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Full text of "Bollettino"

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MUSEUM OF COMPARATIVE ZOOLOGY. 


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Fasc. I e II. 


. Serie II. - Vol. lf. 


Anno X. - 1901. 


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BOLLETTINO. 


DELLA 


SOCIETA ZOOLOGICA ITALIANA 


CONUSEDE IN ROMA. 


” 


Presidente onorario S. M. il Re VITTORIO EMANUELE III. 


SOMCMIARIO. 


I. PARTE UFFICIALE 
Rendiconti. 


1. Adunanza generale amministra- 
tiva del 31 gennaio 1901. — Procla- 
mazione di nuovi soci. — Relazione 
sommaria del presidente effettivo pro- 
fessove A. Carruccio sulle condizioni 
morali e materiali della Società du- 
rante il 1900. — Votazione e conferma 
del presidente e di-3 consiglieri. — 
Telegramma a Ss. A. R. il Duca de- 
gli Abruzzi, proclamato socio onora- 
0 Te eee e Sai | (4 

2. Adunanza scientifica del 30 mar- 
#0 1901. — Ringraziamenti del pro- 
fessore A. Carrucc:o per la sua confer- 
ma a presidente. — Lettera di con- 
gedo del segretario prof. Mario Con- 
dorelli trasferito a Catania. — Parole 
del presidente in proposito e indirizzo 
proposto dal vice-presidente Conte di 
Carpegna. — Lettera al prof, Giov. Pa- 
ladino per l'invito trasmesso alla So- 
cietà Zoologica Italiana per il conve- 
gno zoologico da tenersi in Napoli, e 
risposta all’istessa lettera. — Tele- 
gramma e lettera di S. A. R. il Duca 
degli Abruzzi che ringrazia la Società. 
— Lettera e telegramma di ringrazia» 
mento del comm. Rostagno e del pro- 
fessore M. Condorelli. — Comunicazioni 
scientifiche. — Nomina a consigliere 
del dott. Giuseppe Romero . TTI 

3. Adunanza solenne del 22 mag- 
gio 1901 perla proclamazione di S. M. 
il Re VITTORIO EMANUELE HI a Presi- 


dente onorario della Società Zoologica . 


Italiana. — Lettera di S. E. il Mini- 
stro della R. Casa. — Breve discorso 
del presidente effettivo prof. A. Car- 
ruccio. — Lettera del comm. dott. Gio- 
vanni Quirico medico di S. M. il Re 
nella quale sì annuncia la trasmissione 
di un dono di animali polari pel Mu- 
seo Zoologico della R. Università di 
Roma. — Lettera di S. E. il Ministro 
Nasi che accompagna la trasmissione 
dì L. 100 per una medaglia d’onore in 
oro per un lavoro faunistico, e condi- 
zioni pel conferimento del premio. — 


2-5 


Altra lettera di S. E. il Ministro della 
Pubblica Istruzione che ringrazia pel 
dono dei 9 volumi del Bollettino So- 
ciale e loda i risultati ottenuti. — Te- 
legramma dell’istesso Ministro in oc- 
casione della proclamazione a Presi- 
dente onorario ai S. M. il Re. — Pro- 
posta del vicepresidente Conte di Car- 
pegna. — Comunicazioni del presidente 


e proclamazione di nuovi soci. — Vi- 
sita al Museo Zoologico della R. Uni- 
vergità-. ;- i > Pa PE 


II. MEMORIE ORIGINALI E COMUNI- 
CAZIONI SCIENTIFICHE. 

1. Angelini prof. Giovanni. Descrizione 
di una nuova specie di Fringillide em- 
berizino « Paroaria Humberti » mihi, 
conservata nel Museo Zoologico della 
R. Universita di Roma ...... . . + 

2. Rostagno comm. Fortunato. Classi- 
ficazione” descrittiva dei Lepidotteri 
italiani (Tribù dei Cossidi, Cocliopodi, 
Psichidi, Lipariai, Bombicidi, ecc.) 
e Sezione delle Nottue colle relative 
I ST ed DEE, 

3. Neviani prof. Antonio. Nuovi ge- 
neri e sottogeneri di Radiolari e Briozoi 
Mi alan i nia 

4. Bonomi prof. Agostino. Del Tasso 
(Meles taxus) nel Trentino . ». . » 

5. Da viani professore Giacomo. Note 
ornitologiche dell'Isola dell’ Elba 
VER arene a» 

6. Curreri prof. Giuseppe. Osservazioni 
sulla struttura dell’ ectoderma dei 
Ctenofori (con tav. di fig.). . . . » 

7. Idem. idem. Sulla respirazione di 
alcuni insetti acquaioli . . . . . » 


JII. NOTE BIBLIOGRAFICHE 


1. Su lavori poco noti concernenti lo 
studio di alcuni Briozoari del Bertoloni 
e Brocchi (prof. Antonio Neviani). . » 

2. Oscar Neumann. Die Genise der 
Abruzzen — Rupàtapra ornata — 
(cpm. UgocWema]c. 2 . < x 


- IV. NOTIZIE. 


. Udienza concessa da SS. M. il Re al 


Consiglio Direttivo della Società Zoo- 
ROGUE: DECORATO > n 0 


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17-49 


a Lee TESO UT, Sere PRO I 
Conto corrente colla Posta - Pubblicazione bimensile. 


AVVISI IMPORTANTI, 


A tutti i nuovi Soci ed Abbonati, i quali ne faranno domanda accom- 
pagnata dall'importo anticipato, verranno spediti, franco di posta, i nove 
volumi pubblicati dal 1892 al 1900 al prezzo di favore di lire set- 
tantadue, in luogo di La 108. i 


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Il Bollettino della Società (Vol. X e_seg.ti ) pubblicherà estese recensioni di tutte 
quelle opere delle quali perveranno in omaggio due copie alla Direzione. 


Si faranno annunzi speciali gratuiti di tutte quelle pubblicazioni che verranno 
spedite in omaggio dai Sig. Autori o Librai-Editori. 


A coloro i quali poi desiderassero annunzi sulla copertina di Pubblicazioni, Colle- 
zioni, o di quanto altro ha attinenza con la Zoologia, saranno fatti prezzi e condizioni : 
di favore. Fascicoli di saggio del Bollettino verranno spediti gratis dietro richiesta. 


La 


Fasc. | e Il. Serie Il -.Vol. Il. Anno X - 1901. 


BOLLETTINO 


DELLA SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA 


SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA 


CONSE DE:\IIN ROMA 


3 RENDICONTI. 


Adunanza generale amministrativa del 31 gennaio 1901. 


Presidenza Prof. A. CARRUCCIO. 


Alle ore 4 pom. nell’aula zoologica della R. Università il 
presidente dichiara aperta la seduta, e proclama a nuovi soci la 
È, | dottoressa Losito Carmela e ii sig. rag. Vittorio Zambra. Riferendo 
«poi sommariamente sulle condizioni morali e materiali della So- 

cietà, dice di constatare con soddisfazione un reale progresso non 
solo per il numero e l’importanza delle comunicazioni scientifiche, 
che furono fatte e quasi tutte pubblicate nel Bollettino sociale, 
| ma anche per l’aumento dei soci e per il continuo arrivo di nuovi 
i doni e cambi italiani e stranieri; i quali sono una prova evidente 
della fiducia che gode il nostro sodalizio scientifico fra le di- 
«verse Accademie e Società scientifiche, e presso molti fra i 
dotti naturalisti. Passa poi in rapida rassegna le 200 circa memorie 
3 comunicate, e le pubblicazioni fatte durante il novennio della 
$ “normale esistenza del nostro sodalizio. Dopo ciò si trattiene sulle 
condizioni economiche della Società che gradatamente si resero 
| più floride, e lascia la parola all’economo-cassiere, il quale 
| presenta i bilanci che vengono approvati ad unanimità. 
Quindi propone all’assemblea la nomina di S. A. R. il Duca 
Ta degli Abruzzi a socio onorario, nomina che era già stata proposta 
E e votata ad unanimità dal Consiglio direttivo. L'assemblea ap- 
A | prova per acclamazione la stessa proposta. - Il comm. Rostagno 
in vista dell’importanza speciale che quest'anno presenta il 
o, Bollettino della Società Zoologica Italiana 1 


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4 RENDICONTI > a A 


Il presidente prof. Carruccio partecipa che l'illustre collega 
di Napoli, in data del 23 marzo gli ha gentilmente risposto nei 
seguenti termini: 


Ill,mo Presidente, 


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« Grazie infinite per la gradita comunicazione, e colla fi- 
ducia di stringere la mano a molti di Voi nel prossimo Convegno, 
Vi prego di gradire i saluti più distinti di tutto il Comitato, e 
da parte mia una cordiale stretta di mano. ut; 

Dev.mo collega 
G. PALADINO ». 


Il presidente fa inoltre dar lettura del seguente telegramma 
da Torino, in data del 1° febbraio 1901: È 


Prof. ANTONIO CARRUCCIO 
Presidente Società Zoologica Italiana - Università Roma 


« Sono lieto partecipare V. S. Ill.ma e Società Zoologica che 
S. A. R. il Duca degli Abruzzi gradì devoti omaggi, e ricono- 
scente accettò onorifica nomina. 


D’ordine - L'ufficiale d'ordinanza Ducci ». 


Vien pure letta una lettera in data del 13 febbraio dell’ istesso 
ufficiale, nella quale dice di essere incaricato di esternare sen- 


4 NOE 


titi ringraziamenti al presidente ed ai signori componenti il Con- A 
siglio Direttivo della Società Zoologica Italiana per il diploma |. 
di Socio Onorario e pei volumi del Bollettino pubblicati dalla. È 
Società, e trasmessi a S. A. R. il Duca. NA 


L’istesso presidente comunica una gentilissima lettera del 5 
comm. Fortunato Rostagno che vivamente ringrazia la Società w si 
per la sua elezione a consigliere. le. 

Leggesi inoltre un telegramma del prof. Condorelli, diretto 
al presidente della Società e colleghi: 


« Ringrazio cordiali augurii che restituisco centuplicati. 
Affettuosi saluti. 
CONDORELLI >». 


E finalmente il presidente fa conoscere il cortese invito ri- Si 
cevuto da Berlino onde la Società Zoologica Italiana prenda 
parte al Congresso Internazionale di Zoologia, che avrà luogo 


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RENDICONTI 


nella predetta capitale dal 12 al 16 agosto 1901. La Società gra- 
tissima lascia al Consiglio Direttivo di provvedere alla nomina 
li chi la rappresenti. 

Si passa quindi allo svolgimento delle seguenti comunica- 
zioni scientifiche : 

1. Carruccio prof. A. Presentazione ed illustrazione di al- 
cune importanti specie di Mammiferi asiatici testè aggiunti alla 
Collezione generale dèl Museo. 

2. Angelini prof. G. Sopra una nuova specie di Paroaria. 

5. Neviani prof. A. Nuovi generi e sottogeneri di Radiolari 
e Briozoi fossili. 

4, Alessandrinid ott. G. Contribuzione allo studio dei parassiti 
intestinali in alcuni carnivori di Castel Porziano inviati in dono 
da S. M. il Re. 

5. Bonomi prof. Agostino. Sulla cattura del Tasso nel Trentino. 

Si procede quindi alla votazione di un consigliere da sosti- 
tuire il prof. Condorelli trasferito a Catania, e quindi dimissio- 
nario, e viene eletto il dottor Giuseppe Romero. 

La seduta è tolta alle ore 6 1[2 pom. 


IL ff. di Segretario 
Dott. GIULIO ALESSANDRINI. 


Adunanza generale del 22 maggio 1901 


PROCLAMAZIONE DI S. M. IL RE VITTORIO EMANUELE III 


A 


PRESIDENTE ONORARIO 
della SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA 


Con Sede in Roma 
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Vien dapprima data lettura della seguente lettera di 
S. Ecc. il Ministro della Casa Reale: 


MINISTERO DELLA R. CASA 


DIVISIONE SECONDA x 
N. d’ordine 5275 Roma, 15 maggio 1901. 


OGGETTO 
SOCIETA” ZOOLOGICA ITALIANA - Roma 


Accettazione di Reale 
Presidenza Onoraria 


Ho avuto l’ onore di rassegnare a Sua Maestà il Re 
il voto che Vossignoria Ill.Ìma esprimeva a nome di cotesta 
Società Zoologica, la quale deliberava testè di offrire alla 
Maestà Sua la Presidenza Onoraria. 

L’ Augusto Sovrano ha rilevato con molto. compiaci- 
mento il rapido sviluppo e la distinta importanza che codesta 
Società ha conseguito, attivamente svolgendo la propria. 


opera per l'incremento e il progresso della scienza zoolo- 


gica, e di buon grado ha quindi consentito ad accoglierla. 
sotto la sua Presidenza d’Onore in segno dell’alto Suo inte- 


ressamento verso gli elevati studî che coltiva con tanto suc- 


cesso, e decoro della coltura nazionale. 

L’Augusto Sovrano vuole altresì che io ringrazi viva- 
mente la Signoria Vostra Illma e tutti gli onorevoli di Lei 
colleghi, per la testimonianza di devozione che col bene 
accetto loro voto hanno voluto dare verso l’Augusta Dinastia; 


e io onorandomi di farmi così interprete dei benigni e grati a 


sensi Reali, della propizia occasione mi valgo per confer- 
marle, Ill.mo Signor Presidente, gli-atti della mia più distinta 
osservanza. 
Il Ministro 
E. PONZIO VAGLIA. 
All’Il.mo Signore 
Prof. ANTONIO CARRUCCIO 
Presidente della Società Zoologica Italiana 
ROMA. 


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PROCLAMAZIONE ") 


BiWE-V:E: DISCORSO 
tenuto nella Regia Università di Roma 
dal Presidente effettivo prof. ANTONIO CARRUCCIO 


Gentili Signore e Signori, 


Comunicata la lettera sommamente benevola di S. E. il 
Ministro della Casa Reale, e adempiuta la lieta e fortunata 
missione di proclamare l’amato Sovrano Presidente ono- 
rario del nostro scientifico sodalizio, è troppo evidente che 
il plauso grandissimo ed unanime con cui avete accolto tale 
proclamazione, ha per sè tanta eloquenza da rendere timide, 
e forse superflue le mie parole. 

Però è per ragion di dovere che il presidente della 
Società Zoologica Italiana può e anzi deve in quest'ora 
considerarsi il vostro fedele interprete. Ed è col concorso 
dei distinti colleghi del Consiglio Direttivo che parteciperò 
a S. M. il Re l’attestazione sincera della profonda gratitu- 
dine e della rispettosa simpatia -di quanti gentilmente con- 


| ‘vennero stasera in codesta Scuola; nella quale, per quanto 


modesta essa sia, conserverassi caro e indelebile il ricordo 
di questo giorno. E ciò tanto più avverrà in quanto che in 
essa fu sempre, e da più anni, data ospitalità larga e disin- 


 teressata a non pochi Consoci, egregi cultori della più vasta 


fra le scienze naturali, qual’ è la zoologica, tenuta, al pari 
di altre, in gran pregio dal nostro Sovrano. 
Come dissi, manifesteremo senza indugio la nostra gra- 


. titudine e simpatia; le quali vie maggiormente sono do- 
| vute a Chi, giurando il di 11 agosto 1900 davanti al Par- 
lamento Nazionale, a fronte alta affermò che mirava alle 


più grandi idealità, e intendeva consacrarsi al suo Paese 


| con tutta l’effusione ed il vigore di cui si sentiva e sente 
| capace, con tutte le forze che gli dànno gli esempî e le 
| tradizioni della Sua benemerita Casa. 


da) * PROCLAMAZIONE 


Rammentando quasi integralmente questi nobilissimi in- 
tendimenti, cui in breve tempo corrisposero fatti non meno 
nobili e saviamente benefici, mi sia permesso aggiungere 
che insieme all’onore insigne reso da S. M.il Re alla nostra 
Società, — che trae la sua diretta origine dalla Società 
Romana per gli Studi Zoologici, — Egli le ha dato la più alta, 
la più gradita prova d’incoraggiamento per poter proseguire 
nell’ardua via, che in parte abbiamo percorso. E penso che 
ognuno dei molti Consoci presenti, e di quelli assenti per . 
causa di ufficio o di lontananza da Roma, abbia già nella. 
sua mente ponderato quanto più gravi diventino gli obblighi 
di tutti noi. 

Ma la Società Zoologica ch’ebbe vita onorata, e vuole | 
averla in questa gran madre Roma, serbando colla sua 
autonomia i più onesti ideali, mantenne le sue promesse. 
E wxalga il vero, nel novennio 1892-1900 la produzione 
scientifica della Società fu assai notevole per copia e varietà, 
perchè comprende circa 200 lavori, fra memorie, comunica- 
zioni e note anatomo-zoologiche su parti diverse della bio- 
logia animale: e questi lavori, senza soliecitare alcuno, ci 
pervennero da non poche regioni d’Italia. Il nucleo poi dei. 
Soci che rettamente sentono i proprî doveri si è fatto già 
così forte da accrescere la legittima speranza di poter an- —— 
nualmente raccogliere nuovi e migliori frutti nel fecondo | ce 
campo di lavoro aperto a tutti i benevolenti, più che mai . 
convinti non solo dell'opportunità, ma del sacrosanto diritto 
di mantenere in Roma, dove per la prima è sorta in Italia, — 
la sede sociale. È 

Non si raggiunge facilmente nè d’un tratto la meta 
spiegando le ali a voli troppo arditi. Voi ben sapete che sE w 
nostra Società fin dal 1° gennaio 1892 manifestò la sua*vita > 
attiva, e modestamente ma con fermezza seppe proseguire, — > 
Essa non ebbe pretensioni, quella eccettuata di aver fatto 
il meglio che poteva in mezzo a difficoltà molteplici an 
che in questo centro importantissimo, ma soventi malagevole, — 
qual’è la Capitale del Regno; nella quale gli studi zoo- — 
logici avevano ed hanno ancor bisogno positivo di un. 
perseverante impulso, e di mezzi non cotanto mescì ini, 


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PROCLAMAZIONE 3) 


come altre volte sostenni a voce e colla stampa. No, non 
avrei potuto mettere insieme ed ordinare diverse ricche col- 
lezioni, per le quali il materiale scientifico si è in pochi 
anni più che centuplicato, se — senza mai chiedere alla cassa 
dello Stato alcun sacrificio — non avessi ottenuto numerose 
offerte da generosi e benemeriti donatori. Ed io spero, con- 
fido anzi che l’attuale solertissimo Ministro della P.I. prov- 


vederà con savia sollecitudine ai mezzi necessari per la co- 


struzione di nuovi scaffali entro cui custodire i moltissimi 
doni dei nostri Sovrani. Non mi fermo sui desiderati prov- 
vedimenti intorno ai locali, provvedimenti che ben so come 
stiano grandemente a cuore al nostro illustre Rettore, la 
cui opera indefessa pel miglioramento delle nostre scuole 
non vha chi non apprezzi. Ed or lo ringrazio se coll’esimio 
Preside della facoltà di scienze volle associarsi a questa 
solennità. . i 

Pei locali dell’Istituto Zoologico basti dire che per quanto 
quasi intieramente li abbia fatti restaurare, sono rimasti ad- 
dirittura angusti, mentre continuano gli straordinari e pre- 
gevolissimi incrementi del materiale di studio, che dev'es- 
sere diligentemente conservato. Delle collezioni faunistiche 
generali e locali era d’uopo fosse fatto in questa gradita 
occasione, almeno un rapido cenno, perchè sono certo che 
al pari di:îme sentite il dolce vincolo della riconoscenza 
verso l’indimenticabile e sempre compianto Re Umberto ; il 
quale donò nel novembre del 1898 una splendida raccolta 
di oltre 160 Vertebrati della grande Isola di Borneo, e spe- 


cialmente della regione denominata Sarawak; oltre la bellis- 
| sima collezione di parecchie centinaia di Lepidotteri americani, 


anni prima donata dalla Regina Margherita. E dir dovrei d’una 
altra copiosa raccolta di specie indiane, tutte sceltissime, non 


| poche rare, donate dal senatore Duca Caetani di Sermoneta 
Mo nel breve tempo che fu ministro degli Esteri nel 1891; come 
pr. di nuovo vorrei manifestare la mia gratitudine per la gran- 
| diosa collezione formata a bordo della R. nave Caracciolo 


che il valoroso comandante Carlo De Amezaga portò in Roma 


BE: e donò alla nostra Università; e delle moltissime specie, per 
È: gentile premura dell’illustre collega prof. Dalla Vedova, a 


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10 PROCLAMAZIONE 


me trasmesse dalla Società Geografica Italiana. Di altre 


non poche e pregevoli raccolte avute da ufficiali della R. Ma- 


rina, reduci dall’Asia, dall'Africa, ecc.; e di quelle della Provin- 
cia Romana offertemi in dono dai marchesi dott. Patrizi e 
Lepri, dal conte Guido Falconieri di Carpegna'e da altri 
egregi amici, mi rincresce che debba tacere. 


Ed in questi stessi giorni — e precisamente in data del 


6 corrente maggio, — accompagnati da lettera dell’egregio 
comm. dott. Giov. Quirico, direttore del servizio sanitario 


della Real Casa (1), mi pervennero importanti e scelti Uccelli | 
palmipedi e trampolieri, tutti benissimo imbalsamati dalla 


Principessa Elena, l’attuale Regina, oltre uno splendido esem- 


plare di Surnia nyctea, rapace delle dimensioni di un gran 


Gufo, pur noto col nome di Harfarg, caratteristico delle 
regioni polari; e in pari tempo ricevetti quattro Mammiferi 
pinnipedi, donati al pari degli Uccelli dal Re. Vittorio Ema- 
nuele III e dalla Regina Elena, che li catturarono nell’estate 
del 1898, quando cioè da Principi di Napoli fecero sulla 


loro nave l’ Yela, un arditissimo e ben riuscito viaggio lungo 


le coste della Norvegia e dello Spitzberghe. Di questo viag- 
glo persona egregia e franca, ch'era in grado di tutto os- 


servare e conoscere, perchè funzionò da nostromo della Vela, 
scrisse che, fu « ideato e preparato personalmente, in ogni 


particolare, da S. A. R. il Principe di Napoli, con quella 


accuratezza che gli è caratteristica, ed eseguito sotto la 
immediata e saggia direzione di Lui. » Ed è dallo scritto — 


del valoroso nostromo che apprendo come la parte setten- 
trionale della Sassen Bay e della King Bay, e tutta la costa 


orientale dello Spitzberghe sullo Stor }jord, siano notevoli — 
per speciale abbondanza di Foche. Or bene nella fam. Pho- 


cidae, una delle tre famiglie annoverate nell'ordine dei Pinni- |. 
pedi, il nostro Museo mancava affatto di rappresentanti dei 
generi Erignathus e Halichoerus; ed ora possiamo con vivo | 


interesse osservare il magnifico e assai grosso esemplare di 


E. barbatus, coraggiosamente ucciso, come già feci noto, | 


dall’in allora Principessa Elena, ed uno non meno bello 


(4) La lettera è riportata a pag. 12. a 


RR IRE PEA, 


PROCLAMAZIONE Il 


1 
| esemplare di H. griphus, ucciso dal già Principe di Napoli, 
come pure uccise gli altri due esemplari della vera Phoca 
vitulina L., tutti ottimamente conservati. 
Nè potrei avere occasione più favorevole dell’odierna 
per far noto, con animo molto grato, che dall’istesso Re 
È Vittorio Emanuele ricevo quasi giornalmente notevoli specie 
ornitologiche di Castelporziano, colle quali mi è dato arric- 
chire sempre più la nuova e copiosa collezione dell’ Avifauna 
Romana, che tutti ben conoscete: e se no, di buon grado 
in questi giorni v’invito a visitarla. E così potrete pure os- 
È servare le tre Reali collezioni di Vertebrati esotici, prov- 
È visoriamente disposte nella maggior sala del Museo. 
È , o a » 
È Per l’efficace e generoso aiuto che ci vien dato dal 
| coltissimo giovane Sovrano, nostro Presidente d’onore, noi 
| sentiamo più intensamente il desiderio di renderci degni del- 
. l’alto Suo patrocinio. E se voi cortesemente mel consentite, 
vi dirò che mi piacerebbe consideraste il.nostro Re, quasi 
un buon Genio tutelare, grazie al quale stiamo per compiere 
 fruttuosamente il primo decennio della nostra esistenza sociale, 
per presto cominciare il secondo. Ma in pari tempo piacciavi 
con me di ripetere che tutti vorremmo trascorressero nu- 
merosi e sereni i decenni per le preziose esistenze del Re 
Vittorio Emanuele III, dell’Augusta sua Consorte Elena, 
 dell’amatissima loro Madre, la Regina Margherita, chè 
| quanto dire delle due più fulgide gemme dell’una e dell’altra 


| Reggia. 
SA Noi che con pari lealtà amiamo i Sovrani, la Patria e 
A Scienza, oggi — nell’Ateneo Romano — rinnoviamo di 


| gran cuore questi voti ed augurii. 


È. La lettura di queste parole è accolta dall’intera assem- 
 blea da vivissimi e prolungati applausi, e da grida: Viva il Re! 


12 LETTERE 


Ecco la cortese lettera del Medico di S. M. il Re, nella. i 
quale si contengono alcune interessanti notizie : 9 


\ 


N. 206 Roma, 6 maggio 1901, - 


OGGETTO 
Invio di Dono Reale 


« Compio il gradito incarico ricevuto da S. M. il Re di d 
trasmettere a codesto Museo Zoologico i qui sotto notati | 
esemplari di animali uccisi nelle caccie del giugno 1898. 
dalle LL. AA. RR. il Principe e la Principessa di Napoli in 
Sassen Bay (Spitzbergen). - (E qui segue ia nota dei 20 esem- È 
plari che non riportiamo perchè già citati nel discorso, e | 
perchè le specie saranno presto illustrate con tutti i parti- _ 
colari morfologici). 3 

« Di questi animali la più grossa Foca fu uccisa da | 
S. A. R. la Principessa di Napoli il 29 giugno 1898; le altre 
Foche furono uccise da S. A. R. il Principe di Napoli il 270 
ed il 30 giugno 1898. 

« Degli Uccelli poi, una parte fu uccisa da S. A. R. i 
Principe e l’altra da S. A. R. la Principessa. ” 

« Ciò che aumenta poi il valore di questo dono dei Ri 
stri amati Sovrani si è che tutti gli Uccelli furono imbalsa- | 
mati da S. A. R. la Principessa di Napoli. 

« Alla nota riportata va aggiunto il bell’esemplare. di 
Nyctea stata regalata a Tromsee alle LL. AA. RR. ta 

« Colgo la gradita occasione per porgerle, Signor Pro-. 
fessore, gli atti della mia perfetta osservanza. 1 


Il Medico di S. mM 
Dottor G. urico. x 


Sig. Prof.re C.re A. CARRUCCIO 
Direttore dell’Istituto Zoologico della R. Università 
ROMA. 


LETTERE _ 13 


‘| Per una medaglia d’onore in oro: 


9 REGNO D’ITALIA Roma, addì 10 aprile 1901 


MinisTERO DELLA ISTRUZIONE PUBBLICA 


Gabinetto 


| re: du Raccomandata. 
È: OcceTTo L. 100 


« Un appassionato e generoso Zoofilo che vuol serbare 
l’anonimo mi ha incaricato di destinare a codesta spettabile 
. Società Zoologica Italiana la somma di lire cento, coll’in- 
. tento: 

i =» 1° — Che entro il periodo di un anno o di un anno 
e mezzo al più.tardi, venga conferita una medaglia d’oro 
all’autore di un lavoro illustrativo da pubblicarsi nel Bol- 
lettino Sociale, preferibilmente sugli « Uccelli della Provincia 
Romana » nel quale lavoro, oltre la esattezza delle deno- 
| minazioni scientifiche, debbano trovarsi nel maggior numero 
| possibile i nomi volgari con cui nella stessa provincia sono 
denominate le specie più importanti e più note; quelle 
‘considerate utili e nocive, quelle più rare, quelle altre che 
«si credono in via di diminuzione, con accenno alle cause 
della medesima, e quante altre indicazioni più opportune 
| l’autore potrà dare. 
; _2° — Agli studiosi ornitologi o intelligenti caccia- 
tori, appartenenti oppure no alla Società Zoologica, Italiana, 
i verrà permesso di valersi per gli studi, e sotto determinate 
“norme, della importante collezione fondata dall’attuale Di- 
rettore del R. Museo Zoologico Universitario, quando se ne 
faccia domanda allo stesso Direttore. 
«+» 3° — Il conferimento della medaglia, sarà fatto in 
3 ‘adunanza generale dietro proposta di una commissione com- 
| posta di cinque membri. Di questi, due dovranno essere 
membri di diritto, cioè il Presidente della Società ed. il 
Vice Presidente conte Falconieri di Carpegna per la sua 


po 


15 - LETTERE 


speciale competenza in materia, e altri tre saranno scelti a 3 


maggioranza di voti dal Consiglio Direttivo, sieno essi residenti | A 
o no in Roma, tra i più competenti nellaO rnitologia teorico- | ls 
pratica, anche se non facciano parte della Società Zoologica. 
4° — La somma offerta sarà nel frattempo, per cura 

del Consiglio Direttivo, messa in deposito nelle R. Casse 
postali di risparmio, od in quella pure di risparmio di Roma, — 
od altrove come stimerà più vantaggioso il Consiglio. Cogli — 
interessi, se possibile, sarà pagata la spesa della medaglia. t- 
5° — Il Consiglio potrà stabilire tutte quelle altre moda- na 

lità che crederà utili, purchè non ledano alcuna delle quattro — 
precedenti condizioni espressamente chieste dall’offerente.. De 
Adempio volentieri all'incarico che mi sì affida lieto — 
anzi di cooperare all'incremento degli studi faunistici, e qui. Si 
acclusa Le invio la detta somma in due biglietti della Banca. xi 
d’Italia di Lire cinquanta ciascuno. 


sii 


Il Ministro 
N. NASI. 
All INl.:mo Sig. Presidente 
DELLA SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA 
ROMA. 


Nell’istessa adunanza generale del 22 maggio 1901 il 
presidente fa conoscere ai numerosi presenti altra lettera di 
Sua Ecc. il Ministro della Pubblica Istruzione ed un tele Si 
gramma, che riportiamo nella loro integrità : i 


MINISTERO DELL’ISTRUZIONE Roma, 30 aprile 19 04. i 
n) 


Il Ministro SR 


—— 


Illustre Professore, 


Mi sono giunti assai graditi i volumi, da Lei inviatimi 
in omaggio, contenenti il Bollettino della Società Romana ] Der 
gli Studi Zoologici, da Lei così degnamente presieduta, — 


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LETTERE | 


1 Insieme ai miei ringraziamenti, Le mando il più caldo 

1 augurio pel prospero avvenire della benemerita Società, che 
già ha dati finora così belli risultati. 

Distinti saluti, con particolare stima 


e * 


| Dev.mo N. NASI. 


AU’ill. Prof. ANTONIO CARRUCCIO 
| Presidente della Società Italiana per gli studi Zoologici 
| ROMA. —* 


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Telegramma: 
22 maggio 1901. 
(Urgenza) 


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È: Prof. Carruccio, Università. Roma. 


Occupazioni parlamentari m’ impediscono di assistere 
odierna adunanza codesta Società Zoologica nella quale sarà 
proclamato Presidente Onorario S. M. il Re, voglia conside- 
 rarmi presente ed accogliere augurî di sempre maggiore 
| prosperità per Sodalizio che stà sotto sì alto patrocinio. 


3 3 Il Ministro : NASI. 


A Si sarebbe dovuto passare quindi allo svolgimento delle 
© — comunicazioni scientifiche, ma il vice-presidente conte Guido 
 Falconieri di Carpegna propone che, data l'odierna solen- 
| nità, sospenda la seduta e vengano considerate come lette. 
. Quindi rivolge un caldo ringraziamento al presidente, pro- 
È | fessor Carruccio, e direttore del Museo di Zoologia, che ha 
| sempre ospitato con squisita gentilezza società e soci, met- 
tendo loro a disposizione tutto il materiale di studio che è 
| stato raccolto o donato in questi ultimi anni, e che fa parte 


. delle ricche collezioni del Museo da lui intieramente riordinato. 


16 LETTERE ‘ 

La proposta del conte di Carpegna fu accettata ad 
unanimità e si ritennero come fatte le comunicazioni se- 
guenti che erano all’ordine del giorno. 

Il presidente fa cenno degl’importanti omaggi di pub- 
blicazioni fatti alla Società recentissimamente, e pervenuti 
da Berlino, Parigi, da diverse città degli Stati-Uniti, ecc., e 
proclama a nuovi Soc? ordinari. il dott. cav. Barucchello 
Leopoldo, libero docente nella R. Scuola Sup. di Medic. Veter. 


in Torino, e capitano med. vet, della Legione dei RR. Ca-_ 


rabinieri in Roma, e del cav. Pacini Torquato, direttore capo 
divisione nella R. Corte dei Conti; ed.a Soc? straordinari: 
il sig. Venditori Domenico, studente in Scienze naturali ed il 
dott. Ugo Wram, assistente nell’ Istituto SIRERGER di 
questa R. CREATO 


Sciolta la seduta gli intervenuti si recarono a visitare 
il Museo di Zoologia ove furono molto ammirate tutte le 


collezioni, ed in modo speciale quella ultima offerta dal So- 
vrano e composta di uccelli e foche dello Spitzberg, e la 
collezione della Provincia di Roma. 


Il Consigliere-Segretario 
Dott. G. ROMERO. 


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ISTITUTO ZOOLOGICO DELLA REGIA UNIVERSITÀ DI ROMA 
diretto dal prof. Antonio CARRUCCIO 


DESCRIZIONE DI UNA NUOVA SPECIE DI “ PAROARIA,, 


(Fringillide emberizino) 


Comunicazione fatta dal socio prof. GIOVANNI ANGELINI 
alla Società Zoologica Italiana 


PAROARIA HUMBERTI mihi. 


« Species PAROARIAE LARVATAE (Bopp.) simili8, cervice 


tamen, dorso, uropygio, supercaudalibus migris; iliis nigri- 


cantibus; coccineo colore capitis atque juguli vix pallidiore, 
fere subflavescente; lanceolatis gulae gutturisque plumis non- 
nihil ulterius decurrentibus; rostro paululum validiore ». 

Colorito generale delle parti superiori nero morato lu- 
Gido, colle piume occipitali a base bianca; cuopritrici delle 
ali, ala spuria e remiganti nere; alcune delle secondarie 
esternamente marginate ed apicate di bianco: timoniere 
nere, le più esterne orlate all’apice di grigio cenerino: pileo 
appena crestuto, rosso cremisi, tendente un poco al giallo- 
gnolo; dello stesso colore sono le redini, la regione perio- 
culare, la auricolare, le gote, la gola e la parte superiore 
del gozzo, dove le piume diventano lanceolate ed acuminate: 
un piccolo orlo nero margina parzialmente il rosso della 
regione auricolare : lati del collo e parti inferiori bianche; 


fianchi nerastri, con margine inferiore digradante verso il 


bianco dell'addome: pennuzze delle tibie bianche colla base 
nera: sottocoda, piume ascellari e subalari bianche, queste 
ultime con basi nere verso la punta dell’ala, dove formano 
una macchia scura: remiganti inferiormente nero-cenero- 
gnole. Becco assai robusto, colla mascella superiore color 
di corno e la inferiore giallognola: piedi grigiastri: 
Dimensioni: lungh. tot. 0" 175; culmine 0” 015; ala 


_0® 089; coda 0° 076; tarso 0” 021. 


Bollettino della Società Zoologica Italiana po 


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18 GIOVANNI ANGELINI 


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Nella revisione ed ordinamento della Collezione ornito- - 
logica generale del R. Museo universitario di Roma, affida- 
tomi dal chiar.mo suo direttore prof. A. Carruccio, ed intra- — 
preso già da qualche anno in unione al mio amico conte 
Falconieri di Carpegna, trovai una Paroaria, che sospettai 
nuova, non trovandola descritta dallo Sharpe nel vol. XII 
del Catalogue of the Birds in the British Museum, della quale 
opera principalmente mi valgo nel suddetto lavoro. 

Per accertarmene, inviai l'esemplare in comunicazione 
al Nestore degli ornitologi italiani, il conte Salvadori, il 
quale gentilmente mi rispondeva di crederla anch’egli specie 
non ancora descritta, e di averla, per maggior sicurezza, — 
inviata a Berlino in esame al conte Von Berlepsch, pro- x 
fondo conoscitore di uccelli americani. Più tardi me la rin- 
viava. scrivendomi che « anche il Berlepsch crede che si 
tratti di una specie nuova: un solo dubbio vi può essere, 
cioè che, trattandosi di un uccello vissuto in schiavitù, la (| 
colorazione nera sia dovuta alla qualità del nutrimento; 
tuttavia Za cosa non è probabile, e quindi anch'egli crede 
che si possa descrivere come specie nuova ». Infatti il nero 
è un bel corvino lucido, uniforme sulle parti superiori, di- 
gradante regolarmente sui fianchi, e con disposizione per- 
fettamente simmetrica, e senza che di nero apparisca affatto 
| traccia sulle parti inferiori. A 

Pare quindi che, dopo il giudizio di due ornitologi così | | 
autorevoli, non si possa aver più dubbio sulla validità di 5; 
questa nuova specie. Tuttavia, per scrupolo, mi sono anche E 
domandato se potesse trattarsi di un caso di ibridismo, per 
esempio della P. larvata (8ov».) con una delle specie a dorso 
nero (P. capitata (v’ore.et Larr.) P. gularis (L.), P. cervi- — 
calis (sc... P. migrigenis (Larr.)) ma la cosa non mi pare — 
verosimile, non possedendo il nostro esemplare, tranne il 
nero delle parti superiori, alcun altro tratto caratteristico 
delle altre specie a parti superiori nere. È, 

Come ho accennato nella suesposta diagnosi, e come 
anche il Salvadori rilevava, il colorito nero (anzichè grigio) È 
delle parti superiori e dei fianchi, il rosso della testa e del 
davanti del collo più chiaro e più giallognolo, le pra lan pat 


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DESCRIZIONE DI UNA NUOVA SPECIE DI « PAROARIA » 19 


ceolate della gola e del gozzo più estese in basso, e il becco 
alquanto più grosso sono le differenze specifiche, per cui il 
nostro esemplare si distingue dalla affine P. larvata (Born. 
a cui nel rimanente somiglia. 

Assecondando il desiderio espressomi dal sullodato di- 
rettore prof. Carruccio, denomino la presente specie Paroaria 


R' Humberti sun, intitolandola alla memoria del compianto 


secondo Re d’Italia, il quale con generoso dono sì rese be- 
nemerito del nostro Museo. 

Il gen. Paroaria appartiene ai Fringillidi emberizini, ed 
è della Regione Neotropicale: per quanto io sappia, se ne 
conoscevano finora sei specie, e cioè: P. cucullata (Lara), 
P. larvata (Bonn), P. capitata (D’orz. et Larr.), P. gularis (L.), 
P. cervicalis (scr.), P. nigrigenis (Larr.), di cui le due prime e 
la quarta sono pure possedute dal Museo Romano. 

La nostra /. Humberti pare facesse parte delle scarse 
collezioni dell’antico Museo Pontificio, e disgraziatamente non 
ne è dato con precisione il luogo di cattura, essendovi sol- 
tanto l'indicazione: « America meridionale ». 


Roma, Maggio 1901. 


G. ANGELINI. 


ISTITUTO ZOOLOGICO DELLA REGIA UNIVERSITA DI ROMA 
diretto dal prof. ANTONIO CARRUCCIO 


CLASSIFICAZIONE DESCRITTIVA DEI LEPIDOTTERI ITALIANI 


COMPILATA 
per cura del Comm. FORTUNATO ROSTAGNO 
Socio ordinario della Società Zoologica Italiana 


TRIBÙ XI. — (ossidi - Insetto perfetto. — La tribù dei 
Cossidi chiamata dal Boisduval Zeuzeridi presenta i seguenti 
caratteri generali: corpo più o meno grosso, guarnito di peli 
cotonnosi — Spiritromba cortissima o quasi nulla — Antenne 
più o meno lunghe, talvolta appena dentate, tal altra petti- 
nate e soventi quasi filiformi o cotonnose alla loro base; ali 
a tetto — Addome assai allungato; quello delle femmine 
terminato ordinariamente da un ovidotto in forma di pun- 
giglione. 

Larve: assai allungate, più o meno depresse, a forti 
‘mandibole e viventi nell'interno degli steli o nelle radici; 
provviste di qualche pelo chiaro disseminato e ciascuno sor- 
gente da un piccolo tubercolo e di uno scudo scaglioso sul 
protorace — Di un colore biancastro livido o rossastro, si 
servono delle forti mandibole per rodere il legno o le radici 
delle piante ove vivono. 

Crisalidi lunghe, cilindroidi, convesse dalla parte della 
schiena, con due righe trasversali di spine inclinate all’in- 
dietro su ogni segmento dell'addome, delle quali esse fanno 
uso per muoversi ed accostarsi all'apertura che deve dar 
passaggio all’insetto perfetto (1). l 

Questa tribù, nella quale il Boisduval porta pure il ge- 
nere Hepialus da noi distinto in separata tribù, è diviso dal 
Boisduval medesimo inoltre nei generi: Cossus, Zeuzera, 
Stygia. Il Berce divide il genere Cossus in tre generi e cioè: 
Cossus, Hypopta, Endagria; divide la tribù Zeuzera del Bois- 


(1) Borspuvat, op. cit., pag. 51. — BERCE, op. cit., vol. Il, pag. 151 e 
seg. — STAUDINGER, Op. cit., pag. 6l. 


, 


CLASSIFICAZIONE DESCRITTIVA DEI LEPIDOTTERI ITALIANI 21 


duval in due tribù: Zeuzera e Phragmataecia e mantiene la 
tribù Stygia. Così pure lo Staudinger ed il Curò (1). 
Sebbene il genere Phragmataecia sia rarissimo in Italia, 
pure fu trovato presso Torino, Bologna, Bastia, Ajaccio e 
nel modenese, per cui può considerarsi come appartenente 
alla fauna italica; così dicasi dei generi Hypopta e Stygia, 


| trovati soltanto, a quanto mi risulta, rarissimamente nel- 


it iii tà 


l’Italia settentrionale sul confine francese. 

Per la famiglia dei Cossidi, teniamo quindi noi pure l’ul- 
tima distinzione nei generi: Cossus, Zeuzera, Phragmataecia, 
Hypopta, Stygia, Endagria. 

TRIBU XII. — Cocliopodi - Insetto perfetto. — I caratteri 
delle tribù Cocliopodi, della quale è cenno in tutti gli autori 
sui quali è basata principalmente questa prima parte del 
nostro lavoro, sono i seguenti: Antenne lunghe, appena den- 
tate nel maschio, quasi filiformi nella femmina. Palpi leg- 
germente divisi tra essi e separati dalla testa, poco vellosi 
e coll’ultimo articolo distinto. Spiritromba quasi nulla — Ad- 
dome terminato da una spazzola di peli — Ali corte spesse, 
molto più grandi nella femmina. ; 

Larve: di forma dei centogambe o di testuggini; leg- 
germente pelose o liscie; le loro zampe membranose sono 
specie di capezzoli sprovvisti di uncini e dai quali segre- 
gano un umore vischioso che le fissa sulle foglie di cui le 
larve stesse si nutriscono, o piuttosto per una specie di aspi- 
razione, operantesi per questi capezzoli che fanno allora 
l'ufficio di ventose. Esse larve vivono sulle quercie e sul 
faggio. 

Crisalidi: contenute in una scorza sferica di tessuto so- 
lidissimo (2). 

La tribù dei Cocliopodi non è rappresentata che da un 


solo genere, secondo il Boisduval ed il Berce, cioè dal ge- . 


nere Limacodes, secondo la denominazione datagli dal La- 
treille nel 1802; Heterogenea secondo la più antica deno- 
minazione del Knoch 1783, e conservata dallo Staudinger e 


L] 
(1) Curò, op. cit., pag. 127 e seg. 
(2) BERCE, op. cit., vol. II, pag. 159. 


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FORTUNATO ROSTAGNO 


dal Curò. Noi conserveremo pure la più antica denomina- 
zione di Heterogenea (1). 


TrIBÙ XIII. — Psichidi - Insetto perfetto, — I caratteri A 


generali di questa tribù di cui è cenno nel Boisduval, nello 
Staudinger e nel Curò (2), sono i seguenti, almeno pel ge- 
nere tipico Psyche descritto dallo Schrank: corpo esile o 
grosso nei maschi, molto velloso, talvolta con peli a pen- 


nello divergenti alla estremità. Antenne pettinate od a penna, 


ali poco ricoperte di scaglie, soventi quasi diafane : femmine 
aptere, aragniformi o semivermiformi. 
Larve: liscie, scolorite, aventi i tre primi anelli cornati 


e gli altri ottusi, viventi e trasformantisi in foderi di seta 


portatili ricoperti di sostanze varie. 


Crisalidi «+ dei maschi, normali; quelle delle femmine in 


sacchi o pellicole senza marche (3). 

Le Psichidi formano una famiglia aberrante il cui posto 
fra i lepidotteri è contrastato : tenuto però conto della forma 
più perfetta, quella del maschio adulto, sono dal più degli 


autori collocati fra i Bombici, sebbene possano costituire un 


anello di congiunzione colle Tinee. 

I maschi di questa interessante tribù volano di giorno 
o verso sera ; le femmine, come abbiamo detto sono aptere ; 
le larve sono dette porta-sacchi, pel fodero che portano con 
sè, e nel quale si trasformano, e che le femmine non abban- 
donano mai, anche dopo aver raggiunto il loro pieno svi- 
luppo; e nel quale i maschi introducono l’addome per fecon- 
darle. 


Presso alcune specie delle Psichidi, si potè ‘constatare 


la vera partenogenesi, ossia il parto di uova feconde, senza 
il concorso del maschio, e ciò per una serie di generazioni — — 


consecutive (4). ” 


STAUDINGER, OP. cit, pag. 62. _ e; op. cit., pag. 129, 
(2) Borspuvat, Op. cit., pag 44. — STAUDINGER, op cit., pag. 62. — Curò, 
op. cit., pag 130. 
(3) GrrarD, op. cit., vol. III, pag. 463. 
(4) Curò, op. cit., pag. 130. 


CLASSIFICAZIONE DESCRITTIVA DEI LEPIDOTTERI ITALIANI 23 


La famiglia delle Psichidi comprende i generi. Psiche, 
Epichnopteryx, Cochlophanes, nuovo genere creato dallo 
Staudinger e conservato dal Curò, e Fumea (I). 

TRIBÙ XIV. — Liparidi - Insetto perfetto. — Antenne 
molto pettinate nei maschi, soltanto dentate nelle femmine; 
corpo più o meno esile nei maschi e molto grosso nelle 
femmine. Ali a metà inclinate durante il riposo ; sempre ben 
sviluppate ed atte al volo nei maschi, soventi rudimentali o 
abortive nelle femmine, 

Larve: variate e per le quali diamo nella parte speciale 
la descrizione per ogni genere e specie. 

Crisalidi: varie (2). 

Questa tribù è rappresentata in Italia dai generi: Pentho- 
phora, Orgya, Dasychira, Laria, Leucoma, Porthesia, Psilura, 
Ocneria (3). 

TRIBÙ XV. — Bombicidi - Insetto perfetto. — Ali a tetto, 
antenne dei maschi pettinate, addome delle femmine grosso 
e poco sviluppato. 

Larve : vellutate, ordinariamente senza tubercoli, con 
peli disposti su tutto il corpo, raramente a pennacchio od a 
raggi, soventi più numerosi nelle parti laterali del corpo 
anzichè sul dorso. 

Crisalidi : ACOFSA TA chiuse in bozzolo (4). 

Questa tribù comprende, secondo il Berce, Curò, Stau- 
dinger, tre generi in Italia, cioè: Bombix, Crateronyx, La- 
siocampa (5). Noi pure comprendiamo nella tribù dei Bom- 
bicidi, questi tre generi, non seguendo la classificazione più 
antica del Boisduval, il quale nella famiglia dei Bombicidi 
o Bombicini, colloca altri generi che oggi per ulteriori e più ° 


| minute osservazioni, sono classificati quali tribù distinte, 


come il genere Saturnia, Orgya, ecc. 


(1) STAUDINGER, Op. cit., pag. 62 e seg. — Curò, op. cit., pag. 130 e seg. 
(2) BERcE, op. cit, vol. II, pag. 162. 
(3) Curò, op. cit., pag: 135 e seg. — STAUDINGER. 


(4) Berce, op. cit., vol. II, pag. 180. 
(5) BeRcE, op. cit., vol. II, pag. 180 e seg. — STAUDINGER, Op. cit., pag. 67 
e seg. — Curò, op. cit., pag. 138 e seg. 


24 FORTUNATO ROSTAGNO 


TRIBÙ XVI. — Endromidi - Insetto perfetto. — I carat- 
teri di questa tribù, della quale è cenno in tutti gli autori 
che principalmente abbiamo seguiti in questo nostro lavoro, 
sono i seguenti: Antenne pettinate e terminate in punta ot- 
tusa nei due sessi, però i denti della pettinazione, nella fem- 
mina, sono metà in lunghezza di quelli del maschio. Palpi 
piccolissimi e molto vellosi, senza articoli distinti. Spiri- 
tromba nulla; addome provvisto di lunghi peli, ali superiori 
allungate ed a vertice molto acuto ; le inferiori arrotondite 
e molto corte; frangia delle ali quasi nulla. Testa piccola 
incastrata nel torace lanugginoso. 

Larve : liscie, ed il cui corpo va assottigliandosi dalla 
coda alla testa, sfingiformi, od a piramide elevata sui penul- 
timo od undicesimo anello. 

Crisalidi: zigrinate, con la parte posteriore terminata 
da una punta conica e ricurva: esse sono contenute in un 
leggero guscio di seta consolidato ‘con pezzeti di muschi o 
di foglie secche (1). 

La tribù degli Endromidi comprende, secondo il Bois- 
duval (2) due generi: Aglia ed Endromis. Questa distinzione 
però non è mantenuta dagli autori più moderni, i quali 
hanno classificato il genere Aglia fra le Saturnie. Così il 
Berce, lo Staudinger, il Curò (3), i quali portano, come noi, 
fra gli Endromidi, il solo genere Endromis. 

TRIBÙ XVII. — sSaturnidi - Insetto perfetto. — Antenne 
bipettinate nei due sessi, ma a barbule o denti molto più 
lunghi nel maschio. Palpi corti e molto vellosi; torace la- 
noso, con un collare del colore della costa delle ali supe- 
riori. Le quattro ali sono ornate di una macchia occellata, 
rappresentante un occhio la cui pupilla diafana è attraver- 
sata da una piccola nervatura. Tali macchie sono tipiche e 
sufficienti sempre per distinguere questa tribù da ogni altra 
dei Lepidotteri. 


(1) BERGE, Op. cit., vol. II, pag. 213. — GIRARD, op. cit., vol. III, pag. 433. 
(2) BorspuvaL, op. cit., pag. 50. v 
(3) Berce, op. cit., vol. II, paz. 203 — STAUIDNGER, op. cit., pag. 70 — 
Curo, op. cit., pag. 143. i 


CLASSIFICAZIONE DESCRITTIVA DEI LEPIDOTTERI ITALIANI 25 


Appartiene a questa famiglia, conosciuta anche sotto il 
nome di Attacus, le cui specie sono in genere di grandi di- 
. mensioni, il più grande Lepidottero d'Europa, cioè la Satur- 
nia Pyri o Pavonia Major, il cui maschio ha una apertura 
d’ali dai 110 ai 120 millimetri. 

Larve: bellissime, dalla testa piccola e globulosa, gli 
- anelli ben separati e rigonfi, con dei tubercoli rilevati, da 
ciascuno dei quali partono a raggi alcuni peli rigidi e di 
lunghezza ineguale. 

Crisalidi: Corte, ovoidi, colla estremità anale guernita 
da un piccolo fascio di peli rigidi. Esse sono contenute in 
bozzoli periformi, di un tessuto grosso, come gommato e 
terminati da una specie di imbuto o nassa ristretta, formata 
da fili rigidi di seta, aprentesi dall'interno all’esterno, per 
‘dare passaggio all’insetto perfetto (1). 

La tribù delle Saturnidi, comprende, secondo il Berce, 
i due generi Saturnia e Aglia e tale distinzione, mantenuta 
pure dallo Staudinger e dal Curò, è quella che noi pure 
conserviamo nella nostra classificazione. 

TRIBÙ XVIII. — Drepanulidi - Insetto perfetto. — I ca- 
ratteri della tribù dei Drepanulidi, della quale è cenno in 
tutti gli autori da noi consultati, sono i seguenti: corpo assai 
smilzo poco velloso e corto, a testa l:rga, appiattita sul ver- 
| tice e con occhi separati. Paipi piccolissimi, quasi conici; 
spiritromba corta e membranosa, allorchè esiste; antenne 
pettinate nei maschi, cigliate o quasi filiformi nelle femmine. 
Ali grandi, relativamente al corpo, essendo gli individui di 
questa tribù di piccole dimensioni, ed il cui angolo esterno 
delle superiori è soventi molto prolungato e ricurvo all’in- 
dietro o falcato a mo’ di lama di falcetto. 
| La farfalla vola benissimo durante il giorno, ma è pigra 
— benchè leggera. | 
Larve : liscie, con quattordici zampe soltanto, essendo 
le anali, sostituite da una coda rilevata, semplice o bifida, 
a punta tronca ed immobile che termina l’utimo anello. 
Esse larve vivono su differenti alberi di bosco e filano 


(1) Berce, op. cit., vol. II, pag. 205 — Girard, op. cit., vol. III, pag. 475. 


26 FORTUNATO ROSTAGNO 


un bozzolo a tessuto rado, trasparente, fissato nella piega- 
tura di una foglia semi arrotolata. 

Crisalidi: Spolverizzate di bianco e di turchino (1). 

Il Boisduval comprende nella tribù dei Drepanulidi un 
solo genere: Plantypterix. Il Berce ne forma due generi, 
chiamando Cilix Spinula, secondo il Leach, la Plantypterix 
Spinula del Boisduval, o Glaucata secondo lo Scopoli, deno- 
minazione conservata dallo Staudinger, dal Curò e da noi. 

Il genere poi Plantypterix è da questi ultimi autori e 
da noi, conservato secondo la più antica denominazione. 
dello Schranck (1802), di Drepana, per cui portiamo nella 
nostra classificazione i due generi: Drepana e Cilix (2). 

TRIBÙ XIX. — Notodontidi - Insetto perfetto. — I ca- 
ratteri della tribù dei Notodontidi, di cui il Boisduval tratta 
sotto la denominazione di Pseudobombicini (3), così pure 
chiamata dal Latreille, sono i seguenti: torace più soventi 
squamoso che velloso, talvolta unito, talvolta con un ciuffo 
o cresta. Antenne pettinate, a penna o dentate nei maschi; 
semplici o filiformi nelle femmine. Palpi di forma e gran- 
dezza diverse; spiritromba nulla o rudimentale; ali a tetto 
nel riposo ; le superiori presentanti un iato dentiforme ed una. 
cresta di peli nel mezzo del bordo interno in molti generi, 

Questa famiglia ha generi che si avvicinano molto alle. 
Noctue; sono farfalle di forme normali, robuste ed aventi ordi- 
nariamente il freno fra le ali superiori ed inferiori, ali che sono ;_ 
piuttosto spesse e robuste. Hanno volo assolutamente notturno, 

Larve: liscie o disseminate di qualche raro pelo; con 
sedici zampe ed in qualche specie con gibbosità sugli anelli. 
intermedi e sull’undecimo. Esse larve vivono sugli alberi e | 
sì trasformano generalmente nella terra; qualcuna in guscio 
formato di particelle legnose, collegate da una gomma tenace, 
intersecato nei crepacci delle scorze d’albero e coperto di 
frammenti di licheni o muschi, che lo rendono simile alle 


(2) Boispuvat, op. cit., pag. 53 — BERCE, 07. cit., vol. Il, pag. 209 — —— 
STAUDINGER, Op. cit., pag. 71 — Curò, op. cit., pag. 145 e seg. lt 
(3) BorspuvaL, op. cit., pag. 54. 


CLASSIFICAZIONE DESCRITTIVA’ DEI LEPIDOTTERI ITALIANI 27 


medesime scorze. Talvolta la trasformazione ha luogo in boz- 


zoli attaccati alle foglie. 
Soventi le larve dei Notodontidi, a differenza delle far- 


falle relative, hanno forme anormali e sebbene sieno del tipo 


delle larve a sedici zampe, presentano talvolta, come abbiamo 


i detto, delle deformità, ed hanno l’ultimo anello rilevato. Esse 


non si appoggiano sulle zampe anali quando queste esistono, 
dappoichè in alcune, esse sono trasformate in filamenti im- 
propri al camminare. 

Crisaldi: varie: in genere dure, specie quelle che si mc- 


È tamorfosano nella terra o nei gusci (1). 


Secondo il Boisduval, questa famiglia comprende i generi 
Harpya, Dicranura, Notodonta, Orthorina, Calpe, Gluphisia. 
Il Berce suddivide e raggruppa i generi del Boisduval e porta 
nella sua descrizione i generi. Harpya, che chiama Harpyia, 


nella quale comprende i generi: Harpya e Dicranura del 


Boisduval; Stauropus, nel quale porta l’Harpya Fagi del 
Boisduval; Uropus, nel quale porta l’Harpya Ulmi del Bois- 
duval; Hybocampa, nel quale porta l’Harpya Milhauseri del 
Boisduval; Notodonta; Lophopteryx, che forma con le Noto- 
donte Carmelita, Carmelina, Cucullina del Boisduval; Ptero- 
stoma, che il Boisduval porta come genere Orthorina; Dry- 
nobia formato dalle Notodonte Velitaris, Melagona, del Bois- 
duval; Gluphisia; Diloba; di cui non parla il Boisduval: 
Ptilophora, formato colla Notodonta Plumigera del Boisduval: 
Pygaera e Clostera, di cui non parla il Boisduval (2). 

Il Curò, seguendo Staudinger, ‘porta i generi: Harpya, 
Stauropus, Uropus, Hybocampa, Notodonta, Lophopterix, 


. Pterostoma, Drynobia, Gluphisia, Ptilophora, Cnethocampa, 
. Phalera, Pygaera (3). Omettono quindi questi due autori il 
| genere Dilcoba del Berce, che portano secondo lo Stephens 
fra le Noctue, e collocano nel genere Pygaera, le Clostere 
. Anastomosis, Curtula, Anachoreta e Reclusa del Berce; 


DI 


* la 


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er 


| e seg. 


re 


Bi 


(1) BercE Op. cit., vol. II, pag. 245. — Girarp op. cit., vol. Il, pag 445. 
(2) Berce. op. cit., vol. Il, pag. 215 e seg. — BolspuvaL, op. cit., pag. 45 


1 (3) Curò, op. cit., pag. 146 e seg. — STAUDINGER, Op. cit., pag. 72. 


28 FORTUNATO ROSTAGNO 


—_———————&m6 


portano il genere Cnethocampa, che il Berce colloca nella 
tribù dei Liparidi, e formano il genere Phalera, colle Py- 
gaera Bucefala ce Bucephaloides del Berce. 

Questa suddivisione manteniamo noi pure portando in 
classificazione per la tribù dei Notodontidii generi: Harpya, 
Stauropus, Uropus, Hybocampa, Notodonta, Lophopterix, 
Pterostoma, Drynobia, Gluphisia, Ptilophora, Cnethocampa, 
Phalera, Pygaera. 

TRIBÙ XX. — Cimatoforidi - Insetto perfetto. — Antenne, 
nei maschi, talvolta grosse e striate circolarmente, talvolta 
più o meno pettinate, e tale altra smerlate. Antenne delle 
femmine, semplici o filiformi. Torace convesso, arrotondito 
lateralmente, soventi velloso o sinuoso; ali a tetto, inclinate 
nel riposo; le superiori segnate di linee trasversali nume- 
rose ed ondulate nella maggior parte delle specie. 

Larve: con sedici zampe, rasate, di una consistenza 
molle, più o meno appiattite nella parte di sotto ed a testa 
globulosa (1). 

Crisalidi: varie. 

Secondo il Boisduval, la tribù dei Cimatoforidi, che egli. 
chiama Noctuobombicini, comprende i generi: Cymatophora, 
Asteroscopus, Episema (2). Il Berce porta nella sua classifi- 
cazione i generi Gonophora, Thvatira, formati con specie 
di cui non parla il Boisduval e Cymatophora (3). Il Curò 


seguendo lo Staudinger, porta gli stessi generi del Berce,; 


più il genere Asphalia, secondo la distinzione deil’Hubner e 
che comprende le specie Ruficollis, Diluta, Flavicornis, Ri- 
dens, collocate dal Berce nel genere Cymatophora secondo 
il Treitschke (4). 

Noi pure comprendiamo nella tribù dei Cimatoforidi 
i quattro generi: Gonophora, Thyatira, Cymatophora, A- 
sphalia. : 

Riassumendo ciò che abbiamo detto in ordine alla Sezione 
dei Bombici, ne risulta il seguente quadro di classificazione : 


(1) BERCE, op. cit., vol. II, pag. 253. 

(2) BoIspuvaL, op. cit., pag. 58. 

(3) BeRce, op. cit., vol. Il, pag. 252 e seg. 

(4) CuRò, op. cit., pag. 151 e seg. — STAUDINGER, Op. cit., pag. 75. 


“ 
| 
ne II — Eteroceri. 
‘ 3 Sezione II : 
1 — Macro- | Bombici. ‘| 


- TRIBÙ XVII — SATURNIDI | 


CLASSIFICAZIONE DESCRITTIVA DEI LEPIDOTTERI ITALIANI 


» 
» 
» 


TRIBÙ VII — NICTEOLIDI 


Genere 


TRIBÙ VIlI — LITOSIDI 


» 


Genere 


| 
| 
Genere I — Emydia 

» 
» 
» 
» 
>» 
» 
» 
» 


I—- Sarrothripa 
ll — Earias 
HI — Hylophila 
Vv — Aycteola 


I— Nola 

II — Paida 
HI — Nudaria 
IV — Calligenia 
v — $Setina 
VI — Lithosia 
VII — Gnophria 


II — Deiopeia 
II — Euchetlia 
IV — Nemeophila 
Vv — Callimorpha 


TRIBÙIX  — ARCTIDI Vi Pibrates 
VII — Arctia 
VII — Euprepia 
IX — Ocnogyna 
» x — Spilosoma 
TRIBÙ X — EPIALIDI — Genere 1 — Hepialus 
Genere I — Cossus 
» IIT— Zeuzera 
i a) » III — Phragmatoecia 
TRIBÙ XI COSSIDI x IV— Hypopta 
» V— Stygia 
» VI — Endagria 
TRIBÙ XII — CocLIoPoDpI — Genere 1 — Heterogenea 
Genere I — Psyche 


» 
» 
» 


TRIBÙ XIII — PSICHIDI 


II — Epichnopterya 
II — Cochlophanes 
IV — Fumea 


Genere I — Penthophora 


TRIBÙ XIV — LIPARIDI 


II — Orgya 

HI - Dasychira 

IV— Laria 

Vv — Levcoma 
VI — Porthesta 
VII — Psilura 
VIII — Ocneriu 


Genere 1— Bombix 


TRIBÙ XV — BOMBICIDI » 
» 


TRIBÙ XVI — ENDROMIDI — 
» 


TRIBÙ XVIII — Drepanulidi 


» 


II — Crateronia 
III — Lasiocampa 


Genere I — Endromis 
Genere I — Saturnia 


II — Aglia 


Genere I — Drepana 


I— Cilia 


Genere I — Harpya 


II — Stauropus 
III — Uropus 
IV—- Hybocampa 
Vv — Notodonta 
VI — Lophopterix 


VII — Pterostoma 
VII — Drynobia 

IX — Gluphisia 

x — PFtilophora 
xI — Cnethocampa 
XII — Phalera 


XIII — Pygaera 


Genere I— Gonophora 


TRIBÙ XIX — Notodontidi » 
» 
» 
» 
» 
» 
» 
TRIBÙ XX — Cimatoforidi 1 


» 
» 


I — Thyatira 
HI — Cymatophora 
IV — Asphatia 


30 FORTUNATO ROSTAGNO 


III. 


SEZIONE III — NOTTUE. 


Le Nottue furono comunemente paragonate, nell’ ordine. i 
dei lepidotteri, ai rapaci notturni fra gli uccelli, cioè ai eulrsa 
civette, ecc., sia per l'abitudine di comparire soltanto nella 
notte o sul crepuscolo, di avere, salvo poche eccezioni, c0- 
lori scuri per lo più grigio o castagno, specialmente nelle 
ali superiori che ricoprono quasi sempre le inferiori durante S 
il riposo, per i peli e scaglie che ne ricoprono il corpo e 33 
spesso parte delle ali, e specialmente poi per gli occhi — dl 
grossi composti che brillano nella oscurità con varie grada- nad 
zioni di tinte. Quando le ali inferiori sono colorate, gene. 
ralmente le tinte ne sono delicate e tali che, sì alterano 
facilmente sotto l’azione della luce che questi lepidotteri 
non sono destinati a sopportare, ritirandosi comunemente 
durante il giorno in grotte, cantine, crepacci di vecchie — 
muraglie, nei quali restano attaccati ed immobili. Devesi 
perciò evitare, e questo è utile per tutti i lepidotteri, che 
le collezioni sieno esposte perennornenza all’azione della luce — 
anche leggera, PI 

Il corpo delle Nottue è grosso in proporzione delle ali, dr 
e per ciò si avvicinano ai Bombici, dai quali si distinguono — 
per la testa più grossa e meno incastrata nel torace il quale — 
è ricoperto di peli setosi e lisci anzichè eretti. L'addome è — i 
più nudo, più compresso e meno grosso, specie nelle fem- 
mine, e spesso nel torace o sull’addome si rimarcano crest n 
o spazzole di peli eretti. I perigoidei sono ben distinti e A 
dànno al torace delle nottue un aspetto cnadranolee n] 
rettangolare. Un carattere proprio poi ne distingue le an- 
tenne: quando esse non sono semplici, e ciò quasi esclusiva- 


A bidentato - — lo stelo è guarnito di lame o ciglia que i 
dritti e flessibili, chiari; quando sono semplici nei due sessi, 
nel maschio si Pischritiamo più grosse e colla lente possono | 


CLASSIFICAZIONE DESCRITTIVA DEI LIPIDOTTERI ITALIANI 31 


| servarvisi dei cigli cortissimi -o dentature; oppure la parte 
interna è come spugnosa o vellutata. Se infine mancano 
| questi caratteri, sì ha sempre nelle Nottue una forma di 
antenne che differisce dalla capillare di altri Eteroceri affini 
come i Falenidi. 
Visibile è la spiritromba, più o meno lunga, forte, arro- 
tolata in spirale, atta alla nutrizione, I palpi sono sviluppati 
in rapporto alla nutrizione effettiva. L’addome, meno grosso 
| che nei Bombici è più robusto e men» lungo che nei Fale- 
| nidi o Piralidi ed offre sette anelli ben distinti, sebbene in 
realtà ne abbia nove, generalmente di forma conoidale nei 
| maschi, o cilindro-conica, forma quest’ultima che si riscontra 
quasi sempre nelle femmine. 
È: Le ali delle Nottue hanno caratteri propri. Le superiori 
di taglio approssimativo al triangolare o trapezioidale, hanno 
“il bordo terminale guarnito di una spessa frangia e sovente 
 arrotondito; talvolta leggermente dentato, o foggiato ad an- 
 goli acuti. Le inferiori sono più larghe nel senso longitu- 
dinale delle superiori e quasi sempre arrotondite al bordo 
. terminale. Caratteristici per la loro quasi generalità, sono 
alcuni segni delle ali superiori e cioè: due macchie poste 
una verso la metà e l’altra alla estremità esterna della cel- 
| lula discoidale, macchie che possono dirsi ordinarie perchè 
«non mancano che in piccolissimo numero di specie. La prima 
| di queste macchie, detta orbiculare, è a foggia d’anello cir- 
colare elittico od ovale; la seconda generalmente più grande 
1 ha la forma del Lala d’un rene od orecchio, per cui fu 
detta reniforme. Oltre queste due ve n’ha, meno costante 
però, una terza posta al disotto della orbiculare, di forma 
generalmente oblunga, arrotondita alla sua estremità e che 
chiamasi macchia claviforme. 
_ Nel disegno delle ali superiori v'hanno pure caratteri- 
stiche pressochè costanti e cioè quattro linee più o meno 
sinuose che attraversano queste ali quasi perpendicolarmente 
alla costa — esse ali contengono cinque nervature principali, 
cioè la costale, la sottocostale, la mediana, la sottomediana 
> l’interna, delle quali tre sole costanti e comuni alle quat- 
n) E 


32 FORTUNATO ROSTAGNO 


Le zampe delle Nottue non sono nè corte nè vellose 
come nei Bombici, nè smilze e lunghe come nelle Falenidi 
o Piralidi; ma forti, di grandezza media colla coscia e-la 
samba vellose. Le gambe anteriori non sono spronate ed 
hanno nella parte interna una piccola porzione cornata . 
acuta all'estremità e stesa in una specie di scanalatura 
guernita di peli corti. Le altre gambe come i tarsi hanno 
piccole spine disposte per striscie longitudinali e sono spro- 
nate inegualmente e visibilmente alla estremità interna. Le 
gambe posteriori hanno, oltre questo, un altro paio di sproni 
al di sopra di quelli citati. 

I tarsi sono uniformi e smilzi, spinosi e formati di cinque 
arti, generalmente anellati di scuro e chiaro e terminati da 
uncini ben visibili. 

Riguardo alle abitudini delle Nottue, diamo pochi cenni 
onde non uscire dai confini del nostro lavoro. Notiamo come 
tali abitudini siano in genere quelle comuni alla legione 
degli Eteroceri, e fra esse alcune specie, malgrado il loro 
nome di nottue, appaiono di pieno giorno come fanno pa- 
recchie Plusie. Alcune riposano durante il giorno sui tronchi 
d'albero e fuggono al minimo rumore, come le Catocale; 
ma per la più gran parte incominciano la loro vita attiva 
al cadere del sole — dotate di volo turbinoso e violento si 
fermano pochi istanti sui fiori e frutti, ed acquistano soltanto 
un po’ più di calma coll’avanzare della notte, divenendo | 
pigre dopo il pasto. Non rifuggono neppure dal succhiare — 
alimento dagli insetti a secrezioni zuccherine, come le Coc- A 
ciniglie, imitando in ciò l'abitudine delle formiche. All’appa- 
rire del giorno si nascondono nuovamente. DA 

Variabili di grandezza, dalle Catocala. Fraxini e Nupta — 
la Spintherops Spectrum, Mania, Maura ecc., si giunge ad 
insetti di piccolissime dimensioni quasi ai micro lepidotteri, 
quali ad esempio i Botys, i Crambus ecc. Trovansi Nottue 
in tutte le regioni, e nella sola Europa le specie conosciute — 
eccedono il migliaio, sebbene possa con certezza asserirsi. 
che non tutte sono per ora scoperte e descritte. Chi ha pra- 


= 


tica di studi entomologici può sapere quale immensa diffi- 


DPI 
ea 
. 


mita 


(N 


di . CLASSIKICAZIONE DESCRITTIVA DEI LEPIDOTTERI ITALIANI 33 


coltà presenti la collezione degli eteroceri ed in ispecie delle 
| nottue. (1) 
| Il Boisduval nell’opera citata (2) distingue le Nottue in 
tribù e generi, altri autori formano delle nottue una sola 
tribù vastissima, come lo Staudinger (3), il Curò (4), il Cal- 
3  berla (5); il Berce divide pure la sezione delle Nottue del 
. Linneo in varie tribù seguendo il sistema tenuto pei Bom- 
bici, metodo che appare più conforme ai caratteri di una 
classificazione sistematicamente uniforme. Noi seguiremo 
*. perciò il Berce, pur tenendo conto delle notizie interessanti 
desunte dagli altri autori citati, ricordando sempre che nella 
nostra classificazione non consideriamo che quelle tribù le 
«quali secondo le opere citate sono accertatamente rappre- 
sentate in Italia. 

Non crediamo di far precedere un confronto fra i diversi 
autori, per ciò che riguarda i generì da essi ricordati nelle 
loro opere, dappoichè tale confronto per la quantità dei ge- 
neri riuscirebbe certamente non chiaro. Tale confronto in- 
vece portiamo parlando dei generi compresi in ogni tribù 

| della nostra classificazione. 

Il Berce divide le Nottue in trentuna tribù, tutte rappre- 
sentate in Italia e cioè: Briofilidi, Bombicoidi, Leucanidi, 
Glottulidi, Apamidi, Caradrinidi, Noctuidi, Orthosidi, Cosmidi, 
Adenidi, Xylinidi, Eliotidi, Acontidi, Erastridi, Anthofilidi, 

. Falenoidi, Eriopidi, Eurhipidi, Placonidi, Plusidi, Calpidi, Go- 
nopteridi, Amfipyridi, Toxocampidi, Stilbidi, Catefidi, Bolinidi, 
Catocalidi, Ofiusidi, Euclididi, Poafilidi. Il Boisduval dà tutte 
queste famiglie ed in più quella dei Focillidi. Lo Staudinger 
ed il Curò non danno la distinzione, come abbiamo detto, in 

| tribù o famiglie, ma portano nelle loro opere pei lepidotteri 
italiani insetti appartenenti a tutte queste tribù compresa 
| quella dei Focillidi; di più portano nelle Nottue anche le due 


titti a 


était 


Lai 


(1) GirarD, op. cit., vol. III, pag. 566 e ses. 

(2) BorspuvaL, op. cit., pag. 63 e ses. 

(3) STaUDINGER, Op. cit., pag. 76 e ses. ] 

(4) Curò, op. cit, vedi Bollettino Società Ent. Ital., vol. IX, pag. 3, 143, 252. 
(8) CALBERLA, Die e der ròmischen campagna und 


34 FORTUNATO ROSTAGNO i 


tribù degli Erminidi e Ypenidi, dei quali il Boisduval cd di 
il Berce fanno, seguendo Latreille, una sezione a parte atto 
la denominazione di Deltoidi. Noi seguendo la classificazione — 
del Duponchel diamo queste famiglie secondo il nome del I 
genere principale (1) e le poniamo nella Sezione delle Notate 
secondo il Curò, lo Staudinger ed il Calberla (2), dappoichè — 
i caratteri che le avvicinano alle Geometre od alle Pirali- — A 
dine, non sono tali da risolverci a porle in quelle Sezioni, — di 
restando sempre in preminenza i caratteri delle Nottue. 
Secondo questi criterî abbiamo quindi trentaquattro tribù | 
g famiglie nella grande Sezione delle Nottue, tribù alle quat | 
diamo i numeri dal XXI al LIV degli eteroceri ed i cui ca- — 
ratteri particolari sono i seguenti: se 
TRIBÙ XXI. — Briofilidi - Larve a sedici zampe, citta = 
driche, corte, rase trapezioidali, bitorzolute e lucenti le qualtié di 
si nutrono di licheni. i ro 1 
Crisalidi non interrate (3). Questa tribù comprende in RE 
Italia il solo genere Bryophila ed essa è considerata dal 
Boisduval, Berce, Curò, Staudinger, Calberla (4). RE 
TRIBÙ XXIL — Bombicoidi - Insetto perfetto. — Torace 
arrotondito, velloso o lanoso, antenne corte o di media lun- J) ; 
ghezza - palpi corti e vellosi - spiritromba esile e corta - ali i 
più o meno larghe, a tetto acuto durante il riposo. t 
Larve: a sedici zampe uguali, spesse, cilindriche, 0 nat. 
pezioidali, bitorzolute, viventi all scoperto sugli alberi è 
sulle piante. | sa 
Urisalidi: corte, ottuse, chiuse in bozzoli tessuti trai ì rami pi 
o le borraccine e non interrate. ‘2 
Il Berce (5) comprende in questa famiglia quiaiità peri a 
e cioè: SIPARIO Colocasia, Acronycta, Simyra, COSA 


+2 
Ai 
(1) Cnenu. Encyclopédie d’Histoire NatureBe - Paris - Marescq a edi 2U a - 
Papillons nocturnes, pag. 218. È 
(2) Op. cit., pag. 209 e seg. 
i | Hoc 
(3) BeRcE, op cit., vol. Ill, pag. 1. Mie. 
P a 
(4) Borspuvat, op. cit., pag. 61 — BERCE, op. cit,, vol. HI, pag. 7 — Curò 


ARTO della Società Entomologica Italiana, 1877, pag. 6 — StAUDINGER, ù È 
, Pag. 78 — Catserta, op. cit., pag. 160. ur 
° (5) BeRcE, Op. cit., vol. III, pag. 7. è ft IAA 


Boisduval (1). Il Calberla per la fauna romana e delle pro- 
vincie limitrofe porta i generi Diloba, Diphthera, Acronycta, 
. Moma, collocando cioè il genere Diloba fra le Nottue mentre 
_ —Bercelo pone nei Bombici, e suddividendo il genere Diphthera 
| . in Diphthera e Moma (2). Lo Staudinger ed il Curò seguono 


4 
= : CLASSIFICAZIONE. DESCRITTIVA DEI LEPIDOTTERI ITALIANI dÒ) 
i 


riguardo al genere Diloba lo stesso concetto portandolo nelle 
Nottue ; suddividono il genere Colocasia in due generi distinti 
Clidia e Demas, suddividono il genere Diphthera in tre ge- 
neri: Diphthera, Moma, Panthea; portano poi i generi Acro- 
nycta e Simyra come il Berce, tutti fra i lepidotteri ita- 
liani (3). 

In base a tale ultimo criterio noi pure consideriamo 
nella tribù dei Bombicòidi otto generi e cioè: Diloba, Simyra, 
Clidia, Demas, Acronycta, Moma, Diphthera, Panthea. 

TRIBÙ XXIII, — Leucanidi - Insetto perfetto. — Antenne 
pubescenti o smerlate, palpi bene sviluppati, ascendenti, vel- 
lutati, eretti; spiritromba media. Torace arrotondito. Addome 

- gracile, liscio, terminato quadramente nei maschi, conica- 
mente nelle femmine; ali oblunghe, le superiori intiere, di 
colori pallidi o scoloriti, poco ricche di disegni, a linee e 
macchie poco distinte, sovente striate nella lunghezza e poste 
a tetto inclinato durante il riposo. 

Larve: a.sedici zampe eguali, cilindriche, allungate, rase, 
senza sporgenze, di colori pallidi. Esse si tengono nascoste 

| durante il giorno al piede delle piante delle quali si nutrono. 

| Crisalidi: chiuse sia in un guscio non filato ed inter- 

rato; sia negli steli delle piante ove le larve hanno vissuto (4). 

Il Berce colloca in questa famiglia sei generi e cioè: 

Synia, Mithymna, Leucania, Sesamia, Senta, Nonagria (5). 

Il Boisduval porta gli stessi generi (6). Il Calberla dà per la 

fauna romana ecc. i generi: Tapinostola, Leucania, Sesamia, 


(1) Borspuvat, Nouvelles Suites d’après Buffon, vol. V, pag. 34, 38, 41 e 60. 
(2) CALBERLA, op. cit., pag. 159, 162. 

(3) STAUDINGER, Op. cit., pag. 76, 77, 79 — Curò, op. cit., pag. 3, 4, 7. 
(4) BERCE, op. cit., vol. III, pag. 23 — Borspuvar Suites, ecc. vol. V, pag. G3. 
(5) BERCE, op. cit., vol. III, pag. 23 a 43. 

(6) Borspuvat, op. cit., vol. V, pag. 66, 68, 69, 95, 98, 99. 


36 FORTUNATO ROSTAGNO 


E ——@— sei mE[x im 


derivando il genere Tapinostola, secondo Lederer (1), dal 
genere Nonagria. Lo Staudinger ed il Curò portano fra gli | 
italiani i generi Nonagria, Tapinostola, Sesamia, Leucania,, 
Mitymna (2). 

Lo stesso riparto conserviamo anche noi, trascurando i 
generi Synia e Senta, non rappresentati in Italia e portando: 
quindi per la tribù dei Leucanidi italiani i cinque generi 
Nonagria, Tapinostola, Sesamia, Leucania, Mitymna. 

TrIBÙ XXIV. — Glottulidi - Insetto perfetto. — Antenne 
corte o medie, palpi generalmente corti, sorpassanti poco o 
punto la fronte, ad articoli poco distinti, spiritromba corta 
- torace robusto e velloso - addome liscio, setoso - zampe 
medie - ali lucenti o vellutate - intiere, segnate di linee o mac- 
chie soventi vivissime ; - le inferiori scolorite, unite e senza 
disegni, disposte durante il riposo a tetto inclinato. 

Larve: a sedici zampe complete, cilindriche, rase, a tra-. 
pezioidi subbitorzoluti, e viventi nell’interno delle piante. 
bulbose. 

(risalidi: liscie, non efforescenti, interrate (3). sc 

Il Berce dà per i Glottulidi, il solo genere Glottula del ; 
(Guenée e Duponchel (4) detto Brithya dall’Hubner e Bois-. 
duval (5). Lo Staudinger, il Calberla, il Curò seguendo 
Hubner portano questo genere sotto il nome di Brithys (6). SI 
Noì pure conserviamo per la famiglia dei Glottulidi. il solo ) 
genere Brithys. 

TrIBù XXV. — Apamidi - Insetto perfetto. — Caratteri È 
principali di questa numerosa famiglia sono i seguenti: insetti 
di piccole 0 medie dimensioni, con antenne smerlate o cigliate - 
spiritromba corta o media - palpi assai corti, soventi bico- si 
lori col secondo articolo assai velloso - addome-allungato - pe: 
torace robusto e soventi eretto - ali superiori oblunghe, ar 


(1) LepERER, Die noctuinen Europa’s. Wien, 1857. ab 
(2) STAUDINGER, Op. cit, pag. 106 a 110 — Curò, op. ci pens 188 a 159, d R 
(3) Boispuvat, op. cit., vol. V, pag. 112. ia 
(4) BERCE, Op, cit., vol. III, pag. 5I. i RO: 
(5) Borsvuvat, op. cit., vol. V, pag. 114. È ue È: 
(6) SraupINGER, Op. cit., pag. 89 — CALBERLA, DR: cit., pag. 170 — Cunò gta 
op. cit.; pag. 17. RSA 


CLASSIFICAZIONE DESCRITTIVA DEI LEPIDOTTERI ITALIANI 37 


‘e con disegni bene marcati - le tre macchie tipiche delle 
Nottue ordinariamente distinte. | | 
> Larve: a sedici zampe eguali, cilindriche, spesse, rase, 
«di colori sporchi, quasi sempre lucenti, a testa globulosa, 
retrattile più piccola del collo e viventi nascoste sia alle 
radici delle piante, sia sotto le erbe le più basse, sia anche 
negli steli. 
Crisalidi : ‘liscie, lucenti, interrate e chiuse in coccie di 
| terra agglutinate (1). 

Il Berce porta in questa famiglia venti generi e cioè : 
Gortyna, Hydroecia, Axylia, Xylophasia, Dypterygia, Xylo- 
myges, Asteroscopus, Aporopyhla, Laphygma, Neuria, He- 

 liophòdbus, Episema, Charaeas, Pachetra, Cerigo, Luperina, 
Mamestra, Apamea, Miana, Celaena (2). 

— Il Boisduval ha tutti questi generi nella tribù degli Apa- 
midi (3) ad eccezione dei generi Asteroscopus che porta nei 
Noctuobombicini, ed Aporopyhla che porta negli Adenidi (4); 
il Treitschke invece porta il genere Asteroscopus nella tribù 
dei Xylinidi. Noi, per l’affinità che ha col genere Scoto-. 
‘chrosta tratto dal genere Xylophasia dal Lederer, lo man- 
teniamo nella tribù degli Apamidi, secondo il Berce più re- 
cente, come manteniamo il genere Aporophila. Porta inoltre 
il Boisduval il genere Perigea (5) creato dall’Hubner, e cor- 
rispondente al genere Segetia dello Staudinger per la Se- 
getia Viscosa dell’Auger (1831) od Implexa del Treitschke 
(1835). Noi conserviamo il genere sotto la denominazione di 
Perigea nella nostra classificazione secondo il Boisduval, 
tratta dal Guenée, dappoichè il genere Segetia oltre al Pe- 
rigea è pure ricordato dallo stesso classico autore pel IX 
. Gruppo dei Noctuidi secondo lo Stephens, il Guenée e lo 
| stesso Boisduval (6). 


i 


(1) Borspuvat, op. cit., vol. V, paz. 119. 
— — (2) Berce, op. cit., vol HI, da pag. 52 a d IT. 
(3) Boispuvat, op. cit., vol. V, da pag. 120 a 229. 
Ì | (4) Boispuvar, Monographie des Zigenides cit., pag. 59. Suites ecc., vol. V, 
| pag. A5l. : 
(5) Bolspuvat, Suites ecc. cit., vol. V, pag. 229. 
—_’(6) Borspuvat, op. cit., vol. V, pag. 337. 


38 FORTUNATO ROSTAGNO 


Ma per ciò che ha riguardo ai lepidotteri italiani, non 
tuttii generi del Berce trovano posto nella nostra classifica- 
zione e così dobbiamo omettere, secondo lo Staudinger ed il 
Curò i generi: Hydroecia, Axylia, Lapygma, Neuria, Pachetra, 
Cerigo, Miana, Celaena (1). 

Dobbiamo inoltre soggiungere come lo Staudinger ed 
il Curò, scindano il genere Xylophasia del Berce e del Bois- 
duval, nei due generi Rhizogramma e Scotochrosta (2), se- | 
condo la classificazione del Lederer più comunemente usata 
e che noi pure conserviamo, classificazione dal Berce però 
accennata, derivano poi, gli stessi autori, dal genere Helio- 
phobus del Berce e Boisduval, che essi conservano, i tre 
generi: Neuronia, creato dall’ Hubner, Cladocera dal Ram- 
bur ed Ulochlaena dal Lederer, formandone così quattro 
generi (3), che noi pure conserviamo secondo la più comune 
classificazione. 

Scindono inoltre il genere: Apamea del Berce, secondo 
Treitschke.: in due generi: Apamea e Hydroecia, secondo 
la classificazione del Guenée che noi pure adottiamo (4) © È 

Il Calberla nell'opera citata, dà per la fauna delle pro- — 
vincie Romana e limitrofe, tutti i generi portati da Stau- 
dinger e Curò, ad eccezione dei generi Asteroscopus, Helio- 
phobus, Ulochlaena, Mamestra, Hydroecia,. Perigea (Sege- 
tia); generi però che per essere accertatamente rappresentati 
in Italia; noi dobbiamo conservare. <A 

Ciò premesso, per la famiglia degli Apamidi abbiamo s 
nella nostra Slan diciotto generi e cioè: Gortyna, — 
Rhizogramma, Scotochrosta, Dypterygia, Xylomyges, Aste- 
roscopus, Aporopyhla, Weuionia Cladocera, Heliophobus, 
Ulochlaena, Episema, Characas, Luperina, Mamestra, A E 
mea, Hydrosoia, Perigea. * 

TRIBÙ XXVI. — Caradrinidi - Insetto ele — I Cena 
radrinidi sono lepidotteri di piccole dimensiovi, dalle antenne. 
Ta i È 

(1) StaupiNcER, op. cit., da pag. 89 a 143 — Curò, op. cit., da pagi- » 
na 18 a 260. Mo. bi; 

(2) STAUDINGER, Op. cit., pag. 103 e 120 — Curò, op. cit., pag. 153 e 259. E 

(3) STAUDINGER, Op. cit., pag. 89, 94, 95 — Curò, op. cit., pag. 18, 23, 143.0 “i 

(4) STAUDINGER, Op. cit., pag. 98 e 105 — Curò, op. cit., pag. 148 e 155. g' 


di 

x 

i CLASSIFICAZIONE DESCRITTIVA DEI LEPIDOTTERI ITALIANI 39 
; . 

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corte o medie, pubescenti nei maschi, con palpi assai corti, 
«dei quali l’ultimo articolo è visibile ma corto; hanno testa 
| piecola ed infossata, tromba corta o media, addome liscio, 
ali superiori disposte a tetto inclinato, spesse, intiere, un 
po’ oblunghe; ali inferiori assai sviluppate, pieghettate, sco- 
lorite e senza disegni nella pagina superiore. In genere 
sono poco brillanti e quasi tutti di colore cenerino o gial- 
lognolo, con le linee e macchie generalmente ben segnate ; 
essi volano in grande quantità al crepuscolo, ed. hanno il 
medesimo portamento dei noctuidi, cioè - abbandonando un 
fiore si alzano bruscamente e vanno a cadere con rapidità 
sopra un altro fiore. 

Larve: a sedici zampe uguali, corte, grosse, con testa 
piccola a punti bitorzoluti sormontati di peli rigidi e corti 
- esse vivono sulle piante basse e non sono dannose alla 
agricoltura non attaccando che piante inutili. 

Crisalidi: chiuse in coccie di terra ed interrate (1). 

Il Berce assegna alla tribù delle Caradrinidi quattro 
generi e cioè: Grammesia, Hydrilla, Acosmetia, Caradrina (2), 
tutti quanti considerati dal Boisduval (3). Lo Staudinger ed il 
Curò hanno la stessa classificazione, meno il genere Hy- 
drilla che non è rappresentato in Italia (4). Il Calberla per 
la fauna romana, ecc., non dà che i due generi Grammesia 

e Caradrina (5). Noi per i lepidotteri italiani seguiamo la 
classificazione del Curò e Staudinger portando nella pre- 
sente famiglia i tre generi: Grammesia, Acosmetia, Cara- 
drina. | 

_ TRIBÙ XXVII. — Noctuidi - Insetto perfetto. — Antenne 

. talvolta cigliate o pettinate, tal altra semplicemente pube- 

_ scenti; palpi bene sviluppati coll’ultimo articolo corto, ma 

distinto, tromba corta o media, zampe forti, gambe, special- 
| mente le anteriori, quasi sempre guarnite di piccole spine 


Si osti 


(1) Boispuvat, op. cit., vol. V, pag. 23£ — BERCE, op. cit., vol. III, 
pag. 113. 
(2) BERCE, op cit., vol. IIS, pag. 113 a 124. 
| (3) Boispuvat, op. cit., vol. V, pag. 235 a 24l. 
(4) STAUDINGER, op. cit., pag. 110 a 112. — Coro, op. cit., pag. 159 e 162. 
(5) CALBERLA, Op. cit., pag. 189. 


50) FORTUNATO ROSTAGNO i «& 


e cogli sproni ben pronunziati; ali superiori liscie o lucenti, 
intiere subrettangolari, strette e ricoprenti intieramente le | 
inferiori e incrociantesi pure in parte, ciò che dà all’in- 
setto una forma allungata, a tetto pochissimo inclinato ;/ le. 
inferiori bene sviluppate, pieghettate e colla nervatura me- 
diana decisamente trifida; l’indipendente debolissima e quasi 
rudimentale. fisse 
Larve: a sedici zampe eguali, cilindriche, spesse, rase, |, 
liscie, senza protuberanze, lucenti o vellutate, di colori ge- È 
neralmente scuri; viventi sulle piante basse e che si na- 
scondono tanto sotto le foglie prossime alla terra, quanto — 
nelle radici, od anche in fori o gallerie che esse praticano | 
nella terra. | ; 
Crisalidi: liscie, lucenti, cilindro-coniche, acute all’estre- 
mità posteriore, chiuse in globuli ovoidi, composti, di terra 
o di detriti, ed interrate più o meno profondamente (1). 
Il volo dei noctuidi è rapido; ma un gran numero passa | 
la vita nei crepacci degli alberi, dei muri od aggrappati 


(1) Borspuvat, op. cit., vol. V, pag. 213, 


nf 


NUOVI GENERI E SOTTOGENERI 


DI 


RADIOLARI E BRIOZOI FOSSILI ITALIANI 


Comunicazione del, socio prof. ANTONIO NEVIANI 


Tengo ad onore di presentare alla Società Zoologica Ita- 
liana alcune mie recenti pubblicazioni (1) nelle quali mi occupo 
di briozoi e radiolari fossili italiani. 

In due di essi lavori ho istituito qualche genere e sotto- 
genere nuovo. Credo opportuno farli conoscere alla Società 
Zoologica Italiana, tacendo delle specie nuove che ho do- 
vuto stabilire, specialmente per non pochi radiolari. 

Fra questi ultimi, osservati in numerose sezioni di calcari 
ftanitici del Bolognese, che ritengo T'itonici, per quanto pos- 
sano forse appartenere a terreni più recenti, ho trovato tre 
nuovi generi appartenenti ai RADIOLARI DISCOIDI, che ho chia- 
mati Zrigonodiscus, Staurodiscus e X-astrum, così caratte- 
rizzati: - 

Trigonodiscus. — Discoide con un solo disco centrale 
prolungato in tre braccia vuote e perforate. 

Staurodiscus. — Discoide con un solo disco centrale pro - 
lungato in quattro braccia vuote e perforate. 

X-astrum. — Porodiscide con quattro braccia eguali, a 
simmetria bilaterale, che non formano cioè angolo retto fra 
loro. 

Disposizioni queste che non vennero osservate dall’ Haec- 
kel nel suo magistrale lavoro sui radiolari del Challenger, 


(1) I. Supplemento alla fauna a Radiolari delle roccie mesozoiche del Bo- 
lognese. — Boll. Suc. Geol. Ital., vol. XIX, pag. 645-671, con due tuvole doppie. 
Roma, 1900. 


2. Revisione generale dei Briozoi fossili. Italiani. — I. Idmonee. — Boll. 


Soc. Geol. Ital., col. XIX, pag. 11-25. Roma, 1900. 


3. Briozoi terziari e posterziari della Toscana. — Boll. Soc. Geol. Nak, 
vol. XIX, pag. 349-375, con 6 figure. Roma, 1900. 
4. Briozoi neogenici delle Calabrie. — Palaeont. italica, vol. VI, pag.115-266, 


tav. XVI-XIX. Pisa 1900. 


42 ANTONIO NEVIANI 


nè da altri che dopo l’ Haeckel si occuparono di tali minu- 
tissimi organismi. 


Nello studiare i Briozoari delle Calabrie, i quali som- 
mano alla cospicua cifra di 284 specie, ho istituito un nuovo 
genere ed un sottogenere. 

Il genere Seguenziella, che ho dedicato al defunto pro- 
fessore GIUSEPPE SEGUENZA, diligente illustratore delle faune 
fossili di Calabria e di Sicilia, è separato dal genere Pati- 
nella (BUsK) al quale dal Seguenza era stato ascritto, con una 
delle sue nuove specie, la Patinella Manzonii. 

Un attento esame mi ha dimostrato, che la Patinella Man- 
zonti SEG. non è possibile riferire nè al genere del Busk, 
nè a qualsiasi altro genere conosciuto di Briozoi ciclosto- 
mati, ed è perciò che mì sono deciso creare per essa un 
nuovo genere che viene così caratterizzato ; | 

| Zoario isolato, irregolarmente subconico, le pareti esterne 
formano la base di lamine erette, che disposte a raggi si 
dirigono dal margine della piccola coppa verso il centro, 
senza però raggiungerlo, e mantenendosi l'una dall’altra iso- 
lata ; ciascuna lamina è costituita da una serie di zoeci tu- 
bulosi diritti, intimamente connessi fra loro in una sola serie; 
e raggiungono la superficie libera, presso a poco ad eguale 
altezza, cosicchè questa appare pianeggiante. 

La specie Seguenziella Manzonti (SEG.), proviene dal plio- 
cene di Terreti presso Reggio Calabria. 

Il nuovo sottogenere Monocerina, viene da me aggre- 
gato al genere Microporella, includendovi la Lepralia monoce- 
ros REUSS, che dal Pergens, viene appunto considerata per 
una Microporella. 

A dir vero, fui a lungo sospeso, se dovevo di detta 
specie, crearne il tipo di un nuovo genere, ma mi decisi 
alla fine di seguire l’esempio del Pergens, notando però che 
tale specie si allontana più che ogni altra dalle Microporeto 
tipiche. 

I caratteri di questo sottogenere, o gruppo di Micro parehiii 
sono : 

Zoeci giovani con orificio rotondato in alto, tronco in- 


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NUOVI GENERI E SOTTOGENERI DI RADIOLARI E BRIOZOI FOSSILI ITALIANI 43 


. feriormente; frontale con qualche solco irraggiante ; sotto 
| l’orificio un mucrone, con poro speciale di dubbio valore; 


. nei zoeci adulti esso mucrone si sviluppa enormemente, ri- 
| piegandosi in alto e sorpassando alle volte in lunghezza lo 


| stesso zoecio ; l’orificio allora prende forma inversa, e cioè 


bordo rotondato in basso e tronco di sopra, sempre sormon- 


‘tato dal suddetto poro. 


La specie Microporellu (Monocerina) monoceros (Rss.) è 


| stata rinvenuta dall’oligocene al pliocene, ed è abbastanza 


È 


comune in varie parti d’Italia, e. fuori. 


Roma, 31 gennaio 1901. 


A. NEVIANI. 


IL TASSO (Meles Taxus Pall) NEL TRENTINO 


Comunicazione (riassunto) fatta alla Società Zoologica Italiana 


dal socio AGOSTINO BoNONMI 


Questo Carnivoro era anche in passato abbastanza nu- 
meroso in tutte le valli tridentine. Mai però ebbi campo di 
osservarne le tracce così abbondanti, come nei mesi di 
agosto e settembre del 1900, nelle Giudicarie, ove passavo 
le vacanze autunnali. Era unanime il lamento dei contadini 
per i continui e gravi danni che esso arrecava ai campi di 
patate, di cavoli e specialmente di granturco (Zea mays). 
| Arguisco quindi che il plantigrado, il quale ha tanta af- 
finità cogli Orsi e colle Martore, sia andato in questi ultimi 
anni gradatamente aumentando. 

A tutti è noto che il Tasso sì ciba di Vertebrati, di 
Lombrici, d’ Insetti, ecc., ma esso è un Carnivoro così tar- 
digrado, che ben difficilmente riesce a pigliarsi qualche ani- 
male a sangue caldo. Fa invece devastazioni non insignifi- 
canti nei campi di granturco. Per raggiungere le pannocchie 
s’accavalca alla pianta e la fa piegare al suolo, ove como- 
damente e con gran prestezza ne mangia tutti i grani, I 
nostri contadini gli muovono aspra guerra, ma siccome non 
esce dalla sua tana che durante la notte, non riescono a 
dargli la caccia se non nel plenilunio. Le trappole il Tasso 
le sa evitare con una certa astuzia. Inseguito dal cane che 
lo incalza, si volge col ventre all’insù per dargli coi suoi 
formidabili unghioni delle pericolose zampate, ma intanto il 
cacciatore lo ferisce a morte colla sua forca. Una fucilata a 
pallini ben difficilmente riesce a penetrare sotto il duro cuoio. 
Ogni anno se ne pigliano molti in questa guisa, ma ad onta 
di ciò il Carnivoro porta sempre maggiori danneggiamenti. 

Nei dintorni di Tione vidi impiantati in mezzo ai campi 
certi singolari ordigni così costruiti, che se spira un po’ d’aria, 
producono dei movimenti rumorosi allo scopo di SPARATI 
l’incomodo visitatore. 

I contadini che han mangiata la carne l'hanno trovata più 
saporita di quella del maiale ed in ispecie quella delle zampe. 


Rovereto, nel gennaio 1901. 


lola PI STE. PE de ni 


NOTE ORNITOLOGICHE DELL’ISOLA DELL’ELBA 


(1899-1900) 


pel Dottor GIACOMO DAMIANI 


Comunicazione alla Società Zoologica Italiana 


Dò, come di consueto, un elenco delle più importanti 
osservazioni ornitologiche del distretto dell’Isola d'Elba, oc- 
corsemi nel suddetto biennio, avvertendo che l’ordine siste- 
matico è sostituito da quello cronologico. Alcune specie fu- 
rono già menzionate in altre mie note e le completo con 
nuovi dati e osservazioni nelle presenti; quelle non ancora 
illustrate nelle fiote precedenti sono segnate con (*). 


1899. 


Mergus serrator — g e 2 juv. 5. I, rada di Portoferraio. 
Non ebbi ancora gli adulti, assai rari perchè questa 
specie, come altre di Anatidi, Laridi ed altri acquatici, as- 
sume la livrea d’adulto dopo unlungo periodo di livrea 
giovanile (Collez. Elb. N. 501, 502. Cat.). 

(*) Clangula glaucion — 3 ad. 25.I., Saline di Portoferraio. 
Ebbi questo soggetto in splendido abito dalla cortesia 
del chiaro amico conte Arrigoni degli Oddi il quale ne 
conserva un altro adulto ucciso nell’identica località 
il 9 dello stesso mese. Lo notò per la prima volta nel- 
l’Elenco degli uccelli dell'Elba ove è certo di rara ed 
irregolare comparsa (N. 618 Cat.). 

Machetes pugnax.—3 9. II., Saline di Portoferraio (N. 504 Cat.) 


» Td 4.IV. » (N. 540 Cat.) 

: geo Td EV. 3 (N. 541 Cat.) 
» AO 1V. ° » (N. 551 Cat.) 

» EOIV. » (N. 552 Cat.) 

» — dt 28.IV. » (N. 570 Cat.) 

» i Q 28. IV. » (N. 571 Cat.) 

» gJ'30. IV. » (N. 578 Cat.) 

» q24. V. » (N. 601 Cat.) 

» 24. V. » (N. 602 Cat.) 

ne » > AAA » (N. 606 Cat.) 
». gd 26. V. _» (N. 607 Cat.) 


£6 GIACOMO DAMIANI 


In questa serie di 12 individui sono notevoli special- 
mente quello del 6 febbraio, di assai precoce comparsa, in 
abito perfetto d’inverno, l’adulto del 4 aprile che riveste. 


quasi completa la livrea di nozze, anch'essa precocissima e 


del quale riporto una breve descrizione: i 
Testa e collo di un rosso baio vivace variato di strie. 
violetto splendente. Numerose papille sulla fronte e sui lati 


della testa, rossastre. Coilaretto ampio con penne fortemente è | 


serrate e lunghe baio vivaci con macchie violette splendenti. 
Petto variato di violetto più cupo a riflessi verdi, di nero 
lucente e di bianco; addome e sottocaudali bianchi. Parti 
superiori variate di bruno, di grigio e di lionato a strie e a 
punteggiature irregolari. Becco bruno-gialliecio. Piedi carni- 
cino-giallastri. Iride castagna. Dimensioni proprie dei ma. - 
schi adulti. 

Del Combattente è questa la livrea nuziale più com- 
pleta e fondamentalmente diversa dalle altre pure osservate 
su esemplari dell'Elba, e tra le più rare constatate in 
Italia. 

L'es. del 9 marzo accenna sulle parti infero special- 
mente gola, gozzo e petto, alcuni spazî bianchi velati di 
giallognolo che preludono ad un ulteriore diffondersi delle co- 
lorazioni bianche proprie di alcuni maschi adulti o per dir 
meglio vecchi. 


Il 7 ad. del 26 aprile riveste un abito semi-nuziale assai | 


differente dagli altri da° me osservati, il che prova anche 
una volta l'estrema variabilità della livrea nuziale da indi- 
viduo a individuo. La, testa, il collo, la gola, il gozzo e il 
petto hanno un fondo biancastro con numerose e fitte strie e 
- macchie irregolari nero-violette che sfumano presso l'addome. — 

Alcune femmine, tra quelle suindicate, del maggio, pre- 
sentano vivaci sfumature fulvicce sulle parti inferiori, spe- 
cialmente sulla gola e sui lati del petto. Quella del 24 maggio 
(N. 601 Cat.) ha le parti inferiori decisamente bianche a grandi 
macchie brune marginate di fulviccio. Le dimensioni di que- 
sta g sono normali cioè notevolmente minori di quelle dei È 
maschi anche giovani. 3 

Il chiaro ornitologo romano conte G. Falconieri di Cars 


roi 


der ten” Ma" 


iti cet cinte atte, 


SA 


NOTE ORNITOLOGICHE DELL'ISOLA DELL’ELBA 47 


pegna (1) in una sua breve nota sulle diverse livree dei 
maschi del Machetes pugnax sembra dubitare invece che le 


femmine possano talora assumere colorazioni bianche. 


Appunto perchè localizzata e poco estesa l’area di 0s- 
servazione, stimo assai importante la serie abbastanza nu- 
merosa e varia dei Machetes della Collezione Elbana e tale 
da meritare, pel suo graduale accrescersi, una successiva e 
più accurata illustrazione. 

(*) Cerchneis Naumanni — 9 ad., loc. Carene, 12. II. Specie 
di passo primaverile ma sempre rara. È il primo sog- 
getto che noto (N. 523 Cat.). 

(*) Cyanecula suecica — 3° ad. 16. III, loc. Orti. Ascrivo l’es. 
a questa specie e non alla C. Wolfi per la macchia 
bianca sul mezzo del petto sfumata di fulvo-ruggine, 
forma transitoria non infrequente, intermedia. La mac- 
chia non ha alcun accenno di anello bianco della tipica 
C. suecica orientalis Brehm. (N. 524 Cat.). 

(*) Larus melanocephalus — Due % e un g, adulti, 19. III, 

. Golfo di Portoferraio. 

Dal 19 a tutto il 21 marzo comparve nel Golfo un im- 
menso branco di Gabbiani corallini, di qualche migliaio d’in- 
dividui; apparizione veramente imponente e straordinaria. 

Quasi tutti gli individui erano in livrea completa di 


| primavera. Posati sul mare l’occupavano per oltre un chilo- 
«metro e, disturbati, sì levavano tutti emettendo un vocio stri- 
dulo come di lunghe risa, spargendosi pel Golfo e poi riu-' 


nendosi di bel nuovo. 


» 


Potei averne 3 esemplari veramente splendidi; le due 9 sì . 


‘conservano nella Collezione Elbana (N. 526-527 Cat.); l’altro 


fu da me donato alla Collezione del Museo Civico di Milano 
diretta dal chiarissimo amico prof. Martorelli, il quale mi ri- 
spose essere uno dei soggetti più perfetti tra i molti da lui 


e da altri osservati nel Mediterraneo. 
Il Gabbiano corallino è d’irregolare comparsa e sempre 


di primavera. Dello stuolo suddetto solo alcuni si tratten- 


nero fino agli ultimi di marzo, partendo alla spicciolata. 


(1) Boll. Soc. Rom. per gli studi zoolog., 1893, v. Il, p. 180.81. 


48 GIACOMO DAMIANI 


Cyanecula Wolfi — 3, Prata, 24. III. (N. 529 Cat.), g juv., 
27.. III. {N..535. Cat.) g' juv. 25. IX (N. 648 Cat.). Di 
passo regolare ; più raro d’autunno. 

Pelidna alpina — 2 3 ab. inc. prim. 27. III. Saline di Por- 
toferraio. Avuta anche d’autunno (N. 536, 537 Cat.). 
Totanus glottis — 9 1. IV. Saline di Portoferraio. Di passo 
regolare anche d’autunno, più rara durante l'inverno. 

(N. 539 Cat.). g* ab. inv. 18. IX (N. 635 Cat.). 

(*) Circus Swainsoni — 3 ad. 15. IV. Portolongone. È il 
solo $ ad. della Collezione. Specie esclusivamente prima- 
verile, di passo irregolare, talora numerosa (N. 546 Cat.). 


Totanus ochropus — ® 15. IV. Uccisa nella vasca del parco .. 


della Villa Napoleone a S. Martino. Specie prima assai 

più frequente (N. 547 Cat.). 

_(*) Acrocephalus arundinacens — 3, Prata, 20. IV. Esclusi 

vamente di passo primaverile e scarsa (N. 554 Cat.). 

Puffinus Kuhli Boje — 3 e 9 ad. 21. IV. Golfo d’Acquaviva 
(costa N. dell’Isola) (N. 555-556 Cat.). 

Phylloscopus viridis — 2 g° e 9. 20-22. IV, dintorni di Porto- 
ferraio. Di passo primaverile (N. 558-560 Cat.). 

(*) Melanocorypha calandra — 2 2 22. IV. Mont'Albero. 
Scarsissima nel passo di primavera, rara e irregolare 
in quello autunnale (N. 562-563 Cat.). 


Calandrella brachydactyla — 3° e 2 Mont’'Albero, 26. IV. Di — | 


doppio passo; più frequente in quello primaverile, ma 
sempre scarsa (N. 566-567 Cat.). 

Puffinus anglorum — 3 « Scoglietto », 28. IV. Sedentaria e 
nidificante. Comune in ogni stagione al largo e nel 
Canale di Piombino (N. 568 Cat.). 

(*) Cuculus canorus — 4 es. 3 3 ad. S. Martino e i 
28. IV.;:5.V., 10: -Va(Ns569,-551582“Cat); 

Una ® della var. hepatica loc. Carene 11. V (N. 589 Cat.). 
Specie di doppio, passo, infrequente, specialmente in 
settembre. 

Merops apiaster — 3 ad., Carene, 5. V. Non nidifica; di 


agosto-settembre raro e sempre in stormi a grande al-. 


tezza. N. volg. Acquaiòlo (N. 580 Cat.). 
Ardeola ralloides — ® s. ad., 8. V. Saline di Portoferraio. 


NOTE ORNITOLOGICHE DELL'ISOLA DELL’ELBA i 49 


Specie di passo primaverile regolare, sempre scarsa. 

dl Avuta anche in:giugno nel 1898 (N. 583 Cat.). 

 (*) Sylvia subalpina — Lad. ab. prim., 8: V. « Orti >. Estiva 

È e nidificante (N. 585 Cat.). 

Procellaria pelagica — ® 10. V., darsena di Portoferraio. È 
il quarto es. avuto dal 1896, e il primo nel maggio. È 
noto come all’epoca della riproduzione questa specie si 
inoltri nei seni e nei porti (N. 588 Cat.). 

Aègialitis hiaticula — 3 £ ad. ab. prim., 12. V., Saline di 
Portoferraio. Rara nella livrea perfetta dei due es. ot- 
tenuti. Scarsissima in agosto-settembre (N. 590-591 Cat.). 

Pelidna subarcuata -- 2 9 ab. prim. 15. V; J ab. prim. 24 V.; ‘ 
9 25. V., Saline di Portoferraio. Non in tutte le pri- 
mavere comparisce ugualmente numerosa (N. 593 Cat.). 

Larus Audouini Payr. — 9 ad. ab. est., 16. V., Enfola (N. del- 
l'Isola). Includo nella presente nota questo es. già da 

| me illustrato in altro scritto (1) (N. 595 Cat.). 

Coracias garrula — % ad. 17. V., Carene. Esclusivamente di 

passo dagli ultimi d’aprile alla metà di maggio; sempre 
scarsissima (N. 596 Cat.). 

Hydrochelidon leucoptera — 9 ord. ab. prim. 25. V., Saline 
di Portoferraio (N. 604 Cat.). N’ebbi un identico es. il 
12. V. 1898. Rarissimo d’autunno. 

Scops giu — 3° 4. VII, Fortezze di Portoferraio; nidiaceo 
completamente vestito di piumino bianco-sale (N. 614 Cat.). 

— Strix flammea — J 11. VII, Poggio; nidiaceo in gran parte 

d- vestito di piumino candido (N. 613 Cat.). 

| (*) Athene noctua - meridionalis Schleg. — Y 2 juv., 3. VII, 

9 ‘Forte Falcone. 


i (1) Nuove catture -del Larus Audouini Payr., all Isola d’Elba, « Avicula », 
—' 1901, f. 37-38. 

È «Oltre il $ ad. del 22 dicembre 1900, ora nella Collez. del conte Arrì- 
| gomi ricordato in questa nota sull’ « Avîcula », nel correggere le bozze di 
| stampa ricordo una d' ad., sempre dall’identica località, uccisa il 18 marzo u. s. 
«e da me donato al prof. Martorelli per il Museo Civico di Milano. Il prof. Mar- 
| torelli ha in questi giorni descritto e figurato il raro es. in un suo articolo su 
__« I Gabbiani » su la « Rivista Cinegetica » di Milano ( a. V, n. 20-24). . 

È (2) Sugli Urali e nel Nord della Cina questa specie è surrogata dall’af- 
fine A. bactriana Hutton, che prima comprendevasi in sinonimia dell’A. glaux 
| da cui è oggi ben distinta (Saunpens: Man. of Brit. Birds, 1899, p. 302). 

33 | Bollettino della Società Zoologica Italiana 4 


50 GIACOMO DAMIANI 


Non avevo ancora riscontrato quest importante varietà 


della nostra Civetta, del resto assai rara in Italia, in cai il 


fulvo più o meno vivace rimpiazza il grigio e il brunastro. 


della forma comune dando ai soggetti una facies caratteri- 


stica. Le dimensioni sono, sebbene di poco, minori forse . 


perchè su individui giovani. L’iride giallo-vivace è un poco 


più accesa che nella comune Athene. Il Y presenta le colo- 


razioni fulve del pileo e della cervice assai decise, con miì- 


nute macchiette biancastre; le timoniere fulvo-ceciate assai 


più chiare delle remiganti, con macchie giallicce. Il grop- # 


pone e il sopraccoda fulvo-ceciato con tre piccole macchie 
bianche subrotonde. Le parti inferiori, specialmente l'addome, 
pure fulve ai margini e rugginose al centro delle piume. 


La 2 ha queste colorazioni più intense e adombrate di bru- 
nastro specialmente sulle remiganti e sulle timoniere, il 


pileo e la cervice sono di un fulvo rossigno deciso. Becco 


giallo-limone, azzurrognolo alla base. 
Gli esemplari ottenuti in. Italia più che alla Noctua 


persica Vieilll (Noctua glaurx Savigny, Athene meridiona- — 


lis Br., Carine meridionalis Shell., Carine glaue Sharpe) 
che ritrovasi in Grecia, alle Baleari, in Portogallo, nel Ma- 


rocco in Algeria, Tunisia ed Egitto nonchè in Palestina, 


Arabia e Afghanistan fino all’ Himalaya (Blyth), secondo Sal- 
vadori, Giglioli e Martorelli sono riferibili ad una razza 
intermedia fra questa subspecie meridionale e la comune 
Civetta. Le aree di queste due forme s ’incontrerebbero ta- 
lora in Italia (1). 


La stessa Noctua persica sembra anch’essa una DO 


la cui validità è posta in dubbio dullo stesso Salvadori, 


giacchè alcuni individui delle regioni suddette non presen- | 


tano la colorazione fulvo-rossiccia, in tutto simili alla co-_ 


mune Athene. 


La N. persica è ricordata anche dall’ Irby (Ornith. of 
the Str. of Gibraltar, 1875) da Gibilterra. Controversa è la 
sua presenza nella Spagna. Saunders non ve la menziona e a 
lo stesso Irby dice non ritrovarsi nella limitrofa Andalusia. 


(1) MartoneLLI - Monograf. Ucc. di rap. in It., Milano, (1895) p. 188-189. — 


| 


ni, 
1047 


Pai 


. 


u 


NOTE ORNITOLOGICHE DELL'ISOLA DELL’ELBX 5I 


Degland e Gerbe (Ormnità. Europ., v. I., p. 124) vela dicono 


invece frequente; d'Hamonville (Cat. Vis. d'Europe, 1876, p. 8) 


oltre che dall'Africa = abcanigni ca e dalla Grecia la cita 
dalla Spagna. 

In qualunque modo si voglia considerare la questione 
della subspecie o della razza intermedia per questa fotma 
rossiccia dell’Athene non scema l'importanza della sua pre- 
senza all’Elba ove è rarissima. 

. L’asserzione del prof. Martorelli che i giovani delle due 
razze, com'egli le chiama, (loc. cit. nota) siano assolutamente 


| impossibili a distinguersi fra di loro, mi sembra alquanto 


infirmata dal fatto che i due es. 7 e 9 del Forte Falcone 
erano proprio due giovani, anzi giovanissimi! È assai da du- 
bitarsi che trattisi di giovani della specie comune o della 
così detta varietà settentrionale, i quali, in ogni caso, sono 
ben più scuri degli adulti, senza colorazioni giallastre. Il 


Malherbe (Faun. Ornith. de la Sicile, 1843, p. 44) ricorda 


un es. della Civetta comune, avuto da Genova, riferibile alla for- 
ma meridionale (Chevéche méridion. de Risso) sebbene giovane. 

Anche le circostanze della cattura concorrono a farli 
ritenere giovani: furono infatti scovati colle mani da una 
profonda tana mentre ne volavano via, spauriti, gli adulti, 
di cui mi fu impossibile ricostruire, dal racconto, la loro 
tinta fondamentale. 


(*) Oriolus galbula — < ad., Bagnaia, 10. IX (N. 629 Cat.). 


Il Rigogolo è scarsissimo, specialmente di settembre. 
(*) Phalaropus hyperboreus — 3° s. ad. ab. inv., 13. IX. Sa- 
line di Portoferraio. A rigore di elenco ‘ricordo qui 
| questo accidentalissimo individuo, già altrove - da me 
particolarmente illustrato (1) (N. 632 Cat.). 


 Totanus fuscus — 3 ab. inv., 18. IX. Saline di Portoferraio. 


Raro d’autunno, più frequente di primavera, talora anche 
invernale ma. sempre scarso (N. 636 Cat.). 


È. (*) hRecurvirostra avocetta — J Juv. 23. IX. Saline di Por- 


toferraio (N. 642 Cat.). 


(1) Sul Phalaropus hi Do Lath. all’Is. d’Elba, ete., Atti Si Ligust. di 


| Se nat. e geogr., i. XI, v. XI, (1900). 


52 i GIACOMO DAMIANI 


D’irregolare comparsa e sempre rarissima. È questo il 
primo es. autentico dell’ Elba, per quanto da informazioni 
degne di fede mi resulti che nei primi di giugno del 1884 ; 
una diecina d’'individui si soffermarono per qualche giorno 
nelle suddette Saline, non molestati da alcuno perchè in 
tempo di divieto. In Italia, e specialmente nelle provincie . | 
meridionali e in Sardegna, suole comparire più che in altra 
stagione in primavera. 

(*) Accipiter nisus — J Ss. ad. I. X., 2 j. 13, X. Catturati 
alle reti del mio paretaio ai Da azzini (N. 650-666 Cat.). 


Nel passo RIO è piuttosto frequente. : 
Dafila acuta — 2 14..X., Piano di Mola (Portolongone). Non 


ho avuto ancora gli Et (N. 667.-Cat.). * 

(*) Merula nigra-montana — 2 14 e 25. X., Marciana. Varietà 
non infrequente durante il passo dei Tordi e dei Merli, di- ©’ 
stinta dalle cuopritrici infer. OPROSTURORRRO (N. 680 Cat.). 

Merula torquata-alpestris Brehm -— 9 juv. 24. X., Marciana. 
Il collare è poco distinto e di un bianco ii fuliggi- > 
noso (N. 679 Cat.). 

Tichodroma muraria — gi 26. X., Enfola. Sulle n del 
promontorio omonimo. Oltre che le vecchie fortezze 
predilige le coste brulle e scoscese, ma sempre raro e ©. 
di non facile cattura (N. 682 Cat.). Ì 

(*) Corvus cora — 5. VI., Viticcio. Tre nidiacei appena 
impennati avuti dal nido fra le rupi scoscese della così 
detta Penisola (Viticcio) presso l'Enfola, due 2 e un gy 
che tenni in schiavitù fino, ai primi di novembre, e di 
cui potei constatare il vorace regime onnivoro. Il Corvo 
maggiore è scarso e sedentario all’ Elba e di difficile | 
cattura. Predilige l’alta montagna (N. 685-687 Cat.). | 

(*) Circus aeruginosus — JS. ad., 2. XI., Prata. SOSTA] È 
ai due passi, talora raro (N. 629 Cat.) SI 

(*) Podicipes auritus L. — 3 juv. ab. inv, 6. XI. Saline di' i 
Portoferraio. Specie rara in Italia, rarissimi gli adulti. 
Com'è noto i giovani si confondono facilmente con quelli 
del P. nigricollis; il becco dritto, il tarso più lungo e 
le redini nude roseo-carnicine non mi lasciarono alcun’ | 
dubbio, tanto più che ebbi dipoi due giovani del P. ni- | 


CE 


NOTE ORNITOLOGICHE DELL'ISOLA DELL’ELBA 53 


gricollis coi quali potei confrontarlo. Anche in Toscana 
è raro (N. 690 Cat.). 
Phalacrocorax graculus — 2 juv., 17. XI., Golfo di Portofer- 
raio. Avuto durante.un fortunale. Sedentario all’Elba e 
bo non infrequente nel Golfo. L’iride nei giovani è di un 
3 verde-pisello assai più chiaro che negli adulti (N. 700 Cat.). 
_(*) ZFuligula marila — 3 juv., 19. XI., Saline di Portofer- 
raio. Esemplare giovanissimo cogli zig-zag del dorso, 
scapolari ed ali appena visibili, ma sufficienti a carat- 
terizzarlo. La Moretta grigia, generalmente rara in Ita- 
lia, era registrata dall’ Elba dal conte Arrigoni degli 
Oddi per un Y° pure giovane del 6 dicembre 1893, con- 
servato nella sua collezione (1). Questo è il secondo es. 
Il prof. Angelini ricorda un consimile individuo dalla 
provincia di Roma, ove dice questa specie affatto acci- 
‘dentale, ucciso il 4 novembre 1899 (2) (N. 701 Cat.). 
| (*) Podicipes nigricollis — 2 2 juv. 24, 28. XI.,, Saline di 
Portoferraio. La registro per la prima volta nell’Elenco 
degli Uccelli dell'Isola. Invernale, ma irregolare e scar- 
i sissima (N. 702-710 Cat.). 
_ (*) Fuligula ferina — % s. ad., 4. XI. Saline di Portoferraio. 
Come gran parte degli Anatidi il Moriglione all'Isola è 
di passo invernale e scarso (N. 707 Cat.). 
. Anthus spipoletta — 3 ab. inv. 22. XII,, dintorni di Porto- 
È ferraio. È questo il primo individuo in abito invernale 
| di questa specie piuttosto rara all’Elba. Nel 1898 n’ebbi 
i in marzo g° e 2 in abito di nozze (3) (N. 708 Cat.). 
| Petronia stulta — J\ 2 30. XII. ; Fortezze di Portoferraio. . 
i Dalla colonia ibernante RESA spalti fortificati della città, 
di cui dissi nelle mie note precedenti, ebbi questi altri 
due individui (N. 711-712 SER 


a 


1900. 
| Utamania torda — J juv. Ss Il., darsena di Portoferraio. 
6 9 1; = ai guv.:3s XI. toola di Capraia. La Gazza 


0 (1) « Ormis > t. IX., (1898, p. 238. 
$ GF (2) Bollett. Soc. Zool. It, serie II, v.. I. (1900), p. 246. 
.$ no) Anicala; Note Ornit.. dill’Elba, a. Il, f, 23-24. 


54 GIACOMO DAMIANI 


marina comparve in pochi individui, rarissimi gli adulti 
(N- 713 Cat.). i 0] 
(*) Lusciniola melanopogon — J ad., 25. II. Catturato in una 
| stanza adiacente a un giardino di città. Primaverile e. 
piuttosto raro nei luoghi acquitrinosi (N. 714 Fat: 
Tichodroma muraria — 3 ab. inv., 26. 1I., Forte Inglese. 
Già ricordato per l’anno precedente (N. 715 Cat.) 
Botaurus stellaris — ® ad. 15. III, Prata. Per lo più qual- 
che individuo si vede in Aprile; non l’ho mai riscon- 
trato autunnale (N. 724 Cat.). 
(*) Fuligula cristata — <® s. ad. 8 IV. Uccisa inrada. Forse 
di doppio passo regolare ma sempre scarsa (N. 726 Cat.). 
Phalacrocorax graculus — 3° ad., 23. III, Golfo di Portofer- 
raio. Riveste la livrea quasi completa ma senza ciuffo. 
T.o donai all'amico conte Arrigoni degli Oddi per la sua. 
Collezione Italiana. e 
Cerchneis vespertinus — 3g ad. 21. IV., Punta Arena. La Col- 
lezione Elbana aveva solo un es. dell'aprile 1897 (1).. 
Esclusivamente di passo dagli ultimi di aprile ai primi 
di maggio, ma scarsissimo e irregolare (N. 730 Cat.). i 
Machetes pugnax — 3° ad. 20. IV, 2 17 IV., Saline di Portofer- 
raio. Il J° ad. che arricchisce la buona serie dei Mache- 
tes dell'Elba, presenta colorazioni bianche, diffuse ma: 
non purissime, sulla testa, collo, gola, gozzo e petto. Ras. 
somiglia al bellissimo es. segnato al N. 336 del 9, V. 1898, 
ma le penne del collaretto sono poco sviluppate e nume- 
| rose le macchie e le strie nerastre (N. 731-732 Cat.). 
Acrocephalus- arundinaceus — 3° 9 20, 30. IV, Prata. Già |. 
ricordato nelle note precedenti (N. 735-743 Cat.). 
Oriolus galbula — 3 ad., 30. IV., dintorni di Portoferraio. | 
Mascnio splendido (N. 140 Cat). d 
Corvus corax — J'ad. 30. IV., Viticcio. È il primo adulto VA È 
in carne, dall’ identica. località dei tre nidiacei di cui 
dissi nella nota precedente. (N. 746 Cat.). N’ ebbi un i 
altro 9 ad. 18. X. da un’altra località (N. 756 Cat.) ge 
Ardeola ralloides — 3° s. ad., 30. IV., Saline di Portoferraio. 


(1) Avicula, Note Ornit. dall’Etba, a. Il., f. 12. 


NOTE ORNITOLOGICHE DELL'ISOLA DELL’ELBA 55 


Regolare di primavera ma sempre scarsa e unicamente 
E nelle Saline. Ne ho in Collezione una buona serie (N. 744 
Bo Cat. 
i Larus cachinnans — 2 ad. 13. IV., Piano al Gorgo (costa Sud- 
Sd . Est dell'Isola), (N. 128 Cat.). g ad. 20. VI. Golfo di Por- 
toferraio. Sono due splendidi adulti di questa specie fre- 
quente e sedentaria che ho aggiunto alla numerosa serie 
della Collezione Elbana (N. 747 Cat.). 
| (*) Hydrochelidon nigra — 2 juv. 27, 28. VIII., Enfola e Saline 
di Portoferraio. Di agosto-settembre compariscono indi- 
vidui giovani ma sempre in scarso numero; qualche 
adulto vedesi in aprile-maggio. (N. 748-749 Cat.). 
«Falco peregrinus — % s. ad. 10. IX., Enfola. Sedentario ma 
in rari individui sulla regione montagnosa -e più aspra. 
Fu preparato per un privato. 
Lanius minor — % juv. 14. IX. Alle reti del mio paretaio 
ai Magazzini. Estivo ma non nidificante ; più frequente 
@ in agosto- -settembre (N. 750 Cat.). 
è 0) Merula torquata L. — J ad. ab. iuv., 17. X., Marciana. 
E il primo individuo autentico di M. torquata assai più 
raro e ben distinto dalla M. alpestris, di cui ho alcuni 
es. coi quali agevolmente lo potei confrontare. La per- 
‘centuale della vera M. torquata è minima in tutta Italia 
in confronto di quella della M. alpestris (N. 753 Cat.). 
— Merula torquata-alpestris Brehm — g juv. 21. X., Marciana. 
_ Simile all’es. indicato nelle note dell’anno prgugdento: 
« .. Imautunno qualche individuo sempre comparisce me- 
È —_—scolato a Tordi e Merli (N. 755 Cat.). 

Eb musicus (Isabellismo) — Y 29. X., Marciana. Soggetto 
interessante. Tutte le parti "ARA di. un fulvo-dorato 
‘con lieve ombreggiatura olivastra; le ali e la coda ce- 
ciate; gola e gozzo bianchi; seo, di un ceciato chiaris- 
simo che vela, rendendole poco evidenti, le caratteri- 
stiche macchie cuoriformi; addome e fianchi bianchi con 
debole sfumatura ceciata. Iride e becco normali, piedi 
carnicini. L'isabellismo è în questo un po’ meno accen- 
_ tuato che nell’altro es. del 13. X. 1895 conservato nella 
| Collez. Elb. (N. 10 Cat.) e di cui feci menzione a suo 


56 GIACOMO DAMIANI 


tempo (1). È il secondo tordo isabellino dell’ ultimo quin- 


quennio (N. 757 Cat.). 

Merula nigra (albinismo parziale) — J 19. X., Marciana. 
Sul fondo nero specialmente del petto e dei fianchi rade 
chiazze bianco-sale (N. 754 Cat.). i 

Merula nigra (colorazioni rugginose) — ® 10. XI., Marciana. 


Le timoniere sono di un castagno rossiccio simili a quelle 


dell’usignuolo; le remiganti e le cuopritrici formano sul- 
l'ala come due fasce contigue di un rossiccio che diviene 
più scuro sulle remiganti (N. 759 Cat.) 


Accipiter nisus — g' ]juv., 6. XI., g° ad., 10. XI. Come quelli. 


dell’anno precedente PA chiturati al mio paretaio. 
Il g ad. presenta le caratteristiche barre delle parti 
inferiori rugginose, ed è di un terzo più piccolo del gio- 
vane (N. 758-760 Cat.). i 


Védicnemus scoloparx — J' juv., 15. XI., S. Giovanni. L’Oc- 


chione è sempre scarso ai due passi ma più raro in 


quello autunnale (N. 761 Cat.) 


Mergus serrator 3° ad., 3. XII., Saline di Portali Non. 


è un adulto ne rfenaai ma assai avanzato; così il 
dorso e le scapolari non sono interamente di un nero 


intenso ma a grandi macchie di questo colore, il petto 
è lionato colle macchie caratteristiche dell’ adulto; il 
vertice porta un ciuffo rossastro a riflessi verdi assai 
sviluppato; addome e sottocaudali del colore che Degland 


e Gerbe caratterizzano jaune beurre frais. È il primo. 
adulto tra i molti giovani osservati in questo quin- 


quennio (N. 764 Cat.). 


Riassumendo, durante gli anni 1899-1900 avemmo di no- 


NE 


tevole: Fra le specie rare o di comparsa accidentale: Clangula 


glaucion, Larus melanocephalus, Procellaria pelagica, Larus 


Audouini, Phalaropus hyperboreus, Recurvirostra avocetta, 


Fuligula marila, Podicipes, auritus; tra le meno rare ma 


sotto certi rispetti notevoli: Cyanecula suecica, Cerchneis Nau- 
manni, Circus Swainsoni, Melanocorypha calandra, Coracias. 
di f 


(1) Bollett. del Natural., a. XV, p. 26. 


"A 
k- 


NOTE ORNETOLOGICHE DELL'ISOLA DELL’ELBA 57 


3 garrula, Ardeola ralloides, Hydrochelidon leucoptera, Merula 


— torquata e alpestris, Tichodroma muraria, Corvus corax, An- 


thus spipoletta, Lusciniola melanopogon, Cerchneis vespertinus, 
Falco peregrinus, Utamania torda, Phalacrocorax graculus, 
Podicipes mnigricollis. 

In livrea perfetta o comunque notevoli per l’ abito, 0 


© perchè presentanti anomalie di colorito, noto: Machetes pu- 


gnar, Circus Swainsoni (3 ad.) Cuculus canorus (var. hepa- 


tica), Aégialitis hiaticula, Pelidna subarcuata, Hydrochelidon 


leucoptera, Merula nigra (var. montana, ed altre colorazioni), 
Phalacrocorax graculus (g. ad), Turdus musicus (isabellino), 


 Mergus serrator (3 ad.), Athene noctua-meridionalis. 


Notevole il passo del Cuculus canorus nel maggio, il Ma- 


chetes pugnax in abito invernale dei primi di febbraio, la Pro- 
cellaria pelagica in maggio, il passo dell’Accipiter nisus in 


ottobre e dei 7urdus e Merula nell'autunno 1900. L'Utamania 
torda fu scarsissima. 


NOTA. — Per gentile condiscendenza dell’ amico, aggiungo alle specie su 
riferite pel 1899-1900 queste poche, ma tutte interessanti avute dall’Is. d’Elba 
dal prof. conte Arrigoni degli Oddi che me le comunicava per lettera, durante 
il 1899, e conservate nella sua Collezione di Ca” Oddo: 

(*) Pernis apivorus, d° ad., 5. V. 1899. — Monte Capanne. Indiv. comple- 
tamente adulto colle parti inferiori bianco-giallette per intero invece che a mac- 
chie allungate bruno-rossastre e le sbarre pure rossastre sull’ addome e sotto- 


— caudali. Nuovo per l’Elba e perciò mancante nella Collezione Elbana. 


Anthus cervinus, 29. 1V. 1899. c° ad. ab. pr. — Portoferraio. La Pispola 


- gola-rossa non è rarissima ma irregolare e sempre d’aprile. Più numerosa com- 


parve nell’aprile 1898 e ne ebbi 3 g° ed una £ per la Collezione Elbana. 

(*) Glareola pratincola, £. ad., 6. V. 1899. — Non è indicata la località, 
ma certamente proviene dalle Saline di Portoferraio. La noto per la prima volta 
per l’Elba ove poi la sua comparsa in maggio non è invero straordinaria. 

Squatarola helvetica, £ ad., 3.. 5. 1899. — Loc? Anch’ essa certamente 


. dalle Saline di Portoferraio. Riveste quasi interamente. l’abito invernale eccet- 


| tnate poche penne nere sul centro del petto e deli’ addome; lati del collo e 


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gola con maccehiette piccole, scure. Ricordo l’ad. della Coll. Elbana dell’ 8. V. 
1898 nella rara livrea perfetta di primavera. 

(*) Actodromas Temmincki, 9 ad. ab. inc. pr., 5. V. 1899. — Saline di 
Portoferraio. Assai raro, frammisto all’Act. minuta. 

(*) Hydrochelidon hybrida, $ ad. ab. pr., 22. V. 1899. — Saline di Por- 
toferraio. È il più raro dei Mignattini. Manca nella Collezione Elbana. © 


NE - Portoferraio, aprile 4901. 


OSSERVAZIONI 


sulla struttura dell’ Ectoderma dei Ctenofori 
del Dott. GIUSEPPE CURRERI i i 


(Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana). 


Il presente lavoro è tratto dalla mia tesi di laurea, dal 
titolo: « Contribuzioni alla conoscenza dei Ctenofori compa- 
renti nel porto di Messina », da me cominciata nei primi 
del 1897 e nel giugno dell’anno seguente presentata alla 
Commissione esaminatrice, come ho detto in un altro lavoro 
tolto dalla medesima (1). Da allora ho dovuto interrompere 
le mie ricerche, e convinto oramai della difficoltà di conti- 
nuarle, mi decido alla pubblicazione di quella parte, che si 
riferisce all’ Ectoderma, ritenendola non priva d’un certo 
interesse. 


L’Ectoderma nei Ctenofori riveste tutta la superficie 
esterna del corpo e quella parte dell'apparecchio gastro- 
vascolare distinta col nome di stomaco. Dà origine ad organi 
di diversa natura e di grande importanza, quali lo Stomaco, 
già menzionato, il Corpo sensoriale, le Striscie meridionali 
ed i Tentacoli (per lo meno al loro rivestimento esterno). 

Parlerò prima dell’Ectoderma che in generale riveste la 
superficie esterna del corpo e la cavità stomacale: 

Tipicamente, come nell’ Hormiphora, Eucharis, ecc., vi 
si distinguono due strati, uno, esterno, epiteliale, uno, interno, 
muscolare. 

Hertwig (2) ne aggiungerebbe un terzo di ian ner- 
vosa, costituito da cellule gangliari multipolari, dai prolun- 
gamenti anastomizzati tra loro in modo da costituire. una 
specie di rete a larghe maglie. Di questo plesso nervoso, 


(1) Curreri, G. — Osservazioni sui Ctenofori comparenti nel perio di Mes- 
sina. Boll. Suc. Zool. It. Fasc. HI e IV, Anno IX, 1900. % 
(2) HerTwIG, R. — Ueber den Bau der Ctenophoren. Jen. REA: f- Na-; 


turwiss. 14 Bd. 1880. 


OSSERVAZIONI SULLA STRUTTURA DELL'ECTODERMA DEI CTENOFORI 55) 
come egli lo chiama, ammesso anche da Chun (1) nella sua 
- classica Monografia ed ultimamente da Bethe (2), nè da Sa- 
massa (3), nè da me è stata trovata alcuna traccia. Bethe 
aggiunge che questo plesso nervoso si colora bene col ble 
di metilene, ma nè l’ Hormiphora, soggetto delle loro osser- 
vazioni, nè gli altri Ctenofori da me studiati me ne hanno 
dato la conferma. Ho da notare solamente che le fibre da 
Bethe descritte e figurate oltre la rete gangliare di Hertwig, 
m’hanno invece l'apparenza delle fibre muscolari da me tro- 
vate nella stessa Hormiphora, non però così rade come egli le 
rappresenta, ma, come dirò in seguito, numerosissime e serrate. 


Strato epiteliale. 

Lo strato epiteliale è costituito da un solo strato di cel- 
lule, ed è separato dallo strato muscolare, dove esso esiste, 
da una membrana di sostegno, anista e d’uno spessore sempre 
molto piccolo, per quanto variabile nelle singole specie, su 
cui s'impiantano le cellule. Queste terminano sempre libera- 
mente ed a volta, quando sono integre, di modo che la su-_ 
perficie libera dell’epitelio mostrasi sempre ineguale, ed a ciò 
‘contribuisce molto anche la grandezza variabile delle cellule 
che lo costituiscono. 

Samassa descrive una membrana Pticutàre continua che 
| limiterebbe all’esterno l’epitelio, essa però non esiste mai. 
Qualche volta, è vero, ho osservato qualche cosa d'analogo, 
ma gone sì trattava di quel leggiero strato di muco 
secreto dall’epitelio stesso e che generalmente aderisce al- 
l epitelio. | 

Nelle specie di Ctenofori da me late studiate 
(Hormiphora plumosa, Ag.; Pleurobrachia rhododactyla, Ag.: 
a rhodopis, Chun; Callianira bialata, D. Chiaje; 


1) Cnun, C. — Die Clenpphores des Golfes von SARCA: Fauna und Flora 
des Golfes .v. Neapel, Leipzig, 1880. 
(2) Berne, Agr. — Der subepiteliale capital ar der Ctenophoren. Biol. 


. Centrbl. 15 Bd. No. 4 


us (3) SAMASSA, P. — Zur Histologie der Ctenophoren. Arch. f. mikr. Anat. 
i A0 Bd. . 


60 GIUSEPPE CURRERI 


Callianira Ficalbi, mihi (1); Eucharis multicornis, Eschsch. ; 
Cestus Veneris, Lesuer; Beroe ovata, D. Chiaje) questo strato 
è differenziato nei seguenti elementi: Cellule glandulari, 
C. pigmentali, C. vibratili e C. munite di setole. 

Samassa nega l’esistenza di queste ultime e ritiene che 
le setole siano una produzione di uno speciale tessuto, ch'egli 
pretende d’avere scoperto nei Ctenofori e che chiama Tes- 
suto interstiziale (interstitielle Gewebe), del quale vengo 
a dire. 

Il detto A. tra le cellule glandulari, che in massima 
parte costituiscono l’epitelio dei Ctenofori, descrive una rete, 
molto robusta ed estesa, d’un tessuto che avrebbe perduto 
la natura epiteliale per assumere, almeno funzionalmente, 
quella del tessuto connettivo, 

« Il più alto sviluppo, egli dice, di questa differenzia- 
zione si presenta nella Beroe e nel Cestus, in cui il carat- 
tere connettivale del tessuto interstiziale presentala più bella 
conferma, nella sua struttura fibrosa ». Esso conterrebbe nu- 
merosi nuclei sparsi senza ordine, qualche volta posti l’uno 
sull’altro, onde, escludendo questo fatto, sempre secondo S., 
l'ipotesi che possa trattarsi d’un epitelio cilindrico, egli 
pensa « che i nuclei stiano colle striscie fibrose all’ incirca 
nello stesso rapporto, come nei vertebrati i nuclei del tes- 
suto connettivo stanno a questo. Nondimeno non è da esclu- 
dere l'ipotesi che .si tratti di cellule aghiformi o stellate tra 
loro strettamente incollate ». Aggiunge che questo tessuto 
non avrebbe perduto la facoltà di produrre granuli come le 
cellule glandulari vere e proprie. Il detto tessuto sarebbe 
molto ridotto nello stomaco di tutti i Ctenofori da lui stu- 
diati, dove sarebbe costituito da cellule molto ramificate, i. 
cui prolungamenti riempirebbero gli spazi esistenti tra le 
cellule glandulari. CAT | 

Io però in numerose osservazioni eseguite principalmente 
nella Beroe e nel Cestus, poichè secondo Samassa, e come 
sopra ho riportato, in questi animali si avrebbe il più alto 
differenziamento di questo tessuto, ho dovuto convincermi 


(4) Curreri, G. — Lavoro cit. 


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CURRERI &. — Osservazioni sulla struttura dell’ectoderma dei Ctenofori. 


Boll. Soc. Zoologica Italiana. Fasc. I-II, Serie II, Vol, II, Anno X, 1901. 


OSSERVAZIONI SULLA STRUTTURA DELL’ECTODERMA DEI CTENOFORI (61 


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che quando l’epitelio è in buono stato di conservazione, sia 
, esso fresco o fissato con formalina, che ho trovato utilissima 
nello studio di questi animali, sì mostra del tutto costituito 
da cellule poligonali e strettamente pigiate tra loro da esclu- 
— dere ogni idea di tessuto interstiziale, come del resto lo stesso 
A. dice d’avere osservato qualche volta nel Cestus e come lo 
. descrive sempre ai lati delle palette in tutti gli Ctenofori da 
| lui studiati. Questo ultimo fatto spiegasi colla protezione del- 
i l’epitelio dagli insulti esterni, operata dalle palette stesse. 
Anche allo stato fresco ho potuto vedere che quella 
specie di rete, che può contenere granuli, di cui parla Sa- 
| massa, è di struttura omogenea, e non fibrosa, solo alla super- 
| ficie (Fig. I, Beroe), mentre nello strato profondo essa mostra 
più o meno nettamente dei contorni cellulari (Fig. II). Ed esa- 
minando lembi di epitelio opportunamente piegati si vede chia - 
ramente che i granuli che trovansi nel preteso tessuto inter- 
cellulare sono estracellulari e trovansi immersi nel secreto 
mucoso che, come ho avanti accennato, colma le lacune e le 
differenze di livello esistenti tra le varie cellule glandulari 
(Fig. III). 

Lo stesso posso dire per l’epitelio rivestente la cavità 
stomacale, chè quelle formazioni da Samassa descritte come 
cellule ramificate di natura connettivale non esistono affatto 
in preparati ben conservati. Mi sembra invece molto proba- 
bile che S. abbia preso per normale una struttura dovuta 
ad alterazioni che avranno potuto prodursi per inadatti me- 
todi di fissazione. Difatti, fissando col liquido di Pereny, 
non solo dall’epitelio che riveste la cavità stomacale, ma . 
4 . anche da quello che riveste la superficie esterna del corpo 
della Lampetia, ho ottenuto dei preparati che mirabilmente 
concordano colla descrizione e colle figure che il detto A. 
ci dà dell’epitelio stomacale della Beroe ovata, il che non 
avviene fissando con acido cromico o colla miscela cromo- 
osmica di Lo Bianco. , 

Come nota Samassa, anche Chun accenna a questo pseudo 
| tessuto interstiziale, che questi chiama « Zwischensubstanz » 
senza però attribuirgli l'importanza datagli da S. Che nell’epi- 
telio dei Ctenofori si possano osservare dei granuli non in 
diretta relazione coi nuclei è stato Suono notato da Chun. 


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62 GIUSEPPE CURRERI 


CELLULE GLANDULARI. — Due, con Chun ed Hertwig, 
credo siano le specie di cellule glandulari esistenti in generale . 
nell’Ectoderma dei Ctenofori; solo nel Cestus se ne trova 
una terza, che pei suoi peculiari caratteri è meglio descri- 
vere a parte. Io le chiamerò : Cellule glandulari splendenti 
(Glanzzellen, Chun; Deckzellen, Hertwig) e Cellule glandu-- 
lari granulose (Kòrnerzellen, C. H.). ; 

Non sempre allo stato fresco è possibile distinguere le 
due specie di cellule; le differenze si rendono però ben ma- 
nifeste se si esamina un lembo di epitelio fissato colla mi- 
scela cromo-osmica e colorito con Safranina. Allora il con- 
tenuto delle C. g. splendenti, che sono quelle che possono. 
raggiungere le maggiori dimensioni, acquista una tinta aran- 
ciata, mentre quello delle altre assume una colorazione rossa. 
Oltre che pel colore si distinguono molto bene, almeno quelle 
mature, per la struttura del contenuto, che nelle prime è 
omogeneo ed attraversato da rari cordoni di sostanza proto- 
plasmatica, che dànno loro Vaspetto d’un mosaico, mentre 
nelle altre è più o meno fortemente granuloso. 

Anche col Carmallume, Paracarmino, Ematossilina di 
Delafield, ecc., queste differenze si rendono evidenti, come già 
osservarono Chun ed Hertwig. 

Non di tutte le cellule glandulari, però, come ho già 
notato, si può sempre dire a quale categoria appartengano, 
e ciò avviene per quelle che non sono ancora entrate 
in attività di secrezione. Perciò ho creduto bene distin-. 
guere tre stadi di attività in queste. cellule: Nel primo 
stadio esse hanno caratteri di somiglianza tali da non per- 
mettere alcuna distinzione; nel secondo, il citoplasma delle . 
future C. g. granulose si mostra ricco di granulazioni più o 
meno fini, ge nelle future C. g. splendenti la secrezione 
comincia in un punto isolato del cipiasima ed ha la forma. 
d'una piccola vacuoia che aumenta continuamente di volume; 
nel terzo stadio le cellule sono completamente mature DE 
hanno i caratteri sopra descritti. 

Che invero nei Ctenofori si abbiano due specie di cellule 
glandulari ho potuto riscontrare anche dall'esame del muco 
che s ‘accumula. alla ROPOZARIO del corpo di questi animali, 


- 


OSSERVAZIONI SULLA STRUTTURA DELL’ECTODERMA DEI CTENOFORI 63 


« quando siano stimolati, e che si può anche trovar libero nei 
| vasi in cui essi abbiano dimorato un certo tempo. In un 
esame a fresco, in mezzo ad una sostanza omogenea si osser- 
| vano non difficilmente dei granuli simili a quelli delle cellule 
 glandulari granulose, colorando il detto muco con Safranina 
. la massa fondamentale si colora in arancio, ed i granuli in 
rosso, come rispettivamente si osserva nelle C. gl. splendenti 
e granulose. 
Da qualche autore fu tentata una unificazione di questi 
«due tipi di cellule. 

Così Eimer (1) nell’ Epitelio stomacale della Beroe de- 
scrive le cellule gl. granulari -e le splendenti. come stadi 
| diyersi d’attività d’una stessa specie di glandule. Samassa 
| poi ha esteso questo concetto a tutti i Ctenofori e stabilisce 
una sola specie di cellule glandulari, che si possono presen- 
tare principalmente sotto tre aspetti a seconda dello stadio 
d’attività, come segue: 

Nel primo stadio, ch'egli chiama stadio a, il contenuto 
delle cellule si presenterebbe granuloso (tra queste compren- 
. dendo le cellule fluorescenti di. cui mi occuperò in seguito), 
. stadio che corrisponde alII delle C. g. granulose, da me sta- 
 bilito; nel' secondo, stadio b, il contenuto delle cellule sarebbe 
diviso in grandi zolle poligonali, stadio che corrisponde alle 
mie C. g. splendenti mature; nel terzo, stadio c, le cellule 
- conterrebbero dei granuli molto grossi, come le cellule da 
me indicate quali C. gl. granulose mature. 

Le considerazioni da me fatte sopra, riguardo alle di- 
Verse specie di cellule glandulari, mostrano, in parte, come 
| sia erronea ed artificiosa questa distinzione; altre obbiezioni 
| potrei fare, ma mi limito a questa sola, cioè, che’ non è af- 
| fatto naturale che il contenuto di secrezione vari così di . 
| proprietà chimiche, che nel primo stadio abbia una spiccata 
| affinità pei colori nucleari, mentre nel secondo non si colo- 
| rirebbe affatto, o quasi, con questi, e nel terzo torni a colo- 
- rirsi nello stesso modo e grado del primo. 
._ CELLULE FLUORESCENTI. — Sono peculiari cellule glandu- 


(1) Eimer. — Zoologische Studien auf Capri. — I. Beroé, Wurzburg, 1875. 


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64 GIUSEPPE CURRERI “ Ò 


lari scoperte da Chun (Fluorescenzzellen, irisirenden Zellen) 
nel Cestus Veneris, per le quali quando l’animale è stimolato, 
alla superficie del corpo si manifesta una dolce e magnifica 
tinta che varia dal. verde bluastro all’oltremare. Queste cellule 
hanno contorni irregolari ed un contenuto finamente granu- 
loso, giallastro e di splendore cereo a luce trasmessa (come 
dice Hertwig), verde bluastro ad oltremare a luce incidente. 

Il nucleo tondeggiante è situato alla base delle cellule. 

Queste cellule si colorano: appena coll’Ematossilina, in 
verdiccio col bleu di Metilene, come dice Samassa, ed in 
rosa col carmino boracico. 

Un po’ differenze è la descrizione degli altri osservatori 
da me spesso citati; così Chun ed Hertwig credono che il 
contenuto di queste cellule sia omogeneo, Samassa aggiunge 
che qualche volta si presenta anche granuloso e che sia 
molto rifrangente la luce; Chun poi, crede che il nucleo possa 
presentarsi ramificato. Pel modo di colorarsi, per la strut- 
tura del contenuto e perchè alle volte credette di vedervi 
un principio di frastagliamento, simile a quello del C. gl. 
splendenti, Samassa afferma che esse corrispondono, come 
ho già accennato, al primo stadio delle sue cellule glandu- 
lari, non solo, ma che la fluorescenza sia comune a tutte le cel- 
lule glandulari del Cestus in tutti gli stadi di attività. A soste- 
gno di questa sua affermazione asserisce di avere osservato la 
fluorescenza anche in punti in cui mancavano le cellule 
fluorescenti. 

Ripetute osservazioni però mi permettono di affermare sicu- 
ramente con Chun ed Hertwig, che la fluorescenza è un feno- 
meno particolare di queste cellule. Una prova poi, che queste 
sono, contràriamente all'opinione di Samassa, cellule glandulari 
mature, si ha nella fluorescenza del muco che l’animale ab- 
bandona nei vasi in cui lo si tiene. Infine il fatto ‘affermato — 
da Samassa, che in punti in cui mancavano assolutamente 
queste cellule, pure ha potuto osservare la fluorescenza, po- È 
trebbe spiegarsi, ammettendo che, pei movimenti serpenti | 
formi dell'animale, parte della sostanza escreta dalle cellule 
fluorescenti può fermarsi anche in regioni prive di queste 
cellule e renderle fluorescenti. x 


OSSERVAZIONI SULLA STRUTTURA DELL'ECTODERMA DEI CTENOFORI 65 


CELLULE PIGMENTARIE. — Si presentano, nelle specie 
che ne sono munite, sotto due aspetti, o poligonali o irre- 
golari. Le prime si trovano nella Callianira bialata, rag- 
gruppate in numero variabile, ad occhio nudo visibili come 
macchiette puntiformi d’un rosso rubino, sparse su tutta la 
superficie del corpo. Si trovano anche nelle larve della 
Pleurobrachia rhodopis da me scoperte. 

In queste cellule la sostanza colorante è diffusa sotto 
forma di minutissimi granuli, per tutto il citoplasma, e poi- 
chè la membrana cellulare è incolora, nelle macchie pigmen- 
tarie i contorni poligonali delle cellule spiccano in chiaro. 
Il nucleo, piccolo, incoloro, è distinguibile come un’aria cir- 
colare più chiara situata indifferentemente nel citoplasma. 

L'altra forma di cellule sparse in gran copia non solo 
nell’Ectoderma, ma anche nell’Entoderma della Beroe ovata 
e B. Forskalii, specialmente quando sono mature, ha la forma 
delle cellule cromatofore nere della pelle degli Anfibi, e pare 
che, come queste, possano allungare od accorciare i loro pro- 
lungamenti. Anche qui la membrana cellulare è incolore e 
la sostanza colorante, rossastra, è diffusa riccamente in 
forma di granuli pel citoplasma incolore. 

Anche in queste ho osservato il nucleo del quale non 
trovo accenno negli altri autori. 

CELLULE VIBRATILI. — Sotto questo nome (Flimmerzel- 
len) sono state descritte tanto le cellule munite di ciglia 
numerose quanto le flagellate, io ho creduto meglio distin- 
guerle con nomi differenti e di comprendere in questa ca- 
tegoria anche le cellule lancettiformi: 

a) Cellule ciliate: Trovansi al margine labiale delle 
due Beroe. Hanno una forma cilindrica ed a mezza altezza 


| presentano un grosso nucleo di forma ovale; all’estremità 


libera portano un gran numero di ciglia lunghe più della 
metà della lunghezza delle cellule. 

b) Cellule flagellate: Sono comuni nella cavità stoma- 
cale dei Ctenofori. Hanno forma cubica o cilindrica ed in 
un punto della loro superficie libera portano un flagello che 


| può raggiungere persino due volte la lunghezza delle cel- 
 lule. Il loro nucleo è ovale o rotondeggiante e situato verso 


Bollettino della Società Zoologica Italiana i 5 


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66 GIUSEPPE CURRERI 


il mezzo delle cellule. Il flagello, come ha dimostrato Hert - 
wig ha una struttura fibrosa, che appare evidente in tessuti 
macerati con una soluzione di Picrocarmino. 

c) Cellule lancettiformi: Questa particolare forma di cel. 
lule trovasi nelle così dette labbra buccali dei Beroidei e fu 
per primo descitta da Wagener (1). Generalmente hanno una 
forma romboedrica colla superficie libera ispessita a mo’ di 
cuticola e sormontata, nella parte rivolta verso il polo orale, 
da un robustissimo ciglio cilindrico piegato in forma di scia- 
bola, col lato concavo rivolto verso il polo orale. L’apice 
di questo ciglio, di struttura fibrosa, come lo stesso Wa- 
gener ha dimostrato, può presentarsi arrotondato o scabroso, 
come se rotto. Il protoplasma cellulare, che mi sembra omo- 
geneo e non granuloso, come dice Chun, contiene un nucleo 
tondeggiante più o meno avvicinato alla base della cellula. 

Questa descrizione, salvo qualche leggera variazione, 
concorda con quelle di Chun e di Hertwig, non così con 
quella di Samassa, quasi del tutto differente e, secondo me, 
piena d’inesattezze. io non mi fermerò molto a commentarla, 
poichè in generale basta confrontare ia sua descrizione, che 
mi piace di riportare, colla mia e con quanto ho detto prima 
pel tessuto interstiziale, per rilevarne le inesattezze: 

« Il comportamento delle ciglia coll’epitelio è molto più 
complicato che non si sia creduto finora. Se si osserva un 
frammento d’un epitelio così fatto, si vedono in esso nu- 
merose cellule glandulari senza che perciò su di esse sia ‘ 
minimamente interrotto il rivestimento di ciglia. In sezioni 
trasversali (Fig. 15) si vede la struttura tipica dell’epitelio 
stomacale, quella specie di rete del tessuto interstiziale in 
cui giacciono le cellule glandulari. Le ciglia vi si compor- 
tano in modo che l’estremità assottigliata della placca lan- 
cettiforme (corrisponde all’ispessimento cuticolare da me de- 
scritto) si piega e penetra nel tessuto interstiziale (Fig. 5 
i G); spesso si vede questa parte affondata della placchetta 
vicino ad un nucleo schiacciato ed allungato. L’estremità 


(1) WaceNER. — Ueber Beroe und Cydippe von Helgoland. Nel « Muller’s 
Archìv », 1886. 


SENT CTER RI A Pe ERA: bce TA i 


OSSERVAZIONI SULLA STRUTTURA DELL'ECTODERMA DEI CTENOFORI 67 


» 


— larga su cui giace il ciglio copre le cellule glandulari (che 


invece sono î corpi delle cellule lancettiformi e non si può 
affato dire che abbiano struttura glandulare) il cui secreto 


| si presenta tra le placchette. 


Dell’esattezza di questa mia concezione (come ha fatto 
bene a chiamarla lA.) ci si può convincere nella porzione 
aborale del campo ciliato, dove le ciglia diventano più pic- 
cole e più scarse. Le figure concordano molto con quelle 
delle setole dell’epitelio che riveste la parte aborale del 
corpo (Fig. 3), così, che non vi può essere alcun dubbio che 
le ciglia come le setole appartengano al tessuto intersti - 


- ziale (/). Nella parte del campo ciliato situata presso il polo 


orale la parte assottigliata della placchetta non è così for- 
temente arcuata, ma si affonda in parte sotto la placchetta 
davanti ad essa situata. Le cellule glandulari non differi- 


scono da quelle dello stomaco (ho detto sopru che cosa esse 


siano veramente). 

« Nella maggior parte dei casi trovaii granuli espulsi 
tra le ciglia (la presenza di granuli tra le ciglia può del 
resto essere accidentale), le cellule anche allo stadio a Fi- 
gura 5 Da). Ho trovato pure gli altri stadi in cui i granuli 
erano proprio in procinto d’uscire (io non sono stato mai 
tanto fortunato), così che sopra l'origine di questi non vi po- 
teva essere alcun dubbio. Le cellule glandulari possono an- 
che mancare (anzi esse mancano del tutto în questa regione). 
Allora si presentano due modificazioni; il tessuto in cui sono 
addentrate le terminazioni delle placchette, ha il carattere 
del tessuto interstiziale, soltanto gli spazi lacunari sono molto 
ridotti. Un’altra forma limita coll’anello ciliato. Questo sì 
trova spesso nella porzione aborale del campo ciliato. 
Quivi si trovano ciglia molto vicine tra loro. La placcuccia 
si piega, immediatamente dietro al luogo d’impianto del 
ciglio, quasi ad angolo retto; quivi, vicino ad essa, giace un 
grande nucleo ovale. Sotto a questo, qua e là giacciono 
altri nuclei. Poichè quivi le placchette coi loro nuclei giac- 
ciono strettamente una dietro l’altra, così non si può dire 


| che tra queste esistano cellule glandulari ... » 


Inoltre non crede che queste ciglia siano dotate di mo- 


ei) 


68 GIUSEPPE CURRERI 


vimento, ma che esse servano semplicemente a trattenere la 
preda di cui s'impadroniscono gli animali. Ciò mi meraviglia 
non poco, avendo io in esse trovato movimenti attivissimi. 

CELLULE MUNITE DI SETOLE. — Sono molto comuni nei 
Ctenofori. Come hanno dimostrato Chun ed Hertwig, per 
lo più hanno una forma cilindrica, di rado cubica, ed alla 
loro estremità libera sono sormontate da una fino a 5 e 7 
setole, divergenti in questi casi, 

Samassa nega l’esistenza di queste cellule e ritiene che 
le setole siano differenziazioni del tessuto interstiziale. 

Queste setole io sono d’avviso siano produzioni cutico- 
lari, nè, come dice Hertwig, ho mai osservato ch’esse ter- 
minino a cono all’interno delle cellule. 


Strato muscolare. 


Lo strato muscolare dell’Ectoderma dei Ctenofori giace. 
come ho già detto, immediatamente al disotto dello strato 
epiteliale, però può anche mancare. Risulta costituito di fibre 
muscolari filiformi o cilindriche, all’estremità semplici o ra- 
mificate, generalmente indipendenti l’una dall'altra. Il Sar- 
colemma non è mai visibile e la sostanza muscolare appare 
omogenea senza traccia di striature. Nemmeno ho osservato 
distinzione tra sostanza midollare e sostanza periferica come 
fa Chun. Il nucleo è visibile solo nelle fibre muscolari delle 
papille tattili, manca nelle altre contrariamente a quanto 
afferma Samassa. i 

Parlerò adesso brevemente della struttura dell’epitelio 
delle singole specie dei Ctenofori e mi si perdoni se qualche 
volta sarò costretto a ripetermi allo scopo di essere più 
chiaro. 


Beroe ovata. 


Osservando a fresco e ad un discreto ingrandimento 
l’epitelio della Beroe si osservano delle grandi vacuole tra- 
sparenti, e tra esse, specialmente nei punti in cui sono un 
po’ distanti tra loro, e superficialmente, si osserva una so - 
stanza omogenea contenente dei granuli incolori a semplice 


OSSERVAZIONI SULLA STRUTTURA DELL’ECTODERMA DEI CTENOFORI 69 


o a doppio contorno, a contorni circolari 0 poligonali, a se- 
conda che trovansi isolati o molto ravvicinati tra loro. Di 
tratto in tratto poi delle cellule dal contenuto granuloso, 
vivamente colorato in rosso, a contorni per lo più irregolari 
e fin fortemente ramificati. Queste sono i cromatofori; le 
grandi vacuole cellule glandulari;, la sostanza omogenea, coi 
suoi granuli, non costituisce, come ho detto in principio, un 
tessuto, ma indubbiamente è il prodotto delle cellule glan- 
dulari fermatosi alla superficie dell’epitelio nei punti in cui 
esso presenta disuguaglianze. Difatti, come ho già detto, dimi- 
nuendo la distanza focale è possibile osservare al di sotto di 
esso dei contorni cellulari. (Fig. I, II, III). | 

Quei singolari corpi gialli che Chun descrive sparsi per 
l’Ectoderma e dei quali ci dà delle figure alla Tav. XV, 
fisure 17 e 18, sono convinto che sono dei cromatofori 
comuni. ; 

Immediatamente sotto lo strato epiteliale Samassa de- 
scrive uno strato di fibre muscolari piatte, già osservato 
come. egli dice da Kélliker, a me però non è mai riuscito 
di vederlo. 

Cestus. 


Nella massima parte del tegumento del Cestus sono ben 
distinti i due strati, muscolare ed epiteliale, dell’Ectoderma. 

Ho detto come questo animale si presti eccellentemente 
a dimostrare la pretta natura epiteliale dell'Ectoderma, e 
che in esso non esiste tessuto interstiziale di sorta. 

. Quivi, come s’è detto, nello strato epiteliale, oltre alle 
due specie di cellule glandulari comuni a tutti i Ctenofori, 
trovansi le cellule fluorescenti. Esse sono sparse per tutta 
la superficie del corpo e specialmente numerose lungo i vasi 
sotto tentacolari, che decorrono lungo la linea mediana dei 
lati più ampi del corpo, lungo quel lato dei vasi sottosto- 


 macali che guarda i vasi sottotentacolari, ed ai lati della 


doccia buccale (Mundrinne). 

Lo strato muscolare è fortemente sviluppato ai lati più 
ampi del corpo ed è costituito da fibre cilindriche decor- 
renti parallelamente all'asse. maggiore dell’ animale. Alle 


" GIUSEPPE CURRERI 


volte esse raggiungono una notevole lunghezza, e colle estre-. 
mità assottigliate si attaccano all’epitelio. Come dice Hert- 
wig le fibre hanno struttura omogenea, nè vi sì possono 
distinguere i due strati, periferico e midollare, ammessi da 
Chun. Tra le fibre, a fresco, si osservano delle finissime linee 
oscure che credo siano dovute ad un fenomeno di rifra- 
zione. Samassa le descrive come guaine fibrillari formate 
dal tessuto interstiziale, io però non ne ho osservato mai 
nelle sezioni da me fatte. 

Una struttura speciale presentano le cella glandulari 
che rivestono le rudimentali papille tattili esistenti nella su- 
perficie aborale del capo dei Cestus. Le loro dimensioni sono 
maggiori di quelle delle comuni cellule glandulari e nel loro 
interno contengono una drusa di cristalli aghiformi, costi- 
tuiti, probabilmente, da una sostanza. organica, che non si 
scioglie negli acidi diluiti e si colora bene coi coloranti nu- 
cleari. | 

Tra queste cellule sporgono delle setole, che, come ho 
detto, sono produzioni cellulari. 


Hormiphora. 


Nell’Hormiphora lo spessore dell'epitelio è di molto in- 
feriore a quello della Beroe e del Cestus, ed alla sua mag- 
giore delicatezza, io credo, si deve che non sempre è pos- . 
sibile d’osservare i contorni delle cellule che lo costitui- 
scono. Però quando l’animale non è sciupato, conservandolo 
colla miscela cromo-osmica, i contorni delle cellule appaiono 
evidentissimi. Anche Chun afferma d’essere riuscito alcune 
volte a vedere i confini delle cellule epiteliali, che per Sa- 
massa invece non sono mai visibili. Questo epitelio è al so- 
lito costituito da C. gl. splendenti e C. gl. granulose, in vari 
stadi di sviluppo, sparse senza ordine per tutta la super- 
ficie del corpo, meno che in corrispondenza del piano ten-. 
tacolare. Quivi esiste una striscia di cellule poligonali, dal 
contenuto granuloso, le quali dalla base dell'apertura della 
cavità tentacolare si estendono fino -ai margini della bocca. 
Come dice anche Samassa, pare che primo ad osservare 


i 
i 


e eo Diodi 


RAPE PRESE PROVO OTT II AEREE NRE POPE SPIN SPAR RUMENE RINO 


OSSERVAZIONI SULLA STRUTTURA DELL’ECTODERMA DEI CTENOFORI I | 


—— —_ — — — 


questa striscia sia stato Chun, ma questi crede che essa 


si estenda da un polo all’altro del corpo, nella parte me- 


diana di tutti gli spazi intercostali. Samassa giustamente 
osserva che queste striscie glandulari (Driisenstreifen) tro- 
vansi solo nel piano tentacolare; non è esatto però che si 
estendano da un polo all’altro, come egli pure ammette. 

Queste striscie sono visibili anche ad occhio nudo come 
una linea biancastra in individui fissati con acido cromico 
o con miscela cromo-osmica, Sono costituite da cellule stret- 
tamente ravvicinate, nè esiste tra loro traccia alcuna di 
tessuto interstiziale (Samassa). 

Questa striscia l’ho notata anche nella Pleurobrachia 
rhodopis, Chun, e nella Callianira Ficalbi, Curreri, in cui 


la si vede bene, ad occhio nudo, anche negli individui 


viventi. 

Le guaine tentacolari sono costituite da cellule glandu- 
lari piatte uguali a quelle che in generale rivestono la su- 
perficie del corpo e tra esse trovansi, checchè ne dica Sa- 
massa, le cellule munite di flagelli descritte da Hertwig. 

Lo stesso al di sotto di questo tessuto epiteliale descrive 
uno strato di fibre muscolari, che ho bene osservato an- 
che io. 

Però esso strato muscolare non è limitato solo .alle 
guaine tentacolari, ma, come chiaramente si vede in individui 


| fissati con Formalina, è comune a tutta la superficie del 


corpo. Le fibre muscolari di cui è costituito sono filiformi e 
di tratto in tratto presentano dei leggieri rigonfiamenti, come 
per la presenza di nuclei, che però non ho mai potuto os- 
servare distintamente. 

Decorrono da un polo all’altro, parallelamente e ravvi 
cinate come nel Cestus. 


EuchariSs. 


In essa trovasi un epitelio, in generale, ancora più sot- 
tile e tenero che negli altri Ctenofori. 

Come al solito le cellule glandulari splendenti e granu- 
lose sono indifferentemente sparse pel corpo. 


i 
bo 


GIUSEPPE CURRERI 


In corrispondenza delle palette trovansi delle cellule 


ovali molto grandi di aspetto glandulare e che si colorano / 


come le C. gl. splendenti. 

Furono prima descritte da Chun, e non credo che dif- 
feriscano per la loro natura dalle Cellule gl. splendenti. Il 
loro contenuto rifrange molto la luce ed è attraversato da 
una rete di protoplasma a maglie molto larghe che dà loro 
un aspetto molto elegante. 

Un'altra modificazione si osserva nell’epitelio che riveste 
la superficie interna dei lobi buccali. Quivi tra le cellule 
glandulari esistono numerose cellule munite di flagelli vi- 
bratili, da Chun descritte come cellule munite di setole. 

All’apice delle papille tattili trovansi cellule glandulari 
granulose, alcune delle quali di dimensioni ragguardevoli. 
Chun dice d’averle trovate solo al centro delle papille, io 
indifferentemente sparse alla superficie di queste. 

Tra queste cellule trovansi pure cellule munite da 1 a 
7 setole. 


Corpo sensoriale. 


Il così detto Corpo sensoriale (Sinneskòrper) giaee al 
polo aborale di tutti i Ctenofori in mezzo ai canali escretori 
dell'apparecchio vascolare. In esso distinguesi il Cuscinetto 
cellulare (Zellenpolster) di forma ovale, col diametro mag- 
giore nel piano tentacolare, concavo dal lato aborale, con. ‘ 
vesso dall’altro. Da esso, in vicinanza degli angoli del ret- 
tangolo massimo, che vi si potrebbe iscrivere, s’ innalzano 
quattro grossi peli curvati ad S, i quali sostengono un am- 
masso di corpiccioli molto rifrangenti la luce, l’Otolite. Dai 
margini dello stesso cuscinetto s’innalza la Campana dell’oto- 
lite di struttura fibrosa che serve a proteggere il medesimo. 
Alla base di essa ed in corrispondenza degli angoli cennati 
sì presentano quattro forami pel passaggio di otto striscie, 
dette Doccie ciliate, che due a due partono dalla base dei | 
peli che sostengono l’'otolite e che uscite dalla campana, 
grado grado divergendo raggiungono le coste a palette. 

Ai lati del cuscinetto, nel piano stomacale s’estendono i 


LA Mili Mean API 


ARES TTI) SIRO RL 


# 


RIC IPTO PRESA FE TRE AAA 


OSSERVAZIONI SULLA STRUTTURA DELL’ECTODERMA DEI CTENOFORI 73 


Campi polari, più o meno allungati nelle varie specie e limi- 


tati da un cercine a ferro di cavallo. 


Il cuscinetto cellulare è costituito da un epitelio vibra- 


tile semplice. Per lo studio di esso si presta molto bene, 


come dice Chun, la Charistephane, poichè in essa gli ele- 
menti cellulari sono molto sviluppati. Essi sono però sempre 
sottili, un po’ più lunghi verso il centro che alla periferia del 
cuscinetto, e stanno impiantati su una membranella basale 
anista. Contengono ad altezza differente un nucleo dal plasma 
granuloso, e ad una distanza, dall'estremità distale, brevis- 
sima ai margini del cuscinetto e che insensibilmente e d’un 
picciol grado aumenta verso il centro, presentano una specie 
di noduletto di protoplasma che si colora più intensamente 
del rimanente citoplasma. 

Non molto dissimili da queste sono le cellule le cui ciglia 
lunghissime ed incollate insieme formano i peli che sosten- 
gono l’otolite e che formano la campana di questo organo, 
colla differenza che mentre quelle sono dotate, come si ri- 
tiene comunemente, di movimenti molto attivi, queste ne 
sono prive. 

L’otolite, detto meglio Statolite per la sua funzione come 
ha dimostrato Engelmann, è costituito da un cumulo di cor- 
piccioli molto rifrangenti la luce, tenuti insieme da un tenue 
strato di sostanza gelatinosa. Ciascun corpicciolo è in mas- 
sima parte costituito da un globetto di sostanza inorganica, 
forse di carbonato di calce come erede Chun, il quale glo- 
bulo si scioglie anche in acidi molto diluiti. Alla periferia 
presenta un sottile strato di protoplasma, già descritto da 
Chun, ed un nucleo come ben dice Samassa. Queste cellule 
così conformate derivano dall’epitelio del cuscinetto, dove se 
ne formano continuamente anche allo stato adulto. 


Striscie meridionali. 
Nelle Striscie meridionali (Meridionalstreifen) si distin- 
guono due parti: la Doccia ciliata e le Coste a palette. 
Le Doccie ciliate (Wimperrinnen) sono, come bene osserva 


Samassa, delle porzioni assottigliate dell’ Ectoderma e non 


74 GIUSEPPE CURRERI 


ispessite come dice Chun. Sono costituite da cellule fusiformi, 
coll’asse maggiore parallelo alla direzione delle doccie, con-,_ 
tengono un nucleo molto grande e sono sormontate da picco- 
lissime palette a struttura fibrosa, somiglianti molto alle Cel- 
lule a palette embrionali. Gli altri osservatori le hanno de- 
scritte come munite di ciglia vibratili, a me pare che ciò non 
sia esatto. 

Queste cellule in generale in questi animali sì estendono 
fino alla base della prima paletta delle coste, in prossimità | 
delle quali aumentano di numero in- modo da costituire una 
espansione triangolare. È 

Alcune volte però, come osservò Chun nella Beroe 
Forskalii, ed io nella Lampetia, si può trovare a lato della 
doccia qualche paletta asimmetrica e le prime palette delle 
coste divise per metà in modo chela doccia ciliata si estende 
fino alla base della quinta o della sesta paletta. | 

Un'altra modificazione molto importante è descritta da 
Chun nei Lobati, nei quali la doccia ciliata quasi si direbbe 
si estende per tutta la lunghezza delle striscie meridionali, 
ed è di tratto in tratto interrotta per la presenza delle pa- 
lette natatorie. 

Questi fatti mostrano chiaramente, come dice Hertwig, 
che le Doccie ciliate e le Coste a palette non sono che mo- 
dificazioni dello stesso organo. 

Le Palette natatorie, le quali insieme costituiscono le È 
Coste a palette, son dette dai tedeschi Schwimm-, Ruder-, 
Schwing-plittchen, e sono gli organi cui quasi esclusivamente 
i Ctenofori debbono la facoltà di muoversi in senso orizzon- 
tale. Sono delle laminette di forma quadrata o rettangolare. 
piegate un po’ ad S, sottili all'estremità libera, rivolta verso 
il polo orale, e sempre più robuste verso la base, che s’im- 
pianta sul Cuscinetto basale. i 

Allo stato fresco le palette sono iridescenti per la loro 
struttura fibrosa, che si rende ben manifesta colla macera- 
zione, la quale anche ci mostra che le lunghissime ciglia 
s’impiantano in ben distinte cellule. Queste nel loro insieme 
costituiscono il Cuscinetto basale (Basalpolster) che, in sezioni. 
secondo l’asse principale degli animali, ha la forma di un 


OSSERVAZIONI SULLA STRUTTURA DELL’ECTODERMA DEI CTENOFORI 75 


> 
| cercine, essendo le cellule che lo costituiscono più grosse 


_ alla base che all’estremità ciliata. Le cellule sono disposte 
in un solo strato e sono munite d’un grosso nucleo ovale. 


Campi polari. 


Sono stati anche detti Placche polari (Polplatten) e, come 
# ho già avuto occasione di accennare, vi si distinguono due 
| parti, una esterna, il Cercine marginale (Randwiilst), ed una 
interna, il Campo mediano (Mittelfeld). 

La parte esterna dei campi polari è costituita di un epi- 
‘telio cilindrico semplice, l’interna d’un epitelio pavimentoso 
pur esso semplice. Tutte le cellule alla loro superficie libera 
sono munite di piccole palette vibratili. 

Fanno eccezione la Beroe ovata e la B. Forskaliî, nelle 
quali il cercine marginale è sormontato da appendici tenta- 
coliformi, il cui nucleo è costituito da gelatina ed è rivestito 
da un epitelio ciliato semplice. 

All'estremità delle appendici si trovano anche delle cel- 
lule munite di setole, che non sono descritte dagli altri osser, 
vatori. 

Anche nella parte mediana in questi animali le cellule 

sono sormontate da flagelli e non da palette vibratili. 
È ‘Infine tra le cellule descritte trovansi sparse, sempre in 
questi animali, delle cellule cromnatofore simili del tutto a quelle 
del resto della superficie del corpo, ed anche queste non sono 
‘ricordate da alcun autore. 


I 


Tentacoli. 


Coi pochi preparati che ho potuto fare, avendo dovuto 
servirmi di materiale conservato da molto tempo, non ho 
potuto fare uno studio molto approfondito intorno ai tessuti 
che trovansi nei tentacoli. 

I corpi basali della radice Falco hanno l'apparenza 
‘d’un epitelio -stratificato che gradatamente passa nell’epitelio 
che costituisce la guaina tentacolare. 

Il detto epitelio a me è sembrato costituito da elementi 


76. GIUSEPPE CURRERI 


indifferenti; non così a Samassa che in esso descrive cellule. 
glandulari in tutti gli stadi d’attività, eguali a quelle da lui 
indicate per l’epitelio che in generale riveste la superficie 
del corpo dei Ctenofori, ed aggiunge che le Cellule cattu- 
ranti sono prodotte dalla modificazione delle cellule glandu- 
lari da lui descritte. 

Delle inesattezze ho trovato anche nella descrizione che 
Samassa dà dell’epitelio che riveste la parte libera dei ten- 
tacoli. 

Anzitutto tra le cellule catturanti, come nell’epitelio co- 
mune, ammette un tessuto interstiziale, del quale anche quivi 
non ho osservato alcuna traccia. Come Chun ed Hertwig_ 
affermano, ad eccezione delle Cellule sensoriali e dei Peli 
tattili che questi descrive e che io, come Samassa, non ho. 
trovato, i tentacoli sono del tutto rivestiti ca cellule cattu-. 

ranti, e queste sono così strettamente avvicinate tra loro da. 
presentare contorni poligonali. dI 

Tra le figure che Hertwig ci dà di queste cellule have 
vene una che oltre al filamento spirale ne possiede un altro 
più sottile, che s’impianta anch'esso al centro della superficie 
basale delle cellule. Samassa ritiene questo fatto come nor- 
male, che anzi questo filamento centrale (Centralfaden) sia. 
munito di nucleo, che si attacchi dall’altra parte all’asse tenta- 
colare e sia di natura muscolare. Io non l’ho mai osservato 
come pure m’è avvenuto del plesso nervoso ammesso da 
Hertwig. 


Fiorenzuola d’Arda, "1° marzo 1901. 


SULLA RESPIRAZIONE 


WE ADCONIT INSHTETL ACQUAITUOLI 


Nota preliminare del Dottore G. CURRERI. 


Communicazione fatta alla Società Zoologica Italiana. 


_ La massima parte degli Idrofilidi frequentano le acque 
ed hanno la superficie inferiore del corpo coperta da una 
finissima peluria, che impedisce all'acqua di venire, in questa 
‘parte del corpo, a contatto diretto coll’animale. Questo fatto 
‘però non è solamente dovuto alla presenza dei peli, come 
‘comunemente si dice, ma anche allo estendersi del margine 
delle elitre e del corsaletto in basso ed in fuori, in modo 
‘che essi limitano una leggera cavità al di sotto del corpo 
dell’animale. Per la presenza d’aria in questa cavità (che 
‘d’ora innanzi chiamerò camera d’ aria esterna, per distin- 
guerla dalla c. d’ a. interna, costituita dalla cavità esistente 
tra le elitre ed il dorso dei coleotteri) quando gli animali 
sono immersi nell’acqua, in corrispondenza di essa, presen- 
‘tano un vivo splendore argenteo, fenomeno, che, come è 
«noto, devesi alla rifrazione totale. 

: Tutti gli autori che accennano alla respirazione di 
questi insetti, parlano di questo strato d’aria come di un 
serbatoio, che permette ad essi di soggiornare sotto la su- 
Mincio libera dell’acqua per un tempo più lungo che non 
se ne fossero privi. 

Ma la prima volta (1) che mi occorse di vedere un 
Helophorus acquaticus, Linn. nell'acqua, mi venne in mente 
che questa disposizione dovesse avere per l’animale un’im- 
portanza ben maggiore di quella comunemente attribuitale, 
‘cioè, che la superficie libera della detta cavità agisse come 
quella di un organo respiratorio, anzi, a parità di superficie, 
meglio di qualunque organo respiratorio, non essendo ivi lo 
scambio gassoso ostacolato da alcuna membrana. Ed allo 


(1) Nell'ottobre 1897, nella villa Marianna, sita presso il torrente Porta 
legni, a breve distanza dalle mura di Messina. 


78 : GIUSEPPE CURRERLI 


scopo di vedere fino a qual punto si estendesse in questi 
animali l’utilità d’una tale conformazione, raccolsi tutti gli 
insetti acquaiuoli che potei, e li portai nel laboratorio del- 
l’Istituto Zoologico della R. Università di Messina. Ma avevo _ 
appena cominciato le esperienze, che mi fu necessario al- 
lontanarmi per qualche giorno dalla città. Al ritorno gli. 
esemplari più interessanti (Hydrophilidae) erano stati divo- 
rati dagli Agabus coi quali, ignaro della loro voracità, li 
avevo lasciati. Intanto i coloni del fondo in cui avevo rac- 
colto questi insetti avevano vuotato le vasche, e per quanto 
cercassi e ritornassi, ed ivi ed in altri luoghi, a Messina non 
mi fu più possibile di procurarmi altro materiale da studio. 

Durante il mio soggiorno in Roma, nello scorso anno, 
non potei occuparmi della ricerca di questi insetti, che 
quando la stagione, per la siccità, era divenuta poco favo- 
revole alla loro ricerca, e nemmeno potei occuparmene per 
lungo tempo. Gli esemplari ivi trovati, nella piazza d’armi, 
sono i seguenti: HYydrous caraboides, Linn; Hydrous flavipes, 
Thoms.; Eunectes sticticus, Linn.; Rantus exoletus; Forst. 
Dytiscus marginalis, Linn. Quelli sui quali ho potuto far 
delle esperienze in Messina: MHelophorus acquaticus, Linn. ed 
Agabus bipustulatus, Linn. i 

Malgrado le mie ricerche siano conio mi decido a . 
pubblicarle, poichè quel che più m'interessa di far cono- 
scere, per ora, è l’utilità che la detta camera d’aria o chec- 
chè d’analogo ha per gl’insetti acquaioli, in quanto permette ; 
loro d'’utilizzare l'ossigeno disciolto nell'acqua. 

Allo scopo di meglio intendere la questione mi si per- 
metta ch'io richiami alla mente dei lettori i principii che. 
servon di base alle mie considerazioni : 

È noto che i gas si sciolgono nell'acqua e che il rap-_ 
porto tra la densità del gas disciolto e di quello che rimane . 
libero, può variare grandemente secondo i gas. Così, per. 
quelli che c’ interessano, questo rapporto alla temperatura 
di 0° ed alla pressione di 760 mm., secondo Bunsen (1), per | 


(1) LanpoLt u. BòrNnsTEIN. — Physikalisch-Chemische Tabellen. Berlin, ì 
J. Springer, 1894. 


SULLA RESPIRAZIONE DI ALCUNI INSETTI ACQUAIUOLI - 79 


| l'ossigeno è 0,04114; per l'azoto è minore, 0,02035; è più 
«grande invece per l’anidride carbonica, 1,7967. A questo 


| rapporto, costante qualunque siasi la pressione, si dà il nome 
— di coefficiente di solubilità o d'assorbimento del gas nel li- 


quido. Si sa ancora che il detto coefficiente diminuisce col 
crescere della temperatura, così, p. es., alla temperatura di 
16°, sempre secondo Bunsen, per l’O. diviene 0,02949, per 
l’Az. 0,01458 e per l’ CO, 0,9753. 

« Quando poi un liquido si trova in un ambiente insieme 
con un miscuglio gassoso, assorbe tanto di ciascun gas, quanto 
ne assorbirebbe se questo occupasse da solo tutto lo spazio 
concesso al miscuglio » (1). 

Il fenomeno inverso avviene se il gas o i gas trovansi 
‘disciolti nell'acqua e vengono messi in relazione con uno 
spazio contenente un gas differente o un miscuglio gassoso. 

In conseguenza dei fenomeni ricordati, non si può dubi- 
tare che la camera d’aria esterna esistente negli Idrofilidi, 
oltre che da serbatoio funzioni come organo respiratorio. 

Quando, cioè, uno di questi animali sta immerso nel. 
l’acqua deve avvenire uno scambio gassoso tra l’aria conte- 
nuta nella sua camera d’aria esterna e quella disciolta nel 
liquido, scambio gassoso tendente a ridurre il rapporto tra 
la densità dei gas liberi e di quelli disciolti, al loro rispet- 
tivo coefficiente di solubilità, relativo alla temperatura cui 
il fenomeno avviene. 

Le mie esperienze, come ho già detto, non sono ancora 
tanto complete da potere affermare, con una grande esattezza, 
di quanto vantaggio sia agli Idrofilidi l’esistenza di questa 
‘camera respiratoria, e tanto meno di determinare esattamente 
quali variazioni si verifichino, col variare della temperatura, 
nei limiti di utilità di un tal modo di respirazione. Poichè, 
come mostrano le esperienze da me fatte finora, questo modo 
di respirazione non è sufficiente, in questi animali, a riparare 
il consumo d’ossigeno, non tanto, come a me sembra, perchè 
la velocità di diffusione dell’ossigeno non sia sufficientemente 
| grande ‘chè questi animali non sembrano di essere molto 


(1) Rori, A. — Elementi di fisica. Firenze, Le Monnier, 1891. 


80 GIUSEPPE CURRERI 


incomodati, finchè l’aria riveste completamente la superficie 
inferiore del loro corpo) quanto perchè, come può vedersi 
dai risultati delle mie esperienze riportate in seguito — 
V. Helophorus acquaticus: 1 (a, b), 2 (a); Hydrous flavipes, 1 (6) — 
la provvista d’aria che trovasi sulla superficie inferiore del 
corpo va man mano riducendosi fino a sparire del tutto. 

La graduale diminuzione del volume dell’aria, come a 
me sembra, deve attribuirsi anzitutto alla differenza del coef- 
ficiente di solubilità dell’ossigeno e dell’ anidride carbonica. 
Supposto che in un dato istante le densità dei gas contenuti 
nell’apparato respiratorio dell'animale e le densità di quelli 
disciolti nell'acqua stiano tra loro, rispettivamente, nello 
stesso rapporto dei loro coefficienti di solubilità a quella tem- 
peratura, questo equilibrio verrà immediatamente distrutto 
pel ricambio materiale dell'organismo, che, come è noto, 
anche negli insetti trasforma l’ossigeno in anidride carbonica. 
Ora, poichè il coefficiente di solubilità dell’ossigeno è minore 
di quello dell’anidride, questa si scioglierà nell’acqua con 
una velocità maggiore di quella con cui l’ossigeno dell’acqua 
si diffonderà nell’aria, onde il volume di questa dovrà man 
mano diminuire. EI 

Un’altra causa di diminuzione del volume dell’aria con- 
tenuta nell’apparato respiratorio potrebbe risiedere nella solu- 
zione di questa nel liquido (posto che questo non trovisi in 
un recipiente ermeticamente chiuso, come avviene in natura) 
nel caso che l’acqua non sia satura d’aria a quella tempe- | 
ratura, o, se lo è, quando nel corso dell’esperienza la tem- 
peratura si abbassa, che allora cresce, come è noto, il‘ 
coefficiente di solubilità. Anche a questi riguardi mi riservo 
di fare delle esperienze. 

Fatti analoghi devono verificarsi nei Ditiscidi (in quelli 
da me studiati in tutti, ad eccezione del Dityscus marginatus) 
che, quando stanno immersi nell'acqua, dall’estremità poste- 
riore del corpo fanno uscire una bolla d’aria, la quale, quando 
non è molto grande e l’animale sta fermo, rimane aderente 
al corpo dell'animale e per un picciol foro comunica colla 
camera d’aria sottostante alle elitre, e può anche essere 
riassorbita dall’animale. Questa bolla però per la sua piccola 


SULLA RESPIRAZIONE DI ALCUNI INSETTI ACQUAIUOLI 81 


superficie non può avere per questi animali l’importanza 
della camera d’aria esterna degli Idrofilidi. 

Oltre a questo modo di respirazione bisogna anche 
tener conto di quello che si effettua attraverso le elitre, 
nella camera d’aria interna (Compresa, come ho già detto, 
tra le elitre e la superficie dorsale dell'addome) che in uno 
allo scambio gassoso che deve verificarsi anche nel resto 
del tegumento, sebbene quivi ancor meno attivamente, deve 
essere molto importante per questi insetti. E le mie espe- 
rienze nel Dityscus marginalis, alla temperatura di circa 16°, 
mostrano che questo nell'acqua potabile si mantiene vivo 


per circa ore 8,30° — Esp. 1. (d) — invece-nell’olio muore 
pria che 5 ore siano trascorse — Esp. 2. (a) —; mentre 


l’Hydrous caraboides, quasi alla medesima temperatura, resiste 
solo 4 ore nell’olio, quando nell'acqua potabile, poichè in 


questo animale esiste anche la camera d’aria esterna, esso 


conserva la sensibilità fin dopo 19 ore — Esp. 1. (c) — 
dall’immersione. 
ESPERIENZE. 
HYDROPHILIDAE. 


Helophorus acquaticus, Linn. 
1. ACQUA POTABILE (contenuta entro un bicchiere). 
a) Messina 25, X, 1897, immerso alle ore 8,53' tempe- 
ratura dell’acqua (1) 2295 che va diminuendo fino a 20° alle 
ore 14,45', ed a 19° alle ore 17. — L’animale cammina spon- 
taneamente su e giù per uno stecco fino alle 15,30'; alle 15,50 


sta fermo, stimolato cammina; alle 16 stimolato molto, scuo- 


tendo il bicchiere, cammina lentamente e così dura fino alle 
17, ora in cui viene tolto dal bicchiere e cammina bene 


 all’asciutto. 


(1) Tutte le temperature sono in gradi Celsius. 
Bollettino d:lla Società Zoologica Italiana 6 


82 GIUSEPPE CURRERI 


La camera d’aria andava visibilmente impoverendosi | 
d’aria dopo le prime ore dell'esperienza ; fino alle 13,25' l’a- 
ria rivestiva tutta la superficie della parte inferiore dell’ani- 
male, alle 14,45' era già esaurita. 

b) 25), X, 1897, i. ore 9, temperatura come sopra. — 
. Cammina bene e spontaneamente fino alle 11, alle ore 12 
giace al fondo, stimolato cammina — 183,25' cammina a 
stento — 14,45’ cammina meglio dopo stimolato e così fino 
alle 17 in cui anche per questo l’esperienza viene interrotta; 
l’animale cammina, ma non sì bene come il primo. 

Lo strato d’aria era in questo già incompleto e poveris- 
simo alle 13,25". 

-2. ACQUA CORRENTE. 

a) 25, X, 1897, i. ore 17,15’, temperatura 19,5'. — Il 
giorno appresso alle 7 cammina, provvista d’aria molto di- 
minuita — 11,40' l’aria è quasi finita — cammina bene fino 
alle 15 — alle 16 cammina ancora, poco bene — alle 16,35' 
muove tutti gli arti, vien tolto dall'acqua ed alle 17 corre 
benissimo come se nulla avesse sofferto. 

3. ACQUA BOLLITA (in questa le condizioni sono sfa- 
vorevoli perchè l’acqua toglie O. all'animale). 

a) 25, X, 1897, i. ore 11,10', temperatura 209,5; alle 
11,34' il rivestimento d’aria è ancora completo, stimolato 
muove solo la seconda zampa destra; alle 12 la provvista 
d’aria è finita, si muove spontaneamente; 12,13', immobile, 
stimolato si muove; 12,19' sta rovesciato sul dorso in fondo — 
al vaso, muove tutti gli arti; dopo qualche minuto vien tolto. 
dall'acqua ancora vivo, ma alle 12,35' pare morto. Posto en- 
tro sale da cucina si muove poco e poi muore. 

b) 25, X, 1897, i. ore 11,153', temperatura 200,5. — Alle 
11,37' il rivestimento d’aria è ancora completo, muove poco 
il I e II paio di zampe; 12,3' l’aria esterna è esaurita, muo- 
vesi spontaneamente ; 12,12' in fondo al vaso, muovesi spon- 
taneamente; 12,19' cammina bene e dopo pochi minuti è | 
tolto dall'acqua ancora vivo; si rimette benissimo entro . 
un'ora. 


—rubo. 
È. h 


SULLA RESPIRAZIONE DI ALCUNI INSETTI ACQUAIUOLI 83 


Hydrous caraboides, Linn. 
1. ACQUA POTABILE: 
Le esperienze da me eseguite in Roma, come quelle che 
immediatamente seguono, furono compiute chiudendo gli ani- 


mali entro bicchieri, pieni d’acqua di Trevi e contenenti 
| uno stecco, perchè gli animali potessero attaccarvisi, im- 


mersi in una fontana della stessa acqua. 

a) Roma, 27, VII, 1900, i. ore 14,40', temperatura 169,5. 
Fino alle 19,10' cammina benissimo; alle 20 immobile, ag- 
grappato allo stecco; alle 21,35' a galla (entro il bicchiere) 
mossolo si riattacca al legno, lo stesso fa alle 22,45'. — La 


mattina del 28 alle 8 non trovasi più l’animale, messo in 


libertà da qualcuno che incautamente aveva attinto del- 
l'acqua. 

5) R. 28, VII, 1900, i. ore 20,25' temperatura 160,3. 
La mattina appresso alla 8,25' temperatura 16° cammina be- 
nissimo, come pure alle 9,25'; alle 10,35" cammina poco; 
alle 11,5' a galla, cammina spontaneamente ma poco; 11,55', 
ancora a galla, muove spontaneamente il II e III paio di 


« zampe; 12,55', apparentemente morto in fondo al vaso. Tolto 


dall'acqua, dopo 1 minuto muove tutte le appendici ed alle 


_ 13,25’ muovesi perfettamente. 


c) R. 51, VII, 1900, ‘i. ore 21,53'; temperatura 169,2. 
La mattina del giorno seguente alle 6,50' a galla, muove 


| spontaneamente le zampe, così fino alle 8,20'; alle 9,15' al 
2 fondo muovesi spontaneamente, lo stesso alle 9,55’. Alle 11,20' 


sul fondo col capo rovesciato muove gli arti; 13,5’ stessa 


| posizione, stimolato si muove; ore 14, lo stesso; ore 15, muove 


spontaneamente il I e II paio; ore 17, stimolato muove de- 
bolmente i palpi ed il I paio; tolto dall'acqua muove spon- 


| taneamente anche una zampa del II paio. 


2. OLIO: 
Per le esperienze nell’olio, come la seguente, gli animali 
venivano messi entro un tubo piuttosto grande di vetro e 


chiusi ermeticamente venivano posti in fondo alla fontana 
di cui sopra. 


a) R.27, VII, 1900. i. ore 15,15’, temp. 169,3. Alle 17,25 


muove solo gli arti anteriori; alle 19,10’ immobile. Tolto e 


84 GIUSEPPE CURRERI 


posto su un foglio di carta comune muove spontaneamente 
le zampe posteriori poi le anteriori. Alle 19,30' era morto. 
Hydrous flavipes, Thoms. 

1. ACQUA POTABILE : @ 

a) Roma, 27, VII, 1900, i ore 14, 40 , temp. 169,3. Alle 
17,25' cammina spontaneamente; 19,10", ri vo sul fondo, — 
muove spontaneamente gli arti; 20, ancora rivoltato, muove 
qualche zampa; 21,35', immobile in fondo al vaso, vien tolto 
ed il dì appresso è ritrovato vivo. 

b) Quest’'individuo ha l'estremità posteriore delle elitre 
un po’ accartocciata onde esse non combaciano perfetta- 
mente coi loro margini. R. 28,. VII, 1900, i. ore 23,10' 
temp. 16°,3. Il giorno appresso alle 8,25' temp. 16°, l’animale 
giace come morto in fondo al vaso, io strato d’aria esaurito. 
Tolto alle 8,35' stimolato muove il I paio di zampe. — Dopo. 
un’ora si rimette perfettamente. i 

c) KR. 31, VII, 1900, i. ore 21,53', temp.: 160,2. Alle 6,50" — 
del 1°, VIII viene tolto in stato di morte apparente, temp. 
dell’aria 25°. Alle 7,15 muove il I e II paio e dopo altri Di 
muove anche il III. Vive. 

d) R. 31, VII, 1900, i. ore 21,55,' temp. 169,2. Il giorno 
seguente alle 6,50' immobile in fondo al vaso, stimolato non | 
si muove. Viene perciò tolto, temp. dell’aria 25°. Alle 7,15' 
dura l’immobilità; solo alle 9,10', stimolato, muove le antenne | 
ed il tarso della prima zampa destra come pure gli ultimi. 
segmenti dell'addome; alle 9,25' muove debolmente tutti gli 
artî; alle 9,35' si muove bene spontaneamente. 


DYTISCIDAE. 


Agabus bipustulatus, Linn. 

1. ACQUA CORRENTE: gli animali vengono immersi 
in essa, rinchiusi in brevi tubi di vetro del diametro di 8 mm._ : 
e chiusi ai lati da garza. | 

a) Messina, 25, X, 1897. Imm. ore 9,30', temp. 290.5: 
reagisce fino alle 11,30'temp. 209,5. Tolto alle 12, 8'; alle 13,35 
esegue movimenti (respiratorî) addominali, csi 13,420 


SULLA RESPIRAZIONE DI ALCUNI INSETTI ACQUAIUOLI 85 


“stimolato muove i palpi ed il I e II paio; dalle 14,35’ alle 
| 15,20° cammina, ma non muove affatto il III paio; alle 15,30 
= muove anche il III arto di sinistra; fino alle 17 dura la pa- 

ralisi del III arto destro. Il 26 alle 10 muove solo il II arto 

| sinistro; alle 11,30’ morto. — Durata della sensibilità durante 
il tempo dell'immersione ore 2,4’. 

è) M--25, X, 1897. Imm. ore 9,30’, temp. 229,5: reagisce 
tino alle 12,18'. Tolto alle 13,21’; alle 13.34' stimolato muove 
‘i palpi; 15,20’, stimolato muove anche il I e II paio; 15,40' 
«muove anche il III paio ed alle 17 posto nell’acqua nuota 
. molto bene. — Durata della sensibilità ore 2,48'. 

c) M. 26, X, 1897. Imm. ore 9,153’, temp. 21°: reagisce 
7 fino alle 11,26': tolto alle 13,15'. Alle 15 muove, stimolato, il I 
“e II paio; alle 16 anche il III paio; alle 17 muovesi, ma il 

III destro non si muove ancora molto bene. — Limite della 
| sensibilità ore 2,13. 

2. ACQUA BOLLITA (V. p. 5): 
a) M. 26, X, 1897. Imm. ore 11,55’, temp. 20°: reagisce 

. fino alle 14,30', tolto alle 16,7’. Dalle 16,40’ alle 17,20' muove 
| solo i palpi. — Durata della sensibilità ore 2,35". 


Eunectes sticticus, Linn. 
1. ACQUA POTABILE: 
a,3) R. 28, VII, 900. Imm. ore 6,40, temp. 16°: reagisce 
bene fino alle 9,15', ora in cui vien liberato e rimesso nel- 
l’acqua nuota bada 

b-c, 2) R. 29, VII, 900. Imm. ore 13,17, temp. 16°: alle 
815 SS pochi secondi dopo l’esposizione all’aria muo- 
| vono le appendici ad eccezione del III paio; alle -15,15' ri- 
messi nell'acqua nuotano bene. 

d-e, 2) R. 31, VII, 900. Imm. ore 10,38’, temp. 169,1: 

alle 11,25' uno muovesi spontaneamente, l’altro è immobile. 
Alle 12,18' il primo stimolato muovesi, l’altro no. Alle 12,30' 
trovo il vaso rovesciato e senza animali. 
È f Gg) R. 2, VIII, 900. Imm. ore 8,20', temp. 16°: alle 
19,20 stimolato muovesi; alle 10,30’ DIGA ma tolto dal- 
l’acqua muove il I paio, indi i palpi, la testa, il II paio, il 
II, e ciò nello spazio di 4". 


, MN. A 4 MIOTTO SEI UL adt44)] 
L ip 019% e pr ve Res 


86 GIUSEPPE CURRERI 


Rantus eroletus, Forst. 
1. ACQUA POTABILE: 

a) R: 28, VII, 900. Imm. ore 7,25', temp. 16°: alle 
9,40' muove la III gamba sinistra. Tolto alle 12,10’ apparen- 
temente morto, temp. 15°,9. Alle 14,40', muove le prime due 
paia di zampe, temp. dell’aria 309,2; alle 18 ha ancora pa- 
ralisi al III paio; alle 19,25 morto. 

5) R. I, VIII, 900. Imm. ore 7,20', iste 16°: alle 8,20" 
sta a galla immobile, tolto il copaztlii al vaso, abbassa 
Yestremità dell'addome per respirare, e dopo poco nuota bene. 


Dytiscus marginalis, Linn. 
1. ACQUA POTABILE (V. p. 5): 
Le esperienze seguenti vennero eseguite col medesimo 
individuo. 

a) R. 29, VII, 900. Imm. ore 13,15', temp. 16°: muovesi 
benissimo fino alle 17,40', ora in cui s'interrompe l’esperienza. 

b) R.31, VII, 900.Imm. ore 10,38', temp. 169,1: si è mosso 
sempre bene fino alle 17,30' malgrado in questo tempo avesse 
perduto 4 bolle d’aria del diametro medio di 2 mm. Si so- 
spende l’esperienza. 

c) R. 1°, VIII, 900. Imm. ore 7,20', temp. 16°: alle 8,20! 
ha già perduto due bolle d’aria di 2 mm. di diam.; alle 9,15' 
ne ha già perduto un’altra di 5 mm.; lo stesso alle 11,20'; 
alle 14 mosso un po’ il bicchiere muove lentamente il I paio, 
liberatolo, inavvedutamente, si mette in atto di respirare e 
nuota bene. 

d) R. 2, VIII, 900. Imm. ore 8,20' temp. 16°: alle 14,15" 
aveva perduto 3 bolle d’aria di 2 mm. di diam. in media. 
Stimolato muove il I e II paio fino alle 16,40 e sta a galla; 
alle 17,10' sta immoto a galla; tolto il coperchio al reci- 
piente respira e dopo due nl toltolo SARAI muove 
fino il ho Vici 

. OLIO: ;3 

a) “Ri 7, VIII, 900. Immerso nell'olio alle. 12,45', 9 
temp. 159,8: muovesi, stimolato, fino alle 17,10'. Alle 17,15" 
vien tolto ma non si rià. | 


Fiorenzuola d’Arda, 1° marzo 1901. 


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PRroF. ANTONIO NEVIANI 


NOTE BIBLIOGRAFICHE 


su lavori concernenti lo studio di alcuni Briozoari 


Nel Prodromus faunae Mediterraneae di J. V. Carus, 
Vol. II, Pars I, Stuttgart 1889, l’A. cita alcune specie di 
Briozoari come provenienti dal golfo della Spezia, segnando 
fra parentesi il nome BERTOLONI, autore dal quale è stata 
presa la citazione. Siccome nella suddetta pregevolissima 
opera del Carus, mancano, per brevità, le indicazioni biblio- 
grafiche, e mai mi venne sottocchio il nome del Bertoloni, 
nelle numerose memorie sui briozoari da me consultate, così 
rimase per parecchio tempo ignota l’opera del Bertoloni 
stesso; quando una fortunata combinazione non solo mi fece 
conoscere due edizioni di una sua memoria intitolata: Zoo- 
phytorum Portus Lunae, ma anche un’ altra memoria dello 
stesso A. dal titolo De plantis în itinere ad urbem Ravennam 


 observatis, deque Museo Ginanniano, quod Ravennae est; nella 


quale evvi una revisione del materiale conservato nel museo 
Ginanni, in confronto con la pubblicazione del 1757 « Ginanni 
Giuseppe. Opere postume. Tomo I. Centoquattordici piante, che 
vegetano nel mare Adriatico, Venezia » ed anche in questo 
lavoro, non citato da alcuno, trovansi osservazioni sopra un 
certo numero di briozoari. 

Finalmente ho trovato dei briozoari in una memoria di 
G. B. BROCCHI « Continuazione del Raggquaglio di alcuni mol- 
luschi e zoofiti del mare Tirreno presso la spiaggia romana, 
Milano 1819 » non citata in alcune delle bibliografie sui 
briozoi. 

Credo opportuno, fare conoscere agli studiosi questi 
lavori, tanto più che le specie vi sono descritte, special- 
mente in quello del Brocchi, con molta accuratezza; accre- 
scendo così il patrimonio scientifico, relativo ai briozoari, 
che non si sa da vero per quale causa essi sieno cotanto 
trascurati dai Naturalisti. Ed a questo riguardo mi associo 


SS ; ANTONIO NEVIANI 


briozoologista F. CANU (1), del quale mi piace riportare 
pochi periodi, che si adattano stupendamente al nostro caso, 
basta cambiare il nome di Francia in quello di Italia. 

« L’ostracisme dont est frappée, en France, l’étude des 
« bryozoaires est incompréhensible. Il n'y a pas d’animaux 
« plus faciles à se procurer et en grande quantité. 

« Sur toute l’étendue des còtes de France il suffit de se 
« baisser pour en trouver, soit sur les pierres, soit sur les 
« algues et les sertulaires rejetées par la mer, soit en pè- 


« chant la crevette, soit dans les filets des pècheurs. 


« Le moindre dragage conduit avec les filets habituels 


« des pèécheurs en ramène des quantités prodigieuses. 

« Quant aux bryozoaires fossiles, il y en a dans tous 
« les terrains, et ils ne sont pas plus difficiles à se procurer 
« que tous ces minuscules mollusques qui font la joie des ama- 
« teurs..... ». 


BERTOLONI ANTONIO. 


Specimen Zoophytorum Lortus Lunae. Pisis, MDCCCX, in 
4° picc., pag. 67-119 (In appendice all'opera: Rariorum Ita- 
liae plantarum, Decas Tertia). 

Pag. 8 — MILLEPORA FASCIALIS Ell. et Sol., viene dal 
Carus (op. cit. pag. 22) riferita a Lepralia foliacea Ell. 
et Sol. 


reticulata L. sp. (Carus, op. cit., pag. 47). 
Pag. 83 — MILLEPORA CELLULOSA L.; viene riferita dal 


Carus (op. cit., pag. 17) alla Retepora cellulosa L., ma evi- 3 
dentemente può comprendere altre specie, à quei tempi non 


considerate. 


Pag. 85 — CELLEPORA PUMICOSA L.; il Carus non ha ri- 


(1) Note préliminaire sur les Bryozoaires de Tours. Ass. Fr. avance. d. Sc. — i 


Congrès 1899, pag. 406; Paris 1900. 


” 


pienamente a quanto scriveva, or non è molto, il valente — 


Pag. 81 — MILLEPORA RETICULATA L.; è la Frondipora | 


NOTE BIBLIOGRAFICHE, ECC. 89 


portata questa specie dal Bertoloni; trattasi evidentemente 
della sp. omonima, oggi ritenuta buona dagli Autori, tanto 


di più che il Bertoloni stesso cita fra i sinonimi la Millepora pu- 


micosa del Pallas; certo che può comprendere specie affini. 

Pag. 109 — CELLARIA FARCIMINOIDES L.; citata dal 
Carus (op. cit., pag. 15) come Salicornaria fistulosa. Essa 
può comprendere anche la Salicornaria (per me: Melicerita) 
Johnsoni Bk. sp., perchè tale ritengo sia la Corallina fistu- 


I losa fragilis di Plukenet e J. Bauhin citata in sinonimia dal 


ieri te o TIENI: 


Bertoloni. | 

Pag. 110 — CELLARIA REPTANS EIl. et Sol.; riportata 
dal Carus (op. cit., pag. 5) con eguale nome specifico, e ri- 
ferita al genere Sbmupdcellatia. 

Pag. 112 — CELLARIA PYRIFORMIS Bertol.; di questa 
specie, che il Carus (op. cit., pag. 2) riporta dubitativa- 
mente al genere ZEucratea Lmx., il Bertoloni dà la seguente. 
sinonimia: 

Vorticella polypina Lin., Syst. nat., ed. 12, p. 1317, 
n. 2; ed. Gmelin, p. 3874, n. 2. 

Brachionus ramosissimus Pall., El. zooph., p. 98, n. 55. 

Corallina omnium minima, vesiculis nunc ot nunc 
racematim dense dispositis Ell., Corall. p. 25, n. 22, pl. 183, 
fig. 6b B, c C, et trad. franc, p. 4l. 


Specimen Zoophytorum Portus Lunae — Articolo 6° in- 
serito nel volume intitolato: Amoenitates Italicae sistentes 


 opuscula ad rem herbariam et Zoologiam Italiae spectantia. 
Bononia, MDCCCOXIX. 


L'articolo, che è compreso fra le pag. 246-280, è una 
ristampa, con qualche modificazione del precedente; ‘a 


| pag. 274, vi si aggiunge la seguente specie: 


CELLARIA ANGUINA L., riportata dal Carus (op. cit., pag. 1) 


come Aetea anguina “ui 


Le altre specie sono descritte alle pagine seguenti : 
Millepora fascialis, pag. 251; M. reticulata, p. 252; M. cel- 


E lulosa, pag. 253; Cellepora pumicosa, pag. 254; Cellaria 


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di, Le "A è 1A = 
ha ® 


90 ANTONIO NEVIANI 


farciminoides, pag. 271; C. reptans, pag. 272; C. pyriformis, 4 
pag. 273. 


De plantis in itinere ad urbem Ravennam observatis, de- 
que Museo Ginanniano, quod Ravennae est. 

Articolo 5° inserito nel suddetto volume alle pag. 213-246; 
in esso sì fa parola dei seguenti briozoari: 

Pag. 215 — MILLEPORA TRUNCATA, detta Madrepora 
nell’op.. post. del Ginanni, vol. I, p, 8, t.I, £. 3. — È il My- 
riozoum truncatum Pall. 

Pag. 215 —- MILLEPORA LICHENOIDES (Reteporam frondi- 
culatam); in Ginanni, l c. p. 8, t.I f 4= Madrepora 
bianca, che si avvicina alla frondepora. — È una Hornera; 
impossibile dire se sia la H. frondiculata Lk. o la H. liche- 
noides Pontopp. 


Pag. 216 — MILLEPORA LAMELLOSA Bertoloni n. sp., così 


caratterizzata : M. subdichotoma, supra lamellis transversis, 
disticho-divergentibus, costà poriferis. A questa specie riferi- 
sce: Madrepora rosacea parva Planch., De conch., ed. 2, 
p. 112, t. 18, f. n. N., e la Madrepora minima ramosa con 
due ordini di tubî del Ginanni, op. post., 1, p. 8, t. II. f. 7. 

Questa specie va certamente riferita alla /dmonea (Tu- 
bulipora) serpens L. => Tubulipora liliacea Pall. 

Pag. 216 — MILLEPORA RETICULATA, che è la Fronde- 
pora eschara marina del Ginanni, 1. c. I, p. 9, t. IV, f. 8; e 
cioè l'odierna Frondipora verrucosa Lmx. 

Pag. 216 — MILLEPORA CELLULOSA detta solamente Re- 
tepora dal Ginanni (1. c., 1, p. 9, t. IV, f. 9), è la Retepora 
cellulosa Lin. "4 

Pag. 216 — MILLEPORA CARDUNCULUS Linn. della quale — 
il Bertoloni dà la seguente diagnosi: M. minuta, orbicularis, 
simplex, superne centro eroso-ercavata, scabra: plicis radian- — 
tibus, costa oblique poriferis ; riferendosi al fungo marino del — 
Ginanni (1. c., 1, p. 10, t. IV, f. 10) ed alla Millepora car- — 
doncello del Cavolini (memor., p. 71, t. 3, f. 19, 20). È 

Dalla descrizione, ed osservazioni successive, si rileva 
chiaramente trattarsi di una Lichenopora, ma è difficile ri- — 


LT ei PP. $ rai WE); Y 


BARISTA 


NOTE BIBLIOGRAFICHE, ECC. 9I 
ferirla ad una specie determinata; forse trattasi della L. hz- 
spida Flem. 

Pag. 217 — MILLEPORA FASCIALIS, dal Ginanni (l. c., 1, 
p. 12, t. 5, f. 14) detto: Poro cervino. Questa è Smittia cer- 
vicornis Pall. ? i 

Pag. 217 — CELLEPORA PUMICOSA, in Ginanni (l. c., 1, 
p. 12, t. 6, f. 15): poro anquino globoso, e poro anquino var. 
di figura tubulosa. Vale per questa specie la stessa osser- 
vazione fatta innanzi per la C. pumicosa del Porto di Luna. 

Pag. 217 — SERTULARIA AVICULARIA L., dal Ginanni 
(1. c., 1, p. 13, t. 6, f. 16, 17) classificata per Tubifora di 
specie prima. Oggi vien detta: Bugula avicularia L. — 

Pag. 218 — TUBULARIA FISTULOSA L. (Cellaria Salicornia 
Lmx.), è la Corallina fistolosa e fragile del Ginanni (1. c., 1, 


B p. 13, t. 6, f. 19) cioè le Melicerita fistulosa L. sp. e M. 


Johnsoni BK. sp. 

Pag. 222 — FLUSTRA TRUNCATA L., detta Coralloide re- 
ticolata dal Ginanni (1. c. 1, p. 22, t. 21, f. 47), corrisponde 
all’odierna.  Flustra securifrons Pallas. 

Pag. 227 — FLUSTRA (EscHARA) HIsPIDA L., venne dal 
Ginanni (1. c. 1, p. 36, t. 41, f. 87) chiamata: Fuco spugnale 
minimo assai elegante. Questa specie può essere la Flustra 
papyracea Cav. 

Pag. 227 — FLUSTRA (ESCHARA) CILIATA Pall. A questa 
specie, che oggi viene riferita al genere .Microporella, il 
Bertoloni riporta quella che il Ginanni chiamò: Fuco spu- 
gnale minimo granelloso e seminifero serpeggiante (1. c., 1, 
pD:136; t.:41, f. 88). 

| Pag. 230 — FLUSTRA (PHERUSA) TUBULOSA Esp., fu dal 
Ginanni (1. c. 1, p. 51, t. 55. f. 113) determinata per 7ubdi- 
fora membranosa. 

Oltre alle sopra riportate specie altre ve ne sono per le 
quali non è possibile dire alcun che con qualche sicurezza, 
potendo trattarsi di altri organismi, specialmente idrozoi ed 
alghe; tali sono, ad esempio: il Lichenoide dell’ Adriatico, 
pag. 217; la Corallina fistolosa di rami bianchi, pag. 217; la Tu- 


bifora di specie seconda, pag. 218; la Tamarisciola, pag. 219; 


il Lichenoide del Mediterraneo, pag. 231; la Salicornia ma- 
rina del Mediterraneo, pag. 231, ed altri. 


92 ANTONIO NEVIANI 


II. 


BROCCHI GIAN BATTISTA. 


Continuazione del Ragquaglio di alcuni molluschi e zoofiti 
del mare Tirreno presso la spiaggia romana — Bibl. ital. o 
sia Giorn. di letterat. sc. ed arti, Tomo XIV, Milano 1819, 
pag. 45-63, con 1 tavola. 

Fra varie specie di Alcioni, Sertularie, Coralline, ecc., 
il celebre paleontologo fa parola dei seguenti briozoari: 

Pag. 56 — FLUSTRA TRUNCATA L. (== /lustra securifrons 
Pall.) nella darsena di Civitavecchia. 

Pag. 56 — SERTULARIA NERITINA L. (= Bugula neritina 
L.};}10c,16,-8 

Pag. 61 — TUBULARIA FISTULOSA L. (= Melicerita fistu- 
losa L.); mare di Civitavecchia, sugli scogli subacquei. 

Pag. 62 — CELLEPORA SsPONGITES L. (= Schizoporella 
spongites L.); nel porto e nella darsena di Civitavecchia ; 
sulla costa fra Terracina e capo Circeo. 


POL. OÙ 


£ re POE II dice 


Pag. 62 — MILLEPORA FASCIALIS L. (= Smittia cerci | 
cornis Pall.); mare di Civitavecchia. o 
Pag. 62 — MILLEPORA PUMICOSA L. (= Cellepora pumi- ‘| 


cosa L.); sugli scogli nel mare di Civitavecchia. 


Roma, R. Liceo Visconti — Aprile 1901. 


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OscaR NEUMANN: Die Genise der Abruzzen. — Annali del 
Museo civivo di storia naturale di Genova, Serie 2, 
Vol. XX (XL) 20 Dicembre 1899 (Con due fig. nel testo). 


L’A, descrive un esemplare di Camoscio degli Abruzzi, 
che trovasi conservato nel museo di Genova e che egli no- 
mina Rupicapra Ornata ritenendola una varietà distinta da 
quella che si trova sulle Alpi. L'A. non trova nessun cenno 
su questa varietà nè in Cornalia nè in Bonaparte come 
pure non ne parlano nè Keyserling né Dlasius. 

I caratteri esterni della /. ornata sono i seguenti: 

Le parti laterali della testa sono di colore bruno, l’in- 
sellatura naso frontale è di colore isabella e superiormente 
termina ad ovale. Manca la colorazione isabella sopra gli 
occhi, come si trova nel Camoscio delle Alpi. Guancie, mento 
e dal mento in giù tutta la parte anteriore del collo fino 
al margine superiore del petto sono di colore isabella, del 
medesimo colorito sono la parte della testa dietro le corna 
e la parte posteriore del collo fino alle spalle. 

La parte posteriore delle orecchie è bruno-oscura e da 
loro parte una fascia bruno nera che si dirige in giù divi- 
dendo d’ambo i lati la parte anteriore dalla posteriore del 
collo, ciò da all'animale un aspetto molto caratteristico. Dalla 
regione occipitale parte una striscia oscura che attraversa 
la regione dorsale e che giunta sulla regione lombare s’al- 
larga e diviene bruno-nera. La parte inferiore del petto e 
le gambe è del medesimo colore che si trova nel Camoscio 
delle Alpi ma non tanto bruno-rossiccia, ilati del corpo sono 
più chiari, in certi punti inclinano al colore isabella, le zampe 
posteriori sono colore isabella-chiaro. È 

La lunghezza delle corna misurata sulla curva anteriore 
è di 296 mm. L'A. ritiene che esaminando un numeroso ma- 
teriale craniologico delle due varietà di camosci, si trove- 
ranno certamente delle differenze. 

La colorazione e specialmente le fascie bruno-nere ai 
lati del collo sono talmente caratteristiche da escludere che 
questa possa essere semplicemente una varietà individuale. 


94 i RECEN SIONI BIBLIOGRA FICHE © 


L'A. è stato poi informato che simili esemplari si trovano 

anche in altri musei d’Italia. i 
È probabile che il Camoscio dei Pirenei, quello dei Car- 

pazzi e quello dei Balcani formi altre tante specie differenti 


da quella delle Alpi, 
Dottor UGO VRAM. 


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INOLTRATE: 


. Udienza concessa da S. M. il RE al Consiglio Direttivo della Società Zoo:ogica Italiana, 


Giovedì, 13 giugno 1901, S. M. il Re Vittorio Emanuele III 
ricevette la rappresentanza del Consiglio Direttivo del nostro 
sodalizio scientifico, composta del presidente prof. Carruccio 
Antonio, del vice-presidente don Guido Falconieri conte di Car- 
pegna, e dei consiglieri dott. Alessandrini Giulio, prof. Angelini 
Giovanni, prof. Neviani Antonio, comm. Rostagno Fortunato e 
dott. Romero Giuseppe. Il Presidente della Commissione ringraziò 
vivamente S. M. per l’accettazione della Presidenza d’onore e 
gli presentò il relativo diploma in pergamena miniata con molta 
abilità artistica dal dott. Alessandrini il quale gentilmente si 
era offerto di eseguirla. Vennero pure offerti in omaggio a S. M. 
i nove volumi del Bollettino sociale elegantemente rilegati. — 
S. M. il Re esaminò con intelligente attenzione la bellissima 
pergamena, che conteneva pure diverse figure di animali fina- 
mente disegnati dall’Alessandrini, e mostrossi lieto e grato per 
l’offerta. 

Il Re dopo avere domandato notizie delle Collezioni del 
Museo Zoologico dell’Università Romana, le quali esattamente 
gli vennero fornite dal direttore prof. Carruccio, e dopo essersi 
mostrato soddisfatto del grande incremento di esse, si trattenne 
a lungo a parlare dei suoi viaggi specialmente di quello fatto 


| allo Spitzberg, e mostrò una conoscenza veramente eccezionale 
sugli animali polari e sulle loro abitudini; e diede nuova prova 


della sua tenace memoria ricordando al dott. Romero il povero 
suo padre, colonnello di fanteria, morto nella battaglia di Adua. 


96 NOTIZIE 


La rappresentanza della Società Zoologica Italiana rimase 
lietissima per la squisita benevolenza che le addimostrò il So- 
vrano, e per le parole d’incoraggiamento di cui le fu largo 
durante la speciale udienza, durata ben tre quarti d’ora. Ripor- 
tiamo le parole latine, cortesemente dettate dall’illustre profes- 
sore del nostro R. Ateneo, il comm. Giuseppe Cugnoni, le quali 
leygonsi nella pergamena su menzionata: 


VICTORIUM EMMANUELEM III 
ITALORUM REGEM GLORIOSISSIMUM 
BONARUM ARTIUM FAUTOREM MUNIFICENTISSIMUM 
SOCIETAS ZOOLOGICA DATA AB EO VENIA 
MAGISTRUM SUMMUM HONORIS CAUSA SIBI ADSCIVIT, 
ACTUM IN PLENO CONVENTU HABITO APUD 
SCHOLAM ZOOLOGICAM LYCEI MAGNI ROMANI 
XI KAL. JUN. MOMI. 


Praeses 
Prof. ANTONIUS CARRUCCIO 
A Secretis 
Doct. Josepa Romero. 


EFRRATA-CORRIGE. 


Nella Memoria « Classificazione descrittiva dei Lepidotteri italiani » del 
comm. Fortunato Rostagno, a pag. 38, riga 23, sopprimere il genere Mamestra. — 


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ESTRATTO DALLO STATUTO 


ART. 2. — La Società ha lo scopo di dare istruzioni, consigli, | 


appoggi morali, e possibilmente aiuti materiali ai cultori della 


biologia animale anche nelle sue varie applicazioni; di pubblicare -. 


nei modi stabiliti dal regolamento un Bollettino contenente i reso- 
conti delle adunanze, le comunicazioni scientifiche d’indole biolo- 
gica, anatomo-fisiologica, embriologica, paleontologica e sistema- 
tica; e quelle altre notizie che possono interessare gli studiosi, 
ART. 3. — La Società è composta di tre categorie di soci: 
12 Soci ordinari, distinti in soci a tempo, i quali paghe- 
ranno lire Dieci all'anno, e soci ‘a. vita se PISSSEAIAIO lire 200 
in una sola volta; 
3 Soci ssa i quali pagheranno lire Sette annue; 
a Soci onorari italiani e stranieri, proposti dal Corsini 
dica scelti fra i più noti ed eminenti cultori degli studi zoo- 
logici, od altrimenti benemeriti della Società. 
Tutti i soci hanno diritto alle pubblicazioni sociali, 


ABBONAMENTO PEI NON SOCI 


Italia . . 12 lire annue 


Estero te 6 pagamento anticipato 


Un. fascicolo. doppio separato L. 4 


Volumi arretrati: Italia L. 15 - Estero L. 18 (franchi di posta) 


Prezzo di favore a chi acquista i nove volumi finora pubblicati 
( Vedi pagina seconda della copertina). : 


Sede della-Società: Istituto ZooLogico - R. UNIVERSITÀ 


| Via della Sapienza - ROMA ui; 


Roma - Stab. Carlo Mariani e C., Vic. Guardiola 22. 


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MAR 25 1922 


Fase. III, IV, Ve VI. Serie Il. - Vol. Ta » Anno X. - 1901. 


LETI 2 


BOLLETTINO. 


ELLA 


SOCIETÀ Z0OLOGICA. ITALIANA 


CON SEDE IN ROMA. 


Presidente onorario S. M. il Re VITTORIO EMANUELE III. 


SOMMARIO. 
I. MEMORIE ORIGINALI î 9. Brusina prof. Spiridioue, Sulle Al- 
E COMUNICAZIONI SCIENTIFICHE. | che, e in specie sull'A/ca toraa della 
è. Dalmazia e della Croazia, e sulle pre- 

i. Rostagno comm. Fortunato. Classi- tese invasioni del Phalacrocorax Pag. 213-225 
ficazione descrittiva dei Lepidotteri 10. Romero dott. Giuseppe. Contriì- 
italiani (Noctwidi. — Tribù Ortosidi, buto allo studio dei DETRagO! malarici dini 

Adenidi, Xyliniai, Eliotidi, Acontidi, negli uccelli . . : CORIO » 226-235 
Erastridi, AIMORESE, Fatlenoidi, Erio- 

Pidi, ecc.) .'. are Pr $7:122 II. PARTE UFFICIALE 

2. Di Stefano dott. ‘ Giuseppe. Osser- Rer iconti. 
vazioni sull’ "ni icool baie sup os 
quand) . . » 123-138 1. Adunanze gPaerati del dì 20 lu- 

3. Losito dott. ‘Carmela. Os: servazioni | glioe8ditzembre .901.Comunicazioni 
fenologiche che nel Lago di Brac- | del Presidente.” resentazione di doni e 
ciano . . ». 139-149 cambi. Rappresentanza al Congresso 

4. Idem idem. Su una nù va specie Internazionale di Berlino. Proclama- 
del gen. Diaptomus Westwood . >» 150-164 zione di nuovi soci. Annuncio di un 

5. Idem idem. Note di tecnica per nuovo donoreale. Comunicazioni scien- 
lo stud.o degli Entomostraci . . » 165-171 |\tifiche. Proposta del prof, Neviani e 

6. Santoro-Silipigni Giovanni. Alcuni ‘discussione. Proclamazione di nuovi 
\ appunti sulla resistenza al digiuno » 172-175 | soci, ecc. . . .---. . . . . » 236-239 
Mitici Aoomotopi. caso e gli org e 176-188 | III. Indice generale delle materie con- 

SA i tenute nel Vol. II, Serie I, Anno X 

8. Tiraboschi dott. Carlo. Metodi rer 1901 ji » 240.242 

lacolorazione differenziale delle neu- ad AIRO È kr 


rofibrille di Apàthy. . . . . » ‘189-212 | IV. Annunci sulla copertina. 
une >. VER) ARE DI i 


AVVISI IMPORTANTI, 


A quanti ne faranno domanda, accompagnata dall'importo anticipato, 
verranno spediti, franco di posta se in Italia, i dieci volumi pubblicati 
dalla Società Zoologica con sede in Roma dal 1892 al Igor, al prezzo 
di favore di lire ottanta, in luogo di L. 120.° 

I fascicoli del Bollettino durante l’undecimo anno, 1902, saranno pub- 
blicati con grande regolarità, e conterranno oltre le memorie e comuni- 


| cazioni originali, utili e variate riviste sulle nevità più notevoli della 
Zoologia, recensioni bibliografiche, ecc. 


* DI Conto corrente colla Posta - Pubblicazione bimensile. 


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MAR 25 1902 


Fasc. III, IV, Ve VI. Serie Il - Vol. Il. Anno X - 1901. 


BOLLETTINO 


DELLA SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA 


ISTITUTO ZOOLOGICO DELLA REGIA UNIVERSITA DI ROMA 
diretto dal Prof, Antonio CaRRUCCIO. 


CLASSIFICAZIONE DESCRITTIVA DEI LEPIDOTTERI ITALIANI 


COMPILATA 


per cura del Comm. FORTUNATO ROSTAGNO 


Consigliere della Società Zoologica Italiana 


(Continuazione: vedi Fasc. I e II, Serie II, vol. II, Anno X, 1901) 


Il volo dei noctuidi è rapido; ma un gran numero passa 
la vita nei crepacci degli alberi, dei muri od aggrappati 
alle roccie. Non volano che la sera dopo il tramonto del 
sole, soventi in gran numero e vanno a svolazzare sui fiori 0 
sul miele del quale furono spalmati i tronchi degli alberi (1). 

Il Berce porta in questa famiglia cinque generi e cioè: 
Rusina, Agrotis (dodici gruppi), Hiria, Triphaena, Noctua 
(otto gruppi) (2). Il Boisduval porta tutti e cinque questi 
generi (3); il Curò e lo Staudinger, per le italiane, non 
dànno che i generi Rusina, Agrotis e Boletobia, quest'ultimo 
tratto dal genere Agrotis del Boisduval (4). Gli stessi tre 
generi porta il Calberla (5), e noi pure conserviamo nella 
nostra classificazione, cioè i generi Rusina, Agrotis, Boletobia. 

TRIBÙ XXVIII. — Ortosidi - Insetto perfetto. — Farfalle ad 
antenne pubescenti o cigliate nei maschi, guernite di cigli iso- 


(1) BERCE, Op. cit., vol. III, pag. 124. 

(2) BERCE, op. cit., vol. III, pag. 124 a 195. 

(3) Boispuvat, op. cit., vol. V, pag. 255, 257, 314, 315, 321. 

(4) Curò, op, cit., pag. 162-8-281 — STAUDINGER, Op. cit., pag. 112-79-140. 
(5) CALBERLA, Op. cit., pag. 191, 162, 209. 


Bollettino della Società Zoologica Italiana Li 


98 FORTUNATO ROSTAGNO 


lati nelle femmine, a palpi quasi sempre esili, vellosi, eretti, 
dritti o incombenti, raramente ascendenti, ciuffo frontale vel- 
loso, di una sola ciocca, tromba corta o media, zampe medie, È 
raramente spinose, addome soventi depresso, ali quasi sempre . 
intiere e più o meno acute all’apice, aventi le due macchie me- | 
diane visibili; la reniforme spesso adombrata inferiormente di | 
colore nerastro ; le linee distinte, la subterminale soventi dritta. 

Nervatura mediana delle inferiori trifida. Al riposo le ali su- 

periori coprono intieramente le inferiori e si incrociano pur an- 

che coi loro orli interni. i 

Larve: a sedici zampe eguali, cilindriche, vellutate, a 
testa globulosa; sprovviste di prominenze o tubercoli; vi- 
venti delle foglie degli alberi o delle piante basse e tenen- 
tesi nascoste o riparate durante il giorno. 2 

Crisalidi: liscie, lucenti, cilindro-coniche, dalla pelle ge- 
neralmente fine, chiuse in gusci ovoidali, deboli, composti 
di seta e terra ed interrate. 

Questa famiglia ha caratteri che la rendono difficil- 
mente differenziabile dalla precedente dei Noctuidi e dalla 
seguente degli Hadenidi (1). | 

Il Berce dà per questa numerosa famiglia i seguenti 
dodici generi: Trachea, Taeniocampa (3 gruppi), Orthosia, _ 
Anchocelis, Cerastis, Scopelosoma, Dasycampa, Hoporina, 
Xanthia, Hiptelia, Cirroedia, Mesogona (2). Il Boisduval ha | 
pure tutti questi generi, soltanto divide il genere Orthosia 
in due, e cioè: Orthosia e Pachnobia. Lo Staudinger ed il 
Curò portano, per le italiane, tutti i detti generi ad ecce- 
zione dei generi Dasycampa, Anchocelis; pel genere Trachea 
‘ portano la sola suddivisione Panolis e pel genere Cerastis, | 
la suddivisione Orrhodia; dividono infine il genere Orthosia 
in tre: Orthosia, Pacnobia, Dyschorista (3). Il Calberla per 
la provincia romana e limitrofe non dà i generi Trachea | 
o Panolis, Dyschorista, Mesogona (4). Noi seguendo le indi- — 


nm 
è 


cati 


(1) Boispuvat, op. cit., vol. V, pag. 338. 
(2) BERCE, Op. cit., pag. da 195 a 343. È 
(3) StAUDINGER, op. cit., pag. 113 a 119 — Curò, op cit., pag. 163 a È 
165 e 253 a 258. i 
(4) CALBERLA, Op. cit., pag. 191 a 493. 


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- 


CLASSIFICAZIONE DESCRITTIVA DEI LEPIDOTTERI ITALIANI 99 
cazioni - dello Staudinger, confortate dalle osservazioni del 
Curò portiamo nella nostra classificazione per la tribù degli 


Ortosidi i seguenti dodici generi, cioè : Panolis, Taeniocampa, 


Pachnobia, Dyschorista, Orthosia, Orrhodia, Scopelosoma, 
Hoporina, Xanthia, Hiptelia, Cirroedia, Mesogona. 

_ TRIBÙ XXIX, — Cosmidi - Insetto perfetto. — Farfalle 
piccole o di grandezza media, ad antenne ordinariamente 
semplici, pubescenti, a palpi ascendenti, acuiti, poco vellosi, 
molto ravvicinati, e dei quali l’ultimo articolo è ben ta- 
gliato, a testa piccola, a tromba corta o media, ad addome 
liscio, affilato nei maschi, allungato in cono oblungo e so- 
venti terminato da un ovidotto sporgente nelle femmine; ad 
ali liscie, intiere, acute all'apice, ricoprentesi e disposte, nel 


riposo, a tetto molto inclinato. 


Larve: a sedici zampe uguali, dna di colori vi- 
vaci, più o meno appiattite al disotto, a testa globulosa, 
con lo scudo del collo lucente; viventi chiuse nelle foglie 
degli alberi. 

Crisalidi: corte, piriformi, appuntite all’ano, soventi ri- 
coperte d’una efflorescenza bluastra, chiuse entro le foglie 
o borraccine o in piccoli gusci di terra ovoidali e posti 
alla superficie del suolo (1). 

Il Berce pone in questa famiglia quattro generi e cioè: 
Tethea, Euperia, Cosmia, Dicycla (2), e tutti e quattro sono 
compresi nella classificazione del Boisduval (3). Lo Stau- 
dinger ed il Curò, pei lepidotteri italiani portano il genere 
Dicycla, scindono il genere Cosmia in due generi: Cosmia e 
Calymnia, non comprendono il genere Euperia e dànno pel 
genere Tethea la sua suddivisione di Plastenis (4). Il Cal- 


berla nel suo lavoro porta il solo genere Calymnia (5). Così 
| noi conserviamo nella nostra classificazione per la tribù dei 
Cosmidi i quattro generi: Plastenis, Calymnia, Cosmia, Dicycla. 


(1) Borspuvat, op. cit., vol. VI, pag. I. 

(2) BERCE, op. cit., vol. IV, pag. 1 a 8. 

‘(3) Boispuvat, op. cit., vel. VI, pag. 2 a 8. 

(4) STAUDINGER, Op. cit., pag. 114, 115 — Curò, op. cit., pag. 165, 252, 253. 
(5) CALBERLA, Op. cit., pag. 192. 


100 FORTUNATO ROSTAGNO 


TRIBÙ XXX. Adenidi - Insetto perfetto. — Farfalle con 
antenne di media lunghezza, a palpi dritti o ascendenti, 
ordinariamente corti e sorpassanti di poco la fronte, coll’ul- 
timo articolo poco allungato, a ciuffo frontale velloso ma 
poco sporgente, a torace più o meno quadrato e crestoso 
come l'addome, a zampe di lunghezza media, ad ali supe- 
riori spesse, segnate di linee o macchie ordinarie, la sub- 
terminale mai completamente dritta e soventi spezzata ad M 
nella sua metà, ricoprenti le inferiori e disposte a tetto 
molto inclinato durante il riposo. 

Larve: a sedici zampe uguali, allungate, rase, non lu-. 
centi, non aventi i trapezioidali tubercolati, ordinariamente 
intieramente liscie, aventi talvolta l’undecimo anello rile- 
vato; viventi allo scoperto o semplicemente riparate sugli 
alberi o sulle piante basse. 

Crisalidi: lucenti, non efflorescenti, chiuse in coccie 
ovoidi ed interrate più o meno profondamente. 


La famiglia degli Adenidi è una delle più numerose fra 


le Nottue ma non è fra le più caratterizzate avendo punti 
di contatto con gli Orthosidi, gli Apamidi ed i Xylinidi ed 
essendo difficile porre il punto di demarcazione fra essa e 
le altre. Ciò però non impedisce che alcuni caratteri propri 
nella gran maggioranza della specie la distinguono (1). Ab- 
biamo accennato ai principali, nella parte speciale scende- 
remo a più minuti particolari. Gli Adenidi volano al crepu- 
scolo e si attaccano durante il giorno al tronco degli alberi 
od ai muri di chiusura dei terreni. 

Il Berce, per la fauna francese. porta in questa fami- 
glia sedici generi e cioè: Ilarus, Dianthoecia, Hecatera, 
Phorocera, Polia, Epunda, Valeria, Miselia, Chariptera, Agrio- 
pis, Phiogophora, Euplexia, Polyphaenis, Aplecta, Hadena, 
Hyppa (2). Accenna però il Berce alla suddivisione del ge- 
nere Polia, in Polia ed Ammoconia del Lederer, come fa 
pure cenno della denominazione di Habryntis dato dallo 


(1) Borspuvat, op. cit., vol. VI, pag. 14. 
(2) BERCE, op. cit., vol. IV, pag. da 8 a 88. 


CLASSIFICAZIONE DESCRITTIVA DEI LEPIDOTTERI ITALIANI 101 


stesso Lederer al genere Phlogophora, e delle sue suddivi- 
|. sioni in Habryntis, Brotolomia, Trigonophora i due primi del 
‘Lederer, l’ultimo dell’Hubner. 

Il Boisduval porta tutti questi generi (1); porta inoltre 
il genere Jaspidia (2) che il Curò comprende nel suo cata- 
logo col nome di Jaspidea, seguendo sStaudinger, di cui la 
specie Celsa esisterebbe rara in Piemonte. 

Lo Staudinger ed il Curò fra i lepidotteri italiani non 
dànno i generi Ilarus, Hecatera, Phorocera, di cui portano 
la sola suddivisione Metopoceras secondo il Guénée; divi- 
dono il genere Polia in due, cioè: Ammoconia e Polia ; se- 
condo Lederer e Treitschke ; dividono il genere Epunda in 
due Epunda e Cleoceris secondo Duponchel e Boisduva]; 

‘non portano il genere Agropis o Agriopis; portano invece 
pel genere Phlogophora le sue tre suddivisioni in. Trigono- 
phora, Habryntis e Brotolomia secondo Hubner e Lederer, 
non portano il genere Aplecta e suddividono in cinque ge- 
neri il genere Hadena, cioè : Thecophora, Dryobota secondo 
Treitschke; Dichonia, secondo Hubner, Hadena secondo 
Treitsechke e Trachea, secondo Hubner (3). 

E Il Calberla dà i soli generi Dianthoecia, Ammoconia, 
Polia, Miselia, Trigonophora, Brotolomia, Polyphaenis, Dryo- 

. bota, Dichonia, Hadena, Trachea (4). 

Seguendo i criterî di questi autori, rimangono dunque 
nella nostra classificazione pei lepidotteri italiani apparte- 

nenti alla famiglia degli Adenidi i seguenti ventun generi: 

. Dianthoecia, Metopoceras, Ammoconia, Polia, Epunda, Cieo- 

. ceris, Valeria, Miselia, Chariptera, Trigonophora, Habryntis, 
Brotolomia, Euplexia, Polyphaenis, Thecophora, Dryobota, 
Dichonia, Hadena, Trachea, Hyppa, Jaspidia. 

TRIBÙ XXXI. — Xylinidi - Insetto perfetto. — Farfalle 


(1) Boispuvat, op. cit., vol. VI, pag. da 15 a 8I. 
(2) Bolspuvat, op. cit., vol. VI, pag. 59. 
; (3) STAUDINGER, Op. cit., pag. da 92 a 104 — Curò, op. cit., pag. 21 a 
23, 144 a 158. 
È (4) CALBERLA, Op. cit., pag. 173 a 183. 


102 FORTUNATO ROSTAGNO 


ad antenne quasi sempre semplici, dai palpi bene svilup- 


pati a tromba lunga, torace robusto, col collare quasi sem- 


pre rilevato o sinuato, ali oblunghe a disegni longitudinali 
e colle linee ordinarie raramente ben distinte, e ripiegate 


durante il riposo a tetto appiattito in modo che dànno al- 


l’insetto una forma allungata. 


Larve: a sedici zampe uguali, cilindriche, allungate, 


rase, spesso moniliformi, di colori generalmente brillanti: 
vivono allo scoperto sulle piante basse, o sugli alberi dei 
quali esse mangiano le foglie od i fiori. 

Crisalidi: spesso fornite di un’appendice ventrale spor- 


gente, chiuse in coccie di variabile consistenza, interrate o 


fuori terra, di consistenza variabile ed in ragione inversa 
della durezza della loro coccia. 


E da questa famiglia che incomincia la serie di larve 


viventi affatto allo scoperto e quelle che si nascondono sia 
pur anche durante il giorno, non sono che rare eccezioui. 
Hanno per la maggior parte colori vivi e disegni ben mar- 
cati. Preferiscono i fiori alle foglie ed hanno ricevuti da na- 
tura colori simili a quelli dei fiori di cui si nutriscono, il 
che le fa raramente distinguere dai loro nemici (1). 

Il Berce considera in questa famiglia i generi: Litho- 


campa; Xylocampa, Cloantha, Calocampa, Xylina, Cucullia, 
Epimecia, Omia, Cleophana, Calophasia (2). Tutti questi ge- 


neri sono portati dal Boisduval (3) e così dallo Staudinger (4) 
e dal Curò pei lepidotteri italiani (5). Il Calberla ha pure 


tutti questi generi, ad eccezione dei generi Lithocampa ed j 


Epimecia (6). 
Noi conserviamo quindi nella nostra classificazione per 


gli Xylinidi i dieci generi: Lithocampa, Xylocampa, Cloan-. 


. 


(1) Boispuvat, op. cit., vol. VI, pag. 108. 

(2) BeRce, op. cit., vol. IV, pag. da 88 a 130. 

(3) -Borspuvat, op. cit., vol. VI, pag. da 108 a 162. 
(4) STAUDINGER, Op. cit., pag. 119 a 129. 

(5) Curo, op. cit., pag. 153, 258 a 262. 

(6) CALBERLA, Op. cit., pag. 183, 194 a 196 e 200. 


- 


» 


be di 


CLASSIFICAZIONE DESCRITTIVA DEI LEPIDOTTERI ITALIANI 103 


tha, Calocampa, Xylina, Cucullia, Epimecia, Omia, Cleo- 

| phana, Calophasia. 

I TRIBÙ XXXII. — Eliotidi - Insetto perfetto. — Farfalle 
«di piccole dimensioni o medie, ad antenne non pettinate, a 

i palpi spessi, a torace robusto, soventi velloso, coll’addome 

liscio, subconico, a gambe quasi sempre munite di spine od 
unghie, ad ali quasi sempre macchiettate di nero ben de- 
ciso, almeno nel disotto, e con volo frequente in pieno 
| giorno. 

Larve: a sedici zampe uguali, cilindriche, un po’ moni- 
liformi, non attenuate e viventi allo scoperto sulle piante 
basse, delle quali soventi preferiscono i fiori. In genere sono 

di colori vivi. | 

Crisalidi: a parte addominale conica, chiuse in coccie 
poco solide (1). 

Berce considera in questa famiglia i seguenti generi : 
Chariclea, Heliothis, Anthoecia, Anarta, Heliodes, Halme- 
rosia (2). 

Tutti questi generi sono portati dal Boisduval (3). 

Lo Staudinger ed il Curò per l’Italia dànno i generi: 
Anarta, Heliaca, Heliothis, Chariclea (4); e tutti sono por- 
tati dal Calberla nell’opera citata (5), cosicchè noi pure li 
comprendiamo nella nostra classificazione, dando per la 
fauna italiana alla tribù degli Eliotidi i quattro generi 
. Anarta, Heliaca, Heliothis, Chariclea. 
: TRIBÙ XXXIII. — Acontidi - Insetto perfetto. — Antenne 
| medie, smilze, filiformi nei due sessi, od appena pubescenti nei 

maschi. Palpi molto corti, ravvicinati, non eretti, coll’ultimo 
articolo poco distinto dal precedente. Tromba media. Corpo 
liscio : il torace assai largo, globuloso, molto squamoso, a 
collare corto, arrotondito, tendente a separarsi; l'addome 


(1) Boispuvac, op. cit., vol. VI, pag. 166. 

(2) BERCE, op. cit., vol. IV, pag. da 130 a 145. 

(3) Borspuvat, op. cit., vol. VI, pag. 167 a 200. 

(4) STAUDINGER, Op. cit, pag. 127 a 4130 — Curò, up. cit., pag. 268 
“a 270. 

(5) CALBERLA, Op. cit., pag. 199. 


MRS REA «ALII FATIDICO SO ZAIRMINO IE VETTE I TT 


104 FORTUNATO ROSTAGNO 


poco velloso, non depresso, sorpassante di poco le ali infe- 
riori, subconico nei maschi, cilindro conico nelle femmine. 


Zampe medie, assai forti, ma poco vellose. Ali intiere; le 


superiori spesse, squamose, un po’ lucenti; le inferiori so- 
venti opaline, scolorite, senza disegni comuni, la prima ner- 
vatura mai riunita alle seguenti, più debole di esse ed in- 
serita sopra la disco-cellulare, non lontana dalla piega. cel- 
lulare. Al riposo, le superiori coprono intieramente le inferiori 
e sono disposte a tetto molto inclinato. 

Larve: a dieci, dodici o quattordici zampe, affilate, un 
po’ rigonfie posteriormente. ; 

Crisalidi: interrate (1). 


Il Berce colloca in questa famiglia due generi: Agro- <‘@ 


phila ed Acontia (2); il Boisduval porta il genere Agrophila, 
divide il genere Acontia in due: Acontia e Xanthodes, e 
porta inoltre il genere Metoponia (3). Tutti e quattro tali 
generi sono dati per la fauna italiana dallo Staudinger e 
del Curò (4), e di essi tre, meno cioè la ico sono 
portati dal Calberla (5). 

Seguendo tali indicazioni, e per le nostre particolari ri- 


cerche, portiamo nella tribù delle Acontidi i quattro generi: | 


Agrophila, Xanthodes, Acontia, Metoponia. 

TRIBÙ XXXIV. — £Erastridi - Insetto perfetto. — Far- 
falle di piccole dimensioni, dalle antenne corte, semplici, 
appena pubescenti, a palpi squamosi, ascendenti, a tromba 
corta 0 media, corpo gracile, addome il più sovente crestoso, 
ali larghe, le superiori sempre munite di un’areola, a linee 
e macchie distinte, le inferiori larghe, non partecipanti mai 
al disegno delle superiori, aventi la prima nervatura infe- 
riore forte come le seguenti, ed inserita sulla disco-cellulare; 
le quattro ali disposte a tetto schiacciato nel riposo. 


(4) Bolspuvat, cp cit., vol. VI, pag. 203. 

.(2) BERCE, op. cit., vol. IV, pag. 145 e seg. 

(3) Borspuvat, op. cit., vol. VI, pag. 204 a 214. 
(4) STAUDINGER, Op. cit., pag. 130, 134 e 135 — Curo, op. cit., pag. 271-275. — 
(5) CALBERLA, Cp. cit., pag. 201-204. 


MERE i Ro Di MT IS 
La Pare Frs 


CLASSIFICAZIONE DESCRITTIVA DEI LEPIDOTTERI ITALIANI 105 


Larve: alquanto simili alle geometre con tre paia di 
zampe ventrali, di cui il primo paio è più o meno utrofiz- 
zato; affilate, un po’ rigonfie posteriormente, raggiate longi- 
tudinalmente; viventi allo scoperto sulle piante basse od ar- 
boscelli. 

Crisalidi: a pelle sottile, contenute in piccole coccie alla 
superficie di terra (1). Ì 

1l Berce porta in questa tribù due generi: Erastria e 
Bankia, dei quali però nella fauna italiana non è, secondo 
. Boisduval, Calberla, Staudinger, Curò (2), rappresentato che 
il solo genere Frastria, per cui in questa tribù noi conser- 
viamo quel solo genere. 

. TRIBÙ XXXV. — Antofilidi - Insetto perfetto. — Farfalle 
«di piccole dimensioni, colle antenne corte, semplici o pube- 
| scenti, coi palpi assai corti, squamosi e dei quali il secondo 
articolo è arcuato, poco largo, il terzo anche coperto di 
scaglie, ma sempre distinto. Torace corto, globuloso, squa- 
moso; addome liscio, quasi completamente senza peli; zampe 
prive di spine, non vellose; ali spesse, intiere, guernite di 
frangie dense e composte di scaglie oblunghe e spatolate : 
| le superiori ordinariamente prive d’areola sopracellulare, ca- 
| rattere questo che varrebbe come certo termine di distin- 
zione se fosse costante, ma esso, mentre si riscontra nella 
massima parte degli antofilidi, manca però nel genere 
. Xanthoptera; le ali inferiori hanno la prima nervatura in- 
feriore distinta quanto le altre, sebbene un po’ più debole, 
| ed inserta dal quarto al mezzo della disco-cellulare. Volano 
in pieno giorno nei luoghi erbosi. 
| Larve: liscie, affilate, non aventi che due paia di zampe 
«ventrali, od un terzo improprio alla marcia; viventi allo 
| scoperto sulle piante basse. 
| Crisalidi: racchiuse in coccie leggere tra i muschi (3). 


(1) Borspuvat, op cit., vol. VI, pag. 224. 

È (2) Boispuvat, op. cit., vol. VI, pag. 226 — CALBERLA, op. cit., pag. 204 — 
STAUDINGER, Op. cit.,, pag. 133 — Curo, op. cit, pag. 274. 

(3) Borspuvat, op. cit., vcl. VI, pag. 233. 


106. FORTUNATO ROSTAGNO 


Il Berce comprende in questa famiglia cinque generi e | 
cioè: Hydrelia, Leptosia, Micra, Anthophila, Metoptria (1). 
Ma per la fauna italiana, secondo le ricerche degli autori 
citati, non possiamo comprendere che due generi e cioè; | 
Thalpochares, tratto dal Lederer dal genere Anthophila, ed | 
il genere Metoptria (2). Il Calberla porta nel suo lavoro il 
solo genere Thalpochares (3). Noi, sulla fede dei citati autori — 
comprendiamo nella classificazione generale i due generi: 3 
Thalpochares e Metoptria. È 

TRIBÙ XXXVI. — Fulenoidi - Insetto perfetto. — Questa — 
famiglia che si compone di un solo genere presenta caratteri — 
del tutto anormali. Antenne ad articoli formanti spessi denti | 
vellutati, o lame spatolate pubescenti nei maschi, esili, ma 
sensibilmente dentate. e non restringentesi alla estremità, 
nelle femmine. Palpi indistinti e sostituiti da un fiocco di peli. n 
Tromba corta; corpo gracile, intieramente velloso, eretto. 
Torace corto, a collare e pterigoidei abortivi. Addome 
lineare nei maschi, spesso ed ottuso nelle femmine. Zampe 
gracili ma vellose, a sproni cortissimi e come abortivi.. 
Ali superiori spesse, squamose, ad areola triangolare, il se- | 
condo e terzo superiore, come il terzo ramo costale, che è | 
cortissimo, aventi la medesima origine; ali inferiori di co- |. 
lori vivi, colla nervatura costale rigonfia, dando origine alla . 
sotto-costale, colla quale ella cammina alquanto e che non | 
si biforca se non presso l’angolo esterno; la disco-cellulare | 
chiudente bene la cellula, l’indipendente ia e seguente — 
la piega cellulare. : 

Larve: rase, liscie, allungate, a sedici zampe, ma delle | 
quali le due prime paia più corte ed improprie alla marcia; — 
viventi sugli alberi. $ 3 

Crisalidi: chiuse in coccie leggere tra i muschi e le 
scorze (4). | 


(1) Berce. op. cit, pag. da 155 a 166. pe 

(2) Borsouvat, op. cit, vol. VI, pag. 259-261 — Sraupincer, ©p. cit., 
pag. 131-135 — Curò, op. cit., pag. 271-275. re Sr 

(3) CaLBERLA, Op. cit., pag. 201. 

(4) Boispuvai, Op. cit., vol. VI, pag. 263. 


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Di "i Muto È 


CLASSIFICAZIONE DESCRITTIVA DEI LEPIDOTTERI ITALIANI 107 


. Secondo tutti gli autori da noi consultati questa fami- 
glia comprende un solo genere: Brephos (1). 
i TRIBÙ XXXVII. — Eriopidi. — Questa famiglia non 
comprende che un solo genere: Eriopus per cui diamo 1 
carattteri di questo genere. 

Insetto perfetto: Antenne filiformi nei due sessi. Palpi 
dritti, sorpassanti la testa, dei quali il secondo articolo scu- 
riforme, i terzo quasi lungo come il precedente, nudo, 
terminante in punta ottusa. Tromba gracile. Torace globu- 
loso, coi pterigoidei strettissimi, ed una cresta bifida al con- 
giungimento coll’addome. L’addome gracile, crestato nei due 
| sessi, conico, terminato da un piccolo pennello di peli nei. 
| maschi, ed a punta nelle femmine. — Tibie delle zampe 
‘anteriori e posteriori guarnite di peli lanosi e spessi sol- 
tanto nei maschi. Ali superiori larghe a macchie e linee vi- 
sibili, ed un piccolo dente più o meno pronunziato, verso 
l'estremità del bordo interno. 

Larve: a sedici zampe uguali, rase, cilindriche, alquanto 
| appiattite al di sotto, di colori vivi, senza prominenza, vi- 
venti sulle piante basse. 

Crisalidi: liscie, lucenti, chiuse in coccie leggere, ed in- 
terrate poco profondamente (2). 

Come abbiamo detto questa famiglia non comprende 
che un sol genere: Eriopus, del quale parlano Boisduval e 
| gli altri autori da noi seguiti in questo lavoro (3). 

TRIBÙ XXXVIII. — Euripidi - Insetto perfetto. — An- 
tenne assai corte, spesse, e ciliate fino alla metà nei ma- 
| schi, palpi ascendenti, ravvicinati, coll’ultimo articolo più o 
. meno lungo, tromba assai corta, testa infossata, torace con- 
| vesso, collare pronunciato, addome conico, provvisto alla 
estremità di piccoli pennelli di peli più o meno divergenti, 
ali soventi angolose, quasi sempre denticolate, linee ben 


(1) BERCE, op. cit., vol. IV, pag. 167 — Boispuvat, op. cit., vol. VI 
pag. 264 — STAUDINGER, op. cit., pag. 143 — Curò, op. cit., pag. 286. 

(2) BERCE, op. cit., vol. IV, pag. 170. 

(3) Borspuvar, Mon. Zig., pag. 70 — CALGERLA. op. cit., pag. 183 — STAU- 
DINGER, Op. cit., pag. 103 — Curò, op. cit, pag. 153. i 


108 FORTUNATO ROSTAGNU 


marcate, le inferiori poco sviluppate, colla prima nervatura _ 
inferiore (indipendente) molto segnata, quadrifida, inserita. 
nella disco-cellulare notevolmente al di sopra e più o meno 
all’infuori delle due seguenti. 3 

Larve: a sedici zampe uguali, sprovviste di peli, liscie,. 
attenuate posteriormente, senza eminenze, colla testa glo- | 
bulosa, viventi sugli alberi. t 

Crisalidi: corte, ottuse, chiuse in coccie leggere ed in- | 
terrate (1). Tanto il Berce che il Calberla, Staudinger, Curò | 
non portano in questa famiglia che un solo genere, Eu- | 
rhipia (2). 3 

TRIBÙ XXXIX. — Placodidi - Insetto perfetto. — Far- 
falle di piccole dimensioni, ad antenne esili e semplici, palpi 
medi, ma bene sviluppati e ad articoli distinti, fronte ar- 
rotondita, coperta di peli rasi, corpo esile, torace corto ed 
a pterigoidei poco sviluppati, addome poco velloso, zampe 
assai corte, poco vellose, ali liscie, lucenti, assai larghe; 
le inferiori aventi l’indipendente assai marcata, benchè più 
debole delle seguenti. 

Larve: a sedici zampe uguali, rase, senza eminenze, 
viventi allo scoperto sulla estremità delle piante. 

Crisalidi: interrate (3). 

In Italia questa famiglia non è rappresentata che da — 
un solo genere: Telesilla Amethystina, tratto dallo Herrich- 
Scòffer dal genere Placodes del Boisduval e Berce (4). 

TRIBÙ XL. — Plusidi - Insetto perfetto. — Antenne 
quasi sempre esili e filiformi nei due sessi, palpi ascendenti, 
bene sviluppati, il terzo articolo soventi lungo, tromba lunga, — 
torace fornito di ciuffi rilevati, addome crestato, ali superiori 
acute, liscie, lucenti, soventi ornate di segni o macchie me- 


ti 


(1) Borspuvat, op. cit., vol. VI, pag. 300. <A 
(2) Berce, op. cit., vol. IV, pag. 173 — CALBERLA, op. cit., pag. 197 — — 
STAUDINGER, Op. cit., pag. 1254 — Curò, op. cit., pag. 264. : , 9 
(3) Borspuvat, op. cit., vol. VI, pag. 315. +3 
(4) Boispuvat, op. cit., vol. VI, pag. -316 — BERCcE, op. cit., vol. IV, 
pag. 175 — CALBERLA, Op. cit., pag. 197 — STAUDINGER, 0p. cit., pag. 124 — 3 
Curò, op. cit., pag. 264. 


CLASSIFICAZIONE DESCRITTIVA DEI LEPIDOTTERI ITALIANI 109 


talliche, ali inferiori poco sviluppate e non partecipanti ai 
disegni delle superiori, a nervatura indipendente ben mar- 
cata. 
Larve : allungate, coi primi anelli molto attenuati, colla 
testa piccola, un po’ appiattita, a punti ordinari sormontati 
da un ciglio, arquati i loro anelli anteriori nella marcia, 
«| zampe scagliose portate su capezzoli ben sporgenti, vi- 
venti allo scoperto sulle piante legnose ed erbacee. 
Crisalidi: molli, contenute in gusci di seta fuori terra (1). 
Il Berce porta in questa famiglia due generi: Abrostola 
e Plusia (2), generi pure contemplati dal Boisduval; ma per 
la fauna italiana non abbiamo che un solo genere rappre- 
sentante dei Plusidi e cioè il genere Plusia (3). 
, TRIBÙ XLI. — Calpidi - Insetto perfetto. -- Farfalle ad 
| antenne acute alla estremità, soventi pettinate, a palpi molto 
sviluppati, formanti una specie di becco, il loro secondo ar- 
ticolo largo, spesso, guernito di peli lunghi e densi, il terzo 
articolo ordinariamente cortissimo, soventi anche indistinto ; 
tromba robusta, media ; torace liscio, quasi sempre corto e 
poco quadrato ; addome talvolta velloso alla base, ma non 
crestato, lungo e più o meno conico; zampe senza peli, 
squamose, ordinariamente spesse ma corte; ali superiori in- 
tiere, acute all’apice, soventi sinuose o fornite di denti al 
bordo interno, ad angolo interno sempre molto rientrante, non 
avente che due linee ben marcate ; ali inferiori talvolta tri- 
fide, talvolta quadrifide, sempre discolori ed a disegni, quando 
ne hanno, differenti dalle superiori; il disotto delle quattro 
ali senza linee nè macchie, e disposte a tetto inclinato nel 
riposo. 
Larve: a sedici zampe, sprovviste di peli, liscie, cilin- 
driche, alquanto moniliformi, a testa grossa; viventi allo 
| scoperto. 


(1) Boispuvat, op. cit., vol. VI, pag. 319. 

(2) BeRrce, op. cit., vol. IV, pag. 319. ri 

(3) CALBERLA, Op. cit., pag. 197 — STauUDINGER. op. cit., pag. 125 — 
Curò, op cit, pag. 265. 


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110 FORTUNATO ROSTAGNO 

Crisalidi: chiuse in coccie di tessuto sodo tra le foglie 
ed i muschi (1). 

Il Berce, Boisduval, St-udinger, Curò portano per que- © 
sta famiglia nella fauna italiana il solo genere Calpe (2). 

TRIBÙ XLII. — Gonopteridi - Insetto perfetto. — An- 
tenne corte, soventi cigliate. Palpi lunghi, bene sviluppati, 
col terzo articolo sempre molto lungo e molto distinto. 
Ciuffo frontale triangolare molto velloso. Torace quadrato 
a pterigoidei staccati. Addome più o meno depresso nei 
maschi, con una piccola cresta alla base, carenato ed un. 
po’ velloso sui fianchi. Ali superiori angolose all’apice, con 
un angolo od almeno un gomito al termine della seconda 
inferiore; areola romboidale a rami costali molto ravvici- . 
nati; terza superiore bifida, soltanto presso la sommità; | 
macchia orbiculare consistente in un piccolissimo punto 
bianco ; ali inferiori sinuose; nervatura sottocostale distinta 
dalla cosiale colla quale essa è soltanto saldata per avvi- 
cinamento non lungi dall’attaccatura dell’ala. 

Larve: liscie, rase, allungate, vellutate, di colori vivi, 
colla testa piccola, globulosa, aventi il primo paio di zampe — 
ventrali talvolta uguale alle altre, talvolta più corte, talvolta 
assolutamente nulle; viventi allo scoperto sugli alberi od 
arboscelli. 

Crisalidi:: scolorite, punteggiate, colla parte anale 
tagliata quadramente, iù in guscì di seta tra le fo- È 
glie (3). 

Questa famiglia non comprende, secondo il Berce dal | 
Latreille, che il solo genere Gonoptera- (4), portato però dal 
Germar sotto la denominazione di Scoliopteryx (5), e con È 
tale denominazione considerato nella fauna italiana dal Cal- 


(1) BorspuvaL, op. cit., vol. VI, pag. 361. i : 

(2) Berce, op. cit., vol. IV, pag. 201 — STAUDINGER, Op. cit., pag. 124 
— Curò, op. cit., pag. 264. 

(3) Borspuvat, op. cit., vol. VI, pag. 393. 

(4) BERCE, Op. cit., vol. IV, pag. 202. 

(5) Germar, Fauna insectorum Europae, Holae, 1817-1844. 


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CLASSIFICAZIONE DESCRITTIVA DEI LEPIDOTTERI ITALIANI 111 


berla, Staudinger, Curò (1). Noi pure conserviamo per la 
famiglia dei Gonopteridi il solo genere Scoliopteryx. 
TRIBÙ XLIII. — Anfifiridi - Insetto perfetto. — Lepidotteri 
— di dimensiofi grandi o medie, ad antenne smerlate nei ma- 
schi, i cigli per la maggior parte del tempo, quasi indistinti, 
a palpi ascendenti, bene sviluppati, il secondo articolo spesso, 
molto fornito di peli eretti, arrotondito, il terzo variabile, a 
tromba media, addome molto depresso e terminato nei ma- 
schi, da un mazzo di peli allargati, ad ali spesse, lucenti o 
setose, le inferiori non partecipanti affatto al disegno di 
quelle superiori. Nervatura sotto costale delle superiori oc- 
cupante ordinariamente un grande spazio e figurando la 
costa allargata. 

Larve: a sedici zampe uguali, allungate, cilindriche, atte- 


| nuate anteriormente, carnose, rase, a testa piccola, a linee 


molto distinte. 

Crisalidi: contenute in gusci tessuti tra i cespugli o le 
foglie (2). 

Il Berce (3) porta in questa SAS cinque generi: 
Amphipyra, Syntomopus, Scotophila, Mania, Noenia; ma di 
questi, tre soli appartengono alla fauna italiana e cioè i 
| generi Amphipyra, Mania, Noenia; generi portati pure dal 
Boisduval, dal Calberla, Staudinger e Curò (4). 

Noi comprendiamo quindi nella tribù degli Anfifiridi i 
tre generi Amphipyra, Mania, Noenia. 

TRIBÙ XLIV. — Torocampidi - Insetto perfetto. — Lepi- 
dotteri di dimensioni medie, antenne medie, smerlate di cigli 
multipli nei maschi, a palpi compressi, il cui ultimo articolo 
è cortissimo, a tromba corta, torace liscio e del quale il col- 
. lare è ordinariamente discolore, ad addome alquanto de- 


‘ (1) CaLBERLA, Op. cit., pag. 194 — STAUDINGER, Op. cit., pag. 119 — Curò, 
op. cit., pag. 258. 

(2) BolspuvaL, op. cit., vol. VI, pag. 408. 

(3) Berce, op. cit., vol. IV, pag. da 203 a 2Il. 

(4) Boispuvat, op. cit., vol. VI, pag. 411, 417, 418 — CALBERLA, Op. cit., 
pag. 183, 184, 191 — STAUDINGER, Op. cit., pag. 104, 105,112 — Curò, op. cit., 
pag. 154, 155, 162). 


112 FORTUNATO ROSTAGNO 


presso, liscio, a zampe lunghe, ali intiere; le superiori 
liscie, polverulenti; le inferiori discolori, senza disegni e colla 
prima nervatura completamente indipendente ed inserita nel 
mezzo della disco-cellulare. 
Larve: rase, allungate, attenuate alle due estremità, a 
sedici zampe, ma delle quali i primi paia ventrali più corti, | 
a testa piccola, globulosa, viventi sulle piante basse. 
Crisalidi: racchiuse in gusci tessuti tra i cespugli (1). 


Berce porta in questa famiglia due generi: Spintherops, — 


Toxocampa (2), generi portati pure dal Boisduval che scinde il È 
genere Toxocampa in due: Toxocampa ed Exophila (3). Il. 
Calberla per le provincie romane e limitrofe non dà che i 
due generi Spintherops e Toxocampa (4), però il Curò e lo 
Staudinger dànno per la fauna italiana il genere Spintherops 
e scindono il genere Toxocampa in tre e cioè: Toxocampa, 
Exophila, secondo il Guénée ed Eccrita secondo il Lederer (5). 
Noi manteniamo quindi nella nostra classificazione i quattro -. 
generi Spintherops, Toxocampa, Exophila, Ecerita. 
TRIBÙ XLV. — Stlbidi - Insetto perfetto. — Farfalle ad 
antenne assai lunghe, smilze, finemente pubescenti nei ma- | 
schi. Palpi corti, raggiungenti appena il livello frontale, di- | 
scostati, squamosi, ad articoli appena’ distinti. Spiritromba 
esile ed assai corta. Torace corto, globuloso, squamoso-li- 
sciato, con un ciuffo folto di peli squamosi: alla sua base. 
Addome lungo, liscio e senza peli, esile nei maschi, grosso 
e fusiforme nelle femmine. Zampe lunghe, esili, liscie, gambe — 
lunghe e minute. Ali superiori strette, prolangate all’ apice, 
lucenti, a macchie ben distinte, ricoprentesi in parte durante 
il riposo e disposte a tetto molto inclinato ; le inferiori molto 
sviluppate, colla indipendente molto esile e quasi invisibile, 
la prima superiore nascente dalla seconda ai due terzi al- 
meno della sua lunghezza. 


(1) Borspuvat, op. cit., vol. VI, pag. 419. 

(2) BERce, op. cit., pag. 211 a 217. 

(3) Borspuvat, op. cit., vol. VI, pag. 419, 421, 423. 

(4) CALBERLA. Op. cit., pag. 207, 208. 

(5) STAUDINGER, Op. cit., pag. 139 — Curò, op. cit., pag. 279, 280. 


CLASSIFICAZIONE DESCRITTIVA DEI LEPIDOTTERI ITALIANI 113 


Larve: cilindriche, rase, spesse, un po’ attenuate anterior- 
mente, segnate di linee distinte, viventi sulle graminacee. 

Crisalidi: interrate (1). 

In questa famiglia il Berce come gli altri autori non 
portano che un.solo genere: Stilbia, e questo solo è infatti 
rappresentato nella fauna italiana (2). 

TRIBÙ XLVI. — Catefidi - Insetto perfetto. — Farfalle ad 
antenne filiformi e talvolta pubescenti nei maschi, a palpi 
ascendenti, corti, col terzo articolo ben distinto, a tromba 
forte, media; col ciuffo. frontale non sporgente, a torace 
molto crestato, a collare alquanto rilevato, ad addome più 
o meno crestato o velloso nella parte inferiore, a zampe 
corte, più o meno vellose, ad ali spesse, squamose, vellutate, 
_ dentate o subdentate, a frangia lunga e squamosa; le infe- 
‘riori non partecipanti ai medesimi disegni delle superiori ed 
aventi sempre il disco o la base bianchi o diafani, o meno 
guarniti di scaglie del resto; la prima nervula inferiore ben 
pronunziata ed altrettanto forte che le altre presso cui essa 
è inserta. 

Larve: allungate, a sedici zampe complete, a trapezioi- 
dali subbitorzoluti; viventi allo scoperto sugli alberi o sulle 
pianti basse. 

Crisalidi: chiuse in gusci tessuti contro i tronchi o fra 

ì cespugli. 
Berce porta in questa famiglia i due generi: Catephia 
ed Anophia (3), considerati pure dal Boisduval (4). Il Calberla, 
il Curò, lo Staudinger portano pure i due generi del Berce, 
ma suddividono il genere Anophia in due: Anophia e Aedia, 
secondo Hubner (5). Noi comprendiamo quindi nella nostra 


(1) Borspuvat, op. cit., vol. VI, pag. 433. 
(2) Berce, op. cit., vol. IV, pag. 217 — Boispuvat, op. cit., Vol. VI, 
pag. 433 — CALBERLA, Op. cit., pag. 189 — STAUDINGER, Op. cit., pag. 110 — 

Curò, op. cit., pag. 160. 

(3) BERCE, op. cit., pag. 219 a 222. 

(4) Boispuvat, op. cit., vol. VII, pag. 43, 45. 

(5) CALBERLA, Op. cit., pag. 199 — STAUDINGER, Op. cit., pag. 127, 137 
_— Courò, op. cit., pag. 268, 277. 


Bollettino della Società Zoologica Italiana 8 


114 FORTUNATO ROSTAGNO 


classificazione per la tribù dei Catefidi i tre generi: Catephia, 


Anophia, Aedia. 
TRIBÙ XLVII. — Bolinidi - Insetto perfetto. — Lepidot- 


teri ad antenne filiformi nei due sessi, ma pubescenti nei 


maschi, a palpi assai corti, ascendenti, ordinariamente bico- 
lori, a tromba media, a corpo liscio, il torace subquadrato 
e l'addome conico, affilato, acuto alla estremità, a zampe 
lunghe, esili, poco vellose, ad ali intiere o subdentate, a 
frangia lunga e squamosa; le superiori a vertice più o meno 
prolungato: le inferiori discolori, a disegni differenti, soventi 
bianche o diafane alla base; la prima nervula tanto spessa 
che le altre, inserta alquanto al disotto, ma non lontana 
dalle due seguenti. 


Larve: rase, cilindriche, a sedici zampe; viventi allo 


scoperto sugli alberi o le piante basse (1). 
Crisalidi: racchiuse in leggeri gusci di seta grigiastra (2). 
Il Berce porta nella sua opera il solo genere Bolina, 
genere pure trattato dal Boisduval. Il Calberla, lo Staudinger, 


il Curò per la fauna italiana dànno il solo genere Leuca- 


nitis, che noi pure conserviamo (3). 
TRIBÙ XLVIII. — Catocalidi - Insetto perfetto. — Lepi- 


dotteri di dimensioni grandi o medie, ad antenne poco o 


punto pubescenti, a palpi raddrizzati, ad articoli distinti, a 
tromba lunga, a torace squamoso, crestato, ad addome co- 
nico, crestato o velloso sul dosso, a zampe robuste, assai 
lunghe, ad ali larghe, spesse, squamose, più o meno dentate; 


le superiori nebulose, a linee distinte; le inferiori di colori | 


vivi, con striscie nere; il disotto delle quattro, variegato 


principalmente di nero e bianco disposti in striscie. Indipen- 
dentemente forte quanto le altre nervature ed inserta alquanto — 


al disotto. 


Larve: lunghe, attenuate alle due estremità, munite sui 


(1) Borspuvat, op. cit., vol. VII, pag. 57. 

(2) BERCE, op. cit., vol. IV, pag. 223. 

(3) CALBERLA, Op. cit., pag. 205 — STAUDINGER, Op. cit., pag. 136 — Curò, 
op. cit., pag. 276. | Sp Bi + 


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CLASSIFICAZIONE DESCRITTIVA DEI LEPIDOTTERI ITALIANI 115 


fianchi di piccoli tentacoli, alquanto appiattite e segnate di 
macchie nere al disotto, a testa appiattita; viventi sugli alberi. 

Cfisalidi : efflorescenti, racchiuse in gusci di seta e non 
interrate (1). 

Questa famiglia secondo tutti gli autori da noi seguiti, non 
è rappresentata in Italia che da un solo genere: Catocala (2). 

TRIBÙ XLIX. — Ofiusidi - Insetto perfetto. — Farfalle 
in genere di taglia grande o media; ad antenne mai petti- 
nate, ma soventi smerlate da cigli fini. Palpi ascendenti, bene 
sviluppati ma dei quali l’ultimo articolo è raramente molto 
lungo e mai spatolato; a ciuffo frontale poco sporgente, di 
un solo riparto; a tromba media; a torace generalmente ro- 
busto, allungato, non eretto nè cotonnoso; a collare conco- 
lore, avente -i due lobi arrotonditi, non rilevati, a pterigoidei 
non ciuffati; ad addome liscio, poco velloso, più o meno co- 
nico nei maschi; ad ali spesse; le superiori acute al vertice, 
a linee mediane ben visibili e formanti un trapezio; le in- 
feriori discolori o non partecipanti degli stessi disegni, aventi 
la indipendente inserta sulla disco-cellulare, non lungi dalle 
seguenti ed in prospetto della terza o della quarta. 

Larve: rase, allungate, affilate, aventi le zampe anali 
e le ultime ventrali molto lunghe, le prime al contrario più 
corte e soventi cancellate. 

Crisalidi: di forma ordinaria, chiuse in gusci imperfetti, 
filati tra i cespugli o fra i muschi (3). 

Berce porta in questa famiglia i quattro generi: Ophiodes, . 
Pseudophia, Grammodes, Ophiusa (4), ma di essi accertata- 
mente solo due rinvengonsi in Italia e cioè: Pseudophia e 
Grammodes (5). 


(1) BorspuvaL, op. cit., vol. Vil, pag. 80. 

(2) BERCE, op. cit., vol. IV, pag. 224 — Boispuvat, op. cit., vol. VII, 
pag. 80 — CALBERLA, Op. cit., pag. 206 — STAUDINGER, Op. cit., pag. 137 — 
Curò, op. cit., pag. 277. 

(3) Boispuvat, op. cit., vol. VII, pag. 220. 

(4) BERCE, Op. cit., vol. IV, pag. 242 a 249. 

i (5) Bolspuvat, op. cit., vol. VII, pag. 220 e seg. — CALBERLA, 0p. cit., 
pag. 205 — STAUDINGER, Op. cit., pag. 137 — Curò, op. cit., pag. 276-277. 


ti sa be a = SO. ATA AO IRE sla 2 di: a Sig 
i; ; dt st o mr x 


116 FORTUNATO ROSTAGNO 


TRIBÙ L. — Ewuclididi - Insetto perfetto. — Lepidotteri 
ad antenne di media lunghezza, smerlate o pettinate nei 
maschi; a palpi corti, e dei quali l’ultimo articolo non è or- 
dinariamente nè lungo, nè spatolato; a zampe lunghe, esili 
e poco vellose; a corpo gracile, liscio; ad addome sprovvisto 
di peluria o quasi; ad ali larghe, polverulenti al disotto, a 
frangie larghe, doppie: le superiori triangolari e ricoprenti 
le inferiori e ricoprentesi pure un poco fra di esse allo stato 
di riposo; a nervatura costale molto ravvicinata alla costa ; 


le inferiori sabbiose al disotto, aventi le tre prime nervule 


della mediana inserte quasi allo stesso punto, concolori o | 
discolori, ma non partecipanti affatto ai disegni delle superiori. 

Larve: molto allungate, cilindriche, non aventi che due 
paia di zampe ventrali, a testa grossa; viventi sulle piante 
basse. 

Crisalidi: non efflorescenti, non interrate (1). 

Questa famiglia non è rappresentata in Italia che dal 
solo genere Euclidia (2). 

TRIBÙ LI. — Poafilidi - Insetto perfetto. — Farfalle di 


taglia piccola o media, ad antenne filiformi, pubescenti o 


guarnite di cigli isolati, appena distinti; a palpi ascendenti, 
dei quali il secondo articolo è guarnito di peli densi, ed il 
terzo ordinariamente è cortissimo; a corpo esile; a zampe 


il più soventi senza peli o poco vellose ; ad ali intiere, spesse, . 


pulverulenti al disotto, a frangie dense: le inferiori non par- 
tecipanti ai disegni delle superiori. 

Larve: a sedici zampe, ma delle quali il primo paio 
ventrale, più corte; cilindriche, rase, liscie, a testa globulosa, 
a linee ordinarie, distinte; viventi sulle piante basse. 

Crisalidi: non efflorescenti. 

Berce porta in questa tribù il solo genere Phytometra, 
secondo Havvorth (3), genere che è pure descritto dal Boi- 


(1) BoispuvaL, op. cit., vol. VII, pag. 280. i 
(2) BeRcE, op. cit., vol. IV, pag. 249 — CALBERLA, op. cit., pag. 204 — 

STAUDINGER, Op. cit., pag. 135 — Curò, op. cit., pag. 276. 
(3) BERCE, op. cit., vol. IV, pag. 251. 


BCE RA nn 


CLASSIFICAZIONE DESCRITTIVA DEI LEPIDOTTERI ITALIANI 117 


sduval (1) e che il Calberla, lo Staudinger ed il Curò por- 
tano, Secondo la più usata denominazione dell’Hubner, sotto 
il nome di Prothymia (2). Questi ultimi due autori portano 
| | inoltre in questa tribù il genere Aventia (3), secondo Du- 
pouchel, che il Boisduval comprende pure in questa famiglia 
sotto la denominazione di Phurys secondo il Guenéèe. 

Abbiamo quindi per la fauna italiana nella famiglia dei 
Poafilidi i due generi: Prothymia ed Aventia. 

TRIBÙ LII. — Focillidi - Insetto perfetto. — Antenne 
esili, acute alla estremità, semplicemente pubescenti nei ma- 
schi, palpi molto ascendenti coll’ ultimo articolo molto 
lungo, esile, raddrizzato. Corpo di media forza; il torace 
assai velloso; l'addome un po’ allungato, non depresso, più 
o meno conico, munito al disotto di peli che tendono a for- 
mare delle creste. Zampe lunghe, poco vellose. Le quattro 
ali angolose, concolori ed a disegni comuni, ben segnate 
_ al disotto. Prima nervula delle inferiori inserta alquanto al 
di fuori delle due seguenti. 

Larve - Crisalidi : varie. 

Berce non porta questa famiglia nelle nottue, sebbene 
essa sia rappresentata in Corsica, e naturalmente non è 
portata dal Calberla che nell'opera citata si occupa delle 
farfalle delle provincie romana e limitrofe. È invece por- 
tata dallo Staudinger e dal Curò (4) perchè rappresentata 
in Italia geografica (Corsica) dal genere Zethes, secondo 
Rambur. Il Boisduval (5) dà fra Ile nottue la famiglia dei 
Facillidi nella grande tribù dei Pseudo-Deltoidi. 

TRIBÙ LIII. — J/penini. — Questa famiglia è portata 
dal Berce fra i Deltoidi col nome di Ipenidi seguendo Bois- 
. duval (6); ma il Calberla però, seguendo Staudinger, porta 


(4) Boispuvat, op. cit., vol. VII, pag. 297. 
(2) CALBERLA, Op. cit., pag. 204 — STAUDINGER, Op. cit., pag. 134 — Cunrò 
op. cit., pag. 275. 0 
: (3) STAUDINGER, op. cit., pag. 140 — Curò, op. cit., pag. 281. 
(4) STAUDINGER, Op. cit., pag. 136 — Curò, op. cit., pag. 276. 
(5) BolspuvaL, op. cit., vol. VII, pag. 329. 
(6) BERCE, op. cit., vol. VI, pag. 4 — Boispuvat, op. cit., vol. VIII, pag. 17. 


be — I ge RI IRE» Ceo - 
pe TR pl a e 


118 - FORTUNATO ROSTAGNO 


questa famiglia fra le nottue, e così pure fa il Curò. Nè sd 
caso di obbiettare che l’opera del Berce è più recente (1878) b 
dal catalogo dello Staudinger da noi seguito (1871), poichè 

nell'ultima edizione di questo catalogo apparsa in questi 
giorni (1901), e che può dirsi il testamento entomologico del 
grande lipidotterologo tedesco, compilato in unione del Rebel, — 
mantiene la famiglia degli Ipenidi, da esso chiamati Ipenini, — 
fra le nottue. Noi seguiamo quindi questa recentissima clas- 
sificazione avvertendo inoltre che da questo punto segui- 
remo nelle citazioni dello Staudinger l’ultima edizione del 
citato suo lavoro (1). 

I caratteri della famiglia Ipenidi sono i seguenti: 

Insetto perfetto. — Leéepidotteri faleniformi, ad antenne | 
guernite di cigli o di lame pubescenti, ma dritte, non ri- 
gonfie, senza nodosità nè fasci di peli o scaglie; a palpi 
compressi e simili nei due sessi, ordinariamente lunghi, vel- 
losi ed estesi in avanti ed a terzo articolo più corto che il 
precedente e giammai ripiegati sul torace; a ciuffo frontale 
sporgente in punta; a zampe lunghe: le anteriori senza 
mazzo di peli o di scaglie; ad ali larghe, esili: le superiori 
provviste soventi di piccoli fasci di scaglie emergenti, ad 
areola quasi costante e ben formata; le inferiori larghe e — 
ben sviluppate, pieghettate, e soventi unite e senza disegni 
da entrambe le parti, ad indipendente sempre isolata ed 
inserita lungi dello stelo della mediana. 

Larve: cilindriche, allungate, moniliformi, non aventi 
che tre paia di zampe ventrali, od almeno il primo impro- 
prio alla marcia; a testa piccola e globulosa; viventi allo 
scoperto. 

Crisalidi: contenute in gusci leggerissimi. 

Questa famiglia comprende i seguenti generi secondo 
Calberla: Madopa, Bomolocha, Hypena, Tholomiges. 


L* 


(1) Catalog der Lepidopteren des palacarctischen faunengebietes, von - 
Dr. Phil. O. Staudirger au Dr. Phil. H. Rebel. Dritte Auflage des cataloges des | 
lepidopteren des Europàischer fauner gebietes — Berlin, R. Friedlàander e 
Sohn, Msi, 1901. - --Mi 


(ht) 


bed" 


Vr TL 


CLASSIFICAZIONE DESCRITTIVA DEI LEPIDOTTERI ITALIANI 119 


Il Curò e lo Staudinger aggiungono per la fauna italiana 
a quésti, i generi Orectis, Hypenodes che noi pure vi com- 


‘prendiamo, ma formiamo, seguendo Boisduval una famiglia 


speciale con altri portati dallo Staudinger fra gli Ipenini e 
che è forse utile mantenere divisi per caratteri alquanto 
diversi, dagli Ipenini propriamente detti e dei quali è tipo 
il genere Herminia. 

Tutto ciò quindi premesso, rimangono nelia nostra clas- 
sificazione fra gli Ipenini i generi seguenti: Madopa, Bomo- 
locha, Hypena, Orectis, Hypenodes, Tholomiges (1). 

TRIBÙ LIV. — Erminidi - Insetto perfetto. — Farfalle 
ad antenne pubescenti, aventi due cigli più lunghi per ogni 
articolo; a stelo soventi incurvato o rigonfio, o guarnito di 
fascetti di peli o di scaglie; a palpi variabili, ordinariamente 
arcuati e differenti secondo il sesso; a gambe anteriori, fre- 
quentemente rigonfie e contenenti dei pennelli di peli setosi, 
o muniti di mazzi di peli lanosi o squamosi; a fronte rasa 
e senza ciuffo frontale emergente; ad ali superiori assai 
spesse e spolverizzate, senza fasci di scaglie emergenti, con 


. o senza areola; le inferiori a disegni variabili ma aventi 


sempre qualche traccia delle linee delle superiori, sopratutto 


al disotto ; ad indipendente variabile. 


Larve: corte e spesse, a trapezioidali più o meno bi- 
torzoluti, aventi quattro paia di zampe ventrali, viventi più 


o meno nascoste. 


Crisalidi: chiuse in gusci variabili. 

Questa famiglia comprende secondo Berce i generi : 
Rivula, Sophronia (Zanclognatha), Herminia, Pechipogon, 
Nodaria, Helia, e dessa famiglia è collocata fra i Del- 
toldi (2), come fra i deltoidi è collocata dal Boisduval il 
quale autore porta anche il genere Simplicia (3). Secondo 
però la classificazione ultima dello Staudinger, confermante 


(1) CALBERLA, op. cit, pag. 209, 210, 211 — STAUDINGER, Op. cit., vol. I 


| pag. 253 e seg. — Curò, op. cit., pag. 282 a 285. 


(2) BERCE, op. cit., vol. VI, pag. 19. 
(3) Borspuvat, Gp. cit., vol. VIII, pag. 48, 51, 60, 63, 76. 


120 FORTUNATO ROSTAGNO 


quella precedente, e secondo il Curò, questi generi, come 
noi pure riteniamo, appartengono alla grande sezione delle 
Nottue fra le quali li collochiamo, mantenendoli però della 
tribù degli Erminidi, mentre, come abbiamo già accennato, 
lo Staudinger non conservando la famiglia Erminidi colloca 
tutti questi generi nella famiglia degli Ipenini, salvo il ge- 
nere Rivula che porta nei Noctuidi. 

Rimangono quindi, secondo la nostra classificazione, 
nella famiglia Erminidi per la fauna italiana i generi: Helia, 
Simplicia, Nodaria, Zanclognatha, Herminia, Pechipogon, 
Rivula (1). 

Riassumendo ciò che abbiamo esposto per la grande 
sezione delle Nottue, abbiamo il seguente quadro: 


TRIBÙ XXI(2) — BRIOFILIDI — Genere 1 — Bryophila 


Genere I — Diloba 
I— Simyra 
ll — Clidia 
IV — Demas 
Vv — Acronycta 
Vi — Moma 

VII — Diphthera 

VIII — Pantea 


| TRIBÙ XXII — BOMBICOIDI 


VAENYVX (x 


Genere I — Nonagria © 


» II — Tapinostola 
TRIBÙ XXIII — LEUCANIDI » Ill — Sesamia 
» IV— Leucania 
» v — Mitymna 
Legione N° IMArnorT Sezione III TRIBÙ XXIV — Glottulidi — Genere I — Brithys 
Divisione I — Macrocte- Nottue. PRES 1— Gortyna 
SIOE » I1— Rhizogrammi 
»” uI — Scotochrosta 
» IV — Dypterygia 
» Vv — Xilomyges 
» VI — Asteroscopus 
» VII — Aporophyla 
» vili — Neuronia 
. — Cladocera È 
TRIBÙ XXV — APAMIDI rà A A Foliomhabu 
» xI — Ulochluena 
» xIl — Episema ; 
» XII — Charaeas 
» XIV — Luperina 
» xv — Mamestra 
» xVI — Apamea 
» xVIl — Hydroecta 
» XVII — Perigea 
(1) CaLBeRLA, op. cit, pag. 209 a 211 — SraupINGER, op. cit., vol. I, 
pag. 231, 253 a 256 — Curò, op. cit., pag. 283 a 285 — ChÙenu, op. cit., 
pag. 215 a 218. 


(2) Degli Eteroceri. 


: PODIO Ce 7 RAMA A ii ed 
IR. i ee Sani ala Tai picca 
Mer) ISTE Pe e sa A = 
CLASSIFICAZIONE DESCRITTIVA DEI LEPIDOTTERI ITALIANI 
, Genere I 
TRIBÙ XXVI — Caradrinidi » Il 
» Mi 
; Genere I 
TRIBÙ XXVII — NoCTUIDI » Il 
» III 
Gener 1 
» I 
» JIl 
» IV 
» Vv 
‘ » VI 
i i TRIBÙ XXVIII— ORTOSIDI Ì VII 
Da » VIII 
» TX 
; » RE 
» na: 
» XII 
Genere I 
TRIBÙ XXIX — COSMIDI fi ta 
» lv 
Genere I 
» II 
» III 
» IV 
È » V 
xa » VI 
i » VII 
È. ' i » VII 
Segue: » IX 
II—- Et Sezione III » x 
gione II — Eteroceri | ott “uè: TRIBÙ XXX — ADENIDI — » XI 
N » XII 
ria ione I — ilsicronte» | z XIII 
“le, ceri. » XIV 
î x » XV 
= » XVI 
» XVII 
» XVIII 
» XIX 
» P_&.d 
» XXI 
Genere I 
» Il 
» III 
» IV 
TRIB٠XXXΗ XYLINIDI A 
» VII 
» VIII 
s » IX 
4 » È 
SOI 1 
TRIBÙ XXXII — ELIOTIDI Bu: 
È IV 
i | 
È Genere I 
i TRIBÙ XXXIII — ACONTIDI te 
È IV 
wr TRIBÙ XXXIV — Erastridi — Genere 1 
Si) 
A TRIBÙ XXXV — Antofilidi Genere "i 


121 


Grammesta 
Acosmetia 
Caradrina 


Rusina 
Agrotis 
Boletobia 


Panotlis 
Taeniocampa 
Pachnobia 
Dyschorista 
Orthosia 
Orrhodia 
Scopelosoma 
Ho porina 
Xanthia 
Hiptelia 
Cirroedia 
Mesogona 


Plastenis 
Calymnia 
Cosmia 
Dicycla 


Dianthoecia 
Metopoceras 
Ammoconia 
Polia 
Epunda 
Cleoceris 
Valeria 
Miselia 
Chariptera 
Trigonophora 
Habryntis 
Brototomia 
Eupleria 
Polyphaenis 
Theco; hora 
bDryobota 
Dichonia 
Hadena 
Trachea 
Hyppa 
Jaspidia 


Lithocampa 
Xylocampa 
Cloaniha 
Calocampa 
Xylina 
Cucullia 
Epimecia 
oOmia 
Cleophana 
Calophasia 


Anarta » 
Heliaca 
Heliothis 
Charicltea 


Agrophila 
Xanthodes 
Acontia 

Metoponia 


Erastria 


Thalpochares 
Metoptria 


122 


Segue : 
Legione II — Eteroceri 


Divisione I— Macrocte- 
rocerì. 


Sezione III / 
Nottue. 


i 


FORTUNATO ROSTAGNO 


TRIBÙ XXXVI— Falenoidi 
TRIBÙ XXXVII — ERIOPIDI — Genere 
TRIBÙ XXXVIII — Euripidi — Genere 


— Genere 


TRIBÙ XXXIX—PLACODIDI — Genere 


TRIBÙ XL  — PLUSIDI — Genere 
TRIBÙ XLI —CALPIDI — Genere 
TRIBÙ XLII — Gonopteridi — Genere 


Genere 
TRIBÙ XLIII — ANFIFIRIDI » 


Ed 


Genere 
TRIBÙ XLIV — Toxocampidi n 
» 

TRIBÙ XLV — STILBIDI — Genere 


Genere 
TRIBÙ XLVI — CATEFIDI » 
>» 


TRIBÙ XLVII — BoNILIDI — Genere 
TRIBÙ XLVIII — Catocalili — Genere 
TRIBÙ XLIX — UFIUSIDI STE 5 
TRIBÙ L — EucLIDIDI  — Genere 
TRIBÙ LI ’— POAFILIDI Gea a 
TRIBÙ LII —FocILLDI — Genere 
Genere 

» 

TRIBÙ LIII —IPENINI si 

» 

» 
Genere 

» 

» 

TRIBÙ LIV — ERMINIDI » 

> 

» 

» 


I — Brephos A 
I — Eriopus. 
I — Eurhipia 
I — Telesilla 
I — Plusia 
I — Calpe j 
I — Scoltoptery® 
I Amphiryra 


IIl— Mania 
uI — Noenia 


I — Spintherops 
Il — Torocampa 
II — Ezophila 
IV — Eccrita 


I — Stildia 

I — Catephia 
I — Anophia 
HI — Aedia 


1 — Leucanitis 
I — Catocala 


I — Pseudophia 
II — Grammodes 


I — Euclidia 


I — Prothymia 


I — Aventia . — 

I— Zethes 

I—- Madopa —— 

II — Bomolocha — 
‘mM — Hypena 


IV — Orectis n 
v — Hypenodes, 
VI — Thotomiges 


-I— Helia À 
I — Simplicia 
mM — Nodaria — 
IV — Zanclognatha 
V — Herminia — 
VI — Pechipogon 
— Rivula > 


OSSERVAZIONI 


SULL’ALECTRYONIA SYPHAX (Coquanp) 


Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana 
con sede in Roma 


dal Dott. GIUSEPP£ DI STEFANO 


Il gen. A/ectryonia fu stabilito da FISCHER v. WALDHEIM 
e va caratterizzato fra le forme dell’esteso gruppo Ostrea 
| per la seguente diagnosi: — Conchiglia aderente, inequi- 
valve, con le valve a superficie ornata da prominenti coste 
e a contorni ondulati, pieghettati od a zig-zag. La cerniera 
è senza denti; ed esiste una fossetta cardinale triangolare 
solcata per transverso. 
Il gen. Alectryonia comprende forme che dal Trias si 
continuano ed estendono fino al Senoniano. Esse, da princi- 
pio scarse, si sono moltiplicate nel Calloviano con delle forme 
tipiche, come, ad esempio, l’Alectryonia amata Sarthe, del 
Calloviano di Pizieux. Nel sistema Cretacico si rinvengono 
ancora delle caratteristiche specie di A/ectryonia, come l’'Alec. 
. Deshayesi Fischer, del Santoniano in Francia, e così via di- 
cendo. 
Nel Cenomaniano dell’Africa settentrionale (Algeria, Tu- 


| nisia, Marocco, ecc.), nella Sicilia nord-orientale e nella Ca- 


labria occidentale, anzi, per meglio specificare, nel così detto 
piano rothomagiano del Coquand di dette regioni, si rinven- 
gono numerosi avanzi fossili i cui caratteri li fanno rappor- 
tare alla forma tipica del gen. AZectryonia Fischer. A quanto 
sembra dagli studî fatti fino a questi ultimi giorni sul cre- 
tacico dell'Europa e nel settentrione del continente africano, le 
. forme Frothomagiane da riferirsi al genere creato del FISCHER 
| V. WALDHEIM spettano solo alla specie Syphax e si limitano 
a presentarsi negli strati della creta superiore che s’incon- 
trano in Algeria e nell’Italia meridionale; e mancano asso- 


LORI Ile E” sa TSO Ap FA SI 
> Ca "139 ida 


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124 DOTT. GIUSEPPE DI STEFANO 


lutamente in qualsiasi altro affioramento rothomagiano del 


cretaceo europeo. Gli avanzi numerosi furono per la prima | 
volta determinati e descritti da U. CoQuaAND nelle sue me- 
morie sul Cretacico di Costantina (Description géologique de 


ì, 
dò 


la province de Constantine. Mém. de la Soc. Géol. t. V,. 
1854. — Description géologique et paléontologique de la région 


sud de la province de Constantine, 1863) col nome di Ostrea | 


syphax. 


Gli esemplari o le forme rinvenute dal CoquanDp nel È 
rothomagiano d’Algeria ed in quello dell’Italia meridionale, — 


sono così identici per la ornamentazione e colore della con- — 


chiglia, che sarebbe — starei quasi per dire impossibile — 


distinguere le une dalle altre, senza sapere in antecedenza il 


luogo dal quale esse provengono. 


I loro caratteri, secondo il COQUAND, sono i seguenti: 


— conchiglia ostreiforme ed exogiriforme in giovane età, sub-_ 


romboidale, leggermente rigonfia, qualche volta molto ro- 
busta, inequilaterale, subequivalve, che si allarga alla re- 
gione apicale, dove essa termina sovente in una espansione 
alata. Le due valve sono quasi eguali, spesse più o meno, 
ornate da coste angolose, le quali nascono a breve distanza 
dall’apice e si dirigono verso il contorno della conchiglia. 


Le coste a una certa distanza dalla sommità si biforcano; 


ciascuna branca si bitorca alla sua volta, e così via dicendo. 
Ad ogni biforcazione corrisponde un periodo di accrescimento. 
Gli spazî intercostali sono profondi e larghi quanto lo spes- 
sore delle coste. Gli individui adulti della specie hanno delle 


forti ed acute spine, sopratutto alle regioni delle orecchiette. | 


Nella giovane età, la sommità della valva inferiore è sovente 
convoluta a spirale come avviene per gli umboni delle grandi 
valve delle Exogyrae. 


I caratteri dianzi esposti, e, principalmente il fatto che | 


in alcuni giovani individui la sommità della valva è convo- 


luta a spirale, da un lato dimostrano chiaramente l'affinità 
di stretta parentela che corre tra l’Alectryonia Syphax (Coq.) 
ed il gruppo delle Exogyrae, e dall'altro la notevole varia- 


bilità degli individui della specie in studio. 


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—_ 
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an 


OSSERVAZIONI SULL’« ALECTRYONIA SYPHAX » ( COQUAND) _ 125 


Non sembra che le osservazioni posteriori a quelle del 
CoquanD sul Cenomaniano dell'Algeria abbiano dato occa- 


| sione di creare altra specie del genere, oltre la syphax. 


Così dicasi per le forme del gruppo Ostrea spettanti alla 
creta media dell'Italia meridionale (Calabria occidentale e 
Sicilia nord-orientale). Il compianto SEGUENZA G. menziona 
l’Alectryonia syphax per la prima volta nel 1°67 (Sul cre- 


taceo medio dell’Italia meridionale), chiamandola, secondo 


volle il COQUAND, col nome generico di Ostrea. Tale de- 
nominazione le dette anche il CroFALO S. (Note sul creta- 
ceo di Caltavoturo). Ma più tardi, lo stesso SEGUENZA G., 
dando al fossile il nome .generico che effettivamente gli 
spetta per ragioni di priorità (Studi geologici e paleontologici 
sul cretaceo medio dell’Ital. merid. Mem. R. Acc, d. Lincei, 


1882), dopo estesi studi comparativi fatti sul’abbondante ma- 


teriale raccolto in Sicilia e nella Calabria, veniva anch'egli 
a concludere — come in antecedenza era stato detto dal 
COQUAND per l'Algeria — che « la bella e distinta specie 
« del piano rothomagiano Coq., presentasi con una conside- 
« revole variabilità, essendo più o meno elargata e ristretta, 
« siccome varia ancora nello spessore, nella prominenza e lar- 
« ghezza delle costole, ecc. ». (Loc. sopra cit., pag. 121). 
Come si è visto per il cretacico medio dell'Algeria, an- 


— Che per quello della Sicilia e Calabria gli studi geo-paleon- 


tologici fatti posteriormente a quelli del SEGUENZA non in- 


«dicano alcuna nuova identificazione di specie spettate al ge- 
| nere indicato. L’ing. E. CORTESE, ad esempio, nei suoi studî 
| geologici sulla Sicilia nord-orientale (Brevi cenni sulla geo- 
logia del N.-E. della Sicilia, Boll. R. Com. Geol. Ital., 1882) 


Cai TOTTI 


non fa altro, trattando del sistema cretaceo di tale regione, 


che semplicemente elencare i fossili già determinati dal SE- 
GUENZA. Il BALDACCI (Descriz. geologica dell’isola di Sicilia) 


opera presso a poco lo stesso, anzi, per vero dire, non dà 
_ alcuna lista di fossili del Cenomaniano messinese; ma si 


contenta di ripetere le osservazioni fatte in antecedenza dal 
suo egregio collega E. CortEsE. Le note memorie di DE STE- 


| FANI C. (Escursione scient. nella Calabria, Jeio, Montalto e 


126 DOTT. GIUSEPPE DI STEFANO 


Capo Vaticano, Mem. Acc. Lincei, 1882) e di CortESsE E. 
(Descriz. geol. della Calabria, edita a cura del R. Ufficio | 
geol., 1895) quando trattino del sistema cretacico della Ca- 
labria, la quale, come ognun sa, non presenta — per quel 
che finora si è esplorato — lembi fossiliferi che nel solo lato — 
occidentale, contengono delle lunghe liste di fossili cenoma- 
niani e turoniani, fra i quali si nota l’Alectryonia syphax (C0Q). È 
Ma forse nessuno dei due autori poco sopra mentovati studiò 
particolarmente gli avanzi della caratteristica specie; poichè 
l'elenco dei fossili che il DE STEFANI intercalò nel suo lavoro — 
fu tolto per intero dalla memoria del SEGUENZA; e le specie È 
dal CORTESE registrate come spettanti al piano di Scrisà in 
Calabria (Loc. precit., pag. 114) furono forse determinati dal 
paleontologo del R. Com. Geol. Ital., G. DI STEFANO. # 
Da quanto brevemente si è venuto fin qui esponendo ri- _ 
sulta evidente quanto segue: che ammesso il gen. Alectryonia, 
giusto il criterio dei più competenti paleontologi recenti, | 
come un gruppo ben definito nella sistematica dei Molluschi | 
Lamellibranchi cretacei, esso si presenta ben povero di specie 
nel cretaceo Cenomaniano del Mediterraneo meridionale ed | 
orientale, tanto povero, da non essersene determinata fino 
ad oggi che una sola, la Syphax (Coq.). Tale specie però ha 
di caratteristico una grandissima variabilità fra i suoi esem- . 
plari tanto dell’Africa settentrionale quanto dell’Italia me- 
ridionale. 
Detta variabilità induce l'osservatore ad uno studio dia- | 
gnostico-comparato delle forme della specie stabilita dal Coq. 
non privo d’importanza per la sistematica paleontologica, e. 
che potrà chiarire la sua discendenza. È 
Il numero degli esemplari dell’Alectryonia syphax che in 
questi ultimi anni ho potuto man mano osservare nella pri- . 
vata collezione paleontologica che il mio egregio amico 
L. SEGUENZA ha ereditata dal suo illustre e compianto padre, _ 
e nel museo geologico dell’Università messinese, spettanti al 
Cretacico calabrese e siciliano, o pure da me raccolti a. 
Brancaleone, a Bova, a Platì, supera di molto le tre cen- 
tinaia. Fra essi si potrebbe fare una diagnosi speciale quasi 


ca 


- 
é 


OSSERVAZIONI SULL’« ALECTRYONIA SYPHAX » (COQUAND) 127 


per ogni esemplare, tanto e così individuali sono a volte le 
variabilità che le conchiglie presentano. 
Ma ciò che rende notevole il loro studio è la differenza 
che si osserva fra quegli esemplari che il COQUAND ritenne 
come conchiglie di A/ec. syphax allo stato giovane, princi- 
palmente per l’apice convoluto un po’ a spirale, e fra gli 
‘ altri che egli attribuì ad individui adulti della stessa specie. 
Sarebbe ozioso ripetere qui la diagnosi fatta di essa in principio 
del lavoro. Ma richiamando in mente quanto l’illustre paleon- 
tologo francese intorno ad essa scrisse, sì può evidentemente 
fare della specie in discorso una netta divisione di forme. 

Ad una prima spetterebbero, sempre seguendo le idee 
del CoQ., avuto riguardo alla diagnosi della specie, quelle 
forme dotate dei seguenti caratteri: conchiglia ostreiforme, 
più lunga che larga, lievemente rigonfia, inequilaterale, sub. 
equivalve, larga alla base, più o meno robusta, che si va 
restringendo alla regione apicale, con le valve quasi eguali, 
ornate da coste angolose, radianti a breve distanza dall’apice 
e che arrivano fino al contorno di essa, le quali si biforcano 
ad una certa distanza dalla sommità, con solchi intercostali 
profondi e larghi quanto lo spessore delle coste, ornate da 
lamelle concentriche di accrescimento più o meno accen- 
tuate. L’apice della valva inferiore la maggior parte delle 
volte è leggermente e brevemente convoluto sulla sua faccia 
esterna. 

Ad una seconda categoria di forme spetterebbero quelle 
conchiglie così fatte: conchiglia ostreiforme, subromboidale, 
leggermente rigonfia, poco spessa, subequivalve, quasi tanto 
lunga che larga, le cui valve si allargano notevolmente alla 
regione apicale con una espansione aliforme. Le due valve 
sono eguali, ornate da coste triangolari prominenti, radianti 
sin prossimità dell’apice e che arrivano fino al loro contorno. 
Le coste sono dicotome varie volte: gli spazî intercostali 
sono profondi e larghi quanto le coste. Gli esemplari spet- 
tanti alle forme descritte, verso la regione delle orecchiette, 
hanno sovente delle robuste spine. Le lamine di accresci- 
mento concentriche sono molto accentuate. 


128 DOTT. GIUSEPPE DI STEFANO 


Data la differenza da U. CoquaND per alcune forme di — 
Alec. syphax tra il loro stato adulto e quello giovane; chiara ì 


emergerebbe la conseguenza che, gli esemplari spettanti a |. 
detta specie, allo stato giovanile, o per lo meno, nei primi 
stadî di loro vita, dovrebbero presentare l’apice della valva 


inferiore alquanto convoluto, mentre in effetti non è così: e 


d'altro canto si osservano, in primo luogo, delle conchiglie 


le quali per numero di lamine concentriche di accrescimento | 
— lamine concentriche che indicano. precisamente un dato 


periodo di accrescimento — non si possono ritenere come 
spettanti ad animali giovani, ma di età abbastanza avan- 
zata, pur presentando l’apice della valva inferiore convo- 


luto ; ed in secondo luogo, sono ancora delle conchiglie le | 


quali per le loro poche lamine concentriche di accresci- 


mento bisogna ritenere come appartenenti a giovanissimi 


individui, e che tuttavia non hanno l’apice della loro valva 
inferiore convoluto a spirale, ma invece munito di espan- 
sione aliforme. 


Tutto ciò io ho potuto bene constatare nei numerosi esem- — 
plari calabresi e siciliani osservati; ma quanto si afferma 
ci fornisce lo stesso COQUAND nella illustrazione figurata | 


dell’Alec. syphax (Monographie du genere Ostrea-Terrain cré- 


tacé. Pl. LV, PI. LVI, PIL LVII). U. Coquanp (Loc. cit, 


pag. 159) nella tav. 55°, fig. 1-4, rappresenta un individuo 


adulto di Ténoukla; nella stessa tav., fig. 3 e 5 due giovani. 


individui; nella tav. 58*, fig. 1, 2, 3, 4 e 9 alcuni in- 


dividui di Ténoukla; ed infine nella stessa tav., fig. 6 e 7, 


due varietà a larghe coste dello stesso affioramento. Ora, se 


bene si osservano le anzi dette figure, risulta evidente quanto 


ho detto. Osservandole si scorge a prima vista, come l’Aut. | 
nel giudicare dello stato più o meno giovane delle con- . 


chiglie figurate, non abbia tenuto conto dei fatti embrioge- 


. 
è 


netici costanti ad una data specie ed anco ad un dato ge-_ 


nere, sia dei Molluschi che di altri animali, a meno che non — 


si tratti di anomalie. Ma vi ha ancora di più. Fra le con- 


chiglie dal COoQuaND incluse nell’Alectryonia syphax vi sono. 


di quelle, come più volte si è notato, che hanno l’apice della 


_. 


OSSERVAZIONI SULL’« ALECTRYONIA SYPHAX » (COQUAND) 129 


valva inferiore convoluto a spirale e sono ornate da forti 
spine, specialmente alla regione delle orecchiette; mentre 
poi ve n’ha di quelle assolutamente prive di tali caratteri e 
invece munite all'apice di notevoli espansioni aliformi. 
Queste differenze sono da tenersi in gran conto, e quando 
vengano collegate con i fatti antecedentemente esposti fanno 
di leggieri comprendere come non tutte le forme del paleon- 
tologo francese incluse nella specie siano ad esso riferibili. 
Poichè bisogna notare che se gli autori la maggior parte 
. delle volte nelle distinzioni specifiche fondano le loro dia- 
| gnosi sulla ornamentazione della conchiglia; e talvolta una 
sensibile variazione formale che si riscontra in buon numero 
d’individui di un dato gruppo, basta per creare nuovi generi, 
per quanto essi non abbiano valore significativo che per- 
| metta di riconoscere con facilità la posizione sistematica dei 
medesimi ; è logico che nel caso considerato le forme da me 
incluse nella prima categoria non possono appartenere alla 
stessa specie nella quale si includono quelle della seconda, 
riconosciuto che le prime non rappresentano lo stato giova- 
nile di queste ultime. 

Secondo la mia modesta opinione, le conchiglie con la 
«valva inferiore avente l’ apice convoluto sulla loro faccia 
. esterna, dal COQUAND attribuite ad A/ectryonia syphax spet- 
‘tano, o ad una nuova specie, o, non volendo crear nuova 
specie, debbono considerarsi come una varietà dell’Exogyra 
Overwegi (Coq.). Il che cercherò di dimostrare quanto prima. 
Intanto, manifesto di ritenere come forme dell’ AZectryonia 
| syphax, solamente quelle che, come risulta dalle antece- 
. denti diagnosi, sono prive di apice convoluto, il quale in 
esse sì presenta come nelle comuni ostriche, e possono 
essere o pur no munite di espansioni aliformi alla regione 
apicale. 

‘Ho detto che le forme considerate dal COoQuAND come 
giovani individui di Alec. syphax, io tenderei a ritenerli solo 
una varietà dell’Erogyra Overwegi. Di fatti, l'affinità fra le 
. forme di quest’ultima specie e le prime, non è poca. Senza 
dire quanto io abbia osservato in proposito sugli esemplari 


Bollettino della Società Zoologica Italtana 9 


130 DOTT. GIUSEPPE DI STEFANO 


studiati, ricorro allo stesso COQUAND, il quale, nel suo clas- 


sico precitato lavoro, ci è di prezioso aiuto. 


L’Erogyra Overwegi, presenta anch’essa una grande va- 


riabilità di forma, cosa che già lo stesso COQUAND aveva no- 


tato, stabilendo perciò diverse varietà, come la costulata, la — 
scabra, la rugosa, la laevigata, ecc. (Monogr. du genre Ostrea, 


pag. 140-141, PI. XLIV, fig. 1-9; Pl. XLVI, fig. 14-15). Detta 


specie, come l’Alectryonia syphax si trova abbondantissimà — 


negli strati Cenomaniani dell'Algeria, in Tunisia, in Sicilia, 
in Calabria, in Palestina (monte Sinai); e sembra proprio 
caratteristica del Cenomaniano tipo mediterraneo e confinata 


in tutto il settentrione dell’Africa, nel mezzogiorno dell’Italia | 


ed in Oriente. Ora un esame di alcuni esemplari della va- 
rietà costulata scabra, ed un confronto fra essi e le forme 
dal COQUAND ritenute come giovani individui di Alec. Syphar, 


ci fa scorgere le molteplici identità formali e di sviluppo, e__ 
la strettissima affinità di parentela. Dette affinità arrivano — 


fino al punto da dover confondere qualche individuo di Exo- 
gyra Overwegi Coq. con qualche altro dallo stesso autore 


descritto e figurato come Alec. syphax. E per citare un È 
esempio da tutti veri cabile, dirò quanto segue. Il COQUAND — 


nella sua memoria sul gen. Ostrea dei terreni cretacei, a ta- 


vola XLIV figura nove diversi esemplari di Exogyra Over- 


wegi, e nelle tavole LV, LVI, e LVIII, figura le diverse 
precitate conchiglie di Alec. sypharx. Esaminando le figure di 
dette tavole, ben si osserva prima di ogni altro la lieve 


differenza esistente fra esse nella regione apicale delle valve 


inferiori, dove, ad esempio, l’ esemplare figurato nel n. 13 


della tav. LV, e così diverso da altri figurati nelle succes- 


sive tavole, ed identico invece a quelli dell’ Exogyra Over- 
wegi. Si faccia quindi un confronto fra la figura dell’ esem- 
plare n. 13 tav. LV, e l'esemplare dell’Exrog. Overwegi figu- 
rato al n. 5 della tav. XLIV. Fra le due illustrazioni sono 


molto ben lievi differenze formali, si eccettuino le prominenze 
scagliose, che sono caratteri accessorii, le quali s'incontrano — 
qua e colà sulle coste della forma che il CoquanD identifica — 
come Alectryonia syphax. Del resto, in entrambe sì nota | 


—Z 


us 


OSSERVAZIONI SULL'€ ALECTRYONIA SYPHAX » (COQUAND) 131 


una lieve dicotomia delle coste, un po’ più accentuata in 
quella che l’Aut. ritiene per A/ectryonia, le quali coste par- 
tono in vicinanza degli apici e si diramano verso il contorno 
della valva. L’apice della valva inferiore nell’esemplare del- 
l’Excogyra Overwegi è pochissimo convoluto e pari a quello 
della valva inferiore rappresentataci come Alec. syphar. 

Io ho citato un caso che può essere osservato da chiun- 
que voglia accertarsene. Ma le identità e le simiglianze tra 
alcune diverse forme di Exogyra Overwegi ed altre che, se- 
condo il COQUAND, apparterrebbero ad Alec. syphax, come 
ho già accennato, da me osservate in questi anni, sia del 
Cretacico siciliano quanto di quello calabrese, sono così no- 
tevoli, da rendere talora difficile l’ascriverle all’ una piutto- 
sto che all’altra specie. Esaminando più di cento esemplari 
di quelle conchiglie con l’ apice rivolto a spira sulla loro 
valva inferiore che il COQUAND riferi ad Alectryonia syphax 
e quasi altrettanti esemplari di Erogyra Overwegi, del Cre- 
tacico di Platì, di Brancaleone, di Gala e di Magliardo, ho 
potuto osservare che la dicotomia delle coste è quasi sempre 
in entrambi gli individui dei due gruppi di forma costante ; 
e che nelle dimensioni della conchiglia, nella larghezza de- 
gli spazî intercostali, nel modo di convolversi dell’ apice 
della gran valva, gli esemplari dei quali si fa parola non 
differiscono per nulla fra loro. 

Tornando ora a quelle forme che io ritengo come le 
sole da iscriversi alla specie creata dal COQUAND, e che va 
col nome di Alectryonia syphax, dopo quanto si è venuto dicendo 
fin qui, chiara emerge la sua variabilità, tenuto conto però 
che hanno il costante carattere delle due valve quasi eguali 
ed egualmente poco rigonfie; mentre le espansioni alate della 
regione apicale, talora possono mancare del tutto, o presen- 
tarsi da un solo lato, e di variabilissime dimensioni. 

Uno studio sulle diverse varietà che presenta l’ Alectryonia 
syphax sarebbe molto lungo e qui non necessario dopo quanto 
già ebbero a dire in proposito SEGUENZA G. e COQuAND H. 
Ne diagnosticherò solo qualcuna dai predetti Autori o da me 
citata in altro lavoro. 


132 DOTT. GIUSEPP® DI STEFANO 


Alectryonia syphax var. pectiniformis Seguenza G. (Testa 

. regulariter costata, ovata, auricula distineta. — Studî geol. e 
pal. ecc., pag. 121, tav. XIX, fig. 3). Le conchiglie in essa 
ascritte si caratterizzano per la disposizione delle loro coste 
regolari, e per la loro forma eminentemente auriculata. SE- 
GUENZA G. raccolse questa bella varietà a Brancaleone: io 
ebbi agio ultimamente di osservare tre belli esemplari pro- 
venienti dall’ affioramento da me scoperto a Plati. 

Alectryonia syphar var. tuberculata SEGUENZA G. (Costis 
lamelloso-tuberculatis — Studî geol. e pal. ecc., pag. 121, 
tav. XIX, fig. 3). Esemplari coperti da prominenze lamel- 
loso-tubercolate, con solco intercostale mediano che partendo . 
dalla sommità dell’apice arriva fino al bordo inferiore della 
conchiglia, con direzione quasi rettilinea, dividendo quest’ ul- 
tima in due parti diseguali. Di questa varietà io non ho tro- 
vato che qualche esemplare a Bova e Brancaleone. Ma nel 
museo geologico dell’ Università di Messina, se non sbaglio, 
fra i fossili cretacei della Calabria, vi è qualcuno grande e 
completo. 

Alectryonia syphax var. minima De Stefano G. (Il Ceno- 
maniano di Brancaleone calabro, pag. 13. Boll. del Natura- 
lista, N° 1 e 2, anno XX, Siena, 1900). Gli esemplari di 
questa varietà hanno ceste triangolari e strette, con spazî 
intercostali poco più larghi di essi: la conchiglia è di piccole 
dimensioni, pur dinotando per il numero delle lamine con- 
centriche di accrescimento, completo sviluppo dell’ animale; 
ed è provvista alla regione apicale di una breve espansione 
alata: le sue valve hanno coste pochissimo dicotome, le quali 
sono coperte da spine più o meno pronunziate su tutta la 


loro superficie, ma più spesse alla regione delle orecchiette. “BI 


Gli esemplari di questa varietà si raccolgono, non di rado, 
tanto a Brancaleone quanto a Plati. 


Alectryonia Syphax var. raricostata De Stefano G. —. 


Tanto a Platìi quanto a Brancaleone, ma in quest'ultima lo- 
calità molto raramente, ebbi agio di raccogliere alcuni esem- 
plari i quali sono identici ad altri figurati dal COoQUAND 
(Monogr. du genre Ostrea, Terr. crét., pag. 139, PI. LVIIL 


4 Cd 
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f . 


OSSERVAZIONI SULL’« ALECTRYONIA SYPHAX » (COQUAND) 133 


fig. 6 et 7) e ritenuti dall’ Aut. come varietà a larghe coste 
. della specie raccolta a Ténoukla. Le forme di questa varietà 
presentano rare coste, poco prominenti, e molto allargate, le 
| quali partendo dalla prossimità dell’apice arrivano fino al 
contorno della conchiglia, presentando una lieve dicotomia 
in prossimità della regione apicale; e sono solcate da numero- 
sissime ma poco spesse lamine concentriche di accrescimento. 

Data la notevole variabilità delle forme spettanti all’ A- 
lectryonia Syphax molto difficile per quanto interessante riesce 
il trovare il suo tipo ancestrale. Si può dire però approssi- 
mativamente qualcosa intorno all’ argomento. 

Si sa che fra i Lamellibranchi del Giuraliassico superiore 
si trovano forme dei gruppi Gryphaea ed Exrogyra, le quali 
però non hanno caratteri costanti, La Gryphaea arcuata si 
trova già nel Lias inferiore: negli strati di tale formaziene 
si raccolgono a milioni, specialmente nella zona ad Arzetites 
Bucklandi. Ma bisogna notare che non le sole Gryphaee sì 
trovano nei più antichi strati liassici. Poichè, fra i Bivalvi, 
il gen. Ostrea, rappresentato da rare forme nel Paleozoico, 
s'’incomincia ad accentuare e moltiplicare fin dai primi tempi 
del Mesozoico. L’ ascendenza continua prodigiosa per tutta 
l’èéra. Così, gli individui del gruppo Ostrea, poco numerosi 
ancora nel Trias, geologicamente parlando, si moltiplicano 
con sorprendente rapidità nel Lias inferiore (Zone, ad Arie- 
tites Turneri, ad Arietites obtusus, ad Amaltheus orynotus, ecc.), 
dove acquista preponderanza il gruppo delle Gryphaeae, 
Molluschi aventi una piccola ed una grande valva, libere 
come le ostriche dei nostri giorni allo stato embrionale; e 
con la sommità della gran valva curvata con l’apice diretto 
sulla piccola valva. 

3 L’illustre GAUDRY, giustamente ritiene che all’epoca del 
 Lyas medio (Les enchaînementes du monde animal dans les 
temps géologiques. Fossiles secondaiîres, pag. 76) le forme del 
gruppo Gryphaea, diminuendo la curvatura della loro grande 
valva e del suo apice, abbiano dato origine a degli individui 
| chiamati in Paleontologia col nome di Griphaea cymbium. Più 
tardi l'apice di questa ultima rivolgendosi forse leggermente 


154 DOTT. GIUSEPPE DI STEFANO 


da un lato si trasformò in Griphaea dilatata, dalla quale in- 
fine si passò alle così dette Exrogyrae per un continuo svi- 
luppo e convolversi dell’apice. Talvolta accadde, per un ben 
noto fatto di Filogenesi, precisamente nei tempi medî del Cre- 
tacico, che dette forme di E£xogyra, subendo delle modifica- 
zioni nella regione apicale, e precisamente nella sommità 
della gran valva, il cui apice raddrizzandosi mostrò un ri- 
torno verso le forme primitive, hanno dato origine a delle 
forme come quelle della Gryphaea columba. Dalla quale poi 
ne è derivata l’Ostrea biauriculata. 

L'Alectryonia syphax, come tutte le specie del genere, 
giusto il concetto del GAUDRY, bisogna senza dubbio consi- 
derarla come una immediata discendente delle Exogyrae. Il 
che nella discendenza filogenetica dei varî gruppi bivalvi è 
così evidente da ritenersi inutile ogni ulteriore dimostrazione 
in proposito. Se si studiano gli esemplari della Gryphaea ar- 
cuata e si considera che essi sì rinvengono negli strati più 
bassi del Giuraliassico, mentre le prime forme del gruppo 
Exogyra appaiono nel Giuraliassico superiore, e che tra esse 
e le Gryphaee di questo periodo non ci sono ancora caratteri 
ben definiti, facilmente si comprende come in tale lungo lasso 
di tempi geologici la incominciata trasformazione delle Gry- 
phaee in Exogyrae si accentua molto, e va definendo i due 
gruppi, i quali — starei quasi per dire .--- per un certo pe- 
riodo procedono di pari passo nella via evolutiva. 

Il fatto si mostra evidente con l’esame dei fossili bivalvi 
cretacei. | 

Questi ultimi cominciano precisamente ad avere un 
grande sviluppo, come ognun sa, nel Cretacico inferiore. 
Fra essi sono molto abbondanti le forme del genere Ostrea 
(senso lato). E sono particolarmente caratteristiche quelle 
forme in cui l’umbone è ravvolto asimmetricamente a spira 
da un lato (sottogen. Exrogyra del NEUMAYR). 

Le Erogyrae, poveramente rappresentate nel Neocomiano 
inferiore, nel Neocomiano medio e superiore, acquistano una 
certa importanza nell’Aptiano, si accentuano nell’Albiano, e 
raggiungono il massimo dello sviluppo, numericamente e spe- 


OSSERVAZIONI SULL’« ALECTRYONIA SYPHAX » (COQUAND) 135 


cificamente nel Cenomaniano, specialmente nel /othomagien 
di certe zone, inteso questo piano nel senso più largo che 
oggi ad esso si suol dare (RENEVIER, CHOFFAT, BARROIS, MU- 
NIER-CHALMAS, DE LAPPARENT, DI STEFANO, ecc.). 

Nello stesso tempo che le Exogyrae progrediscono e le 
Gryphaeae seguono la scala discendente, appaiono le prime 
forme del gruppo A/ectryonia. Dal Calloviano esse si esten- 
dono fino al Senoniano. Così, ad esempio, oltre le già citate 
Alectryonie, altre tipiche abbiamo, come l’ Alectryonia macrop- 
tera del Neocomiano di Nantua, l’Alectryonia carinata del 
Cenomaniano dell’Havre, l’ Alec. frons del Senoniano di Saintes 
(Char.-inf.), ecc. 

Uno studio fra le diverse specie di A/ectryonie avanti 
citate ed altre determinate nel sistema cretacico della terra 
finora esplorato, o meglio, fra la settartina di specie tra 
americane ed europee che finora si conoscono, fa subito no- 
tare la differenza ragguardevole fra le forme dell’Infracre- 
taceo e quelle del Sopracretacico, vuoi dal lato dello svi- 
luppo, vuoi per l’aspetto e le dimensioni delle loro conchiglie. 

Tale differenza, per la quale, come ognuno che abbia 
visto le forme tipiche europee dell’Infra e del Sopracretaceo 
può persuadersi, mi fa convincere che forse non tutte le 
Alectryonie di quest’ultimo periodo discendano direttamente 
da quelle dell’ Infracretaceo. E tale ritengo il caso dell’Alec- 
tryonia Syphax, considerato che la specie in studio si pre- 
senta localizzata nel Cretacico cenomaniano tipo mediter- 
raneo meridionale, e mai altrove. 

Il suo tipo ancestrale diretto in tal caso bisogna cer- 
carlo fra le Exogyrae dell’ Albiano, od al massimo, dei primi 
tempi del Cenomaniano; ed il suo albero genealogico som- 
mario schematicamente si potrebbe così segnare : 

Gryphaeae 


Griphaea dilatata 
È 
Exrogyrae 


Erogyra sp. (2?) a Alectryonia syphax 


VA 


136 DOTT. GIUSEPPE DI STEFANO 


Ho detto poco avanti che il tipo ancestrale dell’ Alectryonié 
siphax bisogna cercarlo fra le forme del gruppo Exogyr« spet- 
tanti all’Albiano o pure ai primi tempi del Cenomaniano; e 
ciò non deve fare alcuna meraviglia quando si pensa che 
l'evolversi delle forme negli antichi tempi geologici era più 
rapido e facile che non nelle posteriori epoche o nel post- 
pliocene. Oltre a ciò, si mostra ancora evidente, data l’arca 
geografica che l’Alectryonia sypharx occupa nella creta euro- 
pea, che il tipo ancestrale della specie bisogna andare a. 
cercarlo fra i Bivalvi dell’ Infracretaceo superiore o negii 
strati più bassi del Sopracretaceo tipo meditearaneo meri- 
dionale ed orientale. 

È certo da deplorarsi come nella Paleontologia le così 
dette forme intermedie che servono a collocare le differenti 
specie dei diversi periodi geologici o di uno stesso periodo per 
solito non possano essere osservate, perchè quasi sempre si 
sono estinte rapidamente, e per il principio della divergenza 
dei caratteri, e in molti casi per ie piccole varianti che le 
collegano, lasciano i paleontologi d’oggi nella massima per- 
plessità quando si tratta di stabilire entro quali limiti si ag- 
gira una loro « specie ». 

Ora, se si pensa che le variazioni specifiche sono così 
lente da non potere permettere di sperimentarle direttamente 
per quel numero di generazioni che sarebbe necessario onde 
stabilire tutte le forme intermedie per le quali da una specie 
si passa via via ad un’altra, facilmente si comprende quanta 
difficoltà pratica s’incontri nel volere determinare il tipo an- 
cestrale diretto dell’ Alectryonia syphax (Coq.), e le forme in- 
termedie che evolsero quest’ultima. Le cause di variazioni 
individuali, e, per conseguenza, di una data specie, rappre- 
sentate tra l’altro, dalle condizioni di vita negli organismi, 
per sole forze fisiche, per agenti di forze fisico chimiche, per 
caratteri topografici dell’abitato, per isolamento di cause ac- 
cidentali, se si possono facilmente, o per lo meno; approssi- 
mativamente valutare per gli esseri viventi, non così avviene 
nel mondo organico fossile, e specialmente in alcuni tipi di 
animali, come quello dei Molluschi. In certo qual modo pos- 


OSSERVAZIONI SULL’ ALECTRYONIA SYPHAX » (COQUAND) 137 


sono pigliarsi in considerazione le modificazioni sociali e le 
migrazioni individuali da un luogo ad un altro; e tra le varia- 


. zioni individuali vanno da annoverarsi alcune forti variazioni 


fisiogeniche allometallassiche, ed altre cinogetiche pure allome- 
tallassiche, che consistono in arresti od in veri mutamenti. 
Queste ultime variazioni insieme a ragioni geografiche, 
determinarono forse nei primi tempi del Sopracretacico lo 
sviluppo straordinario della Alectryonia syphax e della £xo- 
gyra Overwegi, confinate nel mare cretacico meridionale ed 
orientale, da forme quivi già localizzate fin dall’ Infracretacico. 
Si sa che nel passaggio dal Guirese al Cretacico nella 
regione alpino-mediterranea ed in quella boreale hanno pre- 
dominio le acque del mare. Almeno tale è la opinione di 
diversi autorevoli geologi odierni. È verso questi tempi lon- 
tani che bisogna ammettere delle correnti di acque boreali 
verso il Sud che causarono ed agevolarono delle grandi mi- 
grazioni; non è difficile che ad una di esse debbasi il loca- 
lizzarsi nel bacino Mediterraneo meridionale di quelle forme 
che ci rappresentano i tipi ancestrali della Alectryonia sy- 
phax e dell’Exogyra Overwegi. 
| La dilatazione del mare del Gault giunse ad una grande 
estensione, forse fino allora sconosciuta, rinforzandcsi poten- 
temente nel Cenomaniano. È perciò che nel Sopracretacico 
(Rothomagiano, Turoniano e Senoniano) fra le regioni alpino- 
mediterranea e quella dell’ Europa settentrionale avvennero 
dei notevoli spostamenti di confine. È noto a tutti il fatto 
della facile avanzata verso il Sud di organismi boreali, come 
. lo indicano le nordiche e piccole Belemniti che si rinvengono 
negli strati sopracretacei sul margine settentrionale delle Alpi 
orientali. Nel Portogallo, nella Spagna e nel S. O. della Francia 
_l tipi meridionali si mostrano più a Nord che nel Giura. Nel 
| mezzogiorno, il Mediterraneo guadagna molto in estensione 
nel settentrione del continente africano. Perciò non è diffi- 
cile ammettere come verosimilmente accaduto quanto sopra 
sì 6 detto sui tipi ancestrali dell’Exrogyra Overwvegi, e sopra 
tutto, dell’A/ectryonia syphax. Le cause delle avvenute mo- 
| dificazioni e i successivi passaggi nell’evolversi dei primi alle 
ultime, riescono quasi impossibili alla nostra investigazione. 


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138 DOTT. GIUSEPPE DI STEFANO 


La storia genealogica delle Gryphaee, si è accennato, è in- — 
timamente legata a quella delle Zxogyreae, e le emigra- 
zioni di queste ultime dal settentrione a mezzodi, e vice- 
versa, hanno potuto determinare quelle diverse zone del So-_ 
pracretaceo, caratteristiche per alcune specie, come quella 
del Rothomagiano del Mediterraneo meridionale ed orientale _ 
contenente l’Alectr;jonia syphax. Tali emigrazioni riescono a 
comprendersi quando sì pensa che le forme del gruppo Gry- 
phaea ascendono prodigiosamente nel Trias, e che arrivando — 
numerose fin negli ultimi tempi dell’ Infracretaceo, subiscono î 
un certo arresto nel Santoniano e Campaniano, ed in alcune | 
zone di tali piani non si mostrano affatto. Sul loro cammino — 
attraverso i tempi geologici del Mesozoico si può dire che | 
spariscono del tutto con gli ultimi tempi di tale èra. Prova 
ne sia il fatto che dando uno sguardo alle 56 specie diagno- — 
sticate da H. COQUAND (Monogr. du genre Ostrea) nel sistema 
Cretacico, ben poche sono quelle che spettano al Rhotoma-_ 
giano, e in minor numero ancora sono quelle del Santo-. 
niano; mentre la maggior parte vanno attribuite all’ Urgoap- | 
tiano ed al Neocomiano. Tutto ciò senza badare d’altro canto — 
che delie 56 specie dal CoQuAND incluse fra le Gryphaee la 
maggior parte si può affermare che spettino veramente al 
gruppo delle Exogyreae. 
Le forme dell’ A/ectryonia syphax, tornando al nostro ar- , 
gomento, non s'incontrano mai negli strati cretacei anteriori ‘ 
e posteriori al Cenomaniano; ond’ é che si possono chiamare — 
proprie, esclusive di tal piano Da Mediterraneo meridionale 
ed orientale. 
L’illustre ALBERTO GAUDRY, in dell’ostrica d'ogni 
giorno, ritiene che essa sarebbe la discendente di qualcuna | 
fra le Alectryonie del Cretacico (Les enchaînements du monde 
animal ecc. Fossiles secondaires, pag, 719). E ciò potrà darsi. 
Maio credo che le varie forme discusse e non discusse dell’ Alec- | 
tryonia syphax non abbiano dato origine ad altre forme di 
Ostrea del Cenozoico; ma rappresentino solo un ramo il quale. 
partendo dal tronco Esrogyra, alla sua volta non si ramificò, ma | 
nacque, si sviluppò e si estinse in una data epoca geologica. 
(Reggio di Calabria, 1901). E - 


--00 


OSSERVAZIONI FENOLOGICHE 


Dott. CARMELA LOSITO 


Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana 
con sede in R>ma 


—— — 


Guidata dal chiarissimo prof. cav. Vinciguerra, al quale 
sento il dovere di porgere pubblicamente i miei ringrazia- 
menti, per i consigli di cui mi fu largo e pel materiale 
messo a mia disposizione, io ho intrapreso i miei studi limno- 
‘ logici sul lago di Bracciano e per un anno di seguito ne ho 
studiato la fauna pelagica. 

Questo lago ha forma quasi circolare: è situato a 164 m. 
sul livello del mare e giace a 42° 7' di lat. N. e 0° 13' di 
ongitudine occidentale da Roma. È per vastità il 2° della 
provincia; misura 31 km. di circuito e 5747 ettari di super- 
ficie e 160 m. di profondità, secondo De-Agostini (1). 

È circondato da una corona di bocche eruttive che in 
alcuni punti, specialmente verso occidente e settentrione mi- 
surano 400 o 500 m. di altezza. Il suo emissario è il fiume 
. Arrone, che si origina presso Anguillara e sbocca in mare 
| poco distante dalla Torre di Maccarese. Le rive del lago, 
all'infuori di pochi punti rocciosi, sono coperte da una sabbia 
nera, finissima, costituita da minutissimi cristalli di anfigene, 
pirosseno, mica e ferro titanato. 

Sulla fauna di questo interessante lago io non conosco 
altri lavori speciali che quello del prof. Meli (2) sopra una 
specie di Anodonta da lui ritenuta come forma nuova e da 
lui chiamata « Anodonta Sabatina ». Il prof. Clerici ha ritro- 


(4) DeAgostini G. — Esplorazioni idrografiche nei laghi vulcanici della 
Prov. di Roma. — Boll. Soc. Geog. Ital. Serie III, Vol. XI, N. 2. Febbraio 1898. 
«| _—(2) Meli R. — Sulle Anod-nte pescate nel lago di Bracciano. — Boll. Soc» 


Rum. Studi Zool. Anno VII, Vol. VII, Fasc. I e I', 1898. 


PSR SO, LE SRI 
» e ar + o n 


140 CARMELA LOSITO 


vato molto abbondante una spugna di acqua dolce (Spon- 


gilla) affissa ai pali dello stabilimento balneario sotto Brac- 


ciano e sulle canne del lago, I suoi pesci furono illustrati 


dal Bonaparte e dal prof. Vinciguerra, ed è specialmente 


notevole come in esso siansi ben sviluppate le trote. La fa- | 
cile acclimatazione di queste si deve certamente attribuire 
alla presenza di parecchie specie, abbondantissime d’individui . 
di animaletti che costituiscono il loro nutrimento nella prima 


età della vita, e sui quali io ho specialmente diretta la mia 
attenzione. 

Ho fatto delle pescate con RE. retino non solo per 
ogni mese dell’anno 1900, ma parecchie volte in un mese a 
profondità diverse sia di giorno che di notte e i risultati som- 
marî sono i seguenti: 


GENNAIO. 


Giorno 8. — Lago agitatissimo, tanto che si potè solo 
pescare in superficie. Vento: scirocco. La pesca durò solo î 


3/4 d’ora e fu abbondantissima. Cielo coperto. 


Plancton ricchissimo di una specie del gen. Diaptomus 


West. che io non ho potuto riferire a nessuna specie finora | 


descritta e l’ho definita come una specie nuova chiamandola 
Diaptomus etruscus. Cyclops abbastanza abbondanti: ho di- 
stinto il C. Leuckarti Claus e il C. strenuus Fischer. Mancanza 
assoluta di Leptodora hyalina Lill., rarissimi esemplari di 


È 


Diaphanosoma brachyurum Liév., abbastanza frequente la 


Bosmina pellucida Stieg. citata per la prima volta in Italia, 
Parecchi Diaptomus e Bosmine e qualche raro Diaphanosoma 


portano nota. I Nauplius sono abbondantissimi, parecchi Ce- 
ratium e quaiche £otifero. Si notano anche delle larve di 


Chironomus. 
Giorno 15. — Superficie. — Freddo intensissimo. Lago 


tranquillo. Quasi tutto il plancton è costituito di Nauplius, È 


% 


e 


Ceratium e di parecchi Rotiferi. Vi si trovano i Cyclops in 


quantità maggiore dei Diaptomus e abbonda relativamente 
il Cyclops strenuus Fisch. i cui esemplari erano rari nella 


OSSERVAZIONI FENOLOGICHE 14? 


pesca antecedente. Qualche Bosmina; due soli individui di 
i Diaphanosoma, mancanza assoluta di Leptodora. Qualche 
| Oyclops è ovigero. 

Giorno 15. — Profondità m. 35. — Plancton di aspetto 
i molto diverso di quello della superficie. I Cyclops sono meno 
i numerosi, al contrario sono abbondantissimi i Diaptomus, al- 
. cune femmine dei quali sono provviste di uova, altre portano 
| degli spermatofori, talune in numero di tre o quattro. Parecchi in- 
i dividui di Bosmine, due di Diaphanosoma e qualche esemplare 
i di Leptodora hyalina Lill. che compare per 1 prima volta. 
| Giorno 28. — Superficie. — Vento e pioggia. Plancton 
‘ricchissima di Diaptomus e Nauplius. Le due specie di Cy- 
È clops sono abbondanti. Parecchie Bosmine e quattro esem- 
plari di Diaphanosoma. 
; 3 Giorno 23. — Profondità m. 50. — Plancton somiglian- 
 tissimo a quello del 15 gennaio a 35 m., però vi si trovano 
più frequenti gli esemplari di Diaphanosoma e di Leptodora 
| comprese anche le larve di quest’ultima. 
| . Giorno 23. — Superficie, ore 23. — Pesca abbondantis- 
sima, specialmente di Diaptomus. Moltissime Bosmine e Nau- 
 plius e pochi Cyclops. 


FEBBRAIO. 


Giorno 13. —- Superficie, ore 23. — Cielo coperto. Lago 
tranquillo. 
| Questo plancton non presenta nessuna differenza sostan- 
ziale dal precedente. È quasi tutto composto di Diaptomus, tra 
i quali abbondano le femmine ovigere, molte altre invece 
| portano parecchi spermatofori. Moltissimi Nauplius e pochi 
 Cyclops tra i quali solo due o tre maschi. Mancanza asso- 
luta di Leptodora e del Diaphanosoma; vi si trova solo la 
Bosmina, alcune femmine provviste di uova d'inverno. Ro- 
tiferi e Cerathium in numero discreto, 
i- Giorno 13. — M. 30, ore 24. — Anche questo plancton 
è quasi tutto costituito da Diaptomus, da pochi Cyclops e da 
| parecchie Bosmine, alcune delle quali sono riunite fra loro 


ld pe re A ET 74 Dee PORTI TO fl PE Ga TOR TA 
" ev 


142 i CARMELA LOSITO 


per mezzo di goccioline ci grasso. Nauplius in numero di-_ 
screto. Rotiferi molto più abbondanti del plancton di superficie. — 

Giorno 23. — Superficie. — Lago agitato. Cielo coperto | 
di nuvole. Vento: scirocco. Planceton costituito in maggior 
parte di Diaptomus, le femmine del quale quasi tutte ovigere 
e provviste di spermatofori. Cyclops abbondanti e le fem- 
mine quasi tutte anch’esse ovigere. Pochissimi individui di 
Bosmina tutti riuniti in gruppi di tre o quattro da goccioline 
di grasso color rosso splendente. Anche gl’individui del Diap- 
tomus e dei Cyclops si mostrano intensamente coloriti in rosso 
per le moltissime goccioline di grasso che contengono nel 
loro corpo. Cerathium in numero limitato. 

Giorno 23. — Profondità m. 15. — Plancton poco ab-. 
bondante di Copepodi: più sotto forma larvale che in istato 
perfetto. Bosmina in numero maggiore che nel plancton di 
superficie e anche i Rotiferi sono in maggior quantità. 

Il plancton di questo mese, come si vede, è quasi tutto 
costituito dalla nuova specie di Diaptomus e, se vi sono Cy-. 
clops, questi sono più abbondanti in superficie. Forse perchè 
i Cyclops preferiscono stare verso le spiagge, attaccati alle 
piante, non potendo essi tanto facilmente sostenersi a grande 
distanza dalla spiaggia avendo, a differenza dei Diaptomus, 
muscoli meno sviluppati, le antenne anteriori più corte e i 
piedi natatori più larghi e più provvisti di setole e di uncini 
atti più ad attaccarsi a qualche sostegno che al nuoto. (3 

Nel materiale di superficie poi, come si è visto, in quasi — 
tutti gli esemplari si trovano abbondantissime goccioline di 
grasso, in tutte le parti del corpo, anche nel sacco ovarico. 
Forse perchè, essendo in questo mese la temperatura piut- 
tosto bassa, gli animali sì muovono meno e perciò ingras- 
sano; questo grasso poi è un materiale di riserva dei quali 
gli animali se ne servono quando difetta loro il nutrimento. 

Quasi tutte le femmine dei Copepodi in questo mese sono 
provviste di uova, però è da notare che, anche nei mesì 
scorsi, come abbiam visto, ho trovato femmine ovigere, per 
la qual cosa bisogna concludere che questi animali si ripro-. 
ducono anche nelle stagioni fredde. Ciò avviene anche per 


3 OSSERVAZIONI FENOLOGICHE 143 
F 

i i Copepodi marini tra i quali, secondo Giesbrecht, si son tro- 
| vate femmine ovigere anche sotto il ghiaccio. 


MARZO. 


Giorno 14. — Superficie, ore 25. — Plancton abbondan- 
tissimo di Diaptomus, come nel mese scorso. Anche qui gl’in- 
dividui di Bosmine sono raramente isolati, ma riuniti in gruppi 
di quattro o cinque da goccioline di grasso. Rari esemplari 
di Cyclops. Parecchi Nauplius. Compare per la prima volta 
“un idracnide: l’Atax crassipes. 

Giorno 14. — Profondità m. 10. — Anche il plancton di 
questa profondità è ricchissimo del Diaptomus e di Nauplius. 
Vi si trovano i Cyclops in numero limitato, mentre la Bo- 
| smina è assai frequente. Un solo esemplare del Diaphano- 
. soma e per la prima volta compare il Lynceus affinis Leydig 
(un solo esemplare) riscontrato fino adesso solo dal prof. Pero 
nel 1894 nei laghi alpini valtellinesi. È notevole il fatto che 
questa specie è propria del litorale e solo accidentalmente 
fa parte della fauna pelagica. 

Giorno 26. — Superficie. — Plancton quasi identico a 
quello del 14 in riguardo al numero dei Diaptomus. Gl’indivi- 
dui della Bosmina sono più raramente riuniti in gruppo; un 
esemplare del Diaphanosoma. Un idracnide: l’Atax crassipes. 

Giorno 26. — Profondità m. 30. — Planeton meno ricco 
del Diaptomus e più abbondante di Nauplius. 4 0 5 esemplari 
. del Diaphanosoma. Qualche Cyclops e qualche Bosmina. Pa- 

recchie larve di Chironomus. Un esemplare di Atax crassipes. 


APRILE. 


Giorno 12. — Superficie. — Cielo sereno — Lago tran- 
quillo. 

Plancton di aspetto differentissimo da quello dei mesi 
precedenti. Sono scomparsi quasi totalmente gli esemplari 
del Diaptomus così abbondanti precedentemente e solo ho 
riscontrato uno o due esemplari di ognuna delle due specie 


(44 CARMELA LOSITO 


di Cyclops. La Bosmina però è ancora numerosa. Si può dire 
quindi che il plancton è costituito quasi interamente da 
Nauplius di ogni specie (trovai piccolissime larve del Dia- 
phanosoma ed anche una della Leptodora) e che a supplire 
il Diaptomus ed i Cyclops scomparsi si trova invece abbon- 
dantissimo una specie di Rotifero del genere Chromagaster. 
Esistono anche i Cerathium. 

Giorno 12. — Profondità m. 70. — Il plancton di questa 
profondità in generale presenta lo stesso aspetto di quello 
di superficie ; il Diaptomus però vi è più abbondante, così 
i Cyclops e della Bosmina vi sono moltissimi individui. Nau- 
plius, Protozoi e Rotiferi in numero relativamente minore che — 
nel plancton di superficie. 


Giorno 29. — Superficie ore 23. — Plavicton ricchissimo 
di Nauplius e di Rotiferi tra i quali abbondantissimi, il ge- 
nere Chromagaster e Hudsonella. Parecchi Cerathium. Più 
numerosi che nella pesca precedente sono : il Diaptomus, i 
Cyclops e il Diaphanosoma. Bosmina in numero limitato. 

Giorno 29. — Profondità m. 70. — A questa profondità, 
il Diaptomus ed i Cyclops sono molto più abbondanti che in 
superficie, così pure la Bosmina e il Diaphanosoma. Ma la 
gran massa del plancton è costituita di Nauplius e di Roti- 
feri tra i quali abbondantissimi, oltre ai generi citati in super- 
ficie, vi si trovano il genere Asplanchna e il genere Anuraea. 


MAGGIO: 


Il plancton di questo mese presenta un aspetto ancora 
diverso da quello del mese precedente poichè si può dire che 
sono quasi spariti gli Entomostraci compresi i Nauplius come — 
pure sono scomparsi quasi intieramente i Chromagaster per 
dar luogo ad altre abbondantissime specie di Rotiferi, a mol- 
tissimi Protozoi, specialmente ai FREGIA ed a moltissime 
specie di alghe 


Giorno 15. — Superficie. — Vento tramontana. Lagl 
agitatissimo. 


OSSERVAZIONI FENOLOGICHE 145 


Nessun Copepodo nè Cladocero. Planeton quasi assolu- 
tamente vegetale. Numerosissimi i Cerathium. Molte specie 
‘di Rotiferi fra cui notai il genere Notholca e Mastigocerca. 
Giorno 15. — Profondità m. 30. — A questa profondità 
potei riscontrare in tutta la massa del plancton qualche raro 
esemplare del Diaptomus, dei Cyclops e della Bosmina. Si vede 
quindi che questi animali in questo mese, specialmente poi in 
questa giornata di tramontana, abbandonano assolutamente 
. la superficie per ritirarsi in regioni più profonde del lago. 
Giorno 380. — Cielo coperto. — Planeton non dissimile 
da quello del giorno 15, però vi ho riscontrato, a differenza 
di esso, una grande abbondanza di Acari e moltissimi esem- 
plari di Atax crassipes. Vi si trova pure qualche altro esem- 
plare di Copepodi e della Bosmina. Delresto sempre abbon 
| danza di Rotiferi e di alghe. 

Giorno 30. — Profondità m. 40. — I pochi individui del 
. genere Cyclops che qui ho potuto riscontrare appartengono 
solo al C. Leuckarti, poichè il C. strenus manca completa- 
— mente. Vi si rinviene qualche raro esemplare del Diaptomus 
"qualcuno non ancora completamente allo stato adulto. La Bo- 
| smina invece è abbastanza frequente. Del resto sempre grande 
abbondanza di alghe e di Rotiferi. 


GIUGNO. 


Giorno 7. — Superficie ore 23. — Plancton non dissimile 
. da quello di superficie del mese di maggio. 

Giorno 7. — Profondità m. 80, ore 23. — A questa pro- 
fondità sono abbastanza numerosi gl’individui del Diaptomus 
e più specialmente quelli di Cyclops; la Bosmina è anche 
abbastanza frequente. Degno di nota è il fatto che i Rotiferi 
sono molto diminuiti in numero. | 

Giorno 19. — Profondità m. 150. — Il plancton ha un 
aspetto molto diverso da quello del mese scorso. Abbondan- 
tissimi sono il Diaptomus e i Cyclops dei quali parecchie 
femmine portano le uova. S' incontrano anche frequentissimi . 
| gli esemplari di Leptodora e pochi invece della Bosmina. 


Bollettino della Società Zoologica Italiana 10 


146 CARMELA LOSITO | 


Da tutto questo risulta che quanto più si va in giù, tanto 
più abbondano gli Entomastroci pelagici e diminuiscono di 
conseguenza i Rotiferi, i Protozoi e le Alghe. Infatti in questo 
mese noi abbiamo assistito a questo fatto importantissimo : 
il plancton di superficie e, quasi esclusivamente costituito 
di Rotiferi, Protozoi ed Alghe, quello a m. 80, invece tanto 
dal Diaptomus e dai Cyclops quanto dagli ultimi citati, ma 
già però cominciano ad avere la prevalenza gli Entomastroci 
che costituiscono poi quasi interamente il plancton a m. 150 
con la tipica Leptodora hygalina Lill. 


LUGLIO. 


Giorno 1. — Superficie ore 24. — Cielo sereno. Lago 
tranquillo. Plancton ricchissimo di Ea del Diaptomus 
e di Cyclops. 

Giorno 1. — Profondità m. 150. — Questo plancton dif- 
ferisce da quello del 19 giugno della stessa profondità perchè 
più povero d’ individui. Ho riscontrato quivi anche la Lep- 
todora e moltissimi Nauplius di Leptodora stessa, 

Poichè in questa pescata fatta di notte ho riscontrato 
pochi Entomostraci bisogna concludere che questi animali 
durante la notte cercano la luce ed il calore e perciò ven- 
gono alla superficie mentre, durante il giorno, essendo questi 
due elementi troppo forti, questi animaletti ritornano negli 
strati profondi. 

Giorno 25. — Superficie. — Lago agitato. Pesca pove- 
rissima di Entomostraci. 

Giorno 28. — Profondità m. 50. — In questo plancton rin- 
venni moltissimi individui del Diaptomus e dei Cyclops e abba- 
stanza frequente la Leptodora in istato completo di sviluppo. 


AGOSTO. 


Giorno 8. — Superficie. — In questo plancton sono ab- 
bastanza abbondanti gli esemplari del Diaptomus e dei Cyclops. 


OSSERVAZIONI FENOLOGICHE 147 


Trovai anche qualche esemplare non ancora adulto della 
Leptodora e del Diaphanosoma. | 

Giorno 28. — Profondità m. 120. — Plancton ricchissimo 
del Diaptomus e specialmente della Leptodora in tutti gli 
stadi di sviluppo. Vi rinvenni anche parecchi individui dei 
due Cyclops di questo lago. La Bosmina è abbastanza fre- 
quente e il Diaphanosoma brachyurum è rappresentato da 
rari esemplari non completamente sviluppati. Parecchi esem- 
plari dell’Atax crassipes. 


SETTEMBRE. 


Giorno 20. — Superficie. — Cielo limpidissimo. Lago 
tranquillo. 

Plancton quasi egualmente ricco di Copepodi e di Cla- 
doceri, tra cui parecchi esemplari di Leptodora in completo 
stato di sviluppo. Qualche Nauplius, scarsi i Rotiferi, parecchi 

Flagellati. 

Giorno 20. — Profondità m, 150. — Plancton ricchissimo 
di esemplari dei Cyclops tra cui si riscontrano pochissimi 
maschi, e moltissime femmine parecchie delle quali ovigere. 
Alcuni esemplari appariscono intensamente coloriti in rosso 
per le goccioline di grasso che racchiudono nel corpo. Il 
Diaptomus è pure abbastanza frequente. Il Diaphanosoma 
è rappresentato da molti individui, la Bosmina da parecchi. 
_ Rinvenni pure un altro esemplare di Lynceus affinis L. capi- 
tato accidentalmente a far -parte di questa fauna. Nessuna 
Leptodora. Abbastanza frequenti i Nauplius. Qualche Roti- 
fero ed un Atax crassipes. 


OTTOBRE. 


Giorno 28. — Superficie. — Lago mosso. Vento: levante. 
| Cielo sereno. 

| L'aspetto del plancton di questo mese è molto diverso 
da quello dei mesi scorsi perchè si può dire che essso è 
| esclusivamente costituito dal Diaphanosoma brachyurum S. 
in completo stato di sviluppo. Pochissime sono le forme lar- 


- 


148 CARMELA LOSITO 


vali di questa specie, invece più frequenti sono quelle della 
Leptodora. La Bosmina è abbastanza rara. Manca assoluta- 
mente il Cyclops strenuus Fisch., mentre abbastanza frequente 
è il C. Leuckarti Claus anche non completamente sviluppati : 
i maschi di esso sono abbastanza numerosi e tra le femmine 
nessuna è ovigera. Si nota anche qualche esemplare del 
Diaptomus, in ispecial modo i maschi. Nessun Rotifero. Tra 
le Alghe parecchie sono intensamente colorite in verde. 

Giorno 29. — Profondità m. 50. — Lago mosso. Vento: 
levante. Cielo sereno. 

A questa profondità il Diaphanosoma è quantitativamente 
meno numeroso che nel plancton di superficie. Abbondan- 
tissimo è il Diaptomus e anche frequenti sono i Cyclops fra 
i quali vi sì rinvengono anche esemplari del C. strenuus: tutti 
hanno femmine provviste di uova. I Nauplius dei Copepodi 
sono anche numerosi. Moltissimi sono gli esemplari di Lep- 
todora, anche allo stato larvale: rarissima la Bosmina. 
Qualche Rotifero. Un Atax crassipes. 


NOVEMBRE. 

Giorno 20. — Superficie. — Cielo sereno. Lago tranquillo. 

Tutte le specie, nei loro diversi stadi di sviluppo, sono 
rappresentate nel plancton di questo mese, che mostra quindi 
un aspetto molto eterogeneo. In esso abbiamo abbondanza 
di tutte le forme: le A/ghe sono moltissime, alcune intensa- 
mente colorite in verde. I Protozoî sono anch'essi rappre- 
sentati da un numero considerevole d’individui, i otiferi 
anch’essi sono abbastanza numerosi. Tra gli Entomostraci 
quelli che più abbondano sono i Cladoceri tra i quali il Dia- 
phanosoma brachyurum accupa il primo posto, sia allo stato 
larvale, che a quello adulto. Viene dopo la Leptodora in 
tutti i suoi stadi di sviluppo: dalle uova che sono abbastanza 
grosse, sferiche, verdastre specialmente nel centro, allo stato 
completo di sviluppo. La Bosmina è anche abbondante. Il 
Diaptomus pure abbastanza frequente, alcune femmine del 
quale portano uova; i Cyclops sono però abbastanza rari. 
In questo plancton per la prima volta ho riscontrato degli 


OSSERVAZIONI FENOLOGICHE 149 


individui del Lynceus rostratus Koch anch'essi capitati acci- 
dentalmente nella fauna pelagica e pochissimi individui di 
anthocamptus crassus Fisch., anch'esso litorale e accidental- 
mente pelagico. Queste specie non sono mai state segnalate 
prima d'ora in Italia. | 

Giorno 20. — Superficie m. 20. — A questa profondità 
gl’ individui che costituiscono il plancton sono ridotti in nu- 
mero e si può dire che il Diaphanosoma e il Diaptomus vi 
si trovano nelle stesse proporzioni. Gli esemplari di Cyclops 


sono pochissimi. La Leptodora è in minor quantità, come 


‘ pure la Bosmina. Parecchie femmine di essa e del Diapha- 


nosoma portano uova. I Nauplius .sono abbondanti, ma in 
numero minore di quelli di superficie. Un. Atax Crassipes. 


DICEMBRE. 


Giorno 20. — Superficie. — Mentre nel plancton di su- 
perficie del mese scorso abbondava il Diaphanosoma, in 
quello di questo mese invece il Diaphanosoma e il Diaptomus 
sono contenuti quasi nella stessa proporzione. La Leptodora 
ha raggiunto le sue maggiori dimensioni : alcune sorpassano 
anche i 6 mm. Frequente è la Bosmina. Molti i Cyclops, alcune 
femmine dei quali, come alcune del Diaptomus, sono ovigere. 
Parecchi sono i Rotiferi, i Protozoi e le larve di Chirodomus. 
Un Atax Crassipes. Degno di nota è che in questo mese ho 
travato anche un altro individuo di Canthocamptus crassus F. 
accidentalmente sperduto nella fauna pelagica. 

Giorno 10. — Profondità m. 60. — A questa profondità 
sì accenna già ad una prevalenza del Diaptomus sul Dia- 


‘phanosoma. Pochissime sono le femmine ovigere del Diap- 


tomus, e se alcune portano il sacco ovarico, questo contiene 
un numero di uova superiore a quello degli altri mesi (nove 
o dieci). Si può dire che mancano i Cyclops tanto essi sono 
ridotti in numero e solo rappresentati di forme non in com- 
pleto stato di sviluppo. La Bosmina è frequentissima, pa- 
recchie femmine di essa ovigere. La Leptodora è in numero 
straordinario sia allo stato larvale che allo stato adulto ; 
alcune raggiungono dimensioni considerevolissime. Parecchi 


. Rotiferi e Protozoi. 


SU UNA NUOVA SPECIE 
del gen. DIAPTOMUS WESTWOOD 


Dott. CARMELA LOSITO 


Comunicazione fatta alla Società Zoolozica Italiana 
con sede in Roma 


Nel lago di Bracciano, situato nella regione dei così 
detti Vulcani Sabatini al N. O, della città di Roma, esiste ab- 
bondantissimo una sola specie del genere Diaptomus West- 
wood, che non mi è stato possibile, in base alle recenti 
minute descrizioni, riferire ad alcuna delle specie conosciute 
fino adesso e che quindi considero come nuova e chiamo : 


DIAPTOMUS ETRUSCUS. 


9 Segmentum cephalothoracis ultimum utrinque spina 
singula ad extremitatem ornatum. Segmentum abdominale 
primum utrinque spinis sat validis instructum : rami furcales 
breves, apice dilatatis: satae caudales longae, ad basim 
laeves, ceterum pinnatae. Antennae primi paris tenues, per- 
longae, longitudinem totius corporis superantes, articulis 8° 
et 12° spina singula minuta praeditis. Pedes 5' paris articulo 
basali spina minima armati, ramus internus articulo primo 
rami externi brevior, ad apicem pectinatus et duabus spi- 
nis validissimis instructus ; ramus externus articulo ultimo 
absoleto. 

dg Articulus antepenultimus antennae geniculatae mem- 
brana hyalina atque hamulo destitutus. Pedes 5' paris ar- 
ticulo primi rami externi ad apicem acute productum. 


Il cefalo-torace è piuttos:o snello : esso si restringe dal 
mezzo verso le estremità, molto di più però verso quella in- 
feriore; la parte anteriore è leggermente acuminata; l’ultimo 


Tanto, * 


SU UNA NUOVA SPECIE DEL GEN. « DIAPTOMUS WESTWOOD » 451 


segmento è molto corto e distinto dal precedente: la sua 
larghezza corrisponde quasi alla metà della massima lar- 
ghezza del corpo. La infossatura mediana è molto pronun- 
ciata e per conseguenza il tratto corrispondente del segmento 
accorciato. Nella femmina le due espansioni laterali sono di- 
latate a forma di piccole ali ed acuminate all’ apice, dove 
presentano un piccolo rigonfiamento che porta una spina 
sensoriale terminale : la spina destra è leggermente più svi- 
luppata della sinistra. Il margine interno manca di spine 
sensoriali, ma a supplire quasi questa mancanza sì trovano 
due ripiegature della cuticola che vengono ad addossarsi da 
ambo i lati della parte superiore del primo segmento addo- 
minale. Nel maschio le espansioni laterali non sono tanto 
pronunciate come nella femmina; sono arrotondate all’apice 
e le spine sensoriali più piccole e meno robuste. 

Nella femmina il primo dei tre segmenti dell'addome, 
che è il più grande, è, nella sua parte superiore un po’ al- 
largato e porta, lateralmente, una spina sensoriale arcuata, 
ben sviluppata, costituita da un tratto basilare fortemente 


 chitinoso e di un tratto distale anche esso robusto, ma molto 


affilato ed appuntito. La spina sensoriale di destra supera 
in grandezza quella di sinistra. Il 2° segmento è molto corto 
ma ben visibile e l’ultimo un po’ più lungo del precedente 
ha la parte media del suo margine inferiore a forma di V. 

Nel maschio l'addome è quasi cilindrico ; consta di cin- 
que segmenti il primo dei quali è molto più rigonfio e manca 
delle spine sensoriali caratteristiche della femmina. 

I due rami della furca nella femmina sono più corti 
della larghezza dell’ultimo segmento addominale, nel maschio 
invece sono più snelli e più lunghi di quelli della femmina. 
Essi sono leggermente dilatati e convergenti alla loro estre- 


mità, ch'è frastagliata e presenta una intaccatura al lato 


esterno. Ogni ramo è fornito di sei setole, di cui cinque in- 
serite all'apice ed una sull’intaccatura suddetta. La setola 
apicale interna è corta, sottile e liscia, le altre sono assai 
più sviluppate: la più interna è la più lunga, le altre vanno 
decrescendo in lunghezza sino alla più esterna che è circa 


e 


152 CARMELA LOSITO 


i 2/3 della maggiore. Nella femmina tutte le setole furcali 
divaricano fortemente e formano una specie di ventaglio: in 
essa la furca con le sue appendici è spesso piegata verso la 
parte ventrale, quasi a sostegno del sacco ovarico; nel ma- 
schio invece le setole sono sempre distese e ravvicinate le 
une alle altre. Queste setole sono fatte di un solo pezzo, che 
alla base è, per breve tratto, fortemente chitinoso e liscio e 
nel restante, che va gradatamente assottigliandosi, è pure 
robusto ed è delicatamente pennato. 

Le antenne anteriori della femmina sono molto sottili ed 
estremamente lunghe tanto che, quando sono piegate in ad- 
dietro, raggiungono sempre la base della furca ed ordinaria- 
mente ne sorpassano la estremità e talora persino le setole - 
apicali di essa. Ogni articolo di queste antenne è fornito di 
setole le quali sono  straordinariamente lunghe e robuste, 
specialmente quelle del 7° deli’11°, 149, 19° e 25° od ultimo 
articolo. 

Il 1° articolo porta una sola setola, il 2° ne porta. tre, 
la mediana delle quali sorpassa in lunghezza le altre due ed 
è inserita su uno speciale sollevamento della cuticola. Il 3°, 
4°, 5° e 6 articolo portano ognuno una sola  setola di lun- 
ghezza eguale a quella del 1°; il 7° articolo porta una se- 
tola molto lunga, 1l’8° accanto ad una setola anch'essa molto 
lunga porta una spina sensoriale piccolissima, il* cui tratto 
basale è fortemente chitinoso e la punta invece è molto de- 
licata e jalina. Il 9° articolo porta due setole di cui la 22 è 
lunghissima, il 10° e V’11° ne portano una per ogni articolo, 
il 12° porta una setola lunghissima ed una spina sensoriale 
più delicata di quella dell’8° articolo. Dal 13° al 21° articolo 
ognuno di esso porta una setola in alcuni (14° e 19°) 
lunghissima ; il 22°, il 23° e 24° articolo portano ognuno due 
setole poste una sul margine esterno e l’altra sull’interno, 
il 25° articolo porta in tutto sei setole di cui due lungo i mar- 
gini laterali e quattro all’apice: di queste le due più esterne 
sono assai lunghe, ma sempre più corte e più delicate delle 
due più interne robustissime ed allungatissime. 

Tutte queste setole sono caratterizzate dalla mancanza 


SU UNA NUOVA SPECIE DEL GEN. « DIAPTOMUS WESTWOOD » 153 


assoluta di ciglie e in parecchie di esse si nota una forte 
chitinizzazione della porzione basale. 

Oltre alle setole e alle spine descritte queste antenne 
portano anche papille sensoriali, che si osservano al 1°, 2°, 
Mo 9120: 14%, 16°, 19% 6 25° articolo. 

Esse sono collocate alla base della setola; quando que- 
sta non è unica esse sono unite a quella distale, tranne che 
nel 2° articolo ove questa protuberanza si osserva vicino 
alla setola mediana. 

Le setole interne degli ultimi articoli sono sempre sfor- 
niti di queste appendici. 

Le antenne anteriori del maschio sono asimmetriche. 
Quella sinistra è somigliantissima a quelle della femmina sia 
per lunghezza dei suoi articoli, sia pel numero e per la natura 
delle sue appendici. Nell’antenna destra invece si distinguono 
facilmente tre parti: la prima parte consta di dodici articoli 
simili ai corrispondenti nell’antenna femminile tranne che nelle 
articolazioni; la seconda di sei e la terza di quattro, in tutto ven- 
tidue articoli. Il 2° tratto ha tutti gli articoli e specialmente il 14°, 
15° e 16° rigonfi; il 13° è il più corto e il 18° il più lungo. Il 3° 
tratto ha gli articoli più sottili di cuiil 19°, che risulta dalla fu- 
sione del 19°, del 20° e 21° dell'antenna normale, è molto lungo 
col lato esterno semi-rettilineo e leggermente rientrante alla 
base e l'interno alquanto convesso; al margine apicale presenta 


|. varie sporgenze tra cui una più marcata all’angolo apicale in- 


terno. Il 20° articolo, che risulta dalla fusione del 22° e 23° 
dell'antenna normale è pure esso molto lungo, ma alquanto 
meno del precedente, è di forma cilindroide e presenta una 
sporgenza in prossimità dell’apice alla parte interna. I due ul- 
timi articoli, specialmente il 22° sono molto corti. I margini ra- 
ticolari dei singoli articoli non sono retti, ma molto irregolari 
e le membrane di congiunzione più larghe che nella femmina. 

Le setole degli articoli sono pure, nella massima parte 
di straordinaria lunghezza e robustezza. i 

Fino al 9° articolo esse sono eguali a quelle dei corri- 
spondenti articoli dell'antenna femminile. Il 10° e 111° arti- 
colo mostrano invece al -loro bordo esterno un’appendice 


Ae PE Nr SIP ine deci 
, 4 È pa c Ta 


154 CARMELA LOSITO 


spiniforme rigidamente dritta. Il 12° articolo porta, come 
nella femmina, accanto ad una setola una spina sensoriale, | 
che nel maschio è molto potente. Il 13° è munito di una ro- | 
bustissima appendice spinosa e porta inoltre una setola de-. 
licatissima. Nei tre articoli seguenti si vedono anche delle 
prominenze spinose. A differenza degli articoli corrispondenti | 
della femmina il 14°, 15° e 16° articolo portano ognuna due 
setole, di cui la prossimale del 15° e del 16° e l’apicale del 
17° articolo hanno subito considerevoli trasformazioni, poichè — 
esse sono corte e cilindriche e la loro estremità, debolmente | 
chitinizzata è leggermente dilatata e bifida. La setola pros- 
simale del 17° articolo è trasformata in una espansione chi- 
tinosa strettamente unita ai margini esterni del segmento 
principale: lo stesso si verifica per l’unica setola del 18° ar- 
ticolo, che apparentemente ne sembra affatto privo. Il 19° 
articolo porta pure alla parte prossimale del margine esterno | 
la stessa espansione chitinosa, ma molto più piccola di quella 
dei due articoli precedenti. Quasi alla metà del suo margine . 
esterno si scorge un delicatissimo pelo sensoriale e all'angolo | 
distale esterno una lunga setola liscia nella porzione basale 
e pennata nel rimanente. Il 20° articolo porta solo due lun- 
ghissime setole al margine interno. La prossimale è forte- 
mente chitinosa e pennata nel suo tratto basale, la distale 
invece, meno chitinosa al suo tratto basale è pennata solo 
nella porzione apicale ed è inserita sopra una prominenza. 
speciale. Il 21° articolo porta inserite sulla parte media del 
margine apicale due lunghe setole pennate e il 22° articolo | 
porta all'apice tre setole pennate della stessa lunghezza delle 4 
due precedenti e verso l’angolo apicale esterno, accanto ad | 
una setola corta, liscia e sottilissima una prominenza senso- 
riale. Le spine sensoriali si trovano come nella femmina | 
nell’ 8° e 12° articolo, però la loro grandezza, specialmente 
per quella del 12°, è più considerevole e la loro estremità È 
più robusta. Le prominenze sensoriali sono eguali a quelle | 
che si trovano nelle antenne della femmina. | 3 

Le antenne posteriori hanno gli articoli basali molto pic- 
coli: il 1° porta una setola, il 2° due. Il ramo interno consta | 


Ri 


< 
Pata 


sti 


* dA e arto 


SU UNA NUOVA SPECIE DEL GEN. © DIAPTOMUS WESTWOOD » 155 
di due Articoli ed è più corto del ramo esterno ch’ è formato 
. di 7 articoli, dei quali i primi sei sono cortissimi e portano 
-ognuno al loro angolo interno distale una setola. 
L'ultimo articolo è lungo quasi quanto i precedenti presi 
insieme e porta una setola al margine interno e tre setole 
apicali lunghissime. 
Le /abbra sono normalmente costituite. 
Le mandibole constano di due articoli basali e di due 
rami. L'articolo basale primo è molto largo e chitinoso ed 
ha il margine interno provvisto di denti di cui i due supe- 
riori sono molto grossi, Il 2° articolo basale è allungato e 
porta quattro setole al margine interno. Alla sua estremità 
apicale si trova il ramo interno biarticolato : il primo arti- 
colo più largo è provvisto al margine interno di quattro se- 
tole; il secondo porta all'estremità un gruppo di setole (7 od 8) 
e al margine esterno una serie di piccole spine. Al margine 
esterno del 2° articolo basale s’ inserisce il ramo esterno for- 
«mato di cinque piccoli articoli di cui i due ultimi non sono 
chiaramente separati tra loro. Ognuno dei primi quattro ar- 
| ticoli porta al suo angolo interno distale una setola, l’ultimo 
| invece ne porta due all’apice. 

Le mascelle sono pure costituite di due articoli basali e di 
due rami, ma queste parti sono assai difficilmente riconoscibili. 

Le due paia di piedi-mascelle sono molto potenti. Il primo 
paio è molto corto e consta di due pezzi basali e di un ramo for- 
mato da tre articoli di cui il primo non è chiaramente visibile. 

Il piede-mascella posteriore è molto allungato in con- 
fronto dell’anteriore. Anch'esso consta di due articoli basali 
e di un solo ramo. I due articoli basali sono molto sviluppati, 
specialmente il primo. Esso termina al suo margine interno 
in quattro lobi che portano rispettivamente una, due, tre e 
quattro robuste setole di cui la 22 e la 32 del secondo e terzo 
lobo sono le più lunghe e pinnate. Il 4° lobo è molto più 
sviluppato degli altri e si può dividere in quattro altri pic- 
. coli lobi: il primo porta alcune setole; ma finissime e deli- 
| catissime e non troppo corte, benchè non così lunghe come 
le altre; il secondo porta le quattro setole sopra descritte; 


156 CARMELA LOSITO 


il terzo e la prima porzione del quarto cortissimi peli. La 
porzione terminale del secondo articolo è visibilmente sepa- 
rata dal resto, sembrando quasi un piccolissimo articolo in-. 
termedio e porta due setole molto lunghe e pinnate ; il mar- 
gine interno della parte principale dell’ articolo è inoltre 
provvisto di una serie di peli e di tre setole anch’esse pin-. 
nate. Il ramo apicale ha cinque articoli il primo dei quali è 
più lungo e gli altri vanno decrescendo in lunghezza: i primi 
tre sono alquanto rigonfi all’estremità interna e sulla rigon- 
fiatura sono inserite sul primo tre setole lisce e quasi eguali 
fra loro, su gli altri, due per ciascuno identiche alle prece- 
denti. Il quarto quasi eguale in lunghezza al precedente è. 
però un po’ più stretto di esso ed appena leggermente dila- 
tato all’estremità e porta due lunghe setole l’una liscia sul- 
l’apice del margine interno e l’altra pinnata sulla metà del 
margine esterno, Il quinto articolo è piccolissimo e porta | 
quattro setole di cui tre pinnate molto più lunghe delle altre 
ed una più interna liscia, alquanto più corta, ma non meno 
di quelle dell’articolo pr SE 

I piedi natatori sono normalmente costituiti. 

Il quinto paia di piedi nella femmina è delicatissimo. mo 
primo pezzo basale non è molto grande, benchè assai più 
largo degli altri e la spina sensoriale di cui è fornito nella È 
parte dorsale è sottilissima ed appena visibile. Il 2° pezzo — 
basale ha il margine interno lungo e l'esterno corto: su | 
quest’ultimo si trova un delicatissimo pelo sensoriale. Il 1° 
articolo delramo esterno è allungato e quasi cilindrico e privo _ 
di appendici. Il 2° articolo alla sua parte interna apicale | 
porta un robusto uncino, privo di qualunque serie di spine 
o di peli, la cui curvatura però nei due piedi dello stesso 
individuo può non essere simmetrico. F 

Questo articolo non porta neppure alcuna spina, nè ini 
cisura al suo apice esterno e pare si continui senza inter- | 
ruzione col terzo articolo che è spiccolissimo. Questo ultimo 
è alquanto più lungo’ che largo ed all’angolo esterno apicale 
porta una piccola spina lunga quasi un terzo della setola | 
pinnata che trovasi all'angolo apicale interno e che non | 


Pa 


uno 


SU UNA NUOVA SPECIE DEL GEN, « DIAPTOMUS WESTWOOD » 15/7 


raggiunge quasi mai la lunghezza dell’uncino del secondo 
| articolo, 

Nel maschio il piede destro è molto piu sviluppato e più 
robusto di quello sinistro, 

Il suo primo pezzo basale ha una forma quasi quadran- 
golare a margini incurvati e porta sulla faccia dorsale vi- 
cino al margine inferiore una spina sensoriale molto potente 
«in confronto alla spina analoga della femmina. Il secondo 
‘articolo basale è molto più lungo del primo, mentre ne è 
leggermente minore in lunghezza: esso porta al disotto della 
metà del margine esterno un pelo sensoriale, mentre in un 
| punto corrispondente del margine interno la cuticola si sol- 
leva in una prominenza chitinosa. 

Il ramo interno rudimentale del piede destro consta 
ordinariamente di un solo articolo, più raramente di due, 
non nettamente separati. La sua lunghezza è variabile : spesso 
è lungo quasi quanto il primo articolo del ramo esterno, 
spesso lo sorpassa in lunghezza. All’apice trovasi una setola 
su ciascuno degli angoli e sulla faccia dorsale, alla base 
"della punta terminale, un delicatissimo pettine di peli molto 
jalini che si vedono con grande difficoltà. 

| Il primo articolo del ramo esterno è molto corto in con- 
fronto all’omologo del piede femminile. Il suo angolo distale 
esterno è più o meno allungato in una appendice spinosa 
che in alcuni casi si allunga e si assottiglia tanto da dar 
l’idea di una vera e propria spina ; l’angolo distale interno 
‘è più o meno arrotondato. Il secondo articolo è molto vo- 
luminoso ed allungato, col margine esterno fortemente con- 
vesso. La spina di questo margine ha la forma di un cono 
«molto allungato e porta al suo margine interno una serie 
di spine fine secondarie, difficilmente visibili. L’uncino pren- 
sile è potente e molto ‘lungo: esso è fortemente arcuato: 
verso la base è rigonfio a forma di sfera che si restringe 
quasi bruscamente per terminare poi in una punta assotti- 
gliata, che spesso è piegata in senso inverso dalla curva 
principale. Il suo margine interno e affatto liscio. 


DI 


Il piede sinistro è molto piccolo in confronto del destro 


158 CARMELA LOSITO 


e la sua lunghezza non sorpassa mai quella dei due articoli 
basali e del primo articolo del ramo esterno del piede destro 
presi insieme. | 
Il primo articolo basale di questo piede è più lungo ch 
largo, il margine interno è quasi dritto, l’esterno, special- 


mente alla sua parte inferiore abbastanza convesso. Sulla 


parte dorsale, ma in vicinanza dell'angolo apicale esterno, 
porta una spina sensoriale molto piccola, che ricorda l’esile 
spina del segmento omonimo della femmina, Il secondo ar- 
ticolo basale ha una forma molto irregolare ed è quasi egual- 
mente largo che lungo: il margine articolare superiore pre- 
senta delle sinuosità accentuatissime, il margine interno è 
molto convesso e anche in questo piede, come in quello destro, 
la cuticola si solleva in una prominenza chitinosa; il mar- 
gine esterno, ch'è il più lungo, presenta una curva legger- 
mente rientrante e porta molto vicino al suo angolo distale 
un pelo sensoriale. 

Il ramo interno è più o meno chiaramente biarticolato ed è 
lungo un po’ più del primo articolo del ramo esterno, e porta 
al suo angolo distale interno una setola abbastanza robusta. 

Il ramo esterno consta di due articoli, la cui articola- 
zione non è chiaramente visibile ; il primo di essi è più lungo 
del secondo, che termina col solito prolungamento a forma 
di unghia, sprovvisto di spine o di peli. Alla base di questa 
formazione si nota una setola rigidissima, con la base for- 
temente chitinosa e la punta molto sottile, lunga quasi quanto 
il prolungamento unguiforme. Al margine interno di quest’ul- 
timo articolo trovasi inoltre una sporgenza tondeggiante guar- 
nita di delicatissimi peli, che porta al suo estremo distale 
una spina abbastanza robusta. 

Il sacco ovarico contiene un numero limitato di uova; 
ordinariamente 5 o 7, per eccezione se ne riscontrano 2 o 9. 

Questa specie è ordinariamente zrncolore e assolutamente 
trasparente. Molte volte però essa mostra una leggera tinta 


giallo-chiaro, che diventa bruna o verdastra in esemplari 


raccolti in vicinanza delle rive. Molte volte presenta dei 
punti colorati in giallo intensissimo, tendente al rosso e ciò — 


SU UNA NUOVA SPECIE DEL GEN. « DIAPTOMUS WESTWOOD » 159 


è dovuto alle goccioline di grasso che sì trovano nell’interno 
del corpo ed anche nel sacco ovarico. 

Le dimensioni sono piccolissime: la sua. massima lun- 
ghezza è di un millimetro o poco più. 

Questo Diaptomus è abbondantissimo nel lago di Bracciano 
e si può dire che esso trovasi in tutti i mesi, in parecchi dei 
quali costituisce quasi la totalità del plancton. Abita tanto la 
superficie quanto la profondità, avendolo riscontrato sino a 
150 m. di fondo, tanto il litorale quanto la zona pelagica. 


Questa specie deve, senza alcun dubbio essere compresa 
nel 3° gruppo di Diaptomus che Schmeil chiama del « coe- 
. ruleus », caratterizzato dalla struttura dell'ultimo segmento 
del cefalo.torace nella femmina e dell’ addome del maschio, 
dalla struttura delle antenne anteriori e da quella del 5° paio 
di zampe. In questo gruppo vengono distinti dallo Schmeil, 

almeno per quanto riguarda i Diaptomus tedeschi, due sotto- 
| gruppi nell’uno dei quali egli ascrive il D. cceruleus Fisch. 
e D. Zachariasi Poppe e nell’altro il « gracilis Sars, » graci- 
loides Lilljeb. e, benchè dubbiosamente per la incompleta 
descrizione il Guernei /mhof. Essi sono specialmente distinti 
per le dimensioni del ramo interno del 5° piede del maschio 
che nel 1° sotto-gruppo è più corto od al più tanto lungo 
‘quanto il 1° segmento del ramo esterno, mentre nel 2° sotto- 
gruppo esso lo sorpassa in lunghezza. È questo precisamente, 
come si è visto, il caso del Diaptomus da me descritto e 
quindi esso deve essere compreso in questo 2° sotto gruppo. 
Non corrisponde però ad alcuna delle specie in esso com- 
prese perchè nel maschio del D. gracilis si ha al margine 
interno del 2° segmento del ramo esterno del 5° paio di piedi 
un'appendice flabelliforme ch'è caratteristica di questa specie 
e che non esiste in quella di Bracciano; nel D. Guernei il 
2° articolo basale del 5° paio di piedi porta verso la fine del 
| margine interno una dilatazione fornita di un dente che manca 
nei miei esemplari; nel D. graciloides, il ramo interno del 

5° paio di piedi nella femmina è lungo quanto o anche più 


160 CARMELA LOSITO 


del 1° segmento del ramo esterno, mentre nel D. di Bracciano 
quello è più corto di questo. 

Ho anche confrontato la mia specie con RIA descritta 
dallo Steuer dei dintorni di Trieste e da lui chiamata: D. în- 
termedius, e ho constatato che differisce essenzialmente in | 
questo: la femmina de D. intermedius ha costantemente i due - 
ultimi articoli del cefalo-torace fusi insieme, in quella del 
D. di Bracciano ciò non si verifica mai. 

Siccome però tutte queste differenze sono abbastanza 
minute ed in alcuni casi potrebbero essere considerate come 
individuali, ritengo opportuno istituire un esatto confronto con 
le specie più affini per meglio dimostrare la convenienza di 
considerare questa forma come distinta da ogni altra prima 
descritta. 

Il cefalo-torace della femmina del D. gracilis è lungo e 
si restringe solo di poco nel suo ultimo segmento tanto che 
apparentemente questo sembra corrisponda alla larghezza 
massima del 1° segmento; nel D. graciloides invece il cefalo- 
torace sì restringe molto nella sua porzione posteriore tanto 
che l’ultimo segmento di esso è largo quasi 1/3 della lar- 
ghezza massima del cefalo-torace, mentre nel D. di Brac- 
ciano l’ultimo segmento del cefalo-torace è la 1/2 della mas- 
sima larghezza di esso e sta fra quella del D. gracilis e 
quella del D. graciloides essendo minore di quella del 1° e 
maggiore di quella del 2°. 

L'ultimo segmento del cefalo-torace termina nel D. gracilis 
in due ali molto più dilatate e molto più irregolari tra loro di 
quelle del D. di Bracciano e portano anche al margine interno 
una spina che non esiste in questo; nel D. graciloides poi le 
espansioni sono molto piccole e portano anche una spina interna. 

Nel D. graciloides le spine del 1° segmento addominale 
sono piccolissime e dritte, in quello di Bracciano invece so- 
migliano perfettamente a quelle del D. gracilis e del D. in- 
termedius mentre le setole furcali somigliano perfettamente 
a quelle del D. graciloides. | 

Le setole delle antenne anteriori della femmina somi- 


gliano per la loro straordinaria lunghezza a quelle del D. gra- Ù 


I N I TT E E TE PE E E eo 


SU UNA NUOVA SPECIE DEL GEN. € DIAPTOMUS WESTWOOD » 4161 


ciloides e del D. intermedius, però non sono mai cigliate come 
nel 1° e le setole esterne del 25° e 24° articolo non sono così 


rudimentali come in esso, ma come nel D. gracilis sono svi- 
‘ luppate quanto le interne. Le setole terminali dell’ultimo 


articolo sono molto più lunghe che nelle altre tre specie. 
Altra differenza sostanziale dal D. gracilis e D. graciloides 
consiste in questo: il 12° articolo porta nel D. di Bracciano 
accanto ad una setola una spina sensoriale che si trova anche 
nel D. intermedius. 

Le antenne anteriori destre dei maschi nelle varie specie 
di questo sotto-gruppo sono quasi eguali fra loro, invece nel 
Diaptomus da me descritto si notano considerevoli differenze. 

Nella prima porzione delle tre specie in confronto gli 
articoli sono più corti ed a margine articolare molto più ir- 
regolare di quello di Bracciano, ancora: nei primi le setole 
sono molto più delicate e più corte e la setola del 5° arti- 
colo è cortissima in confronto a quella del 3° nel D. etruscus 
sono più robuste e più lunghe e la setola del 3° articolo è 
eguale in lunghezza a quella del 5°. 

Le appendici spiniformi del 10° e 11° La sono nelle 
altre tre specie, partieolarmente nel D. graciloides meno po- 
tenti e incurvate all'insù, nel /D. etruscus sono diritte tanto 
da formare un angolo molto ottuso con l'articolo da cui 
hanno origine. Nelle altre tre specie la spina sensoriale del 
12° articolo è piccolissima, nell’etruscus sviluppata tanto da 
sembrare della stessa natura delle appendici spiniformi de- 
gli articoli precedenti. 

Nella seconda porzione di questa antenna gli angoli di- 
stali interni dei singoli articoli nelle altre tre specie sono qaasi 
retti e i margini interni diritti, nel D. etruscus gli angoli sono 
acuti e i margini abbastanza convessi. 

Le prominenze spinose del 14°, 15° e 16° articolo che 
mancano nel D. graciloides sono più accentuate nel D. gra- 
cilis e nel D. intermedius che in quello di Bracciano. 

L'ultima porzione dell’antenna di questo stesso Diapto- 
mus è assolutamente diversa dalle altre tre specie, Il margine 
interno del 19 articolo negli altri tre non è così convesso come 


Bollettino della Società Zoologica Italiana ii 


Bite i e dan e 
ico pa ci 


162 CARMELA LOSITO 


O 
> 


nel D. etruscus, il margine distale dello stesso articolo nei 
primi è liscio, nel 2° presenta tre lobi accentuatissimi. ‘@ 

Il 20° articolo, che negli altri porta al suo margine 
esterno una membrana jalina, o all'angolo apicale esterno 
un processo amiforme, in questo è completamente liscio e 
non porta neanche le due piccole setole che si osservano 
su questo stesso margine allo stesso articolo nelle altre tre | 
specie. 

Il margine interno del medesimo articolo differisce an- 
che nel suo angolo apicale che porta l’ultima setola inserita — 
su uno speciale processo che manca assolutamente nelle al- | 
tre tre specie. Le setole dell’ultimo articolo sono più RI | 
nel D. etruscus che negli altri, i quali portano una setola di 
più : corta e liscia, al margine apicale. 

Le antenne posteriori, le mandibole, le mascelle e il 
primo paio di piedi-mascelle non presentano differenze es- | 
senziali. 
Il 2° paio di piedi-mascelle ha i due articoli basali molto 53 
più corti nelle altre tre specie che nel D. etruscus e le se- | 
tole di cui sono provvisti, sono tutte più corte nei primi che. 
nel secondo nel quale non si osserva quella sproporzione in — 
lunghezza che si nota nelle altre tre, tra le due setole api- 
cali interne dei due ultimi articoli, le apicali dell’ultimo e le — 
due esterne del penultimo e dell’ultimo articolo. 

Le due ultime setole del margine interno del 2° articolo è 
basale sono liscie negli altri tre Diaptomus e pinnate nel | 
D. etruscus; i lobi del 1° articolo basale di questo più accen- — 
tuati e il 1° tratto dell’ultimo lobo più abbondantemente 
provvisto di setole delicatissime che non siano negli altri tre. 

Il 5° paio di piedi nella femmina del D. etruscus è assoluta- | 
mente diverso da quello delle altre tre specie. Il 1° articolo ba- 
sale è molto largo nel D. gracilis e D. graciloides e le spine sen- — 
soriali, specialmente quelle del D. gracilis, sono potentissime, — 
mentre il 1° articolo basale di quello di Bracciano non è tanto — 
largo e la sua spina sensoriale è appena visibile. Anche 
nella proporzione del ramo interno con queilo esterno, que- | 
sto piede differisce immensamente da quello delle altre tre 


SU UNA NUOVA SPECIE DEL GEN. « DIAPTOMUS WESTWOOD » 163 


specie poichè in queste, specialmente nel /D. gracilis il ramo 
interno è. ridottissimo. 

L'ultimo articolo di questo ramo porta tanto, nel D. gra- 
ciloides quanto nel D. intermedius, tre setole di cui le due 
esterne sono più lunghe di quella interna ch’è piccolissima. 
Nel D. gracilis invece porta una setola esterna robustissima 
e due interne di cui la più interna è appena visibile ; inol- 
tre sulla sua faccia dorsale, in prossimità del margine api- 
cale si nota un pettine di peli cortissimi e appena visibili. 
Nel mio Miaptomus invece il ramo interno termina con due 
setole abbastanza robuste poste ai due angoli estremi esterni 
ed interni e tra le due inserito proprio sul margine apicale, 
trovasi un pettine molto accentuato di setole sottili e lun- 

ghe quasi quanto la spina dell’angolo interno. 
L’uncino terminale del 2° articolo del ramo esterno nel 
D. gracilis, D. graciloides ed intermedius porta sul margine 
interno una serie di setole che. mancano completamente in 
quello di Bracciano. 

Tutti e tre portano sull'angolo distale esterno dello stesso 
articolo una spina di varie dimensioni che non si osserva in 
quello di Bracciano, nel quale ultimo, a differenza degli al- 
tri tre, l'articolazione del 2° e 3° segmento non è visibile 
tanto tr sembrare quest’ultimo una continaazione BOILArte 
colo precedente. 

Il 5° paio di piedi nel maschio del D. etruscus presenta 
delle caratteristiche differenze dalle altre tre specie. Per la 
proporzione tra il piede sinistro e il destro e per la forma 
del 1° articolo del ramo esterno del piede destro esso po- 
trebbe essere somigliato a quello del D. gracilis, ma ne dif- 
ferisce in tutti gli altri singoli articoli e specialmente nella 
forma del ramo interno del piede destro e per l’appendice 
flabelliforme che esiste nel D. gracilis alla base del prolun- 
gamento dell’ultimo articolo del ramo esterno del piede  si- 
nistro. Il 5° paio di zampe del D. graciloides e del D. inter- 
medius differiscono immensamente da quello del D. etruscus 
în ogni articolo ed è quindi inutile un confronto. 

Come si vede questa specie presenta dei caratteri co- 


4, 


164 CARMELA LOSITO 


muni a quelle del terzo gruppo dello Schmeil e dei caratteri | 
addirittura differenti da essi. Per i caratteri comuni questa 
forma, come abbiam detto, va ascritta al secondo sotto-grmppo 
del terzo gruppo dello Schmeil, per i caratteri differenziali 
essa è assolutamente una forma nuova. A dire il vero io 
esitavo a dichiararla tale e volevo farne una nuova varietà. | 
Ma di quali dei Diaptomus del secondo sotto-gruppo ? Molti 
indizi non insignificanti accennano al D. graciloide, altri al 
D. gracilis, descritto da Steuer, quindi anche questa specie 
è, come quest ultima una forma che occupa una posizione 
media fra tutte le altre. A 
Ed è perciò che, col validissimo consiglio dell’ illustre 
copepodista della Stazione zoologica di Napoli: Giesbrecht 
e Con quello del valoroso carcinologo: Lilljeborg che sono 
tra gli scienziati i due soli specialisti viventi di questo ramo 3 
della scienza, io considero questo Diaptomus come una specie | 
nuova. (esbrecht ritiene, e con lui molti altri sono dello 
stesso parere, che tutti i Diaptomus appartenenti al terzo 
gruppo dello Schmeil non siano che variazioni di un’ unica 
specie: variazioni dovute e all'ambiente in cui ‘esse vivono 
e al clima e alla temperatura e al nutrimento e all’adatta- 
mento che hanno dovuto subire questi animali. 
Disegni rozzi, imperfetti, osservazioni superficiali, insuf- 
ficienza di metodo hanno fatto creare una quantità di specie 
nuove, ma fino a quando non si potranno sciogliere i quesiti | 
inerenti ai limiti di variazione determinati dal clima e dalla 
posizione geografica, variazione che solo sono in grado di 
sciogliere le moderne ricerche sul plancton, che ci possono | 
portare a conoscere tutti gli stadi intermedi, ritengo sia 
preferibile dare esatte descrizioni ed imporre nomi distinti 
a quelle forme che non corrispondono pei loro caratteri ad 
alcuna di quelle già conosciute, perchè così riescirà più fasi 
cile a chi in avvenire intraprenderà la sistemazione defini- 
tiva di questo genere di raccapezzarsi in mezzo a tutto il 
materiaie raccolto. | 


NOTE DI TECNICA 
Dott. CARMELA LOSITO 


Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma 


* L'interesse grandissimo che desta lo studio sistematico 
degli Entomostraci, specialmente dei Copepodi e dei Clado- 
ceri di acqua doice, e le difficoltà non lievi, che presenta la 
tecnica, che si deve usare per poterli classificare diligente- 
— mente, mi hanno consigliato a radunare in questa breve co- 
municazione quanto ho appreso dall’esperienza, che ho do- 
vuto fare nel classificare gli Entomostraci da me raccolti 
nel lago di Bracciano. Quanto concerne i metodi di tecnica 
fin'ora indicati è ben poco e descritto in maniera affatto in- 
completa. 

Io ho trovato molto utile procedere come segue : Il plan- 
cton raccolto dal retino viene passato in una soluzione di 
formalina al tre od anche al quattro per cento, la quale al- 
lungata ad occhio con la stessa acqua contenente il plancton 
finisce per ridursi all'uno e mezzo e due per cento. 

_ In questa soluzione fissatrice i piccoli Entomostraci muo- 
iono facilmente senza contrarsi e quindi senza dar luogo a 
«gravi deformazioni sulla loro struttura e vi possono restare 
indefinitamente, senza pregiudizio perla loro conservazione. 
Al momento di fare una prima classificazione sommaria si 
passano gli animaletti dal recipiente dove sono stati posti 
subito dopo la pesca, in una vaschetta, a bordi bassi e a 
fondo piatto, che possa muoversi agevolmente sul tavolino 
del microscopio da dissezione (ottime le capsule di Petri) e 
invece di tenere gli animali nella soluzione formolica, in cui 
già erano, si passano in acqua stillata o in alcool e c.ò perchè 
i vapori di formalina potrebbero danneggiare, irritandolo, 
l’occhio dell’osservatore. 


166 CARMELA LOSITO 


Per passarli da un recipiente ad un altro è bene decan- 
rare il liquido soprastante al sedimento, che in esso formano 
gli Entomostraci e quindi versare un po’ di questi nella va- 
schetta, o pure pescarli con una pipetta. Quest'ultimo mezzo 
è buono solo quando si vogliono prendere pochi individui, 
nel resto riesce scomodo e porta via molto tempo. La pi- 
petta, ad ogni modo, deve avere la sua apertura inferiore 
assottigliata, ma un po’ più larga del maggior diametro (lon- 
gitudinale) degli Entomostraci più grandi ; in caso contrario, 
questi ottureranno l’apertura impedendo agli altri minori di 
salire nella pipetta istessa. 

Distinguendo al microscopio di dissezione i singoli indi- 
vidui, questi vengono, con un pennellino o con un ago a 
forma di lancia, o con una pipetta, raccolti uno per uno e 
passati in altre vaschette già preparate, contenenti ciascuna 
il liquido conservatore (formalina o alcool a 0 per cento) 
e si dividono in queste vaschette, grossolanamente, in ge- 
neri e specie, come consiglia l’esperienza, che deve aver già 
chi inizia questo genere di studi. i 

Il procedimento, che si deve tenere per la classificazione 
definitiva, dev’essere accuratissimo e comprende vari mezzi, 
che talvolta è bene sieno tutti impiegati l’uno RIGARIGREA 
l’altro. 

Negli Entomostraci la differenziazione tra le diverse 

specie si basa, oltre che sulla forma in generale del corpo, 
sulla conformazione del quinto paio di piedi, sul numero 
degli articoli e sulla lunghezza e sul numero delle spine, 
delle setole e di altre appendici, che si riscontrano in tutti 
gli arti. 
Ora, mentre per la forma generale del corpo basta l’os- 
servazione sotto un ingrandimento non troppo forte, per lo 
studio degli arti e di tutte le loro appendici sono invece ne- 
cessari ingrandimenti molto potenti. 

Dovendo per es. esaminare un’antenna si procede come 
segue: L’animale si pone su di un vetrino portaoggetti in 
una goccia di glicerina. Con due aghi sottilissimi si distacca 
l'antenna; questa si riaccosta al corpo dell'animale in modo 


NOTE DI TECNICA 167 
che nella distensione del liquido, prodotta dalla caduta del 
coprioggetti su di esso, lo spostamento dell’arto in esame sia 
minimo e quindi il corpo dell'animale più grande, epperò più 
visibile, serva di punto di ritrovo per l'antenna, risparmiando 
così un tempo maggiore, che si perderebbe nella ricerca di 
essa, in un largo campo microscopico. Lo spostamento sarà 
tanto minore, se la quantità di liquido (specialmente la gli- 
cerina) non supererà di molto quella che basta per riempire 
lo spazio limitato dal coprioggetti e se, ai lati di questi, si 
avrà avuto la cura di porre due piccoli sostegni di cera, o 
due pezzettini di vetro, ottenuti rompendo un coprioggetti, 0 
due fine striscioline di carta bibula che, contemporanea mente 
impediranno al coprioggetti, di danneggiare nella sua caduta 
e col suo peso il preparato istesso. Prima però di mettere 
l’animale nella goccia di glicerina sul vetrino portaoggetti 
è bene spalmare con un dito o con un pezzo di stoffa una 
goccia di glicerina stessa in modo da formare nel vetro uno 
strato sottilissimo ed uniforme di essa. Dopo vi si aggiunge 
-la glicerina nella quale vi si pone l’animale avendo cura che 
non vi sia mai un eccesso di essa. Ciò fatto si passa all'esame 
del preparato. 

Si usa a tal uopo un microscopio Korifska: dapprima 
l'esame si fa con ingrandimento medio (©) col quale si 


obb. 5 
contano più volte i seementi dell’ antenna facendo muovere 
(e) 


il preparato, sotto la lente, secondo l’asse longitudinale della 
antenna stessa e su di un foglio di carta si disegna uno 
schema di essa, che comprenda i segmenti molto ingranditi 
nel loro numero esatto e coi loro limiti bene marcati. Dopo 
“aver contati parecchie volte gli articoli si applica un ingran- 
dimento maggiore (i 5) col quale si ha un campo microsco- 
pico in cui non si contengono mai più di 1-3 segmenti del- 
l’arto stesso. 

Anche qui, facendo scorrere opportunamente il preparato, 
sì ricontano gli articoli e, poichè l’ ingrandimento è maggiore, 
bisogna aver cura di tenere convenientemente chiuso il dia- . 
framma del condensatore di Abbé, per poter osservare an- 
cora meglio i limiti dei singoli articoli. 


168 CARMELA LOSITO 


Controllato così di nuovo il numero di essi, si passa a 
contare le appendici che li coprono, e di mano in mano che 
esse vengono ritrovate si aggiungono, una per una, ad ogni 
articolo disegnato nello schema, avendo cura di conservare, 
nel disegno, tutte le differenze in lunghezza e spessore che 
possono esistere fra le varie appendici, differenze che sono 
di somma importanza per una diagnosi esatta. Si ripete 
questa operazione su tutti gli articoli dell'antenna per pa- 
recchie volte e quindi, servendosi del preparato e dello 
schema, si può passare a fare un disegno definitivo dell’ in- 
tera antenna, quale illustrazione alla descrizione contenuta 
nel testo. Così si può anche operare per lo studio di tutti 
gli arti. 

La maggiore difficoltà, che s'incontra nella osservazione 
di questi piccoli crostacei, è data, sopratutto, dalla traspa- 
renza del loro corpo: quando poi la glicerina, che comune- 
mente si usa per includerli, è ben penetrata, la trasparenza 
sì fa ancora maggiore e l’usservazione ancora più difficile. 
Una colorazione della chitina potrebbe diminuire di molto 
tali difficoltà. 

Dei metodi che si usano, a tale scopo, ve ne sono pa- 
recchi. | 

Per la colorazione in massa, con i comuni colori usati 
in istologia, servono abbastanza bene il picrocarminio, il car- 
minio litico, il carmallume: per lo più, però, la chitina resta 
incolore, mentre si colorano molto bene gli organi interni e 
i muscoli dell’animale. 

Per colorare la chitina si adopera l’acido cromico, l'acido 
pirogallico (Mayer) (1); l'acido osmico + pirogallolo, il clo- 
ruro di zinco + ioduro di potassio (2), però in tutti questi 
casi l’animale perde ogni trasparenza e degli arti e delle 
loro appendici si vedono solamente quelli diretti in fuori, 


(1) P. Mayer. — Nachtragen zu den Caprelliden. — (Fauna und Flora. 
des Golfes von Neapel. XVII, 1890, 157, pp. 4°). È 
(2) ZanpeR E. — Vergleichende und RKritische Untersuchungen zum Ver- 


stàndniss der Jodereaction des Chitins. — (/nang. Dissertat. Gerlngen und Archiv. P 
f. die ges. Phys. LXVI, 1897, p. 545). | 


NOTE DI TECNICA 169 


mentre tutti gli altri, e i loro punti d'impianto, sì scorgono 
male o sono invisibili del tutto. 

Fu l’iodio, in soluzione alcoolica satura, che mi diede ri- 
sultati molto buoni, 

Alla glicerina, che deve contenere l’animale da esami- 
narsi, si aggiunge, sul portaoggetti, tanta tintura di iodio 
quanto basta perchè la glicerina si colori in giallo-cupo. Con 
un ago di vetro si mescolano bene i due liquidi e quindi vi 
s'immerge il piccolo crostaceo, che sarà, con molta delica- 
tezza, spostato più volte affinchè tutte le sue parti subiscano 
l’azione dell’iodio. Questo, che ha una specie di affinità per 
la chitina, dopo qualche minuto le avrà conferito una tinta 
giallo-chiara, che permetterà di distinguere molto chiara- 
mente tutte le particolarità che si presentano sulla superficie 
degli arti e del corpo del crostaceo. 

A differenza di tutti gli altri reagenti, questa colorazione 
non porta alcun pregiudizio alla trasparenza del preparato 
ed essendo così possibile di distinguere perfettamente i punti 
d’inserzione delle appendici che coprono il corpo, queste po- 
tranno anche essere facilmente contate sulla parte che si 
prende in esame. I preparati però non sono stabili poichè, 
dopo qualche ora, sono nettamente scoloriti. 

Tutti questi maneggi possono essere fatti su animali con - 
servati in formalina o in alcool, ma anche su animali conser- 
vati definitivamente in glicerina. 

Quanto all’inclusione definitiva del preparato essa può 
essere fatta tanto in glicerina, quanto in balsamo canadense. 
Per la prima si hanno vari procedimenti. Giesbrecht consiglia 
di porre in una provetta, che abbia una capacità maggiore 
della media, una lieve quantità di glicerina, che occupi per 
un'altezza di pochi centimetri il fondo del vaso; su di essa 
si pone dell’alcool a 90° il quale si dispone sulla glicerina : 
quindi, senza agitare la provetta, si fanno cadere nel liquido 
ì piccoli crostacei (che già prima si trovavano in alcool) i 
quali, affondando in esso, vengono gradatamente a contatto 
della glicerina, della quale si vanno man mano impregnando. 
Dopo qualche tempo sì passano gli animali in glicerina pura, 


170 CARMELA LOSITO 


dove sono pronti per l'esame o per la montatura definitiva. i 
Questo metodo ha il vantaggio di conservare perfettamente — 
gli animali, senza produrre in essi alcuna deformazione. 


Nella glicerina si possono conservare indefinitamente. 


Volendoli include e nel vetro, si raccoglie con una lancetta |— 
l'animale e lo si passa sul porta oggetti in una goccia di | 
glicerina pura, ai lati di esso si pongono due piccoli sostegni, — 
dei quali ho già parlato, e si fa cadere su di essi il copri- — 


oggetto : l’eccesso di glicerina che si forma ai lati di questo 
sì porta via mediante una pezzuola inumidita con alcool a 90°, 


avendo cura di tenere il vetrino perfettamente orizzontale. 
Asciugati bene i lati del preparato, mediante una spatola di 


metallo ripiegata e riscaldata, si pone sui bordi del copri-_ 


oggetto un po’ di paraffina, che impedirà alla glicerina di 3 


fuoruscire. Sulla cornice di paraffina si passerà quindi una — 


vernice a essiccazione rapida (io ottenni ottimi risultati ado- 

perando il psicroganoma) e il preparato, che fatto diligente- — 

mente, riesce elegantissimo, è definitivamente pronto, 
L’inclusione in balsamo è ottima pei preparati definitivi, 


specialmente se debbono racchiudere gli animali colorati, per 


la dimostrazione degli organi interni. Io l'ho trovata utilis- — 
sima anche per materiale incolore. r È 

Gli Entomostraci, racchiusi in balsamo, costituiscono dei . 
preparati molto nitidi e più stabili dei preparati in glicerina: 


e se la loro manipolazione in quest’ultima è, relativamente, | 


più breve, per contro l’inclusione-in balsamo non espone l’ope- — 
ratore a tutti quegli eventuali accidenti a cui espone invece — 
la glicerina così scorrevole e fluida. | 

Si procede come segue: dal liquido conservatore parecchi 
individui vengono trasportati in alcool a 70° e da questo in 
alcool a 90°, dove restano poche ore; quindi sì mantengono 
per almeno 12 ore in alcool assoluto. Da questo, come per 
l’imparaffinatura, vengono passati in una miscela a parti 
uguali di alcool assoluto + xilolo, dove restano altre 12 ore, | 
cambiando almeno due volte la miscela, e da questa in xilolo 
puro, per altre 12 ore. K- 

Dallo xilolo si Deira finalmente in un tubetto con- — 


ce 


NOTE DI TECNICA A71 


tenente balsamo canadense piuttosto denso, dove possono re- 
stare indefinitamente. 

Molte volte, al passaggio nello xilolo, gli animali, spe- 
cialmente la Leptodora hyalina Lill., si rattrappiscono; per 
riparare a questo inconveniente è bene rompere una zam- 
pettina, così il liquido può penetrare pure nell’ interno del 
corpo eliminando così l inconveniente suddetto. 

Venuto il momento di fare dei preparati si tolgono dal 
tubetto uno o più Entomostraci e si dispongono in serie o in 
quadrato (secondo il numero) in una goccia di balsamo sul 
vetrino portaoggetti, che viene messo a riparo dalla polvere 
o, meglio, in una stufa a 37°: dopo poche ore il balsamo si 
. fa molto consistente: allora si fa cadere su di esso un’altra 
| goccia di balsamo fresco, molto diluito, e su di esso si pone 
il coprioggetto. Dopo poche ore tutto il balsamo si sarà 
uniformemente sparso sotto il vetrino, senza che gli animali, 
o parti di essi, abbiano subito il minimo spostamento. 


ALCUNI APPUNTI SULLA RESISTENZA AL DIGIUNO 


PER 


GIOVANNI SANTORO-SILIPIGNI 


Comunicazione alla Soc. Zool. Ital. con sede in Roma 


Nella biologia sì conoscono molti fatti di animali che 
possono sopportare un più o meno lungo digiuno. Si sa, ad 
esempio, che delle cavallette anche decapitate hanno potuto 
vivere fino a 15 giorni (Flammarion), che un'aquila, caduta _ 
nei lacci, rimase 5 settimane digiuna e senza soffrirne (Buf- 
fon), e che un’altra ammansata da un autore inglese, narra 
il Figuier, sopportò agevolmente un digiuno di 21giorni. Questa 
resistenza al digiuno, anzi, sì sa essere generalmente comune 
ai piccoli degli uccelli di rapina e agli stessi adulti; ma si 
riscontra assai più grande in alcuni batraci. 

Così ; si sono trovati vivi dei tritoni rinchiusi saldamente 
in pezzi di ghiaccio e probabilmente da tempo assai lungo, 
come anche delle salamandre durante l’estate in pezzi di 
ghiaccio tolti dalle ghiacciaie (Lacépède). Un proteo al Mu- 
seo di Milano visse digiuno per ben 9 anni. 

Io stesso, nei miei esercizii da laboratorio, ho potuto OC- 
ioaalcatà fare di simili osservazioni, che qui, convinto 
com'io sono della loro grande importanza pi dro e filo- © 
sofica, mi piace .brevemente menzionare. 

Hol mi dò, però, la pena di rifrugare la relativa  bi- 
bliografia, per vedere se le mie osservazioni sono state fatte. 
Non voglio fare mostra inutile di erudizione. Son convinto che 
anche fatte, non sarebbe affatto inutile il menzionarle: potendo 
le mie in tal caso, oltre a confermare le precedenti identi- 
che, avviarci alla conoscenza dell’ « indice di variazione — 
della resistenza al digiuno » negli individui d’una stessa. 


specie o di sesso diverso e, quindi, allo scoprimento delle 


n 


ALCUNI APPUNTI SULLA RESISTENZA AL DIGIUNO 173 


cause estrinseche ed intrinseche che governano o determi- 
nano tale resistenza. 

Gli individui d’una stessa specie, infatti, — io ho potuto 
osservare — non resistono per un tempo uguale al digiuno 
e in parità di condizioni. 


K 
% * 


Comincerò a notare che ai 31 di marzo 1898 ebbi quat- 
tro individui adulti di Bufo viridis (3 femmine e 1 maschio) 
e li chiusi in una cassetta, chiusa superiormente da una 
stretta rete di ferro e in cui era contenuto un bacile con 
acqua limpida. 

Il 3° morì d’inedia ai 25 d’agosto e ad ore 9; nello 
stesso giorno e mese, ma ad ore 15, una delle 9; mentre 
un’altra 9 ai 29 di luglio e una terza %® ai 20 d’agosto : ma 
tutti nell’anno in cui furono raccolti. 

L’acqua del bacile veniva ricambiata ogni volta che ne 
diveniva sporca, in modo che durante il loro digiuno ho po- 
tuto osservare quanto segue: — Dopo trascorsi un po’ di 
giorni, che mi dispiace non aver segnati, l’acqua per le 
loro liquide evacuazioni (in cui doveva predominare certo 
la bile) divenne espressamente verdognola, prima; poi, e nei 
giorni successivi, (si badi che quì parlo di acqua sempre 
rinnovata e limpida) gradatamente giallognola. Negli ultimi 
giorni l’acqua rimase quasi bianca ed essi non evacuarono 
che vermi intestinali. 

Nell’agonia loro e nella loro dissezione dopo la morte 
per autofagia, ho potuto notare: 
1° Atrofia quasi completa dei muscoli animali, e de- 
perimento dei vegetativi e della massa dei nervi e dei vasi. 
Punta del cuore ingiallita; massa del sangue minima, di co- 
lore leggermente citrigno, poco coagulabile. 

2° Nell’agonia: apertura totale degli occhi, lucidità 
di essi, paralizzazione dei loro movimenti; la testa portata 
in alto formante angolo ottuso col dorso ; rigidità di tutto il 
corpo ; — morte: rilasciamento totale delle parti. 


174 GIOVANNI SANTORO-SILIPIGNI 


Nel 1900 alle ore 8 1/, dei 29 d'aprile raccolsi sul pa- 


vimento della mia stanza da studio una Tegenaria domestica 


di sesso { e alle ore 22 dei 25 di giugno sul muro della 
stessa un individuo % di detta specie. Esse erano due. indi- 
vidui adulti. e furono messe in una grossa boccia di vetro 
per avere una maggiore quantità d’aria respirabile. 

Il primo individuo (g°) morì in seguito ad autofagia ai 
22 di maggio e ad ore 8 !/,, il secondo () alle ore 16,30 
dei 27 di settembre. Dimodochè abbiamo che il maschio sop- 
portò il digiuno per ore 541,45, mentre la femmina per ore 
2965,30 ; cioè, la femmina con una differenza sul maschio di 
ore 2424 circa. 

La causa di questo grande divario nella resistenza al 
digiuno dei due sessi di Tegenaria domestica, nei due indi- 
vidui da me osservati, può essere multipla ; ma ci mancano 
i fatti per determinarla. Può dipendere dalla differenza di 
temperatura ambiente (aprile-maggio: g; giugno-settembre: 9); 
ma più probabilmente, e nel caso mio, perchè il maschio era 
svernato da poco e, quindi, ancora non rifattosi dal digiuno 
e letargo invernali. La 7. domestica non sverna pro- 
babilmente da noi che dagli ultimi di marzo ai primi 
d’aprile, 

Nel primo individuo (37) non potetti osservare nessun vi- 
sibile deperimento del corpo, mentre fu visibilissimo nel se- 
condo (?). Ciò sembra dare maggior forza alla seconda pro- 
babilità accennata per il detto divario tra i due sessi. — Il 
colore in tutti e due, però, parve rimanere inalterato, almeno 
visibilmente. 

Poi, nel primo individuo potetti osservare, che, distrut- 
tagli la folta tela nel 15° giorno di digiuno, non distese che 
pochissimi fili: ciò che prova la scemata attività secretrice 
della relativa glandola sebacea per mancata nutrizione del- 
l'organismo. Nel secondo osservai ai 27 di settembre: a 
ere 6,55 che l’animale aveva spogliata la porzione di cuti- 
cula dorsale del torace e faceva, appoggiato su un fianco, 
sforzi energici per liberarne le zampe; a ore 7,27 che lo © 
spogliamento della enticula, fuorchè la porzione dell'addome, — 4 


ALCUNI APPUNTI SULLA RESISTENZA AL DIGIUNO 175 


fu compito, e a ore 16,30 moriva, forse più per causa  del- 
l'esaurimento d'energia susseguito a tale muta che non per 
. digiuno. L'animale durante lo spogliamento faceva 13 mo- 
vimenti di spinta al minuto primo, 

. Quattro individui di /orcellione, di cui non mi fu pos- 


. sibile determinare il sesso, catturati sul pavimento e in luo- 


ghi asciutti della mia abitazione e chiusi da me in identica 
boccia, vissero in digiuno uno giorni 5, uno 2, uno 3 e uno 9, 
e forse per diversità della temperatura ambiente, Infatti, un 
individuo, catturato alle ore 8 dei 18 di novembre 1900, morì 
la notte dei 22; un altro, catturato ad ore 7,10 dei 27 del 
mese ed anno medesimo, morì a ore 7,32 dei 29; — mentre un 
altro, catturato a ore 8 !/, dei 26 di gennaio 1901, mori ad 
ore 16 dei 29; e un altro, catturato a ore 10 dei 30 di marzo 
anche del 1901, moriva ia notte degli 8 d’aprile. Quest’ul- 
timo, anzi, la sera dei 7 d’aprile, ore 20,30, l’osservai molto 
vitale e non dovette morire che molto tardi. Credo piutto- 
sto al mattino, che non la notte dell’otto. 

Infine, una Sfingide (Macroglossa stellatarum), catturata 
sul pavimento della mia abitazione ad ore 10 dei 31 di gen- 
naio 1901, visse a digiuno e entro un bicchiere fina ai 31 di 
marzo. Un Gorgoglione alato e di color verde, di cui mi di- 
menticai determinarne la specie e di segnarne il luogo di 
cattura e il sesso, dalle ore 11,5 del 1° di novembre 1900 
visse fino la mattina dei 3 del mese medesimo (ore 5). 


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IL CASO E GLI ORGANI ATAVICI ANOMOTOPI 


PER 
GIOVANNI SANTORO-SILIPIGNI 


Comunicazione alla Soc. Zool. Ital. con sede in Roma 


La polymastia nell'’Uomo è ritenuta dalla maggioranza 
dei biologi moderni come atavica. Ciò è vero; ma bisogna 
saper distinguere quanto in essa è di appartenenza esclusiva 
alla legge dell’atavismo, quanto è dovuto alle « cause attuali », 
o meglio, alla legge del caso. 

La sua topografia, in effetto, non è sempre quella che sì 
riscontra negli animali che la filogenia addita quali suoi an- 

tenati; ma spesso è diversa, sebbene, come fin’oggi s'è osser- | 
vato, corrispondente a quella di gruppi animali filogenica- i 
mente divergenti dalla serie dei suoi antenati lineari. 
| Il soggetto ipotetico a sette paia di mammelle di Wil- 
liams, che più sotto esamineremo, non è.il solo riprodotto | 
dall’umana polymastia. L'esame di tutte le memorie su tale 
soggetto, datoci dall’anatomo di Francia il Dott. Testut, ciò — 
ci rivela completamente. 

«La littérature anatomique —egli elegantemente scrive(1) {| 
— renferme aujourd’hui un nombre considérable de faits qui 
se rapportent à l’une ou l’autre des six paires sus-indiquées. 
Des mamelles axillaires ou préaxillaires ont été observées 
par Leichtenstern, Quinquaud, Hausemann, D’Outrepont, Per- — 
reymond. Les mamelles surnuméraires répondant par leur | 
situation à la cinquième paire de Williams sont de beaucoup 
les plus fréquentes: jen ai publié moi-méme un fait dans le | 
Bull. de la Soc. d’ Anthropologie de Paris de 1883. Hamy et 
de Sinéty ont observé chacun un cas de mamelles surnumé- È 


(1) L. Testut, Traité d’ Anatomie Humaine. Vol. 3. Paris 1893-94. — Vo- È 
lume 3°, pag. 1138-39. Ù 


A pg A: 
"da pi: LI « . " af - 


IL CASO E GLI ORGANI ATAVICI ANOMOTOPI 177 


raires se rapportant à la sixièéme paire de Williams. Quant 
« aux mamelles franchement abdominales, elles sont relative- 
—. ment très rares. Tarnier en a signalé un cas des plus remar- 
quables: il s'agit d’une femme qui portait à la partie supé- 
rieure de l’abdomen, à peu près sur le trajet d’une verticale 
passant par les seins normaux, deux mamelles parfaitement 
développées. Bruce et De Mortillet ont observé des faits ana-- 
logues chez l'homme. 

« Les limites assignées par le schéma de Williams aux 

mamelles surnuméraires sont de beaucoup trop étroites. On 
peut, en effet, rencontrer ces formations anormales, d’une 
part au-dessus du premier groupe, nous signalerons les 
deux observations de Klob et de Puech, relatives à des ma- 
melles surnuméraires situées sur l’épaule. Nous signalerons 
aussi, quoique un peu anciens peut-étre, les deux cas de ma- 
melles dorsales observés par Paulinus et par Salewsky. Au 
deuxiéme groupe (mamelles situées au-dessous de la septième. 
paire hypothétique de Williams) appartient le fait de Robert, 
relatif à une femme qui présentait une mamelle sur la face 
externe de la cuisse, un peu au-dessous du grand trochanter. 
J'ai observé moi méme, en 1885, chez une femme d’une qua- 
rantaine d’années, une petite mamelle surnuméraire, située 
sur la face antéro-interne de la cuisse droite, à 65 millimè- 
tres au-dessous du pli de l’aine sur le trajet d’une verticale 
passant par l’épine du pubis. A ces deux faits de mamelles 
crurales, il convient d’ajouter le fait, jusqu’ici unique, signalé 
par Hartung, d’une masse glandulaire de la grosseur d’un 
ceuf d’oie située dans l’épaisseur de la grande lèvre gauche: 
elle possédait un mamelon rudimentaire et, d’ailleurs, l’exa- 
men microscopique révéla dans la glande précitée la méme 
| structure que dans la mamelle normale. 
î « Toutes les variétés des mamelles surnuméraires que 
nous venons de signaler sont relatives à des formations si- 
tuées à gauche ou à droite de la ligne médiane. Des ma- 
melles surnuméraires déveioppées exactement sur la ligne 
médiane ont été observées, chez la femme, par Gorré et par 
Percy. Bartels en a signalé un cas chez l'homme ». 


Bollettino della Societa Zoologica Italiana 12 


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178 GIOVANNI SANTORO-SILIPIGNI 
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Dalla sopradata descrizione del Testut, noi osserviamo 
delle mammelle simmetriche alla linea mediana della parete 
toracico-ventrale del corpo e delle mammelle erratiche, come 
. ben le dice il Morselli (1), o sparse in altri varii punti del- | 
l'organismo. 

Il primo fatto è la riproduzione fedele, sebbene mai to 
tale su uno stesso soggetto, dell’ipotetico soggetto di Williams. 
Il più completo sarebbe quello segnalato dal Neugebauer. 
Egli su uno stesso individuo umano riscontrò quattro paia di 
mammelle soprannumerarie, -più il paio normale; delle quali 
paia, tre erano poste al disopra del paio normale, corrispon- 
dendo al 1°, 2° e 3° paio di Williams; uno al disotto, ripro-. 
ducendo così il 5° paio dello stesso autore. 

Questo preistorico animale ipotetico di Williams doveva 
avere, come sopra accennai, sette paia di mammelle distri- |. 
buite nel seguente modo: un paio nel cavo dell’ascella, un 
secondo sul bordo anteriore della stessa, un terzo immedia- 
tamente al disopra del paio normale, un quarto sul grande 
pettorale e che sono le nostre due mammelle, un quinto al 
disotto e un poco in fuori delle nostre due mammelle normali, 
un sesto sul torace e tra il precedente e l'ombelico, e un. 
settimo sulla parete addominale. Ma questo tipo ipotetico, casi , 
come lo suppone il Williams, ho delle ragioni che mi co-. 
stringono a non accettarlo. 

In effetto, i gradi istoricogenetici dell’antropogenesi nella 
serie degli animali a mammelle, secondo i più autorevoli filo- 
genisti (Hickel, Cope, ecc.), sono in linea ascendente diretta: 
Marsupialia, Prosimiae, Simiae, Anthropi. Mentre nei mam- 
miferi che anche qui c’ interessano, quali i Rodentia i Cetacea 
e gli /nsectivora non appartengono all’antropogenesi; ma 
sono dei phylum separati e divergenti dei Marsupialia. 


(1) E. MorseLui, Antrop. Gen. — Lez. sull'Uo. secon. la Teor. dell'Evel. 
— Torino, 1887-1900, Lez. 16%, pag. 649. 


IL CASO E GLI ORGANI ATAVICI ANOMOTOPI 179 


Nel 53° e 4° dell’antropogenesi gli esseri non posseggono 
esclusivamente che un solo paio di mammelle pettorali, in 
quelli che costituiscono il 1° grado, sebbene si riscontrano 
parecchie mammelle, sono collocate in linea circolare sull’ad- 
dome (Gegenbaur): non rimane, adunque, a rintracciare il 
tipo di Williams che nel 2° grado. | 

Ora, delle /rosimiae nessuna specie ce lo rappresenta. 
Le opere, quali il LeArbuch der zoologie von J. Kennel (1893), 
quello di B. Hatschek (1891), quello di R. Hertwig (1891), la 
Systematische Phylogenie von E. Haeckel (1894-96, volum. 3°), 
l’Anat. Comp. di C. Gegenbaur (1881), le Lecons sur la phys 
et l’anat. comp. de Milne-Edwards (1870, vol. 9°) il Tratado 
elementar de zoologie de l’Odòn de Bueu (1895), il 7raité 
d’anat. comp. prat. de Ch. Vogt e E. Yung (1894), quello di 
IL. Roule, la Zoologie von L. Schmarda (1871), / Mammiferi 
di C. Vogt e Specht (1884), la Vita degli animali di E. Brehm 
(vol. 1°), il Traité de zoologie par Claus (1884), l’Anat. comp. dei 
vert. di Wiedersheim (1889); consultate a tale scopo in parte 
da me e in parte dall’assistente del prof. Carruccio dell’ Uni- 
versità di Roma, il dott. G. Romero; — me l'hanno provato. 

Quasi tutti questi autori, nel caratterizzare quest'ordine, 
ammettono in qualche genere delle mammelle, oltre il paio 
pettorale, ventrali o inguinali che, come anche il Morselli 
(Antr. Gen. 1887-1900), dicono dimorare rudimentali. Ma nes- 
suno di loro accenna il numero limite di queste mammelle 
e qual è il genere che il possiede. Il più esplicito in questo 
è il trattato del Vogt e Specht: esso, infatti, a pag. 63 re- 
gistra che il genere Microcoebus.« ha pure oltre le mam- 
melle ventrali, un paio di mammelle inguinali, ciò che fa so- 
spettare che partoriscono parecchi piccoli alla volta ». 

Questo genere, però, non deve mancare del paio petto- 
rale, poichè esso in tutte le Prosimiae da tutti gli autori è 
assicurato esistere. Ciò, poi, che autorevolmente conferma lo 
‘ Haeckel scrivendo a pag. 603, vol. 39, della sua Syst. Phyl., 
che in esse « ausser den beiden pectoralen Zitzen sind hàufig 
noch abdominale vorhangen ». Come ancora lo conferma lo 
. stesso Vogt scrivendo con E. Yung parecchi anni dopo il 


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180 GIOVANNI SANTORO-SILIPIGNI 


T. d’anat. comp. prat., ove dice a pag. 971 che « chez les 
Prosimiens et les Choiroptères, il existe outre les mamelles 
pectorales développées, des mamelles abdominales ou ingui Si 
nales qui demeurent rudimentaires ». | 34 

Quindi, se i fatti non m'ingannano e la mia ragione non. 
falla, le mammelle nelle Prosimiae, di cui il genere Micro- 
coebus è il caso speciale, non vanno oltre i tre paia con di- 
stribuzione simmetrica alla linea mediana della parete tora- 
cico-ventrale. | 

1 fipo ipotetico di Williams, adunque, come già ho sa 
cennato, non può essere accettato ; poichè esso non si riscontra . 
che tra gli /nsectivora, come anche scrive il Testut (op. c.). | 
Tra questi, in alcuni dei quali si ha 5 paia (ilne-Edwards) 
fino a 22 mammelle (Tarec), e l'Uomo, non può esservi ata-. : 
vismo : essendo i primi, come già s'è deu un phylum diver- 
gente dei Marsupialia e non trasformatosi in uno dei gradi. 
istoricogenetici successivi dell’antropogenesi (1). 

Ma se esso non può accettarsi, non si può, però, rifiu- 
tare totalmente. Il caso di Neugebauer ci obbliga a ritenere | 
come esistito tra le cenozoiche Prosimiae almeno un genere. 
a cinque paia di mammelle. a 

Quale la posizione loro lungo la linea mediana della pa-. 
rete toracico-ventrale, non: può sapersi. Determinarla in base. 
alla posizione che spesso pigliano nella umana polymastia 
simmetrica; è voler cadere nell'errore medesimo di William$ i). 
mentre in ciò bisogna tener conto della « migrazione casuale 
alla superficie del corpo di questi organi », e ricordarsi che 
a ciò, come vedremo, si ‘deve spesso la posizione nella sim- 
metrica ed esclusivamente nella erratica. i “ 

La statistica relativa non ci offre miglior servizio a tale 
proposito, dimostrandoci che nell’Uomo « è eccezionale che. 
le mammelle insorgano in giù sull'addome e nell’inguine ». 


(1) Con questo criterio, certo, io non posso, ad es., ritenere atavico l’ésti i 
ciformismo della pelle, riscontrato nella famiglia Lambert: ma ciò, come altri. 
fatti simili, devo spiegarmi come una semplice coincidenza causale, potuta av- 
verarsi perchè i peli, gli aculei dell’Istrice o del Riccio, la scaglia del rettile, e "Ce 
sono ontogenicamente e istologicamente omologhi. - 


= 
sal 


de 


IL CASO E GLI ORGANI ATAVICI ANOMOTOPI 181 
. (Morselli, Antr, Gen.; lez. 16*, p. 649). Ciò ci porterebbe, come 
si vede, a negare la posizione addominale o inguinale di esse 
| nel cenozoico genere da me ammesso e contradicendo il fatto 
. concreto del Microcoebus e di qualche altro suo affine. 

Il più esattamente che si può dire sull’ ipotetica Antenato- 
 Prosimia cenozoica a cinque paia di mammelle, è che queste 
« mammelle dovevano essere probabilmente distribuite lungo 
la linea mediana, dall’ascella all’ inguine. Ma la loro dispo- 
sizione reale viene spesso alterata nel loro atavismo, causa 
il fenomeno della « migrazione » che deve essere molto ge- 
nerale: — avendo su 111 mammelle soprannumerarie della 
parete toracico-ventrale; 97 toracico-simmetriche mentre 1 in- 
. guinale (A. de Jussieu) e 3 addominali: sproporzione tale tra 
le 4 ultime, ataviche esclusivamente anche per posizione, e le 
prime 97, da farci supporre non sempre atavica la posizione 
di queste 97; 5 ascellari, di posizione atavica, riscontrandosi . 
nell Hapalemur griseus, sp. della sott.-fam. delle Lemurinae; 
2 sulla spalla, di posizione non-atavica, non riscontrandosi 
in nessuno dei gradi dell’antropogenesi; e 3 sulla linea me- 
diana, di posizione atavica, riproducendo la m. mediana di 
alcuni marsupiali (es., Didelphys virginiana). 

Questo fenomeno della « migrazione della mammella so- 
| prannumeraria dell'Uomo », e ch'io in generale direi atavismo 
anomotopico, si conferma ancora per le mammelle dette er- 
 ratiche. Come si spiega, infatti, la mammella-vulvare di Har- 
tung, che è solo normale nei Cetacea? quelle dorsali, che 
sono solo normali nei Rodentia, di cui notamente nel Capro- 
_mys Fournieri, nel Myopotamus coypus e nel Lagostomus tri- 
 chodatylus? 

Tra i Cetacea, come trai Rodentia e l'Uomo, non esiste, 
per la ragione detta sopra a proposito degli Insectivora, ata- 
«"vismo alcuno : onde la corrispondenza omotopa di questi or- 
gani tra l'Uomo ed essi, è accidentale, o meglio, fittizia. Queste 
mammelle, certamente ataviche come organi, si presentano 
anomotope rispetto all’ ipotetica Antenato-Prosimia cenozoica a 5 
paia di mummelle, per un semplice fenomeno di « migrazione ». 
4 Il fatto di mammelle crurali nell’Uomo, però, sarei ten- 


182 GIOVANNI SANTORO-SILIPIGNI 


tato considerarlo come doppiamente atavico; cioè, come or- 
gano e come posizione: corrispondendo alla mammella femo- |. 
rale d’un monotremo, l’Ornithorinchos paradossus. Ma siccome 
questa mammella, come d’altro monotremo, più che mammella, 
deve dirsi di essa un accenno primitivo assai, essendo priva 
di capezzolo e costituita d'un gruppo di tubi sboccanti sepa- 
ratamente alla superficie tegumentale : mentre le rinvenute 
mammelle crurali hanno la struttura delle vere mammelle e. 
sono spesso tanto rilevanti quale quella di Anna Bolena, la 
sposa di Arrigo VIII d’Inghilterra: — si è costretti ritenere 
ogni rinvenimento di mammella crurale nell’ Uomo, ancora 
come un fenomeno di atavismo anomotvopico. Cioè; essa è la 
mammella inguinale del nostro prosimiesco antenato palesa- 
tasi per atavismo, ma emigrata casualmente sulla coscia. 

E per la polythelia è ancora lo stesso. Nessuno dei quattro 
phylum, costituenti i quattro gradi accennati dell’antropoge- | 
nesi, infatti, ha più d’un capezzolo per mammella. Quel fatto 
nell’Uomo, adunque, è un più (p. soprareolare) o meno intimo 
addossamento (p. exoareolare) di due o più mammelle, così 
come il suo aspetto esteriore e la sua interna struttura 
(Testut) ce lo dimostrano chiaramente. Cioè, è una o due 
mammelle ataviche che hanno casualmente emigrato o nella 
areola o tra questa e la circonferenza d’una o di tutte e due 
le mammelle normali. 

Ma quali sono le leggi che governano questo atavismo 
anomotopico, o meglio, l'apparizione di questi PIGRDA atavici 
anomotopi? Esse sono tre : 

1° La con-eredità filogenetica e genitoriale della cy- 
tula; per cui la formazione dell'individuo, la filo-palingenesi 
nell’ontogenesi e l’atavismo sono possibili. 

2° L’onaologia isto-prassiologica (1) di tutti i punti di 
un dato gruppo di tessuti originariamente identici in modo 
assoluto ; siccome i numerosi innesti istologici ce la dimo- 
strano. Onde; come la cresta del gallo e la coda del sorcio, 
innestati su un punto qualunque del dorso dei rispettivi ani- 


—__ 


(1) Ciò che altri direbbero: isto-fisiolo zica. 


IL CASO E GLI ORGANI ATAVICI ANOMOTOPI 183 


mali, continuano a vivere (P. Mantegazza) : così è facile anche 
la « migrazione d’un’atavica mammella su una qualunque 
parte dell’area somatica », specie, quando si pensa che questa 
« migrazione » si effettua probabilmente fin dalla segmenta- 
zione della cytula, o almeno, in uno stato ancor giovanile dei 
rispettivi tessuti. 

53° La «legge del caso », la quale determina questa « mi- 
grazione ». Ma si badi che quì il Caso non l’intendo secondo 
il concetto volgare ‘o di Democrito, ma secondo il concetto 
che ne ha la Filosofia Scientifica. Onde esso per me — come 
ha dimostrato valentemente il mio amico Ardigò (Op. filos., 
vol. 2°., p. B17) — è « l’effetto prodotto per necessità natu- 
rale da una causa imprevedibile, assolutamente parlando ; e 
quindi non assegnabile : e quindi non fissata nella stessa na- 
tura, quale è da noi concepibile, a motivo della infinità del 
suo principio, non solo nei momenti del tempo, che è senza 
limite, ma anche negli elementi costitutivi, eccedenti ogni 
confine di spazio ». 

A questo punto, però, e prima di conchiudere, sento bi- 
sogno di confutare brevemente la « Teoria delle Cause At- 
tuali » del Delage in ciò che riguarda l’atavismo. 


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Si sa che questa teoria nega risolutivamente la « con- 
eredità filogenetica e genitoriale » della cytula, e, quindi, del- 
l’ovocellula e dello spermatozoide, di cui due è essa il pro- 
dotto coniugativo. Tanto l’una che l’altro, prettamente non 
sono che morfologicamente e prassiologicamente cellule del- 
l'organismo. Non hanno nulla d’immagazzinato; ma solo, 
secondo la stirpe da cui provengono, una costituzione fisico- 
chimica speciale in quanto che cellule. Ciò attivano nella 
cytula la quale, per ciò, « determina quella prima divisione, 
che è come dev'essere ». (Ficalbi). Oltre questa attitudine ini- 
ziante, adunque, la cytula non ha. Le altre condizioni neces- 
sarie per svolgersi, essa non le trova che fuori di sè. 

« Il (cioè, la cytula) ne peut done évoluer que s'il soit 


“ 


184 GIOVANNI SANTORO-SILIPIGNI - 


soumis à des soins incessants et exactement apppropriés. Ces 
soins lui sont fournis par les conditions ambiantes. 

« Il est donc pris entre ces deux alternatives: rencon- 
trer les conditions nécessaires à ce moment, ou mourir. 

« C'est là toute l’explication de 1’ Hérédité. 

« Car ces conditions sont précisément celles qu’a ren- 
contré l’ceuf du parent à chaque stade correspondant. 

« Il est donc inévitable qu’il suive la méme évolution 
que l’oeuf du parent, puisqu'il a la mème constitution phy- 
sico-chimique que lui et rencontre, dans le méme ordre, une 
série de conditions identiques rigoureusement déterminées. Il 
n’est donc pas nécessaire qu'il contienne en lui tous les fac- 
teurs de son évolution. Il suffit qu’il contienne «n des nom- 
breux facteurs indispensables à la reproduction identique de 
tous les phénomènes évolutifs, les autres facteurs, non moins 
indispensables, sont situés en dehors de lui, mais il est sùr 
de les rencontrer, à point et à temps, sans quoi il meurt et 
l’évolution n’est pas déviée mais arrétée » (1). 

Il Delage, come si vede, attribuisce nei fatti ereditarî e 
nell’ontogenesi tutta la importanza all'ambiente (per i mam- 
miferi l’utero con la rispettiva placenta, per gli uccelli i ma- 
teriali nutritivi dell'uovo con gli annessi rispettivi e il calore 
dell’uccello che cova, ecc.); come anche alle reazioni pura- 
mente organiciste, che si vanno successivamente effettuando 
durante lo sviluppo dell'individuo. Onde egli nega ogni spe- 
cie di vero atavismo ; cosa che già egli esplicitamente  di- 
chiara specie a pag. 246 : come anche non può spiegarsi 
d’una maniera solida e naturale la filo-palingenesi nell’onto- 
genia d'ogni individuo superiore. 

Questa teoria non va, e molte obbiezioni e di gran peso 
ci sarebbe da fare. Mi fermerò alla capitale e relativamente 
per quanto quì c’interessa. 

Non posso, è vero, non concedere, che la cytula figlia 
trovi per svilupparsi un ambiente biologico, e anche cosmico, 
sebbene questo per un tempo assai ristretto, identico a quello 


(1) Y. Detace, La structure du protoplasma, etc — pag. 777 (Paris, 1895). 


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IL CASO E GLI ORGANI ATAVICI ANOMOTOPI 185 


che ha trovato la cytula dei genitori, e in un cifcuito spe- 
ciale per ogni singola specie. Ciò, avuta la condizione fisico- 
. Chimica specifica di quel dato uovo fecondato, ci dovrebbe, 
di certo, dare di essa le stesse fasi che di quella dei geni- 
tori. Ma queste fasi non sono essenzialmente, in ab eterno 
ontogeniche. Sono degli stadî omologhi agli stadî istoricoge- 
netici, per cui, nella lunga serie dei tempi geologici, passò 
la zoogenesi. 

Dovrei, adunque, ammettere che la cytula figlia, non 
trovi solo le condizioni medesime che quella che ha  pro- 
dotto i genitori suoi, ma ancora quelle che durante i tempi 
hanno dato la serie infinita dei suoi antenati. Ciò sarebbe. 
un assurdo. Anche il signor Delage sa bene che l’ambiente 
attuale è differentissimo dalla serie degli ambienti successi- 
vamente differenti del tempo geologico trascorso, come, che 
l’ambiente attuale non è sempre uguale a sè stesso, ma con- 
tinuamente si trasmuta, quale n’è prova l’incessante variare 
degli organismi viventi. 

Non solo. Ma il figlio spesso eredita particolarità pras- 
sio-, o morfo-, o psico-patologiche, che uno dei suoi genitori 
ha acquisite adulto e che poi si continuano a trasmettere, 
con fatale insistenza, per anni ed anni tra i discendenti di 
quella famiglia. Non c’è « con-eredità » nella cytula, dice 
il Delage. E allora, come si spiega il perchè di quest’azione 
fatale dell'ambiente nei soli discendenti di questa famiglia 
e non su quelli anche di tutte le umane famiglie, o della 
maggioranza, almeno ? 

La « con-eredità filogenica e genitoriale », adunque, esi- 
ste d'una maniera indiscutibile, tanto nell’ovocellula e nello 
spermatozoide, quanto nel Joro prodotto coniugativo, quindi; 
cioè, nella cytula. L'esperimento di Walter Heape è anche 
significantissimo a questo scopo. L'ambiente organico, offerto 
da quel coniglio ordinario alla zigocellula già in via di svi- 
luppo del coniglio d’Angora, doveva, se non ucciderla per- 
chè v’è somiglianza con quello da Natura adottato, almeno 
deviare il suo svolgimento e non darci il coniglio d’Angora, 
da cui proveniva, le condizioni dell’uno e delll’atro ambiente or- 


186 GIOVANNI SANTORO-SILIPIGNI 


ganico, sebbene simili, non erano e non potevano essere « in- 
dentiques rigoureusement », come le ammette per un bisogno 
teoretico il Delage. La cytula del coniglio d’Angora aveva 
in sè la « con-eredità » della sua specie : ecco tutto. 

.Mi sì chiederà certo, allora, qual’è la teoria -dell’eredi- 
tarietà ch'io ammetto. Risponderò, che tra le esistenti nessuna 
ne potrò per intiero accettare. A me basta aver chiarito que- 
sto punto importante, e non chiedo di più per il momento. 

Anche l’atavismo, così, non è da negarsi, ma indiscuti- 
bilmente certo. 

Le « cause attuali », adunque, nei fenomeni dell’onto- 
genesi e dell’ereditarietà non hanno che solo un'importanza. 
generalmente favorente e protettiva ; spesso, e d’una maniera 
casuale, un'importanza deviatrice, ed abbiamo i mostri; 0, 
abortiva, ed abbiamo i fatti atavici omotopi; abortivo de- 
viatrice, ed abbiamo i fatti atavici anomotopi. 

Il Delage nega, ancora, che la polymastia sia atavica. 
« Toute Femme a-t-elle latents — egli scrive (Op. c., p. 246) 
— dans son Plasma germinatif les germes des mamelles in- 
guinales d'un ancétre éloigné, et lorsqu'une mamelle in- 
guinale apparaît par hasard, est-ce parce qu’un tel germe 
s'est développé ? Rien ne le prouve. On peut méme dire . 
que tout prouve le contraire, car ces mamelles supplémen- 
taires apparaissent d’ordinaire dans une situation qui n’est nor- 
male chez aucun animal, comme dans l’aiselle ou sur le dos ». 

Ciò non è esatto, poichè queste posizioni sono normal- 
mente occupate da esse in alcune specie animali, di cui anzi 
si è detto il nome più avanti; non ha nessun valore come 
obbiezione, essendo esse state dimostrate quali organi ata- 
vici anomotopi. — 

« D’autre part, — egli continua — cette mamelle sup- 
plémentaire n’est pas une mamelle d’herbivore ou de car- 
nassier, elle n’est pas vétue de poils, ni couverte d’un cuir 
épais comme était sùrement celle de l’ancétre en question ; 
c'est une mamelle de femme, à peau fine el glabre ». Ma 
anche questa seconda parte dell’obbiezione non va. Essa 
non può essere, nè d’erbivoro, nè di carnivoro; perchè nè 


IL CASO E GLI ORGANI ATAVICI ANOMOTOPI 187 


l’uno, nè l’altro entra, come s'è visto, tra i gradi istorico- 
genetici, accennati, dell’antropogenesi. Non può essere co- 
perta di peli e di « cuir épais », come nei nostri antenati 
Proscimie o Scimmie, perchè essa vive sul corpo d’una 
donna ed è necessariamente sotto l’impero della legge 
delle similitudini correlative (correlazione delle parti orga- 
niche simili). 

Ma mi preme dimostrare come il Caso non può mai 
darci l’origine d'un organo ben definito ; certo, d'un tratto, 
subitaneamente : non lentamente, chè può. Esso determina 
delle condizioni nuove, modifica le antecedenti necessità, le 
quali fanno sì che quella parte dell'organismo varii lenta- 
mente secondo la data direzione e divenire gradatamente 
nel tempo un organo nuovo, e anche perfetto. Tutto in Na- 
tura, infatti, è il prodotto lento del Caso : così, come ha di- 
mostrato dottissimamente Roberto Ardigò, (Op. Filos.; 1890, 
vol. 2°, p. 287). 

La mammella umana soprannumeraria è un organo ben 
definito. Non solo. Me è un organo che possiede un altro ani- 
male sottostante, un nostro antenato, e come in esso spesso 
secreta del latte. — Può essere essa il prodotto istantaneo 
del Caso, in quanto che organo ? 

Le vere mostruosità, cioè, quelle che non si possono in 
nessun modo riportare all’atavismo ; ci provano chiaramente 
l'impossibilità del sorgere istantaneo d’un organo nuovo. In 
esse, nessun organo nuovo, elementare o perfetto; ma tutto 
esagerazioni insolite di parti, e che sono piuttosto malattie 
prassio-morfologiche, difetti discrepantissimi colla più me- 
diocre normalità della Natura. 

Ma ammettiamo per un momento, che il Caso può tanto - 
e che le prove da me addotte non valgono. Che esse prove 
siano delle eccezioni. Non rimangono, allora, a prova del 
modo di, vedere del Delage, che i fatti che i biologi consi- 
derano come atavici. - i 

E quale sarebbe, di grazia, questo impeccabile criterio, 
per cui si apprezzano questi ultimi quali prove della tesi 
del Delage e non le mostruosità? E perche il Caso non 


188 GIOVANNI SANTORO-SILIPIGNI 


produce istantaneamente, allora, organi ben definiti non 
esistenti in altri esseri, ma invece organi posseduti da altri 
animali e filogenicamente inferiori al soggetto possessore ac- 
cidentale ? 0, mostruosità ? 


tar 
Le mammelle soprannumerarie nell’Uomo (come ogni 

altro organo posseduto d’altri animali normalmente e che 
comparisce in altri e superiori che maî hanno avuto) sono, 
‘adunque, indubitabilmente ataviche, e non mai il prodotto 
del Caso, în quanto organi. Onde, si può con sicurezza con- 
chiudere : 

1° Che il Caso, della pol/ymastia umana come di ogni 
altro atavismo, non può determinarne che la Zoro appari- 
zione, non già la loro formazione in quanto organi ; 

2° Che la posizione di essa, come d’ogni altro organo 
atavico, può venire mutata rispetto a quella che ha o aveva 
nell’antenato, per un fenomeno di « migrazione » determi- 
nato dal Caso; | 

3° Che per questo secondo fatto, le mammelle sopran- 
numerarie, come ogni altro organo atavico, possono presen- 
tarsi ora localmente corrispondenti ora no : onde si hanno 
organi atavici omotopî e organi atavici anomotopi ; 

4° Che se organi atavici e organi normali a questi si- 
mili di altri animali, non facenti parte dei suoi phylum pro- 
genitori in via lineare ma divergente, s'incontrano qualche 
volta in luoghi corrispondenti del corpo di due tali differenti 
esseri: sono da considerarsi i primi, non come riproduzioni 
di questi, ma di quelli simili normalmente posseduti, sebbene 
in luoghi differenti, dagli esseri che nei rispettivi phylum pro- 
genitori lineari rientrano: ma emigrati; > °° 

. 5° Chele mammelle soprannumerarie erratiche, quindi, 

nell’Uomo, sono degli organi atarici anomotopi. i 


Dott. CARLO TIRABOSCHI 


METODI PER LA COLORAZIONE DIFFERENZIALE 


DELLE 


NEUROFIBRILLE DI APATHY 


Comunicazione fatta a la Società Zoologica Italiana con sede in Roma 


Nel 1897 il Dott. Stefano APÀTHy Professore di Zoologia 
e Anatomia comparata nell'Università di Kolozsvar pubbli- 
cava (1) i risultati dei suoi dieci anni di studio sul sistema 
nervoso, specialmente degli invertebrati e sopratutto degli 
Irudinei e Lombricidi (2). 

Fin dal 1898, essendomi proposto come mia tesi di lau- 
rea in Scienze Naturali uno studio accurato. sulla fine strut- 
tura della cellula nervosa negli Invertebrati (3), tentai di 
ottenere, in parte almeno, quanto l’Apaàthy aveva ottenuto 
coi suoi tre metodi specifici per la differenziazione delle neu- 
rofibrille; ma, un po’ forse anche per la mancanza di tempo, 
non riuscii ad ottenere nemmeno un accenno di tale  diffe- 
renziazione. Non avendo potuto proseguire, subito dopo il 
conseguimento della laurea, tali ricerche e tentativi, li ho 


(1) Mittheilungen aus der zoologischen Station zu Neapel Bd. XII, pa- 
gine 495-748, Tav. 23-32: « Das leitende Element des Nervensystems und 
seine vopographischen Beziehungen zu den Zellen ». « L'elemento conducente 
del sistema nervoso e suoi rapporti topografici con le cellule ». — Non è 
‘ancora stata pubblicata la seconda parte di questo importantissimo lavoro, in 
cui l’A. prometteva di esporre per esteso i risultati ottenuti nei vertebrati. 

(2) Il Prof. GoLci, gentilmente rispondendo ad una mia lettera, così mi 
scrive: « I risultati riguardanti gli Irudinei e pochi altri vermi sono sorpren- 
denti e fuori di ogni contestazione, mentre, per i preparati che ho veduto, non 
credo si possa dire altrettanto di quello che lo stesso Apàthy ha scritto delle 
cellule nervose degli animali superiori (vertebrati) ». 

(3) Bollettino della Società romana per gli Studi zoologici (ora Società 
zoologica italiana). Vol. 8°, pag. 53-65; 143-151: « Contributo allo studio della 
cel'ula nervosa in alcuni invertebrati e specialmente negli insetti ». 


190 DOTT. CARLO TIRABOSCHI 


ripresi ora con maggior lena, perchè di quanti qui in Roma, 
nei varii Laboratorî, han tentato di riprodurre i preparati 
dell’Apathy, nessuno finora, per quanto io sappia, vi è riu- 
scito (1). Neppure io, a dire il vero, sono riuscito a ripro- 
durre in tuttta la loro ffnezza le figure ottenute dall’Apathy, 
sopratutto per quel che riguarda i rapporti della sostanza 
conducente (neurofibrille) con le cellule ; sono però riuscito 
a differenziare le neurofibrille, 

Avendo dovuto fare, per mio uso e consumo, una tradu- 
zione della complicata e minuta descrizione che lo stesso . 
Apathy ha dato (2) dei suoi metodi di ricerca e sopratutto 
del suo metodo all’oro, ed avendo constatato come nessun 
autore italiano li abbia per esteso riferiti (3), mi decido a pub- 
blicare queste pagine, con le quali, invece di dare una sem- 
plice traduzione di quelle dell’Apàthy, ho cercato di esporre 
con molto maggior chiarezza ed ordine ed anche più breve- 
mente di quel che purtroppo non sia nel testo dell’Apaàthy, 
i suoi tre metodi specifici per la differenziazione delle neu- 
rofibrille, completando la descrizione con molte nòte, in parte 
desunte da altri libri dell’Apàthy stesso, in parte originali. 
Alla descrizione dei tre metodi dell’Aphaty faccio seguire 
quella del metodo al molibdeno di BETHE, recentissimamente 
pubblicato (4), metodo che ancora non ho sperimentato e 


(1) Vi è riuscito, nel Laboratorio del Prof. Golgi a Pavia; il suo Agsi- 
stente Dott. VERATTI « Dopo innumerevoli tentativi senza successo, così mi 
scrive il Prof. Golgi, egli è finalmente riuscito ad ottenere preparati tipo Apa- 
thy, con singolare facilità e sicurezza. Prima e poi vennero rigorosamente se- 
guìte le norme minutamente descritte dallo stesso Apathy. I suoi preparati 
vennero veduti anche da Retzius, il quale li ha ammirati, confessando di avere 
egli pure molto lavorato coi metodi Apàthy, ma inutilmente ». 

(2) Op. cit. pag. 711-734. 

(3) Il solo Carazzi. (Manuale di tecnica microscopica, pag. 623-625, Mi- 
lano, 1899) per quanto io sappia, ne parla un po’ diffusamente, ma incomple- 
tamente. 

(4) Dott. Albrecht BernE, Professore a Strassburg (Istituto di Fisiologia). 
« Das Molybdanverfahren zur Darstellung -der Neurofibrillen und Golginetze in 
Centralnervensystem ». « Il metodo al molibdeno per la differenziazione delle 
neurofibrille e della rete di Golgi nel sistema nervoso centrale ». Zeitschrift 


METODI PER LA COLORAZIONE DIFFERENZIALE DELLE NEUROFIBRILLE DI APATHY 191 


che, contrariamente a quanto si verifica per i metodi del- 
l’Apaàthy, ha dato finora i suoi migliori risultati nei ver- 
tebrati, risultati però ben diversi da quelli dell’ Apathy. 

Avendo così riunite in poche pagine tutte le prescrizioni 
da osservare per ottenere dei buoni preparati, forse altri sa- 
ranno invogliati a fare dei tentativi in questo senso. 

Vivissimi ringraziamenti devo rendere al Prof. MAGINI 
che mi ha gentilmente concesso di iniziare al tempo della 
mia laurea e di riprendere e proseguire ora i miei studi nel 
Laboratorio di Istologia e Fisiologia generale dell’Università 
di Roma, da lui diretto. 

Alla descrizione dei metodi di ricerca premetto una breve 
nota, desunta dall’Apaàthy stesso (1), intorno al significato che 
va dato alla parola: neurofibrilla. 

Secondo l’Apàthy la sostanza nervosa conducente consta 
di neurofibrille o fibrille primitive conducenti o fibrille ele- 
mentari conducenti, allo stesso modo che la sostanza musco- 
lare contrattile consta di miofibrille o fibrille primitive con- 
trattili. L'Apathy usa il termine : neurofibrille per indicare 
la sostanza conducente in genere ; fibrille primitive condu- 
centi, quando le considera come unità anatomiche ; fibrille 
elementari conducenti, quando le considera come parti co- 
stitutive elementari della sostanza conducente: io per brevità 
userò sempre il termine : neurofibrille. 

Le neurofibrille di Apàthy non vanno confuse con le fi- 
brille primitive di Schultze, di cui sono anzi una parte co- 
stitutiva ; queste infatti constano di due parti distinte: la 
neurofibrilla e la guaina perifibrillare; ciò nella fibrilla ner- 
vosa contenente una sola neurofibrilla ; nella fibra nervosa 


fur wissensch. Mikroscopie und f. mikr. Technik. Leipzig. Bd. XVII, 1900, 
pag. 13-35. — Consultare anche: Archiv. fir mikr. Anatomie und Entwickhlungsg. 
Bd. 51 (1897) pag. 385-390 (Das Centralnervensystem von Carcinus moenas); 
Bd. 55 (1900) pag. 514-515 (Ueber die Neurofibrillen in den Ganglienzellen 
von Wirbelthieren und ihre Beziehungen zu den Golginetzen); Bd. 57 (1901) 
pag. 571-573 (Dr. Gustavo Emgpen: « Primitivfibrillenverlaufin der Netzhaut »). 

(1) ApAtHY. Op. cit. pag. 504-509. — Rurrini e ApAtny. Rivista di Patolo 
gia nervosa e mentale, 1900, pag. 431 e ss. 


192 DOTT. CARLO TIRABOSCHI 


invece contenente più d’una neurofibrilla, gli involucri peri- 
fibrillari delle singole neurofibrille si fondono a formare la 
sostanza interfibrillare, la quale quindi non è una sostanza 
diversa dalla perifibrillare. Secondo l’Apàthy i comuni metodi 
di colorazione (1) e anche la reazione nera di Golgi non met- 
tono in evidenza le neurofibrille perchè colorano e rendono 
opaca la sostanza peri- e interfibrillare. 

Le neurofibrille sarebbero il prodotto del differenziamento 
di speciali: cellule nervose che l'A. chiama Nervenzellen 
)distinte dalle altre che chiama Ganglienzellen e che produr- 
rebbero ciò che deve essere condotto), e percorrebbero inin- 
terrotte un lunghissimo tragitto, e cioè da una cellula neuro- 
epiteliale, traverso alle cellule nervose (Nervenzellen) che 
le hanno prodotte, fino a una cellula gangliare (Ganglien- 
zelle) e da questa traverso ad una 2*, 3*, ecc. cellule gan- 
gliari interpolate, fino ad una fibra muscolare o ad una 
cellula epiteliale secretrice ; le neurofibrille dunque nè ter- 
minano o si dissolvono dentro alle cellule gangliari, nè da 
esse si origininano, ma semplicemente le attraversano rami- 
ficandosi dentro ad esse e formando dentro al loro corpo una 
grata o reticolo fibrillare (Neurofibrillengitter), unico o du- 
plice, che avvolge il nucleo senza entrare in rapporti con esso. 


1°. Colorazione del materiale a fresco 
con bleu di metilene. (Apdthy) (2). 


Questo metodo era già stato descritto dall’A. fin dal 
1892 (8). i 
Con questo metodo si ottengono preparati nel loro ge- 


(I) L’Apàthy stesso fa eccezione per il metodo alla fuxina acida (previa 
fissazione con acido osmico) di Kuprrer, col quale già da qualche tempo sono 
state messe in evidenza le neurofibrille, però nel solo nervo sciatico della rana. 

(2) ApAtHY. Op. cit. pag. 711-712. 


(3) Zeitschrift fiir  wissensch. Mikroscopie. Bd. IX, pag. 15-37 e 460. Si. 


mette a nudo la catena gangliare ventrale, p. es. di un Irudineo (Sanguisuga) 
e o la si asporta subito o si aspetta a tagliarla dopo la fissaziore ; sì tratta con 


METODI PER LA COLORAZIONE DIFFERENZIALE DELLE NEUROFIBRILLE DI APATHY 193 


nere insuperabili ; in sezione però son molto meglio quelli 
all’emateina o al cloruro d’oro. Mentre i preparati nei quali 
la differenziazione, mediante la decolorazione della sostanza 
interfibrillare, non è stata spinta fino all’isolamento ottico 
delle neurofibrille si conservano inalterati per degli anni, 
quelli invece nei quali tale isolamento è stato ottenuto, si 
scolorano tutti presto, conservandosi però almeno per una 
settimana. 


una soluzione di bleu di metilene chimicamente puro, libero di cloruro di zinco, 
medicinale, di Merk, in una soluzione acquosa di cloruro di sodio al 0,75 °/,; 
se la soluzione colorante è all’ °/,) si lascia agire per 10 minuti; se all’1 °9/,,, 
per 1 ora o 1 !/,; se all’! °°/,,» per 3 ore; queste cifre devono essere rad- 
doppiate per il Lombrico, triplicate per il Gambero e per l'Unione, quadrupli- 
cate per i nervi a nielina dei Vertebrati; se poi si vuole anche la colorazione 
delle cellule nervose, le cifre vanno pure triplicate e i nervi laterali dei gan- 
gli e i cordoni connettivi longitudinali vanno tagliati. Dopo colorazione si lava 
in una soluzione acquosa al 0,75 °/, di rloruro di sodio; quelle colorate con 
bleu di metilene 1 °/,,, per |! ora; quelle all’ °°/; per 15 minuti; le altre, 
niente. si tratta (o con una soluzione satura di picrato di ammonio, addizionata 
di 5 gocce di una soluzione concentrata di ammoniaca per ogni 100 cm*, oppure 
meglio) con una soluzione all’! 0 al 2 °j, di carbonato neutro di ammonio, 
preparata di fresco e saturata con picrato di ammonio ; sì lascia per 1 ora al- 
meno, senza agitare e meglio all’oscuro ; poi si mette in una piccola quantità 
di una soluzione satura di picrato in glicerina al 50 °|, e silascia fino a com- 
pleta penetrazione; poi si porta in una soluzione satura di picrato nel seguente 
miscuglio: glicerina al 50 °/, parti 2; soluzione satura a freddo di zucchero parti |; 
idem di gomma arabica, parti I;dopo penetrazione s7 monta nella gomma-sciroppo 
di Apathy: (acqua dist. parti 1j gomma arabica scelta 1; zucchero di canna 1; si 
scioglie a caldo e si aggiunge gr. 0,005 di formalina). L’ammoniaca agendo come 
decolorante più rapidamente sulla parte protoplasmatica delle fibre nervose e sulla 


loro sostanza perifibrillare o interfibrillare che non sulle neurofibrille, conduce a 


una differenziazione regressiva artificiale di queste neurofibrille, le quali così ap- 
paiono nettamente tinte in bleu-violetto La fissazione del colore però non è tale 
da permettere l’inclusione sia in paraffina, sia in celloidina. Si possono otte- 
nere sezioni di 20 u. e talora anche meno includendo in gelatina-glicerina 
(1 p. in peso di gelatina in 6 di acqua dist.; 7 parti di glicerina pura; per 
ogni 100 gr. di miscela si aggiunga I gr. di acido fenico cristallizzato) fra due 
pezzi di celloidina-glicerina secchi, sezionando a secco e montando in gomma- 
sciroppo. (Cfr. ApATHY. « Die Mikrotechnik », pag. 172-173). 


Boll ttino della Società Zoologica Italiana 13 


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194 DOTT. CARLO TIRABOSCHI 


2°. Colorazione di pezzi fissati con la soluzione 
di emateina 1. A. (Apdathy) (1). 


A) Vantaggi di questo metodo relativamente al metodo 
all’oro : 
a) Si può usare materiale conservato da lungo tempo. 
b) Si possono adoperare i più svariati liquidi fissatori. 
c) Le sezioni possono essere più grosse di 10 e più 

sottili di 7 y. | | 
d) Tecnica più rapida e più facile. 

B) Svantaggi : 

a) Minor contrasto di tinta fra le neurofibrille e la so- 
stanza interfibrillare. 

b) Alcuni speciali reticoli (gitter—grata) di neurofibrille, 
p. es. quelli nelle cellule epiteliali, son messi in evidenza di 
rado e imperfettamente. 

c) Successivo trattamento delle sezioni non riuscite 
molto più limitato. 

C) Vantaggi comuni ai due metodi: 

a) Differenziazione delle neurofibrille nettissima, fino 
a raggiungere l'isolamento ottico. 

b) Fine colorazione della maggior parte degli altri 
elementi. 

c) Conservazione illimitata, se si monta in balsamo; 

d) Bei preparati per le fini ricerche istologiche, anche . 
se fallisce la reazione specifica delle neurofibrille. 

D) Difetti comuni. 

Non tutte assolutamente le neurofibrille contenute in una 
sezione appaiono differenziate, e ciò sotto molti rapporti può 
essere un vantaggio; ma quelle che riescono, sono differen- 
ziate in tutta la loro estensione e non a tratti. L’effettuarsi o 
no della colorazione differenziale delle neurofibrille dipende- 
rebbe, secondo l’A., dal loro stato fisiologico al momento della 
fissazione e perciò i preparati possono non riuscire sempre 
ugualmente bene in tutti i punti. 


(1) ApAtHY. Op. cit. pag. 743). 


METODI PER LA COLORAZIONE DIFFERENZIALE DELLE NEUROFIBRILLE DI AaPATHY 195 


MATERIALE. — Vermi: Irudinei (Hirudo — Sanguisuga ecc ) 
Lumbricus = Lombrico. — Crostacei: Astacus — Gam- 
bero. — Molluschi: Anodonta= Anodonta; Unio = Unione; 
Helix — Lumaca. — Vertebrati: Amphioxus = Anfiosso; 
Petromyzon = Lampreda; Lophius = Rana pescatrice; 
Triton — Tritone; Bos = Vitello. 

I vertebrati non si prestano così bene come gli inver- 
tebrati (1). È sempre meglio adoperare individui adulti e il 
più possibilmente grossi, non solo perchè le neurofibrille sono 
più grosse, ma anche perchè sembrano più accessibili alla 
differenziazione. ' 

I pezzi non devono mai essere più grossi di !/, cm. 

Fasì del processo : fissazione, colorazione in toto, inclu- 
sione, sezioni in serie, balsamo. | 

a) FISSAZIONE E CONSERVAZIONE DEL MATERIALE FISSATO. 

I liquidi fissatori possono essere: sublimato; sublimato- 
alcool; sublimato-osmico ; sublimato-acetico ; sublimato-picri- 
co-acetico ; acido picrico; liquido di Kleinenberg (acido pi- 
cro-solforico); liquido di Zenker (liquido di Miller ecm.8 100; 
sublimato gr. 5; acido acetico gr. 5) ecc. — Questi liquidi 
non devono mai essere adoperati a caldo. 

I pezzi fissati possono essere adoperati subito, oppure es- 
sere conservati in alcool a 90°. 

b) COLORAZIONE. — Piccolo o grosso, il pezzo deve stare 
almeno 48 ore nella soluzione «oloronte (2); tre giorni non 


(1) Il materiule migliore, in genere, per la differenziazione delle neurofi- 
brille con i diversi metodi è dato, secondo l’A. (op. cit. pag. 503), dagli /ru- 
dinei e dai Lombricidi, perchè : 1° le neurofibrille sono relativamente molto 
.grosse e non troppo profondamente situate, si colorano molto facilmente e si- 
differenziano molto nettamente; 2° tutta la fine struttura del sistema nervoso 
resta ben fissata; 3° la disposizione e la costituzione del sistema nervoso si pre- 
‘sta molto bene a una facile preparazione. 

(2) La soluzione di emateina I. A. si prepara col successivo miscuglio di 
volumi uguali dei tre seguenti liquidi: a), 6), c). 

a) Tintura di emateina all’ °/, in alcool a 70°. Si fa una soluzione di 
«cristalli di ematossilina in alcool a 70° purissimo, che cioè non sia nè acido, 
nè tanto meno alcalino ; si lascia p»r sei od otto settimane a maturare (trasfor - 
mazione per lenta ossidazione dell’ematossilina in emateina) in un vaso di ve- 


196 DOTT. CARLO TIRABOSCHI 


- 


sono, per lo più, troppi; un tempo maggiore riesce in molti 
casì dannoso. Dopo colorazione st? /ava în acqua distillata, as- 
solutamente pura, rinnovata più volte, e poi si lascia il pezzo, 
procurando che non stia al fondo, în aequa distillata (distillata 
due volte) fino a 24 ore; il punto più difficile di tutto il processo 
è la durata di questa immersione in acqua distillata, durata 
che dipende non solo dalla grandezza del pezzo, ma anche 
dalla natura dei suoi tessuti, p. es. per la Sanguisuga (Hi- 
rudo) occorrono da 20 a 24 ore; per il Pseudobranchellion 
(Irudinei) ne bastano 8 ecc. Lo scopo di questo bagno è il 
seguente : il liquido colorante dà una tinta bleu-intensa, fin 
nera, non solo alle neurofibrille, ma anche alle altri parti e 
specialmente alla sostanza interfibriliare, alla neuroglia e al 
protoplasma delle diverse cellule: da tutte queste parti, meno 
che dal nucleo, la tinta si può togliere con acqua distillata 
che tenda appena a una reazione acida, e a questo basta 
l’acidificazione data dal lavaggio ; sì capisce che se l’immer- 
sione in acqua distillata durasse troppo, anche le neurofi- 
brille comincerebbero a cedere il loro colore, e perciò, finita. 
la decolorazione differenziale, si trasporta il pezzo in acqua 
leggermente alcalina (acqua di fonte, di pozzo, ecc.) e vi si 
lascia per 3 a 5 ore; se però anche questo bagno dura 
troppo a lungo, o se l’acqua è troppo alcalina, le neurofi- 
brille si scolorano. 

Poi il pezzo si porta di nuovo în acqua distillata e vi st 
lascia per 2 ore al massimo. 


tro il più possibilmente insolubile e non completamente pieno; se il vaso è 
pieno, occorre un tempo maggiore; minore, se si lascia aperto o se losi agita 
di quando in quando. Questa soluzione così preparata si conserva per degli: 
anni (specialmente se il vaso è pieno e ben chiuso) senza che avvenga !a so- 
vrossidazicne dell’emateina. 

b) Glicerina concentrata. 

c) Acido salicilico-acetico + allume. Si fa una soluzione in acqua di- 
stillata di acido salicilico (I °/,,), acido acetico glaciale (3 °/,) e allume (9 °/)). 

Il liquido colorante così preparato si può usare subito, ma è meglio te- 

nerne una provvista per un tempo quasi illimitato. Quantità già usate si pos-- 
sono fi'trare e usare di nuovo fino a che non sia giunto il Be di sovrossi- 
dazione dell’emateina. 


METODI PER LA COLORAZIONE DIFFERENZIALE DELLE NEUROFIBRILLE DI APATAY ‘497 


c) INCLUSIONE E MONTATURA.— Il materiale così colorato 
non può conservarsi in alcool senza che l'avvenuta differen- 
ziazione delle neurofibrille a poco a poco si guasti; perciò 
è meglio trasportare subito il pezzo in molto alcool assoluto 
(tenendovelo sospeso in alto), per disidratarlo rapidamente (1); 
poi, se sì vuole includere in paraffina, nel mezzo di un'alta 
colonna di cloroformio (escludendo possibilmente la luce) per 
togliere rapidamente anche l’alcool, ecc. (2). Se invece si fa 
l'inclusione in celloidina, la luce non deve agire troppo a 
lungo sul pezzo immerso nelle diverse soluzioni di celloi- 
dina ; ultimata l’inclusione, si può sezionare subito, oppure si 
può conservare il pezzo in gelatina-glicerina (v. pag. 193 nota). 

Le sezioni (3) si possono montare in tutti quei mezzi che 
conservano la colorazione e cioè: balsamo, glicerina perfet- 
tamente neutra ecc; da preferirsi il balsamo (4. 


53°. Metodo all’oro (Aphdthy) (5). 
A. Osservazioni generali. 
La colorazione che si ottiene in tessuti freschi è l’in- 
versa di quella si ha in tessuti fissati. 


Nel 1° caso (VORVERGOLDUNG= PREAURIFICAZIONE) i nu- 
clei e le miofibrille restano scolorati o quasi, mentre il pro- 


(1) E” forse per questo trasporto immediato dall’acqua in alcool assoluto 
e per la rapida disidratazione che ne deriva che l'A. ha spesso trovato nelle 
cellule gangliari di Sanguisuga (op. cit. pag. 604) invece di una regolare e fine 
zona alveolare esterna quelio che egli stesso chiama zona di raggrinzamento ; 
invece io disitratando, con alcool sempre più forte, non ho ottenuto mai nelle 
cellule nervose di Sanguisuga queste zorie di saggrinzamento; le ho sempre otte- 
nute invece in quelle di Ditisco, in gangli comunque fissati e anche in sezioni 
| trattate identicamente e contemporaneamente a sezioni di gangli di Sanguisuga. 
‘ (2) Vedi nota 2 a pag. 204. 
(3) 5,7, 10 e anche 15 u. 
(4) Credo che lA. intenda la soluzione del balsamo del Canadà in cloro- 
formio. (Cfr. ApATHY. Die Mikrotechnick, pag. 153). 
(5) ApATHY. Op cit. pag. 
Questo: metodo è stato adoperato con successo, fra gli altri, dal Dr. A. 
GurwiTscH « Die Histogenese der Schwann’schen Scheide ». Archiv. fùr Anat. 
nund Physiol. — Anatom. Abtheil. 1900. 


198 DOTT. CARLO TIRABOSCHI 


toplasma delle diverse cellule e la sostanza interfibrillare si 
colorano intensamente, cosicchè le neurofibrille, general- 
mente, non si differenziano (1), ma tutto il nervo diventa più 
o meno fortemente rosso-violetto. 

Nel 2° caso (NACHVERGOLDUNG = POSTAURIFICAZIONE) 
si ha una nettissima colorazione dei nuclei, non solo nella 
parte cromatica, ma anche nella acromatica, con inten- 
sità diversa per i cromosomi, per. le fibre fusali e per i 
centrosomi ; fortissimamente tinti sono i cromosomi e, nei 
nuclei a riposo, i nucleoli; pallido resta il protoplasma, 
benchè alcune strutture protoplasmatiche si colorino molto 
chiaramente; le miofibrille si tingono in rosso-ciliegia ; Ze new- 
rofibrille poi diventano intensamente nere e completamente 
opache, non ostante il loro minimo spessore, e si differen- 
ziano nettissimamente, perchè la sostanza perifibrillare o in- 
terfibrillare assume una colorazione debolissima e diversa. 

In tutti e due i casi si deve ottenere una vera e propria 
colorazione e non una impregnazione. La scala dei colori va 
dal rosa pallido al violetto-nero e i diversi elementi si di- 
staccano per l'intensità diversa della tinta, oppure per il pre- 
dominio o del bleu, fino al bleu-acciaio, o del rosso, fino al 
rosso-bruno; la fusione delle due tinte può condurre fino al 
bleu-bruno ; in mezzo poi a tutte queste gradazioni di tinte 
spiccano nettissimamente le neurofibrille con il loro colore 
nero che è il risultato di una fortissima concentrazione di 
bleu-violetto o di rosso-violetto. La sostanza colorante è co- 
stituita probabilmente da sottossido d’oro (Au O) (2) nel quale 
si trasforma il sale d’oro adoperato e che si unisce con i 
tessuti. La condizione più importante per questa trasforma- 
zione o riduzione è che î raggi luminosi possano attraversare 
i tessuti da tutte le parti, completamente, il meno possibil- 
mente indeboliti. 


(1) In alcuni casi si riesce a differenziare nettamente le neurofibrille, an- 
che senza previa fissazione in sublimato ; ma il processo da seguire è allora 
molto scabroso e non ancora ben determinato. . 

(2) Il sottossido o protossido d’oro o ossido auroso è Au, 0; Au 0 è la for- 
mula che gli assegnava il Berzelius. 


METODI PER LA COLORAZIONE DIFFERENZIALE DELLE NEUROFIBRILLE DI APATRY 199 
.Le fasi principali del processo sono quindi due : 
1° Introduzione del sale d’oro nei tessuti. 
2° Azione della luce. 
1° INTRODUZIONE DEL SALE D’ORO NEI TESSUTI (1). — 
Il sale d’oro da adoperare è l Aurum chloratum fuscum 
(Au CI,, oppure Au CI, +2 H, 0?) 0 molto meglio, perchè più 
sicuro ad acquistarsi e anche perchè la sua soluzione si con- 
serva più a lungo, l Aurum chloratum fiavum (Au CI, H*4 H, 0 
secondo Thomson ?) (2), #2 soluzione în acqua distillata all’1 °/,; 
questa soluzione può benissimo essere conservata alla luce 
finchè non vi è dentro nessun oggetto, e soluzioni già usate, 
. finchè hanno un colore giallo-paglia intenso, possono essere 
adoperate di nuovo e ripetutamente. 

La quantità di soluzione per ogni pezzo sia quella che 
occorre per la conveniente saturazione del tessuto col sale 
d'oro; un volume 10 volte più grande dell'oggetto è sempre 
sufficiente; che se durante la permanenza dell'oggetto nella 
soluzione, questa si scolora anzi tempo, allora va rinnovata. 

La durata d'azione non deve esser troppa perchè altri- 
menti i tessuti si sovraccaricherebbero di sale d’oro e la 
possibile intensità di luce non basterebbe a trasformare il 
sale d’oro in sostanza colorante, ma lo ridurrebbe ad oro 
polverulento che si precipiterebbe dentro e sopra all’oggetto, 
conducendo a una impregnazione metallica e quindi a strut- 
ture artificiali. Quanto più i tessuti si caricano di sale d’oro, 
tanto più intensa deve essere poi l’azione della luce, e se 
questa intensità può essere raggiunta senza quei danni che 


(1) Quanto alla grossezza dei pezzi da mettere nella soluzione del sale 
d’oro, VA. nota che è solo lo spessore quello che importa, perchè il sale d’oro 
non penetra profondamente e sopratutto perchè l’oggetto, anche se in vita era 
sufficientemente trasparente, perde, con la coagulazione degli albuminoidi ope- 
rata dal sale d’oro, la necessaria trasparenza; bisogna perciò mettere nella so- 

luzione aurica o sottili membrane o fili sotlili ovvero (postaurificazione) se- 
zioni pure sottili. 

(2) L’Aurum chloratum fuscum è il cloruro aurico ed è bruno; l’Aurum 
chloratunm flavum è quello che in chimica si chiama acido cloro-aurico 
(Au CI, H CI + 4 H, 0) ed è giallo. 


200 DOTT. CARLO TIRABOSCHI 


succederebbero p. es. ad un'alta temperatura, tanto più netta 
riesce la differenziazione delle neurofibrille. 

Sezioni sottili possono anche sovraccaricarsi di sale d’oro, 
perchè l'eccesso viene poi tolto loro facilmente dall'acqua 
delia soluzione acida impiegata per la riduzione. 

Quanto al mudo con cui gli uggetti devono stare nella 
soluzione, siccome questa esercita un’azione contrattiva, for- 
tissima sui tessuti freschi, un po’ più debole su tessuti fis- 
sati, così gli oggetti lunghi vanno fissati ai due capi e le 
membrane distese (ma non troppo, chè altrimenti si lace- 
rerebbero) e le sezioni ben fissate sul vetrino. 

Durante tutto il tempo di permanenza nella soluzione 
aurica, gli oggetti van sempre tenuti all'oscuro. 

2° AZIONE DELLA LUCE (trasformazione del sale d’oro în so- 
stanza colorante). — L'oggetto imbevuto della soluzione aurica 
si trasporta alla luce intensa în una soluzione all’1°/,, in acqua 
distillata, di acido formico al massimo grado di concentrazione, 
cristallizzabile e del peso specifico 1,223 (1). L'ufficio dell’a-. 
cido, secondo l’A., è da un lato di rendere oppure conser- 
vare trasparente l'oggetto senza pregiudicare la trasforma- 
zione del sale d’oro in sostanza colorante (la quale trasfor- 
mazione avverrebbe anche di per sè in acqua distillata), e 
dall'altro di impedire che l’acqua diventi alcalina (per la 
solubilità p. es. del portoggetti) e riduca così il sale d’oro 
ad oro in polvere. Ne segue che quanto più è grosso il | 
pezzo, tanto più acido formico occorre per il necessario ri- 
schiaramento, ma ciò fino a un certo punto, oltre il quale — 
si avrebbe un troppo forte rigonfiamento dei tessuti. 

La quantità di soluzione acida non sta troppo scarsa, 
chè altrimenti il saie d’oro tolto in parte ai tessuti forme- 
rebbe una soluzione relativamente troppo concentrata e l'oro 


_ (©) Perchè questo dia risultati migliori l'A. non sa. Ricordo che l’acido — 
formico del commercio è già esso ste:so una soluzione al 23 ®/, circa (peso = 
specifico 1,065 circa) e che quindi, per avere una soluzione all’ 1:°/,, bisogua 
scioglierne circa 4 cm° in 100 cm° di acqua. Acido formico cristallizabile sì 
trova in Roma presso la Società Farmaceutica Italiana; di questo bisegna scio- 
glierne gr. 1 in 100 d’acqua, o cm° 1 in 122. 


METODI PER LA COLORAZIONE DIFFERENZIALE DELLE NEUROFIBRILLE DI APATHY 201 


in polvere si precipiterebbe vicino all'oggetto e anche sopra 
di esso; se invece la soluzione che si forma è molto diluita, 
appare dapprima una nube violetta, che poi per il suo stesso 
peso si allontana dall'oggetto e si trasforma in oro in pol- 
vere lungi da esso. La quantità di soluzione acida non è 
mai troppa, se l'oggetto sta in riposo. Il sale d’oro accumu- 
latosi nel tessuto viene dapprima, dentro al tessuto stesso, 
trasformato in una soluzione acquosa concentratissima, e 
questa a sua volta, per l’azione della luce, in una soluzione . 
concentrata di quella sostanza colorante purpurea che viene 
a poco a poco presa, tenuta e fissata dal tessuto; se però 
si smuove l’oggetto in molta acqua, esso viene facilmente 
liscivato troppo e allora si può avere sì una colorazione più 
o meno intensa, ma certamente non si differenziano le neu- 
rofibrille. Queste del resto, prima dell’immersione nel sale 
d’oro, possono, mediante speciali fissazioni (sublimato ecc.; v. a.) 
trovarsi in uno stato tale che le renda atte a trattenere così 
stabilmente e in tale quantità il sale d’oro che nella susse- 
guente trasformazione di esso in sostanza colorante, una 
maggior parte anche di questa venga a fissarsi nei tessuti. 

L'oggetto sia posto nella soluzione acida in modo che i 
raggi solari, diretti o diffusi, possano attraversarlo da tutte 
le parti e perciò se esso giace al fondo del vaso di vetro, 
questo va tenuto sollevato, e posto sopra uno specchio o 
sopra della carta bianca; sarà bene mettere della carta 
bianca anche dal lato opposto a quello da cui arriva la luce. 
St lasci agire tanta luce quanta è possibile per un piccolo 
inalzamento di temperatura del liquido. Quanto più alta è la 
temperatura a cui l'oggetto è sottoposto, tanto più presto 
esso assume una colorazione rossa che diventa fino a un 
certo grado sempre più intensa; però mentre una parte della 
sostanza colorante violetta che si forma come una nube at- 
torno all'oggetto e dentro ad esso si trasforma in oro in 
polvere, quella parte che è trattenuta come tale dal tessuto 
non può dare una buona colorazione. Quanto più bassa in- 
vece è la temperatura, tanto più sicuramente può la sostanza 
colorante, se si forma in quantità sufficiente, dare una buona 


202 DOTT. CARLO TIRABOSCHI 


colorazione; ma anche tanto più lentamente essa si forma 
e tanto più sale d’oro può perciò venire liscivato dall’og- 
getto, senza avere avuto il tempo di trasformarsi, dentro ai 
tessuti, in sostanza colorante. Un solo mezzo può accelerare 
senza dannose conseguenze questa trasformazione ed è una 
luce intensa : quanto più bassa è la temperatura, tanto più 
intensa deve essere la luce. Le migliori condizioni sono: una 
giornata luminosa di inverno (1), una finestra bene esposta e il 
. non lasciar mai all'ombra l'oggetto, dalla mattina fino al tra- 
monto. In piena estate può bastare la luce diffusa in un 
luogo aperto o vicinissimo ad una finestra (2); i raggi solari 
diretti riscalderebbero troppo; si abbia cura sopratutto di 
lasciare scoperti i recipienti non interamente pieni, esposti 
in un'ora calda al sole. La temperatura di 20° C. è la mas- 
sima alla quale una esposizione ai raggi solari diretti possa 
ancora dare dei buoni risultati. 

La durata dell'esposizione alla luce non sia troppo breve; 
troppo lunga non può essere, perchè una volta avvenuta la 
colorazione, questa non può esser guastata da una prolun- 
gata illuminazione; però alla permanenza del tessuto nella 
soluzione acida pone un limite l’azione dell'acido stesso sulla 
fine struttura, azione tanto più dannosa quanto più alta è 
la temperatura; solo d’inverno si possono oltrepassare le 24 
ore. L'importante .è che l'oggetto sia trasportato nella solu- 
zione acida în un'ora tale che possano subito susseguire al- 
meno 8 ore d'inverno e 6 di estate di ininterrotta esposizione 
alla luce; non mettere quindi verso sera e rimandare al 
giorno seguente l’esposizione alla luce. 

La colorazione, una volta riuscita, ha una inalterabilità 
superiore a quella di tutte le altre colorazioni; non la gua- 
stano nè la luce, nè l’aria, nè gli acidi, nè gli alcali ecc.; 
solo la fanno sbiadire soluzioni che contengano cloro, o iodio 
o bromo liberi. I preparati riusciti. si possono colorare con . 


(1) Faccio osservare che lApàthy parla dell'inverno di Napoli. È 
(2) Si può pure porizre il tubo contenente l'oggetto al sole, avendo però 


cura di porre davanti ad esso della tela bianca tesa sopra un piccolo telaio. 


{Carazzi. Manuale di tecnica microscopica, pag. 265). 


ia aa età, ari alli od ia a 


METODI PER LA COLORAZIONE DIFFERENZIALE DELLE NEUROFIBRILLE DI APATHY 203 


qualsiasi sostanza colorante e montare in tutti i mezzi; sì 
può perfino sottoporre a macerazione nei liquidi usuali. 


B. Preaurificazione. 


Li 


Il pezzo fresco è posto all’oscuro nella soluzione aurica 
e ivi tenuto per almeno due ore (sottilissime membrane più 
a lungo, fin per tutta la notte); poi per 24 ore nella soluzione 
di acido formico in modo che i raggi luminosi lo attraversino 
da tutte le parti per almeno 6-8 ore di seguito (v. s.) (se dopo 
la prima ora il liquido si oscura, lo si rinnova agitando il 
meno possibile il pezzo); si lava, se si vuole, in acqua distil- 
lata e si monta direttamente in gomma-sciroppo (v. pag. 193, 
nota) o n glicerina concentrata ; il balsamo, oltre che richie- 
dere maggior tempo, può produrre dei raggrinzamenti. 

La preaurificazione si può eseguire anche su materiale 
morto (purchè istologicamente non alterato) o stato a mace- 
rare per un giorno intiero in alcool a !/, (piastrine elettriche, 
isolate in questo modo, dell’organo elettrico della Torpedine). 


C. Postaurificazione. 


1° FISSAZIONE in sublimato, o in sublimato-alcool, 0 
en sublimato-osmico (1). — Nel sublimato-alcool animali intieri o 
pezzi grossi van lasciati da 1/6 a 24 ore e sottili membrane 
da 4 a 5 ore; nel sublimato al massimo la metà; nel subli- 
mato-osmico almeno per 24 ore. Il sublimato e il sublimato- 
alcool vanno usati per gli invertebrati; per i vertebrati (e 
anche per gli invertebrati quando si ha di mira la conser- 
vazione della forma esterna delle cellule) è da preferirsi il 


(1) Per sublimato si intende la soluzione, satura alla temperatura dell’am- 
biente, di sublimato corrosivo (Hg CI,) in una soluzione di sal comune (Na CI) 
al 0,5 °/, in acqua disti'lata; per sublimato-alcool una miscela a parti uguali 
di questa soluzione e di alcool assolato; per sublimato-osmico una miscela, pure 
a parti uguali, della stessa soluzione e di acido osmico all’ | °/;; qu st'ultima 
miscela va fatta so'o al momento in cui deve essere adoperata. Tutti questi 
liquidi fissatori *. n vanno mai usati a caldo. 


204 è DOTT. CARLO TIRABOSCHI 


sublimato-0smico; con quest’ultimo bisogna rigorosamente 
escludere l’azione della luce durante tutto il procedimento 
dall’immersione nel liquido fissatore fino all’inclusione in pa- 
raffina; se poi l'inclusione si fa in celloidina, si opera anche 
allora all'oscuro ; i pezzi poi da porre nel sublimato-osmico 
non devono essere più grossi di 1 mm. 
À 2° ASPORTAZIONE DEL SUBLIMATO DAL TESSUTO E DI- 
SIDRATAZIONE; INCLUSIONE. — / pezzt così sottili da essere tras- 
parenti anche dopo fissati (1), non si trasportano per niente 
in alcool, ma solo si lavano, dopo una buona sciacquata în 
acqua distillata, in una soluzione acquosa iodo-iodurata (io- 
duro di potassio 1 °/,; iodio 0,5 °/,) che va rinnovata spesso ; gli 
altri pezzi invece (2), dopo una sciacquata in acqua distillata 


ld 

(1) I liquidi fissatori adopercti, siccome coagulano gli albuminoidi, ren- 
dono i tessuti meno trasparenti (v. pag. 199; nota 1). 

(2) Nel suo trattato « Die Mikrotechnik » (pag. 148 e ss.) l’A. prescrive, 
come metodo generale da seguire dopo la fissazione in sublimato-alcool di pezzi 
non più grossi di !/, cm., il trasporto immediato in a/cool assoluto, o a 96°, 
ma puro (24 ore), poi in una s /uzione al 0,5 °/, di iodir in alcool assoluto 0 
a 96° (fino a che il pezzo ha assunto il colore della soluzione stessa), poi in 
alcool assoluto-puro (24 ore) ; tutti questi liquidi devono avere un volume 50 volte 
almeno quello del pezzo, e questa vi deve stare sospeso in modo che l’alcool 
ricco dì sublimato che ne esce cada al fondo senza venire a contatto con esso. 

In seguito se si vuole includere in paraffina, dall’alcool assoluto il pezzo 
passa (col metodo di Giesbrecht) in olio di legno di cedro (per 1 ora almeno; 
se si vuole, anche per molti giorni), poi in una soluzione, satura alla tempera- — 
tura ambiente, di paraffina (della stessa qualità di quella che si adoprerà per 
includere e cioè che fonda circa a 55° C.) in cloroformio (per 1-3 ore almeno, 
fino a quanto si voglia); poi, in un termostat», a 60° C. circa, in una soluzione a 
parti uguali di paraffina in cloroformio (per 1-3 ore), e finalmente in paraffina pura 
('/, a 2 ore). Se invece si vuole includere în celloidina VA. prescrive (pag. 118 e ss.; 
« Zeitschr. f. wissensch. Mikroscopie » VI. 2. pag. 164): 1° adoperare celloidina e 
non già collodion ; 2° nel preparare le diverse soluzioni di celloidina usare etere e 
alcool assoluto perfettamente anidri e in pari uguali, e la celloidina non tale . 
e quale è venuta dal'a fabbrica, ma lasciata comp'etamente disseccare (tagliata 
in fette sottili, da lasciare all’aria fino a che siano divenute gialle, trasparenti e 
cornee) fino alla scomparsa di ogni più piccola traccia di acqua; 3° usare al- 
meno tre diverse soluzioni di celloidina, di concentrazione crescente, conservate — 
in recipienti ermeticamente chiusi; 4° indurire la celloidina, dcepo l’inclusione, 
in alcool a 70°.80° 


I ________———rFTrrrrrrrrrr_.eonn.rL.. 


e successivo lavaggio di 6-8 ore nella soluzione acquosa iodo- 
iodurata (1), si trasportano senz’ altro in alcool forte (a 95° 
o anche più) e vi si lasciano per tutta la notte (10-15 ore), poi 
in una soluzione alcoolica iodo-iodurata (alcool a 95%; KI 1 °/, ; 
I 0,5 °/,) e vi si lasciano finchè diventino gialli, poi in alcool 
assoluto, poi, se si vuole includere in paraffina, in cloroformio 
puro, o tutt'al più in un miscuglio di 4 parti di cloroformio e 
‘ una di etere, mai in xilolo o in altri liquidi rischiaratori. Sic- 
come le neurofibrille non conservano a lungo nei mezzi liquidi 
lo stato favorevole alla loro differenziazione che è stato ad 
esse comunicato dal sublimato (v. pag. 201), così tutto 2/ procedi- 
mento, da dope la fissazione fino all’inclusione, deve durare così 
poco quanto è possibile per la voluta asportazione del sublimato e 
per una buona inclusione ; quanto più rapidamente e in quanto 
migliore stato di conservazione si può portare il pezzo in paraf- 
fina o in celloidina, tanta più perfetta è la postaurificazione. 

I pezzi inclusi in paraffina possono essere conservati ìn 
essa per un tempo illimitato ; è blocchi di celloidina poi vanno 
conservati, non già in alcool, in cui le neurofibrille perde- 
rebbero il loro stato di tingibilità (v. s.), ma, dopo essere stati 
sciacquati in acqua, în gelatina-glicerina (v. pag. 193; nota), 
densa al punto che indurisca alla temperatura ordinaria, e 
nella quale si aggiungono dei piccoli pezzettini di timolo per 
impedire la formazione di muffe alla superficie; quando si 
vuol sezionare, si tolgono i pezzettini di timolo, si riscalda 
leggermente per render fluida la colla, si sciacqua in acqua 
tiepida e sì taglia senz'altro bagnando la lama del microtomo 
con alcool a 93° o 95°. DR | 

3° SEZIONI (2). — Lo spessore più favorevole alla differen- 


(1) Per i pezzi fissati in sublimato-osmico, l’A. prescrive di lavare prima 
in acqua corrente o rinnovata spessissimo (fino a 12 ore), poi nella soluzione 
acquosa iudo-iodurata (12 vre), poi in alcool a 95° eec. 

(2) se si tratta di pezzi inclusi in paraffina, VA. (Die Mikrotechnick, 
pag. 123, 151, 183) prescrive di tagliare o lentamente con la lama longitudì- 
nale, pennelleggiando ad ogni taglio la superficie di sezione con una soluzione 
di celloidina all’l °/,, oppure rapidamente, con la lama trasversale, formando 
i nastri di sezioni; se poi si tratta di oggetti inclusi in celloidina, tagliare ra- 
pidamente, con la lama longitudinale, bagnata con alcool a 99°. 


® 


206 DOTT. CARLO TIRABOSCHI 


fard 


ziazione delle neurofibrille è di 7 4 /0 u; in sezioni di 15 w. 
la tinta è già troppo scura, e in quelle di 5 è già troppo 
chiara; quanto più sottili sono le sezioni, tanto più facilmente 
il sale d’oro può essere asportato via dai tessuti. prima che 
sia avvenuta la colorazione differenziale delle neurofibrille, 
e d’altro lato, siccome l’azione della luce non si esercita già 
più, con l'energia necessaria, alle più piccole profondità, bi- 
sogna che le sezioni non siano più grosse di 10 , affinchè 
l’azione della luce si estenda in tutto lo spessore di esse. 

Le sezioni di pezzi în paraffina vanno attaccate sul porta: 
oggetti o con acqua distillata 0 con acqua albuminata (1); 
quelle di pezzi inciusi in celloidina con olio di berga- 
motto (2). | 

4° BAGNO NELLA SOLUZIONE AURICA. — Traverso ui soliti 
mezzi (3) in cui vanno lasciate il meno possibile, le sezioni si 
portano în acqua distillata e vi si lasciano da 2 a 6 ore; se- 
condo l’A. l’acqua servirebbe a rammorbidire le sezioni e 
a renderle più accessibili al sale d’oro; questo rammollimento 
può essere accelerato con una breve immersione (per un mi- 
nuto circa) nella soluzione all’ 1 °/, di acido formico; prima 


(1) L’Apathy usa l’acqua albuminata (o albumina-glicerinata) di Mayer, 
allungata in 100 parti di acqua distillata (Die Mikr., pag. 125, 151, 184); ri- 
cordiamo che per potere attaccare con acqua distillata, i vetrini devono essere 
perfettamente digrassati. 

(2) Il metodo prescritto dall’ A. (Mitth. zoolog. Station z. Neapel 1887 

+ pag. 742) è il seguente: sezionare con la lama unta di vasellina gialla e ba- 
gnata con alcool a 95°, portare le sezioni in olio di bergamotto (verde, che 
non odori di terebentina e che sia perfettamente miscibile, con alcool a 90°) e 
farle galleggiare fino a che vi si distendano, trasportarle su una piccola striscia 
di carta stata immersa prima nell’olio, disporle in serie, asciugare la carta al 
di sotto con carta da filtro, premerla con le sezioni in basso su un porta-oggetti 
ben secco, staccarla da questo svolgendola adagio da un capo all’altro, togliere . 
con carta da sigarette le tracce di olio restate attorno alle sezioni ed esporre 
queste ai vapori di un miscuglio a parti uguali di alcool ed etere. 

3) Alcool assoluto, alcool a 90°, alcool a 70°. Se si tratta di sezioni di 
pezzi inclusi in paraffina, asportare prima questa cor. cloroformio. In ciascuno di 
questi mezzi le sezioni van lasciate uno o due minuti al massimo (Die Mikr. 
pag. 152). 


METODI PER LA COLORAZIONE DIFFERENZIALE DELLE NEUROFIBRILLE DI APATHY 207 


e sopratutto dopo questa immersione, i vetrini vanno ben 
| sciacquati in acqua distillata (1). 

Dall’acqua distillata le sezioni passano nella soluzione 
all’1°/ di aurum chloratum flavum e vi restano all’ oscuro 
per 24 ore, o almeno per tutta la notte. 

5° BAGNO NELLA SOLUZIONE ACIDA. — Dopo una breve 
immersione in acqua distillata, oppure dopo asciugamento 
del vetrino porta-oggetti (ma non delle sezioni) con carta 
da filtro, le sezioni si portano alla luce nella soluzione 
alli °/, di acido formico, e precisamente in ogni tubo di ve- 
tro si mette un solo vetrino disponendolo inclinato in modo 
che le sezioni guardino in basso, onde evitare che l’oro in 
polvere che si forma vada a depositarsi su esse (2). In que- 
sta posizione Ze sezioni devono restare esposte ai raggi luminosi 
da tutte e due le parti (con la massima possibile intensità di 
luce e col minimo possibile inalzamento di temperatura) per 
almeno 6 ore ininterrotte di estate e 8 di inverno ; queste con- 
dizioni sono indispensabili per la sicura riuscita della diffe- 
renziazione delle neurofibrille, come pure è ai grande im- 
portanza l’evitare una temperatura superiore ai 20° C. (3). An- 
che al di sotto di questo limite può l’azione combinata delle 
energie luminosa, termica e chimica (le prime due della luce, 


(1) Dopo la pubblicazione della sua memoria l'A. ha trovato un espediente 
che facilita Ja reazione successiva del sale d’oro ed è l’immergere per cinque 
minuti le sezioni in una soluzione acquosa di iodo (ottenuta facendo bollire in 
acqua distillata dei cristalli di iodo e lasciando poi raffreddare) dopo il bagno 
in acqua distillata e prima di quello nella soluzione aurica ; le sezioni diventano 
così brune e si lavano poi in acqua distiliata finchè divengano gia!lo-chiare 
(Vedi Carazzi Manuale Tecn. micr.). . 

(2) L’A. attacca le sezioni su vetrini porta-oggetti e perciò colloca questi 
in tubi di vetro della capacità di circa 100 cm’, un po’ più alti dei vetrini 
stessi e larghi tanto da permettere ai vetriai di starvi inclinati con un angolo 
di circa 70° (con l’orizzonte); io invece ‘attacco le sezioni su vetrini copri-0g- 
getti e perciò uso tubi di vetro un po’ più stretti. 

(3) V. pag. 201 e 202. Lavorando nei mesi di estate a Roma ho cercato di 
evitare un forte inalzamento di temperatura, pur esponendo ai raggi solari di- 
retti, ricorrendo all’artifizio di immergere il vaso di vetro contenente la solu- 
zione acida con le sezioni in un'ampio recipiente di vetro pieno di acqua fredda 
rinnovata-ogni 10 o 15 minuti. 


208 DOTT. CARLO TIRABOSCHI 


la terza della soluzione acida) fornire una costante di ener-. 
gia che determini la voluta trasformazione del sale d’oro in 
sostanza colorante: solo così l'A. si spiega il fatto che la 
luce solare diretta a basse temperature è indispensabile, ad 
alte temperature dannosa; che da un certo grado di tempe- 
ratura in su è utilizzabile la luce solare diffusa sì, ma non 
indebolita, e che inoltre la luce troppo debole e la tempe. 
ratura troppo bassa possono, fino a un certo punto però, es- 
sere compensate da una maggior concentrazione della solu- 
zione acida (v. pag. 200). 

La durata del bagno acido o può.limitarsi alle sole 6-8 
ore di esposizione alla luce, oppure estendersi fino a 24 ore 
(v. pag. 202). 

6° MONTATURA. — Con una pezzuola si pulisce il vetrino 
porta-oggetti solo sul rovescio, poi si sciacqua in ‘acqua di- 
stillata e poi o si monta direttamente in glicerina concentrata 
o in gomma-sciroppò (v. pag. 193 nota), oppure, traverso ai so- 
lità mezzi (1), in balsamo. Prima di montare si può colorare 
a piacimento con una soluzione colorante qualunque e so- 
pratutto con una soluzione di emateina che colora il nucleo. 


4° Metodo al molibdeno (BETHE) (2). 


Anche questo metodo, come quello all’oro di Apàthy, è . ) 


molto complicato, ma di più facile riuscita, e si può riassu- —. 


mere nelle seguenti fasi: 
1° FISSAZIONE 2n una soluzione al 3-7,5°/ di acido ni- 
trico; temperatura 12°-20° C; durata 24 ore (3). 


(1) Alcool a 70°, a 90°, assoluto ; cloroformio; balsamo in cluroformio 
(v. pag. 197 nota 4a). Del resto credo che si possa montare anche in balsa- 
mo-xilolo. 

(2) Berne. Op. cit., pag. 22-34, 

(3) Il materiale fresco si taglia in pezzi dello spessore di 4-10 mm. al di 
massimo e si pone nella soluzione acida, poggiato sopra delia carta da filtro. 
La soluzione si prepara sciogliendo in acqua distillata le indicate quantità di 


E 2 


METODI PER LA COLORAZIONE DIFFERENZIALE DELLE NEUROFIBRILLE DI APATHY 209 


2° INDURIMENTO in alcool a 96°; durata 12-24 ore (1). 

3° Bagno nella seguente miscela (2): ammoniaca, del 
peso specifico 0,95 circa, parti 1; acqua distillata, 3; alcool 
a 96°, 8. Durata 12-24 ore; temperatura massima 20° C; i 
pezzi diventano di un color giallo scuro. È 

4° Trasporto in alcool a 96°; durata da 6 a 12 ore. 

5° Bagno nella seguente miscela: acido cloridrico, con- 
centrato al 37 °/,, del peso specifico 1,19, parti 1; acqua 
distillata, 3; alcool a 96°, 8. Durata 24 ore; temperatura 
massima 20° C; i pezzi ritornano di un color giallo-chiaro (3). 

6° Trasporto in alcool a 96°; durata da 10 a 24 ore, 

71° Immersione în acqua per 2-6 ore al massimo. 

8° BAGNO in una soluzione acquosa di MOLIBDATO AM_ 
MONICO al 4 /°; durata 24 ore; temperatura massima 30° C. (4) 

9° INCLUSIONE. — Breve lavaggio in acqua distillata; 
trasporto in alcool a 96° (10-24 ore), in alcool assoluto (10-24 
ore) e poi 2 xz/olo (0 in toluolo o in cloroformio); imparaf. 
finamento. 


acido nitrico concentrato, cioè al 65 °/, circa (peso specifico 1,40); essa deve 
essere tanto più forte quanto più bassa è la temperatura. 

Per ottenere la differenziazione delle neurofibrille è meglio usare acido 
nitrico al 3-5 °/, alla temperatura di 19°-15°-C; se si vuole ottenere invece 
la rete di Golgi, acido nitrico al 7,5 °/, a 12°15° C, o anche più diluito ma a 
18°-20° C. Il colore che devono acquistare i pezzi deve essere un giallo-pallido. 

L’EmspEN (Op. cit. nella nota a pag. 191) adopera acido nitrice al 3 - 3 °/, 
per 6 ore soltanto. ta 

(1) Vi può restare anche per molti giorni. In questo e negli altri passaggi, 
fino all’inclusione, |’ ExBpDEN (op. cit.) segue il metoio di Bethe, abbreviando 
la durata dei diversi bagni. 

(2) Questa miscela sì prepara al momento di usarne aggiungendo 2 volumi di 
alcool a 96° a 1 volume di una soluzione già preparata di ammoniaca a !/,. 

(3) Si omettano i passaggi 5 e 6 se si tratta di mettere in evidenza le 
neurofibrille nelle cellule dei gangli spinali o la rete di Golgi nelle corna an- 
teriori del midollo spinale ecc; scopo del trattamento con l’acido cloridrico è 
di dare ai tessuti una reazione acida e di renderli quindi più atti a fissare e a 
trattenere il molibdeno. 

L’A. distingue un metodo I e II a seconda che si tratta o no il pezzo con 
l’acido cloridrico. 

(4) Se si vogliono differenziare le neurofibrille, la temperatura sia di 
10°15° C.; se la rete di Golgi, 18° - 30° C. 


Bollettino della Società Zoologica Italiana 14 


» 
“ A 


210 DOTT. CARLO TIRABOSCHI 


10° Incollamento delle sezioni, grosse 10 uv, con l' al- 
bumina-glicerina di Mayer (1) e loro trasporto, traverso ai 


soliti mezzi, (xilolo e alcool), în acqua, dove si sciacquano 


bene per !/,-1 minuto, per portare via tutto l'alcool (2). 

11° DIFFERENZIAZIONE. - Asciugamento del vetrino sotto 
e agli orli con una pezzuola pulitissima e trasporto delle se- 
zioni in un termostato, alla temperatura di 55°60° C, con 
sopra uno strato di acqua distillata alto 1!/,-2 mm. (vo- 
lume dell’acqua, misurato con una pipetta, 1'/,-2 cm.5). Du- 
rata da 2 a 10 minuti (al massimo 12) a seconda del con- 
tenuto in molibdeno delle sezioni, e quindi a seconda della 
ricchezza in neurofibrille e dello spessore delle sezioni. £ 
in queste condizioni che si compie il differenziamento delle 
neurofibrille ed è questo il punto più difficile di tutto il 
processo (3). 


(1) Sezioni più grosse di 10 %& si differenziano male e diventano troppo 
oscure; sezioni più sottili si differenziano troppo facilmente. Non si attacchino 
le sezioni con acqua distillata, che asporta dai tessuti il molibdeno. Siccome 
poi l’acide nitrico non fissa bene cche a pochissima profondità, bisogna utiliz- 


zare le prime sezioni anche se incomplete e siccome la difflerenziabilità varia . 


con la profondità, si devono prima fare dei tentativi; l’A. p. es. adopera a 
questo scopo .tre porta-ozgetti e attacca sul primo Ia 1° sezione ela 21° circa, 
sul secondo la 2* e la 22%; sul terzo la 3° e la 235, 

(2) Un soggiorno di venti e ancbe più minuti nell’acqua, alla temperatura 
ordinaria, non nuoce. i - 

(3) Secondo Bethe ì fattori principali detla differenziazione sono cinque, di 
cui due incogniti (volume dei tessuti e loro contenuto in molibdeno) e tre co- 


gniti (quantità dell’acqua impiegata nella differenziazione; durata della differen- 


ziazione; temperatura); questi ultimi tre devono insieme f.-rnire una costante 
di energia (v. pag. 207, 208); così p. es., se Ja differenziazione non si effettuasse 
dopo 7-10 minuti, bisogna o rinnovare dopo 3-4 minuti lo strato di acqua di- 


stillata, o molto meglio adoperarne uno strato maggiore (oppure, ciò che in È 


fondo è la stessa cosa, mettere meno sezioni sul vetrino); se invece la diffe- 
renziazione si compie troppo rapidamente (prima di 2 minuti), siccome non si 
può diminuire lo strato di acqua distillata senza correre i) rischio di una com- 
pleta evaporazione ed essiccamento, invece di acqua distillata è meglio usare 
una soluzione di molibdato ammonico all’1/5000 fino all’1/2500, oppure met- 
tere un maggior numero di sezinni o sezioni più grosse (vedi sopra nota 1°), 
oppure anche usare, nella colorazione di cui al n. 13, soluzioni più forti di 
bleu di toluidina (fino all’1 °/,,). Quanto aila durata di differenziazione in 


- 


METODI PER LA COLORAZIONE DIFFERENZIALE DELLE NEUROFIBRILLE DI APATHY 211 


12° COLORAZIONE. — Si versa via lo strato d’ acqua di- 
stillata rimasto, si sciacqua brevemente per tre o quattro 
volte in acqua distillata e si asciuga come sopra il vetrino ; 
trasporto delle sezioni nel termostato, alla stessa temperatura 
(55°-60° C), con sopra uno strato ugualmente alto (1 */,-2 mm.) 
di una soluzione all’ 1/00 di bleu di toluidina (1); durata 
10 minuti @), 

13° MONTATURA. — Si sciacqua rapidamente in acqua 
distillata, e poi in alcool a 96°, per 1-2 minuti, fino a che 
sì sia portato via tutto l'eccesso di sostanza colorante che 
non si è combinato col molibdeno ; poi si disidrata comple- 
tamente in alcool assoluto, si passa due volte in xè/olo per- 
fettamente anidro per togliere le più piccole tracce di alcool 
e si monta in dalsamo di Canadà anidro, usando preferibil- 
mente quello neutrale di Gribler. 


dipendenza della natura dei tessuti, l’A. dice che per il cervello e per il cer- 
velletto occorrono da 2 a 6 minuti; per il midollo allungato da 3 a 7; per il 
midollo spinale da 5 a 10; ad ognì modo l’A. consiglia di fare prima'dei ten- 
tativi con tre porta-oggetti. : 

Le neurofibrille si differenziano più presto che la rete di Golgi. Se pezzi 
intieri o sezioni di pezzi già trattati col molibdato secondo il n. 8 si trat- 
tano per più di venti minuti con una soluzione 1-4 °/, di molibdato, alla tem- 
peratura di 40°-60° C, si può poi ottenere la colorazione del cilindrasse, della 
neuroglia, del nucleo, e delle zolle (corpi colorabili) di Niss!j talora poi si 
riescono ad ottenere differenziazioni in cui siano contemporaneamente. visibili 
le neurofibrille e le zolle di Nisslj siccome però la differenzIazione del cilindrasse 
si compie presso a poco nelle stesse condizioni di quella delle neurofibrille, così 
è ben difficile ottenere differenziati insieme il cilindrasse e la rete di Golgi. 

L’A. raccomanda, per ottenere facilmente la differenziazione delle neu- 
rofibrille, le cellule delle corna anteriori del midollo di coniglio, di cane e d’uomo 
(durata da 5 a 8 minuti); per la rete di Golgi, il Nucleo dentato e le Olive del 
. cane (durata da 2 a 6 minuti). 

— L’Emppen (op. cit.) liscia le sezioni per 2-5 minuti in una stufetta a 
paraffina, a 57°60° C, con sopra uno strato di acqua distillata o di una solu- 
zione all’ 1/s0oo di molibdato ammonico. | 

(1) Il bleu di toluidina (= bleu di genziana = bleu di Parma = bleu-alcool 
‘= bleu-luce) è uno dei tanti colori di toluidina, la quale è un omologo del- 
l'anilina. Cfr. Bolles Lee et Henneguy. N. 158 e 172. 

(2) L’Emspex (op. cit.) dice ehe in certi casi la colorazione riesce meglio 
se si colora solo per 5 minuti. 


212 " DOTT. CARLO TIRABOSCHI 


In generale i preparati ben differenziati devono essere 
violetti o rosso-violetti. Le neurofibrille spiccano con il loro 
colore violetto-oscuro sul fondo violetto-pallido o. scolorato; 
però, dentro alle celluie nervose, la citocromatina, coloran- 
dosi intensissimamente, impedisce alla sostanza colorante di 
depositarsi sulle neurofibrille contenute dentro alla cellula 
stessa; la sostanza perifibrillare resta scolorata o quasi (de- 
bolmente violetta); fibre nervose dello stesso spessore si co- 
lorano alcune più intensamente ed altre meno, il che dipende 
forse dal fatto che in alcune le neurofibrille sono più stipate, 
e in altre meno. 

Îl procedimento più sopra descritto è stato dall’A. ap- 
plicato, come già si è detto, con maggior successo nei ver- 
tebrati che negli INVERTEBRATI. Per quelche riguarda questi 
ultimi, i suoi tentativi si sono limitati alla Sanguisuga (Hirudo), 
al Granchio (Carcinus moenas) e al Gambero (Astacus). 

Quanto alla Sanguisuga, per differenziare le neurofibrille 
nelle commissure longitudinali e, nei nervi periferici, fissa 
con sublimato in soluzione satura (per 12 ore) asportandolo 
poi con alcool iodato (24 ore); include ; lascia le sezioni per 
10 minuti, a 25°30° C, in molibdato d’ammonio 1 °/; lava 
per 10 minuti con acqua distillata e poi colora per 5 minuti 
con bleu di toluidina !/,500, 2 98° C. 

Per differenziare invece le neurofibrille dentro alle cel- 
lule, fissa con alcool o con acido nitrico al 3 °/ e nella 
differenziazione adopera, invece di acqua distillata, o una 
soluzione acquosa di ammoniaca (1 p. di ammoniaca ordi- 
naria in 500-2000 p. di acqua distillata) o una alcoolica di 
carbonato di soda (1 p. di una soluzione acquosa di soda 
all’1 °/, con 10-30 p. di alcool a 50°), trasportando in que- 
st'ultima le sezioni dall'alcool; sciacqua rapidamente con 
acqua distillata o con alcool e colora per 5 minuti, a 58° C, 
con bleu di toluidina all’ 1/,000° 

Quanto al Gambero e al Granchio VA. preferisce fissare 
con acido picrico (3 p. di una soluzione concentrata di acido. 
picrico e 1 p. di una soluzione pure concentrata di picrato 
d'ammonio) e trattare subito. col molibdato. 


Prof. SPIRIDIONE BRUSINA 


DIRETTORE DEL MUSEO NAZIONALE ZOOLOGICO DELL’ UNIVERSITÀ DI ZAGREB 


SULLE ALCHE 


e in ispecie sull’« Alca torda » della Dalmazia e della Croazia 
e sulle pretese invasioni del « Phalacrocorax » 


Comunicazione alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma 


Chi ormai non conosce la storia dell’ Alca impennis L., 
o come oggi la si deve nominare //autus impennis (L.), una 
delle 23 specie d’uccelli, le quali, come di recente ne scrisse 
Hartlaub, in poco più di cento anni, per non dire nell’or 
decorso secolo, furono distrutte sulla superficie della terra ? 
. Non è qui il luogo di rifare la storia completa del //autus, 
la quale, da eminenti ornitologi, specialmente inglesi e _ te- 
deschi, venne già assai bene esposta. 

Ci limiteremo a dire come nel 1833 furono uccisi 
13 Plautus, soltanto 9 nel 1834, appena 3 nel 1840, o, 1841; 
gli ultimi due caddero, come sembra accertato, nel 1844 
sullo scoglio Eldey-rock del gruppo delle isole Fuglaskòr a 
S. E. dell’Islanda. — Acéortisi cacciatori e naturalisti della 
scomparsa del //autus ne fecero ricerca nei luoghi più re- 
conditi di sua dimora, sperando di trovarne ancora qualche 
piccola e dimenticata colonia nei paraggi specialmente del- 
| l'estremo settentrione. Si sperava che nella celebre circum- 
navigazione dell’or defunto prof. Nordenskiòld, colla « Vega », 
| si riescisse a scoprirne qualcuno, ma la speranza rimase de- 
lusa. Anzi fu stabilito, che il Plautus non mai abitò l'estremo 
nord, bensì le coste dell'America settentrionale, l'Islanda, la 
Norvegia, la Danimarca e le isole a settentrione della Gran 
Brettagna, ecc.; dunque su per giù la stessa area di distri- 
buzione dell’A/ca forda. 


214 SPIRIDIONE BRUSINA 


Smessa adunque ogni speranza, ed affermata ormai la 
estinzione della specie, gli ornitologi si fecero con tanto mag- 
gior zelo a rintracciarne le spoglie. Presero nota e descris- 
sero ogni pezzo trovato nei musei e nelle collezioni pub- 
bliche e private. Sorse una serie di note ed articoli, finchè 
S. Grieve, raccolto il tutto, diede alla luce una splendida 
monografia in-4°, con tre tavole colorate, sul povero. de- 
funto. Questa monografia in breve tempo venne del tutto 


esaurita, per cui, quando io ne diedi commissione al libraio, 


per la biblioteca del Museo Nazionale di Zagabria, non fu 
possibile di averla. 

Più tardi Grieve pubblicò un’appendice a detta mono- 
grafia, dalla quale risulta, che oggi esistono nelle varie 
raccolte da 79 ad 80 esemplari, montati; da 25 a 24 scheletri 
più o meno completi; da 850 ad 861 singole ossa, non più di 
2, 0, 3 preparati fisiologici, finalmente da 70.a 72 uova. 

Dopo Grieve il mio distinto amico R. Blasius di Braun- 
schweig pubblicò l’ultimo lavoro riassuntivo sulla lettera- 
tura e sulle spoglie del Plautus, in tedesco. Ebbe la genti- 
lezza di mandarmelo, ma non Vho quì a mano. 

Ho avuto la fortuna di vedere un bel numero d’esem- 
plari montati del Plautus, cioè quelli dei musei di: Amster- 
dam, Berlino, Bruxelles, Cambridge, Dresda, Graz, Leida, 


Londra, Milano, Parigi, Praga, Tring e Vienna. Se qua e là | 


si scopre qualche nuovo avanzo e vien messo in vendita, 


grande n’è la ricerca, e se ne ritraggono somme vistose. 


Un esemplare montato non si vende per meno di 30000 fran- 


chi; oggi sempre più, perchè di mano in mano che gli. 
esemplari passano dalle raccolte private alle pubbliche di- 
ventano sempre più irreperibili. Dicasi lo stesso delle uova. 
Il def. barone L. d’Hamonville di Chateau de Manonville 


presso Noviant aux Prés, era felice possessore di 4 uova, 


figurate negli Atti della Società Zoologica di Parigi; queste =" 
rappresentavano il valore di 16.000 franchi. Credo che il 
possessore le cedesse qualche tempo prima del suo decesso. “i 

Ma lasciamo di parlare dell’estinto Plautus e veniamo | s 
a dire della Marina, cioè dell’A/ca torda L., cugina minore — 


SULLE ALCHE, ECC. 215 


del precedente. Mentre pel primo gli ornitologi moderni am- 
mettono il genere /lautus, la Marina conservasi nel genere 
Linneano A/ca ; ed è pure l’unica specie di questo genere. 
. Abbiamo quindi che non solo sono cugini i due generi, ma 
anche le specie sono, non già sorelle, ma cugine. Come è 
noto, l’A/ca abita le rupi e gli scogli ‘dell'Oceano Atlantico 
settentrionale tanto sulle coste d'Europa che su quelle del- 
l'America. Dalla parte Americana, d’inverno, visita le coste 
del Canadà e degli Stati Uniti, ma non nidifica più in giù 
dello Stato del Maine. Soltanto occidentalmente arriva fino 
‘alle coste della Carolina del Nord. In Europa ed Asia non 
sì trova nè sull’isole della Novaja Zemlja, nè a Spitzbergen; 
nidifica in Islanda, sulle isole Féroé, sulle isole e coste della 
Norvegia, della Svezia e della Finlandia. D'inverno compa- 
risce sulle coste della Danimarca, Germania, dell'Olanda, 
del Belgio, dell’Inghilterra e della Francia, di rado si perde, 
poi, fino in Algeri e nel Marocco. Nel Mediterraneo capita 
quasi tutti gli anni, specialmente alla Riviera e al Littorale 
Toscano, e cioè d’inverno, od al principio della primavera, 
spesso in buon numero. 

La Marina è più rara nell'Adriatico. Come è già noto 
dagli autori, varî esemplari furono presi nei paraggi di 
Trieste e sulle coste del Veneto ; ma di psn non abbiamo 
ad occuparcene. 

Meno noto si è che se ne catturarono degli esemplari 
anche in Dalmazia e nel Littorale Croato. 

Il primo esemplare dalmata fu colto ai 19 dicembre 
del 1887 nel porto di Lesina. Ne scrisse il prof. G. Kolom- 
batovic nell’annata XI del cessato giornale ornitologico di 
Vienna alla pag. 51, e poscia nelle aitre sue SPIRA 
alle quali rimando il lettore. 

L'amico Baldo Kosic, direttore del Museo Patrio di Ra- 

gusa, riferì sulle catture avvenute nei dintorni di quella 
città. Le prime Marine furono osservate presso Ragusa pure 
nel 1887, e tre di queste ebbe Kosic pel museo, e da lur 
vennero preparate con maestria per la allora ancor pic- 


«cola collezione locale. Kosic ne fece relazione, la quale fir- 


216 SPIRIDIONE BRUSINA 
mata dall'or defunto vescovo Matteo Vodopic, venne spe- 
dita all’i. r. Società Zoologico-botanica di Vienna. Il dottor 
L. von Lorenz parlò di tal cattura in una seduta della 
detta Società, e ne fece poi cenno negli Annali dell’i. r. Mu- 
seo di Storia Naturale della Corte, nello stesso anno. Secondo 
Kosic, dei tre individui, uno era un maschio adulto, l’altro 
una femmina pure adulta, il terzo era un maschio giovane. 
Il giovane fu ucciso a Gravosa, i due adulti, due giorni 
dopo, ad Ombla (Ryeka), e questi facevano parte di un 
branco di una ventina d’individui., 

La seconda comparsa di questa specie ebbe luogo, pure 
a Gravosa, ai 10 gennaio del 1891. Kosic diede relazione di 
questo caso nelle sue osservazioni ornitologiche relative a 
quell’anno, pubblicate nell’organo del comitato internazio- 
nale per le osservazioni degli uccelli migratori « Ornis »; 
che allora si stampava a Vienna. Sembra esser stato un 
singolo individuo smarrito ed era un giovane maschio. 

Sempre secondo Kosic, ai 25 novembre 1893 si prese 
nel porto di Ragusa un giovane maschio ; ai 22 dicembre 
una giovane femmina, a Lapad, presso Gravosa, ed ai 23 di- 
cembre un giovane maschio, sotto l'isola Lacroma. 

Nel 1895 si catturarono altri tre esemplari: uno, cioè, il 
25 geunaio a Breno, una giovane femmina; un giovane 
maschio ai 12 dicembre, pure a. Breno, vallata a mezzo- 
giorno di Ragusa ; il terzo individuo, una femmina adulta, 
fu presa, ai 18 dicembre, nel piccolo porto di Ragusa. 

Tutte queste comparse furono esattamente registrate 
dal Kosic; il quale poi mi scriveva, che, probabilmente, gli 
individui presi nei mesi di novembre e dicembre del 1893, 


nonchè quelli colti nel dicembre del 1895, appartenevano a 


branchetti composti di più individui, i quali, giunti colà e 
malmenati dal cattivo tempo, si dispersero qua e là. Nota, 
poi, il diligente amico Kosic, che tutte le comparse di questi 
uccelli ebbero luogo durante cattivi tempi provenienti da 
S. E. e che qualche individuo peri, perchè se ne trovò 
qualcuno morto nel porto di Ragusa. 

Queste comparse, avvenute nel breve giro di pochi 


SULLE ALCHE, ECC. 217 
anni, dimostrano che le Marine sono, relativamente parlando, 
abbastanza comuni sulle coste orientali dell’Adriatico, come 
lo comprovano le catture fatte anche sul Littorale, Croato. 
Dirò poscia perchè non considero nè punto, nè poco, do- 
versi questa cattura spiegare fatta in seguito ad invasione 
recente. 

Il primo esemplare croato di A/ca fu urciso, d'inverno, 
nel Littorale Croato, presso Fiume, nel 1883, o, 1884; me 
lo assicura l’amico Barac. Sfortuna volle che quei caccia- 
tori fiumani, messi in curiosità per la rara selvaggina, 
prima mai da loro veduta, se la fecero imbandire reputan- 
dola un buon arrosto, ma, trovatala dura e di gusto ran- 
cido, la gettarono ai cani; così l'esemplare andò perduto 
per lo studio. 

Il secondo esemplare, un bel maschio, fu ucciso a Zur- 
kovo presso Martinscica, a mezzogiorno di Fiume, nel Lit- 
torale Croato, ai 4 febbraio del 1894, dal mio distinto amico 
Milutin Barac, il ben noto chimico, direttore della raffineria 
di petrolio a Fiume, al quale il Museo Zoologico di Zaga- 
bria va debitore di almeno un migliaio di uccelli, tutti da 
lui uccisi in Quarnero, sulle isole e lungo il Littorale Croato 
e fra questi sonvi rarità di prim’ordine, che lungo sarebbe 
qui l’enumerare. 

La cattura e storia del terzo esemplare croato merita 
come credo, particolare menzione. Un giorno di giugno 
del 1898, mi pervenne dallo stesso amico un telegramma, 
col quale mi incaricava di mandar a prendere un’A/ca 
torda viva, consegnata alla sera a Fiume, e che dovea ar- 
rivare col treno del mattino a Zagabria. S'immagini ognuno 
il mio contento. Mi recai in persona, col preparatore Pietro 
Baraga, a prenderla, e a vedere un uccello così raro da noi, 
vivo. Ai 21 di giugno adunque, un lavorante, addetto alla 
raffineria, pescava Scombri, colla panola, presso una boa, col- 
locata dinanzi al piccolo porto della raffineria, quando senti 
una scossa ben più forte del solito e tirò su. Quale non si 
fu il suo stupore quando invece di un pesce trovò preso 
all’amo lungo 24 mm. un uccello da lui mai veduto. 


218 SPIRIDIONE BRUSINA 


Per esca c’era un pezzetto di carne di scombro, - la quale 
ancora penzolava dall’amo, mentre la Marina rimase presa 
per la pelle presso il becco. Sulla panola si trovano di 
solito quattro ami fermati ad eguale distanza fra loro, e, 
siccome rimase presa sul secondo amo, risulta, che la Ma- 
rina, per arrivare all’esca, si tuffò a 4, o, 5 metri di pro- 
fondità, cosa ben poca per palombari della loro specie; ma 
pure mal misurò il colpo. 

Il pescatore staccò con attenzione l’ uccello dall’ amo, 
l’involse nel suo fazzoletto, e giulivo, lo portò al direttore, 
che sempre regala i lavoranti ogni qual volta lo avvertono 
esserci qualche cosa di non comune in vista, E così, 
speditolo tosto alle 5 a. m., si trovava, bello e sano, a Za- 
gabria. 

Mancando di locale adatto per acquarî, caso volle che 
appunto allora ne avessi fatto incastrare uno di marmo, con 
lastra davanti, nel vano d’una finestra al secondo piano, 
lungo 1 metro e 15 cent., largo 60 e fondo 49 cent., altri- 
menti non avrei potuto conservare in vita la bella bestiola. 
Nelle sue mosse sott'acqua non sembrava punto un uccello, 
ma nuotava e si tuffava quasi come un delfino, o come Î 
pinguini e loro simili. Non minor cura ci volle per procu- 
rarle il cibo, chè a Zagabria non si vende pesce che al ve- 
nerdi. Baraga ben volentieri s’incaricò di andare alla pesca 
nei torrenti dei dintorni; quando poi mancava il pesce, si 
accontentava anche di budella di pollame e lombrici terre- 
stri. Era interessante assai il vedere le sue manovre subac- 
“quee quando le si gettavano pesciolini vivi. 

Era un vero spettacolo l’osservare la sveltezza e l’ele- 
ganza delle sue mosse, l’agilità nel coglier la preda, che di 
rado le sfuggiva, sebbene i pesci guizzassero come il lampo 
per sfuggire al suo becco. Pigliava il pesce per la testa, ed 
in un attimo scompariva nella gola. Se per caso falliva il 
colpo, dava allora una buona stretta al pesce in quella qua- 


lunque -parte ove l’avea afferrato, e così tramortito lo la- SG 


sciava cader dalla bocca, per tosto riprenderlo dalla parte 
della testa. Conviene notare, che oltre ai piccoli ciprinidi di 


SULLE ALCHE, ECC. 219 


varie specie, i pesci appartenevano al Larbus Petenyi — 
dai più ritenuto identico al Barbus meridionalis — del quale, 
nei torrenti, che scorrono dai monti e dai ridenti colli dei 
dintorni di Zagabria, sonvi esemplari di due e più centimetri 
di lunghezza. Or bene, la Marina era ghiottissima di questi 
barbi dalla pelle lubrica e ne inghiottiva una quantità asso- 
lutamente sproporzionata, relativamente alla dimensione del 
suo piccolo corpo. Ogni giorno venivano a vederla e pro- 
fessori e studenti, e signore e signori, nè si capiva, nè si 
vedeva ove li mettesse; dopo il lauto pasto non era nè più 
grossa, nè meno snella di prima, Tutto al più non si curava» 
tosto dei pesciolini più piccoli, che riescivano a nascondersi 
fra i sassi di un lato del fondo dell'acquario; ma le loro ore 
erano contate, e ben presto la caccia ricominciava. La sua 
voracità sembrava senza limite. Ripetendo, credo di non 
esagerare punto affermando, che qualche volta inghiottì una 
quantità di pesce per poco o niente inferiore al volume del 
suo stesso corpo, pesce che veniva ben presto elaborato 
nello stomaco muscoloso. Da questo si può facilmente ar- 
guire quali enormi quantità di pesci ed altri animali marini 
consumino questi voracissimi uccelli là, ove hanno le loro 
nordiche colonie, che ammontano a migliaia e migliaia di 
individui. La Marina ben si manteneva così ed era un pia- 
cere di vederla. Avea fondato motivo di credere, che ben 
più facilmente passasse l'inverno e mi riescisse di tenerla 
viva per lungo tempo. 

Ai 7 luglio, con mio stupore, mangiò meno del solito e 
sì mostrava alquanto svogliata. Il giorno appresso, appena 
messo piede in Museo, l’inserviente mi venne incontro dicen- 
domi, che alla mattina trovò morta la Marina. Rincrescen- 
tissimi, l'abbiamo tosto sezionata e si trovò lo stomaco nel 
suo interno tutto lacero e piagato. Meglio rovistando si trovò 
un piccolo amo sottile e lungo appena 8 mm. causa indubbia 
delle lacerazioni e della morte dell’uccello, Era chiaro, che 
in uno dei pesci trangugiati dall’ uccello rimase per caso 
nella bocca uno degli ami, coi quali il preparatore li pe- 
scava e non se ne era accorto, Era un giovane maschio. 


220 SPIRIDIONE BRUSINA 
Chi desiderasse estese e precise informazioni sull’A/ca 
torda, consulti fra gli altri gli articoli del Journal fiir Orni- 
thologie di Berlino, cioè l'annata 1884 pag. 60 e 116, e quella 
del 1885 a pag. 399. 
Riassumendo ecco l’ elenco delle catture in Croazia e 
Dalmazia :” 
1883, o, 1884 d'inverno. Littorale Croato presso Fiume. 
* 1887, 19 dicembre. Porto di Lesina. 
1887, 13 gennaio. Ombla presso Ragusa, JY ad. Ca ai 
a » » » » 2 ad.\ branco di circa 
» » » Gravosa » » g'juv \.20 individui. 
1891, 10 gennaio. Gravosa presso Ragusa, g° juv. 
1393, 25 novembre. Porto di Ragusa 3 juv. 
» 22 dicembre. Lapad presso Ragusa, ® juv. 


sa » Lacroma presso Ragusa, J juv. 
* 1894, 4 febbraio. Zurkovo presso Martinscica, Littorale 
Croato, 9. ‘ 
1895, 25 gennaio. Breno presso Ragusa, 2 £ juv. 
‘» 12 dicembre » » » dad. 
Ia » Porto di Ragusa, ® ad. 


* 1898, 21 giugno, Littorale Croato presso Fiume, g° juv. 
Gli esemplari segnati con asterisco conservansi nella 
collezione del Museo Nazionale Zoologico di Zagabria. Oltre 
a questi tre conservansi altri due esemplari un maschio ed 
una femmina presi a Servola presso Trieste nel 1887 e gen- 
tilmente donatimi dal sig. Antonio Valle, quando visitai quella 
città l’ultima volta col yacht « Margita ». 
Dai sopra indicati dati risulta: 
1. che la comparsa nell'inverno del 1887 è stata la 
più numerosa; I 
2. che la più gran parte degli individui erano giovani; 
5. che tutti sì smarrirono, abbandonando la loro nor- 
dica patria d'inverno, meno un solo colto in giugno; data, 
questa, straordinaria. 
Altra conclusione sarebbe questa: ai giorni nostri ebbe 
luogo un’invasione di Marine mai prima vedute sulle coste 
croato-dalmate. Or bene non soltanto non voglio stabilire 


SULLE ALCHE, ECC. 221 
una tale conclusione, ma mi dichiaro precisamente con- 
trario ad essa; ed è appunto perciò che ho evitato d’usare 
la parola invasione quale la adoperano molti ornitologi mo- 
derni. 

Feldegg, Sandri, Lanza e gli altri pochi, che si occu- 
parono d’ornitologia dalmata, nel secondo terzo dello scorso 
secolo, purtroppo nulla ci lasciarono di scritto. Appena nel- 
l’ultimo terzo troviamo un Barac nel Littorale Croato, un 
Kolombatovic ed un Kosic in Dalmazia, tutti diligenti os- 
servatori e raccoglitori, ed ai quali cacciatori, pescatori, ecc. 
portano uccelli colti nei dintorni di loro dimora. Ove non ci 
sono collezionisti non se ne occupa neppure il basso ceto, 
che fa calcolo sul guadagno soltanto. Chi potrebbe p. es. 
mettere in dubbio, che nella vera invasione del 1887, du- 
rante la quale furono colti individui a Trieste, Fiume, Le- 

sina e Ragusa, non se ne ebbero in molti sulle numerose 
isole e scogli dell'Arcipelago Zaratino tanto simile all’'Arci- 
pelago Norvegico? Ma che ne farebbero quegli isolani, tutti 
contadini? Ma perchè sprecare una carica di fucile per un 
uccello di mare, che essi mai mangiano? Notisi che i meno 
hanno un fucile e non tirano per capriccio. Dunque non 
parliamo d’invasione nel senso di qualche moderno ornitologo, 
ma di assoluta mancanza di osservatori. Altra cosa si è na- 
turalmente quando trattasi di vere invasioni, come p. e. quelle 
del Pastor roseus, Syrrhaptes paradoxrus, ecc., ecc. 

Non sarà fuor di luogo corroborare questa spiegazione 
tolta anche da altro fatto. consimile, sebbene si tratti di uc- 
cello stazionario. 

Per molti anni la nostra collezione ornitologica patria 
non avea potuto procurarsi un Phalacrocorax Desmaresti, 
specie che i più di quelli, che s'occuparono d’ornitologia dal- 
mata confusero col Ph. carbo; molto raro in Dalmazia e 
Croazia, comune in Slavonia. La ragione n’è chiara. Gli 
isolani dalmati non che andarlo a cercare sulle coste diru- 
pate e sugli scogli disabitati, anche avendo occasione, non 
lo uccidevano. I cacciatori del ceto civile delle coste nep- 
pure, perchè ben sanno, che lo « Smergo » non è mangia- 


2922 SPIRIDIONE BRUSINA 


bile. A stento ho avuto un giovane esemplare, colto nelle 
reti, quando mi trovava sull’isola Uljan dirimpetto Zara; un 
secondo, se ben mi ricordo, dai dintorni di Spalato montato 
dal def. preparatore Suric. Appena quando l’amico Barac 
tissò sua stabile dimora a Fiume, nel corso degli anni me ne 
spedì più di un centinaio d’esemplari. È così che il Museo 
di Zagabria ne ha una serie di circa 70 esemplari, e ne ho 
fornito quasi tutte le scuole secondarie del regno, ne ho 
donati ai musei di Berna, Budapest, Firenze, Londra, Tring, 
Venezia, Vienna, ecc. Ci voleva l’amore del Barac al patrio 
istituto. Egli non solo con barche percorse in tutte le 
direzioni il Quarnero, ma finì col prendere in affitto pic- 
coli piroscafi. Ci voleva un cacciatore come Barac, il 
quale va a cercare questi uccelli nelle loro stazioni appar- 
tate, e sebbene non si sappia se più abili volatori, o più svelti 
nuotatori e tuffatori, non sfuggono alla sua mano maestra. 
Vedendo tanta copia d’individui in tutti gli abiti, di tutte 
le epoche dell’anno, vi fu chi voleva affermare una recente 
invasione da altre spiaggie. Nulla di meno vero. Come credo 
d'averlo dimostrato, mancavano osservatori, mancavano cac- 
ciatori, mancavano ornitologi. Il Phalacrocorax graculus abita. 
sempre le roccie e gli scogli delle coste ed isole della 
Croazia, Dalmazia, Montenegro ed Albania, ov’era ed è co- 
munissimo, mentre è rarissimo sull’opposte rive d’ Italia; le 
quali non confanno alla sua natura ed ai suoi bisogni. Tanto 
è vero che l’esimio cav. Luigi Paolucci, professore: all’ Isti- 
tuto tecnico di Ancona, nel suo contributo sull’avifauna delle 
Marche, pubblicato in questo medesimo Bollettino, giusta- | 
mente osserva, che d'inverno qualche esemplare perduto 
arriva e se ne sta alcuni giorni pescando fra gli scogli che 
si estendono da Ancona al monte Conero, per andarsene poi 
com'è venuto. Aggiunge poi come cosa degna di ricordo del- 
l'esemplare colto nell'inverno del 1877, che ho avuto il pia- — 
cere di vedere nella piccola ma bella collezione locale, 
messa su per precipuo merito del sullodato professore. Va 
notato, che uccello da noi comune abbandoni così di rado la 
sua dimora, portato certamente dalle bufere di levante dal- 


“ 
a 


MERE O I 


SULLE ALCHE, ECC. 223 
iis ee TT 
luna all'altra sponda, che pur non dista che di poche 
miglia. 

Ancor più rara e casuale è la sua comparsa alle coste 
venete. 

Già che mi trovo a parlare del /halacrocorax della 
costa orientale dell'Adriatico, mi si permetta ancor qualche 
digressione. Ripetutamente si scrisse sul valore specifico del 
Phalacrocorax Desmaresti in confronto del Phalacrocorax 
graculus dell’ Oceano Atlantico. È inutile che io vada qui 
ripetendo tutto quello che ne fu detto. Meno che meno trovo: 
necessario di trattare la cosa dal puro punto teorico con- 
sultando e confrontando autori; fatto sta che lo Smergo, o 
per meglio dire Marangone del Mediterraneo differisce asso- 
lutamente da quello dell’Oceano. Se ha da considerarsi quale 
specie, sottospecie o forma, l’è cosa secondaria. Per non 
parlare di differenze minori, la forma del becco, il ciuffo 
degli esemplari in abito di nozze, molto più grande e più 
ricco negli individui oceanici che non lo sia nei mediterranei, 


il colore verde metallico degli oceanici in confronto del 


colore verde nerastro, più opaco in quelli del Mediterraneo, 
lo fanno riconoscere a prima vista. Lo affermo in base al 
confronto d’esemplari oceanici con mediterranei della ricca 
‘collezione dei mio esimio amico il dott. Ettore Arrigoni degli 


‘ Oddi. Il grande ornitologo inglese Sharpe è pure della no- 


stra opinione, tanto è vero che non soltanto nel grande ca- 
talogo di 27 volumi degli uccelli del Museo Britannico a 
parte descrive il PA. graculus ed a parte il Ph. Desmaresti, 
ma anche nella sua bella Ornitologia Britannica descrive il 
primo soltanto, e si esprime con riserva sulla forma da me 
chiamata Ph. Desmaresti croaticus. Sia come si vuole, rimando 
il lettore, oltrechè al Sharpe, a quanto scrissero il barone 
Washington ed il dott. Schiavuzzi sui Marangoni del Quar- 
nero nel purtroppo cessato periodico ornitologico del dottor 
Madarasz di Budapest. A decidere definitivamente, se gli indi- 
vidui delle colonie adriatiche sieno o meno differenti e quanto 
dagli individui delle colonie della Sardegna; se la razza 
del Ph. Desmaresti croaticus sia 0 meno identica alla razza 


224 SPIRIDIONE BRUSINA 


———_—_—_—___& 


tipica sarda, devesi deciderlo dopo confrontato buon numero 
d'esemplari delle due regioni, essendo inutile ogni altra di- 
scussione fatta sopra libri, massime se meno originali, — in- 
tendo dire sopra descrizioni copiate l’ una dall’ altra — o 
fatte in epoca nella quale si poneva poca o nessuna atten- 
zione alle aree geografiche delle specie. 


Finalmente mi sia permessa un’ ultima digressione. Di 


recente si lesse col massimo interesse il bel lavoro di Rot- 
schild, Hartert e Kleinschmidt, col quale dimostrarono, che 
l’africano ed asiatico Geronticus, o Comatibis eremita abitava 
tempa addietro anche l'Europa, e nella stessa anche l « Il- 
lirico ». I detti tre autori dimostrano cioè, che l’uccello de- 
scritto e figurato dall’Aldrovandi e del quale dice: Phala- 
crocorar ex Ilyrico missus, vada cogli altri esemplari, de- 
scritti dall’Italia, dalla Svizzera, dalla Stiria, identificato al 
('omatibis eremita. In base a questo loro lavoro ho rivendi- 
cato il Geronticus eremita per la fauna slavo-meridionale e 
ne ho scritto nel giornale letterario-scientifico croato « Pro- 
svjeta », accettando del tutto il loro modo di vedere, che 
deve dirsi molto attraente. Trovo opportuno qui di aggiun- 
gere, che senza pretender punto di sciogliere la questione, 
oggi sono più propenso a credere, che l’ Aldrovandi .ebbe 
piuttosto dall’« Illirico » il vero e solito Phalacrocorar. Al mio 
modo di vedere si oppone la figura dataci dall’Aldrovandi, 


dal becco ben più lungo e curvo, dai piedi più alti e senza , 
membrana e dal ciuffo più discendente; ma tutta la figura 


è rozza ed è perciò dubbio se corrisponda. I disegnatori 
d'allora spesso copiavano, o ligi si tenevano a figure d’opere 
anteriori, e ben più di rado tenevano il modello sott’occhio. 
È certo che i Marangoni comuni ancora, erano allora ben 
più comuni sulle coste dell’Adriatico orientale. Il nome usato 
dall’Aldrovandi meglio corrisponde al Marangone, che chia- 


masì in islavo, o per meglio dire in serbo-croato Morovran; 


bellissimo vocabolo non punto tradotto, ma volgare, specie 
a Ragusa, e significa alla lettera Corvo marino. È adunque 
probabile, anzi verosimile, che l’Aldrovandi, grande natura- 
lista, primo, dell’epoca sua, in Italia, abbia inteso parlare dei 


SULLE ALCHE, ECC. 225 


neri corvi marini, comuni sull’altra sponda dell’Adriatico, ed 
abbia avuto modo di procurarsene uno. 

Questa si è una mia supposizione; ma non avendo ora 
a mia disposizione nè l’opere dell’Aldrovandi, nè altre d’au- 
tori italiani coetanei, o posteriori, non sono in caso di dilu- 
cidarla. Forse vorrà accingersi a farlo qualche collega, il 
quale potrà disporre dei necessarî mezzi bibliografici. 


Bollettino della Società Zoologica Italiana 15 


ISTITUTO ZOOLOGICO DELLA R. UNIVERSITA DI ROMA 
diretto dal Prof. A. CARRUCCIO 


CONTRIBUTO ALLO STUDIO DEI PARASSITI MALARICI NEGLI UCCELLI 


Dott. G. ROMERO, assistente : 


Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma 


NOTA 1°. 


La « Laverania Danilewshy » sì trova, come parassita, 
nel sangue di molti uccelli, che vivono in regioni malariche 
o che le hanno attraversate. È stata pochissimo studiata e se ne 
occuparono specialmente Grassi e Feletti (1), nell’anno 1892, 
in un loro studio sui parassiti malarici dell’uomo e degli uccelli. 

Essi, per lo studio in parola, sì servirono di metodi, che 
io ho voluto ripetere e dei quali mi occuperò specialmente 
in questa prima nota. ai 

Gli AA. esaminavano il sangue infetto, principalmente, 
con un procedimento che uno di essi (Grassi), in una sua 
recente comunicazione, ricorda col nome di « barbaro » (2). 

Dopo aver osservato che il nucleo dei parassiti mala- 
rici (e precisamente il « nodetto nucleoliforme ») e i fila- 
menti cromatici, si distinguono, talvolta, in preparati di san- 
gue a fresco, gli AA. aggiungono che detti elementi si pos- 


sono tingere con la maggior parte delle sostanze coloranti, 
usate, a tale scopo, in istologia (carminio, ematossilina, ecc.), | 3 
mentre la restante parte del parassita può restare affatto 
incolora o lievemente tinta; essi notarono, inoltre, che seil 
sangue, senza venir disseccato, si fissa con le solite sostanze 3 

(1) Atti dell’Accademia Gioenia di Sc. Nat. in Catania A. LXIX (189293), — 
$ IV, vol. V. = 

(2) G. B. Grassi. — Le recenti scoperte sulla malaria esposte in forma 


hi 


ari ciltarir ai 


popolare. Riv. di Sc. Biol. 1899. 


Pali, - 


CONTRIBUTO ALLO STUDIO DEI PARASSITI MALARICI NEGLI UCCELLI 227 


(ac. osmico, liq. di Flemming, ac. picro-acetico, sublimato, ecc.) 
la colorazione si verifica difficilmente, in ogni caso non è 
mai intensa. ; 

Essi ottennero buoni preparati col metodo di Nikikoroff, 
modificato da loro, cioè lasciando essiccare all’aria il vetrino, 
strisciato col sangue, immergendolo, quindi, subito in etere e al- 
cool (aa), a cui aggiungevano qualche goccia di acido acetico. 

* Soddisfacenti risultati ottennero pure: mescolando ben 
bene una piccola quantità di sangue malarico, raccolto sul 
vetrino portaoggetti, con un po’ di acqua distillata e met- 
tendo quindi il preparato in camera umida per 15'-20' mi- 
nuti: esponendo, quindi, ai vapori di acido osmico e aggiun- 
gendo, in ultimo, una goccia di ematossilina, di picrocarminio 
o di carminio alluminato. Dopo qualche ora avevano una buona 
| colorazione dei parassiti malarici. Il carminio acido di Brass, 
direttamente aggiunto al sangue e consecutiva fissazione ai 
vapori di acido osmico, diedero anche buoni risultati. 

Ma il metodo, secondo gli AA., più semplice, comodo e 
alla portata di tutti, sarebbe il seguente [(1) pag. 13): 

« Si mette sul vetrino portaoggetti una goccia di solu- 
zione allungata di bleu di metilene o di fuxina (una goccia 
di soluz. alcoolica satura in tant’'acqua distillata, quanta ne 
contiene un comune vetro da orologio), indi, raccolta una 
piccola goccia di sangue malarico, sul vetrino coprioggetti, 
si lascia cadere questa sopra la goccia del liquido colorante. 
Per mescolare i due liquidi. basta sollevare da un lato il ve- 
trino coprioggetti e lasciarlo ricadere. Allora il preparato è 
ben riuscito, quando appare del tutto trasparente ». 

Gli AA. affermano che con questi metodi si ottiene, di 
solito, il corpo nucleoliforme intensamente -colorato e così 
pure i filamenti di cromatina, quando se ne trovano. La 
membrana del nucleo può o non apparire colorata e così 
pure il protoplasma. In ogni caso il corpuscolo nucleoli- 
forme resta assai più intensamente colorato del resto del 
parassita. 

Io ho voluto iniziare il mio studio servendomi, anzitutto, 
di questo metodo d’indagine usato da Gr. e Fel. 


298 G. ROMERO 


ld 


Mi sono a tal uopo esclusivamente servito di sangue 


di piccioni viaggiatori, contenente la Laverania Danilewsky, 
e l’ho esaminato prima a fresco e poi col procedimento so- 
pradescritto. 

Osservando il parassita in parola, in preparati di sangue 
a fresco, mediante ingrandimenti molto forti (Obb. apocr. 
imm. omog. 1.5 mm. Koritska = De. comp. 8), a diaframma 
semi-chiuso, l’intero corpo del parassita, che si direbbe; a 
prima vista, perfettamente omogeneo, appare, invece, più 
scuro nel suo centro e ponendo mente alla disposizione del 
pigmento ai poli, sì riceve l’impressione come se esistesse 
una differenza di struttura fra il centro e gli estremi del 
parassita, o, meglio, si direbbe che un ostacolo obblighi il 
pigmento a mantenersi ai poli. Con un’osservazione più at- 
tenta appare effettivamente esistere nello spazio centrale, 
libero da pigmento, una struttura diversa da quello del resto 
del corpo del parassita : mentre, cioè, lo spazio occupato 
dal pigmento è quasi perfettamente trasparente, meno qual- 
che lievissima ombreggiatura, nel bel mezzo si vede che il 
tono bianco grigiastro del corpo del parassita è più cupo e, 
quasi sempre, si riesce a distinguere una speciale configu- 
razione del centro istesso: per lo più si tratta di una figura 
rotonda, o ovoidale, o triangolare, o quadrangolare, ovvero 
irregolarmente sinuosa, la quale, però, così ossevata non 
appare mai nettamente in tutte le sue linee. 

Le identiche impressioni si ricevono anche quando il 
pigmento si trova, non più relegato ai poli, ma sparso lungo 
tutto il corpo del parassita. 

Per applicare il metodo, preconizzato da Gr. e Fel. mi 
sono servito di molte sostanze coloranti, sciolte in acqua di- 
stillata : ho preferito, per le mie ricerche, di usare esclusi- 
vamente il bleu di metilene. 


Servono bene anche: il verde malachite, il verde di metile, la fuxina, la 
safranina, talvolta anche la tionina e altre, però nessuna di queste aniline dà 
i risultati del bleu di metilene : io mi sono servitv sempre del Bleu di meti- 
lene BX di Meister, Lucius e C.: sono però anche ottimi i BB e BX di Grù- 
bler, Bayer, Merk, ecc. : 


wo 


PT RI RIT RTRT et, RR PETS OI 


CONTRIBUTO ALLO STUDIO DEI PARASSITI MALARICI NEGLI UCCELLI 229 


L'esperienza mi ha insegnato che il successo delmetodo 
dipende principalmente dalla densità della soluzione colo- 
rante e dalla proporzione che deve esistere fra la quantità 
di sostanza colorante e quella di sangue, che vi si aggiunge 
e inoltre, che è sangue, uscendo dai vasi, deve venire in con- 
tatto del liquido colorante, il più rapidamente che sia pos- 
sibile. La soluzione da me usata, è composta di: 

Bleu di metilene B X (Meister. Lucius) soluz. 
acquosa satura . i gocce V 
Acqua bidistillata . ; Cos 10. 

Circa la proporzione fra sangue e soluzione colorante, i ‘ 
migliori rapporti apparvero i seguenti : 

Sangue p. 1 — Soluz. color. p. 8 - 10 - 15: 

Invero, le prove eseguite, aggiungendo in un tubo da 
saggio i due liquidi, nelle dette proporzioni, riuscirono sempre 
bene, però ho trovato più comodo e più rapido l’operare 
più empiricamente, pur restando nelle suddette proporzioni. 
Poichè gli insuccessi furono molto rari,«ho proceduto, ordi- 
nariamente, come segue : Si fa cadere sul retino portaog- 
getti una goccia di soluzione colorante, da una pipetta, 
avente l’apertura di circa !/, mm. all’estremità affilata molto 
lunga (2 cm. e più); si immerge, quindi, l'estremità di un ago 
di vetro (la cui punta si termina in forma di piccolo bot- 
tone, anch’esso di !/, mm. di diametro) in una piccola fe- 
rita recentissimamente praticata sulla pelle dell'animale, si 
raccoglie, così, tanto sangue, quanto basta per coprire il bot- 
tone di vetro terminale, si tuffa immediatamente questo nella 
goccia di soluzione colorante, sul portaoggetti, avendo cura 
di rimescolare il tutto accuratamente con lo stesso ago di 
vetro: si fa cadere il coprioggetti sul liquido — si osserva : 
il preparato, allora, presenta, a luce incidente, una lievissima 


tinta cerulea. — Si compie la stessa operazione con altri 
portaoggetti, antecedentemente preparati, onde poter fare una 
serie di esami. — I preparati, così fatti, non sono perma.- 


nenti: durano però, inalterati, per qualche ora e anche più. 
Esaminando questi preparati, risalta subito all’occhio 
come tutti i parassiti, pur restando aderenti al globulo, si 


sa, 


230 G. ROMERO 


sieno rigonfiati, ma non tutti ugualmente e si può osservare, 
cioè, da un semplice accenno al rigonfiamento fino ad un 
vero scoppio del parassita, tutte le graduazioni che si possono 
avere fra questi due limiti; però, in ogni preparato, prevale 
un tipo principale di rigonfiamento, appartenente ad uno degli 
stadi di questo e cioè, quando in un preparato la maggio- 
ranza dei parassiti è solo discretamente rigonfiata, se ne pos- 
sono trovare alcuni di essi, che accennano solo al rigonfia- 
mento, mentre altri lo hanno subìto fortemente, fino a scoppiare, 
e viceversa. 


Quanto ho ora descritto, può dipendere de diverse cause : sopatutto bi- 
sognerà riferire il fatto alla diversa resistenza, che presentano i d:tti parassiti, 
all’azione del liquido colorante usato : e, più precisamente, la loro maggiore o- 
minore resistenza è in rapporto con la loro grandezza e, verosimilmente, con 
la loro età: infatti, e forme più piccole e, quindi, anche più giovani, ne! maggior 
numero dei casi, si rigonfiano meno, 0, meglio, presentano una maggiore resi- 
stenza. — Gr. e Fel. poi, affermano che con l’acqua distillata si uccidono i 
parassiti malarici: se, infatti, si aggiunge la soluzione colorante al sangue, se. 
guendo il procedimento al microscopio, si osserva che i parassiti si rixonfiano 
istantaneamente, appena vengono a conta:to dell’acqua distillata e che detto 
ri sonfiamento, di qua unque grado esso sia, non vien mai preceduto da aleun 
movimento resttivo da parte del parassita; lo stesso pigmento che in molti 
altri casi (di cui parlerò in altra mia comunicazione) presenta un marcatissimo 
movimento browniano, nel caso dell’acqua distillata non accenna al minimo 


movimento, si sposta, solo, più o meno lateralmente, a seconda che più o meno - 


si rigonfia il parassita e come ho dettu dinanzi, il blocchet'o che esso forma 
ai poli, tende a mettersi in linea. In quanto, poi, a ciò che dicono i due AA.: 
« Noi non sappiamo spiegarci come agisca sui parassiti malarici il liquido che 
viene a formarsi, aggiungendo al sangue acqua distillata, ». mi meraviglio come 
essi non abbiano subito pensato che l’acqua dis illata, deve avere azione 
ipotonica sul parassita e che essa penetra in esso per erdosmosi, rigonfian- 
dolo e, quindi, permettendo una squisita colorazione del nucleo, quando essa 
azisce, introducendo con sè, nel parassita, anche una sostanza colorante, elet- 
tiva per il nucleo, e che per colorare non richiede trattamenti preventivi, nè 
con liquidi fissatori, nè con mordenti. c 

Va, poi, rammentato quanto Galeotti (1), potè cuvnstatare nei suoi esperi- 
menti sulla colorabilità delle cellule viventi. — Infatti: col metodo di Gr. e Fel . 
si ottiene una colorazione molto evidente del nucleo, megtre il protoplasma 


(1) GaLEOTTI G. Ricerche sulla colorabilità delle cellule viventi. Zeit. f. viss 


Mik. Bd. XI: p. 172-207. 


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CONTRIRUTO ALLO STUDIO DEI PARASSITI MALARICI NEGLI UCCELLI 231 


resta affatto incoloro o solo molto leggermente colorato; ebbene, secondo le 
ricerche di Galeotti, le cellule viventi non si colorano mai totalmente, perchè 
4a energia vitale, che è an ora in esse, impedirebbe la diffusione delle solu 
zioni coloranti nell'interno del protoplasma — ed egli avrebbe pure constatsto 
che, verificandosi alcune condizioni, sì possono colcrare, nelle cellule vive, soho 
alcunì elementi e, precisamente, quelli che non prendono alcuna parte attiva 
nella funzione cellulare (essendo rinchiusi nel citoplasm?, come sostanze nutri 
tive immagazzinate 0 come prodotti di una elaborazione secretoria e destinati 
ad essere espulsi) e quindi la colorazione parzi.ile di una cellula vivente ci in- 
dieherebbe che le parti colorate non posseggono alcuna vitalità: inoltre, avrebbe 
pure rilevato, che le condizioui necessarie, affinchè si verifichino le coloraz'oni 
parzia'i, sarebbero sopratutto la nessuna azione tossica delle sostanze coloranti 
usate, sui protcplesmi cellulari, la elettività, da parte degli elementi da colo- 
rare, poi la sestanza colorante che si adopera e la stabilità di questa di fronte 
aì poteri riduttivi delle cellule viventi e quindi, secondo il Galeotti, protoplasmi 
e nucli non si lascerebbero tingere dalle sostanze coloranti, finchè Ja cellula 
è viva. Bisogna pure tenere in conto che Ia colorazione delle cellule viventi 
dipende, nella sna riuscita, da condizioni speciali in cui può trovarsi la mem- 
brana cellulare. Non è qui il caso di discutere tutte le teorie contrarie della 
permeabilità cellulare e sui metodi escogitati per svelarne il meccanismo ; sta 
di fatto che mo!tissime cause possono modificare, in tempi diversi, la permea- 
bilità di una stessa membrana. — Nel caso nostro, molio certamente l’ acqua 
distillita uccise il parassita malarico, meccanicamente, penetrandovi per endo- 
sinosi e permettendo così la colorazione delle parti di esso che non sono più 
vive: nel caso nostro il nucleo, molto verosimilmente, il protoplasma stesso del 
parassita conserva ancora per qualche tempo quel tanto di energia vitale, suf- 
ficiente a resistere contro l’ azione ipotonica che su di esso spiega l’acqua di- 
sbllata, contenente il bleu di retilene: infatti, dopo qualche ora, nei parassiti 
così trattati, il protopl:sma presenta una struttura vescicolare marcatissima, 
che si può ben distinguere, pel colore turchino che hanno assunto i contorni 
delle vesci ole: fatto, quest», che raramente si verifica in preparati appena 
fatti. In quanto alla tossicità del Bleu di metilene, non mi pare che non se ne 
debba tener conto: anzitutto la quantità usata è minima e poi il fenomeno si 
avvera perfettamente, anche quando si usa la sola acqua distillata 0 si espone 
il sangue ai vapori di questa. 

E In ultimo farò notare che: /a soluz. acquosa di bleu di metilene du m: 
| usata non agisce più, nè rigonfiando né colorando i nuclei dei parassiti, 
qualora rî si aggiunga del Cloruro di Sodio, in proporzioni che rendano la 
soluzione in parola îsotonica 0 ipertonica per i parassiti malarici: nel primo 
caso (isotonia) i parassita resta tale e quale e nulla si colora in esso (mentre 
i nuclei dei globuli rossi si colorano magnificamente in azzurro): nel secondo 
| (ipertonia) sî ha un forte raggrinzamento tanto del globulo come del paras- 
| sita. — E quindi, conchiudendo: l’acqua distillata (pura o contenente, in stato 
di soluzione, una sostanza colorante, nelle proporzioni suindicate), messa a con- 


232 G. ROMERO 


t:tto dei parassiti malarici, ancor vivi, li rigonfia e, quindi, li uecide, penetrando 
in essi per endosinosi, 


Dunque, il metodo in parola, se adoperato a caso, è estre- 
mamente capriccioso, nella sua riuscita; assoggettato alle re- 
gole da me indicate e che sono anche molto semplici, riesce 
costantemente. 


Come già ho accennato, Grassi definiva, ultimamente (2) il suo metodo 
all’acqua distillata: barbaro. — Effettivamente non lo si può considerare come 
un metodo citolagico squisito, nè credo sia conveniente adottarlo, come metodo 
unico, in queste ricerche: però, esso, debitamente controllato cen altri metodi 
(non so, però, come dirò in altra mia nota, se più squisiti e sicuri di esso) può 
rendere buoni, anzi ottimi servizi. D’altra parte l’esame, di una cellula, a fresco, 
facendo agire p. e. il verde di metile sciolto in soluzione acquosa di acido ace- 
tico, non è forse altrettanto barbaro? — Mentre con l’acqua distillata noi operiamo 
più meccani :amente che chimicamente sulla cellula vivente, con l’acido acetico, 
noi otteniamo lo stesso risultato, che ci dà l’acqua distillata (rigonfiamento), ma 
l’acido in parola, esercita certamente sulla cellula, o meglio, sui componenti di 
essi, un’azione chimica rilevante, che dall’acqua stillata non si deve affatto 
temere. 


All'esame dei preparati, ottenuti con le norme soprain- 
dicate, risulta quanto segue : qualunque sia il grado di rigon- 


fiamento subito dai parassiti, questi non abbandonano mai il 
globulo a cui sono fissati: essi invece si limitano a proten- 


dere oltre i limiti del globulo, quando questo si è rigonfiato 
meno di loro. 


I globuli rossi, nei preparati da me es \minati, portassero o no il parassita, 
si mostrarono anch’essi rigonliati, però sempre meno del parassita e in quei 
preparati, in cui si trovavano molti parassiti scoppiati, tutti i globuli rossi si 
presentavano, non più ellittici, ma rotondeggianti. A contatto della soluzione co- 


lorante in acqua distillata, il loro protoplasma si scolorava sempre completa- 
mente, mentre il nucleo si colorava in azzurro carico. Nei preparati, in cuì i 


parassiti sì erano solo moderatamente rigonfiati, i globuli rossi mostravano di 
aver subito quasi nessuna «lterazione. 


Prendendo in esame parassiti mediocremente rigonfiati, 


si osserva che essi hanno perduto la loro forma semilunare, 
per assumerne una ovoidale, per lo più, abbastanza regolare: 


i * È 
TIPI VENI E IZ I I O: e APC * 


PI VA PAPA PREPOSTE. CERTI VETRI 


gate 


=; 


CONTRIBUTO ALLO STUDIO DEI PARASSITI MALARICI NEGLI UCCELLI 233 


i granuli di pigmento si sono allontanati gli uni dagli altri 
e invece di costituire dei blocchetti, tendono a mettersi in 
linea. 

Comunque essi si trovino disposti, prima del procedi- 
mento, o largamente sparsi lungo il corpo del parassita o re- 
legati ai poli, essi tendono ad allinearsi alla periferia del pa- 
rassita, lasciando sempre completamente libero, lo spazio 
centrale di questo. 

Nel mezzo del parassita, risalta il nucleo vescicolare, 
composto di una sottile membrana circolare, che contiene 
il « nodetto nucleoliforme » di Gr. e Fel., sempre inten- 
samente colorato in azzurro e che si presenta sotto diversi 
aspetti: rotondeggiante, ovoidale allungato, ovvero triango- 
lare o quadrangolare: nei primi due casi esso non giace mai 
nel mezzo della membrana, per lo più è situato lateralmente, 
accanto alla parete interna della membrana: nel terzo e 
quarto caso, dagli angoli delle figure triangolari e quadran- 
golari, partono dei sottilissimi filamenti, che si portano di- 
rettamente verso la periferia, fino a raggiungere la membrnna 
istessa; essi si mostrano intensamente colorati alla loro ori- 
gine e meno colorati o anche affatto incolori alla periferia, 
né mi fu mai possibile di determinare in questi preparati, 
che rapporti contraessero, questi filamenti, con la membrana 
nucleare. — Altra volta, poi, it « nodetto nucleoliforme » pre- 
senta la figura di un centro, piuttosto ampio, dal quale si 
irradiano parecchi fili, che, come i precedenti, vanno a rag- 
giungere la membrana del nucleo: ne ho potuto contare, in 
un solo nucleo 5, 9 e anche più; però è molto difficile il con- 
tarne più di 6-7. 

Il metodo in parola, mi ha, dunque, permesso di vedere, 
«molto più chiaramente, ciò che avevo osservato nel parassita, 
a fresco e senza alcun sussidio tecnico. Effettivamente, come 
descrissero Gr. e Fel., il parassita malarico in questione è 
provvisto di un nucleo « vescicolare », nel quale si contiene 
un « nodetto nucleoliforme ». Nei parassiti scoppiati, il nucleo 
fuoriesce fermandosi sempre a breve distanza dal parassita 
istesso : in questi casi mi fu ancor più facile il constatare la 


x 


234 G. ROMERO 


natura vescicolare del nucleo, però, il nodetto nucleoliforme, 
in questi casì stessi, si presentava sempre rotondeggiante 0 
ovalare allungato: raramente ho potuto osservare nuclei 
fuoriesciti, in cui il nodetto avesse la forma triangolare o 
quadrangolare o raggiata: anzi, i parassiti che presentavano 
nel loro nucleo nodetti di queste ultime forme, dimostrarono 
una resistenza maggiore degli altri all’azione dell’acqua di- 
stillata. i 
Rapportando le figure da me osservate alle figure date 
in una tavola a colori annessa al lavoro. di Gr. e Fel. (1), 


per quanto si concerne il contenuto nucleare, ho potuto rile- 


vare quanto segue: 

Il « nodetto nucleoliforme » si presenta nella Lav: Da- 
nilewsky del piccione: rotondeggiante, come nelle figure del- 
l'Haemamoeba malariae (quartana), della Laverania malariae 
(adulta), della Laverania Danilewski (della civetta e del pic- 
cione), secondo Gr. e Fel. 

Ovalare allungato: come lo si Eni in altre figure degli 
stessi 4 casiì sunnotati. 

Si presenta anche: triangolare (con tre filamenti che 
vanno a raggiungere la membrana) come Gr. e Fel. lo dise- 
| gnarono nell’ Haemamoeba malariae (nelle altre figure, date 
dai due AA. per la Laverania malariae, L. Danilewsky (ci- 
vetta e piccione) esso vi è figurato : rofondeggiante ; ovvero: 
quadrangolare, con quattro filamenti, come precisamente Gr, 
e Fel. descrivono e figurano in due individui di Haemamoeba 


malariae (quartana; fase negativa) e in un individuo di 


L. Danilewsky, nella civetta. 

In ultimo esso può essere rappresentato da un asiola 
della stessa grandezza di quelli precedentemente descritti (e 
anche maggiore), da cui si parte un numero variabile di fila- 


menti (da 5-9) come Gr. e Fel. hanno figurato per lH. viver. % G: 


(terzana) e per la L. malariae, adulta. 


Gr. e Fel. nel descrivere la Laverania Danilewsky, defini- —— 
scono il nucleo di questa per lo più, ovalare- allungato : ef-— 
fettivamente si trovano col metodo da me e da essi usato, 
molti nuclei ovalari allungati, ma se ne trovano anche molti 


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CO NTRIBUTO ALLO STUDIO DEI PARASSITI MALARICI NEGLI UCCELLI 235 


perfettamente rotondi, e sono precisamente quelli che con- 
tengono i nodetti triangolari, quadrangolari e raggiati, che 


“non ho mai distinto nei nuclei ovalari. 


Secondo quanto ho potuto osservare in queste mie prime 
ricerche, havvi molta probabilità che la forma del nucleo 
possa dipendere, in generale, dalla forma del nodetto nucleo- 
liforme, che esso contiene; infatti: quando si fanno rigon- 
fiare i parassiti, con l’acqua distillata, la membrana nucleare 
(evidentemente rigonfiata anch’essa)si presenta perfettamente 


“circolare quando il nodetto è rotondo o allungato, mentre 


conserva sempre una forma un po’ ovalare, quando, a ttaccati 
al nodetto, appaiono anche i filamenti, e, specialmente, 
quando questi filamenti sono più di tre. 

Molto probabilmente, poi, siamo in presenza di varie 
fasi di vita del parassita : infatti il nodetto è molto ridotto, 
nelle sue dimensioni, nelle forme più piccole, mentre in quelle 
mediane è triangolare o quadrangolare, per mostrarsi quasi 
sempre ovalare allungato o rotondeggiante nelle forme più 
grandi del parassita, e lo è costantemente in quelle che hanno 
il pigmerto sparso su tutta la loro superficie. 

Si può quindi concludere: che la Laverania Danilewsky, 
nel piccione, presenta un nucleo vescicolare a contenuto po- 


 limorfo, che, messo in evidenza con il metodo applicato a 


queste ricerche, sembrerebbe segnare, con le sue diverse fi- 
gurazioni, altrettanti stadi di sviluppo del parassita, nel san- 


| gue circolante. 


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SOCIETÀ Z00LOGICASTTALDOSB 


CON SEDE IN ROMA 
PARTE UFFICIALE 


RENDICONTI 


Adunanza generale del 20 luglio 1901. 


Presidente prof. An/onio Carruccio. L’adunanza è aperta alle 
ore 17, nell’aula delle lezioni di Zoologia della R. Università. 

Il Presidente comunica dapprima due lettere ufficiali che gli 
sono pervenute da Berlino, ed un’altra dal nostro Ministero della P.I. 
per mezzo del Rettorato. In esse la nostra Società è gentilmente 
invitata a prender parte al prossimo Congresso internazionale. 
che si terrà nella capitale della Germania. Il Presidente fa noto 
che per gravissima malattia di persona cara, appartenente alla 
di lui famiglia, non può questa volta allontanarsi da Roma come 
fece per il precedente Congresso internazionale tenuto a Cam- 
bridge. Prega quindi tanto i colleghi del Consiglio direttivo come 
gli altri membri della Società, i quali intendano di prender parte 
al Congresso Zoologico in Berlino, di darne partecipazione, an- 
che in questa stessa adunanza. Dai presenti vien dichiarato che 
nessuno vi si può recare, trovandosi in quei giorni impegnati 
altrove. Il Presidente avute queste dichiarazioni, propone che 
sia pregato l'illustre prof. Moebius, direttore del Museo Zoologico 
imperiale di Berlino, e membro onorario della nostra Società, 
di rap resentare la medesima. Viene inoltre proposto che la let- 
tera di rappresentanza sia consegnata dai nostri egregi consoci 
prof. Bonomi di Rovereto e dott. De Marassovich di Scardona, i quali 
hanno gentilmente scritto di mettersi a disposizione della Società, 
qualora possano recarsi al predetto Congresso internazionale. 

Le proposte sono accettate all'unanimità. 

Il Presidente comunica poscia la lettera inviatagli dal primo 
Aiutante generale di S. M. il Re, per ringraziare la Società del- 


l’invio del primo e secondo fascicolo del Bollettino dell’anno X, 7 


serie II, 1001. 


) 


RENDICONTI 237 


Ù istesso prof. Carruccio, prende poi la parola per illustrare 
il più largamente possibile il bellissimo esemplare aduito di E7t- 
gnathus barbatus Fab. ucciso da S. M. la Regina Elena, presso 
le coste dello. Spitzberg. 

Dopo avere accennato ai caratteri morfologici che distin- 
guono il genere e la specie, che non erano menomamente ra)» 
presentati nella Collezione generale del Museo, fa cenno di quanto 
i principali scrittori hanno affermato sui costumi, sulla distri- 
buzione geozrafica e via dicendo di questa notevole Foca, che 
spera verrà presto collocata in una speciale e nuova vetrina, 
dove verranno ordinati gli esemplari di tutte le specie nordiche 
donate da S. M. il Re. 

Il dott. Romero comunica dopo il suo lavoro, che è un con- 
tributo allo studio dei parassiti malarici degli uccelli. 

La dottoressa Carmela Losito presenta tre diverse comuni- 
cazioni: la prima sovra una nuova specie del genere Diaptomus 
Westwood; la seconda sopra Osservazioni fenolooiche sulla 
fauna pelagica del lago di Bracciano, e la terza di Tecnica car- 
cinologica. A nome del socio corrispondente sig. Santoro Sili- 
pigni di Messina, sono dal Segretario presentate due comunica- 
zioni: una riguardante il digiuno, e l’altra : ZL caso e gli organi 
atavici anamotopi. 

In appresso chiede la parola il consigliere prof. Neviani del 
R. Liceo Ennio Quirino Visconti, e largamente svolge una pro- 
posta da farsi a S. E il Ministro della P. I. circa alcune modi- 
ficazioni che sarebbe opportuno ed utile d’introdurre negli articoli 
8, 11 e 27, del Regolamento per i Licei ed Istituti tecnici, arti- 
coli riguardanti in modo speciale i gabinetti di Scienze Naturali, 
annessi ai predetti Licei e Istituti. 

Il Presidente trova molto plausibili le ragioni svolte dal 
prof. Neviani, che ha così buona esperienza in proposito, ed ag- 
giunge fatti e considerazioni in appoggio alle verità esposte dal 
consocio Neviani. Anche il prof. Tuccimei ed il dott. Tiraboschi 
prendono la parola per approvare la proposta del Neviani, sug- 
gerendo qualche aggiunta o modificazione, le quali insieme alla 
proposta del prof. Neviani vengono approvate a voti unanimi. 

Delibera quindi che la proposta sia a nome della Società tra- 
smessa al Ministro della P. I., e che venga pubblicato il breve 
memoriale compilato dal prof. Neviani.. 

. Alle ore 19 viene tolta l’adunavza. 
Il segretario 
Dott. G. RomeERO. 


238 RENDICONTI 


Adunanza generale dell'8 dicembre 1901. 


Presidente prof. Antonio Carruccio. L’adunanza è aperta 
alle 10 ant. nell’aula delle lezioni di Zoologia della R. Università. 

Il Presidente prima di tutto rivolge un sincero saluto a tutti 
i consoci presenti, dicendosi lieto di ricominciare con essi, dopo 
le trascorse ferie, i lavori di una nuova sessione, che spera sia 
per essere proficua. Ringrazia poi quanti nello scorso settembre 
presero parte al gravissimo dolore di lui e della famiglia per la 
perdita di una diletta figliuola. 

Presenta quindi una serie numerosa di pubblicazioni scien- 
tifiche pervenute alla Società, in dono od in cambio, da molte 
parti d'Europa, d'America, ecc., nel passato trimestre, e pro- 
clama i nuovi tre soci conte Emilio Ninni, dott. Carlo Tirabo- 
schi e Franchetti Orsio, laureando in scienze naturali. 

Presenta pure nuovi doni inviati da S. M. il Re Vittorio 
Emanuele III per le collezioni zoologiche del Museo, cioè due 
bellissime Aquile reali (Aquila chryscetos) delle montagne d’Aosta, 
una 7alpa europaea del regio parco di Stupinigi, ed uno Scolo- 
pax rusticola, entrambi notevoli qua'i varietà. 


Aggiunge che nel trascorso mese poteronsi sistemare assai 


bene le collezioni importanti di Borneo (Sarawak) donata dal 
compianto Re Umberto, e dello Spitzberg, donata da S. M. il Re 
Vittorio Emanuele III e dalla Regina Elena. Tale sistemazione 
fu possibile, grazie a nuovi e grandi scaffali costruiti con assegno 
straordinario, il quale con savio provvedimento fu concesso dal- 
l’attuale Ministro della P. I., l’on. Nasi. A! medesimo dobbiamo 


dunque essere molto riconoscenti; e così del pari verso la Facoltà 


di scienze, la quale, sui fondi universitari, lla concesso altro 0p- 
portuno assegno al nostro Museo. 

Il Presidente dà poi la parola al comm. Fortunato Rostagno, 

che proseguendo nel suo studio «dei Lepidotteri italiani, espone 
i criterii che segue per la classificazione della quarta SEA 
precisamente delle Geometre. 

Viene poi comunicata una memoria del prof. Brusina, diret - 
tore del Museo Nazionale di Zoologia della Università di Zagreb, 
sull’A/ca torda della Dalmazia e Croazia, e sulle pretese inva- 
sioni del Phalacrocorax. Alla sua volta vengon fatte le comu- 
nicazioni del dott. De Stefano Giuseppe sulla A/ectryonia syphax; 
del dott. Giuseppe Tiraboschi: Metodi per la colorazione difteren- 


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RENDICONTI 239 


ziale delle neurofibrille di Ap:ithy, e del dott. march. Giuseppe 
Lepri: sugli Imenotteri della provincia di Roma, il quale però 


proseguìrà in àltra adunanza. 


Il Presidente prima di sciogliere l'adunanza comunica let- 
tere e cartoline del prof. Bonomi e del dott. De Marassovich, i 


quali forniscono alcune precise informazioni sul Congresso zoolo- 
gico internazionale di Berlino, cui hanno preso parte, compia- 


cendosi che la nostra Società sia stata rappresentata dall’ illu- 
stre prof. Moebius. 

Infine l’istesso Presidente dà lettura del telegramma che ha 
ricevuto da S. E. il senatore generale Ponzio Vaglia, ministro della 
Real Casa, in risposta a quello trasmesso il dì 11 novembre 1901, 
in occasione dell’anniversario di S. M. il Re Vittorio Emanuele III. 
presidente onorario della Società Zoologica Italiana, con sede in 
Roma: | 

« Augusto Sovrano ringrazia V. S. e quanti erano rappre- 
sentati nell’omaggio cortese e devoto, giunto loro ben gradito ». 

« Il Ministro: Ponzio VAGLIA ». 


L’adunanza è sciolta a mezzedì e 10 minuti. 


Il Segretario 
Dott. G. RoMERO. 


SUP AIAR SERI 
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INDICE GENERALE 


DELLE MATERIE CONTENUTE NEL VOLUME X (1901) 
del Bollettino della Società Zoologica Italiana 


CON SEDE IN ROMA 


I. Memorie originali e comunicazioni scientifiche. 


Pag. 
A. AncELINI prof. Giovanni — Descrizione di una nuova specie di Frin- 
gillide emberizino « Paroaria Humberti » mihi, conservata nel Mu- 
seo Zoologico della R. Università di Roma. . ... . . . 17-19 


2. Bonomi prof. Agostino — Del Tasso (.Meles taxus) nel Trentino . 44 
3. Brusina prof. Spirinione — Sulle Alche, e in specie sull’ Alca forda 

della Dalmazia e della Croazia, e sulle pretese invasioni del Pha- 

LACHOCOPART A TL RON IRE TO I FS ETRE TORA 
4. Curreri prof. Giuserre — Osservazioni sulla struttura dell’ecto- 

derma dei Ctenofori (con tav. di fig) . . . . . . ‘+... 68-76 


5. Ibem Ipem — Sulla respirazione di alcuni insetti acquaioli . . . 77 86 
6. Damiani prof. Giacomo — Note ornitologiche dell’Isola dell’Elba 


(4899-1900) ET Le LEO ONE 
7. Di Srerano dott. Giuseppe — Osservazioni sull’Aleciryonia syphax 

(Coquand) +0. il ie ere SE NR ORE RIE GOA AIR 
8. Losito dott. CarmeLa — Osservazioni fenologiche fatte nel Lago di 

Bracciano air a rr TI 


9. Ipem IbeM — Su una nuova specie del gen. Diaptomus Westwood 150-164 
10. Ipem Ipem — Note di tecnica per lo studio degli Entomostraci . 165-171 - 
(1. NevianI prof. ANTONIO — Nuovi generi e sottogeneri di Radiolari 

e Briozoi italiani... ie RR INS O AE 
12. Romero dott. Giuserre — Contributo allo, studio dei parassiti ma- 

larici negli Uccelli.v=;3;" | aLe Rc 
13. Rostagno comm. Fortunato — Classificazione descrittiva dei Lepi- 

dotteri italiani (Tribù dei Cossidi, Cocliopodi, Psichidi, Liparidi, 

Bombicidi, \ecc.)\; (47 A RN IT 
14. Ipem Ipem — Idem Noctuidi (Tribù diverse) . . . . . ... 97122 


INDICE GENERALE 24 


Pag. 
15. SantoRO-SILIPIGNI GIOvANNI — Alcuni appunti sulla resistenza al 
e e e n e e n ATA 
16. Ipem Ioem — Il caso e gli organi atavici anomotopi . . . . . 176-188 
17. TrraposcÙi dott. CAarLo — Metodi per la colrazione differenziale 
delle:neurofibrille<dd-Apdthy". <P. 3-00. i ls 489-242 


II. PARTE UFFICIALE. 


Rendiconti delle adunanze. 


I. Adunanza generale amministrativa del 31 gennaio A901 — Pro- 
clamazione di nuovi soci — Relazione sommaria del presidente 
effettivo prof. A. CarRruccio sull» condizioni materiali e morali 
della Società durante il 1900 — Proclamazione di S. A. R. il 


È 


Duca degli Abruzzi a socio onorario — Nomina e conferma del 


(N°) 


Presidente e di 3 nuovi Consiglieri. ..-. . ...... I. 
2. Adunanza scientifica del 30 marzo 1901 — Ringraziamenti del Pre- 
sidente — Lettera di congedo del segretario dott. Condorelli 
nominato professore a Catania, telegramma e indirizzo al me- 
desimo — Lettera al prof. Giov. Paladino per l’invito trasmesso 
alla Società Zoologica in Roma per il convegno da tenersi in 
Napoli, e risposta dell’istesso prof. Paladino — Telegramma di 
ringraziamento e lettera di accettazione del Duca degli Abruzzi — 
Ringraziamenti del comm. Fortunato Rostagno e del prof. Mario 
Condorelli — Invito alla Società Zoologica Italiana con sede in 
Roma per prendere parte al Congresso Zoologico Internazionale 


di Berlino — Nomina a consigliere d-1 socio dott. Giuseppe 
Romero — Comunicazioni scientifiche dei prof. A. Carruccio, 
Angelini, Neviani, Bonomi e dott. Alessandrini . . . 2-5 


3. Adunanza scientifica del 22 maggio 1901 — Lettera di S. E. il Mi-. 
| nistro di Casa Reale, colla quale sì partecipa che S. M. il Re 
Vittorio Emanuele III accettò la presidenza onoraria della So- 

cietà — Proclamazione e discorso del presidente effettivo prof. 

A. Carruccio — Lettera del medico comm. dott. Quirico che 
annuncia al Direttore del Museo Zoologico Universita “io un im- 


242 e INDICE GENERALE 


portante dono reale di specie animali dello Spitzberg — Let- 
tera di S. E. il Ministro Nasi che accompagna la trasmissione 
di L. 100 per una medaglia d’onore in oro per un lavoro fau- 


nistico, e condizioni pel conferimento del premio — Altra ‘eitera . 


del Ministro che ringrazia pel dono di 9 volumi del Bollettino 
sociale — Proposta del conte Falconieri di Carpegna sulle co- 
municazioni scientifiche — Proclamazione di nuovi soci ordi- 
nari e straordinari — Visita al Museo Zoologico della R. Uni» 
verità: .--.:/---14 0 eSATA 
4 e 5. Adunanze scientifiche del dì 20 luglio e 8 dicembre 1901 — 
Comunicazione del Presidente — Presentazione di doni e cambi — 
Rappresentanza al Congresso Internazionale di Berlino — Annun- 
cio di un nuovo dono reale — Comunicazioni scientifiche — Pro- 
posta del prof. Nevianì e discussione — Proclamazione di nuovi 
soci — Telegramma del Ministro di Casa Reale . . . . 


III. Note bibliografiche. 


1. Su lavori poco noti concernenti lo studio di alcuni Briozoari del 
BertoLoNI e BroccHi (prof, Antomio NEVIANI) . . . . . +. 

2. Oscar Neumann. Die Genise der Abruzzen — Rupicapra ornata — 
(dott.-Ugo.Vram)=t. sc RR RE 


IV. Notizie. 


Udienza concessa da S. M. iL Re al Consiglio Direttivo della Società 
Zoologica Italiana... .:-.....0 


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ESTRATTO DALLO STATUTO 


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ART. 2. — La Società ha lo scopo di dare istruzioni, consigli, 
appoggi morali, e possibilmente aiuti materiali ai cultori della 
biologia animale anche nelle sue varie applicazioni; di pubblicare 
nei modi stabiliti dal regolamento un Bollettino contenente i reso- 
conti delle adunanze, le comunicazioni scientifiche d’indole biolo- 
gica, anatomo-fisiologica, embriologica, paleontologica e sistema- 
tica; e quelle altre notizie che possono interessare gli studiosi. 

ART. 3. — La Società è composta di tre categorie di soci: 

12 Soci ordinari, distinti in soci a tempo, i quali paghe- 
ranno lire Dieci all’anno, e soci a vita se pagheranno lire 200 
in una sola volta; 

22 Soci straordinari, i quali pagheranno lire Sette annue; 

52 Soci onorari italiani e stranieri, proposti dal Consiglio 
direttivo, scelti fra i più noti ed eminenti cultori degli studi 700° 
logici, od altrimenti benemeriti della Società. 

Tutti i soci hanno diritto alle pubblicazioni sociali. 


ABBONAMENTO PEI NON SOCI 


Figlia. La lire annue 


fe: pagamento anticipato 
Estero. . 15 » » 


Un fascicolo doppio separato L. 4 


Volumi arretrati: Italia L. 15 - Estero L. 18 (franchi di posta) 


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mi a della Società: Istituto ZooLogico - R. UNIVERSITÀ 


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