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DELLA R. UNIVERSITÀ DI GENOVA
DIRETTO DAI PROFESSORI
CORRADO PARONA
(Zoologia)
GIACOMO CATTANEO
(Anatomia comp.)
1897-98
N.i 56-68; XIV Tavole
GENOVA
TIPOGRAFIA DI ANGELO CIMINAGO
Yiqo Mele 1, int. 5-6 .
1898.
INDICE DEL VOLUME I.
1892-1894.
— C. Parona e G. Cattaneo-, Cleri ni: stòrici.
1. G. Cattaneo, Influenza- -del letargo sulle forme e i fenomeni delle cel¬
lule ameboidi negli invertebrati.
2. T. Pallecghi, Nota sui cromatofori dei cefalopodi.
3. F, Mazza, Caso di dicefalia derodimica in un Anguis fra gilis (l tav.).
4. P, Long in, L’eserina nella tecnica proti stologica'.
5. G, Cattaneo, Sulle papille esofagee e gastriche del Lueàrus imperiàlis.
6. E. Setti, Elminti dell'Eritrea e. delle regioni limitrofe (1 tav.j. '
7. F. Mazza, Sul cuore della Ceplialoptera Giorna { 1 tav.).
*8. C. Parona, Di alcuni Tisanuri e Collembole della Birmania (1 tav.).
9. C. Parona, Larva di Dermatobia (Torce!) nell’uomo.
10. G. Cattaneo, Sull’anatomia dello stomaco del P ter opus medìus (6 fig.),;
11. C. Parona ed A. Perugia, Didymozoon Exocoeti Par. Per. (Monosto-
mum filum G. Wag.).
12. C. Parona, Hijmenolepis Moniezii n. sp. parassita del Pteropus /medius,
ed H. acuta Rud. dei pipistrelli nostrali.
13. A. Perugia, Sul Tricìlosoma del fegato dei Muridi.
14. P. Celesia, Della Suberites domuncula e della sua simbiosi coi Paguri
(4 tav.).
lo. C. Parona, Sopra una straordinaria polielmintiasi da ecliinorinco nel
Globicephalus Svinerai pescato nel mare di Genova (1 tav;).
16. . A. Lupi, Sulla natura della fosforescenza animale.
17. T. Pallecchi, Sulla resistenza vitale dell’ A nguillula dell’aceto.
18. M. Sacchi, Sulle minute differenze fra gli organi omotipici de^ pleu-
ronettidi (1 tav.). ,
19. C. Parona e G. Cattaneo, Note anatomiche e zoologiche sull’^^ro-
cephalus Riipp. (1 tav.).
20. G. Cattaneo, A proposito dell’ Anophrys Maggii (1 tav,'1.
21. F. Mazza, Eteromorfìe di alcuni pesci marini- (2 tav.).
22. S. Orlandi, Note anatomiche sul Macroscincus CÒp^ei Barh. d. Boc,;
(2 tav.).
23. G. Cattaneo, Linneo evoluzionista?
24. G. Cattaneo, Sullo stomaco del Globicephalus 'Sememi .e sulla dige¬
stione gastrica dei delfìnidi (1 tav.).
25. F. Mazza ed A. Perugia, Sulla glandola digitiforme ( Leydig) nella
Chimaera monstrosa (2 tav.).
26. E. Setti, Osservazioni sul Distomum gigas Nardo (1 tav.).
27. E. Setti, La Elmintologia italiana del prof. C. Parona (Sunto critico).
ì fi
III ZOOLOGIA E ANATOMIA COMPARATA
DELLA R. UNIVERSITÀ DI GENOVA
N.° 56. 1897.
C. Parona ed A. Cuneo
0
Cisticerco intermuscolare diffuso in una donna.
Tutti gli autori che si occuparono della presenza del
cisticerco della cellulosa nelle parti superficiali del corpo
dell’ uomo (cute e muscolatura) concordano nel considerar.^,
non rara tale condizione parassitaria. Prendendo infattfTn
esame gli scritti (che raccogliamo in calce alla presente
noticina, onde facilitare le ricerche storiche sull’ argomento
à quanti avranno ad occuparsene) si constata facilmente
essere frequente la presenza di tale forma morbosa in ogni
paese e non ràra anche in Italia.
Però lo stesso fatto non possiamo asserire per la Li¬
guria, ove, riguardo alla presenza ed alla frequenza dei di¬
versi elminti dell’ uomo, riscontransi notevoli varianti a
confronto delle altre regioni italiane.
Ciò lo dimostra ad esempio V echinococco del T uomo ,
cosi frequente in molte località (Sicilia, Romagna, ecc. )
che fra noi s" incontra rare volte, per non dire rarissime :
T anchilost orna, che dopo la gravissima epidemia dei mi¬
natori al S. Gottardo, si diffuse e si fece frequente in plaghe
dapprima immuni, e che non sarebbe apparso in Liguria,
a prestar fede all’asserzione di alcuni medici e di seguito
alle ricerche nostre.
Parimente il cisticerco vi deve essere rarissimo. Mentre
a Napoli, secondo le diligenti osservazioni del De Vincentiis
(Atti R. Acc. med. chirur. di Napoli , 1896) , il cisticerco
oculare è pur troppo più frequente di quanto si sospettava,
in Liguria non registriamo, per quanto ci risulta, che i due
stati descritti dal^&econdi (Bollett. R. Accad. medica di Ge¬
nova, 1892). Cosi pure è pel cisticerco a sede cutanea e
muscolare, del quale ci sono noti il non recente caso dovuto
2
al dott. Miraglia e riferito dal Dubini nella classica sua
opera di elmintologia (pag. 201), e quello del dott. Arnpu-
gnani pubblicato nel 1882.
Epperciò, non tanto per il caso in sè, nè per l’inte¬
resse clinico che possa avere, quanto per l’ importanza che
presenta relativamente alla geografìa elmintologica , ci
sembra possa meritare di essere registrata la presente
storia a contribuzione dell1 elmintologia umana in Liguria.
*
*
C. Rosa di Giovanni, d’anni 20, da S. Margherita Ligure,
(Frazione S. Siro) è di sana e robusta costituzione. Nulla
di ereditario si nota nella sua famiglia e non ebbe mai a
soffrire malattia di qualche entità. Fino dai primi anni della
fanciullezza è dedita a continui e faticosi lavori della cam¬
pagna.
Racconta che circa undici anni addietro, mentre tro-
vavasi in campagna, le fu lanciato contro da alcuni con¬
tadini un piccolo cane, che la morsicò alla coscia destra.
Dalla ferità usci molto sangue e soltanto 24 ore dopo l’ac¬
caduto la ragazza fu condotta dal medico del paese per
V opportuna medicazione, e guari, siccome essa afferma,
dopo un mese di cura. Attualmente si riscontra una cica¬
trice di forma rotondeggiante nella parte più alta del cavo
popliteo.
La C. confessa che tale accidente le procurò non lievi
disturbi generali, come: debolezza degli arti, mancanza di
appetito, turbamenti nervosi gravi, dimagramento notevole;
e, se dobbiamo prestar fede alle sue parole, non riacquistò
mai più la primitiva florida salute.
Da un anno in quà il pallore, la debolezza generale ed
il dimagramento si accentuarono, mentre ebbe a rilevare
la comparsa di una piccola tumefazione rotondeggiante alla
regione frontale a pochi centimetri dal sopracciglio sini¬
stro. Per quest’ ultimo fatto ricorse al medico del paese ,
che intervenne asportando una ciste a contenuto acquoso,
e ne seguì pronta guarigione.
Ma crebbe nella malata la meraviglia e sorsero gravi
timori' quando, poco tempo dopo, ebbe a verificare la pre-
3
senza di tumefazioni , consimili a quella già notata sulla
regione frontale, in diverse parti del corpo; tanto che nel
giugno 1896 fu condotta all’ Ambulanza della Clinica chi¬
rurgica operativa per essere visitata.
All’ esame fatto risultò che alla superfìcie esterna del
torace, a destra, esistevano tre piccole tumefazioni roton¬
deggianti, del diametro di un centimetro a uno e mezzo.
Ivi la cute era integra e sollevabile in pieghe, indolente, spo¬
stabile poco o punto sulla sottostante musculatura , colla
quale i tumoretti mostravano di avere intimi rapporti. Eser¬
citando colla palpazione un discreto grado di pressione ,
relevavasi che la superfìcie esterna di tali noduli era liscia,
ben delimitata coi tessuti circostanti e di consistenza no¬
tevole, ma non tale da far pensare ad un corpo al tutto
solido, piuttosto ad una ciste contenente del liquido.
Operazione, — Premessa V anestesia locale col cloruro
d’etile, si pratica una incisione lineare di quattro centi-
metri interessante la cute, il tessuto sottocutaneo e l’apo¬
neurosi di rivestimento dei muscoli grande pettorale e grande
dentato , che corrispondono ai tre tumoretti sopra descritti;
i quali ad evidenza appariscono sviluppati nello spessore
dei detti muscoli. Divaricate quindi con uncini le labbra
della ferita si asportano le neoformazioni, insieme a piccola
porzione di tessuto muscolare, onde non alterare in nulla
le supposte cisti. Si applicano pochi punti di sutura in seta,
si completa la medicazione, e si ottiene pronta guarigione.
Ma le cose non si arrestarono a questo punto, imperocché
nei susseguenti mesi di luglio, agosto e settembre la C. do¬
vette venire nuovamente operata per altre manifestazioni
dell'istessa indole e sviluppo. Le nuove produzioni eransi
sviluppate, sulla superficie esterna del torace sinistro,
sulla superficie esterna della coscia destra , alla regione
anteriore del gomito sinistro, e per ultimo al margine
interno del muscolo sterno-cleido-mastoideo destro , in
corrispondenza del giugulo. Sempre la neoformazione con¬
sisteva in una ciste a contenuto acquoso svoltasi nello
spessore dei muscoli, é così furono otto le cisti sviluppate
ed operate sulla paziente nello spazio di pochi mesi.
Dall’epoca dell’ultimo atto operativo (settembre 1896) fino
a tutto il mese di gennaio scorso, allorquando si ebbe occa-
4
sione di rivedere la C. , non comparvero altre tumefazioni
cutanee, nè disturbi da ritenersi in rapporto con siffatte
alterazioni; il che porta a ritenere che l’inferma se ne sia
completamente liberata.
*
*
All’esame macro e microscopico della cisti, non fu dif¬
fìcile riconoscere la natura parassitarla di esse, e più pre¬
cisamente che trattavasi del Cysticercus cellulosae a sede
muscolare.
Questo caso, da noi ora descritto, non manca di un certo
interesse, perchè dimostra come il tempo della durata del¬
l’infezione cisticerchica sia stato abbastanza lungo. Non vo¬
gliamo con questo ritenere quale causa, l’accidente della
morsicatura ricordata nell’anamnesi, giacché, nota l’ezio¬
logia del cisticerco, la morsicatura nulla ha a che fare, ma
solo considerando il periodo di tempo intercorso fra la
comparsa della prima ciste e quella che fu 1’ ultima.
Certamente il caso non ha il valore che presentarono
quelli di vere e diffusissime panicature , siccome vennero
registrati dai vari autori nostrali, anche non ricorrendo
agli stranieri.
Già Mascagni infatti, come riporta il Brera (Mem. l.a
p. 153), ebbe a riscontrare cisticerchi in numero prodigioso
nei muscoli delle braccia.
11 Verga, nel 1839, col nome di miolitiasi, descriveva un
caso di diffusissima panicatura nell’ uomo, che più tardi,
a proposito di altro caso consimile (Gemelli), dichiarava in¬
vece essere stato cagionato da cisticerchi. Più recentemente
si aggiunsero altri esempi notevolissimi fra i quali quelli del
Battistini, del Bergonzini, del Gemelli, del Baistrocchi, del
De Amicis, del Regnoli, del Gianmattei e del Calderini.
L’anno scorso il Bovero ne illustrava uno non meno im¬
portante, che volle trattare, con successo incerto, mediante
la semplice puntura ed aspirazione del liquido cistico.
Per altro questi casi aumenterebbero, e non di poco,
quando si aggiungessero quelli cosi detti a sede cutanea,
i quali, con ogni probabilità, se fossero stati più attenta¬
mente osservati sarebbero stati più precisamente riscontrati
a sede muscolare anch’essi. Perciò anche i cisticerchi sot¬
tocutanei e sottoaponeurotici debbono entrare nella cate¬
goria degli intramuscolari, il che sostengono, fra altri,
Lewin e Sevestre ; i quali dichiarano che alla autossia di
cadaveri con panicatura dichiarata sottocutanea, riscon¬
trarono come tutte le cisti risiedevano nei muscoli , per
quanto facessero salienza sotto la pelle.
È per questo che convien tener calcolo con diligenza di
tutti quegli esempi, di cui fu possibile accertare la sede
del parassita, onde poterne in seguito ricavare statistiche
più esatte di quelle che si ebbero fin ora. Ciò indusse noi
a far nota questa breve istoria (x).
Indicazioni bibliografiche
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Stic ii A.: Ueber das Finnigsein lebender Menschen. Charit. Annalen, 1854.
Troisier: Un cas de Ladrerie chez Thomme, ecc., Bullet. Soc. mèdie, d.
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idem Contribution à Thistoire de la Ladrerie chez Thomme. ibid. (2),
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n. 58, 1839; Ann. Univ. di Medie., p. 299, 1857.
Weiss N. : Anzeiger d. Wien. Arztl. Gesellsch. n. 10, 188 1 (65 cistic. nel
connett,. sottocot.).
Werner P. C.: Verm. intestili, brev. Exposit. (Contili. II) Lipsiae, 1786.
Si consultino inoltre i principali trattati di Elmintologia e di Zoologia
medica, che non è qui il caso di elencare, perchè a tutti noti.
Genova , Tipografia Cìminagoy Vico Mele , 7. 1897.
BOLLETTINO Olii IIISIÌI
DI ZOOLOGIA L ANATOMIA COMPARATA
DELLA R. UNIVERSITÀ DI GENOVA
N.° 57. 1897.
Ernesto Setti
Nuovi elminti dell’ Eritrea.
(Tav. Vili e IX).
Ho già pubblicato in questi Atti alcune note sull’ elmin¬
tologia deH’Eritrea e delle regioni limitrofe (*), ritorno ora
ben volentieri sullo stesso argomento, potendovi recare un
più notevole contributo di studi, grazie al prezioso mate¬
riale avuto in comunicazione.
Questo materiale venne raccolto dal dott. cav. Vincenzo
Ragazzi, capitano medico della R. Marina, durante le sue
frequenti escursioni lungo le coste o nell’interno della no¬
stra colonia africana.
Nelle mie precedenti pubblicazioni ebbi già più volte a
nominare, a titolo di lode, il dott. Ragazzi, ed ebbi pure
l’opportunità di esprimergli, da naturalista, la mia massima
considerazione, dedicandogli una nuova specie (Taenia [A-
noplocephala] Ragazzii). Ma in questa circostanza sento
ancora il dovere di riconfermargli la mia stima e la mia
gratitudine, nonché di additarlo agli studiosi quale bene¬
merito contribuire alla illustrazione di un importantissimo
ramo della fauna eritrea.
Tuttavia mi è qui necessario notare che il nuovo mate¬
riale elmintologico non mi è stato comunicato che per via
molto indiretta, essendo stato dapprima indirizzato al Mu¬
seo civico, e poi passato dal direttore di tale istituto, prof.
R. Gestro, al direttore del Museo universitario, prof. C. Pa-
rona, dal quale ultimo lo ebbi in istudio.
(f) E. Setti, Sulle tenie delVHyrax dello Scioa. Atti della Soc. lig. di
Se. nat. e geogr. , Voi. II, pag. 316-324; Genova 1891.
Io. id., Elminti dell'Eritreo v e delle regioni limitrofe . Atti citati, Voi.
IV, pag. 3-21; Genova 1893.
In. id. , DipyUdium Gemmisi n. s|>. e qualche considerazione sui limiti
specifici dei Cesto di. Atti cit. , Voi. VI. pag. 99-106; Genova, 1895.
Devo quindi esprimere i sensi del mio grato animo ai
detti professori, e ricordare che ebbi inoltre un non trascu¬
rabile aiuto per la compilazione del presente lavoro, nella
ricca biblioteca che il prof. Parona mise gentilmente a mia
disposizione, insieme all’opportuno materiale di confronto
della sua ben nota collezione di elminti.
TREMATOCI
Otiotrema torosum n. gen. n. sp.
(Tav. Vili, fìg. 1-5)
Nella piccola raccolta elmintologica che mi fu data in istu-
dio, questa nuova forma di trematode non era rappresen¬
tata, disgraziatamente, che da due soli esemplari. Uno di
questi, in ottimo stato di conservazione, ho dovuto lasciare
intatto come tipo del nuovo genere, l’altro, alquanto guasto
per aver subito uno schiacciamento, ho incluso e ridotto a
sezioni.
Dal primo ho però accuratamente rilevate tutte le este¬
riori particolarità, ed ho tratti i disegni che sono riportati
nelle prime tre figure della tavola qui unita; dal secondo
' ho invece ottenuto inadeguato compenso alle mie indagini :
della parte posteriore del verme, già naturalmente di forma
assai complicata, e in quell’esemplare anche alterata dallo
schiacciamento, non potei ricostruire la precisa disposizione
degli organi interni; le sezioni della parte anteriore, meno
guasta , mi hanno permesso di rilevare i pochi caratteri
anatomici che più sotto indicherò, e di delineare le figure
4 e 5 della tavola citata.
È ben difficile descrivere chiaramente la strana forma
del verme, che tanto si scosta da tutte quelle finora cono¬
sciute nei trematodi, e che basta, io credo, a giustificare la
formazione di un nuovo genere , anche prescindendo dai
caratteri desunti dalla disposizione degli organi; ma le fi¬
gure 1, 2, 3, che rispettivamente rappresentano l’animale,
visto dal ventre, dal fianco e dal dorso, possono darne un’idea
abbastanza precisa.
Il corpo, lungo complessivamente mm. 14, raggiunge
3
nella massima larghezza un centimetro circa, e nel massimo
spessore mm. 7. Può considerarsi diviso in due parti ben
distinte (v. fìg. 2, ab e bc). Quella anteriore più piccola (ma
in lunghezza quasi uguale alla posteriore), non presenta
notevoli particolarità di configurazione: soltanto è sensibil¬
mente incurvata sia nel senso della lunghezza che in quello
della larghezza, in modo da apparire concavo-convessa (con
la concavità alla parte ventrale); ma con tutta probabilità
questo fatto è specialmente dovuto all’ azione prolungata
dell’alcool. L’estremità ove trovasi la ventosa boccale è a
superfìcie ampia ed arrotondata ; del resto questa parte an¬
teriore del corpo mostrasi leggermente appiattita, benché
lo spessore sia sempre rilevante rispetto alla larghezza.
Questa è in media di mezzo centimetro, mentre lo spessore
è di circa 4 millimetri anteriormente e di 2 V2 posterior¬
mente, ove termina la. prima metà del corpo. Infatti le sezioni
trasversali presso l’ estremità anteriore sono quasi circolari
(fìg. 4), ma quelle più in basso appaiono col diametro dorso¬
ventrale assai minore del laterale (fig. 5).
Alla base di qu ista porzione del corpo trovasi, nel lato
ventrale , un peduncolo quasi cilindrico , di -circa 2 milli¬
metri in diametro e di poco meno di 3 in lunghezza; è di¬
retto obliquamente in avanti come appare nella fìg. 2, e
porta alla sua estremità la ventosa ventrale.
La parte posteriore del corpo è assai più complicata e
difficile ad essere descritta. Quasi si direbbe che una grande
espansione discoidale, prolungantesi verticalmente alla base
del peduncolo, siasi in varii sensi ripiegata, per raccogliersi
in una massa piuttosto globosa, poco più lunga della parte
anteriore del corpo, ma notevolmente più larga e più spessa.
Infatti la larghezza e lo spessore del corpo raggiungono in
questa parte le massime misure, di un centimetro circa, e
di sette millimetri rispettivamente Le varie ripiegature,
mentre vengono a costituire delle caratteristiche orecchiette
(fìg. 1, 2, 3), le quali appunto mi hanno suggerito il nome
generico del nuovo trematode, danno a questo l’aspetto
molto massiccio, che mi ha invece suggerito il nome spe¬
cifico. La disposizione di questa parte posteriore del verme,
complicatissima, ma simmetrica ed identica nei due esem¬
plari, fa escludere il dubbio che possa essere slata prodotta
unicamente dall’azione dell’alcool: e il semplice esame delle
citate figure è, a questo riguardo, più che persuasivo. Tut¬
tavia si potrebbe supporre che la singolare conformazione
non sia permanente néll’animale vivo, ma dovuta a volon¬
tarie contrazioni muscolari. In altre parole, il verme po¬
trebbe tenere distesa o contratta a quel modo la parte po¬
steriore del corpo, in virtù di una particolare muscolatura.
L’esame delle sezioni posteriori, in cui si osservano, come
dirò più sotto, propaggini dei vari organi, e muscoli svi¬
luppatissimi, darebbe a tale ipotesi un certo valore. Ad ogni
modo la questione non sarà risolta se non quando potranno
esaminarsi altri esemplari 41). Tanto la ventosa anteriore o
boccale, quanto la ventrale all’estremità del peduncolo, hanno
apertura pressoché circolare e del diametro poco maggiore
di un millimetro. La superficie esteriore del corpo è com¬
pletamente liscia nella parte anteriore, mentre presenta
nella posteriore delle piccole e numerose papille, avvicinate
le une alle altre e ben visibili ad occhio nudo. Nessun’altra
notevole particolarità può esteriormente osservarsi.
Riguardo all’interna organizzazione ripeterò ancora che,
avendo avuto disponibile per le sezioni un solo esemplare
in cattivissimo stato, non mi fu possibile nemmeno una ri¬
costituzione approssimativa. La forma del corpo molto com¬
plessa, come sopra ho descritto, rendeva più che mai ne¬
cessarie le sezioni a serie, fatte in varii sensi, e richiedeva
quindi l’ impiego di parecchi esemplari.
I pochi caratteri che ho potuto rilevare sono i seguenti :
I singoli organi mandano delle propaggini per le varie
orecchiette della parte posteriore, seguendone in certo modo
le complicate sinuosità.
Alla ventosa boccale segue una grossa faringe (fig. 5, /*),
e poi un esofago piuttosto lungo, al quale si congiungono
le due grandi braccia dell’intestino (fig. 5, i), i cui rami
si spingono notevolmente all’ innanzi e all’ indietro del punto
di riunione. Le due braccia intestinali hanno decorso al¬
pi Ho avuto il piacere di parlare in proposito col prof. F. S. Monticelli,
mostrandogli preparati e disegni. Egli ha sostenuto per l’appunto l’ ipotesi
sopraenunciata. Il prof. Parona, che pure esaminò il materiale, ritiene che
si tratti di una conformazione permanente, caratteristica della, specie.
quanto sinuoso : in buon tratto della parte posteriore si
osservano ancora nelle sezioni, ma con aspetto molto irre¬
golare, sia per adattamento alla strana forma del corpo in
questa porzione , sia anche per lo schiacciamento subito
dall’esemplare che ho esaminato.
Non avendo potuto fare sezioni a serie complete, non ho
potuto nemmeno precisare la posizione degli sbocchi ses¬
suali ; esternamente , per quanto si osservi con attenzione,
non si possono vedere. Credo però che lo sbocco maschile
sia alla base della ventosa anteriore, giacché nelle prime
sezioni si vede, sotto la ventosa stessa, una cavità rilevante,
a pareti muscolose, occupata da un organo che è scavato
nel mezzo, e che io non saprei altrimenti interpretare se
non come il pene nella relativa tasca (fìg. 4, t.p.). Tale inter¬
pretazione mi è anche suggerita dal confronto con le ligure
corrispondenti, date da altri autori per altri trematodi (4).
I vitellogeni, molto sviluppati, incominciano ad apparire
a pochi millimetri dalla estremità anteriore, e si osservano
ancora per un buon tratto della parte posteriore del verme;
si presentano, nelle sezioni, come grosse masse brune, di¬
sposte lateralmente in due serie, nella zona più superficiale
del parenchima (fìg. 5, g.v.).
Nella parte posteriore del corpo, e molto in basso, si tro¬
vano i testicoli e l’ovario: ma le sezioni in tal punto troppo
incomplete non mi hanno permesso di delineare precisa-
mente i loro caratteri di forma e di disposizione.
Questo nuovo trematode va compreso, senza dubbio, nella
famiglia dei distomidi ; ma, a mio avviso, non è possibile
ascriverlo ad alcuno dei generi già stabiliti , a meno che
si voglia dare al genere Distomum l’antica diagnosi, basata
quasi esclusivamente sul numero delle ventose. Ma poiché
nelle recenti classificazioni dei distomidi, dal tipico genere
primitivo se ne sono separati parecchi nuovi in virtù di ca¬
ratteri secondarii (2), io credo necessario comprendere anche
(4) F. S. Monticelli, Studii sui trematodi endoparassiti (Monostomnm
cymbium , Dies.). Memorie della R. Acc. delle Scienze, serie II, tomo 42.
(fìg. 10); Torino, 1892.
('2) Si può discutere tutto al più se a molte delle Suddivisioni dei distomi
occorra dare il valore di generi o piuttosto di semplici sottogeneri. - Vedi
la forma sopra descritta in un genere nuovo. Ho già dato
ragione del nome sistematico con cui lo distinguo.
I due esemplari vennero trovati dal dott. Vincenzo Ra¬
gazzi, nell’ intestino di uno squalo (sp. ?), preso nelle acque
di Massaua nell’ aprile del 1892.
I pochi trematodi endoparassiti finora rinvenuti negli
squali sono troppo diversi dall’ Otriotrema torosum , per
richiedere qui un esame comparativo.
Distomum (Polyorchis) Ragazzo, n. sp.
(Tav. Vili, fig. 6-7).
Anche di questo distoma furono trovati due soli esemplari
nell’intestino del medesimo squalo che ospitava VOtiotremq
torosum .
I due esemplari non differiscono l’uno dall’altro che per
le dimensioni assolute. Uno è lungo mm. 7 ed ha la mas¬
sima larghezza di mm. 1,6: l’altro misura rispettivamente
mm. 5,7 e mm. 1,1. Le misure relative delle varie parti
sono perfettamente proporzionali a quelle assolute. 11 corpo
di questo distoma, inerme, molto appiattito ed allungato ,
appare spiccatamente diviso in due porzioni di lunghezza
pressoché identica : una anteriore ristretta a guisa di un
lungo collo, l’altra posteriore allargata, ellittica, con le estre¬
mità leggermente acuminate (fig. 6).
La ventosa boccale, semiglobosa, occupa tutta la larghezza
del collo, alla cui estremità anteriore è collocata, e si apre
superiormente con una bocca quasi circolare. La ventosa
ventrale, sessile ma molto sporgente, è situata alla base
del collo, e quindi verso la metà del diametro longitudi¬
nale del corpo ; è pure semiglobosa, assai più grande della
boccale, e con un’apertura oblunga, ossia col diametro an-
tero-poste riore assai più lungo del trasversale.
Siccome il corpo del verme è molto appiattito e sottile,
si possono scorgere per trasparenza gli organi interni, me¬
diante i più semplici trattamenti per la chiarificazione.
per questo M. Braun, Wurmer. ( Tremdtoden) , p. 885-895. Brorm’s Klassen
und 0 rei n imperi dee Thier-Reichs; Leipzig u. Heidelberg, 1879-1893.
7
Alla ventosa anteriore segue un bulbo faringeo ellissoi¬
dale, piuttosto grosso (fig. 6 /'), e eia questo si staccano
direttamente le due braccia intestinali (£), mancando quindi
ogni traccia di esofago. Le due braccia si dirigono per
breve tratto verso i margini del corpo, poi piegano in
basso , e mantenendosi poco distanti dai margini stessi , si
prolungano con decorso sinuoso fino alla ventosa ventrale ;
al di là di questa non è più possibile distinguerli perchè
l’utero pieno di uova, con le sue numerose circonvoluzioni
occupa quasi totalmente la parte posteriore del corpo.
Sono sopratutto notevoli i peculiari caratteri dell’ appa¬
rato riproduttore. Degli organi maschili non ho potuto ve¬
dere che i testicoli, collocati nell’ ultimo quinto del corpo.
Sono masse discretamente grosse, di forma irregolare, col
diametro maggiore nel senso della larghezza del verme
(fìg. 6-7 t). Non mi è possibile precisarne assolutamente il
numero, perchè i loro contorni appaiono confusi fra le anse
uterine; posso però affermare che sono cinque o sei all’in-
circa, disposti in due serie longitudinali parallele, non tanto
regolarmente, ma del resto allo stesso modo con cui si pre¬
sentano nel Distomum polyorchis Stossich f1).
Meno incompletamente si delinea per trasparenza l’appa¬
rato femminile. L’ utero lunghissimo e di calibro piuttosto
grande occupa tutta la parte posteriore del corpo, dispo¬
nendosi in modo molto caratteristico. Le anse numerose, sti¬
pate, non solo percorrono tutta la larghezza del corpo verso
la faccia dorsale, ma sui due lati piegano in basso, inoltran¬
dosi alquanto anche verso la faccia ventrale. La figura 7
mostra evidente questa disposizione (u).
Nelle ultime anse, presso la ventosa posteriore, il canale
uterino va ingrossandosi notevolmente, perchè tutto pieno
di uova mature; poi si continua verso la parte anteriore
del corpo in un tratto longitudinale quasi rettilineo, pure
di grosso calibro e pieno di uova; termina finalmente con
un piccolo e breve ovidotto esterno (od.es), che si apre poco
al disotto della ventosa boccale.
Le uova mature sono vivacemente colorite in giallo-bru- (*)
(*) M; Stossich, Brani di elmintologia tergestina , Serie VI; in Bollett.
Soc. Adriat. di Scienze nat., Voi. XI; Trieste, 1889 (pag. 2, fìg. 61).
8
nastro, ma coi loro ammassi danno all’utero un colore bruno
carico; generalmente sono ellissoidali, e, a piena matu-
ranza, munite di opercolo. 1 vitellogeni, a piccoli e nume¬
rosi acini rotondi [g.v.), si trovano nella parte anteriore del
corpo, verso i margini, cioè intorno alle braccia intestinali,
e in tutto il tratto compreso tra le due ventose.
Avendomi dovuto limitare al semplice esame per traspa¬
renza, non ho potuto distinguere con certezza altri parti¬
colari degli organi interni. Dirò soltanto che nella parte
terminale del corpo, al di sotto dei testicoli, si mostrano
confusamente, tra le anse uterine, delle piccole masse di
colore brunastro e di aspetto glandulare, che potrebbero
interpretarsi come lobi dell’ ovario [ov ?).
Nel seguente prospetto do le misure più importanti, cal¬
colate sull’esemplare maggiore.
Lunghezza complessiva . mm. 7.
» parte anteriore, sopra la ventosa ventrale .... » 3.2
» » posteriore . » 3.8
Larghezza media parte anteriore . » 0.67
» massima » posteriore . » 1,6
Ventosa boccale, diametro massimo esterno ....... » 0.45
» » apertura . . » 0.25
Ventosa ventrale, diametro massimo esterno . » 0.75
) lunga . » 0.40
» » apertura J ,arga . » 0 20
Diametro massimo (longitud.) bulbo faringeo . » 0.23
» medio braccia intestinali . » 0.06
Larghezza massima testicoli . » 0.30
Lunghezza » » » 0.17
Larghezza media anse uterine (eccetto le ultime più grosse) . » 0.10
( lunghezza . » 0.038
Uova mature, in media| larghezl!a . »- 0.0g9
Fra tutti i distomi dei pesci, soltanto il D. polyorchis
Stoss. ha qualche affinità con la specie ora descritta, pre¬
sentando esso pure i testicoli in due serie longitudinali nel
mezzo del corpo; ma se ne scosta tuttavia per avere tali
organi in numero di 24, per la diversa disposizione degli
altri apparati, per la presenza di aculei sul tegumento, per
la forma generale esteriore (confronta citato disegno dello
S tossich).
Nella vescica urinaria di molti anfibi vive, come è noto,
9
un altro distoma del gruppo Polyorchis, cioè il B. cygnoìdes
Zeder; e questo si avvicina alla nuova specie eritrea assai
più che non il D. polyorchis . Infatti il B. cygnoìdes a-
vrebbe, secondo lo Stossich (*) (pag. 1), nove testicoli or¬
dinati in due serie ; i vitellogeni racemosi , anteriori ;
l’ovario lobato; la ventosa prominente e più grande della
bocca; il corpo inerme, allungato, depresso. Secondo il
Dujardin (2) (pag. 396) avrebbe inoltre una specie di collo
della lunghezza di un millimetro.
Tuttavia, osservando i disegni del B. cygnoìdes dati da
altri autori, e sopratutto gli esemplari della specie, esistenti
nella collezione del prof. Parona, mi sono facilmente per¬
suaso che non è possibile confondere tale specie con quella
che qui ho descritto. La forma del corpo nell’estremità poste¬
riore, la lunghezza del collo, i caratteri dell’intestino e del¬
l’utero sono più che sufficienti a distinguerle. Io mi ac¬
contento di indicare, per il confronto, il disegno in grande
dato dal Pagenstecher (3). Del resto, la differenza tanto rile¬
vante nelle condizioni ecologiche delle due specie renderebbe
quasi superfluo il confronto, anche se le descrizioni del B.
cygnoìdes potessero far sorgere qualche dubbio riguardo
alla distinzione delle specie medesime.
Accertata la validità della nuova specie, resta a deter¬
minarsi la sua precisa posizione sistematica fra il gruppo
dei distomi. Per chi accetta, come fa il Braun (loc. cit.
pag. 910), l’antica suddivisione proposta dal Dujardin (loc.
cit. pag. 388), la nuova specie si deve comprendere certa¬
mente nel sottogenere Brachylaimus , avendo intestino senza
ramificazioni e senza esofago. Ma io credo che i pochi di¬
stomi compresi dallo Stossich nel genere Polyorchis, (4)
(*) M. Stossich, I distomi degli anfibi. Boll, della Soc. adriat. Se. nat.
Voi. XI, Trieste, 1889.
(*)' F. Dujardin , Histoire naturelle des Helminthes. Paris, 1845.
(3) A. Pagenstecher , Trematodenlarven und Trematoden. Heidelberg,
1857. (Tav. VI, fig. 1).
(4) D. polyorchis Stossich ( Corvina nigra) ; I). cygnoìdes Zeder ( Hyla .
Rama, Salamandra , varie specie); I). formosum Sonsino ( Grus cinerea).
Vedi : M. Stossich, loc. cit. (Brani VI, pag. 2). — Id. id.. Appendice ai di¬
stomi dei pesci marini e diacqua dolce. Programma Ginnasio comunale
superiore di Trieste, anno 25.°, pag. 7: Trieste 1888. — Id. id., loc. cit.
( Disi, anfibi, pag. 1). — Id. id., I distomi degli uccelli. Boll. Soc. adriat.
se. nat. Voi. XIII. pag. 1; Trieste, 1892.
10
per il carattere importantissimo di avere i testicoli in nu¬
mero maggiore di due, debbano in realtà venire collocati
in un gruppo distinto, da considerarsi però come un sottoge¬
nere, precisamente come ammette il Railliet nella nuova
edizione del suo trattato (*) (pag. 341). E ini sembra che il
grado di sottogenere sia più proprio che non quello di ge¬
nere, perchè all’ infuori dell’ importante carattere dei testi¬
coli numerosi, le poche forme del gruppo non hanno altra
speciale particolarità in comune.
Dedico la nuova specie al prelodato dottor Ragazzi che
la raccolse a Massaua, e la denomino adunque Distomum
(Polyorchis) Ragazzii.
Distomum n. sp. ?
(Tav. Vili, fig. 8).
Non posso assegnare ad alcuna delle specie già note due
esemplari di un distoma, trovati dal dottor Ragazzi a Mas¬
saua, nell’intestino di un Pelecanus onocrotalus Linn.
(Gennaio, 1893).
Particolarmente fra i distomi degli uccelli nuotatori non
ve n’è alcuno che abbia qualche rilevante affinità con questi
due della collezione Ragazzi. Solo estendendo l’esame ai
distomi di altri ordini d’uccelli, si possono riscontrare delle
specie i cui caratteri, esternamente almeno, non si scostano
di molto da quelli degli esemplari suddetti. E voglio accen¬
nare al D. heterostomum Rud. ed alle due specie affini ,
se non sinonime , cioè al D. hians Rud. e al B. compla-
natum Rud. , tutti parassiti dei trampolieri. Ma, come ora
dimostrerò, anche per queste specie, il confronto può sol¬
tanto portare ad un avvicinamento, e non già ad una si¬
cura identificazione.
Il nuovo distoma del Pelecanus onocrotalus ha il corpo
appiattito, ma tuttavia con ispessore notevole, di forma sub-
ellittica, prolungato anteriormente in una specie di collo,
(l) A. Railliet, Traiti, de zoologie medicale et agricole. 2.® Editimi; Paris,
1895.
11
la cui larghezza basale, pari alla lunghezza, è V4 all’incirca
del diametro longitudinale dell’intero corpo, mentre all’apice
è sensibilmente più ristretto (fìg. 8).
Le dimensioni assolute variano alquanto nei due esem¬
plari, giacché uno è lungo mm. 9 e largo al massimo mm.
4,5, l’altro invece è lungo mm. 7 e largo mm. 4.
Il corpo non è piano, ma spiccatamente concavo-convesso
con la concavità dal lato ventrale. Questa conformazione,
assai più evidente nell’esemplare maggiore, è forse in parte
dovuta all'azione dell’alcool, che deve pure aver cagionato
il cupo colore bruno-verdastro che ora si osserva negli
esemplari, nonché, probabilmente, le forti striature trasver¬
sali che si trovano nel tegumento. La ventosa anteriore è
assolutamente apicale, con apertura ellittica, allungata nel
senso della larghezza del verme ; la posteriore trovasi alla
base del collo, cioè a breve distanza dalla prima, ed ha in¬
vece un’apertura perfettamente triangolare. Il diametro delle
due ventose non appare molto diverso; quello della boccale,
alquanto maggiore, sorpassa appena i due millimetri.
Esternamente non ho notato altre particolarità, e quanto
ai caratteri interni, mi è stato impossibile qualsiasi osser¬
vazione , avendo troppo poco materiale per sacrificarlo al
microtomo , ed essendo troppo completa 1’ opacità dei due
esemplari.
Il semplice esame esteriore è più che sufficiente a far
distinguere con certezza questi distomi da tutti gli altri
congeneri finora trovati nei palmipedi; ma confrontandoli,
,come già ho detto, con i distomi parassiti di altri uccelli,
possono essere avvicinati ad alcune specie, per la comu¬
nanza di qualche notevole carattere.
Il I). heterostomum Rud. , parassita delle ardee , è la
specie che, nel complesso dei caratteri esterni, si assomiglia
più di ogni altra a quella ora descritta; e la somiglianza
appare sopratutto evidente se si confronta il disegno che
io dò nella fìg. 8 per il nuovo distoma del Pelecanus ono-
crotalus, con quello dato dal Linstow (*) per il D. hetero-
slomum àfìWArdeà nycticorax.
(>) O. von Linstow , N ematodi , Acantocefali e Trematoci raccolti dal
prof. Fedtsckenko nel Turkestan ; Boll, della Soc. di Etnogr. Antropol., ecc. ;
Tomo XXX IV. fase. 2.°. Mosca 1886 (in russo), fìg. 49, p. 30.
12
Ma se invece si confrontano le rispettive descrizioni, si
trovano delle divergenze troppo rilevanti per poter soste¬
nere la identificazione delle dne specie, come pare si trova
che il disegno del Linstow non è in giusto rapporto con la
diagnosi corrispondente dello stesso autore. Infatti, mentre
in questa diagnosi è data la lunghezza di mm. 5, e la
larghezza di mm. 1,5, per modo che le dimensioni stanno tra
loro quasi come 3 1/2 ad 1, nella figura invece il rapporto
non è che di 2 a 1. E ne risulta che la figura disegnata
non corrisponde nella forma a quella del modello naturale.
Esaminando poi le diagnosi del D. lieterost omum date
dal Rudolphi f1) [(a) II, p. 381 e (b) p. 102 e 388], dal Du-
jardin (2) [p. 400], dal Diesing (3) [I, p. 353], dallo Stossich (4)
[p. 17], si trova per alcuni caratteri una maggiore affinità
tra le due specie in discorso , ma per altri una maggiore
divergenza che non nella diagnosi del Linstow.
Le massime dimensioni, che sono portate a mm. 6,85 in
lunghezza (Stossich) e a mm. 2,25 in larghezza (Dujardin),
le striature trasversali alla superficie del corpo, il prolun¬
gamento anteriore a guisa di collo, sono tutti caratteri che
potrebbero condurre airavvicinamento delle due specie; ma
per contro, la posizione della ventosa anteriore, al lato ven-
trale, e alquanto all’indietro anziché all’apice del collo, la
forma triangolare della sua apertura, la contiguità con la
ventosa ventrale, la forma oblunga di questa, sono carat¬
teri che fanno meglio distinguere il D. heterostornum Rud.,
dal nuovo distoma del Pelecanus onocrotalus.
Si deve inoltre notare che anche le massime dimensioni
assegnate al D. heterostornum sono notevolmente minori
di quelle raggiunte dai distomi sopra descritti. D’altra parte
la forma concavo-convessa di questi, lo spessore rilevante,
l’ospite e la regione da cui provengono, danno altri argo¬
menti non trascurabili per formare una nuova specie.
(l a — C. A. Rudolphi, Entozoornm bistorta nakuralis. Amstelaedami,
1808-1810.
h — 1d. id., Entoz. synopsis. Berolini, 1819.
(2) F. Dujardin, Histoire naturelle des helminthes. Paris, 1845.
(5) C. M. Diesino, Sgstema helminthum. Vindobouae, 1850-51.
(4) M. Stossich, I distomi degli uccelli. Bollati Soc. adriat, di Scienze
natur., voi. XIII. P. II. Trieste, 1892.
i
Il D. hians Rud. e il 1). complanatum Rud. (!) anche
parassiti delle ardee, e ritenuti dal Dujardin [op. cit. p. 399]
identificabili al I). heterostomum, hanno pure una certa af¬
finità col distoma del Pelecanus onocrotalus.
Il I). hians gli si avvicina specialmente per le dimensioni
complessive (lunghezza fino a mm. 13,5, larghezza fino a 3,5);
ma se ne differenzia per il posto, la grandezza, la forma
delle ventose (v. diagnosi del Dujardin Rav. cit. p. 399] e
del Diesing [lav. cit, I, p. 337]).
11 D. com'planatum è meno dissimile per i caratteri delle
ventose, ma si scosta di molto per le dimensioni (Dujardin,
p. 399-400; Diesing, p. 338).
Dirò dunque, concludendo, che io ritengo il distoma del
Pelecanus onocrotalus , come di specie distinta da quelle
parassite delle ardee; ma non potendo fare i confronti che
sopra i caratteri esterni, e non trovando ben precisate finora
le diagnosi delle specie suddette, credo conveniente lasciare
nella determinazione il segno dubitativo.
CESTODI
Taenia Brauni n. sp.
(Tav. Vili, fìg. 9-14).
Si tratta di una ventina di esemplari raccolti nell’ intestino
di un cane a Ghinda nel settembre del 1892.
Sono quasi tutti completi e ben conservati; lunghi in me¬
dia da 15 a 18 centimetri, larghi al massimo mm. 6, e di
spessore piuttosto rilevante.
Lo scolice, leggermente appiattito nel senso dorso-ven-
trale, è del diametro massimo di un millimetro o poco più.
Non si può distinguere una porzione da considerarsi come
collo, perchè la parte posteriore dello scolice è larga quanto
l’anteriore, e si continua insensibilmente con le prime pro-
P) Lo Stossich [lav. ult. cit., p. 18] pone in sinonimia il D. hians e il
D. complanatum , ma considera come specie distinta il D. heterostomum
14
glottidi , che sono già bene evidenti a 2 millimetri dall’ e-
stremità anteriore del verme , essendo lunghe min. 0,1 e
larghe mm. 1,3 all’ incirca (tav. Vili, fìg. 9).
Le proglottidi successive vanno crescendo abbastanza re¬
golarmente in lunghezza e larghezza quasi fino alla metà
dello strobilio, dove sono larghe mm. 6 e lunghe mm. 1,5
in media; in seguito la larghezza delle proglottidi resta
per buon tratto quasi costante, e la lunghezza cresce, ma
appena sensibilmente, finché nell’ ultimo quarto dello stro¬
bilio si fanno assai più strette e più lunghe, giungendo fino
a 5 o 6 millimetri di lunghezza sopra 3,5 di larghezza.
Queste proporzioni di misure, quasi identiche in tutti gli
esemplari, sono precisamente rilevate nelle figure 12 e 13,
che rappresentano frammenti di un esemplare tipico del
verme a grandezza naturale.
Lo scolice è di forma molto regolare (fìg. 9) ; non pre¬
senta un vero rostrello all’estremità anteriore, ma una
doppia corona di uncini di mediocre lunghezza , di forma
comune, e disposti, come al solito, in due serie alterne di
grandi e di piccoli, in modo che questi ultimi, verso 1’ e-
sterno della corona, terminano allo stesso livello degli altri.
1 grandi sono lunghi solitamente da mm. 0,130 a 0,140, ma
in certi esemplari mm. 0,095-0,100 soltanto; i piccoli gene¬
ralmente mm. 0,085-0,090, ma in alcuni casi mm. 0,070-0,075.
Il numero è costante in tutti gli esemplari : cioè sono 30
complessivamente, 15 grandi e 15 piccoli. È difficile definire
in modo preciso la loro forma reale, perchè non si possono
vedere che per proiezione ; dirò tuttavia che la loro guardia
non è bifida, ma che presenta talora una traccia di bipar¬
tizione appena accennata (fìg. 10 e 11).
La differenza di forma tra i grandi ed i piccoli consiste
principalmente nella riduzione del manico e nella maggiore
curvatura della lama in questi ultimi.
Le ventose sono tondeggianti e piuttosto piccole, non mi¬
surando nel massimo diametro che mm. 0,30 all’ incirca.
Le proglottidi non sono trapezoidali come nella maggior
parte delle tenie affini (T. serrata Goeze, T. marginata
Batsch, e T. coenurus Ivuchm., ecc.), ma rettangolari anche
nel primo tratto dello strobilio, e questo, in conseguenza,
non appare seghettato sui margini.
15
Già ad un terzo o anche ad un quarto della lunghezza
totale dello strobilio, incominciano ad apparire sui margini
delle proglottidi , con irregolare alternanza , le papille in
mezzo alle quali si trova lo sbocco degli apparecchi ripro¬
duttori (fìg. 12 e 13). Queste papille, molto sporgenti sopra¬
tutto nelle proglottidi centrali e posteriori, sono di solito
alquanto più in basso della linea trasversale mediana delle
singole proglottidi, e si scorgono talora per tre o quattro
segmenti consecutivi in uno dei margini dello strobilio, e
poi per altrettanti nell’altro.
Lo spessore notevole del verme e l’abbondanza dei cor¬
puscoli calcari, relativamente grossi, sparsi negli strati su¬
perficiali del parenchima, rendono poco efficace l’esame per
trasparenza. Tuttavia, se si comprimono tra due vetrini le
ultime proglottidi ben mature , si possono scorgere fàcil¬
mente le ramificazioni dell’utero, che sono numerose, minute,
e perpendicolari al tronco mediano longitudinale , come
quelle della Taenia coenurus (v. Leuckart, pag. 720, fìg.
308 c) (*).
L’esame di parecchie sezioni, praticate su frammenti di
varii esemplari, mi ha mostrato che la tasca del pene e la
vagina sboccano quasi nello stesso punto, alla base delle
papille marginali, in una specie di cloaca con ampia aper¬
tura (fìg. 14).
La vagina ha un decorso quasi rettilineo e perpendicolare
al margine della proglottide ; la tasca del pene, normale di
forma e di grandezza, le sta immediatamente al di sopra,
verso la parte anteriore del verme.
I due grossi vasi longitudinali del sistema escretore hanno
decorso lievemente sinuoso, e distano in media mm. 0.5-0.7
dal rispettivo margine dello strobilio. Le ramificazioni ute¬
rine non oltrepassano lo spazio della proglottide compreso
in larghezza tra i detti canali escretori.
Gli embriofori, contenuti nell’utero in gran numero,
sono tondeggianti e del diametro medio di mm. 0.035-0.038.
Confrontata la tenia ora descritta con le altre già note
(*) R. Leuckart, Die Parasiten des Menschen , ecc. , Zweite Auflage;
Leipzig und Heildelbérg, 1879-1886.
16
quali parassite dei canidi, si può facilmente constatare come
le maggiori affinità essa le abbia con la T. coenurus Kù-
chenm., e come tuttavia si possa distinguere anche da que¬
sta per la mancanza di collo, per la sporgenza delie pa¬
pille sessuali, per la relativa cortezza delle proglottidi ma¬
ture, per le dimensioni dello strobilio notevolmente più svi¬
luppato in larghezza e spessore , e all’ incontro molto più
ridotto in lunghezza. A quest’ultimo riguardo basti notare
che, mentre nessuno degli esemplari della nuova specie
raggiunge la lunghezza di 20 centimetri, pur essendo ma¬
turi, come appare dalle ultime proglottidi piene di uova,
gli esemplari parimente maturi della T. coenurus non fu¬
rono mai trovati più corti di 40 centimetri, ma quasi sem¬
pre più lunghi del mezzo metro; in altri termini, la mas¬
sima lunghezza dei miei esemplari non raggiunge la metà
della minima lunghezza indicata per la T. coenurus f* 1).
Quanto alle altre tenie dello stesso gruppo (T. serrata
Goeze , T. marginata Batsch , T. Krabbei Moniez , T. se -
rialis Baillet) le differenze, ben più evidenti, si estendono
anche ai caratteri degli uncini, dell’utero, degli embriofori;
ma per gli opportuni confronti io mi limito ad indicare le
fonti bibliografiche principali (2).
E qui non posso tacere che, se per uniformarmi ai eri¬
temi generalmente seguiti nelle delimitazioni specifiche dei
cestodi, ho dovuto formare ora -una nuova specie , io vado
p) Per la T. coenurus , vedi A. Railliet, Traité de zoologie medicale et
agricole; deuxième édit. Paris 1895, pag. 252 e seguenti. — E Perroncito,
I parassiti dell'uomo e degli animali utili. Milano 1892, pag. 194 e seg.
— R. Leuckart, loc. cit. pag. 717 e seguenti.
(2) Per la T. serrata , vedi Leuckart, loc. cit. pag. cit. — Perroncito,
loc. cit. pag. 203 e seg. — Railliet, loc. cit., pag. 215 e seg.
Per la T. marginata : Leuckart, loc. cit. pag. cit. — Railliet, pag. 228.
— Perroncito, pag. 199 e seg.
Per la T . Krabbei , v. R. Moniez, Note sur le T. Krabbei, espèce nou-
velle de taenia arme in : Bull, scient. du départm. du Nord , 2.e sèrie , 2.e
année, 1879, pag. 16 ì -163. — Id. Id. Essai monographique sur les cysti-
cerques, in : Travaux de l’Institut zoologique de Lille et de la Station ma-
ritime de Wimereux, Tome III, fase. 1, Paris 1880. pag. 46-47 e PI. II.
fìg. 6-7.
Per la T. serialis : Railliet, loc. cit. pag. 257, e C. Baillet, Recherclies
sur un cystique polycephale du lapin in: Meni, de l’Acad. des Sciences de
Toulouse, Voi. I. pag. 452 ecc. 1863.
li
sempre più convincendomi della necessità di radicali mu¬
tamenti sull’interpretazione del valore specifico per questo
gruppo di elminti.
Su tale argomento ho già chiamato 1* attenzione degli
studiosi in un mio precedente lavoro (l), ma in queste stesse
pagine avrò ancora occasione di ritornarvi.
A me pare di poter prevedere fin d’ ora che moltissime
delle attuali specie di tenie, dovranno un giorno essere
passate in sinonimìa, e allora forse potrà essere incorporata
a qualche altra specie, anche quella che qui ho descritto.
Ma debbo intanto concludere che, stando come ora sono le
cose, la costituzione della nuova specie è inevitabile. E la
voglio indicare col nome di T. Brauni in omaggio all’il¬
lustre elmintologo tedesco, prof. M. Braun.
? Taenia serrata Goeze.
Riferisco con qualche dubbio alla T. serrata Goeze, un
esemplare di grande cestode, trovato nell’intestino dello
stesso cane da cui furono tolti gli esemplari della T. Brauni.
E dirò subito che il dubbio dipende principalmente dalla
mancanza dello scolice in quell’ unico esemplare, giacché,
non avendo avuto in esame gli uncini, che costituiscono l’es¬
senziale carattere distintivo tra i comuni grandi cestodi del
cane, non ho certo potuto tener gran conto degli altri ca¬
ratteri, pei quali vi è poco di accertato nelle descrizioni che
finora si hanno delle tenie stesse (v. osservazioni in appen¬
dice alla descrizione della specie, pag. 19).
L’ esemplare è lungo circa 80 centimetri , largo al mas¬
simo mm. 9, e di spessore piuttosto rilevante; ma siccome
le prime proglottidi sono già assai lunghe e spesse, si può
supporre che manchi buon tratto dello strobilio, e che l’e¬
semplare completo fosse lungo più di un metro. Il margine
posteriore delle proglottidi è, generalmente, alquanto più
lungo dell’anteriore, ciò che determina l’aspetto seghettato
dei margini dello strobilio. Gli sbocchi sessuali irregolar-
(*) E. Setti, Dipylidium Gervaisi n. sp. e qualche considerazione sui
limiti specifici nei Cestodi in: Atti della Soc. lig. di Scienze natur. e geog.
Voi VI, pag. 99 e seg.; Genova, 1895.
mente alterni, sono ben visibili ad occhio libero anche nelle
prime proglottidi, in cui si trovano sulla metà dei margini
laterali. Di mano in mano che si procede verso le proglot¬
tidi terminali, gli sbocchi stessi si trovano invece più al di
sotto della metà dei margini.
Le ramificazioni uterine, assai evidenti nelle ultime pro¬
glottidi, sono piuttosto numerose e tanfo ravvicinate le une
alle altre e piene di uova, che riesce difficile il contarle;
posso dire però che non sono in genere meno di 12 nè più
di 18, e che sono perpendicolari al tronco primario, mediano,
longitudinale.
In sulle prime, le dimensioni notevoli del verme mi ave¬
vano fatto pensare alla T. marginata, ma esaminati poi
i caratteri degli organi genitali, ho tosto rilevato come essi
non concordassero con quelli generalmente indicati per tale
specie {*).
Ho allora diretta l’attenzione alle altre tenie dei canidi,
e mi sono presto convinto che non potevansi far confronti
che con la T. coenurus e la T. serrata ; ma trovai ben
difficile il decidere tra queste due, mancando, come già ho
detto, i caratteri più importanti che si riscontrano nello sco-
lice. Il numero delle ramificazioni uterine mi avrebbe fatto
propendere per la T. coenurus, ma considerando che per
questo carattere non vi è troppo accordo nelle varie descri¬
zioni delle tenie dei cani (v. osservazioni pag. .216), mentre
d’altra parte l’aspetto complessivo del verme, le sue dimen¬
sioni, la seghettatura marginale , suggerivano piuttosto
l’identificazione con la T. serrata, ho finito per assegnarlo
a quest’ultima specie, lasciando per altro un punto inter¬
rogativo ad esprimere qualche incertezza in causa della
mancanza dello scolice. — Mi sono trattenuto alquanto sopra
questo el minto, non già perchè lo ritenessi di speciale im¬
portanza rispetto agli altri della raccolta Ragazzi, ma per¬
chè, avendomi dato occasione di esaminare ancora rigorosa¬
mente le principali descrizioni dei grandi cestodi dei cani,
esso mi ha condotto alle considerazioni che .espongo qui
(*) R. Leuckart, loc. cit. pag. 720. fìg. 308 B. — H Krabbe , Reclier-
ches helminthologiques en Danemarli et en Is lande: Copenhague 1866, tav.
IV, fìg. 60. — A. Railliet, loc. cit., pag. 228.
sotto, e che io credo molto importanti ad avvalorare quanto
già ebbi a dire sull’incertezza dei limiti specifici nei cestodi.
Vi fu lunga controversia tra gli elmintologi intorno alla
determinazione dei caratteri distintivi delle tre grandi tenie
dei cani: cioè, la T. serrala Goeze (1782), la T. margi¬
nata Batsch (1786), la T. coenurus Kuchenm. (1853).
Il Krabbe (loc. cit. pg. 3-5 ) ne riassume brevemente la
storia fino al 1866, ed io posso quindi dispensarmi dal ri¬
ferirla qui. Ma voglio soltanto rilevare che le incertezze e
le contraddizioni sull’argomento delle tenie suddette, si con¬
tinuano anche dopo il 1866; cosicché possono ritenersi tut¬
tora come discutibili le differenze tra le tre specie.
Incominciando dalle dimensioni si trova che, se le differenze
sono alquanto sensibili tra la T. marginata e la T. coenu¬
rus, non lo sono però tra queste due e la T. serrata che
può considerarsi come intermedia. Ad ogni modo, le misure
estreme indicate dai varii autori per queste singole specie,
sono fra loro tanto discrepanti da non permettere una si¬
cura distinzione basata sulle misure stesse. E trattandosi
di un carattere di secondaria importanza trovo inutile un
esame particolareggiato.
Ma nemmeno dei caratteri degli uncini, che costituireb¬
bero in questo caso le differenze specifiche più evidenti (v.
Krabbe pag. 6-7), non si può tenere gran conto, giacché essi
variano pure notevolmente nelle descrizioni dei diversi au¬
tori. Troviamo infatti che il numero e le dimensioni degli
uncini stanno tra i limiti seguenti:
Per la T. coenurus: N.° 22 t1) — 36 (2)
dimensioni grandi mm. 0,15 (*) — 0,17 (4)
» piccoli » 0,09 (]) — 0,13 f1)
Per la T. marginata: N.° 28 (3) — 48 (4)
grandi mm. 0,17 (8) — 0,22 (5)
piccoli mm. 0,11 (5) — 0,16 (5)
Per la T. serrata : N.° 34 (6) — 48 (6)
grandi mm. 0,22 (6) — 0,26 (4)
piccoli mm. 0,12 (6) — 0,16 (6)
(4) Railliet, loc. cit. pag. 252. — (2) F. A. Zììrn, Die Schmarolzer auf
und in dem Kdrper unserer Haussaugetiere ecc. Erster Teil, Die tierischen
Cosicché si deve concludere: l.° che gli uncini in numero
di 34-36 possono trovarsi in tutte tre le specie; 2.° che la
lunghezza di rum. 0,12-0,13 per i piccoli può pure riscon¬
trarsi nelle tre specie; 3.° che la lunghezza di min. 0,17
per i grandi si può avere tanto nella J\ coenurus come
nella T. marginata, e la lunghezza di mm. 0,22 può per
contro trovarsi tanto nella T. marginata come nella T.
serrata .
E non minori sono le incertezze intorno agli impor¬
tanti caratteri degli organi genitali. 11 Baillet, per es. ,
dice che le ramificazioni uterine della T. serrata sono nu¬
merose (7) (pag. 223-224), mentre lo Ziirn (loc. cit. pag. 170),
il Leuckart (pag. 720), il Railliet (pag. 215) dicono che
sono piuttosto poche (otto o dieci); ma di nuovo il Krabbe
nella fìg. 62 della tav. IY mostra invece che sono abba¬
stanza numerose e poco meno di quelle della T. coenurus
(fìg. 61). Del resto, queste della T. coenurus che sarebbero
18 26 secondo il Railliet (pag. 252) e 20-25 secondo il Leu¬
ckart (pag. 720), non sono più che una quindicina secondo
il citato disegno del Krabbe e secondo il Perroncito (pag.
194). Finalmente, mentre il Baillet, a pag. 224, dice che ì
rami laterali anteriori dell’ovario (utero) mandano nella T.
coenurus molte divisioni in avanti, parallelamente al ramo
mediano principale, e sono invece semplici o poco ramifi¬
cati nella T. serrata (pag. 223), nei disegni dei Krabbe non
appare questa differenza, e nemmeno presso altri osserva¬
tori (per es. nelle fìg. del Leuckart a pg. 720).
In quanto agli embriofori, ricorderò che lo Zùrn (pag. 138
e 170 dell’op. cit. e fìg. 24 e 33 della tav. Ili) rappresenta
ellittici quelli della T. coenurus e rotondi quelli della T.
serrata , avvicinandosi al Perroncito il quale dice ovoidali
quelli della T. coenurus e disegna quasi sferici quelli della
T. serrata (pag. 194 e 203 op. cit.), mentre il Railliet dice
il contrario (pag. 215 e 252 op. cit.).
Parasiten. Weimar 1882, pag. 139. — (3) Krabbe, pag. 7. — (4) Baillet
(v. Krabbe pag. 7). — (5) Railliet. pag. 228. — (6) Railliet, pag. 215. —
(7) C. Baillet, Comete rendu d' expóriences faites a fècole vétórinaire de
Toulouse , sur V organisti ion et la reproduction des cestoides da genre Tae-
nia, in: Annales des Sciences naturelles, IV Sèrie, Zoologie, Tome X,
Paris 1858, pag. 190-232.
21
Cosicché, tenuto conto di tutti questi fatti non insigniti-
canti, parali per ora di poter dire che le conclusioni dedotte
dal von Siebold f1) Ano dal 1854, in seguito a diligenti
osservazioni ed esperimenti, non siano ancora da ritenersi
come definitivamente smentite, malgrado le prove addotte
in contrario dai successivi autori, specialmente dal Kuchen-
meister (2) (3), dal Baillet (loc. ult. cit.) e dal Krabbe (loc. cit.).
Le conclusioni del Siebold, farebbero ritenere le tre tenie
suddette come varietà di una sola specie ( T. serrata) , e
le differenze tra le rispettive forme larvali ( Cysticereus
pisiformis, C. tenuicollis, Coenurus cerebralis) come sem¬
plice effetto della differenza di ospite. Solo una serie di
esperienze più generali, e una diligente revisione delle tenie,
potrà permetterci di decidere su tale questione.
Taenia, sp?
(Tav. Vili, fìg. 15-16).
Due esemplari incompleti: uno collo scolice e 10 centi-
metri di strobilio, 1’ altro evidentemente della stessa specie
del primo ma senza scolice e lungo quasi il doppio. Il dott.
Ragazzi li trovò nell’ intestino di una viverra che aveva uc¬
cisa presso Massaua nel settembre del 1892, ma che non
venne specificata. Oltrecchè incompleti , essendo anche in
cattivo stato di conservazione, non possono somministrare
i caratteri necessarii per essere determinati con sicurezza ;
ne darò tuttavia una breve descrizione, affinché questo ma¬
teriale sia almeno sfruttabile per un confronto, in caso di
future ricerche elmintologiche nelle regioni eritree.
Lo scolice è globoso , con diametro medio di circa mm. (*)
(*) C. Th. Siebold, Uéber die Band und Blasemviirmer ecc. Leipzig, 1854.
(Riassunto in: Annales des Sciences naturelles, IV, Sér. zoologie, Tome IV ;
Paris 1855, pag. 48-90 e 172-208, Tab. 2 e 3).
(2) F. Kììchenmeister, Experimente iiber die Entstehung der Cestodén, ecc.,
in: Gùnsburg’s Zeitschrift tur klinische Medicin. IV Jahrg. pag. 448-451;
Breslau 1 853.
(3) F. Kììchenmeister , Ueber die Taenia e Cysticerco tenuicollis ihren
Finnenzustand, ecc. Moleschott’s Untersuch. zur Naturlehre des Menschen
und der Thiere; I Bd. pag. 256-378; Frankfurt a. M., 1856.
22
0,8; le ventose sono tondeggianti, di mediocre grandezza;
il rostrello assai grosso e armato di robusti uncini (fig. 16)
alternati in due serie concentriche; i grandi lunghi mm.
0,30-0,32 in media, e i piccoli mm. 0,18-0,19. Non mi fu
possibile precisarne il numero, perchè neH’unico scolice li
trovai incompleti e spostati ; credo però che nelle condizioni
naturali non fossero meno di una trentina per serie. Lo sco¬
lice si continua con lo strobilio per un breve collo, che mo •
strasi però ben distinto, essendo più stretto dello scolice e
delle prime proglottidi (fig. 15).
Lo strobilio ha uno spessore rilevante, ma del resto è
di aspetto normale; la sua massima larghezza è di mm. 3
nell’esemplare senza scolice, e di mm. 4,5 nell’altro. Le
proglottidi mediane, che sono appuntò le più larghe, sono
lunghe circa un millimetro, e quelle più lontane dallo sco¬
lice sono invece assai più lunghe e meno larghe (mm. 3 per
mm. 2).
Visto al microscopio, per semplice compressione, tutto lo
strobilio appare gremito di minuti corpuscoli calcari , che
impediscono la distinzione degli organi interni, però nelle
proglottidi mature le ramificazioni uterine, piene di uova,
si rendono bene evidenti. I pori genitali sono in una pa¬
pilla prominente, visibile ad occhio libero verso la metà del
margine di ogni proglottide, ora da una parte e ora dal-
l’altra irregolarmente, e talvolta per due o tre proglottidi
consecutive da una parte, poi per altrettante dall’altra. Gli
embriofori sono per lo più tondeggianti, con guscio spesso,
e diametro massimo di mm, 0,025.
I caratteri generali ora descritti sono sufficienti a dimo¬
strare che qui si tratta di un cestode del genere Taenia
nel senso attualmente ristretto, cioè sul tipo della T. ser¬
rata e delle specie affini ; e di tali cestodi è indicata finora
nelle viverre, la sola T. platydera Gervais. La descrizione
di questa, e meglio ancora i disegni che ho esaminati nel
lavoro del Gervais stesso (]), mi hanno convinto che non può
identificarsi alla mia, non concordando nè per la forma, nè
(4) P. Gervais, Sur quelques Entozoaires taenioides et hydatides; Mém.
de l'Acad. des Se. et Lettres de Montpellier, 1847, p. 89-90; pi. 1, fig. 1,
a , b, c .
23
per le dimensioni complessive, nè per i caratteri dello sco¬
nce, degli uncini e del collo.
Esteso l’esame comparativo ai cestodi dei carnivori in
generale, ho trovato che, fra le specie ben accertate, la più
vicina a quella sopra descritta sarebbe la T. crassicollis
Rud., comune nei gatti. Ma anche quest’ ultima, pur con¬
cordando per varii caratteri, specialmente degli uncini e
degli organi genitali, si scosterebbe però per le dimensioni
complessive, per quelle dello scolice in particolar modo, per
i caràtteri del collo, per la grandezza degli embriofori (con¬
fronta : Railliet , op. cit. , pag. 249-250. Krabbe , op. cit.,
pag. 6 e 18, tab. 1, fìg. 1-3, tab. IV, fig. 63).
Vi sono finalmente alcune specie tuttora poco note, sulle
cui descrizioni imperfette, lasciateci da autori antichi, non
si potrebbe efficacemente basare un confronto, quantunque
i pochi caratteri precisati corrispondano abbastanza bene
a quelli della specie qui descritta (per es. T. intermedia
Rud. e T. laticollis Rud.). In tali dubbi non posso che la¬
sciare in sospeso la determinazione specifica
Taenia erythraea n. sp.
(Tav. IX, fig. 17-21).
Fra i cestodi della nuova raccolta del Dofct. Ragazzi vi
è una specie fortunatamente rappresentata da un gran nu¬
mero di esemplari, tolti dall’intestino tenue di uno sciacallo
(Canis mesomelas), preso nel novembre del 1892 in vicinanza
di Massaua.
lo li trovai riuniti in gruppi tanto intricati che mi fu
difficile isolarne individui interi.
Un primo esame superficiale bastò a persuadermi che si
trattava di esemplari del genere Taenia propriamente detto,
sul tipo comune delle tenie dei carnivori, ma di dimensioni
relativamente ridotte.
Sono lunghi in generale dai 14 ai 17 centimetri; nessun
individuo sorpassa i centim. 20. La massima larghezza ,
verso la metà dello strobilio, è di circa rum. 4; in molti
esemplari non sorpassa i 3 V2. Lo spessore è poco rilevante.
24
Lo scolice con largo rostrello (fig. 17) è ben visibile ad
occhio nudo; è largo al massimo mm. 0.70 in corrispondenza
delle ventose, e lungo da mm. 0,60 a 0,65 tra la base delle
ventose stesse e l’apice del rostrello.
Il collo è largo quanto il capo o poco meno, ed è, secondo
gli esemplari, di varia lunghezza; questa non può determi¬
narsi precisamente perchè un inizio di segmentazione più
o meno accentuata precede la vera segmentazione smobi¬
liare ; ad ogni modo un tratto insegmentato di mezzo mil¬
limetro almeno si riscontra in ogni esemplare.
Le prime proglottidi sono brevissime, molto imbricate, e
di forma trapezoidale, avendo il margine posteriore più
lungo dell’anteriore; le proglottidi mediane sono rettango¬
lari, poco più larghe che lunghe o quasi quadrate; le ter¬
minali allungate e strette (fig. 19 e 20).
Gli strati superficiali del corpo sono tanto gremiti di cor¬
puscoli calcari, che riesce impossibile scorgere per traspa¬
renza gli organi interni, se prima non vengono sciolti con
gli opportuni reagenti i corpuscoli stessi. Questi sono ugual¬
mente sparsi per tutto il corpo, salvo nelle ultime proglot¬
tidi in cui sono meno stipati. Per lo più sono di forma ir¬
regolarmente elissoidale, ma talora sono compressi, o ton¬
deggianti, o anche ad ovoide; hanno un diametro massimo
longitudinale di mm. 0,10-0,13.
Il rostrello dello scolice è largo, ma poco lungo, ed è ar¬
mato di uncini, il cui numero normale non posso determi¬
nare, perchè in tutti gli scolici che ho esaminati lo trovai
evidentemente ridotto per la caduta e per la perdita di molti.
Ma posso quasi asserire che tali uncini fossero origina¬
riamente poco numerosi e disposti in un’unica serie, giacché
non ne ho trovati che di una qualità sola, e non più di una
dozzina in uno stesso individuo. Essi sono lunghi in media
da mm. 0,085 a 0,095. Il disegno che io ne do nella figura
18.a mi può dispensare dal descrivere la forma, che non
presenta, del resto, notevoli particolarità.
Le quattro ventose sono tondeggianti e di media gran¬
dezza ; il loro massimo diametro esterno è di mm. 0,25-0,30.
Le dimensioni medie delle proglottidi nelle varie parti dello
strobilio sono espresse nel seguente prospetto:
'.ir 1 1
25
prime proglottidi
lunghe
mm.
0,025-0,030
— larghe
mm.
0,70-0,75
a y2 cm. dallo scolice
»
»
0,20
»
»
0,80-1,00
a 4 » » »
»
»
1,00
»
»
2,00-2,50
a 6 » » »
»
»
1,50
»
»
3,00-3,50
dagli 8 ai 12 »
»
»
2, 5-3, 5
»
»
3,50-4,00
ultime proglottidi
»
»
4-7
»
»
2,4-2, 8
Come si vede, le ultime proglottidi sono notevolmente più
lunghe che larghe; e la figura 20 della tavola IX mostra
la loro forma, che ricorda alquanto quella delle proglottidi
dei dipilidii.
Già dopo quattro o cinque centimetri dallo scolice , si
possono osservare, anche ad occhio nudo, le papille genitali
irregolarmente alterne, situate verso la metà o poco al di¬
sotto dei margini laterali delle proglottidi. Esse non costi¬
tuiscono tuttavia sporgenze molto rilevanti sui margini stessi.
Gli organi genitali si mostrano foggiati sul comune
schema delle tenie propriamente dette. Solo presentano qual¬
che particolarità riguardo alla disposizione delle ramifica¬
zioni uterine.
Come appare nella figura 21, che rappresenta una pro¬
glottide terminale molto matura , l’utero pieno di embrio-
fori porta, lateralmente al tronco primario longitudinale, nu¬
merose ramificazioni disposte con notevole irregolarità, sia
per la loro direzione che per il loro volume , ma con il
costante carattere di presentare un cospicuo ingrossamento
all’ estremità anteriore della proglottide. Questa particolare
disposizione dell’utero si appalesa anche all’esterno delle
proglottidi mature, determinando caratteristici rilievi visibili
ad occhio nudo.
Gli embriofori, numerosissimi nell’utero maturo, sono ro¬
tondi od elissoidali, col diametro medio di mm. 0,027-0,028.
L’esame generale delle tenie dei carnivori, che avevo già
fatto a proposito delle specie sopra descritte, mi ha per¬
messo di rilevare facilmente in questa tenia dello sciacallo
i caratteri di una nuova specie. E poiché essa non presenta
notevoli affinità con nessun’ altra delle già note, io credo
quasi inutile qualsiasi cenno comparativo. Osservo soltanto
che, se essa può essere avvicinata alla precedente specie
della viverra, per alcuni caratteri (come : le dimensioni com-
26
plessive , la disposizione degli sbocchi sessuali , la forma
e le dimensioni degli embriofori , l’ abbondanza dei corpu¬
scoli calcari), se ne può anche distinguere con tutta facilità
per la sua sottigliezza, per la forma dello scolice, per tutti
i caratteri degli uncini , per la singolare disposizione del-
P utero nelle proglottidi mature.
Chiamo la nuova specie Taenia erythraea, per rammen¬
tare almeno una volta la regione geografica di cui ripetu¬
tamente mi sono occupato nei miei studi elmintologici.
Anoplocephala Paoenstecheri n. sp.
(Tav. IX, fìg. 22-26).
È questa una nuova specie di tenia che viene ad aumen¬
tare la serie dei parassiti degl’iraci, e a complicare le que¬
stioni già sollevate su tale argomento.
Una cinquantina di esemplari, non tutti completi, furono
trovati dal Dott. Ragazzi nell’intestino di un Ilyrax (sp.?),
preso ad Asmara nel settembre del 1892. Questi esemplari
sono di piccole dimensioni: lunghi in media cm. 4, talora
3 solamente , e in qualche caso invece sino a cm. 7 ; lar¬
ghi da 3 a 4 millimetri nel punto di maggior diametro.
Salvo le ultime proglottidi, che assai facilmente si staccano,
e che sono rese turgide dalla presenza di numerosissime
uova nel loro interno, tutto il resto dello strobilio è molto
sottile.
Lo scolice può dirsi piramidale o anche piriforme, ma la
notevole sporgenza delle ventose e un lieve rialzo apicale
ne alterano alquanto i contorni (Tav. IX, fìg. 23). E al-
l’incirca dello stesso diametro tanto in lunghezza quanto in
larghezza, variando in media da min. 0,75 a min. 0,85, se¬
condo gli esemplari. Come si vede, è di grandezza me¬
diocre, ma appare tuttavia molto evidente anche ad occhio
libero, essendo seguito da un collo strettissimo. Le quattro
ventose hanno il massimo diametro di rum. 0,25-0,28. Il
rialzo apicale può forse rappresentare un rastrello, ina non
ne ha il vero aspetto, essendo ampio, poco prominente e
privo di uncini.
27
Il collo, sempre ben distinto in tutti gli esemplari, è largo
da mm. 0,32 a 0,35 superiormente, e da mm. 0,40 a 0,42
verso la base; la sua lunghezza varia tramm. 0,50 e mm. 0,70.
Le primissime proglottidi sono a superficie rettangolare;
le altre invece sono quasi tutte trapezoidali, cioè assai più
larghe inferiormente che superiormente, facendo risultare
seghettati i margini dello strobilio; ma le ultime, più lunghe
di tutte le altre, ritornano alla forma rettangolare.
La larghezza dello strobilio cresce gradatamente dal collo
fin oltre i quattro quinti del corpo; nell’ultimo tratto dimi¬
nuisce ancora in modo più o meno sensibile. La lunghezza
delle proglottidi aumenta sempre, ma assai lentamente, dallo
scolice all’estremità posteriore dello strobilio, essendo rela¬
tivamente già notevole in vicinanza dello scolice, e non
giungendo mai ad uguagliare la larghezza, nemmeno nel¬
l’ultimo tratto del corpo. Questi rapporti fra le dimensioni
appaiono evidenti oltrecchè dalla figura 22, anche dal pro¬
spetto seguente:
proglottidi primissime
a Vg cm. dallo scolice
a 2 » » »
a 72 » della fine
proglottidi estreme
lunghe mm. 0,20
» » 0,45-0,50
» » 0,75-0,85
» » 0,85-0,90
» »' 0,90-1,20
larghe mm. 0,42-0,45
» » 1,75-2.00
» » 2,70-3,10
» >> 3,50-4,00
» » 2,00-2,50
Il numero delle proglottidi varia, generalmente, tra 70
e 80.
Come di solito si verifica nei cestodi, le variazioni indi¬
viduali e le anomalie sono piuttosto rilevanti. A questo ri¬
guardo voglio far nota una singolare disposizione delle pro¬
glottidi, che ho riscontrata in parecchi esemplari. Scostan¬
dosi notevolmente dalla forma normale, tali proglottidi si
mostrano affusolate, con l’asse maggiore disposto trasver¬
salmente, cosicché non restano unite tra di loro che per un
breve tratto centrale, e rendono i margini dello strobilio
profondamente dentellati (fig. 24).
Non si vedono per trasparenza corpuscoli calcari, e nem¬
meno vasi escretori.
Gli organi genitali incominciano ad apparire ben mani¬
festi tra la ventesima e la trentesima proglotiide, cioè a
circa un centimetro dallo scolice. Gli sbocchi sono tutti sullo
28
stesso margine dello strobilio, in una lieve prominenza al
vertice degli angoli inferiori delle proglottidi (fig. 25).
La vagina , diretta obliquamente verso l’ interno della
proglottide, è molto allungata ed ha il diametro medio di
mm. 0,025-0,030.
La tasca del pene, immediatamente al di sopra delia va¬
gina, è fatta ad otricello, col diametro maggiore quasi pa¬
rallelo al margine laterale della proglottide * cioè con la
parte più allargata in alto e l’apertura in basso, presso lo
sbocco della vagina; la sua lunghezza è di circa mm. 0,40,
e la larghezza massima di mm. 0,16. 11 canale deferente,
intricatamente raggomitolato, è pure disposto sopra la va¬
gina, in direzione obliqua rispetto ai margini delle proglot¬
tidi, ed è di grosso calibro, cioè di mm. 0,02 in media. I
testicoli numerosi sono sparsi regolarmente in tutto il pa¬
renchima di ogni proglottide, nella prima metà dello stro¬
bilio.
Il canale vaginale e la tasca del pene permangono anche
nelle ultime proglottidi , che sono tutte ripiene di tasche
ovigere; mentre i testicoli non si vedono più.
Le tasche ovigere incominciano ad apparire poco dopo
la metà dello strobilio, ma solo nell’ultimo quarto sono com¬
pletamente sviluppate e si vedono allora ad occhio nudo,
come tante punteggiature, per semplice compressione delle
proglottidi tra due vetrini. Esse occupano non solo la parte
centrale, ma anche la marginale delle proglottidi, e sono
tanto stipate da assumere forma poliedrica, mentre isolate
sono irregolarmente tondeggianti od elissoidali, col diametro
medio di mm. 0,25-0,30 (nelle più mature). Nelle ultime
proglottidi se ne contano da 70 ad 80, disposte in parec¬
chie file, ma in un solo strato nello spessore delle proglot¬
tidi stesse. A piccolo ingrandimento si osserva in ogni tasca
una massa centrale scura, granulosa, che è l’ammasso delle
uova, ed una parte periferica più chiara, con striature circo¬
lari concentriche, che è l’involucro, rappresentante le pareti
dell’utero (fig. 26). Le uova sono tondeggianti, od ovoidali,
od elissoidali, col diametro massimo di mm. 0,040-0,045 ; ed
appaiono nelle sezioni in numero di 8 o 10 per ogni tasca.
Ho dovuto considerare come di nuova specie gli esem-
2$
plari elei cestode ora descritto, sopratutto per la confor¬
mazione degli organi genitali e per la posizione dei loro
sbocchi.
Le dentellature marginali dello strobilio, determinate dalla
forma trapezoidale delle proglottidi, e il numero esiguo di
queste ultime rispetto alla lunghezza complessiva dei sin¬
goli esemplari, possono ritenersi come altri caratteri speci¬
fici, secondari, ma non trascurabili.
Sarebbe qui tuttavia più che opportuno un diligente esame
comparativo di tutti i cestodi degli iraci, allo scopo di co¬
ordinare i varii contributi portati finora dagli studiosi su
questo argomento; ma un recentissimo lavoro del prof. N.
Nassonow, sugli endoparassiti della Procavia syriaca f1),
ha portato tante nuove complicazioni sull’argomento stesso,
che io credo meglio di dedicarvi uno studio particolareg¬
giato di critica e di coordinazione in un lavoro successivo,
limitandomi per ora a qualche semplice cenno sulle più im¬
portanti questioni in proposito.
1 varii autori che ebbero finora ad occuparsi di tenie pa¬
rassite degli iracq si trovarono quasi sempre in difficoltà
ed in dubbi riguardo alla determinazione delle forme esa¬
minate, non potendo riscontrare nella maggior parte di
queste dei caratteri specifici ben delineati e costanti in ogni
esemplare; sorsero quindi quelle varie questioni che nel ci¬
tato lavoro del Nassonow, lungi daH’essersi risolte, si sono,
come già ho detto, vieppiù complicate.
La tenia primieramente descritta e figurata dal Pallas (2)
sopra pochi frammenti, devesi considerare come tipo di
specie, conservando il nome di T. hyracis assegnatole dal
Rudolphi (3)? 0 devesi invece ritenere come forma indeter¬
minabile, essendo stata insufficientemente descritta , senza
alcun cenno sui caratteri dello scolice e su quelli essen¬
zialissimi degli organi genitali?
fi) N. Nassonow, Endoparassiti della Procavia syriaca . Pubblicazioni
del Laboratorio zoologico dell’Università di Varsavia (in russo). Varsavia
1897.
(2) P. S. Pallas, Spicilegia zoologica, fase. II, anno 1767, pag. 32, tav.
3, fìg. 13.
(3) C. A. Rudolphi, Entoz. Ustoria natur. — Amstelaedami 1808-1810,
T. Ili, pag. 199.
30
E V Arhynchotaenia critica del Pagenstecher (*) da
ascriversi, ad ogni modo, al genere Anoplocephala (2), de-
vesi considerare come buona specie, o può invece identifi¬
carsi alla T. hyracis suddetta, facendone tutto al più una
varietà, come il Nassonovv suggerirebbe?
In line, le forme più recentemente descritte dal Parona (3),
da me (4), dal Moniez (5) e dal Nassonow (6), quali rapporti
hanno tra loro e con quelle sopraindicate?
Tali sono le principali questioni a cui mi propongo di
rispondere nel prossimo lavoro. Ma ciò che qui mi preme
di rilevare si è, che la nuova mia specie A. Pagenstecheri,
indipendentemente da tutte le questioni accennate, può ri¬
tenersi sicuramente caratterizzata dal la posizione delle aper¬
ture sessuali, che sono sul vertice degli angoli delle pro¬
glottidi, e non in mezzo ai margini laterali come nelle specie
affini. Inoltre, le dimensioni della vagina, della tasca del
pene, del deferente; e la disposizione di quest’ultimo in in¬
tricato gomitolo; e Analmente anche il complesso degli altri
caratteri più superficiali, come più sopra ho notato, contri¬
buisce a contraddistinguere la nuova specie.
Mesocestoides lineatus (Goeze).
(Tav. IX, fig. 27-30).
Benché io riferisca ad una specie già nota parecchi esem¬
plari di Mesocestoides , trovati dal dott. Ragazzi nell’ inte¬
stino di un Caracal (Lynx caracal — presso Massaua —
(*) A. Pagenstecher, Zur Naturgéschichte der Cestoden; Zeitschr. f. wiss.
Zool. Bd. XXX, fig. 171. Leipzig 1877.
■(*)' Vedi R. Moniez, Notes sur les helminthes (IV); Revue biologique du
Nord de la France, 4.e année, N. 1 (pag. 16 dell’ estratto) ; Lille 1891; e
vedi anche E. Setti, Elminti dell' Eritrea e delle regioni limitrofe . Atti
Soc. lig. d. Se. nat. e geogr. Voi. IV, pag. 13-14. Genova 1893.
(3) C. Parona, Di alcuni elminti raccolti nel Sudan orientale da 0. Bec¬
casi e P. Magretti. Ann. del Museo civico, ser.. 2.a, voi. II. Genova, 1885.
(4) E. Setti , Sulle tenie delVHyrax dello Scioa ; Atti Società lig. di Se.
nat. e geogr. Voi. II, pag. 316-324. Genova, 1891. — Vedi anche lavoro
sopra citato : Elminti dell Eritrea, ecc.
(5) R. Moniez , lav. cit.
(6) N. Nassonow, lav. cit.
31
aprile 1894), credo tuttavìa opportuno il descriverli breve¬
mente, poiché, dall’esame che ne ho fatto, tenendo presente
quanto già è stato scritto sul M. lineatus (Goeze) e sulle
specie affini, ho potuto rilevare anche in questo gruppo di
tenie incertezze e confusioni notevoli sulle delimitazioni spe¬
cifiche. Gli esemplari di cui ora tratto sono parecchi , per
lo più incompleti, e taluni ridotti a brevi frammenti per la
sottigliezza dello strobilio, il quale si lascia rompere con
tutta facilità. Ma tra questi frammenti trovansi pure diversi
scolici con porzioni anteriori di strobilio, e qualche esem¬
plare abbastanza completo.
Per dare un’ idea delle dimensioni, dirò che un esemplare
è lungo circa 30 centimetri, pur mancando dello scolice e
di una parte dello strobilio; altri esemplari, anche notevol¬
mente incompleti, sono lunghi tra i 15 e i 25 centimetri.
La massima larghezza dello strobilio giunge in certi fram¬
menti a circa mm. 2,5, ma in generale non supera i 2 mil¬
limetri. Le dimensioni e la forma dello scolice variano sensi¬
bilmente secondo gli esemplari, e siccome questo fatto è im¬
portante per dimostrare un graduale passaggio tra la forma
tipica del Mesocestoides lineatus (Goeze) e quella del M. Ut-
teratus (Batsch), ritenute dallo Zschokke e da altri autori
come specie distinte, io dò nella tavola, i disegni dello sco¬
lice di tre diversi esemplari (fig. 27 a , b, c), e nel seguente
prospetto le dimensioni parimenti desunte dalle misure di
varii scolici f1)/
uno scolice lungo mm. 0,25 largo mm. 0,33
altro » » » 0,27 » » 0,36
» » » » 0,28 » » 0,36
» » » » 0,30 » » 0.35
» » » » 0,30 » » 0,40
Relativamente alle dimensioni dello scolice, le ventose
sono piuttosto grosse, giungendo nel massimo diametro a
mm. 0.15.
Allo scolice segue in ogni esemplare un lungo tratto di
collo, che può misurare dal minimo di mm. 3 al massimo
(l) La lunghezza può determinarsi con precisione solo in quegli esemplari
nei quali il cosidetto capo è ben distinto dal collo.
32
di mm. 8. La larghezza di questo trattò varia tra mm. 0,15
e 0,20 presso lo scolice, e mm. 0,30 e 0,40 presso le prime
proglottidi.
Ma queste misure non possono ritenersi che come appros¬
simative, perchè in alcuni esemplari vi è una netta distin¬
zione tra il capo ed il collo (fìg. 27 a, ò), in altri invece
la parte inferiore dello scolice si restringe gradatamente,
trasformandosi in collo senza lasciar distinguere una linea
di separazione tra le due parti (fìg. 27 c).
E quanto all’ inizio della catena strobiliare, non vi è mai
un punto ben determinato, poiché la parte posteriore dei
collo mostra per buon tratto delle segmentazioni parziali
gradatamente più accentuate , prima di dar luogo a pro¬
glottidi distinte.
Le prime di queste proglottidi hanno una media lunghezza
compresa tra mm. 0,05 e 0,10, ed una larghezza tra mm.
0,40 e 0,50; la loro superfìcie è all’ incirca rettangolare,
coi margini liberi leggermente convessi. Procedendo verso
la parte posteriore dello strobilio, si trova naturalmente che
le proglottidi vanno facendosi più lunghe e più larghe, ma
in modo irregolarissimo, e che si presentano con forme
molto variabili, non solo nei diversi esemplari, ma anche
nei diversi tratti dello strobilio.
Quelle mediane sono generalmente di lunghezza poco
differente della larghezza, ma la forma può essere rettau-
golare, trapezoidale, od anche elissoidale, e più o meno cam¬
panulata (fìg. 28 a e b).
Le terminali sono di solito alquanto più lunghe che lar¬
ghe, assomigliando a quelle dei dipilidii (fìg. 29) ; la mas¬
sima lunghezza non giunge però ai 4 millimetri.
La più essenziale caratteristica del genere appare evi¬
dentissima anche ad occhio libero , potendosi scorgere in
ogni proglottide una specie di nucleo centrale , piccolo ,
tondeggiante (nel primo tratto dello strobilio) o allungato
nel diametro antero-posteriore (nel tratto centrale e nei ter¬
minale), e più opaco delle parti circostanti, che sono di color
bianco latteo e quasi trasparenti. E noto che le proglottidi
delle cosidette tenie margaritifere, o mesocestoidi, hanno in
questo nucleo mediano l’ammasso principale dei loro organi
di riproduzione; solo i minuti testicoli sono sparsi in tutta
la proglottide.
33
Nei segmenti molto maturi il nucleo * centrale , non più
rappresentato che dall’ utero e dalla sua capsula, appare
rossastro per la presenza di uova nell’interno.
Queste uova io le ho trovate mature in un solo degli
esemplari, non avendo gli altri raggiunto il loro massimo
sviluppo.
Gli organi interni sono foggiati sulla forma tipica della
specie, che minutamente è stata descritta dallo Zschokke (!) ;
è quindi inutile che io mi trattenga in proposito. Dirò sol¬
tanto che la capsula uterina è di forma alquanto variabile
secondo i diversi esemplari e anche secondo le proglottidi di
uno stesso individuo. Talvolta si presenta quasi rotonda od
elissoidale, tal’altra invece ovoidale od anche piriforme, con
la parte più stretta rivolta in basso. Nelle proglottidi più
mature si trova generalmente quest’ultima disposizione, ma
le anomalie non sono rare, potendosi trovare anche la punta
rivolta in alto, oppure la forma tondeggiante od in altro
modo foggiata.
Le uova mature sono per lo più elissoidali, ma legger¬
mente acuminate sui poli (fig. 30). Isolate sono di color
giallo vivace, ma i loro ammassi appaiono bruno-aranciati.
Nelle medie misure il loro diametro longitudinale è di mm.
0;055 e il trasverso di mm. 0,035.
I caratteri degli esemplari ora descritti non concordano
tutti perfettamente con quelli tipici della specie a cui li ho
assegnati; per questo fatto, e perchè gli esemplari stessi
provenivano da ospite e da paese diversi dai normali, io
non mi sono avventurato a classificarli senza aver prima
esaminate attentamente le descrizioni delle specie alle quali
potevano confrontarsi con maggiore opportunità. E questo
esame mi ha condotto a qualche considerazione su cui
parmi utile intrattenermi qui brevemente.
Lasciando da parte quelle specie dei mesocestoidi che
per notevole divergenza di caratteri possono facilmente al¬
lontanarsi da quella degli esemplari ora descritti, e trascu¬
rando anche quelle troppo imperfettamente conosciute fì-
(l) F. Zschokke, Recherches sur la structure anatomie et histologique
des Cestodes ; Genève, 1888 (pag. 147 e seguenti).
34
nora e da ritenersi quindi come incerte, prendiamo invece
in considerazione il Mesocestoides lineatus (Goeze) e il M.
litteratus (Batsch), secondo le descrizioni degli autori che
più particolarmente ne trattarono.
Non ripeterò qui la storia assai complicata di queste due
specie, essendo già stata diligentemente riassunta nei citati
lavori del Krabbe (pag. 24-27) e dello Zschokke (pag. 131-
135 e 147); ricorderò soltanto che il M. lineatus non è
altro che l’antica Taenia lineata Goeze (1782), giusta¬
mente considerata dal Railliet, nella seconda edizione del
suo trattato (pag. 311), come tipo del genere Mesocestoides
Vaillant (sinonime T. canis lagopodis Rud.., T. pseudo-cu-
cumerma, T. pseudo-eli iptic a Baillet) ; e che il M. litte¬
ratus non è alla sua volta che l’antica T. litterata Batsch
(1786), già ritenuta da molti elmintologi (*) come sinonimia
alla T. lineata, ma ora generalmente accettata come spe¬
cie distinta, in seguito alle particolari osservazioni dello
Zschokke (2).
Esaminate molto attentamente le descrizioni delle due
specie, e sopratutto i caratteri differenziali rilevati dallo
Zschokke e dal Condorelli (3) , mi sono trovato nell’ imba¬
razzo per classificare gli esemplari sopra descritti, notando
in questi dei caratteri intermedii, e notando pure delle evi¬
denti contraddizioni negli scritti dei varii autori sopra le
specie suddette.
6) a) J. G. H. Zeder , Erster Nachtrag zur Naturgeschichte der Ein-
geweidewiirmer von I. A. E. Goeze. Leipzig. 1800.
bj R. Leuckart, Die B lasenbandiourmer und ihre Entioicklung, etc.
Giessen, 1856.
c) Io. id. , Bandwurrner ; Encyclopaedie • der Thierlieilliunde pag. 361-
404. Jahrg. 1884.
d) A. Railliet, Eléments de zoologie médicale et agricole (l.re edition)
pag. 265. Paris 1886.
(2j F. Zschokke , loc. cit., pag. 131 e seguenti.
N. B. Lo stesso Railliet che nella prima edizione del suo trattato riteneva
sinonime la T. litterata e la T. lineata , nella seconda edizione cambiò
di avviso, accettando le conclusioni dello Zschokke.
(•q Anche il Condorelli, in uno studio speciale sulla T. litterata , sostiene
l'indipendenza di questa specie dalla T. lineata (T. canis lagopodis). Vedi
M. Condorelli, Contributo allo studio della T. litterata; Lo Spallanzani,
Anno XXIX. Roma 1891.
Incominciamo a considerare le dimensioni:
Il Krabbe (pag. 22) dà per lunghezza della T. lineata
(T. canis lagopodis) una media di cm. 30-50 ed un mas¬
simo di cm. 130.
Lo Zschokke (pag. 148) dà per la stessa la lunghezza di
cm. 30 e anche più , e per la T. litterata (pag. 135) un
minimo di cm. 3,5, un massimo di cm. 7,8, una media di
cm. 4,7.
Il Condorelli (estr. pag. 8) dà per la prima specie la lun¬
ghezza di cm. 30, e per la seconda cm. 2-12.
Finalmente il Railliet (2.a ediz. pag. 311) dà per la T.
lineata la lunghezza media di cm. 30-50, ma porta la mas¬
sima Ano a cm. 250.
Come si vede, queste dimensioni variano notevolmente,
tuttavia i miei esemplari sarebbero, per la loro lunghezza,
da considerarsi senz’ altro come spettanti alla T. lineata
piuttosto che alla T. litterata.
Ma veniamo agli altri . caratteri più importanti.
Lo scolice della T. lineata è, secondo il Krabbe (pag.
22, fìg. 64 e 69), largo nim. 0,6, appiattito o quasi concavo
superiormente, con ventose del diametro di min. 0,25, e con
collo lungo mm. 4 e largo 0,45. Secondo lo Zschokke (pag.
148 e fìg. 57) lo scolice della stessa specie non sarebbe più
grande di quello della T. litterata, ma se ne distingue¬
rebbe per la forma generale e per i caratteri delle ven¬
tose. Infatti lo scolice della T. litterata (pag. 135 e fìg.
48) avrebbe la forma di « deux cònes bas se touchant par
leurs bases » ; sarebbe alquanto più largo del collo , dal
quale si distinguerebbe quindi spiccatamente (scolice largo
millimetri 0,4-0, 7 e lungo mm. 0,40-0,55; collo largo mm.
0,30 e lungo 0,70 in media) ; ed avrebbe le ventose assai
grosse.
Lo scolice della T. lineata sarebbe invece « une massue
nettement tronquée en avant et qui ne paraìt jamais coin-
posée de deux cònes »; avrebbe inoltre le ventose « toujours
plus petites et moins musculeuses que chez T. litterata »
(pag. 148), ed infine si continuerebbe insensibilmente nel
collo, il quale andrebbe restringendosi invece di allargarsi
verso il basso.
Il Condorelli (estr. pag. 8, e fig. 2, 3, 4, 8) conferma que-
36
sti caratteri differenziali tra le due specie, aggiungendovi
la diversa posizione delle ventose, le quali occuperebbero
« i due terzi anteriori » dello scoline nella T. lltterata, e
invece « la metà anteriore » nella T. lineata.
Per ultimo il Railliet (2.a ediz. pag. 311) s’accorda pure
con lo Zschokke per i caratteri della T. lineata , senza
confrontarli con quelli della T. litterata; ma riporta dal
Krabbe e dal Neumann due figure che, come vedremo, sono
alquanto in contraddizione con quanto dice nel testo.
Negli esemplari trovati nel Caracal, e da me sopra de¬
scritti, le dimensioni dello scolice sono alquanto inferiori
(v. pag. 31) a quelle generalmente indicate per le due specie
in confronto, ma non sono tali tuttavia da giustificare la
distinzione di una nuova specie.
Quanto alla forma dello scolice stesso, ed ai caratteri delle
ventose e del collo, i miei esemplari si mostrerebbero come
intermedii tra la T. lineala e la T. litterata.
Infatti, esaminando la descrizione dei detti esemplari , a
pag. 31-32 , e le rispettive figure alla tavola IX (fig. 27
a , b, c ) si vede chiaramente come in alcuni casi lo scolice si
mostri appiattito superiormente e continuato in basso nel
collo mediante un graduale restringimento (fig. 27, a ), in
altri casi invece appare con la caratteristica forma indicata
per la T. litterata, cioè a guisa di due coni congiunti per
la base (b) e ben distinti dal collo assai ristretto; in altri
casi finalmente con forme intermedie (c).
E però degna di nota la lunghezza del collo che in tutti
i miei esemplali è notevolissima, a differenza di quanto
si vorrebbe per la T. lineata e specialmente per la T. lit¬
terata.
Tutti questi fatti mi avrebbero lasciato molto in dubbio
sulla determinazione della specie nei descritti esemplari, se
d’altra parte non mi avessero invece dimostrato l’impro¬
prietà della distinzione specifica tra la T. lineata e la T.
litterata.
A questo proposito è bene rilevare la grande confusione
fatta dai varii autori nel descrivere i caratteri dello scolice
nelle due specie.
Lo Zschokke afferma, come già ho detto, che le ventose
della T. lineata sono « toujours plus petites et moins mu-
37
sculeuses que chez T. litterata » ; ma nelle corrispondenti
figure molto accurate (48 e 57) mostra quasi il contrario ,
lasciando quindi apparire come per tal carattere sia im¬
possibile una sicura distinzione. Egli aggiunge inoltre che
lo scolice dello T. lineata presenta superiormente « un petit
enfoncement » (pag. 148), ma anche per questo la rispettiva
figura è in contraddizione.
Il Condorelli riconferma in gran parte le osservazioni
dello Zschokke, ma se ne scosta per alcuni notevoli par¬
ticolari, e cade egli stesso in qualche contraddizione.
Rappresenta anzitutto con tre ben diverse figure (2, 3,
4) lo scolice della T. litterata, e quanto a quella carat¬
teristica depressione indicata dallo Zschokke per la T. li¬
neata, egli l’addita invece per la T. litterata. Afferma inol¬
tre che le ventose della T. lineata « occupano la metà an¬
teriore dello scolice », mentre quelle della T. litterata ne
« occupano i due terzi anteriori ».
Ora è ovvio rilevare che questa distinzione è arbitraria,
perchè non è possibile riconoscere una metà anteriore od
una posteriore nello scolice della T. lineata, che dallo stesso
autore è descritto e figurato come indistinto dal collo, nel
quale gradatamente si continua.
Finalmente il Railliet (pag. 311) porta un disegno di sco¬
lice della T. lineata, tratto dal Neumann, dal quale ri¬
sulta negata una delle più notevoli caratteristiche pretese
per lo scolice della specie, cioè la non distinta separazione
tra il capo ed il collo.
A tutto ciò bisogna ancora aggiungere che nel buon di¬
segno della T. lineata, fatto dal Krahbe (loc. cit., fig. 64
e 65) e riportato anche dal Railliet, appare notevole la
lunghezza del collo, in contraddizione con quanto affermano
tutti gli autori (non escluso lo stesso Railliet) che lo descri¬
vono invece come cortissimo. Nè bisogna trascurare il fatto
che nel medesimo disegno appare figurata la depressione
anteriore, la quale fa certamente avvicinare la forma di tale
scolice a quella disegnata nella fig. 2 del Condorelli per
la T. litterata.
Parmi quindi che, per quanto riguarda i caratteri dello
scolice, le differenze specifiche tra la T. litterata e la T .
lineata possano ritenersi come infondate.
38
Ma gli autori che sostengono la separazione delle due
specie trovano appoggio alla loro opinione anche nei ca¬
ratteri degli organi genitali. Lo Zschokke osserva difatti
che tali organi, pur essendo nella T. lineata. « construits
tout à fait d’après le mème type que ceux de T. litterata »
(pag. 149), hanno però le parti costituenti « plus minces,
plus grèles, plus serrées et bornées sur un espace plus
étroit que chez T. litterata » (pag. 150). Aggiunge poi che
le proglottidi mature hanno la capsula uterina appiattita
in basso e con la punta in alto nella T. litterata , e la di¬
sposizione opposta nella T. lineata (pag. 151 e fìg. 55 e 59).
A questo proposito si può anzitutto osservare che il Con-
dorelli, pur sostenendo la separazione delle due specie, non
conferma affatto le asserzioni dello Zschokke; che, in secondo
luogo, le varie figure date dal Krabbe (fìg. 66, 67, 70, 71)
per la T. lineata mostrano la tasca uterina con aspetto
assai diverso secondo il grado di maturità ; e che finalmente
io ho pur trovato per lo stesso carattere una variabilità no¬
tevolissima, anche in proglottidi ugualmente mature di di¬
versi esemplari.
Sotto ogni riguardo, io credo dunque assai discutibile la
distinzione specifica tra le due forme in discorso, e, contra¬
riamente all’opinione autorevole dello Zschokke, parmi tut¬
tora più naturale il considerarle come sinonime, o almeno
come due semplici varietà di una specie (').
Mesocestoides longistriatus n. sp.
(Tav. IX, fìg. 31-38).
Gli esemplari di questo nuovo mesocestoide vennero tro¬
vati in numero considerevole nell’ intestino di un gatto sel¬
vatico (Ghinda, febbraio 1893).
(4) Non bisogna dimenticare che lo Zschokke medesimo, quasi ritenesse
discutibile la sostenuta separazione delle due specie, ha dovuto limitare la
fermezza delle sue conclusioni con le seguenti parole : « il est évident
qu’elles (le due specie) occupent une place très rapprochée l’une de l’autre
dans le systeme, tous les traits principaux de leur organisation étant abso-
lument les mèmes. On peut s’expliquer cette parenté étroite en admettant
que les deux espèces proviennent d’un type ancestral commun.... » (loc.
cit. pag. 152).
39
Per essere molto stretti in confronto alla lunghezza dello
strobilio, potrebbero distinguersi anche a prima vista dai
pochi congeneri finora conosciuti ; infatti la media larghezza
dei nuovi esemplari non arriva che a 7 o ad 8 decimilli¬
metri, mentre la lunghezza raggiunge o anche sorpassa i
20 centimetri.
Ma avendo messo in dubbio io stesso la distinzione spe¬
cifica tra il M. lineatus e il M. ìitteratus , pur avendo
notato la rilevante differenza di dimensioni nelle due forme,
non devo dare gran peso ai caratteri desunti delle misure ;
osservo soltanto che anche questi hanno un certo valore ,
quando vanno accompagnati , come nel caso presente , da
molti altri di maggior importanza. D d resto, le misure che
ho dato non rappresentano che una media approssimativa,
non avendo potuto isolare che pochissimi esemplari completi
dall’ intricato gomitolo in cui ho trovati raccolti i nuovi
elminti del gatto selvatico.
In qualche frammento di strobilio , a proglottidi ben ma¬
ture , ho trovato la massima larghezza di mm. 1,1; e in
qualche esemplare, pure incompleto notevolmente, ho tuttavia
trovato una lunghezza di cm. 17-18 (ciò che lascia quindi sup¬
porre che la massima lunghezza possa superare i cm. 20).
Le dimensioni dello scolice variano pure secondo gli esem¬
plari. Considerando, convenzionalmente, come scolice soltanto
la estremità anteriore più ingrossata, e non il collo più sot¬
tile con cui essa si continua, ho trovate le seguenti misure:
in un esemplare, scolice largo mm. 0,20 lungo mm. 0,20
in altro » » » » 0,21 » , » 0,17
» » » » » » 0,26 » » 0,21
» » » » » » 0,28 » » 0,21
» » » » » » 0,30 » » 0,23
Lo scolice può dunque dirsi piuttosto piccolo , e nelle
misure relative generalmente assai più largo che lungo.
Come dimostro nella fìg. 31 della tavola IX, esso è ben di¬
stinto dal collo, che è stretto e di lunghezza variabilissima
secondo gli esemplari (largo in media mm. 0,20 e lungo
da mm. 1 a mm. 3,5) f1). Nella parte superiore è legger-
(■) Nella maggior parte degli esemplari è difficile precisare la lunghezza
40
mente convesso, senza rostrello, senza uncini e senza infos¬
samento.
Le quattro ventose sono relativamente assai grosse, mi¬
surando di solito, nel massimo diametro, mm. 0,17.
Lo strobilio, ad aspetto filiforme, è costituito di proglot¬
tidi diverse di forma e di dimensioni, secondo le varie parti
di uno stesso esemplare, o anche in parti corrispondenti
di esemplari diversi. Cosicché è impossibile riassumere in
un .breve prospetto numerico le misure delle proglottidi
nelle varie parti dello strobilio.
Dirò soltanto che le prime proglottidi, a superfìcie ret¬
tangolare, sono larghe generalmente mm. 0,80-0,35 e lunghe
appena mm. 0,025-0,030. Ma a qualche centimetro dallo
scolice sono già lunghe mm. 0,30-0,40, e tuttavia non sono
più larghe di mm. 0,7. Allontanandosi ancor più dallo sco¬
lice la loro lunghezza cresce rapidamente ma in modo ir¬
regolare, mentre la larghezza resta invariata o cresce po¬
chissimo.
Di pari passo il bordo posteriore delle singole proglot¬
tidi si fa sensibilmente più lungo dell’ anteriore, determi¬
nando una forma trapezoidale o anche campanulata nelle
proglottidi stesse, e quindi una dentellatura nei margini
dello strobilio.
Prima della metà del corpo la lunghezza supera già la
larghezza, in seguito cresce ancora, ma in modo sempre
più irregolare (fìg. »34) ; talvolta, dopo un tratto a proglot¬
tidi molto lunghe e strette, ne segue un altro a proglot¬
tidi brevi e relativamente larghe.
Frequentemente nella parte centrale e nella posteriore
dello strobilio la forma delle proglottidi è ellissoidale al¬
lungata, come quella che si osserva nei dipilidii. Del resto
possono notarsi rilevantissime anomalie. La massima lun¬
ghezza delle proglottidi arriva in parecchi esemplari a mm.
3, e in taluno fino a mm. 4; la massima larghezza, come
già ho detto, è di mm. 1,1, ma nella maggior parte degli
esemplari raggiunge appena il millimetro.
del collo, mostrando questo per buon tratto, della parte posteriore una seg¬
mentazione parziale più o meno accentuata, che non permette di distinguere
il limite tra la base del collo stesso e il principio dello strobilio.
41
Esaminando il verme a piccolo ingrandimento, si osser¬
vano, alla superfìcie, molte striature longitudinali , più o
meno spiccate secondo gli esemplari e secondo i tratti dello
strobilio, ma sempre visibili facilmente (fìg. 35-37). Ed è
questo carattere che mi ha suggerito il nome specifico dei
nuovo cestode.
I corpuscoli calcari sono anche appariscentissimi a pic¬
colo ingrandimento, e presentano una singolarità nella loro
disposizione, trovandosi generalmente raccolti in parecchie
linee longitudinali (fìg. 38).
I due canali primarii del sistema escretore sono di grosso
calibro e quindi visibili con facilità; essi percorrono lon¬
gitudinalmente le proglottidi, facendole apparire quasi di¬
vise in tre zone, di cui la mediana, più larga delle altre,
racchiude nel suo interno la massa principale degli organi
riproduttori. Le prime traccie di questi appaiono già nelle
proglottidi giovanissime, e, come di regola, l’apparato ma¬
schile si sviluppa assai prima del femminile.
Nelle proglottidi a pochi millimetri dallo scolice, si può
già scorgere, anche a debole ingrandimento, la macchia cen¬
trale tondeggiante, caratteristica dei mesocestoidi, e attorno
ad essa altre macchie molto più piccole, numerose ma li¬
mitate alla zona mediana (fìg. 35). Sono questi i testicoli,
che circondano la tasca del pene.
Procedendo verso proglottidi più lontane dallo scolice, no¬
tasi tosto che la tasca diventa gradatamente più allungata,
piriforme, con la parte più dilatata verso l’alto; mentre i
testicoli si fanno più grossi e allungati nel senso della lar¬
ghezza delle proglottidi, occupando , anche un tratto delle
zone laterali all’esterno dei grossi canali escretori. In pro¬
glottidi ancora più lontane dallo scolice, ma non a più di
due o tre centimetri , possono già scorgersi , lateralmente
all’ estremità posteriore della tasca, le prime traccie degli
organi femminili, sotto l’aspetto di due masse piriformi,
granulose, poco più grosse dei testicoli ; e intanto nella parte
anteriore della tasca si rende sempre più distinto il mar¬
gine dello sbocco sessuale, notevolmente dilatato e di forma
circolare (cloaca?) (fìg. 36). A tal punto i testicoli sono com¬
pletamente maturi, raggiungono la massima grandezza, si
presentano per lo più con contorno ovale od ellittico, ma
42
alquanto irregolare, e col maggior diametro nel senso della
larghezza della proglottide (misurano mrn. 0,025-0,030 sopra
mm. 0,045-0,050); sono disposti in parecchi strati, tanto
nello spessore come nella larghezza e nella lunghezza della
proglòttide. In seguito questi testicoli si fanno più radi,
cambiano alquanto di forma, e a poco a poco, collo svilup¬
parsi dell’ utero, finiscono per iscomparire del tutto.
La tasca del pene, che nel primo tratto dello strabilio è,
come ho detto, piriforme, ed occupa tutta la lunghezza della
proglottide, si riduce gradatamente alla parte anteriore di
questa, quando si osserva in punti più lontani dallo sco¬
line, riia si fa tuttavia assai più allungata, diventando anche
le proglottidi gradatamente più lunghe.
Guardando attentamente al microscopio proglottidi ma¬
ture, intiere, preparate per compressione , si possono scor¬
gere attorno al margine della cloaca numerose striature ra¬
diali molto caratteristiche (fìg. 37-38) , che sono probabil¬
mente da interpretarsi come muscoli in relazione con la
cloaca o con la tasca del pene.
Gli ovarii e le altre ghiandole dell’apparato femminile,
che incominciano ad apparirò (come abbiamo già notato)
nella parte posteriore delle proglottidi, a due o a tre cen¬
timetri dallo scolice, aumentano poco di volume, assumono
un aspetto reniforme (flg. 37), ma non permangono che per
breve tratto dello strabilio; scompaiono anche con lo scom¬
parire dei testicoli.
L’utero ha decorso molto sinuoso nel primo periodo del
suo sviluppo, quando trovasi limitato alla parte posteriore
delle singole proglottidi, tra gli ovarii e la base della ta¬
sca del pene. In seguito aumenta di diametro, si fa meno
sinuoso, éd occupa tutta la lunghezza della proglottide nella
zona centrale, assumendo la stessa forma che osservasi in
quello del M. lineatus . Ma la capsula uterina, collocata al-
T estremità posteriore delle proglottidi maturissime, può pre¬
sentarsi con aspetti svariati (rotonda, ellittica, ovale, reni¬
forme); generalmente è più larga che lunga, e raggiunge
un diametro massimo di mm. 0,35 (flg. 38).
Le uova contenute nella capsula sono di forma ellissoi¬
dale od ovoidale, e misurano mm. 0,026 nella massima lun¬
ghezza (flg. 38 bis).
43
Dopò l’accurato esame bibliografico che avevo fatto a
proposito del M. linealtus, non ho avuto difficoltà a per¬
suadermi che, seguendo i criterii sistematici tuttora in uso,
il mesocestoide ora deiscritto non poteva assegnarsi ad al¬
cuna delle specie già note. Del resto, all’infuori del M. li-
neàtus (T. lineata e T. litterata), non si conoscono quali
parassiti di mammiferi altre specie bene accertate di me-
socestoidi; e per le pochissime conosciute negli uccelli non
si può pensare ad un’identificazione con la specie qui de¬
scritta, sia per la troppo evidente divergenza nei rispettivi
caràtteri esterni, sia per la distanza sistematica tra i loro
ospiti.
NEMATOD1
Ascaris férox Hemp. et Ehrbg.
Questa specie fu già più volte indicata tra gli elminti
dell’Africa orientale, e sempre come parassita degli iraci f1).
Nella nuova raccolta Ragazzi, figura in parecchi esem¬
plari (femmine) trovati ancora nell’ intestino di un Ilyrax
sp. ?; ma in località diversa da quelle a cui si riferiscono
le precedenti indicazioni. Ed io credo utile farne qui cenno,
appunto per questo particolare che interessa la distribuzione
P) Vedi lavori seguenti:
a) F. G. Hemprich e C. Ehrenberg. Symbolae physicae, seu icones et
descriptiones Mammalium . Avium, ecc.... quae ex itinere per Africani bo¬
reale m et Asiani occidentalem redierunt. Berolini, 1828-1845 (vedi: Mam¬
mana , articolo sull' Hyrax j.
b) F. Dujardin, Histoire natnrelle des Jielminthes , p. 292. Paris, 1845.
c) A. Schneider, Monograpliie der Nematoden , p. 40, tav. II, fìg. 1 e 2.
Berlin, 1866.
d) C. Parona, Di alcuni elminti raccolti nel Sudan orientale da 0.
Beccari e P. Magretti, Ann. Museo Civico, Serie II, voi. II, p. 439. Genova.
1885.
e) E. Setti, Elminti dell' Eritrea e delle regioni limitrofe. Atti Soc.
lig. se. nat. e geogr., voi. IV, pag. 17 e 20-21, Genova, 1893.
f) M. Stossich, Il gen. Ascaris Linn., Boll. Soc. Adriat. se. nat. voi.
XVII, p. 12. Trieste, 1896.
g) N. Nassonow, Endoparassiti della « Procacia syriaca », Pubblica¬
zioni del labor. zoologico dell’ Università di Varsavia (in russo), pag. 211,
Varsavia, 1897.
44
geografica degli elminti. L’ ospite dei nuovi esemplari fu
preso ad Asmara nel settembre del 1892.
Ascaris spiculigera Rud.
Molti esemplari, quasi tutti di sesso femminile, trovati 4
in intestini di Pelecanus onocrotalus, Linn., presso Mas-
saua, nell’ottobre del 1892 e nel gennaio del 1893.
La lunghezza di questi esemplari varia da mm. 20 a 30,
ed è quindi alquanto inferiore a quella generalmente indi¬
cata dagli Autori ; ma gli altri caratteri, tipici della specie,
sono ben evidenti.
Anche questo ascaride , assai comune nei palmipedi ed
universalmente diffuso, venne già indicato nelle regioni li¬
mitrofe all’Eritrea (*) ed in ospite della stessa specie di quello
in cui fu raccolto dal dott. Ragazzi.
Oxyuris Stossichi n. sp
(Tav. IX, fig. 39-41).
Non era stata indicata finora alcuna specie di ossiuride
come parassita dell’ istrice ; esaminai quindi con particolare
interesse gli esemplari di Oxyuris che trovai nella raccolta
Ragazzi, sotto V indicazione : « In Hystrix cristataL. (in¬
testino), Massaua, marzo 1893. »
Fra i molti esemplari contai due soli maschi , distinti
naturalmente anche ad occhio libero per le minori dimen¬
sioni e per l’aspetto della parte posteriore del corpo stret¬
tamente ravvolta a spirale; benché a prima vista potessero
confondersi con i maschi alcune giovani femmine più pic¬
cole delle altre e col corpo ravvolto su sé stesso, forse per
l’azione dell’alcool.
Salvo queste eccezioni, le femmine sono lunghe in media
mm. 12 (di cui mm. 2-2 l/2 spettano alla coda), ed hanno
il diametro massimo di un millimetro.
Dei due maschi, uno è lungo mm. 5 ed ha il diametro
(*) Dujardin, loc. cit., pag. 206. — Schneider, loc. cit., pag. 45. tav. I,
fig. 14. — Stossich, loc, ult. cit., pag. 25.
massimo di mm. 0,37 ; l’altro è lungo mm. 8 ed ha il dia¬
metro di mm. 0,58. Oltrecchè pei caratteri già indicati, si
distinguono esternamente dalle femmine per avere la coda
ridotta a un breve moncone (fig. 40).
In questo ossiuride dell’istrice, il tegumento presenta delle
strie trasversali compattissime, ma alquanto irregolari; nella
parte anteriore si espande lateralmente in modo da costi¬
tuire due alette, di variabile lunghezza secondo gli esem¬
plari, ma di solito limitate ad un millimetro od anche a
meno (fig. 39).
L’esofago, lungo da mm. 0,5 a mm. 0,7, è conico, col
diametro maggiore in basso verso il ventricolo. Questo è
quasi rotondo e col diametro di mm. 0,2 all’ incirca. L’in¬
testino propriamente detto inizia con una notevole dilata¬
zione (fig. 39 ^ ) , dopo la quale si restringe subito, per
proseguire poi con percorso quasi rettilineo e con diametro
quasi costante fino all’apertura anale, situata alla base della
coda, cioè a mm. 2-2 V9 dall’estremità assoluta del corpo
(fig. 39 a).
L’apertura sessuale femminile trovasi alla distanza media
di mm. 1,7 dall’estremità anteriore del corpo. L’utero, in
tutti gli esemplari che ho esaminato, presenta delle ampie
dilatazioni, piene di innumerevoli uova (fig. 39 u e fig. 41).
Queste sono generalmente oblunghe, asimmetriche, più con¬
vesse da un lato; ma talora anche simmetriche, ovoidali od
ellissoidali ; la loro media lunghezza è di mm. 0,070-0,075
e la larghezza di mm. 0,035-0,038. L’embrione non occupa
che la parte centrale dell’ uovo, lasciando attorno molto spa¬
zio libero (fig. 41).
Nei due maschi ho notato . che il pene si trova a mm. 0,13
dall’estremità posteriore del corpo; dirigendosi obliquamente
dall’ alto in basso , fuoresce da una piccola prominenza ,
per metà solo della propria lunghezza, che complessivamente
è di mm. 0,25. Alla base ha il diametro di mm. 0,016, all’a¬
pice è arrotondato e poco più sottile che alla base stessa
(fig. 40).
Ho confrontato l’ ossiuride ora descritto con gli altri già
noti, sopratutto con quelli parassiti dei rosicanti, valendomi
non solo delle corrispondenti descrizioni, ma anche degli
46
esemplari appartenenti alla raccolta del prof. Parona, e mi
sono facilmente persuaso di doverlo considerare come nuova
specie.
Si può infatti distinguere a prima vista dall’ 0. obv'elata
Brems. , dell’ 0. semilanceolata Molin, dall’O. obesa Dies.,
e dall’O. stroma Linst., non fosse per altro che per le no¬
tevolissime differenze nelle dimensioni l1).
Si avvicinerebbe invece di molto all’O. ambigua Rud.,
sia per le dimensioni stesse che per altri caratteri esterni
ed interni: ma si può facilmente distinguere anche da questa
specie per l’aspetto dell’ estremità posteriore dei maschi, i
quali neH’O. ambigua sono provvisti di coda molto lunga (2).
E inutile parlare di altre specie, per le quali il confronto
è meno ovvio, sia perchè spettanti ad ospiti sistematica-
mente troppo lontani da quello di cui qui si tratta, sia
perchè si dovrebbe basare il confronto sopra dati troppo
incompleti , riferendosi a forme non bene studiate finora.
Il nome 'specifico col quale ho voluto indicare questo
nuovo ossiuride è una testimanianza di amicizia e di stima
al chiarissimo elmintologo triestino, al prof. Michele Stos-
sich.
Filaria quadrispixa Dies.
F. perforane Molin
Gli esemplari di questa specie trovati nella collezione
Ragazzi, sono pochi e in cattivo stato di conservazione; per
lo più a frammenti, e due soli completi di sesso femminile.
Questi due ultimi hanno un diametro massimo di min. 0,4
e una lunghezza di cm. 25 all’incirca. Li ho determinati
(1) Per 1’ 0. obvelata Brems. veggasi Dujardin (pag. 140), e Linstow
(Helmintologisches , Archiv tur Naturgesch., 50 Jalirg., I Bd., Berlin 1884,
p. 134). Per YO. semilanceolata Molin = 0. tetraptera Nitzsch (Linstow,
Compendium helm. Nachtrag. Hannover, 1889, p. 10) veggasi Molin (Pro-
< dromus faunae helminth. venetae , Denkschr. der K. Akad. d. Wissensch.,
XIX, Bd. p. 275, Wien, 1861). Per O. obesa Dies. vegg. Sciineider (Mo-
nogr. cit , pag. 121). Per 1’ O. stroma vegg, Linstow, (Helm. Arch. f. Na-
turg. 50, Jahrg., pag. 134).
(2) Dujardin, (op. cit.). p. 232. Schneider, (op. cit.) , p. 119, tav. VII,
fig. 12.
47
con difficoltà e non senza qualche incertezza. Però, sia per
il loro ospite (Mellivora capensis Fr. Cuvier), sia per la
località in questo occupata (sotto la pelle del collo), sia fi¬
nalmente e sopratutto per le dimensioni e per i più appa¬
riscenti caratteri delle due estremità, non posso ritenerli che
come spettanti alla specie suddetta f1).
Furono raccolti a Ghinda, nel febbraio del 1893.
Nel prospetto generale degli elminti dell'Eritrea, che ho
presentato nel mio precedente e già citato lavoro (1893), ho
potuto elencare complessivamente 31 specie, comprenden¬
dovi non solo quelle studiate da me, ma anche tutte quelle
precedentemente indicate da altri autori. Dopo la presente
pubblicazione si possono aggiungere a quel prospetto altre
13 specie, portando il numero complessivo a 44 (5 trema-
todi, 21 cestodi, 2 acantocefali , 16 nematodi).
Per tutta la fauna elmintologica di una regione non è
certo un numero rilevante, ma considerato in rapporto con
la natura speciale della fauna stessa e della regione a cui
questa appartiene, può ritenersi per ora come discreto.
Ad ogni modo, il nuovo contributo da me portato allo
studio di questa faun i, può dirsi relativamente importante
anche solo per il numero delle specie comprese. Ma oc¬
corre notare che la maggior parte di queste sono forme
nuove, e che lo studio fattone, benché dal punto di vista
zoologico, e non da quello anatomico propriamente detto,
mi ha condotto necessariamente a fare indagini e conside¬
razioni, non inutili certo, anche sull’ anatomia comparata
dei varii ordini di elminti.
Ricorderò Analmente che, mediante la revisione di alcune
specie già da altri studiate, e l’esame di una estesa biblio¬
grafìa, e i frequenti confronti col materiale della preziosa
raccolta del prof. Parona, ho potuto arricchire questo mio
contributo di studi, con moltissime osservazioni di critica
sistematica.
(9 Vedi C. Diesino, Stjstema , II, pag. 271. — R. Molin, Versuch \einer
Monogr&pMe der Filarien ; Sitzungsber. K. Akad. Wiss. (Mathem. naturw.
Classe) Bd. XXVIII, N. 5. AVien 1858, pag. 387. — A. Schneider, (op.
cit.) pag. 85.
NB. All- elenco aggiungere anche Dipylidmm Ger vaisi Setti (1895).
— A pag. 32 (estratto pag. 34) linea 6, invece di fig, 27 a, b, leggere
fig. 27 c, 1) ; e alla linea 9, invece di fig. 27 C leggere fig. 27 a.
— Nella spiegazione Tav., fig. 18, in luogo di lo: 1 leggere 15Ó : 1.
48
SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE Vili e IX
Indicazioni comuni a tutte le figure:
vi. — ventose; vi). — ventosa boccale; v.v. — ventosa ventrale; f. — fa¬
ringe; oe. — esofago; i. — intestino; a. — ano; c.e. — canale escretore
t.p. — tasca del pene; d. — deferente; t. — testicoli; ov. — ovario; g.v.
— vitellogeni; g.g. = ghiandole del guscio; od. — ovidotto; od.es. — ovi¬
dotto esterno; u. — utero; t.n. — tasca uterina; v. — vagina; o. = uova.
Tavola Vili.
Fig. 1. Otìotrema torosum n. gen. n. sp. , visto dalla superfìcie ventrale
(ingrand, lineare 2:1).
» 2. Lo stesso, visto di fianco ingrand. come sopra).
» 3. Lo stesso, visto dalla superfìcie dorsale (ingrand, come sopra .
» 4. Lo stesso, schema di sezione all’ estremità anteriore (ingrand, lin.
10 : 1).
» 5. Lo stesso, schema di sezione a 3 mm. dall’ estremità anteriore
(ingrand, lin. 10 : 1).
» 6. Distomum (Polyorchis) Ragazzii , n. sp., visto dalla superfìcie dor¬
sale (ingrand. lin. 15 : 1 .
» 7. Lo stesso, parte posteriore vista dalla superfìcie ventrale (ingrand,
come fig. precedente).
» 8. Distomum n. sp.? (del Pelecanus onocrotahos), visto dalla super¬
fìcie ventrale (ingrand, lin. 2:1).
» 9. Taenia Brauni n. sp., scolice e primo tratto di strobilio (ingrand,
lin. 20 : 1).
>> 10. La stessa, a uncino grande, visto di fianco (ingrand, lin. 100 : 1)
— b uncino grande, visto di prospetto (ingrand, lin. 100 : 1).
» 11. La stessa, a uncino piccolo, visto di fianco (ingrand, lin. 100: 1)
— b uncino piccolo, visto di prospetto (ingrand, lin. 100 : 1).
» 12. La stessa, frammento di strobilio nella parte centrale (grandezza
naturale).
49
Fig. 13. La stessa, frammento di strobilio nella parte posteriore (grandezza
naturale).
» 14. La stessa, frammento di proglottide centrale molto ingrandito, per
mostrare la cloaca in cui sboccano gli organi riproduttori (figura
schematica).
» 15. Taenia sp. ? (della viverra), scolice e frammento anteriore di stro¬
bilio (ingrand, lin. 10 : 1).
» 16. La stessa, uncino grande, visto di fianco (ingrand, lin. 50 : 1).
Tavola IX.
Fig. 17. Taenia erythraea n. sp., scolice (ingrand, lin. 10 : 1).
» 18. La stessa, uncino (ingrand. lin. 15 : 1).
> 19. La stessa, frammento di strobilio nella parte centrale (grandezza
naturale).
» 20. La stessa, frammento di strobilio nella parte posteriore (grandezza
naturale).
» 21. La stessa, proglottide terminale per mostrare la disposizione del¬
l’utero (ingrand, lin. 5 : 1).
» 22. Anoplocephala Pagenstecheri n. sp. , esemplare completo a gran¬
dezza naturale.
» 23. La stessa, scolice e primo tratto di strobilio (ingrand lin. 10 : 1).
» 24. La stessa, frammento di strobilio, con anomala disposizione delle
proglottidi (ingrand, lin. 2:1).
» 25. La stessa , figura schematica dimostrante la disposizione degli
sbocchi sessuali (ingrand, lin. 10 : 1.
» 26. La stessa, tasca ovigera (ingrand, lin. 50 : 1).
» 27. Mesocestoides lineatus (Goeze), diverse forme di scolice [a, b, c]
(ingrand, lin. 20 : 1).
» 28. Lo stesso, a frammento centrale dello strobilio — b frammento
centrale dello strobilio, di forma diversa dalla precedente (ingrand,
lin. 3 : 1).
» 29. Lo stesso, frammento posteriore di strobilio (ingrand, lin. 3 : 1).
» 30. Lo stesso, uova (ingrand, lin. 100 : 1).
» 31. Mesocestoides longistriatus n. sp., scolice e primo tratto dello
strobilio (ingrand, lin. 40 : 1).
» 32. Lo stesso, proglottidi anteriori (ingrand, lin. 10 : 1).
» 33. Lo stesso, proglottidi mediane normali (ingrand, lin. 10 : 1).
» 34 a. Lo stesso, frammento centrale di strobilio, per mostrare la ir¬
regolare successione delle proglottidi (ingrand, lin. 10 : 1).
50
Fig. 34 b. Lo stesso, frammento posteriore di strobilio (ingrand, iin. 10 : 1).
» 35. Lo stesso, proglottide a pochi millimetri dallo scolice, molto in¬
grandita per mostrare disposizione organi interni (figura schematica).
» 36. Lo stesso, proglottide a 2 centim. dallo scolice (del resto come in
figura precedente).
» 37. Lo stesso, proglottide centrale (id. id.).
» 38. Lo stesso, proglottide terminale (id. id.).
» 38 bis . Lo stesso, uova (ingrand. Iin. 200 : 1).
» 39. Oxyuris Slossichi n. sp. , esemplare completo $ (ingrand. Iin.
(10 : 1).
» 40. Lo stesso, estremità posteriore di un esemplare 3* (ingrand. Iin.
50 : 1).
» 41. Lo stesso, uova (iugrand. Iin. 100 : 1).
Tav.VIII.
Atti Soc.l ig. eli Se. nat. e geogr. Voi .Vili.
E. SETTI - Nuovi elminti dell’Eritrea.
37.
geogr. Voi. Vili.
20. zi. 23.
Tav. IX.
25. 22.
E. SETTI- Nuovi elminti dell’Eritrea.
/ C J $ /V
IH ZOOLOGIA E ANATOMIA COMPARATA
DELLA R. UNIVERSITÀ DI GENOVA
N.° 58. v 1897.
Corrado Parona
I Tricosomi degli Ofidii.
(Tav. X.)
Fra i vermi parassiti dei serpenti, che pure sono nu¬
merosi, furono indicate due sole specie spettanti al genere
Trichosoma , le quali in ordine di tempo sarebbero:
a) Trichosoma crotali . Semplicemente registrato col
nome di Capii lari a crotali durissi, nel Catalogo del Mu¬
seo di Vienna al N.° 26, ed elencato poi dal Rudolphi (Sy-
nops. p. 16), dal Dujardin (Hist. Helm. p. 21), dal Diesing
(Syst. Helm. li, p. 263) e, molto più recentemente, dallo
Stossich (Genere Trichosoma , Estr. Bollet. Soc. Adriat.
se. nat. di Trieste, Voi. Xll , 1890, pag. 28); senza che
alcuno dei varii autori potesse aggiungere nuove osserva¬
zioni, perchè non più riscontrato. Fu rinvenuto ospite del-
T Urocrotalon catesbyanum del Brasile, e venne di ne¬
cessità ascritto sempre fra le sp. inquirendae.
b ) Tr. longispiculmn Sons. E questa una specie molto
meglio conosciuta; descritta dal Sonsino nel 1889 (Proc.
verb. Soc. tose. se. nat., 15 maggio) e stata dallo stesso
raccolta nell’ intestino del Python molurus.
Stante quindi la scarsità di notizie che si hanno relati¬
vamente ai tricosomi dei serpenti, panni debbano riescire
non prive di interesse le seguenti noticine sopra alcune
forme nuove del menzionato genere di nematodi, che ebbi
occasione di studiare recentemente.
Del "Trichosoma longispiculum mi limito presentare al¬
cuni disegni (Tav. X, fig. 1-3) illustranti i principali suoi
dettagli anatomici , ritratti da esemplari tipici . gentilmente
comunicatimi dal prof. Sonsino; Tesarne dei quali mi servì
anche di controllo per le specie di cui intendo discorrere.
9
Del resto i caratteri più spiccati del Tr. longispiculum ri¬
porterò più sotto, mettendoli a confronto con quell i delle
due nuove specie, che passo senz’altro a descrivere.
1. Trichosoma Modiglianii n. sp.
(Tav. X, fig. 4-7)
Femmina — lunghezza 10-13 millim.; larghezza mass,
(nella metà posteriore) 0,070.
L’esofago è lunghissimo, giacché termina a cinque mil¬
lim. dall’estremità cefalica, e quindi percorre circa la metà
della lunghezza totale del corpo; presenta la disposizione,
a pareti concamerate, propria della famiglia, ed al suo
termine trovansi le grandi cellule, o corpi speciali, che
segnano il punto d’unione dell’esofago coll’ intestino.
La coda finisce attorniata; l’ano è pressoché apicale, e
T intestino vi forma una specie di dilatazione anale.
L’ovario, in forma di lungo e largo tubo, si spinge fino
all’estremità posteriore del corpo, trovandosi infatti il suo
fondo poco all’ innanzi dell’apertura anale; l’ovidotto con¬
tiene uova giallastre, ovali, della forma tipica pel gruppo
intero, e se ne possono numerare dalle 50 alle 80 (ben in¬
teso le mature); sono disposte similmente a quanto si ri¬
scontra in tutti i tricosomi.
Uova: lungh. 0,070: largii. 0,04*2.
La vulva ha labbro alquanto sporgente ed apresi poco
sotto lo sbocco dell’esofago nell’intestino (dista: 0,084).
Maschio — Lunghezza 9 millim.; largii, mass. 0.042.
L’esofago è pure lunghissimo, misurando circa 5 millim.
1’ estremità cefalica ha un diametro di appena 0,014.
11 pene è lungo quasi mezzo millimetro e non è striato
trasversalmente; la guaina è sprovvista di aculei, e quindi
è gimnoteca.
Raccolsi cinque esemplari (2 maschi, e 3 femmine) fram¬
mezzo ad ammassi di una tenia ( T nenia n. sp. ), di cui
parlerò in altra occasione , parassita nell’intestino del Tri -
meresurus formosus Schleg,, trigono ce tal id e catturato dal
Dott. Elio Modigliani a Mentavvei nel 1894.
3
IL Trichosoma Sonsinoi n. sp.
(Tav. X. fig. 8-10).
Femmina — Lunghezza 11 1/2-13 millim.; largii, mass.
0,070 — 0,084.
L’esofago è lungo circa un terzo della lunghezza totale
del corpo (44/g millim.), a concarnerazioni poco accentuate,
ma con nuclei numerosissimi e grandissimi ( 0,028 ) ; corpi
al termine dell’esofago piuttosto piccoli.
La coda è a cono allungato, colla punta smussata, e
l’apertura anale pressoché apicale, con margine un poco
rilevato.
L’ovario anche qui è largo, e giunge fino a 0,070 dal¬
l’apice caudale; l’ovidotto riesce quindi lungo; la vagina
invece è ristretta, e la vulva non presenta labbro qualsiasi
ed è perciò pochissimo prominente. L’apertura genitale tro¬
vasi, si può dire, a livello dello sbocco dell’esofago nell’in¬
testino (dista: 0.042-0,056).
Le uova non presentano ditferenze di forma e di aspetto
con quelle degli altri tricosomi , variano di numero nei di¬
versi esemplari, presentandosi in un minimo di 25 ed un
massimo di 54.
Uova: Lung. 0,070 — 0,084; larg. 0.056.
Maschio. — Lunghezza 10-11 millim.; larghezza mass.
0,056.
L’esofago è lungo quasi sei millim., giungendo alla metà
e più della lunghezza totale del corpo; l’apice cefalico mi¬
sura 0,014 di diametro; corpi dell’esofago ovali, e poco
grandi (0,028).
La coda è conica, con guaina genitale breve (0,056) gim-
noteca, e non presenta papille di sorta.
Il pene è lungo quasi un millimetro ed è finamente striato
di traverso, mostrandosi minutamente dentellato sui due
margini.
Esemplari di questo tricosoma vennero raccolti dall’ e-
gregio professore Prospero Sonsino a Pisa (settembre 1894)
nell’intestino dello Zamenis inridi/favus. Il gentile collega
volle a me comunicarli, autorizzandomi anche a farne la
4
descrizione allorquando li avessi ritenuti, siccome egli du¬
bitava, spettanti ad una nuova specie.
Di tanta cortesia gli sono gratissimo.
Non potendosi tener calcolo, siccome già dissi, del Tri-
citosoma crotali , perchè insufficientemente descritto, al
presente sarebbero tre le specie del genere Trichosoma
state riscontrate parassite negli ofidii. Di esse, onde meglio
farle conoscere, ed a risparmio di lunghi confronti, riassumo
in un prospetto i caratteri più spiccati.
5
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SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA X
Trichosoma lo ngis piculum Sons. (fig. 1 a 3).
Fig. 1. Estremità caudale del maschio : X 600; p. papille?- //.guaina
del pene ; P. ultima porzione di pene.
» 2. Apertura genitale della femmina : X 600.
o vulva; vg vagina; e esofago; ce corpi del fondo esofageo;
n nucleo; i intestino.
» 3. Uovo : X 960.
Trich. tfodiglianii n. sp. (fig. 4 a 7 .
Fig. 4. Termine dell’esofago e principio dell’ intestino : X 000. ce corpi
esofagei; i intestino; e esofago; n nucleo.
» 5. Estremità caudale del maschio : X 000. P. radice del pene;
g estremo della guaina.
» 6. Apertura sessuale della femmina : X 000. e esofago; v vulva;
mg vagina.
» 7. Uovo : X 900.
Trich. Sonsinoi n. sp. (fig. 8 a 10).
Fig. 8 Porzione di esofago e sbocco sessuale della femmina : X 600.
e esofago; ce corpi esofagei; o vulva; vg vagina; ì intestino.
» 9. Estremità caudale della femmina : X 00). 0"> fondo dell’ova¬
rio; a ano; i intestino.
10. Estremità caudale del maschio : X 000 g guaina; P porzione
ultima del pene.
freno va , ottobre 1897.
Tav. X.
Atti Soc lig eli Se nat. e geog. Voi. Vili
Tip. Lit.E.B
C.PARONA - Tri co so mi degli 0 fi eli.
BOLLETTINO DEI UHI
III ZOOLOGIA E ANATOMIA COMPARATA
DELLA R. UNIVERSITÀ DI GENOVA
N.° 59.
1898.
Dott. ERNESTO SETTI
Nuove osservazioni sui cestodi parassiti degli iraci.
Il professore N. Nassonow, dell’ Università di Varsavia,
pubblicò, nello scorso anno, una breve memoria intorno agii
« endoparassiti della Procavia syriaca » (*), intrattenendosi
particolarmente sulle tenie e sulle dibattute questioni si¬
stematiche ad esse relative. Poiché io stesso ebbi parecchie
volte ad occuparmi di tale argomento, ho letto con vivo in¬
teresse la memoria del Nassonow. e nella mia recente pub¬
blicazione sopra « nuovi elminti dell’ Eritrea » (2) , ne ho
già criticato complessivamente il contenuto , riservandomi
a farne un esame più particolareggiato in una nota spe¬
ciale; ed è questa appunto che ora presento
La necessità di ritornare sull’ argomento delle tenie degli
iraci è determinata dal fatto, che, le questioni in proposito,
lungi dall1 essere state risolte col lavoro del Nassonow, si
sono invece vieppiù complicate, come già ebbi a rilevare
nel citato mio scritto.
Quali sono infatti, sommariamente, le conclusioni a cui
il Nassonow è pervenuto? Anzitutto egli avrebbe ristabilita
l’antica denominazione di Taenia (Anoplocephala) hyracis
Rud. in luogo della T. (Anoplocephala) critica Pagenst.
Inoltre, con T esame comparativo di nuovi esemplari della
specie, trovati in una Procavia syriaca Ehrb., e di altri
inviatigli dal prof. Parona e dal prof. Moniez, avrebbe con¬
dì N. Nassonow, Endoparassiti della Procavia syriaca, Ehrb. Lavori del
laboratorio zoologico dell’Università di Varsavia (in russo). Varsavia, 1897.
(2) E. Setti, Nuovi elminti dell ’ Eritrea. Atti della Soc. Lig. di Se. nat.
e geogr. ; voi. Vili, pag. 226. Genova, 1897.
trollate le osservazioni del Moniez stesso, nonché quelle
del Pagenstecher e specialmente le mie, venendo alla de¬
liberazione di suddividere la specie in due varietà: A. hy-
racis var. intestinalis e A. hyracis var. hepatica. Alla
prima di queste avrebbe assegnato gli esemplari da me
descritti (*) sotto la denominazione di T . (Anoplocephala)
critica Pag., e una parte di quelli descritti dal Moniez (2)
sotto la denominazione di T. (Anopl.) hyracis Rud.; al¬
l’altra avrebbe invece assegnato i nuovi esemplari da lui
stesso descritti, quelli primieramente indicati dal Pallas (3),
quelli del Pagenstecher (4) , e l’altra parte di quelli del
Moniez (2).
Quanto alla T. Anopl.) Ragazzii Setti e alla T. Pa~
ronai Mon., ne fa semplice cenno, senza discutere in pro¬
posito.
*
*
Esamineremo, separatamente, i varii quesiti che corri¬
spondono alle conclusioni presentate dallo zoologo russo ,
per poterci poi pronunziare con sicurezza sul valore delle
conclusioni stesse.
Incominciamo dunque a ricercare se debba accettarsi o
respingersi definitivamente la denominazione di Anoploce-
pliala hyracis. Rud.
Per decidere su tale questione, dobbiamo tener presente
l’articolo 44.° delle regole adottate nei congressi zoologici ri¬
guardo alla nomenclatura degli organismi (5).
'(*) E. Setti, Sulle tenie delVHyrax dello Scioa. Atti Soc. lig. di Se.
nat. e geogr. , voi. II, pag. 316-324. Genova, 1891.
Id. id., Elminti dell’ Eritrea e delle regioni limitrofe. Atti Soc. lig. voi.
IV, pag. 3-21, Genova, 1893.
(2) R. Moniez, Notes sur les helmintlies (§ IV, Sur les Ténias du Daman)
Revue biologique du Nord de la France, Tome IV. Lille, 1891.
(3) P. S. Pallas, Spicilegia zoologica , fase. II, anno 1767, pag. 32, tab.
Ili, fig. 13.
(4) A. Pagenstecher, Zur Naturgeschichte der Cestoden, Zeitschr. f. wiss.
Zool., Bd., XXX, pag, 171. Leipzig, 1877.
(s) R. Blanciiard , Règles de la nomenclature des étres organisés , ado-
ptées par les Congrès inter nationaux de zoologie. (Paris , 1889 , Moscou,
1892), pag. 13. Paris, 1895.
3
Ari. 44. Le nom attribué à chaque genre et à chaque
espèce ne peut ètre que celui sous lequel ils ont été le plus
anciennement désignés, à la condition:
ex) Que ce nom ait été dioulgué dans une publica-
tion od il aura été clairement et suffisamment défini.
fi) Que Vauter ait effectivement entendu appliquer
les regles de la nomenclature binaire.
Ho trascritto in carattere distinto la parte dell’ articolo
che più particolarmente si deve qui prendere in conside¬
razione. Come si possono interpretare le parole]: clairement
et suffisamment défini ? 11 particolareggiato rapporto pre¬
sentato dal prof. Blanchard al Congresso di Mosca f1) non
dà, in proposito, indicazioni veramente tassative; ma dal
complesso degli schiarimenti addotti (pag. 48-51), è facile
comprendere che, la condizione ritenuta come indispensa¬
bile, perchè un nuovo nome generico o specifico sia chia-
mente e sufficientemente definito, è quella di poter trovare,
nella descrizione o nelle figure della forma a cui il nuovo
nome si riferisce, tutti i particolari necessari per distinguere
sicuramente la forma stessa tra le altre consimili.
Nella brevissima descrizione data dal Pallas (loc. cit.) ,
e richiamata dallo Gmelin (2)5 dallo Zeder (3) e dal Ru-
dolphi (4) come unico documento per costituire una nuova
specie (Taenia suis Gmel. = Ilalisis suis Zed. = T. hy-
racis Rud.) , non solo mancano assolutamente i caratteri
necessari per una determinazione specifica, ma non è nem¬
meno possibile riscontrarvi i dati sufficienti per una sicura
determinazione generica. Sebbene la rozza figura che ac¬
compagna i pochi cenni descrittivi dati dal Pallas , possa
riferirsi piuttosto ad un teniade che ad un botriocefalide ,
non si deve escludere tuttavia la possibilità che l’ esemplare
(l) R. Blanchard , Deuxième rapport sur la nomenclature des ètres or-
ganisés . Congrès, internai de zool. , S.e Session; 2.e partie. Supplément.
Moscou, 1893.
P) J. F. Gmelin, Edit. XIII Sy sterna naturae Linn., pag. 3074. Leipzig,
1788.
(3) J. G. H. Zeder, Anleitung zur Naturgesciiichte der Eingeweìdewurmer ,
pag. 372, Bamberg, 1803.
(4) C. A. Rudolphi , Entoz. historia nat Ili, pag. 199. Amstelaedami ,
1808-1810.
4
figurato appartenesse a quest’ ultimo gruppo, poiché manca
ogni indicazione riguardo allo scolice e agli organi ripro¬
duttori. E, a questo proposito, è bene ricordare che il Pallas
medesimo non assegnò ad una nuova specie il cestode del-
l’irace, ma lo identificò alla Taenia vulgaris Linn., che
è come dire, al botriocefalo dell’ uomo (!).
Se poi il Rudolphi, nel riassumere tutte le notizie siste¬
matiche sugli elminti, ha giustamente ricordato il cestode
descritto dal Pallas , e correggendo le improprie denomi¬
nazioni con cui l’avevano indicato lo Gmelin e lo Zeder,
lo ha invece distinto col nome di Taenia hyracis, ha pure
dimostrato però di non volerne effettivamente riconoscere
una specie ben distinta ; ha infatti commentato la relativa
citazione con queste concise ed eloquentissime parole: De
specie, capite non viso, nihil constare potest ; e più tardi,
nella Entozoorum Synopsis , menzionando ancora questa
T. hyracis, l’ha collocata tra le specie dubbie.
Tenendo presenti i deliberati dei congressi zoologici ri¬
guardo alla legge di priorità, basterebbero, parmi, le con¬
siderazioni ora esposte, a dimostrare quanto sia ingiustifi¬
cata l’ostinazione (*) di voler ristabilire l’antica specie del
Rudolphi, e di porvi in sinonimia altre forme susseguente-
mente descritte con sufficienza di particolarità distintive.
Ma si deve qui rammentare un altro fatto importante ,
che mette in maggiore evidenza l’errore del Nassonow.
I soli caratteri che si possono ricavare dalla descrizione
e dalla figura date dal Pallas per il cestode dell’ irace, sono :
le dimensioni approssimative dello strobilio , e la forma
delle proglottidi. Orbene, se anche le disposizioni dei con¬
gressi zoologici non contestassero la validità di una specie
basata esclusivamente su tali caratteri , sarebbe tuttavia
ingiustificabile P identificazione di altre specie con questa,
quando non risultassero almeno in coincidenza perfetta i
disponibili termini di confronto. E la coincidenza è tutt’ altro
che perfetta riguardo alle forme identificate del Nassonow.
({) Dico « ostinazione » perchè il Nassonow ha persistito nel voler con¬
siderare come valida la specie del Rudolphi, anche dopo la critica che io
ho fatto in proposito al prof. Moniez nel citato lavoro ( Elminti dell' Eritrea,
ecc., pag. 14).
I varii frammenti di strobilio , che il Pallas ha eviden¬
temente riconosciuti come spettanti ad un unico (*) esem¬
plare, raggiungevano, nel loro complesso, la lunghezza di
un piede e mezzo, ossia poco meno di cm. 50, mentre la
larghezza massima non superava cm. 3 (come si deduce
dalla figura, che rappresenta a grandezza naturale il fram¬
mento più largo); e le proglottidi dovevano essere quasi al¬
trettanto lunghe quanto larghe, non solo nell’ultimo tratto
dello strobilio, ma anche a una certa distanza dall’ estre¬
mità (2).
Per i varii esemplari descritti successivamente da altri
autori, ed assegnati dal Nassonow alla T. hyrctcis, si hanno
invece i dati seguenti :
a) Esemplari descritti dal Pagenstecher : lunghezza
massima (per il più grande dei 9 esemplari) cm. 11,5; largh.
massima mm. 6,5; proglottidi molto più larghe che lunghe,
eccettuate pochissime delle ultime , in cui la lunghezza è
uguale o anche maggiore della larghezza.
b) Esemplari descritti da me: lungh. mass. mm. 40
(uno solo tra moltissimi esemplari) e largh. mass. mm. 4;
lungh. media mm. 25-30, largh. media mm. 3-3,5. Dimen¬
sioni relative delle proglottidi come in esemplari del Pa¬
genstecher, solo nell’ultima proglottide la lunghezza è quasi
uguale alla larghezza.
c) Esemplari descritti dal Moniez : dimensioni non
(t) Se il Pallas avesse interpretato i varii frammenti come spettanti a
diversi esemplari, non avrebbe certamente indicato la lunghezza complessiva,
bensì quella media individuale. Inoltre, invece di esprimersi con le parole :
Taenia fragmenta, ecc. avrebbe forse detto : Taeniarum fragmenta , ecc.
(2) Il disegno dato dal Pallas rappresenta delle proglottidi notevolmente
allungate in confronto alla larghezza, e parrebbe quindi riferibile alla parte
terminale dell’ esemplare, poiché, nelle forme susseguentemente descritte dal
Pagenstecher, da me, dal Moniez, e dal Nassonow, si è appunto osservato
che le proglottidi terminali erano, assai piu lunghe delle altre ; ma bisogna
per contro notare che, in tutti questi casi, le proglottidi terminali più lunghe
erano anche tra le più strette dei singoli strobili! , mentre nel disegno
del Pallas sono invece figurate le proglottidi più larghe (come ben si
rileva dalle parole : latioris fragmenli portionem...). Per quest’ ultima
considerazione parafi più naturale supporre che il disegno dato dal Pallas
rappresenti un frammento mediano di strobilio, ad aspetto normale, anziché
l’estremità posteriore con proglottidi diverse dalle altre; tanto più che nella
descrizione non si accenna a varietà di forma nelle proglottidi.
6
precisate (gli esemplari maggiori sarebbero lunghi come
« due o anche tre voltre » (?) quelli del Pagensteeher) ;
la parte posteriore dello strobilio avrebbe un certo numero
di proglottidi simili a quelle figurate dal Pallas; tutte le
altre, simili a quelle descritte dal Pagensteeher.
d) Esemplari descritti dal Nassonow : lungh. mass,
cm. 17, media cm. 10, minima cm. 4.5; largh. mass. rum. 5,
media, mm. 2,75 (dal prospetto). Proglottidi generalmente
assai più larghe che lunghe; soltanto 1’ ultima e lutto al più
la penultima si avvicinano alla forma quadrata.
Il confronto dei caratteri ora indicati per questi diversi
esemplari, con quelli precedentemente riportati dalla de¬
scrizione del Pallas, non può dunque giustificare l’ identifi¬
cazione voluta dal Nassonow, servendo piuttosto a mettere in
rilievo delle differenze anziché delle somiglianze ( 1 ). Solo per
gli esemplari esaminati dal Moniez, si potrebbe avere qualche
dubbio, se a tal riguardo non sorgessero spontanee alcune
considerazioni, che possono rendere invece assai discutibili
quei pochi dati che finora si hanno sugli esemplari stessi.
E anzitutto bisogna considerare che il Moniez non ha dato
figure, nè ha veramente descritto il cestode che ha voluto
assegnare alla T. hyracis ; egli non ha accennato ad altri
caratteri che a quelli surriferiti. Ma , cosa sorprendente
nella breve sua nota, è il manifesto controsenso su cui sono
basate le giustificazioni addotte per identificare la tenia
descritta dal Pagensteeher a quella trovata dal Pallas. Egli
ha infatti osservato e dimostrato che dans une certame
rnesure , il est impossible de tenir compte , comrne ca-
ractère spécifique, de la taille d'un Cestode . e che la :
forme des anneaux ne peut dai^antage entrer en tigne
de compie....; ma tuttavia ha poi sostenuta l’ identificazione
delle due tenie, non basandosi appunto che sopra una lon¬
tana (2) somiglianza in quei caratteri ritenuti poco prima
come insufficienti.
fi) Naturalmente, le differenze risultano dal confronto dell’ esemplare
del Pallas con i singoli successivamente descritti ; ma tra 1’ uno e 1’ altro
di questi ultimi sono invece più evidenti le somiglianze.
(2) Che la somiglianza fosse « lontana», lo dimostra il fatto che, per di¬
mostrarla, il Moniez ha dovuto servirsi di forme intermediarie, rappresen¬
tate da alcuni suoi esemplari.
7
Per ultimo vi è un altro fatto da rammentare. Il Nassonow,
che ebbe in comunicazione gli esemplari del Moniez e che
potè confrontarli direttamente con alcuni dei miei (inviatigli
dal prof. Parona), e con quelli che egli stesso già posse¬
deva, ha dovuto dichiarare che nell’invio del Moniez vi
erano esemplari di due varietà: gli uni simili a quelli da
me assegnati all* Anoplocephala critica , gli altri simili a
quelli che egli aveva particolarmente in istudio. Queste os¬
servazioni del Nassonow, invece di avvalorare quelle del
Moniez, non servono quindi che a diminuirne l’attendibilità;
giacché essi dimostrano che gli esemplari del Moniez stesso
devono piuttosto interpretarsi come forme intermedie tra
quelle descritte da me e quelle del Pagenstecher, anziché
tra queste ultime e la primitiva del Pallas.
Da quanto ho detto fin qui, risulta quindi evidente che
anche gli esemplari del Moniez, come tutti quelli che si è
preteso di identificare alla forma descritta dal Pallas, non
hanno effettivamente con questa una tale affinità nei ca¬
ratteri esterni, da giustificare le deliberazioni del Moniez
e del Nassonow, che hanno accettato la specie T. hyracis
Rud., considerando come ad essa sinonime le altre sovrac¬
cennate.
Per queste ragioni, e per rispetto ai deliberati dei con¬
gressi zoologici, la T. liyracis, Rud. deve dunque ritenersi
come specie radiata. E credo che a questo riguardo non
possa più esservi dubbio.
%
* *
Lasciata da parte la tenia indicata dal Pallas, prendiamo
ora in particolare considerazione gli altri casi notificati di
tenie parassite degli iraci, intorno alle quali vi sono pure
delle questioni , che non mi sembrano punto risolte dopo
la recente pubblicazione del Nassonow.
Abbiamo anzitutto un’indicazione del Leuckart (1856) (*),
riguardo ad una tenia inerme trovata nella vescica biliare
di un irace; ma si tratta di un semplice accenno, da cui
(') R. Leuckart, Die Blasenbandwuvmer und ihre Entwichlung , zugleich
ein Beilrag zur Kenntniss der Cgsticercusleber, pag. 31 (nota) Giessen, 1856.
8
non è possibile desumere i dati sufficienti per determinare
una specie, e nemmeno per avvicinare la forma indicata
all’ una piuttosto che all’altra delle tenie trovate susse-
guentemente negli iraci. E quindi arbitraria l’ipotesi del
Nassonovv, che farebbe identificare quella tenia con le forme
da lui descritte o con VA, Paronai Mon.
Più tardi, nel 1877, il Pagenstecher (r) segnala un’altra
tenia parassita degli iraci (9 esemplari incistati nel fegato),
e la descrive denominandola Arliynchotaenia critica, n. sp.
Per quanto difettosa, questa descrizione del Pagenstecher
somministra i dati sufficienti per poter definire una specie,
giacché è accompagnata da buoni disegni , non solo del
verme intero, ma anche dei varii dettagli anatomici. Dopo
quanto ho già detto sulla T. hyracis e sulla tenia indicata
dal Leuckart, risulta evidente che quella descritta dal Pa¬
genstecher non può a queste identificarsi, ma deve ritenersi
come specie nuova; e le tenie riscontrate in seguito quali
parassite degli iraci possono quindi confrontarsi opportu¬
namente con V Arhynchotaenia critica, ma non con le altre.
Nel 1885, una nuova tenia degli iraci venne descritta e
disegnata dal prof. C. Parona (2). Si tratta di una forma
del tutto differente dalle altre del medesimo ospite, sia per
l’aspetto generale del corpo che per la presenza di un¬
cini nello scoline. Fu trovata da 0. Beccari nei grossi
vasi del fégato di un irace dell’ Eritrea , e il Parona la
descrisse senza darle nome specifico; ma giustamente il
Moniez la denominò più tardi T. Paronai, riconoscendola
come nuova specie; e gli altri autori non ebbero più a di¬
scutere in proposito.
Nel 1891 pubblicai la mia breve nota « Sulle tenie del-
1’ Hyrax dello Scioa », descrivendo nuovi esemplari che
identificai all’ Arhynchotaenia critica , Pag. (benché note¬
volmente più piccoli di quelli tipici della specie, e riscon¬
trati nell’ intestino anziché nel fégato), e descrivendo pure
una nuova specie intestinale che denominai Taenia Ra-
(l) Opera già citata.
(s) C. Parona, Di alcuni elminti raccolti nel Sudan orientale da 0. Bec¬
cari e P. Magretti. Ann. del Museo Civico, serie 2.a, voi. II, p. 431-432,
tav. VI. VII, fìg. 10-13. Genova, 1885.
9
gaz zìi. Contemporaneamente alla mia pubblicazione com¬
parve quella del Moniez, che ho già menzionato più sopra,
e sorsero allora le più intricate questioni sull’ argomento
delle tenie degli iraci. Gli esemplari del Moniez non ven¬
nero disegnati, nè dettagliatamente descritti, ma confron¬
tati con quelli del Pagenstecher e del Pallas, nelle rispet¬
tive descrizioni, indussero l’osservatore alla identificazione
delle tre forme. Per quanto riguarda i rapporti fra la T.
hyracis e Y Arhynchotaenia critica ho già ampiamente
confutato le conclusioni del Moniez , ma sui rapporti tra
gli esemplari di quest’ultimo e quelli del Pagenstecher si
deve ancora discutere, sopratutto per estendere il confronto
ai miei esemplari e a quelli più recentemente descritti dal
Nassonow.
Dalla brevissima nota del Moniez si possono ricavare
questi pochi dati: gli esemplari (parecchi, ma in numero
non precisato) sono stati raccolti da T. Barrois nell’ inte¬
stino (*) di un Hyrax capensis (sic) della Siria; sarebbero
identificabili per il complesso dei caratteri all’ Arhyncho¬
taenia critica Pag., avendo lo scolice inerme, le proglot¬
tidi molto allargate (eccetto le ultime), le aperture genitali
unilaterali ; ma alcuni esemplari si distinguerebbero per
una lunghezza molto maggiore (due o tre volte la normale),
le uova presenterebbero un apparecchio piriforme con qual¬
che speciale particolarità. Per la presenza di questo appa¬
recchio piriforme e per tutti gli altri caratteri in generale,
la specie dovrebbe essere ascritta al genere Anoplocephala.
Dopo la pubblicazione del Moniez, io mi sono ancora oc¬
cupato (2) delle tenie deAYHyrax da me stesso descritte nel
1891 ; ho confermato che Y Arhynchotaenia del Pagenstecher
si deve ascrivere al genere Anoplocephala ; ma invece di
considerare gli esemplari del Moniez come intermedii tra
quelli del Pagenstecher e quelli del Pallas, li ho avvicinati
alla Taenia Ragazza (che io avevo appunto distinto dalla
T. critica specialmente per le dimensioni molto maggiori).
E cosi sorsero nuove questioni, che, naturalmente, non po¬
tevano risolversi se non con un esame particolareggiato
(l; Notisi bene che nessun esemplare fu trovato nel fegato.
(2) Elminti Eritrea , già cit. (p. 13-15). Genova, 1893.
10
degli esemplari del Moniez (troppo insufficientemente de¬
scritti) e con lo studio di nuovo materiale.
Tali condizioni potè il Nassonow ottenere, mediante la
raccolta di nuove tenie di iraci (Procavia syriaca, Ehrb.),
e l’invio a lui fatto di esemplari tipici, non solo della forma
descritta dal Moniez , ma anche della mia. E lo zoologo
russo studiò infatti tutte queste forme confrontando le une
con le altre ; ma, se dal lato analitico il suo studio riuscì
utilissimo, per l’illustrazione di nuovi esemplari e per la
revisione di quelli del Moniez, fu, per contro, infruttuoso
dal lato sintetico, non risolvendo soddisfacentemente nessuna
delle questioni sopra accennate. Ciò in parte ho già dimo¬
strato nelle pagine antecedenti , ora confermerò con altre
prove.
Le nuove tenie descritte dal Nassonow furono trovate in
considerevole numero, ma in diversi individui di Procavia
syriaca, e sempre nelle vie biliari (almeno con lo scolice
e il primo tratto di strobilio) (*).
Tanto dalla minuziosa descrizione, quanto dalle precise
figure, appare manifesto che gli esemplari sono riferibili
alla forma tipica dell’M. critica , mostrando per altro ca¬
ratteri di transizione tra gli esemplari del Pagenstecher,
quelli del Moniez, ed i miei. Per la forma dello scolice e
delle proglottidi sono più affini a questi ultimi; per le di¬
mensioni corrispondono agli altri.
L’esame comparativo di queste varie forme indusse il
Nassonow a considerarle come di un’unica specie, distin¬
guendone però due varietà: A. hyracis var. hepatica e
A. hyracis var. intestinalis. Alla prima varietà volle
ascrivere i suoi esemplari, una parte di quelli del Moniez,
quelli del Pagenstecher e quelli del Pallas ; alla seconda
un’altra parte di quelli del Moniez e gli esemplari da me
assegnati all’M. critica (non però quelli assegnati alivi.
Ragazzii, di cui non tenne conto).
Premesso intanto che le due varietà, per ciò che sopra
fi) La parte centrale e terminale dello strobilio s’ inoltrava spesso nel
duodeno, ma lo scolice era sempre nei vasi epatici. Solo un breve fram¬
mento di strobilio fu rinvenuto nel tenue. Noto questa particolarità perchè
il Nassonow, come mostrerò, vi attribuì esagerata importanza.
11
si è detto, dovrebbero denominarsi A. critica var. hepatica
e A. critica var. intestinalis, importa cercare se le stesse
siano basate su caratteri ben definiti e costanti, in modo
da acquistare un valore sistematico, o se invece siano de¬
terminate da una distinzione puramente artificiale.
Considerando, da una parte, gli esemplari da me descritti,
e dalT altra quelli del Pagenstecher, la suddivisione della
specie in quelle due varietà potrebbe ritenersi giustificata,
poiché si avrebbe: in un caso, una forma piccola vivente
nell’ intestino (miei esemplari) ; in un altro, una forma più
grande vivente nel fegato (esempi, del Pagenstecher) ; si
avrebbe cioè quella concomitanza nei caratteri differenziali,
che è indispensabile in qualunque sistematica distinzione.
Ma, naturalmente, bisogna anche tener conto degli esem¬
plari del Nassonow e di quelli del Moniez , ed è appunto
per questi che una sicura distinzione non è più possibile.
Troviamo infatti, che, da una parte, gli esemplari del Nas-
sonow si presentano con lunghezza variabile tra cm. 4,5
e cm. 17, pur essendo tutti delle vie biliari; e dall’altra
gli esemplari del Moniez, tratti esclusivamente dall’ inte¬
stino, variano pure tra dimensioni minime corrispondenti a
quelle dei miei esemplari, e dimensioni massime anche su¬
periori a quelle indicate per gli esemplari del Pagenstecher.
Come dunque orientarsi in simili casi?
Il Nassonow avrebbe superato queste difficoltà ricorrendo
ad un’ipotesi artificiosa; secondo lui, gli esemplari massimi
del Moniez spetterebbero alla varietà epatica, e sarebbero
pervenuti eccezionalmente nell’ intestino, dopo aver lasciato
nel fegato i rispettivi scolici. Tale ipotesi sarebbe suggerita
dalla considerazione che tutti gli esemplari esaminati dal
Nassonow avevano lo scoi ice nelle vie biliari sebbene lo
strobilio si prolungasse nel duodeno, che nel tenue di una
procavia fu anche trovato un frammento privo di scolice, e
che qualcuno dei più grandi esemplari del Moniez, riveduti
dal Nassonow, era pur privo di scolice.
Ma a questo proposito si deve osservare che, nello scritto
del Moniez si accenna ad « un certo numero » di esem¬
plari , non solo dei piccoli ma anche dei grandi, e non è
punto detto che tutti questi ultimi fossero privi di scolice.
Si deve inoltre tenere presente che tutti gii esemplari del
12
Moniez, grandi e piccoli, furono trovati nell’intestino d’uri
ospite solo, e che del fegato di questo non si è fatto cenno.
Tutto ciò basterebbe a rendere poco verosimile V ipotesi
suddetta, ma bisogna ancora ricordare che la notevole di¬
vergenza nelle dimensioni degli esemplari del Nassonow ,
costituirebbe sempre un ostacolo non superabile con l’ ipo¬
tesi stessa, e tale da rendere impropria la distinzione di
quelle due varietà.
Qui è opportuna un’altra osservazione. Perchè il Nas¬
sonow ha dichiarato che gli esemplari del Moniez non
possono avvicinarsi al VA. Ragazzii , come io avevo invece
supposto? (*). Le differenze essenziali che mi hanno indotto
a separare questa nuova specie dall’ff. critica si riduce¬
vano alle dimensioni maggiori e alla forma dello scolice.
Orbene , se è vero che gli esemplari grandi del Moniez
sono privi di scolice e che si avvicinano per le dimensioni
e i caratteri dello strobilio alla forma descritta dal Nas¬
sonow, io non so come si possa escludere la loro identifi¬
cazione con VA. Ragazzii, che per i soli caratteri dello
strobilio corrisponderebbe perfettamente ai maggiori esem¬
plari di quella forma.
Per tutte le considerazioni finora esposte, parmi dunque
lecito dichiarare che le complicate questioni sulle tenie
degli iraci, non possono ritenersi come risolte dopo la re¬
cente nota del Nassonow. Nè io posso sostituire mie solu¬
zioni a tutte quelle proposte da questo autore; ma voglio
anzi avvertire, che, delle conclusioni attualmente possibili
per i vari quesiti sull’ argomento . poche soltanto possono
considerarsi come vere soluzioni , la maggior parte non ha
che un valore provvisorio.
Ed ecco ciò che possiamo concludere:
1. ° La Tenia hyracis Rud. , è una specie che deve
essere radiata dalla sistematica.
2. ° La Taenia sp. indicata dal Leuckart, non può ser¬
vire a confronti di sorta, per assoluta mancanza di carat¬
teri specifici.
3. ° L ' Arhy nello taenia critica Pag. è invece una specie
(‘) Rim. Eritrea ., pag. 14.
13
sufficientemente definita, ed è quindi la prima con cui si
debbono confrontare le varie tenie degli iraci ; essa deve
però essere ascritta al genere Anoplocephala.
4. ° La Taenia Paronai Mon. è una specie ben distinta
da tutte le altre degli stessi ospiti, sopratutto per la pre¬
senza di uncini nello scolice.
5. ° Le tenie successivamente descritte da me, dal Moniez
e dal Nassonovv hanno di certo stretti rapporti con VA.
critica , e quindi anche tra loro reciprocamente , ma il grado
preciso di questi rapporti non può finora essere determinato,
sopratutto per L insufficienza di dati sugli esemplari del
Moniez.
6. ° Le due varietà stabilite dal Nassonow (A. hyracis
var. hepatica e var. intestinalis) non possono venire ac¬
cettate, non essendo fondate su caratteri definiti e costanti.
7. ° È assai probabile che VA. Ragazzii Setti, sia una
specie distinta dall’M. critica Pag., e che a quella debba
identificarsi la forma maggiore degli esemplari del Moniez.
8. ° È parimente probabile che gli esemplari piccoli del
Moniez, i miei, e quelli del Nassonow, siano tutti identifi¬
cabili all’M. critica , specie che potrebbe presentarsi con
variazioni individuali notevolissime, come si osservano del
resto per molte altre dello stesso genere.
9. ° È finalmente possibile che anche gli esemplari del-
YA. Ragazzii e quelli grandi del Moniez . siano riferibili
alla stessa A. critica fi).
fi) Nel mio recente lavoro sui « Nuovi elminti dell’ Eritrea » ho descritto
un’altra tenia dell’intestino degli iraci, denominandola Anoplocephala P(l-
genstecheri (p. 223 e seg.). Gli esemplari di quésta specie si avvicinerebbero
per le dimensioni complessive e per la forma generale dello strobilio, a
quelli da me descritti precedentemente come spettanti all 'A. critica; ma
ne differiscono per le dimensioni dello scolice, e specialmente per la po¬
sizione degli sbocchi sessuali, che sono sul vertice degli angoli delle pro¬
glottidi , e non in mezzo ai margini laterali. Siccome ho trovato che tali
differenze, insieme ad altre secondarie, erano costanti nei moltissimi esem¬
plari da me esaminati, ho stabilito per questi una nuova specie; ed è certo
che, seguendo i comuni criterii sistematici, non potevo fare diversamente.
Ma, tenendo conto di tutte le considerazioni sopra esposte, e ricordan¬
done altre più generali riguardo ai limiti specifici dei cestodi (su cui ho
già più volte richiamata l’attenzione degli elmintologici), io non esito a
dichiarare che anche a questa specie, come a moltissime altre dello stesso
14
*
* *
Prima di chiudere la presente nota, devo ancora rispon¬
dere al prof. Nassonow in merito ad alcuni appunti ch’egli
volle fare sulla mia descrizione dellVl. critica.
Nel mio lavoro « sulle tenie deWHyraoc dello Scioa »
avevo detto (p. 320) che le ventose delibi. critica misu¬
ravano nel diametro massimo mm. 0,4, ed avevo desunto
questa cifra dall’ osservazione di numerosissimi esemplari,
fra i quali avevo esplicitamente dichiarato che si presenta¬
vano variazioni individuali notevolissime. Il Nassonow, che
ebbe a disposizione due soli dei miei esemplari , trovò di
poter contestare 1’ esattezza delle misure da me date , af¬
fermando che il diametro delle ventose non arriva che a
mm. 0,23 (pag. 20). Io non dirò, alla mia volta, che il Nas¬
sonow abbia misurato male , ma osservo soltanto che io
ho parlato di « diametro massimo », e che, avendo ancora
esaminato recentemente gli esemplari in questione, ho po¬
tuto constatare V esattezza della cifra da me data, notando
per altro che essa rappresenta appunto la misura massima
(che si scosta di poco dalla misura media), mentre la mi¬
nima (solo in qualche esemplare) può quasi arrivare alla
cifra data dal Nassonow.
Più grave sarebbe l’appunto' fattomi riguardo alla dispo¬
sizione degli sbocchi sessuali nella stessa specie.
Mentre io ho detto che essi si trovano sempre dalla me¬
desima parte dello strobilio (pag. 321). il Nassonow asse-
genere, della stessa famiglia, dello stesso ordine, si deve soltanto attribuire
un valore provvisorio. Potremo decidere se VA. Pagenstecheri, VA. Ragazzii
e le varie forme dell’4. critica costituiscono una sola, o due, o parecchie
specie, solo quando sapremo se esse hanno origine da una sola, o da due,
o da parecchie forme di cisticerchi.
Più estendo i miei studi intorno ai cestodi, e più mi persuado che nella
sistematica di questo ordine le delimitazioni specifiche sono adatto arbitra¬
rie; e ciò sopratutto perchè le forme larvali ci sono generalmente scono¬
sciute, e le forme adulte possono presentarsi con variazioni individuali ri¬
levantissime.
Per ora non credo che sia un’esagerazione il ripetere per questo gruppo
di elminti ciò che è stato detto da Haeckel per le spugne calcari: vi si
possono contare a piacimento poche, o molte, o anche moltissime specie.
15
risce che negli esemplari avuti in comunicazione, essi sono
alterni.
Io non so se le variazioni individuali di cui ho già par ¬
lato possano giungere Ano a questo segno, ma ad ogni
modo mi sembra poco probabile che , sopra un centinaio
di esemplari, due soli debbano presentarsi con gli sbocchi
alterni, e questi due siano precisamente.... quelli osservati
dal Nassonow.
Appena ricevuta la pubblicazione di questo autore , io
ho esaminato ancora tutto il materiale che mi aveva ser¬
vito per il mio studio, e con grande soddisfazione ho ri¬
scontrato che, in tutti gli esemplari, gli sbocchi sessuali
sono sempre da una sola parte dello strobilio. Questi esem¬
plari sono a disposizione degli studiosi nel museo univer¬
sitario di Genova, e chiunque potrà controllare le mie os¬
servazioni. Dopo ciò non ho più nulla da aggiungere in ri¬
sposta agli appunti dello zoologo russo, sulla mia descrizione
de\Y Anoplocephala critica.
Genova, gennaio 1898.
Dal Museo zoologico della R. Università .
Genova, Tipografìa Ciminago , Vico Mele , 7. 1898.
/fìd n
DI ZOOLOGIA E ANATOMIA COMPARATA
DELLA R. UNIVERSITÀ DI GENOVA
N.° 60. 1898.
G. Cattaneo
Per la storia dell’ anatomia comparata.
L’8 dello scorso settembre si inaugurò a Crevalcore un
degno monumento a Marcello Malpighi, e in tale occasione
fu pubblicata, per cura del Comitato promotore, una rac¬
colta di scritti che illustrano la vita e le opere del grande
biologo crevalcorese, e analizzano paratamente i suoi me¬
riti nell’anatomia e istologia animale e vegetale, nell’em¬
briologia, nella medicina, ecc. (J). Invitato a occuparmi in
ispecial modo delle benemerenze del Malpighi nelPanatomìa
comparata, di buon grado accettai il non facile incarico,
ben lieto di poter rendere il mio modestissimo, ma sincero
tributo, alla memoria del grand’uomo. Molto infatti si trova
nell’opera malpighiana che può riferirsi all’anatomia com¬
parata o, quanto meno, alla zootomia, poiché le sue celebri
monografie sui polmoni, sul cervello, sul fegato, sulla milza,
sui reni, ecc., sebbene abbiano per intento di risolvere vari
(’) Marcello Malpighi e V opera sua. Scritti vari, raccolti e ordinati dal
dott. Ugo Pizzoli. Dott. Francesco Vallardi , Milano 1898. Gli articoli ivi
contenuti sono i seguenti: R. Virchow, Elogio di Malpighi — G. Weiss,
Introduzione generale — G. Atti, Biografìa. — M. Foster, Malpighi e la
società reale di Londra (con molte lettere inedite) — L. Frati, Medaglie
onorarie di Malpighi — E. De-Miciielis, Malpighi e la storia del pensiero
— A. Kòlliker, Malpighi nell’anatomia generale — G. Romiti, Malpighi
nell’ anatomia dell’ uomo — A. Eternod , Malpighi nell’ istologia — G.
Cattaneo, Malpighi nell’anatomia comparata — E. Perroncito, Il baco
da seta — F. Todaro, Malpighi nella biologia e nella medicina — A. De-
Giovanni, Malpighi nella storia della medicina — E. Strasburger, Malpighi
quale fondatore dell’ anatomia vegetale — F. Morini, Malpighi nella bota¬
nica — E. Haeckel, Malpighi filosofo-naturalista — C. Frati, Bibliografìa.
E un’opera, nel suo complesso, ben riuscita, la quale, mentre è nuovo
monumento alla gloria del Malpighi, fa onore al Comitato che l’ha pro¬
mossa e all’ editore che F ha pubblicata.
problemi, allora oscuri e discussi, in servizio dell’anatomia
e fisiologia umana, pure si fondano più su osservazioni
fatte negli animali che nell’ uomo. Ma l’autore non indica
ogni volta il nome della specie su cui fece la ricerca, trat¬
tandosi spesso dei comuni animali domestici. A questo di¬
fetto delle opere stampate (Opera omnia e Opera posthuma),
suppliscono le manoscritte, e specialmente il Diario dili¬
gentissimo, che delle sue osservazioni tenne il Malpighi
per ben trentacinque anni, dal 1660 all’ anno della sua
morte, e che forma il voi. II dei manoscritti malpighiani
esistenti nella Biblioteca universitaria di Bologna (Obser ~
valiones anatomicae in plantis et animalibus) . Con l’aiuto
di queste note e dei disegni relativi, che danno conto di
oltre 600 dissezioni su almeno 75 specie di animali, potei
non solo completare i dati zootomici accennati nelle opere
stampate, ma rinvenirne molti altri ancora inediti, che dimo¬
strano la grande attività del Malpighi anche nell’ anatomia
comparata. Io non darò qui che un brevissimo sunto dei
miei appunti* non potendo mancare, in un Bollettino dedicato
alla zoologia e all’ anatomia comparata, un cenno almeno
di un capitolo così importante della loro storia e un ricordo
della circostanza, rimandando, pei particolari, alla Memoria
completa, che fa parte del citato libro M. Malpighi e Vo~
pera sua (x), e ove sono anche riportati i passi testuali.
Col nome di verme cucurbitino descrisse il Malpighi il
Distoma liepaticum, già poco prima accennato dal Redi, e
vi distinse l’ovario, l’utero, i vitellogeni, interpretando in¬
vece come vaso circolatorio il tubo digerente. Scoperse il
cisticerco nella carne panicata del maiale, e osservò anche
le tenie dell' uomo e del cane , notandovi le ventose e gli
uncini del capo. Con insistenza si occupò dell’anatomia dei
molluschi , argomento a cui contemporaneamente attende¬
vano il Redi, l’Harder e lo Swammerdam, e, sebbene quasi
nulla pubblicasse in proposito, sono importanti le note ma¬
noscritte e gli schizzi che riguardano la seppia, la lumaca
e il’ lumacone; di questi ultimi non riuscì però a intrave¬
dere l’ermafroditismo, rivelato poco dopo dal Ray e dallo
Swammerdam.
(lj G. Cattaneo, M. Malpighi nell’anatomia comparata, op. cit., p. 142-176*
3
Tra gli artropodi , salvo alcune osservazioni inedite sul
fegato e sull’ovario dei crostacei, e sulla orismologia del
Demodex , studiò solo gli insetti, ma con ricerche estese
e minute, e giungendo a risultati capitali; prova ne sia la
monografia del baco da seta, che è riputata dai più come
il suo capolavoro. Le trachee, il cuore tubulare , i vasi
escretori (detti poi malpighiani) furono fatti conoscere per
la prima volta, nei loro minuti particolari, dall’anatomico
bolognese. Ma, quasi a preparazione e ad illustrazione di
questa monografia, continuò per molti anni lo studio zoo-
tomico su svariatissime specie ; ricorderò solo le annota¬
zioni e i disegni sulla muscolatura dei bruchi, in cui egli
avverti per il primo la striatura delle fibre, sul cervello
bilobo, la catena gangliare, il collare periesofageo, gli occhi
composti, ecc. L’organo luminoso delle lucciole gli fu ar¬
gomento di molteplici riflessioni ed esperienze. Nella cicala,
nel grillo, nella locusta, nella grillotalpa, nell’ape e in
molti lepidotteri e coleotteri osservò T intestino con gli an¬
nessi vasi, delle trachee vide il filo cbitinoso spirale e le
dilatazioni ad ampolla, notevoli nel lucano e nella cicala,
e ne provò la funzione respiratoria, osservando che gli in¬
setti morivano se si tappavano le stigme. Fu insomma,
in questo campo, emulo di Swammerdam, e precursore
di Réaumur e Bonnet.
Ricerche di gran lunga più estese riguardano i vertebrati.
Mentre era a Messina, osservò i canali glandulari cutanei
dei pesci cani, delle razze e delle torpedini, studiati più
tardi dal Lorenzini, dal Savi e dal Leydig, la valvola spi¬
rale dell’intestino, la glandola digitiforme, e il cuore bilo-
culare dei selaci, di alcuni dei quali accertò la viviparità.
1 pesci ossei gli servirono specialmente per indagare la
struttura del cervello, quale la espose nelle sue celebri
memorie de cerebro e de cortice cerebri , con risultati
per altro molto incerti, se non nell’osservazione, almeno
nella interpretazione. Estendendo anche al cervello la sua
teoria delle glandule conglobate, considerò la sostanza cor¬
ticale come formata da un ammasso di glandulette, secer-
nenti un succo nervoso, ch’era portato alla periferia da
fibre cave o « budellini » , riuniti in fàsci e costituenti i
nervi. Curiosa teoria invero, accettata poi anche dal Bo-
4
relli; però, se l’interpretazione fisiologica cadde ben presto,
l’osservazione non è da credersi fantastica, almeno per
quanto si può ricavare dalla brevità delle descrizioni e
dalla insufficienza delle figure. Che cosa possono essere
queste « glandulette » microscopiche, che sono disseminate
nella sostanza grigia? che cosa i fili che da esse par¬
tono? Secondo ogni probabilità, quei corpicciuoli non sono
altro che le grandi cellule nervose, che si possono vedere
facilmente anche sul fresco, e anche a piccolo ingrandi¬
mento; e i filamenti, che da esse partono e costituiscono
la sostanza bianca, i prolungamenti nervosi delle cellule ,
che vanno infatti a costituire i nervi. 11 nome a questi dato
di tubuli, che durò a lungo nell’istologia, derivò verisi-
milmente dall’aver interpretato la guaina come parte prin¬
cipale del filamento, e il cilindro assile come lume del tubo.
Esaminando il nervo ottico del pesce spada, del tonno,
del pagro, ecc. vide eh’ esso non era fatto come un fascio
di filamenti, ma come una membrana ravvolta su sè stessa
in molteplici pieghe, e comunicò quest’osservazione al Bo-
relli, che poi la ripetè a Pisa alla presenza di altri ana¬
tomici e dello stesso Granduca. L’Eternod, nel suo articolo
intorno ai meriti di Malpighi nell’istologia, dopo aver detto
che erroneamente egli assegnò una struttura glandulare
al cervello, soggiunge : « Nè più fortunato egli fu nel modo
di comprendere la costituzione del nervo ottico, che, come
si vede da un suo disegno, egli credette composto di la¬
mine diversamente contornate e piegate ». Ma il Malpighi
non generalizzò questa struttura ai nervi ottici di tutti gli
animali; la sua figura si riferisce solo allo Xiy)hias e ad
altri pesci, ed è esattissima; e questa disposizione, facile
ad osservarsi anche ad occhio nudo su pesci di dimensioni
un po’ grandi, è confermata nel trattato dell’Owen. Dei pesci
studiò anche l’occhio e i suoi muscoli, le branchie e la
loro funzione, il cuore, l’ intestino, il fegato e i vasi sper¬
matici. In un’ « anguilla di faro » egli vide al micro¬
scopio molti globuli ovali, che sono evidentemente le cel¬
lule rosse del sangue, osservate da lui anche nella rana
e nei mammiferi; talché condivide col Leuwenhoek e con
lo Swammerdam l’onore di questa scoperta.
Specialmente sulla rana studiò la struttura e la funzione
dei polmoni, accertando la loro natura vescicolosa, lo sbocco
dei piccoli bronchi negli alveoli e resistenza di una rete
capillare che circonda l’alveolo. Quanto alla funzione, con¬
divise dapprincipio l’idea diffusa al suo tempo, che cioè
il moto dei polmoni servisse a rimescolare ed amalgamare
le varie parti del sangue, favorendo la sua fermentazione ;
ma, avendo il Borelli combattuta tale teoria, ammettendo
che 1’ utile della respirazione non derivasse dal moto che si
fa respirando, bensì da elementi dell’aria che vengano as¬
sorbiti dal sangue (1681) (1), il Malpighi, nelle opere postume
(1697) abdicò alla prima opinione, e abbracciò la seconda
più giusta, dando anche lealmente a capire che non si
trattava di scoperta sua, ma di opinione emessa da altri ;
« è reso certo , egli dice, che nei polmoni viene spinto per¬
le arterie polmonali il sangue mescolato con la linfa e
con il chilo, e che in esso si sminuzza e si frammezza
con un corpo sottile separato dall’aria, ecc. ». 11 Todaro
lumeggiò assai bene nel suo articolo questa chiara conce¬
zione del Malpighi riguardo alla fisiologia della respira¬
zione. lo non ho accennato a questo progresso 'postumo
delle idee del Malpighi, e riparo ora all’omissione.
Nelle rane osservò inoltre il Malpighi il particolar modo
di respirare per deglutizione, che fu poi attribuito (ma
impropriamente, come dimostrò il Panizza) anche alle tar¬
tarughe; talché quelle, se respirano con torace leso, non
inspirano più a bocca aperta. Vide pure che, contraria¬
mente a quanto fu creduto poi per lungo tempo, l’estirpa¬
zione della lingua non rende impossibile la respirazione
delle rane, bastando il ristringimento degli sfinteri nasali.
Poco si occupò dei rettili, e assai più degli uccelli, tro¬
vandosi nel diario una piccola monografia dell’aquila, ri¬
portata poi in miglior forma nelle opere postume. Le pa¬
pille cutanee, la gianduia uropigetica, lo sviluppo delle
penne gli offrirono argomento a interessanti osservazioni.
Nell’ occhio della civetta notò il fenomeno della imagine
degli oggetti, capovolta sulla retina; tentò anche lo studio
dell’organo dell’ udito, ma con iscarso frutto; ed estesele
(') A. Borel.i.i , De motn animai ium. Voi. II, 1681, proposizione 113:
« Per respirationem, aeris particulae sanguini commisceri possunt ».
6
sue indagini ai visceri di molte specie di uccelli, secondo
che gliene capitava il destro, illustrando, nelle sue note,
con descrizioni e disegni accurati, lo stomaco multiplo e
l’apparecchio riproduttore di vari gallinacei e palmipedi, e
la lingua protrattile del picchio. Ma i più importanti lavori
suoi sugli uccelli sono, senza dubbio, le due memorie re¬
lative allo sviluppo del pulcino, che fanno del Malpighi uno
dei precursori dell’ embriologia.
La maggior parte delle sue dissezioni riguarda tuttavia
i mammiferi, e di questi sopratutto i ruminanti. Studiò lo
sviluppo delle corna bovine, approfittando anche di un caso
anomalo di corno sopranummerario, tentò varie ricerche
sulla struttura deir occhio e dell’orecchio, e nella lingua
dei ruminanti fece la sua celebre scoperta delle papille
gustative. In un cuore di bue, a quanto pare, notò il Mal¬
pighi la direzione spirale delle fibre, e sulla milza e sui
reni dello stesso animale fondò le sue dottrine relative alla
struttura di questi organi. Fu tra i primi a osservare nei
mammiferi gli ovuli scendenti per le tube falloppiane. E tra
le molte altre indagini, quasi tutte inedite, sull’ anatomia
di equini, di rosicanti, di carnivori, ecc. ; offre speciale in¬
teresse la sua descrizione delle giandule peptiche tubulari,
o fistole gastriche.
In conclusione, il Malpighi, riconosciuto come fondatore
dell’ istologia vegetale e animale, fu anche benemerito del¬
l’anatomia comparata, poiché ebbe una grande pratica
zootomica, e dissecò un gran numero di animali, ricercando
le più intime particolarità della loro organizzazione con
diversi artifici: l’esame microscopico, la vivisezione, la
macerazione, l’indurimento nell’acqua bollente, le iniezioni
di sostanze colorate. Certo, la sua opera zootomica è sparsa
e frammentaria, nè pensò mai a riunire le sue osservazioni
sugli animali in un corpo di dottrina, ma intuì tutta la
efficacia del metodo comparativo, e perciò merita un posto
segnalato anche nella storia dell1 anatomia comparata.
Genova , aprile 1898.
Genova, Tipografìa Ciminago, Vico Mele, 7. 1898.
ifnj/
BOLLETTINO DEI MI
III ZOOLOGIA E ANATOMIA COMPARATA
DELLA R. UNIVERSITÀ DI GENOVA
N.° 61. 1898.
Alessandro Brian
Catalogo di Copepodi parassiti dei pesci della Liguria.
Nel laboratorio di Zoologia dell’Università di Genova che
ebbi a frequentare nel biennio ora decorso quale studente
di Scienze naturali, fu messo a mia disposizione dal Diret¬
tore prof. Corrado Barena, un ricco materiale di copepodi
parassiti dei pesci, e lo feci volentieri oggetto di uno stu¬
dio, conoscendo l’importanza speciale di questo gruppo, che
presenta, dopo gli elminti, il quadro più spiccato della
condizione parassitaria e le maggiori e più profonde modi¬
ficazioni morfologiche inerenti a questo peculiare modo di
vita. Come è noto, questi crostacei sono soltanto parassiti
allo stalo adulto, e subiscono per adattamento al parassi¬
tismo tali deformazioni, che alcuni, ridotti quasi al solo te¬
gumento, piti non contengono altro organo speciale, all’in-
fuori di quelli che necessitano alla conservazione della specie.
Pingui, ciechi, impotenti a muoversi, non vivono che del ma¬
teriale che prendono dall’ospite che li accoglie; si trovano
così al termine della loro esistenza innicchiati e non più ri-
conoscibili negli organi anche profondi di altri viventi, essi
che tuttavia al loro uscire dall’uovo sono tutti liberi e nuo¬
tano con agilità.
Per tale ragione distinti naturalisti del secolo passato
reputavano che i copepodi parassiti, i quali si presenta¬
vano a loro in questa strana sembianza, dovessero ascri¬
versi fra i vermi; e sebbene già per lo innanzi il De Blain-
ville ne avesse riconosciuti i rapporti coi crostacei ed avesse
per ciò collocato i Lerneidi tra gli articolati, mentre Latreille
li voleva distribuire tra gli elminti, non fu che dopo il 1832,
per opera di Nordmann, eh’ essi acquistarono il vero loro
posto tra i Crostacei.
Contemporaneamente al Norclmann, o poco più tardi, altri
osservatori, come per es., Burmeister (1835), Kollar (1835),
Johnston (1835-36), Kròyer (1837-38), Pickering e Dana
(1838) e Rathke (1839) diedero grande impulso allo studio
dei Copepodi parassiti, e contribuirono alla loro più per¬
fetta conoscenza; sicché, essendo aumentata di pari passo
anche la serie dei copepodi liberi, per gli studi principal¬
mente di M. Milne Edwards ed altri (1840), le forme note
dei due gruppi arrivarono in complesso a circa 150 specie
con 44 generi, mentre soltanto 8 specie con 3 generi erano
menzionate al tempo di Linneo (1766). In questi ultimi de¬
cenni per tali gruppi di crostacei si è verificato un pro¬
gresso sempre maggiore , sia dal punto di vista sistema¬
tico, sia da quello più generale della morfologia, per opera
di naturalisti, quali per dire solo d’ alcuni, Yan Beneden
(1850-60), Leydig (1853), Kolliker (1853), Gerstaecker (1853-
54), Heller (1857-66), Claus (1859 68) , Thorell (1859), Sars
(1861), Hesse (1862-68), Kròyer (1863) , Kurz (1877). Basti
dire che il numero complessivo dei copepodi, comprese le
forme libere, ammonterebbe di già, secondo Gerstaecker
(1866-79), a 944 specie riunite in 217 generi. Volendo li¬
mitarci ai Copepodi parassiti dei pesci, come è nostro in¬
tendimento, troviamo che questo gruppo comprende, secondo
lo stesso autore, più di 337 specie raggruppati in 85 generi.
In oggi il numero delle specie note è certo superiore.
Le località maggiormente esplorate, sotto questo aspetto
sono quelle dei mari a settentrione d’Europa, mentre fra
noi, come tutti i crostacei in genere, l’ordine dei copepodi
conta pochissimi cultori. Fra questi per limitarci ai viventi,
ricorderemo in Italia, il Richiardi a Pisa, il Della Valle a
Napoli, lo Stossich e il Valle a Trieste.
Distinti naturalisti stranieri s’ erano bensì occupati per
lo innanzi di questi artropodi del Mediterraneo ( Grube,
Heller, Hope, Claus, ecc.), e dell’Adriatico (Heller, Kurz,
Ileider, Schaub, ecc.) ma non di proposito. Per quanto ac¬
curate fossero state le indagini da essi fatte, i loro lavori
si restrinsero unicamente ad alcune specie, nè la lontananza
del mare e la difficoltà di procurarsi grande copia di pesci,
a loro permisero di estendere le ricerche alla maggioranza
di quelli dell’Adriatico e del Mediterraneo.
Invece i lavori e le scoperte ulteriori, dei già citati au¬
tori italiani, mirarono direttamente ad illustrare più com¬
pletamente la fauna nostra; ma anche lo studio loro, pur
abbracciando copepodi parassiti di molte specie e di diverse
località, non arrivò a colmare la grande lacuna delle no¬
tizie sulla loro distribuzione intorno alle nostre spiaggie, di
che moltissime rimangono ancor oggi da esplorarsi.
Rivolgendo in particolar modo uno sguardo alla Liguria,
noi constatiamo una assenza pressoché assoluta di studii
a questo proposito.
Nel 1816 Risso nell’ « Histoire naturelle des Crustacés
des environs de Nice », non cita che due Caligidi: Caligus
productus Muli, e C. imbricatus Risso.
Solo, nel 1846, per quanto io sappia, colla nota pubbli¬
cazione intitolata: « Descrizione di Genova e del Genove-
sato, » è apparso per opera del Verany un primo elenco si¬
stematico dei Crostacei liguri, catalogo non poco importante
per quei tempi , perchè appunto unico per la storia della
carcinologia del nostro paese. Ma in questa nota, accanto
ad un numero discreto di crostacei superiori (Decapodi),
troviamo una serie di Sifonostomi, troppo scarsa per poter
avere un’ idea giusta della attuale distribuzione in Liguria
di questi parassiti.
Infatti le specie elencate sono:
1. Caligus Rissoanus M. Edw.
2. Cecrops Latreillii Leach.
3. Nemesis Carcherium Bruii.
4. Brachiella Thynni Cuv.
5. Penellus filosus M. Edw.
(Renella filosa Cuv., Lerneopenna Blainv.).
Per supplire in qualche modo alla lamentata deficienza di
uno studio dei Copepodi parassiti di animali della Liguria,
si andò facendo in questi ultimi anni nel Museo di Zoologia
della R. Università di Genova un’accurata ricerca di tali
crostacei, e si raccolse il materiale che il Direttore prof. Pa-
,rona, come dissi, volle affidarmi perchè ne facessi oggetto
di studio f1).
(l) Cooperarono alla raccolta di questo materiale, oltreché il prof. Parona,
gli esimii signori prof. F. Mazza, B. Borgioli, dott. Setti e il compianto
A. Perugia.
4
È in grazia di ciò che posso oggi offrire in questo mio
lavoro un primo saggio di catalogo di Entomostraci della
Liguria, in gran parte provenienti dal. mercato di Genova,
già menzionati generalmente per l’Italia, ma quasi tutti non
ancora studiati pel mare ligustico.
Mi è quindi ben grato dovere ringraziare vivamente il
chiarissimo prof. Parona per questa gentile concessione ,
non meno che per i consigli datimi, e 1 egregio dott. E.
Setti che pure efficacemente mi aiutò in questo studio.
Le forme di Copepodi parassiti che si riscontrano sui
pesci, gruppo del quale, come dissi, intendo occuparmi, sono
senza dubbio in numero maggiore di quelle che trovansi
nelle altre classi d’ animali.
Da uno studio fatto dal Gerstaecker, risulta che i pesci
ospitanti copepodi, non si devono ricercare fra gli ordini dei
Leptocardi, dei Ciclostotni, dei Lofobranchi, i quali in niun
modo ne presentano, ma fra gli altri sei ordini di pesci,
che ne offrono un numero maggiore o minore.
11 contingente più numeroso è dato dai pesci Acantotte-
rigi che presentano 75 generi, con 124 specie di copepodi
parassiti, e dai Malacotterigi (34 gen. con 67 specie).
Gli altri ordini offrono un numero di copepodi inferiore
alla decina, eccettuati i Plagiostomi con 14 generi e 22
specie.
È da notarsi in ultimo che uno stesso copepodo paras¬
sita può, come fanno gli elminti, infestare parecchie specie
di pesci (per es. il CoMgus rapax si è trovato sopra 12),
e che talvolta anche un pesce solo può portare varie specie
di parassiti. Gerstaecker ci dà esempi di pesci che porta¬
vano 8,9 specie e ne cita persino uno con 12 forme di co¬
pepodi parassiti.
Sebbene ciascuna specie non sia sempre propria di uno
stesso ospite, ma frequentemente ne invada più specie e
talvolta un gran numero, tuttavia la massima parte (nota
il Richiardi) è esclusivamente propria di una sola specie,
sopra la quale anzi con grande costanza, e spesso esclusi¬
vamente, si fissa nella medesima località e nello stesso modo;
cosicché, se non sempre, mollo di frequente si può ricono¬
scere la specie alla quale appartiene il parassita, da quella
dell’ ospite.
Nessun organo dei pesava immune dà. questi ospiti mo¬
lesti, i quali non risparmiano specialmente quei visceri o
quelle località che hanno una facile comunicazione con l’am-
b lente esterno.
Alcuni vivono aggrappati alla pelle (come molti Caligali)
o innicchiati tra le squame e le pinne, molti invece si ad¬
dentrano nella muscolatura, altri infestano le cavità bran¬
chiali o si nascondono tra i meati delle cavità nasale e
boccale; infine si danno pure esempi di copepodi infìssi
negli occhi ( Lerneonenia monilaris M. Edw.) o in vici¬
nanza delle aperture sessuali; e di altri che penetrano nei
visceri più interni, come, ad es., nel cranio dei Serranus.
Ord, ENTOMOSTRACA.
S ubord. GNATHOSTOà l AT A .
F a m . N otodelphi i > ae .
Gen. Doropygus (Thor.) Giesbr.
1. D. gibber Thor. cf e 9.
Carus V. Prodr. Fnun. Medit. 1885, pag. 343.
Disùrib. et Habit. Mare Germanicum: — Napoli (Gies-
brecht) Adria: Trieste (Kerschner).
Nel sacco branchiale di una Clavellina. Genova, 12 marzo
1886. (Mus. Zool. R. Univ.) Thompson deterrà.
Subord. SIPHONOSTOMA.
Fam. Ergasilina.
Gen. Bomolochus Nordmann.
2. B. cornutus Claus. [Tav. II, fìg. 12].
Carus Y. Prodr. Faun. Medit. 1885, pag. 353.
Habit. Astrodermus elegans, Exocoetus volitatisi Sa-
vris Camperi , Alósa sardina, in branchiis: litora Italiae
(Richiardi); branchiis Asterodermi coryphaenoidis adhae-
rens: Messina (Claus); branchiis Alosae papalinae adhae-
rens, Adria: Trieste (Valle).
6
Sulle branchie dello S comò ere so x Rondeleti C*. VJ \Sayris
Carnieri Lac.). Genova, 28 Agosto 1893. (Mus, Zool. R.
Univ.).
Fani. Caligina.
Gen. Caligus Mtlller.
3. C. minutus M. Edwards [C. minimus Otto) [Tav. il,
fìg. 8].
Carus V. Prodr. Faun. Medit. 1885, p. 358.
JDistrib. et Habit. Litora Britanniae Gallorum. — Labrax
lupus, in ore et branchiis affixa: Mediterraneum et Adria-
ticum (Novarareise: Heller), Adria (Valle); in Centropomo :
Nizza (Risso).
Nella cavità branchiale del Labrax lupus Cuv. Genova,
24 Ottobre 1889. (Mus. Zool. R. Univ.). .
4. * C. curtus (l) Mailer (f et $ [Tav. I, fìg. 2].
Distrib. et Habit. Mare del Nord. — Gadus aeglefinus
e Merlangus vulgaris Lin.
Sulle branchie della Lichia amia Limi.
Genova, 22 Aprile 1891. (Mus. Zool. R. Univ.) Thompson
determ. Tre esemplari.
5. * C. rapax M. Edw. [Tav. II, fìg. 6j.
Bistrib. et Habit. Mare del Nord. — Frigia pini Bl.
(branchie); T. gurnardus Lin. (branchie); T. hirundo Lin.;
Zeus faber Lin.? ; Pleuronectes limanda Lin.?; PI. rhom-
bus Lin.; Merlangus vulgaris Lin.?; Salmo trutta Lin.?;
Coregonus pollan (branchie); Squalus sp.?
Mugli cephalus cf Cuv. 8 novemb. 1889 e Lichia amia
(3 esemplari) 22 aprile 1891. Genova (Mus. Zool. R. Univ.)
Thompson determ.
6. * C. proriuctus Dana cf.
Distrib. et Habit. Oceano Atlantico del Jsord. — Thijn -
nus pelamys Lin. (opercolo branchiale).
(*) Ho segnato con asterisco le specie che. per quanto mi consta, non
furono ancora indicate pel Mediterraneo.
7
Sulle branchie del Chrysoplirys aurata Lin. Genova.
(Mus. Zoòl. R. Univ.) Thompson determ. Un esemplare.
7. * C. gurnardi Ivr. $ [Tav. I, fig. lei a ].
Distì'ib. et Habit. Mare del Nord. — Sulle branchie della
Frigia gurnardus Lin.
Sulle branchie della Clupea fìnta. Genova, 6 Novembre,
1889. (Mus. Zool. R. Univ.) Thompson determ. Un esem¬
plare solo.
8. C vexaìor Heller, [tav. Il, fi g. 9|.
Carus V. Prodr. Faun. Medit. 1885, pag 359.
Habit. Dentex vulgaris, in branchiis. Mediterraneum et
Adriaticum (Novarareise: Heller, Valle); Dentex vulgaris,
D. gibbosus et Pagrus vulgaris: mare ltaliae (Richiardi).
Sulle branchie del Dentex vulgaris Cuv. Val.
Genova, 12 Febbraio 1890. (Mus. Zool. R. Univ.).
9. ? C. fissus Rich.
Richiardi. Cat. Crost. par. del Medit. 1880 (specie non
ancora descritta).
Sulle branchie del Box salpa Lin. Genova (Mus. Zool.
R. Univ.). Un esemplare solo. Lunghezza 3 mm. circa.
Lamina frontale grande senza ventose con due antenne
brevi, senza traccia di incisione mediana |Tav. I, fig. 3|.
Cefalotorace grande quasi rotondo, più lungo della metà
lunghezza del corpo, con due piccolissimi occhi posti dorsal¬
mente sulla linea mediana e attaccati l’uno all’altro. Inoltre
presenta un pò discosto dal margine anteriore e sotto le
antenne due macchie chiare (simulanti ventose?). .
Penultimo segmento toracico piccolissimo e presso a poco
sferico, congiunto all’ultimo segmento assai più grosso della
stessa forma.
Infine l’addome, assai stretto e lungo, presenta due appen¬
dici guarnite di setole vistose.
Il quarto paio di zampe (libere) termina con segmento
appiattito fogliaceo, che offre una serie di 4 setole lunghis¬
sime e terminali ed una spinola situata un poco più in basso.
L’ articolo basale piriforme è abbastanza grande.
8
Gen. Lepeoptheirus Nordmann.
10. L. gracilis V. Crs. ( Caliga s gracilis Yan. Ben. C.
piscinus Guér.) [Tav. 1, fig. 5].
Carus. V. Prodr. Faun. Medit. 1885, p. 359.
Distrib . et Habit. Cavimi .branchiale Rhornbi maximi alio-
rumque Pleuronectidorum, fretum Britannici! m. — Rhombus
laevis, et maximus, cavum branchiale; mare ltaliae (Ri¬
chiardi).
Sulle branchie del Rhombus maximus Cuv. P. Genova,
(Mus. Zool. R. Univ.). Parecchi esemplari.
11. * L. hippoglossi lvr. [Tav. I, fig. 4; Tav. 11 fig. 13].
Distrib. et Habit. Mare del Nord. — Sul Pleuronecles
hippoglossus Linn.?
Sopra V Ortagoriscus mola Lin., Pegli, 2 giugno 1891 (Mus.
Zool. R. Univ.) Thompson determ.
Molti e grossi esemplari di forma elegantissima.
Gen. Per isso pus Steenstrup e Ltitken.
12. P. dentatus Steenstr. e Liltk.
Carus. Y. Prode. Faun. Medit. 1885, p. 361.
Distrib. et Habit. Atlanticiim, Musteli sp. afilxus. — Mu-
stelus equestris, cutis, mare ltaliae (Richiardi); Mustelus vul-
garis; Adria (Heller), Squalus Milberti ; Adria (Yalle).
Sulla cute caudale del Galeus canis Lin. Genova, 7 no¬
vembre 1892.
Sulla pelle del Mustelus laevis M. II. Genova 2 marzo
1893. (Mus. Zool. R. Univ.).
Gen. Pandarus Leach.
13. P. bicolor Leach.
Carus Y. Prodr. Faun. Medit. 1885 , p. 36*2.
Distrib. et Habit. Atlanticum orientale. — Prionodon
glaucus, mucosa oris: mare ltaliae (Richiardi).
Sulle branchie dell’ Gxyerhina Spallandomi Raf. Ge¬
nova, luglio 1890. (Mus. Zool. R. Univ.).
9
Gen. L'ùthenia Claus.
14. L. glabra Y. Crs. ( Cecropsina glabra Hell.).
Carus Y. Prodr. Faun. Medit. 1885, p. 362.
Habit. Luvarus imperialis, in branchiis: Adria (Mus. Caes.
Yindob., Heller, Yalle).
Sulle branchie del Luvarus imperialis Raf. Genova, 1892.
(Mus. Zool. R. Univ.).
11 prof. Parona ha pure trovato nello stesso pesce che è
una vera « rarità ittiologica » un unico e bellissimo esem¬
plare di Distomum gigas, il quale lu oggetto di osserva¬
zioni da parte del dott. E. Setti [ Osservazioni sul Disto¬
mum gigas Nardo : Atti della Soc. Lig. di se. nat. e geogr.
voi. Y. pag. 360-376, Genova, 1894].
15. L. integra Richiardi [Tav. II, fìg. 7].
(Nondum descripta).
Carus Y. Prodr. Faun. Medit. 1885, pag. 362.
Habit. Galeus canis et Mustelus equestris, in branchiis
(Richiardi).
Sulla mucosa della cavità boccale del Mustelus laevis
M. H., Genova, settembre 1890. (Mus. Zool. R. Univ.).
Gen. Laemargus Kroyer.
16. L. muricatus Kr.
Carus V. Prodr. Faun. Medit. 1885, pag. 363.
Distrib. et Habit. In Orthagorisco ; Atlanticum boreale,
Germanicum. — Orthagoriscus mola: Adria (Yalle).
Sulle branchie àe\Y Orthagoriscus mola Lin., Genova, 2
maggio 1891 (Mus. Zool. R. Univ.).
Gen. Elythrophora Gerstaecker.
17. E. brachyptera Gerst. (Arnaeus Tliynni Kr).
Carus Y. Prodr. Faun. Medit , 1885, pag. 360.
Habit. Piscis ectoparasita: Mediterraneum (Mus. Berolin.
Gerstaeker); Thynnus vulgaris in cavo oris: Mediterraneum
(Mus. Caes. Uindob. , Novarareise , (Heller), mare Italiae
(Richiardi); Adria (Yalle).
10
Sulle branchie del Thynnus vulgaris Guy. Val. Genova,
19 dicembre 1884. (Mus. Zool. R. Univ.).
Gen. Dinematura Latreille.
18. D. latifolia Steenstrup et Lììtken. [Tav. II, fig. 10].
Carus Y. Prodr. Faun. Medita 1885, pag. 360.
Distrib. et Ha, bit. Mare boreale atlanticum, in Oxyrrhina
glauca. — Prionodon glaucus, mare Italiae (Richiardi); Car-
charodon Rondeletii, Adria: Dalmazia (Valle). Cagliari
(Parona).
Nell’ Oxyrrhina Spallanzanii Raf. Genova, settembre,
1890 — 15 giugno, 1879. (Mus. Zool. R. Univ.).
19. D. elongata Van Beneden.
Distrib. et Habit. Mari del Nord. — Scimnus glacialis.
Sopra il Selachus maximus cf jnv. Lin. Gamogli, 26
agosto 1888. (Mus. Zool. R. Univ.).
Gen. Cecrops Leach.
20 0. Latreilii Leach.
Carus V. Prodr. Faun. Medit . 1885, pag. 363.
Distrib. et Habit. Atlanticum septentrionale, Germanicum.
— Napoli (Hope); Adria: branchiis Thynni vulgaris adhae-
rens (Heller, Valle).
Sulle branchie della Mola aspera Bp. (Orthagoriscus
mola Lin.), Genova, 2 maggio 1891. (Mus. Zool. Univ.).
Fani. Dichelesthina.
Gen. Lonchidium Gerstaecker.
21. L. aculeatum Gerst. (Kroyeria aculeata V. Crs.).
Carus V. Prodr. Faun Medit. 1885, pag. 364.
Distrib. et Habit. Atlanticum, litus Africae occidentale.
— Prionodon glaucus , Cavum oris et arcus branchiales.
Mare Italiae (Richiardi).
Sopra il Galeus canis Lin., Genova, maggio 1890 (Mus.
Zool. R. Univ.).
il
Gen. Cycnus M. Edwards.
22. C pallidus Heller. (Congericola pallida Vari Ben.)
Carus Y. Prodr. Faun. Medit. 1885, pag. 366.
Distrib. et Habit. Conger vulgaris, enti et branchiis adhae-
rens : Mare Gerraanicum. — In eodern pisce. Mare Italiae
(Richiardi); Adria: Trieste (Valle).
Sulle branchie del Conger vulgaris Cuv., Genova, giu¬
gno 1890. (Mus. Zool. R. Univ.).
Gen. Nemesis Roux.
23. N. mediterranea Heller. (N. Lamnae et N. Carcha-
riarum Roux).
Carus Y. Prodr . Faun. Medit. 1885, p. 365.
Habit. Speciei Selachiorum adhaerens: Mediterraneum
(Mus. Caes. Yindob., Heller): Lamnae insidens: Nizza (Risso);
Adria (Valle); var. sinuata: Oxyrrhinae Spallanzanii insi¬
dens: Adria: Trieste (Valle).
Sulle branchie dell’ Odontaspis ferox Ag. ( Triglochis
ferox Risso) 6 marzo 1892; sull’ Oxyrr hina Spallanzanii
Raf. e mWAlopias vulpes Lin., Genova (Mus. Zool. R. Univ.).
Gen. Lernanthropus Blainville (Nordmann).
24. L. Gisleri v. Beneden. [Tav. Ili fig. 18j.
Carus V. Prode. Faune Medit. 1885, pag. 364.
Distrib. et Habit. Fretum Britannicum. — Umbrina cir-
rliosa et Corvina nigra, in branchiis, Adria: Trieste (Hel¬
ler, Heider Valle).
Sulle branchie d FiX Umbrina cirrhosa Rissi Genova, 18
ottobre 1889 (Mus. Zool. R. Univ.).
25. L. Kròyeri V. Beneden.
Carus V. Prodr. Faun. Medit. 1885, pag. 365.
Distrib . et Habit. Mare Germanicum. — Labrax lupus,
in branchiis: Nizza (Claus) ; Adria (Heller, Valle); Trieste
(Heider).
Sulle branchie del Labrax lupus Cuv. , Genova (Mus.
Zool. R. Univ.). Numerosi esemplari.
Tra alcuni copepocli eh’ io ebbi a comunicare al dottor
Thompson , e che con somma gentilezza quel distinto na¬
turalista mi volle determinare, sono da comprendersi quat¬
tro specie, per quanto mi consta, non ancora note. II
Thompson le ritenne con qualche dubbio Brachielle a di¬
verso stadio di sviluppo, ma io non credo di sbagliarmi
confermando il mio primo dubbio e continuando a riferirle
al gen. Lernanthropus.
I loro caratteri esterni, mi pare, concordano del tutto
colla descrizione dei caratteri di questo genere , scoperto
dal Blainville e da lui già chiaramente definito. (Dict. des
Sciences nat. T. XXYI, p. 128). Col Thompson però con¬
cordo nel ritenerle n. sp.
Per ciò fin d’ora, mi permetto dedicare una di queste,
all’egregio sig. Thompson che mi fu tanto cortese d’aiuto.
Nomino un’altra seconda L. mugilis dal nome dell’ospite,
e mi riserbo di determinar meglio le rimanenti due che ad
una sola specie mi sembrano doversi riferire, ma sulle quali
ho ancora qualche dubbio.
Fino a tutto il 1885, venticinque erano le specie cono¬
sciute del gen. Lernanthropus ; delle quali otto, apparten¬
gono, dice il Richiardi, alla fauna del Mediterraneo, cinque
finora esclusivamente , tre in comune con quelle del mare
del Nord; le specie nostre sono le seguenti:
L. Gisleri Y. Bened. sulle branchie dell’ Umbrìna cir-
rhosa L. e della Corvina nigra Cuv.
L. Króyeri Y. Bened. sulle branchie del Labrax lupus
Cuv,
L. scriba Kroy. sulle branchie del Serranus scriba L.
L. vorax Rich. sulle branchie del Citar ax puntazzo L.
L. brevis Rich. sulle branchie del Sargus Roìideleti Cuv.
Yal. e del S. annularis Cuv. Yal.
L. foliaceus Rich. sulle branchie del Tyrsites pretiosus
Cocco.
L. tylosuri Rich. sulle branchie del Tylosurus impe-
rialis Raf.
L. micropterygis Rich. sulle branchie del Micropteryx
Dumerili Risso.
Richiardi. Descr ... di due sp . n. del gen. Lernanthropus
in Atti Soc. Tose. Se. Nat.: Proc. verb., voi. 4, p. 82-84. 1885.
13
A questo numero aggiungo ora le quattro seguenti specie
due delle quali, come dissi, io giudico nuove.
26. L. Thompsoni n. sp. [Tav. Ili fig. 16 a-b-c-d].
I Brachiella n. sp. in via di sviluppo, secondo Thompson.
Sulle branchie della Lichia amia Lin. 1. luglio 1896;
22 aprile 1891 (molti esemplari trovati insieme a tre Ca~
ligus rapax); Gen ova (Mus. Zool. R. UnivJBj
Lunghezza 7 Va aim. circa, senza le appendici toraciche.
Testa lunga 1 */2 min.; non tanto larga, ovale, tendente
alla forma esagonale, attenuata anteriormente e divisa in
una parte che porta le antenne e in una seconda porzione
colle appendici boccali. Si presenta distinta, mercè un solco,
dal torace, che porta, nel punto d’unione con essa, una
parte leggermente strozzala a guisa di collo.
Le prime antenne sono setacee, lateralmente disposte, e
probabilmente 7- articolate Seguono subito le seconde an¬
tenne, che sono grossissime ed unciniformi e che sporgono
dal margine anteriore del capo. Nella porzione posteriore
del capo al lato ventrale e assai in basso, oltre ad un suc¬
chiatoio conico, appuntito e con tracce di mascelle ai suoi
lati, notatisi due paia di zampe mascellari di cui le seconde
sono notevolmente più robuste.
II torace è quasi piriforme, lungo 6 min,; visto dal dorso
appare oscuramente delimitato da una leggera traccia di
divisione, in una parte anteriore più breve e in una poste¬
riore foggiata a lamina allargata e sub-scutiforme.
1 piedi del l.° paio sono rudimentali: non dissimili da
quelli raffigurati dal Nordmann per il L. Temminckii. Essi
sono situati proprio sotto il collo toracico.
Quelli del secondo paio sono più regrediti e sono dati da
due tubercoli piccolissimi, che non riuscii però a distinguere.
(Vedi loro struttura raffigurata e descritta dal Claus nella
specie L. Króyeri: Ueber den Bau und die Entwichlung
Parasit. 1858).
Circa alla metà del torace si osservano poi le due grosse
appendici ventrali che sono inserite ove il torace appare ri¬
stringersi ed estendersi nella lamina subscutiforme. Queste
sono ovoidi e di una lunghezza che raggiunge i 2 mia,, e
rappresenterebbero il 3.° paio di piedi.
14
Quattro altri prolungamenti, (che rappresenterebbero il
4° paio) nascono due a due dal margine posteriore del to¬
race ai lati dell’addome , sporgenti molto all’ indietro del
corpo e di una lunghezza di circa 4 mm.
I due lobi, di cui è composto ogni piede, sono ugualmente
lunghi.
Al disotto di questi, appare distinto l’addome, (anello
genitale) avente ai lati, e probabilmente inserite ancora sul
torace, due altre appendici (5.° paio di piedi (?) ).
Questo addome è piccolissimo e terminante con coda bi¬
lobata. Esso rimane ricoperto dalla lamina subscutiforme.
Dalla sua parte dorsale si dipartono due tubi oviferi su¬
peranti di molto la lunghezza delle altre appendici.
Nella sua parte ventrale poi , sono evidentissime le due
macchie rosso oscure, che rappresentano i ricettacoli sper¬
matici. Molti esemplari.
27. L. mugilis n. sp. [Tav. Ili, fig. 17-a].
? Brachiella n. sp. in via di sviluppo secondo Thompson.
Sulle branchie del Mugli auratus Riss. Genova, 28 ot¬
tobre 1889. (Mus. Zool. R. Univ.). Due esemplari.
Lungh. 4 V2 mm. Corpo relativamente corto. La testa
esagonale, tanto larga quanto lunga, presenta ai lati due
appendici coniche molto vistose. 1 suoi margini laterali sono
rivolti all’ indietro verso la parte ventrale.
II torace è largo assai e confusamente diviso in due parti.
Non ho potuto distinguere le varie appendici boccali. Il
3.° paio di zampe al di sotto del torace è rappresentato da
appendici brevi, fogliacee e ciascuna accartocciata in una
sola piega longitudinale mediana.
Queste due appendici sono ravvicinate l’ima all’altra, e
occupano non solo tutta la larghezza del torace , ma pre¬
sentano una lieve sporgenza per ogni parte di esso.
Le quattro lamine caudali allargate (4.° paio) nascenti
dal lato posteriore del torace si prolungano di molto fuori
del corpo e raggiungono quasi la lunghezza del cefaloto¬
race. Esse coprono in parte l’addome corto e rigonfio, che
porta due appendici all’ estremità sua e che sta del tutto
nascosto sotto alla lamina subscutiforme dpi torace piut¬
tosto ialina e di consistenza cartilaginosa. Un esemplare
solo. Mancano i tubi oviferi (?), forse 9 giovane.
Nell’ aprile scorso facendo ricerca di copepodi parassiti
nelle branchie di un Mugli , trovai quattro o cinque altri
esemplari di questa stessa specie.
Nuovamente confrontai l’organizzazione esterna di questi
Lernanthropus colla forma resa nota dal Nordmann (Mi-
krogr. Beiti', p. 45) e vivente pure sui muggini ai quali dubi¬
tavo che quelli esemplari potessero riferirsi. Ma dal debito
esame dei caratteri esterni nelle due forme, non riuscii a
rilevare nel L. paradoxus del Nordmann la presenza delle
due appendici coniche laterali al capo, che ho osservato
invece, e che mi sembrano caratteristiche negli esemplari
da me studiati, e in quello sopra descritto. Con ciò, mi per¬
suado sempre piu, che questi appartengono ad una spe¬
cie non ancora nota. Inoltre la provenienza così diversa
delle due forme, la prima propria del Capo di Buona Spe¬
ranza e la seconda raccolia a Genova, mi pare, per giunta,
possa avvalorare ancora di piu questa mia persuasione.
Infine nella monografia di Heider sopra questo genere
non si ritrova descrizione alcuna che corrisponda ai carat¬
teri della suddetta forma.
*28. Lernanthropus sp. (?). [Tav. Ili, fig. 14].
(?) Brachiella n. sp. in via di sviluppo secondo Thompson.
Sulle branchie della Chrysophrys aurata Lin. 22 gen¬
naio 1890; 14 febbraio 1891. Genova (Mus. Zool. R. Univ.).
Tre esemplari.
11 corpo è più gracile, più sottile e maggiormente allun¬
gato che nelle specie precedenti. Il cefalotorace strettissi¬
mo, misura circa 6 mm. di lunghezza. Testa quasi rotonda,
tendente all’esagonale, piccola, con i due lobi laterali, che
s’avanzano al di sotto e al di dentro nella parte ventrale,
lateralmente compressa. Lo scudo toracico, stretto e allun¬
gato, apparisce un po più chiaramente diviso in due parti;
in una anteriore breve ed in una posteriore , che com¬
prende la lamina clipeifbrme. In avanti di questa leggera
traccia di divisione, prendono origine le due appendici ven¬
trali del 2.° paio, unilobate e assai più lunghe che in altre
specie.
Finalmente quattro appendici lunghissime e sottili , per
la massima parte allo scoperto del cefalotorace, superano
16
in lunghezza di molto il corpo , e sono inserite sotto alla
lamina subscutiforme , all’ estremità posteriore del torace.
In mezzo a queste due paia di lamine, si trova l’addome
piccolissimo e bilobato, cui non mancano le due macchie
rosso-brune (i ricettacoli dello sperma). I due tubi oviferi
sono assai più lunghi delle appendici ventrali.
Questa specie somiglia a quella vivente sul Labrax lu¬
pus; però si presenta più esile, e per questa differenza, non
dubiterei a ritenerla n. sp.
29. Lernanìhropus sp. [Tav. Ili, fig. 15].
(?) Brachiella n. sp. in via di sviluppo secondo Thompson.
("L. Gisleri Bened. ?)
Sulle branchie della Scìaèrià aquila Lac. , Genova, 11
maggio 1891 (Mus. Zool. R. Univ.). Un esemplare.
Farri. Lernaeinae.
Gen. P eroder ma (Rich.) Bell.
30. P. cyiindricum Hell. [Taphrobià Pilchardi Corri.).
V. Carus. Prodr. Faun; Medit. 1885, pag. 373.
Habit. Clupea sprattus, in carne fere intrusimi: Mediter-
raneum (Mus. Caes. Yindob., Novarareise, Heller); Clupea
Pilchardus: Mare ltaliae (Cornalia, Richiardi).
Sulla Clupea (conficcato nella cute e nella carne), Ge¬
nova, 4 dicembre 1897 (Mus. Zool. R. Univ.
Gen. Penella Oken.
31. P. Costai Richiardi (?) (Nondum descripta) (l),
Carus V. Prodr. Faun. Medit. 1885. p. 374.
Ilabit. Xiphias gladius . musctilis infìxa: Mare ltaliae
(Richiardi); Adria, Trieste ( ^^al le).
(l) Il Richiardi ha nominata questa specie, senza descriverla, che fu tro¬
vata sullo XipMas gladius. Non posso quindi asserire che sia veramente la
specie del Richiardi questa da me esaminata, tuttavia penso possa riferirvisi,
poiché è l’unico copepode parassita del genere sino ad ora citato su di
questo ospite; nè le Penelle già descritte, rispondono nei loro caratteri,
per quanto io sappia, a questa dello Xiphias gladius.
17
Sopra lo Xiphias gladius Lin. 3 dicembre 1880; giugno
1891. Genova (Mus. Zool. R. Univ.).
Lungh. 15 cent, circa. Corpo molto allungato. La testa
rigonfia è portata da collo gracile, cilindrico e allungato
di molto. L’addome è di diametro poco maggiore del collo
e trasversalmente striato, tantoché sembra formato di nu¬
merosissimi anelli. Le appendici penniformi sono folte e
riunite in ciuffi, situati lateralmente al post-addome. 1 due
tubi oviferi, dritti e sottili, non superano la lunghezza di
questa ultima parte del corpo.
Gen. Lernaeonema 3YL Edwards.
(Gen. Lernaeenicus Lesueur).
32. L. monilaris M. Edwards. ( Lernaeenicus sprattae
J. Sovverby.).
Carus Y. Prodr. Faun. Medit. 1885, pag. 371.
Hahit . Clupea sprattus, oculo affixus : Mediterraneuni
(Mus. Caes. Vindob., Novarareise, Heller).
Aderente all’occhio della Clupea sprattus Brunii, Genova,
giugno 1880 (Mus. Zool. R. Univ.).
Fam. Ohondracanthina.
Gen. Chondracantlius Roche,
33. Gli. merluci Kr. [Lernaea merluci Holt.).
Carus V. Prod. Faun. Medit. 1885, pag. 354,
Bistrib. et Habit. Atlanticum boreale. — Merlucius sp.,
Napoli Hope) ; Adria (C. Heller, Valle).
Sulle branchie del Merlucius esculentus Riss. Genova,
maggio 18 — (Mus. Zool. R. Univ ).
34. Ch. angusìatus Heller?
Carus V. Prodr. Faun. Medit. 1885, pag. 354.
Habit. Uranoscopus scaber, cuti adhaerens : Mediterra-
neum (Mus. Caes. Vindob., Heller); Adria (Valle).
Sulle branchie dell’ Uranoscopus scaber L. Genova, (Mus.
Zool. R. Univ,.).
I
18
Gen Medesicaste Kroyer.
35. M. Triglarum Kroyer.
Carus Y. Prodr. Faun , Medit. 1885, pag 355.
Distrib. et Hahit. Trigla hirundo, Mare Germanicum. —
Trigla lyra, branchiis afflxa: litora Italiae. (Richiardi); Adria
(Heller).
Sulle branchie della Trigla lyra L. Genova, 4 ottobre
1889 (Muz Zool. R. Univ.).
Fani. Lernaeopodina.
Gen. Lernaeopoda Blv.
36. L. Dalmanni Retz. [Tav. IV, fig. 26].
(Charopinus Dalmanni Ivr. Lernaea Dalmanni Retz.).
Carus V.. Prodr . Faun. Medit. 1885, pag. 375.
Distrib. et Habit. Raja batis Mare Norvegiae. — Lae-
viraja macrorhyncha. L. oxyrrhyncha, Dasybatis cìavata, in
cavo branchiali: Adria (Valle).
Sulla Torpedo narce Nardo. Genova, (Mus. Zool. R. U.).
Gen. Anchorella Cuvier.
37. A. emarginata Kroyer. [Tav. IV fìg. 20].
Carus V. Prod. Faun. Medit. 1885, pag. 377.
Distrib. et Habit. Aiosa tinta, Mare Germanicum; Pon-
tus (Clupea politica, Seorpaena porcus, Atherina hepsetus).
— Aiosa vulgaris,arcus branchiales: Mare Italiae (Richiardi):
Adria: (Kurz, Valle).
Sulle branchie del Pagellus centrodontus C. V., Genova,
maggio 1890 (Mus Zool. R. Univ.). Thompson determ.
38. A. Pagelli Kroyer? [Tav. IV, fìg. 19].
Carus V. Prodr. Fami. Medit. 1885, pag. 377.
Habit. Pagellus mormyrus , branchiae : Mediterraneo rn
(Kroyer, Richiardi); Pagellus erythrinus: Adria (Heller,
Valle).
Sulle branchie del Pagellus mormyrus Cuv. 25 giugno
1890; sulle branchie del P. erythrinus Cuv. 12 gennaio
1891; 2 febbraio 1891; 15 novembre 1889. Genova (Mus.
Zool. R. Univ.).
39. A. ftenuis Rich.)?
Specie non ancora descritta.
Sulle branchie del Pctgellus erythrinus Cuv ? Final ma¬
rina, 27 marzo 1897.
Ho aggiunto con qualche dubbio questa specie , che
raccolsi a Finalmarina sul Pagellus erythrinus e che mi
sembra distinta dalla precedente. Non mi è dato giudi¬
care se possa appartenere alla seconda specie propria del
suddetto pesce e nominata dal Richiardi, nel suo Cata¬
logo (1880), perchè non ancora descritta, oppure se sia da
riferirsi ad altra. Gli esemplari in condizione poco favore¬
vole non mi hanno permesso uno studio più preciso.
40. A. fallax Heller. [Tav. IV, fìg. 23].
Carus Y. Prodr. Faun. Medit. 1885, pag. 377.
Habit. Dentex vulgaris, cuti adhaerens (tf feminae collo
affixus): Mediterraneum (Mus Caes. Vindob. , Novarareise,
Heller); Adria (Heller, Kurz, Valle).
Sulle branchie del Dentex vulgaris Cuv, 1890, Genova.
(Mus. Zool. R. Univ.).
41. A. hostilis Heller. [Tav. IV, fìg. 28-a].
Carus V. Prodr. Faun. Medit. 1885, pag. 378.
Habit. Umbrina cirrhosa, cuti adhaerens: Mediterraneum,
Adria (Mus. Caes. Vindob., Heller, Kurz, Valle).
Sulle branchie dell’ Umbrina cirrhosa Riss. 18 ottobre
1889; 9 luglio 1889. (Mus. Zool. R. Univ.).
42. A. Scombri Kurz. [Tav. IV, fìg. 21].
. Carus V. Prodr. Faun. Medit. 1885, pag. 379.
Habit. Scomber scomber, branchiis affixa: Mare Italiae
(Richiardi); Adria; Trieste (Kurz, Valle).
Sulle branchie dello Scomber scombrus L. Maggio 1890;
3 luglio 1889; 20 agosto 1889. Genova, (Mus. Zool. R. Univ.).
43. A. uncinata Mùller. [Tav. IV, fìg. 24].
Carus V. Prodr. Faun. Medit. 1885, pag. 377,
Bistrib. et Hablt. Gadorum sp. , Atlanticiim septentrio-
nale, Mare Germanicum. — Mérlucius, branchiis aclhae-
rens: Adria (Heller).
Sulle branchie dello Sargus Rórideleti Cuv\ *20 agosto
1889. Genova (Mus. Zool. R. Univ.). Thompson determ.
44. A. Sargi Kurz.
Garus V. Prodr. Fatiti. Medit. 1885, pag. 378.
Hablt. Sargus annularis et Salvianii, in branchiis: Mare
Italiae (Richiardi); Sargus annularis: Adria, Trieste (Kurz,
Valle).
Sulle branchie de! Sargus annui aids Lin. 21 marzo 1895.
Genova (Mus. Zool. R. Univ.).
45. A. Pagri Kroyer?
Garus V. Pì'odr. Faun. Medit. 1885, pag. 377.
Hablt. Pagrus vulgaris et P. erythrinus, branchiis afflxa-
Mediterraneum (Kroyer, Richiardi).
Sulle branchie del Pagrus vulgaris C. V. 6 febbraio
1890: 23 febbraio 1891. Genova (Mus. Zool. R. Univ.).
46* A. laciniata K. 9.
Bistrib. et Habit. Indie occidentali. — Acanthurus chi-
rurgus Bl. (branchie).
Sulle branchie del Labrax lupus Guv. Genova. (Mus.
Zool. II. Univ.). Thompson deterrn.
Gen. Brachiella Guvier.
47*. B. Thynni Cuvier.
Garus V. Prodr. Faun. Medit. 1885, pag. 376.
Habit. Thynnus vulgaris. branchiis adhaerens: Mediter¬
raneum (Schwéigger, Rudolphi); Nizza, (Hope); Adria (Heller,
Valle).
Sul Thymnus vulgaris (pinne pettorali). Genova , 30 a-
prile 1896. (Mus. Zool. R. Univ.).
48. B. ( neglecta Richiardi ) ? [Tav. B. fig. 29).
Garus V. Prodr. Faun. Medit. 1885, pag. 377.
« A cl. Richiardi in mari Italiae reperta et nominata,
« sed nondum descripta species. (osp. Sciaena aquila Lac.) ».
Sulle branchie della Sciaena aquila Lac. 11 maggio 1891;
maggio 1890. Genova (Mus. Zool. R. Univ.).
11 Richiarcli ha trovato una Brachiella sulla Sciaena
aquila e la indicò col nome di Brachiella neglecta, senza
farne nel suo catalogo (1880) alcuna descrizione.
Non sono sicuro perciò nel determinar cosi questa specie
trovata in Genova, che neanco risponde nei caratteri suoi,
per quanto mi sappia, a nessuna delle Brachielle già de¬
scritte. Tuttavia penso possa riferirsi alia Br. neglecta del
Richiardi, indicata sulla Sciaena aquila , poiché è l’unico co-
pepode parassita del genere sino ad ora citato su di questo
ospite.
Misura una lungh. di 8-10 mm. circa.
11 corpo è appena strozzato a ino’ di collo al punto di
inserzione colla parte anteriore del cefalotorace. Questo
porta due braccia riunite all’estremità, assai assottigliate,
e al lato opposto un lungo collo da cui si distinguono la
testa e le relative appendici cefaliche, ossia due paia di an¬
tenne, un rostro, due mascelle e il secondo- paio di piedi
mascellari, essendo il primo paio rappresentate dalle so¬
pradette braccia.
Posteriormente invece il torace si allarga a guisa di pera,
ed al suo margine estremo s’ inseriscono due paia di ap¬
pendici toraciche, come nei Lernanthropus (probabilmente
da considerarsi come rudimenti di zampe).
Insieme ad una appendice mediana dorsale (1’ addome),
tra le inserzioni delle due paia di appendici predette, no-
tansi sul margine posteriore del torace , due caratteristici
tubercoli con uncini relativamente potenti e rivolti all’ in¬
terno, il cui significato è per me ignoto, Un esempi, solo.
49. B. insidiosa Heller. [Tav. 1Y, fìg. 27].
Carus Y. Proclr. Fa un Medit. 1885, pag. 376.
Habit. Gadus sp.. branchi is adhaerens: Adria (Mus. Gaes.
Vindob., Novarareise (Heller), Merlucius esculentus, Adria:
Trieste (Valle).
Sulle branchie del Merlucius esculentus. Genova, 8 feb¬
braio 1890. (Mus. Zool. R. Univ.).
Prospetto sistematico dei pesci di Liguria sui quali furono
trovati crostacei parassiti.
1. Torpedo narce Nardo.
Lernaeopoda Dalmanni Retz. Sp. n. 36 f1).
2. Mustelus laevis M. H. (equestris Bp).
Perissopus dentatus Sp. n. 1*2.
Lutkenia integra Ridi.? Sp. n. 15.
3. Galeus canis Lin.
Perissopus dentatus Sp. n. 12.
Lonchidium aculeatum Gerst. Sp. il. 21.
4. Oxyrrhina Spallanzani Raf.
P andar us hicolor Leach. Sp. n. 13.
Nemesis mediterranea Heller Sp. n. 23.
Dinematura latifolia Stp. Lutk. Sp. n. 18.
5. Selache maxima Lin.
Dinematura (elongata Kr.)? Sp. n. 19.
6. Odontaspis ferox Ag. (Triglochis ferox Riss.).
Nemesis Sp. n. 23.
7. Alopias vulpes Lin. (Squalus vulpes).
Nemesis Sp. n. 23.
8. Clupea aiosa? (Aiosa vulgaris Val.).
(Argulus foliaceus L. d’ acqua dolce).
9. Clupea finta? (Aiosa finta Cuv.).
Caligus Gurnardi Kr. $ Sp. n. 7.
Anchorella (tav. D fìg. 20).
10. Clupea sprattus Brtinn. Aiosa sardina Riss.).
Lernaeonema monilaris M. Edw. (oculo affìxus) Sp.
n. 32.
Peroderma cilindricum Hell. Sp. n. 30.
11. IVIerlucius esculentus Riss.
Chondracanthus merlaci Holten Sp. n. 33.
Brachiella insidiosa Heller. Sp. n. 49.
12. Rhombus maximus Guv.
Lepeopthirus gracilis V. Crs. Sp. n. 10.
13. Box salpa Guv.
Caligus fissus"! Ridi. Sp. n. 9.
f1) Il numero si riferisce all’ordine seguito nel catalogo.
23
14. Dentex vulgaris Cuv.
Caligus vexator Heller. Sp. n. 8.
Anchorella fallax Heller. Sp. n. 40.
15. Pagrus vulgaris G. V.
Anchorella pagri Kr. Sp. n. 45.
16. Pagellus mormyrus Guv,
Anchorella pagelli Kr. Sp. n. 38.
17. Pagellus centrodontus C. Y.
Anchorella emarginata Kr. Sp. n. 37.
18. Pagellus erythrinus Cuv.
Anchorella pagelli Kròyer Sp. n. 38.
A. tennis Rich? Sp. n. 39.
19. Sargus annularis Lin.
Anchorella Sargi Ivurz Sp. n. 44.
20. Sargus Rondeleti Cuv.
Anchorella uncinata Miiller Sp. n. 43.
21. Chrysophrys aurata Lin.
Caligus productus, Dana c? Sp. n. 6.
Lernanthropus n. sp. Sp. n. 28.
22. Umbrina cirrhosa Riss.
Lernanthropus Gisleri Y. Benecl. Sp. n. 24.
Anchorella hostilis Heller. Sp. n. 41.
23. Sciaena aquila Lac.
Brachiella neglecta Rich. Sp. n. 48.
24. Labrax lupus Cuv.
Anchorella laciniata K. Sp. n. 46.
Caligus minutus M. Edw. Sp. n. 3.
Lernanthropus Króyeri Y. Benecl. Sp. n. 25.
25. Uranoscopur scaber L.
Chondracanthus angustatus Heller Sp. n, 34.
26. Mugil cephalus Cuv.
Caligus rapax Sp. n. 5.
27. Mugil auratus Riss.
Lernanthropus rnugilis Sp. n. 27.
28. Trigla lyra L.
? Medesicaste triglarurn Kr. Sp. n 35.
29. Scomberesox Rondeleti C. Y. (Sayris Caniperi Lac.).
Bornolochus cornuta s Claus. Sp. n. 2.
30. Lichia amia Guv.
Caligus rapax M. Edw. Sp. n. 5.
54
Caligus curtus cf e 9 Miiller Sp. n. 4.
Lernanlhropus TJiompsoni Sp. ri. *26.
31. Thynnus vulgaris Cuv.
Elytrophora brachyptera Gersta'ecker Sp. n. 17.
Brachiella thynni Guvier Sp. ri. 47.
32. Scomber scombrus L.
Anchorella scombri Kurz Sp. n. 42.
33. Ausonia Cuvieri Riss. (Luvarus imperialis Rat’.). .
Lutkenìa glabra Heller Sp. n. 14.
34. Xiphias gladrns Lin.
Pennella Costai Ridi. Sp. n. 31.
35. Orthagoriscus moia Lin. (Mola aspera Bp. .
Cecrops Latreillii Leach. Sp. n. 20.
Laemargus muricatus Kroyer Sp. n. 16.
Lepeoptheirus hippoglossi Kr. Sp. n. 11.
36. Conger vulgaris Cuv.
Cycnus pallidas Hell. Sp. n. 22.
SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE.
Tavola I.
Fig. 1. Caligus gurnardi Kr. 9 (parte dorsale).
» la. idem (parte ventrale).
» 2. Caligus curtus Miiller 9-
» 3. Caligus fìssus Ridi. (f.
» 4. Lepeoptheirus hippoglossi Kr. 9-
» 5. Lepeoptheirus gracilis V. Crs. 9*
4'avola IL
Fig. 6. Caligus rapax M. Edw. (f.
» 7. Lfitkenia integra Rich. 9*
» 8. Caligus minutus M. Iidw. (?.
» 9. Caligus vexator Hell. qA
» 10. Dinematura latifolia Steenst. et Liitk. 9-
» 11. Perissopus dentatus Steenst. et Liitk.
» 12. Bomolochus cornutus Gl. 9*
» 13. Lepeoptheirus hippoglossi Kr. $■ (cefalotorace, parte ven¬
trale).
Tavola ILI.
Fig. 14. Lernanthropus sp.? osp. Chrysoplirys aurata Lin.
» 15. idem sp."? osp. Sciàena aquila Lac.
» 16. Lernanthropus Thompsoni n. sp. (Cefalotorace).
>> 1 Qa. Addome del Lernanthropus Thompsoni n. sp.
» 166. Corpo intero e visto dalla sua parte dorsale (idem).
» 16c. primo paio piedi remiformi (idem).
» 16r/. tubo ovifero (idem).
» 17. Lernanthropus mugilis n. sp. (parte dorsale).
» 17 a, (idem) (parte ventrale).
» 18. Lernanthropus Gisleri v. Beneden.
Tavola IV.
Fig. 19. Anchorella pagelli Kr.
» 20. Anchorella sp. osp. Clupea finta ì
» 21. Anchorella scombri Kurz.
» 22. Anchorella emarginata Kr. 9 o<p. Pagelli* s centrodon-
tns C. V.
» 23. Anchorella fallax Bell.
» 24. Anchorella uncinata Miiller.
» 25. Anchorella emarginata Kr. cf.
» 26. Lern aeopoda Dalmanni Retz.
» 27. Brachiella insidiosa Bell.
» 28. Anchorella hostilis UBI.
» 2 8rt. idem (cefalotorace).
» 29. Brachiella neglecta Rich. osp. Sciama aquila Lac.
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12. Nordmann A. von. Mikrographische Beitrage zur Naturgeschichte der
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14. Olsson P. Prodromus faunae Copepodorum parasitantium Feandina-
viae. in Act Univers. Lund. (l'or 1868) 1869.
15. Id. Om parasitiska Copepoder i Jemtland. Ofv. K. Vet. Akad. Fòrh. 34.
Arg. 1877 (1878), n. 5, p. 75-88.
16. Id. Sur Chimaera monstrosa et ses parasites. Mémoires de la soc. Zool.
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17. .RicniARDr S. Intorno al Peroderma cglindricum Hell. Atti Soc. Tose. Se.
Nat. Pisa, voi. II, fase. 2.° ed ultimo, 1876.
18. Id. Descrizione di due specie nuoce di Lernaeenicus con ossern. intorno
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Soc. Tose. Se. Nat., Pisa, voi. Ili, fase. l.° 1877.
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1880. Firenze; anche in Pisa tip. Van micchi 1880.
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23. Schaub R. v. Uber Chondracanthus angustatns (Heller). Mit 3 Taf.
Aus dem LXXIV. Bd. der Sitzb. der Iv. Acàd. dei’ Wissensch. Wien
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25. Valle A. Sopra due specie di crostacei parassiti dell Oxyrrhina Spal-
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IV, n. 1, p. 89-92.
27
26. Id. Crostacei parassiti dei Pesci del mare adriotico. Bollett. di Soc.
Àdriat. Se. Nat. voi. 6, 1880, p. 55-90.
21. Id. Aggiunte ai Crost. Parass. dei Pesci del m,are Adriatico. Boll. Soc.
Adr. Se. Nat. Trieste, voi. 7, 1882.
28. Id. Seconda serie di aggiunte al Calai. Crost. parass. ecc. Estr. Atti
Musei Civ. Stor. Nat. Trieste, voi. 7, 1884.
29. Verany G. B. Catalogo crostacei , in: Descrizione di Genova e del Ge-
novesato, voi. I, pag. 86-89, Genova, 1846.
30. V ogt Charles. Recherches cotières. Arch. de Zool. exp. et gén. VI 1877,
p. 385-456.
Genova, Tipografia Ciminago. 1898.
Atti Soc.lig.di Sanate geognVol.il
Tav. 1
A.BrianrCopepodi parassiti della Liguria
Tip. Lit.E.Bruni Pavià.
inTnTTìTTmriìTn™
Atti Soc.lig.di Sanate geogr.VoLIX. Tav. II.
Atti Soc.lig.di Sanate geogr.Vol.IX Tav. III.
Hp. Lit.E.Bruni Pavia.
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BOLLETTINO DEI 1ILSEI
III ZOOLOGIA E ANATOMIA COMPAKATA
DELLA R. UNIVERSITÀ DI GENOVA
N.° 62. 1898.
Sigismondo Orlandi
Sfaldameli del golfo di Napoli con osservazioni
sopra alcuni punti della loro anatomia ed istologia.
(Tav. V, VI, VII, Vili).
Il materiale che mi servì per il presente lavoro, lo rac¬
colsi e preparai alla Stazione Zoologica di Napoli durante
il primo semestre dell’ anno 1895 , in cui mi fu concesso
dal Ministero della Pubblica Istruzione, un tavolo di studio
presso quell’istituto (l). Era mio proposito di studiare la fa¬
miglia delle Maldanidi, sull’anatomia ed istologia delle quali
non si hanno lavori speciali , ma solo incomplete nozioni
riferite da autori che trattarono degli anellidi in generale.
Grazie alle attivissime e ben dirette ricerche , che si pra¬
ticano in quella Stazione marina, il numero degli esemplari
appartenenti ad alcune specie è stato abbastanza rilevante,
relativamente alla loro poca frequenza; tuttavia il mate¬
riale non fu sufficiente per uno studio completo, anche per
la quantità di esemplari che si guastano durante il periodo
in cui si devono tenere in acqua corrente, prima di fissarli
per le sezioni , affinchè si vuotino della sabbia introdotta
nell’ intestino.
Obbligato da speciali circostanze ad interrompere questo
mio studio per oltre un anno , lo ripresi lo scorso anno ,
quando fui nominato assistente al Gabinetto di Anatomia
Comparata della R. Università di Genova; ma nel riordi¬
nare gii appunti presi sul fresco e nello studiare i prepa¬
rati microscopici stabili, che avevo portati da Napoli, mi
(b Mi compiaccio di ringraziare ora pubblicamente il Direttore della Sta¬
zione Zoologica prof. A. Dohrn, come pure i professori U. Eisig, prof. P.
Mayer e dott. S. Lo Bianco.
2
convinsi della presenza di numerose lacune e della impos¬
sibilità di potervi porre rimedio. Ad onta di questo, ho cre¬
duto opportuno far seguire alla descrizione sistematica ,
alcune osservazioni anatomiche ed istologiche di quelle
specie, di cui ho potuto avere un numero maggiore di
esemplari, premettendo che non intendo presentare un la¬
voro completo, ma un semplice contributo allo studio di
alcuni punti della loro anatomia ed istologia, finora poco
noti o non affatto studiati.
PARTE I.
SISTEMATICA.
Nel 1780 il Fabricius f1) e nel 1788 il Mtiller (2) descri¬
vevano due nuove specie di anellidi, che dal testo e dalle
figure si riconoscono appartenenti alla famiglia delle Mal-
danidi , sebbene il primo T assegnasse alle Sabelle. « S.
lumbricalis », il secondo ai Lumbrici (arenicole) « L. tu-
bicola » ; ma è solo più tardi (1820) che viene istituito il
gen. Clymene dal Savigny, il gen. Maldane dal Grube , i
gen. Axiothea, Nicomache, Rhodine dal Malmgren ecc. A
questi il Quatrefages aggiunge i gen. Johnstonia, Leioce-
phalus e Petaloproctus formando la famiglia Clymenea, alla
quale però da un’ estensione troppo vasta coll’ includervi
anche i gen. Ammochares, Clymenidia, Arenia, Ancistria,
e Clymenia, che ora sono assegnate ad altre famiglie. Es¬
clusi questi ultimi, ed aggiunti in seguito pochi altri ge¬
neri , le Maldanidi vengono a formare una famiglia che
è distinta, come giustamente rileva il Grube (3) , da tutte
le altre per molti caratteri esclusivi e ben definiti.
Fissati i limiti della famiglia, rimanevano ancora da sta¬
bilire quelli dei generi, perchè i caratteri sui quali si ba¬
sano le diagnosi di molti autori, hanno di sovente così poco
valore da non potersi accordare loro neppure un’ impor-
(l) Fauna groenlandica, p. 374.
(-) Zoologia clanica, p. 49, t. 75.
(5) On thè AnneL Fam. of. thè Maldaniea , p. 393-399.
3
tanza specifica. A questo provvide il Saint-Joseph (*) nella
sua breve revisione, in cui, dopo aver osservato che sa¬
rebbe difficile accordare una importanza generica al nu¬
mero dei segmenti del corpo e di quelli anteanali inermi,
come vorrebbe il Malmgren, propone di prendere per base
delle determinazioni la forma del segmento cefalico ed a-
nale , degli uncini e degli aculei che sostituiscono questi
nei segmenti anteriori, e la presenza o mancanza di en¬
trambi in un certo numero di segmenti anteriori, che egli
ritiene invariabile. Basandosi sopra questi criteri, propone
la seguente classificazione, nella quale viene ridotto il nu¬
mero dei generi (compenetrandosi talvolta in un solo al¬
cuni che non hanno ragione di rimanere distinti ) e che
credo bene trascrivere, perchè mi sembra di grande aiuto
nella determinazione.
Fam. MALDAN1DAE (2).
I. Testa in forma di piastra più o meno piana, più o meno
inclinata , circondata da una lamina incisa o no. Ai
segmenti uncinigeri una linea trasversale di uncini
ventrali con piccoli peli sotto-rostrali.
A. Segmento anale terminato ad imbuto circondato da
cirri in più o meno grande numero e generalmente
tutto intorno, con ano centrale.
a. Setole ventrali aciculari che sostituiscono gli uncini
ad un certo numero di segmenti setigeri anteriori.
a1. Ciechi vascolari esterni in linee longitudinali pa-
rellele in parecchi degli ultimi segmenti del corpo.
Johnstonia Qtrfgs.
a2. Nessun cieco vascolare esterno Clymene Sav. (incl.
Praxilla Mgr. Neco Kbg.).
b. Uncini ventrali a tutti i segmenti setigeri. Aiothea
Mgr. (incl. Clymenella Verr.).
c. Nessuna setola aciculare ventrale nè uncini al
primo (o primi?) segmento setigero. SVSaldanelIa M. Intsh.
B. Segmento anale terminato in piastra senza cirri con
ano dorsale posto sotto la piastra.
(1) Les Annél. polì/ch. des cótes de Dinar d, p. 130-134.
(2) Dal Saint-Joseph (1. c.), p. 130.
4
Nessuna setola aciculare ventrale nè uncini al primo
(o primi?) segmento setifero. SVIa! cfane Gr. Mgr. emend.
C. Segmento anale Inanellato, aperto lateralmente, senza
piastra nè imbuto, con ano dorsale. Uncini a tutti i
segmenti setigeri. Chrysothemis Kbg. (incl. Sabaco
Kbg||
II. Testa senza piastra nè lamina.
A. Uncini ventrali, senza peli sottorostrali, disposti sopra
due ordini trasversali paralleli in un certo numero
di segmenti.
Segmento anale senza piastra nè imbuto con ano
dorsale. Nessuna setola aciculare ventrale nè uncini
ad un certo numero di segmenti anteriori. Rhodine
Mlgr. Ehi. emend.
B. Un solo ordine di uncini ventrali con peli sottorostrali
ai segmenti uncinigeri.
1. Setole aciculari ventrali ad un certo numero di
segmenti anteriori.
a. Segmento anale terminato ad imbuto circondato di
cirri con ano centrale. Nicomache Mgr. f Leiocepha -
lus Qtrgs.).
b. Segmento anale patelliforme, senza cirri, con ano
conico centrale. Leiochone Gr.
c. Segmento anale munito d’una piastra fogliacea con¬
cava, senza cirri, alla superfìcie della quale s’apre
l’ano. Petaloproctus Qtrfgs. (incl. Nicomachella
Lev.) t1).
Un’ altra difficolta rimane ancora nella determinazione
della specie, per la stessa ragione che aveva generato tanta (*)
(*) Ultimamente il Mesnil (Ètud. de morph. ext. chez les Annel. III. part.,
p. 164), trattando della parentela dei generi Micromaldane , CUmenide e
Branchiómaldane colle Maldanidi piuttosto che colle Arenicolidi , viene
alla seguente conclusioue: « Je croix que, en l’état actuel de nos connais-
sances, il est préférable, ou bien de laire trois familles correspondant aux
trois séries dont je viens de parler [Maldaniens (au sens ancien) compre-
nant Micromaldane , Clymenidiens avec Chjmenules et Branchiómaldane,
et Arénicoliens (au sens ancien)] ou bien de réunir tout l’ensemble en une
seule famille , celle des Arénicolo-Maldaniens , etc. ». Senza discutere per
ora quale delle due divisioni indicate sia da preferirsi, credo che, se non
confusione nei generi, e cioè la differenza dei criteri che
servirono di fondamento alle descrizioni degli autori.
Quando la diagnosi è molto estesa e dettagliata, serve
nella maggior parte dei casi ad una sicura determinazione,
perchè fra particolari superflui ed inutili se ne trova sem¬
pre qualcuno di importanza capitale; ma molte volte la de¬
scrizione è così incompleta che non serve neppure a fissare
il genere. Da questo si comprende che non si può tener
conto di una gran parte di tali descrizioni, e che quindi
viene di necessità ristretto il numero delle specie ben de¬
finite.
In seguito ad un accurato confronto di molti esemplari
delle stesse specie, mi convinsi che non si deve attribuire
alcun valore: 1) al numero dei segmenti del corpo e di
quelli anteanali nudi (l): 2) al rapporto fra la lunghezza e
larghezza del corpo, perchè, se si tratta di animali conser¬
vati in alcool, questi non mantengono che raramente la
loro forma naturale, anche se preparati con ogni cautela,
in causa delle contrazioni più o meno violente che prece¬
dono la morte. Questo rapporto poi è molto variabile an¬
che in animali viventi, a seconda delle condizioni di quiete
o di eccitazione in cui si trovano; quindi se un valore spe¬
cifico, sebbene sempre alquanto relativo, si può attribuire
a queste misure , sarà solo nel caso che si riferiscano ad
animali osservati in perfetta quiete ed in condizioni nor¬
mali. 3) Alla forma a campana dei segmenti posteriori (nei
preparati in alcool od altro liquido conservatore), perchè
molte specie, che hanno il corpo completamente cilindrico,
per Timmersione in liquidi fissatori si contraggono in modo
che questi segmenti assumono tale forma per restringi¬
mento maggiore alla parte anteriore in confronto della po¬
steriore in cui sono impiantati i parapodi.
è possibite riunire i generi Climenide e Branchiomaldane alle Arenicolide
(alle quali si avvicinano assai , oltre che per caratteri esterni , anche per
la conformazione dell’apparato digerente e circolatorio) , sarà sempre pre¬
feribile la separazione di questi anellidi in tre famiglie, alla loro fusione
in una sola. Mantengo adunque provvisoriamente la classificazione del
Saint-Joseph , osservando che ad essa si dovrà aggiungere il genere Mi-
cromaldane qualora si accetti la prima divisione proposta dal Mesnil.
(*) Il Saint-Joseph (1. c. p. 130) pure esclude questo carattere al quale
altri autori accordano grande importanza.
Esclusi dunque questi caratteri , a me pare che la de¬
terminazione si debba basare piuttosto sopra i seguenti: la
forma del segmento cefalico e quindi della carena e della
lamina, nelle specie che ne sono provviste, degli aculei,
degli uncini e delle setole, del segmento anale e dei den¬
telli dell’imbuto, nelle specie che portano questa espansione.
Dico la forma e non il numero , perchè credo che solo la
prima sia costante, quantunque anche per essa alcuni au¬
tori ammettano frequenti le variazioni. Per ultimo la di¬
sposizioni delle fascie colorate (generalmente rosse o bruno¬
rossastre), che nella maggior parte di questi anellidi sono
situate alla parte anteriore del corpo. Anche questo carat¬
tere non va trascurato, sebbene gli si attribuisca general¬
mente un’importanza affatto secondaria, perchè, se non è
stabile 1’ intensità della tinta di queste cinture, ne è invece
costante la disposizione. Così la Clymene 'palermitana Gr.
ha sempre colorato il margine anteriore del segmento 5.°
e la parte posteriore del 5.°-8.°, la CI. Claparedei n. sp.
solo la posteriore del 4-.°-8.0, la Cl. collaris Clpde il bordo
anteriore del 5.°, la metà posteriore del 5,°-8.° e l’anteriore
del 9.°, ecc. Devo far notare che con questo non intendo
considerare tale carattere come sufficiente a determinare
una specie da solo, perchè una data disposizione può es¬
sere costante per la stessa specie senza essere esclusiva
per quella sola, ma come uno dei più costanti che in li¬
mone agli altri può fornire un aiuto non trascurabile.
Genere CLYMENE Sav.
(Praxilla Mlgr. , Neco Kbrg.).
Clymene Collaris Clpde.
Praxilla collaris Claparède, Annél. chét. da golfe de
Naples , p. 454, PI. XXVI, flg. 2.
» » Lo Bianco, Gli annel. tabic. del golfo
di Napoli, p. 20.
Tav. V, fi g. 1-4.
La descrizione e le figure del Claparède non ci danno
che un’idea alquanto indeterminata di questa specie. Men-
tre per gli altri anellicìi la sua diagnosi è sempre molto
precisa e chiara, per questo è alquanto deficiente , avendo
egli trascurato completamente alcuno dei caratteri specifici
più importanti.
Prima di esporre le osservazioni, che ho avuto campo
di fare sopra un buon numero di esemplari, riassumo bre¬
vemente il testo del Claparède (1. c.) : « Testa conica con
piccoli punti oculari, circondata da una larga lamina aperta
alla parte posteriore. Setole di due sorta, capillari più fini
e numerose, marginate più grosse ed in piccolo numero,
a tutti i segmenti setigeri. Un solo uncino semplice al ra¬
mo ventrale dei primi tre segmenti setigeri; molti veri un¬
cini nei seguenti. Quinto segmento più breve e largo degli
altri con due cinture colorate in rosso-bruno. Una fascia
ugualmente colorata alla meta posteriore del 6.°, 7.° ed 8.°
ed all’ anteriore del 9.° »
Il segmento cefalico, intimamente unito al boccale, è ve¬
ramente conico e circondato da una lamina profondamente
incisa al lato posteriore (fig. 1) ; ma alla parte dorsale porta
due piccoli solchi longitudinali alquanto divergenti e po¬
chissimo appariscente nell’ animale vivente, i quali nella
figura del Claparède sono stati omessi. Qualche volta sopra
questo segmento si trovano anche punteggiature di color
rosso bruno- si deve attribuire loro una funzione visiva, op¬
pure si devono considerare quali semplici granulazioni di
pigmento, le quali si trovano sparse molto comunemente
nell’epidermide di questi anellidi?
Al segmento cefalo-boccale seguono da 19 a 21 segmenti
setigeri e per solito 2 inermi. Le setole sono per la mas¬
sima parte filiformi , frammiste ad altre più brevi margi¬
nate; e su di esse neppur io riscontrai barbuie l1). I seg¬
menti 2.°, 3.° e 4.° hanno al ramo inferiore un aculeo, o
meglio uncino semplice, leggermente ricurvo, troncato obli¬
quamente all’estremità, con due o tre piccoli dentelli al
vertice (fig. 2). Generalmente se ne trova uno ad ogni pa¬
pi Le mie osservazioni si accordano piuttosto con quelle del Claparède
che con quelle del Saint-Joseph ( Annél. polych. des cótes de Dinard. p. 132),
perchè nelle setole filiformi sono mai riuscito a scorgere nè barbuie nè
spine.
8
rapodo, ma non è raro il caso che qualche segmento, an¬
che da un solo lato , ne porti due. Gli uncini degli altri
segmenti setigeri sono molto ricurvi ed allargati all’ estre¬
mità, la quale sporge all’esterno ed è provvista di cinque
dentelli poco salienti alla sommità e di un fascio di bar¬
buie sottorostrali ricurve in alto (fig. 3).
I due ultimi anelli (fìg. 4), come già dissi, hanno nè se¬
tole nè uncini, quantunque il penultimo conservi ancora ,due
ingrossamenti laterali simili ai parapodi dei precedenti.
L’ ultimo è più lungo del precedente , allargato posterior
mente e munito di tre rilievi anulari , che lo fanno appa¬
rire formato dalla fusione di altrettanti segmentil e termina
in un’espansione membranosa foggiata ad imbuto con orlo
frastagliato in 16-18 dentelli tutti uguali, ad eccezione del
mediano inferiore più lungo dei precedenti di circa il doppio.
Al centro sta l’apertura anale posta alla sommità di una
prominenza conica poco elevata.
Tanto il colore che la disposizione delle fascie, quali fu¬
rono indicate dal Claparède, sono costanti e caratteristiche
per questa specie.
Nessuno degli esemplari che esaminai superava i mm. 50
di lunghezza e mm. 1 di larghezza.
II tubo formato di minuti granuli d’arena è fragilissimo.
Golfo di Napoli a m. 15-20 di profondità.
Clymene Palermitana Gr.
Clymene palermitana Grube, Aci , Ecliin . und Wurm.
des Adria tischen und Mittelmeers , p. 66.
Tav. V. Fig. 5-9
Questa Olimene, molto più comune delle altre nel golfo di
Napoli , corrisponde completamente alla descrizione che il
Grube (1. c.) ci dà della CI. palermitana, se si trascurano
alcune piccole differenze del segmento anale; infatti egli
indica al margine deH’imbuto 35 piccoli denti, tutti uguali
ad eccezione del mediano inferiore più largo e molto più
lungo, e rileva la mancanza di papille intorno all’apertura
anale. In quelle da me studiate invece ho riscontrato dei
dentelli uguali per forma a quelli della Gl. palermitana,
9
ma in numero solamente di 20 a 26 al massimo, ed al lato
ventrale dell’ano una papilla, che può chiuderne l’aper¬
tura. Questa però si vede molto difficilmente sull’ animale
intero, e si scorge solo con evidenza sulle sezioni longitu¬
dinali; quindi si comprende come possa essere sfuggita an¬
che ad una attenta osservazione. Queste differenze non hanno
tale importanza da rendere necessaria la distinzione di
questa Odimene, dalla specie sopradetta, in una nuova va¬
rietà; tanto più che il numero dei dentelli dell’imbuto, come
ho già osservato, non costituisce un buon carattere, essendo
quasi sempre variabile (sebbene per solito nelle altre specie
da me studiate lo sia entro limiti più ristretti).
11 corpo è generalmente costituito da 3 segmenti inermi,
cefalo-boccale, anteanale ed anale, e da 22 setigeri. In
quanto alla loro forma e dimensione trascrivo la descri¬
zione del Grube (1. c.) che riscontrai abbastanza esatta (!).
« 11 l.° segmento è più corto del 2°, da questo al 5.° la
lunghezza diminuisce di nuovo, mentre nel 6.° aumenta e
si mantiene costante fino al 17.° (2) (solo l’8.° setigero è di
notevole brevità); da questo diminuisce fino all’ultimo. 1
primi cinque anelli, cefalo-boccale eccettuato, sono più lar¬
ghi davanti che di dietro, gli altri sono cilindrici ».
La piastra cefalica, di poco inclinata posteriormente, è
circondata da una lamina vellicale abbastanza sviluppata
ed un poco più alta sul davanti, la quale è aperta in cor¬
rispondenza dell’estremità libera della carena e porta una
incisione molto profonda alla parte posteriore ed una o due
minori ai lati. La carena , che si prolunga anteriormente
in un tubercoletto libero rivolto all’ insù , occupa la linea
mediana della piastra per quasi tutta la sua lunghezza ed
è limitata lateralmente da due profondi solchi molto più
visibili che nella Cl. collaris. I primi tre segmenti setigeri
hanno un solo aculeo al ramo inferiore dei parapodi, i ri¬
manenti uncini tutti uguali. Gli aculei sono leggermente
incurvati ad S e sporgono all’ esterno con una punta co-
(!) Credo superfluo ripetere che queste osservazioni le ho fatte sopra
animali viventi ed in quiete perfetta.
(2) Secondo lo stesso autore; il 16.° e 17.° sarebbero più lunghi dei pre-
cedenti, ma si tratta di differenze (rascurabili.
10
nica (fìg. 5). Gli uncini, piuttosto diritti ed esili, hanno la
estremità libera ripiegata a guisa di r od usto dente, sul
cui lato superiore sono incise quattro e talvolta anche cin¬
que dentelli, l’ultimo dei quali è appena distinto (fìg. 6).
Dalla base del dente maggiore si stacca un fàscio di bar¬
buie molto lunghe che si dirigono in avanti , ripiegandosi
poscia in aitò. Il ramo inferiore dei parapodi è poco rile¬
vante nei primi 7 segmenti , ma nei seguenti assume la
forma di un grosso rilievo semilunare molto appariscente
sia pel colore bianco, che per il suo grande sviluppo. Al
ramo superiore le setole sono riunite alla loro base da una
guaina, a forma di tubo, poco sporgente dal corpo. Queste
setole, come sono descritte anche dal Grube (1. c.) hanno
uno stretto margine da un solo lato, verso l’estremità su¬
periore (fìg. 7): però oltre a queste, ne trovai, sebbene in
numero minore, altre più fini aventi pure aH’estremità, ma
da ambedue i lati, delle esili e fitte barbuie (fìg. 8).
Il penultimo segmento è molto breve e conserva ancora
i parapodi, ma è privo di setole ed uncini. L’ultimo, di
forma conica, ha parapodi affatto rudimentali, una specie
di collare circolare verso la metà delia sua lunghezza ed
un’espansione imbutiforme all’estremità. Il margine di que-
st’epansione, come ebbi già ad accennare, è frastagliato in
20-26 piccoli denti uguali in lunghezza, ad eccezione del
mediano ventrale di molto più lungo e più largo (fìg-. 9).
L’ano si apre al centro dell’ imbuto alla sommità di un
corno, che non sporge dall’orlo di esso, e può essere chiuso
da una grossa papilla.
Il colore generale del corpo è giallo roseo con riflessi
madreperlacei nella regione anteriore , giallo chiaro nella
posteriore; i segmenti 5.°, 6.°, 7.° ed 8.° sono di color rosso
scuro con una fascia bianca alla parte anteriore, e solo il
5.° porta anche un sottilissimo anello rosso all’ estremità
anteriore. Sono pure bianchi la lamina cefalica , T ultimo
segmento ed i parapodi, sui quali però si trova una sottile
striscia rossa lungo la serie degli uncini. La disposizione
delle fascie la trovai costante in tutti gli esemplari della
specie , mentre l’ intensità , tanto del colore generale del
corpo che delle cinture, alle volte è così variabile che al¬
cuni individui hanno corpo di color giallo nocciola con fa-
scie di colore bruno-rossastro molto intenso.
11
Gli esemplari più grandi misurano nini. 170 per noni 3,
ma ordinariamente sono della lunghezza di circa mm. 80
per una larghezza massima di mm. 2.
il tubo è poco consistente ed a pareti piuttosto sottili.
Frequente al capo Posilipo nella sabbia, fra cespugli di
Posidonia alla profondità di m. 1.00-1.50.
Clymene lophoseta n. sp.
Tav. V. fìg. 10-16.
Questa specie , molto meno appariscente della maggior
parte delle Maldanidi, pel colore quasi uniforme , possiede
caratteri specifici tanto marcati che ci permettono di di¬
stinguerla subito da tutte le altre fino ad ora descritte.
Non potei avere che vari frammenti ed un solo esemplare
intero costituito di 22 segmenti, di cui 17 setigeri e 5 inermi.
Il capo (fìg. 10) ha piastra poco inclinata, con lamina
verticale mediocre, aperta sul davanti ed incisa poco pro¬
fondamente alla parte posteriore ed ai lati. La carena, sot¬
tile e rettilinea, attraversa in tutta la sua lunghezza la
piastra cefalica, terminando alla parte anteriore in un tu-
bercoletto libero. Ad ogni lato si trova una fossetta ad essa
parallela, sul cui orlo esterno è segnata una linea di color
bruno (fìg. 11).
I tre segmenti che seguono il cefalo-boccale al ramo in¬
feriore dei parapodi hanno aculei, che non sono così sem¬
plici come quelli della specie precedente. Essi sono di forma
intermedia fra questi ed ì veri uncini, perchè, sebbene privi
di barbuie sotto rostrali (fìg. 12) , terminano in un dente
leggermente ricurvo , sulla parte dorsale del quale sono
segnati due altri dentelli. Il loro numero pare non sia co¬
stante , perchè un esemplare ne portava due al 2.° e 3.°
segmento e tre al 4.°, un altro quattro in ogni segmento
(2.°-4.°). Gli uncini dei seguenti anelli sono molto allargati
all’ estremità superiore , formata da un grosso dente e da
quattro dentelli, e portano un fascio di barbuie ricurve in
alto (fìg. 13). Le setole, che formano la migliore caratteri¬
stica di questa specie, sono di due sorta, e distinte in due
regioni definite del corpo. Nei segmenti anteriori, muniti
12
di aculei, sono sottili, lunghe e pieghevoli (fìg. 14), nei se¬
guenti pure lunghe, meno sottili e fornite di un gran nu¬
mero di ramificazioni filiformi molto esili (fig. 15), che riu¬
nendosi con quelle delle setole vicine formano delle specie
di ciuffetti bianchi al ramo dorsale dei parapodi (fig. 1 6c).
I tre segmenti anteanali sono uguali ai precedenti, per
forma, quantunque siano privi di setole ed uncini.
II segmento anale (fìg. 16) finisce in un cono molto ele¬
vato, alla estremità del quale, al lato ventrale, si trova una
papilla (p) tanto sviluppata da ricoprire in parte l’apertura
anale, facendola apparire dorsale, mentre in realtà l’ano
è centrale come in tutte le specie del genere Glymene.
L’espansione membranosa, che circonda questo cono alla
sua base, ha generalmente posizione verticale od inclinata
verso i segmenti antecedenti ed è divisa, al margine, in
25 dentelli abbastanza lunghi, arrotondati all’estremità e
tutti uguali ad eccezione del mediano inferiore , il quale
supera gli altri per una lunghezza maggiore del doppio.
11 corpo è colorato in giallo-rossastro intenso (ad ecce¬
zione della lamina cefalina e dell’ imbuto che sono bianchi)
con numerose punteggiature di colore rosso-ruggine sui
segmenti 4.0-8.° in luogo delle fascie. Una macchia semi lu¬
nare, formata pure di piccoli punti ugualmente colorati, si
trova al lato posteriore di ogni parapodo.
Lunghezza dell’esemplare intero mm. 50, larghezza rrim. 1.
11 tubo sottile e fragile differisce di poco da quello delle
specie precedenti.
Golfo di Napoli a circa m. 20 di profondità.
Glymene brachysoma. n. sp.
Tav. V. fìg. 17-21.
Nel mese di giugno, a pochi giorni di intervallo, furono
pescati a breve distanza della riva e ad una profondità di
circa 20 metri, 2 esemplari interi e 2 incompleti di una
bella Olimene, la cui caratteristica, al primo esame, ap¬
pare essere la brevità e grossezza del corpo , contraria¬
mente a quanto si riscontra in generale nelle altre specie,
le quali sono molto lunghe e sottili. L’esemplare maggiore
13
misurava solo nini. 60 di lunghezza, ma mm. 5 di larghezza
massima; il minore mm. 18 e mm. 2.
11 numero dei segmenti è di 24 per entrambi, di cui 19
setigeri. 11 capo porta un’ampia lamina assai sviluppata
ed incompletamente divisa anteriormente , ove 1’ incisione,
arriva solo all’estremità anteriore della carena (flg. 17);
alla parte posteriore questa lamina è meno sviluppata e
divisa in sei denti da incisioni piuttosto profonde. Lo svi¬
luppo e la sua forma sono tali che, allorquando viene ab¬
bassata, forma scudo al segmento cefalico ricoprendolo com¬
pletamente. La carena, che non sporge dalla lamina ver¬
ticale , è molto breve e non arriva che alla metà della
piastra cefalica, fra due solchi sinuosi e divergenti sul da¬
vanti (flg. 17).
1 segmenti sono tutti di rilevante brevità, ma in modo
particolare i primi nove. I segmenti 4.°-9.° non misurano
in lunghezza che la metà della loro larghezza ; il 10.° si
allunga di poco e 111° e 12.° sono tanto lunghi che larghi.
Da questo la lunghezza decresce di nuovo fino al 16.°, men¬
tre nei seguenti 17.°-21.°, assottigliandosi sensibilmente il
corpo , la larghezza uguaglia la lunghezza. 11 22.° e 23.°
sono brevissimi e sarebbe diffìcile poterli distinguere se
non portassero ingrossamenti laterali a forma di parapodi.
L’ultimo ha un collare molto rilevato verso il mezzo della
sua lunghezza e termina con un imbuto assai sviluppato,
che porta numerosi denti arrotondati all’ estremità ed al¬
ternativamente lunghi e brevi; questi ultimi, in numero
maggiore, si alternano senza regola coi primi (flg. 18).
Le setole sono molto lunghe e sottili , per la massima
parte marginate alle quali si uniscono altre più esili e fi¬
liformi. Le prime (flg. 19) hanno uno stretto margine ai
due lati nella parte superiore , la quale si assottiglia di
molto e diventa flessibile; le seconde sono più brevi, sotti¬
lissime e prive tanto di margini che di barbuie. Queste
setole stanno infìsse in una guaina epidermica che è molto
saliente in questa specie, particolarmente alla parte po¬
steriore del corpo.
Gli aculei dei primi tre segmenti setigeri sono acumi¬
nati e molto ricurvi all’estremità superiore (flg. 20) ; il loro
numero pare non debba essere costante, perchè nell’esem-
14
piare maggiore ne trovai uno per lato al secondo segmento
del corpo, due al terzo, e tre al quarto; nell’esemplare più
piccolo due al secondo e terzo e tre al quarto.
Gli uncini degli anelli seguenti, portati da rilievi semi¬
lunari molto salienti; sono molto ricurvi nell’ estremità che
sporge dal corpo ed hanno quattro dentelli ben marcati al
vertice del dente principale; alla base di questo si diparte
un fascio di barbuie, le quali non si ripiegano in avanti,
come nelle specie precedenti, ma si dirigono verticalmente
sorpassando il vertice stesso (flg. 21).
Il corpo è di color paglierino, ornato di 5 fascie di un
bel rosso chiaro alla parte posteriore dei segmenti 4.0-8.°
e di sei fascie di color bianco-avorio alla anteriore dei me¬
desimi segmenti e del 9.°
il tubo è lungo quanto il corpo , alquanto ricurvo , ad
apertura ampia ed a pareti relativamente sottili formate
da residui di vegetali agglutinati con arena e frammenti
di conchiglie.
La disposizione delle fascie e la forma dell’uncino figu¬
rato dal Saint-Joseph (T) per la CL lumbricoides Qtrfgs.
farebbero supporre che la specie da me ora descritta si
dovesse ad essa riferire e non nascondo che io pure rimasi
alquanto dubbioso se doveva o no assegnarla a tale specie.
Ma siccome a questi caratteri comuni se ne contrappongono
altri di non minore importanza, come aculei ricurvi ed a-
cuminati invece che ottusi, setole filiformi invece che pen¬
nate (2), dentelli dell’ imbuto digitiformi e non acuminati,
segmenti di lunghezza non mai superiore alla larghezza,
mi convinsi della necessità di doverla distinguere in una
nuova specie che chiamo Cl. b rachysoma in causa della
brevità, rispetto alla grossezza del corpo/tanto insolita per
una Olimene.
Golfo di Napoli alla profondità di ni. 20. * (*)
(’) Les Annil. polych . des còtes de Dinard. p. 134, PI. VI, fìg. 163.
(*) Id. Id. PI. VI, fig. 160 e 162.
15
Clymene Claparedei n. sp.
Tav Y.. fig. 22-25.
Il capo (fig. 22), troncato obliquamente, è formato da una
piastra circondata da una lamina verticale molto ridotta,
la quale , oltre ad essere incisa al lato posteriore ed ai
fianchi, ha un’ampia apertura anteriore, da cui si protende
un tubercolo conico molto sviluppato alla base. La carena,
continuazione di quest’ ultimo, va presto assottigliandosi e
scompare affatto verso la metà della piastra , ove conver¬
gono e terminano i due solchi laterali.
Al segmento boccale, intimamente fuso col precedente ed
inerme, ne seguono generalmente 19 setigeri e 3 inermi.
La lunghezza dei segmenti, che nei primi 3 supera di poco
la larghezza , nei seguenti aumenta fino al 9.°, il quale è
di una brevità molto rilevante ; quindi aumenta di tanto
nel IO.0 e nei seguenti setigeri da superare in lunghezza,
anche l’8.° I parapodi si trovano nella metà anteriore dei
primi otto segmenti setigeri, all’estremità posteriore in tutti
i rimanenti.
Le setole sono marginate e filiformi. Le prime assomi¬
gliano molto a quelle della Cl. palermitana; le altre non
hanno barbuie all’ estremità e sono meno numerose delle'
precedenti. L’aculeo che si trova nei segmenti 2.°, 3.° e 4.°
è tronco , allargato e leggermente ricurvo all’ estremità
(fìg. 23). Gli uncini invece sono molto ricurvi, notevolmente
allargati alla parte superiore, assottigliati all’inferiore e
forniti, oltre che di barbuie sottostrali ricurve, di quattro
dentelli al lato dorsale del dente maggiore (fig. 24).
I due segmenti anteanali (fìg. 25 sn) hanno forma iden¬
tica ai precedenti, sono provvisti di parapodi, ma non di
setole nè di uncini. L’ultimo (fìg. 25 sa), formato a campana,
esternamente sembra diviso in due parti, la prima delle
quali, assai breve, finisce in un rilievo anulare molto mar¬
cato; la seconda in un’espansione membranosa divisa in 7
denti molto lunghi coi quali si alternano , in numero va¬
riabile, altri più brevi. Il cono, al cui centro sta l’apertura
anale, si eleva di poco nell’interno dell’imbuto.
II colore generale del corpo è giallo-roseo pallido, però
i segmenti 4.°, 5.°, 6.° e 7.° sono colorati in rosso-vermiglio
16
vivo nella metà posteriore, in bianco nell’anteriore; e l’8.°
ha gli stessi colori rispettivamente per due terzi posteriori
ed un terzo anteriore. Macchie pure rosse e di forma al¬
lungata sono disposte nei parapodi, parallelamente alla li¬
nea degli uncini , come pure piccole punteggiature rosse
sono sparse su tutto il corpo.
Gli esemplari più grandi giungono alla lunghezza di
mm. 90 per la larghezza di rum. 1.5. 11 tubo, formato di
arena finissima, è diritto, molto sottile e fragilissimo.
Capo Posilipo , nella sabbia fra cespugli di Posiponia
alla profondità di m. 1.00-1.50, non raro, sebbene molto
meno comune della Gl. palermitana , colla quale di solito
si trova.
Questa specie, mentre ricorda la Cl. digitata del Grube (*)
per la forma dell’ imbuto anale ed il mediocre sviluppo
della lamina cefalica, si discosta da essa per altri caratteri
molto importanti nella determinazione , come le incisioni
della lamina stessa, il numero dei denticoli al vertice degli
uncini, che sono solo 5 invece di 6-10, e la differente co¬
lorazione, carnicina pallida negli esemplari del Grube (con¬
servati in alcool) , rosea con fascio rosse nei miei esem¬
plari freschi, brune ma ancora ben distinte in quelli con¬
servati in alcool da oltre tre anni.
Non potendo per queste ragioni assegnarla alla Cl. di¬
gitata nè ad alcun’altra già descritta, istituisco una nuuva
specie che dedico all’insigne zoologo Claparède, il quale,
come è noto, ha recato il più valido contributo allo studio
degli anellidi del golfo di Napoli.
Gen. LEIOCHONE Gr.
Leiochone clypeata S. Josph.
Leiocone clypeata Saint-Joseph, Les Annél. polych. d es
còtes de Dinar d p. 139, PI. VI, fìg. 167-175.
La descrizione chiara ed accurata che il Saint-Joseph
ci dà per questa specie, da lui trovata nell’Atlantico (1. c.),
(l) Beschreib, neuer oder idenìg bekann. Anneliden , p. 54, t. V, fìg. 5.
n
rende superflua una nuova diagnosi da parte mia; quindi
mi limiterò a riassumere brevemente i principali caratteri
indicati dal sopracitato autore e da me controllati sopra
alcuni esemplari del Mediterraneo.
Corpo cilindrico di color giallo pallido. Segmenti setigeri
con cintura bianca anteriore, nella quale sembra in¬
castrarsi il segmento precedente, e rosso-pallida posteriore,
ad eccezione del 7.° nel quale è rosso-vivo; segmento 8."
con uno scudo bianco al lalo ventrale. Parapodi impiantati
ad un terzo anteriore nei primi 7 segmenti setigeri , alla
parte posteriore nei seguenti. Testa senza lamina, inclinata
sul dorso e formata da una carena bruna rialzata in punta
sul davanti e posta fra due solchi paralleli. Setole lunghe
e marginate frammiste a brevi e pennate in tutti i seg¬
menti. Due uncini semplici, senza barbuie, al primo seg¬
mento setigero ; tre al secondo e terzo. Uncini a vertice
poco elevato con 7 denti e barbuie sottorostrali poco nu¬
merose a tutti i segmenti che seguono. Segmento anale con
margine unito ed ano centrale alla sommità di una pro¬
minenza conica.
Non ebbi che un solo esemplare completo della lunghezza
di em. 14 e sei frammenti di individui minori, provenienti
tutti dal golfo di Pozzuoli.
11 tubo di sabbia, sebbene abbia pareti piuttosto grosse,
è fragilissimo e sta confìtto nell’ arena dalla quale sporge
solo per un brevissimo tratto.
Gen. PETALOPROCTUS Qtrfgs.
Petaloproctus (?) Cristagalli Clpd.
Maldane Cristagalli Glaparède, Annèl. chétop . du golf e
de Naples, p. 457. PI. XXVI, fìg. 4.
Tav. V. fi g. 26.
Non posso dire con certezza che questo anellide appar¬
tenga al genere Petaloproctus in causa della mancanza,
nei due esemplari osservati, della parte posteriore, la quale,
secondo la classificazione da me seguita, costituisce l’unico
carattere differenziale fra i generi Petaloproctus , Nico-
38
madie e Leiochone. Ad ogni modo la pongo, non senza
qualche dubbio, nel primo genere perchè questi frammenti
dell’ estremità anteriore corrispondono al Pet. (Maldane)
Cristagalli del Claparède (l) per la forma del segmento
cefalico, degli aculei e degli uncini. Devo però ammettere
una differenza nelle setole della regione mediana del corpo,
fra le quali si trovano, oltre le marginate ricurve e le di¬
ritte con spine laterali, altre capillari, e lunghissime molto
simili a quelle del Pet. terricola Qtrfgs. (2). Non convengo
invece col Saint- Joseph sulla possibilità di riunire le due
specie in una sola, perchè se la somiglianza di queste se¬
tole e di altri caratteri importanti le avvicina, sono divise
da una differenza notevole degli uncini, i quali nel P. ter¬
ricola portano un doppio ordine di dentelli sul vertice (3),
mentre nel P. Cristagalli non ne posseggono che 5-6 so¬
pra una sola linea (fig. 26).
Il tubo è a pareti molto robuste e formato di fine arena
mista a pietruzze e frammenti di conchiglie.
Golfo di Napoli. * (*)
f1) (h C.).
(*) Saint-Joseph, Les Annél. polijch. des cótes de Dinard. p. 145, PI. VII,
fig. 185.
(3) Id. Id. p. 145, PI. VII, fig. 182 e 183.
19
PARTE II
ANATOMIA ED ISTOLOGIA.
Metodo di Studio.
In questo capitolo espongo brevemente i metodi di pre¬
parazione da me seguiti ed i differenti fissatori e coloranti
impiegati, riservandomi di indicare nel corso del lavoro
quelli che mi diedero migliori risultati.
Per lo siudio anatomico le prime osservazioni le feci sul
fresco, sia per trasparenza, se potevo avere esemplari di pic¬
cole dimensioni, sia colle vivisezioni, se gli animali erano
più grossi. Entrambi questi metodi -però non mi fornirono
grande aiuto, essendo il corpo di questi aneli idi ben poco
trasparente e tanto fragile , che quando si tenta aprirlo,
specialmente alla parte posteriore, si contrae e di solito
si spezza in vari punti. Per le dissociazioni impiegai il li¬
quido di Miiller ed il bicromato di potassa 1 % (Eisig) (*),
il siero artificiale di Kronecher e liquido di Ripart e Petit
(Soulier) (2), i vapori di acido osmico (Jourdan) (3) , colo¬
rando quindi con carmino aliumico di Grenacher, i quali mi
diedero risultati poco soddisfacenti ad eccezione dell’ultimo.
Mi servì invece, come maceratore per l’epidermide, il li¬
quido di Flemming (1 parte) con acqua distillata (4 parti).
Per le sezioni microscopiche, conviene che gli animali, pri¬
ma di essere fissati, rimangano due o tre giorni in acqua
corrente , affinchè si liberino completamente dalla sabbia
che contiene il loro tubo digerente. Se si vuole fissare solo
una piccola parte del corpo , si può tagliarla sul vivo ed
immergerla quindi direttamente nel fissatore, ma se occorre
preparare Y intero anellide , conviene narcotizzarlo prima
con alcool aggiunto ad acqua di mare, perchè diversamente
si deformerebbe e contorcerebbe in modo tale da non es¬
sere più servibile.
(1) Monogr. der Capitelliden.
(2) Èiud. anat. des Annélides.
(3) Ètud. Mst. sur deux esp. du gen. Eunice , p. 225.
*20
Per preparati slabili, il liquido di Flemming sarebbe un
eccellente fissatore , se non annerisse alquanto i tessuti e
non impedisse talvolta la colorazione; buoni sisultati ho
avuto col sublimato saturo (5 parti) ed acido acetico (1 parte)
proposto dal Saulier f1). Ho provato pure altri liquidi fis¬
satori , come il liquido di Herman , di Zeuker ed il bicro¬
mato potassico, ma mi diedero risultati poco soddisfacenti.
Per le colorazioni in tato impiegai le soluzioni di car¬
mino con allume di Grenacher e di Mayer, l’ ematossilina
e rhàmacalcium; per le sezioni la tionina, i vari carmini,
il picrocarmino, la rubina, Pe|| atossii ina-eosina e l’eosina.
Le preparazioni con cloruro d’oro ed acido formico riusci¬
rono abbastanza bene . ma solo per alcune parti.
Le inclusioni sono state fatte in paraffina, e le sezioni
attaccate al portaoggetti con acqua distillata (metodo Martin),
con collodio ed olio di garofani (Schàllibaum) o con albu¬
mina glicerinata (Mayer). 11 primo metodo di appiccicatura
è indiscutibilmente superiore agii altri ed è stato da me
preferibilmente i m pi ega to .
Clymene palermitana Gr.
Cuticola.
La cuticola resistente, di spessore considerevole, munita
di un doppio ordine di strie e di pori tubolari, secondo il
Claparède (2) , sarebbe propria dei policheti erranti e di
pochissimi sedentari, quali lo Stylciroides monilifer D. Gli.
e VOwenia fusiformi s D. Oli.: ma le osservazioni posteriori
di altri autori, fra i quali Eisig (3), Brunotte (4), Soulier (°)
ed ultimamente Fauvel (6), dimostrano che invece tale co¬
stituzione non è rara anche nei tubicoli. Della cuticola delle
Maldanidi parla il M’Intosh (7), ma solo per fare rilevare
come in alcune specie sia molto variabile il suo spessore.
1. c.
(-) Re eh. sue hi sinici de$ Annél. s.ulent.
: dee (\ <i.p iteli iden.
e Ufch . ,rna,/. sue n i . ? e v •>. d.n ij^n. fianchi un i.
l’.i-H /. sur l'n.nnt. des \ riè!. tnA.c.
ir> Redi. sue les Ani pkieetiens.
À)rh’i>- A linei. Challen jrr.
Io ìion trovai alcuna particolarità degna di nota nella
cuticola della Cl. palermitana. Essa è resistente e molto
uniforme in ogni regione del corpo, assottigliandosi solo
insensibilmenle verso l’estremità posteriore. Osservando per
trasparenza dei piccoli lembi di cuticola , che si staccano
molto facilmente dal corpo quando 1’ animale subisce un
principio di macerazione si possono vedere, senza bisogno
di colorazione ed anche a debole ingrandimento, numerose
strie intersecantisi ad angolo retto e molti pori di diffe¬
rente grandezza (hg. 34), i quali, secondo il Fauvel l1), sa¬
rebbero gli sbocchi delle cellule a muco. Egli ha osservati
anche alcuni di questi canalicoli ripieni di muco, sopra se¬
zioni perpendicolari al tegumento, ma a me non fu* possi¬
bile di renderli visibili con questo metodo di sezioni.
Epidermide.
Lo strato epidermico, posto fra la cuticola ed i muscoli
circolari, è di spessore considerevole, ma non uniforme in
ogni regione del corpo. Come si può vedere dalle sezioni
longitudinali e trasversali , negli otto segmenti anteriori ,
conserva il suo massimo sviluppo; ma nei seguenti si assot¬
tiglia gradatamente, così che negli ultimi si riduce ad uno
strato molto esiguo, relativamente al diametro del corpo,
il che spiega la differente consistenza e trasparenza della
parte anteriore in confronto della posteriore. Questa dispo¬
sizione particolare è stata rilevata anche per il Leiocepha-
las coronata $ Qtg. dal Soulier (2) , nel breve capilolo che
si riferisce a questo Maldanide (3).
L’epidermide è formata di un solo strato di cellule, seb¬
bene in alcune sezioni si scorga alla estremità inferiore di
esse un reticolo intricato e non bene definito, che richiama
molto lo strato sottoepidermico di cellule di ricambio, che
il Soulier ha trovato in molti altri, aneli idi. Esaminando
(q l. c. p. 319, pi. XIX, fig. 61.
(-) Etud. sur Vanat. des Annél. tubic.
(3) Il genere Arenia (come ho già accennato più sopra) non appartiene
alla fam, Maldanidae, ma alla fam. Capitellidae , quindi non credo dovere
tener conto dell’ A. cruenta Qtg. messa dal Soulier nella stessa fam. del
L. coronatus Qtg.
però un certo numero di sezioni e di cellule staccate per
macerazione, è facile convincersi che tale strato, in questo
caso, non è che apparente e dovuto in parte alle ramifi¬
cazioni più o meno lunghe e numerose di cui , come ve¬
dremo ili seguito, sono provviste queste cellule, in parte
a sezioni oblique dell’estremità inferiore delle cellule stesse,
quando il piano di sezione non coincide esattamente col
loro asse longitudinale.
Nell’epidermide distinguiamo tre sorta di cellule: di so¬
stegno, a pigmento e mucose, le quali, in alcune regioni
del corpo, sono riunite senza regola, in altre, sono fra loro
separate e distribuite in aree ben definite. Siccome sulle
sezioni è molto difficile poter vedere esattamente la forma
di tutta la cellula , specialmente se è ramificata all’ estre¬
mità inferiore, è necessario ricorrere alla dissociazione; ma
non potendosi ottenere cellule separate meccanicamente,
perchè si spezzano con grande facilità, è quindi necessario
ricorrere a liquidi maceratori. Anche con questi, le diffi¬
coltà che si incontrano non sono lievi , perchè trattando
l’epidermide colla maggior parte dei metodi generalmente
usati con buon esito sopra altri anellidi, ben raramente ho
potuto ottenere cellule staccate , che fossero intere e non
alterate di forma in causa della macerazione. Discreti ri¬
sultati ho avuto usando una soluzione di 2 parti di liquido
di Flemming , in 8 parti di acqua distillata e lasciandovi
a macerare, per 2 o 3 giorni, dei piccoli pezzi di epider¬
mide staccati dall’animale fresco, che poscia dilaceravo col
mezzo degli aghi.
Le cellule di sostegno, molto lunghe e sottili nella parte
anteriore del corpo (fig. 27) , più brevi e larghe nella po¬
steriore , hanno margini paralleli o concavi secondo che
sono addossate le line alle altre , od interposte a cellule
glandulari. In questo caso, 1’ epidermide, nelle sezioni as¬
sume un aspetto alveolare dovuto appunto agli intervalli
che si trovano fra le cellule di sostegno (fig. 28) , i quali
possono esser realmente liberi, se la cellula glandulare è
vuota di muco, o solo apparentemente, se essa non è stata
colorata. L’estremità superiore è piana, mentre Y inferiore
per solito è divisa in due o tre ramificazioni (fig. 30); il
nucleo piuttosto grande e posto alla parte superiore, ad un
23
terzo circa della lunghezza lotale, è specialmente evidente
nei preparati fìssati con sublimato acido e colorati con car¬
mino allu mico (Grenacher), Il protoplasma di queste cellule,
molto trasparente, non si colorò quasi affatto colla maggior
parte delle tinture da me usate; col cloruro d’oro ed acido
formico (sopra pezzi (issati in sublimato acido) , alle volte
si possono avere discreti risultati. È preferibile però l’uso
del solo liquido di Flemming, dal quale queste cellule ven¬
gono debolmente annerite, senza subire alterazione di forma.
Molto simili alle precedenti , per forma , sono le cellule
pigmentate (fig. 31). Il loro protoplasma però non è cosi
trasparente, ma cosparso, ad eccezione di una ristretta zona
alle due estremità , di granuli di pigmento che nelle se¬
zioni, trattati anche con solo sublimato acido, si presentano
di colore bruno giallastro. 11 nucleo è piccolo, posto piu in
basso che nelle cellule di sostegno , e si scorge con diffi¬
coltà in causa del pigmento dal quale è circondato.
Le cellule mucose sono piriformi, con punta rivolta in
basso (flg. 35). 11 nucleo è grande e posto un poco piu
alto del centro della cellula; non si colora, ma ha l’a¬
spetto di una macchia più chiara in quelle cellule che con¬
tengono poco muco, le quali, come vedremo in seguito, si
tingono più debolmente delle altre. Fra tutti i metodi, che
tentai per lo studio di queste cellule, runico che mi abbia
dato buoni risultati, è stato quello di fissare l’animale fre¬
sco con sublimato acido e quindi colorare le sezioni con
tionina, lasciandovele immerse per circa 24 ore. Questo co¬
lorante , se non si presta affatto per lo studio degli altri
tessuti e neppure delle altre cellule dell’epidermide, le quali
rimangono completamente incolore, ha il grande vantaggio
di far risaltare mirabilmente le cellule mucose, che assu¬
mono anche colori di varia intensità , dal bleu oscuro al
viola ed al celeste pallidissimo, a seconda che sono più o
meno ripiene di muco. Esso è specialmente utile per le se¬
zioni longitudinali , onde stabilire la presenza di queste
cellule nelle differenti regioni del corpo, perchè, ora che
conosciamo le diverse forme di cellule epidermiche, dovremo
occuparci della loro disposizione , onde provare come sia
veramente erronea F opinione già espressa da alcuni emi¬
nenti naturalisti, secondo i quali si dovrebbe attribuire una
funzione respiratoria alle fascie e macchie rosse , che or¬
nano il corpo di questi tubi coli.
Fu il Quatrefages (l) che per primo espresse la convin¬
zione che tale colorazione potesse avere grande importanza
nella respirazione cutanea. Quindi il Cìaparède (2), al quale
dovevano essere sfuggite queste osservazioni, trattando delle
fascie rosse della GL (Praxilla) simplex scriveva « Leur
valeur physiologique ne paraìt pas avoir été re con nue. jus-
qu’ici. Ce sont, en effet , des véritables ceintures respira¬
ci res , caractérisées par un amincissement de la cuticule
et un réseau sanguin d’une richesse remarquable, dans le-
quel le vaisseaux transverses dominent. Ce reseau appar-
tient à la couche souscuticulaire ».
Più tardi nei periodici « Nature (3) » e « Journal lì. Mi-
croscopical Society (4) » comparve una breve nota del Harker
colla quale egli combatte 1’ opinione .espressa dal. Quatre¬
fages (non cita il Cìaparède), affermando che la colorazione
rossa delle Maldanidi non è dovuta ad altro che ad uno
speciale pigmento. Desiderando conoscere meglio, di quanto
potevo vedere da un cosi breve riassunto, i risultati otte¬
nuti daH’autore sopra questo argomento ed i generi e spe¬
cie osservate, feci diligenti ricerche del lavoro dal quale
doveva essere ricavato tale riassunto , ma sempre inutil¬
mente. Devo alla cortesia del chiarissimo prof. T, Groom
se ho potuto ultimamente sapere, che il sopracitato lavoro
fu bensì letto nel 1885 in una seduta della British Asso-
ciation di Aberdeen , ma che il solo titolo ne fu stampato,
(p. 1098). Ora mi sembra che si possano considerare come
note preventive, di un lavoro che poi non deve essere stato
stampato, quelle pubblicate dai sopracitati periodici e quindi
credo opportuno esporre i risultati da me ottenuti ripor¬
tando anche il disegno di alcune sezioni più importanti, non
solo a conferma, ma anche a prova di quanto 1’ Harket;
dice di aver osservato (5).
’ Hist. nat. des Annelés, t. I. p. 70; t. II. p. CMC e 236,
(*) Annél. chét. de Naples , p. 453.
(3) Voi. 32, n. 832, p. 564.
(*) Voi. 5, P. 6, p. 999.
(q Trascrivo a maggior schiarimento . dal giornale « Nature » quanto
segue: On thè Soloration of thè Anterio f Segmenta of thè Matdanidae by
Osserviamo una sezione longitudinale della estremità an¬
teriore di una CI. palermitana, preferibilmente fissata con
sublimato acido e tinta con tionina, la quale, mentre mette
in evidenza le cellule glandulari , non ci impedisce di di¬
stinguere facilmente quelle di sostegno dalle rimanenti a
pigmento, appunto per la presenza in queste ultime di nu¬
merose granulazioni visibili , anche quando non vengono
colorate. Nel capo e nei tre segmenti che lo seguono, l’e¬
pidermide è costituita per la massima parte di cellule di
sostegno, alle quali sono frammiste , senza alcuna regola,
cellule glandulari; però nei segmenti 2.n, 3.° e 4.° il numero
di queste ultime aumenta nella zona compresa fra l’estre¬
mità anteriore ed i parapodi.
Nei seguenti anelli 5.’, 6.°, 7.' ed 8.°, i quali in questa
specie sono ornati di fascie rosse, la disposizione delle cel¬
lule cambia; quelle di sostegno vi sono quasi scomparse e
vengono sostituite da quelle a pigmento, che però non stanno
interposte alle mucose come nei segmenti precedenti, ma
raggruppate costantemente in dati punti. Nel 5.° (fig. 36),'
alla parte anteriore si trovano pochissime cellule di soste¬
gno (c. s.) alle quali ne seguono, alcune a pigmento (c. p.).
Da questi alla linear, dei parapodi predominano invece le
Alien Harker . F. L. S., professor of Naturai History. Rovai Agricultural
College, Cirencester. — The author, while studying thè circulation and
respiration of annelids at thè zoologica! station at Naples, had beeu spe-
cially interested in thè Maldanidae, i’rom their partially tubiculous habit
and thè brilliant coloration of their anterior ségments. The bands of colour
usuai ly ' ornarne a t thè anterior segrnents , beginning with thè second or
third , and conti nuing to thè ninth ; but thè distribution of thè coloured
bands,. differs widèlv -in thè different species, The colour in living or fre-
shly-killed specimens is of rich rose rnadder colour, shading off in eacli
segment to a brighter rose-pi nk line. Quatrefages attributed a physiologi-
cal value to these coloured bands, describing thetn as being connected with
thè respiratorv function. In connection with thè wholl sub,ect of cutaneos
respiration in annelids, it appeared important to settle this question, and
thè author made sections of thè anterior segrnents in thè Maldanide, and
finds thè colour to be due te a special pigment , whose behaviour under
various reagents he described. On thè other and thè author has studied
thè blood-vessels and their distribution in thè living chaetopod, and is sa-
tisfied that it extends equally in those portions of thè cuticle wich are
uncoloured as in those which are. The coloured bands to hot appear, there-
fore, lo be in any way connected with thè function of respiration.
ɧ
mucose (c. in.), le quali sono così numerose ed addossate
le une alle altre , che non è possibile scorgere se fra di
esse vi sono cellule di sostegno. Infine lo spazio compreso
fra i parapodi e l’estremità posteriore del segmento è oc¬
cupato da cellule a pigmento, fra le quali si scorge qual¬
che cellula mucosa. Negli altri segmenti 6.°, 7.° ed 8.° la
disposizione delle cellule è uguale a quella ora descritta,
solo che in essi mancano le cellule pigmentate alla parte
anteriore e le mucose frammiste alle pigmentate nella metà
posteriore. Da quanto si è detto risulta dunque evidente
che, corrispondendo la colorazione esterna alla distribuzione
delle cellule pigmentate, le fascie rosse non hanno alcuna
parte nella respirazione e che il loro colore è dovuto esclu¬
sivamente alla presenza di un grande numero di queste
cellule.
Le fascie bianche , costituite invece di cellule a muco,
hanno funzione secretice. Se si lascia infatti un animale,
estratto dal tubo, in acqua marina priva di sabbia, si vede
in breve tempo formarsi sul corpo, in corrispondenza di
queste fascie, tanti anelli brunastri dovuti a muco rappreso
in contatto dell’acqua di mare, il quale evidentemente do¬
veva servire alla formazione del tubo, se si fosse trovato
in condizioni tali da potersi agglutinare coll’arena del fondo
in cui vivono questi anellidi.
Cellule mucose isolate sono pure sparse sopra tutto il
corpo o raggruppate in alcuni punti, come sui parapodi ed
ai lati del cordone nervoso nella parte posteriore del corpo,
ma mi sembra che queste servono, piuttosto che alla for¬
mazione del tubo, a mantenere ricoperto il corpo di uno
strato di muco, il quale facilita i movimenti dell’animale
nell’ interno del tubo stesso.
Muscolatura.
1 muscoli sono distinti in due strati principali e cioè
quello dei muscoli circolari e quello dei longitudinali. 11
primo sta immediatamente sotto 1’ epidermide e si stende
senza interruzione dalla testa all’ano; il secondo si divide,
come nella maggior parte degli anellidi, in quattro masse,
poste due al. lato dorsale e due al ventrale. Queste si man-
tengono bene distinte lungo tutto il loro decorso, fonden¬
dosi solo parzialmente all’ estremità anteriore e totalmente
alla posteriore. Da questi due strati provengono tutti gli
altri fasci muscolari, che si riscontrano nel corpo e dei
quali darò più avanti la descrizione. Lo strato circolare ha
il suo massimo sviluppo nei primi quattro segmenti, e si
assottiglia notevolmente nei seguenti; però non si può ac¬
cordare che un valore alquanto relativo a queste differenze,
perchè è naturale che lo spessore degli strati muscolari
debba variare col contrarsi del corpo.
Le fibre dei muscoli circolari sono lunghe e sottili, a
sezione talvolta ovale e talvolta quasi circolare. Tanto
queste che le fibre dei muscoli longitudinali non sono riu¬
nite da sostanza connettiva, la quale si trova in altri anel-
lidi, come ad esempio la Spirographis Spallanzanii (* *)
ed il Branchiomma de VEtang de Tliau (2), ma riuniti
senza alcun ordine nello strato più esterno, e generalmente
disposte col diametro trasversale maggiore in direzione dei
raggi della sezione nello strato più interno.
Le fibre longitudinali sono nastriformi e molto lunghe,
ma per mezzo della macerazione e dissociazione non ho
mai potuto avere che dei frammenti. Ai margini di questi
si trovano di sovente delle specie di creste , formate da
espansioni laterali, le quali riuniscono una fibra all’altra,
secondo l’interpretazione che giustamente da loro il Bru-
notte (3) e che viene poi accettata anche dal Fauvel (4) ,
contrariamente al Jourdan (5) , il quale le attribuisce alla
pressione esercitata dai muscoli circolari sui longitudinali.
La sezione trasversale di queste fibre è fusiforme, più o
meno allungata e molto variabile per dimensione, secondo
che corrisponde alla parte mediana od alle estremità; però
in vicinanza dei muscoli circolari , cioè alle parte esterna
dei fasci longitudinali , predominano le sezioni di minori
dimensioni.
(*) Claparède, Re eh. sur la sinici., eco., p. 54.
('2) Brunotte, Rech. anat. sur une esp. dìi gen. Branchiomma , p. 58.
ci i-
(*) Rech. sur les Ampliar étiens .
(5) Étud. histol. sur denx esp. dn gen. Eunice .
Nel primo segmento, al disotto della piastra cefalica, si
trovano numerosi fasci muscolari che, partendo dai circo¬
lari al lato superiore, attraversano obliquamente la cavità
posta fra la proboscide ed il tegumento, per congiungersi
di nuovo ai circolari ai lati del capo (fig. 35 m.p.). Altri
piccoli fasci [m. p1), paralleli a questi, si trovano procedendo
verso la lamina verticale, ove si riducono a semplice tes¬
suto fibroso, descritto già dal Racovitza nella CL I umbri-
calis ll), che congiunge lo strato epidermico interno ed
esterno della lamina ( t . f. I).
Muscoli potenti sono quelli della proboscide; essi sono
tutti retrattori, mancando completamente i protrattori, come
dirò in seguito parlando del tubo digerente, e sono dati
quasi esclusivamente dallo strato più esterno. Dai longitu¬
dinali ventrali, interamente fusi in un solo strato sottile in
vicinanza del labbro inferiore, partono solo pochi e sottili
fasci di fibre, che si inseriscono al lato ventrale della pro¬
boscide. Molto considerevoli invece, per il loro grande svi¬
luppo, sono i retrattori, provenienti dai circolari, sui quali
si inseriscono secondo una linea continua ed obliqua, che
partendo dall’ estremità posteriore e ventrale del segmento
boccale si porta alla piastra cefalica. Queste fibre, riunite
in piccoli fasci alla loro origine, attraversano lo strato
longitudinale e quindi, allargandosi a ventaglio (fig. 42),
vanno ad inserirsi nella parete interna della proboscide
(fig. 46 m. r. pr.), formando intorno all’ intestino una specie
di diaframma, che il Racovitza (2) a ragione considera
come un sepi mento omologo a quelli dei segmenti anteriori
del corpo.
11 M’Intosh (3) descrive, sopra sezioni anteriori della CL
(Praxilla) assimilis , alcune diramazioni trasversali dei
muscoli circolari, attribuendo loro 1’ ufficio di estroflessori
della proboscide. Si avrebbe dunque una notevole differenza
anatomica fra questa specie e le CL palermitana, collaris
e Claparedei, le quali mancano affatto di protrattori , se¬
condo le mie osservazioni. Ma credo che i muscoli trasver-
(l) Anat. et morph. chi Iole cépMlique, ecc., p. 240,
{*) 1. e. p. 245.
(3) Rep. Annel. Challenger.
29
sali rappresentati dal M’ Intosh (Pi. XXXVI, fìg. 4) non si
devono considerare come attinenti alla proboscide, ma come
frammenti di un sepi mento verticale di uno dei segmenti
che seguono al cefalo-boccale.
Questi diaframmi muscolari, che nella 67. palermitana
si trovano nei segmenti 2.°, 3.° e 4.°, sono appunto formati
da numerosi fasci derivanti dai circolari (fìg. 36). Al lato
dorsale questi fasci passano fra le due masse dei longitu¬
dinali , si incrociano parzialmente e si dirigono in basso
abbracciando il tubo digerente (m. s.1), Ad essi si uniscono
altri fasci laterali, i quali, attraversando ugualmente i
longitudinali superiori, prendono una disposizione uguale a
quella dei precedenti, completando la lamina di divisione
alla parte superiore. Nella metà inferiore il sepimento e
formato da libre che hanno pure origine dai circolari e
che attraversano le masse muscolari inferiori disponendosi
trasversalmente al disotto del tubo digerente (m. s.2}.
Evidentemente non è possibile ottenere che tale diaframma
coincida esattamente col piano della sezione, perchè gene¬
ralmente è concavo in causa della pressione del liquido
periviscerale ; quindi, la figura da me data, non riproduce
che qualche frammento , non potendosi vedere la disposi¬
zione completa che coll’ esame di un certo numero di se¬
zioni successive.
I muscoli obliqui, che dividono in tre camere longitudi¬
nali la cavità del corpo negli anelli seguenti, non formano
lamine continue, come ha osservato il Cosmovici (') per la
Clymene zosiericola, ma fasci nastriformi inseriti sui cir¬
colari , ai lati fra le masse dei longitudinali ed in basso
fra questi ed i vasi neurali (fìg. 52 m. o.). Nel penultimo
segmento ( fig. 40$. m.) e nei tre precedenti troviamo di
nuovo un sepimento trasversale, all’ estremità posteriore ,
ridotto ad una lamina tanto sottile e delicata, che sfugge
facilmente all’osservazione nelle sezioni trasversali. E quindi
solo dalle sezioni longitudinali che possiamo stabilire la
loro presenza e posizione.
Lungo tutto il corpo il tubo digerente è sospeso da fibre
muscolari provenienti dai circolari, lo quali passano fra i
longitudinali sup “T'ori dirigendosi in basso.
('} ( rland . gén. et oro. segment. des Annél. polychètes, p. 334.
30
Nel segmento anale i muscoli dello strato piu interno
prendono una disposizione caratteristica ; lo strato circolare
si assottiglia senza presentare nulla di notevole, mentre
le masse longitudinali si fondono in un unico strato, nella
metà anteriore del segmento ed inviano numerosi filamenti
all’ intestino (fìg. 40 f. m.J. Nella parte posteriore del seg¬
mento, compresa fra il collare circolare ed il fondo dell’im¬
buto, la cavità periviscerale è divisa da lamine muscolari ra¬
diali le cui fibre sono dirette obliquamente dalle pareti al
fondo del segmento. Loro ufficio è di produrre, unitamente
ai circolari, i movimenti dell’imbuto anale, come pure l’a¬
pertura dello sfintere anale, intorno al quale pure si inse¬
riscono (sf.). Alla chiusura di questo, invece è destinato
un anello muscolare, di spessore considerevole, che lo cir¬
conda (fìg. 40 e 41 m. c. sf.). La disposizione di questi setti
muscolari è bene evidente nella sezione trasversale da me
riprodotta nella figura 41 ; in quanto al numero io ne con¬
tai generalmente sedici.
Le setole sono riunite nelTinterno del corpo da una guaina
muscolare alla quale si attaccano i muscoli motori. I pro¬
trattori, più numerosi, circondano il fascio dellé setole sul
quale si inseriscono con un’estremità, mentre coll’ altra si
attaccano ai circolari (fìg. 38 ni. p. s ). In questo punto i mu¬
scoli longitudinali inferiori e superiori si dividono, in vici¬
nanza del parapodo , in piccole masse per dare passaggio
a tali muscoli. L’ufficio di retrattore è compiuto da un mu¬
scolo obliquo, il quale non arriva alla parete laterale del
corpo, ma si attacca all’ estremità inferiore del fascio di
setole (m.r.s.).
Nel ramo inferiore dei parapodi , i muscoli motori sono
più numerosi , avendo ogni uncino dei muscoli proprii
disposti sopra linee longitudinali. I protrattori anche in
questi sono più numerosi , avendo io trovato lino cinque
fascetti anteriori e cinque posteriori (fìg. 39 m.p.u.), i quali
si congiungono con un’ estremità all’ uncino, coll’ altra alla
basale dell’epidermide. 1 retrattori, pure anteriori e poste¬
riori , sono costituiti da diramazioni dei longitudinali , le
quali mettono capo all’ ingrossamento interno dell’ uncino
[m. r. u.).
Cavita generala.
11 Cosmovici (*) ha osservato nella Clymene zostericola
che i primi tre segmenti del corpo non comunicano fra di
loro, perchè dei diaframmi muscolari li separano comple¬
tamente, e che i seguenti sono divisi, da muscoli obliqui,
in tre camere longitudinali , delle quali la superiore con¬
tiene il tubo digerente, le due inferiori gli organi segmen¬
tali e genitali.
11 Racovitza (2J considera la lamina formata dai muscoli
retrattori della proboscide nella Clymene lumbricoides ,
Leiocephalus leiopygos e Petaloproctus spatulalus. come
un sepimento omologo a quelli che si trovano nei primi
segmenti del corpo, ad un terzo posteriore della loro lun¬
ghezza.
Nella Clymene palermitana questa lamina del segmento
boccale è bene sviluppata, come pure i sepimenti posti ad
un terzo posteriore nei segmenti 2.°, 3.° e 4.° ed all’estre¬
mità pure posteriore del 5.°. Nei seguenti anelli incomin¬
ciano i muscoli obliqui, i quali, tanto per la forma che per
la disposizione, non differiscono da quelli descritti dal Co¬
smovici.
Nei quattro anelli anteanali si trovano di nuovo dei se¬
pimenti all’ estremità posteriore, ma essi sono assai ridotti,
risultando di poche libre muscolari ricoperte , come tutta
la cavità interna, dall’ endotelio.
La metà posteriore del segmento anale è suddiviso in
numerose camere da setti muscolari (fìg. 40 sp. r.) , che
circondano l’intestino disponendosi radialmente intorno ad
esso (fìg. 41 sp. r.). Di questi ho già parlato più a lungo
nel precedente capitolo.
Sistema nervoso.
Per quanto riguarda il sistema nervoso ho potuto otte¬
nere ben scarsi risultati dalle mie sezioni, di cui solo quelle
fissate con liquido di Flemming mi furono di qualche aiuto,
(*) Glandes génit. et org. segmenta p. 334.
(?) Le Iole céphal. et Vencèph. des Annél . polychètes, p. 245.
ma unicamente per il cervèllo. Nello scorso anno provai
anche il metodo Golgi , sopra preparati , in bicromato di
potassio al 2%, gentilmente inviatimi da Napoli dal doti.
Lo Bianco, dietro mia richiesta; ma anche con questo me¬
todo non ottenni migliore risultato, perchè gli ammali in¬
vece di essere fìssati ed induriti, dopo pochi giorni mace¬
ravano, anche rinnovando ripetutamente il liquido. Questo
si deve forse attribuire alla poca permeabilità dei loro te¬
gumento e forse si dovrebbe aprire il corpo longitudinal
mente per facilitare la penetrazione, ma T animale allora
si spezza e deforma. Non avendo 1’ opportunità di tentare
nuovamente questi od altri metodi, le mie osservazioni so¬
pra questo sistema sono molto incomplete.
Quatrefages (‘) descrive il sistema nervoso delle Climenidi,
come formato da un piccolissimo cervello bilobo, dal quale
partono lateralmente i connettivi, anteriormente due fili
nervosi esilissimi e posteriormente due nervi che. con altri
5 o 6 provenienti dai connettivi, formano il sistema stomato-
gastrico. Nella catena gangliare ventrale, a forma di nastro,
si trovano numerosi gangli piccolissimi, ad-eccezione di un
paio molto più grandi, i quali forniscono i nervi ai parapodi.
M. Lewis (2) in una nota sui centrosomi e le sfere di
attrazione delle cellule nervose della Clymeneìla torquata,
accenna alla posizione della corda nervosa ventrale , che
giace nell’epidermide, ed ai nervi che da essa partono in
numero di oltre 35 ad ogni segmento.
11 Racovitza f3) osserva che il lobo cefalico ha subito
una notevole riduzione, limitandosi ad un cuneo, costituito
dal palpodio e dagli organi lineali, saldato col boccale in
modo tale che fra di essi non si può segnare un limite
reale. Il cervello, piccolo ed assai allungato secondo il dia¬
metro trasversale, è così ridotto che non vi si distinguono
le tre parti , anteriore , media e posteriore. E formato di
sostanza punteggiata alla parte ventrale e da uno strato
corticale le cui cellule gangliari formano degli ammassi
(') litui, sur les Typ. infer. de V embr aneli. des AnneUs, p. 367. PI. VI,
fio- 7 e 8. — ITist. nat. des AnneUs , t. II. p 23?, PI. 3. fig. 6.
[-) Centi' os. and Spile re in C erta-in of thè Nenie Cells of an hwertehrate.
0 Anatom. et morphol. du labe cepMlique , eoe,., p. 227 e 288. PI. V.
anteriori e posteriori, che si possono considerare come ru¬
dimenti delle corrispondenti parti del cervello. Si occupa
quindi della struttura istologica dell’organo nucale, nell’e¬
pidermide del quale ha riscontrato cellule di sostegno, glan-
dulari. cigliate, nervose e migratrici, e per ultimo studia
la struttura dell’encefalo dimostrando la comunicazione di¬
retta di esso coll’epidermide.
11 cervello della Cl. palermitana , situato alla base del
polpodio e leggermente inclinato sul davanti , non è così
piccolo come nella Cl. tr ancata, di cui ci dà il disegno il
Quatrefages (*) , nè si accorda per la sua forma colla de¬
scrizione del Racoritza (2) che in altre Maldanidi l’indica
di forma molto allungata trasversalmente, senza alcuna
distinzione di gangli. Esso è formato da quattro gangli ro¬
tondeggianti saldati completamente alla parte centrale, in
modo da formare una unica massa nella quale , special-
mente alla parte dorsale ed ai lati (fìg. 43), è ancora vi¬
sibile una linea di divisione longitudinale e trasversale.
I gangli posteriori, assottigliandosi gradatamente, si pro¬
lungano al!’ indietro in due grossi nervi, che si dispongono
al disotto degli organi nucali (fig. 35 n.o.nu.).
Ai lati del cervello, dagli altri due gangli, hanno origine
i connettivi periesofagei, costituiti da grossi cordoni ner¬
vosi, che, ripiegandosi all’ indietro, si riuniscono al disotto
della bocca a formare la catena nervosa ventrale. Al lato
dorsale anteriore di questi gangli si trovano pure due nervi,
che entrano nel pai podio appoggiandosi all’epidermide della
paret° anteriore (fìg. 44 n.pl.). Questi secondo il Racovitza (3)
apparterebbero al cervello anteriore (i precedenti al medio
e posteriore) il quale in questo caso sarebbe assai ridotto.
II cervello è formato per la massima parte di sostanza
punteggiata, ricoperta parzialmente da uno strato corticale
di cellule gangliari. Questo strato, di spessore minore al
lato dorsale del cervello , maggiore nei punti di contatto
dei gangli coll’ epidermide , manca completamente al lato
ventrale, corrispondente alla cavità del corpo, ove il cer¬
vello è ricoperto invece dall’ endotelio.
(') fflud. sur Ics Types infer . de Vernbr. des AnneUs , p. 337, PI. V, fìg. 7.
(2) 1. c. p. 534.
i3) 1- c.
34
La sostanza punteggiata appare costituita (da un reticolo
intricato di sottili fibre alle quali sono interposti alcuni
piccoli punti, e quindi si accorda coll’interpretazione del
Racovitza il quale la considera come un ammasso di fibrille,
le cui sezioni trasversali costituiscono la punteggiatura spe-,
ciale di questa parte del cervello.
Nella sostanza corticale si possono distinguere tre forme
differenti di cellule. Alla periferia (fig. 45 c.ga.p,) delle pic¬
cole cellule di forma ovale o rotonda in cui il protoplasma
è tanto ridotto che molte volte sembrano costituite solo da
un nucleo molto voluminoso, che si colora abbastanza bene
con carmino aliumico di Gremacher. Queste assomigliano
molto a quelle de\V Eunice (Jourdan) f1) e d eWAmpharete
(Fauvel) (2) , però non sono apolari, perchè colla disscia-
zione (3) ne ottenni alcune che portavano un prolungamento
(fig. 51 a. b.\.
Fra queste cellule e la sostanza punteggiata vi sono altre
cellule gangliari, molto più grosse (fig. 45 c. ga.), con nucleo
molto appariscente che occupa il centro della cellula, la
quale può essere di forma ovale od arrotondata, con un
unico prolungamento (fig. 51c), che in qualche sezione si
può seguire fino nella sostanza punteggiata; non tutte però
hanno la stessa orientazione, perchè se ne trovano con pro¬
lungamento rivolto alla periferia. Alcune di queste cellule
sembrano anche essere multipolari, ma non lo posso affer¬
mare con certezza, sebbene cellule simili siano state già tro¬
vate anche nella CI. Oersted i dal Racovitza , perchè non le
ho mai potuto ottenere staccate colla dissociazione e le se¬
zioni non sono abbastanza chiare da eliminare ogni dubbio.
Tra queste cellule se ne trovano alcune di dimensioni
molto maggiori, unipolari, di forma allungata, con nucleo
rotondo, che si devono considerare come cellule giganti
(fig. 45 B).
1 connettivi sono formati per la massima parte di so¬
stanza punteggiata, intorno alla quale, e specialmente in
corrispondenza delTepidermide, si trovano cellule gangliari
tl) Ètud . histol. chi genre Eunice.
(2) Redi, sur les Ampliar e Liens, p. 350.
(3) Vapori di acido osmico (Jourdan).
35
sìmili a quelle che stanno alla periferia del cervello; esse
vanno però diminuendo in numero a misura che ci allon¬
taniamo da questo. La parte centrale è punteggiata nella
metà interna, a libre trasversali nell’ esterna.
La catena nervosa ventrale, posta fra l’epidermide ed i
muscoli circolari, si presenta nelle sezioni longitudinali sotto
forma di un cordone di grandezza costante, nel quale non
si scorgono distinzioni di gangli. Sulle sezioni trasversali
ha forma ovale , e quantunque sia formata da un’ unica
massa di sostanza nervosa , vi si possono distinguere an¬
cora i due cordoni primitivi, dalla fusione dei quali essa
è formata (fig. 42). Questa distinzione è dovuta a fibre della
sostanza punteggiata , che predominando alla periferia e
lungo l’asse verticale della sezione dividendola in due parti.
Al centro di queste sono pure numerose le fibre, ma stanno
interposti ad esse molti punti, dovuti a sezioni di fibre di¬
sposte longitudinalmente.. Alla base di questi cordoni ed al
lato esterno, si trova un ammasso di sostanza corticale le
cui cellule si addentrano fra le cellule epidermiche.
Tubo digerente.
il tubo digerente si stende in linea retta per tutta la
lunghezza del corpo; solo negli ultimi anelli, ove le divi¬
sioni fra segmento e segmento sono molto più marcate,
anche T intestino presenta qualche strozzatura.
Sarebbe diffìcile distinguere le sue varie regioni dalla
conformazione esterna, perchè se si eccettua la minore am¬
piezza ed il maggiore spessore nella parte anteriore in con¬
fronto della posteriore, esso si mantiene molto uniforme
in tutta la sua estensione. Considerandolo invece dal lato
della sua costituzione istologica, troviamo che varia di molto
da una regione all’altra , quindi basandomi specialmente
sopra questo carattere mi pare che si debbano distinguere
le seguenti parti: una proboscide, un esofago, un intestino
anteriore ed uno posteriore.
La bocca, posta al lato ventrale del corpo ed al disotto
del palpodio è provvista di una proboscide inerme, breve
e globulare. Quando è retratta essa occupa il segmento
boccale, formando numerose ripiegature alle estremità delle
36
quali si inseriscono i muscoli retrattori; al centro rii queste
pieghe sta l’esofago (fig. 46).
E. Perrier f1) osservò che negli anellidi in generale 1
muscoli protrattori sono i più numerosi e potenti della
proboscide, ma che di sovente sono aiutati nel loro ufficio
dal liquido della cavità generale, il quale tende a produrre
l’ estroflessione della proboscide , quando viene spinto in
avanti dalle contrazioni del corpo. Nella Cl. palermitana,
collaris e Claparedei, mentre i muscoli retrattori sono tanto
sviluppati da formare una sorta di imbuto, che dalle pareti
dal corpo si porta alla proboscide, di protrattori non si
scorge alcuna traccia, cosi che sarebbe impossibile spiegare
il meccanismo della emissione , se non attribuendolo alla
sola azione esercitata dal liquido periviscerale.
Ad appoggiare questa ipotesi concorrono inoltre due fatti
e cioè il maggiore spessore dello strato dei muscoli circolari
nei segmenti anteriori e la forma stessa della proboscide,
la quale, tanto espansa che retratta, rimane fìssa coi due
margini, cioè coll’esterno all’orlo dell’apertura boccale,
coll’interno all’apertura dell’esofago, mentre la parte in¬
terposta' fra queste due linee di attacco è quella che subisce
l’azione delle due forze opposte tendenti a spingerla albe-
sterno od a ritirarla all’ interno.
Contraendosi i primi anelli del corpo dall’estremità po¬
steriore verso l’anteriore, il liquido periviscerale non po¬
tendo rigurgitare indietro, perchè impeditovi dai sepimenti
dei segmenti *2.° , 3.° e 4.° , è forzato a spingersi nel seg¬
mento boccale, ove esercita una pressione tale sulle pareti
della proboscide da spingerla all’esterno, obliandola a di¬
stendersi. Siccome poi, anche rilassandosi lo strato dei mu¬
scoli circolari , non si potrebbe avere il ritiro della probo¬
scide , a questo ufficio sono destinati appositi muscoli re¬
trattori.
Passando ora a studiare la struttura istologica di questa
prima parte del tubo digerente vediamo che si compone
dei seguenti strati. Esternamente (proboscide estroflessa)
una cuticola chitinosa e resistente, simile a quella che ri¬
veste il corpo (fìg. 47 cu.). Talvolta accade di riscontrare
(') Traiti de Zoologie , p. 1560.
sopra sezioni di animali con proboscide espansa un’area
centrale ricoperta da fitte ciglia; esse però non apparten¬
gono alla vera proboscide, ma alla parte anteriore dell’eso¬
fago, il quale viene ad occupare questa regione centrale
forse in causa di violenti contrazioni dell’animale immerso
nel liquido fissatore.
Il secondo strato è dato da cellule epiteliali [c. ept.) lunghe,
sottili inferiormente ed un poco allargate all’ apice. Nella
parte superiore, ad un terzo circa della lunghezza totale
della cellula, sta un grosso nucleo di forma ovale; il pro¬
toplasma della cellula è granuloso nella parte compresa
fra il nucleo e l’estremità superiore, trasparente nella parte
inferiore. La loro lunghezza non è costante e quindi esse
danno luogo a numerose pieghe, alla superficie della pro¬
boscide, nelle quali troviamo, in corrispondenza della parte
prominente, cellule di lunghezza massima, mentre quelle
più brevi corrispondono agii avvallamenti. La loro differenza
però non è così grande che esse arrivino tutte coll’ estre¬
mità inferiore allo stesso livello e perciò si hanno al di sotto
dello strato epiteliale molte sinuosità corrispondenti alle
pieghe superiori. Questi spazi sono occupati da sostanza
connettiva icnt.) , che non si colora mantenendosi quasi
completamente trasparente. Vi si possono quindi scorgere
solamente alcuni filamenti intrecciantisi variamente fra di
loro ed alcuni piccoli nuclei. Inoltre nello strato connettivo
di questa regione del tubo digerente si trovano frequente¬
mente sezioni che sembrano appartenere a sostanza nervosa.
Il quarto strato è dato da fibre muscolari circolari, che
nella proboscide raggiungono il maggiore sviluppo [m.c.pm
Molto ridotto invece è lo strato dei muscoli longitudinali,
il quale non costituisce più un vero strato continuo, ma è
rappresentato da piccoli fasce tti di poche fibre, sparsi ad
intervalli sotto i muscoli circolari (m. I. p.).
Per ultimo abbiamo la membrana peritoneale sottile, af¬
fatto trasparente e cosparsa di grossi nuclei che si colo¬
rano molto facilmente. Fra questa membrana ed i muscoli
si introducono i vasi sanguigni, che si suddividono in un
numero grandissimo di piccoli rami (v.s.ì, alcuni dei quali,
attraversando gli strati muscolari e connettivo, si spingono
fino all’ estremità delle pieghe formate dall’ epidermide. A
38
me sembra che questo fatto abbia una certa importanza
riguardo alla funzione respiratoria , perchè la proboscide
trovandosi in contatto coll’ acqua maggiormente che le al¬
tre parti del corpo, per essere vicina all’apertura del tubo,
può sostituire in parte l’apparato respiratorio, più o meno
complicato, di molti altri anellidi.
L’esofago, molto breve, occupa il solo segmento boccale
e non offre alcuna distinzione esterna sia colla proboscide
che collo stomaco, quindi i suoi limiti si possono determi¬
nare solo coll’esame di sezioni longitudinali. In esso (fìg. 48)
troviamo uno strato epiteliale formato di cellule munite di
lunghe ciglia, molto sottili ed addossate le une alle altre,
in modo che i grossi nuclei formano una linea scura, quasi
continua, verso l’estremo superiore dello strato ( c.ep.ci .). La
parte inferiore di queste cellule non mi riuscì mai a limiti
bene distinti, ma sembra che fra l’epitelio e gli strati mu¬
scolari non vi sia connettivo. Nell’ esofago questo strato
epiteliale non forma pieghe , e si mantiene di spessore
molto uniforme in tutta la sua estensione. Gli strati mu¬
scolari sono ancora assai ridotti.
L’intestino anteriore, rettilineo e molto esile, decorre dal
segmento 2.° fino a metà del 1 ’8.° (fìg. 50). Osservato sul
vivo, quando non contiene materie introdotte per alimento,
ha colore giallastro come tutto il rimanente intestino; però
esso appare rigato di colore bruno longitudinalmente. Le
sue pareti sono molto grosse in confronto al lume interno*
e sono costituite dai seguenti strati. Una cuticola tanto sot¬
tile, che in molti preparati riesce assai difficile scorgerla,
alla quale segue lo strato epiteliale. Le cellule di quest’ul¬
timo sono piriformi, coll’estremità più larga rivolta all’in¬
terno della sezione, ed un grosso nucleo alla parte superiore
(fìg. 49 c.ep.). A differenza dell’esofago, in questa parte
dell’intestino l’epitelio non è di spessore costante, anzi
molto variabile in causa delle numerose pieghe trasversali
e longitudinali che esso forma. Generalmente alla base di
queste cellule, ma qualche volta anche più in alto, in cor¬
rispondenza alle prominenze delle pieghe , si trovano dei
granuli di colore giallo , le quali non assorbono nessuna
tintura e si presentano di tale colore , anche se le sezioni
sono state semplicemente fissate con sublimato corrosivo
od acido acetico.
É forse per la presenza di questa specie di pigmento che il
Williams f1) dà il nome di biliare all’intestino della Clymene
arenicoida; pigmento chiamato pure biliare dal Cdaparède e
da lui trovato nel l’intesti no che distingue col nome di epatico
di alcuni anel lidi, nei quali può assumere differenti colori,
come nel Chaetoplerus variopedatus, nella Nerine cirra-
tulus (2), ecc. Ghmdu le epatiche di color giallastro o brune,
prive però per la massima parte di canali escretori, sono
segnalate da Yogt e Jung (3) nell’ intestino dei policheti,
alle quali non credo si possano riferire queste granula¬
zioni delle dimeni , perchè se vi corrispondono per il co¬
lore e la distribuzione, esse non hanno l’aspetto di glan¬
di! le. Sembrano piuttosto prodoti i di escrezione, quali furono
segnalati già dal Fauvel (4) nello stomaco ed intestino del-
l’ Ampliar ete Grubei. E a queste granulazioni che si de¬
vono le strie brune decorrenti lungo lo stomaco.
Lo strato muscolare circolare, ancora abbastanza consi¬
derevole per spessore , si mantiene molto uniforme sopra
tutta la sua estensione (m. c.),
1 muscoli longitudinali non formano più uno strato con¬
tinuo, ma sono ridotti a piccolissimi fasci posti fra i cir¬
colari e la membrana peritoneale (m. L).
A metà circa del segmento 8.°, l’ intestino anteriore si
dilata a formare un canale molto più ampio ed a pareti
molto delicate che è l’intestino posteriore. Questo per un
certo tratto si mantiene rettilineo, ma negli ultimi segmenti,
ove sono più marcate le divisioni fra un anello e l’altro
del corpo, esso presenta delle strozzature (die gli danno
aspetto sinuoso, specialmente quando contiene sostanze a-
limentari.
La necessità di tenere a lungo l’animale in acqua cor¬
rente, perchè si vuoti anche questa parte dell’intestino, fa
si che in questo delicatissimo tessuto si riscontra sempre
un principio di macerazione , che rende assai diffìcile lo
(l) Re por t on thè British Annelida. p. 527.
(* *) Clavarède, R’cherch. sur la s truci, des Annèlides sédentaires, p. 98,
PI. XII, fig. 10, PI. XV, fig. 10.
(s) Traile tTanat. comp. pratiqne, p. 509.
(*) Redi, sur les Ampliar etiens, p. 374.
40
studio istologico specialmente dello strato epiteliale. 1 due
strati muscolari sottostanti a questo sono tanto ridotti che
riesce molte volte assai difficile il poterli scorgere sulle
sezioni.
Sistema vascolare.
Il sistema vascolare, sebbene formato da numerosi vasi,
è semplice come in tutti gli anellidi che non presentano
organi speciali di respirazione, e nei quali le differenza-
zioni dei vari segmenti sono minime.
Il Quatrefages (*) ha osservato in questi anellidi due ca¬
nali principali, uno dorsale ed uno ventrale, dai quali par¬
tono numerose ramificazióni di cui non ha potuto seguire
la distribuzione.
Lo studio anatomico di questo sistema, conviene gene¬
ralmente compierlo sopra animali vivi; ma opponendosi per
queste specie le gravi difficoltà della poca trasparenza e
della fragilità del loro corpo, occorre il confronto delle se¬
zioni per controllo alle osservazioni precedentemente bitte
sul vivo. Dà buoni risultati, come fissatore, la miscela di
sublimato saturo ed acido acetico, perchè il sangue viene
coagulato nei vasi da quest’ultimo, e come colorante il
carmino all umico od alcoolico. In causa dell’ intermittenza
della circolazione del sangue, accade che alcuni tratti dei
vasi rimangano vuoti, ed allora si comprende che essi non
sono piu visibili sulle sezioni, ciò che costituisce appunto
il maggiore inconveniente di questo metodo. Riunisco i dif¬
ferenti vasi in una figura schematica (fig. 52), che ci dà
un’idea chiara della loro posizione.
Abbiamo due vasi principali , uno al lato dorsale ed
uno al ventrale. 11 primo di questi (v.d }, si appoggia alla
lamina di sostegno del tubo digerente, mantenendosi sem¬
pre ad una data distanza da esso; il secondo [v.v.) è so¬
speso nella cavità del corpo, sotto l’intestino, pure da una la¬
mina mesenteriale assai sottile. Questi due vasi comuni¬
cano fra di loro, all’estremità anteriore del corpo, per mezzo
di un anello formato da due rami scorrenti lungo i con¬
fi) Hist. nat. des Anne Ics, t. II, p. 23i.
41
nettivi periesofagei; all’estremità posteriore non ho potuto
vedere grossi rami di comunicazione, quindi credo che que¬
sta sia dovuta ad una fìtta rete di piccoli vasi, che si pos¬
sono scorgere facilmente anche per trasparenza nell’ultimo
segmento. Una disposizione simile a questa si trova pure
nell’ Arenicola piscatorum (l).
Ai lati della catena nervosa ventrale, e precisamente fra
essa ed i muscoli longitudinali . scorrono , lungo tutto il
corpo, due grossi vasi neurali [v. n.). Oltre ai precedenti si
trovano due altri vasi longitudinali di grandi dimensioni, e
cioè i vasi laterali posti nella cavità del corpo fra le due
masse di muscoli longitudinali superiori ed inferiori (v.l.).
Dalle vivisezioni mi è sembrato che questi due vasi si bi-
forchino nel segmento 7.° per riunirsi di nuovo in un unico
canale laterale nel IO.0, ovvero lungo tutto il tratto occupato
dagli organi segmentali, ma non ho potuto riscontrare con
certezza questa disposizione anche sulle sezioni.
11 Jaquet, nel suo lavoro sul sistema vascolare degli a-
nellidi , esclude assolutamente che nei policheti esistano
vasi laterali ed a questo proposito cosi si esprime (2). « Eli
premier lien nous observons que chez aucun Polychète il
n’existe des canaux latéraux tels que nous les rencontrons
chez les Ilirudinés. Puis ces dernières sont toutes dépour-
vues des canaux nerviens ou latéraux de la chaìne gan-
glionnaire. Un rapprochenient plus facile peut s’effectuer
entre les Polychètes et les Oligochètes. Chez les deux nous
trouvons un vaisseau dorsal contractile. Les canaux ner¬
viens existent dans les deux groupes. Les canaux latéraux
font défaut ».
Se questa mancanza di canali laterali esiste per molti
policheti, non si può tuttavia generalizzarla all’intero or¬
dine, perchè, oltre che nelle specie di dimeni da me ora
studiate, furono trovati canali laterali in altre, come la
Myxicola infundibuìum (3), la Pro tuia intestinum (4),
Jaquet, Redi, sur le Si/sl. vaso, des Ann’dides.
(-) Iu. hi. p. 386.
0 Quai’aiìède , Redi, sur la struct. des Annélides sedentaires , p. 83,
pi. VI, fìg. 7:
(4) Id. , Id. pi. VIIF, fig. 1.
42
V Audouinia fingerci {l), la Clymene zoster icola f2), 1’ 0-
phelia bicornis (3) e la Pectinaria belgica (4) Non si può
dunque considerare come carattere differenziale fra le sot¬
toclassi dei Cbetopodi e degli I rudi nei la mancanza o pre¬
senza di questi canali laterali.
Nel tegumento si trovano numerosi vasi secondari che
scorrono nello strato dei muscoli circolari (v.s.e.) mettendo
capo in basso ai vasi ne tirali. Comunicano pure coi late¬
rali, per mezzo di piccole diramazioni (v.c.l.) che passano
fra le masse di muscoli longitudinali, e col dorsale per mezzo
di canali che seguono la lamina di sostegno dell’ intestino
;(??, C. d.);. '
1 vasi laterali e neurali sono riuniti da diramazioni piut¬
tosto grandi che attraversano la cavità del corpo, scorrendo
lungo i muscoli obliqui [v. t.). Di questi non ne trovai che
un solo paio ad ogni segmento, nelle vivisezioni , e non è
facile definire il loro numero colle sezioni microscopiche.
Altri due piccoli vasi [v. n. v.) uniscono i due neurali al
ventrale. L’intestino è circondato da numerosissimi piccoli
vasi [v. il), che si trovano fra i muscoli e la membrana pe¬
ritoneale, anastomizzantisi fra di loro a formare una sorta
di rete, che si può fàcilmente scorgere nelle sezioni lon¬
gitudinali. Questi, specialmente nella proboscide, mandano
ramificazioni che entrano nelle pieghe epiteliali. I parapodi
ricevono sangue dai laterali per mezzo di un vaso che en¬
trando alla parte superiore circonda il fascio delle setole
e scorre lungo il rilievo in cui sono impiantati gli uncini.
Anche gli organi segmentali, molto vascol arizzati , rice¬
vono sangue dai laterali per mezzo di numerosi e piccoli
vasi di comunicazione
I due vasi principali, dorsale (fig. 52 v.d.) e ventrale' (t?.#),
sono pulsanti per un tratto anteriore, che mi è sembrato
limitato ai primi nove segmenti. Le pareti di questi vasi
sono formate dallo sdoppiamento della lamina endoteliale
dalla quale sono sostenut i nella cavità peri viscerale , ma
(') Id., Id , ]). 90, pi. XI. figl 5.
(-) Cosmoyici, Glandi. gènti, et org. segni, des Annél. polychètes , p. 335,
pi. XXVII, fig. 8, 9 e IO.
(8) Id. Id. p. 294. pi. XXV, fig. 1.
(*) Id. Id. p. 339, pi. XXVII, fig. 14.
43
nella parte contrattile vi sono inoltre delle fibre muscolari.
La disposizione di queste fibre nel vaso dorsale si vede
chiaramente dalla figura 55, che riproduce una sezione
longitudinale di questo canale nel segmento settimo. Sotto
al rivestimento endoteliale [end.) si trovano delle sottili
fibre muscolari, che non formano un vero strato continuo,
delle quali le più esterne [m.c.) sono disposte trasversal¬
mente , a guisa di anelli , e le più interne longitudinal¬
mente [m. L).
Nella parte posteriore di questi vasi ed in tutti gli altri,
non ho mai trovato fibre muscolari, e le loro pareti si ri¬
ducono ad un semplice rivestimento endoteliale, fornito di
grandi nuclei allungati, molto simile a quello dei vasi del-
V Ampharete Grubei descritto e figurato dal Fauvel (*).
Organi segmentali.
Gli organi segmentali delle Maldanidi, descritti dal Qua-
trefages (2) come organi genitali e dal Claparède (3) come
glandule tubipare, sono stati studiati estesamente dal Co¬
smovici (4) per la Clymene zostericola , nella quale sono
ridotti a quattro paia pos'i nei segmenti 4.°-8.° Egli de¬
scrive questi organi come formati da due parti aventi dif¬
ferente funzione, e cioè un organo segmentale anteriore,
che servirebbe alla evacuazione dei prodotti genitali, ed
un corpo di Bojanus posteriore, che avrebbe funzione uri¬
naria, ma questa teoria generalmente non è accettata, con¬
siderandosi l’intero organo come un nefridio.
Oltre che all’escrezione, i nefridi della regione mediana
del corpo servono pure all’emissione dei prodotti sessuali,
ed in alcuni sedentari possono ridursi e trasformarsi in
modo da perdere completamente la prima funzione adat¬
tandosi esclusivamente alla seconda (Meyer (5), Brunotte (6),
Fauvel (7)).
(') Recherch. sur les Ampharétiens p. 384, pi. XVIII, fìg. 51 e 53.
(-) Risi. nat. des Annelés , t. II, p. 23 2.
(5) Annél. chétopodes ecc., p. 455.
(4) Gland. gènti, el org. segment. ecc., p. 333.
(5) Situi, der Korperbau der Anneliden.
(6) Recherch. anatom. sur une esp. du genre Rranchùmma.
A) Recherch. sur les Ampharetiens .
44
Nella Cl. palermitana , gli organi segmentali sono ri¬
dotti a soli 3 paia, (fig. 50 nf.) il primo dei quali sta
coll’estremo anteriore dietro i parapodi del 7.° segmento e
col posteriore in vicinanza dei parapodi delP8.°, ove sbocca
all’esterno per mezzo di un poro posto fra il ramo inferiore
del parapodo e la catena gangliare (flg. 53). A questo se¬
gue il secondo paio che termina ai parapodi del segmento 9.°
ed il terzo a quelli del 10.°. Questi nefridi sono costituiti
da una parte anteriore imbutiforme cigliata (flg. 54 i.nf) che
corrisponderebbe all’ organo segmentale del Cosmonici, for¬
mato da un delicato padiglione aperto anteriormente e tron¬
cato obliquamente , in modo che la parte più sviluppata sta
rivolta alla parete del corpo. Questo padiglione comunica,
per mezzo di uno stretto canale ripiegato lateralmente, col¬
l’estremità anteriore della seconda parte del nefrodio (or¬
gano di Bojanus del Cosmovici), la quale è formata da un
tubo leggermente sinuoso ( p.nf ), ma molto più ampio ed a
pareti più consistenti, che decresce gradatamente di ampiezza
coll’avvicinarsi allo sbocco esterno dato dal poro situato al
lato ventrale del parapodo. Questi corpi sono sospesi ai lati
del corpo, fra le due masse di muscoli longitudinali supe¬
riori ed inferiori per mezzo della membrana peritoneale,
dalla quale sono ricoperti.
J1 padiglione dell’ imbuto è rivestito internamente da
lunghe ciglia che hanno movimento rotatorio dall’ esterno
all’interno, come si può facilmente vedere osservando con
una lente un animale vivo aperto longitudinalmente Le sue
pareti, molto sottili ai margini, sono formate da un solo
strato di cellule larghe e molto brevi, che nelle sezioni
hanno forma rettangolare, forniti di un grandissimo nucleo
e di lunghe ciglia (flg. hAB). Avvicinandosi alla parte po¬
steriore di questo padiglione , le pareti del tubo si fanno
gradatamente più grandi, le cellule, di forma ovale, hanno
nucleo molto più piccolo e posto generalmente ad un lato,
ed aumentano di volume e di numero.
Le cellule dell’estremità anteriore del secondo ramo del
nefridio sono uguali alle precedenti per forma, ma in queste
vi si possono scorgere all’interno, in preparati con cloruro
d’oro ed acido formico, delle granulazioni di colore bruno,
assai minute (flg. 54 6’). In questa regione, avendosi il massi-
4r>
ino spessore delle pareti del tubo, le cellule sono anche più
numerose e disposte sopra due ed anche tre strati; però
procedendo verso l’estremità posteriore esse diventano più
sottili ed allungate e si dispongono in un solo strato, che
va diminuendo gradatamente di spessore. Tutta la cavità
interna di questo ramo è pure vibratile, ma le ciglia sono
più lunghe e rade che neirimbuto. Giunto in vicinanza del
parapodo il tubo del nefridio si ripiega in basso e sbocca
all’ esterno per mezzo del poro posto alla base del rilievo
del ramo inferiore. In questo ultimo tratto le pareti si sono
fatte assai più sottili (lìg. 54 A) e prima di arrivare al poro
esterno le cellule ovali, che costituiscono le pareti del ne¬
fridio: sono sostituite da cellule epidermiche, assai ridotte
in lunghezza e con nucleo voluminoso, le quali, aumentando
quindi di dimensione , costituiscono i margini del poro di
sbocco fpo. nf.).
Tutto T organo segmentale è ricoperto da piccoli vasi
sanguigni, provenienti dai laterali, che formano una fitta
rete alla parte esterna. All’epoca della riproduzione, questi
organi, oltre che all’escrezione servono anche all’emissione
dei prodotti sessuali, ed allora si trovano frequentemente
nella cavità interna delle uova o degli spermatqzoi.
Riproduzione.
Nei mesi di primavera la cavità periviscerale è general¬
mente ripiena di prodotti maschili o femminili più o meno
maturi.
Le uova (fi g. 33 a), ricoperte da una membrana ialina,
sono di forma circolare o leggermente elissoidale , e di
diametro di g 140-160 , se mature. Alla parte centrale con¬
tengono un grosso nucleo circolare del diametro di g 40-50
che nelle uova più mature rimane completamente traspa¬
rente, se si colorano con carmino allumico o si trattano
con cloruro d’oro ed acido formico, i quali invece tingono
assai intensamente in rosso bruno il protoplasma della cel¬
lula ed i nucleoli. Questi sono generalmente in numero di
due o tre , raramente di uno solo Uova con due nucleoli
sono state descritte per molti aneli idi , ma ultimamente il
46
Fauvel (]) dice di aver osservato che questi nucleoli doppi
si trovano solamentè nelle uova immature, e che quelle
giunte a completo sviluppo non ne contengono che uno solo,
perchè l’altro sarebbe stato espulso.
Io non ho trovato una differenza costante fra quelle che
contengono uno o più nucleoli, ma non avendo potuto se¬
guirne lo sviluppo, mi limito a riportare l’ ipotesi del sopra-
citato autore, non potendo trarne alcuna conclusione sicura.
1 prodotti maschili, si trovano di sovente allo stadio di
spermatogemme arrotondate e moriformi di g 16-22 di dia¬
metro , od in ammassi di spermatozoi uniti per la parte
anteriore, mentre il filamento è rivolto alla periferia e li¬
bero. Questi spermatozoi , quando si staccano , si vedono
formati da una testa conica, (fìg. 33 b) assai allungata, ter¬
minante a punta anteriormente, e troncata posteriormente,
dalla quale parte un lungo filamento, sottile e molto tra¬
sparente.
Le glandule genitali sono descritte dal Cosmovici (-) per
la Clymene zostericoìa , come localizzate sui vasi sangui¬
gni che dai laterali vanno agli organi segmentali, e anche
per la Cl. 'palermitana li trovai limitati a questa regione
del corpo, ma nel ramo che partendo dal vaso laterale se¬
gue l’organo segmentale alla sua parte ventrale.
Clymene collaris Clpde.
Della Clymene collaris e Claparedei non ebbi che un
piccolo numero di esemplari e perciò anche le osservazioni
relative ad esse sono assai limitate. Siccome poi in queste
non rilevai notevoli differenze anatomiche ed istologiche
colla CL palermitana mi limiterò ad accennare ad alcuni
punti più importanti, riportando il disegno di qualche sezione
che, senza differire dalle corrispondenti della Cl. palermi¬
tana , dà un’idea più chiara della loro anatomia. Il tegu¬
mento non presenta differenze rilevanti coi} quello della
specie precedentemente descritta. La. fig. 56 rappresenta
una sezione trasversale , parallela alla piastra cefalica e
(1) Recherches sur le Ampliar e tiens, p. 405.
(2) Gland. gemi, et organ. segmentaires eoe. p 338.
47
passante per la proboscide estroflessa. Da essa possiamo
vedere chiaramente la disposizione dei muscoli retrattori
(ni. r.p.) che , staccandosi dai lati del segmento boccale si
inseriscono nella parete interna della proboscide.
Nel segmento anale si trovano pure dei sepimenti mu¬
scolari radiali ( fìg. 57 sp.r.) che si inseriscono sul fondo
dell’imbuto e sullo sfintere anale da un lato, sul tegumento
dall’altro, ma essi sono assai meno sviluppati che nella
CI. palermitana , mentre sono più numerose le fibre mu¬
scolari [f. ni.) che uniscono l’intestino alle pareti del corpo.
Per il cervello, formato pure da quattro gangli saldati
alla parte centrale, non credo necessario dare una descri¬
zione dettagliata, perchè dovrei ripetere quanto ho già ri¬
ferito per la CI. palermitana senza poter aggiungere nes¬
suna osservazione importante.
Nella proboscide (fìg. 58) si ha una cuticola assai resi¬
stente, che la riveste esternamente, alla quale è sottoposto
uno strato epiteliale formato di cellule non molto lunghe
[c. ept.) , allargate alla estremità superiore, nella quale il
protoplasma è granuloso, e fornite di un grosso nucleo cir¬
colare alla parte superiore. Sotto questo strato si trova il
connettivo (cnt) e quindi i muscoli circolari ( m.c.p .) ed i
longitudinali ( m.l.p .) ricoperti dall’endotelio [end). Ho già
osservato nella specie precedentemente descritta che la pro¬
boscide è molto vascolarizzata e che la presenza di questi
numerosi vasi potrebbe avere una importanza nella respi¬
razione. Nella Cl. collaris (fìg. 56 questi vasi sono nu¬
merosissimi non solo nella proboscide, ma anche nell’eso¬
fago (es.)r che nella parte anteriore viene pure in contatto
dell’acqua. Da questi vasi si staccano inoltre delle ramifi¬
cazioni che, attraversando gli strati muscolari e connettivo
della proboscide, scorrono sotto l’epitelio sino all’estremità
delle pieghe formate da esso (fìg. 58 v.s').
La parte centrale della sezione rappresentata colla fìg.
56 non è ricoperta da cuticola, ma da numerose ciglia (es),
e non deve essere considerata come facente parte della
proboscide ma dell’esofago.
Il Claparède (4) indica per questa specie tre paia di or-
'*) Annél. chétojiodes eco. p. 455.
48
gani segmentali, scambiandoli per glandi! le tu lupare , nei
segmenti 7, 8 e 9 con sbocco esterno nel 6, 7 ed 8, men¬
tre realmente tale sbocco si trova nei segmenti 8, 9 e 10,
e cioè alla estremità posteriore dell’organo, ma credo che
questo si debba attribuire ad una indicazione inesatta, piut¬
tosto che una osservazione erronea.
Clymene Claparedei n. sp.
Nelle poche sezioni che ho potuto ottenere per questa
specie , la struttura dell’ epidermide e la disposizione dei
muscoli nei primi segmenti non differiscono per nulla da
quelle della CI. palermitana.
Lo stesso si può dire per' il cervello e le sue dirama¬
zioni, però da alcune sezioni trasversali del primo segmento
si può rilevare meglio , che nelle specie precedentemente
descritte, la struttura dell’organo liticale. 11 Racovitza (*)
ci dà una descrizione minuta di quest’ organo, nella 67//-
mene lumbricoides; esso è formato da una piega epiter¬
mica, al fondo della quale si trovano delle ciglia le quali
attraversano la cuticola, che riveste la cavità, per mezzo
di fini canali che vi si trovano in tale regione. L’epider¬
mide presenta inoltre delle modificazioni nella sua costitu¬
zione, contenendo cellule di sostegno, cibate, nervose, glan-
dulari e migratrici.
Nei miei preparati non sono evidenti tutte queste varie
distinzioni, non avendo potuto impiegare tutti i metodi ge¬
neralmente usati, in causa della scarsità del materiale, ma
in qualche parte essi sono abbastanza evidenti, quindi mi
limito a queste osservazioni per quanto incomplete.
L’organo lineale è ricoperto dalla cuticola (fig. 59) e sul
lato rivolto all’esterno, oltre che sul fondo, da ciglia. L’e¬
pidermide, che costituisce il fianco interno della fossetta, è
formato da cellule di sostegno .( c. s. ) , con grosso nucleo,
molto sottili alla parte inferiore, fra le quali non trovo
cellule mucose. Fra le estremità inferiori delle cellule di
sostegno si trovano i cordoni nervósi dell’ organo lineale.
11 fondo della fossetta non è di costituzione bene evidente
(') Le labe ccphoMque et V encèpkdle eco., p. 288.
49
perchè non vi si possono scorgere cellule a limiti ben de¬
finiti, mentre il lato esterno è dato da cellule còliate (c. ep.c)
molto lunghe , con nucleo voluminoso centrale , alla base
delle quali sta uno strato di una sostanza granulosa , che
il Racovitza chiama pigmento.
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Lettere comuni a tutte le figure .
a — ano
c — ciuffo di setole
c. ept — cellule epiteliali
c. ep. ci —
c- ga —
c. ga , p —
c. gì —
c. m —
» » ciliate
» gangliari
» » periferiche
» giganti
» mucose.
C. n. p — cordoni nervosi periesofag.
cnt — connettivo
c. p — cellule a pigmento
cr, — cervello
c. s — » di sostegno
cu — cuticola
end — endotelio
ep* — epidermide
es — esofago
f, m — fibre muscolari
f.l — » » longitudinali
f. c — » » circolari
i. nf — imbuto del nefridio
in, a — intestino anteriore
in. p — intestino posteriore
m. c — muscoli circolari
m.C.p — » | » della probosc.
m.c.sf — » » dello sfintere
Oli, l — » longitudinali
on.l.p — » longitud. della probosc.
m.o — » obliqui
m.p. m.py — muscoli della piastra
m.p.S — muscoli protrattori delle setole
Oil.p.u — » » degli uncini
m.r.s — » retrattori delle setole
,m.r,u — muscoli retrattori degli uncini
m. s,rn,s',m.s- — muscoli dei sopimenti
n — nucleo
ni — nucleolo
nf — nefridio
n. o. nu — nervi degli organi nucali
n. pi — » del palpodio
0. nu — organi nucali
p — papilla
po — poro
po. nf — poro esterno del nefridio
p. nf — parte posteriore del nefridio
\pr, — proboscide
j s. a ' — segmento anale
\s. f — sfintere anale
s. n — segmento anteanale
so, n.p, — sostanza nervosa puntegg.
st. n. c — strato nervoso corticale
sp. r — sepimento radiale
sp. t — sepimento trasversale
\t. f. l — tessuto fibroso della lamina
0. c — vasi circolari sottoepidermici
0. c. d — vaso di comunicazione fra
il sottoepidermico ed il dorsale
0 C.l — vaso di comunicazione fra il
sottoepidermico ed il laterale
0. d — vaso dorsale
0. i — » intestinale
\o. I — » laterale
0. n — » neurale
x n. v — '. » di comunicazione fra il
neurale ed il ventrale
\vs e vs[ vasi sanguigni
! 0. . t — vaso trasversale
0. 0 — • ventrale.
SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE
Tav. V.
Ciymene collaris Clpde
Fig. 1 — Capo visto dal lato dorsale X 8.
» 2 — Aculeo X Lo-
» 3 — Uncino X 320,
» 4 — Estremità posteriore (2 segmenti; vista dal lato destro X 12.
Ciymene palermitana Or.
Fig. 5 — Aculeo X 25.
» 6 — Uncino X 265.
» 7 — Setola marginata del segm. 20° X 100.
» 8 — Setola pennata del segm. 20° X 100.
» 9 — Estremità posteriore (2 segmenti) vista dal lato destro X 5.
Ciymene lophoseta n. sp.
Fig. 10 — Capo visto dal lato sinistro X 12.
» 11 — Capo visto dal lato dorsale X 12.
» 12 — Aculeo X 185,
» 13 — Uncino X 320,
» 14 — Setole dei segmenti che portano aculei X 150,
» 15 — Setole dei segmenti che portano uncini X 150,
» 16 — Estremità posteriore (5 segmenti) vista dal lato sinistro X 5,
Ciymene brachysoma n. sp.
Fig; 17 — Capo visto dal lato dorsale X 3,
» 18 — Estremità posteriore (3 segmenti) vista dal lato dorsale X 4.
» 19 — Setola marginata del segmento 15, 0 X 80.
» 20 — Aculeo (vedi Tav. VI) X 95.
» 21 — Uncino X 320,
Ciymene Claparetlei n, sp,
Fig, 22 — Capo visto dal lato sinistro X 10,
» 23— Aculeo X 95.
» 24 — Uncino X 320,
» 25 — Estremità posteriore (3 segmenti) vista dal lato dorsale X 8,
Petaloproctus Cristagalli Clpde.
Fig, 26 — Uncino.
Tav. VI.
Ciymene palermitana Gr.
Fig. 27 — Epidermide del segmento 4.° Sez, trasversale (sublimato ed acido
acetico — tionina) X 235.
Epidermide con cellule mucose vuote Sez. trasv. (id. id.) X 235,
Cellule. di sostegno del segmento 8.° Sez. trasv. (Subì, ed acido
acetico — carmino alluminico) X 190.
Cellule di sostegno staccate per macerazione ( licp di Flemming
V5, acqua distillata 4/5),
Cellula a pigmento staccate per macerazione (id.).
Cellula a muco staccata per macerazione (id,).
Prodotti sessuali : a uovo, b nemasperma.
Cuticola staccata per macerazione in acqua.
Sezione trasversale del segmento cefaloboccale (licp di Flemming
— carmino alluminico) X 40.
Sezione longitudinale del tegumento del 5.° segmento (l’estremo a
sinistra corrisponde alla parte anteriore del segmento) (liquido
Flemming — - carmino alluminico e tionina) X 25.
Sezione trasversale del 4.° segmento con frammenti del diaframma
muscolare X 30 (figura in parte schematica).
Muscoli motori delle setole X 35 (id,).
Muscoli motori degli uncini X 70 (id.).
Tav. VII,
Clymenr palermitana Gr,
Fig. 40 — Sezione longitudinale dell’estremità posteriore (sublimato ed acido
acetico — carmino alluminico) X 15.
» 41 — Sezione trasversale del segmento anale (id, id,) X 15.
» 42 — Muscoli retrattori della proboscide X 80,
» 43 — Sezione trasversale del segmento cefalico (liq. di Flemming —
carmino alluminico) X 40.
» 44 — Sezione longitudinale del pai podio (come fig. 40) X 70.
» 45 — A Frammento di una sezione trasversale del cervello (come fig.
43) X 450, B cellula gigante X 570.
» 40 — Sezione longitudinale del segmento cefaloboccale ( sublimato ed
acido acetico — carmino alluminico) X 20.
» 47 — Frammento di una sezione trasversale della proboscide (liq. di
Flemming — carmino alluminico) X 265.
» 48 — Frammento di una sezione longitudinale dell’esofago (sublimato
ed acido acetico — hàmacalcium) X 125.
Tav. Vili,
Clymene palermitana Gr,
Fig. 49 — Frammento di una sezione trasversale dell' intestino anteriore
(sublimato ed acido acetico — rubina) X 265.
» 50 — Animale aperto longitudinalmente X 2.
» 51 — Cellule nervose corticali staccate (vapori di acido osmico).
» 52 — Disposizione schematica del sistema circolatorio X 20,
» 53 — Poro esterno dei nefridi X 7,
Fig. 28 —
» 29 —
» 30 —
» 31 —
» 32 —
» 33 —
» 34 —
» 35-
» 36 —
» 37 —
» 38 —
» 39 —
Pag’, 54 — .4 Sezione longitudinale di un nefridio X 25. fi Frammento di
sezione dell’imbuto X 375, C Frammento di sezione della parte
posteriore X 200.
» 55 — Frammento di una sezione longitudinale del vaso dorsale nel
nel segmento 7.° (liq. di Flemming — carmino alluminico e
tionina) X 285.
Clymene collaris Clpde.
Fig| 56 — Sezione trasversale del segmento boccale con proboscide estro-
tlessa (liq. di Flemming — carmino) X 50.
» 57 — Sezione longitudinale del segmento anale (sublim. ed acido ace¬
tico — carmino alluminico) X 50.
» 58 — Frammento di una sezione trasversale della proboscide (come fig.
56) X 430.
Clymene Caparedei n. sp.
Fig. 59 — Sezione trasversale dell’ organo nucale.
ERRATA-CORRIGE.
A
pag.
3,
linea
30 invece di
Aiothea
leggi
Axiothea
»
»
20
»
5 » »
Saulier
»
Soulier
»
»
23
»
19 » »
fig, 35
»
bh
»
»
29
»
7 » »
fig. 36
»
fig. 37 e
Atli Soc. lig. di Sonale geogr.Vol IX
Tav.V.
Atti Soc. lig. di Sc.nat.e geogr.Vol IX
Tav.VII
— - s so.n.p
s l.n.c
sp.r
— m.r.p
45
ro-r. p
44
Lit.t.B runi - Pavia
v.s . m.-.c.p .
Orlandi . dis
.
Atti Soc. lig. di Sc.nat.e geogr. Voi. IX
TavVIII
BOLLETTINO DE! MESE!
DI ZOOLOGIA £ ANATOMIA COMPARATA
DELLA R. UNIVERSITÀ DI GENOVA
N.° 63. 1898.
G. Cattaneo
Alcune previsioni scientifiche di Alfonso Borelli.
Habent sua fata libelli . Chi legge più oramai l’opera
di Alfonso Borelli, De motu animalium ? Ma, oltre eh’ è
scritta in latino e redatta nell’arida forma di proposizioni
scolastiche, quest’opera, già sì famosa, ha un frasario
troppo diverso da quello ora in uso, per invogliare alla
lettura i giovani studiosi, di solito affatto ignari di storia
della scienza, e mal destri a risolvere nello spiccio e cor¬
rente linguaggio, a cui sono avvezzi, il pacato e prolisso
eloquio dei libri vecchi, e a sceverare, frammezzo alle idee
arcaiche, i tratti del genio divinatore , che si lancia nel-
l’ avvenire. Ora, fra dottrine fossilizzate, come quelle del
succo nerveo e della fermentazione sanguigna, e alcune
pedanterie iatro-meccaniche (che però nel Borelli sono tut¬
tora ragionevoli , mentre furono poi esagerate dal Bellini
e da altri seguaci), trovansi in quel libro non pochi accenni
a idee genialissime, nuove per allora, e ora ritenute come
evidenti, o almeno degne di seria discussione; oltre che, in
molte parti, l’indirizzo galileiano dell’opera ha tutto il
sapore moderno. Di tali intuizioni e previsioni scientifiche
del Borelli si potrebbe fare un’ interessante raccolta ; ora
accennerò solo a due passi che più mi hanno colpito.
Tutti conoscono l’ipotesi della pangenesi del Darwin,
discussa a lungo e modificata dal Brooks, dal De-Vries,
oppugnata da alcuni, accolta con entusiasmo da altri, tra
cui dal Mantegazza, che aveva precorso le « gemmule »
darwiniane con la sua « materia proligera ». Secondo
quella ipotesi, il fenomeno della riproduzione sarebbe diffuso
in tutte le cellule del corpo, e non localizzato nelle ger-
minali, le quali fungerebbero solo da collettrici dei germi
provenienti dall’intero organismo. Ora tale idea è già chia¬
ramente espressa dal Borei li.
« In embryonibus, ne dum multoties imprimuntur a pa¬
terno semine notae, colores et confìgurationes externae
faciei, oculorum , digitorum, contorsiones et deformitates ,
sed etiam bonae aut pravae internae dispositiones animi ,
viscerum et membrorum haereditantur. Et quia nulla actio
physica concipi potest absque contactu corporeo , ergo di-
cendum est, quod ex universo corpore paterno particulae
aliquae cum semine communicantur , deferentes indoles,
deformitates, morbos » (op. cit. , volume II, 1681, prop.
CLXX).
L’altra previsione notevole è relativa alla funzione dei
polmoni. Al tempo del Borelli era già screditata 1’ antica
opinione, che la respirazione servisse a raffreddare il sangue
troppo riscaldatosi nel cuore, impedendone la coagulazione,
e si ammetteva piuttosto che il moto dei polmoni giovasse
a rimescolare e amalgamare le varie parti del sangue, fa¬
vorendo la sua fermentazione. Questa teoria dell ’ attri¬
zione è sostenuta anche dal Malpighi nelle sue epistole
De pulmonibus (1661). Il Borelli invece, con felice intuito,
comprese che l’utile della respirazione non consiste nel
moto che si fa respirando , ma nella natura di ciò che si
inspira, essendo una parte dell’aria assorbita dal sangue.
Infatti, dopo di avere, in varie proposizioni, combattuto le
idee allora dominanti su tale argomento, esprime le proprie
nelle prop. 0X11, 0X111, CXVI, di cui, essendo troppo
lungo riportare il contesto, citerò almeno i titoli:
« Aer per respirationem receptus est causa potissima vitae
animalium » — « Per respirationem, aeris particulae san¬
guini commisceri possunt » — « Commistio aeris per re¬
spirationem intra sanguinem immissi vitam animalium pro¬
duci et conservai » (op. cit. , voi. II, 1681). Il Malpighi ,
nelle Posthuma ( 1 697) abbandonò la sua prima opinione
e adottò quella del Borelli, ammettendo, tra l’ altre cose,
che « si unisce col sangue un corpo sottile separato dal¬
l’aria ». L’uno e l’altro prepararono così la via ai più
chiari intuiti di Mayow , e alle dimostrazioni di Priestley
e Lavoisier.
lf 3 fy 2-
BOLLETTINO DEI MUSEI
DI ZOOLOGIA E ANATOMIA COMPARATA
DELLA R. UNIVERSITÀ DI GENOVA
N.° 64. 1898.
C. Parona
Elminti raccolti dal Dott. Elio Modigliani
alle isole Mentawei, Engano e Sumatra
Dopo il fortunato viaggio alL Isola di Nias (1886) a N. 0. di
Sumatra, il Dott. Elio Modigliani intraprendeva altre esplorazioni
in Sumatra, alla regione dei Batacchi indipendenti (1890-91) ed
all’Isola d’ Engano, e nel 1894- compieva un terzo viaggio visi¬
tando le Isole Mentawei. Riusciva cosi a studiare, principalmente
sotto il punto di vista zoologico ed etnografico, V importantissimo
gruppo di isole che si stendono lungo la costa occidentale di
Sumatra.
Questi viaggi furono fecondi di risultati scientifici, e ricchissime
collezioni zoologiche vennero inviate e donate al Museo Civico
di Genova ; T importanza delle quali è splendidamente dimostrata
dalla quantità e dal valore delle pubblicazioni che comparvero
negli Annali del Museo succitato (Voi. XXIV e seguenti).
In tanto lavoro l’egregio esploratore ebbe la bontà e la pa¬
zienza, memore delle mie preghiere, di non trascurare le
ricerche degli elminti negli animali vertebrati, che andava pre¬
dando e mettendo in pelle ; ed in tal modo egli riesci a radunare
una collezione, piccola a vero dire , ma di molto pregio, perchè si
riferisce a regioni affatto sconosciute relativamente alLelmintologia.
Varie cause impedirono che prima d’ ora io potessi rendere
ragguaglio sopra tale materiale, (del che chiedo venia principal¬
mente al sullodato Dott. Modigliani) fra cui quella che vale
per tutti i casi di collezioni parassitologiche, ossia lo studio indi¬
spensabile degli ospiti. Anche nel caso attuale quindi si dovette
attendere che gli specialisti incaricati completassero le determi¬
nazioni degli ospiti che il Modigliani non aveva dimenticato di
annotare come affetti da elminti.
2
1. Davainea Blancliardi, n. sp.
(Tav. I , fig. 1 a 8)
In due individui del genere Mus (M. siporanus Thomas e
M. rajah Thom.) furono raccolti varii esemplari di cestode da
riferirsi ad una sola specie di tenia. Trascurando frammenti che,
da poche proglottidi giungevano alla lunghezza da 7 fino a 50
millim. , ma sprovvisti di scolici, si trovavano in un topo altri
esemplari completi delle seguenti dimensioni:
1.
Lunghezza
17
millim.
— Larghezza
3 millim
2.
»
20
»
2>
4
3.
»
11
»
»
87. »
4.
»
15
»
»
2 7. »
5.
X>
20
»
2>
2 7. »
6.
»
5
»
2>
17. »
7.
»
24
»
»
5
8.
»
46
»
»
5
9.
»
18
»
»
4 7. »
10.
»
72
»
»
5
Nel secondo topo stavano solo quattro esemplari tutti collo
scolice e misuranti ciascuno:
1. Lunghezza 17 millim. — Larghezza 4 ’/4 millim.
2. » 13 » 2
3. * 12 y2 » » 2 »
4. » io y2 » » 2 y2 »
Questo cestode appartiene al gruppo delle tenie a corpo piuttosto
compatto , ed anelli cortissimi e larghi, con angoli poco salienti.
Le proporzioni fra la lunghezza del corpo e la larghezza delle pro¬
glottidi variano nei differenti individui , come appare dai riportati
prospetti. Però gli anelli primi sono brevissimi, serrati, mentre
di seguito diventano più distinti, più allungati e più stretti (fig. 1).
Lo scolice è poco appariscente , troncato anteriormente , qua¬
drilobato per le ventose prominenti, se visto dalTalto. Manca
il collo, tosto iniziandosi, dopo lo scolice, le solcature trasversali
delle prime proglottidi (fig. 2).
La lunghezza del corpo, come si notò precedentemente, diffe¬
renzia di molto nei varii esemplari. Nel più lungo essa raggiunge
3
i 72 millimetri , però questa cifra può abbassarsi e di molto.
La larghezza massima è di 5 millim. ; misura che si trova a
circa nove decimi (nel maggiore esemplare) della lunghezza
totale. L'ultimo tratto dello strobilio si va restringendo e gli
ultimi anelli si mostrano pressoché quadrati.
Il numero delle proglottidi non è facile precisarlo, ma, per
averne una norma, noterò che nell' esemplare più lungo ne ebbi
a contare circa 300, delle quali le ultime 10 o 12 sono quelle
che si restringono nel diametro trasversale.
Lo scolice misura 0,50 di larghezza e 0,16 di altezza; misura
questa presa dall' apice del capo fino a livello della prima sol¬
catura trasversale, che sta poco sotto la base delle ventose (fig. 2).
Il rostrello è retrattile e porta una corona di minutissimi
uncini fra loro molto avvicinati. Questi hanno il manubrio diritto
e fi estremità superiore fortemente ripiegata (fig. 3 e 4); misurano
0,032 di lunghezza e sono disposti in duplice serie, precisamente
come sono figurati dallo Stiles quelli della Davainea Salmoni.
Il loro numero si può avvicinare più agli 80 che ai 70 per ogni
serie. Le ventose sono grandi, globose e prominenti, formando
così quattro salienze attorno al rostrello ; il diametro loro giunge
a circa un terzo della larghezza della testa; l'apertura è circo¬
lare, ed il margine, nonché porzione delle pareti sono armate
da minutissimi aculei, disposti in serie oblique, fra loro molto
avvicinate e che danno alla parte un aspetto papillare (fig. 5).
Non parmi di alcun interesse il voler indicare anche approssi¬
mativamente il loro numero, giacché sono copiosissimi. La lun¬
ghezza di questi aculei è di 0,006 e risultano di una porzione
basale allargata e di un’altra che si eleva alquanto e con apice
smussato (fig. 6). Le serie di essi varierebbero da 20 a 25.
Collo nullo, giacché come si rilevò or ora, poco dopo le ven¬
tose, senza alcuna apprezzabile strozzatura, si rilevano le rugo¬
sità indicanti l' inizio delle proglottidi.
Proglottidi. — Le prime sono lunghe 0,032 e larghe 0,014;
le susseguenti modifìcansi nella forma e nelle dimensioni come
già si espose. Gli sbocchi genitali trovansi tutti da un solo lato
e sono situati nella porzione alta del margine di ciascuna prò-
4
glottide, quasi sotto il margine inferiore della proglottide rispet¬
tivamente anteriore (fig. 7). Nella disposizione della tasca del
pene e deir intero apparato riproduttore, tanto maschile che
femminile, non troverei alcunché di speciale o di diverso, da
quanto si conosce e fu descritto per le specie affini. Un solo uovo
in ogni capsula; esso è sferoidale, con hamuli ben distinti (fìg. 8).
Capsula . diam. 0,082 a 0,048
Uovo . .... » 0,016
Hamuli ..... lungh. 0,006
Dalla dettagliata descrizione di questa specie, risulta evidente
che essa appartiene a quelle tenie che R. Blanchard (*) ebbe a
raccogliere in un gruppo speciale sotto il nome generico di
Davainea. Ora la constatazione di questa forma parassita nei topi
di Mentawei è senza dubbio molto importante, perchè viene ad
essere un’aggiunta al piccolo gruppo, che si riteneva fino al 1895
proprio degli uccelli , fatta eccezione della D. Madagascar iensis.
Però nell’anno ora citato lo Zschokke (2) descriveva la D. contorta
del Pangolino indiano, e l’anno scorso (1896) Wardell Stiles (3)
ne indicava due altre nuove specie ( D . retractilis e D. Salmoni )
entrambe della lepre ( Lepus arizonae , L. melanotis e L. sylvaticus).
Ora, con quella da me descritta, il numero delle Davainea
parassite dei mammiferi, si eleva a cinque ; predominando quelle
nei roditori, alle quali dovranno forse aggiungersi alcune altre
tenie tuttora poco note.
Le maggiori affinità della Davainea , che vado illustrando e
che chiamo D. Blanchardi, dedicandola al fondatore di questo
gruppo di teniadi, starebbero colla D. contorta Zschok. , sebbene
se ne discosti per alquanti caratteri. A meglio far risaltare queste
varie differenze, ed insieme le affinità, riassumo nel seguente
prospetto i caratteri più salienti per ciascuna delle cinque specie
di Davainea trovate nei mammiferi:
(]) Blanchard R. — Notices helminthologiques, 2.e Sér. Mém. de la Soc. zool. de
France, T. IV. Paris, 1891.
(2) Zschokke Fr. — Davainea contorta n. sp. aus Manis pentadactyla L. -
Centralbl. f. Bakt. u. Parasitenkde, I Abth. XVII, Bd. N. 18/19, 1895, p. 634.
(3) Stiles Ch. W. — a Revision of thè adult tapeworms of Hares and Rabbits.
Proceed. of thè U. S. Nation. Museum, Voi. XJX, N. 1105. Washington, 1896.
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2. Hymenolepis Modigliani i? n. sp.
(Tav. I, fig. 9-12)
Nel Corvus enea furono raccolti un esemplare intero e due
frammenti di una piccola tenia, con scolice relativamente grosso.
I primi anelli (fig. 9) sono sottili, più larghi che lunghi e poi
gradatamente si allungano (dopo la metà sono larghi 1 1/2 mill.)
fino a diventare quadrati e misuranti allora un mill. per lato.
Questi segmenti più grandi formano però breve tratto dello
strobilio, e cioè quasi dieci mill,, un quinto circa della lunghezza
totale. L’esemplare intero misura 56 mill. : uno dei frammenti
solo 8 e l'altro 6 mill.
Lo scolice ha forma abbastanza caratteristica, presentando un
capitello elevato ed una doppia e visibilissima corona d’uncini,
nonché le quattro ventose molto salienti (fig. 10). Esso scolice
misura nel suo diametro trasversale (a livello delle ventose)
1/3 di millimetro.
Le ventose sono cupoliformi, con muscolatura bene sviluppata
e misurano circa l/5 di millim.
Sopra le ventose si erge il capitello che porta, quasi all’apice,
una doppia corona di uncini, ben visibili anche a piccolo ingrandi¬
mento. Gli uncini sono disposti in due serie alternantisi, ed asso¬
miglierebbero piuttosto agli uncini della Taenia undulata, Rud.,
che a quelli della T. constricta Molin, entrambi proprie dei corvi.
Gli uncini delle due serie variano pochissimo di forma e di
dimensioni (fig. 11), e se ne conterebbero 30 per ciascuna.
Uncino superiore lungo 0,016; inferiore 0,012.
Le proglottidi , come si disse, aumentano di tanto il loro dia¬
metro trasversale, da superare il longitudinale; il che si riscontra
a metà dello strobilio ; però le ultime divengono quadrate.
Le aperture sessuali sono tutte da uno stesso lato, e trovansi
verso la metà dell’altezza del margine di ciascun anello.
Le uova sono numerosissime ; hanno duplice invoglio e l’ em¬
brione exacanto è ben distinto (fig. 12).
7
Invoglio esterno . diam. 0,096
» interno . » 0,080
Embrione . » 0,032
Hamuli . » 0,012
Questa specie, per quanto lo stato di sua conservazione poco
si presti a rintracciarvi maggiori dettagli, appartiene senza dubbio
al gruppo delle Hymenolepis ; sebbene potrebbe avvicinarsi per la
forma degli uncini alle Dicranotaeniae ; se non presentasse la
duplice corona di uncini, che in queste ultime invece è semplice.
Per alquanti caratteri suoi proprii considero questa tenia come
nuova specie ; ed infatti , pur' tralasciando di confrontarla colle
T. serpentulus Schrank , T. coronina Krab. , T. stylosa Rud. , perchè
tutte provvedute di una sola corona di uncini, differisce anche
dalla T. undulata (colla quale per altro ha le maggiori affinità),
perchè questa giunge fino a 280 mill. di lunghezza ed a 4-5 mill.
di larghezza, e perchè la forma ed il numero degli uncini è diverso.
Si allontana pure dalla T. constricta Molili per la forma del capo,
per le minori dimensioni e per gli uncini, che in questa sareb¬
bero soltanto 20, 22. Dalla T. afftnis Kr. per ultimo si discosta
per le differenti dimensioni (80 millim.) , per il minor numero
di uncini (21 a 22), e per le uova.
Habit. Nell’ intestino del Corvus enea , 23 Maggio 1894 a Sereinu.
3. Taeuia I l’inieresm'i n. sp.?
(Tav. I, fig. 13-17)
Negli ofidii furono finora riscontrati pochi cestodi, e questi
in maggioranza spettano ai generi Solenophorus e Ligula; mentre
di teniadi si conoscono , ed incompletamente , due sole specie :
la Taenia racemosa Rud. e la T. lactea Leidy.
La prima fu descritta dal Rudolphi nella Synops . (p. 629)
sopra esemplari stati raccolti dal Natterer in serpenti brasi¬
liani. Misurerebbe fino a 160 millim. di lunghezza; lo scolice
sarebbe inerme, le aperture genitali marginali, alterne, ed avrebbe
alquanti altri caratteri , dei quali diremo in appresso. Aggiungerò
qui che di questa tenia fecero parola in seguito il Dujardin de
8
il Diesing, nelle loro opere; limitandosi però a riportare, con
poche varianti, quanto aveva scritto il Rudolphi.
Il Leidy Q) brevemente descrisse la Taenia laelea colle se¬
guenti parole: « Capo piccolo continuantesi col collo, senza
rostrello; acetaboli anteriori, emisferici, e situati ai quattro angoli.
Collo moderatamente lungo. Segmenti anteriori trasversalmente
oblunghi ; i posteriori più lunghi che larghi , o quadrati , con
angoli attondati. Aperture genitali marginali (indistinte nel¬
l’esemplare) ».
Ora, in un trigonocefalide (Trimeresurus formosus) delle isole
Mentawei , il Dott. Modigliani raccoglieva varii individui di un
teniade che parmi differenzii dai precedenti per alquanti caratteri,,
sebbene io non abbia potuto farne uno studio completo per il loro
stato di conservazione, e non possa in tutto confrontarlo colle
due specie già menzionate, stante le descrizioni insufficienti.
Gli esemplari, che ebbi in esame, presenterebbero le seguenti
dimensioni :
Esemplari
Lunghezza
Largh.
MASSIMA
Condizione del preparato
l.°
60 mill.
1
mill.
con scolice
2.°
12 »
3A
»
idem
3.°
50 »
ì
»
idem
4.°
45 »
ì
»
idem
5.°
18 »
1
»
idem
6.°
105 »
»
senza scolice
7.°
63 »
1
»
idem
8.°
40 »
ì
»
idem
9.°
33 »
%
»
idem
10.°
31 »
i
»
idem
Non tengo calcolo di pochi altri frammenti di minori dimensioni,
certamente spettanti agli strobili sussegnati.
Questa tenia si presenta a corpo sottile, con diametro trasver¬
sale poco variabile , tanto che solo la porzione anteriore va gra¬
datamente assottigliandosi.
(’) Leidy Jos. — Notices of some Tape-Worms; Proceed. Acad. Nat. Sciences of
Philadelphia, Voi. VII, 1854-55; Philadelphia 1856.
9
Lo scolice (fìg. 13 e 14) è sferoidale, con diametro maggiore
del collo , è inerme e senza rostrello ; il diametro suo giunge
lino a 3/4 di mill. Le ventose sono salienti e situate nella parte
anteriore del capo ed ai quattro lati ; sono emisferiche, fortemente
muscolose; diametro 0,016-0,025; apertura interna 0,011-0,016.
Il collo si può dire lungo , perchè misurerebbe circa tre volte
la lunghezza dello scolice; il diametro trasversale, o la sua
larghezza, varia da ]/4 a */2 millim.
Proglottidi. — Le prime sono più larghe che lunghe, e non
si può dire che siano brevissime ; in seguito vanno gradatamente
allungandosi, finché si riscontrano segmenti molto lunghi. Il
carattere loro più spiccato è però quello di non avere tutte una
lunghezza uniformemente eguale, o meglio gradatamente cre¬
scente; per modo che fra anelli lunghi se ne incontrano dei
brevi e viceversa: infatti, mentre alcuni sono quadrati, altri
superano in lunghezza due, tre ed anche quattro volte la loro
larghezza (fìg. 15). Inoltre le loro divisioni sono poco accentuate,
e la strobiliazione riesce quindi nè regolare, nè distinta. Gli
angoli si mostrano pochissimo rilevati, il che concorre a dare
al verme Y aspetto di un nastrino continuo.
Le proglottidi con organi genitali si riscontrano molto all' in¬
dietro nello strobilio. Le aperture genitali sono irregolarmente
alterne e marginali ; non presentano orlo rilevato , anzi una
rientranza nel margine stesso, a modo di «escavazione, indica lo
sbocco di esse. Si trovano pressoché alla metà dell' altezza del
margine d’ ogni segmento ; però non sempre , perchè in alcune
trovansi nella prima, in altre nella seconda metà (fìg. 16).
La tasca del pene ha forma di cono allungato fino a 0,033
(fìg. 17); il deferente è ben distinto, siccome un canale molto
flessuoso, che si dirige all’ indietro, lungo la linea mediana della
proglottide , e che giunto presso il margine posteriore , va a
terminare ai testicoli, i quali vi si trovano raccolti in un ammasso.
Delfi apparato femminile sono visibili soltanto il canale vaginale
ed un tubo uterino , il quale ultimo è pur esso situato sulla
linea mediana della proglottide e volge in alto con disposi¬
zione a T.
IO
Non mi fu possibile riscontrare uova con guscio e mature,
anche attentamente ricercando negli anelli estremi degli esem¬
plari di maggiore lunghezza. Questo è un fatto molto notevole,
avanti tutto perchè dimostra trattarsi di una forma non adulta
(il che mi porta a doverla indicare con dubbio come nuova)
e perchè ciò s’ accorda con quanto , probabilmente , ebbero a
riscontrare tanto il Rudolphi che il Leidy per le due altre tenie
dei serpenti, non avendo essi fatta parola delle uova.
Delle uova della T. racemosa poi non troviamo menzione
neanche nel Diesing , il quale, a quanto sembra, ebbe occasione
di riesaminarla, come appare dalle differenze di caratteri che si
notano nella diagnosi da lui data con quelli indicati dal Rudolphi.
Tutto questo fa avvicinare la presente specie tanto alla Taenia
racemosa Rud. che alla Taenia lactea Leid. , il che risulta chia¬
ramente dal prospetto che trascrivo:
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12
4. Ascaris luintoi-icoicles, Linn.
Un individuo di sesso femminile raccolse il Modigliani a Si-Oban
nell’ Aprile 1894. Era stato espulso da un bambino.
5. A. filaria, Duj.
Nei pitonidi furono riscontrate varie specie di ascaridi, alcune
delle quali però sono ancora dubbie. Le meglio conosciute sa¬
rebbero VA. attenuata Molin (= anoura Duj.), VA. rubicunda Schn.
e VA. filaria Duj. Al tutto incerte sono VA. astrophidis tigridis
major Dies., e VA. astrophidis tigridis minor Dies. Nella colle¬
zione di cui mi occupo trovansi alcuni esemplari di ascaridi
(stati raccolti nello stomaco del Python reticulatus) che non pos¬
sono avvicinarsi nè allA4. rubicunda Sch., nè alLA. attenuata Mol. ,
perchè in queste due specie le dimensioni sono molto supe¬
riori, mentre invece si accordano nei caratteri collA4. filaria,
descritta da Dujardin (Hist. d. Helm., p. 652), riportata in
seguito da varii autori, ed ultimamente anche dallo Stossich
nella monografia sul genere Ascaris (’) (p. 73 dell’ Estr.).
Merita di essere notato che le uova di questo ascaride , come
aveva già indicato il Dujardin, sono sferiche e ricoperte da un
guscio finamente reticolato o meglio alveolato. Difatti al micro¬
scopio si vede il guscio totalmente disseminato di punteggiature
disposte regolarmente. In ciò differenziano da quelle dell'Asmns
attenuata, nelle quali queste punteggiature sono rare e soltanto
sui margini. Anche la forma delle uova è inoltre differente,
perchè in quest’ ultima specie sono el ittiche.
Fra gli esemplari disponibili non vi è pur troppo alcun maschio
e ciò mi impedisce di riscontrare gli altri caratteri , che comple¬
terebbero la descrizione della specie. Ad ogni modo la forma
generale e le dimensioni del corpo, nonché la peculiarità delle
uova bastano per poter ascrivere questi nematodi alla succitata
C1) Bollet. Soc. Adriat. Se. uat. Trieste, Voi. XVII, 1896.
13
specie. Per di più ad accertare la determinazione concorre un
altro fatto , reso noto pur esso dal Dujardin quando scrisse :
« Trouvée abondamment en 1837 à Pondichéry par M. Perrottet . . .
Cette ascaride occupait une sorte de poche gélatineuse en dehors
de Festomac » . Ora riguardo agli ascaridi del pitone delle Mentawei,
riscontrai precisamente che erano, per quasi la totalità di loro
lunghezza, rinchiusi in un tumore formato di varii strati, e
contenente nell’interno, oltre il verme, abbondante poltiglia. Fu
infatti con non poca difficoltà, ed operando delicatamente, che
riescii a liberare tali elminti dalla neoformazione che li tratteneva.
6. A. tiara, 0. v. Linst.
In un Varanus salvator , catturato a Padang (Sumatra) E. Modi¬
gliani riscontrava oltre una dozzina di esemplari di questo asca¬
ride, che fu descritto da 0. v. Linstow (Helmintholog. Untersuch.:
Wurttemb. Naturw. Jahresh. 1879, pag. 320, Tav. V, fìg. 1),
e la cui diagnosi fu riportata in seguito dallo Stossich nella sua
monografia del gen. Ascaris. (p. S2 Estr.).
Non pochi esemplari di questo nematode ho potuto raccogliere
dalF intestino di un Varanus Gouldii Gray , di località che non
mi fu possibile precisare. Però è noto che l’Australia e la Nuova
Guinea sono i paesi abitati da questo varano.
Dopo il genere Ascaris debbo qui registrare alcune specie
spettanti ai generi Oxyuris ed lsacisJ state trovate parassite in
artropodi, e più specialmente in miriapodi diplopodi di Sumatra
e delle Mentawei, che ebbi già a studiare in altra occasione e che
descrissi quali nuove specie in un precedente lavoro (x).
A proposito degli ossiuri di cui farò ora parola, debbo dire
che Adolfo Meyer (2) quasi contemporaneamente a me, e quindi
senza che potesse conoscere il mio lavoro, descriveva una nuova
(') Parona C. — Di alcuni nematodi dei Diplopodi : Atti Soc. ligust. Se. nat.
Ann. vii, fase. 2, Giugno 1896. — Bollettino Musei Zool., Anat. c., N. 44; 1896.
(2) Meyer A. — Neue Ceylon. Nemathelm. ecc. : Arch. f. Naturgesch. Voi. 61,
p. 78, Iuli 1896.
14
specie di ossiuro ( Oxyuris longicaudata ) parassita di un Iulus (non
determinato) di Ceylon. Dalla descrizione che ne dà, dalle dimen¬
sioni indicate per tale ossiuro, ed anche dal confronto delle figure
sue e mie (Meyer loc. cit., Taf. II, fìg. 23, 24, 25, e Parona C.
loc. cit., Tav. I, fig. 9), non vi è dubbio che Y 0 . longicaudata A. Mey.
non è altro che YO. sumatrensis Par.
Perciò la denominazione 0. longicaudata deve passare in sino¬
nimia dell’O. sumatrensis per legge di priorità (Atti Soc. ligust.
fase. 2.° fu pubblicato nel giugno 1896; TArchiv. f. Naturgesch.
fase. 1, ha la data luglio 1896), ed anche perchè il carattere
di longicaudata non è esclusivo al solo 0. sumatrensis. ma lo
presentano, in modo pressoché eguale, anche YO, sphaeropaei
YO. platyrhaciJ YO. pachyiuli da me descritti, nonché YO. blattae,
YO. Diesingi ecc. illustrati da Galeb nel 1878 in un lavoro (Arch.
de Zool. expérim. et génér. T. VII) non conosciuto, a quanto
pare, dal Meyer. *
7. Oxyuris sphaeropaei. Par.
(C. Parona, loc. cit., p. 110, Tav. I, fìg. 4-5)
Maschio : ignoto.
Femmina : lungh. 4 mill. ; largh. mass. 72
Varii esemplari furono raccolti nelT intestino dello Sphaeropaeus
Hercules di Sumatra, e li debbo alT egregio Dott. Filippo Silvestri,
che ebbe a studiare appunto i Chilopodi e Diplopodi di quella
regione.
8. O. platyrliaci. Par.
(C. Parona, loc. cit., p. 110, Tav. I, fìg. 6-8)
Maschio : lungh. 2 mill. ; largh. 0,280.
Femmina : lungh. 3 mill.; largh. mass. 7é mill.
Nel tubo digerente del Platyrhachus Modiglianii di Sumatra
(Si-Rambè) ; racc. F. Silvestri v. s.
15
9. O. suinatrensis, Par.
(Sinon.: 0. longicaudata , A. Meyer, loc. cit.)
(C. Parona, loc. cit., p. Ili, Tav. I, fig. 9-10)
Maschio : ignoto.
Femmina : lungh. 4 mill. ; largh. mass. 1/2 mill.
Nell' intestino del Platyrhachus Modiglianii , insieme al prece¬
dente: Sumatra (Si-Rambè).
10. Isacis Silvestrli, Par.
(0. Parona, loc. cit., p. Ili, Tav. I, fìg. 11-14)
Maschio : lungh. 4 mill.; largh. mass. 0,168.
Femmina : lungh. 5 mill.; largh. 0,210.
Nell' intestino dello Sphaeropoeus hercules e del Platyrhachus
Modiglianii di Sumatra (Si-Rambè).
11. X. Modiglianii, Par.
Maschio : lungh. 5 mill.; largh. mass. 0,280.
Femmina: lungh. 8 mill.; largh. mass. 0,490.
NelT intestino dello Spirostreptus mentaweiensis ; Is. Mentawei,
Sereinu (Sipora).
12. Strong’ylus g^aleatu^, Rud.
( Diaphanocephalus strongyloides Molin.)
Di questa bella specie ho potuto raccogliere un maschio ed
una femmina nell’ intestino del Dendrophis pictus di Sumatra
(Si boga).
Deve essere per altro parassita molto raro perchè, sebbene
attentamente lo ricercassi, trovai due soli individui in ventiquattro
esemplari di questo elegante ofidio , stati messi a mia disposizione,
per ricerche elmintologiche, dalla Direzione del Museo Civico di
Genova.
16
13. Rietularia plagio s to ni a , Wedl.
Non sarebbe il caso di intrattenerci sopra questa specie, se
non si ‘trattasse del rappresentante di un gruppo di nematodi
che è fra i meno conosciuti, perchè raro, e da pochi autori
osservato. Io descrissi non è gran tempo una nuova specie di
Rietularia (Ann. Museo Civ. Genova; Voi. XXVII, p. 771, 1890)
ed allora accennai alla scarsità di notizie che si hanno sull' argo¬
mento, enumerando anche le poche specie finora conosciute.
Sgraziatamente ho a mia disposizione un unico esemplare, che
il Modigliani ebbe a raccogliere dall’ intestino di uno scoiattolo
(Sciurus melanogaster) delle Mentawei. Le condizioni di conserva¬
zione del verme sono poco buone, presentandosi al tutto opaco
e di tinta così intensa da rendere impossibile Y osservazione di
alcun particolare interno.
È di sesso femminile e misura 19 mill. di lunghezza.
Dai caratteri esterni che fu dato verificare, è da escludersi
che sia la R. Bovieri Blanch., perchè questa è molto più piccola;
e così pure la R. Elvirae Par., perchè questa supera di 2 o 3
volte le dimensioni di quella in discorso ; nè può essere la
/?. avnphiaeantha Dies. , perchè il Diesing le assegna tre file di
uncini ; infine neppure la R. cristata , perchè questa avrebbe una
sola fila di aculei.
Perciò il mio esemplare lo considero come R. plagiostoma Wedl;
ritenendo, come scrissero il Dobson ed il Magdonald, YOphiostoma
Magdonaldi non differente notevolmente dalla R. plagiostoma. E
da tener calcolo che queste due ultime forme sono di prevalenza
parassite dei pipistrelli, però si conosce che la R. plagiostoma
venne riscontrata anche nella volpe (Sonsino) e nel riccio (Wille-
moes-Suhm). Inoltre nel gruppo dei sciuridi non manchereb¬
bero parassiti del genere Rietularia , giacché io stesso descrissi la
R. Elvirae stata rinvenuta in uno scoiattolo della Birmania ( Sciurus
alboventris) .
SulL area di distribuzione di questa specie , che deve essere
piuttosto vasta ed irregolare, parlava già P. I. van Beneden
17
(Les Parasites et les commens. , Paris 1883, pag. 218), e questa
mia nuova indicazione di ospite e di località conferma ancor più
il suo asserto.
14. Trieliosoma Modig-lianii, Par.
(C. Parona: I tricosomi degli Ofidi, Atti Soc. ligust. di Se. nat.
Yol. Vili, 1897, p. 381, Tav. X, fig. 4-7).
Di questo nuovo tricosoma trovato nei serpenti diedi (loc. cit.)
la seguente diagnosi:
Femmina: lungh. 10-13 indi.; largh. mass. 0,070. Esofago
lunghissimo , quasi la metà della lunghezza totale del corpo ;
organi esofagei grandi e romboidali. Coda attendata, apertura
anale quasi apicale. Ovario che si spinge fino all’ estremità po¬
steriore dèi corpo; vagina larga; vulva con labbro sporgente e
distante 0,084 dal termine dell’esofago. Uova lunghe 0,070,
larghe 0,042.
Maschio : lungh.' 9 mill. ; largh. mass. 0,042. Coda con borsa
genitale piccolissima; guaina non striata, gimnoteca; pene lungo
quasi mezzo millim., non striato.
Trovai alcuni esemplari, aggomitolati colla Taenia trimere*
suri n. sp. sopra descritta , nell’ intestino del Trimeresurus far -
mosus delle Mentawei.
15. Physaloptera sciuri, n. sp.
(Tav. I, fig. 18-19)
Maschio : lungh. 16 mill.; largh. mass. 1/2 mill.
Corpo cilindrico , più attenuato al T avanti che alT indietro.
Cuticola finamente striata di traverso per tutta la lunghezza del
corpo, più distintamente però nella porzione posteriore. Gli anelli
sarebbero lunghi circa 0,025. Capo con due labbra larghe, a
contorno circolare, con denti esterni fogliacei, e che ricordano
quelli della Physaloptera muris brasiliensis Dies. (fig. 18). Late¬
ralmente ad esse stanno due papille. Diametro del capo, a livello
dell’espansione cuticolare, 0,013. Questa espansione cuticolare
18
forma un largo anello, che giunge quasi a livello delle due
papille ricordate or ora.
La cloaca è grande, orbicolare, con margine rilevato e fran¬
giato (fig. 19). L’espansione membranacea della coda è ampia,
lanceolata, come nella norma. Vi si trovano quattro paia di
papille, con lunghi peduncoli, che sono situate lateralmente alla
cloaca; più una papilla sessile all’ indietro dell’apertura cloacale,
due paia fra loro avvicinate ma marginali, ed un ultimo paio
all’ estremità della coda.
Una grande quantità di tubercoli, o di piccolissime papille
trovansi disseminate alla regione postanale, e di esse è notevole
una serie che corre lungo il margine dall’ultimo paio di papille
caudali fino alle papille peduncolate (fig. 19).
Femmina :
l.° Esemplare lungi). 17 millim. — largh. 72 millim.
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» 1 9 »
» 'U
»
3.°
»
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» 1
»
4.°
»
» 32 »
» 1
»
Oltre ai caratteri comuni già indicati pel maschio , presenta
di speciale: la coda ottusa; la vulva con margine non saliente,
e che si trova a circa un terzo dall’ apice cefalico ; 1’ utero ad
un solo tubo e che si estende all’ indietro ; e per ultimo le uova
piccole, sferiche, il cui diametro varia da 0,016 a 0,022.
Habit. Nell’ intestino e nello stomaco dello Sciurus melanogaster
(N. 6, 7 e 10 Catal.); Mentawei.
Quale parassita dei roditori non era registrata che una sola
Physaloptera ( Ph . Muris brasiliensis Molin) , in questi giorni però
O. Linstow (7 ebbe a descrivere un’altra specie (Ph. circularis )
pure nei Muridi (. Mus rattus ), ma di località molto lontana dalla
precedente, e cioè di Madagascar. Negli Sciuridi per altro non
furono finora segnalate specie di tale genere.
I rapporti che passano fra le tre specie di Fisalottere dei
rosicanti sono molto intimi, come appare dal prospetto che più
sotto riporto.
(') Nemathelminthen gròsstentheils in Madagascar gesammelt.: Arch. f. Natur-
gesch. 1897, Bd. I, Hft. 1.
19
La Ph. dello Sciurus ora descritta differirebbe dalla Ph. muris
Brasil. principalmente per le minori dimensioni, sia del maschio
che della femmina, e per la disposizione delle papille caudali
del maschio. Dalla Ph. circularis invece diversifica per i ca¬
ratteri del capo, ed anche per le papille labiali, nonché per
le uova.
Ad ogni modo queste tre specie hanno fra loro notevoli so¬
miglianze e certamente sarebbero da riunirsi in un unico gruppo;
il che avrei fatto, se avessi avuto a disposizione maggior mate¬
riale di confronto, ed i tipi delle specie già descritte.
Ph. muris brasiliensis
Molin 1860
Ph. circularis v. Lins.
1897
Ph. sciuri Par.
1897.
Mas. lungh. 24-30 mm.
Mas. lungh. 15,2 mm.
Mas. lungh. 16 mm.
Corpo anellato, anterior¬
» largh. 0,8 mm.
Anelli del corpo 0,044.
» largh. >/2 mm.
Corpo anellato: anelli 0,025;
mente attenuato.
Due labbra grandi, dente
Due labbra con orlo; l’an¬
attenuato all’ avanti.
Due labbra larghe a con¬
esterno piccolo ottuso;
teriore con piccolo cono,
torno circolare ; denti
denti interni fogliacei.
l’ altro con tre papille
interni fogliacei ; un
All’ estremità caudale :
piccole.
All’estremità caudale:
paio di papille.
All’ estremità caudale :
4 paia papille pedunco¬
4 papille peduncolate ;
4 papille peduncolate ;
late.
cloaca con orlo cutico¬
cloaca ampia, con mar¬
3 paia postanali, più una
lare.
Una papilla non pedunco¬
gine frangiato.
Non visibile alcuna pa¬
dispari fra 2 e 3.
lata avanti la cloaca ,
pilla preanale ; una im¬
Altra impari vicinissima
dietro altra grande; più
pari postanale ; tre paia
alla cloaca.
tre paia postanali, delle
marginali e postanali,
Fem. lungh. 34-45 mill.
quali 1 e 2 contigue.
Fem. lungh. 24 mm.
l’ ultimo delle quali al-
1’ apice caudale.
Fem. lungh. 17-32 mm.
Estremità caudale diritta
e molto ottusa.
Ospite : Mus brasiliensis
» largh. 1,09 mm.
Uova a grosso guscio :
lungh. 0,049, largh. 0,033.
Ospite : Mus rattus
» largh 1 mm.
Coda ottusa.
Vulva non rilevata ad :/5
della lungh. del corpo.
Uova piccole e sferiche ;
diametro 0,016 - 0,022.
Ospite: Sciurus melano-
(intestino e stomaco).
(stomaco).
gaster
Patria : Brasile.
Patria: Madagascar.
(stomaco ed intestino).
Patria: Isole Mentawei.
20
16. Physaloptera retusa, Schn.
Un solo individuo femmina di fìsalottera, raccolto nell’intestino
del Braco Modiglianii ad Engano, ascrivo con qualche dubbio
alla Ph. retusa Schn.
17. Filaria, sp. ?
Un unico esemplare di sesso femminile, lungo 56 mill. venne
riscontrato il 29 Aprile 1894 nella Buchanga periophtfialmica a
Si-Oban. Presenta il corpo ottuso anteriormente, striato di tra¬
verso ; con ovidotto tanto sviluppato da occupare tutta la parte
posteriore del corpo, ed è rigonfio di uova. I pochi caratteri che
si possono ricavare da questo esemplare, e la mancanza del maschio,
non permettono poterlo riferire alle varie specie di filarie, che
furono descritte negli uccelli della famiglia delle Muscicapidae.
18. Spiroptera (Filaria,) obtusa, Rud. ?
I caratteri del nematode in esame non coincidono nè con
quelli della Spiroptera quadrialata Molin , nè con quelli della
Sp. Braumj recentemente descritta dal Linstow (loc. cit.) che
sono comuni nei muridi. Invece questa fìlaride si avvicina alla
Sp. obtusa Rud., che vive in parecchie specie del genere Mus ,
e che deve avere una distribuzione geografica notevole.
Due soli esemplari di sesso femminile , lunghi 32 millim.
Nell’ intestino di Mus siporanus (N. 3 di Catal.), Menta wei.
19. ? Echi norhy nell us.
Nell’ intestino di un Mus rajah fu raccolto un parassita di
grande interesse. Sgraziatamente però esso è rappresentato da
un unico esemplare, ed in condizioni poco favorevoli per essere
sezionato, e neppure trasparente per poterlo studiare in loto.
Ha corpo cilindrico, più allargato all’ avanti che all’ indietro;
è lungo 2 centim. e largo al massimo circa 2 J/2 millim. Presenta
21
la porzione anteriore ben distinta dal restante del corpo, e ricorda
molto da vicino la proboscide degli acantocefali. Essa è costituita
da uno sferoide molto schiacciato ed è terminata da un rilievo
conico. Questa parte è armata da sei serie di aculei, disposti
trasversalmente, che hanno tallone allargato e punta a cono ed
arcuata. Ciascuna serie consta di circa una quarantina di detti
aculei, lunghi 0,033. Il restante del corpo è irto di spine ro¬
buste (lungh. 0,083), avvicinate fra loro in modo da ricoprire
fittamente il tegumento. Trovansi disposte in serie trasversali,
sebbene non regolarmente.
Dopo la metà del corpo queste spine vanno diradandosi e
diminuiscono di grossezza fino a scomparire , per modo che
r ultima quarta parte del corpo è inerme, ed offre delle rugosità
trasversali.
Come dissi , non fu possibile distinguere organi interni ; sol¬
tanto si notano: una macchia chiara, ossia più trasparente del
restante, nel centro del corpo, e due fascie pure chiare, che dal
collo scendono fino a raggiungere la macchia trasparente.
22
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SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA
Davainea Blanchardi n. sp. (fig. 1-8).
Fig. 1. Strobilio completo a grandezza naturale.
» 2. Scoi ice x 325.
» 3. Porzione della corona di uncini X 600.
» 4. Tre uncini isolati x 900.
» 5. Margine della ventosa con varie serie di aculei x 600.
» 6. Aculei isolati x 900.
» 7. Sbocchi genitali x 325.
» 8. Uovo colla capsula x 900.
Hymenolepis Modiglianii n. sp. (fig. 9-12).
Fig. 9. Strobilio completo a grandezza natur.
» 10. Scolice X 325.
» 11. Uncino X 900.
» 12. Uovo colla capsula x 900.
Taenia trimeresuri n. sp. (fig. 13-17).
Fig. 13. Scolice x 325.
» 14. Scolice alquanto compresso.
» 15. Ultima porzione di strobilio, a grandezza natur.
» 16. Ultime proglottidi colle aperture sessuali.
* 17. Tasca del pene e porzione dell’apparato genitale.
Physaloptera sciuri n. sp. (fig. 18-19).
Fig. 18. Capo x 325.
» 19. Estremità caudale del maschio X 325.
Genova, Novembre 1897.
Genova — Tip. Sordo-muti.
Tav. I.
Annali del Museo Civico Serie 2?. Voi. XIX. (XXXIX)
1
2
3
4
9
lit. E. Bruni- P avia
/
DI ZOOLOGIA E ANATOMIA COMPARATA
DELLA R. UNIVERSITÀ DI GENOVA
N.° 65. 1898.
Ernesto Setti
Tri sto munì Perugiai n. sp.
sulle branchie del Tetrapturus Belone Raf.
Trovai gli esemplari del nuovo Tristoma fra le lamelle
branchiali di un Tetrapturus belone Raf. , che , come si
sa, è un pesce piuttosto raro nel Mediterraneo (*) Il Te¬
trapturus fu preso alla Spezia' nel novembre dello scorso
anno, ma io non potei esaminarne le branchie che qualche
tempo dopo, quando i pochi esemplari dell’ ectoparassita
non erano più freschi certamente; in questi tuttavia potei
rilevare i caratteri di maggiore importanza per la siste¬
matica, e trovare quindi un materiale piti che sufficiente
per uno studio strettamente zoologico (2).
Il nuovo Tristoma è di piccole dimensioni, non raggiun¬
gendo che la lunghezza massima di 5mm5, e la larghezza
di 2m,n25 nella parte posteriore del corpo che è la più di¬
latata; quanto al diametro dorso-ventrale è estremamente
ridotto, ed il verme è quindi esilissimo. Verso la metà del
corpo la larghezza non è che di lmm25 alTincirca, e presso
Pestremità anteriore, alla base delle ventose, sorpassa ap¬
pena il mezzo millimetro. Tali misure, prese sul maggiore
dei nove esemplari trovati, variano di poco negli altri, e
attestano che la forma del corpo in questa specie si scosta
alquanto da quella che si riscontra nelle congeneri: la lun¬
ghezza è molto maggiore della larghezza, e quest’ultima di¬
minuisce rapidamente tra Pestremità posteriore e l’anteriore
(i) Yeggasi in proposito: V. Carus, Prodromus faunae medit. II, p.
U76, Stuttgart, 1885-93. Ed anche: G. Canestrini, Fauna d'Italia , parte 8.a
Pesci), p. 11$, Milano, 187$.
(~2) Il materiale mi fu gentilmente ceduto dal Direttore del Museo zoolo¬
gico dell’Università di Genova, prof, Corrado Parona, a cui porgo qui i piu
vivi ringraziamenti.
del verme. L’unita figura, che rappresenta un esemplare ti¬
pico fortemente ingrandito, mette in evidenza la forma ge¬
nerale del corpo, le dimensioni relative delle varie parti, e
la disposizione delle medesime.
Le due ventose anteriori sono normali , tanto per gran¬
dezza, quanto per forma e per posizione; e il margine an¬
teriore del corpo, tra queste compreso, si mostra rettilineo
o leggermente concavo, della media lunghezza di 0mm3.
I margini laterali sono intieri, cioè non presentano inse¬
nature regolari come quelle
che si osservano nel T. sinua-
lum Goto i1) , sebbene vi si
riscontrino , come in questa
specie, i corpuscoli chitinosi
disposti in un’unica serie, a
intervalli di un decimillimetro
circa. Tali corpuscoli variano
notevolmente di forma e di
dimensioni secondo il posto che
occupano (fìg. A, B, Cj: quelli
della parte posteriore del corpo
(A) sono più piccoli degli altri
e si avvicinano per la forma
a quelli disegnati dal Monti-
celli per il T. molae (2) ; invece
quelli anteriori hanno una ca¬
ratteristica forma a corona con
numerose punte divergenti (C),
e sono notevolmente più grandi
(larg. massima 0mm025); tra
gli uni e gli altri ve ne sono
di quelli con caratteri inter-
medii (B).
All’estremità posteriore del
corpo i margini rientrano verso
Fig. 1. — Trislomum Perugiai ,
n. sp. (X 15)« — A, corp. marg.
posteriori ( X 200); B , corp. marg.
mediani; Ó , corp. marg. anteriori;
D, uncino della ventosa posteriore
( X 100); a. d., grande ansa del
deferente; d. , deferente; /!, farin¬
ge ; i. , intestino ; m. , corpuscoli
marginali; t., testicoli; t. tasca
del pene: v, vitellogeni.
(1) Sci taro Goto, Studies on thè Ectoparasitic Tremalodes of Japan.
Journal of thè College of Science, Vili, part 1, pag. 239 e tav. 20, fìg. 1.
Tokyo, 1894.
(2) F. S. Monticelli, Elenco degli Elminti studiati a Wimereux nel 1889.
Bull. Scient. de la F rance et de la Belgique. XXII, pi, XXII, fìg. 15, Paris, 1890.
3
la parte centrale, determinando una profonda insenatura,
in mezzo alla quale è collocata la ventosa posteriore. In
confronto a quella che si osserva in ogni altro Tristoma
questa ventosa è assai piccola, non superando nel massimo
diametro 0ram7 (un ottavo circa della lunghezza del corpo);
si mostra di forma ellittica, più larga che lunga, ed ha
sul margine una membrana regolarmente festonata. I sette
raggi caratteristici della ventosa posteriore dei Tristomi si
trovano anche in questa specie, ma disgraziatamente non
si può distinguere con chiarezza la loro disposizione in nes¬
suno dei miei esemplari, ed è questo il solo carattere si¬
stematicamente importante che io devo lasciare indefinito.
Verso la parte posteriore della ventosa si trovano due
uncini relativamente grossi e di forma diversa dalla nor¬
male; essi ricordano piuttosto quelli delle Tenie, presen¬
tando un lungo manico ed una lama fortemente incurvata
(tig. D); la loro lunghezza è di 0mmT2.
L’interno organamento del corpo non si scosta dal nor¬
male per notevoli particolarità, eccetto che per la disposi¬
zione dei vitellogeni, che è molto caratteristica.
Come appare dall’unita figura, i vitellogeni, sotto forma
di numerosissime e minute macchie brunastre , sono am¬
massati verso i margini del corpo in due zone che si riu¬
niscono posteriormente, rientrando per un buon tratto verso
il centro, e accompagnando quindi la profonda insenatura
della parte posteriore del corpo. 11 limite interno di queste
zone dei vitellogeni è percorso dai vitellodotti e dai tron¬
chi primarii dell’intestino. Questo dà luogo a numerose ra¬
mificazioni dirette verso i margini del corpo, e s’inizia con
una grossa faringe situata poco al disotto delle ventose
anteriori.
Immediatamente a destra della faringe (guardando dal
lato ventrale) è ben visibile, anche a debole ingrandimento,
la tasca del pene, a cui fa seguito il deferente, che con
molteplici anse si spinge fino alla parte centrale del corpo,
occupata dai numerosi testicoli. Sono invece pochissimo evi¬
denti gli organi femminili , la cui disposizione non ho po¬
tuto infatti delineare (eccetto i vitellogeni sopra descritti';.
Tra la faringe e le ventose anteriori, si possono scorgere,
a forte ingrandimento, quattro piccolissime macchie oculari,
4
disposte come se fossero sui vertici di un trapezio con la
base in basso.
Dal complesso della descrizione ora data appaiono ab¬
bastanza evidenti le caratteristiche della nuova specie, che
denomino Tristomum Perugiai. in ricordo del compianto
zoologo amico, Sig. Alberto Perugia, ben noto agii elmin-
tologi per gli studi fatti col prof. Paronà sopra i Trematodi
ectoparassiti.
Tuttavia credo qui opportuno l’aggiungere un breve rie¬
pilogo sistematico sui Tristomi, e un particolareggiato raf¬
fronto tra la nuova specie e le altre congeneri, sopratutto
perchè parecchie di queste sono tuttora pressoché scono¬
sciute.
Tenuto conto delle sinonimie già stabilite (D, il genere
Tristomum comprende le seguenti specie: T. coccineum
Cuv. (18.17), T. maculatum Rud. (1819). T. papillosum
Dies. (1836), T. molae Em. Blanchard (1847), T. squali
Em. Blanchard (1847), T. lieve Verril (1875?), T. cornuturn
Verrill (1875?), T. pelamydis Tasch. (1878), T. uncinatimi
Montic. (1889), T. interruptum Mont. (1891), T. Levinseni
Monti (1891), T . histiophori Bell (1891), T. sinuatum Goto
(1894), T. ovale Goto (1894), T. rotundum Goto (1894), T.
foliaceum Goto 1894), T. Nozawae Goto (1894), T. bipa-
rasiticum Goto (1894).
Per la maggior parte di tali forme non può mettersi in
dubbio l’entità specifica, ma per alcune è più o meno in¬
certa o anche del tutto negabile, ed è specialmente di que¬
ste che io devo parlare.
11 T. laeve e il T. cornuturn. descritti dal Verrill fino
dal 1875 (2), in una pubblicatone che non ho potuto con¬
sultare finora (come non poterono prima di me altri au¬
tori) (3), sono le specie meno conosciute; tuttavia mi è le-' (*)
(*) T. integrimi Dies (— T. coccineum Cuv.) — T. B lancila r di Dies.
{— T, squali Em. Blanchard). — T , rudolphianum Dies. = T. aculea-
tum Couch. = T. celiala Risso .== T. molae Em. Blanchard/.
(2) Benché le indicazioni che ho trovato per il lavoro del Verrill non
ispecifiehino la data, credo che sia del 1875. perchè il decimo volume della
terza serie del relativo periodico (American Journal of Science) fu pub¬
blicato in quell’anno, ed è poco probabile che si tratti invece di altra serie.
(3) F. S. Monticelli, Intorno ad alcuni elminti del Museo zool. di ■ Pa-
cito, per indirette osservazioni, argomentare che esse devono
distinguersi dal T. Perugiai.
Riguardo al T. laeve mi è arrivato in buon punto un
recente lavoro del Linton, con una breve descrizione e due
schematiche figure di un Trematode riferito dall’autore al
T. laeve del Verri 1 (]). La forma discoidale di questo Tri¬
stoma e la rilevante grandezza della sua ventosa posteriore
bastano a distinguerlo con sicurezza dalla mia specie.
Quanto al T. cornutum devo limitarmi ad osservare che
il suo nome specifico non può certamente attribuirsi ad al¬
tro carattere che alla presenza di due cornetti tra le ven¬
tose anteriori, simili a quelli del T. papillosum Dies., ben
disegnati dal Monticelli (2) ; e questi cornetti, più o meno
visibili anche in altri Tristomidi, mancano assolutamente
nel T. Perugiai.
Due altre specie pochissimo note finora sono il T. in-
terruptum e il T. Lemmeni , indicati dal Monticelli nel
1891. con qualche semplice cenno descrittivo e col disegno
di qualche dettaglio del corpo (3). Sono però riuscito a to¬
gliermi ogni dubbio anche riguardo alla distinzione tra
queste specie e la mia. Ho notato anzitutto che gli uncini
della ventosa posteriore del T. interruptuni sono ben di¬
versi da quelli del T. Perugiai . e che nel T. Levinseni
non esistono affatto; ma non fidandomi di questo solo ca¬
rattere differenziale ho anche mostrato direttamente al prof.
Monticelli gli esemplari del T. Perugiai , e mi è stata
confermata la distinzione di questa specie da quelle.
A proposito del T. Levinseni e del T. interruptum
dirò che tali forme, sebbene insufficientemente descritte,
sono senza dubbio, per l’indiscutibile autorità del Monti-
celli, da ritenersi come specie distinte da tutte quelle prima
conosciute; ma dopo la recente pubblicazione del Seitaro
lermo Natur. Sicil., XII, p. 5 (estratto), Palermo, 1893. — G. Saint-Remy,
Synopsis des Trématodes monogénèses. Revue biol, du Nord de la France,
IV, p. 22 (estratto), Lille, 1892.
(') E. Linton, Notes on Trematode parasites of Fishes , Proceed. U. S.
National Museum. XX, p. 509, pi. XI, fìg. 7-8, Washington, 1898.
(“) F. S. Monticelli, Di alcuni organi di tatto nei Tristomidi . Boll.
Soc. dei natur., V, tav, V, fìg. 1, Napoli, 1891.
(3) Loco citato , p. 122-123, tav, VI. fìg, 17, 19, 21.
6
Goto sui Trematocìi ectoparassiti dei pesci giapponesi ( loco
cit è lecito sospettare che il T. interruptum sia identi¬
ficabile con qualcuna delle nuove specie del Goto, la maggior
parte delle quali presentano pure un eptagono irregolare
nella ventosa posteriore, con due uncini di variabile forma.
Tale osservazione può anche valere per il T. histiopliori
descritto dal Bell nel 1891 in una noticina di poche righe,
non accompagnata da figure (Q. Ma in questo caso l’iden¬
tificazione con una specie del Goto è, secondo me , proba¬
bilissima; tutti i caratteri indicati per il T. histiopliori
coincidono cosi perfettamente con quelli del T. foliaceurn
Goto , che possono bastare a stabilire un’ identificazione,
quantunque manchino parecchi dati per completare il con¬
fronto. Le dimensioni del T. histiopliori variano tra 10,nm5
e 15mm in lunghezza, tra 10mm e 12mm in larghezza; il T.
foliaceurn è lungo 13mm e largo 12; il primo è sprovvisto
di corpuscoli marginali, e ne è pure sprovvisto il secondo;
il primo ha la ventosa posteriore che sporge di un terzo
del proprio diametro oltre il margine posteriore del corpo,
e questo notevole carattere si riscontra precisamente nel
secondo; il primo finalmente è stato trovato in un Histio
phorus , e il secondo aneli’ esso.
Quanto al confronto con il T. Perugini, mi basta ricor¬
dare la presenza dei corpuscoli marginali, la forma allun¬
gata del corpo , e le piccole dimensioni di questa specie,
per farla distinguere con certezza dal T. foliaceurn e dal
T. histiopliori.
Tra le nuove specie descritte dal Goto ve n’ è un’ altra
ancora che può dar luogo a sinonimia: è il T. rotundum
che io credo identificabile al notissimo T. coccineum. E in
realtà ron è sfuggita al Goto medesimo la somiglianza tra
queste due forme, e se egli si è deciso a separarle fu uni¬
camente per qualche lieve differenza nei caratteri degli
uncini (2). Ma poiché la coincidenza è quasi perfetta in tutti
gli altri caratteri, non mi sembra giustificata la decisione
dello zoologo giapponese.
(4) F. Jeffrey Bell, De script ion of a new species of Tristomm from
Histiophorus brevirostris. Annals. and Magaz. of naturai history, (6;, VII,
p. 534-535, London, 1891.
(2) S. Goto, loco citato . p. 247,
Ad ogni modo, tanto per queste forme, quanto per tutte
le altre su cui non faccio particolari discussioni , perchè
troppo note , il confronto col T. Perugiai mostra le più
evidenti disparità. Trascurando i caratteri differenziativi
secondari , o quelli che non possono estendersi a tutte le
specie, osserverò soltanto che il T. Perugiai può facil¬
mente distinguersi da ogni altro Tristoma , per la forma
generale del corpo, per le ridottissime dimensioni della ven¬
tosa posteriore , per la forma dei grossi uncini e dei cor¬
puscoli marginali , per la singolare disposizione dei vitel-
logeni nella parte posteriore del corpo.
Le notevoli particolarità di tutti questi caratteri sono già
state messe in evidenza nella descrizione della specie.
Archives de Parasitologie , Tome I.er, N. 2, 1898.
'nova, Tip. Cim ili ago , 1898,
DI ZOOLOGIA E ANATOMIA COMPARATA
DELLA E. UNIVERSITÀ DI GENOVA
l
N.° 66. 1898.
Corrado Parona
La Pesca Marittima in Liguria.
CAPITOLO 1.
Condizioni attuali della pesca marittima in Liguria .
§ 1. Diligenti studi eseguiti da persone competenti sulle
condizioni naturali, tecniche, od economiche della pesca in
Italia, a dire il vero, non sono mai mancati, e le Autorità
non tralasciarono, con lodevole intento e con svariati mezzi,
di sostenere questo ramo importantissimo dell’economia di
un paese che, circondato da tanto mare, dovrebbe offrire
inesauribile ricchezza.
Nota. La Presidenza della Società crede oppor tuno , per ogni riguardo,
ricordare 1’ origine del presente lavoro e spiegare il ritardo frapposto alla
sua pubblicazione.
Con lettera 15 luglio 18%, il presidente del Congresso internazionale di
pesca marittima a Sables d’Olonne (Vendée) sollecitava la Società Ligustica
a voler in qualche modo partecipare ai lavori del Congresso. Desiderosa di
corrispondere all’onorevole invito, la Presidenza della Società si rivolse al
chiarissimo prof. Corrado Parona, chiedendo a lui, come socio del Sodalizio
e membro della Commissione per la pesca nel compartimento marittimo di
Genova, se poteva presentare qualche suo lavoro al Congresso; al che egli,
con sollecitudine rispose, redigendo, ad onta del breve tempo, una estesa
Relazione sulla pesca in Liguria, che spediva il 26 agosto successivo al
Congresso. Il lavoro non fu stampato nei Comptes Rendns, fuorché in un
brevissimo sunto, che non vale a dare un’idea dell’insieme; e siccome, per
quante premure si siano fatte, non si potè avere di ritorno il manoscritto,
il prof. Parona, in base ai suoi appunti, si accinse a redigere nuovamente
la Relazione, essendo desiderio di parecchi soci, eh’ essa fosse presentata
alla Società. Dinanzi alla quale fu letta infatti nella seduta dell’8 novem¬
bre, ma ragioni d’ indole diversa ne ritardarono poi la stampa.
Genova, Giugno 1898.
La Presidenza.
4
Punto di partenza per trattare un argomento quale è
quello che mi prefiggo colla presente Relazione « Sulla
pesca marittima nella Liguria » sono senza dubbio le
pubblicazioni fatte a cura del Ministero di Agricoltura, In¬
dustria e Commercio [Annali del Ministero di Agricoltura,
Industria e Comm., La pesca in Italia; Documenti , ecc.
Genova, Roma 1872 (in poi)] per preparare gli elementi indi¬
spensabili ad un progetto di leggi sopra la pesca; progetto
che in appresso venne approvato e che è tuttora in vigore
nelle sue linee generali.
§ 2. Innanzi tutto è necessario ricordare, come le difficoltà
per raccògliere le notizie ed i documenti fondamentali per
poter fondare una attendibile e veritiera relazione, sulle
condizioni della pesca di una qualsiasi regione, sono sem¬
pre e dovunque diffìcili e talora impossibili, perchè il farne
ricerca, o semplice domanda urta contro un’infinità di in¬
teressi speciali, o generali, contro sospetti, contro idee pre¬
concette , che rendono frustranee tutte le cure , e diremo
anche tutti gli artificii di chi con veste ufficiale o anche
privatamente tenta procurarsi indicazioni in argomento.
Esaminando i Prospetti riassuntivi della pesca in Italia
che il Ministero va pubblicando, si arguirebbe che la pro¬
duzione annua in quintali di pesci fosse molto alta e quindi
raggiungesse somma vistosa; ma tali cifre, se pure rap¬
presentano la prova di una raccolta diligente di dati, non
indicano in modo sicuro la reale produzione del nostro mare.
Per convincersene basterebbe osservare come tutti i rap¬
porti che sono inviati al Ministero per vie ufficiali, indi¬
stintamente affermano essere dovunque poverissima la pesca
e miserrime le condizioni dei pescatori.
Ogni tentativo che si faccia per assumere informazioni
relativamente alla pesca, credo doverlo ripetere, fallisce
costantemente innanzi al timore, spesso infondato, che tosto
sorge in chi potrebbe fornirle, sospettando esso che ogni
domanda, nasconda propositi, da parte del governo, di vo¬
ler aggravare l’interessato con nuove tasse. Quindi, la
maggior parte delle persone , che potrebbero dare diluci¬
dazioni attendibili e sicure, sono concordi nel non rispon¬
dere o nel falsare il vero stato della questione.
Persuasi da lunga esperienza di questo fatto, poco cal-
colo si può fare sopra qualsiasi statistica o relazione che
le Autorità giungono a compilare con rapporti annuali, ap¬
punto perchè riesce impossibile raccogliere i dati neces¬
sari, principalmente là dove le condizioni della pesca sono
poco o punto floride.
Forse vi potrebbe riuscire chi, avendo relazioni amiche¬
voli colle persone di mare di una determinata località, con
pazienza e circospezione, avesse a raccogliere tutte le pos¬
sibili informazioni, le controllasse ; ed in base ad esse pre¬
sentasse la vera statistica del movimento peschereccio della
regione, Ciò è probabilmente impossibile per ragioni facili
a comprendersi , ed è quindi giuocoforza accontentarsi dei
documenti ufficiali, forse incerti, che per altro ci potranno
servire ad indicare lo stato della pesca nel nostro litorale.
§ 3. La scarsi! à del pesce nel mare ligustico è un fatto
pur troppo da tutti riconosciuto e da lungo tempo lamen¬
tato.
Il litorale adriatico, le spiaggie poco lontane di Livorno
e di Nizza, le coste della Sardegna e della Corsica, sem¬
pre abbondanti di pesce, fanno contrasto colle rive liguri,
ove numerosi ed arditi pescatori, mentre forse essi stessi
concorsero alla propria rovina, rimpiangono i tempi mi¬
gliori trascorsi, ed attestano colla loro miseria e col re¬
carsi altrove, in cerca di avvenire meno sconfortante, il pro¬
gressivo e continuo diminuire della pesca nel nostro mare.
E questo, come si disse, non è cosa recente , giacché si
hanno documenti di tempi più o meno remoti, i quali ac¬
cennano e lamentano tale penuria , tantoché governo ed
interessati se ne impensierirono non poco. Lo dimostrano
infatti le gride ed i decreti, stati banditi in differenti epo¬
che, specialmente per impedire la pesca con quegli attrezzi
che recavano danni esiziali alla pesca. Fra i documenti,
che furono pubblicati negli Annali sopra citati (x) dal Mi-
(l) Annali cit,, Relazione sitila pesca nel Compartimento marittimo di
Genova, voi. I, parte I, pag. 46 e seg;., 1875.
Ecco, fra i molti, alcuni esempi:
Grida colla quale si proibiva la pesca con reti spesse, bronzini, gangani
e tartanoni napoletani, emanata il 19 agosto 1749 dal Magistrato de’ Pro¬
visori delle Galee della Ser.ma Repubblica di Genova (1. cit. p. 48).
Relazione del sig. Luigi Lineili aH’Ecc.ma Giunta della Marina riguardo
6
nistero di Agricoltura, Industria e Commercio, si riportano
alquanti decreti interessanti, e di data non recente, che si
riferiscono appunto alla Liguria.
§ 4. La causa di siffatto impoverimento non è unica nè
è sempre facile a riscontrarsi.
Una fra le principali, confermata da non pochi, è senza
dubbio, bisogna confessarlo, la inosservanza delle disposi¬
zioni e regolamenti in vigore tutelanti la pesca, nonché la
insufficienza delle medesime. Spesso è la eccessiva indul¬
genza, od anche la negligenza di chi dovrebbe attentamente
sorvegliare, onde le prescrizioni delle Autorità venissero
rispettate. Ciò risulta ad evidenza da numerose testimo¬
nianze e dai frequenti decreti che le Autorità marittime,
amministrative e perfino municipali furono obbligate ad
emanare tratto tratto per impedire gli abusi e le infrazioni,
che vanno sempre a danno della pesca e ad esclusivo van¬
taggio di pochi sfruttatori.
Questi lamenti , per altro , si potrebbero estendere non
solo al nostro litorale ligustico, ma a molte altre regioni
italiane e forestiere, giacché dovunque si tenta di eludere
le leggi che tendono a limitare l’ingordigia di quanti pen¬
sano all’ utile dell’ oggi e loro proprio e non alla conse¬
guente miseria del domani.
Io ritengo invece che vi concorra un altro e più potente
agente , che però mi limito ad accennare , mancandomi i
dati scientifici indispensabili per trattarlo estesamente e
come si conviene. Sarebbero le condizioni biologiche del
mare ligure, indubbiamente differenti da quelle degli altri
la penuria del pesce di questa Città, stata letta il 18 novembre 1746 ai Se¬
renissimi Collegi (1. cit., p. 56).
Altro decreto ai provvisori delle Galee, richiamante in vigore le gride
degli anni 1706, 1724, 1749 e 1766, che proibisce la pesca con reti spesse,
bronzini, gangani, tramagli fìtti, ecc., e si indicano le pene tanto pei con¬
travventori , quanto per quelli che avessero avuto interessi per siffatte
pesche (1. cit., pag. 62).
Legge (7 dicembre 1779) riguardante la Gabella ed il nuovo metodo nella
vendita dei pesci. Questa legge fu suggerita considerando « la scarsezza
del pesce che da lungo tempo si sperimenta in questa capitale, ecc. ». Si
stabiliscono cinque qualità di pesci e per ciascuna se ne fìssa il prezzo di
Gabella; si danno le norme per la vendita nella pescheria pubblica, detta
la Chiappa, sulla disposizione dei banchi, sul dazio, ecc. (1. cit. p. 66 e seg.).
7
mari, ove abbonda il pesce, come lo dimostrano, fra altro,
i fondi marini che sono poverissimi di gusci di foramini-
fere e di molluschi.
§ 5. La disposizione delle coste a seni od aperte; la qua¬
lità dei fondi e quindi la ricchezza e varietà della vegeta¬
zione marina; le varie profondità; le correnti e loro dire¬
zione; la tranquillità o meno delle acque; i deflussi fluviali
e gli inquinamenti, ecc., sono tutti fattori influentissimi alla
prosperità dei pesci; sia per allettare a soffermarvisi quelli
migranti, sia per trattenere e far sviluppare in copia i se¬
dentari i.
Queste condizioni, che nel caso nostro pur troppo deb¬
bono essere sfavorevoli , hanno valore ben maggiore che
non tutte le altre cause ritenute contrarie airaccrescimento
del pesce, perchè queste ultime, se anche esistono, sono
o temporanee, o affatto localizzate.
Non è quindi il caso di ricordare la pesca colla dina¬
mite , che , essendo proibita dalla legge , se la si pratica,
come pur troppo avviene di sovente ed in molti luoghi , è
per colpa degli agenti e della sorveglianza insufficiente.
Cosi pure è da indicarsi per incidenza, altra pretesa causa
di impoverimento della pesca, radicata però nell’opinione
dei pescatori e dei non pescatori , e cioè Y aumento sensi¬
bile lungo le coste dei delfìni e l’azione loro distruggitrice.
Infatti è convinzione che in questi ultimi tempi sia note¬
volmente cresciuto il numero dei delfìni presso le coste,
desumendolo principalmente dai gravi danni che arrecano
alle reti.
« Per questa ragione, dice il Barone (*), si assiste in Li¬
guria ad una dolorosa continua riduzione dèi numero dei
proprietarii di reti fìsse, e parallelamente pure, ad una ri¬
duzione nel numero degli stabilimenti che lavorano a pre¬
parare e conservare il pesce e quei che rimangono , re¬
stringono di continuo le loro operazioni , riducono il per¬
sonale, studiano sempre nuove economie e lottano quotidia¬
namente col fallimento. Dove si arresterà questa decadenza,
questa rovina anzi, della nostra industria nazionale di pesca
(l) Barone G. , Modificazioni delle abitudini del Delfino comune osser¬
vate in Liguria, ecc.: Neptunia, Pesca ed Acquicultura, voi. X, n. 11, 13 14.
marittima? Non vogliamo prevederlo. Certo non è il delfino
la sola causa di questo miserando stato di cose, ma ne è
certo uno degli elementi capitali; certamente poi è esso
la fonte del maggior scoraggiamento che abbia invaso i
nostri pescatori ».
E questa una questione molto dibattuta e che troviamo,
riguardo al mare Ligure, menzionata in remoti documenti,
e che ancora recentemente fu argomento di reclami per¬
venuti alllAutorità da diverse parti. Senza dubbio i pesca¬
tori ne sono allarmati , e parecchie volte richiesero aiuto,
suggerendone anche i mezzi i più disparati.
Pochi anni or sono, lo scrivente fu interpellato relativa¬
mente ad una domanda fatta dai pescatori di Alassio al Mi¬
nistero, colla quale si chiedeva che qualche nave torpediniera
venisse adibita a dar caccia ai delfìni , che in frotte fre¬
quentavano quelle acque. Aggiungerò che allora procurai
di dimostrare come, conosciuti i costumi di siffatti cetacei,
tale impiego non era adatto a distruggere, ma neppur a
far diminuire il numero dei delfìni (1).
§ 6. Il litorale della Liguria, che corre dal confine fran¬
cese ad Ovest fino alla Magra ad Est, abbraccia un largo
spazio di mare, nel quale se la fauna ittiologica è svaria¬
tissima, dal lato della pescosità, ossia nel quantitativo delle
specie mangereccie , è molto infelice ; tanto che l’ antico
detto « mare senza pesci » è una dolorosa verità.
La pesca marittima dal 1870 (epoca dalla quale datano
documenti attendibili) ad oggi, nel golfo di Genova, non subì
notevoli variazioni; e quindi trovasi generalmente in uno
stato sconfortante.
Alcune località però sarebbero da considerarsi come ec¬
cezionali e meritano qualche menzione. Infatti qua e là lungo
le riviere liguri, incontransi alcuni posti in cui, sia per la
peculiarità dei seni e dei fondi, sia per altre condizioni,
risultano relativamente pescose. Tali luoghi privilegiati sa¬
rebbero : il golfo della Spezia ed in special modo Porto
Venere e Lerici , Sestri levante, Santa Margherita, Porto-
fino, Camogli, Porto Maurizio e pochi altri. Ivi si nota perciò
un discreto movimento, tanto per la pesca in luogo, quanto (*)
(*) Lettera al Ministro di Agricoltura, Ind, e Comm., 27 luglio 1893.
9
per la pesca che vien praticata sopra altre coste. Ciò in
particolare per la raccolta dei corallo nei fondi di Barbe¬
ria, della Sicilia e della Sardegna. Anche i litorali della
Corsica e della Francia sono annualmente visitate da barche
peschereccie provenienti dalla Liguria.
Vedremo in capitoli speciali quale e quanto sia questo
movimento nelle singole località, che consideransi le mi¬
gliori in riguardo alla pesca marittima.
CAPITOLO li.
Reti ed ordigni da pesca adoperati in Liguria.
§ 7. Per la pesca marittima in Liguria si usano in ge¬
nerale diverse sorta di reti; che per altro, siccome avviene
pei pesci e pei modi di pesca, da luogo a luogo prendono
denominazioni dialettali differenti, che non è facile indicare
in modo completo.
Sono adoperate principalmente:
Sciabica: (Genov. : Sciàbega , sabegaì. Reti per la pesca
dei bianchetti ed altro pesce minuto, che si calano a semi¬
cerchio e si tirano nelle grandi spiaggie a fondo arenoso.
Sciabegotto : attrezzo più piccolo del precedente, ma con
fascie laterali più strette e più corte, e colle corde più lun¬
ghe, che viene tratto sopra fondi misti (arena e fango) da
un solo battello tenuto all’ àncora in senso trasversale, e
che serve per la pesca della fregaggia, o mescolanza (ani¬
mali sempre di piccole dimensioni, ma superiori però a
quelle dei bianchetti e risultante da specie numerose di
pesci, di molluschi e talvolta anche di crostacei). Lo scia¬
begotto di Rapallo vien chiamato Gurin a Portofino.
Reti da Paranzelle : Formanti un sacco di quattro metri
di lunghezza, a maglie strette di pochi millimetri nel loro
fondo. Detto sacco porta ali, lunghe 20 metri, alte 1,50 m.
e che hanno maglie gradatamente più larghe da 1 a 10 cm.
Queste reti vengono tirate da due barche di conserva. In
Toscana chiamatisi Martingane.
Tartanone, rastrello, bronzino (Genov.: Tartannon, rastelo.
Camogli Rissoletta). Sono reti dal più al meno somiglianti
10
allo sc.iabegotto, più forti e pesanti delle reti da paranzella,
e la loro denominazione varia da paese a paese, e non per
differenza di loro struttura.
Gangano; gangaro (Genov.: gàngao, gangano). Detto altresì
Vangajuola, è un gran sacco senza fascie laterali, o brac¬
cia, a Atte maglieria cui bocca è guarnita all’intorno da un
cerchio di ferro ripiegato a modo della bocca di un forno. Yi
si attacca una forte corda e viene tirato, sopra fondo bianco,
da un battello a vela; talvolta funziona anche sopra fondi
algosi, manovrato da un battello all’àncora; nel qual ultimo
caso serve quasi esclusivamente per la pesca dei gamberi.
Draga : E consimile al gangano , e sarebbe come una
grande sciabica: adoperasi a preferenza per la pesca delle
ostriche in fondo fangoso. Allora la parte del cerchio di
ferro che rasenta il fondo è provvisto di denti, o punte.
§ 8. Gli altri arnesi da pesca che dire si potrebbero di
agguato o di inganno ( mentre i precedenti sarebbero di
violenza e tutti più o meno da proibirsi in determinate
epoche dell’anno) sarebbero:
Tonnare, fVladraga, SVlandraga (Genov.: Tonnaea). In Liguria
come diremo, non raggiungono mai le dimensioni di quelle
delle vere tonnare, però sono al tutto simili a quelle.
Hìugginare (Genov.: Muzinaea, Muséa), reti a maglia spes¬
sissima, di forte costruzione, quadrate, da 17 a 18 metri
per lato, e colle maglie larghe 2, a 3 centim. Si calano
all’imboccatura dei seni, o dei porti per cogliere i muggini.
Si alzano rapidamente quando vi passa sopra uno sciame
di pesci. Qualche volta vi si prendono anche dei tonni.
Rezzòla (Genov.: Coppi). Sarebbero piccole mugginare che
si distendono fra due imbarcazioni e si alzano rapidamente
di tempo in tempo. Il pesce è attratto sopra la rete da esca
che si sparge sull’acqua. La rete porta nel centro un sac¬
chetto, in cui va a raccogliersi il pesce nell’ alzata.
lanate, Panasele (Genov. - Manata, Sardenea). Rete com¬
posta da pezzi rettangolari lunga da 50 a 150 metri, alta
12 e con maglie di 2 a 3 centim Al di sopra viene soste¬
nuta da galleggianti in sughero ed in basso è tenuta da
pesi di piombo. Calata all’ imbrunire , si salpa al mattino,
e serve alla pesca delle alici e delle sardelle, stendendola
tanto al largo che a poca distanza dalle spiaggie.
li
Tramagli, tremagli (Genov.: trémagi). Reti composte da tre
teli di reti sovrapposti l’un l’altro, e che si dispongono lungo
le coste e tra gli scogli. Lunghe circa 90 metri, sono alte
8 ed hanno maglie di 3 centi m.
Cheniara; Crognolajo (Genov.: Chaenà, Choenéa): piccola
rete a maglia fittissima. Messa a posto, il pesce vi viene
spinto contro dai pescatori col battere sull’ acqua al din¬
torno. Serve per la pesca delle Aterine (Chèunao).
Bogare (Genov. Boghaea): Rete lunghissima simile ai tre¬
magli , ma con maglie larghe circa 2 V2 centim. , con cui
si pigliano le boghe, donde il nome.
Racchiare ; reti chiare (Genov.: Rissée, Ròcce, ricèa).
Sono specie di tremagli, ma ad una sola maglia, dei quali
hanno le dimensioni, con maglie di 20 centim., e servono
alla pesca degli scomberoidi, dei pagelli, delle occhiate,
delle boghe, ecc.
Sparviero (Genov.: Ressaggio, Rensagio). Rete a largo
cono, con maglie piti 0 meno fitte e con piombi al margine.
Gettata in acqua si distende, scende rapidamente, e copre
largo tratto di mare.
Bestinare (Genov.: bestinée) forti reti a maglie grandi
appostate pei pesci di grosse dimensioni.
Retaccie (Genov.: redasse, ridasse) sarebbero semplice-
mente dei fasci di vecchie reti sdruscite, e legate ad una
fune, che si adoperano per la pesca dei ricci di mare, del
corallo, ecc., passandole e ripassandole sugli scogli.
Palamiti (Genov.: Paamiti): Corde sottili che portano nu¬
merosi ami, distribuite, a circa tre metri l’uria dall’altra,
sopra una corda comune.
Lenze all’amo; non differiscono da quelle in uso nelle va¬
rie parti d’ Italia ed anche altrove.
Fiocina; non è molto adoperata.
Arpone (Genov.: Fugao). Per cetacei e grossi pesci.
Nasse : Se ne farebbe uso molto limitato.
Fra gli attrezzi speciali da pesca non manca l’Ingegno,
che, come ognun sa, serve esclusivamente per la raccolta
del corallo.
Specchio; polpare. seppiare e calamiera: in molte località
in grande uso.
Questi vari congegni da pesca, che per la maggior parte
12
sono a reti, si potrebbero anche distinguere in reti a mano ,
reti fisse , e reti a strascico.
§ 9. Alle reti a mano sarebbero da aggiungersi quelle
che in dialetto genovese chiarnansi Salai . piccoli sarchi ,
a maglia più o meno fìtta , montati sopra un cerchio di
ferro, e con manico di lunghezza variabile. Si usano per
prendere gamberi, seppie, piccoli pesciolini od altri animali.
Taluni di questi retini hanno lungo manico ed un robusto
rastrello all’apertura, e sono utili per raccogliere ostriche
od arselle.
Alle reti fìsse spettano pure quelle comuni che si ado¬
perano sulle spiaggie aperte e senza scogli. Sono formate
da un gran sacco, largo 8 a 12 metri, con maglie larghe
un centim. , e con due fascie laterali di lunghezza varia¬
bili, alte 3, 4 metri ed a maglie larghe circa 8 centim.
Queste reti si dispongono a semicerchio, col mezzo di bat¬
telli , in guisa che abbracciano un gran tratto di mare.
Vengono poi tratte a terra mediante lunghe funi attaccate
alle estremità delle fascie laterali. Con esse si prendono pesci
di molte sorta: triglie, sogliole, sarghi, pagelli, e special-
mente sardelle ed acciughe; e sono in uso sopratutto sulle
spiaggie libere di Rapallo, di Sampierdarena, di Cornigliano,
di Sestri Ponente, di Varazze, di Vado, ecc.
Alle fìsse spettano pure le già menzionate; mugginare,
coppi, manate, tramagli, tonnare, recchiare, bronzini, scia-
begotti, bugare, ecc.
Le reti a strascico più comuni sono infine quelle delle
paranzelle, il tartanone, le rissuole, i gangani, i rastrelli
e draghe, le sciabiche, o reti da bianchetti, e le retaccie.
§ 10. Le reti a strascico (da paranze), che in ogni tempo
furono di grande uso, vennero pur sempre vivamente osteg¬
giate , ed il loro impiego da alcuno verrebbe bandito , da
altri ritenuto se non innocuo, almeno tollerabile.
Consultando i documenti nostri per la pesca troviamo
frequentemente, ed in particolare per la Liguria (L), discus-
(9 Non so trattenermi dal riportare un interessantissimo brano relativo
alla pesca colle refi da paranzelle del nostro Spallanzani, il quale pure
biasimò tale metodo di pesca ed ebbe occasione di constatarne i danni pre¬
cisamente fra noi , nel Golfo di Spezia.
« Un simile rovinoso e barbaro guasto nel pesce, l’ho io veduto in qual-
13
sioni e deliberazioni favorevoli o contrarie al loro uso; a
seconda della prevalenza che avevano i pareri delle per¬
sone di scienza, o quelle di altre, i di cui interessi venivano
ad essere lesi.
Meritevole d’attenzione fu il dibattito sull’argomento, e
le discussioni che trovansi raccolte negli Atti della Com¬
missione consultiva per la pesca (Annali del Ministero di
Agric. Ind. e Comm. cit. n. 31), ove sono esposti i pareri
dei Commissarii non solo, ma anche di scienziati italiani
e stranieri, quali il Bellotti, il Pavesi, il Mòbius, il Leu-
ckart, il Perugia, l’Issel, l’Aradas, il Day, il Ninni, il Lutken,
lo Steindachner , il Collet, il Gasco, ecc. , nonché rapporti
delle Capitanerie e delle delegazioni delle varie regioni
marittime italiane , di giunte municipali , di impresari e
di pescatori, pareri che, sebbene non tutti concordi, resero
che altra parte del Mediterraneo, e segnatamente in faccia a Portovenere
del Genovesato, dove fassi la pescagione con le bilancelle. Sono due ba¬
stimenti corredati di un’ampia vela latina, posti a qualche distanza l’uno
di riscontro all’altro, ai quali mediante due grossi canapi è affidata una
rete di prodigiosa estensione , che arriva fino al fondo del mare ; e picco¬
lissimi essendo i suoi vani, avviluppa e dentro serra i pesci d’ ogni gran¬
dezza, nell’atto che è trascinata dall’impeto delle bilancelle, cagionato da
quello de’ venti, giacché senza di essi non può intraprendersi tal pesca¬
gione. Quando nelle estive nostre vacanze del 1783 mi occupai nei contorni
di Portovenere delle ricerche di quelli indigeni animali marini , de’ quali
in seguito pubblicai un Saggio nella Società italiana , ben dieci o dodici
volte intervenni a tale pescagione, per esser favorevole a’ miei disegni , e
vidi che oltre che ai pesci grandi o mezzani se ne prendeva una immen¬
sità di minutissimi, che per non servire allo smercio, si gettavano in mare,
ma già morti e mezzo logori, per la fregagione sofferta attorno alla rete;
e toccai con mano il grave danno che ne veniva alla pesca del pesce,
mandandone a male tante migliaia di immaturi. Vero è che mi venne ri¬
ferito esservi una legge in Genova che proibisce quest’uso, o, a dir meglio,
questo abuso delle bilancelle. Ma io non seppi persuadermene in veggendo
che ogni anno ne escono le tre e le quattro paja dal Golfo di Spezia, e met-
tonsi ne’ giorni estivi in alto mare per tale pescagione. Inoltre il Podestà
del luogo, che, vegliando tal legge, dovrebbe impedire a’ marinai questo
dannevolissimo peschereccio esercizio, non è difficile ad accordarlo, previa
una somma di danaro che gli vien data, oltre ad alleggerire ogni giorno
del pesce più grosso le bilancelle, liberandole così dal timore che pel so¬
verchio peso affondar si potessero ».
L. Spallanzani, Viaggi alle due Sicilie, ecc., tomo 3, pag. 86-87 (Edi¬
zione 1826).
14
però ben seria la discussione sull’ impiego delle reti a
strascico.
Per la Liguria i reclami e le osservazioni che erano state
fatte in proposito vengono riassunte nel modo seguente: .
A Varazze, Savona e Noli molte famiglie, le quali vivono
sul prodotto della pesca con sciabiche tirate da terra, sa¬
rebbero ridotte all’estrema miseria colla rigorosa applica¬
zione dell’ art. 16 del nuovo regolamento ( vietante le reti
a strascico).
Il Capitano di porto di Genova è d’avviso che tale pesca,
possa permettersi , se praticata non al di là di 300 metri
dal lido e soltanto sopra fondi uniti.
I pescatori di Spezia, di Chiavari, Rapallo, Portofino e
Santa Margherita chiedono l’abolizione, o modificazione del-
l’ articolo 16, la cui attuazione li ridurrebbe alla miseria.
1 pescatori di Lavagna , Sestri Levante , Riomaggiore ,
Monterosso, Portovenere, S. Terenzio e Perici invocano la
modifica dell’art. 16, onde non essere ridotti alla più squal¬
lida miseria.
Anche qui il Capitano di porto di Genova consiglia di
dare il permesso libero per le reti a strascico, tirate a mano
da terra, o con piccole barche; e della medesima opinione
sarebbero stati pure i professori Issel e Gasco dallo stesso
interpellati, (pag. 31-32, Atti cit. n. 31).
In conseguenza di tutto questo la risposta al quesito sulla
pesca colle reti a strascico, fu espressa nel modo seguente:
« Urge provvedere a tante centinaia di pescatori, trovando
il modo, senza ledere lo spirito della legge, di non togliere
loro il mezzo di campare la vita ».
La questione fu vivamente dibattuta ed ebbe varia for¬
tuna. L’accordo non fu veramente troppo completo fra gli
scienziati, mentre lo era fra i pescatori direttamente inte¬
ressati. Era per altro naturale che vi fosse decisa opposi¬
zione fra i primi ed i secondi: ed ancora in oggi , non si
può dire che siasi ottenuta una risoluzione, nè a vantaggio
della prosperità dei pesci, nè all’interesse del ceto dei pe¬
scatori, sempre in condizioni non liete.
Ed ancora negli ultimi passati anni, presso la Commis¬
sione consultiva per la pesca , ritornò la grave questione,
per parte dei pescatori di Gaeta e di quelli di Catania che
15
proponevano l’ingrandimento della maglia alle reti a stra¬
scico (1). Così pure nel 1895 la predetta Commissione di¬
scuteva sullo stesso argomento , in seguito a ricorsi ed a
reclami dei pescatori di Terrasi (Castellamare del Golfo) ,
di Livorno, di Formia (Gaeta) e di Termini Imerese (2). E
per ultimo, or sono due anni, il Kleinenberg intratteneva la
Commissione citata, intorno ad esperimenti relativi alla
pesca a strascico nelle zone riservate di mare, in base ai
quali veniva presentata al Governo la seguente proposta:
« La Commissione, plaudendo all’iniziativa presa dal Go¬
verno coll’istituire zone di esperimento nel mare di Termini
e di Castellamare in Sicilia ; considerando che la grande
varietà delle condizioni idrografiche e biologiche in diversi
punti del litorale non permettono di generalizzare i risul¬
tati delle esperienze nelle accennate località, è di parere
che convenga stabilire quel numero che sarà giudicato suf¬
ficiente di tali campi marini riservati sulle coste del con¬
tinente o delle isole » (3).
Dopo tutto questo, sperando che il Ministero avrà accolta
favorevolmente la proposta per istituire esperimenti in prova
del danno per l’uso delle reti a strascico, è a credersi che
potrà essere risolta felicemente l’inesauribile questione.
CAPITOLO III.
Materiale di pesca e pescatori in Liguria.
§ 11. Se difficoltà non lievi si incontrarono nella tratta¬
zione degli argomenti finora svolti, ben maggiori sono quelle
che si riferiscono alla flotta ed all’equipaggio addetto alla
pesca. L’impossibilità di avere indicazioni esatte, siccome
già si disse, tanto dai pescatori quanto dai privati, la poca
attendibilità che per note ragioni hanno le statistiche uffi¬
ciali , basate sempre sopra affrettate e non genuine infor¬
mazioni , persuadono che è necessità vagare nell’ ignoto,
quando non sia nel falso.
(1) Cf* Annali di Agricolt. 1893. Atti della Commissione consultiva per
la pesca; Aprile 1893, pag. 56-69.
(2) Id. Id. Giugno, 1895; pag, 42-63.
(3) Id. Id. Dicembre 1896, pag. 25-51.
16
Volendo pur tuttavia dare un’idea della condizione attuale
del materiale e dei pescatori, trascrivo, per poterne fare un
confronto coi prospetti che presenterò in seguito, lo stato dei
pescatori e del materiale, come era registrato nel 1872. (V.
Annali cit. Documenti per la pesca in Italia, voi. I, parte 3,
pag. 333 e seg.) pei compartimenti di pesca della Liguria.
Pesca limitata del pesce.
l.a Categoria: Barche da 0 a 5 tonnellate.
Numero dei pescatori . 870
» delle barche o battelli . . 377
Tonnellaggio . 1376
Valore medio delle barche o battelli . . L. 200.34
» complessivo . » 75,528.18
Reti da pesca (sciabiche, rastelli, ma¬
nate, retichiare, gangani , rnuggi-
nare, tremaggi, bogare, sciabigotti,
rissuole, bronzino) . 696
Valore medio per ogni rete . » 213.47
» delle reti necessarie per una barca » 426.55
» complessivo . . » 148,575.12
» medio degli attrezzi e ordini non
comprese le reti (vele, funi, remi,
ancorotti) per ogni barca ...» 18.49
» complessivo per tutte le barche . » 6,068.98
Pesca illimitata del pesce.
2.a Categoria: Barche da 6 a 10 tonnellate.
Numero dei pescatori . 126
» delle barche . 21
Tonnellaggio . 126
Valore medio delle barche . L. 300. —
» complessivo . » 6,300. —
Reti (manate per acciughe) .... 21
Valore medio di ogni rete . » 100. —
» delle reti portate da una barca. . » 1,200.—
» complessivo . » 25,200. —
» degli attrezzi non comprese le reti
per ogni barca . » 60. —
» complessivo .......... 1,260. —
Prospetto A.
z
Compartimenti
marittimi
tirate da paranzelle , o bilancelle
Numero
delle barche
Numero
dei pescatori
V alore
delle barche
Valore
degli
attrezzi
Prodotto
della pesca
V alore
Numero
delle barche
Porto Maurizio
1 _
59
Savona ....
—
—
— .
—
_
33
s
Genova ....
18
81
25,400 i
13,100
22,000
169
oc
Spezia ....
32
274
36,000
16,000
90,500
46
totale
50
355
61,400
29,100
Ot
o
o
307
Porto Maurizio .
2
13
1.500
1.500 i
600
62
Indicazione e risultato dei diversi melodi usali nei compartimenti della Liguria per la Pesca del Pesce durante il settennio 1890-96
:
1 (YiMI'AHTI, MUNTI
Pesca Con reti a strascico
Palamiti
■il
Lenze ed ami
Pesca colla fiocina
Pesca con nasse
tirate da paranzelle , o bilancelle
tirate da battelli isolali
tirate a mano da terra
il
0'l
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l
5 8]000
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14,000
74,56(5
123,890
|
306
977
11,000 : 24.200
35.050 ! 68,650
25,270 73.885
12,620 1 58,334
49,440
106,000
107.000
150,400
ì
86
166
2,801
3,435
7! 100
6,150
9,600
113
109
322
434
354
358
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30.581
19,800
12.200
j 65,200
28
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99 j 5,460
52 1.600
70 16,745
31 7,997
392
5.182
2,000
300
61,600
16,800
11
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lì
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50 355
61.400 29.1U0
112,500
,
1.439 85,037
1-40.676
2:16,600
362
3,525
83,940 | 225.069
412.840
6,635
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,7.400
4.0
,.468
| 81,125
135,849
122,300
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10,050
359 | 8
52 31,802
6,388
80.700
38
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4,000
69
148
1 6,980
1,973
7,100
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59.850
23.850
117,160
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311
1,438 67,800 | 101,116
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3.300
70,630
173,410
359.760
37
112
3,150
7.800
12,506
425
1.687
i 95.540
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1 §
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aie .
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26.960 27,700 .
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|
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58,690
li
29
3*400 | 5.290
2,200
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479 1
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69 [ P
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94,160 104,100
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» 63.665
79,669
172,(523
284
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244,185
40
122 *
5,580 7,340
16*340
474
1
1,831
84, ,70
i3?.3cn !
243,205
,88
568
22.770 !
18,019
347 1 71
16 25,525 !
4,560
30.800
830
6,043
! 604
4,087
88
257
10.608 1
3,5-5 |
17,060
(') «“auto riguarda la pesca del tonuo verrà esposto nel relativo capitolo.
e il seti
Pes
- miti
ti:
i
Numero
dei pescatori
1
Valore
degli
attrezzi
284'
1,565
1.751
580
786'
2,305
1941
5,600
1,439'
10,050
_
17
§ 12. Varcherei i limiti prefissimi pel presente scritto, e
non direi cose molto interessanti, se esponessi lo stato an¬
nuale della pesca marittima dall’epoca dalla quale datano
i prospetti sopra trascritti fino ad oggi. Credo meglio e
più semplice presentare in un quadro (vedi Prospetto A) le
variazioni che offrirono in Liguria i differenti sistemi di
pesca del pesce, nella serie di anni dal 1890 al 1896, de¬
sumendole da pubblicazione ufficiale f1) ; il che varrà a
dare in succinto una idea della potenza della flotta e del-
P equipaggio di pesca , nonché del valore e del prodotto ;
complesso di cifre e di dati da non considerarsi in modo
assoluto, ma molto relativo.
§ 13. Dalle cifre , che si sono trascritte , risulta che nel
periodo di tempo dal 1890 al 1896, il numero delle barche
addette alla pesca nella Liguria, oscillò dalle 1680 (anno
1892) alle 1876 (anno 1896), colla differenza di 190 fra le
due somme ; che il numero dei pescatori variò da 6,932
(anno 1892), a 9,158 (anno 1896) colla differenza di 2226.
Queste cifre sono quindi ben superiori a quelle che erano
state indicate per l’anno 1870, quando per la pesca eranvi
soltanto 425 barche, montate da 754 pescatori.
È il 1896 l’anno che presentò il massimo, mentre fu il
1892 quello che segnò il minimo per la pesca, con propor¬
zionali oscillazioni tanto nei valori impiegati per le barche,
che per gli attrezzi, ecc., e quindi anche nel valore, e nel
guadagno; per altro mai molto lauto.
CAPITOLO IV.
Pesca in generale e pesche speciali.
§ 14. La pesca nella Liguria , come è anche per quella
delle altre coste marittime, si può distinguere in generale,
estesa cioè a tutte le specie di pesci , ed in speciale o li¬
mitata a determinati pesci ed altri animali marini.
f1) Sulle condizioni della marina mercantile italiana — Relazioni an¬
nuali della Direzione generale della marina mercantile per gli anni 1890-
1-92-93-94-95-96; Capitolo Pesca.
18
La' prima , che vien praticata colla maggior parte delle
reti note, si riferisce alla caccia di pesci d’ogni sorta non
soltanto, ma anche contemporaneamente a molluschi , cro¬
stacei ed altri animali mangerecci o non, e le distinzioni
si riferirebbero piuttosto alle dimensioni maggiori o minori
del pesce, che non alle differenze di specie.
La seconda, o pesca speciale, è quella che riguarda de¬
terminate sorta di prede, pesci di una sola specie: (tonni,
muggini , alici, sardine) oppure crostacei, o molluschi, od
ancora animali non commestibili, ma che ponno riescine
utili all’uomo per altre loro proprietà (corallo, spugne). Per
questa si richiedono reti speciali e talora anche pescatori
addestrati all'uno od all’altro genere; costituendo vere spe¬
cialità di pesche; e delle quali ci occuperemo paratamente
più innanzi.
La pesca così detta generale è naturalmente anche la
più diffusa , anzi è quella che si pratica più o meno atti¬
vamente in tutte le località del litorale; siccome quella che
si può effettuare, tanto in modeste proporzioni e quindi con
mezzi limitali, quanto in vasta scala. Le pesche speciali in¬
vece sono per solito localizzate a determinati posti, riservate
a date stagioni dell’anno, e richiedono l’impiego di attrezzi
costosi, di flotta ed equipaggio apposito, ed abbisognano
quindi di mezzi poderosi.
§ 15. La serie di animali marini, oggetto di pesca nella
Liguria, per poco differenzia da quella delle altre regioni
italiane, e di conseguenza sappiamo vi appartengono pochi
animali invertebrati, mentre la grandissima maggioranza
spetta ai pesci, trascurabili essendo le pochissime forme di
mammiferi marini , che mal si prestano ad una pesca re¬
golare e proficua. Infatti non è il caso di parlare nè delle
foche nè dei delfini, nè degli altri grandi pinnipedi o ce¬
tacei, perchè generalmente non commestibili.
Degli invertebrati ci occuperemo in una parte speciale,
e quindi soltanto ai pesci ora rivolgeremo l’ attenzione
nostra.
Volendo farli conoscere e nello stesso tempo esser brevi,
non troviamo di meglio che disporne 1’ elenco in un ap¬
posito prospetto, corredandolo con note relative ai nomi
loro, alla frequenza, alle epoche di loro comparsa, al va-
19
lore commestibile (J), ed anche ad alcuni prezzi che si pra¬
ticano sul mercato.
Le annotazioni sono desunte dalle osservazioni state fatte
da ittiologi e da altri , ed il prospetto è in parte ricavato
dagli elenchi dei pesci della Liguria, pubblicati nel 1806 da
Faujas-Saint-Fond (2), nel 1846 dal prof. Agostino Sassi (3),
fondatore della classica collezione ittiologica del Museo zoo¬
logico dell’ Università di Genova, e dal prof. G. Canestrini
nel 1861. Della collezione menzionata naturalmente mi sono
valso in modo speciale per V enumerazione delle specie
di pesci del mare ligure. La frequenza rispettivamente se¬
gnata non è assoluta, ma relativa a quella che si riscon¬
tra nel mercato, giacché vi sono pesci che vivono in grande
numero di individui nel nostro mare e che tuttavia si in¬
contrano di rado sul mercato, perchè non commestibili, o
poco ricercati.
Procurai aumentare e completarne la serie, sia riguardo
al numero delle specie citate, sia pei nomi più moderni
scientifici, italiani e dialettali. Si dovettero pure modificare
le categorie di qualità commerciali per metterle in rapporto
cogli attuali regolamenti daziarii della cit!à.
Per ultimo è superfluo accennare come i prezzi trascritti,
sono da ritenersi al tutto approssimativi e quindi variabili
in limiti molto estesi, per ragioni diverse e facilissime a
rintracciarsi (stagioni, giorni di magro, stato del mare, ri¬
chieste straordinarie, ecc.).
(,l) In proposito è interessante, per le notizie curiose ivi registrate, con¬
sultare il libro di Bartolomeo Paschetta : Del conservare la sanila et del
vivere dei genovesi , Genova. 1602, ove, da pag. 393 a 404, tratta dei se¬
guenti pesci: Storione, ombrina, triglia, orata, occhiata, luazzo, dentale,
tonno, palamide, cefalo o musalo, anchioda , carpione, trutta, lampreda,
anguilla, luccio, squalio, barbo e tinca, nonché di altri animali, con note
speciali sul loro pregio alimentare, sapore, e modi di cucinarli.
(2j Annales du Museum d' Hist. natur. t. Vili, Paris, 1806. Lettre a-
dressée à M. De Lacepède, sur les poissons du Golfe de la Spezzia et de
la mer de Gènes.
(3) zn in Descrizione di Genova e del Genovesato , voi. I,: Pesci, p. 111-
147, 1846.
20
Prospetto delle specie più importo i
Nome italiano
Nome scientifico
Nome veli
Lampreda marina .
Petromyzon marinus Linn. . . .
Sussa-peixe; li
Cefalottera del Giorna; Tavila
cornuta .
Dicerobatis Giornae Gunt. . . .
Pescio vacca i
Miliobate nottola; Pesce vescovo
Myliobatis noctula Bonap. . . .
Pescio oxello|
Aquila di mare; Aquilone. . .
M. aquila Linn .
Ferrassa; Fej
Trigone pastinaca; Ferraccia
Trygon pastinaca Linn .
Pescio murci ;
T. bracco; Ferraccia bruna . .
T. bracco Bonap .
son de fol
Ferrassa neigj
T. violacea .
T. violacea Bonap .
Ciuccio neigrl
Arzilla chiodata; A. di scoglio .
Dasybatis clavata Linn .
Razza spinosa!
A. macchiettata, A. d’arena . .
D. asterias Bonap .
R. ròscinna . I
Razza falsavela .
Raja falsavela Bonap .
R. storsicòa . j|
R. baraccola .
R. miraletus Donov .
R. sféuggoenil
R. quattrocchi .
R. quadrimaculata Risso ....
idem u
R. marginata .
R. marginata Lacép .
Specie de sii
Arzilla rossina; A. d’arena . .
R. punctata Risso .
Raza ròshihrJS
Razza bramante ; R. pietrosa .
, Leviraja bramante Sassi (R. bico-
1
lor R.) .
Razza bramai!
R., o Arzilla monaca ....
L. oxyrhynchus Bonap . !
R. cappussin'l
R. bavosa; R. cappuccina. . .
L. macrorhynchus Bonap. . . . j
idem 1
Torpedine; Tremola occhiatella.
Torpedo narce Nardo .
T. Galvanii Cuv. (T. marmorata) .
Tremoize; B;|
T. del Galvani .
idem <
Squadrolino pellenera; Pesce an¬
Pescio àngeo
gelo .
Squatina angelus Dum .
S. pellerossa .
S. oculata Bonap .
idem
Ronco spinoso .
Echinorhinus spinosus Linn. .
Tacca de foni!
Lemargo musone .
Lemargus rostratus Risso . . .
—
Scinno leccia; Dalatia sparofago
Scymnus lichia Cuv .
Neigra. . . |
Sagri moretto; Sagrino . . . j
Spinax niger Bonap .
Spiniiccio; SfS
Centroforo granelloso . . . .
Centrophorus granulosus Bloch .
Agòggión de
Spinarolo imperiale; Spinello .
Acanthias vulgaris Risso ....
A. maccióu .
S. comune .
A. Blainvilli Risso .
A. rosso; Agi)
S. uiato ; Palombo zigrinato . .
A. uyatus Bonap .
A. de bocca !
Centrina porco .
Centrina Salviani Risso ....
Pescio porco!
Pristiuro; Scillo boccanera . .
Pristiurus melanostomus Bonap. .
Mojello; Miiei
Scillo gattopardo .
Scyllium stellare Linn .
Gatto-bardo . :
S. gattuccio; Gattaccio . . .
S. canicula Linn .
Gattusso . . .
Notidano capo piatto ....
Notidanus griseus Cuv .
Pescio m uggì.
Pesce manzo, Ettaneo, Anciolo,
Angiolo, Lamiola ....
N. cinereus Cuv .
Cagnolin; Pei
(l) Avvertenze. La nomenclatura scientifica, la sinonimia, e la disposiz
Nella scritturazione dei nomi in vernacolo mi sono valso dei vocabolari del Pagali
zoologica , Genova 1857 — Giovanni Casaccia, Dizionario genovese-italiano , II edizi|
T a veapìo pinoci rii rmnlitn pnm rn AT'pinlA fiirnnn ricavate dal R.enerteriO della Tar\
one delle specie )
Le varie classi di qualità commerciale furono ricavate dal Repertorio della Tar ®l!
municipale, e pubblicato in Genova nel 1895.
I prezzi segnati mi furono comunicati dai signori fratelli Lupi negozianti, e dai sigi1
21
pesci del Mercato di Genova f1).
genovese
Qualità
commerc.
Valore commestibile, frequenza ed epoca
Prezzo
! approssimai
al Chilogr.
I
Classe
Lire e Cent.
|peixe . . .
3.
non frequente, nè si mangia; estate ....
—
3.
carne non buona; molto rara; primavera, estate
—
1 .
3.
carne disgustosa; frequente; inverno ....
0,60—1,00
1 .
carne ingrata; non molto comune .
—
rassa; Ferras-
3.
carne non stimata; comunissimo; inverno . .
1,40 — 0,70
3.
carne più buona della preced. ; meno comune .
1,40 — 0,70
3.
non molto rara .
1,40 — 0,70
xa . . . .
3.
carne discreta; frequente tutto l’anno . . . ;
1,30—1,50
non molto buona; frequente; estate . !
0,80— —
3.
non molto abbondante; primavera .
0,80 -
1 . j
3.
carne non cercata; frequente; primavera. . .
0,80— —
. i
3.
non molto rara .
0,80— —
3.
carne non buona; abbastanza frequente . .
0,80- —
òscinna . .
1
3.
—
0,80— —
:òn . . . . j
3. !
non frequente ; inverno, primavera,, estate .
0,60 — 0,80
noròmora . .
3.
carne non cercata; frequente; tutto l’anno . .
1 ,00 — 1 ,50
3.
idem idem
0,80 -
; Battipotta .
3.
idem idem tutto l’anno . .
0,80 -
Gallinetta .
3. j
idem idem idem
0,80 — 1,20
•
I
2.
idem idem autunno, inverno
0 ,80— 1,50
2 |
idem idem idem
—
3.
carne buona; raro; primavera, estate ....
0,80—1,30
—
molto raro .
—
3.
carne poco buona; estate .
—
Spinòlìn . .
3.
non ha pregio alcuno; estate .
—
ìigra . . .
3.
non raro . . • • • •
0,50 — 0,80
3.
carne buona, è il migliore tra i plagiostomi;
primavera, estate .
—
de stampa .
3.
meno buono del precedente; tutto l'anno . .
0,70 — 0,90
Sagri . . .
3.
carne di sapore ingrato; raro; inverno . . .
—
.
3.
non viene mangiato ; poco frequente . . . .
—
i .
3.
carne pessima (scorticato , si tenta smerciarlo
per gatusso); estate .
—
3.
non abbondante ; quasi tutto l’ anno ....
"Vi
o
i
c
3.
carne muschiata, cattiva; comune; inverno . .
—
3.
carne non buona; pochi individui tutto l’anno
0,50 — 0,70
e .
1 3.
j carne non buona; poco frequente .
—
scritte secondo Giinther (Alb.) Catalogne of thè Fishes in thè Collect. British Museum.
el Casaccia = Angelo Paganini, Vocab. domestico genovese-italiano , con uri Appendice
nova 1876.
igria del Comune di Genova , compilato dal signor E. Ivaldi, Direttore dell’ Imposta
[ancaleone Borgioli ed Ercole Maniero.
20
21
Prospetto delle specie più importi
Nome italiano
Lampreda manna. . . .
Cefalottera del Giorna; Tavila
cornuta .
Miliobate nottola; Pesce vescovo
Aquila di mare; Aquilone. .
Trigone pastinaca; Ferraccia
T. brucco; Ferraccia bruna .
T. violacea .
Arzilla chiodata; A. di scoglio
A. macchiettata, A. d’arena .
Razza falsavela .
R. baraccola .
R. quattrocchi .
R. marginata .
Arzilla rossina; A. d’arena .
Razza bramante ; R. pietrosa
R., o Arzilla monaca . . .
R. bavosa; R. cappuccina. .
Torpedine; Tremola occhiatella
T. del Galvani .
Squadrolino pellenera; Pesce an
S. pellerossa .
Ronco spinoso .
Lemargo musone ....
Scinno leccia; Dalatia sparofago
Sagri moretto; Sagrino . .
Centroforo granelloso . . .
Spinarolo imperiale; Spinello
S. comune .
S. uiato ; Palombo zigrinato .
Centrina porco .
Pristiuro; Scillo boccanera .
Scillo gattopardo .
S. gattuccio; Gattaccio . .
Notidano capo piatto . . .
Pesce manzo, Ettaneo, Anciolo,
Angiolo, Lamiola . . . .
Nome scientifico
Petromyzon marinus Linn.
Dicerobatis Giornae Gunt.
Myliobatis noctula Bonap.
M. aquila Linn .
Trygon pastinaca Linn. .
T. brucco Bonap .
T. violacea Bonap .
Dasybatis clavata Linn .
D. asterias Bonap .
Raja falsavela Bonap .
R. miraletus Donov .
R. quadrimaculata Risso . . . .
R. marginata Lacép .
R. punctata Risso .
Leviraja bramante Sassi (R. bico-
lor R.) .
L. oxyrhynchus Bonap .
L. macrorhynchus Bonap. . . .
Torpedo narce Nardo .
T. Galvanii Cuv. (T. marmorata) .
Squatina angelus Dum .
S. oculata Bonap .
Echinorhinus spinosus Linn. . .
Lemargus rostratus Risso . . .
Scymnus lichia Cuv .
Spinax niger Bonap .
Centrophorus granulosus Bloch .
Acanthias vulgaris Risso . . . .
A. Blainvilli Risso .
A. uyatus Bonap .
Centrina Salviani Risso . . . .
Pristiurus melanostomus Bonap. .
Scyllium stellare Linn .
S. canicula Linn .
Notidanus griseus Cuv .
N. cinereus Cuv.
Nome
Sussa-peixe;
pesci del Mercato di Genova (1).
Razza bramai
R. cappussinlu
Pescio àngeo
idem
Tacca de forni
Neigra. . •
Spin ùccio; Spi
Agoggión del
A. maccióu .
A. rosso; Agus
A. de bocca «
Pescio porco
Mojello; Miiell
Gatto-bardo .
Gattusso . ■
Pescio mùgg>°
Cagnolin; Pes(
(*)
Nella
zoologica, Genova 1857 — Giovanni Casaccia, Dizionario genovese-italiano , II edizi®] |F°Ya J876.
T- — • '• - • - • - - - - ua farti r^a del Co
I prezzi segnati mi furono comunicati dai signori fratelli Lupi negozianti, e dai sig®( Pancaleone Borgioli ed Ercole Mantero.
genovese
Qualità
commerc.
Valore commestibile, frequenza ed epoca
Prezzo
approssimat.
al Chilogr.
Classe
Lire e Cent.
peixe . • •
3.
non frequente, nè si mangia; estate ....
• -
.
3.
carne non buona; molto rara; primavera, estate
_
3.
carne disgustosa; frequente; inverno ....
0,60 — 1,00
....
— |
carne ingrata; non molto comune .
—
Brassa: Forras-
3.
carne non stimata; comunissimo; inverno . .
1,40 — 0,70
carne più buona della preced.; meno comune .
1,40 — 0,70
3.
non molto rara .
1,40 — 0,70
ffiaxa ....
3.
carne discreta; frequente tutto l’anno . .
1,30—1,50
■ . i
non molto buona; frequente; estate .
0,80 -
■ .
non molto abbondante; primavera .
0,80 -
1
I .
. 3.
carne non cercata; frequente; primavera. . .
0,80 -
■ .
3.
non molto rara .
0,80— —
la
3.
carne non buona; abbastanza frequente . . .
0,80- —
■òscinna . . j
3. I
—
0,80 -
ftzon ....
3.
non frequente; inverno, primavera, estate . .
0,60 — 0,80
Inorómora . .
3.
carne non cercata; frequente; tutto l’anno . .
1,00—1,50
3.
idem idem
0,80 -
1; Battipotta .
3. 1
idem idem tutto l’anno . .
0,80 -
I Gallinetta .
3. ]
idem idem idem
0,80—1,20
èo .
2.
idem idem autunno, inverno
0,80— 1,50
2.
idem idem idem
—
1 ’ ’
3.
carne buona; raro; primavera, estate ....
0,80—1,30
—
molto raro .
—
3.
carne poco buona ; estate .
—
1 Spinolìn . .
3.
non ha pregio alcuno; estate .
—
|igra . . .
3.
non raro . •••*,•
0,50 — 0,80
3.
carne buona, è il migliore tra i plagiostomi;
primavera, estate . . .
■ —
■ de stampa .
3.
meno buono del precedente; tutto l’anno . .
0,70 — 0,90
■ Sagri . . .
3.
carne di sapore ingrato; raro; inverno . . .
—
3.
non viene mangiato ; poco frequente . . . .
—
1 .
3.
carne pessima (scorticato , si tenta smerciarlo
per gatusso); estate .
-
3.
non abbondante ; quasi tutto T anno ....
0,70 — 0,90
3.
carne muschiata, cattiva; comune; inverno . .
—
3.
carne non buona; pochi individui tutto l’anno
0,50 — 0,70
ve . .
3.
carne non buona; poco frequente .
—
Avvertenze. La nomenclatura scientifica, la sinonimia, e la disposizione delle specie*" secondo Gtìnther (Alb.) Catalogne of thè Fishes in thè Collect. British
Ila scritturazione dei nomi in vernacolo mi sono valso dei vocabolari del Pagamf^pasaccia = Angelo Paganini, Vocal. domestico genovese-italiano, con un Appendice
Le varie classi di qualità commerciale furono ricavate àTTeplrtorìT della Ta4 rn® de!' Comune di Genova, compilato dal signor E. Ivaldi, Direttore dell’Imposta
municipale, e pubblicato in Genova nel 1895.
22
Nome italiano
Nome scientifico
Nome ve •
Aiopia codalunga; Volpe di mare
Alopecias vulpes Linn .
Pescio ratto. .
Triglochide; Odontaspe feroce .
Odontaspis ferox Agass .
Cagnassón del .
Carcarodonte del Rondelet; Ca¬
gnesca grande .
Carcharodon Rondeletii M. e H. .
Pescio can; ( :
Ossirina dello Spallanzani . .
Oxyrhina Spallanzanii Bonap. . .
Meantó; mna
Lamna smeriglio .
Lamna cornubica Linn .
id. idi .
Palombo comune ; P. liscio . .
Mustelus vulgaris Muli, et Henle
Nissèna . . j ,
P. nocciolo .
M. laevis Risso .
Nisséua (i pesisi
Pesce martello; Sfirna martello
Zygaena malleus Shaw .
guono dal
Pescio scròssi
Galeo cane .
Galeus canis Linn .
Cagnassa; Ca
Lamiola; Prionodonte verdesca;
Verdone .
Carcharias glaucus Cuv .
Pescio can; 1
Chimera mostruosa; Scimmia di
mare; Re delle arringhe . .
Chimaera monstrosa Linn. . . .
Marcantògno ;
Storione comune .
Acipenser sturio Linn .
Storión . . ||
Pesce luna; Pesce tamburro. .
Orthagoriscus mola Linn. . . .
Pescio mèua \
Balestra comune; Caprisco . .
Balistes capriscus Linn .
Pescio palo; a
Cavalluccio di mare .
Hippocampus antiquorum Leach .
Cavallo marin
id. .
H. guttulatus Cuv .
id. . . !
Nerofìde; Signato; Ago di mare
Syngnatus (S. abaster Ris. , S. A-
9
gassizi Mich.) .
Aguggia . . 1
id. id.
Nerophis (N. ophidion Kròy., N. ma-
11
culatus Raf.) .
id. . . I
Sifonostomo .
Siphonostoma typhle Linn. . . .
id. . . ]
Leptocefalo trasparente . . .
Leptocephalus (varie sp.). . . .
Mose d’ ancióal
Murena elena .
Muraena helena Linn .
Móenn-a . . 9
Ofisuro serpente .
Ophichthys serpens Lacép. . . .
Biscia de mà;l
0. imberbe .
0. imberbis De la R .
id.
Grongo comune .
Conger vulgaris Cuv .
Bronco de fori
G. comune nero .
C. niger Risso .
Peagallo, 1
Brónco de schj
G. delle Baleari .
Congromuraena balearica De la R.
Brónco . . j
G. muro; G. miro .
Anguilla .
Myrus vulgaris Kaup .
Biscia de ma
Anguilla vulgaris Cuv .
Anghilla d’seg
id .
id. var. acutirostris
id. id
Sardella; Sardina .
Clupea sardina Cuv. (Cl. pilchar-
dus Art.) . .
| piccolo : Giano
Aiosa comune; Salacca. . . .
C. aiosa Cuv . .
grande : Pa;
j Salacca, Lacci
id. ....
1 C. fìnta Cuv .
—
id. ....
C. aurita Cuv .
—
Acciuga; Alice; Sardella . . .
Engraulis enchrasicholus Linn.
j picc.: Gianchei
Rondinella chiara .
j Exocoetus volitans Linn. . . .
! Róndaninn-a; 1
R. oscura .
E. evolans Linn .
id.
R. del Rondelet .
E. Rondeletii Cuv .
id.
Sairide del Camper; Luccio sauro
Scomberesox Rondeletii Bonap. .
Gastódella .
Aguglia comune .
Belone (Scomberesox) acus Risso
| Agón; piccolo .
23
i genovese
-ri g
±ì <D
■3|
Valore commestibile, frequenza ed epoca
Prezzo
approssimai
0*0
o
al Chilogr.
[.tu . .
Classe
3.
carne poco buona; non molto raro; autun. inver.
Lire e Cent.
0,80—1,00
n
3.
carne di sapore ingrato; rarissimo; estate . .
—
■: |5n de fondo .
3.
carne cattiva; raro; quasi tutto l’anno . . .
0,50 — 0,60
1 I *
3.
carne buona; non frequente; primavera, estate
I
3.
(si vende spesso per pesce spada) ....
raro ; carne poco ricercata .
_
Il .
2.
carne poco cercata; comune; tutto l’anno (si vende
col seguente come Spinarolo imperiale) .
1,50 — 2,00
jp ion lo distin-
Wjente ....
2.
carne poco migliore del preced ; non frequente
0,80—1,00
'^martello . .
2.
poco frequente; carne coriacea; inverno. . .
0,80— 1,00
1; Palombo. .
3.
carne poco ricercata; comune; tutto l’anno. .
0,80—1,00
Il .
3.
non molto raro; tutto l’anno .
0,40 — 0,60
1 .
carne pessima (uova e fegato commestib.l; estate
—
1 .
1.
piuttosto raro; tutto l’anno .
3,00 — 3,50
I. . .
3.
non ha pregio; non raro; estate .
non si mangia; piuttosto raro .
» qualche individuo tutto l’anno ; più frequente in
—
IL P. borsa . .
3.
— -
1 .
3. (
—
1
1
3. |
) primavera .
■ "
3.
comune .
—
3.
non raro . .
—
3.
non frequente; tutto l’anno .
—
. 3. |
poco frequente .
—
1
2.
frequente; tutto l’anno .
0,50 — 0,80
Sente de ma. .
3.
3.
non si mangia; poco frequente; primav , estate
—
non raro: ma non è commestibile .
—
\iccolo Tiagallo,
lo .
1.
carne saporita (a boridda) ; tutto l’anno . . .
—
1
carne buona; tutto l’anno .
1,00 — 1,50
1. {
1 frequente .
—
3.
poco apprezzato; poco frequente; primav., estate
carne buona; tutto l’anno .
—
•$e .
1.
1,00—1,50
1.
id. id . 1
, G. vestio; più
carne eccellente; comunissimo; gennaio a marzo :
0,80— 1,50
; ad.: Sardenn-a
— 1;
aprile, maggio |
0,50 — 0,60
pra .
3. |
non molto frequente; estate .
—
3.
—
0,50 — 0,60
1. : Anciòa . .
3.
non frequente ; primavera, estate .
—
3.
carne buonissima; non abbonda sempre; marzo
5 ma . . . .
3.
a maggio . . . .
rara e ad epoche non precisabili .
0,80 — 1,50
0,40 — 0,50
O
O.
non raro (si vende come muggine tagliando le
3.
grandi pinne) .
non frequente . .
_
3.
non raro ; di comparsa incostante .
carne buonissima; comune; primavera, inverno
0,50 — 0,60
icassin. . . .
2.
0,60 — 0,80
22
Nome italiano
Aiopia codalunga; Volpe di mare
Triglochide; Odontaspe feroce .
Carcarodonte del Rondelet; Ca¬
gnesca grande .
Ossirina dello Spallanzani . .
Lamna smeriglio ....
Palombo comune ; P. liscio
P. nocciolo
Pesce martello; Sfirna martello
Galeo cane .
Lamiola; Prionodonte verdesca;
Verdone .
Chimera mostruosa; Scimmia di
mare; Re delle arringhe . .
Storione comune .
Pesce luna; Pesce tamburro. .
Balestra comune; Caprisco . .
Cavalluccio di mare .
id. .
Nerofide; Signato; Ago di mare
id.
id.
Sifonostomo ....
Leptocefalo trasparente
Murena elena ....
Ofisuro serpente . . .
0. imberbe .
Grongo comune . . .
G. comune nero .
G. delle Baleari .
G. muro; G. miro
Anguilla ....
id .
Sardella; Sardina.
Aiosa comune; Salacca,
id.
id.
Acciuga; Alice; Sardella
Rondinella chiara . .
R. oscura ....
R. del Rondelet .
Sairide del Camper; Luccio sauro
Aguglia comune .
Nome scientifico
Alopecias vulpes Linn .
Odontaspis ferox Agass .
Carcharodon Rondeletii M. e H. .
Oxyrhina Spallanzanii Bonap. . .
Lamna cornubica Linn .
Mustelus vulgaris Muli, et Henle
M. laevis Risso .
Zygaena malleus Shaw.
Galeus canis Linn. . .
Carcharias glaucus Cuv. .
Chimaera monstrosa Linn.
Acipenser sturio Linn.
Orthagoriscus mola Linn. . .
Balistes capriscus Linn. . . .
Hippocampus antiquorum Leach
H. guttulatus Cuv .
Syngnatus (S. abaster Ris. , S. A
gassizi Mich.) .
Nerophis (N. ophidion Kroy., N. ma
culatus Raf.) .
Siphonostoma typhle Linn. .
Leptocephalus (varie sp.). .
Muraena helena Linn. . .
Ophichthys serpens Lacép. .
0. imberbis De la R . . .
Conger vulgaris Cuv. . . .
C. niger Risso .
Congromuraena balearica De la R
Myrus vulgaris Kaup .
Anguilla vulgaris Cuv. . . .
id. var. acutirostri
Clupea sardina Cuv. (Cl. pilchar
dus Art.) .
C. aiosa Cuv .
C. finta Cuv .
C. aurita Cuv .
Engraulis enchrasicholus Linn.
Exocoetus volitans Linn. . .
E. evolans Linn .
E. Rondeletii Cuv .
Scomberesox Rondeletii Bonap
Belone (Scomberesox) acus Risso
Nome vj, Ho genovese
Pescio ratto,
Cagnassòn dei
Pescio can:f,
Meantó ; mna< I
.id\ idi
Nissèua
tón de fondo
Nisseua (i
guono dall
Pescio scròssi
Cagnassa; Ca|
Pescio can; I
Marcantogno
Storión . .
oon lo distin
[dente . . ■
martello .
i; Palómbo.
Pescio mèua
Pescio palojcB; P. bórsa
Cavallo maria, |
id. "
Aguggia
id.
id.
Mose d’ai
Móenn-a
Biscia de m;i:B)ente de mà.
Brónco de fon piccolo Tiagall
Peagallo, fHIo ....
Brónco de sclllio ....
Brónco .1 .
Biscia de mà >1 .
Anghilla d’w?e ....
'piccolo : Gianckjo, (>. vestio;
grande: P® P; ad.: Sardenn
Salacca, Lacci» lipra. . . .
picc. : Gianche#
Róndaninn-a; ®
id.
id.
Gastódella ■ •
| Agón; piccolo.
Ancioa
ceassin .
23
Valore commestibile, frequenza ed epoca
Prezzo
approssimat.
al Chilogr.
Lire e Cent.
carne poco buona; non molto raro; autun. inver.
carne di sapore ingrato; rarissimo; estate . .
0,80—1,00
carne cattiva; raro; quasi tutto l’anno . . .
carne buona; non frequente; primavera, estate
(si vende spesso per pesce spada) ....
raro; carne poco ricercata . . • •
carne poco cercata; comune; tutto l’anno (si vende
col seguente come Spinarolo imperiale) . .
0,50 — 0,60
1,50 — 2,00
carne poco migliore del preced ; non frequente
poco frequente; carne coriacea; inverno. . .
carne poco ricercata; comune; tutto l’anno. .
0,80— 1,00
0,80— 1,00
0,80 — 1 ,00
non molto raro; tutto l’anno .
0,40 — 0,60
carne pessima (uova e fegato commestib.); estate
-
piuttosto raro; tutto l'anno .
3,00 — 3,50
non ha pregio; non raro; estate .
non si mangia; piuttosto raro . - • • •
J qualche individuo tutto l’anno ; più frequente in
—
non frequente ; tutto l’ anno .
1 frequente ; tutto l’ anno . . . • • • • ■ ■
non si mangia; poco frequente ; primav , estate
non raro: ma non è commestibile .
0,50 — 0,80
carne saporita (a boridda) ; tutto l’anno . . ■
carne buona; tutto l’anno .
poco apprezzato; poco frequente; primav., estate
carne buona; tutto l’anno .
id. id. .
1,00—1,50
1,00—1,50
-
carne eccellente; comunissimo; gennaio a marzo
aprile, maggio
j non molto frequente; estate .
0,80— 1,50
0,50 — 0,60
! 0,50 — 0,60
non frequente; primavera, estate .
carne buonissima; non abbonda sempre; marzo
rara e ad epoche non precisabili . • • • •
non raro (si vende come muggine tagliando le
non frequente ■ • • • ■ . .
non raro ; di comparsa incostanto
carne buonissima; comune; primavera, inverno
0,80—1,50
0,40 — 0,50
0,50 — 0,60
1 0,60 — 0,80
24
\
Nome italiano
Argentina sfirena .
Sauro lacerta; Pesce scarmo
Sogliola volgare
S. occhiuta . .
S. dal porro; S. nasuta
S. turca
S. pelosa
S. variegata
S. gialla .
S. fasciata
Plagusia lattea
Pleuronettide ital
Rombo passero
R. poda . . .
Suacia comune
S. francese . .
S. cianchetta .
S. macchiata .
S. del Grohmann
Rombo di grotta
R. chiodato . .
R. liscio . . .
Macruro camuso
M. acuto . . .
Ammodite di Sicilia
Fierasfro ago
id.
Ofidio barbato
0. del Vassal
Motella comune, Donnola d
M. macchiata .
Molva allungata
Fico mediterraneo
F. argentino .
Merluzzo comune
Mora verdona .
Gado minuto .
Gadicolo . . .
G. barbato . .
Merlango comune
Donzella zigurella
D. del Giofredi
Pesce pettine . .
Crenilabro pavone
C. ceruleo, o melan
C. del mediterraneo
C. macchiato
C. rostrato
C. occhiuto
C. tinca .
Labro tordo
L. merlo .
L. pavone
co
cerco
m
are
Nome scientifico
Argentina sphyraena Linn. . .
Saurus griseus Lowe ....
Solea vulgaris Cuv. ....
S. ocellata Gthr. (S. oculata Risso)
S. lascaris Risso .
Kleinii Bonap .
monochir Bonap .
variegata Donow .
lutea Bonap .
Mangilii Risso .
Plagusia lactea Bonap. . . .
Pleuronectes italicus Gthr. . .
Rhomboidichthys mancus Brouss
R. podas Bonap .
Citharus linguatula Rond. . .
Arnoglossus Boscii Risso . .
A. laterna Walb .
A. conspersus Canestr. . . .
A. Grohmanni Bonap .
Phrynorhombus unimaculatus Risso
Rhombus maximus Cuv.
R. laevis Rondel. . .
Macrourus coelorhynchus Riss
M. trachyrhynchus Giòrna
Ammodites siculus Swains.
Fierasfer acus Brùnn. . .
F. dentatus Cuv. . . .
Ophidium barbatum Linn.
O. Vassali Risso ....
Motella tricirrata Nilss. .
M. maculata Gthr. . . .
Molva elongata Nilss. . .
Phycis mediterraneus De la Roc
P. blennioides Bl. Schn. .
Merlucius vulgaris Flem.
Mora mediterranea Risso
Gadus minutus Linn. . .
Gadiculus blennoides Gthr.
Gadus vernalis Risso . .
G. poutassou Risso . . .
Julis pavo Cuv .
Coris Giofredi Risso . .
Novacula cultrata C. Val.
Crenilabrus pavo C. Val.
C. melanocercus Risso
C. mediterraneus Linn. .
C. quinquemaculatus Bl. .
C. (Coricus) rostratus Val.
C. ocellatus Fosk
C. tinca Brunn .
Labrus turdus Bl.
L. menila Linn. .
L. myxtus Block.
Nome ver!
Argentinn-a, ì
Laghéu . .
Lengua; Séua
id.
Lengua d’ aenr
L. oxellinn-a
Lengua
id.
id.
Lengua bastar
id.
Passua , .
Rombo bastard
id.
Petrale . .
id. . .
id. . .
id, . .
id, . .
' ;
Dastari]
id, , ,
Rombo veaxo
R. de fondo
Ratto; Rattin
id.
Pescio argento
_id.
Scignòa . .
Confondesi col
Bèllua . . .
id. . . .
Linarda; Passiej
Mustella de se
M. de fondo
Nasello . .
Brazullo . .
Fìgaotto . .
id. , .
Potasse: Botass
Pòtasséu
Zigoélla; Mincii
Specie di zigoél
Pescio razò;.P.
Laggiòn
id.
id.
id.
id.
id.
id.
Tordo .
Laggiòn
Comba; Combin
25
genovese
Qualità
commerc.
Valore commestibile, frequenza ed epoca
Prezzo
approssimat.
al Chilogr.
Classe
3.
carne buona; non raro; inverno .
Lire e Cent.
0,20 — 0,40
3.
non molto raro; estate .
—
1.
carne saporitissima; frequente; inverno . . .
2,50 — 3,00
1.
id. rara; inverno .
carne buona; non molto frequente; inverno
—
1.
0,80—1,00
1.
carne poco buona; piuttosto rara; inverno . .
—
1.
carne poco buona; piuttosto frequente; inverno
0,80—1,00
1.
id, .
0,80— 1,00
1.
frequente ; primavera .
0,80—1,00
1,
carne di poco valore; molto comune ....
0,80— 1,00
1.
nella mescolanza; raro; gennaio ad aprile . .
0,80— 1,00
1.
rarissima .
0,80—1,00
l’aenn-a . .
1.
carne poco apprezzata; tutto l’anno ....
0,80—1,00
1.
carne di poco valore ; id. ....
0,80—1,00
3.
carne mediocre; comune; inverno .
1,00—1,20
3.
carne poco buona; comune; inverno ....
0,50 — 0,60
3.
carne mediocre; comune; inverno .
—
3.
frequente; primavera .
—
3.
1,
carne di poco valore; non raro; frequente; marzo
ed aprile .
raro .
—
.
1.
carne buonissima; frequente; inverno ....
2,00 — 2,50
1.
id. molto meno freq. del preced.
1,50 -
.
. —
non frequente; non si mangia .
—
.
— .
id. id. .
—
jnòa ....
—
frequente .
raro .
_
.....
— =. .
—
—
—
frequente .
—
ente . . .
—
raro .
—
3.
carne buona; non frequente; estate ....
—
3.
colla precedente .
—
3.
non molto apprezzata; non frequente; estate .
0,50 - 1,00
io ... .
3.
carne abbastanza buona; non freq.; tutto l’anno
1,50 — 2,00
3.
id. non raro; estate . .
0,80—1,20
2.
carne buona; comune; tutto l’anno ....
1,50 — 2.00
—
non molto stimato ; poco frequente ; tutto l’anno
carne sapida; ma molle; comune; inver., primav.
0,50—1,00
3.
—
3.
id. .
— •
.
3,
raro; tutto l’anno .
—
lodeschèuggio
3.
non frequente, nè numeroso; tutto l’anno . .
—
3.
carne buona; non abbonda; estate .
0,50 — 0,60
3.
id. id. .
—
ìe ....
3.
raro; inverno .
—
3.
carne di poco pregio; non raro; estate . . .
—
3.
raro ; primavera .
0,80— 1,30
3.
carne poco stimata ; frequente ; estate ....
3.
carne non stimata; comune; estate .
—
3.
non raro .
—
— .
frequente .
—
—
id. .
—
3.
carne poco ricercata; non comune; tutto l’anno
id. poco fruequente id.
—
3.
0,60 — 1,20
1 .
3.
id. id. id.
—
Nome italiano
Argentina sfrena. . .
Sauro lacerta; Pesce scar
Sogliola volgare
S. occhiuta . .
S. dal porro; S
S. turca . . .
S. pelosa. .
S. variegata . ,
S. gialla . .
S. fasciata . .
Plagusia lattea
Pleuronettide ital
Rombo passero
R. poda . . .
Suacia comune
S. francese . .
S. cianchetta .
S. macchiata .
S. del Grohmann
Rombo di grotta
R. chiodato . .
R. liscio . . .
Macruro camuso
M. acuto ....
Ammodite di Sicilia
Fierasfro ago
id.
Ofidio barbato
0. del Vassal . .
Motella comune, Don
M. macchiata .
Molva allungata
Fico mediterraneo
F. argentino .
Merluzzo comune
Mora verdona .
Gado minuto
Gadicolo . . .
G. barbato . .
Merlango comune
Donzella zigurella
D. del Giofredi .
Pesce pettine . .
Crenilabro pavone
C. ceruleo, o melano
C. del mediterraneo
C. macchiato
C. rostrato
C. occhiuto
C. tinca .
Labro tordo
L. merlo .
L. pavone
uta
Nome scientifico
Nome vera
Igenovese
Qualità
commerc.
Valore commestibile, frequenza ed epoca
Prezzo
approssimat.
al Chilogr.
Glasse
Lire e Cent.
Argentina sphyraena Linn. . . .
Argentinn-a, Ai
3.
carne buona; non raro; inverno .
0,20 — 0,40
mo
Saurus griseus Lowe .
Laghèu . 6
1
3.
non molto raro; estate .
—
Solea vulgaris Cuv .
Lengua; Sèua
1.
carne saporitissima; frequente; inverno . . .
2,50 — 3,00
S. ocellata Gthr. (S. oculata Risso)
id.
1.
id. rara; inverno .
—
S. lascaris Risso .
Lengua d’ aenn-
1.
carne buona; non molto frequente; inverno
0,80 — 1,00
S. Kleinii Qonap .
■ ■
1.
carne poco buona; piuttosto rara; inverno . .
—
S. monochir Bonap .
Lengua .
1
1.
carne poco buona; piuttosto frequente; inverno
0,80—1,00
S. variegata Donow .
id. . .
1.
id, .
0,80— 1,00
S. lutea Bonap .
id. . ,
1.
frequente ; primavera .
0,80—1,00
S. Mangilii Risso .
Lengua bastarii
1 .
1.
carne di poco valore; molto comune ....
0,80 — 1,00
Plagusia lactea Bonap .
id. . .
1.
nella mescolanza; raro; gennaio ad aprile . .
0,80 — 1,00
Pleuronectes italicus Gthr. . . .
Passua . . ,
1.
rarissima .
0,80—1,00
Rhomboidichtbys mancus Brouss.
Rombo bastardo
n’aenn-a . .
1.
carne poco apprezzata; tutto l'anno ....
0,80 — 1,00
R. podas Bonap .
id.
1
carne di poco valore; id. ....
0,80 — 1,00
Citharus linguatula Rond. . . .
Petrale . .
3.
carne mediocre; comune; inverno .
1,00—1,20
Arnoglossus Boscii Risso . . .
id.
3.
carne poco buona; comune; inverno ....
0,50 — 0,60
A. laterna Walb .
id. . .
3.
carne mediocre; comune; inverno .
—
A. conspersus Canestr .
id, . , ,
3.
frequente; primavera .
—
A. Grohmanni Bonap .
id. ...
3.
carne di poco valore; non raro; frequente; marzo
ed aprile .
—
Phrynorhombus unimaculatus Risso
id, ...
1.
—
Rhombus maximus Cuv .
Rombo veaxo .
1.
carne buonissima; frequente; inverno ....
2,00 — 2,50
R. laevis Rondel .
1.
id. molto meno freq. del preced.
1,50 -
Macrourus coelorhynchus Riss. .
Ratto; Rattin ,
—
non frequente; non si mangia .
—
M. trachyrhynchus Giòrna . . .
id.
I .
—
id id .
““
Ammodites siculus Swains. . . .
_
—
Fierasfer acus Briinn .
Pescio argento;
Snoa ....
_
—
F. dentatus Cuv .
id.
_
_
—
Ophidium barbatum Linn. . . .
Scignoa . . .
_
—
0. Vassali Risso .
Confondesi co! j
lente . . .
_
—
mare
Motella tricirrata Nilss .
Bèllua ....
3.
carne buona; non frequente; estate ....
—
M. maculata Gthr .
id .
1 .
3.
colla precedente .
—
Molva elongata Nilss .
Linarda; Passiei
1 .
3.
non molto apprezzata; non frequente; estate .
0,50 — 1,00
Phycis mediterraneus De la Roc.
Mustella de sci
Rio ... .
3.
carne abbastanza buona; non freq.; tutto l'anno
1 ,50 — 2,00
P. blennioides Bl. Schn .
M. de fondo •
3.
id. non raro; estate . .
0,80— 1,20
Merlucius vulgaris Flem. . . .
Nasello • • •
carne buona; comune; tutto l’anno . . • •
1 ,50 — 2.00
Mora mediterranea Risso . . .
Brazullo • • •
.
_
non molto stimato; poco frequente; tutto 1 anno
0,50 — 1 ,00
Gadus minutus Linn .
Fìgaotto • ■
3.
carne sapida; ma molle; comune; inver., primav.
—
Gadiculus blennoides Gthr. . . .
id. . . •
3.
—
Gadus vernalis Risso .
Potasse; Botasse
3,
—
G. poutassou Risso .
Potassèu . • •
• . . . .
3.
non frequente, nè numeroso: tutto l’anno . .
Julis pavo Cuv .
Zigoèlla; Mincio;
P° de schéuggic
, 3.
carne buona; non abbonda; estate .
0,o0 — 0,o0
Coris Giofredi Risso .
Specie di zigoèlla
.
3.
id. id. .
Novacula cultrata C. Val. . . .
Pescio razo;.P-P
le i ‘ ’
3.
Crenilabrus pavo C. Val. . . .
Laggion . • •
3.
carne di poco pregio ; non raro ; estate . . .
. .
C. melanocercus Risso ....
id.
3.
0
C. mediterraneus Linn .
id. . .
3.
carne poco stimata ; frequente ; estate ....
0,80 — 1
C. quinquemaculatus Bl .
id. . • ■
3.
carne non stimata; comune; estate .
C. (Coricus) rostratus Val. . . .
id. . •
• •
3.
C. ocellatus Fosk .
id. . • •
......
C. tinca Briinn .......
id. . •
_
Labrus turdus Bl .
Tordo . . •
3.
carne poco ricercata; non comune; tutto 1 anno
L. menila Linn .
Laggion . •
3.
id. poco fruequente id.
0,60 — 1,20
L. myxtus Block .
Còmba; Cornino»
3.
id.’ id. id.
26
Nome italiano
Labro festivo .
Castagnola; Saracina . .
Pesce trombetta; Centrisco
Lepadogastro .
Mirbelia olivastra . . .
Cepola rosseggiante ; Caviglion
Stringa .
Clino argenteo .
Muggine cefalo; Caparello
M. calamita .
M. musino; Filzetta. . .
M. orifrangio; M. dorato .
M. chelone; Sciorina . .
M. labbrone. .
Latterino sardaro
L. comune . .
L. capoccione .
Trachittero iride
T. del Bonelli .
T. liottero . .
Bavosa occhiuta
B. gattorugine .
B. palmicorne .
B. basilisco . .
B. pavone . .
B. cornuta . .
B. del Montagli
B. sfinge . . .
B. trigloide . .
Callionimo macchiato
C. belenno ....
Lofio pescatore ; Rana pescat
L. martino; L. budegassa
Ghiozzo bianco; Rossetto
Aterina
G. testone . .
G. comune . .
G. insanguinato
G. minuto . .
G. marmorizzato
G. geniporo
G. del Lesueur
G. negro . . .
G. Iota
G. zebro . . .
Caprisco cignale;
Pesce spada
Istioforo belone
Lizza glauca; Pes
L. amia; Seriola
L. fasciata . .
Seriola del Dumeril
C.
apro
stella
ice
Nome scientifico
Labrus festivus Risso . .
Heliaster chromis Linn. .
Centriscus scolopax Linn.
Lepadogaster Gouanii Briss.
L. Candolii Risso . . .
Cepola rubescens Linn. .
Cristiceps argentatus Risso
Mugil cephalus Cuv. . .
M. capito Cuv .
M. saliens Risso ....
M. auratus Risso . . .
M. chelo Cuv .
M. labeo Cuv .
(T.
Atherina hepsetus Linn. .
A. mocho Cuv. Val.
A. Boyeri Risso . .
Trachypterus iris Cuv
Bloch) ....
T. cristatus Bonelli
T. liopterus C. V.
Blennius ocellaris Linn
B. gattoruggine Linn.
B. sanguinolentus Pali
B. basiliscus Bonap.
B. pavo Risso . .
B. tentacularis Briinn.
B. galerita Linn. . .
B. sphinx Cuv. . . ,
B. trigloides Cuv. e Val
Callionymus maculatus Rafin
C. belenus Risso . .
Lophius piscatori us Cuv
L. budegassa Spin. . .
Latrunculus pellucidus IN
aphia Sassi) .
Gobius capito Cuv. e Va
G. Jozo Linn. . .
G. cruentatus L. Gm
G. minutus L. Gm. .
G. marmoratus Pali.
tae
G. geniporus Cuv. e Val
G. Lesueurii Linn. . .
G. niger Linn. . . .
G. ophiocephalus Pali.
G. zebrus Risso . . .
Capros aper Lac. . .
Xiphias gladius Linn. .
Tetrapturus belone Raf.
Lichia glauca Linn.
L. amia Linn. . . .
L. vadigo Risso . . .
Seriola Dumerilii Agass.
ma
do
M.
M.
M.
M.
G.
Tr
Sei
27
genovese
Qualità
commerc.
Valore commestibile, frequenza ed epoca
Prezzo
approssimat.
al Chilogr.
Classe
Lire e Cent.
—
carne di poco pregio; non raro; estate . . .
—
carne poco ricercata ; frequente ; primavera . .
0,50 — 0,60
3.
non si mangia; non comune; inverno. . . .
—
3.
piuttosto raro; primavera, estate. .....
0,80 -
3.
raro; inverno ............
- —
; Scignòa . .
3.
comunissimo; tutto Fanno . . .
0,80 -
3.
frequente; estate ...........
—
2.
carne ricercata; frequente; tutto Fanno . . .
1,20— 1,50
2.
id. id. estate .
0,80— 1,00
2.
—
1,00— 1,50
2.
carne ricercatissima; frequente; primav., estate
1,00 — 1,20
2.
carne buona; comune; tutto Fanno ....
0,60 — 0,80
éuio ....
2.
id. raro (Canestrini); comune; estate
(Borgioli) . . .
■ : . ~4ÌtÌ
pccion . .
3.
cibo popolare; frequente; inverno .....
0,80—1,00
id. ...
3.
id. comunissimo .
0,80—1,00
jion ....
3.
carne poco buona; camune; aprile .
0,80—1,00
3.
non si mangia; raro; estate .
. — ■ s
3.
raro; estate . • .
—
id . . .
—
3.
comunissimo; inverno . .
0,80 -
3.
comune; inverno .
0,80 -
3.
frequente; inverno .
0,80 -
3.
assai raro ; inverno .
0,80 -
—
raro .
0,80 -
3.
non frequente . . .
0,80 -
3.
comune .
0,80 -
’
3
id .
0,80 -
o.
id . . . .
0,80— —
3.
frequente; inverno, primavera .
0,80 -
3.
non raro . .
0,80— —
i . . . . .
2.
carne dura ma buona; comune; tutto Fanno .
0,50 — 0,80
5scin ....
2.
carne migliore; meno comune; tutto Fanno
1,00—1,50
1.
! comune; da novembre ad aprile .
0,80—1,50
:de fondo . .
2.
frequente; tutto Fanno .
0,80—1,00
2.
id. id. .
0,80 — 1,00
2.
carne ricercata; non è raro .......
! 0,80— 1,00
2.
frequente . .
0,80—1,00
2.
—
i 0,80— 1,00
2.
—
! 0,80— 1,00
2!
non è raro . . . .
0,80— 1,00
2.
carne delicata; abbastanza frequente ....
i 0,80— 1,00
2.
frequente . .
! 0,80— 1,00
2.
id. . .
0,80 — 1,00
iscio rè . . .
—
comune; autunno, aprile ........
0,80 — 1 ,00
.
1.
carne buonissima; non comune; primav., estate
2,00 — 2,50
—
rarissimo . . . .
■ —
| .
1
carne ricercatissima; non frequente; autunno .
1,50—1,80
.
2.
id. frequente; primav., estate
1,50— 1,80
].
id. rara; primavera ....
1,50 — 1,80
1.
non frequente, primavera ........
1,50—1,80
Nome italiano
Nome vei I genovese
Nome scientifico
Labro festivo .
Castagnola; Saracina . .
Pesce trombetta; Centrisco
Mirbelia olivastra . .
Cepola rosseggiante ; Caviglio
Stringa .
Olino argenteo .
Muggine cefalo; Caparello
M. calamita .
M. musino; Filzetta. . .
M. orifrangio; M. dorato .
M. chelone; Sciorina . .
M. labbrone .
Latterino sardaro; Aterina
L. comune . .
L. capoccione .
Trachittero iride
T. del Bonelli
T. fiotterò .
Bavosa occhiuta
B. gattorugine
B. palmicorne
B. basilisco .
B. pavone .
B. cornuta .
B. del Montagu
B. sfinge .
B. trigloide
Callionimo macchiato
C. belenno .
Lofio pescatore
L. martino; L.
Ghiozzo bianco
G. testone
G. comune
G. insanguinato
G. minuto . .
G. marmorizzato
G. geniporo
G. del Lesueui
G. negro .
G. Iota . .
G. zebro . .
Caprisco cignale
Pesce spada
Istioforo belone
Lizza glauca; Pesce
L. amia; Seriola
L. fasciata . . .
Seriola del Dumeril
Rana pesi
budegassa
Rossetto
apro
stella
Labrus festivus Risso .
Heliaster chromis Linn .
Centriscus scolopax Linn. . . .
Lepadogaster Gouanii Briss. . .
L. Candolii Risso .
Cepola rubescens Linn .
Cristiceps argentatus Risso . . .
Mugil cephalus Cuv .
M. capito Cuv .
M. saliens Risso .
M. atiratus Risso .
M. chelo Cuv .
M. labeo Cuv .
Atherina hepsetus Linn .
A. mocho Cuv. Val .
A. Boyeri Risso .
Trachypterus iris Cuv. (T. taenia
Bloch) . . .
T. cristatus Bonelli .
T. liopterus C. V .
Blennius ocellaris Linn .
B. gattoruggine Linn .
B. sanguinolentus Pali .
B. basiliscus Bonap .
B. pavo Risso .
B. tentacularis Briinn .
B. galerita Linn .
B. sphinx Cuv. .......
B. trigloides Cuv. e Val. . . .
Callionymus maculatus Rafin. . .
C. belenus Risso .
Lophius piscatorius Cuv. . . .
L. budegassa Spin .
Latrunculus pellucidus Nardo (G.
aphia Sassi) .
Gobi us capito Cuv. e Val. . . .
G. Jozo Linn .
G. cruentatus L. Gm .
G. minutus L. Gm .
G. marmoratus Pali .
G. geniporus Cuv. e Val. . . .
G. Lesueurii Linn .
G. niger Linn . .
G. ophiocephalus Pali .
G. zebrus Risso .
Capros aper Lac .
Xiphias gladius Linn .
Tetrapturus belone Raf. ....
Lichia glauca Linn .
L. amia Linn .
L. vadigo Risso .
Seriola Dumerilii Agass .
Laggiòn . , I
Castagnèua. I
Pescio trombe I
Tacca schèugi I
Mùzao massòn
M. ganga
id.
M. de l'ou
M. neigro;
M. lùxento;
Chèunao; Pas
id
Cabasson; Al
Pescio lamma
Lambraea
id.
Bau za; Gailetl
id.
id.
id.
id.
id.
id.
id
id.
Tacca schèugi
Bauza .
Gianello;
Bùddego ; M
Roscetto . •
Ghiggiòn Mi;
G. de schèugi
; Scignoa
j ■' èuio
lOccion
id.
.bi
I de fondo
lar hsci
Trombetta
Pescio spà
Specie de pe* '
Leccia bastard
Serrèua • •
Serreta • •
Leccia veaxa
W N) W W W W W N) [O IO
27
Valore commestibile, frequenza ed epoca
Prezzo
approssimat.
al Chilogr.
Classe
Lire
Cent.
— carne di poco pregio; non raro; estate ... —
3. carne poco ricercata ; frequente ; primavera . . 0,50 — 0,60
3. non si mangia; non comune; inverno. ... —
3. piuttosto raro; primavera, estate . 0,80 — —
3. raro ; inverno . — .
3.
3.
2.
2.
2!
2.
2.
2.
comunissimo; tutto l’anno .
frequente ; estate .
carne ricercata; frequente; tutto l’anno . . .
id. id. estate .
carne ricercatissima; frequente; primav., estate
carne buona; comune; tutto l’anno . . . .
id. raro (Canestrini); comune; estate
(Borgioli) .
cibo popolare; frequente; inverno .
id. comunissimo .
carne poco buona; camune; aprile .
0,80 -
1,20—1,50
0,80— 1,00
1,00— 1,50
1,00—1,20
0,60 — 0,80
0,80 — 1,00
0,80—1,00
0,80— 1,00
3.
3.
3.
3.
3.
3.
3.
3.
3
3.
3:
2.
1.
1
1.
1.
non si mangia; raro; estate .
raro ; estate . .
id. . .
comunissimo; inverno .
comune; inverno .
frequente; inverno .
assai raro; inverno .
raro .
non frequente .
comune .
id .
id .
frequente; inverno, primavera .
non raro . .
carne dura ma buona; comune; tutto l’anno .
carne migliore; meno comune; tutto l’anno .
0,80 -
0,80 -
0,80 -
0,80 -
0,80 -
0,80 -
0,80 -
0,80 -
0,80 -
0,80 -
0,80 -
0,50 — 0,80
1,00—1,50
comune; da novembre ad aprile
frequente; tutto l’anno . . .
id. id. ...
carne ricercata; non è raro .
frequente .
non e raro .
carne delicata; abbastanza frequente
frequente .
comune; autunno, aprile . . . . .
carne buonissima; non comune; primav.,
rarissimo .
carne ricercatissima; non frequente; autunno .
id. frequente; primav., estate
id. rara; primavera . . . .
non frequente, primavera . .
0,80—1,50
0,80—1,00
0,80 — 1,00
0,80— 1,00
0,80—1,00
0,80— 1,00
0,80—1,00
0,80— 1,
0,80— 1,
0,80—1,
0,80 — 1,
0,80 — 1 ,00
2,00 — 2,50
1,50—1,80
1.50— 1,80
1,50 — 1,80
1.50— 1,80
8888
28
Nome ilaliano
Nome scientifico
Carange luna .
Caranx dentex Cuv. e Val. . . .
Trachuro comune .
Trachurus trachurus Casteln. . .
Ausonia del Cuvier; Luvaro im-
i Ausonia Cuvieri Risso ....
penale .
1 Diana semilunata Risso ....
Brama occhiuta .
Brama Raii Bl. Schn .
Corifera cavallina; C. dorata. .
Coryphaena hyppurus Linn. . .
C. a coda di cavallo ....
C. equisetis Linn .
Centrolofo pompilo .
Centrolophus pompilius Cuv. V. .
Lampuga dorata .
Stromateus fiatola Linn .
L. fasciata .
S. microchirus Bonap .
Pesce S. Pietro .
Zeus faber Linn .
id. .
Z. pungio Cuv. e Val .
P. remora .
Echeneis remora Linn .
P. pilota .
Nucrates ductor Bl .
Tambarello comune .
Auxis Rochei Risso .
Palamida sarda; Bonita . . .
Pelamys sarda Bl .
Tonno .
Thynnus thynnus White . . .
Tonnina .
T. thunnina Cuv .
Tonno brevipinne .
T. brevipinnis Cuv. e Val. . . .
T. alalunga; Germone ....
T. alalonga Cuv. e Val .
T. palamida .
T. pelamys Cuv. e Val .
Scombro comune; Maccarello .
Scomber scomber Linn .
S. macchiato .
S. colias Linn .
Lepidopo argentino .
Lepidopus caudatus White . .
Sfirena comune; Aluzzo imperiale
Sphyraena vulgaris Cuv. e Val. .
Corvina locca; Corvo di mare .
Corvina nigra Cuv .
Sciena aquila; Boccadoro. . .
Sciaena aquila Lac .
Ombrina corvo .
Umbrina cirrhosa Linn .
Trachino dragone; Raganella ve¬
lenosa .
Trachinus draco Linn. ...
T. raggiato .
T. radiatus De la Roc .
T. ragno .
T. araneus Risso .
T. vipera .
T. vipera Cuv. e Val .
Uranoscopo; Lucerna ....
Uranoscopus scaber Linn. . . .
Pesce rondine, o Falcone . . .
Dactylopterus volitans Linn. . .
Catafratto forcuto; Forcola . .
Peristethus cataphractum Cuv.
Capone ubbriaco .
Trigla lineata Linn .
C. imperiale .
T. pini Bloch .
C. caviglione; Gorno ....
T. Gurnardus Linn .
C. caviglia; Cavicchio ....
T. cuculus Bloch .
C. gavotta .
T. obscura Linn. .
C. imperiale .
T. hyrundo Bloch .
C. coccio; C. organo; Gallinella
T. lyra Linn .
Scorpena rossa; Scorfano rosso
Scorpaena scrofa Linn .
S. nera; Scorfano nero. . . .
S. porcus Linn .
S. macchiata .
S. ustulata Lowe .
Sebaste imperiale; Scorfano ba¬
stardo .
Sebastes dactylopterusf D.p. Roc.
Orada; Orata comune ....
Chrysophrys aurata Cuv. . . .
Pagello mormora; Mormillo . .
Pagellus mormyrus Cuv. . . .
P. bogaravella .
P. bogaraveo Brunn .
P. rosso; Occhialone ....
P. centrodontus Cuv. e Val. . .
Fravolino, o Pagello bastardo .
P. acarne Cuv. e Val .
Pagello fragolino, o fragolino .
P. erythrinus Cuv .
29
genovese
Qualità
commerc.
Valore commestibile, frequenza ed epoca
Prezzo
approssimat.
al Chilogr.
Classe
Lire e Cent.
—
carne delicata; rarissimo .
0,80— 1,00
|>iccolo) . . .
3.
carne buona; comune; tutto l’anno ....
0,80 — 1,00
.
1.
molto raro; primavera .
fuori prezzo
■ l'Ausonia) .
1.
id. id. .
1.
carne delicata; non comune; tutto l’anno . .
1,50 — 3,00
2.
carne buona; raro; estate .
0,80— 1,00
3.
raro ; estate .
0,80—1,00
1.
carne squisitiss.; non raro; estate, antunn., inver.
3,00 — 4,50
—
carne poco ricercata; scarsi individui isolati .
—
' : -
id. per nulla frequente . .
—
1.
carne buona; frequente; tutto l’anno ....
0,80—1,20
1.
raro . .
—
—
non si mangia; molto raro . * • .
—
1.
carne poco ricercata; non comune; autunno .
1,50 — 2,00
3.
ie. poco freq. ; primav., estate
0,60 — 0,80
2.
carne discreta; comune; gennaio a giugno . .
0,80—1,20
1.
carne ricercatissima; comune; marzo a ottobre
0,80—1,50
narella . . .
1.
id. meno comune; autunno .
0,80 — 1,20
1.
id. assai raro; autunno . .
0,80 — 1,20
1.
id. raro; antunno ....
—
1.
molte raro .
—
3.
carne ricercata; comune; primavera ....
0,80 — 1,20
3.
carne meno ricercata; comune; primav., autun.
0,80—1,20
3.
poco apprezzato; individui isolati .
—
òn .
3.
carne buona; non molto frequente; estate . .
1,20— 1,60
Cappa neigra
2.
carne buona; frequente; tutto l’anno ....
1,20—1,50
1.
carne squisita; frequente; autunno, inverno. .
2,50 — 3,50
.
1.
id. id. tutto l’anno . . .
2,50 — 3,00
2.
carne buona; poco frequente; tutto l’anno . .
0,50 — 1,20
3.
id. id. inverno. . . .
0,50—1,20
3. .
non frequente; inverno .
3.
molto raro .
—
3.
carne buona; comune; tutto l’anno .
0,50—1,40
3.
raro ; estate .
0,50 — 0,60
. , . . .
3.
non si mangia: frequente; inverno .
—
1.
carne di poco pregio; comune; estate. . . .
0,80—1,00
1.
id. id. tutto l’anno .
0,80—1,00
1.
id. id. inverno . . .
0,80—1,00
1.
id. id. id. ...
0,80—1,00
>llo ....
1.
carne buona; raro . .
0,80—1,00
1.
frequente .
—
2.
carne discreta; frequente .
0,80—1,00
2.
carne stimata; comune; tutto l’anno ....
0,80 — 1,50
éuggio . . .
2.
id. id. inverno .
0,80—1,20
2.
comune; autunno, inverno .
—
ndo ....
2.
poco ricercato; frequente; primavera, estate .
0,50 — 0,60
1.
carne ricercatissima; frequente: tutto l’anno .
2,50 — 3,50
1.
carne molto buona; tutto l’anno .
1,50 — 2,20
3.
frequente; tutto l’anno .
0,80 — 1,00
3.
carne buona; non frequente; tutto l’anno . .
0,80— 1,30
1.
comune (vendesi come fragolino) .
—
1
carne buonissima; frequente; inverno ....
1,50 — 2,00
28
29
Nome ilaliano
Carange luna .
Trachuro comune .
Ausonia del Cuvier; Luvaro im- 1
periale . j
Brama occhiuta .
Corifera cavallina; C. dorata. .
C. a coda di cavallo ....
Centrolofo pompilo .
Lampuga dorata .
L. fasciata .
Pesce S. Pietro .
id. .
P. remora .
P. pilota .
Tambarello comune .
Palamida sarda; Bonita . . .
Tonno .
Tonnina .
Tonno brevipinne .
T. alalunga; Germone ....
T. palamida .
Scombro comune; Maccarello .
S. macchiato .
Lepidopo argentino .
Sfirena comune; Aluzzo imperiale
Corvina locca; Corvo di mare .
Sciena aquila ; Boccadoro . . .
Ombrina corvo .
Trachino dragone; Raganella ve¬
lenosa .
T. raggiato .
T. ragno .
T. vipera .
Uranoscopo; Lucerna ....
Pesce rondine, o Falcone . . .
Catafratto forcuto; Forcola . .
Capone ubbriaco .
C. imperiale .
C. caviglione; Gorno ....
C. caviglia; Cavicchio ....
C. gavotta .
C. imperiale .
C. coccio ; C. organo ; Gallinella
Scorpena rossa; Scorfano rosso
S. nera; Scorfano nero. . . .
S. macchiata .
Sebaste imperiale; Scorfano ba¬
stardo .
Orada; Orata comune ....
Pagello mormora; Mormillo . .
P. bogaravella .
P. rosso; Occhialone ....
Fravolino, o Pagello bastardo .
Pagello fragolino, o fragoline .
Nome scientifico
Nome vera
genovese
Qualità
commerc.
Valore commestibile, frequenza ed epoca
Prezzo
approssimat.
al Chilogr.
Caranx dentex Cuv. e Val. . . .
Specie de sò
Classe
carne delicata; rarissimo .
Lire e Cent.
0,80—1,00
Trachurus trachurus Casteln. . .
So; sorallo (Sòel
[piccolo) . • •
3.
carne buona; comune; tutto l’anno ....
0,80—1,00
Ausonia Cuvieri Risso ....
Pescio impestò
1.
molto raro; primavera .
fuori prezzo
Diana semilunata Risso ....
Pescio re f giovi.
sii’ Ausonia) .
].
id. id. .
—
Brama Raii Bl. Schn .
Rondanin .
l’.
carne delicata; non comune; tutto l’anno . .
1,50 — 3,00
Coryphaena hyppurus Linn. . .
Indoradda .
2.
carne buona; raro; estate .
0,80—1,00
C. equisetis Linn .
Pappagallo .
3.
raro; estate . . •
0,80—1,00
Centrolophus pompilius Cuv. V. .
Mórón; marèa
1.
carne squisitiss.; non raro; estate, antunn., inver.
3,00 — 4,50
Stromateus fiatola Linn .
Leccia bastarda
_
carne poco ricercata; scarsi individui isolati .
—
S. microchirus Bonap .
Zeus faber Linn .
Pescio Sampè .
1.
id. per nulla frequente . .
carne buona; frequente; tutto Tanno ....
0,80— 1,20
Z. pungio Cuv. e Val .
id. 1
■,.....
1.
—
Echeneis remora Linn .
Grattaenn-a. 1
■ .
_
non si mangia; molto raro . ' • •
—
Nucrates ductor Bl .
Pàmpano; Fanti
1.
carne poco ricercata; non comune; autunno
1,50 — 2,00
Auxis Rochei Risso .
Strombo; Stròi|
blo . .
3.
ie. poco freq.; primav., estate
0,60 — 0,80
Pelamys sarda Bl .
Pami'a . . . 1
2.
carne discreta; comune; gennaio a giugno . .
0,80—1,20
Thynnus thynnus White . . .
Tonno. . . .1
I ‘
]_
carne ricercatissima; comune; marzo a ottobre
0,80— 1,50
T. thunnina Cuv .
Tónna; tònnèllt]
pnarella . . .
|. .
j
id. meno comune; autunno .
0,80— 1,20
T. brevipinnis Cuv. e Val. . . .
T. alalonga Cuv. e Val .
Occialón . . .1
Alalunga; Aa-lJ
1.
1.
id. assai raro; autunno . .
id. raro; antunno ....
0,80 — 1,20
T. pelamys Cuv. e Val .
Scomber scomber Linn .
Laxerto; Ariolo
[
1.
3.
carne ricercata; comune; primavera ....
0,80— 1,20
S. colias Linn .
Cavalla . .
3.
carne meno ricercata; comune; primav., autun.
0,80—1,20
Lepidopus caudatus White . . .
Pescio lamina .1
3.
—
Sphyraena vulgaris Cuv. e Val. .
Lussao de mà; j
Kòn .
3.
carne buona; non molto frequente; estate . .
carne buona; frequente; tutto Tanno ....
1,20— 1,60
Corvina nigra Cuv .
Pescio crovojll
I; Cappa neigra
2.
1,20—1,50
Sciaena aquila Lac .
Figao ....
I . . . .
1.
carne squisita; frequente; autunno, inverno. .
2,50 — 3,50
Umbrina cirrhosa Linn .
Ombrinn-a .
I
1.
id. id. tutto Tanno . . .
2,50 — 3,00
Trachinus draco Linn. . . .
Agno; Agna .
■ .
2.
carne buona; poco frequente; tutto Tanno . .
0,50 — 1,20
T. radiatus De la Roc .
Straxinà . . •
3.
id. id. inverno. . . .
0,50—1,20
T. araneus Risso .
id. ...
3.
T. vipera Cuv. e Val. : . . . .
id. . ■ ■
3.
—
Uranoscopus scaber Linn. . . .
Pescio prseve .
i .
3.
carne buona; comune; tutto Tanno .
0,50—1,40
Dactylopterus volitans Linn. . .
Treggia volatici
3.
0,50 — 0,60
Peristethus cataphractum Cuv.
Pescio fórca ■
1 .... ! .
3.
non si mangia: frequente; inverno .
carne di poco pregio; comune; estate. . . .
—
Trigla lineata Linn .
Rùbin; Imbriaei
1.
0,80— 1,00
T. pini Bloch .
Imbriaego
1.
id. id. tutto Tanno .
(>,80 — 1,00
T. Gurnardus Linn .
Galletto; Gavigi
bn
1.
1.
id. id. inverno . . .
0,80— 1,00
T. cuculus Bloch .
T. obscura Linn. .
Fideà , . • j
Spagnoletto;
Eolio ....
id. id. id. .
0,80—1,00
0,80—1,00
T. hyrundo Bloch .
T. lyra Linn .
Cheussano; 0fS
|>. .
1. -
2.
carne discreta; frequente . .^ .
0,80— 1,00
Scorpaena scrofa Linn .
Pescio cappón-
2.
carne stimata; comune; tutto 1 anno ....
0,80—1,50
S. porcus Linn .
Scòrpena; S. ».
paggio . . .
2.
id. id. inverno .
0,80— 1,20
S. ustulata Lowe .
id.
r
2.
comune; autunno, inverno .
—
Sebastes dactylopterusf D.’l. Roc.
Scòrpenin; S. ^
pndo ....
2.
poco ricercato; frequente; primavera, estate .
0,50 — 0,60
Chrysophrys aurata Cuv. ...
Oà . . . ■
1.
carne ricercatissima; frequente: tutto Tanno .
2,50 — 3,50
Pagellus mormyrus Cuv. . . .
Mormua . • 1
].
carne molto buona: tutto Tanno .
1,50 — 2,20
P. bogaraveo Brunn .
Roello; Rovell»
3.
carne buona; non frequente; tutto I anno . .
comune (vendesi come fragolino) .
carne buonissima; frequente; inverno ....
0,80— 1,00
P. centrodontus Cuv. e Val. . .
P. acarne Cuv. e Val .
P. erythrinus Cuv .
Bezùgo
Pàgao veaxo ■
3.
1.
1
0,80—1,30
1,50 — 2,00
30
Nome italiano
Pagro comune. . . . .
Sarago rigato; S. maggiore
S. sparagliene ; Sparletto .
S. comune .
Carace acuto; Puntazzo .
Occhiatella ; Obbiata codaner
Occhiata .
Salpa ; Sarpa .
Boba; Boga .
Cantaro; Cantarella cornane
C. orbiculare .
Triglia maggiore, o di scoglio
T. minore, o di fango . .
Zerro; Zerrolo .
Z. coronato; Z. largo . .
Z. alcedine, o corodella .
Z., o Menola gracile . .
Z. comune .
Z. zebra, o dell’ Osbeck .
Z. stretta, Z, schiava .
Dentice; Dentale comune .
D. occhione . .
Apogone; Re delle triglie
Cerniola; Cernia ....
Sciarrano scrittura; Perchia
S. cabrilla; Serrano comune
S., o Cerna gigante . . .
S. sacchetto; Castagna. .
Canario largo .
Labrace; spinola; lupo marino
A g ginn.
Ghiozzo macchiato .
Nome scientifico
Pagrus vulgaris Cuv. e Val.
Sargus Rondeletii Cuv. e Val.
S. annularis Linn. . .
S. vulgaris Goeff. . .
Charax puntazzo Linn.
Oblata melanura Cuv. e Val.
Box salpa Linn .
B. vulgaris Cuv. e Val. .
Cantharus lineatus Linn.
C. orbicularis Cuv. e Val.
Mullus surmuletus Liun. .
M. barbatus Linn. .
Smaris vulgaris Cuv. e Val.
S. chryselis Cuv. e Val. .
S. alcedo Cuv. e Val. . .
S. gracilis Bonap. . . .
Maena vulgaris Cuv. e Val.
M. zebra Brunii ....
M. jusculum Cuv. e Val..
Dentex vulgaris Cuv. . .
D. macrophthal.mus Cuv. e
Apogon imberbis Linn. .
Polyprion cernium Val. .
Serranus scriba Linn. .
S. cabrilla Linn .
Cerna gigas Cuv. e Val. .
Centropristis hepatus Linn.
Anthias sacer Bl. . . .
Labrax lupus Cuv. . . .
Val
Gobius quadrimaculatus C. V. .
Nome ver
P. buffo ; P. ai
Svoià; Sant’ A
Sagao veax
Sparlo . . .
Sulla; Morudd
Oggià; Oèggià
Sarpa . . .
Buga; Bacello
Tanùa. . .
Scaggiòn . .
Treggia veaxa
T. de fondo; Cj
piccolo: Pignoe
Spigo . . .
Loco; Zerla.
Zerla . . .
Ménua . .
Specie de Mén]
Ciocca; Bastèa
Dentexo . . J
Sciamma . . .!
Castagne ua ròsi
picc. : Pampanol1,
Barchetta . .j
Bolàxo. . . J
Meo; Luxerna J
Bolàxo de tace
Castagnéua ròs^
Lòasso. . . .
Ghiggion . . .
Totale della Specie menzionate N. 261.
31
Qualità
commerc
Valore commestibile, frequenza ed epoca
Prezzo
approssimat.
al Chilogr.
Classe
Lire e Cent.
1 .
carne squisita; frequente; inverno .
1,50 — 2,00
1.
carne buona; frequente; tutto l’anno ....
1,00 — 2,00
1.
carne di poco pregio; frequente; estate, autunno
1,00 — 2,00
1.
frequente .
0,80 — 1,20
3.
carne di poco pregio; non comune; tutto l’anno
0,80—1,20
3.
carne buona; frequente; tutto l’anno ....
0,80 — 1,30
3.
carne poco pregiata; frequente; tutto l’anno .
0,80— 1,00
3.
id. id. id.
0,80 — 1,40
3.
carne poco ricercata; id. id.
0,80—1,20
carne poco ricercata; id. estate . . .
—
1.
carne apprezzatissima ; id. tutto l’anno .
2,50 — 3,50
1.
id. id. id.
1,50 — 2,00
3.
carne buona; giov., estate; adult., tutto l’anno
0,60—1,80
—
carne di nessun pregio . .
0,60—1,80
3.
carne discreta; frequente; inverno .
0,60— 1,80
3.
carne cibata dal popolano; inverno .
0,(50 — 1,80
3.
carne cattiva; frequente; tutto l’anno. . . .
0,60— 1,80
3.
carne poco cercata; non raro .
—
3.
tutto l'anno .
2,00 — 3,00
1.
carne squisita; frequente; tutto l’anno . . .
—
1.
carne buona; raro; tutto l’anno .
—
3.
carne buona; non abbonda; primavera . . .
—
1.
carne saporita; frequente; tutto l’anno . . .
1,20 — 1,60
3.
carne buona; frequente; primavera, estate . .
0,60 — 0,80
3.
id. id. estate .
—
2.
id. id. primavera, estate . .
1,20—1,60
3.
carne poco stimata; comune; tutto l’anno . .
—
3.
carne poco buona; piuttosto raro; primavera .
—
1.
carne squisitissima; frequente; tutto l’anno. .
2,50 — 3,00
2.
frequente .
080— 1,00
i
enovese
Nome italiano
Nome scientifico
Nome
verm
Pagro comune ......
Sarago rigato; S. maggiore .
S. sparaglione ; Sparletto . .
S. comune .
Carace acuto; Puntazzo . .
Occhiatella ; Obbiata codanera
Occhiata .
Salpa ; Sarpa .
Boba; Boga .
Cantaro; Cantarella comune.
C. orbiculare .
Triglia maggiore, o di scoglio
T. minore, o di fango . .
Zerro; Zerrolo .
Z. coronato; Z. largo . . .
Z. alcedine, o coronella . .
Z., o Menola gracile . . .
Z. comune .
Z. zebra, o dell’Osbeck . .
Z. stretta, Z, schiava . . .
Dentice; Dentale comune . .
D. occhione .
Apogone; Re delle triglie .
Cerniola; Cernia .
Sciarrano scrittura; Perchia .
S. cabrilla; Serrano comune.
S., o Cerna gigante. . . .
S. sacchetto; Castagna. .
Canario largo .
Labrace; spinola; lupo marino
Aggiun.
Ghiozzo macchiato ....
Pagrus vulgaris Cuv. e Val. . .
Sargus Rondeletii Cuv. e Val.
S. annularis Linn .
S. vulgaris Goeff. .
Charax puntazzo Linn .
Oblata melanura Cuv. e Val. . .
Box salpa Linn .
B. vulgaris Cuv. e Val .
Cantharus lineatus Linn. . . .
C. orbicularis Cuv. e Val. . . .
Mullus surmuletus Liun .
M. barbatus Linn .
Smaris vulgaris Cuv. e Val. . .
S. chryselis Cuv. e Val .
S. alcedo Cuv. e Val .
S. gracilis Bonap .
Maena vulgaris Cuv. e Val.
M. zebra Brunii .
M. jusculum Cuv. e Val .
Dentex vulgaris Cuv .
D. macrophthalmus Cuv. e Val.
Apogon imberbis Linn .
Polyprion cernium Val .
Serranus scriba Linn .
S. cabrilla Linn .
Cerna gigas Cuv. e Val .
Centropristis hepatus Linn. . . .
Anthias sacer B1 .
Labrax lupus Cuv .
Gobius quadrimaculatus C. V. . .
P. buffo ; P. J
Svoià; Sant’ Ani
Sagao veaso
Sparlo. .
Sulla; Morudda
Oggià; Oèggià
Sarpa ...
Buga; Bacel'lo !
Taniìa. .
Scaggion . .
Treggia veaxa;
T. de fondo; Ci
piccolo: Pignoeti
Spigo ....
Loco; Zerla. ,
Zerla . . . ,
Ménua . . .
Specie de Ména
Ciocca; Bastéa.
Dentexo . . .
Sciamma. . .
Castagnèua rossi
picc.: Pampanoti
Barchetta
Bolàxo. . .
Meo; Luxerna
Bolàxo de tacca
Castagnèua róssa
Ghiggion.
tou; P. teston
està neigra
schèuggio
Ito: Zerlo
Làseri
Totale della Specie menzionate N. 261.
31
Qualità
commerc
Valore commestibile, frequenza ed epoca
Prezzo
approssimai
al Chilogr.
Classe
carne squisita; frequente; inverno .
Lire e Cent.
1,50 — 2,00
1.
carne buona; frequente; tutto l’anno ....
1,00 — 2,00
1.
carne di poco pregio; frequente; estate, autunno
1,00 — 2,00
1.
frequente .
0,80 — 1,20
3.
carne di poco pregio; non comune; tutto l’anno
0,80—1,20
3.
carne buona; frequente; tutto l’anno ....
0,80 — 1,30
3.
carne poco pregiata; frequente; tutto l’anno .
0,80—1,00
3.
id. id. id.
0,80—1,40
3.
carne poco ricercata; id. id.
0,80— 1,20
3.
carne poco ricercata; id. estate . . .
—
1.
carne apprezzatissima ; id. tutto l’ anno .
2,50 — 3,50
1.
id. id. id.
1,50 — 2,00
3.
carne buona; giov., estate; adult., tutto l’anno
0,60— 1,80
carne di nessun pregio . . .
0,60—1,80
3.
carne discreta; frequente; inverno .
0,60—1,80
3.
carne cibata dal popolano; inverno .
0,60—1,80
3.
carne cattiva; frequente; tutto l’anno. . . .
0,60— 1,80
3.
carne poco cercata; non raro .
—
3.
tutto l’anno . .
2,00 — 3,00
1.
carne squisita; frequente; tutto l’anno . . .
—
1.
carne buona; raro; tutto l’anno .
—
carne buona; non abbonda; primavera . . .
—
1.
carne saporita; frequente; tutto Tanno . . .
1,20—1,60
3.
carne buona; frequente; primavera, estate . .
0,60 — 0,80
3.
id. id. estate .
—
2.
id. id. primavera, estate . .
1,20—1,60
3.
carne poco stimata; comune; tutto Tanno .
carne poco buona; piuttosto raro; primavera .
—
—
1.
carne squisitissima; frequente; tutto Tanno. .
2,50 — 3,00
2.
frequente .
080 — 1,00
32
§16. Elenco alfabetico dei nomi genovesi dei pesci
coi corrispondenti nomi italiani e latini.
Genovese
Abri (V. Cabassòn, Occiòn)
Agheu (V. Argentinn-a.) .
Agna; Agno .
Agòn (V. Beccasin) . .
Àguggia .
Àgòggiòn m accio u . . .
id. neigro (V. Spi¬
nacelo ; Spinòlin) . .
id. rosso, o de stampa
Aguseo de bocca neigra
(V. Sagri) . . . .
Alalunga, Aa-lunga . .
Anciòa .
id. de Spagna; A, bar¬
baresca, .
Angeo (V. Pescio àngeo;
e Squèo)
Anghilla d’aegua doge
id. id. sa . .
Argentinn-a (Y. Agheu) .
Argento (V. Pese, argento;
Scignòa) .
Ariolo (V. Laxerto) . .
Bacello (V. Buga) . ,
Barchetta .
Bastéa (V. Ciocca) . .
Battinetta; Battipotta (V
Tremoize) ....
Bauza (V. Galletto)
Bauzetta .
Beccasin (V. Agòn)
Bèllua .
Bezugo .
Biscia de ma .
Bolaxo .
id. de tacca neigra .
Botasse (V, Potasse) . .
Bramante (V. Razzòn). .
Italiano
Latterino capoccione . .
Argentina sfirena , , ,
Trachino dragone; Raga¬
nella velenosa . . .
Aguglia comune . . .
Sifonostomi; Signati; A-
ghi di mare . . .
Spinarolo imperiale . .
Sagri moretto ; Sagrino .
Spinarolo comune. . .
id. u iato . . .
Alalunga; Germone . .
Acciuga ; Alice (adulto .
Squadrolino pellenera ;
Pesce angelo . . .
Anguilla .
id .
Argentina sfirena . . .
Fierasfro .
Scombro comune ; Mac¬
carello .
Boga comune ....
Sciarrano scrittura; Per-
chia .
Menola schiava . . .
Torpedine del Galvani .
Bavosa occhiuta, gatto-
ruggine, ecc. . . .
Clinio argentato . . .
Aguglia comune (piccola)
Motella comune; Donnola
Pagello rosso; Occhialone
Grongo muro, ed Ofìsuro
serpente .
Sciarrano cabrilla . . .
id. sacchetto; Castagna
Gado barbato ....
Razza bramante, o pietrosa
Latino
Atherina Boyeri Risso
Argentina sphyraena L.
Trachinus draco Linn.
Belone acus Ris.
Siphonostoma typhle L.;
Syngnathus sp.; e Ne-
rophis sp.
Acanthias vulgaris Ris.
Spinax niger Bonap.
Acanthias Blainvilli Ris.
id. uyatus Bonap.
Thynnus alalonga C. V.
Engraulis encrasicholusL.
Stomias boa Risso
Squatina angelus Dum.
Anguilla vulgaris Cuv.
id. , var. acutirostris
Argentina sphyraena L.
Fierasfer acus Briinn.
Scomber scomber Linn.
Box vulgaris C, V,
Serranus scriba L.
Maena jusculum C. Y.
Torpedo Galvanii Cuv^
Blennius (molte specie)
Cristiceps argentatus Ris.
Belone acus Risso
Motella tricirrata Nilss.
Pagellus centrodontus C.
V.
Myrus vulgaris Kaup ; e
Ophichthys serpens L.
Serranus cabrilla L.
Centropristis hepatus L.
Gadus vernalis Riss.
Leviraja bramante Sassi
33
Genovese
Italiano
Brazullo .
Mora verdona ....
Bronco de fondo (V. Fiagal-
lo, Peagallo, Tiagallo)
Grongo comune . . .
Bronco de schéuggio . .
Budegassa [V. Gianello'' .
Grongo nero, o di scoglio
Rana pescatrice . . .
Lofio martino ....
Buddego; B. ròscin. . .
Buga (V. Bacelloj . . .
Boba, o Boga comune .
Cabassòn (V. Abri) . . .
Latterino capoccione
Cagnassa, Cagnassòn (V.
Palombo) .
Galeo cane .
Cagnassòn de fondo . .
Odontaspe feroce, e Ca¬
Cagnolin (V. Pescio bove)
gnesca grande . . .
Lamiola, pesce manzo . |
Can (V. P. can ; Verdòn)
Carcarodonte, Prionodon- j
Cappa neigra (V. Pescio
crovo e Locca) . . .
te verdesca, Verdone 1
Corvina locca; Corvo di
Cappòn (V. Pescio cappòn)
mare .
Scorfano; Scorpena rossa
Castagnèua .
Castagnola, Saracina . .
id. rossa . . .
Apogone, e Canario largo j
Cavalla . i
Scombro macchiato . .
Cavallo marin . . . .
Cavallo marino . . . . j
Caviggéa (V. Piccaggia; !
Scignòa) .
Caviglione, Stringa . . j
Cavòn (V. Treggia de fondo [
Triglia minore . . . .
Chèunao (V. Occiòn , Pa- j
scatta) . !
Latterino sardaro, Aterina
j
Cheussano (V. Organo . j
Capone gallin.; C. organo
Ciautta (V. Miisao neigro) j
Muggine chelone, Sciorina
Cimbio . :
Istioforo belone . . .
Ciuciallo . !
Carance punteggiato. .
Ciocca (V. Bastèa) . . . j
Menola schiava . . . j
Cipra (V. Laccia, Salacca) !
Aiosa, Salacca , . . .
Ciùccio (V. Oxello) .... . }
Pesce vescovo; o nottola j
id. neigro . . . .
Trigone violaceo . . .
Còmba, Còmbinn-a. . . !
Labro pavone ....
Cravòn (V. Pescio palo:
P. borsa) .
Balestra comune . . .
Crovo (V. Cappa neigra,
Loca e P. crovo) . . j
Corvina locca ....
Dentexo .
Dentice comune . .
Drafi netto .
Gouania tipo ....
Fanfano (V. Pampano) .
Pesce pilota .
Ferrassa, ferrasson . . .
Aquila di mare . . .
id. de fondo (V. Pe- j
scio murciotto . . .
Pastinaca; Trigone pastin.
Latino
Mora mediterranea Riss.
Conger vulgaris Cuv.
Conger niger Risso
Lophius piscatorius Cuv.
id budegassa Spin.
Box vulgaris C. V..
Atherina Boyeri Ris.
Galeus canis L.
Odontaspis ferox Agass.
e Carcharodon Ron-
deletii M. H.
Notidanus cinereus Cuv.
Carcharodon Rondeletii
M. H. e Carcharias
glaucus Cuv.
Corvina nigra Cuv.
Scorpaena scrofa L.
Iieliaster chromis L.
Apogon imberbis L., ed
Anthias sacer Bl.
Scomber colias L.
Hippocampus (sp.)
Cepola rubescens L.
Muli us barbatus L.
Atherina hepsetus L. e
A. inocho C. V.
Trigla lyra L.
Mugil chelo
Histiophorus belone Raf.
Caranx punctatus Ag.
Maena jusculum C. V.
Clupea aiosa Cuv.
Myliobatis noctula Bp.
Trygon violacea Bp.
Labrus rnyxtus Bl.
Balistes capriscus L.
Corvina nigra Cuv.
Dentex vulgaris Cuv.
Leptopterigius piger N.
Naucrates ductor Bl.
Myliobatis aquila Bp.
Trygon pastinaca L.
34
Genovese
Italiano
Latino
Ferrassa neigra ....
Fiagallo (V. Peagallo, Tia-
Trigone bracco . . .
Trygon bracco Bp.
gallo) .
Grongo (piccolo) . . .
Conger vulgaris Cuv.
Fideà .
Capone caviglia . . .
'frigia cuculus Bl.
Fìgao .
Sciena aquila; Boccadoro ;
Sciaena aquila Lac.
Fìgaotto .
Gado minuto . . . .
Gadus minutus L.
Forca V. Pescio forca) .
Galletto ( Y. Gaviggiòn ;
Catafratto forcuto . . .
Peristethus cataphrac-
tus Cuv.
Bau za) .
Gallinella (V, Battinetta:
Bavose, e Gorno . . ,
Blennius (varie sp.)
Tremoize) .
Torpedine del Galvani ,
Torpedo Galvanii Cuv.
Ganga (V. Muzao) . . .
Muggine calamita. . .
Mugil capito Cuv.
Gastódella .
Sairide di Camper . .
Scomberesox Rondeletii
Bonap.
Gatto-bardo .
Scillio gattopardo . . .
Scyllium stellare L.
Gattusso .
Gattuccio , gattaccio di
mare .
id. canicula L.
Gaviggiòn (V. Galletto) .
Ghiggiòn neigro , G. de
Capone caviglione: Gorno
Trigla gurnardus L.
fondo .
Ghiozzo testone . . .
Gobius capito (ed altr. sp.)
Ghiggiòn de schèuggio .
id. comune . . .
id. Jozo L.
Gianchetto .
1 Sardina, Alice (piccoliss.)
Clupea sardina; Engraulis
encrasicholus L.
Gianello (V. Buddegassa).
Rana pescatrice . . .
Lophius piscatorius Cuv.
Grattaen-na .
! Pesce remora ....
Echeneis remora L.
Imbriaego (V. Rùbin) . .
Cappone ubbriaco; C. im¬
periale .
Trigla lineata L.; T, pini
pi
Impeatò (V. P. impeatò) .
! Luvaro imperiale (adulto)
DI.
Ausonia Cuvieri Ris.
Indoradda .
' Corifena cavallina, C. do¬
rata .
Coriphaena hippurus L.
Laccia (V. Cipra, Salacca)
Aiosa, Salacca ....
Clupea aiosa Cuv.
Laggiòn .
Crenilabri sp. var.; Labro
merlo .
Crenilabrus sp.; Labrus
menila L,
Laghéu .
i Pesce scarmo, Sauro lu¬
certola .
Saurus griseus Lowe
Lambraea .
Trachittero del Bonelli .
Trachypterus cristatus B.
Lamma (V. Pescio lammaj :
id. iride .
id. iris L.
Lampréa .
Odontostoma trasparente
Odontostomus hyalinus
Coc.
Laxerto (V. Arido). . .
Scombro comune, Mac¬
carello .
| Scomber scomber Lin.
Leccia bastarda . . . .
I Pesce stella, e Lampuga
dorata .
Lichia glauca; Stroma-
teus fiatola Linn.
id. veaxa .
Seriola del Dumeril . . ;
Seriola Dumerilii Agass.
Lengua (V. Sèua) . . .
Sogliola comune, pelosa j
Solea (varie specie)
id. d’aenn-a . ' . . :
id. del porro . . |
id. lascaris Riss.
id. bastarda . . . j
id. fasciata, e Pia- 1
1
gusia lattea , , , ,
id. Mangilii Risso ; e
Plagusia lactea Bp.
35
Genovese
Italiano
Latino
Lengua oxellinn-a . . .
Sogliola turca ....
Solea Kleinii Bp.
Linarda (V. Passiensa)
Molva allungata . . .
Molva elongata Nilss.
Locca (V. Pescio crovo; e
Cappa neigra) . , ,
Corvina locca, Corvo di
Corvina nigra Cuv.
mare .
Loco (V. Zerla) ....
Menola alcedine . . .
Smaris alcedo C. V.
Lòasso .
Lupo marino; Labrace .
Labrax lupus Cuv.
Lussao de ma (V, Spigòn)
Sfirena comune, Aluzzo
imperiale . . . ,
Sphyraena vulgaris Cuv.
Luxento (V. Mùzao deiréuio
Muggine labbrone . .
Mugil labeo Cuv.
Luxerna (V. Pampanotto)
Cerniola; Poliprione (ad.)
Polyprion cernium Val.
id. de schéuggio (V. Meo)
Sciarrano, o Cerna gigante
Serranus gigas C. V.
Mangiapere (V. Sussapeixe
Lampreda marina; L. fin-
! Petromyzon marinus L.;
viale .
Marcantogno .
.
Scimia di mare; Chimera
P. fluviatilis L.
mostruosa . . . .
Chimaera monstrosa L.
Meanto, Muanto. . . .
Ossirina dello Spallanzani
! Oxyrhina Spallanzanii Bp.
Ména (V. Pescio ména) .
Pesce luna; P, tamburro
Orthagoriscus mola L.
Ménna .
Menola comune . . .
! Maena vulgaris C. V.
id. (specie de) . . .
id. zebra ....
id. zebra Brtinn.
Meo (V. Luxerna de schéug.)
Sciarrano gigante . . .
Serranus gigas C. V.
Mincia (V. Zigoélla) . .
Donzella zigurella. .- .
Julis pavo Cuv.
Mose d’anciòa ....
| Leptocefalo .
Leptocephalus (v. sp,)
Moenn-a
; Murena .
Muraena helena L.
Mojello (V. Miiellin)
i Pristiuro , o Scillio boc¬
canera .
Pristiurus melanostomus
Moruddà (V. Sulla). . .
Carace acuto ....
Bp.
Charax puntazzo L.
Mastella de fondo . . .
Fico argentino ....
Phycis blennioides Bl.
id. de schéuggio
id, mediterraneo.
id. mediterraneus D.
Mùellin (V. Mojello) . .
Pristiuro boccanera . .
la Roc.
Pristiurus melanostomus
Miiggio (V. Pese, mùggio
Notidano capopiatto . . |
Bp.
Notidanus griseus Cuv.
Murciotto (V. Ferrassòn de
fondo .
Trigone pastinaca, , . !
Ti-ygon pastinaca L.
Mòrmua
Pagello mormora; Mor- !
millo . 1
Pagellus mormyrus Cuv.
Mòron, maron ....
Centrolofo pompilio . .
Centrolopnus pompilius
Mùzao de l'éuio (V. Luxento)
Muggine labbrone . . . i
C. V.
Mugil labeo Cuv.
id. de Tou ....
id. dorato, od orifrangio j
id. auratus Riss.
id. ganga ... . . . .
id. calamita . . . . |
id. capito Cuv.
id. massòn . . . .
id. cefalo; Caparello .
id. cephalus Guv.
id. neigro .
id. chelone; Sciorina, j
id chelo Cuv.
Nasello .
Merluzzo comune . . .
Merlucius vulgaris Flem.
Neigra .
Scinno leccia ....
Scymnus lichia Cuv.
Nisséua .
Palombo comune , e P.
nocciolo .
Mustelus laevis Ris., e M.
Oà .
Orada comune ....
vulgaris M, H,
Chrysophrys aurata Cuv.
Occialòn .
Tonno brevipinne , . .
Thynnus brevipinnis C.V.
36
Genovese
Italiano
Latino
Occion (V. Chèunao, Pa-
scatta) . . . . .
Latterino sardaro (ed altri)
Attienila hepsetus L„ A,
mocho C, V,
Oggià; Oèggià . . .
Oliassòu , , . , ,
Ombrinn-a .
Organo (V. Cheussano)
Oxello (V. Ciuccio) . .
Obbiada codanera ; Oc¬
chiata .
Pomatomo . , , , .
Ombrina corvo . . , .
Gallinella; Capone organo
Pesce vescovo , . . .
Oblata melanura C. V.
j Pomatomus telescopium
Riss.
Umbrina cirrhosa L.
Trygla lyra L.
Myliobatis noctula Bp.
Pàgao addente'xòu, P. buffo,
P. teston .
Pàgao veaxo .
Pappagallo .
Palombo (V. Cagnassa) .
Pami’a .
Pana pano (V. Pantano) .
Pàmpanotto (V. Luxerna)
Paasetta .
Pascatta (V. Chèunao; Oc¬
cion) .
Passiensa (V. Linarda) .
Passua .
Peagallo (V. Bronco de
fondo, Tiagallo) . . .
Pescio àngeo (V. Squèo . |
id. argento . . . .
id. bove (V. Cagnolin) !
id. borsa (V. Cravòn, |
Pescio palo) . . .
Pescio can (V. Verdori) . |
id. cappòn . . . .
id. crovo ( V. Cappa
neigra; Locca) . . .
Pescio forca .
id.
impeato . . . .
id.
lamma . . . . 1
id.
méua . !
id.
muggio . . . . :
id.
murciotto (V. Fer-
rasson de fondo) . . j
Pescio
oxello . :
id.
palo (V. Cravòn, P. j
borsa) .
Pescio
porco . 1
Pagro comune ....
Pagello fragolino . . .
Corifena a coda di cavallo
Galeo cane .
Bonita; Paìamida sarda.
Pesce pilota . I
Cerniola (piccolo) ... !
Sardina (di media età) . i
Latterino sardaro .
Molva allungata . . .
Pleuronettide italico . .
Grongo comune (piccolo)
Squadrolino, Pesce angelo
Fierasfro .
Lamiola; Pesce manzo . *
Balestra comune . I
Verdone, Prionodonte ver¬
desca, e Carcarodonte I
del Rondelet . . .
Scorfano; Scorpena rossa ;
Pagrus vulgaris C. V.
Pagellus erythrinus C.
Coryphaena equisetis L.
Gale us canis L.
Pelamys sarda Bl.
Naucrates ductor Bl.
Polyprion cernium Val.
Clupea sardina Cuv.
Atherina hepsetus L.; A.
mocho C. V.
Molva elongata Nilss.
Pleuronectes italicus
Conger vulgaris Cuv.
Squatina, angelus Dum.;
e S. oculata Bp.
Fierasfer acus Briinn.
Notidanus cinereus Cuv.
Balistes capriscus L.
Carcharias glaucus Cuv.
e Carcharodon Ron-
deletii M. H.
Scorpaena scrofa L.
Corvina locca: Corvo di j
mare .
Catafratto forcuto . . .
Luvaro imperiale (adulto)
Trachittero iride; e Le-
pidopo .
Pesce luna; P. tamburro
Notidano capo piatto
Trigone pastinaca . .
Pesce vescovo ....
Corvina nigra Cuv.
Peristethus cataphrac-
tus Cuv.
| Ausonia Cuvieri Ris.
Trachypterus iris Cuv.;
Lepidopus caudatus W.
i Orthagoriscus mola L.
: Notidanus griseus Cuv.
Tr'ygon pastinaca L.
Myliobatis noctula Bp.
Balestra comune . . . Balistes capriscus L.
Centrina porco .... Centrina Salviani Risso
Genovese
Latino
Pescio praeve . j
id. ratto (V. Rattin) . j
id. razò . i
id. rè . I
id. Sampè . . . . j
id. sbiro , sbaro ( V. ;
sbiro neigro) . . . . ,
Pescio scrossua (Pes. mar¬
tello)
Pescio spà. . . . . .
id. trombetta . . .
id. vacca . '
id. verdòn (V. P. can) i
Petrale .
Piccaggia (V. Cavigèa, e j
Scignòa) .
Pignoetto .
Potasse (V. Rotasse) . .
Pòtassèu .
Rattin ; V. Pescio ratto) . j
Ravella (sic Carus) . . .
Razza cappuccina; e R.
moromòra .
Razza ròsei nn-a . . . .
id. sféngaenna . . .
id. spinosa, R. veaxa.
id. storsicòa ....
Razò (V. Pescio razò). .
Razzòn (V. Bramante), ,
Roello, o Rovello . . .
Rómbo d’aenn-a, R. ba¬
stardo . !
Rombo de fóndo
id. veaxo . . . . ;
Ròndaninn-a; R, de ma , j
Roscetto . ,
Rubin (V. Imbriaego) . .
Ròndanin . !
Sàgao veaxo (V. Svoja, S. |
Andria, Testa neigra) |
Italiano
Uranoscopo, Lucerna. .
Volpe marina, e Macruro
Pesce pettine . . . .
Ausonia del Cuvier (gio¬
vane) e Caprisco . .
Pesce San Pietro . . . j
Tetragonuro . j
Pesce martello . . . .
Pesce spada . j
Pesce trombetta . . .
Cefalottera del Giorna .
Verdone, Prionodonte ver¬
desca .
Stiaccia .
Caviglione, Stringa . .
Menola zerrolo; (piccolo)
Gado barbato ....
Merlango comune . . .
Macruro (varie specie^ .
Pagro .
Razza monaca e R. bavosa
Arzilla rossigna, o d’arena
Razza baracola e R. quat¬
trocchi .
Arzilla chiodata . . .
Razza falsavela , . ,
Pesce pettine . . . .
Razza pietrosa . , , ,
Pagello bogaravella . .
Rombo passero . . .
id. liscio . . . .
id. chiodato . . .
Rondinella chiara; R, o-
scura .
Gobio trasparente . . .
Cappone ubbriaco . . .
Brama occhiuta . . .
Sarago maggiore .
Uranoscopia scaber L.
Alopecias vulpes L.; Ma-
crurus (varie sp.)
Novacula cultrata Cuv.
Ausonia Ouvieri (Diana
semilunata Ris.) e Ca-
pros aper Lac.
Zeus faber L.
Tetragonurus Cuvieri Ris,
Zigaena malleus Shaw
| Xiphias gladius L.
Centriscus scolopax L.
Dicerobatis Giornae Gt.
Carcharias glaucus Cuv.
Arnoglossus sp.; Citharus
lingnatula R.
(Cepola rubescens L.
: Smaris vulgaris C. V.
Gadus vernalis Ris.
Gadus pottassou Riss.
Macrurus coelorhynchus
Ris.
Pagrus hurta C. V.
, Levirajaoxyrhynchus L.;
e L. macrorhynchus Bp.
Dasybatis asterias Bp. e
Raja pu notata Riss.
Raja miraletus Donow. e
R. quadrimaculata Ris.
Dasybatis clavata L.
Raja falsavela Bonap.
Novacula cultrata C. V.
Leviraja bramante Sassi
Pagellus bogaraveo Br.
Rhomboidichtis mancus
Brous.
' Rhombus laevis Rendei,
id. maximus Cuv.
; Exocoetus volitans L.; E.
evolans L.
Latrunculus pellucidusN.
Trigla lineata L.
I Brama Raii Bl.
Sargus Rondeletii C. V.
38
Genovese
Italiano
Latino
Sagri (V. Agòggiòn de boc¬
ca neigraj .
Spinarolo uiato. . . .
Acanthias uyatus Bp.
Salacca (V. Cipra, Laccia)
Aiosa, Salacca . . • • j
Clupea aiosa Cuv.
Sarapé (V. Pescio Sampéj
Pesce San Pietro . . . j
Zeus faber L.
Sardenn-a .
Sardella, Sardina (adulta) !
Clupea sardina Cuv.
Sarpa .
Sàrpa, Salpa . j
Box salpa L.
Sant’ Andria (V. Sagao,
Svoja) .
Sarago . 1
Sargus Rondeletii C. V.
Sbiro neigro (V. Pes. sbiro)
Tetragonuro. , . . .
Tetragonurus Cuvieri Ris.
Scaggiòn .
Cantaro orbiculare
Cantharus orbicularis C.V.
Sciamma .
Occhione . i
Dentex macrophthalmus
C. V.
Scignòa .......
Ofidio barbato, Caviglio-
ne, e Fierasfro . .
Ophidium bàrbatum L. ;
Scòrpaena; S. de schéuggio
Scorpena nera, e S. mac-
Cepola rubescens, e
Fierasfer sp.
chiata .
Scòrpaena porcus L., S.
Scòrpenin; S. de fondo .
Sebaste imperiale; Scor-
ustulata Low.
fano bastardo . . .
Sebastes dactylopterus D.
Scrossua (V. Pes. scrossua)
Pesce martello . . . .
la Roc.
Zigaena malleus Shaw.
Serpente de ma (V. Biscia)
Ofisuro serpente . . .
Ophichthys serpens Làc.
Serréua .
Lizza amia; Seriola . .
, Lichia amia L.
Serreta .
id. fasciata, e Sardina
id. vadigo Riss., Clu¬
Sèiia (V. Lengua) . . .
j Sogliola comune, e S. oc
pea sprattus L.
chiuta .
Solea vulgaris L., e S. o-
Sorallo (V. So, Sòelo). . .
Trachuro comune . ,
cellata L.
Trachurus trachurus Cast.
Spa (V. Pescio spa) . .
Pesce spada, . . . .
Xiphias gladi us L,
Spagnoletto, Spagnollo .
Capone gavotta . . ' ,
Trigla obscura L.
Sparlo .
Sarago sparagliene . , |
Sargus annularis L.
Specie de ménua . . .
Menda zebra , . , .
Maena zebra Brùnn,
id, de so .
Carange luna . . , ,
Caranx dentex C. V.
id. de zigoélla , . ,
Donzella del Giofredi
Coris Giofredi Riss.
Spigo .
Zerro coronato ....
Smaris chryselis C. V.
Spigon (V. Lussao de ma)
Aluzzo imperiale . . .
Sphyraena vulgaris Ris.
id. de storsi-còa . .
Razza marginata . . . 1
Raja marginata Lac.
So, sòelo (V. Sorallo) . .
Trachuro comune (sòelo 1
se piccolo) . , , ,
j T rachurus trachurus Cast.
Spinòello, spinolin, spinuc-
cio (V. Agòggiòn neigro)
Sagri moretto , , , ,
j
Spinax niger Bp,
Squèo (V, Pesce angelo).
Pesce angelo, Squadrolino
Trachino (varie specie) .
Squatina angelus Dum.
Straxinà .
Trachinus radiatus C. V.;
Strómbo, Stròmbolo . .
Tambarello comune , «
T. areneus; T, vipera
Auxis Rochei Ris,
Storiòn .
Storione comune , . ,
Acipenser sturio L.
Svoja (V, Sagao veaxo e
Sant’Andria) ....
Sarago maggiore . , .
Sargus Rondeletii C, V.
Sulla (Y. Morndda), . .
Carace acuto , . . .
Charax puntazzo L,
Sussa peixe (V, Mangia
peixe) .
Lampreda di mare; L. di
fiume .
Petromyzon marinus L. ;
P. fluviatilis L.
39
Genovese
Italiano
Latino
Tacca de fondo . , , .
Ronco spinoso ....
Echinorhinus spinosus L.
id, schèuggio , , , .
Lepadogastro (varie sp.),
e Callionimo , . .
Lepadogaster Gouannii
Tanua .
Cantaro comune . , .
Bris,, e Callionymus
maculatus Raf.
i Cantharus lineatus Linn.
Testa neigra (V. Svoja, Sa-
gao veaxo, S. Andria)
Sarago maggiore . , ,
! Sargus Rondeletii C. V.
Tiagallo (V. Bronco de fon¬
do, Peagallo, Fiagallo)
Grongo (piccolo) . . .
Conger vulgaris Cuv.
Tonno .
Tonno comune, . . ,
Thynnus thynnus White
Tonnarella, tonila, tònnello
Tonnina .
id, thunnina C, V.
Tordo
Labro tordo .
Labrus turdus Bl.
Tremoi'ze (V. Battinetta).
Torpedine occhiatella, T.
del Galvani . . , ,
Torpedo narce Nardo ,
T reggia de fondo (V. Cavòn)
Trigla minore , . , .
T. Galvanii Cuv.
Mullus barbatus L.
id. veaxa ....
id, maggiore . , ,
id. surmuletus L,
id. volatica . . .
Pesce rondine, o Falcone
Caprisco cignale . , ,
Dactylopterus volitans L.
Trombetta larga (V. P. rè)
| Capros aper Lac,
id, (V. P, trombetta)
Pesce trombetta ,
Centriscus scolopax L,
Umbrinn-a (V, Ombrinn-a)
Ombrina corvo , , , .
! Umbrina cirrhosa L,
Vacca (V, Pescio vacca) .
Cefalottera del Giorna .
Dicerobatis Giornae Gunt,
Verdòn (V, Pescio can, P.
ver dòn)
Verdone; Prionodonte ver¬
desca .
Carcharias glaucus Cuv,
Zerla (V, Locò) ....
Menola gracile . . . .
Smaris gracilis Bp.
Zigoèlla (V. Mincia) f . ,
Donzella zigurella. . .
Julis pavo Cuv.
40
§ 17. Di seguito all’enumerazione non breve dei pesci,
che più comunemente si riscontrano sul mercato di Genova
ed al relativo elenco alfabetico dei loro nomi dialettali, ita¬
liani e scientifici, parrai non debba riesci re inutile aggiun¬
gere la lista di altri pesci, che furono tratto tratto segna¬
lati nel ligustico, e che sono quindi da considerarsi come
rarità ittiologiche del nostro mare.
L’elenco è compilato con quanto venne pubblicato in
proposito, dal Catalogo del Viviani e del Faujas (1805),
agli scritti dello Spinola, (1807), di Agostino Sassi (1846), di
Yerany (1847), di G. Canestrini (1861-62), e più recente¬
mente da D. Vinciguerra, da A. Perugia e da G. Damiani.
11 miglior contributo lo si deve sopratutto al Sig. B. Bor-
gioli, il quale , ricercatore intelligente e fortunato di ani¬
mali della fauna ligure, per lunga serie d’anni ebbe a pro¬
curare precise indicazioni particolarmente ai signori Vin¬
ciguerra e Perugia ed alio scrivente , nonché esemplari
preziosi ai Musei Zoologici, universitario e civico di Genova,
e ad altri nazionali e forestieri.
Pesci rari od accidentali del Mar ligustico .
Petromyzon fluviatilis Lin. — Sestri levante e Cornigliano.
Perugia: Annali Mus. civ. Genova, voi. 37, p. 141, 1897.
Myliobatis bovina GeofFr. S. H. — Cornigliano.
Vinciguerra: Ann. Mus. cit., voi. II, Ser. 2.a, p. 451. 1885.
Trygon thalassia M. H. — - Genova.
Vinciguerra: 1. cit. p. 449, 1885. — Carus: Prodr. Faunae
mediterr. II, p. 517.
Raja undulata Lac. — S. Margherita.
Perugia: 1. cit. p. 137. 1897.
R. panciata Riss., var. oculata Risso
Doderlein: Manuale ittiologico, parte 2.a, p. 191; — Carus:
1. cit. II, p. 524.
Torpedo Nobiliana Bp.
Canestrini: Archivio Zool. e Anat., voi. I, p. 263, 1861, —
Carus: 1. cit. II, p. 527.
Scyllium acanthonotum De Fil. e Ver.
Doderlein 1. cit. parte II, p. 27.
Selache maxima Gunner; Lerici 1874: Vado 1877.
Pavesi: Ann. Mus. civ. di Genova, voi. XII, — Carus: Prodr.
cit. II, p. 507.
41
Zygaena tudes (Cuv.) Valenc.
Doderlein: Manuale cit.. p. 51
Acìpenser Naccarii Bonap. (Golfo di Genova?, Canestrini).
Doderlein: 1. cit., p. 11.
Orthagoriscus trunccitus Retz. (Ranzanict truncata Nardo).
Perugia: 1. cit., p. 140, 1897; — Damiani: Bollett. Naturai.
1896.
Tetrodon lagocephalus L. (Lagocephalus Pernianti Sws .); Genova,
anno ?; Spezia, 1879.
Giglioli : Catal. cit. p. 50.
Syngnathus phlegon Risso
Giglioli: Catal. cit. p. 49. — Carus: Prodr. cit. II, p. 532.
Nerophis papacinus Risso
Giglioli: (1. cit. p. 49), Genova, raro, luglio-agosto
Helmiehthys diaphanus 0. Costa
Canestrini: Fauna d’Italia, p. 196 (dice « forse anche nel Li¬
gustico »).
Leptocephalus Spallanzanii Riss (L. pellucìdus Ris.).
Canestrini: (1. cit. p. 196), « vive nel Ligustico » — Carus
Prodr. F. Med. II, p. 547.
Muraena unicolor Belar.
Canestrini: Arch. Zool. Anat. cit. p. 266. — Carus: Prodr.
cit. II, p. 546.
Ophichthys hispanus Bell.
Perugia: 1. cit. p. 141.
0. coecus Gthr.
Carus: Prodr. F. Med. p. 545, IL
Nettastoma melamira Rafin.
Canestrini: Fauna cit. pag. 203. (Muraena saga Risso); —
Vinciguerra: Ann. cit. pag. 585: idem, idem, voi. 2, ser. 2,
pag. 475.
Congromuraena mystax Delar.; Genova,
Damiani: Bollet. Naturai. An. XVI, 1896.
Alepocephalus rostratus Risso
Carus: Fauna Medit. II, p. 550. (Sassi).
Clupea sprattus Lin.
Vinciguerra: Ann. cit. voi. 2, ser. 2, p. 471. — Carus: Prodr.
Faun. Med., voi. 2, p. 550. (Genov.: Serreta).
Cyprinodon calarìtanus Bon.
Damiani: 1. cit., 1896 (forse in Liguria).
Exocoetus fureatus Mitch. (— E. procne De Fil. , Ver.) Rapallo.
Camerano: Bollett. Musei Zool. ed Anat. comp Univers. di
Torino, n. 109, 1891. Il Museo Zool. Univers. di Genova ne
possiede altro esemplare: luglio 1894.
Scombresox saurus Wallb.
Vinciguerra: 1. cit. voi. XVIII, p. 572; — Oarus : Prodr cit.
II, p. 558.
Tylosurus (Belone) ìmperìalis Raf. (= Belone Contraimi G. V., Ili)
Faujas: Ann. Muséum; voi. 8, 1806, p. 370. — Vinciguerra:
Ann. cit., voi. 2; ser. II, p. 468; — Perugia: 1. cit. p. 140.
Stomias boa Risso. (G-enov.; Anciba de Spagna , A. Barbaresca).
Vinciguerra: Ann. cit. voi. 2, ser. 2, p. 470. — Garus: Prodr.
F. Med. Il, p. 560.
Sudis hy alina Rafin.
Canestrini: Fauna cit. p. 127. — Garus: 1. cit. p. 667.
Paralepis sphyraenoides Risso
Canestrini: Faun. cit. p. 127 — Garus: 1. cit. If, p. 567.
P. coregonoides Risso
Canestrini : Faun. cit. p. 127.
P. Cuvieri Bonap.
Vinciguerra: Ann. cit. voi. 2, ser. II, p. 466. — Garus: 1. cit.
II, p. 567.
Odontostomus hyalinus Cocco, Portofino (pescato da E. Haeckel
1880).
Vinciguerra: Ann. cit. voi. 8, p. 448. — Canestrini: Fauna
cit. p. 126. — Garus 1. cit. II, p. 566. — Damiani: Bollett.
Musei Zool. Anat. comp. n. 42. (Odontostomus Balbo Risso).
Scopelus elongatus O. Costa.
Vinciguerra: Ann. cit. voi. 8. p. 462.
S. Humboldti Risso.
Vinciguerra: 1. cit., p. 461. — Garus: 1. cit. II, p. 563.
S. crocodilus Risso.
Vinciguerra: 1. cit., p. 461.
S. Caninianus G. V. ; Cornigliano.
Perugia: Ann. cit. p. 140.
S. caudispinosus Johs. ; Genova.
Giglioli: Catalogo cit., p. 41.
C hlorophthalmus Agassizi Bonap.
Vinciguerra: Ann. cit. voi. 8, p. 460.
Aulopus fllamentosus Bl.
Giglioli: Catalogo cit., p. 40; — Vinciguerra: Ann. cit. voi.
8, p. 460. — Garus: Prodr. F. Med. II, p. 561.
Chauliodus Sloani Bloch, Schn.
Vinciguerra: Ann. cit. voi. % ser. 2, p. 469. — Garus: 1. cit.
II, p. 568. — Damiani: Bollett. Musei Zool. Anat. comp. li
Genova, n. 42.
Gonostoma denudatum Raf.
Damiani: Atti Soc. Ligust. 1896, e Bollett. cit., n. 42.
43
Maurolicus amethys tino-p unc t a tus Cocco.; Genova , Gennaio 1896.
Damiani: Bollet. Musei Zool. Anat. comp. Univ. Genova, cit.
Argyropelecus hemigymnus Cocco; Portofino (E. Haekel 1880).
Vinciguerra: Ann. cit. voi. 2, ser. 2, p. 469. — Carus: 1. cit.
Il, p. 568; — Damiani: Bollet. cit. n. 42. #
Arnoglossus megastoma Don.
Vinciguerra: Ann. Mus. civ. cit. voi. XVIII, p. 570; idem,
voi. 2, ser. 2, p. 459. — Carus: 1. cit. II, p. 586.
Platessa passer li.
Canestrini: Fauna ital., p. 164. — Lessona: Storia nat, ; parte
3.a, Pesci , p. 507.
Macrurus sclerorhynchus Val.
Vinciguerra: Ann. Mus. civ. cit. voi. 14, p. 609; idem, voi.
2, ser. 2, p. 459 — Carus: Prodr. cit. II, p. 583.
Molva vulgaris Flemm.; Savona.
Vinciguerra: Ann. Mus. cit., voi. 2, ser. 2, p. 459.
Perugia: Ann. cit. p. 139. — Carus: 1. cit. II, p. 577.
Ilàloporphyrus lepidion Risso.
Vinciguerra: Ann. Mus. civ. cit. voi. XVIII; idem, voi. 2,
ser. 2, p. 459. — Carus: 1. cit. II, p. 576.
Uraleptus Mar aldi Risso
Canestrini: Fauna ital. cit., p. 156. — Carus: Prodr. cit. II,
p. 574.
Gadicidus argenteus Guidi.
Giglioli; Catal. cit. p. 36: — Vinciguerra: Ann. Mus. civ. cit.,
voi. 2, ser. 2, p. 458.
Jidis tur cica Risso.
Canestrini: Fauna Ital. cit. p. 72. — Damiani: Bollet. Nat.
cit. 1896.
Acantholabrus Palloni Risso (Camogli).
Vinciguerra: Ann. Mus. civ. cit. voi. 2, ser. 2, p. 457.
Ctenolabrus iris C. V.
Vinciguerra: Ann. Mus. civ. cit. voi. 2. ser. 2, p. 457.
Crenilabrus coeruleus Risso
Perugia: 1. cit., p. 139.
Leptopt erg gius piger Nardo (Gouania Wildenowii Mor.).
Giglioli: 1. cit., p. 33. — Vinciguerra: (Genov.: Drafìnetto).
— Carus: Prodr. cit. II. p. 691.
Lepadogaster acutus Canestr.
Canestrini: Fauna d’Italia, cit. p. 187.
L. bimaculatus Flemm.
Carus: Prodr. cit. II, p. 690.
Tetragonurus Cuvieri Risso. (Genov.: Pescio sbiro; Sbiro neigro).
Canestrini: Fauna Ital. cit., p. 116. — • Vinciguerra: Ann.
44
Mus. civ. cit. voi. XIV, p. 626 (in nota). — Carus : Prodr.
cit., II, p. 704. — Damiani : Bollet. Naturai, cit., 1896.
Lopholes cepedianus Giorna
Giglioli : Gatal. cit. p. 32. — Carus: Prodr. cit. II, p. 701.
Tripterygium nasus Risso
Canestrini: Ardi. Zool. Anat. voi. II, fase. I, 1862, p. 107. —
Vinciguerra : Ann. Mus. cit. voi. XV, p. 453. — Carus: Prodr.
cit. II, p. 699.
Blennius ery throcephalus Risso
Canestrini: Fauna d’Italia cit. p. 181. — Carus: Prodr. cit.,
II, p. 698.
B. Rouxi Cocco
Perugia: Ann. Mus. civ. cit. voi. XXXVIII, p. 139.
Bl. pholis L.
Faujas: Ann. de Mus., t. 8, 1806, p. 368. — Carus: 1. cit. II.
p. 694.
Bl. Canevae Vincig.
Vinciguerra: Ann. Mus. civ. cit. voi. XV, p. 448; voi. XVIII.
p. 637, e voi. 2, ser. 2, p. 455. — Carus: 1. cit. II, p. 695.
Callionymus festivus Pali.
Vinciguerra: Ann. cit. voi. 2, ser. 2, p. 454. — - Carus: 1. cit.
II, p. 687; — Damiani: Bollett. Naturai, cit.
C. fasciatus V. C.
Vinciguerra : 1. cit. voi 2, ser. 2, p. 453. — Carus; Prodr. cit.
II, p. 688.
Gobius paganellus L.
Vinciguerra: Ann. Mus. cit. voi. 2, ser. 2, p. 452.
G. punctipinnis Canestr.
Canestrini: Arch. Zool. cit., voi. 1, pag. 131; e Fauna Ital.
p. 170. — Carus: Prodr. cit. II, p. 678.
G. colonianus Risso
Vinciguerra: Ann. Mus. cit., voi. 2, ser. 2. p. 453. - — Da¬
miani: Bollett. Naturai, cit.
G. Knerii Steind.
Perugia : Ann. Mus. civ. cit. p. 139.
G. elongatus Canest.
Canestrini: Arch. Zool. cit., p. 150: Fauna Ital. p. 176.
G. pusillus Canestr. (= G. fallax Sar.).
Carus: Prodr. cit. 2, p. 685.
Histiophorus Belone Rafn. (— Tetrcipturus Lessonae Canestr.).
Canestrini: Arch. Zool. Anat. voi. 1, fase. 2, p. 259, e Fauna
Ital. p. 112; — Carus: Prodr. cit. II, p. 676.
Temnodon saltator Din.
Canestrini: Fauna Ital. p. 111. — Carus: Prodr. cit. II, p. 674.
45
Lichìa vadigo Risso
Garus: Prodr. cit. II, p. 674; — Damiani: Bollet. Naturai.
1896.
Caranx punctatus Ag. (Genov.: Giucialio).
Garus: Prodr. cit. II, p. 670.
Seriolìchthys bipinnulatus Quoy et G. ; Genova nel 1846.
Ganestrini: Fauna Ital. p. 110. — Garus: Prodr. cit. II, p. 673.
Schedophilus medusophagus Cocco
Garus: Prodr. cit. II, p. 667. — Perugia: loc. cit. p. 139.
Coryphaena pelagica Lac.
Museo Zoologico, Università di Genova.
Centrolophus ovalis G. V.
Ganestrini : Fauna Ital. p. 106. — Giglioli: Gatal. cit. p. 26.
— ■ Garus: Prodr. cit. II, p. 664. — Damiani: Bollett. Natur.
1896.
C. crassus G. V.
Canestrini : Fauna Ital. p. 106. — Giglioli: Gatal. cit. p.26.
— Garus: Prodr. cit. II, p. 665.
Echeneis Holbrooki Gunth.; Gamogli, agosto 1895.
Perugia: loc cit. p. 138.
Pelamys (Orcinopsis) unicolor Geoffr.
Ganestrini: Fauna Ital. p. 103. — Garus: Prodr. cit. II. p.1659.
Thyrsites (Ruvettus) pretiosus Cocco
Giglioli: Gatal. cit. p. 24. — Ganestrini: Fauna Ital. p. 189;
— Perugia: loc. cit. p. 138. — Garus: Prodr. cit. Il, p. 655.
Lepidolriglia aspera Rond.
Vinciguerra: Ann. Mus. civ. voi. XVIII. p. 518. — Giglioli:
Gatal. cit. p. 23 — Garus: Prodr. cit. II, p. 646.
Pagrus Ehrenbergi G. V.?
Museo Zool., Università di Genova.
P. hurta Guv. Val. (Genov.: Ravella).
Doderlein: Manuale ittiol. parte 2, p. 148.
Sargus cervinus G. V.
Perugia: loc. cit. p. 137.
S. Salviani G. V.
Ganestrini: Fauna Ital. p. 88. — Garus: Prodr. cit. II, p. 632
(= S. vulgaris.)
Smarìs insidiator G. V.
Perugia: loc. cit. p. 137. — Garus: Prodr. cit. 2. p. 621.
Pentex gibbosus Rafn.
Perugia: loc. cit. p. 137. — Damiani: Bollett. Natur. 1896.
Pomatomus telescopium Risso (Genov.: Oliassou).
Ganestrini: Fauna Ital. p. 79. — Garus: Prodr. cit. II, p.
615. — Damiani: Bollett. cit.
46
Serranus acutiro stris G. V.
Doderlein : Manuale ittiol. parte II, p. 76. — Vinciguerra: Ann.
Mus. civ. cit. voi. XVIII. p. 34.
Cerna (Serranus) macrogenis Sassi (— Epinephelus ruber Bloch).
Canestrini : Fauna I tal . p 76. — Carus: Pròdi», cit. II, p. 612;
— Damiani: Bollett. Naturai, cit. 1896.
Callanthias peloritanus Cocco
Carus: Prodr. cit. Il, p. 614. — Giglioli: Catal. cit. p. 19.
Labrax punctatus Gunth.
Doderlein: Manuale ittiol. parte lì, p. 26. — Carus: Prodr.
cit., II, p. 608.
Totale delle specie 97.
§ 18. Pesche speciali — Pel litorale ligustico meritano
speciale menzione alcuni differenti metodi di pesca, non
soltanto perchè effettivamente costituiscono un fatto note¬
vole nella nostra pesca, scarsa sempre, ma anche perchè
alcune ebbero dal legislatore trattamento privilegiato.
Bianchetti , Rossetti, Pignoetti. — Col nome di bianchetti
(gianchetti), come già si fece rilevare nel prospetto dei
pesci, vengono indicati le giovanissime acciughe e sardine.
In oggi non è piti possibile confondere i bianchetti coi ros¬
setti dopo quanto ebbe a dire il Sassi, e sostenne in ap¬
presso il Pavesi.
1 rossetti sono rappresentati da una sola specie di pesci
assai piccoli, trasparenti, più o meno rossicci, da cui il
nome, con alcuni punticini neri alla base delle pinne. Ap¬
partengono al genere Gobius, ed il Sassi li considerò come
specie distinta ( Gobius aphia) , ma il Canestrini dimostrò
che essa specie altro non è che, il Gobius albus Pani. (—
Latrunculus pellucidus Nardo).
I bianchetti sono ben altra cosa. La confusione coi ros¬
setti fatta da alcuni, si riconosce insussistente appena si
legga nel Catalogo del Sassi, alla parola gianchetti, che
questi sono i piccoli delle acciughe o sardelle, che vivono
gregali, e che si prendono, i primi da agosto a settembre,
i secondi dal 15 di gennaio a tutto marzo, Infatti più avanti
lo stesso Sassi scriveva: « Glupea sardina Ris. ; volg. Giac¬
chetto quando è molto piccolo; Paaselta un poco più grande;
Sardenn-a quando è adulto. Ed appena sotto « Engraulis
47
enchrasicolus Cuv. ; volg. Anciua. I suoi piccoli, che vi¬
vono gregali si chiamano gianchetti, come quella della
Clupea sardina Risso, o Sardella comune f1).
La questione della pesca di questi minuscoli pesci, che
non raggiungono le dimensioni stabilite dai regolamenti di
pesca, è molto antica e fu vivamente discussa dalla Com¬
missione reale per la preparazione della legge stessa.
La prelodata Commissione tino dal 1870, fra le disposi¬
zioni speciali di carattere locale , prese in serio esame la
questione di permettere o di vietare siffatto genere di pesca,
e mentre fu contraria a concederla per tutte le coste ita¬
liane, fece eccezione pei compartimenti della Liguria; sicché
per due mesi dell’ anno la pesca ed il commercio dei gian¬
chetti e dei rossetti furono permessi nei compartimenti di
Porto Maurizio, di Savona, di Genova e di Spezia.
La Commissione predetta, nel proporre questa eccezione,
riteneva che essa non avrebbe portato danno notevole,
perchè limitata a breve tratto del litorale italiano, e fon-
davasi inoltre sul fatto, dimostrato dall’esperienza, che seb¬
bene per alcuni anni se ne fosse proibita dovunque la pesca,
non per questo si aveva avuto, negli anni successivi, un
aumento di prodotto, nè in quella delle sardine, nè in
quella delle alici. D’altra parte fu anche indotta a tale
concessione considerando che il mare ligure è assai povero
di pesci, e che sarebbe stato troppo disastroso il privare
questi abitanti di un sicuro guadagno e di un ricercato,
abbondante nutrimento.
Perciò l’art. 51 della legge sulla pesca permette quella
dei bianchetti, nei mesi di febbraio e di marzo, nel Ligu¬
stico , ma quale concessione peculiare ai pescatori della
Liguria pel suesposto considerando.
La questione però non si può dire ben chiarita, nè ri¬
solta a favore della piscicoltura, o dei pescatori; perchè
non è da escludersi che talora le autorità debbono chiu¬
dere un occhio, ed i pescatori ne approfittano per eccedere
dai limiti concessi, salvo tratto tratto ad incorrere in con¬
travvenzioni ed in multe. (*)
(*) Cfr. Pavesi, Contro la pesca dei bianchetti. Atti Soc. ital. Se. nat. ,
voi. XVIII, 1875.
48
Non diversamente avviene anche riguardo ai pignoetii,
col qual nome si intende chiamare i giovani dello Smaris
vulgaris , che in estate, luglio ed agosto, corrono gregarii
come i bianchetti. Pure per questo genere di pesca fre¬
quenti sono i dibattiti fra i pescatori e le autorità, e ri¬
cordo infatti come nel 1892 io dovetti rispondere alla R.
Capitaneria del Porto di Genova a proposito di contrav¬
venzioni incontrate dai pescatori di Cornigliano, colli a pe¬
scare pignoetti, che ancora non avevano raggiunte le di¬
mensioni prescritte dai regolamenti.
§ 19. Tonno. — La pesca del tonno (Thynnus thynnus)
viene esercitata sulle coste di Liguria, dell’ arcipelago to¬
scano , ed in ben maggiori proporzioni in Sardegna ed in
Sicilia, da maggio a giugno.
Le tonnare , o meglio tonnarelle, in Liguria sono poche
e non ebbero mai l’importanza di quelle della Sardegna, della
Sicilia e della Spagna. Una di esse trovasi presso Camogli,
sopra S. Nicolò alla punta Chiappa del promontorio di Por-
tofìno. È di data antica e con decreto del 1867 ne venne
concesso l’esercizio per il canone di lire 920. Un’altra
trovavasi a S. Margherita di Rapallo e nel 1860 fu posta
in esercizio mediante un canone di 600 lire.
La tonnara di Camogli ha la sua perpendicolare alla
costa lunga 540 braccia . ( pari a metri 580,50), alta 25-30
(— metri 45,75-52,50) e con maglie discoste un palmo e
mezzo (pari a 37 1/a cent.) Luna dall’altra. Evvi aggiunta
una piccola rete sussidiaria pei pesci meno voluminosi
lunga 30 palmi (= rii. 7,50) e con maglie del diametro di
un soldo. È per siffatta disposizione che questa tonnara
merita essere registrata, perchè,, circa 45 anni or sono, vide
le sue camere invase da migliaia di piccolissimi tonni, che
non poterono sfuggire, stante la minutezza della sua ma¬
glia (Y. Relazione di Giulio Drago, in Ann. cit. , voi. I,
parte 3, p. 25).
La tonnara di S. Margherita ha la parte perpendicolare
(alla costa) lunga 125 braccia (— metri 218,45), alta 22
{= m. 38,50) nel massimo fondo , e 7 (— m. 12,25) verso
terra, con maglie di 2 palmi (— 50 centi m. ) ; la rete acces¬
soria misura 25 palmi (= metri 5,75).
Recentemente il professor Pavesi nel suo splendido libro
49
« L’Industria del Tonno » f1) a pag. 55, a proposito delle
tonnare inattive pel distretto primo (Liguria) scriveva « La
tonnara di Camogli sarebbe veramente tuttora concessa a
Cichero Andrea fu Fortunato per la zona acquea della lo¬
calità Chiappa, lungo la costiera di Portofìno all’estremità
del molo di Camogli. Non posso però inscriverla fra le ton¬
nare attive, perchè la concessione è estesa alla pesca con
bestinara, mugginara, menaida, tramaglio, ed altri attrezzi,
i soli che realmente siano usati dai subaffittanti, che vi
prendono bensì qualche tonno, ma del tonno non fanno
pesca speciale; nessuno s’è posto mai a capo dell’impresa
di impiantare in quei paraggi una vera tonnara, per la
certezza che non offrirebbe adeguati compensi all’ ingente
spesa. Tanto mi risulta dalle ripetute osservazioni del Ci¬
chero, confermate dalla Camera di commercio di Genova
(18 settembre 1884) e dalla stessa Intendenza di finanza
(16 dicembre 1884).
Quella di Santa Margherita Ligure di cui trattò anche
la Giunta locale per il progetto di legge e di regolamento
della pesca, fu concessa con decreto ministeriale del 2 marzo
1869 per un solo anno; secondo però quanto scrive l’In¬
tendenza di finanza di Genova (8 febbraio 1884) non potè
più affittarla dopo il 1875 « malgrado le pratiche fatte e
gli incanti tenuti in base a annue lire 200 (in luogo del
canone primitivo di lire 600) a cagione del deperimento
della pesca verificatasi dal 1850 in poi ».
« La tonnarella di Monte Rosso era posta davanti la
spiaggia del comune omonimo; ma, dopo l’affitto scaduto nel
1852, non fu più possibile riattivarla, ad onta che nell’ul¬
timo esperimento del 25 agosto 1873 si fosse abbassato il
canone da lire 300 a lire 120 ».
Aggiungerò alcuni dati riguardanti la tonnarella di Ca¬
mogli negli anni dal 1890 al 1896, a dimostrazione della
poca importanza che essa ha ancora attualmente.
(') L' Industria del Tonno, Relazione alla Commissione reale per le ton¬
nare, Roma, 1889; 354 pag., 4.°
50
Tonnarella S. Nicolò a Camogli
ripristinata nel 1883 pel canone annuo di Lire 200.
Anni
Numero
delle barche
Numero
dei pescatori
e addetti
Quintali
di pesce raccolto
Concessionario
1890
2 gozzi e 1
battello
19
65 di tonno; più 90
quint. fra lacerti e
palamiti
Viacava Pasquale
fu Gius. - Viacava
Biagio fu Frane. !
1891
idem
19
55 id.; più 60 quint.
fra lacerti e pala¬
miti
idem
1892
2 palischer¬
mi e 4 bat¬
telli
19
65 id.; più 150 q.1
fra lacerti e pala¬
miti
idem
1893
idem
19
50 id.; più 30 quint,
fra lacerti e pala¬
miti
idem
1894
5 battelli
20
300 id.; piu 87 qd
fra lacerti, palamiti
e pesce spada
Gius, ed Edmondo
Gnecco e Giacomo
Muriando
1895
2 palischer¬
mi e 3 bat¬
telli
20
20 id,; più 158 q,1
fra lacerti, pesce
spada, ecc.
idem
1896
idem
25
25 id,; più 25 quint,
fra lacerti, palamiti
pesce spada, ecc.
idem
In Liguria quindi non si fa vera pesca di tonni e le sue
tonnare sono abbandonate o quasi, ciò non di meno è da
Genova che parte, ed è a Genova che ritorna il movimento
di questo ramo di pesca, che forse è il più notevole di tutti.
È specialmente a Genova, sebbene non ne manchino anche
a Livorno, a Napoli ed a Palermo, che esistono i capitali
e trovansi gli armatori, e dove si organizza la flotta, ed ove
arriva il tonno confezionato con i ben noti sistemile donde
viene poscia distribuito ai vari paesi consumatori del pre-
51
libato pesce; ma di tale tema non credo sia qui luogo di
parlare più a lungo, rimandando il lettore alla già elogiata
memoria del prof. P. Pavesi.
§ 20. Corallo. — Speciale menzione merita certamente
la pesca del corallo, il quale, sebbene in modeste pro¬
porzioni, vive anche nel mare ligustico. È noto l’impor¬
tanza di tale pesca esercitata quasi esclusivamente da pe¬
scatori italiani, nè sopra ciò è qui luogo di dilungarci.
Noteremo che il corallo riscontrasi lungo tutte le coste del
Mediterraneo, e quindi dal più al meno se ne incontra dalla
Liguria alle Calabrie, nonché intorno alle isole italiane.
Delle nostre scogliere con corallo menzioneremo, per es.,
quell ' di Portofìno, di Bergeggi , di Finalmarina e pochi
altri posti , ma sempre in quantità così piccola, da non po¬
ter alimentare una pesca regolare e profìcua.
Sulla pesca del corallo praticata in antico troviamo che
Solino , autore del I secolo , accennava all’ abbondanza di
esso nel Mare Ligure attorno a Genova. In seguito ne fece
menzione Fazio degli Uberti nel Bittamondo. Si hanno del
pari alcuni documenti, a partire dal secolo XV, che ri¬
guardano più in particolar modo disposizioni di leggi e
statuti , intesi a regolare gli interessi dei corallieri , costi¬
tuiti, siccome usavasi d’ogni mestiere, in congregazioni, o
società. Vi è poi una legge, 20 giugno 1603, confermata
da altre posteriori, colla quale si vietava la falsificazione
dei coralli, ed altre del 1700, 1701, 1710, intimanti alle
barche coralline di portare tutto il prodotto delle loro pe¬
sche non altrove che a Genova.
Se per altro il litorale della Liguria offre al presente così
scarsa quantità di corallo, da non attirare L attenzione e le
cure di pescatori e di padroni, sicché soltanto poche bar¬
che pescano fra noi; ben diverso è quanto riguarda la
partecipazione dei Liguri a tal genere di pesca. Infatti è
notorio essere antica consuetudine dei Liguri e dei Toscani
di dirigersi alle coste settentrionali ed occidentali della
Sardegna per attendervi al raccolto del corallo. Varie lo¬
calità, ed in particolare Santa Margherita e Rapallo, ar¬
mano barche ed imbarcano uomini per inviarle, ogni anno,
in Sardegna specialmente, ma anche in Sicilia ed in Bar¬
beria. Nel 1870 il compartimento di Genova aveva in mare
52
46 barche coralline, di complessive tonnellate 122, delle
quali soltanto sette però pescavano sui banchi italiani.
inoltre Genova non resta inoperosa nella lavorazione del
prezioso animale, e quindi non fu estranea per nulla al
commercio di esso coi popoli più lontani. Circa dieci , o
dodicimila persone (uomini, donne, ragazzi) lavoravano un
tempo nei dintorni di Genova, nelle ore in cui non erano
occupati in altri lavori , al taglio , alla bucatura , attornia¬
mento e pulitura del corallo.
In città esistono tuttora pregiate fabbriche-laboratori per
l’incisione del corallo, per quanto decadute; ed il prezzo
medio del corallo importato in Genova sarebbe stato nel
sessennio 1864-69 di lire 429,281. Un mediatore faceva
ascendere tale cifra ad 800 mila lire ed un negoziante per¬
fino a due milioni. Al presente è ridotta ai minimi termini.
La lavorazione del corallo che si ritira greggio dalla
Sicilia (banco di Sciacca), dalla Sardegna, ed in piccola
parte dall’Africa, viene fatta per lo più dai contadini della
Valle di Bisagno, nei rispettivi domicili, per conto di alcune
Ditte di Genova, siccome appare dall’ unito specchietto f1).
Comuni
Ditte
1
Numero dei lavoranti
maschi ! femmine
1
totale !
Numero medio annuo
dei giorni di lavoro
adulti
sotto i 15
anni
adulte
sotto i 15
anni
Bavari .
Costa Francesco
1
36
3
92
80
211
300
Genova.
Costa Francesco
12
—
150
50
212
300
id.
Costa Raff. e C.
4
—
30
12
46
300
id.
Larco Gerolamo
—
—
11
1
12
300
id.
Pratolongo Raff.
—
12
—
12
300
id.
Larco Raffaele .
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mercio sarebbe molto diminuita. Pochissimo è il corallo
(l) Notizie sulle condizioni industriali della Provincia di Genova , l.°
Congresso geografico italiano in Genova, Roma 1892, pag. 175.
53
lavorato che si smercia in paese: quasi tutto viene inviato
nell’ India ed in America ; altro in Russia, in Germania, in
Francia, in Egitto, nel Marocco, ecc.
Più complete notizie sulla pesca del corallo, oltreché in
monografìe speciali, quali quelle del Panceri, del Ferri¬
gni , ecc. , si troveranno nei : Documenti già citati per la
pesca in Italia (Ann. Minist. Agr. Ind. Comm., voi. I, parte
3.a, 1872) nonché nella pubblicazione dei prof. G. e R. Ca¬
nestrini (*) e nella mia Relazione sulla pesca del corallo
in Sardegna (2).
§ 21. Molluschi. — L’Italia e la Francia sono, fra i paesi
d’Europa, quelli che normalmente fanno maggiore con¬
sumo di molluschi eduli. Presso di noi si mangiano prin¬
cipalmente i seguenti : Murex trunculus e M. brandaris ,
sebbene sia cibo coriaceo e poco appetitoso; i Cerithium,
il Chenopus pes-pelecani, e talora alcune specie dei generi
Natica, Trochus e Monodonta. Mentre i Veneti tengono
le patelle in poco conto, i Liguri le appetiscono forse più
d’ ogni altro testaceo univalve.
I molluschi mangerecci più pregiati fra noi spettano però
ai lamellibranchiati, o bivalvi. Astrazione fatta delle ostri¬
che, perchè diremo a parte, i primi a menzionarsi per or¬
dine d’ importanza sono i mitili , di cui se ne fa discreto
consumo, poi troviamo i litodomi, che i genovesi gustano
più d’ogni altro cosidetto frutto di mare, e pagano a caro
prezzo (durante il carnevale costano da 20 a 30 centesimi
l’ uno). Si vendono inoltre come commestibili i pettini (P.
Jacobaeus è il migliore), gli spondili, od ostriche rosse, o
spinose, che nel sapore assomigliano ai pettini, ma sono
rari e quindi di limitatissimo consumo.
Le Veneridi pure somministrano cibo copioso e pregiato
agli abitanti di molti nostri litorali; e la migliore è do¬
vunque l’arsella, o cocciola dei meridionali. (Tapes decus¬
sata). Un solo Cardium (C. edule) si mangia, ed è comu¬
nissimo in tutto il Mare Ligure; le Telline si consumano
in copia sulle rive del Tirreno , e la Scrobicularia pipe-
rata , tanto ricercata dai Veneti , è invece tenuta in poco
conto dagli abitanti delle nostre spiaggie occidentali.
P) Il corallo , Annali dell’ Industria e Commercio del 1882, Roma 1883,
(2) Il corallo in Sardegna , Annali cit., Roma 1882,
54
Anche fra i Solen trovansi specie che vengono ricercate,
ma lo sono più dai Veneti e dai Napoletani , che dai Li-
guri (>).
Le ostriche e le arselle si raccolgono soltanto in prossi¬
mità dei porti ed in località limitate ; così pure i datteri
di mare ed i mitili trovansi in pochi punti del litorale, ed
assai scarsamente dovunque.
Le seppie, i calamari, i moscardini, i totani, i polpi spe¬
cialmente , e si può dire quasi tutti i cefalopodi , vengono
mangiati sulle nostre riviere, finche non sono molto grossi
e quindi non sono troppo duri. Si rifiutano però YOctopus
caienulatus, (volgar. pignata), YHistìotheuìis, il Loligo To-
darus, il L. sagittata, ed altre specie maggiori, essendo la
loro carne acidula ed indigesta.
1 cefalopodi si pescano ordinariamente con reti , unita¬
mente a svariate specie di pesci, ma vi si impiegano anche
i palamiti, lo specchio, le polpare, la fiocina, le nasse.
Collo schema usato per l’elenco dei pesci del mercato
di Genova trascrivo la serie dei : (*)
(*) Issel, I molluschi commestibili, le applicazioni delle conchiglie, le
perle ed i coralli, Annali cit,, 1880, n. 28, Roma, 1881.
Molluschi eduli in Liguria.
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56
§ 22. Ostriche e Mitili. — Merita trattenere ora per poco
la nostra attenzione sulle ostriche e sui mitili , giacché al
presente trovansi veri vivai di allevamento anche in Li¬
guria.
Infatti nel golfo della Spezia da qualche tempo si sono
impiantati dei vivaj, che prosperano bene.
Nella profonda insenatura della costa ligure che forma
il golfo della Spezia, ben lunga 14 chilometri e larga 3,
trovasi a Nord-Est, e quindi dalla parte opposta della città
e dell’arsenale, un bassofondo — detto gli Stagnoni — con
fondo fangoso ed alquanto consistente, il quàle presentan¬
dosi opportuno all’ impianto , fu scelto a campo di esperi¬
mento per allevare ostriche e mitili.
11 prof. Issel in altro suo interessante libro (*) aveva e-
spresso già il parere che il golfo di Spezia fosse adatto per
tali culture, e lo provava col fatto seguente:
« Or sono alquanti anni il benemerito Capitano di Va¬
scello, Giuseppe Lovera di Maria, introdusse l’ostrica di
Taranto nella piccola darsena di S. Vito, presso Spezia, e
sebbene nessuno si sia curato poi d’ invigilare la nuova
colonia, essa si conserva anche al presente (1882).
Ora questa esperienza ha dimostrato che la località e
almeno atta come vivaio d’allevamento; inoltre è noto che
sulla scogliera dell’Arsenale, presso rimbocco della Dar¬
sena, nei seni di Varignano e della .Castagna abbondano
naturalmente le ostriche (0. plicata) ».
Fu soltanto nel 1888 che il prof. Davide Carazzi ed il sig.
Emanuele Albano iniziarono l’impianto, dapprima modesto,
di un vivaio di ostriche e di mitili, che poco a poco andò
ingrandendo ; costituendosi nel 181)0 una Società, sicché in
oggi tutto lascia bene sperare.
Avendo il Carazzi pubblicato nel 1893 un utile manuale
di Ostricultura e Mitilicultura (Collezione Hoepli), così ri¬
mando ad esso chi desiderasse avere ampie cognizioni in
generale, e notizie particolareggiate sull’impianto e sul-
P andamento dei vivai a Spezia.
Infatti vi descrive dettagliatamente la località scelta, il
(l) Issel, Istruzione pratica per V ostricoltura e la mitilicoltura; Genova
1882.
57
materiale impiegato, le imbarcazioni, e tratta della parte
finanziaria, della possibilità di altri impianti, delle speranze
che lui e la Società hanno e degli sforzi da loro fatti ,
che per nulla furono secondati dal Governo.
Parlando del commercio delle ostriche in Italia, il Ca-
razzi dimostra come gradatamente si è giunti al punto che
nel commercio del gustoso mollusco la Spezia ha sostituito
quasi del tutto, nell’Italia superiore, Taranto ed Arcachon;
e che si sperava divenisse completa nel 1894, allargando
sempre più P area di concorrenza contro le produzioni di
Taranto, de! Fusaro e dell’Adriatico.
Nei vivai di Spezia è l’ostrica grande, la tarentina, quella
che vi fu allevata, e quindi tutto quanto scrive il Carazzi
è a questa che si riferisce e non airostrichetta/O. plicata).
L’ ostrica ligure è invece la piccola specie ed è giusta¬
mente pregiata, ma la quantità che se ne può raccogliere,
qua e là lungo le nostre riviere, non basta a soddisfare le
esigenze dei consumatori
La varietà del YOstrea tyrraena scostasi dalla tipica ( 0 .
edulis) perchè più chiara, più schiacciata e lamellosa.
Essa si sviluppa nelle acque chiare e tranquille a circa
due metri di fondo; e quando è esposta all’impeto delle
acque ( per es. allo scoglio S. Andrea , Castello del Conte
Raggio a Cornigliano ) , secondo le osservazioni dell’ issel,
si fa depressa e perde le pieghe salienti diventando liscia.
Una dozzina di ostrichette adulte, aperte e svuotate del-
1’ acqua , darebbero un peso di 337 gram.; dei quali sol¬
tanto 29 rappresentano il peso del mollusco, poco più di {/lv
Noto per ultimo come il Lessona f1) riferì un esempio istrut¬
tivo del progressivo spostamento nei banchi dell’ Ostrea
plicata avvenuto a Genova in conseguenza dei lavori ese¬
guiti nel porto.
infatti dal principio del secolo, proseguendo negli anni
ed eseguendosi sempre nuovi sporgenti, l’ostrica abbandonò
i posti più interni del porto, spingendosi più all’esterno in
cerca di acque meno tranquille — Darsena, S. Limbania,
Molo vecchio , Seno della Lanterna.
'l: Lessona, Le ostriche del Porto di (ìenooa: Atti R. Accad. delle Scienze
di Torino, 1868.
58
L’ ostrichetta a Genova si vende al prezzo di centes. 50
a 60 la dozzina; e quando è piccolissima, viene sgusciata
e commista con ovaia di ricci di mare per formarne il cosi
detto pigri aitino , il quale serve ai Genovesi per speciali
preparazioni culinarie.
Anche pel Mitilo (Musculo, in genovese; peocio o cozza
nera a Venezia) il nostro Issei proponeva stabilire vivaj
in diversi luoghi della Liguria ; ad esempio nel porticiuolo
di S. Andrea , nei seni del promontorio di Portofìno e nel
golfo di Spezia.
In Italia una vera coltivazione di mitilo non si faceva
che a Taranto, ma ora si effettua anche a Spezia, sebbene
il suo allevamento potrebbe venir esteso sulle nostre coste,
anche perchè tale mollusco è più resistente dell’ostrica.
Il mitilo è maggiormente conosciuto a Napoli, meno nel-
P Italia settentrionale, e soltanto a Venezia ed a Livorno
ha discreta diffusione.
Fu pure il prof. Carazzi, col socio Em. Albano, già men¬
zionato, che Ano dal 1887 tentò la miti coltura a Spezia; e
l’allevamento riesci bene, tanto che l’impianto venne in¬
grandito in modo da poter produrre nel 1888 quintali 80
di mitili, nel 1889 q. 150, ma sali a q. 350 nel 1890, a
q. 550 nel 1891, a q. 750 nel 1892 e superò q. 800 nel 1893.
Nel manuale già ricordato il Carazzi descrive , siccome
fece per l’ostrica, i vivai da lui impiantati, ed aggiunge
che la Spezia provvede ora tale mollusco all’Italia setten¬
trionale e media, eccezione fatta per Venezia, ove si smer¬
ciano quelli provenienti da Trieste.
Alla Spezia i vivai di allevamento per i mitili sono pur
essi situati nel tratto detto gli Stagnoni ad est della città,
circa a 2 chilom. In questo spazio di mare, oltre il grande
vivaio della ditta E. Albano e C. e che occupa una super¬
fìcie di 4000 m. q. , esistono altri piccoli vivai impiantati
da concorrenti, che ne hanno seguito l’esempio, un paio
d’anni dopo. Per il che alla produzione dovuta al vivajo
impiantato dal Carazzi, che già nel 1892, come si è detto,
era rappresentata da 750 q. di mitili venduti , si devono
aggiungere le quantità vendute dagli altri produttori , le
quali tutte insieme per lo stesso anno 1892 non oltrepas¬
sano i 400 quint. e per conseguenza la produzione totale
59
alla Spezia nel 1892 è salita in cifre tonde a millecento
quintali.
§ 23. Crostacei , ed altri animali marini eduli — La quan¬
tità di gamberi che viene al mercato di Genova, se si toglie
l’aragosta, è pressoché insignificante. Quasi tutti i crostacei
sono mangerecci in Riviera; i più apprezzati sono i Pale-
moni (Gambai de ma), ma, è notorio, che sopra tutti pri¬
meggia l’Aragosta, che ha sempre prezzo elevato, che è
più frequente e più pregiata dell’Astaco marino ( Longo¬
bardo ) , il quale pescasi accidentalmente con le nasse e coi
tramagli. La pesca ai crostacei si fa principalmente colle
nasse, ed al mercato di Genova le aragoste sono inviate
dai pescatori di Boccadasse ed anche da altri litorali, come
sarebbero la Sardegna, la Corsica, la Pantelleria, ecc. ; e
non è gran tempo che questo commercio era privilegio, o
specialità dei pescatori Caprajesi.
Le aragoste pescate da’ Ponzesi e Trapanesi, mi ricorda
il collega prof Issel, erano trasportate anni sono a Cagliari
con barche, donde mandavansi con piroscafi al mercato di
Genova.
Ho presente alla memoria come nel 1881 e 82 visitando
Carloforte, Cabras, Bosa ed Alghero ebbi ad osservare i
piroscafi della Navigazione generale, adibiti alla linea della
costa occidentale della Sardegna, che imbarcavano grandi
quantità di aragoste dirette al mercato nostro.
Altri pochi animali, che sono mangiati, ma che però non
costituiscono ramo di commercio appena apprezzabile, sa¬
rebbero alcune Attinie e preferibilmente VA. viridis, detta
volgarmente Fidé-main, e ben più i ricci di mare, che in
date stagioni sono abbastanza ricercati. Affermasi che la
gente del popolo si cibi delle ovaja àe\Y Ascidia mammil-
lata , indicata in gergo genovese coi nomi di Brignun ,
Brugniun .
Elenco questi pochi animali esculenti nel seguente pro¬
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Prospetto B.
61
CAPITOLO V.
Cenni sulla pesca nei singoli Compartimenti
marittimi della Liguria .
§ 25. A meglio documentare la relazione presente, ag¬
giungerò brevi cenni speciali per ciascuno dei quattro Com¬
partimenti marittimi, del l.° Distretto di pesca, che abbrac¬
ciano precisamente il litorale ligustico f1).
l.° Compartimento. -- Porto Maurizio (dal confine fran¬
cese ad Alassio, incluso).
Non partecipa alla pesca del corallo, del tonno, nè delle
spugne ; al quale ultimo genere di pesca non concorrono
però neppure gli altri compartimenti liguri. Per Porto Mau¬
rizio ho potuto raccogliere scarse indicazioni speciali, forse
per la ragione che da poco tempo costituisce Ufficio a parte,
e quindi i dati statistici relativi, che siano di questi ultimi
anni, fanno parte di quelli che riguardano Savona o Ge¬
nova.
Poche sono le località di pescatori, essendo per altro un
compartimento che presenta breve estensione di coste. Non
vi sono quindi da segnalare speciali metodi di pesca, seb¬
bene vi sia molto attiva la caccia ai molluschi ed ai cro¬
stacei, sicché delle duecento barche circa, ascritte al di¬
partimento, ben 20 vi sono esclusivamente impegnate.
(!) Il primo Distretto di pesca, secondo il R. Decreto, 31 gennaio 1892,
(pel quale i distretti furono ridotti a tre soli per tutto il litorale italiano)
si estende dal confine francese fino al Compartimento marittimo di Napoli
compreso. Le varie mansioni che si riferiscono alla pesca marittima nei
compartimenti della Liguria vengono sbrigate da diversi uffici , suddivisi
nel modo qui sotto indicato.
Compartimenti
marittimi
Sedi di
Capitanerie
Uffici di
Circondario
Uffici locali
di Porto
Delegazioni
di Porto
Totale
degli Uffici
1
Porto Maurizio .
1
2
2
7
12
2
Savona ....
1
2
I
9
13
3
Genova ....
1
2
3
13
19
4
Spezia ....
1
1
5
14
21
62
Non è da tacersi il fatto strano , e da non mettersi in
dubbio, che questo tratto di litorale non presenta certamente
quella ricchezza di pesci che è notorio riscontrarsi nel confi¬
nante mare di Nizza.
2.° Compartimento — Savona (da Alassio ad Arenzano,
escluso).
Nella rada di Vado si attende colle reti comuni alla
pesca di molte sorta di pesci (triglie, sogliole, saraghi,
pagelli, ma specialmente sardelle ed acciughe). Così il tar-
tanone si adopera in ogni stagione tanto a Vado, che a
Savona ed a Noli; mentre le manate per acciughe si met¬
tono in opera ordinariamente nel giugno.
Dalle acque di Savona si traggono le stesse specie di
pesci degli altri posti delle Riviere, se si eccettuano i tonni,
e non mette conto parlare del piccolissimo numero di ostri¬
che, che si raccoglie nel porto e nelle adiacenze di Savona
stessa. Attorno all’ isolotto di Bergeggi , come pure alla
scogliera di Noli ed alla Gallinaria, trovasi corallo e lo si
pesca; e da Bergeggi se ne cavano annualmente circa ot¬
tanta chilogrammi.
La città di Noli è, riguardo alla pesca, la località più
importante, perchè da sola mette in mare non meno di 40
battelli , e non manca inoltre di qualche industria nella
confezione del pesce.
A Yarazze praticasi pesca esclusivamente costiera, quasi
in ogni stazione, con sciabiche, con tramagli, con gangani
e tartanoni, ottenendone prodotti piuttosto considerevoli.
§ 26. 3.° Compartimento. — Genova (da Arenzano a Ra¬
pallo, incluso).
A Voltri la pesca viene esercitata in proporzioni ben me¬
schine e si ha scarsa rimunerazione. Ormai è limitata a
piccolo numero di pescatori, essendosi il grosso della popo¬
lazione rivolto agli stabilimenti industriali della regione ,
come avviene per Sampierdarena, Sestri ponente, ecc. dove
con maggior sicurezza ritrae il giornaliero sostentamento.
Vi sono in uso di preferenza il gangano e rastrello, le
manate, che si stendono al largo, e le sciabiche colle quali
si traggono a terra alici, sardelle triglie, seppie, ecc. Abba¬
stanza forte è nel marzo la pesca ai bianchetti ; ad ogni
modo la produzione è molto diminuita, e può considerarsi
approssimativamente in chilogr. 10,500 di pesci, A Voltri
si nota inoltre, sebbene in piccole proporzioni, un commercio
coll’America del Sud, ove si inviano barili di alici sotto
sale. A Cornigliano, a Sestri ponente, nulla si riscontra di
differente da quanto si disse per le altre località, soltanto
vi è attiva e lucrosa la pesca ai bianchetti. Anni sono, una
Società aveva tentato di stabilire serbatoi di ostriche a
Cornigliano , ma nulla si conchiuse di utile , siccome era
occorso in Genova stessa.
Nelle acque di Genova la pesca maggiore si pratica in
una zona di fondi algosi parallela alla costa, alla distanza
di due o tre miglia da essa e fornisce piccola quantità di
scomberoidi, triglie, squali, ecc. Un tempo si contavano
non meno di ottanta battelli pescherecci, ma ora sono di¬
minuiti di molto.
Il porto di Genova in addietro poteva avere qualche con¬
siderazione per la raccolta delPostrichella, ma i grandi e
continui lavori del nuovo porto hanno modificato, e già lo
si disse, l’ubicazione del mollusco, rendendone ormai nulla
la pesca.
A Portofìno , località fra le più pescose del nostro lito¬
rale , sono in uso tutte le sorta di reti ; ed attorno al suo
promontorio si attende, non regolarmente, alla pesca del
corallo.
A Camogli la pesca costiera dura tutto l’anno, quella
d’alto mare da maggio a tutto agosto, e vi partecipano
circa 17 barche di 90 tonnellate; ed il prodotto per Camogli,
con piccole variazioni, verrebbe calcolato annualmente in:
Tonni .
Muggini . . . .
Acciughe e sardine
Chilogr. 3.000
» 2.000
5.000 a 6.000.
»
Già si disse delle due tonnarelle che trovavansi a Ca¬
mogli e a S. Margherita. Quella di Camogli , che ancora
viene esercitata, serve anche come mugginara e per pigliare
qualsiasi pesce, incappandovi qualche volta perfino dei
cetacei
Da Santa Margherita partono tutte le barche coralline
che dalle coste liguri vanno in Sardegna, Algeria, ecc. Nel
1894 ne partirono 19, della portata di 38 tonnellate e con
64
un equipaggio complessivo di 96 persone. Di esse, sei pe¬
scarono sui banchi di Carloforte, e le rimanenti nei golfo
di Alghero, all’Asinara, all’Isola rossa, nelle acque di Vi-
gnola e di Capo Testa. Raccolsero circa 248 Chilogr. di
corallo, venduto poi per la somma di Lire 21,757, ma es¬
sendo state le spese di Lire 27,156, ne risultò un danno
complessivo di Lire 5,398.
La delegazione di Santa Margherita nel 1884 mi comu¬
nicava i ragguagli seguenti relativi al prodotto ottenutovi
dai vari metodi di pesca:
Colle manate, prodotto ammontante a L. 3,000
» bilancelle » » » 12,000
» tramagli » » » 12,000
» palamiti » » » 2,000
» reti diverse » » » 3,000
Totale Lire 32,000
A Rapallo si potranno valutare ad una ventina le fami¬
glie le quali vivono della pesca; ma è certo che le condi¬
zioni andarono peggiorando, perchè alquanti pescatori do¬
vettero dedicarsi ad altre occupazioni, od emigrare prin¬
cipalmente sulle piazze francesi. Il numero dei pescatori
fra Rapallo, Santa Margherita e Portoflno sarebbe di circa
125, che però possono accrescere al numero di circa 250,
quando tutti ritornano dalla Francia, o dalle altre spiaggie
estere.
11 prodotto ricavato dalla pesca per Rapallo starebbe nei
limiti seguenti:
Colle bilancelle Lire 5,000
» manate » 13,000
» tramagli » 500
Con reti diverse » 8,000
Totale Lire 26,500
Soddisfatto al consumo locale di varii posti di pesca, e
specialmente dalla Foce, da Sampierdarena, da Sestri po¬
nente , da Santa Margherita , ecc. , il pesce viene inviato
giornalmente a Genova, od anche in altro punto popoloso
65
della Liguria. Pure Camogli fa il commercio del pesce con
Genova, ad eccezione delle acciughe che vengono spedite a
Livorno.
4.° Compartimento. — Spezia (da Rapallo (escluso) alla
marina d* Avenza).
Sestri levante e Riva: dalle spiaggie di queste due vi¬
cine località ogni anno, nei mesi di marzo ed aprile, par¬
tivano circa cento battelli, con un totale di 600 marinai,
per le coste della Francia, della Sardegna e di Barberia a
praticarvi la pesca alle sardine ed alle acciughe; ritornando
in patria a novembre. Però da anni il prodotto andò sem¬
pre più diminuendo e le campagne riescirono qualche volta
disastrose, tanto che molti marinai lasciarono le reti, per
imbarcarsi sopra navi mercantili; cercando nella naviga¬
zione quei benefìci i che loro negava la pesca.
La pesca limitata nelle acque di Sestri e di Riva prati¬
casi con circa 47 battelli, di 3 tonnellate ciascuno, che vi
si dedicano nelle diverse stagioni dell’anno. Quella con reti
a strascico esercitasi nell’ inverno (ottobre a febbraio) con
dieci paia di paranzelle della media portata di dieci ton¬
nellate e con otto marinai ciascuna, le quali coi forti venti
di levante o di tramontana, pescano moscardini, naselli,
triglie, gattucci, eco. Colle bogare pescansi boghe durante
la notte, in vicinanza degli scogli, il che dà prodotto co¬
pioso , ma poco rimunerativo , stante la qualità scadente
del pesce.
Alcuni battelli di Riva durante 1’ inverno sono occupati
ai palamiti, pescando a 4, 5 miglia da terra; prendendo
grossi naselli, rondini e gattuzzi; mentre altri dall’aprile
all’agosto tendono reti alle acciughe ed alle sardine, por¬
tandosi a circa due miglia da terra, nel pomeriggio e rien¬
trando in porto sul far del giorno.
Il prodotto della pesca in queste località Sestrine, dovuto
a circa una settantina di battelli equipaggiati da 400 a
450 uomini, può dare un guadagno da 150 a 250 lire per
marinaio ; notandosi che il prodotto totale viene ripartito
per metà al proprietario dell’imbarcazione e per l’altra fra
gli uomini di bordo.
Chiavari, Levanto e Spezia non hanno quasi esercizio di
pesca, fatta eccezione dei vivaj di molluschi per Spezia. Il
66
pesce evvi in poca quantità, tranne acciughe e sardine, che
talora nella stagione opportuna si confezionano in barili,
essendo il prodotto ordinariamente superiore ai bisogni gior¬
nalieri del paese. Sono in uso in special modo: reti da paran¬
zelle, scabiche, mugghiare, palamiti, tramagli, bogare, nasse
e cheniare.
Porto Venere era rinomato in altri tempi per la quantità di
barche, per gli ottimi pescatori e per l’abbondanza di pesce;
oggi invece è decaduta, ed i pescatori trovano più proficuo
darsi alla navigazione. Esistono tuttavia alcune paranzelle
e dei piccoli battelli addetti alla pesca, le prime andando
fuori golfo nei tempi buoni, i secondi costeggiando. Di
pesci vi predominano triglie, lingue, sogliole, naselli e
muggini , nell’ estate acciughe e sardine , che pure qui si
conservano sotto sale, eccedendo il raccolto al consumo quo¬
tidiano.
Da comunicazioni private, mi consta che a Perici in oggi
vi si pratica la pesca con circa 14 paranze , della media
portata di 10 tonnellate ciascuna, e con otto a dieci pesca¬
tori per barca, tanto da valutarsi a 252 il numero dei pe¬
scatori occupati alle reti a strascico , colle quali pescano
nel golfo o fuori, a 10, 12 miglia.
La pesca colle reti da posta, si pratica, esclusivamente
per le acciughe, nei paraggi della Gorgona, con poche barche
e pochi uomini, che però ricaveranno circa tremila lire nette.
Sonvi ancora otto barche, equipaggiate da 5 uomini ciascuna,
tutti napoletani, che attendono alla pesca con reti minori.
A Perici infine non si notano pesche speciali , nè vivai
di sorta; ed il prodotto della pesca si avvia sui mercati di
Spezia, di Genova e di Firenze; con un provento che può
ammontare a lire 19,000 quello dato dalle paranzelle , ed
a 9000 quelle delle altre.
A Chiavari sonvi soltanto otto o dieci battelli da pesca
che non sempre lavorano e non evvi lucro apprezzabile.
Levanto avrebbe cinque piccole barche per la pesca dei
lacerti, delle boghe e triglie, ma limitato solo all’estate.
Per ultimo trascriverò, in un prospetto, il numero delle
barche , ed il loro tonnellaggio che nei periodo di tempo,
dal 1890 al 1896 trovavansi nei diversi compartimenti della
Liguria.
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68
§ 27. Da tutto quanto fu scritto in queste pagine, si è
portati a conchiudere essere la pesca marittima lungo il
litorale della Liguria , in condizioni poco floride , scarseg¬
giando dovunque la materia prima, il pesce; e che perciò
essa non potè mai trovarsi nell’opportunità di attendere a
miglioramenti tanto nei metodi di pesca, quanto nel benes¬
sere della classe dei pescatori.
Le ragioni di siffatto stato di cose sono molteplici , non
tutte facili a riscontrarsi , e tanto meno da potersi rimuo¬
vere. Epperciò la questione della pesca meriterebbe fra noi
studii scrupolosi e cure attentissime , giacché gli elementi
buoni non sono mancanti, data l’ottima tempra dei pesca¬
tori liguri. Questo lo dimostra il fatto che, sebbene l’indu¬
stria del pesce al presente fra noi. e possiamo dirlo per
molta parte dell’Italia, non è troppo florida e profìcua per
quelli che la esercitano, tuttavia questi non sanno abban¬
donarla; ed anzi il ceto marittimo vi si dedica in numero
sempre rilevante e crescente , attrattovi dal desiderio ar¬
dentissimo di vivere sul patrio mare da naturale inclina¬
zione e dalle antiche e non ingloriose tradizioni.
Agli Egregi Signori E, Ivaldi direttore dell’ Imposta municipale, Ubaldo
Setti, Alberto Perugia, Brancaleone Borgioli, Fratelli Lupi ed Ercole Mari¬
terò, che mi diedero valido ajuto per potere redigere la presente Rela¬
zione, porgo ben volentieri i miei più vivi ringraziamenti.
69
INDICE
Cap. l.° — Condizioni attuali della pesca marittima in Liguria.
§ 1. Studi già fatti in argomento — 2. Difficoltà nell’assumere infor¬
mazioni — 3. Deficenza di pesca — 4. Cause di essa — 5. Con¬
dizioni biologiche — 6. Località del litorale più favorite,
Cap. 2. — Reti ed ordigni da pesca adoperati in Liguria,
§ 7, — Arnesi di violenza — 8. Arnesi di agguato — 9. Distinzione
di essi — 10. Reti, a strascico.
Cap. 3. — Materiale di pesca e pescatori in Liguria.
§ il. Stato della pesca nel 1872 — 12. Idem dall’anno 1890 al 1896,
con prospetto — 13. Confronti.
Gap. 4. — Pesca in generale e pesche speciali,
§ 14. — Distinzioni di pesche — 15. Ittiofauna del mare ligustico:
Prospetto delle specie di pesci del mercato di Genova — 16. E-
lenco alfabetico dei nomi volgari genovesi dei pesci — 17. Pesci
rari od accidentali stati riscontrati nel mare Ligure — 18. Pesche
speciali: Bianchetti e rossetti — 19. Tonno — 20. Corallo —
21. Molluschi — 22. Ostriche e mitili — 23. Crostacei — 24. Pro¬
spetto della pesca dei crostacei e molluschi dal 1890 al 1896.
Gap. 5. — Cenni sulla pesca nei singoli compartimenti marittimi della
Liguria.
§ 25. l.° Compari, Porto Maurizio — 2.° Compari. Savona — § 26. 3.°
Compari. Genova — 4.° Compari. Spezia — 27. Conclusione.
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Genova, Tip. Ciminago, 1898.
BOLLETTINO DEI ULSEi
DI ZOOLOGIA E ANATOMIA COMPAKATA
DELLA R. UNIVERSITÀ DI GENOVA
N.° 67. 1898.
Maria Sacchi
Su di un caso d’arresto dell’emigrazione oculare,
cou iiigmentazione del lato cieco in un Rhombus maximus.
(Con una Tavola).
Per essermi tempo fa occupata delle minute differenze
fra gli organi omotipici di molti pleuronettidi f1) , attirò
particolarmente la mia attenzione il caso anormale di un
Rhombus maximus , pescato in gennaio nel nostro golfo.
1/esemplare presenta il lato destro, che nei casi di strut¬
tura ordinaria è privo di pigmento , quasi egualmente co¬
lorato del sinistro, e l’occhio migrante destro sul mezzo
del capo. Altri casi d’ arresto di sviluppo furono descritti
nel 1841 da W. Yarrel (2) in un Rh. vulgaris Cuv. flaevis
Rond.), poi da Mac Intosh (3) nel 1875 in un Rh. maximus,
più tardi da Filhol (3) nel 1890 in un Rh. vulgaris pe¬
scato presso Concarneau, e per ultimo da Giard nel 1892 (5),
in un Rh. maximus pescato all’imboccatura di Wimereux.
Due casi per ogni specie.
Il mio esemplare è lungo cm. 25 dalla mascella inferiore
all’estremità della coda, ha l’altezza massima di cm. 18,5, * (*)
0) Maria Sacchi, Sulle minute differenze fra gli organi omotipici dei pleu¬
ronettidi. Atti Soc. Lig. di Se. Nat., 1893.
(*) W, Yarrel, History of British Fishes. British Fauna, voi. II, 1841‘
pag. 331.
(3) Mac Intosh, The marine invertebrales and fishes of Saint Andrews.
1875, pag. 179, tav. VI, fìg. 5 e 6.
(4) Filhol, Description d’un cas de monstruosité obseroé sur un Rhombus
vulgaris Cuv. Bull. Soc. philomatique de Paris, 1890, 8.a ser. voi. II, n. 2,
pag. 54, con figura.
(5) Alfred Giard, Sur la persistance partielle de la symetrie bilaterale
chez un turbot ( Rhombus maximus L.), et sur Vhérédité des caractères a-
cquis chez les pleuronectes. Comptes rendus des séances de la Société de
Biologie (Séance 16 janvier 1892).
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l’occhio migrante dista 11 min; dal sinistro, è, sul mezzo
del capo, leggermente inclinato a destra ; nei profilo di si¬
nistra lo si vede superare di 3 mm. il margine superiore
del capo ; per effetto di questo arresto nella migrazione
dell'occhio, la pinna dorsale, che nei giovanissimi non rag¬
giunge ancora la testa , ma si sviluppa fin sopra di essa
solamente quando 1’ occhio è già passato sul lato destro,
non ha potuto procedere, incontrando sul suo cammino
l’occhio migrante, epperò è rimasta sollevata in alto, for¬
mando uno sprone arcuato a concavità anteriore, che dà
al pesce un aspetto insolito.
11 caso dei due Rhombus vulgaris di Yarrel e di Filhol
e del Rh. maximus di Giard sono simili al mio; invece
quello presentato da Mac Intosh è di un giovane rombo
pescato in Iscozia a S. Andrews, che ha conservato com¬
pletamente la simmetria bilaterale; sicché la pinna dorsale
potè giungere fin sopra il muso, senza incontrare l’ostacolo
dell’occhio migrante, e senza quindi trasformarsi nello spe¬
rone che si osserva nei casi nominati, il mio compreso.
Per la posizione dell’occhio migrante, il mio esemplare
si trova nello stadio dei Rhombus giovanissimi, della lun¬
ghezza di soli cm. 1-2, nei quali la pigmentazione di un
lato non è del tutto scomparsa , perchè in essi la pleuro-
stasi non è ancora costante, ossia T individuo nuota ancora
tenendo il corpo in posizione verticale.
Nel mio esemplare, la pigmentazione, tanto abbondante
sul lato cieco (destro) come sul sinistro, è evidentemente
in Erettissima relazione con l’ incompleta migrazione del-
1’ occhio, poiché non è da supporsi che questo individuo
sarà stato volentieri e lungamente adagiato nel fondo sul
lato destro, quando l’occhio, trovandosi al margine, sa¬
rebbe stato in posizione da venire più facilmente urtato e
ferito ; quindi il pesce avrà per lo più nuotato mantenen¬
dosi verticale , lasciando in tal modo che rimanesse egual¬
mente illuminato il lato già cieco. È provata l’influenza
diretta della luce sullo sviluppo del pigmento, da molte
esperienze su svariatissimi organismi, e da esperienze spe¬
ciali eseguite da Cunningham f1) sui pleuronettidi;. egli a-
(*) J. T. Cunningham, An experìment concerning thè absence of colour
from thè lower side of fiat fishes. Zoo!. Anzeiger n. 354, 19 gennaio 1891,
pag. 27.
.0;
veva prodotta la pigmentazione sul lato bianco (cieco) di
questi pesci tenuti in vasche dal fondo trasparente, facendo
giungere luce riflessa al lato adagiato sul fondo.
Come già accennai nel lavoro sugli organi omotipici, il
genere Bibronia , stabilito da Cocco per una forma con
occhio mediano e che egli riteneva genuina, non è altro,
verosimilmente, che un’anomalia (simile a quella che ora
presento), consistente in un arresto di sviluppo, e che offre
la curiosa caratteristica, che, mentre la pluralità delle ano¬
malie d’altri animali che non siano mostri doppi, consiste
in una asimmetria, nel pleuronettide, che per un adatta¬
mento di lunga data si è reso asimmetrico , 1 ■ anomalia
consiste in un ritorno parziale alla simmetria primitiva, è
cioè un caso di lontano atavismo. Le cause teratogenetiche
possono essere quelle stesse generali e sconosciute che de¬
terminano molte e svariate deformità negli organismi,- o
come fu dubitato, ma non mai riscontrato, dovute a paras¬
sitismo di bopiridi, lernee (Giard), i quali, penetrando nell’a¬
nimale ed innicchiandosi negli organi riproduttori ne aves¬
sero distrutto parzialmente i tessuti. Per altri organi dei
pleuronettidi fu riscontrato frequentemente tale parassitismo.
Come si sa, l’impedito sviluppo degli organi riproduttori
porta sempre con se un arresto di sviluppo generale. Ora,
sfortunatamente, l’esemplare che a me fu consegnato era
stato già privato dei visceri , estirpati per gli opercoli, e non
ho potuto verificare se trattavasi di causa parassitaria.
Quando avessero a riscontrarsi altri casi di simile ano¬
malia sarà utile portare l’attenzione su questi possibili ef¬
fetti del parassitismo.
Lab. d'Anat. coup. della R. Università di Genova , 1898.
4
SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA.
Fig. I. Rhombus maximus visto dal lato sinistro. */& (da fotografia).
L’occhio sinistro è in posizione normale , l’occhio destro è sulla linea me¬
diana. La pinna dorsale è sollevata a guisa di sprone al di sopra dell’ oc¬
chio migrante. La colorazione è normale.
Fig, II. Idem, visto dal lato destro. L’occhio migrante sporge sulla linea
mediana. La colorazione, anormale, è simile a quella del lato sinistro.
V
Genova, Tipografia Ciminago, 1899.
Società Ligustica di Scienze Naturali, ecc.
Yol. IX, Tav. IX.
Fig. 2.
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BOLLETTINO DEI 1SEI
DI ZOOLOGIA E ANATOMIA COMPARATA
DELLA R. UNIVERSITÀ DI GENOVA
N.° 68.
1898.
G. Cattaneo
PROF. D’ ANAT. COMP. NELLA R. UNIVERSITÀ DI GENOVA.
Ancora sullo stomaco dei delfini.
(con una tavola).
Alla presente nota, che fa seguito al mio precedente la¬
voro Sulla digestione gastrica dei delfinidi, ecc. (J) furono
occasione un recente e diligentissimo lavoro del dottor
Jungklaus (2), e la cattura di un grande esemplare di Bel -
phinus tursio , di cui potei avere i visceri in istato fre¬
schissimo, cosa che non accade frequentemente pei cetacei
di notevole dimensione (3).
Il Jungklaus potè approfittare di un materiale eccezio¬
nalmente interessante, raccolto dal prof. Ktikenthal nei suoi
viaggi pei mari groenlandici, sulle coste della Finlandia e
della penisola di Ivola, allo Spitzberg e all’isola del Re
Carlo negli anni 1886 e 1889. Oltre che di alcune forme
adulte (Phocaena) , esso consta essenzialmente di 13 em¬
brioni o feti a varii stadii di sviluppo, per lo più assai pic¬
coli, fra cui 3 di Phocaena communis, 3 di Beluga leucas,
1 di Monodon nionóceros, 1 di Globicephalus melas, 3 di
Balaenoptera musculus, 2 di Ryperoodon rostratus. Di
essi egli studia specialmente l’anatomia macroscopica,
ma non tralascia anche importanti particolari istologici, e
tratta con larghezza * delle principali questioni riferentisi
allo stomaco dei cetacei. Il lavoro è datato dall’ Istituto
Zoologico dell’Università di Jena.
Il Jungklaus riassume con precisione la parte essenziale
delle mie precedenti osservazioni , e impegna una discus¬
sione abbastanza estesa a proposito della piega mucosa da
(*) Atti della Società ligustica di scienze naturali e geografiche. Voi. V,
1894, tav. XXIII.
(2) F. Jungklaus. Ber Magen der Cetaceen . Jenaische Zeitschrift. Vo¬
lume XXXII (nov. ser. XXV), 1898.
(3) Ringrazio di tal favore la direzione del Museo Civico di Genova.
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'An L.T \ o,v %
me osservata nel primo stomaco, e della ipotesi della ri-
gurgitazione, a cui io propendo. Certo è un fatto degno di
nota questo, che il detto sepimento, descritto già da Jackson,
Murie e Turner nel Globicephalus , da Watson e Young
nel Delphinapterus , da Pouchet e Beauregard nel capo¬
doglio f1), e di cui io posso ora confermare resistenza anche
nell’ Orca gladiator, non sia stato trovato da altri autori
nelle stesse specie o in ispecie affini. Il Jungklaus, che non
lo trovò in un feto di Globicephalus lungo cm. 45,6, in¬
clina a ritenerlo un carattere individuale dovuto ad un ar¬
resto di sviluppo, poiché esso potrebbe rappresentare una
modificazione della parete divisoria tra il bulbo e il diver¬
ticolo del primo stomaco, la quale appunto in detto feto
si trova, come pure in quelli di Beluga, Monodon e Pho-
caena (2).
Vedremo poi se non vi ha nulla a ridire contro tale
supposizione; però io stesso non ho trovato questo sepi¬
mento nel primo stomaco dell’adulto di Delphinus tursio,
mentre lo trovai in quello di un piccolo Delpliinus del-
phis. Piuttosto non ammetto che la presenza così spora-
di Pel Globicephalus Jackson ( Disseti . ofa spermaceti Whale, etc. Boston
Journ. of nat. Hist. 1845) parla di una « supplementary cavity of a ere-
scentic form, opening largely into thè first »; Murie (Chi thè organisation
of thè Caaing Whale , Transact. Zool. Soc. 1873), di una « large and wide fold
of membrane, or septal semidivision »; Turner (Anat. of thè Pilot-Whale.
Journ. of anat. and phys. 1867) segna con una linea punteggiata il sepi¬
mento che divide il primo stomaco in due logge; e una identica divisione
descrivono Watson e Young nel Beluga (Anatomy of tlie Beluga. Trans, of
thè n. Society of Edimburg, 1878). A proposito del capodoglio, Pouchet e
Beauregard ( Sur Vestomac dn cachalot, C. R. de la Soc. de biologie, 1889)
dicono che il primo stomaco è diviso in due parti « par une sorte d’anneau
épais, incomplet, saillant du droit à gauche ».
(2) Mòglicherweise ist dies Gebilde ein Residuum der Scheidewand zwi-
schen dem oesophagealen Bulbus, aus dem der erste Magen sieh bildet,
und dem DivertikelJ, das von diesem Bulbus ventral-und distahvàrts aus-
gestulpt wird. Diese Scheidewand ist bei den Phocaena-Embryonen ange-
deutet und in viel stàrkerer Ausbildung bei den Embryonen von Beluga,
Monodon und Globicephalus beschrieben worden. Solite dieses embryonale
Gebilde gelegentlich persistieren und mit dem Diaphragma Cattaneo’ s idea¬
tiseli sein, so gilt von ihm dasselbe, wie von manchen entwickelungsgeschi-
chtlichen Residuen, beispielsweise dem menschlichen Coecum und Processus
vermiformis, etc, Jungklaus, op. cifc., pag. 72.
3
dica e quasi anomala di tale sepimento tolga ogni pro¬
babilità all’ipotesi della rigurgitazione. Questa è fondata
specialmente sul reperto quasi costante di residui ossei,
talora anche di grandi dimensioni e completamente privi
delle parti molli, nel primo stomaco, ove la digestione non
può essere avvenuta, mancando completamente le glandule
peptiche, che invece esistono .solo nel secondo stomaco; e
sulla grande ristrettezza delle valvole tra il secondo sto¬
maco e i successivi, attraverso cui tali residui non possono
passare. La presenza del sepimento rendeva più facile spie¬
gare la separazione tra le parti indigerite e il nuovo nutri¬
mento assunto, ma essa non è indispensabile all’ipotesi del
rigurgito, che può avvenire, come è noto, negli uccelli ra¬
paci e nei serpenti (l) , senza bisogno di tale diaframma.
Anche Turner ammette la possibilità della rigurgitazione,
indipendentemente dalla presenza del sepimento (2). Ma è
ozioso discutere troppo a lungo su una questione, che solo
potrebbe essere risolta dall’esperienza, dato che alcuno si
trovi in grado di eseguire un esperimento, che richiede
mezzi affatto eccezionali.
Come appendice al mio precedente lavoro, aggiungerò
il risultato delle osservazioni istologiche che ho fatto sullo
stomaco del Delphinus tursio e su quello di un piccolo
feto di D. delphis.
(h Questo fatto fu osservato nei crotali da Percy Selous (Bull. Soc. Zool.
de France, 1897); « parfois ces serpents degorgent une boulette, c’est-a-
dire un pelot de poils et de plmnes, comme font les hiboux.
(2) « In Delphinus albirostris perfectly clean fishbones have been found
by several observers, 'incìuding mysélf, in thè oesophageal cornpartment.
Now, as thè mucous lining of this chamber is not glandular, thè flesh can
only have been removed from these bones by thè action of thè secretion
of thè cardiac glands, wich probably had been poured into this chamber
for thè purpose; and thè flesh soaked with and rendered pultaceous by thè
gastric juice had then entered thè cardiac chamber in thè furtherance of
thè digestive process, thè bones being left behind. Or, as is, I think, less
probable, thè fish swallowed as food may have passed directly into thè
cardiac chamber, thè flesh being there dissolved off thè bones, and these
latter, when clean, regurgitated into thè oesofageal cornpartment. In either
case, thè cleaned bones would be collected in that, cofnpartment, and then,
by a further process of regurgitation, expelled by thè oesophagus, pharynx
and mouth » (Turner, Additional Observations on thè stomach in thè Zi -
phioid and Delphinoid Whates. Journ. of anat. and phys. 1889).
4
La struttura della parete gastrica dello stomaco dei ce¬
tacei non è certo tra le meglio conosciute, per la difficoltà
grande di aver materiale in sufficiente stato di freschezza
o ben conservato, e per gli ostacoli che s’incontrano a ot¬
tenere sezioni ad un tempo sottili e intere in organi così
voluminosi, la cui parete raggiunge talora lo spessore di
parecchi centimetri. Tuttavia abbiamo parecchi accenni
sulla struttura anche nelle memorie specialmente anato¬
miche, anzitutto in quelle di Turner (l) ; e, tra le migliori
contribuzioni istologiche, oltre la già citata del Jungklaus,
dobbiamo ricordare quelle di G. Briimmer (2) , di Boulart
e Pilliet (3) e di M. Weber (4) sui delfini, quelle di Ecker (5)
e di F. E. Schifi ze (6) sulla focena, ancora di Weber (loc.
cit.) su\V Hyperoodon , sul Lagenorhynchus e su di un feto
(*) W. Turner. A contribution to thè anatomy of thè Pilot Whale.
Journal of anatomy and physiology, voi. II, 1867.
Id. Further observations on thè stomach in thè cetacea . Ibid., voi III, 1868.
Id. Anatomy of Soverby Whale. Ibid., voi. XX, 1885.
Id. Addizionai observations on thè stomach in thè ziphioid and delphinokl
Whales. Ibid., voi. XXIII, 1889.
Id. Notes on some of thè viscera of Risso' s Dolphin . Ibid., voi. XXYI,
1892.
Id. The tesser Rorqual in thè scottish Sea. Proc. R. Society of Edinbourg,
voi. XIX, 1892.
(*) G. Bruemmer. Anatomiche und histologisclie Untersuchungen iiber den
zusammengesetzten Magen verschiedener Sangethiere. Deutscher Zeitschrift
fur Thiermedicin,, voi. II, 1876.
(3) R. Boulart et A. Pilliet. Note sur V estomac du dauphin. Journal
de l’anat. etc., voi. XX, 1884. — l' estomac des cetacés. Ibid., voi. XXXI,
1895. — Pilliet. Sur la structure de V estomac des cetacés. C. R. de la
Societé de biologie, voi, III, 1891.
(4j M. Weber. Ueber Lagenorhynchus albirostris. Tijdsch. nederl. dierk.
Vereen, voi. I, 1885-87.
Id. Studien iiber Sdugethiere. Fin Beitrag zur Frage nacli dem Ursprung
der Cetaceen. Jena, 1886.
Id. Anatomisches iiber Cetaceen. Ueber den Magen der Cetaceen. Mor-
pholog. Jahrbuch, voi. XIII, 1888.
(5) Ecker. Ueber den Bau der Mage^schleimhaut von Delphinus ph'o-
caena. Ber. iiber die VeThandl. der naturforsch. Gesellschaft zu Freiburg.,
Fase. II, 1856.
(6) F. E. ScnuLZE. Epithel-und Driisenzellen. Archiv fur mikr, Anat, ,
voi. Ili, 1867.
di balenottera, di Anderson f1) sulla platanista e sull’ or-
cella, di Woodhead e Gray (2) sul narvalo, e di Pilliet (loc.
cit.) sulla balenottera adulta.
Il mio intento è di continuare e completare le ricerche
altrui e mie proprie, approfittando del materiale avuto, tanto
più che nessuno dei citati autori, trattando di delfìni, parla del
tursio o di embrioni di questa o dell’altra specie. I pezzi
furono generalmente colorati in toto, e le sez'oni appiccicate
coll’acqua, quelle dello stomaco del feto eseguite a serie.
Nell’adulto, l’esofago, lungo centimetri 33, ha un dia¬
metro di 5 cm. alla sua parte anteriore e poi va grada¬
tamente restringendosi fino a 4 cm., in vicinanza dello sto¬
maco. Esso però è suscettibile di grande dilatazione, essendo
elastica ed estensibile assai la sua parete. Lo spessore della
quale è di circa un centimetro, accresciuto nella regione
faringea dalla notevole potenza dei muscoli. Osservandone
a occhio nudo o con lente la sezione, vi si distinguono tre
strati principali, che corrispondono alla mucosa, alla sub¬
mucosa e alla tonaca muscolare. 11 rivestimento interno è
specialmente caratteristico, perchè di consistenza cornea e
munito di un numero straordinario di piccolissime spor¬
genze coniche, che gli danno un aspetto vellutato. Grosse
pieghe lo solcano nel senso longitudinale, dovute quasi uni¬
camente a ispessimento della mucosa.
I tagli sottili mostrano al lato interno un epitelio pluri-
stratifìcato, disposto a sporgenze acuminate, dell’altezza di
circa mezzo millimetro, con la sezione a triangolo isoscele
allungato; sono i coni che danno l’apparenza vellutata alla
pagina interna dell’organo. La loro superfìcie di contatto
con la submucosa non è liscia, ma rappresentata da una
serie non interrotta di eminenze e di avvallamenti, sorta di
papille dermatiche, che l’epitelio segue in tutte le loro ac¬
cidentalità (fig. 1). Questo stretto modo di connessione fa
sì che l’epitelio stesso si distacca assai difficilmente dalla
(1) Anderson. Anatomical a?id zoological researclnes of thè tioo expeditions
to Western Yunnan. London 1878.
(2) Woodhead e Gray. On thè stomach of thè Nartohal (Monodon mo~
noceros). Journal of an&tomy and physiology, voi, XXIV, 1888-89.
6
mucosa. Le cellule che compongono tali sporgenze acumi¬
nate sono abbastanza simili tra di loro ; di forma tonda o
poligonale con ben distinto nucleo ovale. Quelle profonde
sono appena un po’ piu granulose e attondate; quelle su¬
perficiali -un po’ depresse, però anch’ esse presentano un
nucleo. Esse si tingono intensamente in giallo col picro-
carmino, in violetto coll’ ematossilina. Hanno un diametro
variabile da 15 a 25 micromillimetri. Tale disposizione, co¬
mune per lo più nei denticeti, è invece diversa nei misti-
ceti, poiché l’epitelio dell’esofago nella balenottera è liscio
(Pilliet).
Lo strato sottomucoso che segue è di gran lunga il più
sviluppato della parete esofagea e contribuisce alla sua
grande estensibilità. Misura uno spessore di circa mezzo
centimetro; è costituito da un connessivo fibrillare molto
compatto, ricchissimo di fibre elastiche a disposizione serpeg¬
giante e gremito dalle sezioni di numerosi vasi sanguigni.
La tunica muscolare dell’esofago è composta di due strati,
uno interno circolare dello spessore di due millimetri, e
uno esterno longitudinale di circa un millimetro. Questi
muscoli sono lisci per tutto il decorso dell’esofago, fuorché
nella parte alta, subito dopo la faringe, ove, oltre ad es¬
sere assai più grossi, sono anche striati. Secondo il Pilliet,
la striatura è ancor più estesa nei muscoli esofagei della
balenottera, giungendo essi fin quasi in vicinanza dello
stomaco. La sierosa esterna è pure assai spessa e consi¬
stente.
Il primo stomaco , che è la più vasta delle varie ca¬
mere onde l’intero organo si compone, è foggiato a sacco
cordiforme, con un diametro massimo di un decimetro e
mezzo. La sua parete ha lo spessore di quasi due centi-
metri al suo lato interno, e di un solo centimetro al lato
esterno. L’organo è coperto internamente da una membrana
cornea piuttosto consistente, ma facilmente distaccabile e
poco elastica, tantoché si fende alla più piccola distensione.
La sua superficie non è vellutata come quella dell’esofago,
ma è abbastanza levigata, solo è coperta. da numerosissime
papille attondate. Essa è alta poco più di mezzo millimetro,
e nelle sezioni sottili si presenta costituita di due parti di¬
stinte: una parte superficiale più sottile, di appena un de-
7
cimo di millimetro, composta eli cellule schiacciate, di cui
non è sempre facile rilevare chiaramente i contorni, ma si
distingue ancora il nucleo, e una più profonda e assai più
grossa, in cui la struttura cellulare è distinta (fig. 2). La
prima, che si tinge in giallo col picrocarmino, si distacca
facilmente dalla sottostante , anzi in molti punti delle se¬
zioni è effettivamente distaccata; presenta una sottile stria-
tura in senso parallelo alla sua superfìcie, ed ha un aspetto
molto simile alla cuticola cornea che ricopre internamente
lo stomaco muscolare degli uccelli; ma in realtà non è
altro che lo strato più superficiale e completamente che-
ratinizzato della mucosa, con notevole regressione degli ele¬
menti cellulari. La parte profonda è costituita da un grosso
epitelio pluristratificato, che segue fedelmente in tutte le
le sue sporgenze e rientranze la sottoposta submucosa. Le
sue cellule tonde o poligonali somigliano molto a quelle
della membrana che tappezza l’esofago; però quelle pro¬
fonde sono più granulose, a contorni più distinti e si tin¬
gono intensamente. I margini delle cellule sono dentellati.
Le papille numerosissime che si riscontrano sulla mu¬
cosa sono rotonde, poco rilevate, di un diametro variabile
da mezzo millimetro a due millimetri, e portano nel centro
un foro circolare, quasi lo sbocco di un condotto che pro¬
venga da uno strato più profondo. E infatti, praticando
delle sezioni a serie, perpendicolarmente alla parete, si
vede (fig. 3), specialmente in quelle che passano pel centro
della cavità, clVe questa si affonda ad imbuto nello spessore
della mucosa, per circa una metà della sua altezza, sempre
tappezzata dallo strato corneo , che però va di mano in
mano assottigliandosi: poi alla cavità imbutiforme segue
un breve e largo tubo, che finisce in una sorta di alveolo
rotondo, del diametro di circa un terzo di millimetro, posto
nella parte profonda della mucosa, in modo che col fondo
posteriore esso tocca la submucosa. Tali cavità sono tap¬
pezzate da cellule simili a quelle che costituiscono la mu¬
cosa profonda, solo più granulose, in modo che si tingono
più intensamente e formano un contorno distinto. Le cavità
per lo più sono vuote, ma talora contengono grumi di una
sostanza finamente granulosa, che si avanza anche nel
condotto escretore. Esse furono senza dubbio quelle os-
8
servate per la prima volta dal Rapp f1), che le denominò
« piccole glandule o cavità semplici », senza per altro in¬
dicare il loro modo di sbocco sulle papille della mucosa.
Se i tagli non sono fatti esattamente in corrispondenza al
centro delle papille, il condotto non si vede e la cavità può
sembrare un follicolo chiuso. L’Oppel (2), citando l’osserva¬
zione del Rapp, accenna dubitativamente che possa trat¬
tarsi di follicoli linfoidi; ma, vista la loro costituzione a
semplice cavità tappezzata da epitelio, il contenuto granu¬
loso di alcune, la presenza di un largo condotto escretore,
io riterrei piuttosto che possano essere larghe cripte glan-
dulari (simili a quelle che si trovano nella parete dell’eso¬
fago e dell’ingluvie di molti uccelli), secernenti un liquido
acquoso e mucoso, che valga a preparare gli alimenti alla
digestione peptica, che avverrà poi nello stomaco seguente.
Tali glandulette non si trovano poi soltanto, come vor¬
rebbe il Rapp, in vicinanza allo sbocco dell’esofago, ma
sono disseminate in tutta la superfìcie del primo stomaco ;
ne contai circa una diecina per ogni centimetro quadrato
di superfìcie.
Mancano completamente a questa camera gastrica le
glandule tubulari. Lo strato sottomucoso, che occupa oltre
la metà dello spessore della parete, è costituito da un con¬
nessivo fibrillare piuttosto compatto, con fibre elastiche,
vasi sanguigni, ecc. Dei due strati muscolari, a fibre liscie,
l’interno, circolare, è assai più potente dell’esterno longitu¬
dinale; sottile è la sierosa esterna.
Il secondo stomaco è di forma ovale, e misura nel dia¬
metro maggiore cm. 15 e nel minore crii. 10. La sua mu¬
cosa presenta un sistema così complicato di pieghe, che fu,
con felice paragone, assomigliata alla superficie d’ un cer¬
vello ricco di circonvoluzioni. In conseguenza di ciò, il suo
spessore è molto vario, secondo che lo si misura in corrispon¬
denza al sommo o all’avvallamento delle pieghe; vada un
massimo di mm. 25 ad un minimo di rnm. 5. La minor
(l) Rapp, Die Cetaceen, zooloaisch-anatomisch darqestellt. Stuttgart und
Tùbingen, 1837.
(*) A. Oppki . Lehrbuch der vergi , mikr. Anat. der Wirbeltliiere. 1896,
voi. I.
9
parte dello spessore è occupata dalla sierosa, dai muscoli
e dal connessivo sottomucoso; la maggiore dalle glandule
tubulari, di tipo peptico, così gigantesche, che, nelle sezioni
della parete, si vedono agevolmente ad occhio nudo, alli¬
neate come tante cannuccie normalmente alla superfìcie
dell’organo. Esse non sono più lunghe dove le pieghe sono
alte, nè più brevi dove si avvallano; ma misurano unifor¬
memente circa 2 mm. di altezza, e la conformazione par¬
ticolare delle pieghe, come lo spessore vario della parete
son dati unicamente dallo sviluppo maggiore o minore del
connessivo sottomucoso, che fa da sostegno allo strato delle
glandule (fig. 4).
Queste, nelle sezioni sottili perpendicolari alla mucosa,
si vedono conformate come lunghi tubi assai stipati fra di
loro, e composte di cellule piuttosto piccole, poligonali o
arrotondate, aventi l’aspetto caratteristico delle cellule pe¬
ptiche. Sono cioè granulose con nucleo piccolo e molto
splendente, del diametro di circa 10 micromillimetri. Tra
esse se ne vedono alcune di un diametro quasi doppio, di
forma ovale, meno granulose e più rifrangenti (fìg. 5). Non
v’ è dunque alcun dubbio sulla esistenza, anche nello sto¬
maco del Delphinus tursio adulto, delle cellule deloniorfe
e adelomorfe, come già videro Jungklaus e Weber nella
focena e nel lagcnorinco.
Solo le cellule del colletto sono di tipo epiteliale, e so¬
migliano a quelle che ricoprono la superficie interna dello
stomaco.
Isolando uno o parecchi tubi, e osservandoli a piccolo
ingrandimento, si vede che generalmente il loro fondo cieco
non è unico, ma diviso in due o tre biforcazioni. Tagliando
poi i tubi trasversalmente, si vede che le loro sezioni sono
piuttosto ovali, composte di una corona di otto o dieci cel¬
lule con distinto nucleo, tra cui se ne nota costantemente
una o due più grandi, o ricoprenti. Un sottile astuccio con¬
nessivo circonda i singoli tubi, abbracciando per lo più in¬
sieme i varii fondi ciechi di ciascun tubo, ma talora anche
mandando leggeri sepimenti tra l’uno e l’altro (fìg. 5). Nella
focena F. E. Schulze, fin dal 1867, aveva descrittoi tubi
come posti in una propria nicchia (Nische) — (loc. cit. pa¬
gina 323, fìgg. 16, 17, tav. X).
10
Nel complesso, la sezione di una piega mucosa somiglia
a un triangolo isoscele, costituito dal connessivo sottomu¬
coso e da uno strato corticale, formato dai tubi peptici, sti¬
pati perpendicolarmente sul primo.
Esiste una musculaHs mucosae , immediatamente appli¬
cata ai fondi ciechi delle glandule, e inoltre i due soliti
strati muscolari, assai più sottili che nell’esofago e nel primo
stomaco (1 millimetro fra entrambi). Seguono le due piccole
cavità indicate come terzo stomaco l1), poi il quarto, intestini-
forme, lungo circa 30 centimetri e piegato su sè stesso ad
arco, a convessità esterna. Le sue due comunicazioni col se¬
condo stomaco e con l’intestino sono strettissime, essendo
date da due valvole rotonde, del diametro di 5 millimetri,
munite di robusti muscoli. La mucosa, internamente liscia
e morbida, ha uno spessore di tre millimetri. Le sezioni
sottili mostrano una struttura simile nel terzo e quarto
stomaco; hanno cioè alla parte interna una serie di tubi
fittamente stipati fra loro, senza pieghe come quelle del se¬
condo stomaco.
Osservando una sezione trasversale dell’ organo si com¬
prende subito che questi tubi, alti quasi un millimetro, non
sono rettilinei, ma contorti; infatti, anziché tagliati longi¬
tudinalmente, come dovrebbe accadere se fossero dritti,
essi si vedono tagliati per il lungo solo per breve tratto, poi
la sezione diventa obliqua, e, nel fondo cieco, persino tras¬
versale; il che è segno della loro direzione continuamente
cangiante (fìg. 6). Di ciò si ha la conferma, osservandone
un gruppo di tre o quattro col microscopio semplice ; si
vede allora che, diritti nel colletto, essi si dividono poi in
tre o quattro fondi ciechi ricurvi. Le loro cellule, tonde o
poligonali, sono tutte eguali fra di loro, e non presentano
il tipo peptico, quindi queste glandule sono piuttosto da ri¬
tenersi mucose. Degli strati muscolari, l’interno, circolare, è
assai più sviluppato dell’esterno longitudinale.
L’intestino, allungassimo, ha un diametro di due centi-
metri, e la sua parete uno spessore di due millimetri e
(l) Alcuni numerano separatamente queste due piccole cavità secondarie ed
interne e allora l’ultima diventa quinta, altri le tralasciano nel computo, e
quella diventa terza. Su tali distinzioni vedi il mio lavoro precedente.
11
mezzo. La mucosa, sottile e levigata, è rilevata in quattro
pieghe longitudinali, alta ciascuna mezzo centimetro, che
sporgono quindi nel lume dell’organo, come quattro sopi¬
menti radiali. Queste pieghe sono semplici duplicature della
mucosa intorno a lamine connessive, e ne raddoppiano la
superfìcie.
Nelle sezioni sottili si vedono tubi dello stesso tipo di
quelli del terzo e quarto stomaco, ma più corti (circa mezzo
millimetro), e meno tortuosi, senza essere per altro perfet¬
tamente rettilinei. Sono composti di piccole cellule irrego¬
larmente attondate, tutte eguali tra loro, quindi anch’esse
del tipo mucoso. 11 connessivo sottostante è meno compatto
di quello dello stomaco; molto sviluppate invece sono le
tonache muscolari , e specialmente l’interna circolare.
M’ importava assai di studiare lo stomaco di un feto ,
per risolvere anzitutto la questione del sepi mento del primo
stomaco, poi per stabilire se è più o meno precoce la forma¬
zione dello strato corneo nello stesso stomaco e il differen¬
ziamento delle cellule delomorfe e adelomorfe nel secondo.
Per cortesia del direttore dei Museo Zoologico, prof. C. Pa-
rona, potei approfittare di un feto lungo 20 centimetri, do¬
nato non molto tempo fa dal prof. F. Mazza al Museo, e
che apparteneva a un delfino catturato nel Mediterraneo.
11 feto fu determinato come Delphinus delphis.
Questa ricerca si presentava interessante anche perchè non
trovo nei citati lavori uno studio speciale sullo stomaco fe¬
tale di delfino; il Jungklaus, che fece il lavoro finora più
completo a questo proposito, s’è occupato, come vedemmo,
di feti di focena, di beluga, di narvalo, di globicefalo, di
balenottera, d’ iperodonte, ma non di delfino. Il Brummer
(loc. cit.) parla dello stomaco di un feto di delfino, ma si
occupa piu delle dimensioni comparative delle prime due
sacculazioni gastriche nel lattante e nell’adulto, che non
dell’istologia.
Lo stomaco del feto ch’io osservai (fìg. 7), visto dal lato
ventrale, si presenta poco diverso, per la forma e le re¬
lative dimensioni delle parti , da quello dell’ adulto. Dalla
estremità posteriore del primo stomaco alla superiore del
secondo misura un diametro longitudinale di 16 millimetri,
12
la larghezza massima del primo stomaco è di un centi-
metro; il secondo, quasi globulare, presenta un diametro
di 6 a 7 millimetri; il quarto, piegato ad arco, è lungo
un centimetro e mezzo. È già visibile l’ampolla duodenale.
Dalle dette misure, e meglio ancora dalla figura, si ricava
che nel feto di tale dimensione il secondo stomaco è assai
piu piccolo del primo, come avviene nell’adulto. Il Jungklaus
invece, descrivendo un feto di focena lungo cm. 55,9, dice
che « die zweite Magenabtheilung ist bedeutend weiter ent-
wickelt, als die erste ». Però trova che in un feto più piccolo,
di cm. 13,4, il secondo stomaco « ist nur wenig geràumiger,
als die erste Abtheilung ». In un feto ancora più piccolo,
di cm. 11,4, il primo stomaco è « von entschieden bedeuten-
derer Gròsse als der zweite Magen ». Questi diversi rapporti
di grandezza si spiegano benissimo con le diverse età del
feto, poiché Rapp e Brùmmer, e lo stesso Jungklaus, già
hanno fatto osservare che nei feti in istadii ancora molto
arretrati il secondo stomaco è assai più piccolo del primo,
poi, avvicinandosi il tempo della nascita, il secondo au¬
menta continuamente in dimensione, in modo da diventare
la piu ampia delle quattro sacculazioni, e tale perdura fin
al momento della nascita e per tutto il tempo dell’ allatta¬
mento , rimpicciolendosi poi di nuovo nella forma adulta.
Questo è senza dubbio un adattamento particolare alla
dieta lattea, che rende inutile lo stomaco collettore rap¬
presentato dalla prima camera; esso trova riscontro in un
adattamento consimile dei neonati dei ruminanti.
Il feto da me esaminato, avendo il secondo stomaco assai
più piccolo del primo, si trovava dunque in uno stadio
piuttosto arretrato, come si rileva del resto anche dalle
sue dimensioni.
Data la piccolezza dell’organo, decisi di non dissecarlo
macroscopicamente, ma, dopo averlo imparaffinato, di farne
le sezioni a serie, potendo in tal modo meglio rilevare
tanto i rapporti di conformazione generale, quanto quelli
di struttura. Ottenni così, distribuite in dieci vetri, oltre un
centinaio di sezioni, che ora descriverò brevemente, comin¬
ciando dall’ apice posteriore del primo stomaco (inferiore
nella figura 7).
Un gruppo di sezioni interessa il terzo inferiore della
prima sacculazione gastrica; visi distinguono chiaramente
gli strati muscolari e l’epitelio pluristratificato . il quale
però non presenta alla sua superficie interna la lamina
cornea caratteristica dell’adulto. La superficie è solcata da
lievi ondulazioni a contorno arrotondato. La particolarità
più notevole di queste sezioni è data da una fascia che at¬
traversa diagonalmente il lume dell’organo, costituita da
un tessuto connettivo fondamentale, tappezzato su entrambe
le faccie da un epitelio pluristratiflcato, simile a quello
della superficie interna dello stesso stomaco. La presenza di
questa fascia, che perdura per parecchie diecine di sezioni,
(fig. 8, s) ora più addossata a un lato della mucosa, ora
più all’altro, ora equidistante da entrambi, dimostra l’esi¬
stenza, nella prima camera gastrica di questo feto, del se-
pimento obliquo, che già fu trovato da Jackson, Turner,
Murie, Watson e Young, Pouchet e Beauregard e da me
stesso negli individui giovani o adulti da noi osservati di
Delphinus delphis, Globicephalus svinerai, Delpliinapte-
rus leucas, Catodon macrocephalus e Orca gladiatore
Fosse pur esso, come dice il Jungklaus, un carattere ano¬
malo dell’adulto, e dovuto a un arresto di sviluppo, visto
che non si trova in tutti gli individui, ma solo in alcuni,
il riscontro da me fatto di tale sepimento obliquo nel terzo
inferiore dello stomaco di un piccolo feto di delfino dimostra
però ch’esso non è una modificazione della parete divisoria
tra il bulbo esofageo e il diverticolo del primo stomaco, il
quale si trova più in alto, in diversa direzione ed esiste
generalmente in tutti gli individui, ma è una duplicatura
speciale della parete inferiore della prima camera, che può
essere transitoria, e talor anche perdurare nel giovane e
nell’ adulto.
Un secondo gruppo di sezioni interessa la parte mediana
della camera gastrica. In essa non si vede più il sepimento
obliquo, ma si nota che la mucosa, invece di essere liscia
o appena corrugata, è rialzata in pieghe longitudinali, che
-si avanzano radialmente nel lume dell’organo. Nella regione
più bassa sono in numero di otto o di dieci e crescono di
mano in mano fino a una ventina nella regione superiore
(fig. 9).
Nelle pieghe e sulla mucosa l’epitelio pluristratifìcato ha
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uno spessore di circa un decimo di millimetro, eguale a
un sesto di quello dell’intera parete.
Un ultimo gruppo di sezioni interessa il terzo superiore
dello stomaco, e comprende ad un tempo tutte le concame-
razioni gastriche.
Nella prima l’epitelio pluristratifìcato (fig. 10,1) formato da
sei o sette strati di cellule ben distinte, con grosso nucleo,
è pur sempre privo di rivestimento corneo e ondulato in
pieghe longitudinali. 11 connessivo sottomucoso è ampio,
ricco di cellule e fibre ; esili sono invece gli strati musco¬
lari. Nel secondo stomaco (fig. 10,11) si vedono le pieghe su
cui stanno allineate le glandule p eptiche, assai più brevi che
nell’adulto, essendo lunghe appena mezzo millimetro, e già
divise in parecchi fondi ciechi. Il delicato astuccio connes¬
sivo delle glandule comprende in un solo alveolo i tre o quat¬
tro fondi ciechi di ciascun tubo; però non non si può parlare
qui di veri pacchetti glandulari, come quelli descritti da
Pilliet nella balenottera. Le cellule, piuttosto piccole e ton¬
deggianti, non presentano differenziazioni in principali e ri¬
coprenti, ma son tutte dello stesso tipo.
Le glandule del terzo e quarto stomaco hanno una strut¬
tura poco diversa da quelle del secondo, solo sono più corte
della metà. Anche in queste tre camere il connessivo sot¬
tomucoso è sempre piuttosto spesso e ricco di elementi cel¬
lulari, e sono invece assai più gracili che nell’adulto le tu¬
niche muscolari.
Genova , Lab. cVanat. comp. della R. Unio. 1898.
SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA
MPetphiuus tursio adulto,
Fig. 1. Sezione trasversale nella parete dell’esofago (mucosa e submucosa).
X 100. c. coni della mucosa.
» 2. Sezione trasversale nella parete del primo stomaco. X 100. ep* epi¬
telio pluristratificato. cr. strato corneo distaccato da un lato.
» 3. Sezione normale alla parete gastrica di due papille del primo
stomaco, a. sezione al centro della papilla, quindi con condotto
visibile, b. sezione laterale allo sbocco, perciò non si vede il con¬
dotto X 60.
» 4, Sezione longitudinale di una piega del secondo stomaco, coi tubi
peptici X 5.
» 5. Sezione trasversale di alcuni tubi, con le cellule principali e rico¬
prenti e gli alveoli connettivi X 300.
» 6. 'Sezione trasversale nella parete del quarto stomaco coi tubi mucosi
contorti X 50.
Feto di JUetphinus delphis
Fig. 7. Stomaco di grandezza naturale. I, II, IV, prima, seconda e quarta
camera, i. intestino, con rampolla duodenale.
» 8. Sezione trasversale nella regione inferiore del primo stomaco con
la fascia diagonale o sepimeuto s. X 25.
» 9. Sezione trasversale nella regione media del primo stomaco con le
pieghe longitudinali X 25.
» 10. Sezione trasversale nella regione superiore del primo stomaco (I)
e mediana del secondo (li) X 16.
Genova, Tip. Ciminago, 1899.
Voi. IX. Tav.X.
^ .
G. Catta neo .
Lit. Tatc/i inatdx e ferrarì-Pavico.
INDICE DEL VOLUME IL
1895-1896.
28. G, Cattaneo, Delle varie teorie relative all’or igiixe della metameria ecc.
29. C, Parona, Elenco di alcune Collembole dell’Argentina (1 fìg.).
30. M. Sacciii, Sulla struttura degli organi del veleno della Scorpena,
L Spine delle pinne impari (1 tav.),
31. C. Parona e A. Perugia, Sopra due nuove sp. di trematodi ectoparas¬
siti di pesci marini (2 fìg.}.
32. E. Setti, Dipylidium Geroaisi n. sp. e. qualche considerazione sui li¬
miti specifici nei cestodi (1 tav:).
33. C. Parona, Anormale accrescimento degli incisivi nei Conigli (1 tav.):.
34. G. Cattaneo, Sulla condizione dei fondi ciechi vaginali della Didelphiys
Azdrae prima e dopo il parto.
35. C. Parona, Acari parassiti deH’Eferocefalo (8 fig.)7
36. M. Sacciii, Sulla struttura degli organi del veleno della Scorpena,
[I. Spine delle pinne pari (1 tav.).
37. A. Rabattini, Nota sugli Echinorinchi dei Cetacei (1 fìg.).
38. V. Ariola, Due nuove specie di Botriocefali (5 fìg.).
39. P. Cei.esia , Intorno ad una coppia di gatti anuri dell’isola di Man
1 tav.).
40. P. Celesia, Ricerche sperimentali sull’eredità progressiva.
41. A. Brian, V Éupfmusia Mallevi comparsa in quantità straordinaria nel
porto di Genova.
42. G. Damiani, Sul Maurolicus amethystino-punctatus , ecc.
43. C. Parona, Una rettifica storica sulla Filaria immitis.
44. C. Parona,' Di alcuni nematodi dei Diplopodi (1 tav.).
45. C. Parona e V. Ariola, Bilharzia Kowalewskii n. sp. nel Larus me -
lanocephalus (1 fìg.).
46. C. Parona e A. Perugia, Due nuove sp. di trematodi delle branchie
del Brama Rayi (4 fìg.).
47. V. Ariola, Sulla BotUriotaenia plicata e sul suo sviluppo (2 fìg.).
48. G. Cattaneo, 1 fenomeni biologici delle cellule ameboidi, ecc.
49. S. Orlandi, Di alcuni anellidi del Mediterraneo (1 tav.).
50. C. Parona, Intorno ad- alcuni Distomi nuovi o poco noti (7 fìg.).
51. G. Cattaneo, Le gobbe e le callosità dei cammelli in rapporto alla
questione dell’eredità dei caratteri acquisiti.
52. V. Ariola, Sopra alcuni Dibotrii nuovi o poco noti, ecc. (1 tav.).
53. G. Cattaneo., I fattori dell' evoluzione biologica (Sunto di discorso
inaugurale).
54. G, Cattaneo, In memoria di Raffaello Zoia (con ritratto).
55. } C. Parona, .Notizie storiche sopra i grandi Cetacei nei mari italiani ed
in particolare sulle quattro Balenottere catturate in Liguria nell’au¬
tunno 1896.
INDICE DEL VOLUME III.
1897-1898.
56. C. Parona ed A. Cuneo, Cisticercó intermuscolare diffuso in una donna.
57. E. Setti, Nuovi elminti dell’Eritrea (2 tav.).
58. C. Parona, I Tricosomi degli Ofìdii (1 tav.j. -
59. E. Setti, Nuove osservazioni sui cestodi parassiti degli Iraci.
60. G. Cattaneo, Per la storia dell’anatomia comparata.
61. A. Brian, Catalogo di Copepodi parassiti dei pesci della Liguria (4 tav.j.
62. S. Orlandi, Maldanidi del golfo di Napoli, con osservazioni sopra al¬
cuni punti della loro Anatomia ed Istologia (4 tav.j.
63. G. Cattaneo, Alcune previsioni * scientifiche di Alfonso Borelli.
64. C. Parona, Elminti raccolti da E. Modigliani alle Isole Menta wei, Eri¬
gano e Sumatra (1 tav.-)..
65. E, Setti, Tristomum Perugiai n. sp. sulle branchie del Tetr&pturns
belone Raf. (1 fig).
66. C. Parona, La pesca marittima in Liguria.
67. M. Sacchi, Su di un caso d’arresto dell’ emigrazione oculare, con pig¬
mentazione del lato cieco in un Rhombus maximus (1 tav. .
68. G. Cattaneo, Ancora sullo stomaco dei Delfìni (1 tav.).