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BOLLETTINO
SOCIETÀ ADRIATICA
SUE NATURALI
IN TRIESTE
REDATTO DAL SEGRETARIO
AMEUSTO VIERTHALEB
VOLUME DUODECIMO.
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TIPOGRAFIA DEL LLOYD AUSTRO -UNGARICO
1890.
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NOTIZIE INTERNE.
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CONCRESSO GENERALE
della Società Adriatica di scienze naturali
tenuto il 26 Gennaio 1890 alle ore 12.
Presiede il Dr. Bartolomeo Biasoletto.
Presenti 30 Soci.
Il Presidente constatato il numero legale dei soci richiesto dalio
Statuto, apre la seduta colle seguenti parole :
»In questo giorno nel quale vi raccogliete in quest’aula, palestra
delle nostre scientifiche elucubrazioni, onde confermare col vostro
voto la nostra operosità durante l anno accademico che oggi ha
termine, è obbligo mio di darvi in generale un rapido sguardo
retrospettivo sulla nostra attività. Non potrò quindi enumerarvi se
non per sommi capi gli svariati argomenti che anche in quest’ anno
si svolsero, i quali se non furono molto numerosi, richiesero pa-
zientissimi studî e severissime indagini dagli eminenti e diligenti
cultori che li porsero.
Una ben riuscita monografia dell’ albero sacro a Minerva,
l’olivo, ci fece ricordare la storia e le leggende, monchè ci additò
le contrade che egli fece felici con la sua comparsa, apportatrice
di pace e di lavoro; ci espose i modi di spremere dai suoi frutti
il benefico olio, tanto nelle tarde etadi come ai tempi moderni e
infine ci rammentò dei lucrosi commerci e delle sofisticazioni cui al
presente esso va soggetto per troppa avidità di lucro. — Eruditis-
simo lavoro sull’antico corso del fiume Sonzio, tanto nell’ epoca
MRS n
preghiacciale quanto nella postghiacciale, interessò moltissimo. —
Misteriosi suoni ci sorpresero partenti dalle fiamme cantanti, sì bene
dimostrate, con tubi di differente diametro e sostanza. La chimica
armata delle sue fiamme e cristalli ci presentò vari nuovi apparati
atti a dimostrare con maggiore chiarezza gli assiomi di questa
scienza ed altri di precisione per servire più accuratamente alla deter-
minazione delle severe sue leggi. Le grotte trogloditiche del nostro
altipiano, narrarono come nella notte de’ secoli anteriori alla storia,
esse servivano in prima a dar ricovero alle belve feroci delle selve
primitive che ubertose verdeggiavano sugli or aspri dumi della nostra
Carsia, e che poscia servivano di albergo all’uomo aborigeno; i nume-
rosi oggetti rinvenuti e da esso industriosamente lavorati dalle ossa
animali e dalla dura selce, ci diedero prova della prima rozza
coltura che regnava in allora nelle nostre contrade. — Un esau-
rientissimo lavoro sopra le linee di forza magnetica palesate in
tutte le loro fasi mediante i ben riusciti fantasmi magnetici, pose
fuor di dubbio, con tutta evidenza, come l’ anello concentratore
ideato dal Puccinoti, fu di base essenziale alla costruzione delle
macchine di Gramme e di Smie, che forniscono ora i fulgidi raggi
della luce elettrica.
Altre dissertazioni stan per seguire pria che termini la sessione
invernale, le quali avrebbero continuato se oggi non fosse stato
doveroso di chiudere l’anno accademico 1889 con la presente
adunanza.
Nel Novembre 1890 sarà introdotto il nuovo programma degli
studî farmaceutici presso le Università dello Stato. A tal uopo
conviene che il giovine assistente abbia il corredo di 6 anni di
corso ginnasiale o reale e nel primo anno universitario si diede
vasto campo allo studio della botanica, escludendo perciò lo studio
della zoologia e mineralogia.
Onde facilitare la via degli studî precursori alla nostra gioventù,
sarà cura della Società di far corrispondere l’ orto botanico alle esi-
genze volute, incombenzando di ciò il Comitato preposto e il soler-
tissimo Direttore dell’ orto stesso.
La Direzione sociale ebbe più volte in mira di prendere
l’usanza della lettura popolare, nei primi anni felicemente accolta
dal pubblico. Quest’ anno, essendosi proposta la rigorosa osservanza
del nostro regolamento, ha risolto di incominciare nella prossima
primavera, un ciclo di letture popolari, per le quali varî onorevoli
— VII —
colleghi s' impegnarono con la loro firma. Con ciò ottempereremo
al primo paragrafo del nostro Statuto che raccomando caldamente
alla vostra graziosa osservanza.
Ed ora mi pregio di rivolgere una parola ai nostri giovani
colleghi, coll’ esortazione di concorrere ai fini che si propone il
nostro sodalizio, certo che, vorranno ascoltarla per quell’ amore che
guida allo studio delle cose della natura, onde siano i continuatori
del nostro lavoro sì bene iniziato per il corso di tanti anni. Le
nostre forze un po’ stanche per la ragion dell’età, ed altre cure che
a noi s'impongono, ci rendono lenti e desiderosi che svelti ingegni,
vigorosi per intelletto si uniscano a noi onde procurare maggiore
scientifico incremento a questa Società, la quale fino ad ora cercò
sempre di meritarsi l’ altezza della sua missione.
E nel rammemorarvi di questi miei detti, nelle ore quiete dei
vostri studî, auguro a voi, o pregiatissimi colleghi, che cerchiate con
tratti di luce di schiarire quelle beneficenze della scienza, che stanno
ancora nel grembo dell’avvenire, e avrete il plauso e con esso il
più nobile compenso della vita.
Il Presidente invita poi il segretario, Prof. Vierthaler, a rela-
zionare sull’ attività sociale durante l’anno 1889.
Il Segretario prende la parola.
Onorevoli Signori!
Incaricato a riferirvi sull’ attività e sulle condizioni scientifiche
della nostra Società, debbo ripetere ciò che dissi l’anno decorso:
le imponenti scoperte preistoriche, sulle quali vi riferirà il mio col-
lega Dr. Marchesetti, assorbirono anche nell’ anno decorso la mas-
sima parte dell’ attività sociale e col nuovo riordinamento del nostro
patrio Museo, allargato colla cessione di alcuni locali guadagnati
col trasferimento della scuola superiore di commercio ,Fondazione
Revoltella“ in altra sede, avrete occasione di ammirare la ricchezza
delle cose ivi raccolte, che già in oggi somministrano una fonte
inesauribile per lo studio etnografico degli avi nostri. — L'onore
scientifico di questa raccolta spetta unicamente al nostro condiret-
tore Carlo Dr. Marchesetti, il sussidio materiale però va dovuto
alla munificenza del nostro Comune ed all'esistenza della nostra
— VII —
associazione. — Noi siamo oggi proprietari assoluti di quel fondo
di Sta. Lucia, il quale contiene la parte più estesa della Necropoli
antica, e con lena, senza precipitazione alcuna, si potranno effettuare
gli escavi futuri.
La nostra Società fornì sul campo di studi naturali i mezzi
alla pubblicazione degli interessantissimi lavori d’osservazione fatti dal
Prof. Michele Stossich :
sL' Elmintologia tergestina“ (continuazione).
»Sulla Physaloptera Rudolphi“.
pl Distomi degli anfibi*.
Di recente venne presentata la continuazione degli studi orni-
tologici del Sig. Vallon in Rovereto, ed una interessante comuni-
cazione sopra un pesce forestiero (Gadus aeglefinus) comparso sul
mercato di Venezia, da parte del Socio corrispondente Sig. Conte
Dr. 4. PaeNinini,
Fra le conferenze scientifiche tenute quest'anno mi è dovere
di ricordare:
le tre conferenze del Sig. Eugenio Pavani, ,Sull’ olivo“;
una conferenza sperimentale del Prof, Em. Job, ,Sulle fiamme
cantanti*, ed un altro sopra le ,Curve dinamo-magnetiche*“ ;
tre conferenze del Sig. Dr. Carlo de Marchesetti, di cui due sulla
caverna di Gabrovizza, ed una ,su/ corso antico dell’ Isong0“;
una conferenza del Presidente Dr. B. Biasoletto, sull’ influenza dei
sSaccherati nell’ indurimento del gesso“;
una comunicazione del relatore, sopra alcune cristallizzazioni di
speciale bellezza e ,su/la chiarificazione degli olii“.
La vostra Direzione persuasa dell'idea, che per favorire l’in-
teressamento generale alle discussioni sopra argomenti spettanti le
scienze naturali, saggiamente dispose l’emmissione d’un elenco di
conferenze stabili per trattare in via accademica sopra argomenti
di lungo studio e per avviare pur anche conferenze scientifiche, con-
sistenti in brevi comunicazioni, in domande e discussioni.
La vostra Direzione dispose poi, di riprendere le letture po-
polari per la maggior possibile diffusione delle cognizioni naturali,
a
e sono soddisfattissimo di potervi comunicare, che si è trovato un
numero considerevole di scienziati, i quali nella prossima stagione
primaverile si presteranno allo scopo di dimostrare ad un pubblico
maggiore di quello dei puri soci, in tratti grandi e dilettevoli la
forza imponente, la bellezza, gli incanti ed il mistero della Natura.
Anche nell’anno decorso venne intrapresa un’ escursione, ini-
ziata dalla Società di scienze naturali, in unione colla Società Agraria
e con quella degli Architetti ed Ingegneri. Meta della gita fu la
visita alla città di Fiume ed ai lidi di Abbazia. — Colgo l’occa-
sione per ringraziare, in nome della Società, alle squisite gentilezze
del Sig. Podestà di Fiume, Dr. Ciotta, il quale volle riceverci in
persona, al nostro arrivo alla stazione, ed il quale ci onorò nel
farci guida traverso la simpatica città di Fiume, ove ci fece vedere
il teatro, i mercati coperti, l'acquedotto, i nuovi edifici scolastici,
la palestra dei vigili, le chiese di maggiore importanza e le anti-
chità di Tersatto. — A quanti parteciparono a quella gita rimar-
ranno indimenticabili i modi gentili e cavallereschi del Sig. Podestà
di Fiume. — Mi è dovere ancora di aggiungere, che moltissimi
membri del Consiglio comunale, assessori ed ingegneri si assunsero
le funzioni di Ciceroni presso la numerosa Comitiva Triestina,
ospite di Fiume.
La nostra Società ha mantenuto vivo lo scambio internazionale,
e mi piace potervi constatare, che la Società adriatica delle scienze
naturali sta in comunicazione letteraria con 214 associazioni scien-
tifiche, di cui
40 in Austria-Ungheria,
55 in Germania,
3o in Italia,
11 in Isvizzera,
13 in Francia,
7 in Belgio,
3 nei Paesi Bassi,
1 in Danimarca,
nel Lussemburgo,
nell’ Inghilterra,
nella Russia,
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nella Svezia e Norvegia,
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1 in Portogallo,
i nell’ Egitto,
3 nelle Indie inglesi,
t nelle Indie olandesi,
1 nel Giappone,
14 negli Stati Uniti dell’ America,
14 negli altri Stati americani,
3 nell’ Australia.
214
La nostra Società attiva si compone alla fine dell’anno 1889 di
8 Soci onorari,
It , corrispondenti,
224. residenti an. Trieste,
» residenti fuori di Trieste.
Non è una cifra insignificante, dacchè pesano i nomi dei sin-
goli associati, ma in riguardo al tenuissimo canone ed in riflesso
dei compiti elevatissimi assunti dalla nostra Società, io vorrei viva-
mente sperare che l’associazione numerica si aumenti, per mantenere
salda ed imperante la nostra Società.
Fra le Società colle quali godiamo lo scambio rileverete una
francese, la Società dei giovani naturalisti! — Pur troppo di giovani
dilettanti ed amanti della natura, finora la nostra Società non può
contare alcuno, eppure la ricchissima bibliotecca esposta nei nostri
locali sociali, e curata colla massima valentia dall’ Egregio condi-
rettore Dr. Stenta, potrebbe offrire ai giovani cultori delle scienze
naturali un immenso tesoro di cose utili, dilettevoli ed impulsive
a futuri studìî.
Nell'anno decorso decessero i nostri Soci:
Carlo Deschmann, direttore del Museo
Prov. di Lubiana,
Carlo Dr. Krauss,
Edoardo Landauer,
Giovanni Mabhorsich,
Ferdinando Dr. Hauck.
cal
Anzitutto vi prego di onorare la memoria di questi distinti
a noi rapiti dalla morte colla gentile vostra alzata. — Ora permet-
tetemi di tessere brevi cenni necrologici di quei due defunti, che
durante loro vita erano attivi naturalisti.
Carlo Deschmann nacque nel 1821 in Istria. Orfano in età
assai giovanile, ricevette i mezzi di educazione da uno zio nego-
ziante in Lubiana. — Nel 1839 giunse all’ Università di Vienna
per dedicarsi allo studio della medicina; in causa di prolungata
malattia però dovette cambiare, in seguito al consiglio dei medici
curanti, la facoltà prescelta e dedicarsi agli studi legali — Aman-
tissimo delle scienze naturali, egli si dedicò principalmente agli
studi botanici, e divenne sommo conoscitore della flora della Car-
niola. — Per naturale conseguenza venne chiamato quale insegnante
di scienze naturali presso il Ginnasio di Lubiana, e partito poi da
Lubiana il Freyer, nominato direttore del nostro Civico Museo
di scienze naturali, egli a Lubiana gli divenne successore, nella
quale posizione egli rimase fino alla sua morte, avvenuta 1’ 11
Marzo dell’anno decorso.
Il Deschmann anzitutto era il botanico che illustrava perfet-
tamente la flora della Carniola; quale direttore del Museo nazionale
di Lubiana divenne anche archeologo, e, seguendo lo sviluppo
scientifico degli studi paletnologici moderni divenne il Deschmann
una vera illustrazione scientifica. Spettò a lui la scoperta delle
palafitte di Lubiana e fu Deschmann che fece vive le Necropoli di
Watsch, di St. Margherita e che fece conoscere le traccie paletno-
logiche nelle contrade di Zirknitz, Zwetsch, Nessenfuss ed in altre
località della Carniola.
Deschmann poi era il fondatore del Museo provinciale di
Lubiana; — un Museo splendido per la costruzione edilizia, per
la disposizione ordinata e per la ricchezza dei materiali da studio
ivi collocati, un Museo perfetto sotto ogni rapporto.
Ho rilevato i principali meriti del nostro Deschmann, accenno
ancora che egli fu consigliere comunale di Lubiana e per qualche
tempo podestà di quella città, deputato alla Dieta, deputato al
Parlamento. — Insomma fu insigne il nostro socio onorario Car/o
Deschmann.
Assai più nascosa decorse la vita dell’ altro nostro socio
defunto Dr. Ferdinando Hauckj morto alienato il 21 Decembre
— XII —
1889. — Nato nel 1845 a Briinn, dopo avere assolto con maturità
la scuola reale si diede agli studi politecnici, sempre però conser-
vando l’amore di raccolte e di osservazioni naturalistiche. — Per
raggiungere una posizione sociale, il povero Hauck sostenne con
ottimo successo il corso prescritto per gli impiegati al telegrafo
e divenne poi impiegato telegrafico, e come tale egli eseguì durante
la sua salute tutti i doveri d'ufficio colla massima scrupolosità.
Nelle ore fuori d’ ufficio il nostro ZZauck, si dedicò sulle sponde
della glauca nostra Adria allo studio delle alghe. — Ed egli ne
raccolse tante e tante da farne un Museo.
Il Hauck coll’ andare degli anni divenne algologo di primo
rango; collaboratore della ,Crittogamia di Rabenhorst“, fu egli che
descrisse le alghe austriache e germaniche.
In seguito a questi e ad altri numerosi lavori sul campo
dell’ algologia, 1’ Università di Zurigo, nel suo Giubileo cinquan-
tenne, lo nominò nel 1883 Dottore honoris causa. — In unione
al Richter egli diede principio all’ edizione Phykotheka Univer-
salis, la raccolta di alghe disseccate da tutte le parti del mondo.
La Oesterr. Botanische Zeitschrift contiene poi tutti gli studi spe-
ciali sulle alghe del mare Adriatico. — La 7edwigia contiene i
lavori originali del ZZauck sulle alghe del mar rosso e dell'oceano
indiano, ed anche gli atti del Museo Civico di storia naturale di
Trieste nel vol. VII del 1884 contengono importantissimi cenni
sopra alcune alghe dell’ oceano indiano.
Nella Flora dell’ isola di Jan Mayen del Dr. Reichardt (Vienna
1886) assunse li Dr. ZZauck la parte descrittiva delle alghe ivi raccolte;
e moltissimi contributi all’opera yAlgae aquae dulcis exiccatae* di
Wittrock e Nordstedt, come pure all'opera delle , Diatomee® di
Méller sono dovuti all’ operosità infaticabile del Dr. Hauck.
Rimane ora quale suo lascito un immenso erbario di alghe,
composto di 60 grandi fascicoli, di cui 52 contengono esclusiva-
mente le alghe marine. — Secondo ogni certezza passerà questo
tesoro alla vendita e vivamente si dovrebbe deplorare che questo
ricchissimo materiale, raccolto precipuamente nell'intorno delle nostre
sponde, avesse da staccarsi dalle nostre patrie raccolte.
Avendo accennato alla vita scientifica di questi valentissimi
due scienziati, mi è un caro dovere di ricordarvi in questa occasione
che quest'anno si compiono 10 anni dacchè è spirato il fondatore
— XII —
della nostra Società, Muzio de Tommasini, che fu amico e colla-
boratore intimo del Deschmann e che avviò coi suoi consigli il
Hauck agli splendidi studi da lui eseguiti. — È quindi un dovere
nostro di onorare anche la memoria dell’ illustre Tommasini, e vi
prego di farlo colla vostra alzata.
Alla fine della mia relazione mi è un grato dovere di ringra-
ziare pubblicamente alla cortesia della stampa locale, la quale, con
benevolo affetto alla nostra istituzione, si è data ogni cura per
patrocinare i nostri interessi sociali sul puro campo della scienza.
Il Presidente invita poi il Sig. Direttore Dr. Carlo de Mar-
chesetti, ad esporre il riassunto dei lavori preistorici fatti nell’anno
sociale decorso.
Il Dr. Marchesetti prende la parola e legge la relazione sugli
»)
.
scavi preistorici fatti nel 1889
Come negli anni passati anche quest’ oggi mi corre il grato
obbligo di darvi breve relazione intorno agli scavi eseguiti durante
il 1889. Se anche la messe degli oggetti raccolti non può parago-
narsi a quella dell’anno precedente, essendo restate sospese le ricerche
nella necropoli di Sta. Lucia, tanto ricca di preziosi cimelî, noi dob-
biamo tuttavia registrare parecchie interessanti scoperte, mercè le
quali andò sempre più diradandosi la fitta nebbia, che oscurava il
lontano orizzonte della nostra preistoria.
Lo scavo principale fu a Caporetto, ove vennero sterrati
478 m. q» di terreno, scoprendosi 255 nuove tombe, con che il
numero totale dei sepolcri esplorati finora in questa importante
necropoli ascese alla cospicua cifra di 878. Essi non sono sì fitti
come a Sta. Lucia, dappoichè in media se ne ritrova appena uno
per 2 m. q., laddove in quella essi sono 2!/, volte più densi. Lo
scavo però riesce più facile non essendo tanto profondi.
Anche quest’ anno si mantenne rito esclusivo la combustione
e la deposizione dei resti del rogo nella nuda terra od in grandi
urne cinerarie d'argilla o di bronzo. Oltre 221 pentole d'’ argilla
di varie fogge ed una situla di bronzo, si raccolsero numerosi 0g-
getti metallici, come fibule, spilloni, collane, anelli, armille, orec-
chini, cinture, ecc. Dal lato della successione cronologica delle
— XIV —
varie parti dell’ estesa necropoli, riesce interessante che mentre nel
lembo meridionale della stessa (fondo Monfreda) predominano le
pentole situliformi e le coppe ad alto piede, come pure le fibule
ad arco semplice (per lo più con la spirale da ambidue i lati), nel
tratto settentrionale verso l’ Isonzo, trovansi di preferenza calici e la
serie delle fibule è più varia spesseggiandovi quelle a navicella ed
a bottone, senza però farvi difetto le altre forme di tipo meno
arcaico, Più chiare ancora appariranno di certo queste particolarità
allorchè gli scavi ci avranno rivelato i molti documenti, che tuttora
se ne stanno celati entro il seno della terra.
Vista la rarità di armi nelle nostre necropoli, riesce di spe-
ciale importanza la scoperta della tomba di un guerriero, fatta alle
falde del castelliere di S. Antonio, a cui s’ appoggia la borgata di
Caporetto. Essa constava di una grande urna di bronzo sfracellata,
a lamina molto grossa, contenente 8 lance, 4 celt, 1 paalstab ad alette,
1 spuntone ed una mannaia di ferro. Eranvi inoltre un’ armilla di
ferro ed una pietra da mola*).
Alla stessa epoca, forse un po’ meno avanzata, appartiene un
altro sepolcreto, che scavai a S. Pietro al Natisone presso Cividale.
Esso dev’ essere stato molto esteso, ma pur troppo andò recente-
mente distrutto col dissodamento del terreno e ciò che è più
doloroso, senza che alcuno si sia data la briga di tener nota delle
sue particolarità e degli oggetti rinvenuti. Mi riescì tuttavia di
aprire 14 tombe, le quali se anche non ricche di oggetti, mi fecero
conoscere almeno in parte la civiltà di questa interessante stazione
preistorica, sulla quale mi riservo dare più tardi relazione **).
Finora noi avevamo rivolta la nostra attenzione quasi esclu-
sivamente alle necropoli della vallata dell’ Isonzo e de’ suoi con-
fluenti, trascurando le reliquie paletnologiche, che in tanta copia
trovansi sparse per la nostra bella penisola istriana. Due assaggi, più
che scavi vi feci quest’ anno, che se anche non ci fornirono ricca
messe di oggetti, ci diedero tuttavia contezza di muovi riti e forse
di popoli diversi, che le indagini venture saranno chiamate a farci
meglio conoscere.
*) Anche quest'anno l’egregio mio amico Sig. Giuseppe Sartorio mi
prestò valida assistenza durante gli scavi di Caporetto.
#*) E qui devo ringraziare l’onor. Sindaco per il permesso concessomi
di scavare sopra un fondo comunale, come pure il Sig. Giuseppe Bevilacqua per
le gentilezze usatemi durante il breve soggiorno a S. Pietro.
MIS ei
Là nelle inospiti regioni della vallata superiore del Recca,
ove a ributtare le incursioni dei barbari Giapidi, i Romani innal-
zarono il famoso vallo che segnava il confine d’Italia, viveva una
popolazione assai numerosa, e giudicare dalla quantità di castellieri
colossali ivi esistenti, dei quali ne conosco non meno di diciasette.
Gli scavi praticati alle falde del Castelliere di Sta. Caterina presso
Ielsane e di quello di Sapiane, mi diedero parecchie tombe, che se anche
appartengono al periodo Hallstattiano, come quelle di Sta. Lucia, Ca-
poretto, Vermo, Pizzughi, ecc., vanno però fornite di oggetti alquanto
differenti. Delle fibule non sono rappresentate che quelle della
Certosa, all’ incontro quasi ogni tomba possede una torque liscia
massiccia ed un’ armilla a spirale. Di più, le tombe non trovansi
riunite in vasti campi come nelle necropoli preaccennate, ma ogni
famiglia pare sotterrasse i suoi morti nei propri fondi, giacendo
disseminati nelle piccole vallecole che apronsi alle falde delle colline.
Un’altra necropoli istriana riesce interessante per non conte-
nere tombe piane di combusti, ma tumoli con inumati. Già due
anni fa, io aveva aperti alcuni di questi sparsi sulle sterili colline
presso Villa di Rovigno, ma pur troppo essi erano stati già ante-
riormente manomessi. Quest’ anno ne scopersi alcune centinaia,
raggruppati intorno al Castelliere di S. Spirito presso Cittanova.
Ne furono esplorati 15 che per altro non ci diedero che ossa più
o meno decomposte, urne sfracellate ed un anellino di bronzo.
Gli oggetti ritrovati sono troppo scarsi per permettere una deter-
minazione precisa dell’epoca cui appartengono: l’ analogia però
delle stoviglie con quelle delle tombe dei non lontani Castellieri di
S. Dionisio e di Villanova sul Quieto, ci fa arguire che anch’ essi
debbansi riferire all’ epoca del bronzo. Sarebbe perciò opportuno
di aprirne ancora degli altri, che probabilmente ci darebbero oggetti
caratteristici, rivelandoci chi fossero le genti che usavano questo
speciale rito funebre. Del resto i dintorni di Cittanova meritereb-
.-bero un’ accurata esplorazione spesseggiandovi i Castellieri, da uno
dei quali ebbi una magnifica ascia di cloromelanite, regalatami
dall’ egregio Canonico Sfecich *).
*) Mi corre qui l’ obbligo di ringraziare pubblicamente i Signori Parentin
e Zamarini di Cittanova, per la gentile cooperazione nella ricerca dei tumuli,
come pure il Prof. Covrich ed il Sig. Capellari, che mi favorirono parecchi
oggetti interessanti dai Castellieri di Villanova.
— XVI —
Un piccolo scavo fatto al piede del Castelliere della Gradiscata
di Monfalcone mi diede cinque tombe d’inumati appartenenti però
ad epoca più tarda. Erano deposti nella nuda terra senza alcuno
schermo, solo la testa posava sopra una pietra. Oltre ad urne
sfracellate, si raccolsero perle d’ambra, una fibula a cerniera, un
orecchino d’ argento, una fusaiuola, ecc.
Nè vennero tralasciate l’ esplorazioni delle caverne, continuan-
dosi gli scavi specialmente in quelle di Gabrovizza e di S. Canziano,
in quest'ultima per cura della benemerita Società austro-germanica
degli alpinisti e per opera speciale dell’ attivissimo Sig. G. Marinitsch.
Sui numerosi oggetti rinvenuti vi diedi già relazione durante il corso
dell’anno *) e mi lusingo di aver occasione di parlarvene ancora, dap-
poichè le ricerche che siamo intenzionati di continuarvi, ci daranno
senza dubbio nuovo ed interessante contributo paletnologico.
Infine non posso far a meno di accennare che al Congresso
antropologico che quest’ estate venne tenuto a Vienna, furono molto
ammirati gli oggetti di Sta Lucia, che aveva colà recato ad illustra-
zione del rapporto sulle nostre indagini.
Ed è con un sentimento di speciale compiacenza che qui posso
rilevare come l’ esplorazioni iniziate dalla nostra Società Adriatica
vengano altamente apprezzate dai corifei della scienza paletnologica,
apprezzamento espresso apertamente dall’ illustre Virchow nel suo
discorso inaugurale, con le seguenti parole: In quanto a me nulla
ho salutato con gioia maggiore, che il ritrovamento di quelle estese
necropoli che recentemente vennero scoperte nelle regioni più me-
ridionali delle alpi austriache, nel Litorale ed in Istria. Con ciò
venne inserita un’ importante catena di nuovi anelli nell’ antico
sistema dei rapporti vicendevoli tra i vari popoli. Io vorrei accen-
tuare quest'oggi come queste scoperte riescano della massima im-
portanza, in quanto che ci dimostrano le relazioni internazionali
esistenti nell’ epoche preistoriche e le vie per le quali si diffuse la
coltura. Io credo che queste scoperte contribuiranno inoltre a destare
nelle relazioni internazionali un po’ più di modestia e di gentilezza
di quanto avviene al presente, in cui si parte dal punto di vista di un
eccessivo sentimento nazionale, Allorchè le varie razze si riconoscessero
come collaboratrici ai grandi compiti dell'umanità, allorchè in tutti si
*) Boll. Soc. Adr. XI, p. 1-19.
— (XVII —
destasse il sentimento della moderazione e si riconoscessero i meriti
delle altre nazionalità, cesserebbero molte delle lotte, che ora fatal-
mente agitano il mondo“. (Mitth. anthrop. Ges. Wien 1880, p. 63).
Così gli scavi di quest’ anno se anche non molto estesi, offrono
il vantaggio di esser stati praticati nelle diverse parti della nostra
provincia e di aver dischiuso nuove stazioni, che vengono a rischia-
rare periodi differenti della nostra preistoria. Ed appunto colla
molteplicità dei ritrovamenti e coi loro vicendevoli raffronti, si
allarga sempre più la conoscenza di quell’ epoche remote sulle quali
tace la storia, e che mercè pazienti continuate esplorazioni, potranno
fra non molto risplendere di luce, pari a quelle che vennero irrag-
giate dall’ imperitura civiltà latina.
Il Presidente prega il Cassiere, Sig. Eugenio Pavani, di dar
lettura del Consuntivo generale e quello della Commissione per
gli studi preistorici.
— XVII —
Consuntivo della Società Adriatica di scienze naturali per |’ anno 1889.
Introito
Civanzo Cassa risultato alla chiusa
dell’anno®1888% .&. =
Canone: a) da due socip. l’anno 1888
b)tda"z43 n, 6 1889
Interesse del capitale fondazionale
Mommastifiic co e Bee
Contributo per conservazione del
giardino botanico-farmaceutico:
a) dal Comune di Trieste. . .
b) dal Gremio Farmaceutico . .
Contributo comunale per studî di an-
tropologia e preistoria O
Dal Comitato organizzatore della gita
allPAbbpazia 0 Men
SOMMISST
BISON cene n e pe CL
Civanzo Cassa addì 31 dic. 1889
100
f. 3401
SEND)
f. 1246
I. Affitto locali della Società. . . .
2. Emolumenti e mercedi:
a)paliCGusio dente,
b) per riscossione canoni. |,
3. Stampe, litografie ed incisioni . .
4. Spese di cancelleria: calefazione ed
illuminazione de’ locali sociali, co-
piature, carta ed altre varie . .
SARE Atrani dial brian ne
6. Spese postali p. francobolli, mandati
e telegrammi. . . ob
7. Conservazione locali e mobili . :
8. Premio sicurtà mobili e libri.
9. Bolli per quietanze . . a e
10. Conservazione del giardino botanico-
LAGIACCUICONTAASA NO LARA
II. Studî di antropologia e preistoria
(v. Resoconto speciale) . . . .
Somma DE
Esito
A) f 408! i
f. 100
45 » 145) —
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e
Preventivo della Società Adriatica di scienze naturali per l’anno 1890.
Introito
| IRR GADONEMCA NASO CI TIA
2. Interessi fondazione Tommasini . .
3. Contributo conservazione del giardino
botanico-farmaceutico:
a) dal Comune di Trieste .
b) dal Gremio farmaceutico .
4. Contributo comunale per studî di
antropologia e preistoria (V ed
ultimagrata) Se
Sonim a eee
I. Affitto locali della Società. . . .
2. Conservazione locali sociali e mobili
in uso e acquisto mobili nuovi .
3. Mercede al personale di servizio:
a)'al'‘Custode E en ren ir
b) per riscossione canoni . . .
4. Stampati, litografie e incisioni . .
5. Spese di cancelleria: calefazione ed
illuminazione dei locali, copiature,
Gartagednaltri Wire quis iva ere
6. Noli, spedizione del Bollettino, fran-
cobolli, mandati postali, telegr. ecc.
Mese gR0ra (CIO DIL Ea ne e Rene
UISbrafe-gionnali vt... atei .
ONMRIENIONSICUrTA MODI een
10. Conservazione giardino botanico e
TA a GG tI GO CSA RT PINO
II. Studì di antropologià e preistoria .
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Dr*Bollite=timetamze)i teo
IAC VALIeReA MM preve dui en o
Somma . . .
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Deficenzazaesbrinatt. i sie
che verrà coperta col civanzo di f. 1246.02
risultato alla chiusa del 1889.
100
1200
— XXI —
Messo a discussione, viene approvato il preventivo da tutti i
Soci presenti nell’ adunanza generale.
Il Presidente chiede, se qualcuno abbia da esporre desideri,
osservazioni, e chiude la seduta acclamata dagli intervenuti.
ELENCO
dei Membri della Società Adriatica di Scienze naturali in Trieste
alla fine dell’anno sociale 1889.
Soci onorariì.
. Canizzaro Dr. Stanislao, prof.
Roma.
. Claus Dr. Carlo, prof. Vienna.
. Haeckel Dr. Ernesto, profess.
Jena.
. Heller Dr. Camillo, prof. /nns-
bruck.
. Hofmann Dr. Augusto, prof.
Berlino.
. Schulze Dr. Francesco, prof.
Berlino.
. Virchow Dr.
Berlino.
. Wiesner
Vienna.
Rodolfo, prof.
Dr. Giulio, prof.
mi O OO 00NI
Soci corrispondenti.
. BrusinaSpirid., prof. Zagabria.
. Ciamician Dr. Giacomo, prof.
Bologna.
. Dal Sie Giovanni, prof. Verona.
iGerson<:Dr. rJoser:daicCunha;
Comm." Bombay.
. Kornhuber Dr. Andrea, prof.
Vienna.
. Lanzi Dr. Matteo, medico pri-
mario, Roma.
. Lovisato, prof. Sassari.
. Luciani cav. Tomm. Venezia.
. Nini conte Dr. Al., prof. Venezia.
. Sennoner Adolfo.
Vienna.
Thilmen.bar. de Felice. Vienna.
Soci effettivi residenti in Trieste.
. Accurti Giuseppe, prof.
. Alber Augusto cav. de Glan-
stitten.
. Alberti Emilio conte de Poia.
4. Allodi Rodolfo.
5. Antonich Luigi.
6. Artico Dr. Giovanni.
7. Aulinger Dr. Edoardo, prof.
— XXI —
8 Baldo Giovanni, prof.
. Bazzoni Dr. Riccardo.
. Begna Antonio.
. Benigher Dr. Nicolò.
. Benporath Dr. Giacomo.
. Benussi Dr. Bernardo, prof.
. Benvenuti Silvestro, prof.
. Bernetich Giuseppe.
. Biasoletto Dr. Bartolomeo.
. Boara Dr. Francesco, direttore
dell’ ufficio edile.
. Bohata Dr. Adalberto.
. Bonavia Edoardo.
. Brettauer Dr. Giuseppe.
. Brisker Enrico.
. Brugnaller Antonio.
. Brumatti Antonio, prof.
. Brunner Dr. Massimiliano.
. Burgstaller cav. Giuseppe de
Bideschini.
. Cambon Dr. Alfredo.
. Cambon Dr. Luigi, avv.
. Cambon Ugo.
. Camus Ernesto.
. Caracari Aristide.
. Carara Giacomo, dirigente.
. Castiglioni Dr. Arturo.
. Ceconi Anna, maestra.
. Cesare Alessandro.
. Cillia de Giovanna, maestra.
. Claich Michele.
. Cofler Dr. Attilio.
. Cortivo Ernesto, prof.
. Costa Alfonso, prof.
. Costantini Dr. Achile, proto-
fisico.
. Covacevich Giovanni,
. Crillanovich Giovanni.
. Cristofolini Cesare, prof.
44.
45.
46.
Daninos cav. Dr. Angelo.
Dase Julius.
Defacis Dr. Giuseppe, presi-
dente d’ Appello, Eccellenza.
. Dejak Cristiano.
. Deputazione di Borsa.
. Dessenibus Vincenzo, ing.
. Dompieri Dr. Carlo.
. Ebner
Natalis di Ebenthal,
i. r. consigliere governativo.
. Eichelter E., prof.
. Escher Dr. Teodoro.
. Fabris Dr. Gioachino.
. Farolfi Dr. Vincenzo, prof.
. Feriancich Dr. Enrico.
. Filippi Augusto, farm.
. Fontana Carlo.
. Frauer Emilio.
. Friedrich Dr. Francesco, prof.
. Galatti Giorgio.
. Gandusio Zaccaria,
dirigente
del Magistrato.
. Garzolini Giuseppe, dirigente.
. Ganzoni Carlo.
. Geiringer Dr. Eugenio, ing.
. Gelcich Baldassare, cap.
. Gentilomo Oscar.
. Gialussi Pietro.
. Graberg cav. Gustavo.
. Graeffe Dr, Edoardo.
. Gregorutti Dr. Franco.
. Grignaschi Emilio, prof.
. Guastalla Dr. Eugenio.
. Guttmann Enrico.
. Gutmansthal - Benvenuti
cav.
Luigi.
. Guttenberg cav. de Ermano,
i. r. ispettore forestale prov.
. Gvozdanovich Tommaso.
‘102.
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104.
IO).
106.
Ton:
108.
109.
110,
ble
lib:
— XXIII —
. Haslinger Eugenio.
. Hausenbichler Dr. Augusto.
. Henke Silvino D.
. Hochkofler de Dr. Augusto,
notaio.
. Hochkofler de Sig." Mary.
. Hortis Dr. Attilio.
+ Huber Enrico.
. Ianovitz Dr, Edoardo, avv.
. Idone cav. Domenico.
. Jeklin Edoardo. “
. Jeroniti Norberto.
. Job Emmanuele, prof.
. Kagnus Raimondo, i. r. mag-
giore.
. Klodich-Sabladovschi cav. de
Antonio, i. r. ispettore sco-
lastico prov.
. Krisch Antonio, consigliere.
. Kugy Dr. Giulio.
. Kugy Paolo.
. Lanzi D. Alessandro.
. Laudi Dr. Vitale, prof.
. Lauro Francesco.
. Lazzarini Giovanni, prof.
: LeviXDr. Ganlo:
100.
IOI.
Liebman Dr. Carlo.
Liprandi G., farmacista.
Lorenzutti Dr. Ettore.
Lorenzutti Dr. Lorenzo.
Lunardelli cav. Dr. Clem., avv.
Lutschaunig Vittorio, prof.
Luzzatti Dr. Giuseppe.
Luzzatto Dr. Attilio.
Luzzatto Raffaele.
Luzzatto Dr. Moisè.
Lyro Rodolfo, cons.
Machlig cav. Felice.
Machlig Pietro.
Buda
114.
EE,
116.
117.
LS:
110.
120,
121,
122,
L29.
124.
125.
126.
N27:
128.
120.
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13.1:
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134.
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136.
137:
138.
139.
140.
I/GI:
142.
143.
144.
L45:
146.
147.
143.
149.
150.
Manussi cav. Dr. Alessandro.
Marchesetti de Dr. Carlo.
Marinitsch Giuseppe.
Massopust cav. Ugo.
Mauroner Leopoldo.
Mazelle Edoardo, prof.
Menegazzi Eugenio.
Merli Dr. Antonio.
Merlato Dr. Adriano.
Miklaucich Giuseppe.
Minas G.
Mitrovich Bartolomeo, prof.
Monti Ovidio, cap.
Morpurgo Alessandro, prof.
Morpurgo Dr. Eugenio.
Morpurgo Nina, baronessa.
Morteani Edoardo, prof.
Musner Giuseppe.
Nazor Dr. Giuseppe, prof.
Nagy Dr. Maurizio.
Nicolich Dr. Giorgio.
D’ Osmo Dr. Davide.
Osnaghi Ferdinando, i. r.
Ispett. prov.
Pardo Dr. Leone.
Pascoletto Nicolò Damaso.
Pavani Eugenio.
Pellegrini cav. Luca.
Peressini Giovanni, prof.
Perhauz Giovanni, prof.
Perhauz Giacomo.
Pernecker Giacomo, prof.
Pertot Dr. Simeone.
Pervanoglù Dr. Pietro.
Petke cav. Francesco.
Pettener Giovanni, maestro.
Petritsch Francesco.
Piccoli Dr. Giorgio, avv.
Pichler cav. de Carlo.
151:
1524
LS
154.
1554
156.
157.
158.
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160.
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72:
173.
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183.
184.
185.
186.
187.
188,
— XXIV —
Pigatti Andrea.
Pinter Dr. Adolfo.
Pirona Giuseppe.
Pitteri Dr. Riccardo.
Pizzetti Pietro, prof.
Pienker Bar. de Giorgio.
Pollitzer Alfredo.
Porenta Dr. Ugo.
Pospichal Eduardo, prof.
Postl Adolfo, prof.
Pozzetto Dr. Guido.
Pretis-Cagnodo bar. Sisinio.
Pulgher Dr. Francesco.
Quarantotto Dr. Giuseppe.
Ralli bar. Paolo,
Ravasini Angelo.
Reinelt bar. Carlo.
Renner de Osterreicher Enr.
Revelante Felice, dirigente.
Ricchetti Edmondo.
Ricchetti Dr. Ettore, avv.
Righetti Dr. Giov. cav.
Rosenzweig Ferdinando.
Rota Giuseppe.
Rothermann cav. de Daniele.
Sandrinelli Dr. Pio, prof.
Sartorio de Alberto.
Sartorio de Giuseppe.
Sauer C. Marquard, direttore.
Saunig Don Edoardo.
Scalmanin Giovanni.
Schell Dr. Alessandro.
Schivitz M. V., ing.
Schnabl Federico, ing.
Schuller Giovanni, prof.
Sencig G. B., maestro.
Serravallo Jacopo.
Serravallo Dr. Vittore.
189.
190.
191.
102.
193.
194.
195.
196.
197»
198.
190.
200.
201.
. Tedeschi Vittorio.
. Tischbein Augusto.
. Tominz Raimondo.
. Tommasini Dr. Antonio cav.
. Tonicelli Dr. Giacomo, avv.
. Turck Dr. Andrea.
. Usiglio Giacomo.
. Ursich Giov., prof.
. Vagopulos G. Demetrio.
. Valle Antonio.
. Venezian Dr. Felice.
. Vettach Gius., direttore ginn.
. Vidacovich Dr. Antonio, avv.
. Vierthaler Augusto, prof.
. Vio Arturo, ing.
. Vlach-Miniussi Benedetto.
. Welponer Dr. Egidio, prof. ‘
. Wranitzky Gustavo.
. Xydias Dr. Pietro Typaldo.
. Zadro Dr. de Illuminato cav.
. Zalateo Giovanni.
. Zampari Dr. Edoardo.
. Zavagna Enrico, i. r. ispettore.
. Zenker cav. Antonio.
. Zenker Antonio, prof.
Skerle Giuseppe.
Simoni Dr. Giorgio.
Slataper Luigi.
Stenta Dr. Michele, prof.
Stossich Adolfo, prof.
Stossich Michele, prof.
Stransky Francesco.
Suppan Erminio, prof.
Suppancich Dr. Michele, prof.
Susa Dr. Giuseppe.
Suttîna Antonio.
Suvich Pietro.
Tedeschi Dr. Vitale.
< 030 N —
— XXV —
Soci effettivi residenti fuori di Trieste.
. Bizzarro Dr. de Paolo. Gorizia.
. Bolle Giovanni. Gorizia.
. Buccich Gregorio. Lesina
. Carboncicchio G., farmacista.
Pola.
. Cleva Dr. Giovanni. Dignano.
. Eckhel Giorgio cav. de. Ma-
gonza.
. Giaconi Andr. Comisa (Lissa).
. Giunta provinciale dalmata.
Zara.
. Giunta provinciale istriana.
Parenzo.
. Gremio farmaceutico. Gorizia.
. Haenisch Riccardo, i. r. cons.
edile. Zara.
. Levi Dr. Alberto. Vi/lanova di
Fara (Gorizia).
. Municipio di Pola.
. Podersay prof. Arrigo.
. Polakovich Dr. Alfredo. Pirano.
. Ravalico Nicolò, prof. Gorizia.
. Rizzi Nicolò. Pola.
Rizzi. Dr Lodovico; Pola.
. Salvetti Antonio. Pirano.
. Schiavuzzi Dr. Bernar. Parenzo.
. Vallon Graziano. Rovereto.
. Vranyczany bar. de G. Fiume.
SOCIETÀ COLLE QUALI SI GODE LO SCAMBIO DEGLI STAMPATI.
Austria-Ungheria.
. Bistritz.
. Briinn.
Budapest.
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. Gorizia.
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Graz:
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Hermannstadt.
. Innsbruck.
. Klausenburg.
- Liamr:
- Parenzo.
» Praga.
. Rovereto.
. Serajevo.
. Spalato.
. Trento.
Trieste.
K. Gewerbeschule.
Naturforschender Verein.
Musée national de Hongrie.
Tek. Magyar tudomanyos akademia.
K. ungarische wissensch. Gesellschaft.
i. r. Società Agraria.
Museo Provinciale.
Naturwissenschaftlicher Verein.
Zoolog. Institut.
Siebenb. Verein f. Naturwissenschaften.
Ferdinandeum fiir Tirol u. Voralberg.
Magyar nòvénytani lapok.
Verein f. Naturkunde in Oesterr. o. E.
Società archeologica istriana.
K.b6hm. Gesellschaft d. Wissenschaften.
i. r. Accademia degli Agiati.
Direction des bosnisch - herzegovini-
schen Landesmuseum.
Museo archeologico.
Consiglio Provinciale d’ agricoltura.
Museo Civico d’ antichità.
Museo Ferd. Massimiliano di storia
naturale.
Societa agraria.
Società pedagogica-didattica.
Società degli architetti ed ingegneri.
Società alpina delle Giulie.
41.
42.
43.
44.
45.
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Augsburg.
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Bonn.
Braunschweigh.
Bremen.
Breslau.
Cassel.
Chemnitz.
Colmar.
— XXVII —
Nosocomio Civico.
Unione stenografica triestina.
K. k. Akademie der Wissenschaften.
K. k. geologische Reichsanstalt.
K. k. zoologisch-botanische Gesellschaft.
Wissenschaltlicher Club.
Verein zur Verbreitung naturwissensch.
Kenntnisse.
Naturwissensch. Verein der k. k. techni-
schen Hochschule.
K. k. geographische Gesellschaft.
K. k. naturhistorisches Hofmuseum.
6sterreichischer Fischerei-Verein.
K. k. Militàr-geographisches Institut.
K. k. 6sterr. Gradmessungs-Bureau.
Horvatskoga arkeologiékoga DruZtva.
Kroatischer naturwissensch. Verein.
Germania.
Naturwissenschaftlicher Verein.
Naturhistorischer Verein.
Naturforschende Gesellschaft.
K. Preuss. Akademie der Wissenschaften.
Botanischer Verein der Provinz Bran-
denburg.
Gesellschaft fr Anthropologie, Ethno-
logie und Urgeschichte.
Naturhistorischer Verein der preussi-
schen Rheinlande.
Verein fiir Naturwissenschaften.
Naturwissenschaftlicher Verein.
Schlesische Gesellschaft fiir vaterlàn-
dische Cultur.
Verein deutscher Studenten.
Verein fiùr Naturkunde.
Naturwissenschaftliche Gesellschaft.
Société d’histoire naturelle.
. Danxig.
. Darmstadt.
. Dresden.
. Erlangen.
. Frankfurt a. M.
a. O.
n
. Frauenfeld.
. Freiburg (Breisgan).
+ Palada:
. Giessen.
. Gorlitz.
. Greifswald (tommem).
50. Halle.
”
n
» Hamburg.
. Hanau.
. Hannover.
. Heidelberg.
. Jena.
. Karlsruhe.
. Kiel.
. Kònigsberg.
. Leipzig.
. Magdeburg.
— XXVII —
Naturforschende Gesellschaft.
Verein fur Erdkunde.
Naturwissenschaftl, Gesellschaft ,,Isis*.
Physikalisch-medicinische Societàit.
Senckenbergische Naturforscher Gesell-
schaft.
Societatum litterae.
Thurgauisch naturforschende Gesellchaft.
Gesellschaft fiir Befòrderung der Natur-
wissenschaften.
Verein filar Naturkunde.
Oberhessische Gesellschaft fùr Natur-
und Heilkunde.
Oberlausitzische Gesellschaft der Wis-
senschaften.
Naturforschende Gesellscatt.
Naturwissenschaftlicher Verein fir Neu-
Vorpommern und Rigen.
Geografische Gesellschaft.
Kais. Leopold. Carol. Deutsche Aka-
demie.
Verein fiùr Erdkunde.
Zeitschrift fiir die gesammten Natur-
wissenschaften.
Verein fir naturwissenschaftliche Un-
terhaltung.
Wetterauische Gesellschaft fiir die
gesammte Naturkunde.
Naturhistorische Gesellschaft.
Gesellschaft fiir Mikroskopie.
Naturhistorischer medicinischer Verein.
Medicinisch - naturwissenschaftliche Ge-
sellschaft.
- Naturwissenschaftlicher Verein.
Naturwissenschaftl. Verein filrSchleswig-
Holstein.
Physikalisch-6konomische Gesellschaft.
Naturforschender Verein.
Naturhistorischer Verein.
Mannheim.
Miinchen.
. Miinster.
— XXIX.
Verein fiir Naturkunde.
K. bair. Akademie der Wissenschaften.
Westphiilischer Prov.-Verein fiùr Wis-
senschaften.
86. Niirnberg. — Naturhistorische Gesellschaft.
87. Offenbach a. M. — Verein fir Naturkunde.
88. Passau. — Naturhistorischer Verein.
89. Regenburg. — Zoologisch-mineralogischer Verein.
90. Riga. — Naturforscher-Verein.
gi. Sondershausen (Thiringen). — Botanischer Verein ,Irmischia*.
92. Stuttgart. — Wirtembergischer Verein fir vaterlàn-
dische Naturkunde.
93. Wiesbaden. — Nassauischer Verein fiir Naturkunde.
94. Wiirzburg. — Physikalisch-medicinische Gesellschaft.
95. Zwiekau. — Verein fiùr Naturkunde,
100.
IOI.
102.
103.
104.
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106.
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Arezzo.
. Bologna.
Catania.
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Genova.
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Lucca.
Milano.
Modena.
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Napoli.
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Padova.
Italia.
R. Accademia Petrarca di scienze,
Accademia delle scienze dell’ Istituto.
Accademia Gioenia di scienze naturali.
Società entomologica italiana.
R. Museo.
Società di lettere e conversazioni scien-
tifiche.
Museo civico di storia naturale.
Accademia di scienze, lettere ed arti.
R. Istituto Lombardo di scienze e lettere.
Società dei naturalisti.
R. Accademia di scienze, lettere ed arti.
Accademia di scienze fisiche e mate-
matiche.
R. Istituto d’incoraggiamento alle scienze
naturali.
Società Africana.
Società dei Naturalisti.
Società veneto-trentina di scienze na-
turali.
TI
113.
I14.
ID.
TO:
FE7.
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1109.
120.
121:
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I23:
124.
125.
126.
138.
139.
Palermo.
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Parma.
Pisa.
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Portici.
Roma.
”
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Siena.
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Venezia.
Verona.
Frauenfeld.
Graubiindten-Chur.
. Lausanne.
»
Neufchatel.
St. Gallen.
. Schaffhausen.
Amiens.
Bexters.
— XXX —
R. Accademia di scienze, lettere ed arti.
Il naturalista siciliano.
Atti del collegio d’ingegneri ed architetti.
Società di acclimazione.
Bollettino di Paletnologia.
Società malacologica.
Società toscana di scienze naturali.
Agricoltura meridionale.
R. Accademia dei Lincei.
R. Comitato geologico d’ Italia.
R. Accademia medica.
Società dei naturalisti.
Redazione della rivista italiana.
Civico Museo Correr.
Accademia d’agricoltura, arti e com-
mercio.
Svizzera.
Société murithienne du Valais.
Naturforschende Gesellschaft.
Schweizerische Gesellschaft fiir die ge-
sammten Wissenschaften.
Allgemeine schweizerische Cesellschaft
filrr Naturwissenschaften.
Schweizerische naturforschende Gesell-
schafît.
Naturforschende Gesellschaft.
Société hélvetique de sciences naturelles.
Société Vaudoise.
Société de sciences naturelles.
Naturwissenschaftliche Gesellschaft.
Societé entomologique Suisse.
Francia.
Société linnéenne du Nord de la France.
— Société d'études des sciences naturelles,
140.
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142.
143.
144.
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146.
147.
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Rouen.
Bruxelles.
Amsterdam.
Harlem.
Leide.
Kopenhagen.
Louxembourg.
— XXXI —
— Académie nationale des sciences, arts
et belles lettres.
Société nationale des sciences naturelles.
Société botanique de Lyon.
Société des sciences, belles lertres et arts.
Académie de ,,Stanislas®.
Société d’étude des sciences naturelles.
Société de Géographie,
Journal de micrographie.
Redaction de la feuille des jeunes na-
turalistes.
Société zoologique de France.
Société nationale des sciences naturelles.
Belgio.
Académie R. des sciences, lettres et
beaux arts.
— Société entomologique de Belgique.
Société malacologique de Belgique.
Société R. de botanique de Belgique.
Société belge de microscopie.
Societé géologique de Belgique.
Société R. des sciences.
Paesi Bassi.
— Académie R. des sciences.
— Société hollandaise des sciences.
— Société néerlandaise de zoologie.
Danimarca.
— Académie Royale.
Lussemburgo.
— Institut Grand Ducal.
163,
104.
rOD.
166.
167.
168,
160.
70:
I7I.
172.
E793
174.
75:
176.
177:
179.
180.
— XXXII —
Inghilterra.
Belfast. — Natural history and physical Society.
Dublin. — Royal Society.
Edimburg. — Royal physical Society.
Glasgow. — Natural history Society.
È — Geological Society.
Liverpool. — Biological Society.
London. — Royal Society of sciences.
À — R. microscopical Society.
Russia.
Dorpat. — Naturforschende Gesellschaft.
Ekatherinenburg. — Société ouralienne d’amateurs des scien-
ces naturelles.
Helsingfors. — Finska Vetenskaps Societeten.
Moscou. — K. Gesellschaft der Naturforscher.
S. Petersburg. — Académie imperiale des sciences.
Svezia-MNorvegia.
Cristiania. — Kong Norske Universitat.
Goetheborg. — Kong Vetenskap. ad Vitterh. Savnhalles.
Portogallo.
. Lisbona. — Commissao Central permanente de Geo-
graphia.
Egitto.
Cairo. — La Société khédiviale de géographie.
Indie inglesi.
Bombay. — Indo-portuguese numismatic Society.
TONE
182.
183.
184.
185.
186.
L6r7:
188.
139.
190.
191.
192.
193.
194.
195.
196.
197.
198.
199:
200.
— XXXII —
Calcutta. — Asiatic Society of Bengal.
Shanghai. — China Branch of the Asiatic Society.
Indie olandesi.
Batavia. — Kon. Natuurkundige Vereenigung fiùr
neederlind. Indie.
Giappone.
Yokohama. — Deutsche Gesellschaft fiìrasiatische
Forschung.
America.
S'btati Uk bi.
Baltimore. — Biological laboratory.
Boston. — Society of natural history.
Cambridge (Massachusetts). — Museum of comparative zoology at
Harwards College.
Chapelhill. — N. C. Mil. Scientific Society.
Filadelfia -- Academy of natural sciences.
Charleston ($.(arol.). — Elliot Society.
S. Francisco (lalifornia). — Academy of sciences.
S. Louis (Missouri, —— Academy of sciences
> — Historical Society.
Raleigh (N. Carolina), — Elisha Mitchell Scient. Society.
New York. — American Museum of natural history.
Washington. - U. S. Coart Survey office.
5 — Smithsonian Institution.
Irenton (N. J.) — Natural history Society.
Altri Stati dell’ America.
Cordoba (Argentin). — Academia nacional de ciencias.
Montrea! ((analà), -— Natural history Society.
213.
214
2105
. Montreal ((Canalà).
. Halifax (Nova Scotia, Canadà-Nova Scotian-Halifix). — Institut of natural
. Toronto.
. New Orleans.
. Rio de Janeiro.
»
»
Tacubaya. (Messico).
o. Messico.
Sant-Jago ((hilì).
. S. José ((ostarica).
Buenos Ayres.
Sidney.
»
Melbourne.
— XXXIV —
— Geological and natural history survey.
science.
— Canadian Institut.
-- Academy of sciences.
— Observatoire impérial.
— Instituto historico geographico ed etno-
grafico do Brasil.
— Museo nacional.
— ©Observatorio astronomico nacional.
— Sociedad cientifica.
— Deutscher wissenschaftlicher Verein.
— Museo nacional.
-— Academia nacional de ciencias.
Australia.
— R. Society of New-South-Wales.
— Australian Museum. É
— Society of natural history.
SOPRRSSEN PESCE FORESTIERO
(GADUS AEGLEFINUS)
COMPARSO SUL MERCATO DI VENEZIA.
Comunicazione del socio
Dr. A. P. NINNI.
Nel novembre dello scorso anno con grande sorpresa degli
Ittiologi e dei pratici si posero in vendita sul mercato di Venezia
numerosissimi esemplari di varie dimensioni di Gadus aeglefinus
sotto il nome di Molo bastardo.
La presenza di una specie nordica sulla nostra piazza non
poteva non destare vivo interesse in quanti studiano l’Ittiofauna
Italiana, per cui non mi meravigliai punto di ricevere una lettera
(a’ 22 Nov. 1888) dal mio amico Comm. Prof. Giglioli, nella quale
mi scriveva: «Il 14 ed il 19 corr. mese vennero qui sul mercato
provenienti da Venezia (e dicesi dall’ Istria) circa una cinquantina
di esemplari grossi e piccoli di Gadus aeglefinus, specie non mai
registrata nei nostri mari» .... «Il caso merita una seria indagine
e ti prego di farla senza indugio».
Ben lieto di render servigio al Prof. Giglioli, io attinsi le
debite informazioni che a lui tosto spedii.
Pensando però alle difficoltà che s’ incontrano nell’ eliminare
gl’ intrusi dalle liste faunistiche, che perdurando generano errori
che a fatica poscia si possono togliere, faccio conoscere qui il
risultato delle ricerche intraprese.
Seppi dal gentilissimo Sig. Sambo, uno dei principali nego-
zianti di pesce della nostra piazza, che da Milano furono inviate
1%
delle casse di Moli bastardi in commissione al Sig. Agostino Bullo,
ma essendo affatto ignoti al pubblico, si dovettero vendere al tenue
prezzo da rr a 15 soldi austriaci al chilogramma. — Furono questi
i pesci che in parte si mandarono a Firenze. Domandato il nome
dello speditore, conobbi ch’esso era il Sig. Vincenzo Raza, Chiog-
giotto, ma abitante a Milano. Inviai tosto una lettera allo stesso
ed in data 8 Gennaio a, c. mi rispose : «posso assicurarla che questo
pesce (il Gadus aeglefinus) non è dell’ Adriatico, ma lo ricevetti
da un mio fratello dimorante in Annover».
Per togliermi ogni dubbio che il pesce possa esser stato
introdotto anche da Trieste, ricorsi al Sig. A. Valle e con la solita
sua premura e cortesia egli mi scriveva che sul mercato di Trieste
non compariscono che pesci provenienti dal nostro mare. Raris-
sime volte col piroscafo di Costantinopoli ne arrivano dal Mar Nero.
Metto dunque in avvertenza i raccoglitori e gli studiosi che
tanto dal mare del Nord quanto dal mar Nero si introducono specie
straniere sui nostri mercati, per cui bisogna andar cauti nel com-
prendere specie non mai vedute nel nostro Adriatico.
Ebbe ragione il Prof. Giglioli di dubitare dell’ origine italiana
del Gadus aeglefinus, poichè sino ad ora non fu mai pescato nelle
nostre acque.
IL GENERE TRICHOSOMA RUDOLPHI,
LAVORO MONOGRAFICO
PER
MICHELE STOSSICH.
Le trichosome sono tutte forme olomiarie a corpo filiforme,
capillare, con la parte posteriore più grossa contenente l'intestino
e gli organi genitali. Nella cute si osservano certi sviluppi parti-
colari, che si presentano nel loro complesso sotto forma di fascie
longitudinali; sono di larghezza varia e presentano quasi sempre
alla loro superficie dei puntini rotondi, i quali non sono altro
che l’ estremità di bastoncini, che attraversano la cute nella sua
grossezza; a seconda della posizione che occupano sulla superficie
del corpo si distinguono in fascie laterali, dorsali e ventrali.
All'estremità anteriore del corpo si apre il canale digerente
con l’apertura orale priva di labbra o di qualunque specie di arma-
tura; l’ apertura anale è terminale oppure situata alla base dell’ apice
caudale; la parte posteriore dell’ esofago è circondata da un organo
particolare, che si presenta sotto forma di un corpo glanduloso,
lobato, formato di cellule piuttosto grandi e di forme molto sva-
riate, con un nucleo avente un grande nucleolo e con un conte-
nuto protoplasmatico finamente granulare.
L’apertura genitale maschile può essere terminale oppure
situata alquanto verso la parte ventrale, circondata sempre di una
borsa genitale molto semplice, delle volte grande, in altri casi
appena indicata. Il canale eiaculatore termina in un cirro lungo e
solido, il quale alla sua base viene circondato di una guaina pro-
retrattile, la quale alla superficie esterna si presenta liscia o con
piegature traversali (Gymnothecae) oppure armata di dentini o
*
— 4 —-»
setole (Echinothecae). In una sola specie, nella 7richosoma cras-
sicauda, mancano questi organi copulatori nel maschio; è perciò
che Linstow ne formò il nuovo genere Trichodes (Athecae).
L'apertura genitale femminile, /a vulva, è situata sempre an-
teriormente, ventrale e laterale, per lo più al punto di passaggio
dell’ esofago nell’intestino oppure alquanto sotto il principio del-
l’ intestino. L'apertura è rotonda o forma una fessura traversale,
delle volte prominente, semplice o con processi membranacei. Le
ova in generale sono a guscio grosso, provviste di un corio bruno
e di due bottoncini ai due poli; la superficie dell’ovo si presenta
ora granulosa, ora punteggiata, ora attraversata da coste fra loro
reticolate.
Le trichosome sono entozoi che vivono esclusivamente nei
vertebrati, infettandone specialmente il canale digerente, la vescica
urinaria e rare volte altri organi. E un genere piuttosto abbondante
di forme, conoscendone fino ad ora 71 specie divise in quattro gruppi,
31 appartenenti alle Gymnothecae, 16 alle Echinothecae, 1 alle Athecae
e 23 specie inquirende; di queste 71 specie, 23 si raccolsero in mam-
miferi, 39 in uccelli, 3 in rettili, 3 in anfibi e 3 in pesci. Con
pochissime eccezioni tutte sono specie europee.
SEZIONE I. — GYMNOTHECAE.
GUATNA DEL'CIRRO INERME.
i. Trichosoma pliea Rudolphi.
Dujardin. Hist. nat. d. Helm. 1845, pag. 10.
Diesing. Syst. Helminth. II, 1851, pag. 255.
Eberth. Unters. iber Nemat. 1863, pag. 55, tav. VI, fig. 8; tav. VII,
flg:10, 013:
Schneider. Monogr. d. Nemat. 1866, pag. 169, tav. XIII, fig. 2.
Calodium plica, Dujardin. Hist. nat. d. Helm. 1445, pag. 20.
Molin. Wiener Sitzber. XXX, 1858, pag. 157.
Diesing. Wiener Sitzsber. XXXXII, 1860, pag. 0809.
” s
Ù » Molin. Denkschr. Wiener Akad. XIX, 1861, pag. 328, tav.
XV, fig. 11-15.
5 » Molin. Il sottord. d. Acrofalli, 1861, pag. 192.
n » Diesing. Wiener Sitzsber. XXXXIII, 1861, pag. 279.
Mas. 13—3092
EemMasoe00n
Ha il corpo capillare, anteriormente attenuato, posteriormente
ingrossato, con due fascie laterali corrispondenti ad !/, della gros-
sezza; bocca piccola, orbicolare, situata lateralmente.
L’estremità caudale del maschio si presenta troncata obliqua-
mente, mucronata, con una borsa genitale formata da due delicati
lobi membranacei; guaina del cirro liscia e con delicate piegature
traversali; cirro lunghissimo, filiforme, ad apice rotondato.
Estremità caudale della femmina ottusa, con apertura anale
terminale; vulva situata anteriormente e provvista di una borsa cam-
panuliforme.
Canis familiaris L. (Irlanda), Canis vulpes L. (Padova, Ber-
lino, Parigi, Irlanda); vescica urinaria.
LENRZA
2. Trichosoma obtusiusculum Rudolphi.
Menhlis. Isis. 1831, pag. 74, tav. Il, fig. 3.
Lamark. Anim. s. vert. 2, edit. III, 1840, pag. 660.
Dujardin. Hist. nat. d. Helm. 1845, pag. 20.
Diesing. Syst. Helminth. II, 1851, pag. 254.
Mas, 11—16"",
Fem. 27—40"".
.
Corpo posteriormente ingrossato ; estremità caudale della fem-
mina ottusa; vulva situata molto anteriormente; guaina del cirro
inerme, incurvata.
Grus cinerea Bechst. (Vienna); fra le pareti dello stomaco
e nell’ intestino.
3. Trichosoma incrassatum Diesing.
Diesing. Syst. IIelminth. H, 1851, pag. 257.
Diesing. Wiener Sitzsber. XXXXII, 1860, pag. 691.
Liniscus exilis, Dujardin. Hist. nat. d. Helm. 1845, pag. 29.
Mas..e Lo:4555s
Fem.! 14208
Corpo posteriormente ingrossato a superficie quasi liscia;
estremità caudale del maschio troncata obliquamente, della fem-
mina rotondata; guaina del cirro inerme, striata di traverso, Ova
lunghe 0*065"" e larghe 0‘025"".
Sorex tetragonurus Herm. (Rennes); incistidata nelle mem-
brane del testicolo.
4. Trichosoma ornatum Dujardin.
Dujardin. Ann. d. sc. nat. Ser. II, Tom. XX, 1843, tav. XIV, fig. B. 1-7.
Diesing. Syst. Helminth. H, 1851, pag. 236.
Calodium ornatum, Dujardin. Hist. nat. d. Helm. 1845, pag. 28, tav. I, fig. B.
Pa 3 Molin. Il -sottord. d. Acrofalli, 1861, pag. 193.
Mas, quiero
Fem- gr
Corpo capillare, alato, con due fascie longitudinali granulose;
bocca all’ estremità di una prominenza conica.
Estremità caudale del maschio ricurva, con una borsa genitale
terminale, intagliata irregolarmente; guaina del cirro tubolosa, con
delicate piegature traversali; cirro filiforme, lunghissimo.
x >
Estremità caudale della femmina debolmente attenuata, ottusa,
con apertura anale subterminale; vulva situata anteriormente.
Anthus pratensis Bechst. (Rennes); intestino.
5. Trichosoma alatum Molin.
Trichosoma entomelas, Dujardin. Hist. nat. d. Helm. 1845, pag. 10.
» 9 Diesing. Syst. Helm. II, 1851, pag. 259.
Calodium alatum, Molin. Wiener Sitzsber. XXX, 1858, pag. 157.
Diesing. Wiener Sitzsber. XXXXII, 1860, pag. 690.
» »
a » Molin. Denkschr. Wiener Akad. XIX, 1861, pag. 327,
tav. XV, fig. g—10.
A 3 Molin. ll sottord. d. Acrofalli, 1861, pag. 101.
A È Diesing. Wiener Sitzsber. XXXXIII, 1861, pag. 270.
Mas. 8",
Fem. T1I—-151%,
Corpo capillare, posteriormente ingrossato, con intestino nero
sinuoso.
Estremità caudale del maschio alata, debolmente ricurva, atte-
nuata, con borsa genitale terminale campanulata; guaina del cirro
tubolosa, striata di traverso, a base sferica.
Estremità caudale della femmina diritta ottusa; vulva situata
anteriormente; ova elittiche, con due bottoncini alle due estremità.
Putorius putorius L. (Padova), Putorius vulgaris L. (Irlanda),
Mustela foina Briss. (Rennes); intestino.
6. Trichosoma caudinflatum Molin.
Calodium caudinflatum, Molin. Wiener Sitzsber. XXXIII, 1858, pag. 302.
Diesing. Wien. Sitzsber. XXXXII, 1860, pag. 690.
; > Molin. Denkschr. Wiener Akad. XIX, 1861, pag.
330, tav. XV, fig. 17—18.
A o Molin. Il sottord. d. Acrofalli, 1861, pag. 193.
L L Diesing. Wien. Sitzsber. XXXXIII, 1861, pag. 279.
Nasino
Fiem, 251
Corpo capillare, nella femmina attenuato anteriormente, nel
p p ’ ’
maschio d’ambe l’ estremità.
All’ estremità caudale del maschio l’ epidermide si gonfia in
modo da prendere la forma di una grande vescica elissoidica tras-
parente; la guaina del cirro si presenta tubolosa striata di traverso,
con un cirro filiforme lunghissimo.
Agla
Estremità caudale della femmina ad apice rotondato; ano
subterminale; vulva bilabiata situata anteriormente.
Coturnix dactylisonans Meyer (Padova); intestino tenue.
7. Triehosoma muceronatum Molin.
Calodium mucronatum, Molin. Wien. Sitzsber. XXX, 1858, pag. 157.
Diesing. Wien. Sitzsber. XXXXII, 1860, pag. 690.
» »
> 7 Molin. Il sottord. d. Acrofalli, 1861, pag. 194.
5 > Molin. Denkschr. Wien. Akad. XIX, 1861, pag. 329,
tav. XV, fig. 16.
: » Diesing. Wien. Sitzsber. XXXXIII, 1861, pag. 279.
MASsreseeo
Corpo capillare, alquanto assottigliato alle due estremità.
Estremità caudale del maschio mucronata, con borsa genitale ter-
minale; cirro lunghissimo, con una guaina tubolosa striata di
traverso.
Mustela foina Briss. (Padova); vescica urinaria.
8. Triehosoma speciosum Beneden.
Beneden P. I. Mem. de l’Acad. Roy. d. Belgique, XXXX, 1873, pag. 19,
tav. IV.
Hem. on
Corpo anteriormente molto assottigliato; estremità caudale
della femmina attenuata, nel maschio troncata obliquamente e prov-
vista di una borsa genitale formata di due ali membranacee; vulva
situata verso la metà del corpo con vagina protratta; cirro lunghis-
simo con guaina inerme, striata di traverso.
Vespertilio dasycnemus Boie (Belgio), Vespertilio Nattereri
Kuhl (Maestricht), Vespertilio Daubentonii Leisl. (Belgio), Vesperus
serotinus Schreb. (Belgio); stomaco.
9. Trichosoma splenaceum Dujardin.
Dujardin. Ann. d. sc. nat. Ser. II, Tom. XX, 1843, pag. 336, tav. XIV,
fig. A. 1-10.
Diesing. Syst. Helminth. II, 1851, pag. 255.
Calodium splenaceum, Dujardin, Hist. nat. d. Helm. 1845, pag. 25, tav. I,
fig. A.
È 5 Molin. Il sottord. d. Acrofalli, 1861, pag. 194.
|
fo)
Mas. 11-13",
Fem. 24-37".
Corpo capillare, anteriormente attenuato, con due serie laterali
di granulazioni. Estremità caudale del maschio alata, con una borsa
genitale terminale lobata; cirro lunghissimo con guaina tubolosa
striata di traverso.
Estremità caudale della femmina ottusa troncata obliquamente ;
vulva situata anteriormente.
Crocidura aranea Schreb. (Rennes); ventricolo, duodeno ed
incistidata nella milza.
Sorex leucodon Herm.; glandole mesenteriali.
10. Trichosoma longifilum Dujardin.
Diesing. Syst. Helminth. H, 1851, pag. 256.
Calodium longifilum, Dujardin. Hist. nat. d. Helm. 1845, pag.
È. z Molin. Il sottord. d. Acrofalli, 1861, pag. 195.
Nas: Ash,
Corpo capillare; estremità caudale del maschio unialata,
borsa genitale terminale lobata; cirro lunghissimo, filiforme,
guaina tubolosa striata di traverso.
Accentor modularis Lath. (Rennes); intestino.
11. Trichosoma angustum Dujardin.
Dujardin. Hist. nat. d. Helm. 1845, pag. 16.
Diesing. Syst. Helminth. II, 1851, pag. 253.
Mas. ee
Eensizoo
Corpo a superficie striata di traverso.
con
con
Estremità caudale del maschio troncata obliquamente; guaina
del cirro inerme liscia. Estremità caudale della femmina alquanto
assottigliata ad apice ottuso; vulva situata anteriormente.
Fringilla coelebs L. (Rennes, Vienna); intestino.
12. Trichosoma curvicauda Dujardin.
Dujardin. Hist. nat. d. Helm. 1845, pag. 16.
Diesing. Syst. Helminth. II, 1851, pag. 253.
Maso Br
Fem. 6:3"”,
Estremità caudale del maschio arcata, ad apice rigonfiato;
apertura anale situata lateralmente col margine posteriore ingros-
sato ; cirro lungo 1*3"", con guaina inerme.
Estremità caudale della femmina ottusa, ad apice rotondato
con apertura anale subterminale; vulva provvista di un’ appendice
membranacea; ova lunghe 0'059"".
Cypselus apus L. (Rennes), Hirundo rustica L. (Vienna);
intestino,
)
13. Trichosoma rigidulum Dujardin.
Dujardin. Hist. nat. d. Helm. 1845, pag. 15.
Diesing. Syst. Helminth. II, 1851, pag. 253.
Mas: 12000,
Ben, ag
Corpo posteriormente ingrossato, a superficie striata traver-
salmente; cirro rigido, lungo 1*05”", con guaina inerme e liscia.
Estremità caudale della femmina ottusa, con apertura anale
subterminale; vulva marginata, prominente; ova con guscio granu-
loso, lunghe 0*057"”, larghe 0‘0256 e provviste di due larghi bot-
toncini alle due estremità.
Accentor modularis Lath. (Rennes); intestino.
14. Triehosoma inflexum Rudolphi.
Lamark. Anim. s. vert. 2, edit. III, 1840, pag. 660.
Dujardin. Hist. nat. d. Helm. 1845, pag. 14.
Diesing. Syst. Helminth. II, 1851, pag. 252.
mm
Mas. 14—17
Fem. 25—28"".
Corpo posteriormente ingrossato; estremità caudale del ma-
schio inflessa, ottusa; guaina del cirro inerme, liscia; estremità
caudale della femmina ottusa.
Monticola cyvana L. (Napoli); 7urdus viscivorus L. (Irlanda);
intestino.
15. Trichosoma pieorum M. C. V.
Dujardin. Hist. nat. d. Helm., 1845, pag. 18.
Diesing. Syst. Helminth. 1I, 1851, pag. 261.
Leidy. Proc. Acad. Nat. Sc. Philadelphia VIII, 1856, pag. 55.
Diesing. Wiener Sitzsber. XXXXII, 1860, pag. 692.
Linstow. Wuùrttemb. naturw. Jahresh. 1879, pag. 335.
Mas. 14".
Fem 21 ty) mm
Estremità caudale del maschio troncata e bilobata; cirro
lungo 1*6"" con guaina liscia. Apertura anale terminale; vulva
sporgente; ova lunghe 0‘043", larghe 0‘026"" e provviste alla
superficie di coste longitudinali.
Picus collaris Vig. (Filadelfia), Picus major L. (Rennes),
Gecinus viridis L. (Vienna), Gecinus canus Gm. (Vienna); intestino.
16. Trichosoma brevispiculum Linstow.
Linstow. Arch. f. Naturg. XXXIX, 1873, pag. 293.
Linstow. Arch. f. Naturg. XXXXIII, 1878, pag. 230.
Linstow. Arch. f. Naturg. LI, 1885, pag. 247.
Mas. 2194—3:3—8-*9"".
Fem. 6°6—7:8—g9-5"".
Ha il corpo posteriormente ingrossato, alla superficie con due
fascie laterali corrispondenti a °/, della grossezza. Estremità caudale
del maschio con due piccole protuberanze rotonde; cirro corto (0*26)
ma robusto, con guaina liscia. Estremità caudale della femmina as-
sottigliata ad apice rotondato; ova a guscio sottile coperto di pun-
tini lucenti, lunghe 0'059—0*62 e larghe 0'029"”.
Blicca bjoerkna L. (Ratzeburg), Lota vulgaris Cuv. (Hameln);
intestino.
17. Trichosoma exiguum Dujardin.
Dujardin. Hist. nat. d. Helm. 1845, pag. 9.
Diesing. Syst. Helminth. II, 1851, pag. 251.
Eberth. Unters. ùber Nemat. 1853, pag. 56, tav. VI, fig. 6, 0, 10.
Linstow. Arch. f. Naturg. XXXXIV, 1878, pag. 231, tav. VIII, fig. 16.
Mas. 59—7:6!"".
Fem. 10'6—15"".
Corpo striato traversalmente, con due fascie laterali corri-
spondenti ad !/, della grossezza.
Estremità caudale del maschio alata, con l’apertura genitale
circondata da quattro lobi membranacei, due anteriori e due poste-
riori, i quali ultimi vengono sostenuti da un processo digitiforme
del corpo; guaina del cirro con finissime piegature traversali.
Estremità caudale della femmina diritta conica, mucronata ; vulva
rotonda, bilabiata; ova lunghe 0‘049—0‘066, larghe 0'021—0'026""”",
con la superficie coperta di rialzi ondulati, i quali intrecciandosi
formano un disegno reticolato.
Erinaceus europaeus L. (Hameln, Rennes); esofago, stomaco
ed intestino.
18. Trichosoma ovopunetatum Linstow.
Linstow. Arch. f. Naturg. XXXIX, 1873, pag. 296, tav. XIII, fig. 2.
Mas; 024.532
Remo se:
Sulla superficie del corpo si osservano due distinte fascie late-
rali aculeate. Estremità caudale del maschio con una distinta borsa
genitale bilobata sostenuta da una pulpa, la quale da. ogni parte
presenta due processi arrotondati; guaina del cirro liscia.
Estremità caudale della femmina alquanto assottigliata con
apice rotondo; vulva protratta campanuliforme soltanto in esem-
plari giovani; ova lunghe 0’0509””, larghe 0*029"”, col guscio
attraversato da una quantità di bastoncini, i quali impartiscono
alla superficie dell’ovo un aspetto punteggiato.
Sturnus vulgaris L. (Ratzeburg); intestino.
19. Trichosoma tenuissimum Diesing.
Diesing. Syst. Helminth. II, 1851, pag. 256.
Eberth. Unters. uber Nematod. 1863, pag. 56, tav. VI, fig. 2.
Leidy. Proc. Acad. Nat. Sc. Philadelphia, 1886, pag. 310.
Calodium tenue, Dujardin. Hist. nat. d. Helm. 1845, pag. 28.
n »s Molin. Il sottord. d. Acrofalli, 1861, pag. 192.
Mas I OE
Femi 1882
Corpo capillare debolmente striato con una fascia laterale cor-
rispondente ad !/, della grossezza. Estremità caudale del maschio
troncata obliquamente; cirro filiforme lunghissimo, con guaina tu-
bolosa provvista di piegature traversali.
Estremità caudale della femmina ottusa, con apice rotondo;
vulva situata anteriormente, avente un’appendice membranacea.
Viviparo.
Columba livia L. (Irlanda), Columba domestica L. (Vienna),
Zenaidura carolinensis (Florida); intestino crasso.
— e —
20. Trichosoma capillare Linstow.
Linstow. Arch. f. Naturg. XXXXVIII, 1882, pag. 14, tav. II, fig. 19.
Linstow. Zool. Jahrbùcher II, 1887, pag. 113.
Mastetpar8e2
Corpo immensamente sottile, con fascie laterali corrispondenti
a 7/,, della grossezza; guaina inerme con regolari piegature tra-
versali; cirro lungo 0o‘*81"”. Vulva molto prominente, provvista
alla sua base di una specie di colletto; ova lunghe 0‘049" e
larghe 0:026"".
Crocidura aranea Schr. (Gòttingen), 7alpa europea L.
(Hameln); vescica urinaria,
21. Trichosoma pachykeramotum Wedl.
Wedl. Wiener Sitzsber. XIX, 1856, pag. 127, tav. I, fig. o—12.
Diesing. Wiener Sitzsber. XXXXII, 1860, pag. 6gr.
Mas. 6"",
Fem. 15—18"!"",
Corpo posteriormente ingrossato, nella femmina serpentiforme,
nel maschio con una piccola borsa genitale; guaina del cirro prov-
vista di finissimi rilievi traversali; ova a guscio molto grosso,
lunghe 0'048 - 0 052", larghe 0‘028"", ai due poli appiattite e
provviste di due bottoncini.
Felis guttata Herrm.; intestino.
22. Trichosoma longispiculum Sonsino.
Sonsino. Proc. verb. Soc. Toscana di sc. nat. 12 Maggio 1880.
Mas. 4o0®.
Pensi 39-30
Estremità caudale del maschio provvista di una piccola borsa
terminale e di una papilla laterale; guaina lunghissima a strie tra-
versali; cirro anche lunghissimo (2"") e striato traversalmente.
Estremità caudale della femmina ottusa con apertura anale
quasi terminale; vulva sporgente; ova lunghe 0*05—o*06"".
Python molurus L.; intestino.
23. Trichosoma longevaginatum Linstow.
Linstow. Wurttemb. naturw. Jahresh. 1870, pag: 335.
Mas LI mm
di. .
Fem. 13,
Estremità caudale del maschio con una stretta borsa genitale;
cirro lungo 1*7"" e provvisto di una guaina molto larga anulata
e non dentata; ova lunghe 0:052, larghe 0‘021"”.
Alauda arvensis L.; intestino.
24. Trichosoma exile Dujardin.
Dujardin. Hist. nat. d. Helm. 1845, pag. 15.
Diesing. Syst. Helminth. II, 1851, pag. 253.
Eberth. Unters. iiber Nemat. 1863, pag. 57, tav. VII, fig. 7.
19
Mas. 9:5—10:4"".
Fem. 9°:6—14'2"",
Ha il corpo a superficie liscia, con una fascia ventrale molto
stretta corrispondente ad !/,, ed una fascia laterale corrispondente
a circa la metà della grossezza del corpo.
Estremità caudale del maschio terminante in due protuberanze
rotonde; guaina del cirro corta e liscia.
Turdus merula L. (Rennes); intestino.
25. Trichosoma resectum Dujardin.
Dujardin. Ann. d. sc. nat. Ser. II, Tom. XX 1843, tav. XIV, fig. D, 1-3.
Dujardin. Hist. nat. d. Helm. 1845, pag. 17, tav. II, fig. B, D.
Diesing. Syst. Helminth. Il, 1851, pag. 254.
Molin. Wiener Sitzsber. XXX, 1858, pag. 156.
Diesing. Wiener Sitzsber. XXXXII, 1860, pag. 691.
Molin. Denkschr. Wiener Akad. XIX, 1861, pag. 321.
Diesing. Wiener Sitzsber. XXXXIII, 1861, pag. 280.
Eberth. Unters. ùber Nemat. 1863, pag. 56, tav. VI, fig. 15, 18; tav. VII,
fip=5; 12:
Linstow. Arch. f. Naturg. XXXXIII, 1877, pag. 177.
Master ne
Eiemfans asa
Corpo nella femmina diritto, posteriormente ingrossato, nel
maschio uniforme, posteriormente attortigliato e provvisto di due
fascie laterali corrispondenti ad /!/, e di una fascia ventrale corri-
spondente ad !/, della grossezza; nelle forme molto adulte queste
fascie aculeate si trasformano in fascie pigmentate intensamente in
rosso bruno.
UNO
Estremità caudale del maschio troncata obliquamente, con due
processi laterali arrotondati; guaina del cirro liscia.
Estremità caudale della femmina ottusa, con apertura anale
subterminale; vulva ventrale, sotto forma di fessura traversa poco
prominente.
Corvus monedula L. (Rennes, Irlanda), Corvus frugilegus L.
(Padova), Garrulus glandarius L. (Hameln); intestino.
26. Trichosoma longicolle Rudolphi.
Mehlis. Isis. 1831, pag. 74.
Dujardin. Hist. nat. d. Helm. 1845, pag. 10.
Diesing. Syst. Helminth. II, 1851, pag. 260.
Eberth. Unters. ùber Nemat. 1863, pag. 57, tav. VI, fig. 11.
Carruccio. Bull. R. Accad. medica, Roma, XII, 1886, pag. 293.
Parona. Elmint. sarda, Genova, 1887, pag. 85, tav. VII, fig. 48 - 49.
Trichosoma anulatum, Molin. Wiener Sitzsber. XXX, 1858, pag. 156.
Diesing. Wiener Sitzsber. XXXXII, 1860, pag. 602.
5 5 Molin. Denkschr. Wiener Akad. XIX, 1861, pag.
320, tav. XV, fig. 1-2.
> o Diesing. Wien. Sitzsber. XXXXIII, 1861, pag. 280.
A 5 Carruccio. Bull. R. Accad. med., Roma, XII. 1886,
Pag: 293.
Mas: 155°,
Fem. 16—80"".
Corpo bianco opaco, con superficie lievemente striata di tra-
verso e percorsa da due strettissime fascie laterali corrispondenti
ad !/, e da una larga fascia ventrale corrispondente alla metà della
grossezza.
Estremità caudale del maschio terminante in due corti pro-
cessi laterali; guaina del cirro sottile e liscia.
Estremità caudale della femmina ottusa, con apertura anale
quasi terminale; vulva traversale alquanto prominente; ova lunghe
0*055, larghe 0‘023"”", con due bottoncini ai due vertici.
Gallus domesticus (Padova, Cagliari, Vienna, Rennes, Irlanda),
Phasianus colchicus L., Phasianus piclus L., Perdix cinerea Briss.
(Rennes), Tetrao urogallus L. (Vienna), Lyrurus tetrix L. (Vienna);
intestino crasso e cieco. 7
27. Trichosoma brevicolle Rudolphi.
Mehlis. Isis. 1831, pag. 74, tav. II, fig. 4.
Dujardin. Hist. nat. d. Helm. 1845, pag. 21.
= LOT ==
Diesing. Syst. Helminth. II, 1851, pag. 254.
Eberth. Unters. ùber Nemat. 1863, pag. 58, tav. VI, fig. 12, 17.
Mas. 11-13",
Fem. 21-25!"
Corpo posteriormente alquanto ingrossato, con la cute attra-
versata da una fascia laterale corrispondente ad !/, e da una fascia
dorsale e ventrale fra loro eguali corrispondenti ad !/; della gros-
sezza.
Estremità caudale ottusa, arrotondata, con apertura anale sub-
terminale; guaina del cirro liscia; vulva ventrale, alquanto promi-
nente.
Mergus merganser L., Harelda glacialis L. Anser cinereus
Meyer (Vienna); intestino tenue e cieco.
28. Trichosoma anulosum Dujardin.
Diesing. Syst. Helminth. II, 1851, pag. 256.
Eberth. Unters. ùber Nemat. 1863, pag. 57, tav. VI, fig. 7.
Trichosoma Muris decumani, Dujardin. Hist. nat. d. Helm. 1845, pag. 11.
Calodium anulosum, Dujardin. Hist. nat. d. Helm. 1845, pag. 27.
5 > Molin. Il sottord. d. Acrofalli, 1861, pag. 192.
Mas. 1428:
Rep g21,
Corpo distintamente anulato, anteriormente attenuato, con
una fascia laterale aculeata corrispondente ad !'/,, una fascia ven-
trale ed una dorsale granulate, fra loro eguali e corrispondenti ad
1,5 della grossezza.
Estremità caudale del maschio alata, troncata obliquamente,
con borsa genitale terminale, biloba; cirro lunghissimo, con guaina
tubolosa, striata di traverso.
Estremità caudale della femmina ottusa arrotondata, con aper-
tura anale subterminale; vulva situata anteriormente.
Mus decumanus Pall. (Irlanda), Mus rattus L. (Rennes);
intestino.
20. Trichosoma Schmidtii Linstow.
Linstow. Arch. f. Naturg. XXXX, 1874, pag. 285, tav. VIII, fig. 4—6.
Mas. Sn.
Corpo distintamente anulato e privo di fascie longitudinali ;
capo troncato con tre piccole prominenze.
Estremità caudale provvista di una borsa genitale bilobata;
Cirro ricurvo ad uncino, molto lungo (1°4""), con guaina liscia
plicata di traverso.
Mus decumanus Pall.; vescica urinaria.
30. Trichosoma convolutum Fourment.
Mass 3
Fem. 24225.
Guaina del cirro inerme.
Ossifraga gigantea Gm.; intestino.
SEZIONE Il. — ATHECAE
(TRICHODES LINSTOW).
SENZA ORGANI COPULATORI,
31. Trichosoma crassicauda Bellingham.
Bellingham. Ann. Mag. of Nat. Hist. XIV, 1844, pag. 476.
Dujardin. Hist. nat. d. Helm. 1845, pag. 11.
Diesing. Syst. Helminth. II, 1851, pag. 250.
Eberth. Unters. ùber Nemat. 1863, pag. 61, tav. VI, fig. 3; tav. VII,
fig. Q—II.
Walter E - d. Offenbach. Ver. f. Naturk. 1866, pag. 26, tav. I, fig. 4.
Bitschli. Arch. f. Naturg. XXXVIII, 1872, pag. 236, tav. VIII, fig. 1-7.
Trichosoma Muris decumani, Bayer. Arch. d. Medec. comp. I, 1843, pag.
180, tav. XII, fig. 12—19.
Trichodes crassicauda, Linstow. Arch. f. Naturg. XXXX, 1874, pag. 271,
tav. VIIl, fig. 1-3.
s 5 Linstow. Arch. f. Naturg. XXXXVIII, 1882, pag. 12,
tav. I, fig, 18.
Mas. 1°46—2'5"".
Fem. io-5—11:52.
Il maschio vive nella vagina della femmina; ha tanto l’ estre-
mità anteriore che posteriore arrotondate, è privo di organi copu-
latori e la cute è perfettamente liscia.
Il corpo della femmina s’ ingrossa fortemente verso l’estremità
posteriore; la cute è liscia ed attraversata da due fascie laterali
corrispondenti ad !/,, una fascia dorsale ed una ventrale fra loro
eguali e corrispondenti ad '/ della grossezza; vulva ventrale, pro-
minente conica; ova di forma variante, ora quasi sferiche, ora quasi
cilindriche, lunghe 0:062—0'075, larghe 0‘029 — 0:56".
Mus decumanus Pall. (Offenbach, Ratzeburg, Trieste, Parigi,
Irlanda); vescica urinaria, libere o formanti conglomerati.
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SEZIONE III. — ECHINOTHECAE.
GUAINA DEL CIRRO ARMATA.
32. Trichosoma striatum Linstow.
Linstow. Arch. f. Naturg. XXXXV, 1879, pag. 182.
Mas. 3.39",
ema.
La cute del corpo presenta una striatura traversale con fascie
laterali. L’estremità caudale del maschio termina in due lobi
rotondati; il cirro è lungo 0.66”" e possiede una guaina finamente
dentellata. Le ova alla superficie mostrano un finissimo disegno
reticolato ed hanno una lunghezza di 0.069" ed una larghezza
di 0.046*”,
Nisus communis Cuv. (Hameln); intestino.
33. Trichosoma collare Linstow.
Linstow. Arch. f. Naturg. XXXIX, 1873, pag. 204, tav. XIII, fig. 1.
Carruccio. Bull, R. Accad. medica, Roma, XII, 1886, pag. 2093.
Mas.--8.92°,
Fem.- 955°.
Il corpo presenta soltanto due fascie laterali, le quali in
esemplari adulti diventano sempre più indistinte. L’estremità ante-
riore è conica, ottusa e sotto all’ apice a piccola distanza si osserva
una fascia cervicale.
L’estremità caudale del maschio si presenta bilobata, con un
cirro lungo 1.38"" avente una guaina coperta di finissime setole
rivolte anteriormente.
Estremità caudale della femmina rotondata; ova lunghe
0.066", larghe 0.030"; in esemplari giovani, la vulva è protratta.
Gallus domesticus (Ratzeburg); intestino.
x Ze
34. Trichosoma filiforme Linstow.
Linstow. Arch. f. Naturg. 41, 1885, pag. 247, tav. XV, fig. 26.
Mas. 7.86".
Fem. 12,48°P:
Ha una fascia ventrale corrispondente a 4/,, della grossezza,
con numero molto scarso di bastoncini. Guaina del cirro aculeata,
cirro lungo 0.3".
Ova lunghe 0.068"" e larghe 0.036”; il loro guscio è
attraversato da finissimi canali, i quali comunicano con. altri
canali percorrenti parallelamente alla superficie dell’ovo.
Triton alpestris Laur. (Hameln), Zriton cristatus Laur.
(Hameln); intestino.
35. Trichosoma dispar Dujardin.
Dujardin. Hist. nat. d. Helm. 1845, pag. 13, tav. H, fig. A.
Diesing. Syst. Helminth. II, 1851, pag. 261.
Eberth. Unters. uber Nemat. 1863, pag. 60, tav. VH, fig. 4, 17.
Hem 260,5
Superficie del corpo striata, con una fascia ventrale corri-
spondente ad !/ ed una laterale alla metà della grossezza.
L’apertura genitale del maschio è terminale e circondata da
due ingrossamenti laterali e rotondi; la guaina del cirro è coperta
di dentini rivolti anteriormente.
Estremità caudale della femmina ottusa, con apice troncato
obliquamente ed apertura anale subterminale; vulva rotonda, non
prominente; ova lunghe 0.065”, larghe 0.032 —0.036"".
Falco subbuteo L. (Rennes), Buteo vulgaris L.; esofago.
36. Trichosoma tenue Dujardin.
Diesing. Syst. Helminth. H, 1851, pag. 258.
Eucoleus tenuis, Dujardin. Hist. nat. d. Helm. 1845, pag. 24.
> n Linstow. Arch. f. Naturg. XXXXIV, 1878, pag. 232, tav.
VIII, fig. 17.
Mas. 8,5", secondo Dujardin 15.6".
Hienas 12057
Ha il corpo filiforme; la cute presenta una finissima striatura
traversale e viene attraversata da due larghe fascie laterali e da
una ventrale più sottile; le singole fascie sono prive di aculei, ma
provviste invece di piccole prominenze coniche, ottuse.
Estremità caudale del maschio troncata obliquamente, con
due piccole papille da ogni lato; guaina del pene molto lunga e
coperta di dentini; cirro non visibile.
Estremità caudale della femmina ottusa con apertura anale
terminale; ova lunghe 0.072”, larghe 0.033", provviste di tre
involucri, dei quali il più interno con un disegno reticolato alla
sua superficie.
Erinaceus europaeus L. (Vienna, Hamelin); bronchi e
polmoni.
37. Trichosoma obtusum Rudolphi.
Dujardin. Hist. nat. d. Helm. 1845, pag. 14.
Creplin. Wiegmann's Arch. 1846, pag. 130.
Diesing. Syst. Helminth. II, 1851, pag. 252.
Eberth. Unters. ùber Nemat. 1863, pag. 50, tav. VI, fig. 14, 16.
Linstow. Arch. f. Naturg. XXXXIII, 1877, pag. 177.
Linstow. Arch. f. Naturg. XXXXVI, 1880, pag. 40.
Mas: 032055,
Fem. 18—27)!".
Sulla superficie del corpo si osserva una larga fascia ventrale
corrispondente ad !/, ed una stretta fascia laterale corrispondente
ad !/,;, della grossezza.
L’ estremità caudale del maschio è troncata obliquamente e
ricurva verso la faccia ventrale; guaina del cirro campanulata e
coperta di dentini.
Estremità caudale della femmina ottusa conica, con apertura
anale terminale: vulva situata alla parte ventrale, sotto forma di
fessura traversale; ova a guscio esterno di colore bruno, attraver-
sato da fascie longitudinali più chiare.
Strix flammea L. (Rennes), Syrnium aluco L. (Vienna),
Nyctale dasypus Bechst. (Vienna), Otus vulgaris L. (Vienna,
Hameln), Bubo maximus Sibb. (Greifswald), Surnia noctua Bp.
(Hameln), Surnia passerina Keys.; intestino, cieco e rarissime
volte nell’ esofago.
38. Trichosoma Faleonum Rudolphi.
Diesing. Syst. Helminth. II, 1851, pag. 260.
Eberth. Unters. uber Nemat. 1863, pag. 59, tav. VI, fig. 1.
Trichosoma Falconis pvgargi, Dujardin. Hist. nat. d. Helm. 1845, pag. 14.
s " nisi, Dujardin. Hist. nat. d. Helm. 1845, pag. 13,
tav. H, fig. A. 4.
Lunghezza 40".
Sulla superficie del corpo si può osservare una fascia laterale
corrispondente ad '/, ed una fascia ventrale corrispondente ad '/
della grossezza. All'estremità caudale del maschio si trova l’ aper-
tura genitale attorniata da un lobo laterale e da un lobo dorsale ;
la guaina del cirro si presenta coperta di minutissimi dentini.
FEstremità caudale della femmina ottusa conica, con l’aper-
tura anale subterminale; vulva sotto forma di una fessura traver-
sale; ova provviste di coste longitudinali che si tagliano sotto un
angolo molto acuto.
Buteo vulgaris L., Nisus communis, Cuv. (Rennes), Milvus
regalis Briss., Falco pygargus L. (Rennes); intestino tenue.
30. Trichosoma papillifer Linstow.
Linstow. Arch. f. Naturg. XXXXIII, 1877, pag. 7, tav. I, fig. rr.
Mas. 21.8",
Si osserva lo sviluppo di una fascia dorsale e di una fascia
ventrale.
L’estremità caudale si presenta rotondata, con una piccola
borsa genitale, nella quale la pulpa prende un aspetto uncinato
e da ogni parte al margine anteriore sviluppa una papilla
peduncolata.
Cirro lungo 1.38" e provvisto di una guaina coperta
di uncini.
Chelidon urbica L. (Hameln); intestino.
4o. Trichosoma pachyderma Linstow.
Linstow. Arch. f. Naturg. XXXXIII, 1877, pag. 177.
Mas. 12”; esofago !/, della lunghezza totale.
Fem. 12”; esofago !/, della lunghezza totale.
Corpo attortigliato a spirale, con cute molto grossa attra-
versata da una fascia dorsale e da una ventrale; le due glandole
all’ estremità dell’ esofago presentano una tinta gialla; guaina del
cirro aculeata; ova a guscio liscio, lunghe 0-052"" e larghe 0.023".
Podiceps minor Gm. (Hagenau); esofago.
i —
41. Trichosoma aerophilum Creplin.
Creplin. Wiegmann’s Arch. 1840. pag. 55.
Diesing. Syst. Helminth. II, 1851, pag. 258.
Eberth. Unters. iber Nemat. 1863, pag. 68, tav. VH, fig. 2, 3, 16.
Schneider. Monogr. d. Nemat. 1866, pag. 169, tav. XIII, fig. 12.
Eucoleus aerophilum, Dujardin. Hist. nat. d. Helm. 1845, pag. 24.
Mas. 24.59".
Pet 326
Corpo a superficie striata di traverso, con una fascia dorsale
corrispondente a /, una fascia ventrale corrispondente ad !/,
ed una fascia laterale molto esile corrispondente ad !/,, della
grossezza.
Estremità caudale del maschio inflessa, troncata obliquamente,
con l’apice caudale terminante in due lobi corti uniti fra loro da
una delicatissima membrana; guaina del cirro lunga, tubolosa, pro-
e retrattile e coperta di piccoli denti.
Estremità caudale della femmina ottusa, con apertura anale
subterminale; vulva laterale, rotonda, priva di appendici.
Canis vulpes L. (Greifswald, Rennes); trachea.
42. Trichosoma contortum Creplin.
Dujardin. Hist. nat. d. Helm. 1845, pag. 12.
Creplin. Wiegmann's Arch. 1846, pag. 134.
Diesing. Syst. Helminth. IH, 1851, pag. 252.
Eberth. Unters. ùber Nemat. 1863, pag. 59, tav. VI, fig. 5; tav. VII, fig. 18.
Linstow. Arch. f. Naturg. XXXIX, 1873; pag. 296.
Linstow. Arch. f. Naturg. XXXXIII, 1877, pag. 176.
Linstow. Arch. f. Naturg. XXXXV, 1870, pag. 181.
Linstow. Arch. f. Naturg. IV, 1884, pag. 135.
Linstow. Zool. Jahrb. II, 1887, pag. 113.
Mas. 11,6—15”",
Fem. 17—36°.
Ha il corpo attortigliato a spirale, con una fascia ventrale
molto robusta corrispondente a 3/1, una fascia dorsale corrispon-
dente ad !/, e due strettissime fascie laterali corrispondenti ad "/y
della grossezza.
Nella femmina il corpo al disotto della vulva s’ ingrossa di
molto e termina con un apice caudale troncato obliquamente;
vulva rotonda, prominente e situata alla parte ventrale; ova
— 24 —
provviste al loro guscio esterno di prominenze puntiformi, lunghe
da 0.052—0,069"" e larghe da 0.026—0.036.
Estremità caudale del maschio assottigliata, con una borsa
genitale formata da due piccoli lobi rotondi; guaina del cirro
lunga 0.25” e coperta di dentini acutissimi.
Uria grylle Cuv., Anas crecca L. (Hameln), Larus ridi-
bundus L. (Hameln), Larus canus L., Aegialites hiaticula Boie,
Recurvirostra avocetta L., Machetes pugnax Cuv., Corvus corone
L. (Hameln), Corvus monedula L., Corvus cornix L. (Greifswald),
Corvus frugilegus L., Sturnus vulgaris L. (Ratzeburg), Lusciola
tithys Lath. (Hameln), Lusciola rubecula L. (Hameln), Buteo
vulgaris L., Nisus communis Cuv. (Gòttingen); esofago, libera o
sotto l’ epitelio.
43. Trichosoma trilobum Linstow.
Linstow. Arch. f. Naturg. XXXXI, 1875, pag. 198, tav. III, fig. 25.
Mas. 8.75.
Remo:
Sulla superficie del corpo si osserva lo sviluppo di una larga
fascia dorsale e di una stretta ventrale; i bastoncini della fascia
dorsale sono molo spessi e terminano con le loro punte in piccole
infossature imbutiformi della cute.
L’estremità caudale del maschio termina arrotondata ed è
provvista di due lobi laterali ognuno dei quali porta una papilla ;
guaina del cirro coperta di grandi aculei. Ova lunghe 0.074" e
larghe 0.031".
Vanellus cristatus M. (Hameln); fra le membrane dello
stomaco.
44. Trichosoma bacillatum Eberth.
Eberth. Unters. iber Nemat. 1863, pag. 58, tav. VI, fig. 4; tav. VII,
He, O, o:
Maso r5 02:
Si osserva lo sviluppo di una fascia dorsale corrispondente
a 8/,, di una fascia ventrale corrispondente ad ’/,3 e di una fascia
laterale corrispondente ad '/,, della grossezza del corpo.
L’ apertura della bocca, situata anteriormente, viene circondata
da tre piccole papille.
— a =
Estremità caudale del maschio ripiegata debolmente verso la
parte ventrale, con l’ apertura genitale terminale circondata da due
lobi laterali; guaina del cirro setolosa.
Estremità caudale della femmina troncata obliquamente, con
l'apertura anale terminale; vulva rotonda, non prominente; ova a
guscio grosso, lunghe 0.0486"" e larghe 0.0189"".
Mus musculus L., esofago.
45. Trichosoma manica Dujardin.
Diesing. Syst. Helminth. II, 1851, pag. 257.
Thominx manica, Dujardin. Hist. nat. d. Helm. 1845, pag. 22.
Mas. 1309
Corpo posteriormente ingrossato a superficie striata traver-
salmente.
Estremità caudale arcata, con l’ apertura genitale terminale e
circondata da tre lobi; guaina del cirro triquetra e coperta di
18 serie di aculei.
Fringilla coelebs L. (Rennes); intestino.
46. Trichosoma gracile Bellingham.
Dujardin. Hist. nat. d. Helm. 1845, pag. 22.
Diesing. Syst. Helminth. IH, 1851, pag. 263.
Molin. Wiener Sitzsber. XXX, 1858, pag. 156.
Molin. Denkschr. Wiener Akad. XIX, 1861, pag. 322, tav. XV, fig. 3—8.
Thominx gracilis, Diesing. Wiener Sitzsber. XXXXII, 1860, pag. 690.
5; 5 Diesing. Wiener Sitzsber. XXXXIII, 1861, pag. 280.
: > Carus. Prodr. Faun. Medit. I, 1884, pag. 173.
Mas. 20,
Rem 3502:
Corpo anteriormente molto assottigliato posteriormente in-
grossato.
Estremità caudale del maschio debolmente ricurva e termi-
nante in due lobi; guaina del cirro lunghissima tubolosa e
coperta di minutissimi denti piramidali; cirro lunghissimo, torto
a spirale.
Estremità caudale della femmina ottusa, con apertura anale
subterminale ; vulva sotto forma di apertura traversale, bilabiata,
situata anteriormente.
Merlucius esculentus Riss. (Padova, Irlanda); intestino.
Pio gie
47. Trichosoma tridens Dujardin.
Diesing. Syst. Helminth. H, 1851, pag. 257.
Thominx tridens, Dujardin. Hist. nat. d. Helm. 1845, pag. 23.
nm
Mas. 10
Corpo a superficie liscia; estremità caudale troncata, con
una borsa genitale caliciforme trilobata; guaina del cirro triquetra,
echinata.
Luscinia luscinia L. (Rennes); intestino.
48. Triehosoma Totani Linstow.
Linstow. Arch. f. Naturg. XXXXI, 1875, pag. 200.
Mas.iz.00%>
Corpo provvisto di fascie aculeate; guaina del cirro aculeata ;
cirro lungo 1.3".
Totanus hypoleucos. Temm. (Hameln); intestino cieco.
SPECIE INQUIRENDE.
49. Trichosoma Alaudae Rudolphi.
Dujardin. Hist. nat. d. Helminth. 1845, pag. 16.
Diesing. System. Helminth. II, 1851, pag. 261.
Alauda arvensis L., (Vienna); intestino.
50. Triehosoma breve Linstow.
Linstow. Arch. f. Naturg. XXXXIII, 1877, pag. 178.
o
Fem. 6-7"; esofago ®, della lunghezza totale.
Le fascie laterali si presentano debolmente aculeate; vulva
situata anteriormente, sotto il termine dell’ esofago; ova lunghe
0,049” e larghe 0.026".
Totanus fuscus Leisl. (Ratzeburg); intestino.
51. Triehosoma Caprimulgi M. C. V.
Dujardin. Hist. nat. d. Helm. 1843, pag. 16.
Diesing. Syst. Helminth. II, 1851, pag. 262.
Caprimulgus europaeus L.; intestino.
52. Trichosoma Carbonis Rudolphi.
Dujardin. Hist. nat. d. Helm. 1845, pag. 21.
Diesing. Syst. Helminth. H, 1851, pag. 262.
Phalacrocorax carbo L. (Vienna); intestino.
53. Trichosoma Charadrii Rudolphi.
Dujardin. Hist. nat. d. Helm. 1845, pag. 20.
Diesing. Syst. Helminth. II, 1851, pag. 262.
Aegialites minor Boie, Himantopus melanopterus; fra le
membrane dello stomaco.
ME
54. Trichosoma Chrysotidis Walter.
Walter H. Ber. d. Offenb. Ver. f. Naturk. VII, 1866, pag. 28.
Chrysotis amazonicus L.; stomaco.
55. Trichosoma Crotali Rudolphi.
Dujardin. Hist. nat. d. Helm. 1845, pag. 21.
Diesing. Syst. Helminth. II, 1851, pag. 263.
Orocrotalon catesbvanum ; intestino.
56. Trichosoma Crypturi Rudolphi.
Dujardin. Hist. nat. d. Helm. 1845, pag. 20.
Diesing. Syst. Helminth. II, 1851, pag. 262.
Fem o I 2 mm
Tinamus tao Temm. (Brasile); intestino.
}9
57. Trichosoma eylindricum Eberth.
Eberth. Unters. ùber Nemat. 1863, pag. 60, tav. VI, fig. 13.
Fina io
Ha il corpo diritto, con l’ estremità caudale molto assotti-
gliata; la cute è liscia e provvista di due fascie laterali, corrispon-
denti ad !/, della grossezza; ano terminale; vulva con un’ appendice
campanulata.
Buteo vulgaris L.; esofago.
58. Triehosoma Felis cati Bellingham.
Siebold. Wiegmann’s Arch. 1845, pag. 206.
Diesing. Syst. Helminth. II, 1851, pag. 250.
Diesing. Wiener Sitzsber. XXXXII, 1860, pag. 601.
Linstow. Arch. f. Naturg. XXXXVI, 1880, pag. 49.
Trichosomum lineare, Leidy. Proc. Acad. Nat. Sc. Philadelphia, VIII,
1856, pag. 54.
Fem. 7.5",
Felis catus L. (Irlanda, Hameln), Felis domestica L. (Vienna);
vescica urinaria. Felis domestica L. (Filadelfia); intestino.
59. Trichosoma Lemmi Retzius.
Diesing. Syst. Helminth. H, 1851, pag. 260.
Arvicola amphibius L.; stomaco.
— 20 —
60. Trichosoma Leporis Dujardin.
Dujardin. Hist. nat. d. Helm. 1845, pag. 12.
Diesing. Syst. Helminth. H, 1851, pag. 258.
Lunghezza 135—160"",
Corpo anteriormente assottigliato: estremità caudale aghi-
forme, striata longitudinalmente, con ova di colore oscuro disposte
in due serie longitudinali. i
Lepus timidus L.; bronchi.
61. Trichosoma Muris musculi Creplin.
Creplin. Wiegmann’s Arch. 1849, pag. 56.
Diesing. Wiener Sitzber. XXXXII, 1860, pag. 602.
Mus musculus L.; intestino crasso.
62. Trichosoma Muris sylvatici Dujardin.
Dujardin. Hist. nat. d. Helm. 1845, pag. i1.
Diesing. Syst. Helminth. IH, 1851, pag. 250.
Bs: 2/20:
Corpo a superficie striata longitudinalmente; estremità caudale
troncata; vulva priva di appendici, situata anteriormente.
Mus sylvaticus L. (Rennes); intestino.
63. Trichosoma Myoxi nitelae Dujardin.
Dujardin. Hist. nat. d. Helm. 1845, pag. 12.
Diesing. Syst. Helminth. II, 1851, pag. 260.
Estremità caudale della femmina alquanto assottigliata, con
apice ottuso; apertura anale subterminale.
Myoxus nitela Schreb. (Rennes); intestino.
64. Trichosoma papillosum Wedl.
Wedl. Wiener Sitzsber. XIX, 1856, pag. 120, tav. I, fig. 13—14.
Diesing. Wiener Sitzsber. XXXXII, 1860, pag. 692.
em 5
Il corpo s’ ingrossa gradatamente verso la parte posteriore e
termina in un apice conico ottuso; sul capo si osservano 4
SR
papille. Vulva poco prominente, situata posteriormente; ova lunghe
0.048 — 0.052!" e larghe 0.028.
Ovis aries L.; intestino.
65. Trichosoma protractum Dujardin.
Dujardin. Hist. nat. d. Helm. 1845, pag. 20.
Diesing. Syst. Helminth. II, 1851, pag. 262.
Hem: s90=>-
Ha il corpo posteriormente ingrossato, a leggiera striatura
traversale e con una fascia longitudinale granulosa.
Vanellus cristatus M. (Vienna); intestino.
66. Trichosoma recurvum Solger.
Solger. Arch. f. Naturg. XXXXIII, 1877, pag. 19, tav. O.
5:
Fem.UW7o=g5e%
L’estremità anteriore del corpo è molto assottigliata, la
posteriore ingrossata ad apice troncato obliquamente. Vulva situata
anteriormente; ova lunghe 0.063"" e larghe 0.030
Crocodilus acutus (Messico); forma delle gallerie sinuose
nell’integumento della parte ventrale.
mm
67. Trichosoma spirale Molin.
Molin. Wiener Sitzsber. XXXIII, 1858, pag. 301.
Diesing. Wiener Sitzsber. XXXXII, 1860, pag. 602.
Molin. Denkschr. Wiener Akad. XIX, 1861, pag. 321.
Diesing. Wiener Sitzsber. XXXXIII, 1861, pag. 2$0.
Eberth. Unters. uber Nemat. 1863, pag. 61, tav. VII, fig. 14.
mm
.
Femisi
Ha il corpo attortigliato a spirale, anteriormente attenuato,
posteriormente ingrossato ; la cute presenta delle rughe traversali
e viene attraversata da una fascia ventrale corrispondente a 8/,
della grossezza, da una dorsale a // e da una laterale molto
stretta e granulosa.
La bocca è terminale, piccola, orbicolare e cinta di un
anello saliente. Vulva laterale, situata anteriormente, rotonda e
STARCI
poco prominente; ano terminale; ova lunghe 0.036" e larghe
0.0189®".
Plegadis falcinellus L. (Padova, Nizza); sotto l’ epitelio
dell’ esofago.
68. Trichosoma Talpae Siebold.
Linstow. Arch. f. Naturg. XXXXVIII, 1882, pag. 13.
Nome impartito dal Siebold ad alcuni vermi trovati incisti-
dati nella milza della Talpa europaea, L. Linstow trovò invece
nella milza grande quantità di ova di Trichosoma, lunghe 0.072 "”
e larghe 0.034”.
69. Trichosoma tomentosum Dujardin.
Dujardin. Ann. d. sc. nat. Ser. II, Tom. XX, 1843, tav. XIV, fig. G.
Dujardin. Hist. nat. d. Helm. 1845, pag. 22, tav. H, fig. F.
Diesing. Syst. Helminth. II, 1851, pag. 263.
Trichosoma Cyprini, Creplin. Isis. 1831, pag. 74.
Fem. 83—9"".
Ha il corpo posteriormente ingrossato e provvisto anterior-
mente di una larga fascia longitudinale granulosa; 1’ estremità
caudale si presenta ottusa con |’ apertura anale subterminale. Vulva
situata anteriormente.
Scardinius erythrophthalmus L. (Rennes), Idus melanotus
Hec. (Rennes); intestino.
70. Trichosoma Tritonis cristati Krabbe.
Diesing. Wiener Sitzsber. XXXXII, 1860, pag. 602.
Triton cristatus Laur. (Vienna); fegato ed intestino.
71. Trichosoma Tritonis punctati Dujardin.
Dujardin. Hist. nat. d. Helm. 1845, pag. 21.
Diesing. Syst. Helminth. II, 1851, pag. 262.
Femi 10-17",
Triton punctatus Dum, (Parigi); intestino.
INDICE SISTEMATICO
degli animali nei quali furono riscontrate
le specie del genere Trichosoma.
P+E S.C.l
Fam. Gadidae. Fam. Cyprinidae.
D
. Blicca bjoerkna L.
1. Lota vulgaris Cuv. E. i
5 Trichosoma brevispiculum Linst.
Trichosoma brevispiculum Linst. 4. Scardinius erythrophthalmus L.
È { Trichosoma tomentosum Du).
2. Merlucius esculentus Riss. 5. TaiSsiaicienetas cai
Trichosoma gracile Bellingh. Trichosoma tomentosum Duj.
AUNOE IUBOL
6. Triton alpestris Laur. | 8. Triton punctatus Dum.
Trichosoma filiforme Linst.
7. Triton cristatus Laur.
Trichosoma filiforme Linst.
Trichosoma Tritonis cristati Krabbe. |
Trichosoma Tritonis punctati Dujard.
Rie gas
o. Python molurus L. 11. Crocodilus acutus,
Trichosoma longispiculum Sonsino.
10. Orocrotalon catesbyanum.
Trichosoma Crotali Rud.
Trichosoma recurvum Solger.
OSSERVAZIONI METEOROLOGICHE
DELL'ANNO 1886
ISTITUITE ALL’ OSSERVATORIO MARITTIMO
DELL'I. R. ACCADEMIA DI COMMERCIO E NAUTICA IN TRIESTE.
Latitudine) {\ (1 Ci {YUE 45538‘ 6 Nord
Longitudine . i-.. 0; cn, » 13% 45°45 Est (di'Greenwieh
Altezza del barometro sopra il livello del mare . . 26 metri
Altezza-del.terimometro.soprazil suolo... iure, < sere 24 Metri
Altezza del termometro sopra il tetto della casa . . 15 metri
Altezza del pluviometro sopra il suolo . , . . . 27 metri
Riassunto delle osservazioni meteorologiche dell’ anno 1886
istituite nell’ Osservatorio dell’i. r. Accademia di Commercio e Nautica in Trieste.
(Altezza dell’ Osservatorio sopra il livello del mare = 26 metri, riduzione al livello = + 2:52.)
Pressione dell’aria in millimetri ridotta alla temperatura zero Temperatura dell’aria in centigradi
1886 Dite Oscilla=
Diffencaza : ; Soa » Oscillazione ; renza 7 3 ini ; mule IA
Media Normale dalla Massima | Giorno Minima Giorno È Rio Media |Normale | ‘alla ||MAssima| Giorno || Minima | Giorno zione | Giorno || zione
arometi' i î
normale normale metrica || massima minima
Gennaio .. 7547 7610 — 6:3 766:8 26:8 Gennaio . ; Pier . . i n 3i
Febbraio ...|| 7611 760*2 + 09 7750 2079 Febbraio. rl e — 13 o o 9 È a 3
7612 7580 + 32 7722 322 Marzo... o 4 | — 17 . . g È 25
7592 7574 SISI 7707 239 fAprile.. ‘4 |+o2| 24 i : 5 | 28
7609 7578 + 3-1 768:8 18:6 Maggio .. q ‘9 | — 0*3
756:3 758:5 — 22 7646 1916 Giugno . ‘2 |— 15
7597 7584 13 7659 151 Luglio... 23: o ES;
75910 758:6 + 04 7651 11°8 Agosto . 7 |— 0:8
Settembre ..|| 761°9 759'9 +20 769:8 28 È 19.6 Settembre 9 |+18
Ottobre. ...|| 7608 7591 + 17 7715 29 : 318 Ottobre . . ‘2 | +0:6
Novembre . .|| 761*3 7590 + 2.3 7700 d 28 190 Novembre e O + 12
Decembre ..|| 7562 7604 — 4°2 765:3 26 25:5 Decembre s x si:
Anno..| 759:3 7590 + 0:3 7750 8 Febbraio 16 Ottobre | 35:3 Anno. ; :2.| +0
Velocità del vento in Direzione del vento in base a tre osser-
Pressione del vapore nell'aria Umidità dell’aria in || Quantità di pioggia caduta
chilometri vazioni giornaliere (7° a. 2° p. gÈ p.)
È 25 È È 5 Lea È Annuvolamento
in millimetri percento del massimo in millimetri
Numero | Numero | Numero
CS]
> 3 A La 7 A PO È Somma | Somma A n 5 |digiorni|di giorni|di giorni|| Media E
Media ||Massima| Giorno || Minima | Giorno || Media | Minima | Giorno mensile | normale | Massima| Giorno Ci con con |con tem-|| oraria KS)
5 (©)
pioggia | neve porale
Calma
157 | 98 |r1o| 11676
2861 8I 9| 18871
Tot, 75 11676
95 | 54 6834
96 | 69 7194
82 49 5882
QUI 56 6745
To, ili (03 7952
100 68 7172
11'8 62 8765
9:6.| 72 6917
12°7 60 9437
Gennaio bin 86 | È 38 gg-1 | 62 i Gennaio .|| 7°4
ro 3:6 qa "q 22°1 \ Febbraio.|| 5*I
farzo...|l 47 8:3 v 101*7 i Marzo ...||4'0
do . 73 || 10°8 ; 37:6 i Aprile . . .||5*4
aggio ..|| gi 14:8 - 22:5 È Maggio . .|| +7
Giugno . 169 = 2741 f Giugno ..| 69
Luglio .. 20'9 o 342 H Luglio. ..||3*1
Agosto .. 181 . 97:3 , Agosto ..|| 44
Se 237 : 60°5 î ‘Settembre|| 3:0
ttobre . Di 143 . E 70° Li o
70'3 Ottobre .|| 46
Novembre . 12‘9 ‘q 962 È Novembre|| 5:2
Decembre : 9'9 "5 1904 5 È Decembre|| 78
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12.
18
2I
33 —
LoCELLI
Fam. Alcidae.
Uria grylle Cuv.
Trichosoma contortum Crepl.
Fam. Colymbidae.
. Podiceps minor Gm.
Trichosoma pachyderma Linst.
Fam. Lamellirostres.
. Anser cinereus dom.
Trichosoma brevicolle Rud.
. Anas crecca L.
Trichosoma contortum Crepl.
. Harelda glacialis L.
Trichosoma brevicolle Rud.
. Mergus merganser L.
Trichosoma brevicolle Rud.
Fam. Steganopodes.
Phalacrocorax carbo L,.
Trichosoma Carbonis Rud.
Fam, Laridae.
. Larus ridibundus L.
Trichosoma contortum Crepl.
. Larus canus L.
Trichosoma contortum Crepl.
Fam. Procellaridae.
Ossifraga .gigantea Gm.
Trichosoma convolutum Fourment.
Fam. Charadriidae.
. Aegialites hiaticula Boie.
Trichosoma contortum Crepl.
Aegialites minor Boie.
Trichosoma Charadrii Rud.
Vanellus cristatus M.
Trichosoma trilobum Linst.
Trichosoma protractum Dujard.
DALE
26.
Fam. Scolopacidae.
Totanus fuscus Leisl.
Trichosoma breve Linst.
Totanus hypoleucos Temm.
Trichosoma Totani Linst.
. Himantopus melanopterus.
Trichosoma Charadrii Rud,
. Recurvirostra avocetta L.
Trichosoma contortum Crepl.
. Machetes pugnax Cuv.
Trichosoma contortum Crepl.
Fam. Ardeidae.
. Plegadis falcinellus L.
Trichosoma spirale Molin.
. Grus cinerea Bechst.
Trichosoma obtusiusculum Rud.
Fam. Crypturidae.
. Tinamus tao Temm.
Trichosoma Crypturi Rud.
Fam. Phasianidae.
Gallus domesticus.
Trichosoma longicolle Rud.
Trichosoma collare Linst.
. Phasianus pictus L.
Trichosoma longicolle Rud.
Phasianus colchicus L.
Trichosoma longicolle Rud.
Fam. Tetraonidae.
. Lyrurus tetrix L.
Trichosoma longicolle Rud.
. Tetrao urogallus L.
Trichosoma longicolle Rud.
. Perdix cinerea Briss.
Trichosoma longicolle Rud.
Coturnix dactylisonans Meyer.
Trichosoma caudinflatum Molin.
35
40
4I
47.
48
(5 Al
5]
Fam. Columbidae.
Zenaidura carolinensis.
Trichosoma tenuissimum Dies.
Columba domestica L.
Trichosoma tenuissimum Dies.
Columba livia L.
Trichosoma tenuissimum Dies.
Fam. Picidae.
Gecinus viridis L.
Trichosoma Picorum M. CU. V.
Gecinus canus Gm,
Trichosoma Picorum M. C. V.
Picus major L.
Trichosoma Picorum M. C. V.
Picus collaris Vig.
Trichosoma Picorum M. C. V.
Fam. Psittacidae.
Chrysotis amazonicus L.
Trichosoma Chrysotidis Walter.
Fam. Hirundinidae.
Hirundo rustica L.
Trichosoma curvicauda Dujard.
Chelidon urbica L.
Trichosoma papillifer Linst.
Fam, Cypselidae.
. Cypselus apus L.
Trichosoma curvicauda Dujard,.
Fam. Caprimulgidae.
Caprimulgus europaeus L.
Trichosoma Caprimulgi M. C. V.
Fam. Corvidae.
. Corvus corone L.
Trichosoma contortum Crepl.
Corvus monedula L.
Trichosoma resectum Dujard.
Trichosoma contortum Crepl.
54.
55.
506.
un
‘O
60
66.
Corvus cornix L.
Trichosoma contortum Crepl.
Corvus frugilegus L.
Trichosoma resectum Dujard.
Trichosoma contortum Crepl.
Garrulus glandarius L.
Trichosoma resectum Dujard.
Fam. Sturnidae.
Sturnus vulgaris L.
Trichosoma ovopunctatum Linst.
Trichosoma contortum Crepl.
Fam. Accentoridae.
. Accentor modularis Lath.
Trichosoma longifilum Dujard.
Trichosoma rigidulum Dujard.
Fam. Motacillidae.
Anthus pratensis Bechst.
Trichosoma ornatum Dujard.
Fam. Turdidae. a
Luscinia luscinia L.
Trichosoma tridens Dujard.
Lusciola tithys Lath.
Trichosoma contortum Crepl.
Lusciola rubecula L.
Trichosoma contortùm Crepl.
. Turdus viscivorus L.
Trichosoma inflexum Rud.
Turdus merula L.
Trichosoma exile Dujard.
Monticola cyana M.
Trichosoma inflexum Rud.
Fam. Alaudidae.
Alauda arvensis L.
Trichosoma longevaginatum Linst.
Trichosoma Alaudae Rud,
82
83.
84.
(di Re
Fam. Fringillidae.
. Fringilla coelebs L.
Trichosoma angustum Dujard.
Trichosoma manica Dujard.
Fam. Strigidae.
Strix fammea L.
Trichosoma obtusum Rud.
. Syrnium aluco L.
Trichosoma obtusum Rud.
. Nyctale dasypus Bechst.
Trichosoma obtusum Rud.
. Otus vulgaris L.
Trichosoma obtusum Rud.
. Bubo maximus Sibb.
Trichosoma obtusum Rud.
. Surnia noctua Bp.
Trichosoma obtusum Rud.
74. Surnia passerina Keys.
79
76.
77
Trichosoma obtusum Rud.
Fam. Falconidae.
Milvus regalis Briss.
Trichosoma Falconum Rud.
Buteo vulgaris L.
Trichosoma Falconum Rud.
Trichosoma contortum Crepl.
Trichosoma dispar Dujard.
Trichosoma cylindricum Eberth.
Nisus communis Cuv.
Trichosoma Falconum Rud.
Trichosoma striatum Linst.
Trichosoma contortum Crepl,
. Falco subbuteo L.
Trichosoma dispar Dujard.
. Falco pygargus L.
Trichosoma Falconum Rud.
MAMMIFERI.
Fam. Cavicornia.
. Ovis aries L.
Trichosoma papillosum Wedl.
Fam. Leporidae.
. Lepus timidus L.
Trichosoma Leporis Dujard.
Fam. Muridae.
Mus rattus L.
Trichosoma anulosum Dujard.
Mus decumanus Pall.
Trichosoma anulosum Dujard.
Trichosoma crassicauda Bellingh.
Trichosoma Schmidtii Linst.
Mus musculus L.
Trichosoma bacillatum Eberth.
Trichosoma Muris musculi Crepl.
85.
87.
88.
Mus sylvaticus L.
Trichosoma Muris sylvatici Dujard.
Fam. Arvicolidae.
. Arvicola amphibius L.
Trichosoma Lemmi Retz.
Fam. Myoxidae.
Myoxus nitela Schreb.
Trichosoma Myoxi nitelae Dujard.
Fam. Erinaceidae.
Erinaceus europaeus L.
Trichosoma exiguum Dujard.
Trichosoma tenue Dujard.
Fam. Soricidae.
. Crocidura aranea Schreb.
Trichosoma capillare Linst.
Trichosoma splenaceum Dujard.
*
90. Sorex leucodon Herm.
92.
©)
DD
95.
06.
=
07. Canis vulpes L.
Trichosoma splenaceum Dujard. (È Trichosoma plica Rud.
Sorex tetragonurus Herm Trichosoma aerophilum Crepl.
Trichosoma incrassatum Dies. | Fam, Felidae.
Fam. Talpidae. 98. Felis guttata Herm.
Talpa europea L. Trichosoma pachykeramotum Wedl
Trichosoma capillare Linst.
Trichosoma Talpae Siebold.
Fam. Mustelidae.
. Mustela foina Briss.
Trichosoma alatum Molin.
Trichosoma mucronatum Molin.
. Putorius vulgaris L.
Trichosoma alatum Molin.
Putorius putorius L.
Trichosoma alatum Molin.
Fam. Canidae.
Canis familiaris L.
Trichosoma plica Rud.
99. Felis catus L.
Trichosoma cati Bellingh.
| 100. Felis domestica L.
| Trichosoma Felis cati Bellingh.
Fam. Vespertilionidae.
tot. Vespertilio dasycnemus Boie.
Trichosoma speciosum Bened.
102. Vespertilio Nattereri Kubl.
| Trichosoma speciosum Bened..
\103. Vespertilio Daubentonii Leisl.
| Trichosoma speciosum Bened.
104. Vesperus serotinus Schreb.
Trichosoma speciosum Bened.
INDICE.
Calodium alatum alla specie N.° 5|Trichosoma contortum Crepl.
> anulosum È n n 2S specie N.° 42
$ caudinflatum , 5 SR 6 3 convolutumFourm., , 30
E longifilum 3 A uo A crassicauda Bel-
5 mucronatum , È Bi 0g lingh. n a 31
5 ornatum 5 5 Ret rs Crotali Rud. ot 15)
5 plica ; 5 SODI 2 Crypturi Rud. pipe 96
> splenaceum , e DENG z curvicauda!iDuj; , >, 12
ci tenue H È SO E cylindrieumEberth, , 57
Eucoleus aerophilum , P MI P Cyprini. Crepl.
> tenuis 5 5 50 alla specie , 609
Liniscus exilis 5 3 Ca: 3 dispar Du). specie , 35
Thominx gracilis i, 5 IO, È entomelas Duj.
5 manica 5 5 PIRA alla specie , 5
> tridens 5 A RA pa exiguum Duj. specie , 17
Trichodes crassicauda , 5 5} DI 5 exile Duj. ENI
Trichosoma aerophilum Crepl. 5 Falconis prgargi Duj.
SPECICNSMII alla specie , 38
> alatum Mol. 3 7 5 n so nisi Duj.
5 Alaudae Rud. , ZO, alla specie , 38
s angustum Duj. , Lsu gr Ù Falconum Rud. specie, 38
» anulatum Mol. 5 Felis cati Bellingh. , ,» 58
alla specie , 26 5 filiforme Linstow , » 34
E anulosum Duj. specie , 28 n gracile Bellingh. , » 46
7 bacillatum Eberth , , 44 5 incrassatum Dies. , » 3
È breve Linstow n Mg do È inflexum Rud. Pi
5 breyicolle; Rudi: >. ,, ‘> 27 3 Lemmi Retzius >, > 5a
5 brevispiculumLin- 2 Leporis Duj. o IM 00
stow ARSARIO 5 lineare Leidy alla specie, 58
5 capillare Linstow , , 20 5 longevaginatum Linst.
5 CaprimulgiM.C.V., , EI Specie, 625
5 Carbonis Rud. ASI: 5 lofigicolle Rud. 0 3, Wattzo
5 caudinflatum Mol. , , 6 3 longifilum Duj. , , 10
Di Charadrii Rud. 53 , longispiculum Son-
3 Chrysotidis Walter, , 54 sino Se, 22
5 collare @tinstowMM Me, 033 > manica Duj. ra 49
Trichosoma mucronatum Mol. specie N.°
»
Muris decumani
Duj.
Muris decumani
Rayer
Muris
Crepl.
musculi
alla specie
alla specie
specie
Muris sylvatici Du). ,,
Myoxi nitelae Duj.
obtusiusculum Rud,
obtusum Rud.
ornatum Duj.
ovopunctatum Lin-
stow
pachyderma Lin-
stow
pachykeramotum
Wedl
papillifer Linstow
papillosum Wedl
Picorum M. C. V,
»
»
n
»
m
/
28
31
38 —
Trichosoma plica Rud.
n
”
»
»
»
»
protractum Duj.
fecurvum Solger ,
resectum Duj.
rigidulum Du).
Schmidtii Linstow
n
»
»
»
speciosum Beneden,
spirale Molin
splenaceum Duj.
striatum Linstow
Talpae Siebold
tenue Du).
tenuissimum Dies.
tomentosum Duj
Totani Linstow
tridens Duj.
trilobum Linstow
Tritonis cristati
Krabbe
Tritonis punctati
Du).
n
»
»
”»
”»
specie N.°
»
»
n
»
.
71
BRANI
DI
ELMINTOLOGIA TERGESTINA
PER
MICHELE STOSSICH.
Professore in Trieste.
SERIE SETTIMA.
Taenia cesticillus Molin.
Nell’ intestino tenue del Gallus domesticus; piuttosto rara,
Scolex polymorphus Rudolphi.
Lo scolice da me rinvenuto nell'intestino del Pagellus ery-
thrinus, corrisponde perfettamente al disegno che ne dà il Monticelli
nel suo lavoro ,Contribuzioni allo studio della fauna elmintologica
del golfo di Napoli. I. Ricerche sullo Scolex polymorphus Rud.
1888, tav. VI, fig. 1“.
Alquanto differente invece è lo scolice che osservai nella
cloaca dello Zeus faber; ha una lunghezza di 2:5—3"" e presenta
una distinta macchia rossa sotto le ventose; la ventosa terminale
è molto sviluppata, imbutiforme, a pareti molto grosse e termi-
nante posteriormente in un processo conico esteso fra le quattro
ventose; in complesso presenta grandissima assomiglianza con la
ventosa terminale dei gasterostomidi. (Tav. XV, fig. 63).
Distomum rufoviride Rudolphi.
L’ebbi dallo stomaco del Labrax lupus.
Distomum appendieulatum Rudolphi.
Rinvenuto nello stomaco della ZLichia amia.
Distomum monorchis Stossich.
(Tav. XV, fig. 62).
È questo un minutissimo distoma, che ebbi occasione di
osservare alcune poche* volte nelle appendici piloriche e nell’ in-
testino tenue del Cantharus orbicularis. Il suo corpo è di forma
molto variante, ora elittico, ora ovale, ora periforme, con la
superficie coperta intieramente di minutissimi aculei disposti in
serie longitudinali. La bocca sua è terminale, provvista di un’ampia
apertura orbicolare; la ventosa è più piccola, sessile, rotonda e
situata anteriormente. Alla bocca segue immediatamente una piccola
faringe di forma sferica, dalla quale, senza formazione di un eso-
fago, dipartono le anse intestinali, le quali, ricurve a grande arco,
si estendono fino all’ estremità posteriore del corpo; le due anse
vanno posteriormente sempre più allargandosi e sono ripiene di
granulazioni nere.
Le glandole vitellogeni sono in numero molto limitato e for-
mano ai lati del corpo fra le due ventose due gruppi grappoliformi,
che comunicano © fra loro per mezzo di un canale trasversale, il
quale passa sotto la faringe. L’ovidotto presenta una lunghezza
‘enorme e forma nella parte postacetabulare due ammassi di forma
piramidale, comunicanti fra loro per mezzo di un ramo trasversale
‘situato sotto la ventosa; ova minutissime ed in numero stragrande,
Dei due testicoli che sogliono essere sviluppati nel maggior numero
di «distomi, non vidi che soltanto il destro, grande e di forma
elittica. Il sacco del pene è grande ed arcato in guisa d’ abbracciare
il lato destro della ventosa; tanto il canale eiaculatore quanto la
vagina sono internamente provvisti di processi aculeati, i quali
presentano la punta rivolta posteriormente.
Apertura genitale comune, ventosiforme, situata sopra la
ventosa.
Lunghezza 16°".
Larghezza 1:25",
Distomum Mormyri Stossich.
Osservato nell'intestino del Cantharus orbicularis.
Distomum Gobii Stossich.
Oltre che nell’ intestino di Gobius jo7o, ebbi occasione di
raccoglierlo in quello della Trigla corax ed inoltre sopra il fegato,
tanto in cisti quanto libero, del Gobius ]070.
Distomum fallax Rudolph.
(Tav. XVI. fig. 72).
Raccolsi ripetute volte questo elegante distoma nell’intestino
dell’ Uranoscopus scaber.
Il suo corpo è molto allungato, anteriormente filiforme,
posteriormente ingrossato cilindrico e coperto intieramente di mi-
nutissimi aculei; la ventosa è alquanto più piccola della bocca,
sessile e circolare. Ha la bocca terminale, ornata di una corona di
22 aculei aghiformi; la faringe è relativamente piccola e unita alla
bocca per mezzo di un lungo canale; l’ esofago è grosso e corto
e diviso in due larghe anse intestinali, terminanti a poca distanza
dall’ apice caudale.
Nella parte posteriore del corpo, molto discosti uno dal-
l’altro, si osservano due grandi testicoli di forma elittica alquanto
irregolare; all’ innanzi del testicolo anteriore giace un piccolo
ovario di forma sferica. L’ovidotto è molto lungo e coi suoi giri
si estende fino all'estremità posteriore; contiene delle minutissime
ova di colore giallognolo. Apertura genitale al margine anteriore
della ventosa.
Lunghezza 3—11""®,
==
Distomum bieoronatum Stossich
— Distomum cesticillus Molin.
Da esemplari trovati nel Lophius piscatorius, potei convin-
cermi dell’ identicità delle due specie.
Distomum album Stossich.
(Tav. XVI. fig. 73).
E questo un minutissimo distoma di colore bianco a corpo
cilindrico, anteriormente assottigliato e molto contrattile, posterior-
mente rigido ed arrotondato; la cute è intieramente coperta di
minutissime squame semicircolari, disposte in serie traversali; la sua
ventosa è’ alquanto più piccola della bocca, sessile, circolare,
anteriore. Vai dei:
Ha la bocca terminale ad ampia apertura orbicolare, provvista
di una grande e robusta faringe allungata, dalla quale diparte un
cortissimo esofago, che sopra la ventosa si divide in due anse
intestinali prolungate fino all’ estremità posteriore.
Testicoli due, grandi e situati - posteriormente uno sopra
l’altro; alla destra un piccolo ovario sferico, alla sinistra il ricet-
tacolo seminale a forma di bottiglia; guaina del pene allungata,
contenente nella parte posteriore la vescica seminale, dalla quale
diparte il pene cilindrico ed armato. Le glandole vitellogeni sono
molto numerose, grandi, sferiche ed occupano tutto lo spazio
libero fra ventosa ed estremità caudale; ova in numero limitato,
grandi, elittiche.
Raccolsi questa specie nelle appendici piloriche e nell’ inte-
stino tenue del Cantharus orbicularis.
Lunghezza 1205".
Larghezza 0'3—0‘6"".
Distomum Linstowii Stossich.
(Tav. XVI. fig. 67, 68, 60).
Nella dissezione di diverse Testudo graeca, ebbi occasione
di raccogliere nell’ intestino alcuni trematodi, assomigliantissimi al
Monostomum aculeatum Linstow. Studiando però meglio la specie
potei convincermi che il monostoma in questione non era altro
che un distoma, al quale ad onore del suo primo scopritore diedi
il nome di D. Linstomii.
Il suo corpo è molto allungato, nastriforme, arrotondato alle
due estremità; i piccoli aculei conici che coprono la sua superficie
sono fittamente disposti alla parte anteriore, mentre che posterior-
mente vanno gradatamente dileguandosi. La ventosa è sessile,
subelittica, alquanto più piccola della bocca e molto discosta dalla
biforcazione dell’intestino. All’ estremità anteriore è situata la ven-
tosa orale, globosa e provvista di una grande faringe, dalla quale
diparte un brevissimo esofago diviso in due lunghissime anse inte-
stinali, estese fino all'estremità caudale.
I testicoli sono due, grandi, quasi sferici e situati a poca
distanza dall’ apice caudale uno dietro l’altro; la guaina del pene
è molto lunga, cilindrica e nella sua parte posteriore contiene una
piccola vescica seminale, dalla quale diparte il lunghissimo canale
ejaculatore. A metà distanza fra ventosa e testicolo anteriore si
osserva l’ovario grande e perfettamente sferico, mentre lo spazio
compreso fra l’ovario ed il testicolo è occupato dai numerosi giri
dell’ ovidotto ; ova in grande numero, gialle, elittiche. Gli organi
genitali sboccano per mezzo di due distinte aperture, situate vici-
nissime fra loro ed al margine superiore della ventosa.
Lunghezza g9—10'5"".
Larghezza 0'5 — 08".
Distomum mesostomum Rudolpbi.
Ha il corpo inerme, cilindrico ed allungato.
Le due ventose sono in grandezza e forma eguali e provviste
di ampia apertura circolare. La bocca è subterminale; ad essa segue
immediatamente la faringe, dalla quale, senza sviluppo di esofago,
dipartono le anse intestinali, estese fino l’ apice caudale.
I testicoli sono situati nella parte posteriore del corpo uno
dietro l’altro, grandi e di forma elittica. Delle minutissime ova di
colore giallo-bruno riempiono il largo ovidotto, il quale occupa
tutto lo spazio compreso fra la ventosa ed il testicolo anteriore e
sbocca sotto la faringe. L’organo secretore si compone .di un
sacco, che dall’apice caudale si estende fino alla base del testicolo
posteriore.
Lunghezza 5".
Larghezza 0‘75"".
Osservai la presenza di questo distoma nell’intestino del
Turdus viscivorus.
Gasterostomum gracileseens Wagener.
Abbastanza frequente in tutto l’ intestino del Lophius pisca-
torius.
Axine Belones Abildgaard.
Sulle branchie di Belone acus.
Echinorhynehus propinquus Dujardin,
Alla specie di pesci, enumerati nelle mie serie precedenti,
come infetti di questo acantocefalo devo aggiungere il Pagellus
erythrinus%e la Raja asterias (valvola intestinale).
Echinorhynchus pristis Rudolphi.
Rinvenuto un'unica volta nell’intestino del Box boops.
Echinorhynchus plagieephalus West.
Sembra essere una specie molto rara per l'Adriatico, non
avendola osservata che due sole volte nell'intestino dell’ Aci-
penser sturio.
Echinorhynchus lesiniformis Molin.
(Tav. XV. fig. 65).
La proboscide è divisa in due parti da una strozzatura tra-
versale; la parte anteriore è di forma ovoidale ad apice rotondato,
— 45 x
armata di uncini semplici ma robusti; la parte posteriore è alquanto
più breve, cilindrica e coperta d’uncini molto più piccoli. Il corpo
anteriormente si gonfia di molto, poi si restringe per terminare
molto assottigliato alla parte posteriore. Questa bellissima forma
di acantocefalo rinvenni libera sopra il peritoneo di Rana
esculenta,
Lunghezza 3-5".
Echinorhynehus rubicundus Molin.
(Tav. XV. fig. 66).
Sta racchiuso in cisti celittiche o di forma irregolare, di
colore giallo o rosa, sparse nella cavità interna del corpo o libere
nell’ intestino di P/atessa passer.
Ha una proboscide di forma molto caratteristica, lunga cilin-
drica, nel mezzo ingrossata a guisa di sfera; la parte anteriore è
coperta di aculei semplici a braccia eguali, la parte sferica invece
è armata di 22 aculei grandi aventi il tronco molto più lungo
dell’uncino ed infine la parte posteriore porta degli aculei aghi-
formi debolmente arcati. Il collo è breve e nudo; il corpo ante-
riormente è coperto di piccoli aculei aghiformi e posteriormente
va a terminare nella cisti.
Ascaris holoptera Rudolphi.
E una forma che rinverini rarissime volte nell’ intestino crasso
della 7estudo graeca.
Heterakis spumosa Schneider.
(Tav. XV. fig. 64).
Ha il corpo arcato, di colore bianco, anteriormente molto
assottigliato e con la cute finamente striata in senso tanto longi-
tudinale quanto traversale; estremità caudale del maschio lunga
diritta, della femmina lunga subulata. La ventosa è grande,
saliente e circondata di un robusto anello elittico (assomiglia
moltissimo alla ventosa dell’H. vescicularis, che descrissi e disegnai
nella serie quinta dei brani di elmintologia tergestina).
Papille ne contai 10 paia e di queste 3 (1—3) appartenenti
all’apice caudale, 5 (4—8) alla regione anale e 2 (o—10) alla
ventosa. Le due papille 5 ed 8 presentano uno sviluppo del tutto
particolare; esse poggiano sopra ingrossamenti della cute foggiati
a guisa di cuscinettij questo modo d’inserzione ha lo scopo di
allungare e in pari tempo di rinforzare la corrispondente papilla,
dovendo essa servire da pilastro al grande padiglione della borsa.
Osservato un’unica volta nell’intestino retto di un Mus
decumanus.
Heterakis fusiformis Molin.
(Tav. XMLime: 70,870):
E una specie che si riscontra abbastanza di frequente tanto
nello stomaco quanto nella prima parte dell’ intestino della Platessa
passer, attaccata fortemente alle pareti.
L’esofago è corto, molto robusto e sviluppa alla sua estre-
mità posteriore una specie di bulbo privo di apparato denticolare.
L’intestino è formato di cellule poliedriche uninucleari con proto-
plasma ricco di granulazioni rifrangenti; da esso diparte un sacco
cieco rivolto verso la bocca. ;
L’estremità caudale della femmina va lentamente assotti-
gliandosi e termina in una punta acuta; vicino all’ apice caudale
esistono due minutissime papille; vulva alquanto prominente situata
quasi nel mezzo del corpo; viviparo.
AI’ estremità caudale del maschio sì osserva una grande
ventosa sporgente, di forma elittica, con piegature superficiali
disposte a raggi. Le papille sono in numero di to, ,5 pre- e
5 postanali; 1 e 2 vicinissime all’ apice caudale 3 - 7 appartengono
alla regione anale e di queste una interna e quattro esterne in
una serie, 8—10 appartenenti alla ventosa Due cirri lunghi eguali
e provvisti di ali delicatissime.
Lunghezza maschio 2—3"",
grmm
.
Lunghezza femmina 4—-5
Heterakis praecineta Dujardin.
La ebbi dall’intestino del Conger vu/garis; gli esemplari trovati
mm
.
erano tutte femmine e la loro lunghezza variava dai 19 ai 21
Spiegazione delle figure.
. Distomum monorchis Stossich.
. Scolex polymorphus dello Zeus faber.
Heterakis spumosa Schneider.
. Echinorhynchus lesiniformis Molin.
Echinorhynchus rubicundus Molin.
Distomum Linstowii Stossich; ventosa orale e faringe.
. Detto; ovario, estremità posteriore della guaina del pene
con la vescica seminale e principio del canale eiaculatore,
ovidotto ed anse intestinali.
. Detto; estremità posteriore.
. 71. Heterakis fusiformis Molin.
. Distomum fallax Rudolphi.
. Distomum album Stossich.
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ELMINTI VENETI
RACCOLTI DAL
DERLESSANDRO CONTE DE NINNI
E DESCRITTI DA
MICHELE STOSSICH
Professore in Trieste.
Li
Riferisco in queste poche pagine il risultato di alcune mie osser-
vazioni sopra elminti raccolti in animali del Veneto dal chiarissimo
Dr. A. P. Ninni. Ringrazio perciò l’ Illustre Naturalista, che con
tanta gentilezza volle porre a mia disposizione il prezioso materiale.
M. Stossich.
1. Didymozoon scombri Taschenberg.
Nella cavità branchiale di Scomber scomber (2 settembre 1887).
2. Holostomum macrocephalum Rudolphi
Nell’intestino di Circus aeruginosus (21 febbraio 1889), di
Haliaetos albicilla (15 marzo 1889) e di Circus cyaneus (9 aprile
18809).
3. Holostomum longicolle Dujardin.
Un solo esemplare nell’ intestino di Larus ridibundus (26
marzo 1880).
4. Hemistomum spatula Diesing.
Nell'intestino di Circus aeruginosus (21 febbraio 1889).
5. Distomum rufoviride Rudolphi.
Nella parte interna dell’opercolo di Uranoscopus scaber (23
agosto 1879) e nella bocca di un Ophidium barbatum (18 agosto
1887).
6. Distomum tereticolle Rudolphi.
Nello stomaco di un FEsox /ucius (26 febbraio 1889).
7. Distomum crassiusculum Rudolphi.
Nella vescica del fiele di un Circus aeruginosus (21 febbraio
18809).
Ha il corpo elittico, depresso, anteriormente assottigliato,
posteriormente ingrossato arrotondato, di un dominante colore
verdastro con una forte macchia bruna proveniente dalle numero-
sissime ova.
alt=
Le due ventose sono piccole; l’orale è terminale, alquanto
sporgente, cerciniforme e con ampia apertura circolare, mentre la
ventosa ventrale è alquanto più piccola, circolare e situata in posi-
zione subcentrale.
Dalla bocca diparte una piccola faringe allungata, la quale
dà sviluppo a due esilissime anse intestinali, che verso l’ estremità
posteriore vanno gradatamente ingrossandosi.
Minutissime sono le glandole vitellogeni, che si estendono
lungo i margini centrali del corpo; l’ovidotto è molto grosso e
molto lungo, compie un grandissimo numero di giri nel mezzo del
corpo, estendendosi fra i testicoli ed il margine anteriore delle
glandole vitellogeni. Testicoli due grandi, situati uno dietro l’altro
verso l’estremità posteriore del corpo, a contorno irregolare; alquanto
all’innanzi giace l’ovario molto più piccolo e di forma sferica ed
al suo fianco si osserva un grande ricettacolo seminale.
Il Wedl nella sua descrizione dice che il corpo di questo
distoma è armato di aculei retrattili, cosa questa che non osservai
negli esemplari raccolti dal Ninni; la questione però mi sembra di
pochissima entità, inquantochè ebbi agio d’ osservare diverse volte
che gli aculei dei distomi armati sono tutti più o meno decidui e
che la loro presenza dipende tanto dall’ età quanto dallo stato di
conservazione del corrispondente animale.
8. Distomum echinatum Zeder.
Nell’ intestino cieco di Anas domestica (16 febbraio 1889).
9. Distomum trigonocephalum Rudolphi.
Nell’ intestino di Putorius vulgaris (17 febbraio 1889).
ro. Distomum veliporum Creplin.
Dall’ Echinorhinus spinosus e Notidamus griseus.
Diplodiscus subelavatus Diesing.
Nell’ intestino di Rana esculenta (14 aprile 1889).
12. Polystomum ocellatum Rudolphi.
Nella bocca e nell’ esofago di Emys lutaria ui pt 1889);
gli esemplari erano lunghi 3"" e larghi 1.2!"
eu
13. Axine Belones Abildg.
Sopra le branchie di Be/one acus (18 agosto 1887).
14. Onchocotyle borealis Beneden.
Sopra le branchie della Myliobatis noctula (1887).
15. Amphilina foliacea Rudolphi.
In grande quantità nella cavità addominale dell’ Acipenser
sturio (15 settembre 1887).
16. Cysticereus fasciolaris Rudolphi.
Nel fegato di Mus musculus (15 febbraio 1889).
17. Triaenophorus nodulosus Rudolphi.
Neli’ intestino di Esox /ucius (26 febbraio 1889).
18. Bothriocephalus proboscideus Rudolphi.
Nell’ intestino di Salmo carpio (Garda, 16 gennaio 1885).
19. Bothriocephalus punctatus Rudolphi.
Nell’ intestino del Rhombus maximus (3 novembre 1888).
20. Bothriocephalus heteropleurus Diesing.
Nelle appendici piloriche del Centrolophus pompilus (19
aprile 1889).
21. Taenia cucumerina Bloch.
Nell’ intestino del cane (18 marzo e 3 aprile 1889).
22. Taenia porosa Rudolphi.
Nell’ intestino di Larus ridibundus (26 marzo e 18 aprile
1889). I cirri sono marginali, alternanti e si presentano di forma
clavata. Ventose molto sporgenti.
MIRO =
23. Taenia echinococcus Siebold.
Nell’ intestino del cane (3 aprile 1889).
24. Taenia cesticillus Molin.
Nell’ intestino di Gallus domesticus (30 marzo 1889).
25. Taenia globifera Batsch.
Nell’ intestino di Circus cyaneus (9 aprile 1889). Rostello
piccolo circondato di una doppia corona di minutissimi aculei, dei
quali i posteriori sono alquanto più piccoli degli anteriori.
20. Taenia angulata Rudolpbhi.
Nell’ intestino di 7urdus musicus (2 aprile 1889) e 7urdus
torquatus (14 aprile 1889).
27. Taenia filum Goeze.
Nell’ intestino di Yotanus calidris (2 aprile 18809).
28. Taenia Emberizorum Rudolphi.
Nell’ intestino di Emberiza hortulana L. Scolice sferico, molto
ben distinto dal corpo con ventose grandi e globose. Collo breve
e conico; proglottidi superiori a rughe, le successive sempre più
larghe, trapezoidali e le ultime allungate. Aperture genitali margi-
nali, situate verso la parte superiore della proglottide; cirri irrego-
larmente alterni, lunghi, cilindrici, ad apice troncato e coperti di
minutissime punte.
Lunghezza 15—20
mm .
.
29. Taenia circumvallata Krabbe.
Nell’ intestino di Cotournix dactylisonans.
30. Phyllobsthrium thridax Beneden.
Nella valvola intestinale di Squatina angelus (15 febbraio
1889) e di Raja clavata (15 febbraio 1889).
31. Solenophorus megacephalus Creplin.
Nel duodeno di un Python sp. (morto in un serraglio ai 19
aprile 1889).
32. Calliobothrium coronatum Rudolphi.
Nella valvola intestinale di Scy/lium stellare (10 maggio 1889).
33. Echinorhynchus striatus Goeze.
Nell' intestino di Ardea cinerea (11 febbraio 1889).
34. Eehinorhynehus propinquus Duj.
Nell’ intestino di Gobius ophiocephalus (22 febbraio 1889).
35. Echinorhynchus angustatus Rudolphi.
Nell’ intestino di Esox /ucius (26 febbraio 1889) e di 7ly-
mallus vexillifer (26 febbraio 18809).
36. Echinorhynchus proteus Westr.
Libero ed in cisti nell'intestino di 7hymallus vexillifer (26
febbraio 18809) e nell’ intestino di Barbus plebejus (14 aprile 1889).
37. Echinorhynchus hystrix Bremser.
Un unico esemplare maschio nell’ esofago di un Mergus ser-
rator (8 aprile 18809).
38. Echinorhynehus haeruca Diesing.
Nell’ intestino di Rana esculenta (14 e 22 aprile 1889).
39. Echinorhynehus anthuris Dujardin.
Nell intestino di Emys lutaria (19 e 27 aprile 1889) e di
Triton cristatus (22 aprile 1889).
40. Echinorhynchus globocaudatus Zeder.
Nell’intestino di Circus cvaneus (9 aprile 1889).
NSOE (gere
41. Asearis' adunea Rudolphi,
Nella cavità branchiale di A/osa finta (13 aprile 1878).
42. Asearis mystax Zeder.
Nell’ intestino di Canis familiaris (26 marzo 1889).
43. Asearis mierocephala Rudolphi.
Nell’ esofago e ventricolo (26 marzo 1889) e nell'intestino di
Nycticorax europaeus (28. aprile 1889). In esemplari minuti nel-
l’ esofago di Ardea purpurea (17 aprile 1889).
44. Asearis spiculigera Rudolphi.
Nell’ esofago di un Mergus serrator (8 aprile 1889).
45. Ascaris papilligerum Stossich.
Nello stomaco di Scomber scombrus.
46. Asearis acus Bloch.
Nell’ intestino di Esox /ucius (26 febbraio 1889).
47. Heterakis dispar Dujardin.
‘ Nell’ intestino di Anas domestica in soli due esemplari fem-
mina (16 febbraio i559).
a, ole compar o
Nel tubo Cao di CAGARE us tetrix. (Alpi venete fa
ottobre 1884). i
La ventosa all’ estremità caudale del oa è molto dia
non saliente e sostenuta da un anello quasi ‘circolare; ad. ogni lato
della ventosa si osservano due papille a pulpa molto: allungata;
un terzo paio di papille allungate si trova al disopra della cloaca.
La borsa è piccola, striata traversalmente ed occupa soltanto la
regione della ventosa. Dopo la cloaca l’ estremità caudale si assot-
tiglia di molto ripiegandosi in pari tempo verso la parte dorsale.
Wet sa
49° Heterakis inflexa Rudolphi.
Nell’intestino di Gallus gallorum (8 febbraio 1889).
50. Oxyuris ambigua Rudolphi.
Nell’ intestino di Lepus cuniculus in diversi esemplari tutti
femmine (14 marzo 1889).
51. Cueullanus globosus Zeder.
Nell’intestino della trota veneta (1 gennaio 1889).
52. Dispharagus hamulosus Diesing.
In soli tre esemplari trovati fitti nelle pareti dello stomaco di
un giovane galletto (6 settembre 1888).
53. Filaria nodulosa Rudolphi.
Sotto la pelle del collo di Lanius collurio (4 giugno 1877).
54. Filaria quadrispina Diesing.
Sotto la pelle di Mustela foina; soltanto esemplari femmine.
55. Filaria labiata Creplin.
Nella cavità toracica di Ciconia nigra; esemplare femmina
lungo 600”.
56. Filaria acutiuscula Molin.
Sotto la pelle di Canis familiaris (11 maggio 1889).
Corpo bianco filiforme, anteriormente alquanto ingrossato,
posteriormente arrotondato. Bocca inerme. Borsa nel maschio poco
sviluppata; papille cinque, tre preanali e due postanali.
Specie indigena del Brasile e importata nel Veneto facilmente
dagli immigrati.
INDURIMENTO DEL GESSO
mediante i saccecarati terrosi.
Facendo una poltiglia di gesso e calce spenta con l’acqua e
unendo a questa del sciroppo di zucchero, p. e. su 30 di gesso, due
di calce e 15 di sciroppo, dopo completa presa si ottiene un indu-
rimento abbastanza notevole. Il gesso da sè solo fatto in poltiglia
coll’acqua e lo sciroppo di zucchero, acquista pure un certo indu-
rimento; ciò va a ragione che il gesso essendo sempre alcalino
contiene della calce libera. Anche gli oggetti d’ ornamento, come
gessi decorativi, busti ecc. già riprodotti col gesso, possono venir
induriti immergendoli a più riprese nell'acqua di calce ed alternati-
vamente, dopo asciutti, in una soluzione di zucchero. Se dopo
8— 10 immersioni fatte in ciascun dei due liquidi e dopo ben asciutto
l’ oggetto, si bagna mediante un pennello la superficie con una solu-
zione fredda di acido borico nell’acqua distillata e quasi a satura-
zione, l'oggetto, levigato mediante una pietra dura o meglio con
un brunitore di agata, acquista una lucentezza come se fosse stato
verniciato. Ho esperimentato l’ ossido di magnesio in sostituzione
della calce, nella poltiglia di gesso zuccherato, e, come mi ripro-
mettevo, ottenni un esito più favorevole. Una durezza marmorea
raggiunsi poi usando invece della calce 1’ ossido di alluminio, bene
prima mescolato col gesso; per questa mistione usai la formula
seguente :
Gesso: 30): BI Ret1:530
Ossido d’ alluminio. 3
AEquarop pari. gg
Seltoppoi, sottratti
È balia
Circa la ragione di questi indurimenti del gesso mediante i
suaccennati ossidi terrosi, mi dichiaro per l'opinione espressa da
Parson per le malte saccarate, che, cioè, i saccarati riempiendo più
o meno i pori esistenti nel gesso, formano con esso una massa più
continua e quindi più resistente. Anche le pietre porose, usando
del processo d’immersione, possono venir così più notevolmente
indurite.
Dr. B. Biasoletto.
G. VALLON.
ESCURSIONI ORNITOLOGICHE NEL FRIULI.
PI SETTE,
Nelle mie Note sull’ avifauna del Friuli più d’ una volta
accennai alla mancanza d’ osservazioni fatte sugli uccelli, che vive-
vano. particolarmente nei luoghi montuosi ricoperti riccamente da
foreste, così abbondanti nel cuore della Carnia.
Le mie escursioni, per mancanza di tempo non avevano
potuto estendersi colà che superficialmente, o, per meglio dire,
per un tempo così ristretto che nulla di positivo poteva ricavar-
sene. Avevo lambito la yterra promessa“, varî viaggi di circonval-
lazione avevo compiuti, ma non m’era mai stato dato di penetrare
là, dove tanti tesori ornitologici eran nascosti, forse da nessuno
mai ancora cercati, con quell'amore e con quell’ avidità, propria
solo a chi è appassionato.
Il pensiero mi tormentava continuamente, allorchè mi giunse
la notizia di dover abbandonare la Provincia. Allora non più titu-
banze, non più dilazioni. Prima di recarmi altrove mi sembrava
assolutamente necessaria una visita, che si fosse prolungata il più
possibile, a quei siti selvaggi, quanto pittoreschi. Detto fatto, in
poco d’ora, io aveva riuniti in una piccola valigia tutti gli effetti
e gli strumenti necessari per un’escursione di tal natura e mi
recava senza indugio alla stazione della ferrovia, per pigliare il
treno che alle quattro del dopopranzo del sedici giugno millotto-
centottantasette partiva per la Pontebba.
Ge
In due ore circa giungevo alla stazione per la Carnia, dove pa-
recchi veicoli di varie foggie e dimensioni attendevano i passeggeri
che dovevano recarsi in Carnia. Presi posto a cassetto per poter
meglio godere degli spettacoli che la natura offre là intorno esu-
berantemente, e lasciai che altre due persone usufruissero della
elasticità delle molle e della morbidezza dei cuscini nell'interno di
quell’ antico arnese fatto a vettura.
Dalla stazione per la Carnia a Tolmezzo, prima tappa del
viaggio, la trottata dura in realtà un’ ora, ma per chi viaggia ‘ col-
l'animo assetato di vedere e godere, l’ora vola così rapida da
sembrare ridotta a minuti. Subito lasciata la stazione, e passato il
ponte piuttosto lungo che abbraccia il torrente Fella, il quale
poco di là va a sboccare nel Tagliamento, la strada comincia a
salire, e, costeggiando la montagna a destra lascia spaziar l’occhio
su di una larga distesa che fa il fiume anzidetto fino all’ opposta
riva da cui sorgono se non erro i monti Testa e S. Simeone. A
breve distanza scorgesi il villaggio di Amaro, posto dalla mano
dell’uomo rozzo ed incolto, in una posizione stupendamente indo-
vinata, proprio in cima ad un poggio che gradatamente, con bella
curva, va a finire nel letto del fiume, così da formare uno dei più
bei quadri che mai si sia ammirato. Passato il villaggio, il passo
va alquanto restringendosi ed i monti innalzandosi, ma in com-
penso c’ è la vegetazione, e noi possiamo ammirare da vicino dei
gruppi di larici e di.pini che prima non si distinguevano se non
a grandi distanze. La strada incassata sul monte, talvolta tagliata
nella roccia corre per buon tratto a trenta o quaranta metri di
altezza sulle spumeggianti acque del ‘Tagliamento, sormontata da
pareti granitiche d’altezze smisurate, ove qualche raro alberetto ©
cespuglio, ha trovato piccole fenditure da cacciare le magre radici,
e vivere d’una vita stentata e rachitica. Più in la le roccie ci
abbandonano, il quadro si allarga ancora, per una distesa di
terreno tutto massi, taluni enormi, ciottoli, frantumi, sabbie, in
declivi più o meno ripidi precipitantisi verso l’alveo del fiume.
Duranti le grandi pioggie, al dire dal mio vetturale, che aveva a
che fare per rispondere a tutte le mie domande, simili larghe offri-
vano uno spettacolo imponente divenendo pericolosissime, inquan-
tochè le acque che già dalle altissime cime travolgevano, impri-
mendo sui graniti lentamente sì, ma inevitabilmente l’ orme del
loro passaggio, irrompevano sulla via ostruendola con tali ammassi
Me
di materie seco loro trascinate, che per vario tempo le comunica-
zioni erano rotte, ed impossibile il passaggio senza evidente peri-
colo di vita.
A poco a poco fra quelle gole il paesaggio cambia e per
dire con Bombici*) ,irresistibilmente, giacchè il trasmutamento di
aspetto dei paesaggi montani, e può dirsi, l'aspetto di estesi terri-
tori anche pianeggiati non si manifesta nei grandi fenomeni me-
teorici: bensì nelle recondite, latenti, quasi inavvertibili attività
dell’acque e dell’aria“.
Lungo il letto del fiume vari individui della Cornacchia
bigia, andavano cercando un po’ d’alimento, altri volavano verso
i vicini boschetti, ove probabilmente si recavano ad imbeccare i
nati da poco; uno che poggiava su di un pino nascente lungo un
pendio a qualche metro soltanto dal terreno, non si mosse punto
al passaggio della vettura che mi trascinava. Non strano coraggio
in un essere così diffidente e pauroso, non istinto, ma ragione.
L’astutissima cornacchia sapeva benissimo che nulla di male
poteva succederle lasciandosi passare a pochi passi la carrozza, pur
mantenendo il suo posto.
Quanto non si è scritto e quanto discusso su questa parola
che convien dirla priva di senso.
»Non potendo penetrare certi misteri profondi che accom-
pagnano la vita dell’uccello, si è inventato — dice il Figuier — un
vocabolo che soddisfa le menti poco difficili: si dice istinto quel
sentimento che spinge gli uccelli alle meravigliose azioni che noi
vediamo. Bisogna confessare che questo istinto rassomiglia all’ in-
telligenza e per noi non è altro“.
Chi ha osservato e studiato l'uccello e specialmente durante
l’epoca della riproduzione non può fare a meno d’ ammettere che
il medesimo sia dotato anzi in sommo grado d'intelligenza. Come
credere che la nostra Gazza sia solamente guidata dall’istinto
nella costruzione del proprio nido? Allorquando la medesima lo
colloca sulle cime eccelse degli alberi per difendere le uova e poi
i piccini dagli attacchi dei rapaci, lo copre da impenetrabile tessi-
tura di ramoscelli; se all'incontro lo colloca in un basso cespuglio
dappresso alla superficie dell’ acqua, ommette tale precauzione
perchè sa che è inutile, trovando il sito difeso a sufficienza dalle
#) Trasformazioni lente dei paesaggi terrestri,
earn
fitte frondi naturali che tutto all’intorno lo circondano. E quando
le Cincie che han l’abitudine di deporre le loro uova nei fori
degli alberi, mon ne trovano, e cercano di adattare il nido come
meglio possono in altre località anche contrarie alla loro natura,
da che cosa son guidate? Non è troppo evidente che in questo
caso non si possa parlare di un semplice istinto?
I passeri che abitualmente fabbricano i loro nidi sotto alle
tegole delle case, quando non trovano la situazione conveniente,
depongono le loro uova nei fori degli alberi, ovvero si fabbricano
un nido coperto. La Taccola in certe località nidifica sui campanili
o sulle torri altissime, in altre nei fori del terreno praticati dai
conigli come lo dimostra il White. Sostenere che l’istinto spinga
l'uccello a formare il suo nido di questo o quel materiale a
seconda della località nella quale vuol collocarlo, onde meglio
nasconderlo agli occhi del suo persecutore, mi sembra spinger un
po’ troppo l’audacia, fidando puramente nella credulità di chi
ascolta o legge. E bene a proposito dice il Brehm nella sua storia
degli animali: ,ammettere l'istinto equivale all’avere fede nella
rivelazione, nell’azione di una forza esterna, di cui la creatura non
può avere coscienza; opinione che può bensì bastare a chi crede
senza disamina, ma non già a chi esplora, a chi esperimenta....
L’essere animale, tutt’ al più non l’intendiamo che in parte... É
cosa comodissima, ma indegna dell’uomo, colà ove cessa la
ragione, concedere alcunchè alla superstizione, giacchè quando
chiaccherasi di soprannaturale, sparisce la natura. Chi non concede
una ragione agli uccelli ed assai sviluppata ed estesa, non li
conosce o mon li vuole conoscere, perchè spera salvare all’ uomo
quella semideità che pur non gli si può concedere. Costui dinien-
tica la educabilità degli uccelli, dimentica che possono essere
istrutti, avvezzi a volare lontano ed a ritornare alle gabbie, a
ripetere parole, insomma a far cose che contraddicono completa-
mente l'opinione di una forza inconcepibile, agente dall’ esterno;
perchè chiunque alleva un uccello confuterebbe con questo sol
fatto codesta forza ignota“.
»nAmmettere il cosidetto istinto, dicono benissimo i fratelli
Miiller, è la inconcepibile scappatoia dei pretesi sapienti che vorreb-
bero porre l’istinto in luogo dell’ anima che all’ animale non
concedono“.
"SI
Si legge nel Buffon*).... “gli animali invece, di cui la matura
è semplice e puramente materiale, non risentono nè /otte interne,
nè opposizione, nè turbamento, non hanno nè i nostri rimpianti,
nè i mostri rimorsi, nè le nostre speranze, nè i nostri timori“.
Trova però difficile un periodo più innanzi a determinare e distin-
guere nettamente le passioni che appartengono solo all'uomo, da
quelle ch’egli ha comuni cogli animali. Ed io voglio credergli
ben volentieri. La fedeltà del cane, il modo col quale quest’ani-
male tanto intelligente aiuta, guida, consiglia l’uomo, in tante
circostanze della vita, è istinto? l’ affetto delle madri pei loro nati
dipende soltanto dacchè furono occupatissime a portarli, a pro-
durli, a liberarli dai loro invogli, e lo sono tuttora nell’ allattarli ?
“e se negli uccelli, continua l’ingegnoso Buffon come lo chiama il
Darwin, i padri sembrano avere un certo affetto per i loro
piccoli, e paiono accudirli come le madri**) si è che hanno coope-
rato con esse a costrurre il nido, si è che lo hanno abitato, si è
che vi hanno avuto del piacere colle femmine, di cui il calore
dura ancora a lungo dopo che sono state fecondate*.
Ma non è che nati i piccini e cresciuti tanto da poter abban-
donare il nido, i genitori li lascino in balia di sè stessi per aver
perduto ogni cognizione di quanto è loro successo due settimane
prima; noi vediamo all'incontro e padre e madre premurosi come
per lo innanzi sostenere la prole per lunga pezza nelle lotte per
la vita, dar loro da mangiare fino a che hanno raggiunto lo
sviluppo necessario per cercarselo da per sè soli, istruirli nella
ricerca di questo, nel volo, nell’evitare gli assalti dei nemici e
nell’emigrare da un sito all’altro, cercando temperature più miti
che assicurino loro l’ esistenza.
Forse una delle prove maggiori per l'intelligenza degli uccelli
ci viene offerta appunto da queste loro emigrazioni ed è qui che
la maggior parte degli avversari procurano d’avvantaggiarsi, trovando
un campo vasto e propizio a congetturare. Il meraviglioso, il
sublime nella vita di questi prediletti figli della natura a cui fu
*) Discorso intorno alla Natura degli animali.
#*) Noi osserviamo la stessa cosa nella specie umana: è sempre la madre
quella che sembra avere per la prole maggiore attaccamento, sia perchè la me-
desima dà ai figli il proprio latte da succhiare, sia poi perchè in seguito deve
assoggettarsi a mille sacrifici per allevarli, cure queste alle quali il padre non
può incaricarsi, per le sue diverse mansioni nella vita.
concesso realmente il dominio nel mondo, a norma del senso
naturale della parola, ci viene offerto dalle loro emigrazioni. È là
che noi impariamo a conoscere la loro prodigiosa memoria, la
squisitezza dei sensi, il ragionar perfetto nelle loro deliberazioni.
Non guidati dall’ istinto essi ritrovano i cari luoghi ove han
passato le prime ore della vita, e ritrovano il bosco, l'albero, la
fronda ove hanno poggiato il nido, ove son cresciuti, il ruscello
ove si sono dissetati,
»Ma son proprio quelli stessi partiti anche i ritornati?“ si
domanda il Brehm*) Hanno ritrovata proprio l’antica patria?“
A questa domanda egli può rispondere di sì con tutta coscienza.
»Certamente sono quei medesimi uccelli, che ricercano la loro
prima dimora: ne fa prova il loro comportarsi al ritorno in pri-
mavera. Le cicogne arrivano e riprendono il loro nido con tal
sicurezza, che non è possibile dubitare che loro non appartenga,
che non sia la casa ben nota sulla quale poggiarono l’anno prima,
Gli storni non incominciano subito a costruire, ciò ha luogo
alcune settimane più tardi, ma si rallegrano d'aver ritrovata l’an-
tica abitazione, ,»yL'uccello ha ritrovata la sua casa* dice il Sal-
mista. Lo stesso dicasi delle rondini. Il topino (Cotyle riparia)
riconosce fra tutti gli altri il foro nel quale sta il suo nido, e si
rintana senza titubanza. La rondine che ha nidiato sotto all’im-
palcatura d’una stanza entra per la finestra semiaperta e saluta
con gioia il suo nido. E delle prove ce ne sono ancora. L’intel-
ligente sa con precisione se l’usignolo che canta nel suo giardino
sia di passaggio, oppure quello che nell’anno decorso vi aveva
preso stabile dimora.
{l nostro immortale Naumann, conosceva dal canto tutti i
suoi protetti che vivevano dappresso alla sua dimora ..... yL' usi-
gnuolo forestiero, già menzionato, che per il suo canto difettoso noi
nominavamo »lo sciancato“ non poteva venire scambiato con nessun
altro, giacchè era pigro al segno, che anche quel poco di canto
che aveva appreso dai suoi congeneri lo ripeteva stentamente ed
a sbalzi. Per nove anni di seguito prese stanza nel nostro parco e
sempre all’epoca precisa“. Thienemann aveva addomesticata una
rondine al punto che la poteva distinguere a primo colpo d’ occhio
da tutte le altre; per tre anni di seguito frequentò la sua casa.
*) Das Leben der Vogel, pag. 301.
Sa 068
Un amatore allevò due fringuelli tolti dal nido, e strappò
ai medesimi alcune penne del petto onde chiarirne il sesso.
Appena quelle d'un individuo crebbero grigie e fu quindi
stabilito essere una femmina, diedele la libertà ed appese la gabbia
che conteneva l’altro fuori della finestra.
La femmina abituata a prender il cibo nella gabbia, a quella
ritornò e cacciando la testina fra le stanghette prese il suo cibo
assieme al fratello. Dopo qualche tempo la gabbia venne posta sul
davanzale della finestra e lasciata aperta un’ala della medesima;
ed il fringuello libero continuò i suoi pasti e s’abituò un po’ per
volta alla stanza. Venuto l’ autunno, intraprese | emigrazione
assieme ai compagni, ma nella primavera vegnente ritornò all’an-
tico posto, e continuò a prendere il cibo assieme al fratello. Poco
dopo costrusse il nido e visse insieme ai suoi piccini col cibo
della gabbia. Per quattro anni di seguito partì e rimpatriò, com-.
portandosi sempre nella medesima guisa. Alla sesta. primavera
appena non si fece più vedere.
Che dalla natura. l'uccello sia dotato d’una squisitezza di
sensi straordinaria, va posto fuori di dubbio.
Egli è sopratutto un essere sommamente elettrico, egli è
più che ‘ogni altro“, dice il citato filosofo francese, “in rapporto
con buon numero-di fenomeni di meteorologia, di calorico e di
magnetismo che sfuggono ai nostri sensi ed alla nostra osser-
vazione. Egli li percepisce nella loro origine, nei loro inizii; assai
prima che si manifestino. Ne ha. come una specie di prescienza
fisica. Non è dunque naturale che l’uomo, di percezione assai più:
lenta e che non li sente se non dopo la loro manifestazione, in-
terroghi il precursore instintivo che li annunzia? È il principio
degli auguri, e perciò non v'è nulla di più saggio di questa pre-
tesa follta dell’ antichità“.
Nel mezzo dell’ Oceano l’ uccello stanco, . che riposa una
notte sull'albero di una nave, trascinato lungi dalla sua strada da
quella mobile tappa, la ritrova per tanto senza fatica. Egli si man- ©
tiene in un rapporto sì perfetto col globo, e così bene orientato,
che, all'indomani mattina, dopo aver tenuto seco un breve con-
sulto, prende il vento senza esitare, e sceglie, sopra l’ abisso.
immenso, uniforme, e da null’altra via segnato che dal solco della
nave, la linea precisa che lo conduce là dove vuol recarsi. Colà
non ha il modo, come quando vola sopra la terra, di attenersi a-
5*
E"
nessuna osservazione locale a nessun segno, di seguire una guida,
ma le sole correnti dell’aria in rapporto con quelle dell’acqua,
forse invisibili correnti magnetiche, servono da pilota al viaggia-
tore ardito“.
Strana scienza! Non solo la rondinella sa in Europa che
l’insetto che qui le manca la aspetta altrove e lo cerca viaggiando
in longitudine; ma il rigogolo degli Stati Uniti, in latitudine, e
sotto gli stessi climi, sa che la ciliegia è matura in Francia, e
parte senza esitazione per venire a raccoglierla“.
A torto si crede che codeste migrazioni si facciano nella loro
stagione, senza scelta precisa del giorno e ad epoche indetermi-
nate. Abbiamo potuto invece osservare il lucido consiglio che le
determina e che segna un’ora precisa alla loro esecuzione“.
»Quando eravamo a Nantes (nell’ottobre 1851), mentre la
stagione era ancora bellissima, numerosi gli insetti, ed il pasto
delle rondini facile e copioso, ci trovammo nella fortunata occa-
sione di vedere la saggia repubblica in un'immensa e clamorosa
assemblea, discutere, deliberare sul tetto d’una chiesa (S. Felice),
la quale domina l’Erdre, e da un lato la Loira. Perchè quel
giorno e quell'ora piuttosto che un’altra? Lo ignoravammo ma
non tardammo a comprenderlo. Di mattina il cielo era sereno, ma
soffiava un vento dalla Vandea. I miei abeti gemevano e dal mio
cedro commosso usciva una voce bassa e profonda. I frutti erano
sparsi per il suolo e ci mettemmo a raccoglierli. A poco a poco
il tempo si oscurò, il cielo divenne grigio, cessò il vento e tutto
si fe’ cupo. Fu allora che nello stesso tempo, da tutti i punti e
dal bosco, e dall’Erdre, e dalla città, e dalla Loira calarono infi-
nite legioni di rondini — così da oscurare la luce — e s'adden-
sarono sulla chiesa con mille voci, mille gridi, vivi dibattiti e
discussioni. Senza conoscer quel linguaggio, indovinammo benis-
simo che non andavano d’ accordo. Forse i più giovani, ingannati
da quel soffio tiepido d’autunno avrebbero voluto indugiare ancora.
Ma i più savi e più pratici, i viaggiatori sperimentati, insisterono
per la partenza immediata. Prevalsero, e la massa nera, movendosi
come un'immensa nube, s’involò verso il sud-est, e probabilmente
verso l’ Italia. Non avevano ancora percorso trecento leghe (quattro
o cinque ore di volo) che s’ aprirono tutte le cateratte del cielo,
per inabissare la terra. Sembrava il diluvio. Ritiratici nella nostra
casa, scrollata dai venti furiosi, ammirammo la saviezza degli
=
alati indovini, che avevano sì prudentemente precorso la solita
epoca del loro viaggio annuale.
Evidentemente non era stata la fame a spingerli. In mezzo
ad una natura, ancor bella e ricca avevano colta l’ora precisa. E
l'indomani sarebbe stato troppo tardi; infatti l’immensa quantità
di pioggie, aveva in gran parte distrutto gl’insetti, e i sopravissuti
s'erano rifugiati dentro alla terra“.
Non è predestinazione, non è istinto che spinge l’uccello a
quelle immense pellegrinagioni; la delicatezza somma venutagli
dalla stessa sua costruzione, gli fa presentire, come vedemmo dagli
esempi citati, il mutar dei venti che a lui possono essere fatali o
che a lui servono di guida, di strada nell’ emigrazione. Se pura-
mente una forza ignota, irresistibile, li spingesse a questo mutar
di paese, come si potrebbero spiegare allora gl’infiniti casi di
uccelli che da noi rimangono durante l'inverno, menando una
vita stentata oppure in istato di torpore, come fa il ghiro, il
tasso, il pipistrello ecc.? Già Aristotele ne parla in proposito e
dice delle rondini: ,In inverno questi uccelli passano in climi più
caldi, se però quei climi non sono a gran distanza: altrimenti si
seppelliscono nei climi dove dimorano“.
Che l’ emigrazione sia un bisogno sentito da questi. ‘animali
certo non si può mettere in dubbio; vediamo persino quelli che
vivono in gabbia provvisti abbondantemente di cibo, e tenuti ad
una temperatura pressochè eguale assaliti da questo bisogno.
Durante il tempo che dura l'emigrazione sono inquieti, si
dibattono la notte nelle loro gabbie, cantano poco e fanno spesso
udire il loro grido di richiamo. Ho fatto però l'osservazione che
tanto quelli che vivono in gabbia già da due o tre anni quanto
quelli tenuti in grossa compagnia non sentivano così prepotente-
mente questo bisogno naturale. Ho osservato ancora .che tutti
quegli uccelli che servir debbono nell’autunno per richiamo nelle
uccellande e che l’ amatore tien chiusi in stanze apposite con poca
luce fino a quell'epoca, non sentono il bisogno dell’ emigrazione
in primavera e si n quieti come al solito nelle loro
gabbie.
Perchè il fringuello, la cingallegra, il pettirosso, il cardultino
ecc. che nidificano al nord, emigrano verso contrade più miti, nel
mentre che quelli che. allevano i loro piccini da noi vi passano
anche l'inverno? Di tutte le specie summenzionate ed altre ancora,
*
=. RS
io ne ho incontrate a tutte le epoche dell’anno e si trovavano in
uno stato di vitalità, da non poter ammettere la mancanza di
forze come causa assoluta della mancata emigrazione. Ecco;
adunque che si può dire assieme al Darwin che: ,l’ emigrazioni
degli uccelli non possono essere attribuite a necessario istinto,
perciò che l’ emigrazioni stesse non sono necessarie“.
Alcune specie di uccelli allorchè per un bisogno o l'altro
sono costretti ad abbandonare per qualche tempo le uova, coprono
le medesime, onde nasconderle meglio agli occhi dei loro perse-
cutori, con delle foglie secche che si trovano nell’adiacenze; nella
maggior parte delle specie la femmina si fa imbeccare dal maschio
durante l’incubazione e più specialmente allora che la temperatura
è bassa e non abbandona mai le uova allorchè le giornate son
piovose; lo Struzzo che nidifica nel centro dell’Africa le lascia
esposte ai raggi solari durante il giorno e le copre col suo corpo
soltanto nella notte. All’incontro gli individui della medesima
specie che nidificano più al sud verso il Capo di Buona Speranza
ove la temperatura non è così alta, incubano le uova e il giorno
e la notte. Lo stesso dicasi delle rondini di mare. Mi ricordo di
aver letto, ma non so più dove, che una Fifa dell’ Egitto sparge
fra le sue uova della terra umida durante le cocenti ore del
mezzogiorno, ode il calore troppo intenso non arrecchi danno
all’embrione che va sviluppandosi.
»sV' hanno diverse cognizioni, c’insegna il Darwin, che gli
animali viventi nei paesi civilizzati sembrano apprendere assai per
tempo, sia che le apprendano gli uni dagli altri o dalla esperienza
e dalle osservazioni; la più grande cognizione è quella di sfuggire
l’uomo. Tanta rassomiglianza v’ ha nel linguaggio delle passioni
di tutti gli animali, che noi facilmente sappiamo distinguere la
buona dalla cattiva disposizione d'animo in cui sono, e lo stesso
eglino sanno distinguere in noi; e quindi possiamo sgridarli e
farli fuggire da noi usando certo tono di voce e certi gesti, e così
con altro tono e con altri gesti potremo anche farli avvicinare
s'eglino non conoscessero di già la cattiva disposizione degli
uomini in generale verso di loro.... Dalla difficoltà di addomesti-
care gli animali vecchi e dalla facilità di addomesticare i giovani,
si comprende che il timore che hanno generalmente. gli: animali
alla vista dell’uomo è una cognizione acquistata.
po
Nella. Germania ove l’uccello gode estesa protezione — e
chiunque abbia visitata qualcuna di quelle città se ne sarà accorto
di leggieri — noi vediamo passeggiare liberamente per le vie più
frequentate la Panterana e la Cappellaccia; e nei parchi il Frin-
guello, il timido Merlo, la Cingallegra, la Capinera e tanti altri
cercano il loro cibo sui viali, o se lo vengono a prendere dalla
mano dell’appassionato che glielo fornisce in abbondanza. Mi
ricordo d’essermi trovato più d’una volta nel parco stupendo di
Graz in giornata di musica quando il numero dei passeggianti era
straordinario, e quelle care bestiuole continuavano le loro bisogna
senza provare il benchè minimo spavento in mezzo a quella folla.
Da noi neppure il passero ardito si permette di rovistare le immon-
dizie delle vie quando il concorso dei passanti è più numeroso del
solito, e quando lo fa, usa mille circospezioni, ciò che dimostra
con l’incessante e diffidente guardarsi attorno.
Io. sono persuaso che se il conte di Buffon dovesse oggi
ridire il suo discorso intorno alla natura degli animali non vorrebbe
più che il suo uditorio lo sentisse porre in dubbio in modo
tanto strano. l’intelligenza dell’ animale.
A quell'epoca certo non s’avevano cognizioni tanto fondate
e speciali sia della costituzione fisica dell’uccello sia della vita e
dei costumi del medesimo, per cui era facile cadere in errori che
oggi col progresso della scienza non vanno più tollerati.
L’Averla piccola (Lanius collurio) comunissima anche qui
come dappertutto la si scorge poggiata sui fili del telegrafo, oppure
sui rami degli alberi immediatamente prossimi alla strada. Questo
piccolo predatore non volle abbandonarmi mai dal principio fino
alla fine del mio viaggio ed ebbi campo, come si vedrà più tardi,
di conoscere i suoi istinti sanguinosi, carattere che distingue la
famiglia — ciò che, come ebbi a leggere taluna. volta, veniva
posto in dubbio per questa specie da certi autori i quali non
vedevano ma reputavano.
E correndo un po’ alla volta, s'era giunti in vista di Tol-
mezzo cacciato in mezzo a gole e sotto allo Strabut colosso di
mille metri d’altezza circondato e seguito da altri monti minori,
digradanti e sospesi verso il Tagliamento. Il paese è abbastanza
grande, pulito, pieno d’alberghi e di caffè.
— gò —
Fermatici e pagato lo scotto, infilai subito la strada che
conduce a Caneva, ove io ‘presi un’altra vettura per farmi traspor-
tare a Villa Santina, residenza del mio carissimo amico Eugenio
Fioroli della Lena, dove intendeva piantare le mie tende.
Il giorno era già caduto e man mano la strada si faceva
oscura menando per brevi lariceti e per ricche pinete, ove gli
alberi susurranti invitavano la fantasia, in quell’ora di penombra
e di quiete, ad uno strano lavorio. Si scorgeva poco distintamente
a qualche decina di metri più sotto della strada che si percorreva
una lunga striscia bianca d’accanto al letto del fiume. Era l’antica
via abbandonata, che le acque vorticose del ‘Tagliamento avevano
più d’ una volta spazzata.
S'addormentava la natura e con essa i prediletti suoi figli.
Io quasi più non vedeva e a mala pena discerneva ancora qualche
enorme spacco nelle rupi o qualche masso gigantesco .,che dal
vertice di lunga erta montana“, era precipitato a pochi passi
dalla strada.
S'udiva il grido lugubre di qualche rapace notturno, e mi
tornavano in allora a memoria gli anni della mia giovinezza, dei
quali molti passai in campagna. Quantunque a quell'epoca io non
avessi. che pochissime e vaghe cognizioni, sebbene già allora lo
studio della natura fosse per me la cosa più attraente e del
maggior interesse, pure ricordo vivamente certe cose che ad altri
sarebbero sfuggite per non aver prodotto che un’ impressione
passeggera.
La . casa ove. s' abitava era situata, si può dire, in mezzo ai
boschi; un’importante distesa di annose quercie cominciava ad
aver radici dappresso il muro di cinta, e dovunque io volgessi i
miei passi una verde vòlta s’ estendeva a me di sopra. Quante
volte: oggi, costretto a. vivere in una città, che mi offre solo quello
che non cerco, ricorro: col pensiero a quei cari luoghi, che m’em-
pivano il.cuore .d’una gioia pura e serena, che mi procuravano
palpiti così veementi, che tutte le bellezze della più splendida
metropoli non basterebbero per suscitarle solo a metà.
Là fra quel verde che mi circondava, io traevo la mia vita
bella e ridente, e gran parte del giorno lo passava fra i miei
simili meno perfetti, studiandoli ed ammirandoli.
Appena l’alba nasceva, come l’uccello che lascia il varati
che lo sostenne e la foglia che lo coperse, io abbandonava il letto,
e cercava il mio caro bosco, per godere tutto intero lo svegliarsi
della natura.
Talvolta la smania di vedere era così forte, che mi trovava
nel folto a notte oscura, ed assisteva allora agli amori ed alle
gesta delle ,larve spaventose”.
Chi non ha veduto coi propri occhi ed udito con le proprie
orecchie i notturni sollazzi e le grida lugubri delle civette e dei
gufi, non può formarsi nessuna idea anche leggendo le più. parti-
colareggiate descrizioni. La prima volta che si ode nel silenzio
della notte, in mezzo a densa boscaglia, il formidabile grido del
maggior gufo, non si può fare a meno, benchè scevri da idee super-
stiziose, di raccapricciare. Le favole della vecchia domestica tornano
involontarie alla mente, ed un fremito corre per le ossa. Io la
ricorderò sempre quella notte calma ed oscura, in cui il mio
giovine cuore balzava fortemente nel petto, in cui il mio occhio,
dilatato per lo spavento, cercava d'indagare nelle tenebre la causa
di quel grido da fantasma. Il terrore m’aveva inchiodato al posto
ove mi trovava, ed involontariamente mi obbligava ad assistere
alle scene d'amore di quel potente predone notturno, Al secondo
grido che mi giunse all’ orecchio ancor più forte del primo io non
trasalii più; esso non mi parve cotanto spaventevole e mi forzai
al coraggio; le gambe tornavano a prestarmi il loro buon ufficio,
ed. il cuore andava man mano calmandosi. Che che fosse,
qualunque cosa stesse per succedere, io voleva vedere e fidando
nella mia buona stella, come dicevo allora, mi nascosi pian piano
dietro ad un piccolo dirupo, mezzo coperto. da cespugli e da
tronchi di quercie. Ne andò guari ch’io udii per la terza e per la
quarta volta il grido cavernoso, che pareva escisse dal petto di
un gigante chiedente aiuto.
Più in là, dalla parte quasi opposta, dove il bosco era, se
possibile, ancor più denso, si fe’ chiara un’altra voce, meno po-
tente, ma più terribile, più raccapricciante assai. Il coraggio mi
abbandonò ancora una seconda volta, voleva fuggire ma non. lo
potei — e fu la mia fortuna, che altrimenti non avrei avuto il
bene di godere quello che in appresso successe, addivenendo più
superstizioso ancora della vecchia fantesca che nelle fredde sere di
inverno sotto alla vòlta del camino raccontava a me ed ai miei
fratelli le spaventevoli storie dei castelli incantati. i
Davanti a me c’era un piccolo praticello, meglio anzi un
breve spazio di terreno, circondato da alti alberi, da bassi cespugli
e da mille erbe arrampicantisi ed intralciantisi in ogni maniera e
direzione. Al debole chiarore delle stelle io distingueva abbastanza
bene il tutto, ed anzi quella luce incerta e vacillante rendeva la
scena più attraente, imponendo assai all’ osservatore.
Leggiero come una sol piuma, cullata da un zeffiro imper-
cettibile, io vidi il re degli uccelli notturni, il Bubo maximus degli
scienziati, venire a me, e poggiar a terra sul praticello, quasi a
tranquillarmi ed infondermi coraggio. Dopo due secondi al più,
facendo un mezzo giro ed abbassando un po’ la testa quadrata,
diè fuori un altro urlo, che certo più non mi spaventò, giacchè
avevo a me dinanzi chi l’emetteva. All’ urlo seguì un batter
ripetuto di becco, un tach, tach, che non mi so ben spiegare,
quantunque l’abbia udito infinite volte a due passi di distanza o
meno da individui che ho tenuti in cattività per lungo tempo.
Son così brevi le due mandibole che non corrispondono alla forza
del suono che il rapace produce, battendole assieme.*) Come ne
sia, l’innamorato fè tach, tach più d’una volta, rizzò i due grandi
ciuffi del capo, si gonfiò un tantino e parve attendere la risposta.
Come io stessi nel mio nascondiglio lascio immaginarlo al
lettore. Fu un supplizio che durò per più d'un quarto d’ora,
dovendo conservarmi assolutamente immobile nel posto e nella
posizione in cui mi trovava, ma dico il vero che se anche il supplizio
avesse dovuto durare un’ora, io l’ avrei sopportato pur di godere
quello spettacolo attraentissimo.
La risposta adunque che il real rapace pareva implorasse non
sì fece attendere lungamente.
*) Nella recente pubblicazione della seconda e terza puntata 1886 del
periodico ,Ornis® di Vienna, pubblicato per cura dei Dri. Blasius e Hajek,
nell’interessantissimo articolo del ‘Meves “Osservazioni ornitologiche raccolte la
maggior parte nell’estate 18609 nella Russia“, ‘trovo notato: Il batter strano del
Gufo col becco, allorchè è irritato, lo conosce certo qualunque abbia avuto occa-
sione di poter ‘osservare vivo uno di questi rapaci; come. poi il suono sia pro-
dotto; mi pare di poterlo spiegare nel modo seguente: col semplice batter le
due mandibole una sull’altra, il colpo forte non si produce, senonchè l’animale
protende la mandibola inferiore verso la punta della superiore, la chiude, lascia
scivolar la prima che va allora a battere fortemente contro: la superiore € si
produce allora immancabilmente il noto. suono, Tutto ciò si succede in brevi
istanti“.
= gi
Da un albero vicino essa giunse, potente al mio orecchio e
scosse visibilmente l’innamorato gufo, giacchè battè ancora il
becco, corse nella direzione da dove il suono era. pervenuto e, si
gonfiò come una palla. Allora l’uccello dell’albero scese anche
lui sul praticello e dopo fatti vari salti pei quali s’ aiutava con le
ali mentre pareva non trovasse il posto che gli conveniva, si
poggiò sul tronco reciso ed abbandonato d’una quercia che spor-
geva dall’ammasso dei cespugli. Il primo dei gufi non fece che
girare il suo corpo dalla parte ove il secondo si trovava senza
muoversi dal posto; rimase gonfio, allargò un tantino le ali,
abbassò assai la testa e soffiò. Era la terza maniera d’esprimersi
ch'io apprendeva nel gufo, e questa io credo si potrebbe parago-
nare un poco al soffiar del gatto quando si difende dai nemici, o
quando fa all'amore sui tetti.
Naturalmente il suono è più forte, e nel medesimo tempo più
cupo, ma della rassomiglianza ad ogni modo io credo ce ne sia. Quando
il gufo reale viene irritato, oppure attaccato, allora soffia sempre una o
due volte, per solito due, quindi batte anche due volte il tach
tach e cala giù i due gran ciuffi della testa. Invero che un simile
uccello, il quale possiede due occhi enormi, rosso-aranciato di
fuoco, due pennacchi lunghi ed erigibili, la proprietà di formare
del suo corpo una palla di penne; un.uccello che soffia, che urla,
che batte, è certamente atto in sommo grado a produr dell’impres-
sione nei fedeli osservatori e dello spavento nei superstiziosi.
E per ritornare al racconto interrotto per un momento dirò
che, dopo il soffio del maschio, la femmina saltò giù dal tronco
e ricominciò il balletto di prima, eccitandomi al riso, tanto era
goffa e male equilibrata; abbassava anch'essa la testa, ma senza
emettere suoni, e guardava di tratto in tratto fra un ballo e
l’altro, il. maschio che le stava dinanzi. Poi d’un subito, senza una
causa visibile, s’ allontanò, come se fosse stata spaventata da qualche
visione o da qualche suono. Il maschio ancora non si mosse.
Trascorsero alcuni secondi d’un silenzio assoluto, indi il grido
della femmina giunse forte abbastanza all’ orecchio, per cui si
poteva arguire che non s’era di troppo allontanata; subito dopo il
maschio rispose, prima alzando, poi, sul finire. del grido, abbas-
sando la testa: quindi scomparve anch’ esso nella direzione che
aveva preso la compagna innamorata. Rimasi deluso e. dispiacente,
giacchè io sperava di poter assistere al ,,dulcis in fundo“ di quella
strana commedia, e mi mossi un pò per cangiar posizione, giacchè
mi sentiva orribilmente stanco: poi stetti aspettando ancora per
lunga pezza, ma invano. Per quella notte non vidi nè intesi
più nulla.
Parecchie volte ancora ebbi occasione di udire i. canti e le
grida delle Civette e dei Barbagianni che nidificano sulla nostra
casa, e quelli dell’ Allocco che indubbiamente allevava i suoi piccini
nei fori dei grandi alberi del bosco, ma per quanto lugubri e
disaggradevoli sieno questi gridi, non hanno nulla a che fare con
quelli del Gufo reale, non suscitando in noi nessuna emozione o
spavento. Forse nella città la cosa può cangiare d’ aspetto. Là dove
si è abituati tutto il giorno a continui romori, la notte assume già
da per sè, qualchecosa di più tetro ed imponente. Io sovente lavo-
rando nelle calde notti d’estate, aperte le porte e le finestre per
respirare un’ aria men calda, udiva da lungi e dappresso il lugubre
grido della Civetta e del Barbagianni, ed al bel chiaro di luna
scorgevo disegnato nettamente sul culmine delle case circostanti il
contorno dei loro corpi goffi e pesanti.
Quelle grida predisponevano certo alla malinconia.
Più d’una volta abbandonai la sedia e la stanzuccia da
lavoro, e cercai il mio piccolo Museo, luogo prediletto, ove i
pensieri tetri, i disgusti d’ogni sorta svanivano come per incanto.
Colà per me era un altro mondo; il mio occhio che dapprima
correva rapido da una vetrina all’altra esaminando per la cento-
millesima volta le ornitologiche raccolte, si fermava quasi sempre
all'ordine prediletto dei rapaci.
Contavo le Aquile, contavo l’Avoltoio, uno solo — ma che
faceva per tanti;; uno stupendo maschio del Gypàetos barbatus,
avuto dal nobilissimo amico mio Commendatore Giglioli, uno: fra
i primi ornitologi d’Italia, il quale ha fondato a Firenze una
Collezione centrale. dei vertebrati italiani che va annoverata già
presentemente fra le più belle del regno.
È un vero modello di perfezione, ed io ch’ebbi la fortuna
di visitarla già un paio di volte, guidato dall’ esimio fondatore
istesso, non istò un momento dal dichiarare che tutte le mie più
grandi aspettative furono di gran lunga superate. Nè dal lato scien-
tifico, nè da quelio artistico è possibile immaginare una cosa più bella.
I maggiori elogi gli vanno certo tributati perchè non ri-
sparmiò nè cure, nè fatiche, nè danaro per raggiungere lo scopo
ch’egli s'era prefisso. E così va fatto. Solo a questo modo egli
ha potuto venir in possesso di rarità ornitiche sparse per tutta la
penisola, e che con ogni probabilità sarebbero andate perdute. Che
importa se gli fu fatto peccato di troppa fortuna, quando forse si
trattava di troppa invidia? Nobilmente egli ha risposto ,chi cerca
trova“ ed io so ch’egli ha molto cercato, e che cerca ancora.
Dopo una buona ora giungevo a Villa, se vogliamo anche
un po’ intirizzito per la brezza notturna; passavo il piccolo vil-
laggio e poco dopo riuscivo alla casa dell'amico mio, un’ elegante
casettina in mezzo ai prati lungo la via nuova che allora si stava
riattando e che doveva condurre ad Ampezzo.
La fortuna mi fu oltremodo propizia; } amico Eugenio era
giunto da Forni di Sopra mezz’ ora prima ch'io arrivassi. Avendogli
io mille volte promesso di venire ad abbracciarlo ed egli sapendo
quanta brama mi tormentava di visitare quei luoghi, fu in lui
maggiore della sorpresa il piacere di vedermi, e lo lessi in
quegli occhi che mi davano il benvenuto con la più entusiastica
espressione.
Intanto che la casa andava sossopra per i preparativi di una
cenetta, si fece un po’ di compagnia alla gentilissima di lui signora,
costretta a letto da una non lieve indisposizione, parlando del
passato, delle ore deliziose godute tutti uniti nella dolce e simpa-
tica Udine. Progetti su progetti, furon fatti e stabiliti piani per le
escursioni da intraprendere nei giorni ch'io mi sarei fermato colà
Ad ora tarda, dopo aver bevuto di quel buono riserbato per le
ricorrenze solenni, mi congedai dai miei buoni ospiti e cercai la
stanza statami messa a disposizione, vero angolo di paradiso che
al giorno vegnente mi serbava infinite sorprese.
Col cuore gonfio di tante emozioni provate e che pensava di
dover provare mi coricai e m° addormentai subito.
Prima di continuare il mio racconto dirò brevi cose intorno
a due Gufi selvatici (Syrnium aluco) stati catturati dal Fiorioli e
ricevuti pochi giorni prima del mio viaggio a Villa Santina.
Il 31 Maggio adunque mi perveniva un individuo giovane di
questa specie non ancora atto al volo. Certo fu una grande
sorpresa per me, inquantochè non credeva che la specie nidificasse
da noi, tanto più che in generale si mostrava. molto raramente.
A primo aspetto. sembrava un’ ,Uralense“ in miniatura,
giacchè la tinta predominante è un grigio-cenerino; soltanto le
penne delle ali e quelle della coda hanno qua e là un po’ di
fulvo. L'occhio è bello, grande, nero-bruno, con la pupilla che
passa all’ azzurro trasparente, circondato da un anello rosso-vinato
pallido. La fronte ed una sottil fascia, che segna il cerchio facciale
è più chiara di tutte le altre parti del corpo, e di color grigio-
bianco. prd;
Il penname che dall'occhio va alla cera non è ancora svi-
luppato, le setole sì — e sono di color nero; tutte le altre penne
intorno all'occhio e chiuse dal cerchio facciale hanno la base, il
centro e la punta bianchiccia, le parti comprese bruno-nericcio
pallido. Le penne di tutte le parti inferiori, molto sfilacciate, sono
attraversate verso la punta da una fascia abbastanza ‘larga bruno-
nericcio pallido. Le penne del cerchio più alte delle altre (spor-
gono per un millimetro crescente) hanno alla punta un po’ di
tinta fulviccia, quelle del vertice e dell’occipite sono a base oscura
(bruno nericcio) con punte cenerino-bianche; la base trasparisce
fra le punte ed hassi quindi una tinta generale cenerina; le penne
delle parti superiori del collo, del dorso e le copritrici delle ali
sono ‘a fascie bruniccio-nero e cenerino-bianco, alternantisi le une
con le altre, con le punte però da per tutto di quest’ ultimo colore.
Un po’ di fulviccio è indicato qua e là e particolarmente sulle
copritrici delle ali. Le penne del dorso sono naturalmente molto più
sviluppate che non quelle del collo e delle copritrici della coda. Le
remiganti e timoniere sono abbastanza sviluppate, tutte a fascie e
disegni a zig-zag color bruno-nero, fulviccio e grigio-bianco; - gli
steli sono tutti bruno-oscuri;.i tarsi e le dita. fino. a due. terzi,
sono ricoperti da penne. bianco-sudicio. Il becco ‘e la parte nuda
delle dita hanno color di corno chiaro, le unghie sono più oscure;
la cera e gli angoli della bocca carnicini. Misura in lunghezza
fino alla punta della coda 23 cent.; la coda 5; in larghezza
cent. 66; l’ala dalla piegatura alla punta della: remigante. pîù lunga
(3.a) cent. 15; dito medio compresa l'unghia cent. 3, l’ unghia
del medesimo cent. 1%. Osserverò infine che tanto le penne
della testa, del dorso, del collo e del petto, hanno all’ estremità
il piumino.
— 77 —_—
Faceva udire di solito un pigolio sommesso; irritato o spa-
ventato batteva il tach, tach degli adulti, ben inteso con minor
forza e non così ben pronunciato.
Il secondo individuo lo ebbi il 15 giugno assieme alla madre,
raccolti in una selva di Forni di Sopra. Nel nido c’ eran due
giovani, uno però morì prima che l’amico Fiorioli avesse potuto
spedirmeli.
Più giovane assai dell’anzi descritto, aveva pressochè le me-
desime tinte con la differenza che in generale su tutto il penname
preponderava il fulviccio. Lo avevo conservato in vita per lungo
tempo e fatto uccidere e preparare allora solo che aveva messo
l’abito di transizione; fatalmente però ciò succedeva appunto al-
l’epoca del mio cangiamento di dimora, per cui prima ch'io mi
avessi il tempo di notarmi le tinte del piumaggio, le tarme me lo
deturparono totalmente. non lasciando che il fusto e qualche
pezzetto di pelle.
Sorgeva l’ alba quando io. mi svegliai, nè più poteva rima-
nermi nel comodo dettuccio, apprestatomi con cura da una bella
villana, dagli occhi di fuoco e dalle curve provocanti. D'un balzo
ebbi le lunghe e scarne membra a terra, ed apersi gli scuretti di
una finestra per vedere ove io mi trovava. Oh, l'incantevole
spettacolo che allora mi si offerse agli sguardi! Tutto monti, cam-
picelli, prati ristretti e brevi con mille gradazioni di verde, di
bruno, di grigio e d’azzurro, non più. delle vie anguste con mu-
raglie a ridosso, ma tutto. largo, largo, pieno d’aria, di luce e la
luce mi deliziava e l’aria me la sentivo entrare nei polmoni che
si gonfiavano avidamente. Dopo ‘aver contemplato a lungo quella
impareggiabile scena, corsi ad aprire la seconda finestra all’ angolo.
di fianco. Qui il quadro era più ristretto ma non meno delizioso ;
il monte Cretto s’innalzava maestoso a pochi metri di distanza
dalla via che passava sotto alla casa, e interdiceva la vista a punti
più lontani.
C'eran delle casettine bianche sparse qua e là lungo i pendii
del monte, degli aggruppamenti di quercie, delle piccole radure
ricche di vegetazione nana, un po’ d’acqua in angusto. rigagnolo,
degli altissimi larici e pini isolati o nascenti in mezzo alle betule,
cretaglie imponenti fra il verde dei cespugli che mitigavano il
grigio-bianco tinto . d’azzurro e di. violetto. E fra tutta questa.
AR
bellezza della natura un correr di profumo balsamico e di dolci
melodie che da cento petti e cento uscivano squillanti e dolci in
omaggio al Creatore supremo.
Insaziabile io mi stava gustando tanta bellezza, ed i miei
occhi correvano quasi smarriti per l’interna commozione, sui vari
punti che formavano il complesso di quel quadro.
Quando un po’ alla volta lo spirito si calmò, e l’occhio
divenne meno incerto afferrando più a lungo i soggetti che meglio
mi interessavano, tutta io compresi la vita che colà doveva con-
dursi e mi sentii una stretta al cuore pensando che così per poco
tempo io avrei potuto godere di quell’ aria e di quella libertà.
In fretta finii di vestirmi e discesi; mi sembrava di commet-
tere un peccato standomene a casa. Pregai la simpatica servotta di
avvisare l’amico Eugenio ch’io sarei rincasato verso le otto, e
senz’ altro mi diressi verso il villaggio, coll’intenzione di recarmi
diffilato nel vicino boschetto di cui Fiorioli tanto mi aveva parlato.
Villa Santina, che giace a 364 metri sul livello del mare, è
costrutta proprio ai piedi del Cretto, alcune case anzi son poste
sugli ultimi pendii, e sembra che quel colosso, le di cui pareti
cadon giù perpendicolarmente fino quasi alla base, prometta nei
secoli che verranno di formare del paese un variopinto mucchio
di rovine. In mezzo al villaggio passa la strada principale, che
presentemente condurrà diggià ad Ampezzo, con diramazione per
Ovaro ecc., formando nel centro una larga piazza con caffè e
birraria, ufficio postale e credo anche telegrafico; in una via late-
rale, se non isbaglio l’unica di tutto il paese, che potrebbe dirsi
il prolungamento della piazza, od un’ aggiunta alla medesima, sta
l’ufficio forestale diretto dal mio caro amico Eugenio, con scuola
annessa e casa del curato. Proprio dirimpetto sorge la chiesa
pulita ed abbastanza vasta e da questa la via conduce, pet campi
coltivati, al boschetto degli abeti e dei pini, ove noi ci recheremo
in cerca di emozioni ornitologiche. È questo un piccolo tratto di
pochi chilometri di lunghezza, e forse uno di larghezza, nato
parte alle sponde del Tagliamento e parte del Degano, giacchè
circa a metà del bosco quest’ultimo sbocca nel primo ed è deli-
mitato dalla parte opposta da campi coltivati e da prati. Finisce
quasi in una punta presso il piccolo villaggio d’ Invillino dove si
innalza un colle di natura rocciosa, isolato nel bel mezzo della
pianura e coperto riccamente da conifere. Come dissi, il boschetto
è formato da pini e da abeti e rari sono gli alberi a foglia caduca
che qua e là si son frammischiati; in certi punti il terreno è
coperto da folta vegetazione di sterpi non di rado impenetrabili;
anche i grossi cespugli isolati non mancano, e lunghe e folte siepi
lo dividono dai prati e dalle vigne. E un piccolo paradiso per il
mondo pennuto, ed infinito è il numero degli individui che colà
han preso stanza estiva.
Già a qualche distanza dal bosco odesi il canto robusto del
Fringuello frammisto ad altre note meno sonore di cantori più
deboli che non si possono peranco definire. Man mano che i
passi conducono verso il folto, i canti raddoppiano; qui odesi il
grido di richiamo della Cingallegra più in là le belle e squillanti
note della Capinera, sulle cime degli alberi da un’altra parte il
sibilante chiamar dei Luì, di su, di giù, nei cespugli sui rami più
alti, il Boccalepre, la Sterpazzola, il Tordo, il Merlo a chiamarsi
a cantar l'inno d’amore, a volar in cerca di cibo per i piccini, e
di sopra a noi il gracidar della Cornacchia che sode quasi in-
cessante, perchè straordinario è il numero delle coppie nidificanti,
a qualche distanza il cupo cu-cuc del Cucolo, il pa-pa-pac della
Quaglia ed altre mille voci e suoni che non si capiscono perchè
troppo frammiste le une alle altre.
L’occhio non riposa neppure un istante in un punto solo,
la vita ferve dovunque, ogni albero, ogni cespuglio, ogni ramo,
direi, ha il suo leggiadro abitatore che passa da pianta a pianta
con quell'aria nel cuore che gli dà la vita libera, cantando la sua
leggiadra canzoncina d’amore od invitando la femmina ed i com-
pagni ad una gaja scorrazzata nei loro sconfinati domini. Oh! la
bella vita! Oh! la suprema felicità! Quanto noi ci sentiamo mise-
rabili al cospetto di questi esseri così privilegiati!
» Vita facile e sublime! dice il Michelet*). Con qual occhio
l’ infimo uccello deve considerare, sprezzare il più forte, il più
rapido dei quadrupediì, una tigre, un leone! Come deve sorridere
a vederlo, nella sua impotenza, avvinto alla terra, facendola tre-
mare con inutili e vani ruggiti, con gemiti notturni che testificano
il servaggio di questo falso re degli animali, incatenato, come tutti
siamo, all'esistenza limitata che ci compongono la fame e la
gravitazione“.
*) _L’ uccello, pag. 51.
TRI 0 o
sOh! la fatalità del ventre! la fatalità del moto che ci
costringe a trascinarci sulla terra! L’implacabile peso che richiama
entrambi i nostri piedi all’ elemento aspro e greve, in cui la morte
ci farà rientrare, e che ci dice: ,Figliuol della terra, appartieni
alla terra. Uscito un istante dal suo seno vi tornerai e vi rimarrai
ben a lungo“.
Non moviamone lamento alla natura — che è il segno certo
che abitiamo un mondo assai giovane ancora, assai barbaro ; mondo
d’ esperimento e di preparazione, nella serie delle stelle, una delle
tappe elementari della grande iniziazione. Questo globo è un bam-
bino, e tu, tu lo sei pure. Anche tu sarai emancipato da questa
scuola inferiore, tu pure avrai belle e poderose ali; qui ti guadagni
intanto, col sudor della fronte, un grado nella libertà.
Facciamone una prova: chiediamo all’ uccello, ancor rinchiuso
nell'uovo, ciò che vorrebbe essere, concediamogli l'opzione. ,, Vuoi
tu essere uomo e dividere con noi il reame del globo largitoci
dall'arte e dal lavoro? Risponderà di no certamente. Non calco-
lando lo sforzo immenso, la fatica, il sudore e la. preoccupazione,
la vita di schiavi che il reame ci costa, egli non dirà che questo:
»Fin dalla nascita, re io stesso dello spazio e della ‘luce, ‘nor
veggo perchè dovrei abdicare, quando luomo, nella sua più ‘alta
ambizione, nel suo supremo voto di felicità e di libertà, sogna di
essere uccello e di possedere delle ali“.
In numero straordinariamente grande incontriamo la Cincia
romagnola (Parus ater) questo grazioso uccelletto che manca’
affatto là dove il bosco si compone d’alberi a foglia caduca. La
selva nera è l’unico loro soggiorno e colà ad ogni passo c’ imbat-
tiamo in numerosi stuoli che percorrono il bosco in. tutte le
direzioni.
La prima volta ch’ io poteva ammirare questi simpatici
uccellini nell’estiva loro dimora, e nascondendomi ora dietro un
tronco, ora appiantandomi in un folto. cespuglio ammiravo con
entusiasmo i loro graziosi e svelti movimenti. Dalle cime più ‘alte
dell’ albero su cui s’ intrattenevano discendevano di grado in grado
fino ai rami più bassi, cercando fra le sottili foglie aculeate dell’ a-.
bete e del pino qualche insetto, appendendosi in mille modi, e
facendo sentire di continuo un giù-tii o 7i-zij, talvolta anche il
sia
fiuc della Cingallegra ma più debole e più sommesso. Con una
agilità sorprendente, battendo graziosamente !’ ali e movendo la
piccola coda si girano sulla punta estrema d’un ciuffo con visibile
diletto e senz’ altro scopo che di darsi sollazzo. Incontrandosi due o
tre individui sul medesimo albero, s’ inseguivano da un ramo all’altro,
ed allora emettevano un ,pit-zezeze“, cacciandosi nel più folto
dell’ albero, per ritornare dopo poco ai primi giuochi.
Se mi faceva vedere, uscendo dal mio nascondiglio, non si
spaventavano punto, e solo allora scappavano dall’ albero su cui si
trovavano, s'io faceva un gesto con le mani, oppure s’io gettavo
un pincio verso di loro. Anche in questo caso lasciavano udire il
»Zezeze-pit* oppure un forte Ltii-tii-ti1%.
Non dubitava punto che molti nidi dovevano essere nascosti
in quel piccolo paradiso, un boschetto attraentissimo, come dissi
prima, di pochi chilometri di lunghezza ed uno di larghezza nato
alle sponde del Tagliamento e parte del Degano.
Interessandomi grandemente di poter scoprire almeno un
nido di questa specie, mi diedi con tutta pazienza a frugar per
gli alberi, con l'occhio attento ad ogni mossa degli uccellini che
mi danzavano d’intorno, sperando in qualche loro imprudenza,
che mi avesse più facilmente condotto alla meta desiderata. E così
cercando e nascondendomi, vidi un individuo che mi parve —
giacchè era un po’ distante — avesse qualchecosa nel becco, un
vermicciatolo od un coleoptero. Pian piano mi cavai dal posto
ove mi trovava, e con grande precauzione camminando carponi,
procurai di spingermi più innanzi per poter veder meglio. Un
altro individuo giunse, e si fermò alcuni rami più sopra sul mede-
simo albero del primo. Tutti e due battevano l’ali in modo strano,
quasichè nel loro corpicino fosse stato un congegno artificiale che
producesse quel moto regolare e continuo; il ,ziù-tii‘ poi veniva
emesso con egual costanza. Passati alcuni minuti, il primo indi-
viduo cominciò man mano a discendere, sempre però continuando
con gli stessi movimenti e gridi; dall'albero passò ad un basso
cespuglio, da quello lo vidi discendere sul terreno, e dopo 15 0
20 secondi, ritornar, gridando più che mai, su d’un basso ramo-
scello nudo d’un piccolo abete. L’ altro intanto non s'era mosso
dal posto, e sembrava attendere il compagno o compagna
che fosse.
6 »
MI
Quantunque avessi grande desiderio di correre ad esaminare
il posto, ove aveva veduto la Cincia discendere a terra, pure
mi frenai sperando di poter vedere ancora qualchecosa, se non che
un’ Averla piccola, il Lanius collurio, piombò di repente addosso
alla cara bestiuola coll’intenzione di predarla, ciò che però con
mio sommo contento, non gli riuscì, inquantochè la piccina seppe
scansar il colpo, e sfuggire all’ ardito. Anche l’altro che stava sul-
l’albero aveva veduto l’assalto brutale, e con un »fiuc-zezeze“
prolungato, aveva preso il largo. Allora io m’avanzai, e corsi ad
esaminare il punto ove aveva veduto discendere la piccola Cincia sul
terreno. Scorsi un foro, ed allargando un po’ il musco che lo
circondava, intravidi a qualche centimetro di profondità inclinata,
qualche cosa che si muoveva, e cacciando due dita nel condotto,
potei con mio gran piacere afferrare un piccino, che portai alla
luce del sole per poterlo esaminare. Passato il primo spavento, i
genitori erano ritornati nella prossimità del nido, e vedutomi
dinanzi al medesimo, battendo l’ali e gridando mi facevano com-
prendere la loro angoscia.
Dell’abito notai i seguenti caratteri; testa mericcia, macchia
all’occipite giallolina, dello stesso colore, ma un po’ più intenso,
due macchie guanciali; il dorso, e tutte le altre parti superiori
olivastro-oscuro; gola e fianchi nericci con tendenza olivacea; il
resto delle parti inferiori giallolino sudicio. Remiganti e copritrici
nericcie, con sottili marginature alle barbe esterne olivastre; punte
delle copritrici secondarie e di qualche penna dell’aletta bianco
sudicio; timoniere nericcie con sfumature leggere verdastre ai
margini; piede nericcio-azzurrognolo, becco nericcio. Lunghezza
cent. 8°.
Riposto il piccino nel nido, mi allontanai, e dopo due giorni
facendo ritorno al posto, trovai ancora tutto come avevo. lasciato.
La mattina susseguente però i piccini avevano abbandonato il
nido, e s’aggiravano assieme ai genitori sugli alberi e nei cespugli
circonvicini. Ne vidi però un solo, e per un momento soltanto; e
certo alle grida incessanti del maschio e della femmina, messi in
guardia, sapevano nascondersi così bene fra il folto che non era
possibile il discernerli.
Per entro al foro che si trovava ai piedi di un abete, e che
misurava in diametro circa 3 cent., approfondendosi nel terreno
per 11 cent., ed allargandosi fino a misurare al fondo 7 a 8, era
RR
formato un vero nido, ma di conca debolissima, quasi per intero
composto da pelo animale; esternamente, o cioè la parte che pog-
giava sul suolo della buca era fatta da musco, i lati della mede-
sima sostanza e qualche piccola particella della pianta era scarsamente
cointessuta in fra il pelo, È cosa naturale che le misure di questo
ammasso di pelo e musco, dipendono unicamente dall’ ampiezza
del foro nel quale vengono deposte. Un uovo infecondo, insucidato
così da non poterlo determinare scorsi seminascosto fra il mate-
riale; dopo averlo ben bene lavato, trovai il suo fondo di color
bianco, quello delle macchie e punti più o meno grandi, che sono
distribuiti pressochè con eguale spessore per tutta la superficie,
rosso-mattone pallido; misurava in lunghezza 2° in larghezza
1° centimetri.
E qui in queste medesime località che troviamo anche
l’affine e bellissima specie Parus cristatus, non però così fre-
quente come l’anzi descritta. Per ciò che riguarda i suoi costumi,
con poca differenza, potrebbesi ripetere quello già detto per
l’ Ater; mi parve solo un po’ meno vivace, voglio dire che se i
suoi movimenti sono del pari graziosi ed agili, non vengono ese-
guiti con quella prestezza, quale è comune alla specie precedente.
Il grido che emette più di frequente, quando s’arrampica, sicura
di sè, e senza venir disturbata, potrebbe tradursi con un ,zp“
sottile ed alquanto sibilante; quello di richiamo è un ,zzzz“ acuto
e talvolta ripetuto parecchie volte di seguito; lo fa udire anche
allora (più gutturale ma non meno forte) che un altro individuo
viene a poggiare nel medesimo ramo. Innalza ed abbassa il gra-
zioso ciuffo molto di frequente, specie se vede qualche cosa di
nuovo o di sospetto. Non teme punto l’uomo; io poteva avvici-
narmi fin sotto l’albero sul quale s’ intratteva con altri, senza che
le graziose bestiuole si lasciassero disturbare, anzi continuavano
nei loro giuochi e saltellamenti, e tutt'al più innalzavano un po’
più sovente il ciuffetto.
Non li ho veduti discendere su rami più bassi di un terzo
dell'altezza dell’albero, ed il nido, per quante ricerche facessi, non
mi è stato possibile di scoprirlo.
È indubitato che questa specie deponga le sue uova nei fori
degli alberi e nel 1886 n’ebbi uno trovato nella cavità di un
albero, mandatomi dall'amico Fiorioli. Seguendo l’indicazioni di
un ragazzo, mi portai a visitare un vecchio pioppo, che a circa
*
— ie
dodici metri dal terreno, aveva in un ramo laterale morto un foro
nel quale doveva trovarsi un nido di questa Cincia. Inutile fatica
però, perchè nulla scopersi.
Frequentissima è la Cornacchia bigia, noi la vedemmo già
subito nei primi passi fatti verso la Carnia, e tale è la quantità
che alberga intorno a Villa, da incontrarla ad ogni passo. Il suo
nido lo mette sulle cime più eccelse degli alberi a venti metri di
altezza, appoggiandolo solidamente ai rami laterali ed al tronco.
Su quel piccolo colle presso Invillino che accennai più addietro
ricoperto da grossi abeti, i nidi erano frequenti, ma, per la stagione
avanzata, uova non ne trovai; tutti contenevano ormai i piccini,
taluni dei quali abbastanza sviluppati. La pelle del midiaceo ha
una tinta bruna, con certi riflessi, sotto ad una data incidenza di
luce, quasi violetti; il becco, le zampe li ha neri, e del medesimo
colore pure le piccole punte delle penne che stanno per nascere.
È bruttissimo a vedersi anche per essere tanto impacciato nei
movimenti. Colà la chiamano ,Cornila“ per distinguerla dal s Corvat“
(Corvus frugilegus), che è molto più raro, non incontrandosi che
lungo le alte scogliere ove nidifica, a dire dei paesani, in punti
difficilmente accessibili. Durante il tempo ch'io passai a Villa non
mi venne dato di trovare neppur una delle poco artistiche costru-
zioni di questa specie, nè del Pettirosso (Sylvia rubecula), che
sembra sia molto comune,
Udii il canto di questo simpatico uccello nel folto dei ripidi
pendii del monte Cretto, proprio dirimpetto a Villa, ma, circa al
nido, la fortuna non volle essermi propizia. Dello ,Scricciolo“
(Troglodytes parvulus) ne trovai uno solo, quantunque molti me
ne venissero segnalati. Vennero intraprese anche diverse ascensioni
verso le parti più alte delle case, giacchè — da quanto mi fu
detto — ama lo ,Scricciolo“ fabbricar spesso il suo ‘nido sotto alle
assi sporgenti del tetto delle case, in qualche foro dèi muri; però
per quanto si cercasse nulla si potè scoprire. Quello che trovai
era posto in un buco di un muro di separazione di un orto
vicino ad una casa abitata. Distava dal terreno circa quattro metri,
e non conteneva nulla, dacchè i piccini l’avevano ormai abbando-
nato. E una costruzione molto voluminosa per un animaletto così
piccolo, e consta esternamente di musco frammisto a poche pa-
gliuzze e filamenti d’erba disseccati; qua e là si scorge anche del
crine animale e qualche rara pennuccia; l'interno poi, formato per
a RI
gran parte da crini e sottili filamenti d’ erba, è rivestito completa-
mente da penne d’uccello (quasi tutte di pollo) in maniera da
rendere la conca soffice e delicata. Misurava in larghezza da una
parte cent. 18, dall’altra 13, il diametro interno importa cent. 7;
l’istessa misura ha l'altezza, la profondità ne ha 6.
Comunissimi sono i nidi del Fringuello tanto nei boschetti
di pino, che negli orti e nelle larghe macchie di quercia sul ver-
sante meridionale di Lavico. Comuni sono pure quelli dei Verdoni
e dei Boccalepre e molti ne scopersi anche della Capinera. Rara
all’incontro è la Cingallegra che manca affatto nei boschi, e che
non udii che vicino ai caseggiati ove si trovi qualche - vecchio
pioppo; lo stesso dirò della Cinciarella, della Cincia bigia e del
Codibugnolo. Incontrai la prima specie nel bosco a foglie caduche
(per la maggior parte quercie) del versante meridionale di Lavico.
Erano due individui; del ,,palustris* ne vidi uno solo e dell’, Acredula“
un’intera famiglia.
Tanto nelle selve nere, quanto in quelle di quercie, di betulle
ecc., se non può dirsi comune il ,Lui“ (Phillopneuste rufa) pure
il ,ciù, ci-ciù, ciau, ci* ripetuto con una costanza invidiabile lo si
ode spesso. Per quante precauzioni usassi onde vederli, e scoprire
qualche nido, non potei riuscire nel mio intento, Cantano nel più
folto e verso la cima degli alberi, ed avvicinandosi al punto da
dove s’ ode il richiamo, abbandonano il loro posto silenziosamente
senza lasciarsi scorgere.
Trovai abbastanza comune il Merlo ed il Tordo (Turdus
musicus), rara la Ghiandaia, di cui ebbi un nido scoperto sopra
ad un Frassino ad un'altezza di circa tre metri dal terreno.
Estremamente comune l’ Averla piccola (Lanius collurio), nè
mai mi ricordo d’aver trovato tanti nidi in un paio d’ ore come
in siffatte località. Eran posti la maggior parte nelle folte siepi, il
minor numero nei cespugli, e parte contenevano uova, parte pic-
cini non ancora sviluppati.
Anche il Cardellino è specie piuttosto frequente che nidifica
sugli alberi da frutto.
Non comune è la Sylvia cinerea di cui trovai due nidi nei
bassi cespugli che contenevano piccini; in uno i medesimi erano ,
grandicelli, e stavano per abbandonare la culla natia, nell’ altro
dovevano esser sgusciati da due giorni al più.
SR
Frequente è la Pojana che scorsi dovunque aggirarsi presso
le vette delle alte montagne, più sovente in due individui, ma
talvolta anche in cinque o sei.
E spesso io mi fermava ad ammirare quel librarsi leggero
nell'aria, e mi tornavano in mente le parole di Giulio Michelet,
che definisce l’uccello rapace così:.... yuccelli di monte briganti
del giorno e della notte, larve spaventose d’ uccelli, fantasmi che
atterriscono la medesima luce“.
Certo che l’ornitologo il più scrupoloso, quegli a cui questo
ordine potente di animali pennuti, ispira avversione e disprezzo,
non sarebbe stato atto a descrivere un uccello di rapina così, ne
avrebbe nemmeno immaginata la veemente definizione del grande
pensatore francese.
In tutto il capitolo dedicato a quest’ ordine interessante il
Michelet, riversa l’acerbo suo odio, e fa voti per l'assoluta scom-
parsa dalla terra degli uccelli rapaci.
Non v'ha dubbio, ed io mi schiero fra i più indulgenti,
nell’ammettere che taluni di questi arditi predoni menano stragi e
immani carneficine fra gli animali. Ma non mi si escluda d'altronde
la considerazione che siamo noi, i più potenti di questo mondo,
per maggior ragione, in forza dell’aumentata massa di cervello,
noi, protoplasma il più perfezionato, che vogliamo attribuirci il
diritto di uccidere e sterminare tutto quello che, o d’incomodo ci
riesce, o che incaglia i nostri fini egoistici, o che distrugge quello
che non vogliamo creato per noi, esclusivamente per noi.
Che diranno fra centinaia di migliaia di secoli quegli Esseri,
che molto superiori alla nostra razza, conservata ancora in qualche
angolo della terra, e dai Linnei o Cuvier venturi, posta nel primo
ordine della famiglia dei mammiferi, precisamente come noi facciamo
oggidì delle scimmie, che diranno, dico, di questo animale yuomo“
prepotente ed egoista? Non sarà condannato anche lui, come egli
condanna inesorabilmente, spietatamente?
La provvida natura ha pensato a tutto e per tutti. L’ uomo
immagina invece e pretende tutto il creato per sè, ed in diretta
proporzione dello suo sviluppo - del suo intelletto sta l’ egoismo,
questa smania sanguinaria che tradisce la sua origine e che gli fa
abbattere non soltanto gli animali che servir debbano a suo nutri-
mento, ma quelli ancora che per vivere predano con istento e _
fatiche animali troppo cari a lui, perchè gli forniscono delicati e
— 83 —
ricercati manicaretti. Nè qui certo la smania egoistica di questo
animale primo s’arresta. Il suo simile — non giunto ancora al
medesimo grado di perfezione intellettuale viene sterminato, distrutto,
annientato. Quanti popoli non sono scomparsi dalla terra per la
mano dell’uomo stesso? E qui ricordo, e mi raccapricciano le belle
pagine del Giglioli nel suo libro ,I Tasmaniani“. Tutti fino al-
l’ultimo e vecchi e donne e fanciulli dovettero cedere e pagare
col loro sangue fino all'ultima goccia la renitenza opposta per
quel diritto di vivere che la natura aveva loro concesso. Chi
diede a noi proprio esclusivamente la facoltà di sterminare, ed il
diritto di reagire e d’uccidere gli altri esseri che per la propria
conservazione sterminano?
La forza brutale.
La forza brutale, quella, che l'origine nostra ci fa intendere,
e che nulla vale a nascondere.
Allorquando tutti o la maggior parte dei rapaci saranno
scomparsi dalla terra, e che il magnanimo uomo avrà provveduto
così alla sicurezza del resto del mondo pennuto — giacchè questo
è solo lo scopo per cui brutalmente agisce — allora contento del-
l’opera sua, riposerà sui ben meritati allori. Avrà vilmente privata
la natura di questi briganti“, di queste ylarve spaventose“ sotto la
stupida pretesa d’aver agito per il bene degli uccelli, che con la
destra protegge e che con ambo le mani orribilmente massacra.
E lui, questo vermiciattolo, questo, per la natura, inconclu-
dente atomo animato, è lui soltanto che deve aiutare la grande
opera della conservazione, l'eterno equilibrio! Quanti sono i secoli
passati, dacchè le prime vite animarono il mondo e l’uomo infine
vi fece la comparsa?
Ed in questi milioni d’ anni noi la vediamo la gran madre
servirsi di tutto e di tutti senza privilegi, senza distinzione, per
progredire particella per particella, studiando la perfezione e
giungere a noi.
No, no, o animale primo, non lusingarti che il Governante
l'eterno, l’infinito, abbia cessato con te e per te la sua serie di
perfezionamenti pago alla fine delle opere sue.
Lascia che il rapace compia l’impostogli, come tu puoi com-
piere la parte che ti spetta. Non atteggiarti a primo, assoluto
padrone, contentati di vivere e non dimenticare, o impara che
(int
l'origine tua la traesti nell’ egual modo dell’ aquila possente o del
Falco ardito.....
Perchè non intendi concedere un Tordo all’ affamato Astore
che deve ricorrere a mille astuzie per impossessarsene, se tu ne
uccidi a migliaia e migliaia in pochi istanti? Perchè imprechi al-
l'Aquila marina che ha ghermito dopo un lungo assedio un Ger-
mano, nel mentre tu hai inventato una macchina infernale che ne
abbatte a centinaia in pochi minuti secondi? E interdici al Lodolaio
un Pettirosso o una Pispola, nel mentre tu, con le panie, con le
reti, coi lacci e in mille modi, centinaia, e molte —. ne distruggi
in poche ore? Nè rifuggi dalle torture più spietate, dall’ appendere
la bella Cingallegra a un filo che prima le hai fatto passare attra-
verso le narici, o dal legare il Fringuello strettamente per le delicate
zampine che si lacerano e si spezzano, per farteli servire da zim-
bello, ed attirare i suoi simili nelle tue malaugurate insidie?
E la tua mano non trema ed il tuo cuore non ispasima,
allorchè della preda fatta compi spietata carneficina; a quale dei
poveri uccellini schiacciando il capo, facendone talvolta schizzar
l'occhio dall’ orbita, a quale premendo il petto crudelmente assi-
stendo alle ultime angoscie di debole ed innocente vittima, quale
gittando d’un colpo sul duro sasso, altri a dozzine appiccicati sul
panione pestandoli e ripestandoli sul terreno e con le mani crudeli,
assassine — senza pietà, senza dolore premendo, schiacciando,
uccidi e uccidi?
Ecco l’opera tua, ecco il magnanimo tuo cuore, ecco la
pietà tua falsa, disgustosa, ributtante.....
Al Gheppio basta una Pepola per quietare l’ ardente appe-
tito, all'uomo abbisognano venti Fringuelli per soddisfare la gola,
ma il Gheppio solo è degno di morte, perchè ha osato divorare
la Pepola che l’uomo pretende sia sua.
Eccovi a mò d’esempio delle parole che gridano doppia
vendetta, perchè scritte non già da un semplice cacciatore o ama-
tore, ma da uno che ha pubblicato un’opera intera sugli uccelli
rapaci.
A conclusione d’ uno scritto intorno alla famiglia dei ,Butei*
stampa ed a caratteri marcati:
»Qualunque animale ha diritto di vivere, purchè porti un
utile indiscutibile nella vita, comune, e ciò anche se taluna volta
si permette di appropriarsi di cose utili o piacevoli all’ uomo. In
nl 4
>
tal caso lo si deve risparmiare, salvo che per avvenimenti speciali
sia divenuta necessaria la soppressione (sic). Questo è quello che
io penso ecc. ecc.“.... poi continua: yun animale, all'incontro, la
di cui esistenza è intesa soltanto a distruggere tutto quello che
all'uomo è piacevole o utile, e che, per conseguenza, non offre
vantaggio alcuno, perde il diritto di vivere e deve scomparire.
Son giuste o false queste opinioni? — effettuabili o no? E se son
giuste a quale categoria vanno ascritti i Butei?*
pLau risposta nelle descrizioni che seguono“.
Io prego il cielo a cui le bestemmie non piacciono, che non
permetta più al barbaro scrittore di ritrovare la penna per con-
tinuare.....
In tutto l’ ordine di questi simpatici e fieri abitatori dell’aria,
non ci sono che due sole specie, le quali realmente devono venir
perseguitate, giacchè desse assalgono l’ uomo, e mettono in pericolo
la sua esistenza.
In questo solo caso, noi abbiamo diritto a perseguitare e
distruggere.
L’ Avoltoio barbato o Arpia assale l’uomo, ne fa testimo-
nianza il Dr. Girtaner, della cui veridicità non si può aver dubbio.
Scrive egli in proposito nel racconto che fa della storia di uno di
questi predoni alati:
»Col progredire delle cognizioni intorno alla vita ed ai costumi
dell’ Avoltoio barbato di paesi più meridionali s’ è radicata abba-
stanza tenacemente negli scienziati l’idea che il Gipaétus della
catena delle Alpi centrali non si sia mai elevato più in alto di un
volgare divoratore di carogne, e raccoglitore d’ossa e che tutto
quello raccontato e scritto intorno al medesimo, non abbia avuto
per base che la menzogna e l’inganno, o, detto con modi più
garbati, non sia stato che il prodotto della facile credenza di
narratori romantici e propagatori imbeccati. Ed è perciò, che si è
tenuti a considerare degni di nota, serbandoli scrupolosamente,
tutti i fatti autentici che comprovano alla lor volta quanto prive
di fondamento sieno codeste asserzioni, o per dir anche in questo
caso in modo più gentile, per combattere opinioni che hanno per
base solo l’ incredulità.
Certo non nego che già da tempi remoti vennero ascritte al
nbarbato* delle aggressioni all’ uomo, commesse invece dall’ , Aquila
= igo ‘—
fulva“, non è però men vero — e ne abbiamo le prove — che in
certi casi l’unico e solo autore sia stato il ,Gipetto“.
Come è già noto al mondo scientifico fui nel 1870 nel caso
di poter provare siccome un’Arpia avesse attentato (nel Cantone
di Berna) alla vita d’un adolescente, e come il meschino avrebbe
dovuto soccombere se a tempo non gli giungeva aiuto.
Il fatto è tanto certo, che bisognerebbe aver perduto ogni
pudore, per poterlo ancora mettere in dubbio.
Con ciò non si supponga ch’io ascriver voglia al Gipetto la.
causa unica per cui nell'ultimo censimento la Svizzera non abbia
potuto provare almeno il raddoppiamento della sua popolazione:
sostengo però che questo rapace attacchi sotto certe condizioni
l’uomo coll’intenzione di farlo sua preda, ed aggiungerò che non
v’ha dubbio alcuno ch'egli sia riuscito nel suo intento più facil-
mente assalendo adolescenti e bambini, anzichè robusti e coraggiosi
cacciatori.
Consideriamo poi che l’' Arpia della catena delle Alpi centrali
supera di gran lunga per forza e grandezza qualsiasi altro individuo
della specie di altri paesi; consideriamo ancora che, come mezzo
offensivo, il Gipetto adopera le poderose sue ali cresciute ad una
forza veramente imponente, onde abbattere la vittima che s’ inerpica
lungo i dirupi scoscesi e verticali — consideriamo seriamente tutto
ciò e ci dovremo anzi meravigliare che simili attacchi non succe-
dano molto più frequenti.
Tal fatto a mio modo di vedere va attribuito in primo luogo
alla rarità sempre crescente della specie, in secondo luogo alla man-
canza di circostanze favorevoli.
Mi si conceda una riflessione.
Immaginiamoci un uomo — anche adulto — privo d’ armi
di difesa, assalito dall’ Arpia in un luogo ove non trova appoggio
nè via di scampo; immaginiamocelo lungo una parete verticale che
gli precipita sotto a centinaia di metri di profondità, aggrappato
con l’unghie a qualche leggera sporgenza della massa granitica,
fermo col piede sopra ad un sentieruolo di qualche decimetro di
larghezza. È un raccapriccio, ci sembra che un soffio dovrebbe
perderlo. Da lungi il Gipetto lo scorge e sopra di lui accanita-
mente si precipita, battendo con l’ ala poderosa la testa della vit-
tima infelice, immaginiamoci tutto ciò, e confessiamo quindi, che
facile deve riescire al rapace che può disporre di sì potenti mezzi
ge
offensivi, trascinare nell’ abisso un uomo inetto, in tali condizioni,
ad ogni resistenza. Che il Gipetto non assalga costantemente l’ uomo
non va certo attribuito nè al rispetto ch’ egli prova alla vista di lui,
nè perchè si sente incapace d’assalirlo$ . ...
Intorno all’ Aquila fulva molto si è scritto e parlato, ed anche
il Savi sa che questa specie si ciba qualchevolta di piccoli ragazzi,
e cita il fatto comunicato all’ Accademia delle scienze di Tolosa
sulla verità del quale egli non ha dubbio, del rapimento, cioè, av-
venuto nel cantone di Vaud di una bambina di cinque anni, che
mentre giocava in compagnia d’un’altra bambina di anni tre, fu
ghermita da un’aquila e malgrado le grida della compagna, e
l’ accorrere di alcuni contadini, fu tratta per l’aria, e solo dopo
due mesi ne fu ritrovato sull’alto di un monte il cadavere mutilato
e disseccato.
Uscito per un momento dal campo prefissomi, per lo sdegno
che provo alle tante persecuzioni cui son fatti segno incessantemente
questi nobili abitatori dell’ aria, ritorno all’ argomento, accen-
nando alla Pojana che nidifica in Carnia assai abbondantemente,
come ne fanno prova gli invii frequenti d’ uova e pulcini da parte
del mio amico Fiorioli*). Frequente è pure il Verdone (Chloris
hortensis) della cui specie molti nidi scopersi, fra i quali uno che
conteneva cinque piccini ricoperti da una pelurie bianca, lunga
alcuni millimetri. Era collocato sopra ad un ,Fraxinus excelsior“
in cima alla pianta a circa cinque metri d’altezza dal terreno.
Scarsa è la Quaglia, e solo qua e là, ove qualche praticello
trova posto nel piano, s' ode il grido di richiamo del maschio ....
La strada che da Villa conduce ad Enemonzo e di là a Soc-
chieve ed Ampezzo Carnico è certo una delle più belle che si pos-
sano immaginare in natura. A poca distanza dal villaggio la strada
va subito ad internarsi nel bosco di conifere che già descrissi, e lo
percorre in tutta la sua larghezza. Son dieci o quindici minuti che
si passano deliziosamente in fra quel folto pieno d'ombra e d’un
rezzo balsamico che porta suoni miti e distinti: è il ronzio di mille
e mille insetti che vanno, che s’ arrampicano, che volano, mesciuto
*) Vedi Escursioni“ I Serie.
alle innumerevoli voci degli uccelli che stanziano in quel piccolo
regno di pace.
Appena fuori della selvetta convien percorrere buon tratto
del letto asciutto del Degano, e passar due ponti mobili che attra-
versano le due braccia del torrente a quell'epoca abbastanza ingros-
sate. Già in quel punto il paesaggio s’allarga per l'estensione che
vanno ad occupare i letti del Degano e del Tagliamento congiun-
gentisi a poca distanza dai due ponti. Stupende colline ubertosis-
sime, cosparse qua e là di rustiche casette di rado agglomerate così
da formare dei villaggetti, come Majuso, Colza, Tartinis, Tresis,
fiancheggiano a destra la larga strada che va diritta per lungo tratto
senza troppe inclinazioni. A sinistra s’ ergono alte montagne, quale
il Lorinza e Deresinas che bagnano le basi rocciose nelle acque
poco limpide del Tagliamento.
Dalla strada al letto del fiume corrono per buon tratto prati
verdeggianti e campi ben coltivati, piantati ad alberi di considerevole
dimensione: sono per la maggior parte pioppi ed abeti. In fondo
al pittoresco quadro montagne su montagne s’ innalzano a grandi
altezze, e vale notare il Tinizza che fa riscontro al monte Ama-
riana, e sovrasta ad Ampezzo. Al di là, internandosi nella valle che
conduce a Forni Savorniani (Forni di sotto e Forni di sopra), si
scorgono le stupende catene del Clapsavon e della Birera, nonchè
dei monti di Lauris al di là del monte Pura. Sulla sponda sinistra
del Tagliamento e sulla destra del Premaggiore, con la sequela
infinita delle creste dei monti minori fra cui il Cimaenta, il Mon-
falcone e nello sfondo del Bacino il Mauria (passo del Cadore) al
cui destro fianco s’ erge maestoso il Cridola inaccessibile.
Passando il Tagliamento ad Enemonzo si riesce a Preone,
ameno paesello sito su di un colle ai piedi del monte Pallis da
dove s’ interna il canale di S. Francesco, che per la valle Chiampon
mette a Clauzetto, e pel monte Vallon in canale di Cuna e
Tramonti.
Il piccolo Enemonzo non offre nulla di particolare, è uno di
quei soliti villaggetti di montagna con le sue case rozze, con una
piazzetta tutta in pendio con isghembi a diritta e a manca, una
gran fontana — abbeveratoio nel mezzo, la scuola comunale da
un Jato, una gran casa con la più bella bottega del paese dall’ altro,
qualche edificio più notabile di possidentucci — e basta.
Non so più ricordar bene quanto impiegammo per far la
strada, credo circa un’ ora, ma fra le chiacchere e le interessanti
osservazioni che poteva fare ad ogni passo, il tempo volò e ci tro-
vammo in meno che me ne accorgessi nella bottega principale del
villaggio, il di cui proprietario — una notabilità del paese — era
conoscente dell’ amico mio.
Dopo le presentazioni d’ uso, nelle quali io passai per ischerzo
del mio amico quale professore delegato governativo per un’ in-
chiesta ornitologica nella Provincia, prendemmo informazioni circa
a chi e meglio si avrebbe potuto rivolgersi onde più facilmente
raggiungere il massimo esito con la massima celerità. Ci venne
indicato il maestro di scuola che teneva a sua disposizione una
truppa di ragazzi, pur troppo addestratissimi nell’iscoprir nidi ....
e bene inteso anche nel distruggerli.
Subito ci recammo alla scuola e fummo accolti con vera cor-
tesia dall’egregio maestro che conosceva diggià il Fiorioli. Pose a
nostra disposizione sette od otto dei suoi scolari, quelli dei più
destri in materia, ed io, novello Cristo, m’incamminai verso la
campagna.
Scorsi subito la Ballerina“ (Motacilla alba) sparsa in numero
considerevole lungo i corsi d’acqua e le pozze e così pure la sua
affine ,Cutrettola* (M. Sulphurea) ma molto meno numerosa. Di
questa specie trovai un nido con cinque piccini quasi atti al volo,
messo nel foro di un muro d’una casa dalla parte dell’ orto.
Distava dal terreno tutt’ al più tre metri.
1 giovani avevano le parti superiori del corpo compreso il
sopracoda di color grigio-ardesia, del medesimo colore le guancie ;
una stria lunga sopra l’occhio, la gola, il gozzo e le parti supe-
riori del petto di color fulviccio-chiaro; le altre. parti inferiori
bianche con tendenza al gialliccio, colore che si fa sempre più in-
tenso di mano in mano che s’avvicina al sottocoda; i fianchi tinti
di fulviccio, remiganti e copritrici nere, coi margini di quest’ ultime
e delle ultime remiganti secondarie fulvo-lionati. Le penne della
coda candide eccettuate le tre mediane che sono nere; le penne
del sopracoda che coprono le timoniere bianche sono di color
giallo-zolfo. Il becco è bruno rossiccio; il piede giallo-carnicino
con le unghie oscure. Lunghezza totale 8° cent., piede al ginoc-
chio 6°, tarso 1°.
Inoltratici nei boschetti sparsi sulle colline, seppure boschetti
possono dirsi pochi aggruppamenti d’alberi correnti per un’ estesa
di pochi chilometri, incontrai piuttosto comune lo ,Zigolo giallo“
(Emberizza citrinella). Già da lontano udivasi il suo canto mesto
simile a quello dell’,Ortolano“, ed in breve, avvicinandosi con
qualche precauzione al luogo da dove lo si udiva giungere all’ o-
recchio, scorgevasi il bell’ uccelletto, vestito tuttora dalla splendida
livrea di nozze — poggiato su qualche ramo alto e sulle cime di
un alto ed isolato cespuglio. Il nido lo trovai costruito nella cavità
di una ceppaia di quercia posta sul terreno. Era una rozza costru-
zione, piuttosto mal connessa, formata quasi per intero da pagliuzze
secche. Qua e là scorgevasi cointessuto qualche pezzetto di musco,
all’interno, come di solito nei nidi dell’ ,Emberizze“ il materiale
era un po’ scelto e vi si vedeva anche qualche radichetta. Misu-
rava in larghezza 13 cent., il diametro 7, l'altezza 7, la profon-
dità 3.
Anche qui l’,Averla piccola è straordinariamente comune, su
tutti i cespugli si vede qualche individuo ed i nidi sono spes-
sissimi.
Sul Lorinza e Deresinas — a quanto mi fu detto — la
sPepola* (Fringilla montifringilla) costruisce il suo nido negli
spacchi delle roccie, e all’epoca in cui io mi trovava a Villa —
se il tempo me lo avesse permesso — ne avrei potuto trovare
parecchi.
Anche la ,Beccaccia“ (Scolopax rusticola) depone le belle
sue uova nelle medesime località. Quattro giorni prima ch’ io
arrivassi, una donna del villaggio aveva portato a casa un nido
che conteneva quattro uova ed aveva preparato a suo marito alla
sera una frittata delicata. Siccome il caso mi veniva riferito da
uno dei fanciulli che mi accompagnavano, poco io ci voleva prestar
fede e lo pregai di condurmi da quella donna.
Il caso pur troppo era vero e mi veniva confermato con una
cert’ aria di soddisfazione da quella disgraziata.
Tralascio in merito ogni e qualunque osservazione; aggiun-
gerò soltanto che questi casi pur troppo non sono eccezionali, e
che quindi spaventevole è addirittura il numero degli uccelli che
in tal modo vanno distrutti.
Per me interessante assai fu la scoperta di un nido di ,,Tor-
cicollo“ (Iynx torquilla) nel foro di un gelso ad un'altezza dal
terreno di circa un metro e mezzo. Stando in piedi io poteva
vedere benissimo l’interno. La femmina era nel nido, e non uscì
che dopo vari colpi che diedi sul tronco e dopo averla spinta ad
abbandonarlo solleticandola con una leggera pagliuzza. Uscita la
bestiuola, io esaminai la cavità e mi parve di discernere le uova,
giacchè il foro s’approfondiva nel tronco al massimo dai 15 ai
20, cent
La mia mano però non entrava per l'apertura elittica le di
cui assi misuravano 5 e 7 cent.; per cui fattomi venire un bimbo
dalla casa situata a pochi passi di distanza, lo pregai a volermi
prestare i suoi buoni uffici. Introdotti la sua manina ed il brac-
cetto nel foro, dopo pochi istanti levò mezzo guscio di un uovo
bianco perfettamente asciutto. Certo che da quello il piccino era
ormai uscito. Fattagli ripetere l'operazione, estrasse prima uno
poi tre, poi ancora due piccini, e varî pezzi di guscio. Tutti i
piccini erano nati, ma da poco assai, ed avevano appena avuto il
tempo d’essere asciugati dal corpo della madre.
Ritornando da Enemonzo, e passando il boschetto di pini
scorsi a poca altezza dal medesimo uno ,Sparviere“ (Accipiter
nisus) che per le dimensioni e per il colore dell’abito che si potevano
discernere benissimo, arguii essere una femmina. Un giorno più
tardi, verso sera, lo scorsi una seconda volta e potei esaminare
per lunga pezza il suo volo agile e sicuro.
Soffiava una brezzolina, e, volando di contro, esso poteva
mantenersi immobile per qualche tempo allargando solo di tratto
in tratto la bella e lunga coda per assicurare l'equilibrio. Con due
o tre colpi leggeri d’ala saliva a maggiori altezze e ripiombava
chiudendole un poco per ripetere il medesimo giuoco varie volte
di seguito. Una volta calando lo vidi alzar in alto le punte delle
ali come fanno i Rondoni, sebbene con minor agilità e prestezza,
e precipitarsi quindi nel folto del bosco.
Trovandomi a parlare dello ,Sparviere£, non tornerà forse
discaro al lettore d’apprendere siccome io ebbi occasione un giorno
di vedere uno di questi piccoli falchi presi nelle reti tese ai frin-
guelli, alle Pepole, ai Tordi ecc., ciò che dimostra una volta di
più siccome questo rapace ed il suo affine l’,,Astore“, che d’ ordi-
nario sono d’una meravigliosa avvedutezza, vadano incontro a
morte sicura, inseguendo con tutto accanimento la loro vittima.
= gii
Di spesso nell’autunno mi alzo di buon’ora, e vado far una
visita, che d’ordinario si prolunga fino alle nove circa, ad un con-
tadino col quale ho stretto relazione da vari anni. E possessore di
una vasta e ben tenuta ,Bressana“ e sa farla valutare per benino
a fin di caccia. Piglia d’ogni sorta di piccoli uccelli dal Tordo in
giù; dai trenta ai quaranta nei giorni di scarso passaggio, e qualche
centinaio — pur troppo — quando il passaggio è abbondante.
Erano gli ultimi giorni dell’ ottobre 1885 ed io, non ancora
suonata la quinta ora, prendevo da casa mia la strada, lunga circa
un’ora, che mi doveva condurre alla Bressana dell’amico contadino.
Strada facendo, lavoravano nel mio cervello mille fantasti-
cherie, una più assurda dell'altra, ma che pure m’aiutavano a
camminare meno pesantemente, e non mi permettevano d'’ intiriz-
zirmi totalmente pel freddo che faceva. Sognavo qualche specie
rara che capitasse per la prima volta da noi, qualche varietà stra-
ordinaria, un ibrido che avrebbe fatto il giro di tutti i Musei di
Europa in cerca di un’esatta determinazione, infine la cattura di
qualche..... non sapeva neppur io che cosa più desiderare, dap-
poichè aveva ormai enumerate tutte le possibilità immaginabili.
Più bello e più importante era il sogno, e più dalla gioia mi
stropicciava le mani e tutto ridente in volto correva, e quasi
saltellava verso la bramata meta.....
Eccomi già dappresso alla Bressana; sto alcun poco in silenzio
per udire se qualche ,errante e misero“ faccia udire il suo grido
di richiamo, poi con circospezione m’inoltro, tenendomi distante
dalle reti, fino a che giungo presso alla piccola capanna, tutta coperta
da fronde, nella quale lestamente m’insinuo. Buon giorno ecc.,
i soliti convenevoli, poi, con un'occhiata sulle panchine, cerco di
rilevare il numero delle vittime. Per fortuna quel giorno poca cosa,
tre Fringuelli, una Pepola ed altri due o tre piccoli uccelli di cui
non ricordo più bene l’ abito.
Fatta quest’ispezione silenziosa, mi sedei chetamente sulla
panchina dirimpetto all’amico campagnuolo, e cacciai il naso fuori
della piccola apertura, dalla quale tutta la Bressana si presentava
d’un tratto. Non c’ erano che richiami in gabbia che cantavano a
squarciagola, e due o tre zimbelli a cui l’uccellatore di tratto in
tratto tirava il cordoncino per far loro sbattacchiar l’ ali. Sugli alberi
che chiudevano il campicello, nessuna vita; i cespuglietti artificiali
che formavano la principale attrattiva dei ,Lucherini* e delle , Cincie“
A
erano deserti, in fra il grano saraceno che vien piantato a bella posta
per ingannar meglio i poveri emigranti e far loro sembrar delizioso
il luogo ove la morte li aspetta, non si vedeva ‘un’anima viva. Il
contadino zufolava per i Tordi con gran.impeto, e si capiva subito
ch’ era invaso da dispetto. Al solito, quando la giornata era buona
trovava d’essi al mio apparire un paio di dozzine almeno sulla
panchina. Lo confortai bugiardamente alla meglio, facendogli spe-
rare un seguito impreveduto.
Egli dondolava la testa in segno dubitativo e guardava fuori
dal pertugio, verso il cielo. D’un tratto lo vidi rizzarsi un pò,
ammiccarmi coll’ occhio, e pigliar in mano il capo della corda degli
spauracchi. Guardai nella Bressana attentamente, e difatti scorsi
giungere da lontano un drappello serrato di piccoli uccelli. In
pochi istanti furono così dappresso, che si potè dire — parte per
il canto, parte per il modo di volare — ch’erano fringuelli. Fecero
alcuni giri nell’ aria rispondendo ai richiami poi si posarono sulle
alte piante che delimitano l’ uccellanda.
Qui d’ ordinario incomincia |’ ansia ed il dubbio. per l’ uccel-
latore, che teme sempre la possibile viziatura dei sopraggiunti. Ogni
moto dell’ uccello lo fa a sua volta dubitare e sperare. Quando
son novizi, come dicono loro, allora non passa gran tempo, che
ad uno ad uno calano giù sul terreno per godere della ricca mensa
loro imbandita. Quando tutti o la maggior parte sono giù, destra-
mente l’uccellatore dà uno strappo forte alla corda che si tende,
e gli spauracchi, facendo un baccano d'inferno, spingono le bestiuole
a sbandarsi a diritta e sinistra dove stan tese le reti.
Nel caso nostro adunque i sopravvenuti erano proprio novizi,
perchè a poco a poco si gettarono giù dalle cime degli alberi in
fra il grano saraceno. Una dozzina ancora circa, incerta persiste al
suo posto, quando un piccolo falco che prima noi non avevamo
veduto, si precipitò veloce come dardo sopra uno dei fringuelli che
camminavano sul terreno. Quantunque la velocità del rapace fosse
stata straordinaria, pure il meschino potè sfuggire al suo persecu-
tore, e cercare uno scampo, ahimè! troppo funesto nelle reti di
destra della Bressana. Si salvava dalla stretta mortale degli artigli
di un falco, ma cadeva nelle insidie tesegli dall’ uomo.
Ho inteso dire che i mali condivisi sono per metà sentiti;
non so però se in questo caso il fringuello aveva a dolersi a metà
della sua disgrazia.
Sopra di lui si dibatteva come un ossesso il piccolo Falco, che,
avido di sangue, aveva seguito furiosamente la vittima, perdendo di
conseguenza come essa la libertà.
Vista la mala parata, una gran parte dei fringuelli che già si
trovavano fra il grano, presero tutti spaventati il largo, ed unitisi
a quelli che ancora stavano sulle piante, continuarono la loro emi-
grazione ben contenti d’ averla scappata bene.
L’ amico contadino bestemmiava al maledetto rapace, ch'io
benediva, e tirava disperatamente la corda. Subito un susurro in-
diavolato risuonò per l’aria, ed i rimasti, pieni d’indicibile sgomento
si precipitarono nelle reti fatali. Tutto questo succedersi di vicende
aveva durato poco secondi, dopo che, noi a gambe levate abban-
donammo la capanna per correre a sbrigare il Falco dalle reti;
temendo che avesse a romperle.
Non posso ridire il mio contento, allorchè trovandomi ab-
bastanza vicino, riconobbi nel prigioniero uno Sparviere e per sopra
più, un bel maschio in abito adulto, che sono tanto rari da noi e
da per tutto. Gli occhi aveva di fuoco e le gambe tese fuori delle
maglie, mentre minacciava con le lunghe e stecchite dita guernite
di adunchi artigli.
Il contadino voleva ucciderlo, giacchè altrimenti, diceva lui,
non sarebbe stato possibile di levarlo dalle reti, ma io tanto insi-
stetti, fino a che si decise di tentare la prova. Difatti dopo breve
tempo e senza gran fatica, con un fazzoletto che gli annodammo
intorno al capo, ed un pezzetto di funicella che servi a legargli le
gambe, fummo al caso di levarlo dal così detto sacco della rete.
Per quel giorno io non aveva bisogno d’altro. Carico del prezioso
fardello mi accommiatai dall’uccellatore, facendogli conoscere in vari
modi la mia gratitudine e me n’ andai contento come una pasqua.
Il giorno seguente a quello dell’escursione per Enemonzo fu
per me giornata di buona ventura.
Appena posto il piede fuori della villetta del mio amico, trovai
due ragazzetti che attendevano ansiosi il mio apparire per annun-
ciarmi la scoperta di un nido di Cardellino, di otto o dieci di
Averla piccola e di due di Corvo, e per portarmene uno di ,Bigia
padovana“ (Sylvia nisoria) che conteneva cinque piccini molto
bene sviluppati e quasi atti al volo. Pur troppo non potei avere
nessun particolare attendibile (solita storia coi fanciulli) intorno
alla località ove il nido era stato scoperto.
Si prese adunque la strada verso Invillino, giacchè da quella
parte m’ erano segnalati dai bimbi i nidi di Cardellino e d’ Averla,
e si percorse buon tratto puramente fra campi poco o nulla col-
tivati. La viuzza incassata nel terreno era fiancheggiata a tratti da
altissimi pioppi, sui quali varie yAverle cenerine“ (Lanius minor)
avevano preso dimora. Certo qualche nido vi stava nascosto, giacchè
scorsi un individuo poggiato là da presso sopra un albero di prugne
e con un vermiciattolo nel becco. Dati alcuni colpi di bastone sul
tronco di tre pioppi scappò dal folto del terzo un altro individuo,
probabilmente il maschio, il quale s’ aggirò gridando nell’aria,
s’ allontanò per poco e ritornò quindi per nascondersi in uno degli
alberi vicini. Fatta un pò di strada ed assieme alla mia piccola
compagnia appiattatomi in un folto cespuglio potei vedere, siccome
il primo individuo, quello che teneva il vermiciattolo nel becco,
appena gli parve d’ essere sicuro, non vedendoci più, si diresse
verso l'alto pioppo ove supponeva il nido. Persuaso allora, con-
tinuai la strada.
Una piccola roggia a corso però molto impetuoso, prima di
sboccare nel Tagliamento, spande un pò delle sue acque lungo una
prateria che s’ estende per piccolo tratto, là dove il bosco di pini
di Villa finisce e s’innalza il colle di natura rocciosa, già altre volte
menzionato.
Colà passando, scovai un sCharadius“ che non potrei dire
a quale specie appartenesse, se al ,cantianus“ o hiaticula“, giac-
chè prese il largo d'improvviso e non si lasciò più debitamente
avvicinare una seconda volta. Le mie ricerche per iscoprire il nido
in quei paraggi, anche un pò sabbiosi, e lungo le sponde del Ta-
gliamento, riuscirono infruttuose.
Intanto s’ era giunti al posto, ove sopra ad un albero da frutto
il ,Cardellino* aveva messo il suo nido che conteneva quattro
piccini. Due riuscirono a scappare prima che si giungesse al nido,
gli altri due caddero in mio potere.
Erano completamente vestiti, e certo il giorno di poi non si
sarebbero più potuti trovare. Ecco l’ abito che indossavano: la gola,
il petto ed i fianchi tinti di caffè pallido con macchie più oscure,
il ventre bianchiccio; la testa che aveva ancora qua e là qualche
ciuffettino di piumino bianco, presentava il colore del dorso:
*
= 100 Se
caffè-rossiccio pallido, con macchie centrali, che s’estendevano fino
alla punta, brune. Il groppone del colore stesso, ma più pallido;
il sopra-coda fulvo-chiaro. Le remiganti primarie e secondarie nere,
con macchie alla punta delle penne bianca, tinta leggermente di
fulviccio; dalla sesta alla decima remigante primaria era alla base
delle barbe interne una macchia, in forma di stria allungata, giallo-
canarino. Le copritrici primarie nere; le secondarie bianche in punta
ed alle barbe esterne, nere all’interno; le ultime secondarie bianche
tinte di giallo pallido e fulvo. L’aletta nericcia con macchie fulve;
la coda nera con punte fulve. La mandibola superiore nericcia,
l’ inferiore cornea, i piedi carnicini.
Passando alla sfuggita, esaminavo i molteplici nidi dell’ “Averla
piccola“, che non noto particolarmente, inquantochè non offrivano
nulla di nuovo. Certi contenevano ancora le uova, però già forte-
mente incubate; nella maggioranza trovai i piccini più o meno svi-
luppati.
I nidi di Corvo dovevano esser posti sugli alti abeti d’ un
pittoresco colle presso Invillino, dove in antico, da quanto mi scrive
il mio caro Fiorioli, v'era un castello il cui posto è attualmente
occupato dalla Pieve di S. Maria Maddalena.
Pur troppo però tutte le ricerche riuscirono infruttuose, e per
quanto assieme ai fanciulli io avessi cercato ed esaminato minuta-
mente, posso dire, albero per albero, nulla potemmo iscoprire. O
quei due nidi esistevano semplicemente nell’ immaginazione dei
bimbi o erano stati distrutti senza lasciar traccia visibile. Di quella
piccola ascensione non posso però pentirmi, inquantochè potei fare
un’ osservazione interessante assai sul , Falcone“ (Falco communis),
che, sotto ogni probabilità, deve venir annoverato fra i nidificanti
nella Provincia.
Accommiatati i bimbi, che più non m’abbisognavano, pensai
a riposarmi un pò e farmi qualche annotazione.
La giornata era bella, ma un pò calda essendo il giugno. Non
però insopportabile. Mi sedei sulla molle erbetta d’ un piccolo
spiazzo sotto ad un alberello folto tanto da non permettere al
sole di bruciarmi. A non troppa distanza annose quercie e betulle
e varie specie di conifere ed ancora grandi alberi che non so
tecnicamente nominare formavano un bel complesso, abbastanza
esteso, ricoprente la maggior parte della collina. Abbasso, al piede,
vedeva una casa semi-nascosta da un gruppetto bizzarramente disposto
ae
di salici, specie di modesta fattoria da dove tratto tratto mi giungeva
all’ orecchio il canto del gallo.
Fumavo e pensavo, a quando a quando alzavo gli occhi in
alto interrogando |’ immensa vòlta azzurra.
Dalla parte della chiesa barocca, vidi ad un tratto due grandi
ali che venivano nella direzione ove io mi siedeva. Naturalmente
cominciai subito ad animarmi, a guardar più fisso, ed a studiare a
qual corpo potessero appartenere quelle due bellissime ali. Finchè
l'uccello mi stava di contro ed era lontano non potevo azzardare
una giusta definizione, per cui sempre attento, aspettai. Finalmente
trovai l’ ordine, era indubbiamente un rapace; batteva |’ ali abba-
stanza di frequente e s’inoltrava con certa rapidità. A metà strada
fra me e la chiesa deviò un pochino e descrisse un ampio semi-
cerchio; allora potei vedere la coda, che era breve, le ali che erano
aguzze. Ciò mi bastava. Un uccello di rapina di bella statura con
ali grandi appuntite e coda breve, giudicai non poter esser altro
che un Falcone. Nel descrivere il semicerchio s’ era allontanato da
me, ma io lo seguiva sempre fissamente con gli occhi e mi sem-
brava che s’ abbassasse. Poi d’un tratto lo vidi innalzarsi rapida-
mente come se qualche cosa nella terra lo avesse spaventato, e
dirigersi con maggior fretta di prima verso la fattoria. Allora io lo
potei veder meglio, perchè la distanza s’ era diminuita e mi parve
proprio di non aver sbagliato nella determinazione. Girò due o tre
volte rapidamente su sè stesso, si fermò quindi un istante, raccolse
l’ali e piombò giù con vertiginosa rapidità dietro al gruppo dei
salici. Non lo vedeva più, ma attendevo senza respiro il suo ritorno.
Non ebbi il tempo di batter l’ occhio, e ricomparve spinto come
da una molla al cielo. Che imponente rapidità! io non l’aveva
prima d’allora neppure sognata. Vedendo ch’egli si dirigeva a me
pian piano, attaccato più che poteva al tronco del piccolo albero,
procurai di nascondermi per quanto era possibile dietro al mede-
simo. Questa volta io lo vidi benissimo, ed ogni dubbio doveva
scomparire; ammiravo precisamente un .Falco pellegrino“.
Cheto, con le braccia penzoloni lungo il tronco dell’ albero,
gli occhi in alto, guardava con la bocca aperta il nobile rapace che
s'innalzava sempre più guatando verso quella specie di fattoria.
Fece ancora dei giri proprio sopra la mia testa, poi si diresse len-
tamente in direzione opposta; credeva stesse per abbandonarmi,
quando invece lo vidi volgersi rapidamente ed innalzarsi ancora
ION
un poco; poi per un istante batter l’ ali rapide, indi raccoglierle
come la prima volta, e ripiombare obliquamente verso la fattoria.
Se il primo assalto fu per me meraviglioso, questo secondo mi fece
addirittura rimanere sbalordito, in quantochè l’ uccello era a me
vicino e sentii il fruscìo prodotto dal suo corpo che fendeva l’aria.
lo non potei vedere, dopo pochi istanti che il rapace discendeva,
che una massa cupa che sibilando per l’aria precipitava a terra.
Passati alcuni secondi scorsi ancora _il rapace che rapidamente
s’ allontanava dalla parte del bosco rasentando le piante, nel quale
poi anche sparì.
Tutti gli autori sono concordi nel plauso, alla velocità stra-
ordinaria, al coraggio ed alla forza di questo nobile predatore.
Dice in proposito il Michelet: ,,Le qualità del Falcone sono tali
da eccitare in sommo grado l’ osservatore e costringerlo all’ ammi-
razione. Lo spavento indicibile dal quale sono invasi gli uccelli,
dal grazioso Cantore al Germano o al Fagiano di monte ed al
Gallo cedrone, allorchè questo temuto predone loro s’ avvicina è
una prova della sua potenza e della sicurezza con la quale egli sa
impadronirsi della vittima. La sua forza, la sua destrezza, il suo
coraggio indomito, congiunti a somma acutezza dei sensi a delle
armi, fanno sì ch'egli vada posto fra i primi nella schiera dei nostri
rapaci. È tale la potenza con cui il Falcone preme con le dita
uccello sul quale si è precipitato, che prima ancora ch’ egli abbia
raggiunto il luogo ove posarsi per divorarlo, il poverino ha già
cessato di vivere“.
Ecco adunque ch’ io aveva ben ragione di dire, incominciando
a descrivere questa giornata, che la medesima mi portava una bella
avventura, Siffatte osservazioni son rare assai e non vi può essere
che un caso fortuitissimo che vi prepari cotanto invidiabile fortuna.
Fra i nidi di yLanius collurio* esaminati in quella giornata,
uno merita di venir menzionato particolarmente, sia per la posi-
zione del medesimo, sia per il colore delle uova. Era collocato
sopra ad un albero alto a circa due metri dal terreno, e conteneva
quattro uova fortemente incubate. La maggior parte dei nidi di
quest’ Averla noi li troviamo posti nei cespugli, nelle siepi che deli-
mitano i campi ben nascosti nei ciuffi delle foglie, 1° Averla capi-
rossa sceglie le medesime località; all'incontro |’ Averla cenerina
— 103 —
(Lanius minor) preferisce le cime più alte degli alberi altissimi;
di rado noi lo troviamo posto a metà della pianta; di rado invece
l’ Averla piccola sceglie l’albero alto per porvi il suo nido.
L’esterno del medesimo era tutto formato da musco con
qualche rara erbetta e radichetta, rassodato con filo vegetale. L’in-
terno poi era tutto formato da radichette delicate, coperte da fiocchi
di lana animale, lasciati molto flosci. Misurava in larghezza 10 cent.
il diametro interno 5°, l’altezza 4 e la profondità 3 cent.
Le uova avevano un colore di fondo bianco-crema, con mac-
chie sottostanti disposte in corona verso la parte ottusa di color
ardesia-violetto, e di sovrastanti sparse per tutta la superficie, ma
più spesse verso la parte ottusa ove unitamente alle sottostanti ad-
densano la corona, di color rosso-siena. La superficie è liscia ed
alquanto lucente. L’ asse maggiore misura 21”, il minore 16”®.
Per il giorno vegnente s’ era stabilito con l’amico Fiorioli
un’ escursione a Ovaro; era pur troppo l’ultima mattina della quale
io poteva disporre, giacchè al dopo pranzo m’ era duopo far ritorno
in città.
Già di buon’ora un magro bucefalo, dai garretti men saldi
di quello d’ Alessandro ma più restio assai, ci trasportava con una
velocità assiderante, un pò a suo piacimento per le cave di pietre
circonvicine, un pò per la strada che si doveva percorrere, a forza
di frusta e d’un vociar continuo.
Da Villa a Chiassis verso Ovaro, la strada che si percorre
offre continui spettacoli d’ una attraenza straordinaria. Lambe il
Degano, entra nella spaccatura della montagna che dai Volti di
Voltignacco riesce alla miniera di carbon fossile di Cludinico in
una folta abetaia e di là ad Ovaro, lasciando scorgere gl’ innume-
revoli paesetti siti sulla destra del Degano che l’ amico auriga fra
un colpo e l’altro alle ossa del ronzino mi nominava per Muina,
Miane con la bellissima Villa dei signori Micoli-Toscano, Agrons,
Cella, Luint, Ovastra, Luincis, Entrampo, ecc. Le montagne son
ricoperte da un verde smagliante e da una vegetazione abbastanza
ricca. Le selve non sono continue, ma disposte a gruppi qua e là
per gli erti pendii. Di faccia a Raveo, la strada è praticata nel
vivo macigno, ed è tutto questo tratto che offre le maggiori
attrattive.
Nella densa foresta. di abeti summenzionata, per quanto. il
tempo ristretto me lo permettesse, ho potuto notare una quantità
grandissima di uccelli, la maggior parte appartenenti al ,Parus ater
e cristatus£ nonchè al ,Ciuffolotto“ (Pyrrhula europaea), della quale
specie ho osservati moltissimi individui nel maggior numero maschi,
parte dei quali s’intrattenevano sulle più basse ramificazioni degli
alberi o sui cespugli e parte sul terreno in cerca d’ alimento. Non
era difficile di poterli osservare, e si lasciavano avvicinare abbastanza,
facendo ogni qual tratto udire il loro monotono grido di. richiamo.
Avessi avuto maggior tempo, mi sarei dato la.briga di cercare
qualche nido, chè dovevano essere numerosi, vista la quantità degli
individui incontrati. Dopo una mezz’ ora, tutto al più, che girai
fra quelle annose piante che tanto mi promettevano, con mio vero
dispiacere fui costretto a rimontare in carrozza e rifar la strada già
percorsa.
Dopo un desinare succolento e mille promesse di rivederci in
breve e grandi evviva alla comune salute e prosperità, presi com-
miato dai miei diletti amici, montai un’altra arca che mi doveva
ricondurre a Tolmezzo, e poi alla Stazione per la Carnia. Via
facendo, rimirai ancora i bei monti, che Dio sa quando avrei rive-
duto, le care vallate allora tutte ricoperte da rigogliosa vegetazione,
il bellissimo ponte sul But, da dove scorgesi stupenda la conca del
bacino. di Arta. Presso Tolmezzo si giunge alla base del monte
Amoriana, laddove cessa la Carnia propriamente detta, ed incomincia
il territorio friulano. 1
nQuesta bellissima montagna“. mi scrive il Fiorioli, yche ve>
duta da Socchieve, ‘sembra chiudere la valle del: Tagliamento:e si
eleva piramidale sugli enormi Talus di Amaro e del Rio di Tol-
mezzo, è totalmente dolomitica. La ‘cresta verso Tolmezzo è: stra-
namente scoscesa, per modo che alla zona di strati inclinati a sud
si appoggia un’altra zona che ne rappresenta la continuazione,
volgendo a nord-nord-est. con pari e forse. maggior inclinazione.
Fra le due creste che sembrano squarciatesi ieri si sprofonda uno
spaventevole burrone ove ha origine il Rio Tolmezzo o Rio Bianco.
Da questo punto, abbandonando la strada nazionale e salendo un
sentiero, fiancheggiato da Mughi (Pinus mugus), si giunge alla cima
da dove scorgonsi i gruppi del Canino e del Montasio; ai piedi il
Tagliamento e subito al di là il lago di Alesso. Un pò più dietro
— 105 —
si presenta la magnifica piramide del Sernio e il Zucc de Boar, più
in là i monti della Carinzia il Gartnerkofl e più a destra il Do-
bratsch. A sinistra le valli del Chiarsò e del But, frastagliate da
innumerevoli picchi, e più lontano il gruppo del Cogliano, dietro
a cui si scorge un’ infinità di monti Carintiani, fra cui spiccano il
Tauern ed il Grossglockner che par vicinissimo. Chiudono lo stu-
pendo panorama'al:di dietro i monti del Cadore, fra cui ‘l'Antelao,
il Pelmo e la Marmolade*.
Vicino ad Amaro scorsi sul filo del telegrafo un bellissimo
maschio della ,Saxicola stapazzina“, che si lasciò avvicinare fino
a. pochi passi; attraversò la strada che si percorreva, un maschio
nella sua splendida livrea della stagione, il quale andò a fermarsi
sopra un sasso ai piedi della montagna, del ,Codirossone“; scorsi
due Gheppi uno a poca distanza dall’ altro, quasi sopra al villaggio,
che si trastullavano a una mediocre altezza nell’aria; nè tralascierò
di dire che potei scorgere anche in quella sera un Falcone che
volava lungo rupi elevate della montagna che s’ erge sopra il vil-
laggio. Continuò le sue evoluzioni per un pezzo, poi lo vidi pre-
cipitare come una freccia fra il denso di un piccolo bosco.
Poco dopo io prendeva il treno che mi riconduceva a Udine.
»
SUPPLEMENTO
alle .,Note sull’ Avifauna del Friuli’.
Dopo la pubblicazione delle mie «Note sull’ Avifauna del
Friuli» avvenuta nel 1886, che comprendevano le osservazioni fatte
fino all’ anno 1885, ben yundici“ nuove specie vennero catturate in
provincia, alcune delle quali interessantissime.
Non avrei al certo intrapreso la pubblicazione del presente
supplemento dopo un lasso di tempo così breve, se non spinto
dalla necessità di completare il più possibile il mio piccolo lavoro,
prima d’ abbandonare la Provincia.
Oltrechè alle nuove specie osservate e tutte pervenute nelle
mie mani, altre osservazioni circa la nidificazione ho potuto racco-
gliere, alcune delle quali vennero già pubblicate nella I Serie delle
mie «Escursioni ornitologiche nel Friuli», ed il di cwi restante faccio
conoscere agli interessati, parte in questo supplemento e parte nella
II Serie d’ escursioni.
A) Nuove Specie.
I Ordine. — Rapaces-Rapaci.
II Famiglia: Falconidae-Falchi.
1. Cerchneis cenchris, Naum.
Grillaio.
Quest’ unico dell’ Avifauna friulana lo ebbi per gentilezza del
mio amico Sig. Barnaba di Udine, il quale lo uccise nei pressi di
S. Vito sul Tagliamento il giorno 13 aprile 1887.
—__. 107 pen,
E un bellissimo maschio adulto in perfetta livrea. Secondo
il Giglioli !), la specie non è comune nel continente, ed aggiunge
che può dirsi sconosciuta in molte provincie settentrionali. Stando
al Savi ?), quest’ uccello è proprio dell’ Africa settentrionale e delle
parti più meridionali d’ Europa. Alla fine d’aprile emigra verso il
nord. Sembra sedentario in Sicilia ove largamente nidifica.
Nel Cremonese 3) e nel Pugliese 4) è pure uccello raro. È
comparso anche nel Veneto °).
Trovasi nella mia raccolta.
2. Haliaétus albicilla, Linn.
Aquila di mare — Acuile de mar.
Uno stupendo esemplare maschio adulto di questa specie
venne ucciso dal Sig. Bedinello il 16 febbraio 1886 alle foci del
Tagliamento, per cui non è più dubbia la sua presenza nella
Provincia.
Il bellissimo rapace trovasi nella mia collezione.
VII Ordine. — Cantores-Canori.
XXVII Famiglia: Saxicolinae-Maciole.
3. Agrobates familiaris, Mentr.
Rusignuolo levantino.
Il giorno 12 Settembre del 1886 acquistava al mercato di
uccelli di Udine una femmina viva di questa rara specie per
l’Italia, e probabilmente unica per il Friuli.
Venne presa con le reti a Villalta, piccola borgata prossima
alla città di Udine.
Il Giglioli nella sua Avifauna italica *), dice che questa specie
sembra capiti annualmente dal Nizzardo, da dove ebbe cinque
1) Avifauna Italica 1886 e Annali di Agricoltura 1881, N. 36, pag. 10.
3) Ornitologia Italiana 1873, pag. 175, vol. I.
3) O. Ferragni. Avifauna Cremonese 1885, pag. 57.
#) V. de Romita. Avifauna Pugliese 1884, pag. 4.
®) A. P. Conte Ninni. Materiali per una Fauna Veneta.
5) Pag. 126.
— 108 —
individui e fatta eccezione per una femmina presa nel marzo, tutti
gli altri quattro furono presi in un’ epoca posteriore alla data di
cattura del mio individuo. Aggiunge poi che nella raccolta del
Prof. C. Magni-Griffi di Siena trovasi ancora un individuo preso
in Italia.
La singolarità fatta risaltare da quel distinto Ornitologo, che,
cioè, quest’ uccello che abita le parti sud-ovest d’ Europa e parte
dell’ Asia siasi mostrato nella Liguria, viene ad essere aumentata
con la cattura avvenuta nel Friuli.
Nel Savi !) non trovo traccia nè di questa specie, nè dell’ af-
fine galactodes, ciò che pienamente conferma le asserzioni del
Giglioli.
Anche il Dr. Ninni) non l’annovera come specie veneta, nè
la menziona il Dr. Schiavuzzi 3). Nelle due Avifaune del Pugliese
(Prof. Vincenzo de Romita) e del Cremonese (Edoardo Ferragni)
non vi è traccia nè del Rusignuolo africano nè del levantino.
Il Salvadori 4) ne fa due varietà e dice che: ,un solo indi-
viduo di questa specie è stato finora preso nell’ Italia continentale,
cioè nella Valle di Polcevera in Liguria.... In Malta, sebbene
raro, pure si prende di quando in quando, per lo più nel mese
di settembre“, Continua poi: ,,non ho potuto esaminare nessuno
degli individui presi in Italia e quindi non so se debbano essere
riferiti all’ A. galactodes o all’ A. familiaris*.
Stando al Giglioli,. sembrerebbe che questa specie fosse più
comune in Italia del «galactodes».
Il Brehm?) parlando del «galactodes», dice: .... yAbita la
Spagna e le parti nord-est dell’ Africa, da dove visita talvolta l’ Italia,
la Germania e l’ Inghilterra; in Grecia, nell’ Asia minore e nel-
l’ Egitto viene sostituito dalla specie affine più piccola «A. familiaris».
) Op. cit.
?) Mat. per una Fauna Veneta.
3) Mat. per un’Avifauna del territorio di Trieste e Istria. — Estratto del
Bollettino della Società di scienze naturali, Vol. VH, fasc. I, 1883. — Estratto —
degli uccelli viventi nell’Istria ed in ispecie nell’Agro piranese, N. 1, anno IV,
con aggiunte e correzioni, vol. V, fasc. II, 1880, I Serie; vol. VI, fasc. I, 1880,
lI Serie; vol. VII, fasc. I, 1882, III Serie.
1) Pag. 118—119.
5) Brehm’s Thierleben. Kolor.-Ausg. II. Abth., II. Bd. Seite 166.
Il Fritsch!) non ha che una sola specie l’ «A. galactodes»,
giacchè secondo lui ed altri scrittori le tre specie: «rubiginosus»
dell’ Africa, «galactodes» della Spagna e «familiaris» della Grecia,
sono da ritenersi per una specie unica.
La femmina è passata nella Collezione centrale dei vertebrati
italiani a Firenze. -Io ebbi in cambio dall’ egregio amico Giglioli
un maschio del Nizzardo.
VIII Ordine. — Passerini-Passeracci.
XXX Famiglia: Emberizidae-Zigoli.
4. Emberizza rustica, Pall.
Zigolo boschereccio.
Acquistai questa rara specie al mercato di Udine il giorno
4 dicembre 1886. Era stata presa unitamente a molte altre E.
schoeniclus col vischio nelle vicinanze della città.
Secondo il Giglioli ®) questa specie è rara da noi e venne cat-
turata sempre in autunno, più di frequente è stata trovata in Li-
guria, ma nel 1876 è stata colta anche nel Veneto ed in Lombardia.
Anche il Savi) l’annovera fra i rarissimi e non sa che di due
catture soltanto avvenute nel Genovese. Due individui cita pure
il De Romita 4) presi nel Pugliese nel 1874 e 1881.
Il mio individuo era un maschio che scambiai per un altro
maschio del Nizzardo con la collezione ornitologica di Firenze.
xX Ordine. — kRasores-Razzolatori.
XXXV Famiglia: Pteroclidae-Pterocli.
5. Syrrhaptes paradoxus, Pall.
Sirratte.
Il Sig. Nicola Landi, maggiore nel 76.° reggimento di fanteria,
scrive all’ illustre Salvadori che ai 26 aprile, o intorno, del 1888,
') Naturgeschichte der Vògel Europas.
UO pi cità, page ha Ve 8a.
Op: cit, pag. 115) voll.
‘) Op. cit., pag. 49.
— (HKLOe=
trovò in un prato, presso Palmanova, un Sirratte vivo, ma con
un’ ala rotta.
Al tempo che scriveva era però già guarito.
Altre catture nel Friuli non mi son note.
XI Ordine. — Grallae-Uccelli di ripa.
XXXV Famiglia: Otidae-Otarde.
6. Otis tarda, Linn.
Otarda.
Nei pressi di Pantiacco (poco discosto dal corso dal Taglia-
mento e non lungi da Codroipo) venne ucciso un maschio giovane
di questa specie, nel mentre volava in direzione da nord a sud
(dalle Alpi verso le Basse) nel giorno 7 gennaio 1887 alle ore due
pom. circa.
Aveva una ferita alla testa, ed in causa della caduta, stante
il suo peso, s'era leso per alcuni centimetri di lunghezza il ventre,
lasciando escire, sotto alla cute però, gli intestini.
L'uccello pesava chilogrammi 399, Il contenuto dello sto-
maco formato puramente da foglie del «Chelidomium majus» !) e
da pochi fili d’ erba e piccoli pezzetti di musco, pesava grammi 320.
Lunghezza totale dell’uccello cent. 85; dalla piegatura dell'ala fino
alla punta della seconda remigante, cb’ era più lunga, cent. 48.
Apertura delle ali metri 1°4.
Questa bellissima Otarda trovasi presentemente nella colle-
zione centrale dei vertebrati italiani di Firenze °).
Alcuni giorni più tardi (16 gennaio 1887) trovai al mercato
un altro individuo pure maschio, ma di dimensioni molto inferiori
al sopra descritto (lunghezza totale 72 cent.), catturato in prossi-
mità di Udine, Non lo acquistai perchè esigevano da me un prezzo
favoloso.
Fino ad oggi queste sono le due uniche comparse a me note
avvenute nel Friuli.
) Il Dr. Carlo Marchesetti, direttore del Civico Museo di storia naturale
di Trieste, gentilmente mi determinava la pianta.
2) Avifauna Italica. — Parte prima, 1889, pag. 558.
— MMI
XII Ordine. — Grallatores-Grallatori.
XXXIX Famiglia: Ibidae-Ibi.
7. Falcinellus igneus, Leach.
Mignattajo.
Nelle piccole paludi presso S. Daniele veniva ucciso il giorno
28 aprile 1887 un individuo maschio di questa specie, a quanto
pare, il primo che nella Provincia di Friuli sia capitato. Vestiva
la perfetta livrea, qualche raro punto biancastro si osservava
nella gola.
Conservasi nella mia collezione.
XIV Ordine. — Anseres-Uccelli acquatici.
XCII Famiglia: Anatidae-Anitre.
8. Tadorna cornuta. Gm.
Volpoca.
Due bellissimi individui maschi adulti in abito da nozze ven-
nero catturati nella primavera del 1887 a Marano lagunare.
Uno conservasi nella mia raccolta.
xV Ordine. — Colymbidae-Tuftfatori.
XCIII Famiglia: Alcidae-AIche.
o. Alla torda, Linn.
Gazza marina.
Un individuo femmina di questa specie veniva preso il giorno
23 giugno 1887 a Marano lagunare.
Una simile cattura, rara già per il solo fatto, viene ad essere
ancor più interessante per aver avuto luogo in un’epoca così tarda.
L’uccello che misurava 37 cent. dalla testa fino alla punta della
coda, era piuttosto magro ed aveva l’ovaia molto ristretta. Lo
stomaco non conteneva che poca poltiglia nera.
Incorporato nella mia raccolta.
e
XVI Ordine. — Laridae-Gabbiani.
XCVI Famiglia: Larinae-Gabbiani.
ro. Larus cachinnans, Pall.
(L. Argentatus, Brunn. var. Michachellesi, Bruch.).
Ebbi un individuo maschio giovane nel novembre del 1887,
proveniente da Marano lagunare; per cui s’ è ‘avverato quante scri-
veva a pag. 51 nelle mie Note. i
XCVII Famiglia: Sterninae-Rondini di mare.
11. Hydrochelidon nigra, Naum.
Mignattino.
Ai 15 di maggio si ta 1886 ho potuto osservare lungo il pic-
colo corso del Varmo, vicino a Codroipo, una ventina d’individui,
ed il giorno 24 agosto acquistai al mercato di uccelli a Udine un
esemplare in abito di transizione, che conservo nella mia raccolta.
B) Osservazioni fatte dopo la pubblicazione delle ,, Note
sull’ Avifauna del Friuli“ del 1886 su specie già citate
nelle suddette Note.
A pag. 3.
1. Gyps fulvus, Gm.
Il giorno 19 giugno 1886, mi veniva presentato per l’ acquisto
un bell’ individuo di questa specie, ucciso nel Comune di Tarcetto
(Schiavonia del Friuli). Era un individuo molto adulto, con le
parti superiori di una tinta pressochè uniforme isabellina. La punta
delle penne della coda (barbe e steli) era notabilmente consunta.
— 113 —
A pag. 4, Note e 44 Escursioni.
4. Crythropus vespertinus, Linn.
Il giorno 28 aprile 1886 fra le cinque e mezza e sei e mezza
pomeridiane, osservai nei dintorni di Tricesimo un piccolo pas-
saggio di questa specie interessante. Giungevano da sud-est e si
dirigevano verso nord-ovest, da dove spirava un leggier venticello.
Non era uno stuolo grande e compatto, ma piccoli branchi di due
a tre a sei fino a sette individui, che mantenendosi a media altezza,
proseguivano direttamente la strada presa, ora battendo l’ali, ora
scivolando per l’aria con grazia e facilità. La distanza che un
branco conservava dall’ altro poteva misurare da cento a duecento
metri. In quell’anno passavano assai, il 7 maggio continuava for-
temente l’emigrazione ed io ebbi molti esemplari uccisi dai miei
amici e da me. I maschi che non hanno peranco raggiunta l’età
d’un anno hanno la cera, l’anello perioculare ed i piedi di color
giallo-aranciato molto pallido, a differenza degli adulti, nei quali
queste parti nude hanno una tinta aranciato-rosso intensa. Tutte
le parti superiori hanno raggiunta pressochè la tinta degli adulti.
Non v'è che la fronte che è un pò biancastra, con gli steli sotti-
lissimi delle penne nericci. Le parti superiori del collo sono però
fulvo-bianco, e questa tinta forma un anello che divide la testa dal
dorso. Anche sul groppone si scorgono alcune penne, che hanno
delle macchie fulve. Le quattro timoniere mediane, hanno la tinta
un pò più pallida del maschio adulto, le altre presentano il disegno
di quelle della femmina. Le redini sono grigio-ardesia, così pure
i piccoli baffi. La gola è biancastra con qualche macchia leggiera
di grigio. I lati del collo, la gola e le parti anteriori del petto
hanno un colore fulvo con gli steli delle penne bruno-oscuri; le
parti posteriori del petto ed il ventre hanno una tinta grigio-ardesia
pallida con gli steli delle penne neri. Qua e là si scorge qualche
macchia centrale lungo gli steli, ma piuttosto larga, giallo-rosso-
bruno. La regione anale, il sottocoda ed i calzoni hanno la tinta
degli adulti ma molto più pallida. Le remiganti sono pressochè
eguali a quelle della femmina adulta, e soltanto le principali e
qualche penna delle copritrici hanno la tinta del maschio adulto.
Il giorno 13 dello stesso mese incontrai un altro branco com-
posto da circa una trentina d’ individui quasi tutti intenti a dar la
caccia agli insetti del prato che avevano occupato.
8*
A pag. 7.
14. Pernis apivorus, Linn.
Il 5 giugno 1886 mi veniva portato uno stupendo maschio
adulto di questa specie, ch’ era stato preso in Carnia presso Tol-
mezzo. Il contadino che me lo portò diceva d’ averlo preso sul
nido ove stava covando due uova. Quando io lo ricevetti era ancor
vivo e non mostrava nessuna traccia di lesione al corpo. Si lasciava
prendere con tutta facilità, non cercando neppure di far uso degli
artigli e del becco. Risultò però dall'esame interno che l’ uccello
era stato ferito e più probabilmente percosso fortemente con un
bastone.
Trovasi nella mia raccolta.
A pag. 9.
18. Circus cyaneus, Linn.
Ricevetti dall’ esimio Cappellano di Bertiolo Don Francesco
Nadalutti, il giorno 5 giugno 1887, la femmina di questa specie
presa col laccio nel nido, nonchè quattro uova fortemente incubate.
Dietro a mia preghiera due giorni dopo, con gentile premura, il
soprannominato Don Francesco mi mandava anche il nido, un
agglomerato di paglie secche e poche stoppie tanto esternamente
che internamente, con la conca appena accennata. La forma è
piuttosto regolare ed abbiamo un diametro pressochè costante in
tutte le direzioni di 28 cent., l'altezza della costruzione importa
g cent. e c'è appena 1° di profondità per la conca. Le uova ester-
mnamente sono di un color bianco leggermente perlato, interna-
mente di un bel verdognolo. Macchie propriamente dette non ve
ne sono, senonchè tutta la superficie è imbrattata di una tinta
giallognola, che in certi punti forma quasi delle macchie, ma che
io credo il prodotto d’un insucidamento da parte dell’ uccello o
del materiale di cui il nido è composto. La superficie è di po-
chissima lucentezza, piuttosto porosa, ed osservata con una lente
d’ ingrandimento, presenta delle ineguaglianze molto sensibili e poco
regolari. La forma è arrotondata; misurano in lunghezza cent. 4°,
4%, 4, 45, in larghezza 3?, 35, 35, 35. Il Rev. Nadalutti accompagnava
e Hani n
il prezioso dono con lo scritto seguente:..... ,Questa specie
d’ Albanelle, che non sono infrequenti nei nostri paraggi, fanno il
loro nido in luoghi paludosi, lontano dalle abitazioni, e precisa-
mente in quelle macchie di palude che sono più folte. Senza far
prima preparazione alcuna, sul terreno stesso, senza neppure pra-
ticarvi alcuno scavo (come fan le Lodole ed altri uccelli), radunano
un pò di strame raccolto nelle vicinanze e formano così il loro
nido, come può vedere dal campione che le spedisco. Dalla depo-
sizione del primo uovo al quarto (numero che mai non viene
superato) fino alla fine dell’incubazione passano dai ventitrè ai
venticinque giorni, così mi assicurò un tale che qui ne fece espe-
rimento. Le mando pure un fascettino d’erba di padule e le dico
che il nido è contornato interamente da questo vegetale“.
La femmina presa sul nido misurava dalla testa alla punta
della coda 44 cent., la coda 22, l’ala dalla piegatura alla punta
della remigante più lunga (3%) 36, la larghezza cent. 92.
Sono ben felice d’aver potuto ottenere, mercè la squisita cor-
tesia del Rev. Nadalutti, la certezza che anche questa bella specie
nidifichi da noi. Prima d’ora non mi era stato possibile di deter-
minare che il suo passaggio abbastanza regolare nell’ autunno e
anche in primavera.
A pag. 12.
34. Hirundo riparia, Linn.
Nel 1887 e precisamente nell’ istesso giorno che osservai le
Barlette, scorsi pure frammisti ai Balestrucci cinque Topini; forse
dunque sono di passo regolare, ma non fermandosi rimangono
inosservate dalla maggioranza.
A pag. 26, Note e 76 Escursioni.
92. Locustella fluviatilis, M. e W.
In data 6 luglio 1887, l'illustre ornitologo Conte Tommaso
Salvadori, mi scriveva circa questa specie: »Ella discorre della
*
— 116 —
nidificazione !) della «L. fluviatilis» e senza restrizioni, come se si
trattasse di specie comune. In un suo precedente lavoro *) ella men-
ziona un nido con 3 uova, trovati il 19 giugno 1884 nelle vicinanze
di Codroipo, passato alla Collezione dei Vertebrati di Firenze, ma
il Giglioli da me interpellato in proposito, mi scrisse che la deter-
minazione di quel nido è incerta per non dire impossibile, e fu
perciò ch'io non annoverai la detta specie fra le italiane nel mio
recente Elenco degli uccelli Italiani ..... Mi pare quindi che ella
avrebbe potuto accennare alla «Locustella fluviatilis» come a specie
molto dubbia in Italia£.
Per cause indipendenti dalla mia volontà non ho potuto a
quell’ epoca rispondere che parcamente al chiarissimo Conte Sal-
vadori, e da allora tante furono le peripezie per me della vita, che
mio malgrado restai sempre debitore di una esplicita dichiarazione.
Senonchè giuntami la bellissima Opera #) dell’ infaticabile e distin-
tissimo Ornitologo, amico mio Giglioli, e trovandomi appunto a
compilare queste mie ,, Note“, mi risovvenni della mancanza, alla quale
ora procuro di rimediare. Lo fò pubblicamente per ragione facile
a comprendersi, e spero venia dall’ egregio Salvadori. Già allora,
nella mia breve risposta al Sig. Conte — per quanto mi ricordi —
espressi la mia meraviglia per le informazioni giuntegli da parte
del Giglioli circa il nido e le uova della «fluviatilis». A me il
chiarissimo professore non aveva mai fatto obbiezione di sorta, nè
posto in dubbio la possibilità che una coppia di questa specie
assai rara per l’Italia, siccome io stesso ebbi a dire e nelle , Note“
e nelle ,Escursioni“, avesse nidificato nel Friuli 4. E dalla prima
meraviglia io sono costretto a passare. ad una seconda più «forte,
rilevando come il Giglioli asserisca nella sua nuova pubblicazione
già citata, ch'io gli abbia consegnato un nido. con uova della «me-
lanopogon» (invece che «fluviatilis»), cosa che non ho mai fatto
e che potrei provare con la Nota compilata il giorno 16 maggio
1885, (nota che conservo nel mio diario istesso e nella quale è
') Escursioni ornitologiche nel Friuli, pag. 76.
?) Note sull’Avifauna del Friuli, pag. 26.
°) Avifauna Italica 188c, Parte I.
‘) Nella pubblicazione dell’ ,Avifauna Italica" avvenuta nel 1886, dopo
ch'io aveva diggià diramate le mie ,Note“, il Giglioli non fa cenno del caso.
indicato chiaramente il nido della «fluviatilis» !) di tutti i nidi,
le uova e gli uccelli, ch’ ebbi il piacere di consegnare nelle sue
stesse mani. Nella spedizione poi fattagli il giorno 20 dello stesso
mese da Udine, non trovo neppure notato il nido della «melano-
pogon» in questione; per cui sono indotto a credere che l’equivoco
l’ha causato questa volta l’ egregio amico mio Giglioli.
Altre consegne o spedizioni di uova e nidi, credo (almeno)
di non averne fatte per la Collezione dei Vertebrati di Firenze.
E ritornando sull’ argomento circa la possibilità che quella
specie abbia nidificato nel Friuli, mi pare che di addimostrarlo più
facilmente sarebbe nel caso il Giglioli, sottoponendo a nuovo ed
accurato esame il nido equivocato, e le uova ch’egli pur asserisce
di aver ricevuto,
Fino a nuove prove, mantengo quanto ho scritto nei miei
due Opuscoletti, giacchè ho la coscienza di aver determinato il
nido dopo accuratissimo esame, consultando molte opere, anche
speciali in materia.
Contuttociò io non escludo assolutamente la possibilità di
aver errato, e sarò contento se di ciò mi si potrà dare una
prova certa.
!) Osservo che il Giglioli, nella lettera al Salvadori, ammette però ch’ io
gli abbia consegnato un nido della ,fluviatilis*, nel mentre che nell’ Avifauna
omette di dirlo,
AGGIUNTE ALLA I. SERIE
d',,Escursioni ornitologiche nel Friuli‘‘ pubblicate nel 1887.
di pag, 25:
Calamoherpe Cettii, Boje.
Ai 15 maggio 1887, tolsi da un nido di questa specie due
piccini, nella speranza di poterli allevare in gabbia e studiare da
vicino un uccello tanto interessante, ma il giorno di poi, ad onta
di tutte le possibili cure, morirono tutti e due, maschio e femmina,
pressochè nell’ ora medesima, Il grido di richiamo rassomigliava
assai a quello del passero, era un ,ziù, ziù“ forse un pò più forte
(specialmente quello del maschio) ma meno aspro.
Per il colore, i due sessi non si distinguevano, però il maschio
era più robusto, più grandicello e più ardito. In qua e in là per
il corpo vedevansi ancora escir fra le penne dei ciuffetti di piumino,
specialmente nella femmina. Il colore delle parti superiori era pres-
sochè quello degli adulti, un bruno rossiccio-chiaro, del medesimo
colore il sottocoda, tutte le altre parti inferiori bianco-sudicio, il
gozzo aveva un pò la tinta delle guancie, o più veramente il colore
d’una guancia si fondeva con quello dell’altra. Le remiganti di un
colore bruno-nero, le copritrici bruno-rossiccio. Le penne della
brevissima coda bruno-nere. Il becco superiormente (mandibola
superiore) bruniccio, con punta e margini carnicino, lo stesso colore
aveva pure la mandibola inferiore; i margini della bocca piuttosto
rigonfi, di color giallo, del medesimo colore le fauci. L'occhio era
bruno-nero ; il piede carnicino sudicio, le unghie più oscure alla base.
Il maschio misurava in lunghezza cent. 7°, la femmina 7°.
Tutti e due conservansi nella mia collezione.
ERRATA-CORRIGE
alle ,Note sull’ Avifauna del Friuli”.
A pag: (12::l\aliNs 32, 0:° linea.
Invece che yagli ultimi giorni di agosto“, devesi leggere: agli ultimi
giorni di settembre o primi di ottobre“.
Anpag-ra2:al N 351.
Il nome volgare della Totavilla è Calandre; Calandràtt invece è
quello del N. 133, Calandra.
A pag. 34: al N. 145.
Sono incorso involontariamente in errore per quello che riguarda
questa specie, e dell’avermene avvertito, vado debitore al chiaris-
simo Salvadori. Il periodo va così modificato: yNegli inverni rigidi
lo s'incontra in varie parti del Friuli che giacciono in prossimità
dei monti; ma sempre in numero molto limitato“.
A pag. ‘425 al N. 193.
Invece che ,G. porzana, Linn.-Voltolino*, devesi leggere: ,G. pyg-
maea, Naum.-Schiribilla grigiata*.
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