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Full text of "Bollettino dei musei di zoologia e anatomia comparata della R. Università di Genova"

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0  . 


DELLA  R.  UNIVERSITÀ  DI  GENOVA 


DIRETTO  DAI  PROFESSORI 


CORRADO  PARONA 
(Zoologia) 


GIACOMO  CATTANEO 
(Anatomia  comp.) 


1897-98 


N.i  56-68;  XIV  Tavole 


GENOVA 

TIPOGRAFIA  DI  ANGELO  CIMINAGO 

Yiqo  Mele  1,  int.  5-6  . 

1898. 


INDICE  DEL  VOLUME  I. 

1892-1894. 

—  C.  Parona  e  G.  Cattaneo-,  Cleri  ni:  stòrici. 

1.  G.  Cattaneo,  Influenza- -del  letargo  sulle  forme  e  i  fenomeni  delle  cel¬ 
lule  ameboidi  negli  invertebrati. 

2.  T.  Pallecghi,  Nota  sui  cromatofori  dei  cefalopodi. 

3.  F,  Mazza,  Caso  di  dicefalia  derodimica  in  un  Anguis  fra gilis  (l  tav.). 

4.  P,  Long  in,  L’eserina  nella  tecnica  proti  stologica'. 

5.  G,  Cattaneo,  Sulle  papille  esofagee  e  gastriche  del  Lueàrus  imperiàlis. 

6.  E.  Setti,  Elminti  dell'Eritrea  e.  delle  regioni  limitrofe  (1  tav.j.  ' 

7.  F.  Mazza,  Sul  cuore  della  Ceplialoptera  Giorna  {  1  tav.). 

*8.  C.  Parona,  Di  alcuni  Tisanuri  e  Collembole  della  Birmania  (1  tav.). 

9.  C.  Parona,  Larva  di  Dermatobia  (Torce!)  nell’uomo. 

10.  G.  Cattaneo,  Sull’anatomia  dello  stomaco  del  P  ter  opus  medìus  (6  fig.),; 

11.  C.  Parona  ed  A.  Perugia,  Didymozoon  Exocoeti  Par.  Per.  (Monosto- 
mum  filum  G.  Wag.). 

12.  C.  Parona,  Hijmenolepis  Moniezii  n.  sp.  parassita  del  Pteropus /medius, 
ed  H.  acuta  Rud.  dei  pipistrelli  nostrali. 

13.  A.  Perugia,  Sul  Tricìlosoma  del  fegato  dei  Muridi. 

14.  P.  Celesia,  Della  Suberites  domuncula  e  della  sua  simbiosi  coi  Paguri 
(4  tav.). 

lo.  C.  Parona,  Sopra  una  straordinaria  polielmintiasi  da  ecliinorinco  nel 
Globicephalus  Svinerai  pescato  nel  mare  di  Genova  (1  tav;). 

16.  .  A.  Lupi,  Sulla  natura  della  fosforescenza  animale. 

17.  T.  Pallecchi,  Sulla  resistenza  vitale  dell’ A  nguillula  dell’aceto. 

18.  M.  Sacchi,  Sulle  minute  differenze  fra  gli  organi  omotipici  de^  pleu- 

ronettidi  (1  tav.).  , 

19.  C.  Parona  e  G.  Cattaneo,  Note  anatomiche  e  zoologiche  sull’^^ro- 
cephalus  Riipp.  (1  tav.). 

20.  G.  Cattaneo,  A  proposito  dell’ Anophrys  Maggii  (1  tav,'1. 

21.  F.  Mazza,  Eteromorfìe  di  alcuni  pesci  marini-  (2  tav.). 

22.  S.  Orlandi,  Note  anatomiche  sul  Macroscincus  CÒp^ei  Barh.  d.  Boc,; 
(2  tav.). 

23.  G.  Cattaneo,  Linneo  evoluzionista? 

24.  G.  Cattaneo,  Sullo  stomaco  del  Globicephalus  'Sememi  .e  sulla  dige¬ 
stione  gastrica  dei  delfìnidi  (1  tav.). 

25.  F.  Mazza  ed  A.  Perugia,  Sulla  glandola  digitiforme  (  Leydig)  nella 
Chimaera  monstrosa  (2  tav.). 

26.  E.  Setti,  Osservazioni  sul  Distomum  gigas  Nardo  (1  tav.). 

27.  E.  Setti,  La  Elmintologia  italiana  del  prof.  C.  Parona  (Sunto  critico). 


ì  fi 


III  ZOOLOGIA  E  ANATOMIA  COMPARATA 

DELLA  R.  UNIVERSITÀ  DI  GENOVA 

N.°  56.  1897. 


C.  Parona  ed  A.  Cuneo 


0 


Cisticerco  intermuscolare  diffuso  in  una  donna. 


Tutti  gli  autori  che  si  occuparono  della  presenza  del 
cisticerco  della  cellulosa  nelle  parti  superficiali  del  corpo 
dell’ uomo  (cute  e  muscolatura)  concordano  nel  considerar.^, 
non  rara  tale  condizione  parassitaria.  Prendendo  infattfTn 
esame  gli  scritti  (che  raccogliamo  in  calce  alla  presente 
noticina,  onde  facilitare  le  ricerche  storiche  sull’ argomento 
à  quanti  avranno  ad  occuparsene)  si  constata  facilmente 
essere  frequente  la  presenza  di  tale  forma  morbosa  in  ogni 
paese  e  non  ràra  anche  in  Italia. 

Però  lo  stesso  fatto  non  possiamo  asserire  per  la  Li¬ 
guria,  ove,  riguardo  alla  presenza  ed  alla  frequenza  dei  di¬ 
versi  elminti  dell’ uomo,  riscontransi  notevoli  varianti  a 
confronto  delle  altre  regioni  italiane. 

Ciò  lo  dimostra  ad  esempio  V  echinococco  del T  uomo  , 
cosi  frequente  in  molte  località  (Sicilia,  Romagna,  ecc.  ) 
che  fra  noi  s"  incontra  rare  volte,  per  non  dire  rarissime  : 
T  anchilost orna,  che  dopo  la  gravissima  epidemia  dei  mi¬ 
natori  al  S.  Gottardo,  si  diffuse  e  si  fece  frequente  in  plaghe 
dapprima  immuni,  e  che  non  sarebbe  apparso  in  Liguria, 
a  prestar  fede  all’asserzione  di  alcuni  medici  e  di  seguito 
alle  ricerche  nostre. 

Parimente  il  cisticerco  vi  deve  essere  rarissimo.  Mentre 
a  Napoli,  secondo  le  diligenti  osservazioni  del  De  Vincentiis 
(Atti  R.  Acc.  med.  chirur.  di  Napoli  ,  1896)  ,  il  cisticerco 
oculare  è  pur  troppo  più  frequente  di  quanto  si  sospettava, 
in  Liguria  non  registriamo,  per  quanto  ci  risulta,  che  i  due 
stati  descritti  dal^&econdi  (Bollett.  R.  Accad.  medica  di  Ge¬ 
nova,  1892).  Cosi  pure  è  pel  cisticerco  a  sede  cutanea  e 
muscolare,  del  quale  ci  sono  noti  il  non  recente  caso  dovuto 


2 

al  dott.  Miraglia  e  riferito  dal  Dubini  nella  classica  sua 
opera  di  elmintologia  (pag.  201),  e  quello  del  dott.  Arnpu- 
gnani  pubblicato  nel  1882. 

Epperciò,  non  tanto  per  il  caso  in  sè,  nè  per  l’inte¬ 
resse  clinico  che  possa  avere,  quanto  per  l’ importanza  che 
presenta  relativamente  alla  geografìa  elmintologica ,  ci 
sembra  possa  meritare  di  essere  registrata  la  presente 
storia  a  contribuzione  dell1  elmintologia  umana  in  Liguria. 

* 

* 

C.  Rosa  di  Giovanni,  d’anni  20,  da  S.  Margherita  Ligure, 
(Frazione  S.  Siro)  è  di  sana  e  robusta  costituzione.  Nulla 
di  ereditario  si  nota  nella  sua  famiglia  e  non  ebbe  mai  a 
soffrire  malattia  di  qualche  entità.  Fino  dai  primi  anni  della 
fanciullezza  è  dedita  a  continui  e  faticosi  lavori  della  cam¬ 
pagna. 

Racconta  che  circa  undici  anni  addietro,  mentre  tro- 
vavasi  in  campagna,  le  fu  lanciato  contro  da  alcuni  con¬ 
tadini  un  piccolo  cane,  che  la  morsicò  alla  coscia  destra. 
Dalla  ferità  usci  molto  sangue  e  soltanto  24  ore  dopo  l’ac¬ 
caduto  la  ragazza  fu  condotta  dal  medico  del  paese  per 
V opportuna  medicazione,  e  guari,  siccome  essa  afferma, 
dopo  un  mese  di  cura.  Attualmente  si  riscontra  una  cica¬ 
trice  di  forma  rotondeggiante  nella  parte  più  alta  del  cavo 
popliteo. 

La  C.  confessa  che  tale  accidente  le  procurò  non  lievi 
disturbi  generali,  come:  debolezza  degli  arti,  mancanza  di 
appetito,  turbamenti  nervosi  gravi,  dimagramento  notevole; 
e,  se  dobbiamo  prestar  fede  alle  sue  parole,  non  riacquistò 
mai  più  la  primitiva  florida  salute. 

Da  un  anno  in  quà  il  pallore,  la  debolezza  generale  ed 
il  dimagramento  si  accentuarono,  mentre  ebbe  a  rilevare 
la  comparsa  di  una  piccola  tumefazione  rotondeggiante  alla 
regione  frontale  a  pochi  centimetri  dal  sopracciglio  sini¬ 
stro.  Per  quest’  ultimo  fatto  ricorse  al  medico  del  paese  , 
che  intervenne  asportando  una  ciste  a  contenuto  acquoso, 
e  ne  seguì  pronta  guarigione. 

Ma  crebbe  nella  malata  la  meraviglia  e  sorsero  gravi 
timori'  quando,  poco  tempo  dopo,  ebbe  a  verificare  la  pre- 


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senza  di  tumefazioni ,  consimili  a  quella  già  notata  sulla 
regione  frontale,  in  diverse  parti  del  corpo;  tanto  che  nel 
giugno  1896  fu  condotta  all’ Ambulanza  della  Clinica  chi¬ 
rurgica  operativa  per  essere  visitata. 

All’  esame  fatto  risultò  che  alla  superfìcie  esterna  del 
torace,  a  destra,  esistevano  tre  piccole  tumefazioni  roton¬ 
deggianti,  del  diametro  di  un  centimetro  a  uno  e  mezzo. 
Ivi  la  cute  era  integra  e  sollevabile  in  pieghe,  indolente,  spo¬ 
stabile  poco  o  punto  sulla  sottostante  musculatura ,  colla 
quale  i  tumoretti  mostravano  di  avere  intimi  rapporti.  Eser¬ 
citando  colla  palpazione  un  discreto  grado  di  pressione  , 
relevavasi  che  la  superfìcie  esterna  di  tali  noduli  era  liscia, 
ben  delimitata  coi  tessuti  circostanti  e  di  consistenza  no¬ 
tevole,  ma  non  tale  da  far  pensare  ad  un  corpo  al  tutto 
solido,  piuttosto  ad  una  ciste  contenente  del  liquido. 

Operazione,  —  Premessa  V  anestesia  locale  col  cloruro 
d’etile,  si  pratica  una  incisione  lineare  di  quattro  centi- 
metri  interessante  la  cute,  il  tessuto  sottocutaneo  e  l’apo¬ 
neurosi  di  rivestimento  dei  muscoli  grande  pettorale  e  grande 
dentato ,  che  corrispondono  ai  tre  tumoretti  sopra  descritti; 
i  quali  ad  evidenza  appariscono  sviluppati  nello  spessore 
dei  detti  muscoli.  Divaricate  quindi  con  uncini  le  labbra 
della  ferita  si  asportano  le  neoformazioni,  insieme  a  piccola 
porzione  di  tessuto  muscolare,  onde  non  alterare  in  nulla 
le  supposte  cisti.  Si  applicano  pochi  punti  di  sutura  in  seta, 
si  completa  la  medicazione,  e  si  ottiene  pronta  guarigione. 

Ma  le  cose  non  si  arrestarono  a  questo  punto,  imperocché 
nei  susseguenti  mesi  di  luglio,  agosto  e  settembre  la  C.  do¬ 
vette  venire  nuovamente  operata  per  altre  manifestazioni 
dell'istessa  indole  e  sviluppo.  Le  nuove  produzioni  eransi 
sviluppate,  sulla  superficie  esterna  del  torace  sinistro, 
sulla  superficie  esterna  della  coscia  destra ,  alla  regione 
anteriore  del  gomito  sinistro,  e  per  ultimo  al  margine 
interno  del  muscolo  sterno-cleido-mastoideo  destro ,  in 
corrispondenza  del  giugulo.  Sempre  la  neoformazione  con¬ 
sisteva  in  una  ciste  a  contenuto  acquoso  svoltasi  nello 
spessore  dei  muscoli,  é  così  furono  otto  le  cisti  sviluppate 
ed  operate  sulla  paziente  nello  spazio  di  pochi  mesi. 

Dall’epoca  dell’ultimo  atto  operativo  (settembre  1896)  fino 
a  tutto  il  mese  di  gennaio  scorso,  allorquando  si  ebbe  occa- 


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sione  di  rivedere  la  C. ,  non  comparvero  altre  tumefazioni 
cutanee,  nè  disturbi  da  ritenersi  in  rapporto  con  siffatte 
alterazioni;  il  che  porta  a  ritenere  che  l’inferma  se  ne  sia 
completamente  liberata. 

* 

* 

All’esame  macro  e  microscopico  della  cisti,  non  fu  dif¬ 
fìcile  riconoscere  la  natura  parassitarla  di  esse,  e  più  pre¬ 
cisamente  che  trattavasi  del  Cysticercus  cellulosae  a  sede 
muscolare. 

Questo  caso,  da  noi  ora  descritto,  non  manca  di  un  certo 
interesse,  perchè  dimostra  come  il  tempo  della  durata  del¬ 
l’infezione  cisticerchica  sia  stato  abbastanza  lungo.  Non  vo¬ 
gliamo  con  questo  ritenere  quale  causa,  l’accidente  della 
morsicatura  ricordata  nell’anamnesi,  giacché,  nota  l’ezio¬ 
logia  del  cisticerco,  la  morsicatura  nulla  ha  a  che  fare,  ma 
solo  considerando  il  periodo  di  tempo  intercorso  fra  la 
comparsa  della  prima  ciste  e  quella  che  fu  1’  ultima. 

Certamente  il  caso  non  ha  il  valore  che  presentarono 
quelli  di  vere  e  diffusissime  panicature ,  siccome  vennero 
registrati  dai  vari  autori  nostrali,  anche  non  ricorrendo 
agli  stranieri. 

Già  Mascagni  infatti,  come  riporta  il  Brera  (Mem.  l.a 
p.  153),  ebbe  a  riscontrare  cisticerchi  in  numero  prodigioso 
nei  muscoli  delle  braccia. 

11  Verga,  nel  1839,  col  nome  di  miolitiasi,  descriveva  un 
caso  di  diffusissima  panicatura  nell’  uomo,  che  più  tardi, 
a  proposito  di  altro  caso  consimile  (Gemelli),  dichiarava  in¬ 
vece  essere  stato  cagionato  da  cisticerchi.  Più  recentemente 
si  aggiunsero  altri  esempi  notevolissimi  fra  i  quali  quelli  del 
Battistini,  del  Bergonzini,  del  Gemelli,  del  Baistrocchi,  del 
De  Amicis,  del  Regnoli,  del  Gianmattei  e  del  Calderini. 
L’anno  scorso  il  Bovero  ne  illustrava  uno  non  meno  im¬ 
portante,  che  volle  trattare,  con  successo  incerto,  mediante 
la  semplice  puntura  ed  aspirazione  del  liquido  cistico. 

Per  altro  questi  casi  aumenterebbero,  e  non  di  poco, 
quando  si  aggiungessero  quelli  cosi  detti  a  sede  cutanea, 
i  quali,  con  ogni  probabilità,  se  fossero  stati  più  attenta¬ 
mente  osservati  sarebbero  stati  più  precisamente  riscontrati 


a  sede  muscolare  anch’essi.  Perciò  anche  i  cisticerchi  sot¬ 
tocutanei  e  sottoaponeurotici  debbono  entrare  nella  cate¬ 
goria  degli  intramuscolari,  il  che  sostengono,  fra  altri, 
Lewin  e  Sevestre  ;  i  quali  dichiarano  che  alla  autossia  di 
cadaveri  con  panicatura  dichiarata  sottocutanea,  riscon¬ 
trarono  come  tutte  le  cisti  risiedevano  nei  muscoli ,  per 
quanto  facessero  salienza  sotto  la  pelle. 

È  per  questo  che  convien  tener  calcolo  con  diligenza  di 
tutti  quegli  esempi,  di  cui  fu  possibile  accertare  la  sede 
del  parassita,  onde  poterne  in  seguito  ricavare  statistiche 
più  esatte  di  quelle  che  si  ebbero  fin  ora.  Ciò  indusse  noi 
a  far  nota  questa  breve  istoria  (x). 


Indicazioni  bibliografiche 
sul  Cistieerco  dei  muscoli  nell’Uomo 

Ampuonani  G.  C.  :  Cisticerchi  multipli  del  cervello  e  dei  muscoli.  La 
Salute,  Italia  med.,  anno  XVI,  sei*.  2.a,  p.  .85.  Genova,  1882. 

Anger  B.  :  Revue  photographicp  d.  Hópit.  de  Paris.  Bulletin  médical.  l.re 
année,  1869,  p.  105. 

Anon:  Extraordinary  developm.  of  Cysticerci  in  thè  human  body:  DubL 
méd.  Presse,  Jan.  13,  1864.  Gaz.  inéd.  de  Paris 

Baistrocchi  E.:  Un  caso  di  Cysticercus  cellulosae  hominis.  Rivista  clinica 
di  Bologna,  p.  414,  1881. 

Battistini  A.:  Sopra  un  caso  di  C.  cellulosae  hominis.  Gazz.  med.  di  Roma, 
anno  VI,  p.  193,  1878. 

Bekgonzini  C.:  Caso  di  cisticerchi  multipli  in  una  donna.  Lo  Spallanzani  (2), 
XII,  p.  316,  1883. 

Bonhomme  :  Observation  de  généralisation  de  cysticerques  cliez  riiomirie. 
Compt.  rend.  Soc.  Biol.  (3)  V,  p.  62,  1863. 

Bovero  R.  :  Cysticercus  cellulosae  dei  muscoli  superficiali.  Giorn.  R.  Accad. 
med.  Torino,  anno  58,  p.  656;  1895. 


(l)  Rendiamo  vive  grazie  al  Prof.  Azzio  Caselli,  Direttore  della  Clinica 
chirurgica  operatoria,  nell’ ambulanza  della  quale  si  potè  studiare  il  caso, 
e  che  ci  permise  di  farne  pubblico  cenno. 


Boyron  J.  :  Essai  sur  la  Ladrerie  chez  Thomnie,  compar.  à  cette  affection 
che/  le  Porc.  Thèse,  Paris  1876. 

Calderoni  G.  :  Cisticerchi  nei  muscoli  degli  arti  inferiori.  Rendic.  Isti t. 
ostetrico  di  Parma.,  1873-75. 

Dalton  -J.  C.  :  Case  of  Cysticercus  within  a  tumour  of  thè  scrotum.  Pro- 
ceed.  of  New-York  Path.  Soc.  -  New-York  Journ.  of  Med.  voi. 
Ili,  third  ser.  1857,  p.  57. 

De  Amicis  T.  :  Tre  nuovi  casi  di  Cysticercus  cellulosae  nella  cute  umana 
diagnosticati  sul  vivente.  Giorn.  interna/.,  della  scienza  med.  (è), 
VII,  p.  145,  1885. 

Dolbeau:  Bulletin  Soc.  Anat.,  2.e  sèrie,  Tom.  YI,  Paris,  1861. (reg.  frontale). 
Dressel  Joh.  :  Zur  statistik  dés  Cysticercus  cellulosae.  Inaugur.  Dissert.. 
Berlin,  1877. 

Duguet:  Ladrerie  chez  Thomme.  Bull.  Soc.  medicai,  d.  Hòpit.  (2),  XVII, 
pag.  68,  1880.  w 

Ferbek:  Wirckow’s  Archiv.,  XXXll,  p.  249,  1865. 

Féréol:  Ladrerie  généralisèe  chez  un  homme  ayant  rendu  un  Taenià.  Bul¬ 
letin  Soc.  mèdie,  des  Hòpit.  (2),  XVI,  p.  151,  1879. 

Fischer  C.  :  Berlin.  Wochenschrift.  n.  49,  1879  (in  ascesso  al  bicipite).. 
Fournier:  Cas  of  Cysticerci  in  a  boil  of  thè  neck:  Brit.  a.  For.  Med.  Rev. 

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Gemei. li  L. :  Storia  di  un  caso  di  cisticerchi  del  cervello,  del  cerveliétto, 
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Giacobini  C.  :  Sul  Cysticercus  cellulosae  e  sulla  Taenia  mediocanellata 
Giorn.  R.  Accad.  med.  di  Torino,  serie  3.a,  voi.  16,  p.  128,  1874 
Gianmattei  G.  :  Cisticerchi  multipli  del  cervello,  dei  muscoli  e  del  cuore. 

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Gillette  :  Nouveau  cas  de  Ladrerie  chez  lTiomme.  Union  mèdie.  (3),  Tom. 
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idem 


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Greifswald,  1B90. 

Guttmann  P.  :  Berlin.  Wochenschrift,  n.  26,  u.  39 ,  Berlin ,  1877,  id.  id. 
n.  19,  1879. 

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Lewin  G.  :  Char.  Annalen,  1877. 

Idem  Ueber  Cysticercns  cellulosae  und  sein  Vorkommen  in  der  Haut, 
(tradùz.  in  Gazz.  medica,  Prov.  Venete,  anno  23,  p.  3 1 4,  1880). 
Loeb  J.:  Ein  Fall,  von  multiplen  Cysticercns  cellulosae  der  Haut.  Dissertai. 

Strassburg  S.  A.  (1887)  (cita  44  casi). 

Lommer  Ed.:  Der  Cysticercns  in  Muskel  und  Unterkantzellgewebe.  Disser¬ 
tai.,  Jena,  1876. 

Merli  :  Suirautoinfezione  elmintica.  Il  Morgagni,  XVI,  p.  460,  1874. 
Mìlller:  Statistik  d.  Menschlisch.  Entozoen.  Dissertai.  Erlangen,  1874. 
Nicoladoni:  Wien.  medie.  Presse,  XIII.  1872. 

Onimus:  Cysticerques  chez  l’homme.  Gaz.  des  Hòpitaux,  XXX VII T,  p.  237, 
1865. 

Ordonnez:  Compt  rend.  d.  Soc.  de  Biologie,  3.a  serie,  Tom.  IV,  1862. 

P aron a  C.  :  L’ Elmintologia  italiana  dai  suoi  primi  tempi  ,  ecc.  ,  Genova  . 
1894  (indicaz.  storiche). 

Paulet:  Des  cysticerq.  chez  1’hòmme.  Gaz.  des  Hópit.  p.  257,  1865. 
Pellot  :  De  la  Ladrerie  chez  l’homme.  Thèse  de  Paris,  1880. 


8 


Perroncito  E.,  Della  panicatura  nell’  uomo  e  negli  animali.  Annali  R.  Ac- 
ead.  Agricoli,  Torino,  voi.  XV  e  XIX. 

Rathery:  Observation  dè  Ladrerie  chez  Thomme.  Bulletin  Soc.  mèdie,  d. 
Hópit.  (2),  XVII,  p.  62,  1880. 

Regnoli  C.  :  Due  casi  di  cisticerco  ladrico,  o  della  cellulosa.  Giorn.  Anat. 

fisiol.  patol.  anim.  dom.,  voi.  VI,  p.  19,  1872. 

Rendu  I.  :  Ladrerie  généralisée  chez  Thomme.  Lyon  médical,  XXV,  p.  474 
1877. 

Schutz  :  Cysticercus  in  Hirn  und  Muskeln  eines  epilept.  Irren  ;  Prag.  ined. 
Wochenschrift.  n.°  16,  1878. 

Schiff  E.  :  Ein  Fall  von  Cysticercus  celluloso. \e  cutaneus.  Vierteljahrschrift. 

f.  Dermatol.  u.  Svphil.  IX,  p.  275,  1879. 

Sevestre  A.:  Note  sur  un  cas  de  Ladrerie  chez  Thomme.  Union  médical  (3), 
XXXV,  p.  457,  1883. 

Stic ii  A.:  Ueber  das  Finnigsein  lebender  Menschen.  Charit.  Annalen,  1854. 
Troisier:  Un  cas  de  Ladrerie  chez  Thomme,  ecc.,  Bullet.  Soc.  mèdie,  d. 
Hópit.  (2),  XIX,  p.  206,  1882. 

idem  Contribution  à  Thistoire  de  la  Ladrerie  chez  Thomme.  ibid.  (2), 
XXII,  1885. 

Verga  A.:  Osservazione  di  Mio-litiasi.  Giorn.  Se.  med.  chirurg.  di  Pavia, 
n.  58,  1839;  Ann.  Univ.  di  Medie.,  p.  299,  1857. 

Weiss  N.  :  Anzeiger  d.  Wien.  Arztl.  Gesellsch.  n.  10,  188 1  (65  cistic.  nel 
connett,.  sottocot.). 

Werner  P.  C.:  Verm.  intestili,  brev.  Exposit.  (Contili.  II)  Lipsiae,  1786. 

Si  consultino  inoltre  i  principali  trattati  di  Elmintologia  e  di  Zoologia 
medica,  che  non  è  qui  il  caso  di  elencare,  perchè  a  tutti  noti. 


Genova ,  Tipografia  Cìminagoy  Vico  Mele ,  7.  1897. 


BOLLETTINO  Olii  IIISIÌI 

DI  ZOOLOGIA  L  ANATOMIA  COMPARATA 

DELLA  R.  UNIVERSITÀ  DI  GENOVA 

N.°  57.  1897. 


Ernesto  Setti 

Nuovi  elminti  dell’  Eritrea. 

(Tav.  Vili  e  IX). 

Ho  già  pubblicato  in  questi  Atti  alcune  note  sull’  elmin¬ 
tologia  deH’Eritrea  e  delle  regioni  limitrofe  (*),  ritorno  ora 
ben  volentieri  sullo  stesso  argomento,  potendovi  recare  un 
più  notevole  contributo  di  studi,  grazie  al  prezioso  mate¬ 
riale  avuto  in  comunicazione. 

Questo  materiale  venne  raccolto  dal  dott.  cav.  Vincenzo 
Ragazzi,  capitano  medico  della  R.  Marina,  durante  le  sue 
frequenti  escursioni  lungo  le  coste  o  nell’interno  della  no¬ 
stra  colonia  africana. 

Nelle  mie  precedenti  pubblicazioni  ebbi  già  più  volte  a 
nominare,  a  titolo  di  lode,  il  dott.  Ragazzi,  ed  ebbi  pure 
l’opportunità  di  esprimergli,  da  naturalista,  la  mia  massima 
considerazione,  dedicandogli  una  nuova  specie  (Taenia  [A- 
noplocephala]  Ragazzii).  Ma  in  questa  circostanza  sento 
ancora  il  dovere  di  riconfermargli  la  mia  stima  e  la  mia 
gratitudine,  nonché  di  additarlo  agli  studiosi  quale  bene¬ 
merito  contribuire  alla  illustrazione  di  un  importantissimo 
ramo  della  fauna  eritrea. 

Tuttavia  mi  è  qui  necessario  notare  che  il  nuovo  mate¬ 
riale  elmintologico  non  mi  è  stato  comunicato  che  per  via 
molto  indiretta,  essendo  stato  dapprima  indirizzato  al  Mu¬ 
seo  civico,  e  poi  passato  dal  direttore  di  tale  istituto,  prof. 
R.  Gestro,  al  direttore  del  Museo  universitario,  prof.  C.  Pa- 
rona,  dal  quale  ultimo  lo  ebbi  in  istudio. 


(f)  E.  Setti,  Sulle  tenie  delVHyrax  dello  Scioa.  Atti  della  Soc.  lig.  di 
Se.  nat.  e  geogr. ,  Voi.  II,  pag.  316-324;  Genova  1891. 

Io.  id.,  Elminti  dell'Eritreo v  e  delle  regioni  limitrofe .  Atti  citati,  Voi. 
IV,  pag.  3-21;  Genova  1893. 

In.  id.  ,  DipyUdium  Gemmisi  n.  s|>.  e  qualche  considerazione  sui  limiti 
specifici  dei  Cesto  di.  Atti  cit. ,  Voi.  VI.  pag.  99-106;  Genova,  1895. 


Devo  quindi  esprimere  i  sensi  del  mio  grato  animo  ai 
detti  professori,  e  ricordare  che  ebbi  inoltre  un  non  trascu¬ 
rabile  aiuto  per  la  compilazione  del  presente  lavoro,  nella 
ricca  biblioteca  che  il  prof.  Parona  mise  gentilmente  a  mia 
disposizione,  insieme  all’opportuno  materiale  di  confronto 
della  sua  ben  nota  collezione  di  elminti. 

TREMATOCI 

Otiotrema  torosum  n.  gen.  n.  sp. 

(Tav.  Vili,  fìg.  1-5) 

Nella  piccola  raccolta  elmintologica  che  mi  fu  data  in  istu- 
dio,  questa  nuova  forma  di  trematode  non  era  rappresen¬ 
tata,  disgraziatamente,  che  da  due  soli  esemplari.  Uno  di 
questi,  in  ottimo  stato  di  conservazione,  ho  dovuto  lasciare 
intatto  come  tipo  del  nuovo  genere,  l’altro,  alquanto  guasto 
per  aver  subito  uno  schiacciamento,  ho  incluso  e  ridotto  a 
sezioni. 

Dal  primo  ho  però  accuratamente  rilevate  tutte  le  este¬ 
riori  particolarità,  ed  ho  tratti  i  disegni  che  sono  riportati 
nelle  prime  tre  figure  della  tavola  qui  unita;  dal  secondo 
'  ho  invece  ottenuto  inadeguato  compenso  alle  mie  indagini  : 
della  parte  posteriore  del  verme,  già  naturalmente  di  forma 
assai  complicata,  e  in  quell’esemplare  anche  alterata  dallo 
schiacciamento,  non  potei  ricostruire  la  precisa  disposizione 
degli  organi  interni;  le  sezioni  della  parte  anteriore,  meno 
guasta ,  mi  hanno  permesso  di  rilevare  i  pochi  caratteri 
anatomici  che  più  sotto  indicherò,  e  di  delineare  le  figure 
4  e  5  della  tavola  citata. 

È  ben  difficile  descrivere  chiaramente  la  strana  forma 
del  verme,  che  tanto  si  scosta  da  tutte  quelle  finora  cono¬ 
sciute  nei  trematodi,  e  che  basta,  io  credo,  a  giustificare  la 
formazione  di  un  nuovo  genere ,  anche  prescindendo  dai 
caratteri  desunti  dalla  disposizione  degli  organi;  ma  le  fi¬ 
gure  1,  2,  3,  che  rispettivamente  rappresentano  l’animale, 
visto  dal  ventre,  dal  fianco  e  dal  dorso,  possono  darne  un’idea 
abbastanza  precisa. 

Il  corpo,  lungo  complessivamente  mm.  14,  raggiunge 


3 


nella  massima  larghezza  un  centimetro  circa,  e  nel  massimo 
spessore  mm.  7.  Può  considerarsi  diviso  in  due  parti  ben 
distinte  (v.  fìg.  2,  ab  e  bc).  Quella  anteriore  più  piccola  (ma 
in  lunghezza  quasi  uguale  alla  posteriore),  non  presenta 
notevoli  particolarità  di  configurazione:  soltanto  è  sensibil¬ 
mente  incurvata  sia  nel  senso  della  lunghezza  che  in  quello 
della  larghezza,  in  modo  da  apparire  concavo-convessa  (con 
la  concavità  alla  parte  ventrale);  ma  con  tutta  probabilità 
questo  fatto  è  specialmente  dovuto  all’  azione  prolungata 
dell’alcool.  L’estremità  ove  trovasi  la  ventosa  boccale  è  a 
superfìcie  ampia  ed  arrotondata  ;  del  resto  questa  parte  an¬ 
teriore  del  corpo  mostrasi  leggermente  appiattita,  benché 
lo  spessore  sia  sempre  rilevante  rispetto  alla  larghezza. 
Questa  è  in  media  di  mezzo  centimetro,  mentre  lo  spessore 
è  di  circa  4  millimetri  anteriormente  e  di  2  V2  posterior¬ 
mente,  ove  termina  la. prima  metà  del  corpo.  Infatti  le  sezioni 
trasversali  presso  l’ estremità  anteriore  sono  quasi  circolari 
(fìg.  4),  ma  quelle  più  in  basso  appaiono  col  diametro  dorso¬ 
ventrale  assai  minore  del  laterale  (fig.  5). 

Alla  base  di  qu  ista  porzione  del  corpo  trovasi,  nel  lato 
ventrale  ,  un  peduncolo  quasi  cilindrico  ,  di  -circa  2  milli¬ 
metri  in  diametro  e  di  poco  meno  di  3  in  lunghezza;  è  di¬ 
retto  obliquamente  in  avanti  come  appare  nella  fìg.  2,  e 
porta  alla  sua  estremità  la  ventosa  ventrale. 

La  parte  posteriore  del  corpo  è  assai  più  complicata  e 
difficile  ad  essere  descritta.  Quasi  si  direbbe  che  una  grande 
espansione  discoidale,  prolungantesi  verticalmente  alla  base 
del  peduncolo,  siasi  in  varii  sensi  ripiegata,  per  raccogliersi 
in  una  massa  piuttosto  globosa,  poco  più  lunga  della  parte 
anteriore  del  corpo,  ma  notevolmente  più  larga  e  più  spessa. 
Infatti  la  larghezza  e  lo  spessore  del  corpo  raggiungono  in 
questa  parte  le  massime  misure,  di  un  centimetro  circa,  e 
di  sette  millimetri  rispettivamente  Le  varie  ripiegature, 
mentre  vengono  a  costituire  delle  caratteristiche  orecchiette 
(fìg.  1,  2,  3),  le  quali  appunto  mi  hanno  suggerito  il  nome 
generico  del  nuovo  trematode,  danno  a  questo  l’aspetto 
molto  massiccio,  che  mi  ha  invece  suggerito  il  nome  spe¬ 
cifico.  La  disposizione  di  questa  parte  posteriore  del  verme, 
complicatissima,  ma  simmetrica  ed  identica  nei  due  esem¬ 
plari,  fa  escludere  il  dubbio  che  possa  essere  slata  prodotta 


unicamente  dall’azione  dell’alcool:  e  il  semplice  esame  delle 
citate  figure  è,  a  questo  riguardo,  più  che  persuasivo.  Tut¬ 
tavia  si  potrebbe  supporre  che  la  singolare  conformazione 
non  sia  permanente  néll’animale  vivo,  ma  dovuta  a  volon¬ 
tarie  contrazioni  muscolari.  In  altre  parole,  il  verme  po¬ 
trebbe  tenere  distesa  o  contratta  a  quel  modo  la  parte  po¬ 
steriore  del  corpo,  in  virtù  di  una  particolare  muscolatura. 
L’esame  delle  sezioni  posteriori,  in  cui  si  osservano,  come 
dirò  più  sotto,  propaggini  dei  vari  organi,  e  muscoli  svi¬ 
luppatissimi,  darebbe  a  tale  ipotesi  un  certo  valore.  Ad  ogni 
modo  la  questione  non  sarà  risolta  se  non  quando  potranno 
esaminarsi  altri  esemplari  41).  Tanto  la  ventosa  anteriore  o 
boccale,  quanto  la  ventrale  all’estremità  del  peduncolo,  hanno 
apertura  pressoché  circolare  e  del  diametro  poco  maggiore 
di  un  millimetro.  La  superficie  esteriore  del  corpo  è  com¬ 
pletamente  liscia  nella  parte  anteriore,  mentre  presenta 
nella  posteriore  delle  piccole  e  numerose  papille,  avvicinate 
le  une  alle  altre  e  ben  visibili  ad  occhio  nudo.  Nessun’altra 
notevole  particolarità  può  esteriormente  osservarsi. 

Riguardo  all’interna  organizzazione  ripeterò  ancora  che, 
avendo  avuto  disponibile  per  le  sezioni  un  solo  esemplare 
in  cattivissimo  stato,  non  mi  fu  possibile  nemmeno  una  ri¬ 
costituzione  approssimativa.  La  forma  del  corpo  molto  com¬ 
plessa,  come  sopra  ho  descritto,  rendeva  più  che  mai  ne¬ 
cessarie  le  sezioni  a  serie,  fatte  in  varii  sensi,  e  richiedeva 
quindi  l’ impiego  di  parecchi  esemplari. 

I  pochi  caratteri  che  ho  potuto  rilevare  sono  i  seguenti  : 
I  singoli  organi  mandano  delle  propaggini  per  le  varie 
orecchiette  della  parte  posteriore,  seguendone  in  certo  modo 
le  complicate  sinuosità. 

Alla  ventosa  boccale  segue  una  grossa  faringe  (fig.  5,  /*), 
e  poi  un  esofago  piuttosto  lungo,  al  quale  si  congiungono 
le  due  grandi  braccia  dell’intestino  (fig.  5,  i),  i  cui  rami 
si  spingono  notevolmente  all’ innanzi  e  all’  indietro  del  punto 
di  riunione.  Le  due  braccia  intestinali  hanno  decorso  al¬ 


pi  Ho  avuto  il  piacere  di  parlare  in  proposito  col  prof.  F.  S.  Monticelli, 
mostrandogli  preparati  e  disegni.  Egli  ha  sostenuto  per  l’appunto  l’ ipotesi 
sopraenunciata.  Il  prof.  Parona,  che  pure  esaminò  il  materiale,  ritiene  che 
si  tratti  di  una  conformazione  permanente,  caratteristica  della,  specie. 


quanto  sinuoso  :  in  buon  tratto  della  parte  posteriore  si 
osservano  ancora  nelle  sezioni,  ma  con  aspetto  molto  irre¬ 
golare,  sia  per  adattamento  alla  strana  forma  del  corpo  in 
questa  porzione ,  sia  anche  per  lo  schiacciamento  subito 
dall’esemplare  che  ho  esaminato. 

Non  avendo  potuto  fare  sezioni  a  serie  complete,  non  ho 
potuto  nemmeno  precisare  la  posizione  degli  sbocchi  ses¬ 
suali  ;  esternamente ,  per  quanto  si  osservi  con  attenzione, 
non  si  possono  vedere.  Credo  però  che  lo  sbocco  maschile 
sia  alla  base  della  ventosa  anteriore,  giacché  nelle  prime 
sezioni  si  vede,  sotto  la  ventosa  stessa,  una  cavità  rilevante, 
a  pareti  muscolose,  occupata  da  un  organo  che  è  scavato 
nel  mezzo,  e  che  io  non  saprei  altrimenti  interpretare  se 
non  come  il  pene  nella  relativa  tasca  (fìg.  4,  t.p.).  Tale  inter¬ 
pretazione  mi  è  anche  suggerita  dal  confronto  con  le  ligure 
corrispondenti,  date  da  altri  autori  per  altri  trematodi  (4). 

I  vitellogeni,  molto  sviluppati,  incominciano  ad  apparire 
a  pochi  millimetri  dalla  estremità  anteriore,  e  si  osservano 
ancora  per  un  buon  tratto  della  parte  posteriore  del  verme; 
si  presentano,  nelle  sezioni,  come  grosse  masse  brune,  di¬ 
sposte  lateralmente  in  due  serie,  nella  zona  più  superficiale 
del  parenchima  (fìg.  5,  g.v.). 

Nella  parte  posteriore  del  corpo,  e  molto  in  basso,  si  tro¬ 
vano  i  testicoli  e  l’ovario:  ma  le  sezioni  in  tal  punto  troppo 
incomplete  non  mi  hanno  permesso  di  delineare  precisa- 
mente  i  loro  caratteri  di  forma  e  di  disposizione. 

Questo  nuovo  trematode  va  compreso,  senza  dubbio,  nella 
famiglia  dei  distomidi  ;  ma,  a  mio  avviso,  non  è  possibile 
ascriverlo  ad  alcuno  dei  generi  già  stabiliti ,  a  meno  che 
si  voglia  dare  al  genere  Distomum  l’antica  diagnosi,  basata 
quasi  esclusivamente  sul  numero  delle  ventose.  Ma  poiché 
nelle  recenti  classificazioni  dei  distomidi,  dal  tipico  genere 
primitivo  se  ne  sono  separati  parecchi  nuovi  in  virtù  di  ca¬ 
ratteri  secondarii  (2),  io  credo  necessario  comprendere  anche 

(4)  F.  S.  Monticelli,  Studii  sui  trematodi  endoparassiti  (Monostomnm 
cymbium ,  Dies.).  Memorie  della  R.  Acc.  delle  Scienze,  serie  II,  tomo  42. 
(fìg.  10);  Torino,  1892. 

('2)  Si  può  discutere  tutto  al  più  se  a  molte  delle  Suddivisioni  dei  distomi 
occorra  dare  il  valore  di  generi  o  piuttosto  di  semplici  sottogeneri.  -  Vedi 


la  forma  sopra  descritta  in  un  genere  nuovo.  Ho  già  dato 
ragione  del  nome  sistematico  con  cui  lo  distinguo. 

I  due  esemplari  vennero  trovati  dal  dott.  Vincenzo  Ra¬ 
gazzi,  nell’ intestino  di  uno  squalo  (sp.  ?),  preso  nelle  acque 
di  Massaua  nell’  aprile  del  1892. 

I  pochi  trematodi  endoparassiti  finora  rinvenuti  negli 
squali  sono  troppo  diversi  dall’  Otriotrema  torosum ,  per 
richiedere  qui  un  esame  comparativo. 

Distomum  (Polyorchis)  Ragazzo,  n.  sp. 

(Tav.  Vili,  fig.  6-7). 

Anche  di  questo  distoma  furono  trovati  due  soli  esemplari 
nell’intestino  del  medesimo  squalo  che  ospitava  VOtiotremq 
torosum . 

I  due  esemplari  non  differiscono  l’uno  dall’altro  che  per 
le  dimensioni  assolute.  Uno  è  lungo  mm.  7  ed  ha  la  mas¬ 
sima  larghezza  di  mm.  1,6:  l’altro  misura  rispettivamente 
mm.  5,7  e  mm.  1,1.  Le  misure  relative  delle  varie  parti 
sono  perfettamente  proporzionali  a  quelle  assolute.  11  corpo 
di  questo  distoma,  inerme,  molto  appiattito  ed  allungato , 
appare  spiccatamente  diviso  in  due  porzioni  di  lunghezza 
pressoché  identica  :  una  anteriore  ristretta  a  guisa  di  un 
lungo  collo,  l’altra  posteriore  allargata,  ellittica,  con  le  estre¬ 
mità  leggermente  acuminate  (fig.  6). 

La  ventosa  boccale,  semiglobosa,  occupa  tutta  la  larghezza 
del  collo,  alla  cui  estremità  anteriore  è  collocata,  e  si  apre 
superiormente  con  una  bocca  quasi  circolare.  La  ventosa 
ventrale,  sessile  ma  molto  sporgente,  è  situata  alla  base 
del  collo,  e  quindi  verso  la  metà  del  diametro  longitudi¬ 
nale  del  corpo  ;  è  pure  semiglobosa,  assai  più  grande  della 
boccale,  e  con  un’apertura  oblunga,  ossia  col  diametro  an- 
tero-poste riore  assai  più  lungo  del  trasversale. 

Siccome  il  corpo  del  verme  è  molto  appiattito  e  sottile, 
si  possono  scorgere  per  trasparenza  gli  organi  interni,  me¬ 
diante  i  più  semplici  trattamenti  per  la  chiarificazione. 


per  questo  M.  Braun,  Wurmer.  ( Tremdtoden) ,  p.  885-895.  Brorm’s  Klassen 
und  0 rei n imperi  dee  Thier-Reichs;  Leipzig  u.  Heidelberg,  1879-1893. 


7 


Alla  ventosa  anteriore  segue  un  bulbo  faringeo  ellissoi¬ 
dale,  piuttosto  grosso  (fig.  6  /'),  e  eia  questo  si  staccano 
direttamente  le  due  braccia  intestinali  (£),  mancando  quindi 
ogni  traccia  di  esofago.  Le  due  braccia  si  dirigono  per 
breve  tratto  verso  i  margini  del  corpo,  poi  piegano  in 
basso ,  e  mantenendosi  poco  distanti  dai  margini  stessi ,  si 
prolungano  con  decorso  sinuoso  fino  alla  ventosa  ventrale  ; 
al  di  là  di  questa  non  è  più  possibile  distinguerli  perchè 
l’utero  pieno  di  uova,  con  le  sue  numerose  circonvoluzioni 
occupa  quasi  totalmente  la  parte  posteriore  del  corpo. 

Sono  sopratutto  notevoli  i  peculiari  caratteri  dell’  appa¬ 
rato  riproduttore.  Degli  organi  maschili  non  ho  potuto  ve¬ 
dere  che  i  testicoli,  collocati  nell’  ultimo  quinto  del  corpo. 
Sono  masse  discretamente  grosse,  di  forma  irregolare,  col 
diametro  maggiore  nel  senso  della  larghezza  del  verme 
(fìg.  6-7  t).  Non  mi  è  possibile  precisarne  assolutamente  il 
numero,  perchè  i  loro  contorni  appaiono  confusi  fra  le  anse 
uterine;  posso  però  affermare  che  sono  cinque  o  sei  all’in- 
circa,  disposti  in  due  serie  longitudinali  parallele,  non  tanto 
regolarmente,  ma  del  resto  allo  stesso  modo  con  cui  si  pre¬ 
sentano  nel  Distomum  polyorchis  Stossich  f1). 

Meno  incompletamente  si  delinea  per  trasparenza  l’appa¬ 
rato  femminile.  L’  utero  lunghissimo  e  di  calibro  piuttosto 
grande  occupa  tutta  la  parte  posteriore  del  corpo,  dispo¬ 
nendosi  in  modo  molto  caratteristico.  Le  anse  numerose,  sti¬ 
pate,  non  solo  percorrono  tutta  la  larghezza  del  corpo  verso 
la  faccia  dorsale,  ma  sui  due  lati  piegano  in  basso,  inoltran¬ 
dosi  alquanto  anche  verso  la  faccia  ventrale.  La  figura  7 
mostra  evidente  questa  disposizione  (u). 

Nelle  ultime  anse,  presso  la  ventosa  posteriore,  il  canale 
uterino  va  ingrossandosi  notevolmente,  perchè  tutto  pieno 
di  uova  mature;  poi  si  continua  verso  la  parte  anteriore 
del  corpo  in  un  tratto  longitudinale  quasi  rettilineo,  pure 
di  grosso  calibro  e  pieno  di  uova;  termina  finalmente  con 
un  piccolo  e  breve  ovidotto  esterno  (od.es),  che  si  apre  poco 
al  disotto  della  ventosa  boccale. 

Le  uova  mature  sono  vivacemente  colorite  in  giallo-bru- (*) 


(*)  M;  Stossich,  Brani  di  elmintologia  tergestina ,  Serie  VI;  in  Bollett. 
Soc.  Adriat.  di  Scienze  nat.,  Voi.  XI;  Trieste,  1889  (pag.  2,  fìg.  61). 


8 


nastro,  ma  coi  loro  ammassi  danno  all’utero  un  colore  bruno 
carico;  generalmente  sono  ellissoidali,  e,  a  piena  matu- 
ranza,  munite  di  opercolo.  1  vitellogeni,  a  piccoli  e  nume¬ 
rosi  acini  rotondi  [g.v.),  si  trovano  nella  parte  anteriore  del 
corpo,  verso  i  margini,  cioè  intorno  alle  braccia  intestinali, 
e  in  tutto  il  tratto  compreso  tra  le  due  ventose. 

Avendomi  dovuto  limitare  al  semplice  esame  per  traspa¬ 
renza,  non  ho  potuto  distinguere  con  certezza  altri  parti¬ 
colari  degli  organi  interni.  Dirò  soltanto  che  nella  parte 
terminale  del  corpo,  al  di  sotto  dei  testicoli,  si  mostrano 
confusamente,  tra  le  anse  uterine,  delle  piccole  masse  di 
colore  brunastro  e  di  aspetto  glandulare,  che  potrebbero 
interpretarsi  come  lobi  dell’  ovario  [ov  ?). 

Nel  seguente  prospetto  do  le  misure  più  importanti,  cal¬ 
colate  sull’esemplare  maggiore. 


Lunghezza  complessiva . mm.  7. 

»  parte  anteriore,  sopra  la  ventosa  ventrale ....  »  3.2 

»  »  posteriore . »  3.8 

Larghezza  media  parte  anteriore . »  0.67 

»  massima  »  posteriore . »  1,6 

Ventosa  boccale,  diametro  massimo  esterno  .......  »  0.45 

»  »  apertura . .  »  0.25 

Ventosa  ventrale,  diametro  massimo  esterno . »  0.75 

)  lunga . »  0.40 

»  »  apertura  J  ,arga . »  0  20 

Diametro  massimo  (longitud.)  bulbo  faringeo . »  0.23 

»  medio  braccia  intestinali . »  0.06 

Larghezza  massima  testicoli . »  0.30 

Lunghezza  »  »  »  0.17 

Larghezza  media  anse  uterine  (eccetto  le  ultime  più  grosse)  .  »  0.10 

(  lunghezza . »  0.038 

Uova  mature,  in  media|  larghezl!a . »-  0.0g9 


Fra  tutti  i  distomi  dei  pesci,  soltanto  il  D.  polyorchis 
Stoss.  ha  qualche  affinità  con  la  specie  ora  descritta,  pre¬ 
sentando  esso  pure  i  testicoli  in  due  serie  longitudinali  nel 
mezzo  del  corpo;  ma  se  ne  scosta  tuttavia  per  avere  tali 
organi  in  numero  di  24,  per  la  diversa  disposizione  degli 
altri  apparati,  per  la  presenza  di  aculei  sul  tegumento,  per 
la  forma  generale  esteriore  (confronta  citato  disegno  dello 
S  tossich). 

Nella  vescica  urinaria  di  molti  anfibi  vive,  come  è  noto, 


9 


un  altro  distoma  del  gruppo  Polyorchis,  cioè  il  B.  cygnoìdes 
Zeder;  e  questo  si  avvicina  alla  nuova  specie  eritrea  assai 
più  che  non  il  D.  polyorchis .  Infatti  il  B.  cygnoìdes  a- 
vrebbe,  secondo  lo  Stossich  (*)  (pag.  1),  nove  testicoli  or¬ 
dinati  in  due  serie  ;  i  vitellogeni  racemosi ,  anteriori  ; 
l’ovario  lobato;  la  ventosa  prominente  e  più  grande  della 
bocca;  il  corpo  inerme,  allungato,  depresso.  Secondo  il 
Dujardin  (2)  (pag.  396)  avrebbe  inoltre  una  specie  di  collo 
della  lunghezza  di  un  millimetro. 

Tuttavia,  osservando  i  disegni  del  B.  cygnoìdes  dati  da 
altri  autori,  e  sopratutto  gli  esemplari  della  specie,  esistenti 
nella  collezione  del  prof.  Parona,  mi  sono  facilmente  per¬ 
suaso  che  non  è  possibile  confondere  tale  specie  con  quella 
che  qui  ho  descritto.  La  forma  del  corpo  nell’estremità  poste¬ 
riore,  la  lunghezza  del  collo,  i  caratteri  dell’intestino  e  del¬ 
l’utero  sono  più  che  sufficienti  a  distinguerle.  Io  mi  ac¬ 
contento  di  indicare,  per  il  confronto,  il  disegno  in  grande 
dato  dal  Pagenstecher  (3).  Del  resto,  la  differenza  tanto  rile¬ 
vante  nelle  condizioni  ecologiche  delle  due  specie  renderebbe 
quasi  superfluo  il  confronto,  anche  se  le  descrizioni  del  B. 
cygnoìdes  potessero  far  sorgere  qualche  dubbio  riguardo 
alla  distinzione  delle  specie  medesime. 

Accertata  la  validità  della  nuova  specie,  resta  a  deter¬ 
minarsi  la  sua  precisa  posizione  sistematica  fra  il  gruppo 
dei  distomi.  Per  chi  accetta,  come  fa  il  Braun  (loc.  cit. 
pag.  910),  l’antica  suddivisione  proposta  dal  Dujardin  (loc. 
cit.  pag.  388),  la  nuova  specie  si  deve  comprendere  certa¬ 
mente  nel  sottogenere  Brachylaimus ,  avendo  intestino  senza 
ramificazioni  e  senza  esofago.  Ma  io  credo  che  i  pochi  di¬ 
stomi  compresi  dallo  Stossich  nel  genere  Polyorchis,  (4) 


(*)  M.  Stossich,  I  distomi  degli  anfibi.  Boll,  della  Soc.  adriat.  Se.  nat. 
Voi.  XI,  Trieste,  1889. 

(*)'  F.  Dujardin  ,  Histoire  naturelle  des  Helminthes.  Paris,  1845. 

(3)  A.  Pagenstecher  ,  Trematodenlarven  und  Trematoden.  Heidelberg, 
1857.  (Tav.  VI,  fig.  1). 

(4)  D.  polyorchis  Stossich  ( Corvina  nigra)  ;  I).  cygnoìdes  Zeder  ( Hyla . 
Rama,  Salamandra ,  varie  specie);  I).  formosum  Sonsino  ( Grus  cinerea). 
Vedi  :  M.  Stossich,  loc.  cit.  (Brani  VI,  pag.  2).  —  Id.  id..  Appendice  ai  di¬ 
stomi  dei  pesci  marini  e  diacqua  dolce.  Programma  Ginnasio  comunale 
superiore  di  Trieste,  anno  25.°,  pag.  7:  Trieste  1888.  —  Id.  id.,  loc.  cit. 
( Disi,  anfibi,  pag.  1).  —  Id.  id.,  I  distomi  degli  uccelli.  Boll.  Soc.  adriat. 
se.  nat.  Voi.  XIII.  pag.  1;  Trieste,  1892. 


10 


per  il  carattere  importantissimo  di  avere  i  testicoli  in  nu¬ 
mero  maggiore  di  due,  debbano  in  realtà  venire  collocati 
in  un  gruppo  distinto,  da  considerarsi  però  come  un  sottoge¬ 
nere,  precisamente  come  ammette  il  Railliet  nella  nuova 
edizione  del  suo  trattato  (*)  (pag.  341).  E  ini  sembra  che  il 
grado  di  sottogenere  sia  più  proprio  che  non  quello  di  ge¬ 
nere,  perchè  all’  infuori  dell’  importante  carattere  dei  testi¬ 
coli  numerosi,  le  poche  forme  del  gruppo  non  hanno  altra 
speciale  particolarità  in  comune. 

Dedico  la  nuova  specie  al  prelodato  dottor  Ragazzi  che 
la  raccolse  a  Massaua,  e  la  denomino  adunque  Distomum 
(Polyorchis)  Ragazzii. 

Distomum  n.  sp.  ? 

(Tav.  Vili,  fig.  8). 

Non  posso  assegnare  ad  alcuna  delle  specie  già  note  due 
esemplari  di  un  distoma,  trovati  dal  dottor  Ragazzi  a  Mas¬ 
saua,  nell’intestino  di  un  Pelecanus  onocrotalus  Linn. 
(Gennaio,  1893). 

Particolarmente  fra  i  distomi  degli  uccelli  nuotatori  non 
ve  n’è  alcuno  che  abbia  qualche  rilevante  affinità  con  questi 
due  della  collezione  Ragazzi.  Solo  estendendo  l’esame  ai 
distomi  di  altri  ordini  d’uccelli,  si  possono  riscontrare  delle 
specie  i  cui  caratteri,  esternamente  almeno,  non  si  scostano 
di  molto  da  quelli  degli  esemplari  suddetti.  E  voglio  accen¬ 
nare  al  D.  heterostomum  Rud.  ed  alle  due  specie  affini , 
se  non  sinonime ,  cioè  al  D.  hians  Rud.  e  al  B.  compla- 
natum  Rud. ,  tutti  parassiti  dei  trampolieri.  Ma,  come  ora 
dimostrerò,  anche  per  queste  specie,  il  confronto  può  sol¬ 
tanto  portare  ad  un  avvicinamento,  e  non  già  ad  una  si¬ 
cura  identificazione. 

Il  nuovo  distoma  del  Pelecanus  onocrotalus  ha  il  corpo 
appiattito,  ma  tuttavia  con  ispessore  notevole,  di  forma  sub- 
ellittica,  prolungato  anteriormente  in  una  specie  di  collo, 


(l)  A.  Railliet,  Traiti,  de  zoologie  medicale  et  agricole.  2.®  Editimi;  Paris, 
1895. 


11 


la  cui  larghezza  basale,  pari  alla  lunghezza,  è  V4  all’incirca 
del  diametro  longitudinale  dell’intero  corpo,  mentre  all’apice 
è  sensibilmente  più  ristretto  (fìg.  8). 

Le  dimensioni  assolute  variano  alquanto  nei  due  esem¬ 
plari,  giacché  uno  è  lungo  mm.  9  e  largo  al  massimo  mm. 
4,5,  l’altro  invece  è  lungo  mm.  7  e  largo  mm.  4. 

Il  corpo  non  è  piano,  ma  spiccatamente  concavo-convesso 
con  la  concavità  dal  lato  ventrale.  Questa  conformazione, 
assai  più  evidente  nell’esemplare  maggiore,  è  forse  in  parte 
dovuta  all'azione  dell’alcool,  che  deve  pure  aver  cagionato 
il  cupo  colore  bruno-verdastro  che  ora  si  osserva  negli 
esemplari,  nonché,  probabilmente,  le  forti  striature  trasver¬ 
sali  che  si  trovano  nel  tegumento.  La  ventosa  anteriore  è 
assolutamente  apicale,  con  apertura  ellittica,  allungata  nel 
senso  della  larghezza  del  verme  ;  la  posteriore  trovasi  alla 
base  del  collo,  cioè  a  breve  distanza  dalla  prima,  ed  ha  in¬ 
vece  un’apertura  perfettamente  triangolare.  Il  diametro  delle 
due  ventose  non  appare  molto  diverso;  quello  della  boccale, 
alquanto  maggiore,  sorpassa  appena  i  due  millimetri. 

Esternamente  non  ho  notato  altre  particolarità,  e  quanto 
ai  caratteri  interni,  mi  è  stato  impossibile  qualsiasi  osser¬ 
vazione  ,  avendo  troppo  poco  materiale  per  sacrificarlo  al 
microtomo ,  ed  essendo  troppo  completa  1’  opacità  dei  due 
esemplari. 

Il  semplice  esame  esteriore  è  più  che  sufficiente  a  far 
distinguere  con  certezza  questi  distomi  da  tutti  gli  altri 
congeneri  finora  trovati  nei  palmipedi;  ma  confrontandoli, 
,come  già  ho  detto,  con  i  distomi  parassiti  di  altri  uccelli, 
possono  essere  avvicinati  ad  alcune  specie,  per  la  comu¬ 
nanza  di  qualche  notevole  carattere. 

Il  I).  heterostomum  Rud. ,  parassita  delle  ardee ,  è  la 
specie  che,  nel  complesso  dei  caratteri  esterni,  si  assomiglia 
più  di  ogni  altra  a  quella  ora  descritta;  e  la  somiglianza 
appare  sopratutto  evidente  se  si  confronta  il  disegno  che 
io  dò  nella  fìg.  8  per  il  nuovo  distoma  del  Pelecanus  ono- 
crotalus,  con  quello  dato  dal  Linstow  (*)  per  il  D.  hetero- 
slomum  àfìWArdeà  nycticorax. 

(>)  O.  von  Linstow  ,  N ematodi ,  Acantocefali  e  Trematoci  raccolti  dal 
prof.  Fedtsckenko  nel  Turkestan  ;  Boll,  della  Soc.  di  Etnogr.  Antropol.,  ecc.  ; 
Tomo  XXX IV.  fase.  2.°.  Mosca  1886  (in  russo),  fìg.  49,  p.  30. 


12 


Ma  se  invece  si  confrontano  le  rispettive  descrizioni,  si 
trovano  delle  divergenze  troppo  rilevanti  per  poter  soste¬ 
nere  la  identificazione  delle  dne  specie,  come  pare  si  trova 
che  il  disegno  del  Linstow  non  è  in  giusto  rapporto  con  la 
diagnosi  corrispondente  dello  stesso  autore.  Infatti,  mentre 
in  questa  diagnosi  è  data  la  lunghezza  di  mm.  5,  e  la 
larghezza  di  mm.  1,5,  per  modo  che  le  dimensioni  stanno  tra 
loro  quasi  come  3  1/2  ad  1,  nella  figura  invece  il  rapporto 
non  è  che  di  2  a  1.  E  ne  risulta  che  la  figura  disegnata 
non  corrisponde  nella  forma  a  quella  del  modello  naturale. 

Esaminando  poi  le  diagnosi  del  D.  lieterost omum  date 
dal  Rudolphi  f1)  [(a)  II,  p.  381  e  (b)  p.  102  e  388],  dal  Du- 
jardin  (2)  [p.  400],  dal  Diesing  (3)  [I,  p.  353],  dallo  Stossich  (4) 
[p.  17],  si  trova  per  alcuni  caratteri  una  maggiore  affinità 
tra  le  due  specie  in  discorso ,  ma  per  altri  una  maggiore 
divergenza  che  non  nella  diagnosi  del  Linstow. 

Le  massime  dimensioni,  che  sono  portate  a  mm.  6,85  in 
lunghezza  (Stossich)  e  a  mm.  2,25  in  larghezza  (Dujardin), 
le  striature  trasversali  alla  superficie  del  corpo,  il  prolun¬ 
gamento  anteriore  a  guisa  di  collo,  sono  tutti  caratteri  che 
potrebbero  condurre  airavvicinamento  delle  due  specie;  ma 
per  contro,  la  posizione  della  ventosa  anteriore,  al  lato  ven- 
trale,  e  alquanto  all’indietro  anziché  all’apice  del  collo,  la 
forma  triangolare  della  sua  apertura,  la  contiguità  con  la 
ventosa  ventrale,  la  forma  oblunga  di  questa,  sono  carat¬ 
teri  che  fanno  meglio  distinguere  il  D.  heterostornum  Rud., 
dal  nuovo  distoma  del  Pelecanus  onocrotalus. 

Si  deve  inoltre  notare  che  anche  le  massime  dimensioni 
assegnate  al  D.  heterostornum  sono  notevolmente  minori 
di  quelle  raggiunte  dai  distomi  sopra  descritti.  D’altra  parte 
la  forma  concavo-convessa  di  questi,  lo  spessore  rilevante, 
l’ospite  e  la  regione  da  cui  provengono,  danno  altri  argo¬ 
menti  non  trascurabili  per  formare  una  nuova  specie. 


(l  a  —  C.  A.  Rudolphi,  Entozoornm  bistorta  nakuralis.  Amstelaedami, 
1808-1810. 

h  —  1d.  id.,  Entoz.  synopsis.  Berolini,  1819. 

(2)  F.  Dujardin,  Histoire  naturelle  des  helminthes.  Paris,  1845. 

(5)  C.  M.  Diesino,  Sgstema  helminthum.  Vindobouae,  1850-51. 

(4)  M.  Stossich,  I  distomi  degli  uccelli.  Bollati  Soc.  adriat,  di  Scienze 
natur.,  voi.  XIII.  P.  II.  Trieste,  1892. 


i 


Il  D.  hians  Rud.  e  il  1).  complanatum  Rud.  (!)  anche 
parassiti  delle  ardee,  e  ritenuti  dal  Dujardin  [op.  cit.  p.  399] 
identificabili  al  I).  heterostomum,  hanno  pure  una  certa  af¬ 
finità  col  distoma  del  Pelecanus  onocrotalus. 

Il  I).  hians  gli  si  avvicina  specialmente  per  le  dimensioni 
complessive  (lunghezza  fino  a  mm.  13,5,  larghezza  fino  a  3,5); 
ma  se  ne  differenzia  per  il  posto,  la  grandezza,  la  forma 
delle  ventose  (v.  diagnosi  del  Dujardin  Rav.  cit.  p.  399]  e 
del  Diesing  [lav.  cit,  I,  p.  337]). 

11  D.  com'planatum  è  meno  dissimile  per  i  caratteri  delle 
ventose,  ma  si  scosta  di  molto  per  le  dimensioni  (Dujardin, 
p.  399-400;  Diesing,  p.  338). 

Dirò  dunque,  concludendo,  che  io  ritengo  il  distoma  del 
Pelecanus  onocrotalus ,  come  di  specie  distinta  da  quelle 
parassite  delle  ardee;  ma  non  potendo  fare  i  confronti  che 
sopra  i  caratteri  esterni,  e  non  trovando  ben  precisate  finora 
le  diagnosi  delle  specie  suddette,  credo  conveniente  lasciare 
nella  determinazione  il  segno  dubitativo. 


CESTODI 

Taenia  Brauni  n.  sp. 

(Tav.  Vili,  fìg.  9-14). 

Si  tratta  di  una  ventina  di  esemplari  raccolti  nell’  intestino 
di  un  cane  a  Ghinda  nel  settembre  del  1892. 

Sono  quasi  tutti  completi  e  ben  conservati;  lunghi  in  me¬ 
dia  da  15  a  18  centimetri,  larghi  al  massimo  mm.  6,  e  di 
spessore  piuttosto  rilevante. 

Lo  scolice,  leggermente  appiattito  nel  senso  dorso-ven- 
trale,  è  del  diametro  massimo  di  un  millimetro  o  poco  più. 
Non  si  può  distinguere  una  porzione  da  considerarsi  come 
collo,  perchè  la  parte  posteriore  dello  scolice  è  larga  quanto 
l’anteriore,  e  si  continua  insensibilmente  con  le  prime  pro- 


P)  Lo  Stossich  [lav.  ult.  cit.,  p.  18]  pone  in  sinonimia  il  D.  hians  e  il 
D.  complanatum ,  ma  considera  come  specie  distinta  il  D.  heterostomum 


14 


glottidi ,  che  sono  già  bene  evidenti  a  2  millimetri  dall’  e- 
stremità  anteriore  del  verme  ,  essendo  lunghe  min.  0,1  e 
larghe  mm.  1,3  all’ incirca  (tav.  Vili,  fìg.  9). 

Le  proglottidi  successive  vanno  crescendo  abbastanza  re¬ 
golarmente  in  lunghezza  e  larghezza  quasi  fino  alla  metà 
dello  strobilio,  dove  sono  larghe  mm.  6  e  lunghe  mm.  1,5 
in  media;  in  seguito  la  larghezza  delle  proglottidi  resta 
per  buon  tratto  quasi  costante,  e  la  lunghezza  cresce,  ma 
appena  sensibilmente,  finché  nell’  ultimo  quarto  dello  stro¬ 
bilio  si  fanno  assai  più  strette  e  più  lunghe,  giungendo  fino 
a  5  o  6  millimetri  di  lunghezza  sopra  3,5  di  larghezza. 

Queste  proporzioni  di  misure,  quasi  identiche  in  tutti  gli 
esemplari,  sono  precisamente  rilevate  nelle  figure  12  e  13, 
che  rappresentano  frammenti  di  un  esemplare  tipico  del 
verme  a  grandezza  naturale. 

Lo  scolice  è  di  forma  molto  regolare  (fìg.  9)  ;  non  pre¬ 
senta  un  vero  rostrello  all’estremità  anteriore,  ma  una 
doppia  corona  di  uncini  di  mediocre  lunghezza ,  di  forma 
comune,  e  disposti,  come  al  solito,  in  due  serie  alterne  di 
grandi  e  di  piccoli,  in  modo  che  questi  ultimi,  verso  1’  e- 
sterno  della  corona,  terminano  allo  stesso  livello  degli  altri. 
1  grandi  sono  lunghi  solitamente  da  mm.  0,130  a  0,140,  ma 
in  certi  esemplari  mm.  0,095-0,100  soltanto;  i  piccoli  gene¬ 
ralmente  mm.  0,085-0,090,  ma  in  alcuni  casi  mm.  0,070-0,075. 

Il  numero  è  costante  in  tutti  gli  esemplari  :  cioè  sono  30 
complessivamente,  15  grandi  e  15  piccoli.  È  difficile  definire 
in  modo  preciso  la  loro  forma  reale,  perchè  non  si  possono 
vedere  che  per  proiezione  ;  dirò  tuttavia  che  la  loro  guardia 
non  è  bifida,  ma  che  presenta  talora  una  traccia  di  bipar¬ 
tizione  appena  accennata  (fìg.  10  e  11). 

La  differenza  di  forma  tra  i  grandi  ed  i  piccoli  consiste 
principalmente  nella  riduzione  del  manico  e  nella  maggiore 
curvatura  della  lama  in  questi  ultimi. 

Le  ventose  sono  tondeggianti  e  piuttosto  piccole,  non  mi¬ 
surando  nel  massimo  diametro  che  mm.  0,30  all’  incirca. 
Le  proglottidi  non  sono  trapezoidali  come  nella  maggior 
parte  delle  tenie  affini  (T.  serrata  Goeze,  T.  marginata 
Batsch,  e  T.  coenurus  Ivuchm.,  ecc.),  ma  rettangolari  anche 
nel  primo  tratto  dello  strobilio,  e  questo,  in  conseguenza, 
non  appare  seghettato  sui  margini. 


15 


Già  ad  un  terzo  o  anche  ad  un  quarto  della  lunghezza 
totale  dello  strobilio,  incominciano  ad  apparire  sui  margini 
delle  proglottidi ,  con  irregolare  alternanza ,  le  papille  in 
mezzo  alle  quali  si  trova  lo  sbocco  degli  apparecchi  ripro¬ 
duttori  (fìg.  12  e  13).  Queste  papille,  molto  sporgenti  sopra¬ 
tutto  nelle  proglottidi  centrali  e  posteriori,  sono  di  solito 
alquanto  più  in  basso  della  linea  trasversale  mediana  delle 
singole  proglottidi,  e  si  scorgono  talora  per  tre  o  quattro 
segmenti  consecutivi  in  uno  dei  margini  dello  strobilio,  e 
poi  per  altrettanti  nell’altro. 

Lo  spessore  notevole  del  verme  e  l’abbondanza  dei  cor¬ 
puscoli  calcari,  relativamente  grossi,  sparsi  negli  strati  su¬ 
perficiali  del  parenchima,  rendono  poco  efficace  l’esame  per 
trasparenza.  Tuttavia,  se  si  comprimono  tra  due  vetrini  le 
ultime  proglottidi  ben  mature ,  si  possono  scorgere  fàcil¬ 
mente  le  ramificazioni  dell’utero,  che  sono  numerose,  minute, 
e  perpendicolari  al  tronco  mediano  longitudinale ,  come 
quelle  della  Taenia  coenurus  (v.  Leuckart,  pag.  720,  fìg. 
308  c)  (*). 

L’esame  di  parecchie  sezioni,  praticate  su  frammenti  di 
varii  esemplari,  mi  ha  mostrato  che  la  tasca  del  pene  e  la 
vagina  sboccano  quasi  nello  stesso  punto,  alla  base  delle 
papille  marginali,  in  una  specie  di  cloaca  con  ampia  aper¬ 
tura  (fìg.  14). 

La  vagina  ha  un  decorso  quasi  rettilineo  e  perpendicolare 
al  margine  della  proglottide  ;  la  tasca  del  pene,  normale  di 
forma  e  di  grandezza,  le  sta  immediatamente  al  di  sopra, 
verso  la  parte  anteriore  del  verme. 

I  due  grossi  vasi  longitudinali  del  sistema  escretore  hanno 
decorso  lievemente  sinuoso,  e  distano  in  media  mm.  0.5-0.7 
dal  rispettivo  margine  dello  strobilio.  Le  ramificazioni  ute¬ 
rine  non  oltrepassano  lo  spazio  della  proglottide  compreso 
in  larghezza  tra  i  detti  canali  escretori. 

Gli  embriofori,  contenuti  nell’utero  in  gran  numero, 
sono  tondeggianti  e  del  diametro  medio  di  mm.  0.035-0.038. 

Confrontata  la  tenia  ora  descritta  con  le  altre  già  note 


(*)  R.  Leuckart,  Die  Parasiten  des  Menschen ,  ecc. ,  Zweite  Auflage; 
Leipzig  und  Heildelbérg,  1879-1886. 


16 


quali  parassite  dei  canidi,  si  può  facilmente  constatare  come 
le  maggiori  affinità  essa  le  abbia  con  la  T.  coenurus  Kù- 
chenm.,  e  come  tuttavia  si  possa  distinguere  anche  da  que¬ 
sta  per  la  mancanza  di  collo,  per  la  sporgenza  delie  pa¬ 
pille  sessuali,  per  la  relativa  cortezza  delle  proglottidi  ma¬ 
ture,  per  le  dimensioni  dello  strobilio  notevolmente  più  svi¬ 
luppato  in  larghezza  e  spessore ,  e  all’  incontro  molto  più 
ridotto  in  lunghezza.  A  quest’ultimo  riguardo  basti  notare 
che,  mentre  nessuno  degli  esemplari  della  nuova  specie 
raggiunge  la  lunghezza  di  20  centimetri,  pur  essendo  ma¬ 
turi,  come  appare  dalle  ultime  proglottidi  piene  di  uova, 
gli  esemplari  parimente  maturi  della  T.  coenurus  non  fu¬ 
rono  mai  trovati  più  corti  di  40  centimetri,  ma  quasi  sem¬ 
pre  più  lunghi  del  mezzo  metro;  in  altri  termini,  la  mas¬ 
sima  lunghezza  dei  miei  esemplari  non  raggiunge  la  metà 
della  minima  lunghezza  indicata  per  la  T.  coenurus  f* 1). 

Quanto  alle  altre  tenie  dello  stesso  gruppo  (T.  serrata 
Goeze ,  T.  marginata  Batsch ,  T.  Krabbei  Moniez ,  T.  se - 
rialis  Baillet)  le  differenze,  ben  più  evidenti,  si  estendono 
anche  ai  caratteri  degli  uncini,  dell’utero,  degli  embriofori; 
ma  per  gli  opportuni  confronti  io  mi  limito  ad  indicare  le 
fonti  bibliografiche  principali  (2). 

E  qui  non  posso  tacere  che,  se  per  uniformarmi  ai  eri¬ 
temi  generalmente  seguiti  nelle  delimitazioni  specifiche  dei 
cestodi,  ho  dovuto  formare  ora  -una  nuova  specie ,  io  vado 

p)  Per  la  T.  coenurus ,  vedi  A.  Railliet,  Traité  de  zoologie  medicale  et 
agricole;  deuxième  édit.  Paris  1895,  pag.  252  e  seguenti.  —  E  Perroncito, 

I  parassiti  dell'uomo  e  degli  animali  utili.  Milano  1892,  pag.  194  e  seg. 

—  R.  Leuckart,  loc.  cit.  pag.  717  e  seguenti. 

(2)  Per  la  T.  serrata ,  vedi  Leuckart,  loc.  cit.  pag.  cit.  —  Perroncito, 
loc.  cit.  pag.  203  e  seg.  —  Railliet,  loc.  cit.,  pag.  215  e  seg. 

Per  la  T.  marginata  :  Leuckart,  loc.  cit.  pag.  cit.  —  Railliet,  pag.  228. 

—  Perroncito,  pag.  199  e  seg. 

Per  la  T .  Krabbei ,  v.  R.  Moniez,  Note  sur  le  T.  Krabbei,  espèce  nou- 
velle  de  taenia  arme  in  :  Bull,  scient.  du  départm.  du  Nord ,  2.e  sèrie ,  2.e 
année,  1879,  pag.  16  ì -163.  —  Id.  Id.  Essai  monographique  sur  les  cysti- 
cerques,  in  :  Travaux  de  l’Institut  zoologique  de  Lille  et  de  la  Station  ma- 
ritime  de  Wimereux,  Tome  III,  fase.  1,  Paris  1880.  pag.  46-47  e  PI.  II. 
fìg.  6-7. 

Per  la  T.  serialis  :  Railliet,  loc.  cit.  pag.  257,  e  C.  Baillet,  Recherclies 
sur  un  cystique  polycephale  du  lapin  in:  Meni,  de  l’Acad.  des  Sciences  de 
Toulouse,  Voi.  I.  pag.  452  ecc.  1863. 


li 


sempre  più  convincendomi  della  necessità  di  radicali  mu¬ 
tamenti  sull’interpretazione  del  valore  specifico  per  questo 
gruppo  di  elminti. 

Su  tale  argomento  ho  già  chiamato  1*  attenzione  degli 
studiosi  in  un  mio  precedente  lavoro  (l),  ma  in  queste  stesse 
pagine  avrò  ancora  occasione  di  ritornarvi. 

A  me  pare  di  poter  prevedere  fin  d’  ora  che  moltissime 
delle  attuali  specie  di  tenie,  dovranno  un  giorno  essere 
passate  in  sinonimìa,  e  allora  forse  potrà  essere  incorporata 
a  qualche  altra  specie,  anche  quella  che  qui  ho  descritto. 
Ma  debbo  intanto  concludere  che,  stando  come  ora  sono  le 
cose,  la  costituzione  della  nuova  specie  è  inevitabile.  E  la 
voglio  indicare  col  nome  di  T.  Brauni  in  omaggio  all’il¬ 
lustre  elmintologo  tedesco,  prof.  M.  Braun. 

?  Taenia  serrata  Goeze. 

Riferisco  con  qualche  dubbio  alla  T.  serrata  Goeze,  un 
esemplare  di  grande  cestode,  trovato  nell’intestino  dello 
stesso  cane  da  cui  furono  tolti  gli  esemplari  della  T.  Brauni. 
E  dirò  subito  che  il  dubbio  dipende  principalmente  dalla 
mancanza  dello  scolice  in  quell’ unico  esemplare,  giacché, 
non  avendo  avuto  in  esame  gli  uncini,  che  costituiscono  l’es¬ 
senziale  carattere  distintivo  tra  i  comuni  grandi  cestodi  del 
cane,  non  ho  certo  potuto  tener  gran  conto  degli  altri  ca¬ 
ratteri,  pei  quali  vi  è  poco  di  accertato  nelle  descrizioni  che 
finora  si  hanno  delle  tenie  stesse  (v.  osservazioni  in  appen¬ 
dice  alla  descrizione  della  specie,  pag.  19). 

L’  esemplare  è  lungo  circa  80  centimetri ,  largo  al  mas¬ 
simo  mm.  9,  e  di  spessore  piuttosto  rilevante;  ma  siccome 
le  prime  proglottidi  sono  già  assai  lunghe  e  spesse,  si  può 
supporre  che  manchi  buon  tratto  dello  strobilio,  e  che  l’e¬ 
semplare  completo  fosse  lungo  più  di  un  metro.  Il  margine 
posteriore  delle  proglottidi  è,  generalmente,  alquanto  più 
lungo  dell’anteriore,  ciò  che  determina  l’aspetto  seghettato 
dei  margini  dello  strobilio.  Gli  sbocchi  sessuali  irregolar- 


(*)  E.  Setti,  Dipylidium  Gervaisi  n.  sp.  e  qualche  considerazione  sui 
limiti  specifici  nei  Cestodi  in:  Atti  della  Soc.  lig.  di  Scienze  natur.  e  geog. 
Voi  VI,  pag.  99  e  seg.;  Genova,  1895. 


mente  alterni,  sono  ben  visibili  ad  occhio  libero  anche  nelle 
prime  proglottidi,  in  cui  si  trovano  sulla  metà  dei  margini 
laterali.  Di  mano  in  mano  che  si  procede  verso  le  proglot¬ 
tidi  terminali,  gli  sbocchi  stessi  si  trovano  invece  più  al  di 
sotto  della  metà  dei  margini. 

Le  ramificazioni  uterine,  assai  evidenti  nelle  ultime  pro¬ 
glottidi,  sono  piuttosto  numerose  e  tanfo  ravvicinate  le  une 
alle  altre  e  piene  di  uova,  che  riesce  difficile  il  contarle; 
posso  dire  però  che  non  sono  in  genere  meno  di  12  nè  più 
di  18,  e  che  sono  perpendicolari  al  tronco  primario,  mediano, 
longitudinale. 

In  sulle  prime,  le  dimensioni  notevoli  del  verme  mi  ave¬ 
vano  fatto  pensare  alla  T.  marginata,  ma  esaminati  poi 
i  caratteri  degli  organi  genitali,  ho  tosto  rilevato  come  essi 
non  concordassero  con  quelli  generalmente  indicati  per  tale 
specie  {*). 

Ho  allora  diretta  l’attenzione  alle  altre  tenie  dei  canidi, 
e  mi  sono  presto  convinto  che  non  potevansi  far  confronti 
che  con  la  T.  coenurus  e  la  T.  serrata  ;  ma  trovai  ben 
difficile  il  decidere  tra  queste  due,  mancando,  come  già  ho 
detto,  i  caratteri  più  importanti  che  si  riscontrano  nello  sco- 
lice.  Il  numero  delle  ramificazioni  uterine  mi  avrebbe  fatto 
propendere  per  la  T.  coenurus,  ma  considerando  che  per 
questo  carattere  non  vi  è  troppo  accordo  nelle  varie  descri¬ 
zioni  delle  tenie  dei  cani  (v.  osservazioni  pag.  .216),  mentre 
d’altra  parte  l’aspetto  complessivo  del  verme,  le  sue  dimen¬ 
sioni,  la  seghettatura  marginale  ,  suggerivano  piuttosto 
l’identificazione  con  la  T.  serrata,  ho  finito  per  assegnarlo 
a  quest’ultima  specie,  lasciando  per  altro  un  punto  inter¬ 
rogativo  ad  esprimere  qualche  incertezza  in  causa  della 
mancanza  dello  scolice.  —  Mi  sono  trattenuto  alquanto  sopra 
questo  el minto,  non  già  perchè  lo  ritenessi  di  speciale  im¬ 
portanza  rispetto  agli  altri  della  raccolta  Ragazzi,  ma  per¬ 
chè,  avendomi  dato  occasione  di  esaminare  ancora  rigorosa¬ 
mente  le  principali  descrizioni  dei  grandi  cestodi  dei  cani, 
esso  mi  ha  condotto  alle  considerazioni  che  .espongo  qui 

(*)  R.  Leuckart,  loc.  cit.  pag.  720.  fìg.  308  B.  —  H  Krabbe  ,  Reclier- 
ches  helminthologiques  en  Danemarli  et  en  Is lande:  Copenhague  1866,  tav. 
IV,  fìg.  60.  —  A.  Railliet,  loc.  cit.,  pag.  228. 


sotto,  e  che  io  credo  molto  importanti  ad  avvalorare  quanto 
già  ebbi  a  dire  sull’incertezza  dei  limiti  specifici  nei  cestodi. 

Vi  fu  lunga  controversia  tra  gli  elmintologi  intorno  alla 
determinazione  dei  caratteri  distintivi  delle  tre  grandi  tenie 
dei  cani:  cioè,  la  T.  serrala  Goeze  (1782),  la  T.  margi¬ 
nata  Batsch  (1786),  la  T.  coenurus  Kuchenm.  (1853). 

Il  Krabbe  (loc.  cit.  pg.  3-5  )  ne  riassume  brevemente  la 
storia  fino  al  1866,  ed  io  posso  quindi  dispensarmi  dal  ri¬ 
ferirla  qui.  Ma  voglio  soltanto  rilevare  che  le  incertezze  e 
le  contraddizioni  sull’argomento  delle  tenie  suddette,  si  con¬ 
tinuano  anche  dopo  il  1866;  cosicché  possono  ritenersi  tut¬ 
tora  come  discutibili  le  differenze  tra  le  tre  specie. 

Incominciando  dalle  dimensioni  si  trova  che,  se  le  differenze 
sono  alquanto  sensibili  tra  la  T.  marginata  e  la  T.  coenu¬ 
rus,  non  lo  sono  però  tra  queste  due  e  la  T.  serrata  che 
può  considerarsi  come  intermedia.  Ad  ogni  modo,  le  misure 
estreme  indicate  dai  varii  autori  per  queste  singole  specie, 
sono  fra  loro  tanto  discrepanti  da  non  permettere  una  si¬ 
cura  distinzione  basata  sulle  misure  stesse.  E  trattandosi 
di  un  carattere  di  secondaria  importanza  trovo  inutile  un 
esame  particolareggiato. 

Ma  nemmeno  dei  caratteri  degli  uncini,  che  costituireb¬ 
bero  in  questo  caso  le  differenze  specifiche  più  evidenti  (v. 
Krabbe  pag.  6-7),  non  si  può  tenere  gran  conto,  giacché  essi 
variano  pure  notevolmente  nelle  descrizioni  dei  diversi  au¬ 
tori.  Troviamo  infatti  che  il  numero  e  le  dimensioni  degli 
uncini  stanno  tra  i  limiti  seguenti: 

Per  la  T.  coenurus:  N.°  22  t1)  —  36  (2) 
dimensioni  grandi  mm.  0,15  (*)  —  0,17  (4) 

»  piccoli  »  0,09  (])  —  0,13  f1) 

Per  la  T.  marginata:  N.°  28  (3)  —  48  (4) 
grandi  mm.  0,17  (8)  —  0,22  (5) 

piccoli  mm.  0,11  (5)  —  0,16  (5) 

Per  la  T.  serrata :  N.°  34  (6)  —  48  (6) 
grandi  mm.  0,22  (6)  —  0,26  (4) 

piccoli  mm.  0,12  (6)  —  0,16  (6) 


(4)  Railliet,  loc.  cit.  pag.  252.  —  (2)  F.  A.  Zììrn,  Die  Schmarolzer  auf 
und  in  dem  Kdrper  unserer  Haussaugetiere  ecc.  Erster  Teil,  Die  tierischen 


Cosicché  si  deve  concludere:  l.°  che  gli  uncini  in  numero 
di  34-36  possono  trovarsi  in  tutte  tre  le  specie;  2.°  che  la 
lunghezza  di  rum.  0,12-0,13  per  i  piccoli  può  pure  riscon¬ 
trarsi  nelle  tre  specie;  3.°  che  la  lunghezza  di  min.  0,17 
per  i  grandi  si  può  avere  tanto  nella  J\  coenurus  come 
nella  T.  marginata,  e  la  lunghezza  di  mm.  0,22  può  per 
contro  trovarsi  tanto  nella  T.  marginata  come  nella  T. 
serrata . 

E  non  minori  sono  le  incertezze  intorno  agli  impor¬ 
tanti  caratteri  degli  organi  genitali.  11  Baillet,  per  es. , 
dice  che  le  ramificazioni  uterine  della  T.  serrata  sono  nu¬ 
merose  (7)  (pag.  223-224),  mentre  lo  Ziirn  (loc.  cit.  pag.  170), 
il  Leuckart  (pag.  720),  il  Railliet  (pag.  215)  dicono  che 
sono  piuttosto  poche  (otto  o  dieci);  ma  di  nuovo  il  Krabbe 
nella  fìg.  62  della  tav.  IY  mostra  invece  che  sono  abba¬ 
stanza  numerose  e  poco  meno  di  quelle  della  T.  coenurus 
(fìg.  61).  Del  resto,  queste  della  T.  coenurus  che  sarebbero 
18  26  secondo  il  Railliet  (pag.  252)  e  20-25  secondo  il  Leu¬ 
ckart  (pag.  720),  non  sono  più  che  una  quindicina  secondo 
il  citato  disegno  del  Krabbe  e  secondo  il  Perroncito  (pag. 
194).  Finalmente,  mentre  il  Baillet,  a  pag.  224,  dice  che  ì 
rami  laterali  anteriori  dell’ovario  (utero)  mandano  nella  T. 
coenurus  molte  divisioni  in  avanti,  parallelamente  al  ramo 
mediano  principale,  e  sono  invece  semplici  o  poco  ramifi¬ 
cati  nella  T.  serrata  (pag.  223),  nei  disegni  dei  Krabbe  non 
appare  questa  differenza,  e  nemmeno  presso  altri  osserva¬ 
tori  (per  es.  nelle  fìg.  del  Leuckart  a  pg.  720). 

In  quanto  agli  embriofori,  ricorderò  che  lo  Zùrn  (pag.  138 
e  170  dell’op.  cit.  e  fìg.  24  e  33  della  tav.  Ili)  rappresenta 
ellittici  quelli  della  T.  coenurus  e  rotondi  quelli  della  T. 
serrata ,  avvicinandosi  al  Perroncito  il  quale  dice  ovoidali 
quelli  della  T.  coenurus  e  disegna  quasi  sferici  quelli  della 
T.  serrata  (pag.  194  e  203  op.  cit.),  mentre  il  Railliet  dice 
il  contrario  (pag.  215  e  252  op.  cit.). 


Parasiten.  Weimar  1882,  pag.  139.  —  (3)  Krabbe,  pag.  7.  —  (4)  Baillet 
(v.  Krabbe  pag.  7).  —  (5)  Railliet.  pag.  228.  —  (6)  Railliet,  pag.  215.  — 
(7)  C.  Baillet,  Comete  rendu  d' expóriences  faites  a  fècole  vétórinaire  de 
Toulouse ,  sur  V organisti ion  et  la  reproduction  des  cestoides  da  genre  Tae- 
nia,  in:  Annales  des  Sciences  naturelles,  IV  Sèrie,  Zoologie,  Tome  X, 
Paris  1858,  pag.  190-232. 


21 


Cosicché,  tenuto  conto  di  tutti  questi  fatti  non  insigniti- 
canti,  parali  per  ora  di  poter  dire  che  le  conclusioni  dedotte 
dal  von  Siebold  f1)  Ano  dal  1854,  in  seguito  a  diligenti 
osservazioni  ed  esperimenti,  non  siano  ancora  da  ritenersi 
come  definitivamente  smentite,  malgrado  le  prove  addotte 
in  contrario  dai  successivi  autori,  specialmente  dal  Kuchen- 
meister  (2)  (3),  dal  Baillet  (loc.  ult.  cit.)  e  dal  Krabbe  (loc.  cit.). 

Le  conclusioni  del  Siebold,  farebbero  ritenere  le  tre  tenie 
suddette  come  varietà  di  una  sola  specie  (  T.  serrata) ,  e 
le  differenze  tra  le  rispettive  forme  larvali  (  Cysticereus 
pisiformis,  C.  tenuicollis,  Coenurus  cerebralis)  come  sem¬ 
plice  effetto  della  differenza  di  ospite.  Solo  una  serie  di 
esperienze  più  generali,  e  una  diligente  revisione  delle  tenie, 
potrà  permetterci  di  decidere  su  tale  questione. 

Taenia,  sp? 

(Tav.  Vili,  fìg.  15-16). 

Due  esemplari  incompleti:  uno  collo  scolice  e  10  centi- 
metri  di  strobilio,  1’  altro  evidentemente  della  stessa  specie 
del  primo  ma  senza  scolice  e  lungo  quasi  il  doppio.  Il  dott. 
Ragazzi  li  trovò  nell’  intestino  di  una  viverra  che  aveva  uc¬ 
cisa  presso  Massaua  nel  settembre  del  1892,  ma  che  non 
venne  specificata.  Oltrecchè  incompleti ,  essendo  anche  in 
cattivo  stato  di  conservazione,  non  possono  somministrare 
i  caratteri  necessarii  per  essere  determinati  con  sicurezza  ; 
ne  darò  tuttavia  una  breve  descrizione,  affinché  questo  ma¬ 
teriale  sia  almeno  sfruttabile  per  un  confronto,  in  caso  di 
future  ricerche  elmintologiche  nelle  regioni  eritree. 

Lo  scolice  è  globoso ,  con  diametro  medio  di  circa  mm. (*) 


(*)  C.  Th.  Siebold,  Uéber  die  Band  und  Blasemviirmer  ecc.  Leipzig,  1854. 
(Riassunto  in:  Annales  des  Sciences  naturelles,  IV,  Sér.  zoologie,  Tome  IV ; 
Paris  1855,  pag.  48-90  e  172-208,  Tab.  2  e  3). 

(2)  F.  Kììchenmeister,  Experimente  iiber  die  Entstehung  der  Cestodén,  ecc., 
in:  Gùnsburg’s  Zeitschrift  tur  klinische  Medicin.  IV  Jahrg.  pag.  448-451; 
Breslau  1 853. 

(3)  F.  Kììchenmeister ,  Ueber  die  Taenia  e  Cysticerco  tenuicollis  ihren 
Finnenzustand,  ecc.  Moleschott’s  Untersuch.  zur  Naturlehre  des  Menschen 
und  der  Thiere;  I  Bd.  pag.  256-378;  Frankfurt  a.  M.,  1856. 


22 


0,8;  le  ventose  sono  tondeggianti,  di  mediocre  grandezza; 
il  rostrello  assai  grosso  e  armato  di  robusti  uncini  (fig.  16) 
alternati  in  due  serie  concentriche;  i  grandi  lunghi  mm. 
0,30-0,32  in  media,  e  i  piccoli  mm.  0,18-0,19.  Non  mi  fu 
possibile  precisarne  il  numero,  perchè  neH’unico  scolice  li 
trovai  incompleti  e  spostati  ;  credo  però  che  nelle  condizioni 
naturali  non  fossero  meno  di  una  trentina  per  serie.  Lo  sco¬ 
lice  si  continua  con  lo  strobilio  per  un  breve  collo,  che  mo  • 
strasi  però  ben  distinto,  essendo  più  stretto  dello  scolice  e 
delle  prime  proglottidi  (fig.  15). 

Lo  strobilio  ha  uno  spessore  rilevante,  ma  del  resto  è 
di  aspetto  normale;  la  sua  massima  larghezza  è  di  mm.  3 
nell’esemplare  senza  scolice,  e  di  mm.  4,5  nell’altro.  Le 
proglottidi  mediane,  che  sono  appuntò  le  più  larghe,  sono 
lunghe  circa  un  millimetro,  e  quelle  più  lontane  dallo  sco¬ 
lice  sono  invece  assai  più  lunghe  e  meno  larghe  (mm.  3  per 
mm.  2). 

Visto  al  microscopio,  per  semplice  compressione,  tutto  lo 
strobilio  appare  gremito  di  minuti  corpuscoli  calcari ,  che 
impediscono  la  distinzione  degli  organi  interni,  però  nelle 
proglottidi  mature  le  ramificazioni  uterine,  piene  di  uova, 
si  rendono  bene  evidenti.  I  pori  genitali  sono  in  una  pa¬ 
pilla  prominente,  visibile  ad  occhio  libero  verso  la  metà  del 
margine  di  ogni  proglottide,  ora  da  una  parte  e  ora  dal- 
l’altra  irregolarmente,  e  talvolta  per  due  o  tre  proglottidi 
consecutive  da  una  parte,  poi  per  altrettante  dall’altra.  Gli 
embriofori  sono  per  lo  più  tondeggianti,  con  guscio  spesso, 
e  diametro  massimo  di  mm,  0,025. 

I  caratteri  generali  ora  descritti  sono  sufficienti  a  dimo¬ 
strare  che  qui  si  tratta  di  un  cestode  del  genere  Taenia 
nel  senso  attualmente  ristretto,  cioè  sul  tipo  della  T.  ser¬ 
rata  e  delle  specie  affini  ;  e  di  tali  cestodi  è  indicata  finora 
nelle  viverre,  la  sola  T.  platydera  Gervais.  La  descrizione 
di  questa,  e  meglio  ancora  i  disegni  che  ho  esaminati  nel 
lavoro  del  Gervais  stesso  (]),  mi  hanno  convinto  che  non  può 
identificarsi  alla  mia,  non  concordando  nè  per  la  forma,  nè 


(4)  P.  Gervais,  Sur  quelques  Entozoaires  taenioides  et  hydatides;  Mém. 
de  l'Acad.  des  Se.  et  Lettres  de  Montpellier,  1847,  p.  89-90;  pi.  1,  fig.  1, 
a ,  b,  c . 


23 


per  le  dimensioni  complessive,  nè  per  i  caratteri  dello  sco¬ 
nce,  degli  uncini  e  del  collo. 

Esteso  l’esame  comparativo  ai  cestodi  dei  carnivori  in 
generale,  ho  trovato  che,  fra  le  specie  ben  accertate,  la  più 
vicina  a  quella  sopra  descritta  sarebbe  la  T.  crassicollis 
Rud.,  comune  nei  gatti.  Ma  anche  quest’ ultima,  pur  con¬ 
cordando  per  varii  caratteri,  specialmente  degli  uncini  e 
degli  organi  genitali,  si  scosterebbe  però  per  le  dimensioni 
complessive,  per  quelle  dello  scolice  in  particolar  modo,  per 
i  caràtteri  del  collo,  per  la  grandezza  degli  embriofori  (con¬ 
fronta  :  Railliet  ,  op.  cit. ,  pag.  249-250.  Krabbe  ,  op.  cit., 
pag.  6  e  18,  tab.  1,  fìg.  1-3,  tab.  IV,  fig.  63). 

Vi  sono  finalmente  alcune  specie  tuttora  poco  note,  sulle 
cui  descrizioni  imperfette,  lasciateci  da  autori  antichi,  non 
si  potrebbe  efficacemente  basare  un  confronto,  quantunque 
i  pochi  caratteri  precisati  corrispondano  abbastanza  bene 
a  quelli  della  specie  qui  descritta  (per  es.  T.  intermedia 
Rud.  e  T.  laticollis  Rud.).  In  tali  dubbi  non  posso  che  la¬ 
sciare  in  sospeso  la  determinazione  specifica 

Taenia  erythraea  n.  sp. 

(Tav.  IX,  fig.  17-21). 

Fra  i  cestodi  della  nuova  raccolta  del  Dofct.  Ragazzi  vi 
è  una  specie  fortunatamente  rappresentata  da  un  gran  nu¬ 
mero  di  esemplari,  tolti  dall’intestino  tenue  di  uno  sciacallo 
(Canis  mesomelas),  preso  nel  novembre  del  1892  in  vicinanza 
di  Massaua. 

lo  li  trovai  riuniti  in  gruppi  tanto  intricati  che  mi  fu 
difficile  isolarne  individui  interi. 

Un  primo  esame  superficiale  bastò  a  persuadermi  che  si 
trattava  di  esemplari  del  genere  Taenia  propriamente  detto, 
sul  tipo  comune  delle  tenie  dei  carnivori,  ma  di  dimensioni 
relativamente  ridotte. 

Sono  lunghi  in  generale  dai  14  ai  17  centimetri;  nessun 
individuo  sorpassa  i  centim.  20.  La  massima  larghezza , 
verso  la  metà  dello  strobilio,  è  di  circa  rum.  4;  in  molti 
esemplari  non  sorpassa  i  3  V2.  Lo  spessore  è  poco  rilevante. 


24 


Lo  scolice  con  largo  rostrello  (fig.  17)  è  ben  visibile  ad 
occhio  nudo;  è  largo  al  massimo  mm.  0.70  in  corrispondenza 
delle  ventose,  e  lungo  da  mm.  0,60  a  0,65  tra  la  base  delle 
ventose  stesse  e  l’apice  del  rostrello. 

Il  collo  è  largo  quanto  il  capo  o  poco  meno,  ed  è,  secondo 
gli  esemplari,  di  varia  lunghezza;  questa  non  può  determi¬ 
narsi  precisamente  perchè  un  inizio  di  segmentazione  più 
o  meno  accentuata  precede  la  vera  segmentazione  smobi¬ 
liare  ;  ad  ogni  modo  un  tratto  insegmentato  di  mezzo  mil¬ 
limetro  almeno  si  riscontra  in  ogni  esemplare. 

Le  prime  proglottidi  sono  brevissime,  molto  imbricate,  e 
di  forma  trapezoidale,  avendo  il  margine  posteriore  più 
lungo  dell’anteriore;  le  proglottidi  mediane  sono  rettango¬ 
lari,  poco  più  larghe  che  lunghe  o  quasi  quadrate;  le  ter¬ 
minali  allungate  e  strette  (fig.  19  e  20). 

Gli  strati  superficiali  del  corpo  sono  tanto  gremiti  di  cor¬ 
puscoli  calcari,  che  riesce  impossibile  scorgere  per  traspa¬ 
renza  gli  organi  interni,  se  prima  non  vengono  sciolti  con 
gli  opportuni  reagenti  i  corpuscoli  stessi.  Questi  sono  ugual¬ 
mente  sparsi  per  tutto  il  corpo,  salvo  nelle  ultime  proglot¬ 
tidi  in  cui  sono  meno  stipati.  Per  lo  più  sono  di  forma  ir¬ 
regolarmente  elissoidale,  ma  talora  sono  compressi,  o  ton¬ 
deggianti,  o  anche  ad  ovoide;  hanno  un  diametro  massimo 
longitudinale  di  mm.  0,10-0,13. 

Il  rostrello  dello  scolice  è  largo,  ma  poco  lungo,  ed  è  ar¬ 
mato  di  uncini,  il  cui  numero  normale  non  posso  determi¬ 
nare,  perchè  in  tutti  gli  scolici  che  ho  esaminati  lo  trovai 
evidentemente  ridotto  per  la  caduta  e  per  la  perdita  di  molti. 
Ma  posso  quasi  asserire  che  tali  uncini  fossero  origina¬ 
riamente  poco  numerosi  e  disposti  in  un’unica  serie,  giacché 
non  ne  ho  trovati  che  di  una  qualità  sola,  e  non  più  di  una 
dozzina  in  uno  stesso  individuo.  Essi  sono  lunghi  in  media 
da  mm.  0,085  a  0,095.  Il  disegno  che  io  ne  do  nella  figura 
18.a  mi  può  dispensare  dal  descrivere  la  forma,  che  non 
presenta,  del  resto,  notevoli  particolarità. 

Le  quattro  ventose  sono  tondeggianti  e  di  media  gran¬ 
dezza  ;  il  loro  massimo  diametro  esterno  è  di  mm.  0,25-0,30. 
Le  dimensioni  medie  delle  proglottidi  nelle  varie  parti  dello 
strobilio  sono  espresse  nel  seguente  prospetto: 


'.ir  1  1 


25 


prime  proglottidi 

lunghe 

mm. 

0,025-0,030 

—  larghe 

mm. 

0,70-0,75 

a  y2  cm.  dallo  scolice 

» 

» 

0,20 

» 

» 

0,80-1,00 

a  4  »  »  » 

» 

» 

1,00 

» 

» 

2,00-2,50 

a  6  »  »  » 

» 

» 

1,50 

» 

» 

3,00-3,50 

dagli  8  ai  12  » 

» 

» 

2, 5-3, 5 

» 

» 

3,50-4,00 

ultime  proglottidi 

» 

» 

4-7 

» 

» 

2,4-2, 8 

Come  si  vede,  le  ultime  proglottidi  sono  notevolmente  più 
lunghe  che  larghe;  e  la  figura  20  della  tavola  IX  mostra 
la  loro  forma,  che  ricorda  alquanto  quella  delle  proglottidi 
dei  dipilidii. 

Già  dopo  quattro  o  cinque  centimetri  dallo  scolice ,  si 
possono  osservare,  anche  ad  occhio  nudo,  le  papille  genitali 
irregolarmente  alterne,  situate  verso  la  metà  o  poco  al  di¬ 
sotto  dei  margini  laterali  delle  proglottidi.  Esse  non  costi¬ 
tuiscono  tuttavia  sporgenze  molto  rilevanti  sui  margini  stessi. 

Gli  organi  genitali  si  mostrano  foggiati  sul  comune 
schema  delle  tenie  propriamente  dette.  Solo  presentano  qual¬ 
che  particolarità  riguardo  alla  disposizione  delle  ramifica¬ 
zioni  uterine. 

Come  appare  nella  figura  21,  che  rappresenta  una  pro¬ 
glottide  terminale  molto  matura ,  l’utero  pieno  di  embrio- 
fori  porta,  lateralmente  al  tronco  primario  longitudinale,  nu¬ 
merose  ramificazioni  disposte  con  notevole  irregolarità,  sia 
per  la  loro  direzione  che  per  il  loro  volume ,  ma  con  il 
costante  carattere  di  presentare  un  cospicuo  ingrossamento 
all’  estremità  anteriore  della  proglottide.  Questa  particolare 
disposizione  dell’utero  si  appalesa  anche  all’esterno  delle 
proglottidi  mature,  determinando  caratteristici  rilievi  visibili 
ad  occhio  nudo. 

Gli  embriofori,  numerosissimi  nell’utero  maturo,  sono  ro¬ 
tondi  od  elissoidali,  col  diametro  medio  di  mm.  0,027-0,028. 

L’esame  generale  delle  tenie  dei  carnivori,  che  avevo  già 
fatto  a  proposito  delle  specie  sopra  descritte,  mi  ha  per¬ 
messo  di  rilevare  facilmente  in  questa  tenia  dello  sciacallo 
i  caratteri  di  una  nuova  specie.  E  poiché  essa  non  presenta 
notevoli  affinità  con  nessun’ altra  delle  già  note,  io  credo 
quasi  inutile  qualsiasi  cenno  comparativo.  Osservo  soltanto 
che,  se  essa  può  essere  avvicinata  alla  precedente  specie 
della  viverra,  per  alcuni  caratteri  (come  :  le  dimensioni  com- 


26 


plessive ,  la  disposizione  degli  sbocchi  sessuali ,  la  forma 
e  le  dimensioni  degli  embriofori ,  l’ abbondanza  dei  corpu¬ 
scoli  calcari),  se  ne  può  anche  distinguere  con  tutta  facilità 
per  la  sua  sottigliezza,  per  la  forma  dello  scolice,  per  tutti 
i  caratteri  degli  uncini ,  per  la  singolare  disposizione  del- 
P  utero  nelle  proglottidi  mature. 

Chiamo  la  nuova  specie  Taenia  erythraea,  per  rammen¬ 
tare  almeno  una  volta  la  regione  geografica  di  cui  ripetu¬ 
tamente  mi  sono  occupato  nei  miei  studi  elmintologici. 

Anoplocephala  Paoenstecheri  n.  sp. 

(Tav.  IX,  fìg.  22-26). 

È  questa  una  nuova  specie  di  tenia  che  viene  ad  aumen¬ 
tare  la  serie  dei  parassiti  degl’iraci,  e  a  complicare  le  que¬ 
stioni  già  sollevate  su  tale  argomento. 

Una  cinquantina  di  esemplari,  non  tutti  completi,  furono 
trovati  dal  Dott.  Ragazzi  nell’intestino  di  un  Ilyrax  (sp.?), 
preso  ad  Asmara  nel  settembre  del  1892.  Questi  esemplari 
sono  di  piccole  dimensioni:  lunghi  in  media  cm.  4,  talora 
3  solamente ,  e  in  qualche  caso  invece  sino  a  cm.  7  ;  lar¬ 
ghi  da  3  a  4  millimetri  nel  punto  di  maggior  diametro. 
Salvo  le  ultime  proglottidi,  che  assai  facilmente  si  staccano, 
e  che  sono  rese  turgide  dalla  presenza  di  numerosissime 
uova  nel  loro  interno,  tutto  il  resto  dello  strobilio  è  molto 
sottile. 

Lo  scolice  può  dirsi  piramidale  o  anche  piriforme,  ma  la 
notevole  sporgenza  delle  ventose  e  un  lieve  rialzo  apicale 
ne  alterano  alquanto  i  contorni  (Tav.  IX,  fìg.  23).  E  al- 
l’incirca  dello  stesso  diametro  tanto  in  lunghezza  quanto  in 
larghezza,  variando  in  media  da  min.  0,75  a  min.  0,85,  se¬ 
condo  gli  esemplari.  Come  si  vede,  è  di  grandezza  me¬ 
diocre,  ma  appare  tuttavia  molto  evidente  anche  ad  occhio 
libero,  essendo  seguito  da  un  collo  strettissimo.  Le  quattro 
ventose  hanno  il  massimo  diametro  di  rum.  0,25-0,28.  Il 
rialzo  apicale  può  forse  rappresentare  un  rastrello,  ina  non 
ne  ha  il  vero  aspetto,  essendo  ampio,  poco  prominente  e 
privo  di  uncini. 


27 


Il  collo,  sempre  ben  distinto  in  tutti  gli  esemplari,  è  largo 
da  mm.  0,32  a  0,35  superiormente,  e  da  mm.  0,40  a  0,42 
verso  la  base;  la  sua  lunghezza  varia  tramm.  0,50  e  mm.  0,70. 

Le  primissime  proglottidi  sono  a  superficie  rettangolare; 
le  altre  invece  sono  quasi  tutte  trapezoidali,  cioè  assai  più 
larghe  inferiormente  che  superiormente,  facendo  risultare 
seghettati  i  margini  dello  strobilio;  ma  le  ultime,  più  lunghe 
di  tutte  le  altre,  ritornano  alla  forma  rettangolare. 

La  larghezza  dello  strobilio  cresce  gradatamente  dal  collo 
fin  oltre  i  quattro  quinti  del  corpo;  nell’ultimo  tratto  dimi¬ 
nuisce  ancora  in  modo  più  o  meno  sensibile.  La  lunghezza 
delle  proglottidi  aumenta  sempre,  ma  assai  lentamente,  dallo 
scolice  all’estremità  posteriore  dello  strobilio,  essendo  rela¬ 
tivamente  già  notevole  in  vicinanza  dello  scolice,  e  non 
giungendo  mai  ad  uguagliare  la  larghezza,  nemmeno  nel¬ 
l’ultimo  tratto  del  corpo.  Questi  rapporti  fra  le  dimensioni 
appaiono  evidenti  oltrecchè  dalla  figura  22,  anche  dal  pro¬ 
spetto  seguente: 


proglottidi  primissime 
a  Vg  cm.  dallo  scolice 
a  2  »  »  » 

a  72  »  della  fine 
proglottidi  estreme 


lunghe  mm.  0,20 

»  »  0,45-0,50 

»  »  0,75-0,85 

»  »  0,85-0,90 

»  »'  0,90-1,20 


larghe  mm.  0,42-0,45 

»  »  1,75-2.00 

»  »  2,70-3,10 

»  >>  3,50-4,00 

»  »  2,00-2,50 


Il  numero  delle  proglottidi  varia,  generalmente,  tra  70 
e  80. 

Come  di  solito  si  verifica  nei  cestodi,  le  variazioni  indi¬ 
viduali  e  le  anomalie  sono  piuttosto  rilevanti.  A  questo  ri¬ 
guardo  voglio  far  nota  una  singolare  disposizione  delle  pro¬ 
glottidi,  che  ho  riscontrata  in  parecchi  esemplari.  Scostan¬ 
dosi  notevolmente  dalla  forma  normale,  tali  proglottidi  si 
mostrano  affusolate,  con  l’asse  maggiore  disposto  trasver¬ 
salmente,  cosicché  non  restano  unite  tra  di  loro  che  per  un 
breve  tratto  centrale,  e  rendono  i  margini  dello  strobilio 
profondamente  dentellati  (fig.  24). 

Non  si  vedono  per  trasparenza  corpuscoli  calcari,  e  nem¬ 
meno  vasi  escretori. 

Gli  organi  genitali  incominciano  ad  apparire  ben  mani¬ 
festi  tra  la  ventesima  e  la  trentesima  proglotiide,  cioè  a 
circa  un  centimetro  dallo  scolice.  Gli  sbocchi  sono  tutti  sullo 


28 


stesso  margine  dello  strobilio,  in  una  lieve  prominenza  al 
vertice  degli  angoli  inferiori  delle  proglottidi  (fig.  25). 

La  vagina ,  diretta  obliquamente  verso  l’ interno  della 
proglottide,  è  molto  allungata  ed  ha  il  diametro  medio  di 
mm.  0,025-0,030. 

La  tasca  del  pene,  immediatamente  al  di  sopra  delia  va¬ 
gina,  è  fatta  ad  otricello,  col  diametro  maggiore  quasi  pa¬ 
rallelo  al  margine  laterale  della  proglottide  *  cioè  con  la 
parte  più  allargata  in  alto  e  l’apertura  in  basso,  presso  lo 
sbocco  della  vagina;  la  sua  lunghezza  è  di  circa  mm.  0,40, 
e  la  larghezza  massima  di  mm.  0,16.  11  canale  deferente, 
intricatamente  raggomitolato,  è  pure  disposto  sopra  la  va¬ 
gina,  in  direzione  obliqua  rispetto  ai  margini  delle  proglot¬ 
tidi,  ed  è  di  grosso  calibro,  cioè  di  mm.  0,02  in  media.  I 
testicoli  numerosi  sono  sparsi  regolarmente  in  tutto  il  pa¬ 
renchima  di  ogni  proglottide,  nella  prima  metà  dello  stro¬ 
bilio. 

Il  canale  vaginale  e  la  tasca  del  pene  permangono  anche 
nelle  ultime  proglottidi ,  che  sono  tutte  ripiene  di  tasche 
ovigere;  mentre  i  testicoli  non  si  vedono  più. 

Le  tasche  ovigere  incominciano  ad  apparire  poco  dopo 
la  metà  dello  strobilio,  ma  solo  nell’ultimo  quarto  sono  com¬ 
pletamente  sviluppate  e  si  vedono  allora  ad  occhio  nudo, 
come  tante  punteggiature,  per  semplice  compressione  delle 
proglottidi  tra  due  vetrini.  Esse  occupano  non  solo  la  parte 
centrale,  ma  anche  la  marginale  delle  proglottidi,  e  sono 
tanto  stipate  da  assumere  forma  poliedrica,  mentre  isolate 
sono  irregolarmente  tondeggianti  od  elissoidali,  col  diametro 
medio  di  mm.  0,25-0,30  (nelle  più  mature).  Nelle  ultime 
proglottidi  se  ne  contano  da  70  ad  80,  disposte  in  parec¬ 
chie  file,  ma  in  un  solo  strato  nello  spessore  delle  proglot¬ 
tidi  stesse.  A  piccolo  ingrandimento  si  osserva  in  ogni  tasca 
una  massa  centrale  scura,  granulosa,  che  è  l’ammasso  delle 
uova,  ed  una  parte  periferica  più  chiara,  con  striature  circo¬ 
lari  concentriche,  che  è  l’involucro,  rappresentante  le  pareti 
dell’utero  (fig.  26).  Le  uova  sono  tondeggianti,  od  ovoidali, 
od  elissoidali,  col  diametro  massimo  di  mm.  0,040-0,045  ;  ed 
appaiono  nelle  sezioni  in  numero  di  8  o  10  per  ogni  tasca. 

Ho  dovuto  considerare  come  di  nuova  specie  gli  esem- 


2$ 

plari  elei  cestode  ora  descritto,  sopratutto  per  la  confor¬ 
mazione  degli  organi  genitali  e  per  la  posizione  dei  loro 
sbocchi. 

Le  dentellature  marginali  dello  strobilio,  determinate  dalla 
forma  trapezoidale  delle  proglottidi,  e  il  numero  esiguo  di 
queste  ultime  rispetto  alla  lunghezza  complessiva  dei  sin¬ 
goli  esemplari,  possono  ritenersi  come  altri  caratteri  speci¬ 
fici,  secondari,  ma  non  trascurabili. 

Sarebbe  qui  tuttavia  più  che  opportuno  un  diligente  esame 
comparativo  di  tutti  i  cestodi  degli  iraci,  allo  scopo  di  co¬ 
ordinare  i  varii  contributi  portati  finora  dagli  studiosi  su 
questo  argomento;  ma  un  recentissimo  lavoro  del  prof.  N. 
Nassonow,  sugli  endoparassiti  della  Procavia  syriaca  f1), 
ha  portato  tante  nuove  complicazioni  sull’argomento  stesso, 
che  io  credo  meglio  di  dedicarvi  uno  studio  particolareg¬ 
giato  di  critica  e  di  coordinazione  in  un  lavoro  successivo, 
limitandomi  per  ora  a  qualche  semplice  cenno  sulle  più  im¬ 
portanti  questioni  in  proposito. 

1  varii  autori  che  ebbero  finora  ad  occuparsi  di  tenie  pa¬ 
rassite  degli  iracq  si  trovarono  quasi  sempre  in  difficoltà 
ed  in  dubbi  riguardo  alla  determinazione  delle  forme  esa¬ 
minate,  non  potendo  riscontrare  nella  maggior  parte  di 
queste  dei  caratteri  specifici  ben  delineati  e  costanti  in  ogni 
esemplare;  sorsero  quindi  quelle  varie  questioni  che  nel  ci¬ 
tato  lavoro  del  Nassonow,  lungi  daH’essersi  risolte,  si  sono, 
come  già  ho  detto,  vieppiù  complicate. 

La  tenia  primieramente  descritta  e  figurata  dal  Pallas  (2) 
sopra  pochi  frammenti,  devesi  considerare  come  tipo  di 
specie,  conservando  il  nome  di  T.  hyracis  assegnatole  dal 
Rudolphi  (3)?  0  devesi  invece  ritenere  come  forma  indeter¬ 
minabile,  essendo  stata  insufficientemente  descritta ,  senza 
alcun  cenno  sui  caratteri  dello  scolice  e  su  quelli  essen¬ 
zialissimi  degli  organi  genitali? 


fi)  N.  Nassonow,  Endoparassiti  della  Procavia  syriaca .  Pubblicazioni 
del  Laboratorio  zoologico  dell’Università  di  Varsavia  (in  russo).  Varsavia 
1897. 

(2)  P.  S.  Pallas,  Spicilegia  zoologica,  fase.  II,  anno  1767,  pag.  32,  tav. 

3,  fìg.  13. 

(3)  C.  A.  Rudolphi,  Entoz.  Ustoria  natur.  —  Amstelaedami  1808-1810, 
T.  Ili,  pag.  199. 


30 


E  V  Arhynchotaenia  critica  del  Pagenstecher  (*)  da 
ascriversi,  ad  ogni  modo,  al  genere  Anoplocephala  (2),  de- 
vesi  considerare  come  buona  specie,  o  può  invece  identifi¬ 
carsi  alla  T.  hyracis  suddetta,  facendone  tutto  al  più  una 
varietà,  come  il  Nassonovv  suggerirebbe? 

In  line,  le  forme  più  recentemente  descritte  dal  Parona  (3), 
da  me  (4),  dal  Moniez  (5)  e  dal  Nassonow  (6),  quali  rapporti 
hanno  tra  loro  e  con  quelle  sopraindicate? 

Tali  sono  le  principali  questioni  a  cui  mi  propongo  di 
rispondere  nel  prossimo  lavoro.  Ma  ciò  che  qui  mi  preme 
di  rilevare  si  è,  che  la  nuova  mia  specie  A.  Pagenstecheri, 
indipendentemente  da  tutte  le  questioni  accennate,  può  ri¬ 
tenersi  sicuramente  caratterizzata  dal  la  posizione  delle  aper¬ 
ture  sessuali,  che  sono  sul  vertice  degli  angoli  delle  pro¬ 
glottidi,  e  non  in  mezzo  ai  margini  laterali  come  nelle  specie 
affini.  Inoltre,  le  dimensioni  della  vagina,  della  tasca  del 
pene,  del  deferente;  e  la  disposizione  di  quest’ultimo  in  in¬ 
tricato  gomitolo;  e  Analmente  anche  il  complesso  degli  altri 
caratteri  più  superficiali,  come  più  sopra  ho  notato,  contri¬ 
buisce  a  contraddistinguere  la  nuova  specie. 

Mesocestoides  lineatus  (Goeze). 

(Tav.  IX,  fig.  27-30). 

Benché  io  riferisca  ad  una  specie  già  nota  parecchi  esem¬ 
plari  di  Mesocestoides ,  trovati  dal  dott.  Ragazzi  nell’  inte¬ 
stino  di  un  Caracal  (Lynx  caracal  —  presso  Massaua  — 


(*)  A.  Pagenstecher,  Zur  Naturgéschichte  der  Cestoden;  Zeitschr.  f.  wiss. 
Zool.  Bd.  XXX,  fig.  171.  Leipzig  1877. 

■(*)'  Vedi  R.  Moniez,  Notes  sur  les  helminthes  (IV);  Revue  biologique  du 
Nord  de  la  France,  4.e  année,  N.  1  (pag.  16  dell’ estratto)  ;  Lille  1891;  e 
vedi  anche  E.  Setti,  Elminti  dell' Eritrea  e  delle  regioni  limitrofe .  Atti 
Soc.  lig.  d.  Se.  nat.  e  geogr.  Voi.  IV,  pag.  13-14.  Genova  1893. 

(3)  C.  Parona,  Di  alcuni  elminti  raccolti  nel  Sudan  orientale  da  0.  Bec¬ 
casi  e  P.  Magretti.  Ann.  del  Museo  civico,  ser..  2.a,  voi.  II.  Genova,  1885. 

(4)  E.  Setti  ,  Sulle  tenie  delVHyrax  dello  Scioa  ;  Atti  Società  lig.  di  Se. 
nat.  e  geogr.  Voi.  II,  pag.  316-324.  Genova,  1891.  —  Vedi  anche  lavoro 
sopra  citato  :  Elminti  dell  Eritrea,  ecc. 

(5)  R.  Moniez  ,  lav.  cit. 

(6)  N.  Nassonow,  lav.  cit. 


31 


aprile  1894),  credo  tuttavìa  opportuno  il  descriverli  breve¬ 
mente,  poiché,  dall’esame  che  ne  ho  fatto,  tenendo  presente 
quanto  già  è  stato  scritto  sul  M.  lineatus  (Goeze)  e  sulle 
specie  affini,  ho  potuto  rilevare  anche  in  questo  gruppo  di 
tenie  incertezze  e  confusioni  notevoli  sulle  delimitazioni  spe¬ 
cifiche.  Gli  esemplari  di  cui  ora  tratto  sono  parecchi ,  per 
lo  più  incompleti,  e  taluni  ridotti  a  brevi  frammenti  per  la 
sottigliezza  dello  strobilio,  il  quale  si  lascia  rompere  con 
tutta  facilità.  Ma  tra  questi  frammenti  trovansi  pure  diversi 
scolici  con  porzioni  anteriori  di  strobilio,  e  qualche  esem¬ 
plare  abbastanza  completo. 

Per  dare  un’  idea  delle  dimensioni,  dirò  che  un  esemplare 
è  lungo  circa  30  centimetri,  pur  mancando  dello  scolice  e 
di  una  parte  dello  strobilio;  altri  esemplari,  anche  notevol¬ 
mente  incompleti,  sono  lunghi  tra  i  15  e  i  25  centimetri. 

La  massima  larghezza  dello  strobilio  giunge  in  certi  fram¬ 
menti  a  circa  mm.  2,5,  ma  in  generale  non  supera  i  2  mil¬ 
limetri.  Le  dimensioni  e  la  forma  dello  scolice  variano  sensi¬ 
bilmente  secondo  gli  esemplari,  e  siccome  questo  fatto  è  im¬ 
portante  per  dimostrare  un  graduale  passaggio  tra  la  forma 
tipica  del  Mesocestoides  lineatus  (Goeze)  e  quella  del  M.  Ut- 
teratus  (Batsch),  ritenute  dallo  Zschokke  e  da  altri  autori 
come  specie  distinte,  io  dò  nella  tavola,  i  disegni  dello  sco¬ 
lice  di  tre  diversi  esemplari  (fig.  27  a ,  b,  c),  e  nel  seguente 
prospetto  le  dimensioni  parimenti  desunte  dalle  misure  di 
varii  scolici  f1)/ 

uno  scolice  lungo  mm.  0,25  largo  mm.  0,33 

altro  »  »  »  0,27  »  »  0,36 

»  »  »  »  0,28  »  »  0,36 

»  »  »  »  0,30  »  »  0.35 

»  »  »  »  0,30  »  »  0,40 

Relativamente  alle  dimensioni  dello  scolice,  le  ventose 
sono  piuttosto  grosse,  giungendo  nel  massimo  diametro  a 
mm.  0.15. 

Allo  scolice  segue  in  ogni  esemplare  un  lungo  tratto  di 
collo,  che  può  misurare  dal  minimo  di  mm.  3  al  massimo 


(l)  La  lunghezza  può  determinarsi  con  precisione  solo  in  quegli  esemplari 
nei  quali  il  cosidetto  capo  è  ben  distinto  dal  collo. 


32 


di  mm.  8.  La  larghezza  di  questo  trattò  varia  tra  mm.  0,15 
e  0,20  presso  lo  scolice,  e  mm.  0,30  e  0,40  presso  le  prime 
proglottidi. 

Ma  queste  misure  non  possono  ritenersi  che  come  appros¬ 
simative,  perchè  in  alcuni  esemplari  vi  è  una  netta  distin¬ 
zione  tra  il  capo  ed  il  collo  (fìg.  27  a,  ò),  in  altri  invece 
la  parte  inferiore  dello  scolice  si  restringe  gradatamente, 
trasformandosi  in  collo  senza  lasciar  distinguere  una  linea 
di  separazione  tra  le  due  parti  (fìg.  27  c). 

E  quanto  all’  inizio  della  catena  strobiliare,  non  vi  è  mai 
un  punto  ben  determinato,  poiché  la  parte  posteriore  dei 
collo  mostra  per  buon  tratto  delle  segmentazioni  parziali 
gradatamente  più  accentuate ,  prima  di  dar  luogo  a  pro¬ 
glottidi  distinte. 

Le  prime  di  queste  proglottidi  hanno  una  media  lunghezza 
compresa  tra  mm.  0,05  e  0,10,  ed  una  larghezza  tra  mm. 
0,40  e  0,50;  la  loro  superfìcie  è  all’ incirca  rettangolare, 
coi  margini  liberi  leggermente  convessi.  Procedendo  verso 
la  parte  posteriore  dello  strobilio,  si  trova  naturalmente  che 
le  proglottidi  vanno  facendosi  più  lunghe  e  più  larghe,  ma 
in  modo  irregolarissimo,  e  che  si  presentano  con  forme 
molto  variabili,  non  solo  nei  diversi  esemplari,  ma  anche 
nei  diversi  tratti  dello  strobilio. 

Quelle  mediane  sono  generalmente  di  lunghezza  poco 
differente  della  larghezza,  ma  la  forma  può  essere  rettau- 
golare,  trapezoidale,  od  anche  elissoidale,  e  più  o  meno  cam¬ 
panulata  (fìg.  28  a  e  b). 

Le  terminali  sono  di  solito  alquanto  più  lunghe  che  lar¬ 
ghe,  assomigliando  a  quelle  dei  dipilidii  (fìg.  29)  ;  la  mas¬ 
sima  lunghezza  non  giunge  però  ai  4  millimetri. 

La  più  essenziale  caratteristica  del  genere  appare  evi¬ 
dentissima  anche  ad  occhio  libero ,  potendosi  scorgere  in 
ogni  proglottide  una  specie  di  nucleo  centrale ,  piccolo , 
tondeggiante  (nel  primo  tratto  dello  strobilio)  o  allungato 
nel  diametro  antero-posteriore  (nel  tratto  centrale  e  nei  ter¬ 
minale),  e  più  opaco  delle  parti  circostanti,  che  sono  di  color 
bianco  latteo  e  quasi  trasparenti.  E  noto  che  le  proglottidi 
delle  cosidette  tenie  margaritifere,  o  mesocestoidi,  hanno  in 
questo  nucleo  mediano  l’ammasso  principale  dei  loro  organi 
di  riproduzione;  solo  i  minuti  testicoli  sono  sparsi  in  tutta 
la  proglottide. 


33 


Nei  segmenti  molto  maturi  il  nucleo  *  centrale ,  non  più 
rappresentato  che  dall’  utero  e  dalla  sua  capsula,  appare 
rossastro  per  la  presenza  di  uova  nell’interno. 

Queste  uova  io  le  ho  trovate  mature  in  un  solo  degli 
esemplari,  non  avendo  gli  altri  raggiunto  il  loro  massimo 
sviluppo. 

Gli  organi  interni  sono  foggiati  sulla  forma  tipica  della 
specie,  che  minutamente  è  stata  descritta  dallo  Zschokke  (!)  ; 
è  quindi  inutile  che  io  mi  trattenga  in  proposito.  Dirò  sol¬ 
tanto  che  la  capsula  uterina  è  di  forma  alquanto  variabile 
secondo  i  diversi  esemplari  e  anche  secondo  le  proglottidi  di 
uno  stesso  individuo.  Talvolta  si  presenta  quasi  rotonda  od 
elissoidale,  tal’altra  invece  ovoidale  od  anche  piriforme,  con 
la  parte  più  stretta  rivolta  in  basso.  Nelle  proglottidi  più 
mature  si  trova  generalmente  quest’ultima  disposizione,  ma 
le  anomalie  non  sono  rare,  potendosi  trovare  anche  la  punta 
rivolta  in  alto,  oppure  la  forma  tondeggiante  od  in  altro 
modo  foggiata. 

Le  uova  mature  sono  per  lo  più  elissoidali,  ma  legger¬ 
mente  acuminate  sui  poli  (fig.  30).  Isolate  sono  di  color 
giallo  vivace,  ma  i  loro  ammassi  appaiono  bruno-aranciati. 
Nelle  medie  misure  il  loro  diametro  longitudinale  è  di  mm. 
0;055  e  il  trasverso  di  mm.  0,035. 

I  caratteri  degli  esemplari  ora  descritti  non  concordano 
tutti  perfettamente  con  quelli  tipici  della  specie  a  cui  li  ho 
assegnati;  per  questo  fatto,  e  perchè  gli  esemplari  stessi 
provenivano  da  ospite  e  da  paese  diversi  dai  normali,  io 
non  mi  sono  avventurato  a  classificarli  senza  aver  prima 
esaminate  attentamente  le  descrizioni  delle  specie  alle  quali 
potevano  confrontarsi  con  maggiore  opportunità.  E  questo 
esame  mi  ha  condotto  a  qualche  considerazione  su  cui 
parmi  utile  intrattenermi  qui  brevemente. 

Lasciando  da  parte  quelle  specie  dei  mesocestoidi  che 
per  notevole  divergenza  di  caratteri  possono  facilmente  al¬ 
lontanarsi  da  quella  degli  esemplari  ora  descritti,  e  trascu¬ 
rando  anche  quelle  troppo  imperfettamente  conosciute  fì- 


(l)  F.  Zschokke,  Recherches  sur  la  structure  anatomie  et  histologique 
des  Cestodes  ;  Genève,  1888  (pag.  147  e  seguenti). 


34 


nora  e  da  ritenersi  quindi  come  incerte,  prendiamo  invece 
in  considerazione  il  Mesocestoides  lineatus  (Goeze)  e  il  M. 
litteratus  (Batsch),  secondo  le  descrizioni  degli  autori  che 
più  particolarmente  ne  trattarono. 

Non  ripeterò  qui  la  storia  assai  complicata  di  queste  due 
specie,  essendo  già  stata  diligentemente  riassunta  nei  citati 
lavori  del  Krabbe  (pag.  24-27)  e  dello  Zschokke  (pag.  131- 
135  e  147);  ricorderò  soltanto  che  il  M.  lineatus  non  è 
altro  che  l’antica  Taenia  lineata  Goeze  (1782),  giusta¬ 
mente  considerata  dal  Railliet,  nella  seconda  edizione  del 
suo  trattato  (pag.  311),  come  tipo  del  genere  Mesocestoides 
Vaillant  (sinonime  T.  canis  lagopodis  Rud..,  T.  pseudo-cu- 
cumerma,  T.  pseudo-eli iptic a  Baillet)  ;  e  che  il  M.  litte¬ 
ratus  non  è  alla  sua  volta  che  l’antica  T.  litterata  Batsch 
(1786),  già  ritenuta  da  molti  elmintologi  (*)  come  sinonimia 
alla  T.  lineata,  ma  ora  generalmente  accettata  come  spe¬ 
cie  distinta,  in  seguito  alle  particolari  osservazioni  dello 
Zschokke  (2). 

Esaminate  molto  attentamente  le  descrizioni  delle  due 
specie,  e  sopratutto  i  caratteri  differenziali  rilevati  dallo 
Zschokke  e  dal  Condorelli  (3) ,  mi  sono  trovato  nell’  imba¬ 
razzo  per  classificare  gli  esemplari  sopra  descritti,  notando 
in  questi  dei  caratteri  intermedii,  e  notando  pure  delle  evi¬ 
denti  contraddizioni  negli  scritti  dei  varii  autori  sopra  le 
specie  suddette. 


6)  a)  J.  G.  H.  Zeder  ,  Erster  Nachtrag  zur  Naturgeschichte  der  Ein- 
geweidewiirmer  von  I.  A.  E.  Goeze.  Leipzig.  1800. 

bj  R.  Leuckart,  Die  B  lasenbandiourmer  und  ihre  Entioicklung,  etc. 
Giessen,  1856. 

c)  Io.  id.  ,  Bandwurrner  ;  Encyclopaedie  •  der  Thierlieilliunde  pag.  361- 
404.  Jahrg.  1884. 

d)  A.  Railliet,  Eléments  de  zoologie  médicale  et  agricole  (l.re  edition) 
pag.  265.  Paris  1886. 

(2j  F.  Zschokke  ,  loc.  cit.,  pag.  131  e  seguenti. 

N.  B.  Lo  stesso  Railliet  che  nella  prima  edizione  del  suo  trattato  riteneva 
sinonime  la  T.  litterata  e  la  T.  lineata ,  nella  seconda  edizione  cambiò 
di  avviso,  accettando  le  conclusioni  dello  Zschokke. 

(•q  Anche  il  Condorelli,  in  uno  studio  speciale  sulla  T.  litterata ,  sostiene 
l'indipendenza  di  questa  specie  dalla  T.  lineata  (T.  canis  lagopodis).  Vedi 
M.  Condorelli,  Contributo  allo  studio  della  T.  litterata;  Lo  Spallanzani, 
Anno  XXIX.  Roma  1891. 


Incominciamo  a  considerare  le  dimensioni: 

Il  Krabbe  (pag.  22)  dà  per  lunghezza  della  T.  lineata 
(T.  canis  lagopodis)  una  media  di  cm.  30-50  ed  un  mas¬ 
simo  di  cm.  130. 

Lo  Zschokke  (pag.  148)  dà  per  la  stessa  la  lunghezza  di 
cm.  30  e  anche  più ,  e  per  la  T.  litterata  (pag.  135)  un 
minimo  di  cm.  3,5,  un  massimo  di  cm.  7,8,  una  media  di 
cm.  4,7. 

Il  Condorelli  (estr.  pag.  8)  dà  per  la  prima  specie  la  lun¬ 
ghezza  di  cm.  30,  e  per  la  seconda  cm.  2-12. 

Finalmente  il  Railliet  (2.a  ediz.  pag.  311)  dà  per  la  T. 
lineata  la  lunghezza  media  di  cm.  30-50,  ma  porta  la  mas¬ 
sima  Ano  a  cm.  250. 

Come  si  vede,  queste  dimensioni  variano  notevolmente, 
tuttavia  i  miei  esemplari  sarebbero,  per  la  loro  lunghezza, 
da  considerarsi  senz’  altro  come  spettanti  alla  T.  lineata 
piuttosto  che  alla  T.  litterata. 

Ma  veniamo  agli  altri .  caratteri  più  importanti. 

Lo  scolice  della  T.  lineata  è,  secondo  il  Krabbe  (pag. 
22,  fìg.  64  e  69),  largo  nim.  0,6,  appiattito  o  quasi  concavo 
superiormente,  con  ventose  del  diametro  di  min.  0,25,  e  con 
collo  lungo  mm.  4  e  largo  0,45.  Secondo  lo  Zschokke  (pag. 
148  e  fìg.  57)  lo  scolice  della  stessa  specie  non  sarebbe  più 
grande  di  quello  della  T.  litterata,  ma  se  ne  distingue¬ 
rebbe  per  la  forma  generale  e  per  i  caratteri  delle  ven¬ 
tose.  Infatti  lo  scolice  della  T.  litterata  (pag.  135  e  fìg. 
48)  avrebbe  la  forma  di  «  deux  cònes  bas  se  touchant  par 
leurs  bases  »  ;  sarebbe  alquanto  più  largo  del  collo ,  dal 
quale  si  distinguerebbe  quindi  spiccatamente  (scolice  largo 
millimetri  0,4-0, 7  e  lungo  mm.  0,40-0,55;  collo  largo  mm. 
0,30  e  lungo  0,70  in  media)  ;  ed  avrebbe  le  ventose  assai 
grosse. 

Lo  scolice  della  T.  lineata  sarebbe  invece  «  une  massue 
nettement  tronquée  en  avant  et  qui  ne  paraìt  jamais  coin- 
posée  de  deux  cònes  »;  avrebbe  inoltre  le  ventose  «  toujours 
plus  petites  et  moins  musculeuses  que  chez  T.  litterata  » 
(pag.  148),  ed  infine  si  continuerebbe  insensibilmente  nel 
collo,  il  quale  andrebbe  restringendosi  invece  di  allargarsi 
verso  il  basso. 

Il  Condorelli  (estr.  pag.  8,  e  fig.  2,  3,  4,  8)  conferma  que- 


36 


sti  caratteri  differenziali  tra  le  due  specie,  aggiungendovi 
la  diversa  posizione  delle  ventose,  le  quali  occuperebbero 
«  i  due  terzi  anteriori  »  dello  scoline  nella  T.  lltterata,  e 
invece  «  la  metà  anteriore  »  nella  T.  lineata. 

Per  ultimo  il  Railliet  (2.a  ediz.  pag.  311)  s’accorda  pure 
con  lo  Zschokke  per  i  caratteri  della  T.  lineata ,  senza 
confrontarli  con  quelli  della  T.  litterata;  ma  riporta  dal 
Krabbe  e  dal  Neumann  due  figure  che,  come  vedremo,  sono 
alquanto  in  contraddizione  con  quanto  dice  nel  testo. 

Negli  esemplari  trovati  nel  Caracal,  e  da  me  sopra  de¬ 
scritti,  le  dimensioni  dello  scolice  sono  alquanto  inferiori 
(v.  pag.  31)  a  quelle  generalmente  indicate  per  le  due  specie 
in  confronto,  ma  non  sono  tali  tuttavia  da  giustificare  la 
distinzione  di  una  nuova  specie. 

Quanto  alla  forma  dello  scolice  stesso,  ed  ai  caratteri  delle 
ventose  e  del  collo,  i  miei  esemplari  si  mostrerebbero  come 
intermedii  tra  la  T.  lineala  e  la  T.  litterata. 

Infatti,  esaminando  la  descrizione  dei  detti  esemplari ,  a 
pag.  31-32 ,  e  le  rispettive  figure  alla  tavola  IX  (fig.  27 
a ,  b,  c )  si  vede  chiaramente  come  in  alcuni  casi  lo  scolice  si 
mostri  appiattito  superiormente  e  continuato  in  basso  nel 
collo  mediante  un  graduale  restringimento  (fig.  27,  a ),  in 
altri  casi  invece  appare  con  la  caratteristica  forma  indicata 
per  la  T.  litterata,  cioè  a  guisa  di  due  coni  congiunti  per 
la  base  (b)  e  ben  distinti  dal  collo  assai  ristretto;  in  altri 
casi  finalmente  con  forme  intermedie  (c). 

E  però  degna  di  nota  la  lunghezza  del  collo  che  in  tutti 
i  miei  esemplali  è  notevolissima,  a  differenza  di  quanto 
si  vorrebbe  per  la  T.  lineata  e  specialmente  per  la  T.  lit¬ 
terata. 

Tutti  questi  fatti  mi  avrebbero  lasciato  molto  in  dubbio 
sulla  determinazione  della  specie  nei  descritti  esemplari,  se 
d’altra  parte  non  mi  avessero  invece  dimostrato  l’impro¬ 
prietà  della  distinzione  specifica  tra  la  T.  lineata  e  la  T. 
litterata. 

A  questo  proposito  è  bene  rilevare  la  grande  confusione 
fatta  dai  varii  autori  nel  descrivere  i  caratteri  dello  scolice 
nelle  due  specie. 

Lo  Zschokke  afferma,  come  già  ho  detto,  che  le  ventose 
della  T.  lineata  sono  «  toujours  plus  petites  et  moins  mu- 


37 


sculeuses  que  chez  T.  litterata  »  ;  ma  nelle  corrispondenti 
figure  molto  accurate  (48  e  57)  mostra  quasi  il  contrario , 
lasciando  quindi  apparire  come  per  tal  carattere  sia  im¬ 
possibile  una  sicura  distinzione.  Egli  aggiunge  inoltre  che 
lo  scolice  dello  T.  lineata  presenta  superiormente  «  un  petit 
enfoncement  »  (pag.  148),  ma  anche  per  questo  la  rispettiva 
figura  è  in  contraddizione. 

Il  Condorelli  riconferma  in  gran  parte  le  osservazioni 
dello  Zschokke,  ma  se  ne  scosta  per  alcuni  notevoli  par¬ 
ticolari,  e  cade  egli  stesso  in  qualche  contraddizione. 

Rappresenta  anzitutto  con  tre  ben  diverse  figure  (2,  3, 
4)  lo  scolice  della  T.  litterata,  e  quanto  a  quella  carat¬ 
teristica  depressione  indicata  dallo  Zschokke  per  la  T.  li¬ 
neata,  egli  l’addita  invece  per  la  T.  litterata.  Afferma  inol¬ 
tre  che  le  ventose  della  T.  lineata  «  occupano  la  metà  an¬ 
teriore  dello  scolice  »,  mentre  quelle  della  T.  litterata  ne 
«  occupano  i  due  terzi  anteriori  ». 

Ora  è  ovvio  rilevare  che  questa  distinzione  è  arbitraria, 
perchè  non  è  possibile  riconoscere  una  metà  anteriore  od 
una  posteriore  nello  scolice  della  T.  lineata,  che  dallo  stesso 
autore  è  descritto  e  figurato  come  indistinto  dal  collo,  nel 
quale  gradatamente  si  continua. 

Finalmente  il  Railliet  (pag.  311)  porta  un  disegno  di  sco¬ 
lice  della  T.  lineata,  tratto  dal  Neumann,  dal  quale  ri¬ 
sulta  negata  una  delle  più  notevoli  caratteristiche  pretese 
per  lo  scolice  della  specie,  cioè  la  non  distinta  separazione 
tra  il  capo  ed  il  collo. 

A  tutto  ciò  bisogna  ancora  aggiungere  che  nel  buon  di¬ 
segno  della  T.  lineata,  fatto  dal  Krahbe  (loc.  cit.,  fig.  64 
e  65)  e  riportato  anche  dal  Railliet,  appare  notevole  la 
lunghezza  del  collo,  in  contraddizione  con  quanto  affermano 
tutti  gli  autori  (non  escluso  lo  stesso  Railliet)  che  lo  descri¬ 
vono  invece  come  cortissimo.  Nè  bisogna  trascurare  il  fatto 
che  nel  medesimo  disegno  appare  figurata  la  depressione 
anteriore,  la  quale  fa  certamente  avvicinare  la  forma  di  tale 
scolice  a  quella  disegnata  nella  fig.  2  del  Condorelli  per 
la  T.  litterata. 

Parmi  quindi  che,  per  quanto  riguarda  i  caratteri  dello 
scolice,  le  differenze  specifiche  tra  la  T.  litterata  e  la  T . 
lineata  possano  ritenersi  come  infondate. 


38 


Ma  gli  autori  che  sostengono  la  separazione  delle  due 
specie  trovano  appoggio  alla  loro  opinione  anche  nei  ca¬ 
ratteri  degli  organi  genitali.  Lo  Zschokke  osserva  difatti 
che  tali  organi,  pur  essendo  nella  T.  lineata.  «  construits 
tout  à  fait  d’après  le  mème  type  que  ceux  de  T.  litterata  » 
(pag.  149),  hanno  però  le  parti  costituenti  «  plus  minces, 
plus  grèles,  plus  serrées  et  bornées  sur  un  espace  plus 
étroit  que  chez  T.  litterata  »  (pag.  150).  Aggiunge  poi  che 
le  proglottidi  mature  hanno  la  capsula  uterina  appiattita 
in  basso  e  con  la  punta  in  alto  nella  T.  litterata ,  e  la  di¬ 
sposizione  opposta  nella  T.  lineata  (pag.  151  e  fìg.  55  e  59). 

A  questo  proposito  si  può  anzitutto  osservare  che  il  Con- 
dorelli,  pur  sostenendo  la  separazione  delle  due  specie,  non 
conferma  affatto  le  asserzioni  dello  Zschokke;  che,  in  secondo 
luogo,  le  varie  figure  date  dal  Krabbe  (fìg.  66,  67,  70,  71) 
per  la  T.  lineata  mostrano  la  tasca  uterina  con  aspetto 
assai  diverso  secondo  il  grado  di  maturità  ;  e  che  finalmente 
io  ho  pur  trovato  per  lo  stesso  carattere  una  variabilità  no¬ 
tevolissima,  anche  in  proglottidi  ugualmente  mature  di  di¬ 
versi  esemplari. 

Sotto  ogni  riguardo,  io  credo  dunque  assai  discutibile  la 
distinzione  specifica  tra  le  due  forme  in  discorso,  e,  contra¬ 
riamente  all’opinione  autorevole  dello  Zschokke,  parmi  tut¬ 
tora  più  naturale  il  considerarle  come  sinonime,  o  almeno 
come  due  semplici  varietà  di  una  specie  ('). 

Mesocestoides  longistriatus  n.  sp. 

(Tav.  IX,  fìg.  31-38). 

Gli  esemplari  di  questo  nuovo  mesocestoide  vennero  tro¬ 
vati  in  numero  considerevole  nell’  intestino  di  un  gatto  sel¬ 
vatico  (Ghinda,  febbraio  1893). 


(4)  Non  bisogna  dimenticare  che  lo  Zschokke  medesimo,  quasi  ritenesse 
discutibile  la  sostenuta  separazione  delle  due  specie,  ha  dovuto  limitare  la 
fermezza  delle  sue  conclusioni  con  le  seguenti  parole  :  «  il  est  évident 
qu’elles  (le  due  specie)  occupent  une  place  très  rapprochée  l’une  de  l’autre 
dans  le  systeme,  tous  les  traits  principaux  de  leur  organisation  étant  abso- 
lument  les  mèmes.  On  peut  s’expliquer  cette  parenté  étroite  en  admettant 
que  les  deux  espèces  proviennent  d’un  type  ancestral  commun....  »  (loc. 
cit.  pag.  152). 


39 


Per  essere  molto  stretti  in  confronto  alla  lunghezza  dello 
strobilio,  potrebbero  distinguersi  anche  a  prima  vista  dai 
pochi  congeneri  finora  conosciuti  ;  infatti  la  media  larghezza 
dei  nuovi  esemplari  non  arriva  che  a  7  o  ad  8  decimilli¬ 
metri,  mentre  la  lunghezza  raggiunge  o  anche  sorpassa  i 
20  centimetri. 

Ma  avendo  messo  in  dubbio  io  stesso  la  distinzione  spe¬ 
cifica  tra  il  M.  lineatus  e  il  M.  ìitteratus ,  pur  avendo 
notato  la  rilevante  differenza  di  dimensioni  nelle  due  forme, 
non  devo  dare  gran  peso  ai  caratteri  desunti  delle  misure  ; 
osservo  soltanto  che  anche  questi  hanno  un  certo  valore  , 
quando  vanno  accompagnati ,  come  nel  caso  presente ,  da 
molti  altri  di  maggior  importanza.  D  d  resto,  le  misure  che 
ho  dato  non  rappresentano  che  una  media  approssimativa, 
non  avendo  potuto  isolare  che  pochissimi  esemplari  completi 
dall’ intricato  gomitolo  in  cui  ho  trovati  raccolti  i  nuovi 
elminti  del  gatto  selvatico. 

In  qualche  frammento  di  strobilio  ,  a  proglottidi  ben  ma¬ 
ture ,  ho  trovato  la  massima  larghezza  di  mm.  1,1;  e  in 
qualche  esemplare,  pure  incompleto  notevolmente,  ho  tuttavia 
trovato  una  lunghezza  di  cm.  17-18  (ciò  che  lascia  quindi  sup¬ 
porre  che  la  massima  lunghezza  possa  superare  i  cm.  20). 

Le  dimensioni  dello  scolice  variano  pure  secondo  gli  esem¬ 
plari.  Considerando,  convenzionalmente,  come  scolice  soltanto 
la  estremità  anteriore  più  ingrossata,  e  non  il  collo  più  sot¬ 
tile  con  cui  essa  si  continua,  ho  trovate  le  seguenti  misure: 


in  un  esemplare,  scolice  largo  mm.  0,20  lungo  mm.  0,20 
in  altro  »  »  »  »  0,21  »  ,  »  0,17 

»  »  »  »  »  »  0,26  »  »  0,21 

»  »  »  »  »  »  0,28  »  »  0,21 

»  »  »  »  »  »  0,30  »  »  0,23 


Lo  scolice  può  dunque  dirsi  piuttosto  piccolo ,  e  nelle 
misure  relative  generalmente  assai  più  largo  che  lungo. 
Come  dimostro  nella  fìg.  31  della  tavola  IX,  esso  è  ben  di¬ 
stinto  dal  collo,  che  è  stretto  e  di  lunghezza  variabilissima 
secondo  gli  esemplari  (largo  in  media  mm.  0,20  e  lungo 
da  mm.  1  a  mm.  3,5)  f1).  Nella  parte  superiore  è  legger- 


(■)  Nella  maggior  parte  degli  esemplari  è  difficile  precisare  la  lunghezza 


40 


mente  convesso,  senza  rostrello,  senza  uncini  e  senza  infos¬ 
samento. 

Le  quattro  ventose  sono  relativamente  assai  grosse,  mi¬ 
surando  di  solito,  nel  massimo  diametro,  mm.  0,17. 

Lo  strobilio,  ad  aspetto  filiforme,  è  costituito  di  proglot¬ 
tidi  diverse  di  forma  e  di  dimensioni,  secondo  le  varie  parti 
di  uno  stesso  esemplare,  o  anche  in  parti  corrispondenti 
di  esemplari  diversi.  Cosicché  è  impossibile  riassumere  in 
un  .breve  prospetto  numerico  le  misure  delle  proglottidi 
nelle  varie  parti  dello  strobilio. 

Dirò  soltanto  che  le  prime  proglottidi,  a  superfìcie  ret¬ 
tangolare,  sono  larghe  generalmente  mm.  0,80-0,35  e  lunghe 
appena  mm.  0,025-0,030.  Ma  a  qualche  centimetro  dallo 
scolice  sono  già  lunghe  mm.  0,30-0,40,  e  tuttavia  non  sono 
più  larghe  di  mm.  0,7.  Allontanandosi  ancor  più  dallo  sco¬ 
lice  la  loro  lunghezza  cresce  rapidamente  ma  in  modo  ir¬ 
regolare,  mentre  la  larghezza  resta  invariata  o  cresce  po¬ 
chissimo. 

Di  pari  passo  il  bordo  posteriore  delle  singole  proglot¬ 
tidi  si  fa  sensibilmente  più  lungo  dell’  anteriore,  determi¬ 
nando  una  forma  trapezoidale  o  anche  campanulata  nelle 
proglottidi  stesse,  e  quindi  una  dentellatura  nei  margini 
dello  strobilio. 

Prima  della  metà  del  corpo  la  lunghezza  supera  già  la 
larghezza,  in  seguito  cresce  ancora,  ma  in  modo  sempre 
più  irregolare  (fìg.  »34)  ;  talvolta,  dopo  un  tratto  a  proglot¬ 
tidi  molto  lunghe  e  strette,  ne  segue  un  altro  a  proglot¬ 
tidi  brevi  e  relativamente  larghe. 

Frequentemente  nella  parte  centrale  e  nella  posteriore 
dello  strobilio  la  forma  delle  proglottidi  è  ellissoidale  al¬ 
lungata,  come  quella  che  si  osserva  nei  dipilidii.  Del  resto 
possono  notarsi  rilevantissime  anomalie.  La  massima  lun¬ 
ghezza  delle  proglottidi  arriva  in  parecchi  esemplari  a  mm. 
3,  e  in  taluno  fino  a  mm.  4;  la  massima  larghezza,  come 
già  ho  detto,  è  di  mm.  1,1,  ma  nella  maggior  parte  degli 
esemplari  raggiunge  appena  il  millimetro. 


del  collo,  mostrando  questo  per  buon  tratto,  della  parte  posteriore  una  seg¬ 
mentazione  parziale  più  o  meno  accentuata,  che  non  permette  di  distinguere 
il  limite  tra  la  base  del  collo  stesso  e  il  principio  dello  strobilio. 


41 


Esaminando  il  verme  a  piccolo  ingrandimento,  si  osser¬ 
vano,  alla  superfìcie,  molte  striature  longitudinali ,  più  o 
meno  spiccate  secondo  gli  esemplari  e  secondo  i  tratti  dello 
strobilio,  ma  sempre  visibili  facilmente  (fìg.  35-37).  Ed  è 
questo  carattere  che  mi  ha  suggerito  il  nome  specifico  dei 
nuovo  cestode. 

I  corpuscoli  calcari  sono  anche  appariscentissimi  a  pic¬ 
colo  ingrandimento,  e  presentano  una  singolarità  nella  loro 
disposizione,  trovandosi  generalmente  raccolti  in  parecchie 
linee  longitudinali  (fìg.  38). 

I  due  canali  primarii  del  sistema  escretore  sono  di  grosso 
calibro  e  quindi  visibili  con  facilità;  essi  percorrono  lon¬ 
gitudinalmente  le  proglottidi,  facendole  apparire  quasi  di¬ 
vise  in  tre  zone,  di  cui  la  mediana,  più  larga  delle  altre, 
racchiude  nel  suo  interno  la  massa  principale  degli  organi 
riproduttori.  Le  prime  traccie  di  questi  appaiono  già  nelle 
proglottidi  giovanissime,  e,  come  di  regola,  l’apparato  ma¬ 
schile  si  sviluppa  assai  prima  del  femminile. 

Nelle  proglottidi  a  pochi  millimetri  dallo  scolice,  si  può 
già  scorgere,  anche  a  debole  ingrandimento,  la  macchia  cen¬ 
trale  tondeggiante,  caratteristica  dei  mesocestoidi,  e  attorno 
ad  essa  altre  macchie  molto  più  piccole,  numerose  ma  li¬ 
mitate  alla  zona  mediana  (fìg.  35).  Sono  questi  i  testicoli, 
che  circondano  la  tasca  del  pene. 

Procedendo  verso  proglottidi  più  lontane  dallo  scolice,  no¬ 
tasi  tosto  che  la  tasca  diventa  gradatamente  più  allungata, 
piriforme,  con  la  parte  più  dilatata  verso  l’alto;  mentre  i 
testicoli  si  fanno  più  grossi  e  allungati  nel  senso  della  lar¬ 
ghezza  delle  proglottidi,  occupando ,  anche  un  tratto  delle 
zone  laterali  all’esterno  dei  grossi  canali  escretori.  In  pro¬ 
glottidi  ancora  più  lontane  dallo  scolice,  ma  non  a  più  di 
due  o  tre  centimetri ,  possono  già  scorgersi ,  lateralmente 
all’  estremità  posteriore  della  tasca,  le  prime  traccie  degli 
organi  femminili,  sotto  l’aspetto  di  due  masse  piriformi, 
granulose,  poco  più  grosse  dei  testicoli  ;  e  intanto  nella  parte 
anteriore  della  tasca  si  rende  sempre  più  distinto  il  mar¬ 
gine  dello  sbocco  sessuale,  notevolmente  dilatato  e  di  forma 
circolare  (cloaca?)  (fìg.  36).  A  tal  punto  i  testicoli  sono  com¬ 
pletamente  maturi,  raggiungono  la  massima  grandezza,  si 
presentano  per  lo  più  con  contorno  ovale  od  ellittico,  ma 


42 


alquanto  irregolare,  e  col  maggior  diametro  nel  senso  della 
larghezza  della  proglottide  (misurano  mrn.  0,025-0,030  sopra 
mm.  0,045-0,050);  sono  disposti  in  parecchi  strati,  tanto 
nello  spessore  come  nella  larghezza  e  nella  lunghezza  della 
proglòttide.  In  seguito  questi  testicoli  si  fanno  più  radi, 
cambiano  alquanto  di  forma,  e  a  poco  a  poco,  collo  svilup¬ 
parsi  dell’ utero,  finiscono  per  iscomparire  del  tutto. 

La  tasca  del  pene,  che  nel  primo  tratto  dello  strabilio  è, 
come  ho  detto,  piriforme,  ed  occupa  tutta  la  lunghezza  della 
proglottide,  si  riduce  gradatamente  alla  parte  anteriore  di 
questa,  quando  si  osserva  in  punti  più  lontani  dallo  sco¬ 
line,  riia  si  fa  tuttavia  assai  più  allungata,  diventando  anche 
le  proglottidi  gradatamente  più  lunghe. 

Guardando  attentamente  al  microscopio  proglottidi  ma¬ 
ture,  intiere,  preparate  per  compressione ,  si  possono  scor¬ 
gere  attorno  al  margine  della  cloaca  numerose  striature  ra¬ 
diali  molto  caratteristiche  (fìg.  37-38) ,  che  sono  probabil¬ 
mente  da  interpretarsi  come  muscoli  in  relazione  con  la 
cloaca  o  con  la  tasca  del  pene. 

Gli  ovarii  e  le  altre  ghiandole  dell’apparato  femminile, 
che  incominciano  ad  apparirò  (come  abbiamo  già  notato) 
nella  parte  posteriore  delle  proglottidi,  a  due  o  a  tre  cen¬ 
timetri  dallo  scolice,  aumentano  poco  di  volume,  assumono 
un  aspetto  reniforme  (flg.  37),  ma  non  permangono  che  per 
breve  tratto  dello  strabilio;  scompaiono  anche  con  lo  scom¬ 
parire  dei  testicoli. 

L’utero  ha  decorso  molto  sinuoso  nel  primo  periodo  del 
suo  sviluppo,  quando  trovasi  limitato  alla  parte  posteriore 
delle  singole  proglottidi,  tra  gli  ovarii  e  la  base  della  ta¬ 
sca  del  pene.  In  seguito  aumenta  di  diametro,  si  fa  meno 
sinuoso,  éd  occupa  tutta  la  lunghezza  della  proglottide  nella 
zona  centrale,  assumendo  la  stessa  forma  che  osservasi  in 
quello  del  M.  lineatus .  Ma  la  capsula  uterina,  collocata  al- 
T estremità  posteriore  delle  proglottidi  maturissime,  può  pre¬ 
sentarsi  con  aspetti  svariati  (rotonda,  ellittica,  ovale,  reni¬ 
forme);  generalmente  è  più  larga  che  lunga,  e  raggiunge 
un  diametro  massimo  di  mm.  0,35  (flg.  38). 

Le  uova  contenute  nella  capsula  sono  di  forma  ellissoi¬ 
dale  od  ovoidale,  e  misurano  mm.  0,026  nella  massima  lun¬ 
ghezza  (flg.  38  bis). 


43 


Dopò  l’accurato  esame  bibliografico  che  avevo  fatto  a 
proposito  del  M.  linealtus,  non  ho  avuto  difficoltà  a  per¬ 
suadermi  che,  seguendo  i  criterii  sistematici  tuttora  in  uso, 
il  mesocestoide  ora  deiscritto  non  poteva  assegnarsi  ad  al¬ 
cuna  delle  specie  già  note.  Del  resto,  all’infuori  del  M.  li- 
neàtus  (T.  lineata  e  T.  litterata),  non  si  conoscono  quali 
parassiti  di  mammiferi  altre  specie  bene  accertate  di  me- 
socestoidi;  e  per  le  pochissime  conosciute  negli  uccelli  non 
si  può  pensare  ad  un’identificazione  con  la  specie  qui  de¬ 
scritta,  sia  per  la  troppo  evidente  divergenza  nei  rispettivi 
caràtteri  esterni,  sia  per  la  distanza  sistematica  tra  i  loro 
ospiti. 

NEMATOD1 

Ascaris  férox  Hemp.  et  Ehrbg. 

Questa  specie  fu  già  più  volte  indicata  tra  gli  elminti 
dell’Africa  orientale,  e  sempre  come  parassita  degli  iraci  f1). 

Nella  nuova  raccolta  Ragazzi,  figura  in  parecchi  esem¬ 
plari  (femmine)  trovati  ancora  nell’  intestino  di  un  Ilyrax 
sp.  ?;  ma  in  località  diversa  da  quelle  a  cui  si  riferiscono 
le  precedenti  indicazioni.  Ed  io  credo  utile  farne  qui  cenno, 
appunto  per  questo  particolare  che  interessa  la  distribuzione 


P)  Vedi  lavori  seguenti: 

a)  F.  G.  Hemprich  e  C.  Ehrenberg.  Symbolae  physicae,  seu  icones  et 
descriptiones  Mammalium .  Avium,  ecc....  quae  ex  itinere  per  Africani  bo¬ 
reale  m  et  Asiani  occidentalem  redierunt.  Berolini,  1828-1845  (vedi:  Mam¬ 
mana ,  articolo  sull'  Hyrax j. 

b)  F.  Dujardin,  Histoire  natnrelle  des  Jielminthes ,  p.  292.  Paris,  1845. 

c)  A.  Schneider,  Monograpliie  der  Nematoden ,  p.  40,  tav.  II,  fìg.  1  e  2. 
Berlin,  1866. 

d)  C.  Parona,  Di  alcuni  elminti  raccolti  nel  Sudan  orientale  da  0. 
Beccari  e  P.  Magretti,  Ann.  Museo  Civico,  Serie  II,  voi.  II,  p.  439.  Genova. 
1885. 

e)  E.  Setti,  Elminti  dell'  Eritrea  e  delle  regioni  limitrofe.  Atti  Soc. 
lig.  se.  nat.  e  geogr.,  voi.  IV,  pag.  17  e  20-21,  Genova,  1893. 

f)  M.  Stossich,  Il  gen.  Ascaris  Linn.,  Boll.  Soc.  Adriat.  se.  nat.  voi. 
XVII,  p.  12.  Trieste,  1896. 

g)  N.  Nassonow,  Endoparassiti  della  «  Procacia  syriaca  »,  Pubblica¬ 
zioni  del  labor.  zoologico  dell’ Università  di  Varsavia  (in  russo),  pag.  211, 
Varsavia,  1897. 


44 


geografica  degli  elminti.  L’  ospite  dei  nuovi  esemplari  fu 
preso  ad  Asmara  nel  settembre  del  1892. 

Ascaris  spiculigera  Rud. 

Molti  esemplari,  quasi  tutti  di  sesso  femminile,  trovati  4 
in  intestini  di  Pelecanus  onocrotalus,  Linn.,  presso  Mas- 
saua,  nell’ottobre  del  1892  e  nel  gennaio  del  1893. 

La  lunghezza  di  questi  esemplari  varia  da  mm.  20  a  30, 
ed  è  quindi  alquanto  inferiore  a  quella  generalmente  indi¬ 
cata  dagli  Autori  ;  ma  gli  altri  caratteri,  tipici  della  specie, 
sono  ben  evidenti. 

Anche  questo  ascaride  ,  assai  comune  nei  palmipedi  ed 
universalmente  diffuso,  venne  già  indicato  nelle  regioni  li¬ 
mitrofe  all’Eritrea  (*)  ed  in  ospite  della  stessa  specie  di  quello 
in  cui  fu  raccolto  dal  dott.  Ragazzi. 

Oxyuris  Stossichi  n.  sp 
(Tav.  IX,  fig.  39-41). 

Non  era  stata  indicata  finora  alcuna  specie  di  ossiuride 
come  parassita  dell’  istrice  ;  esaminai  quindi  con  particolare 
interesse  gli  esemplari  di  Oxyuris  che  trovai  nella  raccolta 
Ragazzi,  sotto  V  indicazione  :  «  In  Hystrix  cristataL.  (in¬ 
testino),  Massaua,  marzo  1893.  » 

Fra  i  molti  esemplari  contai  due  soli  maschi  ,  distinti 
naturalmente  anche  ad  occhio  libero  per  le  minori  dimen¬ 
sioni  e  per  l’aspetto  della  parte  posteriore  del  corpo  stret¬ 
tamente  ravvolta  a  spirale;  benché  a  prima  vista  potessero 
confondersi  con  i  maschi  alcune  giovani  femmine  più  pic¬ 
cole  delle  altre  e  col  corpo  ravvolto  su  sé  stesso,  forse  per 
l’azione  dell’alcool. 

Salvo  queste  eccezioni,  le  femmine  sono  lunghe  in  media 
mm.  12  (di  cui  mm.  2-2  l/2  spettano  alla  coda),  ed  hanno 
il  diametro  massimo  di  un  millimetro. 

Dei  due  maschi,  uno  è  lungo  mm.  5  ed  ha  il  diametro 


(*)  Dujardin,  loc.  cit.,  pag.  206.  —  Schneider,  loc.  cit.,  pag.  45.  tav.  I, 
fig.  14.  —  Stossich,  loc,  ult.  cit.,  pag.  25. 


massimo  di  mm.  0,37  ;  l’altro  è  lungo  mm.  8  ed  ha  il  dia¬ 
metro  di  mm.  0,58.  Oltrecchè  pei  caratteri  già  indicati,  si 
distinguono  esternamente  dalle  femmine  per  avere  la  coda 
ridotta  a  un  breve  moncone  (fig.  40). 

In  questo  ossiuride  dell’istrice,  il  tegumento  presenta  delle 
strie  trasversali  compattissime,  ma  alquanto  irregolari;  nella 
parte  anteriore  si  espande  lateralmente  in  modo  da  costi¬ 
tuire  due  alette,  di  variabile  lunghezza  secondo  gli  esem¬ 
plari,  ma  di  solito  limitate  ad  un  millimetro  od  anche  a 
meno  (fig.  39). 

L’esofago,  lungo  da  mm.  0,5  a  mm.  0,7,  è  conico,  col 
diametro  maggiore  in  basso  verso  il  ventricolo.  Questo  è 
quasi  rotondo  e  col  diametro  di  mm.  0,2  all’ incirca.  L’in¬ 
testino  propriamente  detto  inizia  con  una  notevole  dilata¬ 
zione  (fig.  39  ^ ) ,  dopo  la  quale  si  restringe  subito,  per 
proseguire  poi  con  percorso  quasi  rettilineo  e  con  diametro 
quasi  costante  fino  all’apertura  anale,  situata  alla  base  della 
coda,  cioè  a  mm.  2-2  V9  dall’estremità  assoluta  del  corpo 
(fig.  39  a). 

L’apertura  sessuale  femminile  trovasi  alla  distanza  media 
di  mm.  1,7  dall’estremità  anteriore  del  corpo.  L’utero,  in 
tutti  gli  esemplari  che  ho  esaminato,  presenta  delle  ampie 
dilatazioni,  piene  di  innumerevoli  uova  (fig.  39  u  e  fig.  41). 
Queste  sono  generalmente  oblunghe,  asimmetriche,  più  con¬ 
vesse  da  un  lato;  ma  talora  anche  simmetriche,  ovoidali  od 
ellissoidali  ;  la  loro  media  lunghezza  è  di  mm.  0,070-0,075 
e  la  larghezza  di  mm.  0,035-0,038.  L’embrione  non  occupa 
che  la  parte  centrale  dell’ uovo,  lasciando  attorno  molto  spa¬ 
zio  libero  (fig.  41). 

Nei  due  maschi  ho  notato  . che  il  pene  si  trova  a  mm.  0,13 
dall’estremità  posteriore  del  corpo;  dirigendosi  obliquamente 
dall’  alto  in  basso  ,  fuoresce  da  una  piccola  prominenza  , 
per  metà  solo  della  propria  lunghezza,  che  complessivamente 
è  di  mm.  0,25.  Alla  base  ha  il  diametro  di  mm.  0,016,  all’a¬ 
pice  è  arrotondato  e  poco  più  sottile  che  alla  base  stessa 
(fig.  40). 

Ho  confrontato  l’ ossiuride  ora  descritto  con  gli  altri  già 
noti,  sopratutto  con  quelli  parassiti  dei  rosicanti,  valendomi 
non  solo  delle  corrispondenti  descrizioni,  ma  anche  degli 


46 


esemplari  appartenenti  alla  raccolta  del  prof.  Parona,  e  mi 
sono  facilmente  persuaso  di  doverlo  considerare  come  nuova 
specie. 

Si  può  infatti  distinguere  a  prima  vista  dall’  0.  obv'elata 
Brems. ,  dell’  0.  semilanceolata  Molin,  dall’O.  obesa  Dies., 
e  dall’O.  stroma  Linst.,  non  fosse  per  altro  che  per  le  no¬ 
tevolissime  differenze  nelle  dimensioni  l1). 

Si  avvicinerebbe  invece  di  molto  all’O.  ambigua  Rud., 
sia  per  le  dimensioni  stesse  che  per  altri  caratteri  esterni 
ed  interni:  ma  si  può  facilmente  distinguere  anche  da  questa 
specie  per  l’aspetto  dell’  estremità  posteriore  dei  maschi,  i 
quali  neH’O.  ambigua  sono  provvisti  di  coda  molto  lunga  (2). 

E  inutile  parlare  di  altre  specie,  per  le  quali  il  confronto 
è  meno  ovvio,  sia  perchè  spettanti  ad  ospiti  sistematica- 
mente  troppo  lontani  da  quello  di  cui  qui  si  tratta,  sia 
perchè  si  dovrebbe  basare  il  confronto  sopra  dati  troppo 
incompleti ,  riferendosi  a  forme  non  bene  studiate  finora. 

Il  nome  'specifico  col  quale  ho  voluto  indicare  questo 
nuovo  ossiuride  è  una  testimanianza  di  amicizia  e  di  stima 
al  chiarissimo  elmintologo  triestino,  al  prof.  Michele  Stos- 
sich. 

Filaria  quadrispixa  Dies. 

F.  perforane  Molin 

Gli  esemplari  di  questa  specie  trovati  nella  collezione 
Ragazzi,  sono  pochi  e  in  cattivo  stato  di  conservazione;  per 
lo  più  a  frammenti,  e  due  soli  completi  di  sesso  femminile. 
Questi  due  ultimi  hanno  un  diametro  massimo  di  min.  0,4 
e  una  lunghezza  di  cm.  25  all’incirca.  Li  ho  determinati 


(1)  Per  1’  0.  obvelata  Brems.  veggasi  Dujardin  (pag.  140),  e  Linstow 
(Helmintologisches ,  Archiv  tur  Naturgesch.,  50  Jalirg.,  I  Bd.,  Berlin  1884, 
p.  134).  Per  YO.  semilanceolata  Molin  =  0.  tetraptera  Nitzsch  (Linstow, 
Compendium  helm.  Nachtrag.  Hannover,  1889,  p.  10)  veggasi  Molin  (Pro- 

<  dromus  faunae  helminth.  venetae ,  Denkschr.  der  K.  Akad.  d.  Wissensch., 
XIX,  Bd.  p.  275,  Wien,  1861).  Per  O.  obesa  Dies.  vegg.  Sciineider  (Mo- 
nogr.  cit ,  pag.  121).  Per  1’  O.  stroma  vegg,  Linstow,  (Helm.  Arch.  f.  Na- 
turg.  50,  Jahrg.,  pag.  134). 

(2)  Dujardin,  (op.  cit.).  p.  232.  Schneider,  (op.  cit.) ,  p.  119,  tav.  VII, 
fig.  12. 


47 


con  difficoltà  e  non  senza  qualche  incertezza.  Però,  sia  per 
il  loro  ospite  (Mellivora  capensis  Fr.  Cuvier),  sia  per  la 
località  in  questo  occupata  (sotto  la  pelle  del  collo),  sia  fi¬ 
nalmente  e  sopratutto  per  le  dimensioni  e  per  i  più  appa¬ 
riscenti  caratteri  delle  due  estremità,  non  posso  ritenerli  che 
come  spettanti  alla  specie  suddetta  f1). 

Furono  raccolti  a  Ghinda,  nel  febbraio  del  1893. 


Nel  prospetto  generale  degli  elminti  dell'Eritrea,  che  ho 
presentato  nel  mio  precedente  e  già  citato  lavoro  (1893),  ho 
potuto  elencare  complessivamente  31  specie,  comprenden¬ 
dovi  non  solo  quelle  studiate  da  me,  ma  anche  tutte  quelle 
precedentemente  indicate  da  altri  autori.  Dopo  la  presente 
pubblicazione  si  possono  aggiungere  a  quel  prospetto  altre 
13  specie,  portando  il  numero  complessivo  a  44  (5  trema- 
todi,  21  cestodi,  2  acantocefali ,  16  nematodi). 

Per  tutta  la  fauna  elmintologica  di  una  regione  non  è 
certo  un  numero  rilevante,  ma  considerato  in  rapporto  con 
la  natura  speciale  della  fauna  stessa  e  della  regione  a  cui 
questa  appartiene,  può  ritenersi  per  ora  come  discreto. 

Ad  ogni  modo,  il  nuovo  contributo  da  me  portato  allo 
studio  di  questa  faun  i,  può  dirsi  relativamente  importante 
anche  solo  per  il  numero  delle  specie  comprese.  Ma  oc¬ 
corre  notare  che  la  maggior  parte  di  queste  sono  forme 
nuove,  e  che  lo  studio  fattone,  benché  dal  punto  di  vista 
zoologico,  e  non  da  quello  anatomico  propriamente  detto, 
mi  ha  condotto  necessariamente  a  fare  indagini  e  conside¬ 
razioni,  non  inutili  certo,  anche  sull’  anatomia  comparata 
dei  varii  ordini  di  elminti. 

Ricorderò  Analmente  che,  mediante  la  revisione  di  alcune 
specie  già  da  altri  studiate,  e  l’esame  di  una  estesa  biblio¬ 
grafìa,  e  i  frequenti  confronti  col  materiale  della  preziosa 
raccolta  del  prof.  Parona,  ho  potuto  arricchire  questo  mio 
contributo  di  studi,  con  moltissime  osservazioni  di  critica 
sistematica. 

(9  Vedi  C.  Diesino,  Stjstema ,  II,  pag.  271.  —  R.  Molin,  Versuch  \einer 
Monogr&pMe  der  Filarien  ;  Sitzungsber.  K.  Akad.  Wiss.  (Mathem.  naturw. 
Classe)  Bd.  XXVIII,  N.  5.  AVien  1858,  pag.  387.  —  A.  Schneider,  (op. 
cit.)  pag.  85. 

NB.  All- elenco  aggiungere  anche  Dipylidmm  Ger vaisi  Setti  (1895). 

—  A  pag.  32  (estratto  pag.  34)  linea  6,  invece  di  fig,  27  a,  b,  leggere 
fig.  27  c,  1)  ;  e  alla  linea  9,  invece  di  fig.  27  C  leggere  fig.  27  a. 

—  Nella  spiegazione  Tav.,  fig.  18,  in  luogo  di  lo:  1  leggere  15Ó  :  1. 


48 


SPIEGAZIONE  DELLE  TAVOLE  Vili  e  IX 


Indicazioni  comuni  a  tutte  le  figure: 

vi.  —  ventose;  vi).  —  ventosa  boccale;  v.v.  —  ventosa  ventrale;  f.  —  fa¬ 
ringe;  oe.  —  esofago;  i.  —  intestino;  a.  —  ano;  c.e.  —  canale  escretore 
t.p.  —  tasca  del  pene;  d.  —  deferente;  t.  —  testicoli;  ov.  —  ovario;  g.v. 
—  vitellogeni;  g.g.  =  ghiandole  del  guscio;  od.  —  ovidotto;  od.es.  —  ovi¬ 
dotto  esterno;  u.  —  utero;  t.n.  —  tasca  uterina;  v.  —  vagina;  o.  =  uova. 

Tavola  Vili. 

Fig.  1.  Otìotrema  torosum  n.  gen.  n.  sp. ,  visto  dalla  superfìcie  ventrale 
(ingrand,  lineare  2:1). 

»  2.  Lo  stesso,  visto  di  fianco  ingrand.  come  sopra). 

»  3.  Lo  stesso,  visto  dalla  superfìcie  dorsale  (ingrand,  come  sopra  . 

»  4.  Lo  stesso,  schema  di  sezione  all’ estremità  anteriore  (ingrand,  lin. 

10  :  1). 

»  5.  Lo  stesso,  schema  di  sezione  a  3  mm.  dall’ estremità  anteriore 

(ingrand,  lin.  10  :  1). 

»  6.  Distomum  (Polyorchis)  Ragazzii ,  n.  sp.,  visto  dalla  superfìcie  dor¬ 

sale  (ingrand.  lin.  15  :  1  . 

»  7.  Lo  stesso,  parte  posteriore  vista  dalla  superfìcie  ventrale  (ingrand, 

come  fig.  precedente). 

»  8.  Distomum  n.  sp.?  (del  Pelecanus  onocrotahos),  visto  dalla  super¬ 

fìcie  ventrale  (ingrand,  lin.  2:1). 

»  9.  Taenia  Brauni  n.  sp.,  scolice  e  primo  tratto  di  strobilio  (ingrand, 

lin.  20  :  1). 

>>  10.  La  stessa,  a  uncino  grande,  visto  di  fianco  (ingrand,  lin.  100  :  1) 

—  b  uncino  grande,  visto  di  prospetto  (ingrand,  lin.  100  :  1). 

»  11.  La  stessa,  a  uncino  piccolo,  visto  di  fianco  (ingrand,  lin.  100:  1) 

—  b  uncino  piccolo,  visto  di  prospetto  (ingrand,  lin.  100  :  1). 

»  12.  La  stessa,  frammento  di  strobilio  nella  parte  centrale  (grandezza 

naturale). 


49 

Fig.  13.  La  stessa,  frammento  di  strobilio  nella  parte  posteriore  (grandezza 
naturale). 

»  14.  La  stessa,  frammento  di  proglottide  centrale  molto  ingrandito,  per 

mostrare  la  cloaca  in  cui  sboccano  gli  organi  riproduttori  (figura 
schematica). 

»  15.  Taenia  sp.  ?  (della  viverra),  scolice  e  frammento  anteriore  di  stro¬ 

bilio  (ingrand,  lin.  10  :  1). 

»  16.  La  stessa,  uncino  grande,  visto  di  fianco  (ingrand,  lin.  50  :  1). 


Tavola  IX. 


Fig.  17.  Taenia  erythraea  n.  sp.,  scolice  (ingrand,  lin.  10  :  1). 

»  18.  La  stessa,  uncino  (ingrand.  lin.  15  :  1). 

>  19.  La  stessa,  frammento  di  strobilio  nella  parte  centrale  (grandezza 

naturale). 

»  20.  La  stessa,  frammento  di  strobilio  nella  parte  posteriore  (grandezza 

naturale). 

»  21.  La  stessa,  proglottide  terminale  per  mostrare  la  disposizione  del¬ 

l’utero  (ingrand,  lin.  5  :  1). 

»  22.  Anoplocephala  Pagenstecheri  n.  sp. ,  esemplare  completo  a  gran¬ 

dezza  naturale. 

»  23.  La  stessa,  scolice  e  primo  tratto  di  strobilio  (ingrand  lin.  10  :  1). 

»  24.  La  stessa,  frammento  di  strobilio,  con  anomala  disposizione  delle 

proglottidi  (ingrand,  lin.  2:1). 

»  25.  La  stessa ,  figura  schematica  dimostrante  la  disposizione  degli 

sbocchi  sessuali  (ingrand,  lin.  10  :  1. 

»  26.  La  stessa,  tasca  ovigera  (ingrand,  lin.  50  :  1). 

»  27.  Mesocestoides  lineatus  (Goeze),  diverse  forme  di  scolice  [a,  b,  c] 
(ingrand,  lin.  20  :  1). 

»  28.  Lo  stesso,  a  frammento  centrale  dello  strobilio  —  b  frammento 

centrale  dello  strobilio,  di  forma  diversa  dalla  precedente  (ingrand, 
lin.  3  :  1). 

»  29.  Lo  stesso,  frammento  posteriore  di  strobilio  (ingrand,  lin.  3  :  1). 

»  30.  Lo  stesso,  uova  (ingrand,  lin.  100  :  1). 

»  31.  Mesocestoides  longistriatus  n.  sp.,  scolice  e  primo  tratto  dello 

strobilio  (ingrand,  lin.  40  :  1). 

»  32.  Lo  stesso,  proglottidi  anteriori  (ingrand,  lin.  10  :  1). 

»  33.  Lo  stesso,  proglottidi  mediane  normali  (ingrand,  lin.  10  :  1). 

»  34  a.  Lo  stesso,  frammento  centrale  di  strobilio,  per  mostrare  la  ir¬ 

regolare  successione  delle  proglottidi  (ingrand,  lin.  10  :  1). 


50 

Fig.  34  b.  Lo  stesso,  frammento  posteriore  di  strobilio  (ingrand,  iin.  10  :  1). 
»  35.  Lo  stesso,  proglottide  a  pochi  millimetri  dallo  scolice,  molto  in¬ 

grandita  per  mostrare  disposizione  organi  interni  (figura  schematica). 
»  36.  Lo  stesso,  proglottide  a  2  centim.  dallo  scolice  (del  resto  come  in 

figura  precedente). 

»  37.  Lo  stesso,  proglottide  centrale  (id.  id.). 

»  38.  Lo  stesso,  proglottide  terminale  (id.  id.). 

»  38  bis .  Lo  stesso,  uova  (ingrand.  Iin.  200  :  1). 

»  39.  Oxyuris  Slossichi  n.  sp. ,  esemplare  completo  $  (ingrand.  Iin. 

(10  :  1). 

»  40.  Lo  stesso,  estremità  posteriore  di  un  esemplare  3*  (ingrand.  Iin. 

50  :  1). 

»  41.  Lo  stesso,  uova  (iugrand.  Iin.  100  :  1). 


Tav.VIII. 


Atti  Soc.l  ig. eli  Se.  nat.  e  geogr.  Voi  .Vili. 


E. SETTI  -  Nuovi  elminti  dell’Eritrea. 


37. 


geogr.  Voi.  Vili. 

20.  zi.  23. 


Tav.  IX. 

25.  22. 


E. SETTI- Nuovi  elminti  dell’Eritrea. 


/  C  J  $  /V 


IH  ZOOLOGIA  E  ANATOMIA  COMPARATA 

DELLA  R.  UNIVERSITÀ  DI  GENOVA 


N.°  58.  v  1897. 


Corrado  Parona 

I  Tricosomi  degli  Ofidii. 

(Tav.  X.) 

Fra  i  vermi  parassiti  dei  serpenti,  che  pure  sono  nu¬ 
merosi,  furono  indicate  due  sole  specie  spettanti  al  genere 
Trichosoma ,  le  quali  in  ordine  di  tempo  sarebbero: 

a)  Trichosoma  crotali .  Semplicemente  registrato  col 
nome  di  Capii  lari  a  crotali  durissi,  nel  Catalogo  del  Mu¬ 
seo  di  Vienna  al  N.°  26,  ed  elencato  poi  dal  Rudolphi  (Sy- 
nops.  p.  16),  dal  Dujardin  (Hist.  Helm.  p.  21),  dal  Diesing 
(Syst.  Helm.  li,  p.  263)  e,  molto  più  recentemente,  dallo 
Stossich  (Genere  Trichosoma ,  Estr.  Bollet.  Soc.  Adriat. 
se.  nat.  di  Trieste,  Voi.  Xll ,  1890,  pag.  28);  senza  che 
alcuno  dei  varii  autori  potesse  aggiungere  nuove  osserva¬ 
zioni,  perchè  non  più  riscontrato.  Fu  rinvenuto  ospite  del- 
T  Urocrotalon  catesbyanum  del  Brasile,  e  venne  di  ne¬ 
cessità  ascritto  sempre  fra  le  sp.  inquirendae. 

b )  Tr.  longispiculmn  Sons.  E  questa  una  specie  molto 
meglio  conosciuta;  descritta  dal  Sonsino  nel  1889  (Proc. 
verb.  Soc.  tose.  se.  nat.,  15  maggio)  e  stata  dallo  stesso 
raccolta  nell’  intestino  del  Python  molurus. 

Stante  quindi  la  scarsità  di  notizie  che  si  hanno  relati¬ 
vamente  ai  tricosomi  dei  serpenti,  panni  debbano  riescire 
non  prive  di  interesse  le  seguenti  noticine  sopra  alcune 
forme  nuove  del  menzionato  genere  di  nematodi,  che  ebbi 
occasione  di  studiare  recentemente. 

Del  "Trichosoma  longispiculum  mi  limito  presentare  al¬ 
cuni  disegni  (Tav.  X,  fig.  1-3)  illustranti  i  principali  suoi 
dettagli  anatomici ,  ritratti  da  esemplari  tipici .  gentilmente 
comunicatimi  dal  prof.  Sonsino;  Tesarne  dei  quali  mi  servì 
anche  di  controllo  per  le  specie  di  cui  intendo  discorrere. 


9 


Del  resto  i  caratteri  più  spiccati  del  Tr.  longispiculum  ri¬ 
porterò  più  sotto,  mettendoli  a  confronto  con  quell i  delle 
due  nuove  specie,  che  passo  senz’altro  a  descrivere. 

1.  Trichosoma  Modiglianii  n.  sp. 

(Tav.  X,  fig.  4-7) 

Femmina  —  lunghezza  10-13  millim.;  larghezza  mass, 
(nella  metà  posteriore)  0,070. 

L’esofago  è  lunghissimo,  giacché  termina  a  cinque  mil¬ 
lim.  dall’estremità  cefalica,  e  quindi  percorre  circa  la  metà 
della  lunghezza  totale  del  corpo;  presenta  la  disposizione, 
a  pareti  concamerate,  propria  della  famiglia,  ed  al  suo 
termine  trovansi  le  grandi  cellule,  o  corpi  speciali,  che 
segnano  il  punto  d’unione  dell’esofago  coll’ intestino. 

La  coda  finisce  attorniata;  l’ano  è  pressoché  apicale,  e 
T  intestino  vi  forma  una  specie  di  dilatazione  anale. 

L’ovario,  in  forma  di  lungo  e  largo  tubo,  si  spinge  fino 
all’estremità  posteriore  del  corpo,  trovandosi  infatti  il  suo 
fondo  poco  all’ innanzi  dell’apertura  anale;  l’ovidotto  con¬ 
tiene  uova  giallastre,  ovali,  della  forma  tipica  pel  gruppo 
intero,  e  se  ne  possono  numerare  dalle  50  alle  80  (ben  in¬ 
teso  le  mature);  sono  disposte  similmente  a  quanto  si  ri¬ 
scontra  in  tutti  i  tricosomi. 

Uova:  lungh.  0,070:  largii.  0,04*2. 

La  vulva  ha  labbro  alquanto  sporgente  ed  apresi  poco 
sotto  lo  sbocco  dell’esofago  nell’intestino  (dista:  0,084). 

Maschio  —  Lunghezza  9  millim.;  largii,  mass.  0.042. 

L’esofago  è  pure  lunghissimo,  misurando  circa  5  millim. 
1’  estremità  cefalica  ha  un  diametro  di  appena  0,014. 

11  pene  è  lungo  quasi  mezzo  millimetro  e  non  è  striato 
trasversalmente;  la  guaina  è  sprovvista  di  aculei,  e  quindi 
è  gimnoteca. 

Raccolsi  cinque  esemplari  (2  maschi,  e  3  femmine)  fram¬ 
mezzo  ad  ammassi  di  una  tenia  (  T nenia  n.  sp.  ),  di  cui 
parlerò  in  altra  occasione ,  parassita  nell’intestino  del  Tri - 
meresurus  formosus  Schleg,,  trigono  ce  tal  id  e  catturato  dal 
Dott.  Elio  Modigliani  a  Mentavvei  nel  1894. 


3 

IL  Trichosoma  Sonsinoi  n.  sp. 

(Tav.  X.  fig.  8-10). 

Femmina  —  Lunghezza  11  1/2-13  millim.;  largii,  mass. 
0,070  —  0,084. 

L’esofago  è  lungo  circa  un  terzo  della  lunghezza  totale 
del  corpo  (44/g  millim.),  a  concarnerazioni  poco  accentuate, 
ma  con  nuclei  numerosissimi  e  grandissimi  (  0,028  )  ;  corpi 
al  termine  dell’esofago  piuttosto  piccoli. 

La  coda  è  a  cono  allungato,  colla  punta  smussata,  e 
l’apertura  anale  pressoché  apicale,  con  margine  un  poco 
rilevato. 

L’ovario  anche  qui  è  largo,  e  giunge  fino  a  0,070  dal¬ 
l’apice  caudale;  l’ovidotto  riesce  quindi  lungo;  la  vagina 
invece  è  ristretta,  e  la  vulva  non  presenta  labbro  qualsiasi 
ed  è  perciò  pochissimo  prominente.  L’apertura  genitale  tro¬ 
vasi,  si  può  dire,  a  livello  dello  sbocco  dell’esofago  nell’in¬ 
testino  (dista:  0.042-0,056). 

Le  uova  non  presentano  ditferenze  di  forma  e  di  aspetto 
con  quelle  degli  altri  tricosomi ,  variano  di  numero  nei  di¬ 
versi  esemplari,  presentandosi  in  un  minimo  di  25  ed  un 
massimo  di  54. 

Uova:  Lung.  0,070  —  0,084;  larg.  0.056. 

Maschio.  —  Lunghezza  10-11  millim.;  larghezza  mass. 
0,056. 

L’esofago  è  lungo  quasi  sei  millim.,  giungendo  alla  metà 
e  più  della  lunghezza  totale  del  corpo;  l’apice  cefalico  mi¬ 
sura  0,014  di  diametro;  corpi  dell’esofago  ovali,  e  poco 
grandi  (0,028). 

La  coda  è  conica,  con  guaina  genitale  breve  (0,056)  gim- 
noteca,  e  non  presenta  papille  di  sorta. 

Il  pene  è  lungo  quasi  un  millimetro  ed  è  finamente  striato 
di  traverso,  mostrandosi  minutamente  dentellato  sui  due 
margini. 

Esemplari  di  questo  tricosoma  vennero  raccolti  dall’  e- 
gregio  professore  Prospero  Sonsino  a  Pisa  (settembre  1894) 
nell’intestino  dello  Zamenis  inridi/favus.  Il  gentile  collega 
volle  a  me  comunicarli,  autorizzandomi  anche  a  farne  la 


4 


descrizione  allorquando  li  avessi  ritenuti,  siccome  egli  du¬ 
bitava,  spettanti  ad  una  nuova  specie. 

Di  tanta  cortesia  gli  sono  gratissimo. 

Non  potendosi  tener  calcolo,  siccome  già  dissi,  del  Tri- 
citosoma  crotali ,  perchè  insufficientemente  descritto,  al 
presente  sarebbero  tre  le  specie  del  genere  Trichosoma 
state  riscontrate  parassite  negli  ofidii.  Di  esse,  onde  meglio 
farle  conoscere,  ed  a  risparmio  di  lunghi  confronti,  riassumo 
in  un  prospetto  i  caratteri  più  spiccati. 


5 


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SPIEGAZIONE  DELLA  TAVOLA  X 


Trichosoma  lo ngis piculum  Sons.  (fig.  1  a  3). 

Fig.  1.  Estremità  caudale  del  maschio  :  X  600;  p.  papille?-  //.guaina 
del  pene  ;  P.  ultima  porzione  di  pene. 

»  2.  Apertura  genitale  della  femmina  :  X  600. 

o  vulva;  vg  vagina;  e  esofago;  ce  corpi  del  fondo  esofageo; 
n  nucleo;  i  intestino. 

»  3.  Uovo  :  X  960. 

Trich.  tfodiglianii  n.  sp.  (fig.  4  a  7  . 

Fig.  4.  Termine  dell’esofago  e  principio  dell’ intestino  :  X  000.  ce  corpi 
esofagei;  i  intestino;  e  esofago;  n  nucleo. 

»  5.  Estremità  caudale  del  maschio  :  X  000.  P.  radice  del  pene; 

g  estremo  della  guaina. 

»  6.  Apertura  sessuale  della  femmina  :  X  000.  e  esofago;  v  vulva; 

mg  vagina. 

»  7.  Uovo  :  X  900. 

Trich.  Sonsinoi  n.  sp.  (fig.  8  a  10). 

Fig.  8  Porzione  di  esofago  e  sbocco  sessuale  della  femmina  :  X  600. 
e  esofago;  ce  corpi  esofagei;  o  vulva;  vg  vagina;  ì  intestino. 

»  9.  Estremità  caudale  della  femmina  :  X  00).  0">  fondo  dell’ova¬ 

rio;  a  ano;  i  intestino. 

10.  Estremità  caudale  del  maschio  :  X  000  g  guaina;  P  porzione 
ultima  del  pene. 


freno  va ,  ottobre  1897. 


Tav.  X. 


Atti  Soc  lig  eli  Se  nat.  e  geog. Voi. Vili 


Tip.  Lit.E.B 


C.PARONA  -  Tri  co  so  mi  degli  0  fi  eli. 


BOLLETTINO  DEI  UHI 

III  ZOOLOGIA  E  ANATOMIA  COMPARATA 

DELLA  R.  UNIVERSITÀ  DI  GENOVA 


N.°  59. 


1898. 


Dott.  ERNESTO  SETTI 


Nuove  osservazioni  sui  cestodi  parassiti  degli  iraci. 

Il  professore  N.  Nassonow,  dell’ Università  di  Varsavia, 
pubblicò,  nello  scorso  anno,  una  breve  memoria  intorno  agii 
«  endoparassiti  della  Procavia  syriaca  »  (*),  intrattenendosi 
particolarmente  sulle  tenie  e  sulle  dibattute  questioni  si¬ 
stematiche  ad  esse  relative.  Poiché  io  stesso  ebbi  parecchie 
volte  ad  occuparmi  di  tale  argomento,  ho  letto  con  vivo  in¬ 
teresse  la  memoria  del  Nassonow.  e  nella  mia  recente  pub¬ 
blicazione  sopra  «  nuovi  elminti  dell’  Eritrea  »  (2) ,  ne  ho 
già  criticato  complessivamente  il  contenuto ,  riservandomi 
a  farne  un  esame  più  particolareggiato  in  una  nota  spe¬ 
ciale;  ed  è  questa  appunto  che  ora  presento 

La  necessità  di  ritornare  sull’ argomento  delle  tenie  degli 
iraci  è  determinata  dal  fatto,  che,  le  questioni  in  proposito, 
lungi  dall1  essere  state  risolte  col  lavoro  del  Nassonow,  si 
sono  invece  vieppiù  complicate,  come  già  ebbi  a  rilevare 
nel  citato  mio  scritto. 

Quali  sono  infatti,  sommariamente,  le  conclusioni  a  cui 
il  Nassonow  è  pervenuto?  Anzitutto  egli  avrebbe  ristabilita 
l’antica  denominazione  di  Taenia  (Anoplocephala)  hyracis 
Rud.  in  luogo  della  T.  (Anoplocephala)  critica  Pagenst. 
Inoltre,  con  T  esame  comparativo  di  nuovi  esemplari  della 
specie,  trovati  in  una  Procavia  syriaca  Ehrb.,  e  di  altri 
inviatigli  dal  prof.  Parona  e  dal  prof.  Moniez,  avrebbe  con¬ 


dì  N.  Nassonow,  Endoparassiti  della  Procavia  syriaca,  Ehrb.  Lavori  del 
laboratorio  zoologico  dell’Università  di  Varsavia  (in  russo).  Varsavia,  1897. 

(2)  E.  Setti,  Nuovi  elminti  dell ’  Eritrea.  Atti  della  Soc.  Lig.  di  Se.  nat. 
e  geogr.  ;  voi.  Vili,  pag.  226.  Genova,  1897. 


trollate  le  osservazioni  del  Moniez  stesso,  nonché  quelle 
del  Pagenstecher  e  specialmente  le  mie,  venendo  alla  de¬ 
liberazione  di  suddividere  la  specie  in  due  varietà:  A.  hy- 
racis  var.  intestinalis  e  A.  hyracis  var.  hepatica.  Alla 
prima  di  queste  avrebbe  assegnato  gli  esemplari  da  me 
descritti  (*)  sotto  la  denominazione  di  T .  (Anoplocephala) 
critica  Pag.,  e  una  parte  di  quelli  descritti  dal  Moniez  (2) 
sotto  la  denominazione  di  T.  (Anopl.)  hyracis  Rud.;  al¬ 
l’altra  avrebbe  invece  assegnato  i  nuovi  esemplari  da  lui 
stesso  descritti,  quelli  primieramente  indicati  dal  Pallas  (3), 
quelli  del  Pagenstecher  (4) ,  e  l’altra  parte  di  quelli  del 
Moniez  (2). 

Quanto  alla  T.  Anopl.)  Ragazzii  Setti  e  alla  T.  Pa~ 
ronai  Mon.,  ne  fa  semplice  cenno,  senza  discutere  in  pro¬ 
posito. 

* 

* 

Esamineremo,  separatamente,  i  varii  quesiti  che  corri¬ 
spondono  alle  conclusioni  presentate  dallo  zoologo  russo  , 
per  poterci  poi  pronunziare  con  sicurezza  sul  valore  delle 
conclusioni  stesse. 

Incominciamo  dunque  a  ricercare  se  debba  accettarsi  o 
respingersi  definitivamente  la  denominazione  di  Anoploce- 
pliala  hyracis.  Rud. 

Per  decidere  su  tale  questione,  dobbiamo  tener  presente 
l’articolo  44.°  delle  regole  adottate  nei  congressi  zoologici  ri¬ 
guardo  alla  nomenclatura  degli  organismi  (5). 


'(*)  E.  Setti,  Sulle  tenie  delVHyrax  dello  Scioa.  Atti  Soc.  lig.  di  Se. 
nat.  e  geogr.  ,  voi.  II,  pag.  316-324.  Genova,  1891. 

Id.  id.,  Elminti  dell’  Eritrea  e  delle  regioni  limitrofe.  Atti  Soc.  lig.  voi. 
IV,  pag.  3-21,  Genova,  1893. 

(2)  R.  Moniez,  Notes  sur  les  helmintlies  (§  IV,  Sur  les  Ténias  du  Daman) 
Revue  biologique  du  Nord  de  la  France,  Tome  IV.  Lille,  1891. 

(3)  P.  S.  Pallas,  Spicilegia  zoologica ,  fase.  II,  anno  1767,  pag.  32,  tab. 
Ili,  fig.  13. 

(4)  A.  Pagenstecher,  Zur  Naturgeschichte  der  Cestoden,  Zeitschr.  f.  wiss. 
Zool.,  Bd.,  XXX,  pag,  171.  Leipzig,  1877. 

(s)  R.  Blanciiard  ,  Règles  de  la  nomenclature  des  étres  organisés ,  ado- 
ptées  par  les  Congrès  inter nationaux  de  zoologie.  (Paris ,  1889 ,  Moscou, 
1892),  pag.  13.  Paris,  1895. 


3 


Ari.  44.  Le  nom  attribué  à  chaque  genre  et  à  chaque 
espèce  ne  peut  ètre  que  celui  sous  lequel  ils  ont  été  le  plus 
anciennement  désignés,  à  la  condition: 

ex)  Que  ce  nom  ait  été  dioulgué  dans  une  publica- 
tion  od  il  aura  été  clairement  et  suffisamment  défini. 

fi)  Que  Vauter  ait  effectivement  entendu  appliquer 
les  regles  de  la  nomenclature  binaire. 

Ho  trascritto  in  carattere  distinto  la  parte  dell’  articolo 
che  più  particolarmente  si  deve  qui  prendere  in  conside¬ 
razione.  Come  si  possono  interpretare  le  parole]:  clairement 
et  suffisamment  défini ?  11  particolareggiato  rapporto  pre¬ 
sentato  dal  prof.  Blanchard  al  Congresso  di  Mosca  f1)  non 
dà,  in  proposito,  indicazioni  veramente  tassative;  ma  dal 
complesso  degli  schiarimenti  addotti  (pag.  48-51),  è  facile 
comprendere  che,  la  condizione  ritenuta  come  indispensa¬ 
bile,  perchè  un  nuovo  nome  generico  o  specifico  sia  chia- 
mente  e  sufficientemente  definito,  è  quella  di  poter  trovare, 
nella  descrizione  o  nelle  figure  della  forma  a  cui  il  nuovo 
nome  si  riferisce,  tutti  i  particolari  necessari  per  distinguere 
sicuramente  la  forma  stessa  tra  le  altre  consimili. 

Nella  brevissima  descrizione  data  dal  Pallas  (loc.  cit.)  , 
e  richiamata  dallo  Gmelin  (2)5  dallo  Zeder  (3)  e  dal  Ru- 
dolphi  (4)  come  unico  documento  per  costituire  una  nuova 
specie  (Taenia  suis  Gmel.  =  Ilalisis  suis  Zed.  =  T.  hy- 
racis  Rud.) ,  non  solo  mancano  assolutamente  i  caratteri 
necessari  per  una  determinazione  specifica,  ma  non  è  nem¬ 
meno  possibile  riscontrarvi  i  dati  sufficienti  per  una  sicura 
determinazione  generica.  Sebbene  la  rozza  figura  che  ac¬ 
compagna  i  pochi  cenni  descrittivi  dati  dal  Pallas ,  possa 
riferirsi  piuttosto  ad  un  teniade  che  ad  un  botriocefalide  , 
non  si  deve  escludere  tuttavia  la  possibilità  che  l’ esemplare 


(l)  R.  Blanchard  ,  Deuxième  rapport  sur  la  nomenclature  des  ètres  or- 
ganisés .  Congrès,  internai  de  zool. ,  S.e  Session;  2.e  partie.  Supplément. 
Moscou,  1893. 

P)  J.  F.  Gmelin,  Edit.  XIII  Sy  sterna  naturae  Linn.,  pag.  3074.  Leipzig, 
1788. 

(3)  J.  G.  H.  Zeder,  Anleitung  zur  Naturgesciiichte  der  Eingeweìdewurmer , 
pag.  372,  Bamberg,  1803. 

(4)  C.  A.  Rudolphi  ,  Entoz.  historia  nat Ili,  pag.  199.  Amstelaedami , 
1808-1810. 


4 


figurato  appartenesse  a  quest’  ultimo  gruppo,  poiché  manca 
ogni  indicazione  riguardo  allo  scolice  e  agli  organi  ripro¬ 
duttori.  E,  a  questo  proposito,  è  bene  ricordare  che  il  Pallas 
medesimo  non  assegnò  ad  una  nuova  specie  il  cestode  del- 
l’irace,  ma  lo  identificò  alla  Taenia  vulgaris  Linn.,  che 
è  come  dire,  al  botriocefalo  dell’ uomo  (!). 

Se  poi  il  Rudolphi,  nel  riassumere  tutte  le  notizie  siste¬ 
matiche  sugli  elminti,  ha  giustamente  ricordato  il  cestode 
descritto  dal  Pallas  ,  e  correggendo  le  improprie  denomi¬ 
nazioni  con  cui  l’avevano  indicato  lo  Gmelin  e  lo  Zeder, 
lo  ha  invece  distinto  col  nome  di  Taenia  hyracis,  ha  pure 
dimostrato  però  di  non  volerne  effettivamente  riconoscere 
una  specie  ben  distinta  ;  ha  infatti  commentato  la  relativa 
citazione  con  queste  concise  ed  eloquentissime  parole:  De 
specie,  capite  non  viso,  nihil  constare  potest  ;  e  più  tardi, 
nella  Entozoorum  Synopsis ,  menzionando  ancora  questa 
T.  hyracis,  l’ha  collocata  tra  le  specie  dubbie. 

Tenendo  presenti  i  deliberati  dei  congressi  zoologici  ri¬ 
guardo  alla  legge  di  priorità,  basterebbero,  parmi,  le  con¬ 
siderazioni  ora  esposte,  a  dimostrare  quanto  sia  ingiustifi¬ 
cata  l’ostinazione  (*)  di  voler  ristabilire  l’antica  specie  del 
Rudolphi,  e  di  porvi  in  sinonimia  altre  forme  susseguente- 
mente  descritte  con  sufficienza  di  particolarità  distintive. 

Ma  si  deve  qui  rammentare  un  altro  fatto  importante  , 
che  mette  in  maggiore  evidenza  l’errore  del  Nassonow. 

I  soli  caratteri  che  si  possono  ricavare  dalla  descrizione 
e  dalla  figura  date  dal  Pallas  per  il  cestode  dell’  irace,  sono  : 
le  dimensioni  approssimative  dello  strobilio  ,  e  la  forma 
delle  proglottidi.  Orbene,  se  anche  le  disposizioni  dei  con¬ 
gressi  zoologici  non  contestassero  la  validità  di  una  specie 
basata  esclusivamente  su  tali  caratteri ,  sarebbe  tuttavia 
ingiustificabile  P  identificazione  di  altre  specie  con  questa, 
quando  non  risultassero  almeno  in  coincidenza  perfetta  i 
disponibili  termini  di  confronto.  E  la  coincidenza  è  tutt’  altro 
che  perfetta  riguardo  alle  forme  identificate  del  Nassonow. 


({)  Dico  «  ostinazione  »  perchè  il  Nassonow  ha  persistito  nel  voler  con¬ 
siderare  come  valida  la  specie  del  Rudolphi,  anche  dopo  la  critica  che  io 
ho  fatto  in  proposito  al  prof.  Moniez  nel  citato  lavoro  ( Elminti  dell'  Eritrea, 
ecc.,  pag.  14). 


I  varii  frammenti  di  strobilio  ,  che  il  Pallas  ha  eviden¬ 
temente  riconosciuti  come  spettanti  ad  un  unico  (*)  esem¬ 
plare,  raggiungevano,  nel  loro  complesso,  la  lunghezza  di 
un  piede  e  mezzo,  ossia  poco  meno  di  cm.  50,  mentre  la 
larghezza  massima  non  superava  cm.  3  (come  si  deduce 
dalla  figura,  che  rappresenta  a  grandezza  naturale  il  fram¬ 
mento  più  largo);  e  le  proglottidi  dovevano  essere  quasi  al¬ 
trettanto  lunghe  quanto  larghe,  non  solo  nell’ultimo  tratto 
dello  strobilio,  ma  anche  a  una  certa  distanza  dall’  estre¬ 
mità  (2). 

Per  i  varii  esemplari  descritti  successivamente  da  altri 
autori,  ed  assegnati  dal  Nassonow  alla  T.  hyrctcis,  si  hanno 
invece  i  dati  seguenti  : 

a)  Esemplari  descritti  dal  Pagenstecher :  lunghezza 
massima  (per  il  più  grande  dei  9  esemplari)  cm.  11,5;  largh. 
massima  mm.  6,5;  proglottidi  molto  più  larghe  che  lunghe, 
eccettuate  pochissime  delle  ultime  ,  in  cui  la  lunghezza  è 
uguale  o  anche  maggiore  della  larghezza. 

b)  Esemplari  descritti  da  me:  lungh.  mass.  mm.  40 
(uno  solo  tra  moltissimi  esemplari)  e  largh.  mass.  mm.  4; 
lungh.  media  mm.  25-30,  largh.  media  mm.  3-3,5.  Dimen¬ 
sioni  relative  delle  proglottidi  come  in  esemplari  del  Pa¬ 
genstecher,  solo  nell’ultima  proglottide  la  lunghezza  è  quasi 
uguale  alla  larghezza. 

c)  Esemplari  descritti  dal  Moniez  :  dimensioni  non 

(t)  Se  il  Pallas  avesse  interpretato  i  varii  frammenti  come  spettanti  a 
diversi  esemplari,  non  avrebbe  certamente  indicato  la  lunghezza  complessiva, 
bensì  quella  media  individuale.  Inoltre,  invece  di  esprimersi  con  le  parole  : 
Taenia  fragmenta,  ecc.  avrebbe  forse  detto  :  Taeniarum  fragmenta ,  ecc. 

(2)  Il  disegno  dato  dal  Pallas  rappresenta  delle  proglottidi  notevolmente 
allungate  in  confronto  alla  larghezza,  e  parrebbe  quindi  riferibile  alla  parte 
terminale  dell’  esemplare,  poiché,  nelle  forme  susseguentemente  descritte  dal 
Pagenstecher,  da  me,  dal  Moniez,  e  dal  Nassonow,  si  è  appunto  osservato 
che  le  proglottidi  terminali  erano,  assai  piu  lunghe  delle  altre  ;  ma  bisogna 
per  contro  notare  che,  in  tutti  questi  casi,  le  proglottidi  terminali  più  lunghe 
erano  anche  tra  le  più  strette  dei  singoli  strobili! ,  mentre  nel  disegno 
del  Pallas  sono  invece  figurate  le  proglottidi  più  larghe  (come  ben  si 
rileva  dalle  parole  :  latioris  fragmenli  portionem...).  Per  quest’  ultima 
considerazione  parafi  più  naturale  supporre  che  il  disegno  dato  dal  Pallas 
rappresenti  un  frammento  mediano  di  strobilio,  ad  aspetto  normale,  anziché 
l’estremità  posteriore  con  proglottidi  diverse  dalle  altre;  tanto  più  che  nella 
descrizione  non  si  accenna  a  varietà  di  forma  nelle  proglottidi. 


6 


precisate  (gli  esemplari  maggiori  sarebbero  lunghi  come 
«  due  o  anche  tre  voltre  »  (?)  quelli  del  Pagensteeher)  ; 
la  parte  posteriore  dello  strobilio  avrebbe  un  certo  numero 
di  proglottidi  simili  a  quelle  figurate  dal  Pallas;  tutte  le 
altre,  simili  a  quelle  descritte  dal  Pagensteeher. 

d)  Esemplari  descritti  dal  Nassonow  :  lungh.  mass, 
cm.  17,  media  cm.  10,  minima  cm.  4.5;  largh.  mass.  rum.  5, 
media,  mm.  2,75  (dal  prospetto).  Proglottidi  generalmente 
assai  più  larghe  che  lunghe;  soltanto  1’  ultima  e  lutto  al  più 
la  penultima  si  avvicinano  alla  forma  quadrata. 

Il  confronto  dei  caratteri  ora  indicati  per  questi  diversi 
esemplari,  con  quelli  precedentemente  riportati  dalla  de¬ 
scrizione  del  Pallas,  non  può  dunque  giustificare  l’ identifi¬ 
cazione  voluta  dal  Nassonow,  servendo  piuttosto  a  mettere  in 
rilievo  delle  differenze  anziché  delle  somiglianze  ( 1 ).  Solo  per 
gli  esemplari  esaminati  dal  Moniez,  si  potrebbe  avere  qualche 
dubbio,  se  a  tal  riguardo  non  sorgessero  spontanee  alcune 
considerazioni,  che  possono  rendere  invece  assai  discutibili 
quei  pochi  dati  che  finora  si  hanno  sugli  esemplari  stessi. 
E  anzitutto  bisogna  considerare  che  il  Moniez  non  ha  dato 
figure,  nè  ha  veramente  descritto  il  cestode  che  ha  voluto 
assegnare  alla  T.  hyracis  ;  egli  non  ha  accennato  ad  altri 
caratteri  che  a  quelli  surriferiti.  Ma ,  cosa  sorprendente 
nella  breve  sua  nota,  è  il  manifesto  controsenso  su  cui  sono 
basate  le  giustificazioni  addotte  per  identificare  la  tenia 
descritta  dal  Pagensteeher  a  quella  trovata  dal  Pallas.  Egli 
ha  infatti  osservato  e  dimostrato  che  dans  une  certame 
rnesure ,  il  est  impossible  de  tenir  compte ,  comrne  ca- 

ractère  spécifique,  de  la  taille  d'un  Cestode .  e  che  la : 

forme  des  anneaux  ne  peut  dai^antage  entrer  en  tigne 
de  compie....;  ma  tuttavia  ha  poi  sostenuta  l’ identificazione 
delle  due  tenie,  non  basandosi  appunto  che  sopra  una  lon¬ 
tana  (2)  somiglianza  in  quei  caratteri  ritenuti  poco  prima 
come  insufficienti. 


fi)  Naturalmente,  le  differenze  risultano  dal  confronto  dell’ esemplare 
del  Pallas  con  i  singoli  successivamente  descritti  ;  ma  tra  1’  uno  e  1’  altro 
di  questi  ultimi  sono  invece  più  evidenti  le  somiglianze. 

(2)  Che  la  somiglianza  fosse  «  lontana»,  lo  dimostra  il  fatto  che,  per  di¬ 
mostrarla,  il  Moniez  ha  dovuto  servirsi  di  forme  intermediarie,  rappresen¬ 
tate  da  alcuni  suoi  esemplari. 


7 


Per  ultimo  vi  è  un  altro  fatto  da  rammentare.  Il  Nassonow, 
che  ebbe  in  comunicazione  gli  esemplari  del  Moniez  e  che 
potè  confrontarli  direttamente  con  alcuni  dei  miei  (inviatigli 
dal  prof.  Parona),  e  con  quelli  che  egli  stesso  già  posse¬ 
deva,  ha  dovuto  dichiarare  che  nell’invio  del  Moniez  vi 
erano  esemplari  di  due  varietà:  gli  uni  simili  a  quelli  da 
me  assegnati  all*  Anoplocephala  critica ,  gli  altri  simili  a 
quelli  che  egli  aveva  particolarmente  in  istudio.  Queste  os¬ 
servazioni  del  Nassonow,  invece  di  avvalorare  quelle  del 
Moniez,  non  servono  quindi  che  a  diminuirne  l’attendibilità; 
giacché  essi  dimostrano  che  gli  esemplari  del  Moniez  stesso 
devono  piuttosto  interpretarsi  come  forme  intermedie  tra 
quelle  descritte  da  me  e  quelle  del  Pagenstecher,  anziché 
tra  queste  ultime  e  la  primitiva  del  Pallas. 

Da  quanto  ho  detto  fin  qui,  risulta  quindi  evidente  che 
anche  gli  esemplari  del  Moniez,  come  tutti  quelli  che  si  è 
preteso  di  identificare  alla  forma  descritta  dal  Pallas,  non 
hanno  effettivamente  con  questa  una  tale  affinità  nei  ca¬ 
ratteri  esterni,  da  giustificare  le  deliberazioni  del  Moniez 
e  del  Nassonow,  che  hanno  accettato  la  specie  T.  hyracis 
Rud.,  considerando  come  ad  essa  sinonime  le  altre  sovrac¬ 
cennate. 

Per  queste  ragioni,  e  per  rispetto  ai  deliberati  dei  con¬ 
gressi  zoologici,  la  T.  liyracis,  Rud.  deve  dunque  ritenersi 
come  specie  radiata.  E  credo  che  a  questo  riguardo  non 
possa  più  esservi  dubbio. 


% 


*  * 


Lasciata  da  parte  la  tenia  indicata  dal  Pallas,  prendiamo 
ora  in  particolare  considerazione  gli  altri  casi  notificati  di 
tenie  parassite  degli  iraci,  intorno  alle  quali  vi  sono  pure 
delle  questioni ,  che  non  mi  sembrano  punto  risolte  dopo 
la  recente  pubblicazione  del  Nassonow. 

Abbiamo  anzitutto  un’indicazione  del  Leuckart  (1856)  (*), 
riguardo  ad  una  tenia  inerme  trovata  nella  vescica  biliare 
di  un  irace;  ma  si  tratta  di  un  semplice  accenno,  da  cui 


(')  R.  Leuckart,  Die  Blasenbandwuvmer  und  ihre  Entwichlung ,  zugleich 
ein  Beilrag  zur  Kenntniss  der  Cgsticercusleber,  pag.  31  (nota)  Giessen,  1856. 


8 


non  è  possibile  desumere  i  dati  sufficienti  per  determinare 
una  specie,  e  nemmeno  per  avvicinare  la  forma  indicata 
all’ una  piuttosto  che  all’altra  delle  tenie  trovate  susse- 
guentemente  negli  iraci.  E  quindi  arbitraria  l’ipotesi  del 
Nassonovv,  che  farebbe  identificare  quella  tenia  con  le  forme 
da  lui  descritte  o  con  VA,  Paronai  Mon. 

Più  tardi,  nel  1877,  il  Pagenstecher  (r)  segnala  un’altra 
tenia  parassita  degli  iraci  (9  esemplari  incistati  nel  fegato), 
e  la  descrive  denominandola  Arliynchotaenia  critica,  n.  sp. 
Per  quanto  difettosa,  questa  descrizione  del  Pagenstecher 
somministra  i  dati  sufficienti  per  poter  definire  una  specie, 
giacché  è  accompagnata  da  buoni  disegni ,  non  solo  del 
verme  intero,  ma  anche  dei  varii  dettagli  anatomici.  Dopo 
quanto  ho  già  detto  sulla  T.  hyracis  e  sulla  tenia  indicata 
dal  Leuckart,  risulta  evidente  che  quella  descritta  dal  Pa¬ 
genstecher  non  può  a  queste  identificarsi,  ma  deve  ritenersi 
come  specie  nuova;  e  le  tenie  riscontrate  in  seguito  quali 
parassite  degli  iraci  possono  quindi  confrontarsi  opportu¬ 
namente  con  V Arhynchotaenia  critica,  ma  non  con  le  altre. 

Nel  1885,  una  nuova  tenia  degli  iraci  venne  descritta  e 
disegnata  dal  prof.  C.  Parona  (2).  Si  tratta  di  una  forma 
del  tutto  differente  dalle  altre  del  medesimo  ospite,  sia  per 
l’aspetto  generale  del  corpo  che  per  la  presenza  di  un¬ 
cini  nello  scoline.  Fu  trovata  da  0.  Beccari  nei  grossi 
vasi  del  fégato  di  un  irace  dell’  Eritrea ,  e  il  Parona  la 
descrisse  senza  darle  nome  specifico;  ma  giustamente  il 
Moniez  la  denominò  più  tardi  T.  Paronai,  riconoscendola 
come  nuova  specie;  e  gli  altri  autori  non  ebbero  più  a  di¬ 
scutere  in  proposito. 

Nel  1891  pubblicai  la  mia  breve  nota  «  Sulle  tenie  del- 
1’  Hyrax  dello  Scioa  »,  descrivendo  nuovi  esemplari  che 
identificai  all’ Arhynchotaenia  critica ,  Pag.  (benché  note¬ 
volmente  più  piccoli  di  quelli  tipici  della  specie,  e  riscon¬ 
trati  nell’  intestino  anziché  nel  fégato),  e  descrivendo  pure 
una  nuova  specie  intestinale  che  denominai  Taenia  Ra- 


(l)  Opera  già  citata. 

(s)  C.  Parona,  Di  alcuni  elminti  raccolti  nel  Sudan  orientale  da  0.  Bec¬ 
cari  e  P.  Magretti.  Ann.  del  Museo  Civico,  serie  2.a,  voi.  II,  p.  431-432, 
tav.  VI.  VII,  fìg.  10-13.  Genova,  1885. 


9 


gaz  zìi.  Contemporaneamente  alla  mia  pubblicazione  com¬ 
parve  quella  del  Moniez,  che  ho  già  menzionato  più  sopra, 
e  sorsero  allora  le  più  intricate  questioni  sull’  argomento 
delle  tenie  degli  iraci.  Gli  esemplari  del  Moniez  non  ven¬ 
nero  disegnati,  nè  dettagliatamente  descritti,  ma  confron¬ 
tati  con  quelli  del  Pagenstecher  e  del  Pallas,  nelle  rispet¬ 
tive  descrizioni,  indussero  l’osservatore  alla  identificazione 
delle  tre  forme.  Per  quanto  riguarda  i  rapporti  fra  la  T. 
hyracis  e  Y Arhynchotaenia  critica  ho  già  ampiamente 
confutato  le  conclusioni  del  Moniez ,  ma  sui  rapporti  tra 
gli  esemplari  di  quest’ultimo  e  quelli  del  Pagenstecher  si 
deve  ancora  discutere,  sopratutto  per  estendere  il  confronto 
ai  miei  esemplari  e  a  quelli  più  recentemente  descritti  dal 
Nassonow. 

Dalla  brevissima  nota  del  Moniez  si  possono  ricavare 
questi  pochi  dati:  gli  esemplari  (parecchi,  ma  in  numero 
non  precisato)  sono  stati  raccolti  da  T.  Barrois  nell’  inte¬ 
stino  (*)  di  un  Hyrax  capensis  (sic)  della  Siria;  sarebbero 
identificabili  per  il  complesso  dei  caratteri  all’ Arhyncho¬ 
taenia  critica  Pag.,  avendo  lo  scolice  inerme,  le  proglot¬ 
tidi  molto  allargate  (eccetto  le  ultime),  le  aperture  genitali 
unilaterali  ;  ma  alcuni  esemplari  si  distinguerebbero  per 
una  lunghezza  molto  maggiore  (due  o  tre  volte  la  normale), 
le  uova  presenterebbero  un  apparecchio  piriforme  con  qual¬ 
che  speciale  particolarità.  Per  la  presenza  di  questo  appa¬ 
recchio  piriforme  e  per  tutti  gli  altri  caratteri  in  generale, 
la  specie  dovrebbe  essere  ascritta  al  genere  Anoplocephala. 

Dopo  la  pubblicazione  del  Moniez,  io  mi  sono  ancora  oc¬ 
cupato  (2)  delle  tenie  deAYHyrax  da  me  stesso  descritte  nel 
1891  ;  ho  confermato  che  Y Arhynchotaenia  del  Pagenstecher 
si  deve  ascrivere  al  genere  Anoplocephala  ;  ma  invece  di 
considerare  gli  esemplari  del  Moniez  come  intermedii  tra 
quelli  del  Pagenstecher  e  quelli  del  Pallas,  li  ho  avvicinati 
alla  Taenia  Ragazza  (che  io  avevo  appunto  distinto  dalla 
T.  critica  specialmente  per  le  dimensioni  molto  maggiori). 
E  cosi  sorsero  nuove  questioni,  che,  naturalmente,  non  po¬ 
tevano  risolversi  se  non  con  un  esame  particolareggiato 


(l;  Notisi  bene  che  nessun  esemplare  fu  trovato  nel  fegato. 
(2)  Elminti  Eritrea ,  già  cit.  (p.  13-15).  Genova,  1893. 


10 


degli  esemplari  del  Moniez  (troppo  insufficientemente  de¬ 
scritti)  e  con  lo  studio  di  nuovo  materiale. 

Tali  condizioni  potè  il  Nassonow  ottenere,  mediante  la 
raccolta  di  nuove  tenie  di  iraci  (Procavia  syriaca,  Ehrb.), 
e  l’invio  a  lui  fatto  di  esemplari  tipici,  non  solo  della  forma 
descritta  dal  Moniez ,  ma  anche  della  mia.  E  lo  zoologo 
russo  studiò  infatti  tutte  queste  forme  confrontando  le  une 
con  le  altre  ;  ma,  se  dal  lato  analitico  il  suo  studio  riuscì 
utilissimo,  per  l’illustrazione  di  nuovi  esemplari  e  per  la 
revisione  di  quelli  del  Moniez,  fu,  per  contro,  infruttuoso 
dal  lato  sintetico,  non  risolvendo  soddisfacentemente  nessuna 
delle  questioni  sopra  accennate.  Ciò  in  parte  ho  già  dimo¬ 
strato  nelle  pagine  antecedenti ,  ora  confermerò  con  altre 
prove. 

Le  nuove  tenie  descritte  dal  Nassonow  furono  trovate  in 
considerevole  numero,  ma  in  diversi  individui  di  Procavia 
syriaca,  e  sempre  nelle  vie  biliari  (almeno  con  lo  scolice 
e  il  primo  tratto  di  strobilio)  (*). 

Tanto  dalla  minuziosa  descrizione,  quanto  dalle  precise 
figure,  appare  manifesto  che  gli  esemplari  sono  riferibili 
alla  forma  tipica  dell’M.  critica ,  mostrando  per  altro  ca¬ 
ratteri  di  transizione  tra  gli  esemplari  del  Pagenstecher, 
quelli  del  Moniez,  ed  i  miei.  Per  la  forma  dello  scolice  e 
delle  proglottidi  sono  più  affini  a  questi  ultimi;  per  le  di¬ 
mensioni  corrispondono  agli  altri. 

L’esame  comparativo  di  queste  varie  forme  indusse  il 
Nassonow  a  considerarle  come  di  un’unica  specie,  distin¬ 
guendone  però  due  varietà:  A.  hyracis  var.  hepatica  e 
A.  hyracis  var.  intestinalis.  Alla  prima  varietà  volle 
ascrivere  i  suoi  esemplari,  una  parte  di  quelli  del  Moniez, 
quelli  del  Pagenstecher  e  quelli  del  Pallas  ;  alla  seconda 
un’altra  parte  di  quelli  del  Moniez  e  gli  esemplari  da  me 
assegnati  all’M.  critica  (non  però  quelli  assegnati  alivi. 
Ragazzii,  di  cui  non  tenne  conto). 

Premesso  intanto  che  le  due  varietà,  per  ciò  che  sopra 


fi)  La  parte  centrale  e  terminale  dello  strobilio  s’  inoltrava  spesso  nel 
duodeno,  ma  lo  scolice  era  sempre  nei  vasi  epatici.  Solo  un  breve  fram¬ 
mento  di  strobilio  fu  rinvenuto  nel  tenue.  Noto  questa  particolarità  perchè 
il  Nassonow,  come  mostrerò,  vi  attribuì  esagerata  importanza. 


11 


si  è  detto,  dovrebbero  denominarsi  A.  critica  var.  hepatica 
e  A.  critica  var.  intestinalis,  importa  cercare  se  le  stesse 
siano  basate  su  caratteri  ben  definiti  e  costanti,  in  modo 
da  acquistare  un  valore  sistematico,  o  se  invece  siano  de¬ 
terminate  da  una  distinzione  puramente  artificiale. 

Considerando,  da  una  parte,  gli  esemplari  da  me  descritti, 
e  dalT altra  quelli  del  Pagenstecher,  la  suddivisione  della 
specie  in  quelle  due  varietà  potrebbe  ritenersi  giustificata, 
poiché  si  avrebbe:  in  un  caso,  una  forma  piccola  vivente 
nell’  intestino  (miei  esemplari)  ;  in  un  altro,  una  forma  più 
grande  vivente  nel  fegato  (esempi,  del  Pagenstecher)  ;  si 
avrebbe  cioè  quella  concomitanza  nei  caratteri  differenziali, 
che  è  indispensabile  in  qualunque  sistematica  distinzione. 

Ma,  naturalmente,  bisogna  anche  tener  conto  degli  esem¬ 
plari  del  Nassonow  e  di  quelli  del  Moniez  ,  ed  è  appunto 
per  questi  che  una  sicura  distinzione  non  è  più  possibile. 
Troviamo  infatti,  che,  da  una  parte,  gli  esemplari  del  Nas- 
sonow  si  presentano  con  lunghezza  variabile  tra  cm.  4,5 
e  cm.  17,  pur  essendo  tutti  delle  vie  biliari;  e  dall’altra 
gli  esemplari  del  Moniez,  tratti  esclusivamente  dall’ inte¬ 
stino,  variano  pure  tra  dimensioni  minime  corrispondenti  a 
quelle  dei  miei  esemplari,  e  dimensioni  massime  anche  su¬ 
periori  a  quelle  indicate  per  gli  esemplari  del  Pagenstecher. 
Come  dunque  orientarsi  in  simili  casi? 

Il  Nassonow  avrebbe  superato  queste  difficoltà  ricorrendo 
ad  un’ipotesi  artificiosa;  secondo  lui,  gli  esemplari  massimi 
del  Moniez  spetterebbero  alla  varietà  epatica,  e  sarebbero 
pervenuti  eccezionalmente  nell’  intestino,  dopo  aver  lasciato 
nel  fegato  i  rispettivi  scolici.  Tale  ipotesi  sarebbe  suggerita 
dalla  considerazione  che  tutti  gli  esemplari  esaminati  dal 
Nassonow  avevano  lo  scoi  ice  nelle  vie  biliari  sebbene  lo 
strobilio  si  prolungasse  nel  duodeno,  che  nel  tenue  di  una 
procavia  fu  anche  trovato  un  frammento  privo  di  scolice,  e 
che  qualcuno  dei  più  grandi  esemplari  del  Moniez,  riveduti 
dal  Nassonow,  era  pur  privo  di  scolice. 

Ma  a  questo  proposito  si  deve  osservare  che,  nello  scritto 
del  Moniez  si  accenna  ad  «  un  certo  numero  »  di  esem¬ 
plari  ,  non  solo  dei  piccoli  ma  anche  dei  grandi,  e  non  è 
punto  detto  che  tutti  questi  ultimi  fossero  privi  di  scolice. 
Si  deve  inoltre  tenere  presente  che  tutti  gii  esemplari  del 


12 


Moniez,  grandi  e  piccoli,  furono  trovati  nell’intestino  d’uri 
ospite  solo,  e  che  del  fegato  di  questo  non  si  è  fatto  cenno. 
Tutto  ciò  basterebbe  a  rendere  poco  verosimile  V  ipotesi 
suddetta,  ma  bisogna  ancora  ricordare  che  la  notevole  di¬ 
vergenza  nelle  dimensioni  degli  esemplari  del  Nassonow  , 
costituirebbe  sempre  un  ostacolo  non  superabile  con  l’ ipo¬ 
tesi  stessa,  e  tale  da  rendere  impropria  la  distinzione  di 
quelle  due  varietà. 

Qui  è  opportuna  un’altra  osservazione.  Perchè  il  Nas¬ 
sonow  ha  dichiarato  che  gli  esemplari  del  Moniez  non 
possono  avvicinarsi  al  VA.  Ragazzii ,  come  io  avevo  invece 
supposto?  (*).  Le  differenze  essenziali  che  mi  hanno  indotto 
a  separare  questa  nuova  specie  dall’ff.  critica  si  riduce¬ 
vano  alle  dimensioni  maggiori  e  alla  forma  dello  scolice. 
Orbene  ,  se  è  vero  che  gli  esemplari  grandi  del  Moniez 
sono  privi  di  scolice  e  che  si  avvicinano  per  le  dimensioni 
e  i  caratteri  dello  strobilio  alla  forma  descritta  dal  Nas¬ 
sonow,  io  non  so  come  si  possa  escludere  la  loro  identifi¬ 
cazione  con  VA.  Ragazzii,  che  per  i  soli  caratteri  dello 
strobilio  corrisponderebbe  perfettamente  ai  maggiori  esem¬ 
plari  di  quella  forma. 

Per  tutte  le  considerazioni  finora  esposte,  parmi  dunque 
lecito  dichiarare  che  le  complicate  questioni  sulle  tenie 
degli  iraci,  non  possono  ritenersi  come  risolte  dopo  la  re¬ 
cente  nota  del  Nassonow.  Nè  io  posso  sostituire  mie  solu¬ 
zioni  a  tutte  quelle  proposte  da  questo  autore;  ma  voglio 
anzi  avvertire,  che,  delle  conclusioni  attualmente  possibili 
per  i  vari  quesiti  sull’ argomento  .  poche  soltanto  possono 
considerarsi  come  vere  soluzioni ,  la  maggior  parte  non  ha 
che  un  valore  provvisorio. 

Ed  ecco  ciò  che  possiamo  concludere: 

1. °  La  Tenia  hyracis  Rud. ,  è  una  specie  che  deve 
essere  radiata  dalla  sistematica. 

2. °  La  Taenia  sp.  indicata  dal  Leuckart,  non  può  ser¬ 
vire  a  confronti  di  sorta,  per  assoluta  mancanza  di  carat¬ 
teri  specifici. 

3. °  L  '  Arhy  nello  taenia  critica  Pag.  è  invece  una  specie 


(‘)  Rim.  Eritrea .,  pag.  14. 


13 


sufficientemente  definita,  ed  è  quindi  la  prima  con  cui  si 
debbono  confrontare  le  varie  tenie  degli  iraci  ;  essa  deve 
però  essere  ascritta  al  genere  Anoplocephala. 

4. °  La  Taenia  Paronai  Mon.  è  una  specie  ben  distinta 
da  tutte  le  altre  degli  stessi  ospiti,  sopratutto  per  la  pre¬ 
senza  di  uncini  nello  scolice. 

5. °  Le  tenie  successivamente  descritte  da  me,  dal  Moniez 
e  dal  Nassonovv  hanno  di  certo  stretti  rapporti  con  VA. 
critica ,  e  quindi  anche  tra  loro  reciprocamente ,  ma  il  grado 
preciso  di  questi  rapporti  non  può  finora  essere  determinato, 
sopratutto  per  L insufficienza  di  dati  sugli  esemplari  del 
Moniez. 

6. °  Le  due  varietà  stabilite  dal  Nassonow  (A.  hyracis 
var.  hepatica  e  var.  intestinalis)  non  possono  venire  ac¬ 
cettate,  non  essendo  fondate  su  caratteri  definiti  e  costanti. 

7. °  È  assai  probabile  che  VA.  Ragazzii  Setti,  sia  una 
specie  distinta  dall’M.  critica  Pag.,  e  che  a  quella  debba 
identificarsi  la  forma  maggiore  degli  esemplari  del  Moniez. 

8. °  È  parimente  probabile  che  gli  esemplari  piccoli  del 
Moniez,  i  miei,  e  quelli  del  Nassonow,  siano  tutti  identifi¬ 
cabili  all’M.  critica  ,  specie  che  potrebbe  presentarsi  con 
variazioni  individuali  notevolissime,  come  si  osservano  del 
resto  per  molte  altre  dello  stesso  genere. 

9. °  È  finalmente  possibile  che  anche  gli  esemplari  del- 
YA.  Ragazzii  e  quelli  grandi  del  Moniez  .  siano  riferibili 
alla  stessa  A.  critica  fi). 


fi)  Nel  mio  recente  lavoro  sui  «  Nuovi  elminti  dell’  Eritrea  »  ho  descritto 
un’altra  tenia  dell’intestino  degli  iraci,  denominandola  Anoplocephala  P(l- 
genstecheri  (p.  223  e  seg.).  Gli  esemplari  di  quésta  specie  si  avvicinerebbero 
per  le  dimensioni  complessive  e  per  la  forma  generale  dello  strobilio,  a 
quelli  da  me  descritti  precedentemente  come  spettanti  all  'A.  critica;  ma 
ne  differiscono  per  le  dimensioni  dello  scolice,  e  specialmente  per  la  po¬ 
sizione  degli  sbocchi  sessuali,  che  sono  sul  vertice  degli  angoli  delle  pro¬ 
glottidi ,  e  non  in  mezzo  ai  margini  laterali.  Siccome  ho  trovato  che  tali 
differenze,  insieme  ad  altre  secondarie,  erano  costanti  nei  moltissimi  esem¬ 
plari  da  me  esaminati,  ho  stabilito  per  questi  una  nuova  specie;  ed  è  certo 
che,  seguendo  i  comuni  criterii  sistematici,  non  potevo  fare  diversamente. 

Ma,  tenendo  conto  di  tutte  le  considerazioni  sopra  esposte,  e  ricordan¬ 
done  altre  più  generali  riguardo  ai  limiti  specifici  dei  cestodi  (su  cui  ho 
già  più  volte  richiamata  l’attenzione  degli  elmintologici),  io  non  esito  a 
dichiarare  che  anche  a  questa  specie,  come  a  moltissime  altre  dello  stesso 


14 


* 

*  * 


Prima  di  chiudere  la  presente  nota,  devo  ancora  rispon¬ 
dere  al  prof.  Nassonow  in  merito  ad  alcuni  appunti  ch’egli 
volle  fare  sulla  mia  descrizione  dellVl.  critica. 

Nel  mio  lavoro  «  sulle  tenie  deWHyraoc  dello  Scioa  » 
avevo  detto  (p.  320)  che  le  ventose  delibi.  critica  misu¬ 
ravano  nel  diametro  massimo  mm.  0,4,  ed  avevo  desunto 
questa  cifra  dall’ osservazione  di  numerosissimi  esemplari, 
fra  i  quali  avevo  esplicitamente  dichiarato  che  si  presenta¬ 
vano  variazioni  individuali  notevolissime.  Il  Nassonow,  che 
ebbe  a  disposizione  due  soli  dei  miei  esemplari ,  trovò  di 
poter  contestare  1’  esattezza  delle  misure  da  me  date  ,  af¬ 
fermando  che  il  diametro  delle  ventose  non  arriva  che  a 
mm.  0,23  (pag.  20).  Io  non  dirò,  alla  mia  volta,  che  il  Nas¬ 
sonow  abbia  misurato  male ,  ma  osservo  soltanto  che  io 
ho  parlato  di  «  diametro  massimo  »,  e  che,  avendo  ancora 
esaminato  recentemente  gli  esemplari  in  questione,  ho  po¬ 
tuto  constatare  V  esattezza  della  cifra  da  me  data,  notando 
per  altro  che  essa  rappresenta  appunto  la  misura  massima 
(che  si  scosta  di  poco  dalla  misura  media),  mentre  la  mi¬ 
nima  (solo  in  qualche  esemplare)  può  quasi  arrivare  alla 
cifra  data  dal  Nassonow. 

Più  grave  sarebbe  l’appunto'  fattomi  riguardo  alla  dispo¬ 
sizione  degli  sbocchi  sessuali  nella  stessa  specie. 

Mentre  io  ho  detto  che  essi  si  trovano  sempre  dalla  me¬ 
desima  parte  dello  strobilio  (pag.  321).  il  Nassonow  asse- 


genere,  della  stessa  famiglia,  dello  stesso  ordine,  si  deve  soltanto  attribuire 
un  valore  provvisorio.  Potremo  decidere  se  VA.  Pagenstecheri,  VA.  Ragazzii 
e  le  varie  forme  dell’4.  critica  costituiscono  una  sola,  o  due,  o  parecchie 
specie,  solo  quando  sapremo  se  esse  hanno  origine  da  una  sola,  o  da  due, 
o  da  parecchie  forme  di  cisticerchi. 

Più  estendo  i  miei  studi  intorno  ai  cestodi,  e  più  mi  persuado  che  nella 
sistematica  di  questo  ordine  le  delimitazioni  specifiche  sono  adatto  arbitra¬ 
rie;  e  ciò  sopratutto  perchè  le  forme  larvali  ci  sono  generalmente  scono¬ 
sciute,  e  le  forme  adulte  possono  presentarsi  con  variazioni  individuali  ri¬ 
levantissime. 

Per  ora  non  credo  che  sia  un’esagerazione  il  ripetere  per  questo  gruppo 
di  elminti  ciò  che  è  stato  detto  da  Haeckel  per  le  spugne  calcari:  vi  si 
possono  contare  a  piacimento  poche,  o  molte,  o  anche  moltissime  specie. 


15 


risce  che  negli  esemplari  avuti  in  comunicazione,  essi  sono 
alterni. 

Io  non  so  se  le  variazioni  individuali  di  cui  ho  già  par  ¬ 
lato  possano  giungere  Ano  a  questo  segno,  ma  ad  ogni 
modo  mi  sembra  poco  probabile  che  ,  sopra  un  centinaio 
di  esemplari,  due  soli  debbano  presentarsi  con  gli  sbocchi 
alterni,  e  questi  due  siano  precisamente....  quelli  osservati 
dal  Nassonow. 

Appena  ricevuta  la  pubblicazione  di  questo  autore  ,  io 
ho  esaminato  ancora  tutto  il  materiale  che  mi  aveva  ser¬ 
vito  per  il  mio  studio,  e  con  grande  soddisfazione  ho  ri¬ 
scontrato  che,  in  tutti  gli  esemplari,  gli  sbocchi  sessuali 
sono  sempre  da  una  sola  parte  dello  strobilio.  Questi  esem¬ 
plari  sono  a  disposizione  degli  studiosi  nel  museo  univer¬ 
sitario  di  Genova,  e  chiunque  potrà  controllare  le  mie  os¬ 
servazioni.  Dopo  ciò  non  ho  più  nulla  da  aggiungere  in  ri¬ 
sposta  agli  appunti  dello  zoologo  russo,  sulla  mia  descrizione 
de\Y Anoplocephala  critica. 


Genova,  gennaio  1898. 

Dal  Museo  zoologico  della  R.  Università . 


Genova,  Tipografìa  Ciminago ,  Vico  Mele ,  7.  1898. 


/fìd  n 


DI  ZOOLOGIA  E  ANATOMIA  COMPARATA 

DELLA  R.  UNIVERSITÀ  DI  GENOVA 

N.°  60.  1898. 


G.  Cattaneo 


Per  la  storia  dell’ anatomia  comparata. 

L’8  dello  scorso  settembre  si  inaugurò  a  Crevalcore  un 
degno  monumento  a  Marcello  Malpighi,  e  in  tale  occasione 
fu  pubblicata,  per  cura  del  Comitato  promotore,  una  rac¬ 
colta  di  scritti  che  illustrano  la  vita  e  le  opere  del  grande 
biologo  crevalcorese,  e  analizzano  paratamente  i  suoi  me¬ 
riti  nell’anatomia  e  istologia  animale  e  vegetale,  nell’em¬ 
briologia,  nella  medicina,  ecc.  (J).  Invitato  a  occuparmi  in 
ispecial  modo  delle  benemerenze  del  Malpighi  nelPanatomìa 
comparata,  di  buon  grado  accettai  il  non  facile  incarico, 
ben  lieto  di  poter  rendere  il  mio  modestissimo,  ma  sincero 
tributo,  alla  memoria  del  grand’uomo.  Molto  infatti  si  trova 
nell’opera  malpighiana  che  può  riferirsi  all’anatomia  com¬ 
parata  o,  quanto  meno,  alla  zootomia,  poiché  le  sue  celebri 
monografie  sui  polmoni,  sul  cervello,  sul  fegato,  sulla  milza, 
sui  reni,  ecc.,  sebbene  abbiano  per  intento  di  risolvere  vari 


(’)  Marcello  Malpighi  e  V  opera  sua.  Scritti  vari,  raccolti  e  ordinati  dal 
dott.  Ugo  Pizzoli.  Dott.  Francesco  Vallardi ,  Milano  1898.  Gli  articoli  ivi 
contenuti  sono  i  seguenti:  R.  Virchow,  Elogio  di  Malpighi  —  G.  Weiss, 
Introduzione  generale  —  G.  Atti,  Biografìa.  —  M.  Foster,  Malpighi  e  la 
società  reale  di  Londra  (con  molte  lettere  inedite)  —  L.  Frati,  Medaglie 
onorarie  di  Malpighi  —  E.  De-Miciielis,  Malpighi  e  la  storia  del  pensiero 
—  A.  Kòlliker,  Malpighi  nell’anatomia  generale  —  G.  Romiti,  Malpighi 
nell’  anatomia  dell’  uomo  —  A.  Eternod  ,  Malpighi  nell’  istologia  —  G. 
Cattaneo,  Malpighi  nell’anatomia  comparata  —  E.  Perroncito,  Il  baco 
da  seta  —  F.  Todaro,  Malpighi  nella  biologia  e  nella  medicina  —  A.  De- 
Giovanni,  Malpighi  nella  storia  della  medicina  —  E.  Strasburger,  Malpighi 
quale  fondatore  dell’  anatomia  vegetale  —  F.  Morini,  Malpighi  nella  bota¬ 
nica  —  E.  Haeckel,  Malpighi  filosofo-naturalista  —  C.  Frati,  Bibliografìa. 
E  un’opera,  nel  suo  complesso,  ben  riuscita,  la  quale,  mentre  è  nuovo 
monumento  alla  gloria  del  Malpighi,  fa  onore  al  Comitato  che  l’ha  pro¬ 
mossa  e  all’  editore  che  F  ha  pubblicata. 


problemi,  allora  oscuri  e  discussi,  in  servizio  dell’anatomia 
e  fisiologia  umana,  pure  si  fondano  più  su  osservazioni 
fatte  negli  animali  che  nell’ uomo.  Ma  l’autore  non  indica 
ogni  volta  il  nome  della  specie  su  cui  fece  la  ricerca,  trat¬ 
tandosi  spesso  dei  comuni  animali  domestici.  A  questo  di¬ 
fetto  delle  opere  stampate  (Opera  omnia  e  Opera  posthuma), 
suppliscono  le  manoscritte,  e  specialmente  il  Diario  dili¬ 
gentissimo,  che  delle  sue  osservazioni  tenne  il  Malpighi 
per  ben  trentacinque  anni,  dal  1660  all’ anno  della  sua 
morte,  e  che  forma  il  voi.  II  dei  manoscritti  malpighiani 
esistenti  nella  Biblioteca  universitaria  di  Bologna  (Obser  ~ 
valiones  anatomicae  in  plantis  et  animalibus) .  Con  l’aiuto 
di  queste  note  e  dei  disegni  relativi,  che  danno  conto  di 
oltre  600  dissezioni  su  almeno  75  specie  di  animali,  potei 
non  solo  completare  i  dati  zootomici  accennati  nelle  opere 
stampate,  ma  rinvenirne  molti  altri  ancora  inediti,  che  dimo¬ 
strano  la  grande  attività  del  Malpighi  anche  nell’ anatomia 
comparata.  Io  non  darò  qui  che  un  brevissimo  sunto  dei 
miei  appunti*  non  potendo  mancare,  in  un  Bollettino  dedicato 
alla  zoologia  e  all’ anatomia  comparata,  un  cenno  almeno 
di  un  capitolo  così  importante  della  loro  storia  e  un  ricordo 
della  circostanza,  rimandando,  pei  particolari,  alla  Memoria 
completa,  che  fa  parte  del  citato  libro  M.  Malpighi  e  Vo~ 
pera  sua  (x),  e  ove  sono  anche  riportati  i  passi  testuali. 

Col  nome  di  verme  cucurbitino  descrisse  il  Malpighi  il 
Distoma  liepaticum,  già  poco  prima  accennato  dal  Redi,  e 
vi  distinse  l’ovario,  l’utero,  i  vitellogeni,  interpretando  in¬ 
vece  come  vaso  circolatorio  il  tubo  digerente.  Scoperse  il 
cisticerco  nella  carne  panicata  del  maiale,  e  osservò  anche 
le  tenie  dell'  uomo  e  del  cane ,  notandovi  le  ventose  e  gli 
uncini  del  capo.  Con  insistenza  si  occupò  dell’anatomia  dei 
molluschi ,  argomento  a  cui  contemporaneamente  attende¬ 
vano  il  Redi,  l’Harder  e  lo  Swammerdam,  e,  sebbene  quasi 
nulla  pubblicasse  in  proposito,  sono  importanti  le  note  ma¬ 
noscritte  e  gli  schizzi  che  riguardano  la  seppia,  la  lumaca 
e  il’ lumacone;  di  questi  ultimi  non  riuscì  però  a  intrave¬ 
dere  l’ermafroditismo,  rivelato  poco  dopo  dal  Ray  e  dallo 
Swammerdam. 


(lj  G.  Cattaneo,  M.  Malpighi  nell’anatomia  comparata,  op.  cit.,  p.  142-176* 


3 


Tra  gli  artropodi ,  salvo  alcune  osservazioni  inedite  sul 
fegato  e  sull’ovario  dei  crostacei,  e  sulla  orismologia  del 
Demodex ,  studiò  solo  gli  insetti,  ma  con  ricerche  estese 
e  minute,  e  giungendo  a  risultati  capitali;  prova  ne  sia  la 
monografia  del  baco  da  seta,  che  è  riputata  dai  più  come 
il  suo  capolavoro.  Le  trachee,  il  cuore  tubulare ,  i  vasi 
escretori  (detti  poi  malpighiani)  furono  fatti  conoscere  per 
la  prima  volta,  nei  loro  minuti  particolari,  dall’anatomico 
bolognese.  Ma,  quasi  a  preparazione  e  ad  illustrazione  di 
questa  monografia,  continuò  per  molti  anni  lo  studio  zoo- 
tomico  su  svariatissime  specie  ;  ricorderò  solo  le  annota¬ 
zioni  e  i  disegni  sulla  muscolatura  dei  bruchi,  in  cui  egli 
avverti  per  il  primo  la  striatura  delle  fibre,  sul  cervello 
bilobo,  la  catena  gangliare,  il  collare  periesofageo,  gli  occhi 
composti,  ecc.  L’organo  luminoso  delle  lucciole  gli  fu  ar¬ 
gomento  di  molteplici  riflessioni  ed  esperienze.  Nella  cicala, 
nel  grillo,  nella  locusta,  nella  grillotalpa,  nell’ape  e  in 
molti  lepidotteri  e  coleotteri  osservò  T  intestino  con  gli  an¬ 
nessi  vasi,  delle  trachee  vide  il  filo  cbitinoso  spirale  e  le 
dilatazioni  ad  ampolla,  notevoli  nel  lucano  e  nella  cicala, 
e  ne  provò  la  funzione  respiratoria,  osservando  che  gli  in¬ 
setti  morivano  se  si  tappavano  le  stigme.  Fu  insomma, 
in  questo  campo,  emulo  di  Swammerdam,  e  precursore 
di  Réaumur  e  Bonnet. 

Ricerche  di  gran  lunga  più  estese  riguardano  i  vertebrati. 
Mentre  era  a  Messina,  osservò  i  canali  glandulari  cutanei 
dei  pesci  cani,  delle  razze  e  delle  torpedini,  studiati  più 
tardi  dal  Lorenzini,  dal  Savi  e  dal  Leydig,  la  valvola  spi¬ 
rale  dell’intestino,  la  glandola  digitiforme,  e  il  cuore  bilo- 
culare  dei  selaci,  di  alcuni  dei  quali  accertò  la  viviparità. 

1  pesci  ossei  gli  servirono  specialmente  per  indagare  la 
struttura  del  cervello,  quale  la  espose  nelle  sue  celebri 
memorie  de  cerebro  e  de  cortice  cerebri ,  con  risultati 
per  altro  molto  incerti,  se  non  nell’osservazione,  almeno 
nella  interpretazione.  Estendendo  anche  al  cervello  la  sua 
teoria  delle  glandule  conglobate,  considerò  la  sostanza  cor¬ 
ticale  come  formata  da  un  ammasso  di  glandulette,  secer- 
nenti  un  succo  nervoso,  ch’era  portato  alla  periferia  da 
fibre  cave  o  «  budellini  » ,  riuniti  in  fàsci  e  costituenti  i 
nervi.  Curiosa  teoria  invero,  accettata  poi  anche  dal  Bo- 


4 


relli;  però,  se  l’interpretazione  fisiologica  cadde  ben  presto, 
l’osservazione  non  è  da  credersi  fantastica,  almeno  per 
quanto  si  può  ricavare  dalla  brevità  delle  descrizioni  e 
dalla  insufficienza  delle  figure.  Che  cosa  possono  essere 
queste  «  glandulette  »  microscopiche,  che  sono  disseminate 
nella  sostanza  grigia?  che  cosa  i  fili  che  da  esse  par¬ 
tono?  Secondo  ogni  probabilità,  quei  corpicciuoli  non  sono 
altro  che  le  grandi  cellule  nervose,  che  si  possono  vedere 
facilmente  anche  sul  fresco,  e  anche  a  piccolo  ingrandi¬ 
mento;  e  i  filamenti,  che  da  esse  partono  e  costituiscono 
la  sostanza  bianca,  i  prolungamenti  nervosi  delle  cellule , 
che  vanno  infatti  a  costituire  i  nervi.  11  nome  a  questi  dato 
di  tubuli,  che  durò  a  lungo  nell’istologia,  derivò  verisi- 
milmente  dall’aver  interpretato  la  guaina  come  parte  prin¬ 
cipale  del  filamento,  e  il  cilindro  assile  come  lume  del  tubo. 

Esaminando  il  nervo  ottico  del  pesce  spada,  del  tonno, 
del  pagro,  ecc.  vide  eh’  esso  non  era  fatto  come  un  fascio 
di  filamenti,  ma  come  una  membrana  ravvolta  su  sè  stessa 
in  molteplici  pieghe,  e  comunicò  quest’osservazione  al  Bo- 
relli,  che  poi  la  ripetè  a  Pisa  alla  presenza  di  altri  ana¬ 
tomici  e  dello  stesso  Granduca.  L’Eternod,  nel  suo  articolo 
intorno  ai  meriti  di  Malpighi  nell’istologia,  dopo  aver  detto 
che  erroneamente  egli  assegnò  una  struttura  glandulare 
al  cervello,  soggiunge  :  «  Nè  più  fortunato  egli  fu  nel  modo 
di  comprendere  la  costituzione  del  nervo  ottico,  che,  come 
si  vede  da  un  suo  disegno,  egli  credette  composto  di  la¬ 
mine  diversamente  contornate  e  piegate  ».  Ma  il  Malpighi 
non  generalizzò  questa  struttura  ai  nervi  ottici  di  tutti  gli 
animali;  la  sua  figura  si  riferisce  solo  allo  Xiy)hias  e  ad 
altri  pesci,  ed  è  esattissima;  e  questa  disposizione,  facile 
ad  osservarsi  anche  ad  occhio  nudo  su  pesci  di  dimensioni 
un  po’  grandi,  è  confermata  nel  trattato  dell’Owen.  Dei  pesci 
studiò  anche  l’occhio  e  i  suoi  muscoli,  le  branchie  e  la 
loro  funzione,  il  cuore,  l’ intestino,  il  fegato  e  i  vasi  sper¬ 
matici.  In  un’  «  anguilla  di  faro  »  egli  vide  al  micro¬ 
scopio  molti  globuli  ovali,  che  sono  evidentemente  le  cel¬ 
lule  rosse  del  sangue,  osservate  da  lui  anche  nella  rana 
e  nei  mammiferi;  talché  condivide  col  Leuwenhoek  e  con 
lo  Swammerdam  l’onore  di  questa  scoperta. 

Specialmente  sulla  rana  studiò  la  struttura  e  la  funzione 


dei  polmoni,  accertando  la  loro  natura  vescicolosa,  lo  sbocco 
dei  piccoli  bronchi  negli  alveoli  e  resistenza  di  una  rete 
capillare  che  circonda  l’alveolo.  Quanto  alla  funzione,  con¬ 
divise  dapprincipio  l’idea  diffusa  al  suo  tempo,  che  cioè 
il  moto  dei  polmoni  servisse  a  rimescolare  ed  amalgamare 
le  varie  parti  del  sangue,  favorendo  la  sua  fermentazione  ; 
ma,  avendo  il  Borelli  combattuta  tale  teoria,  ammettendo 
che  1’  utile  della  respirazione  non  derivasse  dal  moto  che  si 
fa  respirando,  bensì  da  elementi  dell’aria  che  vengano  as¬ 
sorbiti  dal  sangue  (1681)  (1),  il  Malpighi,  nelle  opere  postume 
(1697)  abdicò  alla  prima  opinione,  e  abbracciò  la  seconda 
più  giusta,  dando  anche  lealmente  a  capire  che  non  si 
trattava  di  scoperta  sua,  ma  di  opinione  emessa  da  altri  ; 
«  è  reso  certo ,  egli  dice,  che  nei  polmoni  viene  spinto  per¬ 
le  arterie  polmonali  il  sangue  mescolato  con  la  linfa  e 
con  il  chilo,  e  che  in  esso  si  sminuzza  e  si  frammezza 
con  un  corpo  sottile  separato  dall’aria,  ecc.  ».  11  Todaro 
lumeggiò  assai  bene  nel  suo  articolo  questa  chiara  conce¬ 
zione  del  Malpighi  riguardo  alla  fisiologia  della  respira¬ 
zione.  lo  non  ho  accennato  a  questo  progresso  'postumo 
delle  idee  del  Malpighi,  e  riparo  ora  all’omissione. 

Nelle  rane  osservò  inoltre  il  Malpighi  il  particolar  modo 
di  respirare  per  deglutizione,  che  fu  poi  attribuito  (ma 
impropriamente,  come  dimostrò  il  Panizza)  anche  alle  tar¬ 
tarughe;  talché  quelle,  se  respirano  con  torace  leso,  non 
inspirano  più  a  bocca  aperta.  Vide  pure  che,  contraria¬ 
mente  a  quanto  fu  creduto  poi  per  lungo  tempo,  l’estirpa¬ 
zione  della  lingua  non  rende  impossibile  la  respirazione 
delle  rane,  bastando  il  ristringimento  degli  sfinteri  nasali. 
Poco  si  occupò  dei  rettili,  e  assai  più  degli  uccelli,  tro¬ 
vandosi  nel  diario  una  piccola  monografia  dell’aquila,  ri¬ 
portata  poi  in  miglior  forma  nelle  opere  postume.  Le  pa¬ 
pille  cutanee,  la  gianduia  uropigetica,  lo  sviluppo  delle 
penne  gli  offrirono  argomento  a  interessanti  osservazioni. 
Nell’  occhio  della  civetta  notò  il  fenomeno  della  imagine 
degli  oggetti,  capovolta  sulla  retina;  tentò  anche  lo  studio 
dell’organo  dell’ udito,  ma  con  iscarso  frutto;  ed  estesele 


(')  A.  Borel.i.i  ,  De  motn  animai ium.  Voi.  II,  1681,  proposizione  113: 
«  Per  respirationem,  aeris  particulae  sanguini  commisceri  possunt  ». 


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sue  indagini  ai  visceri  di  molte  specie  di  uccelli,  secondo 
che  gliene  capitava  il  destro,  illustrando,  nelle  sue  note, 
con  descrizioni  e  disegni  accurati,  lo  stomaco  multiplo  e 
l’apparecchio  riproduttore  di  vari  gallinacei  e  palmipedi,  e 
la  lingua  protrattile  del  picchio.  Ma  i  più  importanti  lavori 
suoi  sugli  uccelli  sono,  senza  dubbio,  le  due  memorie  re¬ 
lative  allo  sviluppo  del  pulcino,  che  fanno  del  Malpighi  uno 
dei  precursori  dell’  embriologia. 

La  maggior  parte  delle  sue  dissezioni  riguarda  tuttavia 
i  mammiferi,  e  di  questi  sopratutto  i  ruminanti.  Studiò  lo 
sviluppo  delle  corna  bovine,  approfittando  anche  di  un  caso 
anomalo  di  corno  sopranummerario,  tentò  varie  ricerche 
sulla  struttura  deir  occhio  e  dell’orecchio,  e  nella  lingua 
dei  ruminanti  fece  la  sua  celebre  scoperta  delle  papille 
gustative.  In  un  cuore  di  bue,  a  quanto  pare,  notò  il  Mal¬ 
pighi  la  direzione  spirale  delle  fibre,  e  sulla  milza  e  sui 
reni  dello  stesso  animale  fondò  le  sue  dottrine  relative  alla 
struttura  di  questi  organi.  Fu  tra  i  primi  a  osservare  nei 
mammiferi  gli  ovuli  scendenti  per  le  tube  falloppiane.  E  tra 
le  molte  altre  indagini,  quasi  tutte  inedite,  sull’ anatomia 
di  equini,  di  rosicanti,  di  carnivori,  ecc.  ;  offre  speciale  in¬ 
teresse  la  sua  descrizione  delle  giandule  peptiche  tubulari, 
o  fistole  gastriche. 

In  conclusione,  il  Malpighi,  riconosciuto  come  fondatore 
dell’ istologia  vegetale  e  animale,  fu  anche  benemerito  del¬ 
l’anatomia  comparata,  poiché  ebbe  una  grande  pratica 
zootomica,  e  dissecò  un  gran  numero  di  animali,  ricercando 
le  più  intime  particolarità  della  loro  organizzazione  con 
diversi  artifici:  l’esame  microscopico,  la  vivisezione,  la 
macerazione,  l’indurimento  nell’acqua  bollente,  le  iniezioni 
di  sostanze  colorate.  Certo,  la  sua  opera  zootomica  è  sparsa 
e  frammentaria,  nè  pensò  mai  a  riunire  le  sue  osservazioni 
sugli  animali  in  un  corpo  di  dottrina,  ma  intuì  tutta  la 
efficacia  del  metodo  comparativo,  e  perciò  merita  un  posto 
segnalato  anche  nella  storia  dell1  anatomia  comparata. 


Genova ,  aprile  1898. 


Genova,  Tipografìa  Ciminago,  Vico  Mele,  7.  1898. 


ifnj/ 


BOLLETTINO  DEI  MI 

III  ZOOLOGIA  E  ANATOMIA  COMPARATA 

DELLA  R.  UNIVERSITÀ  DI  GENOVA 

N.°  61.  1898. 


Alessandro  Brian 


Catalogo  di  Copepodi  parassiti  dei  pesci  della  Liguria. 

Nel  laboratorio  di  Zoologia  dell’Università  di  Genova  che 
ebbi  a  frequentare  nel  biennio  ora  decorso  quale  studente 
di  Scienze  naturali,  fu  messo  a  mia  disposizione  dal  Diret¬ 
tore  prof.  Corrado  Barena,  un  ricco  materiale  di  copepodi 
parassiti  dei  pesci,  e  lo  feci  volentieri  oggetto  di  uno  stu¬ 
dio,  conoscendo  l’importanza  speciale  di  questo  gruppo,  che 
presenta,  dopo  gli  elminti,  il  quadro  più  spiccato  della 
condizione  parassitaria  e  le  maggiori  e  più  profonde  modi¬ 
ficazioni  morfologiche  inerenti  a  questo  peculiare  modo  di 
vita.  Come  è  noto,  questi  crostacei  sono  soltanto  parassiti 
allo  stalo  adulto,  e  subiscono  per  adattamento  al  parassi¬ 
tismo  tali  deformazioni,  che  alcuni,  ridotti  quasi  al  solo  te¬ 
gumento,  piti  non  contengono  altro  organo  speciale,  all’in- 
fuori  di  quelli  che  necessitano  alla  conservazione  della  specie. 
Pingui,  ciechi,  impotenti  a  muoversi,  non  vivono  che  del  ma¬ 
teriale  che  prendono  dall’ospite  che  li  accoglie;  si  trovano 
così  al  termine  della  loro  esistenza  innicchiati  e  non  più  ri- 
conoscibili  negli  organi  anche  profondi  di  altri  viventi,  essi 
che  tuttavia  al  loro  uscire  dall’uovo  sono  tutti  liberi  e  nuo¬ 
tano  con  agilità. 

Per  tale  ragione  distinti  naturalisti  del  secolo  passato 
reputavano  che  i  copepodi  parassiti,  i  quali  si  presenta¬ 
vano  a  loro  in  questa  strana  sembianza,  dovessero  ascri¬ 
versi  fra  i  vermi;  e  sebbene  già  per  lo  innanzi  il  De  Blain- 
ville  ne  avesse  riconosciuti  i  rapporti  coi  crostacei  ed  avesse 
per  ciò  collocato  i  Lerneidi  tra  gli  articolati,  mentre  Latreille 
li  voleva  distribuire  tra  gli  elminti,  non  fu  che  dopo  il  1832, 
per  opera  di  Nordmann,  eh’ essi  acquistarono  il  vero  loro 
posto  tra  i  Crostacei. 


Contemporaneamente  al  Norclmann,  o  poco  più  tardi,  altri 
osservatori,  come  per  es.,  Burmeister  (1835),  Kollar  (1835), 
Johnston  (1835-36),  Kròyer  (1837-38),  Pickering  e  Dana 
(1838)  e  Rathke  (1839)  diedero  grande  impulso  allo  studio 
dei  Copepodi  parassiti,  e  contribuirono  alla  loro  più  per¬ 
fetta  conoscenza;  sicché,  essendo  aumentata  di  pari  passo 
anche  la  serie  dei  copepodi  liberi,  per  gli  studi  principal¬ 
mente  di  M.  Milne  Edwards  ed  altri  (1840),  le  forme  note 
dei  due  gruppi  arrivarono  in  complesso  a  circa  150  specie 
con  44  generi,  mentre  soltanto  8  specie  con  3  generi  erano 
menzionate  al  tempo  di  Linneo  (1766).  In  questi  ultimi  de¬ 
cenni  per  tali  gruppi  di  crostacei  si  è  verificato  un  pro¬ 
gresso  sempre  maggiore ,  sia  dal  punto  di  vista  sistema¬ 
tico,  sia  da  quello  più  generale  della  morfologia,  per  opera 
di  naturalisti,  quali  per  dire  solo  d’ alcuni,  Yan  Beneden 
(1850-60),  Leydig  (1853),  Kolliker  (1853),  Gerstaecker  (1853- 
54),  Heller  (1857-66),  Claus  (1859  68) ,  Thorell  (1859),  Sars 
(1861),  Hesse  (1862-68),  Kròyer  (1863)  ,  Kurz  (1877).  Basti 
dire  che  il  numero  complessivo  dei  copepodi,  comprese  le 
forme  libere,  ammonterebbe  di  già,  secondo  Gerstaecker 
(1866-79),  a  944  specie  riunite  in  217  generi.  Volendo  li¬ 
mitarci  ai  Copepodi  parassiti  dei  pesci,  come  è  nostro  in¬ 
tendimento,  troviamo  che  questo  gruppo  comprende,  secondo 
lo  stesso  autore,  più  di  337  specie  raggruppati  in  85  generi. 

In  oggi  il  numero  delle  specie  note  è  certo  superiore. 

Le  località  maggiormente  esplorate,  sotto  questo  aspetto 
sono  quelle  dei  mari  a  settentrione  d’Europa,  mentre  fra 
noi,  come  tutti  i  crostacei  in  genere,  l’ordine  dei  copepodi 
conta  pochissimi  cultori.  Fra  questi  per  limitarci  ai  viventi, 
ricorderemo  in  Italia,  il  Richiardi  a  Pisa,  il  Della  Valle  a 
Napoli,  lo  Stossich  e  il  Valle  a  Trieste. 

Distinti  naturalisti  stranieri  s’  erano  bensì  occupati  per 
lo  innanzi  di  questi  artropodi  del  Mediterraneo  (  Grube, 
Heller,  Hope,  Claus,  ecc.),  e  dell’Adriatico  (Heller,  Kurz, 
Ileider,  Schaub,  ecc.)  ma  non  di  proposito.  Per  quanto  ac¬ 
curate  fossero  state  le  indagini  da  essi  fatte,  i  loro  lavori 
si  restrinsero  unicamente  ad  alcune  specie,  nè  la  lontananza 
del  mare  e  la  difficoltà  di  procurarsi  grande  copia  di  pesci, 
a  loro  permisero  di  estendere  le  ricerche  alla  maggioranza 
di  quelli  dell’Adriatico  e  del  Mediterraneo. 


Invece  i  lavori  e  le  scoperte  ulteriori,  dei  già  citati  au¬ 
tori  italiani,  mirarono  direttamente  ad  illustrare  più  com¬ 
pletamente  la  fauna  nostra;  ma  anche  lo  studio  loro,  pur 
abbracciando  copepodi  parassiti  di  molte  specie  e  di  diverse 
località,  non  arrivò  a  colmare  la  grande  lacuna  delle  no¬ 
tizie  sulla  loro  distribuzione  intorno  alle  nostre  spiaggie,  di 
che  moltissime  rimangono  ancor  oggi  da  esplorarsi. 

Rivolgendo  in  particolar  modo  uno  sguardo  alla  Liguria, 
noi  constatiamo  una  assenza  pressoché  assoluta  di  studii 
a  questo  proposito. 

Nel  1816  Risso  nell’  «  Histoire  naturelle  des  Crustacés 
des  environs  de  Nice  »,  non  cita  che  due  Caligidi:  Caligus 
productus  Muli,  e  C.  imbricatus  Risso. 

Solo,  nel  1846,  per  quanto  io  sappia,  colla  nota  pubbli¬ 
cazione  intitolata:  «  Descrizione  di  Genova  e  del  Genove- 
sato,  »  è  apparso  per  opera  del  Verany  un  primo  elenco  si¬ 
stematico  dei  Crostacei  liguri,  catalogo  non  poco  importante 
per  quei  tempi ,  perchè  appunto  unico  per  la  storia  della 
carcinologia  del  nostro  paese.  Ma  in  questa  nota,  accanto 
ad  un  numero  discreto  di  crostacei  superiori  (Decapodi), 
troviamo  una  serie  di  Sifonostomi,  troppo  scarsa  per  poter 
avere  un’  idea  giusta  della  attuale  distribuzione  in  Liguria 
di  questi  parassiti. 

Infatti  le  specie  elencate  sono: 

1.  Caligus  Rissoanus  M.  Edw. 

2.  Cecrops  Latreillii  Leach. 

3.  Nemesis  Carcherium  Bruii. 

4.  Brachiella  Thynni  Cuv. 

5.  Penellus  filosus  M.  Edw. 

(Renella  filosa  Cuv.,  Lerneopenna  Blainv.). 

Per  supplire  in  qualche  modo  alla  lamentata  deficienza  di 
uno  studio  dei  Copepodi  parassiti  di  animali  della  Liguria, 
si  andò  facendo  in  questi  ultimi  anni  nel  Museo  di  Zoologia 
della  R.  Università  di  Genova  un’accurata  ricerca  di  tali 
crostacei,  e  si  raccolse  il  materiale  che  il  Direttore  prof.  Pa- 
,rona,  come  dissi,  volle  affidarmi  perchè  ne  facessi  oggetto 
di  studio  f1). 

(l)  Cooperarono  alla  raccolta  di  questo  materiale,  oltreché  il  prof.  Parona, 
gli  esimii  signori  prof.  F.  Mazza,  B.  Borgioli,  dott.  Setti  e  il  compianto 
A.  Perugia. 


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È  in  grazia  di  ciò  che  posso  oggi  offrire  in  questo  mio 
lavoro  un  primo  saggio  di  catalogo  di  Entomostraci  della 
Liguria,  in  gran  parte  provenienti  dal.  mercato  di  Genova, 
già  menzionati  generalmente  per  l’Italia,  ma  quasi  tutti  non 
ancora  studiati  pel  mare  ligustico. 

Mi  è  quindi  ben  grato  dovere  ringraziare  vivamente  il 
chiarissimo  prof.  Parona  per  questa  gentile  concessione , 
non  meno  che  per  i  consigli  datimi,  e  1  egregio  dott.  E. 
Setti  che  pure  efficacemente  mi  aiutò  in  questo  studio. 

Le  forme  di  Copepodi  parassiti  che  si  riscontrano  sui 
pesci,  gruppo  del  quale,  come  dissi,  intendo  occuparmi,  sono 
senza  dubbio  in  numero  maggiore  di  quelle  che  trovansi 
nelle  altre  classi  d’  animali. 

Da  uno  studio  fatto  dal  Gerstaecker,  risulta  che  i  pesci 
ospitanti  copepodi,  non  si  devono  ricercare  fra  gli  ordini  dei 
Leptocardi,  dei  Ciclostotni,  dei  Lofobranchi,  i  quali  in  niun 
modo  ne  presentano,  ma  fra  gli  altri  sei  ordini  di  pesci, 
che  ne  offrono  un  numero  maggiore  o  minore. 

11  contingente  più  numeroso  è  dato  dai  pesci  Acantotte- 
rigi  che  presentano  75  generi,  con  124  specie  di  copepodi 
parassiti,  e  dai  Malacotterigi  (34  gen.  con  67  specie). 

Gli  altri  ordini  offrono  un  numero  di  copepodi  inferiore 
alla  decina,  eccettuati  i  Plagiostomi  con  14  generi  e  22 
specie. 

È  da  notarsi  in  ultimo  che  uno  stesso  copepodo  paras¬ 
sita  può,  come  fanno  gli  elminti,  infestare  parecchie  specie 
di  pesci  (per  es.  il  CoMgus  rapax  si  è  trovato  sopra  12), 
e  che  talvolta  anche  un  pesce  solo  può  portare  varie  specie 
di  parassiti.  Gerstaecker  ci  dà  esempi  di  pesci  che  porta¬ 
vano  8,9  specie  e  ne  cita  persino  uno  con  12  forme  di  co¬ 
pepodi  parassiti. 

Sebbene  ciascuna  specie  non  sia  sempre  propria  di  uno 
stesso  ospite,  ma  frequentemente  ne  invada  più  specie  e 
talvolta  un  gran  numero,  tuttavia  la  massima  parte  (nota 
il  Richiardi)  è  esclusivamente  propria  di  una  sola  specie, 
sopra  la  quale  anzi  con  grande  costanza,  e  spesso  esclusi¬ 
vamente,  si  fissa  nella  medesima  località  e  nello  stesso  modo; 
cosicché,  se  non  sempre,  mollo  di  frequente  si  può  ricono¬ 
scere  la  specie  alla  quale  appartiene  il  parassita,  da  quella 
dell’  ospite. 


Nessun  organo  dei  pesava  immune  dà.  questi  ospiti  mo¬ 
lesti,  i  quali  non  risparmiano  specialmente  quei  visceri  o 
quelle  località  che  hanno  una  facile  comunicazione  con  l’am- 
b lente  esterno. 

Alcuni  vivono  aggrappati  alla  pelle  (come  molti  Caligali) 
o  innicchiati  tra  le  squame  e  le  pinne,  molti  invece  si  ad¬ 
dentrano  nella  muscolatura,  altri  infestano  le  cavità  bran¬ 
chiali  o  si  nascondono  tra  i  meati  delle  cavità  nasale  e 
boccale;  infine  si  danno  pure  esempi  di  copepodi  infìssi 
negli  occhi  ( Lerneonenia  monilaris  M.  Edw.)  o  in  vici¬ 
nanza  delle  aperture  sessuali;  e  di  altri  che  penetrano  nei 
visceri  più  interni,  come,  ad  es.,  nel  cranio  dei  Serranus. 

Ord,  ENTOMOSTRACA. 

S ubord.  GNATHOSTOà l AT A . 

F a m .  N otodelphi i  >  ae  . 

Gen.  Doropygus  (Thor.)  Giesbr. 

1.  D.  gibber  Thor.  cf  e  9. 

Carus  V.  Prodr.  Fnun.  Medit.  1885,  pag.  343. 

Disùrib.  et  Habit.  Mare  Germanicum:  —  Napoli  (Gies- 
brecht)  Adria:  Trieste  (Kerschner). 

Nel  sacco  branchiale  di  una  Clavellina.  Genova,  12  marzo 
1886.  (Mus.  Zool.  R.  Univ.)  Thompson  deterrà. 

Subord.  SIPHONOSTOMA. 

Fam.  Ergasilina. 

Gen.  Bomolochus  Nordmann. 

2.  B.  cornutus  Claus.  [Tav.  II,  fìg.  12]. 

Carus  Y.  Prodr.  Faun.  Medit.  1885,  pag.  353. 

Habit.  Astrodermus  elegans,  Exocoetus  volitatisi  Sa- 

vris  Camperi ,  Alósa  sardina,  in  branchiis:  litora  Italiae 
(Richiardi);  branchiis  Asterodermi  coryphaenoidis  adhae- 
rens:  Messina  (Claus);  branchiis  Alosae  papalinae  adhae- 
rens,  Adria:  Trieste  (Valle). 


6 


Sulle  branchie  dello  S  comò  ere  so  x  Rondeleti  C*.  VJ  \Sayris 
Carnieri  Lac.).  Genova,  28  Agosto  1893.  (Mus,  Zool.  R. 
Univ.). 

Fani.  Caligina. 

Gen.  Caligus  Mtlller. 

3.  C.  minutus  M.  Edwards  [C.  minimus  Otto)  [Tav.  il, 
fìg.  8]. 

Carus  V.  Prodr.  Faun.  Medit.  1885,  p.  358. 

JDistrib.  et  Habit.  Litora  Britanniae  Gallorum.  —  Labrax 
lupus,  in  ore  et  branchiis  affixa:  Mediterraneum  et  Adria- 
ticum  (Novarareise:  Heller),  Adria  (Valle);  in  Centropomo  : 
Nizza  (Risso). 

Nella  cavità  branchiale  del  Labrax  lupus  Cuv.  Genova, 
24  Ottobre  1889.  (Mus.  Zool.  R.  Univ.).  . 

4.  *  C.  curtus  (l)  Mailer  (f  et  $  [Tav.  I,  fìg.  2]. 
Distrib.  et  Habit.  Mare  del  Nord.  —  Gadus  aeglefinus 

e  Merlangus  vulgaris  Lin. 

Sulle  branchie  della  Lichia  amia  Limi. 

Genova,  22  Aprile  1891.  (Mus.  Zool.  R.  Univ.)  Thompson 
determ.  Tre  esemplari. 

5.  *  C.  rapax  M.  Edw.  [Tav.  II,  fìg.  6j. 

Bistrib.  et  Habit.  Mare  del  Nord.  —  Frigia  pini  Bl. 
(branchie);  T.  gurnardus  Lin.  (branchie);  T.  hirundo  Lin.; 
Zeus  faber  Lin.?  ;  Pleuronectes  limanda  Lin.?;  PI.  rhom- 
bus  Lin.;  Merlangus  vulgaris  Lin.?;  Salmo  trutta  Lin.?; 
Coregonus  pollan  (branchie);  Squalus  sp.? 

Mugli  cephalus  cf  Cuv.  8  novemb.  1889  e  Lichia  amia 
(3  esemplari)  22  aprile  1891.  Genova  (Mus.  Zool.  R.  Univ.) 
Thompson  determ. 

6.  *  C.  proriuctus  Dana  cf. 

Distrib.  et  Habit.  Oceano  Atlantico  del  Jsord.  —  Thijn - 
nus  pelamys  Lin.  (opercolo  branchiale). 


(*)  Ho  segnato  con  asterisco  le  specie  che.  per  quanto  mi  consta,  non 
furono  ancora  indicate  pel  Mediterraneo. 


7 


Sulle  branchie  del  Chrysoplirys  aurata  Lin.  Genova. 
(Mus.  Zoòl.  R.  Univ.)  Thompson  determ.  Un  esemplare. 

7.  *  C.  gurnardi  Ivr.  $  [Tav.  I,  fig.  lei  a ]. 

Distì'ib.  et  Habit.  Mare  del  Nord.  —  Sulle  branchie  della 

Frigia  gurnardus  Lin. 

Sulle  branchie  della  Clupea  fìnta.  Genova,  6  Novembre, 
1889.  (Mus.  Zool.  R.  Univ.)  Thompson  determ.  Un  esem¬ 
plare  solo. 

8.  C  vexaìor  Heller,  [tav.  Il,  fi g.  9|. 

Carus  V.  Prodr.  Faun.  Medit.  1885,  pag  359. 

Habit.  Dentex  vulgaris,  in  branchiis.  Mediterraneum  et 
Adriaticum  (Novarareise:  Heller,  Valle);  Dentex  vulgaris, 
D.  gibbosus  et  Pagrus  vulgaris:  mare  ltaliae  (Richiardi). 

Sulle  branchie  del  Dentex  vulgaris  Cuv.  Val. 

Genova,  12  Febbraio  1890.  (Mus.  Zool.  R.  Univ.). 

9.  ?  C.  fissus  Rich. 

Richiardi.  Cat.  Crost.  par.  del  Medit.  1880  (specie  non 
ancora  descritta). 

Sulle  branchie  del  Box  salpa  Lin.  Genova  (Mus.  Zool. 
R.  Univ.).  Un  esemplare  solo.  Lunghezza  3  mm.  circa. 

Lamina  frontale  grande  senza  ventose  con  due  antenne 
brevi,  senza  traccia  di  incisione  mediana  |Tav.  I,  fig.  3|. 

Cefalotorace  grande  quasi  rotondo,  più  lungo  della  metà 
lunghezza  del  corpo,  con  due  piccolissimi  occhi  posti  dorsal¬ 
mente  sulla  linea  mediana  e  attaccati  l’uno  all’altro.  Inoltre 
presenta  un  pò  discosto  dal  margine  anteriore  e  sotto  le 
antenne  due  macchie  chiare  (simulanti  ventose?).  . 

Penultimo  segmento  toracico  piccolissimo  e  presso  a  poco 
sferico,  congiunto  all’ultimo  segmento  assai  più  grosso  della 
stessa  forma. 

Infine  l’addome,  assai  stretto  e  lungo,  presenta  due  appen¬ 
dici  guarnite  di  setole  vistose. 

Il  quarto  paio  di  zampe  (libere)  termina  con  segmento 
appiattito  fogliaceo,  che  offre  una  serie  di  4  setole  lunghis¬ 
sime  e  terminali  ed  una  spinola  situata  un  poco  più  in  basso. 

L’  articolo  basale  piriforme  è  abbastanza  grande. 


8 


Gen.  Lepeoptheirus  Nordmann. 

10.  L.  gracilis  V.  Crs.  ( Caliga s  gracilis  Yan.  Ben.  C. 
piscinus  Guér.)  [Tav.  1,  fig.  5]. 

Carus.  V.  Prodr.  Faun.  Medit.  1885,  p.  359. 

Distrib .  et  Habit.  Cavimi  .branchiale  Rhornbi  maximi  alio- 
rumque  Pleuronectidorum,  fretum  Britannici! m.  —  Rhombus 
laevis,  et  maximus,  cavum  branchiale;  mare  ltaliae  (Ri¬ 
chiardi). 

Sulle  branchie  del  Rhombus  maximus  Cuv.  P.  Genova, 
(Mus.  Zool.  R.  Univ.).  Parecchi  esemplari. 

11.  *  L.  hippoglossi  lvr.  [Tav.  I,  fig.  4;  Tav.  11  fig.  13]. 

Distrib.  et  Habit.  Mare  del  Nord.  —  Sul  Pleuronecles 

hippoglossus  Linn.? 

Sopra  V  Ortagoriscus  mola  Lin.,  Pegli,  2  giugno  1891  (Mus. 
Zool.  R.  Univ.)  Thompson  determ. 

Molti  e  grossi  esemplari  di  forma  elegantissima. 

Gen.  Per  isso  pus  Steenstrup  e  Ltitken. 

12.  P.  dentatus  Steenstr.  e  Liltk. 

Carus.  Y.  Prode.  Faun.  Medit.  1885,  p.  361. 

Distrib.  et  Habit.  Atlanticiim,  Musteli  sp.  afilxus.  —  Mu- 
stelus  equestris,  cutis,  mare  ltaliae  (Richiardi);  Mustelus  vul- 
garis;  Adria  (Heller),  Squalus  Milberti  ;  Adria  (Yalle). 

Sulla  cute  caudale  del  Galeus  canis  Lin.  Genova,  7  no¬ 
vembre  1892. 

Sulla  pelle  del  Mustelus  laevis  M.  II.  Genova  2  marzo 
1893.  (Mus.  Zool.  R.  Univ.). 

Gen.  Pandarus  Leach. 

13.  P.  bicolor  Leach. 

Carus  Y.  Prodr.  Faun.  Medit.  1885  ,  p.  36*2. 

Distrib.  et  Habit.  Atlanticum  orientale.  —  Prionodon 
glaucus,  mucosa  oris:  mare  ltaliae  (Richiardi). 

Sulle  branchie  dell’  Gxyerhina  Spallandomi  Raf.  Ge¬ 
nova,  luglio  1890.  (Mus.  Zool.  R.  Univ.). 


9 


Gen.  L'ùthenia  Claus. 

14.  L.  glabra  Y.  Crs.  ( Cecropsina  glabra  Hell.). 

Carus  Y.  Prodr.  Faun.  Medit.  1885,  p.  362. 

Habit.  Luvarus  imperialis,  in  branchiis:  Adria  (Mus.  Caes. 
Yindob.,  Heller,  Yalle). 

Sulle  branchie  del  Luvarus  imperialis  Raf.  Genova,  1892. 
(Mus.  Zool.  R.  Univ.). 

11  prof.  Parona  ha  pure  trovato  nello  stesso  pesce  che  è 
una  vera  «  rarità  ittiologica  »  un  unico  e  bellissimo  esem¬ 
plare  di  Distomum  gigas,  il  quale  lu  oggetto  di  osserva¬ 
zioni  da  parte  del  dott.  E.  Setti  [ Osservazioni  sul  Disto¬ 
mum  gigas  Nardo  :  Atti  della  Soc.  Lig.  di  se.  nat.  e  geogr. 
voi.  Y.  pag.  360-376,  Genova,  1894]. 

15.  L.  integra  Richiardi  [Tav.  II,  fìg.  7]. 

(Nondum  descripta). 

Carus  Y.  Prodr.  Faun.  Medit.  1885,  pag.  362. 

Habit.  Galeus  canis  et  Mustelus  equestris,  in  branchiis 
(Richiardi). 

Sulla  mucosa  della  cavità  boccale  del  Mustelus  laevis 
M.  H.,  Genova,  settembre  1890.  (Mus.  Zool.  R.  Univ.). 

Gen.  Laemargus  Kroyer. 

16.  L.  muricatus  Kr. 

Carus  V.  Prodr.  Faun.  Medit.  1885,  pag.  363. 

Distrib.  et  Habit.  In  Orthagorisco ;  Atlanticum  boreale, 
Germanicum.  —  Orthagoriscus  mola:  Adria  (Yalle). 

Sulle  branchie  àe\Y Orthagoriscus  mola  Lin.,  Genova,  2 
maggio  1891  (Mus.  Zool.  R.  Univ.). 

Gen.  Elythrophora  Gerstaecker. 

17.  E.  brachyptera  Gerst.  (Arnaeus  Tliynni  Kr). 
Carus  Y.  Prodr.  Faun.  Medit ,  1885,  pag.  360. 

Habit.  Piscis  ectoparasita:  Mediterraneum  (Mus.  Berolin. 

Gerstaeker);  Thynnus  vulgaris  in  cavo  oris:  Mediterraneum 
(Mus.  Caes.  Uindob. ,  Novarareise ,  (Heller),  mare  Italiae 
(Richiardi);  Adria  (Yalle). 


10 


Sulle  branchie  del  Thynnus  vulgaris  Guy.  Val.  Genova, 
19  dicembre  1884.  (Mus.  Zool.  R.  Univ.). 

Gen.  Dinematura  Latreille. 

18.  D.  latifolia  Steenstrup  et  Lììtken.  [Tav.  II,  fig.  10]. 
Carus  Y.  Prodr.  Faun.  Medita  1885,  pag.  360. 

Distrib.  et  Ha, bit.  Mare  boreale  atlanticum,  in  Oxyrrhina 

glauca.  —  Prionodon  glaucus,  mare  Italiae  (Richiardi);  Car- 
charodon  Rondeletii,  Adria:  Dalmazia  (Valle).  Cagliari 
(Parona). 

Nell’  Oxyrrhina  Spallanzanii  Raf.  Genova,  settembre, 
1890  —  15  giugno,  1879.  (Mus.  Zool.  R.  Univ.). 

19.  D.  elongata  Van  Beneden. 

Distrib.  et  Habit.  Mari  del  Nord.  —  Scimnus  glacialis. 
Sopra  il  Selachus  maximus  cf  jnv.  Lin.  Gamogli,  26 
agosto  1888.  (Mus.  Zool.  R.  Univ.). 

Gen.  Cecrops  Leach. 

20  0.  Latreilii  Leach. 

Carus  V.  Prodr.  Faun.  Medit .  1885,  pag.  363. 

Distrib.  et  Habit.  Atlanticum  septentrionale,  Germanicum. 

—  Napoli  (Hope);  Adria:  branchiis  Thynni  vulgaris  adhae- 
rens  (Heller,  Valle). 

Sulle  branchie  della  Mola  aspera  Bp.  (Orthagoriscus 
mola  Lin.),  Genova,  2  maggio  1891.  (Mus.  Zool.  Univ.). 

Fani.  Dichelesthina. 

Gen.  Lonchidium  Gerstaecker. 

21.  L.  aculeatum  Gerst.  (Kroyeria  aculeata  V.  Crs.). 
Carus  V.  Prodr.  Faun  Medit.  1885,  pag.  364. 

Distrib.  et  Habit.  Atlanticum,  litus  Africae  occidentale. 

—  Prionodon  glaucus ,  Cavum  oris  et  arcus  branchiales. 
Mare  Italiae  (Richiardi). 

Sopra  il  Galeus  canis  Lin.,  Genova,  maggio  1890  (Mus. 
Zool.  R.  Univ.). 


il 


Gen.  Cycnus  M.  Edwards. 

22.  C  pallidus  Heller.  (Congericola  pallida  Vari  Ben.) 
Carus  Y.  Prodr.  Faun.  Medit.  1885,  pag.  366. 

Distrib.  et  Habit.  Conger  vulgaris,  enti  et  branchiis  adhae- 

rens :  Mare  Gerraanicum.  —  In  eodern  pisce.  Mare  Italiae 
(Richiardi);  Adria:  Trieste  (Valle). 

Sulle  branchie  del  Conger  vulgaris  Cuv.,  Genova,  giu¬ 
gno  1890.  (Mus.  Zool.  R.  Univ.). 

Gen.  Nemesis  Roux. 

23.  N.  mediterranea  Heller.  (N.  Lamnae  et  N.  Carcha- 
riarum  Roux). 

Carus  Y.  Prodr .  Faun.  Medit.  1885,  p.  365. 

Habit.  Speciei  Selachiorum  adhaerens:  Mediterraneum 
(Mus.  Caes.  Yindob.,  Heller):  Lamnae  insidens:  Nizza  (Risso); 
Adria  (Valle);  var.  sinuata:  Oxyrrhinae  Spallanzanii  insi¬ 
dens:  Adria:  Trieste  (Valle). 

Sulle  branchie  dell’  Odontaspis  ferox  Ag.  (  Triglochis 
ferox  Risso)  6  marzo  1892;  sull’ Oxyrr hina  Spallanzanii 
Raf.  e  mWAlopias  vulpes  Lin.,  Genova  (Mus.  Zool.  R.  Univ.). 

Gen.  Lernanthropus  Blainville  (Nordmann). 

24.  L.  Gisleri  v.  Beneden.  [Tav.  Ili  fig.  18j. 

Carus  V.  Prode.  Faune  Medit.  1885,  pag.  364. 

Distrib.  et  Habit.  Fretum  Britannicum.  —  Umbrina  cir- 

rliosa  et  Corvina  nigra,  in  branchiis,  Adria:  Trieste  (Hel¬ 
ler,  Heider  Valle). 

Sulle  branchie  d FiX Umbrina  cirrhosa  Rissi  Genova,  18 
ottobre  1889  (Mus.  Zool.  R.  Univ.). 

25.  L.  Kròyeri  V.  Beneden. 

Carus  V.  Prodr.  Faun.  Medit.  1885,  pag.  365. 

Distrib .  et  Habit.  Mare  Germanicum.  —  Labrax  lupus, 
in  branchiis:  Nizza  (Claus)  ;  Adria  (Heller,  Valle);  Trieste 
(Heider). 

Sulle  branchie  del  Labrax  lupus  Cuv. ,  Genova  (Mus. 
Zool.  R.  Univ.).  Numerosi  esemplari. 


Tra  alcuni  copepocli  eh’  io  ebbi  a  comunicare  al  dottor 
Thompson ,  e  che  con  somma  gentilezza  quel  distinto  na¬ 
turalista  mi  volle  determinare,  sono  da  comprendersi  quat¬ 
tro  specie,  per  quanto  mi  consta,  non  ancora  note.  II 
Thompson  le  ritenne  con  qualche  dubbio  Brachielle  a  di¬ 
verso  stadio  di  sviluppo,  ma  io  non  credo  di  sbagliarmi 
confermando  il  mio  primo  dubbio  e  continuando  a  riferirle 
al  gen.  Lernanthropus. 

I  loro  caratteri  esterni,  mi  pare,  concordano  del  tutto 
colla  descrizione  dei  caratteri  di  questo  genere ,  scoperto 
dal  Blainville  e  da  lui  già  chiaramente  definito.  (Dict.  des 
Sciences  nat.  T.  XXYI,  p.  128).  Col  Thompson  però  con¬ 
cordo  nel  ritenerle  n.  sp. 

Per  ciò  fin  d’ora,  mi  permetto  dedicare  una  di  queste, 
all’egregio  sig.  Thompson  che  mi  fu  tanto  cortese  d’aiuto. 
Nomino  un’altra  seconda  L.  mugilis  dal  nome  dell’ospite, 
e  mi  riserbo  di  determinar  meglio  le  rimanenti  due  che  ad 
una  sola  specie  mi  sembrano  doversi  riferire,  ma  sulle  quali 
ho  ancora  qualche  dubbio. 

Fino  a  tutto  il  1885,  venticinque  erano  le  specie  cono¬ 
sciute  del  gen.  Lernanthropus ;  delle  quali  otto,  apparten¬ 
gono,  dice  il  Richiardi,  alla  fauna  del  Mediterraneo,  cinque 
finora  esclusivamente ,  tre  in  comune  con  quelle  del  mare 
del  Nord;  le  specie  nostre  sono  le  seguenti: 

L.  Gisleri  Y.  Bened.  sulle  branchie  dell’  Umbrìna  cir- 
rhosa  L.  e  della  Corvina  nigra  Cuv. 

L.  Króyeri  Y.  Bened.  sulle  branchie  del  Labrax  lupus 
Cuv, 

L.  scriba  Kroy.  sulle  branchie  del  Serranus  scriba  L. 

L.  vorax  Rich.  sulle  branchie  del  Citar  ax  puntazzo  L. 

L.  brevis  Rich.  sulle  branchie  del  Sargus  Roìideleti  Cuv. 
Yal.  e  del  S.  annularis  Cuv.  Yal. 

L.  foliaceus  Rich.  sulle  branchie  del  Tyrsites  pretiosus 
Cocco. 

L.  tylosuri  Rich.  sulle  branchie  del  Tylosurus  impe- 
rialis  Raf. 

L.  micropterygis  Rich.  sulle  branchie  del  Micropteryx 
Dumerili  Risso. 

Richiardi.  Descr ...  di  due  sp .  n.  del  gen.  Lernanthropus 
in  Atti  Soc.  Tose.  Se.  Nat.:  Proc.  verb.,  voi.  4,  p.  82-84.  1885. 


13 


A  questo  numero  aggiungo  ora  le  quattro  seguenti  specie 
due  delle  quali,  come  dissi,  io  giudico  nuove. 

26.  L.  Thompsoni  n.  sp.  [Tav.  Ili  fig.  16  a-b-c-d]. 

I  Brachiella  n.  sp.  in  via  di  sviluppo,  secondo  Thompson. 

Sulle  branchie  della  Lichia  amia  Lin.  1.  luglio  1896; 

22  aprile  1891  (molti  esemplari  trovati  insieme  a  tre  Ca~ 
ligus  rapax);  Gen ova  (Mus.  Zool.  R.  UnivJBj 

Lunghezza  7  Va  aim.  circa,  senza  le  appendici  toraciche. 

Testa  lunga  1  */2  min.;  non  tanto  larga,  ovale,  tendente 
alla  forma  esagonale,  attenuata  anteriormente  e  divisa  in 
una  parte  che  porta  le  antenne  e  in  una  seconda  porzione 
colle  appendici  boccali.  Si  presenta  distinta,  mercè  un  solco, 
dal  torace,  che  porta,  nel  punto  d’unione  con  essa,  una 
parte  leggermente  strozzala  a  guisa  di  collo. 

Le  prime  antenne  sono  setacee,  lateralmente  disposte,  e 
probabilmente  7-  articolate  Seguono  subito  le  seconde  an¬ 
tenne,  che  sono  grossissime  ed  unciniformi  e  che  sporgono 
dal  margine  anteriore  del  capo.  Nella  porzione  posteriore 
del  capo  al  lato  ventrale  e  assai  in  basso,  oltre  ad  un  suc¬ 
chiatoio  conico,  appuntito  e  con  tracce  di  mascelle  ai  suoi 
lati,  notatisi  due  paia  di  zampe  mascellari  di  cui  le  seconde 
sono  notevolmente  più  robuste. 

II  torace  è  quasi  piriforme,  lungo  6  min,;  visto  dal  dorso 
appare  oscuramente  delimitato  da  una  leggera  traccia  di 
divisione,  in  una  parte  anteriore  più  breve  e  in  una  poste¬ 
riore  foggiata  a  lamina  allargata  e  sub-scutiforme. 

1  piedi  del  l.°  paio  sono  rudimentali:  non  dissimili  da 
quelli  raffigurati  dal  Nordmann  per  il  L.  Temminckii.  Essi 
sono  situati  proprio  sotto  il  collo  toracico. 

Quelli  del  secondo  paio  sono  più  regrediti  e  sono  dati  da 
due  tubercoli  piccolissimi,  che  non  riuscii  però  a  distinguere. 
(Vedi  loro  struttura  raffigurata  e  descritta  dal  Claus  nella 
specie  L.  Króyeri:  Ueber  den  Bau  und  die  Entwichlung 
Parasit.  1858). 

Circa  alla  metà  del  torace  si  osservano  poi  le  due  grosse 
appendici  ventrali  che  sono  inserite  ove  il  torace  appare  ri¬ 
stringersi  ed  estendersi  nella  lamina  subscutiforme.  Queste 
sono  ovoidi  e  di  una  lunghezza  che  raggiunge  i  2  mia,,  e 
rappresenterebbero  il  3.°  paio  di  piedi. 


14 


Quattro  altri  prolungamenti,  (che  rappresenterebbero  il 
4°  paio)  nascono  due  a  due  dal  margine  posteriore  del  to¬ 
race  ai  lati  dell’addome  ,  sporgenti  molto  all’  indietro  del 
corpo  e  di  una  lunghezza  di  circa  4  mm. 

I  due  lobi,  di  cui  è  composto  ogni  piede,  sono  ugualmente 
lunghi. 

Al  disotto  di  questi,  appare  distinto  l’addome,  (anello 
genitale)  avente  ai  lati,  e  probabilmente  inserite  ancora  sul 
torace,  due  altre  appendici  (5.°  paio  di  piedi  (?)  ). 

Questo  addome  è  piccolissimo  e  terminante  con  coda  bi¬ 
lobata.  Esso  rimane  ricoperto  dalla  lamina  subscutiforme. 
Dalla  sua  parte  dorsale  si  dipartono  due  tubi  oviferi  su¬ 
peranti  di  molto  la  lunghezza  delle  altre  appendici. 

Nella  sua  parte  ventrale  poi ,  sono  evidentissime  le  due 
macchie  rosso  oscure,  che  rappresentano  i  ricettacoli  sper¬ 
matici.  Molti  esemplari. 

27.  L.  mugilis  n.  sp.  [Tav.  Ili,  fig.  17-a]. 

?  Brachiella  n.  sp.  in  via  di  sviluppo  secondo  Thompson. 

Sulle  branchie  del  Mugli  auratus  Riss.  Genova,  28  ot¬ 
tobre  1889.  (Mus.  Zool.  R.  Univ.).  Due  esemplari. 

Lungh.  4  V2  mm.  Corpo  relativamente  corto.  La  testa 
esagonale,  tanto  larga  quanto  lunga,  presenta  ai  lati  due 
appendici  coniche  molto  vistose.  1  suoi  margini  laterali  sono 
rivolti  all’  indietro  verso  la  parte  ventrale. 

II  torace  è  largo  assai  e  confusamente  diviso  in  due  parti. 
Non  ho  potuto  distinguere  le  varie  appendici  boccali.  Il 
3.°  paio  di  zampe  al  di  sotto  del  torace  è  rappresentato  da 
appendici  brevi,  fogliacee  e  ciascuna  accartocciata  in  una 
sola  piega  longitudinale  mediana. 

Queste  due  appendici  sono  ravvicinate  l’ima  all’altra,  e 
occupano  non  solo  tutta  la  larghezza  del  torace ,  ma  pre¬ 
sentano  una  lieve  sporgenza  per  ogni  parte  di  esso. 

Le  quattro  lamine  caudali  allargate  (4.°  paio)  nascenti 
dal  lato  posteriore  del  torace  si  prolungano  di  molto  fuori 
del  corpo  e  raggiungono  quasi  la  lunghezza  del  cefaloto¬ 
race.  Esse  coprono  in  parte  l’addome  corto  e  rigonfio,  che 
porta  due  appendici  all’  estremità  sua  e  che  sta  del  tutto 
nascosto  sotto  alla  lamina  subscutiforme  dpi  torace  piut¬ 
tosto  ialina  e  di  consistenza  cartilaginosa.  Un  esemplare 
solo.  Mancano  i  tubi  oviferi  (?),  forse  9  giovane. 


Nell’  aprile  scorso  facendo  ricerca  di  copepodi  parassiti 
nelle  branchie  di  un  Mugli ,  trovai  quattro  o  cinque  altri 
esemplari  di  questa  stessa  specie. 

Nuovamente  confrontai  l’organizzazione  esterna  di  questi 
Lernanthropus  colla  forma  resa  nota  dal  Nordmann  (Mi- 
krogr.  Beiti',  p.  45)  e  vivente  pure  sui  muggini  ai  quali  dubi¬ 
tavo  che  quelli  esemplari  potessero  riferirsi.  Ma  dal  debito 
esame  dei  caratteri  esterni  nelle  due  forme,  non  riuscii  a 
rilevare  nel  L.  paradoxus  del  Nordmann  la  presenza  delle 
due  appendici  coniche  laterali  al  capo,  che  ho  osservato 
invece,  e  che  mi  sembrano  caratteristiche  negli  esemplari 
da  me  studiati,  e  in  quello  sopra  descritto.  Con  ciò,  mi  per¬ 
suado  sempre  piu,  che  questi  appartengono  ad  una  spe¬ 
cie  non  ancora  nota.  Inoltre  la  provenienza  così  diversa 
delle  due  forme,  la  prima  propria  del  Capo  di  Buona  Spe¬ 
ranza  e  la  seconda  raccolia  a  Genova,  mi  pare,  per  giunta, 
possa  avvalorare  ancora  di  piu  questa  mia  persuasione. 

Infine  nella  monografia  di  Heider  sopra  questo  genere 
non  si  ritrova  descrizione  alcuna  che  corrisponda  ai  carat¬ 
teri  della  suddetta  forma. 

*28.  Lernanthropus  sp.  (?).  [Tav.  Ili,  fig.  14]. 

(?)  Brachiella  n.  sp.  in  via  di  sviluppo  secondo  Thompson. 

Sulle  branchie  della  Chrysophrys  aurata  Lin.  22  gen¬ 
naio  1890;  14  febbraio  1891.  Genova  (Mus.  Zool.  R.  Univ.). 
Tre  esemplari. 

11  corpo  è  più  gracile,  più  sottile  e  maggiormente  allun¬ 
gato  che  nelle  specie  precedenti.  Il  cefalotorace  strettissi¬ 
mo,  misura  circa  6  mm.  di  lunghezza.  Testa  quasi  rotonda, 
tendente  all’esagonale,  piccola,  con  i  due  lobi  laterali,  che 
s’avanzano  al  di  sotto  e  al  di  dentro  nella  parte  ventrale, 
lateralmente  compressa.  Lo  scudo  toracico,  stretto  e  allun¬ 
gato,  apparisce  un  po  più  chiaramente  diviso  in  due  parti; 
in  una  anteriore  breve  ed  in  una  posteriore ,  che  com¬ 
prende  la  lamina  clipeifbrme.  In  avanti  di  questa  leggera 
traccia  di  divisione,  prendono  origine  le  due  appendici  ven¬ 
trali  del  2.°  paio,  unilobate  e  assai  più  lunghe  che  in  altre 
specie. 

Finalmente  quattro  appendici  lunghissime  e  sottili ,  per 
la  massima  parte  allo  scoperto  del  cefalotorace,  superano 


16 


in  lunghezza  di  molto  il  corpo  ,  e  sono  inserite  sotto  alla 
lamina  subscutiforme ,  all’  estremità  posteriore  del  torace. 
In  mezzo  a  queste  due  paia  di  lamine,  si  trova  l’addome 
piccolissimo  e  bilobato,  cui  non  mancano  le  due  macchie 
rosso-brune  (i  ricettacoli  dello  sperma).  I  due  tubi  oviferi 
sono  assai  più  lunghi  delle  appendici  ventrali. 

Questa  specie  somiglia  a  quella  vivente  sul  Labrax  lu¬ 
pus;  però  si  presenta  più  esile,  e  per  questa  differenza,  non 
dubiterei  a  ritenerla  n.  sp. 

29.  Lernanìhropus  sp.  [Tav.  Ili,  fig.  15]. 

(?)  Brachiella  n.  sp.  in  via  di  sviluppo  secondo  Thompson. 
("L.  Gisleri  Bened.  ?) 

Sulle  branchie  della  Scìaèrià  aquila  Lac. ,  Genova,  11 
maggio  1891  (Mus.  Zool.  R.  Univ.).  Un  esemplare. 

Farri.  Lernaeinae. 

Gen.  P  eroder  ma  (Rich.)  Bell. 

30.  P.  cyiindricum  Hell.  [Taphrobià  Pilchardi  Corri.). 

V.  Carus.  Prodr.  Faun;  Medit.  1885,  pag.  373. 

Habit.  Clupea  sprattus,  in  carne  fere  intrusimi:  Mediter- 

raneum  (Mus.  Caes.  Yindob.,  Novarareise,  Heller);  Clupea 
Pilchardus:  Mare  ltaliae  (Cornalia,  Richiardi). 

Sulla  Clupea  (conficcato  nella  cute  e  nella  carne),  Ge¬ 
nova,  4  dicembre  1897  (Mus.  Zool.  R.  Univ. 

Gen.  Penella  Oken. 

31.  P.  Costai  Richiardi  (?)  (Nondum  descripta)  (l), 

Carus  V.  Prodr.  Faun.  Medit.  1885.  p.  374. 

Ilabit.  Xiphias  gladius .  musctilis  infìxa:  Mare  ltaliae 
(Richiardi);  Adria,  Trieste  ( ^^al le). 


(l)  Il  Richiardi  ha  nominata  questa  specie,  senza  descriverla,  che  fu  tro¬ 
vata  sullo  XipMas  gladius.  Non  posso  quindi  asserire  che  sia  veramente  la 
specie  del  Richiardi  questa  da  me  esaminata,  tuttavia  penso  possa  riferirvisi, 
poiché  è  l’unico  copepode  parassita  del  genere  sino  ad  ora  citato  su  di 
questo  ospite;  nè  le  Penelle  già  descritte,  rispondono  nei  loro  caratteri, 
per  quanto  io  sappia,  a  questa  dello  Xiphias  gladius. 


17 


Sopra  lo  Xiphias  gladius  Lin.  3  dicembre  1880;  giugno 
1891.  Genova  (Mus.  Zool.  R.  Univ.). 

Lungh.  15  cent,  circa.  Corpo  molto  allungato.  La  testa 
rigonfia  è  portata  da  collo  gracile,  cilindrico  e  allungato 
di  molto.  L’addome  è  di  diametro  poco  maggiore  del  collo 
e  trasversalmente  striato,  tantoché  sembra  formato  di  nu¬ 
merosissimi  anelli.  Le  appendici  penniformi  sono  folte  e 
riunite  in  ciuffi,  situati  lateralmente  al  post-addome.  1  due 
tubi  oviferi,  dritti  e  sottili,  non  superano  la  lunghezza  di 
questa  ultima  parte  del  corpo. 

Gen.  Lernaeonema  3YL  Edwards. 

(Gen.  Lernaeenicus  Lesueur). 

32.  L.  monilaris  M.  Edwards.  ( Lernaeenicus  sprattae 
J.  Sovverby.). 

Carus  Y.  Prodr.  Faun.  Medit.  1885,  pag.  371. 

Hahit .  Clupea  sprattus,  oculo  affixus  :  Mediterraneuni 
(Mus.  Caes.  Vindob.,  Novarareise,  Heller). 

Aderente  all’occhio  della  Clupea  sprattus  Brunii,  Genova, 
giugno  1880  (Mus.  Zool.  R.  Univ.). 

Fam.  Ohondracanthina. 

Gen.  Chondracantlius  Roche, 

33.  Gli.  merluci  Kr.  [Lernaea  merluci  Holt.). 

Carus  V.  Prod.  Faun.  Medit.  1885,  pag.  354, 

Bistrib.  et  Habit.  Atlanticum  boreale.  —  Merlucius  sp., 

Napoli  Hope)  ;  Adria  (C.  Heller,  Valle). 

Sulle  branchie  del  Merlucius  esculentus  Riss.  Genova, 
maggio  18 —  (Mus.  Zool.  R.  Univ  ). 

34.  Ch.  angusìatus  Heller? 

Carus  V.  Prodr.  Faun.  Medit.  1885,  pag.  354. 

Habit.  Uranoscopus  scaber,  cuti  adhaerens  :  Mediterra- 
neum  (Mus.  Caes.  Vindob.,  Heller);  Adria  (Valle). 

Sulle  branchie  dell’ Uranoscopus  scaber  L.  Genova,  (Mus. 
Zool.  R.  Univ,.). 


I 


18 


Gen  Medesicaste  Kroyer. 

35.  M.  Triglarum  Kroyer. 

Carus  Y.  Prodr.  Faun ,  Medit.  1885,  pag  355. 

Distrib.  et  Hahit.  Trigla  hirundo,  Mare  Germanicum.  — 
Trigla  lyra,  branchiis  afflxa:  litora  Italiae.  (Richiardi);  Adria 
(Heller). 

Sulle  branchie  della  Trigla  lyra  L.  Genova,  4  ottobre 
1889  (Muz  Zool.  R.  Univ.). 

Fani.  Lernaeopodina. 

Gen.  Lernaeopoda  Blv. 

36.  L.  Dalmanni  Retz.  [Tav.  IV,  fig.  26]. 

(Charopinus  Dalmanni  Ivr.  Lernaea  Dalmanni  Retz.). 

Carus  V..  Prodr .  Faun.  Medit.  1885,  pag.  375. 

Distrib.  et  Habit.  Raja  batis  Mare  Norvegiae.  —  Lae- 
viraja  macrorhyncha.  L.  oxyrrhyncha,  Dasybatis  cìavata,  in 
cavo  branchiali:  Adria  (Valle). 

Sulla  Torpedo  narce  Nardo.  Genova,  (Mus.  Zool.  R.  U.). 

Gen.  Anchorella  Cuvier. 

37.  A.  emarginata  Kroyer.  [Tav.  IV  fìg.  20]. 

Carus  V.  Prod.  Faun.  Medit.  1885,  pag.  377. 

Distrib.  et  Habit.  Aiosa  tinta,  Mare  Germanicum;  Pon- 

tus  (Clupea  politica,  Seorpaena  porcus,  Atherina  hepsetus). 
—  Aiosa  vulgaris,arcus  branchiales:  Mare  Italiae  (Richiardi): 
Adria:  (Kurz,  Valle). 

Sulle  branchie  del  Pagellus  centrodontus  C.  V.,  Genova, 
maggio  1890  (Mus  Zool.  R.  Univ.).  Thompson  determ. 

38.  A.  Pagelli  Kroyer?  [Tav.  IV,  fìg.  19]. 

Carus  V.  Prodr.  Fami.  Medit.  1885,  pag.  377. 

Habit.  Pagellus  mormyrus  ,  branchiae  :  Mediterraneo rn 

(Kroyer,  Richiardi);  Pagellus  erythrinus:  Adria  (Heller, 
Valle). 

Sulle  branchie  del  Pagellus  mormyrus  Cuv.  25  giugno 
1890;  sulle  branchie  del  P.  erythrinus  Cuv.  12  gennaio 


1891;  2  febbraio  1891;  15  novembre  1889.  Genova  (Mus. 
Zool.  R.  Univ.). 

39.  A.  ftenuis  Rich.)? 

Specie  non  ancora  descritta. 

Sulle  branchie  del  Pctgellus  erythrinus  Cuv  ?  Final  ma¬ 
rina,  27  marzo  1897. 

Ho  aggiunto  con  qualche  dubbio  questa  specie ,  che 
raccolsi  a  Finalmarina  sul  Pagellus  erythrinus  e  che  mi 
sembra  distinta  dalla  precedente.  Non  mi  è  dato  giudi¬ 
care  se  possa  appartenere  alla  seconda  specie  propria  del 
suddetto  pesce  e  nominata  dal  Richiardi,  nel  suo  Cata¬ 
logo  (1880),  perchè  non  ancora  descritta,  oppure  se  sia  da 
riferirsi  ad  altra.  Gli  esemplari  in  condizione  poco  favore¬ 
vole  non  mi  hanno  permesso  uno  studio  più  preciso. 

40.  A.  fallax  Heller.  [Tav.  IV,  fìg.  23]. 

Carus  Y.  Prodr.  Faun.  Medit.  1885,  pag.  377. 

Habit.  Dentex  vulgaris,  cuti  adhaerens  (tf  feminae  collo 

affixus):  Mediterraneum  (Mus  Caes.  Vindob. ,  Novarareise, 
Heller);  Adria  (Heller,  Kurz,  Valle). 

Sulle  branchie  del  Dentex  vulgaris  Cuv,  1890,  Genova. 
(Mus.  Zool.  R.  Univ.). 

41.  A.  hostilis  Heller.  [Tav.  IV,  fìg.  28-a]. 

Carus  V.  Prodr.  Faun.  Medit.  1885,  pag.  378. 

Habit.  Umbrina  cirrhosa,  cuti  adhaerens:  Mediterraneum, 

Adria  (Mus.  Caes.  Vindob.,  Heller,  Kurz,  Valle). 

Sulle  branchie  dell’  Umbrina  cirrhosa  Riss.  18  ottobre 
1889;  9  luglio  1889.  (Mus.  Zool.  R.  Univ.). 

42.  A.  Scombri  Kurz.  [Tav.  IV,  fìg.  21]. 

.  Carus  V.  Prodr.  Faun.  Medit.  1885,  pag.  379. 

Habit.  Scomber  scomber,  branchiis  affixa:  Mare  Italiae 
(Richiardi);  Adria;  Trieste  (Kurz,  Valle). 

Sulle  branchie  dello  Scomber  scombrus  L.  Maggio  1890; 
3  luglio  1889;  20  agosto  1889.  Genova,  (Mus.  Zool.  R.  Univ.). 

43.  A.  uncinata  Mùller.  [Tav.  IV,  fìg.  24]. 

Carus  V.  Prodr.  Faun.  Medit.  1885,  pag.  377, 


Bistrib.  et  Hablt.  Gadorum  sp. ,  Atlanticiim  septentrio- 
nale,  Mare  Germanicum.  —  Mérlucius,  branchiis  aclhae- 
rens:  Adria  (Heller). 

Sulle  branchie  dello  Sargus  Rórideleti  Cuv\  *20  agosto 
1889.  Genova  (Mus.  Zool.  R.  Univ.).  Thompson  determ. 

44.  A.  Sargi  Kurz. 

Garus  V.  Prodr.  Fatiti.  Medit.  1885,  pag.  378. 

Hablt.  Sargus  annularis  et  Salvianii,  in  branchiis:  Mare 
Italiae  (Richiardi);  Sargus  annularis:  Adria,  Trieste  (Kurz, 
Valle). 

Sulle  branchie  de!  Sargus  annui  aids  Lin.  21  marzo  1895. 
Genova  (Mus.  Zool.  R.  Univ.). 

45.  A.  Pagri  Kroyer? 

Garus  V.  Pì'odr.  Faun.  Medit.  1885,  pag.  377. 

Hablt.  Pagrus  vulgaris  et  P.  erythrinus,  branchiis  afflxa- 
Mediterraneum  (Kroyer,  Richiardi). 

Sulle  branchie  del  Pagrus  vulgaris  C.  V.  6  febbraio 
1890:  23  febbraio  1891.  Genova  (Mus.  Zool.  R.  Univ.). 

46*  A.  laciniata  K.  9. 

Bistrib.  et  Habit.  Indie  occidentali.  —  Acanthurus  chi- 
rurgus  Bl.  (branchie). 

Sulle  branchie  del  Labrax  lupus  Guv.  Genova.  (Mus. 
Zool.  II.  Univ.).  Thompson  deterrn. 

Gen.  Brachiella  Guvier. 

47*.  B.  Thynni  Cuvier. 

Garus  V.  Prodr.  Faun.  Medit.  1885,  pag.  376. 

Habit.  Thynnus  vulgaris.  branchiis  adhaerens:  Mediter¬ 
raneum  (Schwéigger,  Rudolphi);  Nizza,  (Hope);  Adria  (Heller, 
Valle). 

Sul  Thymnus  vulgaris  (pinne  pettorali).  Genova  ,  30  a- 
prile  1896.  (Mus.  Zool.  R.  Univ.). 

48.  B.  (  neglecta  Richiardi  )  ?  [Tav.  B.  fig.  29). 

Garus  V.  Prodr.  Faun.  Medit.  1885,  pag.  377. 

«  A  cl.  Richiardi  in  mari  Italiae  reperta  et  nominata, 
«  sed  nondum  descripta  species.  (osp.  Sciaena  aquila  Lac.)  ». 


Sulle  branchie  della  Sciaena  aquila  Lac.  11  maggio  1891; 
maggio  1890.  Genova  (Mus.  Zool.  R.  Univ.). 

11  Richiarcli  ha  trovato  una  Brachiella  sulla  Sciaena 
aquila  e  la  indicò  col  nome  di  Brachiella  neglecta,  senza 
farne  nel  suo  catalogo  (1880)  alcuna  descrizione. 

Non  sono  sicuro  perciò  nel  determinar  cosi  questa  specie 
trovata  in  Genova,  che  neanco  risponde  nei  caratteri  suoi, 
per  quanto  mi  sappia,  a  nessuna  delle  Brachielle  già  de¬ 
scritte.  Tuttavia  penso  possa  riferirsi  alia  Br.  neglecta  del 
Richiardi,  indicata  sulla  Sciaena  aquila ,  poiché  è  l’unico  co- 
pepode  parassita  del  genere  sino  ad  ora  citato  su  di  questo 
ospite. 

Misura  una  lungh.  di  8-10  mm.  circa. 

11  corpo  è  appena  strozzato  a  ino’  di  collo  al  punto  di 
inserzione  colla  parte  anteriore  del  cefalotorace.  Questo 
porta  due  braccia  riunite  all’estremità,  assai  assottigliate, 
e  al  lato  opposto  un  lungo  collo  da  cui  si  distinguono  la 
testa  e  le  relative  appendici  cefaliche,  ossia  due  paia  di  an¬ 
tenne,  un  rostro,  due  mascelle  e  il  secondo- paio  di  piedi 
mascellari,  essendo  il  primo  paio  rappresentate  dalle  so¬ 
pradette  braccia. 

Posteriormente  invece  il  torace  si  allarga  a  guisa  di  pera, 
ed  al  suo  margine  estremo  s’ inseriscono  due  paia  di  ap¬ 
pendici  toraciche,  come  nei  Lernanthropus  (probabilmente 
da  considerarsi  come  rudimenti  di  zampe). 

Insieme  ad  una  appendice  mediana  dorsale  (1’  addome), 
tra  le  inserzioni  delle  due  paia  di  appendici  predette,  no- 
tansi  sul  margine  posteriore  del  torace  ,  due  caratteristici 
tubercoli  con  uncini  relativamente  potenti  e  rivolti  all’  in¬ 
terno,  il  cui  significato  è  per  me  ignoto,  Un  esempi,  solo. 

49.  B.  insidiosa  Heller.  [Tav.  1Y,  fìg.  27]. 

Carus  Y.  Proclr.  Fa  un  Medit.  1885,  pag.  376. 

Habit.  Gadus  sp..  branchi is  adhaerens:  Adria  (Mus.  Gaes. 
Vindob.,  Novarareise  (Heller),  Merlucius  esculentus,  Adria: 
Trieste  (Valle). 

Sulle  branchie  del  Merlucius  esculentus.  Genova,  8  feb¬ 
braio  1890.  (Mus.  Zool.  R.  Univ.). 


Prospetto  sistematico  dei  pesci  di  Liguria  sui  quali  furono 
trovati  crostacei  parassiti. 

1.  Torpedo  narce  Nardo. 

Lernaeopoda  Dalmanni  Retz.  Sp.  n.  36  f1). 

2.  Mustelus  laevis  M.  H.  (equestris  Bp). 

Perissopus  dentatus  Sp.  n.  1*2. 

Lutkenia  integra  Ridi.?  Sp.  n.  15. 

3.  Galeus  canis  Lin. 

Perissopus  dentatus  Sp.  n.  12. 

Lonchidium  aculeatum  Gerst.  Sp.  il.  21. 

4.  Oxyrrhina  Spallanzani  Raf. 

P andar us  hicolor  Leach.  Sp.  n.  13. 

Nemesis  mediterranea  Heller  Sp.  n.  23. 

Dinematura  latifolia  Stp.  Lutk.  Sp.  n.  18. 

5.  Selache  maxima  Lin. 

Dinematura  (elongata  Kr.)?  Sp.  n.  19. 

6.  Odontaspis  ferox  Ag.  (Triglochis  ferox  Riss.). 

Nemesis  Sp.  n.  23. 

7.  Alopias  vulpes  Lin.  (Squalus  vulpes). 

Nemesis  Sp.  n.  23. 

8.  Clupea  aiosa?  (Aiosa  vulgaris  Val.). 

(Argulus  foliaceus  L.  d’  acqua  dolce). 

9.  Clupea  finta?  (Aiosa  finta  Cuv.). 

Caligus  Gurnardi  Kr.  $  Sp.  n.  7. 

Anchorella  (tav.  D  fìg.  20). 

10.  Clupea  sprattus  Brtinn.  Aiosa  sardina  Riss.). 
Lernaeonema  monilaris  M.  Edw.  (oculo  affìxus)  Sp. 

n.  32. 

Peroderma  cilindricum  Hell.  Sp.  n.  30. 

11.  IVIerlucius  esculentus  Riss. 

Chondracanthus  merlaci  Holten  Sp.  n.  33. 
Brachiella  insidiosa  Heller.  Sp.  n.  49. 

12.  Rhombus  maximus  Guv. 

Lepeopthirus  gracilis  V.  Crs.  Sp.  n.  10. 

13.  Box  salpa  Guv. 

Caligus  fissus"!  Ridi.  Sp.  n.  9. 


f1)  Il  numero  si  riferisce  all’ordine  seguito  nel  catalogo. 


23 


14.  Dentex  vulgaris  Cuv. 

Caligus  vexator  Heller.  Sp.  n.  8. 

Anchorella  fallax  Heller.  Sp.  n.  40. 

15.  Pagrus  vulgaris  G.  V. 

Anchorella  pagri  Kr.  Sp.  n.  45. 

16.  Pagellus  mormyrus  Guv, 

Anchorella  pagelli  Kr.  Sp.  n.  38. 

17.  Pagellus  centrodontus  C.  Y. 

Anchorella  emarginata  Kr.  Sp.  n.  37. 

18.  Pagellus  erythrinus  Cuv. 

Anchorella  pagelli  Kròyer  Sp.  n.  38. 

A.  tennis  Rich?  Sp.  n.  39. 

19.  Sargus  annularis  Lin. 

Anchorella  Sargi  Ivurz  Sp.  n.  44. 

20.  Sargus  Rondeleti  Cuv. 

Anchorella  uncinata  Miiller  Sp.  n.  43. 

21.  Chrysophrys  aurata  Lin. 

Caligus  productus,  Dana  c?  Sp.  n.  6. 
Lernanthropus  n.  sp.  Sp.  n.  28. 

22.  Umbrina  cirrhosa  Riss. 

Lernanthropus  Gisleri  Y.  Benecl.  Sp.  n.  24. 
Anchorella  hostilis  Heller.  Sp.  n.  41. 

23.  Sciaena  aquila  Lac. 

Brachiella  neglecta  Rich.  Sp.  n.  48. 

24.  Labrax  lupus  Cuv. 

Anchorella  laciniata  K.  Sp.  n.  46. 

Caligus  minutus  M.  Edw.  Sp.  n.  3. 
Lernanthropus  Króyeri  Y.  Benecl.  Sp.  n.  25. 

25.  Uranoscopur  scaber  L. 

Chondracanthus  angustatus  Heller  Sp.  n,  34. 

26.  Mugil  cephalus  Cuv. 

Caligus  rapax  Sp.  n.  5. 

27.  Mugil  auratus  Riss. 

Lernanthropus  rnugilis  Sp.  n.  27. 

28.  Trigla  lyra  L. 

?  Medesicaste  triglarurn  Kr.  Sp.  n  35. 

29.  Scomberesox  Rondeleti  C.  Y.  (Sayris  Caniperi  Lac.). 
Bornolochus  cornuta s  Claus.  Sp.  n.  2. 

30.  Lichia  amia  Guv. 

Caligus  rapax  M.  Edw.  Sp.  n.  5. 


54 


Caligus  curtus  cf  e  9  Miiller  Sp.  n.  4. 
Lernanlhropus  TJiompsoni  Sp.  ri.  *26. 

31.  Thynnus  vulgaris  Cuv. 

Elytrophora  brachyptera  Gersta'ecker  Sp.  n.  17. 
Brachiella  thynni  Guvier  Sp.  ri.  47. 

32.  Scomber  scombrus  L. 

Anchorella  scombri  Kurz  Sp.  n.  42. 

33.  Ausonia  Cuvieri  Riss.  (Luvarus  imperialis  Rat’.). . 
Lutkenìa  glabra  Heller  Sp.  n.  14. 

34.  Xiphias  gladrns  Lin. 

Pennella  Costai  Ridi.  Sp.  n.  31. 

35.  Orthagoriscus  moia  Lin.  (Mola  aspera  Bp.  . 

Cecrops  Latreillii  Leach.  Sp.  n.  20. 

Laemargus  muricatus  Kroyer  Sp.  n.  16. 
Lepeoptheirus  hippoglossi  Kr.  Sp.  n.  11. 

36.  Conger  vulgaris  Cuv. 

Cycnus  pallidas  Hell.  Sp.  n.  22. 


SPIEGAZIONE  DELLE  TAVOLE. 


Tavola  I. 

Fig.  1.  Caligus  gurnardi  Kr.  9  (parte  dorsale). 

»  la.  idem  (parte  ventrale). 

»  2.  Caligus  curtus  Miiller  9- 

»  3.  Caligus  fìssus  Ridi.  (f. 

»  4.  Lepeoptheirus  hippoglossi  Kr.  9- 

»  5.  Lepeoptheirus  gracilis  V.  Crs.  9* 

4'avola  IL 

Fig.  6.  Caligus  rapax  M.  Edw.  (f. 

»  7.  Lfitkenia  integra  Rich.  9* 

»  8.  Caligus  minutus  M.  Iidw.  (?. 

»  9.  Caligus  vexator  Hell.  qA 

»  10.  Dinematura  latifolia  Steenst.  et  Liitk.  9- 
»  11.  Perissopus  dentatus  Steenst.  et  Liitk. 

»  12.  Bomolochus  cornutus  Gl.  9* 

»  13.  Lepeoptheirus  hippoglossi  Kr.  $■  (cefalotorace,  parte  ven¬ 
trale). 


Tavola  ILI. 


Fig.  14.  Lernanthropus  sp.?  osp.  Chrysoplirys  aurata  Lin. 

»  15.  idem  sp."?  osp.  Sciàena  aquila  Lac. 

»  16.  Lernanthropus  Thompsoni  n.  sp.  (Cefalotorace). 

>>  1  Qa.  Addome  del  Lernanthropus  Thompsoni  n.  sp. 

»  166.  Corpo  intero  e  visto  dalla  sua  parte  dorsale  (idem). 

»  16c.  primo  paio  piedi  remiformi  (idem). 

»  16r/.  tubo  ovifero  (idem). 

»  17.  Lernanthropus  mugilis  n.  sp.  (parte  dorsale). 

»  17 a,  (idem)  (parte  ventrale). 

»  18.  Lernanthropus  Gisleri  v.  Beneden. 

Tavola  IV. 

Fig.  19.  Anchorella  pagelli  Kr. 

»  20.  Anchorella  sp.  osp.  Clupea  finta  ì 
»  21.  Anchorella  scombri  Kurz. 

»  22.  Anchorella  emarginata  Kr.  9  o<p.  Pagelli* s  centrodon- 
tns  C.  V. 

»  23.  Anchorella  fallax  Bell. 

»  24.  Anchorella  uncinata  Miiller. 

»  25.  Anchorella  emarginata  Kr.  cf. 

»  26.  Lern aeopoda  Dalmanni  Retz. 

»  27.  Brachiella  insidiosa  Bell. 

»  28.  Anchorella  hostilis  UBI. 

»  2 8rt.  idem  (cefalotorace). 

»  29.  Brachiella  neglecta  Rich.  osp.  Sciama  aquila  Lac. 


BIBLIOGRAFIA  (*). 

1.  Beneden  P.  I.  van,  Notice  sur  un  Lernanthrope  nòuveau  du  Serranus 

Goliath.  Bull.  Acad.  roy.  de  Belgique.  T.  XXIV,  ri.  1  des  Bulletins. 

2.  Beneden  P.  I.  et  Lacordaire  M.  Tu.  Deoeloppement  des  genres  Anch 

Lerneop.  Brach.  et  Hessia.  Bull.  Acad.  roy.  de  Belgique.  (2.  Ser.). 
T.  XXVIII,  1869  (pag.  223-254). 

3.  Carus  V.  J.  Prodromus  Faunae  Mediter romene.  Stuttgart,  1885. 

4.  Claus  C.  D.  Uber  den  Bau  u.  EntwickeUmg  parasilischer  Crustaceen. 

Cassel,  1858. 


(')  Comprendo  in  questa  nota  bibliografica  soltanto  i  lavori  da  me  con¬ 
sultati. 


5.  Id.  Neue  Beitrage  z.  Kenntniss  parasitischer  Copepoden ■  Leipzig,  1875. 

6.  Heider  C.  Die  Gattung  Lernanthropus.  Arbeit.  d.  zool.  Instit.  Wien  u. 

T riest’  I.  Hft.  3,  1879,  p.  269-368.  Auch.  separ:  Wien.  Hòlder  1879. 

7.  Hei.ler  C.  Beitriige  z.  Kenntniss  d.  Siphò'nostomen.  Wien,  1857. 

8.  In.  Carcinoìogisch °  Beitrage  z.  Fauna  des  adrialischen  Meeres.  Wien, 

1866. 

9.  Gerstaecker  A.  Arthr  apoda  in:  Classen  und  ordnungen  des  Thierreichs. 

Funfter  Band,  erste  Abtheilung.  Crustacea.  Leipzig  und  Heidelberg. 
1866-1879. 

10.  Kurz  W.  Sludien  iiber  die  Familie  der  lernaeopodiden .  Zeitschr.  tur 

Wissensch.  Zoologie,  t.  XXIX,  1877. 

11.  Mjlne  Edward*  Ivi.  Histoire  naturelle  des  Crnstacés.  T.  III.  Paris,  1840. 

12.  Nordmann  A.  von.  Mikrographische  Beitrage  zur  Naturgeschichte  der 

ìoirbellosen  Thiere ,  II.  Heft.  Berlin,  1832. 

13.  Id.  Neue  Beitrage  z.  Kenntniss  parasitischer  Copepoden.  Erster  Bei t rag 

in:  Bull.  soc.  imp.  des  natur.  Moscou.  T.  37.  P.  2,  1864,  p.  461-520. 

14.  Olsson  P.  Prodromus  faunae  Copepodorum  parasitantium  Feandina- 

viae.  in  Act  Univers.  Lund.  (l'or  1868)  1869. 

15.  Id.  Om  parasitiska  Copepoder  i  Jemtland.  Ofv.  K.  Vet.  Akad.  Fòrh.  34. 

Arg.  1877  (1878),  n.  5,  p.  75-88. 

16.  Id.  Sur  Chimaera  monstrosa  et  ses  parasites.  Mémoires  de  la  soc.  Zool. 

de  France  1896,  T.  IX,  page  499,  année  1896. 

17.  .RicniARDr  S.  Intorno  al  Peroderma  cglindricum  Hell.  Atti  Soc.  Tose.  Se. 

Nat.  Pisa,  voi.  II,  fase.  2.°  ed  ultimo,  1876. 

18.  Id.  Descrizione  di  due  specie  nuoce  di  Lernaeenicus  con  ossern.  intorno 

a  questo  ed  ai  generi  Lernaeocera  Bl.,  e  Lernaeonema  M.  Edw.  Atti 
Soc.  Tose.  Se.  Nat.,  Pisa,  voi.  Ili,  fase.  l.°  1877. 

19.  Id.  Catalogo  sistematico  dei  crostacei  che  v irono  sul  corpo  degli  ani¬ 

mali  acquatici.  Catalogo  Sez.  It.  Esposiz.  interna/.,  di  pesca.  Berlino, 
1880.  Firenze;  anche  in  Pisa  tip.  Van micchi  1880. 

20.  Id.  Descrizione  di  due  specie  nuove  del  gen.  Lev nanthr opus.  Atti  Soc. 

Tose.  Se.  Nat.  Proc.  verb.  voi.  4,  p.  82-84,  1885. 

21.  Risso  A.  Histoire  naturelle  des  Crnstacés  des  environs  de  Nice.  Paris. 

1816. 

22.  Roux  P.  Crustacés  de  la  Mediterranée.  Paris,  1828. 

23.  Schaub  R.  v.  Uber  Chondracanthus  angustatns  (Heller).  Mit  3  Taf. 

Aus  dem  LXXIV.  Bd.  der  Sitzb.  der  Iv.  Acàd.  dei’  Wissensch.  Wien 
1876. 

24.  Stossich  M.  Prospetto  della  fauna  del  mare  Adriatico.  In  Boll.  Soc. 

adriatica  di  Se.  Nat.  in  Trieste  n.  5,  annata  Y.  (Parte  1  a  5  188-83), 

25.  Valle  A.  Sopra  due  specie  di  crostacei  parassiti  dell  Oxyrrhina  Spal- 

lanzanii  Raf.  con  1  tav.  in:  Boll.  Soc.  Adr.  Se.  Nat.  Trieste,  voi. 
IV,  n.  1,  p.  89-92. 


27 


26.  Id.  Crostacei  parassiti  dei  Pesci  del  mare  adriotico.  Bollett.  di  Soc. 

Àdriat.  Se.  Nat.  voi.  6,  1880,  p.  55-90. 

21.  Id.  Aggiunte  ai  Crost.  Parass.  dei  Pesci  del  m,are  Adriatico.  Boll.  Soc. 
Adr.  Se.  Nat.  Trieste,  voi.  7,  1882. 

28.  Id.  Seconda  serie  di  aggiunte  al  Calai.  Crost.  parass.  ecc.  Estr.  Atti 

Musei  Civ.  Stor.  Nat.  Trieste,  voi.  7,  1884. 

29.  Verany  G.  B.  Catalogo  crostacei ,  in:  Descrizione  di  Genova  e  del  Ge- 

novesato,  voi.  I,  pag.  86-89,  Genova,  1846. 

30.  V ogt  Charles.  Recherches  cotières.  Arch.  de  Zool.  exp.  et  gén.  VI  1877, 

p.  385-456. 


Genova,  Tipografia  Ciminago.  1898. 


Atti  Soc.lig.di  Sanate  geognVol.il 


Tav.  1 


A.BrianrCopepodi  parassiti  della  Liguria 


Tip.  Lit.E.Bruni  Pavià. 


inTnTTìTTmriìTn™ 


Atti  Soc.lig.di  Sanate  geogr.VoLIX.  Tav.  II. 


Atti  Soc.lig.di  Sanate  geogr.Vol.IX  Tav.  III. 


Hp.  Lit.E.Bruni  Pavia. 


nr-b  <rj  -l 


| 


BOLLETTINO  DEI  1ILSEI 


III  ZOOLOGIA  E  ANATOMIA  COMPAKATA 

DELLA  R.  UNIVERSITÀ  DI  GENOVA 


N.°  62.  1898. 


Sigismondo  Orlandi 

Sfaldameli  del  golfo  di  Napoli  con  osservazioni 
sopra  alcuni  punti  della  loro  anatomia  ed  istologia. 

(Tav.  V,  VI,  VII,  Vili). 

Il  materiale  che  mi  servì  per  il  presente  lavoro,  lo  rac¬ 
colsi  e  preparai  alla  Stazione  Zoologica  di  Napoli  durante 
il  primo  semestre  dell’  anno  1895 ,  in  cui  mi  fu  concesso 
dal  Ministero  della  Pubblica  Istruzione,  un  tavolo  di  studio 
presso  quell’istituto  (l).  Era  mio  proposito  di  studiare  la  fa¬ 
miglia  delle  Maldanidi,  sull’anatomia  ed  istologia  delle  quali 
non  si  hanno  lavori  speciali ,  ma  solo  incomplete  nozioni 
riferite  da  autori  che  trattarono  degli  anellidi  in  generale. 
Grazie  alle  attivissime  e  ben  dirette  ricerche ,  che  si  pra¬ 
ticano  in  quella  Stazione  marina,  il  numero  degli  esemplari 
appartenenti  ad  alcune  specie  è  stato  abbastanza  rilevante, 
relativamente  alla  loro  poca  frequenza;  tuttavia  il  mate¬ 
riale  non  fu  sufficiente  per  uno  studio  completo,  anche  per 
la  quantità  di  esemplari  che  si  guastano  durante  il  periodo 
in  cui  si  devono  tenere  in  acqua  corrente,  prima  di  fissarli 
per  le  sezioni ,  affinchè  si  vuotino  della  sabbia  introdotta 
nell’  intestino. 

Obbligato  da  speciali  circostanze  ad  interrompere  questo 
mio  studio  per  oltre  un  anno ,  lo  ripresi  lo  scorso  anno , 
quando  fui  nominato  assistente  al  Gabinetto  di  Anatomia 
Comparata  della  R.  Università  di  Genova;  ma  nel  riordi¬ 
nare  gii  appunti  presi  sul  fresco  e  nello  studiare  i  prepa¬ 
rati  microscopici  stabili,  che  avevo  portati  da  Napoli,  mi 


(b  Mi  compiaccio  di  ringraziare  ora  pubblicamente  il  Direttore  della  Sta¬ 
zione  Zoologica  prof.  A.  Dohrn,  come  pure  i  professori  U.  Eisig,  prof.  P. 
Mayer  e  dott.  S.  Lo  Bianco. 


2 


convinsi  della  presenza  di  numerose  lacune  e  della  impos¬ 
sibilità  di  potervi  porre  rimedio.  Ad  onta  di  questo,  ho  cre¬ 
duto  opportuno  far  seguire  alla  descrizione  sistematica , 
alcune  osservazioni  anatomiche  ed  istologiche  di  quelle 
specie,  di  cui  ho  potuto  avere  un  numero  maggiore  di 
esemplari,  premettendo  che  non  intendo  presentare  un  la¬ 
voro  completo,  ma  un  semplice  contributo  allo  studio  di 
alcuni  punti  della  loro  anatomia  ed  istologia,  finora  poco 
noti  o  non  affatto  studiati. 

PARTE  I. 

SISTEMATICA. 

Nel  1780  il  Fabricius  f1)  e  nel  1788  il  Mtiller  (2)  descri¬ 
vevano  due  nuove  specie  di  anellidi,  che  dal  testo  e  dalle 
figure  si  riconoscono  appartenenti  alla  famiglia  delle  Mal- 
danidi ,  sebbene  il  primo  T  assegnasse  alle  Sabelle.  «  S. 
lumbricalis  »,  il  secondo  ai  Lumbrici  (arenicole)  «  L.  tu- 
bicola  »  ;  ma  è  solo  più  tardi  (1820)  che  viene  istituito  il 
gen.  Clymene  dal  Savigny,  il  gen.  Maldane  dal  Grube ,  i 
gen.  Axiothea,  Nicomache,  Rhodine  dal  Malmgren  ecc.  A 
questi  il  Quatrefages  aggiunge  i  gen.  Johnstonia,  Leioce- 
phalus  e  Petaloproctus  formando  la  famiglia  Clymenea,  alla 
quale  però  da  un’  estensione  troppo  vasta  coll’  includervi 
anche  i  gen.  Ammochares,  Clymenidia,  Arenia,  Ancistria, 
e  Clymenia,  che  ora  sono  assegnate  ad  altre  famiglie.  Es¬ 
clusi  questi  ultimi,  ed  aggiunti  in  seguito  pochi  altri  ge¬ 
neri  ,  le  Maldanidi  vengono  a  formare  una  famiglia  che 
è  distinta,  come  giustamente  rileva  il  Grube  (3) ,  da  tutte 
le  altre  per  molti  caratteri  esclusivi  e  ben  definiti. 

Fissati  i  limiti  della  famiglia,  rimanevano  ancora  da  sta¬ 
bilire  quelli  dei  generi,  perchè  i  caratteri  sui  quali  si  ba¬ 
sano  le  diagnosi  di  molti  autori,  hanno  di  sovente  così  poco 
valore  da  non  potersi  accordare  loro  neppure  un’  impor- 


(l)  Fauna  groenlandica,  p.  374. 

(-)  Zoologia  clanica,  p.  49,  t.  75. 

(5)  On  thè  AnneL  Fam.  of.  thè  Maldaniea ,  p.  393-399. 


3 


tanza  specifica.  A  questo  provvide  il  Saint-Joseph  (*)  nella 
sua  breve  revisione,  in  cui,  dopo  aver  osservato  che  sa¬ 
rebbe  difficile  accordare  una  importanza  generica  al  nu¬ 
mero  dei  segmenti  del  corpo  e  di  quelli  anteanali  inermi, 
come  vorrebbe  il  Malmgren,  propone  di  prendere  per  base 
delle  determinazioni  la  forma  del  segmento  cefalico  ed  a- 
nale  ,  degli  uncini  e  degli  aculei  che  sostituiscono  questi 
nei  segmenti  anteriori,  e  la  presenza  o  mancanza  di  en¬ 
trambi  in  un  certo  numero  di  segmenti  anteriori,  che  egli 
ritiene  invariabile.  Basandosi  sopra  questi  criteri,  propone 
la  seguente  classificazione,  nella  quale  viene  ridotto  il  nu¬ 
mero  dei  generi  (compenetrandosi  talvolta  in  un  solo  al¬ 
cuni  che  non  hanno  ragione  di  rimanere  distinti  )  e  che 
credo  bene  trascrivere,  perchè  mi  sembra  di  grande  aiuto 
nella  determinazione. 

Fam.  MALDAN1DAE  (2). 

I.  Testa  in  forma  di  piastra  più  o  meno  piana,  più  o  meno 
inclinata ,  circondata  da  una  lamina  incisa  o  no.  Ai 
segmenti  uncinigeri  una  linea  trasversale  di  uncini 
ventrali  con  piccoli  peli  sotto-rostrali. 

A.  Segmento  anale  terminato  ad  imbuto  circondato  da 

cirri  in  più  o  meno  grande  numero  e  generalmente 

tutto  intorno,  con  ano  centrale. 

a.  Setole  ventrali  aciculari  che  sostituiscono  gli  uncini 
ad  un  certo  numero  di  segmenti  setigeri  anteriori. 

a1.  Ciechi  vascolari  esterni  in  linee  longitudinali  pa- 
rellele  in  parecchi  degli  ultimi  segmenti  del  corpo. 
Johnstonia  Qtrfgs. 

a2.  Nessun  cieco  vascolare  esterno  Clymene  Sav.  (incl. 
Praxilla  Mgr.  Neco  Kbg.). 

b.  Uncini  ventrali  a  tutti  i  segmenti  setigeri.  Aiothea 

Mgr.  (incl.  Clymenella  Verr.). 

c.  Nessuna  setola  aciculare  ventrale  nè  uncini  al 
primo  (o  primi?)  segmento  setigero.  SVSaldanelIa  M.  Intsh. 

B.  Segmento  anale  terminato  in  piastra  senza  cirri  con 

ano  dorsale  posto  sotto  la  piastra. 


(1)  Les  Annél.  polì/ch.  des  cótes  de  Dinar d,  p.  130-134. 

(2)  Dal  Saint-Joseph  (1.  c.),  p.  130. 


4 


Nessuna  setola  aciculare  ventrale  nè  uncini  al  primo 
(o  primi?)  segmento  setifero.  SVIa! cfane  Gr.  Mgr.  emend. 
C.  Segmento  anale  Inanellato,  aperto  lateralmente,  senza 
piastra  nè  imbuto,  con  ano  dorsale.  Uncini  a  tutti  i 
segmenti  setigeri.  Chrysothemis  Kbg.  (incl.  Sabaco 
Kbg|| 

II.  Testa  senza  piastra  nè  lamina. 

A.  Uncini  ventrali,  senza  peli  sottorostrali,  disposti  sopra 

due  ordini  trasversali  paralleli  in  un  certo  numero 
di  segmenti. 

Segmento  anale  senza  piastra  nè  imbuto  con  ano 
dorsale.  Nessuna  setola  aciculare  ventrale  nè  uncini 
ad  un  certo  numero  di  segmenti  anteriori.  Rhodine 
Mlgr.  Ehi.  emend. 

B.  Un  solo  ordine  di  uncini  ventrali  con  peli  sottorostrali 

ai  segmenti  uncinigeri. 

1.  Setole  aciculari  ventrali  ad  un  certo  numero  di 
segmenti  anteriori. 

a.  Segmento  anale  terminato  ad  imbuto  circondato  di 

cirri  con  ano  centrale.  Nicomache  Mgr.  f Leiocepha - 
lus  Qtrgs.). 

b.  Segmento  anale  patelliforme,  senza  cirri,  con  ano 

conico  centrale.  Leiochone  Gr. 

c.  Segmento  anale  munito  d’una  piastra  fogliacea  con¬ 

cava,  senza  cirri,  alla  superfìcie  della  quale  s’apre 
l’ano.  Petaloproctus  Qtrfgs.  (incl.  Nicomachella 
Lev.)  t1). 

Un’  altra  difficolta  rimane  ancora  nella  determinazione 
della  specie,  per  la  stessa  ragione  che  aveva  generato  tanta (*) 


(*)  Ultimamente  il  Mesnil  (Ètud.  de  morph.  ext.  chez  les  Annel.  III.  part., 
p.  164),  trattando  della  parentela  dei  generi  Micromaldane ,  CUmenide  e 
Branchiómaldane  colle  Maldanidi  piuttosto  che  colle  Arenicolidi ,  viene 
alla  seguente  conclusioue:  «  Je  croix  que,  en  l’état  actuel  de  nos  connais- 
sances,  il  est  préférable,  ou  bien  de  laire  trois  familles  correspondant  aux 
trois  séries  dont  je  viens  de  parler  [Maldaniens  (au  sens  ancien)  compre- 
nant  Micromaldane ,  Clymenidiens  avec  Chjmenules  et  Branchiómaldane, 
et  Arénicoliens  (au  sens  ancien)]  ou  bien  de  réunir  tout  l’ensemble  en  une 
seule  famille ,  celle  des  Arénicolo-Maldaniens ,  etc.  ».  Senza  discutere  per 
ora  quale  delle  due  divisioni  indicate  sia  da  preferirsi,  credo  che,  se  non 


confusione  nei  generi,  e  cioè  la  differenza  dei  criteri  che 
servirono  di  fondamento  alle  descrizioni  degli  autori. 

Quando  la  diagnosi  è  molto  estesa  e  dettagliata,  serve 
nella  maggior  parte  dei  casi  ad  una  sicura  determinazione, 
perchè  fra  particolari  superflui  ed  inutili  se  ne  trova  sem¬ 
pre  qualcuno  di  importanza  capitale;  ma  molte  volte  la  de¬ 
scrizione  è  così  incompleta  che  non  serve  neppure  a  fissare 
il  genere.  Da  questo  si  comprende  che  non  si  può  tener 
conto  di  una  gran  parte  di  tali  descrizioni,  e  che  quindi 
viene  di  necessità  ristretto  il  numero  delle  specie  ben  de¬ 
finite. 

In  seguito  ad  un  accurato  confronto  di  molti  esemplari 
delle  stesse  specie,  mi  convinsi  che  non  si  deve  attribuire 
alcun  valore:  1)  al  numero  dei  segmenti  del  corpo  e  di 
quelli  anteanali  nudi  (l):  2)  al  rapporto  fra  la  lunghezza  e 
larghezza  del  corpo,  perchè,  se  si  tratta  di  animali  conser¬ 
vati  in  alcool,  questi  non  mantengono  che  raramente  la 
loro  forma  naturale,  anche  se  preparati  con  ogni  cautela, 
in  causa  delle  contrazioni  più  o  meno  violente  che  prece¬ 
dono  la  morte.  Questo  rapporto  poi  è  molto  variabile  an¬ 
che  in  animali  viventi,  a  seconda  delle  condizioni  di  quiete 
o  di  eccitazione  in  cui  si  trovano;  quindi  se  un  valore  spe¬ 
cifico,  sebbene  sempre  alquanto  relativo,  si  può  attribuire 
a  queste  misure  ,  sarà  solo  nel  caso  che  si  riferiscano  ad 
animali  osservati  in  perfetta  quiete  ed  in  condizioni  nor¬ 
mali.  3)  Alla  forma  a  campana  dei  segmenti  posteriori  (nei 
preparati  in  alcool  od  altro  liquido  conservatore),  perchè 
molte  specie,  che  hanno  il  corpo  completamente  cilindrico, 
per  Timmersione  in  liquidi  fissatori  si  contraggono  in  modo 
che  questi  segmenti  assumono  tale  forma  per  restringi¬ 
mento  maggiore  alla  parte  anteriore  in  confronto  della  po¬ 
steriore  in  cui  sono  impiantati  i  parapodi. 


è  possibite  riunire  i  generi  Climenide  e  Branchiomaldane  alle  Arenicolide 
(alle  quali  si  avvicinano  assai ,  oltre  che  per  caratteri  esterni ,  anche  per 
la  conformazione  dell’apparato  digerente  e  circolatorio)  ,  sarà  sempre  pre¬ 
feribile  la  separazione  di  questi  anellidi  in  tre  famiglie,  alla  loro  fusione 
in  una  sola.  Mantengo  adunque  provvisoriamente  la  classificazione  del 
Saint-Joseph  ,  osservando  che  ad  essa  si  dovrà  aggiungere  il  genere  Mi- 
cromaldane  qualora  si  accetti  la  prima  divisione  proposta  dal  Mesnil. 

(*)  Il  Saint-Joseph  (1.  c.  p.  130)  pure  esclude  questo  carattere  al  quale 
altri  autori  accordano  grande  importanza. 


Esclusi  dunque  questi  caratteri ,  a  me  pare  che  la  de¬ 
terminazione  si  debba  basare  piuttosto  sopra  i  seguenti:  la 
forma  del  segmento  cefalico  e  quindi  della  carena  e  della 
lamina,  nelle  specie  che  ne  sono  provviste,  degli  aculei, 
degli  uncini  e  delle  setole,  del  segmento  anale  e  dei  den¬ 
telli  dell’imbuto,  nelle  specie  che  portano  questa  espansione. 
Dico  la  forma  e  non  il  numero ,  perchè  credo  che  solo  la 
prima  sia  costante,  quantunque  anche  per  essa  alcuni  au¬ 
tori  ammettano  frequenti  le  variazioni.  Per  ultimo  la  di¬ 
sposizioni  delle  fascie  colorate  (generalmente  rosse  o  bruno¬ 
rossastre),  che  nella  maggior  parte  di  questi  anellidi  sono 
situate  alla  parte  anteriore  del  corpo.  Anche  questo  carat¬ 
tere  non  va  trascurato,  sebbene  gli  si  attribuisca  general¬ 
mente  un’importanza  affatto  secondaria,  perchè,  se  non  è 
stabile  1’  intensità  della  tinta  di  queste  cinture,  ne  è  invece 
costante  la  disposizione.  Così  la  Clymene  'palermitana  Gr. 
ha  sempre  colorato  il  margine  anteriore  del  segmento  5.° 
e  la  parte  posteriore  del  5.°-8.°,  la  CI.  Claparedei  n.  sp. 
solo  la  posteriore  del  4-.°-8.0,  la  Cl.  collaris  Clpde  il  bordo 
anteriore  del  5.°,  la  metà  posteriore  del  5,°-8.°  e  l’anteriore 
del  9.°,  ecc.  Devo  far  notare  che  con  questo  non  intendo 
considerare  tale  carattere  come  sufficiente  a  determinare 
una  specie  da  solo,  perchè  una  data  disposizione  può  es¬ 
sere  costante  per  la  stessa  specie  senza  essere  esclusiva 
per  quella  sola,  ma  come  uno  dei  più  costanti  che  in  li¬ 
mone  agli  altri  può  fornire  un  aiuto  non  trascurabile. 


Genere  CLYMENE  Sav. 

(Praxilla  Mlgr. ,  Neco  Kbrg.). 

Clymene  Collaris  Clpde. 

Praxilla  collaris  Claparède,  Annél.  chét.  da  golfe  de 

Naples ,  p.  454,  PI.  XXVI,  flg.  2. 
»  »  Lo  Bianco,  Gli  annel.  tabic.  del  golfo 

di  Napoli,  p.  20. 

Tav.  V,  fi g.  1-4. 

La  descrizione  e  le  figure  del  Claparède  non  ci  danno 
che  un’idea  alquanto  indeterminata  di  questa  specie.  Men- 


tre  per  gli  altri  anellicìi  la  sua  diagnosi  è  sempre  molto 
precisa  e  chiara,  per  questo  è  alquanto  deficiente ,  avendo 
egli  trascurato  completamente  alcuno  dei  caratteri  specifici 
più  importanti. 

Prima  di  esporre  le  osservazioni,  che  ho  avuto  campo 
di  fare  sopra  un  buon  numero  di  esemplari,  riassumo  bre¬ 
vemente  il  testo  del  Claparède  (1.  c.)  :  «  Testa  conica  con 
piccoli  punti  oculari,  circondata  da  una  larga  lamina  aperta 
alla  parte  posteriore.  Setole  di  due  sorta,  capillari  più  fini 
e  numerose,  marginate  più  grosse  ed  in  piccolo  numero, 
a  tutti  i  segmenti  setigeri.  Un  solo  uncino  semplice  al  ra¬ 
mo  ventrale  dei  primi  tre  segmenti  setigeri;  molti  veri  un¬ 
cini  nei  seguenti.  Quinto  segmento  più  breve  e  largo  degli 
altri  con  due  cinture  colorate  in  rosso-bruno.  Una  fascia 
ugualmente  colorata  alla  meta  posteriore  del  6.°,  7.°  ed  8.° 
ed  all’  anteriore  del  9.°  » 

Il  segmento  cefalico,  intimamente  unito  al  boccale,  è  ve¬ 
ramente  conico  e  circondato  da  una  lamina  profondamente 
incisa  al  lato  posteriore  (fig.  1)  ;  ma  alla  parte  dorsale  porta 
due  piccoli  solchi  longitudinali  alquanto  divergenti  e  po¬ 
chissimo  appariscente  nell’ animale  vivente,  i  quali  nella 
figura  del  Claparède  sono  stati  omessi.  Qualche  volta  sopra 
questo  segmento  si  trovano  anche  punteggiature  di  color 
rosso  bruno-  si  deve  attribuire  loro  una  funzione  visiva,  op¬ 
pure  si  devono  considerare  quali  semplici  granulazioni  di 
pigmento,  le  quali  si  trovano  sparse  molto  comunemente 
nell’epidermide  di  questi  anellidi? 

Al  segmento  cefalo-boccale  seguono  da  19  a  21  segmenti 
setigeri  e  per  solito  2  inermi.  Le  setole  sono  per  la  mas¬ 
sima  parte  filiformi ,  frammiste  ad  altre  più  brevi  margi¬ 
nate;  e  su  di  esse  neppur  io  riscontrai  barbuie  l1).  I  seg¬ 
menti  2.°,  3.°  e  4.°  hanno  al  ramo  inferiore  un  aculeo,  o 
meglio  uncino  semplice,  leggermente  ricurvo,  troncato  obli¬ 
quamente  all’estremità,  con  due  o  tre  piccoli  dentelli  al 
vertice  (fig.  2).  Generalmente  se  ne  trova  uno  ad  ogni  pa¬ 


pi  Le  mie  osservazioni  si  accordano  piuttosto  con  quelle  del  Claparède 
che  con  quelle  del  Saint-Joseph  ( Annél.  polych.  des  cótes  de  Dinard.  p.  132), 
perchè  nelle  setole  filiformi  sono  mai  riuscito  a  scorgere  nè  barbuie  nè 
spine. 


8 


rapodo,  ma  non  è  raro  il  caso  che  qualche  segmento,  an¬ 
che  da  un  solo  lato  ,  ne  porti  due.  Gli  uncini  degli  altri 
segmenti  setigeri  sono  molto  ricurvi  ed  allargati  all’ estre¬ 
mità,  la  quale  sporge  all’esterno  ed  è  provvista  di  cinque 
dentelli  poco  salienti  alla  sommità  e  di  un  fascio  di  bar¬ 
buie  sottorostrali  ricurve  in  alto  (fig.  3). 

I  due  ultimi  anelli  (fìg.  4),  come  già  dissi,  hanno  nè  se¬ 
tole  nè  uncini,  quantunque  il  penultimo  conservi  ancora  ,due 
ingrossamenti  laterali  simili  ai  parapodi  dei  precedenti. 
L’  ultimo  è  più  lungo  del  precedente  ,  allargato  posterior 
mente  e  munito  di  tre  rilievi  anulari ,  che  lo  fanno  appa¬ 
rire  formato  dalla  fusione  di  altrettanti  segmentil  e  termina 
in  un’espansione  membranosa  foggiata  ad  imbuto  con  orlo 
frastagliato  in  16-18  dentelli  tutti  uguali,  ad  eccezione  del 
mediano  inferiore  più  lungo  dei  precedenti  di  circa  il  doppio. 
Al  centro  sta  l’apertura  anale  posta  alla  sommità  di  una 
prominenza  conica  poco  elevata. 

Tanto  il  colore  che  la  disposizione  delle  fascie,  quali  fu¬ 
rono  indicate  dal  Claparède,  sono  costanti  e  caratteristiche 
per  questa  specie. 

Nessuno  degli  esemplari  che  esaminai  superava  i  mm.  50 
di  lunghezza  e  mm.  1  di  larghezza. 

II  tubo  formato  di  minuti  granuli  d’arena  è  fragilissimo. 

Golfo  di  Napoli  a  m.  15-20  di  profondità. 

Clymene  Palermitana  Gr. 

Clymene  palermitana  Grube,  Aci ,  Ecliin .  und  Wurm. 

des  Adria  tischen  und  Mittelmeers ,  p.  66. 

Tav.  V.  Fig.  5-9 

Questa  Olimene,  molto  più  comune  delle  altre  nel  golfo  di 
Napoli ,  corrisponde  completamente  alla  descrizione  che  il 
Grube  (1.  c.)  ci  dà  della  CI.  palermitana,  se  si  trascurano 
alcune  piccole  differenze  del  segmento  anale;  infatti  egli 
indica  al  margine  deH’imbuto  35  piccoli  denti,  tutti  uguali 
ad  eccezione  del  mediano  inferiore  più  largo  e  molto  più 
lungo,  e  rileva  la  mancanza  di  papille  intorno  all’apertura 
anale.  In  quelle  da  me  studiate  invece  ho  riscontrato  dei 
dentelli  uguali  per  forma  a  quelli  della  Gl.  palermitana, 


9 


ma  in  numero  solamente  di  20  a  26  al  massimo,  ed  al  lato 
ventrale  dell’ano  una  papilla,  che  può  chiuderne  l’aper¬ 
tura.  Questa  però  si  vede  molto  difficilmente  sull’  animale 
intero,  e  si  scorge  solo  con  evidenza  sulle  sezioni  longitu¬ 
dinali;  quindi  si  comprende  come  possa  essere  sfuggita  an¬ 
che  ad  una  attenta  osservazione.  Queste  differenze  non  hanno 
tale  importanza  da  rendere  necessaria  la  distinzione  di 
questa  Odimene,  dalla  specie  sopradetta,  in  una  nuova  va¬ 
rietà;  tanto  più  che  il  numero  dei  dentelli  dell’imbuto,  come 
ho  già  osservato,  non  costituisce  un  buon  carattere,  essendo 
quasi  sempre  variabile  (sebbene  per  solito  nelle  altre  specie 
da  me  studiate  lo  sia  entro  limiti  più  ristretti). 

11  corpo  è  generalmente  costituito  da  3  segmenti  inermi, 
cefalo-boccale,  anteanale  ed  anale,  e  da  22  setigeri.  In 
quanto  alla  loro  forma  e  dimensione  trascrivo  la  descri¬ 
zione  del  Grube  (1.  c.)  che  riscontrai  abbastanza  esatta  (!). 
«  11  l.°  segmento  è  più  corto  del  2°,  da  questo  al  5.°  la 
lunghezza  diminuisce  di  nuovo,  mentre  nel  6.°  aumenta  e 
si  mantiene  costante  fino  al  17.°  (2)  (solo  l’8.°  setigero  è  di 
notevole  brevità);  da  questo  diminuisce  fino  all’ultimo.  1 
primi  cinque  anelli,  cefalo-boccale  eccettuato,  sono  più  lar¬ 
ghi  davanti  che  di  dietro,  gli  altri  sono  cilindrici  ». 

La  piastra  cefalica,  di  poco  inclinata  posteriormente,  è 
circondata  da  una  lamina  vellicale  abbastanza  sviluppata 
ed  un  poco  più  alta  sul  davanti,  la  quale  è  aperta  in  cor¬ 
rispondenza  dell’estremità  libera  della  carena  e  porta  una 
incisione  molto  profonda  alla  parte  posteriore  ed  una  o  due 
minori  ai  lati.  La  carena ,  che  si  prolunga  anteriormente 
in  un  tubercoletto  libero  rivolto  all’  insù ,  occupa  la  linea 
mediana  della  piastra  per  quasi  tutta  la  sua  lunghezza  ed 
è  limitata  lateralmente  da  due  profondi  solchi  molto  più 
visibili  che  nella  Cl.  collaris.  I  primi  tre  segmenti  setigeri 
hanno  un  solo  aculeo  al  ramo  inferiore  dei  parapodi,  i  ri¬ 
manenti  uncini  tutti  uguali.  Gli  aculei  sono  leggermente 
incurvati  ad  S  e  sporgono  all’  esterno  con  una  punta  co- 


(!)  Credo  superfluo  ripetere  che  queste  osservazioni  le  ho  fatte  sopra 
animali  viventi  ed  in  quiete  perfetta. 

(2)  Secondo  lo  stesso  autore;  il  16.°  e  17.°  sarebbero  più  lunghi  dei  pre- 
cedenti,  ma  si  tratta  di  differenze  (rascurabili. 


10 


nica  (fìg.  5).  Gli  uncini,  piuttosto  diritti  ed  esili,  hanno  la 
estremità  libera  ripiegata  a  guisa  di  r  od  usto  dente,  sul 
cui  lato  superiore  sono  incise  quattro  e  talvolta  anche  cin¬ 
que  dentelli,  l’ultimo  dei  quali  è  appena  distinto  (fìg.  6). 
Dalla  base  del  dente  maggiore  si  stacca  un  fàscio  di  bar¬ 
buie  molto  lunghe  che  si  dirigono  in  avanti ,  ripiegandosi 
poscia  in  aitò.  Il  ramo  inferiore  dei  parapodi  è  poco  rile¬ 
vante  nei  primi  7  segmenti  ,  ma  nei  seguenti  assume  la 
forma  di  un  grosso  rilievo  semilunare  molto  appariscente 
sia  pel  colore  bianco,  che  per  il  suo  grande  sviluppo.  Al 
ramo  superiore  le  setole  sono  riunite  alla  loro  base  da  una 
guaina,  a  forma  di  tubo,  poco  sporgente  dal  corpo.  Queste 
setole,  come  sono  descritte  anche  dal  Grube  (1.  c.)  hanno 
uno  stretto  margine  da  un  solo  lato,  verso  l’estremità  su¬ 
periore  (fìg.  7):  però  oltre  a  queste,  ne  trovai,  sebbene  in 
numero  minore,  altre  più  fini  aventi  pure  aH’estremità,  ma 
da  ambedue  i  lati,  delle  esili  e  fitte  barbuie  (fìg.  8). 

Il  penultimo  segmento  è  molto  breve  e  conserva  ancora 
i  parapodi,  ma  è  privo  di  setole  ed  uncini.  L’ultimo,  di 
forma  conica,  ha  parapodi  affatto  rudimentali,  una  specie 
di  collare  circolare  verso  la  metà  delia  sua  lunghezza  ed 
un’espansione  imbutiforme  all’estremità.  Il  margine  di  que- 
st’epansione,  come  ebbi  già  ad  accennare,  è  frastagliato  in 
20-26  piccoli  denti  uguali  in  lunghezza,  ad  eccezione  del 
mediano  ventrale  di  molto  più  lungo  e  più  largo  (fìg-.  9). 
L’ano  si  apre  al  centro  dell’  imbuto  alla  sommità  di  un 
corno,  che  non  sporge  dall’orlo  di  esso,  e  può  essere  chiuso 
da  una  grossa  papilla. 

Il  colore  generale  del  corpo  è  giallo  roseo  con  riflessi 
madreperlacei  nella  regione  anteriore  ,  giallo  chiaro  nella 
posteriore;  i  segmenti  5.°,  6.°,  7.°  ed  8.°  sono  di  color  rosso 
scuro  con  una  fascia  bianca  alla  parte  anteriore,  e  solo  il 
5.°  porta  anche  un  sottilissimo  anello  rosso  all’  estremità 
anteriore.  Sono  pure  bianchi  la  lamina  cefalica , T  ultimo 
segmento  ed  i  parapodi,  sui  quali  però  si  trova  una  sottile 
striscia  rossa  lungo  la  serie  degli  uncini.  La  disposizione 
delle  fascie  la  trovai  costante  in  tutti  gli  esemplari  della 
specie  ,  mentre  l’ intensità  ,  tanto  del  colore  generale  del 
corpo  che  delle  cinture,  alle  volte  è  così  variabile  che  al¬ 
cuni  individui  hanno  corpo  di  color  giallo  nocciola  con  fa- 
scie  di  colore  bruno-rossastro  molto  intenso. 


11 


Gli  esemplari  più  grandi  misurano  nini.  170  per  noni  3, 
ma  ordinariamente  sono  della  lunghezza  di  circa  mm.  80 
per  una  larghezza  massima  di  mm.  2. 
il  tubo  è  poco  consistente  ed  a  pareti  piuttosto  sottili. 
Frequente  al  capo  Posilipo  nella  sabbia,  fra  cespugli  di 
Posidonia  alla  profondità  di  m.  1.00-1.50. 


Clymene  lophoseta  n.  sp. 

Tav.  V.  fìg.  10-16. 

Questa  specie  ,  molto  meno  appariscente  della  maggior 
parte  delle  Maldanidi,  pel  colore  quasi  uniforme ,  possiede 
caratteri  specifici  tanto  marcati  che  ci  permettono  di  di¬ 
stinguerla  subito  da  tutte  le  altre  fino  ad  ora  descritte. 
Non  potei  avere  che  vari  frammenti  ed  un  solo  esemplare 
intero  costituito  di  22  segmenti,  di  cui  17  setigeri  e  5  inermi. 

Il  capo  (fìg.  10)  ha  piastra  poco  inclinata,  con  lamina 
verticale  mediocre,  aperta  sul  davanti  ed  incisa  poco  pro¬ 
fondamente  alla  parte  posteriore  ed  ai  lati.  La  carena,  sot¬ 
tile  e  rettilinea,  attraversa  in  tutta  la  sua  lunghezza  la 
piastra  cefalica,  terminando  alla  parte  anteriore  in  un  tu- 
bercoletto  libero.  Ad  ogni  lato  si  trova  una  fossetta  ad  essa 
parallela,  sul  cui  orlo  esterno  è  segnata  una  linea  di  color 
bruno  (fìg.  11). 

I  tre  segmenti  che  seguono  il  cefalo-boccale  al  ramo  in¬ 
feriore  dei  parapodi  hanno  aculei,  che  non  sono  così  sem¬ 
plici  come  quelli  della  specie  precedente.  Essi  sono  di  forma 
intermedia  fra  questi  ed  ì  veri  uncini,  perchè,  sebbene  privi 
di  barbuie  sotto  rostrali  (fìg.  12) ,  terminano  in  un  dente 
leggermente  ricurvo  ,  sulla  parte  dorsale  del  quale  sono 
segnati  due  altri  dentelli.  Il  loro  numero  pare  non  sia  co¬ 
stante  ,  perchè  un  esemplare  ne  portava  due  al  2.°  e  3.° 
segmento  e  tre  al  4.°,  un  altro  quattro  in  ogni  segmento 
(2.°-4.°).  Gli  uncini  dei  seguenti  anelli  sono  molto  allargati 
all’  estremità  superiore ,  formata  da  un  grosso  dente  e  da 
quattro  dentelli,  e  portano  un  fascio  di  barbuie  ricurve  in 
alto  (fìg.  13).  Le  setole,  che  formano  la  migliore  caratteri¬ 
stica  di  questa  specie,  sono  di  due  sorta,  e  distinte  in  due 
regioni  definite  del  corpo.  Nei  segmenti  anteriori,  muniti 


12 


di  aculei,  sono  sottili,  lunghe  e  pieghevoli  (fìg.  14),  nei  se¬ 
guenti  pure  lunghe,  meno  sottili  e  fornite  di  un  gran  nu¬ 
mero  di  ramificazioni  filiformi  molto  esili  (fig.  15),  che  riu¬ 
nendosi  con  quelle  delle  setole  vicine  formano  delle  specie 
di  ciuffetti  bianchi  al  ramo  dorsale  dei  parapodi  (fig.  1 6c). 

I  tre  segmenti  anteanali  sono  uguali  ai  precedenti,  per 
forma,  quantunque  siano  privi  di  setole  ed  uncini. 

II  segmento  anale  (fìg.  16)  finisce  in  un  cono  molto  ele¬ 
vato,  alla  estremità  del  quale,  al  lato  ventrale,  si  trova  una 
papilla  (p)  tanto  sviluppata  da  ricoprire  in  parte  l’apertura 
anale,  facendola  apparire  dorsale,  mentre  in  realtà  l’ano 
è  centrale  come  in  tutte  le  specie  del  genere  Glymene. 
L’espansione  membranosa,  che  circonda  questo  cono  alla 
sua  base,  ha  generalmente  posizione  verticale  od  inclinata 
verso  i  segmenti  antecedenti  ed  è  divisa,  al  margine,  in 
25  dentelli  abbastanza  lunghi,  arrotondati  all’estremità  e 
tutti  uguali  ad  eccezione  del  mediano  inferiore  ,  il  quale 
supera  gli  altri  per  una  lunghezza  maggiore  del  doppio. 

11  corpo  è  colorato  in  giallo-rossastro  intenso  (ad  ecce¬ 
zione  della  lamina  cefalina  e  dell’ imbuto  che  sono  bianchi) 
con  numerose  punteggiature  di  colore  rosso-ruggine  sui 
segmenti  4.0-8.°  in  luogo  delle  fascie.  Una  macchia  semi  lu¬ 
nare,  formata  pure  di  piccoli  punti  ugualmente  colorati,  si 
trova  al  lato  posteriore  di  ogni  parapodo. 

Lunghezza  dell’esemplare  intero  mm.  50,  larghezza  rrim.  1. 

11  tubo  sottile  e  fragile  differisce  di  poco  da  quello  delle 
specie  precedenti. 

Golfo  di  Napoli  a  circa  m.  20  di  profondità. 


Glymene  brachysoma.  n.  sp. 

Tav.  V.  fìg.  17-21. 

Nel  mese  di  giugno,  a  pochi  giorni  di  intervallo,  furono 
pescati  a  breve  distanza  della  riva  e  ad  una  profondità  di 
circa  20  metri,  2  esemplari  interi  e  2  incompleti  di  una 
bella  Olimene,  la  cui  caratteristica,  al  primo  esame,  ap¬ 
pare  essere  la  brevità  e  grossezza  del  corpo  ,  contraria¬ 
mente  a  quanto  si  riscontra  in  generale  nelle  altre  specie, 
le  quali  sono  molto  lunghe  e  sottili.  L’esemplare  maggiore 


13 


misurava  solo  nini.  60  di  lunghezza,  ma  mm.  5  di  larghezza 
massima;  il  minore  mm.  18  e  mm.  2. 

11  numero  dei  segmenti  è  di  24  per  entrambi,  di  cui  19 
setigeri.  11  capo  porta  un’ampia  lamina  assai  sviluppata 
ed  incompletamente  divisa  anteriormente  ,  ove  1’  incisione, 
arriva  solo  all’estremità  anteriore  della  carena  (flg.  17); 
alla  parte  posteriore  questa  lamina  è  meno  sviluppata  e 
divisa  in  sei  denti  da  incisioni  piuttosto  profonde.  Lo  svi¬ 
luppo  e  la  sua  forma  sono  tali  che,  allorquando  viene  ab¬ 
bassata,  forma  scudo  al  segmento  cefalico  ricoprendolo  com¬ 
pletamente.  La  carena,  che  non  sporge  dalla  lamina  ver¬ 
ticale  ,  è  molto  breve  e  non  arriva  che  alla  metà  della 
piastra  cefalica,  fra  due  solchi  sinuosi  e  divergenti  sul  da¬ 
vanti  (flg.  17). 

1  segmenti  sono  tutti  di  rilevante  brevità,  ma  in  modo 
particolare  i  primi  nove.  I  segmenti  4.°-9.°  non  misurano 
in  lunghezza  che  la  metà  della  loro  larghezza  ;  il  10.°  si 
allunga  di  poco  e  111°  e  12.°  sono  tanto  lunghi  che  larghi. 
Da  questo  la  lunghezza  decresce  di  nuovo  fino  al  16.°,  men¬ 
tre  nei  seguenti  17.°-21.°,  assottigliandosi  sensibilmente  il 
corpo ,  la  larghezza  uguaglia  la  lunghezza.  11  22.°  e  23.° 
sono  brevissimi  e  sarebbe  diffìcile  poterli  distinguere  se 
non  portassero  ingrossamenti  laterali  a  forma  di  parapodi. 
L’ultimo  ha  un  collare  molto  rilevato  verso  il  mezzo  della 
sua  lunghezza  e  termina  con  un  imbuto  assai  sviluppato, 
che  porta  numerosi  denti  arrotondati  all’  estremità  ed  al¬ 
ternativamente  lunghi  e  brevi;  questi  ultimi,  in  numero 
maggiore,  si  alternano  senza  regola  coi  primi  (flg.  18). 

Le  setole  sono  molto  lunghe  e  sottili ,  per  la  massima 
parte  marginate  alle  quali  si  uniscono  altre  più  esili  e  fi¬ 
liformi.  Le  prime  (flg.  19)  hanno  uno  stretto  margine  ai 
due  lati  nella  parte  superiore  ,  la  quale  si  assottiglia  di 
molto  e  diventa  flessibile;  le  seconde  sono  più  brevi,  sotti¬ 
lissime  e  prive  tanto  di  margini  che  di  barbuie.  Queste 
setole  stanno  infìsse  in  una  guaina  epidermica  che  è  molto 
saliente  in  questa  specie,  particolarmente  alla  parte  po¬ 
steriore  del  corpo. 

Gli  aculei  dei  primi  tre  segmenti  setigeri  sono  acumi¬ 
nati  e  molto  ricurvi  all’estremità  superiore  (flg.  20)  ;  il  loro 
numero  pare  non  debba  essere  costante,  perchè  nell’esem- 


14 


piare  maggiore  ne  trovai  uno  per  lato  al  secondo  segmento 
del  corpo,  due  al  terzo,  e  tre  al  quarto;  nell’esemplare  più 
piccolo  due  al  secondo  e  terzo  e  tre  al  quarto. 

Gli  uncini  degli  anelli  seguenti,  portati  da  rilievi  semi¬ 
lunari  molto  salienti;  sono  molto  ricurvi  nell’ estremità  che 
sporge  dal  corpo  ed  hanno  quattro  dentelli  ben  marcati  al 
vertice  del  dente  principale;  alla  base  di  questo  si  diparte 
un  fascio  di  barbuie,  le  quali  non  si  ripiegano  in  avanti, 
come  nelle  specie  precedenti,  ma  si  dirigono  verticalmente 
sorpassando  il  vertice  stesso  (flg.  21). 

Il  corpo  è  di  color  paglierino,  ornato  di  5  fascie  di  un 
bel  rosso  chiaro  alla  parte  posteriore  dei  segmenti  4.0-8.° 
e  di  sei  fascie  di  color  bianco-avorio  alla  anteriore  dei  me¬ 
desimi  segmenti  e  del  9.° 

il  tubo  è  lungo  quanto  il  corpo  ,  alquanto  ricurvo  ,  ad 
apertura  ampia  ed  a  pareti  relativamente  sottili  formate 
da  residui  di  vegetali  agglutinati  con  arena  e  frammenti 
di  conchiglie. 

La  disposizione  delle  fascie  e  la  forma  dell’uncino  figu¬ 
rato  dal  Saint-Joseph  (T)  per  la  CL  lumbricoides  Qtrfgs. 
farebbero  supporre  che  la  specie  da  me  ora  descritta  si 
dovesse  ad  essa  riferire  e  non  nascondo  che  io  pure  rimasi 
alquanto  dubbioso  se  doveva  o  no  assegnarla  a  tale  specie. 
Ma  siccome  a  questi  caratteri  comuni  se  ne  contrappongono 
altri  di  non  minore  importanza,  come  aculei  ricurvi  ed  a- 
cuminati  invece  che  ottusi,  setole  filiformi  invece  che  pen¬ 
nate  (2),  dentelli  dell’  imbuto  digitiformi  e  non  acuminati, 
segmenti  di  lunghezza  non  mai  superiore  alla  larghezza, 
mi  convinsi  della  necessità  di  doverla  distinguere  in  una 
nuova  specie  che  chiamo  Cl.  b rachysoma  in  causa  della 
brevità,  rispetto  alla  grossezza  del  corpo/tanto  insolita  per 
una  Olimene. 

Golfo  di  Napoli  alla  profondità  di  ni.  20. * (*) 


(’)  Les  Annil.  polych .  des  còtes  de  Dinard.  p.  134,  PI.  VI,  fìg.  163. 

(*)  Id.  Id.  PI.  VI,  fig.  160  e  162. 


15 

Clymene  Claparedei  n.  sp. 

Tav  Y..  fig.  22-25. 

Il  capo  (fig.  22),  troncato  obliquamente,  è  formato  da  una 
piastra  circondata  da  una  lamina  verticale  molto  ridotta, 
la  quale ,  oltre  ad  essere  incisa  al  lato  posteriore  ed  ai 
fianchi,  ha  un’ampia  apertura  anteriore,  da  cui  si  protende 
un  tubercolo  conico  molto  sviluppato  alla  base.  La  carena, 
continuazione  di  quest’  ultimo,  va  presto  assottigliandosi  e 
scompare  affatto  verso  la  metà  della  piastra  ,  ove  conver¬ 
gono  e  terminano  i  due  solchi  laterali. 

Al  segmento  boccale,  intimamente  fuso  col  precedente  ed 
inerme,  ne  seguono  generalmente  19  setigeri  e  3  inermi. 
La  lunghezza  dei  segmenti,  che  nei  primi  3  supera  di  poco 
la  larghezza ,  nei  seguenti  aumenta  fino  al  9.°,  il  quale  è 
di  una  brevità  molto  rilevante  ;  quindi  aumenta  di  tanto 
nel  IO.0  e  nei  seguenti  setigeri  da  superare  in  lunghezza, 
anche  l’8.°  I  parapodi  si  trovano  nella  metà  anteriore  dei 
primi  otto  segmenti  setigeri,  all’estremità  posteriore  in  tutti 
i  rimanenti. 

Le  setole  sono  marginate  e  filiformi.  Le  prime  assomi¬ 
gliano  molto  a  quelle  della  Cl.  palermitana;  le  altre  non 
hanno  barbuie  all’  estremità  e  sono  meno  numerose  delle' 
precedenti.  L’aculeo  che  si  trova  nei  segmenti  2.°,  3.°  e  4.° 
è  tronco ,  allargato  e  leggermente  ricurvo  all’  estremità 
(fìg.  23).  Gli  uncini  invece  sono  molto  ricurvi,  notevolmente 
allargati  alla  parte  superiore,  assottigliati  all’inferiore  e 
forniti,  oltre  che  di  barbuie  sottostrali  ricurve,  di  quattro 
dentelli  al  lato  dorsale  del  dente  maggiore  (fig.  24). 

I  due  segmenti  anteanali  (fìg.  25 sn)  hanno  forma  iden¬ 
tica  ai  precedenti,  sono  provvisti  di  parapodi,  ma  non  di 
setole  nè  di  uncini.  L’ultimo  (fìg.  25 sa),  formato  a  campana, 
esternamente  sembra  diviso  in  due  parti,  la  prima  delle 
quali,  assai  breve,  finisce  in  un  rilievo  anulare  molto  mar¬ 
cato;  la  seconda  in  un’espansione  membranosa  divisa  in  7 
denti  molto  lunghi  coi  quali  si  alternano  ,  in  numero  va¬ 
riabile,  altri  più  brevi.  Il  cono,  al  cui  centro  sta  l’apertura 
anale,  si  eleva  di  poco  nell’interno  dell’imbuto. 

II  colore  generale  del  corpo  è  giallo-roseo  pallido,  però 
i  segmenti  4.°,  5.°,  6.°  e  7.°  sono  colorati  in  rosso-vermiglio 


16 

vivo  nella  metà  posteriore,  in  bianco  nell’anteriore;  e  l’8.° 
ha  gli  stessi  colori  rispettivamente  per  due  terzi  posteriori 
ed  un  terzo  anteriore.  Macchie  pure  rosse  e  di  forma  al¬ 
lungata  sono  disposte  nei  parapodi,  parallelamente  alla  li¬ 
nea  degli  uncini ,  come  pure  piccole  punteggiature  rosse 
sono  sparse  su  tutto  il  corpo. 

Gli  esemplari  più  grandi  giungono  alla  lunghezza  di 
mm.  90  per  la  larghezza  di  rum.  1.5.  11  tubo,  formato  di 
arena  finissima,  è  diritto,  molto  sottile  e  fragilissimo. 

Capo  Posilipo ,  nella  sabbia  fra  cespugli  di  Posiponia 
alla  profondità  di  m.  1.00-1.50,  non  raro,  sebbene  molto 
meno  comune  della  Gl.  palermitana ,  colla  quale  di  solito 
si  trova. 

Questa  specie,  mentre  ricorda  la  Cl.  digitata  del  Grube  (*) 
per  la  forma  dell’  imbuto  anale  ed  il  mediocre  sviluppo 
della  lamina  cefalica,  si  discosta  da  essa  per  altri  caratteri 
molto  importanti  nella  determinazione  ,  come  le  incisioni 
della  lamina  stessa,  il  numero  dei  denticoli  al  vertice  degli 
uncini,  che  sono  solo  5  invece  di  6-10,  e  la  differente  co¬ 
lorazione,  carnicina  pallida  negli  esemplari  del  Grube  (con¬ 
servati  in  alcool)  ,  rosea  con  fascio  rosse  nei  miei  esem¬ 
plari  freschi,  brune  ma  ancora  ben  distinte  in  quelli  con¬ 
servati  in  alcool  da  oltre  tre  anni. 

Non  potendo  per  queste  ragioni  assegnarla  alla  Cl.  di¬ 
gitata  nè  ad  alcun’altra  già  descritta,  istituisco  una  nuuva 
specie  che  dedico  all’insigne  zoologo  Claparède,  il  quale, 
come  è  noto,  ha  recato  il  più  valido  contributo  allo  studio 
degli  anellidi  del  golfo  di  Napoli. 


Gen.  LEIOCHONE  Gr. 

Leiochone  clypeata  S.  Josph. 

Leiocone  clypeata  Saint-Joseph,  Les  Annél.  polych.  d es 
còtes  de  Dinar d  p.  139,  PI.  VI,  fìg.  167-175. 

La  descrizione  chiara  ed  accurata  che  il  Saint-Joseph 
ci  dà  per  questa  specie,  da  lui  trovata  nell’Atlantico  (1.  c.), 


(l)  Beschreib,  neuer  oder  idenìg  bekann.  Anneliden ,  p.  54,  t.  V,  fìg.  5. 


n 


rende  superflua  una  nuova  diagnosi  da  parte  mia;  quindi 
mi  limiterò  a  riassumere  brevemente  i  principali  caratteri 
indicati  dal  sopracitato  autore  e  da  me  controllati  sopra 
alcuni  esemplari  del  Mediterraneo. 

Corpo  cilindrico  di  color  giallo  pallido.  Segmenti  setigeri 
con  cintura  bianca  anteriore,  nella  quale  sembra  in¬ 
castrarsi  il  segmento  precedente,  e  rosso-pallida  posteriore, 
ad  eccezione  del  7.°  nel  quale  è  rosso-vivo;  segmento  8." 
con  uno  scudo  bianco  al  lalo  ventrale.  Parapodi  impiantati 
ad  un  terzo  anteriore  nei  primi  7  segmenti  setigeri ,  alla 
parte  posteriore  nei  seguenti.  Testa  senza  lamina,  inclinata 
sul  dorso  e  formata  da  una  carena  bruna  rialzata  in  punta 
sul  davanti  e  posta  fra  due  solchi  paralleli.  Setole  lunghe 
e  marginate  frammiste  a  brevi  e  pennate  in  tutti  i  seg¬ 
menti.  Due  uncini  semplici,  senza  barbuie,  al  primo  seg¬ 
mento  setigero  ;  tre  al  secondo  e  terzo.  Uncini  a  vertice 
poco  elevato  con  7  denti  e  barbuie  sottorostrali  poco  nu¬ 
merose  a  tutti  i  segmenti  che  seguono.  Segmento  anale  con 
margine  unito  ed  ano  centrale  alla  sommità  di  una  pro¬ 
minenza  conica. 

Non  ebbi  che  un  solo  esemplare  completo  della  lunghezza 
di  em.  14  e  sei  frammenti  di  individui  minori,  provenienti 
tutti  dal  golfo  di  Pozzuoli. 

11  tubo  di  sabbia,  sebbene  abbia  pareti  piuttosto  grosse, 
è  fragilissimo  e  sta  confìtto  nell’  arena  dalla  quale  sporge 
solo  per  un  brevissimo  tratto. 


Gen.  PETALOPROCTUS  Qtrfgs. 

Petaloproctus  (?)  Cristagalli  Clpd. 

Maldane  Cristagalli  Glaparède,  Annèl.  chétop .  du  golf  e 
de  Naples,  p.  457.  PI.  XXVI,  fìg.  4. 

Tav.  V.  fi g.  26. 

Non  posso  dire  con  certezza  che  questo  anellide  appar¬ 
tenga  al  genere  Petaloproctus  in  causa  della  mancanza, 
nei  due  esemplari  osservati,  della  parte  posteriore,  la  quale, 
secondo  la  classificazione  da  me  seguita,  costituisce  l’unico 
carattere  differenziale  fra  i  generi  Petaloproctus  ,  Nico- 


38 


madie  e  Leiochone.  Ad  ogni  modo  la  pongo,  non  senza 
qualche  dubbio,  nel  primo  genere  perchè  questi  frammenti 
dell’  estremità  anteriore  corrispondono  al  Pet.  (Maldane) 
Cristagalli  del  Claparède  (l)  per  la  forma  del  segmento 
cefalico,  degli  aculei  e  degli  uncini.  Devo  però  ammettere 
una  differenza  nelle  setole  della  regione  mediana  del  corpo, 
fra  le  quali  si  trovano,  oltre  le  marginate  ricurve  e  le  di¬ 
ritte  con  spine  laterali,  altre  capillari,  e  lunghissime  molto 
simili  a  quelle  del  Pet.  terricola  Qtrfgs.  (2).  Non  convengo 
invece  col  Saint- Joseph  sulla  possibilità  di  riunire  le  due 
specie  in  una  sola,  perchè  se  la  somiglianza  di  queste  se¬ 
tole  e  di  altri  caratteri  importanti  le  avvicina,  sono  divise 
da  una  differenza  notevole  degli  uncini,  i  quali  nel  P.  ter¬ 
ricola  portano  un  doppio  ordine  di  dentelli  sul  vertice  (3), 
mentre  nel  P.  Cristagalli  non  ne  posseggono  che  5-6  so¬ 
pra  una  sola  linea  (fig.  26). 

Il  tubo  è  a  pareti  molto  robuste  e  formato  di  fine  arena 
mista  a  pietruzze  e  frammenti  di  conchiglie. 

Golfo  di  Napoli. * (*) 


f1)  (h  C.). 

(*)  Saint-Joseph,  Les  Annél.  polijch.  des  cótes  de  Dinard.  p.  145,  PI.  VII, 
fig.  185. 

(3)  Id.  Id.  p.  145,  PI.  VII,  fig.  182  e  183. 


19 


PARTE  II 


ANATOMIA  ED  ISTOLOGIA. 

Metodo  di  Studio. 

In  questo  capitolo  espongo  brevemente  i  metodi  di  pre¬ 
parazione  da  me  seguiti  ed  i  differenti  fissatori  e  coloranti 
impiegati,  riservandomi  di  indicare  nel  corso  del  lavoro 
quelli  che  mi  diedero  migliori  risultati. 

Per  lo  siudio  anatomico  le  prime  osservazioni  le  feci  sul 
fresco,  sia  per  trasparenza,  se  potevo  avere  esemplari  di  pic¬ 
cole  dimensioni,  sia  colle  vivisezioni,  se  gli  animali  erano 
più  grossi.  Entrambi  questi  metodi  -però  non  mi  fornirono 
grande  aiuto,  essendo  il  corpo  di  questi  aneli  idi  ben  poco 
trasparente  e  tanto  fragile  ,  che  quando  si  tenta  aprirlo, 
specialmente  alla  parte  posteriore,  si  contrae  e  di  solito 
si  spezza  in  vari  punti.  Per  le  dissociazioni  impiegai  il  li¬ 
quido  di  Miiller  ed  il  bicromato  di  potassa  1  %  (Eisig)  (*), 
il  siero  artificiale  di  Kronecher  e  liquido  di  Ripart  e  Petit 
(Soulier)  (2),  i  vapori  di  acido  osmico  (Jourdan)  (3) ,  colo¬ 
rando  quindi  con  carmino  aliumico  di  Grenacher,  i  quali  mi 
diedero  risultati  poco  soddisfacenti  ad  eccezione  dell’ultimo. 
Mi  servì  invece,  come  maceratore  per  l’epidermide,  il  li¬ 
quido  di  Flemming  (1  parte)  con  acqua  distillata  (4  parti). 
Per  le  sezioni  microscopiche,  conviene  che  gli  animali,  pri¬ 
ma  di  essere  fissati,  rimangano  due  o  tre  giorni  in  acqua 
corrente ,  affinchè  si  liberino  completamente  dalla  sabbia 
che  contiene  il  loro  tubo  digerente.  Se  si  vuole  fissare  solo 
una  piccola  parte  del  corpo ,  si  può  tagliarla  sul  vivo  ed 
immergerla  quindi  direttamente  nel  fissatore,  ma  se  occorre 
preparare  Y  intero  anellide  ,  conviene  narcotizzarlo  prima 
con  alcool  aggiunto  ad  acqua  di  mare,  perchè  diversamente 
si  deformerebbe  e  contorcerebbe  in  modo  tale  da  non  es¬ 
sere  più  servibile. 


(1)  Monogr.  der  Capitelliden. 

(2)  Èiud.  anat.  des  Annélides. 

(3)  Ètud.  Mst.  sur  deux  esp.  du  gen.  Eunice ,  p.  225. 


*20 


Per  preparati  slabili,  il  liquido  di  Flemming  sarebbe  un 
eccellente  fissatore  ,  se  non  annerisse  alquanto  i  tessuti  e 
non  impedisse  talvolta  la  colorazione;  buoni  sisultati  ho 
avuto  col  sublimato  saturo  (5  parti)  ed  acido  acetico  (1  parte) 
proposto  dal  Saulier  f1).  Ho  provato  pure  altri  liquidi  fis¬ 
satori  ,  come  il  liquido  di  Herman  ,  di  Zeuker  ed  il  bicro¬ 
mato  potassico,  ma  mi  diedero  risultati  poco  soddisfacenti. 

Per  le  colorazioni  in  tato  impiegai  le  soluzioni  di  car¬ 
mino  con  allume  di  Grenacher  e  di  Mayer,  l’ ematossilina 
e  rhàmacalcium;  per  le  sezioni  la  tionina,  i  vari  carmini, 
il  picrocarmino,  la  rubina,  Pe|| atossii ina-eosina  e  l’eosina. 
Le  preparazioni  con  cloruro  d’oro  ed  acido  formico  riusci¬ 
rono  abbastanza  bene .  ma  solo  per  alcune  parti. 

Le  inclusioni  sono  state  fatte  in  paraffina,  e  le  sezioni 
attaccate  al  portaoggetti  con  acqua  distillata  (metodo  Martin), 
con  collodio  ed  olio  di  garofani  (Schàllibaum)  o  con  albu¬ 
mina  glicerinata  (Mayer).  11  primo  metodo  di  appiccicatura 
è  indiscutibilmente  superiore  agii  altri  ed  è  stato  da  me 
preferibilmente  i  m  pi  ega to . 

Clymene  palermitana  Gr. 

Cuticola. 

La  cuticola  resistente,  di  spessore  considerevole,  munita 
di  un  doppio  ordine  di  strie  e  di  pori  tubolari,  secondo  il 
Claparède  (2) ,  sarebbe  propria  dei  policheti  erranti  e  di 
pochissimi  sedentari,  quali  lo  Stylciroides  monilifer  D.  Gli. 
e  VOwenia  fusiformi s  D.  Oli.:  ma  le  osservazioni  posteriori 
di  altri  autori,  fra  i  quali  Eisig  (3),  Brunotte  (4),  Soulier  (°) 
ed  ultimamente  Fauvel  (6),  dimostrano  che  invece  tale  co¬ 
stituzione  non  è  rara  anche  nei  tubicoli.  Della  cuticola  delle 
Maldanidi  parla  il  M’Intosh  (7),  ma  solo  per  fare  rilevare 
come  in  alcune  specie  sia  molto  variabile  il  suo  spessore. 

1.  c. 

(-)  Re  eh.  sue  hi  sinici  de$  Annél.  s.ulent. 

:  dee  (\ <i.p  iteli  iden. 

e  Ufch .  ,rna,/.  sue  n  i .  ?  e v  •>.  d.n  ij^n.  fianchi  un  i. 
l’.i-H  /.  sur  l'n.nnt.  des  \  riè!.  tnA.c. 

ir>  Redi.  sue  les  Ani  pkieetiens. 

À)rh’i>-  A  linei.  Challen  jrr. 


Io  ìion  trovai  alcuna  particolarità  degna  di  nota  nella 
cuticola  della  Cl.  palermitana.  Essa  è  resistente  e  molto 
uniforme  in  ogni  regione  del  corpo,  assottigliandosi  solo 
insensibilmenle  verso  l’estremità  posteriore.  Osservando  per 
trasparenza  dei  piccoli  lembi  di  cuticola ,  che  si  staccano 
molto  facilmente  dal  corpo  quando  1’  animale  subisce  un 
principio  di  macerazione  si  possono  vedere,  senza  bisogno 
di  colorazione  ed  anche  a  debole  ingrandimento,  numerose 
strie  intersecantisi  ad  angolo  retto  e  molti  pori  di  diffe¬ 
rente  grandezza  (hg.  34),  i  quali,  secondo  il  Fauvel  l1),  sa¬ 
rebbero  gli  sbocchi  delle  cellule  a  muco.  Egli  ha  osservati 
anche  alcuni  di  questi  canalicoli  ripieni  di  muco,  sopra  se¬ 
zioni  perpendicolari  al  tegumento,  ma  a  me  non  fu*  possi¬ 
bile  di  renderli  visibili  con  questo  metodo  di  sezioni. 

Epidermide. 

Lo  strato  epidermico,  posto  fra  la  cuticola  ed  i  muscoli 
circolari,  è  di  spessore  considerevole,  ma  non  uniforme  in 
ogni  regione  del  corpo.  Come  si  può  vedere  dalle  sezioni 
longitudinali  e  trasversali ,  negli  otto  segmenti  anteriori , 
conserva  il  suo  massimo  sviluppo;  ma  nei  seguenti  si  assot¬ 
tiglia  gradatamente,  così  che  negli  ultimi  si  riduce  ad  uno 
strato  molto  esiguo,  relativamente  al  diametro  del  corpo, 
il  che  spiega  la  differente  consistenza  e  trasparenza  della 
parte  anteriore  in  confronto  della  posteriore.  Questa  dispo¬ 
sizione  particolare  è  stata  rilevata  anche  per  il  Leiocepha- 
las  coronata $  Qtg.  dal  Soulier  (2) ,  nel  breve  capilolo  che 
si  riferisce  a  questo  Maldanide  (3). 

L’epidermide  è  formata  di  un  solo  strato  di  cellule,  seb¬ 
bene  in  alcune  sezioni  si  scorga  alla  estremità  inferiore  di 
esse  un  reticolo  intricato  e  non  bene  definito,  che  richiama 
molto  lo  strato  sottoepidermico  di  cellule  di  ricambio,  che 
il  Soulier  ha  trovato  in  molti  altri,  aneli  idi.  Esaminando 


(q  l.  c.  p.  319,  pi.  XIX,  fig.  61. 

(-)  Etud.  sur  Vanat.  des  Annél.  tubic. 

(3)  Il  genere  Arenia  (come  ho  già  accennato  più  sopra)  non  appartiene 
alla  fam,  Maldanidae,  ma  alla  fam.  Capitellidae  ,  quindi  non  credo  dovere 
tener  conto  dell’  A.  cruenta  Qtg.  messa  dal  Soulier  nella  stessa  fam.  del 
L.  coronatus  Qtg. 


però  un  certo  numero  di  sezioni  e  di  cellule  staccate  per 
macerazione,  è  facile  convincersi  che  tale  strato,  in  questo 
caso,  non  è  che  apparente  e  dovuto  in  parte  alle  ramifi¬ 
cazioni  più  o  meno  lunghe  e  numerose  di  cui  ,  come  ve¬ 
dremo  ili  seguito,  sono  provviste  queste  cellule,  in  parte 
a  sezioni  oblique  dell’estremità  inferiore  delle  cellule  stesse, 
quando  il  piano  di  sezione  non  coincide  esattamente  col 
loro  asse  longitudinale. 

Nell’epidermide  distinguiamo  tre  sorta  di  cellule:  di  so¬ 
stegno,  a  pigmento  e  mucose,  le  quali,  in  alcune  regioni 
del  corpo,  sono  riunite  senza  regola,  in  altre,  sono  fra  loro 
separate  e  distribuite  in  aree  ben  definite.  Siccome  sulle 
sezioni  è  molto  difficile  poter  vedere  esattamente  la  forma 
di  tutta  la  cellula ,  specialmente  se  è  ramificata  all’  estre¬ 
mità  inferiore,  è  necessario  ricorrere  alla  dissociazione;  ma 
non  potendosi  ottenere  cellule  separate  meccanicamente, 
perchè  si  spezzano  con  grande  facilità,  è  quindi  necessario 
ricorrere  a  liquidi  maceratori.  Anche  con  questi,  le  diffi¬ 
coltà  che  si  incontrano  non  sono  lievi  ,  perchè  trattando 
l’epidermide  colla  maggior  parte  dei  metodi  generalmente 
usati  con  buon  esito  sopra  altri  anellidi,  ben  raramente  ho 
potuto  ottenere  cellule  staccate  ,  che  fossero  intere  e  non 
alterate  di  forma  in  causa  della  macerazione.  Discreti  ri¬ 
sultati  ho  avuto  usando  una  soluzione  di  2  parti  di  liquido 
di  Flemming ,  in  8  parti  di  acqua  distillata  e  lasciandovi 
a  macerare,  per  2  o  3  giorni,  dei  piccoli  pezzi  di  epider¬ 
mide  staccati  dall’animale  fresco,  che  poscia  dilaceravo  col 
mezzo  degli  aghi. 

Le  cellule  di  sostegno,  molto  lunghe  e  sottili  nella  parte 
anteriore  del  corpo  (fig.  27) ,  più  brevi  e  larghe  nella  po¬ 
steriore  ,  hanno  margini  paralleli  o  concavi  secondo  che 
sono  addossate  le  line  alle  altre  ,  od  interposte  a  cellule 
glandulari.  In  questo  caso,  1’ epidermide,  nelle  sezioni  as¬ 
sume  un  aspetto  alveolare  dovuto  appunto  agli  intervalli 
che  si  trovano  fra  le  cellule  di  sostegno  (fig.  28) ,  i  quali 
possono  esser  realmente  liberi,  se  la  cellula  glandulare  è 
vuota  di  muco,  o  solo  apparentemente,  se  essa  non  è  stata 
colorata.  L’estremità  superiore  è  piana,  mentre  Y  inferiore 
per  solito  è  divisa  in  due  o  tre  ramificazioni  (fig.  30);  il 
nucleo  piuttosto  grande  e  posto  alla  parte  superiore,  ad  un 


23 


terzo  circa  della  lunghezza  lotale,  è  specialmente  evidente 
nei  preparati  fìssati  con  sublimato  acido  e  colorati  con  car¬ 
mino  allu mico  (Grenacher),  Il  protoplasma  di  queste  cellule, 
molto  trasparente,  non  si  colorò  quasi  affatto  colla  maggior 
parte  delle  tinture  da  me  usate;  col  cloruro  d’oro  ed  acido 
formico  (sopra  pezzi  (issati  in  sublimato  acido) ,  alle  volte 
si  possono  avere  discreti  risultati.  È  preferibile  però  l’uso 
del  solo  liquido  di  Flemming,  dal  quale  queste  cellule  ven¬ 
gono  debolmente  annerite,  senza  subire  alterazione  di  forma. 

Molto  simili  alle  precedenti  ,  per  forma ,  sono  le  cellule 
pigmentate  (fig.  31).  Il  loro  protoplasma  però  non  è  cosi 
trasparente,  ma  cosparso,  ad  eccezione  di  una  ristretta  zona 
alle  due  estremità  ,  di  granuli  di  pigmento  che  nelle  se¬ 
zioni,  trattati  anche  con  solo  sublimato  acido,  si  presentano 
di  colore  bruno  giallastro.  11  nucleo  è  piccolo,  posto  piu  in 
basso  che  nelle  cellule  di  sostegno  ,  e  si  scorge  con  diffi¬ 
coltà  in  causa  del  pigmento  dal  quale  è  circondato. 

Le  cellule  mucose  sono  piriformi,  con  punta  rivolta  in 
basso  (flg.  35).  11  nucleo  è  grande  e  posto  un  poco  piu 
alto  del  centro  della  cellula;  non  si  colora,  ma  ha  l’a¬ 
spetto  di  una  macchia  più  chiara  in  quelle  cellule  che  con¬ 
tengono  poco  muco,  le  quali,  come  vedremo  in  seguito,  si 
tingono  più  debolmente  delle  altre.  Fra  tutti  i  metodi,  che 
tentai  per  lo  studio  di  queste  cellule,  runico  che  mi  abbia 
dato  buoni  risultati,  è  stato  quello  di  fissare  l’animale  fre¬ 
sco  con  sublimato  acido  e  quindi  colorare  le  sezioni  con 
tionina,  lasciandovele  immerse  per  circa  24  ore.  Questo  co¬ 
lorante  ,  se  non  si  presta  affatto  per  lo  studio  degli  altri 
tessuti  e  neppure  delle  altre  cellule  dell’epidermide,  le  quali 
rimangono  completamente  incolore,  ha  il  grande  vantaggio 
di  far  risaltare  mirabilmente  le  cellule  mucose,  che  assu¬ 
mono  anche  colori  di  varia  intensità  ,  dal  bleu  oscuro  al 
viola  ed  al  celeste  pallidissimo,  a  seconda  che  sono  più  o 
meno  ripiene  di  muco.  Esso  è  specialmente  utile  per  le  se¬ 
zioni  longitudinali ,  onde  stabilire  la  presenza  di  queste 
cellule  nelle  differenti  regioni  del  corpo,  perchè,  ora  che 
conosciamo  le  diverse  forme  di  cellule  epidermiche,  dovremo 
occuparci  della  loro  disposizione ,  onde  provare  come  sia 
veramente  erronea  F  opinione  già  espressa  da  alcuni  emi¬ 
nenti  naturalisti,  secondo  i  quali  si  dovrebbe  attribuire  una 


funzione  respiratoria  alle  fascie  e  macchie  rosse ,  che  or¬ 
nano  il  corpo  di  questi  tubi  coli. 

Fu  il  Quatrefages  (l)  che  per  primo  espresse  la  convin¬ 
zione  che  tale  colorazione  potesse  avere  grande  importanza 
nella  respirazione  cutanea.  Quindi  il  Cìaparède  (2),  al  quale 
dovevano  essere  sfuggite  queste  osservazioni,  trattando  delle 
fascie  rosse  della  GL  (Praxilla)  simplex  scriveva  «  Leur 
valeur  physiologique  ne  paraìt  pas  avoir  été  re  con  nue.  jus- 
qu’ici.  Ce  sont,  en  effet ,  des  véritables  ceintures  respira¬ 
ci  res ,  caractérisées  par  un  amincissement  de  la  cuticule 
et  un  réseau  sanguin  d’une  richesse  remarquable,  dans  le- 
quel  le  vaisseaux  transverses  dominent.  Ce  reseau  appar- 
tient  à  la  couche  souscuticulaire  ». 

Più  tardi  nei  periodici  «  Nature  (3)  »  e  «  Journal  lì.  Mi- 
croscopical  Society  (4)  »  comparve  una  breve  nota  del  Harker 
colla  quale  egli  combatte  1’  opinione  .espressa  dal.  Quatre¬ 
fages  (non  cita  il  Cìaparède),  affermando  che  la  colorazione 
rossa  delle  Maldanidi  non  è  dovuta  ad  altro  che  ad  uno 
speciale  pigmento.  Desiderando  conoscere  meglio,  di  quanto 
potevo  vedere  da  un  cosi  breve  riassunto,  i  risultati  otte¬ 
nuti  daH’autore  sopra  questo  argomento  ed  i  generi  e  spe¬ 
cie  osservate,  feci  diligenti  ricerche  del  lavoro  dal  quale 
doveva  essere  ricavato  tale  riassunto ,  ma  sempre  inutil¬ 
mente.  Devo  alla  cortesia  del  chiarissimo  prof.  T,  Groom 
se  ho  potuto  ultimamente  sapere,  che  il  sopracitato  lavoro 
fu  bensì  letto  nel  1885  in  una  seduta  della  British  Asso- 
ciation  di  Aberdeen  ,  ma  che  il  solo  titolo  ne  fu  stampato, 
(p.  1098).  Ora  mi  sembra  che  si  possano  considerare  come 
note  preventive,  di  un  lavoro  che  poi  non  deve  essere  stato 
stampato,  quelle  pubblicate  dai  sopracitati  periodici  e  quindi 
credo  opportuno  esporre  i  risultati  da  me  ottenuti  ripor¬ 
tando  anche  il  disegno  di  alcune  sezioni  più  importanti,  non 
solo  a  conferma,  ma  anche  a  prova  di  quanto  1’  Harket; 
dice  di  aver  osservato  (5). 


’  Hist.  nat.  des  Annelés,  t.  I.  p.  70;  t.  II.  p.  CMC  e  236, 

(*)  Annél.  chét.  de  Naples ,  p.  453. 

(3)  Voi.  32,  n.  832,  p.  564. 

(*)  Voi.  5,  P.  6,  p.  999. 

(q  Trascrivo  a  maggior  schiarimento  .  dal  giornale  «  Nature  »  quanto 
segue:  On  thè  Soloration  of  thè  Anterio f  Segmenta  of  thè  Matdanidae  by 


Osserviamo  una  sezione  longitudinale  della  estremità  an¬ 
teriore  di  una  CI.  palermitana,  preferibilmente  fissata  con 
sublimato  acido  e  tinta  con  tionina,  la  quale,  mentre  mette 
in  evidenza  le  cellule  glandulari  ,  non  ci  impedisce  di  di¬ 
stinguere  facilmente  quelle  di  sostegno  dalle  rimanenti  a 
pigmento,  appunto  per  la  presenza  in  queste  ultime  di  nu¬ 
merose  granulazioni  visibili ,  anche  quando  non  vengono 
colorate.  Nel  capo  e  nei  tre  segmenti  che  lo  seguono,  l’e¬ 
pidermide  è  costituita  per  la  massima  parte  di  cellule  di 
sostegno,  alle  quali  sono  frammiste  ,  senza  alcuna  regola, 
cellule  glandulari;  però  nei  segmenti  2.n,  3.°  e  4.°  il  numero 
di  queste  ultime  aumenta  nella  zona  compresa  fra  l’estre¬ 
mità  anteriore  ed  i  parapodi. 

Nei  seguenti  anelli  5.’,  6.°,  7.'  ed  8.°,  i  quali  in  questa 
specie  sono  ornati  di  fascie  rosse,  la  disposizione  delle  cel¬ 
lule  cambia;  quelle  di  sostegno  vi  sono  quasi  scomparse  e 
vengono  sostituite  da  quelle  a  pigmento,  che  però  non  stanno 
interposte  alle  mucose  come  nei  segmenti  precedenti,  ma 
raggruppate  costantemente  in  dati  punti.  Nel  5.°  (fig.  36),' 
alla  parte  anteriore  si  trovano  pochissime  cellule  di  soste¬ 
gno  (c.  s.)  alle  quali  ne  seguono,  alcune  a  pigmento  (c.  p.). 
Da  questi  alla  linear,  dei  parapodi  predominano  invece  le 


Alien  Harker  .  F.  L.  S.,  professor  of  Naturai  History.  Rovai  Agricultural 
College,  Cirencester.  —  The  author,  while  studying  thè  circulation  and 
respiration  of  annelids  at  thè  zoologica!  station  at  Naples,  had  beeu  spe- 
cially  interested  in  thè  Maldanidae,  i’rom  their  partially  tubiculous  habit 
and  thè  brilliant  coloration  of  their  anterior  ségments.  The  bands  of  colour 
usuai  ly  '  ornarne  a  t  thè  anterior  segrnents  ,  beginning  with  thè  second  or 
third  ,  and  conti  nuing  to  thè  ninth  ;  but  thè  distribution  of  thè  coloured 
bands,.  differs  widèlv -in  thè  different  species,  The  colour  in  living  or  fre- 
shly-killed  specimens  is  of  rich  rose  rnadder  colour,  shading  off  in  eacli 
segment  to  a  brighter  rose-pi nk  line.  Quatrefages  attributed  a  physiologi- 
cal  value  to  these  coloured  bands,  describing  thetn  as  being  connected  with 
thè  respiratorv  function.  In  connection  with  thè  wholl  sub,ect  of  cutaneos 
respiration  in  annelids,  it  appeared  important  to  settle  this  question,  and 
thè  author  made  sections  of  thè  anterior  segrnents  in  thè  Maldanide,  and 
finds  thè  colour  to  be  due  te  a  special  pigment ,  whose  behaviour  under 
various  reagents  he  described.  On  thè  other  and  thè  author  has  studied 
thè  blood-vessels  and  their  distribution  in  thè  living  chaetopod,  and  is  sa- 
tisfied  that  it  extends  equally  in  those  portions  of  thè  cuticle  wich  are 
uncoloured  as  in  those  which  are.  The  coloured  bands  to  hot  appear,  there- 
fore,  lo  be  in  any  way  connected  with  thè  function  of  respiration. 


ɧ 

mucose  (c.  in.),  le  quali  sono  così  numerose  ed  addossate 
le  une  alle  altre  ,  che  non  è  possibile  scorgere  se  fra  di 
esse  vi  sono  cellule  di  sostegno.  Infine  lo  spazio  compreso 
fra  i  parapodi  e  l’estremità  posteriore  del  segmento  è  oc¬ 
cupato  da  cellule  a  pigmento,  fra  le  quali  si  scorge  qual¬ 
che  cellula  mucosa.  Negli  altri  segmenti  6.°,  7.°  ed  8.°  la 
disposizione  delle  cellule  è  uguale  a  quella  ora  descritta, 
solo  che  in  essi  mancano  le  cellule  pigmentate  alla  parte 
anteriore  e  le  mucose  frammiste  alle  pigmentate  nella  metà 
posteriore.  Da  quanto  si  è  detto  risulta  dunque  evidente 
che,  corrispondendo  la  colorazione  esterna  alla  distribuzione 
delle  cellule  pigmentate,  le  fascie  rosse  non  hanno  alcuna 
parte  nella  respirazione  e  che  il  loro  colore  è  dovuto  esclu¬ 
sivamente  alla  presenza  di  un  grande  numero  di  queste 
cellule. 

Le  fascie  bianche ,  costituite  invece  di  cellule  a  muco, 
hanno  funzione  secretice.  Se  si  lascia  infatti  un  animale, 
estratto  dal  tubo,  in  acqua  marina  priva  di  sabbia,  si  vede 
in  breve  tempo  formarsi  sul  corpo,  in  corrispondenza  di 
queste  fascie,  tanti  anelli  brunastri  dovuti  a  muco  rappreso 
in  contatto  dell’acqua  di  mare,  il  quale  evidentemente  do¬ 
veva  servire  alla  formazione  del  tubo,  se  si  fosse  trovato 
in  condizioni  tali  da  potersi  agglutinare  coll’arena  del  fondo 
in  cui  vivono  questi  anellidi. 

Cellule  mucose  isolate  sono  pure  sparse  sopra  tutto  il 
corpo  o  raggruppate  in  alcuni  punti,  come  sui  parapodi  ed 
ai  lati  del  cordone  nervoso  nella  parte  posteriore  del  corpo, 
ma  mi  sembra  che  queste  servono,  piuttosto  che  alla  for¬ 
mazione  del  tubo,  a  mantenere  ricoperto  il  corpo  di  uno 
strato  di  muco,  il  quale  facilita  i  movimenti  dell’animale 
nell’  interno  del  tubo  stesso. 

Muscolatura. 

1  muscoli  sono  distinti  in  due  strati  principali  e  cioè 
quello  dei  muscoli  circolari  e  quello  dei  longitudinali.  11 
primo  sta  immediatamente  sotto  1’  epidermide  e  si  stende 
senza  interruzione  dalla  testa  all’ano;  il  secondo  si  divide, 
come  nella  maggior  parte  degli  anellidi,  in  quattro  masse, 
poste  due  al.  lato  dorsale  e  due  al  ventrale.  Queste  si  man- 


tengono  bene  distinte  lungo  tutto  il  loro  decorso,  fonden¬ 
dosi  solo  parzialmente  all’  estremità  anteriore  e  totalmente 
alla  posteriore.  Da  questi  due  strati  provengono  tutti  gli 
altri  fasci  muscolari,  che  si  riscontrano  nel  corpo  e  dei 
quali  darò  più  avanti  la  descrizione.  Lo  strato  circolare  ha 
il  suo  massimo  sviluppo  nei  primi  quattro  segmenti,  e  si 
assottiglia  notevolmente  nei  seguenti;  però  non  si  può  ac¬ 
cordare  che  un  valore  alquanto  relativo  a  queste  differenze, 
perchè  è  naturale  che  lo  spessore  degli  strati  muscolari 
debba  variare  col  contrarsi  del  corpo. 

Le  fibre  dei  muscoli  circolari  sono  lunghe  e  sottili,  a 
sezione  talvolta  ovale  e  talvolta  quasi  circolare.  Tanto 
queste  che  le  fibre  dei  muscoli  longitudinali  non  sono  riu¬ 
nite  da  sostanza  connettiva,  la  quale  si  trova  in  altri  anel- 
lidi,  come  ad  esempio  la  Spirographis  Spallanzanii  (* *) 
ed  il  Branchiomma  de  VEtang  de  Tliau  (2),  ma  riuniti 
senza  alcun  ordine  nello  strato  più  esterno,  e  generalmente 
disposte  col  diametro  trasversale  maggiore  in  direzione  dei 
raggi  della  sezione  nello  strato  più  interno. 

Le  fibre  longitudinali  sono  nastriformi  e  molto  lunghe, 
ma  per  mezzo  della  macerazione  e  dissociazione  non  ho 
mai  potuto  avere  che  dei  frammenti.  Ai  margini  di  questi 
si  trovano  di  sovente  delle  specie  di  creste ,  formate  da 
espansioni  laterali,  le  quali  riuniscono  una  fibra  all’altra, 
secondo  l’interpretazione  che  giustamente  da  loro  il  Bru- 
notte  (3)  e  che  viene  poi  accettata  anche  dal  Fauvel  (4) , 
contrariamente  al  Jourdan  (5) ,  il  quale  le  attribuisce  alla 
pressione  esercitata  dai  muscoli  circolari  sui  longitudinali. 
La  sezione  trasversale  di  queste  fibre  è  fusiforme,  più  o 
meno  allungata  e  molto  variabile  per  dimensione,  secondo 
che  corrisponde  alla  parte  mediana  od  alle  estremità;  però 
in  vicinanza  dei  muscoli  circolari ,  cioè  alle  parte  esterna 
dei  fasci  longitudinali ,  predominano  le  sezioni  di  minori 
dimensioni. 


(*)  Claparède,  Re  eh.  sur  la  sinici.,  eco.,  p.  54. 

('2)  Brunotte,  Rech.  anat.  sur  une  esp.  dìi  gen.  Branchiomma ,  p.  58. 

ci  i- 

(*)  Rech.  sur  les  Ampliar étiens . 

(5)  Étud.  histol.  sur  denx  esp.  dn  gen.  Eunice . 


Nel  primo  segmento,  al  disotto  della  piastra  cefalica,  si 
trovano  numerosi  fasci  muscolari  che,  partendo  dai  circo¬ 
lari  al  lato  superiore,  attraversano  obliquamente  la  cavità 
posta  fra  la  proboscide  ed  il  tegumento,  per  congiungersi 
di  nuovo  ai  circolari  ai  lati  del  capo  (fig.  35  m.p.).  Altri 
piccoli  fasci  [m.  p1),  paralleli  a  questi,  si  trovano  procedendo 
verso  la  lamina  verticale,  ove  si  riducono  a  semplice  tes¬ 
suto  fibroso,  descritto  già  dal  Racovitza  nella  CL  I  umbri- 
calis  ll),  che  congiunge  lo  strato  epidermico  interno  ed 
esterno  della  lamina  ( t .  f.  I). 

Muscoli  potenti  sono  quelli  della  proboscide;  essi  sono 
tutti  retrattori,  mancando  completamente  i  protrattori,  come 
dirò  in  seguito  parlando  del  tubo  digerente,  e  sono  dati 
quasi  esclusivamente  dallo  strato  più  esterno.  Dai  longitu¬ 
dinali  ventrali,  interamente  fusi  in  un  solo  strato  sottile  in 
vicinanza  del  labbro  inferiore,  partono  solo  pochi  e  sottili 
fasci  di  fibre,  che  si  inseriscono  al  lato  ventrale  della  pro¬ 
boscide.  Molto  considerevoli  invece,  per  il  loro  grande  svi¬ 
luppo,  sono  i  retrattori,  provenienti  dai  circolari,  sui  quali 
si  inseriscono  secondo  una  linea  continua  ed  obliqua,  che 
partendo  dall’ estremità  posteriore  e  ventrale  del  segmento 
boccale  si  porta  alla  piastra  cefalica.  Queste  fibre,  riunite 
in  piccoli  fasci  alla  loro  origine,  attraversano  lo  strato 
longitudinale  e  quindi,  allargandosi  a  ventaglio  (fig.  42), 
vanno  ad  inserirsi  nella  parete  interna  della  proboscide 
(fig.  46  m.  r.  pr.),  formando  intorno  all’ intestino  una  specie 
di  diaframma,  che  il  Racovitza  (2)  a  ragione  considera 
come  un  sepi  mento  omologo  a  quelli  dei  segmenti  anteriori 
del  corpo. 

11  M’Intosh  (3)  descrive,  sopra  sezioni  anteriori  della  CL 
(Praxilla)  assimilis ,  alcune  diramazioni  trasversali  dei 
muscoli  circolari,  attribuendo  loro  1’  ufficio  di  estroflessori 
della  proboscide.  Si  avrebbe  dunque  una  notevole  differenza 
anatomica  fra  questa  specie  e  le  CL  palermitana,  collaris 
e  Claparedei,  le  quali  mancano  affatto  di  protrattori ,  se¬ 
condo  le  mie  osservazioni.  Ma  credo  che  i  muscoli  trasver- 


(l)  Anat.  et  morph.  chi  Iole  cépMlique,  ecc.,  p.  240, 
{*)  1.  e.  p.  245. 

(3)  Rep.  Annel.  Challenger. 


29 


sali  rappresentati  dal  M’ Intosh  (Pi.  XXXVI,  fìg.  4)  non  si 
devono  considerare  come  attinenti  alla  proboscide,  ma  come 
frammenti  di  un  sepi mento  verticale  di  uno  dei  segmenti 
che  seguono  al  cefalo-boccale. 

Questi  diaframmi  muscolari,  che  nella  67.  palermitana 
si  trovano  nei  segmenti  2.°,  3.°  e  4.°,  sono  appunto  formati 
da  numerosi  fasci  derivanti  dai  circolari  (fìg.  36).  Al  lato 
dorsale  questi  fasci  passano  fra  le  due  masse  dei  longitu¬ 
dinali ,  si  incrociano  parzialmente  e  si  dirigono  in  basso 
abbracciando  il  tubo  digerente  (m.  s.1),  Ad  essi  si  uniscono 
altri  fasci  laterali,  i  quali,  attraversando  ugualmente  i 
longitudinali  superiori,  prendono  una  disposizione  uguale  a 
quella  dei  precedenti,  completando  la  lamina  di  divisione 
alla  parte  superiore.  Nella  metà  inferiore  il  sepimento  e 
formato  da  libre  che  hanno  pure  origine  dai  circolari  e 
che  attraversano  le  masse  muscolari  inferiori  disponendosi 
trasversalmente  al  disotto  del  tubo  digerente  (m.  s.2}. 

Evidentemente  non  è  possibile  ottenere  che  tale  diaframma 
coincida  esattamente  col  piano  della  sezione,  perchè  gene¬ 
ralmente  è  concavo  in  causa  della  pressione  del  liquido 
periviscerale  ;  quindi,  la  figura  da  me  data,  non  riproduce 
che  qualche  frammento  ,  non  potendosi  vedere  la  disposi¬ 
zione  completa  che  coll’  esame  di  un  certo  numero  di  se¬ 
zioni  successive. 

I  muscoli  obliqui,  che  dividono  in  tre  camere  longitudi¬ 
nali  la  cavità  del  corpo  negli  anelli  seguenti,  non  formano 
lamine  continue,  come  ha  osservato  il  Cosmovici  (')  per  la 
Clymene  zosiericola,  ma  fasci  nastriformi  inseriti  sui  cir¬ 
colari  ,  ai  lati  fra  le  masse  dei  longitudinali  ed  in  basso 
fra  questi  ed  i  vasi  neurali  (fìg.  52  m.  o.).  Nel  penultimo 
segmento  (  fig.  40$.  m.)  e  nei  tre  precedenti  troviamo  di 
nuovo  un  sepimento  trasversale,  all’ estremità  posteriore  , 
ridotto  ad  una  lamina  tanto  sottile  e  delicata,  che  sfugge 
facilmente  all’osservazione  nelle  sezioni  trasversali.  E  quindi 
solo  dalle  sezioni  longitudinali  che  possiamo  stabilire  la 
loro  presenza  e  posizione. 

Lungo  tutto  il  corpo  il  tubo  digerente  è  sospeso  da  fibre 
muscolari  provenienti  dai  circolari,  lo  quali  passano  fra  i 
longitudinali  sup “T'ori  dirigendosi  in  basso. 


('}  ( rland .  gén.  et  oro.  segment.  des  Annél.  polychètes,  p.  334. 


30 

Nel  segmento  anale  i  muscoli  dello  strato  piu  interno 
prendono  una  disposizione  caratteristica  ;  lo  strato  circolare 
si  assottiglia  senza  presentare  nulla  di  notevole,  mentre 
le  masse  longitudinali  si  fondono  in  un  unico  strato,  nella 
metà  anteriore  del  segmento  ed  inviano  numerosi  filamenti 
all’  intestino  (fìg.  40  f.  m.J.  Nella  parte  posteriore  del  seg¬ 
mento,  compresa  fra  il  collare  circolare  ed  il  fondo  dell’im¬ 
buto,  la  cavità  periviscerale  è  divisa  da  lamine  muscolari  ra¬ 
diali  le  cui  fibre  sono  dirette  obliquamente  dalle  pareti  al 
fondo  del  segmento.  Loro  ufficio  è  di  produrre,  unitamente 
ai  circolari,  i  movimenti  dell’imbuto  anale,  come  pure  l’a¬ 
pertura  dello  sfintere  anale,  intorno  al  quale  pure  si  inse¬ 
riscono  (sf.).  Alla  chiusura  di  questo,  invece  è  destinato 
un  anello  muscolare,  di  spessore  considerevole,  che  lo  cir¬ 
conda  (fìg.  40  e  41  m.  c.  sf.).  La  disposizione  di  questi  setti 
muscolari  è  bene  evidente  nella  sezione  trasversale  da  me 
riprodotta  nella  figura  41  ;  in  quanto  al  numero  io  ne  con¬ 
tai  generalmente  sedici. 

Le  setole  sono  riunite  nelTinterno  del  corpo  da  una  guaina 
muscolare  alla  quale  si  attaccano  i  muscoli  motori.  I  pro¬ 
trattori,  più  numerosi,  circondano  il  fascio  dellé  setole  sul 
quale  si  inseriscono  con  un’estremità,  mentre  coll’  altra  si 
attaccano  ai  circolari  (fìg.  38  ni.  p.  s  ).  In  questo  punto  i  mu¬ 
scoli  longitudinali  inferiori  e  superiori  si  dividono,  in  vici¬ 
nanza  del  parapodo ,  in  piccole  masse  per  dare  passaggio 
a  tali  muscoli.  L’ufficio  di  retrattore  è  compiuto  da  un  mu¬ 
scolo  obliquo,  il  quale  non  arriva  alla  parete  laterale  del 
corpo,  ma  si  attacca  all’ estremità  inferiore  del  fascio  di 
setole  (m.r.s.). 

Nel  ramo  inferiore  dei  parapodi ,  i  muscoli  motori  sono 
più  numerosi ,  avendo  ogni  uncino  dei  muscoli  proprii 
disposti  sopra  linee  longitudinali.  I  protrattori  anche  in 
questi  sono  più  numerosi ,  avendo  io  trovato  lino  cinque 
fascetti  anteriori  e  cinque  posteriori  (fìg.  39  m.p.u.),  i  quali 
si  congiungono  con  un’ estremità  all’  uncino,  coll’  altra  alla 
basale  dell’epidermide.  1  retrattori,  pure  anteriori  e  poste¬ 
riori  ,  sono  costituiti  da  diramazioni  dei  longitudinali ,  le 
quali  mettono  capo  all’  ingrossamento  interno  dell’  uncino 
[m.  r.  u.). 


Cavita  generala. 


11  Cosmovici  (*)  ha  osservato  nella  Clymene  zostericola 
che  i  primi  tre  segmenti  del  corpo  non  comunicano  fra  di 
loro,  perchè  dei  diaframmi  muscolari  li  separano  comple¬ 
tamente,  e  che  i  seguenti  sono  divisi,  da  muscoli  obliqui, 
in  tre  camere  longitudinali ,  delle  quali  la  superiore  con¬ 
tiene  il  tubo  digerente,  le  due  inferiori  gli  organi  segmen¬ 
tali  e  genitali. 

11  Racovitza  (2J  considera  la  lamina  formata  dai  muscoli 
retrattori  della  proboscide  nella  Clymene  lumbricoides , 
Leiocephalus  leiopygos  e  Petaloproctus  spatulalus.  come 
un  sepimento  omologo  a  quelli  che  si  trovano  nei  primi 
segmenti  del  corpo,  ad  un  terzo  posteriore  della  loro  lun¬ 
ghezza. 

Nella  Clymene  palermitana  questa  lamina  del  segmento 
boccale  è  bene  sviluppata,  come  pure  i  sepimenti  posti  ad 
un  terzo  posteriore  nei  segmenti  2.°,  3.°  e  4.°  ed  all’estre¬ 
mità  pure  posteriore  del  5.°.  Nei  seguenti  anelli  incomin¬ 
ciano  i  muscoli  obliqui,  i  quali,  tanto  per  la  forma  che  per 
la  disposizione,  non  differiscono  da  quelli  descritti  dal  Co¬ 
smovici. 

Nei  quattro  anelli  anteanali  si  trovano  di  nuovo  dei  se¬ 
pimenti  all’  estremità  posteriore,  ma  essi  sono  assai  ridotti, 
risultando  di  poche  libre  muscolari  ricoperte ,  come  tutta 
la  cavità  interna,  dall’  endotelio. 

La  metà  posteriore  del  segmento  anale  è  suddiviso  in 
numerose  camere  da  setti  muscolari  (fìg.  40  sp.  r.) ,  che 
circondano  l’intestino  disponendosi  radialmente  intorno  ad 
esso  (fìg.  41  sp.  r.).  Di  questi  ho  già  parlato  più  a  lungo 
nel  precedente  capitolo. 

Sistema  nervoso. 

Per  quanto  riguarda  il  sistema  nervoso  ho  potuto  otte¬ 
nere  ben  scarsi  risultati  dalle  mie  sezioni,  di  cui  solo  quelle 
fissate  con  liquido  di  Flemming  mi  furono  di  qualche  aiuto, 


(*)  Glandes  génit.  et  org.  segmenta  p.  334. 

(?)  Le  Iole  céphal.  et  Vencèph.  des  Annél .  polychètes,  p.  245. 


ma  unicamente  per  il  cervèllo.  Nello  scorso  anno  provai 
anche  il  metodo  Golgi  ,  sopra  preparati ,  in  bicromato  di 
potassio  al  2%,  gentilmente  inviatimi  da  Napoli  dal  doti. 
Lo  Bianco,  dietro  mia  richiesta;  ma  anche  con  questo  me¬ 
todo  non  ottenni  migliore  risultato,  perchè  gli  ammali  in¬ 
vece  di  essere  fìssati  ed  induriti,  dopo  pochi  giorni  mace¬ 
ravano,  anche  rinnovando  ripetutamente  il  liquido.  Questo 
si  deve  forse  attribuire  alla  poca  permeabilità  dei  loro  te¬ 
gumento  e  forse  si  dovrebbe  aprire  il  corpo  longitudinal 
mente  per  facilitare  la  penetrazione,  ma T  animale  allora 
si  spezza  e  deforma.  Non  avendo  1’ opportunità  di  tentare 
nuovamente  questi  od  altri  metodi,  le  mie  osservazioni  so¬ 
pra  questo  sistema  sono  molto  incomplete. 

Quatrefages  (‘)  descrive  il  sistema  nervoso  delle  Climenidi, 
come  formato  da  un  piccolissimo  cervello  bilobo,  dal  quale 
partono  lateralmente  i  connettivi,  anteriormente  due  fili 
nervosi  esilissimi  e  posteriormente  due  nervi  che.  con  altri 
5  o  6  provenienti  dai  connettivi,  formano  il  sistema  stomato- 
gastrico.  Nella  catena  gangliare  ventrale,  a  forma  di  nastro, 
si  trovano  numerosi  gangli  piccolissimi,  ad-eccezione  di  un 
paio  molto  più  grandi,  i  quali  forniscono  i  nervi  ai  parapodi. 

M.  Lewis  (2)  in  una  nota  sui  centrosomi  e  le  sfere  di 
attrazione  delle  cellule  nervose  della  Clymeneìla  torquata, 
accenna  alla  posizione  della  corda  nervosa  ventrale  ,  che 
giace  nell’epidermide,  ed  ai  nervi  che  da  essa  partono  in 
numero  di  oltre  35  ad  ogni  segmento. 

11  Racovitza  f3)  osserva  che  il  lobo  cefalico  ha  subito 
una  notevole  riduzione,  limitandosi  ad  un  cuneo,  costituito 
dal  palpodio  e  dagli  organi  lineali,  saldato  col  boccale  in 
modo  tale  che  fra  di  essi  non  si  può  segnare  un  limite 
reale.  Il  cervello,  piccolo  ed  assai  allungato  secondo  il  dia¬ 
metro  trasversale,  è  così  ridotto  che  non  vi  si  distinguono 
le  tre  parti  ,  anteriore  ,  media  e  posteriore.  E  formato  di 
sostanza  punteggiata  alla  parte  ventrale  e  da  uno  strato 
corticale  le  cui  cellule  gangliari  formano  degli  ammassi 


(')  litui,  sur  les  Typ.  infer.  de  V  embr  aneli.  des  AnneUs,  p.  367.  PI.  VI, 
fio-  7  e  8.  —  ITist.  nat.  des  AnneUs ,  t.  II.  p  23?,  PI.  3.  fig.  6. 

[-)  Centi' os.  and  Spile  re  in  C erta-in  of  thè  Nenie  Cells  of  an  hwertehrate. 
0  Anatom.  et  morphol.  du  labe  cepMlique ,  eoe,.,  p.  227  e  288.  PI.  V. 


anteriori  e  posteriori,  che  si  possono  considerare  come  ru¬ 
dimenti  delle  corrispondenti  parti  del  cervello.  Si  occupa 
quindi  della  struttura  istologica  dell’organo  nucale,  nell’e¬ 
pidermide  del  quale  ha  riscontrato  cellule  di  sostegno,  glan- 
dulari.  cigliate,  nervose  e  migratrici,  e  per  ultimo  studia 
la  struttura  dell’encefalo  dimostrando  la  comunicazione  di¬ 
retta  di  esso  coll’epidermide. 

11  cervello  della  Cl.  palermitana ,  situato  alla  base  del 
polpodio  e  leggermente  inclinato  sul  davanti ,  non  è  così 
piccolo  come  nella  Cl.  tr ancata,  di  cui  ci  dà  il  disegno  il 
Quatrefages  (*) ,  nè  si  accorda  per  la  sua  forma  colla  de¬ 
scrizione  del  Racoritza  (2)  che  in  altre  Maldanidi  l’indica 
di  forma  molto  allungata  trasversalmente,  senza  alcuna 
distinzione  di  gangli.  Esso  è  formato  da  quattro  gangli  ro¬ 
tondeggianti  saldati  completamente  alla  parte  centrale,  in 
modo  da  formare  una  unica  massa  nella  quale  ,  special- 
mente  alla  parte  dorsale  ed  ai  lati  (fìg.  43),  è  ancora  vi¬ 
sibile  una  linea  di  divisione  longitudinale  e  trasversale. 

I  gangli  posteriori,  assottigliandosi  gradatamente,  si  pro¬ 
lungano  al!’ indietro  in  due  grossi  nervi,  che  si  dispongono 
al  disotto  degli  organi  nucali  (fig.  35  n.o.nu.). 

Ai  lati  del  cervello,  dagli  altri  due  gangli,  hanno  origine 
i  connettivi  periesofagei,  costituiti  da  grossi  cordoni  ner¬ 
vosi,  che,  ripiegandosi  all’ indietro,  si  riuniscono  al  disotto 
della  bocca  a  formare  la  catena  nervosa  ventrale.  Al  lato 
dorsale  anteriore  di  questi  gangli  si  trovano  pure  due  nervi, 
che  entrano  nel  pai  podio  appoggiandosi  all’epidermide  della 
paret°  anteriore  (fìg.  44  n.pl.).  Questi  secondo  il  Racovitza  (3) 
apparterebbero  al  cervello  anteriore  (i  precedenti  al  medio 
e  posteriore)  il  quale  in  questo  caso  sarebbe  assai  ridotto. 

II  cervello  è  formato  per  la  massima  parte  di  sostanza 
punteggiata,  ricoperta  parzialmente  da  uno  strato  corticale 
di  cellule  gangliari.  Questo  strato,  di  spessore  minore  al 
lato  dorsale  del  cervello ,  maggiore  nei  punti  di  contatto 
dei  gangli  coll’  epidermide ,  manca  completamente  al  lato 
ventrale,  corrispondente  alla  cavità  del  corpo,  ove  il  cer¬ 
vello  è  ricoperto  invece  dall’  endotelio. 


(')  fflud.  sur  Ics  Types  infer .  de  Vernbr.  des  AnneUs ,  p.  337,  PI.  V,  fìg.  7. 
(2)  1.  c.  p.  534. 
i3)  1-  c. 


34 


La  sostanza  punteggiata  appare  costituita  (da  un  reticolo 
intricato  di  sottili  fibre  alle  quali  sono  interposti  alcuni 
piccoli  punti,  e  quindi  si  accorda  coll’interpretazione  del 
Racovitza  il  quale  la  considera  come  un  ammasso  di  fibrille, 
le  cui  sezioni  trasversali  costituiscono  la  punteggiatura  spe-, 
ciale  di  questa  parte  del  cervello. 

Nella  sostanza  corticale  si  possono  distinguere  tre  forme 
differenti  di  cellule.  Alla  periferia  (fig.  45 c.ga.p,)  delle  pic¬ 
cole  cellule  di  forma  ovale  o  rotonda  in  cui  il  protoplasma 
è  tanto  ridotto  che  molte  volte  sembrano  costituite  solo  da 
un  nucleo  molto  voluminoso,  che  si  colora  abbastanza  bene 
con  carmino  aliumico  di  Gremacher.  Queste  assomigliano 
molto  a  quelle  de\V Eunice  (Jourdan)  f1)  e  d eWAmpharete 
(Fauvel)  (2) ,  però  non  sono  apolari,  perchè  colla  disscia- 
zione  (3)  ne  ottenni  alcune  che  portavano  un  prolungamento 
(fig.  51  a.  b.\. 

Fra  queste  cellule  e  la  sostanza  punteggiata  vi  sono  altre 
cellule  gangliari,  molto  più  grosse  (fig.  45  c.  ga.),  con  nucleo 
molto  appariscente  che  occupa  il  centro  della  cellula,  la 
quale  può  essere  di  forma  ovale  od  arrotondata,  con  un 
unico  prolungamento  (fig.  51c),  che  in  qualche  sezione  si 
può  seguire  fino  nella  sostanza  punteggiata;  non  tutte  però 
hanno  la  stessa  orientazione,  perchè  se  ne  trovano  con  pro¬ 
lungamento  rivolto  alla  periferia.  Alcune  di  queste  cellule 
sembrano  anche  essere  multipolari,  ma  non  lo  posso  affer¬ 
mare  con  certezza,  sebbene  cellule  simili  siano  state  già  tro¬ 
vate  anche  nella  CI.  Oersted i  dal  Racovitza ,  perchè  non  le 
ho  mai  potuto  ottenere  staccate  colla  dissociazione  e  le  se¬ 
zioni  non  sono  abbastanza  chiare  da  eliminare  ogni  dubbio. 

Tra  queste  cellule  se  ne  trovano  alcune  di  dimensioni 
molto  maggiori,  unipolari,  di  forma  allungata,  con  nucleo 
rotondo,  che  si  devono  considerare  come  cellule  giganti 
(fig.  45  B). 

1  connettivi  sono  formati  per  la  massima  parte  di  so¬ 
stanza  punteggiata,  intorno  alla  quale,  e  specialmente  in 
corrispondenza  delTepidermide,  si  trovano  cellule  gangliari 

tl)  Ètud .  histol.  chi  genre  Eunice. 

(2)  Redi,  sur  les  Ampliar  e  Liens,  p.  350. 

(3)  Vapori  di  acido  osmico  (Jourdan). 


35 


sìmili  a  quelle  che  stanno  alla  periferia  del  cervello;  esse 
vanno  però  diminuendo  in  numero  a  misura  che  ci  allon¬ 
taniamo  da  questo.  La  parte  centrale  è  punteggiata  nella 
metà  interna,  a  libre  trasversali  nell’  esterna. 

La  catena  nervosa  ventrale,  posta  fra  l’epidermide  ed  i 
muscoli  circolari,  si  presenta  nelle  sezioni  longitudinali  sotto 
forma  di  un  cordone  di  grandezza  costante,  nel  quale  non 
si  scorgono  distinzioni  di  gangli.  Sulle  sezioni  trasversali 
ha  forma  ovale  ,  e  quantunque  sia  formata  da  un’  unica 
massa  di  sostanza  nervosa ,  vi  si  possono  distinguere  an¬ 
cora  i  due  cordoni  primitivi,  dalla  fusione  dei  quali  essa 
è  formata  (fig.  42).  Questa  distinzione  è  dovuta  a  fibre  della 
sostanza  punteggiata ,  che  predominando  alla  periferia  e 
lungo  l’asse  verticale  della  sezione  dividendola  in  due  parti. 
Al  centro  di  queste  sono  pure  numerose  le  fibre,  ma  stanno 
interposti  ad  esse  molti  punti,  dovuti  a  sezioni  di  fibre  di¬ 
sposte  longitudinalmente..  Alla  base  di  questi  cordoni  ed  al 
lato  esterno,  si  trova  un  ammasso  di  sostanza  corticale  le 
cui  cellule  si  addentrano  fra  le  cellule  epidermiche. 

Tubo  digerente. 

il  tubo  digerente  si  stende  in  linea  retta  per  tutta  la 
lunghezza  del  corpo;  solo  negli  ultimi  anelli,  ove  le  divi¬ 
sioni  fra  segmento  e  segmento  sono  molto  più  marcate, 
anche  T  intestino  presenta  qualche  strozzatura. 

Sarebbe  diffìcile  distinguere  le  sue  varie  regioni  dalla 
conformazione  esterna,  perchè  se  si  eccettua  la  minore  am¬ 
piezza  ed  il  maggiore  spessore  nella  parte  anteriore  in  con¬ 
fronto  della  posteriore,  esso  si  mantiene  molto  uniforme 
in  tutta  la  sua  estensione.  Considerandolo  invece  dal  lato 
della  sua  costituzione  istologica,  troviamo  che  varia  di  molto 
da  una  regione  all’altra  ,  quindi  basandomi  specialmente 
sopra  questo  carattere  mi  pare  che  si  debbano  distinguere 
le  seguenti  parti:  una  proboscide,  un  esofago,  un  intestino 
anteriore  ed  uno  posteriore. 

La  bocca,  posta  al  lato  ventrale  del  corpo  ed  al  disotto 
del  palpodio  è  provvista  di  una  proboscide  inerme,  breve 
e  globulare.  Quando  è  retratta  essa  occupa  il  segmento 
boccale,  formando  numerose  ripiegature  alle  estremità  delle 


36 


quali  si  inseriscono  i  muscoli  retrattori;  al  centro  rii  queste 
pieghe  sta  l’esofago  (fig.  46). 

E.  Perrier  f1)  osservò  che  negli  anellidi  in  generale  1 
muscoli  protrattori  sono  i  più  numerosi  e  potenti  della 
proboscide,  ma  che  di  sovente  sono  aiutati  nel  loro  ufficio 
dal  liquido  della  cavità  generale,  il  quale  tende  a  produrre 
l’ estroflessione  della  proboscide  ,  quando  viene  spinto  in 
avanti  dalle  contrazioni  del  corpo.  Nella  Cl.  palermitana, 
collaris  e  Claparedei,  mentre  i  muscoli  retrattori  sono  tanto 
sviluppati  da  formare  una  sorta  di  imbuto,  che  dalle  pareti 
dal  corpo  si  porta  alla  proboscide,  di  protrattori  non  si 
scorge  alcuna  traccia,  cosi  che  sarebbe  impossibile  spiegare 
il  meccanismo  della  emissione  ,  se  non  attribuendolo  alla 
sola  azione  esercitata  dal  liquido  periviscerale. 

Ad  appoggiare  questa  ipotesi  concorrono  inoltre  due  fatti 
e  cioè  il  maggiore  spessore  dello  strato  dei  muscoli  circolari 
nei  segmenti  anteriori  e  la  forma  stessa  della  proboscide, 
la  quale,  tanto  espansa  che  retratta,  rimane  fìssa  coi  due 
margini,  cioè  coll’esterno  all’orlo  dell’apertura  boccale, 
coll’interno  all’apertura  dell’esofago,  mentre  la  parte  in¬ 
terposta'  fra  queste  due  linee  di  attacco  è  quella  che  subisce 
l’azione  delle  due  forze  opposte  tendenti  a  spingerla  albe- 
sterno  od  a  ritirarla  all’  interno. 

Contraendosi  i  primi  anelli  del  corpo  dall’estremità  po¬ 
steriore  verso  l’anteriore,  il  liquido  periviscerale  non  po¬ 
tendo  rigurgitare  indietro,  perchè  impeditovi  dai  sepimenti 
dei  segmenti  *2.° ,  3.°  e  4.° ,  è  forzato  a  spingersi  nel  seg¬ 
mento  boccale,  ove  esercita  una  pressione  tale  sulle  pareti 
della  proboscide  da  spingerla  all’esterno,  obliandola  a  di¬ 
stendersi.  Siccome  poi,  anche  rilassandosi  lo  strato  dei  mu¬ 
scoli  circolari ,  non  si  potrebbe  avere  il  ritiro  della  probo¬ 
scide  ,  a  questo  ufficio  sono  destinati  appositi  muscoli  re¬ 
trattori. 

Passando  ora  a  studiare  la  struttura  istologica  di  questa 
prima  parte  del  tubo  digerente  vediamo  che  si  compone 
dei  seguenti  strati.  Esternamente  (proboscide  estroflessa) 
una  cuticola  chitinosa  e  resistente,  simile  a  quella  che  ri¬ 
veste  il  corpo  (fìg.  47  cu.).  Talvolta  accade  di  riscontrare 


(')  Traiti  de  Zoologie ,  p.  1560. 


sopra  sezioni  di  animali  con  proboscide  espansa  un’area 
centrale  ricoperta  da  fitte  ciglia;  esse  però  non  apparten¬ 
gono  alla  vera  proboscide,  ma  alla  parte  anteriore  dell’eso¬ 
fago,  il  quale  viene  ad  occupare  questa  regione  centrale 
forse  in  causa  di  violenti  contrazioni  dell’animale  immerso 
nel  liquido  fissatore. 

Il  secondo  strato  è  dato  da  cellule  epiteliali  [c.  ept.)  lunghe, 
sottili  inferiormente  ed  un  poco  allargate  all’  apice.  Nella 
parte  superiore,  ad  un  terzo  circa  della  lunghezza  totale 
della  cellula,  sta  un  grosso  nucleo  di  forma  ovale;  il  pro¬ 
toplasma  della  cellula  è  granuloso  nella  parte  compresa 
fra  il  nucleo  e  l’estremità  superiore,  trasparente  nella  parte 
inferiore.  La  loro  lunghezza  non  è  costante  e  quindi  esse 
danno  luogo  a  numerose  pieghe,  alla  superficie  della  pro¬ 
boscide,  nelle  quali  troviamo,  in  corrispondenza  della  parte 
prominente,  cellule  di  lunghezza  massima,  mentre  quelle 
più  brevi  corrispondono  agii  avvallamenti.  La  loro  differenza 
però  non  è  così  grande  che  esse  arrivino  tutte  coll’ estre¬ 
mità  inferiore  allo  stesso  livello  e  perciò  si  hanno  al  di  sotto 
dello  strato  epiteliale  molte  sinuosità  corrispondenti  alle 
pieghe  superiori.  Questi  spazi  sono  occupati  da  sostanza 
connettiva  icnt.) ,  che  non  si  colora  mantenendosi  quasi 
completamente  trasparente.  Vi  si  possono  quindi  scorgere 
solamente  alcuni  filamenti  intrecciantisi  variamente  fra  di 
loro  ed  alcuni  piccoli  nuclei.  Inoltre  nello  strato  connettivo 
di  questa  regione  del  tubo  digerente  si  trovano  frequente¬ 
mente  sezioni  che  sembrano  appartenere  a  sostanza  nervosa. 

Il  quarto  strato  è  dato  da  fibre  muscolari  circolari,  che 
nella  proboscide  raggiungono  il  maggiore  sviluppo  [m.c.pm 

Molto  ridotto  invece  è  lo  strato  dei  muscoli  longitudinali, 
il  quale  non  costituisce  più  un  vero  strato  continuo,  ma  è 
rappresentato  da  piccoli  fasce tti  di  poche  fibre,  sparsi  ad 
intervalli  sotto  i  muscoli  circolari  (m.  I.  p.). 

Per  ultimo  abbiamo  la  membrana  peritoneale  sottile,  af¬ 
fatto  trasparente  e  cosparsa  di  grossi  nuclei  che  si  colo¬ 
rano  molto  facilmente.  Fra  questa  membrana  ed  i  muscoli 
si  introducono  i  vasi  sanguigni,  che  si  suddividono  in  un 
numero  grandissimo  di  piccoli  rami  (v.s.ì,  alcuni  dei  quali, 
attraversando  gli  strati  muscolari  e  connettivo,  si  spingono 
fino  all’  estremità  delle  pieghe  formate  dall’  epidermide.  A 


38 


me  sembra  che  questo  fatto  abbia  una  certa  importanza 
riguardo  alla  funzione  respiratoria  ,  perchè  la  proboscide 
trovandosi  in  contatto  coll’ acqua  maggiormente  che  le  al¬ 
tre  parti  del  corpo,  per  essere  vicina  all’apertura  del  tubo, 
può  sostituire  in  parte  l’apparato  respiratorio,  più  o  meno 
complicato,  di  molti  altri  anellidi. 

L’esofago,  molto  breve,  occupa  il  solo  segmento  boccale 
e  non  offre  alcuna  distinzione  esterna  sia  colla  proboscide 
che  collo  stomaco,  quindi  i  suoi  limiti  si  possono  determi¬ 
nare  solo  coll’esame  di  sezioni  longitudinali.  In  esso  (fìg.  48) 
troviamo  uno  strato  epiteliale  formato  di  cellule  munite  di 
lunghe  ciglia,  molto  sottili  ed  addossate  le  une  alle  altre, 
in  modo  che  i  grossi  nuclei  formano  una  linea  scura,  quasi 
continua,  verso  l’estremo  superiore  dello  strato  ( c.ep.ci .).  La 
parte  inferiore  di  queste  cellule  non  mi  riuscì  mai  a  limiti 
bene  distinti,  ma  sembra  che  fra  l’epitelio  e  gli  strati  mu¬ 
scolari  non  vi  sia  connettivo.  Nell’  esofago  questo  strato 
epiteliale  non  forma  pieghe ,  e  si  mantiene  di  spessore 
molto  uniforme  in  tutta  la  sua  estensione.  Gli  strati  mu¬ 
scolari  sono  ancora  assai  ridotti. 

L’intestino  anteriore,  rettilineo  e  molto  esile,  decorre  dal 
segmento  2.°  fino  a  metà  del  1  ’8.°  (fìg.  50).  Osservato  sul 
vivo,  quando  non  contiene  materie  introdotte  per  alimento, 
ha  colore  giallastro  come  tutto  il  rimanente  intestino;  però 
esso  appare  rigato  di  colore  bruno  longitudinalmente.  Le 
sue  pareti  sono  molto  grosse  in  confronto  al  lume  interno* 
e  sono  costituite  dai  seguenti  strati.  Una  cuticola  tanto  sot¬ 
tile,  che  in  molti  preparati  riesce  assai  difficile  scorgerla, 
alla  quale  segue  lo  strato  epiteliale.  Le  cellule  di  quest’ul¬ 
timo  sono  piriformi,  coll’estremità  più  larga  rivolta  all’in¬ 
terno  della  sezione,  ed  un  grosso  nucleo  alla  parte  superiore 
(fìg.  49  c.ep.).  A  differenza  dell’esofago,  in  questa  parte 
dell’intestino  l’epitelio  non  è  di  spessore  costante,  anzi 
molto  variabile  in  causa  delle  numerose  pieghe  trasversali 
e  longitudinali  che  esso  forma.  Generalmente  alla  base  di 
queste  cellule,  ma  qualche  volta  anche  più  in  alto,  in  cor¬ 
rispondenza  alle  prominenze  delle  pieghe ,  si  trovano  dei 
granuli  di  colore  giallo  ,  le  quali  non  assorbono  nessuna 
tintura  e  si  presentano  di  tale  colore  ,  anche  se  le  sezioni 
sono  state  semplicemente  fissate  con  sublimato  corrosivo 
od  acido  acetico. 


É  forse  per  la  presenza  di  questa  specie  di  pigmento  che  il 
Williams  f1)  dà  il  nome  di  biliare  all’intestino  della  Clymene 
arenicoida;  pigmento  chiamato  pure  biliare  dal  Cdaparède  e 
da  lui  trovato  nel  l’intesti  no  che  distingue  col  nome  di  epatico 
di  alcuni  anel lidi,  nei  quali  può  assumere  differenti  colori, 
come  nel  Chaetoplerus  variopedatus,  nella  Nerine  cirra- 
tulus  (2),  ecc.  Ghmdu le  epatiche  di  color  giallastro  o  brune, 
prive  però  per  la  massima  parte  di  canali  escretori,  sono 
segnalate  da  Yogt  e  Jung  (3)  nell’  intestino  dei  policheti, 
alle  quali  non  credo  si  possano  riferire  queste  granula¬ 
zioni  delle  dimeni ,  perchè  se  vi  corrispondono  per  il  co¬ 
lore  e  la  distribuzione,  esse  non  hanno  l’aspetto  di  glan¬ 
di!  le.  Sembrano  piuttosto  prodoti i  di  escrezione,  quali  furono 
segnalati  già  dal  Fauvel  (4)  nello  stomaco  ed  intestino  del- 
l’ Ampliar ete  Grubei.  E  a  queste  granulazioni  che  si  de¬ 
vono  le  strie  brune  decorrenti  lungo  lo  stomaco. 

Lo  strato  muscolare  circolare,  ancora  abbastanza  consi¬ 
derevole  per  spessore  ,  si  mantiene  molto  uniforme  sopra 
tutta  la  sua  estensione  (m.  c.), 

1  muscoli  longitudinali  non  formano  più  uno  strato  con¬ 
tinuo,  ma  sono  ridotti  a  piccolissimi  fasci  posti  fra  i  cir¬ 
colari  e  la  membrana  peritoneale  (m.  L). 

A  metà  circa  del  segmento  8.°,  l’ intestino  anteriore  si 
dilata  a  formare  un  canale  molto  più  ampio  ed  a  pareti 
molto  delicate  che  è  l’intestino  posteriore.  Questo  per  un 
certo  tratto  si  mantiene  rettilineo,  ma  negli  ultimi  segmenti, 
ove  sono  più  marcate  le  divisioni  fra  un  anello  e  l’altro 
del  corpo,  esso  presenta  delle  strozzature  (die  gli  danno 
aspetto  sinuoso,  specialmente  quando  contiene  sostanze  a- 
limentari. 

La  necessità  di  tenere  a  lungo  l’animale  in  acqua  cor¬ 
rente,  perchè  si  vuoti  anche  questa  parte  dell’intestino,  fa 
si  che  in  questo  delicatissimo  tessuto  si  riscontra  sempre 
un  principio  di  macerazione ,  che  rende  assai  diffìcile  lo 


(l)  Re  por  t  on  thè  British  Annelida.  p.  527. 

(* *)  Clavarède,  R’cherch.  sur  la  s truci,  des  Annèlides  sédentaires,  p.  98, 
PI.  XII,  fig.  10,  PI.  XV,  fig.  10. 

(s)  Traile  tTanat.  comp.  pratiqne,  p.  509. 

(*)  Redi,  sur  les  Ampliar etiens,  p.  374. 


40 


studio  istologico  specialmente  dello  strato  epiteliale.  1  due 
strati  muscolari  sottostanti  a  questo  sono  tanto  ridotti  che 
riesce  molte  volte  assai  difficile  il  poterli  scorgere  sulle 
sezioni. 

Sistema  vascolare. 

Il  sistema  vascolare,  sebbene  formato  da  numerosi  vasi, 
è  semplice  come  in  tutti  gli  anellidi  che  non  presentano 
organi  speciali  di  respirazione,  e  nei  quali  le  differenza- 
zioni  dei  vari  segmenti  sono  minime. 

Il  Quatrefages  (*)  ha  osservato  in  questi  anellidi  due  ca¬ 
nali  principali,  uno  dorsale  ed  uno  ventrale,  dai  quali  par¬ 
tono  numerose  ramificazióni  di  cui  non  ha  potuto  seguire 
la  distribuzione. 

Lo  studio  anatomico  di  questo  sistema,  conviene  gene¬ 
ralmente  compierlo  sopra  animali  vivi;  ma  opponendosi  per 
queste  specie  le  gravi  difficoltà  della  poca  trasparenza  e 
della  fragilità  del  loro  corpo,  occorre  il  confronto  delle  se¬ 
zioni  per  controllo  alle  osservazioni  precedentemente  bitte 
sul  vivo.  Dà  buoni  risultati,  come  fissatore,  la  miscela  di 
sublimato  saturo  ed  acido  acetico,  perchè  il  sangue  viene 
coagulato  nei  vasi  da  quest’ultimo,  e  come  colorante  il 
carmino  all  umico  od  alcoolico.  In  causa  dell’  intermittenza 
della  circolazione  del  sangue,  accade  che  alcuni  tratti  dei 
vasi  rimangano  vuoti,  ed  allora  si  comprende  che  essi  non 
sono  piu  visibili  sulle  sezioni,  ciò  che  costituisce  appunto 
il  maggiore  inconveniente  di  questo  metodo.  Riunisco  i  dif¬ 
ferenti  vasi  in  una  figura  schematica  (fig.  52),  che  ci  dà 
un’idea  chiara  della  loro  posizione. 

Abbiamo  due  vasi  principali  ,  uno  al  lato  dorsale  ed 
uno  al  ventrale.  11  primo  di  questi  (v.d },  si  appoggia  alla 
lamina  di  sostegno  del  tubo  digerente,  mantenendosi  sem¬ 
pre  ad  una  data  distanza  da  esso;  il  secondo  [v.v.)  è  so¬ 
speso  nella  cavità  del  corpo,  sotto  l’intestino,  pure  da  una  la¬ 
mina  mesenteriale  assai  sottile.  Questi  due  vasi  comuni¬ 
cano  fra  di  loro,  all’estremità  anteriore  del  corpo,  per  mezzo 
di  un  anello  formato  da  due  rami  scorrenti  lungo  i  con¬ 


fi)  Hist.  nat.  des  Anne  Ics,  t.  II,  p.  23i. 


41 


nettivi  periesofagei;  all’estremità  posteriore  non  ho  potuto 
vedere  grossi  rami  di  comunicazione,  quindi  credo  che  que¬ 
sta  sia  dovuta  ad  una  fìtta  rete  di  piccoli  vasi,  che  si  pos¬ 
sono  scorgere  facilmente  anche  per  trasparenza  nell’ultimo 
segmento.  Una  disposizione  simile  a  questa  si  trova  pure 
nell’  Arenicola  piscatorum  (l). 

Ai  lati  della  catena  nervosa  ventrale,  e  precisamente  fra 
essa  ed  i  muscoli  longitudinali  .  scorrono  ,  lungo  tutto  il 
corpo,  due  grossi  vasi  neurali  [v.  n.).  Oltre  ai  precedenti  si 
trovano  due  altri  vasi  longitudinali  di  grandi  dimensioni,  e 
cioè  i  vasi  laterali  posti  nella  cavità  del  corpo  fra  le  due 
masse  di  muscoli  longitudinali  superiori  ed  inferiori  (v.l.). 
Dalle  vivisezioni  mi  è  sembrato  che  questi  due  vasi  si  bi- 
forchino  nel  segmento  7.°  per  riunirsi  di  nuovo  in  un  unico 
canale  laterale  nel  IO.0,  ovvero  lungo  tutto  il  tratto  occupato 
dagli  organi  segmentali,  ma  non  ho  potuto  riscontrare  con 
certezza  questa  disposizione  anche  sulle  sezioni. 

11  Jaquet,  nel  suo  lavoro  sul  sistema  vascolare  degli  a- 
nellidi ,  esclude  assolutamente  che  nei  policheti  esistano 
vasi  laterali  ed  a  questo  proposito  cosi  si  esprime  (2).  «  Eli 
premier  lien  nous  observons  que  chez  aucun  Polychète  il 
n’existe  des  canaux  latéraux  tels  que  nous  les  rencontrons 
chez  les  Ilirudinés.  Puis  ces  dernières  sont  toutes  dépour- 
vues  des  canaux  nerviens  ou  latéraux  de  la  chaìne  gan- 
glionnaire.  Un  rapprochenient  plus  facile  peut  s’effectuer 
entre  les  Polychètes  et  les  Oligochètes.  Chez  les  deux  nous 
trouvons  un  vaisseau  dorsal  contractile.  Les  canaux  ner¬ 
viens  existent  dans  les  deux  groupes.  Les  canaux  latéraux 
font  défaut  ». 

Se  questa  mancanza  di  canali  laterali  esiste  per  molti 
policheti,  non  si  può  tuttavia  generalizzarla  all’intero  or¬ 
dine,  perchè,  oltre  che  nelle  specie  di  dimeni  da  me  ora 
studiate,  furono  trovati  canali  laterali  in  altre,  come  la 
Myxicola  infundibuìum  (3),  la  Pro  tuia  intestinum  (4), 


Jaquet,  Redi,  sur  le  Si/sl.  vaso,  des  Ann’dides. 

(-)  Iu.  hi.  p.  386. 

0  Quai’aiìède ,  Redi,  sur  la  struct.  des  Annélides  sedentaires ,  p.  83, 
pi.  VI,  fìg.  7: 

(4)  Id.  ,  Id.  pi.  VIIF,  fig.  1. 


42 


V  Audouinia  fingerci  {l),  la  Clymene  zoster icola  f2),  1’  0- 
phelia  bicornis  (3)  e  la  Pectinaria  belgica  (4)  Non  si  può 
dunque  considerare  come  carattere  differenziale  fra  le  sot¬ 
toclassi  dei  Cbetopodi  e  degli  I  rudi  nei  la  mancanza  o  pre¬ 
senza  di  questi  canali  laterali. 

Nel  tegumento  si  trovano  numerosi  vasi  secondari  che 
scorrono  nello  strato  dei  muscoli  circolari  (v.s.e.)  mettendo 
capo  in  basso  ai  vasi  ne  tirali.  Comunicano  pure  coi  late¬ 
rali,  per  mezzo  di  piccole  diramazioni  (v.c.l.)  che  passano 
fra  le  masse  di  muscoli  longitudinali,  e  col  dorsale  per  mezzo 
di  canali  che  seguono  la  lamina  di  sostegno  dell’  intestino 
;(??,  C.  d.);.  ' 

1  vasi  laterali  e  neurali  sono  riuniti  da  diramazioni  piut¬ 
tosto  grandi  che  attraversano  la  cavità  del  corpo,  scorrendo 
lungo  i  muscoli  obliqui  [v.  t.).  Di  questi  non  ne  trovai  che 
un  solo  paio  ad  ogni  segmento,  nelle  vivisezioni ,  e  non  è 
facile  definire  il  loro  numero  colle  sezioni  microscopiche. 

Altri  due  piccoli  vasi  [v.  n.  v.)  uniscono  i  due  neurali  al 
ventrale.  L’intestino  è  circondato  da  numerosissimi  piccoli 
vasi  [v.  il),  che  si  trovano  fra  i  muscoli  e  la  membrana  pe¬ 
ritoneale,  anastomizzantisi  fra  di  loro  a  formare  una  sorta 
di  rete,  che  si  può  fàcilmente  scorgere  nelle  sezioni  lon¬ 
gitudinali.  Questi,  specialmente  nella  proboscide,  mandano 
ramificazioni  che  entrano  nelle  pieghe  epiteliali.  I  parapodi 
ricevono  sangue  dai  laterali  per  mezzo  di  un  vaso  che  en¬ 
trando  alla  parte  superiore  circonda  il  fascio  delle  setole 
e  scorre  lungo  il  rilievo  in  cui  sono  impiantati  gli  uncini. 

Anche  gli  organi  segmentali,  molto  vascol arizzati ,  rice¬ 
vono  sangue  dai  laterali  per  mezzo  di  numerosi  e  piccoli 
vasi  di  comunicazione 

I  due  vasi  principali,  dorsale  (fig.  52 v.d.)  e  ventrale' (t?.#), 
sono  pulsanti  per  un  tratto  anteriore,  che  mi  è  sembrato 
limitato  ai  primi  nove  segmenti.  Le  pareti  di  questi  vasi 
sono  formate  dallo  sdoppiamento  della  lamina  endoteliale 
dalla  quale  sono  sostenut  i  nella  cavità  peri  viscerale ,  ma 

(')  Id.,  Id ,  ]).  90,  pi.  XI.  figl  5. 

(-)  Cosmoyici,  Glandi.  gènti,  et  org.  segni,  des  Annél.  polychètes ,  p.  335, 
pi.  XXVII,  fig.  8,  9  e  IO. 

(8)  Id.  Id.  p.  294.  pi.  XXV,  fig.  1. 

(*)  Id.  Id.  p.  339,  pi.  XXVII,  fig.  14. 


43 


nella  parte  contrattile  vi  sono  inoltre  delle  fibre  muscolari. 
La  disposizione  di  queste  fibre  nel  vaso  dorsale  si  vede 
chiaramente  dalla  figura  55,  che  riproduce  una  sezione 
longitudinale  di  questo  canale  nel  segmento  settimo.  Sotto 
al  rivestimento  endoteliale  [end.)  si  trovano  delle  sottili 
fibre  muscolari,  che  non  formano  un  vero  strato  continuo, 
delle  quali  le  più  esterne  [m.c.)  sono  disposte  trasversal¬ 
mente  ,  a  guisa  di  anelli ,  e  le  più  interne  longitudinal¬ 
mente  [m.  L). 

Nella  parte  posteriore  di  questi  vasi  ed  in  tutti  gli  altri, 
non  ho  mai  trovato  fibre  muscolari,  e  le  loro  pareti  si  ri¬ 
ducono  ad  un  semplice  rivestimento  endoteliale,  fornito  di 
grandi  nuclei  allungati,  molto  simile  a  quello  dei  vasi  del- 
V Ampharete  Grubei  descritto  e  figurato  dal  Fauvel  (*). 

Organi  segmentali. 

Gli  organi  segmentali  delle  Maldanidi,  descritti  dal  Qua- 
trefages  (2)  come  organi  genitali  e  dal  Claparède  (3)  come 
glandule  tubipare,  sono  stati  studiati  estesamente  dal  Co¬ 
smovici  (4)  per  la  Clymene  zostericola ,  nella  quale  sono 
ridotti  a  quattro  paia  pos'i  nei  segmenti  4.°-8.°  Egli  de¬ 
scrive  questi  organi  come  formati  da  due  parti  aventi  dif¬ 
ferente  funzione,  e  cioè  un  organo  segmentale  anteriore, 
che  servirebbe  alla  evacuazione  dei  prodotti  genitali,  ed 
un  corpo  di  Bojanus  posteriore,  che  avrebbe  funzione  uri¬ 
naria,  ma  questa  teoria  generalmente  non  è  accettata,  con¬ 
siderandosi  l’intero  organo  come  un  nefridio. 

Oltre  che  all’escrezione,  i  nefridi  della  regione  mediana 
del  corpo  servono  pure  all’emissione  dei  prodotti  sessuali, 
ed  in  alcuni  sedentari  possono  ridursi  e  trasformarsi  in 
modo  da  perdere  completamente  la  prima  funzione  adat¬ 
tandosi  esclusivamente  alla  seconda  (Meyer  (5),  Brunotte  (6), 
Fauvel  (7)). 


(')  Recherch.  sur  les  Ampharétiens  p.  384,  pi.  XVIII,  fìg.  51  e  53. 
(-)  Risi.  nat.  des  Annelés ,  t.  II,  p.  23 2. 

(5)  Annél.  chétopodes  ecc.,  p.  455. 

(4)  Gland.  gènti,  el  org.  segment.  ecc.,  p.  333. 

(5)  Situi,  der  Korperbau  der  Anneliden. 

(6)  Recherch.  anatom.  sur  une  esp.  du  genre  Rranchùmma. 

A)  Recherch.  sur  les  Ampharetiens . 


44 


Nella  Cl.  palermitana ,  gli  organi  segmentali  sono  ri¬ 
dotti  a  soli  3  paia,  (fig.  50  nf.)  il  primo  dei  quali  sta 
coll’estremo  anteriore  dietro  i  parapodi  del  7.°  segmento  e 
col  posteriore  in  vicinanza  dei  parapodi  delP8.°,  ove  sbocca 
all’esterno  per  mezzo  di  un  poro  posto  fra  il  ramo  inferiore 
del  parapodo  e  la  catena  gangliare  (flg.  53).  A  questo  se¬ 
gue  il  secondo  paio  che  termina  ai  parapodi  del  segmento  9.° 
ed  il  terzo  a  quelli  del  10.°.  Questi  nefridi  sono  costituiti 
da  una  parte  anteriore  imbutiforme  cigliata  (flg.  54  i.nf)  che 
corrisponderebbe  all’  organo  segmentale  del  Cosmonici,  for¬ 
mato  da  un  delicato  padiglione  aperto  anteriormente  e  tron¬ 
cato  obliquamente  ,  in  modo  che  la  parte  più  sviluppata  sta 
rivolta  alla  parete  del  corpo.  Questo  padiglione  comunica, 
per  mezzo  di  uno  stretto  canale  ripiegato  lateralmente,  col¬ 
l’estremità  anteriore  della  seconda  parte  del  nefrodio  (or¬ 
gano  di  Bojanus  del  Cosmovici),  la  quale  è  formata  da  un 
tubo  leggermente  sinuoso  ( p.nf ),  ma  molto  più  ampio  ed  a 
pareti  più  consistenti,  che  decresce  gradatamente  di  ampiezza 
coll’avvicinarsi  allo  sbocco  esterno  dato  dal  poro  situato  al 
lato  ventrale  del  parapodo.  Questi  corpi  sono  sospesi  ai  lati 
del  corpo,  fra  le  due  masse  di  muscoli  longitudinali  supe¬ 
riori  ed  inferiori  per  mezzo  della  membrana  peritoneale, 
dalla  quale  sono  ricoperti. 

J1  padiglione  dell’  imbuto  è  rivestito  internamente  da 
lunghe  ciglia  che  hanno  movimento  rotatorio  dall’  esterno 
all’interno,  come  si  può  facilmente  vedere  osservando  con 
una  lente  un  animale  vivo  aperto  longitudinalmente  Le  sue 
pareti,  molto  sottili  ai  margini,  sono  formate  da  un  solo 
strato  di  cellule  larghe  e  molto  brevi,  che  nelle  sezioni 
hanno  forma  rettangolare,  forniti  di  un  grandissimo  nucleo 
e  di  lunghe  ciglia  (flg.  hAB).  Avvicinandosi  alla  parte  po¬ 
steriore  di  questo  padiglione  ,  le  pareti  del  tubo  si  fanno 
gradatamente  più  grandi,  le  cellule,  di  forma  ovale,  hanno 
nucleo  molto  più  piccolo  e  posto  generalmente  ad  un  lato, 
ed  aumentano  di  volume  e  di  numero. 

Le  cellule  dell’estremità  anteriore  del  secondo  ramo  del 
nefridio  sono  uguali  alle  precedenti  per  forma,  ma  in  queste 
vi  si  possono  scorgere  all’interno,  in  preparati  con  cloruro 
d’oro  ed  acido  formico,  delle  granulazioni  di  colore  bruno, 
assai  minute  (flg.  54  6’).  In  questa  regione,  avendosi  il  massi- 


4r> 

ino  spessore  delle  pareti  del  tubo,  le  cellule  sono  anche  più 
numerose  e  disposte  sopra  due  ed  anche  tre  strati;  però 
procedendo  verso  l’estremità  posteriore  esse  diventano  più 
sottili  ed  allungate  e  si  dispongono  in  un  solo  strato,  che 
va  diminuendo  gradatamente  di  spessore.  Tutta  la  cavità 
interna  di  questo  ramo  è  pure  vibratile,  ma  le  ciglia  sono 
più  lunghe  e  rade  che  neirimbuto.  Giunto  in  vicinanza  del 
parapodo  il  tubo  del  nefridio  si  ripiega  in  basso  e  sbocca 
all’  esterno  per  mezzo  del  poro  posto  alla  base  del  rilievo 
del  ramo  inferiore.  In  questo  ultimo  tratto  le  pareti  si  sono 
fatte  assai  più  sottili  (lìg.  54  A)  e  prima  di  arrivare  al  poro 
esterno  le  cellule  ovali,  che  costituiscono  le  pareti  del  ne¬ 
fridio:  sono  sostituite  da  cellule  epidermiche,  assai  ridotte 
in  lunghezza  e  con  nucleo  voluminoso,  le  quali,  aumentando 
quindi  di  dimensione  ,  costituiscono  i  margini  del  poro  di 
sbocco  fpo.  nf.). 

Tutto  T  organo  segmentale  è  ricoperto  da  piccoli  vasi 
sanguigni,  provenienti  dai  laterali,  che  formano  una  fitta 
rete  alla  parte  esterna.  All’epoca  della  riproduzione,  questi 
organi,  oltre  che  all’escrezione  servono  anche  all’emissione 
dei  prodotti  sessuali,  ed  allora  si  trovano  frequentemente 
nella  cavità  interna  delle  uova  o  degli  spermatqzoi. 

Riproduzione. 

Nei  mesi  di  primavera  la  cavità  periviscerale  è  general¬ 
mente  ripiena  di  prodotti  maschili  o  femminili  più  o  meno 
maturi. 

Le  uova  (fi g.  33  a),  ricoperte  da  una  membrana  ialina, 
sono  di  forma  circolare  o  leggermente  elissoidale ,  e  di 
diametro  di  g  140-160 ,  se  mature.  Alla  parte  centrale  con¬ 
tengono  un  grosso  nucleo  circolare  del  diametro  di  g  40-50 
che  nelle  uova  più  mature  rimane  completamente  traspa¬ 
rente,  se  si  colorano  con  carmino  allumico  o  si  trattano 
con  cloruro  d’oro  ed  acido  formico,  i  quali  invece  tingono 
assai  intensamente  in  rosso  bruno  il  protoplasma  della  cel¬ 
lula  ed  i  nucleoli.  Questi  sono  generalmente  in  numero  di 
due  o  tre  ,  raramente  di  uno  solo  Uova  con  due  nucleoli 
sono  state  descritte  per  molti  aneli  idi ,  ma  ultimamente  il 


46 

Fauvel  (])  dice  di  aver  osservato  che  questi  nucleoli  doppi 
si  trovano  solamentè  nelle  uova  immature,  e  che  quelle 
giunte  a  completo  sviluppo  non  ne  contengono  che  uno  solo, 
perchè  l’altro  sarebbe  stato  espulso. 

Io  non  ho  trovato  una  differenza  costante  fra  quelle  che 
contengono  uno  o  più  nucleoli,  ma  non  avendo  potuto  se¬ 
guirne  lo  sviluppo,  mi  limito  a  riportare  l’ ipotesi  del  sopra- 
citato  autore,  non  potendo  trarne  alcuna  conclusione  sicura. 

1  prodotti  maschili,  si  trovano  di  sovente  allo  stadio  di 
spermatogemme  arrotondate  e  moriformi  di  g  16-22  di  dia¬ 
metro  ,  od  in  ammassi  di  spermatozoi  uniti  per  la  parte 
anteriore,  mentre  il  filamento  è  rivolto  alla  periferia  e  li¬ 
bero.  Questi  spermatozoi ,  quando  si  staccano  ,  si  vedono 
formati  da  una  testa  conica,  (fìg.  33  b)  assai  allungata,  ter¬ 
minante  a  punta  anteriormente,  e  troncata  posteriormente, 
dalla  quale  parte  un  lungo  filamento,  sottile  e  molto  tra¬ 
sparente. 

Le  glandule  genitali  sono  descritte  dal  Cosmovici  (-)  per 
la  Clymene  zostericoìa ,  come  localizzate  sui  vasi  sangui¬ 
gni  che  dai  laterali  vanno  agli  organi  segmentali,  e  anche 
per  la  Cl.  'palermitana  li  trovai  limitati  a  questa  regione 
del  corpo,  ma  nel  ramo  che  partendo  dal  vaso  laterale  se¬ 
gue  l’organo  segmentale  alla  sua  parte  ventrale. 

Clymene  collaris  Clpde. 

Della  Clymene  collaris  e  Claparedei  non  ebbi  che  un 
piccolo  numero  di  esemplari  e  perciò  anche  le  osservazioni 
relative  ad  esse  sono  assai  limitate.  Siccome  poi  in  queste 
non  rilevai  notevoli  differenze  anatomiche  ed  istologiche 
colla  CL  palermitana  mi  limiterò  ad  accennare  ad  alcuni 
punti  più  importanti,  riportando  il  disegno  di  qualche  sezione 
che,  senza  differire  dalle  corrispondenti  della  Cl.  palermi¬ 
tana ,  dà  un’idea  più  chiara  della  loro  anatomia.  Il  tegu¬ 
mento  non  presenta  differenze  rilevanti  coi}  quello  della 
specie  precedentemente  descritta.  La.  fig.  56  rappresenta 
una  sezione  trasversale  ,  parallela  alla  piastra  cefalica  e 


(1)  Recherches  sur  le  Ampliar  e  tiens,  p.  405. 

(2)  Gland.  gemi,  et  organ.  segmentaires  eoe.  p  338. 


47 


passante  per  la  proboscide  estroflessa.  Da  essa  possiamo 
vedere  chiaramente  la  disposizione  dei  muscoli  retrattori 
(ni.  r.p.)  che  ,  staccandosi  dai  lati  del  segmento  boccale  si 
inseriscono  nella  parete  interna  della  proboscide. 

Nel  segmento  anale  si  trovano  pure  dei  sepimenti  mu¬ 
scolari  radiali  (  fìg.  57  sp.r.)  che  si  inseriscono  sul  fondo 
dell’imbuto  e  sullo  sfintere  anale  da  un  lato,  sul  tegumento 
dall’altro,  ma  essi  sono  assai  meno  sviluppati  che  nella 
CI.  palermitana ,  mentre  sono  più  numerose  le  fibre  mu¬ 
scolari  [f.  ni.)  che  uniscono  l’intestino  alle  pareti  del  corpo. 

Per  il  cervello,  formato  pure  da  quattro  gangli  saldati 
alla  parte  centrale,  non  credo  necessario  dare  una  descri¬ 
zione  dettagliata,  perchè  dovrei  ripetere  quanto  ho  già  ri¬ 
ferito  per  la  CI.  palermitana  senza  poter  aggiungere  nes¬ 
suna  osservazione  importante. 

Nella  proboscide  (fìg.  58)  si  ha  una  cuticola  assai  resi¬ 
stente,  che  la  riveste  esternamente,  alla  quale  è  sottoposto 
uno  strato  epiteliale  formato  di  cellule  non  molto  lunghe 
[c.  ept.) ,  allargate  alla  estremità  superiore,  nella  quale  il 
protoplasma  è  granuloso,  e  fornite  di  un  grosso  nucleo  cir¬ 
colare  alla  parte  superiore.  Sotto  questo  strato  si  trova  il 
connettivo  (cnt)  e  quindi  i  muscoli  circolari  ( m.c.p .)  ed  i 
longitudinali  ( m.l.p .)  ricoperti  dall’endotelio  [end).  Ho  già 
osservato  nella  specie  precedentemente  descritta  che  la  pro¬ 
boscide  è  molto  vascolarizzata  e  che  la  presenza  di  questi 
numerosi  vasi  potrebbe  avere  una  importanza  nella  respi¬ 
razione.  Nella  Cl.  collaris  (fìg.  56 questi  vasi  sono  nu¬ 
merosissimi  non  solo  nella  proboscide,  ma  anche  nell’eso¬ 
fago  (es.)r  che  nella  parte  anteriore  viene  pure  in  contatto 
dell’acqua.  Da  questi  vasi  si  staccano  inoltre  delle  ramifi¬ 
cazioni  che,  attraversando  gli  strati  muscolari  e  connettivo 
della  proboscide,  scorrono  sotto  l’epitelio  sino  all’estremità 
delle  pieghe  formate  da  esso  (fìg.  58  v.s'). 

La  parte  centrale  della  sezione  rappresentata  colla  fìg. 
56  non  è  ricoperta  da  cuticola,  ma  da  numerose  ciglia  (es), 
e  non  deve  essere  considerata  come  facente  parte  della 
proboscide  ma  dell’esofago. 

Il  Claparède  (4)  indica  per  questa  specie  tre  paia  di  or- 

'*)  Annél.  chétojiodes  eco.  p.  455. 


48 


gani  segmentali,  scambiandoli  per  glandi!  le  tu  lupare  ,  nei 
segmenti  7,  8  e  9  con  sbocco  esterno  nel  6,  7  ed  8,  men¬ 
tre  realmente  tale  sbocco  si  trova  nei  segmenti  8,  9  e  10, 
e  cioè  alla  estremità  posteriore  dell’organo,  ma  credo  che 
questo  si  debba  attribuire  ad  una  indicazione  inesatta,  piut¬ 
tosto  che  una  osservazione  erronea. 

Clymene  Claparedei  n.  sp. 

Nelle  poche  sezioni  che  ho  potuto  ottenere  per  questa 
specie  ,  la  struttura  dell’  epidermide  e  la  disposizione  dei 
muscoli  nei  primi  segmenti  non  differiscono  per  nulla  da 
quelle  della  CI.  palermitana. 

Lo  stesso  si  può  dire  per'  il  cervello  e  le  sue  dirama¬ 
zioni,  però  da  alcune  sezioni  trasversali  del  primo  segmento 
si  può  rilevare  meglio  ,  che  nelle  specie  precedentemente 
descritte,  la  struttura  dell’organo  liticale.  11  Racovitza  (*) 
ci  dà  una  descrizione  minuta  di  quest’ organo,  nella  67//- 
mene  lumbricoides;  esso  è  formato  da  una  piega  epiter¬ 
mica,  al  fondo  della  quale  si  trovano  delle  ciglia  le  quali 
attraversano  la  cuticola,  che  riveste  la  cavità,  per  mezzo 
di  fini  canali  che  vi  si  trovano  in  tale  regione.  L’epider¬ 
mide  presenta  inoltre  delle  modificazioni  nella  sua  costitu¬ 
zione,  contenendo  cellule  di  sostegno,  cibate,  nervose,  glan- 
dulari  e  migratrici. 

Nei  miei  preparati  non  sono  evidenti  tutte  queste  varie 
distinzioni,  non  avendo  potuto  impiegare  tutti  i  metodi  ge¬ 
neralmente  usati,  in  causa  della  scarsità  del  materiale,  ma 
in  qualche  parte  essi  sono  abbastanza  evidenti,  quindi  mi 
limito  a  queste  osservazioni  per  quanto  incomplete. 

L’organo  lineale  è  ricoperto  dalla  cuticola  (fig.  59)  e  sul 
lato  rivolto  all’esterno,  oltre  che  sul  fondo,  da  ciglia.  L’e¬ 
pidermide,  che  costituisce  il  fianco  interno  della  fossetta,  è 
formato  da  cellule  di  sostegno  .(  c.  s.  ) ,  con  grosso  nucleo, 
molto  sottili  alla  parte  inferiore,  fra  le  quali  non  trovo 
cellule  mucose.  Fra  le  estremità  inferiori  delle  cellule  di 
sostegno  si  trovano  i  cordoni  nervósi  dell’  organo  lineale. 
11  fondo  della  fossetta  non  è  di  costituzione  bene  evidente 


(')  Le  labe  ccphoMque  et  V encèpkdle  eco.,  p.  288. 


49 


perchè  non  vi  si  possono  scorgere  cellule  a  limiti  ben  de¬ 
finiti,  mentre  il  lato  esterno  è  dato  da  cellule  còliate  (c.  ep.c) 
molto  lunghe  ,  con  nucleo  voluminoso  centrale  ,  alla  base 
delle  quali  sta  uno  strato  di  una  sostanza  granulosa  ,  che 
il  Racovitza  chiama  pigmento. 


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Lettere  comuni  a  tutte  le  figure . 


a  —  ano 

c  —  ciuffo  di  setole 
c.  ept  —  cellule  epiteliali 


c.  ep.  ci  — 
c-  ga  — 
c.  ga ,  p  — 
c.  gì  — 
c.  m  — 


»  »  ciliate 

»  gangliari 
»  »  periferiche 

»  giganti 

»  mucose. 

C.  n.  p  —  cordoni  nervosi  periesofag. 

cnt  —  connettivo 

c.  p  —  cellule  a  pigmento 

cr,  —  cervello 

c.  s  —  »  di  sostegno 

cu  —  cuticola 


end  —  endotelio 

ep*  —  epidermide 

es  —  esofago 

f,  m  —  fibre  muscolari 

f.l  —  »  »  longitudinali 

f.  c  —  »  »  circolari 

i.  nf  —  imbuto  del  nefridio 

in,  a  —  intestino  anteriore 

in.  p  —  intestino  posteriore 

m.  c  —  muscoli  circolari 

m.C.p —  »  |  »  della  probosc. 

m.c.sf  —  »  »  dello  sfintere 

Oli,  l  —  »  longitudinali 

on.l.p  —  »  longitud.  della  probosc. 

m.o  —  »  obliqui 

m.p.  m.py  —  muscoli  della  piastra 

m.p.S  —  muscoli  protrattori  delle  setole 

Oil.p.u  —  »  »  degli  uncini 

m.r.s  —  »  retrattori  delle  setole 

,m.r,u  —  muscoli  retrattori  degli  uncini 


m. s,rn,s',m.s-  —  muscoli  dei  sopimenti 
n  —  nucleo 

ni  —  nucleolo 
nf  —  nefridio 

n. o.  nu  —  nervi  degli  organi  nucali 

n.  pi  —  »  del  palpodio 

0.  nu  —  organi  nucali 

p  —  papilla 
po  —  poro 

po.  nf  —  poro  esterno  del  nefridio 

p.  nf  —  parte  posteriore  del  nefridio 

\pr,  —  proboscide 

j s.  a ' —  segmento  anale 

\s.  f  —  sfintere  anale 

s.  n  —  segmento  anteanale 

so,  n.p,  —  sostanza  nervosa  puntegg. 
st.  n.  c  —  strato  nervoso  corticale 

sp.  r  —  sepimento  radiale 
sp.  t  —  sepimento  trasversale 

\t.  f.  l  —  tessuto  fibroso  della  lamina 
0.  c  —  vasi  circolari  sottoepidermici 
0.  c.  d  —  vaso  di  comunicazione  fra 
il  sottoepidermico  ed  il  dorsale 
0  C.l  —  vaso  di  comunicazione  fra  il 
sottoepidermico  ed  il  laterale 
0.  d  —  vaso  dorsale 

0.  i  —  »  intestinale 

\o.  I  —  »  laterale 

0.  n  —  »  neurale 

x  n.  v  —  '.  »  di  comunicazione  fra  il 
neurale  ed  il  ventrale 
\vs  e  vs[  vasi  sanguigni 
! 0. .  t  —  vaso  trasversale 
0.  0  — •  ventrale. 


SPIEGAZIONE  DELLE  TAVOLE 


Tav.  V. 

Ciymene  collaris  Clpde 
Fig.  1  —  Capo  visto  dal  lato  dorsale  X  8. 

»  2  —  Aculeo  X  Lo- 
»  3  —  Uncino  X  320, 

»  4  —  Estremità  posteriore  (2  segmenti;  vista  dal  lato  destro  X  12. 

Ciymene  palermitana  Or. 

Fig.  5  —  Aculeo  X  25. 

»  6  —  Uncino  X  265. 

»  7  —  Setola  marginata  del  segm.  20°  X  100. 

»  8  —  Setola  pennata  del  segm.  20°  X  100. 

»  9  —  Estremità  posteriore  (2  segmenti)  vista  dal  lato  destro  X  5. 

Ciymene  lophoseta  n.  sp. 

Fig.  10  —  Capo  visto  dal  lato  sinistro  X  12. 

»  11  —  Capo  visto  dal  lato  dorsale  X  12. 

»  12 —  Aculeo  X  185, 

»  13 —  Uncino  X  320, 

»  14 —  Setole  dei  segmenti  che  portano  aculei  X  150, 

»  15 —  Setole  dei  segmenti  che  portano  uncini  X  150, 

»  16 —  Estremità  posteriore  (5  segmenti)  vista  dal  lato  sinistro  X  5, 

Ciymene  brachysoma  n.  sp. 

Fig;  17  —  Capo  visto  dal  lato  dorsale  X  3, 

»  18 —  Estremità  posteriore  (3  segmenti)  vista  dal  lato  dorsale  X  4. 

»  19 —  Setola  marginata  del  segmento  15, 0  X  80. 

»  20 —  Aculeo  (vedi  Tav.  VI)  X  95. 

»  21  —  Uncino  X  320, 

Ciymene  Claparetlei  n,  sp, 

Fig,  22 —  Capo  visto  dal  lato  sinistro  X  10, 

»  23—  Aculeo  X  95. 

»  24  —  Uncino  X  320, 

»  25 —  Estremità  posteriore  (3  segmenti)  vista  dal  lato  dorsale  X  8, 

Petaloproctus  Cristagalli  Clpde. 

Fig,  26  —  Uncino. 

Tav.  VI. 

Ciymene  palermitana  Gr. 

Fig.  27  —  Epidermide  del  segmento  4.°  Sez,  trasversale  (sublimato  ed  acido 
acetico  —  tionina)  X  235. 


Epidermide  con  cellule  mucose  vuote  Sez.  trasv.  (id.  id.)  X  235, 
Cellule. di  sostegno  del  segmento  8.°  Sez.  trasv.  (Subì,  ed  acido 
acetico  —  carmino  alluminico)  X  190. 

Cellule  di  sostegno  staccate  per  macerazione  (  licp  di  Flemming 
V5,  acqua  distillata  4/5), 

Cellula  a  pigmento  staccate  per  macerazione  (id.). 

Cellula  a  muco  staccata  per  macerazione  (id,). 

Prodotti  sessuali  :  a  uovo,  b  nemasperma. 

Cuticola  staccata  per  macerazione  in  acqua. 

Sezione  trasversale  del  segmento  cefaloboccale  (licp  di  Flemming 
—  carmino  alluminico)  X  40. 

Sezione  longitudinale  del  tegumento  del  5.°  segmento  (l’estremo  a 
sinistra  corrisponde  alla  parte  anteriore  del  segmento)  (liquido 
Flemming  — -  carmino  alluminico  e  tionina)  X  25. 

Sezione  trasversale  del  4.°  segmento  con  frammenti  del  diaframma 
muscolare  X  30  (figura  in  parte  schematica). 

Muscoli  motori  delle  setole  X  35  (id,). 

Muscoli  motori  degli  uncini  X  70  (id.). 

Tav.  VII, 

Clymenr  palermitana  Gr, 

Fig.  40 —  Sezione  longitudinale  dell’estremità  posteriore  (sublimato  ed  acido 
acetico  —  carmino  alluminico)  X  15. 

»  41  —  Sezione  trasversale  del  segmento  anale  (id,  id,)  X  15. 

»  42  —  Muscoli  retrattori  della  proboscide  X  80, 

»  43 —  Sezione  trasversale  del  segmento  cefalico  (liq.  di  Flemming  — 
carmino  alluminico)  X  40. 

»  44  —  Sezione  longitudinale  del  pai  podio  (come  fig.  40)  X  70. 

»  45 —  A  Frammento  di  una  sezione  trasversale  del  cervello  (come  fig. 

43)  X  450,  B  cellula  gigante  X  570. 

»  40  —  Sezione  longitudinale  del  segmento  cefaloboccale  (  sublimato  ed 
acido  acetico  —  carmino  alluminico)  X  20. 

»  47  —  Frammento  di  una  sezione  trasversale  della  proboscide  (liq.  di 
Flemming  —  carmino  alluminico)  X  265. 

»  48 —  Frammento  di  una  sezione  longitudinale  dell’esofago  (sublimato 
ed  acido  acetico  —  hàmacalcium)  X  125. 

Tav.  Vili, 

Clymene  palermitana  Gr, 

Fig.  49 —  Frammento  di  una  sezione  trasversale  dell' intestino  anteriore 
(sublimato  ed  acido  acetico  —  rubina)  X  265. 

»  50 —  Animale  aperto  longitudinalmente  X  2. 

»  51 —  Cellule  nervose  corticali  staccate  (vapori  di  acido  osmico). 

»  52  —  Disposizione  schematica  del  sistema  circolatorio  X  20, 

»  53 —  Poro  esterno  dei  nefridi  X  7, 


Fig.  28  — 
»  29  — 

»  30  — 

»  31  — 

»  32  — 
»  33  — 
»  34  — 
»  35- 

»  36  — 


»  37  — 

»  38  — 
»  39  — 


Pag’,  54  —  .4  Sezione  longitudinale  di  un  nefridio  X  25.  fi  Frammento  di 
sezione  dell’imbuto  X  375,  C  Frammento  di  sezione  della  parte 
posteriore  X  200. 

»  55  —  Frammento  di  una  sezione  longitudinale  del  vaso  dorsale  nel 
nel  segmento  7.°  (liq.  di  Flemming  —  carmino  alluminico  e 
tionina)  X  285. 

Clymene  collaris  Clpde. 

Fig|  56  —  Sezione  trasversale  del  segmento  boccale  con  proboscide  estro- 
tlessa  (liq.  di  Flemming  —  carmino)  X  50. 

»  57  —  Sezione  longitudinale  del  segmento  anale  (sublim.  ed  acido  ace¬ 
tico  —  carmino  alluminico)  X  50. 

»  58 —  Frammento  di  una  sezione  trasversale  della  proboscide  (come  fig. 
56)  X  430. 

Clymene  Caparedei  n.  sp. 

Fig.  59 —  Sezione  trasversale  dell’  organo  nucale. 


ERRATA-CORRIGE. 


A 

pag. 

3, 

linea 

30  invece  di 

Aiothea 

leggi 

Axiothea 

» 

» 

20 

» 

5  »  » 

Saulier 

» 

Soulier 

» 

» 

23 

» 

19  »  » 

fig,  35 

» 

bh 

» 

» 

29 

» 

7  »  » 

fig.  36 

» 

fig.  37  e 

Atli  Soc.  lig.  di  Sonale  geogr.Vol  IX 


Tav.V. 


Atti  Soc. lig.  di  Sc.nat.e  geogr.Vol  IX 


Tav.VII 


— -  s  so.n.p 

s  l.n.c 

sp.r 


—  m.r.p 


45 


ro-r.  p 


44 


Lit.t.B runi  -  Pavia 


v.s  .  m.-.c.p . 


Orlandi .  dis 


. 


Atti  Soc.  lig.  di  Sc.nat.e  geogr.  Voi.  IX 


TavVIII 


BOLLETTINO  DE!  MESE! 

DI  ZOOLOGIA  £  ANATOMIA  COMPARATA 

DELLA  R.  UNIVERSITÀ  DI  GENOVA 


N.°  63.  1898. 


G.  Cattaneo 

Alcune  previsioni  scientifiche  di  Alfonso  Borelli. 

Habent  sua  fata  libelli .  Chi  legge  più  oramai  l’opera 

di  Alfonso  Borelli,  De  motu  animalium ?  Ma,  oltre  eh’ è 
scritta  in  latino  e  redatta  nell’arida  forma  di  proposizioni 
scolastiche,  quest’opera,  già  sì  famosa,  ha  un  frasario 
troppo  diverso  da  quello  ora  in  uso,  per  invogliare  alla 
lettura  i  giovani  studiosi,  di  solito  affatto  ignari  di  storia 
della  scienza,  e  mal  destri  a  risolvere  nello  spiccio  e  cor¬ 
rente  linguaggio,  a  cui  sono  avvezzi,  il  pacato  e  prolisso 
eloquio  dei  libri  vecchi,  e  a  sceverare,  frammezzo  alle  idee 
arcaiche,  i  tratti  del  genio  divinatore ,  che  si  lancia  nel- 
l’ avvenire.  Ora,  fra  dottrine  fossilizzate,  come  quelle  del 
succo  nerveo  e  della  fermentazione  sanguigna,  e  alcune 
pedanterie  iatro-meccaniche  (che  però  nel  Borelli  sono  tut¬ 
tora  ragionevoli ,  mentre  furono  poi  esagerate  dal  Bellini 
e  da  altri  seguaci),  trovansi  in  quel  libro  non  pochi  accenni 
a  idee  genialissime,  nuove  per  allora,  e  ora  ritenute  come 
evidenti,  o  almeno  degne  di  seria  discussione;  oltre  che,  in 
molte  parti,  l’indirizzo  galileiano  dell’opera  ha  tutto  il 
sapore  moderno.  Di  tali  intuizioni  e  previsioni  scientifiche 
del  Borelli  si  potrebbe  fare  un’  interessante  raccolta  ;  ora 
accennerò  solo  a  due  passi  che  più  mi  hanno  colpito. 


Tutti  conoscono  l’ipotesi  della  pangenesi  del  Darwin, 
discussa  a  lungo  e  modificata  dal  Brooks,  dal  De-Vries, 
oppugnata  da  alcuni,  accolta  con  entusiasmo  da  altri,  tra 
cui  dal  Mantegazza,  che  aveva  precorso  le  «  gemmule  » 
darwiniane  con  la  sua  «  materia  proligera  ».  Secondo 
quella  ipotesi,  il  fenomeno  della  riproduzione  sarebbe  diffuso 
in  tutte  le  cellule  del  corpo,  e  non  localizzato  nelle  ger- 
minali,  le  quali  fungerebbero  solo  da  collettrici  dei  germi 
provenienti  dall’intero  organismo.  Ora  tale  idea  è  già  chia¬ 
ramente  espressa  dal  Borei  li. 

«  In  embryonibus,  ne  dum  multoties  imprimuntur  a  pa¬ 
terno  semine  notae,  colores  et  confìgurationes  externae 
faciei,  oculorum ,  digitorum,  contorsiones  et  deformitates , 
sed  etiam  bonae  aut  pravae  internae  dispositiones  animi , 
viscerum  et  membrorum  haereditantur.  Et  quia  nulla  actio 
physica  concipi  potest  absque  contactu  corporeo ,  ergo  di- 
cendum  est,  quod  ex  universo  corpore  paterno  particulae 
aliquae  cum  semine  communicantur ,  deferentes  indoles, 
deformitates,  morbos  »  (op.  cit. ,  volume  II,  1681,  prop. 
CLXX). 

L’altra  previsione  notevole  è  relativa  alla  funzione  dei 
polmoni.  Al  tempo  del  Borelli  era  già  screditata  1’  antica 
opinione,  che  la  respirazione  servisse  a  raffreddare  il  sangue 
troppo  riscaldatosi  nel  cuore,  impedendone  la  coagulazione, 
e  si  ammetteva  piuttosto  che  il  moto  dei  polmoni  giovasse 
a  rimescolare  e  amalgamare  le  varie  parti  del  sangue,  fa¬ 
vorendo  la  sua  fermentazione.  Questa  teoria  dell ’  attri¬ 
zione  è  sostenuta  anche  dal  Malpighi  nelle  sue  epistole 
De  pulmonibus  (1661).  Il  Borelli  invece,  con  felice  intuito, 
comprese  che  l’utile  della  respirazione  non  consiste  nel 
moto  che  si  fa  respirando ,  ma  nella  natura  di  ciò  che  si 
inspira,  essendo  una  parte  dell’aria  assorbita  dal  sangue. 
Infatti,  dopo  di  avere,  in  varie  proposizioni,  combattuto  le 
idee  allora  dominanti  su  tale  argomento,  esprime  le  proprie 


nelle  prop.  0X11,  0X111,  CXVI,  di  cui,  essendo  troppo 
lungo  riportare  il  contesto,  citerò  almeno  i  titoli: 

«  Aer  per  respirationem  receptus  est  causa  potissima  vitae 
animalium  »  —  «  Per  respirationem,  aeris  particulae  san¬ 
guini  commisceri  possunt  »  —  «  Commistio  aeris  per  re¬ 
spirationem  intra  sanguinem  immissi  vitam  animalium  pro¬ 
duci  et  conservai  »  (op.  cit. ,  voi.  II,  1681).  Il  Malpighi , 
nelle  Posthuma  (  1 697)  abbandonò  la  sua  prima  opinione 
e  adottò  quella  del  Borelli,  ammettendo,  tra  l’ altre  cose, 
che  «  si  unisce  col  sangue  un  corpo  sottile  separato  dal¬ 
l’aria  ».  L’uno  e  l’altro  prepararono  così  la  via  ai  più 
chiari  intuiti  di  Mayow ,  e  alle  dimostrazioni  di  Priestley 
e  Lavoisier. 


lf  3  fy  2- 

BOLLETTINO  DEI  MUSEI 

DI  ZOOLOGIA  E  ANATOMIA  COMPARATA 

DELLA  R.  UNIVERSITÀ  DI  GENOVA 
N.°  64.  1898. 

C.  Parona 

Elminti  raccolti  dal  Dott.  Elio  Modigliani 
alle  isole  Mentawei,  Engano  e  Sumatra 

Dopo  il  fortunato  viaggio  alL  Isola  di  Nias  (1886)  a  N.  0.  di 
Sumatra,  il  Dott.  Elio  Modigliani  intraprendeva  altre  esplorazioni 
in  Sumatra,  alla  regione  dei  Batacchi  indipendenti  (1890-91)  ed 
all’Isola  d’ Engano,  e  nel  1894-  compieva  un  terzo  viaggio  visi¬ 
tando  le  Isole  Mentawei.  Riusciva  cosi  a  studiare,  principalmente 
sotto  il  punto  di  vista  zoologico  ed  etnografico,  V  importantissimo 
gruppo  di  isole  che  si  stendono  lungo  la  costa  occidentale  di 
Sumatra. 

Questi  viaggi  furono  fecondi  di  risultati  scientifici,  e  ricchissime 
collezioni  zoologiche  vennero  inviate  e  donate  al  Museo  Civico 
di  Genova  ;  T  importanza  delle  quali  è  splendidamente  dimostrata 
dalla  quantità  e  dal  valore  delle  pubblicazioni  che  comparvero 
negli  Annali  del  Museo  succitato  (Voi.  XXIV  e  seguenti). 

In  tanto  lavoro  l’egregio  esploratore  ebbe  la  bontà  e  la  pa¬ 
zienza,  memore  delle  mie  preghiere,  di  non  trascurare  le 
ricerche  degli  elminti  negli  animali  vertebrati,  che  andava  pre¬ 
dando  e  mettendo  in  pelle  ;  ed  in  tal  modo  egli  riesci  a  radunare 
una  collezione,  piccola  a  vero  dire ,  ma  di  molto  pregio,  perchè  si 
riferisce  a  regioni  affatto  sconosciute  relativamente  alLelmintologia. 

Varie  cause  impedirono  che  prima  d’  ora  io  potessi  rendere 
ragguaglio  sopra  tale  materiale,  (del  che  chiedo  venia  principal¬ 
mente  al  sullodato  Dott.  Modigliani)  fra  cui  quella  che  vale 
per  tutti  i  casi  di  collezioni  parassitologiche,  ossia  lo  studio  indi¬ 
spensabile  degli  ospiti.  Anche  nel  caso  attuale  quindi  si  dovette 
attendere  che  gli  specialisti  incaricati  completassero  le  determi¬ 
nazioni  degli  ospiti  che  il  Modigliani  non  aveva  dimenticato  di 
annotare  come  affetti  da  elminti. 


2 


1.  Davainea  Blancliardi,  n.  sp. 

(Tav.  I ,  fig.  1  a  8) 

In  due  individui  del  genere  Mus  (M.  siporanus  Thomas  e 
M.  rajah  Thom.)  furono  raccolti  varii  esemplari  di  cestode  da 
riferirsi  ad  una  sola  specie  di  tenia.  Trascurando  frammenti  che, 
da  poche  proglottidi  giungevano  alla  lunghezza  da  7  fino  a  50 
millim. ,  ma  sprovvisti  di  scolici,  si  trovavano  in  un  topo  altri 
esemplari  completi  delle  seguenti  dimensioni: 


1. 

Lunghezza 

17 

millim. 

—  Larghezza 

3  millim 

2. 

» 

20 

» 

2> 

4 

3. 

» 

11 

» 

» 

87.  » 

4. 

» 

15 

» 

» 

2  7.  » 

5. 

X> 

20 

» 

2> 

2  7.  » 

6. 

» 

5 

» 

2> 

17.  » 

7. 

» 

24 

» 

» 

5 

8. 

» 

46 

» 

» 

5 

9. 

» 

18 

» 

» 

4  7.  » 

10. 

» 

72 

» 

» 

5 

Nel  secondo  topo  stavano  solo  quattro  esemplari  tutti  collo 
scolice  e  misuranti  ciascuno: 

1.  Lunghezza  17  millim.  —  Larghezza  4 ’/4  millim. 

2.  »  13  »  2 

3.  *  12  y2  »  »  2  » 

4.  »  io  y2  »  »  2  y2  » 

Questo  cestode  appartiene  al  gruppo  delle  tenie  a  corpo  piuttosto 
compatto ,  ed  anelli  cortissimi  e  larghi,  con  angoli  poco  salienti. 
Le  proporzioni  fra  la  lunghezza  del  corpo  e  la  larghezza  delle  pro¬ 
glottidi  variano  nei  differenti  individui ,  come  appare  dai  riportati 
prospetti.  Però  gli  anelli  primi  sono  brevissimi,  serrati,  mentre 
di  seguito  diventano  più  distinti,  più  allungati  e  più  stretti  (fig.  1). 

Lo  scolice  è  poco  appariscente ,  troncato  anteriormente ,  qua¬ 
drilobato  per  le  ventose  prominenti,  se  visto  dalTalto.  Manca 
il  collo,  tosto  iniziandosi,  dopo  lo  scolice,  le  solcature  trasversali 
delle  prime  proglottidi  (fig.  2). 

La  lunghezza  del  corpo,  come  si  notò  precedentemente,  diffe¬ 
renzia  di  molto  nei  varii  esemplari.  Nel  più  lungo  essa  raggiunge 


3 


i  72  millimetri ,  però  questa  cifra  può  abbassarsi  e  di  molto. 
La  larghezza  massima  è  di  5  millim.  ;  misura  che  si  trova  a 
circa  nove  decimi  (nel  maggiore  esemplare)  della  lunghezza 
totale.  L'ultimo  tratto  dello  strobilio  si  va  restringendo  e  gli 
ultimi  anelli  si  mostrano  pressoché  quadrati. 

Il  numero  delle  proglottidi  non  è  facile  precisarlo,  ma,  per 
averne  una  norma,  noterò  che  nell'  esemplare  più  lungo  ne  ebbi 
a  contare  circa  300,  delle  quali  le  ultime  10  o  12  sono  quelle 
che  si  restringono  nel  diametro  trasversale. 

Lo  scolice  misura  0,50  di  larghezza  e  0,16  di  altezza;  misura 
questa  presa  dall' apice  del  capo  fino  a  livello  della  prima  sol¬ 
catura  trasversale,  che  sta  poco  sotto  la  base  delle  ventose  (fig.  2). 

Il  rostrello  è  retrattile  e  porta  una  corona  di  minutissimi 
uncini  fra  loro  molto  avvicinati.  Questi  hanno  il  manubrio  diritto 
e  fi  estremità  superiore  fortemente  ripiegata  (fig.  3  e  4);  misurano 
0,032  di  lunghezza  e  sono  disposti  in  duplice  serie,  precisamente 
come  sono  figurati  dallo  Stiles  quelli  della  Davainea  Salmoni. 
Il  loro  numero  si  può  avvicinare  più  agli  80  che  ai  70  per  ogni 
serie.  Le  ventose  sono  grandi,  globose  e  prominenti,  formando 
così  quattro  salienze  attorno  al  rostrello  ;  il  diametro  loro  giunge 
a  circa  un  terzo  della  larghezza  della  testa;  l'apertura  è  circo¬ 
lare,  ed  il  margine,  nonché  porzione  delle  pareti  sono  armate 
da  minutissimi  aculei,  disposti  in  serie  oblique,  fra  loro  molto 
avvicinate  e  che  danno  alla  parte  un  aspetto  papillare  (fig.  5). 
Non  parmi  di  alcun  interesse  il  voler  indicare  anche  approssi¬ 
mativamente  il  loro  numero,  giacché  sono  copiosissimi.  La  lun¬ 
ghezza  di  questi  aculei  è  di  0,006  e  risultano  di  una  porzione 
basale  allargata  e  di  un’altra  che  si  eleva  alquanto  e  con  apice 
smussato  (fig.  6).  Le  serie  di  essi  varierebbero  da  20  a  25. 

Collo  nullo,  giacché  come  si  rilevò  or  ora,  poco  dopo  le  ven¬ 
tose,  senza  alcuna  apprezzabile  strozzatura,  si  rilevano  le  rugo¬ 
sità  indicanti  l' inizio  delle  proglottidi. 

Proglottidi.  —  Le  prime  sono  lunghe  0,032  e  larghe  0,014; 
le  susseguenti  modifìcansi  nella  forma  e  nelle  dimensioni  come 
già  si  espose.  Gli  sbocchi  genitali  trovansi  tutti  da  un  solo  lato 
e  sono  situati  nella  porzione  alta  del  margine  di  ciascuna  prò- 


4 


glottide,  quasi  sotto  il  margine  inferiore  della  proglottide  rispet¬ 
tivamente  anteriore  (fig.  7).  Nella  disposizione  della  tasca  del 
pene  e  deir  intero  apparato  riproduttore,  tanto  maschile  che 
femminile,  non  troverei  alcunché  di  speciale  o  di  diverso,  da 
quanto  si  conosce  e  fu  descritto  per  le  specie  affini.  Un  solo  uovo 
in  ogni  capsula;  esso  è  sferoidale,  con  hamuli  ben  distinti  (fìg.  8). 

Capsula . diam.  0,082  a  0,048 

Uovo  .  ....  »  0,016 

Hamuli  .....  lungh.  0,006 

Dalla  dettagliata  descrizione  di  questa  specie,  risulta  evidente 
che  essa  appartiene  a  quelle  tenie  che  R.  Blanchard  (*)  ebbe  a 
raccogliere  in  un  gruppo  speciale  sotto  il  nome  generico  di 
Davainea.  Ora  la  constatazione  di  questa  forma  parassita  nei  topi 
di  Mentawei  è  senza  dubbio  molto  importante,  perchè  viene  ad 
essere  un’aggiunta  al  piccolo  gruppo,  che  si  riteneva  fino  al  1895 
proprio  degli  uccelli ,  fatta  eccezione  della  D.  Madagascar iensis. 
Però  nell’anno  ora  citato  lo  Zschokke  (2)  descriveva  la  D.  contorta 
del  Pangolino  indiano,  e  l’anno  scorso  (1896)  Wardell  Stiles  (3) 
ne  indicava  due  altre  nuove  specie  ( D .  retractilis  e  D.  Salmoni ) 
entrambe  della  lepre  ( Lepus  arizonae ,  L.  melanotis  e  L.  sylvaticus). 

Ora,  con  quella  da  me  descritta,  il  numero  delle  Davainea 
parassite  dei  mammiferi,  si  eleva  a  cinque  ;  predominando  quelle 
nei  roditori,  alle  quali  dovranno  forse  aggiungersi  alcune  altre 
tenie  tuttora  poco  note. 

Le  maggiori  affinità  della  Davainea ,  che  vado  illustrando  e 
che  chiamo  D.  Blanchardi,  dedicandola  al  fondatore  di  questo 
gruppo  di  teniadi,  starebbero  colla  D.  contorta  Zschok. ,  sebbene 
se  ne  discosti  per  alquanti  caratteri.  A  meglio  far  risaltare  queste 
varie  differenze,  ed  insieme  le  affinità,  riassumo  nel  seguente 
prospetto  i  caratteri  più  salienti  per  ciascuna  delle  cinque  specie 
di  Davainea  trovate  nei  mammiferi: 

(])  Blanchard  R.  —  Notices  helminthologiques,  2.e  Sér.  Mém.  de  la  Soc.  zool.  de 
France,  T.  IV.  Paris,  1891. 

(2)  Zschokke  Fr.  —  Davainea  contorta  n.  sp.  aus  Manis  pentadactyla  L.  - 
Centralbl.  f.  Bakt.  u.  Parasitenkde,  I  Abth.  XVII,  Bd.  N.  18/19,  1895,  p.  634. 

(3)  Stiles  Ch.  W.  —  a  Revision  of  thè  adult  tapeworms  of  Hares  and  Rabbits. 
Proceed.  of  thè  U.  S.  Nation.  Museum,  Voi.  XJX,  N.  1105.  Washington,  1896. 


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6 

2.  Hymenolepis  Modigliani i?  n.  sp. 

(Tav.  I,  fig.  9-12) 

Nel  Corvus  enea  furono  raccolti  un  esemplare  intero  e  due 
frammenti  di  una  piccola  tenia,  con  scolice  relativamente  grosso. 
I  primi  anelli  (fig.  9)  sono  sottili,  più  larghi  che  lunghi  e  poi 
gradatamente  si  allungano  (dopo  la  metà  sono  larghi  1 1/2  mill.) 
fino  a  diventare  quadrati  e  misuranti  allora  un  mill.  per  lato. 
Questi  segmenti  più  grandi  formano  però  breve  tratto  dello 
strobilio,  e  cioè  quasi  dieci  mill,,  un  quinto  circa  della  lunghezza 
totale.  L’esemplare  intero  misura  56  mill.  :  uno  dei  frammenti 
solo  8  e  l'altro  6  mill. 

Lo  scolice  ha  forma  abbastanza  caratteristica,  presentando  un 
capitello  elevato  ed  una  doppia  e  visibilissima  corona  d’uncini, 
nonché  le  quattro  ventose  molto  salienti  (fig.  10).  Esso  scolice 
misura  nel  suo  diametro  trasversale  (a  livello  delle  ventose) 
1/3  di  millimetro. 

Le  ventose  sono  cupoliformi,  con  muscolatura  bene  sviluppata 
e  misurano  circa  l/5  di  millim. 

Sopra  le  ventose  si  erge  il  capitello  che  porta,  quasi  all’apice, 
una  doppia  corona  di  uncini,  ben  visibili  anche  a  piccolo  ingrandi¬ 
mento.  Gli  uncini  sono  disposti  in  due  serie  alternantisi,  ed  asso¬ 
miglierebbero  piuttosto  agli  uncini  della  Taenia  undulata,  Rud., 
che  a  quelli  della  T.  constricta  Molin,  entrambi  proprie  dei  corvi. 

Gli  uncini  delle  due  serie  variano  pochissimo  di  forma  e  di 
dimensioni  (fig.  11),  e  se  ne  conterebbero  30  per  ciascuna. 

Uncino  superiore  lungo  0,016;  inferiore  0,012. 

Le  proglottidi ,  come  si  disse,  aumentano  di  tanto  il  loro  dia¬ 
metro  trasversale,  da  superare  il  longitudinale;  il  che  si  riscontra 
a  metà  dello  strobilio  ;  però  le  ultime  divengono  quadrate. 

Le  aperture  sessuali  sono  tutte  da  uno  stesso  lato,  e  trovansi 
verso  la  metà  dell’altezza  del  margine  di  ciascun  anello. 

Le  uova  sono  numerosissime  ;  hanno  duplice  invoglio  e  l’ em¬ 
brione  exacanto  è  ben  distinto  (fig.  12). 


7 


Invoglio  esterno . diam.  0,096 

»  interno . »  0,080 

Embrione . »  0,032 

Hamuli . »  0,012 

Questa  specie,  per  quanto  lo  stato  di  sua  conservazione  poco 
si  presti  a  rintracciarvi  maggiori  dettagli,  appartiene  senza  dubbio 
al  gruppo  delle  Hymenolepis ;  sebbene  potrebbe  avvicinarsi  per  la 
forma  degli  uncini  alle  Dicranotaeniae ;  se  non  presentasse  la 
duplice  corona  di  uncini,  che  in  queste  ultime  invece  è  semplice. 

Per  alquanti  caratteri  suoi  proprii  considero  questa  tenia  come 
nuova  specie  ;  ed  infatti ,  pur'  tralasciando  di  confrontarla  colle 
T.  serpentulus  Schrank ,  T.  coronina  Krab. ,  T.  stylosa  Rud. ,  perchè 
tutte  provvedute  di  una  sola  corona  di  uncini,  differisce  anche 
dalla  T.  undulata  (colla  quale  per  altro  ha  le  maggiori  affinità), 
perchè  questa  giunge  fino  a  280  mill.  di  lunghezza  ed  a  4-5  mill. 
di  larghezza,  e  perchè  la  forma  ed  il  numero  degli  uncini  è  diverso. 
Si  allontana  pure  dalla  T.  constricta  Molili  per  la  forma  del  capo, 
per  le  minori  dimensioni  e  per  gli  uncini,  che  in  questa  sareb¬ 
bero  soltanto  20,  22.  Dalla  T.  afftnis  Kr.  per  ultimo  si  discosta 
per  le  differenti  dimensioni  (80  millim.) ,  per  il  minor  numero 
di  uncini  (21  a  22),  e  per  le  uova. 

Habit.  Nell’  intestino  del  Corvus  enea ,  23  Maggio  1894  a  Sereinu. 

3.  Taeuia  I  l’inieresm'i  n.  sp.? 

(Tav.  I,  fig.  13-17) 

Negli  ofidii  furono  finora  riscontrati  pochi  cestodi,  e  questi 
in  maggioranza  spettano  ai  generi  Solenophorus  e  Ligula;  mentre 
di  teniadi  si  conoscono ,  ed  incompletamente ,  due  sole  specie  : 
la  Taenia  racemosa  Rud.  e  la  T.  lactea  Leidy. 

La  prima  fu  descritta  dal  Rudolphi  nella  Synops .  (p.  629) 
sopra  esemplari  stati  raccolti  dal  Natterer  in  serpenti  brasi¬ 
liani.  Misurerebbe  fino  a  160  millim.  di  lunghezza;  lo  scolice 
sarebbe  inerme,  le  aperture  genitali  marginali,  alterne,  ed  avrebbe 
alquanti  altri  caratteri ,  dei  quali  diremo  in  appresso.  Aggiungerò 
qui  che  di  questa  tenia  fecero  parola  in  seguito  il  Dujardin  de 


8 


il  Diesing,  nelle  loro  opere;  limitandosi  però  a  riportare,  con 
poche  varianti,  quanto  aveva  scritto  il  Rudolphi. 

Il  Leidy  Q)  brevemente  descrisse  la  Taenia  laelea  colle  se¬ 
guenti  parole:  «  Capo  piccolo  continuantesi  col  collo,  senza 
rostrello;  acetaboli  anteriori,  emisferici,  e  situati  ai  quattro  angoli. 
Collo  moderatamente  lungo.  Segmenti  anteriori  trasversalmente 
oblunghi  ;  i  posteriori  più  lunghi  che  larghi ,  o  quadrati ,  con 
angoli  attondati.  Aperture  genitali  marginali  (indistinte  nel¬ 
l’esemplare)  ». 

Ora,  in  un  trigonocefalide  (Trimeresurus  formosus)  delle  isole 
Mentawei ,  il  Dott.  Modigliani  raccoglieva  varii  individui  di  un 
teniade  che  parmi  differenzii  dai  precedenti  per  alquanti  caratteri,, 
sebbene  io  non  abbia  potuto  farne  uno  studio  completo  per  il  loro 
stato  di  conservazione,  e  non  possa  in  tutto  confrontarlo  colle 
due  specie  già  menzionate,  stante  le  descrizioni  insufficienti. 

Gli  esemplari,  che  ebbi  in  esame,  presenterebbero  le  seguenti 
dimensioni  : 


Esemplari 

Lunghezza 

Largh. 

MASSIMA 

Condizione  del  preparato 

l.° 

60  mill. 

1 

mill. 

con  scolice 

2.° 

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3.° 

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4.° 

45  » 

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5.° 

18  » 

1 

» 

idem 

6.° 

105  » 

» 

senza  scolice 

7.° 

63  » 

1 

» 

idem 

8.° 

40  » 

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» 

idem 

9.° 

33  » 

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idem 

10.° 

31  » 

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» 

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Non  tengo  calcolo  di  pochi  altri  frammenti  di  minori  dimensioni, 
certamente  spettanti  agli  strobili  sussegnati. 

Questa  tenia  si  presenta  a  corpo  sottile,  con  diametro  trasver¬ 
sale  poco  variabile ,  tanto  che  solo  la  porzione  anteriore  va  gra¬ 
datamente  assottigliandosi. 

(’)  Leidy  Jos.  —  Notices  of  some  Tape-Worms;  Proceed.  Acad.  Nat.  Sciences  of 
Philadelphia,  Voi.  VII,  1854-55;  Philadelphia  1856. 


9 


Lo  scolice  (fìg.  13  e  14)  è  sferoidale,  con  diametro  maggiore 
del  collo ,  è  inerme  e  senza  rostrello  ;  il  diametro  suo  giunge 
lino  a  3/4  di  mill.  Le  ventose  sono  salienti  e  situate  nella  parte 
anteriore  del  capo  ed  ai  quattro  lati  ;  sono  emisferiche,  fortemente 
muscolose;  diametro  0,016-0,025;  apertura  interna  0,011-0,016. 

Il  collo  si  può  dire  lungo ,  perchè  misurerebbe  circa  tre  volte 
la  lunghezza  dello  scolice;  il  diametro  trasversale,  o  la  sua 
larghezza,  varia  da  ]/4  a  */2  millim. 

Proglottidi.  —  Le  prime  sono  più  larghe  che  lunghe,  e  non 
si  può  dire  che  siano  brevissime  ;  in  seguito  vanno  gradatamente 
allungandosi,  finché  si  riscontrano  segmenti  molto  lunghi.  Il 
carattere  loro  più  spiccato  è  però  quello  di  non  avere  tutte  una 
lunghezza  uniformemente  eguale,  o  meglio  gradatamente  cre¬ 
scente;  per  modo  che  fra  anelli  lunghi  se  ne  incontrano  dei 
brevi  e  viceversa:  infatti,  mentre  alcuni  sono  quadrati,  altri 
superano  in  lunghezza  due,  tre  ed  anche  quattro  volte  la  loro 
larghezza  (fìg.  15).  Inoltre  le  loro  divisioni  sono  poco  accentuate, 
e  la  strobiliazione  riesce  quindi  nè  regolare,  nè  distinta.  Gli 
angoli  si  mostrano  pochissimo  rilevati,  il  che  concorre  a  dare 
al  verme  Y  aspetto  di  un  nastrino  continuo. 

Le  proglottidi  con  organi  genitali  si  riscontrano  molto  all' in¬ 
dietro  nello  strobilio.  Le  aperture  genitali  sono  irregolarmente 
alterne  e  marginali  ;  non  presentano  orlo  rilevato ,  anzi  una 
rientranza  nel  margine  stesso,  a  modo  di  «escavazione,  indica  lo 
sbocco  di  esse.  Si  trovano  pressoché  alla  metà  dell' altezza  del 
margine  d’  ogni  segmento  ;  però  non  sempre ,  perchè  in  alcune 
trovansi  nella  prima,  in  altre  nella  seconda  metà  (fìg.  16). 

La  tasca  del  pene  ha  forma  di  cono  allungato  fino  a  0,033 
(fìg.  17);  il  deferente  è  ben  distinto,  siccome  un  canale  molto 
flessuoso,  che  si  dirige  all’ indietro,  lungo  la  linea  mediana  della 
proglottide ,  e  che  giunto  presso  il  margine  posteriore ,  va  a 
terminare  ai  testicoli,  i  quali  vi  si  trovano  raccolti  in  un  ammasso. 

Delfi  apparato  femminile  sono  visibili  soltanto  il  canale  vaginale 
ed  un  tubo  uterino ,  il  quale  ultimo  è  pur  esso  situato  sulla 
linea  mediana  della  proglottide  e  volge  in  alto  con  disposi¬ 
zione  a  T. 


IO 


Non  mi  fu  possibile  riscontrare  uova  con  guscio  e  mature, 
anche  attentamente  ricercando  negli  anelli  estremi  degli  esem¬ 
plari  di  maggiore  lunghezza.  Questo  è  un  fatto  molto  notevole, 
avanti  tutto  perchè  dimostra  trattarsi  di  una  forma  non  adulta 
(il  che  mi  porta  a  doverla  indicare  con  dubbio  come  nuova) 
e  perchè  ciò  s’ accorda  con  quanto ,  probabilmente ,  ebbero  a 
riscontrare  tanto  il  Rudolphi  che  il  Leidy  per  le  due  altre  tenie 
dei  serpenti,  non  avendo  essi  fatta  parola  delle  uova. 

Delle  uova  della  T.  racemosa  poi  non  troviamo  menzione 
neanche  nel  Diesing ,  il  quale,  a  quanto  sembra,  ebbe  occasione 
di  riesaminarla,  come  appare  dalle  differenze  di  caratteri  che  si 
notano  nella  diagnosi  da  lui  data  con  quelli  indicati  dal  Rudolphi. 

Tutto  questo  fa  avvicinare  la  presente  specie  tanto  alla  Taenia 
racemosa  Rud.  che  alla  Taenia  lactea  Leid. ,  il  che  risulta  chia¬ 
ramente  dal  prospetto  che  trascrivo: 


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11 


non  tutte 
eguali 


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12 


4.  Ascaris  luintoi-icoicles,  Linn. 

Un  individuo  di  sesso  femminile  raccolse  il  Modigliani  a  Si-Oban 
nell’  Aprile  1894.  Era  stato  espulso  da  un  bambino. 

5.  A.  filaria,  Duj. 

Nei  pitonidi  furono  riscontrate  varie  specie  di  ascaridi,  alcune 
delle  quali  però  sono  ancora  dubbie.  Le  meglio  conosciute  sa¬ 
rebbero  VA.  attenuata  Molin  (=  anoura  Duj.),  VA.  rubicunda  Schn. 
e  VA.  filaria  Duj.  Al  tutto  incerte  sono  VA.  astrophidis  tigridis 
major  Dies.,  e  VA.  astrophidis  tigridis  minor  Dies.  Nella  colle¬ 
zione  di  cui  mi  occupo  trovansi  alcuni  esemplari  di  ascaridi 
(stati  raccolti  nello  stomaco  del  Python  reticulatus)  che  non  pos¬ 
sono  avvicinarsi  nè  allA4.  rubicunda  Sch.,  nè  alLA.  attenuata  Mol. , 
perchè  in  queste  due  specie  le  dimensioni  sono  molto  supe¬ 
riori,  mentre  invece  si  accordano  nei  caratteri  collA4.  filaria, 
descritta  da  Dujardin  (Hist.  d.  Helm.,  p.  652),  riportata  in 
seguito  da  varii  autori,  ed  ultimamente  anche  dallo  Stossich 
nella  monografia  sul  genere  Ascaris  (’)  (p.  73  dell’  Estr.). 
Merita  di  essere  notato  che  le  uova  di  questo  ascaride ,  come 
aveva  già  indicato  il  Dujardin,  sono  sferiche  e  ricoperte  da  un 
guscio  finamente  reticolato  o  meglio  alveolato.  Difatti  al  micro¬ 
scopio  si  vede  il  guscio  totalmente  disseminato  di  punteggiature 
disposte  regolarmente.  In  ciò  differenziano  da  quelle  dell'Asmns 
attenuata,  nelle  quali  queste  punteggiature  sono  rare  e  soltanto 
sui  margini.  Anche  la  forma  delle  uova  è  inoltre  differente, 
perchè  in  quest’  ultima  specie  sono  el ittiche. 

Fra  gli  esemplari  disponibili  non  vi  è  pur  troppo  alcun  maschio 
e  ciò  mi  impedisce  di  riscontrare  gli  altri  caratteri ,  che  comple¬ 
terebbero  la  descrizione  della  specie.  Ad  ogni  modo  la  forma 
generale  e  le  dimensioni  del  corpo,  nonché  la  peculiarità  delle 
uova  bastano  per  poter  ascrivere  questi  nematodi  alla  succitata 


C1)  Bollet.  Soc.  Adriat.  Se.  uat.  Trieste,  Voi.  XVII,  1896. 


13 


specie.  Per  di  più  ad  accertare  la  determinazione  concorre  un 
altro  fatto ,  reso  noto  pur  esso  dal  Dujardin  quando  scrisse  : 
«  Trouvée  abondamment  en  1837  à  Pondichéry  par  M.  Perrottet . . . 
Cette  ascaride  occupait  une  sorte  de  poche  gélatineuse  en  dehors 
de  Festomac  » .  Ora  riguardo  agli  ascaridi  del  pitone  delle  Mentawei, 
riscontrai  precisamente  che  erano,  per  quasi  la  totalità  di  loro 
lunghezza,  rinchiusi  in  un  tumore  formato  di  varii  strati,  e 
contenente  nell’interno,  oltre  il  verme,  abbondante  poltiglia.  Fu 
infatti  con  non  poca  difficoltà,  ed  operando  delicatamente,  che 
riescii  a  liberare  tali  elminti  dalla  neoformazione  che  li  tratteneva. 


6.  A.  tiara,  0.  v.  Linst. 

In  un  Varanus  salvator ,  catturato  a  Padang  (Sumatra)  E.  Modi¬ 
gliani  riscontrava  oltre  una  dozzina  di  esemplari  di  questo  asca¬ 
ride,  che  fu  descritto  da  0.  v.  Linstow  (Helmintholog.  Untersuch.: 
Wurttemb.  Naturw.  Jahresh.  1879,  pag.  320,  Tav.  V,  fìg.  1), 
e  la  cui  diagnosi  fu  riportata  in  seguito  dallo  Stossich  nella  sua 
monografia  del  gen.  Ascaris.  (p.  S2  Estr.). 

Non  pochi  esemplari  di  questo  nematode  ho  potuto  raccogliere 
dalF  intestino  di  un  Varanus  Gouldii  Gray ,  di  località  che  non 
mi  fu  possibile  precisare.  Però  è  noto  che  l’Australia  e  la  Nuova 
Guinea  sono  i  paesi  abitati  da  questo  varano. 

Dopo  il  genere  Ascaris  debbo  qui  registrare  alcune  specie 
spettanti  ai  generi  Oxyuris  ed  lsacisJ  state  trovate  parassite  in 
artropodi,  e  più  specialmente  in  miriapodi  diplopodi  di  Sumatra 
e  delle  Mentawei,  che  ebbi  già  a  studiare  in  altra  occasione  e  che 
descrissi  quali  nuove  specie  in  un  precedente  lavoro  (x). 

A  proposito  degli  ossiuri  di  cui  farò  ora  parola,  debbo  dire 
che  Adolfo  Meyer  (2)  quasi  contemporaneamente  a  me,  e  quindi 
senza  che  potesse  conoscere  il  mio  lavoro,  descriveva  una  nuova 

(')  Parona  C.  —  Di  alcuni  nematodi  dei  Diplopodi  :  Atti  Soc.  ligust.  Se.  nat. 
Ann.  vii,  fase.  2,  Giugno  1896.  —  Bollettino  Musei  Zool.,  Anat.  c.,  N.  44;  1896. 

(2)  Meyer  A.  —  Neue  Ceylon.  Nemathelm.  ecc.  :  Arch.  f.  Naturgesch.  Voi.  61, 
p.  78,  Iuli  1896. 


14 


specie  di  ossiuro  ( Oxyuris  longicaudata )  parassita  di  un  Iulus  (non 
determinato)  di  Ceylon.  Dalla  descrizione  che  ne  dà,  dalle  dimen¬ 
sioni  indicate  per  tale  ossiuro,  ed  anche  dal  confronto  delle  figure 
sue  e  mie  (Meyer  loc.  cit.,  Taf.  II,  fìg.  23,  24,  25,  e  Parona  C. 
loc.  cit.,  Tav.  I,  fig.  9),  non  vi  è  dubbio  che  Y 0 .  longicaudata  A.  Mey. 
non  è  altro  che  YO.  sumatrensis  Par. 

Perciò  la  denominazione  0.  longicaudata  deve  passare  in  sino¬ 
nimia  dell’O.  sumatrensis  per  legge  di  priorità  (Atti  Soc.  ligust. 
fase.  2.°  fu  pubblicato  nel  giugno  1896;  TArchiv.  f.  Naturgesch. 
fase.  1,  ha  la  data  luglio  1896),  ed  anche  perchè  il  carattere 
di  longicaudata  non  è  esclusivo  al  solo  0.  sumatrensis.  ma  lo 
presentano,  in  modo  pressoché  eguale,  anche  YO,  sphaeropaei 
YO.  platyrhaciJ  YO.  pachyiuli  da  me  descritti,  nonché  YO.  blattae, 
YO.  Diesingi  ecc.  illustrati  da  Galeb  nel  1878  in  un  lavoro  (Arch. 
de  Zool.  expérim.  et  génér.  T.  VII)  non  conosciuto,  a  quanto 
pare,  dal  Meyer.  * 

7.  Oxyuris  sphaeropaei.  Par. 

(C.  Parona,  loc.  cit.,  p.  110,  Tav.  I,  fìg.  4-5) 

Maschio :  ignoto. 

Femmina  :  lungh.  4  mill.  ;  largh.  mass.  72 

Varii  esemplari  furono  raccolti  nelT  intestino  dello  Sphaeropaeus 
Hercules  di  Sumatra,  e  li  debbo  alT  egregio  Dott.  Filippo  Silvestri, 
che  ebbe  a  studiare  appunto  i  Chilopodi  e  Diplopodi  di  quella 
regione. 

8.  O.  platyrliaci.  Par. 

(C.  Parona,  loc.  cit.,  p.  110,  Tav.  I,  fìg.  6-8) 

Maschio  :  lungh.  2  mill.  ;  largh.  0,280. 

Femmina :  lungh.  3  mill.;  largh.  mass.  7é  mill. 

Nel  tubo  digerente  del  Platyrhachus  Modiglianii  di  Sumatra 
(Si-Rambè)  ;  racc.  F.  Silvestri  v.  s. 


15 


9.  O.  suinatrensis,  Par. 

(Sinon.:  0.  longicaudata ,  A.  Meyer,  loc.  cit.) 

(C.  Parona,  loc.  cit.,  p.  Ili,  Tav.  I,  fig.  9-10) 

Maschio :  ignoto. 

Femmina :  lungh.  4  mill.  ;  largh.  mass.  1/2  mill. 

Nell'  intestino  del  Platyrhachus  Modiglianii ,  insieme  al  prece¬ 
dente:  Sumatra  (Si-Rambè). 

10.  Isacis  Silvestrli,  Par. 

(0.  Parona,  loc.  cit.,  p.  Ili,  Tav.  I,  fìg.  11-14) 

Maschio :  lungh.  4  mill.;  largh.  mass.  0,168. 

Femmina :  lungh.  5  mill.;  largh.  0,210. 

Nell'  intestino  dello  Sphaeropoeus  hercules  e  del  Platyrhachus 
Modiglianii  di  Sumatra  (Si-Rambè). 

11.  X.  Modiglianii,  Par. 

Maschio :  lungh.  5  mill.;  largh.  mass.  0,280. 

Femmina:  lungh.  8  mill.;  largh.  mass.  0,490. 

NelT  intestino  dello  Spirostreptus  mentaweiensis ;  Is.  Mentawei, 
Sereinu  (Sipora). 

12.  Strong’ylus  g^aleatu^,  Rud. 

( Diaphanocephalus  strongyloides  Molin.) 

Di  questa  bella  specie  ho  potuto  raccogliere  un  maschio  ed 
una  femmina  nell’  intestino  del  Dendrophis  pictus  di  Sumatra 
(Si  boga). 

Deve  essere  per  altro  parassita  molto  raro  perchè,  sebbene 
attentamente  lo  ricercassi,  trovai  due  soli  individui  in  ventiquattro 
esemplari  di  questo  elegante  ofidio ,  stati  messi  a  mia  disposizione, 
per  ricerche  elmintologiche,  dalla  Direzione  del  Museo  Civico  di 
Genova. 


16 


13.  Rietularia  plagio  s  to  ni  a  ,  Wedl. 

Non  sarebbe  il  caso  di  intrattenerci  sopra  questa  specie,  se 
non  si  ‘trattasse  del  rappresentante  di  un  gruppo  di  nematodi 
che  è  fra  i  meno  conosciuti,  perchè  raro,  e  da  pochi  autori 
osservato.  Io  descrissi  non  è  gran  tempo  una  nuova  specie  di 
Rietularia  (Ann.  Museo  Civ.  Genova;  Voi.  XXVII,  p.  771,  1890) 
ed  allora  accennai  alla  scarsità  di  notizie  che  si  hanno  sull' argo¬ 
mento,  enumerando  anche  le  poche  specie  finora  conosciute. 

Sgraziatamente  ho  a  mia  disposizione  un  unico  esemplare,  che 
il  Modigliani  ebbe  a  raccogliere  dall’  intestino  di  uno  scoiattolo 
(Sciurus  melanogaster)  delle  Mentawei.  Le  condizioni  di  conserva¬ 
zione  del  verme  sono  poco  buone,  presentandosi  al  tutto  opaco 
e  di  tinta  così  intensa  da  rendere  impossibile  Y  osservazione  di 
alcun  particolare  interno. 

È  di  sesso  femminile  e  misura  19  mill.  di  lunghezza. 

Dai  caratteri  esterni  che  fu  dato  verificare,  è  da  escludersi 
che  sia  la  R.  Bovieri  Blanch.,  perchè  questa  è  molto  più  piccola; 
e  così  pure  la  R.  Elvirae  Par.,  perchè  questa  supera  di  2  o  3 
volte  le  dimensioni  di  quella  in  discorso  ;  nè  può  essere  la 
/?.  avnphiaeantha  Dies. ,  perchè  il  Diesing  le  assegna  tre  file  di 
uncini  ;  infine  neppure  la  R.  cristata ,  perchè  questa  avrebbe  una 
sola  fila  di  aculei. 

Perciò  il  mio  esemplare  lo  considero  come  R. plagiostoma  Wedl; 
ritenendo,  come  scrissero  il  Dobson  ed  il  Magdonald,  YOphiostoma 
Magdonaldi  non  differente  notevolmente  dalla  R.  plagiostoma.  E 
da  tener  calcolo  che  queste  due  ultime  forme  sono  di  prevalenza 
parassite  dei  pipistrelli,  però  si  conosce  che  la  R.  plagiostoma 
venne  riscontrata  anche  nella  volpe  (Sonsino)  e  nel  riccio  (Wille- 
moes-Suhm).  Inoltre  nel  gruppo  dei  sciuridi  non  manchereb¬ 
bero  parassiti  del  genere  Rietularia ,  giacché  io  stesso  descrissi  la 
R.  Elvirae  stata  rinvenuta  in  uno  scoiattolo  della  Birmania  ( Sciurus 
alboventris) . 

SulL  area  di  distribuzione  di  questa  specie ,  che  deve  essere 
piuttosto  vasta  ed  irregolare,  parlava  già  P.  I.  van  Beneden 


17 


(Les  Parasites  et  les  commens. ,  Paris  1883,  pag.  218),  e  questa 
mia  nuova  indicazione  di  ospite  e  di  località  conferma  ancor  più 
il  suo  asserto. 

14.  Trieliosoma  Modig-lianii,  Par. 

(C.  Parona:  I  tricosomi  degli  Ofidi,  Atti  Soc.  ligust.  di  Se.  nat. 

Yol.  Vili,  1897,  p.  381,  Tav.  X,  fig.  4-7). 

Di  questo  nuovo  tricosoma  trovato  nei  serpenti  diedi  (loc.  cit.) 
la  seguente  diagnosi: 

Femmina:  lungh.  10-13  indi.;  largh.  mass.  0,070.  Esofago 
lunghissimo ,  quasi  la  metà  della  lunghezza  totale  del  corpo  ; 
organi  esofagei  grandi  e  romboidali.  Coda  attendata,  apertura 
anale  quasi  apicale.  Ovario  che  si  spinge  fino  all’ estremità  po¬ 
steriore  dèi  corpo;  vagina  larga;  vulva  con  labbro  sporgente  e 
distante  0,084  dal  termine  dell’esofago.  Uova  lunghe  0,070, 
larghe  0,042. 

Maschio  :  lungh.'  9  mill.  ;  largh.  mass.  0,042.  Coda  con  borsa 
genitale  piccolissima;  guaina  non  striata,  gimnoteca;  pene  lungo 
quasi  mezzo  millim.,  non  striato. 

Trovai  alcuni  esemplari,  aggomitolati  colla  Taenia  trimere* 
suri  n.  sp.  sopra  descritta ,  nell’  intestino  del  Trimeresurus  far - 
mosus  delle  Mentawei. 

15.  Physaloptera  sciuri,  n.  sp. 

(Tav.  I,  fig.  18-19) 

Maschio :  lungh.  16  mill.;  largh.  mass.  1/2  mill. 

Corpo  cilindrico ,  più  attenuato  al T  avanti  che  alT  indietro. 
Cuticola  finamente  striata  di  traverso  per  tutta  la  lunghezza  del 
corpo,  più  distintamente  però  nella  porzione  posteriore.  Gli  anelli 
sarebbero  lunghi  circa  0,025.  Capo  con  due  labbra  larghe,  a 
contorno  circolare,  con  denti  esterni  fogliacei,  e  che  ricordano 
quelli  della  Physaloptera  muris  brasiliensis  Dies.  (fig.  18).  Late¬ 
ralmente  ad  esse  stanno  due  papille.  Diametro  del  capo,  a  livello 
dell’espansione  cuticolare,  0,013.  Questa  espansione  cuticolare 


18 


forma  un  largo  anello,  che  giunge  quasi  a  livello  delle  due 
papille  ricordate  or  ora. 

La  cloaca  è  grande,  orbicolare,  con  margine  rilevato  e  fran¬ 
giato  (fig.  19).  L’espansione  membranacea  della  coda  è  ampia, 
lanceolata,  come  nella  norma.  Vi  si  trovano  quattro  paia  di 
papille,  con  lunghi  peduncoli,  che  sono  situate  lateralmente  alla 
cloaca;  più  una  papilla  sessile  all’ indietro  dell’apertura  cloacale, 
due  paia  fra  loro  avvicinate  ma  marginali,  ed  un  ultimo  paio 
all’  estremità  della  coda. 

Una  grande  quantità  di  tubercoli,  o  di  piccolissime  papille 
trovansi  disseminate  alla  regione  postanale,  e  di  esse  è  notevole 
una  serie  che  corre  lungo  il  margine  dall’ultimo  paio  di  papille 
caudali  fino  alle  papille  peduncolate  (fig.  19). 

Femmina  : 

l.°  Esemplare  lungi).  17  millim.  —  largh.  72  millim. 


2.° 

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3.° 

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»  1 

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4.° 

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»  32  » 

»  1 

» 

Oltre  ai  caratteri  comuni  già  indicati  pel  maschio ,  presenta 
di  speciale:  la  coda  ottusa;  la  vulva  con  margine  non  saliente, 
e  che  si  trova  a  circa  un  terzo  dall’  apice  cefalico  ;  1’  utero  ad 
un  solo  tubo  e  che  si  estende  all’  indietro  ;  e  per  ultimo  le  uova 
piccole,  sferiche,  il  cui  diametro  varia  da  0,016  a  0,022. 

Habit.  Nell’  intestino  e  nello  stomaco  dello  Sciurus  melanogaster 
(N.  6,  7  e  10  Catal.);  Mentawei. 

Quale  parassita  dei  roditori  non  era  registrata  che  una  sola 
Physaloptera  ( Ph .  Muris  brasiliensis  Molin) ,  in  questi  giorni  però 
O.  Linstow  (7  ebbe  a  descrivere  un’altra  specie  (Ph.  circularis ) 
pure  nei  Muridi  (. Mus  rattus ),  ma  di  località  molto  lontana  dalla 
precedente,  e  cioè  di  Madagascar.  Negli  Sciuridi  per  altro  non 
furono  finora  segnalate  specie  di  tale  genere. 

I  rapporti  che  passano  fra  le  tre  specie  di  Fisalottere  dei 
rosicanti  sono  molto  intimi,  come  appare  dal  prospetto  che  più 
sotto  riporto. 

(')  Nemathelminthen  gròsstentheils  in  Madagascar  gesammelt.:  Arch.  f.  Natur- 
gesch.  1897,  Bd.  I,  Hft.  1. 


19 

La  Ph.  dello  Sciurus  ora  descritta  differirebbe  dalla  Ph.  muris 
Brasil.  principalmente  per  le  minori  dimensioni,  sia  del  maschio 
che  della  femmina,  e  per  la  disposizione  delle  papille  caudali 
del  maschio.  Dalla  Ph.  circularis  invece  diversifica  per  i  ca¬ 
ratteri  del  capo,  ed  anche  per  le  papille  labiali,  nonché  per 
le  uova. 

Ad  ogni  modo  queste  tre  specie  hanno  fra  loro  notevoli  so¬ 
miglianze  e  certamente  sarebbero  da  riunirsi  in  un  unico  gruppo; 
il  che  avrei  fatto,  se  avessi  avuto  a  disposizione  maggior  mate¬ 
riale  di  confronto,  ed  i  tipi  delle  specie  già  descritte. 


Ph.  muris  brasiliensis 

Molin  1860 

Ph.  circularis  v.  Lins. 

1897 

Ph.  sciuri  Par. 

1897. 

Mas.  lungh.  24-30  mm. 

Mas.  lungh.  15,2  mm. 

Mas.  lungh.  16  mm. 

Corpo  anellato,  anterior¬ 

»  largh.  0,8  mm. 
Anelli  del  corpo  0,044. 

»  largh.  >/2  mm. 

Corpo  anellato:  anelli  0,025; 

mente  attenuato. 

Due  labbra  grandi,  dente 

Due  labbra  con  orlo;  l’an¬ 

attenuato  all’  avanti. 

Due  labbra  larghe  a  con¬ 

esterno  piccolo  ottuso; 

teriore  con  piccolo  cono, 

torno  circolare  ;  denti 

denti  interni  fogliacei. 

l’ altro  con  tre  papille 

interni  fogliacei  ;  un 

All’  estremità  caudale  : 

piccole. 

All’estremità  caudale: 

paio  di  papille. 

All’  estremità  caudale  : 

4  paia  papille  pedunco¬ 

4  papille  peduncolate  ; 

4  papille  peduncolate  ; 

late. 

cloaca  con  orlo  cutico¬ 

cloaca  ampia,  con  mar¬ 

3  paia  postanali,  più  una 

lare. 

Una  papilla  non  pedunco¬ 

gine  frangiato. 

Non  visibile  alcuna  pa¬ 

dispari  fra  2  e  3. 

lata  avanti  la  cloaca , 

pilla  preanale  ;  una  im¬ 

Altra  impari  vicinissima 

dietro  altra  grande;  più 

pari  postanale  ;  tre  paia 

alla  cloaca. 

tre  paia  postanali,  delle 

marginali  e  postanali, 

Fem.  lungh.  34-45  mill. 

quali  1  e  2  contigue. 

Fem.  lungh.  24  mm. 

l’ ultimo  delle  quali  al- 
1’  apice  caudale. 

Fem.  lungh.  17-32  mm. 

Estremità  caudale  diritta 
e  molto  ottusa. 

Ospite  :  Mus  brasiliensis 

»  largh.  1,09  mm. 

Uova  a  grosso  guscio  : 

lungh.  0,049,  largh.  0,033. 
Ospite  :  Mus  rattus 

»  largh  1  mm. 

Coda  ottusa. 

Vulva  non  rilevata  ad  :/5 
della  lungh.  del  corpo. 
Uova  piccole  e  sferiche  ; 

diametro  0,016  -  0,022. 
Ospite:  Sciurus  melano- 

(intestino  e  stomaco). 

(stomaco). 

gaster 

Patria  :  Brasile. 

Patria:  Madagascar. 

(stomaco  ed  intestino). 
Patria:  Isole  Mentawei. 

20 


16.  Physaloptera  retusa,  Schn. 

Un  solo  individuo  femmina  di  fìsalottera,  raccolto  nell’intestino 
del  Braco  Modiglianii  ad  Engano,  ascrivo  con  qualche  dubbio 
alla  Ph.  retusa  Schn. 

17.  Filaria,  sp.  ? 

Un  unico  esemplare  di  sesso  femminile,  lungo  56  mill.  venne 
riscontrato  il  29  Aprile  1894  nella  Buchanga  periophtfialmica  a 
Si-Oban.  Presenta  il  corpo  ottuso  anteriormente,  striato  di  tra¬ 
verso  ;  con  ovidotto  tanto  sviluppato  da  occupare  tutta  la  parte 
posteriore  del  corpo,  ed  è  rigonfio  di  uova.  I  pochi  caratteri  che 
si  possono  ricavare  da  questo  esemplare,  e  la  mancanza  del  maschio, 
non  permettono  poterlo  riferire  alle  varie  specie  di  filarie,  che 
furono  descritte  negli  uccelli  della  famiglia  delle  Muscicapidae. 

18.  Spiroptera  (Filaria,)  obtusa,  Rud.  ? 

I  caratteri  del  nematode  in  esame  non  coincidono  nè  con 
quelli  della  Spiroptera  quadrialata  Molin ,  nè  con  quelli  della 
Sp.  Braumj  recentemente  descritta  dal  Linstow  (loc.  cit.)  che 
sono  comuni  nei  muridi.  Invece  questa  fìlaride  si  avvicina  alla 
Sp.  obtusa  Rud.,  che  vive  in  parecchie  specie  del  genere  Mus , 
e  che  deve  avere  una  distribuzione  geografica  notevole. 

Due  soli  esemplari  di  sesso  femminile ,  lunghi  32  millim. 
Nell’  intestino  di  Mus  siporanus  (N.  3  di  Catal.),  Menta wei. 

19.  ?  Echi norhy nell  us. 

Nell’  intestino  di  un  Mus  rajah  fu  raccolto  un  parassita  di 
grande  interesse.  Sgraziatamente  però  esso  è  rappresentato  da 
un  unico  esemplare,  ed  in  condizioni  poco  favorevoli  per  essere 
sezionato,  e  neppure  trasparente  per  poterlo  studiare  in  loto. 

Ha  corpo  cilindrico,  più  allargato  all’ avanti  che  all’ indietro; 
è  lungo  2  centim.  e  largo  al  massimo  circa  2  J/2  millim.  Presenta 


21 


la  porzione  anteriore  ben  distinta  dal  restante  del  corpo,  e  ricorda 
molto  da  vicino  la  proboscide  degli  acantocefali.  Essa  è  costituita 
da  uno  sferoide  molto  schiacciato  ed  è  terminata  da  un  rilievo 
conico.  Questa  parte  è  armata  da  sei  serie  di  aculei,  disposti 
trasversalmente,  che  hanno  tallone  allargato  e  punta  a  cono  ed 
arcuata.  Ciascuna  serie  consta  di  circa  una  quarantina  di  detti 
aculei,  lunghi  0,033.  Il  restante  del  corpo  è  irto  di  spine  ro¬ 
buste  (lungh.  0,083),  avvicinate  fra  loro  in  modo  da  ricoprire 
fittamente  il  tegumento.  Trovansi  disposte  in  serie  trasversali, 
sebbene  non  regolarmente. 

Dopo  la  metà  del  corpo  queste  spine  vanno  diradandosi  e 
diminuiscono  di  grossezza  fino  a  scomparire ,  per  modo  che 
r  ultima  quarta  parte  del  corpo  è  inerme,  ed  offre  delle  rugosità 
trasversali. 

Come  dissi ,  non  fu  possibile  distinguere  organi  interni  ;  sol¬ 
tanto  si  notano:  una  macchia  chiara,  ossia  più  trasparente  del 
restante,  nel  centro  del  corpo,  e  due  fascie  pure  chiare,  che  dal 
collo  scendono  fino  a  raggiungere  la  macchia  trasparente. 


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SPIEGAZIONE  DELLA  TAVOLA 


Davainea  Blanchardi  n.  sp.  (fig.  1-8). 

Fig.  1.  Strobilio  completo  a  grandezza  naturale. 

»  2.  Scoi  ice  x  325. 

»  3.  Porzione  della  corona  di  uncini  X  600. 

»  4.  Tre  uncini  isolati  x  900. 

»  5.  Margine  della  ventosa  con  varie  serie  di  aculei  x  600. 

»  6.  Aculei  isolati  x  900. 

»  7.  Sbocchi  genitali  x  325. 

»  8.  Uovo  colla  capsula  x  900. 

Hymenolepis  Modiglianii  n.  sp.  (fig.  9-12). 

Fig.  9.  Strobilio  completo  a  grandezza  natur. 

»  10.  Scolice  X  325. 

»  11.  Uncino  X  900. 

»  12.  Uovo  colla  capsula  x  900. 

Taenia  trimeresuri  n.  sp.  (fig.  13-17). 

Fig.  13.  Scolice  x  325. 

»  14.  Scolice  alquanto  compresso. 

»  15.  Ultima  porzione  di  strobilio,  a  grandezza  natur. 

»  16.  Ultime  proglottidi  colle  aperture  sessuali. 

*  17.  Tasca  del  pene  e  porzione  dell’apparato  genitale. 

Physaloptera  sciuri  n.  sp.  (fig.  18-19). 

Fig.  18.  Capo  x  325. 

»  19.  Estremità  caudale  del  maschio  X  325. 


Genova,  Novembre  1897. 


Genova  —  Tip.  Sordo-muti. 


Tav.  I. 


Annali  del  Museo  Civico  Serie  2?. Voi.  XIX.  (XXXIX) 


1 


2 


3 


4 


9 


lit.  E.  Bruni-  P avia 


/ 


DI  ZOOLOGIA  E  ANATOMIA  COMPARATA 

DELLA  R.  UNIVERSITÀ  DI  GENOVA 

N.°  65.  1898. 


Ernesto  Setti 


Tri  sto  munì  Perugiai  n.  sp. 
sulle  branchie  del  Tetrapturus  Belone  Raf. 

Trovai  gli  esemplari  del  nuovo  Tristoma  fra  le  lamelle 
branchiali  di  un  Tetrapturus  belone  Raf. ,  che ,  come  si 
sa,  è  un  pesce  piuttosto  raro  nel  Mediterraneo  (*)  Il  Te¬ 
trapturus  fu  preso  alla  Spezia' nel  novembre  dello  scorso 
anno,  ma  io  non  potei  esaminarne  le  branchie  che  qualche 
tempo  dopo,  quando  i  pochi  esemplari  dell’ ectoparassita 
non  erano  più  freschi  certamente;  in  questi  tuttavia  potei 
rilevare  i  caratteri  di  maggiore  importanza  per  la  siste¬ 
matica,  e  trovare  quindi  un  materiale  piti  che  sufficiente 
per  uno  studio  strettamente  zoologico  (2). 

Il  nuovo  Tristoma  è  di  piccole  dimensioni,  non  raggiun¬ 
gendo  che  la  lunghezza  massima  di  5mm5,  e  la  larghezza 
di  2m,n25  nella  parte  posteriore  del  corpo  che  è  la  più  di¬ 
latata;  quanto  al  diametro  dorso-ventrale  è  estremamente 
ridotto,  ed  il  verme  è  quindi  esilissimo.  Verso  la  metà  del 
corpo  la  larghezza  non  è  che  di  lmm25  alTincirca,  e  presso 
Pestremità  anteriore,  alla  base  delle  ventose,  sorpassa  ap¬ 
pena  il  mezzo  millimetro.  Tali  misure,  prese  sul  maggiore 
dei  nove  esemplari  trovati,  variano  di  poco  negli  altri,  e 
attestano  che  la  forma  del  corpo  in  questa  specie  si  scosta 
alquanto  da  quella  che  si  riscontra  nelle  congeneri:  la  lun¬ 
ghezza  è  molto  maggiore  della  larghezza,  e  quest’ultima  di¬ 
minuisce  rapidamente  tra  Pestremità  posteriore  e  l’anteriore 

(i)  Yeggasi  in  proposito:  V.  Carus,  Prodromus  faunae  medit.  II,  p. 
U76,  Stuttgart,  1885-93.  Ed  anche:  G.  Canestrini,  Fauna  d'Italia ,  parte  8.a 
Pesci),  p.  11$,  Milano,  187$. 

(~2)  Il  materiale  mi  fu  gentilmente  ceduto  dal  Direttore  del  Museo  zoolo¬ 
gico  dell’Università  di  Genova,  prof,  Corrado  Parona,  a  cui  porgo  qui  i  piu 
vivi  ringraziamenti. 


del  verme.  L’unita  figura,  che  rappresenta  un  esemplare  ti¬ 
pico  fortemente  ingrandito,  mette  in  evidenza  la  forma  ge¬ 
nerale  del  corpo,  le  dimensioni  relative  delle  varie  parti,  e 
la  disposizione  delle  medesime. 

Le  due  ventose  anteriori  sono  normali ,  tanto  per  gran¬ 
dezza,  quanto  per  forma  e  per  posizione;  e  il  margine  an¬ 
teriore  del  corpo,  tra  queste  compreso,  si  mostra  rettilineo 
o  leggermente  concavo,  della  media  lunghezza  di  0mm3. 

I  margini  laterali  sono  intieri,  cioè  non  presentano  inse¬ 


nature  regolari  come  quelle 
che  si  osservano  nel  T.  sinua- 
lum  Goto  i1) ,  sebbene  vi  si 
riscontrino ,  come  in  questa 
specie,  i  corpuscoli  chitinosi 
disposti  in  un’unica  serie,  a 
intervalli  di  un  decimillimetro 
circa.  Tali  corpuscoli  variano 
notevolmente  di  forma  e  di 
dimensioni  secondo  il  posto  che 
occupano  (fìg.  A,  B,  Cj:  quelli 
della  parte  posteriore  del  corpo 
(A)  sono  più  piccoli  degli  altri 
e  si  avvicinano  per  la  forma 
a  quelli  disegnati  dal  Monti- 
celli  per  il  T.  molae  (2)  ;  invece 
quelli  anteriori  hanno  una  ca¬ 
ratteristica  forma  a  corona  con 
numerose  punte  divergenti  (C), 
e  sono  notevolmente  più  grandi 
(larg.  massima  0mm025);  tra 
gli  uni  e  gli  altri  ve  ne  sono 
di  quelli  con  caratteri  inter- 
medii  (B). 

All’estremità  posteriore  del 
corpo  i  margini  rientrano  verso 


Fig.  1.  —  Trislomum  Perugiai , 
n.  sp.  (X  15)«  —  A,  corp.  marg. 
posteriori  (  X  200);  B ,  corp.  marg. 
mediani;  Ó ,  corp.  marg.  anteriori; 
D,  uncino  della  ventosa  posteriore 
(  X  100);  a.  d.,  grande  ansa  del 
deferente;  d. ,  deferente;  /!,  farin¬ 
ge  ;  i. ,  intestino  ;  m. ,  corpuscoli 
marginali;  t.,  testicoli;  t.  tasca 
del  pene:  v,  vitellogeni. 


(1)  Sci  taro  Goto,  Studies  on  thè  Ectoparasitic  Tremalodes  of  Japan. 
Journal  of  thè  College  of  Science,  Vili,  part  1,  pag.  239  e  tav.  20,  fìg.  1. 
Tokyo,  1894. 

(2)  F.  S.  Monticelli,  Elenco  degli  Elminti  studiati  a  Wimereux  nel  1889. 
Bull.  Scient.  de  la  F rance  et  de  la  Belgique.  XXII,  pi,  XXII,  fìg.  15, Paris,  1890. 


3 


la  parte  centrale,  determinando  una  profonda  insenatura, 
in  mezzo  alla  quale  è  collocata  la  ventosa  posteriore.  In 
confronto  a  quella  che  si  osserva  in  ogni  altro  Tristoma 
questa  ventosa  è  assai  piccola,  non  superando  nel  massimo 
diametro  0ram7  (un  ottavo  circa  della  lunghezza  del  corpo); 
si  mostra  di  forma  ellittica,  più  larga  che  lunga,  ed  ha 
sul  margine  una  membrana  regolarmente  festonata.  I  sette 
raggi  caratteristici  della  ventosa  posteriore  dei  Tristomi  si 
trovano  anche  in  questa  specie,  ma  disgraziatamente  non 
si  può  distinguere  con  chiarezza  la  loro  disposizione  in  nes¬ 
suno  dei  miei  esemplari,  ed  è  questo  il  solo  carattere  si¬ 
stematicamente  importante  che  io  devo  lasciare  indefinito. 

Verso  la  parte  posteriore  della  ventosa  si  trovano  due 
uncini  relativamente  grossi  e  di  forma  diversa  dalla  nor¬ 
male;  essi  ricordano  piuttosto  quelli  delle  Tenie,  presen¬ 
tando  un  lungo  manico  ed  una  lama  fortemente  incurvata 
(tig.  D);  la  loro  lunghezza  è  di  0mmT2. 

L’interno  organamento  del  corpo  non  si  scosta  dal  nor¬ 
male  per  notevoli  particolarità,  eccetto  che  per  la  disposi¬ 
zione  dei  vitellogeni,  che  è  molto  caratteristica. 

Come  appare  dall’unita  figura,  i  vitellogeni,  sotto  forma 
di  numerosissime  e  minute  macchie  brunastre ,  sono  am¬ 
massati  verso  i  margini  del  corpo  in  due  zone  che  si  riu¬ 
niscono  posteriormente,  rientrando  per  un  buon  tratto  verso 
il  centro,  e  accompagnando  quindi  la  profonda  insenatura 
della  parte  posteriore  del  corpo.  11  limite  interno  di  queste 
zone  dei  vitellogeni  è  percorso  dai  vitellodotti  e  dai  tron¬ 
chi  primarii  dell’intestino.  Questo  dà  luogo  a  numerose  ra¬ 
mificazioni  dirette  verso  i  margini  del  corpo,  e  s’inizia  con 
una  grossa  faringe  situata  poco  al  disotto  delle  ventose 
anteriori. 

Immediatamente  a  destra  della  faringe  (guardando  dal 
lato  ventrale)  è  ben  visibile,  anche  a  debole  ingrandimento, 
la  tasca  del  pene,  a  cui  fa  seguito  il  deferente,  che  con 
molteplici  anse  si  spinge  fino  alla  parte  centrale  del  corpo, 
occupata  dai  numerosi  testicoli.  Sono  invece  pochissimo  evi¬ 
denti  gli  organi  femminili  ,  la  cui  disposizione  non  ho  po¬ 
tuto  infatti  delineare  (eccetto  i  vitellogeni  sopra  descritti';. 

Tra  la  faringe  e  le  ventose  anteriori,  si  possono  scorgere, 
a  forte  ingrandimento,  quattro  piccolissime  macchie  oculari, 


4 

disposte  come  se  fossero  sui  vertici  di  un  trapezio  con  la 
base  in  basso. 

Dal  complesso  della  descrizione  ora  data  appaiono  ab¬ 
bastanza  evidenti  le  caratteristiche  della  nuova  specie,  che 
denomino  Tristomum  Perugiai.  in  ricordo  del  compianto 
zoologo  amico,  Sig.  Alberto  Perugia,  ben  noto  agii  elmin- 
tologi  per  gli  studi  fatti  col  prof.  Paronà  sopra  i  Trematodi 
ectoparassiti. 

Tuttavia  credo  qui  opportuno  l’aggiungere  un  breve  rie¬ 
pilogo  sistematico  sui  Tristomi,  e  un  particolareggiato  raf¬ 
fronto  tra  la  nuova  specie  e  le  altre  congeneri,  sopratutto 
perchè  parecchie  di  queste  sono  tuttora  pressoché  scono¬ 
sciute. 

Tenuto  conto  delle  sinonimie  già  stabilite  (D,  il  genere 
Tristomum  comprende  le  seguenti  specie:  T.  coccineum 
Cuv.  (18.17),  T.  maculatum  Rud.  (1819).  T.  papillosum 
Dies.  (1836),  T.  molae  Em.  Blanchard  (1847),  T.  squali 
Em.  Blanchard  (1847),  T.  lieve  Verril  (1875?),  T.  cornuturn 
Verrill  (1875?),  T.  pelamydis  Tasch.  (1878),  T.  uncinatimi 
Montic.  (1889),  T.  interruptum  Mont.  (1891),  T.  Levinseni 
Monti  (1891),  T .  histiophori  Bell  (1891),  T.  sinuatum  Goto 
(1894),  T.  ovale  Goto  (1894),  T.  rotundum  Goto  (1894),  T. 
foliaceum  Goto  1894),  T.  Nozawae  Goto  (1894),  T.  bipa- 
rasiticum  Goto  (1894). 

Per  la  maggior  parte  di  tali  forme  non  può  mettersi  in 
dubbio  l’entità  specifica,  ma  per  alcune  è  più  o  meno  in¬ 
certa  o  anche  del  tutto  negabile,  ed  è  specialmente  di  que¬ 
ste  che  io  devo  parlare. 

11  T.  laeve  e  il  T.  cornuturn.  descritti  dal  Verrill  fino 
dal  1875  (2),  in  una  pubblicatone  che  non  ho  potuto  con¬ 
sultare  finora  (come  non  poterono  prima  di  me  altri  au¬ 
tori)  (3),  sono  le  specie  meno  conosciute;  tuttavia  mi  è  le-' (*) 


(*)  T.  integrimi  Dies  (—  T.  coccineum  Cuv.)  —  T.  B lancila r di  Dies. 
{—  T,  squali  Em.  Blanchard).  —  T ,  rudolphianum  Dies.  =  T.  aculea- 
tum  Couch.  =  T.  celiala  Risso  .==  T.  molae  Em.  Blanchard/. 

(2)  Benché  le  indicazioni  che  ho  trovato  per  il  lavoro  del  Verrill  non 
ispecifiehino  la  data,  credo  che  sia  del  1875.  perchè  il  decimo  volume  della 
terza  serie  del  relativo  periodico  (American  Journal  of  Science)  fu  pub¬ 
blicato  in  quell’anno,  ed  è  poco  probabile  che  si  tratti  invece  di  altra  serie. 

(3)  F.  S.  Monticelli,  Intorno  ad  alcuni  elminti  del  Museo  zool.  di ■  Pa- 


cito,  per  indirette  osservazioni,  argomentare  che  esse  devono 
distinguersi  dal  T.  Perugiai. 

Riguardo  al  T.  laeve  mi  è  arrivato  in  buon  punto  un 
recente  lavoro  del  Linton,  con  una  breve  descrizione  e  due 
schematiche  figure  di  un  Trematode  riferito  dall’autore  al 
T.  laeve  del  Verri  1  (]).  La  forma  discoidale  di  questo  Tri¬ 
stoma  e  la  rilevante  grandezza  della  sua  ventosa  posteriore 
bastano  a  distinguerlo  con  sicurezza  dalla  mia  specie. 

Quanto  al  T.  cornutum  devo  limitarmi  ad  osservare  che 
il  suo  nome  specifico  non  può  certamente  attribuirsi  ad  al¬ 
tro  carattere  che  alla  presenza  di  due  cornetti  tra  le  ven¬ 
tose  anteriori,  simili  a  quelli  del  T.  papillosum  Dies.,  ben 
disegnati  dal  Monticelli  (2)  ;  e  questi  cornetti,  più  o  meno 
visibili  anche  in  altri  Tristomidi,  mancano  assolutamente 
nel  T.  Perugiai. 

Due  altre  specie  pochissimo  note  finora  sono  il  T.  in- 
terruptum  e  il  T.  Lemmeni ,  indicati  dal  Monticelli  nel 
1891.  con  qualche  semplice  cenno  descrittivo  e  col  disegno 
di  qualche  dettaglio  del  corpo  (3).  Sono  però  riuscito  a  to¬ 
gliermi  ogni  dubbio  anche  riguardo  alla  distinzione  tra 
queste  specie  e  la  mia.  Ho  notato  anzitutto  che  gli  uncini 
della  ventosa  posteriore  del  T.  interruptuni  sono  ben  di¬ 
versi  da  quelli  del  T.  Perugiai .  e  che  nel  T.  Levinseni 
non  esistono  affatto;  ma  non  fidandomi  di  questo  solo  ca¬ 
rattere  differenziale  ho  anche  mostrato  direttamente  al  prof. 
Monticelli  gli  esemplari  del  T.  Perugiai ,  e  mi  è  stata 
confermata  la  distinzione  di  questa  specie  da  quelle. 

A  proposito  del  T.  Levinseni  e  del  T.  interruptum 
dirò  che  tali  forme,  sebbene  insufficientemente  descritte, 
sono  senza  dubbio,  per  l’indiscutibile  autorità  del  Monti- 
celli,  da  ritenersi  come  specie  distinte  da  tutte  quelle  prima 
conosciute;  ma  dopo  la  recente  pubblicazione  del  Seitaro 


lermo  Natur.  Sicil.,  XII,  p.  5  (estratto),  Palermo,  1893.  —  G.  Saint-Remy, 
Synopsis  des  Trématodes  monogénèses.  Revue  biol,  du  Nord  de  la  France, 
IV,  p.  22  (estratto),  Lille,  1892. 

(')  E.  Linton,  Notes  on  Trematode  parasites  of  Fishes ,  Proceed.  U.  S. 
National  Museum.  XX,  p.  509,  pi.  XI,  fìg.  7-8,  Washington,  1898. 

(“)  F.  S.  Monticelli,  Di  alcuni  organi  di  tatto  nei  Tristomidi .  Boll. 
Soc.  dei  natur.,  V,  tav,  V,  fìg.  1,  Napoli,  1891. 

(3)  Loco  citato ,  p.  122-123,  tav,  VI.  fìg,  17,  19,  21. 


6 

Goto  sui  Trematocìi  ectoparassiti  dei  pesci  giapponesi  ( loco 
cit è  lecito  sospettare  che  il  T.  interruptum  sia  identi¬ 
ficabile  con  qualcuna  delle  nuove  specie  del  Goto,  la  maggior 
parte  delle  quali  presentano  pure  un  eptagono  irregolare 
nella  ventosa  posteriore,  con  due  uncini  di  variabile  forma. 

Tale  osservazione  può  anche  valere  per  il  T.  histiopliori 
descritto  dal  Bell  nel  1891  in  una  noticina  di  poche  righe, 
non  accompagnata  da  figure  (Q.  Ma  in  questo  caso  l’iden¬ 
tificazione  con  una  specie  del  Goto  è,  secondo  me ,  proba¬ 
bilissima;  tutti  i  caratteri  indicati  per  il  T.  histiopliori 
coincidono  cosi  perfettamente  con  quelli  del  T.  foliaceurn 
Goto ,  che  possono  bastare  a  stabilire  un’  identificazione, 
quantunque  manchino  parecchi  dati  per  completare  il  con¬ 
fronto.  Le  dimensioni  del  T.  histiopliori  variano  tra  10,nm5 
e  15mm  in  lunghezza,  tra  10mm  e  12mm  in  larghezza;  il  T. 
foliaceurn  è  lungo  13mm  e  largo  12;  il  primo  è  sprovvisto 
di  corpuscoli  marginali,  e  ne  è  pure  sprovvisto  il  secondo; 
il  primo  ha  la  ventosa  posteriore  che  sporge  di  un  terzo 
del  proprio  diametro  oltre  il  margine  posteriore  del  corpo, 
e  questo  notevole  carattere  si  riscontra  precisamente  nel 
secondo;  il  primo  finalmente  è  stato  trovato  in  un  Histio 
phorus ,  e  il  secondo  aneli’ esso. 

Quanto  al  confronto  con  il  T.  Perugini,  mi  basta  ricor¬ 
dare  la  presenza  dei  corpuscoli  marginali,  la  forma  allun¬ 
gata  del  corpo  ,  e  le  piccole  dimensioni  di  questa  specie, 
per  farla  distinguere  con  certezza  dal  T.  foliaceurn  e  dal 
T.  histiopliori. 

Tra  le  nuove  specie  descritte  dal  Goto  ve  n’  è  un’  altra 
ancora  che  può  dar  luogo  a  sinonimia:  è  il  T.  rotundum 
che  io  credo  identificabile  al  notissimo  T.  coccineum.  E  in 
realtà  ron  è  sfuggita  al  Goto  medesimo  la  somiglianza  tra 
queste  due  forme,  e  se  egli  si  è  deciso  a  separarle  fu  uni¬ 
camente  per  qualche  lieve  differenza  nei  caratteri  degli 
uncini  (2).  Ma  poiché  la  coincidenza  è  quasi  perfetta  in  tutti 
gli  altri  caratteri,  non  mi  sembra  giustificata  la  decisione 
dello  zoologo  giapponese. 

(4)  F.  Jeffrey  Bell,  De  script  ion  of  a  new  species  of  Tristomm  from 
Histiophorus  brevirostris.  Annals.  and  Magaz.  of  naturai  history,  (6;,  VII, 
p.  534-535,  London,  1891. 

(2)  S.  Goto,  loco  citato .  p.  247, 


Ad  ogni  modo,  tanto  per  queste  forme,  quanto  per  tutte 
le  altre  su  cui  non  faccio  particolari  discussioni ,  perchè 
troppo  note ,  il  confronto  col  T.  Perugiai  mostra  le  più 
evidenti  disparità.  Trascurando  i  caratteri  differenziativi 
secondari ,  o  quelli  che  non  possono  estendersi  a  tutte  le 
specie,  osserverò  soltanto  che  il  T.  Perugiai  può  facil¬ 
mente  distinguersi  da  ogni  altro  Tristoma  ,  per  la  forma 
generale  del  corpo,  per  le  ridottissime  dimensioni  della  ven¬ 
tosa  posteriore ,  per  la  forma  dei  grossi  uncini  e  dei  cor¬ 
puscoli  marginali ,  per  la  singolare  disposizione  dei  vitel- 
logeni  nella  parte  posteriore  del  corpo. 

Le  notevoli  particolarità  di  tutti  questi  caratteri  sono  già 
state  messe  in  evidenza  nella  descrizione  della  specie. 


Archives  de  Parasitologie ,  Tome  I.er,  N.  2,  1898. 


'nova,  Tip.  Cim  ili  ago ,  1898, 


DI  ZOOLOGIA  E  ANATOMIA  COMPARATA 

DELLA  E.  UNIVERSITÀ  DI  GENOVA 


l 


N.°  66.  1898. 

Corrado  Parona 

La  Pesca  Marittima  in  Liguria. 

CAPITOLO  1. 

Condizioni  attuali  della  pesca  marittima  in  Liguria . 

§  1.  Diligenti  studi  eseguiti  da  persone  competenti  sulle 
condizioni  naturali,  tecniche,  od  economiche  della  pesca  in 
Italia,  a  dire  il  vero,  non  sono  mai  mancati,  e  le  Autorità 
non  tralasciarono,  con  lodevole  intento  e  con  svariati  mezzi, 
di  sostenere  questo  ramo  importantissimo  dell’economia  di 
un  paese  che,  circondato  da  tanto  mare,  dovrebbe  offrire 
inesauribile  ricchezza. 


Nota.  La  Presidenza  della  Società  crede  oppor  tuno ,  per  ogni  riguardo, 
ricordare  1’  origine  del  presente  lavoro  e  spiegare  il  ritardo  frapposto  alla 
sua  pubblicazione. 

Con  lettera  15  luglio  18%,  il  presidente  del  Congresso  internazionale  di 
pesca  marittima  a  Sables  d’Olonne  (Vendée)  sollecitava  la  Società  Ligustica 
a  voler  in  qualche  modo  partecipare  ai  lavori  del  Congresso.  Desiderosa  di 
corrispondere  all’onorevole  invito,  la  Presidenza  della  Società  si  rivolse  al 
chiarissimo  prof.  Corrado  Parona,  chiedendo  a  lui,  come  socio  del  Sodalizio 
e  membro  della  Commissione  per  la  pesca  nel  compartimento  marittimo  di 
Genova,  se  poteva  presentare  qualche  suo  lavoro  al  Congresso;  al  che  egli, 
con  sollecitudine  rispose,  redigendo,  ad  onta  del  breve  tempo,  una  estesa 
Relazione  sulla  pesca  in  Liguria,  che  spediva  il  26  agosto  successivo  al 
Congresso.  Il  lavoro  non  fu  stampato  nei  Comptes  Rendns,  fuorché  in  un 
brevissimo  sunto,  che  non  vale  a  dare  un’idea  dell’insieme;  e  siccome,  per 
quante  premure  si  siano  fatte,  non  si  potè  avere  di  ritorno  il  manoscritto, 
il  prof.  Parona,  in  base  ai  suoi  appunti,  si  accinse  a  redigere  nuovamente 
la  Relazione,  essendo  desiderio  di  parecchi  soci,  eh’ essa  fosse  presentata 
alla  Società.  Dinanzi  alla  quale  fu  letta  infatti  nella  seduta  dell’8  novem¬ 
bre,  ma  ragioni  d’ indole  diversa  ne  ritardarono  poi  la  stampa. 

Genova,  Giugno  1898. 


La  Presidenza. 


4 


Punto  di  partenza  per  trattare  un  argomento  quale  è 
quello  che  mi  prefiggo  colla  presente  Relazione  «  Sulla 
pesca  marittima  nella  Liguria  »  sono  senza  dubbio  le 
pubblicazioni  fatte  a  cura  del  Ministero  di  Agricoltura,  In¬ 
dustria  e  Commercio  [Annali  del  Ministero  di  Agricoltura, 
Industria  e  Comm.,  La  pesca  in  Italia;  Documenti ,  ecc. 
Genova,  Roma  1872  (in  poi)]  per  preparare  gli  elementi  indi¬ 
spensabili  ad  un  progetto  di  leggi  sopra  la  pesca;  progetto 
che  in  appresso  venne  approvato  e  che  è  tuttora  in  vigore 
nelle  sue  linee  generali. 

§  2.  Innanzi  tutto  è  necessario  ricordare,  come  le  difficoltà 
per  raccògliere  le  notizie  ed  i  documenti  fondamentali  per 
poter  fondare  una  attendibile  e  veritiera  relazione,  sulle 
condizioni  della  pesca  di  una  qualsiasi  regione,  sono  sem¬ 
pre  e  dovunque  diffìcili  e  talora  impossibili,  perchè  il  farne 
ricerca,  o  semplice  domanda  urta  contro  un’infinità  di  in¬ 
teressi  speciali,  o  generali,  contro  sospetti,  contro  idee  pre¬ 
concette  ,  che  rendono  frustranee  tutte  le  cure  ,  e  diremo 
anche  tutti  gli  artificii  di  chi  con  veste  ufficiale  o  anche 
privatamente  tenta  procurarsi  indicazioni  in  argomento. 

Esaminando  i  Prospetti  riassuntivi  della  pesca  in  Italia 
che  il  Ministero  va  pubblicando,  si  arguirebbe  che  la  pro¬ 
duzione  annua  in  quintali  di  pesci  fosse  molto  alta  e  quindi 
raggiungesse  somma  vistosa;  ma  tali  cifre,  se  pure  rap¬ 
presentano  la  prova  di  una  raccolta  diligente  di  dati,  non 
indicano  in  modo  sicuro  la  reale  produzione  del  nostro  mare. 

Per  convincersene  basterebbe  osservare  come  tutti  i  rap¬ 
porti  che  sono  inviati  al  Ministero  per  vie  ufficiali,  indi¬ 
stintamente  affermano  essere  dovunque  poverissima  la  pesca 
e  miserrime  le  condizioni  dei  pescatori. 

Ogni  tentativo  che  si  faccia  per  assumere  informazioni 
relativamente  alla  pesca,  credo  doverlo  ripetere,  fallisce 
costantemente  innanzi  al  timore,  spesso  infondato,  che  tosto 
sorge  in  chi  potrebbe  fornirle,  sospettando  esso  che  ogni 
domanda,  nasconda  propositi,  da  parte  del  governo,  di  vo¬ 
ler  aggravare  l’interessato  con  nuove  tasse.  Quindi,  la 
maggior  parte  delle  persone  ,  che  potrebbero  dare  diluci¬ 
dazioni  attendibili  e  sicure,  sono  concordi  nel  non  rispon¬ 
dere  o  nel  falsare  il  vero  stato  della  questione. 

Persuasi  da  lunga  esperienza  di  questo  fatto,  poco  cal- 


colo  si  può  fare  sopra  qualsiasi  statistica  o  relazione  che 
le  Autorità  giungono  a  compilare  con  rapporti  annuali,  ap¬ 
punto  perchè  riesce  impossibile  raccogliere  i  dati  neces¬ 
sari,  principalmente  là  dove  le  condizioni  della  pesca  sono 
poco  o  punto  floride. 

Forse  vi  potrebbe  riuscire  chi,  avendo  relazioni  amiche¬ 
voli  colle  persone  di  mare  di  una  determinata  località,  con 
pazienza  e  circospezione,  avesse  a  raccogliere  tutte  le  pos¬ 
sibili  informazioni,  le  controllasse  ;  ed  in  base  ad  esse  pre¬ 
sentasse  la  vera  statistica  del  movimento  peschereccio  della 
regione,  Ciò  è  probabilmente  impossibile  per  ragioni  facili 
a  comprendersi ,  ed  è  quindi  giuocoforza  accontentarsi  dei 
documenti  ufficiali,  forse  incerti,  che  per  altro  ci  potranno 
servire  ad  indicare  lo  stato  della  pesca  nel  nostro  litorale. 

§  3.  La  scarsi!  à  del  pesce  nel  mare  ligustico  è  un  fatto 
pur  troppo  da  tutti  riconosciuto  e  da  lungo  tempo  lamen¬ 
tato. 

Il  litorale  adriatico,  le  spiaggie  poco  lontane  di  Livorno 
e  di  Nizza,  le  coste  della  Sardegna  e  della  Corsica,  sem¬ 
pre  abbondanti  di  pesce,  fanno  contrasto  colle  rive  liguri, 
ove  numerosi  ed  arditi  pescatori,  mentre  forse  essi  stessi 
concorsero  alla  propria  rovina,  rimpiangono  i  tempi  mi¬ 
gliori  trascorsi,  ed  attestano  colla  loro  miseria  e  col  re¬ 
carsi  altrove,  in  cerca  di  avvenire  meno  sconfortante,  il  pro¬ 
gressivo  e  continuo  diminuire  della  pesca  nel  nostro  mare. 

E  questo,  come  si  disse,  non  è  cosa  recente ,  giacché  si 
hanno  documenti  di  tempi  più  o  meno  remoti,  i  quali  ac¬ 
cennano  e  lamentano  tale  penuria ,  tantoché  governo  ed 
interessati  se  ne  impensierirono  non  poco.  Lo  dimostrano 
infatti  le  gride  ed  i  decreti,  stati  banditi  in  differenti  epo¬ 
che,  specialmente  per  impedire  la  pesca  con  quegli  attrezzi 
che  recavano  danni  esiziali  alla  pesca.  Fra  i  documenti, 
che  furono  pubblicati  negli  Annali  sopra  citati  (x)  dal  Mi- 


(l)  Annali  cit,,  Relazione  sitila  pesca  nel  Compartimento  marittimo  di 
Genova,  voi.  I,  parte  I,  pag.  46  e  seg;.,  1875. 

Ecco,  fra  i  molti,  alcuni  esempi: 

Grida  colla  quale  si  proibiva  la  pesca  con  reti  spesse,  bronzini,  gangani 
e  tartanoni  napoletani,  emanata  il  19  agosto  1749  dal  Magistrato  de’  Pro¬ 
visori  delle  Galee  della  Ser.ma  Repubblica  di  Genova  (1.  cit.  p.  48). 

Relazione  del  sig.  Luigi  Lineili  aH’Ecc.ma  Giunta  della  Marina  riguardo 


6 


nistero  di  Agricoltura,  Industria  e  Commercio,  si  riportano 
alquanti  decreti  interessanti,  e  di  data  non  recente,  che  si 
riferiscono  appunto  alla  Liguria. 

§  4.  La  causa  di  siffatto  impoverimento  non  è  unica  nè 
è  sempre  facile  a  riscontrarsi. 

Una  fra  le  principali,  confermata  da  non  pochi,  è  senza 
dubbio,  bisogna  confessarlo,  la  inosservanza  delle  disposi¬ 
zioni  e  regolamenti  in  vigore  tutelanti  la  pesca,  nonché  la 
insufficienza  delle  medesime.  Spesso  è  la  eccessiva  indul¬ 
genza,  od  anche  la  negligenza  di  chi  dovrebbe  attentamente 
sorvegliare,  onde  le  prescrizioni  delle  Autorità  venissero 
rispettate.  Ciò  risulta  ad  evidenza  da  numerose  testimo¬ 
nianze  e  dai  frequenti  decreti  che  le  Autorità  marittime, 
amministrative  e  perfino  municipali  furono  obbligate  ad 
emanare  tratto  tratto  per  impedire  gli  abusi  e  le  infrazioni, 
che  vanno  sempre  a  danno  della  pesca  e  ad  esclusivo  van¬ 
taggio  di  pochi  sfruttatori. 

Questi  lamenti ,  per  altro  ,  si  potrebbero  estendere  non 
solo  al  nostro  litorale  ligustico,  ma  a  molte  altre  regioni 
italiane  e  forestiere,  giacché  dovunque  si  tenta  di  eludere 
le  leggi  che  tendono  a  limitare  l’ingordigia  di  quanti  pen¬ 
sano  all’  utile  dell’  oggi  e  loro  proprio  e  non  alla  conse¬ 
guente  miseria  del  domani. 

Io  ritengo  invece  che  vi  concorra  un  altro  e  più  potente 
agente  ,  che  però  mi  limito  ad  accennare  ,  mancandomi  i 
dati  scientifici  indispensabili  per  trattarlo  estesamente  e 
come  si  conviene.  Sarebbero  le  condizioni  biologiche  del 
mare  ligure,  indubbiamente  differenti  da  quelle  degli  altri 


la  penuria  del  pesce  di  questa  Città,  stata  letta  il  18  novembre  1746  ai  Se¬ 
renissimi  Collegi  (1.  cit.,  p.  56). 

Altro  decreto  ai  provvisori  delle  Galee,  richiamante  in  vigore  le  gride 
degli  anni  1706,  1724,  1749  e  1766,  che  proibisce  la  pesca  con  reti  spesse, 
bronzini,  gangani,  tramagli  fìtti,  ecc.,  e  si  indicano  le  pene  tanto  pei  con¬ 
travventori  ,  quanto  per  quelli  che  avessero  avuto  interessi  per  siffatte 
pesche  (1.  cit.,  pag.  62). 

Legge  (7  dicembre  1779)  riguardante  la  Gabella  ed  il  nuovo  metodo  nella 
vendita  dei  pesci.  Questa  legge  fu  suggerita  considerando  «  la  scarsezza 
del  pesce  che  da  lungo  tempo  si  sperimenta  in  questa  capitale,  ecc.  ».  Si 
stabiliscono  cinque  qualità  di  pesci  e  per  ciascuna  se  ne  fìssa  il  prezzo  di 
Gabella;  si  danno  le  norme  per  la  vendita  nella  pescheria  pubblica,  detta 
la  Chiappa,  sulla  disposizione  dei  banchi,  sul  dazio,  ecc.  (1.  cit.  p.  66  e  seg.). 


7 


mari,  ove  abbonda  il  pesce,  come  lo  dimostrano,  fra  altro, 
i  fondi  marini  che  sono  poverissimi  di  gusci  di  foramini- 
fere  e  di  molluschi. 

§  5.  La  disposizione  delle  coste  a  seni  od  aperte;  la  qua¬ 
lità  dei  fondi  e  quindi  la  ricchezza  e  varietà  della  vegeta¬ 
zione  marina;  le  varie  profondità;  le  correnti  e  loro  dire¬ 
zione;  la  tranquillità  o  meno  delle  acque;  i  deflussi  fluviali 
e  gli  inquinamenti,  ecc.,  sono  tutti  fattori  influentissimi  alla 
prosperità  dei  pesci;  sia  per  allettare  a  soffermarvisi  quelli 
migranti,  sia  per  trattenere  e  far  sviluppare  in  copia  i  se¬ 
dentari  i. 

Queste  condizioni,  che  nel  caso  nostro  pur  troppo  deb¬ 
bono  essere  sfavorevoli ,  hanno  valore  ben  maggiore  che 
non  tutte  le  altre  cause  ritenute  contrarie  airaccrescimento 
del  pesce,  perchè  queste  ultime,  se  anche  esistono,  sono 
o  temporanee,  o  affatto  localizzate. 

Non  è  quindi  il  caso  di  ricordare  la  pesca  colla  dina¬ 
mite  ,  che  ,  essendo  proibita  dalla  legge  ,  se  la  si  pratica, 
come  pur  troppo  avviene  di  sovente  ed  in  molti  luoghi ,  è 
per  colpa  degli  agenti  e  della  sorveglianza  insufficiente. 

Cosi  pure  è  da  indicarsi  per  incidenza,  altra  pretesa  causa 
di  impoverimento  della  pesca,  radicata  però  nell’opinione 
dei  pescatori  e  dei  non  pescatori ,  e  cioè  Y  aumento  sensi¬ 
bile  lungo  le  coste  dei  delfìni  e  l’azione  loro  distruggitrice. 

Infatti  è  convinzione  che  in  questi  ultimi  tempi  sia  note¬ 
volmente  cresciuto  il  numero  dei  delfìni  presso  le  coste, 
desumendolo  principalmente  dai  gravi  danni  che  arrecano 
alle  reti. 

«  Per  questa  ragione,  dice  il  Barone  (*),  si  assiste  in  Li¬ 
guria  ad  una  dolorosa  continua  riduzione  dèi  numero  dei 
proprietarii  di  reti  fìsse,  e  parallelamente  pure,  ad  una  ri¬ 
duzione  nel  numero  degli  stabilimenti  che  lavorano  a  pre¬ 
parare  e  conservare  il  pesce  e  quei  che  rimangono  ,  re¬ 
stringono  di  continuo  le  loro  operazioni ,  riducono  il  per¬ 
sonale,  studiano  sempre  nuove  economie  e  lottano  quotidia¬ 
namente  col  fallimento.  Dove  si  arresterà  questa  decadenza, 
questa  rovina  anzi,  della  nostra  industria  nazionale  di  pesca 


(l)  Barone  G. ,  Modificazioni  delle  abitudini  del  Delfino  comune  osser¬ 
vate  in  Liguria,  ecc.:  Neptunia,  Pesca  ed  Acquicultura,  voi.  X,  n.  11,  13  14. 


marittima?  Non  vogliamo  prevederlo.  Certo  non  è  il  delfino 
la  sola  causa  di  questo  miserando  stato  di  cose,  ma  ne  è 
certo  uno  degli  elementi  capitali;  certamente  poi  è  esso 
la  fonte  del  maggior  scoraggiamento  che  abbia  invaso  i 
nostri  pescatori  ». 

E  questa  una  questione  molto  dibattuta  e  che  troviamo, 
riguardo  al  mare  Ligure,  menzionata  in  remoti  documenti, 
e  che  ancora  recentemente  fu  argomento  di  reclami  per¬ 
venuti  alllAutorità  da  diverse  parti.  Senza  dubbio  i  pesca¬ 
tori  ne  sono  allarmati ,  e  parecchie  volte  richiesero  aiuto, 
suggerendone  anche  i  mezzi  i  più  disparati. 

Pochi  anni  or  sono,  lo  scrivente  fu  interpellato  relativa¬ 
mente  ad  una  domanda  fatta  dai  pescatori  di  Alassio  al  Mi¬ 
nistero,  colla  quale  si  chiedeva  che  qualche  nave  torpediniera 
venisse  adibita  a  dar  caccia  ai  delfìni ,  che  in  frotte  fre¬ 
quentavano  quelle  acque.  Aggiungerò  che  allora  procurai 
di  dimostrare  come,  conosciuti  i  costumi  di  siffatti  cetacei, 
tale  impiego  non  era  adatto  a  distruggere,  ma  neppur  a 
far  diminuire  il  numero  dei  delfìni  (1). 

§  6.  Il  litorale  della  Liguria,  che  corre  dal  confine  fran¬ 
cese  ad  Ovest  fino  alla  Magra  ad  Est,  abbraccia  un  largo 
spazio  di  mare,  nel  quale  se  la  fauna  ittiologica  è  svaria¬ 
tissima,  dal  lato  della  pescosità,  ossia  nel  quantitativo  delle 
specie  mangereccie ,  è  molto  infelice  ;  tanto  che  l’ antico 
detto  «  mare  senza  pesci  »  è  una  dolorosa  verità. 

La  pesca  marittima  dal  1870  (epoca  dalla  quale  datano 
documenti  attendibili)  ad  oggi,  nel  golfo  di  Genova,  non  subì 
notevoli  variazioni;  e  quindi  trovasi  generalmente  in  uno 
stato  sconfortante. 

Alcune  località  però  sarebbero  da  considerarsi  come  ec¬ 
cezionali  e  meritano  qualche  menzione.  Infatti  qua  e  là  lungo 
le  riviere  liguri,  incontransi  alcuni  posti  in  cui,  sia  per  la 
peculiarità  dei  seni  e  dei  fondi,  sia  per  altre  condizioni, 
risultano  relativamente  pescose.  Tali  luoghi  privilegiati  sa¬ 
rebbero  :  il  golfo  della  Spezia  ed  in  special  modo  Porto 
Venere  e  Lerici ,  Sestri  levante,  Santa  Margherita,  Porto- 
fino,  Camogli,  Porto  Maurizio  e  pochi  altri.  Ivi  si  nota  perciò 
un  discreto  movimento,  tanto  per  la  pesca  in  luogo,  quanto (*) 


(*)  Lettera  al  Ministro  di  Agricoltura,  Ind,  e  Comm.,  27  luglio  1893. 


9 


per  la  pesca  che  vien  praticata  sopra  altre  coste.  Ciò  in 
particolare  per  la  raccolta  dei  corallo  nei  fondi  di  Barbe¬ 
ria,  della  Sicilia  e  della  Sardegna.  Anche  i  litorali  della 
Corsica  e  della  Francia  sono  annualmente  visitate  da  barche 
peschereccie  provenienti  dalla  Liguria. 

Vedremo  in  capitoli  speciali  quale  e  quanto  sia  questo 
movimento  nelle  singole  località,  che  consideransi  le  mi¬ 
gliori  in  riguardo  alla  pesca  marittima. 

CAPITOLO  li. 

Reti  ed  ordigni  da  pesca  adoperati  in  Liguria. 


§  7.  Per  la  pesca  marittima  in  Liguria  si  usano  in  ge¬ 
nerale  diverse  sorta  di  reti;  che  per  altro,  siccome  avviene 
pei  pesci  e  pei  modi  di  pesca,  da  luogo  a  luogo  prendono 
denominazioni  dialettali  differenti,  che  non  è  facile  indicare 
in  modo  completo. 

Sono  adoperate  principalmente: 

Sciabica:  (Genov. :  Sciàbega ,  sabegaì.  Reti  per  la  pesca 
dei  bianchetti  ed  altro  pesce  minuto,  che  si  calano  a  semi¬ 
cerchio  e  si  tirano  nelle  grandi  spiaggie  a  fondo  arenoso. 

Sciabegotto :  attrezzo  più  piccolo  del  precedente,  ma  con 
fascie  laterali  più  strette  e  più  corte,  e  colle  corde  più  lun¬ 
ghe,  che  viene  tratto  sopra  fondi  misti  (arena  e  fango)  da 
un  solo  battello  tenuto  all’ àncora  in  senso  trasversale,  e 
che  serve  per  la  pesca  della  fregaggia,  o  mescolanza  (ani¬ 
mali  sempre  di  piccole  dimensioni,  ma  superiori  però  a 
quelle  dei  bianchetti  e  risultante  da  specie  numerose  di 
pesci,  di  molluschi  e  talvolta  anche  di  crostacei).  Lo  scia¬ 
begotto  di  Rapallo  vien  chiamato  Gurin  a  Portofino. 

Reti  da  Paranzelle  :  Formanti  un  sacco  di  quattro  metri 
di  lunghezza,  a  maglie  strette  di  pochi  millimetri  nel  loro 
fondo.  Detto  sacco  porta  ali,  lunghe  20  metri,  alte  1,50  m. 
e  che  hanno  maglie  gradatamente  più  larghe  da  1  a  10  cm. 
Queste  reti  vengono  tirate  da  due  barche  di  conserva.  In 
Toscana  chiamatisi  Martingane. 

Tartanone,  rastrello,  bronzino  (Genov.:  Tartannon,  rastelo. 
Camogli  Rissoletta).  Sono  reti  dal  più  al  meno  somiglianti 


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allo  sc.iabegotto,  più  forti  e  pesanti  delle  reti  da  paranzella, 
e  la  loro  denominazione  varia  da  paese  a  paese,  e  non  per 
differenza  di  loro  struttura. 

Gangano;  gangaro  (Genov.:  gàngao,  gangano).  Detto  altresì 
Vangajuola,  è  un  gran  sacco  senza  fascie  laterali,  o  brac¬ 
cia,  a  Atte  maglieria  cui  bocca  è  guarnita  all’intorno  da  un 
cerchio  di  ferro  ripiegato  a  modo  della  bocca  di  un  forno.  Yi 
si  attacca  una  forte  corda  e  viene  tirato,  sopra  fondo  bianco, 
da  un  battello  a  vela;  talvolta  funziona  anche  sopra  fondi 
algosi,  manovrato  da  un  battello  all’àncora;  nel  qual  ultimo 
caso  serve  quasi  esclusivamente  per  la  pesca  dei  gamberi. 

Draga  :  E  consimile  al  gangano ,  e  sarebbe  come  una 
grande  sciabica:  adoperasi  a  preferenza  per  la  pesca  delle 
ostriche  in  fondo  fangoso.  Allora  la  parte  del  cerchio  di 
ferro  che  rasenta  il  fondo  è  provvisto  di  denti,  o  punte. 

§  8.  Gli  altri  arnesi  da  pesca  che  dire  si  potrebbero  di 
agguato  o  di  inganno  (  mentre  i  precedenti  sarebbero  di 
violenza  e  tutti  più  o  meno  da  proibirsi  in  determinate 
epoche  dell’anno)  sarebbero: 

Tonnare,  fVladraga,  SVlandraga  (Genov.:  Tonnaea).  In  Liguria 
come  diremo,  non  raggiungono  mai  le  dimensioni  di  quelle 
delle  vere  tonnare,  però  sono  al  tutto  simili  a  quelle. 

Hìugginare  (Genov.:  Muzinaea,  Muséa),  reti  a  maglia  spes¬ 
sissima,  di  forte  costruzione,  quadrate,  da  17  a  18  metri 
per  lato,  e  colle  maglie  larghe  2,  a  3  centim.  Si  calano 
all’imboccatura  dei  seni,  o  dei  porti  per  cogliere  i  muggini. 
Si  alzano  rapidamente  quando  vi  passa  sopra  uno  sciame 
di  pesci.  Qualche  volta  vi  si  prendono  anche  dei  tonni. 

Rezzòla  (Genov.:  Coppi).  Sarebbero  piccole  mugginare  che 
si  distendono  fra  due  imbarcazioni  e  si  alzano  rapidamente 
di  tempo  in  tempo.  Il  pesce  è  attratto  sopra  la  rete  da  esca 
che  si  sparge  sull’acqua.  La  rete  porta  nel  centro  un  sac¬ 
chetto,  in  cui  va  a  raccogliersi  il  pesce  nell’  alzata. 

lanate,  Panasele  (Genov.  -  Manata,  Sardenea).  Rete  com¬ 
posta  da  pezzi  rettangolari  lunga  da  50  a  150  metri,  alta 
12  e  con  maglie  di  2  a  3  centim  Al  di  sopra  viene  soste¬ 
nuta  da  galleggianti  in  sughero  ed  in  basso  è  tenuta  da 
pesi  di  piombo.  Calata  all’ imbrunire ,  si  salpa  al  mattino, 
e  serve  alla  pesca  delle  alici  e  delle  sardelle,  stendendola 
tanto  al  largo  che  a  poca  distanza  dalle  spiaggie. 


li 


Tramagli,  tremagli  (Genov.:  trémagi).  Reti  composte  da  tre 
teli  di  reti  sovrapposti  l’un  l’altro,  e  che  si  dispongono  lungo 
le  coste  e  tra  gli  scogli.  Lunghe  circa  90  metri,  sono  alte 
8  ed  hanno  maglie  di  3  centi m. 

Cheniara;  Crognolajo  (Genov.:  Chaenà,  Choenéa):  piccola 
rete  a  maglia  fittissima.  Messa  a  posto,  il  pesce  vi  viene 
spinto  contro  dai  pescatori  col  battere  sull’  acqua  al  din¬ 
torno.  Serve  per  la  pesca  delle  Aterine  (Chèunao). 

Bogare  (Genov.  Boghaea):  Rete  lunghissima  simile  ai  tre¬ 
magli ,  ma  con  maglie  larghe  circa  2  V2  centim. ,  con  cui 
si  pigliano  le  boghe,  donde  il  nome. 

Racchiare  ;  reti  chiare  (Genov.:  Rissée,  Ròcce,  ricèa). 
Sono  specie  di  tremagli,  ma  ad  una  sola  maglia,  dei  quali 
hanno  le  dimensioni,  con  maglie  di  20  centim.,  e  servono 
alla  pesca  degli  scomberoidi,  dei  pagelli,  delle  occhiate, 
delle  boghe,  ecc. 

Sparviero  (Genov.:  Ressaggio,  Rensagio).  Rete  a  largo 
cono,  con  maglie  piti  0  meno  fitte  e  con  piombi  al  margine. 
Gettata  in  acqua  si  distende,  scende  rapidamente,  e  copre 
largo  tratto  di  mare. 

Bestinare  (Genov.:  bestinée)  forti  reti  a  maglie  grandi 
appostate  pei  pesci  di  grosse  dimensioni. 

Retaccie  (Genov.:  redasse,  ridasse)  sarebbero  semplice- 
mente  dei  fasci  di  vecchie  reti  sdruscite,  e  legate  ad  una 
fune,  che  si  adoperano  per  la  pesca  dei  ricci  di  mare,  del 
corallo,  ecc.,  passandole  e  ripassandole  sugli  scogli. 

Palamiti  (Genov.:  Paamiti):  Corde  sottili  che  portano  nu¬ 
merosi  ami,  distribuite,  a  circa  tre  metri  l’uria  dall’altra, 
sopra  una  corda  comune. 

Lenze  all’amo;  non  differiscono  da  quelle  in  uso  nelle  va¬ 
rie  parti  d’ Italia  ed  anche  altrove. 

Fiocina;  non  è  molto  adoperata. 

Arpone  (Genov.:  Fugao).  Per  cetacei  e  grossi  pesci. 

Nasse  :  Se  ne  farebbe  uso  molto  limitato. 

Fra  gli  attrezzi  speciali  da  pesca  non  manca  l’Ingegno, 
che,  come  ognun  sa,  serve  esclusivamente  per  la  raccolta 
del  corallo. 

Specchio;  polpare.  seppiare  e  calamiera:  in  molte  località 
in  grande  uso. 

Questi  vari  congegni  da  pesca,  che  per  la  maggior  parte 


12 


sono  a  reti,  si  potrebbero  anche  distinguere  in  reti  a  mano , 
reti  fisse ,  e  reti  a  strascico. 

§  9.  Alle  reti  a  mano  sarebbero  da  aggiungersi  quelle 
che  in  dialetto  genovese  chiarnansi  Salai .  piccoli  sarchi , 
a  maglia  più  o  meno  fìtta ,  montati  sopra  un  cerchio  di 
ferro,  e  con  manico  di  lunghezza  variabile.  Si  usano  per 
prendere  gamberi,  seppie,  piccoli  pesciolini  od  altri  animali. 
Taluni  di  questi  retini  hanno  lungo  manico  ed  un  robusto 
rastrello  all’apertura,  e  sono  utili  per  raccogliere  ostriche 
od  arselle. 

Alle  reti  fìsse  spettano  pure  quelle  comuni  che  si  ado¬ 
perano  sulle  spiaggie  aperte  e  senza  scogli.  Sono  formate 
da  un  gran  sacco,  largo  8  a  12  metri,  con  maglie  larghe 
un  centim. ,  e  con  due  fascie  laterali  di  lunghezza  varia¬ 
bili,  alte  3,  4  metri  ed  a  maglie  larghe  circa  8  centim. 
Queste  reti  si  dispongono  a  semicerchio,  col  mezzo  di  bat¬ 
telli  ,  in  guisa  che  abbracciano  un  gran  tratto  di  mare. 
Vengono  poi  tratte  a  terra  mediante  lunghe  funi  attaccate 
alle  estremità  delle  fascie  laterali.  Con  esse  si  prendono  pesci 
di  molte  sorta:  triglie,  sogliole,  sarghi,  pagelli,  e  special- 
mente  sardelle  ed  acciughe;  e  sono  in  uso  sopratutto  sulle 
spiaggie  libere  di  Rapallo,  di  Sampierdarena,  di  Cornigliano, 
di  Sestri  Ponente,  di  Varazze,  di  Vado,  ecc. 

Alle  fìsse  spettano  pure  le  già  menzionate;  mugginare, 
coppi,  manate,  tramagli,  tonnare,  recchiare,  bronzini,  scia- 
begotti,  bugare,  ecc. 

Le  reti  a  strascico  più  comuni  sono  infine  quelle  delle 
paranzelle,  il  tartanone,  le  rissuole,  i  gangani,  i  rastrelli 
e  draghe,  le  sciabiche,  o  reti  da  bianchetti,  e  le  retaccie. 

§  10.  Le  reti  a  strascico  (da  paranze),  che  in  ogni  tempo 
furono  di  grande  uso,  vennero  pur  sempre  vivamente  osteg¬ 
giate  ,  ed  il  loro  impiego  da  alcuno  verrebbe  bandito ,  da 
altri  ritenuto  se  non  innocuo,  almeno  tollerabile. 

Consultando  i  documenti  nostri  per  la  pesca  troviamo 
frequentemente,  ed  in  particolare  per  la  Liguria  (L),  discus- 


(9  Non  so  trattenermi  dal  riportare  un  interessantissimo  brano  relativo 
alla  pesca  colle  refi  da  paranzelle  del  nostro  Spallanzani,  il  quale  pure 
biasimò  tale  metodo  di  pesca  ed  ebbe  occasione  di  constatarne  i  danni  pre¬ 
cisamente  fra  noi ,  nel  Golfo  di  Spezia. 

«  Un  simile  rovinoso  e  barbaro  guasto  nel  pesce,  l’ho  io  veduto  in  qual- 


13 

sioni  e  deliberazioni  favorevoli  o  contrarie  al  loro  uso;  a 
seconda  della  prevalenza  che  avevano  i  pareri  delle  per¬ 
sone  di  scienza,  o  quelle  di  altre,  i  di  cui  interessi  venivano 
ad  essere  lesi. 

Meritevole  d’attenzione  fu  il  dibattito  sull’argomento,  e 
le  discussioni  che  trovansi  raccolte  negli  Atti  della  Com¬ 
missione  consultiva  per  la  pesca  (Annali  del  Ministero  di 
Agric.  Ind.  e  Comm.  cit.  n.  31),  ove  sono  esposti  i  pareri 
dei  Commissarii  non  solo,  ma  anche  di  scienziati  italiani 
e  stranieri,  quali  il  Bellotti,  il  Pavesi,  il  Mòbius,  il  Leu- 
ckart,  il  Perugia,  l’Issel,  l’Aradas,  il  Day,  il  Ninni,  il  Lutken, 
lo  Steindachner  ,  il  Collet,  il  Gasco,  ecc. ,  nonché  rapporti 
delle  Capitanerie  e  delle  delegazioni  delle  varie  regioni 
marittime  italiane ,  di  giunte  municipali ,  di  impresari  e 
di  pescatori,  pareri  che,  sebbene  non  tutti  concordi,  resero 


che  altra  parte  del  Mediterraneo,  e  segnatamente  in  faccia  a  Portovenere 
del  Genovesato,  dove  fassi  la  pescagione  con  le  bilancelle.  Sono  due  ba¬ 
stimenti  corredati  di  un’ampia  vela  latina,  posti  a  qualche  distanza  l’uno 
di  riscontro  all’altro,  ai  quali  mediante  due  grossi  canapi  è  affidata  una 
rete  di  prodigiosa  estensione ,  che  arriva  fino  al  fondo  del  mare  ;  e  picco¬ 
lissimi  essendo  i  suoi  vani,  avviluppa  e  dentro  serra  i  pesci  d’ ogni  gran¬ 
dezza,  nell’atto  che  è  trascinata  dall’impeto  delle  bilancelle,  cagionato  da 
quello  de’  venti,  giacché  senza  di  essi  non  può  intraprendersi  tal  pesca¬ 
gione.  Quando  nelle  estive  nostre  vacanze  del  1783  mi  occupai  nei  contorni 
di  Portovenere  delle  ricerche  di  quelli  indigeni  animali  marini ,  de’  quali 
in  seguito  pubblicai  un  Saggio  nella  Società  italiana ,  ben  dieci  o  dodici 
volte  intervenni  a  tale  pescagione,  per  esser  favorevole  a’  miei  disegni ,  e 
vidi  che  oltre  che  ai  pesci  grandi  o  mezzani  se  ne  prendeva  una  immen¬ 
sità  di  minutissimi,  che  per  non  servire  allo  smercio,  si  gettavano  in  mare, 
ma  già  morti  e  mezzo  logori,  per  la  fregagione  sofferta  attorno  alla  rete; 
e  toccai  con  mano  il  grave  danno  che  ne  veniva  alla  pesca  del  pesce, 
mandandone  a  male  tante  migliaia  di  immaturi.  Vero  è  che  mi  venne  ri¬ 
ferito  esservi  una  legge  in  Genova  che  proibisce  quest’uso,  o,  a  dir  meglio, 
questo  abuso  delle  bilancelle.  Ma  io  non  seppi  persuadermene  in  veggendo 
che  ogni  anno  ne  escono  le  tre  e  le  quattro  paja  dal  Golfo  di  Spezia,  e  met- 
tonsi  ne’  giorni  estivi  in  alto  mare  per  tale  pescagione.  Inoltre  il  Podestà 
del  luogo,  che,  vegliando  tal  legge,  dovrebbe  impedire  a’  marinai  questo 
dannevolissimo  peschereccio  esercizio,  non  è  difficile  ad  accordarlo,  previa 
una  somma  di  danaro  che  gli  vien  data,  oltre  ad  alleggerire  ogni  giorno 
del  pesce  più  grosso  le  bilancelle,  liberandole  così  dal  timore  che  pel  so¬ 
verchio  peso  affondar  si  potessero  ». 

L.  Spallanzani,  Viaggi  alle  due  Sicilie,  ecc.,  tomo  3,  pag.  86-87  (Edi¬ 
zione  1826). 


14 


però  ben  seria  la  discussione  sull’  impiego  delle  reti  a 
strascico. 

Per  la  Liguria  i  reclami  e  le  osservazioni  che  erano  state 
fatte  in  proposito  vengono  riassunte  nel  modo  seguente:  . 

A  Varazze,  Savona  e  Noli  molte  famiglie,  le  quali  vivono 
sul  prodotto  della  pesca  con  sciabiche  tirate  da  terra,  sa¬ 
rebbero  ridotte  all’estrema  miseria  colla  rigorosa  applica¬ 
zione  dell’  art.  16  del  nuovo  regolamento  (  vietante  le  reti 
a  strascico). 

Il  Capitano  di  porto  di  Genova  è  d’avviso  che  tale  pesca, 
possa  permettersi ,  se  praticata  non  al  di  là  di  300  metri 
dal  lido  e  soltanto  sopra  fondi  uniti. 

I  pescatori  di  Spezia,  di  Chiavari,  Rapallo,  Portofino  e 
Santa  Margherita  chiedono  l’abolizione,  o  modificazione  del- 
l’ articolo  16,  la  cui  attuazione  li  ridurrebbe  alla  miseria. 

1  pescatori  di  Lavagna ,  Sestri  Levante  ,  Riomaggiore  , 
Monterosso,  Portovenere,  S.  Terenzio  e  Perici  invocano  la 
modifica  dell’art.  16,  onde  non  essere  ridotti  alla  più  squal¬ 
lida  miseria. 

Anche  qui  il  Capitano  di  porto  di  Genova  consiglia  di 
dare  il  permesso  libero  per  le  reti  a  strascico,  tirate  a  mano 
da  terra,  o  con  piccole  barche;  e  della  medesima  opinione 
sarebbero  stati  pure  i  professori  Issel  e  Gasco  dallo  stesso 
interpellati,  (pag.  31-32,  Atti  cit.  n.  31). 

In  conseguenza  di  tutto  questo  la  risposta  al  quesito  sulla 
pesca  colle  reti  a  strascico,  fu  espressa  nel  modo  seguente: 
«  Urge  provvedere  a  tante  centinaia  di  pescatori,  trovando 
il  modo,  senza  ledere  lo  spirito  della  legge,  di  non  togliere 
loro  il  mezzo  di  campare  la  vita  ». 

La  questione  fu  vivamente  dibattuta  ed  ebbe  varia  for¬ 
tuna.  L’accordo  non  fu  veramente  troppo  completo  fra  gli 
scienziati,  mentre  lo  era  fra  i  pescatori  direttamente  inte¬ 
ressati.  Era  per  altro  naturale  che  vi  fosse  decisa  opposi¬ 
zione  fra  i  primi  ed  i  secondi:  ed  ancora  in  oggi ,  non  si 
può  dire  che  siasi  ottenuta  una  risoluzione,  nè  a  vantaggio 
della  prosperità  dei  pesci,  nè  all’interesse  del  ceto  dei  pe¬ 
scatori,  sempre  in  condizioni  non  liete. 

Ed  ancora  negli  ultimi  passati  anni,  presso  la  Commis¬ 
sione  consultiva  per  la  pesca ,  ritornò  la  grave  questione, 
per  parte  dei  pescatori  di  Gaeta  e  di  quelli  di  Catania  che 


15 


proponevano  l’ingrandimento  della  maglia  alle  reti  a  stra¬ 
scico  (1).  Così  pure  nel  1895  la  predetta  Commissione  di¬ 
scuteva  sullo  stesso  argomento ,  in  seguito  a  ricorsi  ed  a 
reclami  dei  pescatori  di  Terrasi  (Castellamare  del  Golfo) , 
di  Livorno,  di  Formia  (Gaeta)  e  di  Termini  Imerese  (2).  E 
per  ultimo,  or  sono  due  anni,  il  Kleinenberg  intratteneva  la 
Commissione  citata,  intorno  ad  esperimenti  relativi  alla 
pesca  a  strascico  nelle  zone  riservate  di  mare,  in  base  ai 
quali  veniva  presentata  al  Governo  la  seguente  proposta: 

«  La  Commissione,  plaudendo  all’iniziativa  presa  dal  Go¬ 
verno  coll’istituire  zone  di  esperimento  nel  mare  di  Termini 
e  di  Castellamare  in  Sicilia  ;  considerando  che  la  grande 
varietà  delle  condizioni  idrografiche  e  biologiche  in  diversi 
punti  del  litorale  non  permettono  di  generalizzare  i  risul¬ 
tati  delle  esperienze  nelle  accennate  località,  è  di  parere 
che  convenga  stabilire  quel  numero  che  sarà  giudicato  suf¬ 
ficiente  di  tali  campi  marini  riservati  sulle  coste  del  con¬ 
tinente  o  delle  isole  »  (3). 

Dopo  tutto  questo,  sperando  che  il  Ministero  avrà  accolta 
favorevolmente  la  proposta  per  istituire  esperimenti  in  prova 
del  danno  per  l’uso  delle  reti  a  strascico,  è  a  credersi  che 
potrà  essere  risolta  felicemente  l’inesauribile  questione. 

CAPITOLO  III. 

Materiale  di  pesca  e  pescatori  in  Liguria. 

§  11.  Se  difficoltà  non  lievi  si  incontrarono  nella  tratta¬ 
zione  degli  argomenti  finora  svolti,  ben  maggiori  sono  quelle 
che  si  riferiscono  alla  flotta  ed  all’equipaggio  addetto  alla 
pesca.  L’impossibilità  di  avere  indicazioni  esatte,  siccome 
già  si  disse,  tanto  dai  pescatori  quanto  dai  privati,  la  poca 
attendibilità  che  per  note  ragioni  hanno  le  statistiche  uffi¬ 
ciali  ,  basate  sempre  sopra  affrettate  e  non  genuine  infor¬ 
mazioni  ,  persuadono  che  è  necessità  vagare  nell’  ignoto, 
quando  non  sia  nel  falso. 


(1)  Cf*  Annali  di  Agricolt.  1893.  Atti  della  Commissione  consultiva  per 
la  pesca;  Aprile  1893,  pag.  56-69. 

(2)  Id.  Id.  Giugno,  1895;  pag,  42-63. 

(3)  Id.  Id.  Dicembre  1896,  pag.  25-51. 


16 


Volendo  pur  tuttavia  dare  un’idea  della  condizione  attuale 
del  materiale  e  dei  pescatori,  trascrivo,  per  poterne  fare  un 
confronto  coi  prospetti  che  presenterò  in  seguito,  lo  stato  dei 
pescatori  e  del  materiale,  come  era  registrato  nel  1872.  (V. 
Annali  cit.  Documenti  per  la  pesca  in  Italia,  voi.  I,  parte  3, 
pag.  333  e  seg.)  pei  compartimenti  di  pesca  della  Liguria. 

Pesca  limitata  del  pesce. 
l.a  Categoria:  Barche  da  0  a  5  tonnellate. 


Numero  dei  pescatori . 870 

»  delle  barche  o  battelli  .  .  377 

Tonnellaggio . 1376 

Valore  medio  delle  barche  o  battelli  .  .  L.  200.34 

»  complessivo . »  75,528.18 

Reti  da  pesca  (sciabiche,  rastelli,  ma¬ 
nate,  retichiare,  gangani ,  rnuggi- 
nare,  tremaggi,  bogare,  sciabigotti, 

rissuole,  bronzino) . 696 

Valore  medio  per  ogni  rete . »  213.47 


»  delle  reti  necessarie  per  una  barca  »  426.55 

»  complessivo . .  »  148,575.12 

»  medio  degli  attrezzi  e  ordini  non 

comprese  le  reti  (vele,  funi,  remi, 
ancorotti)  per  ogni  barca  ...»  18.49 

»  complessivo  per  tutte  le  barche  .  »  6,068.98 

Pesca  illimitata  del  pesce. 

2.a  Categoria:  Barche  da  6  a  10  tonnellate. 


Numero  dei  pescatori . 126 

»  delle  barche . 21 

Tonnellaggio . 126 

Valore  medio  delle  barche . L.  300. — 

»  complessivo . »  6,300. — 

Reti  (manate  per  acciughe)  ....  21 

Valore  medio  di  ogni  rete . »  100. — 

»  delle  reti  portate  da  una  barca.  .  »  1,200.— 

»  complessivo . »  25,200. — 

»  degli  attrezzi  non  comprese  le  reti 

per  ogni  barca . »  60. — 

»  complessivo  ..........  1,260. — 


Prospetto  A. 


z 

Compartimenti 

marittimi 

tirate  da  paranzelle  ,  o  bilancelle 

Numero 

delle  barche 

Numero 

dei  pescatori 

V  alore 

delle  barche 

Valore 

degli 

attrezzi 

Prodotto 

della  pesca 

V  alore 

Numero 

delle  barche 

Porto  Maurizio 

1  _ 

59 

Savona  .... 

— 

— 

— . 

— 

_ 

33 

s 

Genova  .... 

18 

81 

25,400  i 

13,100 

22,000 

169 

oc 

Spezia  .... 

32 

274 

36,000 

16,000 

90,500 

46 

totale 

50 

355 

61,400 

29,100 

Ot 

o 

o 

307 

Porto  Maurizio  . 

2 

13 

1.500 

1.500  i 

600 

62 

Indicazione  e  risultato  dei  diversi  melodi  usali  nei  compartimenti  della  Liguria  per  la  Pesca  del  Pesce  durante  il  settennio  1890-96 


: 

1  (YiMI'AHTI, MUNTI 

Pesca  Con  reti  a  strascico 

Palamiti 

■il 

Lenze  ed  ami 

Pesca  colla  fiocina 

Pesca  con  nasse 

tirate  da  paranzelle ,  o  bilancelle 

tirate  da  battelli  isolali 

tirate  a  mano  da  terra 

il 

0'l 

i~  |f| 

JJJ 

Ili 

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1 

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1 

E“  : 

18  .si 

32  1  274 

'j. 

90,500 

l 

5  8]000 

4  26,960 

14,000 

74,56(5 

123,890 

| 

306 

977 

11,000  :  24.200 
35.050  !  68,650 
25,270  73.885 

12,620  1  58,334 

49,440 

106,000 

107.000 

150,400 

ì 

86 

166 

2,801 

3,435 

7!  100 
6,150 

9,600 

113 

109 

322 

434 

354 

358 

!  21*585 

30.581 

19,800 

12.200 

j  65,200 

28 

47 

46 

% 
i  126 

j  3,940 

4*eoH: 

I  5.220 

!  'Ss 

1  2,305  1 
■  5,600  ! 

3.600 

400 

53 

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206  1  4 
84  !  2 

99  j  5,460 

52  1.600 

70  16,745 

31  7,997 

392 

5.182 

2,000 

300 

61,600 

16,800 

11 

1  a 

lì 

625 

*610 

550 

« 

200 

!  200 

20 

24 

40 

49 

1,985 

1  |'045 

80  ! 
» 

4,200 

50  355 

61.400  29.1U0 

112,500 

, 

1.439  85,037 

1-40.676 

2:16,600 

362 

3,525 

83,940  |  225.069 

412.840 

6,635 

,4.460 

,7.400 

4.0 

,.468 

|  81,125 

135,849 

122,300 

,36 

!  17'265 

10,050 

359  |  8 

52  31,802 

6,388 

80.700 

38 

100 

1  2.985 

308 

4,000 

69 

148 

1  6,980 

1,973 

7,100 

I 

spS”  : 

2 

36 

219 

236 

42.800  I  64.000 
43,350  21.990 

600 

74.000 

1 13.024 

62  ! 
159  1 

298  j  12,980 

67  9  2ÌÌ990 
241  |  22,830 

14,250 

18,47(1 

19,646 

59.850 

23.850 
117,160 

39,596 

62 

1  72^ 
590 

11 

21,100 

28.239 

104,820 

149*040 

21 

S9 

1,800 

950 

5.201) 

2.000 

6,400 

120 

102 

490 

358 

i  14. OSO 

i  21. *90 

1  23.420 

39Ì490 

.36,700 

155,500 

|  235*760 

| 

119 

131 

3,970 

4Ì590 

2,675  1 
4.090 

4'«o 

21  | 

82  4,100  226  1,219 

57  j  2,000  ■  292  1,750 

37  11,730  1,519  18,825 

58  8,240  917  17,355 

10 

19 

34 

1  14 

625  ‘  72  260 

500  'sò  2^632 

20  48 

1  i  3 
13  10 

|  20  41 

*400 

810 

1,970 

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303  |  734  26,070  j  2,954  39,149 

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i  67 

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22  ,  12,160  ,  6,739  20,075 

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226,813 

315  | 

2,769 

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37  1  104  5,610  ;  7,890 

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11  .  22  ,  1,220 

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63.540 

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15,881 

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1,840  j 

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145,200 

1 

185,759 

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281  677  J  20,000 

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47,775  119,290 

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122  * 

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!  604 

4,087 

88 

257 

10.608  1 

3,5-5  | 

17,060 

(')  «“auto  riguarda  la  pesca  del  tonuo  verrà  esposto  nel  relativo  capitolo. 


e  il  seti 


Pes 

- miti 

ti: 


i 


Numero 
dei  pescatori 

1 

Valore 

degli 

attrezzi 

284' 

1,565 

1.751 

580 

786' 

2,305 

1941 

5,600 

1,439' 

10,050 

_ 

17 


§  12.  Varcherei  i  limiti  prefissimi  pel  presente  scritto,  e 
non  direi  cose  molto  interessanti,  se  esponessi  lo  stato  an¬ 
nuale  della  pesca  marittima  dall’epoca  dalla  quale  datano 
i  prospetti  sopra  trascritti  fino  ad  oggi.  Credo  meglio  e 
più  semplice  presentare  in  un  quadro  (vedi  Prospetto  A)  le 
variazioni  che  offrirono  in  Liguria  i  differenti  sistemi  di 
pesca  del  pesce,  nella  serie  di  anni  dal  1890  al  1896,  de¬ 
sumendole  da  pubblicazione  ufficiale  f1)  ;  il  che  varrà  a 
dare  in  succinto  una  idea  della  potenza  della  flotta  e  del- 
P  equipaggio  di  pesca ,  nonché  del  valore  e  del  prodotto  ; 
complesso  di  cifre  e  di  dati  da  non  considerarsi  in  modo 
assoluto,  ma  molto  relativo. 

§  13.  Dalle  cifre ,  che  si  sono  trascritte ,  risulta  che  nel 
periodo  di  tempo  dal  1890  al  1896,  il  numero  delle  barche 
addette  alla  pesca  nella  Liguria,  oscillò  dalle  1680  (anno 
1892)  alle  1876  (anno  1896),  colla  differenza  di  190  fra  le 
due  somme  ;  che  il  numero  dei  pescatori  variò  da  6,932 
(anno  1892),  a  9,158  (anno  1896)  colla  differenza  di  2226. 
Queste  cifre  sono  quindi  ben  superiori  a  quelle  che  erano 
state  indicate  per  l’anno  1870,  quando  per  la  pesca  eranvi 
soltanto  425  barche,  montate  da  754  pescatori. 

È  il  1896  l’anno  che  presentò  il  massimo,  mentre  fu  il 
1892  quello  che  segnò  il  minimo  per  la  pesca,  con  propor¬ 
zionali  oscillazioni  tanto  nei  valori  impiegati  per  le  barche, 
che  per  gli  attrezzi,  ecc.,  e  quindi  anche  nel  valore,  e  nel 
guadagno;  per  altro  mai  molto  lauto. 

CAPITOLO  IV. 

Pesca  in  generale  e  pesche  speciali. 

§  14.  La  pesca  nella  Liguria ,  come  è  anche  per  quella 
delle  altre  coste  marittime,  si  può  distinguere  in  generale, 
estesa  cioè  a  tutte  le  specie  di  pesci ,  ed  in  speciale  o  li¬ 
mitata  a  determinati  pesci  ed  altri  animali  marini. 


f1)  Sulle  condizioni  della  marina  mercantile  italiana  —  Relazioni  an¬ 
nuali  della  Direzione  generale  della  marina  mercantile  per  gli  anni  1890- 
1-92-93-94-95-96;  Capitolo  Pesca. 


18 


La'  prima ,  che  vien  praticata  colla  maggior  parte  delle 
reti  note,  si  riferisce  alla  caccia  di  pesci  d’ogni  sorta  non 
soltanto,  ma  anche  contemporaneamente  a  molluschi ,  cro¬ 
stacei  ed  altri  animali  mangerecci  o  non,  e  le  distinzioni 
si  riferirebbero  piuttosto  alle  dimensioni  maggiori  o  minori 
del  pesce,  che  non  alle  differenze  di  specie. 

La  seconda,  o  pesca  speciale,  è  quella  che  riguarda  de¬ 
terminate  sorta  di  prede,  pesci  di  una  sola  specie:  (tonni, 
muggini ,  alici,  sardine)  oppure  crostacei,  o  molluschi,  od 
ancora  animali  non  commestibili,  ma  che  ponno  riescine 
utili  all’uomo  per  altre  loro  proprietà  (corallo,  spugne).  Per 
questa  si  richiedono  reti  speciali  e  talora  anche  pescatori 
addestrati  all'uno  od  all’altro  genere;  costituendo  vere  spe¬ 
cialità  di  pesche;  e  delle  quali  ci  occuperemo  paratamente 
più  innanzi. 

La  pesca  così  detta  generale  è  naturalmente  anche  la 
più  diffusa ,  anzi  è  quella  che  si  pratica  più  o  meno  atti¬ 
vamente  in  tutte  le  località  del  litorale;  siccome  quella  che 
si  può  effettuare,  tanto  in  modeste  proporzioni  e  quindi  con 
mezzi  limitali,  quanto  in  vasta  scala.  Le  pesche  speciali  in¬ 
vece  sono  per  solito  localizzate  a  determinati  posti,  riservate 
a  date  stagioni  dell’anno,  e  richiedono  l’impiego  di  attrezzi 
costosi,  di  flotta  ed  equipaggio  apposito,  ed  abbisognano 
quindi  di  mezzi  poderosi. 

§  15.  La  serie  di  animali  marini,  oggetto  di  pesca  nella 
Liguria,  per  poco  differenzia  da  quella  delle  altre  regioni 
italiane,  e  di  conseguenza  sappiamo  vi  appartengono  pochi 
animali  invertebrati,  mentre  la  grandissima  maggioranza 
spetta  ai  pesci,  trascurabili  essendo  le  pochissime  forme  di 
mammiferi  marini ,  che  mal  si  prestano  ad  una  pesca  re¬ 
golare  e  proficua.  Infatti  non  è  il  caso  di  parlare  nè  delle 
foche  nè  dei  delfini,  nè  degli  altri  grandi  pinnipedi  o  ce¬ 
tacei,  perchè  generalmente  non  commestibili. 

Degli  invertebrati  ci  occuperemo  in  una  parte  speciale, 
e  quindi  soltanto  ai  pesci  ora  rivolgeremo  l’ attenzione 
nostra. 

Volendo  farli  conoscere  e  nello  stesso  tempo  esser  brevi, 
non  troviamo  di  meglio  che  disporne  1’  elenco  in  un  ap¬ 
posito  prospetto,  corredandolo  con  note  relative  ai  nomi 
loro,  alla  frequenza,  alle  epoche  di  loro  comparsa,  al  va- 


19 


lore  commestibile  (J),  ed  anche  ad  alcuni  prezzi  che  si  pra¬ 
ticano  sul  mercato. 

Le  annotazioni  sono  desunte  dalle  osservazioni  state  fatte 
da  ittiologi  e  da  altri ,  ed  il  prospetto  è  in  parte  ricavato 
dagli  elenchi  dei  pesci  della  Liguria,  pubblicati  nel  1806  da 
Faujas-Saint-Fond  (2),  nel  1846  dal  prof.  Agostino  Sassi  (3), 
fondatore  della  classica  collezione  ittiologica  del  Museo  zoo¬ 
logico  dell’  Università  di  Genova,  e  dal  prof.  G.  Canestrini 
nel  1861.  Della  collezione  menzionata  naturalmente  mi  sono 
valso  in  modo  speciale  per  V  enumerazione  delle  specie 
di  pesci  del  mare  ligure.  La  frequenza  rispettivamente  se¬ 
gnata  non  è  assoluta,  ma  relativa  a  quella  che  si  riscon¬ 
tra  nel  mercato,  giacché  vi  sono  pesci  che  vivono  in  grande 
numero  di  individui  nel  nostro  mare  e  che  tuttavia  si  in¬ 
contrano  di  rado  sul  mercato,  perchè  non  commestibili,  o 
poco  ricercati. 

Procurai  aumentare  e  completarne  la  serie,  sia  riguardo 
al  numero  delle  specie  citate,  sia  pei  nomi  più  moderni 
scientifici,  italiani  e  dialettali.  Si  dovettero  pure  modificare 
le  categorie  di  qualità  commerciali  per  metterle  in  rapporto 
cogli  attuali  regolamenti  daziarii  della  cit!à. 

Per  ultimo  è  superfluo  accennare  come  i  prezzi  trascritti, 
sono  da  ritenersi  al  tutto  approssimativi  e  quindi  variabili 
in  limiti  molto  estesi,  per  ragioni  diverse  e  facilissime  a 
rintracciarsi  (stagioni,  giorni  di  magro,  stato  del  mare,  ri¬ 
chieste  straordinarie,  ecc.). 


(,l)  In  proposito  è  interessante,  per  le  notizie  curiose  ivi  registrate,  con¬ 
sultare  il  libro  di  Bartolomeo  Paschetta  :  Del  conservare  la  sanila  et  del 
vivere  dei  genovesi ,  Genova.  1602,  ove,  da  pag.  393  a  404,  tratta  dei  se¬ 
guenti  pesci:  Storione,  ombrina,  triglia,  orata,  occhiata,  luazzo,  dentale, 
tonno,  palamide,  cefalo  o  musalo,  anchioda ,  carpione,  trutta,  lampreda, 
anguilla,  luccio,  squalio,  barbo  e  tinca,  nonché  di  altri  animali,  con  note 
speciali  sul  loro  pregio  alimentare,  sapore,  e  modi  di  cucinarli. 

(2j  Annales  du  Museum  d' Hist.  natur.  t.  Vili,  Paris,  1806.  Lettre  a- 
dressée  à  M.  De  Lacepède,  sur  les  poissons  du  Golfe  de  la  Spezzia  et  de 
la  mer  de  Gènes. 

(3)  zn  in  Descrizione  di  Genova  e  del  Genovesato ,  voi.  I,:  Pesci,  p.  111- 
147,  1846. 


20 


Prospetto  delle  specie  più  importo i 


Nome  italiano 

Nome  scientifico 

Nome  veli 

Lampreda  marina . 

Petromyzon  marinus  Linn.  .  .  . 

Sussa-peixe;  li 

Cefalottera  del  Giorna;  Tavila 
cornuta . 

Dicerobatis  Giornae  Gunt.  .  .  . 

Pescio  vacca  i 

Miliobate  nottola;  Pesce  vescovo 

Myliobatis  noctula  Bonap.  .  .  . 

Pescio  oxello| 

Aquila  di  mare;  Aquilone.  .  . 

M.  aquila  Linn . 

Ferrassa;  Fej 

Trigone  pastinaca;  Ferraccia 

Trygon  pastinaca  Linn . 

Pescio  murci  ; 

T.  bracco;  Ferraccia  bruna  .  . 

T.  bracco  Bonap . 

son  de  fol 
Ferrassa  neigj 

T.  violacea . 

T.  violacea  Bonap . 

Ciuccio  neigrl 

Arzilla  chiodata;  A.  di  scoglio  . 

Dasybatis  clavata  Linn . 

Razza  spinosa! 

A.  macchiettata,  A.  d’arena  .  . 

D.  asterias  Bonap . 

R.  ròscinna  .  I 

Razza  falsavela . 

Raja  falsavela  Bonap . 

R.  storsicòa .  j| 

R.  baraccola  . 

R.  miraletus  Donov . 

R.  sféuggoenil 

R.  quattrocchi . 

R.  quadrimaculata  Risso  .... 

idem  u 

R.  marginata . 

R.  marginata  Lacép . 

Specie  de  sii 

Arzilla  rossina;  A.  d’arena  .  . 

R.  punctata  Risso . 

Raza  ròshihrJS 

Razza  bramante  ;  R.  pietrosa  . 

,  Leviraja  bramante  Sassi  (R.  bico- 

1 

lor  R.) . 

Razza  bramai! 

R.,  o  Arzilla  monaca  .... 

L.  oxyrhynchus  Bonap . ! 

R.  cappussin'l 

R.  bavosa;  R.  cappuccina.  .  . 

L.  macrorhynchus  Bonap.  .  .  .  j 

idem  1 

Torpedine;  Tremola  occhiatella. 

Torpedo  narce  Nardo . 

T.  Galvanii  Cuv.  (T.  marmorata)  . 

Tremoize;  B;| 

T.  del  Galvani . 

idem  < 

Squadrolino  pellenera;  Pesce  an¬ 

Pescio  àngeo 

gelo  . 

Squatina  angelus  Dum . 

S.  pellerossa . 

S.  oculata  Bonap . 

idem 

Ronco  spinoso . 

Echinorhinus  spinosus  Linn.  . 

Tacca  de  foni! 

Lemargo  musone . 

Lemargus  rostratus  Risso  .  .  . 

— 

Scinno  leccia;  Dalatia  sparofago 

Scymnus  lichia  Cuv . 

Neigra.  .  .  | 

Sagri  moretto;  Sagrino  .  .  .  j 

Spinax  niger  Bonap . 

Spiniiccio;  SfS 

Centroforo  granelloso  .  .  .  . 

Centrophorus  granulosus  Bloch  . 

Agòggión  de 

Spinarolo  imperiale;  Spinello  . 

Acanthias  vulgaris  Risso  .... 

A.  maccióu  . 

S.  comune . 

A.  Blainvilli  Risso . 

A.  rosso;  Agi) 

S.  uiato  ;  Palombo  zigrinato  .  . 

A.  uyatus  Bonap . 

A.  de  bocca  ! 

Centrina  porco . 

Centrina  Salviani  Risso  .... 

Pescio  porco! 

Pristiuro;  Scillo  boccanera  .  . 

Pristiurus  melanostomus  Bonap.  . 

Mojello;  Miiei 

Scillo  gattopardo . 

Scyllium  stellare  Linn . 

Gatto-bardo  .  : 

S.  gattuccio;  Gattaccio  .  .  . 

S.  canicula  Linn . 

Gattusso  .  . . 

Notidano  capo  piatto  .... 

Notidanus  griseus  Cuv . 

Pescio  m  uggì. 

Pesce  manzo,  Ettaneo,  Anciolo, 
Angiolo,  Lamiola  .... 

N.  cinereus  Cuv . 

Cagnolin;  Pei 

(l)  Avvertenze.  La  nomenclatura  scientifica,  la  sinonimia,  e  la  disposiz 
Nella  scritturazione  dei  nomi  in  vernacolo  mi  sono  valso  dei  vocabolari  del  Pagali 
zoologica ,  Genova  1857  —  Giovanni  Casaccia,  Dizionario  genovese-italiano ,  II  edizi| 

T  a  veapìo  pinoci  rii  rmnlitn  pnm  rn  AT'pinlA  fiirnnn  ricavate  dal  R.enerteriO  della  Tar\ 


one  delle  specie  ) 


Le  varie  classi  di  qualità  commerciale  furono  ricavate  dal  Repertorio  della  Tar ®l! 
municipale,  e  pubblicato  in  Genova  nel  1895. 


I  prezzi  segnati  mi  furono  comunicati  dai  signori  fratelli  Lupi  negozianti,  e  dai  sigi1 


21 


pesci  del  Mercato  di  Genova  f1). 


genovese 

Qualità 

commerc. 

Valore  commestibile,  frequenza  ed  epoca 

Prezzo 

!  approssimai 
al  Chilogr. 

I 

Classe 

Lire  e  Cent. 

|peixe  .  .  . 

3. 

non  frequente,  nè  si  mangia;  estate  .... 

— 

3. 

carne  non  buona;  molto  rara;  primavera,  estate 

— 

1 . 

3. 

carne  disgustosa;  frequente;  inverno  .... 

0,60—1,00 

1 . 

carne  ingrata;  non  molto  comune . 

— 

rassa;  Ferras- 

3. 

carne  non  stimata;  comunissimo;  inverno  .  . 

1,40  —  0,70 

3. 

carne  più  buona  della  preced.  ;  meno  comune  . 

1,40  —  0,70 

3. 

non  molto  rara . 

1,40  —  0,70 

xa  .  .  .  . 

3. 

carne  discreta;  frequente  tutto  l’anno  .  .  .  ; 

1,30—1,50 

non  molto  buona;  frequente;  estate . ! 

0,80—  — 

3. 

non  molto  abbondante;  primavera . 

0,80 - 

1 . j 

3. 

carne  non  cercata;  frequente;  primavera.  .  . 

0,80—  — 

. i 

3. 

non  molto  rara . 

0,80—  — 

3. 

carne  non  buona;  abbastanza  frequente  .  . 

0,80-  — 

òscinna  .  . 

1 

3. 

— 

0,80—  — 

:òn  .  .  .  .  j 

3.  ! 

non  frequente  ;  inverno,  primavera,,  estate  . 

0,60  —  0,80 

noròmora  .  . 

3. 

carne  non  cercata;  frequente;  tutto  l’anno  .  . 

1 ,00  —  1 ,50 

3. 

idem  idem 

0,80 - 

;  Battipotta  . 

3. 

idem  idem  tutto  l’anno  .  . 

0,80 - 

Gallinetta  . 

3.  j 

idem  idem  idem 

0,80  —  1,20 

• 

I 

2. 

idem  idem  autunno,  inverno 

0  ,80—  1,50 

2  | 

idem  idem  idem 

— 

3. 

carne  buona;  raro;  primavera,  estate  .... 

0,80—1,30 

— 

molto  raro . 

— 

3. 

carne  poco  buona;  estate . 

— 

Spinòlìn  .  . 

3. 

non  ha  pregio  alcuno;  estate . 

— 

ìigra  .  .  . 

3. 

non  raro . .  •  •  •  • 

0,50  —  0,80 

3. 

carne  buona,  è  il  migliore  tra  i  plagiostomi; 

primavera,  estate . 

— 

de  stampa  . 

3. 

meno  buono  del  precedente;  tutto  l'anno  .  . 

0,70  —  0,90 

Sagri  .  .  . 

3. 

carne  di  sapore  ingrato;  raro;  inverno  .  .  . 

— 

. 

3. 

non  viene  mangiato  ;  poco  frequente  .  .  .  . 

— 

i . 

3. 

carne  pessima  (scorticato ,  si  tenta  smerciarlo 

per  gatusso);  estate . 

— 

3. 

non  abbondante  ;  quasi  tutto  l’ anno  .... 

"Vi 

o 

i 

c 

3. 

carne  muschiata,  cattiva;  comune;  inverno  .  . 

— 

3. 

carne  non  buona;  pochi  individui  tutto  l’anno 

0,50  —  0,70 

e . 

1  3. 

j  carne  non  buona;  poco  frequente . 

— 

scritte  secondo  Giinther  (Alb.)  Catalogne  of  thè  Fishes  in  thè  Collect.  British  Museum. 
el  Casaccia  =  Angelo  Paganini,  Vocab.  domestico  genovese-italiano ,  con  uri  Appendice 
nova  1876. 

igria  del  Comune  di  Genova ,  compilato  dal  signor  E.  Ivaldi,  Direttore  dell’  Imposta 
[ancaleone  Borgioli  ed  Ercole  Maniero. 


20 


21 


Prospetto  delle  specie  più  importi 


Nome  italiano 


Lampreda  manna.  .  .  . 
Cefalottera  del  Giorna;  Tavila 

cornuta . 

Miliobate  nottola;  Pesce  vescovo 
Aquila  di  mare;  Aquilone.  . 
Trigone  pastinaca;  Ferraccia 

T.  brucco;  Ferraccia  bruna  . 

T.  violacea . 

Arzilla  chiodata;  A.  di  scoglio 
A.  macchiettata,  A.  d’arena  . 

Razza  falsavela . 

R.  baraccola  . 

R.  quattrocchi . 

R.  marginata . 

Arzilla  rossina;  A.  d’arena  . 
Razza  bramante  ;  R.  pietrosa 

R.,  o  Arzilla  monaca  .  .  . 

R.  bavosa;  R.  cappuccina.  . 
Torpedine;  Tremola  occhiatella 

T.  del  Galvani . 

Squadrolino  pellenera;  Pesce  an 


S.  pellerossa . 

Ronco  spinoso . 

Lemargo  musone  .... 
Scinno  leccia;  Dalatia  sparofago 
Sagri  moretto;  Sagrino  .  . 
Centroforo  granelloso  .  .  . 

Spinarolo  imperiale;  Spinello 

S.  comune . 

S.  uiato  ;  Palombo  zigrinato  . 

Centrina  porco . 

Pristiuro;  Scillo  boccanera  . 

Scillo  gattopardo . 

S.  gattuccio;  Gattaccio  .  . 
Notidano  capo  piatto  .  .  . 
Pesce  manzo,  Ettaneo,  Anciolo, 
Angiolo,  Lamiola  .  .  .  . 


Nome  scientifico 


Petromyzon  marinus  Linn. 

Dicerobatis  Giornae  Gunt. 
Myliobatis  noctula  Bonap. 

M.  aquila  Linn . 

Trygon  pastinaca  Linn.  . 


T.  brucco  Bonap . 

T.  violacea  Bonap . 

Dasybatis  clavata  Linn . 

D.  asterias  Bonap . 

Raja  falsavela  Bonap . 

R.  miraletus  Donov . 

R.  quadrimaculata  Risso  .  .  .  . 
R.  marginata  Lacép . 

R.  punctata  Risso . 

Leviraja  bramante  Sassi  (R.  bico- 

lor  R.) . 

L.  oxyrhynchus  Bonap . 

L.  macrorhynchus  Bonap.  .  .  . 

Torpedo  narce  Nardo . 

T.  Galvanii  Cuv.  (T.  marmorata) . 

Squatina  angelus  Dum . 

S.  oculata  Bonap . 

Echinorhinus  spinosus  Linn.  .  . 

Lemargus  rostratus  Risso  .  .  . 

Scymnus  lichia  Cuv . 

Spinax  niger  Bonap . 

Centrophorus  granulosus  Bloch  . 
Acanthias  vulgaris  Risso .  .  .  . 

A.  Blainvilli  Risso . 

A.  uyatus  Bonap . 

Centrina  Salviani  Risso  .  .  .  . 

Pristiurus  melanostomus  Bonap.  . 

Scyllium  stellare  Linn . 

S.  canicula  Linn . 

Notidanus  griseus  Cuv . 


N.  cinereus  Cuv. 


Nome 


Sussa-peixe; 


pesci  del  Mercato  di  Genova  (1). 


Razza  bramai 
R.  cappussinlu 


Pescio  àngeo 
idem 

Tacca  de  forni 

Neigra.  .  • 
Spin ùccio;  Spi 
Agoggión  del 
A.  maccióu  . 

A.  rosso;  Agus 
A.  de  bocca  « 
Pescio  porco 
Mojello;  Miiell 

Gatto-bardo . 
Gattusso  .  ■ 
Pescio  mùgg>° 

Cagnolin;  Pes( 


(*) 

Nella 


zoologica,  Genova  1857  —  Giovanni  Casaccia,  Dizionario  genovese-italiano ,  II  edizi®]  |F°Ya  J876. 

T-  — •  '•  -  •  -  •  -  -  -  -  ua  farti  r^a  del  Co 

I  prezzi  segnati  mi  furono  comunicati  dai  signori  fratelli  Lupi  negozianti,  e  dai  sig®(  Pancaleone  Borgioli  ed  Ercole  Mantero. 


genovese 

Qualità 

commerc. 

Valore  commestibile,  frequenza  ed  epoca 

Prezzo 
approssimat. 
al  Chilogr. 

Classe 

Lire  e  Cent. 

peixe  .  •  • 

3. 

non  frequente,  nè  si  mangia;  estate  .... 

•  - 

. 

3. 

carne  non  buona;  molto  rara;  primavera,  estate 

_ 

3. 

carne  disgustosa;  frequente;  inverno  .... 

0,60  — 1,00 

.... 

—  | 

carne  ingrata;  non  molto  comune . 

— 

Brassa:  Forras- 

3. 

carne  non  stimata;  comunissimo;  inverno  .  . 

1,40  —  0,70 

carne  più  buona  della  preced.;  meno  comune  . 

1,40  —  0,70 

3. 

non  molto  rara . 

1,40  —  0,70 

ffiaxa  .... 

3. 

carne  discreta;  frequente  tutto  l’anno  .  . 

1,30—1,50 

■ . i 

non  molto  buona;  frequente;  estate . 

0,80 - 

■ . 

non  molto  abbondante;  primavera . 

0,80 - 

1 

I . 

.  3. 

carne  non  cercata;  frequente;  primavera.  .  . 

0,80 - 

■ . 

3. 

non  molto  rara . 

0,80—  — 

la 

3. 

carne  non  buona;  abbastanza  frequente  .  .  . 

0,80-  — 

■òscinna  .  .  j 

3.  I 

— 

0,80 - 

ftzon  .... 

3. 

non  frequente;  inverno,  primavera,  estate  .  . 

0,60  —  0,80 

Inorómora  .  . 

3. 

carne  non  cercata;  frequente;  tutto  l’anno  .  . 

1,00—1,50 

3. 

idem  idem 

0,80 - 

1;  Battipotta  . 

3.  1 

idem  idem  tutto  l’anno  .  . 

0,80 - 

I  Gallinetta  . 

3.  ] 

idem  idem  idem 

0,80—1,20 

èo . 

2. 

idem  idem  autunno,  inverno 

0,80—  1,50 

2. 

idem  idem  idem 

— 

1  ’  ’ 

3. 

carne  buona;  raro;  primavera,  estate  .... 

0,80—1,30 

— 

molto  raro . 

— 

3. 

carne  poco  buona  ;  estate . 

— 

1  Spinolìn  .  . 

3. 

non  ha  pregio  alcuno;  estate . 

— 

|igra  .  .  . 

3. 

non  raro . •••*,• 

0,50  —  0,80 

3. 

carne  buona,  è  il  migliore  tra  i  plagiostomi; 

primavera,  estate . .  . 

■ — 

■  de  stampa  . 

3. 

meno  buono  del  precedente;  tutto  l’anno  .  . 

0,70  —  0,90 

■  Sagri  .  .  . 

3. 

carne  di  sapore  ingrato;  raro;  inverno  .  .  . 

— 

3. 

non  viene  mangiato  ;  poco  frequente  .  .  .  . 

— 

1 . 

3. 

carne  pessima  (scorticato ,  si  tenta  smerciarlo 

per  gatusso);  estate . 

- 

3. 

non  abbondante  ;  quasi  tutto  T  anno  .... 

0,70  —  0,90 

3. 

carne  muschiata,  cattiva;  comune;  inverno  .  . 

— 

3. 

carne  non  buona;  pochi  individui  tutto  l’anno 

0,50  —  0,70 

ve  .  . 

3. 

carne  non  buona;  poco  frequente . 

— 

Avvertenze.  La  nomenclatura  scientifica,  la  sinonimia,  e  la  disposizione  delle  specie*"  secondo  Gtìnther  (Alb.)  Catalogne  of  thè  Fishes  in  thè  Collect.  British 

Ila  scritturazione  dei  nomi  in  vernacolo  mi  sono  valso  dei  vocabolari  del  Pagamf^pasaccia  =  Angelo  Paganini,  Vocal.  domestico  genovese-italiano,  con  un  Appendice 


Le  varie  classi  di  qualità  commerciale  furono  ricavate  àTTeplrtorìT della  Ta4  rn®  de!'  Comune  di  Genova,  compilato  dal  signor  E.  Ivaldi,  Direttore  dell’Imposta 
municipale,  e  pubblicato  in  Genova  nel  1895. 


22 


Nome  italiano 

Nome  scientifico 

Nome  ve  • 

Aiopia  codalunga;  Volpe  di  mare 

Alopecias  vulpes  Linn . 

Pescio  ratto.  . 

Triglochide;  Odontaspe  feroce  . 

Odontaspis  ferox  Agass . 

Cagnassón  del . 

Carcarodonte  del  Rondelet;  Ca¬ 
gnesca  grande  . 

Carcharodon  Rondeletii  M.  e  H.  . 

Pescio  can;  (  : 

Ossirina  dello  Spallanzani  .  . 

Oxyrhina  Spallanzanii  Bonap.  .  . 

Meantó;  mna 

Lamna  smeriglio . 

Lamna  cornubica  Linn . 

id.  idi  . 

Palombo  comune  ;  P.  liscio  .  . 

Mustelus  vulgaris  Muli,  et  Henle 

Nissèna  .  .  j  , 

P.  nocciolo . 

M.  laevis  Risso . 

Nisséua  (i  pesisi 

Pesce  martello;  Sfirna  martello 

Zygaena  malleus  Shaw . 

guono  dal 
Pescio  scròssi 

Galeo  cane . 

Galeus  canis  Linn . 

Cagnassa;  Ca 

Lamiola;  Prionodonte  verdesca; 
Verdone  . 

Carcharias  glaucus  Cuv . 

Pescio  can;  1 

Chimera  mostruosa;  Scimmia  di 
mare;  Re  delle  arringhe  .  . 

Chimaera  monstrosa  Linn.  .  .  . 

Marcantògno  ; 

Storione  comune . 

Acipenser  sturio  Linn . 

Storión  .  .  || 

Pesce  luna;  Pesce  tamburro.  . 

Orthagoriscus  mola  Linn.  .  .  . 

Pescio  mèua  \ 

Balestra  comune;  Caprisco  .  . 

Balistes  capriscus  Linn . 

Pescio  palo;  a 

Cavalluccio  di  mare . 

Hippocampus  antiquorum  Leach  . 

Cavallo  marin 

id.  . 

H.  guttulatus  Cuv . 

id.  .  .  ! 

Nerofìde;  Signato;  Ago  di  mare 

Syngnatus  (S.  abaster  Ris. ,  S.  A- 

9 

gassizi  Mich.) . 

Aguggia  .  .  1 

id.  id. 

Nerophis  (N.  ophidion  Kròy.,  N.  ma- 

11 

culatus  Raf.) . 

id.  .  .  I 

Sifonostomo . 

Siphonostoma  typhle  Linn. .  .  . 

id.  .  .  ] 

Leptocefalo  trasparente  .  .  . 

Leptocephalus  (varie  sp.).  .  .  . 

Mose  d’ ancióal 

Murena  elena . 

Muraena  helena  Linn . 

Móenn-a  .  .  9 

Ofisuro  serpente  . 

Ophichthys  serpens  Lacép.  .  .  . 

Biscia  de  mà;l 

0.  imberbe . 

0.  imberbis  De  la  R . 

id. 

Grongo  comune . 

Conger  vulgaris  Cuv . 

Bronco  de  fori 

G.  comune  nero . 

C.  niger  Risso . 

Peagallo,  1 
Brónco  de  schj 

G.  delle  Baleari . 

Congromuraena  balearica  De  la  R. 

Brónco  .  .  j 

G.  muro;  G.  miro . 

Anguilla . 

Myrus  vulgaris  Kaup . 

Biscia  de  ma 

Anguilla  vulgaris  Cuv . 

Anghilla  d’seg 

id . 

id.  var.  acutirostris 

id.  id 

Sardella;  Sardina . 

Clupea  sardina  Cuv.  (Cl.  pilchar- 

dus  Art.)  . . 

|  piccolo  :  Giano 

Aiosa  comune;  Salacca.  .  .  . 

C.  aiosa  Cuv . . 

grande :  Pa; 
j  Salacca,  Lacci 

id.  .... 

1  C.  fìnta  Cuv . 

— 

id.  .... 

C.  aurita  Cuv . 

— 

Acciuga;  Alice;  Sardella  .  .  . 

Engraulis  enchrasicholus  Linn. 

j  picc.:  Gianchei 

Rondinella  chiara . 

j  Exocoetus  volitans  Linn.  .  .  . 

!  Róndaninn-a;  1 

R.  oscura  . 

E.  evolans  Linn . 

id. 

R.  del  Rondelet . 

E.  Rondeletii  Cuv . 

id. 

Sairide  del  Camper;  Luccio  sauro 

Scomberesox  Rondeletii  Bonap.  . 

Gastódella  . 

Aguglia  comune . 

Belone  (Scomberesox)  acus  Risso 

|  Agón;  piccolo . 

23 

i  genovese 

-ri  g 

±ì  <D 

■3| 

Valore  commestibile,  frequenza  ed  epoca 

Prezzo 

approssimai 

0*0 

o 

al  Chilogr. 

[.tu  . . 

Classe 

3. 

carne  poco  buona;  non  molto  raro;  autun.  inver. 

Lire  e  Cent. 
0,80—1,00 

n 

3. 

carne  di  sapore  ingrato;  rarissimo;  estate  .  . 

— 

■:  |5n  de  fondo  . 

3. 

carne  cattiva;  raro;  quasi  tutto  l’anno  .  .  . 

0,50  —  0,60 

1  I  * 

3. 

carne  buona;  non  frequente;  primavera,  estate 

I 

3. 

(si  vende  spesso  per  pesce  spada)  .... 
raro  ;  carne  poco  ricercata . 

_ 

Il . 

2. 

carne  poco  cercata;  comune;  tutto  l’anno  (si  vende 
col  seguente  come  Spinarolo  imperiale)  . 

1,50  —  2,00 

jp  ion  lo  distin- 

Wjente  .... 

2. 

carne  poco  migliore  del  preced  ;  non  frequente 

0,80—1,00 

'^martello  .  . 

2. 

poco  frequente;  carne  coriacea;  inverno.  .  . 

0,80—  1,00 

1;  Palombo.  . 

3. 

carne  poco  ricercata;  comune;  tutto  l’anno.  . 

0,80—1,00 

Il . 

3. 

non  molto  raro;  tutto  l’anno . 

0,40  —  0,60 

1 . 

carne  pessima  (uova  e  fegato  commestib.l;  estate 

— 

1 . 

1. 

piuttosto  raro;  tutto  l’anno . 

3,00  —  3,50 

I.  .  . 

3. 

non  ha  pregio;  non  raro;  estate . 

non  si  mangia;  piuttosto  raro . 

»  qualche  individuo  tutto  l’anno  ;  più  frequente  in 

— 

IL  P.  borsa  .  . 

3. 

— - 

1 . 

3.  ( 

— 

1 

1 

3.  | 

)  primavera . 

■  " 

3. 

comune . 

— 

3. 

non  raro . . 

— 

3. 

non  frequente;  tutto  l’anno . 

— 

.  3.  | 

poco  frequente . 

— 

1 

2. 

frequente;  tutto  l’anno . 

0,50  —  0,80 

Sente  de  ma.  . 

3. 

3. 

non  si  mangia;  poco  frequente;  primav  ,  estate 

— 

non  raro:  ma  non  è  commestibile . 

— 

\iccolo  Tiagallo, 

lo . 

1. 

carne  saporita  (a  boridda)  ;  tutto  l’anno  .  .  . 

— 

1 

carne  buona;  tutto  l’anno . 

1,00  —  1,50 

1.  { 

1  frequente . 

— 

3. 

poco  apprezzato;  poco  frequente;  primav.,  estate 
carne  buona;  tutto  l’anno . 

— 

•$e . 

1. 

1,00—1,50 

1. 

id.  id . 1 

,  G.  vestio;  più 

carne  eccellente;  comunissimo;  gennaio  a  marzo  : 

0,80—  1,50 

;  ad.:  Sardenn-a 

—  1; 

aprile,  maggio  | 

0,50  —  0,60 

pra . 

3.  | 

non  molto  frequente;  estate . 

— 

3. 

— 

0,50  —  0,60 

1.  :  Anciòa  .  . 

3. 

non  frequente  ;  primavera,  estate . 

— 

3. 

carne  buonissima;  non  abbonda  sempre;  marzo 

5  ma  .  .  .  . 

3. 

a  maggio  .  .  . . 

rara  e  ad  epoche  non  precisabili . 

0,80  —  1,50 
0,40  —  0,50 

O 

O. 

non  raro  (si  vende  come  muggine  tagliando  le 

3. 

grandi  pinne) . 

non  frequente . . 

_ 

3. 

non  raro  ;  di  comparsa  incostante . 

carne  buonissima;  comune;  primavera,  inverno 

0,50  —  0,60 

icassin.  .  .  . 

2. 

0,60  —  0,80 

22 


Nome  italiano 


Aiopia  codalunga;  Volpe  di  mare 
Triglochide;  Odontaspe  feroce  . 
Carcarodonte  del  Rondelet;  Ca¬ 
gnesca  grande  . 

Ossirina  dello  Spallanzani  .  . 


Lamna  smeriglio  .... 
Palombo  comune  ;  P.  liscio 


P.  nocciolo 


Pesce  martello;  Sfirna  martello 

Galeo  cane . 

Lamiola;  Prionodonte  verdesca; 

Verdone . 

Chimera  mostruosa;  Scimmia  di 
mare;  Re  delle  arringhe  .  . 

Storione  comune . 


Pesce  luna;  Pesce  tamburro.  . 
Balestra  comune;  Caprisco  .  . 

Cavalluccio  di  mare . 

id.  . 

Nerofide;  Signato;  Ago  di  mare 


id. 


id. 


Sifonostomo  .... 
Leptocefalo  trasparente 
Murena  elena  .... 
Ofisuro  serpente  .  .  . 

0.  imberbe . 

Grongo  comune  .  .  . 


G.  comune  nero  . 
G.  delle  Baleari  . 
G.  muro;  G.  miro 
Anguilla  .... 

id . 

Sardella;  Sardina. 


Aiosa  comune;  Salacca, 
id. 
id. 

Acciuga;  Alice;  Sardella 

Rondinella  chiara  .  . 
R.  oscura  .... 


R.  del  Rondelet . 

Sairide  del  Camper;  Luccio  sauro 
Aguglia  comune . 


Nome  scientifico 


Alopecias  vulpes  Linn . 

Odontaspis  ferox  Agass . 

Carcharodon  Rondeletii  M.  e  H.  . 
Oxyrhina  Spallanzanii  Bonap.  .  . 

Lamna  cornubica  Linn . 

Mustelus  vulgaris  Muli,  et  Henle 

M.  laevis  Risso . 


Zygaena  malleus  Shaw. 
Galeus  canis  Linn.  .  . 


Carcharias  glaucus  Cuv.  . 
Chimaera  monstrosa  Linn. 
Acipenser  sturio  Linn. 


Orthagoriscus  mola  Linn.  .  . 
Balistes  capriscus  Linn.  .  .  . 

Hippocampus  antiquorum  Leach 

H.  guttulatus  Cuv . 

Syngnatus  (S.  abaster  Ris. ,  S.  A 

gassizi  Mich.) . 

Nerophis  (N.  ophidion  Kroy.,  N.  ma 

culatus  Raf.) . 

Siphonostoma  typhle  Linn. . 
Leptocephalus  (varie  sp.).  . 

Muraena  helena  Linn.  .  . 
Ophichthys  serpens  Lacép.  . 

0.  imberbis  De  la  R  .  .  . 

Conger  vulgaris  Cuv.  .  .  . 


C.  niger  Risso . 

Congromuraena  balearica  De  la  R 

Myrus  vulgaris  Kaup . 

Anguilla  vulgaris  Cuv.  .  .  . 

id.  var.  acutirostri 

Clupea  sardina  Cuv.  (Cl.  pilchar 
dus  Art.) . 


C.  aiosa  Cuv . 

C.  finta  Cuv . 

C.  aurita  Cuv . 

Engraulis  enchrasicholus  Linn. 

Exocoetus  volitans  Linn.  .  . 
E.  evolans  Linn . 


E.  Rondeletii  Cuv . 

Scomberesox  Rondeletii  Bonap 
Belone  (Scomberesox)  acus  Risso 


Nome  vj,  Ho  genovese 


Pescio  ratto, 
Cagnassòn  dei 

Pescio  can:f, 
Meantó  ;  mna<  I 

.id\  idi 

Nissèua 


tón  de  fondo 


Nisseua  (i 
guono  dall 
Pescio  scròssi 
Cagnassa;  Ca| 

Pescio  can;  I 

Marcantogno 

Storión  .  . 


oon  lo  distin 
[dente  .  .  ■ 

martello  . 
i;  Palómbo. 


Pescio  mèua 

Pescio  palojcB;  P.  bórsa 
Cavallo  maria,  | 
id.  " 


Aguggia 


id. 


id. 

Mose  d’ai 
Móenn-a 
Biscia  de  m;i:B)ente  de  mà. 

Brónco  de  fon  piccolo  Tiagall 
Peagallo,  fHIo  .... 
Brónco  de  sclllio  .... 

Brónco  .1  . 

Biscia  de  mà  >1 . 

Anghilla  d’w?e  .... 

'piccolo  :  Gianckjo,  (>.  vestio; 

grande:  P®  P;  ad.:  Sardenn 
Salacca,  Lacci»  lipra.  .  .  . 


picc.  :  Gianche# 

Róndaninn-a;  ® 

id. 

id. 

Gastódella  ■  • 

|  Agón;  piccolo. 


Ancioa 


ceassin . 


23 


Valore  commestibile,  frequenza  ed  epoca 

Prezzo 
approssimat. 
al  Chilogr. 

Lire  e  Cent. 

carne  poco  buona;  non  molto  raro;  autun.  inver. 
carne  di  sapore  ingrato;  rarissimo;  estate  .  . 

0,80—1,00 

carne  cattiva;  raro;  quasi  tutto  l’anno  .  .  . 

carne  buona;  non  frequente;  primavera,  estate 
(si  vende  spesso  per  pesce  spada)  .... 

raro;  carne  poco  ricercata . .  •  • 

carne  poco  cercata;  comune;  tutto  l’anno  (si  vende 
col  seguente  come  Spinarolo  imperiale)  .  . 

0,50  —  0,60 

1,50  —  2,00 

carne  poco  migliore  del  preced  ;  non  frequente 
poco  frequente;  carne  coriacea;  inverno.  .  . 

carne  poco  ricercata;  comune;  tutto  l’anno.  . 

0,80—  1,00 
0,80—  1,00 
0,80  —  1 ,00 

non  molto  raro;  tutto  l’anno . 

0,40  —  0,60 

carne  pessima  (uova  e  fegato  commestib.);  estate 

- 

piuttosto  raro;  tutto  l'anno . 

3,00  —  3,50 

non  ha  pregio;  non  raro;  estate . 

non  si  mangia;  piuttosto  raro  .  -  •  •  • 

J  qualche  individuo  tutto  l’anno  ;  più  frequente  in 

— 

non  frequente  ;  tutto  l’ anno . 

1  frequente  ;  tutto  l’ anno  .  .  .  •  •  •  •  ■  ■ 

non  si  mangia;  poco  frequente  ;  primav  ,  estate 
non  raro:  ma  non  è  commestibile . 

0,50  —  0,80 

carne  saporita  (a  boridda)  ;  tutto  l’anno  .  .  ■ 

carne  buona;  tutto  l’anno . 

poco  apprezzato;  poco  frequente;  primav.,  estate 

carne  buona;  tutto  l’anno . 

id.  id.  . 

1,00—1,50 

1,00—1,50 

- 

carne  eccellente;  comunissimo;  gennaio  a  marzo 
aprile,  maggio 

j  non  molto  frequente;  estate . 

0,80—  1,50 
0,50  —  0,60 

!  0,50  —  0,60 

non  frequente;  primavera,  estate . 

carne  buonissima;  non  abbonda  sempre;  marzo 

rara  e  ad  epoche  non  precisabili  .  •  •  •  • 

non  raro  (si  vende  come  muggine  tagliando  le 

non  frequente  ■  •  •  •  ■  . . 

non  raro  ;  di  comparsa  incostanto 

carne  buonissima;  comune;  primavera,  inverno 

0,80—1,50 
0,40  —  0,50 

0,50  —  0,60 

1  0,60  —  0,80 

24 


\ 


Nome  italiano 


Argentina  sfirena . 

Sauro  lacerta;  Pesce  scarmo 
Sogliola  volgare 
S.  occhiuta  .  . 

S.  dal  porro;  S.  nasuta 
S.  turca 
S.  pelosa 


S.  variegata 
S.  gialla  . 

S.  fasciata 
Plagusia  lattea 
Pleuronettide  ital 
Rombo  passero 

R.  poda  .  .  . 

Suacia  comune 

S.  francese  .  . 

S.  cianchetta  . 

S.  macchiata  . 

S.  del  Grohmann 


Rombo  di  grotta 
R.  chiodato  .  . 

R.  liscio  .  .  . 

Macruro  camuso 
M.  acuto .  .  . 

Ammodite  di  Sicilia 
Fierasfro  ago 
id. 

Ofidio  barbato 
0.  del  Vassal 
Motella  comune,  Donnola  d 
M.  macchiata  . 

Molva  allungata 
Fico  mediterraneo 

F.  argentino  . 

Merluzzo  comune 
Mora  verdona  . 

Gado  minuto  . 

Gadicolo  .  .  . 

G.  barbato  .  . 

Merlango  comune 
Donzella  zigurella 
D.  del  Giofredi 
Pesce  pettine  .  . 

Crenilabro  pavone 
C.  ceruleo,  o  melan 
C.  del  mediterraneo 
C.  macchiato 
C.  rostrato 
C.  occhiuto 
C.  tinca  . 

Labro  tordo 
L.  merlo  . 

L.  pavone 


co 


cerco 


m 


are 


Nome  scientifico 


Argentina  sphyraena  Linn.  .  . 

Saurus  griseus  Lowe  .... 
Solea  vulgaris  Cuv.  .... 

S.  ocellata  Gthr.  (S.  oculata  Risso) 

S.  lascaris  Risso . 

Kleinii  Bonap . 

monochir  Bonap . 

variegata  Donow . 

lutea  Bonap . 

Mangilii  Risso . 

Plagusia  lactea  Bonap.  .  .  . 

Pleuronectes  italicus  Gthr.  .  . 

Rhomboidichthys  mancus  Brouss 

R.  podas  Bonap . 

Citharus  linguatula  Rond.  .  . 

Arnoglossus  Boscii  Risso  .  . 

A.  laterna  Walb . 

A.  conspersus  Canestr.  .  .  . 

A.  Grohmanni  Bonap . 


Phrynorhombus  unimaculatus  Risso 
Rhombus  maximus  Cuv. 

R.  laevis  Rondel.  .  . 

Macrourus  coelorhynchus  Riss 
M.  trachyrhynchus  Giòrna 
Ammodites  siculus  Swains. 
Fierasfer  acus  Brùnn.  .  . 

F.  dentatus  Cuv.  .  .  . 

Ophidium  barbatum  Linn. 

O.  Vassali  Risso  .... 

Motella  tricirrata  Nilss.  . 

M.  maculata  Gthr.  .  .  . 

Molva  elongata  Nilss.  .  . 

Phycis  mediterraneus  De  la  Roc 

P.  blennioides  Bl.  Schn.  . 

Merlucius  vulgaris  Flem. 

Mora  mediterranea  Risso 
Gadus  minutus  Linn.  .  . 

Gadiculus  blennoides  Gthr. 

Gadus  vernalis  Risso  .  . 

G.  poutassou  Risso .  .  . 

Julis  pavo  Cuv . 

Coris  Giofredi  Risso  .  . 

Novacula  cultrata  C.  Val. 
Crenilabrus  pavo  C.  Val. 

C.  melanocercus  Risso 
C.  mediterraneus  Linn.  . 

C.  quinquemaculatus  Bl.  . 

C.  (Coricus)  rostratus  Val. 

C.  ocellatus  Fosk 
C.  tinca  Brunn  . 

Labrus  turdus  Bl. 

L.  menila  Linn.  . 

L.  myxtus  Block. 


Nome  ver! 


Argentinn-a,  ì 

Laghéu  .  . 

Lengua;  Séua 
id. 

Lengua  d’ aenr 

L.  oxellinn-a 

Lengua 
id. 
id. 

Lengua  bastar 
id. 

Passua  ,  . 

Rombo  bastard 
id. 

Petrale  .  . 

id.  .  . 
id.  .  . 
id,  .  . 
id,  .  . 


'  ; 

Dastari] 


id,  ,  , 

Rombo  veaxo 
R.  de  fondo 
Ratto;  Rattin 
id. 


Pescio  argento 
_id. 

Scignòa  .  . 

Confondesi  col 
Bèllua .  .  . 

id.  .  .  . 
Linarda;  Passiej 
Mustella  de  se 
M.  de  fondo 
Nasello  .  . 

Brazullo  .  . 

Fìgaotto  .  . 
id.  ,  . 


Potasse:  Botass 


Pòtasséu 
Zigoélla;  Mincii 
Specie  di  zigoél 
Pescio  razò;.P. 
Laggiòn 
id. 
id. 
id. 
id. 
id. 
id. 

Tordo  . 

Laggiòn 
Comba;  Combin 


25 


genovese 

Qualità 

commerc. 

Valore  commestibile,  frequenza  ed  epoca 

Prezzo 
approssimat. 
al  Chilogr. 

Classe 

3. 

carne  buona;  non  raro;  inverno . 

Lire  e  Cent. 

0,20  —  0,40 

3. 

non  molto  raro;  estate . 

— 

1. 

carne  saporitissima;  frequente;  inverno  .  .  . 

2,50  —  3,00 

1. 

id.  rara;  inverno . 

carne  buona;  non  molto  frequente;  inverno 

— 

1. 

0,80—1,00 

1. 

carne  poco  buona;  piuttosto  rara;  inverno  .  . 

— 

1. 

carne  poco  buona;  piuttosto  frequente;  inverno 

0,80—1,00 

1. 

id,  . 

0,80—  1,00 

1. 

frequente  ;  primavera . 

0,80—1,00 

1, 

carne  di  poco  valore;  molto  comune  .... 

0,80—  1,00 

1. 

nella  mescolanza;  raro;  gennaio  ad  aprile  .  . 

0,80—  1,00 

1. 

rarissima . 

0,80—1,00 

l’aenn-a  .  . 

1. 

carne  poco  apprezzata;  tutto  l’anno  .... 

0,80—1,00 

1. 

carne  di  poco  valore  ;  id.  .... 

0,80—1,00 

3. 

carne  mediocre;  comune;  inverno . 

1,00—1,20 

3. 

carne  poco  buona;  comune;  inverno  .... 

0,50  —  0,60 

3. 

carne  mediocre;  comune;  inverno . 

— 

3. 

frequente;  primavera . 

— 

3. 

1, 

carne  di  poco  valore;  non  raro;  frequente;  marzo 

ed  aprile . 

raro . 

— 

. 

1. 

carne  buonissima;  frequente;  inverno  .... 

2,00  —  2,50 

1. 

id.  molto  meno  freq.  del  preced. 

1,50 - 

. 

. — 

non  frequente;  non  si  mangia . 

— 

. 

— . 

id.  id.  . 

— 

jnòa  .... 

— 

frequente . 

raro . 

_ 

..... 

— =. . 

— 

— 

— 

frequente . 

— 

ente  .  .  . 

— 

raro . 

— 

3. 

carne  buona;  non  frequente;  estate  .... 

— 

3. 

colla  precedente . 

— 

3. 

non  molto  apprezzata;  non  frequente;  estate  . 

0,50  - 1,00 

io  ...  . 

3. 

carne  abbastanza  buona;  non  freq.;  tutto  l’anno 

1,50  —  2,00 

3. 

id.  non  raro;  estate  .  . 

0,80—1,20 

2. 

carne  buona;  comune;  tutto  l’anno  .... 

1,50  —  2.00 

— 

non  molto  stimato  ;  poco  frequente  ;  tutto  l’anno 
carne  sapida;  ma  molle;  comune;  inver.,  primav. 

0,50—1,00 

3. 

— 

3. 

id.  . 

—  • 

. 

3, 

raro;  tutto  l’anno . 

— 

lodeschèuggio 

3. 

non  frequente,  nè  numeroso;  tutto  l’anno  .  . 

— 

3. 

carne  buona;  non  abbonda;  estate . 

0,50  —  0,60 

3. 

id.  id.  . 

— 

ìe  .... 

3. 

raro;  inverno . 

— 

3. 

carne  di  poco  pregio;  non  raro;  estate  .  .  . 

— 

3. 

raro  ;  primavera . 

0,80—  1,30 

3. 

carne  poco  stimata  ;  frequente  ;  estate  .... 

3. 

carne  non  stimata;  comune;  estate . 

— 

3. 

non  raro . 

— 

— . 

frequente . 

— 

— 

id.  . 

— 

3. 

carne  poco  ricercata;  non  comune;  tutto  l’anno 
id.  poco  fruequente  id. 

— 

3. 

0,60  — 1,20 

1 . 

3. 

id.  id.  id. 

— 

Nome  italiano 


Argentina  sfrena.  .  . 

Sauro  lacerta;  Pesce  scar 
Sogliola  volgare 
S.  occhiuta  .  . 


S.  dal  porro;  S 
S.  turca  .  .  . 

S.  pelosa.  . 

S.  variegata .  , 

S.  gialla  .  . 

S.  fasciata  .  . 
Plagusia  lattea 
Pleuronettide  ital 
Rombo  passero 

R.  poda  .  .  . 

Suacia  comune 

S.  francese  .  . 

S.  cianchetta  . 

S.  macchiata  . 

S.  del  Grohmann 

Rombo  di  grotta 
R.  chiodato  .  . 

R.  liscio  .  .  . 
Macruro  camuso 
M.  acuto .... 
Ammodite  di  Sicilia 
Fierasfro  ago 
id. 

Ofidio  barbato 
0.  del  Vassal  .  . 
Motella  comune,  Don 
M.  macchiata  . 

Molva  allungata 
Fico  mediterraneo 

F.  argentino  . 
Merluzzo  comune 
Mora  verdona  . 

Gado  minuto 
Gadicolo  .  .  . 

G.  barbato  .  . 

Merlango  comune 
Donzella  zigurella 
D.  del  Giofredi  . 
Pesce  pettine  .  . 

Crenilabro  pavone 

C.  ceruleo,  o  melano 
C.  del  mediterraneo 
C.  macchiato 
C.  rostrato 
C.  occhiuto 
C.  tinca  . 

Labro  tordo 
L.  merlo  . 

L.  pavone 


uta 


Nome  scientifico 

Nome  vera 

Igenovese 

Qualità 

commerc. 

Valore  commestibile,  frequenza  ed  epoca 

Prezzo 
approssimat. 
al  Chilogr. 

Glasse 

Lire  e  Cent. 

Argentina  sphyraena  Linn.  .  .  . 

Argentinn-a,  Ai 

3. 

carne  buona;  non  raro;  inverno . 

0,20  —  0,40 

mo 

Saurus  griseus  Lowe . 

Laghèu  .  6 

1 

3. 

non  molto  raro;  estate . 

— 

Solea  vulgaris  Cuv . 

Lengua;  Sèua 

1. 

carne  saporitissima;  frequente;  inverno  .  .  . 

2,50  —  3,00 

S.  ocellata  Gthr.  (S.  oculata  Risso) 

id. 

1. 

id.  rara;  inverno . 

— 

S.  lascaris  Risso . 

Lengua  d’ aenn- 

1. 

carne  buona;  non  molto  frequente;  inverno 

0,80  —  1,00 

S.  Kleinii  Qonap . 

■  ■ 

1. 

carne  poco  buona;  piuttosto  rara;  inverno  .  . 

— 

S.  monochir  Bonap . 

Lengua  . 

1 

1. 

carne  poco  buona;  piuttosto  frequente;  inverno 

0,80—1,00 

S.  variegata  Donow . 

id.  .  . 

1. 

id,  . 

0,80—  1,00 

S.  lutea  Bonap . 

id.  .  , 

1. 

frequente  ;  primavera . 

0,80—1,00 

S.  Mangilii  Risso . 

Lengua  bastarii 

1 . 

1. 

carne  di  poco  valore;  molto  comune  .... 

0,80  —  1,00 

Plagusia  lactea  Bonap . 

id.  .  . 

1. 

nella  mescolanza;  raro;  gennaio  ad  aprile  .  . 

0,80  —  1,00 

Pleuronectes  italicus  Gthr.  .  .  . 

Passua  .  .  , 

1. 

rarissima . 

0,80—1,00 

Rhomboidichtbys  mancus  Brouss. 

Rombo  bastardo 

n’aenn-a  .  . 

1. 

carne  poco  apprezzata;  tutto  l'anno  .... 

0,80  —  1,00 

R.  podas  Bonap . 

id. 

1 

carne  di  poco  valore;  id.  .... 

0,80  —  1,00 

Citharus  linguatula  Rond.  .  .  . 

Petrale  .  . 

3. 

carne  mediocre;  comune;  inverno . 

1,00—1,20 

Arnoglossus  Boscii  Risso  .  .  . 

id. 

3. 

carne  poco  buona;  comune;  inverno  .... 

0,50  —  0,60 

A.  laterna  Walb . 

id.  .  . 

3. 

carne  mediocre;  comune;  inverno . 

— 

A.  conspersus  Canestr . 

id,  .  ,  , 

3. 

frequente;  primavera . 

— 

A.  Grohmanni  Bonap . 

id.  ... 

3. 

carne  di  poco  valore;  non  raro;  frequente;  marzo 

ed  aprile . 

— 

Phrynorhombus  unimaculatus  Risso 

id,  ... 

1. 

— 

Rhombus  maximus  Cuv . 

Rombo  veaxo . 

1. 

carne  buonissima;  frequente;  inverno  .... 

2,00  —  2,50 

R.  laevis  Rondel . 

1. 

id.  molto  meno  freq.  del  preced. 

1,50 - 

Macrourus  coelorhynchus  Riss.  . 

Ratto;  Rattin  , 

— 

non  frequente;  non  si  mangia . 

— 

M.  trachyrhynchus  Giòrna  .  .  . 

id. 

I  . 

— 

id  id . 

““ 

Ammodites  siculus  Swains.  .  .  . 

_ 

— 

Fierasfer  acus  Briinn . 

Pescio  argento; 

Snoa .... 

_ 

— 

F.  dentatus  Cuv . 

id. 

_ 

_ 

— 

Ophidium  barbatum  Linn.  .  .  . 

Scignoa  .  .  . 

_ 

— 

0.  Vassali  Risso . 

Confondesi  co!  j 

lente  .  .  . 

_ 

— 

mare 

Motella  tricirrata  Nilss . 

Bèllua .... 

3. 

carne  buona;  non  frequente;  estate  .... 

— 

M.  maculata  Gthr . 

id . 

1 . 

3. 

colla  precedente . 

— 

Molva  elongata  Nilss . 

Linarda;  Passiei 

1 . 

3. 

non  molto  apprezzata;  non  frequente;  estate  . 

0,50  — 1,00 

Phycis  mediterraneus  De  la  Roc. 

Mustella  de  sci 

Rio  ...  . 

3. 

carne  abbastanza  buona;  non  freq.;  tutto  l'anno 

1 ,50  —  2,00 

P.  blennioides  Bl.  Schn . 

M.  de  fondo  • 

3. 

id.  non  raro;  estate  .  . 

0,80—  1,20 

Merlucius  vulgaris  Flem.  .  .  . 

Nasello  •  •  • 

carne  buona;  comune;  tutto  l’anno  .  .  •  • 

1 ,50  —  2.00 

Mora  mediterranea  Risso  .  .  . 

Brazullo  •  •  • 

. 

_ 

non  molto  stimato;  poco  frequente;  tutto  1  anno 

0,50  —  1 ,00 

Gadus  minutus  Linn . 

Fìgaotto  •  ■ 

3. 

carne  sapida;  ma  molle;  comune;  inver.,  primav. 

— 

Gadiculus  blennoides  Gthr.  .  .  . 

id.  .  .  • 

3. 

— 

Gadus  vernalis  Risso . 

Potasse;  Botasse 

3, 

— 

G.  poutassou  Risso . 

Potassèu  .  •  • 

•  .  .  .  . 

3. 

non  frequente,  nè  numeroso:  tutto  l’anno  .  . 

Julis  pavo  Cuv . 

Zigoèlla;  Mincio; 

P°  de  schéuggic 

,  3. 

carne  buona;  non  abbonda;  estate . 

0,o0  —  0,o0 

Coris  Giofredi  Risso . 

Specie  di  zigoèlla 

. 

3. 

id.  id.  . 

Novacula  cultrata  C.  Val.  .  .  . 

Pescio  razo;.P-P 

le  i  ‘  ’ 

3. 

Crenilabrus  pavo  C.  Val.  .  .  . 

Laggion  .  •  • 

3. 

carne  di  poco  pregio  ;  non  raro  ;  estate  .  .  . 

.  . 

C.  melanocercus  Risso  .... 

id. 

3. 

0 

C.  mediterraneus  Linn . 

id.  .  . 

3. 

carne  poco  stimata  ;  frequente  ;  estate  .... 

0,80  —  1 

C.  quinquemaculatus  Bl . 

id.  .  •  ■ 

3. 

carne  non  stimata;  comune;  estate . 

C.  (Coricus)  rostratus  Val.  .  .  . 

id.  .  • 

•  • 

3. 

C.  ocellatus  Fosk . 

id.  .  •  • 

...... 

C.  tinca  Briinn  ....... 

id.  .  • 

_ 

Labrus  turdus  Bl . 

Tordo  .  .  • 

3. 

carne  poco  ricercata;  non  comune;  tutto  1  anno 

L.  menila  Linn . 

Laggion  .  • 

3. 

id.  poco  fruequente  id. 

0,60  — 1,20 

L.  myxtus  Block . 

Còmba;  Cornino» 

3. 

id.’  id.  id. 

26 


Nome  italiano 


Labro  festivo . 

Castagnola;  Saracina  .  . 

Pesce  trombetta;  Centrisco 

Lepadogastro . 

Mirbelia  olivastra  .  .  . 

Cepola  rosseggiante  ;  Caviglion 

Stringa . 

Clino  argenteo . 

Muggine  cefalo;  Caparello 

M.  calamita . 

M.  musino;  Filzetta.  .  . 

M.  orifrangio;  M.  dorato  . 

M.  chelone;  Sciorina  .  . 

M.  labbrone.  . 


Latterino  sardaro 
L.  comune  .  . 

L.  capoccione  . 
Trachittero  iride 


T.  del  Bonelli  . 

T.  liottero  .  . 

Bavosa  occhiuta 
B.  gattorugine  . 

B.  palmicorne  . 

B.  basilisco  .  . 

B.  pavone  .  . 

B.  cornuta  .  . 

B.  del  Montagli 
B.  sfinge .  .  . 

B.  trigloide  .  . 

Callionimo  macchiato 

C.  belenno  .... 

Lofio  pescatore  ;  Rana  pescat 
L.  martino;  L.  budegassa 
Ghiozzo  bianco;  Rossetto 


Aterina 


G.  testone  .  . 

G.  comune  .  . 

G.  insanguinato 
G.  minuto  .  . 

G.  marmorizzato 
G.  geniporo 
G.  del  Lesueur 
G.  negro .  .  . 

G.  Iota 

G.  zebro  .  .  . 

Caprisco  cignale; 
Pesce  spada 
Istioforo  belone 
Lizza  glauca;  Pes 
L.  amia;  Seriola 
L.  fasciata  .  . 

Seriola  del  Dumeril 


C. 


apro 


stella 


ice 


Nome  scientifico 


Labrus  festivus  Risso  .  . 

Heliaster  chromis  Linn.  . 
Centriscus  scolopax  Linn. 
Lepadogaster  Gouanii  Briss. 
L.  Candolii  Risso  .  .  . 


Cepola  rubescens  Linn.  . 
Cristiceps  argentatus  Risso 
Mugil  cephalus  Cuv.  .  . 

M.  capito  Cuv . 

M.  saliens  Risso  .... 
M.  auratus  Risso  .  .  . 

M.  chelo  Cuv . 

M.  labeo  Cuv . 


(T. 


Atherina  hepsetus  Linn.  . 

A.  mocho  Cuv.  Val. 

A.  Boyeri  Risso  .  . 

Trachypterus  iris  Cuv 

Bloch)  .... 

T.  cristatus  Bonelli 
T.  liopterus  C.  V. 

Blennius  ocellaris  Linn 

B.  gattoruggine  Linn. 

B.  sanguinolentus  Pali 
B.  basiliscus  Bonap. 

B.  pavo  Risso  .  . 

B.  tentacularis  Briinn. 

B.  galerita  Linn.  .  . 

B.  sphinx  Cuv.  .  .  , 

B.  trigloides  Cuv.  e  Val 
Callionymus  maculatus  Rafin 

C.  belenus  Risso  .  . 

Lophius  piscatori us  Cuv 
L.  budegassa  Spin.  .  . 

Latrunculus  pellucidus  IN 

aphia  Sassi)  . 

Gobius  capito  Cuv.  e  Va 
G.  Jozo  Linn.  .  . 

G.  cruentatus  L.  Gm 
G.  minutus  L.  Gm.  . 

G.  marmoratus  Pali. 


tae 


G.  geniporus  Cuv.  e  Val 
G.  Lesueurii  Linn.  .  . 

G.  niger  Linn.  .  .  . 

G.  ophiocephalus  Pali. 

G.  zebrus  Risso  .  .  . 

Capros  aper  Lac.  .  . 

Xiphias  gladius  Linn.  . 
Tetrapturus  belone  Raf. 
Lichia  glauca  Linn. 

L.  amia  Linn.  .  .  . 

L.  vadigo  Risso  .  .  . 

Seriola  Dumerilii  Agass. 


ma 


do 


M. 

M. 

M. 

M. 


G. 


Tr 


Sei 


27 


genovese 

Qualità 

commerc. 

Valore  commestibile,  frequenza  ed  epoca 

Prezzo 
approssimat. 
al  Chilogr. 

Classe 

Lire  e  Cent. 

— 

carne  di  poco  pregio;  non  raro;  estate  .  .  . 

— 

carne  poco  ricercata  ;  frequente  ;  primavera  .  . 

0,50  —  0,60 

3. 

non  si  mangia;  non  comune;  inverno.  .  .  . 

— 

3. 

piuttosto  raro;  primavera,  estate.  ..... 

0,80 - 

3. 

raro;  inverno  ............ 

- — 

;  Scignòa  .  . 

3. 

comunissimo;  tutto  Fanno . .  . 

0,80 - 

3. 

frequente;  estate  ........... 

— 

2. 

carne  ricercata;  frequente;  tutto  Fanno  .  .  . 

1,20—  1,50 

2. 

id.  id.  estate  . 

0,80—  1,00 

2. 

— 

1,00—  1,50 

2. 

carne  ricercatissima;  frequente;  primav.,  estate 

1,00  —  1,20 

2. 

carne  buona;  comune;  tutto  Fanno  .... 

0,60  —  0,80 

éuio  .... 

2. 

id.  raro  (Canestrini);  comune;  estate 

(Borgioli)  . . . 

■  :  .  ~4ÌtÌ 

pccion  .  . 

3. 

cibo  popolare;  frequente;  inverno  ..... 

0,80—1,00 

id.  ... 

3. 

id.  comunissimo . 

0,80—1,00 

jion  .... 

3. 

carne  poco  buona;  camune;  aprile . 

0,80—1,00 

3. 

non  si  mangia;  raro;  estate . 

. —  ■  s 

3. 

raro;  estate . • . 

— 

id . . . 

— 

3. 

comunissimo;  inverno  . . 

0,80 - 

3. 

comune;  inverno . 

0,80 - 

3. 

frequente;  inverno . 

0,80 - 

3. 

assai  raro  ;  inverno . 

0,80 - 

— 

raro . 

0,80 - 

3. 

non  frequente  .  . . 

0,80 - 

3. 

comune . 

0,80 - 

’ 

3 

id . 

0,80 - 

o. 

id . . . . 

0,80—  — 

3. 

frequente;  inverno,  primavera . 

0,80 - 

3. 

non  raro . . 

0,80—  — 

i  .  .  .  .  . 

2. 

carne  dura  ma  buona;  comune;  tutto  Fanno  . 

0,50  —  0,80 

5scin .... 

2. 

carne  migliore;  meno  comune;  tutto  Fanno 

1,00—1,50 

1. 

!  comune;  da  novembre  ad  aprile . 

0,80—1,50 

:de  fondo  .  . 

2. 

frequente;  tutto  Fanno . 

0,80—1,00 

2. 

id.  id.  . 

0,80  —  1,00 

2. 

carne  ricercata;  non  è  raro  ....... 

!  0,80—  1,00 

2. 

frequente . . 

0,80—1,00 

2. 

— 

i  0,80—  1,00 

2. 

— 

!  0,80—  1,00 

2! 

non  è  raro . . .  . 

0,80—  1,00 

2. 

carne  delicata;  abbastanza  frequente  .... 

i  0,80—  1,00 

2. 

frequente  . . 

!  0,80—  1,00 

2. 

id.  . . 

0,80  —  1,00 

iscio  rè .  .  . 

— 

comune;  autunno,  aprile  ........ 

0,80  —  1 ,00 

. 

1. 

carne  buonissima;  non  comune;  primav.,  estate 

2,00  —  2,50 

— 

rarissimo . .  . . 

■ — 

| . 

1 

carne  ricercatissima;  non  frequente;  autunno  . 

1,50—1,80 

. 

2. 

id.  frequente;  primav.,  estate 

1,50—  1,80 

]. 

id.  rara;  primavera  .... 

1,50  —  1,80 

1. 

non  frequente,  primavera  ........ 

1,50—1,80 

Nome  italiano 


Nome  vei  I  genovese 


Nome  scientifico 


Labro  festivo . 

Castagnola;  Saracina  .  . 

Pesce  trombetta;  Centrisco 


Mirbelia  olivastra  .  . 

Cepola  rosseggiante  ;  Caviglio 

Stringa . 

Olino  argenteo . 

Muggine  cefalo;  Caparello 

M.  calamita . 

M.  musino;  Filzetta.  .  . 

M.  orifrangio;  M.  dorato  . 

M.  chelone;  Sciorina  .  . 

M.  labbrone . 


Latterino  sardaro;  Aterina 
L.  comune  .  . 

L.  capoccione  . 

Trachittero  iride 

T.  del  Bonelli 
T.  fiotterò  . 

Bavosa  occhiuta 
B.  gattorugine 
B.  palmicorne 
B.  basilisco  . 

B.  pavone  . 

B.  cornuta  . 

B.  del  Montagu 
B.  sfinge . 

B.  trigloide 
Callionimo  macchiato 

C.  belenno  . 

Lofio  pescatore 
L.  martino;  L. 

Ghiozzo  bianco 


G.  testone 
G.  comune 
G.  insanguinato 
G.  minuto  .  . 

G.  marmorizzato 
G.  geniporo 
G.  del  Lesueui 
G.  negro . 

G.  Iota  .  . 

G.  zebro  .  . 
Caprisco  cignale 
Pesce  spada 
Istioforo  belone 
Lizza  glauca;  Pesce 
L.  amia;  Seriola 
L.  fasciata  .  .  . 

Seriola  del  Dumeril 


Rana  pesi 
budegassa 
Rossetto 


apro 

stella 


Labrus  festivus  Risso . 

Heliaster  chromis  Linn . 

Centriscus  scolopax  Linn.  .  .  . 

Lepadogaster  Gouanii  Briss.  .  . 

L.  Candolii  Risso . 

Cepola  rubescens  Linn . 

Cristiceps  argentatus  Risso  .  .  . 

Mugil  cephalus  Cuv . 

M.  capito  Cuv . 

M.  saliens  Risso . 

M.  atiratus  Risso . 

M.  chelo  Cuv . 

M.  labeo  Cuv . 

Atherina  hepsetus  Linn . 

A.  mocho  Cuv.  Val . 

A.  Boyeri  Risso . 

Trachypterus  iris  Cuv.  (T.  taenia 

Bloch) . .  . 

T.  cristatus  Bonelli . 

T.  liopterus  C.  V . 

Blennius  ocellaris  Linn . 

B.  gattoruggine  Linn . 

B.  sanguinolentus  Pali . 

B.  basiliscus  Bonap . 

B.  pavo  Risso . 

B.  tentacularis  Briinn . 

B.  galerita  Linn . 

B.  sphinx  Cuv.  ....... 

B.  trigloides  Cuv.  e  Val.  .  .  . 

Callionymus  maculatus  Rafin.  .  . 

C.  belenus  Risso . 

Lophius  piscatorius  Cuv.  .  .  . 

L.  budegassa  Spin . 

Latrunculus  pellucidus  Nardo  (G. 

aphia  Sassi) . 

Gobi us  capito  Cuv.  e  Val.  .  .  . 

G.  Jozo  Linn . 

G.  cruentatus  L.  Gm . 

G.  minutus  L.  Gm . 

G.  marmoratus  Pali . 

G.  geniporus  Cuv.  e  Val.  .  .  . 

G.  Lesueurii  Linn . 

G.  niger  Linn . . 

G.  ophiocephalus  Pali . 

G.  zebrus  Risso . 

Capros  aper  Lac . 

Xiphias  gladius  Linn . 

Tetrapturus  belone  Raf.  .... 

Lichia  glauca  Linn . 

L.  amia  Linn . 

L.  vadigo  Risso . 

Seriola  Dumerilii  Agass . 


Laggiòn  .  ,  I 
Castagnèua.  I 
Pescio  trombe  I 
Tacca  schèugi  I 


Mùzao  massòn 


M.  ganga 
id. 

M.  de  l'ou 
M.  neigro; 
M.  lùxento; 


Chèunao;  Pas 
id 

Cabasson;  Al 


Pescio  lamma 

Lambraea 

id. 

Bau  za;  Gailetl 
id. 
id. 
id. 
id. 
id. 
id. 
id 
id. 

Tacca  schèugi 

Bauza  . 

Gianello; 

Bùddego  ;  M 

Roscetto  .  • 

Ghiggiòn  Mi; 

G.  de  schèugi 


;  Scignoa 


j  ■'  èuio 


lOccion 

id. 


.bi 


I  de  fondo 


lar  hsci 


Trombetta 

Pescio  spà 
Specie  de  pe*  ' 
Leccia  bastard 


Serrèua  •  • 
Serreta  •  • 
Leccia  veaxa 


W  N)  W  W  W  W  W  N)  [O  IO 


27 


Valore  commestibile,  frequenza  ed  epoca 


Prezzo 
approssimat. 
al  Chilogr. 


Classe 


Lire 


Cent. 


—  carne  di  poco  pregio;  non  raro;  estate  ...  — 

3.  carne  poco  ricercata  ;  frequente  ;  primavera .  .  0,50  —  0,60 

3.  non  si  mangia;  non  comune;  inverno.  ...  — 

3.  piuttosto  raro;  primavera,  estate . 0,80 —  — 

3.  raro  ;  inverno .  — . 


3. 

3. 

2. 

2. 

2! 

2. 

2. 

2. 


comunissimo;  tutto  l’anno . 

frequente  ;  estate . 

carne  ricercata;  frequente;  tutto  l’anno  .  .  . 

id.  id.  estate  . 

carne  ricercatissima;  frequente;  primav.,  estate 
carne  buona;  comune;  tutto  l’anno  .  .  .  . 

id.  raro  (Canestrini);  comune;  estate 

(Borgioli) . 

cibo  popolare;  frequente;  inverno . 

id.  comunissimo . 

carne  poco  buona;  camune;  aprile . 


0,80 - 

1,20—1,50 
0,80—  1,00 
1,00—  1,50 
1,00—1,20 
0,60  —  0,80 


0,80  —  1,00 
0,80—1,00 
0,80—  1,00 


3. 

3. 

3. 

3. 

3. 

3. 

3. 

3. 

3 

3. 

3: 

2. 


1. 


1 


1. 

1. 


non  si  mangia;  raro;  estate . 

raro  ;  estate . . 

id.  . . 

comunissimo;  inverno . 

comune;  inverno . 

frequente;  inverno . 

assai  raro;  inverno . 

raro . 

non  frequente . 

comune . 

id . 

id . 

frequente;  inverno,  primavera . 

non  raro . . 

carne  dura  ma  buona;  comune;  tutto  l’anno  . 
carne  migliore;  meno  comune;  tutto  l’anno  . 


0,80 - 

0,80 - 

0,80 - 

0,80 - 

0,80 - 

0,80 - 

0,80 - 

0,80 - 

0,80 - 

0,80 - 

0,80 - 

0,50  —  0,80 
1,00—1,50 


comune;  da  novembre  ad  aprile 
frequente;  tutto  l’anno  .  .  . 

id.  id.  ... 

carne  ricercata;  non  è  raro  . 
frequente . 


non  e  raro . 

carne  delicata;  abbastanza  frequente 
frequente . 


comune;  autunno,  aprile  .  .  .  .  . 

carne  buonissima;  non  comune;  primav., 


rarissimo . 

carne  ricercatissima;  non  frequente;  autunno  . 

id.  frequente;  primav.,  estate 

id.  rara;  primavera  .  .  .  . 

non  frequente,  primavera . . 


0,80—1,50 
0,80—1,00 
0,80  — 1,00 
0,80—  1,00 
0,80—1,00 
0,80—  1,00 
0,80—1,00 
0,80—  1, 
0,80—  1, 
0,80—1, 
0,80  —  1, 
0,80  —  1 ,00 
2,00  —  2,50 

1,50—1,80 

1.50— 1,80 
1,50  —  1,80 

1.50—  1,80 


8888 


28 


Nome  ilaliano 

Nome  scientifico 

Carange  luna . 

Caranx  dentex  Cuv.  e  Val.  .  .  . 

Trachuro  comune . 

Trachurus  trachurus  Casteln.  .  . 

Ausonia  del  Cuvier;  Luvaro  im- 

i  Ausonia  Cuvieri  Risso  .... 

penale . 

1  Diana  semilunata  Risso  .... 

Brama  occhiuta . 

Brama  Raii  Bl.  Schn . 

Corifera  cavallina;  C.  dorata.  . 

Coryphaena  hyppurus  Linn.  .  . 

C.  a  coda  di  cavallo  .... 

C.  equisetis  Linn . 

Centrolofo  pompilo . 

Centrolophus  pompilius  Cuv.  V.  . 

Lampuga  dorata . 

Stromateus  fiatola  Linn . 

L.  fasciata . 

S.  microchirus  Bonap . 

Pesce  S.  Pietro . 

Zeus  faber  Linn . 

id.  . 

Z.  pungio  Cuv.  e  Val . 

P.  remora . 

Echeneis  remora  Linn . 

P.  pilota . 

Nucrates  ductor  Bl . 

Tambarello  comune . 

Auxis  Rochei  Risso . 

Palamida  sarda;  Bonita  .  .  . 

Pelamys  sarda  Bl . 

Tonno . 

Thynnus  thynnus  White  .  .  . 

Tonnina . 

T.  thunnina  Cuv . 

Tonno  brevipinne . 

T.  brevipinnis  Cuv.  e  Val.  .  .  . 

T.  alalunga;  Germone  .... 

T.  alalonga  Cuv.  e  Val . 

T.  palamida . 

T.  pelamys  Cuv.  e  Val . 

Scombro  comune;  Maccarello  . 

Scomber  scomber  Linn . 

S.  macchiato . 

S.  colias  Linn . 

Lepidopo  argentino . 

Lepidopus  caudatus  White  .  . 

Sfirena  comune;  Aluzzo  imperiale 

Sphyraena  vulgaris  Cuv.  e  Val.  . 

Corvina  locca;  Corvo  di  mare  . 

Corvina  nigra  Cuv . 

Sciena  aquila;  Boccadoro.  .  . 

Sciaena  aquila  Lac . 

Ombrina  corvo . 

Umbrina  cirrhosa  Linn . 

Trachino  dragone;  Raganella  ve¬ 

lenosa  . 

Trachinus  draco  Linn.  ... 

T.  raggiato . 

T.  radiatus  De  la  Roc . 

T.  ragno . 

T.  araneus  Risso . 

T.  vipera . 

T.  vipera  Cuv.  e  Val . 

Uranoscopo;  Lucerna  .... 

Uranoscopus  scaber  Linn.  .  .  . 

Pesce  rondine,  o  Falcone .  .  . 

Dactylopterus  volitans  Linn.  .  . 

Catafratto  forcuto;  Forcola  .  . 

Peristethus  cataphractum  Cuv. 

Capone  ubbriaco . 

Trigla  lineata  Linn . 

C.  imperiale . 

T.  pini  Bloch . 

C.  caviglione;  Gorno  .... 

T.  Gurnardus  Linn . 

C.  caviglia;  Cavicchio  .... 

T.  cuculus  Bloch . 

C.  gavotta . 

T.  obscura  Linn. . 

C.  imperiale . 

T.  hyrundo  Bloch . 

C.  coccio;  C.  organo;  Gallinella 

T.  lyra  Linn . 

Scorpena  rossa;  Scorfano  rosso 

Scorpaena  scrofa  Linn . 

S.  nera;  Scorfano  nero.  .  .  . 

S.  porcus  Linn . 

S.  macchiata . 

S.  ustulata  Lowe . 

Sebaste  imperiale;  Scorfano  ba¬ 

stardo . 

Sebastes  dactylopterusf  D.p.  Roc. 

Orada;  Orata  comune  .... 

Chrysophrys  aurata  Cuv.  .  .  . 

Pagello  mormora;  Mormillo  .  . 

Pagellus  mormyrus  Cuv.  .  .  . 

P.  bogaravella . 

P.  bogaraveo  Brunn . 

P.  rosso;  Occhialone  .... 

P.  centrodontus  Cuv.  e  Val.  .  . 

Fravolino,  o  Pagello  bastardo  . 

P.  acarne  Cuv.  e  Val . 

Pagello  fragolino,  o  fragolino  . 

P.  erythrinus  Cuv . 

29 


genovese 

Qualità 

commerc. 

Valore  commestibile,  frequenza  ed  epoca 

Prezzo 
approssimat. 
al  Chilogr. 

Classe 

Lire  e  Cent. 

— 

carne  delicata;  rarissimo . 

0,80—  1,00 

|>iccolo) .  .  . 

3. 

carne  buona;  comune;  tutto  l’anno  .... 

0,80  —  1,00 

. 

1. 

molto  raro;  primavera . 

fuori  prezzo 

■  l'Ausonia)  . 

1. 

id.  id.  . 

1. 

carne  delicata;  non  comune;  tutto  l’anno  .  . 

1,50  —  3,00 

2. 

carne  buona;  raro;  estate . 

0,80—  1,00 

3. 

raro  ;  estate . 

0,80—1,00 

1. 

carne  squisitiss.;  non  raro;  estate,  antunn.,  inver. 

3,00  —  4,50 

— 

carne  poco  ricercata;  scarsi  individui  isolati  . 

— 

'  : - 

id.  per  nulla  frequente  .  . 

— 

1. 

carne  buona;  frequente;  tutto  l’anno  .... 

0,80—1,20 

1. 

raro . . 

— 

— 

non  si  mangia;  molto  raro . *  •  . 

— 

1. 

carne  poco  ricercata;  non  comune;  autunno  . 

1,50  —  2,00 

3. 

ie.  poco  freq.  ;  primav.,  estate 

0,60  —  0,80 

2. 

carne  discreta;  comune;  gennaio  a  giugno  .  . 

0,80—1,20 

1. 

carne  ricercatissima;  comune;  marzo  a  ottobre 

0,80—1,50 

narella  .  .  . 

1. 

id.  meno  comune;  autunno  . 

0,80  —  1,20 

1. 

id.  assai  raro;  autunno  .  . 

0,80  —  1,20 

1. 

id.  raro;  antunno  .... 

— 

1. 

molte  raro . 

— 

3. 

carne  ricercata;  comune;  primavera  .... 

0,80  —  1,20 

3. 

carne  meno  ricercata;  comune;  primav.,  autun. 

0,80—1,20 

3. 

poco  apprezzato;  individui  isolati . 

— 

òn . 

3. 

carne  buona;  non  molto  frequente;  estate  .  . 

1,20—  1,60 

Cappa  neigra 

2. 

carne  buona;  frequente;  tutto  l’anno  .... 

1,20—1,50 

1. 

carne  squisita;  frequente;  autunno,  inverno.  . 

2,50  —  3,50 

. 

1. 

id.  id.  tutto  l’anno  .  .  . 

2,50  —  3,00 

2. 

carne  buona;  poco  frequente;  tutto  l’anno  .  . 

0,50  —  1,20 

3. 

id.  id.  inverno.  .  .  . 

0,50—1,20 

3.  . 

non  frequente;  inverno . 

3. 

molto  raro . 

— 

3. 

carne  buona;  comune;  tutto  l’anno . 

0,50—1,40 

3. 

raro  ;  estate . 

0,50  —  0,60 

.  ,  .  .  . 

3. 

non  si  mangia:  frequente;  inverno . 

— 

1. 

carne  di  poco  pregio;  comune;  estate.  .  .  . 

0,80—1,00 

1. 

id.  id.  tutto  l’anno  . 

0,80—1,00 

1. 

id.  id.  inverno  .  .  . 

0,80—1,00 

1. 

id.  id.  id.  ... 

0,80—1,00 

>llo  .... 

1. 

carne  buona;  raro . . 

0,80—1,00 

1. 

frequente . 

— 

2. 

carne  discreta;  frequente . 

0,80—1,00 

2. 

carne  stimata;  comune;  tutto  l’anno  .... 

0,80  —  1,50 

éuggio  .  .  . 

2. 

id.  id.  inverno . 

0,80—1,20 

2. 

comune;  autunno,  inverno . 

— 

ndo  .... 

2. 

poco  ricercato;  frequente;  primavera,  estate  . 

0,50  —  0,60 

1. 

carne  ricercatissima;  frequente:  tutto  l’anno  . 

2,50  —  3,50 

1. 

carne  molto  buona;  tutto  l’anno . 

1,50  —  2,20 

3. 

frequente;  tutto  l’anno . 

0,80  —  1,00 

3. 

carne  buona;  non  frequente;  tutto  l’anno  .  . 

0,80—  1,30 

1. 

comune  (vendesi  come  fragolino) . 

— 

1 

carne  buonissima;  frequente;  inverno  .... 

1,50  —  2,00 

28 


29 


Nome  ilaliano 


Carange  luna . 

Trachuro  comune . 

Ausonia  del  Cuvier;  Luvaro  im-  1 

periale . j 

Brama  occhiuta . 

Corifera  cavallina;  C.  dorata.  . 

C.  a  coda  di  cavallo  .... 

Centrolofo  pompilo . 

Lampuga  dorata . 

L.  fasciata . 

Pesce  S.  Pietro . 

id.  . 

P.  remora . 

P.  pilota . 

Tambarello  comune . 

Palamida  sarda;  Bonita  .  .  . 

Tonno . 

Tonnina . 

Tonno  brevipinne . 

T.  alalunga;  Germone  .... 

T.  palamida . 

Scombro  comune;  Maccarello  . 

S.  macchiato . 

Lepidopo  argentino . 

Sfirena  comune;  Aluzzo  imperiale 
Corvina  locca;  Corvo  di  mare  . 
Sciena  aquila  ;  Boccadoro  .  .  . 

Ombrina  corvo . 

Trachino  dragone;  Raganella  ve¬ 
lenosa  . 

T.  raggiato . 

T.  ragno . 

T.  vipera . 

Uranoscopo;  Lucerna  .... 
Pesce  rondine,  o  Falcone .  .  . 

Catafratto  forcuto;  Forcola  .  . 

Capone  ubbriaco . 

C.  imperiale . 

C.  caviglione;  Gorno  .... 

C.  caviglia;  Cavicchio  .... 

C.  gavotta . 

C.  imperiale . 

C.  coccio  ;  C.  organo  ;  Gallinella 
Scorpena  rossa;  Scorfano  rosso 
S.  nera;  Scorfano  nero.  .  .  . 

S.  macchiata . 

Sebaste  imperiale;  Scorfano  ba¬ 
stardo . 

Orada;  Orata  comune  .... 
Pagello  mormora;  Mormillo  .  . 

P.  bogaravella . 

P.  rosso;  Occhialone  .... 
Fravolino,  o  Pagello  bastardo  . 
Pagello  fragolino,  o  fragoline  . 


Nome  scientifico 

Nome  vera 

genovese 

Qualità 

commerc. 

Valore  commestibile,  frequenza  ed  epoca 

Prezzo 
approssimat. 
al  Chilogr. 

Caranx  dentex  Cuv.  e  Val.  .  .  . 

Specie  de  sò 

Classe 

carne  delicata;  rarissimo . 

Lire  e  Cent. 
0,80—1,00 

Trachurus  trachurus  Casteln.  .  . 

So;  sorallo  (Sòel 

[piccolo) .  •  • 

3. 

carne  buona;  comune;  tutto  l’anno  .... 

0,80—1,00 

Ausonia  Cuvieri  Risso  .... 

Pescio  impestò 

1. 

molto  raro;  primavera . 

fuori  prezzo 

Diana  semilunata  Risso  .... 

Pescio  re  f giovi. 

sii’  Ausonia)  . 

]. 

id.  id.  . 

— 

Brama  Raii  Bl.  Schn . 

Rondanin  . 

l’. 

carne  delicata;  non  comune;  tutto  l’anno  .  . 

1,50  —  3,00 

Coryphaena  hyppurus  Linn.  .  . 

Indoradda  . 

2. 

carne  buona;  raro;  estate . 

0,80—1,00 

C.  equisetis  Linn . 

Pappagallo  . 

3. 

raro;  estate . .  • 

0,80—1,00 

Centrolophus  pompilius  Cuv.  V.  . 

Mórón;  marèa 

1. 

carne  squisitiss.;  non  raro;  estate,  antunn.,  inver. 

3,00  —  4,50 

Stromateus  fiatola  Linn . 

Leccia  bastarda 

_ 

carne  poco  ricercata;  scarsi  individui  isolati  . 

— 

S.  microchirus  Bonap . 

Zeus  faber  Linn . 

Pescio  Sampè . 

1. 

id.  per  nulla  frequente  .  . 

carne  buona;  frequente;  tutto  Tanno  .... 

0,80—  1,20 

Z.  pungio  Cuv.  e  Val . 

id.  1 

■,..... 

1. 

— 

Echeneis  remora  Linn . 

Grattaenn-a.  1 

■ . 

_ 

non  si  mangia;  molto  raro . '  •  • 

— 

Nucrates  ductor  Bl . 

Pàmpano;  Fanti 

1. 

carne  poco  ricercata;  non  comune;  autunno 

1,50  —  2,00 

Auxis  Rochei  Risso . 

Strombo;  Stròi| 

blo  .  . 

3. 

ie.  poco  freq.;  primav.,  estate 

0,60  —  0,80 

Pelamys  sarda  Bl . 

Pami'a .  .  .  1 

2. 

carne  discreta;  comune;  gennaio  a  giugno  .  . 

0,80—1,20 

Thynnus  thynnus  White  .  .  . 

Tonno.  .  .  .1 

I  ‘ 

]_ 

carne  ricercatissima;  comune;  marzo  a  ottobre 

0,80—  1,50 

T.  thunnina  Cuv . 

Tónna;  tònnèllt] 

pnarella  .  .  . 

|. . 

j 

id.  meno  comune;  autunno  . 

0,80—  1,20 

T.  brevipinnis  Cuv.  e  Val.  .  .  . 

T.  alalonga  Cuv.  e  Val . 

Occialón  .  .  .1 
Alalunga;  Aa-lJ 

1. 

1. 

id.  assai  raro;  autunno  .  . 

id.  raro;  antunno  .... 

0,80  —  1,20 

T.  pelamys  Cuv.  e  Val . 

Scomber  scomber  Linn . 

Laxerto;  Ariolo 

[ 

1. 

3. 

carne  ricercata;  comune;  primavera  .... 

0,80—  1,20 

S.  colias  Linn . 

Cavalla  .  . 

3. 

carne  meno  ricercata;  comune;  primav.,  autun. 

0,80—1,20 

Lepidopus  caudatus  White  .  .  . 

Pescio  lamina  .1 

3. 

— 

Sphyraena  vulgaris  Cuv.  e  Val.  . 

Lussao  de  mà;  j 

Kòn . 

3. 

carne  buona;  non  molto  frequente;  estate  .  . 

carne  buona;  frequente;  tutto  Tanno  .... 

1,20—  1,60 

Corvina  nigra  Cuv . 

Pescio  crovojll 

I;  Cappa  neigra 

2. 

1,20—1,50 

Sciaena  aquila  Lac . 

Figao  .... 

I  .  .  .  . 

1. 

carne  squisita;  frequente;  autunno,  inverno.  . 

2,50  —  3,50 

Umbrina  cirrhosa  Linn . 

Ombrinn-a  . 

I 

1. 

id.  id.  tutto  Tanno  .  .  . 

2,50  —  3,00 

Trachinus  draco  Linn.  .  .  . 

Agno;  Agna  . 

■ . 

2. 

carne  buona;  poco  frequente;  tutto  Tanno  .  . 

0,50  —  1,20 

T.  radiatus  De  la  Roc . 

Straxinà  .  .  • 

3. 

id.  id.  inverno.  .  .  . 

0,50—1,20 

T.  araneus  Risso . 

id.  ... 

3. 

T.  vipera  Cuv.  e  Val.  :  .  .  .  . 

id.  .  ■  ■ 

3. 

— 

Uranoscopus  scaber  Linn.  .  .  . 

Pescio  prseve  . 

i . 

3. 

carne  buona;  comune;  tutto  Tanno . 

0,50—1,40 

Dactylopterus  volitans  Linn.  .  . 

Treggia  volatici 

3. 

0,50  —  0,60 

Peristethus  cataphractum  Cuv. 

Pescio  fórca  ■ 

1 ....  !  . 

3. 

non  si  mangia:  frequente;  inverno . 

carne  di  poco  pregio;  comune;  estate.  .  .  . 

— 

Trigla  lineata  Linn . 

Rùbin;  Imbriaei 

1. 

0,80—  1,00 

T.  pini  Bloch . 

Imbriaego 

1. 

id.  id.  tutto  Tanno  . 

(>,80  —  1,00 

T.  Gurnardus  Linn . 

Galletto;  Gavigi 

bn 

1. 

1. 

id.  id.  inverno  .  .  . 

0,80—  1,00 

T.  cuculus  Bloch . 

T.  obscura  Linn. . 

Fideà  ,  .  •  j 
Spagnoletto; 

Eolio  .... 

id.  id.  id.  . 

0,80—1,00 

0,80—1,00 

T.  hyrundo  Bloch . 

T.  lyra  Linn . 

Cheussano;  0fS 

|>. . 

1.  - 
2. 

carne  discreta;  frequente  .  .^ . 

0,80—  1,00 

Scorpaena  scrofa  Linn . 

Pescio  cappón- 

2. 

carne  stimata;  comune;  tutto  1  anno  .... 

0,80—1,50 

S.  porcus  Linn . 

Scòrpena;  S.  ». 

paggio  .  .  . 

2. 

id.  id.  inverno . 

0,80—  1,20 

S.  ustulata  Lowe . 

id. 

r 

2. 

comune;  autunno,  inverno . 

— 

Sebastes  dactylopterusf  D.’l.  Roc. 

Scòrpenin;  S.  ^ 

pndo  .... 

2. 

poco  ricercato;  frequente;  primavera,  estate  . 

0,50  —  0,60 

Chrysophrys  aurata  Cuv.  ... 

Oà  .  .  .  ■ 

1. 

carne  ricercatissima;  frequente:  tutto  Tanno  . 

2,50  —  3,50 

Pagellus  mormyrus  Cuv.  .  .  . 

Mormua  .  •  1 

]. 

carne  molto  buona:  tutto  Tanno . 

1,50  —  2,20 

P.  bogaraveo  Brunn . 

Roello;  Rovell» 

3. 

carne  buona;  non  frequente;  tutto  I  anno  .  . 

comune  (vendesi  come  fragolino) . 

carne  buonissima;  frequente;  inverno  .... 

0,80—  1,00 

P.  centrodontus  Cuv.  e  Val.  .  . 

P.  acarne  Cuv.  e  Val . 

P.  erythrinus  Cuv . 

Bezùgo 

Pàgao  veaxo  ■ 

3. 

1. 

1 

0,80—1,30 

1,50  —  2,00 

30 


Nome  italiano 


Pagro  comune.  .  .  .  . 

Sarago  rigato;  S.  maggiore 


S.  sparagliene  ;  Sparletto  . 

S.  comune . 

Carace  acuto;  Puntazzo  . 
Occhiatella  ;  Obbiata  codaner 

Occhiata . 

Salpa  ;  Sarpa . 

Boba;  Boga . 

Cantaro;  Cantarella  cornane 

C.  orbiculare  . 

Triglia  maggiore,  o  di  scoglio 

T.  minore,  o  di  fango  .  . 

Zerro;  Zerrolo . 

Z.  coronato;  Z.  largo  .  . 

Z.  alcedine,  o  corodella  . 

Z.,  o  Menola  gracile  .  . 

Z.  comune . 

Z.  zebra,  o  dell’  Osbeck  . 

Z.  stretta,  Z,  schiava  . 
Dentice;  Dentale  comune  . 

D.  occhione . . 

Apogone;  Re  delle  triglie 
Cerniola;  Cernia  .... 
Sciarrano  scrittura;  Perchia 
S.  cabrilla;  Serrano  comune 
S.,  o  Cerna  gigante .  .  . 

S.  sacchetto;  Castagna.  . 

Canario  largo . 

Labrace;  spinola;  lupo  marino 


A  g ginn. 


Ghiozzo  macchiato . 


Nome  scientifico 


Pagrus  vulgaris  Cuv.  e  Val. 
Sargus  Rondeletii  Cuv.  e  Val. 


S.  annularis  Linn.  .  . 

S.  vulgaris  Goeff.  .  . 

Charax  puntazzo  Linn. 


Oblata  melanura  Cuv.  e  Val. 
Box  salpa  Linn . 

B.  vulgaris  Cuv.  e  Val.  . 
Cantharus  lineatus  Linn. 

C.  orbicularis  Cuv.  e  Val. 
Mullus  surmuletus  Liun. . 

M.  barbatus  Linn.  . 

Smaris  vulgaris  Cuv.  e  Val. 
S.  chryselis  Cuv.  e  Val.  . 

S.  alcedo  Cuv.  e  Val.  .  . 

S.  gracilis  Bonap.  .  .  . 

Maena  vulgaris  Cuv.  e  Val. 
M.  zebra  Brunii  .... 

M.  jusculum  Cuv.  e  Val.. 
Dentex  vulgaris  Cuv.  .  . 

D.  macrophthal.mus  Cuv.  e 
Apogon  imberbis  Linn.  . 
Polyprion  cernium  Val.  . 
Serranus  scriba  Linn.  . 

S.  cabrilla  Linn . 

Cerna  gigas  Cuv.  e  Val.  . 
Centropristis  hepatus  Linn. 
Anthias  sacer  Bl.  .  .  . 

Labrax  lupus  Cuv.  .  .  . 


Val 


Gobius  quadrimaculatus  C.  V.  . 


Nome  ver 


P.  buffo  ;  P.  ai 
Svoià;  Sant’ A 
Sagao  veax 
Sparlo .  .  . 


Sulla;  Morudd 


Oggià;  Oèggià 
Sarpa  .  .  . 

Buga;  Bacello 
Tanùa.  .  . 

Scaggiòn .  . 

Treggia  veaxa 
T.  de  fondo;  Cj 
piccolo:  Pignoe 
Spigo  .  .  . 

Loco;  Zerla. 
Zerla  .  .  . 

Ménua  .  . 

Specie  de  Mén] 
Ciocca;  Bastèa 
Dentexo  .  .  J 
Sciamma .  .  .! 

Castagne ua  ròsi 
picc.  :  Pampanol1, 
Barchetta  .  .j 
Bolàxo.  .  .  J 

Meo;  Luxerna  J 
Bolàxo  de  tace 
Castagnéua  ròs^ 
Lòasso.  .  .  . 


Ghiggion .  .  . 


Totale  della  Specie  menzionate  N.  261. 


31 


Qualità 

commerc 

Valore  commestibile,  frequenza  ed  epoca 

Prezzo 
approssimat. 
al  Chilogr. 

Classe 

Lire  e  Cent. 

1 . 

carne  squisita;  frequente;  inverno . 

1,50  —  2,00 

1. 

carne  buona;  frequente;  tutto  l’anno  .... 

1,00  —  2,00 

1. 

carne  di  poco  pregio;  frequente;  estate,  autunno 

1,00  —  2,00 

1. 

frequente . 

0,80  —  1,20 

3. 

carne  di  poco  pregio;  non  comune;  tutto  l’anno 

0,80—1,20 

3. 

carne  buona;  frequente;  tutto  l’anno  .... 

0,80  —  1,30 

3. 

carne  poco  pregiata;  frequente;  tutto  l’anno  . 

0,80—  1,00 

3. 

id.  id.  id. 

0,80  —  1,40 

3. 

carne  poco  ricercata;  id.  id. 

0,80—1,20 

carne  poco  ricercata;  id.  estate  .  .  . 

— 

1. 

carne  apprezzatissima  ;  id.  tutto  l’anno  . 

2,50  —  3,50 

1. 

id.  id.  id. 

1,50  —  2,00 

3. 

carne  buona;  giov.,  estate;  adult.,  tutto  l’anno 

0,60—1,80 

— 

carne  di  nessun  pregio  . . 

0,60—1,80 

3. 

carne  discreta;  frequente;  inverno . 

0,60—  1,80 

3. 

carne  cibata  dal  popolano;  inverno . 

0,(50  —  1,80 

3. 

carne  cattiva;  frequente;  tutto  l’anno.  .  .  . 

0,60—  1,80 

3. 

carne  poco  cercata;  non  raro . 

— 

3. 

tutto  l'anno . 

2,00  —  3,00 

1. 

carne  squisita;  frequente;  tutto  l’anno  .  .  . 

— 

1. 

carne  buona;  raro;  tutto  l’anno . 

— 

3. 

carne  buona;  non  abbonda;  primavera  .  .  . 

— 

1. 

carne  saporita;  frequente;  tutto  l’anno  .  .  . 

1,20  —  1,60 

3. 

carne  buona;  frequente;  primavera,  estate  .  . 

0,60  —  0,80 

3. 

id.  id.  estate  . 

— 

2. 

id.  id.  primavera,  estate  .  . 

1,20—1,60 

3. 

carne  poco  stimata;  comune;  tutto  l’anno  .  . 

— 

3. 

carne  poco  buona;  piuttosto  raro;  primavera  . 

— 

1. 

carne  squisitissima;  frequente;  tutto  l’anno.  . 

2,50  —  3,00 

2. 

frequente . 

080—  1,00 

i 


enovese 


Nome  italiano 


Nome  scientifico 


Nome 


verm 


Pagro  comune ...... 

Sarago  rigato;  S.  maggiore  . 

S.  sparaglione  ;  Sparletto  .  . 

S.  comune . 

Carace  acuto;  Puntazzo  .  . 

Occhiatella  ;  Obbiata  codanera 

Occhiata . 

Salpa  ;  Sarpa . 

Boba;  Boga . 

Cantaro;  Cantarella  comune. 

C.  orbiculare  . 

Triglia  maggiore,  o  di  scoglio 

T.  minore,  o  di  fango  .  . 

Zerro;  Zerrolo . 

Z.  coronato;  Z.  largo  .  .  . 

Z.  alcedine,  o  coronella  .  . 
Z.,  o  Menola  gracile  .  .  . 

Z.  comune . 

Z.  zebra,  o  dell’Osbeck  .  . 

Z.  stretta,  Z,  schiava  .  .  . 

Dentice;  Dentale  comune  .  . 

D.  occhione . 

Apogone;  Re  delle  triglie  . 

Cerniola;  Cernia . 

Sciarrano  scrittura;  Perchia . 

S.  cabrilla;  Serrano  comune. 
S.,  o  Cerna  gigante.  .  .  . 

S.  sacchetto;  Castagna.  . 

Canario  largo . 

Labrace;  spinola;  lupo  marino 

Aggiun. 

Ghiozzo  macchiato  .... 


Pagrus  vulgaris  Cuv.  e  Val.  .  . 

Sargus  Rondeletii  Cuv.  e  Val. 

S.  annularis  Linn . 

S.  vulgaris  Goeff. . 

Charax  puntazzo  Linn . 

Oblata  melanura  Cuv.  e  Val.  .  . 
Box  salpa  Linn . 

B.  vulgaris  Cuv.  e  Val . 

Cantharus  lineatus  Linn.  .  .  . 

C.  orbicularis  Cuv.  e  Val.  .  .  . 

Mullus  surmuletus  Liun . 

M.  barbatus  Linn . 

Smaris  vulgaris  Cuv.  e  Val.  .  . 

S.  chryselis  Cuv.  e  Val . 

S.  alcedo  Cuv.  e  Val . 

S.  gracilis  Bonap . 

Maena  vulgaris  Cuv.  e  Val. 

M.  zebra  Brunii . 

M.  jusculum  Cuv.  e  Val . 

Dentex  vulgaris  Cuv . 

D.  macrophthalmus  Cuv.  e  Val. 

Apogon  imberbis  Linn . 

Polyprion  cernium  Val . 

Serranus  scriba  Linn . 

S.  cabrilla  Linn . 

Cerna  gigas  Cuv.  e  Val . 

Centropristis  hepatus  Linn.  .  .  . 

Anthias  sacer  B1 . 

Labrax  lupus  Cuv . 


Gobius  quadrimaculatus  C.  V.  .  . 


P.  buffo  ;  P.  J 
Svoià;  Sant’ Ani 
Sagao  veaso 
Sparlo.  . 

Sulla;  Morudda 

Oggià;  Oèggià 
Sarpa  ... 
Buga;  Bacel'lo  ! 
Taniìa.  . 
Scaggion .  . 
Treggia  veaxa; 
T.  de  fondo;  Ci 
piccolo:  Pignoeti 
Spigo  .... 
Loco;  Zerla.  , 
Zerla  .  .  .  , 
Ménua  .  .  . 
Specie  de  Ména 
Ciocca;  Bastéa. 
Dentexo  .  .  . 
Sciamma.  .  . 
Castagnèua  rossi 
picc.:  Pampanoti 
Barchetta 
Bolàxo.  .  . 
Meo;  Luxerna 
Bolàxo  de  tacca 
Castagnèua  róssa 


Ghiggion. 


tou;  P.  teston 
està  neigra 


schèuggio 
Ito:  Zerlo 


Làseri 


Totale  della  Specie  menzionate  N.  261. 


31 


Qualità 

commerc 

Valore  commestibile,  frequenza  ed  epoca 

Prezzo 
approssimai 
al  Chilogr. 

Classe 

carne  squisita;  frequente;  inverno . 

Lire  e  Cent. 
1,50  —  2,00 

1. 

carne  buona;  frequente;  tutto  l’anno  .... 

1,00  —  2,00 

1. 

carne  di  poco  pregio;  frequente;  estate,  autunno 

1,00  —  2,00 

1. 

frequente . 

0,80  —  1,20 

3. 

carne  di  poco  pregio;  non  comune;  tutto  l’anno 

0,80—1,20 

3. 

carne  buona;  frequente;  tutto  l’anno  .... 

0,80  —  1,30 

3. 

carne  poco  pregiata;  frequente;  tutto  l’anno  . 

0,80—1,00 

3. 

id.  id.  id. 

0,80—1,40 

3. 

carne  poco  ricercata;  id.  id. 

0,80—  1,20 

3. 

carne  poco  ricercata;  id.  estate  .  .  . 

— 

1. 

carne  apprezzatissima  ;  id.  tutto  l’ anno  . 

2,50  —  3,50 

1. 

id.  id.  id. 

1,50  —  2,00 

3. 

carne  buona;  giov.,  estate;  adult.,  tutto  l’anno 

0,60—  1,80 

carne  di  nessun  pregio  .  . . 

0,60—1,80 

3. 

carne  discreta;  frequente;  inverno . 

0,60—1,80 

3. 

carne  cibata  dal  popolano;  inverno . 

0,60—1,80 

3. 

carne  cattiva;  frequente;  tutto  l’anno.  .  .  . 

0,60—  1,80 

3. 

carne  poco  cercata;  non  raro . 

— 

3. 

tutto  l’anno . . 

2,00  —  3,00 

1. 

carne  squisita;  frequente;  tutto  l’anno  .  .  . 

— 

1. 

carne  buona;  raro;  tutto  l’anno . 

— 

carne  buona;  non  abbonda;  primavera  .  .  . 

— 

1. 

carne  saporita;  frequente;  tutto  Tanno  .  .  . 

1,20—1,60 

3. 

carne  buona;  frequente;  primavera,  estate  .  . 

0,60  —  0,80 

3. 

id.  id.  estate  . 

— 

2. 

id.  id.  primavera,  estate  .  . 

1,20—1,60 

3. 

carne  poco  stimata;  comune;  tutto  Tanno  . 
carne  poco  buona;  piuttosto  raro;  primavera  . 

— 

— 

1. 

carne  squisitissima;  frequente;  tutto  Tanno.  . 

2,50  —  3,00 

2. 

frequente . 

080  —  1,00 

32 


§16.  Elenco  alfabetico  dei  nomi  genovesi  dei  pesci 
coi  corrispondenti  nomi  italiani  e  latini. 


Genovese 


Abri  (V.  Cabassòn,  Occiòn) 
Agheu  (V.  Argentinn-a.)  . 
Agna;  Agno . 

Agòn  (V.  Beccasin)  .  . 

Àguggia . 


Àgòggiòn  m  accio  u  .  .  . 

id.  neigro  (V.  Spi¬ 
nacelo  ;  Spinòlin)  .  . 
id.  rosso,  o  de  stampa 
Aguseo  de  bocca  neigra 
(V.  Sagri)  .  .  .  . 

Alalunga,  Aa-lunga  .  . 

Anciòa . 

id.  de  Spagna;  A,  bar¬ 
baresca,  . 

Angeo  (V.  Pescio  àngeo; 
e  Squèo) 

Anghilla  d’aegua  doge 
id.  id.  sa  .  . 

Argentinn-a  (Y.  Agheu)  . 
Argento  (V.  Pese,  argento; 

Scignòa) . 

Ariolo  (V.  Laxerto)  .  . 


Bacello  (V.  Buga)  .  , 

Barchetta . 

Bastéa  (V.  Ciocca)  .  . 

Battinetta;  Battipotta  (V 
Tremoize) .... 
Bauza  (V.  Galletto) 

Bauzetta . 

Beccasin  (V.  Agòn) 

Bèllua . 

Bezugo  . 

Biscia  de  ma . 


Bolaxo . 

id.  de  tacca  neigra  . 
Botasse  (V,  Potasse)  .  . 

Bramante  (V.  Razzòn).  . 


Italiano 


Latterino  capoccione .  . 

Argentina  sfirena  ,  ,  , 

Trachino  dragone;  Raga¬ 
nella  velenosa  .  .  . 

Aguglia  comune  .  .  . 

Sifonostomi;  Signati;  A- 
ghi  di  mare  .  .  . 


Spinarolo  imperiale  .  . 

Sagri  moretto  ;  Sagrino  . 
Spinarolo  comune.  .  . 

id.  u iato  .  .  . 

Alalunga;  Germone  .  . 

Acciuga  ;  Alice  (adulto  . 


Squadrolino  pellenera  ; 
Pesce  angelo  .  .  . 

Anguilla . 

id . 

Argentina  sfirena .  .  . 

Fierasfro . 

Scombro  comune  ;  Mac¬ 
carello  . 

Boga  comune  .... 

Sciarrano  scrittura;  Per- 
chia . 

Menola  schiava  .  .  . 

Torpedine  del  Galvani  . 

Bavosa  occhiuta,  gatto- 
ruggine,  ecc.  .  .  . 

Clinio  argentato  .  .  . 

Aguglia  comune  (piccola) 

Motella  comune;  Donnola 

Pagello  rosso;  Occhialone 

Grongo  muro,  ed  Ofìsuro 
serpente  . 

Sciarrano  cabrilla  .  .  . 

id.  sacchetto;  Castagna 

Gado  barbato  .... 

Razza  bramante,  o  pietrosa 


Latino 


Atherina  Boyeri  Risso 
Argentina  sphyraena  L. 

Trachinus  draco  Linn. 
Belone  acus  Ris. 

Siphonostoma  typhle  L.; 
Syngnathus  sp.;  e  Ne- 
rophis  sp. 

Acanthias  vulgaris  Ris. 

Spinax  niger  Bonap. 
Acanthias  Blainvilli  Ris. 

id.  uyatus  Bonap. 
Thynnus  alalonga  C.  V. 
Engraulis  encrasicholusL. 

Stomias  boa  Risso 


Squatina  angelus  Dum. 
Anguilla  vulgaris  Cuv. 

id.  ,  var.  acutirostris 
Argentina  sphyraena  L. 

Fierasfer  acus  Briinn. 

Scomber  scomber  Linn. 

Box  vulgaris  C,  V, 

Serranus  scriba  L. 
Maena  jusculum  C.  Y. 

Torpedo  Galvanii  Cuv^ 

Blennius  (molte  specie) 
Cristiceps  argentatus  Ris. 
Belone  acus  Risso 
Motella  tricirrata  Nilss. 
Pagellus  centrodontus  C. 
V. 

Myrus  vulgaris  Kaup  ;  e 
Ophichthys  serpens  L. 
Serranus  cabrilla  L. 
Centropristis  hepatus  L. 
Gadus  vernalis  Riss. 
Leviraja  bramante  Sassi 


33 


Genovese 

Italiano 

Brazullo . 

Mora  verdona  .... 

Bronco  de  fondo  (V.  Fiagal- 
lo,  Peagallo,  Tiagallo) 

Grongo  comune  .  .  . 

Bronco  de  schéuggio  .  . 
Budegassa  [V.  Gianello''  . 

Grongo  nero,  o  di  scoglio 

Rana  pescatrice  .  .  . 

Lofio  martino  .... 

Buddego;  B.  ròscin.  .  . 

Buga  (V.  Bacelloj  .  .  . 

Boba,  o  Boga  comune  . 

Cabassòn  (V.  Abri) .  .  . 

Latterino  capoccione 

Cagnassa,  Cagnassòn  (V. 
Palombo) . 

Galeo  cane . 

Cagnassòn  de  fondo  .  . 

Odontaspe  feroce,  e  Ca¬ 

Cagnolin  (V.  Pescio  bove) 

gnesca  grande .  .  . 

Lamiola,  pesce  manzo  .  | 

Can  (V.  P.  can  ;  Verdòn) 

Carcarodonte,  Prionodon-  j 

Cappa  neigra  (V.  Pescio 
crovo  e  Locca)  .  .  . 

te  verdesca,  Verdone  1 

Corvina  locca;  Corvo  di 

Cappòn  (V.  Pescio  cappòn) 

mare . 

Scorfano;  Scorpena  rossa 

Castagnèua . 

Castagnola,  Saracina .  . 

id.  rossa  .  .  . 

Apogone,  e  Canario  largo  j 

Cavalla . i 

Scombro  macchiato  .  . 

Cavallo  marin  .  .  .  . 

Cavallo  marino .  .  .  .  j 

Caviggéa  (V.  Piccaggia;  ! 
Scignòa) . 

Caviglione,  Stringa  .  .  j 

Cavòn  (V.  Treggia  de  fondo  [ 

Triglia  minore  .  .  .  . 

Chèunao  (V.  Occiòn ,  Pa-  j 
scatta) . ! 

Latterino  sardaro,  Aterina 

j 

Cheussano  (V.  Organo  .  j 

Capone  gallin.;  C.  organo 

Ciautta  (V.  Miisao  neigro)  j 

Muggine  chelone,  Sciorina 

Cimbio . : 

Istioforo  belone  .  .  . 

Ciuciallo . ! 

Carance  punteggiato.  . 

Ciocca  (V.  Bastèa)  .  .  .  j 

Menola  schiava  .  .  .  j 

Cipra  (V.  Laccia,  Salacca)  ! 

Aiosa,  Salacca  ,  .  .  . 

Ciùccio  (V.  Oxello)  ....  .  } 

Pesce  vescovo;  o  nottola  j 

id.  neigro  .  .  .  . 

Trigone  violaceo  .  .  . 

Còmba,  Còmbinn-a.  .  .  ! 

Labro  pavone  .... 

Cravòn  (V.  Pescio  palo: 

P.  borsa) . 

Balestra  comune  .  .  . 

Crovo  (V.  Cappa  neigra, 
Loca  e  P.  crovo)  .  .  j 

Corvina  locca  .... 

Dentexo . 

Dentice  comune  .  . 

Drafi  netto . 

Gouania  tipo  .... 

Fanfano  (V.  Pampano)  . 

Pesce  pilota . 

Ferrassa,  ferrasson .  .  . 

Aquila  di  mare  .  .  . 

id.  de  fondo  (V.  Pe-  j 

scio  murciotto  .  .  . 

Pastinaca;  Trigone  pastin. 

Latino 


Mora  mediterranea  Riss. 

Conger  vulgaris  Cuv. 

Conger  niger  Risso 

Lophius  piscatorius  Cuv. 
id  budegassa  Spin. 

Box  vulgaris  C.  V.. 

Atherina  Boyeri  Ris. 

Galeus  canis  L. 

Odontaspis  ferox  Agass. 
e  Carcharodon  Ron- 
deletii  M.  H. 

Notidanus  cinereus  Cuv. 

Carcharodon  Rondeletii 
M.  H.  e  Carcharias 
glaucus  Cuv. 


Corvina  nigra  Cuv. 
Scorpaena  scrofa  L. 
Iieliaster  chromis  L. 
Apogon  imberbis  L.,  ed 
Anthias  sacer  Bl. 
Scomber  colias  L. 
Hippocampus  (sp.) 

Cepola  rubescens  L. 
Muli us  barbatus  L. 

Atherina  hepsetus  L.  e 
A.  inocho  C.  V. 
Trigla  lyra  L. 

Mugil  chelo 

Histiophorus  belone  Raf. 
Caranx  punctatus  Ag. 
Maena  jusculum  C.  V. 
Clupea  aiosa  Cuv. 
Myliobatis  noctula  Bp. 
Trygon  violacea  Bp. 
Labrus  rnyxtus  Bl. 

Balistes  capriscus  L. 

Corvina  nigra  Cuv. 

Dentex  vulgaris  Cuv. 
Leptopterigius  piger  N. 

Naucrates  ductor  Bl. 
Myliobatis  aquila  Bp. 

Trygon  pastinaca  L. 


34 


Genovese 

Italiano 

Latino 

Ferrassa  neigra  .... 
Fiagallo  (V.  Peagallo,  Tia- 

Trigone  bracco  .  .  . 

Trygon  bracco  Bp. 

gallo) . 

Grongo  (piccolo)  .  .  . 

Conger  vulgaris  Cuv. 

Fideà  . 

Capone  caviglia  .  .  . 

'frigia  cuculus  Bl. 

Fìgao  . 

Sciena  aquila;  Boccadoro  ; 

Sciaena  aquila  Lac. 

Fìgaotto . 

Gado  minuto  .  .  .  . 

Gadus  minutus  L. 

Forca  V.  Pescio  forca)  . 

Galletto  (  Y.  Gaviggiòn  ; 

Catafratto  forcuto .  .  . 

Peristethus  cataphrac- 
tus  Cuv. 

Bau  za) . 

Gallinella  (V,  Battinetta: 

Bavose,  e  Gorno  .  .  , 

Blennius  (varie  sp.) 

Tremoize) . 

Torpedine  del  Galvani  , 

Torpedo  Galvanii  Cuv. 

Ganga  (V.  Muzao)  .  .  . 

Muggine  calamita.  .  . 

Mugil  capito  Cuv. 

Gastódella . 

Sairide  di  Camper  .  . 

Scomberesox  Rondeletii 
Bonap. 

Gatto-bardo . 

Scillio  gattopardo  .  .  . 

Scyllium  stellare  L. 

Gattusso . 

Gattuccio ,  gattaccio  di 

mare . 

id.  canicula  L. 

Gaviggiòn  (V.  Galletto)  . 
Ghiggiòn  neigro ,  G.  de 

Capone  caviglione:  Gorno 

Trigla  gurnardus  L. 

fondo . 

Ghiozzo  testone  .  .  . 

Gobius  capito  (ed  altr.  sp.) 

Ghiggiòn  de  schèuggio  . 

id.  comune  .  .  . 

id.  Jozo  L. 

Gianchetto . 

1  Sardina,  Alice  (piccoliss.) 

Clupea  sardina;  Engraulis 
encrasicholus  L. 

Gianello  (V.  Buddegassa). 

Rana  pescatrice  .  .  . 

Lophius  piscatorius  Cuv. 

Grattaen-na . 

!  Pesce  remora  .... 

Echeneis  remora  L. 

Imbriaego  (V.  Rùbin)  .  . 

Cappone  ubbriaco;  C.  im¬ 

periale  . 

Trigla  lineata  L.;  T,  pini 
pi 

Impeatò  (V.  P.  impeatò)  . 

!  Luvaro  imperiale  (adulto) 

DI. 

Ausonia  Cuvieri  Ris. 

Indoradda  . 

'  Corifena  cavallina,  C.  do¬ 

rata  . 

Coriphaena  hippurus  L. 

Laccia  (V.  Cipra,  Salacca) 

Aiosa,  Salacca  .... 

Clupea  aiosa  Cuv. 

Laggiòn . 

Crenilabri  sp.  var.;  Labro 

merlo . 

Crenilabrus  sp.;  Labrus 
menila  L, 

Laghéu  . 

i  Pesce  scarmo,  Sauro  lu¬ 

certola  . 

Saurus  griseus  Lowe 

Lambraea . 

Trachittero  del  Bonelli  . 

Trachypterus  cristatus  B. 

Lamma  (V.  Pescio  lammaj  : 

id.  iride  . 

id.  iris  L. 

Lampréa . 

Odontostoma  trasparente 

Odontostomus  hyalinus 
Coc. 

Laxerto  (V.  Arido).  .  . 

Scombro  comune,  Mac¬ 

carello . 

|  Scomber  scomber  Lin. 

Leccia  bastarda  .  .  .  . 

I  Pesce  stella,  e  Lampuga 

dorata . 

Lichia  glauca;  Stroma- 

teus  fiatola  Linn. 

id.  veaxa . 

Seriola  del  Dumeril  .  .  ; 

Seriola  Dumerilii  Agass. 

Lengua  (V.  Sèua)  .  .  . 

Sogliola  comune,  pelosa  j 

Solea  (varie  specie) 

id.  d’aenn-a  .  '  .  .  : 

id.  del  porro  .  .  | 

id.  lascaris  Riss. 

id.  bastarda  .  .  .  j 

id.  fasciata,  e  Pia-  1 

1 

gusia  lattea ,  ,  ,  , 

id.  Mangilii  Risso  ;  e 
Plagusia  lactea  Bp. 

35 


Genovese 

Italiano 

Latino 

Lengua  oxellinn-a  .  .  . 

Sogliola  turca  .... 

Solea  Kleinii  Bp. 

Linarda  (V.  Passiensa) 

Molva  allungata  .  .  . 

Molva  elongata  Nilss. 

Locca  (V.  Pescio  crovo;  e 
Cappa  neigra)  .  ,  , 

Corvina  locca,  Corvo  di 

Corvina  nigra  Cuv. 

mare . 

Loco  (V.  Zerla)  .... 

Menola  alcedine  .  .  . 

Smaris  alcedo  C.  V. 

Lòasso . 

Lupo  marino;  Labrace  . 

Labrax  lupus  Cuv. 

Lussao  de  ma  (V,  Spigòn) 

Sfirena  comune,  Aluzzo 

imperiale .  .  .  , 

Sphyraena  vulgaris  Cuv. 

Luxento  (V.  Mùzao  deiréuio 

Muggine  labbrone  .  . 

Mugil  labeo  Cuv. 

Luxerna  (V.  Pampanotto) 

Cerniola;  Poliprione  (ad.) 

Polyprion  cernium  Val. 

id.  de  schéuggio  (V.  Meo) 

Sciarrano,  o  Cerna  gigante 

Serranus  gigas  C.  V. 

Mangiapere  (V.  Sussapeixe 

Lampreda  marina;  L.  fin- 

!  Petromyzon  marinus  L.; 

viale  . 

Marcantogno . 

. 

Scimia  di  mare;  Chimera 

P.  fluviatilis  L. 

mostruosa  .  .  .  . 

Chimaera  monstrosa  L. 

Meanto,  Muanto.  .  .  . 

Ossirina  dello  Spallanzani 

!  Oxyrhina  Spallanzanii  Bp. 

Ména  (V.  Pescio  ména)  . 

Pesce  luna;  P,  tamburro 

Orthagoriscus  mola  L. 

Ménna . 

Menola  comune  .  .  . 

!  Maena  vulgaris  C.  V. 

id.  (specie  de)  .  .  . 

id.  zebra  .... 

id.  zebra  Brtinn. 

Meo  (V.  Luxerna  de  schéug.) 

Sciarrano  gigante .  .  . 

Serranus  gigas  C.  V. 

Mincia  (V.  Zigoélla)  .  . 

Donzella  zigurella.  .-  . 

Julis  pavo  Cuv. 

Mose  d’anciòa  .... 

|  Leptocefalo . 

Leptocephalus  (v.  sp,) 

Moenn-a 

;  Murena . 

Muraena  helena  L. 

Mojello  (V.  Miiellin) 

i  Pristiuro ,  o  Scillio  boc¬ 

canera  . 

Pristiurus  melanostomus 

Moruddà  (V.  Sulla).  .  . 

Carace  acuto  .... 

Bp. 

Charax  puntazzo  L. 

Mastella  de  fondo  .  .  . 

Fico  argentino  .... 

Phycis  blennioides  Bl. 

id.  de  schéuggio 

id,  mediterraneo. 

id.  mediterraneus  D. 

Mùellin  (V.  Mojello)  .  . 

Pristiuro  boccanera  .  . 

la  Roc. 

Pristiurus  melanostomus 

Miiggio  (V.  Pese,  mùggio 

Notidano  capopiatto  .  .  | 

Bp. 

Notidanus  griseus  Cuv. 

Murciotto  (V.  Ferrassòn  de 
fondo  . 

Trigone  pastinaca,  ,  .  ! 

Ti-ygon  pastinaca  L. 

Mòrmua 

Pagello  mormora;  Mor-  ! 

millo . 1 

Pagellus  mormyrus  Cuv. 

Mòron,  maron  .... 

Centrolofo  pompilio  .  . 

Centrolopnus  pompilius 

Mùzao  de  l'éuio  (V.  Luxento) 

Muggine  labbrone .  .  .  i 

C.  V. 

Mugil  labeo  Cuv. 

id.  de  Tou  .... 

id.  dorato,  od  orifrangio  j 

id.  auratus  Riss. 

id.  ganga  ...  .  .  .  . 

id.  calamita  .  .  .  .  | 

id.  capito  Cuv. 

id.  massòn  .  .  .  . 

id.  cefalo;  Caparello  . 

id.  cephalus  Guv. 

id.  neigro . 

id.  chelone;  Sciorina,  j 

id  chelo  Cuv. 

Nasello . 

Merluzzo  comune  .  .  . 

Merlucius  vulgaris  Flem. 

Neigra . 

Scinno  leccia  .... 

Scymnus  lichia  Cuv. 

Nisséua . 

Palombo  comune ,  e  P. 

nocciolo . 

Mustelus  laevis  Ris.,  e  M. 

Oà . 

Orada  comune  .... 

vulgaris  M,  H, 

Chrysophrys  aurata  Cuv. 

Occialòn . 

Tonno  brevipinne  ,  .  . 

Thynnus  brevipinnis  C.V. 

36 


Genovese 


Italiano 


Latino 


Occion  (V.  Chèunao,  Pa- 
scatta)  .  .  .  .  . 


Latterino  sardaro  (ed  altri) 


Attienila  hepsetus  L„  A, 
mocho  C,  V, 


Oggià;  Oèggià  .  .  . 

Oliassòu  ,  ,  .  ,  , 

Ombrinn-a . 

Organo  (V.  Cheussano) 
Oxello  (V.  Ciuccio) .  . 


Obbiada  codanera  ;  Oc¬ 
chiata  . 

Pomatomo  .  ,  ,  ,  . 

Ombrina  corvo  .  .  ,  . 

Gallinella;  Capone  organo 
Pesce  vescovo  ,  .  .  . 


Oblata  melanura  C.  V. 
j  Pomatomus  telescopium 
Riss. 

Umbrina  cirrhosa  L. 
Trygla  lyra  L. 
Myliobatis  noctula  Bp. 


Pàgao  addente'xòu,  P.  buffo, 

P.  teston . 

Pàgao  veaxo  . 

Pappagallo . 

Palombo  (V.  Cagnassa)  . 

Pami’a . 

Pana  pano  (V.  Pantano)  . 
Pàmpanotto  (V.  Luxerna) 

Paasetta . 

Pascatta  (V.  Chèunao;  Oc¬ 
cion)  . 

Passiensa  (V.  Linarda)  . 

Passua . 

Peagallo  (V.  Bronco  de 
fondo,  Tiagallo) .  .  . 

Pescio  àngeo  (V.  Squèo  .  | 

id.  argento  .  .  .  . 

id.  bove  (V.  Cagnolin)  ! 

id.  borsa  (V.  Cravòn,  | 

Pescio  palo)  .  .  . 

Pescio  can  (V.  Verdori)  .  | 


id.  cappòn  .  .  .  . 

id.  crovo  (  V.  Cappa 
neigra;  Locca)  .  .  . 

Pescio  forca . 


id. 

impeato  .  .  .  . 

id. 

lamma  .  .  .  .  1 

id. 

méua . ! 

id. 

muggio  .  .  .  .  : 

id. 

murciotto  (V.  Fer- 

rasson  de  fondo)  .  .  j 

Pescio 

oxello . : 

id. 

palo  (V.  Cravòn,  P.  j 

borsa) . 

Pescio 

porco . 1 

Pagro  comune  .... 
Pagello  fragolino  .  .  . 

Corifena  a  coda  di  cavallo 

Galeo  cane . 

Bonita;  Paìamida  sarda. 

Pesce  pilota . I 

Cerniola  (piccolo)  ...  ! 
Sardina  (di  media  età)  .  i 

Latterino  sardaro  . 

Molva  allungata  .  .  . 

Pleuronettide  italico  .  . 

Grongo  comune  (piccolo) 
Squadrolino,  Pesce  angelo 

Fierasfro  . 

Lamiola;  Pesce  manzo  .  * 

Balestra  comune  .  I 

Verdone,  Prionodonte  ver¬ 
desca,  e  Carcarodonte  I 
del  Rondelet  .  .  . 

Scorfano;  Scorpena  rossa  ; 


Pagrus  vulgaris  C.  V. 
Pagellus  erythrinus  C. 
Coryphaena  equisetis  L. 
Gale  us  canis  L. 

Pelamys  sarda  Bl. 
Naucrates  ductor  Bl. 
Polyprion  cernium  Val. 
Clupea  sardina  Cuv. 

Atherina  hepsetus  L.;  A. 

mocho  C.  V. 

Molva  elongata  Nilss. 
Pleuronectes  italicus 

Conger  vulgaris  Cuv. 
Squatina,  angelus  Dum.; 

e  S.  oculata  Bp. 
Fierasfer  acus  Briinn. 
Notidanus  cinereus  Cuv. 

Balistes  capriscus  L. 


Carcharias  glaucus  Cuv. 
e  Carcharodon  Ron- 
deletii  M.  H. 
Scorpaena  scrofa  L. 


Corvina  locca:  Corvo  di  j 

mare . 

Catafratto  forcuto .  .  . 

Luvaro  imperiale  (adulto) 
Trachittero  iride;  e  Le- 
pidopo . 

Pesce  luna;  P.  tamburro 
Notidano  capo  piatto 

Trigone  pastinaca  .  . 

Pesce  vescovo  .... 


Corvina  nigra  Cuv. 
Peristethus  cataphrac- 
tus  Cuv. 

|  Ausonia  Cuvieri  Ris. 

Trachypterus  iris  Cuv.; 
Lepidopus  caudatus  W. 
i  Orthagoriscus  mola  L. 

:  Notidanus  griseus  Cuv. 

Tr'ygon  pastinaca  L. 
Myliobatis  noctula  Bp. 


Balestra  comune  .  .  .  Balistes  capriscus  L. 

Centrina  porco  ....  Centrina  Salviani  Risso 


Genovese 


Latino 


Pescio  praeve . j 

id.  ratto  (V.  Rattin)  .  j 

id.  razò . i 

id.  rè . I 


id.  Sampè  .  .  .  .  j 

id.  sbiro  ,  sbaro  (  V.  ; 

sbiro  neigro)  .  .  .  .  , 

Pescio  scrossua  (Pes.  mar¬ 
tello) 

Pescio  spà.  .  .  .  .  . 

id.  trombetta  .  .  . 

id.  vacca . ' 

id.  verdòn  (V.  P.  can)  i 

Petrale . 

Piccaggia  (V.  Cavigèa,  e  j 
Scignòa) . 

Pignoetto . 

Potasse  (V.  Rotasse)  .  . 

Pòtassèu . 

Rattin  ;  V.  Pescio  ratto)  .  j 

Ravella  (sic  Carus) .  .  . 

Razza  cappuccina;  e  R. 

moromòra . 

Razza  ròsei  nn-a  .  .  .  . 

id.  sféngaenna  .  .  . 


id.  spinosa,  R.  veaxa. 
id.  storsicòa  .... 
Razò  (V.  Pescio  razò).  . 
Razzòn  (V.  Bramante),  , 
Roello,  o  Rovello  .  .  . 

Rómbo  d’aenn-a,  R.  ba¬ 
stardo  . ! 

Rombo  de  fóndo 

id.  veaxo  .  .  .  .  ; 

Ròndaninn-a;  R,  de  ma  ,  j 

Roscetto . , 

Rubin  (V.  Imbriaego)  .  . 

Ròndanin . ! 

Sàgao  veaxo  (V.  Svoja,  S.  | 
Andria,  Testa  neigra)  | 


Italiano 


Uranoscopo,  Lucerna.  . 
Volpe  marina,  e  Macruro 

Pesce  pettine  .  .  .  . 

Ausonia  del  Cuvier  (gio¬ 
vane)  e  Caprisco  .  . 


Pesce  San  Pietro  .  .  .  j 

Tetragonuro . j 

Pesce  martello  .  .  .  . 

Pesce  spada . j 

Pesce  trombetta  .  .  . 
Cefalottera  del  Giorna  . 
Verdone,  Prionodonte  ver¬ 
desca  . 

Stiaccia . 


Caviglione,  Stringa  .  . 

Menola  zerrolo;  (piccolo) 
Gado  barbato  .... 
Merlango  comune .  .  . 

Macruro  (varie  specie^  . 

Pagro  . 

Razza  monaca  e  R.  bavosa 

Arzilla  rossigna,  o  d’arena 

Razza  baracola  e  R.  quat¬ 
trocchi  . 

Arzilla  chiodata  .  .  . 

Razza  falsavela  ,  .  , 

Pesce  pettine  .  .  .  . 

Razza  pietrosa  .  ,  ,  , 

Pagello  bogaravella  .  . 

Rombo  passero  .  .  . 

id.  liscio  .  .  .  . 

id.  chiodato  .  .  . 

Rondinella  chiara;  R,  o- 
scura  . 

Gobio  trasparente .  .  . 

Cappone  ubbriaco .  .  . 

Brama  occhiuta  .  .  . 


Sarago  maggiore  . 


Uranoscopia  scaber  L. 

Alopecias  vulpes  L.;  Ma- 
crurus  (varie  sp.) 

Novacula  cultrata  Cuv. 

Ausonia  Ouvieri  (Diana 
semilunata  Ris.)  e  Ca- 
pros  aper  Lac. 

Zeus  faber  L. 

Tetragonurus  Cuvieri  Ris, 

Zigaena  malleus  Shaw 

|  Xiphias  gladius  L. 

Centriscus  scolopax  L. 

Dicerobatis  Giornae  Gt. 

Carcharias  glaucus  Cuv. 

Arnoglossus  sp.;  Citharus 
lingnatula  R. 

(Cepola  rubescens  L. 

:  Smaris  vulgaris  C.  V. 

Gadus  vernalis  Ris. 

Gadus  pottassou  Riss. 

Macrurus  coelorhynchus 
Ris. 

Pagrus  hurta  C.  V. 

,  Levirajaoxyrhynchus  L.; 
e  L.  macrorhynchus  Bp. 

Dasybatis  asterias  Bp.  e 
Raja  pu  notata  Riss. 

Raja  miraletus  Donow.  e 
R.  quadrimaculata  Ris. 

Dasybatis  clavata  L. 

Raja  falsavela  Bonap. 

Novacula  cultrata  C.  V. 

Leviraja  bramante  Sassi 

Pagellus  bogaraveo  Br. 

Rhomboidichtis  mancus 
Brous. 

'  Rhombus  laevis  Rendei, 
id.  maximus  Cuv. 

;  Exocoetus  volitans  L.;  E. 
evolans  L. 

Latrunculus  pellucidusN. 

Trigla  lineata  L. 

I  Brama  Raii  Bl. 


Sargus  Rondeletii  C.  V. 


38 


Genovese 

Italiano 

Latino 

Sagri  (V.  Agòggiòn  de  boc¬ 
ca  neigraj . 

Spinarolo  uiato.  .  .  . 

Acanthias  uyatus  Bp. 

Salacca  (V.  Cipra,  Laccia) 

Aiosa,  Salacca  .  .  •  •  j 

Clupea  aiosa  Cuv. 

Sarapé  (V.  Pescio  Sampéj 

Pesce  San  Pietro  .  .  .  j 

Zeus  faber  L. 

Sardenn-a . 

Sardella,  Sardina  (adulta)  ! 

Clupea  sardina  Cuv. 

Sarpa  . 

Sàrpa,  Salpa . j 

Box  salpa  L. 

Sant’ Andria  (V.  Sagao, 
Svoja) . 

Sarago . 1 

Sargus  Rondeletii  C.  V. 

Sbiro  neigro  (V.  Pes.  sbiro) 

Tetragonuro.  ,  .  .  . 

Tetragonurus  Cuvieri  Ris. 

Scaggiòn . 

Cantaro  orbiculare 

Cantharus  orbicularis  C.V. 

Sciamma . 

Occhione . i 

Dentex  macrophthalmus 
C.  V. 

Scignòa  ....... 

Ofidio  barbato,  Caviglio- 

ne,  e  Fierasfro  .  . 

Ophidium  bàrbatum  L.  ; 

Scòrpaena;  S.  de  schéuggio 

Scorpena  nera,  e  S.  mac- 

Cepola  rubescens,  e 
Fierasfer  sp. 

chiata . 

Scòrpaena  porcus  L.,  S. 

Scòrpenin;  S.  de  fondo  . 

Sebaste  imperiale;  Scor- 

ustulata  Low. 

fano  bastardo  .  .  . 

Sebastes  dactylopterus  D. 

Scrossua  (V.  Pes.  scrossua) 

Pesce  martello  .  .  .  . 

la  Roc. 

Zigaena  malleus  Shaw. 

Serpente  de  ma  (V.  Biscia) 

Ofisuro  serpente  .  .  . 

Ophichthys  serpens  Làc. 

Serréua . 

Lizza  amia;  Seriola  .  . 

,  Lichia  amia  L. 

Serreta  . 

id.  fasciata,  e  Sardina 

id.  vadigo  Riss.,  Clu¬ 

Sèiia  (V.  Lengua)  .  .  . 

j  Sogliola  comune,  e  S.  oc 

pea  sprattus  L. 

chiuta  . 

Solea  vulgaris  L.,  e  S.  o- 

Sorallo  (V.  So,  Sòelo).  . . 

Trachuro  comune  .  , 

cellata  L. 

Trachurus  trachurus  Cast. 

Spa  (V.  Pescio  spa)  .  . 

Pesce  spada,  .  .  .  . 

Xiphias  gladi us  L, 

Spagnoletto,  Spagnollo  . 

Capone  gavotta  .  .  '  , 

Trigla  obscura  L. 

Sparlo . 

Sarago  sparagliene  .  ,  | 

Sargus  annularis  L. 

Specie  de  ménua  .  .  . 

Menda  zebra  ,  .  ,  . 

Maena  zebra  Brùnn, 

id,  de  so  . 

Carange  luna  .  .  ,  , 

Caranx  dentex  C.  V. 

id.  de  zigoélla  ,  .  , 

Donzella  del  Giofredi 

Coris  Giofredi  Riss. 

Spigo . 

Zerro  coronato  .... 

Smaris  chryselis  C.  V. 

Spigon  (V.  Lussao  de  ma) 

Aluzzo  imperiale  .  .  . 

Sphyraena  vulgaris  Ris. 

id.  de  storsi-còa  .  . 

Razza  marginata  .  .  .  1 

Raja  marginata  Lac. 

So,  sòelo  (V.  Sorallo)  .  . 

Trachuro  comune  (sòelo  1 

se  piccolo)  .  ,  ,  , 

j  T rachurus  trachurus  Cast. 

Spinòello,  spinolin,  spinuc- 
cio  (V.  Agòggiòn  neigro) 

Sagri  moretto  ,  ,  ,  , 

j 

Spinax  niger  Bp, 

Squèo  (V,  Pesce  angelo). 

Pesce  angelo,  Squadrolino 
Trachino  (varie  specie) . 

Squatina  angelus  Dum. 

Straxinà . 

Trachinus  radiatus  C.  V.; 

Strómbo,  Stròmbolo  .  . 

Tambarello  comune  ,  « 

T.  areneus;  T,  vipera 
Auxis  Rochei  Ris, 

Storiòn . 

Storione  comune  ,  .  , 

Acipenser  sturio  L. 

Svoja  (V,  Sagao  veaxo  e 
Sant’Andria)  .... 

Sarago  maggiore  .  ,  . 

Sargus  Rondeletii  C,  V. 

Sulla  (Y.  Morndda),  .  . 

Carace  acuto  ,  .  .  . 

Charax  puntazzo  L, 

Sussa  peixe  (V,  Mangia 
peixe) . 

Lampreda  di  mare;  L.  di 

fiume . 

Petromyzon  marinus  L.  ; 

P.  fluviatilis  L. 

39 


Genovese 

Italiano 

Latino 

Tacca  de  fondo  .  ,  ,  . 

Ronco  spinoso  .... 

Echinorhinus  spinosus  L. 

id,  schèuggio ,  ,  ,  . 

Lepadogastro  (varie  sp.), 

e  Callionimo  ,  .  . 

Lepadogaster  Gouannii 

Tanua  . 

Cantaro  comune  .  ,  . 

Bris,,  e  Callionymus 
maculatus  Raf. 
i  Cantharus  lineatus  Linn. 

Testa  neigra  (V.  Svoja,  Sa- 
gao  veaxo,  S.  Andria) 

Sarago  maggiore  .  ,  , 

!  Sargus  Rondeletii  C.  V. 

Tiagallo  (V.  Bronco  de  fon¬ 
do,  Peagallo,  Fiagallo) 

Grongo  (piccolo)  .  .  . 

Conger  vulgaris  Cuv. 

Tonno  . 

Tonno  comune,  .  .  , 

Thynnus  thynnus  White 

Tonnarella,  tonila,  tònnello 

Tonnina . 

id,  thunnina  C,  V. 

Tordo 

Labro  tordo . 

Labrus  turdus  Bl. 

Tremoi'ze  (V.  Battinetta). 

Torpedine  occhiatella,  T. 

del  Galvani  .  .  ,  , 

Torpedo  narce  Nardo  , 

T reggia  de  fondo  (V.  Cavòn) 

Trigla  minore  ,  .  ,  . 

T.  Galvanii  Cuv. 
Mullus  barbatus  L. 

id.  veaxa  .... 

id,  maggiore  .  ,  , 

id.  surmuletus  L, 

id.  volatica  .  .  . 

Pesce  rondine,  o  Falcone 
Caprisco  cignale  .  ,  , 

Dactylopterus  volitans  L. 

Trombetta  larga  (V.  P.  rè) 

|  Capros  aper  Lac, 

id,  (V.  P,  trombetta) 

Pesce  trombetta  , 

Centriscus  scolopax  L, 

Umbrinn-a  (V,  Ombrinn-a) 

Ombrina  corvo  ,  ,  ,  . 

!  Umbrina  cirrhosa  L, 

Vacca  (V,  Pescio  vacca)  . 

Cefalottera  del  Giorna  . 

Dicerobatis  Giornae  Gunt, 

Verdòn  (V,  Pescio  can,  P. 
ver  dòn) 

Verdone;  Prionodonte  ver¬ 

desca  . 

Carcharias  glaucus  Cuv, 

Zerla  (V,  Locò)  .... 

Menola  gracile .  .  .  . 

Smaris  gracilis  Bp. 

Zigoèlla  (V.  Mincia)  f  .  , 

Donzella  zigurella.  .  . 

Julis  pavo  Cuv. 

40 


§  17.  Di  seguito  all’enumerazione  non  breve  dei  pesci, 
che  più  comunemente  si  riscontrano  sul  mercato  di  Genova 
ed  al  relativo  elenco  alfabetico  dei  loro  nomi  dialettali,  ita¬ 
liani  e  scientifici,  parrai  non  debba  riesci  re  inutile  aggiun¬ 
gere  la  lista  di  altri  pesci,  che  furono  tratto  tratto  segna¬ 
lati  nel  ligustico,  e  che  sono  quindi  da  considerarsi  come 
rarità  ittiologiche  del  nostro  mare. 

L’elenco  è  compilato  con  quanto  venne  pubblicato  in 
proposito,  dal  Catalogo  del  Viviani  e  del  Faujas  (1805), 
agli  scritti  dello  Spinola,  (1807),  di  Agostino  Sassi  (1846),  di 
Yerany  (1847),  di  G.  Canestrini  (1861-62),  e  più  recente¬ 
mente  da  D.  Vinciguerra,  da  A.  Perugia  e  da  G.  Damiani. 
11  miglior  contributo  lo  si  deve  sopratutto  al  Sig.  B.  Bor- 
gioli,  il  quale  ,  ricercatore  intelligente  e  fortunato  di  ani¬ 
mali  della  fauna  ligure,  per  lunga  serie  d’anni  ebbe  a  pro¬ 
curare  precise  indicazioni  particolarmente  ai  signori  Vin¬ 
ciguerra  e  Perugia  ed  alio  scrivente ,  nonché  esemplari 
preziosi  ai  Musei  Zoologici,  universitario  e  civico  di  Genova, 
e  ad  altri  nazionali  e  forestieri. 

Pesci  rari  od  accidentali  del  Mar  ligustico . 

Petromyzon  fluviatilis  Lin.  —  Sestri  levante  e  Cornigliano. 

Perugia:  Annali  Mus.  civ.  Genova,  voi.  37,  p.  141,  1897. 
Myliobatis  bovina  GeofFr.  S.  H.  —  Cornigliano. 

Vinciguerra:  Ann.  Mus.  cit.,  voi.  II,  Ser.  2.a,  p.  451.  1885. 
Trygon  thalassia  M.  H.  — -  Genova. 

Vinciguerra:  1.  cit.  p.  449,  1885.  —  Carus:  Prodr.  Faunae 
mediterr.  II,  p.  517. 

Raja  undulata  Lac.  —  S.  Margherita. 

Perugia:  1.  cit.  p.  137.  1897. 

R.  panciata  Riss.,  var.  oculata  Risso 

Doderlein:  Manuale  ittiologico,  parte  2.a,  p.  191;  —  Carus: 
1.  cit.  II,  p.  524. 

Torpedo  Nobiliana  Bp. 

Canestrini:  Archivio  Zool.  e  Anat.,  voi.  I,  p.  263,  1861,  — 
Carus:  1.  cit.  II,  p.  527. 

Scyllium  acanthonotum  De  Fil.  e  Ver. 

Doderlein  1.  cit.  parte  II,  p.  27. 

Selache  maxima  Gunner;  Lerici  1874:  Vado  1877. 

Pavesi:  Ann.  Mus.  civ.  di  Genova,  voi.  XII,  —  Carus:  Prodr. 
cit.  II,  p.  507. 


41 


Zygaena  tudes  (Cuv.)  Valenc. 

Doderlein:  Manuale  cit..  p.  51 
Acìpenser  Naccarii  Bonap.  (Golfo  di  Genova?,  Canestrini). 
Doderlein:  1.  cit.,  p.  11. 

Orthagoriscus  trunccitus  Retz.  (Ranzanict  truncata  Nardo). 

Perugia:  1.  cit.,  p.  140,  1897;  —  Damiani:  Bollett.  Naturai. 
1896. 

Tetrodon  lagocephalus  L.  (Lagocephalus  Pernianti  Sws .);  Genova, 
anno  ?;  Spezia,  1879. 

Giglioli  :  Catal.  cit.  p.  50. 

Syngnathus  phlegon  Risso 

Giglioli:  Catal.  cit.  p.  49.  —  Carus:  Prodr.  cit.  II,  p.  532. 
Nerophis  papacinus  Risso 

Giglioli:  (1.  cit.  p.  49),  Genova,  raro,  luglio-agosto 
Helmiehthys  diaphanus  0.  Costa 

Canestrini:  Fauna  d’Italia,  p.  196  (dice  «  forse  anche  nel  Li¬ 
gustico  »). 

Leptocephalus  Spallanzanii  Riss  (L.  pellucìdus  Ris.). 

Canestrini:  (1.  cit.  p.  196),  «  vive  nel  Ligustico  »  —  Carus 
Prodr.  F.  Med.  II,  p.  547. 

Muraena  unicolor  Belar. 

Canestrini:  Arch.  Zool.  Anat.  cit.  p.  266.  —  Carus:  Prodr. 
cit.  II,  p.  546. 

Ophichthys  hispanus  Bell. 

Perugia:  1.  cit.  p.  141. 

0.  coecus  Gthr. 

Carus:  Prodr.  F.  Med.  p.  545,  IL 
Nettastoma  melamira  Rafin. 

Canestrini:  Fauna  cit.  pag.  203.  (Muraena  saga  Risso);  — 
Vinciguerra:  Ann.  cit.  pag.  585:  idem,  idem,  voi.  2,  ser.  2, 
pag.  475. 

Congromuraena  mystax  Delar.;  Genova, 

Damiani:  Bollet.  Naturai.  An.  XVI,  1896. 

Alepocephalus  rostratus  Risso 

Carus:  Fauna  Medit.  II,  p.  550.  (Sassi). 

Clupea  sprattus  Lin. 

Vinciguerra:  Ann.  cit.  voi.  2,  ser.  2,  p.  471.  —  Carus:  Prodr. 
Faun.  Med.,  voi.  2,  p.  550.  (Genov.:  Serreta). 

Cyprinodon  calarìtanus  Bon. 

Damiani:  1.  cit.,  1896  (forse  in  Liguria). 

Exocoetus  fureatus  Mitch.  (—  E.  procne  De  Fil. ,  Ver.)  Rapallo. 
Camerano:  Bollett.  Musei  Zool.  ed  Anat.  comp  Univers.  di 
Torino,  n.  109,  1891.  Il  Museo  Zool.  Univers.  di  Genova  ne 
possiede  altro  esemplare:  luglio  1894. 


Scombresox  saurus  Wallb. 

Vinciguerra:  1.  cit.  voi.  XVIII,  p.  572;  —  Oarus  :  Prodr  cit. 
II,  p.  558. 

Tylosurus  (Belone)  ìmperìalis  Raf.  (=  Belone  Contraimi  G.  V.,  Ili) 
Faujas:  Ann.  Muséum;  voi.  8,  1806,  p.  370.  —  Vinciguerra: 
Ann.  cit.,  voi.  2;  ser.  II,  p.  468;  —  Perugia:  1.  cit.  p.  140. 
Stomias  boa  Risso.  (G-enov.;  Anciba  de  Spagna ,  A.  Barbaresca). 
Vinciguerra:  Ann.  cit.  voi.  2,  ser.  2,  p.  470.  —  Garus:  Prodr. 
F.  Med.  Il,  p.  560. 

Sudis  hy alina  Rafin. 

Canestrini:  Fauna  cit.  p.  127.  —  Garus:  1.  cit.  p.  667. 
Paralepis  sphyraenoides  Risso 

Canestrini:  Faun.  cit.  p.  127  —  Garus:  1.  cit.  If,  p.  567. 

P.  coregonoides  Risso 

Canestrini  :  Faun.  cit.  p.  127. 

P.  Cuvieri  Bonap. 

Vinciguerra:  Ann.  cit.  voi.  2,  ser.  II,  p.  466.  —  Garus:  1.  cit. 
II,  p.  567. 

Odontostomus  hyalinus  Cocco,  Portofino  (pescato  da  E.  Haeckel 
1880). 

Vinciguerra:  Ann.  cit.  voi.  8,  p.  448.  —  Canestrini:  Fauna 
cit.  p.  126.  —  Garus  1.  cit.  II,  p.  566.  —  Damiani:  Bollett. 
Musei  Zool.  Anat.  comp.  n.  42.  (Odontostomus  Balbo  Risso). 
Scopelus  elongatus  O.  Costa. 

Vinciguerra:  Ann.  cit.  voi.  8.  p.  462. 

S.  Humboldti  Risso. 

Vinciguerra:  1.  cit.,  p.  461.  —  Garus:  1.  cit.  II,  p.  563. 

S.  crocodilus  Risso. 

Vinciguerra:  1.  cit.,  p.  461. 

S.  Caninianus  G.  V.  ;  Cornigliano. 

Perugia:  Ann.  cit.  p.  140. 

S.  caudispinosus  Johs.  ;  Genova. 

Giglioli:  Catalogo  cit.,  p.  41. 

C hlorophthalmus  Agassizi  Bonap. 

Vinciguerra:  Ann.  cit.  voi.  8,  p.  460. 

Aulopus  fllamentosus  Bl. 

Giglioli:  Catalogo  cit.,  p.  40;  —  Vinciguerra:  Ann.  cit.  voi. 
8,  p.  460.  —  Garus:  Prodr.  F.  Med.  II,  p.  561. 

Chauliodus  Sloani  Bloch,  Schn. 

Vinciguerra:  Ann.  cit.  voi.  %  ser.  2,  p.  469.  —  Garus:  1.  cit. 
II,  p.  568.  —  Damiani:  Bollett.  Musei  Zool.  Anat.  comp.  li 
Genova,  n.  42. 

Gonostoma  denudatum  Raf. 

Damiani:  Atti  Soc.  Ligust.  1896,  e  Bollett.  cit.,  n.  42. 


43 


Maurolicus  amethys tino-p unc t a tus  Cocco.;  Genova ,  Gennaio  1896. 

Damiani:  Bollet.  Musei  Zool.  Anat.  comp.  Univ.  Genova,  cit. 
Argyropelecus  hemigymnus  Cocco;  Portofino  (E.  Haekel  1880). 
Vinciguerra:  Ann.  cit.  voi.  2,  ser.  2,  p.  469.  —  Carus:  1.  cit. 
Il,  p.  568;  —  Damiani:  Bollet.  cit.  n.  42.  # 

Arnoglossus  megastoma  Don. 

Vinciguerra:  Ann.  Mus.  civ.  cit.  voi.  XVIII,  p.  570;  idem, 
voi.  2,  ser.  2,  p.  459.  —  Carus:  1.  cit.  II,  p.  586. 

Platessa  passer  li. 

Canestrini:  Fauna  ital.,  p.  164.  —  Lessona:  Storia  nat, ;  parte 
3.a,  Pesci ,  p.  507. 

Macrurus  sclerorhynchus  Val. 

Vinciguerra:  Ann.  Mus.  civ.  cit.  voi.  14,  p.  609;  idem,  voi. 
2,  ser.  2,  p.  459  —  Carus:  Prodr.  cit.  II,  p.  583. 

Molva  vulgaris  Flemm.;  Savona. 

Vinciguerra:  Ann.  Mus.  cit.,  voi.  2,  ser.  2,  p.  459. 

Perugia:  Ann.  cit.  p.  139.  —  Carus:  1.  cit.  II,  p.  577. 
Ilàloporphyrus  lepidion  Risso. 

Vinciguerra:  Ann.  Mus.  civ.  cit.  voi.  XVIII;  idem,  voi.  2, 
ser.  2,  p.  459.  —  Carus:  1.  cit.  II,  p.  576. 

Uraleptus  Mar  aldi  Risso 

Canestrini:  Fauna  ital.  cit.,  p.  156.  —  Carus:  Prodr.  cit.  II, 
p.  574. 

Gadicidus  argenteus  Guidi. 

Giglioli;  Catal.  cit.  p.  36:  —  Vinciguerra:  Ann.  Mus.  civ.  cit., 
voi.  2,  ser.  2,  p.  458. 

Jidis  tur  cica  Risso. 

Canestrini:  Fauna  Ital.  cit.  p.  72.  —  Damiani:  Bollet.  Nat. 
cit.  1896. 

Acantholabrus  Palloni  Risso  (Camogli). 

Vinciguerra:  Ann.  Mus.  civ.  cit.  voi.  2,  ser.  2,  p.  457. 
Ctenolabrus  iris  C.  V. 

Vinciguerra:  Ann.  Mus.  civ.  cit.  voi.  2.  ser.  2,  p.  457. 
Crenilabrus  coeruleus  Risso 
Perugia:  1.  cit.,  p.  139. 

Leptopt erg gius  piger  Nardo  (Gouania  Wildenowii  Mor.). 

Giglioli:  1.  cit.,  p.  33.  —  Vinciguerra:  (Genov.:  Drafìnetto). 
—  Carus:  Prodr.  cit.  II.  p.  691. 

Lepadogaster  acutus  Canestr. 

Canestrini:  Fauna  d’Italia,  cit.  p.  187. 

L.  bimaculatus  Flemm. 

Carus:  Prodr.  cit.  II,  p.  690. 

Tetragonurus  Cuvieri  Risso.  (Genov.:  Pescio  sbiro;  Sbiro  neigro). 
Canestrini:  Fauna  Ital.  cit.,  p.  116.  — •  Vinciguerra:  Ann. 


44 


Mus.  civ.  cit.  voi.  XIV,  p.  626  (in  nota).  —  Carus  :  Prodr. 
cit.,  II,  p.  704.  —  Damiani  :  Bollet.  Naturai,  cit.,  1896. 
Lopholes  cepedianus  Giorna 

Giglioli  :  Gatal.  cit.  p.  32.  —  Carus:  Prodr.  cit.  II,  p.  701. 
Tripterygium  nasus  Risso 

Canestrini:  Ardi.  Zool.  Anat.  voi.  II,  fase.  I,  1862,  p.  107.  — 
Vinciguerra  :  Ann.  Mus.  cit.  voi.  XV,  p.  453.  —  Carus:  Prodr. 
cit.  II,  p.  699. 

Blennius  ery throcephalus  Risso 

Canestrini:  Fauna  d’Italia  cit.  p.  181.  —  Carus:  Prodr.  cit., 
II,  p.  698. 

B.  Rouxi  Cocco 

Perugia:  Ann.  Mus.  civ.  cit.  voi.  XXXVIII,  p.  139. 

Bl.  pholis  L. 

Faujas:  Ann.  de  Mus.,  t.  8,  1806,  p.  368.  —  Carus:  1.  cit.  II. 
p.  694. 

Bl.  Canevae  Vincig. 

Vinciguerra:  Ann.  Mus.  civ.  cit.  voi.  XV,  p.  448;  voi.  XVIII. 
p.  637,  e  voi.  2,  ser.  2,  p.  455.  —  Carus:  1.  cit.  II,  p.  695. 
Callionymus  festivus  Pali. 

Vinciguerra:  Ann.  cit.  voi.  2,  ser.  2,  p.  454.  — -  Carus:  1.  cit. 
II,  p.  687;  —  Damiani:  Bollett.  Naturai,  cit. 

C.  fasciatus  V.  C. 

Vinciguerra  :  1.  cit.  voi  2,  ser.  2,  p.  453.  —  Carus;  Prodr.  cit. 
II,  p.  688. 

Gobius  paganellus  L. 

Vinciguerra:  Ann.  Mus.  cit.  voi.  2,  ser.  2,  p.  452. 

G.  punctipinnis  Canestr. 

Canestrini:  Arch.  Zool.  cit.,  voi.  1,  pag.  131;  e  Fauna  Ital. 
p.  170.  —  Carus:  Prodr.  cit.  II,  p.  678. 

G.  colonianus  Risso 

Vinciguerra:  Ann.  Mus.  cit.,  voi.  2,  ser.  2.  p.  453.  - —  Da¬ 
miani:  Bollett.  Naturai,  cit. 

G.  Knerii  Steind. 

Perugia  :  Ann.  Mus.  civ.  cit.  p.  139. 

G.  elongatus  Canest. 

Canestrini:  Arch.  Zool.  cit.,  p.  150:  Fauna  Ital.  p.  176. 

G.  pusillus  Canestr.  (=  G.  fallax  Sar.). 

Carus:  Prodr.  cit.  2,  p.  685. 

Histiophorus  Belone  Rafn.  (—  Tetrcipturus  Lessonae  Canestr.). 
Canestrini:  Arch.  Zool.  Anat.  voi.  1,  fase.  2,  p.  259,  e  Fauna 
Ital.  p.  112;  —  Carus:  Prodr.  cit.  II,  p.  676. 

Temnodon  saltator  Din. 

Canestrini:  Fauna  Ital.  p.  111.  —  Carus:  Prodr.  cit.  II,  p.  674. 


45 


Lichìa  vadigo  Risso 

Garus:  Prodr.  cit.  II,  p.  674;  —  Damiani:  Bollet.  Naturai. 
1896. 

Caranx  punctatus  Ag.  (Genov.:  Giucialio). 

Garus:  Prodr.  cit.  II,  p.  670. 

Seriolìchthys  bipinnulatus  Quoy  et  G.  ;  Genova  nel  1846. 

Ganestrini:  Fauna  Ital.  p.  110.  —  Garus:  Prodr.  cit.  II,  p.  673. 
Schedophilus  medusophagus  Cocco 

Garus:  Prodr.  cit.  II,  p.  667.  —  Perugia:  loc.  cit.  p.  139. 
Coryphaena  pelagica  Lac. 

Museo  Zoologico,  Università  di  Genova. 

Centrolophus  ovalis  G.  V. 

Ganestrini  :  Fauna  Ital.  p.  106.  —  Giglioli:  Gatal.  cit.  p.  26. 
— ■  Garus:  Prodr.  cit.  II,  p.  664.  —  Damiani:  Bollett.  Natur. 
1896. 

C.  crassus  G.  V. 

Canestrini  :  Fauna  Ital.  p.  106.  —  Giglioli:  Gatal.  cit.  p.26. 
—  Garus:  Prodr.  cit.  II,  p.  665. 

Echeneis  Holbrooki  Gunth.;  Gamogli,  agosto  1895. 

Perugia:  loc  cit.  p.  138. 

Pelamys  (Orcinopsis)  unicolor  Geoffr. 

Ganestrini:  Fauna  Ital.  p.  103.  —  Garus:  Prodr.  cit.  II.  p.1659. 
Thyrsites  (Ruvettus)  pretiosus  Cocco 

Giglioli:  Gatal.  cit.  p.  24.  —  Ganestrini:  Fauna  Ital.  p.  189; 
—  Perugia:  loc.  cit.  p.  138. —  Garus:  Prodr.  cit.  Il,  p.  655. 
Lepidolriglia  aspera  Rond. 

Vinciguerra:  Ann.  Mus.  civ.  voi.  XVIII.  p.  518.  —  Giglioli: 
Gatal.  cit.  p.  23  —  Garus:  Prodr.  cit.  II,  p.  646. 

Pagrus  Ehrenbergi  G.  V.? 

Museo  Zool.,  Università  di  Genova. 

P.  hurta  Guv.  Val.  (Genov.:  Ravella). 

Doderlein:  Manuale  ittiol.  parte  2,  p.  148. 

Sargus  cervinus  G.  V. 

Perugia:  loc.  cit.  p.  137. 

S.  Salviani  G.  V. 

Ganestrini:  Fauna  Ital.  p.  88.  —  Garus:  Prodr.  cit.  II,  p.  632 
(=  S.  vulgaris.) 

Smarìs  insidiator  G.  V. 

Perugia:  loc.  cit.  p.  137.  —  Garus:  Prodr.  cit.  2.  p.  621. 
Pentex  gibbosus  Rafn. 

Perugia:  loc.  cit.  p.  137.  —  Damiani:  Bollett.  Natur.  1896. 
Pomatomus  telescopium  Risso  (Genov.:  Oliassou). 

Ganestrini:  Fauna  Ital.  p.  79.  —  Garus:  Prodr.  cit.  II,  p. 
615.  —  Damiani:  Bollett.  cit. 


46 


Serranus  acutiro stris  G.  V. 

Doderlein  :  Manuale  ittiol.  parte  II,  p.  76.  —  Vinciguerra:  Ann. 
Mus.  civ.  cit.  voi.  XVIII.  p.  34. 

Cerna  (Serranus)  macrogenis  Sassi  (—  Epinephelus  ruber  Bloch). 
Canestrini  :  Fauna  I tal .  p  76.  —  Carus:  Pròdi»,  cit.  II,  p.  612; 
—  Damiani:  Bollett.  Naturai,  cit.  1896. 

Callanthias  peloritanus  Cocco 

Carus:  Prodr.  cit.  Il,  p.  614.  —  Giglioli:  Catal.  cit.  p.  19. 
Labrax  punctatus  Gunth. 

Doderlein:  Manuale  ittiol.  parte  lì,  p.  26.  —  Carus:  Prodr. 
cit.,  II,  p.  608. 


Totale  delle  specie  97. 

§  18.  Pesche  speciali  —  Pel  litorale  ligustico  meritano 
speciale  menzione  alcuni  differenti  metodi  di  pesca,  non 
soltanto  perchè  effettivamente  costituiscono  un  fatto  note¬ 
vole  nella  nostra  pesca,  scarsa  sempre,  ma  anche  perchè 
alcune  ebbero  dal  legislatore  trattamento  privilegiato. 

Bianchetti ,  Rossetti,  Pignoetti.  —  Col  nome  di  bianchetti 
(gianchetti),  come  già  si  fece  rilevare  nel  prospetto  dei 
pesci,  vengono  indicati  le  giovanissime  acciughe  e  sardine. 
In  oggi  non  è  piti  possibile  confondere  i  bianchetti  coi  ros¬ 
setti  dopo  quanto  ebbe  a  dire  il  Sassi,  e  sostenne  in  ap¬ 
presso  il  Pavesi. 

1  rossetti  sono  rappresentati  da  una  sola  specie  di  pesci 
assai  piccoli,  trasparenti,  più  o  meno  rossicci,  da  cui  il 
nome,  con  alcuni  punticini  neri  alla  base  delle  pinne.  Ap¬ 
partengono  al  genere  Gobius,  ed  il  Sassi  li  considerò  come 
specie  distinta  ( Gobius  aphia) ,  ma  il  Canestrini  dimostrò 
che  essa  specie  altro  non  è  che, il  Gobius  albus  Pani.  (— 
Latrunculus  pellucidus  Nardo). 

I  bianchetti  sono  ben  altra  cosa.  La  confusione  coi  ros¬ 
setti  fatta  da  alcuni,  si  riconosce  insussistente  appena  si 
legga  nel  Catalogo  del  Sassi,  alla  parola  gianchetti,  che 
questi  sono  i  piccoli  delle  acciughe  o  sardelle,  che  vivono 
gregali,  e  che  si  prendono,  i  primi  da  agosto  a  settembre, 
i  secondi  dal  15  di  gennaio  a  tutto  marzo,  Infatti  più  avanti 
lo  stesso  Sassi  scriveva:  «  Glupea  sardina  Ris. ;  volg.  Giac¬ 
chetto  quando  è  molto  piccolo;  Paaselta  un  poco  più  grande; 
Sardenn-a  quando  è  adulto.  Ed  appena  sotto  «  Engraulis 


47 


enchrasicolus  Cuv.  ;  volg.  Anciua.  I  suoi  piccoli,  che  vi¬ 
vono  gregali  si  chiamano  gianchetti,  come  quella  della 
Clupea  sardina  Risso,  o  Sardella  comune  f1). 

La  questione  della  pesca  di  questi  minuscoli  pesci,  che 
non  raggiungono  le  dimensioni  stabilite  dai  regolamenti  di 
pesca,  è  molto  antica  e  fu  vivamente  discussa  dalla  Com¬ 
missione  reale  per  la  preparazione  della  legge  stessa. 

La  prelodata  Commissione  tino  dal  1870,  fra  le  disposi¬ 
zioni  speciali  di  carattere  locale ,  prese  in  serio  esame  la 
questione  di  permettere  o  di  vietare  siffatto  genere  di  pesca, 
e  mentre  fu  contraria  a  concederla  per  tutte  le  coste  ita¬ 
liane,  fece  eccezione  pei  compartimenti  della  Liguria;  sicché 
per  due  mesi  dell’  anno  la  pesca  ed  il  commercio  dei  gian¬ 
chetti  e  dei  rossetti  furono  permessi  nei  compartimenti  di 
Porto  Maurizio,  di  Savona,  di  Genova  e  di  Spezia. 

La  Commissione  predetta,  nel  proporre  questa  eccezione, 
riteneva  che  essa  non  avrebbe  portato  danno  notevole, 
perchè  limitata  a  breve  tratto  del  litorale  italiano,  e  fon- 
davasi  inoltre  sul  fatto,  dimostrato  dall’esperienza,  che  seb¬ 
bene  per  alcuni  anni  se  ne  fosse  proibita  dovunque  la  pesca, 
non  per  questo  si  aveva  avuto,  negli  anni  successivi,  un 
aumento  di  prodotto,  nè  in  quella  delle  sardine,  nè  in 
quella  delle  alici.  D’altra  parte  fu  anche  indotta  a  tale 
concessione  considerando  che  il  mare  ligure  è  assai  povero 
di  pesci,  e  che  sarebbe  stato  troppo  disastroso  il  privare 
questi  abitanti  di  un  sicuro  guadagno  e  di  un  ricercato, 
abbondante  nutrimento. 

Perciò  l’art.  51  della  legge  sulla  pesca  permette  quella 
dei  bianchetti,  nei  mesi  di  febbraio  e  di  marzo,  nel  Ligu¬ 
stico  ,  ma  quale  concessione  peculiare  ai  pescatori  della 
Liguria  pel  suesposto  considerando. 

La  questione  però  non  si  può  dire  ben  chiarita,  nè  ri¬ 
solta  a  favore  della  piscicoltura,  o  dei  pescatori;  perchè 
non  è  da  escludersi  che  talora  le  autorità  debbono  chiu¬ 
dere  un  occhio,  ed  i  pescatori  ne  approfittano  per  eccedere 
dai  limiti  concessi,  salvo  tratto  tratto  ad  incorrere  in  con¬ 
travvenzioni  ed  in  multe. (*) 


(*)  Cfr.  Pavesi,  Contro  la  pesca  dei  bianchetti.  Atti  Soc.  ital.  Se.  nat. , 
voi.  XVIII,  1875. 


48 


Non  diversamente  avviene  anche  riguardo  ai  pignoetii, 
col  qual  nome  si  intende  chiamare  i  giovani  dello  Smaris 
vulgaris ,  che  in  estate,  luglio  ed  agosto,  corrono  gregarii 
come  i  bianchetti.  Pure  per  questo  genere  di  pesca  fre¬ 
quenti  sono  i  dibattiti  fra  i  pescatori  e  le  autorità,  e  ri¬ 
cordo  infatti  come  nel  1892  io  dovetti  rispondere  alla  R. 
Capitaneria  del  Porto  di  Genova  a  proposito  di  contrav¬ 
venzioni  incontrate  dai  pescatori  di  Cornigliano,  colli  a  pe¬ 
scare  pignoetti,  che  ancora  non  avevano  raggiunte  le  di¬ 
mensioni  prescritte  dai  regolamenti. 

§  19.  Tonno.  —  La  pesca  del  tonno  (Thynnus  thynnus) 
viene  esercitata  sulle  coste  di  Liguria,  dell’  arcipelago  to¬ 
scano  ,  ed  in  ben  maggiori  proporzioni  in  Sardegna  ed  in 
Sicilia,  da  maggio  a  giugno. 

Le  tonnare  ,  o  meglio  tonnarelle,  in  Liguria  sono  poche 
e  non  ebbero  mai  l’importanza  di  quelle  della  Sardegna,  della 
Sicilia  e  della  Spagna.  Una  di  esse  trovasi  presso  Camogli, 
sopra  S.  Nicolò  alla  punta  Chiappa  del  promontorio  di  Por- 
tofìno.  È  di  data  antica  e  con  decreto  del  1867  ne  venne 
concesso  l’esercizio  per  il  canone  di  lire  920.  Un’altra 
trovavasi  a  S.  Margherita  di  Rapallo  e  nel  1860  fu  posta 
in  esercizio  mediante  un  canone  di  600  lire. 

La  tonnara  di  Camogli  ha  la  sua  perpendicolare  alla 
costa  lunga  540  braccia  .  (  pari  a  metri  580,50),  alta  25-30 
(—  metri  45,75-52,50)  e  con  maglie  discoste  un  palmo  e 
mezzo  (pari  a  37  1/a  cent.)  Luna  dall’altra.  Evvi  aggiunta 
una  piccola  rete  sussidiaria  pei  pesci  meno  voluminosi 
lunga  30  palmi  (=  rii.  7,50)  e  con  maglie  del  diametro  di 
un  soldo.  È  per  siffatta  disposizione  che  questa  tonnara 
merita  essere  registrata,  perchè,,  circa  45  anni  or  sono,  vide 
le  sue  camere  invase  da  migliaia  di  piccolissimi  tonni,  che 
non  poterono  sfuggire,  stante  la  minutezza  della  sua  ma¬ 
glia  (Y.  Relazione  di  Giulio  Drago,  in  Ann.  cit. ,  voi.  I, 
parte  3,  p.  25). 

La  tonnara  di  S.  Margherita  ha  la  parte  perpendicolare 
(alla  costa)  lunga  125  braccia  (—  metri  218,45),  alta  22 
{=  m.  38,50)  nel  massimo  fondo ,  e  7  (—  m.  12,25)  verso 
terra,  con  maglie  di  2  palmi  (—  50  centi m. )  ;  la  rete  acces¬ 
soria  misura  25  palmi  (=  metri  5,75). 

Recentemente  il  professor  Pavesi  nel  suo  splendido  libro 


49 


«  L’Industria  del  Tonno  »  f1)  a  pag.  55,  a  proposito  delle 
tonnare  inattive  pel  distretto  primo  (Liguria)  scriveva  «  La 
tonnara  di  Camogli  sarebbe  veramente  tuttora  concessa  a 
Cichero  Andrea  fu  Fortunato  per  la  zona  acquea  della  lo¬ 
calità  Chiappa,  lungo  la  costiera  di  Portofìno  all’estremità 
del  molo  di  Camogli.  Non  posso  però  inscriverla  fra  le  ton¬ 
nare  attive,  perchè  la  concessione  è  estesa  alla  pesca  con 
bestinara,  mugginara,  menaida,  tramaglio,  ed  altri  attrezzi, 
i  soli  che  realmente  siano  usati  dai  subaffittanti,  che  vi 
prendono  bensì  qualche  tonno,  ma  del  tonno  non  fanno 
pesca  speciale;  nessuno  s’è  posto  mai  a  capo  dell’impresa 
di  impiantare  in  quei  paraggi  una  vera  tonnara,  per  la 
certezza  che  non  offrirebbe  adeguati  compensi  all’  ingente 
spesa.  Tanto  mi  risulta  dalle  ripetute  osservazioni  del  Ci¬ 
chero,  confermate  dalla  Camera  di  commercio  di  Genova 
(18  settembre  1884)  e  dalla  stessa  Intendenza  di  finanza 
(16  dicembre  1884). 

Quella  di  Santa  Margherita  Ligure  di  cui  trattò  anche 
la  Giunta  locale  per  il  progetto  di  legge  e  di  regolamento 
della  pesca,  fu  concessa  con  decreto  ministeriale  del  2  marzo 
1869  per  un  solo  anno;  secondo  però  quanto  scrive  l’In¬ 
tendenza  di  finanza  di  Genova  (8  febbraio  1884)  non  potè 
più  affittarla  dopo  il  1875  «  malgrado  le  pratiche  fatte  e 
gli  incanti  tenuti  in  base  a  annue  lire  200  (in  luogo  del 
canone  primitivo  di  lire  600)  a  cagione  del  deperimento 
della  pesca  verificatasi  dal  1850  in  poi  ». 

«  La  tonnarella  di  Monte  Rosso  era  posta  davanti  la 
spiaggia  del  comune  omonimo;  ma,  dopo  l’affitto  scaduto  nel 
1852,  non  fu  più  possibile  riattivarla,  ad  onta  che  nell’ul¬ 
timo  esperimento  del  25  agosto  1873  si  fosse  abbassato  il 
canone  da  lire  300  a  lire  120  ». 

Aggiungerò  alcuni  dati  riguardanti  la  tonnarella  di  Ca¬ 
mogli  negli  anni  dal  1890  al  1896,  a  dimostrazione  della 
poca  importanza  che  essa  ha  ancora  attualmente. 


(')  L' Industria  del  Tonno,  Relazione  alla  Commissione  reale  per  le  ton¬ 
nare,  Roma,  1889;  354  pag.,  4.° 


50 


Tonnarella  S.  Nicolò  a  Camogli 

ripristinata  nel  1883  pel  canone  annuo  di  Lire  200. 


Anni 

Numero 
delle  barche 

Numero 

dei  pescatori 

e  addetti 

Quintali 

di  pesce  raccolto 

Concessionario 

1890 

2  gozzi  e  1 
battello 

19 

65  di  tonno;  più  90 
quint.  fra  lacerti  e 
palamiti 

Viacava  Pasquale 
fu  Gius.  -  Viacava 
Biagio  fu  Frane.  ! 

1891 

idem 

19 

55  id.;  più  60  quint. 
fra  lacerti  e  pala¬ 
miti 

idem 

1892 

2  palischer¬ 
mi  e  4  bat¬ 
telli 

19 

65  id.;  più  150  q.1 
fra  lacerti  e  pala¬ 
miti 

idem 

1893 

idem 

19 

50  id.;  più  30  quint, 
fra  lacerti  e  pala¬ 
miti 

idem 

1894 

5  battelli 

20 

300  id.;  piu  87  qd 
fra  lacerti,  palamiti 
e  pesce  spada 

Gius,  ed  Edmondo 
Gnecco  e  Giacomo 
Muriando 

1895 

2  palischer¬ 
mi  e  3  bat¬ 
telli 

20 

20  id,;  più  158  q,1 
fra  lacerti,  pesce 
spada,  ecc. 

idem 

1896 

idem 

25 

25  id,;  più  25 quint, 
fra  lacerti,  palamiti 
pesce  spada,  ecc. 

idem 

In  Liguria  quindi  non  si  fa  vera  pesca  di  tonni  e  le  sue 
tonnare  sono  abbandonate  o  quasi,  ciò  non  di  meno  è  da 
Genova  che  parte,  ed  è  a  Genova  che  ritorna  il  movimento 
di  questo  ramo  di  pesca,  che  forse  è  il  più  notevole  di  tutti. 

È  specialmente  a  Genova,  sebbene  non  ne  manchino  anche 
a  Livorno,  a  Napoli  ed  a  Palermo,  che  esistono  i  capitali 
e  trovansi  gli  armatori,  e  dove  si  organizza  la  flotta,  ed  ove 
arriva  il  tonno  confezionato  con  i  ben  noti  sistemile  donde 
viene  poscia  distribuito  ai  vari  paesi  consumatori  del  pre- 


51 


libato  pesce;  ma  di  tale  tema  non  credo  sia  qui  luogo  di 
parlare  più  a  lungo,  rimandando  il  lettore  alla  già  elogiata 
memoria  del  prof.  P.  Pavesi. 

§  20.  Corallo.  —  Speciale  menzione  merita  certamente 
la  pesca  del  corallo,  il  quale,  sebbene  in  modeste  pro¬ 
porzioni,  vive  anche  nel  mare  ligustico.  È  noto  l’impor¬ 
tanza  di  tale  pesca  esercitata  quasi  esclusivamente  da  pe¬ 
scatori  italiani,  nè  sopra  ciò  è  qui  luogo  di  dilungarci. 
Noteremo  che  il  corallo  riscontrasi  lungo  tutte  le  coste  del 
Mediterraneo,  e  quindi  dal  più  al  meno  se  ne  incontra  dalla 
Liguria  alle  Calabrie,  nonché  intorno  alle  isole  italiane. 

Delle  nostre  scogliere  con  corallo  menzioneremo,  per  es., 
quell  '  di  Portofìno,  di  Bergeggi ,  di  Finalmarina  e  pochi 
altri  posti ,  ma  sempre  in  quantità  così  piccola,  da  non  po¬ 
ter  alimentare  una  pesca  regolare  e  profìcua. 

Sulla  pesca  del  corallo  praticata  in  antico  troviamo  che 
Solino ,  autore  del  I  secolo ,  accennava  all’  abbondanza  di 
esso  nel  Mare  Ligure  attorno  a  Genova.  In  seguito  ne  fece 
menzione  Fazio  degli  Uberti  nel  Bittamondo.  Si  hanno  del 
pari  alcuni  documenti,  a  partire  dal  secolo  XV,  che  ri¬ 
guardano  più  in  particolar  modo  disposizioni  di  leggi  e 
statuti ,  intesi  a  regolare  gli  interessi  dei  corallieri ,  costi¬ 
tuiti,  siccome  usavasi  d’ogni  mestiere,  in  congregazioni,  o 
società.  Vi  è  poi  una  legge,  20  giugno  1603,  confermata 
da  altre  posteriori,  colla  quale  si  vietava  la  falsificazione 
dei  coralli,  ed  altre  del  1700,  1701,  1710,  intimanti  alle 
barche  coralline  di  portare  tutto  il  prodotto  delle  loro  pe¬ 
sche  non  altrove  che  a  Genova. 

Se  per  altro  il  litorale  della  Liguria  offre  al  presente  così 
scarsa  quantità  di  corallo,  da  non  attirare  L  attenzione  e  le 
cure  di  pescatori  e  di  padroni,  sicché  soltanto  poche  bar¬ 
che  pescano  fra  noi;  ben  diverso  è  quanto  riguarda  la 
partecipazione  dei  Liguri  a  tal  genere  di  pesca.  Infatti  è 
notorio  essere  antica  consuetudine  dei  Liguri  e  dei  Toscani 
di  dirigersi  alle  coste  settentrionali  ed  occidentali  della 
Sardegna  per  attendervi  al  raccolto  del  corallo.  Varie  lo¬ 
calità,  ed  in  particolare  Santa  Margherita  e  Rapallo,  ar¬ 
mano  barche  ed  imbarcano  uomini  per  inviarle,  ogni  anno, 
in  Sardegna  specialmente,  ma  anche  in  Sicilia  ed  in  Bar¬ 
beria.  Nel  1870  il  compartimento  di  Genova  aveva  in  mare 


52 


46  barche  coralline,  di  complessive  tonnellate  122,  delle 
quali  soltanto  sette  però  pescavano  sui  banchi  italiani. 

inoltre  Genova  non  resta  inoperosa  nella  lavorazione  del 
prezioso  animale,  e  quindi  non  fu  estranea  per  nulla  al 
commercio  di  esso  coi  popoli  più  lontani.  Circa  dieci ,  o 
dodicimila  persone  (uomini,  donne,  ragazzi)  lavoravano  un 
tempo  nei  dintorni  di  Genova,  nelle  ore  in  cui  non  erano 
occupati  in  altri  lavori ,  al  taglio ,  alla  bucatura ,  attornia¬ 
mento  e  pulitura  del  corallo. 

In  città  esistono  tuttora  pregiate  fabbriche-laboratori  per 
l’incisione  del  corallo,  per  quanto  decadute;  ed  il  prezzo 
medio  del  corallo  importato  in  Genova  sarebbe  stato  nel 
sessennio  1864-69  di  lire  429,281.  Un  mediatore  faceva 
ascendere  tale  cifra  ad  800  mila  lire  ed  un  negoziante  per¬ 
fino  a  due  milioni.  Al  presente  è  ridotta  ai  minimi  termini. 

La  lavorazione  del  corallo  che  si  ritira  greggio  dalla 
Sicilia  (banco  di  Sciacca),  dalla  Sardegna,  ed  in  piccola 
parte  dall’Africa,  viene  fatta  per  lo  più  dai  contadini  della 
Valle  di  Bisagno,  nei  rispettivi  domicili,  per  conto  di  alcune 
Ditte  di  Genova,  siccome  appare  dall’  unito  specchietto  f1). 


Comuni 

Ditte 

1 

Numero  dei  lavoranti 

maschi  !  femmine 

1 

totale  ! 

Numero  medio  annuo 
dei  giorni  di  lavoro 

adulti 

sotto  i  15 
anni 

adulte 

sotto  i  15 
anni 

Bavari  . 

Costa  Francesco 

1 

36 

3 

92 

80 

211 

300 

Genova. 

Costa  Francesco 

12 

— 

150 

50 

212 

300 

id. 

Costa  Raff.  e  C. 

4 

— 

30 

12 

46 

300 

id. 

Larco  Gerolamo 

— 

— 

11 

1 

12 

300 

id. 

Pratolongo  Raff. 

— 

12 

— 

12 

300 

id. 

Larco  Raffaele  . 

— 

— 

5 

— 

5 

300 

id. 

Agugnone  G.  B. 

1 

— 

1 

— 

2 

300 

Totale 

53 

3 

301 

143 

500 

Al  presente  però  l’ importanza  di  quest’articolo  di  com¬ 
mercio  sarebbe  molto  diminuita.  Pochissimo  è  il  corallo 


(l)  Notizie  sulle  condizioni  industriali  della  Provincia  di  Genova ,  l.° 
Congresso  geografico  italiano  in  Genova,  Roma  1892,  pag.  175. 


53 


lavorato  che  si  smercia  in  paese:  quasi  tutto  viene  inviato 
nell’ India  ed  in  America  ;  altro  in  Russia,  in  Germania,  in 
Francia,  in  Egitto,  nel  Marocco,  ecc. 

Più  complete  notizie  sulla  pesca  del  corallo,  oltreché  in 
monografìe  speciali,  quali  quelle  del  Panceri,  del  Ferri¬ 
gni  ,  ecc. ,  si  troveranno  nei  :  Documenti  già  citati  per  la 
pesca  in  Italia  (Ann.  Minist.  Agr.  Ind.  Comm.,  voi.  I,  parte 
3.a,  1872)  nonché  nella  pubblicazione  dei  prof.  G.  e  R.  Ca¬ 
nestrini  (*)  e  nella  mia  Relazione  sulla  pesca  del  corallo 
in  Sardegna  (2). 

§  21.  Molluschi.  —  L’Italia  e  la  Francia  sono,  fra  i  paesi 
d’Europa,  quelli  che  normalmente  fanno  maggiore  con¬ 
sumo  di  molluschi  eduli.  Presso  di  noi  si  mangiano  prin¬ 
cipalmente  i  seguenti  :  Murex  trunculus  e  M.  brandaris , 
sebbene  sia  cibo  coriaceo  e  poco  appetitoso;  i  Cerithium, 
il  Chenopus  pes-pelecani,  e  talora  alcune  specie  dei  generi 
Natica,  Trochus  e  Monodonta.  Mentre  i  Veneti  tengono 
le  patelle  in  poco  conto,  i  Liguri  le  appetiscono  forse  più 
d’  ogni  altro  testaceo  univalve. 

I  molluschi  mangerecci  più  pregiati  fra  noi  spettano  però 
ai  lamellibranchiati,  o  bivalvi.  Astrazione  fatta  delle  ostri¬ 
che,  perchè  diremo  a  parte,  i  primi  a  menzionarsi  per  or¬ 
dine  d’ importanza  sono  i  mitili ,  di  cui  se  ne  fa  discreto 
consumo,  poi  troviamo  i  litodomi,  che  i  genovesi  gustano 
più  d’ogni  altro  cosidetto  frutto  di  mare,  e  pagano  a  caro 
prezzo  (durante  il  carnevale  costano  da  20  a  30  centesimi 
l’ uno).  Si  vendono  inoltre  come  commestibili  i  pettini  (P. 
Jacobaeus  è  il  migliore),  gli  spondili,  od  ostriche  rosse,  o 
spinose,  che  nel  sapore  assomigliano  ai  pettini,  ma  sono 
rari  e  quindi  di  limitatissimo  consumo. 

Le  Veneridi  pure  somministrano  cibo  copioso  e  pregiato 
agli  abitanti  di  molti  nostri  litorali;  e  la  migliore  è  do¬ 
vunque  l’arsella,  o  cocciola  dei  meridionali.  (Tapes  decus¬ 
sata).  Un  solo  Cardium  (C.  edule)  si  mangia,  ed  è  comu¬ 
nissimo  in  tutto  il  Mare  Ligure;  le  Telline  si  consumano 
in  copia  sulle  rive  del  Tirreno ,  e  la  Scrobicularia  pipe- 
rata  ,  tanto  ricercata  dai  Veneti ,  è  invece  tenuta  in  poco 
conto  dagli  abitanti  delle  nostre  spiaggie  occidentali. 


P)  Il  corallo ,  Annali  dell’  Industria  e  Commercio  del  1882,  Roma  1883, 
(2)  Il  corallo  in  Sardegna ,  Annali  cit.,  Roma  1882, 


54 


Anche  fra  i  Solen  trovansi  specie  che  vengono  ricercate, 
ma  lo  sono  più  dai  Veneti  e  dai  Napoletani ,  che  dai  Li- 
guri  (>). 

Le  ostriche  e  le  arselle  si  raccolgono  soltanto  in  prossi¬ 
mità  dei  porti  ed  in  località  limitate  ;  così  pure  i  datteri 
di  mare  ed  i  mitili  trovansi  in  pochi  punti  del  litorale,  ed 
assai  scarsamente  dovunque. 

Le  seppie,  i  calamari,  i  moscardini,  i  totani,  i  polpi  spe¬ 
cialmente  ,  e  si  può  dire  quasi  tutti  i  cefalopodi ,  vengono 
mangiati  sulle  nostre  riviere,  finche  non  sono  molto  grossi 
e  quindi  non  sono  troppo  duri.  Si  rifiutano  però  YOctopus 
caienulatus,  (volgar.  pignata),  YHistìotheuìis,  il  Loligo  To- 
darus,  il  L.  sagittata,  ed  altre  specie  maggiori,  essendo  la 
loro  carne  acidula  ed  indigesta. 

1  cefalopodi  si  pescano  ordinariamente  con  reti ,  unita¬ 
mente  a  svariate  specie  di  pesci,  ma  vi  si  impiegano  anche 
i  palamiti,  lo  specchio,  le  polpare,  la  fiocina,  le  nasse. 

Collo  schema  usato  per  l’elenco  dei  pesci  del  mercato 
di  Genova  trascrivo  la  serie  dei  : (*) 


(*)  Issel,  I  molluschi  commestibili,  le  applicazioni  delle  conchiglie,  le 
perle  ed  i  coralli,  Annali  cit,,  1880,  n.  28,  Roma,  1881. 


Molluschi  eduli  in  Liguria. 


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§  22.  Ostriche  e  Mitili.  —  Merita  trattenere  ora  per  poco 
la  nostra  attenzione  sulle  ostriche  e  sui  mitili ,  giacché  al 
presente  trovansi  veri  vivai  di  allevamento  anche  in  Li¬ 
guria. 

Infatti  nel  golfo  della  Spezia  da  qualche  tempo  si  sono 
impiantati  dei  vivaj,  che  prosperano  bene. 

Nella  profonda  insenatura  della  costa  ligure  che  forma 
il  golfo  della  Spezia,  ben  lunga  14  chilometri  e  larga  3, 
trovasi  a  Nord-Est,  e  quindi  dalla  parte  opposta  della  città 
e  dell’arsenale,  un  bassofondo  —  detto  gli  Stagnoni  —  con 
fondo  fangoso  ed  alquanto  consistente,  il  quàle  presentan¬ 
dosi  opportuno  all’  impianto ,  fu  scelto  a  campo  di  esperi¬ 
mento  per  allevare  ostriche  e  mitili. 

11  prof.  Issel  in  altro  suo  interessante  libro  (*)  aveva  e- 
spresso  già  il  parere  che  il  golfo  di  Spezia  fosse  adatto  per 
tali  culture,  e  lo  provava  col  fatto  seguente: 

«  Or  sono  alquanti  anni  il  benemerito  Capitano  di  Va¬ 
scello,  Giuseppe  Lovera  di  Maria,  introdusse  l’ostrica  di 
Taranto  nella  piccola  darsena  di  S.  Vito,  presso  Spezia,  e 
sebbene  nessuno  si  sia  curato  poi  d’ invigilare  la  nuova 
colonia,  essa  si  conserva  anche  al  presente  (1882). 

Ora  questa  esperienza  ha  dimostrato  che  la  località  e 
almeno  atta  come  vivaio  d’allevamento;  inoltre  è  noto  che 
sulla  scogliera  dell’Arsenale,  presso  rimbocco  della  Dar¬ 
sena,  nei  seni  di  Varignano  e  della  .Castagna  abbondano 
naturalmente  le  ostriche  (0.  plicata)  ». 

Fu  soltanto  nel  1888  che  il  prof.  Davide  Carazzi  ed  il  sig. 
Emanuele  Albano  iniziarono  l’impianto,  dapprima  modesto, 
di  un  vivaio  di  ostriche  e  di  mitili,  che  poco  a  poco  andò 
ingrandendo  ;  costituendosi  nel  181)0  una  Società,  sicché  in 
oggi  tutto  lascia  bene  sperare. 

Avendo  il  Carazzi  pubblicato  nel  1893  un  utile  manuale 
di  Ostricultura  e  Mitilicultura  (Collezione  Hoepli),  così  ri¬ 
mando  ad  esso  chi  desiderasse  avere  ampie  cognizioni  in 
generale,  e  notizie  particolareggiate  sull’impianto  e  sul- 
P  andamento  dei  vivai  a  Spezia. 

Infatti  vi  descrive  dettagliatamente  la  località  scelta,  il 


(l)  Issel,  Istruzione  pratica  per  V ostricoltura  e  la  mitilicoltura;  Genova 
1882. 


57 


materiale  impiegato,  le  imbarcazioni,  e  tratta  della  parte 
finanziaria,  della  possibilità  di  altri  impianti,  delle  speranze 
che  lui  e  la  Società  hanno  e  degli  sforzi  da  loro  fatti , 
che  per  nulla  furono  secondati  dal  Governo. 

Parlando  del  commercio  delle  ostriche  in  Italia,  il  Ca- 
razzi  dimostra  come  gradatamente  si  è  giunti  al  punto  che 
nel  commercio  del  gustoso  mollusco  la  Spezia  ha  sostituito 
quasi  del  tutto,  nell’Italia  superiore,  Taranto  ed  Arcachon; 
e  che  si  sperava  divenisse  completa  nel  1894,  allargando 
sempre  più  P  area  di  concorrenza  contro  le  produzioni  di 
Taranto,  de!  Fusaro  e  dell’Adriatico. 

Nei  vivai  di  Spezia  è  l’ostrica  grande,  la  tarentina,  quella 
che  vi  fu  allevata,  e  quindi  tutto  quanto  scrive  il  Carazzi 
è  a  questa  che  si  riferisce  e  non  airostrichetta/O.  plicata). 

L’  ostrica  ligure  è  invece  la  piccola  specie  ed  è  giusta¬ 
mente  pregiata,  ma  la  quantità  che  se  ne  può  raccogliere, 
qua  e  là  lungo  le  nostre  riviere,  non  basta  a  soddisfare  le 
esigenze  dei  consumatori 

La  varietà  del YOstrea  tyrraena  scostasi  dalla  tipica  ( 0 . 
edulis)  perchè  più  chiara,  più  schiacciata  e  lamellosa. 

Essa  si  sviluppa  nelle  acque  chiare  e  tranquille  a  circa 
due  metri  di  fondo;  e  quando  è  esposta  all’impeto  delle 
acque  (  per  es.  allo  scoglio  S.  Andrea ,  Castello  del  Conte 
Raggio  a  Cornigliano  ) ,  secondo  le  osservazioni  dell’  issel, 
si  fa  depressa  e  perde  le  pieghe  salienti  diventando  liscia. 

Una  dozzina  di  ostrichette  adulte,  aperte  e  svuotate  del- 
1’ acqua  ,  darebbero  un  peso  di  337  gram.;  dei  quali  sol¬ 
tanto  29  rappresentano  il  peso  del  mollusco,  poco  più  di  {/lv 
Noto  per  ultimo  come  il  Lessona  f1)  riferì  un  esempio  istrut¬ 
tivo  del  progressivo  spostamento  nei  banchi  dell’  Ostrea 
plicata  avvenuto  a  Genova  in  conseguenza  dei  lavori  ese¬ 
guiti  nel  porto. 

infatti  dal  principio  del  secolo,  proseguendo  negli  anni 
ed  eseguendosi  sempre  nuovi  sporgenti,  l’ostrica  abbandonò 
i  posti  più  interni  del  porto,  spingendosi  più  all’esterno  in 
cerca  di  acque  meno  tranquille  —  Darsena,  S.  Limbania, 
Molo  vecchio ,  Seno  della  Lanterna. 


'l:  Lessona,  Le  ostriche  del  Porto  di  (ìenooa:  Atti  R.  Accad.  delle  Scienze 
di  Torino,  1868. 


58 


L’  ostrichetta  a  Genova  si  vende  al  prezzo  di  centes.  50 
a  60  la  dozzina;  e  quando  è  piccolissima,  viene  sgusciata 
e  commista  con  ovaia  di  ricci  di  mare  per  formarne  il  cosi 
detto  pigri  aitino  ,  il  quale  serve  ai  Genovesi  per  speciali 
preparazioni  culinarie. 

Anche  pel  Mitilo  (Musculo,  in  genovese;  peocio  o  cozza 
nera  a  Venezia)  il  nostro  Issei  proponeva  stabilire  vivaj 
in  diversi  luoghi  della  Liguria  ;  ad  esempio  nel  porticiuolo 
di  S.  Andrea ,  nei  seni  del  promontorio  di  Portofìno  e  nel 
golfo  di  Spezia. 

In  Italia  una  vera  coltivazione  di  mitilo  non  si  faceva 
che  a  Taranto,  ma  ora  si  effettua  anche  a  Spezia,  sebbene 
il  suo  allevamento  potrebbe  venir  esteso  sulle  nostre  coste, 
anche  perchè  tale  mollusco  è  più  resistente  dell’ostrica. 

Il  mitilo  è  maggiormente  conosciuto  a  Napoli,  meno  nel- 
P  Italia  settentrionale,  e  soltanto  a  Venezia  ed  a  Livorno 
ha  discreta  diffusione. 

Fu  pure  il  prof.  Carazzi,  col  socio  Em.  Albano,  già  men¬ 
zionato,  che  Ano  dal  1887  tentò  la  miti  coltura  a  Spezia;  e 
l’allevamento  riesci  bene,  tanto  che  l’impianto  venne  in¬ 
grandito  in  modo  da  poter  produrre  nel  1888  quintali  80 
di  mitili,  nel  1889  q.  150,  ma  sali  a  q.  350  nel  1890,  a 
q.  550  nel  1891,  a  q.  750  nel  1892  e  superò  q.  800  nel  1893. 

Nel  manuale  già  ricordato  il  Carazzi  descrive ,  siccome 
fece  per  l’ostrica,  i  vivai  da  lui  impiantati,  ed  aggiunge 
che  la  Spezia  provvede  ora  tale  mollusco  all’Italia  setten¬ 
trionale  e  media,  eccezione  fatta  per  Venezia,  ove  si  smer¬ 
ciano  quelli  provenienti  da  Trieste. 

Alla  Spezia  i  vivai  di  allevamento  per  i  mitili  sono  pur 
essi  situati  nel  tratto  detto  gli  Stagnoni  ad  est  della  città, 
circa  a  2  chilom.  In  questo  spazio  di  mare,  oltre  il  grande 
vivaio  della  ditta  E.  Albano  e  C.  e  che  occupa  una  super¬ 
fìcie  di  4000  m.  q. ,  esistono  altri  piccoli  vivai  impiantati 
da  concorrenti,  che  ne  hanno  seguito  l’esempio,  un  paio 
d’anni  dopo.  Per  il  che  alla  produzione  dovuta  al  vivajo 
impiantato  dal  Carazzi,  che  già  nel  1892,  come  si  è  detto, 
era  rappresentata  da  750  q.  di  mitili  venduti ,  si  devono 
aggiungere  le  quantità  vendute  dagli  altri  produttori ,  le 
quali  tutte  insieme  per  lo  stesso  anno  1892  non  oltrepas¬ 
sano  i  400  quint.  e  per  conseguenza  la  produzione  totale 


59 


alla  Spezia  nel  1892  è  salita  in  cifre  tonde  a  millecento 
quintali. 

§  23.  Crostacei ,  ed  altri  animali  marini  eduli  —  La  quan¬ 
tità  di  gamberi  che  viene  al  mercato  di  Genova,  se  si  toglie 
l’aragosta,  è  pressoché  insignificante.  Quasi  tutti  i  crostacei 
sono  mangerecci  in  Riviera;  i  più  apprezzati  sono  i  Pale- 
moni  (Gambai  de  ma),  ma,  è  notorio,  che  sopra  tutti  pri¬ 
meggia  l’Aragosta,  che  ha  sempre  prezzo  elevato,  che  è 
più  frequente  e  più  pregiata  dell’Astaco  marino  ( Longo¬ 
bardo ) ,  il  quale  pescasi  accidentalmente  con  le  nasse  e  coi 
tramagli.  La  pesca  ai  crostacei  si  fa  principalmente  colle 
nasse,  ed  al  mercato  di  Genova  le  aragoste  sono  inviate 
dai  pescatori  di  Boccadasse  ed  anche  da  altri  litorali,  come 
sarebbero  la  Sardegna,  la  Corsica,  la  Pantelleria,  ecc.  ;  e 
non  è  gran  tempo  che  questo  commercio  era  privilegio,  o 
specialità  dei  pescatori  Caprajesi. 

Le  aragoste  pescate  da’  Ponzesi  e  Trapanesi,  mi  ricorda 
il  collega  prof  Issel,  erano  trasportate  anni  sono  a  Cagliari 
con  barche,  donde  mandavansi  con  piroscafi  al  mercato  di 
Genova. 

Ho  presente  alla  memoria  come  nel  1881  e  82  visitando 
Carloforte,  Cabras,  Bosa  ed  Alghero  ebbi  ad  osservare  i 
piroscafi  della  Navigazione  generale,  adibiti  alla  linea  della 
costa  occidentale  della  Sardegna,  che  imbarcavano  grandi 
quantità  di  aragoste  dirette  al  mercato  nostro. 

Altri  pochi  animali,  che  sono  mangiati,  ma  che  però  non 
costituiscono  ramo  di  commercio  appena  apprezzabile,  sa¬ 
rebbero  alcune  Attinie  e  preferibilmente  VA.  viridis,  detta 
volgarmente  Fidé-main,  e  ben  più  i  ricci  di  mare,  che  in 
date  stagioni  sono  abbastanza  ricercati.  Affermasi  che  la 
gente  del  popolo  si  cibi  delle  ovaja  àe\Y Ascidia  mammil- 
lata ,  indicata  in  gergo  genovese  coi  nomi  di  Brignun  , 
Brugniun . 

Elenco  questi  pochi  animali  esculenti  nel  seguente  pro¬ 
spetto  : 


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Prospetto  B. 


61 


CAPITOLO  V. 

Cenni  sulla  pesca  nei  singoli  Compartimenti 
marittimi  della  Liguria . 

§  25.  A  meglio  documentare  la  relazione  presente,  ag¬ 
giungerò  brevi  cenni  speciali  per  ciascuno  dei  quattro  Com¬ 
partimenti  marittimi,  del  l.°  Distretto  di  pesca,  che  abbrac¬ 
ciano  precisamente  il  litorale  ligustico  f1). 

l.°  Compartimento.  --  Porto  Maurizio  (dal  confine  fran¬ 
cese  ad  Alassio,  incluso). 

Non  partecipa  alla  pesca  del  corallo,  del  tonno,  nè  delle 
spugne  ;  al  quale  ultimo  genere  di  pesca  non  concorrono 
però  neppure  gli  altri  compartimenti  liguri.  Per  Porto  Mau¬ 
rizio  ho  potuto  raccogliere  scarse  indicazioni  speciali,  forse 
per  la  ragione  che  da  poco  tempo  costituisce  Ufficio  a  parte, 
e  quindi  i  dati  statistici  relativi,  che  siano  di  questi  ultimi 
anni,  fanno  parte  di  quelli  che  riguardano  Savona  o  Ge¬ 
nova. 

Poche  sono  le  località  di  pescatori,  essendo  per  altro  un 
compartimento  che  presenta  breve  estensione  di  coste.  Non 
vi  sono  quindi  da  segnalare  speciali  metodi  di  pesca,  seb¬ 
bene  vi  sia  molto  attiva  la  caccia  ai  molluschi  ed  ai  cro¬ 
stacei,  sicché  delle  duecento  barche  circa,  ascritte  al  di¬ 
partimento,  ben  20  vi  sono  esclusivamente  impegnate. 


(!)  Il  primo  Distretto  di  pesca,  secondo  il  R.  Decreto,  31  gennaio  1892, 
(pel  quale  i  distretti  furono  ridotti  a  tre  soli  per  tutto  il  litorale  italiano) 
si  estende  dal  confine  francese  fino  al  Compartimento  marittimo  di  Napoli 
compreso.  Le  varie  mansioni  che  si  riferiscono  alla  pesca  marittima  nei 
compartimenti  della  Liguria  vengono  sbrigate  da  diversi  uffici ,  suddivisi 
nel  modo  qui  sotto  indicato. 


Compartimenti 

marittimi 

Sedi  di 
Capitanerie 

Uffici  di 

Circondario 

Uffici  locali 

di  Porto 

Delegazioni 
di  Porto 

Totale 
degli  Uffici 

1 

Porto  Maurizio  . 

1 

2 

2 

7 

12 

2 

Savona  .... 

1 

2 

I 

9 

13 

3 

Genova  .... 

1 

2 

3 

13 

19 

4 

Spezia  .... 

1 

1 

5 

14 

21 

62 


Non  è  da  tacersi  il  fatto  strano ,  e  da  non  mettersi  in 
dubbio,  che  questo  tratto  di  litorale  non  presenta  certamente 
quella  ricchezza  di  pesci  che  è  notorio  riscontrarsi  nel  confi¬ 
nante  mare  di  Nizza. 

2.°  Compartimento  —  Savona  (da  Alassio  ad  Arenzano, 
escluso). 

Nella  rada  di  Vado  si  attende  colle  reti  comuni  alla 
pesca  di  molte  sorta  di  pesci  (triglie,  sogliole,  saraghi, 
pagelli,  ma  specialmente  sardelle  ed  acciughe).  Così  il  tar- 
tanone  si  adopera  in  ogni  stagione  tanto  a  Vado,  che  a 
Savona  ed  a  Noli;  mentre  le  manate  per  acciughe  si  met¬ 
tono  in  opera  ordinariamente  nel  giugno. 

Dalle  acque  di  Savona  si  traggono  le  stesse  specie  di 
pesci  degli  altri  posti  delle  Riviere,  se  si  eccettuano  i  tonni, 
e  non  mette  conto  parlare  del  piccolissimo  numero  di  ostri¬ 
che,  che  si  raccoglie  nel  porto  e  nelle  adiacenze  di  Savona 
stessa.  Attorno  all’  isolotto  di  Bergeggi ,  come  pure  alla 
scogliera  di  Noli  ed  alla  Gallinaria,  trovasi  corallo  e  lo  si 
pesca;  e  da  Bergeggi  se  ne  cavano  annualmente  circa  ot¬ 
tanta  chilogrammi. 

La  città  di  Noli  è,  riguardo  alla  pesca,  la  località  più 
importante,  perchè  da  sola  mette  in  mare  non  meno  di  40 
battelli ,  e  non  manca  inoltre  di  qualche  industria  nella 
confezione  del  pesce. 

A  Yarazze  praticasi  pesca  esclusivamente  costiera,  quasi 
in  ogni  stazione,  con  sciabiche,  con  tramagli,  con  gangani 
e  tartanoni,  ottenendone  prodotti  piuttosto  considerevoli. 

§  26.  3.°  Compartimento.  —  Genova  (da  Arenzano  a  Ra¬ 
pallo,  incluso). 

A  Voltri  la  pesca  viene  esercitata  in  proporzioni  ben  me¬ 
schine  e  si  ha  scarsa  rimunerazione.  Ormai  è  limitata  a 
piccolo  numero  di  pescatori,  essendosi  il  grosso  della  popo¬ 
lazione  rivolto  agli  stabilimenti  industriali  della  regione  , 
come  avviene  per  Sampierdarena,  Sestri  ponente,  ecc.  dove 
con  maggior  sicurezza  ritrae  il  giornaliero  sostentamento. 

Vi  sono  in  uso  di  preferenza  il  gangano  e  rastrello,  le 
manate,  che  si  stendono  al  largo,  e  le  sciabiche  colle  quali 
si  traggono  a  terra  alici,  sardelle  triglie,  seppie,  ecc.  Abba¬ 
stanza  forte  è  nel  marzo  la  pesca  ai  bianchetti  ;  ad  ogni 
modo  la  produzione  è  molto  diminuita,  e  può  considerarsi 


approssimativamente  in  chilogr.  10,500  di  pesci,  A  Voltri 
si  nota  inoltre,  sebbene  in  piccole  proporzioni,  un  commercio 
coll’America  del  Sud,  ove  si  inviano  barili  di  alici  sotto 
sale.  A  Cornigliano,  a  Sestri  ponente,  nulla  si  riscontra  di 
differente  da  quanto  si  disse  per  le  altre  località,  soltanto 
vi  è  attiva  e  lucrosa  la  pesca  ai  bianchetti.  Anni  sono,  una 
Società  aveva  tentato  di  stabilire  serbatoi  di  ostriche  a 
Cornigliano ,  ma  nulla  si  conchiuse  di  utile  ,  siccome  era 
occorso  in  Genova  stessa. 

Nelle  acque  di  Genova  la  pesca  maggiore  si  pratica  in 
una  zona  di  fondi  algosi  parallela  alla  costa,  alla  distanza 
di  due  o  tre  miglia  da  essa  e  fornisce  piccola  quantità  di 
scomberoidi,  triglie,  squali,  ecc.  Un  tempo  si  contavano 
non  meno  di  ottanta  battelli  pescherecci,  ma  ora  sono  di¬ 
minuiti  di  molto. 

Il  porto  di  Genova  in  addietro  poteva  avere  qualche  con¬ 
siderazione  per  la  raccolta  delPostrichella,  ma  i  grandi  e 
continui  lavori  del  nuovo  porto  hanno  modificato,  e  già  lo 
si  disse,  l’ubicazione  del  mollusco,  rendendone  ormai  nulla 
la  pesca. 

A  Portofìno  ,  località  fra  le  più  pescose  del  nostro  lito¬ 
rale  ,  sono  in  uso  tutte  le  sorta  di  reti  ;  ed  attorno  al  suo 
promontorio  si  attende,  non  regolarmente,  alla  pesca  del 
corallo. 

A  Camogli  la  pesca  costiera  dura  tutto  l’anno,  quella 
d’alto  mare  da  maggio  a  tutto  agosto,  e  vi  partecipano 
circa  17  barche  di  90  tonnellate;  ed  il  prodotto  per  Camogli, 
con  piccole  variazioni,  verrebbe  calcolato  annualmente  in: 


Tonni . 

Muggini  .  .  .  . 

Acciughe  e  sardine 


Chilogr.  3.000 
»  2.000 


5.000  a  6.000. 


» 


Già  si  disse  delle  due  tonnarelle  che  trovavansi  a  Ca¬ 
mogli  e  a  S.  Margherita.  Quella  di  Camogli ,  che  ancora 
viene  esercitata,  serve  anche  come  mugginara  e  per  pigliare 
qualsiasi  pesce,  incappandovi  qualche  volta  perfino  dei 
cetacei 

Da  Santa  Margherita  partono  tutte  le  barche  coralline 
che  dalle  coste  liguri  vanno  in  Sardegna,  Algeria,  ecc.  Nel 
1894  ne  partirono  19,  della  portata  di  38  tonnellate  e  con 


64 


un  equipaggio  complessivo  di  96  persone.  Di  esse,  sei  pe¬ 
scarono  sui  banchi  di  Carloforte,  e  le  rimanenti  nei  golfo 
di  Alghero,  all’Asinara,  all’Isola  rossa,  nelle  acque  di  Vi- 
gnola  e  di  Capo  Testa.  Raccolsero  circa  248  Chilogr.  di 
corallo,  venduto  poi  per  la  somma  di  Lire  21,757,  ma  es¬ 
sendo  state  le  spese  di  Lire  27,156,  ne  risultò  un  danno 
complessivo  di  Lire  5,398. 

La  delegazione  di  Santa  Margherita  nel  1884  mi  comu¬ 
nicava  i  ragguagli  seguenti  relativi  al  prodotto  ottenutovi 
dai  vari  metodi  di  pesca: 

Colle  manate,  prodotto  ammontante  a  L.  3,000 
»  bilancelle  »  »  »  12,000 

»  tramagli  »  »  »  12,000 

»  palamiti  »  »  »  2,000 

»  reti  diverse  »  »  »  3,000 

Totale  Lire  32,000 

A  Rapallo  si  potranno  valutare  ad  una  ventina  le  fami¬ 
glie  le  quali  vivono  della  pesca;  ma  è  certo  che  le  condi¬ 
zioni  andarono  peggiorando,  perchè  alquanti  pescatori  do¬ 
vettero  dedicarsi  ad  altre  occupazioni,  od  emigrare  prin¬ 
cipalmente  sulle  piazze  francesi.  Il  numero  dei  pescatori 
fra  Rapallo,  Santa  Margherita  e  Portoflno  sarebbe  di  circa 
125,  che  però  possono  accrescere  al  numero  di  circa  250, 
quando  tutti  ritornano  dalla  Francia,  o  dalle  altre  spiaggie 
estere. 

11  prodotto  ricavato  dalla  pesca  per  Rapallo  starebbe  nei 
limiti  seguenti: 


Colle  bilancelle  Lire  5,000 
»  manate  »  13,000 

»  tramagli  »  500 

Con  reti  diverse  »  8,000 

Totale  Lire  26,500 

Soddisfatto  al  consumo  locale  di  varii  posti  di  pesca,  e 
specialmente  dalla  Foce,  da  Sampierdarena,  da  Sestri  po¬ 
nente  ,  da  Santa  Margherita ,  ecc. ,  il  pesce  viene  inviato 
giornalmente  a  Genova,  od  anche  in  altro  punto  popoloso 


65 


della  Liguria.  Pure  Camogli  fa  il  commercio  del  pesce  con 
Genova,  ad  eccezione  delle  acciughe  che  vengono  spedite  a 
Livorno. 

4.°  Compartimento.  —  Spezia  (da  Rapallo  (escluso)  alla 
marina  d*  Avenza). 

Sestri  levante  e  Riva:  dalle  spiaggie  di  queste  due  vi¬ 
cine  località  ogni  anno,  nei  mesi  di  marzo  ed  aprile,  par¬ 
tivano  circa  cento  battelli,  con  un  totale  di  600  marinai, 
per  le  coste  della  Francia,  della  Sardegna  e  di  Barberia  a 
praticarvi  la  pesca  alle  sardine  ed  alle  acciughe;  ritornando 
in  patria  a  novembre.  Però  da  anni  il  prodotto  andò  sem¬ 
pre  più  diminuendo  e  le  campagne  riescirono  qualche  volta 
disastrose,  tanto  che  molti  marinai  lasciarono  le  reti,  per 
imbarcarsi  sopra  navi  mercantili;  cercando  nella  naviga¬ 
zione  quei  benefìci i  che  loro  negava  la  pesca. 

La  pesca  limitata  nelle  acque  di  Sestri  e  di  Riva  prati¬ 
casi  con  circa  47  battelli,  di  3  tonnellate  ciascuno,  che  vi 
si  dedicano  nelle  diverse  stagioni  dell’anno.  Quella  con  reti 
a  strascico  esercitasi  nell’ inverno  (ottobre  a  febbraio)  con 
dieci  paia  di  paranzelle  della  media  portata  di  dieci  ton¬ 
nellate  e  con  otto  marinai  ciascuna,  le  quali  coi  forti  venti 
di  levante  o  di  tramontana,  pescano  moscardini,  naselli, 
triglie,  gattucci,  eco.  Colle  bogare  pescansi  boghe  durante 
la  notte,  in  vicinanza  degli  scogli,  il  che  dà  prodotto  co¬ 
pioso  ,  ma  poco  rimunerativo  ,  stante  la  qualità  scadente 
del  pesce. 

Alcuni  battelli  di  Riva  durante  1’  inverno  sono  occupati 
ai  palamiti,  pescando  a  4,  5  miglia  da  terra;  prendendo 
grossi  naselli,  rondini  e  gattuzzi;  mentre  altri  dall’aprile 
all’agosto  tendono  reti  alle  acciughe  ed  alle  sardine,  por¬ 
tandosi  a  circa  due  miglia  da  terra,  nel  pomeriggio  e  rien¬ 
trando  in  porto  sul  far  del  giorno. 

Il  prodotto  della  pesca  in  queste  località  Sestrine,  dovuto 
a  circa  una  settantina  di  battelli  equipaggiati  da  400  a 
450  uomini,  può  dare  un  guadagno  da  150  a  250  lire  per 
marinaio  ;  notandosi  che  il  prodotto  totale  viene  ripartito 
per  metà  al  proprietario  dell’imbarcazione  e  per  l’altra  fra 
gli  uomini  di  bordo. 

Chiavari,  Levanto  e  Spezia  non  hanno  quasi  esercizio  di 
pesca,  fatta  eccezione  dei  vivaj  di  molluschi  per  Spezia.  Il 


66 


pesce  evvi  in  poca  quantità,  tranne  acciughe  e  sardine,  che 
talora  nella  stagione  opportuna  si  confezionano  in  barili, 
essendo  il  prodotto  ordinariamente  superiore  ai  bisogni  gior¬ 
nalieri  del  paese.  Sono  in  uso  in  special  modo:  reti  da  paran¬ 
zelle,  scabiche,  mugghiare,  palamiti,  tramagli,  bogare,  nasse 
e  cheniare. 

Porto  Venere  era  rinomato  in  altri  tempi  per  la  quantità  di 
barche,  per  gli  ottimi  pescatori  e  per  l’abbondanza  di  pesce; 
oggi  invece  è  decaduta,  ed  i  pescatori  trovano  più  proficuo 
darsi  alla  navigazione.  Esistono  tuttavia  alcune  paranzelle 
e  dei  piccoli  battelli  addetti  alla  pesca,  le  prime  andando 
fuori  golfo  nei  tempi  buoni,  i  secondi  costeggiando.  Di 
pesci  vi  predominano  triglie,  lingue,  sogliole,  naselli  e 
muggini ,  nell’  estate  acciughe  e  sardine ,  che  pure  qui  si 
conservano  sotto  sale,  eccedendo  il  raccolto  al  consumo  quo¬ 
tidiano. 

Da  comunicazioni  private,  mi  consta  che  a  Perici  in  oggi 
vi  si  pratica  la  pesca  con  circa  14  paranze  ,  della  media 
portata  di  10  tonnellate  ciascuna,  e  con  otto  a  dieci  pesca¬ 
tori  per  barca,  tanto  da  valutarsi  a  252  il  numero  dei  pe¬ 
scatori  occupati  alle  reti  a  strascico  ,  colle  quali  pescano 
nel  golfo  o  fuori,  a  10,  12  miglia. 

La  pesca  colle  reti  da  posta,  si  pratica,  esclusivamente 
per  le  acciughe,  nei  paraggi  della  Gorgona,  con  poche  barche 
e  pochi  uomini,  che  però  ricaveranno  circa  tremila  lire  nette. 
Sonvi  ancora  otto  barche,  equipaggiate  da  5  uomini  ciascuna, 
tutti  napoletani,  che  attendono  alla  pesca  con  reti  minori. 

A  Perici  infine  non  si  notano  pesche  speciali ,  nè  vivai 
di  sorta;  ed  il  prodotto  della  pesca  si  avvia  sui  mercati  di 
Spezia,  di  Genova  e  di  Firenze;  con  un  provento  che  può 
ammontare  a  lire  19,000  quello  dato  dalle  paranzelle  ,  ed 
a  9000  quelle  delle  altre. 

A  Chiavari  sonvi  soltanto  otto  o  dieci  battelli  da  pesca 
che  non  sempre  lavorano  e  non  evvi  lucro  apprezzabile. 
Levanto  avrebbe  cinque  piccole  barche  per  la  pesca  dei 
lacerti,  delle  boghe  e  triglie,  ma  limitato  solo  all’estate. 

Per  ultimo  trascriverò,  in  un  prospetto,  il  numero  delle 
barche  ,  ed  il  loro  tonnellaggio  che  nei  periodo  di  tempo, 
dal  1890  al  1896  trovavansi  nei  diversi  compartimenti  della 
Liguria. 


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68 


§  27.  Da  tutto  quanto  fu  scritto  in  queste  pagine,  si  è 
portati  a  conchiudere  essere  la  pesca  marittima  lungo  il 
litorale  della  Liguria ,  in  condizioni  poco  floride  ,  scarseg¬ 
giando  dovunque  la  materia  prima,  il  pesce;  e  che  perciò 
essa  non  potè  mai  trovarsi  nell’opportunità  di  attendere  a 
miglioramenti  tanto  nei  metodi  di  pesca,  quanto  nel  benes¬ 
sere  della  classe  dei  pescatori. 

Le  ragioni  di  siffatto  stato  di  cose  sono  molteplici ,  non 
tutte  facili  a  riscontrarsi ,  e  tanto  meno  da  potersi  rimuo¬ 
vere.  Epperciò  la  questione  della  pesca  meriterebbe  fra  noi 
studii  scrupolosi  e  cure  attentissime  ,  giacché  gli  elementi 
buoni  non  sono  mancanti,  data  l’ottima  tempra  dei  pesca¬ 
tori  liguri.  Questo  lo  dimostra  il  fatto  che,  sebbene  l’indu¬ 
stria  del  pesce  al  presente  fra  noi.  e  possiamo  dirlo  per 
molta  parte  dell’Italia,  non  è  troppo  florida  e  profìcua  per 
quelli  che  la  esercitano,  tuttavia  questi  non  sanno  abban¬ 
donarla;  ed  anzi  il  ceto  marittimo  vi  si  dedica  in  numero 
sempre  rilevante  e  crescente ,  attrattovi  dal  desiderio  ar¬ 
dentissimo  di  vivere  sul  patrio  mare  da  naturale  inclina¬ 
zione  e  dalle  antiche  e  non  ingloriose  tradizioni. 

Agli  Egregi  Signori  E,  Ivaldi  direttore  dell’ Imposta  municipale,  Ubaldo 
Setti,  Alberto  Perugia,  Brancaleone  Borgioli,  Fratelli  Lupi  ed  Ercole  Mari¬ 
terò,  che  mi  diedero  valido  ajuto  per  potere  redigere  la  presente  Rela¬ 
zione,  porgo  ben  volentieri  i  miei  più  vivi  ringraziamenti. 


69 


INDICE 


Cap.  l.°  —  Condizioni  attuali  della  pesca  marittima  in  Liguria. 

§  1.  Studi  già  fatti  in  argomento  —  2.  Difficoltà  nell’assumere  infor¬ 
mazioni  —  3.  Deficenza  di  pesca  —  4.  Cause  di  essa  —  5.  Con¬ 
dizioni  biologiche  —  6.  Località  del  litorale  più  favorite, 

Cap.  2.  —  Reti  ed  ordigni  da  pesca  adoperati  in  Liguria, 

§  7,  —  Arnesi  di  violenza  —  8.  Arnesi  di  agguato  —  9.  Distinzione 
di  essi  —  10.  Reti,  a  strascico. 

Cap.  3.  —  Materiale  di  pesca  e  pescatori  in  Liguria. 

§  il.  Stato  della  pesca  nel  1872  —  12.  Idem  dall’anno  1890  al  1896, 
con  prospetto  —  13.  Confronti. 

Gap.  4.  —  Pesca  in  generale  e  pesche  speciali, 

§  14.  —  Distinzioni  di  pesche  —  15.  Ittiofauna  del  mare  ligustico: 
Prospetto  delle  specie  di  pesci  del  mercato  di  Genova  —  16.  E- 
lenco  alfabetico  dei  nomi  volgari  genovesi  dei  pesci  —  17.  Pesci 
rari  od  accidentali  stati  riscontrati  nel  mare  Ligure  —  18.  Pesche 
speciali:  Bianchetti  e  rossetti  —  19.  Tonno  —  20.  Corallo  — 
21.  Molluschi  —  22.  Ostriche  e  mitili  —  23.  Crostacei  —  24.  Pro¬ 
spetto  della  pesca  dei  crostacei  e  molluschi  dal  1890  al  1896. 

Gap.  5.  —  Cenni  sulla  pesca  nei  singoli  compartimenti  marittimi  della 
Liguria. 

§  25.  l.°  Compari,  Porto  Maurizio  —  2.°  Compari.  Savona  —  §  26.  3.° 
Compari.  Genova  —  4.°  Compari.  Spezia  —  27.  Conclusione. 


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Genova,  Tip.  Ciminago,  1898. 


BOLLETTINO  DEI  ULSEi 

DI  ZOOLOGIA  E  ANATOMIA  COMPAKATA 

DELLA  R.  UNIVERSITÀ  DI  GENOVA 


N.°  67.  1898. 


Maria  Sacchi 

Su  di  un  caso  d’arresto  dell’emigrazione  oculare, 
cou  iiigmentazione  del  lato  cieco  in  un  Rhombus  maximus. 

(Con  una  Tavola). 

Per  essermi  tempo  fa  occupata  delle  minute  differenze 
fra  gli  organi  omotipici  di  molti  pleuronettidi  f1) ,  attirò 
particolarmente  la  mia  attenzione  il  caso  anormale  di  un 
Rhombus  maximus ,  pescato  in  gennaio  nel  nostro  golfo. 

1/esemplare  presenta  il  lato  destro,  che  nei  casi  di  strut¬ 
tura  ordinaria  è  privo  di  pigmento  ,  quasi  egualmente  co¬ 
lorato  del  sinistro,  e  l’occhio  migrante  destro  sul  mezzo 
del  capo.  Altri  casi  d’  arresto  di  sviluppo  furono  descritti 
nel  1841  da  W.  Yarrel  (2)  in  un  Rh.  vulgaris  Cuv.  flaevis 
Rond.),  poi  da  Mac  Intosh  (3)  nel  1875  in  un  Rh.  maximus, 
più  tardi  da  Filhol  (3)  nel  1890  in  un  Rh.  vulgaris  pe¬ 
scato  presso  Concarneau,  e  per  ultimo  da  Giard  nel  1892  (5), 
in  un  Rh.  maximus  pescato  all’imboccatura  di  Wimereux. 
Due  casi  per  ogni  specie. 

Il  mio  esemplare  è  lungo  cm.  25  dalla  mascella  inferiore 
all’estremità  della  coda,  ha  l’altezza  massima  di  cm.  18,5, * (*) 


0)  Maria  Sacchi,  Sulle  minute  differenze  fra  gli  organi  omotipici  dei  pleu¬ 
ronettidi.  Atti  Soc.  Lig.  di  Se.  Nat.,  1893. 

(*)  W,  Yarrel,  History  of  British  Fishes.  British  Fauna,  voi.  II,  1841‘ 
pag.  331. 

(3)  Mac  Intosh,  The  marine  invertebrales  and  fishes  of  Saint  Andrews. 
1875,  pag.  179,  tav.  VI,  fìg.  5  e  6. 

(4)  Filhol,  Description  d’un  cas  de  monstruosité  obseroé  sur  un  Rhombus 
vulgaris  Cuv.  Bull.  Soc.  philomatique  de  Paris,  1890,  8.a  ser.  voi.  II,  n.  2, 
pag.  54,  con  figura. 

(5)  Alfred  Giard,  Sur  la  persistance  partielle  de  la  symetrie  bilaterale 
chez  un  turbot  ( Rhombus  maximus  L.),  et  sur  Vhérédité  des  caractères  a- 
cquis  chez  les  pleuronectes.  Comptes  rendus  des  séances  de  la  Société  de 
Biologie  (Séance  16  janvier  1892). 

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l’occhio  migrante  dista  11  min;  dal  sinistro,  è,  sul  mezzo 
del  capo,  leggermente  inclinato  a  destra  ;  nei  profilo  di  si¬ 
nistra  lo  si  vede  superare  di  3  mm.  il  margine  superiore 
del  capo  ;  per  effetto  di  questo  arresto  nella  migrazione 
dell'occhio,  la  pinna  dorsale,  che  nei  giovanissimi  non  rag¬ 
giunge  ancora  la  testa  ,  ma  si  sviluppa  fin  sopra  di  essa 
solamente  quando  1’  occhio  è  già  passato  sul  lato  destro, 
non  ha  potuto  procedere,  incontrando  sul  suo  cammino 
l’occhio  migrante,  epperò  è  rimasta  sollevata  in  alto,  for¬ 
mando  uno  sprone  arcuato  a  concavità  anteriore,  che  dà 
al  pesce  un  aspetto  insolito. 

11  caso  dei  due  Rhombus  vulgaris  di  Yarrel  e  di  Filhol 
e  del  Rh.  maximus  di  Giard  sono  simili  al  mio;  invece 
quello  presentato  da  Mac  Intosh  è  di  un  giovane  rombo 
pescato  in  Iscozia  a  S.  Andrews,  che  ha  conservato  com¬ 
pletamente  la  simmetria  bilaterale;  sicché  la  pinna  dorsale 
potè  giungere  fin  sopra  il  muso,  senza  incontrare  l’ostacolo 
dell’occhio  migrante,  e  senza  quindi  trasformarsi  nello  spe¬ 
rone  che  si  osserva  nei  casi  nominati,  il  mio  compreso. 

Per  la  posizione  dell’occhio  migrante,  il  mio  esemplare 
si  trova  nello  stadio  dei  Rhombus  giovanissimi,  della  lun¬ 
ghezza  di  soli  cm.  1-2,  nei  quali  la  pigmentazione  di  un 
lato  non  è  del  tutto  scomparsa ,  perchè  in  essi  la  pleuro- 
stasi  non  è  ancora  costante,  ossia  T  individuo  nuota  ancora 
tenendo  il  corpo  in  posizione  verticale. 

Nel  mio  esemplare,  la  pigmentazione,  tanto  abbondante 
sul  lato  cieco  (destro)  come  sul  sinistro,  è  evidentemente 
in  Erettissima  relazione  con  l’ incompleta  migrazione  del- 
1’  occhio,  poiché  non  è  da  supporsi  che  questo  individuo 
sarà  stato  volentieri  e  lungamente  adagiato  nel  fondo  sul 
lato  destro,  quando  l’occhio,  trovandosi  al  margine,  sa¬ 
rebbe  stato  in  posizione  da  venire  più  facilmente  urtato  e 
ferito  ;  quindi  il  pesce  avrà  per  lo  più  nuotato  mantenen¬ 
dosi  verticale ,  lasciando  in  tal  modo  che  rimanesse  egual¬ 
mente  illuminato  il  lato  già  cieco.  È  provata  l’influenza 
diretta  della  luce  sullo  sviluppo  del  pigmento,  da  molte 
esperienze  su  svariatissimi  organismi,  e  da  esperienze  spe¬ 
ciali  eseguite  da  Cunningham  f1)  sui  pleuronettidi;.  egli  a- 

(*)  J.  T.  Cunningham,  An  experìment  concerning  thè  absence  of  colour 
from  thè  lower  side  of  fiat  fishes.  Zoo!.  Anzeiger  n.  354,  19  gennaio  1891, 
pag.  27. 


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veva  prodotta  la  pigmentazione  sul  lato  bianco  (cieco)  di 
questi  pesci  tenuti  in  vasche  dal  fondo  trasparente,  facendo 
giungere  luce  riflessa  al  lato  adagiato  sul  fondo. 

Come  già  accennai  nel  lavoro  sugli  organi  omotipici,  il 
genere  Bibronia ,  stabilito  da  Cocco  per  una  forma  con 
occhio  mediano  e  che  egli  riteneva  genuina,  non  è  altro, 
verosimilmente,  che  un’anomalia  (simile  a  quella  che  ora 
presento),  consistente  in  un  arresto  di  sviluppo,  e  che  offre 
la  curiosa  caratteristica,  che,  mentre  la  pluralità  delle  ano¬ 
malie  d’altri  animali  che  non  siano  mostri  doppi,  consiste 
in  una  asimmetria,  nel  pleuronettide,  che  per  un  adatta¬ 
mento  di  lunga  data  si  è  reso  asimmetrico  ,  1  ■  anomalia 
consiste  in  un  ritorno  parziale  alla  simmetria  primitiva,  è 
cioè  un  caso  di  lontano  atavismo.  Le  cause  teratogenetiche 
possono  essere  quelle  stesse  generali  e  sconosciute  che  de¬ 
terminano  molte  e  svariate  deformità  negli  organismi,-  o 
come  fu  dubitato,  ma  non  mai  riscontrato,  dovute  a  paras¬ 
sitismo  di  bopiridi,  lernee  (Giard),  i  quali,  penetrando  nell’a¬ 
nimale  ed  innicchiandosi  negli  organi  riproduttori  ne  aves¬ 
sero  distrutto  parzialmente  i  tessuti.  Per  altri  organi  dei 
pleuronettidi  fu  riscontrato  frequentemente  tale  parassitismo. 
Come  si  sa,  l’impedito  sviluppo  degli  organi  riproduttori 
porta  sempre  con  se  un  arresto  di  sviluppo  generale.  Ora, 
sfortunatamente,  l’esemplare  che  a  me  fu  consegnato  era 
stato  già  privato  dei  visceri ,  estirpati  per  gli  opercoli,  e  non 
ho  potuto  verificare  se  trattavasi  di  causa  parassitaria. 

Quando  avessero  a  riscontrarsi  altri  casi  di  simile  ano¬ 
malia  sarà  utile  portare  l’attenzione  su  questi  possibili  ef¬ 
fetti  del  parassitismo. 

Lab.  d'Anat.  coup.  della  R.  Università  di  Genova ,  1898. 


4 


SPIEGAZIONE  DELLA  TAVOLA. 

Fig.  I.  Rhombus  maximus  visto  dal  lato  sinistro.  */&  (da  fotografia). 
L’occhio  sinistro  è  in  posizione  normale ,  l’occhio  destro  è  sulla  linea  me¬ 
diana.  La  pinna  dorsale  è  sollevata  a  guisa  di  sprone  al  di  sopra  dell’  oc¬ 
chio  migrante.  La  colorazione  è  normale. 

Fig,  II.  Idem,  visto  dal  lato  destro.  L’occhio  migrante  sporge  sulla  linea 
mediana.  La  colorazione,  anormale,  è  simile  a  quella  del  lato  sinistro. 


V 


Genova,  Tipografia  Ciminago,  1899. 


Società  Ligustica  di  Scienze  Naturali,  ecc. 


Yol.  IX,  Tav.  IX. 


Fig.  2. 


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BOLLETTINO  DEI  1SEI 

DI  ZOOLOGIA  E  ANATOMIA  COMPARATA 

DELLA  R.  UNIVERSITÀ  DI  GENOVA 


N.°  68. 


1898. 


G.  Cattaneo 

PROF.  D’  ANAT.  COMP.  NELLA  R.  UNIVERSITÀ  DI  GENOVA. 

Ancora  sullo  stomaco  dei  delfini. 

(con  una  tavola). 

Alla  presente  nota,  che  fa  seguito  al  mio  precedente  la¬ 
voro  Sulla  digestione  gastrica  dei  delfinidi,  ecc.  (J)  furono 
occasione  un  recente  e  diligentissimo  lavoro  del  dottor 
Jungklaus  (2),  e  la  cattura  di  un  grande  esemplare  di  Bel - 
phinus  tursio ,  di  cui  potei  avere  i  visceri  in  istato  fre¬ 
schissimo,  cosa  che  non  accade  frequentemente  pei  cetacei 
di  notevole  dimensione  (3). 

Il  Jungklaus  potè  approfittare  di  un  materiale  eccezio¬ 
nalmente  interessante,  raccolto  dal  prof.  Ktikenthal  nei  suoi 
viaggi  pei  mari  groenlandici,  sulle  coste  della  Finlandia  e 
della  penisola  di  Ivola,  allo  Spitzberg  e  all’isola  del  Re 
Carlo  negli  anni  1886  e  1889.  Oltre  che  di  alcune  forme 
adulte  (Phocaena) ,  esso  consta  essenzialmente  di  13  em¬ 
brioni  o  feti  a  varii  stadii  di  sviluppo,  per  lo  più  assai  pic¬ 
coli,  fra  cui  3  di  Phocaena  communis,  3  di  Beluga  leucas, 
1  di  Monodon  nionóceros,  1  di  Globicephalus  melas,  3  di 
Balaenoptera  musculus,  2  di  Ryperoodon  rostratus.  Di 
essi  egli  studia  specialmente  l’anatomia  macroscopica, 
ma  non  tralascia  anche  importanti  particolari  istologici,  e 
tratta  con  larghezza  *  delle  principali  questioni  riferentisi 
allo  stomaco  dei  cetacei.  Il  lavoro  è  datato  dall’  Istituto 
Zoologico  dell’Università  di  Jena. 

Il  Jungklaus  riassume  con  precisione  la  parte  essenziale 
delle  mie  precedenti  osservazioni ,  e  impegna  una  discus¬ 
sione  abbastanza  estesa  a  proposito  della  piega  mucosa  da 


(*)  Atti  della  Società  ligustica  di  scienze  naturali  e  geografiche.  Voi.  V, 

1894,  tav.  XXIII. 

(2)  F.  Jungklaus.  Ber  Magen  der  Cetaceen .  Jenaische  Zeitschrift.  Vo¬ 
lume  XXXII  (nov.  ser.  XXV),  1898. 

(3)  Ringrazio  di  tal  favore  la  direzione  del  Museo  Civico  di  Genova. 

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me  osservata  nel  primo  stomaco,  e  della  ipotesi  della  ri- 
gurgitazione,  a  cui  io  propendo.  Certo  è  un  fatto  degno  di 
nota  questo,  che  il  detto  sepimento,  descritto  già  da  Jackson, 
Murie  e  Turner  nel  Globicephalus ,  da  Watson  e  Young 
nel  Delphinapterus ,  da  Pouchet  e  Beauregard  nel  capo¬ 
doglio  f1),  e  di  cui  io  posso  ora  confermare  resistenza  anche 
nell’  Orca  gladiator,  non  sia  stato  trovato  da  altri  autori 
nelle  stesse  specie  o  in  ispecie  affini.  Il  Jungklaus,  che  non 
lo  trovò  in  un  feto  di  Globicephalus  lungo  cm.  45,6,  in¬ 
clina  a  ritenerlo  un  carattere  individuale  dovuto  ad  un  ar¬ 
resto  di  sviluppo,  poiché  esso  potrebbe  rappresentare  una 
modificazione  della  parete  divisoria  tra  il  bulbo  e  il  diver¬ 
ticolo  del  primo  stomaco,  la  quale  appunto  in  detto  feto 
si  trova,  come  pure  in  quelli  di  Beluga,  Monodon  e  Pho- 
caena  (2). 

Vedremo  poi  se  non  vi  ha  nulla  a  ridire  contro  tale 
supposizione;  però  io  stesso  non  ho  trovato  questo  sepi¬ 
mento  nel  primo  stomaco  dell’adulto  di  Delphinus  tursio, 
mentre  lo  trovai  in  quello  di  un  piccolo  Delpliinus  del- 
phis.  Piuttosto  non  ammetto  che  la  presenza  così  spora- 


di  Pel  Globicephalus  Jackson  ( Disseti .  ofa  spermaceti  Whale,  etc.  Boston 
Journ.  of  nat.  Hist.  1845)  parla  di  una  «  supplementary  cavity  of  a  ere- 
scentic  form,  opening  largely  into  thè  first  »;  Murie  (Chi  thè  organisation 
of  thè  Caaing  Whale ,  Transact.  Zool.  Soc.  1873),  di  una  «  large  and  wide  fold 
of  membrane,  or  septal  semidivision  »;  Turner  (Anat.  of  thè  Pilot-Whale. 
Journ.  of  anat.  and  phys.  1867)  segna  con  una  linea  punteggiata  il  sepi¬ 
mento  che  divide  il  primo  stomaco  in  due  logge;  e  una  identica  divisione 
descrivono  Watson  e  Young  nel  Beluga  (Anatomy  of  tlie  Beluga.  Trans,  of 
thè  n.  Society  of  Edimburg,  1878).  A  proposito  del  capodoglio,  Pouchet  e 
Beauregard  ( Sur  Vestomac  dn  cachalot,  C.  R.  de  la  Soc.  de  biologie,  1889) 
dicono  che  il  primo  stomaco  è  diviso  in  due  parti  «  par  une  sorte  d’anneau 
épais,  incomplet,  saillant  du  droit  à  gauche  ». 

(2)  Mòglicherweise  ist  dies  Gebilde  ein  Residuum  der  Scheidewand  zwi- 
schen  dem  oesophagealen  Bulbus,  aus  dem  der  erste  Magen  sieh  bildet, 
und  dem  DivertikelJ,  das  von  diesem  Bulbus  ventral-und  distahvàrts  aus- 
gestulpt  wird.  Diese  Scheidewand  ist  bei  den  Phocaena-Embryonen  ange- 
deutet  und  in  viel  stàrkerer  Ausbildung  bei  den  Embryonen  von  Beluga, 
Monodon  und  Globicephalus  beschrieben  worden.  Solite  dieses  embryonale 
Gebilde  gelegentlich  persistieren  und  mit  dem  Diaphragma  Cattaneo’ s  idea¬ 
tiseli  sein,  so  gilt  von  ihm  dasselbe,  wie  von  manchen  entwickelungsgeschi- 
chtlichen  Residuen,  beispielsweise  dem  menschlichen  Coecum  und  Processus 
vermiformis,  etc,  Jungklaus,  op.  cifc.,  pag.  72. 


3 


dica  e  quasi  anomala  di  tale  sepimento  tolga  ogni  pro¬ 
babilità  all’ipotesi  della  rigurgitazione.  Questa  è  fondata 
specialmente  sul  reperto  quasi  costante  di  residui  ossei, 
talora  anche  di  grandi  dimensioni  e  completamente  privi 
delle  parti  molli,  nel  primo  stomaco,  ove  la  digestione  non 
può  essere  avvenuta,  mancando  completamente  le  glandule 
peptiche,  che  invece  esistono  .solo  nel  secondo  stomaco;  e 
sulla  grande  ristrettezza  delle  valvole  tra  il  secondo  sto¬ 
maco  e  i  successivi,  attraverso  cui  tali  residui  non  possono 
passare.  La  presenza  del  sepimento  rendeva  più  facile  spie¬ 
gare  la  separazione  tra  le  parti  indigerite  e  il  nuovo  nutri¬ 
mento  assunto,  ma  essa  non  è  indispensabile  all’ipotesi  del 
rigurgito,  che  può  avvenire,  come  è  noto,  negli  uccelli  ra¬ 
paci  e  nei  serpenti  (l) ,  senza  bisogno  di  tale  diaframma. 
Anche  Turner  ammette  la  possibilità  della  rigurgitazione, 
indipendentemente  dalla  presenza  del  sepimento  (2).  Ma  è 
ozioso  discutere  troppo  a  lungo  su  una  questione,  che  solo 
potrebbe  essere  risolta  dall’esperienza,  dato  che  alcuno  si 
trovi  in  grado  di  eseguire  un  esperimento,  che  richiede 
mezzi  affatto  eccezionali. 

Come  appendice  al  mio  precedente  lavoro,  aggiungerò 
il  risultato  delle  osservazioni  istologiche  che  ho  fatto  sullo 
stomaco  del  Delphinus  tursio  e  su  quello  di  un  piccolo 
feto  di  D.  delphis. 


(h  Questo  fatto  fu  osservato  nei  crotali  da  Percy  Selous  (Bull.  Soc.  Zool. 
de  France,  1897);  «  parfois  ces  serpents  degorgent  une  boulette,  c’est-a- 
dire  un  pelot  de  poils  et  de  plmnes,  comme  font  les  hiboux. 

(2)  «  In  Delphinus  albirostris  perfectly  clean  fishbones  have  been  found 
by  several  observers, 'incìuding  mysélf,  in  thè  oesophageal  cornpartment. 
Now,  as  thè  mucous  lining  of  this  chamber  is  not  glandular,  thè  flesh  can 
only  have  been  removed  from  these  bones  by  thè  action  of  thè  secretion 
of  thè  cardiac  glands,  wich  probably  had  been  poured  into  this  chamber 
for  thè  purpose;  and  thè  flesh  soaked  with  and  rendered  pultaceous  by  thè 
gastric  juice  had  then  entered  thè  cardiac  chamber  in  thè  furtherance  of 
thè  digestive  process,  thè  bones  being  left  behind.  Or,  as  is,  I  think,  less 
probable,  thè  fish  swallowed  as  food  may  have  passed  directly  into  thè 
cardiac  chamber,  thè  flesh  being  there  dissolved  off  thè  bones,  and  these 
latter,  when  clean,  regurgitated  into  thè  oesofageal  cornpartment.  In  either 
case,  thè  cleaned  bones  would  be  collected  in  that,  cofnpartment,  and  then, 
by  a  further  process  of  regurgitation,  expelled  by  thè  oesophagus,  pharynx 
and  mouth  »  (Turner,  Additional  Observations  on  thè  stomach  in  thè  Zi - 
phioid  and  Delphinoid  Whates.  Journ.  of  anat.  and  phys.  1889). 


4 


La  struttura  della  parete  gastrica  dello  stomaco  dei  ce¬ 
tacei  non  è  certo  tra  le  meglio  conosciute,  per  la  difficoltà 
grande  di  aver  materiale  in  sufficiente  stato  di  freschezza 
o  ben  conservato,  e  per  gli  ostacoli  che  s’incontrano  a  ot¬ 
tenere  sezioni  ad  un  tempo  sottili  e  intere  in  organi  così 
voluminosi,  la  cui  parete  raggiunge  talora  lo  spessore  di 
parecchi  centimetri.  Tuttavia  abbiamo  parecchi  accenni 
sulla  struttura  anche  nelle  memorie  specialmente  anato¬ 
miche,  anzitutto  in  quelle  di  Turner  (l)  ;  e,  tra  le  migliori 
contribuzioni  istologiche,  oltre  la  già  citata  del  Jungklaus, 
dobbiamo  ricordare  quelle  di  G.  Briimmer  (2) ,  di  Boulart 
e  Pilliet  (3)  e  di  M.  Weber  (4)  sui  delfini,  quelle  di  Ecker  (5) 
e  di  F.  E.  Schifi ze  (6)  sulla  focena,  ancora  di  Weber  (loc. 
cit.)  su\V  Hyperoodon ,  sul  Lagenorhynchus  e  su  di  un  feto 


(*)  W.  Turner.  A  contribution  to  thè  anatomy  of  thè  Pilot  Whale. 
Journal  of  anatomy  and  physiology,  voi.  II,  1867. 

Id.  Further  observations  on  thè  stomach  in  thè  cetacea .  Ibid.,  voi  III,  1868. 

Id.  Anatomy  of  Soverby  Whale.  Ibid.,  voi.  XX,  1885. 

Id.  Addizionai  observations  on  thè  stomach  in  thè  ziphioid  and  delphinokl 
Whales.  Ibid.,  voi.  XXIII,  1889. 

Id.  Notes  on  some  of  thè  viscera  of  Risso' s  Dolphin .  Ibid.,  voi.  XXYI, 
1892. 

Id.  The  tesser  Rorqual  in  thè  scottish  Sea.  Proc.  R.  Society  of  Edinbourg, 
voi.  XIX,  1892. 

(*)  G.  Bruemmer.  Anatomiche  und  histologisclie  Untersuchungen  iiber  den 
zusammengesetzten  Magen  verschiedener  Sangethiere.  Deutscher  Zeitschrift 
fur  Thiermedicin,,  voi.  II,  1876. 

(3)  R.  Boulart  et  A.  Pilliet.  Note  sur  V estomac  du  dauphin.  Journal 
de  l’anat.  etc.,  voi.  XX,  1884.  —  l' estomac  des  cetacés.  Ibid.,  voi.  XXXI, 
1895.  —  Pilliet.  Sur  la  structure  de  V estomac  des  cetacés.  C.  R.  de  la 
Societé  de  biologie,  voi,  III,  1891. 

(4j  M.  Weber.  Ueber  Lagenorhynchus  albirostris.  Tijdsch.  nederl.  dierk. 
Vereen,  voi.  I,  1885-87. 

Id.  Studien  iiber  Sdugethiere.  Fin  Beitrag  zur  Frage  nacli  dem  Ursprung 
der  Cetaceen.  Jena,  1886. 

Id.  Anatomisches  iiber  Cetaceen.  Ueber  den  Magen  der  Cetaceen.  Mor- 
pholog.  Jahrbuch,  voi.  XIII,  1888. 

(5)  Ecker.  Ueber  den  Bau  der  Mage^schleimhaut  von  Delphinus  ph'o- 
caena.  Ber.  iiber  die  VeThandl.  der  naturforsch.  Gesellschaft  zu  Freiburg., 
Fase.  II,  1856. 

(6)  F.  E.  ScnuLZE.  Epithel-und  Driisenzellen.  Archiv  fur  mikr,  Anat, , 
voi.  Ili,  1867. 


di  balenottera,  di  Anderson  f1)  sulla  platanista  e  sull’ or- 
cella,  di  Woodhead  e  Gray  (2)  sul  narvalo,  e  di  Pilliet  (loc. 
cit.)  sulla  balenottera  adulta. 

Il  mio  intento  è  di  continuare  e  completare  le  ricerche 
altrui  e  mie  proprie,  approfittando  del  materiale  avuto,  tanto 
più  che  nessuno  dei  citati  autori,  trattando  di  delfìni,  parla  del 
tursio  o  di  embrioni  di  questa  o  dell’altra  specie.  I  pezzi 
furono  generalmente  colorati  in  toto,  e  le  sez'oni  appiccicate 
coll’acqua,  quelle  dello  stomaco  del  feto  eseguite  a  serie. 

Nell’adulto,  l’esofago,  lungo  centimetri  33,  ha  un  dia¬ 
metro  di  5  cm.  alla  sua  parte  anteriore  e  poi  va  grada¬ 
tamente  restringendosi  fino  a  4  cm.,  in  vicinanza  dello  sto¬ 
maco.  Esso  però  è  suscettibile  di  grande  dilatazione,  essendo 
elastica  ed  estensibile  assai  la  sua  parete.  Lo  spessore  della 
quale  è  di  circa  un  centimetro,  accresciuto  nella  regione 
faringea  dalla  notevole  potenza  dei  muscoli.  Osservandone 
a  occhio  nudo  o  con  lente  la  sezione,  vi  si  distinguono  tre 
strati  principali,  che  corrispondono  alla  mucosa,  alla  sub¬ 
mucosa  e  alla  tonaca  muscolare.  11  rivestimento  interno  è 
specialmente  caratteristico,  perchè  di  consistenza  cornea  e 
munito  di  un  numero  straordinario  di  piccolissime  spor¬ 
genze  coniche,  che  gli  danno  un  aspetto  vellutato.  Grosse 
pieghe  lo  solcano  nel  senso  longitudinale,  dovute  quasi  uni¬ 
camente  a  ispessimento  della  mucosa. 

I  tagli  sottili  mostrano  al  lato  interno  un  epitelio  pluri- 
stratifìcato,  disposto  a  sporgenze  acuminate,  dell’altezza  di 
circa  mezzo  millimetro,  con  la  sezione  a  triangolo  isoscele 
allungato;  sono  i  coni  che  danno  l’apparenza  vellutata  alla 
pagina  interna  dell’organo.  La  loro  superfìcie  di  contatto 
con  la  submucosa  non  è  liscia,  ma  rappresentata  da  una 
serie  non  interrotta  di  eminenze  e  di  avvallamenti,  sorta  di 
papille  dermatiche,  che  l’epitelio  segue  in  tutte  le  loro  ac¬ 
cidentalità  (fig.  1).  Questo  stretto  modo  di  connessione  fa 
sì  che  l’epitelio  stesso  si  distacca  assai  difficilmente  dalla 


(1)  Anderson.  Anatomical  a?id  zoological  researclnes  of  thè  tioo  expeditions 
to  Western  Yunnan.  London  1878. 

(2)  Woodhead  e  Gray.  On  thè  stomach  of  thè  Nartohal  (Monodon  mo~ 
noceros).  Journal  of  an&tomy  and  physiology,  voi,  XXIV,  1888-89. 


6 


mucosa.  Le  cellule  che  compongono  tali  sporgenze  acumi¬ 
nate  sono  abbastanza  simili  tra  di  loro  ;  di  forma  tonda  o 
poligonale  con  ben  distinto  nucleo  ovale.  Quelle  profonde 
sono  appena  un  po’  piu  granulose  e  attondate;  quelle  su¬ 
perficiali  -un  po’  depresse,  però  anch’  esse  presentano  un 
nucleo.  Esse  si  tingono  intensamente  in  giallo  col  picro- 
carmino,  in  violetto  coll’  ematossilina.  Hanno  un  diametro 
variabile  da  15  a  25  micromillimetri.  Tale  disposizione,  co¬ 
mune  per  lo  più  nei  denticeti,  è  invece  diversa  nei  misti- 
ceti,  poiché  l’epitelio  dell’esofago  nella  balenottera  è  liscio 
(Pilliet). 

Lo  strato  sottomucoso  che  segue  è  di  gran  lunga  il  più 
sviluppato  della  parete  esofagea  e  contribuisce  alla  sua 
grande  estensibilità.  Misura  uno  spessore  di  circa  mezzo 
centimetro;  è  costituito  da  un  connessivo  fibrillare  molto 
compatto,  ricchissimo  di  fibre  elastiche  a  disposizione  serpeg¬ 
giante  e  gremito  dalle  sezioni  di  numerosi  vasi  sanguigni. 

La  tunica  muscolare  dell’esofago  è  composta  di  due  strati, 
uno  interno  circolare  dello  spessore  di  due  millimetri,  e 
uno  esterno  longitudinale  di  circa  un  millimetro.  Questi 
muscoli  sono  lisci  per  tutto  il  decorso  dell’esofago,  fuorché 
nella  parte  alta,  subito  dopo  la  faringe,  ove,  oltre  ad  es¬ 
sere  assai  più  grossi,  sono  anche  striati.  Secondo  il  Pilliet, 
la  striatura  è  ancor  più  estesa  nei  muscoli  esofagei  della 
balenottera,  giungendo  essi  fin  quasi  in  vicinanza  dello 
stomaco.  La  sierosa  esterna  è  pure  assai  spessa  e  consi¬ 
stente. 

Il  primo  stomaco ,  che  è  la  più  vasta  delle  varie  ca¬ 
mere  onde  l’intero  organo  si  compone,  è  foggiato  a  sacco 
cordiforme,  con  un  diametro  massimo  di  un  decimetro  e 
mezzo.  La  sua  parete  ha  lo  spessore  di  quasi  due  centi- 
metri  al  suo  lato  interno,  e  di  un  solo  centimetro  al  lato 
esterno.  L’organo  è  coperto  internamente  da  una  membrana 
cornea  piuttosto  consistente,  ma  facilmente  distaccabile  e 
poco  elastica,  tantoché  si  fende  alla  più  piccola  distensione. 
La  sua  superficie  non  è  vellutata  come  quella  dell’esofago, 
ma  è  abbastanza  levigata,  solo  è  coperta. da  numerosissime 
papille  attondate.  Essa  è  alta  poco  più  di  mezzo  millimetro, 
e  nelle  sezioni  sottili  si  presenta  costituita  di  due  parti  di¬ 
stinte:  una  parte  superficiale  più  sottile,  di  appena  un  de- 


7 


cimo  di  millimetro,  composta  eli  cellule  schiacciate,  di  cui 
non  è  sempre  facile  rilevare  chiaramente  i  contorni,  ma  si 
distingue  ancora  il  nucleo,  e  una  più  profonda  e  assai  più 
grossa,  in  cui  la  struttura  cellulare  è  distinta  (fig.  2).  La 
prima,  che  si  tinge  in  giallo  col  picrocarmino,  si  distacca 
facilmente  dalla  sottostante  ,  anzi  in  molti  punti  delle  se¬ 
zioni  è  effettivamente  distaccata;  presenta  una  sottile  stria- 
tura  in  senso  parallelo  alla  sua  superfìcie,  ed  ha  un  aspetto 
molto  simile  alla  cuticola  cornea  che  ricopre  internamente 
lo  stomaco  muscolare  degli  uccelli;  ma  in  realtà  non  è 
altro  che  lo  strato  più  superficiale  e  completamente  che- 
ratinizzato  della  mucosa,  con  notevole  regressione  degli  ele¬ 
menti  cellulari.  La  parte  profonda  è  costituita  da  un  grosso 
epitelio  pluristratificato,  che  segue  fedelmente  in  tutte  le 
le  sue  sporgenze  e  rientranze  la  sottoposta  submucosa.  Le 
sue  cellule  tonde  o  poligonali  somigliano  molto  a  quelle 
della  membrana  che  tappezza  l’esofago;  però  quelle  pro¬ 
fonde  sono  più  granulose,  a  contorni  più  distinti  e  si  tin¬ 
gono  intensamente.  I  margini  delle  cellule  sono  dentellati. 

Le  papille  numerosissime  che  si  riscontrano  sulla  mu¬ 
cosa  sono  rotonde,  poco  rilevate,  di  un  diametro  variabile 
da  mezzo  millimetro  a  due  millimetri,  e  portano  nel  centro 
un  foro  circolare,  quasi  lo  sbocco  di  un  condotto  che  pro¬ 
venga  da  uno  strato  più  profondo.  E  infatti,  praticando 
delle  sezioni  a  serie,  perpendicolarmente  alla  parete,  si 
vede  (fig.  3),  specialmente  in  quelle  che  passano  pel  centro 
della  cavità,  clVe  questa  si  affonda  ad  imbuto  nello  spessore 
della  mucosa,  per  circa  una  metà  della  sua  altezza,  sempre 
tappezzata  dallo  strato  corneo ,  che  però  va  di  mano  in 
mano  assottigliandosi:  poi  alla  cavità  imbutiforme  segue 
un  breve  e  largo  tubo,  che  finisce  in  una  sorta  di  alveolo 
rotondo,  del  diametro  di  circa  un  terzo  di  millimetro,  posto 
nella  parte  profonda  della  mucosa,  in  modo  che  col  fondo 
posteriore  esso  tocca  la  submucosa.  Tali  cavità  sono  tap¬ 
pezzate  da  cellule  simili  a  quelle  che  costituiscono  la  mu¬ 
cosa  profonda,  solo  più  granulose,  in  modo  che  si  tingono 
più  intensamente  e  formano  un  contorno  distinto.  Le  cavità 
per  lo  più  sono  vuote,  ma  talora  contengono  grumi  di  una 
sostanza  finamente  granulosa,  che  si  avanza  anche  nel 
condotto  escretore.  Esse  furono  senza  dubbio  quelle  os- 


8 


servate  per  la  prima  volta  dal  Rapp  f1),  che  le  denominò 
«  piccole  glandule  o  cavità  semplici  »,  senza  per  altro  in¬ 
dicare  il  loro  modo  di  sbocco  sulle  papille  della  mucosa. 
Se  i  tagli  non  sono  fatti  esattamente  in  corrispondenza  al 
centro  delle  papille,  il  condotto  non  si  vede  e  la  cavità  può 
sembrare  un  follicolo  chiuso.  L’Oppel  (2),  citando  l’osserva¬ 
zione  del  Rapp,  accenna  dubitativamente  che  possa  trat¬ 
tarsi  di  follicoli  linfoidi;  ma,  vista  la  loro  costituzione  a 
semplice  cavità  tappezzata  da  epitelio,  il  contenuto  granu¬ 
loso  di  alcune,  la  presenza  di  un  largo  condotto  escretore, 
io  riterrei  piuttosto  che  possano  essere  larghe  cripte  glan- 
dulari  (simili  a  quelle  che  si  trovano  nella  parete  dell’eso¬ 
fago  e  dell’ingluvie  di  molti  uccelli),  secernenti  un  liquido 
acquoso  e  mucoso,  che  valga  a  preparare  gli  alimenti  alla 
digestione  peptica,  che  avverrà  poi  nello  stomaco  seguente. 
Tali  glandulette  non  si  trovano  poi  soltanto,  come  vor¬ 
rebbe  il  Rapp,  in  vicinanza  allo  sbocco  dell’esofago,  ma 
sono  disseminate  in  tutta  la  superfìcie  del  primo  stomaco  ; 
ne  contai  circa  una  diecina  per  ogni  centimetro  quadrato 
di  superfìcie. 

Mancano  completamente  a  questa  camera  gastrica  le 
glandule  tubulari.  Lo  strato  sottomucoso,  che  occupa  oltre 
la  metà  dello  spessore  della  parete,  è  costituito  da  un  con¬ 
nessivo  fibrillare  piuttosto  compatto,  con  fibre  elastiche, 
vasi  sanguigni,  ecc.  Dei  due  strati  muscolari,  a  fibre  liscie, 
l’interno,  circolare,  è  assai  più  potente  dell’esterno  longitu¬ 
dinale;  sottile  è  la  sierosa  esterna. 

Il  secondo  stomaco  è  di  forma  ovale,  e  misura  nel  dia¬ 
metro  maggiore  cm.  15  e  nel  minore  crii.  10.  La  sua  mu¬ 
cosa  presenta  un  sistema  così  complicato  di  pieghe,  che  fu, 
con  felice  paragone,  assomigliata  alla  superficie  d’  un  cer¬ 
vello  ricco  di  circonvoluzioni.  In  conseguenza  di  ciò,  il  suo 
spessore  è  molto  vario,  secondo  che  lo  si  misura  in  corrispon¬ 
denza  al  sommo  o  all’avvallamento  delle  pieghe;  vada  un 
massimo  di  mm.  25  ad  un  minimo  di  rnm.  5.  La  minor 


(l)  Rapp,  Die  Cetaceen,  zooloaisch-anatomisch  darqestellt.  Stuttgart  und 
Tùbingen,  1837. 

(*)  A.  Oppki  .  Lehrbuch  der  vergi ,  mikr.  Anat.  der  Wirbeltliiere.  1896, 
voi.  I. 


9 


parte  dello  spessore  è  occupata  dalla  sierosa,  dai  muscoli 
e  dal  connessivo  sottomucoso;  la  maggiore  dalle  glandule 
tubulari,  di  tipo  peptico,  così  gigantesche,  che,  nelle  sezioni 
della  parete,  si  vedono  agevolmente  ad  occhio  nudo,  alli¬ 
neate  come  tante  cannuccie  normalmente  alla  superfìcie 
dell’organo.  Esse  non  sono  più  lunghe  dove  le  pieghe  sono 
alte,  nè  più  brevi  dove  si  avvallano;  ma  misurano  unifor¬ 
memente  circa  2  mm.  di  altezza,  e  la  conformazione  par¬ 
ticolare  delle  pieghe,  come  lo  spessore  vario  della  parete 
son  dati  unicamente  dallo  sviluppo  maggiore  o  minore  del 
connessivo  sottomucoso,  che  fa  da  sostegno  allo  strato  delle 
glandule  (fig.  4). 

Queste,  nelle  sezioni  sottili  perpendicolari  alla  mucosa, 
si  vedono  conformate  come  lunghi  tubi  assai  stipati  fra  di 
loro,  e  composte  di  cellule  piuttosto  piccole,  poligonali  o 
arrotondate,  aventi  l’aspetto  caratteristico  delle  cellule  pe¬ 
ptiche.  Sono  cioè  granulose  con  nucleo  piccolo  e  molto 
splendente,  del  diametro  di  circa  10  micromillimetri.  Tra 
esse  se  ne  vedono  alcune  di  un  diametro  quasi  doppio,  di 
forma  ovale,  meno  granulose  e  più  rifrangenti  (fìg.  5).  Non 
v’ è  dunque  alcun  dubbio  sulla  esistenza,  anche  nello  sto¬ 
maco  del  Delphinus  tursio  adulto,  delle  cellule  deloniorfe 
e  adelomorfe,  come  già  videro  Jungklaus  e  Weber  nella 
focena  e  nel  lagcnorinco. 

Solo  le  cellule  del  colletto  sono  di  tipo  epiteliale,  e  so¬ 
migliano  a  quelle  che  ricoprono  la  superficie  interna  dello 
stomaco. 

Isolando  uno  o  parecchi  tubi,  e  osservandoli  a  piccolo 
ingrandimento,  si  vede  che  generalmente  il  loro  fondo  cieco 
non  è  unico,  ma  diviso  in  due  o  tre  biforcazioni.  Tagliando 
poi  i  tubi  trasversalmente,  si  vede  che  le  loro  sezioni  sono 
piuttosto  ovali,  composte  di  una  corona  di  otto  o  dieci  cel¬ 
lule  con  distinto  nucleo,  tra  cui  se  ne  nota  costantemente 
una  o  due  più  grandi,  o  ricoprenti.  Un  sottile  astuccio  con¬ 
nessivo  circonda  i  singoli  tubi,  abbracciando  per  lo  più  in¬ 
sieme  i  varii  fondi  ciechi  di  ciascun  tubo,  ma  talora  anche 
mandando  leggeri  sepimenti  tra  l’uno  e  l’altro  (fìg.  5).  Nella 
focena  F.  E.  Schulze,  fin  dal  1867,  aveva  descrittoi  tubi 
come  posti  in  una  propria  nicchia  (Nische)  —  (loc.  cit.  pa¬ 
gina  323,  fìgg.  16,  17,  tav.  X). 


10 


Nel  complesso,  la  sezione  di  una  piega  mucosa  somiglia 
a  un  triangolo  isoscele,  costituito  dal  connessivo  sottomu¬ 
coso  e  da  uno  strato  corticale,  formato  dai  tubi  peptici,  sti¬ 
pati  perpendicolarmente  sul  primo. 

Esiste  una  musculaHs  mucosae ,  immediatamente  appli¬ 
cata  ai  fondi  ciechi  delle  glandule,  e  inoltre  i  due  soliti 
strati  muscolari,  assai  più  sottili  che  nell’esofago  e  nel  primo 
stomaco  (1  millimetro  fra  entrambi).  Seguono  le  due  piccole 
cavità  indicate  come  terzo  stomaco  l1),  poi  il  quarto,  intestini- 
forme,  lungo  circa  30  centimetri  e  piegato  su  sè  stesso  ad 
arco,  a  convessità  esterna.  Le  sue  due  comunicazioni  col  se¬ 
condo  stomaco  e  con  l’intestino  sono  strettissime,  essendo 
date  da  due  valvole  rotonde,  del  diametro  di  5  millimetri, 
munite  di  robusti  muscoli.  La  mucosa,  internamente  liscia 
e  morbida,  ha  uno  spessore  di  tre  millimetri.  Le  sezioni 
sottili  mostrano  una  struttura  simile  nel  terzo  e  quarto 
stomaco;  hanno  cioè  alla  parte  interna  una  serie  di  tubi 
fittamente  stipati  fra  loro,  senza  pieghe  come  quelle  del  se¬ 
condo  stomaco. 

Osservando  una  sezione  trasversale  dell’  organo  si  com¬ 
prende  subito  che  questi  tubi,  alti  quasi  un  millimetro,  non 
sono  rettilinei,  ma  contorti;  infatti,  anziché  tagliati  longi¬ 
tudinalmente,  come  dovrebbe  accadere  se  fossero  dritti, 
essi  si  vedono  tagliati  per  il  lungo  solo  per  breve  tratto,  poi 
la  sezione  diventa  obliqua,  e,  nel  fondo  cieco,  persino  tras¬ 
versale;  il  che  è  segno  della  loro  direzione  continuamente 
cangiante  (fìg.  6).  Di  ciò  si  ha  la  conferma,  osservandone 
un  gruppo  di  tre  o  quattro  col  microscopio  semplice  ;  si 
vede  allora  che,  diritti  nel  colletto,  essi  si  dividono  poi  in 
tre  o  quattro  fondi  ciechi  ricurvi.  Le  loro  cellule,  tonde  o 
poligonali,  sono  tutte  eguali  fra  di  loro,  e  non  presentano 
il  tipo  peptico,  quindi  queste  glandule  sono  piuttosto  da  ri¬ 
tenersi  mucose.  Degli  strati  muscolari,  l’interno,  circolare,  è 
assai  più  sviluppato  dell’esterno  longitudinale. 

L’intestino,  allungassimo,  ha  un  diametro  di  due  centi- 
metri,  e  la  sua  parete  uno  spessore  di  due  millimetri  e 


(l)  Alcuni  numerano  separatamente  queste  due  piccole  cavità  secondarie  ed 
interne  e  allora  l’ultima  diventa  quinta,  altri  le  tralasciano  nel  computo,  e 
quella  diventa  terza.  Su  tali  distinzioni  vedi  il  mio  lavoro  precedente. 


11 


mezzo.  La  mucosa,  sottile  e  levigata,  è  rilevata  in  quattro 
pieghe  longitudinali,  alta  ciascuna  mezzo  centimetro,  che 
sporgono  quindi  nel  lume  dell’organo,  come  quattro  sopi¬ 
menti  radiali.  Queste  pieghe  sono  semplici  duplicature  della 
mucosa  intorno  a  lamine  connessive,  e  ne  raddoppiano  la 
superfìcie. 

Nelle  sezioni  sottili  si  vedono  tubi  dello  stesso  tipo  di 
quelli  del  terzo  e  quarto  stomaco,  ma  più  corti  (circa  mezzo 
millimetro),  e  meno  tortuosi,  senza  essere  per  altro  perfet¬ 
tamente  rettilinei.  Sono  composti  di  piccole  cellule  irrego¬ 
larmente  attondate,  tutte  eguali  tra  loro,  quindi  anch’esse 
del  tipo  mucoso.  11  connessivo  sottostante  è  meno  compatto 
di  quello  dello  stomaco;  molto  sviluppate  invece  sono  le 
tonache  muscolari ,  e  specialmente  l’interna  circolare. 

M’ importava  assai  di  studiare  lo  stomaco  di  un  feto , 
per  risolvere  anzitutto  la  questione  del  sepi mento  del  primo 
stomaco,  poi  per  stabilire  se  è  più  o  meno  precoce  la  forma¬ 
zione  dello  strato  corneo  nello  stesso  stomaco  e  il  differen¬ 
ziamento  delle  cellule  delomorfe  e  adelomorfe  nel  secondo. 
Per  cortesia  del  direttore  dei  Museo  Zoologico,  prof.  C.  Pa- 
rona,  potei  approfittare  di  un  feto  lungo  20  centimetri,  do¬ 
nato  non  molto  tempo  fa  dal  prof.  F.  Mazza  al  Museo,  e 
che  apparteneva  a  un  delfino  catturato  nel  Mediterraneo. 
11  feto  fu  determinato  come  Delphinus  delphis. 

Questa  ricerca  si  presentava  interessante  anche  perchè  non 
trovo  nei  citati  lavori  uno  studio  speciale  sullo  stomaco  fe¬ 
tale  di  delfino;  il  Jungklaus,  che  fece  il  lavoro  finora  più 
completo  a  questo  proposito,  s’è  occupato,  come  vedemmo, 
di  feti  di  focena,  di  beluga,  di  narvalo,  di  globicefalo,  di 
balenottera,  d’ iperodonte,  ma  non  di  delfino.  Il  Brummer 
(loc.  cit.)  parla  dello  stomaco  di  un  feto  di  delfino,  ma  si 
occupa  piu  delle  dimensioni  comparative  delle  prime  due 
sacculazioni  gastriche  nel  lattante  e  nell’adulto,  che  non 
dell’istologia. 

Lo  stomaco  del  feto  ch’io  osservai  (fìg.  7),  visto  dal  lato 
ventrale,  si  presenta  poco  diverso,  per  la  forma  e  le  re¬ 
lative  dimensioni  delle  parti ,  da  quello  dell’  adulto.  Dalla 
estremità  posteriore  del  primo  stomaco  alla  superiore  del 
secondo  misura  un  diametro  longitudinale  di  16  millimetri, 


12 


la  larghezza  massima  del  primo  stomaco  è  di  un  centi- 
metro;  il  secondo,  quasi  globulare,  presenta  un  diametro 
di  6  a  7  millimetri;  il  quarto,  piegato  ad  arco,  è  lungo 
un  centimetro  e  mezzo.  È  già  visibile  l’ampolla  duodenale. 
Dalle  dette  misure,  e  meglio  ancora  dalla  figura,  si  ricava 
che  nel  feto  di  tale  dimensione  il  secondo  stomaco  è  assai 
piu  piccolo  del  primo,  come  avviene  nell’adulto.  Il  Jungklaus 
invece,  descrivendo  un  feto  di  focena  lungo  cm.  55,9,  dice 
che  «  die  zweite  Magenabtheilung  ist  bedeutend  weiter  ent- 
wickelt,  als  die  erste  ».  Però  trova  che  in  un  feto  più  piccolo, 
di  cm.  13,4,  il  secondo  stomaco  «  ist  nur  wenig  geràumiger, 
als  die  erste  Abtheilung  ».  In  un  feto  ancora  più  piccolo, 
di  cm.  11,4,  il  primo  stomaco  è  «  von  entschieden  bedeuten- 
derer  Gròsse  als  der  zweite  Magen  ».  Questi  diversi  rapporti 
di  grandezza  si  spiegano  benissimo  con  le  diverse  età  del 
feto,  poiché  Rapp  e  Brùmmer,  e  lo  stesso  Jungklaus,  già 
hanno  fatto  osservare  che  nei  feti  in  istadii  ancora  molto 
arretrati  il  secondo  stomaco  è  assai  più  piccolo  del  primo, 
poi,  avvicinandosi  il  tempo  della  nascita,  il  secondo  au¬ 
menta  continuamente  in  dimensione,  in  modo  da  diventare 
la  piu  ampia  delle  quattro  sacculazioni,  e  tale  perdura  fin 
al  momento  della  nascita  e  per  tutto  il  tempo  dell’ allatta¬ 
mento  ,  rimpicciolendosi  poi  di  nuovo  nella  forma  adulta. 

Questo  è  senza  dubbio  un  adattamento  particolare  alla 
dieta  lattea,  che  rende  inutile  lo  stomaco  collettore  rap¬ 
presentato  dalla  prima  camera;  esso  trova  riscontro  in  un 
adattamento  consimile  dei  neonati  dei  ruminanti. 

Il  feto  da  me  esaminato,  avendo  il  secondo  stomaco  assai 
più  piccolo  del  primo,  si  trovava  dunque  in  uno  stadio 
piuttosto  arretrato,  come  si  rileva  del  resto  anche  dalle 
sue  dimensioni. 

Data  la  piccolezza  dell’organo,  decisi  di  non  dissecarlo 
macroscopicamente,  ma,  dopo  averlo  imparaffinato,  di  farne 
le  sezioni  a  serie,  potendo  in  tal  modo  meglio  rilevare 
tanto  i  rapporti  di  conformazione  generale,  quanto  quelli 
di  struttura.  Ottenni  così,  distribuite  in  dieci  vetri,  oltre  un 
centinaio  di  sezioni,  che  ora  descriverò  brevemente,  comin¬ 
ciando  dall’  apice  posteriore  del  primo  stomaco  (inferiore 
nella  figura  7). 

Un  gruppo  di  sezioni  interessa  il  terzo  inferiore  della 


prima  sacculazione  gastrica;  visi  distinguono  chiaramente 
gli  strati  muscolari  e  l’epitelio  pluristratificato .  il  quale 
però  non  presenta  alla  sua  superficie  interna  la  lamina 
cornea  caratteristica  dell’adulto.  La  superficie  è  solcata  da 
lievi  ondulazioni  a  contorno  arrotondato.  La  particolarità 
più  notevole  di  queste  sezioni  è  data  da  una  fascia  che  at¬ 
traversa  diagonalmente  il  lume  dell’organo,  costituita  da 
un  tessuto  connettivo  fondamentale,  tappezzato  su  entrambe 
le  faccie  da  un  epitelio  pluristratiflcato,  simile  a  quello 
della  superficie  interna  dello  stesso  stomaco.  La  presenza  di 
questa  fascia,  che  perdura  per  parecchie  diecine  di  sezioni, 
(fig.  8,  s)  ora  più  addossata  a  un  lato  della  mucosa,  ora 
più  all’altro,  ora  equidistante  da  entrambi,  dimostra  l’esi¬ 
stenza,  nella  prima  camera  gastrica  di  questo  feto,  del  se- 
pimento  obliquo,  che  già  fu  trovato  da  Jackson,  Turner, 
Murie,  Watson  e  Young,  Pouchet  e  Beauregard  e  da  me 
stesso  negli  individui  giovani  o  adulti  da  noi  osservati  di 
Delphinus  delphis,  Globicephalus  svinerai,  Delpliinapte- 
rus  leucas,  Catodon  macrocephalus  e  Orca  gladiatore 

Fosse  pur  esso,  come  dice  il  Jungklaus,  un  carattere  ano¬ 
malo  dell’adulto,  e  dovuto  a  un  arresto  di  sviluppo,  visto 
che  non  si  trova  in  tutti  gli  individui,  ma  solo  in  alcuni, 
il  riscontro  da  me  fatto  di  tale  sepimento  obliquo  nel  terzo 
inferiore  dello  stomaco  di  un  piccolo  feto  di  delfino  dimostra 
però  ch’esso  non  è  una  modificazione  della  parete  divisoria 
tra  il  bulbo  esofageo  e  il  diverticolo  del  primo  stomaco,  il 
quale  si  trova  più  in  alto,  in  diversa  direzione  ed  esiste 
generalmente  in  tutti  gli  individui,  ma  è  una  duplicatura 
speciale  della  parete  inferiore  della  prima  camera,  che  può 
essere  transitoria,  e  talor  anche  perdurare  nel  giovane  e 
nell’  adulto. 

Un  secondo  gruppo  di  sezioni  interessa  la  parte  mediana 
della  camera  gastrica.  In  essa  non  si  vede  più  il  sepimento 
obliquo,  ma  si  nota  che  la  mucosa,  invece  di  essere  liscia 
o  appena  corrugata,  è  rialzata  in  pieghe  longitudinali,  che 
-si  avanzano  radialmente  nel  lume  dell’organo.  Nella  regione 
più  bassa  sono  in  numero  di  otto  o  di  dieci  e  crescono  di 
mano  in  mano  fino  a  una  ventina  nella  regione  superiore 
(fig.  9). 

Nelle  pieghe  e  sulla  mucosa  l’epitelio  pluristratifìcato  ha 


14 


uno  spessore  di  circa  un  decimo  di  millimetro,  eguale  a 
un  sesto  di  quello  dell’intera  parete. 

Un  ultimo  gruppo  di  sezioni  interessa  il  terzo  superiore 
dello  stomaco,  e  comprende  ad  un  tempo  tutte  le  concame- 
razioni  gastriche. 

Nella  prima  l’epitelio  pluristratifìcato  (fig.  10,1)  formato  da 
sei  o  sette  strati  di  cellule  ben  distinte,  con  grosso  nucleo, 
è  pur  sempre  privo  di  rivestimento  corneo  e  ondulato  in 
pieghe  longitudinali.  11  connessivo  sottomucoso  è  ampio, 
ricco  di  cellule  e  fibre  ;  esili  sono  invece  gli  strati  musco¬ 
lari.  Nel  secondo  stomaco  (fig.  10,11)  si  vedono  le  pieghe  su 
cui  stanno  allineate  le  glandule  p  eptiche,  assai  più  brevi  che 
nell’adulto,  essendo  lunghe  appena  mezzo  millimetro,  e  già 
divise  in  parecchi  fondi  ciechi.  Il  delicato  astuccio  connes¬ 
sivo  delle  glandule  comprende  in  un  solo  alveolo  i  tre  o  quat¬ 
tro  fondi  ciechi  di  ciascun  tubo;  però  non  non  si  può  parlare 
qui  di  veri  pacchetti  glandulari,  come  quelli  descritti  da 
Pilliet  nella  balenottera.  Le  cellule,  piuttosto  piccole  e  ton¬ 
deggianti,  non  presentano  differenziazioni  in  principali  e  ri¬ 
coprenti,  ma  son  tutte  dello  stesso  tipo. 

Le  glandule  del  terzo  e  quarto  stomaco  hanno  una  strut¬ 
tura  poco  diversa  da  quelle  del  secondo,  solo  sono  più  corte 
della  metà.  Anche  in  queste  tre  camere  il  connessivo  sot¬ 
tomucoso  è  sempre  piuttosto  spesso  e  ricco  di  elementi  cel¬ 
lulari,  e  sono  invece  assai  più  gracili  che  nell’adulto  le  tu¬ 
niche  muscolari. 

Genova ,  Lab.  cVanat.  comp.  della  R.  Unio.  1898. 


SPIEGAZIONE  DELLA  TAVOLA 


MPetphiuus  tursio  adulto, 

Fig.  1.  Sezione  trasversale  nella  parete  dell’esofago  (mucosa  e  submucosa). 
X  100.  c.  coni  della  mucosa. 

»  2.  Sezione  trasversale  nella  parete  del  primo  stomaco.  X  100.  ep*  epi¬ 

telio  pluristratificato.  cr.  strato  corneo  distaccato  da  un  lato. 

»  3.  Sezione  normale  alla  parete  gastrica  di  due  papille  del  primo 

stomaco,  a.  sezione  al  centro  della  papilla,  quindi  con  condotto 
visibile,  b.  sezione  laterale  allo  sbocco,  perciò  non  si  vede  il  con¬ 
dotto  X  60. 

»  4,  Sezione  longitudinale  di  una  piega  del  secondo  stomaco,  coi  tubi 

peptici  X  5. 

»  5.  Sezione  trasversale  di  alcuni  tubi,  con  le  cellule  principali  e  rico¬ 

prenti  e  gli  alveoli  connettivi  X  300. 

»  6. 'Sezione  trasversale  nella  parete  del  quarto  stomaco  coi  tubi  mucosi 

contorti  X  50. 

Feto  di  JUetphinus  delphis 

Fig.  7.  Stomaco  di  grandezza  naturale.  I,  II,  IV,  prima,  seconda  e  quarta 
camera,  i.  intestino,  con  rampolla  duodenale. 

»  8.  Sezione  trasversale  nella  regione  inferiore  del  primo  stomaco  con 

la  fascia  diagonale  o  sepimeuto  s.  X  25. 

»  9.  Sezione  trasversale  nella  regione  media  del  primo  stomaco  con  le 

pieghe  longitudinali  X  25. 

»  10.  Sezione  trasversale  nella  regione  superiore  del  primo  stomaco  (I) 
e  mediana  del  secondo  (li)  X  16. 


Genova,  Tip.  Ciminago,  1899. 


Voi.  IX.  Tav.X. 


^ . 


G.  Catta  neo . 


Lit.  Tatc/i inatdx e ferrarì-Pavico. 


INDICE  DEL  VOLUME  IL 
1895-1896. 


28.  G,  Cattaneo,  Delle  varie  teorie  relative  all’or igiixe  della  metameria  ecc. 

29.  C,  Parona,  Elenco  di  alcune  Collembole  dell’Argentina  (1  fìg.). 

30.  M.  Sacciii,  Sulla  struttura  degli  organi  del  veleno  della  Scorpena, 
L  Spine  delle  pinne  impari  (1  tav.), 

31.  C.  Parona  e  A.  Perugia,  Sopra  due  nuove  sp.  di  trematodi  ectoparas¬ 
siti  di  pesci  marini  (2  fìg.}. 

32.  E.  Setti,  Dipylidium  Geroaisi  n.  sp.  e. qualche  considerazione  sui  li¬ 
miti  specifici  nei  cestodi  (1  tav:). 

33.  C.  Parona,  Anormale  accrescimento  degli  incisivi  nei  Conigli  (1  tav.):. 

34.  G.  Cattaneo,  Sulla  condizione  dei  fondi  ciechi  vaginali  della  Didelphiys 
Azdrae  prima  e  dopo  il  parto. 

35.  C.  Parona,  Acari  parassiti  deH’Eferocefalo  (8  fig.)7 

36.  M.  Sacciii,  Sulla  struttura  degli  organi  del  veleno  della  Scorpena, 
[I.  Spine  delle  pinne  pari  (1  tav.). 

37.  A.  Rabattini,  Nota  sugli  Echinorinchi  dei  Cetacei  (1  fìg.). 

38.  V.  Ariola,  Due  nuove  specie  di  Botriocefali  (5  fìg.). 

39.  P.  Cei.esia ,  Intorno  ad  una  coppia  di  gatti  anuri  dell’isola  di  Man 

1  tav.). 

40.  P.  Celesia,  Ricerche  sperimentali  sull’eredità  progressiva. 

41.  A.  Brian,  V Éupfmusia  Mallevi  comparsa  in  quantità  straordinaria  nel 
porto  di  Genova. 

42.  G.  Damiani,  Sul  Maurolicus  amethystino-punctatus ,  ecc. 

43.  C.  Parona,  Una  rettifica  storica  sulla  Filaria  immitis. 

44.  C.  Parona,' Di  alcuni  nematodi  dei  Diplopodi  (1  tav.). 

45.  C.  Parona  e  V.  Ariola,  Bilharzia  Kowalewskii  n.  sp.  nel  Larus  me - 
lanocephalus  (1  fìg.). 

46.  C.  Parona  e  A.  Perugia,  Due  nuove  sp.  di  trematodi  delle  branchie 
del  Brama  Rayi  (4  fìg.). 

47.  V.  Ariola,  Sulla  BotUriotaenia  plicata  e  sul  suo  sviluppo  (2  fìg.). 

48.  G.  Cattaneo,  1  fenomeni  biologici  delle  cellule  ameboidi,  ecc. 

49.  S.  Orlandi,  Di  alcuni  anellidi  del  Mediterraneo  (1  tav.). 

50.  C.  Parona,  Intorno  ad-  alcuni  Distomi  nuovi  o  poco  noti  (7  fìg.). 

51.  G.  Cattaneo,  Le  gobbe  e  le  callosità  dei  cammelli  in  rapporto  alla 
questione  dell’eredità  dei  caratteri  acquisiti. 

52.  V.  Ariola,  Sopra  alcuni  Dibotrii  nuovi  o  poco  noti,  ecc.  (1  tav.). 

53.  G.  Cattaneo.,  I  fattori  dell' evoluzione  biologica  (Sunto  di  discorso 
inaugurale). 

54.  G,  Cattaneo,  In  memoria  di  Raffaello  Zoia  (con  ritratto). 

55. }  C.  Parona, .Notizie  storiche  sopra  i  grandi  Cetacei  nei  mari  italiani  ed 

in  particolare  sulle  quattro  Balenottere  catturate  in  Liguria  nell’au¬ 
tunno  1896. 


INDICE  DEL  VOLUME  III. 

1897-1898. 

56.  C.  Parona  ed  A.  Cuneo,  Cisticercó  intermuscolare  diffuso  in  una  donna. 

57.  E.  Setti,  Nuovi  elminti  dell’Eritrea  (2  tav.). 

58.  C.  Parona,  I  Tricosomi  degli  Ofìdii  (1  tav.j.  - 

59.  E.  Setti,  Nuove  osservazioni  sui  cestodi  parassiti  degli  Iraci. 

60.  G.  Cattaneo,  Per  la  storia  dell’anatomia  comparata. 

61.  A.  Brian,  Catalogo  di  Copepodi  parassiti  dei  pesci  della  Liguria  (4  tav.j. 

62.  S.  Orlandi,  Maldanidi  del  golfo  di  Napoli,  con  osservazioni  sopra  al¬ 
cuni  punti  della  loro  Anatomia  ed  Istologia  (4  tav.j. 

63.  G.  Cattaneo,  Alcune  previsioni  *  scientifiche  di  Alfonso  Borelli. 

64.  C.  Parona,  Elminti  raccolti  da  E.  Modigliani  alle  Isole  Menta wei,  Eri¬ 
gano  e  Sumatra  (1  tav.-).. 

65.  E,  Setti,  Tristomum  Perugiai  n.  sp.  sulle  branchie  del  Tetr&pturns 
belone  Raf.  (1  fig). 

66.  C.  Parona,  La  pesca  marittima  in  Liguria. 

67.  M.  Sacchi,  Su  di  un  caso  d’arresto  dell’  emigrazione  oculare,  con  pig¬ 
mentazione  del  lato  cieco  in  un  Rhombus  maximus  (1  tav. . 

68.  G.  Cattaneo,  Ancora  sullo  stomaco  dei  Delfìni  (1  tav.).