come  regola  dal- 
l'art. 221  del  cit.  Codice  ginevrino  pel  caso  in  cui  "  l'objet  de  l'expertise 
est  de  nature  à  ce  que  les  expcrts  puissont  iuimédiatenient  donnor  leur 
avis  „  ;  in  caso  diverso  deciderà  il  giudice  (conchiiide  il  successivo  art. 
222)  se  la  relazione  dovrà  essere  verbale  o  scritta.  Del  che  veggasi  la 
motivazione,  come  sempre  notevole,  in  Bellot,  Op.  cit.,  pag.  82-83.  Contro 
il  sistema  ginevrino  leggasi  quanto  sta  scritto  nella  cit.  Relazione  Pi- 
fianelli  (in  Ctia:nzaxa,  loc.  cit.,  n.  288,  pag.  119).  E  taccio  della  dottrina, 
limitandomi  a  ricordare  lo  speciale  voto  del  Reonaed,  Op.  cit..,  n.  483, 
pag.  385-387.  che  vorrebbe  accordata  al  giudice  civile  la  facoltà  di  or- 
dinare la  relazione  orale  o  qudla  scritta  solo  trattandosi  di  cause  non 
suscettibili  di  appello.  L'oralità  della  perizia  come  regola  è  posta  dal  § 
357  del  vigente  Eer/ol.  di  proc.  cii\  austriaco  (Cfr.  Tkuttee,  0^).  cit.,  § 
114,  pag.  452)  ed  implicitamente  daW  Ordina  mento  di  lìroc.  civ.  germanico 
del  20  maggio  1898,  in  quanto  al  §  411  (identico  al  §  376  dt^dl'Ord.  proc. 
civ.  germanico  del  30  gennaio  1877)  dice  :  ""  Se  è  ordinata,  una,  perizia 
scritta.,  il  perito  dovrà  deporre  ecc.  „ 

(1)  Poiché  infatti  e  per  la  perizia  penale  (Cod.  proc.  pen.,  art.  153  e 
285  e  segg.)  e  per  quella  civile  ordinata  d'ufficio  (Cod.  proc.  civ.,  art. 
254)  si  fa  richiamo  alle  norme  di  capacità  dettate  per  i  testimoni,  dovrei 
addentrarmi  in  una  questione  estranea  al  presente  lavoro,  se  cioè  si  pos- 
sano dire  giustificate  le  differenze  fra  la  capacità  a  testimoniare  in  civile 
e  la  capacità  a  testimoniare  in  penale.  E  dalla  capacità  passando  alla 
ricusazione  dei  periti,  perchè  di  questa  si  parla  in  civile,  accogliendo  pre- 
cisamente quegli  stessi  motivi  che  legittimano  la  ricusazione  dei  giudici 
(Cod.  proc.  civ.,  art.  254,  2°  e  3<^  comma)  e  tacerne  in  penale,  dovechè 
per  i  giudici  è  giustamente  ammessa  in  entrambe  le  specie  di  giudizi 
la  rlcusabilità  per  le  identiche  cause  (Cod.  proc.  pen.,  art.  746)? 


S30  V.  POLACCO  (18) 

nito  con  ammenda  o  con  multa  (art.  292  C.  p.  p.)  e  potrei  incor- 
rere nientemeno  che  nella  detenzione  sino  a  sei  mesi  se  mi  fossi 
fatto  esimere  dal  comparire  allegando  un  falso  pretesto  (art.  159 
Cod.  proc.  pen.  comb.  coli'  art.  210  Cod.  pen.)  (i). 

A  sosteg-no  del  principio  adottato  in  materia  civile  si  dice 
che  al  perito  non  comparso  c'è  pur  sempre  la  possibilità  di  so- 
stituirne un'altro,  scelto  fra  i  tanti  che  professano  la  medesima 
scienza  od  arte  (-),  nia  quest'argomento  non  varrebbe  in  penale 
uo-ualmente  ?  Tanto  è  ciò  vero  che  noi  lo  troviamo  proprio  invo- 
cato da  parecchi  autorevoli  criminalisti  in  Francia  ed  in  Gfermania 
per  sottrarre  ad  ogni  sanzione  (in  mancanza  colà  di  un  testo  che 
esplicitamente  la  contempli)  1'  ingiustificata  contumacia  del  perito 
penale  (^).  Una  ragione  forse  più  plausibile  si  potrebbe  arrecare 


(1)  E  so,  dopo  essorsi  impegnato,  col  prestar  giuramento,  il  perito 
civile  si  rifiniti  di  eseguire  l'incarico,  incorrerà  nelle  pene  sancite  dall'art. 
210  Cod.  pon.  ?  Lo  afferma  senz'altro  il  Lessona,  Op.  e  rol.  cit.,  n.  476, 
pag.  500.  Non  si  propongono  invece  la  questione  i  penalisti.  Essa  meri- 
terebbe in  verità  un  largo  svoigimento.  Certo  la  generalità  dei  termini 
dell'art.  210  Cod.  pen.,  parrebbe  appoggiare  l'affermativa.  Ma  può  d'altro 
canto  parer  discutibile  l'applicabilità  del  Codice  penale,  tuttoché  poste- 
riore di  data,  visto  che  quello  di  procedura  civile  dice  soltanto  che  in 
simil  cas  "  il  perito  ^?//ò  essere  condannato  alle  spese  e  al  risarcimento 
dei  danni  „,  non  più.  Le  ragioni  per  cui  taluno,  ad  es.,  il  Maino,  crede 
che  al  caso  di  un  teste  che  si  rifiuti  di  deporre  in  materia  civile  sia  tut- 
tora applicabile  l'art.  239  Cod.  proc.  civ.,  punto  abrogato  dall'art.  2J0 
Cod.  pen.  (Maino,  Conim.  al  Cod.  pen.  it.,  parte  I*  (Verona,  Tedeschi 
1893),  n.  1034,  pag.  611-612),  non  sarebbero  per  avventura  bene  invocate 
anche  qui  ?  Che  se  poi  1'  art.  210  Cod.  pen.  si  ritenga,  col  Lessona,  ap- 
plicabile al  caso,  non  si  potrà  non  rilevare  la  grave  incoerenza  in  cui  il 
legislatore  sarebbe  caduto  passando  dalla  massima  arrendevolezza  per  il 
perito  civile  che  non  accetta  il  giudiziale  incarico  ad  un  tanto  rigore 
per  quello  che,  dopo  averlo  accettato,  non  lo  compie. 

(2)  Cfr.  Lessona,  Op.  e  voi.  nt.^  n.  476,  pag.  499.  Evidentemente  men 
che  mai  posso  accogliere  quanto,  accennando  alle  differenti  disposizioni 
in  argomento  dei  due  codici  (di  proc.  civile  e  di  proc.  penale),  scrive 
l'illustre  Mattirolo,  Op.  cit..,  voi.  II,  n.  900,  nota  1,  pag.  840,  che  cioè  esse 
"  sono  giustificate  dal  diverso  interesse,  privato  e  pubblico,  che  si  trova 
impegnato  negli  uni  e  negli -altri  giudizi.  „  Tutto  il  presente  lavoro  è  di- 
retto proprio  ad  oppugnare  simile  argomentazione. 

(3)  Cfr.,  p.  OS.,  Faustin-Hélie,  Teoria  del  Cod.  di  proc.  pen.  (tradu- 
zione Sampolo,  Palermo,  Pedone-Lauriel,  1880),  voi.  II,  §  366,  II,  pag. 
548,  dove  combatte  chi  argomenterebbe  per  analogia  dalla  sanzione   fis- 


(19)  NOTE    SULLE    PERIZIE    CIVILI   ECC.  331 

osservando  che,  ove  trattisi  di  reato,  può  in  taluni  casi  riuscire 
pericoloso  ogni  indugio,  scomparendone  le  traccie  sulle  quali  urge 
conoscere  il  peritale  avviso  (i).  Pur  tuttavia  io  insisterei  nel  par- 
tito di  non  far  differenze,  confortato  altresì  dall'esempio  di  legis- 
lazioni straniere  che  vogliono  obbligatoria  V  assunzione  della  pe- 
rizia anche  nei  giudizi  civili  (-).  Possono  pure  in  essi  presentarsi 
casi  di  urgenza,  e  il  disconoscerlo  sarebbe  pur  sempre  un  riflesso 
di  quel  preconcetto  sulla  costante  diversa  entità  d'  interesse  so- 
ciale fra  le  due  specie  di  giudizi,  che  ho  cercato  più  innanzi  di 
combattere  o  di  ridurre  per  lo  meno  nei  suoi  giusti  limiti.  Ma 
vi  ha  poi  un  più  alto  e  generale  concetto  che  condanna  ogni  di- 
stinzione in  proposito,  ed  è  l'obbligo  che,  per  solidarietà  civile, 
deve  incombere  a  tutti  i  consociati  di  prestare  l'opera  propria,  sem- 
prechè  nelle  forme  legali  richiesta  per  contribuire  all'amministra- 
zione della  giustizia.  Non  è  pur  questo  il  motivo  per  cui  soggiace 


saia  dal  Code  d'  in^tructìon  rrimìneìlc  (art.  80)  contro  il  teste  che  non 
ottemperi  alla  citazione;  Mittermaikk,  Op.  cit.^  Gap.  XXVIII,  n.  VII, 
pag.  251,  che  fa  la  questione  in  ordine  solo  ai  periti  che  non  siano  no- 
minati tali  dallo  Stato  per  quella  data  specie  di  oggetti,  mentre  per  quelli 
ufficialmente  patentati  riconosce  l'obbligo  di  prestarsi.  Veggansi  pure  gli 
altri  citati  dal  Saluto,  ConiDiento  al  Cod.  di  proc.  pen.,  voi.  II,  (3"  ediz. 
Torino,  Bocca,  1882),  n.  660,  pag.  341-342. 

(1)  Cfr.  Saluto,  loc.  cit. 

(2)  Così,  p.  es.,  l'art.  220  capov.  del  Codice  ginevrino  del  1819  punisce 
il  rifiuto  ad  assumere  la  perizia  come  il  rifiuto  a  deporre  come  teste, 
escluso  soltanto  il  carcere.  Il  vigente  Ordinaniento  della  proc.  civile  te- 
desco del  1898  agli  art.'  407  e  409  (identici  agli  art.  372,  374  del  prece- 
dente Ordinamento  del  1877)  obbliga  a  prestarsi,  e  punisce  in  caso  di  non 
comparizione  o  rifiuto,  chi  è  nominato  perito  "  quando  egli  è  pubblica- 
mente incaricato  delle  perizie  della  specie  richiesta,  o  quando  esercita 
jmhhlican lente  a  scopo  di  lucro  la  scienza,  l'arte  o  il  mestiere  la  cui  co- 
noscenza è  p>^^sup>posta  dalla  perizia^  o  quando  egli  è  pubblicamente  au- 
torizzato ad  esercitarle.  „  Ora  poiché  il  caso  che  ho  trascritto  in  corsivo 
è  quello  normalissimo,  ben  si  può  diro  che  per  quella  legislazione  l'ob- 
bligatorietà della  perizia  è  la  regola.  Nello  stesso  senso  veggasi  il  nuovo 
Regolamento  di  jìrocedura  civile  austriaco  del  1895  ai  §§  353,  354.  Tanto 
più  tranquillamente  poi  potevasi  rendere  obbligatoria  fra  noi  l'accetta- 
zione della  funzione  peritale,  dacché  l'art.  259  del  Cod.  proc.  civ.  ha  at- 
tribuito ai  periti  il  diritto  di  esigere  il  previo  deposito  delle  spese,  e  ciò 
in  seguito  alle  osservazioni  fatte  in  seno  della  Commissione  di  coordi- 
namento, verbale  n.  21,  seduta  17  maggio  1875,  n.  3,  in  Gtianzana,  cit. 
voi.  V,  pag.  173-174. 


332  V.  POLACCO  (20) 

il  pena  chi  rifiuti  di  deporre  quale  testimonio  tanto  nelle  cause 
penali  quanto  anche  in  quelle  puramente  civili  '?  (i).  E  non  vi  ha 
inoltre  contraddizione  nell'ammettere,  come  universalmente  si  fa, 
che  la  stessa  Procedura  civile  sia  un  ramo  del  Diritto  pubblico  e 
non  del  privato,  in  quanto  mira  a  guarantire  anch'essa^  come  la 
penale,  le  forme  di  esplicazione  di  uno  dei  poteri  sovrani,  il  poter 
giudiziario  (2),  e  il  permettere  d'altra  parte  a  chicchessia  di  ri- 
fiutare il  proprio  concorso,  tuttoché  debitamente  interpellato  dal- 
l'autorità competente  ? 

8.  —  Giunto  al  termine  del  mio  dire,  mi  sia  permesso  di 
ricordare  le  solenni  parole  che  il  Poetalis  pronunziava  nella  se- 
duta del  20  giugno  1840  dell'Accademia  delle  scienze  morali  e 
politiche  di  Francia,  nel  riferire  intorno  ad  un  concorso  sul  tema 
della  ricerca  della  verità  dei  fatti  nei  dibattimenti  giudiziari.  "  Una 
luminosa  applicazione,  egli  disse,  dei  principi  d'una  sana  filosofia 
all'organizzazione  giudiziaria  e  all'istruzione  dei  processi  civili  e 
criminali  sarebbe  un  grande  passo  fatto  nell'interesse  dell'  ordine 
sociale.  Col  manifestarne  lo  spirito  e  farne  conoscei'e  i  motivi  essa 
legittimerebbe  agli  occhi  di  tutti  quelle  forme  e  quei  termini,  sal- 
vaguardie tutelari  della  sicurezza  delle  persone  e  dei  beni,  così 
spesso  male  compresi  e  qualche  volta  così  incomprensibili  in  causa 

dell'abuso  mostruoso  che  se  ne  è  fatto ,  ricondurrebbe 

così  verso  il  loro  scopo  e  semplificherebbe  nelle  loro  vie  e  Funa 
e  l'altra  procedura,  dimostrando  che  esse  non  sono  in  fine  che 
una  serie  d'  operazioni  dirette  a  mettere  in  chiara  luce  tutti  gli 
elementi  di  decisione,  la  cui  conoscenza  è  necessaria  al  giudice 
perch'ei  possa,  statuendo  secondo  il  Diritto,  rendere  a  ciascuno  ciò 
che  gli  spetta.  ,,  (^).  Questa  sana   filosofia  che  il  Poetalis    invo- 


(1)  Art.  1G2,  292  Cod.  proc.  pen.,  art.  210  Cod.  pen.,  art.  239  Cod. 
proc.  civ. 

(2)  Fra  i  nostri  non  saprei  addurre  contro  questa  universale  conce- 
zione del  Diritto  giudiziario  civile  altro  scrittore  veramente  autorevole 
oltre  F.  S.  Bianchi,  Corso  di  Cod.  civ.  it.,  voi.  I,  Principii  generali 
sulle  leggi  (Torino,  Unione,  1888),  n.  8,  pag.  24-25. 

(3)  PoRTALis,  Rapport  sur  les  mémoires  adressées  à  V Académie  pour 
concourir  au  prix  sur  la  guestion  de  la  recherche  de  la  vérité  des  faits 
dans   les  débats  judiciaires,  lu  dans   la  séance  du  20  juin  1840  (Sect. 


(21)  NOTE    SULLE    PEEIZIE    CIVILI    ECC.  333 

cava,  e  in  ispecie  la  logica  che  ne  è  tanta  parte,  non  e  appunto 
e  non  può  essere  che  una,  senza  distinzione  di  cause.  Procedura 
civile  e  procedura  penale  sono  infine  parti  integranti  di  un  iden- 
tico organismo,  e,  se  alle  differenze  necessariamente  richieste  dalla 
specifica  loro  funzione  il  legislatore  altre  di  suo  arbitrio  ne  ag- 
giunga, ne  uscirà  rafforzato  il  volgare  pregiudizio  che  nella  pro- 
cedura ravvisa  un  capriccioso  affastellamento  di  forme,  e  ne  fa, 
come  più  volte  si  è  detto,  la  cenerentola  delle  scienze  giuridiche  (i), 
se  pure  non  è  più  esatto  affermare  che  le  tolga  del  tutto  carat- 
tere e  dignità  di  scienza. 

Con  r esempio  tratto  dalla  materia  dei  periti  io  non  mi  pro- 
poneva che  di  raffermare  queste  verità  così  semplici  e  tuttavia 
tanto  spesso  obliate,  felice  se  mi  sarà  riuscito  di  recare  al  tema 
dei  rapporti  fra  le  due  Procedure  un  contributo  modesto,  ma  non 
del  tutto  superfluo. 


de  Ugislat.  et  de  jurisjìrud.)  in  Mémoires  de  V Académie  roijale  des  Sciences 
morales  et  poUtiques  de  l'Institni  de  France^  t.  Ili,  pag.  455-484. 

(1)  Proprio  con  questa  osprossionc  di  cenerentola  dogli  studi  giuri- 
dici lamentano  il  poco  conto  in  cui  volgarmente  si  tiene  la  scienza  del 
Diritto  giudiziario  il  Manfeedini,  in  ordino  alla  Procedura  civile  (Pro- 
gramma del  corso  di  Dir.  r/iud.,  Yol.  I  (Padova,  Sacchetto  1884),  n.  2, 
pag.  7),  ed  ora  il  Tuozzi  riguardo  alla  Procedura  penale  (Lettera  aperta 
al  eh.  prof.  Gabba  in  Fóro  penale  del  1°  die.  1899,  anno  VII,  pag.  212. 


(Finita  di  stampare  il  giorno  12  febbraio  1900) 


PREZZO  DELLA  DISPENSA 
Fogli  4  1/4  a  cent.  25    .         .         .         .         .        L.  1.06 


Tipografia  Cablo  Feerari.  1900 


NOV    So    1302 


ATTI 


DEL 


REALE  ISTITUTO  VENETO 


DI 


SCIENZE,  LETTEEE  ED  AETI 


AMO  ACCADEMICO  1899-900 


TOil[0   LIX 

(serie     ottava     -    TOMO     SECONDO) 

DISPENSA    QUINTA 


VENEZIA 

PiiESSO    LA    SEtìRETEIilA    DEL    EEALE    ISTITUTO 
PALAZZO    LOREUAN   A   SANTO    STEFANO 


In  esecuzione  dell'ai't.  25  dello  Statuto  e  dell'art.  50 
del  Regolamento,  si  dichiava  che  dell'  opinione  dei  loro 
scritti  rispondono  gli  autori,  che  ne  conservano  la  pro- 
prietà letteraria. 


INDICE 


PAETE     I'^^ 

Adunanza  ordinaria  del  25  febbraio  1900 pag.     71 

Bollettino    bibliografico.  Doni  ed  acquisti  dal  5  al    25  febbraio 

1900 „     [45] 

PARTE    11'^ 

P.  Pennato,  s.  c.  —  Considerazioni  sulla  morfologia  del  torace  pag.  335 
P.  Ragnisco,  m.  e.  —  Il  pentimento.  Memoria    .        .        .        .      „     341 

A.  Favar»,  m.  e.  —  Raffaello  Caverni.  Nota  commemorativa  .      „     377 
E.  NicoLis,  s.  e.  —  Terrazzi  e  formazioni  diluviali  in  rapporto 

col  bacino  del  Garda „     381 

G.  Pachee  e  L.  Finazzi.  —  Sull'attrito  interno  dei  liquidi  iso- 
lanti in  un  campo  elettrico  costante.  Nota   .        .        .      „     389 
r.  BoNATELLi,  m.  e.  —  Alcune  osservazioni  intorno  al  "  Siste- 
ma di  Filosofia  y,  di  Guglielmo  Wundt  . 

B.  Beugi,  s.  c.  —  Senso  giuridico  romano  e  senso  moderno   di 

legalità.  Nota 

A.  FoETi.  —  Contribuzioni  diatomologiclie  (IV)  . 

R.  MassajjOngo,  s.  c.  —  Epatismo  e  nevropatia.  Memoria 


403 

425 
441 
471 


^ 


Atti  del  Reale  Istituto  Veneto  di  scienze,  lettere   ed  arti. 
Anno  aocademico  1899-900  -  Tomo  LIX  -  Parte  prima. 


ADUNANZA    ORDINARIA 
DEL  25  FEBBRAIO  1900 


PRESIDENZA  DEL  PROF.  CAV.  GIUSEPPE  LORENZONI 

MEMBRO    effettivo    ANZIANO 

Presenti  i  membri  effettivi  :  G.  Beechet,  segretario  ;  Cassani,  vice- 
segretario ;  Teois,  Favabo,  Omboni,  Bonatelli,  P.  Spiga, 
Teza,  Maetini,  A.  Tamassia,  Veeonese,  Papadopoli,  Da 
Schio,  Molmenti,  Stefani,  Foc4^azzajro,  Gr.  B.  De  Toni,  Oc- 

CIONI-BONAFEONS,     GrALANTI,     GeADENI&O,    RaGNISCO,     NaSINI, 

Polacco;  ed  i  soci  corrispondenti:  Beugi,  Pascolato,  Levi- 
Oatellani,  F.  Beechet,  Boediga,  Landucci,  Aeeigoni  De- 
gli Oddi,  G.  Spica,  D'  Aecais,  Zanon,  Castelnuovo,  Pee- 
DELLi,  Setti.  —  Assiste  all'  adunanza  anche  il  socio  corri- 
spondente nazionale  Ciamician. 
Giustificata  1'  assenza  dei  mm.  ee.  :  Lampeetico,  presidente  ;  De 
Giovanni,  vice-presidente  ;  Beenaedi,  Beltrame,  Saccaedo, 
Gloeia,  Maeinelli,  Bellati,  Liot  ;  e  del  socio  corrispon- 
dente Poggi. 

Viene  letto  ed  approvato  l'Atto  della  precedente  adunanza. 

Il  Presidente  partecipa  la  Nota  del  R.  Ministero  della  istru- 
zione pubblica  informante  che  venne  approvata  l'elezione  del  s.  e. 
Polacco  a  membro  effettivo  non  pensionato. 

Annuncia  quindi  la  morte  del  m.  e.  pensionato  prof.  comm. 
Giovanni  Canestrini,  avvenuta  in  Padova  il  14  febbraio,  ed  ag- 
giunge che  la  Presidenza  dell'Istituto  incaricò  il  s.  e.  Polacco  di 
presentare  le  condoghanze  del  Corpo  scientifico  alla  famiglia  del- 
l' illustre  estinto,  mentre  il  m.  e.  Lorenzoni  veniva  incaricato  di 
rappresentare  l'Istituto,  insieme  ai  colleghi  di  Padova,  ai  funerali. 

La  Presidenza  inviò  pure  una  lettera  di  condoglianze  alla 
R.  Università  di  Padova  e  comunicò  il  o-rave  lutto  al  R.  Ministero 


72  ADUNANZA    OEDINARIA 

ed  ai  principali  Corpi  scientifici  del  Regno.  Si  ricevettero  condo- 
glianze dal  R.  Prefetto  di  Venezia,  del  R.  Istituto  Lombardo  di 
scienze  e  lettere  e  dalla  R.  Stazione  Agraria  di  Modena. 

Comunica  quindi  la  lettera  di  condoglianza  del  R.  Ministero 
della  istruzione  pubblica  per  la  morte  dal  m.  e.  Keller,  e  quella 
dell'  Università  di  Oxford  in  ringraziamento  alle  condoglianze  del- 
l' Istituto  per  la  morte  del  prof.  John  Ruskin. 

Partecipa  la  morte  del  prof,  senatore  Eugenio  Beltrami,  av- 
venuta in  Roma  il  18  febbraio,  ed  annuncia  che  l'Istituto  inviò  una 
lettera  di  condoglianza  alla  vedova  dell'illustre  matematico  ed  alla 
Reale  Accademia  dei  Lincei,  e  che  ai  funerali  intervenne  il  Pre- 
sidente dell'Istituto.  —  Dopo  questa  comunicazione  il  vicesegre- 
tario Cassani  chiede  la  parola  per  commemorare  così  l'insigne  geo- 
metra : 

"   Chiarissimi  Colleghi 

"  Un  doloroso  addio  al  geometra  insigne,  in  nome  della  scienza 
cui  venne  testò  rapito,  e  tutto  il  nostro  rimpianto  del  cortese  per- 
duto  amico  ! 

"  La  vita  di  Eugenio  Beltrami  si  svolse,  in  parte  fra  noi,  e 
forse,  più  che  alla  sua  nativa  Cremona,  vincoli  di  sangue,  di  af- 
finità, di  memorie,  il  tenevano  legato  alla  città  nostra  ove  ebbero 
cominciamento  i  suoi  primi  studi  elementari.  Figlio  di  madre 
veneziana,  la  nob.  signora  Elisa  Barozzi,  congiunto  in  matrimonio 
colla  signora  Amalia  Pedrocco,  che  gli  fu  amorosissima  compagna, 
pure  veneziana,  e  la  cui  famiglia  risiedeva  in  Venezia,  si  aveva 
la  compiacenza  di  vederlo  fra  noi,  durante  una  gran  parte  delle 
vacanze. 

"  Parlare  degnamente  delle  sue  molte  opere  matematiche,  spetta 
a  chi  dovrà  tesserne  il  funebre  elogio  ;  ma  sebbene  le  mie  parole 
non  possano  aggiungere  una  sola  fronda  alla  verde  corona  che 
gli  cinge  la  fronte,  non  posso  trattenermi  dal  rammentare  che 
alla  Geometria  infinitesimale,  all'alta  Meccanica,  ed  alla  Fisica 
matematica,  colla  potenza  del  suo  ingegno  e  la  sua  instancabile 
operosità,  porse  larghissimo  contributo.  Fra  i  molti  lavori  di  Geo- 
metria infinitesimale,  qualcuno  anche  di  non  piccola  mole,  va, 
senza  dubbio,  ricordato  quel  suo  ammirabile  Saygio  d'interpreta- 
zione di  Geometria  non  euclidea  pubblicato  nel  Giornale  matematico 
di  Napoli  nel  1868.  In  esso,  l'Autore,    senza  pronunciarsi  fra  le 


DEL    25    FEBBRAIO    1900  73 

tre  Geometrie,  intorno  alle  quali  lavoravano  valenti  matematici, 
specialmente  stranieri,  mostrò  che  anche  restando  nel  campo  eu- 
clideo dove  si  ammette  che  la  retta  possieda  un  solo  punto  al- 
l' infinito,  si  trova  una  superficie  sopra  la  quale  sussistono  tutte 
le  proprietà  del  piano  di  Lobatschewschi.  Facendo  uso  di  coor- 
dinate curvilinee  gaussiane,  scoperse  il  Beltrami  questa  superficie, 
naturahuente  allo  stato  flessibile,  cioè  capace  di  assumere  infinite 
forme,  senza  mai  diventare  un  piano,  e  senza  poter  comportare 
una  retta,  qualunque  fosse  la  forma  assunta  da  essa  superficie.  Le 
geodesiche,  funzionanti  da  rette,  sono  esprimibili  con  equazioni  di 
1°  g-rado  in  coordinate  curvilinee,  come  le  rette  euclidee,  come 
i  circoli  massimi  della  sfera,  in  coordinate  sferiche,  e  data  una 
geodesica  sulla  superficie  in  discorso,  ed  un  punto  esterno  ad 
essa  linea,  si  possono  condurre  da  quel  punto  alla  g-eodesica  due 
geodesiche  parallele,  come  sul  piano  astratto  di  Lobatschewschi.  Il 
Beltrami  chiamò  questa  superficie  pseudosfera  per  quella  proprietà 
che  ha  in  comune  colla  sfera,  che  è  la  curvatura  costante  ;  ma 
negativa  invece  che  positiva. 

"  Questa  geniale  concezione  del  prof.  Beltrami,  parmi  che  da  se 
sola  valga  a  costituirgli  un  titolo  d'imperitura  memoria.  Nò  tacerò 
dell'  altro  più  ampio  lavoro  analogo.  Sulle  varietà  ad  n  rariahil?\ 
di  eiirpafura  costanfe^  e  di  quell'altro  lodatissimo  e  citato  sovente 
da  geometri  italiani  e  stranieri  intorno  ai  parametri  diff'erenziali  ; 
nò  voglio  passare  sotto  silenzio  le  due  Memorie:  liifonio  alla 
flessione  delle  sìiperflrie  ri(/afe,  e  Sulla  teoria  generale  delle  sn- 
perflrie^  presentate  nel  18G5  al  nostro  Ateneo  di  Yenezia,  del 
quale  era  socio  corrispondente.  Le  memorie  di  Fisica  matematica, 
e  quella  di  Idrodinamica  analitica,  che  ebbe  altissima  lode,  fanno 
fede  del  suo  ingegno  potente  e  della  sua  dottrina  profonda. 

"  Soltanto  le  grandi  opere  dei  poeti  e  degli  artisti  passano 
intere  alla  posterità.  La  gloria  immortale  degli  scienziati  emi- 
nenti è  legata  ad  alcuni  punti  notevoli  degli  scritti  loro.  Chi 
leggerel)be  oggidì  le  opere  di  Archimede  e  di  Cartesio  ove  non 
fosse  per  accertare  un  punto  di  critica  scientifica,  o  di  storia  della 
scienza  ?  ^\o\{\  certamente  sonvi  punti  salienti  nelle  opere  del 
Beltrami,  ma  io  porto  opinione  che  il  suo  Saggio  d' interpretazio- 
ne della  geometria  non  euclidea^  passerà  tutto  intero  ai  secoli 
venturi. 

"  Il  merito  incontestabile  del  Beltrami  fu  riconosciuto  quasi 
subito  :  ottenne    onorificenze  e  distinzioni,    ma  effli  non  cercò  nò 


74  ADUNANZA    OEDINAKIA 

le  une  né  altre;  le  accettò  senza  orgoglio,  ed  anche  senza  quella 
ostentata  modestia  che  è  manifestazione  di  un  orgoglio  mal  celato. 

"  Semplice  e  schietto  nei  modi,  sempre,  fino  all'  ultimo  giorno 
della  sua  vita,  fu  prodigo  d'illuminati  consigli  a  chi  ne  avea  d'uopo 
senza  darsi  l'aria  di  maestro,  sebbene  fosse  veramente  maestro  dei 
maestri.  Era  ricercatissimo,  anche  dai  non  scienziati,  che  traevano 
immenso  diletto  della  sua  conversazione  piacevole  ed  amena,  dalla 
quale  si  rilevava,  la  sua  vasta  coltura  artistica  e   letteraria. 

"  Fra  le  arti  predilesse  la  musica  che  coltivò  sempre  fino  da' 
suoi  più  teneri  anni,  sotto  la  direzione,  prima  della  stessa  sua 
madre,  donna  d'alto  intelletto  e  di  non  comune  cultura,  indi  del 
maestro  Ponchielli,  ed  eseguiva  maestrevolmente,  al  piano,  i  capo- 
lavori di  Bach,   di  Mendelssohn,  di  Schumann. 

"  Ed  oggi  che  questa  preziosa  esistenza  è  chiusa,  sentiamo  con 
profonda  ammirazione,  che  uno  spirito  dei  più  eletti  è  passato  ac- 
canto a  noi,  visse  della  nostra  istessa  vita  ed  ha  raggiunto  il  seg- 
gio che  gli  spetta,  in  quella  pleiade  di  valorosi  ingegni  fra  i  quali 
brillano  di  luce  innnortale  Jacobi,  Clebsch,  Rieniann,  Brioschi. 

'"'  Ma  mentre  contempliamo  questo  nuovo  fulgido  astro  del  cielo 
della  scienza,  una  mesta  voce  ne  richiama  al  perduto  amico,  e 
non  cessa  di  ripeterci  in  cuore  :  Non  lo  vedremo  più  !   „ 

Il  Presidente  annunzia  quindi  la  morte  del  barone  comm.  Gau- 
denzio Claretta,  Direttore  della  classe  di  scienze  morali  della  R. 
Accademia  delle  scienze  di  Torino,  alla  quale  fu  inviata  a  nome 
dell'Istituto  una  lettera  di  condoglianza. 

Comunica  la  Nota  del  R.  Ministero  della  istruzione  pubblica 
in  risposta  alla  comunicazione  fattagli  dal  R.  Istituto  della  me- 
moria del  s.  e.  Federico  Berchet  :  Le  S(t/e  d'armi  del  Coit^iglio 
dei  X,  colla  quale  lo  stesso  Ministero  informa  di  avere  offii5Ìato 
il  Ministro  della  Marina  per  ottenere  dal  R.  Arsenale  la  ricon- 
segna di  que'  cimelii  che  esistevano  in  Palazzo  Ducale. 

Partecipa  la  lettera  del  prof.  Gerola  da  Candia  in  data  del  8 
corrente,  relativa  all'inizio  dei  lavori  della  ^lissione  archeologica  in 
Creta. 

Comunica  infine  1'  invito  (hdla  Facoltà  delle  scienze  della  R. 
Università  di  Roma  ad  una  sottoscrizione  per  onorale  la  memoria 
del  prof.  Eugenio  Beltrami,  e  quello  del  C^omitato  Leopardiano 
alla  sottoscrizione  per  un  ricoi'do  lìiarmoreo  a  (fiacomo  Tjeo])ar- 
di   in   Fuorigrotta  (Napoli),  avvertendosi    1' istituto    che   per  l' una 


DEL    25    FEBBEAIO    1900  75 

e    r  altra    sottoscrizione    le    schede    si    trovano    presso  la  Segre- 
teria. 

Yeno-ono  qnindi  presentati  gli  elenchi  delle  opere  di  nnovo 
acquisto  e  dei  doni  pervenuti  alla  Biblioteca  dopo  l'ultima  adu- 
nanza, con  speciale  menzione  dei  seguenti  omaggi  : 

1.0  Cari  Sutter  :  Fra  Giovanni  da  Vicenza  e  VAUeluja  del 
1233,  traduzione  dal  tedesco  di  Maria,  Geìda  e  Olga  Da  Schio. 
—  Dono  del  m.  e.  A.  Da  Schio. 

2.0  Quattro  pubblicazioni  d'  argomento  zoologico  del  s.  e. 
Arrigoni  Degli  Oddi. 

3.0  Bibliografia  Cai'ìoaìherfiana  del  s.  e.  naz.  Domenico  Ca- 
rutti. 

4.0  Indici  e  Catalogi.  I  Codici  Palatini  delia  li.  Biblioteca 
Nazionale  di  Firenze^  voi.  II,  fase.  60,  pubblicati  dal  R.  Ministero 
della  Istruzione  pubblica. 

5.0  La  fauna  dei  calcari  rossi  e  grigi  del  Monte  Clopsavon 
nella  Carnia  occidentale,  del  prof.  A.  Tommasi. 

6.0  Atti  del  Collegio  degli  Ingegneri  e  degli  Architetti  della 
provincia  di  Novara.  Voi.  lo,  anni  1898-1899. 

7.0  La  heneficenza  di  ricovero  a  Venezia  nel  passato  e  nei 
nostri  tempi,  pubblicato  dalla  Congregazione  di  Carità. 

Dopo  di  che  vengono  presentate  e  lette  le  seguenti  Memorie, 
accompagnate  dai  brevi  sunti  regolamentari  : 

A.  Favaro,  m.  e.,  commemora  brevemente  Tab.  Raffaello  Ca- 
verni,  con  particolare  accenno  alla  differenza  fra  il  lavoro  del  Ca- 
verni  che  fu  premiato  dall'  Istituto  e  quello  invece  che  fu  dal- 
l' autore   stampato. 

F.  Bonatelli,  m.  e.  :  Alenile  osservazioni  intorno  al  "  Sistema  di 
filosofia  „  di  G.  ÌVundt.  —  L'  A.  dopo  aver  dato  un'idea  sommaria 
del  sistema  di  filosofia  del  Wundt  prende  in  esame  alcuni  punti 
speciali  di  esso  sistema  e  in  particolare  quelle  dottrine  che  ri- 
sguardano  la  natura  e  l'origine  del  pensiero,  il  fatto  del  conoscere 
e  la  natura  dell'anima. 

Il  pensiero  per  il  Wundt  non  ha  altra  origine  che  il  primi- 
tivo istinto  0  impulso  animale  che  è  comune  a  tutti  gli  organismi 
viventi  anche  elementarissimi  e  la  conoscenza  non  è  se  non  il 
pensiero  congiunto  colla  persuasione  della  realità  del  suo  obbietto. 


76  ADUNANZA    ORDINARIA 

In  quanto  all'anima  egli  combatte  con  tutte  le  possibili  obbiezioni 
il  concetto  ch'ella  sia  una  sostanza,  facendola  in  cambio  una  cosa 
sola  col  tutt'  insieme  de'  fatti  psichici. 

Il  Bonatelli  critica  codeste  dottrine  sforzandosi  di  mostrare 
che  il  pensiero  è  una  funzione  sui  generis,  che  la  conoscenza  non 
merita  questo  nome  se  non  è  obbiettiva  e  che  la  natura  propria 
de'fatti  psichici  e  massima  la  coscienza  della  nostra  identità  per- 
sonale richiedono  assolutamente  una  sostanza  spirituale. 

G.  B.  De  Toni,  m.  e.,  presenta  una  Memoria  redatta  in  col- 
laborazione col  sig.  Achille  Forti,  col  titolo  :  Contrihnfo  alla  cono- 
scenza del  plancton  del  lago  Vetfer,  riferendo  brevemente  sul  con- 
tenuto della  Memoria  stessa.  Trattasi  dell'analisi  microscopica  di 
quattro  campioni  di  plancton  raccolti  nel  luglio  1899  dagli  autori 
nel  lago  Yetter  presso  Jonkoping.  Sono  premesse  alcune  notizie 
generali  sul  plancton  lacustre  e  sulle  caratteristiche  che  quest'  ul- 
timo ha  nel  Vetter.  E  poi  data  la  bibliografia  sui  lavori  che  ri- 
guardano la  flora  lacustre  svedese  e  quindi  la  indicazione  delle 
specie,  dando  per  ciascheduna  i  particolari  della  distribuzione 
geografica. 

B.  Brugi,  s.  e.  :  Senso  giuridico  romano  e  senso  moderno  di 
legalità.  —  L'  A.  fa  un  confronto  tra  il  modo  in  cui  intendevano  la 
norma  giuridica  i  Romani  senza  esagerazioni  di  logica  formale, 
pieghevole,  mobile,  e,  il  nostro  senso  di  legalità  che  la  pretende 
fissa  e  immutabile,  a  costo  di  sacrificare  anche  i  bisogni  della  vita 
reale. 

Mostra  come  presso  i  Romani  gli  atti  in  frode  della  legge 
potevan  esser  tollerati  dal  magistrato  assai  più  difìficilmente  che 
dal  nostro  giudice.  Ricorda  alcune  delle  usuali  frodi  della  legge, 
specialmente  quella  del  puro  matrimonio  religioso  senza  il  civile 
prendendo  qui  in  esame  i  due  recenti   progetti  Finocchiaro  e  Donasi. 

Ct.  Spica,  s.  e.  :  Xotizie  e  considerazioni  siiJlc  recenti  es/tlosioni 
avvenute  nel  Dinamitificio  di  .ir'gliaìia.  —  L'A.  dà  sommariamente 
l' idea  dei  siti  dove  avvennero  le  esplosioni  e  fa  notare  la  specie 
e  la  quantità  di  esplosivo  che  cagionò  il  diìrastro;  esamina  (|uindi 
gli  eff'etti  avuti  per  le  potenti  esplosioni  e  fa  rilevare,  in  base 
alle  considerazioni  che  si  poterono  fare  per  la  triste  esperienza, 
come  le  dinamiti  in  genere  siano  resistenti  alle  pili  forti  commo- 
zioni atmosferiche.  Passa  quindi  ad  esaminare  le    cause  probabili 


DEL    25    FEBBRAIO    1900  77 

che  poterono  determinare  le  esplolioni  e,  dopo  d'avere  constatato 
la  poco  opportuna  ubicazione  dei  depositi,  parla  degli  inconvenienti 
riscontrati  neiraudauiento  della  f'aMiricazione,  cose  tutte  che  non 
dovrebbero  sfuggire  alle  Autorità  e  ohe  forse  non  si  lamenterebbero 
se  in  Italia  esistesse,  come  in  [ngliilterra,  un  Ispettoiw'o  (h'(j!(  e- 
splosiiu. 

R.  Massalongo,  s.  e.  :  Epatì.^mo  e  Nerropatia  : 

"1.0  Le  croniche  malattie  di  fegato  si  accompagnano  in  via 
affatto  eccezionale  a  turbe  dell'innervazione  periferica  o  centrale  ; 

"  2.0  Certe  nevrosi  e  mielopatie  recentemente  descritte  e  con- 
siderate come  espressioni  della  toxomia  epatica,  non  sono  giu- 
stificate ne  dalla  clinica,  nò  dall'  anatomia  patologica,  ne  dalla 
esperimentazione  ; 

"  3.0  II  coma  epatico,  transitorio  o  terminale;  che  non  infre- 
quentemente si  osserva  negli  ultimi  periodi  delle  malattie  epatiche, 
non  presenta  nessuna  caratteristica  speciale,  né  può  differenziarsi 
dal  coma  di  altre  toxemie  ; 

"  4.0  Quali  fenomeni  nervosi  speciali  nelle  malattie  epatiche 
non  restano  perciò  che  il  prurito  cutaneo,  certi  stati  ipocondriaci 
e  l'emeralopia,  di  solito  quando  esiste  contemporanea  l'itterizia; 

"  5.°  La  nota  influenza  delle  malattie  epatiche  sullo  stato  dei 
reni,  la  quasi  costanza  dell'alterazione  di  questi  organi  in  queste 
circostanze,  non  giustificano  l'esistenza  di  una  toxemia  epatica,  ma 
piuttosto  di  una  toxemia  epato-renale  ; 

"  6.0  I  fenomeni  nervosi  e  psichici  considerati  quali  espres- 
sioni della  toxemia  epatica,  non  sarebbero  ne  più  frequenti,  ne 
differenti  da  quelli  di  altre  autointossicazioni  le  quali,  in  via  generale, 
non  determinano  i  fenomeni  nevropatici  o  psichici  senza  una  pre- 
disposizione individuale  ; 

"  7.0  Le  alterazioni  degli  elementi  nervosi  osservate  nella  co- 
lemia e  neir  insufficienza  epatica  sperimentali,  non  differiscono 
da  quelle  dei  comuni  stati  toxo-infettivi  e  di  altre  toxemie,  altera- 
zioni degli  elementi  nervosi  spesso  transitorie,  non  costanti,  la  cui 
presenza  e  gravità  non  stanno  sempre  in  diretto  rapporto  col  quadro 
sintomatico  e  che  probabilmente  nella  loro  reazione  istologica  non 
rappresentano  che  l'ultima  espressione  dei  disordini  nutritivi  del 
neurone  sotto  l'influenza  dei  prodotti  toxo-infettivi  ; 

"  8.0  I  fenomeni  di  autointossicazione  nel  nostro  organismo  sono 
molto  complessi.  La  sintomatologia  della  lesione  di  un  organo  non 


78        ADUNANZA  ORDINAEIA  DEL  25  FEBBRAIO  1900 

è  mai  esclusiva,  né  indipendente  ;  malattie  locali  nello  stretto  senso 
della  parola  non  esistono.  Le  tendenze  attuali  di  voler  troppo  spe- 
cializzare, col  creare  nuove  entità  e  nuovi  quadri  morbosi,  traspor- 
tando con  troppo  entusiasmo  al  letto  dell'ammalato  i  dati  di  labora- 
torio, sono  addirittura  esagerate,  facendo  spesso  dimenticare  l'antica 
e  sempre  giovane  sentenza  :   "  consensus  imiiii,  consenfentia  omnia.  „ 

T.  Boggio  :  lìiteyrazione  delV equazione  A"-'  A-  =  0  in  una  co- 
rona cireolare  ed  in  un  strato  sferico  (presentata  dal  prof.  F. 
D'Arcais,  s.  e,  a  termini  dell'art.  18  del  Regolamento).  —  Di 
questo  argomento  si  occuparono  anche  1'  Almansi,  il  Volterra,  il 
Levi-Civita,  il  Lauricella,  lo  stesso  D'Arcais  ed  altri. 

V.  Brocchi  :  //  Padovanino  (presentata  dal  connn.  P.  Lioy, 
m.  e.,  a  termini  dell'art.  18  del  Regolamento).  —  L'Autore  offre 
nel  presente  lavoro  un  accurato  esame  di  tutte  le  opere  di  questo 
celeberrimo  pittore  nato  a  Padova  nel  1590  il  cui  vero  nome  era 
Alessandro  A'arotari.  Linamorato  dell'  arte  di  Tiziano  ne  copiava 
le  tele,  fu  detto,  con  tal  perfezione  da  non  poter  distinguere  le 
copie  dagli  originali  che  egli  cercava  e  copiava  da  per  tutto. 

Mostra  l'autore  che  il  merito  del  Padovaniiio  non  deve  cer- 
carsi nelle  sue  pitture  religiose  ;  ma  che  tanto  in  queste  come 
nelle  profane  è  scorrotto  nel  disegno,  mal  consigliato  nelle  tinte 
specialmente  del  cielo,  ma  inimitabile  nella  riproduzione  delle  carni 
e  delle  forme  muliebri,  sole  cose  accurate  dei  suoi  quadri,  man- 
canti, del  resto,  d'anima  e  di  vita.  Questo  lavoro  riflette  Venezia 
nel  600  e  la  sua  storia,  non  disgiunta  da  quella  dell'arte  nella 
evoluzione  della  civile  società. 

Terminata  l'adunanza  pubblica  l'Istituto  si  raccolse  in  adu- 
nanza segreta  nella  quale  vennero  conferite  ai  membri  effettivi 
Tito  Martini  e  Arrigo,  Tamas^ia  le  due  pensioni  accademiche  rimaste 
vacanti  per  la  morte  dei  mm.  ee.  Keller  e  Canestrini. 

Venne  pure  stabilito  che  il  tema  pel  concorso  Querini   1903 
sia   d'argomento   appartenente    alle    scieuze    fisiche   e   naturali,    e 
quello  della  fondazione  Cavalli   1902  alla  piibblica  moiale. 
Dopo  di  che  l'adunanza  venne  disciolta. 


[l  Presidente 
F.   LAMPERTICO 


//  Seejretario 
G.   Bekchet 


Atti  del  Reale  Istituto  Veneto  di  scienze,  letteee  ed  arti. 
Anno  accademico  1899-900  -  Tomo  LVIII  -  Parte  prima. 

(annessi) 


BOLLETTINO   BIBLIOGRAFICO 
Doni  ed  Acquisti  dal  5  al  25  febbeaio  1900  {^) 


*E.  Arrigoni  Degli  Oddi.  -  Materiali  per  una  fauna  ornifologica 
Veronese,  con  ìioie  rìì  Vittorio  Dal  Nero.  —  Venezia,  Mi- 
lano, 1899,  8.0 

*  Relazione  sul  IV  Congresso  internazionale  di  zoologia  tenutosi 
in  Cambridge  neW  agosto  1898.  —  Venezia,  1899,  8.» 

*U  aquila  rapax  (Temm.)  ed  il  Buteo  deserto  rum  (I)aud.)  per 
la  prima  volta  osservati  in  Italia.  —  Siena,  1899;  4.» 

*0n  the  Occiìrence  of  Nordmann's  Prati  u  col  e  (Glareola  mela- 
noptera)  in  Itahj.  —  1899,  8.» 

*  Atti  del  Collegio  degli  Ingegneri  e  degli  Architetti  della  p>rovin- 

cia  di  Novara.  Voi.  ì,  anni  1898-1899.  —  Novara,  1899  8.o 

*G.  Biadego.  -  Dante  e  gli  Scaligeri.  Discorso  letto  nelVadunanza 
solenne  della  B.  Deputazione  Veneta  di  storia  patria  il  giorno 
5  novembre  1899.  —  Venezia,  1899,  8.» 

*Gr.  Boffito.  -  PeìcJiè  fu,  condannato  al  fuoco  V  astrologo  Cecco 
d'  Ascoli?  —  Roma,   1900,  4.o 

*D.  Carutti.  -  Bibliografìa  Carloalbertiana  (pel  cinquantesinio  an- 
niversario della  morte  del  Re  magnanimo).  —  Torino,  1899, 
4.0 

*G.  B.  Cisotti.  -  La  Giustizia  negli  Abruzzi  neW  anno  1899.  Di- 
scorso. —  Aquila,   1900,  8.o 

*  Congregazione  di  Carità  di  Venezia.  -  La  beneficenza  di  ricovero 


(1)  L'  *  indica  i  libri  od  opuscoli  ricevuti  in  dono. 


[46]  BOLLETTINO    BIBLIOGEAFICO 

a    Venezia  nel  ija^safo  e  nei  nostri  tempi.  Bicordo  per  l'anno 
1900.  —  Venezia,  1900,  8.o 

*G.  B.  De  Toni.  -  Frammenti  Vinciani.  IV,  Osservazioni  di  Leo- 
nardo intorno  ai  fenomeni  di  capillarità.  —  Padova,  1900, 
8.0 
Fauna  und  flora  des  golfes  von  Neapel  und  der  angrenzenden 
meeresabschnitte.  Herausgegehen  von  der  Zoologischen  station 
zu  Neapel.  25^  Monographie  :  Asterocheriden,  von  D.''  Wi- 
lhelm Giesbrecht.  —  Berlin,  1899,  4°,  mit  11  tafeln. 

*Laband.  -  Carlo  F.  Ferraris.  La  nozione  scientifica  del  Dicen- 
tramento amministrativo.  Becensione.  —  Freiburg,  1899,  8.» 

*Ministero  della  Pubblica  Istruzione.  -  Ludici  e  catalogìii.  IV, 
I  Codici  Palatini  della  B.  Biblioteca  Nazionale  Centrale  di 
Firenze.  Voi.  II,  fase.  6.o  —  Eoma,  1899,  8.o 

*Municipio  di  Venezia.  Ufficio  d'  igiene.  -  U  igiene  stradale  in 
Venezia.  Note  del  dott.  B.    Virante.  —  Venezia,  1900,  8.o 

*P.  A.  Saccardo.  -  Di  Domenico   Vandelli  e  della   jxirte    eh'  ebbe 
lo  Studio  Padovano  nella  riforma    dell'  istruzione    superiore 
del  Portogallo  nel  settecento.   —  Padova^  1900,  8.» 
M.  Sanuto.  -  /  Diarii.  Tomo  LVI,  fase.  237. 

*G.  0.  Sars.  -  An  Account  of  the  Cru.stacea  of  Nortvay.  Voi.  2», 
p.  I-XII.  Voi.  30,  p.  I-IV.  —  Bergen,  1897-99,  8°,  tav. 
Pubblicazione  e  dono  del  Bergen  Museum. 

*C.  Sutter.  -  Fra  Giovanni  da  Vicenza  e  V  Allehija  del  1233. 
Traduzione  dal  tedesco  di  Maria,  Gelda  e  Olga  Da  Schio, 
con  alcune  note  e  aggiunte  dell'  autore  e  quattro  eliotipie.  — 
Vicenza,  1900,  8.° 

Dono  del  m.  e.  A.  Da  Schio. 

*L.  Tiepolo.  -  Disposizioni  per  la  conservazione  della  Laguna  di 
Venezia.  Belazione  alla  Camera  dei  Deputati,  seduta  del  19 
dicembre  1899.  —  Roma,   1899,  4.o 

*A.  Tommasi.  -  La  fauna  dei  calcari  rossi  e  grigi  del  Monte 
Clapsavon  nella  Carnia  occidentale.  —  Pisa,  1899,  4»,  con 
tav. 

*E.  Wohlwill.  -  Die  Entdeckung  der  Parabelform  der   Wurflinie. 


Atti  del  Reale  Istituto  Veneto  di  scienze,  letteke  ed  aeti. 
Anno  accademico  1899-900  -  Tomo  LIX  -  Parte  seconda. 


CONSIDERAZIONI 
SULLA    MORFOLOGIA    DEL    TORACE 

DEL    DOTT.    P.    PENNATO,    s.    e. 
(Adunanza  del  4  febbraio  1900) 


Nell'osservare  e  descrivere  la  forma  del  torace,  di  solito  ci 
limitiamo  a  ricercare  con  metodo  scolastico  a  quale  delle  classiche 
forme  tipiche  (quadrata,  conica,  cilindrica  carenata  ecc.)  corrisponda 
il  caso  che  studiamo.  Eppure  questo  assai  spesso  non  troviamo 
conforme  ad  uno  di  quei  tipi,  e  proviamo  l'imbarazzo  di  definirlo. 
Un  g-rande  soccorso  all'esattezza  descrittiva  portano  le  misurazioni: 
gli  studii  morfologici  chela  scuola  di  Padova  da  tanto  tempo  diffonde, 
hanno  dato  a  queste  ricerche  la  maggior  precisione,  e  fornito  dedu- 
zioni per  la  patogenesi,  che  come  è  noto  sono  raccolte  nella  Mor- 
fologia del  corpo  umano  (/). 

In  seguito  e  come  appendice  a  questi  studi,  a  me  è  sembrato 
che  potrebbe  pure  servire  alla  conoscenza  morfologica  del  torace, 
e  quindi  contribuire  alla  conoscenza  della  patogenesi,  la  determina- 
zione dei  diametri  del  torace  antero-posteriore  e  trasverso.  Oltre  al- 
l'ampiezza del  torace,  quale  si  ha  dalla  circonferenza  massima,  ed 
oltre  la  sua  altezza,  torna  opportuno  tener  conto  anche  dello  sviluppo 
del  petto  nel  senso  antero-posteriore  e  trasverso. 

In  alcuni  soggetti  il  torace  si  presenta  schiacciato  dall'  avanti 
all'indietro  in  modo  impressionante,  e  in  questi  individui,  anche  se 
per  avventura  la  circonferenza  massima  non  è  in  un  limite  di 
manifesta    inferiorità,  sta   in   quel   fatto   dello   schiacciamento   del 


(1)  (U.  Hoèpli,  1891)  De  Giovanni,  Morfologia  del  corpo  umano. 


336  P.    PENNATO  (2) 

petto  una  difettosa  conformazione,  che  tradisce  una  predisposizione 
morbosa,  o  si  accorda  con  una  malattia  già  in  evoluzione. 

Il  fatto  opposto  dell'eccessivo  sviluppo  nel  senso  anteroposteriore 
si  osserva  pure  frequentemente  in  altre  predisposizioni  morbose.  E 
nelle  mie  ricerche  sui  diametri  del  torace  mi  sono  proposto  di 
studiare  colla  maggior  esattezza  i  rapporti  che  essi  hanno  colle 
altre  misurazioni  nei  casi  di  salute  e  di  malattia. 

Con  apposito  compasso  ho  preso  due  diametri  trasversi  e  due 
antero-posteriori.  Il  trasverso  superiore  all'altezza  del  cavo  ascellare, 
l'inferiore  all'  altezza  dell'  inserzione  dell'  appendice  ensiforme  al 
corpo  dello  sterno,  ambidue  sulla  linea  ascellare  mediana.  Il  diametro 
sterno  vertebrale  superiore  all'altezza  dell'incisura  giugulare  dello 
sterno,  e  precisamente  tra  questo  e  l'apofisi  spinosa  vertebrale  che 
vi  corrisponde  in  direzione  orizzontale.  Il  diametro  sterno  vertebrale 
inferiore  tra  il  punto  d'inserzione  sternale  dell'appendice  ensiforme 
e  la  corrispondente  apofisi  spinosa  vertebrale.  Questi  diametri  cor- 
rispondono, i  superiori  alla  parte  più  alta  del  torace  un  po'  più  sotto 
dell'apice  polmonare,  gli  inferiori  un  po'  al  di  sopra  delle  basi  dei 
polmoni. 

Con  una  semplice  ispezione  si  possono  fare  deduzioni  sullo 
sviluppo  in  grossezza  del  torace,  ma  la  misurazione  dimostra  esat- 
tamente il  rapporto  che  essa  ha  con  le  altre  misurazioni  nel  caso 
che  si  studia  e  rendè  quindi  più  facile  il  paragone  con  altri  casi. 

Io  mi  limito  qui  a  riferire  i  risultati  della  ricerca  sui  diametri 
del  torace  di  individui  sani  e  senza  tara  ereditaria  —  di  individui 
tubercolosi  —  di  individui  cardiopatici.  Riferisco  un  solo  esempio 
per  ciascuna  di  queste  varietà  morfologiche,  scegliendo  a  caso  dalla 
mia  raccolta  di  individui  di  eguale  altezza  : 

tubercoloso 

altezza      ......     1.62 

circonferenza  del  torace  .  .  .0.78 
altezza  del  torace  (linea  iugulo-xifoide)  0.16 
diametro  sterno  vertebrale  superiore  0.14 
diametro  sterno  vertebrale  inferiore.  0.17 
diametro  trasverso  superiore  .  .  0.21 
diametro  trasverso  inferiore       .         .0.25 

Da  un  gran  numero  di  osservazioni  io  posso  dedurre  per  quel 
che  riguarda  i  diametri   del  torace,  che  nei  sani  il  diametro  sterno 


sano 

cardiaco 

1.62 

1.62 

0.84 

0.96 

0.15 

0.17 

0.15 

0.19 

0.20 

0.26 

0.24 

0.22 

0.27 

0.28  . 

(3)  CONSIDERAZIONI    SULLA    MORFOLOGIA    DEL    TORACE  337 

vertebrale  è  eguale  o  quasi  eguale  all'altezza  dello  sterno,  ed  è 
circa  tre  qu^irti  del  diametro  sterno  vertebrale  inferiore.  E  pre- 
scindendo d(i  speciali  deformità  dovute  a  rachitismo  o  ad  altre 
condizioni,  si  trova  che  il  torace  dell'uomo  sano  sta  tra  due  estremi, 
uno  dei  quali  è  costituito  da  difetto,  l'altro  da  eccesso  di  sviluppo  ; 
il  torace  con  inferiorità  di  sviluppo  è  quello  dei  tubercolosi,  il 
torace  a  sviluppo  eccessivo  è  quello  dei  cardiaci. 

Questa  classificazione  deve  intendersi  fatta  in  un  senso  piut- 
tosto lato  ;  così  per  esempio  considera  non  solo  il  tubercoloso  che 
presenta  dei  fatti  obbiettivi  in  atto,  ma  anche  il  tubercoloso  la- 
tente e  quello  che  ha  già  avuto  manifestazioni  tubercolari  pas- 
sate a  guarigione.  In  tutti  questi  le  note  morfologiche  presentano 
caratteri  di  difettoso  sviluppo.  Interessanti  tra  le  ricerche  sulle 
tubercolosi  guarite  sono  quelle  provenienti  da  reperti  anatomici 
nei  quali  la  tubercolosi  si  presenta  come  lontano  accidente  mor- 
boso superato  da  molti  anni,  e  testimoniato  soltanto  da  induri- 
menti cretificati  degli  apici  polmonari,  o  dei  gangli  bronchiali. 

Eiporto  di  questi  casi  i  seguenti  : 

F.  Albina  d'anni  36  venuta  a  morte  per  cachessia  pellagrosa  e 
malarica.  Nel  reperto  necroscopico  oltre  le  localizzazioni  intesti- 
nali e  renali  di  queste  discrasie,  trovammo  una  antica  tubercolosi 
degli  apici  (cretificazioni  circoscritte  da  sclerosi).  Le  misurazioni 
in  questo  caso  diedero  i  seguenti  risultati  : 

Altezza  1,52;  circonferenza  del  torace  78;  linea  iugulo-xifoide 
14,5  ;  linea  xifo-pubica  39  ;  linea  xifo-ombellicale  24  ;  diametro 
sterno  vertebrale  superiore  1 4  ;  diametro  sterno  vertebrale  infe- 
riore 20  ;  diametro  trasverso  superiore  20  ;  diametro  trasverso  in- 
feriore 24. 

In  questo  caso  non  troviamo  quel  manifesto  difetto  nello  svi- 
luppo del  torace  che  è  proprio  dei  tubercolosi.  Se  ne  potrebbe 
dedurre  che  l'arresto  della  malattia  fu  influenzato  dalle  felici  con- 
dizioni della  combinazione  morfologica.  E  consimile  sarebbe  que- 
st'  altro  caso  che  riguarda  una  donna  morta  ad  86  anni  per  ram- 
mollimento cerebrale.  Come  testimonio  dell'  antica  tubercolosi,  tro- 
vammo due  grossi  gangli  bronchiali  cretificati.  Le  note  morfolo- 
giche erano  le  seguenti  : 

Altezza  1,48  ;  circonferenza  massima  del  torace  74  ;  linea 
iugulo-xifoide  15  ;  linea  xifo-pubica  30  ;  linea  xifo-ombellicale  14; 
diametro  sterno  vertebrale  superiore  14  ;  sterno  vertebrale  infe- 
riore 16  ;  diametro  trasverso  superiore  17  ;  inferiore  22. 


388  P.    PENNATO  (4) 

Ma  in  altri  casi  di  tubercolosi  riscontrata  soltanto  alla  ne- 
croscopia,  le  note  morfologiche  sono  quelle  proprie  della  tuberco- 
losi. Così  nella  seguente  osservazione  che  si  riferisce  ad  un  sog- 
getto morto  a  48  anni  per  psicopatia.  Alla  necroscopia  si  tro- 
varono cretificazioni  con  ispessimenti  fibrosi  agli  apici  polmonari 
da  antica  tubercolosi.   Le  misurazioni  diedero  i  seguenti  risultati  : 

Altezza  1,78;  circonferenza  massima  del  torace  80;  linea  iugu- 
lo-xifoide  1  7  ;  linea  xifo-pubica  35  ;  xifo-ombellicale  20  ;  diame- 
tro sterno  vertebrale  superiore  14  ;  diametro  sterno  vertebrale 
inferiore  20;  diametro  trasverso  superiore  20;  trasverso  inferiore  25. 

In  questo  caso  le  note  morfologiche  proprie  dei  tubercolosi 
sono  evidenti.  Se  ne  dovrebbe  dedurre  che  la  malattia  si  è  arre- 
stata anche  malgrado  le  infelici  condizioni  morfologiche  :  ma  questo 
uè  contraddice  a'  corollari  della  morfologia,  ne  importa  sfiducia 
nelle  ricerche  antropometriche,  essendo  molte  e  varie  le  condizioni 
per  cui  un  processo  tubercolare  va  ad  arrestarsi  e  a  guarire. 

Lo  sviluppo  meschino  dei  diametri  del  torace  si  accorda  colle 
altre  note  morfologiche  proprie  di  questi  soggetti.  Sono  individui 
con  torace  deficente  (circonferenza  massima  minore  di  metà  del- 
l'altezza) con  arti  esageratamente  sviluj)pati,  e  muscoli  sottili,  e 
conformemente  a  queste  condizioni  v'è  un  generale  languore  nelle 
funzioni  trofiche,  stasi  linfatiche  ecc. 

Abbiamo  detto  essere  in  questi  soggetti  il  diametro  antero- 
posteriore  in  meno  felici  rapporti  di  sviluppo  in  confronto  di  quanto 
si  osserva  nei  sani.  Per  la  ristrettezza  del  diametro  antero-poste- 
riore  si  ha  il  torace  appiattito,  che  tanto  frequentemente  riscon- 
triamo nei  tubercolosi.  Dato  un  torace  appiattito  la  condizione  più 
sfavorevole  è  quella  in  cui  anche  il  diametro  trasverso  ò  di  scarso 
sviluppo,  e  in  cui  il  diametro  trasverso  superiore  ò  quasi  eguale 
all'inferiore  (torace  cilindrico).  A  questo  proposito  giova  il  con- 
fronto dei  seguenti  due  casi.  Il  primo  appartiene  ad  una  donna 
di  anni  50  sempre  sana,  morta  per  infezione  pneumococcica  (pneu- 
monite-meningite)  senza  che  neanche  la  necroscopia  dimostrasse 
alcun  segno  di  tubercolosi  latente  od  antica.  Il  secondo  caso  si 
riferisce  ad  una  ragazza  di  20  anni  (di  eguale  statura)  affetta  da 
tubercolosi  polmonare  ed  ossea: 


caso  primo 

caso  secondo 

.      1.56 

1.56 

80 

71 

14.5 

14 

36 

34 

20 

20 

15 

12 

19 

17 

20 

18 

25 

19  . 

(5)  CONSIDERAZIONI    SULLA    MORFOLOGIA    DEL    TORACE  ;B39 


altezza 

circonferenza  del  torace 
linea  iugulo-xifoide 
linea  xifo-pubica  . 
linea  xifo-ombellicale    . 
sterno  vertebrale  superiore 
sterno  vertebrale  inferiore 
trasverso  superiore 
trasverso  inferiore 


Io  devo  qui  ricordare  uno  studio  di  Gabrilowitch  (i)  secondo 
le  ricerche  del  quale  non  sarebbe  vero  che  i  tubercolosi  presen- 
tano il  torace  appiattito.  Egli  ha  studiato  31  individui  sani  in 
condizioni  molto  simili  di  età,  di  statura  di  abitudini,  senza  tare 
ereditarie,  e  studiò  pure  22  tubercolosi  nei  quali  lo  stadio  della 
malattia,  1'  età,  le  abitudini  di  vita  erano  simili.  Ricercando  i 
rapporti  tra  le  varie  misure  in  questi  soggetti  venne  fra  altre 
conclusioni  a  questa,  che  il  diametro  antero-posteriore  sarebbe  in 
confronto  del  trasverso,  sviluppato  nei  tubercolosi  più  che  nei  sani. 

I  risultati  delle  mie  ricerche  sono  affatto  contrari  a  quelli  di 
Gabrilowitch  che  forse  ha  considerato  casi  speciali  e  in  numero 
limitato.  Del  resto  è  un  fatto  di  osservazione  comune  la  frequenza 
del  torace  piatto  nei  tubercolosi. 

In  quesii  il  torace  è  in  generale  deficente  di  sviluppo  e  lo 
è  anche  nei  diametri.  Invece  in  altri  soggetti  si  trova  1'  errore 
morfologico  opposto,  cioè  lo  sviluppo  eccessivo.  Sono  individui  a 
grosso  e  corto  collo,  di  colorito  vivace,  con  ricco  pannicolo  adiposo 
e  muscolatura  gagliarda.  Il  loro  grosso  torace  racchiude  ampi 
polmoni  e  un  sistema  cardiovascolare  molto  sviluppato,  con  pre- 
dominio del  cuore  sinistro  e  dell'  aorta.  In  essi  le  esagerazioni 
dietetiche  e  gli  abusi  in  genere  della  vita,  a  cui  sono  tratti  da 
questa  stessa  rigogliosità  della  costituzione,  conducono  gradata- 
mente in  prima  a  fatti  di  alterata  funzionalità  del  centro  circo- 
latorio, e  poi  all'  evoluzione  di  vere  cardiopatie,  alle  varie  forme 
di  cardiopatie  cui  si  ascrive  un'  origine  arteriosa. 


(1)  Gabi'ilowitch,  Beitrag  zur  Kentniss  der  wichtigsten  Korpermasse 
bei  Phtisikern  ecc.  In  Beri  Klin  Woch.  1899,  21. 


340  P.    PENNATO    -    CONSIDEEAZIONI    ECC.  (6) 

Le  note  morfologiche  in  questi  casi  sono  tanto  più  significa- 
tive in  quanto  che  sulla  guida  di  esse,  ben  prima  che  si  sviluppi 
la  malattia,  se  ne  possono  segnalare  le  predisposizioni.  E  tra  que- 
ste note  morfologiche  e  in  stretta  relazione  con  esse,  sono  quelle 
relative  a'  diametri  del  torace. 


(Finita  di  stampare  il  giorno  28  febbraio  1900) 


Atti  del  Rkale  Istituto  Veneto  di  scienze,  lettere  ed  arti. 
Anno  accademico  1899-900  -  Tomo  LIX  -  Parte  seconda. 


IL    PENTIMENTO 

MEMOKIA 

DEL  PROF.    PIETRO    RAGNISCO,    m.  e. 

(Adunanza  del  4  febbraio  1900) 


Quale  differenza  tra  un  uomo  selvaggio,  un  delinquente  sfac- 
ciato e  lo  stato  di  coscienza  di  Macbeth  ! 

L'ambizione  fa  pervenire  quest'ultimo  al  delitto  :  unico  fla- 
gello gli  rimane  quello  della  propria  coscienza  :  piglia  le  sembianze 
di  Banquo,  e  si  presenta  così  vivo  e  terribile  agli  occhi  del  corpo, 
come  gli  era  nella  fantasia.  Meravigliosa  scena,  dice  lo  Zumbini, 
in  cui  r  uomo  parla  a  sua  moglie  meno  di  ciò  che  ha  fatto,  che 
di  ciò  che  ha  colpito  lui  stesso,  meno  della  morte  da  lui  data 
agli  altri,  che  della  morte  del  suo  proprio  sonno.  Macbeth  porta  l'in- 
ferno dentro  di  se,  l'inferno  della  sua  coscienza  e  delle  sue  vi- 
sioni (1).  Ma  che  distanza  dai  cannibali  che  furono  nostri  antenati, 
dagli  australiani  che  ammazzano  gli  uomini  per  ungersi  del  grasso 
umano  le  loro  scarpe  (-),  dai  delinquenti  che  sono  nelle  nostre 
prigioni,  ove  non  apparisce  mai  sull'  orizzonte  della  coscienza  e 
della  loro  faccia  la  rugiada  del  dolore  dei  loro  misfatti  !  Eppure 
sono  anche  questi  nostri  fratelli,  come  è  somigliante  la  scimmia  ed 
un  Darwin.  E  che    meraviglia  tra  un    cretino  ed  un  Goethe  per 


(1)  Pag.  81  e  93.  Zumbini,  Studi  di  letteratura  straniera.  1893. 

(2)  Vedi  Letourneau,  L'évolution  de  la  morale,  pag.  79  e  seg. 


342  P.    EAGNISCO  (2) 

l'intelligenza,  se  noi  abbiamo  il  dovere  morale  e  religioso  di  con- 
siderare i  delinqnenti  come  nostri  fratelli  ?  E  se  è  un  fatto,  che  noi 
amiamo  più  un  cane,  un  canarino  di  un  mostro  umano,  pur  tut- 
tavolta  siamo  obligati,  nostro  malgrado  anche,  di  riconoscere  la 
nostra  parentela  coi  delinquenti.  Qui  è  il  caso  che  la  ragione  ci 
dice  ciò  che  è,  e  che  dovrebbe  essere,  ad  onta  che  non  vogliamo 
per  la  ripugnanza  della  nostra  volontà. 

Un  altro  fatto  da  considerare  è  questo  :  che  il  pentimento  è 
del  tutto  spontaneo  e  li'' ero,  non  iscende  cioè  nel  tempio  sacro 
della  nostra  persona  colla  forza,  colla  pena,  colla  intimidazione  (^). 
Cristo  stesso  messo  in  croce  fra  due  ladroni  per  maggiormente  umi- 
liarlo, non  si  è  pentito  del  suo  operato  :  anzi  ha  implorato  per- 
dono ai  suoi  nemici  perchè  non  sapevano  ciò  che  facevano.  E 
Silvio  Spaventa  messo  alla  catena  coi  delinquenti  non  si  è  pentito 
degli  atti  generosi  della  tentata  rivoluzione  contro  il  Borbone  :  anzi 
per  quanta  ripugnanza  avessero  quei  martiri  di  essere  uguagliati  ai 
malfattori,  istruivano  costoro  sul  dovere  e  sulle  innnorali  azioni. 
Ed  oltre  a  ciò,  vi  è  anche  la  gioia  della  trasgressione  di  una  legge 
iniqua  ;  lo  che  è  il  trionfo  di  un  uomo  sulla  società  per  una  mo- 
rale a  lei  incognita,  e  che  si  trova  nei  grandi  riformatori,  o  spu- 
tati dalla  folla,  o  messi  in  croce,  o  gittati  sul  rogo  senza  punto 
alterarsi  nelle  loro  sante  convinzioni.  E  si  chiama  martirio  appunto 
per  questo,  perchè  non  vi  è  pentimento  nell'anima  sacrificata  dalla 
turba,  anzi  vi  è  la  serenità  della  giusta  convinzione.  Questi  due 
fatti  ci  adducono  all'esame  del  pentimento  nel  suo  aspetto  psico- 
logico in  prima,  e  poi  nel  suo  valore  etico. 


IL 


Nel  pentimento  l'azione  immorale  è  spesso  ripiodotta  nella 
fantasia,  come  se  si  fosse  nel  momento  di  farla,  ma  con  questa 
diversità  :  che  quando  è  stata  fatta  l'azione  immorale,  la  passione 


(1)  Va  (la  sé  elle  il  pentimento  che  trattiamo,  è  specificamente  mo- 
rale, quantunque  esso  è  generico  per  se  :  mi  pento  p.  e.  di  avere  speso 
male  il  mio  danaro  per  avere  assistito  ad  una  cattiva  rappresentazione 
a  teatro. 


(3)  IL    PENTIMENTO  343 

è  stata  pienamente  soddisfatta  ;  invece  quando  essa  è  riprodotta 
nella  fantasia  come  fu  fatta,  la  passione  tace,  perchè  è  stata  già 
contentata.  Per  l'ammutolirsi  della  passione,  essa  è  giudicata  ob- 
biettivamente, come  suol  dirsi,  ossia  lo  spirito  la  giudica  per  la  sua 
stima  reale.  In  seguito  di  ciò  mentre  prima  l'azione  immorale  ci 
ha  dato  piacere,  dopo  per  il  giudizio  equo  ci  apporta  dispiacere. 
Ma  qui  però  non  avviene  nissun  accontentamento  eguale  al  desi- 
derio di  aver  compiuta  una  morale  azione,  e  di  averlo  soddisfatto. 
Ci  è  solo  il  dispiacere  di  aver  fatto  il  male,  cioè  una  coscienza 
del  fatto  che  ci  opprime,  ed  un  desiderio  del  suo  allontanamento, 
vale  a  dire,  desideriamo  che  non  sia  avvenuto  ciò  che  è  presente 
a  noi  nella  rappresentazione  dell'  azione  riprodotta.  Oltre  a  ciò 
avviene  come  un  disprezzo  di  noi  stessi,  un  odio  contro  noi  me- 
desimi (1),  per  cui  pare  che  Y  io  di  prima  sia  tutto  diverso  da 
quello  del  di  poi  :  e  quindi  è  facile  credere  che  in  questa  diversità 
di  coscienza,  il  passato  sia  quasi  cancellato  dal  presente  stato  di 
coscienza.  Invece  è  al  contrario  :  come  quando  desideriamo  di 
essere  un  altro  che  abbiamo  visto  felice  più  di  noi  medesimi,  non 
vogliamo  perdere  il  nostro  /o,  essendo  totalmente  1'  altro  che  è 
felice,  smettendo;  annichilando  la  propria  coscienza,  ma  deside- 
riamo r  altrui  stato  in  quanto  si  unisce  al  nostro  ;  così  il  penti- 
mento è  caro  a  noi  stessi,  perchè  è  quello  che  ci  conserva  nella 
nostra  identità  personale,  nel  doppio  stato  di  un  passato  e  di  un 
presente  per  quanto  diversi.  In  questa  continuità  di  coscienza  nelle 
due  fasi  della  vita  interamente  diverse  non  vi  è  ancora  un  ef- 
fettivo realizzamento  di  natura  da  uno  stato  all'  altro,  dal  vizio 
che  reca  dolore  alla  virtù  che  reca  godimento.  È  un  solo  prin- 
cipiare, per  cui  si  è  altro  da  quel  di  prima  :  è  il  piacere  di  aver 
quasi  conseguita  la  felicità  che  non  avevamo,  che  ci  invita  ad  ope- 
rare diversamente,  come  un  prenunzio  del  nostro  stato  cambiato. 
Ma  la  qualità  morale  del  pentimento,  osserva  lo  Stern,  è,  che  è 
un  dispiacere   per  l'azione    immorale  realmente  commessa  e  pos- 


(1)  Quest'odio  contro  se  stosso  nel  pentimento  non  è  sfuggito  al  Main- 
lànder,  seguace  di  Schopenhauer  ;  ma  è  per  lui  un  maraviglioso  stato  che 
precede  la  negazione  del  volere  per  mezzo  del  lume  dell'intelligenza,  la 
quale  serve  solo  a  farci  conoscere  che  il  non  essere  è  migliore  dell'essere  ; 
questa  è  la  più  grande  cultura  dello  spirito.  Perciò  paragona  quest'odio 
ad  una  notte  primaverile  sciroccale  in  cui  si  aprono  i  bottoni  dei  fiori. 
Vedi  pag.  222  Die  philosopìiie  der  Erlosimg.  Ber.  1876. 


344  I*.    RAGNISCO  (4) 

sibilmente  rappresentata  morale  nel  pentito,  per  cui  la  tendenza 
morale  è  idealmente  contentata  in  quanto  avviene  anche  un  chie- 
dere scusa  :  epperò  adduce,  o  spinge  al  morale  non  in  quanto  vi 
è  la  intenzione  semplice  di  un  momento,  ma  la  intenzione  perdu- 
rante di  fare  azioni  morali  positive  (i).  Così  solamente  può  essere 
registrato  come  sentimento  morale.  Ma  come  dal  dire  al  fare  ci 
è  il  mare,  così  dalla  ideale  intenzione  alla  realizzazione  della  mo- 
rale azione  v'  è  un  gran  tratto  di  tempo.  E  se  dalla  azione  im- 
morale commessa  al  pentimento  di  essa  è  richiesto  quel  tempo 
in  cui  la  ragione  piglia  il  dominio  sulla  passione  ;  tanto  mag- 
gior tempo  è  richiesto  perchè  si  passi  dalla  intenzione  della  mo- 
rale azione    all'  adempimento   della  medesima   (2).    Imperocché  la 


(1)  Pag.  366,  cap.  IV.  Critische  Grundlegiing  der  Ethik  als positiver 
Wissenschaft,  von  dr.  med.  W,  Stern  prae.  Arzt  in  Berlin,  1897. 

(2)  Per  esempio  :  quanto  tempo  ci  è  voluto  perchè  l'Alfieri  arrivasse 
ad  un  vero  ravvedimento,  ed  alla  vera  liberazione,  pag.  157,  XV,  Vita,  1823, 
da  quella  signora  di  Torino  che  tu  la  terza  rete  amorosa  della  sua  vita  ! 
Si  dovette  ammalare  lui  e  lei  :  poi  incominciò  a  stendere  la  sì/a  Cleo- 
patra. Allontanatosene,  e  giunto  la  sera  a  Novara,  saettato  tutto  il  giorno 
da  quella  sguaiatissima  passione  "  ecco  che  il  pentimento,  il  dolore  e  la 
viltà  mi  muovono  un  sì  feroce  assalto  al  cuore,  che  fattasi  omai  vana 
ogni  ragione,  sordo  al  vero,  repentinamente  mi  cangio  „  pag.  155.  E  torna 
di  nuovo  a  Torino.  Poi  si  taglia  una  treccia  dei  suoi  rossissimi  capelli, 
per  avere  un  impedimento  a  mostrarsi  così  tosone.  Scrive  il  sonetto  :  Ho 
vinto  alfin,  lo  manda  al  Padre  Paciaudi,  che  lo  incoraggia,  lodando  il 
sonetto,  alla  carriera  poetica  :  si  fa  legare  nella  sua  seggiola  per  impedire 
se  stesso  dal  poter  fuggire  di  casa  e  ritornare  al  suo  carcere,  pag.  161. 
Il  solo  Elia  che  era  il  legatore,  era  a  parte  di  questo  segreto,  e  lo  scio- 
glieva quando  gli  era  passato  quell'accesso  di  furiosa  imbecillità.  A  poco 
a  poco  scrivendo  s'infiammava  da  se  stesso  del  bellissimo  ed  altissimo 
amor  di  gloria  pag.  166.  Il  Paciaudi  lo  incoraggia  e  lo  corregge  :  vi  sono 
pensieri  grandi,  affetti  ben  maneggiati,  caratteri  nobilmente  sostenuti, 
gli  dice,  nella  Cleopatra.  Fin  tanto  che  dopo  le  due  rappresentazioni  tea- 
trali dei  suoi  primi  lavori  gli  entra  la  febbre  dell'amore  della  gloria,  pag. 
180.  Si  tratta  di  anni  per  avere  effetto  il  pentimento. 

Porterò  un  altro  esempio,  ma  di  altro  genere  di  tendenze,  non  della 
gloria,  come  l'Alfieri,  ma  di  misticismo,  come  S.  Agostino.  Quello  che  chia- 
mano grazia  divina,  quando  S.  Agostino  si  prosternò  sotto  una  pianta  di 
fico  e  versò  torrenti  di  lacrime,  questo  pentimento  si  spiega  da  se,  na- 
turalmente, per  mezzo  di  un  nuovo  lento  determinismo.  Bisogna  ricono- 
scere che  S.  Agostino  era  arrivato  all'incontentabilità  degli  stessi  piaceri 
sensuali,  per    cui  la  natura    stessa  dei    piaceri  operò    più  miracoli    della 


(5)  IL    PENTIMENTO  345 

passione  che  ci  ha  spinto  al  male,  se  ha  avuto  un  po'  di  tregua, 
in  cui  la  ragione  illumina  la  mente  del  fallo  commesso,  questa 
tregua  può  essere  molto  facilmente  un  riposo  perchè  ripigli  mag- 
gior forza  la  passione  stessa.  Perchè  non  si  può  spiegare  diversa- 
mente come  avviene  lo  sfai  prò  ratione  poìuntaa  {^),  anche  quando 
avviene  il  pentimento.  La  volontà  qui,  in  questo  caso,  è  la  stessa 
passione  che  comanda  ancora,  dopo  la  sosta  del  pentimento.  Il 
quale  accennando  solo  al  desiderio  incompleto  ancora  di  volere 
operare  diversamente,  non  dà  certamente  il  perfetto  affidamento 
dell'assicurazione  dell'opera  morale  posteriore. 

Il  pentimento  dello  Schopenhauer  è  di  tutt'altra  natura.  Esso 
è  freddo  e  gelido  come  la  conoscenza  :  e  come  la  vera  conoscenza 
che  egli  vagheggia  è  la  nullità  della  vita,  così  il  pentimento  as- 
soluto, cioè  il  dolore  di  coscienza  o  di  conoscenza  vera  è  un  pen- 
timento fatale  da  cui  non  vi  è  via  di  redimersi.  Il  passato  non 
appartiene  più  al  pentito,  dice  lui,  perchè  è  una  manifestazione 
del  volere,  ossia  di  una  necessità  che  non  più  lo  tocca.  Così  la 
conoscenza  tardiva  è  quella  che  ci  fa  conoscere  l'irremediabile 
dolore  cui  è  condannata  la  nostra  vita.  E  un  dolore  simile  a  chi 
ha  scritto  un  libro  senza  le  conoscenze  complete  che  doveva   sa- 


stessa  divinità,  in  lui.  Desideroso  di  sapere  non  trova  noW Ortensio  che 
leggeva,  tutto  quello  che  desiderava.  Poi  la  conoscenza  di  S.  Ambrogio 
di  cui  ammira  la  castità,  gli  è  un  esempio  vivo.  La  lettura  dei  libri  di 
Platone  e  specialmente  dei  neoplatonici  lo  accende  alla  sapienza,  perdio 
questi  libri  lo  secondavano  nella  tendenza  mistica  che  era  in  quel  tempo 
una  scintilla  nell'anima  sua,  come  la  gloria  nell'Alfieri.  Poi  la  lettura  di 
S.  Paolo  lo  infiamma  vieppiù  al  misticismo.  Finalmente  la  visita  di  Pon- 
tiziano  che  gli  parla  di  S.  Antonio  quando  era  in  casa  con  Alipio  :  si  ral- 
legra con  lui  che  legge  l'epistola  di  S.  Paolo,  gli  parla  della  fecondità 
dell'eremo  che  egli  ignorava  :  allora  leggendo  a  caso  le  parole  di  S.  Paolo 
"  diamoci  a  Gesù  e  lasciamo  le  orgie  e  le  ebbrezze  „  avviene  veramente 
la  sua  conversione  dopo  un  pentimento  lungo,  lungo,  intramezzato  da 
spessi  ritorni  alla  vita  voluttuosa.  Poca  efficacia,  io  credo,  ebbero  le  la- 
crime e  le  preghiere  di  S.  Monica,  alle  quali  era  pur  troppo  assuefatto. 
Vedi  uno  scritto  del  Segrè  nella  Nuora  Antolor/ia^  da  cui  ho  attinto  queste 
notizie. 

(1)  "Io  non  sapeva  allora,  ma  provava  per  esperienza  quel  profondo 
ed  elegante  bel  detto  del  nostro  maestro  d'amore  il  Petrarca  : 

Che  chi  discerné^  è  vinto  do  rlii  ruolc.  „ 
Cosi  l'Alfiei'i. 


346  P.    KAGNISCO  (6) 

pere,  ma  che  non  poteva  sapere.  Così  avviene  che  la  conoscenza 
è  l'unica  fonte  del  pentimento.  Ma  disting-ue  un  pentimento  (Ge- 
wissensangst)  fatale  che  è  inutile  perchè  è  una  necessità  da  cui 
non  c'è  via  di  sottrarsi,  mediante  appunto  la  compiuta  conoscenza, 
ed  un  pentimento  (Eeue)  relativo  che  deriva  dalla  mancata  co- 
noscenza dei  mezzi,  o  dalla  mancanza  di  valutazione  dei  motivi 
fatti  dalla  ragione.  Ma  sì  l'uno  che  l'altro  pentimento  non  è  ef- 
ficace a  nissun  miglioramento.  Che  il  primo  non  sia  tale,  è  ben 
chiaro  perchè  in  ultima  analisi  questo  volere  è  il  volere  per  vi- 
vere che  si  deve  negare  colla  verginità,  cioè  colla  negazione  del 
volere.  Il  valore  dell'intelligenza  è  il  togliere  il  volere,  in  quanto 
si  arriva  a  conoscere  che  il  non  essere  è  migliore  dell'essere  : 
questa  è  la  più  grande  cultura  dello  spirito  (^).  È  questo  il  primo 
pentimento  di  conoscenza.  Ma  neppure  il  secondo  è  valevole,  per- 
chè è  da  attribuirsi  la  colpa  alla  mancata  conoscenza  dei  mezzi. 
Per  Schopenhauer  non  v'  è  la  volontà  coli'  inclinazione,  colla  pas- 
sione che  ad  onta  della  chiara  conoscenza  si  oppone  al  dovere. 
Il  volere  è  impeccabile  :  lo  sbaglio  è  dell'intelletto.  È  vero  che 
confessa  subito  dopo  (-)  che  la  veemenza  del  volere  ha  impedito 
la  funzione  della  ragione  nella  scelta  dei  mezzi  :  ma  la  dice 
causa  mediata,  non  immediata  dell'errore.  La  ragione  ha  fatto  ciò 
che  non  è  secondo  il  volere,  cioè  secondo  il  carattere  il  quale  è 
intrasformabile.  Ma  v'ò  sempre  l'attenuante  per  essa,  perchè  ha 
operato  senza  riflessione.  La  vendetta,  la  collera  consigliano  l' as- 
sassinio :  dopo  che  è  stato  compiuto,  viene  la  compassione  che 
solleva  la  voce  e  parla  come  avrebbe  dovuto  parlare  prima,  se  la 
si  fosse  lasciata  parlare.  Queste  azioni,  dice,  nascono  da  debolezza 
d'intelletto  che  si  è  lasciato  sopraffare  dal  volere  senza  tenere 
innanzi  il  motivo  (^').   Così  spunta  il  pentimento,    il    quale  si    ap- 


(1)  Come  S.  Agostino  nel  De  Itoiio  roììiiKjaU  dice:  ufinmn  oDuies  hoc 
rellent,  ab  omni  ronrulntii  abstùirre,  multo  n'/iiis  Dei  eivitas  coiiipleretur. 

(2)  La  distanza  è  dalla  pag.  681  alla  pag.  682  del  II  voi.  libro  IV, 
cap.  17.  Lipsia,  1873. 

(3)  A  pag.  681  dice  che  la  ragione  ha  presentato  il  motivo  contrario 
in  ahstracto,  quando  si  è  sotto  la  passione,  senza  che  essa  ragione  sia 
appoggiata  da  una  forte  fantasia  ohe  pi'esenta  il  vero  valore  di  esso 
in  immagine  :  a  pag.  34i)  del  I  libro  lia  detto  che  senza  l'itl.essione  si  è 
lino  determinato  non  (hi  un  motivo  ehini'amente  conoseiuto  ii>  (ilis/r/icfn, 
ma  da  un  motivo  di  presentii  impressione  così  forte  (die  non  si  è  potuto 


(7)  IL    PENTIMENTO  347 

palesa  ogni  volta  con  un  voler  far  bene  per  l'avvenire,  per  quanto 
è  posmhile  :  ma  queste  sono  segrete  apparenti  frette,  sono  azioni 
ponderate,  per  cui  noi  inganniamo  noi  stessi.  Nulla  dunque  di 
bene  dal  pentimento,  perchè  esso  è  uno  sbaglio  di  ragione,  non 
uno  sbaglio  di  volere  che  non  si  può  mutare  secondo  lo  Scho- 
penhauer :  e  uno  sbaglio  anche,  necessario  perchè  la  conoscenza 
non  adegua  perfettamente  il  volere.  E  a  che  giova  questo  penti- 
mento, se  non  ad  accrescere  tormenti  senza  via  di  uscirne  ?  La 
Chiesa  ha  fatto,  quasi  con  un  tocca  e  sana,  un  abuso  del. penti- 
mento :  ma  Schopenhauer  non  ne  fa  nissun  uso  per  l'etica,  di- 
chiarandolo una  illusione  (i)  :  ma  nel  mentre  lo  ritiene  un  dolore, 
non  sa  leggere  in  quello  nissuna  nota  di  riparazione  per  la  vita 
morale.  Giusta  è  la  osservazione  del  Mainliinder  che  la  parte  più 
debole  di  Schopenhauer  è  il  carattere  acquistato  :  locchè  è  il  tutto 
della  morale  e  dell'educazione.  E  se  pure  si  vuole  accordargli  che 
è  falso  che  la  virtù  si  possa  insegnare,  a  cui  contrappom^  sempre 
il  celle  non  discifur  ;  pur  tuttavolta  il  problema  dell'  educazione 
non  può  aver  luogo  nelle  sue  pagine.  Egli  osserva  che  le  prediche 
non  giovano  alla  morale  :  sia  pure  ;  ma  gli  si  può  dire  che  neanche 
le  sue  fredde  teorie  filosofiche  giovano  a  sollevare  l'animo  a  più 
alti  ideali  mercè  il  nobile  dolore  del  pentimento. 

Il  potere  operare  diversamente  cui  accenna  il  pentimento,  è 
un  vero  volere  incompiuto,  fin  tanto  opera  ancora  il  dominio  della 
passione.  Il  vero  volere  concreto  e  reale  è  la  sola  passione  che 
padroneggia.  Il  volere  senza  potere,  cioè  senza  la  forza  che  sog- 
gioga la  passione,  è  un  mero  possibile  che  resta  inefficace,  sin 
tanto  non  si  è  ben  preparati  col  dominio  della  passione  a  far  trion- 
fare la  ragione.  Questo  è  quello  che  non  vedono  grindeterministi, 
che  dal  pentimento  argomentano  la  esistenza  della  libertà.  La  li- 
bertà anche  nel  pentimento  non  è,  né  più,  né  meno  di  quella  che 
è  la  nostra  natura  :  e  la  nostra  natura  è  quella  che  ha  fatto  real- 


adoporare  la  ragione.  Tu  sostanza,  cerea  tutti  i  modi  per  mostrare  la  ne- 
cessità e  la  inutilità  del  pentimento,  al  punto  da  volere  che  la  voce  del 
pentimento  avesse  parlato  prima,  e  non  dopo  l'azione  commes  a.  Ed  al- 
lora, dove  sussisterebbe  la  forza  del  pentimento? 

(l)  "Dodi  ist  zu  bemerk(;n,  dass  man,  um  sich  selbst  yu  tàuschen,  sich 
scheinbare  Uebereilungen  vorbereitet,  die  eigentlicli  heimlich  ùberlegtc; 
Handlungen  sind.  Denn  wir  betriigen.  und  sclimeicheln  Nioninnden  durcli 
so  teine  Kunstgriffe,  als  uns  selbst  „  p;ig.  350,  IV  lil»i'o,  pi'imo  vobimc. 


348  P-    RAGNISCO  (8) 

mente  il  male  ;  e  liberarsi  dal  male  non  può  senza  che  essa  sia 
rifatta  totalmente  diversa  da  quella  che  fu.  Bisogna  che  cambino 
in  noi  i  nostri  sentimenti,  i  nostri  impulsi  :  bisogna  cioè  che  da 
un  determinismo  passato  si  passi  ad  un  determinismo  nuovo  (i). 
L'indeterminato  non  opera  :  e  tale  è  la  sola  e  pura  ragione  che 
ci  illumina  nel  pentimento  senza  riformare,  anche  per  poco  tempo, 
la  nostra  corrotta  natura.  Il  volere  reale  è  sempre  la  nostra  na- 
tura :  il  volere  astratto  è  quello  che  si  crede  che  sia  onnipotente. 
Chi  ha  scritto  un  libro,  dopo  che  ne  ha  letto  altri  che  trattano 
lo  stesso  argomento,  si  avvede  del  suo  errore,  si  pente  di  averlo 
scritto.  Ma  è  il  caso  che  egli  con  quelle  cognizioni  che  aveva,  non 
poteva  scrivere  diversamente  Ma  se  il  pentimento  di  averlo  scritto 
è  qualche  cosa,  non  dà  ancora  affidamento  certo  di  saperne  scri- 
vere un  altro  perfetto  ;  il  pentimento  del  male  operato  non  dà  nis- 
suna  certezza  di  vero  emendamento  senza  la  rinnovazione  della 
nostra  natura  mercè  l'esercizio  della  virtù,  cioè  la  educazione,  la 
migliore  istruzione  e  la  disciplina  (-). 


(1)  Sotto  altra  forma  combina  colle  mie  ideo  lo  Ziegler.  Il  principale 
motivo  in  tutte  le  nostre  azioni  che  si  sottrae  al  nostro  sguardo  ed  è  incon- 
scio nel  fatto,  è  precisamente  l'abitudine.  Operiamo  in  più  dei  casi  come 
dalla  gioventù  siamo  stati  abituati  ed  esercitati  :  la  somma  di  tutte  le 
nostre  abitudini  ed  esercizi!,  delle  disposizioni  acquistate  e  capacità,  di 
tutte  le  rappresentazioni  divenute  facili,  di  tutte  le  massime  è  entrata 
nel  nostro  carattere  ;  il  quale  è  il  prodotto  di  ciò  che  siamo  da  natura, 
di  ciò  che  l'educazione,  le  circostanze,  la  società  ha  fatto  di  noi.  Non  è 
contraddizione  nissuna  qui.  Ogni  operare  pone  un  fondamento  per  una 
abitudine,  lascia  uua  disposizione  che  fa  più  facile  del  primo  il  secondo 
operare...  Tutto  questo  ò  possibile  solo  nel  terreno  deterministico  :  l'uomo 
opera  secondo  il  suo  carattere  e  solo  eccezionalmente,  se  vi  è  un  penti- 
mento con  potente  sentimento,  può  rompere  la  forza  dell'  abitudine  ed 
operare  contro  il  carattere.  Di  qui  la  possibilità  di  cambiar  carattere  e 
la  difficoltà  di  una  radicale  trasformazione  :  ma  non  si  è  mai  un  tutt'altro: 
anche  nel  nuovo  Paolo  si  cela  il  vecchio  Saul,  in  Cristo  il  giudeo,  nel- 
l'apostolo il  rabbino  e  farisaico  zelante.  Pag.  67.  SittUches  Setn,  und 
SittUches  Werden,  1890. 

(2)  Lo  Zuccante  a  pag.  34,  La  morale  utilitaria  dello  Stuart  Mill, 
Milano  1899,  colla  sua  solita  fina  analisi  osserva  che  il  rimorso  è  per  il 
Mill  un  dolore,  una  pena,  uno  stato  passivo  dell'anima,  mentre  pei  mo- 
ralisti kantiani  è  uno  stato  attivo,  una  rivolta,  una  specie  di  vittoria  della 
volontà  libera  su  ciò  che  l'avea  un  istante  prostrata. 

Ma  che  cosa  è  questa  volontà  pentita,  si  può  conoscere  dall'esempio  del 
Petrarca    nel  suo  aeijreto^  che  è  la  confessione    di  se  stesso.  Il  Petrarca 


(9)  IL    PENTIMENTO  349 

Da  ciò  si  rilevano  due  conclusioni.  La  prima  è,  che  il  pen- 
timento in  punto  di  morte  non  può  avere  valore  etico  per  raf^ione 
psicologica.  Imperocché  oltre  che  può  provenire  dallo  stato  di  agonia, 
0  megUo  è  confuso  collo  stato  di  agonia  in  cui  si  trova  il  peccatore, 
perde  tutto  il  suo  valore  morale  mancando  per  necessità  nello  stato 
in  cui  si  trova  il  moribondo,  tutti  quei  requisiti  che  possono  dare 
affidamento  al  pentimento.  Manca  la  chiara  conoscenza  del  male 
operato,  ed  anche  la  ferma  intenzione  di  emendamento.  E  se  l'as- 
soluzione del  peccato  è  mal  data  pel  semplice  pentimento  in  vita, 


conosceva  bene  se  stesso,  ed  attribuisce  alla  debolezza  della  sua  volontcà 
il  veggio  il  meglio  ed  al  peggiore  mi  oppiglio.  Il  Segrò  lia  bene  osser- 
vato nella  Nuova  Antologia  del  1"  ottobre  1899  che  né  nell'ambizione,  ne 
nell'avidità  delle  ricchezze,  nò  sopratutto  nella  lussuria  il  Petrarca  ha 
forza  di  potersi  dominare.  Specialmente  nei  suoi  amori,  mentre  li  con- 
danna nel  profondo  dell'anima,  vi  si  abbandona  nel  ritrovo  delle  Avi- 
gnonesi.  Domanda  a  Dio  la  continenza  :  ma  a  Valchiusa  s'impiglia  nel- 
l'amore di  quella  da  cui  ebbe  la  figlia,  Francesca.  Dopo  i  40  anni  gli  ri- 
masero le  stesse  tendenze  :  a  50  anni  aveva  le  più  acri  tentazioni,  e  non 
ha  il  coraggio  di  confessare  i  propri  figli,  come  Agostino,  nota  il  Segrè. 

I  suoi  intenti  verso  Laura  non  sono  platonici,  quantunque  questa  non  si 
lascia  vincere  dalle  sue  carezze.  Il  loro  amore  è  una  castità  lasciva.  Ad 
Arquà  pianta  lauri,  simboli  della  sua  passione  :  fa  propositi,  ma  ha  di- 
mandato permesso  alla  sua  coscienza  di  tornare  alla  vanità  mondana  : 
neppure  nella  morte,  dice  il  Segrè,  può  gridare  vittoria  sulle  sue  passioni. 

II  Segrè  spiega  bene  che  le  ragioni  di  questo  fatto  nel  Petrarca  sono 
l'Umanesimo  ed  il  Paganesimo  di  clie  non  si  poteva  spogliare.  Soggiungo 
una  cosa  :  la  conciliazione  tra  i  due  mondi,  il  naturale  ed  il  sopranna- 
turale, ha  generato  sempre  la  fiacchezza  degli  animi  :  ed  è  propria  di 
chi  non  ha  fede  nell'uno,  o  nell'altro.  Senza  fede  non  ci  è  quell'impulso 
che  è  il  caratteristico  nel  mondo  morale.  L'Umanesimo  era  travagliato 
da  questa  conciliazione.  Questa  perplessità  si  trova  anche  nei  più  grandi 
del  Risorgimento  :  non  eccettuo  nemmeno  il  Bruno.  Come  è  possibile 
spogliarsi  incontanente  del  vecchio  uomo  e  foggiarsi  al  nuovo  ?  Ora  questa 
che  è  una  necessità  psicologica,  im  fato  morale  dell'uomo  è  ciò  che  si 
chiama  volontà,  che  gli  antichi  dissero  natura,  di  cui  l'individuo  è  un 
necessario  efietto.  Veggasi  perciò  dall'esempio  del  Petrarca,  quanto  poco 
affidamento  morale  dà  il  pentimento  in  quelle  anime  che  sono  nate,  cre- 
sciute ed  educate  nei  tempi  che  corrono  la  loro  vita.  Ci  vuole  un  nuovo 
determinismo,  che  se  alle  volte  lo  si  può  comprendere,  non  sempre  lo 
si  può  creare,  né  in  noi,  né  negli  altri  interamente  nuovo.  L'uomo  non 
crea  spesso  spesso  l'avvenire  morale  con  tutte  le  maraviglie  della  onni- 
potenza della  sua  volontà.  Lo  si  aspetta,  lo  si  desidera  :  ma  qualche  volta 
egli  deve  restare  nella  cerchia  della  fatalità  dei  tempi  suoi. 


350  P.    RAGNISCO  (10) 

non  potendo  avvenire  remenclamento  se  non  coU'esercizio  e  colla 
disciplina  dell'  animo  che  deve  trasformarsi,  è  nna  vera  irrisione, 
se  è  data  nel  punto  di  morte,  allorché  l'animo  è  incapace  di  far  pro- 
positi nuovi.  In  tal  modo  il  pentimento  è  più  una  forma  esteriore 
priva  affatto  dell'elemento  intenzionale,  è  una  vera  cerimonia  esterna, 
una  forma  che  si  addimanda  sacramento  senza  1'  essenza  e  la  so- 
stanza interna  dell'animo  ('). 

Una  condizione  indispensabile  del  pentimento  è  che  il  pen- 
tito duri  in  vita  perchè  possa  avvenire  quella  trasformazione  psi- 
colof^ica  di  un  io  che  si  sostituisce  all'  io  passato.  E  questa  manca 
colla  vicina  morte,  per  cui  non  solo  la  riparazione  del  male  fatto 
verso  g-li  altri  non  è  più  possibile,  ma  sopratutto  non  può  succedere 
quel  ravvedimento  che  richiede  la  più  chiara  conoscenza  del  prò 
prio  stato  (-).  Che  direste  di  chi  ha  rubato  in  vita,  ed  in  punto 
di  morte  fa  elemosina  larga  e  lascia  ai  poveri  la  sua  proprietà  ? 


(1)  Chi  ablna  fatto  ben  rib'vare  tutta,  (lucsta  parte  (U'bobi  del  sacra- 
mento della  penitenza,  è  stato  Abelardo  il  primo.  Egli  osserva  che  il  do- 
lore dell'animo  per  aver  pocearo  o  viene  dall'amor  di  Dio  ed  è  fruttuoso, 
0  dal  danno  ed  è  senza  frutto  :  questo  è  il  ])entimento  dei  dannati,  di 
quelli  che  nel  momento  di  perdere  la  vita  si  pentono  dei  loro  falli,  e 
piangono  per  paura  della  pena,  accusando  lo  usure,  le  rapine,  le  oppres- 
sioni dei  poveri.  E  se  si  consiglia  di  restituire  ciò  che  hanno  preso,  ri- 
spondono :  di  che  vivrà  la  mia  casa  r'  Ma  i  preti  promettono  una  vana 
sicurezza,  comprando  messe  che  non  hanno  mai  (/ratis^  per  la  messa  un 
danaro,  per  un  servizio  annuale,  40:  non  consigliano  di  restituire  la  roba, 
ma  di  offrirla  in  sacrifizio.  Yedi  Remusat,  pag.  468,  volume  2. 

(2)  Ci  vuole  non  solo  la  continuità,  ma  anche  l'unità  di  coscienza 
per  il  pentimento.  Quel  contrasto  tra  due  anime,  tra  ragione  e  senso,  tra 
dovere  ed  inclina-'.ione,  tra  carne  e  spirito  importa  che  sia  in  noi  uua 
intima  divisione  di  due  partiti,  locchè  forma  uno  stato  penoso  :  cioè  vi 
sono  desideri  che  si  contrastano.  Non  già  un  subbietto  che  è  vinto  ed 
un  altro  che  trionfa,  ma  l' istesso  io  che  è  vincitore  e  vinto,  che  sorbisce 
con  avidità  il  bicchiere  del  piacere,  e  sente  l'amaro  dolore,  sferzato  dalle 
furie  del  pentimento,  nota  lo  Zicgler  :  in  altri  termini,  ci  vuole  un  rife- 
rimento all'avvenire  per  potere  essere  altro,  e  questo  altro  sono  io  stesso. 
Vedi  oltre  lo  Ziegler,  cap.  7,  Das  GefUhl,  1899,  anche  Ardigò,  L'unità  della 
coscienza^  1898.  Da  tutto  ciò  si  rileva  che  la  fortezza  e  vivacità  dello  spi- 
rito deve  essere  somma  ed  energica  nel  pentimento  ;  locchè  non  è  pos- 
sibile trovarsi  in  chi  sta  per  morire.  Per  la  indissolubile  relazione  tra  il 
corpo  sano  e  le  azioni  psichiche  morali  la  fortezza  dello  spirito  può  esser 
fonte  di  continuità  di  coscienza,  e  la  vivacità  può  dai'e  la  unità  di  co- 
scienza. 


(11)  IL    PENTIMENTO  351 

Questo  non  è  pentimento  :  si  è  simile  a  chi  lascia  la  preda  per- 
chè il  carabiniere  lo  insegue  ;  il  timore  dell'  inferno  lo  spinge  a 
donare  quello  che  ha  tolto  agli  altri.  Ma  il  pentimento  più  usuale 
è  quello  di  confessare  la  verità  in  punto  di  morte.  Non  sono  rari 
i  casi  di  malvagi  che  in  fin  di  vita  rivelano  ai  sacerdoti  di  essere 
essi  stati  gli  autori  di  misfatti,  per  cui  altri  innocenti  furono  con- 
dannati. Per  questi  è  da  dire  "  meglio  tardi,  che  mai.  „  Ma  nem- 
meno in  essi  y'  è  il  pentimento  :  v'  è  lo  spavento  ed  il  terrore 
deir  inferno  che  li  costringe  a  dire  la  verità,  come  un  testimone 
che  depone  il  falso  prima  ;  ma  messo  a  confronto  con  altri  che 
l'hanno  veduto,  si  ricrede  per  il  timore  della  pena  da  subire.  E 
certo  che  manca  la  dignità  della  persona  nel  falso  testimone  :  ma 
se  la  Chiesa  negasse  l'assoluzione  in  questi  casi  in  punto  di  morte, 
qualche  cosa  guadagnerebbe  la  moralità  pubblica.  E  dovrebbe  ne- 
garla, appunto  perchè  manca  il  pentimento,  cioè  quello  stato  psi- 
cologico, per  cui  solo  essendo  in  vita  e  continuando  a  vivere  si 
può  avere  affidamento  di  un  cambiamento  avvenire.  E  se  manca 
l'avvenire  della  vita  in  cui  si  fonda  la  essenza  del  pentimento, 
l'assoluzione  è  infruttuosa,  perchè  data  senza  pentimento.  La  mo- 
ralità del  pentimento  è  solo  in  quanto  esso  è  un  mezzo  che  può 
servire  all'indirizzo  nuovo  per  l'avvenire.  L'etica  guarda  l'avvenire, 
non  il  passato  :  e  se  vede  il  passato,  è  per  poter  meglio  vedere 
l'avvenire,  osserva  l'Hoffding  (i).  E  lo  Stern  molto  acutamente 
osserva  che  il  dispiacere  per  la  cattiva  azione  nel  pentito  non  è 
morale  sentimento  il  quale  è  il  risultato  di  buona  azione,  ma  con- 
siste neir  allontanare  dalla  sua  rappresentazione  il  fatto  che  de- 
prime :  e  tutto  ciò  è  ancora  anetico  (-).  La  qualità  morale  del 
pentimento  è,  che  è  un  dispiacere  che  nello  spirito  del  pentito  si 
riferisce  ad  una  possibile  rappresentata  azione  per  cui  è  conten- 
tato l'impulso  morale.  Ora  la  vita  è  quella  che  dà  ragione  a  questa 
possibile  azione  che  si  vuol  fare  ;  è  perciò  la  condizione  indispen- 
sabile della  qualità  morale  del  pentimento. 

La  seconda  cosa  che  voglio  rilevare,  è  che  non  si  può  dare 


(1)  Pag.  86,  V.  Die  Freiheit  des  Wiìlens. 

(2)  Dice  anetico  sentimento  la  compassione  verso  il  povero  sino  a 
che  non  lo  solleviamo  con  aziono  :  morale  poi,  quando  realmente  lo  sol- 
leviamo dalla  miseria,  pag.  360,  e  così  anche  il  pentimento  è  anetico  sin- 
ché rinuiue  come  dispiacere  :  è  morale  quando  ci  spinge  ad  azione  morale. 


352  P.    KAGNISCO  (12) 

ne  un  pentimento  ne  un  peccato  che  si  dice  contro  lo  Spirito 
santo.  Questi  peccati,  dice  lo  Scavini,  sono  quelli  che  hanno  la 
maggiore  deformità,  e  più  difficilmente  vengono  perdonati  :  ed  av- 
vengono quando  per  disprezzo  si  tolgono  quei  mezzi,  coi  quali 
l'uomo  si  può  astenere  dai  peccati  (i).  Fra  questi  vi  è  l'impugnare 
la  verità  conosciuta  (^).  Ora  ciò  è  psicologicamente  impossibile  : 
cioè  non  è  possibile  operare  contro  una  determinata  e  compiuta 
persuasione,  se  non  v'è  già  un'altra  tendenza  la  quale  oscura  ed 
impedisce  il  retto  operare.  Uno  non  si  lascia  persuadere  sin  tanto 
che  v'è  una  passione,  per  cui  la  persuasione  non  può  avere  il  suo 
effetto.  Come  può  sussistere  altrimenti  un  tale  volere  ?  Domanda 
l'Huffding  (^).  Chi  non  si  lascia  consigliare,  chi  niente  vuol  sen- 
tire, niente  vedere  per  difendere  i  suoi  vizii,  non  lo  si  può  aiuta- 
re, diceva  Lutero.  Ma  se  per  caso  riconosce  ancora  qualche  ragione, 
non  riconosce  la  verità  che  i  suoi  avversari  conoscono.  Qui  v'è  an- 
cora qualche  cosa  di  buono,  soggiunge  l'Hòffding.  j\Ia  il  non  co- 
noscere nessuna  verità,  è  la  vera  stoltezza  ;  è  ciò  che  si  chiama 
mentecattagine.  Questo  stato  esclude  qualunque  responsabilità,  e 
quindi  qualunque  colpa.  Né  è  possibile  il  ravvedimento  di  quello 
che  si  è  fatto,  e  quindi  non  apparisce  mai  il  pentimento.  Ma  se 
la  stolidezza  non  fa  colpa,  l'errore  della  scienza  è  innocente,  e 
su  questa  base  è  fondata  la  libertà  di  opinione.  La  Chiesa  ha 
dunque  stabilito  questo  peccato  per  suo  utile  proprio  :  ma  il  pro- 
gresso degli  studii  della  verità  lo  ha  reso  insussistente.  L'autore 
di  questa  dottrina  posta  a  difesa  della  Chiesa  è  S.   Tonnnaso  (^). 


(1)  Libro  I,  p.  767. 

(2)  Agnitae  veritatia  impiKjnafio^  ovvero  ea  animi  perversità.^  quae 
contra  veritatem  evidenter  cognitam  obcluraf/tr.  Ibid.  Col  progresso  della 
morale  dovremmo  avere  altri  pentimenti,  di  cui  non  vi  è  ombra  nella 
nostra  coscienza,  come  vedremo  ;  ma  per  ora  cerchiamo  di  purgarla  da 
questa  specie  di  pentimenti  che  non  lianno  base  psicologica. 

(3)  Pag.  96,  Das  ethisch  Base. 

(4)  Nella  Rassegna  nazionale  del  16  dicembre  1898  A.  Gr.  Corrieri 
dice  a  pag.  720  :  Kant  dopo  la  critica  della  R.  P.  spaventato  dalla  mi- 
seria in  cui  l'estremo  dubbio  delle  ipotesi,  delle  deduzioni  lo  aveva  piom- 
bato, lo  obbligarono  ad  espiare  il  temerario  peccato,  sconfessando  tutto 
se  stesso  con  lagrime  imperiture  nella  Critica  della.  Ragion  pratica,  p] 
di  Cristofaro  Bonavino  dice  che  dopo  la  propaganda  razionalista,  dedi- 
candovi  un'  attività  meccanica  enorme,  accumulando  il  suo  lavoro  a  ca- 


(13)  IL    PENTIMENTO  353 

Lutero  dice  che  prima  di  essere  dottore,  non  aveva  mai  creduto 
che  questo  peccato  esisteva  nel  mondo.  E  l'Hoffding  soggiunge, 
che  Lutero  come  dottore  più  che  essere  un  grande  agitatore,  era 
un  migUore  psicologo. 

Il  pentimento  considerato  dal  lato  psichico  ci  potrebbe  offrire 
osservazioni  sulla  natura  individuale,  o  sul  temperamento,  come  suol 
dirsi.  Le  nature  melanconiche  hanno,  o  soffrono  pentimenti  più  forti 
di  quello  che  realmente  dovrebbero  essere.  Quelle  allegre  più  difficil- 
mente si  commuovono  :  come  i  temperamenti  incostanti  molto  presto 
si  pentono  e  molto  facilmente  si  dimenticano  dei  loro  propositi.  E 
molto  facile  passare  dal  pianto  al  riso  in  certe  nature.  Epperò  le  la- 
grime non  sempre  sono  un  segno  sicuro  di  vero  pentimento.  L'uso 
poi  di  adoperare  certi  vestiti  speciali  ai  peccatori  pentiti,  che  indicano 
la  umiltà,  deriva  da  questa  ragione  psichica  della  depressione  del- 
l'animo dopo  il  peccato,  e  dalla  manifestazione  dello  stato  d'animo 
del  pentito.  E  la  Chiesa  è  rimasta  fedele  a  questo  costume  col- 
l'adoperare  i  paramenti  sacerdotali  diversi  secondo  gli  avvenimenti 
che  celebra  nei  giorni  feriali  e  nelle  feste.  Certo  è  che  l'uomo  si  veste 
secondo  il  suo  stato  d'animo  :  e  come  è  impossibile  ad  uno  che  ha 
avuto  una  sventura,  vestire  abiti  sfarzosi,  così  nella  stessa  giornata 
secondo  l'umore  si  adoperano  vestiti  diversi. 


IH. 


Nel  considerare  il  pentimento  nel  suo  valore  morale  ci  si  pre- 
sentano alcune  osservazioni  degne  di  studio.  Ed  in  prima  il  pen- 
timento non  è  proprio  di  ogni  persona  umana,   ma  di  quella  sola 


taste,  dieci  anni  or  sono,  annunziò  che  era  stanco  di  trovarsi  in  j^eecato 
mortale. 

Io  credo  che  questo  peccato  contro  lo  Spirito  santo,  cioè  l'oppugnare 
la  verità  conosciuta,  sostenuta  da  S.  Tommaso,  sia  il  nido  da  cui  è  sorta 
l'infallilnlità  del  papa.  La  Chiesa  crede  il  possesso  della  verità  essere  suo 
esclusivo  patrimonio,  e  per  non  farsi  discutere  nelle  sue  affermazioni,  pro- 
pone già  il  peccato  nella  discussione.  Curiosa  e  strana  contraddizione  ! 
la  quale  sta  in  ciò  che  il  papa  è  peccabile,  e  lo  si  assoggetta  alla  con- 
fessione, mentre  lo  si  afferma  infallibile,  e  si  escludono  i  suoi  donimi  dalla 
discussione.  Si  vede  che  alla  Cliiesa  torna  più  utile  l'infallibilità,  anzi  che 
la  impeccabilità.  Ma  se  la  storia  smentisce  l'impeccabilità  nei  papi,  il  pro- 
gresso della  scienza  ha  messo  in  fuga  la  infallibilità   dei  medesimi. 


354  !*•    RAGNISCO  (14) 

che  ha  una  coscienza  morale,  e  secondo  il  grado  di  questa  stessa 
coscienza.  Se  la  vita  non  è  fatta  per  l'etica,  ma  questa  è  fatta 
per  quella,  è  naturale  che  ci  possono  essere  uomini  senza  penti- 
mento. La  morale  è  un  desiderio  che  sia  per  tutti  :  ma  è  un  fatto 
che  non  è  per  tutti.  Per  vivere  è  necessario  che  ci  sia  la  pena 
per  la  riorganizzazione  del  dritto,  ma  non  è  necessario  che  ci  sia 
il  pentimento  per  riordinare  la  coscienza  nel  compimento  del  do- 
vere morale.  Per  questo  ci  vuole  una  coscienza  morale  ben  nu- 
trita di  sani  principii  e  ben  educata  con  esercizio  pratico  di  virtù. 
La  coscienza  morale  non  si  ha  da  natura,  ma  si  acquista,  non  è 
un  dono,  ma  è  una  virtù,  non  si  ha  bella  e  fatta,  ma  si  fa  e  si 
ottiene  colFarte  morale  informata  a  sani  precetti.  Essa  è  come  un 
tesoro,  ma  che  non  si  ha  perchè  gli  altri  l'hanno  nascosto  e  noi 
lo  si  ritrova,  ma  è  tesoro  che  noi  stessi  ci  prepariamo  colla  fa- 
tica della  educazione  morale  propria.  Quello  che  nella  coscienza 
si  mette,  questo  e  non  altro  vi  si  trova.  Però  non  si  può  negare 
che  qualche  cosa  si  rinviene  nella  coscienza  morale  individuale 
secondo  il  grado  della  famiglia,  e  secondo  lo  sviluppo  della  società. 
La  famiglia  e  la  società  sono  due  coefficienti  morali  che  si  trovano 
per  eredità  trasfusi  nella  coscienza  individuale  :  sono  germi  di  per- 
fezione, ma  che  richiedono  di  essere  coltivati  e  sviluppati  mercè 
l'educazione.  La  coscienza  morale  è  un  miscuglio  di  tanti  detriti 
familiari  e  sociali,  i  quali  si  possono  svecchiare,  od  invecchiare  :  e 
tutto  ciò  forma  la  denutrizione  o  nutrizione  della  coscienza,  potendo 
o  spegnersi,  o  ravvivarsi  quel  fuoco  e  luce  che  è  guida  delle  nostre 
azioni.  11  vero  nutrimento  della  coscienza  morale  è  costituito  dal- 
l'ideale che  si  aggiunge  al  reale.  L'ideale  è  base  dello  svolgimento 
della  persona  nel  valore  morale.  Se  manca  1'  ideale,  la  coscienza 
morale  muore  :  se  la  realtà  soffoca  la  idealità,  l'uomo  è  addivenuto 
un  animale,  la  ottusità  ed  indifferenza  della  coscienza  ci  abbassa, 
finiscono  i  sospiri  e  le  speranze,  lo  stimolo  dell'operare  etico  si  è 
spento  :  nissun   avvenire  innanzi  a  noi. 

Secondo  lo  Spencer  il  pentimento  che  è  un  fattore  altissimo 
e  potente  dell'etica,  avrebbe  quasi  nissun  valore.  Imperocché  il 
sentimento  morale  avrebbe  ragione  d'essere  solo  nel  contrasto  che 
vi  è  tra  il  dovere  e  la  costrizione.  E  poiché  ogni  esercizio  tende 
a  togliere  le  difficoltà  che  si  trovano  nel  volere,  così  nella  vita 
etica  bisogna  accettare  che  a  poco  a  poco  si  debba  venire  ad  or- 
ganizzarsi la  morale  col  retto  operare,  in  modo  che  non  ci  sia 
più  sentimento  morale,  perchè  vi  è  perfetta  armonia  tra  l' istinto 


(15)  IL    PENTIMENTO  355 

deiruoino,  ed  il  benessere  della  specie.  Anche  S.  Paolo  ha  detto 
che  per  il  giusto  non  vi  è  legge.  Ma  tutto  questo  è  di  una  veduta 
molto  limitata.  L'umana  natura  è  rottoposta  ad  un  lento,  nui  co- 
stante mutamento,  il  quale  designa  un  progresso  (osserva  a  pag. 
69,  lY,  l'Hoffding).  E  questo  progresso  adduce  a  nuovo  ideale  ed 
a  nuovi  compiti  ;  l'ideale  si  solleverà  sempre  più  alto,  se  crediamo 
di  avere  conseguito  la  sua  fine.  E  sempre  e  quando  assorgerà  un 
nuovo  ideale  per  l'indefinito  progresso  della  natura  umana,  il  pen- 
timento ci  sarà  sempre  come  leva  potente  che  ci  sostiene  nel  con- 
seguimento di  questo  più  alto  ideale.  Ci  potranno  essere  relazioni 
etiche  che  noi  non  possiamo  nemmeno  oggidì  capire  a  quale  fi- 
nezza di  moralità  possano  giungere  per  la  nostra  grossolana  etica 
maniera  :  ed  il  pentimento  di  tutta  diversa  natura  da  quello  che 
oggi  si  manifesta  nella  coscienza,  sarà  la  futura  guida  che  sostiene 
le  creature  piìi  perfette  a  raggiungere  questo  g-rado  di  finezza 
morale.  Che  se  la  vita  fisica  si  può  reggere  senza  ideali,  la  sparizione 
di  questi  è  la  sparizione  della  vita  etica.  La  vita  etica  è  una 
lotta  :  andare  avanti  è  solamente  vivere  moralmente  :  la  sola  aff'er- 
mazione  del  giusto  è  già  un  combattimento.  Ci  è  aperta  una  strada 
sola  senza  conoscere  la  sua  fine  :  in  questa  non  bisogna  mai  fer- 
marsi :  perchè  il  fermarsi  della  coscienza  morale  designa  la  sua 
morte. 

Ecco  ritrovata  l'origine  del  pentimento,  il  contrasto  tra  il  reale 
e  l'ideale,  tra  il  fatto  compiuto  e  l'idealità  del  dovere  da  essere 
attuato.  Cosa  che  non  si  può  trovare  comunemente,  perchè  il  pen- 
timento è  una  delicatezza  della  coscienza  morale,  è  una  raffina- 
tezza d'animo,  è  1'  indice  di  un  sentimento  morale  perfezionato 
nella  persona.  Io  non  credo  perciò  al  pentimento  del  cane  di  Ro- 
manes  (').  La  morale  degli  animali  in  genere  può  dirsi  verso  quella 


(1)  Ecco  il  racconto.  Questo  cane  aveva  rubato  una  volta  in  vita. 
Avendo  fame,  prese  dalla  tavola  una  costata,  e  la  portò  sul  canapè.  Il 
Romanos  fece  finta  di  non  aver  visto.  Rimase  il  cane  diviso  tra  il  desi- 
derio (li  soddisfare  la  fame  ed  il  sentimento  del  dovere:  questo  ultimo 
vinse  ed  il  cane  depose  ai  suoi  piedi  la  preda,  e  si  nascose  sotto  il  ca- 
napè da  cui  non  fu  più  possibile  di  farlo  uscire  fuori  anche  con  tutte  le 
carezze,  le  quali  gli  produssero  sul  viso  un'aria  di  contritione  veramente 
comica  (sic).  Il  cane  non  ora  stato  mai  battuto  ;  è  perciò  un  esempio  di 
sviluppo  di  coscienza,  e  di  sentimenti  senza  parlare  :  un  grado  simile,  come 
si  trova  nei  selvaggi,  negli  idioti   e  sordoumti  senza  educazioiu^.  Il  Le- 


356  l'.    KAGNISCO  (16) 

degli  uomini,  come  una  vera  mimica  rispetto  alla  verità  e  realtà 
della  coscienza  umana. 

Se  noi  analizziamo  più  minutamente  il  pentimento,  ovvero 
perchè  ci  sia  questo  contrasto  tra  il  reale  e  l'ideale,  troviamo  che 
l'azione  deve  essere  non  solo  come  presente  per  mezzo  del  ricordo 
di  essa,  ma  che  sia  misurata  secondo  lo  scopo  in  genere  cui  deve 
essere  diretta  ogni  azione  della  vita.  Certo  è  che  questo  scopo  ci 
deve  essere  con  cui  giudicare  l' azione  fatta.  Si  potrà  discutere 
quale  è  questo  scopo,  se  è  vero  o  falso  ;  tutto  ciò  è  opera  di  filo- 
sofia ;  e  la  scienza  non  inventa,  ma  cerca  quello  che  è.  Bisogna 
dunque  che  la  coscienza  morale  di  un  individuo  sia  ricca  di  prin- 
cipii  coi  quali  giudica  se  stesso  :  e  questa  perfezione  non  si  trova  in 
tutti  gli  uomini  e  molto  meno  negli  animali.  L'educazione  morale 
è  interiore  :  è  la  formazione  e  nutrizione  della  coscienza,  è  una  vera 
creazione  della  persona  umana.  Ed  in  questa  nuova  creatura  avviene 
il  pentimento.  È  la  piccola  scintilla  da  cui  emana  la  rinnovazione 
dell'uomo  e  della  società.  Pare  impossibile  !  Il  divario  tra  i  fatti  morali 
ed  i  fatti  fisici  è  questo,  che  questi  sono  la  regola  della  verità,  quelli 
invece  sono  la  via  della  moralità.  L'esperienza  per  i  fatti  fisici  è 
la  medesima  e  si  ripete,  pei  fatti  morali  è  diversa  e  non  si  ri- 
pete quasi  mai.  L'esperienza  nei  fatti  morali  non  è  rigida,  ma  è 
studiata  ed  elaborata  per  il  progresso  morale.  L'esperienza  nella 
morale  è  il  male  o  l'ombra  del  male  che  deve  essere  corretto  ed 
emendato  dall'agente  morale  :  per  cui  ci  vuole  una  ricostruzione, 
0  riforma  della  coscienza  morale.  Così  la  storia  addiventa  vera 
maestra  della  vita,  se  vi  è  chi  ricostruisce  la  vita  (')  :  non  già 
un  copiatore  puro  e  semplice  dei  fatti  morali.  Per  costui  la  storia 
è  una  pura  e  semplice  narrazione  senza  intendimento  del   valore 


tourneau  commentando  quest'esempio  a  pag.  52  della  Evol.  della  morale 
dice,  che  si  tratta  di  un  animale  ben  educato  coll'essere  stato  commensale 
col  padrone,  si  tratta  di  vergogna,  di  sofferenza  morale  acuì  si  dà  il  nome 
di  riiiiomo.  Osservo  solo  che  se  per  il  sentimento  del  dovere  ci  vuole  una 
lunga  educazione  avuta  dagli  altri  e  poi  propria,  come  ebbe  questo  cane 
la  scienza  infusa?  La  leviamo  agli  uomini,  e  sta  bene:  ma  la  diamo  agli 
animali  !  No  dunque. 

(1)  Certamente  la  storia  non  ha  per  fine  l'educazione  morale  :  ma  è 
la  morale  che  trae  frutti  da  essa,  rassicurando  le  sue  teorie  sopra  fatti 
individuali  e  sociali.  La  storia  dei  mali  della  vita  e  delle  virtù  degli 
uomini  serve  a  qualcosa  nella  morale. 


(17)  IL    PENTIMENTO  357 

morale  delle    azioni.  L'ideale  sorge  appunto  dalla    considerazione 
del  fatto  morale   gik  avvenuto    per  la    correzione  della   coscienza 
umana.   La  vita   morale  perciò   è   un    continuo    pentimento,   ossia 
una  sempre  nuova  costituzione  di  propositi  fatti  sugli  emendamenti 
di  se  stesso.  Noi  dobbiamo  esaurire  Terrore,   dice  Schiller,  prima 
di  giungere  alla  tranquilla  saggezza  :    e  difatti  la  terra  che   gira 
intorno  al  sole,  la  terra  che  è  rotonda  si  può  dire  che  portano  in 
noi  la  coscienza  dell'errore  dei  nostri  padri,  che  la  terra  era  fissa 
e  che  era  piana.    Ma  il  bene  non  si  opera  se  non   per  il   previo 
male.  Se  non  esiste  il  bene  innocente,  esso  reclama  la  preesistenza 
del  male,  ed  una  coscienza  del  male  stesso  quando  il  bene  si  com- 
pie :  ed  il    pentimento  è  quello  che  ci  fa    acquistare  la  vera  co- 
scienza del  bene  :  è  la  riflessione  sulle  proprie  colpe  per  raddriz- 
zare la    nostra  natura   nella  via   della   virtìi.  E  l'errore    riflessivo 
della   nostra  volontà.    Solo  così    la  morale  vita  non  si  ferma   mai 
non  solo,  ma  cammina  innanzi  illuminata  dalla  face  della  ragione, 
la  quale  è    una  continua   osservazione    e  riflessione    sul  migliora- 
mento di  se  medesimo.  Si  dice  che  la  vita  è  animata  da    scopi  : 
ora  questi  sono  vari  e  molteplici,  e  come  tali  se  accontentano  per 
un  giorno  il  desiderio,  domani  non  valgono  più.  Colla  ricerca  degli 
scopi,  noi  aggrandiamo  sempre  la  cerchia  dei  desideri  per  conse- 
guire uno    scopo  più   alto  perchè  più    morale.  In  questa  via   non 
è  dato  mai  fermarsi.  Ed  il  pentimento  segna  una  sosta  per  prender 
maggior  lena  per  l'avvenire.  E  perciò  il  massimo  fattore    segreto 
ed  interno  della  vita  morale,  è  l'elemento  il  più  nascosto  del  pro- 
gresso morale,  è  il  germe  della  nuova  vita  individuale  e  sociale, 
è  l'indice  dell'usufrutto  della    esperienza    individuale    o  sopra  se 
stesso,  0  sopra  gli  altri. 

E  che  ciò  sia  vero,  lo  prova  il  variare  della  ragione  del  pen- 
timento attraverso  la  storia  morale  dell'individuo.  La  prima  origine 
del  pentimento  è  il  castigo,  come  il  primo  motivo  per  cui  si  compie 
un  dovere  è  per  la  ricompensa.  Tutto  questo  è  pedagogico  nel 
campo  morale  :  come  il  fanciullo,  lo  s'  invita  a  fare  il  bene  per  il 
premio,  così  lo  si  allontana  dal  male  colla  pena.  La  prima  forma 
del  pentimento  deriva  dal  castigo  ;  è  il  regno  della  forza  esteriore 
che  comanda.  Il  bene  non  si  è  principiato  a  fare  che  coU'autorità 
sorretta  dalla  forza.  E  se  la  società  civile  è  fornita  della  forza, 
la  società  religiosa  essendone  priva,  si  è  munita  della  persuasione 
di  un'  altra  vita  in  cui  ci  sarà  ricompensa  e  castigo,  ma  eterni. 
Ne  io  saprei    dire  chi  delle  due  abbia  maggiormente    contribuito 


358  r.  RAGNisco  (18) 

all'avanzamento  della  morale,  la  società  civile,  ovvero  la  religiosa. 
Sono  entrambi  i  mezzi  che  adoperano  per  l'educazione,  pedago- 
gici, ovvero  infantili,  proprii  ad  uno  stato  primitivo  della  moralità. 
E  il  magistrato  ed  il  prete  sono  detti  sacerdoti  della  umanità  ci- 
vile, perchè  entrambi  comminano  la  pena  alla  trasgressione  della 
legge.  Quindi  è  che  la  funzione  della  pena  o  si  trova  nella  stessa 
persona,  ovvero  in  due  le  quali  ora  vanno  d'accordo,  ora  in  op- 
posizione. Certo  è  che  la  forza  fu  benefattrice  della  moralità  dei 
popoli,  non  meno  della  fede  nella  giustizia  punitrice  nell'altra  vita. 
E  quanto  più  troviamo  bassa  l'origine  della  moralità,  tanto  più 
risorge  potente  il  fattore  di  essa  nell'uso  della  forza;  come  nell'ef- 
ficacia del  bene  umano  si  deve  annoverare  la  persuasione  del  giu- 
dizio universale  nella  fine  del  mondo.  La  Chiesa  e  lo  Stato  sono 
stati  lenti  nella  sostituzione  della  forza  e  della  pena  alla  verità 
del  bene  da  compiere  per  se  stesso.  E  con  ragione,  perchè  sono 
le  masse  da  educare,  non  il  fiore  degli  eletti  uomini.  Essi  si  sono 
condotti  come  un  vecchio  maestro  che  per  la  tema  di  scuotere  la 
disciplina  nella  scuola,  si  serve  delle  antiche  usanze  che  qualche 
cosa  di  bene  fecero  in  altri  tempi  e  non  della  voce  della  persua- 
sione la  quale  non  sempre  arriva  a  portare  frutti  sani  nella  mag- 
gior parte  degli  scolari. 

Sono  ancor  fresche  le  prime  origini  del  pentimento  tanto  nella 
Chiesa,  come  presso  la  società  civile.  Fa  meraviglia  che  Tertul- 
liano e  S.  Cipriano  si  godano  nel  descrivere  i  loro  persecutori  di- 
vorati dalle  fiamme  nelFinferno  :  e  se  presso  S.  Agostino  e  S. 
Tommaso  questa  rabbia  è  mitigata,  pure  essi  non  mancano  di 
esporre  un  contrasto  tra  i  tormentati  e  quelli  che  godono  la  grazia 
divina  :  la  santità  non  patisce  danno  dai  dannati,  si  dice  (').  Pro- 


(1)  "Il  mondo  degli  dei,  dico  l'Uoffding,  pag.  356,  è  dotato  di  quelle 
proprietà  che  sussistono  come  le  più  alte  nella  coscienza  umana,  È  chiaro 
perciò  che  come  gli  uomini  a  poco  a  poco  addivenivano  migliori,  ed  i 
costumi  più  dolci,  anche  il  carattere  degli  dei  si  rendeva  più  placido.  Al 
posto  della  crudeltà  e  ferocia  entra  l'amore  e  la  misericordia  degli  dei. 
La  storia  delle  religioni  ci  dimostra  la  progressiva  umanizzazione  dei 
dommi  e  del  culto.  „  Ma  con  ciò  non  s'intende  che  le  religioni  potranno 
eliminare  uno  dei  dommi  opposto  all'altro.  "  La  colpa  e  la  grazia,  il  cielo 
e  l'inferno,  la  santità  e  la  dannazione  dipendono  dal  sentimento  del  finito 
che  si  vuole  allargare  nell'infinito.  La  paura  e  la  sicurezza,  la  schiavitù 
e  la  libertà,  la  strettezza  e  l'ampiezza,  il  piccolo  ed  il  grande  li  sentiamo 


(19)  IL    PENTIMENTO  359 

gredito  il  sentimento  deirumanità,  si  sono  mitigati  gli  animi,  ma 
è  rimasto  ancora  un  residuo  di  barbarie  presso  il  popolo,  in  cui 
la  fantasia  si  sfoga  nel  dipingere  le  pene  dei  dannati.  E  del  pari 
Torigine.  prima  della  pena  è  la  vendetta  sociale,  od  una  reazione 
al  dritto  offeso.  Ci  vuole  tempo,  perchè  il  legislatore  si  spogli  di 
questo  risentimento,  di  cui  è  il  rappresentante.  I  codici  penali  sono 
la  manifestazione  delle  modificazioni  di  questo  risentimento.  E  se 
oggi  sono  abolite  le  torture,  i  roghi,  e  le  battiture,  siamo  ancora 
lontani  dalhi  placidità  e  dalla  temperanza  nel  trattare  il  delinquente. 
Qui  apro  una  breve  parentesi.  Nelle  Ricordanze  della  mia  vita 
di  Luigi  Settembrini,  libro  che  leggo  spesso  nelle  vacanze  autun- 
nali, sta  scritto  così  :  "  0  voi  che  fate  le  leggi  e  giudicate 
„  gli  uomini,  rispondetemi  :  prima  che  costoro  (i  delinquenti)  fos- 
„  sero  caduti  nel  delitto,  che  avete  fatto  voi  per  essi  ?  dopo  che 
„  questi  sciagurati  hanno  commesso  il  delitto,  voi  che  avete  fatto 
„  per  correggerli  ?  pane  e  lavoro  sono  elementi  di  ogni  educa- 
„  zione  :  il  lavoro  cangia  gli  uomini,  come  appiana  i  monti  e  ri- 
„  colma  il  mare.  Dopo  una  lunga  espiazione,  dopo  che  una  voce 
„  saggia  e  cristiana  avrà  fatto  loro  conoscere  l'orrore  del  delitto 
„  commesso,  e  fatto  sentire  il  rimorso,  voi  gli  togliete  la  speranza 
„  consolatrice,  uccideteli  piuttosto,  ma  non  gli  lasciate  la  vita  senza 
„  speranza,  senza  il  frutto  del  pentimento  „  (i).  L'etica  non  è  più 
oggi,  come  una  volta,  imbacuccata  nell'interno  della  coscienza,  ov- 
vero prigione  nei  cancelli  del  confessionale  :  essa  fa  oggi  sentire 
la  sua  voce  in  tutte  le  questioni  sociali,  il  progresso  delle  quali 
è  il  riverbero,  ovvero  la  consonanza  col  progresso  della  umana 
moralità.  E  la  moralità  non  è  confinata  nella  periferia  della  co- 
scienza, quasi  che  l'uomo  fosse  diviso  in  interno  ed  esterno,  ma 
circonda  il  dritto  stesso  col  manto  elevato  morale.  E  se  lo  scopo 
della  pena  è  la  riorganizzazione  del  dritto  offeso,  locchè  è  un  do- 
vere giuridico  morale,  non  può  trascurare  il  miglioramento  del  de- 
linquente, che  è  esigenza  eminentemente  morale.  L'individuo  deve 
essere  educato  perchè  appartiene  alla  società  :  e  tanto  più  è  ne- 


in  ogni  momento  della  nostra  finitudine  :  e  così  anche  nel  sublime,  dalla 
depressione  alla  sollevazione,  dal  dispiacere  nel  piacere  stesso,  noi  ci  tro- 
viamo in  mia  opposizione  che  la  portiamo  dalla  terra  per  fino  in  cielo.  „ 
Vedi  pag.  195,  Das  Gefiihl  di  Ziegler. 

(1)  S.  Stefano,  3  febbraio  1851,  pag.  279. 


300  P.    EAGNISCO  (20) 

cessarla  rediicazioue;  se  è  uno  sviato.  Noi  curiamo  più  la  peda- 
gogia delFuomo  sano,  anzi  che  quella  dell'uomo  delinquente  :  allo 
stesso  modo  come  se  avessimo  più  a  cuore  la  medicina  verso 
l'uomo  sano,  anzi  che  verso  l'ammalato.  Dove  il  carattere  deve 
essere  corretto  e  domato,  la  pedagogia  è  ora  inabile.  La  pena 
serve  oggi  per  finire  il  delinquente,  e  quando  essa  è  espletata, 
allora  precisamente  muore  l'individuo.  Quale  influenza  esercita  sul 
volere  la  pena  ?  questo  è  l'ignoto  alla  pedagogia  ;  e  non  ci  è  la 
pedagogia  criminale.  Ci  manca,  dice  l'Hofi'ding,  la  psicologia  della 
pena,  e  la  pedagogia  della  medesima  (i).  È  troppo  facile  dichia- 
rare il  delinquente  immigliorabile;  ma  ciò  rivela  la  nostra  igno- 
ranza pedagogica  e  psichica  del  condannato.  Come  un  generale 
dà  il  comando  a  mille  soldati,  così  usiamo  la  pena  per  i  delin- 
quenti. Oppure  li  dichiariamo  ammalati  tutti,  e  quindi  vogliamo 
che  il  carcere  sia  convertito  in  ospedale.  La  malattia  morale  ci  è, 
ma  manca  la  diagnosi  psichica  e  la  pedagogica  cura  (-).  Certa- 
mente il  Lombroso  ha  aperto  ai  giuristi  gli  occhi,  indicando  una 
via  nuova  nella  estimazione  del  crimine  :  ma  gli  scolari  suoi,  come 
è  facile,  esagerano  (^).  Ma  è  pur  vero  che  se  entriamo  nelle  pri- 
gioni, subito  dopo  ne  scappiamo  ;  analizziamo  il  loro  cervello,  ma 
non    conosciamo   le  loro   immorali    qualità.  Bisogna   convivere  coi 


(1)  Pag.  454,  Die  Strafgewalt  des  States^  XXXIX. 

(2)  Mi  piace  ciò  che  ha  detto  il  Payot  a  pag.  612,  decembre  1899,  nella 
R.  Fh.  Egli  non  nega  un  l'ondo  ereditario,  ma  dichiarare  collo  Schope- 
nhauer il  cattivo  simile  al  serpente  che  non  perde  il  veleno  nelle  borse, 
si  dà  prova  che  non  si  sono  mai  osservati  i  fanciulli.  La  preponderanza 
ereditaria  senza  l'educazione  s' impone  con  una  orientazione  nella  vita 
psicologica:  si  avrebbe  uno  sviluppo  unilaterale  ;  come  l'orgoglio,  la  lus- 
suria, la  vanità.  Ma  salvo  i  nevropatici  ed  impotenti,  l'educazione  può 
rendere  deboli  le  forti  tendenze  ereditarie,  o  viceversa.  Tempo  e  pazi(;nza 
ci  vuole.  Se  ci  è  un  po'  di  energia,  se  è  giovane  l'educando,  molto  si  può 
sperare.  Nella  unità  di  carattere  vi  è  una  moltiplicità  di  appetiti,  di 
idee,  e  di  tendenze  :  e  si  può  o  modificare  qualcuno  di  questi  elementi 
isolatamente  e  così  si  rompe  la  sintesi,  ovvero  istituire  in  questi  elementi 
nuo'vi  legami,  e  da  ciò  nasce  sempre  una  modificazione  nuova.  La  stima 
esatta  del  fondo  di  energia  dell'educando  è  necessaria  per  fissare  ciò  che 
può  sperare  l'educazione  da  lui. 

(3)  Non  ci  è  una  formola  che  ci  istruisca  nel  decidere  dove  sia  il 
limite  tra  la  conoscenza  di  se  stesso,  del  passato,  e  l'ammalato  seme  di 
ciò  che  non  può  essere  altrimenti  ;  questa  è  una  delle  più  difficili  questioni 
della  vita,  dice  l'HiJffding. 


(21)  IL    PENTIMENTO  361 

delinquenti  per  conoscerli.  Che  si  direbbe  di  un  educatore,  che 
non  convive  coi  convittori  ? 

Ad  ogni  modo  sta  innanzi  a  noi,  alla  società,  questo  fallo,  di 
che  non  abbiamo  ancora  rimorso.  Si  è  procurata  mai,  e  con  quali 
mezzi  adatti  e  giusti,  la  necessaria  conoscenza  di  se  stesso  nel 
delinquente  ?  E  se  per  caso  v'  è  in  lui  un  germe  di  pentimento, 
continuato  e  duraturo  per  lunghi  anni,  cioè  che  v'è  in  lui  una 
potenzialità  morale  che  vorrebbe  estendersi,  e  non  può,  una  vi- 
talità morale  che  vorrebbe  operare,  e  che  è  impedita  :  poco  si  cerca 
di  coltivarlo  e  dì  espanderlo  coi  mezzi  educativi  morali  che  pos- 
sono garantire  l'operare  civile  del  delinquente  nella  società.  Siamo 
perciò  con  questi  fatti  :  la  Chiesa  fa  troppo  abuso  del  pentimento 
istantaneo,  o  breve  :  la  società  poco  tiene  conto  del  lungo  penti- 
mento del  condannato.  E  può  avvenire  che  il  sacerdote  assolve  un 
condannato  dopo  il  pentimento,  e  lo  Stato  lo  tiene  in  carcere. 
Quale  dissidio  tra  Tinterno  della  coscienza  e  l'esterno  della  sociale 
morale  !  Collo  studio  sopra  i  delinquenti  noi  abbiamo  creata  una 
cattedra  per  istruirci,  e  sta  bene  :  ma  questa  società  malvagia  ha 
dritto  di  avere  più  che  una  gelida  scienza,  un  santo  uomo  sociale, 
di  cui  non  trovo  ne  un  tipo,  ne  un  esempio,  la  cui  magica  pa- 
rola ammollisce  i  cuori,  acceso  dalla  fede  e  carità  che  se  muove 
i  monti,  commuove  anche  il  cuore  dell'  empio,  come  diceva  il 
Settembrini. 

Il  pentimento  attraverso  le  varie  fasi  della  pena  sia  civile  che 
religiosa  è  l'ultimo  a  comparire,  perchè  suppone  una  delicatezza 
di  coscienza  per  mezzo  di  principii  elevati  che  informano  l'animo 
del  pentito.  Ma  pure  un  principio  di  esso  esiste,  sebbene  non  sia 
prettamente  nobile  ed  elevato.  TI  pentimento  è  passato  dall'inferno 
alla  collera  di  Dio  ;  da  questa  all'onore  di  Dio  di  Calvino,  e  final- 
mente all'amor  di  Dio  di  Abelardo.  Siamo  ancor  lontani  dal  dolore 
per  il  dovere  mancato,  ovvero  dall'  autopentimento,  come  potrebbe 
dirsi.  Ma  come  si  passa  dall'eteronomia  all'autonomia  nella  vita 
morale  di  una  eletta  persona  la  quale  è  abituata  ad  obbedire  a 
tutte  le  regole  morali  e  perciò  la  sua  persona  s'  è  trasformata  in 
un  carattere  costante  della  vita  morale  :  così  può  avvenire  un  elevato 
pentimento  di  aver  mancato  al  dovere  solo,  perchè  si  è  sviluppato 
questo  altissimo  senso  della  vita  morale.  In  fondo  al  pentimento  si 
trova  sempre  un  germe  di  orgoglio  noV)ilissimo,  di  elevatezza  di 
sentimenti,  di  alto  sentire  della  propria  persona.  Perciò  questo 
pentimento  non    abbatte  uè  stermina    la  moralità  del  sentimento. 


362  P.   EAGNISCO  (22) 

ma  è  la  prova  della  più  grande  vitalità  di  essa.  Chi  non  sente, 
è  morto  :  e  chi  si  pente,  vive,  e  dà  segno  di  vita  morale  ele- 
vata. Le  anime  orgogliose  e  cupide  di  un  g-rande  ideale  morale 
sono  soggette  più  facilmente  a  questo  dolore,  per  cui  quasi  si  di- 
sprezza la  gente  intorno  di  noi  che  non  lo  avverte,  e  che  vive 
come  massa  in  un  più  basso  loco  di  moralità.  Queste  anime  ane- 
lano la  riorganizzazione  del  proprio  onore,  scaduto  per  un  atto 
immorale  commesso.  Sono  anime  inquiete,  di  alto  sentire,  che  non 
si  accontentano  deiresteriorità  dell'azione,  ma  solo  del  suo  valore 
interno.  Ma  g-li  eletti  nella  vita  morale  sono  rare  eccezionalità  di 
persone  :  in  queste  solo  avviene  che  il  pentimento  lungi  dall'av- 
vilire  e  fiaccare  l' animo,  lo  nobilita,  perchè  lo  eleva  a  punti  di 
sentimenti  così  alti,  che  esso  comparisce  nella  sua  piccola  luce 
della  sua  coscienza  morale,  come  un  faro  che  mentre  pare  di  spe- 
gnersi, si  ravviva  subito  ed  illumina  il  bujo  della  sua  coscienza. 
Così  avviene  in  quest'anima  di  retto  sentire  che  il  dimandar  scusa 
e  perdono  non  è  una  umiliazione,  come  ordinariamente  si  crede, 
ma  una  elevata  riconoscenza  del  proprio  errore,  anzi  una  cancel- 
lazione delle  proprie  sviste,  ed  un  riorganizzamento  della  sua  per- 
sonalità. Se  la  eletta  società  fosse  di  questi  tipi  di  moralità,  al- 
lora sarebbe  evitato  il  duello.  Ma  pur  troppo  gli  uomini  sono  com- 
posti diversamente.  L'  inno  al  dovere  elevato  da  Kant  è  rimasto 
come  una  voce  nel  deserto.  Non  solo  non  tutti,  ma  nemmeno  la 
maggior  parte  degli  uomini  può  arrivare  al  senso  nobilissimo  di 
moralità.  Ijasciamo  questi  ideali  troppo  alti  che  sono  per  la  poesia 
della  scienza,  ed  atteniamoci  alla  vita  reale,  il  cui  studio  è  tanto 
più  giovevole  agli  uomini.  Ed  è  qui  che  viene  la  domanda  :  come 
si  passa  dal  pentimento  eteronomo  al  pentimento  autonomo,  ov- 
vero come  si  passa  dal  basso  pentimento  alla  cima  della  perfe- 
zione del  pentimento  elevato  e  nobile  di  un'alta  persona  morale? 
Fra  la  pena  che  è  esteriore  ed  il  pentimento  che  è  interno 
ci  è  di  mezzo  il  disonore,  o  la  vergogna  che  offende  la  stima  na- 
turale di  se  stesso,  od  il  sentimento  dell'  onore,  come  si  dice.  È 
questo  il  punto  più  delicato  della  persona  umana  la  quale  vive  in 
mezzo  alla  società.  Questa  si  può  dire  il  vero  teatro  delle  azioni 
umane,  le  quali  sono  giudicate,  e  stimate  secondo  un  valore  tutto 
proprio.  Non  è  possibile  che  il  carattere  di  un  individuo  non  si 
rivoli  colle  manifestazioni  delle  azioni.  Si  è  creduto  alla  inviola- 
bilità della  persona  interna  più  del  necessario,  perchè  sin  tanto  che 
questa  persona  nulla  fa,  non  è  soggetta  all'apprezzamento  che  la 


(23)  IL    PENTIMENTO  363 

società  deve  fare  sul  suo  contO;  poiché  1'  individuo  è  pur  parte 
essenziale  della  società.  La  vergogna  che  l'opinione  pubblica  in- 
fligge ai  suoi  membri,  è  moralmente  piìi  che  la  pena  civile,  e 
meno  del  pentimento  di  coscienza,  come  civilmente  è  meno  della 
pena  stessa.  Come  l'opinione  pubblica  è  mediana  tra  il  dritto  e 
la  morale  ;  così  la  vergogna  che  accompagna  l'azione  immorale,  è 
un  veicolo  per  avere  il  sentimento  del  disonore,  e  per  risvegliare 
la  forza  morale  del  pentimento  nella  coscienza.  La  pena  civile 
come  esterna  poco  tocca  il  sentimento  della  persona  :  questo  è 
scosso  ed  eccitato  più  dalla  vergogna,  sino  ad  arrivare  al  penti- 
mento morale  che  si  fonda  sulla  coscienza  morale  che  ha  guada- 
gnata la  dignità  della  persona  nel  cammino  della  moralità.  Il  dritto 
della  opinione  pubblica  è  sacro  ed  inviolabile,  come  è  indipendente 
il  dritto  della  magistratura,  come  è  inviolabile  il  dritto  di  coscienza 
morale.  Ma  la  storia  non  registra  che  violazioni  di  tutti  e  tre 
questi  dritti.  L'opinione  pubblica  è  il  solo  magistrato  che  giudica 
le  azioni  dal  lato  esterno  che  si  approssima  all'interno.  Non  è  l'esame 
rigido  del  magistrato  civile,  né  il  giudizio  imparziale  della  propria 
coscienza  ;  ma  la  stima  esteriore,  se  pur  si  vuole,  di  un  fatto  nel- 
l'interesse sociale.  I  criteri  sono  diversi  da  quelli  che  regolano  la 
pena,  ed  il  pentimento.  Più  mutabili  e  variabili  secondo  i  mo- 
menti, essi  formano  oggi  il  fondamento  della  stampa  che  ne  è  la 
espressione  (i).  Se  il  sentimento  dell'onore  ci  alimenta  nella  vita 


(1)  Alla  magistratura  che  nell'apertura  dell'anno  giuridico  notando  l'ac- 
crescimento dei  delinquenti  incolpa  la  scuola,  dalla  quale  richiede  l'educa- 
zione che  non  può  dare,  perché  la  scuola  é  direttamente  istruttiva,  ed  in- 
direttamentt^  educativa,  posso  fare  osservare  che  l'educazione  dell'indivi- 
duo è  il  risultato  della  famiglia,  della  milizia,  della  religione  e  (hdlo  stato, 
e  meno  di  tutto,  della  scuola.  Ma  più  di  tutto  massimo  coefficiente  di  edu- 
cazione di  un  paese  è  la  stampa,  la  quale  è  generalmente  affidata  a  per- 
sone che  sono  state  incapaci  di  arrivare  ad  una  professione.  E  mentre  ad 
ogni  esercizio  di  professione  pubblica  si  cerca  l'attestato  di  moralità,  a 
chi  invece  esercita  la  delicata  funzione  di  direttore  della  opinione  pub- 
blica nulla  si  domanda,  né  esame,  né  valore  morale  della  sua  persona. 
L'insensibile,  ma  persistente  goccia  d'acqua,  arriva  a  spaccare  anche  il 
granito:  non  è  mestieri  che  io  ricordi  questo  detto. 

Certo  é  che  la  pubblica  opinione  ha  lo  stesso  valore  nella  società 
del  risveglio  del  sentimento  d'onore  nella  scuola  :  e  come  questo  ultimo 
é  leva  potente  pei'  elevare  l'animo  (bdl'uomo  ad  educare  la  mente,  così 
la  polizia  morale  mantenuta  dalla,  stampa,  sehltiii'  non  lia  limiti  definiti. 


364  V.  EAtìNisco  (24) 

morale  e  civile  e  ci  spinge  a  superare  gli  ostacoli  al  bene,  la  ver- 
gogna è  una  pena  quasi  morale  che  è  efficace  nelle  anime  adorne 
di  delicatezza  morale.  L'opinione  non  è  cosa  indiiFerente,  ma  ele- 
mento necessario  di  vita  cittadina,  essa  ci  spinge  a  sacrifizii  non 
solo,  ma  anche  ad  ipocrisia.  Il  tracotante  si  frena  per  la  diffama- 
zione :  non  è  tanto  la  pena,  ma  la  vergogna  della  pena  che  ci  allon- 
tana dal  male.  La  prostituta  ed  il  mariuolo  aspettano  la  notte  per 
uscire  di  casa.  Si  può  dire  che  nella  pena  è  misurata  l'azione  nel 
valore  obbiettivo,  nel  pentimento  il  giudizio  è  tutto  interiore,  mentre 
nella  ver^og-na  l'azione  è  stimata  nel  valore  obbiettivo  e  subbiet- 
tivo.  Dalla  vergogna  si  passa  al  pentimento. 

La  persona  umana  designa  tutto  il  merito  o  demerito  che  uno 
si  è  acquistato  coli'  esercizio  della  virtù,  o  del  vizio.  E  la  qua- 
lità morale  di  cui  è  insignito  l' individuo.  La  natura  non  ci  dà 
che  la  potenzialità  di  essere  demonio,  o  dio  :  spetta  al  lavoro  mo- 
rale educativo  di  esserlo  realmente.  Ma  il  lavoro  morale  è  gra- 
duato, come  ogni  potenza,  alla  forza  morale  :  e  l'attingere  dap- 
principio nella  carriera  morale  un  ideale  altissimo  è  cosi  impos- 
sibile, come  che  un  fanciullo  faccia  uno  sforzo  erculeo  [^).  Perciò 


quando  è  sostenuta  da  persone  probe,  luorali,  intelligenti  e  colte  esercita 
una  ediieazioue  morale,  raffina  i  costumi  e  alla  volte  risparmia  l'uso  della 
pena.  Il  mercato  degli  applausi,  o  delle  contumelie,  gli  onori  mal  dati, 
le  decorazioni  partigiane  ammutoliscono  il  sentimento  d'onore,  spuntano 
l'onta  della  vergogna.  Si  dice  che  la  scuola  serve  per  la  vita.  Ma  se  ci 
è  una  differenza  nel  livello  morale  tra  la  opinione  pubblica  e  la  scuola, 
il  seme  della  educazione  dell'alunno  è  caduto  sulla  sterile^  pietra,  non  già 
sulla  terra  feconda. 

(1)  heggo  neW Action  Socialiste  di  Jean  Jaurés,  Paris  1899,  pag.  155, 
che  madama  Kergomard  tra  i  consigli  dati  sull'insegnamento  della  mo- 
rale nelle  scuole  primarie  osserva  che  i  maestri  riducono  i  precetti  di 
morale  all'utilità,  mentre  l'anima  del  fanciullo  è  più  sensibile  alle  ragioni 
del  sentimento  ed  alle  nobili  emozioni  di  coscienza.  Nel  raccomandare 
la  nettezza  del  corpo  si  paragoni  l'anima  ad  un  bel  fiore  che  non  si  mette 
in  un  vaso  sporco.  Non  dite,  non  siate  ghiottoni  perchè  vi  farà  male,  ma 
perchè  vi  mancherà  la  prontezza  di  spirito  e  la  lucidità  di  pensare:  non 
mentite  perchè  non  siete  più  creduti,  ma  l'uomo  che  i.ega  mutila  se  stesso: 
e  così  di  tutti  i  doveri  bisogna  dare  les  raisons  les  x>lH'S  ìuiutes,  celles 
qui  font  le  micii.r  sentir  la  f/randeìir  de  l'hoiiime.  Il  consiglio  è  lodevole, 
ma  dipende  dal  tatto  pedagogico  del  maestro,  e  dal  grado  di  sentimento 
di  onore  che  hanno  gli  scolai'i  avuto  dalla  famiglia.  Chi  può,  ne  faccia 
tesoro. 


(25)  IL    PENTIMENTO  365 

la  persona  può  operare  o  per  evitare  la  pena,  o  la  vergogna, 
ovvero  per  la  stima  che  ha  di  se  stessa.  3Ia  arrivare  ad  operare 
il  bene  per  se  stesso,  significa  che  la  persona  ha  la  stima  della 
legge  per  se  :  è  un  grado  in  cui  il  subhiettivo  e  l'obbiettivo  non 
si  distinguono  più  :  cioè  l'ideale  si  è  identificato  colla  nostra  na- 
tura. Qui  la  stima  di  se  e  la  stima  della  legge  è  lo  stesso,  per- 
chè il  bene  nasce  dall'interno  di  noi  stessi,  è  addivenuto  una  cosa 
necessaria  :  come  non  si  distingue  più  il  necessario  dal  libero,  così 
nemmeno  la  persona  umana  e  la  stima  che  essa  ha  della  legge, 
perchè  il  se  stesso  è  addivenuto  la  legge  stessa.  Ed  è  ragionevole 
che  come  lo  sviluppo  morale  della  persona  umana  non  è  niente 
di  fisso  e  di  stabile,  così  nemmeno  l'ideale  della  legge  non  è  ve- 
nuto dal  cielo,  perchè  è  umano  anche  esso,  e  quindi  storico.  Solo 
nella  disarmonia  tra  l'ideale  scopo  e  la  nostra  persona  avviene  il 
pentimento  per  se  stesso,  ossia  il  dispiacere  perchè  la  nostra  per- 
sona non  ha  raggiunto  l'ideale,  per  cui  resta  moralmente  disono- 
rata la  nostra  persona.  Ma  per  sentire  questo  disonore,  bisogna 
essere  già  buoni,  cioè  la  nostra  persona  è  già  addivenuta  buona 
per  l'incorporamento  della  legge  con  se  stessa.  Nella  gradazione 
degli  ideali  e  nella  gradazione  dello  sviluppo  morale  della  nostra 
persona,  se  avviene  una  diseguaglianza,  per  cui  la  nostra  natura 
resta  al  disotto  dell'ideale,  nasce  il  pentimento,  ossia  quella  dol- 
cezza di  dolore  che  è  caratteristica  di  elevatezza  e  di  squisitezza 
di  sentimento  morale. 

L'onore  della  personalità  perduta  è  l'unica  e  vera  sorgente 
del  pentimento.  La  quale  si  sviluppa  mediante  la  virtù:  un  leggiero 
fallo  è  una  macchia  in  questo  purissimo  cristallo  della  coscienza. 
Il  pentimento  è  la  riconoscenza  dell'offesa  fatta  alla  nostra  per- 
sona da  noi  medesimi,  ed  il  mezzo  per  purificarla  in  quanto  ci 
è  il  dispiacere  dell'offesa  fatta  a  noi  stessi.  Questo  dispiacere  è  la 
vera  pena  che  non  ci  umilia,  ma  ci  rialza  e  risolleva  dall'abbatti- 
mento del  vizio.  E  l'indice  sicuro  della  riabilitazione.  La  vergogna, 
essendo  innanzi  alla  società  esposta  la  nostra  figura,  ci  umilia  perchè 
ci  pone  nel  disprezzo  di  tutti.  Solo  il  pentimento  rialza  la  nostra 
persona,  perchè  il  dispiacere  della  mancanza  del  dovere  è  la  prova 
chiara  che  il  sentimento  dell'onore  non  è  ottuso,  ma  si  è  ravvivato 
nel  pentimento.  Perciò  nel  vero  pentimento  vi  è  la  reintegrazione 
dell'  onore  della  nostra  persona.  Ma  la  via  è  lunga  per  arrivare 
ad  averlo  :  perchè  suppone  una  rieducazione  della  nostra   vita. 

Uopo   che  Amleto   ha  scoperto    la    coscienza    di    sua   madre; 


366  P.   EAGNISCO  (26) 

questa  dice  :  "  0  Amleto,  tu  mi  hai  spaccato  il  cuore  ;  ed  egli  ri- 
sponde con  queste  parole  :  Oh  !  getta  via  da  te  la  parte  cattiva 
di  esso,  e  vivi  pura  coU'altra  metà.  „  E  questa  una  bella  frase 
poetica,  ma  che  manca  di  senso  della  realtà.  La  facilità  di  ria- 
bilitarsi moralmente  col  pentimento  deriva  anche  dal  modo  come 
sì  è  educati  dalla  Chiesa  cattolica  al  sacramento  della  penitenza. 
La  facilità  di  credere  al  pentimento  colla  confessione  orale  delle 
proprie  colpe,  e  colla  penitenza  che  è  creduta  un  mezzo  di  espiare 
i  peccati,  colle  preghiere,  coi  digiuni  e  colle  elemosine,  ha  fatto 
si  che  si  è  trascurato  la  parte  moralmente  nobile  del  medesimo. 
Anche  qui  io  non  avrei  difficoltà  di  dire  che  il  sacramento  della 
penitenza,  come  notai  nella  preghiera,  è  etico  preparativo,  ma  non 
etico  definitivo.  Yale  a  dire,  che  siccome  in  questo  sacramento  si 
bada  alla  collera  di  Dio,  ed  alla  riconciliazione  con  Dio  dopo  il  pec- 
cato commesso,  tutto  questo  è  fatto  esterno  alla  intrinseca  virtù  del 
pentimento.  La  stessa  espiazione  della  colpa  è  piuttosto  un  fatto 
giuridico  :  e  se  è  etico,  è  tale  in  quanto  essa  è  un  mezzo  per  non 
cadere  nei  peccati  passati.  L'ideale  del  pentimento  che  secondo  noi 
è  l'onore  perduto  della  dignità  di  se  medesimo,  è  l'indice  di  una 
perfezione  cui  è  pervenuta  la  persona  umana  :  è  cosa  rara,  e  sola 
degna  del  più  alto  grado  della  moralità.  Ci  sono  peccati  di  anime 
pure  che  nessuno  può  stimare  col  criterio  comune  del  confessore  : 
epperò  non  si  possono  confessare.  Ma  se  il  Cristianesimo  è  per  le 
masse,  è  naturale  che  la  confessione  è  etica  preparativa,  non  etica 
definitiva.  Che  sia  indispensabile  un  medico  che  abbia  la  cura  delle 
anime  volgari,  è  ben  chiaro:  non  è  la  confessione  orale,  ma  il 
consiglio  per  regolarsi  nella  vita  morale  è  necessario  al  popolo. 
Ma  chi  è  arrivato  allo  stato  del  vero  pentimento,  è  salito  molto 
più  alto  nel  campo  morale,  perchè  ci  è  tutta  la  garanzia  della 
emendazione  della  vita.  E  ciò  che  si  appella  la  grazia  divina  per 
l'amministrazione  del  sacramento,  significa  che  nel  pentimento  è 
avvenuta  la  crisi  di  un  parto  per  cui  si  emette  una  nuova  nostra 
natura  rinnovata  e  rieducata  mercè  la  correzione  di  se  stesso.  Cer- 
tamente sarebbe  ingratitudine  rivoltarsi  contro  la  Chiesa  che  come 
buona  madre  ci  educò  colla  lea  del  padre  buono  :  ma  se  si  può 
salire  più  avanti,  e  passare  dal  pentimento  eteronomo  al  penti- 
mento autonomo,  noi  non  abbiamo  voltate  le  spalle  alla  Chiesa. 
Peggio  è  per  lei,  se  non  ci  accoglie  nel  suo  seno,  (resù  aveva  ri- 
guardato il  fariseismo  come  impedimento  vero  al  regno  di  Dio, 
perchè    aveva  detto  che  non  l'adempimento  alle  leggi  ci  fa    figli 


(27)  IL    PENTIMENTO  367 

di  Dio,  ma  la  purità  deirintenzione.  Ora  la  intenzione  è  costituita 
dal  motivo  del  pentimento,  che  è  fondato  sull'onore.  Il  cattoli- 
cismo  è  rimasto  esteriore,  mentre  Calvino  ripone  la  retta  inten- 
zione nell'abnegazione  di  noi  stessi  :  rinunciare  al  proprio  volere 
ed  aver  g-li  occhi  all'onore  solo  di  Dio.  Sostituiamo  all'onore  di  Dio 
l'onore  della  nostra  persona,  ed  in  esso  troviamo  il  fondamento 
moderno  come  del  dovere,  così  del  pentimento.  L'onore  della  per- 
sona è  facile  a  dirlo,  ma  difficilissimo  a  conseguirlo.  Richiede  un 
sentimento  di  se  stesso  sviluppato,  senza  di  che  nulla  si  fa  di  bene  : 
una  fiducia  in  se  stesso  misurata,  senza  di  che  il  volere  è  debole. 
L'onore  nell'atto  che  richiede  uno  sviluppo  della  persona,  esige 
anche  che  nissuna  attenzione  sia  voltata  verso  se  stesso.  Se  per 
poco  voltiamo  la  considerazione  all'immagine  che  il  nostro  io  fa 
nella  coscienza  degli  altri,  allora  degenera  nell'  ambizione,  e  tutto 
riducesi  ad  esterno  apparire,  alla  gloria  esterna,  alla  quale  è  stata 
opposta  la  umiltà,  la  quale  non  è  punto  una  virtù,  salvo  quando 
la  si  intende  come  modestia.  La  umiltà  ha  avuto  grande  lode  solo 
come  reazione,  nota  l'Hoffindig,  all'eccessivo  e  sconfinato  amor  di 
se.  Ora  è  tanto  difficile  potersi  elevare  la  persona  al  retto,  onore, 
ed  alla  giusta  dignità  di  se  stesso,  come  è  difficile  temperare 
l'egoismo  innato  colle  relazioni  sociali.  L'umiltà  è  come  un  sacri- 
fizio sciocco  :  esiste  pure  il  sacrifizio,  ma  non  è  più  il  volgare  sa- 
crifizio di  una  volta.  L'onore  perciò  della  propria  persona  è  così 
elevato,  che  qualunque  cosa  l'appanna.  Ed  è  qui  che  trova  un 
fondamento  infinito  il  pentimento,  perchè  non  vi  è  cosa  anche 
fatta  bene  che  non  abbia  qualche  che,  che  offende  1'  elevatezza 
morale  cui  è  pervenuta  la  persona.  È  proprio  di  quelle  anime  che 
trovano  sempre  da  osservare  nella  coscienza  che  desiderano  retta, 
e  che  quasi  mai  possono  conseguire  (i).  Eassomiglia  non  alla 
scienza    baldanzosa  che    dà  la  ricetta    con  qualche    principio    per 


(1)  Lo  Ziegler  dice  qualche  cosa  di  simile,  quando  osserva  che  come 
lo  stato  sano  di  salute  non  si  avverte,  è  latente,  così  il  bene  morale  che 
è  divenuto  abitudine,  è  appena  cosciente.  Solo  il  male  parla  chiaramente 
e  distintamente  :  e  quanto  più  fini  sentimenti  ha  un  uomo  ed  è  più  mo- 
ralmente educato,  tanto  più  sente  con  dolore  le  trasgressioni  ed  è  tor- 
mentata la  sua  coscienza:  onde  si  può  alfermare  il  paradosso:  il  buono 
soffre  nella  sua  coscienza  più  del  eattivo,  pag.  108,  Sittlirhes  Sein^  imd 
Sittlirhes  Werden,  T.  Ziegler,  8trassb.  1890.  E  pag.  175,  76,  Das  Geflìhhìe- 
hen  in  Einzelnen.  Das  Geftthì,  1890,.  Lipsia, 


368  P.   RAGNISCO  (28) 

ogni  sapere,  e  per  tutto  il  sapere,  ma  a  quella  riservata  e  sobria 
che  nessun  passo  fa  nelle  afFerniazioni  senza  una  svariata  prova 
degli  esperimenti  :  ne  per  questo  superbisce,  anzi  più  modesta  si 
tiene  nelle  conclusioni. 

Chi  è  arrivato  all'alto  sentimento  del  proprio  onore,  non  ha  bi- 
sogno ne  di  confessione  ne  di  espiazione  della  colpa.  Egli  rassomiglia 
a  quello  scolaro  che  dopo  aver  passato  la  vita  sotto  un  maestro, 
non  ne  ha  più  bisogno,  perchè  è  al  caso  di  studiare  da  se  e  di 
vedere  i  proprii  errori.  E  spesso  è  il  caso  che  lo  scolaro  superi 
anche  il  maestro.  Così  è  della  moralità  del  pen  timento  verso 
il  sacramento  della  penitenza  della  Chiesa.  L'onore  della  propria 
persona  è  il  punto  più  alto  cui  si  può  pervenire  nella  vita  morale. 
La  dignità  di  se  stesso  è  il  rispetto  che  abbiamo  a  noi  stessi, 
alla  nostra  persona.  E  siccome  per  pervenire  a  questo  grado 
altissimo  di  noi  stessi  ci  vuole  una  preparazione  di  vita  morale, 
ci  vuole  la  scuola  propria  della  virtù,  alla  quale  passiamo  dopo 
essere  stati  alla  scuola  impartita  dagli  altri  che  ci  sono  mae- 
stri nella  stessa  virtù,  così  non  ò  dato  a  tutti  pervenire  a  questa 
delicatezza  di  coscienza  (').  Sono  quelle  anime  fine  di  educazione 
morale  e  di  sentimenti  squisiti  di  virtù,  a  cui  tutto  comparisce 
rozzo.  Rozzo  lo  Stato  colla  pena,  rozza  la  Chiesa  col  sacramento 
della  penitenza,  rozzo  l'istesso  ambiente  sociale  ove  la  virtù  è  ac- 
compagnata dairafFascinahte  gloria.  E  queste  anime  sono  facili  al 
pentimento  che  non  si  trova  nel  comune  degli  uomini.  Ci  è  una 
gradazione  di  coscienza  morale,  tra  chi  l'ha  perfettamente  ottusa 
e  sorda  ad  ogni  sorta  di  dovere,  e  tra  chi  1'  ha  così  squisita  e 
delicata  nel  più  elevato  senso  del  dovere.  C  è  l'assenza  di  penti- 
mento come  nei  bruti,  c'è  il  pentimento  soffocato  come  nei  delin- 
quenti, e'  è  il  pentimento  effimero,  come  il  mangiar  carne  il  venerdì, 


(1)  Nessuno  dirà  ohe  io  cada  nello  stosso  principio  kantian  ,  sebbene 
sia  tanto  ad  esso  vicino.  Perchè  nello  sviluppo  morale  della  persona  umana 
vi  è  una  gradazione  che  cozza  coll'assoluto  formale  ed  astratto  principio 
di  Kant.  Non  è  il  rispetto  della  legge,  ma  l'  onore  della  persona  cui  si 
è  pervenuto  mediante  la  legge,  questa  è  vera  autonomia  di  volere.  E 
trattandosi  di  alto  sentimento,  esso  è  il  fondarne  to  del  fine  pentimento 
di  disonore  della  personalità  morale.  E  l'imputazione  e  la  responsabilità 
sono  la  valutazione  morale,  apprezzativa  della  persona  secondo  il  grado 
cui  è  pervenuta.  Ci  è  il  ììnnùinini  ed  il  )iiariiiium,  secondo  la  deficienza 
e  la  crescenza  morale  della  persona. 


(29)  IL    PENTIMENTO  369 

il  buddista  per  avere  schiacciato  un  serpente  :  il  pentimento  fon- 
dato sul  male  realmente  fatto.  Ci  è  il  pentimento  delicato  di  chi 
si  marita  la  seconda  volta,  ci  è  il  pentimento  dissimulato  per  non 
farsi  vedere  umiliato  davanti  alla  società  :  ci  è  il  pentimento  alto 
e  nobile  di  chi  non  ha  fatto  il  bene  per  la  patria,,  o  di  chi  non 
si  è  opposto  al  vizio  vigente  nella  società.  E  una  gradazione  di 
pentimento  che  è  l'espressione  della  gradazione  della  coscienza, 
la  quale  designa  la  qualità  morale  dell'individuo,  e  questa  varia 
secondo  la  educazione,  la  perfezione,  la  sensibilità,  secondo  il  ca- 
rattere. La  Chiesa  qualche  cosa  ha  detto  nella  differenza  tra  pre- 
cetto e  merito  :  ma  è  sempre  una  idea  pedagogica,  esteriore  cioè,  alla 
coscienza  questa  differenza,  la  quale  sparisce  innanzi  alle  anime 
elette.  E  come  oggi  per  un  selvaggio  risparmiare  la  vita  al  nemico 
è  un  merito,  mentre  per  Tuonio  civile  è  un  elementare  dovere  ; 
così  vi  sarà  chi  chiama  l' operaio  alla  partecipazione  degli  utili, 
oltre  il  salario  che  oggi  gli  è  riconosciuto  di  debito  (').  La  per- 
fezione della  coscienza  morale  non  ha  termine  fisso  :  ciò  che  gli 
altri  chiamano  un  sacrificio,  può  essere  per  un'  anima  elevata  un 
puro  senso  di  semplice  dovere.  Si  può  avere  il  pentimento  di 
questo  dovere  che  per  la  popolare  etica  è  riconosciuto  come  un 
singolare  merito. 

Ma  a  che    giova,  si  può  dimandare,    questo  pentimento   così 
segreto  ed  intimo  che  nessuno  osserva  e  che  passa  trascurato  nella 


(1)  Uno  dei  martiri  napoletani  del  17'J9  prima  di  salire  il  patibolo, 
invitato  a  pentirsi,  disse  :  sì,  mi  pento  di  non  aver  fatto  quanto  poteva 
contro  i  nemici  della  patria.  Quello  che  manca  a  noi  italiani,  è  l'oppor- 
tuno, non  il  tardivo  pentimento  della  menzogna.  Il  dire  la  verità  solo 
in  punto  di  morte,  dopo  essere  vissuto  tutta  la  vita  nel  mendacio, 
è  nel  costumo  di  molti,  colla  speranza  dalla  Chiesa  del  facile  perdono. 
Anzi,  si  tiene  più  conto  del  pentimento  della  vita  libidinosa  in  cui  si  fa 
male  a  se  stesso,  e  non  del  pentimento  della  menzogna,  in  cui  danneg- 
giamo l'onore  nostro  e  del  nostro  simile.  Dal  registro  dei  pentimenti  umani 
si  argomenta  quanto  siamo  ancora  indietro  nella  morale  civile.  Esso  però 
è  troppo  scarso  :  manca  il  pentimento  di  non  dare  al  lavoratore  ore  per 
le  funzioni  religiose,  ed  educative,  manca  il  pentimento  di  aver  messo 
creature  al  mondo  senza  padre,  o  di  aver  generato  figli  degenerati  :  ci  è 
ancora  la  differenza  tra  il  pentimento  di  avere  ucciso  il  nostro  simile,  e 
quello  indifferente  di  aver  chiusa  la  porta  in  faccia  al  famelico,  o  di  aver 
defloi'ata  una  ragazza.  Ci  è  ancora  la  diffcn'enza  tra  il  netìnneiii.  laedeela, 
soggiunta  :  ìihìho  omnes  quantum  potes  Jucci. 


370  r.  RAGNisco  [HO) 

società?  Che  cosa  sono  queste  piccole  anime  così  perfette  nel  mare 
della  storia  degli  uomini  ?  Ma  :  c'è  il  pericolo  che  noi  sopraffatti 
dalla  sociologia,  in  cui  non  contano  che  le  masse  morali,  dobbiamo 
perdere  di  vista  gli  uomini  che  sono  nella  vita  sociale  sopratutto 
i  veri  fattori  del  progresso  morale  ?  È  il  caso  che  la  scienza  stessa 
che  pretende  di  essere  esatta,  manca  alla  esattezza  dei  fatti  perchè 
nella  gonfiezza  e  nella  superbia  delle  idee  trascura  ciò  che  a  lei  pare 
cosa  da  sprezzarsi?  Questo  è  proprio  il  caso,  che  S.  Paolo  dice: 
scientia  inflat.  Ma  prendiamo  la  cosa  da  un  punto  di  vista  giusto. 
In  natura  non  esiste  il  pentimento,  perchè  essa  non  ha  scopo, 
non  sentimento  né  volere,  non  odio  né  amore  (').  Come  la  natura 
è  rozza  e  grezza  ed  acquista  stima  e  valore  per  il  nostro  lavoro,  così 
la  natura  umana  è  imperfetta  per  se  stessa  ed  ha  bisogno  per  essere 
valutata  nella  morale  del  lavoro  morale  educativo.  La  forza  educativa 
non  sta  nello  sviluppare  solo  secondando  la  nostra  natura,  ma  il  più 
delle  volte  sta  nel  combattere  le  inclinazioni  al  male.  E  così  quando 
si  dice  che  fondamento  della  legge  è  la  nostra  natura,  è  per  modo 
di  dire  :  ma  dalla  natura  avuta  al  carattere  morale  che  è  la  vera 
seconda  natura  riformata,  ci  corre  un  abisso.  È  solo  il  lavoro  mo- 
rale di  educazione  eteronoma  e  poi  autonoma  ciò  che  dà  prezzo, 
0  stima  a  noi  stessi.  Ma  il  lavoro  morale  non  è  bello  e  facile  e 
trovato.  La  via  della  perfezione  è  un  continuo  tentare  e  ritentare 
di  prove  per  renderci  migliori.  Noi  abbiamo  dimenticato,  o  negato 
la  parte  più  vitale  del  bene,  la  quale  consiste  nel  male  operato 
e  che  reca  dolore  per  migliorare  l'individuo,  o  la  società.  Ed  il 
pentimento  è  il  frutto  del  male  operato  ;  e  solo  con  esso  possiamo 
davvero  contrastare  il  male.  L'  esperienza  morale  è  il  male  rico- 
nosciuto che  ci  ha  arrecato  dolore  e  c'indica  la  via  non  vaga  ed 
incerta,  ma  sicura  e  vera  del  bene  da  volere.  Non  è  come  l'espe- 
rienza fisica  che  ci  dice  quello  che  è  ;  ma  è  quella  che  ci  prova 
quello  che  dovrà  essere  per  mezzo  di  quello  che  fu  diversamente. 
Ed  in  questo  punto  sta  l'energia  della  vera  nuova  moralità.  Alla 
verità  si  accede  mercè  la  preparazione  dell'errore:  e  l'acquisto 
della  virtù  cosciente  e  libera  non  si  raggiunge  senza  il  dolore  del 


(1)  Si  potrebbe  sollevare  la  questione,  se  la  legge  inorale  ha  fonda- 
meuto  nella  natura  esterna,  ovvero  nell'uomo  ?  Nel  primo  caso,  dove  il 
male,  dove  il  dolore,  dove  il  pentimento  V  In  caso  diverso,  la  natura  è 
un  semplice  paragone  della  legge,  e  non  ne  è  il  fondamento. 


(81)  IL    PENTIMENTO  371 

male  fatto.  Ora  alla  massa  non  è  necessario  questo  pentimento, 
perchè  non  può  essa  raggiungere  la  perfezione  morale.  I^a  massa 
vive  non  per  l'etica:  vive  solo,  e  basta  ciò  clie  le  serve  alla  vita; 
alla  massa  basta  al  più  un'etica  minima  e  con  quella  può  tirare 
innanzi.  Essa  ha  bisogno  di  chi  le  mostri  la  via  della  perfezione,  e 
la  migliori.  E  le  anime  elette  sono  appunto  quelle  che  operano  e 
vivono  per  il  suo  miglioramento.  Sono  quelle  luci  che  illuminano 
la  sua  coscienza  e  la  spingono  nella  via  del  progresso.  La  società 
può  pur  sussistere  colla  morte  del  pungolo  della  coscienza,  vi- 
vendo sotto  i  colpi  dei  castighi  e  delle  pene  :  e  voglio  anche  con- 
cedere che  possa  tirare  avanti  colla  opinione  pubblica  che  tributa 
onore  e  vergogna  a  chi  merita.  Ma  se  finisce  la  coscienza  morale, 
la  società  è  come  un  uomo  senza  cervello.  Dove  i  fili  nervosi  vanno 
a  complicarsi,  ad  addensarsi  nella  vita,  a  rannodarsi  dopo  essere 
sparsi  per  tutto  il  corpo,  è  li  precisamente.  Ora  il  pentimento  è 
il  termometro  del  calore  morale,  della  vita  altamente  etica  della 
società,  è  il  segreto  misuratore  dei  sentimenti  più  nobili  ed  elevati. 
I  fili  sociali  sono  i  legami  morali  sparsi  in  questo  corpo  per  cui 
si  avvincolano  gli  uomini  come  dentro  una  rete  nervosa.  Le  vi- 
brazioni, le  scosse  morali  se  non  hanno  un  centro  in  cui  si  ri- 
percuotono, sono  moti  esteriori,  sono  parole  che  non  nascono  dal- 
l'affetto e  non  si  riverberano  nel  cuore  dell'altro  uomo.  E  come 
la  parola  è  un  segno  senza  significato  se  non  nasce  dall'affetto, 
così  e  non  altrimenti  sono  le  leggi  sociali,  le  massime  morali  se 
non  riannodano  gli  uomini  nel  vincolo  sociale.  Ed  il  pentimento 
designa  l' intensità  della  forza  morale  che  esiste  nella  società.  E 
quello  che  indica  la  lotta  tra  il  bene  ed  il  male  a  quale  grado  si 
è  elevata  nella  coscienza  morale.  La  quale  sarebbe  vuota  di  con- 
tenuto senza  questo  continuo  e  nobile  contrasto  a  cui  siamo  chia- 
mati durante  il  progresso  della  vita  morale.  Spegnere  il  penti- 
mento vale  annullare  la  coscienza  morale  :  e  senza  questa  luce  la 
società  è  caduta  nelle  tenebre  e  nella  confusione.  Anzi,  se  ben  si 
consideri  il  pentimento  come  dolore,  come  angoscia  di  un  solo 
uomo,  e  non  di  tutti,  è  per  se  stesso  una  virtù,  la  quale  non  sus- 
siste senza  soffrire.  Ma  l'effetto,  ed  il  benefizio  di  questa  virtù,  di 
questo  malessere,  va  tutta  a  benefizio  della  società  ed  ha  valore 
per  l'individuo  appunto,  in  quanto  questo  dolore  morale  serve  a 
lei  più  che  a  lui.  Imperocché  è  desso  uno  spiraglio  di  luce  che 
ci  fa    chiaro   nelle    tenebre    e  ci    dirige    a    migliore   destino. 

Noi  siamo  ancora  sotto  l'impressione  di  due  maniere  false  di 


372  P.   EAGNISCO  (32) 

considerare  l'etica  :  una  di  riguardarla  solo  rispetto  alla  divinità  a 
cui  la  nostra  coscienza  solamente  deve  render  conto  :  l'altra  è  che 
dove  non  ci  è  la  forza  che  ci  può  costringere,  ogni  relazione  mo- 
rale è  sparita.  TI  vero  è  che  Tuomo  e  un  individuo  nel  medium 
sociale,  e  come  egli  tutto  riceve  da  esso,  così  tutto  dà  ad  esso  : 
cioè  se  egli  vive  per  la  società,  tutto  quello  che  fa,  ad  essa  si 
riferisce,  ed  in  essa  si  riversa. 

Ora  lo  sciupo  di  quelle  forze  che  potevano  servire  al  van- 
taggio del  progresso  individuale  e  sociale  viene  innanzi  alla  disa- 
mina della  coscienza  solo  in  alcune  anime  ben  educate  e  però 
elette.  Indipendentemente  dalla  divinità  e  dalla  società  che  non 
sempre  puniscono,  si  può  avere  pentimento  di  non  aver  fatto  il 
bene,  così  come  lo  esigeva  il  grado  di  perfezione  della  natura 
di  un  individuo.  E  questo  pentimento  se  migliora  l' individuo,  è 
naturale  che  il  suo  miglioramento  si  riferisce  alla  società  in  mezzo 
a  cui  vive. 

Noi  possiamo  migliorare  la  morale  cattolica  nei  principi  nuovi 
e  più  umani  che  diamo  ad  essa,  o  piìi  razionali,  come  si  vuol  dire  ; 
ma  non  possiamo  distruggere  la  coscienza  morale.  L'onore  della 
creatura  umana  per  la  somiglianza  colla  divinità,  potrà  essere  so- 
stituito dall'onore  e  rispettabilità  della  nostra  persona  morale  :  ma 
solo  in  quanto  fa  il  bene  e  si  pente  di  non  aver  fatto  quel  bene 
che  esigeva  il  grado  di  onore  a  cui  è  pervenuta  mercè  l'educa- 
zione morale.  Ma  se  cancelliamo  totalmente  la  voce  della  coscienza 
morale  che  ci  obbliga,  solo  per  il  gusto  di  aver  levata  dinnanzi  a 
noi  la  divinità,  dove  andiamo  a  parare  ?  Diciamo  che  Dio  non  è 
il  bene,  ma  il  bene  ci  è  però  :  diciamo  che  il  pentimento  non  ha 
ragione  per  il  castigo,  ma  la  virtù  morale  del  pentimento  è  e  sarà 
sempre  un  tesoro  nascosto  nell'anima  viva  della  società  che  mercè 
questo  dolore  rinsavisce  e  si  migliora.  La  scienza  più  equilibrata 
potrà  stabilire  il  bene  umano,  o  sociale  in  luogo  del  bene  divino  ; 
e  se  il  pentimento  degli  anacoreti  è  per  acquistare  la  gloria  futura, 
il  pentimento  dell'uomo  moderno  sarà  per  la  stima  che  ha  di  se 
stesso,  per  Tenore  della  propria  persona.  Ma  cangiando  la  ragione 
di  un  fatto,  non  si  deve  distruggere  la  dignità  e  la  bontà  di  esso. 
E  poi,  in  morale  come  nell'arte,  vale  molto  più  il  fare  che  il  dire, 
perchè  il  fare  è  la  verità  del  dire.  Ne  Cristo  si  poteva  dire  di 
essere  la  verità,  se  non  avesse  prima  fatto  ciò  che  aveva  detto. 
Il  concetto  della  redenzione  è  stato  sbagliato  dalla  Chiesa  per 
l'appropriazione  dei  meriti  di  Cristo  al  cristiano  :  ma  sta,  ed  è  su- 


(33)  IL    PENTIMENrO  373 

premamente  morale  la  redenzione  quotidiana  dell'umana  società 
civile  mercè  il  pentimento  individuale  che  è  il  vero  fattore  del 
miglioramento  lento,  insensibile,  ma  non  meno  reale,  della  società. 
I  razionalisti  non  trovano  la  via  di  accettare  Gesù  come  redentore 
degli  uomini.  A  noi  pare  chiara  la  cosa.  Se  Gesù  non  si  è  mai 
pentito,  ha  richiamato  gli  uomini  al  pentimento,  inculcando  loro 
la  penitenza  che  ne  è  la  manifestazione,  e  richiamandoli  alla  co- 
scienza dei  loro  peccati.  E  di  qui  che  comincia  la  redenzione,  non 
dal  sacrifizio  esterno,  di  cui  Gesù  stesso  è  stato  vittima.  Gesù  è 
redentore  non  perchè  redense  realmente  in  fatto  Tumanità,  ma 
perchè  la  pone  nella  via  di  redimersi  da  se  stessa  mercè  la  co- 
scienza delle  colpe  (i).  Ciò  che  il  Cristianesimo  dice  come  fatto, 
questo  è  vero  in  fieri  :  perciò  Gesù  è  vero  redentore,  ma  reden- 
tore di  quella  gente,  di  quel  popolo,  di  cui  richiama  la  coscienza 
delle  colpe  che  avevano  commesso. 


IV. 


Lo  scopo  di  questo  scritto  è  chiaro.  Noi  non  siamo  entrati 
in  nessuna  discussione  filosofica,  perchè  desideriamo  con  questo  ar- 
gomento migliorare,  per  quanto  è  possibile,  la  condotta  umana. 
Abbiamo  considerato  il  pentimento  sotto  l'aspetto  psicologico  nei 
vari  suoi  momenti  della  intenzione  e  dell'azione,  e  sotto  l'aspetto 
morale  nella  gradazione  dello  svolgimento  della  coscienza  morale, 
perchè  i  due  aspetti  s'intrecciano  tra  loro.  E  ci  siamo  imbattuti 
nella  Chiesa  che  troppo  inconsideratamente  assolve  dal  male  chi 
si  mostra  pentito,  ovvero  dice  di  pentirsi,  mentre  la  via  dal  pen- 
timento   all'  operare  rettamente    è  molto  lunga,  e  non    si  compie 


(1)  La  colpa  e  la  grazia,  la  penitenza  e  la  redenzione,  l'appello  al 
volere  e  la  rinuncia  al  potere,  la  umana  disperazione  ed  il  divino  aiuto, 
la  divisione  dalla  realtà  e  la  posizione  di  un  supremo  ideale  morale,  questi 
sono  i  pi'imi  pensieri  cristiani  che  congiungono  la  religione  e  la  morale 
in  una  indivisibile  unità.  Pag.  2,  Introduzione  alla  storia  dell'etica  cri- 
stiana di  T.  Ziegler,  1866.  Nei  Dolori  della  ciniltà  ho  spiegato  il  concetto 
della  grazia  come  si  deve  intendere  :  qui  è  venuta  in  campo  la  questione 
della  redenzione. 


374  P.    KAGNISCO  (34) 

così  facilmente  e  prestamente  come  è  uso  presso  i  cristiani.  Ma 
se  vi  è  un  eccesso  nella  Chiesa,  vi  è  un  difetto  grave  nella  so- 
cietà criminale  ove  il  pentimento  non  ha  nissun  valore  per  la 
redenzione  del  condannato.  La  società  qui  punisce  solo  per  punire, 
esercita  un  dritto  senza  considerare  che  la  radice  del  medesimo 
è  puramente  morale,  cioè  in  quanto  il  delinquente  deve  esser  messo 
nella  condizione  di  essere  un  membro  malato  che  deve  risanare. 
L'abolizione  della  pena  capitale  è  un  bel  poco  rispetto  alla  man- 
canza della  riabilitazione  del  delinquente  mercè  un  lungo  e  severo 
ravvedimento.  Ma  questo  fatto  così  mostruoso  che  si  esercita  verso 
il  delinquente;  deriva  da  un  errore  morale,  in  cui  vive  la  società, 
cioè  la  disistima  del  pentimento  per  se  stesso.  E  si  è  trattato  per- 
ciò di  far  vedere  che  il  vero  autopentimento  è  la  caratteristica 
del  rialzamento  della  dignità  personale.  Yale  a  dire,  che  il  fon- 
damento sul  quale  sussiste  la  nobiltà  del  pentimento,  deriva  dalla 
coscienza  del  sentimento  del  vero  onore  della  persona  umana,  di- 
gnità che  si  acquista  mercè  la  elaborazione  morale  della  virtù,  e 
che  è  troppo  difficile  rinvenire  comunemente.  L'  uomo  col  penti- 
mento non  si  umilia,  non  si  degrada,  non  si  abbassa,  come  si 
crede,  ma  si  risolleva,  si  rialza  sopra  se  stesso,  perchè  rico- 
nosce le  proprie  aberrazioni  :  e  come  chi  riconosce  il  proprio  er- 
rore, ha  coscienza  della  verità,  e  si  è  aggrandita  la  sua  mente  ; 
così,  e  non  diversamente,  chi  si  pente  del  proprio  fallo,  ha  sol- 
levata la  sua  persona  facendola  acquistare  una  dignità  che  prima 
non  aveva.  La  sua  coscienza  morale  si  è  amplificata,  si  è  perfe- 
zionata, si  è  nobilitata.  Ora  questo  fatto  psicologico  e  morale  non 
ha  nessuna  stima  nella  società  ;  e  senza  ragione.  Perchè  V  u- 
miliazione  che  la  società  infligge  al  pentito,  deriva  dall'idea  as- 
sociata del  perdono  ;  mentre  perdono  non  vi  è,  dove  la  persona 
stessa  che  ha  mal  fatto,  ha  il  dolore  di  esso  che  è  l'indice  della 
vitalità  morale  della  sua  coscienza.  Il  perdono  deriva  dall'  este- 
riorità della  legge,  dalla  persona  esteriore  che  comanda  :  loc- 
chè  non  esiste  nella  morale  razionale,  cioè  nella  coscienza  auto- 
noma morale,  dove  chi  comanda  è  la  stessa  ragione  a  cui  è  dolce 
e  caro  l'obbedire.  E  se  obbedire  alla  ragione  propria  è  una  ele- 
vatezza dello  spirito  :  perchè  mai  obbedire  alla  voce  della  co- 
scienza fattasi  viva  mercè  il  pentimento,  è  una  umiliazione  ? 

Nel  fatto  interno  del  pentimento  non  ci  è  che  la  coscienza 
morale  che  fa  sentire  la  sua  voce  per  la  conoscenza  del  male  : 
ci  può  essere  l'obblio  del  male  dopo  del  tempo  ;  ma  non  il  per- 


(35)  IL    PENTIMENTO  375 

dono  di  esso,  perchè  nessuno  domanda  perdono  a  se  stesso  :  e  se 
ci  è  la  penitenza  inclusa  nel  pentimento,  non  può  aver  luogo  il 
perdono  nell'atto  che  si  espia  la  colpa  mercè  il  pentimento  stesso. 
Il  perdono  è  come  l'abbreviazione  della  colpa,  mentre  nel  penti- 
mento questa  sussiste  e  non  si  cancella,  se  non  con  un  altro  atto 
che  la  rimargina  per  dir  così,  ma  non  l'annulla.  Oltre  di  che,  il 
perdono  si  merita,  quando  non  si  sa  quello  che  si  fa  :  si  perdona 
un  ragazzo,  un  imbecille,  un  ignorante,  ed  è  giusto  :  ma  quando 
si  sa  quello  che  si  è  fatto,  o  ci  è  la  pena  per  il  riorganizzamento 
dello  squilibrio  sociale,  ovvero  ci  è  il  ravvedimento  che  non  ha 
bisogno  di  perdono,  perchè  con  quello  si  entra  di  dritto  nel  regno 
morale,  e  col  perdono  si  vorrebbe  fare  entrare  per  grazia,  che  è 
superflua,  inutile,  sino  al  punto  che  il  pentito  la  rigetta  a  tutto 
dritto. 

Ed  è  in  questa  voce  così  viva  della  coscienza  che  noi  ripo- 
niamo una  forza  energica  della  potenzialità  morale  dell'  individuo, 
che  è  come  una  piccola  luce  vivissima  che  irraggia  alito  morale 
nelle  tenebre  del  male  :  è  la  piccola  scintilla  inestinguibile  nella 
eletta  coscienza  umana  che  ha  la  forza  di  cambiare  e  di  rinnovare 
l'individuo,  e  con  lui  la  società  che  lo  circonda.  Di  questa  sola  voce 
del  pentimento  possiamo  con  tutta  certezza  dire,  che  fin  tanto  essa 
apparisce  nell'  orizzonte  delle  coscienze  umane,  la  coscienza  morale 
dell'umanità  non  si  oscurerà  nelle  tenebre  del  male,  vale  a  dire, 
che  l'umanità  vivrà  moralmente,  e  non  morrà  nell'obblio  del  male. 

Lux  in  tenebris  lucei. 


(Finita  di  stampare  il  giorno  3  marzo  1900) 


Atti  del  Reale  Istituto  Veneto  di  scienze,  lettere  ed  arti. 
Anno  accademico  1899-900  -  Tomo  LIX  -  Parte  seconda. 


RAFFAELLO    CAVERNI 

NOTA    COMMEMOEATIVA 

DEL    PEOF.    ANTONIO    FAVARO,    m.    e. 

(Adunanza  del  25  febbraio  1900) 


Non  appartenne  all'  Istituto,  ma  il  suo  nome  vi  fu  accolto, 
or  sono  dieci  anni,  con  plauso,  come  quello  del  vincitore  d'  uno 
dei  nostri  maggiori  e  più  solenni  concorsi  scientifici  :  ecco  perchè 
all'unanime  compianto,  che  si  levò  a  deplorare  la  immatura  di- 
partita dell'  Ab.  Raffaello  Caverni,  credo  debba  unirsi  anche  la 
voce  nostra. 

Ancor  prima  che  la  vittoria  da  lui  conseguita,  e  prima  che 
la  pubblicazione  del  lavoro  che  gliela  valse^  lo  avessero  reso  uni- 
versalmente noto,  egli  era  ben  conosciuto  ed  apprezzato  nella  sua 
Toscana.  Alcuni  studi  filosofici,  con  i  quali  aveva  esordito  pale- 
sandosi pensatore  indipendente,  gli  avevano  procurato  ammonizioni 
non  scevre  da  minaccio  da  parte  dell'  autorità  ecclesiastica  ;  e 
questo  fu  assai  verosimilmente  il  motivo  per  cui  la  morte,  che  lo 
ha  colto  dopo  varcato  il  duodecimo  lustro,  lo  trovò  ancora  modesto 
priore  d'una  modestissima  parrocchia  nei  dintorni  di  Firenze.  Non 
se  ne  doleva  tuttavia,  poiché  la  cura  delle  poche  anime  a  lui  af- 
fidate gli  consentiva  piena  libertà  di  occuparsi  degli  studi,  i  quali 
volse  tutti  alla  filosofia  naturale  che  per  qualche  tempo  aveva 
anche  professata. 

Nella  sua  Fisica  Dantesca,  nelle  Ricreazioni  scientifiche,  in 
quegli  scritti  nei  quali,  sotto  i  titoli:  U  estate  in  montagna,  Fra 
il  verde  e  i  fiori,  Con  gli  occhi  per  terra,  con  la  forma  più  sma- 
gliante e  la  più  soda  dottrina,  prese  a  volgarizzare  nozioni  di  fisica, 
di  botanica  e  di  mineralogia,    un  obiettivo    principale   aveva  egli 


378  A.   FAVAEO  (2) 

però  pur  sempre  in  mira,  quello  cioè  di  illustrare  la  Scuola  Ga- 
lileiana, per  conseguire  il  qual  fine  s'era  già  mostrato  fornito  di 
ottima  preparazione  nell'  aureo  libretto,  degno  di  tanto  maggiore 
fortuna,  nel  quale  prese  a  risolvere  ed  a  spiegare  i  Problemi 
naturali  proposti  da  Galileo  e  dai  maggiori  fra  i  suoi  discepoli. 

Ma  il  concorso  aperto  dall'Istituto  nostro  per  una  Storia  del 
metodo  sperimentate  in  Italia,  secondo  le  disposizioni  testamentarie 
del  defunto  avvocato  Giovanni  Tommasoni,  doveva,  esempio  ahimè 
troppo  raro,  offrirgli  occasione  ed  incentivo  a  raccogliere  tutte  le 
sue  forze  per  cimentarvisi  degnamente.  Per  lunghi  anni  fu  visto 
il  modesto  ed  esile  priore  scendere  quasi  quotidianamente  a  Fi- 
renze, e  sprofondarsi  nello  studio  di  tutta  intera  la  raccolta  dei 
cosiddetti  Manoscritti  Galileiani,  la  quale  in  più  che  trecento  volumi 
parte  dagli  anteriori  a  Galileo,  comprende  quasi  tutte  le  scritture 
del  Grande  le  quali  pervennero  insino  noi,  quelle  di  alcuni  con- 
temporanei, di  tutti  i  discepoli,  e  giunge  fino  alla  infausta  chiusura 
dell'Accademia  del  Cimento. 

Dato  il  termine  per  la  scadenza  del  concorso,  troppo  breve 
per  l'amplissimo  quadro  che  il  Caverni  s'era  proposto  di  tracciare, 
non  ebbe  agio  a  presentarvisi  la  prima  volta  :  ma  non  essendosi 
allora  aggiudicato  il  premio,  potè  prendervi  parte  quando  il  con- 
corso fu  rinnovato  ;  e  ciò  fece  con  quel  lavoro  di  proporzioni 
colossali,  del  quale  sarebbe  soverchio  il  parlare,  poiché  una  minuta 
analisi  ne  è  consegnata  nei  nostri  Atti.  In  quella  analisi,  la  quale 
conchiudeva  per  il  premio  che  fu  infatti  conferito  dall'  Istituto, 
non  si  passavano  tuttavia  sotto  silenzio  alcune  mende,  dovute  in 
parte  al  difetto  di  cognizione  delle  fonti  straniere,  ma  soprattutto 
a  certi  preconcetti  nella  interpretazione  dei  documenti  ;  la  quale 
non  si  stimò  sempre  scrupolosamente  conforme  alla  sana  critica 
ed  al  rigore  storico,  per  modo  che  egli  fosse,  fra  le  altre,  condotto  a 
raffigurarsi  un  Galileo  non  vero,  né  come  uomo,  uè  come  scienziato. 
Siffatti  appunti,  opportunamente  esemplificati  ed  applicati,  non 
trovarono  grazia  appresso  1'  autore  ;  il  quale  anzi,  all'  atto  della 
stampa,  rincarò  la  dose  nei  luoghi  indicatigli  :  e  se  ciò  sia  avve- 
nuto con  vantaggio  dell'opera,  lo  dicano  le  critiche  dello  Schiapa- 
relli  e  le  censure  del  Wohlwill  e  del  Tannery,  per  non  nominare 
che  questi  tre  insigni  cultori  degli  studi  di  storia  scientifica. 

Perchè,  e  questo  soprattutto  convien  porre  in  piena  luce,  i 
cinque  volumi  che  della  Storia  del  metodo  sperimentale  in  Italia 
furono  dal  Caverni  pubblicati,  assai  poco  in  generale  e  niente  in 


(3)  RAITAELLO    CAVEENI  379 

molti  particolari  hanno  che  fare  col  lavoro  che  fu  sottoposto  al 
giudizio  dell'Istituto  e  da  esso  premiato.  A  pubblicazione  compiuta, 
avrei  stimato  mio  strettissimo  dovere,  come  relatore  della  Giunta 
che  esaminò  i  lavori  presentati  a  quel  concorso,  di  porre  questo 
fatto  in  piena  evidenza,  e  ne  avevo  già  ripetutamente  manifestata 
la  intenzione  al  nostro  Segretario  ;  ma  la  tomba  che  s'  è  anzi 
tempo  dischiusa  per  lui  ha  cancellato  dalla  mia  memoria  il  triste 
ricordo  delle  ingiustificate  recriminazioni  e  dei  poco  benevoli  giu- 
dizi, non  lasciandovi  altro  che  il  rimpianto  profondo  e  sincero  del 
suo  grandissimo  sapere  e  delle  doti  altissime  della  sua  mente. 

Ed  invero,  qualunque  siano  le  critiche  e  le  censure  che  po- 
tranno muoversi  all'opera  monumentale  di  Raffaello  Caverni,  essa 
resterà  pur  sempre  la  piìi  ricca  raccolta  di  materiali  per  la  storia 
della  Scuola  Galileiana,  la  quale  da  nessun  altro  prima  di  lui  era 
stata  tanto  ampiamente  e  dottamente  illustrata. 


(Finita  di  stampare  il  giorno  5  marzo  1900) 


Atti  del  Realk  Istituto  Veneto  di  scienze,  lettere  ed  arti. 
Anno  accademico  181)9-900  -  Tomo  LIX  -  Parte  seconda. 


TERRAZZI    E    FORMAZIONI    DILUVIALI 
IN    RAPPORTO    COL    BACINO    DEL    GARDA 

DI  ENRICO  NICOLIS,  s.  e. 
(Adunanza  del  4  febbraio  1900) 


Già  da  tempo,  d'  amichevole  intesa  coli'  egregio  collega  ed 
amico  prof.  A.  Cozzaglio,  che  soggiorna  sulla  riva  bresciana  del 
Benaco,  si  va  osservando  e  si  nota,  ciascuno  specialmente  nella  ri- 
spettiva regione,  quanto  può  contribuire  a  renderne  palese  l'origine 
e  l'età,  ed  entrambi  pubblicammo  già  alcuni  studi  di  dettaglio  in- 
torno all'argomento. 

Queste  staccate  pubblicazioni,  destinate  ad  essere  piìi  tardi 
riassunte  e  comparate  in  un  lavoro  d'insieme,  appunto  continue- 
remo, a  profitto  della  ricerca  obbiettiva,  per  provocare  la  discus- 
sione e,  più  tardi,  arrivare  a  conclusioni  con  materia  vagliata 
dalla  critica  e  dal  tempo. 

I  più  antichi  fenomeni  diluviali,  anzi  toccanti  probabilmente 
lo  scorcio  dell'epoca  terziaria,  si  presentano  con  differenti  fisono- 
nomie  e,  più  di  tutto,  all'ingiro  ed  in  trasverso  alla  grande  catena 
del  Baldo,  collegati  intimamente  con  i  movimenti  di  dislocazione 
e  con  lo  sprofondamento  a  N.  W.  da  essa  subito,  come  lo  dimo- 
strerebbe la  tettonica  ed  i  suoi  rapporti  con  la  plastica  del  bacino 
gardense. 

La  forma  dei  detriti,  la  loro  disposizione  meccanica,  compo- 
sizione litologica  e  modellamento  esterno  indicano  bensì  le  origini, 
i  modi,  i  mezzi  di  trasporto  e  le  forze  che  li  rimaneggiarono  ;  ma 
riesce  difficile  lo  stabilire  l'ordine  naturale  di  successione  dei  fatti, 
trattandosi  e  di  resti  di  gradini  di  valle,  verosimilmente  preesi- 
stenti al  lago,  e  di  massicci  formanti  addirittura  colline  che   per- 


382  E.  NiroLis  -  (2) 

corsero  lunghe  traiettorie,  e  di  morene,  che  dettero  il  materiale  a 
terreni  di  seconda  formazione,  e  di  coni  di  deiezione,  e  di  enormi 
cumuli  di  detriti  di  falda,  e  di  accatastamenti  di  rovine  grosse 
ed  angolose  che  si  stendono  o  si  sottendono,  si  giustappongono,  si 
incastrano,  si  innestano,  ovvero  riescono  interstratificati  od  em- 
briciati  gli  uni  fra  gli  altri,  in  modo  che  il  riferimento  cronologico 
o  di  successione  dei  differenti  giacimenti,  in  concomitanza  con  le 
fasi  genetiche  dell'  attuale  lago,  riesce  un  faticoso  problema  alla 
risoluzione  del  quale  spero  non  sia  inutile  il  presente  contributo. 

Terrazzi.  —  Devo  in  primo  luogo  menzionare,  e  credo  sia 
nozione  nuova,  i  residui  di  bene  definiti  terrazzi  che,  a  qualche 
metro  di  altezza,  fiancheggiano,  a  brevissima  distanza,  la  riviera 
veronese  del  Benaco,  a  Castelletto  a  m.  12  a  15  sopra  il  pelo  or- 
dinario del  lago  ;  indi,  più  bassi,  presso  Cassone  fino  oltre  Mal- 
cesine  e  talora  con  indizi  di  continuazione  nelle  erette  valli  tra- 
sversali del  Baldo. 

La  corrente  fluviale  terrazzante  scomparsa,  esercitò,  per  quanto 
ora  si  può  vedere,  l'incisione  e  l'erosione,  specialmente  sul  ven- 
taglio dei  grandi  ed  antichi  coni  di  dejezione,  talché  i  terrazzi  ri- 
sultarono composti  in  gran  parte  di  minuti  elementi  angolosi,  tolti 
alle  rocce,  lì  sopra,  in  posto,  oppure  di  ghiajetta  stratificata,  con 
assenza  di  ciottoli  striati  o  di  provenienza  alpina,  quasi  sempre 
fortemente  cementati  e  talora  a  componenti  così  minuti,  da  somi- 
gliare alla  porzione  grossolana  della  melassa  costituente  la  collina 
di  Ceole,  fra  Riva  ed  Arco,  che  il  prof.  Penk  riconobbe  quale  un 
cono  di  dejezione  sublacuale  del  primo  periodo  interglaciale  {^). 

Se  sieno  questi  terrazzi  (che,  al  contrario  di  quelli  della  parallela 
valle  dell'Adige,  non  si  presentano  più  come  gradini  incisi  nel 
materiale  di  riempimento  della  valle,  ma  piuttosto  soltanto  quali 
testimoni  di  una  corrente  fluviale  terrazzante  la  base  dei  conoidi) 
anteglaciali  od  interglaciali,  non  ho  argomenti  esaurienti  per  sta- 
bilirlo, abbenchè  appaia  significante  la  circostanza  che  mancano 
(od  almeno  non  ve  ne  riscontrai),  di  ciottolame  alpino,  ed  ancora 
che  non  ne  vidi  né  di  ferrettizzati  né  di  franti,  e  benché  la  man- 
canza della  sopraossidazione  e  la  loro  coesione  sia  forse  dovuta  al- 
l'essere rimasti,    per  lungo  periodo,  sommersi.  Inoltre,  l'aver  essi 


(1)  Cozzaglio  A.  /  paesaggi  prealpini.  Torino,  1899. 


(3)  TEEEAZZI    E    FORMAZIONI    DILUVIALI   ECC.  383 

mantenuta  la  loro  forma  non  esclude  che  possano  aver  sopportate 
le  invasioni  glaciali,  perchè  sappiamo  ad  esempio,  dall'importante 
lavoro  del  prof.  Heim  (i),  che  la  triplice  glaciazione,  nel  lago  di 
Zurigo,  non  riuscì  a  modificare  l'acutezza  di  quelle  terrazze  pre- 
lacuali e  preglaciali,  quantunque  scolpite  nell'erodibilissima  molassa. 

Commisurando  la  pendenza  delle  terrazze  da  Castelletto  a  Mal- 
cesine  è  da  credersi  che  la  loro  continuazione  a  N,  fra  Riva  ed 
Arco,  sia  seppellita  in  quel  grande  ammasso  di  fine  materiale,  pro- 
babilmente neo-glaciale,  che,  su  detto  spazio,  ha  riempito  il  lago 
—  così  come  restava  interrito  nella  sua  estremità  a  valle,  cioè 
nella,  ora  detta.  Lugana  (Lucus). 

Anco  il  più  basso  gradino,  eroso  nella  roccia  liasica,  del  pro- 
montorio di  8.  Vigilio,  il  quale,  così  proteso,  offriva  ostacolo  ad  una 
forte  corrente,  specialmente  proveniente  dalla  valle  dell'Adige  at- 
tivo (-),  potrebbe  collegarsi  cogli  anzidetti  terrazzi,  composti  di 
materiali  di  trasporto,  mantenendosi,  in  tal  caso,  ancor  meglio  in- 
clinato verso  le  Alpi  il  loro  profilo.  Ed  il  pensiero,  condotto  dalla 
morfologia  esterna,  si  volge  ad  interpretare  quali  capi  saldi  di  un 
più  antico  terrazzamento,  operato  da  fiumane  aventi  il  fondo  di 
valle  assai  elevato  e  digradante,  gli  scaglionati  ripiani  del  Monte 
Brè  (Capo  di  S.  Vigilio,  lias-giura)  a  310,  205,  173  e  90  m.  s. 
m.  ed  il  pianoro  conglomeratico  di  Albisano  a  309  m.  Nella  deter- 
minazione dell'età  dei  terrazzi  di  Castelletto-Cassone-Malcesine  ecc. 
va  tenuta  eziandio  nel  debito  conto  la  sumentovata  collina  di  Ceole 
(fra  Riva  ed  Arco,  nella  cosidetta  Busa  di  Riva)  elevata  circa  50  m. 
sul  pelo  medio  del  lago,  considerata  quale  un  cono  o  delta  di  fine 
sabbia,  tolta  dalle  dolomiti  dei  bacini  del  Varone  o  del  Sarca  ed 
ivi  fluitata  e  deposta,  sotto  le  acque  del  lago,  nel  più  antico  periodo 
interglaciale  ;  come  lo  prova  il  profilo,  lì  presso,  continuato  in  alto 
con  la  morena  ferrettizzata  ricoperta  da  ceppo  alluvionale  ecc.  ; 
sottogiacendo  alla  melassa  dolomitica  ciottoli  alpini,  dovuti,  è  da 
ritenersi,  allo  sfacelo  delle  morene  antiche  del  Sarca. 

Così,  se  i  terrazzi  in  argomento  sono  preglaciali,  durante  il 
diluvium  antico  in  correlazione  all'abbassamento  della  catena  del 
Baldo,  causante  le  rovine  che  vado  a  passare  in  rassegna,  dovet- 


(1)  Heim  A.  Die   Entsteìiun</   der   Alpinen    Kmid-Heen.    Geologische 
Naehlese.  Zurigo,  1894. 

(2)  Nicolis  E.  Sì((/li  antichi  comi  del  fiume  Adiye.  Roma,  1H98. 


384  E.  NicoLis  (4) 

tero  scendere  sott'acqua  ed  appunto  nel  tempo  che  veniva  deposto  il 
cono  di  Ceole  ;  indi  entrambe  le  formazioni,  calando  le  acque,  di- 
ventarono subaeree. 

Scorrimenfi  e  frane  diìneial/.  —  Quest'ordine  di  fenomeni  si 
collega  ancor  più  evidentemente  ai  movimenti  della  grande  ed  ele- 
vata catena  del  Baldo  ed  all'origine  dell'ampio  bacino  che  bagna 
tutto  il  suo  piede  occidentale.  Già  ebbi  in  parecchie  occasioni 
modo  di  render  note  le  mie  supposizioni  intorno  alla  provenienza 
di  alcune  colline,  isole,  promontori  ed  apparenti  salti  digressivi, 
fìancheggianti  il  Baldo  dal  lato  del  lago  od,  in  parte,  ammantan- 
tilo,  come,  p.  e.  il  M.  Brione,  le  isole  Trimellon  e  del  Gallo,  il 
Capo  e  l'isola  del  Sogno,  il  Castello  di  Malcesine,  la  digressione 
cretacea  di  Torri,  lo  Scoglio  Stella  ecc.,  che  appariscono  staccati  o 
scivolati  dalla  menzionata  montagna  dalla  quale  ora  sono  in  buona 
parte,  divisi  ;  ordine  —  per  adoperare  un'  espressione  che  ha  fatto 
il  suo  tempo  —  di  cataclismi  che  da  alcuni  anni  vado  citando, 
che,  indipendentemente  da  me  ravvisava  anche  il  Cozzaglio,  e  che 
ora,  su  grande  scala,  vengono  elevati  a  teorica,  con  buoni  argo- 
menti,   dal  prof.  Schardt  (^). 

Egli,  lo  Schardt,  sostiene  nientemeno  essere  le  prealpi  Ro- 
mande  in  massa  scivolate  dalle  alte  regioni  alpine,  percorrendo  una 
traiettoria  di  oltre  60  kilom.  e  le  denomina  roccie  esotiche,  espres- 
sione che  io  pure  da  molto  tempo  adoperai  parlando  di  roccie  non 
in  posto  (''). 

Altrettanto,  ma  in  più  modeste  proporzioni  e  con  percorso 
solo  di  10  a  12  kilom.  sembrommi,  fino  dal  1887,  si  potesse  dire 
per  il  grande  ammasso  di  marne  di  Porcino  e  Gamberon,  che  rav- 
visai essere  scivolato  dal  Baldo  Centrale  giù  giù  sul  fondo  della 
valle  del  Tasso,  presso  Caprino  Veronese  (=^). 

Riguardo  all'  epoca  durante    la  quale  accadere  questi    scorri- 


ci) H.  Schardt,  Lt'>i  regions  e.roiiqiies  fhi  rersant  Nord  des  Alpes 
Snisses.  Lausanne,  1898. 

(2)  Per  gentile  invio  dell'Autore  in  questi  giorni,  fine  gennaio  1900, 
lucevo  la  pubblicazione  del  sig.  E.  Haug,  Les  regions  dites  exotiques  ecc., 
che  combatte  la  ipotesi  dello  scorrimento  delle  prealpi  Romando  propu- 
gnata dallo  Schardt  e  da  Lugeon. 

(3)  Nicolis  E.  Le  Maine  di  Porn'no  ecc.  Affi  del  R.  Istituto  Vcnrto. 
Venezia,  1887. 


(5)  TEEKAZZI    E    FOEMAZIONI    DILUVIALI   ECC.  385 

menti  è  facile  ammettere  sia  la  diluviale  o  quaternaria  antica,  ma 
converrà  altresì  precisarne  V  età.  Nello  stato  attuale  delle  mie 
cognizioni  non  posso  che  affermare  un  fatto  analogo,  dal  quale 
tuttavia  è  possibile  trarre  un  riferimento  cronologico  :  ed  è  che  un 
grandissimo  massiccio  del  M.  Moscai  (calcare  d'  IncafiR,  strati  di 
Schio)  seppellito  nella  morena  intermedia  della  Tal  Sorda  di  Bar- 
dolino (/)  e  che  si  va  ora  smascherando,  pare  proprio  sia  poggiato 
su  quel  banco  più  antico  di  loess  bruno  ed  in  questo  caso,  se  fuvvi 
scorrimento,  esso  dovette  avvenire  durante  la  più  antica  età  inter- 
glaciale. Inoltre  alcuni  contatti  con  le  morene  del  neo-glaciale  la- 
sciano credere  che  le  menzionate  roccie  esotiche  fossero  già  nel- 
l'attuale posto  —  eccetto  forse  quelle  di  Porcino  —  prima  del- 
l'ultima invasione  dei  ghiacci. 

La  grande  frana  di  roccia  locale  liasica,  angolosa,  distribuita  a 
conoide  dalla  bassa  costa  alla  falda  del  grande  sperone  meridionale 
baldense,  detto  M.  Brè  (il  quale  fantasticamente  s'  innalza  dietro 
l'incantevole  ed  ospitale  Maniere  di  Scaveaghe  dei  marchesi  Car- 
lotti  da  Garda,  dove  albergano  grazia,  filantropia  e  cultura  nelle 
loro  più  elevate  manifestazioni,  coronandolo,  per  chi  1'  osserva  dal 
lago,  in  modo  cotanto  pittoresco)  dovrebbe  essere  più  antica  delle 
morene  ultime  che  mascherano  le  alte  pareti  e  la  sommità  di  detta 
montagna,  la  quale,  appunto  dopo  aver  data  tanta  parte  di  se 
stessa  al  suo  piede,  venne  così  mirabilmente  —  ed  in  modo 
istruttivo  —  lisciata,  levigata,  striata  e  morbidamente  solcata  in 
direzione  orizzontale  come  si  vede  nei  tratti  smascherati.  In  fatto 
lo  sfacelo  morenico,  in  qualche  punto,  mostrasi  sovrapposto  alla 
frana,  la  quale,  in  altra  parte,  è  giustapposta  al  terreno  morenico. 

Eiesce  ancor  più  sproporzionata  alla  mole  del  colle,  che  per  poco 
meno  di  metà  altezza  ne  è  rivestito,  ed  alle  cause  attuali,  la  somma 
di  grossi  rottami  con  gli  angoli  nient'aflFatto  smussati,  scoscesi  dal 
M.  Kocca  di  Garda,  il  quale,  assieme  al  M.  Moscai,  si  può  con- 
siderare come  l'estremo  punto  meridionale  staccato  della  sinclinale 
del  Baldo,  non  avendo,  almeno  per  ora,  dati  sufficienti  per  dedurre 
essere,  anche  tali  due  isolati  monti  mio-oligocenici,  esotici.  Nella 
Rocca  l'arrotondamento,  da  ritenersi  dovuto  alle  forze  della  fiumara 
atesina,    con    alto  fondo  di  valle,  anteglaciale  od  interglaciale  ed 


(1)  Nicolis  E.   Triplice  esfcììMonc  gluriale    ecc.    Atti   del    E.  Istituto 
Veneto.  Venezia,  1809, 


386  E.  NicoLis  (6) 

a  quelle  del  ghiacciaio  ultimo,  sembra  sia  stato  preceduto  dallo 
scoscendimento,  il  quale,  all'apice,  è  frammisto  a  materiali  alpini 
ed  a  lato  vi  è  posata  la  morena  neo-glaciale. 

Questa  immensa  massa  mobile  con  i  suoi  componenti  non  ce- 
mentati ed  aventi  patina  di  antichità,  riesci  ad  uno  stabile  ada- 
giamento, quale  meglio  non  potrebbe  essere.  In  fatto  il  suo  per- 
fetto equilibrio  consente,  entro  essa,  l'apertura,  su  differenti  piani, 
di  parecchi  vasti  e  lunghi  vani,  usati  come  cantine  ;  sono  i  rinomati 
Canevini  di  Garda,  serbanti  durevolmente  l'abbondante  e  buono  pro- 
dotto enologico  della  regione. 

I  Canevini,  chiusi  esternamente  da  porte,  sono  solo  in  parte 
internamente  rivestiti  da  intonaco  ;  la  parete  di  fondo,  porzione 
di  quelle  laterali  ed  il  pavimento  vengono  per  lo  più  mantenute 
senza  coesione,  cioè  nello  stato  naturale,  perchè  così  soffia  l'aria 
fredda  circolante  nei  vasti  interstizi  e  che  si  scambia  coll'aria 
esterna.  Tali  soffi;  facilmente  spiegabili,  assieme  alla  circostanza 
che  alcuni  buchi  del  pavimento  permettono  l'introduzione  di  ciot- 
toli scomparenti  entro  l'incoerente  massa,  danno  materia  parecchia 
alla  fantasia  dei  terrazzani. 

II  rovinio  eccezionale,  punto  spiegabile  senza  eccezionali  mezzi, 
continua  enorme  a  traverso  la  nostra  massima  montagna,  accom- 
pagnando il  passo  di  Nago-Loppio  alla  valle  dell'  Adige,  che  anzi 
diede  origine  a  quel  lago,  occupante  il  fondo  della  valle  ;  sco- 
scendimento quivi  pure  innestato  e  collegato  colle  recenti  morene 
e  col  loro  talus. 

Ho  descritto  in  altri  lavori  il  grande  franamento  adagiato  sullo 
scosceso  versante  orientale  del  Baldo  meridionale,  che  forma  1'  alta 
parete  destra  della  valle  del  Tasso,  tutto  di  materiale  locale,  an- 
goloso e  ceppoide  ;  alcune  colline,  fra  cui  quella  che  sopporta  il 
paesello  di  Pazzon,  restarono  così  costituite.  11  carattere  diluviale 
di  queste  frane  riescirebbe  dimostrato  specialmente  per  il  colle- 
gamento con  la  ferrettizzazione,  tanto  sviluppata  nel  tronco  di  N. 
della  valle  di  Caprino  che,  in  confronto  del  tronco  S,  non  restava 
agghiacciato.  Anzi,  avendo  avuta  la  gradita  occasione  di  parlare 
intorno  a  questo  scoscendimento  col  chiaro  geologo  ing.  A.  Stella, 
udii  che  egli  pure  lo  ascrive  al  diluvium^  cioè  ad  un  equivalente 
dei  terreni  a  facies  glaciale. 

Lembi  del  piano  generale  dihmale  ferretfizzato  fra  le  Morene. 
—  Tratti  del  piano   ferrettizzato,  restato  immune    dall'agghiaccia- 


(7)  TERRAZZI    E    FORMAZIONI    DILUVIALI   ECC.  387 

mento,  mantenentisi  d'  un  color  giallo-rosseggiante  per  sopraossida- 
zione  e,  come  nella  pianura  diluviale  sottoposta  al  neo-morenico 
coll'immediato  substrato  di  ghiaia  calcare  stratificata,  se  ne  vedono, 
con  sorpresa,  fra  i  rilievi  morenici,  p.  e.  presso  S.  Giorgio  in  Salici, 
Palù  di  Bardolino-Lazise  e,  specialmente,  ad  E.  poco  lungi  da  Pe- 
schiera e  Pacengo,  a  Praja,  Prajetta  e  dintorni  (102  a  107  m,  s.  m.) 
aventi  un  regolare  e  poco  profondo  strato  acquifero  interno,  com- 
portantesi  come  quello  della  grande  pianura  diluviale  ;  attorno  a 
questi  spazi  ferrettizzati  posano  e  si  innalzano  le  scarpe  dei  colli 
neo-morenici. 

Intercalazioni  nei  terreni  neo-morenici.  —  Termino  queste 
note  col  rimarcare  che  l' ultima  estensione  glaciale  lasciò  nel  piccolo 
anfiteatro  morenico  di  Garda  rimarchevoli  tracce  delle  sue  singolari 
soste  ;  in  valle  Volpara,  in  quella  di  Marciaga  e  meglio  che  altrove 
nella  valle  Tesina  o  dei  Molini  l'erosione  mette  in  mostra  sezioni 
di  morene  con  manifeste  intercalazioni  di  alluvioni  fluvio-glaciali, 
sovente  conglomeratiche  ;  queste  alluvioni  non  sarebbero  da  inter- 
pretarsi quali  depositi  interglaciali,  ma  piuttosto,  come  si  esprime 
il  celebre  glacialista  prof.  Penk,  interstadiari.  Rivelano  fasi  di  ri- 
tirata lontana  e  di  arresto  del   solo  ultimo  agghiacciamento. 

Non  sarebbe  tuttavia  da  confondersi  quanto  è  in  mostra  nell'an- 
zinominata  valle  Volpara,  dove  entro  la  morena  (interstratificata 
come  si  disse)  sbrecciata  o  meglio  sventrata  dal  torrente,  andava 
ad  embriciarsi  il  cono  di  deiezione  del  versante  orientale  del  M. 
Brè,  in  modo  da  simulare  due  morene  sovrapposte  al  franamento 
che,  secondo  il  mio  avviso,  sarebbe  alluviale. 

Dirò  per  ultimo  non  essere  ancora  giunto  il  momento,  come 
premisi,  di  azzardare  conclusioni,  richiedenti  indagini  estese,  par- 
ticolareggiate e  raccordamenti.  Basterà  intanto  aver  contribuito  a 
dimostrare  l'esistenza  di  una  corrente  fluviale^  ora  scomparsa,  che 
terrazzava  longitudinalmente  i  terreni  di  trasporto  della  valle  e  che 
ora  fiancheggiano  la  riviera  veronese  ;  lavoro  che  non  poteva  eff'et- 
tuare  l'ondeggiamento  del  lago,  così  bene  espresso  nei  solchi  che 
incidono  trasversalmente  la  roccia  riverasca,  aggiungendo  inoltre 
la  dimostrazione  verosimile  della  concomitanza  dell'  abbassamento 
della  catena  del  Baldo  con  i  franamenti,  scoscendimenti  e  scorri- 
menti di  porzioni  della  stessa,  in  buona  parte  avvenuti  durante  i 
periodi  interglaciali. 

Verona,  fjennaio  1900. 

(Finita  di  stampare  il  [/torno  5  marzo   1900) 


Atti  del  Reale  Istituto  Veneto  bi  scienze,  lettere  ed  arti. 
Anno  accademico  1899-900  -  Tomo  LIX  -  Parte  seconda. 


SULL'ATTRITO   INTERNO  DEI  LIQUIDI   ISOLANTI 
m   UN   CAMPO   ELETTRICO   COSTANTE   0) 

NOTA  DEL  DOTT.  G.  PACHER  e  del  dott.  L.  FINAZZI 
(presentata  dal  ])rof-  G.  Vicentini,  s.  <\,  neW  Adunanza.  4  febbraio  1900) 


1).  È  ancora  una  questione  dibattuta  se  l' attrito  interno  dei 
liquidi  isolanti  subisca  o  no  una  variazione,  allorché  questi  ven- 
gono introdotti  in  un  campo  elettrico  costante. 

Le  prime  esperienze  su  tale  argomento  furono  eseguite  nel 
1885  da  W.  Konig  (2),  il  quale  misurò  il  coefficente  di  attrito 
del  solfuro  di  carbonio  facendolo  effluire  da  un  tubo  capillare 
posto  tra  due  piatti  metallici,  che  fungevano  da  armature  di  con- 
densatore. —  I  valori  che  egli  trovò  a  condensatore  carico  non 
furono  sensibilmente  diversi  da  quelli  ottenuti  a  condensatore  sca- 
rico ;  da  ciò  egli  dedusse  che  un  campo  elettrico  non  esercitava 
alcuna  azione  sull'  attrito  interno  del  liquido  studiato. 

La  differenza  di  potenziale  delle  armature,  a  condensatore 
carico,  era  di  circa  13000  volta  ;  la  loro  distanza  variava  da  cm. 
0,75  a  1. 

I  tubi  di  efflusso  adoperati  furono  due,  uno  cilindrico,  l'altro 
a  sezione  ellittica.  Durante  le  esperienze  la  temperatura  oscillò 
tra  i  19°  e  i  16°,!  ;  nelle  misure  fatte  successivamente  a  conden- 
satore scarico  e  carico  essa  non  conservò  quella  costanza  che  sa- 
rebbe stata  richiesta  per  un  ottimo  andamento  delle  ricerche  intra- 
prese. 


(1)  Lavoro  eseguito    nell'  Istituto    di    Fisica   della   R.    Università    di 
Padova. 

(2)  Wiedemann  Annalen,  1885,  voi.  25,  pag.  618. 


B90  G.    PACHER    E    L.    FINAZZI  (2) 

TI  Konig-  tentò  anche  di  fare  delle  misure  col  metodo  dei 
dischi  oscillanti,  dei  quali  poneva  uno  al  suolo,  1'  altro  in  comu- 
nicazione con  una  delle  armature  di  un  condensatore  ;  ma  la  di- 
sposizione non  servì,  perchè  quando  il  condensatore  era  carico  i 
dischi  non  si  mantenevano  nelle  stesse  condizioni  di  equilibrio  di 
quando  era  scarico. 

Nel  1896  W.  Duff  (0;  dubitando  che  1'  esito  negativo  delle 
ricerche  del  Konig-  dipendesse  dal  non  avere  questi  sperimentato 
in  buone  condizioni  di  temperatura,  istituì  delle  nuove  indagini 
cercando  sopratutto  di  mettersi  al  coperto  dalle  variazioni  di  tem- 
peratura (-). 

All'uopo  egli  adottò  la  seg-uente  disposizione  :  Prese  una  cas- 
setta parallelepipeda  di  vetro  alta  centimetri  60,  lunga  cm.  30, 
e  larga  cm.  2,  e  incollò  sulla  regione  di  mezzo  di  due  faccie  op- 
poste (quelle  di  maggiori  dimensioni)  due  fogli  eguali  di  stagnola, 
ciascuno  di  altezza  eguale  a  metà  di  quella  della  cassetta  ;  riempì 
quindi  la  cassetta  col  liquido  che  voleva  studiare. 

In  tal  modo  realizzò  un  condensatore  a  liquido  che  nella  sua 
parte  superiore  e  in  quella  inferiore,  per  tratti  di  altezza  eguale 
ad  un  quarto  della  sua  altezza  totale,  era  sprovvisto  di  armature. 

Attraverso  al  liquido  egli  faceva  cadere  delle  goccie  di  mer- 
curio, e  notava  i  tempi  T]  e  T2  che  queste  goccie  impiegavano 
a  percorrere  rispettivamente  il  tratto  posto  tra  le  armature  e  quello 
scoperto. 

Se  il  campo  elettrico  esercitava  una  qualche  azione  sull'  at- 
trito interno  del  liquido,  si  dovea  avere  che,  secondo  che  si  spe- 
rimentava a  condensatore  scarico  0  a  condensatore  carico,  il  rap- 

T 

porto   —   dovea  assumere  valori  diversi.  Il  termine  T^    di    questo 

-L  2 
rapporto   consta  evidentemente  di  due  parti  di  cui  una  viene  de- 
terminata prima  di  Ti   e  V  altra  dopo  ;  in  tal  modo    nella    deter- 


(1)  The  Phìjsical  Beriew,  1896,  pag.  23-38. 

(2)  Nella  rivista  bibliografica  che  precede  la  parte  sperimentale  del 
suo  lavoro,  il  Duff  attribuisce  al  Pagliani  (Acc.  Tornio^  20,  p.  6bó,  1886) 
ed  al  Noack  {ÌViedeniann  Ann.  27,  p.  289,  1886)  degli  studi,  con  risultato 
negativo,  sulla  viscosità  dei  dielettrici  sotto  I'  azione  di  un  campo  elet- 
trico. —  È  d'  uopo  far  notare  che  i  due  fisici  sopracitati  non  si  sono  mai 
occupati  di  detto  argomento.  La  citazione  errata  del  Duff  è  stata  tolta 
diìW  HandÒNch  der  Pliysik  del  Winkelmann  (\  ol.  I,  pag.  593)  in  cui  due 
numeri  di  citazione  posti  in  calce  di  pagina  sono  stati  scambiati  di  posto. 


(3)  sull'  attrito  inteeno  dei  liquidi  ecc.  391 

minazione  del  rapporto,  viene  eliminato  1"  eflPetto  di  una  costante 
variazione  di  temperatura. 

Il  primo  liquido  studiato  dal  DufF  fu  la  glicerina,  la  quale 
pur  non  essendo  un  buon  isolante,  avea  però  il  vantaggio  di  pos- 
sedere una  grande  viscosità  e  di  rendere  piccola  quindi  la  velo- 
cità di  caduta  delle  goccie  di  mercurio  ;  poscia  egli  sottopose  a 
esperienza  V  olio  di  castoro  e  F  olio  pesante  di  paraffina. 

I  risultati  ottenuti  colla  glicerina  furono  dapprincipio  nega- 
tivi ;  in  seguito  essendo  state  aumentate  le  cure  e  le  precauzioni 
nello  sperimentare,  il  Duff  potè  conchiudere  per  un  piccolo  au- 
mento di  viscosità  ;  allo  stesso  risultato  giunse  per  Y  olio  di  ca- 
storo ;  per  l'olio  pesante  di  paraffina  trovò  invece  una  diminuzione 
di  viscosità.  —  In  alcune  esperienze  sostituì  alle  goccie  cadenti 
di  mercurio,  dei  pallini  piombo,  o  delle  perle  di  porcellana,  collo 
stesso  esito.  —  Il  condensatore  era  caricato  per  mezzo  di  una 
macchina  ad  influenza,  mantenuta  in  rotazione  con  moto  uniforme. 
Come  valore  approssimato  della  differenza  di  potenziale  delle  ar- 
mature, il  Duff  dà  la  media  lunghezza  della  scintilla  tra  le  sfere 
terminali  della  macchina  a  influenza  ;  questa  lunghezza  nelle  dif- 
ferenti serie  di  misure  fu  fatta  variare  da  cm.  1  a  3,5.  —  La 
variazione  di  temperatura  del  liquido  contenuto  nel  condensatore, 
nelle  singole  esperienze  non  fu  mai  inferiore  a  0^.3  ;  per  qual- 
cuna arrivò  a  lo.Ol. 

La  variazione  di  viscosità  riscontrata  per  i  liquidi  suaccen- 
nati potrebbe  dipendere  da  cause  diverse  da  quella  di  un'azione 
diretta  del  campo  elettrico,  p.  e.  da  una  variazione  di  tempera- 
tura dovuta  alla  carica  e  scarica  del  condensatore,  o  dal  fatto 
che  le  goccie  di  mercurio,  a  condensatore  carico,  si  deformano 
nella  direzione  delle  linee  di  forza,  oppure  non  cadono  verti- 
calmente. Il  Duff,  dopo  aver  esaminate  queste  cause  ad  una 
ad  una,  le  esclude  tutte  e  finisce  col  conchiudere  che  le  varia- 
zioni di  viscosità  osservate  sono  dovute  esclusivamente  all'  azione 
del  campo. 

A  parer  nostro  queste  affermazioni  sono  troppo  recise,  e  avreb- 
bero richiesto  prima  di  essere  formulate,  un  numero  maggiore  di 
esperienze  :  diffatti  le  variazioni  di  viscosità  osservate,  special- 
mente quelle  dell'olio  pesante  di  paraffina,  sono  tutte  dello  stesso 
ordine  di  grandezza  degli  errori  di  osservazione,  ed  inoltre  i  valori 

T 

trovati  per  il  rapporto  —  nelle  singole  serie  di    esperienze    sono 

T2 


392  G.    PACHEE   E    L.    EINAZZI  (4) 

molto  discordi  tra  loro,  il  che  non  permette  di  accettare  con  piena 
fiducia  le  conclusioni  del  sig-.  Duff  (i). 

Nel  1897  il  Quincke  (-)  constatò  un  aumento  della  viscosità  dei 
dielettrici  in  un  campo  elettrico  costante  sperimentando  nella  se- 
guente maniera  :  Sospese  per  mezzo  di  fili  di  seta  ad  una  delle 
estremità  del  giogo  di  una  bilancia  una  sfera  di  una  sostanza  so- 
lida coibente  (crown,  flint,  quarzo,  spato  calcare)  del  diametro  di 
un  centimetro,  e  la  fece  oscillare  tra  le  armature  di  un  conden- 
satore costituito  da  due  dischi  di  ottone  nichelato  posti  entro  una 
vaschetta  di  vetro  piena  del  liquido  da  studiare. 

I  dischi  venivano  riuniti  coi  poli  di  una  batteria  di  accumu- 
latori 0  colle  armature  di  una  batteria  di  Leida.  —  Egli  osservò 
che  le  oscillazioni  della  bilancia,  a  condensatore  carico,  subivano 
uno  smorzamento  più  forte  che  a  condensatore  scarico,  e  da  questo 
conchiuse  che  i  liquidi  sottoposti  a  esperienza  subivano  per  azione 
del  campo  un  forte  aumento  di  viscosità. 

I  liquidi  studiati  furono  l'etere,  il  solfuro  di  carbonio,   1'  olio 


(1)  Per  giustificare  questo  nostro  apprezzaiiieiito  credianio  opportuno 
citare  i  risultati  trovati  dal  Duff  per  le  due  sei'ie  di  misure  relative  al- 
l' olio  pesante  di  paj'affina. 

Egli  trova  che  le  diiferenze  tra  i  valori  del  l'appoi'to   —  a  condcMisa- 

tore  carico  e  scarico  sono,  i)er  le  due  serie,  le  seguenti  : 

I"  serie  II*  serie 

+  0,0006  +(),()()]  4 

-1-0,0015  —0,0015 

—  0,004S  +  0.0014 
+  0,0011)  —0,0031 

—  0,0024  —  0,0028 

—  0,0009  +  0,0003 
—  0,0025 

Media— 0,0008  +0,0012 

Media  —0.0007. 

Da  questi  risultati,  tenuto  conto  che  per  1'  olio  di  castoro  avea  otte- 
nuti valori  un  po'  più  rimarchevoli  che,  secondo  lui,  erano  sufficienti  a 
dimostrare  una  variazione  di  viscosità,  crede;  poter  conchiudere  che  esiste 
una  diminuzione  di  attrito  interno  per  1'  olio  di  paraffina.  —  A  noi  sem- 
bra che  ciò  sia  azzardato  un  po'  troppo. 

(2)  Wiedeinann  Annalen^  1897,  voi.  62,  pag.  1. 


(5)  sull'  attrito  interno  dei  liquidi  ecc.  393 

di  trementina,  il  benzolo,  ed  una  miscela  di  solfuro  di  carbonio  e 
di  olio  di  trementina.  Il  massimo  effetto  fu  riscontrato  per  l'etere. 
—  La  differenza  di  potenziale  dei  dischi  fu  fatta  variare  da  0 
a  9036  volta  ;  la  loro  distanza  variò  da  1,5  a  3  centimetri.  —  Le 
conclusioni  cui  giunse  il  sig.  Quincke  furono  le  seguenti  : 

1°).  Lo  smorzamento  delle  oscillazioni  delle  sfere,  sia  che 
queste  oscillino  perpendicolarmente  che  parallelamente  alle  linee 
di  forza,  è  tanto  più  forte  quanto  più  grande  è  la  carica  del  con- 
densatore. 

2°).  La  differenza  dei  decrementi  logaritmici  delle  oscilla- 
zioni a  condensatore  carico  e  scarico  è  una  misura  dell'  aumento 
di  viscosità  del  liquido  nel  campo  elettrico. 

3°).  La  viscosità  elettrica  (i),  perpendicolarmente  alle  linee  di 

forza,  è  proporzionale  a 

P 
K- 

a 

in  cui  K  è  la  costante  dielettrica  del  liquido,  P  è  la  differenza 
di  potenziale,  ed  a  la  distanza  delle  armature  del  condensatore. 

4°).  La  viscosità  elettrica,  parallelamente  alle  linee  di  forza, 
è  da  1,5  a  6  volte  più  piccola  di  quella  che  si  manifesta  perpen- 
dicolarmente alle  linee  stesse. 

Come  si  vede  le  conclusioni  del  sig.  Quincke  sono  molto  det- 
tagliate, e  sarebbero  esaurienti  se  contro  il  metodo  di  misura  da 
lui  adottato  non  fossero  state  sollevate  delle  obbiezioni.  In  primo 
luogo,  come  il  Quincke  stesso  ha  posto  in  rilievo,  lo  smorzamento 
delle  oscillazioni  delle  sfere  in  seno  al  liquido,  dipende  oltre  che 
dalla  viscosità  del  liquido,  dal  movimento  vorticoso  che  si  produce 
nel  liquido  per  azione  del  campo  elettrico  (-)  e  dalle  correnti  di 
convezione.  Inoltre  come  il  sig.  Schaufelberger  (^)  ha  fatto  notare, 
colla  disposizione  sopradescritta,  a  condensatore  carico,  durante  le 
oscillazioni  della  sfera  coibente,  interviene  il  fenomeno  di  isteresi 
dielettrica,  il  quale  se  non  in  tutto,  è  in  gran  parte  causa  dell'  ele- 
vato smorzamento. 


(1)  Il  Quincke  chiama  "  ciarosità  elettrica  „  di  un  liquido  rauiiieiito 
di  viscosità  che  esso  subisce  per  azione  del  campo  elettrico. 

(2)  Vedi  Quincke,  il  iedemann  Annalen,  1896,  voi.  .^9,  pa<?.  417. 

(3)  Wiedrmann  Ann.  Voi.  65,  1898,  pag.  635. 


394 


G.    PACHER    E    L.    EINAZZI 


(6) 


A^^iung-asi  che,  non  essendo  le  sfere  nò  i  liquidi  adoprati  iso- 
lanti perfetti,  non  è  escluso  che  si  generino  nel  liquido  e  nelle  sfere 
delle  deboli  correnti  elettriche  le  quali  durante  le  oscillazioni  agi- 
scono pure  come  causa  di  smorzamento  {^). 

Queste  ultime  obbiezioni  si  potrebbero  rivolgere  anche  alle 
misure  del  DufF,  dato  che  esista  l'aumento  di  viscosità  da  lui  ri- 
scontrato per  la  glicerina  e  l'olio  di  castoro. 


2).  In  vista  dei  risultati  contrad- 
ditori finora  ottenuti  dai  sopracitati 
sperimentatori,  e  delle  obbiezioni  che 
si  possono  muovere  alle  conclusioni 
del  Duff  e  del  Quincke,  afPermanti  la 
esistenza  di  una  variazione  della  visco- 
sità, ci  è  parso  opportuno  di  istituire 
una  nuova  serie  di  ricerche  onde  de- 
cidere se  la  suaccennata  variazione 
esista  0  no. 

Abbiamo  cercato  di  metterci  nelle 
migliori  condizioni  di  esperienza  che 
ci  è  stato  possibile,  e  ci  siamo  stu- 
diati di  operare  a  temperatura  costante 
entro  il  decimo  di  grado. 

11  metodo  da  noi  adoperato  è 
quello  di  efflusso  attraverso  a  tubi 
capillari. 

L'  apparecchio  di  cui  abbiamo 
fatto  uso  è  rappresentato  nella  figura 
qui  accanto. 

Esso  consta  di  due  condensatori  ci- 
lindrici a  liquido  D  ed  E  ,  formati  cia- 
scuno da  due  tubi  di  vetro  saldati  alla 
fiamma  coassialmente  uno  dentro  l'altro 
(le  saldature  sono  segnate  nella  figura 


(1)  Vedi  H.  Hertz  {Wiedemann  Ann.  1881,  voi.  18,  p.  2(i(i);  A.  Hoyd- 
weiller,  Verhandl.  d.  Phjfsih.  GeseUsrh.  zìi  Berlin,  Hi,  p.  il'i-P)!),  1897  ;  E. 
R.  V.  Schweidler,   Wien.  Siiz.  10(3,  p.  026-32,  1897. 


(7)  sull'  attkito  interno  dei  liquidi  ecc.  395 

colle  lettere  (j  e  /f),  e  disposti  verticalmente.  Il  tubo  esterno  ha  un 
diametro  di  mm.  9,6  ed  è  ricoperto  da  un  fog-lio  di  stagnola  che 
funge  da  armatura  esterna.  Il  tubo  interno  ha  un  diametro  di 
mm.  6,8  ;  esso  è  chiuso  all'  estremità  inferiore  ed  è  riempito  di 
mercurio  che  funge  da  armatura  interna  ;  un  filo  di  platino  pesca 
nel  mercurio  ed  esce  all'  esterno  passando  attraverso  un  lungo 
tappo  di  paraffina  fissato  alla  bocca  del  tubo.  Il  tratto  dei  conden- 
satori corrispondente  alle  armature,  è  lungo  20  centimetri  ;  la  di- 
stanza tra  le  armature  medesime  è  di  mm.  2,2.  —  La  intercape- 
dine fra  i  due  tubi  è  larga  mm.  0,2  ;  attraverso  di  essa  si  fa  cir- 
colare il  liquido  che  si  vuole  studiare.  Le  due  armature  esterne 
sono   riunite  insieme,  e  così  pure  le  interne. 

I  due  condensatori  comunicano  inferiormente  tra  loro  per  mezzo 
di  un  tubo  t ,  e  superiormente  sono  in  comunicazione  l'uno,  D,  con 
un  serbatoio  di  vetro  a  tre  bolle  A,  B,  C,  delle  quali  la  più  alta 
è  sormontata  da  un  imbuto  munito  di  robinetto,  l'altro  E  con  un 
secondo  serbatoio  di  vetro  F  che  è  situato  tra  i  due  condensatori, 
più  in  basso  delle  tre  bolle.  —  In  corrispondenza  delle  strozzature 
« ,  h  ^  e,  r/,  ?,  che  separano  le  bolle  tra  loro,  e  della  strozzatura 
f  situata  alla  base  del  serbatoio  F  (nel  punto  in  cui  è  saldato  il 
tubo  che  congiunge  detto  serbatoio  con  E)  sono  incisi  tutto  in  giro 
sul  vetro  coll'acido  fluoridrico  dei  sottili  solchi  che  servono  da  li- 
nee di  riferimento. 

La  capacità  del  serbatoio  F  è  stata  scelta  un  po'  maggiore 
della  somma  delle  capacità  delle  bolle  A  ,  B  ,  C  . 

Per  riempire  l'apparecchio  col  liquido  da  studiare  si  procedeva 
nel  seguente  modo  :  Si  versava  dapprima  il  liquido  nel  serbatoio 
F  ,  quindi  per  mezzo  di  una  macchina  pneumatica  si  produceva 
una  aspirazione  dalla  parte  di  G  ;  il  liquido  veniva  allora  richia- 
mato verso  le  bolle  attraverso  la  parte  capillare  dei  condensatori. 
—  Durante  questo  movimento  del  liquido,  si  inclinava  opportuna- 
mente l'apparecchio  in  modo  che  le  bolle  d'  aria,  che  si  trovavano 
entro  i  condensatori,  venissero  scacciate  fuori  ;  non  riuscendo  subito 
a  ciò,  si  faceva  scorrere  il  liquido  in  verso  opposto,  producendo 
una  aspirazione  dalla  parte  di  L  e  si  ripeteva  l'operazione  finché  ogni 
traccia  di  aria  era  scomparsa. 

La  quantità  di  liquido  che  ad  ogni  serie  di  misure  si  intro- 
duceva nell'apparecchio  era  tale  che  portando  la  superficie  libera  del 
ramo  A  ,  B  ,  C  ,  a  sfiorare  la  tacca  di  riferimento  a  sovrastante 
al  robinetto  R  ,  l'altra  superficie  libera  arrivava  in  F  alla  linea  /*. 


396  &,    PACHEE    E    L.    EINAZZI  (8) 

Per  eseguire  una  esperienza  a  condensatore  scarico,  si  co- 
minciava col  mettere  le  armature  del  condensatore  in  comunica- 
zione col  suolo  ;  poscia  si  aspirava  il  liquido  per  G  fino  a  condurlo 
alla  linea  di  riferimento  r/  ,  e  si  chiudeva  il  robinetto  R  ;  in  queste 
condizioni  il  livello  inferiore  del  liquido  dovea  coincidere  con  f . 
Se  ciò  non  avea  luogo,  il  che  avveniva  spesso  quando  si  operava 
con  liquidi  molto  volatili  come  l'etere,  si  aggiungeva  in  F  con  una 
sottile  pipetta  quella  piccola  quantità  di  liquido  che  era  necessaria 
perchè  quella  condizione  fosse  soddisfatta.  —  Dopo  ciò  si  apriva 
il  robinetto  E,  ed  il  liquido  obbedendo  all'azione  della  gravità 
scendeva  in  F  ,  circolando  nei  tubi  capillari.  —  Si  osservava  a 
distanza  con  un  cannocchiale  il  movimento  di  discesa  del  menisco 
e  si  notavano,  col  mezzo  di  un  cronografo  munito  di  indici  a 
scatto  (le  cui  indicazioni  venivano  confrontate  con  quelle  di  un 
pendolo  di  precisione),  i  tempi  di  passaggio  del  menisco  per  due 
linee  determinate  di  riferimento.  —  (Queste  linee  variavano  a  seconda 
della  viscosità  del  liquido  ;  per  liquidi  dotati  di  grande  viscosità 
erano  le  due  prime  h^  e,  per  quelli  di  piccola  viscosità  le  due  estre- 
me b  ed  «•  ;  in  generale  esse  si  sceglievano  in  modo  che  la  durata 
di  efflusso  non  superasse  i  venti  minuti  e  non  fosse  inferiore  ai  dieci. 

Quando  si  voleva  sperimentare  a  condensatore  carico,  si  poneva 
prima  l'armatura  esterna  de'  nostri  condensatori  a  liquido  a  terra 
e  quella  interna  la  si  faceva  comunicare  coU'armatura  interna  di 
una  batteria  di  tre  grandi  bottiglie  di  Leida  riunite  per  superficie, 
delle  quali  l'altra  armatura  era  al  suolo  ;  poi  si  operava  come  nel 
caso  precedente. 

La  carica  delle  bottiglie  veniva  effettuata  da  una  macchina 
di-Yoss  che  era  mantenuta  in  moto  uniforme  danna  piccola  tur- 
bina ad  acqua.  —  11  potenziale  della  armatura  interna  della  bat- 
teria veniva  misurato  per  mezzo  di  un  elettrometro  di  liraun  co- 
struito nella  officina  di  questo  Istituto  e  da  noi  accuratamente  gra- 
duato misurando  le  deviazioni  dell'ago  corrispondenti  a  detcrminate 
distanze  esplosive  fra  due  sfere  di  noto  diametro. 

Per  eseguire  questa  graduazione  ci  siamo  serviti  di  un  ottimo 
spinterometro  a  vite  micrometrica,  dotato  di  due  coppie  di  sfere 
di  ottone  aventi  l'una  il  diametro  di  1  cm.,  e  l'altra  il  diametro 
di  2  cm.,  e  abbiamo  fatto  uso  delle  tabelle  del  Paschen  ('). 


(,1)   Wiedciaann  Aniialcn.  1889,  voi.  ."57,  p.  (j9. 


(9)  sull'  attbito  inteeno  dei  liquidi  ecc.  397 

Per  mantenere  costante  il  potenziale  della  batteria  durante 
le  singole  esperienze  abbiamo  ricorso  ad  un  artifizio  già  adottato 
dall'Abraham  e  Lemoine  (i)  :  abbiamo  armato  cioè  i  poli  della  mac- 
china di  due  punte,  tra  le  quali  si  produceva  un  effluvio  perma- 
nente ;  uno  dei  poli  l'abbiamo  posto  al  suolo,  l'altro  l'abbiamo  messo 
in  comunicazione  coli'  armatura  interna  della  nostra  batteria  col- 
l'intermezzo  di  un  mediocre  conduttore  (funicella  imbevuta  di  pa- 
raffina). —  Eegolando  opportunemente  la  distanza  delle  punte,  siamo 
riusciti,  sperimentando  a  circa  6000  volta,  a  mantenere  immobile 
l'ago  dell'elettrometro,  per  tutto  il  tempo  di  ogni  misura. 

Le  esperienze  a  condensatore  scarico  venivano  alternate  con 
quelle  a  condensatore  carico. 

Al  principio  ed  alla  fine  di  ogni  esperienza  si  leggeva  la  tem- 
peratura di  un  termometro  di  Geissler  a  quinti  di  grado  centesimale 
sospeso  tra  i  due  condensatori  D  ed  E  . 

Le  nostre  misure  furono  eseguite  in  un  grande  laboratorio  di 
questo  Istituto,  avente  le  dimensioni  di  m.    14  X  10  X  ^  • 

Prima  di  accingerci  al  lavoro  abbiamo  studiato  per  alcuni 
giorni  l'andamento  giornaliero  della  temperatura,  ed  abbiamo  scelto 
per  sperimentare  solfando  quelle  ore  nelle  quali  la  temperatura 
subiva  le  minime  variazioni.  —  Con  questa  precauzione  ci  fu  pos- 
sibile eseguire  tutte  le  nostre  serie  di  esperienze  a  temperatura 
costante  entro  il  decimo  di  grado. 

I  liquidi  da  noi  studiati  furono  :  l'acqua  distillata,  1'  alcool 
etilico,  l'etere,  il  benzolo,  l'olio  di  trementina,  ed  il  solfuro  di  car- 
bonio, vale  a  dire  tutti  i  liquidi  studiati  già  dal  Quincke  e  dal 
Kònig,  più  l'acqua  distillata  che,  dato  il  suo  grande  potere  indut- 
tivo specifico,  dovea  presentare,  se  fosse  valida  la  legge  del  Quincke, 
una  grande  variazione  di  viscosità  per  1'  azione  del  campo  elet- 
trico. 

Avremmo  voluto  eseguire  anche  una  serie  di  esperienze  coi 
liquidi  adoperati  dal  Duff,  ma  non  ci  fu  possibile  pel  momento. 

Per  ogni  liquido  abbiamo  eseguito  dieci  misure,  cinque  a  con- 
densatore scarico  e  cinque  a  condensatore  carico. 

Nelle  seguenti  tabelle  sono  raccolti  i  valori  che  abbiamo  tro- 
vati. In  ognuna  di  esse  sono  notate  le  temperature  iniziali,  finali 
e  medie  e  le  durate  di  efflusso  relative  alle  singole  esperienze,  e 


(1)  Journal  de  Fhua.  1895,  voi.  IV,  serie  111%  p.  466. 


398 


G.    PACETEE    E    L.    PINAZZI 


(10) 


sono  calcolati  in  fine  i  valori  medi  delle  temperature  e  delle  du- 
rate di  efflusso. 

Nell'ultima  colonna  sono  scritti  i  valori  della  differenza  di  po- 
tenziale delle  armature  e  della  durata  della  serie  ;  inoltre  è  in- 
dicato da  quali  bolle  si  è  fatto  effluire  il  liquido. 

Data  la  piccola  distanza  che  e3Ìste  tra  le  armature  (nini.  2,2), 
la  intensità  del  campo  elettrico  in  seno  al  quale  è  avvenuto  l'ef- 
flusso dei  liquidi  è,  per  la  differenza  di  potenziale  da  noi  adoperata 
(5900  volta),  mag-g-iore  di  quelle  del  Kunig  e  del  Quincke.  —  Come 
si  può  verificare  dalle  tabelle,  le  esperienze  furono  tutte  eseguite 
in  ottime  condizioni  di  temperatura,  e  1'  errore  medio  delle  osser- 
vazioni è  molto  piccolo. 


i~  a 

O    Ol 


Condensatore  scarico         Condensatore   carico 


Temperatura 

?°}'    I  lÌQale  I  media 
ziale   I  I 


Durala  ' 

di      i 

elllusso 


Temperatura 

^•^1'       liliale  I  media 
zia  le    I 


Durata 

di 
elllusso 


Osservazioni 


ACQl 

\i   DISTILLATA 

1 

13°.80 

13°.80 

13^80 

9S-3A 

— 

— 

— 

— 

2 

— 

— 

— 

— 

13''.80 

13''.85 

13".82 

983^.2 

3 

13.85 

13.90 

13.87 

983.0 

— 

— 

- 

— 

4 

— 

— 

— 

— 

13.90 

13.95 

13.92 

982.0 

5 

13.95 

13.95 

13.95 

981.5 

— 

— 

— 

— 

6 

— 

— 

— 

— 

13.95 

13  .90 

13.92 

982.0 

7 

13.90 

13.90 

13.90 

981.6 

— 

— 

— 

— 

8 

— 

— 

— 

— 

13.90 

13.90 

13.90 

982.0 

9 

13.90 

13.90 

13.90 

982.0 

— 

~ 

— 

— 

LO 

~ 

— 

13.88 

982.2 

13.90 

13.90 

13.90 
13.89 

982  .0 
982.2 

Valore 

medio 

Valore 

medio 

Nelle  esperienze 
a  condensatore 
carico  1  a  diffe- 
renza di  poten- 
zialo tra  le  ar- 
mature è  di  5900 
volta. 


La  serie  delle  10 
esperienze  fu  e- 
seguitain  tre  ore 
0  venti  minuti 


Il  li(iuido  è  efflui- 
to dalle  due  bolle 
superiori  A  e  B. 


(11) 


sull'  attrito  interno  dei  liquidi  ecc. 


399 


Condensatore  scarico 

Condensatore  carico 

Osservazioni 

Temperatura 

"^V     1  linaio    media 
ziale    1 

Durata 
di 

efflusso 

Temperatura 

^"1"      duale  !  media 
ziale                 1 

Durata 

di 
el'llusso 

ALCOOL   ETILICO 

1 

le^'.eo 

le'.as 

16*'.62 

1035'.0 

— 

— 

— 

2 
3 

16  .70 

16.70 

16.70 

1034  .8 

16°.70 

16.70 

16".70 

1035°.0 

A  condensatore 
carico  1  a  difi'e- 
renza    di  poten- 

4 
5 

16.70 

16.75 

16.72 

1033  .0 

16.70 

16.70 

16.70 

1034  .0 

ziale  tra  le  ar- 
mature è  di  5900 
volta. 

6 

— 

— 

— 

— 

16.70 

16.70 

16.70 

1034  .6 

La  serie    fu    ese- 

7 

16.70 

16.65 

16.62 

1034 .4 

— 

— 

— 

— 

guita  in  tre  ore  e 
quaranta  minuti. 

8 

— 

— 

— 

— 

16.60 

16.60 

16.60 

1034.8 

9 
10 

16.60 

16.60 

16.60 
16.65 

1035  .0 
1034  .4 

16.60 

16.70 

16.65 
16.67 

1034  .4 
1034  .56 

L'efflusso  è  avve- 
nuto dalla  bolla 
di  mezzo  C. 

Valore  medio 

Valore  medio 

ETERE 

1 

16%0 

16*'.40 

16.40 

737  !o 

— 

— 

— 

— 

2 
3 
4 
5 

16.50 
16.40 

16.40 
16.40 

16.45 
16.40 

736  .5 
736.8 

16°.40 
16.50 

lO^SO 
16  .40 

16°.45 
16.45 

136.0 
736.5 

A  condensatore 
carico  1  a  diife-J 
ronza  di  poten- 
ziale tra,  le  ar- 
mature è  di  5900 
volta. 

6 

— 

— 

— 

— 

16.40 

16.40 

16.40 

736.4 

La  serie    fu    ese- 

7 

16.40 

16.40 

16.40 

736.6 

— 

— 

— 

— 

guita  in  tre  ore 
e  dieci  minuti. 

8 

— 

~ 

— 

~ 

16.40 

16.40 

16.40 

737.0 

9  . 
10 

16.40 

16.45 

16.42 

736.4 

16.45 

16.40 

16  A'i 

736  .5 

11  liquido  è  ettiui- 
to  d  a  tutte  1  e 
bolle  A,  B,  C. 

Valore 

medio 

16.41 

736  .m 

Valore 

medio 

16.42 

736  .48 

400 


a.    PACHER    E    L.    FINAZZI 


(12) 


O) 

,^ 

CD 

T3 

(^ 

;h 

m 

O 

O- 

*— ' 

OJ 

o 

„  ' 

!^ 

■7^ 

Condensatore  scarico 


Durata 
di 

'.''V       finalo    media     efflusso 
ziale    I  I 


Temperatura 


Condensatore  cai'ico 


Temperatura        ^"^f^ 

?°)"    I  finale    media     efflusso 
ziale    !  I 


'sscrvazioni 


BENZOLO 


1 

0 

16.2 

O 

16.2 

16''.20 

641.2 

_ 

_ 

2 

— 

— 

— 

— 

16''.20 

16''.2 

16''.20 

64l'.5 

3 

IO  .2 

16.1 

16.15 

642.0 

— 

— 

— 

— 

4 

— 

— 

— 

— 

16.15 

16.20 

16.17 

641.8 

5 

16.2 

16.1 

16.15 

642.0 

— 

— 

— 

6 

— 

— 

— 

— 

16.10 

16  .10 

16.10 

642.4 

7 

16.15 

16.15 

16.15 

642.0 

— 

— 

— 

— 

8 

— 

— 

— 

- 

16.15 

16.15 

16.15 

642.2 

9 

16.15 

16.18 

16.16 

642.0 

— 

— 

— 

— 

10 

— 

— 

16.16 

641 .84 

16.20 

16.20 

16.20 
16.16 

641.6 

Valore 

medio 

Valore 

medio 

641  .90 

La    differenza   di 
potenziale  tra  le 
armature  a  con 
densatore  carico 
è  di  5900  volta. 


La  serie    fu    ese 
guita  in  due  ore 
(i  cinquanta  mi 
nuti. 


L'  efflusso  del  li- 
(luido  è  avvenu- 
to dalle  due  bol- 
le superiori. 


OLIO   Df   TREMENTINA 


0  0  0 


1 

15.15 

15.30 

15.22 

1208  .0 

— 

— 

— 

— 

2 

— 

— 

— 

— 

is'.so 

15''.25 

15".27 

1207'.0 

3 

15.25 

15.30 

15.27 

1207  .2 

— 

— 

— 

4 

— 

— 

— 

— 

15  .35 

15  .35 

15  .35 

1206  .8 

5 

15  .35 

15  .35 

15  .35  1207  .0 

— 

— 

— 

— 

6 

— 

— 

—         — 

15  .35 

15  .35 

15  .35 

1207  .4 

7 

15  .35 

15.30 

15  .32  1207  .8, 

1 

— 

— 

— 

— 

8 

— 

— 

— 

15.30 

15.30 

15.30 

1208  .2 

9 

15.30 

15.30 

15.30 

1208  .0 

— 

— 

— 

— 

[0 

— 

— 

— 

— 

15.35 

15.30 

15.32 
15.32 

1207  .5 

Valore 

medio 

15.29 

1207  .6 

Valore 

medio 

1207  .38 

La  differenza  di 
potenziale  tra  le 
armature  del 
condensai  ore, 
quando  è  carico, 
('  di  5900  volta. 

Il  liquido  effluii 
dalla  bolla  di 
mozzo  B. 


La  serie  fu  ese- 
guita in  quattro 
ore  e  quindici 
minuti. 


(13) 


SULL    ATTRITO    INTERNO    DEI    LIQUIDI    ECC. 


401 


Condensatore  scarico 


Durata 


—  v  \       m  i-  uura 

■£<       Temperatura  j" 

Z:,s,      ?"!"    I  lìuale  I  media     efllusso 


Condensatore  carico 


Tenipei-atura         ^""^^'^ 

i'i','    (  fiuale  [media      eldiisso 
ziale  I  I 


Osserva/ioni 


1 

2 
3 
4 
5 
6 
7 
8 
9 

14°.80 

14''.80 

14.80 

14.75 

14.80 

14.80 

14.80 

14.80 

14.75 

14.80 

0 

— 

— 

Valore 

medio 

SOLFURO  DI  CARBONIO 

14*^.80  607  !o 


14.77 


607.2 


14  .80  607  .4 


14  .80  607  .5 


14.77 


14.79 


607.6 


14.80 


14.80 


14.75  14.75 


14.80 


14.80 


14  .80  14  .75 


14.80 


14.80 


607  .34  ;  Valore  medio 


— 

— 

14°.80 

607^.0 

14.75 

608.0 

14.80 

607.4 

14.77 

608.0 

14.80 

607.5 

14.78 

607  .58 

La  differenza  di 
potenziale  tra  le 
armature  del 
condensatore  ca 
rico  è  di  5900 
volta. 


La  serie  venne 
compiuta  in  due 
ore  e  trenta  mi- 
nuti. 


Il  liquido  effluì  da 
tutte  le  bolle. 


Dall'esame  delle  precedenti  tabelle  risulta  che,  per  tutti  i  liquidi 
da  noi  studiati,  i  valori  medi  delle  durate  di  efflusso  a  condensatore 
scarico,  differiscono  da  quelli  di  efflusso  a  condensatore  carico  per 
grandezze  che  cadono  nel  campo  degli  errori  di  osservazione. 

Dalle  nostre  esperienze  siamo  quindi  condotti  a  conchiudere 
che  : 

"  Contrariamente  ai  risultati  ottenuti  dal  Diiff  e  dal  Quincke, 
„  i  liquidi  isolanti  sottoposti  alVazione  di  un  campo  elettrico  non 
„  subiscono  alcuna  sensibile  variazione  della  loro  viscosità.   „ 


Si  potrebbe  osservare  che  anche  colla  disposizione  da  noi  adot- 
tata interviene  il  fenomeno  di  isteresi  dielettrica,  il  quale  avrebbe  do- 
vuto avere  per  effetto  di  aumentare,  durante  l'azione  del   campo 


402  G.    PACHER    E    L.    PINAZZI    -    SULl'  ATTRITO    ECC.  (14) 

elettrico,  la  durata  di  efflusso  dei  liquidi  ;  dato  però  il  grande  ac- 
cordo che  esiste  tra  i  valori  delle  durate  di  efflusso  a  condensatore 
scarico  e  carico,  siamo  condotti  a  credere  che  nelle  nostre  condizioni 
di  esperienza,  detto  fenomeno  non  ha  esercitato  alcuna  azione  ap- 
prezzabile. 


(Licenzicda  per  le  stampe  il  6  marzo  1900) 


Atti  del  Reale  Istituto  Veneto  di  scienze,  lettere  et)  arti. 
Anno  accademico  1899-900  -  Tomo  LIX  -  Parte  seconda. 


ALCUNE   OSSERVAZIONI 
liNTORNO    AL    «SISTEMA    DI    FILOSOFIA» 

DI  GUGLIELMO  WUNDT 

DEL  PEOF.  FRANCESCO  BONATELLI,  m.  e. 

(Ad/manza  del  25  fehhfaio  lt)()0) 


Da  un  pezzo  in  qua  si  viene  ripetendo  che  il  tempo  dei  si- 
stemi filosofici  è  passato  per  sempre  e  il  pensiero  filosofico,  che 
pure  si  ostina  a  sopravvivere  alle  nenie  funebri  che  credevano  a- 
verlo  collocato  nell'eterno  riposo  accanto  all'alchimia,  all'astrologia, 
alla  geomanzia  e  ad  altri  fantastici  aborti  del  passato,  deve  per 
lo  più  contentarsi  di  far  capolino  qua  e  là  per  le  lacune,  che  le 
scienze  sperimentali  tutte  lasciano  aperte.  Ed  ecco  che  inaspetta- 
tamente pochi  anni  fa  (^)  scappa  fuori  un  tedesco  con  un  poderoso 
e  ponderoso  lavoro  che  porta  in  fronte  il  titolo  proibito  :  S/stoNa 
di  filosofia  •  anzi  in  breve  tempo  alla  prima  succede  una  seconda 
edizione  (-). 

Né  si  tratta  di  qualche  arretrato  moroso,  di  qualche  laudator 
temporis  acti,  come  di  tanto  in  tanto  se  ne  veggono  apparire  e 
fanno  sul  pubblico  1'  effetto  medesimo  di  certi  vecchi  ostinati 
che  indossano  gli  abiti  dei  nostri  nonni.  Lo  scrittore,  a  cui  ac- 
cenno, è  un  uomo  modernissimo,  uscito  dai  laboratori  sperimentali, 
un  uomo  che  è  partito  dalla  fisiologia  per  arrivare  alla  psicofisica, 
alla  logica,  all'etica,  alla  metafisica,  è  Guglielmo  Wundt.  Il  che 
non  toglie  ch'egli  pure,  malgrado  la  fama  grandissima  di  cui  gode, 


(1)  1889. 

(2)  1897. 


404  F.    BONATELLI  (2) 

non  abbia  provocato  nella  platea  qualche  zitto  e  qualche  ironico 
risolino.  Tanta  è  la  forza  del  pregiudizio. 

Ma  r  intenzione  mia  non  è  d'esporre  sommariamente  il  con- 
tenuto di  quell'opera  o  di  farne  la  critica.  Sarebbe  fors'anche  un 
po'  tardi  dopo  quasi  undici  anni  dacché  ha  veduto  la  luce  e  le 
recensioni  che  ne  furono  fatte  su  per  le  riviste  filosofiche  d'Europa. 
Io  voglio  soltanto  istituire  alcune  considerazioni  sopra  qualche  par- 
ticolare dottrina  dell'autore  e  massime  sur  un  punto,  a  cui  pare 
ch'egli  tenga  in  modo  speciale  tanto  da  farne  quasi  il  perno,  in- 
torno al  quale  buona  parte  del  suo  sistema  s'  aggira. 

Qualche  cosa  tuttavia  dovrò  pur  dire  circa  l'indirizzo  gene- 
rale di  questo  e  circa  le  linee  capitali  dell'  edifizio  che  1'  autore 
ha  voluto  innalzare. 

Il  fondamento  della  metafisica  (scriveva  egli  stesso  nella  pre- 
fazione alla  prima  edizione)  è  1'  esperienza  ;  il  metodo  di  essa  è 
quello  medesimo  delle  scienze  particolari,  cioè  il  collegamento  dei 
fatti  secondo  il  principio  di  ragione  e  conseguenza.  Le  scienze 
sperimentali  non  possono  risolvere  il  problema,  che  ciascuna  si 
propone,  se  non  col  sussidio  di  certe  ipotesi  o  presupposizioni,  che 
non  sono  date  empiricamente  ;  tocca  alla  filosofia,  prendendo  le 
mosse  da  tutti  codesti  elementi  ipotetici,  di  sottoporli  al  sindacato 
della  loffica,  metterli  in  accordo  tra  di  loro  e  riunirli  in  un  tutto 
esente  da  contraddizioni. 

Intesa  la  filosofia  in  questo  senso  prenderà  il  nome  di  filo- 
sofia scientifica,  e  siccome  ella  ha  il  suo  fondamento  nelle  singole 
scienze,  così  in  queste  devono  già  trovarsi  preparati  tutti  i  problemi, 
che  quella  avrà  a  trattare  ;  anzi  i  più  svariati  tentativi  per  risol- 
vere i  problemi  filosofici  si  iniziano,  per  quanto  in  un  rispetto  li- 
mitato e  senza  tener  conto  delle  condizioni  generali  della  cono- 
scenza, nelle  scienze  particolari  (i).  In  questo  riguardo  merita  di 
essere  riportata  testualmente  un'  espressione  dell'  A.  che  espone 
una  grande  verità  da  molti  a"  giorni  nostri  disconosciuta.  "  Quando 
anche  „  scrive  (-)  "  si  riuscisse  a  sbandire  la  metafisica  dalla  fi- 
losofia, essa  probabilmente  non  scomparirebbe  dalle  singole  scienze.  „ 

Non  entrerò  nella  classificazione  che  FA.  fa  delle  scienze  par- 
ticolari e  nella    sua  partizione    della    filosofia,    perchè    sebbene  a 


(1)  Sì/sfetn  der  Philosophì'e^  ediz.  2",  pag.  18. 

(2)  Ibid.  pag.  33. 


(3)  ALCUNE    OSSERVAZIONI    ECC.  405 

tutti  non  parranno  immuni  da  gravi  difficoltà,  massime  la  prima, 
pure  si  possono  anche  accettare  senza  che  perciò  nessuna  questione 
essenziale  ne  veng-a  pregiudicata.  E  d'altra  parte  il  mio  intento 
essendo  solamente  di  esaminare  qualche  punto  particolare  della 
sua  dottrina,  sarehbe  inopportuno  eh'  io  m'  indugiassi  su  queste 
generalità  ;  se  qualche  osservazione  dovrò  fare  sul  disegno  gene- 
rale dell'opera,  la  riserbo  a  quando  se  ne  presenterà  l'occasione. 

La  prima  sezione  tratta  del  pensiero,  delle  sue  forme  e  delle  sue 
leggi  ;  è  una  preparazione  psicologica  e  logica  alla  teorica  della 
conoscenza  o  epistemologia  che  voglia  dirsi  ;  la  quale  alla  sua 
volta  prepara  la  via  alla  metafisica  cioè  alla  filosofia  della  natura 
e  a  quella  dello  spirito. 

Ora  qui  incontro  alla  bella  prima  una  discussione  sulla  na- 
tura del  pensare,  che  io  credo  pecchi  nelle  fondamenta.  Egli  si 
sforza  di  dare  una  definizione  del  pensiero  e  questa  parrebbe  a 
prima  vista  accettabile,  se  non  fosse  che  le  osservazioni  di  cui  la 
circonda  e  i  principi  psicologici  da  cui  la  svolge  pare  a  me  le  tol- 
gano ogni  valore.  Il  pensare  è  determinato,  a  suo  dire^  da  tre 
caratteri,  i  quali  così  riuniti  lo  definiscono  ;  esso  è  un'attività  sub- 
biettiva,  autocosciente  e  riferente  (i). 

Si  crederebbe  che  l'A.  venisse  cosi  a  confermare  una  volta 
di  più  quel  concetto,  che  a  modo  d'  un  filo  d'  oro  si  prosegue  in 
tutta  la  storia  della  filosofia,  il  concetto,  vo'  dire,  d'una  funzione 
sul  generis,  la  mentalità,  che  si  stacca  dalla  sensibilità  e  le  si 
contrappone,  collocando  il  pensiero  a  un'altezza,  da  cui,  spettatore 
impassibile,  contempla  il  finito  e  l'infinito.  Invece  è  tutt'altro  !  Il 
fatto  psichico,  dagli  infimi  a'  piìi  alti,  in  fondo,  è  per  lui  uno  solo, 
di  cui  rappresentazione,  sentimento  e  volere  non  sono  che  tre 
differenti  aspetti  ;  dalla  prevalenza  in  ogni  caso  d'  uno  di  questi 
sugli  altri  due  il  fatto  unico  prende  1'  uno  o  1'  altro  nome  ;  ma 
ogni  rappresentazione  è  nel  tempo  stesso  sentimento  e  volere,  ogni 
sentimento  è  volere  e  rappresentazione  e  così  via.  Il  pensiero  non 
è  una  funzione  che  si  sovrapponga  a  quelle,  anzi    non  è  se  non 


(1)  Traduco  così  il  hezieìiend  del  tedesco  ;  se  adoperassi  la  voce  re- 
lativo,  per  fuggire  il  neologismo,  temerei  di  falsare  il  senso,  perchè  relativo 
non  è  quello  che  pone  la  relazione  (hezirhf)  ma  che  è  posto  in  relazione. 
Anche  per  il  Lotze  l'essenza  del  pensiero  consiste  nel  riferire,  cioè  an- 
dare da  una  cosa  a  un'altra  o  così  porre  la  relazione. 


406  P.    BONATELLI  (4) 

il  loro  insieme  e  "  l'attivitcà  pensante  non  contiene  assolutamente 
nulla  che  in  quelle   non  possa  risolversi   „   (i). 

E  questa  dottrina  enunciata  così  sul  principio  è  confermata 
verso  la  fine  dell'opera,  dove  si  legge  :  "  Neil'  hfinfo  (o  impulito, 
Trich),  processo  fondamentale  che  si  riscontra  in  tutti  i  gradi 
della  vita  psichica,  sono  contenuti  tutti  gli  elementi  che  ricom- 
paiono nei  processi  coscienti  superiori  e  questi  possono  derivarsi 
completamente  dal  collegamento  e  dalla  differenziazione  degli  istinti 
{Triehé)  „  (^).  I  processi  psichici  dall'infimo  al  supremo  sono  in  tutto 
e  per  tutto  omogenei  e  questa  omogeneità  fa  sì  che  le  funzioni 
spirituali  più  alte  si  possono  spiegare  come  uno  svolgimento  dalle 
inferiori  (•^). 

Ma  se  il  pensare  non  è  che  rappresentazione,  sentimento  e 
volere  e  queste  tre  funzioni  alla  loro  volta  non  sono  che  il  triplice 
aspetto  dell'  istinto  originario,  che  è  l'infimo  stadio  di  vita  psichica 
dell'  organismo  elementare,  donde  procede  quello  che  è  il  carattere 
distintivo  essenziale  del  pensiero  cioè  1'  affermazione  ?  il  verbo 
delle  mente  '?  Badiamo  che  anche  qui  non  accada  ciò  che  tante 
volte  è  avvenuto  in  certe  pretese  analisi,  le  quali  per  risolvere  un 
processo  in  dati  elementi  prestabiliti  tacevano,  sottintendendolo  o  in- 
troducevano surrettiziamente  sotto  altro  nome,  quell'elemento  pro- 
prio che  costituisce  la  natura  peculiare  del  processo  medesimo. 
Ecco  per  es.  quello  che  il  Wundt  scrive  in  proposito  :  "  Il  pen- 
siero dunque  non  è  punto  un  fatto  speciale  che  s' aggiunga  a 
quegli  altri  „  (int.  rappresentazione,  sentimento,  volere)  "  bensì 
tuttociò  ch'esso  ha  di  particolare  non  può  consistere  in  altro  che 
nella  maniera,  in  cui  quegli  elementi  universali  della  coscienza  si 
collegano  in  esso   „  (^). 

Ora  chi  non  vede  che  la  natura  propria  del  pensiero  è  tutta 
contenuta  in  questa  co)icienz(f,  introdotta  qui  quasi  di  soppiatto  ? 
So  bene  che  alla  voce  coscienza  molti  (tra  cui  anche  il  Wundt) 
attribuiscono  un  significato  tanto  ampio,  che  la  sua  etimologia  da 
scire  scomparisce  del  tutto  ;  ma  so  ancora  che  in  tal  caso  non  è 
più  legittimo  l'uso  che  si  continua  a  farne  là  dove   quel  termine 


(1)  Pag.  36. 

(2)  Pag.  589. 

(3)  Ibid. 

(4)  Pag.  36. 


(5)  ALCUNE    OSSEKVAZIONI    ECC.  407 

riprende  il  suo  sig'nificato  primitivo.  Gli  ò  come  nella  famosa  sta- 
tua del  Condillac,  della  quale,  dopo  averla  supposta  dotata  di 
nuU'altro  che  d'una  sensazione  olfattiva,  si  diceva  poi  che  allora 
ella  si  crederebbe  un  odore.  Quasiché  una  semplice  sensazione 
d'odore  fosse  perciò  anche  capace  d'affermare  l'esistenza  d'un  Io. 

Ora  la  coscienza  {Bewasstsein)  per  il  nostro  filosofo  non  è 
se  non  l'espressione  astratta  dell'esistenza  d'un  fatto  psichico; 
attività  psichica,  di  qualunque  c^onere  e  di  qualunque  g-rado,  e 
attività  cosciente  per  lui  sono  sinonimi  (0-  E  che  d'altra  parte  la 
coscienza,  intesa  in  questo  senso,  non  implichi  per  lui  un  grado 
qualsiasi  d'attività  intellettiva  in  qualsiasi  ordine,  per  quanto  in- 
fimo, della  scala  animale  (nel  qual  caso  s'  intenderebbe  almeno 
come  una  tale  attività  potesse  per  via  di  successivi  e  fortunati 
svolgimenti  pervenire  a  quell'  altezza  a  cui  giunge  nell'  uomo), 
ne  porge  prova  non  dubbia  un  luogo  (-)  che  qui  riassumiamo.  A 
falsare  il  concetto  della  coscienza,  scrive,  hanno  contribuito  due 
errori,  l'uno  dei  quali  è  l'avere  scambiata  la  coscienza  col  sapere^ 
l'altro  l'avere  immedesimato  il  concetto  generale  della  coscienza 
con  quello  più  particolare  di  autocoscienza  {SelhsfbeirHssfsein,  co- 
scienza di  se  stesso).  Se  pertanto,  dico  io,  la  coscienza  che  s  'i- 
dentifica  con  qualsiasi  fatto  psichico  non  implica  un  sapere^  a  che 
servirebbe  ella  rispetto  allo  spiegare  l'origine  del  pensiero  '?  0  non 
è  egli  patente  che  questo  termine  una  volta  è  adoperato  in  un 
senso  e  l'altra  in  un'altro  ?  E  cosi  tutta  la  dottrina  si  fondamenta 
sopra  un  equivoco  (^). 

Se  invece  si  riconoscesse  una  buona  volta  l'opportunità  anzi 
direi  necessità  di  designare  i  due  concetti,  pur  così  differenti, 
con  due  differenti  espressioni  (\),  cesserebbe  il  pericolo  di  vederli 
perpotuanu'nte  scambiati  e  confusi  tra  di  loro  e  sopratutto  di  ve- 
dere falsata  l'interpretazione  dei  fatti  per  la  indebita  sostituzione 
dell'uno  all'altro. 


(1)  Pag.  559,  sgg. 

(2)  Pag.  559-60. 

(3)  V.  la  nota  A  neirAppcndicc 

(4)  Il  Baklwin  (se  la  memoria,  non  nringaiina)  si  servo  a  tal  uopo 
del  termine  coscienza  animale  a  denotare  la  pura  psicliicità,  cliiauiundo 
in  cambio  coscienza  semplicemente  o  coscienza  in  senso  proprio  quella  che 
involge  un  sapere  e  che  è  dell'uomo  solo.  Io  per  conto  mio  preferisco  ri- 
serbare la  voce  coscienza  per  quella  che  è  propriamente  tale  e  designare 
quell'altra  coU'espressione  aUimlifà  psichica. 


408  r.    BONATELLI  (6) 

A  meglio  chiarire  la  dottrina  del  Wundt  circa  la  natura  de'fatti 
intellettivi,  gioverà  riferire  le  definizioni  ch'egli  dà  in  un  altro  luogo 
dell'attenzione,  del  pensare  e  del  conoscere.  "  L'attenzione  è  (^)  l'ap- 
prensione volontaria  „  (o  arbitraria,  ìriìll'iìrlkh)  "  d'un  contenuto 
sperimentale.  ,,  "  Il  pensare  (-)  è  un'attenzione  rivolta  a  più  oggetti  „ 
(Ietterai,  contenuti)  "  i  quali  nel  tempo  stesso  vengono  messi  in  rela- 
zione tra  di  loro.  „  Donde  il  carattere  che  vedemmo  più  sopra  assegnato 
al  pensiero  d'essere  un'attività  riferente.  Finalmente  "  il  conoscere  (3) 
è  un  pensare  congiunto  con  la  persuasione  che  la  contenenza  del 
pensiero  è  reale.  „  E  qui  già  parecchie  riflessioni  si  presentano 
da  sé.  E  proprio  vero  che  1'  attenzione  sia  sempre  volontaria  o 
arbitraria  ?  Non  è  vero  piuttosto  che  molte  volte,  nonché  sia  vo- 
lontaria, è  provocata  nostro  malgrado  ?  O  ammetteremo  in  noi 
per  tali  casi  due  voleri,  uno  che  vuole  percepire  l'oggetto  e  l'altro 
che  non  vorrebbe,  con  la  prevalenza  del  primo  ?  0  ricorreremo 
a  un'  altra  spiegazione  e  considerando  che  quando  1'  attenzione 
sembra  provocata,  senza  il  concorso  della  volontà  o  anche  a  mal- 
grado di  (|uesta,  dalla  natura  dell'  oggetto,  vuol  dire  che  questo 
ci  aff'etta  vivamente,  che  ha  per  noi  un  interesse,  ne  conchiuderemo 
che  questo  interesse,  sia  di  piacere,  sia  di  sorpresa,  sia  di  terrore, 
equivale  a  un  volere  ?  Può  darsi  che  quest'  ultima  sia  1'  opinione 
del  Wundt,  dacché  sembra  dal  tutt'  insieme  delle  sue  espressioni 
che  per  lui  ogni  elemento  emoziona/e  o  affettivo  s' identifichi  con 
un  volere.  Ma  anche  su  questo  punto  dobbiamo  fare  le  più  espli- 
cite riserve,  perocché  il  termine  rolere  (malgrado  1'  estensione  il- 
limitata che  pretese  dargli  lo  Schopenhauer  che  lo  fa  sinonimo 
di  forza  o  d'impulso)  ha  pure  un  uso  sancito  da  secoli  e  pel  quale 
significa  un  decreto,  una  decisione  pratica  cosciente,  non  già  un 
semplice  moto  appetitivo. 

In  quanto  all'attenzione  rivolta  a  più  oggetti  mettendoli  così 
in  relazione  tra  di  loro,  che  dovrebbe  costituire  il  pensare,  io  credo 
che  la  ragione  di  questo  concetto  debba  cercarsi  nella  forma  del 
giudizio  che  é  1'  espressione  propria  del  pensiero  e  la  quale  do- 
manda un  soggetto  e  un  predicato.  Ma  contro  questa  dottrina  si 
possono  fare  due  osservazioni.  Primo  che  il  giudizio,  se  nella  sua 


(1)  Pag.  70. 

(2)  Ibid. 

(3)  Pag.  86. 


(7)  ALCUNE    OSSEKVAZIONI    ECC.  409 

compitezza  loo^ica  richiede  due  concetti  più  1'  affermazione  della 
loro  relazione  da  predicato  a  subbietto,  che  è  la  copula,  nel  pri- 
missimo stadio,  da  cui  si  svolge,  non  contiene  che  una  sola  rap- 
sentazione,  la  quale  è  affermata  come  tale  e  niente  più. 

Un  siffatto  giudizio  non  è  esprimibile  in  parole,  perchè  la 
parola  significherebbe  pur  sempre  una  classificazione  o  denomina- 
zione del  percepito  e  però  in  ultima  analisi  il  dato  sperimentale 
più  la  subassunzione  di  esso  sotto  un  concetto  ;  solo  possiamo, 
benché  impropriamente,  rappresentarlo  con  la  formola  :  questo  è 
questo.  Una  forma  di  giudizio  già  più  svolta,  ma  che  pure  s'  ac- 
costa a  questo  primitivo,  è  quella  significata  dai  verbi  impersonali, 
come  piove^  tuona ^  fa  caldo.,  ecc.  Dove  sono  qui  i  due  oggetti,  tra 
cui  è  divisa  l'attenzione  e  che  bisognerebbero  per  avere  il  pensiero  ? 

L'altra  osservazione  che  abbiamo  da  fare  è  questa,  che  assai 
volte  l'attenzione  è  rivolta  a  due  oggetti  ad  un  tempo,  senza  che 
perciò  sia  il  caso  di  parlare  di  pensiero.  0  diremo  che  pensi 
un  animale,  quando  per  es.  la  sua  attenzione  sia  provocata  con- 
temporaneamente 0  in  immediata  successione  da  un  rumore  im- 
provviso e  dall' apparire  d'una  vivissima  luce  ? 

Del  resto  una  cosa  che  colpisce  il  lettore  di  quest'  opera  è 
che  l'A.  sembra  sforzarsi  di  conciliare  due  indirizzi  tra  loro  repu- 
gnanti, cioè  da  un  lato  mantenersi  sul  terreno  dello  sperimenta- 
lismo sensistico  e  dall'altro  innalzarsi  alle  più  ardue  altezze  della 
speculazione.  Il  che  apparisce  chiaro  massimamente  nella  sua  epi- 
stemologia. Abbiamo  veduto  com'egli  pretenda  far  uscire  il  pensiero 
dall'  impulso  o  istinto  {Trieì))  primitivo  comune  a  ogni  essere 
vivente  e  come  codesto  pensiero  diventi  per  lui  conoscenza  quando 
vi  s'aggiunga  la  persuasione  della  realtà  del  suo  oggetto.  Lasciamo 
andare  ch'egli  non  ci  dice  in  nessun  luogo  donde  e  come  sorga 
una  siffatta  persuasione,  né  qual  .sia  il  criterio  della  sua  legittimità  ; 
quando  non  si  voglia  dire  che  e'  la  suppone  data  originariamente 
insieme  con  qualsivoglia  contenenza  della  rappresentazione.  Ma 
direni  noi  che  basti,  perché  s'abbia  una  cognizione,  che  l'oggetto 
sia  creduto  reale  ?  0  non  si  richiederà  che  sia  tale  davvero  ?  Ben 
so  che  mi  si  potrebbe  rispondere  che  già  non  è  possibile  andare 
più  in  là  d'  una  tale  persuasione  e  che  il  pretendere  di  più  in- 
volgerebbe una  contraddizione,  cioè  un  pensiero  che  andasse  di 
là  da  se  stesso,  un  pensiero  che,  essendo  in  possesso  della  verità, 
giudicasse  se  medesimo  e  decidesse  se  la  sua  persuasione  è  fondata 
0  infondata. 


410  F.    BONATELLI  (8) 

Al  che  rispondo  che  non  c'è  via  di  mezzo  ;  o  riconoscere  un 
pensiero  che  ha  la  piena  certezza  della  verità  (dico  d'una  qualche 
verità)  o  professare  l'assoluto  scetticismo. 

In  quanto  alla  speranza  di  vedere  quandochessia  da  una  co- 
noscenza, che  non  sia  vera  conoscenza,  ma  illusione,  per  via  di 
progressive  rettificazioni  e  trasformazioni  uscire  una  conoscenza 
che  meriti  davvero  questo  nome,  confesso  che  mi  pare  essa  me- 
desima un'illusione  e  nulla  più. 

L'A.  distinf^ue,  come  altri  hanno  fatto  e  giustamente,  per  mio 
avviso,  tre  ordini  di  conoscenze;  quello  ch'egli  dice  delia  percezione 
(che  io  preferisco  chiamare  della  conoscenza  popolare)  che  domina 
nella  vita  pratica  ;  quello  dell'intelligenza,  che  è  proprio  delle 
scienze  singole,  e  quello  della  ragione  ossia  del  conoscere  filoso- 
fico. Egli  avverte  per  altro  che  queste  varie  maniere  di  conoscenza 
non  sono  rigorosamente  divise,  ma  che  si  compenetrano  e  s'in- 
trecciano variamente  ;  il  che  ])ure  è  verissimo. 

In  ciascuno  poi  di  questi  stadi  del  conoscere,  e  non  solamente 
nel  secondo  e  nel  terzo,  il  pensiero  esercita  una  continua  critica 
sui  dati  sperimentali,  come  sui  prodotti  del  pensare  antecedente  ; 
ma  quella  del  primo  grado  resta  nel  campo  delle  parvenze  sen- 
sibili, quella  del  secondo  non  oltrepassa  il  campo  dei  concetti, 
quella  del  terzo  sale  alle  idee. 

Ma  quello  che  a  me  pare  essenziale  di  notare  è  che  in  ogni 
grado  ci  possono  essere  delle  vere  conoscenze  (e  non  sono  aff'atto 
conoscenze  se  non  sono  vere)  a  patto  che  non  si  oltrepassi  colla 
affermazione  la  realtà.  Così  se  un  uomo,  pognamo,  che  non  abbia 
mai  veduto  specchi  né  udito  parlarne,  scorgendo  in  uno  specchio 
la  propria  immagine,  crede  che  là  entro  ci  sia  un  altr'uomo,  questa 
non  è  una  conoscenza  di  nessun  grado  è  un  errore.  8e  una  la- 
vandaia stendendo  al  sole  un  pannolino  bagnato  e  ritirandolo  poi 
asciutto  crede  che  l'acqua  che  lo  inzuppava  sia  scomparsa,  è  nel 
vero  e  però  conosce  ;  ma  se"  crede  per  di  più  che  il  sole  l'abbia 
annientata,  non  ha  in  questo  una  conoscenza,  sì  un  errore. 

Il  principio  gnoseologico  del  Wundt,  se  non  prendo  abbaglio, 
si  riassume  in  questo,  che  originariamente  il  subbietto,  la  rappre- 
sentazione e  la  contenenza  di  questa  formano  un  unico  tutto,  in 
cui  dati  esterni  e  reazione  interna  sono  indissolubilmente  fusi  in- 
sieme. E  siccome  questo  complesso  è  un  fatto  reale,  così  qui  ci 
sarebbe  implicita  l'obbiettività  della  conoscenza.  Si  danno  tuttavia 
de'  casi  sincjoli  (per  es.  le  rappresentazioni  della  fantasia)  nei  quali 


(9)  ALCUNE    OSSERVAZIONI    ECC.  411 

de'  motivi  stringenti  ci  obbligano  a  negare  la  realtà  dell'  oggetto 
rappresentato  ;  ma  sarebbe  un  errore  se  da  questi  casi,  per  una 
illegittima  estensione,  si  pretendesse  infirmare  il  valore  d'ogni  rap- 
presentazione e  attribuire  questa  in  ogni  caso  al  subbietto.  La 
subbiettività  essere  l'eccezione,  non  la  regola  e  doversi  in  cambio 
ritenere  sempre  come  obbiettiva  la  conoscenza  ogniqualvolta  non 
s'incontrino  ragioni  decisive  per  escluderla  (^). 

Ma  codesta  obbiettività  originaria  è  poi  tale  davvero  ?  In  un 
fatto  complesso,  in  cui  un'azione  esteriore  e  una  reazione  interna 
sono  indissolubilmente  miste  e  confuse,  dov'  è  V  obbiettività  ?  E 
un  puro  fatto,  mentre  Tobbiettività  non  esiste  se  non  di  fronte  a 
un  atto  di  conoscenza.  E  d'altra  parte  se  nel  fatto  stesso  entrano 
indubbiamente  degli  elementi  subbiettivi,  che  giova  eh'  esso  pro- 
duca irresistibilmente  l'apparenza  d'un'  obbiettività? 

Nella  filosofia,  scrive  a  proposito  l'  A.,  era  prevalsa  questa 
norma,  che  ogni  fatto  debbasi  considerare  come  dubbio  e  non 
accordargli  piena  adesione  se  non  quando  si  trovino  ragioni  suf- 
ficienti da  ciò.  Invece  la  conoscenza  scientifica  segue  la  regola  con- 
traria, per  cui  ogni  dato  sperimentale  s'  ha  a  considerare  come 
vero  e  fornito  delle  proprietà,  che  nell'intuizione  gli  competono,  fi- 
nattantochè  non  s'incontrino  delle  ragioni  che  obblighino  a  rinun- 
ciare a  una  tale  supposizione.  A  questo  metodo  l'  A.  attribuisce 
la  sicurezza  dei  risultati,  onde  le  scienze  fruiscono. 

Ma  qui  pare  a  me  che  l'A.  dimentichi  una  cosa,  cioè  che 
le  scienze,  almeno  quelle  che  si  comprendono  sotto  l'  appellativo 
generico  di  scienze  della  natura,  in  ragione  del  loro  medesimo 
oggetto,  non  trascendono  la  cerchia  del  fenomeno  o,  come  anche 
usa  dire,  del  modo  sensibile,  la  cui  relativa  verità  da  nessuno  è 
messa  in  dubbio.  E  la  sicurezza  dei  loro  risultati  arriva  per  l'ap- 
punto fin  dove  arriva  l'ordine  fenomenico  e  non  più  in  là.  Appena 
esse  tentino  di  varcare  questo  limite,  tutti  i  vantaggi,  onde  go- 
devano in  quanto  rimanevano  in  codesto  campo,  cessano  issofatto  ; 
esse  diventano  filosofia  e  come  tali  danno  di  cozzo  contro  le  dif- 
ficoltà da  cui  la  filosofia  è  circondata. 

Né  con  ciò  voglio  dire  che  tra  il  mondo  fenomenico  e  quello 
della  realtà  in  se  non  ci  siano  comunicazioni  e  trapassi  ;  onde  a 
ragione   il  AVundt  in  più  d'un  luogo  osserva  che  ponendo  questo 


(1)  Pag.  DH-y. 


412  r.    BONATELLI  (10) 

distacco  assoluto  sarebbe  troncata  ogni  via  per  tornare  dal  sub- 
bietto  airobbietto  ;  dico  bensì  che  il  seguire  questi  indizi,  il  tener 
dietro  ai  cunicoli,  per  così  chiamarli,  che  mettono  in  comunica- 
zione i  due  mondi,  non  è  opera  che  spetti  a  veruna  scienza  singola, 
sì  solamente  alla  filosofia.  Ma  è  vano  sperare  che  questo  ella  possa 
fare  seguitando  i  metodi  di  quelle  scienze,  che,  chiuse  nell'ordine 
de'  fenomeni,  ne  studiano  le  relazioni,  le  leggi,  le  forme  generali. 
E  se  noi  le  neghiamo  il  possesso  d'alcuni  principi  a  priori^  certi 
in  se  stessi  e  assoluti  (i  quali  poi  in  fondo  costituiscono  la  ragione 
obbiettiva,  mentre  la  ragione  subbiettivamente  presa  non  è  che 
l'incondizionato  riconoscimento  di  quelli),  noi  le  abbiamo  sottratto 
l'unico  strumento,  con  cui  è  possibile  penetrare  nell'  in  s<\  cioè 
nell'obbiettività  assoluta. 

Molte  questioni  che  si  agitano  nella  psicologia  e  particolar- 
mente nella  dottrina  della  conoscenza  derivano,  per  mio  avviso, 
da  una  confusione  o  vogliam  dire  dal  non  aver  distinto  due  fatti 
e  due  concetti,  che  ad  onta  d' un'  esteriore  analogia  sono  profon- 
damente differenti.  Tali  sono  i  concetti  dell'  esferioi  ìfà  e  dell'  ob- 
hieiUntà.  La  prima  non  è  che  una  relazione  spaziale,  che  è  data 
implicitamente  nella  rappresentazione  sensibile  e  specialmente  in 
quelle  della  vista  e  del  tatto.  In  particolare  ove  trattisi  della 
esteriorità  delle  cose  rispetto  al  percipiente  si  usa  dare  il  nome 
di  proiezìoìie  al  processo  psichico  da  cui  emana  una  siffatta  este- 
riorità. In  questo  senso  si  dice  che  1'  uomo  e  del  pari  il  bruto 
proiettano  fuori  di  se  le  immagini  visive  e  tattili,  e  anche  le  acu- 
stiche, le  olfattive,  ecc.,  che,  in  quanto  processi  psicofisici  generati 
nel  subbietto  medesimo,  modificazioni  sue,  non  potrebbero  essere 
se  non  in  lui  stesso.  Accadrebbe  così  nella  percezione  di  quello 
che  dicesi  mondo  esterno  quel  medesimo  che  accade  nel  sogno, 
un'apparenza  cioè,  una  fantasn  agoria  che  fa  apparire  fuori  di  noi 
ciò  che  in  realta  fa  parte  di  noi  stessi.  Di  veramente  esterno  in 
tal  caso,  non  ci  sarebbe  che  o  nulla  affatto,  come  il  più  delle  volte 
nel  sogno  (concetto  che  mena  a  un  idealismo  subbiettivo,  anzi  a 
un  assoluto  solipsismo),  o  soltanto  le  cause  sconosciute,  che  ope- 
rando su  di  noi  producono  quella  fantasmagoria. 

Ma  illusoria  che  sia  o  reale  1'  esteriorità  è  sempre  un  dato 
della  rappresentazione,  dal  momento  che  questa  ha  il  carattere 
spaziale  e  che  il  corpo  medesimo  percipiente  fa  parte  della  rap- 
presentazione totale. 

Da  queste  osservazioni  risulta  immediatamente  che  l'esterio- 


(11)  ALCUNE    OSSEKVAZIONI    ECC.  413 

rità  non  può  esser  tutt'  uno  eoli' obbiettività,  nò  la  proiezione  tut- 
t'  uno  colFol^biettivazione. 

Che  cosa  richiede  invece  l'obbiettività  ?  Essa  è  la  distinzione 
del  conosciuto  dal  conoscente  e  1'  opposizione  di  quello  a  questo. 
Non  si  tratta  qui  d'un  fuori  o  dentro  (metafore  e  simboli  attinti 
a'  rapporti  spaziali),  ma  d'una  distinzione  reale  ;  la  conoscenza  è 
obbiettiva  quando  il  suo  oggetto  è  per  se  stesso  quello  che  è,  in- 
dipendentemente dall'  atto  conoscitivo.  E  ho  detto  :  "  dall'  atto 
conoscitivo  ,,  anziché  "  dal  conoscente  „,  perchè  può  essere  ob- 
biettiva anche  una  conoscenza  che  si  riferisce  al  subbietto,  bastando 
a  ciò  che  il  conosciuto  sia  quale  si  mostra  nella  conoscenza  indi- 
pendentemente dall'atto  per  cui  è  conosciuto. 

Concepita  in  tal  modo  la  natura  dell'  obbiettività  (e  non  si 
può  concepirla  altrimenti  senza  svisare  affatto^  anzi  senza  distrug- 
gere la  conoscenza),  il  sistema  tolemaico  p.  es.  e  il  sistema  coper- 
nicano, in  quanto  sono  puramente  sistemi  astronomici,  stanno 
perfettamente  allo  stesso  livello  in  quanto  alla  questione  dell'  ob- 
biettività, la  quale  per  sua  natura  è  filosofica  e  non  può  essere 
risoluta  da  nessuna  delle  singole  scienze. 

Ciò  posto,  se  per  fondamentare  la  conoscenza  si  parte  come 
da  un  dato  dall'obbiettività  (che  in  effetto  non  è  se  non  esteriorità 
0  proiezione)  della  rappresentazione  sensibile,  senz'altro  appoggio, 
troppo  temo  si  fabbrichi  sull'arena. 

Ma  quello  a  cui  il  Wundt  pare  ci  tenga  sopratutto  è  di  ne- 
gare la  sostanzialità  dell'  anima,  tanto  ci  torna  sopra  moltissime 
volte  e  ogni  occasione  gli  è  buona  per  ribadire  questo  chiodo. 
Anche  nella  sua  Logica^  pubblicata  vent'anni  or  sono,  egli  con- 
sacra un  capitolo  (che  è  intitolato  ''  l'applicazione  del  concetto  di 
sostanza  all'esperienza  interna  „)  a  combattere  l'idea  d'una  sostanza 
spirituale,  conchiudendo  che  l'esperienza  interna  accenna  bensì  a 
un  sostrato  sostanziale,  ma  questo  non  essere  da  cercarsi  nel  campo 
de'  fatti  psichici,  sibbene  solamente  in  quello  de'  processi  psico- 
fisici. Il  che  vuol  dire  non  potersi  trattar  d'altro  che  della  sostanza 
materiale  dell'  organismo.  E  aggiunge  che  a  tal  uopo  il  concetto 
della  sostanza  materiale  deve  essere  integrato  in  guisa  da  renderlo 
acconcio  a  servire  nel  tempo  stesso  di  base  ai  processi  psichici  ('). 
"  Una  tale  integrazione    consiste  nel  supporre  che    agli   elementi 


CI)  Pag.  489. 


414  F.    BONATELLI  (12) 

sostanziali  „  (intendi  dell'  organismo)  "  competa  una  qualità  psi- 
chica „  (1).  Il  concetto  dell'  A.  ò  qui  addirittura  materialistico, 
perchè  malgrado  quell'aggiunta  della  qualità  psichica  (che  accen- 
nerebbe più  presto  a  un  monismo  bilaterale)  i  fatti  psichici  sono 
fatti  procedere  pur  sempre  da  un  sostrato  materiale  (^). 

Questa  dottrina  brevemente  esposta  nella  parte  epistemologica 
di  quel  trattato,  nel  S/sfema  dì  fiìosofio  assume  una  posizione  pre- 
dominante, quantunque  nelle  ultime  e  supreme  conclusioni  della 
metafisica  l'A.  sembri  più  che  al  materialismo  accennare  a  una 
maniera  di  panpsichismo  o  animismo  universale.  Ma  di  questo  toc- 
cheremo forse  in  un  altro  scritto  ;  per  ora  quello  che  crediamo  più 
necessario  è  di  esaminare  in  se  stessa  e  un  poco  più  addentro 
l'idea  wundiana  dell'anima  non  sostanziale.    ' 

Nel  cap.  UT,  della  sezione  IH,  ^  d  (^),  V  autore  incomincia 
coU'osservare  che  la  natura  medesima  del  fatto  psichico  vieta  che 
per  esso  si  cerchi  una  pro])ria  sostanza.  Il  dato  innnediato  della 
percezione  interna  non  è  qui  riferito  a  un  oggetto  che  gli  si  con- 
trapponga, anzi  è  considerato  in  se  stesso  ;  non  può  quindi  essere 
interpretato  come  la  manifestazione  (Erscheinung)  d'un  essere  dif- 
ferente dalla  manifestazione  medesima.  Pertanto  la  contraddizione, 
che  sorge  tra  il  concetto  di  sostanza  e  quello  di  causa,  qui  non 
può  essere  conciliata.  L'anima  infatti  dovrebbe  essere  ad  un  tempo 
permanente  (cioè  immutabile)  e  mutabile.  Permanente  in  quanto 
sostanza,  mutabile  in  quanto  causalità.  Tutti  i  tentativi  che  si  fanno 
per  risolvere  questa  contraddizione  finiscono  o  col  ridurre  la  per- 
manenza a  un  mero  nome,  sotto  il  quale  si  nasconde  un  cangia- 
mento incessante  di  proprietà,  o,  come  nella  psicologia  erbartiana, 
col  ridurre  tutta  la  vita  psichica  ad  un  puro  gioco  di  relazioni 
estrinseche,  il  (juale  non  ha  veruu  intimo  legame  colla  natura  del- 
l'anima. A  questi  infelici  risultamenti  conduce  il  voler  applicare 
il  concetto  di  sostanza  a  un  campo  a  cui  non  è  per  se  stesso  ap- 
plicabile. Infatti  la  base  di  questa  nozione  è  il  concetto  della  cosa 
(der  J)in(/òr(/r/ff'),  cioè  dell'oggetto  dato  nella  rappresentazione,  il 


(1)  Pag.  4^1). 

(2)  Nei  GrundziUje  d.  plu/sinloi/iscÌK'»  Psijrhologie  (Leizig,  1874)  l'A., 
accennato  al  quesito  metafisico  della  sostanza  anima,  ne  lascia  in  dubbio 
la  solu/ionc,  dichiarando  per  altro  essere  possibile  che  la  psicologia  al 
termine  del  suo  lavoro  sia  condotta  a  questo  conci'tto  (pag.  D). 

(3)  Pag.  277. 


(13)  ALCUNE    OSSEEVAZIONI    ECC.  415 

quale  p;ih  si  mostra  empiricamente  come  un  qi(i(/  relativamente 
costante,  a  diflFerenza  delle  mutazioni  eh'  esso  produce  nell'  altre 
cose.  Ma  applicato  al  subbietto  conoscente  il  concetto  di  sostanza 
si  distrugge  inevitabilmente  da  se  medesimo.  L'anima  dunque  non 
è  una  sostanza  distinta  dall'accadere  psichico,  bensì  non  è  nient'altro 
che  questo  stesso  accadere. 

Contro  questo  ragionamento  io  osservo  in  primo  luogo  non 
esser  vero  che  l'unica  base  del  concetto  di  sostanza  sia  la  cosa 
empiricamente  data,  in  altre  parole  un  corpo  sensibilmente  percepito. 

Il  concetto  di  sostanza,  come  apparisce  anche  dal  termine 
aristotelico  oÙGia,  deriva  da  quello  di  esistenza,  come  contrapposto 
alle  nozioni  di  qualità,  d'azione  e  passione  e  così  via,  in  una  pa- 
rola al  concetto  di  accidente,  cioè  di  tuttociò  che  non  può  esistere 
se  non  in  altra  cosa.  Ora  è  ben  vero  che  la  prima  comparita 
psicologica  della  nozione  d'esistenza  avviene  nella  percezione  este- 
riore, per  cui  esse  è  =  percepì  ;  sicché  dapprima  esiste  per  noi 
soltanto  quello  che  entra  nella  cerchia  della  percezione  attuale  e 
dappoi  allargandosi  sempre  più  diventa  ciò  che  è  oggetto  d'una 
percezione  possibile.  Ma  questa  può  dirsi  l'origine  esteriore  ;  il 
concetto  dell'esistenza  ha  pure  un'altra  origine  interiore  e  questa 
consiste  in  ciò,  che  il  percipiente  ha  Y  immediata  apprensione  di 
se  e  della  sua  vita  di  sensazioni,  piaceri,  dolori,  desideri  e  così 
via.  Donde  nasce  che  a  concepii'e  e  interpretare  le  cose  esterne 
l'uomo  adopera  anzitutto  quel  che  ha  sperimentato  in  se  stesso;  sicché 
in  origine  a  tutte  le  cose  viene  attribuita  una  vita  interna  analoga 
alla  nostra.  Ma  siccome  l'esperienza  ben  presto  ci  ammaestra  che 
questa  interpretazione,  mitologica  o  antropomorfica  che  voglia  dirsi, 
in  troppi  casi  conduce  ad  assurdi,  così  mano  mano  che  le  mani- 
festazioni esteriori  non  permettono  più  1'  applicazione  dell'  intero 
concetto  della  nostra  personalità,  questo  per  poter  servire  a  tal 
uopo  deve  essere  via  via  sfrondato  (^),  a  dir  così,  di  tutte  quelle 
determinazioni  che  non  si  adattano  ai  fenomeni  esterni.  Dagli  altri 
uomini  si  passa  agli  animali  superiori,  da  questi  agli  inferiori  poi 
alle  piante,  poi  a"  corpi  inanimati,  tantoché    della  pienezza  della 


(1)  L'Ueberweg,  che  svolse  questa  dottrina  nella  sua  Logica  e  altrove, 
usa  in  questo  senso  il  participio  depotenzirt  (v.  Sistem  d.  Logik  1868, 
pag,  78  sgg.).  Anche  il  Lotze  applica  questo  concetto  all'  interpretazione 
della  natura  in  qualclie  luogo  del  suo  Microcosmo. 


416  F.    BONATELLI  (14) 

nostra  vita  non  resta  applicabile  se  non  il  nudo  e  astratto  con- 
cetto di  sussistenza  e  d'attività.  La  sostanza,  che  così  s'attribuisce 
ai  corpi  esterni  si  riduce  all'esistenza  in  sé,  che  è  l'ultimo  residuo 
del  pieno  concetto  di  noi  medesimi. 

Ma  c'è  di  più  e  di  meglio.  Se  la  nozione  di  fenomeno,  di 
parvenza,  di  manifestazione  è  il  contrapposto  di  quella  di  sostanza, 
tuttociò  che  si  potrà  risolvere  in  fenomeni,  sarà  perciò  stesso  il 
contrario  d'una  sostanza.  Ora  le  cose  esteriori  sotto  un  certo  aspetto 
si  possono  risolvere  in  fenomeni  ;  il  che  è  tanto  vero  che  sono 
sorti  in  varie  riprese  dei  sistemi  filosofici,  i  quali  hanno  interpre- 
tato in  questo  senso  tutta  la  natura  esteriore.  Ma,  quello  che  non 
potrà  mai  essere  risoluto  in  fenomeni  è  il  percipiente  stesso,  quello 
a  cui  i  fenomeni  appariscono. 

Uno  può  pensare  che  tutto  quello  che  si  mostra  fuori  di  lui 
sia  mera  parvenza,  un  sogno  dell'  Io  ;  ma  non  può  in  nessun  modo 
supporre  che  egli  medesimo  sia  una  cosa  non  sussistente  in  se, 
sibbene  una  parvenza  che  si  mostri  ad  altri.  Anche  il  mio  stesso 
corpo  io  potrei  concepirlo  come  una  mia  rappresentazione  e  nul- 
l'altro,  non  mai  io  medesimo  che  ho  questa  rappresentazione.  Il 
pensante  (e  dico  con  intenzione  il  pensante,  non  già  il  pensiero) 
è  dunque  prima  e  in  un  certo  senso  sola  sostanza  a  se  stesso. 
Come  mai  dunque  si  dirà  che  la  nozione  di  sostanza  non  è  ap- 
plicabile all'esperienza  interna,  all'anima  ?  Se  l'  Io  sostanza  è  il 
tipo  di  tutte  le  sostanze  che  concepiamo  fuori  di  noi  ? 

Qui  per  altro,  acciò  le  mie  parole  non  siano  tratte  a  conse- 
guenze, che  sono  lontane  dal  mio  pensiero,  sarà  bene  ch'io  ag- 
giunga alcune  considerazioni. 

La  prima  è  che  la  realtà  del  mondo  esterno,  benché  non  sia 
data  con  quella  immediata  e  assoluta  evidenza  con  cui  si  annuncia 
quella  dell'esistenza  interiore,  ha  per  se  ragioni  sufficienti  per  non 
dubitarne,  tra  le  quali  basti  qui  rammentare  il  principio  di  cau- 
salità e  la  coerenza  logico-matematica  di  tutto  il  mondo  fenomenico. 

La  seconda  risguarda  la  precedente  mia  distinzione  tra  il 
pensiero  e  il  pensante.  E  per  verità  il  pensiero,  in  quanto  atto 
transeunte,  può  alla  sua  volta  essere  considerato  come  fenomeno. 
Ma  fenomeno  per  chi  ?  Se  non  per  il  pensante  ?  E  che  cos'  è  il 
pensante  se  non  quell'identico  che  permane  sotto  il  flusso  del  di- 
venire psichico,  quell'identico  di  cui  abbiamo  coscienza  e  pel  quale 
i  singoli  atti  medesimi  di  coscienza,  i  singoli  pensieri  che  si  suc- 
cedono   nel    tempo,   vengono    immediatamente    riconosciuti    come 


(15)  ALCUNE    OSSEEVAZIONI    ECC.  417 

nostri  y  Queiridcntico,  ton^liendo  il  quale  diventerebbe  assolutamente 
impossibile,  noncbè  un  lung-o  rag-ionamento,  ma  il  più  semplice 
giudizio  ?  I*erocchè,  a  quel  modo  che  un  giudizio  sarebbe  impos- 
sibile se  il  sog-getto  di  questo  fosse  pensato  da  un  uomo  e  il  pre- 
dicato da  un  altro,  così  avverrebbe  del  pari  se  una  parte  fosse 
pensata  da  un  atto  di  coscienza,  da  un  atto  pensativo,  e  l' altra 
parte  fosse  pensata  da  un  altro  atto  di  coscienza,  da  un  altro  pen- 
siero, qualora  tali  atti  non  procedessero  da  un  identico  subbietto. 
Ne  mi  si  dica  che  a  tal  uopo  sia  sufficiente  la  continuità  (i) 
tra  un  atto  di  coscienza  e  quelli  che  seguono  (sul  qual  punto  do- 
vremo tornare  in  seguito)  ;  perchè  la  continuità,  seppur  fosse  di- 
mostrabile in  modo  assoluto,  non  sarebbe  ancora  identità  e  sempre 
e  poi  sempre  una  parte  del  pensato  spetterebbe  a  una  porzione 
di  siffatto  flusso  continuo  e  un'  altra  parte  a  un'  altra,  cosicché  a 
nessuna  riuscirebbe  mai  possibile  la  sintesi  delle  parti  stesse,  a 
quel  modo  che  1'  acqua  che  scorre  sotto  il  ponte  in  questo  mo- 
mento, benché  il  flusso  non  sia  interrotto,  non  sarà  mai  quella 
stessa  ch'era  passata  un  momento  prima  né  quella  che  passerà 
dopo.  Quello  dunque  che  non  può  mai  e  poi  mai  risolversi  in  fe- 
nomeni non  é  r  atto  cogitativo,  ma  il  subbietto  a  cui  quest'atto 
inerisce  e  però  la  sostanza  spirituale.  Yeggasi  pertanto  se  sia  ac- 
cettabile la  dottrina  del  Wundt,  che  dichiara  non  potersi  appli- 
care il  concetto  di  sostanza  all'esperienza  interiore,  mentre  invece 
qui  e  qui  principalissimamente  ha  la  sua  legittima  e  indubitabile 
applicazione. 

A  confortare  indirettamente  la  sua  tesi  l'A.  ricorre  anche  alla 
storia.  Secondo  lui  la  nozione  dell'anima  come  sostanza  semplice 
è  affatto  moderna  e  venne  a  prevalere  primamente  sotto  l'influsso 
della  filosofia  cartesiana.  Il  concetto  aristotelico  dell'  anima,  che 
dominò  nella  psicologia  fino  al  principio  della  filosofia  moderna, 
essere  tutt'altra  cosa  ;  Aristotele  nell'  anima  concepita  come  en- 
telechia del  corpo  vivente  ravvisava  una  forza  finale,  non  già  una 
sostanza  (-). 

Ora  qui  sono  da  notarsi  due  cose  :  1.^  che  ad  onta  delle  in- 
certezze   che  tuttora    regnano  nell'  interpretazione  della    dottrina 


(1)  L'unità    della    e  scienza  (scrivo  il  Wundt  a  pag.  296)  non  è  che 
il  colloganiento  dell'accadere  ysieliico. 

(2)  Pag.  295. 


418  P.    BONATELLI  (16) 

aristotelica  su  questo  punto,  ad  onta  delle  espressioni  in  appa- 
renza decisive  d'alcuni  luoghi  del  De  Anima.,  che  non  sembra  per- 
mettano d'applicare  il  nome  di  sostanza  se  non  al  sinolo,  al  com- 
posto cioè  di  forma  e  materia,  altre  espressioni  e  altri  luoghi  con- 
cedono anche  di  sostenere  la  sentenza  contraria.  Infatti,  senza  dire 
che  pili  d'una  volta  egli  dà  il  nome  di  oùa^'a  anche  airanima  per 
sé  presa,  in  un  luogo  dice  per  es.  che  T  intelletto,  in  confronto 
della  vita,  del  moto  e  del  senso,  sembra  essere  un  altro  genere 
d'anima  e  questa  sola  separabile  (dal  corpo)  come  reterno  dal  cor- 
ruttibile (^).  Altrove  del  medesimo  intelletto  scrive  essere  il  solo 
(genere  d'anima  o  parte  d'anima)  che  sopravviene  da  fuori  ed  è 
divino  (^). 

2.0  Che  qualunque  fosse  il  genuino  pensiero  dello  stagirita  in 
tale  argomento,  la  filosofia  scolastica  e  specie  S.  Tommaso,  sia  cre- 
dendo d'interpretare  rettamente  il  maestro,  sia  correggendolo  dove 
non  era  conciliabile  colla  dottrina  del  cristianesimo,  insegnarono 
esplicitamente  che  l'anima  è  una  sostanza,  anzi  ch'essa  è  l'unica 
tra  le  forme  naturali  che  può  sussistere  anche  separatamente  dalla 
materia  {^).  Ciò  posto  come  si  può  dire  che  il  concetto  dell'  anima 
sostanza  è  afi'atto  moderno  e  incomincia  ad  apparire  colla  filosofia 
cartesiana  ?  Si  dirà  forse  che  il  nuovo  consiste  non  nella  sostan- 
zialità, sibbene  nella  semplicità  ?  Senza  fallo  se  la  semplicità  s'a- 
vesse a  intendere  nel  senso  che  le  attribuiva  lo  Herbart,  ne  Ari- 
stotele, uè  gli  scolastici  e  nemmeno  i  cartesiani  e  i  leibniziani  si 
diranno  avere  attribuito  alla  sostanza  anima  la  semplicità,  perchè 
in  un  tal  significato  nessuno  l'avrebbe  attribuita  nemmeno  a  Dio, 
che  pure  tutti  insegnano  essere  per  essenza  sua  semplicissimo.  La 
semplicità  può  essere  intesa  in  più  sensi  ;  in  senso  relativo  essa 
esclude  soltanto  quella  moltiplicità,  per  la  quale  gli  elementi  pos- 
sono assumere  la  denominazione  stessa  dell'intero.  Così  un  sasso 
non  ò  semplice,  perchè  può  decomporsi  in  parti,  ciascuna  delle 
quali  alla  sua  volta  è  sasso.  Un  circolo  invece  è  semplice  in  quanto 
non  si  può  scomporre  in  due  o  più  circoli  ;  ma  non  è  assoluta- 
mente semplice,  dacché  può  scomporsi  in  due  o  più  figure  mentre 
è  pur  esso  una  figura.  Un  corpo  umano  è  semplice  relativamente, 


(1)  De  An.  1.  II,  e.  II,  10. 

(2)  De  gen.  et  corr.  II,  3. 

(3)  S.  Tommaso,    Siimiii.    Th.  P.  I,  Qua?st.   LXXV,  art.    2,  o  Quaìst. 
LXXV,  art.  1. 


(17)  ALCUNE    OSSERVAZIONI    ECC. 


419 


perchè  non  si  compone  di  due  o  più  parti,  ciascuna  delle  quali 
sia  un  corpo  umano,  ma  non  è  tale  assolutamente,  perchè  si  può 
scomporre  in  parti  che  pure  sono  corpi.  Una  molecola  è  semplice 
in  quanto  o^li  elementi  onde  risulta,  separatamente,  non  hanno  i 
caratteri  della  molecola  stessa  ;  non  è  semplice  in  quanto  gli  atomi 
che  la  compongono  sono  pure  materia.  Di  qui  è  chiaro  che  l'anima 
è  semplice  come  sostanza,  perchè  non  si  compone  di  più  anime, 
che  siano  pure  sostanze.  E  del  resto  per  gli  scolastici  ogni  forma, 
solo  perchè  tale,  è  semplice  (').  Ma  ciò  non  vieta  che  accolga  in 
sé  una  pluralità  di  potenze,  di  atti,  di  modi. 

Tuttociò  dimostra  quanto  poco  conchiudano  le  obbiezioni  che 
il  Wundt  solleva  contro  la  sostanzialità  dell'anima,  desumendole 
dalla  contraddizione  in  cui  verrebbe  a  trovarsi,  in  quanto  semplice, 
con  la  pluralità  e  la  ricchezza  della  sua  vita  interiore  (^).  E  ve- 
rissimo che  l'ipotesi  erbartiana  annichila  assolutamente  ogni  ac- 
cadere psichico,  tantoché  le  rapjjresentazioni  (Vorstellungen),  che 
per  lui  sarebbero  l'unico  fatto  psichico,  in  realtà  non  sono  che  i 
singoli  atti  di  resistenza  (■^)  che  1'  anima  immutabile  oppone  ai 
cangiamenti,  che  le  verrebbero  imposti  dall'organismo,  se  non  fos- 
sero impossibili.  Ondechè  l'  accadere  psichico  si  riduce  a  una  re- 
duta  arruhntole  (eine  zufa/Jif/e  Aimchi),  ossia  l'  apprensione  di 
quello  che  accadrebbe  se  l'accadere  per  l'assoluta  semplicità  o  im- 
mutabilità dell'anima  non  fosse  impossibile.  In  questa  ipotesi,  ma 
solo  in  questa,  è  vero  che  il  concetto  dell'  anima  sostanza  resta 
affatto  ozioso  e  superfluo  e  nulla  conferisce  in  quanto  alla  spiega- 
zione dei  fatti.  ^la  la  metafìsica  erbartiana  non  è  che  una  di 
quelle  Spitzfindigkeifai^  di  quegli  abusi  della  logica,  a  cui  com- 
pete il  nome  di  sofismi. 

Una  nuova  obbiezione  contro  la  sostanzialità  dell'  anima  il 
nostro  A.  la  desume  da  questo,  che  la  sostanza,  a  suo  dire,  non 
è  attiva,  anzi  per  usare  la  sua  parola  propria  è  il  principio  asso- 
lutamente inoperoso  {^)  ;  ragione  per  cui  egli  la  contrappone  al 
volere,  che  è  il  principio  assoluta  mente  operoso.  Ora  che  il  volere 
sia  attivo,    operoso,  è  indubitabile,    anzi  è  1'  azione,   1'  operazione 


(1)  Cfr.  Mercier,  Psycìwloyie,  5éme  ed.  pag.  476-7. 

(2)  Cfr.  pag.  365. 

(3)  Selhsterìialtung,  conservazione  di  sé,    quindi    resistenza    alla  mu- 
tazione. 

(4)  Dar  absolut  unthdtige  Princip. 


420  F.    BONATELLI  (18) 

stossa.  Ma  perciò  appunto  che  è  l'attività,  l'operazione,  esso  non 
è  r  operante,  come  nessuno  dirà  che  la  visione,  1'  atto  del  vedere, 
sia  il  veggente  o  che  la  percossa  sia  il  percuotente.  Dice  il 
AYundt  (1)  che  l'unità,  che  si  riscontra  ne'vari  atti  volitivi  e  che 
consiste  nella  loro  connessione  confinua,  viene  a  torto  ipostatizzata 
in  un'  entità  che  sussista  indipendentemente  da  quelli,  senza  che 
si  possa  nemmeno  indicare  che  cosa  sia  finalmente  quello  che  sus- 
siste e  permane,  dal  momento  che  tutte  le  attività  che  si  attri- 
buiscono a  quella  sostanza  non  perdurano,  ma  si  mutano  (-). 

Ora  se  i  sostenitori  dell'  anima  sostanziale  fanno  un'  ipostasi 
illegittima  dell'  unità  dei  fatti  psichici  e  in  particolare  degli  atti 
intellettivi,  non  sarà  molto  più  strano  e  illegittimo  ipostatizzare 
il  volere  stesso,  l'attività  ?  E  qui  giovi  rammentare  ciò  che  s'  è 
detto  più  su  circa  l'unità  della  coscienza.  Anche  l'unità  dei  voleri 
è  molto  più  della  loro  connessione  ;  ella  suppone  necessariamente 
l'identità  del  volente.  Senza  questa  identità  ciascun  atto  volitivo 
per  quanto  possa  essere  collegato  cogli  altri,  è  una  cosa  a  se, 
come  avverrebbe  se  ciascuno  a])partenesse  a  un  differente  indi- 
viduo. Per  la  qual  ragione  i  voleri  di  molti  uomini,  quand'anche 
eguali  nella  loro  contenenza  e  provocati  dagli  stessi  moventi,  for- 
mano un'unità  collettiva,  una  somma  dunque  di  voleri,  non  mai 
un  volere  unico  in  senso  proprio.  Cosicché  il  volere,  anziché  po- 
tersi sostituire  alla  sostanza  nella  funzione  di  centro  reale  dei 
fatti  psichici;  domanda  esso  medesimo  una  sostanza  di  cui  sia  l'o- 
perazione. 

Non  senza  meraviglia  poi,  lo  confesso,  ho  veduto  il  Wundt 
accampare  contro  il  dualismo  che,  secondo  ch'egli  s'esprime,  di- 
vide la  realtà  in  un  essere  maferiale  e  un  essere  spirituale^  la  vec- 
chia e  arrugginita  difficoltà  del  non  potersi  intendere  come  due 
sostanze,  essenzialmente  differenti,  possano  operare  l'una  suU'  al- 
tra (^).  Quasiché  noi  si  conoscesse  in  che  modo  una  sostanza  operi 
sur  un'altra  quando  siano  della  stessa  specie  !  Noi  non  possiamo 
in  nessun  caso  andare  al  di  là  del  fatto  che  l'esperienza  ci  pre- 
senta ;  il  come  ci  é  ignoto.  Questa  é  dunque  un'obbiezione  da  la- 
sciarsi a  quella  filosofia  superficiale,  che  confonde  le  abitudini  as- 


(1)  Pag.  421. 

(2)  NicJit  beharren  sondern  wej:ìi><eln. 
(.^.)  Pag.  558. 


(19)  ALCUNE    OSSERVAZIONI    ECC.  421 

sociative  della  rappresentazione  sensata  coi  procedimenti  del  pen- 
siero e  s'  immagina  d'  essere  penetrata  nei  profondi  enimmi  dei- 
Tessere  qnando  non  fa  che  ripercorrere  la  serie  delle  parvenze. 

Maggior  meraviglia  ancora  desterà  nei  lettori  un  altro  asserto 
del  Wundt  che  si  legge  verso  la  fine  dell'opera  (/).  Si  è  creduto, 
egli  scrive,  che  con  un  medesimo  concetto,  con  quello  cioè  del- 
l'anima sostanza,  si  potesse  e  render  ragione  dell'unità  empirica 
della  coscienza  e  appagare  il  desiderio  della  propria  conservazione, 
che  trascende  i  confini  d'ogni  possibile  esperienza  ;  mentre  è  cosa 
evidente  che  un  concetto  non  può  bastare  a  esigenze  cotanto  dif- 
ferenti (^).  Quasiché  un'idea  patisca  qualche  deterioramento  o  si 
frusti  servendosene. 

Il  nostro  stupore  poi  raggiunge  il  colmo  allorché  leggiamo  (•^) 
che  la  sostanzialità  dell'  anima  nuoce  alla  vera  idea  dell'  immor- 
talità, come  quella  che  non  potrebbe  darci  se  non  una  durata  in- 
definita senza  coscienza  e  senza  relazione  collo  svolgimento  morale. 
Quale  idea  l'A.  si  faccia  della  immortalità  confesso  di  non  essere 
arrivato  a  intenderlo,  perché  quando  mette  il  piede  su  questo  ter- 
reno, come  su  quello  della  religione  e  della  divinità,  ci  troviamo 
come  avvolti  in  una  nube.  Al  nostro  grossolano  buon  senso  par- 
rebbe che  la  prima  condizione  dell'immortalità  dovesse  essere  l'esi- 
stenza. Ma  forse  c'inganneremo. 

Acciò  per  altro  non  si  dica  che  io  vengo  frugando  nell'opera 
del  AVundt,  solamente  per  pescarvi  qualche  dottrina  da  criticare, 
voglio  citar  qui  un  passo  tanto  più  degno  di  nota  e  d'  approva- 
zione quanto  più  recisamente  si  oppone  a  certe  dottrine  care  ai 
seguaci  della  psicologia  sperimentale. 

Parlando  del  parallelismo  psicofisico  (^)  e  lasciando  alle  fu- 
ture indagini  anatomiche  di  scoprire  se  nei  centri  cerebrali  esistano 
certe  vie  di  comunicazione  che  ora  non  si  conoscono,  inguisaché 
anche  i  processi  psichici  più  complicati  abbiano  nell'organismo  il 
loro  corrispondente,  egli  osserva  che  quand'anche  s'arrivasse  alla 


(1)  Piig.  67J. 

(2)  Riporto  lo  parole  testuali,  acciò  non  si  creda  eh'  io  ne  abbia  al- 
terato comunque  siasi  il  significato  voltandob;  in  italiano.  "  Dass  ein  Be- 
grifi  so  ganz  verschiedenen  Vorderungen  nicht  zu  geniigen  vermag,  ist 
eigentlich  selbstverstandig.  „ 

(3)  Pag.  672. 

(4)  Pag.  602. 


422  F.    BONATELLI  (20) 

scoperta  di  siffatti  intermediari,  questa  non  servirebbe  ne  punto 
ne  poco  a  rendere  intelligibile  la  struttura  psichica  (com'egli  scrive 
con  energica  metafora)  di  quei  processi  psichici  complicati.  Peroc- 
ché anche  ne'processi  più  semplici  ed  elementari  la  corrispondenza 
che  si  riscontra  tra  i  due  ordini  di  fatti  non  permette  che  gli  uni 
si  deducano  dagli  altri.  Dai  processi  cerebrali  molecolari  non  è 
possibile  dedurre  se  non  tutt'al  più  altri  processi  molecolari,  che 
siano  collegati  coi  primi  a  tenore  dei  principi  della  causalità  na- 
turale. E  parimenti  da'  processi  elementari  psichici  non  si  possono 
dedurre  se  non  formazioni  (Gehiìde)  psichiche  più  complesse,  con 
cui  quelli  siano  collegati  secondo  leggi  psicologiche,  che  vogliono 
essere  giudicate  dietro  i  principi  della  causalità  psichica.  Ma  da 
uno  di  questi  campi  dell'esperienza  spiegare  l'altro  in  maniera  in- 
telligibile è  un'impossibilità  appunto  per  ciò  che  non  ci  sono  dei 
principi  speciali  di  causalità  psicofisica  e  non  ci  possono  essere 
attesa  la  relazione,  in  cui  la  forma  subbiettiva  e  immediata  della 
conoscenza  sta  con  ki  forma  obbiettiva  e  mediata  (').  L'  A.  qui 
parla  chiaro,  mi  sembra,  e  se  lo  tengano  per  detto  coloro  che 
sperano  di  scoprire  quandochessia  col  coltello  anatomico  o  col  mi- 
croscopio 0  con  l'analisi  chimica  come  si  formi  il  pensiero  o  come 
si  generi  il  sentimento.  L'esperienza,  secondo  il  Wundt,  potrebbe 
rappresentarsi  (quest'immagine  è  mia,  ma,  se  non  m'inganno,  do- 
vrebbe esprimere  a  capello  il  suo  concetto)  con  una  superficie, 
di  cui  l'una  faccia  è  l'esperienza  interna,  l'altra  l'esterna,  ma  dal- 
l'una all'altra  è  assolutamente  impedito  il  trapasso.  A  me  per  altro 
parrebbe  più  semplice  ancora  se  si  dicesse  che  i  due  ordini  di 
fatti  differiscono  tra  di  loro  in  modo  assoluto  e  però,  non  potendosi 
mai  risolvere  gli  uni  negli  altri,  è  sbarrata  la  via  a  chi  volesse 
gli  uni  dagli  altri  spiegare. 


(1)  Pag.  603. 


(21)  ALCUNE    OSSEEV AZIONI    ECC.  423 

APPENDICE 


A).  Il  Wundt  dopo  d'avere  esplicitamente  dichiarato  che  co- 
scienza e  fatto  psichico  sono  sinonimi,  il  che  implica,  come  egli  me- 
desimo riconosco,  che  un  fatto  psichico  qualsiasi  incosciente  è  una 
contraddizione  in  termini,  è  poi  costretto  dai  fatti  ad  ammettere  :  1°, 
che  la  coscienza  può  avere  differenti  gradi  di  chiarezza  (pag.  563-4) 
e  2o,  che  si  danno  delle  sensazioni  non  avvertite  e  che  pure  si 
debbono  riconoscere  come  reali,  perchè  altrimenti  i  fatti  riusci- 
rebbero inesplicabili  (pag.  566-7).  Perciò  (non  volendo  contraddire 
al  principio  da  lui  propugnato  che  fatto  psichico  e  fatto  di  co- 
scienza è  tutt'uno)  dice  che  sono  accompagnate  da  una  coscienza 
oscura. 

Dove  io  osservo  :  a),  che  se  la  coscienza  non  è  che  l'esistenza 
del  fatto  psichico,  è  assurdo  che  possa  essere  più  o  meno  chiara. 
Una  cosa  non  può  esistere  più  o  meno,  bensì  può  esistere  una 
cosa  maggiore  o  minore.  Onde  a  ragione  il  Lotze  in  qualche  luogo 
del  suo  Microcosmo  afferma  che  quando  la  consapevolezza  d'una 
data  rappresentazione  sembra  oscurarsi,  si  tratta  invece  dello  scom- 
parire dalla  coscienza  di  alcune  parti  di  essa,  dunque  d'una  di- 
minuzione non  della  chiarezza,  ma  della  contenenza  della  rappre- 
sentazione. Insomma  se  fatto  psichico  vuol  dire  fatto  cosciente, 
un  fatto  psichico  accompagnato  da  una  coscienza  oscura  sarebbe 
un  fatto  psichico  pressoché  non  psichico,  un  fatto  reale  quasi  del 
tutto  irreale. 

ò),  Il  Wundt  dice  che  certe  sensazioni  non  sono  da  noi  av- 
vertite, eppure  siamo  forzati  a  riconoscere  che  hanno  realmente 
avuto  luogo  perchè  la  loro  presenza  ha  determinato  un  fatto  che 
senza  di  esse  non  poteva  prodursi.  Giustissimo.  Ma  si  badi  al  suo 
ragionamento  che  segue.  Egli  dice  :  se  sono  state  reali,  dunque  devo- 
no essere  state  coscienti,  perchè  altrimenti  non  sarebbero  state  reali. 
Come  ?  non  avete  ammesso  che  passarono  assolutamente  inavvertite  ? 
Sì,  risponde  implicitamente  FA.  ;  ma  siccome  io  sostengo  che  fatto 
psichico  equivale  a  fatto  cosciente,  dunque  sia  che  ne  abbiamo  o 
non  ne  abbiamo  avuto  coscienza,  devono  essere  state  accompa- 
gnate dalla  coscienza,  senza  della  quale  sarebbero  state  un  bel 
nulla.  Ma  in  tal  modo  si  può  dimostrare  tutto  quello  che  si  vuole. 
Una    cosa  ancora  merita   d'essere  notata  a  questo  proposito,   cioè 


424  F.    BONATELLI    -    ALCUNE    OSSERVAZIONI    ECC.  (22) 

come  l'A.  si  serva  qui  d'un  argomento  che  da  lui  non  ci  saremmo 
mai  aspettati.  Siccome,  scrive  egli,  talvolta  quello  di  cui  nell'atto 
del  suo  prodursi  avemmo  una  così  oscura  coscienza  (e  vuol  dire 
quello  che  passò  affatto  inavvertito)  apparisce  in  seguito  nella 
piena  chiarezza  della  coscienza,  così  è  giocoforza  ammettere  che 
o  poco  0  molto  era  cosciente  anche  prima. 

Ora  egli  nega  risolutamente  che  in  noi  esistano  reaìiter 
quelle  che  i  psicologi  sogliono  chiamare  rappresentazioni  oscurate 
(nel  linguaggio  erbartiano  rappresentazioni  al  di  sotto  della  soglia 
della  coscienza),  considerando  queste  e  simili  espressioni  come  un 
linguaggio  figurato  e  nulla  più,  che  può  adoperarsi  innocuamente 
solo  a  patto  che  sappiasi  che  non  è  se  non  un  modo  d'espri- 
mersi per  denotare  la  possibilità  o  la  disposizione  che  perdura  in 
noi  ad  avere  un'  altra  volta  quelle  medesime  rappresentazioni  senza 
che  ci  bisogni  l'impressione  d'un  agente  esteriore. 

Ma  se  si  applica  a  queste  così  dette  rappresentazioni  oscu- 
rate 0  latenti  il  precedente  ragionamento,  non  si  dovrebbe  dire 
che  dal  momento  che  tali  rappresentazioni  possono  quandochessia 
riapparire  nella  luce  della  coscienza,  dunque  erano  ed  erano  co- 
scienti anche  prima  sebbene  avvolte  nel  buio  ? 


(Finita  di  .stampava  il  f/iorno  10  marzo  1900) 


Atti  del  Reale  Istituto  Veneto  di  scienze,  letteee  ed  arti. 
Anno  accademico  1899-900  -  Tomo  LIX  -  Parte  seconda. 


SENSO    GIURIDICO    ROMANO 
E    SENSO    MODERNO    DI    LEGALITÀ 

NOTA 
DEL  PROF.  BIAGIO  BRUGI,  s.  e. 

CON    SPECIALE    EIGUAEDO    A    DUE    RECENTI    PROGETTI 
SUL    matrimonio    CELEBRATO    COL    SOLO    RITO    RELIGIOSO 

(Adunanza  del  25  febbraio  1900) 


Summum  ius,  stimma  iniuria 

Cic,   De  off.  I,  11. 
Ius  summum.,   summa  est  malitia 
Terant.,  Heaut.  IV,  4,  v.  48. 

Non  è  raro  che  persone  colte  e  anche  giuristi  e  sociologi 
attribuiscano  tuttora  al  diritto  romano,  o  come  pregio  o  come  difetto, 
il  somigliare  esso  ad  una  specie  d'inflessibile  matematica,  ad  una 
logica  tagliente  e  rigida.  Ma  i  veri  romanisti  hanno  già  da  un  pezzo 
abbandonato  queste  idee  che  son  poi  quelle,  in  gran  parte,  dei 
filosofi  della  scuola  del  diritto  naturale.  Certamente  i  romani  erano 
legalitari,  passi  la  parola  di  moda  ;  tutta  la  storia  delle  loro  ten- 
tate 0  eseguite  riforme  sociali  e  politiche  ne  è  una  prova  lam- 
pante. Cicerone,  quando  nelle  sue  orazioni  inneggia  al  diritto  ci- 
vile ('),  non  fa  il  retore,  ma  dice  cose  sentite  a  concittadini  che 
le  sentono.  Aveva  ben  ragione  uno  dei  miei  maestri,  il  Bruns  (-), 
di  segnare,   con  poche  ma   sicure   linee,  l'indole    della    norma  di 


(1)  Es.  prò  Caec,  25,  70-72,  74-75. 

(2)  Gesch.  u.  Quell.  des  r.  R.  §  2  (in  Holtz.,  Enr.  I,  5  ed.  Leipz.  1890), 
p.  99-100. 


426  B,    BEUGI  (2) 

diritto  in  Roma  come  affermantesi  obiettivamente  (sebben  scatu- 
rita dagli  individui)  e  in  modo  che  a  tutti  sovrasta,  vuoi  per  mezzo 
di  legge  0  consuetudine,  vuoi  mediante  magistrati,  giureconsulti, 
imperatori.  Per  noi  pure  la  norma  di  diritto  è  obiettiva  e  impe- 
rante a  tutti,  ma  è  assai  più  impersonale  che  presso  i  romani,  e 
nel  rapporto  in  cui  si  concepisce  col  magistrato  e  con  lo  stesso 
legislatore  corre  grande  differenza  tra  il  senso  giuridico  loro  e  il 
nostro  senso  di  legalità.  Dico  giuridico  l'uno,  di  legalità  V  altro 
deliberatamente. 

Il  romano  aveva  pochi  precetti  di  vere  leggi,  molte  norme  di 
diritto  ;  ma  la  consapevolezza  della  loro  origine  diversa  si  affie- 
voliva a  poco  a  poco  e  scompariva  poi  vedendosi  tutte  egualmente 
applicate  nel  tribunale  senza  che  sempre  durasse  il  bisogno  di 
giustificarle  quando  non  scendevano  da  fonte  legislativa  (^).  La 
giurisprudenza  scientifica  aveva  forza  creatrice  ;  ma,  più  che  una 
logica  formale,  seguiva  i  bisogni  della  vita  e  al  crogiuolo  di  questa 
saggiava  la  reguìa  itiris  condannando  le  mere  filiazioni  dialet- 
tiche (^).  E  come  la  vita  sociale  procede  senza  combinazioni  in- 
tieramente logiche  (•^),  così  non  di  rado  il  diritto  romano  è  stato 
illogico  nel  combinare  il  nuovo  col  vecchio,  nel  mutare  senza  di- 
struggere. Ma  noi  ci  eravamo  ridotti  così  feticisti  della  logica  che 
sono  state  necessarie  le  sferzate  dello  Jhering  prima  di  persua- 
derci che  i  romani,  nel  diritto  almeno,  lo  erano  assai  meno  di  noi. 
E  anche  quando  seguirono  la  logica,  è  quella  corrispondente  ai 
bisogni  del  loro  tempo,  non  una  logica  assoluta  che  renda  im- 
possibile costruire  le  dottrine  in  un  altro  modo  (^).  Una  delle  più 
interessanti  pagine  della  storia   medioevale  dei  dogmi  del   diritto 


(1)  Tal(!  procosso  psicologico  e  giuridico  ad  un  tempo  (>  spiegato  e- 
gregiamente  per  le  obbligazioni  naturali  dal  Frenzel,  Ueber  die  Ent- 
stehung  des  r.  Rechtshei/r.  nati(r(dis  ohligatio  (Leipzig,  1897)  ;  i\  su  questa 
monografia  cfr.  la  mia  nota  in  Atti  e  ni  etti,  della  r.  acr.  di  se.  l.  a.  in 
Padova,  XIV  (1898),  p.  79-84. 

(2)  Cfr.  1.  1  D.  de  E.  I.  50,  17. 

(3)  L'idea  è  genialmente  dimostrata  dall'Ardigò,  Opere  filosof.  I,  p.  17 
sg.  Ili,  p.  439-447.  Cfr.  la  mia  analisi  negli  Atti  dì  questo  Ist,  T.  IX,  s. 
VII  (1897-98),  p.  840-47. 

(4)  Cfr.  Jhering,  Geist  des  r.  Re'Ms,  IV,  §  59  (spec.  p.  308-312  della  3 
ediz.).  Ma  si  vegga  già  in  Delbriick,  Die  Uebernahme  fremd.  Schulden 
(Berlin,  1853),  p.  7,  un  biasimo  della  teoria  del  diritto  che  si  pone  in 
contrasto  col  bisogno  della  vita  reale. 


(3)  SENSO    aiTJRIDICO    ROMANO    ECC.  427 

narra  il  dissidio  fra  legisti  e  canonisti  :  l'avversione  di  quelli  verso 
questi  si  manifesta  anzitutto  nell'accusa  dei  primi  che  i  canonisti 
fanno  licito  lor  libito  con  dottrine  illogiche  e  capricciose  (^).  La 
rag-ione  vera  è  che  son  diverse  dalle  romane  o  date  per  romane 
dai  legisti.  Se  la  logica  romana  aveva  fissato  il  principio  semel 
heres  semper  heres  si  gridava,  ad  esempio,  allo  scandalo  quando 
si  ammettesse  un  primo  ed  un  successivo  erede  !  Eppure  i  ca- 
nonisti non  facevano  assai  spesso  che  preparare  il  diritto  odierno. 
E  prima  che  scendesse  in  lizza  il  Corpus  iuris  canonici  contro  il 
Corpus  iuris  civilis,  i  patrioti  romanisti  bollavano  col  marchio  della 
barbarie,  della  illogicità,  dell'assurdità  il  diritto  degli  invasori  del- 
l' Impero  (-).  Eppure  di  loro,  come  nella  lingua,  così  nelle  con- 
suetudini e  leggi  nostre  restavan  traccie  durature. 

Quando  verso  la  fine  del  secolo  XY  le  dottrine  dei  legisti  e 
dei  canonisti  si  confondono  insieme  e  ne  esce  fuori  a  poco  a  poco 
un  diritto  comune,  il  senso  moderno  di  legalità  si  forma  nell'esa- 
gerato rispetto  alle  opiniones  commimes,  presumendosi  persino  in 
dolo  il  giudice  che  le  abbandona  (•'^)  !  Ma  un  forte  appoggio  alla 
nostra  esagerata  convinzione  della  logicità  della  norma  di  legge 
doveva  venire  di  là  d'onde  scaturì  appunto  la  ribellione  alle  an- 
tiche leggi  ;  voglio  dire  dalla  scuola  del  diritto  naturale  che,  sal- 
vando in  parte  il  gius  romano  quale  ratio  scripta,  ci  abituò  a  con- 
siderare le  norme  legali  come  un  razionale  sistema  di  relazioni 
così  astratte  quanto  quelle  della  matematica.  Ed  è  interessante 
vedere  come  oggi  pure  v'  è  chi  propone  il  quesito  se  si  debba 
lasciare  il  compito  del  rinnovare  al  legislatore  (vuoi  nella  forma 
della    consuetudine,  vuoi    della  legge)    il  quale    interviene    quasi 


(1)  Già  nella  Sniniiia  de  matrimmio  di  Vacarlo  (pubblicata  dal  Mait- 
land  nella  Laio  Quatedij  Review  del  1897,  ed  a  parte,  London,  1898), 
leggiamo,  §  28  in  t'.,  che  un'  opinione  et  rationi  congruit  et  iuri  ciinli^ 
perchè  risponde  al  diritto  romano.  E  nel  §  16  chiama  le  leggi  canoniche 
'pleriun.que  iniitiìcs.  Chi  sfoglia  1  legisti  del  periodo  dei  glossatori  e  in 
parte  dei  post-glossatori  trova,  come  luogo  comune,  questo  biasimo  del 
diritto  canonico. 

(2)  La  forinola  di  Odofredo  che  la  legge  longobarda  non  sia  lex  nec 
ratio  non  pure  rimonta  a  Bulgaro  (cfr.  Tamassla,  Odofredo  (Boi.  1894), 
p.  133,  n.  2),  ma  alle  Question.  de  tur.  suhtil.  I,  15,  16  che  il  Fitting  pub- 
blicò (Berlin,  1894)  ed  attribuì  ad  Irnorio. 

(3)  E  si  veda  cornea  lo  stesso  Alclat.,  Aurens  praesumpt.  tract.  praes. 
41,  7,  combatta  qui  timidamente. 


428  B.    BRUGI  (4) 

sempre  senza  metodo  e  accidentalmente,  sottostando  ai  bisogni  che 
premono,  o  se  non  convenga  piuttosto  che  dei  giuristi  dotati  d'  un 
sufficiente  spirito  d'analisi  e  di  sintesi  dian  mano  alla  costituzione 
d'un  vasto  sistema  di  relazioni  giuridiche  possibili  senza  riguardo 
alla  loro  esistenza  o  non  esistenza  di  fatto  ;  e  si  decide  per  questa 
seconda  via  {^).  Intanto  con  sì  fatta  brama  delle  complete  costru- 
zioni nuove  si  grida  da  varie  parti  e  con  diverso  scopo  contro  le 
riforme  parziali,  che  sono  spesso  le  sole  possibili.  E  non  è  raro 
che  quando  la  necessità  le  impone,  scopriamo  volentieri  che  pec- 
cano contro  la  logica  di  tutta  la  nostra  legislazione. 

Un  rilevante  contrasto  fra  i  romani  e  noi  spicca  pure  per 
conseguenza  nel  volere  più  o  meno  la  rigidità  della  norma  giu- 
ridica. Giorgio  Hegel  (-)  scrisse  :  "  Noi  troviamo  la  massima  prosa 
dello  spirito  nell'arte  etrusca...  e  vediamo  inoltre  la  stessa  prosa 
nello  sviluppo  del  diritto  romano  e  della  romana  religione.  Noi 
dobbiamo  la  origine  e  lo  svolgimento  del  dritto  positivo  all'  intel- 
letto non  libero,  privo  di  spirito  e  cuore,  proprio  al  mondo  ro- 
mano. Abbiamo  già  visto  come  nell'Oriente  le  relazioni  in  sé  morali 
ed  etiche  vi  siano  comandi  giuridici  :  perfino  presso  i  Greci  la  co- 
stumanza era  un  dritto  legale  ;  e  perciò  la  costituzione  dipendeva 
intieramente  dalle  costumanze  e  dalla  maniera  di  sentirla  ;  e  non 
avea  ancora  in  sé  la  fermezza  a  fronte  del  variabile  Interno  e 
della  particolare  subbiettività  ;  i  Romani  compirono  cotesta  grande 
distinzione  e  trovarono  un  principio  di  dritto  tale  che  fosse  esterno, 
cioè  indipendente  dal  modo  di  sentirla  e  senza  cuore...  I  Romani 
ne  sono  stati  vittima,  perchè  viveano  in  quello  ;  ma  gli  Altri  hanno 
acquistato  la  libertà  dello  spirito...  Lo  spirito,  il  cuore,  il  modo  di 
sentirla,  la  religione  non  debbono  più  paventare  di  venire  avvi- 
luppati da  queir  astratto  giuridico  intelletto.  „  Il  grande  filosofo 
era  in  errore  :  la  norma  giuridica  romana  si  piegava,  come  la 
nostra  e  assai  più^  per  conformarsi  "  al  variabile  Interno  „  e  basta 
ricordare  le  belle  distinzioni  giuridiche  derivate  dalla  hotia  et  mala 
fides,  dal  dolus,  dalla  culpa  nei  suoi  gradi.  E  la  infamia  non  fu 
un  criterio  morale  invocato  a  rinvigorire  la  sanzione  del  diritto  ? 


(1)  Roguin,  Etude  de  science  jiirid.  pure^  la  règie  du  droit  (Lausanne, 
1889),  p.  15,  e  su  questo  libro  v.  l' interessante  resoconto  del  Brocher, 
Revue  gén.  du  droit^  de  la  legisl.  XIV,  (1890),  p.  244-252. 

(2)  Filosof.  della  storia,  trad.  Novelli  (Napoli,  1864),  p.  287. 


(5)  SENSO    GIUEIDICO    KOMANO    ECC.  429 

Intieri  instituti,  conio  il  matrimonio  libero,  entrano  nel  diritto  ro- 
mano, in  modo  che  funzionano  bene  o  male  secondo  "  il  modo 
di  sentirla  „  degli  individui.  Se  gli  "  Altri  „  avessero  sempre 
"  la  libertà  dello  spirito  „  dei  romani  del  periodo  classico  del 
diritto,  certe  questioni  oggi  non  sorgerebbero  neppure.  Forse  una 
massima  decemvirale  o  ascritta  almeno  per  tradizione  alle  XII 
tavole  (poniamo  :  ufi  ìingun  nuncupassit  ita  iìis  esfo)  può  rappre- 
sentare ai  nostri  occhi  il  verbo  di  un  "  astratto  giuridico  intel- 
letto. „  Ma  quella  massima,  per  continuare  l'esempio,  si  venne 
poi  determinando  e  specificando  mediante  il  concreto  intelletto  giu- 
ridico dei  pretori  nell'  esame  dei  motivi  per  i  quali  la  dichiara- 
zione può  discordare  dalla  volontà.  E  così  accadde  di  tutte  le  altre. 
Il  pericolo  che  la  norma  di  legge  ci  avviluppi  come  un  astratto 
intelletto  giuridico,  mescolando  insieme  il  buono  e  il  cattivo^  è  mag- 
giore oggi  che  presso  i  romani.  Noi,  sia  con  commissioni  legisla- 
tive permanenti  in  uso  in  qualche  Stato,  sia  con  ispettori  per  leggi 
speciali,  sia  con  private  società  di  dotti,  vogliamo  riparare  al  con- 
trasto tra  la  fissità  della  legge  e  V  onda  dei  bisogni  nuovi,  come 
anche  scoprire  le  imperfezioni  e  lacune  di  quella  rimpetto  ai  bisogni 
trascurati  già  al  momento  in  cui  fu  promulgata.  Ma,  V  opera  di 
rinnovamento  e  completamento  è  oggi  difficile  e  lenta,  tanto  per 
gli  scrupoli  delle  combinazioni  logiche,  quanto  per  l'istesso  mo- 
nopolio, chiamiamolo  così,  del  potere  legislativo.  E  non  possiamo 
lamentarcene,  perchè  deriva  dal  nostro  modo  di  sentire  ;  dalla 
nostra  politica  costituzione  ;  dalla  triste  e  lunga  esperienza  di  ar- 
bitrii di  principi  e  di  caste,  di  decidenti,  di  tribunali  (sia  detto 
senza  offesa  di  alcuni)  in  cui  tutto  si  temeva,  persino  Tequità.  Si 
capisce  come  ai  dì  nostri  si  sia  anche  dubitato  se  i  giudici  po- 
tessero far  la  interpretazione  logica  del  diritto  !  A  Roma  il  ma- 
gistrato interprete  del  diritto  era  in  ben  altra  posizione  non  pure 
per  la  iiiris  dictio,  ma  per  1'  imperiìim  ;  magistrato,  legislatore  (è 
un'esagerazione,  da  cui  si  può  depurare  il  vero,  che  uscì  spon- 
tanea dal  baldo  intelletto  di  un  mio  scolare  in  Sicilia)  poteva  prov- 
vedere insieme  ad  applicare,  supplire,  corregger  la  legge.  Non  è 
ne  più  ne  meno  del  vero  dire  il  pretore  romano  vim.  vox  hiriii.  ('). 
Con  tale  magistratura  il  pericolo  hegeliano  di  essere  avviluppati 
da   un    astratto  intelletto    giuridico,  era  venuto    mono.    Io  non  ri- 


(1)  L.  1,  §  1,  1.  8  D.  de  hoit.  et  iur.  1,  1. 


430  B.    BRUGI  (6) 

peterò  che  la  consuetudine,  il  modo  di  sentire  del  popolo  pene- 
travano di  continuo  nel  diritto  tutt'altro  che  fisso,  mediante  di  lui. 
Il  quale,  padrone  del  processo,  non  soltanto  riconosceva  diritti,  ac- 
cordando azioni,  ma  distruggeva  per  equità  le  conseguenze  giuri- 
diche di  taluni  atti.  Più  tardi  vediamo  non  di  rado  esser  pronte 
normali  azioni  dove  un  tempo  si  manifestò  questo  benefico  arbitrio 
pretorio.  È  il  trionfo  del  concreto;  del  caso  speciale,  del  trattare 
diversamente  quantità  disuguali.  Più  tardi  il  profano  crederà  con- 
seguenze d'  un  archetipo  le  premesso  storiche  e  lente  del  sistema 
da  noi  costruito  per  astrazione.  E  quando  si  chiude  il  periodo  epico 
del  pretore,  ne  assume  le  funzioni  l'imperatore,  sommo  giudice  e 
legislatore  ad  un  tempo,  col  presidio  del  consistorium  (i).  A  molti 
imperatori  romani  il  biasimo  delle  genti  civili  ;  di  pochi  può  la- 
gnarsi il  diritto  privato.  In  questa  condizione  di  cose  il  senso  giu- 
ridico romano  si  maturò  in  modo  assai  diverso  dal  nostro.  A  quella 
ffuisa  che  i  giureconsulti  avevano  le  loro  correzioni  ìifiìifath  causa 
delle  dottrine  troppo  rigide,  il  popolo  sapeva  che  il  magistrato 
poteva  temperare  la  legge  e  non  ci  vedeva  alcun  pericolo.  Diritti 
importantissimi,  come  quello  agli  alimenti  tra  parenti;  erano  stati 
riconosciuti  per  pura  opera  del  magistrato  e  importantissimi  in- 
stituti,  come  in  parte  quelli  risguardanti  il  suolo  provinciale,  erano 
stati  regolati  in  via  amministrativa.  Il  nostro  senso  di  legalità  è 
urtato  se  si  può  neanche  supporre  che  in  qualche  punto  sia  scossa 
la  norma  della  legge;  o  che  il  magistrato  debba  supplirla;  e  questo 
senso  è  oggi  più  dei  giuristi,  o  almeno  delle  persone  colte,  che  del 
popolo.  È  vero  che  spesso  le  così  dette  dottrine  scalzano  gli  ar- 
ticoli del  codice  civile  o  vi  si  sovrappongono  ;  ma  il  lavoro  è  quasi 
inavvertito  o,  imponendocelo  la  necessità,  se  ne  tace.  Intanto,  ed 
è  una  conseguenza  fatale  della  odierna  costituzione  politica,  mai 
non  fu  sì  vero  come  oggi  il  proverbio  :  fatta  la  legge,  trovato  l'in- 
ganno. I  ristretti  poteri  del  magistrato  odierno  nell'  interpretarla 
come  norma  rigida,  invariabile,  e  soltanto  se  ricorrano  quelle  cir- 
costanze ivi  precisamente  presupposte,  lo  rendono  spesso  impotente 
rimpetto  alla  fraiis  legis.  A  me  sembra  che  tutte  le  difficoltà  dei 
romanisti  nel  costruire  la  dottrina  della  fraus  ìegi  furia  (-)  derivino 


(1)  Nella  Nov.  105,  e.  2  in  f.  rinipcratoro  cliiaiiia  so  stosso    ìe.r  ani- 
mata (vójjtog  s|j,4;uxog). 

(2)  Cfr.  una  recente  revisiono  dol  Nc-ff,  Beib'ac'je  zar  Lehrc  con  dcr 
fraus  legi  farta  in  der  Digesfeu  (Berlin,  181)5). 


(7)  SENSO    GIUEIDICO    EOMANO    ECC.  431 

dall'aver  creduto  che  i  testi  romani  la  foriiioliiio  per  g-iudici  del 
tipo  nostro,  mentre  era  buona  piuttosto  per  magistrati  di  tipo  ro- 
mano. Non  è  quella  og-g-i  una  semplice  dottrina  della  interpreta- 
zione ;  ma  piuttosto  un  capitolo  di  scienza  della  legislazione.  Le 
fonti,  è  vero,  ci  offrono  una  specie  di  definizione  legale  della  frau^ 
ìe(jis  ;  ma  come  semplice  canone  d'interpretazione  e  applicazione 
della  legge  può  prenderla  soltanto  chi  si  contenta  dei  passi  nel 
modo  in  cui  i  compilatori  li  staccarono  dal  loro  nesso  originario 
nelle  opere  stralciate.  Paolo  insegnava  :  contro  Ie(/em  ptclf,  qui  id 
facit  quod  lex  prohihet,  in  frdudem  vero,  qui  salvis  verbis  legitt  sen- 
fenfìam  eius  cireumvenit  (i).  Ulpiano  :  fra^is  ìegi  fif,  uhi  qw)d  feri 
noìiiif,  fieri  aiifenì  non  vetnit,  id  fif  :  et  quod  dif^tat  prjxòv  àvib 
OiOLVolixc.,  hoc  distat  fratis  ab  eo,  q/wd  cottfra  lerjem  fit  (-).  Mi  sembra 
molto  buona  la  via  presa  dal  Neff  (^)  di  considerare  questi  fram- 
menti secondo  il  loro  significato  originario  ;  e  credo  che  si  possa 
trarre  da  ciò  un  vantaggio  maggiore  di  quello  che  ne  trae.  Egli 
vuole  infatti  concludere,  a  ragione,  che  ne  Paolo,  nò  Ulpiano  eb- 
bero in  animo  con  quelle  poche  parole,  staccate  dal  loro  contesto, 
di  dare  una  definizione  qualsiasi  o  dei  canoni  generali  ;  eran  piut- 
tosto osservazioni  accessorie  fatte  nel  decidere  di  un  caso  singolo, 
le  quali  dai  compilatori  sono  state  innalzate  al  dubbio  onore  di 
una  definizione. 

Il  fr.  di  Paolo  deriva  dal  suo  ìiher  xingahiris  od  lecjem  Cin- 
cioni^  il  fr.  di  XTlpiano  dal  quarto  libro  del  suo  commentario  al- 
l'Editto. Anche  senza  esagerare  la  genuinità  delle  iscrizioni,  se  ne 
può  indurre  che  il  primo  contemplava  un  caso  in  cui  si  voleva 
frodare  la  te.r  Cincia^  il  secondo  verosimilmente  quei  patti  privati 
che  violano  una  legge  (^).  Sì  nell'uno  come  nell'altro  caso  si  tace 
delle  conseguenze  à.Q\V((gere  in  fraudem  legis  perchè  quei   giure- 


(1)  L.  29  D.  de  lerj.  1,  3.  Uno  stesso  principio  si  applica  por  la  inter- 
pretazione degli  stessi  atti  stricti  iur'is  osservando  :  liKtfjìs;  res,  qitant  rerha 
intuemla  sunt  (1.  41,  §  1  D.  de  tur.  dot.  23,  3).  , 

('2)  L.  30  D.  de  leu.  1,  3.  Concorda  in  sostanzi!  con  questo  fr.  e  col  prece- 
dente una  cost.  di  Teodosio  e  Valontiniaao  (1.  5  0.  de  ley.  1,  14)  senza 
usare  la  parola  frau^  come  tecnica.  Vi  è  nondimeno  la  finale:  «ec  yjogwas 
inser-tas  legibus  eoitabit,  qui  se  cantra  turi^  sententiam  sreeva  lìreroyatiim 
verborum  fraudolenter  exeusat. 

(3Ì  O.  e.  p.  22. 

(4)  Cfr.  Lenel,  Paìinuen.   Utpiau.,  243  ;  Neff,  o.  e.  p.  22. 


432  B.  BRu&i  (8) 

consulti  non  avevano  in  animo  di  esporre  una  teoria  generale.  Le 
conseguenze  son  diverse  secondo  il  fatto  (nullità  dell'  atto,  non  si 
evitano  le  pene  (es.  p.  7  n.  2)  ecc.)  ;  ne  qui  occorreva  rilevarle. 
Essi  poi  sapevano  ben  noti  a  ognuno  i  poteri  del  magistrato  e  come 
questi  se  ne  sarebbe  valso  in  tutti  i  casi  nei  quali,  dirò  col  Neff  (^), 
il  fatto  è  tale  che  non  corrisponde  alle  circostanze  presupposte 
dalle  parole  della  legge  (verha  Icfjh),  ma  corrisponde  a  quelle  cui 
mira  il  suo  vero  senso  (sententia  legis).  Il  ricordo  che  l'autore  fa 
del  principio  famoso  snre  ìefjes  non  hoc  est,  verha  eorum  tenere 
sed  vim  ac  potestatetn  è  pure  opportuno.  Ma  si  deve  aggiungere 
che  per  noi  ò  quasi  un  principio  scolastico,  mentre  pei  romani 
corrispondeva  pienamente  al  tipo  di  magistrato  lor  proprio  (2).  Fra 
la  scuola  e  la  pratica  la  corrispondenza  era  completa.  Ne  con  le 
nostre  formolo,  che  vorrebbero  spiegare  ogni  caso  di  fraìiA  legi 
facta  secondo  il  diritto  romano,  giungiamo  a  comprendere  tutti  gli 
aspetti  e  i  modi  in  cui  quel  magistrato  attuava  la  seìitcntltt  leg/'s, 
e  direi  quasi  il  contenuto  morale  di  essa.  Terrebbe  desiderio  di 
conchiudere  che  il  fine  senso  giuridico  voleva  pieghevole  la  norma 
di  diritto  sì  che,  abbracciando  tutte  le  multiformi  circostanze  di 
fatto,  non  potesse  mai  venir  meno  al  proprio  scopo. 

Un  esempio  chiarissimo  se  ne  ha  nel  regolamento  dei  parta. 
L'ordine  giuridico  romano  non  ammetteva  come  valide  se  non  ta- 
lune tipiche  convenzioni.  Che  cosa  doveva  avvenire  delle  pattui- 
zioni prive  dei  caratteri  legali  ?  Tenerle  per  inesistenti,  risponde- 
rebbe senz'  altro  un  giurista  tanto  moderno  che  non  avesse  mai 
udito  verbo  di  dritto  romano.  Ma  chi  si  era  fidato  della  parola 
altrui  dev'esser  del  tutto  negletto  ?  Chi  manca  di  parola  deve  tran- 
quillamente invocare  il  rigore  dei  diritto  per  coprire  la  propria 
slealtà  ?  La  norma  di  legge,  parla  chiaro,  continuerebbe  il  suddetto 
giurista  ;  è  di  ordine  pubblico  che  domini  sempre  su  tutto  e  tutti. 
Invece  noi  vediamo  il  pretore  romano  rompere  la  ferrea  giuridica 
necessità  e  riconoscere  che  è  turpe  mancar  di  parola  sotto  1'  u- 
sbergo  del  rigore  del  diritto.  Quindi  la  exccjifio  pacti  (•')  a  favore 
di  chi,  contro  il  patto,  sia  convenuto  in  giudizio. 


(1)  0.  e.  p.  23. 

{;!)  II  principio  è  di  Celso  (»  lo  accenna  là  dove  sembra  trattasse  della 
interpretazione  delle  leggi.  CtV.  1.  IT,  IS  T).  de  Icfj.  1,  ?>. 
(3)  Cfr.  le  mie  Islittu.  di  dir.  priv.  f/iiis/.  11,  §  '.H. 


(9)  SENSO    GIURIDICO    EOMANO    ECC.  433 

Un  altro  esempio  è  pure  interessante.  Un  principio  romano 
di  alta  importanza  morale  vietava  le  donazioni  fra  coniugi  volendo 
regola  del  coiiHorf/unì  loro  il  mutuo  affetto,  non  1'  interesse.  Na- 
turalmente il  principio,  come  legato  a  tutta  la  dottrina  giuridica 
della  famiglia,  non  poteva  imperare  se  non  ricorrendo  un  valido 
matrimonio.  Ne  viene  come  logica  conseguenza  che  nelle  unioni 
illegali  non  soltanto  vi  è  un  fatto  più  o  meno  turpe,  ma  il  danno 
si  accresce  perchè  l'amore  è  d'ordinario  in  esse  più  violento  e  lo 
turpitudini  giovano  spesso  a  far  sì  che  l'una  parte  giunga  impu- 
nemente a  spogliar  l'altra  di  tutta  la  sua  sostanza  (i).  Come  si 
condusse  dinanzi  a  questa  logica  conseguenza  il  buon  senso  giu- 
ridico romano?  Ulpiano  (■^)  ci  narra:  Viàedmìii^,  inter  quofi.  siint 
prohih/'fae  donafioiic^.  et  quidem  si  matrimoniìim  morihus  legihusque 
nostrk  coui'tat,  donatio  non  valehit  :  ergo  s'  senatoris  fiìia  libertino 
contra  senatus  consuUum  nupserit,  ve!  provinciaìis  muHer  ei,  qui 
pvovinciam  regit  vel  qui  ibi  meret,  contra  mandata,  valebit  donatio, 
quia,  nuptiae  non  surtt.  sed  fax  ììoii.  est  eas  donationes  ratas  esse, 
ne  melior  sif  condicio  eonmi  qui  deìiquenmt.  Appare  qui  il  trionfo 
della  morale  ;  il  rapporto  di  fatto  doveva  affermarsi,  secondo  i  giu- 
reconsulti, contro  la  logica  giuridica  formale.  Se  non  che  segue  il 
giureconsulto  :  dirus  tamen  Severus  in  t/berta  Pontii  Pauìini  se- 
natoris contra  statuit,  quia  non  erat  affectione  u.roris  habifa,  sed 
magis  concubinae.  L'imperatore  torna  al  rigore  della  legge  ammet- 
tendo la  validità  della  donazione.  Ma  si  noti  che  si  tratta  del  con- 
cubinato, e  in  specie  di  quello  del  patrono  con  la  liberta,  che  ha 
caratteri  tutti  speciali  e  dove  1'  autorità  del  primo  può  esser  già 
un  ritegno  all'  avidità  della  donna.  E  vero  che  anche  posterior- 
mente la  legislazione  e  la  dottrina  greco-romana  intesero  il  caso 
come  applicazione  di  una  regola  generale.  Le  donazioni,  si  disse, 
sono  proibite  fra  i  coniugi  tanto  nei  matrimoni  validi  come  ne- 
gl'  invalidi  ;  ma  non  è  vietato  di  donare  alla  concubina  (•^).  Se  non 
che  dove  fu  ravvisato  un  pericolo  nelle  donazioni  tra  l'uomo  e  la 
donna  uniti  in  concubinato,  non  mancò  un  altro  imperatore  di  te- 
nere la  via  contraria  a  quella  di  Severo.   Si  ancillam  nummis  tuis 


(1)  Cfr.  egregiamente  il  Pothier,   Tr.  de  donai,  entre-vifs.,  sect.  I,  §  VI 
(Omrr.  Bruxelles,  1831,  V,  p.  7),  e  VII,  p.  277. 

(2)  L.  8,  §  1  D.  de  don.  inter  rir.  et  uxor.  24,  1. 

(3)  Bas.  30,  1,  3,  ed  ivi  l'interessante  scolio  où  jióvov. 


434  B.    BEUGI  (10) 

coDiparafam  esse,  rcscrive  xVntoniiio  (')  al  soldato  Marco,  pniesidl 
jìirjoinekie  jn'ohaiwrJs  doìiationlsqìie  cdiisd  focarìde  taae  nomine  in- 
strumenfuìn  enqifionis  esse  rotìscr'ìhtum,  eirin  iiì)i  rcsfiiiii  /'tt'jrhif. 
nam  licet  cessante  iure  matrinionii  donafio  jierficl  potaerit,  nìilifes 
tamen  mens  a  focariis  suis  hnc  ratione  fctisque  (iduìafionihus  spo- 
lidri  nolo.  Si  può  arg'omentare  che  cosi  1'  imperatore  vuole  seguita 
quella  interpretazione  della  senfeniia  legis  o^  àhh  mo.^Wo,  quell'at- 
tuazione del  suo  scopo  morale,  alla  quale  alludeva  Ulpiano.  Anche 
qui  si  è  voluto  scorgere  un  ius  particolare  in  odio  alle  focariae 
dei  soldati  ;  ma  esse  eran  donne  al  cui  matrimonio  ostava  un  im- 
pedimento giuridico  se  fossero  della  provincia  in  cui  risiedeva  la 
legione  (-).  E  assurdo  trovare  un  grado  di  bassezza  o  di  perverti- 
mento maggiore  in  queste  focariae  che  nelle  altre  concubine.  Si 
noti  anzi  che  Ulpiano  allude  anche  al  caso  del  soldato  che  vuol 
sposare  donna  della  provincia  in  cui  egli  milita  (rei  prorincialis 
mulier  ci....  (pii  ibi  merei).  Antonino  applicava  il  diritto  classico 
0  almeno  le  tendenze  della  giurisprudenza  (-^^  Forse  il  pretore  già 
dava  modo  di  rescindere  sì  fatte  donazioni  ?  Nei  Basilici  il  re- 
scritto di  Antonino  è  riprodotto  sì  che  non   dà  un  senso   chiaro. 

Nel  diritto  consuetudinario  francese  ('),  come  nel  diritto  sta- 
tutario italiano,  il  divieto  fu  accolto  in  modo  generale  per  le  do- 
nazioni fra  i  concubinari  ("')  ;  e  la  nostra  antica  giurisprudenza 
sembra  averlo  inteso  in  quel  senso.  Il  De  Luca  dice  qaodaìtDiìodo 
antiquato  il  divieto  ai  militari  di  donare  alla  concubina  (')  ;  ma 
la  Rota  romana  riconosce  tanto  un  generale  divieto  di  donazioni 
iìifcr  amasium  et  amasiam  (^)  come  pel  miJcs  riguardo  alla  concubi- 
na; la  proibizione  si  estende  appunto,  de  iure  canonico,  aàpayanos  {^). 


(1)  L.  2  C.  de  don.  Inter  vir.  et  u.r.  5,  16. 

(2)  Confr.  le  inw  cit.  I.stit.  II,  §  109  f. 

(3)  Il  responso  di  Papiniano  (I.  31,  pr.  D.  r/e  rZow.  39,  5)  sulla  validità 
della  donazione  alla  concubina  è  conforme  al  rescritto  di  Severo,  ossia  al 
diritto  di  quel  tempo  (Costa,  Papiniano.,  IV  (Bologna,  1H99),  p.  193,  n.  15)  ; 
e  si  vede  che  era  inteso  in  modo  generale. 

(4)  Loisel,  Instit.  ro/it.  127  :  "  Donatioii  cn  mariage  ni  ooneulìinat  ne 
vaut.  „  Cfr.  sopra  p.  9  n.  1. 

(5)  Cfr.  Fertile,  Storia  del  dir.  it.  TV  (2  ed.  Torino,  1S93),  5^  lòH,  p.  5S7. 

(6)  De  donat.  (Theatr.  VII,  1}  Sa  di  ma  don.  85. 

(7)  Per  la  massima  generale  v.  »S'.  A'.  lìoiit.  Dee.  re",  in  couip.  red. 
II  (Medio).  1730),  p.  136,  Rubr.  Donatio  farta  inter  amasium  et  amasiaiìì. 

(8)  S.  R.  Bom.  Dee.  ree.  a  I.  B.  Compagno  sei,  P.  XIX,  T.  II,  (Ven.  1697) 


(11)  SENSO    GIUEIDICO    EOMANO    ECC.  435 

Oo-o-i  un  ramo  di  letteratura  o-iuridiea  niedioevale  come  quello 
delle  famose  cautelae,  così  opportune  per  frodare  la  leg-ge,  non  po- 
trebbe più  fiorire.  Ma  le  frodi  della  legge  non  sono  perciò  meno 
frequenti  !  Si  possono  guardare  con  occhio  pietoso  quelle  cagionate 
dalla  oppressione  fiscale  dello  Stato  poiché  per  necessità  è  grave 
e  ciascuno  poi,  come  fu  argutamente  osservato  (i),  crede  di  pa- 
gare più  di  ciò  che  deve.  Ma  altre  frodi  della  legge  fanno  vera- 
mente dubitare  se  sia  buono  il  nostro  preteso  senso  di  legalità. 
Io  non  entrerò  qui  nelle  belle  questioni,  ultimamente  sorte  e  stu- 
diate con  largo  corredo  di  dottrina,  a  proposito  di  compagnie  stra- 
niere delle  quali  si  asserisce  che  si  costituivano  "come  società  civili, 
profittando  di  alcune  incertezze  della  giurisprudenza  circa  Tindole 
delle  società  civili,  per  sottrarsi  alle  leggi  commerciali  del  paese 
loro  e  d'Italia  e  tener  segrete  le  loro  operazioni  e  guadagni  (-).  „ 
Desidero  piuttosto  intrattenermi  suU'  altra  frode  del  celebrare  il 
matrimonio  religioso  senza  il  civile.  Due  recenti  disegni  di  legge 
hanno  cercato  porvi  rimedio  :  l'uno  del  Ministro  di  grazia,  giustizia 
e  culti  Finocchiaro,  presentato  alla  camera  vitalizia  il  27  aprile 
1899  e  accompagnato  già  da  favorevole  relazione  dell'ufficio  cen- 
trale di  essa  (•^)  ;  1'  altro  del  Ministro  Bonasi  presentato  alla  stessa 
camera  il  21  novembre  1899,  a  cui  si  è  mostrato  contrario  quel- 
l'ufficio centrale  in  apposita  relazione  (^). 

Non  presumo  di  precorrere  le  discussioni  che  nasceranno  nel- 
r  alta  camera  ;  nondimeno  con  quella  libertà  d'esame  che  conviene 
ad  uno  studioso  modesto,  ma  sincero  e  imparziale  (in  un  argo- 
mento dove  troppo  l'odio  di  parte  si  sfrena)  dirò  il  mio  modesto 
parere.  Se  il  diritto  romano  (che  giovani  e  freschi  sociologi  pro- 
cedenti, ut  ita  (Hcanì,  con  la  scure  e  con  l'ascia  chiamano  ammasso 


D.  652,  n.  li,  12.  Anche  il  Sabelli,  S/tDima  dir.  traci.  §  Do wa^«'o,  n.  18,  pre- 
suppone vigente  il  principio  del  divieto  ai  milttes  di  donare  alle  concu- 
bine, accennando  alla  eccezione  se  quelli  siano  j)rincipi. 

(1)  Holtzendorff,  IVesen  und  Werth  der  off.  Meinunq  (Miinch.  1879), 
P.  71. 

(2)  Parole  dell'egregio  prof.  avv.  0.  Luchini  a  p.  2  della  sua  splen- 
dida memoria:  La  causa  del  'popolo  di  Firenze  in  appello  contro  la  comp. 
del  Gaz  (Firenze,  10  dicembre  1898).  E  che  dire  delle  cessioni  di  porta- 
foglio mascherate,  por  sfuggire  al  fisco,  in  mandati  ad  esigere  ? 

(3)  Atti  pari.  Senato  del  Regno.  Lcf/isl.  XX,  2  Sess.  1808-99  n."  62, 
62  yl,  urgenza. 

(4)  Atti  cit.  3  Sess.  u."  2,  2  A. 


436  B.    BEUGI  (12) 

di  ruderi  intorno  a  cui  si  affannano  scheletriti  commentatori)  non 
mi  ha  tolto  il  buon  senso,  sembrami  che  la  celebrazione  del  ma- 
trimonio religioso  senza  il  civile  sia  il  più  tipico  esempio  moderno 
di  frous  h^ji  farfa.  E  frode  riguardo  agli  obblighi  verso  i  figli  e  la 
donna  :  riguardo  al  divieto  di  concluder  nozze  a  chi  è  vincolato  da 
precedente  matrimonio  ;  riguardo  al  godimento  di  lucri  e  pensioni 
dipendente  da  condizione  di  celibato  o  vedovanza  ;  riguardo  al  divieto 
di  donare  fra  coniugi.  Oggi  in  quest'ultimo  caso  non  vi  sono  più 
neppure  le  opportune  restrizioni  riguardo  al  concubinato.  Ho  ri- 
levato sopra  la  differenza  tra  il  magistrato  romano  e  il  giudice 
nostro,  fra  il  senso  giuridico  antico  e  il  senso  moderno  di  legalità, 
E  son  persuaso  che  niun  giudice  potrebbe  oggi  parificare  i  figli 
nati  da  puro  matrimonio  religioso  a  quelli  nati  da  matrimonio 
legittimo.  Ma  ardirei  dubitare  che  egualmente  sia  costretto  a  di- 
sconoscere l'efficacia  di  un  puro  matrimonio  religioso  in  altri  casi. 
Se  non  che  si  è  generalmente  di  contrario  avviso  ;  il  legislatore 
pare  deciso  a  intervenire,  e  ne  ha  l'obbligo.  Non  soltanto  il  di- 
fetto d'  indipendenza,  di  carattere,  di  coraggio  fanno  crescere  le 
leggi  di  occasione,  come  nota  il  Neff  (')  ;  sono  gli  stessi  scarsi 
poteri  del  giudice  nostro  e  le  tendenze  dell'odierno  spirito  di  le- 
galità. Poniamo  dunque  il  nostro  impersonale  legislatore  al  luogo 
del  personale  magistrato  romano,  signore  dell'interpretazione  ;  e 
vediamo  se  vuol  ravvisare  nel  puro  matrimonio  religioso  una  frinix 
legis.  Troviamo  tutti  i  progetti  di  legge  concordi  nel  riconoscerla 
e  colpirla  in  un  punto  :  gli  sposi  che  si  uniscono  col  solo  rito  re- 
ligioso si  considerano  aver  celebrato  il  matrimonio  civile,  poiché 
dovrebbero  perdere  immediatamente  qualsiasi  utilità  o  diritto  che 
per  legge  o  per  disposizione  dell'uomo  dipenda  dallo  stato  di  ce- 
libato 0  di  vedovanza.  Ma  il  disaccordo  comincia  poi.  Il  ^linistro 
Bonasi  nella  sua  relazione  premessa  al  proprio  progetto  esprime 
con  tutta  precisione  l'idea  che  ormai  coloro  che  si  uniscono  col 
puro  rito  religioso  non  sono  "  mossi  da  ideali  religiosi  o  da  in- 
fluenza di  Chiesa,  ma  avendo  speciali  ragioni  per  evitare  Tuna  o 
l'altra  delle  conseguenze  del  matrimonio  civile  e  pur  decisi  al- 
l'unione coniugale,  si  astengono  da  esso,  servendosi  della  forma 
religiosa  per  coonestare  la  pro[>ria  unione,  cui  rifuggirebbero  di 
lasciare  la  nuda  apparenza  di  concubinato.  „  Meglio  non  si  potrebbe 


(1)  0.  e.  p.  75. 


(13)  SENSO    GIUEIDICO    ROMANO    ECC.  437 

indicare  la  fraus  legis.  E  quasi  ti  fanno  sovvenire  di  testi  romani 
le  parole  :  "  chi  pretende  di  contrarre  un  matrimonio  senza  ri- 
vestirlo della  necessaria  legalità,  omette  di  fare  quello  che  do- 
vrebbe fare  ;  e  può  il  legislatore  chiamarlo  responsabile  di  omis- 
sione. „  Per  giungere  all'intento  il  progetto  Finocchiaro  voleva, 
con  la  minaccia  di  multe  e  decadenza  dai  lucri  ricordati,  imporre 
agli  sposi  e  allo  stesso  ministro  di  qualunque  culto,  con  minaccia 
di  multa,  la  precedenza  del  matrimonio  civile  sul  religioso  ;  il  pro- 
getto Bonasi  dichiara  obbligatoria  la  celebrazione  del  matrimonio 
civile  prima  o  dopo  del  rito  religioso,  commina  poi  una  multa  e 
la  ricordata  decadenza  ai  coniugi  che  nei  quaranta  giorni  succes- 
sivi al  matrimonio  religioso  omettono  di  celebrare  il  civile;  non 
imponendo  al  ministro  di  qualunque  culto  altro  obbligo  che  di 
partecipare  per  scritto  all'ufficio  dolio  stato  civile  del  luogo  l'av- 
venuta celebrazione  con  tutte  le  indicazioni  relative  agli  sposi,  sal- 
vochò  non  gli  sia  consegnato  un  regolare  certificato  dell'avvenuta 
celebrazione  del  matrimonio  civile. 

Il  problema  è  dei  più  gravi  poiché  in  sostanza  e  con  1'  uno 
e  con  l'altro  progetto,  malgrado  le  multe,  si  è  tutt'altro  che  sicuri 
di  conseguire  lo  scopo.  Si  noti  poi  (come  giustamente  osservava 
l'episcopato  veneto)  (')  che  i  ministri  del  culto  ebraico  o  prote- 
stante si  trovano  qui  in  una  condizione  del  tutto  diversa  da  quella 
del  sacerdote  cattolico  secondo  i  canoni  del  concilio  di  Trento.  La 
scissura  avviene  proprio  rimpetto  a  quella  religione  che  lo  statuto 
dichiara  religione  dello  Stato  e  che  è  della  quasi  totalità  degl'ita- 
liani. Che  il  culto  non  sia  rigorosamente  seguito  da  tutti,  poco 
importa  ;  la  famiglia  presso  di  noi,  o  per  tradizione,  o  per  con- 
vinzione, 0  por  sentimento,  o  per  canone  di  educazione,  è  cattolica. 
D'altra  parte  che  lo  Stato  abbia  tutto  il  diritto  di  regolare  le  con- 
seguenze civili  degli  atti  religiosi  è  fuori  di  dubbio  ;  la  formola 
cavourriana,  buona  per  un  determinato  momento,  è  perniciosa  a 
chi  si  ostinasse  a  tenerla  come  assoluta  espressione  di  un  rigido 
confine  tra  Chiesa  e  Stato  che  vivono  insieme  e  tuttodì  si  toccano 
sullo  stesso  territorio  e  nelle  istesse  persone  le  quali  non  si  pos- 
sono dimezzare.  Anche  il  sacerdote  cattolico  è,  e  dev'essere,  un 
cittadino.    Nondimeno    prudenza    politica   e   rispetto   alle    generali 


(1)  Nella  petizione  al  Sonato  unita  alla  rolazioiio  senatoria   sul  pro- 
getto Finocchiaro, 


438  B.  bructI  (14) 

convinzioni  possono  qui  far  preferire  la  via  indiretta  del  progetto 
Bonasi  a  (i[uella  del  progetto  Finocchiaro.  Si  ricordi  che  allo  Stato 
spetta  il  dovere  di  tutelare  la  libertà  delle  ribellioni  individuali 
ai  dogmi  e  alle  tradizioni  ;  ma  grincombe  pur  l' obbligo  di  non 
offendere,  sin  dove  è  possibile,  i  sentimenti  della  maggioranza.  Se 
il  matrimonio  è  un  sacramento  per  quella  religione  la  quale  è  re- 
ligione dello  Stato,  possiamo  noi  vincolare,  in  qualsiasi  modo,  il 
sacerdote  a  delle  modalità  nell'amministrare  i  sacramenti  ?  Tanto 
più  deve  dubitarne  chi,  al  pari  di  me,  vuol  la  Chiesa  aliena  del 
tutto  da  cose  temporali.  E  possiamo  imporre  all'  individuo  una 
priorità  del  contratto  sul  sacramento  ?  Egli  ne  sia  giudice,  purché 
non  si  sottragga  al  matrimonio  civile.  Noi  che  esageriamo  nella 
logica  delle  leggi  vorremmo  abbandonarla  qui,  per  fare  altrettanti 
martiri  dei  sacerdoti,  i  quali  messi  nel  bivio  fra  il  loro  dovere  ec- 
clesiastico e  un  articolo  di  legge,  preferiranno  certo  il  primo,  come 
prevede  la  petizione  dell'episcopato  veneto  ?  I  martiri  son  sempre 
pericolosi. 

Ecco  ora  le  principali  obiezioni  dell'ufficio  centrale  del  Se- 
nato al  progetto  Bonasi  : 

a)  Non  si  può,  dall'aver  concluso  il  matrimonio  religioso, 
trarre  argomento  per  imporre  l'obbligo  di  contrarre  quell'  atto  di 
matrimonio  che  la  legge  civile  unicamente  riconosce  e  considera 
fonte  di  diritti  e  doveri. 

b)  Il  progetto  chiama  matrimonio  illegale  "  fatto,  cioè,  con- 
trariamente alla  Ìeg2^e  un  atto  che  giuridicamente  non  esiste.    „ 

r)  Il  progetto  offende  il  principio  che  il  matrimonio  dev'es- 
sere atto  spontaneo  e  libero. 

(/)  (ir  impedimenti  al  matrimonio  civile  non  corrispondono 
del  tutto  agi'  impedimenti  del  diritto  canonico  ;  la  dispensa  reale 
verrebbe  a  dipendere  dalla  dispensa  dell'autorità  ecclesiastica. 

e)  Le  sanzioni  scritte  nel  disegno  di  legge  possono,  secondo 
i  casi,  colj)ire  un  incolpevole  o  rimaner  vane  o  essere  indifferen- 
temente subite.  Non  basta  la  decadenza  dai  lucri  a  chi  non  ne 
perde  restando  celibe  o  vedovo  ;  sfugge  sempre  ad  altre  conse- 
guenze civili  del  matrimonio,  e  gli  basta.  L'ammenda  fra  le  50  e 
le   1000  lire  riescirà  meschina. 

Io  rendo  omas'o^io  ao-li  alti  intendimenti  civili  dell'ufficio  cen- 
trale  e  riconosco  insieme  che  il  progetto  Bonasi  potrà  essere  com- 
pletato e  migliorato.  Non  mi  pare  che  meriti  tutti  gli  anatemi,  i 
quali  gli  sono  stati  scagliati  dalla  parte  nostra,  quando    si    coor- 


(15)  SENSO    aiUEIBICO    ROMANO    ECC.  439 

dilli  a  un  sistema  di  freni  più  completo.  Ecco  tutto.  E  giacche  re- 
lazioni e  progetti  mostrano  che  si  vuole  piuttosto  prevenire  il  male 
che  punire  chi  trasgredì,  sarebbe  forse  meglio  non  discostarci  da 
una  via  che  togliesse  qualsiasi  irragionevole  motivo  alla  celebrazione 
di  un  puro  matrimonio  religioso.  E  si  dovrebbe,  cioè,  considerarlo 
totalmente  dal  legislatore  quale  atto  conchiuso  in  fraìidom  Ie</is,  in 
modo  che  i  coniugi  non  fossero  mai  sottratti  agli  oneri  del  matri- 
monio e  alle  conseguenze  civili,  senza  poterne  però  trarre  i  van- 
taggi, nò  poter  far  valere  diritti  di  patria  potestà,  di  successione 
legittima  ecc.  La  poligamia  sarebbe  evitata  ;  la  prole  resterebbe  il- 
legittima ;  ma  gli  obblighi  verso  di  essa  spingerebbero  a  preferire 
la  via  piana,  alla  via  torta,  egualmente  e  più  penosa.  E  converrebbe 
a  quest'intento  modificare  il  divieto  di  ricerca  della  paternità  e  dar 
qualche  valore  al  concubinato  )tìore  uxorio,  come  era  stato  proposto 
nel  progetto  che  il  Gian  turco  presentò  alla  Camera  dei  deputati  il  21 
gennaio  1892  e  il  1»  febbraio  1893  e  che  purtroppo  è  dimenticato  ! 
Cosi  la  obiezione  che  Tatto  del  matrimonio  religioso  giuridica- 
mente non  esiste  (obiezione  per  altro  scopo  fatta  anche  nella  pe- 
tizione dell'episcopato  veneto)  non  avrebbe  importanza.  Per  atto 
ili  fnmdem  hgis  ve  n'  è  ad  esuberanza  (i)  ;  ed  è  più  che  bastante 
per  indurne  la  volontà  di  contrarre  matrimonio.  Non  fu  dichiarata 
dinanzi  a  un  autorevole  testimone  ?  0  che  forse  in  diritto  ha  im- 
portanza, potrei  dire,  soltanto  una  confessione  giudiziale  ? 

Evitiamo  più  che  sia  possibile  il  H/inìnuDìì  ius  e  gli  scrupoli 
della  logica  giuridica  formale,  che  io  già  prevedo  destarsi  contro 
di  me  !  Si  può  continuare  a  dire  non  esistente  un  atto  che  per  la 
religione  dello  Stato  e  la  coscienza  popolare  (tutti  i  relatori  ne 
sono  convinti)  distingue  le  mille  miglia  il  matrimonio  dal  concu- 
binato? La  discrepanza  fra  il  diritto  civile  e  il  canonico  non  è  sì 
grande  come  si  crede  e  qui  molto  si  può  attendere  dalla  stessa,  au- 
torità ecclesiastica,  che  si  e  mostrata  propensa  a  render  impossi- 
bile la  celebrazione  del  matrimonio  religioso  senza  il  civile.  D'al- 
tra parte  lo  Stato  potrà  vegliare  ad  occhi  aperti,  e  farà  bene,  che 


(I)  E  si  vedo  conio  nella  stessa  Rola  ione  Ingliilleri  sul  progotto  Fi- 
noceliiaro  si  considera  la  celebrazione  del  solo  matrimonio  religioso  come 
''  violazione  del  procotto  legislativo  che  impone  a  tutti  i  cittadini  l'  ob- 
bligo di  far  procedere  il  matrimonio  civile  al  religioso.  „  Dumiue  1'  atto 
esiste. 


440  B.    BRUGI    -    SENSO    GIURIDICO    ROMANO    ECC.  (16) 

il  sacerdote  (no,  non  vo'  dir  sacerdote,  l'uomo  di  parte)  o  nella  stam- 
pa 0  dal  pergamo  ecciti,  direttamente  o  indirettamente,  a  violare, 
0  vituperi  leggi  dello  Stato,  compresa  quella  che  impone  l'obbligo 
del  matrimonio  civile.  ]\Ia  spero  non  accadrà.  La  nostra  prudenza, 
che  s'inspira  alla  politica  dei  legisti  medioevali,  precursori  obliati 
0  derisi  delle  moderne  dottrine  sui  rapporti  fra  Chiesa  e  Stato  (i), 
sarà  ricambiata,  spero,  da  altrettanta  prudenza.  E  autorità  civile 
e  autorità  religiosa  avranno  contribuito  al  benessere  sociale.  Di 
lotte  ne  abbiamo  anche  troppe,  e  a  tutti  riesciranno   nocive  ! 

Infine  perchè  non  si  tenga  meno  in  pregio  il  matrimonio  ci- 
vile, dal  momento  che  col  religioso  già  se  ne  avrebbero  alcune 
principali  conseguenze  (es.  gli  alimenti)  che  possono  appagare  l'uno 
0  l'altro  coniuge  o  ambedue,  e  non  si  sopporti  a  cuor  leggero  la 
pena,  io  crederei  che  dovesse  esser  cresciuta  e  potesse  anche  venir 
adattata  alla  specialità  dei  trasgressori  (detenzione,  interdizione  dai 
pubblici  uffici,  perdita  dell'  elettorato  e  della  eleggibilità^  delle 
patenti  di  esercizio  ecc.).  Oltre  la  multa,  non  mancano  mezzi  di 
minacciare  danni  morali  e  pecuniari  ai  contravventori.  Inoltre  io 
vorrei  che  il  concetto  di  seduzione  si  allargasse  sino  a  compren- 
dere la  possibilità  di  colpire  anche  le  unioni  con  donne  maggio- 
renni, se  lo  scopo  criminoso  fu  raggiunto  col  matrimonio  cele- 
brato soltanto  in  Chiesa. 

Dissi  liberamente.  Ho  errato  ?  Si  ricordi  la  bella  massima  dei 
glossatori  opinio  mayistyi  pì'ohaì)iìis  f(tnfi(nì:  ed  io  non  sono  nep- 
pure un  maestro. 


(1)  Cfr.  sull'indipendenza  spirituale  del  pontefice  e  sul  rispetto  ai 
canoni  le  belle  teorie  di  quell'  ardito  sostenitore  dei  diritti  dello  Stato, 
che  fu  Cino  da  Pistoia.  Chiappelli,  Vita  e  op.  giiir.  di  Gino  da  Pist. 
(Pist.  1889),  p.  120,  130. 


(Licenziata  per  le  stampe  il  19  marzo  1900) 


Atti  del  Reale  Istituto  Veneto  di  scienze,  lettere  ed  arti. 
Anno  accademico  1899-900  -  Tomo  LIX  -  Parte  seconda. 


CONTRIBUZIONI    DIATOMOLOGICHE    (IV) 

DI 

ACHILLE    FORTI 

(presentate  dal  prof.  G.  B.  De  Toni,  m.  e.,  nell'Adunanza,  4  febbraio  1900) 


CONTEIBUTO    ALLA    DIATOMOLOGIA    DEL    FeIULI 

La  limnologia  Friulana,  grazie  all'  iniziativa  di  molti  e  va- 
lenti scienziati,  possiede  già  una  ricca  bibliografia  la  quale  però 
è  rivolta  in  modo  precipuo  ad  illustrare  la  parte  fisica  e  geogra- 
fico-geologica  dei  laghi  stessi. 

La  parte  biologica  anche  ebbe  uno  sviluppo  sufficiente  dal 
lato  zoologico  cui  si  sono  applicati  i  prof.  P.  Pavesi  (i),  A.  Sen- 
na (^)  ed  A.  Lorenzi  (^),  il  quale  ultimo  eseguì  anche  ricerche  ac- 
curate sulle  fanerogame  neritiche  (4)  ;  ma  le  Alghe  generalmente 


(1)  P.  Pavesi,  Sulla  fauna  pelagica  nei  laghi  italiani.  2  part.  Milano, 
1879,  8.° 

Id.  Altra  serie  di  ricerche   sulla   fauna   pelagica    dei    laghi    italiani. 
Padova,  1883,  8.» 

(2)  Senna  A.  Escursione  zoologica  a  due  laghi  friulani.  Firenze,  1890. 

(3)  Lorenzi  A.  La  fauna  dei  laghi    del   Friuli.    Nota   preventiva.  — 
"  In  Alto  „  1897. 

Id.  Il  lago  di  Ospedaletto  in  Friuli.  —  "  In  Alto  „  1897. 
Id.  Esistenza   d' una   fauna   profonda   nel   lago    di  Gavazzo.  —  "In 
Alto,,  1896. 

Id.  Una  visita  al  lago  di  Cima  Corso.  —  "  In  Alto  „  1896. 

(4)  Lorenzi  A.  Osservazioni  sulla  vegetazione  del  lago  di  Gavazzo.  — 
"  In  Alto  „  1897. 

Id.  Intorno  ai  limiti  altimetrici  dei   fenomeni    fisici    e   biologici.    — 
"  In  Alto  „  1899. 

Id.  La  vegetazione  lacustre.  —  Riv.  geogr.  it.  1899,  S.° 


442  A.  POETI  (2) 

non  furono  mai  prese  in  considerazione.  Alghe  friulane  sono  elen- 
cate in  un  opuscolo  di  Francesco  Del  Torre  (i)  che  determinò  le 
forme  dei  fiumi  e  dei  fossati  nel  distretto  di  Cividale.  Un  piccolo 
elenco  di  Diatomee  è  stato  fornito  dal  prof.  CI.  B.  De  Toni  nel 
lavoro  geografieo-morfologico  sul  lago  di  Gavazzo  del  dott.  Olinto 
Marinelli  (-),  elenco  che  1'  autore  riferisce  anche  nella  recensione 
del  lavoro  stesso  eseguita  per  il  suo  Periodico  (•^).  —  Di  recente 
poi  apparvero  negli  Atti  dell'  Accademia  di  Udine  uno  scritto  del 
prof.  Ettore  De  Toni  in  cui  sono  enumerate  varie  alghe  (^)  e  nel 
giornale  "  In  Alto  „  un  lavoro  del  dott.  Arrigo  Lorenzi  (•'»)  conte- 
nente un  piccolo  elenco  di  Myxophyceae  e  Bacillarieae  determi- 
nate e  ripuhblicate  da  me  nel  Bullettino  della  Società  Botanica 
Italiana  ('■). 

I  materiali  per  il  presente  studio  mi  sono  stati  forniti  dal 
prof.  Olinto  Marinelli  e  dal  dott.  Arrigo  Lorenzi  ;  il  primo  mi 
diede  due  saggi  di  fanghiglie  bentoniche  raccolte  nel  lago  di  Ga- 
vazzo, nel  punto  più  profondo  (m.  38),  negli  anni  1894  e  1896  ; 
il  dott.  Lorenzi  mi  inviò  campioni  neritici  di  varie  stazioni  lacu- 
stri del  Friuli,  dei  quali  in  questo  luogo  non  ne  analizzo  che  due, 
raccolti  nel  lago  di  Gavazzo  ed  uno  nel  lago  di  Mediana. 

I  saggi  bentonici  sono  fanghiglie  argillose  di  colore  isabellino 
chiaro  se  asciutti,  poco  più  scuro  se  bagnati  ;  sono  poveri  di  so- 
stanza organica,  ma  abbastanza  ricchi  di  Bacillariee. 

Essi  sono  sufficientemente  caratteristici  perchè  contengono 
p.  es.  Campylodìscus  noricus  Ehr.,  Fragiìuria  construens  Ehr.  ed 
altre  forme  bentoniche.  Nel  primo  di  questi  saggi  ho  trovato  42 
specie  delle  quali  tre  nuove  per  il  Veneto,  cioè  :  Epifhemni  gra- 
nulata Kuetz.  che  ho  ritrovato  anche  nel  Veronese  sopra  alcune 
Cladophora  raccolte  in  due  stagni  fuori  di  città  presso  porta  Vit- 
toria ;  Navicula  scutelìoìdeii-  W.  Sm.  trovata  per  la  prima  volta  in 


(1)  Del  Torre  F.  Lo  crittogame  raccolte  o  studiate  nel    distretto    di 
Cividale.  Udine,  1890,  8.» 

(2)  Marinelli  0.  Studi  sul  lago  di  Gavazzo  in    Friuli.    —    Boll.    Soc. 
geogr.  it.  1894,  8." 

(3)  In  "  Nuova  Notarisia  „  anno  1895,  pag.  53-54. 

(4)  De  Toni  E.  Note  sulla  flora  e  fauna  Veneta  e  Trentina.  —  Atti 
dell'  Acc.  di  Udine,  ser.  IP,  voi.  V,  1898,  8." 

(5)  Lorenzi  A.  La  palude  di  Solinibcrgo  in  Friuli.  —  "  In  Alto  „  1899. 

(6)  Forti  Ach.  Il  gen.  Stiyonema  in  Italia.  —  Boll.  Soc,  bot.  it.  1899. 


(3)  CONTEIBITZIONI    DIATOMOLOGICHE    (iv)  443 

Italia  nel  lago  di  Bracciano  dal  dott.  M.  Lanzi  (i)  ;  infine  Navi- 
cuìa  (Phifi.)  stauroptera  Grun.  Neil'  altro  campione  ho  trovato 
solamente  34  forme  tutte  già  rinvenute  nella  A'enezia. 

I  saggi  neritici  del  lago  di  Gavazzo  furono  raccolti  1'  uno  ad 
Interneppo,  l'altro  a  Simpiago.  —  Il  primo  è  formato  dalla  pa- 
tina raschiata  sui  ciottoli  della  sponda,  che  è  in  gran  parte  costi- 
tuita da  piccole  diatomee  peduncolate  cui  sono  frammisti  trico- 
mi di  Oscilhdoria  linìosa  Vauch. 

L'  altro  è  formato  di  fusti  di  Gharaceae  su  cui  erano  fissate 
molte  Diatomee  stipitate  ed  in  mezzo  ai  quali  erano  impigliate 
forme  libero-vaganti. 

II  saggio  raccolto  nel  lago  di  Mediana  è  formato  essenzial- 
mente da  colonie  di  una  Croococcacea  la  Aphanothece  stagnina 
(Spreng.)  A.  Br.  che  costituisce  uno  strato  verde-olivastro.  Fra 
una  cellula  e  l'altra  stanno  piccole  Bacillariee,  parte  fissate,  parte 
semoventi. 

Nel  primo  dunque,  il  più  copioso  di  Bacillariee,  si  trovano 
54  forme  di  Diatomee  di  cui  tre  nuove  per  la  Venezia  e  sono  : 
Gomphonema  acuminatum  var.  pusillum  Grun.,  Naricala  (Pimi.) 
Termes  Ehr.  e  Navicuìa  Tuscula  (Ehr.)  Grun.  che  ho  segna- 
lato per  i  laghi  di  Caldonazzo  e  Levico  nel  Trentino  nell'  altra 
serie  di  questi  lavori  (-),  ed  infine  Navkula  (Diploneis)  Manieri 
Cleve  che,  per  quanto  mi  consta,  è  specie  nuova  per  l' Italia.  — 
Nel  secondo  che  invece  è  il  meno  abbondante  ho  trovate  n.»  28 
forme  di  cui  due  non  mai  rinvenute  nella  Venezia,  cioè  :  Cym- 
helìa  (Cocc.)  gracilis  Ehr.  var.  ìaevis  H.  L.  Sm.  e  Cyrnheììa  (Cocc.) 
leptoceras  (Ehr.)  Kuetz.  Neil'  ultimo  poi  ho  trovate  n.o  38  specie 
di  cui  una  sola  nuova  per  il  Veneto,  il  Gompltoìiema  nionfanum 
(Schum.)  Grun.  Non  è  stata  ancora  rinvenuta  nel  Veneto  la  Sii- 
riraya  robusta  Ehr.  che  ho  osservato  contemporaneamente  in  tutti 
due  i  saggi  neritici  del  lago  di  Gavazzo.  Per  brevità  indicherò 
con  I  e  II  rispettivamente  i  saggi  bentonici  e  con  III,  IV  e  V 
i  neritici  presi  in  considerazione  in  questo  lavoro.  In  conclusione 
sono  n.o  95  le  forme  rinvenute  in  tutti  cinque  i  saggi  di  cui  16 
solamente  ffià  rinvenute  nel  Friuli  da  G.  B.  De  Toni  e  F.  Del  Torre. 


(1)  Lanzi  M.    Le    diatomee   raccolte    nel   lago  di  Bracciano.  —  Atti 
Acc.  P.  N.  Line.  1883. 

(2)  Forti  Aeh.  Contribuzioni  diatomologiclu^,    I-III.    —    Atti    R.    Ist. 
Ven.  tomo  LVllI,  II,  18'J9,  8.» 


444  A.    FOETI  (4) 


Elenco  sistematico  (i) 

*1.  Amphora  oraìis,  Kuetz.  (1833).  Kuetz.  Kies.   pag.  107,    Tab. 
Y,  fig.  35-39,  A.  Schm.  Atl.  Tab.  XXYI,  %  106-111,    De 
Toni,  Syll.  II,  pag.  411,  FI.  Alg.  Yen.  Y,  pag.  67. 
Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  I,  II,  III  e  Y. 


(1)  Lo  forme  astoriseato  sono  state  già  rinvenute  nel  Friuli. 

BIBLIOGRAFIA 

De  Toni  G.  B.  et  Levi  D.  De  Algis  nonnullis  praecipue  Diatomaceis 
inter  Nymphaeaceas  Horti  Botanici  Patavini.  —  Malpighia,  anno  1,  fase. 
IT.  Messina,  1886.  8.° 

De  'Toni  G.  B.  c-X  Levi  D.  Contributiones  ad  plija^ologiani  italicam. 
Diatomacee  nuove  per  la  flora  algologica  del  Veneto.  —  Notarisia,  anno 
I,  fase.  III.  Venezia,  1886,  8.» 

De  Toni  G.  B.  et  Levi  D.  Miscellanea  phycologica,  series  I.  —  Atti 
R.  Ist.  Yen.  Serie  YI%  tomo  IV,  pag.  995.  Venezia,  1886,  8." 

Paoletti  J.  Diatomaeeae  nonnuUae  pliycologiae  Venetae  addendae.  — 
Notarisia,  anno  I,  fase.  IV.  Venezia,  1886,  8.° 

De  Toni  G.  B.  et  Levi  D.  Spigolature  per  la  ficologia  veneta.  — 
Nuovo  Giornale  botanico  italiano,  voi.  XIX,  n.  2.  Firenze,  aprile  1887, 
8"  ;  e  Notarisia,  anno  II,  fase.  I,  pag.  870.  Venezia,  1887,  8.° 

De  Toni  G.  B.  et  Levi  D.  Liste  des  algues  trouvées  dans  h»  tube 
digestif  d'  un  tétard.  —  Bull.  Soc.  bot.  de  Lyon,  1888,  8.» 

Levi  D.  Ricerche  sulla  fitofagia  delle  larve  di  Friganea.  ■ —  Xotari- 
sia,  anno  IV,  fase.  Ili,  pag.  775.  Venezia,  1889,  8.° 

Levi  D.  Elenchi  di  diatomee  rinvenute  nel  tubo  digerente  d'animali 
acquatici.  I.  —  Notarisia,  anno  IV,  fase.  IV.  Venezia,  1889,  8." 

De  Toni  G.  B.  Prima  contribuzione  diatomologica  sul  lago  di  Alle- 
ghe.  —  Bull.  Soc.  bot.  it.  Anno  XXI,  1,  pag.  126.  Firenze,  1889,  8.° 

Del  Torre  F.  Le  crittogame  raccolte  e  studiate  nel  distretto  di  Ci- 
vidale.  Udine,  1890,  tip.  Cooperativa,  8." 

De  Toni  G.  B.  Sulla  Navicula  aponina  Kuetz.  e  sui  generi  Brachy- 
sira  Kuetz.  e  Libellus  Cleve.  —  Atti  del  R.  Ist.  Veneto,  tomo  I,  serie 
VII.»  Venezia,  1890,  8.» 

Levi  Morenos  D.  Nuovi  materiali  per  la  diatomologia  veneta.  — 
Atti  R,  Ist.  Yen.  Voi.  I,  serie  VII.''  Venezia,  1890,  8.« 

De  Toni  G.  B.  et  Levi  D.  Miscellanea  phycologica,  series  I  et  IL  — 
Nuova  Notarisia,  anno  II,  fase.  III.  Padova,  1892,  8.° 

De  Ioni  G.  B.,  Bullo  G.  S.  e  Paoletti  G.  Alcune  notizie  sul  lago  di 
Arquà-Petrarca.  —  Atti  R.  Ist.  Yen,  Tomo  III,  serie  VII."  Venezia,  1894. 

Garbini  A.  Contributo  allo  studio  delle    spongille    italiane.   —   Atti 


(5)  CONTRIBUZIONI    DIATOMOLOGICHE    (iv)  445 

Disfrihiizì'oìie  r/eografìca  nella  Venezia.  —  Acquari  del  K. 
Orto  botanico  di  Padova  (De  Toni  e  Levi).  Tubo  digerente 
di  girini  di  rana  a  Conegliano  (De  Toni  e  Levi).  Fossi  di 
Cividale  (Del  Torre).  Lago  di  Alleghe  (E.  e  G.  B.  De  Toni). 
Larve  di  Friganea  raccolte  negli  stagneti  del  Piave  a  Sotto- 
castello (Levi).  Lago  di  Arquà  Petrarca  (De  Toni).  Lago  di 
Gavazzo  (De  Toni).  Fiume  Tartaro  in  simbiosi  con  Ephydatki 
fluriatiHs,  Lieb.  (Garbini).  Lago  di  Garda  (Kirchner,  Garbini 
e  Forti).  Stagno  Tecchi  in  Yalpantena  (Forti).  Laghi  di  Ne- 
grisola  e  S.  Croce  e  stagno  Botteon  (Forti). 
2.  Amphora  affiniSj  Kuetz.  1844.  Kuefz.  Kies.  pag.  107,  Tab.  XXX, 
fig.  m,  A.  Schm.  Atl.  Tab.  XXX,  fig.  66,  De  Toni,  Syll.  II, 
pag.   112. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  I,  II  e  III. 

Disfrihìfzione  geografica    nella    Venezia.  —   Stagno   Tecchi 
e  sorgente  di  Sominavalle  (Forti).  Lago  di  Negrisola  (Forti). 


doli'  Aec.  di  agr.  arti  e  comm.  di  Verona,  voi.  LXX,  serie  III.'^  Verona, 
1894,  8.» 

Gorhini  A.  Osservazioni  biologiclie  intorno  alle  acque  freaticlie  ve- 
ronesi (AccLuedotto  e  pozzi).  Verona,  Franchini,  1896,  8." 

Garbini  A.  Diatomee  bentoniche  del  lago  di  Garda.  —  Atti  Acc.  di 
agr.  arti  e  comm.  di  Verona,  voi.  LXXIII,  serie  IIP,  fase.  II,  1897,  pag. 
65.  Verona,  1897,  8.° 

Forti  A.  Diatomee  di  Valpantena.  —  Atti  R.  Ist.  Veneto  se.  lett.  a. 
Tomo  IX,  serie  VI['%  1897-98,  pag.  1051.  Venezia,  1898,  8.» 

Garbini  A.  Alghe  neritielie  del  lago  di  Garda.  —  Nuova  Xotarisia, 
serie  X,  fase.  I.  Padova,  1898,  8.» 

Garbini  A.  Ancora  sulle  diatomee  bentoniche  del  lago  di  Garda.  — 
Atti  Acc.  agr.  s.  1.  arti  e  comm.  di  Verona,  voi.  LXXIV,  serie  III",  fase. 
I.  Verona,  1898,  8.° 

Forti  A.  Contributo  alla  conoscenza  della  florula  ficologica  veronese. 
—  Nuova  Notarisia,  serie  IX%  fase.  IV,  Padova,  1898,  S*'  grande. 

De  Toni  G.  B.  e  Levi  I).  Flora  algologiea  della  Venezia.  Parte  V% 
Le  Bacillariee  (Diatomee)  per  G.  B.  De  Toni.  —  Atti  del  R.  Ist.  Ven. 
se.  1.  arti,  tomo  Vili,  serie  VIP,  1896-97.  Venezia,  1898,  8.° 

Forti  A.  Contributo  2°  alla  florula  ficologica  veronese.  —  Nuova 
Notarisia,  serie   X.%  fase.  II.  Padova,  1899,  8°  grande. 

Kirchner  0.  Florula  phycologiea  Benacensis.  —  Atti  del  Civico  fia- 
sco di  Rovereto.  Rovereto,  1899,  8.° 

Forti  A.  Diatomee  dell'  antico  corso  plavense.  Saggi  neritici  raccolti 
dal  prof.  E.  De  Toni  nell'autunno  1896.  —  Nuova  Notarisia,  1899.  Pa- 
dova, 1899,  8^  grande,  con  8  tavole  ed  una  carta. 


446  A.    FORTI  (6) 

3.  Amphom  Pcdicii.lus    (Kuetz.    1844),  Grun.   1875.  Knetz.    Kies. 

pag.  80,  Tab.  V,  fig.  8,  e  VI,  fig.  7,  A.  Schm.  Atl.  Tab. 
XXVI,  fig.  99,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  412. 

Distribuzione  nei  !^a(/(/i.  —  Nel  I  e  III. 

Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Lago  di  Garda 
(Garbini,  Kirchiier).  Lago  di  Negrisola  (Forti). 

4.  Cymbella  Ehrenbergii,  Kuetz.   1844.  Kiietz.  Kies.  pag.   79,  Tab. 

VI,  fig.  II,  A.  Schm.  Atl.  Tab.  IX,  fig.  6-9,  Tab.  LXXI,  fig. 
74,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  349,  FI.  alg.  Ven.  pag.  64. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  I,  II  e  III. 

Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Acquari  del  R. 
Orto  bot.  di  Padova  (De  Toni  e  Levi).  Tubo  digerente  di 
Friganea  raccolti  negli  stagnoli  del  Piave  a  Sottocastello  (Levi). 
Lago  di  Alleghe  (De  Toni).  Acque  del  Cividalese  (Del  Torre). 
Lago  di  Garda  (Garbini).  Lago  di  Negrisola  (Forti). 

5.  Cgtnbella  niicrocephala,  Grun.  1880.  V.  Hck.  Syn.  pag.  63,  Tab. 

Ili,  fig.  36-39,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  3.53. 

Distribuzione  nei  saggi.   —  Nel  IV. 

Distribazione  geografica  nella  Venezia.  —  Benaco  (Garbini, 
Kirchner).  Laghi  di  S.  Croce,  Restello  e  Negrisola  (Forti). 

6.  Cymhella  (Cocconema)  graciUs,  Ehr.  1838,  var.  leris,  H.  L.   Sni. 

Diat.  Sp.  typ.  quo  tempore.  V.  Hck.  Syn.  pag.  62,  Tab.  Ili, 
fig.  7,  A.  Schm.  Atl.  Tab.  X,  fig.  23,  De  Toni,  Syll.  II,  pag. 
352. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  IV. 

Distribuzione  geografica  neUa   Veìiezia.  —  Nuova. 

7.  Cgmbelki    (Cocconema)    cymbiformis    (Kuetz.    1833),    de    Bréb. 

1855  =  Cgnibella  variabilis,  Heib.  1863,  prò  parte.  A.  Scìtm. 
Atl.  Tab.  IX,  fig.  76-79,  Tab.  X,  fig.  13,  27a,  De  Toni,  Syll. 
II,  pag.  363,  FI.  Alg.  Ven.  V,  pag.  61. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  I,  IV  e  V. 

Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Sulle  foglie  delle 
Nymphaeaceae  negli  acquari  dell'Orto  botanico  Padovano  (De 
Toni  e  Levi).  Lago  di  Arquà  Petrarca  (De  Toni).  Lago  di 
Garda  (Garbini,  Kirchner).  Adige  (Forti).  Laghi  S.  Croce,  Re- 
stello e  Negrisola,  stagno  Botteon  e  stagno  nel  bacino  del 
lago  Restello  (Forti). 
7.''^*  Cymbella  (Cocc.)  cyììibiforìuix,  var.  j)((rr((,  AV.  Sni.  1853.  W. 
Sm.  Brit.  Diat.  I,  pag.  76,  fig.  222,  A.  Srìnn.  Atl.  Tab.  X, 
fig.   14-15,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  364. 


(7)  CONTRIBUZIONI    DIATOMOLOGICHE    (iv)  447 

Disfrihiizione  nei  saggi.  —  Nel  II. 

Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Stagno  Botteon, 
lago  Restello,  di  S.  Croce  e  di  Negrisola  (Forti). 

8.  Cymhella  (Cocc.)  helvetica.,  Kuetz.   1844.  Knetz.  Kies.  pag.  79, 

Tab.  VI,  fig.  13,  A.  Sclnn.  Atl.  Tab.  X,  fig.  18.r  e  21,  Uè 
Toni,  Syll.  II,  pag.  366. 

Distribuzione  nei  saggi.   —   Nel  lY. 

Disfrihiizione  geografica  nella  Venezia.  —  Lago  di  Garda 
(Garbini,  Kirchner,  Forti).  Laghi  di  S.  Croce  e  Restello,  stagno 
Botteon  (Forti). 

9.  Cgmhella  (Vocconema)  lanceolata  (Ehr.  1838),   Kirchn.  1878.  J. 

Bnni,  Diat.  AIp.  et  du  .Tura,  pag.  57,  Tab.  Ili,  fig.  10,  A. 
Schnì.  Atl.  Tab.  X,  fig.  8-10,  Tab.  LXXII,  fig.  22-25,  De 
Toni,  Syll.  II,  pag.  362,  FI.  Alg.  Yen.  Y,  pag.  62. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  III  e  Y. 

Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Acquari  del  R.  Orto 
bot.  di  Padova  (De  Toni  e  Levi).  Lago  di  Alleghe  (De  Toni). 
Tubo  digerente  di  larve  di  Friganea  raccolta  negli  stagneti 
del  Piave  presso  Sottocastello  (Levi)  e  di  girini  a  Conegliano 
(De  Toni  e  Levi).  Lago  di  Garda  (Kirchner,  Garbini).  Laghi 
di  S.  Croce,  di  Restello  e  di  Negrisola,  stagno  Botteon  (Forti). 

10.  Cgmhella  (Cocc.)  gastroides,    Kuetz.   1844.  Knetz.  Kies.    pag. 

73,  Tab.  YI,  fig.  4.h,  V.  Hck.  Syn.  pag.  63,  Tab.  II,  fig.  8, 
De  Toni,  Syll.  II,  pag.  361,  FI.' Alg.  Yen.  Y,  pag.  62. 

Disfrihiizione  nei  saggi.   —  Nel  lY  e  Y. 

Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Fanghiglia  del 
torrente  Monticano  presso  Conegliano  (De  Toni  e  Levi).  Lago 
di  Arquà  Petrarca  (De  Toni).  Lago  di  Garda  (Garbini  e  Kir- 
chner). Laghi  di  S.  Croce,  Restello  e  Negrisola,  stagno  nel 
bacino  del  lago  Restello  (Forti). 

11.  CymbeUa  (Cocc.)  leptocera>^  (Ehr.  1838);  Rab.  1853.  R<tb. 
Suessw.  Diat.  Tab.  YII,  fig.  14,  V.  Hck.  Syn.  pag.  62,  Tab. 
Ili,  fig.  24,  De   Toni,  Syll.  II,  pag.  353. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  lY. 
Distribuzione  geogràfica,  nella   Venezia.  —  Nuova. 

12.  Cgmbella  (Cocconcma)  affììiis,  Kuetz.   1844.  Kuetz.  Kies.  pag. 

80,  Tab.  YI,  fig.  15,  A.  Schm.  Atl.  Tab.  IX,  fig.  29,  38, 
Tab.  LXXII,  fig.  28-29,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  352,  FI. 
.Vlg.  Yen.  Y,  pag.   63. 

Distribuzione  nei  saggi.  —   Nel  lY  e  Y. 


448  A.  roETi  (8) 

Distribuzione  f/eografica  nella  Venezia.  —  In  una  fontana 
in  città  a  Belluno  (Levi).  Lago  di  Arquà  Petrarca  (De  Toni). 
Lago  di  Grarda  (Garbini).  Stagno  Tecchi  in  Yalpantena  (Forti). 
Laghi  di  S.  Croce  e  Restello,  stagno  Botteon  (Forti). 

13.  Cipnbella  (Encyonema)  <jracilis.,  Rab.  1853.  Rab.  Suessw.  pag. 

25,  Tab.  X,  suppl.  fig.'l,  A.  Schm.  Atl.  Tab.  LXXII,  fig.  20, 
21,  Tab.  X,  fig.  36-37,  39-40,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.   373. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  I. 

Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Lago  di  Garda 
(Garbini).  Laghi  di  S.  Croce  e  di  Negrisola  (Forti). 

14.  Cgmhella  (Encgon.)  ventricosum,  Ag.  1827.  W.  Sm.  Brit.  I, 
Tab.  II,  fig.  23,  V.  Hck.  Syn.  pag.  65,  Tab.  Ili,  fig.  14,  De 
Toni,  Syll.  II,  pag.  373,  FI.'  Yen.  Y,  fig.  69,  Bizz.  FI.  Yen. 
Critt.  II,  pag.  51. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  In  tutti  cinque. 

Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Nelle  acque  dolci 
a  Follina  nel  Trevisano  e  nel  lago  di  Alleghe  nel  Bellunese 
(De  Toni).  Negli  acquari  dell'  Orto  botanico  di  Padova  (De 
Toni  e  Levi).  In  un  tubo  digerente  d'un  girino  di  rana  a 
Conegliano  e  nel  torrente  Monticano  (De  Toni  e  Levi).  A  Bel- 
luno (Levi).  Adige  (Forti).  Benaco  (Kirchner,  Garbini  e  Forti). 
Laghi  di  S.  Croce,  Restello  e  Negrisola,  stagno  Botteon  (Forti). 

15.  Cijmhella  (Encgonema)  c(fespitosa,  Kuetz.  1849.  ir.  Sm.  Brit. 
II,  pag.  68,  Tab.  LY,  fig.  346,  A.  Schm.  Atl.  Tab.  X,  fig. 
67-58,  60-62,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  372. 

Distribuzione  nei  saggi.  —   In  tutti  meno  il  II. 

Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Lago  di  Garda 
(Kirchner,  Garbini).  Laghi  di  S.  Croce  e  di  Negrisola,  stagno 
Botteon  (Forti). 

16.  Navicula  (Stauroneis)  anceps,  Ehr.  1838.  Kuetz.  Kies.  pag.  105, 

Tab.  XXIX,  fig.  4,  V.  Hck.  Syn.  pag.  68-69,  Tab.  lY,  fig. 
2-3,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  211. 

Distribuzione  nei  saggi.  — •  Nel  III. 

Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Stagno  Tecchi  in 
Yalpantena  (Forti).  Lago  di  Garda  (Kirchner,  Garbini).  Lago 
di  Negrisola  (Forti). 

17.  Navicula  (Fleurostauron)   Smithii,  (Bréb.   1855).  Grun.   1860. 

V.  Hck.  Syn.  Tab.  lY,  fig.  10,  Grun.  Ueb.  neue  und  ung. 
bek.  Arten.  pag.  564,  Tab.  lY,  fig.  16,  De  Toni,  Syll.  II, 
pag.  223,  sub.   Pleurostauro  legumine  (Ehr.),  Rab. 


(9)  CONTEIBUZIONI    DIATOMOLOGICHE    (iv)  449 

Bhtr ih  lezione  nei  saggi.  —  Nel  III. 
Distribuzione  geografica  nella   Venezia.  —  Nuova. 

18.  Navicula  (Piinmlaria)  Tennes,  Ehr,  1840.  V.  Hck.  Syn.  pag. 
80,  Tab.  VI,  fig.  10-11,  A.  Schm.  Atl.  Tab.  XLV,  fig.  52-53, 
70,  Be  Toni,  Syll.  II,  pag.  32. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  III. 
Distribuzione  geografi  va  nella   Venezia.  —  Nuova. 

19.  Navicida  (Pimi.)  mesolepta,  Ehr.   1840.  Kuetz.  Kies.  pag.  101, 

Tab.  XXVIII,  fig.  73,  Tab.  XXX,  fig.  34,  A.  Schm.  Atl. 
Tab.  XLV,  fig.  52-53,  70,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  32. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  III. 

Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Tubo  digerente 
di  larva  di  Friganea  raccolta  nelle  acque  del  Piave  a  Lam- 
bioi  (Levi).  Lago  di  Negrisola  (Forti). 

20.  Naricula  (Pinnularia)  stauroptera,  Grun.  1860.  6^yv/«.  in  Wien. 
Verhdl.  der  zool.  bot.  Ges.  pag.  516,  Tab.  II,  fig.  18,  A.  Scimi. 
Atl.  Tab.  XLIV,  fig.  39-41,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  25. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  I. 

Distribuzione  geografica  nella   Venezia.  —  Nuova. 

21.  Navicula  (Pinn.)  bicapitata,  Lag.  1873.  V.  Hck.  Syn.  pag.  78, 

Tab.  VI,  fig.  14,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  27. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  III. 

Distribuzione  geografica  nella,   Venezia.  —   Lago  di  Negri- 
sola  (Forti). 
*22.  Navicula  (Pinnularia)   piridis  (Nitzsch,  1817),  Kuetz.   1844. 
Kuetz.  Kies.  pag.  97,  Tab.  IV,  fig.  18,  Tab.  XXX,  fig.  12, 
A.  Schm.  Atl.  Tab.  XLIT,  fig.  11-14,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  11. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  II  e  III. 

Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  — -  In  un  fosso  fuori 
Porta  Po  tello  a  Padova  (Paoletti).  Lago  di  Gavazzo  (De  Toni). 
Tubo  digerente  di  una  larva  di  Friganea  nelle  acque  del  Piave 
a  Lambioi  (Levi).  Stagno  Tecchi  e  sorgente  di  Sommavalle  in 
Valpantena  (Forti).  Lago  di  Garda  (Kirchner,  Garbini).  Lago 
di  S.  Croce,  di  Restello  e  di  Negrisola  e  stagno  Botteon  (Forti). 
22.^^^  Navicula  (Pinn.)  viridis,  \a,r.  commutata,  Grun.  1881.  Clere, 
Nav.  pag.  91,  Grun.  ap.  A.  Schm.  Atl.  Tab.  V,  fig.  6,  De 
Toni,  Syll.  Il,  pag.   11. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  V. 

Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Laghi  di  S.  Croce 
e  Negrisola,  stagno  iij^I  bacino  del  lago  Restello  (Forti). 


450  A.    FOETI  (10) 

23.  Navicula  (Pimi.)  maw)\  Kuetz  (1833).  Knefz.  Kies.  pag.  97, 
Tab.  IV,  %.  19-21,  A.  Mini.  Atl.  Tab.  XLY,  fig.  8,  De 
Toni,  Syll.  II,  pag.   10,  FI.  Alg.  Yen.  Y,  pag.  22. 

Distribuzione  nei  saggi.    —  Nel  III  e  lY. 

Disfrihuzione  geognificci  nella  Venezia.  —  Sulle  foglie  delle 
Ninfeacee  del  R.  Orto  bot.  di  Padova  (De  Toni  e  Levi). 
Nel  tubo  gastrico  di  un  girino  di  rana  a  Conegliano  (De 
Toni  e  Levi).  Lago  di  Grarda  (Kirchner,  Garbini).  Lago  di 
Negrisola,  stagno  di  Botteon  (Forti). 
*24  Navieuìa  radiosa,  Kuetz.  1844.  Kuetz.  Kies.  pag.  91,  Tab. 
lY,  fig.  23,  A.  Schm.  Atl.  Tab.  XLYII,  fig.  50-52,  De  Toni, 
Syll.  II,  pag.  37,  FI.  Alg.  Yen.  Y,  pag.  25. 

Distribuzione  nei  saggi.   —  In  tutti. 

Diiitrihìizione  geografica  nella  Venezia.  —  Foglie  delle  Nin- 
feacee  negli  acquari  del  R.  Orto  botanico  Padovano  (De 
Toni,  Levi).  Tubi  gastro-enterici  dei  girini  di  rana  raccolti  a 
Conegliano  (De  Toni  e  Levi).  A  Belluno  (Levi).  Lago  di  Ospe- 
daletto  (De  Toni).  Adige  (Forti).  Lago  di  Garda  (Kircbner, 
Garbini  e  Forti).  Laghi  di  S.  Croce,  Restello  e  Negrisola, 
stagno  Botteon  (Forti). 
24.^'' Xarir ala  xidiosa,  var.  arata  (W.  Sm.  1853),  Grun.  1860. 
ir.  Sm.  Brit.  I,  pag.  56,  Tab.  XYTIT,  fig.  171,  De  Toni, 
Syll.  II,  pag.  42. 

Distribuzione  nei  saggi.   —  In   tutti. 

Distribuzione  geografica  nella    Venezia.  —    Lago  di   Garda 
(Garbini).  Laghi   di    S.    Croce,   Restello   e   Negrisola,    stagno 
Botteon  (Forti). 
24.*'^'"  Navicula  radiosa,  var.  tendi  a,  de  Bréb.   1849.    V.  Hck.  Syn. 
pag.  84,  Tab.  YII,  fig.  21-22,  De  Toni,  Syll.  pag.  42. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  lY. 

Distribuzione  geografica  nel  Veneto.  —  Sorgente  di  Soni- 
mavalle  in  Yalpantena  (Forti).  Laghi  di  S.  Croce,  Restello 
e  di  Negrisola,  stagno  Botteon  (Forti). 
25.  Navicula  cryptocephala,  Kuetz.  1844.  Kuetz.  Kies.  pag.  95, 
Tab.  Ili,  fig.  23,  V.  Hck.  Syn.  pag.  84,  Tab.  YIII,  fig.  1  e 
3,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  46,  FI.  Alg.  Yen.  Y,  pag.  26. 

Distribuzione  nei  saggi.  —   In  tutti. 

Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Lago  di  Alleghe, 
di  Arquà  Petrarca  (De  Toni).  A  Belluno  (Levi  Morenos). 
Stagno  Tecchi,   sorgente  Zorzi,  in  Yalpantena  (Forti).  Benaco 


(11)  CONTRIBUZIONI    DIATOMOLOGICHE    (iv)  451 

(Kircliner,  Garbini  e  Forti).  Lago  di  S.  Croce  e  di  Negrisola, 
stagno  Botteon  (Forti). 

26.  XnvìcuJa  Gasfruni,  Ehr.  1843.  Ktietz.  Kies.  pag.  94.  Tab. 
XXTin,  fig.  562,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  53. 

DiMrihimone  nei  saggi.  —  Nel  \. 

Distribuzione  geografica  neìla  Venezia.  —  Laghi  Eestello 
e  di  Negrisola  (Forti). 

27.  Navicala  hmceo/afa  (C.  Ag.  1827?  Kg.  1833),  A.  Schni.  1875. 
Kuetz.  Kies.  pag.  94,  Tab.  XXX,  fig.  48,  A.  Schm.  Mi.  Tab. 
XLYII,  fig.  49,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  57. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  IH. 

Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Stagno  Tecchi  e 
sorgente  Zorzi  in  Talpantena  (Forti).  Lago  di  Garda  (Kir- 
chner,  Garbini,  Forti).  Laghi  di  S.  Croce  e  di  Negrisola,  ru- 
scello alla  frana  di  Nove  (Forti). 

28.  Navicula  Placentula  (Ehr.  1843),  Kuetz.  1844.  Kuetz.  Kies. 
pag.  94,  Tab.  XXYIII,  fig.  37,  T^  HcL  Syn.  Tab.  YIII,  fig. 
26,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  55. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  I. 

Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Lago  di  Garda 
(Kirchner). 

29.  NacicaJa  anglica,  Ralfs,   1861.  Bruii,  Diat.  Alp.  et  du  J.  pag. 

74,  Tab.  Vili,  fig.   14,  De   Toni,  Syll.  II,  pag.  56. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  lY. 

Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Fra  le  Ninfeacee 
nel  R.  Orto  botanico  di  Padova  (De  Toni,  Levi).  Tubo  di- 
gerente di  girini  di  rana  esculenta  provenienti  da  Conegliano 
(De  Toni,  Levi).  Lago  di  Negrisola  (Forti). 

30.  Navicula  (Diploneis)  ovalis,  Hilse,   1861.  JV.  Sm.  Brit.  I,  pag. 

48,  Tab.  XYII,  fig.  153,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  89. 
Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  I. 
Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Lago  di  Negrisola. 

31.  Navicula  (DipUmeis)  Manieri,  Brun.  1879.  Diat.  des  A.  et  du 
Jura,  pag.  77,  Tab.  I,  fig.   18,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.   178. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  III. 

Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Nuova,  e  nuova 
pure,  per  quanto  mi  sembra,  per  l'Italia.  —  J.  Brun  la  no- 
tifica primo,  trovata  nel  lago  Lemano  ;  Cleve  poi  nella  sua 
Monografia  delle  rafidec  la  sognala  per  il  lago  Yetter  nella 
Svezia. 


452  A.    FORTI  (12) 

*32.  NiU'icuJa  (DìploneU)  elliptica.,  Kuetz.  1844.  Kuetz.  Kies.  pag. 
98,  Tab.  XXX,  fig.  55,  A.  Schm.  Atl.  Tab.  YII,  fig.  29-32, 
De   Toni,  SylI.  II,  pag.  89,  FI.  Alg.  Yen.  Y,  pag.  28. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  In  tutti  meno  che  nel  TU. 

Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Lago  di  AUeghe 
(De  Toni).  Lago  d'Arquà  (De  Toni).  Nei  fossi  del  Cividalese 
(Del  Torre).  Lago  di  Garda  (Kirchner,  Garbini).  Lago  di  S. 
Croce  e  di  Negrisola,  stagno  Botteon,  ruscello  discendente 
dalla  frana  di  Nove  (Forti).  Sorgente  di  Sommavalle  in  Yal- 
pantena  (Forti). 

33.  Navicula  (Dipìonels)  scuteVoides,  W.  Sm.  1857.  Grim.  in  Wien. 

Yerh.  1860,  pag.  533,  Tab.  Ili,  fig.  15,  A.  Schm.  Atl.  Tab. 
YI,  fig.  34,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  133. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  I. 

Distribuzione  geografica  nella    Venezia.  —  Nuova. 

34.  Navicuhf   Tuscula,  Ehr.   1840.    V.  Hck.  pag.  95,  Tab.  X,   fig. 

14,  Kuetz.  Kies.  pag.   10(3,  Tab.  XXI,  fig.  9,  De  Toni,  Syll. 
II,  pag.   113. 

Distribuzione  nei  saggi.   —  Nel  III. 

Distribuzione  geografica  nella    Venezia.  —  Nuova. 

35.  Navicula  Pupula,  Kuetz.  1844.  Kuetz.  Kies.  pag.  93,  Tab. 
XXX,  fig.  40,  V.  Hck.  Syn.  pag.  100,  Tab.  XIII,  fig.  15-lfi, 
De  Toni,  Syll.  H,  pag.  162,  FI.  Alg.  Yen.   V,  pag.  36. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  I,  III  e  Y. 

Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Lago  di  Arquà 
Petrarca  (De  Toni).  Stagno  Tecchi  in  Yalpantena  (Forti). 
Lago  di  Garda  (Kirchner,  Garbini).  Stagno  Botteon  e  lago 
Restello  (Forti). 

36.  Naricula  cuspidata,  Kuetz.  1844.  Kuetz.  Kies.  pag.  94,  Tab. 
Ili,  fig.  24,  W.  Sm.  Brit.  I,  pag.  47,  Tab.  Ili,  fig.  24,  De 
Toni,  Syll.  Il,  pag.  136,  FI.  Alg.  Yen.  Y,  pag.  35. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  IH. 

Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Stagno  Tecchi 
in  Yalpantena  (Forti).  Lago  di  Garda  (Garbini).  Lago  di  Ne- 
grisola  (Forti). 

37.  Navicula  (Caloneis)  limosa,  Kuetz.  1844.  Brun,  Diat.  Alp.  et 
du  Jura,  pag.  73,  Tab.  LIT,  fig.  12,  V.  Hck.  Syn.  pag.  103, 
Tab.  XII,  fig.  18,  De  Toni,  Syll,  II,  pag.  147,  FI.  Alg.  Yen. 
A^  (sub.   N.   Silicula  Ehr.),  pag.  32. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  I  e  IL 


(13)  CONTEIBUZIONI    DIATOMOLOGICHE    (iv)  45S 

Distriìmzione  f/eo(/r((fie(f  nella  Venezia.  —  Acque  dolci  a  lento 
corso  presso  Follina  nel  Trevigiano  (E.  e  G.  B.  De  Toni). 
Nelle  larve  di  Friganea  a  Belluno  (Levi).  Lago  di  Arquà  (De 
Toni).  Lago  di  Garda  (Kirchner,  Garbini).  Laghi  di  S.  Croce 
e  Restello,  stagno  liotteon  (Forti). 
3y  bis  ]\\(c/rnla  linìosa,  var.  gihheni'a,  Kuetz.  1844.  Knetz.  Kies. 
pag.  101,  Tab.  TU,  fig.  50,  W.  Sm.  Brit.  I,  pag.  51,  Tab. 
XVII,  fig.  160,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  148,  FI.  Alg.  Yen. 
pag.  32,  sub.  iV.   Silicula. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  I. 

Distribuzione  geografica  nella   Venezia.  —  Lago  di  S.  Croce 
(Forti). 

38.  Navicula  (Neidium)  amphigomphus.  Ehr.  1843.  Kuetz.  Kies. 
pag.  93,  Tab.  XXVIII,  fig.  50-41,  A.  Schm.  Atl.  Tab.  XLIX, 
fig.  9,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.   154. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  I  e  III. 
Distribuzione  geografica  nella   Venezia.  —  Lago    di  Garda 
(Garbini,  Kirchner).  Lago  di  Negrisola  (Forti). 

39.  Navicula  (Neidium)  producta,  W.  Sm.  1853.  W.  Sm.  Brit.  I, 
pag.  51,  Tab.  XVII,  fig.  144,  A.  Schm.  Atl.  Tab.  XLIX,  fig. 
37-39,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  154. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  III. 

Distribuzione  geografica  nella    Venezia.  —  Sorgente   Zorzi 
in  Valpantena  (Forti).  Lago  di  Negrisola  (Forti). 

40.  Na incula  (Neidium)  affinis,  Ehr.  1842.  Kuetz.  Kies.  pag.  95, 
Tab.  XXVIII,  fig.  65,  Tab.  XXX,  fig.  45-46,  A.  S-hm.  Atl. 
Tab.  XLIX,  fig.  4-5,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.   155. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  III. 

Distribuzione  geografica  nella   Venezia.   —  Lago  di    Garda 
(Garbini,  Kirchner). 

41.  Navicula   (Frustulia)  vulgaris  (Thw.   1847),    De  Toni,    1891. 

W.   Sm.  Brit.  II,  pag.  70,  Tab.  LVI,  fig.  351,  De  Toni,  Syll. 
II,  pag.  280. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  I. 

Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Foglie  delle  Nin- 
feacee  negli  acquari  dell'Orto  botanico  di  Padova  (De  Toni). 
Tubi  digerenti  di  girini  di  rana  a  Conegliano  (De  Toni  e 
Levi).  Lago  di  Arquà  (De  Toni).  Lago  di  Garda  '^Forti).  Laghi 
di  S.  Croce  e  Negrisola  (Forti). 
*42.  Pleurosigma  (Ggrosigma)  attenuatum  (Kuetz.   1833),   W.  Sm. 


454  A.    FORTI  (14) 

1853.  Kuetz.  Kies  pa,i?.  102,  Tab.  lY,  %.  28,   W.Sm.  Brit. 

I,  pag.  68,  Tab.  XXII,  fig.  216,  X>e   Tow/,  Hyll.  II,  pag.  249. 
Distribuzione  nei  saggi.  —  In  tutti  meno  che  nel  IV. 

■  ■  Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  In  una  fontana 
ai  giardini  pubblici  di  Venezia  (D.  Levi-Morenos).  Fossi  del 
Cividalese  (Uel  Torre).  Lago  di  Gavazzo  (De  Toni).  Lago  di 
Garda  (Kirchner,  Garbini).  Laghi  di  8.  Croce  e  di  Negrisola 
(Forti). 

43.  Gomphonema  constricfum,  Ehr.  1830.  Kuetz.  Kies.  pag.  86, 
Tab.  XIII,  fig.  I,  1-3  e  IV,  W.  Sin.  Brit.  I,  pag.  78,  Tab. 
XXVIII,  fig.  236,  De  Toni,  Syll.  Il,  pag.  421,  FI.  Alg.  Ven. 
V,  pag.   71. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  III  e  nel  V. 
Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Nelle  acque  dolci 
del  Veneto  senza  indicazione  di  località  precisa  (Bizzozzero). 
Sulle  Vaucheria  e  sulle  Ninfeacee  nei  fossati  e  negli  acquari 
del  regio  Orto  botanico  di  Padova  (De  Toni  e  Levi).  Nei  tubi 
digerenti  di  girini  raccolti  presso  Gonegliano  (De  Toni  e 
Levi).  Laghi  di  AUeghe  e  di  Arquà  (De  Toni).  Lago  di 
Garda  (Garbini,  Kirchner).  Laghi  di  S.  Croce,  Restello  e  di 
Negrisola,  stagni  Botteon  e  nel  bacino  del  lago  Restello  (Forti). 

43.*'"*  Gontphonema  constrictum,  var.  capitai um,  Ehr.  1838.  Kuetz. 
Kies.  pag.  86;  Tab.  XVI,  fig.  II,  et  Tab.  XXI,  fig.  XIII,  W. 
Sm.  Brit.  I,  pag.  80,  Tab.  XXVIII,  fig.  237,  De   Toni,  Syll. 

II,  pag.  422. 

Distribuzione  nei  saggi.  ■ — •  Nel  I. 

Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Tubo  gastro-en- 
terico di  larva  di  una  Friganea  raccolta  nelle  acque  del  Piave 
a  Lambioi  (Levi).  Lago  di  Garda  (Kirchner,  Garbini). 
*44.  Gompìionema  acuminatum,  Ehr.  1838.  Kuetz.  Kies.  pag.  86, 
Tab.  XIII,  fig.  I,  7  e  IV,  W.  Sm.  Brit.  I,  pag.  79,  Tab. 
XXVIII,  fig.  238a  a,  b,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  423. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  III  e  IV. 

Distribuzione  geografica  nella-  Venezia.  —  Sulle  Vaucheria 
nei  fossi  dell'Orto  botanico  Padovano  (De  Toni  e  Levi).  Nei 
fossi  dei  dintorni  del  distretto  di  Cividale  (Del  Torre).  Lago 
di  Arquà  (De  Toni).  In  simbiosi  sullo  spongiario  Epìiydatia 
fiuviatilis  Lieb.  nel  fiume  Tartaro  a  Gazzo  (Garbini).  Stagno 
Tecchi  in  Valpantena  (Forti).  Lago  di  Garda  (Garbini,  Kirch- 
ner). Laghi  di  Restello  e  di  Negrisola  (Forti). 


(15)  CONTRIBUZIONI    DIATOMOLOGICHE    (iv)  455 

44.'''^  Gomplionenìd  acuminatuni,  var.  hificeps,  H.  Y.  H.    V.    Hrk. 
Syn.  pag.  86  Tab.  XXIII,  fig-.   17,  Cleve,  Nav.  pag.   184. 
Disfi  ih HS/'oiie  nei  >^(f !/(/>'■   —  Nel  I. 
Disti ihu.zione  (ipofirapra  ìtrìht    Veìiczia.  —   Stagno  Teechi  e 
sorgente  Zorzi  in   Valpantena,  stagno  Botteon,  laghi  Kestello 
e  (li  Negl'isola  (Forti). 
44."^'"  Gomph.  ((cuminaium,  var.  pusilliim,  Grun.  1880.  V.  Hcìc.  Syn. 
Tab.  XXIII,  fig.   19,  deve,  Nav.  pag.  184. 
Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  III. 
Distribuzione  geografica  nella   Venezia.  —  Nuova. 

45.  Gomphonema  mnnfnnum  (Schum.   1862),   Grun.   1880.  V.  Hrk. 

Syn.  pag.  124,  Tab.  XXIII,  fig.  33-36,  Cleve,  Nav.  pag.  184 
(sub  G.  subcìavato). 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  Y. 

Distribuzione  geografica  netta    Venezia.  —  Nuova. 

46.  Gomphonema  intricatnm,  Kuetz.  1844.  V.  TIck.  Syn.  pag.  126, 
Tab.    XXIY,  fig.    28-29,  De   Toni,    SylI.  II,  pag.  428. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  I,  lY  e  Y. 

Distribuzione  geografica  netta  Venezia.  —  In  un  fosso  a  Co- 
negliano  (Levi).  Lago  di  Garda  (Garbini,  Kirchner).  Laghi  di 
S.  Croce,  Restello  e  di  Negrisola  (Forti). 

47.  Gompjlionema   Vibrio,  Ehr.   1843.  Kaetz.  Kies.  pag.  87,    Tab. 

XXIX,  fig.  85,    V.  Hck.  Syn.  Tab.  XXIY,  fig.  26-27. 

Distribuzione  nei  saggi.   —  Nel  lY. 

Distribuzione  geografica  nelta  Venezia.  —  Lago  di  Garda 
(Kirchner).  Stagno  nel  bacino  del  lago  Restello  (Forti). 

48.  Gomphonema  pulvinatwn,  A.  Br.  ap.  Rab.  1853.  i?«è.  Suessw. 
diat.  pag.  58,  Tab.  YIII,  fig.  16,  V.  Hck.  Syn.  Tab.  XXIY, 
fig.  32-33  (sub.  G.  intricato),  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  427 
(sub.   G.  dichotliomo) . 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  III  e  Y. 
Distribuzione  geografica  nelta   Venezia.  —  Nuova. 

49.  Gomphonema  parrutnm  (Kuetz.  1844),  Grun.  1880.  Kuetz. 
Kies.  pag.  83,  Tab.  XXX,  fig.  63,  V.  Hck.  Syn.  pag.  125, 
Tab.  XXY,  fig.  9,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  429. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  lY  e  Y. 
Distribuzione  geografica  nella   Venezia.  —  Lago  di    Garda 
(Kirchner,  Garbini).  Stagno  nel  bacino  del  lago  Restello  (Forti). 

50.  AcJmantJtes  (Aclirtantliidiìim)  fiexella,  Bréb.  1849.  Kuetz.  Kies. 
pag.  80,  Tab.  lY,  fig.  14,  IF.  Sm.  Brit.  I,  pag.  21,  Tab.  Ili, 
fi^.  23;  De  Toni,  Syll.  Il,  pa^.  488. 


456  A.    FORTI  (16) 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  Y. 

Distribuzione  geografica  netta  Venezia.  —  Lago  di  Garda 
(Kirchner,  Garbini).  Lago  di  S.  Croce  (Forti). 

51.  Achnanthes  (Microneis)  minutissima^  Kuetz.  1833.  Kuetz.  Kies. 

pag.  75,  Tab.  XIII,  fig.  II,  e  Tab.  XIY,  fig.  IV,  2i,  Tab. 
XXI,  fig.  2,  W.  Sm.  Brit.  II,  Tab.  Ili,  fig.  30,  De  Toni, 
Syll.  II,  pag.  484,  FI.  Alg.  Yen.  Y,  pag.  84. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  III  e  lY. 

Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Sulle  cloroficee 
filamentose  delle  aeque  dolci  presso  Yenezia  (Zanardini).  Nel 
tubo  digerente  di  girini  presso  Conegliano  (De  Toni  e  Levi). 
Tubo  digerente  di  larve  di  Friganea  raccolte  negli  stagneti 
del  Piave  a  Sottocastello  (Levi).  Stagno  Tecchi  e  sorgente 
Zorzi  in  Yalpantena  (Forti).  Terme  d'Abano  (De  Toni).  Lago 
di  Garda  (Kirchner,  Forti).  Laghi  di  S.  Croce,  Restello  e  di 
Negrisola,  stagno  Botteon  e  nel  bacino  del  lago  Restello,  ru- 
scello della  frana  di  Nove  (Forti). 

52.  Achnanthes  exiliSj  Kuetz.  1833.  Kuetz.  Kies.  pag.  76,  Tab. 
XXI,  fig.  4,  W.  Sm.  Brit.  II,  pag.  29-30,  Tab.  XXXYII, 
fig.  303  e  303  (i.  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  483,  FI.  Alg.  Yen. 
Y,  pag.  83. 

Distribuzione  nei  saggi.   —  Nel  lY. 

Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Tubi  digerenti  di 
girini  di  rana  raccolti  presso  Conegliano  (De  Toni  e  Levi). 
Sorgente  di  Sommavalle  in  Yalpantena  (Forti).  Tubo  digerente 
di  larva  di  Friganea  raccolta  negli  stagni  del  Piave  presso 
Sottocastello  (Levi).  Adige' su  Cladophora  glomerata  (Lin.), 
Kuetz.  (Forti).  Nel  tubo  intestinale  di  una  Trygon  violacea,  Cuv. 
pescata  nell'  Adriatico  (De  Toni).  Lago  di  Garda  (Garbini, 
Kirchner).  Laghi  di  S.  Croce,  Restello  e  di  Negrisola,  stagno 
Botteon  (Forti). 

53.  Cocconeìs  Placentula,  Ehr.  1838.  Kuetz.  Kies.  pag.  133,  Tab. 
XXYIII,  fig.  13,  A.  Schm.  Atl.  Tab.  CXCII,  fig.  38-51,  Tab. 
CXCI,  fig.  1,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  454. 

Distribuzione  nei  saggi.   —  Nel  III  e  lY. 

Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Negli  acquari  e 
fossati  dell'Orto  botanico  di  Padova  (De  Toni  e  Levi).  Lago 
di  Arquà  (De  Toni).  Acquedotto  veronese  (?  Garbini).  In  sim- 
biosi con  la  spongilla  Ephgdatia  fiiunatUis,  Liebk.  nel  fiume 
Tartaro  a  Gazzo  nel  Veronese  (Garbini  !).  Nel  tubo  digerente 


(17)  CONTKIBUZIONI    DIATOMOLOGICHE    (iv)  457 

di  una  larva  di  Friganea  raccolta  nelle  acque  del  Piave  a 
Lambioi  (Levi).  Acque  sorg-enti  in  Yaldonega  nella  provincia 
di  Verona  (Forti).  Adige  (Forti).  Lago  di  Garda  (Kirchner, 
Garbini  e  Forti).  Laghi  di  Restello  e  di  Negrisola,  stagni 
Botteon  e  nel  bacino  del  lago  Restello,  ruscello  discendente 
dalla  frana  di  Nove  (Forti). 

54.  Cocroneis  Pedieiihis,  Ehr.  1838.  Kuetz.  Kies.  pag.  71,  Tab.  V, 
fig.  IX,  1,  A.  HcJwì.  Atl.  Tab.  CXCII,  fig.  56,  58-63,  De 
Toni,  Syll.  II,  pag.  452,  FI.  Alg.  Yen.  V,  pag.  58. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  HI. 

Distribuzione  geografica  nella  Venezia,.  — -  Sulle  Ninfeacee 
e  nei  fossati  dell'Orto  botanico  Padovano  (De  Toni  e  Levi). 
Lago  di  Alleghe  (E.  e  G.  B.  De  Toni).  Lago  di  Arqucà  (De 
Toni  !).  Tubo  digerente  di  larva  di  Friganea  raccolta  negli 
stagneti  del  Piave  a  Sottocastello  (Levi).  Adige,  sulle  fronde 
di  Cladopìiora  glomerata  (Lin.),  Kuetz.  che  vive  sulle  pale 
dei  mulini  (Forti).  Lago  di  Garda  (Kirchner,  Garbini).  Laghi 
di  Negrisola  e  Restello,  stagno  nel  bacino  del  lago  Restello, 
ruscello  discendente    dalla  frana  di  Nove  (Forti). 

55.  Epitiiemia  turgida  (Ehr.  1830),  Kuetz.  1844.  Kuetz.  Kies.  pag, 

34,  Tab.  V,  fig.  14,  Grun.  in  Wien.  Yerh.  1872,  p.  324,  Tab. 
YI,  fig.  2,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  778,  FI.  Alg.  Yen.  Y,  p.  143. 

Distribuzione  nei  saggi.  — ■  Nel  I. 

Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Nei  fossi  del  Ci- 
vidalese  (Del  Torres  Lago  di  Alleghe  (E.  e  G.  De  Toni). 
Lago  di  Garda  (Garbini). 

56.  Epithemia  granili  aia,  Kuetz.  1844.  Kuetz.  Kies.  pag.  35,  Tab. 
Y,  fig.  20,  W.  Sm.  Brit.  I,  Tab.  I,  fig.  6,  De  Toni,  Syll.  II, 
pag.  778. 

Distì'ibuzione  nei  saggi.  —  Nel  I. 

Distribuzione  geografica  nella   Venezia.   —  Nuova. 

57.  Epithemia  alpestris  (W.  Sm.  1853),  Grun.  1862.   W.  Sm.  Brit. 

I,  Tab.  I,  fig.  7,  Grun.  in  AYien.  Yerh.  1862,  pag.  329,  Tab. 

Ili,  fig.  28,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  783. 
Distribuzione  nei  saggi.   —  Comune  nel  IL 
Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Belluno,  nel  tubo 

gastrico  di  Friganea  raccolta  nel  Piave  (Levi). 

58.  Epithemia  Argus  (Ehr.  1843),  Kuetz.  1844.   Kuetz.  Kies.  pag. 

35,  Tab.  XXIX,  fig.  55,  V.  Hch.  Syn.  pag.  139,  Tab.  XXI, 
fig.   15-17,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  782,  FI.  Alg.  Yen.  Y,  p.  144. 


458  A.    FORTI  (18) 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  III,  IV  e  Y. 

Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Lago  di  Garda 
(Kirchner,  Garbini  e  Forti).  Laghi  di  8.  Croce,  Kestello  e 
di  Negrisola. 

59.  Epitliemia  Sorex,  Kuetz.  1844.  Kuetz.  Kies.  pag-.  33,  Tab.  Y, 
fig.  XII,  5  ah  e,  W.  Sm.  Brit.  I,  pag.  13,  Tab.  I,  fig.  9,  De 
Toni,  Syll.  II,  pag.   782,  FI.  Alg.  Yen.  Y,  pag.   143. 

Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Lago  di  Arqiià 
Petrarca  (De  Toni).  Su  piante  acquatiche  e  nei  tubi  digerenti 
di  larve  di  Friganea  presso  Belluno  (Levi).  Lago  di  Arquà 
(De  Toni).  Lago  di  Garda  (Garbini).  Lago  di  S.  Croce  (Forti). 

60.  Bhopalodia  gihberula  (Ehr.  1841),  O.  Muell.  1896.  V.  ILI: 
Syn.  pag.  140,  Kuetz.  Kies.  pag.  35,  Tab.  XXX,  fig.  6,  De 
Toni,  Syll.  II,  pag.  786,  FI.  Alg.  Yen.  Y,  pag.   146. 

Distribuzione  nei  saggi.   —  Kel  I. 

Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Terme  d'Abano 
(De  Toni  e  Levi). 

61.  Bhopalodia  ventricosa  (Grun.   1880),    0.  Miill.   1896.    F.  Hck. 

Syn.  pag.  139,  Tab.  XXXII,  fig.  1-2,  Kuetz.  Kies.  pag.  36, 
Tab.  lY,  fig.  22,  De  Toni,  Syll.  pag.  781,  FI.  Alg.  Yen.  p.  144. 

Disfribuzioue  geografica  nella    Venezia.  —  Lago    di  Garda 

(Kirchner,  Garbini). 

*62.  Bhopalodia  gibba,  (Ehr.   1896),  0.  Miill.  1896.  Kuetz.  Kies. 

pag.  35,  Tab.  lY,  fig.  22,  W.  Sm.  Brit.  I,  pag.  15,  Tab.  I, 

fig.  14,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  780,  FI.  Alg.  Yen.  Y,  pag.  144. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  lY  e  Y. 

Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Nei  fossati  dei 
dintorni  del  distretto  di  Cividale  (Del  Torre).  Lago  di  Garda 
(Kirchner,  Garbini).  Lago  di  S.  Croce  (Forti). 

63.  Eunotia  (Himantidium)  pectinalis  (Dillw.  1798),    Rab.    1868. 

Kuetz.  Kies.  pag.  39,  Tab.  XYI,  fig.  XI,  W.  Sm.  Brit.  II, 
pag.  12,  Tab.  XXX,  fig.  280,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  793. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  III  e  Y. 

Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  ■ —  Lago  di  Garda 
(Kirchner,  Garbini).  Lago  di  S.  Croce  (Forti).  In  simbiosi  su 
Ephgdatia  fluriatilis,  Liebk.  nel  fiume  Tartaro  nel  Yeronese 
(Garbini). 

64.  Eunotia  (Him.)  Arcus,  Ehr.  1838.  Kuetz.  Kies.  pag.  39,  Tab. 
Y,  fig.  XXII  e  XXIII,  Tab.  XY,  fig.  II,  TT^  Sm.  Brit.  II, 
pag.  13,  Tab.  XXXIII,  fig.  283,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  790. 


(19)  CONTRIBUZIONI    DIATOMOLOGIOHE    (iv)  459 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  II. 

Distribtizione  geografica  nella   Venezia.  —  Lago  di    Garda 
(Kirchner,  Garbini).  Lago  di  S.  Croce  (Forti). 
64:.^'^  Eimotia  (Him.)  Arem,  var.  hidens,  Elir.  1853.  V.  Hck.  Syn. 
pag.   142,    Tab.    XXXIY,  fìg.  7,    W.   Sui.    Brit.  I,    pag.   13, 
Tab.  XXXIII,  fig.  284,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.   791. 
Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  I  e  IL 
Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  -^  Lago  di  Negrisola 
(Forti). 
65.  Eunbtia  gracilis   (Ehr.   1843),  Rab.   1868.    V.  Hck.  Syn.  pag. 
142,  Tab.  XXXIII,  fig.  1-2,  Kuetz.  Kies.  pag.  40,  Tab.  XXIX, 
fig.  40,  De  Toni,  Syll.  IT,  pag.  791. 
Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  I  e  V. 
Distribuzione  geografica  nella    Venezia.   —  Lago  di  Garda 
(Garbini). 
*66.   Sgnedra   Ulna  (Nitzsch,   1817),  Ehr.  1838.  Kuetz.  Kies.  pag. 
66,  Tab.  XXX,  fig.  28,  T^^,  Hck.  Syn.  pag.  150,  Tab.  XXXVIII, 
fig.  7,  De  Toni,  SyU.  II,  pag.  653,  FI.  Alg.  Yen.  Y,  pag.  121. 
Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  I  e  Y. 
Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Acquari  dell'Orto 
botanico  di  Padova  (De  Toni  e  Levi).  Tubo  digerente  di  girini 
di  rana  raccolti  a  Conegliano  (De  Toni  e  Levi).  Lago  di  Al- 
leghe  (E.  e  G.  B.  De  Toni).  Nei  fossi  e  nei  fiumi  del  Civi- 
dalese  (Del  Torre).    Lago  di  Arquà  (G.  B.    De  Toni).    Tubi 
digerenti  di  larve  di  Friganea  raccolti  nel  Piave  presso  Bel- 
luno (Levi).  Acquedotto  ed  acque  freatiche  veronesi  (Garbini). 
Stagno  Tecchi,  sorgente  Zorzi  e  sorgente    di  Sonnnavalle  in 
Yalpantena  (Forti).  Lago  di  Garda  (Garbini,  Kirchner).  Laghi 
Restello  e  di  Negrisola,  stagno  Botteon  (Forti). 
*66.*''*'  Sgnedra  Ulna,  var.  oxgrhyncus  (Kuetz.  1844),  Y.  Hck.  1880. 
Kuetz.  Kies.  pag.  66,  Tab.  XIY,  fig.  YIII,  2,  IX-XI,  V.  Hck. 
Syn.  pag.  651,  Tab.  XXXIX,  fig.  la.  De  Toni,  Syll.  II,  p.  654. 
Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  I. 

Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Nei  fossi  e  nei 
fiumi  del  Cividalese  (Del  Torre).  Lago  di  Garda  (Garbini, 
Kirchner). 
66.**'^  Sgnedra  Ulna,  var.  longissima  (AY.  Sm.  1853),  Grun.  1860. 
V.  Hck.  Syn.  pag.  151,  Tab.  LYIII,  fig.  3,  W.  Sm.  Brit.  I, 
pag.  72,  Tab.  XII,  fig.  95,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  654,  FI. 
Alg.  Yen.  Y,  pag.  122. 


460  A.    FOETI  (20) 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  I  e  III. 

Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Acquari  dclFOrto 
botanico  Padovano  (De  Toni  e  Levi).  Lag-o  di  Garda  (Kirch- 
ner,  Garbini).  Lag-bi  Kestello  e  di  Negrisola,  stagno  I)Otteon 
(Forti). 
67.  Sgnedra  delicatissiMa,  W.  Sni.  1853.  W.  Sin.  Brit.  I,  pag-. 
72,  Tab.  XII,  fig.  94,  V.  HcJr.  Syn.  pag.  151,  Tab.  XXXIX, 
fig.   7,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  123,  FI.  Alg.  Yen.  Y,  p.  121. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  III  e  Y. 

Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Stagno  Tecchi 
in  Yalpantena  (Forti).  Laghi  di  S.  Croce  e  Restello  (Forti). 
08.  Fragilaria  rirescens,  Ralfs,  1861.  Grun.'m  Wien.  Yerh.  1862, 
pag.  373,  Tab.  YIT,  fig.  5,  W.  Sm.  Brit.  II,  pag.  22,  Tab. 
XXXY,  fig.  297,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  681,  FI.  Alg.  Yen. 
Y,  pag.   127. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  Y. 
.  Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Tra  le  Ninfeacee 
negli  acquari  del  R.  Orto  botanico  Padovano  (De  Toni  e  Levi). 
Nel  tubo  digerente  di  girini  di  rana  a  Conegliano  (De  Toni 
e  Levi).  Adige,  promiscuamente  alla  var.  exigua,  nel  plancton, 
ed  impigliata  tra  le  fronde  di  CladojtJtora  glomerata  (Lin.), 
Kuetz.  ed  i  filamenti  di  Bang/a  atropnr purea  (Dillw.),  Ag. 
aderenti  alle  pale  dei  mulini  (Forti).  Lago  di  Garda  (Kir- 
chner). 

69.  Fragilaria  Crotonensis  (Edw....),  Kitt.  1869.  V.  Hck.  Syn.  pag. 

156,  Brun.  Diat.  A.  et  J.  pag.  109,  Tab.  Y,  fig.  30,  Tab.  IX, 
fig.  27,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  683. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  Y. 

Distribiizione  geografica  nella  Venezia.  —  Lago  di  Garda 
(Kirchuer,  Garbini). 

70.  Fragilaria  mutabilis,  Ehr.   1833.  lùietz.  Kies.  Tab.  XXI,  fig. 

20,  Brun,  Diat.  Alp.  et  du  Jura,  pag.  119,  Tab.  lY,  fig.  11, 
De  Toni,  Syll.  II,  pag.  689. 

Distribuzione  dei  saggi.  —  Nel  II,  III  e  Y. 

Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Lago  di  Alleghe 
(E.  e  G.  B.  De  Toni).  Stagno  Botteon  e  nel  bacino  del  lago 
Restello  (Forti). 

71.  Fragilaria  Harrissonii  (W.  Sm.  1855),  Grun.  1862.  W.  Sm. 
Brit.  II,  pag.  17,  Tab.  XXXIY,  fig.  290,  Knetz.  Kies.  pag. 
45,  Tab.  XXI,  fig.  20,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  639. 


(21)  CONTEIBUZIONI    DIATOMOLOGICHE    (iv)  461 

Disfrihiizione  nei  saggi.   —  Nel  I,  II  e  V. 
Distribuziotie  geografica  nella  Venezia.  —  Acquari  dell'Orto 
botanico  di  Padova  (De  Toni  e  Levi). 

72.  Fnigilaria  comtruens,  Ehr.   1841.    W.   Sm.  Brit.  IT,  pag.    17, 

Tab.  XXXIV,  pag.  17,  Bnm,  Diat.  A.  et  du  J.  pag.  119, 
Tab.  lY,  fig.  11,  Kuefz.  Kies.  Tab.  XXI,  fig,  XX,  De  To7ii, 
Syll.  II,  pag.  689. 

Distrihuzione  nei  saggi.  —  In  tutti  cinque. 

Distribuzione    geografica  nella     Venezia.  —   Adige  (Forti). 
Lago  di  Garda  (Garbini).  Lago  di  Negrisola  (Forti). 
72. bis  Fragilaria  consfruens,  var.   venter,  Ehr.  1840.   Grun.  in  Wien 
Yerh.  pag.  371,    V.  HcL  Syn.  pag.  156,  Tab.  XLV;  fig.  26, 
De  Toni,  Syll.  II,  pag.  689. 

Distribuzione  nei  saggi.   —  In  tutti  meno  il  lY. 

Distribuzione  geografica  nella    Venezia.  —   Lago  di  Negri- 
sola  (Forti). 
72."''"  Fraglia  ria  roìì^trneìì^,  var.  binari  is,  Ehr.  1840.  Kuetz.  Kies. 
pag.  100,  Tab.  Ili,    fig.  XXXY,    W.  Sm.  Brit.  Il,  pag.    17, 
Tab.  XXXIY,  fig.  291  [i.  De   Toni,  Syll.  II,  pag.  689. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Comune  nel  II. 

Distrilmzione  geografica  nella    Venezia.   —  Lago  di  Negri- 
sola  (Forti). 

73.  Denticnkt  frigida.,  Kuetz.  1844.  Knctz.  Kies.  pag.  43,  Tab. 
XYII,  fig.  YII,  Bnm,  Diat.  A.  et  du  .1.  pag.  113,  Tab.  Ili, 
fig.  36,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  559. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  II,  III  e  lY. 
Distrihuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Lago  di  Alleghe 
(E.  e  G.  B.  De  Toni).  Lago  di  Garda  (Kirchner,  Garbini). 

74.  Diatoìna   nilg(/re,  Bory  de  Saint  Yincent,  1828.  Kuetz.   Kies. 

pag.  47,  Tab.  XYII,  fig.  15,  1-4,  W.  Sin.  Brit.  II,  pag.  39, 
Tab.  XL,  fig.  309,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  635. 

Distribuzioni  nei  saggi.  —  Nel  III. 

Distrihuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Adige  (Forti). 
Lago  di  Garda  (Kirchner,  Garbini). 
*75.  Diatoma  (Odontidium)  hiemale  (Lyngb.  1819),  Heib.  1869, 
incl.  var.  nicnodon.  Kuetz.  Kies.  pag.  44,  Tab.  XYII,  fig.  1, 
Gran,  in  \Vien  Yerh.  1862,  pag.  357,  De  Toni,  Syll.  II,  pag. 
115,  PI.  Alg.  A^en.  pag.   115. 

Distrihuzione  nei  saggi.   —  Nel  III  e  Y. 

Distribuzione  geografica  nella    Venezia.  —  Lago  di  Alleghe 


462  A.  FORTI  (22) 

e  ad  xV^'ordo  (E.  e  G.  B.  Do  Toni).  Acquari  del  K.  Orto 
botanico  di  Padova  (De  Toni  e  Levi).  Nel  Natisone  (F.  del 
Torre).  Nel  Piave  presso  Belluno  (E.  e  G.  B.  De  Toni).  Adige 
(Forti).  Lago  di  Garda  (Kirchner,  Garbini).  Laghi  di  Restello 
e  di  Negrisola,  stagno  Botteon  e  nel  bacino  del  lago  Kestello 
(Forti). 

76.  Ctjmafopleìira  eJlipfica,  De  Bréb.  1882.  Kiictz,  Kies.  pag.  44, 
Tab.  Ili,  fig.  LX,  W.  Hm.  Bi-it.  II,  pag.  36,  Tab.  X;  fig.  80, 
De  Toni,  Syll.  II,  pag.  598;  FI.  Alg.  A'en.  Y,  pag.   108. 

Dii^tnhìizione  nei  saggi.  —  Nel  I  II  e  lY. 

Disfìihìizione  geograpca  nella  Venezia.  —  Nei  fossi  dei  din- 
torni di  Cividale  (Del  Torre).  Lago  di  Gavazzo  (De  Toni). 
Negli  acquari  dell'  Orto  botanico  Padovano  (De  Toni,  Levi). 
Lago  di  Arquà  (De  Toni).  Lago  di  Garda  (Kirchner,  Garbini). 
Laghi  di  S.  Croce  e  di  Negrisola  (Forti). 

77.  CgnHffo/)le/ira  ajricuìafa,  AY.  Sm.   1855.    ir.   Sni.  Brit.  I,  pag. 

37,  Tab.  X,  fig.  79,  Brnn,  Diat.  Alpes  et  du  J.  pag.  97,  De 
Toni,  Syll.  II,  pag.  600,  FI.  Alg.  Yen.  pag.  110. 

Didrihuzione  nei  saggi.  —  Nel  IL 

Disfyihuzione  geografica  nella  Venezia.  —  In  un  girino  di 
rana  a  Conegliano  (G.  B.  De  Toni  e  Levi).  Acquari  del- 
l'Orto botanico  Padovano  (De  Toni  e  Levi).  Nel  fango  del 
Piave  presso  Belluno  (E.  e  G.  B.  De  Toni).  Lago  di  S.  Croce 
e  di  Negrisola  (Forti). 
*78.  ([/jìnafopleìii'it  Hole((,  AY.  Sni.  1855.  Kiwfz.  Kies.  pag.  60, 
Tab.  ITI,  fig.  61,  Biun,  Diat.  Alp.  et  J.  pag.  97,  Tab.  I, 
fig.   10,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.   109. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  III. 

Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Nei  fossi  del  R. 
Orto  botanico  di  Padova,  nel  fiume  Piave  presso  Belluno,  nei 
girini  di  rana  a  Conegliano  (De  Toni).  Nei  fossi  dei  dintorni 
di  Cividale  (Del  Torre).  Lago  di  Arquà  (De  Toni).  Lago  di 
Garda  (Kirchner,  Garl)ini).  l^aghi  di  S.  Croce  e  di  Negrisola, 
stagno  nel  bacino  d(d  lago  Rcstello  (Forti). 
79.  Nifzsclii(f  (ILiìitzfycliia)  a)nj)hioxis^¥A\Y.  1848.  7i?/p^^.  Kies.  pag. 
36,  Tab.  XXIX,  fig.  44,  W.  Sm.  Brit.  I,  pag.  40,  Tab.  XIII, 
fig.  105,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  561,  FI.  Alg.  Yen.  Y,  pag. 
102. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  Y. 

Distribuzione  geografica  nella    Venezia.  —   Tra  le  ninfeacee 


(23)  CONTRIBUZIONI    DIATOMOLOGICHE    (iv)  463 

neo-li  acquari  dell'Orto  l)otanico  di  Padova,  nei  girini  di  rana 
a  Conegliano  (De  Toni  e  Levi).  Stagno  Tecchi  e  sorgente 
di  Sommavalle  (Forti).  Lago  di  Garda  (Kirchner).  Lago  di 
Negrisola  e  stagno  Botteon  (Forti). 
80.  Nitzachia  (Tnjbì  io  lìdia)  anyustata,  AY.  Sm.  1853.  W.  Sm.  Brit. 
I,  pag.  36,  Tab.  XXX,  fig.  262,  Gnm,  in  Wien  Yerh.  1862, 
pag.  554-5,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  500. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Eara  nel  I. 

Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Sulle  Yaucheria 
nei  fossati  dell'  Orto  botanico  Padovano  (De  Toni  e  Levi). 
Lago  ài  Garda  (Kirchner).  Lago  di  Negrisola  (Forti). 
*81.  Nitzschia  sigmoidea  (Nitzsch,  1819),  0.  Ag.  1834.  Grun.  Wien 
Yerh.  1862,  pag.  572,  W.  Sm.  Brit.  I,  pag.  39-40,  Tab.  XIII, 
fig.   HO,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  535. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  IL 

Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Tra  le  Ninfeacee 
e  sulle  Vaucherie  nell'Orto  botanico  di  Padova,  nei  girini  di  rana 
a  Conegliano  (De  Toni  e  Levi).  Tubo  digerente  di  larva  di 
Friganea  raccolta  nelle  acque  del  Piave  a  Lambioi  (Levi).  Nei 
fossati  dei  dintorni  di  Cividale  (Del  Torre).  Lago  di  Garda 
(Kirchner,  Garbini).  Lago  di  Negrisola  (Forti). 

82.  Nitzschia  lincaris,  W.  Sm.  1855,  var.  fenuis  (W.  Sm.  1855), 
Grun.  1862.  Grun.  in  Wien.  Yerh.  1862,  pag.  576,  W.  Sm. 
Brit.  I,  pag.  40,  Tab.  XIII,  fig.  Ili,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  536. 

Distribuzione  nei  saggi.   —  Nel  HI. 

Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Stagno  Tecchi 
in  Yalpantena  (Forti).  Lago  di  Garda  (Kirchner).  Laghi  Re- 
stello e  di  Negrisola,  stagno  Botteon  e  nel  bacino  del  lago  Re- 
stello (Forti). 

83.  XitzscJiia   amjjhibia,    Grun.   1862.   Grun.  in  AYien.    Yerhandl. 

1862,  pag.  574,  Tab.  XII,  fig.  23,  V.  Hck.  Syn.  pag.  184, 
Tab.  LXYIII,  fig.  15-17. 

Distribuzioìte  nei  saggi.  —  Nel  \. 

Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Stagno  Tecchi 
in  Yalpantena  (Forti). 

84.  Nitzschia  Ftustulum  (Kuetz.  1844),  Grun.   1877.  Kuetz.  Kies. 

pag.  63,  Tab.  XXX,    fig.  40,    V.  Hck.  Syn.  pag.  184,   Tab. 

LXYIII,  fig.  28-29,   De   Toni,  Syll.  II,  pag.  543. 

Distribuzione  nei  saggi.   -—  Nel  III. 

Distribuzione  geografica  nella   Venezia.  - —  Nuova. 


464  A.  FORTI  (24) 

*85.  Suriraya  hiseriata  (Ehr.  1838),  De  Bréb.  1855.  V.  Hck.  Syn. 
pag.  186,  Tab.  LXXII,  fig.  1-2,  Kuetz.  Kies.  Tab.  VII,  fig;. 
X  e  Tab.  XXYIII,  fìg.  29. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  I,  II  e  III. 

Dlsfribnzione  geografica  nella  Venezia.  —  Tra  le  Ninfeacee 
negli  acquari  del  r.  Orto  botanico  di  Padova  (De  Toni  e  Le- 
vi). Nei  fossati  del  Cividalese  (Del  Torre).  Lago  di  Alleghe 
(E.  e  G.  B.  De  Toni).  Lago  di  Garda  (Kirchner,  Garbini). 
*86.  Suriraya  splendida  (Ehr.  1838),  Kuetz.  1844.  Kuetz.  Kies. 
pag.  62,  Tab.  VII,  fig.  I,  III  e  lY  in  parte,  A.  Schm.  Atl. 
Tab.  XXIII,  fig.  42-44  e  47,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  571, 
FI.  Alg.  Yen.  Y;  pag.  106. 

Distribuzione  nei  saggi.   —  Nel  IL 

Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Fossati  a  Belluno 
(Levi).  Larva  di  Friganea  raccolta  nel  Piave  a  Lambioi  (Levi). 
Lago  di  Gavazzo  (De  Toni).  Nel  Cividalese  (Del  Torre).  Lago 
di  Garda  (Garbini). 

87.  Suriraya  robusta,  Ehr.  1840.  IV.  Sw.  Brit.  I,  pag.  32,  Tab. 
YIII,  fig.  63,    V.  Hck.  Syn.  pag.   187,  Tab.  LXXI,  fig.   1-2. 

Distribuzione  dei  saggi.  —  Nel  HI  e  lY. 
Distribuzione  geografica  nella   Venezia.  —  Nuova. 

88.  Campylodisc/us  Noricus,  Ehr.   1841.  Kuetz.  Kies.  pag.  59;  A. 

Schm.  Tab.  LY,  fig.  8,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  627,  FI.  Alg. 
Yen.  Y,  pag.  111. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  I,  II  e  III. 

Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Lago  di  Arquà 
(De  Toni).  In  un  girino  di  rana  a  Belhmo  (Levi).  Nel  tubo  di- 
gerente d'una  larva  di  Friganea  raccolta  a  Lambioi  nelle 
acque  del  Piave  (Levi).  Lago  di  Garda  (Kirchner,  Garbini). 
Stagno  Botteoii  e  lago  di  Negrisola  (Forti). 

89.  Melosira  (Lysigonium)   varians,   Ag.   1830.  Kuetz.  Kies.   pag. 

54,  Tab.  II,  fig.  XI-6,  W.  Sm.  Brit.  II,  pag.  57-58,  Tab. 
LI,  fig.  332,  De  Toni,  Syll.  Il,  pag.  1329,  FI.  Alg.  Yen.  Y, 
pag.   155. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  III. 

Distribuziotie  geografica  nella  Venezia.  —  Tra  le  Ninfeacee 
negli  acquari  dell'Orto  botanico  Padovano  (De  Toni  e  Levi). 
Nei  girini  di  rana  a  Conegliano  (De  Toni  e  Levi).  Lago  di 
Arquà  (De  Toni).  Adige  (Forti).  In  simbiosi  su  Epliydatia 
fiuriatilis  (Liebk.).  Nel  fiume  Tartaro  nel  Yeronese   (Garbini). 


(25)  CONTRIBUZIONI    DIATOMOLOGICHE    (iv)  465 

Lago  di  Garda  (Kirchner,  Garbini).  Laghi  di  Negrisola  e  Re- 
stello, stagno  nel  bacino  del  lago  Restello  e  ruscello  della 
frana  di  Nove  (Forti). 

90.  Melosixf  (ortJiosìra)  arenaria,  Moore...  Kiietz.  Kies.  pag.   55, 

Tab.  XXI,  fig.  XXYII,  0.  Muelì.  in  Pringsh.  Jahrb.  XIY,  2, 
1883,  pag.  231-290,  Tab.  XIV,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  1338, 
FI.  Alg.  Y,  pag.  157. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  III. 

Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Nel  lago  d'Arquà 
(De  Toni).  Lago  di  Garda  (Kirchner,  Garbini). 

91.  Cydotella  (Lindavia)   radiosa  (Grun.   1880),  Schuett  1899.  V. 

Hck.  Syn.  pag.  214,  Tab.  XCII,  fig.  23,  De   Toni,  Syll.  II, 

pag.  1353. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  I,  II  e  V. 

Distribuzione  geografica  nella    Venezia.  —  Lago  di   Garda 

(Garbini,  Kirchner).  Laghi  di  Negrisola,  di    S.  Croce  e  Re- 
stello (Forti). 

92.  Cyclotella  antiqua,  W.  Sm.  1855.  V.  Hck.  Syn.  pag.  214,  Tab. 
XCII,  fig.  1,  W.  Sm.  Brit.  I,  pag.  28,  Tab.  V,  fig.  49,  De 
Toni,  Syll.  II,  pag.  1352. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  I,  II  e  lY. 

Distribuzione  geografica  nella    Venezia.  —    Lago  di  Garda 
(Kirchner,  Garbini).  Lago  di  Negrisola  (Forti). 
*93.   Cgclotella  operculafa,  C.  Ag.  1827.  Kuetz.  Kies.  pag.  50,  Tab. 
I,  fig.   1-15,    W.  Sm.  Brit.    I,  pag.    28,  Tab.  Y,  fig.    48,  De 
Toni,  Syll.  II,  pag.  1354,  FI.  Alg.  Yen.  Y,  pag.   160. 

Distribuzione  nei  saggi.  ■ —  Nei  primi  due. 

Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Nei  fossi  a  Co- 
negliano  (Levi).  Lago  di  Arquà  (De  Toni).  Lago  di  Ga- 
vazzo (De  Toni).  Lago  di  Garda  (Kirchner,  Garbini).  Lago 
di  S.  Croce  e  ruscello  discendente  dalla  frana  di  Nove  (Forti). 
*94.  Cgclotella  Kuetzingiana,  Thw.  1847.  V.  Hck.  Syn.  pag.  214, 
Tab.  XCIY,  fig.  1,  4,  6,  W.  Sm.  Brit.  I,  pag.  27,  Tab.  Y, 
fig.  47,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  1354,  FI.  Alg.  Yen.  Y,  pag. 
161. 

Distribuzione  nei  saggi.  —  Nel  II,  III  e  Y. 

Distribuzione  geografica  nella  Venezia.  —  Lago  di  Alleghe 
(E.  e  G.  B.  De  Toni).  Lago  di  Arquà  (De  Toni).  Tubo  dige- 
rente di  una  larva  di  Friganea  raccolta  negli  stagneti  del 
Piave  a  Sottocastello  (Levi).  Nelle  acque  dei  dintorni  del  Ci- 


466  A.  FORTI  (26) 

vidalese  (Del  Torre).  Lago  di  Garda  (Kirchner,  Garbini). 
Laghi  di  S.  Croce  e  di  Neg-risola  (Forti). 
95.  Cyclofella  Menef/hìniana,  Kiietz.  1844.  Kmtz.  Kies.  pag.  50, 
Tab.  I,  fig-.  1-152,  F.  Hck.  Syn.  pag.  214,  Tab.  XCIU,  fig. 
22-24,  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  1354,  FI.  Alg.  Yen.  V,  pag. 
160. 

Diì^tribuzione  nel  saijgi.  —  Nel  V. 

Distribuzione  (/eografica  nelli  Venezia.  —  Già  indicata  inde- 
terminatamente dal  Bizzozzero  per  ì  laghi  e  gli  stagni  d'  acqua 
dolce.  —  Sarebbe  la  prima  stazione  ben  definita  per  il  Ve- 
neto dunque  si  può  calcolare  come  nuova. 


(27) 


CONTRIBUZIONI    DIATOMOLOGICHE    (iv) 


407 


INDICE   ALFABETICO    DELLE    SPECIE   ('] 


p 

O 

NOME   DELLA   SPECIE 

I 

SA( 
II 

.  G  I  (  ) 

mi  IV 

1 

V 

1 

ArÌDXìnthes  (Acini.)  flexelìa  Bréb. . 

+ 

2 

Aehnanthes  (Micr.)  exilis  Kuetz.    , 

4- 

3 

Arhnanthes  (Micr.)  minutissima  Kuetz 

4- 

+ 

4 

Amphora  ofpnis  Kuetz.    . 

+ 

-f 

+ 

5 

Aììtphora  oralis  Kuetz.     . 

+ 

+ 

+ 

4- 

6 

Ampìiora  Pedimltis  (Kuetz.^  Grun. 

+ 

+ 

7 

Caiiipfjlodiscus  noricus  Elir.     . 

+ 

-f 

+ 

8 

Cocconets  Flarenf/tìa  Klir. 

+ 

+ 

9 

Cocconeis  Pediruìus  Ehr. . 

+ 

10 

Ci/cìotella  antiqua  W.  Sin. 

+ 

+ 

-f 

il 

Cij  dot  ella  Kuetzingiana  Thw. . 

+ 

+ 

4- 

12 

Ci/clotella  Meneghiniana  Kuetz. 

4- 

13 

Cydotella  operculata  Ag.. 

+ 

4- 

14 

Ci/dot  ella  (Lindavia)  radiosa  (Gruu.)  ^ 

^tt. 

+ 

+ 

4- 

15 

C//mat02)leui-a  apirulata  W.  Sm. 

+ 

16 

Cgmatopleura  ellipfira  de  Bréb. 

+ 

+ 

+ 

17 

Cgmatopleura  Solea  W.  Sm.    . 

-f- 

18 

Ci/mbella  (Core.)  affìnis  Kuetz. 

+ 

4- 

19 

Ci/mhdla  (Enc.)  raespitosa  Kuetz.. 

-f- 

+ 

+ 

4- 

20 

('umbella  (Cocc.)  ri/iìihifonins  (Kuetz.) 
var.  parva 

Bréb 

4- 

+ 

4- 

4- 

21 

Cijiìibella  Eìirenhergii  Kuetz.  . 

+ 

+ 

+ 

22 

Cf/mbella  (Cocc.)  gastroides  Kuetz. 

+ 

+ 

*23 

Ct/inbella  (Cocc.)  f/racilis  Ehr.  var.  laei 
'     L.  Sm.  .        .  '      . 

is  H 

+ 

24 

Ci/iiihella  (Enc.)  gracilis  (Ehr.'?)  Rab. 

+ 

25 

CgmbeUa  (Cocc.)  helvetica  Kuetz.   . 

-f- 

26 

Cijnihdla  (Cocc)  lanceolata  Ehr.    . 

+ 

4- 

*21 

C glabella,  (Cocc.)  leptoceras  (Ehr.)  Kuet 

z. 

+ 

(1)  Le  forme  asterisoate  sono  nuove  per  il  Veneto. 


468 


A.    FORTI 


(28) 


NOME   DELLA   SPECIE 


28 
29 
30 
31 
32 
33 
34 
*35 
36 
37 
38 

39 
40 
41 


42 
43 
44 
45 
46 


47 

48 
1=49 
50 
51 
52 
53 
54 
55 
50 


Cilììììtilhi  niicrorephalci  Grrun.  . 

CymbelUi  (Enc.)  rentn'cosa  Kuotz.  . 

Denticida  frigida  Kiietz.  . 

Diafonia  (Odont.)  ìneinale  (Lyiigb.)  Il 

Diafoina  culgare  Bory 

Epithemia  alpestris  (W.  Sin.)  Grun. 

Epithemia  Argus  (Elir.)  Kuotz. 

Epithemia  granulata  Kiictz.     . 

Epithemia  Sorex  Kuotz.   . 

Epithemia  turgida  (Ehr.)  Kuotz.     . 

Euriotia  (Him.)  Arras  Ehr.     . 

v;ii'.  hideus  Elir.  .... 
Eutiotia  (Hiììi.)  gracili^  (Elir.)  Hai). 
Eimotia  (Him.)  pedi>uili.-<  (Dillw.)  Kab 

Eragilaria  ronstruens  Elir. 
var.   Venter  Grun. 
vai',  hinodin  Grun. 
Eragilaria   Crotoxen.sis  (Edw.)  Kitt. 
Eragilaria  Jfarri.ssonii  (W.  Sin.)   Grun 

Eragilaria  ìuatabili^i  (W,  Sin.)  Grun. 

Eragilaria  riresrens  Ralfs. 

(ìomphoiiema  acumiìxilum   Ehr. 
var.  latirep.s  Ehr. 
var.  2yn'<ill>i»'  Grun.    . 

(jompIii)iH'iu((  c(Histrictam  Ehr. 
var.  rapifatum  Ehr.    . 

Gomphonema  intricatarii  Knotz. 

Gomplunieiua  ijio/ifauum  (Sclinm.)  (Jrun 

(romphonema  parrai  a  jh  (Kuotz.)  Ginn. 

Gomphonema  puh-inatum  A.  I>r. 

Gonqihonema  Vibrio  Elir. 

Meiosi ra  (Orthosira)  arenaria  Mooro 

Melosira  (Lgsigoniam)  rarians  Ag. 

Narinda  (Neidium.)  affinis  Ehr. 

Caricala  (  Ncidiain)  atiiphiguiiiphas  Ehi 


.SAGGIO 

I  I  II  UHI  IVI  V 


+ 


+ 


+ 
+ 


+ 


+ 


+ 


+ 


+ 


4- 

-f 


+ 


+ 


-f 


+ 


+ 


+ 

4- 


+ 


+ 


+ 
+ 
+ 


+ 


H- 
4 
+ 
+ 


(29) 


CONTEIBUZIONI    DIATOMOLOGICHE    (iv) 


469 


3d 
p 

o 

NOME   DELLA   SPECIE 

l 

SAC 
II 

IGIO 

III,  IVI  V 

1       1 

57 

Navirula  (Stauroneis)  anreps  Ehr. 

+ 

58 

Nanenla  anglica  Ralfs 

+ 

59 

Navicala  (Pinnularia)  hirupitaia  Lags. 

+ 

60 

Narinila  crijptocepliala  Kiietz. 

+ 

-f 

-f 

+ 

+ 

61 

Navivula  cuspùlata  Kuetz 

+ 

62 

Navicìda  (Dipi.)  elUpUca  Kiietz.    . 

+ 

+ 

-h 

+ 

63 

Nanrula  GaMrutn  Ehr 

+ 

64 

Navicala  lanceolata  Kuetz 

+ 

65 

Navirula  (Caloneis)  limosa  Kuetz. 

var.  f/ibberala  Grun 

f 

+ 

+ 

J- 
1 

66 

Navicala  (Pinnalaria)  ììiaior  Kuetz. 

+ 

+ 

*67 

Navicala  (Diploneis)  Maaleri  Cleve 

+ 

68 

Navicala  (Pinnalaria.)  mesolepta  Ehr.  . 

+ 

69 

Navicala  (Diploneis)  ovalis  Hilso  . 

+ 

70 

Navicala  Placenfala  Ehr.          .... 

+ 

71 

Navicala  (Neidiam)  prodacta  W.  Sin.  . 

+ 

12 

Navicala  Papilla  Kuetz 

-h 

+ 

+ 

73 

Navicala  radiosa  Kuetz.  ..... 

+ 

+ 

4- 

+ 

+ 

var.  a  caia  W.  Sui 

+ 

+ 

+ 

4- 

+ 

var.  tenella  de  Bréb 

-f 

*74 

Navicala  (Diploneis)  scatelloides  Grrun. 

+ 

75 

Navicala  (Plearostauron)  Smithii  Ehr.. 

+ 

*76 

Navicula  (Pinnalaria)  stauroptera  Grun. 

+ 

*77 

Navicala  (Pinnularia)   Termes  Ehr. 

+ 

=!-78 

Navicala  Pascala  (Ehr.)  Grun. 

+ 

79 

Navicala  (Pinnalaria)  viridis  (Nitzsch)  Elir. 
var.  commutata  Grun 

+ 

+ 

-f 

80 

Navicala  (Frastalia)  vulgaris  (Thw.)  D.  T. . 

+ 

81 

Nitzschia  ampliihia  Grun 

+ 

82 

Nitzschia  (Hantzschia)  amphioxis  Grun. 

4- 

83 

Nitzschia  (Trì/hlionella)  angastata  W.  Sm. . 

+ 

84 

Nitzschia  Frasi  ala  m  (Kuetz.)  Grun. 

4- 

85 

Nitzschia  linearis  W.    Sni.    var.    tennis    (W. 
Sm.)  Gr 

-f 

86 

Nitzschia  sigmoidea  (Nitzscli)  Grun. 

+ 

470 


A.    FORTI    -    CONTRIBUZIONI    DIATOMOLOGIf'HE    (iv) 


(30) 


SAGGIO 

O 

NOME   DELLA    SPECIE 

I 

II 

III   IV  V 

^ 

87 

Pìeuri)si(jma  attenitatuiit  (Kiiotz.)  W.  Sin. 

+ 

+ 

+ 

+ 

88 

Rhnprdixlia  (jihha  (Kuetz.)  0.  M.     . 

+ 

+ 

89 

Bhopalodia  f/ibberula  (Ehr.)  0.  M. 

+ 

90 

Rltopalodia  ventricosa  (Grun.)  0.  M. 

+ 

+ 

-1- 

91 

Siiriraya  hiseriata  (Ehr.)  de  Bréb. 

+ 

+ 

+ 

92 

Sìtrirai/a  splendida  (Er.)  Kuetz. 

+ 

*93 

Suri  rat/ a  robusta  Ehr. 

+ 

-i- 

94 

SijìU'dra   Ulna  (Nitzscli)  Elir.  . 

var.  (>.r//rrh//>i^hus  (Kg.)  V,  Ilck. 
var.  longissitna  (W.  Sin.)  Gr.    . 

+ 
+ 

+ 

4- 

95 

Sijnedra  delicatissima  W.  Sm. 

+ 

+ 

Total( 

•  N.^ 

42 

34 

54 

28 

38 

(Finita  di  stampare  il  giorno  20  marzo  1900) 


Atti  del  Reale  Istituto  Veneto  di  scienze,  lettere  ed  arti. 
Anno  accademico  1899-900  -  Tomo  LIX  -  Parte  seconda. 


EPATISMO    E    NEVROPATIA 

MEMORIA 

DEL  PROF.  ROBERTO  MASSALONGO,  s.  e. 

(Adunanza  del  25  febbraio  1900) 


L'antichissima  opinione  sui  rapporti  delle  malattie  di  fegato 
col  sistema  nervoso,  col  cervello  in  modo  speciale,  basata  sui  con- 
cetti della  medicina  umorale,  non  poteva  che  rivivere  e  rifiorire 
oggi  dopo  gli  importanti  progressi  nel  campo  della  fisiologia  e  della 
patologia,  dopo  i  nuovi  acquisti  nella  conoscenza  delle  autointos- 
sicazioni. 

Nelle  epoche  trascorse,  alla  bile  diffusa  nel  sangue  e  negli 
umori  si  attribuivano  tutti  i  fenomeni  nervosi  nel  decorso  di  di- 
sturbi 0  malattie  dell'epate,  perchè  si  considerava  come  esclusiva 
funzione  di  quest'organo  la  secrezione  della  bile. 

Ma  oggidì  molto  più  complessa  devesi  considerare  la  funzione 
0  meglio  le  funzioni  del  fegato  nel  nostro  organismo.  La  biligenesi* 
non  è  che  uno  dei  tanti  prodotti  dell'officina  epatica  a  cui  le  ce- 
lebri ricerche  della  scuola  francese  da  Claudio  Bernard  a  Bouchard 
aggiunsero  la  funzione  glicogenica,  la  funzione  urogenica  ed  infine 
quella  depurativa,  svelenante. 

Per  l'importanza  adunque  della  ghiandola  epatica,  per  i  rap- 
porti già  noti  fra  autointossicazioni  e  nevropatie,  era  naturale  ve- 
nisse negli  studiosi  il  desiderio  di  ricercare  quali  turbe  all'inner- 
vazione periferica  e  centrale  potesse  dar  origine  l' alterazione,  il 
disordine  nella  funzione  del  fegato,  se  esistevano,  in  una  parola, 
nevropatie  ab  hepate  ìoeso. 

Infatti  non  si  fecero  attendere  osservazioni  di  questo  genere, 
esempi  di  ejjato-toxemie  nervose. 


472  R.    MASSALONGO  (2) 

Ed  ecco  comparso  all'orizzonte  medico  un  nuovo    capitolo  di 
Patologa  ch'io  amo  intitolare  :   "   Epatismo  e  necropatia.   „ 


* 
*  * 


Per  disturbi  nervosi  di  origine  epatica  si  devono  intendere 
quei  fenomeni  nervosi  che  sono  prodotti  dal  fegato  e  non  trovano 
altra  spiegazione  fuori  di  quest'organo.  Bisogna  perciò  guardarsi 
dal  prendere  per  un  rapporto  una  semplice  coincidenza  e  consi- 
derare di  origine  epatica  un  fenomeno  nervoso  per  il  solo  fatto 
di  essersi  presentato  in  un  sofferente  di  fegato  ;  così  un'  emorragia 
cerebrale  in  un  cirrotico,  o  fenomeni  cerebrali  durante  un'  infezione 
in  cui  anche  la  ghiandola  epatica  è  alterata,  o  fenomeni  deliranti 
in  un  alcoolizzato  col  fegato  in  stato  di  sclerosi  interstiziale  ecc. 
Anche  però  in  queste  medesime  circostanze  è  arduo  poter  esclu- 
dere, in  modo  assoluto,  un'influenza  dell'alterata  funzione  epatica 
sulla  fisionomia,  sulla  durata  ecc.  dei  fenomeni  nervosi  contempo- 
ranei. 

Ma  questo  non  basta.  Bisogna  vedere  ancora  se  V  autointos- 
sicazione è  di  esclusiva  origine  epatica  e  se  la  causa  che  ha  al- 
terato il  fegato  non  abbia  influito  direttamente  su  altri  organi,  sul 
cervello,  sul  rene  ecc. 

Ne  si  devono  considerare  sempre  di  origine  epatica  i  sin- 
tomi nervosi  terminali  che  precedono  la  fine  degli  ammalati  di 
fegato,  dovendo  nel  fattispecie  tener  calcolo  della  inanizione  e  della 
sua  diretta  influenza  perturbatrice  sulla  funzionalità  e  costituzione 
anatomica  degli  elementi  dell'asse  cerebro-spinale. 

Tutte  queste  riflessioni  dimostrano  all'evidenza  quanto  difficile 
e  arduo  dev'essere  il  nostro  compito  prima  di  pronunciarsi  sui 
rapporti  fra  epatismo  e  nevropatia  e  come  rigorosissime  debbano 
essere  le  nostre  ricerche,  la  nostra  critica  al  letto  dell'ammalato. 

Concludendo,  perchè  si  possa  parlare  con  fondamento  di  fe- 
nomeni nervosi  di  origine  epatica,  occorre  che  questi  sieno  legati 
a  sintomi  ed  a  lesioni  epatiche  indiscutibili,  che  il  fegato  sia  am- 
malato senza  complicazioni  e  condizioni  morbose  in  altri  organi  e 
che  non  si  possa  incriminare  altra  causa  per  razionalmente  inter- 
pretarli. 

Entriamo  nel  cuore  del  nostro  soggetto  e  vediamo  se  la  clinica 
osservazione  convalida  queste  premesse. 


(3)  EPATISMO    E    NEVROPATIA  473 


* 


L'attenzione  sui  disturbi  nervosi  di  origine  epatica,  epafo-fo- 
xernia  nervosa,  è  del  tutto  recente  (1892),  ma  limitato  è  fino  ad 
ora  il  materiale  clinico,  patologico  e  sperimentale.  Ad  ogni  modo 
è  sufficiente  per  formarsi  un'idea  abbastanza  chiara  di  questo  nuovo 
capitolo  di  patologia  generale,  tanto  più  che  l'argomento  si  presta 
a  riflessioni  retrospettive  nel  vasto  campo  della  casuistica  epa- 
tologica. 

Fra  gli  accidenti  nervosi  gravi  che  vennero  attribuiti  a  ma- 
lattie dell'organo  epatico,  figurano  in  prima  linea  il  coma  (i)  (tran- 
sitorio 0  terminale),  Vepilessìa  ('^),  Veclampsia  (•'*),  le  roìiviihioìit,  i 
tremori  (^)  ecc.  e  poi  anche  ncrrosi  e  mieìopatie^  fenomeni  ner- 
vosi osservati  di  preferenza  nel  corso  delle  cirrosi  epatiche  e  del- 
l'ittero  grave. 

TI  coma  epaik-o  veniie  osservato  isolatamente  od  associato  ad 
altri  fenomeni  nervosi,  quali  paralisi  o  contratture,  con  non  infre- 
quenti sintomi  bulbari,  come  accessi  di  apnea  con  contemporanea 
tachicardia  parossistica,  tachicardia  che  farebbe  contrasto  colla  bra- 
dicardia degli  itterici.  Oltre  l'esistenza  di  un'  afi'ozione  cronica  di 
fegato  (cirrosi,  ittero  grave)  si  vorrebbero  segni  differenziali  fra  il 
coma  epatico  ed  il  coma  terminale  di  altre  toximie,  la  midriasi 
in  contrapposto  alla  miosi  del  coma  uremico  e  V  i(,nihilinuria  in  con- 
trasto coll'acetonuria  del  coma  diabetico  e  l'albuminuria  del  coma 
uremico. 

Ma  è  facile  convincersi  come  questi  segni  non  possano  né  de- 
vano essere  considerati  come  differenziali.  Se  è  frequente  la  miosi 
nell'avvelenamento  uremico  non  vi  è  eccezionale  la  midriasi.  Così 
l'urubilinuria  se  è  frequente  osservarla  nelle  epatopatie,  non  è  dif- 
ficile rinvenirla  in  altre  autointossicazioni,  prima  fra  tutte  quella 
di  origine  intestinale.  Ne  maggior  valore  diagnostico  può  avere 
l'albuminuria,  fenomeno  non  costante  nella  stessa  uremia  e  tutt'al- 


(1)  L.  L(!vy,   Thhe  de  F<(Hs,  1896. 

(2)  H.  Day,  In  Murehison  trad.  Cìjr,  1878,  png.  503. 

(3)  Mya,  Lo  SperimetiUdr,  t.  XLVir,  1893  e  Withla,  Diddi»  jonr.  of 
ined  se.  1893. 

(4)  Levy,  1.  e. 


474  R.    MASSALONGO  (4) 

tro  che  raro  in  croniche  affezioni  epatiche.  Un  eguale  giudizio 
merita  la  tachicardia  e  la  bradipnea  osservate  tanto  nel  coma  epatico 
come  nel  coma  transitorio  o  terminale  dell'uremia  e  del  diabete; 
l'età  dei  soggetti,  le  condizioni  del  cuore,  lo  stato  del  sistema  ar- 
teriale, valgono  solo  ad  interpretare  questi  avvenimenti  nei  singoli 
casi. 

Il  coma  è  un  quadro  sintomatico  press'a  poco  identico  nei 
differenti  stati  di  avanzato  avvelenamento  organico,  sia  per  veleni 
esogeni  che  per  veleni  endogeni.  E  il  risentimento  di  tutto  l'or- 
ganismo, del  sistema  nervoso  in  modo  specialissimo,  risentimento 
che  prelude  la  fine  (coma  terminale)  o  minaccia  quest'esito  (coma 
transitorio),  avvenimento  frequente  nelle  più  svariate  condizioni 
patologiche,  quando  direttamente  od  indirettamente  si  sospendono 
le  funzioni  di  più  organi  o  di  tutti  gli  organi  depuratori.  Ma  nel 
caso  speciale,  per  la  correlazione  funzionale  dei  vari  organi,  è 
sempre  difficile  stabilire  se  i  fenomeni  comatosi  sono  l'effetto  del- 
l'insufficienza epatica,  della  renale,  della  intestinale,  ovvero  dell'in- 
sufficienza cutanea  e  respiratoria. 

Il  quadro  sintomatologico  che  abbiamo  l'abitudine  di  chiamare 
"  coma  „,  non  è  l'espressione  di  un  fatto  unico  e  subordinato,  ma 
di  più  fatti  morbosi  contemporanei;  il  coma  è  sempre  un  fenomeno 
complesso. 

Come  può  escludersi  l'influenza  del  fegato  nel  coma  diabetico, 
l'influenza  del  rene  in  questo  e  nel  coma  epatico  ? 


Oltre  il  coma  epatico  vennero  descritte  convulsioni  transitorie 
0  ternìinaìi  di  origine  epatica,  turbe  nervose  prodotte  da  malattie 
diverse  dell'epate,  col  quadro  più  comune  dell'eclampsia  in  donne 
e  bambini  e  dell'epilessia  negli  adulti. 

Ed  ecco  tosto  create  l'epilessia  e  J'erlampsia  epatiche. 

L' eclampsia  epatica  troverebbe  appoggio  nella  teoria  epatica 
dell'eclampsia  delle  gravide  (Pilliet-Bouffe),  una  delle  tante  teoriche 
proposte  per  interpretare  questo  quadro  sintomatico. 

L'illustre  nostro  collega  prof.  Mya  (')  di   Firenze  avrebbe  fin 


(1)  Mya,  I.  e. 


(5)  EPATISMO    E    NEVROPATIA  475 

dal  1893  pubblicata  la  storia  di  due  osservazioni  di  eclampsia  in- 
fantile mortale,  malattia  convulsiva,  secondo  la  sua  opinione,  su- 
bordinata, nei  due  bambini  in  questione,  ad  alterazioni  epatiche. 
Nella  prima  osservazione  (bambina  di  13  mesi,  rachitica),  oltre  le 
alterazioni  di  una  colite  abbastanza  g-rave,  trovò  il  feg-ato  in  istato 
di  avanzatissima  deg-enerazione  grassosa  ;  nella  seconda  osserva- 
vazione  (bambina  di  7  anni,  pure  rachitica),  l'eclampsia  con  vio- 
lenti convulsioni  venne  in  campo  in  seguito  alla  cloroformizzazione 
durante  un'operazione  di  osteotomia  ;  anche  in  questo  caso  all'au- 
topsia, l'illustre  pediatra  di  Firenze,  vide  il  fegato  rimpicciolito  ed 
in  via  di  degenerazione  grassosa  diffusa  a  tutto  l'organo.  T  reni 
nei  due  casi  vennero  trovati  normali.  Ma  è  facile  escludere  ad- 
dirittura che  questi  organi  non  abbiano  portato  il  loro  contributo 
alla  forma  convulsiva  eclamptica,  coll'organo  epatico  cosi  profon- 
damente degenerato  ?  La  morte  rapidissima  avrà  certamente  im- 
pedito il  manifestarsi  di  lesioni  renali  rilevabili,  ma  non  è  egli 
possibile  forse  l'insufficienza  funzionale  di  questi  organi,  soste- 
nuta, non  rare  volte,  da  spasmo  vascolare  ? 

Senza  dubbio  alcuno  queste  due  osservazioni  del  prof.  Mya 
fanno  seriamente  riflettere,  ma  non  sono  abbastanza  dimostrative 
per  convincere,  tanto  più  che  non  vennero  confermate  da  reperti 
anatomici  precedenti  o  successivi. 

I  due  altri  casi  di  eclampsia  epatica  osservati  da  Witla  e 
Gombault,  non  sostengono  nemmeno  la  critica. 

Quanto  frequente  dovrebbe  essere  allora  questa  sindrome  con- 
vulsiva nella  ricca  casuistica  epatologica  ! 

Oscurissima  è  ancora  la  patogenesi  e  fisiopatologia  dell'eclamp- 
sia infantile  e  delle  gravide  ;  oltreché  alterazioni  epatiche,  vennero 
descritte  lesioni  renali,  lesioni  cerebrali  isolate  od  associate,  senza 
però  che  tutte  queste  lesioni  presentino  nulla  di  speciale,  carat- 
teristico e  costante. 

Per  r  eclampsia  delle  gravide  gode  ancora  favore  la  teoria 
fetale. 

Non  è  egli  forse  inopportuno  ed  errato  voler  concludere  sul- 
l'origine dell'eclampsia  in  un  dato  caso,  con  questo  materiale  mul- 
tiforme ed  incoerente  ? 

Henry  Day  (')  parla    ancora  di   epile^^ìiia  ejxitica  ;    attribuisce 


(1)  Day,  1.  e. 


476  R.    MASSALONGÒ  (6) 

la  forma  convulsiva  nel  suo  caso  alla  congestione  epatica  riscon- 
trata all'autopsia.  Come  è  possibile  basare  delle  conclusioni  sopra 
un  fenomeno  patolog^ico  così  banale  com'è  la  congestione  del 
fegato  ?  La  sua  frequenza  al  tavolo  anatomico  nelle  più  diverse 
autopsie,  l'assenza  od  eccezionalità  di  lesioni  epatiche  nelle  epilessie, 
bastano  a  togliere  ogni  valore  a  questa  coincidenza,  a  questa  iso- 
lata osservazione,  tutt'altro  che  rigorosa,  sulla  quale  il  dott.  Day 
vorrebbe  basare  l'origine  epatica  dell'epilessia  nel  caso  in  questione. 
Anche  qui,  si  noti,  non  è  fatto  alcun  cenno  dello  stato  dei  reni. 

Ma  procediamo  più  avanti. 

Lèopold  Levy  (')  nella  sua  pregevolissima  Tesi  di  dottorato 
si  crede  autorizzato  descrivere  un  tremore  d'origine  epatica^  esteso 
ai  due  arti  superiori,  tremore  transitorio  apparso  due  volte  in  un 
etilico  e  saturnino  dell'età  di  70  anni,  ammalato  di  cirrosi  epatica. 
La  complessità  della  fenomenologia,  la  molteplicità  dei  momenti 
etiologici,  per  loro  natura  tutti  capaci  di  generare  tremori,  ci  ob- 
bligano negare  ogni  valore  a  questa  osservazione  ed  al  voluto 
rapporto  fra  il  tremore  e  la  contemporanea  epatopatia. 

Ne  i  concetti  dell'  autointossicazione  epatica  ed  i  possibili  rap- 
porti fra  questa  ed  il  sistema  nervoso  si  arrestano  a  questo  punto 
ed  ai  casi  suddescritti. 

Teissier  (2)  e  Pierret  ed  il  loro  allievo  Bronnerth  (•^)  dichia- 
rarono esplicitamente  aver  trovato  degli  elementi  per  sostenere 
l'origine  epatica,  in  alcuni  soggetti,  di  forme  croniche  sistematiche 
dell'asse  cerebro-spinale  e  di  nevrosi  e  descrissero  senz'altro  xmaf as- 
ma lociimofrice  ed  un'  atrofia  ninseoìare  progressiva  di  origine  epa- 
tica^ nonché  la  malattia  di  Parkinson,  ed  il  gozzo  esoftalmico  pure 
di  origine  epMtica. 

Ma  mi  affretto  a  dichiararlo,  anche  queste  osservazioni  dei 
medici  di  Lione  non  sono  niente  aflPatto  dimostrative,  ne  resistono 
alla  critica.  L'atassia  dei  movimenti,  1'  abolizione  dei  riflessi,  il 
segno  di  Argyll-Robertson  osservati  nel  periodo  terminale  di  una 
cirrosi  epatica,  non  sono  certo  sufficienti  ad  istituirò  la  diagnosi  di 
tabe  dorsale.  Ne  venne,  in  questo  caso,  fatta  l' autopsia. 

E  razionale  considerare  invece  questi  fenomeni  da  parte  del 


(1)  L.  Levy,  1.  e. 

(2)  Teissier,  Assoc.  fnnir.  Ar.  scienrcs.  Paris,  1889. 
(8)  Bronnerth,   Thhe  de  Lyon,  1891. 


(7)  EPATISMO    E    NEVEOPATIA  477 

sistema  nervoso,  come  sintomi  atassici  non  eccezionali  negli  ultimi 
periodi  di  croniche  organopatie.  Che  se  l'esame  anatomico  avesse 
pur  dimostrato  in  questo  paziente,  le  lesioni  spinali  della  tabe 
dorsale,  sarebbe  stato  illogico,  dopo  quanto  sappiamo  sulla  fisio- 
patologia di  questa  mielopatia,  l'attribuirne  l'origine  alla  malattia 
epatica. 

Un  eguale  valore  ha  per  noi  l' altra  osservazione  di  atrofia 
muscolare  progressiva.  Anche  in  questo  caso  non  venne  praticata 
l'autopsia,  ne  è  fatto  cenno  dell'  esame  elettrico;  dello  stato  dei 
riflessi  e  delle  sensibilità. 

Ma,  ammessa  pure,  se  si  vuole,  l'esistenza  dell'atrofia  muscolare 
progressiva  in  questo  cirrotico,  non  sarebbe  più  giustificato  con- 
siderarla come  una  semplice  coincidenza  '?  I^a  casuistica  delle 
malattie  di  fegato  e  delle  amiotrofie  sono  là  per  dimostrarlo. 

Ne  maggior  favore  raccoglie  l'osservazione  del  prof.  Tessier 
di  paralisi  agitante  d'origine  epatica  successiva  a  coliche  epatiche. 
Il  dolore  intenso  in  un  predisposto,  come  un'  emozione  violenta, 
può  essere  il  punto  di  partenza  del  morbo  di  Parckinson  ;  è  ric- 
chissima la  letteratura  a  questo  riguardo. 

Lo  stesso  ragionamento  vale  per  interpretare  1'  osservazione 
del  dott.  Bronnerth  di  malattia  di  Basedoss  sviluppatasi  pure  dopo 
un  accesso  di  colica  epatica  e  dopo  forti  dispiaceri.  Anche  qui  il 
dolore  fisico  e  morale  non  operò  che  come  semplice  agente  pro- 
vocatore. 

E  notisi  che  in  tutte  queste  osservazioni  di  nevropatie  epatiche 
non  è  tenuto  il  dovuto  calcolo  dei  precedenti  dei  soggetti,  della 
predisposizione  nevropatica. 


L'  epatismo  dal  dominio  della  nevrologia  è  penetrato  ancora 
in  quello  della  psichiatria.  Levy  (0  e  Charrin  (^)  riportano  osser- 
vazioni (li  delirio  transitorio  o  terminale  d'origine  epatica  e  Klip- 
pel  (=^)  vorrebbe  anzi  di  esclusiva  origine  epatica  alcuni  deliri  degli 


(1)  L.  Levy,  1.  e. 

(2)  Charrin,  Soc.  de  Biolof/ie,  1892. 

(3)  Klippel,  Ann.  Méd.  pst/ch.  1894. 


'478  E.    MASSALONGO  (8) 

alcoolizzati,  nò  si  perita  creare  nnafoJNa  ppafica;  Joffroiy(0  descrisse 
in  appresso  un  caso  di  pseudo-paralisi  generale  epatica. 

Come  per  le  nevropatie,  non  si  può  negare  che  malattie  del 
fegato,  che  l'insufficienza  della  sua  funzione,  possano  influire  sulla 
fisonomia,  sul  decorso  di  deliri  e  di  frenosi  in  individui  predisposti, 
e  che  la  follia  degli  alcoolizzati  subisca  pure  un'influenza  per  la 
contemporanea  alterazione  etilica  del  fegato.  j\[a  nient'  altro  ;  si 
aggiunga  che  questa  follia  epatica  non  presenta  nulla  di  caratte- 
ristico, nò  si  dimostra  con  una  personalità  propria. 

Le  cause  prossime  incolpate  nella  genesi  del  disturbo  mentale, 
non  potrebbero  avere  altro  valore,  come  si  esprime  giustamente 
Cullerre  (-),  che  quello  di  una  goccia  d'acqua  che  fa  traboccare 
il  bicchiere. 

Ecco  l'inventario  del  patrimonio  di  questo  nuovo  capitolo  di 
patologia  :   "  Epatismo  e  Nevropatia.  „ 


Malgrado  questa  risposta  negativa  della  clinica,  vediamo  ora 
come  possano  succedere  questi  fenomeni  di  autointossicazione  e 
successivo  risentimento  nervoso  per  alterazione  epatica. 

Lasciando  ora  da  parte  a  quali  sostanze  più  che  ad  altre 
(parvolina,  idrocollidina,  ossibetalina,  metilgadinina,  neurina,  mu- 
scarina, acido  carbamico  ecc.)  debbansi  attribuire  i  fenomeni  tossici, 
lasciando  pure  da  parte  di  determinare  quale  o  quali  malattie  del 
fegato  dispongano  a  questo  avvelenamento  e  quali  delle  molteplici 
funzioni  dell'  organo  epatico,  diminuite  o  distrutte,  conducano  a 
questo  avvenimento,  basterà  considerare  questo  processo  patologico 
nel  suo  insieme,  nelle  linee  generali. 

E  per  risolvere  questo  problema  non  possiamo  rivolgersi  ancora 
che  alla  clinica. 

Cosa  insegna  la  medica  esperienza  al  letto  dei  numerosi  am- 
malati di  fegato  ?  Essa  dimostra  prima  di  tutto  la  rarità  di  sintomi 
di  autointossicazione,  di  sintomi  nervosi,  nelle  epatopatie  croniche 
pure  e  la  loro  maggiore  frequenza  quando  i  reni,  e  ciò  succede 
spesso,  sono  contemporaneamente  compromessi. 


(1)  Joffroiy,  Sor.  nx'd.  ile  Hòp.  1896. 

(2)  Cullerre,  Arrh.  de  Neurologie,  1898. 


(9)  EPATISMO    E    NEVEOPATIA  479 

In  via  generale  i  fenomeni  di  autointossicazione,  non  possono 
comparire  a  reni  sani  e  regolarmente  funzionanti.  È  conosciuta  la 
facilità  e  prontezza  colla  quale  i  reni  eliminano  gli  elementi  ete- 
rogenei disciolti  nel  plasma  sanguigno.  Basta  che  i  reni  vengano 
meno  al  loro  compito,  sia  per  semplice  deficienza  funzionale,  sia 
per  alterazioni  materiali,  che  tosto  i  fenomeni  nervosi  di  autoin- 
tossicazione entrano  in  scena,  con  maggiore  o  minore  frequenza 
ed  intensità  a  seconda  della  predisposizione  individuale. 

Occupandomi  da  molti  anni  clinicamente  ed  anatomicamente 
dell'  influenza  delle  malattie  del  fegato  sullo  stato  dei  reni,  ho 
potuto  vedere,  che  quasi  sempre  negli  itteri  cronici,  nelle  cirrosi 
epatiche  atrofiche  ed  ipertrofiche  venute  al  tavolo  anatomico,  i 
reni  erano  più  o  meno  alterati  per  lesioni  epiteliali  ed  anche  in- 
terstiziali. L'esperimentazione  ancora  ha  dimostrato  come  i  principi 
anormali  che  si  eliminano  colle  orine  nel  decorso  di  affezioni  epa- 
tiche, sieno  tossici  per  i  reni. 

Adunque  non  è  più  di  fievr apatie  da  epatismo  che  si  deve 
parlare,  ma  di  ne  r  rapati  e  da  taxemia  epata-renale. 

Compulsando  la  ricca  casuistica  di  malattie  di  fegato  in  15 
anni  di  pratica  ospitaliera,  ho  potuto  rilevare  come  tutta  la  sin- 
tomalogia  nervosa  si  riduceva  a  fenomeni  comatosi  terminali,  a 
qualche  fenomeno  convulsivo  o  delirante  e  come  questi  fenomeni 
nervosi  negli  stadi  avanzati  delle  malattie  di  fegato,  non  avevano 
nulla  di  caratteristico,  di  speciale  da  poterli  distinguere  da  quelli 
osservati  in  altre  autointossicazioni. 

* 
*  * 

Non  bisogna  mai  dimenticare  che  i  fenomeni  di  autointossi- 
cazione del  nostro  organismo  sono  molto  complessi  e  devono  essere 
considerati  nel  loro  insieme  e  non  con  idee  unilaterali  fornite  dal 
laboratorio. 

Di  più  Tesperimentazione  (Malfi  e  Antinori,  La  Franca-Cannizzo) 
non  darebbe  appoggio  a  questa  individualità,  alla  nevropatia  di 
origine  epatica.  Nella  colemia  sperimentale  col  mezzo  della  legatura 
del  coledoco,  come  nella  insufficienza  epatica  sperimentale  ottenuta 
colla  legatura  dell'arteria  epatica,  le  alterazioni  più  o  meno  ma- 
nifeste negli  elementi  nervosi  non  differiscono  da  quelle  osservate 
negli  stati  toxo-infettivi,  in  altre  autointossicazioni,  fra  le  quali 
l'uremia,  alterazioni  degli  elementi  nervosi  che  non  corrispondono 


480  R.    MASSALONGO  (10) 

sempre  alla  presenza,  g-rado  e  forma  dei  fenomeni  nervosi  osservati 
durante  la  vita  ;  questi  poi,  negli  animali  in  esperimento,  si  ri- 
ducevano a  sintomi  comatosi  ed  a  qualche  convulsione. 


Per  cui  la  sintomatologia  nervosa  nelle  malattie  di  fegato 
resta  limitata  a  quanto  e'  insegnarono  i  vecchi  medici,  a  quanto 
c'insegna  la  quotidiana  esperienza,  cioè  al  priinto  cutaneo^  all' ifwore 
melanconico^  agli  sfati  ipocoìbdriaci  edalla  emeralopia  o  nictambUopia. 
Questi  fenomeni  nervosi  però  si  presentano  di  solito  quando  esiste 
contemporaneamente  itterizia  ;  il  prurito  e  l'emerelopia  infatti  ven- 
gono spiegati  il  primo,  coU'azione  diretta  dei  principi  biliari  sulle 
estremità  nervose  della  cute,  la  seconda  per  X  inquinamento  di 
questi  stessi  principi  degli  umori  dell'occhio  e  degli  elementi  retinici. 

Le  malattie  acute  e  croniche  di  fegato  adunque  non  hanno 
nessun  requisito  superiore  ad  altre  organopatie  nel  determinare  o 
meglio  provocare,  in  predisposti,  turbe  dell'  innervazione.  Questa 
conclusione  però  non  esclude  che  nello  studio  patogenetico  delle 
malattie  nervose,  non  si  debba  ricercare  con  diligenza  come  si 
compiono  nell'organismo  le  funzioni  degli  organi  più  importanti, 
il  fegato  compreso  ;  se  queste  funzioni  alterate  non  sono  capaci 
di  produrre  per  proprio  conto  una  sindrome  nervosa,  potranno  senza 
dubbio  influire  sul  decorso  e  sulla  fisionomia  del  quadro  sintomatico. 


* 


I  portati  dell'esperimentazione  hanno  senza  dubbio  illuminato 
di  nuova  luce  la  patogenesi  dei  grandi  processi  morbosi  ed  hanno 
fatto  progredire  con  passi    da  gigante  la  medica  patologia. 

Ma  l'esperimentazione,  le  ricerche  di  laboratorio  non  devono 
imporsi  con  dispotismo  al  letto  dell'ammalato.  L'organismo  animale 
è  un  complesso  di  organi  e  di  funzioni  tutte  indirizzate  ad  un 
unico  scopo,  la  conservazione  dell'individuo.  La  sofferenza  di  un 
organo  è  sofferenza  dell'organismo  intero.  Le  malattie  locali,  nello 
stretto  senso  della  parola,  non  esistono  ;  dal  momento  che  1'  alte- 
razione è  manifesta,  tutto  l'organismo  in  qualche  maniera  vi  par- 
tecipa. 


(11)  EPATISMO    E    NEVROPATIA  481 

Questa  specializzazione  di  malattie  e  di  sintomi,  questa  moderna 
tendenza  alla  creazione  di  nuove  forme  morbose,  è  senza  dubbio 
di  grave  danno  alla  clinica  ed  alla  terapia. 


* 


Da  quanto  son  venuto  esponendo  mi  credo  autorizzato  poter 
concludere  : 

1.0  Le  croniche  malattie  di  fegato  si  accompagnano  in  via 
affatto  eccezionale  a  turbe  dell'innervazione  periferica  o  centrale  ; 

2.0  Certe  nevrosi  e  mielopatie  recentemente  descritte  e  con- 
siderate come  espressioni  della  toxemia  epatica,  non  sono  giu- 
stificate ne  dalla  clinica,  ne  dall'  anatomia  patologica,  ne  dalla 
esperimentazione  ; 

3.0  II  coma  epatico,  transitorio  o  terminale;  che  non  infre- 
quentemente si  osserva  negli  ultimi  periodi  delle  malattie  epatiche, 
non  presenta  nessuna  caratteristica  speciale,  né  può  differenziarsi 
dal  coma  di  altre  toxemie  ; 

4.0  Quali  fenomeni  nervosi  speciali  nelle  malattie  epatiche 
non  restano  perciò  che  il  prurito  cutaneo,  certi  stati  ipocondriaci 
e  l'emeralopia,  di  solito  quando  esiste  contemporanea  l'itterizia; 

5.°  La  nota  influenza  delle  malattie  epatiche  sullo  stato  dei 
reni,  la  quasi  costanza  dell'alterazione  di  questi  organi  in  queste 
circostanze,  non  giustificano  l'esistenza  di  una  toxemia  epatica,  ma 
piuttosto  di  una  toxemia  epato-renale  ; 

6.0  I  fenomeni  nervosi  e  psichici  considerati  quali  espres- 
sioni della  toxemia  epatica,  non  sarebbero  ne  più  frequenti,  ne 
differenti  da  quelli  di  altre  autointossicazioni  le  quali,  in  via  generale, 
non  determinano  i  fenomeni  nevropatici  o  psichici  senza  una  pre- 
disposizione individuale  ; 

7.0  Le  alterazioni  degli  elementi  nervosi  osservate  nella  co- 
lemia e  nell'  insufficienza  epatica  sperimentali,  non  differiscono 
da  quelle  dei  comuni  stati  toxo-infettivi  e  di  altre  toxemie,  altera- 
zioni degli  elementi  nervosi  spesso  transitorie,  non  costanti,  la  cui 
presenza  e  gravità  non  stanno  sempre  in  diretto  rapporto  col  quadro 
sintomatico  e  che  probabilmente  nella  loro  reazione  istologica  non 
rappresentano  che  l'ultima  espressione  dei  disordini  nutritivi  del 
neurone  sotto  l'influenza  dei  prodotti  toxo-infettivi  ; 

8.0  I  fenomeni  di  autointossicazione  nel  nostro  organismo  sono 


482  E.    MASSALONGO    -    EPATISMO    E    NEVEOPATIA  (12) 

molto  complessi.  La  sintomatologia  della  lesione  di  un  organo  non 
è  mai  esclusiva,  ne  indipendente  ;  malattie  locali  nello  stretto  senso 
della  parola  non  esistono.  Le  tendenze  attuali  di  voler  troppo  spe- 
cializzare, col  creare  nuove  entità  e  nuovi  quadri  morbosi,  traspor- 
tando con  troppo  entusiasmo  al  letto  dell'ammalato  i  dati  di  labora- 
torio, sono  addirittura  esagerate,  facendo  spesso  dimenticare  l'antica 
e  sempre  giovane  sentenza  :   "  ronsensus  umis,  consenfentia  omnia.  „ 


(Finita  di  stampare  il  giorno  26  marzo  1900) 


PEEZZO  DELLA  DISPENSA 
Fogli  10  a  cent.  25 L.  2.50 


TipoGEAFiA  Cablo  Feeeaei.  1900 


^■^    ■       •■a? 


n.i  ATTI 


DEL 


REALE  ISTITUTO  VENETO 


DI 


SCIENZE,  LETTERE  ED  ARTI 


AMO  ACCADEMICO  1899-900 


T0]»[0  LIX 

(serie     ottava    -    TOMO     SECONDO) 

DISPENSA    SESTA 


VENEZIA 


PEESSO    LA    SEGRETERIA    DEL    REALE    ISTITUTO 
PALAZZO   LOKEDAN   A   SANTO    STEFANO 


In  esecuzione  dell'art.  25  dello  Statuto  e  dell'art.  50 
del  Regolamento,  si  dichiara  che  dell'  opinione  dei  loro 
scritti  rispondono  gli  autori,  che  ne  conservano  la  pro- 
prietà letteraria. 


INDICE 


PARTE     I» 

Adunanza  ordinaria  del  25  marzo  1900 pag.    79 

Bollettino   bibliografico.  Doni  ed  acquisti  dal  2B  febbraio  al  25 

marzo  1900 „     [47] 

PARTE    Iia 

G.  Pas(ìualis.  —  Di  una  serie  di  antisettici  trascurati.  Applica- 
zione di  essi  alla  disinfezione  dell'acqua  potabile  e  delle 
verdure  che  si  mangiano  crude.    Nota pag.  483 

T.  Bonnio.  —  Integrazione  dell'  equazione  A-A-  =  0  in  una  co- 
rona circolare  e  in  uno  strato  sferico.  Nota.        .        .     „     497 

Gr.  Spi(!a,  s.  c.  —  Notizie  e  considerazioni  sulle  recenti  esplo- 
sioni avvenute  nel  Dinamitificio  di  Avigliana       .        .      „     509 

Y.  Brocchi.  —  Il  Padovanino „     519 

G.  B.  De  Toni,  m.  e.  ed  A.  Forti.  —  Contributo  alla  cono- 
scenza del  plancton  del  lago  Vetter.  Memoria      .        .     „     537 

G.  BiADEfiO,  s.  e.  —  Alessandro  Volta  a  Ginevra  nel  1787        .     „     563 

E.  Teza,  m.  e.  —  Cose  armène.  Appunti „     569 


Atti  del  Realk  Istituto  Veneto  di  sciknze,  lettere  eh  arti. 
Anno  accademico  1899-900  -  Tomo  LtX  -  Parte  prima. 


ADUNANZA    ORDINARIA 
DEL  25  MARZO  1900 


PRESIDENZA  DEL  M.  E.  LAMPERTICO 

presidente 

Presenti  i  membri  effettivi  :  De  Giovanni,  vice-presidente  ;  G. 
Bekchet,  segretario  ;  Cassani,  vice-segretario;  Loeenzoni, 
Teois,  Saccaedo,  Gloeia,  Omboni,  Bellati,  Bonatelli,  P. 
Spiga,  Teza,  Liot,  Mastini,  A.  Tamassia,  Veeonese,  Papa- 
DOPOLi,  Da  Schio,  Molmenti,  Stefani,  Feeeaeis,  G.  B.  De 
Toni,  Occioni-Bonaffons,  Galanti,  Geadenigo,  Ragnisco, 
Ricci,  Nasini,  Polacco  ;  ed  i  soci  corrispondenti  :  Nicolis, 
Beugi,  Levi-Catellani,  Ceescini,  F.  Beechet,  Boediga^ 
Aeeigoni  Degli  Oddi^  G.  Spiga,  BonomE;  Saceedoti,  Zanon, 
Castelnuovo,  Peedelli. 

Letto  ed  approvato  1'  Atto  della  precedente  adunanza,  giu- 
stificata l'assenza  del  m.  e.  Beltrame  e  dei  ss.  ce.  Biadego  e  Pa- 
scolato; il  Presidente  presenta  all'Adunanza  il  conte  Géza  Kuun, 
magnate  d'Ungheria,  storico  ed  orientalista,  membro  dell'Accade- 
mia di  Buda-Pest,  accompagnando  la  presentazione  con  parole  o- 
norevoli  all'indirizzo  del  valente  accademico,  ed  invitando  l'Istituto, 
che  annuisce  di  buon  grado,  a  fargli  decorosa  accoglienza. 

Il  conte  Géza  Kuun,  ringraziando,  dichiara  che  la  compia- 
cenza ch'egli  prova  quando  tocca  i  confini  d'Italia,  va  crescendo 
sempre  di  mano  in  mano  che  s'addentra  nel  bel  paese  e  vi  respira 
l'aura  serena,  che  il  suo  spirito  si  rallegra  in  seno  all'  artistica 
città  di  Venezia,  e  si  eleva  potendo  sedere  nel  consesso  dei  suoi 
scienziati. 

Il  Presidente  risponde,  ringraziando  a  sua  volta  e  facendo 
plauso  all'affratellamento  delle  nazioni  in  seno  alla  scienza. 


80  ADUNANZA    OKDINARIA 

Indi  il  Presidente  annunzia  che  S.  M.  con  Decreto  del  15  feb- 
braio p.  p.  approvò  la  deliberazione  presa  dall'Istituto,  colla  quale 
venne  conferita  la  pensione  accademica,  resa  vacante  per  la  morte 
del  prof.  Morsolin,  al  m.  e.  comm.  nob.  Lioy. 

Annunzia  quindi  le  condoglianze  pervenute  all'Istituto  per  la 
morte  del  prof.  Canestrini  :  dal  R.  Ministero  della  P.  L,  da  quello 
d'Agricoltura,  Industria  e  Commercio  e  dall'Accademia  Lucchese  di 
scienze,  lettere  ed  arti.  Comunica  poscia  la  lettera  di  ringrazia- 
mento della  vedova  del  prof.  Beltrami,  in  risposta  alle  condoglianze 
inviatele  dal  R.  Istituto  per  la  morte  dell'  illustre  suo  marito,  ed 
aggiunge  :  "  l'Istituto  non  avrebbe  potuto  sopportare  in  silenzio  il 
dolore  d'una  sì  grave  perdita  per  la  scienza,  ed  a  me  stesso  riesce 
penoso  il  silenzio.  Io  conobbi  il  Beltrami  da  poco  tempo,  eppure 
avevo  già  concepita  per  lui,  che  ne  era  ben  degno,  un'  affezione 
così  viva  che  la  sua  dipartita  mi  fu  dolorosa,  come  se  la  nostra 
conoscenza  datasse  da  un'epoca  molto  piìi  lontana.  „ 

Seguita  il  Presidente,  avvertendo  che  furono  inviate  lettere 
di  condoglianza  al  collega  Lioy  per  la  dolorosa  perdita  di  sua 
moglie. 

Annunzia  quindi  la  morte  del  prof,  senatore  Lorenzo  Bruno, 
socio  decano  della  R.  Accademia  di  medicina  di  Torino,  avvertendo 
che  alla  detta  Accademia  la  Presidenza  inviò  lettera  di  condoglianza. 

Comunica  indi  la  morte  dell'avvocato  Arsenio  Crespellani  socio 
della  R.  Accademia  di  scienze,  lettere  ed  arti  in  Modena,  alla 
quale  fu  inviata  lettera  di  condoglianza. 

Annunzia  che  fu  inviato  un  telegramma  di  adesione,  ed  una 
lettera  al  sig.  Paolo  Mazzoleni  di  Sebenico,  pregandolo  di  rappre- 
sentare r  Istituto  alle  solenni  onoranze  tributate  all'  illustre  prof. 
Roberto  De-Yisiani  per  il  primo  centenario  dalla  sua  nascita,  alle 
quali  onoranze  era  stato  invitato  l'Istituto  dal  C-omitato  di  Sebenico 
costituitosi  a  tal  uopo.  Fu  risposto  al  telegramma  con  una  lettera 
di  ringraziamento. 

Comunica  la  circolare  del  Comitato  per  un  ricordo  monu- 
mentale nel  palazzo  Foscari  a  Francesco  Ferrara. 

Partecipa  la  lettera  del  prof.  Gerola  in  data  8  corrente  da 
Candia,  colla  quale  s'informa  l'Istituto  dei  lavori  da  esso  professore 
eseguiti  fin  qui  sui  monumenti  veneziani  in  quell'  isola. 

Vengono  infine  presentati  gli  elenchi  delle  pubblicazioni  ac- 
quistate e  di  quelle  ricevute  in  dono  dopo  l'ultima  adunanza^  facendo 
speciale  menzione  dei  seg-uenti  doni  : 


DEL    25    MAKZO    1900  Sì 

A.  Stefani  :  Commemorazione  del  prof.  Filippo  Lussaua  letta 
nell'Aula  Magna  della  li.  Università  di  Padova  il  giorno  18  gen- 
naio 1900.  Padova,   1900,  8.o 

G.  Setti  :  Una  nuova  pagina  di  Menandro  (The  Orgrliynchua 
papgri,  n.   CCXI).  Padova,  1900,  8.» 

T.  Pogc^i  :  Le  concimaje  a  macerato/o.   Casale  1900,   16/' 

R.  Massalongo  :  //  fahag'smi)  moderno.  Milano,   1900,  8." 

G.  V.  Schiaparelli  :  Osservazioni  astronomiche  e  fisicJie  stdla 
topografia  e  costituzione  del  pianeta  Marte  fatte  nella  Specola  Beale 
di  Brera  in  Milano  coli'  equatoriale  di  Merz-Rapsold  (18  pollici) 
durante  V opposizione  del  1888.  Roma,  1899,  4^,  con  tav. 

Atti  della  Società  per  gli  studi  della  malaria.  Yol.  I.  Roma, 
1899,  8o,  con  14  tav. 

Nel  primo  centenario  dalla  morte  di  Lazzaro  Spallanzani. 
Relazione  delie  onoranze  a  Reggio^  a  Scandiano  e  in  altre  città. 
Yol.  II,  1899.  Reggio-Emilia,  1900,  8.o 

Ministero  dei  lavori  pubblici  :  /  pagamenti  fatti  dallo  Stato 
per  opere  pid)hHche  negli  esercizi  finanziari  dal  1862  al  1897-98. 
Relazione  comjiilata  in  occasione  della  Esposizione  universale  di 
Parigi  dell'  anno  1900.  Roma,   1900,  volumi  3  in  f." 

Tengono  quindi  presentate  e  lette  le  seguenti  Memorie  : 

E.  Teza,  m.  e.  :  Breve  comunicazione  intorno  all'origine  del 
titolo  Crusca  detto  all'Accademia  omonima. 

E.  Nicolis,  s.  e.  :  Resti  di  Mosasauriano  nella  scaglia  (creta- 
ceo superiore)  di  Valpantena  veronese.  —  L'A.  dopo  aver  fatta  la 
storia  dei  resti  di  Mosasauriano,  dei  quali  fornisce  la  figura,  e  di 
avere  descritto  il  giacimento  che  li  ingloba,  che  è  la  scaglia  rossa 
superiore,  ne  presenta  la  diagnosi  dalla  quale  risulta  che  le  parti 
conservate  consistono  in  :  porzioni  posteriori  del  mascellare  supe- 
riore sinistro  e  del  corrispondente  mascellare  inferiore,  chiusi,  con 
1  rispettivi  denti  che  si  incontrano  ad  incastro  ;  porzione  posteriore 
del  mascellare  inferiore  destro  spostato  ;  tratto  dell'  arco  jugale  ; 
cinque  denti  del  pterigoideo  spostato.  Così  ai  resti  di  vertebrati  fos- 
sili della  scaglia  rossa  del  veneto,  che  si  passano  in  rassegna,  va 
aggiunto  anche  un  rappresentante  di  questa  famiglia  di  rettili  pela- 
gici, per  la  prima  volta  segnalata  nelle  Alpi,  e  che  visse,  per  quanto 
ora  si  sa,  nei  soli  mari  geologici  dell'età  Seno-Daniana. 


82  ADUNANZA    ORDINARIA 

E.  Levi-Catellani,  s.  e.  :  L'opera  del  Wachter  nel  diritto  in- 
terna zional  e  privato.  —  Scopo  della  memoria  è  asse^^nare  al  ^\^achter 
il  posto  che  gli  compete  accanto  al  Savigny  nello  sviluppo  mo- 
derno del  diritto  internazionale  privato  e  dimostrare  che  la  dottrina 
del  Wachter  non  è,  come  parrebbe  da  talune  di  lui  premesse, 
quella  della  territorialità  delle  leggi. 

G.  Biadego,  s.  e.  :  Alessandro  Volta  a  Ginerra  nel  1787.  —  L'A. 
comincia  dalla  prima  visita  a  Ginevra  nell'autunno  del  1777,  quando 
fece  il  suo  primo  giro  nella  Svizzera,  colla  compagnia  del  Yenini, 
matematico  e  naturalista^  del  Visconti  Francesco,  dilettante  di  scienze 
naturali  e  del  conte  Giov.  Batt.  Giovio,  studioso  di  letteratura  e 
di  filosofia.  La  descrizione  del  suo  primo  viaggio  sì  arresta  a  Zu- 
rigo e  venne  completata  dal  nipote  Zanino  Tolta. 

A  Ginevra  il  Volta  tornò  nel  1781,  ma  vi  si  fermò  poco.  Ri- 
vide Ginevra  nel  1787  e  vi  si  portò  per  conferire  col  De  Saussure 
che  egli  aveva  conosciuto  nel  1777  e  col  quale  era  stato  sempre 
in  corrispondenza.  In  una  lettera  diretta  ad  un  suo  fratello,  in  data 
15  settembre  1787,  il  Volta  parla  del  suo  felice  viaggio  e  delle 
gradite  impressioni  provate  alla  vista  dei  luoghi  circostanti,  delle 
usanze,  dei  costumi  ecc.  Accenna  alle  sue  conferenze  scientifiche  col 
De  Saussure  e  cogli  altri  scienziati,  mostrandosi  d'eccellente  umore 
e  tracciando  il  piano  de'  suoi  futuri  passatempi.  Questa  lettera  è  ri- 
portata per  intero  nel  lavoro  del  s.  e.  Biadego,  ove  sono  rammentati 
i  dotti  coi  quali  ebbe  a  far  conoscenza  il  Volta.  L'A.  si  ferma  spe- 
cialmente sull'avvenente  madama  Rollan,  nata  Pellissari;  d'origine 
italiana,  nella  cui  casa  convenivano  i  più  illustri  scienziati  d'allora. 

C.  Massalongo,  s.  e.  :  Sopra  uìì  interessantissimo  raso  di  de- 
forma zione  ipertrofica  dell'infiorescenza  della  vite:  —  L'A.  fa  co- 
noscere una  singolare  deformazione  ipertrofica  del  grappolo  di  vite, 
rilevando  come  la  mostruosità  sia  rarissima  per  questa  pianta,  es- 
sendoché finora  ne  sarebbero  stati  segnalati  solo  tre  casi,  i  quali 
però  differirebbero  da  quello  in  questo  luogo  descritto.  Relativa- 
mente all'etiologia  di  tale  mostruosità  l'A.,  per  analogia  con  simili 
alterazioni,  le  quali  sopra  altre  piante  sono  il  prodotto  di  acari, 
ritiene  come  assai  probabile  che  essa  sia  di  natura  parassitaria 
e  che  per  ciò  si  deva  ascrivere  fra  gli  acarocecidii. 

A.  Scrinzi  :  Un  sarcofago  arcaico  antropoide  della  Collezione 
Boldà  (memoria  presentata  dal  prof.   G.  Occioni-Bonaffons  m.  e.  a 


DEL   25    MAEZO    1900  83 

termini  dell'art.  18  del  Regolamento).  —  L'Autore  studia  il  fram- 
mento di  un  sarcofago  antropomorfo,  conservato  nel  cortile  del  pa- 
lazzo Boldìi,  già  Bembo,  a  S.  Maria  Nova  di  questa  città.  Il  mo- 
numento era  prima  collocato  sopra  la  riva  d'approdo,  a  destra  del 
palazzo  Bembo.  L'esposizione  in  un  luogo  di  diffìcile  accesso  aveva 
tenuto  occulto  il  frammento  agli  studiosi,  mentre  l'importanza  ne 
è    grande  e  sotto  varii  aspetti. 

Accenna  l'Autore  alla  trasformazione  del  tipo  del  sarcofago 
fino  alla  forma  antropomorfa,  derivata  dalla  credenza  egiziana  nella 
sopravvivenza  di  una  seconda  forma  dell'  essere  dopo  la  morte. 
Dall'arte  egiziana  il  concetto  di  dare  figura  umana  al  sarcofago 
passò  all'arte  fenicia,  che  lo  trasportò  poi  in  tutti  i  paesi  dove  i 
Fenicii  ebbero  fattorie.  Anche  in  Cipro  :  e  invero  gli  scavi  del 
Cesnola  arricchirono  la  scienza  di  molti  simili  monumenti.  E  poiché 
l'arte  di  Cipro  sentì  l'influenza  anche  dell'  arte  assira  da  un  lato 
e  dell'  arte  greca  arcaica  dall'  altro,  nei  varii  sarcofagi  si  distin- 
guono, specialmente  nella  protome,  i  riflessi  degli  originali  assiri 
e  greci. 

L'Autore  analizzando  il  sarcofago  Boldù,  lo  attribuisce  a  Cipro 
e  vi  nota  l'influenza  dell'arte  greca  arcaica  e  lo  giudica  della  fine 
del  secolo  \l  av.  Cristo.  Il  monumento  quindi  è  il  più  antico 
frammento  di  scultura  in  Venezia. 

Non  c'è  alcuna  notizia  intorno  la  provenienza  di  esso.  Però 
quando  si  consideri  che  era  conservato  nel  palazzo  che  fu  di  Gian 
Matteo  Bembo,  nipote  del  cardinale  e  dotto  uomo  e  presidente 
dell'Accademia  degli  Uniti,  è  ragionevole  la  supposizione  che  Gian 
Matteo  Bembo,  il  quale  fu  capitano  a  Cipro  nel  1546  e  fece  colà 
scavi  che  condussero  a  ritrovare  la  pretesa  tomba  di  Tenere  (come 
ricordano  alcnni  cronisti)  abbia  in  quell'occasione,  o  durante  il  suo 
reggimento;  rinvenuto  anche  il  sarcofago,  da  lui,  per  venerazione 
dell'antichità  e  per  ricordo,  qui  a  Venezia  trasportato. 

Prima  che  terminasse  la  pubblica  adunanza  il  m.  e.  Ragni- 
sco  ricordò  colle  seguenti  parole  il  compianto  socio  nazionale  del- 
l'Istituto comm.  sac.  Vito  Pomari  : 

"  Ho  conosciuto  Vito  Pomari  nell'  aprile  del  1860,  quando 
giovine  affatto  feci  il  concorso  di  filosofia  per  esperimenti  nella  Uni- 
versità di  Napoli  :  di  quella  commissione  egli  era  il  Presidente.  Io  fui 
a  lui  affezionato,  perchè  da  lui  ebbi  trasfuso  il  pieno  ardore  agli  studi 
filosofici,  rimasi  attratto  dalla  sua   beiranima   in   corpo   sottile    ed 


84         ADUNANZA  ORDINARIA  DEL  25  MARZO  1900 

alto,  piena  di  grazia  e  di  amabilità,  che  inspirava  amore  alla  sua 
gentile  persona.  Poi  mi  divisi  da  lui  nell'indirizzo  del  pensiero 
filosofico,  ma  ciò  non  ha  mai  impedito  la  mia  piena  stima  ed  affetto 
a  tanta  virtù  nel  suo  gentil  corpo  racchiusa.  Ed  ora  che  è  spento, 
mi  sento  obbligato  ad  esprimere  a  questo  Consesso  la  sua  concor- 
dia della  mente,  1'  armonia  del  suo  ingegno,  la  grazia  della  sua 
persona,  espressa  nella  venustà  del  suo  dire  :  onde  è  vero  di  lui, 
ora  come  allora  quando  lo  conobbi,  ciò  che  Cicerone  disse  della 
sapienza  :   m/ì-'thiìes  ainores  excifahaf  sui  !  „ 

Terminata  1"  adunanza  pubblica,  l'Istituto  si  raccolse  in  adu- 
nanza segreta,  nella  quale  procedette  alla  nomina  di  due  membri 
effettivi,  prof.  cav.  Enrico  Yerson,  prof.  Giuseppe  Vicentini,  e  di 
due  soci  corrispondenti;  prof.  cav.  Achille  Loria,  prof.  cav.  Achille 
Breda,  e  delegò  alla  Presidenza  la  nomina  delle  Commissioni  per 
la  scelta  dei  temi  pei  concorsi  scientifici  di  Fondazione  Querini 
e  Cavalli  da  bandirsi  nell'  adunanza  solenne  dell'  anno  1900. 


[l  Presifhnff 

F.   LAMPERTICO 

Il  SeyreUtrio 

Cjt.    B  e  r  c  h  e  t 


Atti  del  Reale  Istituto  Veneto  m  scienze,  lettere  ed  arti. 
Anno  accademico  1899-900  -  Tomo  LVIII  -  Parte  prima. 

(annessi) 


BOLLETTINO   BIBLIOGRAFICO 
Doni  ed  Acquisti  dal  26  febbraio  al  25  maezo  1900  (^ì 


Annuario  scientìfico  ed  industriale  diretto  dal  dott.  Arnoldo   Usi- 
gli. Anno  XXXYI,  1899.  —  Milano,  1900,  8°,  con  42  incisioni. 

*  Atti  del  IV  Congresso  meteorologico  Italiano  promosso  dalla  So- 

cietà Meteorologica  Italiana,  tenuto  a  Torino  dal  12  al  15  set- 
tembre 1898.  —   Torino,  1899,  16.° 

*  Atti  della  Società  per  gli  studi  della  malaria.  Voi.  I.  — •  Roma, 

1899,  80,  con  14  tav. 

*G.  Cavazzani.  -  Simpatectomia  del  plesso  utero-ora rico.  —  Milano, 
1899,  8.0 
*La  simpatectomia  addominale  nelle  forme  isteroidi.  —  Eoina, 

1899,  8.0 
*  La  cura  della  forma  grave  della  nevralgia  del  trigemino  colla 
resezione  del  ganglio  simpatico  cervicale  superiore.  —  Vene- 
zia, 1900,  8.0 

*A.  Cliiamenti.  -  Contribuzione  allo  studio  della  Malacofauna  A- 
driatica.  Nota  sulla-  famiglia  delle  veneride,  e  delle  petrico- 
lide.  —  Siena,  1900,  8.o 

*E.  D'Ovidio.  -  Eugenio  Beltrami.  Commemorazione  alla  B.  Acca- 
demia delle  scienze  di  Torino.  —  Torino,   1900,  8.o 
Nuova  Enciclopedia  di  chimica  scientifica^  tecnologica  e  industriale 
diretta    dal   dott.    Icilio    Guareschi.    —  Torino,   1900,  disp. 
1-16. 


(Ij  L'  *  indica  i  libri  od  opuscoli  riceruti  in  dono. 


[48]  BOLLETTINO    BIBLIOGBAFICO 

*E.  Guidi  di  Filomeno.  -   Spòsa  e  sacerdotessa.    Comedia  pesarese 
in  un  atto.  —  Verona,   1900,  16.° 
S.  Giinther.  -  Handhuch  der  Geophysik.  —  Stuttgart,  1897,  1899, 

2  Yol.  in  8.0 
E,  Livi.  -  Antropometria.  —  Milano,  1900,  16",  tela  (con  33  incis.). 
A.  Manzoni.  -  Scritti  postumi   pubblicati  da    Pietro  Brambilla  a 
cara  di  Gioranni  Sforza.  Yol.  I.    —  Milano,  1900,  8.» 

*R.  Massalongo.  -  Il  tabaj/isnìo  moderno.  —  Milano,   1900,  8." 

*3Iinistero  dei  Lavori  pubblici.  Ragioneria  Centrale.  -  I  pagamenti 
fatti  dallo  Stato  per  opere  puhblicìie  negli  esercizi  finanziari 
dal  1862  al  1897-98.  Relazione  compilata  in  occasione  della 
Esposizione  unire rsale  di  Parigi  dell'  anno  1900.  —  Roma, 
1900,  voi.  3  in  f.o 
M.  Miiller.  -  Tlie  si.r  sgstems  of  Tnd/an  Philosophg.  —  London, 
1899,  8.0 

*A.  Naccari.  -  Intorno  alle  ano)nalie  termiche  dei  climi  di  Torino, 
Milano  e   Venezia.  —  Torino,  1900,  4." 

*  Nel  primo  centenario  della  morte  di  Lazzaro  Spallanzani.  Bela- 
zione  delle  onoranze  a  Reggio^  a  Scandiano  e  in  altre  città. 
Omaggi.  Voi.  II,  1899.  —  Reggio-Emilia,  1900,  8." 
Palaeontograpliia  Italica.  Memorie  di  Paleontologia  pubblicate  per 
cura  del  prof.  Mario  Can.arari.  Voi.  V,  1899.  —  Pisa,  1900, 
4»,  con  tav. 

*G.  Pasqualis.  -  Sperimenti  e  Note  di  Bacologia.  Annate  '98  e 
'99.  —  Vittorio,  1900,  8.» 

*T.  Poggi.  -  Le  concimqje  a  m.acerato}o  (con  tarole    disegnate   in 
collaborazione  col  dott.  Dante  Castagnetti) .  — ■  Casale,  1900, 
16.0 
La  Rassegna  Nazionale.  Anno  XXII  (Voi.  CXI  della  Collezione). 
1   gennaio- 1   marzo  1900. 

*G.  Rossetti.  -  La  scienza  pratica,  ossia  la  vera  sorgente  della 
febbre,  della  tubercolosi,  del  tifo,  ecc.  Il  perchè  la  scienza 
medica  non  è  positiva.    1»  ediz.  — •  Torino,  1899,  8.» 

*G.  V.  Schiaparelli.  -  Osservazioni  astronomiche  e  fisiche  sulla  to- 
pografia e  costituzione  del  pianeta  Marte,  fatte  nella  specola 
Reale  di  Brera  in  Milano,  coli' equatoriale  di  Merz-Repsold 
(18  pollici)  durante  ropposizione  del  1888.  Memoria  6."  — 
Roma,  1899,  4°,  con  tav.  

*G.  Setti.  -  Una  nuora  pagina  di  Menandro  (The  Oxgrhynchus 
papyri,  n.  CCXI).  —  Padova,  1900,  8.° 


DONI    VA)    ACQUISTI    KCC.  |4n| 

*A.   Stefani.  -   ('ommt'wonizioìie  del   ptof.    Filipjxf    JjHs.<((ti>i,  h'tfri 

tie/ì'  Aula  M(ff/H(i  (Ioli a    R.    flniverslfà    di  Padove    if  <jiorno 

2N  (jennaio   VJOO.    —  Padova,   1900,  S." 
*T.   Tominasina.   -   ^iir  hi  rrUtdlìiiiaflon  tt/<'f((//ì(/iu>   jxir  fninxjxirf 

('Ipctrique  do  rorfd/itK  mófdiix  dairs  remi    distillóe.   —   Paris, 

1900,  4.0 


Atti  del  Reale  Istituto  Veneto  di  scienze,  lettere  ed  arti. 
Anno  accademico  1899-900  -  Tomo  LIX  -  Parte  seconda. 


DI  UlNA  SERIE  DI  ANTISETTICI  TRASCURATI 

APPLICAZIONE    DI    ESSI    ALLA    DISINEEZIONE    DELL'  ACQFA    POTABILE 
E    DELLE    VERDUEE    CHE    SI    MANGIANO    CRUDE 

NOTA    DEL    PROF.    GIUSTO    PASQUALI» 

(presentata  dai  prof.  P.  A.  Saceardo,  m.  e.,  nell'Adunanza  25  marzo  1900) 


Narra  il  Manzoni  che  Renzo  "  passando  al  tempo  della  peste 
per  Monza  davanti  a  una  bottog-a  aperta  dove  e'  era  dei  pani  in 
mostra,  ne  chiese  due  per  non  rimanere  sprovvisto  in  ogni  caso. 
TI  fornaio  gli  intimò  di  non  entrare  e  gli  porse  sur  una  piccola 
pala  una  soodelletta  con  entro  acqui  ed  aceto,  dicendogli  che  but- 
tasse h  i  denari  ;  e  fatto  questo  con  certe  molle  gli  porse  1'  uiio 
dopo  Taltro  i  due  pani  che  Renzo  si  mise  uno  per  tasca.  „ 

G.  B.  Cappello  nel  suo  Lrssìco  Farmaceidico  Chimico.,  edito 
a  Venezia  nel  1727^  dice  dell'aceto  che  "giova  alle  febbri  ardenti 
correggendo  la  putredine  o  sia  la  fermentazione  e  malignità  degli 
umori.  Preserva  dalla  peste  spesso  odorandolo  e  bagnandone  le 
tempie  e  le  dita  ed  anche  bevendone  ogni  mattina  un  cucchiaro.  „ 

"  L'acido  pirolignico  „  scrive  più  recentemente  il  Chiapperò 
{Enciclopedia  Chimica  del  Selmi,  voi.  I,  pag-.  90)  "  è  lodato  come 
eccellente  antisettico  ed  impiegato  con  qualche  successo  in  lozioni 
nei  cancri  e  nelle  piaghe  di  cattiva  indole.  Il  cedriìun  di  cui  fa- 
cevano uso  gli  antichi  per  imbalsamare  i  cadaveri,  con  ogni  pro- 
babilità, non  era  altro  che  acido  pirolignico  greggio,  cioè  il  prodotto 
acquoso  ed  acido  di  peculiari  legni.  „  Però  soggiunge  :  "  in  questo 
caso  i  poteri  antisettici  dipendono  specialmente  dal  fenolo  e  dal 
creosoto  che  si  trovano  nel  prodotto  greggio.  „ 

Al  giorno  d'oggi  non  si  può  quasi  parlare  di  antisettici  senza 


484  G.   PASQUALIS  (2) 

che  la  mente  corra  spontanea  alle  sostanze  fortemente  corrosive  : 
ai  sali  dei  metalli  pesanti,  con  alla  testa  il  cloruro  mercurico  ;  agli 
alcoli  semplici  o  sostituiti  della  serie  aromatica  :  tipo  il  fenolo 
od  acido  fenico  ;  agli  ossidanti  energici  :  esempi  il  cloro,  V  acqua 
ossigenata,  i  permanganati  ecc. 

Seguendo  questo  concetto,  la  febbrile  attività  di  molti  speri- 
mentatori si  diresse  a  ricercare  antisettici  nuovi  negli  ordini  di  quelli 
già  noti,  nella  speranza  di  trovarne  altri  più  efficaci  o  più  van- 
taggiosi in  determinati  casi.  Così  le  serie  si  arricchirono  di  specie 
strane,  dai  nomi  eterocliti  e  spesso  empirici  ;  per  citarne  alcune  : 
dell'  ossicianuro  di  mercurio,  del  solfofenato  di  rame,  del  protar- 
golo,  del  jodanitolo,  dell'  eugenoforme,  del  solveolo,  del  sanatolo, 
del  scintolo,  del  verde  malachite,  del  violetto  metile,  ecc.  ecc. 
mentre  non  si  comprende  per  quali  ragioni,  e  in  quali  casi,  tali 
materie,  sebbene  attive,  possano  meritare  di  essere  preferite  alle 
congeneri,  già  entrate  nell'uso. 

Gli  acidi  organici  naturali  furono  invece  lasciati  da  parte  : 
tanto  a  priori  pareva  inverosimile  potessero  avere  per  se  un'azione 
degna  di  nota.  La  precauzione  del  fornaio  del  Manzoni  faceva 
sorridere  per  la  sua  ingenuità  e  il  Chiapperò  poteva  ammettere 
che  l'aceto  preservasse  i  cadaveri  dalla  putrefazione,  ma  solo  alla 
condizione  di  contenere  dei  fenoli. 

Le  modernissime  ricerche  bacteriologiche  hanno  però  fatto 
giustizia  di  queste  idee  aprioristiche. 

Ugo  Schulz,  citato  dall'  Oscar  Low  {Natiìrliches  System  der 
Giftoivirkungen^  pag.  33),  aveva  notato  fin  dal  '75  che  l'acido  for- 
mico al  2,5  per  mille  impedisce  la  putrefazione  della  gelatina, 
al  0,5  per  mille  la  fermentazione  dello  zucchero  e  alla  diluzione 
tenuissima  del  0,00  per  mille  lo  sviluppo  di  molti  bacteri  pato- 
geni. Erlenmeyer  constatava  poco  dopo  che  l'acido  meconico  era 
altrettanto  energico  dell'acido  formico. 

Tali  osservazioni  rimasero  nell'  oblio  fino  a  quando  il  Pick 
ebbe  notato  {Chem.  Cent.  Blatt,  92,  II,  pag.  725)  che  nell'acqua 
mista  all'  uguale  volume  di  vino,  i  bacilli  del  tifo  muoiono  entro 
24  ore,  e  gli  spirilli  del  cholera  entro  una  mezz'  ora. 

Quasi  contemporaneamente  il  Friedrich  {C/icm.  Cent.  Blatt,  92, 
II,  pag.  925)  scopriva  che  gli  spirilli  del  cholera  muoiono  in  poche 
ore  sulla  superficie  del  taglio  delle  frutta  acidule  :  sulla  polpa 
delle  ciliege  in  3  ore,  su  quella  dei  limoni  in  5  ore,  dell'uva  ri- 
bes entro  un'ora  ecc.  ecc.  Riferiva  pure  aver  veduto  morire  detti 


(3)  DI    UNA    SEEIE    DI    ANTISETTICI    TRASCUEATI  485 

spirilli  nella  birra  in  3  ore,  nel  vino  rosso  in  15  e  nel  sidro  in 
20  minuti. 

Più  tardi  il  Pik  ('93,  Archivio  Igiene^  Vienna,  voi.  19,  pag.  51), 
posto  che  il  vino  e  le  frutta  agiscono  per  la  loro  acidità,  sperimen- 
tava l'azione  delle  soluzioni  di  acidi  puri  sui  bacilli  e  constatava 
che  gli  acidi  acetico,  lattico,  tartarico  e  citrico  in  soluzione  al  2 
per  1000  uccidono  gli  spirilli  del  cholera  in  5  minuti.  I  bacilli 
del  tifo  risultarono  più  resistenti  :  tuttavia  con  soluzioni  al  2  *'/o 
di  acido  formico,  acetico,  tartarico  e  citrico,  anche  questi  bacilli 
morivano  rispettivamente  entro  5,   10,   15  e  45  minuti. 

Laser,  più  tardi  ancora,  studiò  l'azione  degli  acidi  organici  sui 
bacilli  della  difterite  e  trovò  che  una  soluzione  di  acido  citrico 
al  5  *'/o  li  uccide  in  4  minuti  {Htig.  Bmìdschan,  1896,  n.  3). 

Haukin,  da  ultimo,  estese  il  medesimo  studio  ai  bacilli  della 
peste  e  trovò  che  vengono  uccisi  in  cinque  minuti  dall'acido  ace- 
tico al  7  per  mille  e  dall'  acido  lattico  al  3  per  mille  {Cent.  h. 
f.  Bacter.  1898,  voi.  23,  pag.  594).  La  vecchia  intuizione  ebbe 
un'  altra  volta  la  conferma  del  metodo  sperimentale   nuovo. 

Se  ci  facciamo  poi  a  confrontare  l'azione  di  questi  antisettici 
naturali,  con  quella  degli  antisettici  più  in  voga,  c'è  da  rimanere 
sorpresi  al  vedere  come  talvolta  quelli  superino  questi  in  efficacia. 

Una  soluzione  di  clorato  di  rame  al  5  "/o,  uccide,  per  esempio, 
i  bacilli  del  tifo  appena  dopo  un'  ora  (•)  ;  l'acido  borico  al  4  % 
appena  dopo  40  minuti  (-)  ;  1'  ipoclorito  di  soda  al  5  %  appena 
dopo  22  minuti  (s)  ;  l'acido  fenico  al  0,5  o/o  dopo  due  ore,  e  gli 
acidi  formico,  acetico,  tartarico  e  citrico  al  2  "/o  in  soli  5,  10,  15 
e  45  minuti. 

I  bacilli  della  difterite  muoiono  nel  cloruro  di  calce  al  5  "^/o 
dopo  20  minuti  {^)  ;  nella  formalina  al  5  "^/o  in  10  minuti  (^)  ;  in 
un  ambiente  contenente  V  anidride  solforosa  di  60  gr.  di  solfo  per 
metro  cubo  dopo  24  ore  ('')  ;  e  nell'acido  citrico  al  5  "^o  in  soli 
4  minuti  ! 


(1)  Green,  ZeUsrhr.  f.  Hijijiene,  1893,  Bd.  13,  p.  195. 

(2)  Simonetta,  Atti  Comj.  Intent.  Igiena  Bndipest,  1894,  p.  190, 

(3)  Vincent,  Ann.  Ist.  Pasteur,  1895,  n.  1. 

(4)  Loffler,  Deut.  Med.   Worh.  srhr.,  1891,  n.  10. 
(.5)  Ascoli,  Gì'orn.  B.  Sor.  If/ieue,  1894,  n.  7. 
(6)  Thoinot,  Ann.  List.  Pasteur,  1895,  n.  1. 


486  G.    PASCiUALIS  (4) 

Gli  spirilli  del  cholera  rec^gono  al  clorato  di  rame  al  5  "/o  per 
un'ora  (i)  ;  all'  acido  borico  al  3  "/o  per  11  g-iorni  (-)  ;  al  5  ^lo  di 
cloruro  di  calce  per  15  minuti  (■^)  ;  all'  1  "/o  di  acido  fenico  (3) 
per  30  minuti,  e  al  2  p.  1000  di  acidi  acetico,  tartarico  o  latti- 
co per  soli  5  minuti  ! 

I  bacilli  della  peste  muoiono  nell'  acido  fenico  al  5  %  dopo 
10  minuti  (4)  ;  neir  1  "/o  di  cloruro  di  calce  in  mezz'ora  (i)  ;  mentre 
neir  1  'Vo  di  acido  formico  muoiono  dopo  5  minuti,  e  cosi  nel  7  per 
mille  di  acido  acetico  e  nel  3  per  mille  di  acido  lattico  ! 

Gli  acidi  organici  naturali  la  cedono  sempre  in  efficacia  al 
sublimato  e  all'  acqua  ossigenata  ;  talvolta  stanno  sotto,  ma  talora 
superano  in  azione  gli  acidi  minerali  forti,  1'  acido  fenico  e  gli 
altri  antisettici  più  o  meno  artificiali  e  artificiosi  ;  ma  chi  non  vede 
in  tutti  i  casi,  anche  quando  1'  efficacia  non  è  massima,  il  van- 
taggio degli  acidi  naturali,  che  è  quello  di  poter  andare,  come 
vanno  facilmente,  per  le  mani  di  tutti  e  di  poter  esser  applicati 
anche  direttamente  sul  corpo  unumo  e  perfino  ingeriti,  laddove  gli 
altri  antisettici  costituiscono  un  grave  pericolo  e  deve  anzi  spesso 
per  questo  esserne  sorvegliato  attentamente  o  a  dirittura  proscritto 
r  uso  ? 

Fa  meraviglia  che  1'  uso  di  quegli  antisettici,  che  si  direbbe 
natura  provvida  abbia  messo  in  mano  all'uomo  per  sua  difesa,  sia 
stato  talmente  negletto  fin  qui  ! 

* 
*  * 

Sarebbe  assai  utile  e  urgente  estendere  lo  studio  dell'  azione 
degli  acidi  naturali  sopra  tutti  i  microorganismi  patogeni  noti  e 
credo  non  mancherebbero  casi  nei  (piali  potrebl>e  tornare  molto 
efficace  l'applicazione  di  essi  nella  pratica  ;  p.  e.  :  per  la  disinfe- 
zione delle  ferite,  pel  lavaggio  della  bocca  e  in  genere  delle  mu- 
cose esposte  a  pericolo  d'  infezione,  per  la  lavatura  delle  mani  e 
degli  oggetti  sospetti  di  contatti  infetti  ecc.  ecc. 


(1)  Green  (loco  citiito). 

(2)  Simonetta  (loco  citato). 
(S)  Vincent  (loco  citato). 

(4)  Ahcl,  f\'))fhì.  f.  Ba/dei:  IS'JT,  li.  d.  21,  n.  i;i-l4.  -  Veg-gasi  Do- 
nato OttuliMiglii,  /  Batteri  p(ii(i(jeni  in  i-apiiDi-lo  <ii  lìisiirfcftdnti.  l'ahclle 
pratiche.  Turino,  Rosenberg  e  Seliier. 


(5)  DI    UNA    SERIE    DI    ANTISETTICI    TEASCURATI  487 

Intanto  io  ho  studiato  di  trarne  profitto  per  la  sterilizzazione 
dell'  acqua  potahile  e  delle  verdure  che  si  mangiano  crude. 

Non  occorre  addurre  qui  argomenti  per  dimostrare  che  l'acqua 
potabile  è  un  mezzo  assai  frequente  di  trasmissione  del  tifo  e  del 
cholera.  I  processi  fin  qui  proposti  per  depurare  l'acqua  da  pos- 
sibili inquinamenti  patogeni  sono  innumerevoli  :  molti  si  basano 
sulla  filtrazione,  altri  sull'uso  della  calce,  del  ferro  metallico  e  dei 
suoi  sali,  dell'  allume,  del  cloruro  di  rame  (Kronke),  dell'  ipoclo- 
rito di  calcio  (Traube),  del  permanganato  potassico  (Chincandard 
e  SchipilofP),  del  carbone,  della  corrente  elettrica  uscente  per  e- 
lettrodi  di  ferro  ;  altri  sulla  ebullizione  e  perfino  sulla  distillazione. 
Ma  in  generale  si  può  dire  :  che  la  filtrazione  non  è  un  mezzo 
sicuro  per  la  eliminazione  di  tutti  i  microbi  ;  che  i  processi  chi- 
mici accennati  hanno  di  rado  un'  azione  antisettica  sufficiente  e 
modificano  spesso  dannosamente  la  composizione  dell'  acqua  ;  che 
la  ebullizione,  per  essere  assolutamente  efficace,  ha  l'inconveniente 
di  dover  essere  portata  colla  pressione  fino  alla  temperatura  di 
120'';  cosa  impossibile  nella  pratica  domestica  :  oltreché  1'  acqua 
bollita  diventa  più  pesante  allo  stomaco  per  la  perdita  dei  gas 
che  teneva  disciolti.  Della  distillazione  merita  appena  far  cenno, 
tanto  è  evidente  che  l'applicazione  di  questo  metodo  non  può  es- 
sere che  limitatissima. 

Fra  tanti,  non  venne  però  proposto  alcun  metodo  basato  sull'a- 
zione microbicida  degli  acidi. 

Perciò  ho  creduto  fosse  prezzo  dell'opera  l' esaminare  se  fra 
gli  acidi  riconosciuti  attivi  ve  ne  fosse  qualcuno  da  potersi  util- 
mente applicare  allo  scopo  :  pel  suo  tenue  costo,  per  la  facilità 
di  eliminarlo  dall'  acqua,  onde  riaverla  pura,  e  di  ricuperarlo  poi 
indefinitamente  per  le  successive  operazioni  per  modo  di  ridurre 
il  costo  del  processo  al  minimo. 

L'acido  che  soddisfa  meglio  d'ogni  altro  a  queste  condizioni 
è  r  acido  tartarico. 

Dati  i  risultati  delle  sperienze  del  Pick  e  del  Friedrick, 
dianzi  accennati,  sarebbe  stat.»  quasi  superfluo  sperimentare  di 
nuovo  se  1'  acido  tartarico  giovi  a  risanare  un'  acqua  inquinata. 
Nondimeno  prima  di  studiare  la  questione  dal  lato  chimico  ho 
creduto  utile  ristudiarla  dal  lato  bacteriologico,  allo  scopo  di  de- 
terminare quale  fosse  la  dose  minima  dell'  acido  necessaria  ad 
ottenere  l'effetto  in  un  tempo  discretamente  breve.  Ebbi  in  ciò  il 
prezioso  aiuto  dell'opera  del  dott.    Bombioci   primo  assistente  alla 


488  G.    PASQUALTS  (6) 

Cattedra  di  anatomia  patologica  della  R.  Università  di  Padova.  Ed 
ecco  i  risultati  delle  nostre  sperienze  : 

Disinfezione  deìVacqua  inquinata  di  tifo.  —  In  un  pallone  con- 
tenente 1  litro  di  acqua  sterilizzata,  si  è  versato  V-'  cmc.  di  cultura 
pura  di  tifo  in  brodo,  e  successivamente  una  soluzione  concentrata 
di  2  gr.  di  acido  tartarico.  Immediatamente  dopo  si  è  eseguita 
una  cultura  piatta  per  conoscere  il  numero  dei  germi  contenuto 
nel  pallone  subito  dopo  1'  infezione. 

Trascorso  un  tempo  di  ^/o,  1,  2,  3  ore  si  sono  eseguite  nuove 
piastre  usando  per  esse  la  stessa  quantità  di  materiale  e  lo  stesso 
procedimento  che  per  la  prima,  onde  poter  istituire  tra  di  loro 
un  confronto.  Contemporaneamente  alle  piastre  si  eseguivano  delle 
culture  in  brodo  Loffler.  In  tal  modo  si  veniva  a  conoscere  per 
mezzo  delle  piastre  la  rapidità  e  la  proporzione  con  cui  il  numero 
dei  germi  andava  diminuendo,  mentre  per  mezzo  delle  culture  in 
brodo  si  giudicava  quando  la  disinfezione  dell'  acqua  fosse  stata 
completa. 

Tanto  nel  far  le  piastre  quanto  i  trapianti  in  brodo  abbiamo 
dovuto  evitare  l'inconveniente  dell'  inquinamento  del  mezzo  di  nu- 
trizione per  parte  della  soluzione  antisettica,  ciò  che  abbiamo  ot- 
tenuto eseguendo  prima  un  trasporto  di  5  anse  in  un  tubo  d'acqua 
ammoniacale,  e  da  questo  di  nuovo  un  trapianto  di  5  anse  nel- 
l'agar  liquido  o  nel  brodo. 

Il  risultato  ottenuto  da  questo  esperimento  fu  il  seguente  : 

1''  piastra  500  colonie  ^=^  Cultura  in  brodo         -j- 

2'i       „        dopo  1/2  ora     20        „        =         „  „  -\- 

'-''  ri  lì  ^         n  '^  ri  n  ;>  | 

4"'  2    ore       '^  ^  -4- 

•^'^  7ì  jy         'J        ti  '"'^  ji  '^^  n  »  "T~ 

Rimane  dimostrato  da  questa  esperienza  che  il  potere  anti- 
settico dell'acido  tartarico  .al  2  p.  mille  è  molto  forte,  e  che  dopo 
la  l'I  mezz'ora  d'azione  rimane  distrutto  un  numero  rilevantissimo 
di  germi  ;  il  numero  delle  colonie  che  è  di  500  nella  prima  piastra 
scende  subito  a  20  nella  seconda  e  diminuisce  ancora  nelle  altre. 
La  diminuzione  però  non  è  proporzionale  ai  vari  temjìi  di  azione 
del  liquido,  vale  a  dire  che  nel  primo  momento  essa  è  rapida  ed 
energica,  negli  ultimi  è  lenta  ed  incompleta,   e  1'  effetto  si  è  che 


2'i 

;> 

dopo  Vi  d'ora 

12 

3a 

w 

„      1 '2  ora 

5 

4a 

V 

„      ^U  d'ora 

5 

5» 

» 

„       1     ora 

0 

(7)  DI    UNA    SEKIE    DI    ANTISETTICI    TKASCUKATI  489 

anche  dopo  parecchie  ore  d'azione  rimane  sempre  qualche  germe 
superstite,  capace  di  dare  svikippo  nelle  culture  liquide. 


Prova  e.^erjtiifa  coH'acido  tartarico  ai  3  per  miììe.  —  Nello  stesso 
pallone  contenente  1  litro  d'acqua  sterilizzata  fu  introdotto  di  nuovo 
1/2  cmc.  di  cultura  di  tifo,  più  una  soluzione  concentrata  di  gr.  3 
di  acido  tartarico.  Il  risultato  fu  il  seguente  : 

1*  piastra  700  colonie  =  Cultura  in  brodo      -|- 

7  11  VI  ~\ 

■!  ìì  V  ~| 

1?  —  »  V  I 


Come  si  vede,  le  cifre  si  accostano  su  per  giù  a  quelle  del- 
l'esperimento precedente  ;  se  non  che  a  questo  titolo  la  diminuzione 
dei  germi  avviene  in  tempo  molto  minore  e  dojxj  un'ora  la  steri- 
lizzazione è  completa. 

Una  terza  prova  fu  eseguita  coir  acido  tartarico  ed  4  per  mille., 
ma  il  vantaggio  a  confronto  di  quella  al  3  p.  mille  non  fu  molto 
notevole.  La  conclusione  che  si  può  trarre  da  queste  esperienze 
è  che  l'acido  tartarico  s'è  dimostrato  un  antisettico  attivissimo  per 
la  disinfezione  dell'  acqua  inquinata  di  tifo  ;  però  per  le  ragioni 
accennate  della  forte  resistenza  di  qualche  individuo  tra  i  germi 
tifogeni  bisogna  ammettere  che  per  ottenere  la  sterilità  completa 
dell'  acqua  la  soluzione  al  2  "^/oo  è  troppo  debole^  bisogna  ricor- 
rere a  quella  al  3  *'/oo  prolungando  il  contatto  per  almeno  1   ora. 


Abbiamo  creduto  superfluo  controllare  l'azione  antisettica  del- 
l' acido  tartarico  nell'acqua  rispetto  agli  spinili  del  cholera  essendo 
dimostrato  che  sopra  di  questi  gli  acidi  in  genere  hanno  un'azione 
dieci  volte  più  energica  e  pronta  di  quella  che  spiegano  sui  ba- 
cilli del  tifo. 

Del  resto  la  questione  del  tempo  necessario  per  la  sterilizza- 
zione completa  dell'acqua  sulle  nostre  sperienze  è  tutta  secondaria. 
Nulla  vieta  che  per  maggiore  sicurezza  l'azione  dell'acido  sull'acqua 
duri  oltre  una  e  per  parecchie  ore.  Ciò  che  importa  sia  assodato 
è  che  l'acido  tartarico  abbia  veramente,  come  ha  in  quantità  anche 
tenue,  un'azione  antisettica  energica  e  completa. 


490  G.    PASQUALIS  (8) 


L'acqua  contenente  il  3  "/oo  t^i  acido  tartarico  può  beversi 
come  tale.  E  una  bibita  acidula  assai  grata  al  palato  e  dissetante. 
Non  occorre  dimostrare  che  una  dose  così  tenue  di  acido  tartarico 
è  innocua  quando  si  pensi  che  il  vino  ordinario  contiene  una  per- 
centuale di  acido  tartarico  assai  mao-o-iore.  Chi  non  amasse  il  sa- 
pore  acido  può  mascherarlo  aggiungendo  all'  acqua  una  piccola 
quantità  di  zucchero  e  ne  otterrà  una  limonata  assai  gustosa  ed 
igienica. 

Ma  volendo  riavere  l'acqua  allo  stato  di  purezza  ò  pure  fa- 
cilissimo il  mezzo  ;  basta  saturare  l'acido  tartarico  che  fu  aggiunto 
all'acqua,  dopo  tre  quattro  o  più  ore,  colla  quantità  equivalente  di 
carbonato  di  calcio  precipitato. 

I  pesi  molecolari  dell'acido  tartarico  e  del  carbonato  di  calcio 
stanno  nel  rapporto  semplicissimo  di  150  :  100,  ossia  di  3  :  2.  Ba- 
sterà quindi  aggiungere  per  ogni  litro  di  acqua  acidulata  al  3  "Zoo 
gr.  2  di  carbonato  di  calcio,  agitare  per  bene  e  lasciar  riposare 
il  liquido.  Succede  una  lieve  effervescenza  e  in  breve  tempo 
cominciano  a  raccogliersi  sulle  pareti  del  recipiente  ciuffi  di  bel- 
lissimi cristalli  bianchi  aghiformi  di  tartrato  di  calcio  che  poco  a 
poco  cadono  al  fondo  lasciando  il  liquido  perfettamente  limpido, 
tanto  che  riesce  facile  separarlo  dal  deposito  colla  semplice  de- 
cantazione 0  mediante  un  sifone. 

Avendo  cura  di  proporzionare  esattamente  gli  ingredienti  secon- 
do i  loro  pesi  molecolari  l'acqua  riacquista  per  tale  trattamento  il 
suo  perfetto  sapore  normale  e  guadagna  anzi  una  speciale  freschezza 
ed  un  gusto  piacevole,  frizzante  per  l'acido  carbonico  che  vi  rimane 
disciolto.  L'acqua  cosi  trattata  ha  una  reazione  perfettamente  neu- 
tra ;  portata  all'  ebuUizione  wni  intorbido  ;  la  sua  durezza  non 
subisce  differenze  apprezzabili,  aiccome  il  tartrato  di  calcio  è  uno 
dei  corpi  più  insolubili  che  si  onoscano.  Secondo  Mohr  una  parte 
di  tartrato  di  calcio  neutro  esigerebbe  per  disciogliersi  6265  parti 
di  acqua  e  quindi  in  un  litro  se  ne  discioglierebbero  appena  gr.  0.159. 

Ecco  qualche  saggio  di  confronto  fra  un'  acqua  normale  e  la 
medesima  acqua  sottoposta  al  trattamento  descritto  : 

Acqua  di  fonte  normale;  OaO  determinato  coli'  ossalato  am- 
mouico  e  quindi  col  permanganato  potassico,  per  litro  gr.  0.112. 


(9)  DI    UNA    SEEIE    DI    ANTISETTICI    TKASCUEATI  491 

Medesima  acqua  trattata  con  2  gr.  per  litro  di  acido  tartarico 
e  quindi  con  gr.   1.38,  Co-''Ca-CaO,  p.  litro  g-r.  0.122. 

Medesima  acqua  trattata  con  3  gr.  p.  litro  di  acido  tartarico 
e  quindi  con  gr.  2.66,  CO^Ca-CaO,  p.  litro  gr.  0.118. 

Eccedendo  invece  nella  aggiunta  di  CO"Ca  l'acqua  acquista 
un  sapore  terroso  e  intorhida  colia  ehiilliz/one. 

Un  saggio  come  i  precedenti  indicò  CaO,  p.  litro  gr.  0.224. 

Ho  creduto  pur  utile  ricercare  quanto  rimanesse  disciolto  nello 
acque  soggettate  al  trattamento  di  acido  tartarico  in  forma  di  sale 
di  calce.  Adottai  per  tale  ricerca  il  metodo  al  permanganato  po- 
tassico come  si  usa  per  la  determinazione  delle  materie  organiche 
nelle  acque,  avendo  cura  di  misurare  prima  la  forza  della  soluzione 
del  permanganato  con  una  soluzione  nota  di  acido  tartarico  puro. 
E  trovai  tanto  nel  saggio  al  2  "/oo  come  in  quello  al  4  '^  oo  colla 
corrispondente  quantità  di  CO-''Ca  :  acido  tartarico  combinato,  per 
litro  gr.  0.116,  corrispondenti  a  tartatro  di  calcio  neutro,  gr.  0.145. 
Ai  gr.  0.145  di  tartrato  di  calcio  corrisponde  CaO,  gr.  0.043  ; 
quindi  nell'acqua  trattata  con  2  °/oo  acido  tartarico  e  1.33  "^/oo  di 
CO-^Ca,  la  quale  segnava  CaO  totale,  gr.  0.122,  avremmo  : 

CaO  in  forma  di  tartrato       .  .  .         gr.  0.043 

CaO        „  n       bicarbonato,  solfato  ecc.       „     0.079 

Totale  gr.  0.122 

Ne  consegue  che  la  quantità  di  tartrato  che  rimane  disciolto 
neir  acqua  per  effetto  del  trattamento  non  può  dar  pensiero,  visto 
che  Tacido  tartarico  è  innocuo,  non  solo,  ma  che  ne  rimane  nel- 
r  acqua  tanto  poco  che  non  basta  nemmeno  a  saturare  tutta  la 
calce  normalmente  contenutavi. 

Rimane  la  questione  del  tornaconto  economico  del  processo, 
condizione  indispensabile  perchè  possa  entrare  nella  pratica.  Eb- 
bene, io  non  esito  a  dire  che  il  metodo  dell'acido  tartarico  non  è 
punto  più  costoso  della  ebuUizione,  quando  questa  ultima  venga 
spinta  alla  temperatura  necessaria  e  pel  tempo  voluto  onde  riesca 
di  uguale  efficacia. 

Infatti  la  sterilizzazione  di   100  litri  d'  acqua  esigono  : 

Acido  tartarico  gr.  300  a  L.  3  il  chil.       .  .         .     L.  0.90 

Car])oiiato  di  calcio  precip.  gr.  200  a  L.  0.70  il  chil.       „    0.14 

Totale     L.   1.04 


492  G.    PASQUALTS  (10) 

Ma  da  questa  spesa  deve  sottrarsi  il  valore  del  tartrato  di 
calcio  dal  quale  si  può  ricavare  nuovamente  con  somma  facilità 
r  acido  tartarico  per  le  successive  operazioni,  colla  sola  spesa  di 
una  quantità  equivalente  di  acido  solforico.  Dando  al  tartrato  di 
calcio  il  solo  valore  di  L.  1  il  chil.  si  avrebbero  a  diminuzione 
di  spesa  : 

Tartrato  di  calcio  gr.  370  a  L.   1   il  chil.  L.  0.37  ; 
Quindi  spesa  lorda  come  sopra      .         .  .     Ij.   1.04 

Valore  del  tartrato  di  calcio  residuo      .         .     „    0.37 

Costo  netto  della  sterilizzazione    per  ettolitro     L.  0.67 

La  ebullizione  fatta  in  grande  con  apparecchi  appositi  a  ca- 
lore di  carbone  costa  un  po'  meno,  ma  nella  pratica  domestica, 
eseguita  su  piccola  quantità,  con  fornelli  impropri  od  a  calore  di 
legna  può  costare  anche  di  più,  con  tutti  i  difetti  e  gli  inconve- 
nienti dell'  operazione  dianzi  accennati. 


Se  r  attenzione  degli  igienisti  s'è  rivolta  e  torna  sempre  a 
rivolgersi  di  preferenza  all'acqua  potabile  come  mezzo  di  trasmis- 
sione d'  infezioni,  non  mi  pare  siasi  rivolta  quanto  merita  ad  un 
mezzo  d'  infezione  forse  più  frequente  dell'acqua  stessa,  vo'  dire 
alle  verdure  che  si  mangiano  crude.  Oggi  1'  uso  di  concimare  i 
campi,  i  prati  e  gli  orti  colle  dejczioni  umane  è  divenuto  gene- 
ralissimo e  se  da  un  lato  quest'uso  può  divenire  cagione  d' inqui- 
namento delle  acque  potabili,  pel  displuvio  che  si  riversa  nelle 
sorgenti,  essa  può  divenire  cagione  più  frequente  ancora  e  più 
diretta  d'  infezione  per  1'  inquinamento  di  quegli  alimenti  che  si 
traggono  dal  suolo  stesso  concimato  e  che  si  recano  alla  bocca 
dopo  un  semplice  e  non  sempre  ben  accurato  lavaggio. 

Ora  data  V  azione  antisettica  degli  acidi  organici,  chi  potrel)be 
immaginare  un  mezzo  più  utile  e  più  pratico  per  sterilizzare  le 
verdure  che  non  sia  quello  di  porlo  dopo  averle  ben  lavate  con 
acqua  in  un  bagno  opportunamente  allungato  di  quegli  stessi  acidi 
che  d'ordinario  servono  a  condirle  ? 

Si  sa  dalle  sperienze  sopra  citate  che  il  bacillo  della  tifoide 
muore  nell'acido  acetico  al  2  p.  cento  in  5  a   10  minuti  e  Io  spi- 


(11)  DI    UNA    SERIE    DI    ANTISETTICI    TRASCURATI  493 

rillo  (lei  cholera  in  5  minuti  nello  stesso  acido  alla  diluzione  te- 
nuissinia  del  2  per  mille. 

Il  dott.  Bombicci  ed  io  abbiamo  voluto  controllare  codeste 
cifre  anche  nel  caso  speciale  delle  verdure  infette.  Ci  siamo  però 
limitati  a  stabilire  quanto  bastava  pel  nostro  assunto,  e  cioè  il 
tempo  necessario  a  che  le  foglie  infette  immerse  nel  liquido  anti- 
settico di  data  concentrazione  fossero  sterilizzate  per  modo  di  non 
dar  luog-o  a  sviluppo  dei  batteri  patogeni  nel  brodo.  Allo  scopo 
necessitava  però  sterilizzare  preventivamente  ben  bene  le  foglie  da 
ogni  specie  di  germi,  patogeni  o  no,  i  quali  avendo  potuto  sfug- 
gire per  la  loro  resistenza  specifica  all'azione  dell'  antisettico  da 
studiarsi  nella  soluzione  voluta,  avrebbero  quindi,  moltiplicandosi 
a  loro  volta  nel  brodo,  mascherata  la  eventuale  presenza  del  ba- 
cillo che  era  oggetto  dei  nostri  studi,  mettendoci  così  nella  im- 
possibilità di  escluderlo  con  sicurezza. 

A  togliere  questa  difficoltà  il  nostro  primo  pensiero,  fu  quello 
di  lavare  preventivamente  le  foglie  colla  soluzione  all'  1  p.  1000 
di  sublimato  ;  ma  ci  nacque  il  dubbio  che  il  sublimato  potesse  pe- 
netrare neir  interno  delle  cellule  e  quindi  diffondere  nuovamente 
all'esterno  dopo  l'infezione  artificiale,  aggiugendo  così  la  sua  azione 
a  quella  dell'  antisettico  che  volevamo  studiare.  Decidemmo  quindi 
di  ricorrere  ad  un  altro  mezzo  :  a  quello  cioè  di  sterilizzare  pre- 
ventivamente le  foglie  da  ogni  germe  collo  stesso  agente  del  quale 
volevamo  poi  sperimentare  l'azione  specifica,  ma  adoperato  a  dose 
fortissima  e  per  un  tempo  lungo.  Lavando  quindi  le  foglie  con 
molta  acqua  sterilizzata,  anche  nel  dubbio  che  l'  antisettico  non 
fosse  stato  tutto  esportato,  la  quantità  rimasta  non  avrebbe  potuto 
alterare  che  per  una  quantità  infinitesima  la  concentrazione  della 
soluzione   da  sperimentarsi. 

Prendemmo  dunque  delle  foglie  di  insalata  ;  le  lavammo  bene 
con  acqua  comune  e  le  ponemmo  quindi  in  bagni  d'acido  acetico 
e  tartarico  al  venti  per  cento,  lasciandole  immerse  per  due  ore. 
Era  per  lo  meno  assai  probabile  che  i  germi  comuni  sarebbero 
stati  distrutti.  Dopo  il  bagno  le  foglie  non  sembravano  minimamente 
disorganizzate  ;  soltanto  la  clorofilla  divenne  rossa  e  si  disciolse 
in  parte.  Le  lavammo  quindi  con  acqua  sterilizzata  abbondante, 
le  strisciammo  per  infettarle  coi  germi  specifici  su  culture  di  tifo 
e  di  cholera  e  le  immergemmo  poi  nuovamente  in  soluzioni  al 
2  e  al  3  %  di  acido  acetico  e  di  acido  tartarico.  A  distanza  di 
5,   10,  15,  20  e  30  minuti  togliemmo  con  pinzetta  sterilizzata  un 


494  G.    PASQUALIS  (12) 

brandello  di  foglia  da  ciascun  bagno  ;  lo  sciaquamnio  brevemente 
in  acqua  sterilizzata  ammoniacale,  quindi  in  acqua  pura  e  lo  im- 
mergemmo da  ultimo  nel  brodo  Loffler. 

I  risultati  sono  riassunti  nel  seguente  specchietto  dove  il  segno 
-|-  indica  che  il  bacillo  era  ancor  vivo  e  il  segno  —  ch'era  stato 
distrutto. 

Acido  acetico  Acido  tartarico 

90/  00/  90/  q   0/ 

^      lo  O      /,)  ^      lo  o      /„ 


Spirilli  del  cholera 

Dopo    5    minuti 

— 

— 

— 

— 

BacUli  di  Eberth 

Dopo     5  minuti 

+ 

+ 

+ 

+ 

.      10       . 

+ 

+ 

+ 

+ 

«     15       . 

+     + 

+     + 

+     + 

-     + 

.     20       „ 

—     — 

—     — 

—     — 

—     — 

„     30       „ 

—     — 

—     — 

—     — 

—     — ■ 

Traducendo  i  risultati  in  termini  ne  consegue  che  le  foglie 
inquinato  di  cholera  si  dimostrarono  perfettamente  storili  fino  dopo 
i  primi  cinque  minuti  di  immersione  negli  acidi  acetico  e  tartarico 
al  2  *^/o .  Le  foglie  inquinate  di  tifo  risultarono  tutte  sterili  tanto 
nell'acido  acetico  come  nel  tartarico  al  2  "/O  solo  dopo  venti  minuti. 
Il  brodo  di  coltura  rimase  nei  saggi  negativi  perfettamente  limpido  : 
prova  che  anche  i  germi  comuni  erano  stati  distrutti.  Nella  pratica 
può  dunque  ritenersi,  anche  per  eccesso  di  precauzione,  che  l'immer- 
sione delle  verdure  in  soluzioni  di  acido  acetico  0  tartarico  al  3  ^/q 
per  una  mezz'ora  sia  più  che  sufficiente  per  togliere  ogni  sospetto 
di  inquinamento  delle  verdure  crude  da  germi  colerigeni  0  tifogeni 
come  se  fossero  state  sottoposte  alla  cottura. 

Quanti  pericoli  si  possono  scongiurare  con  un  così  semplice 
mezzo  !  Trenta  grammi  di  acido  acetico  0  tartarico  del  commercio 
per  litro  di  acqua  rappresentano  una  spesa  non  maggiore  di  10 
centesimi.  Può  servire  allo  scopo  anche  1'  aceto  comune,  ma  in 
questo  caso  1'  espediente  è  più  costoso,  perchè  il  buon  aceto  di 
vino  è  caro  e  contiene  appena  il  10  "/o  di  acido  acetico,  cosicché 
per  avere  un  bagno  sicuramente  efficace  necessiterebbe  mescolare 
ad  un  litro  d'acqua  almeno  un  bicchiere  di  aceto  ben  forte.  Però 
giova  notare  che  i  bagni  acidi,  tutt'al  più  un  po'  rafforzati,  pos- 
sono servire  per  due  e  più  volte. 


(13)  DI    UNA    SERIE    DI    ANTISETTICI    TRASCURATI  495 


Ciò  che  parrà  strano  è  che  gli  acidi  abbiano  sui  germi  stem- 
perati nell'acqua  un'  azione  microbicida  assai  maggiore  di  quella 
che  spiegano  sugli  stessi  germi  attaccati  alle  verdure.  Infatti  mentre 
l'acido  tartarico  sterilizza  l'acqua  anche  impiegato  nella  tenue  dose 
del  3  per  mille,  per  sterilizzare  le  verdure  in  un  tempo  di  poco 
pili  breve  ha  bisogno  di  essere  impiegato  nella  dose  del  3  per  cento. 
Ma  parrà  meno  strano  quando  si  consideri  che  i  germi  nell'  acqua 
sono  isolati  dimodoché  nessuno  di  essi  può  sfuggire  all'azione  im- 
mediata dell'  antisettico  che  li  circonda  tutto  all'  intorno,  mentre 
sui  solidi  inquinati  formano  grumi  i  quali  per  quanto  appena  vi- 
sibili ad  occhio  nudo  od  armato  di  lente  contengono  tuttavia  gran 
numero  di  germi  ed  allora  quelli  che  si  trovano  alla  periferia  del 
grumo  fanno  scudo  ai  centrali  contro  l'azione  del  liquido.  Spesso 
anche  il  contatto  dei  grumi  col  liquido  è  impedito  da  bollicine 
d'aria  o  di  grasso.  Avviene  così  anche  nell'aria  :  talvolta  si  vedono 
operare  miracoli  da  antisettici  volatili  su  germi  sospesi  nel  pul- 
viscolo atmosferico  mentre  gli  stessi  antisettici  sugli  stessi  germi 
aQ-Homerati  sus-li  offofetti  hanno  un'  azione  insignificante. 

Ad  ogni  modo,  tenuto  qualsivoglia  conto  delle  notate  differenze, 
rimane  assodato  che  gli  acidi  organici  solubili  della  serie  grassa, 
non  degnati  fin  qui  di  attenzione,  per  idee  aprioristiche,  come  an- 
tisettici, stanno  di  fatto  nel  novero  degli  antisettici  potentissimi  ; 
e  torneranno  presto,  io  non  dubito,  per  fondate  ragioni,  un  prezioso 
ausiliario  dell'  igiene  generale  e  domestica. 

Vittorio^  gennaio  1900. 


(Finita  di  stampare  il  giorno  28  marzo  1900) 


Atti  dkl  Realk  Istituto  Veneto  di  scienze,  lettere  ed  arti. 
Anno  accademico  1899-900  -  Tomo  LIX  -  Parte   seconda. 


INTEGRAZIONE    DELL'EQUAZIONE    A^A^  =;  0 
IN  UNA  CORONA  CIRCOLARE  E  IN  UNO  STRATO  SFERICO 

NOTA  DEL  DOTT.  TOMMASO  BOGGIO 

ASSISTENTE     NELLA     R.     UNIVERSITÀ     DI     TORINO 

(presentata  dal  prof.  F.  D'Arcais,  s.  e,  nell'Adunanza  25  febbraio  1900) 


Consideriamo  il  campo  piano  limitato  da  due  circonferenze 
concentriche  0  ,  Ci  di  raggi  R  ,  Ri .  Si  tratta  di  costruire  una  fun- 
zione., regolare  colle  sue  derivate.,  che  verifichi  in  ogni  punto  di  questo 
campo  l'equazione  A^  A^  =  0  e  che  sui  contorni  C  ,  Ci  assuma  in- 
sieme alla  sua  derivata  normale  valori  dati. 

Il  primo  ad  occuparsi  di  tal  problema  fu  il  Venske  (i)  il  quale 
indicò  un  metodo  (non  completamente  rigoroso  però)  per  risolvere 
questo  problema.  Tal  metodo  fu  reso  rigoroso  dal  dott.  Almansi  {^) 
e  dal  prof.  D'Arcais  {^)  mediante  l'aggiunta  di  un  termine  opportuno. 

Nel  metodo  esposto  dal  dott.  Almansi  si  incontrano  certi  de- 
terminanti che  egli  dimostra  essere  diversi  da  0  affinchè  la  solu- 
zione del  problema  sia  rigorosa.  Se  poi  si  vogliono  determinare 
effettivamente    i    valori    delle    incognite    del    problema,    cioè  dei 


(1)  Venske,  Zur  Integration  der  Gleichung  AA?^  =  0 ,  ecc.  —  (Nach- 
richten  di  Gottinga,  a.  1891). 

(2)  Almansi,  SulV  integrazione  dell'equazione  A2/i  =  o  .  —  (Annali  di 
Matematica  ;  serie  III,  tomo  II,  a.  1898). 

(3)  D'Arcais,  La  seconda  funzione  di  Green  pel  campo  piano  limi- 
tato da.  due  circonferenze  concentriche.  —  (Atti  del  R.  Istituto  Veneto 
di  scienze,  lettere  ed  arti,  tomo  IX,  serie  VII,  a.  1898). 


498  T.    BOGGIO  (2) 

coefficienti  delle  serie  adoperate,  si  devono  risolvere  vari  sistemi 
di  4  equazioni  con  4  incognite  il  che  porta  a  calcoli  piuttosto  lun- 
ghi. Però  con  opportuni  cambiamenti  delle  incognite  (il  che  equi- 
vale poi  ad  un  cambiamento  della  formola  di  partenza)  si  possono 
mettere  quei  sistemi  d'  equazioni  sotto  una  forma  tale  che  da  essi 
si  possono  ottenere  facilmente  le  incognite,  evitando  contempora- 
neamente la  considerazione  di  quei  determinanti. 
A  tale  scopo  invece  di  porre 

(1)  (I)  r=r  >■-'  rj)  _|-  ^^  _|_  (r/  COS  Q  -\-  Ò  SCU  0)  i   log  T  , 

come  fa  Ting.  Almansi,  si  ponga: 

O  =  (r2  —  R->)  '\,  -f  (r2  —  Ri2)  cp  _^  (a  cos  0  -f  />  sen  0)  r  log  r  , 
0,  ciò  che  fa  lo  stesso, 

O  =  r-^  (^\)  -\-  rr>)  _|-  (—  R2  ,\,  —  R^2  .^)  _^  (^  COS  0  -f  Z*  SCU  0)  V  log  V    . 

Ciò  equivale  a  mettere  nella  (1)  in  luogo  di  'j* ,  e  9  rispet- 
tivamente 4*  4~  ?  6  —  ^'  'l'  —  ^i'  ?  ?  facendo  le  sostituzioni  cor- 
rispondenti nei  sistemi  d'equazioni  trovati  dall'ing.  Almansi  essi  si 
riducono  ad  una  forma  semplice,  dalla  quale  è  facile  dedurre  i 
risultati  dianzi  accennati. 


II. 


Trattiamo  ora  la  questione  analoga  per  lo  strato  sferico  S  li- 
mitato da  due  superficie  sferiche  concentriche  a  ,  aj  di  raggi  R  ,  Ri 
ove  Ri  >•  R  . 

1.  Conviene  anzitutto  risolvere  il  seguente 

Peoblema  :  Determinare  la  funzione  armonica  in  S  e  che  as- 
sume su  o  ,  ai  due  date  successioni  di  valori  che  siipiwrremo  svilup- 
pahili  in  serie  di  funzioni  sferiche. 

Ricordiamo  perciò  che  se  P„,  (,r,  //,  z)  è  un  polinomio  armonico 
omogeneo  di  grado  m  e  si  fa  la  trasformazione  in  coordinate  polari 

X  =  r  cos  0 

y  =  r  sen  0  cos  <p 

z  =  f  sen  0  sen  9 


(3)  INTEGRAZIONE    DELL'  EQUAZIONE    A-A^  =  0    ECC.  499 

si  può  scrivere  : 

Prn  i-r  ,  //  ,  2)  =  r'«  X„  (cp  ,  6)  , 

la  funzione  X,,,(?,  6)  si  elice  funzione  sferica  d'ordine  m ,  e  si  ha  {^) 


V 

s=0 


(1)  X,„  (9  ,  6)  =  2j  ^^'^  ^°^  ^  '^  +  '^«  ^®"  '''  '^^  ^'' 


ove  le  a  e  le  [i  sono  2w-|-l  costanti  arbitrarie  ed  U^^,  è  la  fun- 
zione data  dalla  formola  : 

U,„, -- sen' 0  (cos"'-^' 6 -f  K%  cos^"-^-^' 0 -f  .  .  .)  , 

ove  le  costanti  K^  sono  date  dall'equazione  : 

,  (:m  —  s)  (m  —  s  —  1)  .  .  .  {m  —  s  —  2k  -f  1) 
K  2H  =  (~  1)'  2^^  •  A;  !  (2w  —1)  (2m  —  3)  .  .  .  (2m  —  2A-  +  1)  ' 

il  1°  indice  w  di  U„,,  indica  il  grado  complessivo  di  U,,,^  in  sen  0 
e  cos  9  ed  il  2°  indice  s  indica  l'esponente  di  sen  9  in  U,,^, . 
Ciò  posto  consideriamo  la  funzione  : 


»7=oo    ;i=m. 


jn=0     n=0 


(2)    A'-,  ?,  f^)=X      S  ]\^>nnr'''+;~^^^^^^^^^^ 


ove  le  a ,  a' ,  [i  ,  [:i'  sono  costanti  a  determinarsi  ;  è  facile  vedere 
che  è  armonica  ;  inoltre  se  si  vuole  che  sulle  superfìcie  sferiche 
a  ,  ai   assuma  le  successioni  date  di  valori  : 


m:=oo   »=w 


F(?  .  ^)  =  ^    X  ((fmn  COS  )ì'^  -f  ò,,,,  sen  ;//^)  U,«„  (2) 

m=0    «=0 

Fi(?  ,  9)  =  V     y  (r/^^^^,  cos  HO  +  //,,,,  sen  ;/ p)  Lr,„  , 


m=0    M=0 


(1)  Frischavif,  Vorìeiotngeji  Ubar  Krcis-itnil  Ktujf'l-FìOìiiìonenreìhen^ 
(Teubner,  Leipzig  ;  a.  1897). 

(2)  Lo  svihippo  (li  una  funziono  F  (r  ,  fi)  in  scn-ic  di  funzioni  sfericlie 
è  pvecisamentf  ([U'-sto,  ovo  b_'  a  e  le  ìt  sono  costanti.  CtV.  Friscliauf,  l^or- 
lesungen^  ecc. 


500  T.    BOGGIO  (4) 

basta  porre  le  equazioni  : 

dalle  quali  si  possono  ricavare  le  incognite  a  ,  a'  [i  ,  [i'  ;  perciò  la 
funzione  data  dalla  (2)  è  quella  che  risolve  il  problema  proposto. 

2.  Ora  veniamo  alla  questione  accennata  in  principio,  e  che 
consiste  nella  risoluzione  del 

Problema  :  Determinare  nello  spazio  S  ìa  funzione  Inarmonica 
O,  (he  su  a,  aj  assume  insieme  alla  siat  derivata  normale  interna 
V  quattro  successioni  date  di  vedovi,  clic  snppovvemo  svihqìpahili  in 
serie  di  funzioni  sferiche. 

E  noto  che  questo  problema  non  ha  più  di  una  soluzione. 

Siano  : 


m=cci  n=m 


(3) 


<E>r=.R  =  IjZj  i^mn  cos  w:^  -f  B,,,,  sen  n'i^)  U,„, 

m=0    n=0 

<5r=R,  =  /j     }j  (-^'m»  cos  ^^-f  -f-  B',,,,senw-f)  U,„^ 
(^7)        =S    S  (^-«  ^^' '''^  +  ^mn  sen /»9)  U^ 

»n=oo  n=m 


le  quattro  successioni  di  valori  ora  dette. 
Poniamo  : 

(4)  O  =  (;-'  -  RrO  4;^  +  (/-^  -  R2)  Y  , 

ove  le  funzioni  armoniche  'ji',  '];"   sono  date  dalle  formole  : 

m=co  w=m  ,  ^ 

'^  =/j    2j  /P«"'""'  +  '^}j  cos/r-p-l-  ([i,,„  r'"-f-  -^1  sen  wcp  ^  U,„„ 

jn=0     n=^0 

m.=co  n=m  fi'  /,'<• 

'^"  =  y.     ^.!k    '•'"+'^VosMO+(r    >-  +  ^)sen.'JlU, 

*n=0    n=0 

in   imi  le  a  e  le  b  sono  costanti  a  determinarsi. 


(5) 


(5)  INTEGRAZIONE    DELL'  EQUAZIONE    1^1-  =  0    ECC.  501 

È  facile  vedere  che  si  ha  : 

A2A2O  =  0  . 

Inoltre  : 

<I'^R  =  (E^'-R^)'K,-R 

sostituendo  a  '\)',  '\>"  i  loro  valori,  poi  confrontando  colle  serie  (3), 
si  ricavano  i  seguenti  sistemi  d'  equazioni  fra  le  costanti  a  deter- 
minarsi : 

/  '^'"     \ 

(R\  -  m  (<,,  E,-  +  ^--^1  =a:,„ 

-2E,(a  ,„E.-+  ^-(E^-E^O("^^L  R:'^--      iT.,.    )- 

-2E,(a;;„E,-  +  ^)  =  A_ 

(m  =  0,l,2,  .  .  .)  , 
e  sistemi  analoghi  hanno  luogo  per  le  costanti  [i  . 

Eliminiamo    a',,,„  dalla  3'^  equazione  ed  cc]^^^^  dalla  4'^,   si    ot- 
tengono le  equazioni  : 

/  <^'^    \ 

{2m  +  1)  (E^-  E-^)  E—  a„,  +  2E  (<,,  E'"  +  — ^-)  = 


^mH        ^'^'""  1e2  —  E^',  E     / 


1E2  —  E^', 

(6) 


-la      = 

mn 


-  2Ei  (a,„„  E,"'  +  j^)  -  (2/;^  -fi)  (E^^^E^O  E," 

/      2Ei  w  +  l\ 

=  -^r.1  +  A  -"  (e^'i  —  E^^  ~       E,    /   ' 


502  T.    BOGGIO  (6) 

chiamiamo,  per  brevità^  ?,„„  ,  Q,„„  i  secondi  membri,  poi  elimi- 
niamo a].^'^^  dalla  1»  di  queste  equazioni  ed  a',^„  dalla  2"-,  allora 
queste  equazioni  diventano  : 

""  Ri'"'+i  ~      '""  (R^  —  R-')  R'"  H 
(7)  \  /Ri'Hi       R'M  (R^i  —  R^O  Ri"'~' 

-  2  \^^  -  ^..]  ^.nn  -  (2^^^  +  1) ^:Zh % 


ma 


Q,,.^  2R, 

-1    "T"  ^-H"    /-D2 


R"Hl  -T  ---»»  (JJ2  _  Jj2j)  Rj'"f  1 

Il  determinante  di  queste  equazioni  vale  : 
(2m  +  1)^  (R2  —  R2i)2  /R'«+i         R^»«\  /Rj^+i       R"^ 


/R'"+i         Ri™\  /Ri™+i       R'"  \ 
"^  ^  \Ri"'+i  ~  R^j  \R"^+i   ~  r7"/ 


R2  R2^  ^  "  \Ri"'+i       R'"  /  \R'Hi         R/»/  ' 

se  potesse  esser  0  dovrebbe  essere  : 

<«)       ì'r^     =(j)    +y     -2-(»=0,l,2,...). 

Supponiamo  anzitutto  w  =  0  ;  l'equazione  precedente  diventa: 
(R^'i  —  'R-^y       R,       R 


ossia  : 


da  cui 


onde 


4R2R2i     ~R     '    Ri 


1  /Ri       R  \2     /Ri       R 

rm+Ri/'^'R +Ri/^-^  ' 


Ri       R 

f+r;-2|=»' 


Ri        R 

r'+r;'"^  ' 

T> 

poniamo  —  =^-  x  ,  V  equazione  precedente  diventa  : 
R 

1 


(7)  INTEGEAZIONE    DELL'  EQUAZIONE    A-A-  =  0    ECC.  503 

cioè  : 

(,T-  1)^  =  0, 

onde  ce  =^  ì,  cioè  Ri  =  R  ,  la  qual  cosa  è  assurda  perchè  è  Ri  ^R  ; 
così  è  dimostrato  che  per  m  =:  0  la  relazione  (8)  non  può  sussistere. 

Supponiamo  ora  w  =  1  ,  2  ,  3  ,   .  .  . 

La  (8)  può  ancora  scriversi  : 

2m-\-l  2m+ì 

2w  +  1  /Ri       R  \       /R,\     2  /R 


2        \R        Ri/       \R  /  \Ri 


e  ponendo  ancora  ~  :zz:  x  diventa 
R 


2m  +  1  / 

1\ 

2m+l 

2»w-fl 

-*'  - 

_  —  — 

=  x    -'    — 

X          2 

2        \ 

xl 

equazione  che  dovrebbe  esser  soddisfatta  per  un  valore  di  m  mag- 
giore di  0  e  per  un  valore  di  x  maggiore  di  1.  Per  dimostrare  che 
ciò  è  impossibile  basta  dare  ad  m  un  valore  determinato  e  mo- 
strare che  per  valori  di  ,r  maggiori  di  1  il  1»  membro  dell'equa- 
zione precedente  è  sempre  minore  del  2°  membro. 

Poiché  per  j:^  ^  1  si  annullano  entrambi  i  membri,  qualunque 
sia  m  ,  basta  provare  che  crescendo  x  la  derivata  del  1°  membro 
è  sempre  minore  della  derivata  del  2°,  cioè  : 


2m-)-  1  /         1  \       2w-[-  1 


2        \      '    ^2 


i+rj^— 17-1^   '  +^ 


2m— 1  2m-f-8, 


2 


od  ancora 


da  cui  : 


1  2m+l  2»i-[-l 

X  -\-  —  <::,  X    -  -\-  X      2^ 


2(rt-|-l/    2w— 1  \  /    2m— 1  \ 

X      -^    \x    -^    —l)<::x\x~—l)  , 

2m— 1 

e  sopprimendo  la  quantità  positiva  ./•    -    —  1  : 

2m+l 

•y*  2         *:: —      ^Y* 

cioè  : 


504  T.    BOGGIO  (8) 

2rn-\-3 
X     -'    >    1  , 

che  è  evidentemente  vera,  poiché  .r  ">  1  . 

Quindi  per  m  =  0  ,  ì  ,2  .  .  .  .  non  esiste  nessun  valore  di  — - 

R 
che  verifichi  la  ;8)  ;  perciò  si  conclude  che  dalle  (7)  si  possono 
ricavare  a,,j„  ,  a^^^  ;  quindi  dalle  (6)  si  ricavano  poi  a'j„„ ,  ed 
a^^^ .  In  tal  guisa  son  calcolate  le  costanti  che  compariscono  nel 
2°  membro  della  formola  (4)  la  quale  quindi  dà  l'espressione  ge- 
nerale delle  funzioni  O  che  soddisfano  alle  condizioni  del  problema. 

3.  Essendo  risolto  il  problema  per  lo  strato  sferico,  si  può  dire, 
in  virtù  di  un  teorema  del  prof.  Levi-Civita  (i)  esteso  dal  prof. 
Volterra  (-),  che  il  problema  è  pure  risolto  per  lo  spazio  8  limitato 
da  due  superficie  sferiche  a  ,  a^  che  non  si  tagliano  (cioè  per  lo 
spazio  compreso  fra  esse  od  esterno  ad  entrambe). 

Infatti  se  0  ,  Oi  sono  i  centri  delle  due  superficie  sferiche 
a  ,  Gì  ;  A  ,  B  ,  Ai  ,  B)  le  loro  intersezioni  colla  retta  OOi  ,  le  coppie 
AB  ,  ed  A]  Bi  non  si  separano  perchè  a  ,  a^  non  hanno  punti  co- 
muni, quindi  vi  è  una  coppia  reale  P  ,  Pi  di  punti  che  separa 
armonicamente  la  coppia  AB  e  la  coppia  Ai  Bi  ;  e  tale  coppia  PPi 
cade  fuori  di  S  .  Ciò  posto  prendendo  ad  es.  P  come  centro  di  una 
inversione  (per  raggi  vettori  reciproci)  le  superficie  sferiche  a  ,  Cj 
si  trasformano  in  due  altre  a' ,  a'i  che,  come  è  facile  vedere,  sono 
concentriche,  e  lo  spazio  S  compreso  tra  a  ,  a^  si  muta  nello  strato 
sferico  S'  compreso  tra  o^ ,  o\   . 

Presa  l'origine  delle  coordinate  in  P  le  formole  di  inversione 
(supposto  eguale  ad  1   il  modulo)  sono  : 


X  ij  z 


da  cui 


(1)  Levi-Civita,  Sopra  ima  trasfoniinzìone  in  se  stessa  dell'  equazio- 
ne   A  A  ==  0.  —    (Atti  del  R.  Istituto  Veneto  di  scienze,  lettere   ed    arti  ; 

2  2 

tomo  IX,  serie  VII,  a.  1898). 

(2)  Yohovra,  S/flfc  f/fi>:ioiii pttJianiionir/tr.  —  lAlfi  del  R.  Istituto  Ve- 
neto, ecc.;  toiriu  LVIl,  a.  181)i)). 


(9)  INTEGRAZIONE    DELL'  EQUAZIONE    A-'A^  =  0    ECC.  505 

(1')  -     dx'-^  +  d,/-^  +  dz'-^  =  '-^ ; 

e  se  la  funzione  O  (.r  ,  ^  ,  2^)  è  biarmonica,  anche  la  funzione  : 

ix'      if      z'  \ 
(2)  4>'(y,y',/)  =  /4.(^,;-,  -) 

è  biarmonica  (rispetto  alle  variabili  ,/  ,  \j  ,  z^ .  Quindi  se  si  vuole 
determinare  la  funzione  O,  biarmonica  in  S  e  tale  che  sui  con- 
torni a  ,  01  sia  : 

converrà  eseguire  la  trasformazione  (1) ,  (2)  ;  in  tal  modo  ci  si  tro- 
verà ricondotti  al  problema  trattato  nel  n.  precedente,  giacche  la 
funzione  ^'  [x  ^  y\  z'^  data  dalla  (2)  sarà  regolare  nello  spazio  S' 
trasformato  di  S  (e  che  è  uno  strato  sferico  come  si  dimostrò)  e, 
come  si  disse  prima,  sarà  pure  biarmonica. 

Sulle  saperficie  sferiche  concentriche  a',  q\  che  limitano  S' 
si  avrà  poi  : 

O'  —  r'  9  , 
e  dalla  (!')  : 

dn  =  /2  dìi , 
onde: 

ao'     a(/a))     a/        '^ 

a>^'  dn  c)n  r 

che  danno  appunto  i  valori  di  ^V  e  della  sua  derivata  normale  ai 
contorni  a',  <i\  dello  strato  sferico  S' .  La  determinazione  di  O'  si 
fa  col  metodo  esposto  nel  n.  precedente  ;  la  (2)  ripassando  alle  va- 
riabili X  ,  1/  ,  z  dà  poi  subito  il  valore  della  funzione  O  . 

Con  un  procedimento  analogo  si  può  risolvere  il  problema 
corrispondente  per  le  funzioni  poliarmoniche  di  un  ordine  n  qua- 
lunque ;  basta  perciò  partire  da  una  formola  analoga  alla  (4),  ma 
di  un  tipo  più  generale. 


506  T.    BOGGIO  (10) 

4.  Il  prof.  Y.  Volterra  nella  Nota  citata  ha   dimostrato    che 

se  si  ha  una  funzione  in-armonica  u  di  n  variabili  Xi  ,  x^ ,  ...  ,  x„j 
e  si  fa  V  inversione  per  raggi  vettori  reciproci 

Xi  I  n 

{a)  x\  =-      ,     \)-^  =  2^-  x^  ;     ?  =  1  ,  2  ,   .  .  .  ,  w 

u 
la  funzione  u'  r=    ^„^_^  sarà  ancora  n\-armonica  rispetto   alle    va- 
riabili x\  ,  ^^"'2  ,   •  .  .  ,  Jc'n  • 

Ora  dimostreremo  un  teorema  che,  in  un  certo  senso,  è  Tin- 
yerso  del  precedente. 

Cerchiamo  perciò  la  più  generale  trasformazione  : 

(a)  x\  =  x\  (.Ti  ,  xo,  .  .  .  ,  x„)  ,     (?•  =  1  ,  2  ,   .  .  .  ,   w) 

U    (./'  1  ,    X  2  1    •  •  •  1    'f  n)  =^  ^  V-'l  •>    ^2  1    •  ■  ■   ■)    •^n)  U  {Xi  ,    X-2  .,    •  ■  •  i    ^n) 

che  muta  un  integrale  n,  dell'equazione  A^'"  =  0  in  un  integrale 

n     32 
li     deir  equazione    corrispondente    A'^'"  =  0  ,    ove    A-'  =--  ^S,-  - — ;  , 

n    d- 
A''-  ::=  ^,.  - — -  .  Dimostreremo  che  le  (a)  si  riducono  alle  ia)  e  che 

1  s*-»^  ^ 

1 


Poniamo  perciò  : 

n    9  x^  9  ,r. 


e  SI  avrà  : 


e  in  generale  : 


n  92  II 

A'-'  II'  =  ^        a         — - —  4-  [IJ   , 
1  ""ri  -".s-i 


l'I  "2*2  ,vj  '   ili 


ove,  per  brevità,  si  è  indicato  con  \2m — 1|  il  complesso  deiter 
che  contengono  derivate  di  n'  di 
Poiché  si  ha  u'  =^  \u  ,  ne  risulta 


mini  che  contengono  derivate  di  n'  di  ordine  minore  di  2ììì 


9""  u'  9^'"  u 


9.r      e?, 
ri    "^  Si   •  •  •     '  r      ■'  s 


c'Xy.    c'Xf,_     .  .  .    c',r^.     c'x  CX^_    ex,.      .  .  .    ex,,     ex 


(11)  INTEGRAZIONE    DELL'  EtiUAZIONE    A^A-  =  0    ECC.  507 

onde  sostituendo  : 


A'^ 


'-"'?/,'=:a2]  n       a      ...a     .     - — r ;^ -4-[2///  — 11. 

'   t'i       Si'"    '   >',a   '   Sul 

Se  ora  si  vuole  che  A'^'"  «'  si  annulli  insieme  con  A^'"  u 
bisogna  che  il  secondo  membro  diflerisca  soltanto  per  un  fattore 
da 

m      3-2  \m  IH  ni  \  d-'"  u 


la  n 

(ai  +  a,  4-  ...  -f  a,„  =  m)  . 

Ne  risulta  quindi  identicamente  : 

(3)  [2m—  1]  =  0  ; 

1 
assumendo  poi  il  fattore  sotto  la  forma  7777,  si  ha  : 


a,.  „  (7,.  o  •  .  .  ff,. 


^riSir,s,...r„,s„,  -r^Si  -r,s,  ■  •  •    r.nS.a  3^.     9_^.     _  _  _  ^x,.    dx, 

■1  '  1         -^1  '  III         s, 


1     m                ni  !                              9^'"  u 
V     


H^'"  0  "^  ai  !  a.  !   ...  a,„  !  3x2^^  a.r2a,  .  .  .  a.r2an  ' 

1  2  n 

Eguagliando  i  coefficienti  delle  medesime  derivate  si    ricava 


tosto  : 

1 


f'rr  ==  ^2    ^       ^'r.  =  ^    ,      {r  "^  s  ;    r  ,    S  =  ì   ,    2  ,    .  .  .  ,    il)    ', 

da  queste  equazioni  è  facile  dedurre  : 

dXi  dXi 


onde 


TT2  — -        a     /  r=  1      2  ti) 


(4)  S^-  dxj^  =  W  S,  dx^  . 

Se  ora  il  numero  delle  variabili  è  maggiore  di  2  questa  for- 
mola  mostra  senz'  al;ro  che  la  trasformazione  (a)  è  una  inversio- 
ne per  raggi  vettori  reciproci.  Assumendo  le  formole    dell'  inver- 

1 
sione  sotto  la  forma  (a)  si  ha    H  =  —  .    Considerando  poi  la  (3) 


508  T.    BOGGIO    -    INTEGRAZIONE    ECC.  (12) 

ed  esprimendo  che  i  termini  che  contengono  derivate  di  u  di  or- 
dine 2m  —  1  sono  identicamente  nulli  si  ottengono  n  equazioni 
dalle  quali  è  facile  dedurre  che  (per  funzioni  w-armoniche  di    n 

1 
variabili)  la  forma  più  generale  della  funzione  X  è  X  =    ^,^,_,„   . 

Se  invece  il  numero  delle  variabili  è  2,  la  (4)  mostra  che  la 
trasformazione  (a)  è  conforme  ;  ricorrendo  poi  alla  (3)  ed  espri- 
mendo che  i  termini  che  contengono  derivate  di  u  di  ordine 
2w  —  1  sono  identicamente  nulli  è  facile  dedurre  X  =  H"'~^  . 
Considerando  poi  ancora  nella  (3)  che  i  termini  che  contengono 
derivate  di  u  di  ordine  minore  di  2w  —  1   si  può  concludere  che 

11 
H  =  — -—, =  —  ,  onde  la  trasformazione  (a)  è  una  inversione 

per  raggi  vettori  reciproci  e  inoltre  la  forma  più  generale    della 

1 
funzione  X  è  X  =i  — —  . 

Così  la  proposizione  enunciata  è  completamente  stabilita. 


(^Finita  di  stampare  il  (/iorno  2  aprile  1900) 


Atti  dkl  Reale  Istituto  Veneto  di  scienze,  lettere  ed  arti. 
Anno  accademico  1899-900  -  Tomo  LIX  -  Parte  seconda. 


NOTIZIE   E   CONSIDERAZIONI 
SULLE    RECENTI    ESPLOSIONI 

AVVENUTE  NEL  DINAMITIFICIO  DI  AVIGLIANA  {') 

DEL  uoTT.  GIOVANNI  SPIGA,  s.  e. 

(Adunanza  25  febbraio  1900) 


Le  terribili  esplosioni  di  dinamite  avvenute  il  16  gennaio 
decorso  nella  fabbrica  Nobel  di  Avigliana  danno  non  pochi  argo- 
menti di  studio,  ond'è  che  io,  che  potei  due  giorni  dopo  del  disastro 
trovarmi  sul  sito,  constatare  gli  effetti  ed  indagare  sulle  circostanze 
relative  alle  cause  possibili  che  poterono  determinare  le  esplosioni, 
ho  creduto  utile  di  raccogliere  tutte  le  notizie  più  importanti,  che 
ora  espongo  nella  presente  mia  comunicazione. 

Dai  primi  giorni  delFanno  il  Dinamitificio  era  in  lavoro  per 
la  preparazione  di  una  grossa  commessa  di  dinamite-gelatina  speciale 
che  aveva  ordinato  1'  Impresa  per  il  traforo  del  Sempione  e  la  fab- 
bricazione procedeva,  per  quanto  con  una  certa  intensità,  regolar- 
mente. 


(1)  Il  Dinamitificio  Nobel  si  trova  a  25  chilometri  da  Torino,  a  de- 
stra della  Dora  Riparia,  sulla  linea  ferroviaria  Torino-Modane,  situato 
parte  in  piano  e  parte  in  collina.  Esso  fu  impiantato  nel  1872,  da  una 
Società  anonima,  esclusivamente  per  la  fabbricazione  della  dinamite  ;  ma 
ora,  oltre  agli  acidi  solforico  e  nitrico,  necessarii  per  la  fabbricazione 
della  nitroglicerina,  vi  si  fabbricano  anche  :  cotone  collodio,  gelatine 
esplosive,  fulmicotone,  balistite,  lanite,  concimi  minerali,  solfato  di  soda, 
acido  cloridrico,  acido  carbonico  liquido,  anidride  solforosa  liquida,  sol- 
fati di  ferro,  di  rame  e  di  magnesia,  nitrati  di  piombo  ed  ammoniaca, 
nitrito  e  bisolfito  di  sodio. 


510  G.    SPIGA  (2) 

L'esplosivo  che  si  preparava  era  fatto  da  una  miscela  di  83 
parti  di  nitroglicerina  e  5  di  cotone  collodio,  che  si  faceva  gela- 
tinizzare con  l'aiuto  del  calore  (circa  60°  e.)  ed  alla  quale  veniva 
in  seguito  aggiunta  un'altra  miscela  di  9  parti  di  nitrato  di  soda 
con  8  di  cellulosa  di  legno  secca  e  polverizzata,  facendo  del  tutto 
una  pasta  che  si  rendeva  omogenea  lavorandola  a  mano.  Detta 
pasta,  in  blocchi  di  circa  10  chilogrammi  per  uno,  veniva  in  seguito 
portata  in  altri  riparti,  dove  se  ne  facevano  con  stampi  a  vite  delle 
cartuccie  che  alla  loro  volta,  mano  mano,  passavano  in  altri  casotti 
per  essere  impaccate  in  scatole,  poscia  incassate  ed  inviate  quindi, 
per  mezzo  di  una  piccola  ferrovia  funiculare,  ai  magazzini  di  de- 
posito situati  alla  parte  superiore  della  collina. 

Tutti  i  locali  adibiti  per  la  lavorazione  della  dinamite  erano 
costruiti  in  legno  e  protetti  ciascuno  da  robuste  trincee  che  sor- 
montavano i  tetti.  Il  laboratorio  dove  si  eseguivano  gl'impasti  di 
sopra  accennati,  detto  in  termine  tecnico  semi-francese  del  petri- 
nag(j/o,  non  era  il  solo  destinato  a  quest'  ufficio;  infatti  esso  era 
distinto  col  ìiumero  uno  per  distinguerlo  da  altro  attiguo  indicato 
col  numero  due,  dove  non  si  lavorava  e  che  era  chiuso.  In  esso 
laboratorio  oltre  gì'  impasti,  che  si  facevano  in  sei  madie  di 
piombo  a  doppio  Tondo  disposte  tre  per  parte  presso  due  pareti 
vicine  e  che  erano  capaci  di  essere  scaldate  per  mezzo  di  vapore 
d'acqua  che  si  faceva  arrivare  a  piacere  nello  spazio  che  restava  fra 
i  due  fondi,  veniva  pure  eseguito  l'ultimo  lavaggio  e  quindi  la  filtra- 
zione su  cloruro  sodico  della  nitroglicerina,  la  quale  arrivava  da 
una  tubulatura  speciale  di  piombo  che  finiva  con  un  rubinetto  di 
ebonite,  proveniente  dall'apparecchio  di  preparazione  situato  in  altro 
edifizio  soprastante  nella  direzione  dei  magazzini  di  deposito. 

Il  16  gennaio  il  lavoro  era  proceduto  regolarmente  per  tutta 
la  giornata,  l'apparecchio  di  preparazione  aveva  finito  di  funzionare 
e  l'ultima  nitroglicerina  era  stata  inviata  al  laboratorio  del  petri- 
naggio  dove  in  cinque  madie  erano  in  corso  gli  ultimi  impasti  da 
cento  chilogrammi  1'  uno,  mentre  in  un  recipiente  di  guttaperca 
indurita,  posto  sopra  una  bilancia  a  bilico,  erano  rimasti  28  chilo- 
grammi di  nitroglicerina,  già  filtrata  e  pronta  per  essere  mescolata  al 
cotone  collodio  corrispondente  che  si  aspettava  dal  deposito,  e  nel 
filtro  gli  ultimi  residui.  Persona  che  fu  lì  verso  le  ore  15.25'  as- 
sicura che  in  tre  madie  si  era  già  eseguita  la  miscela  della  ge- 
latina con  il  miscuglio  di  nitrato  di  soda  e  cellulosa  e  che  in  due 
ancora  quest'ultimo  non  si  era  messo,  ma  che  la  gelatina    di  ni- 


(3)  NOTIZIE    E    CONSIDEKAZIONI    ECC.  511 

troglicerina  e  collodio  era  fatta,  come  assicura  di  avere  constatato 
il  peso  della  nitrog'licerina  libera  (28  kg-.)  e  di  avere  visto  il 
maschio  del  rubinetto  della  nitroglicerina  già  tirato  fuori  di  posto, 
come  doveva  farsi  per  procedere  alla  pulizia. 

Lì  dentro  lavoravano  in  quel  momento  sei  operai  ed  eravi 
anche  un  sotto-brig-adiere  delle  guardie  di  finanza  che  doveva  con- 
trollare il  peso  di  tutta  la  pasta  che  si  produceva,  giacché  su 
questa  viene  applicata  la  tassa  governativa  di  fabbricazione. 

Alle  ore  15.85'  in  questo  locale  avvenne  la  prima  fortissima 
esplosione  alla  quale,  immediatamente  dopo,  ne  seguirono  delle  altre 
formidabili  ai  magazzini  che,  da  gente  rimasta  incolume  che  si  tro- 
vava lì  presso,  furono  avvertite  distintamente  per  i  loro  intervalli  mi- 
nimi successivi  paragonabili  a  quelli  che  si  hanno  per  lo  sparo  di 
una  serie  di  mortaretti  messi  in  fila  o  meglio  per  gli  spari  conti- 
nui di  una  mitragliera.  A  queste  tremende  esplosioni,  alla  distanza  di 
circa  dieci  minuti,  durante  il  qual  tempo  si  vide  sulla  collina  un 
vivissimo  incendio,  ne  successe  un'altra  fortissima  anch'essa  de- 
terminatasi lì  presso,  in  un  sito  che  da  lontano  potè  anche  essere 
designato.  Dopo  avvennero  altri  incendi  parziali,  ma  nessun'  altra 
esplosione,  onde  dei  coraggiosi  con  una  pompa  si  spinsero  fin  sul 
luogo  ove  ancora  bruciava  del  materiale  e  spensero  il  fuoco. 

Questa,  nella  maggiore  brevità,  è  l'esposizione  dell'accaduto  ; 
ma  quali  stragi,   quali  danni  non  arrecarono  tali  esplosioni  ! 

Tralasciando  dal  dire  del  terrore  provato  da  quanti  si  tro- 
vavano nello  Stabilimento  e  sbattuti  per  terra  o  a  distanze,  più 
0  meno  malconci,  feriti  o  no,  specialmente  per  la  projezione  dei 
vetri  per  lo  più  polverizzati,  o  per  corpi  più  o  meno  pesanti,  più 
0  meno  eterogenei,  stati  trasportati  per  aria  per  effetto  delle  esplo- 
sioni e  ricaduti  tutt'attorno,  o  per  volte,  finestre,  j)orte  cadute  giù 

0  sconquassate,  per  casotti  demoliti,  ecco  quali  furono  gli  effetti 
principali  di  tali  esplosioni. 

Il  petrinaggio  numero  uno,  del  quale  si  è  parlato  innanzi, 
sparì  del  tutto  ed  al  suo  posto  non  restò  che  una  buca  profonda. 

1  forti  terrapieni  che  lo  circondavano  sono  rimasti,  ma  alla  parte 
interna  si  sono  arrotondati  pigliando  l'aspetto  di  un  cratere  ;  gli 
alberi  robusti  che  vi  erano  impiantati  attorno  per  fortificarlo  ora  sono 
spariti.  Del  legname  che  costituiva  l'edifizio,  degli  apparecchi  di 
piombo  e  di  tutto  il  materiale  che  vi  esisteva  dentro,  dei  sette 
individui   che  vi  si    trovavano   al   momento    dell'esplosione,    non  si 


512  G-    SPIGA  (4) 

sono  rinvenuti  che  pochi  avanzi,  più  o  meno  grossi,  caduti  a  di- 
stanze varie,  cioè  da  pochi  metri  a  qualche  chilometro  ('). 

Tutt'attorno  gli  altri  laboratori  sono  stati  danneggiati  o  de- 
moliti, ma  in  nessuno  di  essi,  dove  c'erano  quantità  non  indiffe- 
renti di  dinamite,  sono  avvenute  esplosioni.  A  me  fu  dato  di  ve- 
dere in  tutte  le  cartuccierie  ancora  la  dinamite-gelatina  sui  banchi 
da  lavoro,  dove  si  trovava  al  momento  dell'esplosione  pronta  per 
la  preparazione  delle  cartuccie,  e  su  di  essa  conficcati  pezzi  di 
vetro,  di  legno  o  d'altro  che  erano  stati  lì  fortemente  projettati. 
Su  di  un  banco  tutto  un  intero  apparato  di  ferro  che  serviva  per 
confezionare  le  cartuccie,  stato  svelto  per  la  forza  dell'esplosione, 
caduto  sulla  pasta  esplosiva  vi  si  era  conficcato  in  massima  parte 
senza  determinarne  lo  scoppio  !  —  Altrove  erano  state  sbattute 
per  terra  e  disperse  delle  cartuccie  pronte  per  essere  impaccate, 
0  venute  fuori  da  casse  già  chiuse  che  si  erano  squarciate  per 
effetto  dell'  esplosione,  eppure  in  nessun  posto  si  verificarono  de- 
tonazioni ! 

Presso  i  magazzini  di  deposito,  dove  avvennero  le  fortissime 
e  ripetute  esplosioni,  che,  come  dissi  avanti,  erano  situati  verso  la 
sommità  della  collina,  gli  effetti  di  distruzione  sono  stati  immensi  ; 
ma  insieme  a  tali  effetti  si  sono  constatati  dei  casi  veramente 
strani  d'incolumità  di  grandi  masse  d'esplosivi  che  a  pochi  metri 
di  distanza  non  subirono  la  minima  avaria. 

Detti  magazzini,  di  piccole  dimensioni  e  costruiti  in  legno, 
erano  una  ventina,  situati  su  tre  linee  parallele  ed  erano  affon- 
dati completamente  nel  terreno  in  modo  da  restare  isolati  uno  dal- 
l'altro per  mezzo  di  forti  terrapieni.  Essi  contenevano  circa  32000 
chilogrammi  di  dinamiti  di  varie  specie  ed  in  uno  si  conservavano 
216  chilogrammi  d'  inneschi  di  fulmicotone.  Lì  presso,  ma  un  po' 
piìi  in  su  e  meglio  riparati  per  la  loro  posizione,  vi  erano  diversi 
magazzini  militari  che  contenevano  circa  altri  8000  chilogrammi 
di  dinamite  ed  in  basso,  in  un  sito  molto  più  esposto,  un  casotto 
contenente   quasi  un  milione  di  capsule  detonanti  di  fulminato  di 


(1)  Triste  spettacolo  offrì  ai  primi  visitatori  l'avanzo  di  un  corpo  umano 
costituito  da  una  parte  delle  spalle  con  le  duo  braccia,  le  quali  furono 
trovate  strette  ad  un  tronco  d' albero  incontrato  nella  corsa,  e  che  ha 
fatto  pensare  all'istinto  di  salvezza  che  forse  animò  ancorn  per  un  mo- 
mento quel  misero  resto  di  un  corpo  dilaniato. 


(5)  NOTIZIE    E    CONSIDEEAZIONI    ECC.  513 

mercurio.  Dippiù  all'aperto  si  aveva  un  mucchio  di  118  casse, 
pronte  a  partire,  contenenti  ognuna  25  chilogrammi  di  dinamite 
ed  in  cima  alla  funiculare  altre  24  di  dette  casse,  che  dovevano 
essere  trasportate  ai  magazzini  per  mezzo  di  un  piccolo  carro  che 
veniva  spinto  a  mano  da  due  uomini  lungo  una  piccola  ferrovia 
situata  sui  terrapieni. 

Dopo  le  esplosioni,  di  tutti  i  magazzini  posti  sulle  tre  linee 
nessuno  ne  fu  più  trovato  ;  molti  erano  esplosi,  come  si  poteva 
rilevare  dalle  immense  buche  praticate  nel  suolo  che  nell'insieme 
davano  l'idea  di  tanti  piccoli  crateri,  alcuni  furono  sotterrati,  altri 
sconquassati  completamente  e  frantumate  pure  le  casse  con  la 
dinamite  che  si  trovò  sparsa,  non  esplosa,  e  finalmente  alcuni  pochi, 
fra  i  quali  quello  contenente  il  fulmicotone,  erano  stati  distrutti 
dal  fuoco,  per  come  potè  vedersi  da  lontano  e  constatarsi  poi  dai 
resti  brucciaticci  di  quei  pochi  alberi  che  non  furono  completa- 
mente divelti  e  trasportati  dalla  forza  delle  esplosioni  in  frantumi 
a  distanze. 

Le  118  casse  di  cui  innanzi,  non  furono  piìi  trovate,  invece 
le  24  sul  piazzale  superiore  della  funiculare  restarono,  un  po'  sfa- 
sciate,  al  loro  posto. 

I  magazzini  militari,  chC;  come  dissi,  erano  piìi  in  alto,  eb- 
bero atterrate  le  porte  e  furono  più  o  meno  danneggiati,  ma 
l'esplosivo  non  risentì  danno  di  sorta. 

II  casotto  contenente  le  capsule  detonanti  di  fulminato  di 
mercurio  rovinò  in  parte,  la  porta  venne  sfondata  e  la  serratura 
d'ottone,  lanciata  all'interno,  aveva  rotto  talune  scatole  e  schiacciato 
delle  capsule  detonanti  che  non  avevano  esploso  ! 

Presso  tutti  questi  depositi  e  sulla  linea  funiculare  sei  operai 
trovarono  la  morte  ;  ma  pure  diversi  altri,  due  militari  in  sentinella, 
un  carrettiere  ed  un  cavallo,  che  stavano  a  qualche  diecina  di 
metri  di  distanza  dai  centri  d'esplosione  rimasero  incolumi  o  più 
0  meno  malconci  per  essere  stati  solamente  s1)attuti  per  terra. 

Per  le  ricerche  che  in  seguito,  con  tutta  la  cura,  si  fecero 
per  il  ricupero  della  dinamite  dispersa,  sotterrata  o  rimasta  fra  i 
rottami  delle  casse,  se  ne  poterono  raccogliere  parecchie  tonnellate, 
ond'ò  che  fatti  i  conti  appi'ossimativi  si  è  potuto  giudicare  che 
l'esplosivo  distrutto  ammontò  a  circa  18000  chilogrammi  dei  quali 
solo  una  piccola  parte  bruciò. 

(Ili  effetti  locali  delle  esplosioni  che,  come  dissi  avanti,  furo- 
no grandissimi,    a    guardar  bene  però  non    si   sono  giudicati  cor- 


514  G.    SPIGA  (6) 

rispondenti  a  quelli  che  avrebbero  dovuto  ottenersi  se  tutta  la  di- 
namite avesse  esercitato  liberamente  la  sua  forza  esplosiva,  che 
sarebbe  stata  presso  a  poco  parag'onabile  a  quella  che  avrebbero 
dato,  esplodendo,  60  e  più  tonnellate  di  polvere  nera  ordinaria, 
ond'  è  che  deve  ammettersi  che  detta  forza  dovette  essere  di 
molto  ridotta  per  effetto  di  ostacoli  incontrati  che  valsero  ad  an- 
nullarne una   buona  parte. 

Senza  dubbio  infatti  Timballagg-io  prima,  i  casotti  di  legno 
dopo,  gli  spessi  terrapieni,  ed  infine  la  grande  massa  di  alberi  che 
su  questi  erano  piantati  e  che  più  non  si  trovarono,  debbono  avere 
diminuito  in  modo  considerevole  l'azione  distruggente. 

Da  questo  dunque  bisogna  ancora  una  volta  riconoscere  l'im- 
menso servizio  che  vengono  a  rendere  le  trincee  ed  i  ripari,  che 
si  costruiscono  attorno  ai  de])Ositi  di  esplosivi,  nei  casi  di  scoppi, 
e  che  nell'evento  di  Avigliana,  oltre  ad  attenuarne  i  danni  ma- 
teriali, valsero  a  salvare  da  certa  morte  tutte  quelle  persone  che, 
pure  essendosi  trovate  a  poca  distanza,  non  erano  però  direttamente 
esposte.  Questa  stessa  considerazione  deve  farsi  per  il  caso  del- 
l'esplosione àeìjìefrinagf/k),  dove,  oltre  alla  dinamite  in  lavorazione, 
c'era  anche  della  nitroglicerina  libera,  la  quale  esercitò  l'assoluta 
rovina  solo  nei  limiti  del  terrapieno. 

Un'altra  considerazione  che  la  triste  esperienza  ci  fa  fare, 
dandoci  argomenti  di  sicurezza  per  l'avvenire,  si  è  che  al  di  là  dei 
centri  d' esplosione  qualunque  quantità  di  dinamite,  imballata  o 
sciolta,  non  ò  capace  di  esplodere  per  le  sole  commozioni  dell'aria, 
siano  esse  fortissime  come  quelle  che  si  ebbero  ad  Avighana,  le  quali, 
come  dissi,  valsero  a  danneggiare  tutto  rompendo  e  sminuzzando 
anche  dentro  le  case,  mobili,  porte,  travi  ecc.  Infatti  non  si  potrebbe 
diversamente  spiegare  come  tutta  la  dinamite  che  si  trovava  nei 
diversi  laboratori  e  quella  che  nei  nuigazzini  di  deposito  fu  an- 
cora ricuperata  poco  lontano  dai  grandi  centri  d'esplosione,  senza 
ammettere  l'inattitudine  della  dinamite  ad  esplodere  anche  sotto 
l'influenza  di  urti  così  potenti  manifestantisi  contemporaneamente 
su  tutta  la  massa.  Questa  considerazione  ci  porta  anche  a  dovere 
escludere  che  le  esplosioni  avvenute  ai  magazzini  siano  state  de- 
tcrminate dalla  fortissima  counuozione  atmosferica  prodottasi  per 
l'esplosione  al  pefrinru/f/io. 

Anche  per  il  caso  delle  capsule  detonanti  di  fulminato  di 
mercurio  si  potrebbe  fino  a  un  certo  punto  cominciare  a  fare  la 
stessa  supposizione,  ma  trattandosi  di  un  fatto  isolato  sarà  sempre 


(7)  NOTIZIE    E    CONSIDEKAZIONI    ECC.  515 

più  prudente  non   azzardare  il  o-iudizio,  specialmente  che  si  tratta 
di  un  esplosivo  di  tutt'altra  natura. 

Passando  ora  alla  ricerca  delle  cause  che  poterono  determinare 
le  esplosioni  e  cominciando  da  quella  che  portò  la  distruzione  del 
petrinaygio^  ecco  quali  sarebbero  le  principali  ipotesi  ammissibili  : 

1.0  Decomposizione  di  nitrog-licerina  all'atto  deg-li  impasti  per 
essere  rimasta  instabile  per  non  accurati  lavag-gi. 

2.°  Elevamento  straordinario  di  temperatura  in  qualche  madia 
per  mancata  avvertenza  nel  regolare  il  vapore. 

3.0  Produzione  in  uno  dei  miscugli  di  qualche  reazione  chi- 
mica provocata  da  impurezze  contenute  neg-Fingredienti. 

4.0  Presenza,  in  qualcuno  degli  ingredienti,  di  granelli  di  si- 
lice 0  altri  corpi  duri  capaci  di  produrre  all'atto  dell'impasto  sfre- 
gamento, 0  presenza  di  qualche  capocchia  di  fiammero. 

5.0  Scoppio  di  qualche  goccia  di  nitroglicerina  rimasta  inos- 
servata nel  rubinetto  che  si  puliva. 

6.0  Qualche  attrito  od  urto  per  caduta  di  un  corpo  duro  sulla 
nitroglicerina  libera  che  e'  era  nel  recipiente  di  guttaperca,  o  nel 
filtro  dove  ne  erano  rimasti  dei  residui,  o  su  qualche  goccia  ca- 
duta forse  sul  pavimento. 

Naturalmente  tutte  queste  ipotesi  sono  buone  per  essere  prese 
in  considerazione,  ma  se  per  talune  dobbiamo  ammettere  meno 
probabilità,  come  per  la  prima,  vista  la  grande  cura  che  si  è  sempre 
tenuta  per  la  preparazione  e  per  i  lavaggi  della  nitroglicerina,  per 
tali  altre  invece  si  deve  ritenere  una  probabilità  maggiore.  Così 
per  esempio  io  ritengo  la  quarta  ipotesi  come  una  delle  più  am- 
missibili, giacché  la  presenza  di  granelli  di  silice  o  altri  corpi  duri 
nella  polvere  di  cellulosa  del  legno  che  il  Dinamitificio  acquistava 
in  commercio  non  è  delle  meno  probabili  né  delle  meno  frequenti. 

Per  le  esplosioni  avvenute  ai  magazzini,  essendo  stata  eli- 
minata per  le  considerazioni  fatte  avanti,  la  possibilità  che  esse 
siano  avvenute  per  effetto  delle  grandi  commozioni,  sismica  ed 
atmosferica,  prodotte  dalla  esplosione  del  petrinag(/io,  a  meno  che 
non  si  ammettesse  la  presenza,  in  mezzo  ai  pacchi  di  dinamite 
incassata,  di  cartuccie  in  istato  di  decomposizione,  la  qual  cosa  è 
assai  poco  ptobabile,  non  resta  che  l'ipotesi  che  esse  siano  state 
prodotte  per  la  caduta  di  materiali  incandescenti  o  fortemente  ri- 
scaldati sui  mao-azzini  stessi  o  sulle  casse  che  stavano  fuori  o  su 


516  G.  spiCA  (8) 

quelle  che  vi  si  trasportavano.  Infatti  materiali  di  tutti  i  generi 
furono  lanciati  per  la  prima  esplosione  intorno  per  un  raggio  gran- 
dissimo e  fra  questi  materiali,  da  tenersi  in  considerazione  più  spe- 
ciale, furono  dei  grandi  pezzi  di  piombo,  più  o  meno  arrotondati, 
più  0  meno  fusi  che  si  trovarono  dappertutto  nel  Dinamitificio  e 
fuori  fino  alla  distanza  di  qualche  chilometro. 

Gr  incendi  successivi  di  altri  magazzini  e  l'esplosione  del- 
l'ultimo che  fu  visto  saltare,  si  spiegano  facilmente  per  le  proje- 
zioni  provenienti  dai  primi  magazzini  esplosi  ed  ai  quali  si  tro- 
vavano contigui. 

Ed  ora,  dopo  il  disastro,  vengono  le  considerazioni  d'  ordine 
di  sicurezza  che  erano  sfuggite  prima  a  chi  aveva  il  dovere  d'in- 
vigilare e  che  ora  la  dolorosa  esperienza  fa  subito  risaltare  a  prima 
vista. 

Prescindendo  dal  dire  come  la  fabbrica  di  dinamite  in  Avi- 
gliana  si  trovi  ora  fuori  posto  perchè  circondata  tutt'attorno  da  un 
cumulo  di  altre  fabbriche,  dove  vengono  quotidianamente  occupati 
centinaia  di  operai,  si  affaccia  la  domanda  del  perchè  depositi  di 
esplosivi  di  sì  grande  portata  si  biano  potuti  permettere  lì  dove  si 
fanno  le  più  pericolose  preparazioni,  mentre  per  se  stessi  non  of- 
frirebbero, se  messi  al  sicuro,  che  un  pericolo  relativo,  e  tanto  più 
questa  domanda  viene  naturale  quando  si  pensa  che  1'  apparecchio 
di  preparazione  della  nitroglicerina,  che  ebbe  a  saltare  già  in 
passato  diverse  altre  volte,  è  ancora  più  prossimo  ai  magazzini  che 
non  il  laboratorio  del  petrinaggio  ora  distrutto  e  dove  non  avven- 
nero prima  altre  esplosioni.  Egualmente  non  si  può  lasciare  di 
considerare  come  sia  stato  sempre  imprudente  il  permettere  che 
in  uno  stesso  locale,  come  era  quello  del  petrinaggio,  si  eseguissero 
il  lavaggio,  la  filtrazione  e  l'impasto  della  nitroglicerina,  opera- 
zioni tutte  pericolosissime  e  che  messe  insieme  sommano  le  pro- 
babilità delle  esplosioni.  Nel  caso  speciale  poi  in  cui  si  lavorava 
nel  fatale  giorno  16,  c'è  anche  da  osservare  che  il  lavoro  proce- 
deva assai  intensamente  e  che  se  invece  si  fosse  pensato  di  ri- 
partirlo fra  i  due  petrinaggi  forse  l'esplosione  non  sarebbe  avvenuta 
o,  per  lo  meno,  le  conseguenze  non  sarebbero  state  tanto  dolorose 
e  disastrose. 

La  responsabilità  di  questo,  però,  piuttosto  che  nella  Società 
Dinamite-Nobel  deve  ricercarsi  altrove.  Nelle  industrie,  di  tutto  si 
fa  calcolo  e,  potendosi  evitare  ogni  maggiore  spesa,  stando  sempre 
nei  limiti  concessi  dai  regolamenti  emanati  dalle  Autorità,  si  prò- 


(9)  NOTIZIE    E    CONSIDEIIAZIONI    ECC.  517 

cura  sempre  la  più  stretta  economia.  Incombe  al  Governo  il  dovere 
d'invigilare  continuamente  su  questo  genere  d'industrie  e  se  oltre 
ai  regolamenti  esistesse  in  Italia  un  Ispettorato  per  gli  esplosivi, 
come  e'  è  in  Inghilterra,  forse  tante  cose  all'atto  pratico  non  sa- 
rebbero permesse  e  molte  disgrazie  del  genere  di  quella  di  Avi- 
gliana  non  avverrebbero. 


(Finita  di  stamiìare  il  giorno  5  aprile  1900) 


Atti  del  Realp:  Istituto  Veneto  di  scienze,  lettere  ed  arti. 
Anno  accademico  1899-900  -  Tomo  LIX  -  Parte  seconda. 


1  L    P  A  1)  0  V  A  N  1  N  0 

DI 

VIRGILIO   BROCCHI 

(presentata  dal  comm.  P.  Lioij,  in.  e.,  neW Adunanza  25  febbraio  1000) 


Quando,  per  la  magnifica  liberalità  di  un  prelato,  magnifi- 
cenza ben  disgraziata  per  l'Italia,  i  Baccanali  famosissimi  di  Tiziano 
furon  portati,  oltre  il  mare,  in  Ispagna,  il  buon  Marco  Boschini  si 
consolava  della  perdita  grave  e  dolorosa,  pensando  come  a  Venezia 
almeno  restasse  la  copia  lodata  delle  dipinture  stupende.  Ed  in 
quel  suo  curioso  libro  de  La  carta  del  Navegar  Pittoresco,  che 
egli  secentisticamente  intitolava  :  "  Dialogo  tra  un  Senator  venetian 
deletante,  e  un  professor  de  Pittura,  sotto  nome  de  Eselenza  e  de 
Compare.,  compartìo  in  oto  venti  con  i  quali  la  Nave  Venetiana 
vien  conduta  in  l'alto  Mar  de  la  Pitnra,  come  assoluta  dominante 
de  quelo,  a  confusion  de  cld  non  intende  el  bossolo  de  la  calamita  „ 
ammaestrava  che  la  copia  dei  lavori  tizianeschi 

è  della  perfetta  e  degna  man. 

Anzi  del  Vice-Autor  (cusì  el  se  chiama) 
Glie  corse  a  Roma,  inamorà  per  fama 
A  far  ste  copie,  quel  grande  Padoan. 

Basta  che  un  Alessandro  el  se  chiamasse 
In  la  pittura,  e  de  tal  nome  degno  ! 
E  in  colorito  pratico  e  in  disegno. 
Mai  fu  chi  Tician  megio  imitasse  ! 

E  ben  da  vero  Alessandro  Varotari  doveva  lusingarsi  di  pos- 
sedere il  colorito  e  il  disegno  del  Maestro  e  di  esser  padrone 
dell'arte  magica  del  Cadorino,  se  osò,  ai  tre  di    Tiziano,  aggiun- 


520  V.    BROCCHI  (2) 

gere  di  sua  mano  un  quarto  Baccanale  in  cui  volle  rappresentare 
un  trionfo  di  Yonere,  tra  Tritoni  e  Nereidi. 

Ben  il  soggetto  doveva  tentare  il  lascivo  pittore,  che  si  com- 
piacque di  esercitare  la  licenziosità  del  pennello  procace  sulle 
ignudo  carni  di  Euridice,  di  Proserpina,  di  Cleopatra  e  di  Lucrezia  : 
poi  che  sommo  egli  riusciva  veramente  nel  fissare  sulla  tela  le 
grassoccie  carni  rosee  e  vellutate  !  Tanto  più  il  mitologico  argo- 
mento doveva  sorridere  alla  mente  del  Padovanino,  cui  troppo 
oramai  si  rimproverava  di  saper  solo  copiare,  poi  che,  per  esso, 
egli  poteva  affermare  la  sua  abilità  di  inventore  e  di  pittore  originale. 

Yeramente  Alessandro  Yarotari,  ne  gli  artisti  che  egli  cono- 
sceva, teneva  gran  fatto  a  questo  vanto  della  originalità.  Dopo  i 
fulgori  luminosi  che  avevano  illuminato  tutto  il  cielo  Yeneziano  di 
porpora  e  d'oro,  bisognava  rassegnarsi  ad  assistere  al  prevaler  delle 
ombre  grigie  :  e  qual  nota  mai  ai  sonori  poemi  giocondi  del  Ye- 
cellio,  di  Giorgione,  del  Tintoretto,  del  Bassano,  di  Paolo  Yeronese, 
potevano  aggiungere  le  esili  voci  di  un  Yarotari,  di  uno  Zanchi 
0  di  un  Liberi  ? 

Nulla  di  meglio  a  fare  che  lo  studio  paziente  e  minuto 
delle  opere  di  quei  grandi  che  li  avevano  preceduti,  che  lo  sforzo 
di  capire  quella  libera  arte,  audace  e  feconda,  e  dominatrice,  non 
per  continuarla  o  svilupparla,  ma  per  riprodurre  leziosamente,  per 
strappare  un  secreto  di  tavolozza  o  di  tecnica  a  chi  secreti  non 
aveva  mai  nascosti.  Tutto  al  più  i  poveri  pittori  potevano  sperare 
di  scoprire  una  nuova  ricetta,  o  di  adattare  al  gusto  decorativo 
del  tempo  le  nobili  figure,  animate  già  sulle  tele  famose,  e  i 
grandi  quadri  che  non  potevano  capire  entro  la  stanza  del  sena- 
tore gottoso,  0  nel  salotto  elegante  della  dama  pretenziosa. 

E  come  il  più  grande  fra  i  pittori  veneziani  delfetà  dell'  oro 
era,  o  appariva,  Tiziano  Yecellio,  come  quegli  che  più  si  avvici- 
nava, forte  e  sano,  al  gusto  degli  uomini  frolli  del  secento,  era 
naturale  che  ad  esso,  più  che  agli  altri  sommi,  tendesse  lo  sforzo 
degli  imitatori.  Chi  avre!)be  potuto  intendere  la  sottile  arte  e  l'a- 
nima preziosa  di  Gfiorgio  Barbarelli,  che  tanto  piacque  ad  Enrico 
Heine  ? 

Così  Alessandro  Yarotari  fece  del  Yecelli  il  suo  Dio  e  Signore. 
Studia  gli  affreschi  di  Tiziano  a  Padova  e  li  copia  :  studia  e  copia 
a  Yenezia  le  numerose  opere  del  maestro  ;  le  studia  e  copia,  do- 
vunque le  può  trovare  ;  e,  come  dicemmo,  corre  fino  a  Roma,  per 
riprodurre  sulla  tela  i  Baccanali  famosi.  Ma  per  quanto  profonda 


(3)  IL    PADOVANINO  521 

e  dominatrice  1'  ammirazione  per  l'arte  sovrana  di  Tiziano,  essa 
non  poteva  limitare  1'  imitazione  del  Padovanino.  Questi  pittori 
del  secento  hanno  il  bisogno  di  conciliare  scuole  e  maniere,  quasi 
per  la  pretesa  di  trovar  cose  nuove  accoppiando  cose  disparate  : 
lo  dicano  per  tutti  quei  fortunati  artisti  che  furono  i  Carracci  e  i 
loro  discepoli  che,  con  altra  tempra,  ed  intelletto,  e  potenza,  spin- 
sero l'eccletismo  fino  ad  unire  Raffaello  e  Tiziano  e  il  A'^eronese 
e  il  Correggio  e  Michelangelo. 

Fino  a  questo  punto  non  poteva  giungere  il  Varotari  :  ma 
egli  aveva  bisogno  di  introdurre  nel  quadro  il  gusto  decorativo 
proprio  del  suo  tempo,  le  architetture  sontuose,  e  l'audacia  degli 
scorci  :  e  tutto  ciò  credè  di  poter  derivare  solo  da  Paolo  Veronese. 

E  per  vedere  come  egli  intendesse  di  conciliare  e  di  unire 
le  due  maniere,  basta  gettare  uno  sguardo  sull'enorme  tela  delle 
Nozze  di  Cuna  troppo  lodata,  e  troppo  vicina,  ohimè  !  in  quella 
magnifica  sala  dell'  Accademia  di  Venezia,  alla  Cena  stupenda 
di  Paolo  Veronese. 

Del  resto  alla  imitazione  del  Caliari  egli  era  spinto  anche 
dal  padre  Dario,  architetto  e  pittore,  che  da  Verona  si  era  tra- 
sferito a  Padova,  dove  aveva  dato  saggio  della  sua  arte,  imitando 
il  grande  concittadino  nei  dipinti  di  S.  Martino  a  Volta  di  Bru- 
segana  e  di  Praglia,  cui  Giannantonio  Moschini  ricorda.  A  Padova, 
dove  egli  era  nato  nel  1590,  due  anni  dopo  la  morte  del  Veronese, 
e  pochi  anni  innanzi  che  si  spegnesse  la  nobile  vita  di  Jacopo 
da  Ponte  e  del  Tintoretto,  ultimi  superstiti  della  schiera  gloriosa, 
Alessandro  Varotari  inizia  i  suoi  studi,  sotto  la  guida  forse  del 
padre,   e  li  continua  poi  a  Venezia,  dove  si  reca  verso  il  1614. 

Studiare  voleva  dire  copiare,  in  tutti  quei  paesi  in  cui  durava 
potente  la  tradizione  di  una  grande  e  gloriosa  scuola  :  solamente 
là  dove  questa  tradizione  mancava,  o  si  riferiva  ad  un  passato 
troppo  lontano  per  incatenare  od  asservire  la  schiera  degli  artisti 
nuovi,  fu  possibile  un  tentativo  di  rivoluzione  o  di  rigenerazione 
dell'arte.  Così,  mentre  a  Venezia  trionfa  la  pittura  sensuale,  che 
si  compiace  di  bellezze  grassoccie  e  procaci,  e  di  atteggiamenti 
coreografici,  arte  gonfia,  boriosa,  farraginosa  e  senza  anima,  che 
deriva,  specialmente,  dal  nipote  del  grande  Jacopo  Palma  :  e  a 
Roma  impongono  il  loro  dominio  l'arte  leziosa  del  cavalier  d'Ar- 
pino,  e  la  soldatesca  e  brutale  di  Michelangelo  da  Caravaggio, 
per  i  quali  ha  pur  tante  lodi  il  cavalier  Marino  ;  mentre  in  tutta 
Italia  perdono  l'anima  e  il  sentimento  le  madonne  soavi  derivate 


522  V.   BROCCHI  (4) 

da  Raffaello  e  i  putti  del  Correggio,  o  si  contorcono,  in  ridicole 
pose  da  acrobati,  i  giganti  figlioli  del  Buonarroti,  a  Napoli  si  tenta 
la  rivoluzione,  e  a  Bologna  si  inizia  un  movimento  di  riforma, 
che  segna  come  il  glorioso  e  splendido  tramonto  infocato  del  sole 
dell'  arte  italiana. 

A  Napoli  tra  Massimo  Stanzione,  Andrea  Vaccaro  e  Luca 
Giordano,  pittore  prepotente,  tempestoso  e  disordinato,  che  si  com- 
piaceva di  accumulare  le  difficoltà  per  vincerle  alla  brava,  in  un 
attimo,  e  che  amava  l'audacia  degli  scorci  e  il  rossiccio  colorito, 
come  di  mattone  bruciato,  e  gli  azzurri  accoppiati,  sorgeva  Sal- 
vatore Rosa,  possentemente  originale,  tenebroso  come  un  poeta 
nordico,  che,  rifuggendo  dalle  vuote  convenzionalità  frivole,  si  ispi- 
rava alle  selvagge  foreste  dagli  alberi  squarciati,  alle  solitudini, 
alle  scene  tenebrose  della  guerra  e  della  congiura,  al  furore  del- 
l'uragano. Certo  a  Salvator  Rosa  toccò,  per  la  pittura,  ciò  che  un 
secolo  dopo  circa  avvenne  per  le  lettere  a  Melchiorre  Cesarotti  che, 
volendo  sfuggire  alle  leziosaggini  dell'  Arcadia  pastorale  italiana, 
cadde  nella  terribilità  dell'  Arcadia  scozzese  :  ma,  per  quanto  il 
Rosa  sia  manierato  e  barrocco,  è  sempre  una  ribelle  anima  fiera, 
che  dice  la  cruda  e  dura  verità,  con  i  versi,  con  il  pennello,  con 
le  satire  sulla  Guerra  e  la  Invidia.,  e  con  il  quadro  ([(}\V Aìl('(j()ria 
delia  Fortuna. 

A  Bologna  i  tre  Carracci  gettano  le  basi  dell'  Accademia, 
dalla  quale,  per  ripetere  la  vecchia  frase  di  Paolo  Costa,  uscirono 
gli  artisti;  come  gli  eroi  greci  dal  cavallo  di  Troia. 

Ed  essi  stessi,  e  l'Albani  che  sospira  le  graziose  Anacreon- 
tiche, e  il  Guercino  che  si  compiace  dei  colori  tenebrosi,  e  stampa 
sulle  tele  religiose  la  propria  personalità  viva,  dominatrice  :  e  il 
languido  Guido  Reni  che  vuole  il  vanto  della  espressione  ;  e  il 
candido  Domenichino  che  dipinge  anima  e  sentimento  e  grazia, 
quasi  in  se  nutrisse  lo  spirito  del  Correggio  e  quello  di  Raffaello  ; 
tutti  insieme,  togliendo  il  meglio  dalle  varie  scuole  dell'età  d'oro, 
sapientemente  eccletici,  tentano  come  la  sintesi  di  quanto  innanzi 
a  loro  gloriosamente  si  era  fatto. 

Ma  a  Yenezia,  il  soffio  di  questa  tentata  rigenerazione  non 
poteva  giungere  subito  ;  ne  l' intese  da  prima  il  Padovanino  che, 
negli  anni  della  giovinezza,  avrebbe  certo  considerato  come  una 
profanazione  ogni  tentativo  di  unire  V  arte  del  suo  Tiziano  con 
quella  di  Raffaello  e  del  Correggio,  sebbene  anche  il  giovane 
Palma    (pur    non    fondendo    ancora  i  vari  stili)    andasse  indeciso 


(5)  IL    PADOVANINO  523 

dal  Tintoretto  al  Sanzio  e  dal  Veronese  a  Michelangelo.  Ma  più 
tardi  anche  a  Venezia  si  sentì  l'influenza  della  riforma  Carraccesca  ; 
ma  come  questa  non  era  riforma  interna,  derivata  da  ricerche,  da 
studi  personali,  ma  solamente  importata,  avvenne  che  piuttosto  di 
accettare  il  metodo  nuovo,  questi  pittori  Veneziani  imitarono  adi- 
rittura  la  maniera  di  alcuno  di  quegli  artisti  derivati  dai  Car- 
racci,  che  avesse  avuto  una  fisonomia  più  violenta  od  esagerata. 
Così,  per  scegliere  un  solo  esempio,  basta  dare  uno  sguardo 
al  Santo  Diacono  che  ricupera  la  vista,  per  vedere  come  il  Varotari 
tentasse  di  imitare  il  Quercino.  Nella  tela  colpisce  la  forma  mo- 
numentale della  composizione  :  il  gesto  del  santo,  coperto  dai  so- 
lenni abiti  talari;  rigido  e  largo  (contrastante  cogli  svolazzi  della 
veste  dell'angelo  che  addita  verso  l'alto),  è  teatrale  e  freddo  nella 
divozione.  Il  capo,  levato  verso  il  cielo,  pare  appoggiato  all'  ala 
dell'Angelo  ;  ma  l'occhio,  aperto  alla  luce  dalla  grazia  del  Signore, 
diffonde  sul  volto  dell'asceta  un'  espressione  di  compunta  ricono- 
scenza. L'  Angelo,  sospeso  suU'  ali  semiaperte,  rigido  nel  volto  e  - 
nel  gesto,  richiama  ancor  più  da  vicino,  nel  disegno  e  nel  colore, 
la  maniera  del  Barbieri. 

Ma  intanto  imperava  Tiziano  :  ed  il  Varotari  continuò  ad  imi- 
tare e  a  copiare,  finché  non  credè  di  potersi  dare  alla  composizione 
originale  e  propria.  Ma  pare  che  un'  affinità  misteriosa  lo  unisse 
a  Palma  il  giovane,  che  tenne  fino  al  1628  incontrastato  il  do- 
minio della  pittura  Veneziana,  e  cui  Gian  Battista  Marino  lodava 
neW Adone  come  degno  di  contendere  la  palma  al  Ve.onese  e  al 
Vecellio.  E  così  intima  era  questa  affinità,  che  l'arte  del  Varotari 
si  può  considerare  come  la  continuazione  di  quella  del  Palma,  sì 
che  talvolta  si  resta  in  dubbio  a  quale  dei  due  autori  un  quadro 
appartenga.  Così,  per  esempio,  chi  studiasse  la  Lucrezia  che  è  nel 
corridoio  che  congiunge  la  sala  di  Paris  Bordone,  con  la  stanza 
della  rresenfazioneal  tempio  di  Tiziano,  nell'Accademia  di  Venezia, 
si  domanderebbe  certo,  se  non  piuttosto  al  Palma  che  al  Pado- 
vanino,  quell'immagine  di  donna  si  debba  attribuire.  Questo  avviene 
certo  di  rado,  che  le  figure  muliebri  del  Varotari,  ed  i  nudi  spe- 
cialmente, sono  così  caratteristici,  portano  così  netta  l'impronta  del 
pittore,  che  si  riconoscono  a  colpo  d'occhio  :  ma  ciò  non  vuol  dire 
che  la  vicinanza  con  il  Palma  non  duri  e  che,  di  tratto  in  tratto, 
non  si  riveli  evidente,  come  in  quella  dolce  figura  del  Cristo  un  po' 
trasoo-nato  delle  Nozze  di  ('aiia,  che  richiama  subito  il  Gesù  dell'  II- 
timo  Giudizio  che,  per  il  palazzo  ducale,  dipinse  il  Giovane  Palma. 


524  V.  BROCCHI  (6) 

L'arte  del  Padovanino,  dicemmo,  ha  una  impronta  cosi  par- 
ticolare che  d'  un  tratto  si  riconosce  :  ma  si  deve  intendere  che 
di  questa  arte  personale  e  caratteristica  non  tutte  le  tele  del  Va- 
rotari  sono  improntate  :  che  talvolta  si  resta  in  dubbio  se  una 
pala  di  altare,  o  un  quadro  religioso  possano  realmente  attribuirsi 
al  pittore  di  Padova,  cui  lo  assegnano  i  cataloghi  e  le  guide  :  e 
se  non  soccorresse  qualche  nudo  di  putto  roseo  sospeso,  grassoccio, 
neir  azzurro  sporco  del  cielo,  o  la  pompa  di  un  abito  dovizioso, 
che  chiuda  le  opulenti  forme  di  una  madonna  o  di  una  matrona 
pregante,  si  sarebbe  tentati  di  affermare  che  qua'che  pittore,  molto 
ma  molto  mediocre,  abbia  usurpato  il  nome  di  Alessandro  Yarotari. 

Quasi  tutte  le  tele  religiose  del  Padovanino,  anzi,  presentano 
i  difetti  più  grossolani  e  visibili  :  manchevolezza  del  disegno  ;  non 
bene  intesi  gli  scorci  ;  colorito  opaco,  forse  per  il  prevalere  dei 
toni  oscuri,  cresciuti  ed  alterati  :  e  le  figure  senza  espressione  si 
guardano  come  non  vedessero,  in  pose  immobili,  più  simili  a  disegni 
di  statuario  che  di  pittore.  Egli,  il  pittore  gaio  e  giocondo  delle 
carni,  non  era  fatto  per  le  opache  tele  che  dovessero  ornare  gli 
oscuri  altari,  affastellati  e  barocchi,  delle  chiese  del  secento  !  Certo 
talvolta  egli  riesce  men  peggio,  come  quando,  nella  Chiesa  di 
Sant'Andrea  a  Bergamo,  pinge  tre  storie  del  Hanto,  ornandole  di 
paesaggi  e  di  gaie  architetture  ;  ma  è  sempre  vuota  e  declamatoria 
quest'arte  di  sacra  ornamentazione,  e  invano  forse  cercheremmo, 
tra  le  numerosissime  tele  che  il  Lanzi,  lo  Zanetti,  il  Meschini,  il 
Pietrucci  e  il  Boschini  ricordano,  un  quadro  che  corrisponda  alla 
antica  fama  del  pittore  Padovano. 

Giannantonio  Moschini  loda,  ad  esempio,  la  tavola  della  hi- 
creduUtà  di  San  Tomm^o  che,  nella  Chiesa  degli  Eremitani  di 
Padova,  porta  l'anno  KUO.  Orbene,  nello  sfondo  opaco,  sono  come 
attacsate  le  volgari  figure,  fredde,  impacciate,  tracciate  con  disegno 
scorrettissimo.  E  la  caligine  del  colore,  la  mancanza  della  fusione 
nei  contorni,  che  pure  è  così  caratteristica  del  Padovanino,  la  con- 
venzionalità dei  manti  e  delle  vesti,  danno  al  quadi'o  una  insanabile 
impronta  di  vacuità  inetta  e  banale. 

Nò  di  troppo  migliori  sono  il  Srm  Loìpììzo  Martire  della 
chiesa  di  S.  Francesco,  nò  la  Verdine  della  sacristia  del  Duomo, 
nò  la  Vcrfiiiìr  e  i  Santi  Benedetto  e  Gerolamo  della  scuola  del 
Hanto,  sempre  a  Padova:  e  neppure  i  quadri  che  il  Pietrucci,  e 
il  Boschini  nelle  Miniere  della  jtittnra  Veneziana^  notano  nelle 
chiese    di  Venezia.    Tutti  ricordano  nel   colore,  e    nel  disegno,  e 


(7)  IL    PADOVANINO  525 

nella  maniera,  più  o  meno  da  presso,  l'altro  quadro  della  Madre 
dei  Zebedei  dei  Carmini  a  Padova.  Anche  qui,  la  banalitcà  della 
composizione,  la  cattiva  distribuzione  dei  piani  che  fa  apparire 
affastellate  disordinatamente  le  figure  del  Cristo  e  degli  Apostoli, 
nel  rigido  gesto  teatrale  :  anche  qui  le  solite  scorrezioni  del  disegno 
e  la  convenzionalità  delle  pieghe  nei  panneggiamenti.  La  madre 
dei  Zebedei,  certo,  s'impone  subito  all'attenzione  ;  ma  forse,  più 
per  la  pompa  dell'abbigliamento,  che  non  per  altro  :  e  gli  angio- 
letti, sorreggenti  a  volo  una  croce,  che  pone  come  una  macchia 
rossa,  stridente  nel  quadro,  ricordano  sì,  nei  nudi,  il  beli'  impasto 
della  carne  caratteristico  del  Padovanino,  ma  prosentano  un  disegno 
estremamente  scorretto. 

Se  le  opere,  diremo  così,  religiose  del  Yarotari  sole  ci  fossero 
rimaste,  e  quelle  figure  morte  e  senza  sentimento,  non  ci  potremmo 
spiegare  la  larga  fama  di  cui  andò,  per  il  secento,  glorioso  il  nome 
del  Padovanino,  uè  la  diffusione  dei  suo  quadri  per  1'  Italia.  Il 
buon  Marco  Boschini,  in  quella  sua  Carta  del  Navegar  pittorico, 
quasi  a  riunire  tutte  le  lodi  attribuite  al  pittore  di  Padova,  e  ad 
esprimere  il  massimo  vanto,  chiamava  il  Yarotari,  senza  ombra 
di  un  ironico  sorriso  che  in  lui  potremmo  sospettare,  il  Rodomonte 
della  pittura  : 

Se  sa  olii  (■  il  Piulojin,  chi  ò  il  Yarotari, 
L'ha  fatto  in  la  pittura  e  monti  e  mari. 
Capì  !  L'è  un  Rodomonte  in  t'cl  mostier  ! 

Un  Rodomonte  senza  muscoli  e  senza  impeto,  fuor  di  dul)bio  : 
ma,  non  per  nulla,  le  sue  opere  escii'ono  dal  Yeneto,  e  furono 
cercate  dalla  Gralleria  del  Louvre,  che  possiede  Venere  e  Attiore, 
dall'  imperiale  pinacoteca  di  Yienna  che  vanta,  fra  gli  altri,  il 
quadro  deWAdaftcra^  dalla  galleria  Borghese,  che  serba,  a  Roma, 
un'altra  Venere,  dall'Accademia  di  Yenezia,  che  si  adorna  di  varie 
tele  della  più  alta  importanza,  fra  le  quali  le  Nozze  di  Catta  e 
la  Parabola  delle  Vergini  :  e  ancora  furon  cercate  dalle  più  ce- 
lebri pinacoteche  di  Firenze,  di  Milano  e  di  Modena  (O-  E  che 
veramente  grande    fosse  la  fama  del    Padovanino,    lo  dimostra  il 


(1)  Gli  Uffici  possiedono  il  (luadro  Ltfrezia  con  Sesto:  Va  Galleriii  di 
Modena  Ln  Sposalizio  di  S.  Caterina,  e  (luella  di  ^Milano  La  hattufitia 
per  cui  i  Camotcsi  fuc/arono  i  Nonnanni  per  miracolo  di  M.   V. 


526  V.    BROCCHI  (8) 

fatto  che,  quando  nel  1665  Dario  Yarotari  fece  dono  dell'auto- 
ritratto del  padre  al  Municipio  di  Padova,  i  Deputati  deliberarono 
di  far  menzione,  nei  loro  atti,  del  dono,  e  che  sotto  il  quadro, 
appeso  nella  sala  delle  adunanze,  fosse  iscritta  una  epigrafe,  ad 
esprimere  la  riconoscenza  dei  cittadini.  Nò  si  deve  tacere  che 
molte  delle  opere  del  pittore  Padovano  furono  riprodotte,  e  diffuse 
con  la  incisione,  non  solo  per  opera  del  figlio  suo  Dario,  che  fu 
medico,  pittore  ed  incisore  :  ma  ancora  per  opera  di  Folo  che 
incise,  a  1'  acquaforte.  Venere  e  Amore  del  Louvre,  e,  per  non 
dire  di  molti,  per  opera  del  Rosaspina  che  ritrasse  l'  Amore  e 
Psiche^  e  di  Caterina  Patina  che,  fra  le  sue  Pitture  scelte  e  di- 
chiarate, pose  la  grande  tela  delle  Nozze  di  Cana. 

Questa  fama  non  era  dovuta,  certo,  ai  quadri  di  carattere  re- 
ligioso, declamatori  e  vacui,  si  come  il  gesuitismo  imperante  ;  ma 
alle  opere  che,  meglio  lusingando  la  floscia  concupiscenza  dell'età 
ìnvecshiata,  richiamavano  in  vita  le  lascive  figure  dell'  Olimpo,  o 
le  donne  della  storia  romana,  o  le  ambigue  scene  religiose  e  im- 
pudiche della  mitologia  biblica. 

Già  tutta  r  arte  italiana,  da  qualche  tempo,  pareva  essersi 
spossata  nello  sforzo  di  illustrare  le  istorie  della  Bibbia  o  della 
vita  di  Santi,  prima  che  Guido  Reni;  il  Guercino  e  il  Domeni- 
chino  infondessero  pensiero,  forza  ed  anima  alle  figure  pie.  Ed  i 
Carracci  stessi,  e  i  loro  scolari  specialmente,  si  compiacquero  (se 
non  si  voglia  far  eccezione  per  l'Albani,  innamorato  dei  dolci  cori 
di  bimbi)  di  soggetti  sacri,  forse  per  la  influenza  della  reazione 
cattolica,  inimica  livida  delle  libere  forme.  Ma  a  Yenezia  la  vita 
era  ancora  gioconda,  per  quanto  assediata  dalla  solennità  delle 
pompe  e  dal  barocchismo  della  invadente  ipocrisia  :  e  pur  che  un 
sottil  velo  coprisse  le  ignudo  forme  muliebri,  o  il  panneggiamento 
del  manto  mostrasse  di  celare  le  membra  evidenti,  ciascuno  sor- 
rideva, compiacendosi  delle  Yeneri,  delle  Susanne,  delle  bacchi- 
che figlie  di  Lot,  delle  Lucrezie,  delle  Cleopatre  morenti,  o 
della  moglie  di  Putifarro  inseguente  la  fuga  di  Giuseppe  virtuoso. 
Così  le  serene  ignudo  forme  di  Iniziano,  del  T'orreggio  erano  cento 
voho  ])iù  caste  di  queste  figure  secentistiche!  Trionfava  il  Cavalier 
Marino  anche  nelle  tele  dei  pittori,  e  proj)rio  la  sua  Yenere  si 
rispecchiava  nelle  tele  del  Liberi,  siccome  i  suoi  contrasti  di  amore 
trovavano  un'  eco  nei  quadri  del  Padovanino.  L'  Amore  e  P^icJhe 
del  Yarotari  non  è  che  la  raffigurazione  dei  versi  dell'Adone  (canto 
lY,    166): 


(9)  IL    PADOVANINO  527 

Desto  in  un  tratto,  io  mi  risento  e  salto 
Fuor  della  cuccia,  ed  ella  a  me  s'apprende  : 
M'abbraccia  i  fianchi  e,  con  vezzoso  assalto. 
Per  vietarmi  il  partir,  pugna  e  contende. 

Così  si  vede  che  1'  Orfeo  marinesco  ispirò  l'altro  quadro  del 
Padovanino,  Orfeo  ed  Euridice^  dell'Accademia  di  Yenezia. 

OrfeO;  il  capo  ricciuto  siccome  Apollo,  piegato  in  avanti,  trat- 
tiene con  le  braccia  il  corpo  ignudo  di  Euridice,  che  già  volgesi 
e  fugge.  Una  fiera  posa  ai  piedi  del  musico  fascinatore,  e  guarda. 
Fulgido  il  nudo  della  donna  grassoccia  nella  dolcissima  morbidezza 
dei  contorni  sfumanti  !  Splendido  il  fulgore  del  pulito  ventre  e  del- 
l'opulento seno  ricolmo,  per  quanto  siano  oggi  cresciuti  gli  oscuri 
delle  ombre  !  e  invero  si  pensa  che  le  carni  cedano  e  illividiscano 
sotto  la  stretta  di  Orfeo.  Ma  il  movimento  non  è  rappresentato, 
per  quanto  il  mantello  si  gonfi,  svolazzando  in  trite  pieghe,  dietro 
le  spalle  del  cantore,  sebbene  Euridice  levi  il  destro  piede  e  la 
gamba,  per  fuggire.  Orfeo  non  parla  :  e  la  Donna  che,  pur  vol- 
gendo il  viso,  non  sa  ancora  staccare  le  braccia  dall'  amato,  che 
la  trattiene,  è  fredda  e  senza  passione,  e  non  li  dice  i  versi  che 
suggerisce  Gian  Battista  Marino  : 

Già  men  vo,  rimanti  in  pace. 

Caro  sposo  : 
Che  più  stringi  ombra  fugace 

Spirto  ignudo  ? 


Non  sperar  più  nel  tuo  mondo 

Rivedermi 
Ch'  io  men  vo  nel  cupo  fondo 

D'  Acheronte. 


Grande  amore  nutriva  il  Padovanino  per  questi  contrasti  di 
amore,  che  corrispondono,  meglio  che  agli  idilli  marineschi,  alle 
hlszarrie  acatdetììt'rJie,  tanto  care  ai  letterati  veneziani  del  seccnto, 
e  meglio  ancora  agli  Silipril  Oniiaìi  di  (fian  Francesco  Loredano, 
che  della  Accddciniu  dr<//i  IiH'otfiiitJ  (U'a  stato  fondatore  e  principe! 
Quante  volte  il  buon  A^arotari  non  ripeterà  lo  stesso  soggetto  degli 
amanti  che  trattengono  la  donna  desiata,  che  fugge  o  resiste  ;  o  il 
nmtivo  della  donna  lasciva,  ebe  si  aggrappa  alle  vesti  deiruomo, 
che   spregia  l'invito  alla  voluttà  ! 

Così  egli  raffigura  Psiche  ed  Amore,  come  la  moglie  di  Putì- 


528  V.    BROCCHI  (10) 

farre  e  Giuseppe  ;  e  Orfeo  ed  Euridice,  come  Plutone  e  Proserpina. 
Solo,  la  donna  Egizia  ò  molto  più  al)bondevole,  nelle  grasse  membra 
morbide  e  sanguigne,  di  Psiche  :  e  Plutone,  portando  fra  le  braccia 
Proserpina  ignuda  che  non  si  dibatte,  verso  il  cocchio  gnidato  da 
un  brutto  genietto,  dispiega  lo  sforzo  dei  suoi  muscoli  che,  per 
la  prima  volta,  si  contraggono,  e  artificiosamente  risaltano  per  il 
pennello  del  Varotari. 

Imperocché  il  Padovanino  non  ebbe,  come  molti  pittori  del 
suo  tempo,  che  guardavano  a  ^[ichelangelo  come  a  maestro,  il  gusto 
della  forza  esagerata,  che  si  dispiega  nella  violenta  contrazione 
dei  muscoli  ;  come  molti  pittori  che,  invece  di  sodi  muscoli  possenti, 
dipinsero  vesciche  gonfie  e  ignobili.  Ma  suo  amore  e  delizia  furono 
le  carni  muliebri  bionde  e  vellutate,  le  abbondevoli  carni  morbid  e 
e  grasse,  che  fulgessero  rosee  sotto  i  riflessi  delle  capigliature  ac- 
cese 0  languide  ;  che  splendessero  del  pallor  della  perla,  sotto 
l'abbondanza  della  chioma  nera.  E  questa  è  la  caratteristica  del 
Padovanino:  cosichè  è  impossibile  non  riconoscere  le  sue  donne, 
quando  una  se  ne  sia  ammirata. 

Il  Yarotari  conosceva  la  sua  straordinaria  forza  di  rappre- 
sentare il  nudo,  e  se  ne  compiacque  così,  che  parve  tutto  sa- 
crificare a  questa  abilità  :  ed  i  volti,  le  veste  pompose  di  seta, 
ornate  di  oro  e  di  pietre  preziose  e  di  fibbie  e  di  fermagli,  non 
furono  per  lui  che  il  mezzo  di  dar  risalto  alle  magnifiche  carni 
ignude.  Certo  la  pittura  del  secento  non  è  pudica  :  perfino  il  can- 
dido Domenichino  si  compiace  di  rappresentare  audacemente  nudo 
il  possente  busto,  il  seno  di  santa  Agata,  nella  bella  tela  della 
Galleria  Mansi  di  Lucca:  ma  la  santa  leva  il  volto  dolente  in  alto, 
e  sul  suo  viso  appare  il  segno  del  pudore,  e  V  espressione  di  un 
alto  spirito  religioso  :  e  questa  espressione  ci  vieta  di  soffermarci 
troppo,  a  considerare  la  nudità  del  busto  virginale. 

Ma  nelle  tele  del  Padovanino  non  c'è  uè  anima,  né  spirito  ; 
tutto  richiama  l'attenzione  su'le  figure  ignude,  come  Proserpina, 
e  Psiche,  ed  Euridice  e  la  moglie  di  Putifarro  (i  veli  leggeri  e 
trasparenti  nulla  nascondono  allo  sguardo^  o  molto  meno  che  sa- 
rebbe stato  necessario  coperte,  come  la  Cleopatra  di  Vicenza, 
la  Giuditta  e  la  figura  della  Vanità.,  e  1'  Adultera  del  museo  di 
Padova,  e  persino  le  Vere/ini  buone  e  le  Vergini  male,  e  persino 
alcune  delle  figure  muliebri,  trionfanti  nella  grande  tela  delle  Nozze 
di   (Jana. 

Per  giudicare  dell'arte  del  Padovanino,  non  bisogna  certo  sof 


(11)  IL    PADOVANINO  529 

fermarsi  a  tutti  i  quadri  che  portano  il  suo  nome  ;  ne  è  cosa  molto 
difficile  distinguere  l'opera  di  lui  da  quella  degli  imitatori^,  di  sua 
sorella  Chiara,  per  esempio,  o  di  Dario  suo  figlio,  o  di  G.  Battista 
Rossi,  e  di  Giulio  Carpioni  e  di  Angelo  Leoni,  e  di  Bartolomeo 
Scaligeri  che  gli  furono  discepoli.  Così  chi  guardasse,  anche  rapi- 
damente, quella  piccola  tela  del  Museo  di  Padova  che  rappresenta 
la  Donna  dal  viso  filettato  di  rosso,  che  porta  sul  piatto  la  testa 
del  Martire,  levando  le  sottili  braccia  rigide,  nei  contorni  decisi, 
si  accorgerebbe  subito,  come  essa  non  sia  opera  di  Alessandro 
y arotar i  cui  viene  attribuita. 

Le  figure  muliebri  del  Padovanino  non  vogliono  essere  confuse: 
sono  donne  in  cui  trionfa  la  bestialità  del  sangue  e  dell'adipe;  e 
la  morbida  carne  ariosa.  Tale  è  bene  Euridice^  e  meglio  ancora, 
forse,  la  figura  della  Vanità^  che  si  conserva  in  quella  sala  del 
Museo  padovano,  fatta  celebre  e  preziosa  dallo  stupendo  quadro  del 
Romanino,  e  dalla  tela  di  G.  Battista  Tiepolo.  La  Donna,  ignuda 
quasi  sino  al  busto,  inchina  leggermente  la  ferina  testa  stupida 
verso  l'omero  ;  solleva  il  sinistro  braccio  rotondo  e  trattiene,  con 
la  destra  mano,  l'opulenza  del  seno,  roseo,  enorme,  che  rigurgita, 
come  un  fiume  di  carne,  sotto  la  pressione  del  braccio.  Ella  guarda 
nello  specchio  la  propria  formosità  :  e  le  sta  accanto,  monito  forse, 
una  vecchia  grinzosa.  Ora,  quando  un  raggio  di  sole  scende  nella 
stanza,  si  resta  stupefatti  innanzi  a  quel  nudo  meraviglioso,  mira- 
colo vero  :  la  carne  rosea,  nella  sua  abbondanza,  è  soda,  è  sana, 
è  trionfante  :  è  come  viva  e  ariosa  e  luminosa  ;  sotto  la  pelle 
bionda  e  vellutata,  si  indovina  il  fluire  violento  del  giovine  sangue; 
avido  di  piacere.  Non  è  il  volto  che  parla,  ma  il  busto,  ma  il  seno  : 
la  donna  non  ha  cervello,  ma  adipe  e  sangue. 

Meno  formosa  è  la  C!eop:ifr<(  del  Museo  di  Vicenza  :  ma  anche 
meno  povera  di  espressione.  Ella  è  seduta  quasi  sopra  le  vesti 
che  le  son  cadute  intorno  ai  fianchi,  e  appoggia  il  capo  biondo  e  la 
stanca  testa  morente  all'indietro  :  fra  le  poppe  regali,  e  sulla  carne 
già  pallida,  ma  ancor  fremente,  rosseggia  la  puntura  dell'aspide, 
che  Cleopatra  stringe  nella  bianca  mano   pendula,  esangue. 

E  così  tutte  le  donne  e  i  fanciulli  teneri,  e  gli  angioli  del 
Padovanino  colpiscono  tosto  l'  attenzione,  per  il  morbido  stile  in 
cui  sono  condotti.  Quasi  mai  sono  i  muscoli  pronunciati  ;  ma  le 
carni  sono  tondeggianti,  e  ammorbidite  per  la  sfumatura  dei  con- 
torni, e  sono  vivificate  dal  sangue  e  trasparenti  e  ariose,  per  il 
segreto  proprio  al  Padovanino,  che  consisteva  in  un  certo  suo  im- 


530  V.   BROCCHI  (12) 

pasto  speciale.  Piuttosto  che  con  il  filettare  di  rosso  le  carni,  con 
il  lineare  di  color  vermiglio  le  g-iunture  delle  membra  (come  crede 
l'illustre  prof.  Andrea  Moschetti),  maniera  che  si  nota  solo  nei  peg- 
giori lavori  del  pittore  di  Padova,  e  in  quelli  di  qualche  imitatore, 
Alessandro  Yarotari  pare  mirasse  ad  ottenere  l'effetto  con  un  im- 
pasto molto  denso  di  incarnato,  a  strati  lentamente  sovrapposti, 
sul  quale  conduceva  una  leggera  tinta  verdolina  trasparente.  E 
questa  maniera  vedesi  anche  nelVAuforìf ratto  di  cui  parla  il  Mo- 
schetti, ma  è  evidente  in  ispecial  modo  neW Euridice  e  nella  Moglie 
di  Patifarre. 

Ma  trovata,  per  così  dire,  la  specialità,  il  Yarotari  non  si 
preoccupò  di  niente  altro  che  di  applicare  la  sua  ricetta,  quanto 
più  di  frequente  e  largamente  gli  fosse  possibile. 

Perchè  le  carni  vivessero  e  palpitassero,  e  ben  risaltassero 
dagli  sfondi  e  dagli  abiti  pomposi,  egli  rinunziava  a  tutte  le  altre 
virtù  pittoriche  :  perciò  i  suoi  quadri  non  si  possono  considerare 
che  come  opere  decorative.  Del  resto  era  la  malattia  di  questo  pom- 
poso secento  quella  di  sottoporre  tutto  all'  utile  immediato  della 
ornamentazione  !  Non  più  la  scultura,  fine  a  se  stessa,  dà  le  no- 
bili composizioni  che  non  patiscono  di  essere  ad  altre  confrontate, 
0  d'  esser  mosse  dai  piedistalli,  ove  lo  statuario  le  aveva  collocate 
ad  esprimere  un'idea  o  un  sentimento  ;  ma  diventa  un'altra  volta 
ancelhi  dell' Architettura  :  e  benché  il  Bernini,  nobilissimo  artefice, 
avesse  aggiunto  alla  statuaria  il  vanto  della  espressione  che  le 
mancava,  essa  non  giova  più  se  non  a  creare  le  ninfe,  e  i  tritoni, 
ed  i  mostri,  e  le  divinità  fluviali,  che  sorridono  e  s'  inseguono 
intorno  al  bacino  marmoreo  di  una  fontana,  ornamento  squisito 
di  un  viale  principesco,  o  a  muovere,  in  gesti  teatrali,  le  grandiose 
figure,  che  coronino  i  cornicioni  delle  chiese  o  le  mensole  degli 
altari,  o  ad  animare  leggiadre  pallide  figurine,  che  spiino,  di  tra 
le  piante   preziose,  dalle  monumentali  scalee  dei  palazzi    regali. 

Cosi  la  pittura  volle  servire  alla  sapienza  della  ornamentazione, 
ed  ottenne  quel  certo  effetto  di  colore  e  di  luce,  che  giovasse  ad 
un'opera  decorativa,  senza  cur.irsi  della  perfezione  del  disegno,  e 
della  espressione,  e  della  correttezza  delie  composizioni,  degli  scorci, 
della  prospettiva. 

Ed  essenzialmente  decorative  sono  le  figure  animate  dal  pen- 
nello di  Alessandro  Yarotari  :  in  tutte  si  nota  l'  artificiosità  dei 
manti  e  delle  vesti  cadenti  nei  partiti  convenzionali  delle  pieghe 
trite,  e  lo  scorcio  non  bene  inteso,  e  il  disegno  aftVettato. 


(13)  IL    PADOVANINO  531 

E  le  donne  pompose  nell'abbigliamento,  dalle  carni  opulente, 
sono  nel  volto  senza  espressione  e  senza  anima  :  volgari  figure  di 
fruttivendolo  e  di  lavandaie,  istupidite  dal  trionfo  assoluto  del 
sangue  e  della  carne,  che  tutte  si  rassomigliano  come  fossero  de- 
rivate da  un  unico  modello.  Non  v'  ha  un  lampo  d'  intelligenza 
nella  Giuditta  chiusa  nell'abito  prezioso,  come  in  un  astuccio  di 
diamanti,  che  impugna  la  spada  fatale  ad  Oloferne,  ne  nelle  Ver- 
gini buone  che  si  risvegliano,  con  le  lampade  accese,  all'  arrivo 
dello  Sposo  :  e  neppure  un  fremito  di  sensualità  nel  volto  della 
Moglie  di  Putifarre  o  di  Psiche  :  così  sono  fredde  e  mute  Euridice 
e  Proserpina  :  non  mostrano  affanno,  né  angoscia,   ne  terrore. 

E  come  puerile  la  rappresentazione  del  movimento  !  Tra  figura 
e  figura  non  circola  l'aria,  ciascuna  di  esse  è  come  unita  allo  sfondo 
nero  del  quadro. 

Ma  r  aria  entra  nelle  carni  che  sfavillano  di  sole  e  di  luce, 
che  vivono  di  una  vita  propria,  affatto  indipendente  da  tutto  il  resto  : 
come  se  quelle  membra  fossero  meravigliosi  studi,  accademie  di 
un  pittore  abilissimo  che  dovessero  servire  ad  un  grande  quadro 
eccellente. 

Ed  il  Padovanino,  che,  come  dicemmo,  conosceva  questa  sua 
eccellenza,  così  che  aveva  finito  con  il  crearsi  quasi  una  ricetta 
che  egli  applicava,  nello  stesso  modo,  quanto  più  largamente  gli 
fosse  possibile,  cercava  di  disporre  le  sue  composizioni  così,  che 
in  esse  avessero  il  primo  posto  e  il  più  importante  le  figure  mulie- 
bri, le  quali  amava  nudare  audacemente  in  quei  soggetti  preferiti 
dai  pittori  del  tempo,  come  quelli  che  univano  1'  elemento  sacro 
al  profano,  e  che  facevano  perdonare,  per  la  pietà  del  concetto, 
l'esecuzione  punto  casta  e  religiosa.  Quando  egli  dipinge  1'  Adul- 
tera davanti  al  Redentore^  non  si  preoccupa  né  della  folla  rumo- 
reggiante, né  di  Gesù,  ma  (mentre  anche  nei  pittori  a  lui  più 
vicini  e  meno  scrupolosi,  che  tentarono  lo  stesso  soggetto,  come 
il  Tintoretto,  il  Morone,  e  Bonifacio  Veronese,  il  Cristo  apparisce 
nobilmente  maestoso  e  pietoso,  e  su  di  esso  concentrasi  l'attenzione) 
egli  accarezza  la  donna  adultera  in  modo  che  ella  apparisce,  quasi, 
come  la  sola  vera  figura  del  quadro.  Il  Cristo,  gli  ebrei,  i  ma- 
nigoldi che  si  affollano  addosso  alla  donna,  sono  volgari  figure 
oscure,  non  finite,  appena  segnate  :  ma  la  donna  é  forse  la  più 
dolce  figura  che  il  pennello  del  Varotari  abbia  creato.  Ella  inchina 
leggermente  la  dolce  testa  bruna,  con  espressione  di  pudore  e  di 
rassegnazione,    sul  seno  ignudo  :  cento   volte   più   pudica  di  tutte 


532  V.    BROCCHI  (14) 

le  vergini  del  Padovanino,  sebbene  non  celi  la  nudità  delle  braccia 
e  del  petto.  Cento  volte  più  pudica  delle  fanciulle  che  egli  di- 
pinse nel  grande  ovale,  che  doveva  ornare  un  soffitto,  sopra  il 
soggetto  che  ha  tentato  oggi  1'  anima  mistica  di  Aristide  Sartorio, 
La  panihoìa  delle  Vetuilni.  Qual  differenza  tra  le  esili  fanciulle  che 
si  avanzano  pianamente,  pietose  o  maligne,  verso  il  limitare  dello 
Sposo,  nel  trittico  del  pittore  romano,  e  le  fanciulle  create  da 
Alessandro  Yarotari  ! 

Le  vergini  si  sono  assopite  nell'attesa  :  è  il  momento,  quando 
si  fa  un  grido  :  "  Ecco  lo  sposo  viene,  uscitegli  incontro  „  :  e  le 
fanciulle  buone  si  destano  e  levano  la  lampada  accesa,  verso  lo 
sposo  che  viene  dall'alto,  sopra  un  volo  di  Angeli,  tra  fulgori  di 
luce  ;  e  le  fanciulle  male  o  invano  domandano  olio  per  le  proprie 
lampade,  o  ancora  giacciono  addormentate  sui  gradini  della  scala. 
Ma  le  une  e  le  altre  non  sono  le  pure  fanciulle  che  ignorano 
1'  amore,  sono  donne  a  cui  nulla  è  rimasto  celato  delle  passioni 
umane  ;  ostentano  matronali  1'  opulenza  delle  braccia  e  del  seno 
giunonico,  tutto  libero  nel  sonno,  o  appena  trattenuto  e  compresso 
dai  gradini  della  scalea  :  si  assomio-liano  audaci  e  voluttuose. 

Ma  il  quadro  a  cui  è  meglio  legata  la  fama  di  Alessandro 
Varotari  è  la  gran  tela  delle  Nozze  di  Cuna  che  egli  pinse  nel 
1622  per  San  Giovanni  Verdara  di  Padova,  e  che  ora  posa  alto, 
in  quello  splendido  salone  dell'  Accademia  Veneziana  che  è  ful- 
gido per  le  opere  del  Tintoretto  e  del  Veronese,  specialmente  per 
l'immensa  tela  del  Convito  dello  stesso  Paolo  Caliari.  Rappresentò 
qui  il  Padovanino  il  miracolo  della  trasformazione  dell'  acqua  in 
vino,  per  la  quale  Chri^fm  mMiifestnint  glorkiin  suam  in  Cuna  Ga- 
lilew,  e  pose  nel  lavoro  l'estrema  possa  di  sua  arte.  Forse  egli  aveva 
consciamente  osato  venire  al  confronto  di  Paolo,  gareggiando  con 
lui,  e  la  fortuna  stranamente  volle  le  tele  dell'  uno  e  dell'  altro 
porre  vicine,  perchè  più  facile  e  pronto  venisse  il  giudizio.  E 
proprio  questo  confronto  è  la  disgrazia  del  quadro  di  Alessandro 
Varotari,  poiché  le  sue  figure,  per  quanto  ingigantite,  e  gonfiate, 
e  accumulate,  sono  vane  in  cospetto  delle  figure,  animate  mera- 
vigliosamente dal  pennello  del  Veronese  :  e  la  tela  del  Padovanino 
così  piena  di  figure,  rappresentante  uomini  che  portano  piatti,  o 
si  curvano  sulle  anfore  già  colme  di  liquore  miracoloso,  o  porgono 
la  mano,  e  travasano  il  vino  ;  rappresentante  donne  ed  uomini 
che  si  volgono  al  Cristo  calmo  e  radioso,  e  suonatori  che  toccano 
gli  strumenti,    sembra  raffiguri    una  adunanza    simposiaca   ad  un 


(15)  Ili    PADOVANINO  533 

tratto,  per  virtù  di  incantamento,  pietrificata  :  tanto  sono  fredde, 
statuarie  quelle  figure,  paragonate  alla  possente  animazione  che 
regna  nelF  opera  di  Paolo  Caliari,  in  cui  ogni  persona,  i  ban- 
chettanti; i  servi,  i  valletti,  gli  spettatori  si  muovono  e  parlano, 
occupando  tutta  la  scena,  così  ben  disposti  e  armonizzanti  con 
la  ricca  e  leggera  architettura. 

Nel  Padovanino  tutto  si  è  appesantito  e  si  è  fatto  gelido  : 
grave  è  la  chiesa  del  fondo,  la  scala  e  la  loggia  di  destra,  pesan- 
tissime le  due  colonne  rotonde  e  liscie  che  chiudon  la  scena  a 
sinistra:  sono  pesanti  perfino  i  cipressetti  acuti,  tanto  sono  uniti 
ed  immobili. 

E  a  questo  carattere  di  immobilità  ancora  contribuisce  1'  ar- 
tificiosa distribuzione  delle  persone  in  tre  gruppi  :  nel  mezzo  la 
mensa  imbandita  e  i  banchettanti;  a  sinistra  i  servi;  a  destra  i 
musici  ;  divisione  cosi  netta  che  Caterina  Patina,  nella  riproduzione 
che  ella  diede  della  tela,  credette  di  far  meglio  risaltare,  dispo- 
nendo ciascun  gruppo,  sotto  una  volta  dell'  arcata,  con  la  quale 
ella  incornicia  la  sua  brutta  riproduzione   delle  Nozze  di  Cana. 

Siedono  intorno  ai  tre  lati  della  mensa  i  convitati  :  ad  un 
angolo  il  Cristo  dolce  e  pacato^  nel  volto  aureolato  ;  a  lui  si 
china  la  madre  in  dolce  atto,  quasi  implorando  ;  ed  intorno  intorno 
siedono  gli  uomini  e  le  donne  in  abbigliamenti  pomposi,  ostentando 
l'audacia  delle  braccia  e  del  seno  nudo. 

Diritta,  innanzi  al  quarto  lato  della  mensa,  sorge  giunonica 
una  grande  figura  di  donna  biondissima,  che  sembra  tutto  oscu- 
rare e  dominare,  con  la  possente  persona.  Ella  è  immota,  nò  mostra 
intiero  il  volto  :  ma  appariscono  le  rotonde  pingui  spalle,  nudate 
giù  giù,  quasi  fino  ai  fianchi,  e  le  braccia  poderose.  Le  anche  e 
parte  del  busto  sono  avvolte  in  ricchissimi  panni  di  seta  :  e  i  ca- 
pelli biondi,  come  di  lino  pettinato,  ritorti  in  mille  treccioline 
insieme  annodate,  risplendono  di  pietre  e  di  perle.  La  figura  del 
Cristo,  il  gruppo  dei  sonatori  si  dimenticano,  scompaiono  dinanzi  a 
questa  dominatrice,  colossale  figura  di  femina,  a  cui  rispondono 
le  altre  donne  sedute,  come  ella  giunoniche  e  fredde,  e  robuste, 
dalla  fronte  stretta,  dal  turgido  seno  roseo,  non  trattenuto  dai  bu- 
sti gioiellati,  ferine,  coperte  di  seta,  di  vellutO;  di  oro  e  di  pie- 
tre preziose,  quali  erano  le  dame  Veneziane  del  secento  descritte 
da  Pompeo  Molmenti,  o  le  signore  di  Padova,  a  cui  il  consiglio 
del  Comune  doveva,  nel  1619,  solo  tre  anni  avanti  che  il  Ya- 
rotari  terminasse  il  suo  quadro,  proibir    d'indossare  drappi  d'  oro. 


534  V.    BEOCCHI  (16) 

e  ricami,  e  pelli  (V animali,  e  di  adornarsi  di  eccessivi  ornamenti 
preziosi,  per  evitar  la  totale  desolazione  ed  csfernnìtio  della  mag- 
gior parte  delle  ftnìiglie,  come  Andrea  Gloria  ci  insegna. 

A  destra  del  quadro  posano  i  sonatori,  aggruppati  intorno  al 
clavicembalo,  intenti  al  magistero  de!  loro  strumento,  nei  quali 
sono  rappresentati  alcuni  dei  sommi  artisti  della  scuola  veneziana. 
Forse  il  Varotari  volle  anche  qui  imitare  Paolo  Yeronese  che 
dipinse  i  più  celebri  pittori  veneziani  riuniti  ad  un  concerto,  in 
modo  forse  che  lo  strumento  da  ciascuno  toccato  rappresentasse 
la  speciale  virtù  della  sua  arte.  Tiziano  suona  il  contrabasso,  il 
Caliari  la  viola,  Tintoretto  il  violino,  il  Bassano  il  flauto  :  così, 
secondo  il  presidente  Des  Brosses,  il  Yeronese  volle  alludere  "  al 
fuoco  brillante  del  suo  pennello,  alla  scienza  profonda  ed  alla 
esecuzione  lenta  e  saggia  di  Tiziano,  alla  rapidità  del  Tintoretto 
e  alla  soavità  del  Bassano.  „ 

lì  Yarotari  non  ebbe  forse  V  intenzione  simbolica  del  suo 
maestro,  e  dipinse,  nei  suonatori  della  (/'cna,  ancora  Giorgione, 
Tiziano,  Paolo  Yeronese,  sé  stesso. 

Ed  egli  Alessandro  Yarotari,  nella  piena  forza  dei  suoi  trenta 
anni,  rovescia  leggermente  indietro  il  capo  leonino,  su  cui  ondeggia 
la  ricciuta  chioma  prolissa  :  e  baldo  esercita  l'archetto  sul  violino, 
e  baldo  guarda  fieramente,  come  egli  volesse  animare  le  figure 
già  create  del  suo  pennello,  guarda  la  giunonica  donna  che  domina 
la  gran  tela,  come  la  personificazione  della  sua  arte  che  si  com- 
piace delle  vesti  damascate,  seriche,  ricche  d'oro,  delle  pelli,  delle 
pietre  preziose,  delle  membra  possenti,  dei  pingui  corpi,  sui  quali 
le  dita  lasciano  una  bianca  impronta  alla  pressione,  dei  nudi  seni 
ricolmi  e  turgidi,  delle  bionde  carni  vellutate,  rosee,  in  cui  circola 
l'aria,  e  luminose. 

Così  egli  guarda  altiero,  spensierato  :  egli  è  il  gaudente  epi- 
cureo e  giocondo  che  gode  la  vita  e  la  forza  :  quanto  diff*erente 
dal  freddo  vecchio  filosofo,  che  ci  appare  neìV  Anto  rifratto  del  Museo 
Civico  di  Padova  ! 

Nella  piccola  tela,  vero  zibaldone  di  erudito  secentista,  il  Pa- 
dovanino  ritrasse  se  stesso  quasi  di  profilo  :  grigi  i  capelli,  i  baffi, 
il  pizzo  ;  chiuso  nel  vestito  nero,  ornato  di  pelliccia  di  martore, 
e  di  risvolti  di  velo  bianco  ;  pensoso  in  mezzo  a  tanti  simboli,  nello 
stretto  spazio  affastellati  da  vero  declamatore  che  vuol  far  pompa 
di  sapienza  e  di  dottrina. 

0  meglio  il  giovane  baldo  delle    Nozze    di    Cana     gaudioso 


(17)  IL    PADOVANINO  535 

pittore  trionfante  nella  schiera  degli  artisti  veneziani  che  si  chia- 
mano Contarini,  Tiberio  Tinelli,  Farabosco,  Belletti,  Antonio  Zan- 
chi,  Ridolfi,  Pietro  della  Vecchia,  e  Liberi  :  non  glorioso,  ne  pieno 
di  grazia  e  di  energia  come  pare  ad  Arsene  Houssaye  :  ma  in- 
namorato veramente  del  bello  romantico,  retore  e  vuoto,  magni- 
fico, pomposo  e  confuso,  come  un  poeta  o  un  novelliere  dell'  età 
sua  ! 


(Finita  di  stampare  il  yiorno   7  aprile  WOO) 


Atti  dkl  Reale  Istituto  Veneto    di  scienze,  lettere  ed  akti. 
Anno  accademico  1899-900  -  Tomo  LIX  -  Parto  seconda. 


CONTRIBUTO  ALLA  CONOSCENZA  DEL  PLANCTON 
DEL    LAGO    VETTER 

MEMORIA 

DI  G.  B.  DE  TONI,  M.  E.,  ED  ACHILLE  FORTI 

(Adunanza  del  25  febbraio  1900) 


"  Ou  sait  fori  peu  de  clioses  sur  la  flore 
algologiquo  des  lacs  „  —  R.  Chodat. 

Neil'  ultima  settimana  del  lug-lio  1899,  durante  un  viag-gio 
compiuto  assieme  all'  amico  Roberto  Roberti  nella  penisola  Scan- 
dinava, dove  ci  traeva  il  desiderio  di  visitare  a  Lund  il  nestore 
dei  ficologi,  quel  G.  G.  Agardh  al  quale  tanto  è  debitrice  la  scienza 
sistematica  delle  alghe,  noi  ci  siamo  trattenuti  alcuni  giorni  nella 
piccola  città  di  Jonkoping  costruita  sulle  sponde  del  bellissimo  lago 
Vetter,  che  in  ampiezza  tiene  il  secondo  posto  tra  i  bacini  lacustri 
della  Svezia  (i). 

Una  sì  vasta  distesa  d'acqua,  nella  cui  massa  pullulano  e  si 
riproducono  miriadi  e  miriadi  d'organismi  di  svariatissime  forme, 
non  poteva  non  attrarci  ad  investigare,  sia  pure  con  gli  scarsi 
mezzi  che  avevamo  allora  a  nostra  disposizione,  qualcheduna  delle 
particolarità  biologiche  in  quanto  appunto  concerneva  gli  organismi 
lacustri,  limitando  le  osservazioni  alla  specialità  da  noi  a  preferenza 
coltivata. 

La  scelta  dei  materiali  da  raccogliersi  nel  lago  Vetter  poteva 


(1)  Cfr.  G.  Marinelli,  La  Terra,  voi.  II,  p.  1077.  Milano,  Vallanli,  in  H.» 


538  G.    B.    DE    TONI    EI)    A.    FOETI  (2) 

cadere  su  una  delle  tre  regioni  già  stabilite  dall'illustre  limnologo 
F.  A.  Forel,  cioè  :  sulla  regione  litorale  o  di  sponda  caratterizzata 
d'  ordinario  dalla  presenza  di  Fanerogame  diverse,  di  Caracee,  di 
Muschi  e  di  Alghe  verdi  cespugliose  (dadoforo,  Ulotricacee  ecc.); 
sulla  regione  profonda  o,  come  si  denomina  oggidì,  bentonica  dove 
crescono  in  abbondanza  organismi  diversi  e  tra  questi  specialmente 
le  Diatomee  (');  infine  sulla  regione  limnetica  o  pelagica,  vale  a  dire 
sulla  massa  libera  dell'acqua. 

Poco  poteva  riuscirci  giovevole  la  raccolta  di  piante  litoranee 
ne'  pressi  di  Junk()ping,  tenuto  conto  della  ristrettezza  che  avrebbe 
avuto  la  zona  di  sponda  da  noi  esplorata  ;  ne  era  per  noi  possibile, 
mancando  di  acconci  strumenti,  il  procurarci  saggi  del  fango  tolto 
dalle  maggiori  profondità  del  lago.  Dovemmo  accontentarci  adunque 
di  prelevare,  mediante  una  reticella  Amberg,  campioni  della  su- 
perficie ed  a  pochissima  profondità  dal  pelo  dell'  acqua. 

Tenemmo  riguardo  alla  classificazione  seguita  da  C.  Schroter  (2) 
il  quale  ha  suddiviso  i  componenti  della  intiera  fiora  lacustre  in  tre 
associazioni  a  seconda  della  stazione,  del  modo  di  vita  e  degli  a- 
dattamenti  : 

j)}u/t()henf]i().'<  0  flora  del  fondo,  a  sua  volta  suddivisa  in  flora  littorale 
e  flora  profonda  (con  vegetali  viventi  sia  emersi  che  sonmiersi, 
ma  sempre  affìssi  al  fondo)  ; 

phijtojiìeHMon  0  flora  galleggiante  (data  dal  complesso  di  piante  cre- 
scenti liberamente  nell'acqua  ed  atte  alla  vita  aerea,  come  le 
Lemna,  la  IL/ib-ocJMris,  ecc.)  ;  e 

pìiytoplancton  0  flora  natante  (composta  da  organismi  vegetali 
liberi  ed  atti  solo  alla  vera  vita  acquatica). 

In  questo  lavoro  noi  diamo  il  rendiconto  dei  materiali  costi- 
tuenti il  plancton.  Di  quest'ultimo  fu  pescato  il  primo  saggio  alla 
superficie  del  Vetter  presso  Jihikciping  dalle  ore  10  alle  10,10  con 
la  temperatura  esterna  di  26"  C.  e  quella  degli  strati  superficiali 


(1)  Uno  (li  noi  ha  fatto  conoscere  la  esistenza  di  una  Floridea  {Hil- 
denhrantia  riviilaris  (Liebm.)  Ag.)  nel  fondo  del  lago  di  Garda.  Cfr.  A. 
Forti,  Contributo  2°  alla  conoscenza  della  florida  flvologica  Veronese 
(Nuova  Notarisia,  X,  1899,  p.  86-89). 

(2)  C.  Schroter,  Die  Schireheflora  unserer  Seen  (Das  Fhutoplankton). 
(Neujahrsblatt  herausg.  von  der  Naturf.  Ges.  auf  das  Jahr  1897.  Ziirich, 
1896,  Ziircher  &  Furrer,  4°). 


(3)  CONTRIBUTO  ALLA  CONOSCENZA  ECC.  539 

clell'acqua  di  18°  C;  il  secondo  saggio  venne  raccolto  lungo  una 
linea  percorrente  da  est  ad  ovest  il  lago  a  circa  un  chilometro 
dal  porto  di  Jonkoping  dalle  ore  11,15  alle  11,30  con  la  tempe- 
ratura esterna  di  28°  e  superficiale  di  16o  ;  il  terzo  campione  fu 
prelevato  con  la  reticella  ritornando  verso  Jonk()ping  dalle  ore  12,40 
alle  12,52  ;  il  quarto  saggio  venne  raccolto  al  largo  dalle  10,55 
alle  11,10.  Tutti  questi  materiali,  conservati  nella  soluzione  di  for- 
molo, verranno  illustrati  più  oltre,  premettendo  ora  alcune  conside- 
razioni generali  sul  plancton  e  sui  caratteri  di  quest'  ultimo  nel 
lago  Vetter. 

Lo  studio  degli  organismi  facenti  parte  del  plancton,  dei 
planctonti  come  propone  chiamarli  lo  Schroter  (')  o  dei  plancto- 
nobii  come  converrebbe  meglio  denominarli,  è  oltremodo  interessante 
ed  in  questi  ultimi  anni,  auspici  tra  noi  Pietro  Pavesi  e  Francesco 
Castracane,  viene  coltivato  con  diligenza  anche  in  Italia,  perchè 
come  dalla  cognizione  precisa  della  flora  e  della  fauna  delle  acque 
molto  vantaggio  attende  la  industria  della  piscicoltura,  così  per  la 
conoscenza  delle  diverse  specie  di  planctonobii  progredisce  di  giorno 
in  giorno  la  scienza  biologica. 

Sotto  quest'  ultimo  rispetto  può  ricordarsi  infatti,  che  gli  or- 
ganismi planctonici  viventi  nelle  acque  dolci  sono  forniti  di  peculiari 
adattamenti  per  mantenersi  alla  superficie  dell'  acqua  (^),  adatta- 
menti i  quali  hanno  rapporto  o  con  la  forma  dell'intiero  individuo, 
0  con  la  aggregazione  di  più  individui  in  colonie,  o  con  lo  sviluppo 
di  bolle  gasose  intracellulari,  o  con  la  presenza  di  speciali  appendici, 
0  con  altre  singolarità  degne  di  essere  poste  in  luce.  A  mo'  d'e- 
sempio, il  Botryacoccna  Braunii  Kuetz.,  trovato  in  Italia  per  la  prima 
volta  planctonico  nel  lago  di  Arquà  Petrarca  da  uno  di  noi  (^)  e 
poscia  in  altri  laghi  dell'Italia  settentrionale  dal  Kirchner  e  dal 
Garbini  (^)  è  costituito    da  una  aggregazione  di    cellule  immerse 


(1)  Schroter,  1.  e.  p.  10. 

(2)  Cfr.  De  Toni  Gr.  B.  Su  alcuni  tipi  morfologici  del  Plancton  vege- 
tale ci'  acqua  dolce  (Giorn.  ital.  di  pesca  e  acquicoltura,  II,  1898,  n.  4, 
p.  101-103). 

(3)  Cfr.  De  Toni  G.  B.,  Bullo  G.  S.  e  Paoletti  G.  Alcune  notizie  sul 
lago  di  Arquà-Petrarca  (Atti  R.  Ist.  Ven.  ser.  VII,  tomo  III,  1892, 
pag.  1177). 

(4)  A.  Garbini,  Intorno  al  2)lancton  dei  laghi  di  Mantova,  p.  20  (Ac- 
cad.  di  Verona,  voi.  LXXIV,  fase.  Ili,  1899,  con  ricca  bibliografia  a 
pag.  51-60). 


540  G.    B.    DE    TONI    ED    A.    FORTI  (4) 

in  una  massa  o^elatiniforme,  che,  secondo  il  Kirchner,  è  riccamente 
imbevuta  di  grasso  e  secondo  il  Chodat  consterebbe  anzi  soltanto 
di  sostanza  oleosa  ;  da  tale  impregnamento  di  sostanza  grassa  viene, 
si  capisce,  facilitato  il  galleggiamento  della  colonia,  della  quale 
il  materiale  grasso,  come  già  constatò  il  Chodat  (')  e  noi  confer- 
mammo con  le  nostre  osservazioni  sul  plancton  del  Vetter,  assume 
in  certi  casi  una  tinta  speciale  rossa. 

Del  pari  è  importante  la  presenza  di  bolle  gasose,  che  giovano 
ad  alleggerire  le  cellule  dei  planctonobii  ed  a  mantenerle  alla 
superficie  dell'acqua  (-).  In  altri  casi  ad  agevolare  il  galleggiamento 
degli  organismi  planctonici  contribuiscono  gli  aumenti  di  volume, 
le  complicazioni  della  superficie  del  corpo,  sia  per  il  formarsi  di 
processi  più  o  meno  lunghi  come  in  molte  Diatomee,  nella  Acan- 
thosphcera  Zachariasii  Lemm.,  nella  Golenkinia  radiata  Chod.,  nelle 
specie  dei  generi  Richtenella  Lemm.,  Lagerheimia  (De  Toni)  Chod., 
Franreki  Lemm.,  Pht^fJieììos  Frenz.,  Chodatella  Lemm.,  Schroedena 
Lennii.,  sia  per  genesi  di  colonie  per  divisione  continuata  come  in 
parecchie  Diatomee  e  Cloroficee.  Certi  planctonobii  poi,  forniti  di 
organi  proprii  di  locomozione  (Yolvocacee,  Peridiniacee  ecc.)  co- 
stituiscono quel  gruppo  biologico  che  Haeckel  ha  limitato  con  Tepiteto 
di  necton.,  includendovi  tutti  gli  organismi  attivamente  natanti. 

I  limnologi,  tenuto  conto  della  morfologia  dei  planctonobii, 
hanno  tentato  di  classificare  i  planctonobii  stessi  in  categorie.  Li 
tale  ordine  di  studi  si  rese  benemerito  B.  Schrcider  (^)  il  quale 
propose  sei  tipi  morfologici  cui  corrispondono  i  seguenti  nomi  as- 
segnati più  tardi  dal  (rarbini  (^)  e  dall'Istvanffi  ('>)  : 


(lì  R.  Chodat,  Etudes  de  biologie  Inaifitre.  Nouvelles  remarques  sur 
la  flore  pélagtque  .superfirielle  des  lars  siiisfies  et  fnfncais,  pag.  57  sgg. 
(Bull,  de  l'Herbior  Boissior,  tome  VI,  n.  1,  janvier  18S)8). 

(2)  Cfr.  Klebahn  H.  Gasparuolen,  Ein  Bestandfheil  der  Zellen  der 
tvasserhliitebildenden  Phijrochromareen  (Flora,  80  Band,  189())-  Per  la  bi- 
bliografia dei  Flos-aqiiw^  cfr.  De  Toni  G.  B.,  Sulla  comparsa  di  un  Flos- 
aquie  a  Galliera  Veneta  (Atti  del  R.  Istituto  Veneto,  ser.  VII,  tomo  V, 
1894,  pag.  1529-1531). 

(3)  Br.  Schroeder,  Ueber  das  Plankton  der  Ocler.  (Berichte  der  deut- 
schen  botan.  Gesellsch.  XV,  1897,  p.  482  sgg.). 

(4)  Garbini,  op.  cit.  p.  46. 

(5)  G.  von  Istvanffi,  Kryptogamen-Flora  des  Balatonsees  und  seiner 
Nehengewàsser,  p.  18-19  (Resultate  der  wiss.  Erforsch.  des  Balatonsees. 
Wien,  1898,  Hòlzel,  4°). 


(5)  CONTRIBUTO    ALLA    CONOSCENZA    ECC.  541 

I.  Timpaììoirli  di  Garbini  o  tipo  a  tamburo  {T)'()ìiimcìf>jpus 
di  Schròder). 

Comprende  alghe  composte  di  due  valve  le  quali  si  adattano 
internandosi  Tuna  nell'altra  a  mo'  delle  due  metà  di  una  scatola 
a  forma  di  cilindro. 

Nel  Yetter  non  mancano  rappresentanti  di  questo  primo  tipo, 
avendo  noi  trovato  la  Melosira  (/rannlafa  e  Mei.  tHn-ians^  la  Cij- 
cloteUa  (Linda ria)   radiosa. 

II.  Desmoidi  di  Garbini  o  tipo  a  nastro  {Bandti/piis  di  Schròder, 
DesniopIancfoN  di  Istvanffi). 

Comprende  alghe  nelle  quali  i  singoli  individui  lineari  od  un 
po'  fusoidei  sono  uniti  per  i  margini  laterali  sia  del  tutto,  sia  solo 
in  parte  o  talvolta  anche  a  zig-zag.  Nel  Yetter  abbiamo  parecchi 
rappresentanti  di  questo  secondo  tipo,  ad  esempio  le  Tahelìaria, 
la  Fragiìaiia  capiirina  Desm.,  la  Fra(jilaria  crofoìieììsis  (Edw.). 

III.  Asteroidi  di  Garbini  o  tipo  a  stella  {Sfernti/pus  di  Schròder, 
Crenìastopìancfon   di  Istvanffi). 

Questo  tipo  è  caratterizzato  da  planctonobii  i  cui  individui 
portano  appendici  a  disposizione  radiale  ovvero  sono  aggregati  a 
mo'  di  raggi.  Nel  Yetter  abbiamo  come  rappresentanti  le  due  specie 
di  AsterioneJfa^  ed  a  nostro  vedere  gli  Stanrasfriinì. 

TV.  Atracfoidi  di  Garbini  o  tipo  a  fuso  {Spiiideìfi/piis  di  Schròder, 
Raphidopìanctoìi  di  Istvanffi). 

Comprendonsi  in  questo  tipo  i  planctonobii  foggiati  a  fuso, 
diritti  od  arcuati,  di  raro  torti  a  spirale,  solitarii  ovvero  congiunti 
in  serie.  Ne  sono  bellissimi  rappresentanti  nel  Yetter  la  Sì/nedra 
delicatissima  Grun.,  il  BapJiidimn  polìjmorphnm  Fres.,  i  Cìosterium. 

Y.  Discoidi  di  Garbini  o  tipo  a  disco  {Srìieibeiiti/piis  di  Schrò- 
der,  Scaphopìanctoii  di  Istvanffi  in  gran  parte). 

Questo  tipo  racchiude  alghe  lenticolari  od  ellissoidali,  spesso 
riunite  in  numero  vario  formando  dei  veri  ceiiobii  talvolta  lacunosi 
0  setigeri.  Nel  Yetter  questo  tipo  è  rappresentato  ad  esempio  da 
Attheia  Zachariasii  Brun,  dalle  specie  di  Scenedesmus  e  di  Pe- 
diastrum  (queste  forse  ticolimnetiche  (')),  dal  Meristno/)edium  fe- 
lurisKiiinnii   Lomiii. 


(1)  Veggansi  i  dubbi  espn^ssi  dal  (Tarhiiii,  op.  cit.  p.  44,  contro  l'opi- 
iiioiic  (li  C.  Apstein  [Das  Siisf<wa^serplancton.  Kicl  et  Lcip/i^-,  ISlXi)  il  quale 
ritiene  i  Pediastrtmi  formo  eulimnetiche. 


542  G.    B.    DE    TONI    ED    A.    FORTI  (6) 

YI.  Sferoidi,  di  Garbini  o  tipo  a  sfera  (Si>]ia'r()idf//j>ni<  di 
Schrikler). 

A  questo  tipo  vengono  ascritti  planctonobii  con  cellule  più 
0  meno  globose,  le  quali  sono  aggregate  in  colonie  massiccie  o 
cave  neirinterno.  Tra  le  specie  da  noi  trovate  nel  Vetter  rappre- 
sentano questo  tipo,  a  mo'  d'esempio,  Coeìasfrum,  microporum  Naeg. 
e  C. pulchrum  Schmidle,  i  Coelosphcerium,  la  Clafhì-ocijsfi)^  ccruginosa 
Henfr.,  la  Gomphospluvria  larusfris  Chodat. 

Questi  sei  tipi  dello  Schroder  abbracciano  le  forme  che  il 
limnologo  ora  citato  considera  dotate  di  movimento  passivo  (passiv 
sdnvehende  Algen)  cioè  quelle  forme  che  vengono  da  Istvanffi  (') 
incluse  nel  Morpìio-,  Colla-,  Hidro-,  e  Pìdijdiphtncion,  e  che  il 
Garbini  (-)  denomina  allo  cinetiche^  per  distinguerle  dagli  organismi 
provveduti  di  organi  speciali  per  la  locomozione  {arfio  sriitvehende 
Algeri  di  Schroder,  Neidioplandon,  di  Istvanffi,  aufocineficìie  di 
Garbini)  formanti  il  già  ricordato  nedon  dello  Haeckel. 

Ora  nel  lago  Yetter  non  mancano  neppure  planctonobii  dei  tipi 
non  difPerenziati  dallo  Schr(")der.  Infatti  se  noi  consideriamo  altre 
categorie  proposte  da  Istvanffi,  troviamo  rappresentante  del  Colla- 
plandon  cioè  di  quel  gruppo  caratterizzato  dalla  gelificazione  del 
tallo,  una  specie  di  Tetraspora  (•').  E  forse  a  questo  tipo  possono 
ascrìversi,  insieme  alla  Spiroggra  longata  (Yauch.)  Kuetz.,  alcune 
Desmidiacea?  (^). 

I  due  sottotipi  dell'  Hidroplandoìi,  di  Istvanffi  (e  per  Hidro- 
plandon  quest'ultimo  botanico  intende  i  planctonobii  i  quali  diminui- 
scono il  loro  peso  specifico  mediante  trasformazione  di  sostanza) 
trovansi  rappresentati  pure  nel  Yetter  :  dell'  Elaioj)landon  (con 
produzione  di  sostanza  oleosa)  è  tipo  il  Bofrgocorcu,^  Braunii  Kuetz.  ; 


(1)  Istvanttì,  op.  cit.  p.  18. 

(2)  Garbini,  op.  cit.  p.  4(). 

(3)  La  Tetraspora  ojlindri'-a  (Wnlil.)  Ag.  venne  raccolta  neritica  nel 
Vetter  nel  1870  dall'illustre  dott.  O.  Nordstedt.  Cfr.  Wittrock  et  Nordstedt, 
Alg(P  aquiP  dalcis  ersi  reati  f,  n.  55. 

(4)  Su  ([Ucsto  argomento  veggansi  le  ititcressaiiti  ineMiorie  di  G.  Klebs: 
Ueher  die  Organisatioìi  der  G allerte  bei  einifjen  Ahjen  iind  tlayellafni 
(Unters.  a.  d.  Bot.  Inst.  zu  Tiibingen,  II,  2,  18S())  e  Ueì)er  Beìref/Hììi/  inid 
Sddeiitdjilil/iNf/  der  Desinidioceen  (Biologische  (/cntralhlatt,  V,  unni.  12, 
1885). 


(7)  CONTRIBUTO  ALLA  CONOSCENZA  ECC.  543 

del  Gasoplandon  (con  formazione  di  gas  (i)  )    è  tipo  la  Anahcena 
Flos-Aquce  Bréb, 

Infine  se  prendasi  a  considerare  il  necton^  di  questo  eziandio 
abbondano  le  forme  nel  Vetter  segnalando  tra  esse  in  prima  linea 
i  Dinoflagellati,  i  Peridiniei,  la  Eudorina  elegans  Ehr.,  la  Pandorina 
Monim  Bory  ed  il   Volrox  minor  Stein. 


*  * 


La  florida  ficologica  dei  laghi  esistenti  nella  Svezia  ò  stata 
l'obietto  di  studi  fino  dalla  prima  metà  del  secolo  decimottavo,  ma 
le  notizie  che  se  ne  ricavano  dalle  opere  di  Linneo  (-)  sono  ge- 
nerali e  quelle  del  successivo  secolo,  fornite  da  Wahlenberg  (•^)  e 
da  Sommerffìlt  (^),  sono  troppo  vaghe  per  tenerne  conto,  se  si 
eccettuino  due  specie  {Nosfor  pruniforìt/e  e  liivHlari((  e)i(//D/(f>f()/ì(t 
var.  crfeiisa  [=  Chaetopìiora  end iv/a'fo/ /'(>])  indicate  dal  Wahlenberg 
per  il  lago  Màlaren  e  Conferm  (Cladojjhora)  Aegaf/ropiìa  notata 
dallo  stesso  botanico  per  il  lago  detto  Ekebysjo. 

Alcune  indicazioni  più  precise  trovansi  nelle  opere  di  0.  Agardh; 
questo  illustre  botanico  (•'•)  descrive  parecchie  specie,  ad  esempio 
Bitìhochaete  sefhjera  del  lago  detto  Grarsjon,  Confcrvn  (=  Cladopìtoni) 
glomerafa  e  Conferva  (=  CladopJiorfi)  Ae(/(/(/r(>j)/l<i,  comuni  nei 
laghi,  Zijgnenia  gracile  nei  laghi  della  AVestmannia,  Osci/Jaforia 
limosa  [j  princeps  nel  Màlaren,  Oscillatoria  crispa  nel  lago  ad 
Haga  presso  Stoccolma,  Oscillatoria  fontinalis  nei  laghi.  Oscillatoria 
distorta  nel  Miilaren  e  nei  laghi  della  Selandia,  Scgtoiicma  {Mgo- 
cJiroHS  L-ar.)  ocellatum  nel  lago  detto  Hundsjon  e  var.  inundatum 
in  laghi    senza  indicazione  e  così    pure  Diatoma  (=  Desmidium) 


(1)  Sulla  natura  di  questi  gas  (amine)  cfr.  R.  Chodat,  Etudes  de  Bio- 
logie lacustre  (Bull,  de  l'Herb.  Boissier,  V-VI,  1897-1898). 

(2)  Linnaeus  C.  Flora  scerira  exhihenfi  jdantas  per  regnum  Svec.im 
crescentes.  Stockholmiae,  1745,  Salvius,  8." 

(3)  Wahlenberg  G.  Flora  ups(diensis  enumerons  plantas  cirra  Upsa- 
liam  sponte  crescente^.  Upsalia»,  1820,  R.  Acad.  Typogr.  8." 

(4)  Sonunerfelt  8.  C.  Supplementum  Florce  lapponicre  quani  edidit 
DJ  GeorgÌHS  Wahlenberg.  Christiania;,  1826,  typis  Borgianis  et  Grondahl- 
ianis,  8." 

(5)  Agardh  C.  Sgnopsis  Algariim  Srondiiiariir.  LuikUi»,  MDCf/CXVFI, 
ex  offic.  Berlingiana,  16.° 


544  G.    B.    DE    TONI    ED    A.    PORTI  (8) 

Strartzii^  Gloionema  parado.rnnì,  ]i(ffìyirJiospcrnnim  i\;(/Hm,  Drapar- 
nnldia  gìomerata,  Cìnviopliofa  eh(jaiìs^  infine  il  sopra  menzionato 
Nostoc  pruni  forme  del  lago  Malaren  e  in  un  lago  a  Drangsered 
nell'Alandia. 

In  altra  opera,  edita  sette  anni  dopo  (i),  lo  stesso  C  Agardh, 
aggiunge  altre  specie  lacustri  della  Svezia  :  ^rhizonema  lacìisfre 
(nel  lago  Miilaren),  P<(ìmeììa  (jlohosa,  Erìiiite/ht  AcJiar/i^  Nosfoc 
F/os-aqH(ìP,  Riimlana  Pisiini  (nel  lago  ^lalaren  pr.  Stoccolma),  CIm'- 
topJior(t  endivla'folia  e  var  rrasKa^  Drapaìitaldiit  triinis  var.  p,;- 
niciìì(tt((  (nel  lago  Malaren),  Zijrpiema  currafiini  (nel  lago  Malaren), 
Conferva  ornata  (nel  lago  Malaren).  Poco  interessanti  sono  le  due 
specie  del  lago  Malaren  {Schizonema  lacustre  e  Gloionema  globi ferum) 
che  lo  stesso  Agardh  descrive  in  altra  memoria  (^),  alle  quali  due 
specie  deve  implicitamente  aggiungersi  la  Taì/elìnfid  ftocraJosa 
(Diatoma  floerufoxam).  Altre  indicazioni  si  trovano  registrate  in  o- 
pere  generali,  ad  esempio  per  il  lago  detto  di  Soderbys)()  due 
Diatomee  [Finniiìaria  Kefriiigeiisi^  Ehr.  e  Staiiroiieis  staiii'oplieiia 
Ehr.)  dal  Eabenhorst  (■^),  per  questo  ed  altri  laghi  svedesi  alcune 
specie  da  uno  di  noi  (■*)  e  da  Kirchner  e  Schroter  {^). 

A  queste  prime  notizie  generali,  riguardanti  le  alghe  lacustri 
della  Svezia,  hanno  fatto  seguito  contribuzioni  più  precise  e  perciò 
assai  meglio  utili  per  trarne  profitto  nella  distribuzione  geografica 
delle  specie  da  noi  trovate  nel  plancton  del  Yetter,  contribuzioni 
pubblicate  da  0.  Borge  ('=),    Astrid  e  V.  T.  Cleve  ("),  G.  Lager- 


(1)  Agardh  C.  Sijsteiiia  Algandii.  Luiida>,  1824,  literis  Berlingianis,  16.° 

(2)  Agardh  C  A.  Conspei/ts  critirus  Didiomareariun,  pag.  17,  31. 
Lundae,  MDCCCXXX,  litteris  Berlingianis,  8." 

(3)  Rabcnliorst  L.  Flora  Europaa  Alf/.,  voi.  1,  p.  213,  24.').  Lipsia^,  18()4. 

(4)  Do  Toni  J.  B.  Sf/IJof/e  Aluaruiii,  voi.  I-IV.  Patavii,  18S;)-1',H)0, 
Typ.  Seminari!,  8." 

(5)  Kirchner  O.  et  Scliroto-  C.  Die  Veyctation  des  Bodensees.  Liiidau 
i.  B.,  1896,  Stettner,  8.» 

(6)  Borgo  0.  Bidrag  fili  Kdnncdomen  om  Sverigei^  ChloropJn/llojdi//- 
ceer.  Il  Chlorophf/llophgre^n  aiix  Falbi/gilen  in  Ventergothoid  (Bihiiiig  till 
K.  Svonska  Vot.-Akad.  Handlingar  Band  21,  Afd.  1  li,  n.  6.  Stockholiii,  18',)')). 

Borgo  0.  Algologiskd  Notiser.  3.  Z/ir  Kointniss  der  Verhreit/ingsweise 
der  Algen  (Botaniska  Notiser,  1897,  p.  210). 

Borgo  O.  SrhivcdìsrJics  Si'ìssìrf/sscrjihiidiioi/  (Botaniska  Notisor,  1900, 
p.  1-26,  Taf.  1). 

(7)  Clove  P.  T.  Srrj/slt'a  of/i  Xorslai  I)i(ifoni(/ré;'r  [Oei'vcrs.  af  K.  8v. 
Vet.  Akad.  Forhandl.  1868,  n.  3,  p.  213-239,  Taf.  IV). 


(9)  CONTRIBUTO  ALLA  CONOSCENZA  ECC.  545 

heim  (i\  ().  Nordstedt  {'^),  W.  Schmidle  {^\  A.  Luth©r  (4),  Y.  B. 
Wittrock  {'')  e  F.  Trybom  {''). 


Cleve  P.  T.  S//i>opsis  of  the  Nacindoid  Diatoms  (K.  Svenska  Vot. 
Akad.  Handl.  Band  2(),  n.  2,  181)4,  Band  27,  n.  3,  1895). 

Cleve  A.  Notes  on  the  phmkton  of  nome  lakes  in  Lule  LappiìKirk, 
Sweden  (Oefvers.  af  K.  Vet.-Akad.  Forliandl.  1899,  n.  8,  p.  825-835). 

(1)  Lagerheim  G.  Bidray  tilt  Kiinnedoiiien  oin  Stockholmstrakti'.n>< 
Pediastréer,  Protococracéer  orh  Palnndlaréer  (Oefvers.  af  K.  Sv.  Vet. 
Akad.  Foi-liandl.  1882,  n.  2). 

Lagerheim  G.  Bidra;/  tìll  Sreriges  Ahjfìora  (Oefvers.  af  K.  Sv.  Vet. 
Akad.  Fòrhandl.  1883,  n.  2,  p.  37-78,  Taf.  I). 

Lagerheim  G.  Ueher  Phaeothainnio)/,  eiiie  neiie  Gattung  unter  den 
Siisnoasseralgen  (Bihang  till  K.  Sv.  Vet.  Akad.  Handlingar,  Band  9,  1884, 
n.  19). 

Lagerlieim  G.  Aìgoìogiska  Bùìnig.  I.  Contrihutions  aìgoìogiques  à 
la  fiore  de  la  Suède  (Botaniska  Notiser,  1886,  IL  p.  44-50). 

(2)  Nordstedt  O.  Saiiiiiianstdllning  af  de  Skandinariskd  Lokalerna 
fór  Myxophyceoi  hormogoniece  (Botaniska  Notiser,  1897,  p.  137-152). 

Nordstedt  0.  Algologiska  Smàsaker.  5.  Qiielques  mots  sur  la  Sfapfìa 
Chodat  (Boraniska  Notiser,  1891),  p.  267-269). 

Nordstedt  0.  De  Algifiet  CVtararm  (Act.  Univers.  Lundens.  toni.  XVI. 
Lundee,  1880,  p.  11  [Xanthidium  acanthophoniiiì  Nordst.]. 

(3)  Schmidle  W.  Ueber  einige  von  Knut  Bohlin  in  Pite  Lappimo-k 
und  Vesterhotten  gesaiiiiiìelte  Sdssivasseralgen  (Bihang  till  K.  Sv.  Vet.- 
Akad.  Handl.  Band  24,  Afd.  Ili,  n.  8,  1898,  3  Taf.). 

(4)  Luther  A.  Ueber  Cldorosacciis^  eine  nene  Gattang  der  Siissiras- 
seralgen,  nehst  einigen  Bemerknngen  znr  Sgsteiìiatik  renrandter  Algen 
(Bihang  till  K.  Svenska  Vet.-Akad.  Handlingar  Band  24,  Afd.  Ili,  1899, 
n.  13). 

(5)  Wittrock  V.  B.  De  Anabaena.  Holmia?,  1882,  Norstedt  et  f.,  8.° 
Wittrock  V.  B.  Dispositio  Oedogoniaceartaii  Si(ecicaru))t  (Oefvers,  af 

K.  Vet.  Akad.  Fòrhandl.  1870,  n.  3,  p.  119-144,  Taf.  I)  ;    cfr.  De  Toni  J. 
B.  Sgll.  I,  p.  54-55. 

Wittrock  \.  B.  Oedogoniacew  norw  in  Snecia  leda'  (Botaniska  No- 
tiser 1872,  n.  1). 

(6)  Trybom  F.  Lggnern  jeiide  Siind.yon,  Stensjdn^  orh  St.  Swansjon  i 
Elfsborgs  orh  Hidlitnds  Idn  (Medd.  fr.  K.  Landtbruksstyrelsen,  n.  2. 
Stockholm,  1895,  36  pp.,  1  Karte). 

Trybom  F.  Sjodrna  Nieìi  orh  Hralen  i  Jonkopings  Idn  (Ibidem,  n.  8. 
Norrkoping,  1895,  30  pp.,  1  Karte). 

Trybom  F.  Sjon  Bìiiììì  i  Jnnkii/iii/gs  /(Vw  (Ibidem,  n.  1.  Norrkoping,  1896, 
27  pp.). 

Trybom  F.  Ringsjon  i  M<diiiìdu(s  Idn,  dess  Natiirforhallanden  orh 
Fiske  (Ibidem,  n.  4,  Stockholm  IS93,  pp.  48,  1  Karte). 


546  G.    B.    DE    TONI    ED    A.    FORTI  (10) 

Fra  tutti  questi  lavori  che  illustrano  alghe  rinvenute  in  laghi 
svedesi,  solo  uno  del  Nordstedt  ricorda  per  il  lago  Yetter  la  Sfapfia 
cylindrica  Chodat  (Tefrai^pora  cyìindrica  (Wahlenb.)  Ag.)  pubbli- 
cata nella  importantissima  collozione  di  Wittrock  e  Nordstedt  (i) 
nella  quale  sono  edite  parecchie  alghe  dei  laghi  svedesi  e  tra  esse, 
neritica  nel  Yetter,  la  Hormiscia  sonata.  Aggiungasi  che  il  Cleve, 
nella  sua  classica  opera  sulle  forme  naviculoidi  diatomacee,  cita 
specificatamente  due  Bacillariee  bentoniche  del  Yetter  {DijiJoiieìs 
Manieri  (Brun)  Cleve  e  X(ivìeiiì(f  ohìiqiKi  Greg.)  sicché  può  affer- 
marsi che  il  presente  nostro  contributo,  costituisce  la  prima,  benché 
modesta,  illustrazione  di  materiali  planctonici  di  questo  lago  (-). 


ENUMERAZIONE   SISTEMATICA 

SYNGENETICAE 

Gen.   1.  I)i)w/)yi/on,  Ehr.   1838. 

1.  Dìnoììri/on  njlindricuìn  Tinliof  in  Zoolog.  Anzciger,  1883,  piig.  fiòf)  ; 
Fauna  der  Alpincn  Se(>n  in  Naturliist.  Ges.  Graubiindens,  1887  ;  Das 
Flagellatengeuus  Dinobrt/on,  Zool.  Anz.  1890,  n.  343  ;  Chodat,  Etudes 
de  biologie  lacustre  in  Bull,  de  l'Herbier  Boissier,  IV  sér.,  V  fase., 
1897,  pag.  305-307. 

Questa  specie  fu  segnalata  per  la  prima  volta  nel  18(S3  dal- 
rimhof  nel  lago  di  Bourget.  Fu  rinvenuta  poscia  dal  prof.  Roberto 
Chodat  nei  laghi  di  Ginevra,  Annecy,  Bienne,  Zurigo,  Thoune  e 
Waalenstadt  ;  quest'  ultimo  limnologo  la  descrisse  e  la  figurò  di 
nuovo  in  un  modo  schematico  ma  esatto.  Noi  la  abbiamo  rinvenuta 


Trybom  F.  Sjon  Noinmcn  i  Jiinkopinf/s  Jan  (Ibidem,  n.  2,  Stockliolm 
1899,  hi  pp.,  1  karte). 

(1)  Wittrock  V.  B.  et  Nordstedt  O.  Alf/(t'  aqiae  (ìidn's  e.rsiccata>  pnv- 
cipue  Scandinavicw  qiais  (idjcrtis  aìf/ift  uni  ri  nix  rìdoropliijlldceia  et  pìiy- 
cochromaceis  distrihuerimt  etc.  Upsalia^,  1877  se(i. 

(2)  Al  congresso  botanico  italiano  tenuto  in  Venezia  nel  settembre 
1899  abbiamo  presentato,  per  acquistare  diritto  di  priorità,  una  nota  pre- 
liminare sulla  tlora  pelagica  dei  V(!tter.  Cfr.  D(!  Toni  G.  B.  e  Forti  A. 
Cimtrihìtto  (dia  fiora  petar/iro  dei  Vefter  (Boll.  Soc.  bot.ital.  1899,  p.  177-179). 


(11)  CONTRIBUTO  ALLA  CONOSCENZA  ECC.  547 

solamente    nel  I  e  IV  sag-gio  ossia  in  quelli    meno  discosti  dalla 
riva  del  lago  Yetter  in  bellissime,  ma  rare,  colonie. 

2.  Dinohrj/on  dirergens  Imhof  Weitere  Mittheil.  iibor   die  pelag.   Fauna 

(Icr  Siiswasserbeckeu  in  Zool.  Anzoiger,   1884,  pag.  325  ;  Das  Flagel- 
Latengenus  Dmohri/on^  ZooL  Anz.,  1800,  n.  343  ;  Chodat,  loc.  cit. 

Senza  dubbio  è  la  specie  più  diffusa  e  più  frequente  dei  J)i- 
nohryon  lacustri.  È  stata  ritrovata  infatti  oltreché  dall'Imhof  e  dal 
Chodat  nei  laghi  della  Svizzera,  nei  bacini  dello  Holstein  da  Za- 
charias,  Apstein,  Lemmermann,  Klebhan,  Strodtmann  e  Seligo, 
nei  Laghi  deiritalia  superiore  dallo  stesso  Imhof  (1.  di  Garda  e  di 
Pusiano),  da  Imhof  e  Chodat  (1.  di  Varese  e  di  Lugano),  da  Garbini 
(Lario  e  Benaco)  ;  in  Russia  da  Ivanoff  (lago  Bologoje).  Di  solito 
si  mostra  prevalente  sulle  specie  congeneri  anche  nell'analisi  quan- 
titativa del  plancton.  Poche  volte  soltanto  R.  Chodat  trovò  in 
maggior  numero  D.  ci/Jindrìnmì  nel  Lemano  e  D.  thi/rsoideum 
nel  lago  di  Aiguebelette.  Anche  nel  Vetter  abbiamo  rinvenuto  il 
Diiiohri/on  divergens  assai  frequente  in  colonie  grandi  in  tutti  e 
quattro  i  campioni  e  nel  III  e  IV  prevalente  su  tutti  gli  altri 
planctonobii. 

3.  Binohryon  stipitatum  Stein,  Organ.  der  Infusionsth.  Ili,  1883;  Apstein, 

Das  Siisswasserplankton,  1896,  pag.  148-149,  fig.  44  ;    Boiyje,  Schwed. 
Siisswasserplankton,  1900,  p.  13. 

Questa  specie  nei  laghi  dello  Holstein  contende  la  prevalenza 
al  Dynohryon  divergens  Imhof  ;  vi  fu  ritrovata  da  Apstein,  Zacha- 
rias,  Klebhan,  Lemmermann,  Seligo  e  Strodtmann  ;  R.  Lauterborn 
la  raccolse  pure  nelle  acque  del  Reno  presso  Ludwigshafen  ;  Imhof 
e  Chodat  la  rinvennero  nei  laghi  di  Bourget,  Joux  e  Brenets,  Ae- 
geri,  Zurigo,  Lugano,  Amberg  nel  Katzensee,  Ivanoff  nel  plancton 
del  lago  Bologoje.  In  Italia  fu  trovata  nel  plancton  del  Garda 
dal  prof.  Garbini.  Borge  il  quale  segnala  questa  specie  nel  plan- 
cton del  lago  detto  "  Valloxensee  „  in  Isvezia,  dà  come  distribu- 
zione geografica,  oltre  al  Vetter  (che  cita  dietro  i  risultati  di  una 
nostra  nota  preventiva)  (')  la  Finlandia,  la  Russia,    la   Germania, 


(1)  De  Toni  (j.  B.  e  Forti  A.  Contributo  alla  conoscenza  della  fiora 
pelagica  del   Vetter  (Boll.  Soc  bot.  ital.  loc.  cit.). 


548  ,    G.    B.    1)E    TONI    ED    A.    FORTI  (12) 

la  Svizzera,  la  Savoia  e  l'Italia  settentrionale. Nel  Vetter  non  l'ab- 
biamo riscontrata  che  una  sola  volta  e  dubbiosamente  (I  campione). 

3  bis.  Dinohnjon  stipitaiuDi  Stein  var.  lacustris  Chod.  Et.  de  biologie  la- 
custre, 1897,  pag.  305  sgg. 

Questa  forma  fu  rinvenuta  dal  prof.  Chodat  nei  lag-hi  di  Gi- 
nevra, Aiguebelette,  Annecy,  Bienne,  Zouj2;  e  Greifen.  Si  distingue 
in  modo  abbastanza  netto  dal  tipo  perchè  la  campanula  non  ha 
il  peduncolo  emerfj;ente  dalla  campanula  che  precede.  È  forma 
molto  rara  ma,  come  il  Dipiohrinii  njliìxlricHm,  si  trova  sempre  in 
colonie  bene  sviluppate.  La  abbiamo  rinvenuta  nei  primi  due  cam- 
pioni, mentre  Dhioòrf/oH  r//ì/>i(h  ieunì  sta  nel  I  e  nel  TV. 

4.  J)ìiii/ì)r//()ii  Ihijrsoiif Clini  Chodat,  J^tudes  de  biologie  lacustre,  18tJ7,  pag. 
307-308. 

Questa  specie  fu  scoperta  in  numero  stragrande  nel  lago  di 
Aiguebelette  dal  Chodat  il  quale  la  trovò  anche  nei  laghi  di  Joux 
e  Brenets,  di  Greifen,  di  Aegeri,  di  Zurigo  e  di  Lugano.  Nel  lago 
di  Zurigo  in  un  campione  raccolto  nel  luglio  1899  in  una  gita 
fatta  in  compagnia  del  prof.  C.  Schròter  abbiamo  riscontrato  anche 
noi  abbondantissimo  questo  Diiiohrijoii.  Nel  lago  Yetter  questa 
specie  si  trova  ben  di  rado  e  la  abbiamo  rinvenuta  solo  due  volte 
nel  IV  saggio. 


PERIDINIEAE 

Gen.  2.   Peridinimn  (Ehr.   1832),  Stein  1883. 

5.  PeriiliniKin  tahidatiiui  {VAw.  1832)  Clap.  et  Lachiii.  Etudes  sur  Ics  In- 
f'usoires  et  les  Rhizopodes,  Meni,  de  l' inst.  nat.  Grénevois,  toin.  V, 
1858  ;  Stein,  Org.  d.  Infus.  Ili,  2,  t.  XI,  f.  '.)-18  ;  Klebs,  Org.  ein.  Flagell. 
p.  119,  t.  II,  f.  22-24,  28;  R.  S.  Bergh  Organisnnis  der  Cilioflagella- 
ten  in  Morpli.  Jahrb.  Bd.  7,  2,  1881,  pag.  241,  fig.  37-38;  S  ■hillinf/, 
Die  Susswasscr-Pcridiniccn  in  Flora,  1891,  lift.  Ili,  pag.  (>9.  Tal).  Ili, 
tig.  20;  Srhroeter,  Die  Sehwcbeflora  imsorer  8een  in  Neujarshl.  der 
Naturi".  Gres.,  1867,  pag.  28,  Tal),  fig.  71  a,  h  ;  Lei-ander  in  Acta  Soc. 
prò  Fauna  et  Plora  Fennica,  voi.  Xll,  n.  2,  1895,  p.  51  ;  Bori/e,  Schwed. 
Siisswasserplankton,  1900,  p.  13. 

A.  J.   Schilling    afferma,    e  crediamo    a  ragione,    contendere 
questa  Peridiniea  pei-  diffusione  il  primato  a  Gleìiodinium  àìictum 


(13)  CONTRIBUTO  ALLA  CONOSCENZA  ECC.  549 

Ehr.  fra  le  specie  di  afiqiia  dolce  ed  infatti  essa  fu  raccolta  in 
quasi  tutti  i  laghi  dello  Holstein,  della  Svizzera,  della  Francia  e 
dell'Italia  superiore.  In  Isvezia  la  abbiamo  rinvenuta  abbastanza 
frequente  nel  Yetter  in  tutti  quattro  i  campioni.  Dopo  di  noi  la 
trovò  nel  plancton  del  lago  detto  "  Valloxensee  „  il  Borge  che  la 
segnala  come  planctonica  anche  per  la  lutlandia,  Boemia,  Austria, 
America  settentrionale  ed  Australia. 


Cren.  3.   Ceratìwìì  (Schranck  1793),  Stein  1883. 

6.  Ceratilo)!  hir/oidmella  (0.  Fr.  Muli.  1773)  Schrank,  1793,  Ber{/h  E.  S. 
Ice.  cit„  pag.  217,  fig.  12  ;  SrhiUmr/^  Ice.  cit.,  pag.  78-79,  Tab.  Ili,  fig.  7  ; 
Schroter,  Ice.  cit.,  pag.  25-27,  fig.  2,  et  Tab.  fig.  61-68  ;  Borge,  Schwed. 
Siisswassorplankton,  1900,   p.  13. 

C.  Schroter  dice  essere  quest'alga  assai  comune  nel  plancton 
dei  laghi  ;  J.  Schilling  afferma  invece  tale  forma  non  ritrovarsi 
così  frequente  come  sarebbe  p.  es.  Peridimum  tahuìatum  ma  sog- 
giunge rinvenirsi  più  spesso  negli  stagni  vasti.  Tale  apparente 
contraddizione  dei  due  esimii  Autori  resta  in  parte  spiegata  col 
fatto  che  come  già  osservò  R.  Chodat  (i)  i  laghi  dello  Holstein 
hanno  un  carattere  molto  più  stagnale  che  non  i  bacini  svizzeri. 
Deducendo  quindi  :  per  la  vita  di  Cerafium  hirundinella  occorre 
un  lago,  un  lago  grande  e  profondo  ed  allora  si  troverà  anche 
molto  comune.  Nel  mese  di  luglio  infatti  lo  abbiamo  riscontrato 
molto  comune  nel  lago  Yetter  (tutti  i  saggi)  nonché  in  quello  di 
Zurigo.  In  quanto  poi  alla  sua  distribuzione  geografica  è  molto 
estesa  perchè  fu  rinvenuto  nei  laghi  della  Germania,  della  Svizzera 
e  dell'Italia  superiore.  Fu  segnalato  in  Norvegia  da  Huitfeldt- 
Kaas  (-)  e  nei  laghi  del  Caucaso  da  Schmidle  (=').  Non  manca, 
come  osserva  il  dott.  Borge,  che  ne  segnala  la  presenza  nel  lago 
di  Yalloxen,  di  Medtkogs,  di  Tafvel  ecc.  in  Finlandia,  Francia  o- 
rientale,  Boemia,  Austria,  Ungheria,  Turchia,  America  boreale  e 
Australia. 


(1)  R.  Chodat,  Etudes  de  Biologie  lacustre,  pag.  28-29  (Bull,  do  l'Herb. 
Boissier,  tomo  VI,  n.  1,  1898,  pag.  50-51). 

(2)  H.    Huitfeldt-Kaas,  Plankton   in  nonvegischen   Binnenseen  (Bio- 
log.  Centralbiatt,  XVII,  1898,  n.  17,  p.  628). 

(3)  W.  Schmidle,  Algen  aus  den  Hochseen  des  Kankasiis^  p.  6,  Titìis,  1897. 


550  a.    B.    DE    TONI    ED    A.    FORTI  (14) 

7.  Ceratinm  cornutum  (Ehr.)  Perty,  Zur   Kenntn.    kleinst.  Lebensf.  u.  s. 

w.  Bern  1862  ;    Bergh  R.  .S'.,  loc.  cit.,    pag.  217,   fig.  9-11  ;    Schilling^ 
loc.  cit.  pag.  78,  Tab.  I,  fig.  8-22,  Tab.  Il,  fig.  21-28,  Tab.  Ili,  fig.  26. 

Questa  specie  sostituisce  la  precedente  nei  bacini  acquei  più 
ristretti  ;  è  perciò  che  non  si  trova  di  solito  mai  elencata  fra  i 
planctonobii  dei  g-randi  lag-hi  mentre  si  rinviene  ed  abbastanza  fre- 
quente, come  afferma  anche  lo  Schilling,  negli  stagni  dove  sta  fra 
le  ramificazioni  delle  Cìiara  tappezzanti  la  regione  più  profonda. 
Il  dott.  Seligo  la  rinvenne  nei  laghi  dello  Holstein  dove  era  raro 
il  Ceratium  lìirundineìla  0.  F.  Muli.  Nella  Svizzera  fu  rinvenuta 
questa  specie  dai  sigg.  Heuscher  ed  Asper  nei  laghi  di  Schwendi  (C.*^ 
di  S.t  Gallen),  da  Amberg  nel  Katzensee.  Nel  Vetter  è  rarissima  ; 
la  abbiamo  potuta  vedere  una  sola  volta,  nel  primo  campione. 

Gen.  4.   Ghnodiuium  (Ehr.  1833),  Stein  1883. 

8.  Glenodinium  Pulvisculus  (Ehr.    1833)    Stein,  Organ.  d.  Infusionthiere, 

III  Bd.,  1883  ;  Kirchner  et  Blurhnumn,  Die  Mikr.  Ptianzon-  und  Thier- 
welt  des  Suesswassors,  II  Th.,  1886  ;  Schiìli/ìf/,  loc.  cit.,  pag.  66-67. 

Lo  Schilling  osserva  come  questa  piccola  specie  prediliga  le 
acque  di  torbiera  ed  infatti  fu  sempre  indicata  in  piccoli  bacini.  E. 
Lemmermann  la  segnalò  per  il  Grossteich  in  Sassonia,  Garbini  per 
il  Lago  Superiore  di  Mantova,  Amberg  pel  Katzensee.  La  abbiamo 
riscontrata  una  sola  volta  nel  primo  campione,  cioè  nel  più  neritico. 

9.  Glenodinium  pusillnm  Pénard,  Péridiniacées  du   Leman  (Soc.  hot.  de 

Genève  1891)  ;  Srltroter,  Die  Schwebefl.  uns.  Seen,  p.  28,  Tab.  f.  69  a,  ft,  e. 

È  una  specie  alquanto  diffusa  nei  laghi  ed  in  particolar  modo 
nei  bacini  svizzeri  e  francesi  dove  fu  rinvenuta  la  prima  volta 
nel  1891  dal  Pénard  nel  lago  Lemano.  Chodat,  Schròter  ed  Am- 
berg la  ritrovarono  in  seguito  in  parecchi  altri  laghi  della  Svizzera. 
Nel  Yetter  la  abbiamo  ritrovata  comune  nel  I  e  II  saggio. 


BACILLARIEAE 

Gen.  5.  Attheya,  West  1860. 

10.  Attheya  Zachariasii  J.  Brun,  Zwei  neue  Diatomeen  aus  Plon,  For- 
schungsberichte  aus  der  biolog.  Station  zu  Plon  Theil  2,  1894  ;  Apstein 
C.  Das  Suesswasserplankton,  pag.  148,  fig.  36  ;    Schroder   E.  Atteya, 


(15)  CONTRIBUTO  ALLA  CONOSCENZA  ECC.  551 

Rhizosolenia  und  andere  Planktonorganisineim  Teiche  tlesBotanischeii 
Gartens  zu  Bieslau,  Ber.  der  Deutschen  bot.  Ges.  Bd.  XV,  Hft.  7,  p.  367, 
1897  ;  Barge,  Schwed.  Siisswasserplankton,  l'JOO,  p.  13. 

È  forma  eminentemente  planctonica  e  ricorda  le  forme  pela- 
giche marine.  Fu  rinvenuta  nel  1894  nel  Grosser  Ploner  See  dal 
diatomoloo-o  svizzero  J.  13run  in  materiali  raccolti  da  0.  Zacharias 
che  aveva  già  descritto  questa  specie  nell'anno  precedente  (•).  In 
seguito  fu  rinvenuta  nel  laghetto  dell'orto  botanico  di  Breslavia  e 
nel  potamoplancton  dell'Oder  da  B.  Schroder  ;  in  quello  del  Reno 
presso  Ludwigshafen  da  R.  Lauterborn  ;  nel  Grr.  AVusterwitzsee  da 
Seligo.  È  nota  nel  plancton  della  Norvegia  (Helmboe,  Huitfeldt- 
Kaas),  della  Russia  per  il  lago  Bologoje  (Ivanoffj.  Non  fu  ancora 
ritrovata  prima  che  da  noi,  a  quanto  sappiamo,  ne  in  Isvezia  dove 
la  segnala  teste  per  il  "  Yalloxensee  „  il  dott.  0.  Borge,  ne  in  Ita- 
lia. Nel  Vetter  l'abbiamo  rinvenuta  una  sola  volta  nel  I  campione. 

Gen.  6.  Melosira,  Ag.   1824. 

11.  Melosira  (Ortìiosira)  granulata  (Ehr.  1842)  Ralfs  in  Pritchard  Infus. 
pag.  820, 1861;  V.  Heurck,  Synopsis,  pag.  200,  Tab.  LXXXVII,  fig.  10-12; 
W.  Smith,  Brit.  Diat.  II,  pag.  62,  Tab.  LUI,  fig.  339  ;  De  Toni,  Sylloge 
Algarum  II  (Bacillarieai),  pag.  1334. 

È  una  specie  assai  polimorfa  ed  adattabile  ai  più  disparati 
generi  di  vita.  Si  trova  infatti  nel  plancton  lacustre  ed  è  addirit- 
tura gregaria  nel  potamoplancton  ad  esempio  nell'Oder  (B.  Schroder) 
e  nell'Elba  (Forti).  Costituisce,  si  può  dire,  quasi  per  intero  il  ben- 
thos ossia  il  limo  di  molti  laghi  come  si  verifica  nel  fondo  del  lago 
di  Alice  in  Piemonte  e  di  Nemi  nel  Lazio  ;  fatto  che  viene  pure 
confermato  in  molti  depositi  fossili  d'origine  lacustre  come  p.  es. 
in  quello  di  Kamcrun  nell'Africa  meridionale  (Forti)  e  nella  marga 
del  deposito  del  laghetto  Garag  in  Fajum  (Ehrenberg).  Nei  laghi 
europei  è  stata  rinvenuta  si  può  dire  quasi  in  tutti  sia  bentonica 
che  neritica  ;  planctonica  in  molti.  Il  dott.  O.  Mùller  rinvenne  nel 
plancton  del  Miiggelsee  delle  quantità  addirittura  enormi  di  questa 


(1)  0.  Zacharias  in  Forschungshertchte  der  Biol.  Station  aus  Plon  /, 
1893,  pag.  38.  Cfr.  Castracaiie.  F.  Nuovo  tipi)  di  Rhizosolenia  e  note  cri- 
tiche sui  generi  Rhizosolenia  e  Attheya  (Atti  Accad.  pont.  N.  Lincei,  L, 
1897,  p.  53). 


552  G.    B.    DE    TONI    ED    A.    FOKTI  (16) 

specie.  Cleve  trovò  questa  forma  (')  neritica  e  planctonica  nel  La- 
doga.  R.  Chodat  la  ritrovò  nei  laghi  di  Joux  et  Brenets,  Amberg  nel 
Katzensee,  Héribaud  nei  laghi  di  Ménet  e  Crégut.  Non  manca  nel 
lago  Bajkal  (Gutwinski).  In  Italia  non  è  stata  ancora  segnalata  nel 
plancton.  Ehrenberg  segnalò  la  presenza  di  questa  specie  nel  lago 
Ega  nel  Brasile  e  Briggs  nel  lago  Michigan  ed  Huron.  Fu  trovata 
pure  nel  lago  Wakatipu  nella  Nuova  Zelanda^  in  Siberia  e  Norve- 
gia. Borge  ne  segnala  la  presenza  nei  laghi  detti  Yalloxensee,  Tre- 
horningensee,  Tafvelsee  in  Isvezia  e  neirAl'vafjilrden.  Nel  Yetter 
non  l'abbiamo  trovata  altro  che  nel  primo  campione  e  non  comune. 

12.  Melosira  (Lf/si(/onii(iiij  rarians,  Kg.  1830,  Conspcotus  eriticus  Diato- 
macearun,  pag.  64  ;  Kuetz.  Kieselsch.  Bac.  Tab.  II,  fig.  X,  1-6  ;  V. 
Hck.  Synopsis  des  Diat.  Belg.,  pag.  198,  Tab.  LXXXV,  tìg.  10-11, 
14-15;  De  Toni,  Syll.  II,  p.  1829. 

Come,  e  forse  ancor  piìi  della  forma  precedente,  questa  è  dif- 
fusissima in  tutte  le  acque  dolci.  Sulla  fine  d'autunno  ed  al  principio 
d'  inverno  quando  le  foglie  disseccate  cadono  negli  stagni  dove 
restano  galleggianti  si  vedono  le  catene  di  M.  varians  aderire 
come  barbe  dal  lato  rivolto  verso  il  fondo.  Si  trova  egualmente 
comune  in  tutte  le  acque  ;  neritica  nei  laghi  e  nei  fiumi,  bentonica, 
nel  plancton  lacustre  e  fluviale  quantunque  non  sia  ritenuta  come 
forma  eulimnetica.  Fu  rinvenuta  nella  fiora  pelagica  dei  bacini 
dello  Holstein  da  Zacharias  ed  Apstein  (Dobersdofersee,  Plònersee, 
Selentersee,  Ratzeburgersee)  durante  il  periodo  di  tutto  un  anno. 
E.  Lemmermann  la  osservò  ripetutamente  in  molti  laghetti  della 
Sassonia  ed  Héribaud  della  Alvernia  ;  Kirchner  e  Schròter  nel 
lago  di  Costanza  ;  Chodat  nei  laghi  di  Nantua;  di  Sylaus,  di  Morat 
in  Isvizzera,  Maggiore  e  di  Varese  in  Italia  ;  Kirchner  nel  lago 
di  Garda  presso  riva  di  Trento  ;  G.  de  Istvanffi  nel  plancton  del 
lago  di  Balaton  in  Ungheria.  Essa  fu  osservata  anche  in  America 
dal  Briggs.  Nei  nostri  campioni  ò  rara  e  l'abbiamo  trovata  sola- 
mente nel  primo. 

Ripetiamo  però  che  quantunque  questa  forma  non  si  possa 
annoverare  fra  le  alghe  planctoniche  più  frequenti  pure  è  non  solo 
diffusissima  ma  caratterizza  la  flora  diatomologica  degli  stagni  in 
varie  epoche  dell'  anno. 


(1)  The  Diatoms  of  Finìamh.  Acta  soc.  prò  FI.  et  Fauna  Fenn.  VIII, 
n.  2.  Helsingfors,  1891. 


(17)  CONTRIBUTO  ALLA  CONOSCENZA  ECC.  553 


Gen.  7.  Limhnna,  Schutt  1899. 

13,  Lindavia  radiosa  (Grun.)  Schuott,  Ein  neues  Mittel  der  Coloniebil- 
dung  bei  Diatoineen  und  seine  systeniatische  Bedentung,  in  Bor. 
der  Deutschen  Bot.  Ges.  anno  1899,  XVII,  6  ;  Cyrlotella  comia  (Ehr.) 
Kuetz.  var.  radiosa  Grun.  in  Van  Heurck^  Syn.,  pag.  21-1,  Tab.  XCII, 
fig.  16-22,  1880  ;  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  1353. 

A.  Grunow  trovava  questa  forma  a  Lara,  ma  subito  dopo  fu  tro- 
vata comunissima  nel  plancton  dei  laghi.  Kirchner  e  8chùtt  la  raccol- 
sero di  frequente  nel  lago  di  Costanza  ;  Scliroter  nel  lago  di  Zurigo 
insieme  ad  una  varietà  che  chiamò  qmtdrijtuìcfd  ;  Klebhan  e  Lem- 
mermann  nelGrosser  Plònersee;  0.  Muellernel  Mùggelsee;  Kirchner 
nei  laghi  di  Thoune,  Yierwaldstattersee  e  Baldeggersee  ;  Kirchner 
e  Garbini  nel  lago  di  Garda  ;  Chodat  nei  laghi  di  Nantua,  Bienne, 
Zoug,  Aegeri,  Lugano,  Thoune  ;  Belloc  nei  laghi  di  Oò  ed  Espingo 
nei  Pirenei  ;  Cleve  nel  Ladoga  ;  Helmboe  nei  laghi  della  Norvegia 
meridionale.  Solo  dall'anno  scorso  il  prof.  Schutt  staccò  il  gen. 
Lindavia  dall'antico  Cyclotclìa  basandosi  specialmente  sul  modo 
differente  dalle  congeneri  che  tiene  questa  specie  nel  costituirsi 
in  colonia  come  si  può  infatti  vedere  benissimo  dall'  illustrazione 
di  Schroeter  (i)  e  Kirchner  ;  costituzione  che  permette  a  questa 
diatomea  l'allocinetismo  ;  atto  che  è  anche  comune  ad  altre  specie 
formanti  colonie  a  tipo  asteroide.  Qui  nel  Yetter  non  siamo  stati 
capaci  di  rinvenir  mai  una  bella  colonia  perche  L.  radiosa  si  trovava 
sempre  in  individui  staccati  e  punto  frequenti  e  solamente  nel 
primo  campione. 

Gen.  8.   Cymatopleura^  W.   Sm.   1851. 

14.  Cjjmatopleura  Solca  (Bréb.  1838)  W.  Sm.  in  Annals  of  Nat.  History, 
1851,  pag.  12,  tab.  Ili,  fig.  9  ;  V.  Heiurk,  8yn.  tab.  LV,  fig.  5-7  ; 
De  Toni,  Syll.  Il,  pag.  599. 

Questa  specie  non  si  potrebbe  veramente  dire  tipicamente 
limnetica  quantunque  si  trovi  spesso  nel  plancton  d'acqua  dolce. 
Forse  questo  accade  in  grazia  della  sua  forma  appiattita  che  si 
presta  perciò  al  trasporto  di  essa  per  mezzo  dell'onda.  Nei  plancton 


(1)  Schroeter  et  Kirchner,  Die  Vegetation  des  Bodensees,  Tab.  fig.  7. 


554  G.    B.    DE    TONI    ED    A.    EOETI  (18) 

fluviali,  come  abbiamo  potuto  osservare  nell'Elba  e  nell'Adige,  essa 
si  rinviene  oltremodo  frequente,  ma  si  riscontra  addirittura  gregaria 
nel  feùfre  organique  ;  è  frequente  pure  nei  piccoli  laghi  ;  infatti 
E.  Lemmermann  la  riconobbe  in  qualcuno  dei  bacini  della  Sassonia 
(Palaisteich  e  Zwingerteich  in  Dresda,  Grossteich  presso  Baselitz). 
Nei  grandi  laghi  si  trova  ma  meno  comune  :  Imhof  la  rinvenne  nel 
lago  di  Zurigo;  Klebhan  e  Lemmermann  nel  lago  di  Plon;  0.  Muel- 
ler  nel  Mùggelsee.  Kirchner  e  Schròter  la  segnano  come  neritica 
e  bentonica  nel  lago  di  Costanza  ma  non  la  hanno  rinvenuta  nel 
plancton.  Anche  R.  Chodat  la  trova  in  alcuni  laghi  svizzeri  e  sa- 
voiardi, di  Nantua,  d'Annecy,  di  Bienne^  di  Costanza,  Kirchner  nel 
Benaco,  Cleve  nel  Ladoga^  Istvanffi  nel  Balaton^  Héribaud  nel  lago 
della  Crégut^  Belloc  in  quel  d'  EstagneaU;  Briggs  nel  Michigan. 
Nel  Vetter  è  rarissima  e  l'abbiamo  rinvenuta  solo  nel  I  campione. 

Gen.  9.  Asferioìielhi,  Hass.   1856. 

15.  Asterionella  formosa  Hass.  The  Diat.  in  the  water  supplied  to  the  in- 
habitants  of  London,  Microsc.  examination  of  the  water,  1856  ;  V.  Srn. 
Brit.  Diat.  Il,  pag.  81  ;  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  678  ;  Barge,  Schwod. 
Siisswasserphinkton,  1900,   p.  11. 

Come  la  seguente  congenere  e  uno  dei  tipici  planctonobii 
asteroidi  delle  acque  dolci  ;  non  diff'erisce  da  jhferionella  graciìlima 
che  per  la  forma  più  tozza  e  breve  e  per  l'ingrossamento  agli  apici. 
Appunto  per  la  somiglianza  venne  spesso  confusa  con  quella  e, 
quantnnque  debba  essere  diffusissima,  pure  si  trova  citata  non 
molto  frequentemente  dagli  Autori.  Ad  esempio,  Belloc  la  nota 
nel  Iago  d'Aureilhau  sul  litorale  della  Guascogna,  Héribaud  in  al- 
cuni laghi  del  Puy-de-Dòme  ;  O.  E.  Imhof  nei  laghi  di  Zurigo  e 
Ginevra  ;  Kirchner  e  Schroeter  la  riferiscono  per  il  lago  di  Costanza 
insieme  alla  var.  graciìlima.,  ma  ne  danno  riunita  la  letteratura  avver- 
tendo anch'essi  la  confusione  nata,  quantunque  Heiberg  C)  ne  abbia 
data  una  descrizione  dettagliata  e  stabilito  con  esattezza  le  differenze  ; 
Cleve  la  segna  frequente  nel  Ladoga.  Secondo  Briggs  esiste  nel 
lago  Michigan.  Borge  la  indica  nel  plancton  dell'isola  Muli,  della 
Norvegia  meridionale,  di  parecchi  laghi  della  Svezia  ecc.  Nel  Vetter 


(1)  Hoiberg  P.  A.  C.   Conspedus  criticus  Diafomacearun  Danicarun, 
6  tabb.,  8.«  Kjobenhavn,  1863. 


(19)  CONTEIBUTO  ALLA  CONOSCENZA  ECC.  555 

non  è  molto  frequente  e  1'  abbiamo  rinvenuta    soltanto  nel  primo 
campione  e  nell'ultimo. 

16.  Asterionella  (jrarillima   (Hantzsch)   Heib.  Consp.   crii.   Diat.  pag.  68, 

Tab.  VI,  fig.  19,  1863  ;  V.  Hrk.  Syn.  pag.  155,  Tav.  LI,  fig.  22  ;  De  Toni, 
Syll.  II,  pag.  678. 

Come  dunque  abbiamo  già  avvertito  questa  bella  specie  è 
fra  le  più  caratteristiche  del  limnoplancton.  Particolarmente  nella 
stagione  primaverile  e  nel  principio  d'estate  essa  prolifera  in  modo 
tale  da  formare  alle  volte  da  se  sola  l'intera  massa  del  plancton  ; 
è  stata  riscontrara  in  tutti  i  laghi;  dagli  italiani  ai  norvegesi  (i), 
dai  norvegesi  agli  americani,  dagli  americani  agli  asiatici,  ai 
russi,  agli  ungheresi,  dagli  ungheresi  agli  africani.  Nel  Yetter 
l'abbiamo  trovata  frequente  in  tutti  e  quattro  i  campioni.  In  set- 
tembre ed  ottobre;  epoca  che  corrisponde  al  nìinimìim  di  diatomee 
nel  plancton,  spesse  volte  si  trovano  i  frustoli  vuoti   nel  benthos. 

Gen.   10.  Fr(i(/ìJaria,  Lyngb.  1819. 

17.  FragihiHa  crotonensis  (Edwards)  Kitton  in  Science  Gossip.  1869,  pa- 
gina 110,  fig.  81  ;  0.  Meara,  Irisli  Diatonis,  pag.  283  ;  Casiranme,  Diat. 
del  Lago  di  Como,  pag.  12,  Tab.  VI,  fig.  1  =  Nitzsrìna  Perten,  J.  Brun, 
Diat.  del  Alpos  et  du  Jura.  pag.  109,  Tab.  V.  fig.  30,  Tab.  IX,  fig.  27  ; 
De  Toni,  Syll.  II,  pag.  683  ;  Sijnedra  crotonensis,  Kitt.  in  Barge,  Schwed. 
Siisswasserplankton,  1900,  p.  12. 

Come  A.  graciìlhna  per  i  planctonobii  asteroidi,  Fragilaria 
vrotonensia  per  i  desmoidi,  si  può  considerare  come  forma  tipica. 
Le  Desmidiee  a  nastro  ed  a  catena  sono  forme  piuttosto  infrequenti, 
anzi  mancano  nel  plancton  di  alto  lago  mentre  invece  le  belle 
colonie  di  questa  diatomea  in  certe  giornate  si  trovano  dalla  sponda 
all'alto  lago  frequenti  al  punto  da  intorbidare  l'acqua.  Come  per 
Asterioneìla  (jracilìiina  la  distribuzione  geografica  di  questa  specie 
è  vastissima  ;  si  trova  in  tutti  i  plancton  lacustri  e  fluviali  d'Eu- 
ropa. Il  Briggs  la  nota  pel  lago  ^Michigan.  Nel  Yetter  anche 
l'abbiamo  rinvenuta  frequente,  specie  nel  primo  campione  di  cui 
si  può  dire  costituisca  i  due  terzi  in  peso.  Il  Borge,  dopo  di  noi. 


(1)  Hintfcldt-Kaas,  Ice.  cit. 


556  a.    B.    DE    TONI    ED    A.    FORTI  (20) 

la  segnala  nella  Svezia  per  i  laghi  detti  "  Valloxensee  „    e  "  Tre- 
horningensee  „. 

18.  Fragilaria   capucina   Desin.    Crypt.    de  France,  Ed.  I,    n.  453,  1825  ; 

V.  Hrk.  Syn.,  pag.  156,  Tab.  XLV,  fig.  2  ;  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  688  ; 
Borge,  Schwed.  Susswasserplankton,  1900,  p.  11. 

Quantunque  sufficientemente  diffusa  nel  plancton,  pure  è  molto 
più  rara  della  specie  precedente  ;  è  più  comune  invece  nel  plancton 
fluviale  ove  contende  la  prevalenza  a  F.  f/rescoii^  e  M.  (Orfh.) 
(jnmn.lafa.  Fu  riscontrata  nei  laghi  americani  (Briggs)  e  nel  Bajkal 
(Gutwinski).  In  Europa  è  stata  rinvenuta  nei  laghi  della  Germania 
settentrionale  e  del  Riesengebirg  e  in  alcuni  del  litorale  della 
Guascogna  nonché  dell'  Alvernia,  dei  Pirenei  e  dei  Yosgi,  della 
Norvegia  australe,  nel  Platten,  nel  I^adoga,  nel  Garda,  nel  Lario  e 
nel  Yerbano,  ed  in  moltissimi  dei  laghi  della  Svizzera.  È  una 
specie  eminentemente  polimorfa  e  passa  quasi  per  gradi  alle  di- 
mensioni di  Fr((<j.  ('n)to)K'iis/!<.  Nei  nostri  campioni  del  A'etter  si 
trova  in   esemplari  brevi  poco  frequente  e  soltanto  nel  primo. 

Gen.    11.    rahe/laria,  Ehr.   1839. 

19.  Tahelìarid  fenestrata  (Lyngl).  1819)  Kuotz.  Kics.  Bac,  pag.  127,  Tab. 
XVII,  %.  XVII,  Tub.  XVIII,  fig.  ir,  e  tav.  XXX,  fig.  73;  W.  Sm. 
Brit.  Diat.  II,pag.  46,  Tab.  XLIII,  tìg.  317;  De  Toni.SjW.  II,  p.  748; 
Borr/e,  Sclnved.  Siisswasserplankton,  1900,  p.  12  ;  e  var.  asterionelloides 
Gran.  V.  Hck.  Syn.  Tab.  LII,  fig.  9  ;  Schroter,  Die  ìSchwebetìora  uns. 
Seen,  Tab.  figg.  34-48  ;  e  var.  intermedia  Grun.  in  V.  JTrl\  Syn.  Tab.  LII, 
fig.  6-8;  De  Toni,  Syll.  II,  pag.  743. 

Questa  diatomea  spesse  volte  si  trova  in  masse  enormi  nel 
plancton.  L'autunno  scorso  per  esempio  nel  lago  di  Zurigo  le  acque 
furono  addirittura  tinte  in  rosso  da  miliardi  di  questi  esseri  mi- 
croscopici (').  Come  le  specie  precedenti  fu  ritrovata  in  tutte  le 
sue  forme  nel  limnoplancton  di  ogni  regione  d'  Europa  e  sempre 
frequentissimamente.  Nel  Yotter  abbiamo  rinvenute  gregarie  la 
varietà  tipica  e  la  var.  asf('rioiie//<)/(/f's  del  Grunow  in  tutti  (juattro 
i  campioni,  la  var.  ìnterniedid  invece  molto  più  rara  e  solamente 


(1)  Cfr.  Cari  Schrotcr,  Das"  Hiirniinilcrltliil  „  ini  Ziirir/isce.  Ziivchcr 
None  Zcitung,  1899. 


(21)  CONTRIBUTO  ALLA  CONOSCENZA  ECC.  557 

nei  primi  due  campioni.  La  var.  asterioneìlonìes  è  segnalata  in 
pochi  luoghi  quantunque  debba  essere  assai  diffusa  anch'essa.  La 
prima  volta  fu  segnalata  per  il  Haslefjord  in  Norvegia  (i)  e  di 
recente  in  molti  laghi  norvegesi  (Helmboe)  ;  fu  trovata  in  seguito 
dallo  Schroter  nei  laghi  di  Zurigo  e  Ginevra  ed  in  questi  ultimi 
giorni  nella  Svezia  settentrionale  in  alcuni  laghetti  del  Lule  Lapp- 
mark  dalla  Sig.''^^  D.-^  Astrid  Cleve  (-)  la  quale  descrive  anche  una 
var.  (/eti/CNfata  a  tipo  asteroide  la  quale  presenta  in  tutto  le  carat- 
teristiche della  var.  (tsferioiiello/des  eccetto  che  mostra  una  infles- 
sione ad  angolo  di  circa  120°  che  le  conferisce  un  aspetto  tutto 
particolare.  In  conclusione  Fragllaria  crotonensis,  Tahellaria  foc- 
culosa  e  le  sue  varietà,  ed  Asferioneìla  gracilìima  si  possono 
ritenere  tra  i  più  diffusi  e  caratteristici  organismi  del  plancton 
d'acqua  dolce. 

20.  T((l><'ll<iria  flore iih)s<(  (WoXh  1800)  Ivuetz.  Kies.  Bac.  pag.  127,  Tab.  XVII, 
fìg.  XVI,  1844  ;  W.  Sin.  Brit.  II,  pag.  45,  Tab.  XLIII,  fig.  316  ;  De 
Toni,  Syll.  II,  pag.  744  ;  Borge^  Schwed.  Siisswasserplankton,  1900,  p.  13. 

Come  Fiagilarìa  capucina  rispetto  F.  crotonensis,  così  T.  floe- 
cuìosa  sta  a  T.  fenestrata  per  diffusione  e  per  frequenza.  Anche 
essa  come  F.  capucina,  è  stata  segnata  per  i  laghi  della  Germania 
settentrionale,  della  Svizzera,  del  Riesengebirge,  dell'Alvernia,  dei 
Yosgi,  della  Norvegia  australe,  della  Baviera,  dell'Austria  setten- 
trionale, dei  Pirenei  e  d' Italia,  per  il  Ladoga,  il  Balaton  e  re- 
centissimamente per  alcuni  laghetti  nel  Lule  Lappmark  nella  Svezia 
boreale.  Il  Borge  la  segnala  per  i  laghi  svedesi  detti  "  Valloxensee  „ 
e  "  Badstutransket.  „  Il  Dickie  la  segnala  per  i  laghi  dell' Hima- 
laya.  Nel  Vetter  si  trova  abbastanza  comune  nei  saggi  I,  II  e  IV 
nelle  tipiche  colonie  a  spezzata.  Molto  più  e  molto  meglio  della 
specie  precedente,  (|uesta  si  trova  neritica  e  bentonica,  fatto  assai 
facilmente  spiegabile  considerando  la  forma  molto  più  tozza  e  le 
pareti   dei  frustoli   in  proporzione  molto  più  spesse  le  quali   perciò 


(1)  Secondo  il  lìorgc  {Schwed.  Siiss/pas.serjdanHo/t,  1900,  p.  12)  questa 
specie  è  stata  trovata  planctonica  nella  Prussia  occidentale  e  nella  Sas- 
sonia. Lo  stesso  autore  la  segnala  per  i  laghi  detti  Valtoxensee,  Bodar- 
nesee,   Treìiorningensee. 

(2)  Astrid  Cleve,  Notes  on  the  plankton  of  some  lalìes  in  Lule  Lappmark, 
Sweden.  Oefvers.  af  Kongl.  Vet.  Ak.  Fòrhandingar,  1899,  n.  8.  Stockliolra. 


558  G.    B.    DE    TONI    ED    A.    FORTI  (22) 

aumentando  il  peso  specifico  dell'organismo  ne  rendono  più  diffìcile 
il  trasporto  passivo.  Di  più  T.  flocni/osa  non  ha  mai  la  forma 
asteroide  ed  ogni  segmento  delle  catene  consta  sempre  di  più  in- 
dividui strettamente  congiunti  fra  loro  i  quali  congiurano  perciò  a 
rendere  sempre  meno  leggero  l'organismo.  Qualcosa  di  simile  av- 
viene fra  Fragilaria  capucinn  e  F.  crotonensis,  in  quest'  ultima 
infatti  la  maggiore  larghezza  delle  colonie  nastriformi  e  le  appendici 
assottigliate  offrono  requisiti  migliori  per  l'allocinetismo. 

Gen.   12.   S/pi.edra,  Ehr.   1830. 

21.  SijHednt  dcUratissima,  W.  8in.  1853,  Brit.  Diat.  I,  pag.  72,  Tab.  XII, 
fig.  94  ;  Gnin.  in  V.  Heiirck,  Diat,  du  Belgique,  pag,  151,  Tab.  XXXIX, 
fig.  7  ;  Ap'^tein,  Siìsswasserplancton,  pag.  142,  fig.  34  ;  De  Toni,  Syll. 
II,  p.  656. 

E  una  forma  molto  diffusa;  si  trova  pelagica  e  neritica,  epi- 
fita e  libero-vagante.  E  stata  notificata  per  varie  località.  Apstein 
la  trovò  nel  Dobersdorfersee  e  nel  Grosser  Plònersee  nello  Holstein; 
Lemmermann  in  parecchi  laghetti  e  stagni  Sassoni  ;  Kirchner  e 
Schròter  nel  Iago  di  Costanza.  Nel  Muggelsee  fu  segnalata  da  0. 
MùUer  ;  nel  lago  di  Zurigo  da  Schròter  e  Kirchner  e  di  Baldegg 
da  Kirchner,  di  Annecy,  di  Bienne,  di  Zug,  di  Greifen,  di  Waa- 
lenstadt,  di  Brienz,  di  Costanza,  di  Varese  e  Maggiore  da  Chodat, 
nel  lago  di  Madie  da  Héribaud.  Nel  Vetter  non  è  mai  frequente 
ma  l'abbiamo  rinvenuta  in  tre  su  quattro  campioni,  nel  I,  nel  II 
e  nel  IV, 

Gen.   13,  No  nenia,  Bory  1826. 

22.  NaricHla  (Neidimn)  amphtf/omphns  Ehr.  Ueber  die  Verbreitung  der 
niikroaoop,  Organismen  in  Asien  und  Australien,  Monatsber.  der  Ber- 
lincr  Akademie,  1842,  pag.  187  ;  V.  Hck.  pag.  194,  Tab.  XIII,  fig.  2  ; 
De,   Toni,  Syll.  II,  pag.  154. 

È  forma  ticolimnetica  quantunque  sia  libero-vagante  ;  si  trova 
comunemente  neritica  e  bentonica.  P.  T.  Cleve  (i)  la  dice  rinve- 


(1)  Cleve  P.  T.  St/nopsis  of  the  Naviciiloid  Diatoiits.  Kongl.  Sv.  Vct. 
Ak.  Handlingar,  Bd.  XXVI,  n.  2,  1&94,  e  Bd.  XXVII,  n.  3,  189(),  4.o  8tock- 
holm,  1895-97. 


(23)  CONTEIBUTO  ALLA  CONOSCENZA  ECC.  559 

nuta  nelle  acque  dolci  della  Groenlandia,  dello  Spitzberg,  della 
Svezia,  Finlandia,  Belgio,  Grermania,  Svizzera;  America  del  Nord 
e  del  Sud,  cui  aggiungiamo  :  dell'  Inghilterra  e  dell'  Italia  e  del 
lago  Pachabicha  in  Asia.  Nel  III  saggio. 

23.  Navicuìa  pusiUa  W.  Sin.  Brit.  Diat.  I,  pag.  52,  Tab.  XVII,  fig.  145  ; 

V.  Hcl:  Syn.  pag.  99,  Tab.  XI,  fig.  17  ;  CI  ere,  Syn.  of  Nav.  Diat.  II, 
pag.  41  ;  De  Toni.  Syll.  II,  p.  129. 

Anche  questa,  come  la  precedente,  è  forma  ticolimnetica  quan- 
tunque come  quella  abbia  un'area  di  diffusione  geografica  vastis- 
sima sia  in  acqua  dolce  che  subsalsa.  P.  T.  Ole  ve  la  dice  trovata 
dallo  Spitzberg  all'Inghilterra,  dall'America  boreale  a  Jenissey  ed 
alle  isole  Bahama^  dal  Surinam  alla  Tasmania.  Nel  I  campione. 

24.  Nariciila  (StauronetsJ  anreps  Ehr.  Americ,  1843,  pag.  134,  Tab.  2, 
fig.  18  ;  W.  Sm.  Brit.  Diat.  I,  pag.  60,  Tab.  XIX,  fig.  190  ;  Clere,  Nav. 
Diat.  I,  pag.  147  ;  De  Toni,  Syll.  II,  p.  211. 

Ticolimnetica  ;  d'  acqua  dolce,  molto  polimorfa,  si  trova  in 
ogni  acqua  sia  corrente  che  stagnante  in  tutto  il  mondo  ed  in 
tutto  il  tempo  dell'  anno  spesso  copiosa.  Nel  plancton  come  tutte 
le  Raphideae  è  accidentale.  Nel  II  campione. 

Gen.  14.  Cymbella,  Ag.  1830. 

25.  C/jìiìbeìla  (Cocconenia)  lanceolata  (Ehr.  1838)  Kirchn.  Alg.  von  Sehle- 
sien,  pag.  188 ;  ir.  Sm.  Biit.  Diat.  Tab.  XXIII,  fig.  219  ;  De  Toni, 
Syll.  II,  pag.  362. 

Anche,  a  maggior  forza  delle  forme  precedenti  che  vivono 
libero-natanti,  questa  specie  e  le  seguenti  si  trovano  rarissime,  anzi 
accidentali,  nel  plancton. 

Cymheìla  lanreolata  Ehr.  vive  epifita  sui  corpi  sommersi  vivi 
e  morti  fissata  ad  essi  col  mezzo  di  un  pedicello  che  porta  uno 
0  due  individui.  E  necessario  quindi  che  Tonda  oltreché  vincere 
la  resistenza  che  oppone  un  corpo  di  un  peso  specifico  abbastanza 
rilevante,  essendoché  le  Raphideee  hanno  frustoli  relativamente 
molto  grossi,  vinca  la  resistenza  opposta  dai  pedicelli  rompendoli. 
A  dimostrare  poi  la  presenza  non  naturale  di  questi  microfiti  nel 
plancton,  valga  anche  il  fatto  averne  noi  riscontrati  ripetute  volte 
individui  vuoti  e  cioè  morti. 


500  G.    B.    DE    TONI    ED    A.    EOKTl  (24) 

Con  ogni  evidenza  questo  accade  perchè  i  frustoli  vengono 
strappati  dall'  onda  che  li  travolge  in  guisa  che  essi  possono  es- 
sere poi  raccolti  in  mezzo  al  plancton.  Nel  Vetter  abbiamo  trovato 
solo  due  frustoli  ;  l'uno  ancor  vivo  nel  primo  saggio,  l'altro  vuoto 
nel  terzo  saggio. 

26.  Cymhella  (Corconema)  ci/mhiformis  (Kuetz.  1833)  Bréb.  Alg.  Falaise, 
pag.  49,  Tab.  VII  ;  V.  Hrl:  Syu.  pag.  64,  Tab.  Il,  fig.  11  ;  De  Toni, 
Syll.  II,  pag.  363. 

Ticolimnetica  come  la  prima  ed  al  pari  di  essa,  epifita.  Nel 
Vetter  1'  abbiamo  rinvenuta  nel  primo  campione  una  sola  volta. 
Si  è  già  accennato  al  modo  di  aderire  che  hanno  questi  organismi 
al  loro  supporto  che,  come  si  disse,  può  essere  animale  (arti, 
sacchi  ovarici  ecc.  di  Entomostraci,  più  raramente  sui  Rotiferi), 
vegetale,  ed  anche  morto.  Ora  non  si  tratta  di  un  vero  parassi- 
tismo; questo  si  prova  con  due  ragioni:  1.°  11  pedicello  aderisce 
debolmente  all'ospite  e  non  stabilisce  per  aderire  nessuna  lesione 
0  suzione  all'ospite  stesso.  2.»  Il  trovare  che  spesso  individui  di 
specie  pedicellate  vivono  benissimo  libero-vaganti  e  magari  ancora 
con  parte  del  pedicello  attaccato.  Si  può  dare  però  il  caso  in  cui 
tale  relazione  abbia  a  riuscire  di  antibiosi  ;  questo  avviene  prin- 
cipalmente quando  l'ospite  è  un  vegetale  e  la  riproduzione  delle 
diatomee  epifite  è  molto  rapida  per  modo  che  gli  individui  adden- 
sandosi presso  agli  individui  vengano  ad  intercettare  la  luce  e 
quindi  ad  impedire  1'  assimilazione  del  carbonio  da  parte  della 
pianta  clorofillosa  che  serve  da  matrice.  Ricordiamo  di  aver  rac- 
colto sulle  pale  dei  mulini  d'Adige  presso  Verona  una  fronda  di 
Cladophora  (/fmnerata  Kuetz.  sovraccarica  di  Rìioicosphenia  curvata 
Grun.  e  di  Cijmheìla  Cìjnìb/form/H  Ehr.  L'  esemplare  della  cloroficea 
in  questione  era  veramente  florido  nei  punti  dove  la  luce  poteva 
agire  direttamente  sulla  clorofilla  ed  invece  nelle  plaghe  dove  le 
Diatomee  erano  aderenti  a  ciuffi  e  fiocchi  compatti  si  notava  l'as- 
sottigliamento e  perfino  la  morte  delle  cellule.  Al  contrario  dove 
gli  individui  erano  in  piccolo  numero,  tanto  il  plasma  che  i  clo- 
roplasti erano  intatti. 

27.  Cijmhella  {Enc-j/onema)  ventricosa  Ag.  Conspect.  Ci'it.  Diatoiuoarum  I, 
pag.  9,  1827;  V.  Heurck,  Syn.  Diat.  du  Belgique,  pag  66,  Tab.  III, 
fig.  17  ;  De  Toni,  Syll.  II,  p.  873. 

Cymhella  (Encyonema)  ventricosa  non  è  alga  planctonica   ed 


(25)  CONTRIBUTO  ALLA  CONOSCENZA  ECC.  501 

anche  nei  saggi  nostri  si  trova  per  la  stessa  ragione  e  con  la  stessa 
freqnenza  delle  prenominate  congeneri  (nel  solo  primo  campione 
ed  una  volta  solamente).  E  una  diatomea  che  si  riunisce  entro 
teche  cilindroidi  mucose  che  aderiscono  fortemente  ai  corpi  som- 
mersi t'ormando  dogli  strati  in  forma  di  ciuffi  di  color  bruno-ocraceo 
caratteristico  allo  Bacillariee  ;  sono  comuni  specialmente  nelle  acque 
a  rapido  corso  e  (luindi  aderenti  ai  ciottoli  del  fondo  nei  fiumi, 
nei  ruscelli  ecc. 

Questa  specie  ha  una  distribuzione  geografica  estesissima  ; 
essa  fu  rinvenuta  sia  nelle  acque  dolci  che  submarine  sempre  gre- 
o-aria  ncdle  suaccennate  colonie  e  frammista  ad  altre  alghe  filiformi. 

[Continua] 


Atti  del  Reale  Istituto  Veneto  di  scienze^  letteee  ed  arti. 
Anno  accademico  1899-900  -  Tomo  LIX  -  Parte  seconda. 


ALESSANDRO   VOLTA    A   GINEVRA    NEL    1787 

COMUNICAZIONE 

DI    GIUSEPPE    BL^DEGO,    s.  e. 
(Adunanza  del  25  marzo  1900) 


Alessandro  Volta  visitò  Ginevra  nell'antunno  del  1777,  quan- 
do fece  il  suo  primo  g-iro  nella  Svizzera.  Di  questo  viaggio  da 
lui  detto  letterario  lasciò  ricordo  in  una  relazione  in  data  del 
15  ottobre  1779,  indirizzata  al  conte  Carlo  di  Firmian,  ministro 
plenipotenziario  in  Lombardia.  Il  Volta  ebbe  a  compagni  l'abate 
Francesco  Venini  ex-somasco,  matematico  e  naturalista,  il  conte 
Francesco  Visconti,  dilettante  di  scienze  naturali  e  il  conte  Gio- 
vanni Battista  Giovio,  studioso  di  letteratura  e  di  filosofia.  La  de- 
scrizione del  viaggio  si  ferma  a  Zurigo  (i).  Alla  lacuna  supplì  il 
nipote  Zanino  Volta  nel  capitolo  XIII  del  suo  studio  biografico 
sul  suo  illustre  antenato.  Il  Volta  conobbe  nel  1777  molti  scien- 
ziati, il  Senebier,  il  De  Saussure,  il  Bonnet,  il  Bitaubé,  il  Vernes 
e  il  De  Lue.  Fu  a  render  omaggio  al  Voltaire  nella  sua  villa  di 
Ferney.  L'occhio  osservatore  e  lo  spirito  artistico  non  si  limitavano 
alla  contemplazione  delle  bellezze  naturali,  alle  visite  dei  gabinetti; 
il   grande  fisico  sapeva  notare  altre  bellezze  ;  e  registrava  infatti 


(1)  A.  Volta,  Relazione  di  un  suo  viaggio  letterario  nella  Svizzera^ 
ora  per  la  i;/7/y/a  volta  2}ii'bblicata  in  occasione  delle  faustissime  nozze 
Stahilini- Reina  (edit.  C.  Zardetti).  Milano,  soc.  tip.  dei  classici  italiani, 
1827.  Intorno  a  questa  relazione  cfr.  la  lettera  di  Zanino  Volta  a  Mi- 
chele Stefano  De  Rossi,  sugli  scritti  del  Volta  in  rapporto  colla  scienza 
del  vulcanismo  (Arch.  Storico  Lombardo^  I,  224-31).  E  cfr.  anche  :  Corradi, 
Storia  della  Università  di  Pavia.  Pavia,  1877,  III,  401. 


564  6.    BIABEGO  (2) 

che  Ginevra  presentava  sotto  gli  alti  caseggiati  della  sua  parte 
più  bassa  botteghe  di  legno  molto  meno  piacevoli  all'apparenza 
che  le  eleganti  dame,  di  cui  formicolavano  le  vie  ('). 

A  Ginevra  Alessandro  Yolta  ritornò  nell'autunno  del  1781  ; 
ma  fu  visita  breve,  perchè  altri  paesi  non  ancora  veduti  lo  atten- 
devano. Dal  settembre  del  1781  alla  fine  dell'ottobre  del  1782  esali 
visitò  la  Germania,  le  Fiandre,  l'Olanda,  la  Francia,  l'Inghilterra  (-). 

Ginevra  la  vide  la  terza  volta  nel  settembre  del  1787.  Scopo 
del  viaggio  fu  quello  appunto  (come  lasciò  scritto  egli  stesso)  di 
conferire  lungamente  a  voce  col  De  Saussure,  col  quale,  dopo  la 
conoscenza  fattane  nel  1777,  era  stato  in  continua  corrispondenza. 
Una  lettera  del  Volta  medesimo,  che  trovasi  a  stampa,  diretta  al 
fratello  arcidiacono,  con  la  data  di  "  Syon  7  settembre  1787  „, 
ci  informa  della  prima  parte  del  viaggio.  Partito  da  Como  la  mat- 
tina del  3  settembre,  per  Varese,  Laveno,  Intra  e  Marguzzo  giunse 
a  Domodossola,  ove  noleggiò  i  cavalli  fino  a  Syon.  Ripreso  il  viaggio 
la  mattina  del  giorno  5,  arrivò  il  giorno  stesso  a  Sempione  ;  il 
giorno  dopo,  superato  il  culmine  della  salita,  discese  a  Briga,  donde 
proseguì  per  Tortman  ;  e  il  giorno  7  giunse  a  Syon  (^).  Un'altra 
lettera,  pur  questa  diretta  al  fratello,  ma  inedita,  ci  dà  notizia  del 
suo  soggiorno  a  Ginevra.  Eccola  : 

Ginevra  li  15  7bre  1787. 
Cariss.'""  fratello 

Mi  volete  più  frequente  nello  scrivere  ?  Ecco  già  la  terza  let- 
tera, e  non  sono  che  tre  giorni  dall'ultima  scritta  al  fratello  do- 
menicano da  Losanna.  Ora  finalmente  sono  a  Ginevra,  dove  arrivai 
l'altr'ieri  un'ora  prima  di  sera.  Che  bella  giornata  e  che  bel  viaggio 
è  stato  mai  da  quella  a  questa  città  !  Li  36  migli  lunghi  che  vi 
sono  (non  come  quelli  del  nostro  lago  di  Como)  si  fanno  sempre 
costeggiando  il  lago,  non  in  riva  affatto,  ma  attraverso  vigne, 
campi,  e  frutteti  bellissimi,  per  uno  stradone  piano,  sodo,  largo  e 


(1)  Zanino  Volta,  Alessandro  Volta,  stridio.  Milano,  Civelli,  1875, 
p.  190. 

(2)  Zanino  Volta,  Alessandro  Volta  e  V  Unicersità  di  Pavia  dal 
1778  al  1799;  in  Arch.  stor.  Lombardo,  serie  3",  fase.  24,  31  die.  1899, 
p.  405-11. 

(3)  A.  Volta,  Lettere  inedite.  Pesaro,  tip.  Nobili,  1834,  p.  103-6. 


(3)  ALESSANDRO    VOLTA    A    GINEVEA    NEL    1787  565 

capace  di  tre  o  quattro  carrozze  di  fronte.  Quante  ville  poi  a- 
mene,  quanti  paesi  si  passano,  quanti  casini  si  scorgono  su  pel 
dolce  pendio  di  quelli;  non  dirò  già  colline,  ma  piani  inclinati  ! 
Molti  di  tali  paesi  che  si  passano  han  nome  di  città,  e  non  se  lo 
demeritano,  Morge,  liolìe,  Nj/on,  Versoix.  Dall'altra  parte  del  lago 
non  vi  son  più  che  colline,  i  grandi  monti  si  son  lasciati  indietro. 
Finalmente  il  lago  si  ristringe  ;  ma  dove  è  più  ristretto  ha  an- 
cora due  in  tre  migli  di  larghezza,  fuori  che  assai  vicino  a  Ginevra, 
dove  è  minore,  ma  per  farvi  tanto  più  bella  comparsa  i  due  bordi 
seminati  di  ville,  casini,  passeggi,  giardini.  Nulla  vi  dirò  di  Gi- 
nevra, che  non  ò  bella  nell'  interno,  dove  però  ha  aria  di  città 
grande,  con  fabbriche  di  pietra  altissime,  e  diversi  bei  palazzi, 
massime  verso  il  gran  passeggio  e  i  bastioni.  Il  gran  passeggio 
d'alberi  superiore  e  inferiore  dentro  in  città  ha  una  vista  bellis- 
sima verso  l'ingresso  della  Francia  e  della  Savoia  ;  ma  più  estesa 
ancora  l'hanno  i  bastioni  superiori.  La  città  fuori  di  due  gran  con- 
trade una  detta  del  Rodano,  l'altra  strada  bassa,  è  tutta  in  collina 
con  strade  erte  ma  ben  selciate  e  varie  assai  larghe.  Si  vive  nelle 
case  de'  Signori  con  molta  pulizia  e  gentilezze.  Ieri  sono  stato  a 
pranzo  da  una  certa  madama  Rollar  molto  avvenente  :  erano  sedici 
i  commensali,  e  quattro  le  dame  forestiere  ;  e  fu  tavola  benissimo 
servita  all'usanza  di  Parigi.  Mi  condusse  in  questa  casa,  dove  al 
dopo  pranzo  sopravvennero  altre  ed  altre  dame  e  signori,  M.i"  De 
Saussure,  signor  ricco  egli  medesimo,  il  quale  avrà  oggi  grossa 
compagnia  a  pranzo  ;  ed  io  sono  degli  invitati.  Abbiam  cominciate 
le  nostre  conferenze  che  saranno  frequenti  e  lunghe  nelle  due  set- 
timane circa,  che  resterò  qui,  non  solo  con  lui,  ma  con  diversi 
altri  Fisici,  Chimici  e  Naturalisti,  parte  de'  quali  conosco  e  parte 
conoscerò.  Farò  poi  alcune  corse  nelle  vicine  ville,  che  sono  de- 
liziose. Intanto  s'  avvicina  il  tempo  di  ritornarmene  a  Como,  e 
quello  della  villeggiatura  ;  la  quale  a  pensar  benC;  mi  è  parso  che 
potrebbe  farsi  da  noi  anche  quest'  anno  a  Camperà,  anziché  a 
Lazzate,  dove  non  ci  sarà  compagnia  alcuna  il  mese  d'ottobre,  e 
pel  novembre  devo  io  partire.  A  Camperà  almeno  avremo  i  nostri 
preti  che  sfogheranno  Breviario  e  tarrocchi,  e  vuoteran  bicchieri  ; 
e  il  dopo  pranzo  arrampicheremo  su  pe'  monti  tra  i  ricci  delle 
castagne,  i  rovi  e  i  sterpi  :  la  sera  poi  all'angolo  del  fuoco  di  cu- 
cina conterò  io  (altro  padre  Inzaghi)  i  gran  pericoli  corsi  in  terra 
e  in  mare. 

Vi  scriverò  il  tempo  preciso  quando  sarò  per  ritornare,  acciò 


566  G.    BIADEGO  (4) 

se  mai  vi  venisse  vog-lia  di  veder  Torino  e  ritornare  meco  indie- 
tro, prendiate  le  misure  giuste  per  arrivarvi  al  tempo  eh'  io  vi 
giungerò.  Sorto  per  finir  di  veder  la  città  e  alcuni  altri  bei  casini 
e  passeggi  al  di  fuori,  giacché  il  tempo  non  può  esser  più  bello. 
Addio,  conservatevi  sano  e  amatemi. 
Yostro  aff.mo 

Fratello  Alessandeo  (i). 

Zanino  Yolta  nel  suo  ultimo  lavoro  riferisce  alcune  note  di 
viaggio  del  suo  illustre  avo  riguardante  il  soggiorno  di  lui  a  Gri- 
nevra  nel  1787  (^).  La  lettera  qui  pubblicata  viene  a  completare 
e  a  illustrare  quelle  note.  A  Gfinevra  nel  1787  il  grande  fisico, 
oltre  il  De  Saussure,  rivide  il  Bonnet,  il  De  Lue,  il  Senebier  co- 
conosciuti  la  prima  volta  nel  1777  ;  strinse  nuove  amicizie,  col 
fisico  Pictet,  col  matematico  Trembley,  che  molti  anni  prima  era 
stato  a  Pavia,  coi  chimici  Bottini,  Tingry,  col  fisico  Sage^  col  fi- 
sico chimico  e  naturalista  Gosse,  col  Necker,  nipote  del  famoso 
Necker  già  ministro  di  Francia,  dilettante  di  fisica  e  di  chimica, 
col  Deodati  oriundo  lucchese,  bibliotecario  della  Eepubblica,  col 
Zimmerman  di  Brunswick,  naturalista,  e  con  l'artista  Paul  direttore 
del  giornale  settimanale  che  si  pubblicava  a  Ginevra. 

Alessandro  Volta  stette  a  Ginevra  quindici  giorni,  dal  13  al 
28  di  settembre  ;  ed  ebbe  la  opportunità  di  visitare  le  piccole,  ma 
ridenti  città,  Eolie,  Morges,  Versoix  e  Nyon,  che  fanno  corona  al 
lago  di  Ginevra.  Fu  precisamente  a  Rollo  dove  villeggiava,  che  ri- 
vide il  Senebier.  Eolie  era  sulla  fine  del  secolo  scorso  il  centro, 
durante  l'estate,  d'una  scelta  società  di  Ginevrini.  Ma  la  nota  più 
dolce  della  dimora  a  Ginevra  fu  senza  dubbio  Vavvenenie  madama 
Bollar  che  amava  raccogliere  nella  sua  casa,  intorno  alla  sua  ta- 
vola   parigina,  scienziati  illustri  come  il  De  Saussure  e  il  Volta. 

Chi  era  quella  che  il  Volta  chiama  madayna  Rollar  ?  Conviene 
anzitutto  rettificare  il  nome  in  Bolaz  ;  essa  si  chiamava  Angelica 
Enrichetta  Pellissari  di  Ginevra;  moglie  di  Giorgio  Alessandro  Eo- 


(1)  L' autografo  si  conserva  nella  Biblioteca  Comunale  di  Verona 
"  Autografoteca  Scolari.  „  L' indirizzo  è  il  seguente  :  "  AH'  111."'"  Sig.''<^ 
Sig.  P.ron  Col.mo  il  sig.  Ai'cidiacono  Don  Luigi  Yolta.  Milano  per  Como.  „ 

(2)  Z.  Volta,  ^.  Volta  e  l' Università  di  Pavia,  in  Ardi.  Stor.  Lom- 
bardo cit.  p.  433. 


(5)  ALESSANDEO    VOLTA    A    GINEVRA    NEL    1787  567 

laz,  signore  di  Rosey.  La  famiglia  Eolaz,  che  possedeva  la  signoria 
di  Rosey,  piccolo  castello  situato  presso  la  città  di  Rolle  (cantone 
di  Yaud)  non  era  ginevrina.  La  signoria  Rosey  o  Rosay  era  giunta 
per  eredità  nella  famiglia  Rolaz,  alla  metà  del  secolo  XVIL  Quanto 
alla  famiglia  Pellissari,  essa  era  oriunda  delFItalia  :  ed  abitò  ora  a 
Chiavenna,  ora  a  Vicenza  (^).  Alcuni  rami,  al  tempo  della  rifornia, 
in  causa  delle  lotte  religiose,  si  stabilirono  a  Ginevra  verso  la  fine 
del  decimosesto  secolo.  Il  ramo,  al  quale  apparteneva  madama 
Rolaz,  avea  preso  fissa  dimora  a  Grinevra  col  nobile  Nicola  Pellissari 
che  a  Ginevra  morì  il  21  settembre  1572.  Un  suo  nipote,  il  nobile 
Giorgio  Pellissari,  ebbe  in  Francia  alte  cariche  nell'amministrazione 
della  marina  e  sposò  Maddalena  Bibaud  conosciuta  nella  storia 
letteraria  di  Francia  per  esser  stata  in  relazione  con  molti  poeti 
e  scrittori  del  secolo  XYII,  tra  i  quali  va  ricordato  l'accademico 
Paolo  Pellisson  Fontanier  (-).  Giorgio  Pellissari  e  Maddalena  Bibaud 
ebbero  quattro  figli,  tra  i  quali  un  Bartolomeo.  Con  questo  la  fami- 
glia Pellissari,  che  si  era  con  Giorgio  stabilita  in  Francia,  fissò 
nuovamente  la  sua  dimora  a  Ginevra.  Bartolomeo  sposò  nel  1693 
una  ginevrina,  Renata  Burlamacchi,  discendente  di  famiglia  ita- 
liana e  precisamente  originaria  di  Lucca,  anche  questa  rifugiatasi 
nella  Svizzera  al  tempo  della  riforma  (^).  Tra  i  loro  figli  il  nobile 
Isacco  Giorgio  Pellissari,  nato  a  Ginevra  nel  1698,  morto  nel  1760, 
sposò  Andriana  de  Portes  figlia  del  generale  de  Portes  al  servizio 
del  re  di  Sardegna  ;  ed  ebbe  due  figlie,  una  delle  quali  è  TAn- 
gelica  Enrichetta  ricordata  dal  Volta  (^).  La  famiglia  Pellissari, 
ora  estinta,  gode  ancor  fama  a  Ginevra  d'esser  stata  sempre  assai 
ospitale  e  cultrice   e  fautrice   d'  ogni   manifestazione    scientifica  e 


(1)  I.  B.  (j.  Galiffe,  Le  refur/e  it alien  de  Genève  aux  A'F/™«  et 
XVIl-^^  sièrles:  Genève,  1881,  p.  142. 

(2)  L.  Petit  de  Julleville,  Histoire  de  la  langue  et  de  la  littéra- 
tiire  frangais  des  origines  à  1900.  Paris,  Colin,  1897,  IV,  178-9. 

(3)  Galiffe,  Le  refuge,  etc.  p.  152. 

(4)  Galiffe,  Notices  généalogiques  sur  leu  fannlles  genevoises.  Genève, 
1836,  III,  368  ;  e  Martignier  et  de  Crousaz,  Dictionnaire  histortque  du 
Canton  de  Vaud.  Lausanne,  1867.  Devo  le  notizie  sui  Pellissari  e  i  Rolaz 
contenute  in  queste  due  opere  (eh'  io  non  ho  potuto  consultare  diretta- 
mente) alla  cortesia  dei  signori  Carlo  Dufour  e  H.  V.  Aubort  conserva- 
tori (Iella  Biblioteca  pubblica  di  Ginevra,  ai  quali  mando  i  miei  più  vivi 
ringraziamenti. 


G.    BIADEGO    -    ALESSANDRO    VOLTA    ECC.  (^) 

letteraria. Madama  Rolaz  avea, quindi  tradizioni  di  famiglia  e  aveva 
sangue  italiano  nelle  vene  ;  era  naturale  che  Alessandro  Volta  do- 
vesse trovar  presso  di  lei  un'accoglienza  gentile,  degna  dell'illustre 
scienziato  ohe  portava,  alto,  il  nome  italiano  in  terra,  straniera. 

Verona,  19  marzo  1900. 


(Finita  di  .stampare  ti  giorno  14  aprile  1900) 


Atti  del  Reale  Istituto  Veneto  m  scienze,  lettere  ed  arti. 
Anno  accademico  1899-900  -  Tomo  LIX  -  Parte  seconda. 


COSE     ARMENE 

Appunti  di  E.  TEZA,  m.  e. 

(Adunanza  del  4  febbraio  1900) 


I. 


Mentre  la  storia,  la  severa  giudicatrice,  cammina,  davanti  a 
lei  corre,  dietro  a  lei  si  trascina,  e  le  svolazza  d'intorno,  un'umile 
ancella  che  parla  e  grida  con  la  voce  di  popolo  :  commenta,  in- 
dovina, travisa,  secondo  i  tempi  e  le  voglie  ;  e  giova  darle  amo- 
revolmente gli  orecchi.  Coi  piedi  nell'  occidente,  voltiamo  per  un 
istante  gli  occhi  a  levante. 

Dei  legami  che  strinsero,  nei  secoli  andati,  il  popolo  di  san 
Marco  a  quello  dell'Illuminatore,  Venezia  all'Armenia,  scrisse,  con 
affetto  che  addoppiandosi  si  rafforza,  il  padre  Leonzio  Alishan. 
È  legame  anche  il  gareggiare  dei  mercanti,  nell'  avida  e  vigile 
gelosia  ;  ma  altri  nodi  annoda,  con  la  mano  creatrice,  la  poesia  ;  la 
poesia  che  non  s'impaurisce  al  ceffo  degli  stradieri,  che  paga  le 
gabelle  ai  confini  con  la  moneta  che  le  fantasie  coniano  e  diffon- 
dono in  eterno.  Forse,  inventando,  indovina. 

Suona  spesso  il  nome  d'Armenia  nelle  leggende  cavalleresche 
dell'età  di  mezzo:  e,  più  che  dagli  altri,  imparano  i  cantori  italiani 
a  ripeterlo  dai  francesi.  Chi  s'  appaga  di  una  sola  testimonianza 
legga  le  geste  di  Ugo  Ciapetta  (^),  per  chiamarlo  con  nome  dan- 
tesco ;  senta  che  voci  risvegliassero  nel  trecento,  per  le  terre  al  di 


(1)  Les  anciens  poetes  de  la  France.  Hugues  Capet,  chanson  do  gcste 
pubi,  par  M.  le  M.»^  de  la  Grange.  Paris,  1864. 


570  E.    TEZA  (2) 

là  della  Loira.  A  soccorso  del  re  di  Parigi,  contro  alle  animose 
schiere  dei  borgognoni,  accorrono  due  vigorosi  guerrieri,  un  vene- 
ziano ed  un  armeno  ;  due  giovanetti  amici  che  il  messaggero  in- 
vocante difesa  trova  appunto  sulle  lagune  nella  cifé  souffissant 
(v.  1084)  : 

Là  fu  Droguez,  ly  enfez,  qui  le  ciier  of  dolhint 

Et  Beumz,  rois  de  Tarse,  fieus  Melinm  le  frane  (v.  1086)  ; 

quegli,  figliuolo  di  Amerigo  e  nipote  della  Biancofiore,  la  regina 
francese,  questi  venuto  coi  suoi  ventimila  soldati 

De  Torse  et  d'Ernienie^  qui  ìy  fu  apendant  (v.  1089). 

Chi  li  senta  chiamarsi  del  nome  dolce  di  fratelli  sa  bene  co- 
me la  vecchia  poesia  ne  abbellisca  gli  amici  provati  ;  e  tanto  che, 
alle  volte,  anche  se  il  braccio  armato  s'  alzi  per  ferire  il  cuore, 
od  abbattere  all'  oppositore  la  testa,  diventa  fratello  (')  perfino  il 
nemico  ;  bensì  vera  sorella^  e  dolce  amica  è  la  sposa  fedele  e  forte, 
come  r  ammiri  negli  atti  e  nelle  parole  di  Guiborc  (-).  Fratelli 
di  sangue  potrebbero  bensì  parere  quei  due  se  Buovo,  come  Dro- 
gone,  fosse  cugino  alla  figliuola  della  Biancofiore  e  di  re  Luigi, 
alla  bella  Maria  (-^j;  ma,  volendo  stare  ad  occhi  aperti  su  queste 
parentele,  che  non  sono  scritte  sul  libro  d'oro  nò  di  un  archivio 
di  principi,  ne  di  un  battistero  di  sacerdoti,  diremo  che  i  due 
prodi  sono  cognati  {^). 


(1)  Come  Olivieri:  Et  disf  a  Fierahras  ''  Frere,  car  deseendés.  „ 
(FiERABRAs,  Paris  1869,  v.  lóKi).  Per  caso,  a  questo  luogo,  il  provenzale 
non  Ila  Vaniiro:  E  dts  a  Ferahras  "  Per  dieu^nr  demlatz  „  (Fierabras, 
Berlin,  1829,  v.  1709). 

(2)  A  lei  si  rivolge  il  conte  Guglielmo  :  Dame  Guiborc,  bete  suear, 
douce  arnie  (Aliscans,  Paris,  1870,  v.  193ti). 

(8)  Infatti  all'  editore  sfugge  di  dire,  nel  suo  .wiiimaire  :  donnez-lui 
jìour  femine  vitre  file,  ma  causine  Marie;  laddove  il  testo  mette  ra- 
gionevolmente queste  parole  in  bocca  a  Drogonc^  :  Donne  l;/  vostre  file, 
ina  cousine,  à  mouillier,  v.  4116. 

(4)  Il  testo  francese  può  lasciarlo  indovinare  :  chiaro  Io  afferma  in- 
vece la  tradizione  germanica,  la  quale  rampolla  da  un  albero  cresciuto 
accanto  a  quell'altro.  Infatti,  nel  Hu(4schapler,  Buovo  (che  vi  ha  il  nome 
di  Benedici,  figliuolo  di  Melimi s)  sposò  Flora,  la  sorella  di  Drogon  (per 
errore  chiamato  in  molti  luoghi  Dragan).  Cfr.  Die  deutschen  Volksbit- 
CHER  CxESAMMELT  VON  K.  iSiMRocK.  Frcinkf.  1856,  IX,  454.  456). 


(3)  COSE    ARMENE  571 

Combattono  e  vincono  ;  poi  tornano  a  Venezia,  dove  festanti 
e  amorose  gli  attendono  le  due  spose  ;  e  poiché  s'apprestano,  non 
mai  stanchi  di  guerre  e  di  trofei,  a  battere  alla  Mecca  saraceni  e 
jjagani,  la  riconoscenza  dei  francesi  offre  loro  trentamila  buoni  sol- 
dati ;  ed  avendo  Ugo  Ciapetta,  nei  giocondi  e  fecondi  trastulli  del- 
la sua  giovinezza,  trovata  nuova  moglie  per  ogni  angolo  di  ogni 
terra,  si  uniscono  con  loro  sei  dei  nove  suoi  figliuoli  d'  amore. 
Una  gesta  è  finita  e  un'  altra  comincerebbe  ;  se  non  che  il  novel- 
liere è  roco  e  spossato,  e  se  ne  sbriga  con  poche  sfilate  dei  sonanti 
suoi  alessandrini. 

Che  cosa  vogliono  i  due  valorosi  compagni  ?  Cercano  Clar- 
vus  (1),  un  fratello  di  Melinus,  e  non  c'è  bisogno  di  sudare  nelle 
corse,  perchè  eccolo  minaccioso,  colle  molte  sue  navi,  e  alzata  al- 
l' aria  1'  ensaingne  de  Mahon,  dinanzi  a  Venisse^  ìe  cité  de  renon 
(v.  6214). 

Grande  fu,  un  giovedì,  sopra  il  mare  la  battaglia  :  più  fiera 
mischia  non  fu  mai  vista  :  i  cristiani  percuotono,  con  ardore,  con 
furore  :  tutta  cade  la  hafomeria  (-).  Drogone,  l'ardito,  colpisce  il 
soldano  :  i  pochi  che  scampano  balzano  nell'  acque  insanguinate  : 
grida  si  levano,  tutto  è  morte  :  ma,  coi  suoi,  riesce  a  fuggire,  a 
forza  di  venti  e  di  vele,  Brandom^ e,  il  figliuolo  del  re  saraceno. 
Ahi  come  è  dolorosa  la  vittoria  !  periti  nell'  aspra  zuffa  ventimila 
guerrieri,  veneziani,  armeni,  tarsiani,  francesi  !  Dieux  ìeur  face 
merchi  ! 

E  tengono  dietro  le  feste.  Saramonda  cerca  ansiosa  Buovo  il 
figlio  suo.  Flora  lo  sposo  ;  mentre  al  lauto  banchetto  Drogone 
viene  narrando  le  onorate  fatiche  che  durarono  tutti,  a  soccorso 
del  re  di  Francia,  e  ofPre  premio  di  ricche  terre  ai  bastardi  che 
le  rifiutano,  solo  desiderosi  del  vecchio  padre  e  del  suolo  natio. 

Drogone  intanto  governa  Venezia  in  pace,  non  tradito  che 
dai  troppo  trascurati  cronisti  :    e  Buovo,    ricco    re,  ritorna  al  suo 


(1)  Il  tedesco,  almeno  nella  ristampa  moderna,  dice  Clarius  (p.  453)  : 
è  bastardo  di  Sansone,  natogli  in  pagania,  battezzato  e  ricaduto  poi  nella 
setta  dei  nemici.  Quel  Sansone  orleanese  aveva  già  conquistato  il  reame 
di  Ungheria, 

(2)  Userò,  sclierzando,  una  voce  che  si  trova  alle  volte  nei  libri  di 
Provenza  (p.  es.  Fieeabeas,  v.  4284).  I  francesi  dicono  malioniìnerie 
(FiERAB.  V.  4311,  5153);  un  italiano  di  quei  tempi  avrebbe  forse  osato 
parlare  di  Maroneria  o  di  Maeonaie. 


572  K.  TEZA  (4) 

paese  con  la  consorte  dal  chiaro  viso,  con  la  gente  di  sua  stirpe,  e 
non  è,  nelle  memorie  dell'istoria,  più  fortunato  del  suo  antico  fra- 
tello d'  armi  {^). 

Venezia  è  adesso,  perchè  ogni  città  d' Italia  è  1'  Italia,  più 
possente  :  più  derelitta  è  l'Armenia.  Se  nella  parola  dei  poeti  fosse 
voce  di  lieta  profezia,  o  altrove  ricoverandosi,  o  cadendo  per  sem- 
pre un  insanguinato  vessillo,  i  cognati  unirebbero  i  cuori  e  le 
spade. 


II. 


Questa  è  poesia  di  laici,  di  soldati  :  forse  brandi  la  spada 
colui  che  canta,  certo  la  impugnano  domani  parecchi  dei  tanti  che 
stanno  a  cerchio,  che  riscaldano  le  memorie  e  le  speranze.  Yol- 
giamoci  per  un  momento  alla  poesia  dei  conventi  ;  anche  qui  la 
voce  dell'  uomo  passa  viva  da  un'anima  ad  un'  anima  ;  infervora 
e  consola  :  altre  battaglie,  altre  armi,  altri  conquisti.  Alla  fio- 
rita ghirlanda  delle  sacre  tradizioni  dell'  oriente  cristiano  strappo 
una  fogliolina  :  chi  la  vuole  tutta  quanta,  eccola  là,  piena  di 
sugo  e  di  verde,  nel  suo  colore  armeno  (-)  :  a  chi  si  contenta  che 
io  la  imiti  nella  cera  di  casa  mia,  e  me  la  ritinga  all'  italiana, 
sarò  riconoscente.  Dai  milioni  di  libri  tirare  a  se  un  solo  lettore 
è  miracolo  :  ed  è  giusto  che  sia  miracolo  dei  veri  libri. 

Intorno  a  coloro  che  trovarono  il  Monte  del  Paradiso 
e  che,  giunti  alla  radice,  videro. 

Ai  tempi  del  signore  Nersete,  clajese,  luminoso  maestro  di 
armeni,  e  pontefice,  sei  consenzienti  fratelli  andarono  alla  parte 
di  oriente    per  sei  anni,    implorando  dal    Signore  ad  ogni    ora  in 


(1)  Benché  vorrebbe  sperarlo  il  march.  De  la  Grange  che  pubblicò 
VHugues  Capet  (p.  xlix)  :  Ce  que  dit  notre  poete  de  Beuve  voi  de  Tarse 
pourrait  hien  renfermer  une  allusion  à  des  événements  aìors  récents. 
Geoifroi  de  Paris,  dans  sa  rronique  métrique,  ouvrage  de  la  première  niot- 
tié  du  XIV  siede,  dit  som  l'an  1306  :  Gel  an  pist  le  roy  d'Ermenie  | 
Au  BOY  DE  Tarsse  grant  AIE  |  Encontre  les  paiennes  henz  etc. 

(2)  Varkh  srboz'  h'aranz'.  /  Venetik,  1855,  I,  348.  Non  dico  altro 
intorno  a  queste  vecchie  tradizioni  annone,  dovendo  altrove  parlarne 
più  a  hingo. 


(5)  COSE    ARMENE  573 

preghiere  di  giungere  essi  ai  sicuri  campi  del  Paradiso,  presso 
alla  radice  del  monte.  Ed  incontrarono  un  monte  terribile  e,  sei 
anni  andarono  per  quella  salita  :  ora  spirava  loro  odore  di  im- 
mortalità, e  nierayigliati  se  ne  empirono  e  si  invigorirono.  3Ia 
uno  di  loro  dice  :  me  ne  ritornerò  e  narrerò  al  mondo  queste 
impareggiate  delizie.  Dicono  a  lui  :  sai  tu  (*),  ma  noi  qui  resteremo. 
E  andossene  solitario  colui  per  molti  travagli,  e  annunziava  il 
campo  veduto  tutto  fiorente  e  di  immortale  olezzo,  che  è  al  pie' 
del  Paradiso.  E,  sentendo,  incredibile  dicevano  quello  che  veniva 
raccontato  da  lui.  Egli,  come  vide  che  a  nessuno  faceva  prò,  e 
per  conto  dei  fratelli  da'  quali  s'era  diviso,  e  privatosi  di  quel 
campo  fragrante  piaiigeva  sconsolato  e  nuU'altro  diceva  :  ne  ces- 
sante dalle  lagrime  lo  vide  nessuno  finché,  consumata  l'orbita  (^) 
dell'occhio,  glielo  offuscavano  le  lagrime. 

E  [a  lui]  andando,  codesto  raccontarono  al  grande  maestro 
Nersete  :  ed  egli,  chiamato  a  se  quel  solitario,  chiese  da  lui  con 
iscongiuro  le  cagioni  delle  lagrime  che  non  cessando  e  a  più  non 
posso  versava.  E  dice  :  sei  fratelli  andammo  per  sei  anni  alla 
parte  di  oriente  e  incontrammo  un  monte,  sul  quale  andammo 
sette  anni  allo  insù  :  ora  vi  spirava  odore  ineffabile  e  ne  bevemmo 
meravigliati,  dimenticando  ogni  cura,  e  che  fossimo  in  corpo.  — 
E  comparso  un  angelo  del  Signore  disse  :  il  Paradiso  di  sopra  a 
questo  monte  se  ne  sta,  e  viene  di  là  l'olezzo:  ferniatevi  qui  fino 
al  terminare  del  mondo  e  al  giorno  del  giudizio,  e  [allora]  entra- 
tevi ;  e  da  ora  in  poi  ]ion  vi  stringono  pene  del  corpo,  non  fame, 
né  sete,  né  morbo,  né  morte.  E  dico  io  :  orsù  andiamo,  diciamo  alla 
terra  quello  che  vedemmo  e  udimmo  e  [gli  uomini]  ne  avranno 
prò  :  ma  quelli  non  vollero.  Ed  io  venendo  narrai  e  come  no- 
velle le  reputano  :  e  perché  lasciai  i  fratelli  miei  e  il  frutto  delle 
mie  fatiche,  cessare  non  posso  dal  piangere. 

E  questo  iscrisse  il  santo  Nersete,  nel  mezzo  alla  testimo- 
nianza di  [quei]  fatti,  e  predicava  a  tutti. 

Il  commento  che  facessi  adesso,  gettato  appena  l'occhio  sul 
libro  armeno,  sarebbe  più  corto  che  la  tradizione  non  meriti  e  che 
io  non  voglia.  Riserbo  dunque  ogni  cosa  o  per  me,  o  per  chi  voglia 


(1)  Du  (jidfx.  È  il  aù  ò'Itj  fU'l  vangelo:  pc)is((ri  in  dircblìc  il  Diodati. 

(2)  Zk((p  akau  nora. 


574  E.    TEZA  (6) 

o^oderne  :  e  intanto  rimando  ad  uno  scritto  del  sic;nor  Ed.  Coli, 
intorno  al  Pann/iso  ferrcsfre  (/(nitesco  (Firenze,  1897)  che  può  e 
soddisfare  molti  curiosi  ed  altri  invogliare  (i). 


III. 


L'avidità  dei  mercanti,  Tinquieto  braccio  dei  soldati,  1'  ardi- 
mento dei  navigatori  riaccostano  i  lontani,  versandovi  oro  e  sangue  ; 
ma  e'  è  conquisto,  non  macchiato  di  brutture,  anche  degli  inna- 
morati delle  cose  nuove,  che  lontano  guardano  nello  spazio,  e 
lontano  nel  tempo  gettano  un  raggio  che  non  si  spenge,  finche 
ne  duri  nei  libri  la  memoria. 

Quello  che  nelF  ottocento  è  proficuo  traffico  di  molti  e  me- 
diocri e  miseri  intelletti,  era  nel  trecento  singolare  pregio  di  pochi, 
ne  cupidi,  nò  pigri  :  serbavano  gli  annali,  e  i  (jiornit//\  delle  cose, 
delle  grandi  e  delle  piccine,  nella  chiesa  e  nella  città,  nelle  arti 
di  pace  e  nei  maneggi  di  guerra,  nei  confini  di  una  repubblica 
0  di  un  regno,  quanto  pareva  stendersi  il  mondo.  Ne  allargava 
i  confini  la  vivacità  dell'occhio,  la  intensità  del  volere,  l'aiuto  del 
caso  ;  ma  di  questi  soccorsi  non  profittava,  di  quell'acume  non  go- 
deva che  il  volere,  onde  più  meritata  a  quei  fortunati  e  forti  è 
la  lode  e  la  riconoscenza.  Anche  per  quelle  parti  che  più  squi- 
sito esame  trovò  manchevoli  od  errate,  il  sospetto  risvegliò  la  prima 
guida,  e  bisogna  tenerne  conto  :  sospetti  potrebbe  risvegliare  anche 
adesso,  o  scavare  la  verità,  di  nuovo  sepolta  sotto  migliaia  di  vo- 
lumi, una  voce  lontana  e  una  mano. 

Dall'Italia  all'Armenia  la  voce  è  lontana  e  forse  ci  illude  ; 
ma  bisogna  sentirla  :  e  ad  ogni  modo  va  lodato  Giovanni  Villani 
che,  nella  quiete  e  nei  tumulti  della  sua  Firenze,  arresta  e  poi 
svolge  la  penna  anche  alle  notizie  pellegrine  che  venivano  da  ol- 
tremare, registrando  i  fatti  degli  e  un  ini  :  li  rammentava  nell'  ul- 
tima caduta,  non  conoscendone  o  indovinandone  la  potenza  antica, 
ma  perchè;    dopo  le  crociate,  dei  bai  bari  di  una  volta  erano,  in- 


(1)  Mi    spiace  che,  per  uno    scorso  di  penna,  i  v(>rsi  francesi   di  una 
leggenda  (pag.  144)  sieno  detti  provenzali. 


(7)  COSE    AllMENK  575 

sieme  agli  arabi  ed  ai  turchi,  i  più  noti.  Non  veggo  che  nelle  cro- 
nache del  Villani  si  attingesse  nell'oriente  fra  i  dotti,  e  amo  qui 
di  registrare  pochi  versi  a  riscontro  delle  notizie  che  ci  dà  di 
Cilicia,  nella  sua  istoria,  il  p.  Michele  Ciamcianz  {^)  ;  e  ognuno 
vedrà  che  questa  mia  è  un'  astuzia,  poco  sottile,  per  dipingere  non 
tanto  i  tempi  e  gli  uomini  di  quella  costiera  quanto  lo  stile  di 
uno  scrittore  che  non  siamo  usi  a  contemplare  nella  sua  pienezza. 
Prendo  le  mosse  dagli  ultimi  anni  di  Leone  quinto.  Anche 
nelle  tradizioni  di  chiesa  l'amore  alla  nazione  divampa  con  forza 
in  oriente  :  lo  straniero,  benché  sottile  giudice,  pare  inetto  e  pro- 
tervo :  somiglia  al  tristo  anche  il  buono  ;  e  non  è  mai  atto  uè  di 
prudenza  uè  di  pietà  vera  l'agitare  le  coscienze.  L'unità  è  germe 
che  di  dentro  si  svolge  in  questa  pianta  viva  di  un  popolo  che 
da  sé  pensa  e  sente,  prega  e  canta.  Con  libertà  discorre,  da  fe- 
dele armeno,  il  p.  Michele  :  se  getta  acute  frecce,  da  frecce  acute 
vedeva  trafitti  molti  de'  suoi  ;  ne  la  teologia  usò  in  nessun  tempo 
essere  scuola  di  placidi  sentimenti  e  di  affettuose  parole.  E  scusa 
a  tutti  l'aversi  fatto  un  ritratto  della  verità,  e  quello  adorare,  in 
ogni  altra  immagine  vedendo  idolo  profano  e  sozzo  da  abbattere. 

[1337J  Ma  ecco  giungere  nuovamente  dimolte  bande  di  egi- 
ziani nella  Cilicia  :  e  re  Leone,  non  essendo  presto  a  far  nulla, 
venne  ad  un  forte  castello  :  e  visto  che  di  giorno  in  giorno  sca- 
deva quella  terra,  sotto  la  spada  e  la  schiavitù,  spedì  messaggeri 
a  Mejlik  Nasr  e  da  lui  chiese  con  istanza  riconciliarsi  nella  pace. 
Spedì  messaggeri  anche  Nasr  e  fece  risposta  :  "  non  accetto  punto, 
dice,  la  tua  richiesta  se  con  giuramento  tu  non  mi  prometta  non 
fare  più  mai  uè  ambascerie  né  corrispondenze  con  le  nazioni  di 
ponente.  „  Leone  re,  perché  alle  strette,  dovette  giurare  sopra  il 
santo  vangelo  davanti  ai  messi  dell'emiro  ;  e  da  allora  per  quasi 
tre  anni  il  paese  riposò. 

[1339]  Ma  poiché  Leone  re  cominciò  di  nuovo  a  fare  segrete 
corrispondenze  col  santo  Padre,  e  con  altri  degli  occidentali,  e  se 
ne  accorse  l'emiro  egiziano,  molto  se  ne  adirò  :  e  mandò  eserciti 
di  sedici  mille  cavalieri  a  mettere  in  preda  la  Cilicia.  Giuntivi 
costoro,  operarono  guasti  assai,  e  distrussero  dal  fondamento    se- 


U)  Che  trascriverei,  come  sono  uso  a  ridare  i  sei,nii  armeni,  Cumi-eanz' . 


576  E.    TEZA  (8) 

dici  borgate  :  poi,  raccolto  il  bottino,  se  ne  dipartirono.  Da  allora 
non  potè  più  Leone  fare  apertamente  ambasciate  agli  occidentali  e 
solo,  per  mezzo  di  latini,  annunziò  in  secreto  al  Papa  il  suo  pe- 
ricolo, chiedendone  aiuto. 

[1340J  Facendosi  codesto,  cadde  discordia  tra  i  principi  ed  i 
vescovi,  ed  ancora  tra  il  re  e  Jacopo  il  patriarca  ;  poiché  una  metà 
di  loro  insisteva  non  si  facesse  punto  corrispondenza  con  gli  oc- 
cidentali :  "  che  ecco,  dicevano,  per  questa  ragione  fummo  di- 
strutti „  :  e  una  metà  a  ciò  contrastava.  Prendendo  forza  code- 
sta disputa,  e  sorgendo  anche  altre  varie  provocazioni  da  uomini 
calunniatori,  s'aggravò  il  fatto  tra  re  e  patriarca  :  e  più  e  più  ri- 
scaldandovisi,  questi  fece  rimproveri  al  re,  e  lo  minacciò,  onde 
istizzito  il  re  lo  cacciò  dal  seggio  della  sua  signoria,  dopo  che  era 
rimasto  nel  patriarcato  quattordici  anni. 

[1841]  Mechitar,  detto  pure  don  Mèchik,  dalla  provincia  di 
Jerenciach,  dal  villaggio  di  Khér'ni  ('),  sedette  patriarca  in  luogo 
di  Jacopo.  Nei  giorni  di  lui  in  grande  diffusione  si  vedevano  gli 
IJnitori  [e  quali  fossero,  vedi  al  capitolo  40  del  libro  Yo].  Loro  capo 
fu  Giovanni,  dottore  chernese,  discepolo  di  Isaia,  dottore  neciese. 
Questi,  come  portato  in  alto  da  buoni  pensieri,  molti  vi  eccitava 
e  vi  sollevava,  e,  quasi  scoperta  novella  miniera,  fondò  una  no- 
vella compagnia,  presala  dall'ordine  di  san  Domenico.  Aumentando 
il  numero  di  costorO;  e  tentando  essi  di  guidare  la  nazione,  mos- 
sero confusione  indicibile  ;  che  dispregiando  ogni  rito  di  armeni, 
e  contando  per  nulli  i  loro  sacramenti  del  battesimo  e  della  con- 
fermazione, come  pure  1'  ordine  del  sacerdozio,  s'  adoperarono  a 
battezzare  di  nuovo  ed  a  cresinuire  gli  armeni  e  un'altra  volta  ad 
imporre  le  mani  sui  loro  preti  :  e  costrinsero  tutti  a  tramutare  i 
propri  riti  in  quelli  dei  latini,  voltandosi  alla  latinità  ;  onde  forte 
tumulto  vi  nacque  contro  loro,  in  mezzo  alla  nazione,  per  ogni 
luogo  :  e  non  poco  tempo  durò.  Ma  già  non  durarono  costoro,  per- 
chè via  via  indebolendosi  diminuirono  ;  e  nei  giorni  nostri  del  tutto 
disparvero,  e  divennero  come  quelli  che  non  sono. 

Accadde  a'  giorni  di  Mechitar  il  patriarca  che  loro  si  ac- 
costarono due,  quasi  zelanti  servitori  del  demonio  ;  de'  quali  l'uno 
era  chiamato  Nersete  Palienz,  o  Nersete  Paghun,  come   fosse  ve- 


(1)  Il  Saint-Martin  {Méinoires  hist.  et  géogr.  P.  1819,  I,  505)  scrive 
K'herna^  rille  de  taprorince  (VÉrendrìiag.  —  Klir'ni  fa,  nel  gon.  Khr'nas 
(da  leggere  kììernù). 


(9)  COSE    ARMENE  577 

SCOVO  di  Urmia,  e  l'altro  Simeone  Pèk,  detto  vescovo  di  Garin  : 
questi  in  isconipiglio  misero  la  pace  della  nazione  colle  loro  eresie, 
onde  furono  cacciati  dagli  armeni.  Simeone  fuggì  in  Cipro  e  al- 
trove fuggì  Nersete. 

[1841]  Come  udì  Nersete  che  Mechitar  sedeva  sul  trono  pa- 
triarcale, in  gran  fretta  venne  a  lui,  perchè  sperava  voltarlo  alla 
parte  sua  ;  ma  Mechitar  il  patriarca,  esaminate  le  opere  e  le  pa- 
role di  lui,  che  già  da  principio  conosceva,  lo  allontanò  con  ana- 
temi dalla  comunione  della  chiesa,  come  calpestatore  di  ogni  legge. 
Irritato  da  codesto,  andò  alla  città  di  Avignone,  dove  sedeva  allora 
il  santo  Padre  Benedetto  [XTI]  e  calunniava  la  nazione  armena 
con  gravissime  e  maliziose  parole,  sforzandosi  mostrare  che  sono 
gli  armeni  pieni  di  errori  :  e  le  stesse  cose  aveva  scritto  già  prima, 
concorde  con  lui,  anche  Simeone.  Stavano  a  quel  tempo  in  queste 
parti  alcuni  dell'ordine  degli  Unitori,  tra  quali  alcuni  latini  igno- 
ranti che  si  vantavano  essere  esperti  delle  [cose]  orientali.  Tutti 
questi,  sotto  la  guida  di  Nersete,  composero  discorsi  fantastici  e 
bugiardi,  e  tutto  raccolsero  in  un  libricciuolo,  mettendovi  in  prin- 
cipio i  cento  e  diecisette  errori  della  chiesa  armena  :  poi  lo  of- 
frirono al  santo  Padre,  e  questi  lo  mandò,  insieme  con  una  let- 
tera, a  Mechitar  il  patriarca,  ed  a  re  Leone. 

[1342]  Allora  grande  concilio  si  riunì  di  vescovi,  di  dottori, 
e  di  preti  nella  città  di  Sis,  e  misero  in  disputa  tutte  le  calunnie  che 
stavano  in  quel  libricciuolo  :  poi  scrissero  una  per  una  le  risposte 
in  opposizione,  chiaramente  mostrando  che  quei  discorsi  sono  baie 
di  intelletti  pervertiti  e  scempiaggini  di  delatori  e  di  sicofanti. 
Messa  ogni  cosa  in  iscritto  la  spedirono  al  santo  Padre  che,  leg- 
gendo, fu  lieto  assai.  Ma  in  quell'anno,  prima  che  il  concilio  si 
adunasse,  re  Leone  morì,  stato  nella  signoria  ventun'  anno. 

(Parte  YI,  capitolo  XXIY).  —  [1342]  Giovanni  Pajl,  che  è 
detto  anche  Civan,  quegli  al  quale  posero  nome  Costantino  terzo, 
nipote  del  re  di  Cipro,  latino  di  padre  ed  armeno  di  madre,  nato 
di  Zablun  figliuola  di  Leone  III,  fratello  di  Guido  Serghis  (i)  (che 
abbiamo  già  rammentato  nel  capo  precedente)  fu  scelto  ed  unto 
re  degli  armeni  in  luogo  di  Leone  Y,  poiché  Leone  non  aveva 
figliuolo,  ne  fratello.  Questo  Giovanni  re  era  dappoco,  e  riottoso, 
e  sprezzatore  della  nazione  armena  ;  il  quale,  audace  in  opere  jn- 


ll)  Più  usato  è  dir  Sargis  (cioè  Sarghis)  al  nostro  Sergio. 


578  E.    TEZA  (10) 

dejs^ne,  molto  fece  da  spiacere  a'  principi  e  ai  suoi  soldati  :  tra- 
sformò ancora  la  sua  reggia  in  modo  sconcio,  abietto,  ed  egli  se  ne 
stava  punto  sollecito  ad  aver  cura  del  suo  popolo. 

Oltre  a  tutto  questo  mandò  ordine  severo  che  tutti,  rinun- 
ziato all'armenità,  si  diportassero  alla  occidentale  in  ogni  cosa.  A 
questo  suo  fatto,  non  più  tollerandolo  i  soldati  armeni,  si  levarono 
contro  a  lui  e  lo  ammazzarono,  poi  che  egli  era  stato  nel  regno 
un  anno. 

[134B]  Guidone,  il  quale  e  si  chiama  Ghidon,  ed  anche  Siirghès 
0  Sergio,  fratello  di  Giovanni  Civan,  che  governava  la  terra  di 
Achaja,  per  consiglio  dei  principi  armeni  invitato,  sedette  re  in 
luogo  del  fratello  suo  (i).  Come  udirono  gli  egiziani  [e  i  babilonesi] 
lui  regnare,  ed  anche  il  decadere  della  signoria  armena,  nuova- 
mente facendo  leva  corsero  a  rapire  il  paese  di  Cilicia.  Guidone, 
trovatosi  male  preparato,  e  non  potendo  a  nessun  modo  loro  re- 
sistere, si  diede  alla  fuga  e  si  ricoverò  in  una  rocca  (-).  /  nemici 
perietrafi  dentro  tilla  ferra  molti  danni  ri  fecero,  ma  poi  se  ne 
andarono. 

[1344J  E  al  venire  dell'altro  anno  soppraggiunsero  tristi  sche- 
rani e  fecero  aspre  percosse  nella  Cilicia  ;  ne  e'  era  chi  uscisse 
contro  a  loro,  a  combattere  con  ordine  ;  che  i  principi  armeni, 
che  si  trovavano  nella  terra  di  Cilicia,  erano  scorati  e  stanchi,  nò 
avevano  fidanza  nel  re  loro,  ma  come  se  a  straniero  guardassero, 
lo  detestavano  ;  e  per  di  più,  in  discordia  tra  loro  ed  in  ispecie 
per  causa  del  loro  dissentire  nelle  cose  della  religione,  senza  posa 
litigavano  e  battagliavano  :  e  parecchi  tra  loro  di  giorno  in  giorno 
si  dispersero  via  dal  paese,  e  in  luogo  loro  parenti  latini  dei  re 
armeni    signoreggiavano  per    le  città    e  per    i  castelli    (■^).     Onde 


(1)  [Colta  allora  la  opportunità  il  Cantacuzeno,  conio  egli  stesso  rac- 
conta (libro  III,  capo  49),  si  dirizzò  all'Acaja  e  si  insignorì  della  terra  di 
Guidone;  ma  dopo  qualche  anno,  esso  Cantacuzeno,  rinunciato  all'im- 
pero, monacò  ed  ebbe  il  nome  di  Griosafatti»]. 

(2)  [e  mandò  messaggeri  a  papa  Clemente  (sesto),  con  istanza  invo- 
cando gli  procurasse  soccorso.  Il  papa  indirizzò  quegli  ambasciatori  a 
Filippo  (VI)  re  dei  francesi  e  ad  Eduardo  (III)  re  dogli  inglesi  ;  ma  ben- 
ché (luesti  promettessero  a  parole  dimolte,  nell'opera  non  fecero  nulla, 
perchè  stavano  guerreggiando  tra  so,  come  a  lungo  scrive  RenaldoJ. 

(3)  [Di  nuovo  mandò  Guidone  ambasciatori  al  papa,  e  invocando  aiuto, 
promettendo    mostrare  ogni  cura    per  conservare  soggetti    e  concordi  in 


(11)  COSE    ARMENE  579 

neirarrrescers}  e  ììioliipìicnrd  elei  latineg giani i  cominciò  re  Guidone 
a  costringere  con  violenza  hi  nazione  a  condursi  in  tuffo  alla  la- 
tina (1). 

Ciò  vedendo,  altri  fra  i  principi  ammonivano  Guidone  e  lo 
eccitavano  a  serbarsi  guardiano  della  nazione  e  ad  averne  cura, 
fermo  al  suo  posto,  non  ad  altre  cose  ricorrendo,  delle  quali  non 
erano  pratici  :  in  memoria  recandogli  la  morte  del  fratello  che, 
per  il  suo  procedere  a  questo  modo,  era  stato  ammazzato.  Ma  poi, 
al  vedere  lai  fatto  caparbio,  e  come  gli  disprezzava  si  levarono 
contro  a  lui,  e  appunto  come  il  fratello  suo  lo  trucidarono,  stato  nel 
regno  due  anni. 

Questo  è  il  racconto  che  il  p.  Michele  compendiò  nel  1811, 
sfrondando  il  libro  che  con  maggiore  copia  di  fatti,  di  giudizi,  di 
parole,  aveva  compito  molti  anni  prima.  Per  mettere  a  riscontro 
l'arte  usata  dal  mechitariano  nel  doppio  suo  ufficio,  lascio  vedere, 
per  quello  che  riguarda  il  regno  di  Guido,  che  cosa  si  trovi  o 
manchi  nell'opera  minore  e  nella  maggiore  (-). 


ogni  cosa  gli  armeni  con  la  chiesa  di  Roma.  Sorissegli  il  papa  risposta, 
lodandone;  gli  sforzi  e  "  se,  gli  dice,  del  tutto  tarai  sparire  dal  tuo  regno 
gli  errori,  dei  quali  senza  posa  alcuni  fanno  accuse  davanti  a  me,  spe- 
riamo nel  Signore  che  senza  cessare  ci  resti  la  visita  di  Dio,  e  la  nostra.  „ 
E,  come  è  scritto  nell'istoria  di  Nersete  Palienz,  il  papa  promise  dare, 
di  anno  in  anno,  dodici  mila  ducati  d'oro,  e  mille  cavalieri  :  e  fino  a 
tanto  che  sentì  stare  l'Armenia  ferma  nella  lealtà,  adempì  la  sua  promessa. 
Erano  sorti  in  quel  tempo  in  occidente  alcuni  eretici  monaci,  chia- 
mati i  Fraticelli,  che  s'armavano  incontro  alla  potestà  spirituale  del  santo 
Padre,  e  dicevano  "  è  cessata  la  signoria  sacra  della  sedia  apostolica  ed 
in  noi  trapassò  per  volontà  di  Dio  „  ecc.  ecc.  Alcuni  di  loi'o  venuti  in 
oriente,  nell'Armenia  maggiore  e  nella  Persia,  cominciarono  a  seminare 
anche  colà  le  loro  eresie  e  si  consigliava  a  cacciarli  via.  Avuta  notizia 
di  ciò  il  sommo  pontefice  Clemente  scrisse  una  lettera  di  ammonimento 
in  Armenia  maggiore  ai  vescovi,  e  a'  dottori,  e  a  monaci,  e  a'  principi 
civili,  dove,  dopo  lodata  la  fedele  sottomissione  alla  sede  di  Roma,  gli 
esorta  a  guardarsi  dagli  eresiarchi.  Le  stesse  cose  scrisse  anche  a  tutti  gli 
altri  orientali  e  diede  loro  facoltà,  se  bisogno  ci  fosse,  di  punire,  con  giu- 
dizio civile,  quei  satelliti  del  demonio]. 

(1)  [Dopo  di  ciò  nel  crescere  novellamente  del  commercio  di  lettere 
col  santo  Padre  e  insieme  fatte  maggiori  le  esortazioni  di  re  Guidone, 
molti  tra  gli  armeni,  che  abitavano  la  Cilicia,  da  allora  in  poi  in  ogni 
cosa  cominciaroìio  a  vivere  latinamente  e  a  costringervi  gli  altri]. 

(2)  Di  questa  sono  le  frasi  chiuse  in  parentesi  riquadre,  di    quella   i 


580  E.    TEZA  (12) 

Anche  il  nome  del  re,  nome  germanico  nelle  origini,  e  diffuso 
per  opera  del  latino,  si  oscura  un  pocolino  nelle  tradizioni  di 
oriente.  Restano  assieme  i  due  aspetti  che  ce  lo  presentano  di 
Guido  e  di  Guidone  (/),  e  quanto  all'  iniziale  non  è  chiara  testi- 
monianza il  vederne  la  lettera  nello  scritto  (-)  :  poi,  crescendo  le 
difficoltà,  il  sire  Guido,  le  sire  (rìi/de,  parve  tramutato  aimenia- 
mente  e  dal  padre  Michele  riaccostato  al  Sergio  dell'occidente  (•^). 

Feci  una  lunga  girata  per  venire  al  nostro  Villani,  ed  ecco 
come  il  fiorentino  mostra  Tuomo  e  le  sue  parentele,  costringendoci 
a  nuove  ricerche  : 

(Lihro  Xri,  capo  XL).  —  ''Nel  detto  anno  1844  11  re  d'Er- 
minia, il  quale  avea  per  moglie  la  figliuola  del  prenze  di  Taranto 


luoghi  stampati  in  corsivo.  —  CtV.  Piifiiuifhinn  Haj()z\  i  Vanitile,  1786, 
voi.  Ili,  pag.  348,  e  Chrarhc'aìì  p  itni.^ì  Ven.  1811,  pag.  8(i4.  —  Di  questo 
ultimo  libro,  cioè  del  compendio,  c'è  anche  una  versione  inglese,  fatta 
(la  un  armeno  nell'India,  e  che  non  gira  molto  nelle  librerie  di  Europa  : 
Hifìtorij  of  Annenia  b//  p.  Mì'-Jiael  Cliaiuirh^  fraushifcfì  !>//  Johannes 
Avdall.  Calcutta,  1827  (Vedi  nel  volume  II,  da  pag.  294  e  seg.).  Questa 
traduzione  che  muove  più  libera,  meno  servile  della  mia,  ne  è.  appunto 
per  questo,  migliore  ;  ma  io  volevo  mostrare  come  scrive  il  p.  Michele, 
quanto  la  varietà  delle  due  lingue,  e  le  al)itudini  letterarie  delle  due  na- 
zioni lo  permettono. 

(1)  Che,  per  altre  ragioni,  a  noi  suona  così  sgradito.  Rammento  il 
dolore  di  un  dotto  amico  mio  perchè  un  valente  latinista,  un  altro  amico, 
voleva  in  un  lieto  giorno  di  nozze  scrivergli  lieti  versi  ad  Guidoneiii. 

(2)  Se  leggiamo  all'  occidentale  si  avrà  Cuidon,  (Jhidon  [ma  a  pag. 
825  dice  Chiìdon],  (7/«V/ ;  se  all'orientale  (rìiifon,  Chiton  {(rhiifon,  p.  32ó], 
Khit  ;  ma  forse  sono  da  mescolare  le  due  maniere  di  trasei'izione,  e  lag- 
giù usavano  dire  Guidon  o  Ghid. 

Il  Civan  non  è  che  il  Juan  de'  francesi,  come  si  sentiva  sulle  coste 
di  Cilicia. 

(8)  Le  parole  del  p.  Michele  (  III,  825,  32)  sono  :  "  E  quando  morì  la 
moglie  di  (hiitone,  senza  figliuoli,  egli  prese  la  figliuola  di  Siirf/liianos^ 
uomo  d'oriente  ;  donde  anch'esso  Guitone  è  chiamato  Siirfjhés  nella  Storia 
del  Cantacuzeno.  „ 

Notò  da  un  pezzo  il  piccolo  errore  il  Brosset  (Hist.  du  Bas-empire 
PAR  Lkbau.  Par.  1886,  voi.  XX,  pag.  ^AO)  :  ""  Sù-[/his  n'est  point  derive  de 
Sirghianne,  mais  la  représentation  en  (jrec  da  mot  Gn//,  précède  du  titre 
onorifique  sir.  —  L'Avdall  (II,  298)  dice  Hurnamed  Si/rr/ius  or  Sarkies. 

Quauto  a  Zablan^  cioè  Isabella,  sappiamo  che  è  la  sorella  di  Hethun 
III  (Lebean,  XX,  510). 


(18)  COSE    AEMENR  581 

e  della  Morea,  e  nipote  del  re  Roberto,  per  amore  della  moglie, 
si  dilettava  coi  baroni  e  cavalieri  latini,  che  più  gli  piaceva  i  loro 
costumi  che  quegli  degli  Ermini,  e  quanta  buona  gente  di  ponente 
capitava  in  sua  corte  gli  riteneva  a  suo  soldo,  chi  a  cavallo,  chi 
a  piedi  ;  per  la  qual  cosa  i  baroni  ermini  per  invidia  ordinarono 
tradimento  e  uccisono  il  detto  loro  re.  E  ancora  ci  ebbe,  e  fu 
grande  cagione  della  sua  morte,  che  il  papa  per  suoi  collegati  gli 
avea  promesso  sussidio  e  aiuto  alla  difensione  de'  saracini  e  "ì  re  di 
Francia  più  tempo  dinanzi  prese  la  croce  e  promise  di  passare 
oltremare  al  conquisto  della  terra  santa,  e  ciascuno  de'  detti  si- 
gnori tennono  al  continuo  in  vana  speranza  il  detto  re  d'  Erminia 
e  i  suoi  baroni  e  ciascuno  gli  fallì,  cioè  il  papa  e  il  re  di  Fran- 
cia, e'  saracini  corsono  tre  volte  l'Erminia  con  grande  danno  del 
paese  ;  e  peiò  i  baroni  del  paese  si  sdegnarono  contro  al  detto  re 
e    l'uccisono.  „    ^ 

Il  quadro,  sotto  questa  mano,  rimuta  non  solo  il  disegno,  ma 
il  colorito  ;  ne  è  facile  il  dire  che  lineamenti  ritragga  al  vivo.  Qui 
la  moglie  ha  parte  negli  eccitamenti,  che  non  si  vedeva  :  e  lo  zelo 
di  chiesa  parrebbe  meno  ardente  di  quello  che  muove  gli  affetti 
dei  cortigiani.  E  chi  è  quella  donna  ?  Anche  il  p.  Leonzio  Alishan, 
dando  sulla  bilancia  il  peso  del  suo  giudizio,  benché  appena  lo 
accenni,  vede  in  lei  la  figliuola  di  uno  dei  grandi  fra  i  bizantini  ('), 
e  il  Villani  invece  vorrebbe  si  cercasse  nella  stirpe  feconda  degli 
angiovini.  Quel  nipote  di  re  Roberto  deve  essere  Filippo,  e  come 
lo  dicevano  allora,  1°  di  Sicilia,  principe  di  Taranto  e  di  Achaja, 
uno  dei  figliuoli,  e  propriamente  il  quarto,  di  Carlo  IL  Se  dessimo 
retta  solamente  a  Tristano  Caraccioli  nei  suoi  opuscoli  (-),  si  toc- 
cherebbe il  segno,  perchè  egli  afferma  che  ex  fìì/ahiis  prima  fiiif 
EE&iNA  Armeniae,  secHuda  Giiaìterii  Brennae  Afhennrmn  ducis  ; 
laddove,  se  ricorriamo  ad  altre  autorità,  e  citerò  solo  il  p.  Ansel- 
mo (3)  ed  il  Ducange,  da  quel  primo  letto  Filippo  ebbe  tre  figliuole, 
ma  nessuna  che  andasse   in  Cilicia  :  Margherita  sposa,    come  ve- 


(1)  Nell'opera  sua  detta  Sisuan  (Veii.  1885,  pag.  543^)  :  "  Ki  o  Kit... 
morto  il  17  nov.  13M.  Sua  moglie  N.  N.,  figliuola  di  Sir  Sian,  principe 
greco.  „ 

(2)  Opuscuìa  historica  :  in  Muratori  S.  R.  Ital.  XXII,  109. 

(3)  Histoire  généalogique.  Paris,  1726^,  I,  507  e  seg. 


582  E.    TEZA  (14) 

demmo,  Gualtieri  VI  di  Brienne,  Bianca  passa  alle  nozze  di  Rai- 
mondo-Berengario di  Arrag-ona,  e  l'ultima,  la  Maria,  non  ha  marito. 
C  è  poi  anche  un  secondo  letto  :  s'  accordano  le  tre  autorità  a 
citare  Margherita,  che  sposa  Eduardo  di  Scozia  e,  morto  lui,  Fran- 
cesco de  Beaux,  e  un'  altra  Maria  che  non  arriva  a  nozze  :  ma 
così  il  p.  Anselmo  come  il  Ducange  aggiungono  Giovanna,  detta 
Irene  da'  Greci,  che  sposa  re  Leone  I  e  poi  Leone  II  di  Cipro. 
E  dove  è  la  moglie  di  Guido  ?  (i)  Chi  errava,  in  questi  intrecci 
delle  due  famiglie  ?  Giovanni  Villani  o  irli  altri  annalisti  ? 


IV. 


(Quando  un  libro  scritto  nell'armeno  popolare  manchi  di  brio, 
di  rapidità,  di  forza,  lo  scrittore  ostinato  o  il  poco  esperto  lettore 
ci  rispondono  che  la  colpa  va  tutta  gettata  sulla  lingua  :  quel  po- 
vero volgare  non  sa  fare  di  più.  Se  la  casa  non  si  regge,  o  se 
non  rallegra  l'occhio  di  chi  guarda,  s'hanno  a  biasimare  i  mattoni  ! 

Con  le  allegre  conversazioni  che,  sgorgando  libere  e  piene 
le  parole  di  tutti  dalla  bocca  di  un  solo,  si  fanno  ad  una  tavola 
di  amici,  non  si  compone  la  scena  solenne  di  un  dramma  ;  coi 
battibecchi  attorno  ai  patti  della  pigione  non  si  fa  l'arringa  focosa 
di  un  oratore  ;  con  le  placide  chiacchiere  dei  promessi  sposi  non 
si  intuona  un  inno  all'Amore.  Ma  la  scena,  l'arringa,  l'inno  delle 
stesse  parole  si  appagano,  le  intrecciano  senza  smozzarle,  a  quelle 
membra  stesse  che  paiono  morte  danno  la  vita. 

Deve  r  intrecciatore  avere  per  la  sua  ghirlanda  fiori  di  colore 
vario,  di  varia  forma,  ma  di  una  sola  freschezza  ;  non  può  alla 
rosa  che  s'  apre  agli  olezzi  legare  le  viole  appassite,  al  gambo 
vivo  di  un  garofano  accostare  il  fil  di  ferro,  fasciato  in  un  foglio- 
lino  verde,  che  regge  una  ingannatrice  gardenia  di  cencio.  Deve 


(4)  Il  nome  non  ingannerà  certo  un  disattento  lettore  di  alberi  ge- 
nealogici. Roberto  figlio  di  Filippo,  e  che  sarebbe  fratello  di  quella  donna 
che  veniamo  cercando,  sposa  (come  dice  il  p.  Anselmo,  1.  e.)  Marie  de 
Bourbon,  veuve  de  Guy  de  Lezifjnen  .  .  .  fils  ahié  de  Iluf/ues  IV  voij  de 
Chìjpre. 


(15)  COSE    ARMENE  583 

chi  scrive  aver  le  chiavi,  non  arrugginite,  del  suo  tesoro  ;  ma  che  sia 
tesoro  ad  un  tempo  di  suo  padre,  di  suo  fratello,  del  suo  figliuo- 
lo :  e  tutta  questa  ricchezza  di  parole,  che  vestono  ogni  pensiero, 
se  la  chiami  lingua,  dialetto,  parlata,  come  vorrà,  purché  gergo 
non  sia,  purché  ne  usi  con  libertà,  ma  senza  corromperla.  Ogni 
pianta  che  va  nei  libri  uscì  da  quel  vivaio,  gettò  radice  e  gettò 
rami  :  se  foglie  cadono,  somigliano  a  voce  che  si  spegne  nel  corso 
lontano  delle  sue  ondate,  e  poi  rigermogliano  piene  di  succhio  e  di 
colore,  come  voce  che  all'  altra  fa  eco  con  lo  stesso  vigore,  riper- 
cotendo  lo  stesso  pensiero. 

L'armeno  non  è  un  mostro  :  è  creatura  sane  le  membra  e  le 
giunture,  ordinato  all'  opera  umana,  manifestando  l'energia  che  è 
dentro  alla  sua  anima.  Può,  come  altri,  innamorarsi  della  gloria, 
cercar  di  porre  nei  monumenti  che  durano  il  suo  suggello  :  può  la 
lingua  nuova  avviare  a  nuova  letteratura.  Che  se  egli  ha  un  padre 
illustre,  vecchio  che  fu  già  nuovo  nel  mondo,  può  con  riverenza 
imitarne  ogni  virtù  addormentando  la  sua  ;  fare  il  passo  dove  vede 
l'orma  fitta,  volgere  l'occhio,  Y  orecchio,  la  mano  dove  furono  ri- 
volti, ridestare  la  voce  che  non  è  più,  ripensare  gli  stessi  pensieri. 
Ma  rispetta  gli  altri  chi  non  rispetta  se  stesso  ?  Se  e'  è  amore 
umile  di  figliuoli  che  custodiscono  l'eredità,  non  c'è  fecondo  affetto 
di  padri  che  s'affidano  nell'operosità  delle  generazioni  crescenti? 

Non  si  dica  che  1'  armeno  non  può,  se  gli  armeni  possono. 
L'intelletto  ingenera  e  nutrisce,  spinge  e  guida  le  letterature  :  dove 
è  sano  e  rigoglioso,  ha  opera  rapida,  veemente,  continua  :  dove 
fiacco,  fiacca  :  dove  ammali  a  mezza  la  vita,  la  infetta  tutta  quanta 
e,  morendo,  l'ammazza.  E  l'intelletto  artefice  che,  non  solo  affila  e 
lucida  lo  stromento,  ma  se  lo  batte  a'  suoi  bisogni  in  sull'  incu- 
dine ;  ne  usa  e  ne  abusa  :  e  mostra  pazzia  quando,  magnano  im- 
provvido, si  impunta  a  lisciare  il  ferro  colle  pialle  del   legnaiolo. 

S'alzi  l'uomo,  esca  il  libro  :  non  ardiranno  chiamarsi  maestri, 
e  saranno  davvero  i  maestri.  Se  ad  Eccemiazine,  l'eccemiazinese 
sarà  il  fiorentino  della  buona  letteratura  ;  se  a  Costantinopoli,  il  co- 
stantinopolitano :  la  parlata  di  oriente  o  di  occidente,  ma  tutta, 
senza  perdere  il  suo,  senza  sciuparla  con  brutti  miscugli,  senza 
accettare  regali  che  paiano  cresciuta  ricchezza,  e  con  onesta  cura 
degli  insegnamenti  che  vengono  dalle  lettere  nazionali  dei  secoli 
andati.  Deve  essere  nodo  che  collega,  non  catena  che  prema  :  ed 
è  questa  l'impresa  più  aspra  per  lo  scrittore,  savio  nell'ardimento, 


584  E.    TEZA  (16) 

e  franco  cavaliere  dell'onorando  signore.  I  frondosi  tronchi  latini 
non  aduggino  le  pianticelle  che  si  colgono  liete  al  sole  nei  campi 
novali  di  Firenze  ;  il  gigante  aiccano  non  prostri,  con  la  voce  mi- 
nacciando, con  la  clava  percotendo,  una  stirpe  che  rinnovi  le  glorie 
antiche. 

Dicevo  che  l'armeno  non  è  un  mostro  :  aggiungo  adesso  che 
non  abbiamo  a  tramutarlo  in  un  mostro.  Se  stai  disputando  se  giovi 
dire  io  come  in  Toscana,  )ne  come  in  Romagna,  mi  come  parlano 
nel  veneto,  o  anzi  jó  come  usano  i  ladini  di  Udine,  non  darai 
forma  al  tuo  pensiero  che  duri.  Se  il  canto  omerico  può  sviarti, 
coi  paragoni  e  coi  canoni  che  se  ne  derivano,  assicurati  che  del 
canto  cantato  la  prima  volta  tu  non  sai  più  nulla  ;  e  aggiungi 
che  da  Omero  non  rampolla  la  letteratura  greca  che  usi  studiare 
in  Eschilo  ed  in  Platone,  ma  un'altra,  una  sorella  maggiore  d'anni 
e  minore  di  forza,  che  muore  presto  coi  pronipoti.  Se  rinnovi  il 
dubbio  interrogatore  per  1'  epica  di  Francia,  che  l'ebbe  e  la  per- 
dette, ti  si  rinnovano  le  stesse  risposte.  Gli  ibridi  portano  forse 
molto  peso  e  durano  assai,  ma  non  figliano.  E  l'inglese  ?  dici  tu, 
infervorito  nella  tenzone  :  e  il  persiano  ?  e  il  malese  ?  e  il  turco 
degli  osmanidi  che  abbiamo,  noi  armeni,  tanto  vicino  ?  Il  miracolo 
avviene  nelle  cose  degli  uomini,  se  non  si  fa  in  quelle  di  natura, 
ma  non  c'è  mago  che  lo  evochi,  che  ne  segni  il  codice  nelle  buie 
sue  cifre,  che  lo  prepari,  lo  accompagni  con  gli  incantesimi  :  e 
noi  qui  discorriamo  del  lento  e  ordinato  procedere  che  una  scuola 
di  letteratura  può  ideare,  degli  spiriti  che  possono  assicurarle  la 
vita  :  senza  dire  che,  tolti  via  gli  strani  innesti,  quello  che  c'è  di 
germanico  nell'inglese,  di  ariaco  nel  persiano,  di  oceanino  nel  ma- 
lese, di  tàtaro  nel  turco,  sgorga  da  una  sorgiva  sola  ;  senza  dire 
che,  a  dare  a  Cesare  ogni  minima  particella  che  sia  di  Cesare,  ogni 
lingua  per  quanto  grassa  si  spolpa  e  anche  l'  aiccano,  si  fa  min- 
gherlino da  fare  pietà. 

Chi  spera  nella  tirannia  del  tempo,  è  furbo  cortigiano,  perchè 
di  certo  il  suo  padrone  è  strapotente.  Dai  una  tinterella  al  sasso 
nuovo,  e  scalpelli  via  la  buccia  al  sasso  antico  ;  arrotondisci  quello 
che,  usandone,  il  popolo  smussò  e  lisciò  ;  spunti  quello  che  par 
aspro  ;  gli  imitatori  ti  fanno  ressa  intorno  :  il  lettore  dimentica  oggi 
una  particellina  delle  parole  che  gli  parevano  tutte  sue,  e  domani 
ve  ne  appiccica  un'altra  ;  cammina,  non  più  guardando  dove  va, 
ma  donde  viene  :  prende  il  vezzo  di  questi  travolgimenti,  gli  in- 


(17)  COSE    ARMENE  585 

tende  un  poco  meglio,  e  si  prova  a  farsene  le  sue  delizie.  Anche 
di  qui  si  può,  non  lo  nego,  andare  a  Roma  ;  bensì  con  pericoli, 
e  spedati,  e  forse  non  si  imbrocca,  arrivando,  una  porta,  ma  s'ha 
innanzi  un'  alto  muro  al  quale  bisogna  girare  attorno.  Se  e'  è  la 
strada  maestra,  perchè  abbandonarla  ? 

Al  popolo,  sta  bene  ;  ma  all'attenzione  ed  alla  memoria  di  che 
popolo  mandavano  i  loro  pensieri  Epitteto,  Francesco  Guicciardini, 
e  il  Bacone  ?  A  quanti,  in  mezzo  al  popolo,  cantavano  Alceo,  Ti- 
bullo, il  Petrarca  ?  A  chi  si  mostravano,  visti  da  tutti,  capiti  davvero, 
Filottete  od  Edipo,  re  Macbeth  od  Otello  ?  Le  lettere  stanno  su, 
su  :  per  chi  vola  o  almeno  guarda  nell'alto.  Alla  plebe  parlate  la 
lingua  che  è  sua,  e  non  disputerete  :  a  quella  ingentilita  nella  col- 
tura di  fresco,  o  per  lunga  tradizione  di  sangue,  apprestate  quei 
libri  che  invano  cercate  negli  archivi  e  che  giacciono  inerti  nel  vostro 
cervello  ;  datele  con  l'arte  che  ha  dentro  a  se  puntelli  di  stabilità 
e  ruote  di  accrescimento.  I  precetti,  i  dibattiti,  gli  esempi  giovano 
poco  assai,  se  non  guastano.  C'è  sotterra  (per  tornare  di  nuovo  ai 
regni  di  natura)  un  germe  che  non  vedi,  che  uscendo  improvviso, 
e  mutandosi,  salirà  nell'alto  ;  ma  se  vi  rastrelli,  vi  pesti,  vi  vanghi, 
si  spezzerà,  si  diradicherà  con  tuo  danno. 

Intanto  se  lo  studio  dell'aiccano,  anzi  che  sorreggere  e  rin- 
francare la  nuova  letteratura  la  imbastardisce,  è  meglio  che  continui 
r  opera  tutta  sua,  che  non  dà  i  frutti  che  si  vorrebbero,  ma  che 
altri  ne  dà.  Serbino  per  i  dotti  i  dotti,  con  fervore  e  con  amore, 
imitando  con  intelligente  servitù,  la  lingua  degli  antichi  :  si  vegga, 
si  senta,  levata  di  sepolcro,  come  vispa  giovanetta,  nelle  prose  am- 
mirabili del  p.  Arsenio  Bagratuni. 

E  Dante  ?  come  tradurlo,  se  i  nostri  di  oriente,  inesperti  delle 
leggi  che  guidarono  il  ragionare  e  1'  immaginare,  la  parola  ed  il 
canto  dell'occidente,  vogliono  farsene  prò,  per  l'intelletto  e  per  il 
cuore  ?  Per  conquistare  le  poesia  dantesca,  nella  sua  pienezza,  per 
modo  da  volare  con  lui  quando  vola,  e  di  attaccarsegli  quando  si 
sprofonda,  bisogna  che  la  lingua  che  tiene  dietro  a  quella  di  lui 
sia  addestrata  all'agilità  ed  alla  gagliardia  in  lunghe  prove  :  non 
può  su  questo  modello  fare  i  suoi  sforzi,  i  tentativi,  addestrandosi. 
Yero  è  che  c'è  da  obiettare.  Librò  duro  è  la  Scrittura  ;  duro  nel- 
l'ebraico, duro  nel  greco  che  non  vi  fa  tentativi  da  novellino,  e 
anzi  li  rifa  da  prudente,  il  quale  non  ischivi  le  ardue  imprese  : 
inesperti  di  molto,  vi  si  affaticarono  goti,  sloveni  ed  armeni.  Ma  la 


586  E.    TEZA  (18) 

scrittura  ò  la  santa:  viene  da  una  nazione,  va  ad  una  nazione: 
e  questa  le  si  g-etta  incontro  per  foggiarvi  le  sue  proprie  parole 
su  quelle  antiche  ed  oscure,  e  oscure  le  restano,  da  meditare,  da 
mettervi  dentro  la  luce  ed  il  fuoco.  La  Commedia  è  libro  divino 
di  un'altra  chiesa,  di  cittadini,  di  uomini  del  trecento,  di  italiani  ; 
non  può  essere  la  Bibbia  nò  d' indiani,  nò  di  cinesi.  Da  lei  non 
verrà  letteratura  nuova  a  stranieri,  ma  questi  a  lei  si  volgeranno 
maturati,  pensando,  parlando,  scrivendo.  Ecco  perchò  il  volgare 
armeno,  uno  dei  volgari  armeni,  che  oggi  passano  o  dalle  bocche 
0  dalle  carte  alle  carte,  non  regge  forse  a  tanta  impresa  :  quello 
che  è  solenne,  recondito  nella  parola  dotta  da  santuario,  da  corte, 
da  scuola,  non  si  ripercote  tutto  quanto  nella  voce  di  piazza  :  l'ar- 
caico, con  le  sue  asprezze,  scompare  nella  lisciatura  e  nel  rigoglio 
della  o^ioventù  :  non  e'  ò  arte  che  metta  in  luogo  del  marmo  la 
calce  viva. 

I  sogni  e  le  profezie  dei  critici  contano  poco.  Sono  intenti  a 
disciogliere,  a  disfare  perchè  I'  occhio  meglio  vegga  le  particelle 
minute,  e  la  mano  le  soppesi  meglio  ;  ma  sanno  che,  se  non  ò  dei 
prudenti  il  nutrire  troppo  vive  speranze,  non  è  dei  prudenti  la 
soverchia  paura.  Ne  viene  che  ogni  opera  che  è  segno  di  forza, 
rallegra  :  e  nel  conquisto  che  gli  orientali  tentano  delle  vecchie 
ricchezze  d'occidente,  quali  che  sieno  le  armi  che  adoprano,  sap- 
piamo che  non  le  sperdono,  ma  crescono  loro  il  pregio.  Gareggino 
gli  emoli,  anche  per  i  canti  dell'  Allighieri,  con  1'  arpa  antica  e 
con  la  nuova,  e  cantando  ;  chi  vince,  vince  per  sempre. 

Ma  nella  lingua  di  Narsete,  con  una  prosa  di  numero  vario,  di 
sapiente  congegno,  si  darà  armonia  che  appaghi  :  le  parole  schiette 
e  piane  dell'armeno  si  adageranno  su  quelle  piane  e  schiette  del 
fiorentino  ;  quelle  più  discoste  dalla  consuetudine,  anche  nel  tre- 
cento, troveranno  adeguata  corrispondenza  ;  si  rivedranno  i  due 
colori,  il  popolano  e  il  signorile,  maestrevolmente  congiunti  ;  e  se 
la  vita  di  terra  che  si  specchia  nella  prima  cantica  meno  agiterà 
gli  spiriti  nell'oriente  sotto  due  guide  possenti  (perchè  diventerebbe 
maestro  autorevole  anche  il  traduttore)  si  alzeranno  con  più  fervore, 
e  più  intentamente,  gli  sguardi  nel  cielo  (^). 


(1)  I  nostri  vecchi  dicovano  errnini  ed  Erminia,  imitando,  in  parte, 
1'  ermeni  dei  tuiclii.  Anninio  è  nei  Reali  di  Francia,  e  popolare  per  un 
pezzo.  Noi,  che  seguiamo  la  tradizione  latina,  s'avrebbe  a  dire  la  lingua 


(19)  COSE    ARMENE  587 


Dai  versi  si  comincia,  dai  versi  si  finisca.  Santi  ci  sono  che 
non  si  predicano  che  per  le  chiese,  ne  s'invocano  che  nelle  case 
divote  ;  ma  santi  abbiamo  che  colgono  due  corone,  nella  vita  re- 
ligiosa e  nella  civile,  con  opere  insieme  da  fedeli  cristiani  e  da 
buoni  cittadini.  Uno  di  questi  è  Mechitar  il  sebastino  :  e  di  un 
poemetto  che  da  poco  uscì  dalla  penna  di  un  giovane  mechitaria- 
no,  dò  le  prime  strofe  che  rispecchino  con  semplice  stile  i  versi 
semplici  dell'  originale.  Il  p.  Arsenio  Ghazikean  si  tenne  all'ar- 
meno moderno,  non  volle  infiorare  le  tradizioni,  e  sopra  tutto  si 
propose  di  far  onore  al  primo  padre  di  una  nobile  famiglia  di 
eruditi  maestri  e  di  instancabili  scrittori  (i). 

In  Sebastia  nasceva  un  uomo  grande 

r  anno  millesecensettantasei  ; 

in  tutta  Armenia  il  nome  suo  si  spande 

ed  a  lui  sacro  questi  versi  miei. 
Lo  chiamaron  Maniic,  ossia  il  Donzello, 

Pietro  il  suo  babbo  e  Sàcrisda  la  mamma  ; 

dell'  ignoranza  egli  sarà  il  flagello, 

e  della  fede  accenderà  la  fiamma. 
Somiglia  a  nardo  o  zafferano  in  fiore 

che  dei  dolenti  Tanima  conforti; 

pare  la  rosa  che,  in  soave  odore, 

leggiadre  grazie  in  ogni  loco  apporti. 
Non  conta  ancor  cinqu'anni  il  bel  fanciullo 

che  agli  studi  già  volge  il  suo  talento; 


armenia  :  badando  ancora  clie  se  armeno  avesse  vita  vera  sonerebbe  ar- 
meno e  non  armèno.  Oramai  ci  siamo  sviati  ;  ma  è  male  che  i  letterati, 
anzi  i  linguaioli  di  mestiere,  si  lascino  spesso  uscire  di  bocca  e  di  penna 
un  anitenoplo  (per  ariitemofilo)  che  fa  scorrerie,  rubando,  sopra  terra 
greca. 

(1)  Mrhithar,  grez'  h.  Arsén  Ghazikean.  Venedik,  1900.  Sono  535 
quartine,  divise  in  diciotto  riposi  che  possiamo  dire  i  canti  del  poema. 
Prima  che  l'avessimo  nel  librettino,  si  leggeva  nel  giornale  ( Bazììiarép). 


588  E.    TEZA  (20) 

non  c'è  festa  di  bimbo  nò  trastullo 
che  mai  lo  freni  dal  severo  intento. 

Si  meraviglia  il  sacerdote  assai; 

che  insegnava  al  focoso  giovanetto  : 
sì  pronto  ingegno  non  ha  visto  mai, 
e  lo  tien  caro  con  paterno  affetto. 

0  padre  santo  che  educasti  in  seno 
colui  che  educherà  la  patria  mia, 
e  che  a  scienza  guiderà  1'  armeno, 
benedetto  il  tuo  nome  al  mondo  sia  ! 

Oh  te  beato  inver,  poi  che  ti  tocca 
lieto  sentir  che  l' abbicci  balbetta, 
compitando,  queir uom  dalla  cui  bocca 
fiumi  di  miele  la  sua  patria  aspetta. 

Oh  te  beato,  che  in  quel  casto  cuore 
susciti  fuoco,  verso  il  cielo,  ardente, 
e  il  seme  seminasti  che  non  muore, 
che  porti  i  frutti  della  viva  mente. 

Già  del  culto  di  Dio  sboccia  e  fiorisce 
amore  in  petto  al  tenero  bambino  : 
all'alba  e'   corre  in  chiesa  e  non  ambisce 
che  di  sentir  il  FIAT,  verbo  divino. 

Cantici  sacri  e  sacre  melodie 

lo  fan  schiavo,  ne  avvampano  lo  zelo, 

ne  fan  volar,   per  inusate  vie, 

lo  spirto,  tra  le  nubi,  su  nel  cielo. 

Le  delicate  labbra  egli  apre  intanto, 
e  dice  a'  genitori  :  "  M' ascoltate  ; 
quando  sono  in  età,  voglio  soltanto 
fuggir  dal  mondo  e  voglio  farmi  frate.   „ 

Fu  scritto  quindi  in  cielo,  tutto  in  fe«ta, 
del  garzone  il  purissimo  desio  : 
da  lontano  il  Masis  crolla  la  testa 
dal  lungo  sonno  desto,  in  atto  pio  : 

e  lacrime  di  gioia  dalle  scosse 
bianche  falde  pioveano  a  mille  a  mille  : 
le  ceneri  de'  padri,  entro  alle  fosse, 
s'agitavan  nei  campi  e  per  le  ville. 

Ma  dove  volgi  il  piede,  o  giovinetto, 
cosi  veloce  ?  a  quale  estranio  lido  ? 


(21)  COSE    ARMENE  589 

e  come  fuggi  dal  paterno  affetto, 
pulcino  tolto  al  tepido  suo  nido  ? 

Dice  :   "  Pari  a  Griovanni  il  precursore 
menar  vo'  i  giorni  dentro  alla  romita 
sede  :  e  gli  angioli  santi  a  tutte  l' ore 
mi  serviran,  mi  nutriran,  la  vita. 

E  dove  siete  voi,  angioli  santi, 

che  al  fanciullo  non  è  cibo  recato  ? 
Ye',  la  fame  lo  stringe  e,  a  voi  davanti, 
attende  in  una  grotta  inginocchiato. 

Ecco  fa  sera  :  il  sole  lento  lento 

dietro  a'  monti  nel  mar  tuffa  le  ruote. 
Non  vedete  del  misero  il  tormento, 
e  rigargli  le  lagrime  le  gote  ? 

Deh  torna,  torna  dalla  tua  mammina 

che  a  braccia  aperte  attende  e  s'addolora  : 
deh  torna,  torna  ;  nella  tua  cucina 
c'è  caldo  cibo  e  un  cuore  che  t'adora. 

Messaggeri  ti  cercano  all'  intorno  : 

torna  con  loro  ;  gli  angeli  son  questi  : 
torna  gli  altri  a  nutrir  la  notte  e  '1  giorno, 
che  han  fame  e  porgi  lor  cibi  celesti. 


(Finito  di  siampafi'  il  (jiorno  18  aprile  1900) 


p]RRATA-CORRIGE 

A  pag.  93,  linea  32,  iiiMuogo^di  praeterlabeìtiia  leggasi  subterlahentia 
„      37,         „  „   praetéréà-  „        pròspera- 


ERRATA-CORRIGE 


A  pa<j.  322  s/  sostituiscano  te  lince  3"  e  4''  con  le  frequenti  : 

loro  ricerche  tre  nomi  cari  al  Fòro    ed    all'  Ateneo    padovano,  il 
Senatore    Coletti,    che    nel    1879  ne  formò  oggetto  di  elegante 


PREZZO  DELLA  DISPENSA 
Fogli  7  1/2  a  cent.  25 L.  1.88 


TiPoaRAPiA  Caelo  Feeeaei.  1900 


3  2044    106   307  572 


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